Disconnect || Luke Hemmings

di Inmichaelarms
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Game ***
Capitolo 2: *** Don't Mind ***
Capitolo 3: *** Yell ***
Capitolo 4: *** Grey ***
Capitolo 5: *** House ***
Capitolo 6: *** Lost ***
Capitolo 7: *** Insane ***
Capitolo 8: *** Hide ***
Capitolo 9: *** Oh trust me, you'll do it. ***
Capitolo 10: *** Breathless ***
Capitolo 11: *** Use Somebody ***
Capitolo 12: *** Lose your mind. ***
Capitolo 13: *** Silver ***
Capitolo 14: *** Red Neck ***
Capitolo 15: *** Iceberg ***
Capitolo 16: *** Kill ***
Capitolo 17: *** Swater Weather ***
Capitolo 18: *** Super-I ***
Capitolo 19: *** Wrong ***
Capitolo 20: *** Monster ***
Capitolo 21: *** King. ***
Capitolo 22: *** Saw ***
Capitolo 23: *** Stockholm Syndrome ***
Capitolo 24: *** Heartless ***
Capitolo 25: *** Ashen ***
Capitolo 26: *** Know ***
Capitolo 27: *** Half ***
Capitolo 28: *** Devil ***
Capitolo 29: *** The only reason ***
Capitolo 30: *** Lovestruck ***
Capitolo 31: *** Moments ***
Capitolo 32: *** Time ***
Capitolo 33: *** Drifted ***
Capitolo 34: *** Naive ***



Capitolo 1
*** Game ***


                                                                                  Game
Batteva contro il marciapiede la suola di plastica, rovinata dagli anni, delle sue Converse nere.
Si mise le mani in tasca battendo i polpastrelli contro il ventre coperto dalla maglia seguendo ritmi inventati di canzoni mai sentite mentre giocava con i denti a torturarsi il labbro inferiore
La guardava da lontano mentre si nascondeva nell’ombra del grande albero al suo fianco.
Lei camminava svelta e con lo sguardo basso, sembrava così piccola.
Con un veloce gesto la vide mettersi una ciocca ribelle dietro le orecchie piccole.
I suoi capelli erano di un biondo più scuro d’inverno, come quelli del ragazzo che la stava osservando battendo, ancora, la suola contro il marciapiede.
A lui non piaceva attirare l’attenzione, e nessuno lo andava a disturbare.
Forse per paura.
La guardò sistemarsi la cinghia nera dello zaino a righe sulla spalla riprendendo a camminare.
Gli piaceva guardarla, anche se non era più capace ad osservare.
Aveva smesso, i tempo gli era mancato poi, pian piano, ha semplicemente dimenticato come fare.
Lui era come un fulmine, vedeva dove doveva schiantarsi senza pensare al percorso da fare.
Ma non gli importava neanche più di tanto.
Iniziò a seguire la ragazza da lontano guardandola mettere un piede davanti all’altro con fatica.
La seguì fino ad un grande cancello grigio, che un tempo doveva essere bianco o comunque molto chiaro.
Osservò intorno a se e l’unica cosa che attirò la sua attenzione, oltre all’ammasso di ragazzini, era un cartello. Anch’esso rovinato.
‘’Baltimora High School.’’
Sorrise.
Il gioco era iniziato e lui avrebbe sicuramente vinto.
 
Spazio autrice.
Ciao a tutti, inizio con il dirvi che la storia NON è mia, l’autrice mi ha dato il permesso di pubblicarla, la storia è originaria di watt-pad: http://www.wattpad.com/story/13607023-disconnect-luke-hemmings l’autrice è: http://www.wattpad.com/user/inashtonsarms

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Capitolo 2
*** Don't Mind ***


