Pride

di Atarassia_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***




Pride
Prologo

 
È scientificamente provato che, quando uno ha i minuti contati, qualcosa non va per il verso giusto e ci si ritrova irrimediabilmente con i bastoni fra le ruote. E tu puoi fare di tutto, saltare la colazione, evitare di truccarti, indossare i primi vestiti che ti capitano a tiro, scendere le scale mentre sei ancora impegnata ad allacciare i pantaloni, ma se il destino ha stabilito che le cose devono andare così, tu non le puoi evitare.
Caris non ha nemmeno il tempo di accorgersi che ha allacciato male i bottoni della camicia e che ha indossato due orecchini spaiati, perché ha meno di venti minuti per uscire di casa, cercare di far partire la macchina nonostante quella notte abbia gelato e raggiungere l’aeroporto.
E così, anche lei, sebbene stia cercando di mantenere una personalità pacata e tranquilla, si ritrova a imprecare e inveire contro tutto ciò che ostacola la sua corsa folle. Tiene il piede premuto sull’acceleratore, azzarda sorpassi spericolati e ignora molto abilmente il suono dei clacson e gli insulti degli altri conducenti. Ma in fondo si sa: “donna al volante, pericolo costante”.
Ma Caris è un pericolo un po’ ovunque, non solo sulla strada. Ogni volta che qualche cosa si rovescia o si rompe, c’è il suo zampino dietro. Come per la macchia di smalto sul mobile della sala, la collezione di tazzine tutte diverse una dall’altra e i piatti scheggiati. Lei non lo fa nemmeno apposta, ma rimane comunque il fatto che attiri i pericoli proprio come fa la luce con le falene. Essere maldestra è nella sua natura e quindi, anche se cerca di controllarsi, non può risolvere la questione più di tanto.
Mentre è alla guida controlla morbosamente l’orario e inizia a rilassarsi quando constata che le restano ancora sette minuti per percorrere poche centinaia di metri. Nella radio, il vecchio cd sottratto alla collezione del padre trasmette gli U2 e lei picchietta con le unghie sul volante cercando di tenere il tempo senza distrarsi più di tanto. Anche perché non può proprio permetterselo.
Una brusca frenata e un parcheggio alla bell’e meglio pongono fine al suo viaggio e si precipita di corsa verso l’ingresso dell’edificio grigio fumo. Le rimane un po’ difficile tenere un’andatura sostenuta anche perché ogni due per tre è costretta  a farsi da parte per evitare di venir travolta dalla baraonda di persone che escono dalle porte.
Arriva all’ingresso con il fiato corto e vorrebbe tanto mettersi le mani sulle ginocchia per riposare solo che il ticchettare continuo dell’orologio la esorta a continuare.
Ma, qualcuno che la odia fortemente e che si diverte in maniera sadica a vederla in difficoltà, deve aver escogitato un ulteriore piano perché in sosta davanti all’ingresso che conduce al gate dei voli in arrivo da Tokyo, c’è una fiumana di ragazzine. Intorno a lei percepisce solo caos perché tutti mormorano, urlano, ridono sguaiatamente e il suo umore nero schizza in un attimo alle stelle. Trattiene l’ennesima imprecazione che sta per sfuggire dalle sue labbra e come una forsennata fruga nella borsa in cerca del pass perché è sicura, o meglio, per l’incolumità di tutte quelle persone presenti spera che sia davvero così, di averlo messo in uno dei tanti taschini.
Quando lo trova lo infila in fretta e furia al collo e con sguardo furente si dirige verso il gruppo di ragazze che fremono e ridacchiano; alcune hanno anche le lacrime agli occhi e si mordono le unghie per l’agitazione, altre si guardano continuamente intorno con tutti i sensi allertati. Caris con aria indifferente si fa largo tra queste senza curarsi di chiedere scusa per delle spinte troppo forti e per i modi sgarbati con i quali le raggira. Avanza attirando sguardi di odio e sorridendo meschina nel sentir i “maleducata” e gli “arrogante”. Lei tenta ogni volta di mostrarsi più gentile ma quotidianamente si esaspera e tutti i buoni propositi finiscono nel dimenticatoio; la buona volontà per migliorare lei la mette, ma certe cose la stravolgono del tutto e le fanno dimenticare quanto si era prefissata. Proprio come succede quando, durante la seconda settimana in cui ha iniziato la dieta, le regalano un buono per mangiare gratis cinque volte nei fast-food, oppure quando lei è pronta ad uscire per fare una lunga corsetta e in televisione annunciano che è “scoppiata” l’ennesima coppia di Hollywood, così il divano diventa più interessante e l’allenamento può anche aspettare.
E così anche quella volta le maniere brusche diventano l’unica soluzione per aspirare alla sopravvivenza e arrivare tra le prime file della folla dove, una barriera di transenne e bodyguard, delimita i confini.
Agitando le braccia in aria cerca di catturare l’attenzione di un tizio dello staff per mostrare il suo pass e ricevere il lasciapassare, gesto che le costa un’ulteriore dose di insulti. Mantenendo un’andatura fiera attraversa l’ingresso scomparendo dietro la grande vetrata, non prima di aver rivolto un gestaccio a tutte quelle ragazzine. Sa che probabilmente il suo gesto sarà riportato in un qualche giornaletto da quattro soldi e che lei verrà etichettata come la ragazza senza nome che era andata ad attendere i One Direction all’arrivo in aeroporto. Qualcuno si azzarderà pure ad ipotizzare una sua possibile tresca con uno dei membri del gruppo, altri molto semplicemente la ignoreranno e altri ancora riconosceranno in lei l’amica della stylist della boy band del momento.
Ma sicuramente tutta l’attenzione si sarebbe concentrata su Louis e il suo sorriso spento, su Zayn e la sua relazione amorosa da poco conclusa, su Harry e i suoi presunti flirt, su Niall e Liam e i loro volti stanchi e incredibilmente scarni.
Caris batte nervosamente il piede in terra e canticchia un motivetto improvvisato in attesa che si aprano i cancelli del volo proveniente da Tokyo. Si guarda intorno riconoscendo qualche volto familiare dei parenti dello staff e sorride nel vedere i bambini felici di riabbracciare i loro genitori.
Con uno stridio eccessivamente assordante, i cancelli lasciano passare il primo gruppo di persone accolte da sorrisi, abbracci e schiamazzi. Caris stessa si alza sulle punte in cerca di America e il suo spirito da eterna bambina, il suo sorriso perennemente sulle labbra e i suoi modi di fare solari e assolutamente imprevedibili. America e la sua passione per le scarpe con il tacco, i profumi di Dior e le borse di Prada.
Deve aspettare ancora qualche minuto prima di vederla comparire nel gruppo dei “giovani” affiancata da altre due ragazze dello staff  e la  hair stylist del gruppo, Lou Teasdale.
Allo stesso modo, America si guarda intorno e, individuando l’amica, la accoglie a braccia aperte stritolandola in un abbraccio che vuole dire molte cose e che rimarca l’affetto che le lega da sempre.
Le due si sorridono e Caris saluta anche le colleghe dell’amica dato che, in quei tre anni, ha imparato a conoscerle durante le serate organizzate in casa loro o grazie ai pass procurati da America che le permettevano di seguirla sul luogo di lavoro.
-Come è andato il viaggio?- chiede entusiasta Caris torturandosi le dita della mano. Le altre fanno per rispondere ma qualcuno le precede.
-È stato piuttosto turbolento, raggio di sole.- esclama Harry alle sue spalle con Lux in braccio. Tutti quelli nel raggio di un metro, avendo sentito la battuta del riccio, scoppiano a ridere cogliendo la sua allusione al carattere quasi sempre funereo della ragazza che è praticamente l’opposto di un raggio di sole.
Caris fa una smorfia e si trattiene solo per la presenza della bambina, concedendosi solo un leggero pugno indirizzato alla spalla del ragazzo che in risposta le sorride divertito.
-Come va Brontolo?- prosegue quello per nulla scalfito dallo sguardo minaccioso di Caris che alla fine si lascia andare e si unisce alle risate degli altri.
-Bene, dai.- ribatte sinceramente e torna ad abbracciare America che intima ad Harry di smetterla con le sue battutine.
-Va bene. Quanto siete suscettibili!- conclude il ragazzo alzando le braccia e fingendosi offeso.
-Allora? Che mi dici?- sussurra Caris ad America evitando che gli altri sentano la domanda, così per dedicare quel momento solo a loro due.
Quella alza le spalle non sapendo cosa dire e basta solo quel gesto per permettere all’amica di comprendere che c’è qualcosa sotto.
-Ancora lui?- continua infatti a chiedere senza dare all’altra nemmeno il tempo di ribattere.
America annuisce e le sue mani tremano per il nervoso, tant’è che è costretta a nasconderle nelle tasche della sua giacca firmata Armani per evitare che Caris se ne accorga e dia il via ad una scenata davanti a tutti.
-Si, ancora lui. Ci sono dei momenti in cui sembra che vada tutto bene e due secondi dopo già non mi ci fa capire più niente.- risponde in un  sussurro per poi mordersi il labbro inferiore ricoperto dal rossetto rosso.
Caris fa per ribattere ma America è più veloce e la interrompe.
-Possiamo parlarne dopo? Ti prego.- la supplica, anche se alla fine il suo diviene più un ordine a cui l’altra è costretta a sottostare.
-Brontolo!- due braccia che la avvolgono dalle spalle la distraggono e si gira imbattendosi in un Liam tutto abbronzato dopo che ha trascorso gli ultimi giorni del tour a prendere il sole.
Caris ricambia il saluto accantonando per un attimo la preoccupazione per la situazione dell’amica e cercando di seguire il filo logico del fiume di parole che Liam ha portato con sé. Annuisce fingendosi convinta anche se non ha ben capito cosa stia a significare il fatto che la bandiera dell’albergo fosse verde né tanto meno perché una stretta di mano non possa essere considerata un saluto. Ma Liam è così, nella testa ha mille pensieri e ogni cosa, anche la più insignificante, muove in lui curiosità.
Nel sentirlo parlare, non si è accorta nemmeno che sono stati raggiunti dal resto della comitiva e imbarazzata saluta anche Louis, con il quale non ha mai avuto un vero e proprio rapporto, e Zayn che, in un certo senso, la mette a disagio e la rende impacciata. Il primo le rivolge un sorriso di circostanza ma ogni tentativo di intavolare una conversazione degna di nota fallisce miseramente, come sempre d’altronde. Il secondo invece si limita a scrutarla intensamente e nemmeno il fatto di essere colto in flagrante riesce a fargli distogliere lo sguardo. E Caris si ritrova ad arrossire e a perdere tutta la sfrontatezza che da sempre la contraddistingue. Il suo colorito particolarmente roseo cattura ulteriormente l’attenzione di Louis che non ha perso di vista, nemmeno per un secondo, gli sguardi tra i due e che ora sorride sornione certo di aver captato qualcosa nell’aria.
Per riacquistare un po’ di dignità, Caris pensa di portare tutta la sua attenzione su Niall ma il saluto tra i due è particolarmente freddo e pigro. Di sottecchi guarda anche America che non sembra voler distogliere lo sguardo dal biondo, particolarmente concentrato a trafficare con il cellulare incurante degli altri.
E Caris sospira per non sbottare e rimanda la sua esplosione ad un altro momento.
-Andiamo?- chiede ad America sperando che quella colga il suo bisogno di uscire all’aria aperta e per sua fortuna è così. Salutano in fretta tutti gli altri e, afferrata la valigia, lasciano l’edificio tra bisbigli e risate certe che devono raccontarsi un milione di cose.