                                      Don’t Mind
Giocava a tirare il piercing che gli perforava il labbro inferiore con la lingua.
Era una cosa involontaria, un gesto che veniva a seguito del nervosismo.
Erano le 7:30, guardò per la quarta volta l’orologio sportivo che gli fasciava il polso destro.
No, non era mancino. Gli piaceva tenere tutti i bracciali sul polso destro solo per comodità.
Si portò una mano davanti alle labbra iniziando a tirare l’orecchino nero.
Chiuse gli occhi appoggiandosi all’albero con la corteccia fredda, era gennaio.
La neve non era ancora scesa.
Un forte sbuffo attirò la sua attenzione.
La ragazza dai capelli biondi cercava di liberare il piede, che si era incastrato in due rametti ispidi, tirandolo verso l’alto.
La stringa della sua piccola scarpa bianca si era impigliata e quando non notò miglioramenti lasciò cadere la borsa a terra.
Il ragazzo mise le mani nelle tasche dei jeans chiari e, dopo aver guardato la strada, attraversò scendendo con passo cadenzato.
Sorrise quando fu vicino abbastanza per vedere gli occhi della ragazza.
Azzurri.
E una persona normale poteva aggiungere tutti gli aggettivi e le sfaccettature di quel colore, ma per uno come lui era solo azzurro.
Quell’azzurro spesso che ti la sensazione di non vedere il fondo.
Il ragazzo sorrise malizioso abbassando il busto verso il rametto, con un movimento di polso deciso lo spezzò lasciando libera la ragazza che fece subito due passi indietro andando a finire vicino al muretto.
Prese la cartella e alzò lo sguardo verso il ragazzo.
Non sapeva cosa fare, non sapeva se ringraziarlo o semplicemente andare via. Osservò ancora per qualche secondo gli occhi del ragazzo, di un azzurro più scuro del suo ma con qualche pagliuzza più chiara, grigia, per poi dargli le spalle presa dall’imbarazzo della situazione.
Poi fu come se una forza più forte la facesse stare ferma.
E si, era una forza, e si, era più forte di lei.
Si girò di scatto fissando incessantemente il punto in cui il ragazzo ‘aveva afferrata.
 Aveva ancora quel sorriso sul viso.
 Cercò di sottrarsi a quel contatto, era troppo debole.
-Carina.-
Alzò lo sguardo verso l’alto, la voce roca poteva venire solo da lui. Era più alto di lei di qualche manciata di centimetri. Solo quando collegò al cervello quello che aveva detto il sangue iniziò a fermarsi sulle sue guancie, creando una sfumatura più rosea sulla pelle di porcellana.
-Come ti chiami?-
La ragazza prese un bel respiro e capì che non l’avrebbe lasciata senza sapere il suo nome.
-Hayley.-
Ci fu un momento di silenzio dove il ragazzo aveva stretto il labbro sotto i denti bianchi osservandola.
Faceva paura, come se da un momento all’altro potesse prenderla e portarla via. Senza fatica.
La lasciò di scatto mettendosi di nuovo le mani in tasca e facendo lenti passi per allontanarsi.
Hayley rimase scossa.
Non riusciva a dare una giustificazione a quel comportamento e giusto un po’ per calmare i suoi dubbi urlò:
-Tu? Come ti chiami?-
Il ragazzo si girò appena, sorridendo.
-Non ha importanza.-

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Capitolo 3
*** Yell ***


                               Yell
Hayley guardava il suo polso incantata, neanche si accorse delle parole della madre.
Non che fossero importanti, per Hayley non lo erano mai. Sentiva la voce senza ascoltare, ma non gli sembrava un dispiacere per sua madre.
La pelle di quel viso stanco e grigio era nascosta sotto poco trucco, inutile. Secondo Hayley non potevi fregare madre natura, se una cosa era così, doveva andare così. Ecco perché non se la prendeva se le sue compagne la infastidivano, non se la prendeva quando la spintonavano giù dalle scale facendole male.
Hayley stava zitta.
Per un motivo che neanche lei sapeva, stava zitta semplicemente perché, forse, credeva che alla gente non importasse quelle che avesse da dire.
Come una pedina contò i passi che dividevano la cucina da camera sua, passando davanti a sua madre.
La casa era silenziosa e solo da quando Evie aveva iniziato il College lo era. Hayley guardava sempre la sorella più grande  come un modello, la osservava uscire con i ragazzi e pettinarsi i capelli.
Lei era cresciuta nell’ombra, e  quell’ombra poteva essere tutto e tutti.
Poteva essere l’ombra di una sorella perfetta, di un padre assente, di una madre spenta e addirittura di un ragazzo.
Riusciva ad intrufolarsi nelle ombre di tutti, ormai era esperta e nessuno la scopriva. Nessuno la andava a cercare dietro queste ombre.
Si buttò sul letto e, dopo aver mugugnato per à atterrata su un libro, si portò di nuovo il polso davanti agli occhi.
Lo faceva ruotare lentamente osservando come la tonalità di colore cambiasse a seconda della luce.
Quella leggera striscia più scura che circondava il suo polso come una mappa geografica, andava dal rosa naturale della sua pelle ad un rosa più carico e marcato.
Ridusse le palpebre a due fessure e riuscì a intravedere cinque leggeri cerchio lini, uno più scuro.
Le sue dita erano su di lei, e Hayley le guardava come sbalordita di quel gesto.
Come se avesse pescato una carta delle ‘’improbabilità’’.
E quella carta avevi gli occhi azzurri ma scuri, in teoria non sarebbe possibile ma lei li vedeva così, senza riuscire a dargli una spiegazione.
Sfiorò con i polpastrelli il polso facendo una smorfia leggera che fu interrotta dallo sbattere della porta.
Evie era tornata.
 