 



Esattamente un anno fa ho pubblicato il primo capitolo di "Come un fulmine a ciel sereno" su Efp.
Era stata una cosa di getto e spinta dall'euforia ho buttato giù tutto quello che mi passava per la testa. Rileggendo il lavoro qualche settimana fa, ho capito che non mi piaceva per niente e mi sono accorta di quanto quella storia, specialmente nei primi capitoli, fosse banale e piena di errori. 
Dal momento che ora credo di essere maturata nello scrivere e di aver capito cosa evitare, ma soprattuto avendo visto che nonostante tutto la storia veniva seguita, ho pensato che non fosse giusto cancellarla e lasciarvi senza una conclusione.
In seguito a tutto ciò, è nata "Pride" la nuova versione di una storia vecchia. Fondamentalmente la trama è sempre la stessa e la storia si svolgerà secondo le idee che avevo per la precedente. Però da come avete potuto notare, ci sono comuqnue dei grossi cambiamente: in primo luogo il nome delle protagoniste (Diciamo addio a Hope e Summer), salutiamo le nuove ragazze: Caris e America; in secondo luogo, ho cambiato la vita delle ragazze e i loro lavori; in terzo luogo cercherò di dare un maggiore spessore a tutti i personaggi in generale, valorizzando quelli che avevo tralasciato prima e introducendone dei nuovi. Per altri cambiamenti vi aggiornerò man mano che procederemo con i capitoli.
Detto ciò, per evitare che lo "spazio autrice" diventi più lungo del capitolo, vi chiedo semplicemente cosa ne pensate del capitolo? I "vecchi" lettori sono rimasti delusi dalla nuova versione, o può andare?
I "nuovi" lettori, invece, cosa pensano di questo prologo?
Fatemi sapere perchè il vostro parere per me è molto importante.
Se avete delle cose da chiedere, aggiungetemi su questo profilo facebook: ATARASSIA EFP
A presto.
Con affetto,
Atarassia_