 
Guardò il muretto pieno di scritte insensate prima di raggiungere il ragazzo moro, si lanciarono uno sguardo di intesa e il moro sorrise abbassando lo sguardo su una scritta marcata in rosso scuro, sporco per il passare del tempo.
Il sole stava per fare spazio alla luna, sottolineando il fatto che un altro giorno fosse passato. La sera gli delimitava i contorni, al moro, che da lontano potevano sembrare quasi asiatici.
-Allora?-
La voce di quest’ultimo echeggiò per il parco, illuminato solo da qualche lampione. Il biondo appoggiò i gomiti sul muretto grattando via con l’unghia un pezzo di intonaco. Sapeva che adesso le domande sarebbero partite dalla bocca dell’amico senza pietà.
-Hayley.-  biascicò.
Il moro si mise al suo fianco appoggiando, però, la schiena contro il muretto.
-Sai qualcosa su d lei?-
Il biondo si passo una mano tra i capelli e subito fu ripreso dall’amico che era, ovviamente, impaziente.
-Luke.- lo richiamò il moro.
-Va alla Baltimora High School.-
-Che scuola del cazzo.-
Il biondo lo fulminò con lo sguardo, non gli piaceva essere interrotto. Il moro ghignò facendo un leggero segno con la mano per farlo andare avanti.
-E’ bionda e- si fermò un secondo sbuffando – non lo so.-
-In poche parole non sai un cazzo di lei.-
-Calum!-
Il moro alzò le braccia i segno di difesa facendo poi forza su di esse per sedersi sopra il muretto con un piccolo salto.
-Dico solo,- riprese -che per giocare allo Yell devi sapere di più su di lei.-
Luke incrociò le braccia al petto approvando, con un colpo di testa, la tesi del ragazzo davanti a lui.
Lo Yell ormai andava avanti da anni, era una sfida tra loro due. Un gioco.
E Luke era il più forte, il più coraggioso.
Smise di giocare con il piercing che stava mordicchiando, mettendosi le mani in tasca.
Subito dopo le tirò fuori appoggiando sul muretto una cartina e del tabacco.
-E tu?-
Calum si girò verso il biondo corrugando la fronte.
-La rossa?- Chiese ancora.
Gli occhi scuri del moro si accesero leggermente.
-Ah, no non va bene per lo Yell. E’ troppo piccola.-
Luke interruppe il suo lavoro manuale trattenendo una risata.
-Da quando ti fai questi problemi Cal?-
Il ragazzo scese dal muretto tirandoci un leggero calcio.
-Da quando tu stai facendo la figura del pedofilo, Lukey.-
Il biondo tornò a concentrarsi sulla sua sigaretta prendendo i due lati della cartina e facendoli strusciare tra di loro per far raggruppare tutto il tabacco verso il centro, dopo ci passò lentamente la punta della lingua umida per chiuderla.
-Hayley non è piccola.-
Rispose secco facendo alzare gli occhi al cielo Calum
-Ma è piccola per lo Yell, andiamo, quanti anni avrà? 14? 15?-
-Non lo so.-
Rispose semplicemente Luke, e non gli importava neanche tanto saperlo.
A lui serviva lei per vincere.
Non volendo continuare il discorso con Calum, Luke gli porse la sigaretta con sguardo complice.
-Allora, ci mettiamo la magia in questa sigaretta?-
Calum sorrise e tirò fuori dal taschino del giubbotto di jeans una bustina scura
-Prima,- disse sventolandola davanti agli occhi chiari di Luke - dimmi cosa farai con quella.-
Luke alzò gli occhi al cielo strofinandosi gli occhi con il dorso della mano.
-Credo che domani andrò davanti alla sua classe.-
Calum annuì.
-Vengo anche io.-
-E perché mai?-
Il moro sbuffò, Luke era sempre stato così.
Il classico ragazzo con la domanda pronta e voglioso di una risposta.
E senza quella risposta non poteva vivere. Ed era il contrario di Calum, anche come carattere.
Il moro non chiedeva, faceva e basta senza pensare.
Luke, invece, ci pensava più volte prima di fare qualcosa e la cosa più triste era che, tutte le scelte sbagliate e gli errori, li faceva per sua volontà.
Tutte le volte che si era avvicinato ad una ragazza per lo Yell,lo aveva fatto per suo volere.
E Calum lo guardava e lo aiutava.
-Perché ho bisogno di una ragazza anche io per lo Yell, genio.-
Luke alzò le spalle contraendo leggermente le labbra.
Calum non aggiunse altro, voleva parlare di quanto tutto fosse sbagliato ma aveva 18 anni e, semplicemente, non gli importava.