Ps: vi invito a passare a leggere questa storia: "Ein Wunderschoner Traum"
 

 
 
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


 

Pride
Capitolo Uno


 
America e Caris sono una l’opposto dell’altra.
America, con le sue scarpe firmate, i tailleur e gli orecchini di perla, è Parigi in tutto il suo splendore. Sempre attenta ad ogni particolare, i capelli costantemente in ordine e le unghie curate. Lei tiene al suo aspetto fisico che, fin da bambina, è stato il suo punto forte e il centro di tutto il suo interesse. Le piace prendersi cura di se stessa e sentire gli sguardi delle persone posarsi su di lei. La madre le ha sempre detto che lei è una persona molto fanatica, ma America trova che quel termine non le si addica. Lei non è “fanatica”,  semplicemente ama i complimenti.
Caris, invece, con le sue maglie larghe e i jeans strappati al ginocchio o poco più su, la sua passione per tutto quello che sa di etnico e per i maglioni di lana, è Amsterdam in tutto il suo essere sciatta. Non ama perdere molto tempo davanti all’armadio per scegliere cosa indossare, né ha tutta la pazienza per aspettare che lo smalto si asciughi perfettamente. Lei è più caotica, disordinata e spensierata. Trova che il rosa sia repellente, il suo colore preferito è il rosso e la matita nera intorno agli occhi è l’unico trucco che si concede. La madre quando era piccola impazziva per vestirla, perché Caris delle magliette con gli unicorni sopra non voleva proprio saperne niente e finiva sempre per rubare le felpe dei Pokémon del fratello. Odiava i codini e i suo capelli, costantemente indomati, le ricadevano sugli occhi nocciola.
Le piacciono i vestiti purché siano neri o rossi e, sotto di essi, indossa sempre scarpe basse, perché non ha l’equilibrio giusto per le scarpe con il tacco, diversamente da America che sembra esserci nata.
Sono proprio antitetiche l’una con l’altra e, per un periodo, durante i primi anni delle elementari, non si potevano nemmeno vedere. Non perdevano tempo ad accapigliarsi e a prendersi a morsi e le maestre non ne potevano veramente più di loro. Poi era bastato vedere la signora all’angolo della strada inciampare e cadere sul marciapiede per scoppiare a ridere e iniziare a parlarsi. E da quel momento avevano iniziato insieme a fantasticare sul loro futuro, sulla casa con la piscina e una grande stanza guardaroba per una, e un viaggio per tutto il mondo e le missioni di volontariato per l’altra. Avevano iniziato a crescere insieme, a prendersi a gomitate e a ridere ogni volta che qualche ragazzo guardava una delle due, a indossare, di nascosto, i vestiti della sorella maggiore di America per fingersi più grandi e poter entrare nei locali. E poi c’erano state le loro fughe in  orario scolastico verso il mare o in centro per fare shopping, le risate in metropolitana alle tre di notte, la prima sbornia e le teste che non cessavano di girare, le prime sigarette e America che non la smetteva di tossire. Erano cresciute insieme sognando e osservando il mondo intorno a loro con occhio attento, quasi critico. E poi era arrivato l’annuncio su Internet e America era impazzita credendo che quello sarebbe stato il suo trampolino di lancio. Così, come profughe, avevano abbandonato le loro case per il dispiacere dei genitori che avevano pensato per loro un altro futuro ed erano approdate a Londra.
America aveva dato da subito dimostrazione del suo carattere testardo e la sua volontà di sentirsi realizzata. Nemmeno i primi “no” erano riuscita a fermarla e alla fine era diventata davvero la stylist degli One Direction. Lei se lo sentiva che seguire quel gruppo le avrebbe permesso poi di aspirare a qualcosa di più importante, di farsi conoscere e approdare nel mondo della moda vero e proprio.