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Capitolo 4
*** Grey ***


                                Grey
-Non mi piace questa cosa Luke.-
Calum scosse la testa appoggiando una spalla contro gli armadietti rovinati della Baltimora High School,
Luke chiuse il proprio alzando gli occhi al cielo.
-Non mi piace per niente.
Ripeté il moro passando lo sguardo su ogni persona che gli passava davanti.
-Tranquillo Calum, guarda il lato positivo.-
Disse il biondo alzando le braccia al cielo in modo teatrale inspirando a pieni polmoni.
-C’è un lato positivo nello stare sei ore seduto su una sedia?-
-Si,- disse Luke iniziando a camminare, dopo aver sentito il suono della campanella –puoi farti tutte le ragazze che vuoi.-
Calum gli tirò una gomitata sorpassandolo fino a fermarsi davanti ad un aula.
-E’ questa?-
Chiese Luke con occhi spenti e grigi che si illuminarono dopo la risposta di Calum:
-Che cazzo ne so!-
 
 
 
 
Hayley
Alzò la mano cercando di farsi notare il più veloce possibile dalla professoressa, Crystal nel banco dietro di lei le stava già ridendo contro da un’ora.
Arrivata allo sfinimento uscì dall’aula incamminandosi verso i bagni femminili, la scuola era incominciata da qualche mese ed era già stata etichettata come quella ‘’strana’’.
Aprì il rubinetto facendo scorrere l’acqua fresca sui polsi, nonostante lei avesse paura dell’acqua in quei casa l’aiutava.
Faceva in modo che tutta la sua paura e preoccupazione potessero scivolare via dalle vene fino ad arrivare ai tubi di scarico della scuola.
La sua era una generazione dell’esibizionismo e solo perché lei non era quel tipo di persona, Crystal l’aveva esclusa.
In fondo era meglio così, c’era un motivo a tutto.
C’era un motivo per cui, adesso, stava piangendo.
Dall’altra parte del muro, nei bagni maschili, Luke si era appena acceso una sigaretta per sbollire la predica di un’ora che si era dovuto sorbire da parte della sua professoressa di matematica. Guardava fuori dalla finestra il centro di Baltimora ghiacciato, il filtrino tremava contro le sue labbra per il freddo invernale.
La felpa blu che si era messo era troppo leggera, ma non voleva ammetterlo per orgoglio. I ragazzi come lui non provano emozioni, non hanno freddo, non hanno pietà, non hanno speranza.
Buttò la cicca rimanente giù dalla finestra, fulminando il ragazzo che era appena entrato.
Con un movimento lesto del polso aprì la porta ma si bloccò.
Un mare lo investì.
Un mare grigio e mosso lo fece quasi affogare, e quella spiaggia di capelli biondi contornavano il viso pallido.
La guardava neutro, quasi come se sapesse da ore che lei fosse li.
-Non ha importanza.-
Il ragazzo corrugò la fronte stringendo le sopracciglia. La voce di Hayley era flebile e limpida, ora il mare si era calmato.
-Tu sei il ragazzo del ‘’Non ha importanza’’.-
Chiarì le serrando le labbra e, vedendo ora il ragazzo più calmo fece qualche passo verso il corridoio.
Era vuoto, riecheggiavano solo i suoi passi. La fila degli armadietti era rovinata da alcuni passati, i suoi passi si raddoppiarono.
-Che classe fai?-
Non avendo voglia di sfidare gli occhi azzurri di quel ragazzo continuò a camminare, lasciò cadere lo sguardo sul polso ancora leggermente dolorante.
-Non ha importanza.- biascicò lei svoltando l’angolo cercando disperatamente la propria classe.
Sentì il ragazzo ghignare e si immaginò l’espressione sul suo viso magro.
-Anni?-
La voce del ragazzo la seguiva ma lei non cedeva, e per provocarlo ancora rispose:
-Non ha importanza.-
Sorrise soddisfatta ma si spaventò quando il ragazzo non rise più. Si fermò in mezzo al corridoio e fece un mezzo giro su se stessa, tutta la timidezza e la paura che aveva cercato di nascondere riapparirono velocemente.
Tutte quelle paure che aveva chiuso i un vaso per ore adesso fremevano per poter uscire e lei in quel momento si sentì Pandora, presa dalla curiosità, aprì il vaso.
Due grandi occhi azzurri le arrivarono vicino, con un tonfo si ritrovò contro gli armadietti in alluminio.
Una mano del ragazzo le cingeva un braccio e l’altra era appoggiata vicino alla sua testa, sull’armadietto.
La guardò ancora neutro, stando attento a non far tralasciare nessuna emozione.
Era bravo in quello.
Hayley abbassò lo sguardo e quando sentì il corpo del ragazzo premere contro il suo gli venne la pelle d’oca.
-Basta giocare.-
La sua voce era seria, la presa sul braccio si allargò leggermente mentre si faceva più vicino al viso ella ragazza.
-Quindi,- disse il ragazzo staccando la mano dal braccio di Hayley e portandola tra i capelli i capelli biondi –che classe fai?-
Fece dei cerchi concentrici attorno ai capelli di Hayley facendoseli attorcigliare attorno all’indice.
Premette i fianchi contro quelli magri della ragazza incitandola a rispondere.
-1E.-
Rispose.
Il biondo poteva sentire il piccolo corpo di lei irrigidirsi sotto il suo tocco.
Chiuse gli occhi beandosi di quel contatto e di quella situazione di paura.
-Hayley Cohen, 1E.-
Il ragazzo disse, gli occhi di Hayley si dilatarono. Poteva sentire la paura farsi spazio tra le mattonelle a chiazza per poi salirgli in corpo attraverso i piedi.
-Anni?-
-14.-
Il ragazzo sorrise, fece per parlare ma si fermò quando sentì una porta chiudersi, una ragazza mora passò di fianco ai due guardando la scena in silenzio. Aveva memorizzato ogni dettaglio e lui lo sapeva.
-Ti aspetto all’uscita.-
Hayley scosse la testa premendo le piccole mani contro il petto possente del ragazzo davanti a lei.
Sapeva chi era  e non gli piaceva quella situazione.
Il biondo rise staccandosi leggermente dalla ragazza.
-Non era una domanda.-
Dopo, Hayley lo vide scomparire, quel ragazzo agli occhi chiari e i capelli biondi, come sul marciapiede, l’aveva sfidata in un gioco di cui lui ne era il creatore.
 

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Capitolo 5
*** House ***


House
Hayley era seduta con le mani sulle gambe mentre guardava il suo vassoio pieno di cibo.
Ascoltava le ragazze nel suo stesso tavolo parlare tra di loro.
Erano amiche i sua sorella ma nessuna si sforzava di parlare con lei.
-Avete sentito?-
Una voce acuta squittì alla sua destra attirando l’attenzione di una ragazza dai capelli rossi.
-Hemmins è stato visto con una ragazza nei corridoi alla seconda ora.-
Hayley si passò frenetica una mano tra i capelli alzando di poco gli occhi su quel tavolo.
-Si, me l’ha detto Jessica. Li hai visti. Poverina, un’altra ragazzina con l’adolescenza rovinata.-
-Sei sola invidiosa perché non ha scelto te.-
Commentò la rossa di prima facendo alzare gli occhi al cielo all’amica e facendo corrugare la fronte ad Hayley.
-Mi dispiace solo per questa ragazza, sappiamo tutte che Luke non è un angelo.-
Disse marcando l’ultima parola in modo sarcastico.
Alcune ragazze annuirono e subito dopo tornarono a parlare della quotidianità.
Lui aveva scelto, e lei si sentì terribilmente presa in causa. Mentre sentiva quelle ragazze parlare le sembrava di essere davanti ad un giudice, e lei era colpevole.
Ancora non sapeva di che colpe si sarebbe presa la responsabilità.
Comunque Luke l’aveva scelta e tutti lo sapevano li dentro, tutti sapevano chi era lui e cosa faceva.
Hayley trovò la conferma alla sua teoria quando, dall’altra parte della mensa, due occhi trasparenti la guardarono.
Era stata scelta per un gioco di cui lei neanche sapeva l’esistenza.
Quando Luke si avvicinò alla ragazza, tutto il cortile cessò di far rumore.
Ormai ogni conversazione sembrava noiosa in confronto a quello che stava succedendo.
Le mise una mano sulla spalla facendola sussultare.
Trovò di nuovo quegli occhi azzurri su di lui.
Azzurri e basta.
Sentendosi osservato sussurrò un ‘’Andiamo’’ prima di trascinare la ragazza per un braccio fuori da quel cortile che aveva ospitato già troppi ormoni e cuori infranti.
-Dove stiamo andando?- biascicò Hayley cercando di liberarsi dalla stretta ferrea del ragazzo.
-Lasciami!- disse ancora scossa per il comportamento rude.
Lui la trascinava senza fatica, per lui era quasi come muovere una pedina, strusciandola sulla plastica lucida.
Arrivarono in una piazzetta recintata da un muretto scrostato per l’umidità e consumato dal tempo.
Guardò il ragazzo sistemarsi contro ad uno di essi lanciando il piccolo zaino che portava con se a terra.
Doveva essere vuoto.
Hayley fece lo stesso stando, però, a discreta distanza da quel muretto.
Osservò una mano veloce prendere una cartina e del tabacco.
Di certo, Luke Hemmings fumava. Se n’era accorta la prima volta che si era avvicinata lui.
-Hai mai fumato?-
-Perché mi hai portata qui?-
-Hai mai fumato?-
Richiese il ragazzo, cose se quelle parole neanche fossero uscite da quelle labbra rosse che ogni tanto si ritrovava a fissare.
Però, solo lui sapeva che in quel momento, a quella domanda, non aveva risposto perché semplicemente non aveva una risposta.
-No.-
Rispose piatta Hayley osservando la piazza che gli circondava.
Ogni tanto vedeva delle lattine vuote o altra spazzatura per terra.