Caris invece si era limitata, la prima settimana, ad esplorare la città da capo a piedi, a visitare i monumenti più importanti e a ciondolare nei parchi. Aveva decretato che non c’è nulla di meglio che mangiare un hot dog sulle rive del Tamigi, e che Portobello Road è la zona più piacevole di tutta la città perché, in mezzo a tutta la gente e tra le varie bancarelle,  lei si sente a casa e cittadina del mondo.
Per America era importante avere una cartellina con modelli di abiti sotto il braccio, la rivista di Vogue sulla scrivania, gli occhiali di Gucci e una tazza di tè rigorosamente senza zucchero.
A Caris bastava il vecchio giradischi di suo padre, l’Atlante per segnare nuove tappe, un plaid a scacchi e i tacos del ristorante messicano sotto casa.
America e Caris sono state da sempre una la notte e l’altra il giorno: diverse ma indispensabili l’una per l’altra.
Ad America piace parlare e farsi ascoltare; a Caris piace stare a sentire gli altri e rivivere le scene attraverso le loro parole. Alcune delle loro serate migliori sono fatte proprio di questo: racconti, sogni a metà, pensieri e le ordinazioni fatte all’ultimo secondo al ristorante cinese.
-Quindi?- chiede Caris all’improvviso spezzando il silenzio e richiamando all’attenzione America che, pur di prendersi ancora qualche secondo per rielaborare le idee, finge di avere problemi ad utilizzare le bacchette cinesi.
-America?- continua l’altra perché quella risposta muta non le piace proprio per niente e teme che l’amica sia ricaduta di nuovo nella sua stessa trappola.
-Cosa?- si decide a mormorare in risposta stizzita e stremata, perché si ricorda di tutte le volte che Caris l’aveva avvertita di andarci con i piedi di piombo e, in quel momento, un “te lo avevo detto” è l’unica cosa che vuole sentirsi dire.
Scuote la testa sotto lo sguardo attento dei due occhi color nocciola e lascia che i capelli ramati le ricadano sulla fronte nascondendo la sua espressione crucciata alla vista dell’altra.
Ma forse nascondersi non serve a nulla, proprio a niente. Oramai lo scenario è lo stesso da molto tempo e Caris ha imparato a cogliere tutti i minimi dettagli, ad interpretare i vari gesti e il tono della voce, giusto quanto basta per prendere atto della gravità della situazione.
America sospira perché è veramente stanca e, se solo avesse tutte le forze e una buona dose di volontà, non esiterebbe nemmeno un secondo a mettere la parola fine a tutta quella situazione.
-Non credo che ci sia molto da dire, sono cose che già sai.- dice alla fine sprofondando con la schiena nel divano di pelle che le ricorda tanto quello visto, attraverso le foto di una rivista, in una delle tante case di Beyoncé.
Caris si alza con un gesto secco dal pavimento ricoperto da uno dei suoi tappeti etnici e, spostando i vari numeri di Vogue impilati sull’altro lato del divano, si siede accanto all’amica.
-Avete fatto passi in avanti?- chiede anche se, in cuor suo, pensa già di conoscere la risposta e l’occhiataccia che le rivolge America sembra confermare tutto.
-Con Niall è impossibile fare dei passi in avanti!-, ribatte infatti con voce quasi stridula, -Insomma, mi sembra solo che la situazione sia ferma al solito punto o che, al massimo, peggiori.- continua esasperata gesticolando e attorcigliandosi una ciocca di capelli intorno all’indice della mano destra, come fa ogni volta che si agita.
-Te lo avevo detto io che ti saresti ritrovata così. Ma tu non mi dai mai retta quando parlo.- sbotta alla fine anche Caris perché di vedere l’amica ridotta in quello stato non ne ha voglia. Forse sbaglia i modi, perché invece di consolarla non fa altro che ribadire le sue colpe, ma lei è fatta così e quando perde le staffe tutti i buoni propositi saltano.
E poi, quel “te lo avevo detto” era proprio inevitabile perché Caris fin da subito aveva immaginato gli sviluppi di quella passione morbosa che America nutriva per Niall.
Una passione che con il tempo era diventata ossessiva, malata, intrattabile. Una passione che era insostenibile da parte di Niall perché, fin dall’inizio, lui aveva messo bene in chiaro le regole e la sua volontà di non volere nulla di serio.