Lei si sentiva come una di quelle: usata, abbandonata e lasciata in balia di se stessa a scomporsi.
E Luke era come una spazzino, l’aveva raccolta per portarla in un’immondizia ancora più grande.
-Vuoi provare?.
Quegli occhi trasparenti la guardarono con sfida, come se quello fosse un esame
Hayley non aveva mai fatto quel tipo di esperienze.
Scosse la testa facendo uscire una leggera risata dal ragazzo di fianco a lei.
Era sempre scoordinato.
Anche quando rideva gli occhi esprimevano tutt’altro o, la maggior parte delle volte, non esprimevano niente.
Ora che aveva vicino il pericolo di Baltimora del resto non aveva quasi più paura.
Però c’era sempre lui, e bastava.
Passarono un po’ di minuti e solo quando la sigaretta di Luke toccò terra Hayley tornò a respirare.
-Ti accompagno a casa.-
Hayley fece una smorfia contrariata ma sapeva che lui lo avrebbe fatto comunque.
Iniziarono a camminare e la bionda si spazientì.
-Ascolta, cosa vuoi da me?-
Si stupisce di se stessa.
-In particolare niente. Mi piaci.-
Hayley spostò lo sguardo dal ragazzo sentendo il viso bruciarle lentamente consumandola piano piano.
-Non fai così paura come dicono.-
Disse la ragazza in un sussurro che il biondo capì perfettamente.
-Non hai mai visto quello che dicono.-
La voce era fredda e distaccata.
-Mi piacciono i giochi.-
Disse il ragazzo deciso, spostando con la lingua il piercing che gli decorava il labbro inferiore.
-Ne facciamo uno?-
Hayley si congelò contro il marciapiede freddo a quelle parole.
Si guardò intorno trovando solo strade e palazzi con qualche giardino decorato.
Chiuse gli occhi pensando ai suoi 14 anni.
Non aveva mai fumato, non aveva mai baciato, non aveva mai fatto nessun tipo di esperienze di alcun genere.
Così quando Luke disse:’’Domani devi passare tutto il giorno con me e Calum. Se vinci ti lascio stare.’’, lei rispose:’’Si.’’
 
 

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Capitolo 6
*** Lost ***


Lost
Alzò lo sguardo sulla porta di legno quando la sentì aprire.
Evie la guardava a braccia incrociate mentre si appoggiava stancamente allo stipite della porta color mogano.
-Mi vuoi ancora bene vero?-
Hayley chinò il capo di lato facendo ricadere i capelli biondi su una spalla sola, da quando sua sorella era tornata a casa non le aveva rivolto la parola e l’aveva spiazzata facendole una domanda del genere.
-Certo.-
Rispose flebilmente Hayley, nascondendo troppe parole che avrebbe potuto dire su quell’argomento.
Aveva sempre visto sua sorella con gli occhi velati da un leggero strato crespo di invidia che aveva imparato a nascondere bene.
-Se ti succedesse qualcosa, me lo diresti vero?-
Vide la sorella maggiore spostare il peso sull’altra gamba facendo qualche passo verso il letto azzurro di Hayley.
Quest’ultima chiuse il libro di storia prima di dedicare una completa attenzione alla sorella.
Non sapeva neanche lei, perché in questo periodo stavano succedendo molte cose ma lei non le diceva a nessuno.
Per non farla sentire in colpa rispose solo:
-Certo. Evie, è successo qualcosa?-
-No, chiedevo.-
Evie le sorrise gentilmente stringendo gli occhi color cioccolato prima di abbandonare la stanza.
Hayley era ancora più confusa.
 