Una passione che era sfuggita al controllo di America, che forse si era trasformata anche in un qualcosa di più profondo.
Il lavoro come stylist degli One Direction era stata sicuramente una benedizione per la giovane ragazza, ma allo stesso tempo le aveva procurato anche molti problemi.
L’aria da svampita e il suo aspetto assai curato aveva attirato, fin dai primi periodi, l’attenzione di Niall e lei, da degna donna qual era, era rimasta affascinata da tutte le lusinghe e gli apprezzamenti che il ragazzo le rivolgeva in ogni occasione.
E così, credendo che da quel gioco ne avrebbero tratto profitto entrambi, aveva aperto le danze con il biondo, ma, in breve tempo, era rimasta vittima di quella trappola che lui, abilmente e forse inconsapevolmente, le aveva teso.
Alla fine era lei che restava stesa tra le coperte del letto, ancora calde  dopo l’amplesso e pur tuttavia già così fredde, a rimuginare su quanto successo mentre lui in fretta e furia si rivestiva. Era lei che, nel buio della notte, soffocava le lacrime nel cuscino, mentre lui lasciava la stanza con un saluto a mezza bocca e un’espressione indifferente sul volto.
Era lei che rimaneva per ore a pensare e a sentirsi sporca, a desiderare che lui tornasse indietro e si sdraiasse al suo fianco, anche per soli cinque minuti, anche solo per augurarle una buonanotte o lasciarle una carezza sulla guancia. Era lei che poi si infilava sotto la doccia e lasciava che l’acqua calda lavasse via tutto il dolore, tutto quello che c’era di negativo in lei, la sensazione di sentirsi usata, violata, un oggetto che lui si rigirava tra le mani come più gli piaceva.
E poi c’era lui che durante il giorno si comportava come se niente fosse successo, che scherzava con tutti e tutte allo stesso modo, che faceva battute divertenti su alcuni personaggi famosi e che non smetteva mai di torturare i lacci delle sue felpe. Niall che la trattava alla pari degli altri, che non le faceva nemmeno un piccolo cenno né le riservava una piccola occhiata che le permettesse di capire che, alle loro notti, ci pensava anche lui.
E lei, i primi periodi, rimaneva in silenzio, andando anche contro il suo stesso carattere; soffriva, ma non riusciva a non aprire la porta della sua stanza ogniqualvolta lui si presentava nel cuore della notte. Poi erano arrivati i crolli anche alla luce del giorno, le fughe in bagno o le passeggiate forzate che si imponeva per non farsi vedere. E anche il suo carattere ne aveva risentito, perché si era fatta più fredda, scorbutica e ogni scusa era buona per rispondere male a tutti, ovviamente a tutti tranne lui.
E Harry, osservandola dall’angolo della stanza, si era accorto di tutto e, sebbene al liceo la matematica non fosse il suo forte, non ci aveva messo molto a fare due più due. Così era diventato il suo confidente, la sua spalla su cui piangere e ogni tanto azzardava anche qualche idea stramba per far capitolare Niall che, nonostante tutto, rimaneva sempre distante.
E America continuava a offrirsi a lui, a lasciare che lui la usasse in quel modo senza nemmeno chiederle il permesso perché, alla fine, non c’era nemmeno bisogno che lo facesse, lei era già pronta ad accettare quel loro strano patto.
America si era totalmente e follemente invaghita di Niall; soffriva è vero, ma quel dolore che provava era in ogni caso una sorta di consolazione.
-Proprio tu parli? Tu hai il coraggio di criticarmi? Te l’ho sempre detto Caris, tu predichi bene e razzoli male!- ribatte alla fine piccata, rivolgendosi all’amica. Raddrizza le spalle e la guarda offesa, arrabbiata e determinata, ma, se la osservi bene, nei suoi occhi puoi scorgere anche un accenno di paura. Perché America è fatta così. Quando si sente messa con le spalle al muro, alla mercé di ogni rischio e capisce che gli altri hanno colto la verità dei fatti, non può fare a meno di attaccare e cercare di difendersi con l’ultimo barlume di dignità rimastole.