 
 
 
Era appoggiata sul muretto mentre giocava con la fibbia nera del suo zaino a righe
Tutti gli occhi erano puntati su di lei.
Ora aveva un’altra etichetta attaccata addosso.
‘’La preda di Hemmings’’.
La preda di una caccia sconosciuta.
Alzò lo sguardo tirandosi il maglione giù per coprire nervosamente le cosce quando un ombra le si parò davanti.
Non si stupì quando lo osservò giocare con il piercing al lato del labbro.
Era fine e nero, stava a pennello su quel labbro rosso e leggermente gonfio per il freddo.
-C’è un piccolo cambio di programma.-
La voce roca la risvegliò dai suoi pensieri.   
Era riuscita, in quel giorno di distanza, a dimenticarsi di Luke Hemmings. Però, in una scuola dove i muri sussurrano il suo nome, lo trovava alquanto difficile.
La prese per un polso tirandola leggermente verso di se, iniziò a camminare e Hayley ritirò subito la presa.
Il ragazzo si girò appena fulminandola con gli occhi trasparenti.
-Hayley, andiamo.-
La ragazza scosse la testa facendosi più piccola contro il muretto.
-Avevi detto dopo scuola.-
Disse lei con voce flebile, il biondo la strattonò ancora.
-E invece andiamo adesso, oggi non posso entrare a scuola e non ho voglia di aspettarti qui.-
Grugnì alterato muovendo velocemente la mano.
La campanella suonò ma nessuno si mosse dal cortile.
Il ragazzo iniziò ad imprecare a bassa voce, tirando sempre la ragazza dietro di se, mentre sempre più paia di occhi li fissavano.
-Luke basta, stiamo dando spettacolo.-
Furioso si girò verso la ragazza sussurrandogli:
-E allora diamogli qualcosa da guardare.-
Con uno scatto rabbioso prese la ragazza dalle ginocchia che rispose con un urlo soffocato visto che il suo stomaco fu schiacciato contro la spalla muscolosa del ragazzo.
Iniziò a dimenarsi sotto l’indifferenza delle persone davanti a lei.
Lei
Lo sapeva bene che adesso le persone erano fatte così, indifferenti a tutto.
Alzavano le mani quando vedevano qualcuno in difficoltà soprattutto se quel qualcuno era Hayley Cohen.
Gli tirò un pugno forte sulla schiena e il ragazzo gemette posandola a terra.
La bionda fece uno scatto in avanti ma subito la fermò.
Si guardarono.
Hayley era immobile davanti a quel muro di ghiaccio, impenetrabile, spesso.
Con i riflessi chiari che gli regalava il sole ma con una linea scura che li attraversava.
Rabbia.
Strinse la presa sull’avambraccio della ragazza che iniziò a respirare pesantemente a tratti.
-Lukey,- una voce dietro le spalle dl ragazzo parlò –lasciala andare su.-
I muscoli del biondo si rilassarono notevolmente.
Il ragazzo dalla carnagione ambrata li guardava con le mani in tasca leggermente indifferente a quella situazione. Come se quella scena la vedesse tutti i giorni.
-Perché non ti fai gli affari tuoi, Cal?-
Luke lasciò la presa girandosi completamente verso l’amico
Ad Hayley non ci volle molto per capire che aveva davanti Calum Hood.
Alzò gli occhi al cielo, insultando chiunque avesse avuto il compito di proteggerla lassù.
Aveva i ragazzi più temuti di Baltimora davanti agli occhi, perfetti in tutto quanto scontrosi.
Hayley cercò di andarsene con scarsi risultati.
Il biondo si girò verso di lei puntandogli un dito contro.
-Se te ne vai, hai perso.-
Sputò arrabbiato, alludendo alla ‘’scommessa’’.
Hayley cercò lo sguardo di Calum che vagava per il cortile ormai quasi vuoto.
Aspettò un po di secondi, non sapendo cosa fare.
-Bene.-
Disse il ragazzo davanti a lei ghignando.
Si girò dando le spalle alla ragazza e facendo segno all’amico di seguirlo.
-Ora iniziamo il mio di gioco, Hayley.-
 