E Caris sentendosi chiamata in causa trattiene il fiato. Conosce oramai America da anni e sa che non voleva essere cattiva, che, molto probabilmente, dopo averci riflettuto un poco le chiederà scusa. Vorrebbe replicare, ma con tutta sincerità non saprebbe cosa dire perché l’amica non ha tutti i torti, lei stessa è a conoscenza di essere una tipa con dei pensieri spesso antitetici a quelle che poi sono le sue azioni. Non ha torto per niente America, ma Caris è davvero impotente dinanzi a tutto ciò.
-Lo so benissimo questo, non c’era alcun bisogno che tu me lo ricordassi.- risponde con tono amareggiato, con il tono di una che sa di non avere possibilità di affermare il contrario.
Ma Thomas per lei era e sarebbe sempre stato una questione delicata. Era il suo punto debole, forse il suo sbaglio più grande, ma, testarda come era, non poteva farne a meno. Perché Caris era brava a fare la moralista, a dispensare consigli e cercare di fare la cosa giusta per tutti, ma quando si trattava di se stessa, era tutta un’altra storia. Alla fine, nel bene e nel male, aveva sempre avuto tutto nella vita: un bella famiglia, un’infanzia serena e un’adolescenza vivace.
E Thomas era il fiore all’occhiello, l’ultimo dettaglio che la faceva sorridere sorniona. Con lui si sentiva completa e poco le importavano tutte le conseguenze dell’averlo. Perché loro non potevano fare nulla allo scoperto, erano costretti a muoversi separatamente, a incontrarsi la  notte in squallidi motel o a nascondersi in vecchi campi abbandonati. Dovevano rifuggire gli sguardi indignati della gente, i commenti dei falsi moralisti e tutti i loro “potrebbe essere tuo padre”, ma a Caris poco importava. Certo, alzarsi di soppiatto la notte per attraversare più di mezza città prima di vederlo era anche stancante delle volte, non poterlo sentire ogni volta che le passava per la testa era frustrante e sapere di doverlo condividere la distruggeva. Ma Caris era sempre riuscita a resistere perché lui ogni volta le ripeteva che, ben presto, avrebbe risolto tutta la situazione, che avrebbe chiesto la separazione alla moglie e spiegato la cosa ai figli. E così, lei aspettava e delle volte si sorprendeva a sognare un loro futuro.
L’espressione scioccata di America la richiama all’attenzione e la fissa con astio perché, nonostante tutto, c’è rimasta male. L’amica boccheggia non riuscendo a trovare una risposta adeguata e le sue guancie si colorano di rosso per l’imbarazzo, per la rabbia, per tante cose sottese.
-Caris…- sussurra alla fine e sembra che per il momento possa bastare anche quello. E così rimangono in silenzio, l’una accanto all’altra con un sorriso di scuse sulle labbra e il desiderio che, nelle loro vite, tutto si sistemi al meglio.
 
 

In ritardo come al solito sono riuscita, finalmente, a pubblicare un nuovo capitolo.
Finalmente i miei impegni scolastici sono finiti e potrò dedicarmi completamente alla scrittura! Ora, che ve ne pare del capitolo? Mi sono concentrata sulle ragazze e sul rapporto tra Niall e America. Coloro che avevano letto "Come un fulmine a ciel sereno" avranno notato da subito i cambiamenti e spero che la nuova versione vi piaccia.
Colgo l'occasione per ringraziare tutte le persone che hanno inserito la storia tra le preferite, le seguite o le ricordate, e me tra gli autori preferiti. Ringrazio anche le quattro anime pie che hanno recensito il prologo! 
Se volete, fatemi sapere che ne pensate di questo capitolo e lasciatemi le vostre recensioni!
Per avere informazioni sulla storia, sui tempi relativi agli aggiornamenti o anche solo per parlare, contattatemi su facebook e su twitter.
A presto.
Con affetto,
Atarassia_



Ps: Volevo ringraziare Iridium Flare per aver betato il capitolo! ^_^
 

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