 
 
 
Dopo essere entrata in ritardo, aveva passato tutta l’ora di storia ad evitare lo sguardo dei suoi compagni.
Curiosi, amareggiati e alcuni forse invidiosi.
Si catapultò fuori dall’aula andando, a sguardo basso, verso il suo armadietto.
Ci nascose il naso dentro cambiando velocemente libri.
Quando lo chiuse due occhi neri, nascosti da grandi lenti trasparenti, la fissavano.
Era una sua compagna del corso di Psicologia.
Non era mai stata troppo ad osservarla.
Era una ragazza comune.
Era poco più bassa di Hayley, la lunga frangia scura le ricadeva davanti agli occhi.
Notò che le punte dei capelli erano più chiare.
-Ciao.-
Disse la ragazza sistemandosi la tracolla bianca.
Hayley non rispose, era la prima persona che parlava con lei da quando aveva messo piede nella Baltimora High School.
-Sei nella mia classe di Psicologia vero?-
La bionda annuì confusa quando la ragazza mora le fece segno di seguirla.
-Non ti da fastidio se ci sediamo insieme vero?-
Hayley scosse la testa e la mora fece una piccola risata.
Hayley non riusciva a pensare a niente di negativo su quella ragazza.
La fissò sistemarsi ancora la tracolla sulla spalla, sembrava quasi impacciata in quelle Converse bianche.
-Comunque sono Ryan.-
Disse la ragazza mora sorridendo ad Hayley, lasciando spuntare l’apparecchio che le fasciava i denti dell’arcata superiore.
-Lo so è un nome da maschio ma a mio padre piaceva.-
La bionda sorrise.
-Hayley.-
Disse presentandosi, Ryan annuì svoltando l’angolo.
-Lo so, sei abbastanza famosa.-
La bionda aggrottò la fronte stringendo più forte il libro azzurro di psicologia.
-Sai non ho tanti amici.-
Hayley le fu grata quando la sentì cambiare argomento.
-Nemmeno io.-
Si fermarono davanti alla classe di Psicologia.
-Spero che David non mi interroghi, la scorsa volta non c’ero.-
Commentò Ryan indicando con il mento il professore seduto dietro la cattedra.
Hayley rise leggermente dandole una pacca sulle spalle.
-Ti presto i miei appunti se vuoi.-
La mora annuì sedendosi, poi, vicino ad Hayley sotto lo sguardo di tutti.
 
 
 
 
Rise più forte aprendo la porta pesante della scuola per uscire.
Ryan era davvero simpatica e aveva scoperto che avevano molte cose in comune .
Per una volta in una scuola di 800 studenti, non si sentì sola.
Fermò i suoi passi quando si accorse di due paia di occhi scuri.
Salutò Ryan velocemente dandole appuntamento per il giorno dopo.
Guardò ancora quel viso conosciuto.
Stava aspettando lei, ne era sicura.
Infatti, quando si avvicinò, il ragazzo si staccò dal muretto drizzando la schiena.
-Hayley.-
-Calum.-

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Capitolo 7
*** Insane ***


Insane
Teneva lo sguardo basso mentre i piccoli sbuffi grigi del suo respiro le appannavano la vista sul ragazzo che camminava di fianco a lei.
Aveva le mani in tasca mentre spostava lo sguardo sulla strada vuota e sul marciapiede grigio, ora sembrava tutto di quel colore scuro, sporco, non chiaro.
-Mi dispiace per come si è comportato Luke oggi.-
La bionda spostò lo sguardo su quello scuro del ragazzo, aveva una voce bassa, i capelli scuri erano tenuti alzati da poco gel mentre la felpa verde scuro che indossava gli fasciava il petto magro.
Annuì per poi lasciare la parola al ragazzo.
-Era nervoso perché nelle quinte oggi facevano i controlli degli armadietti e tutto il resto, ecco perché non poteva entrare a scuola.-
Hayley annuì ancora leggermente sorpresa ma non più di tanto, sapeva che i ragazzi come lui facevano parte di un giro molto più losco e complicato. Cose che aveva già sentito nei corridoi.
-Lo conosci da tanto?-
Chiese dopo essersi schiarita la voce con un colpetto i tosse.
Calum si guardò le scarpe aumentando di poco il passo.
-Abbastanza per dirti che non sarà l’ultima volta che lo vedrai così.-
A Hayley le si asciugò la gola.
Quella parole, dette in quel modo e con quel tono, avrebbero spaventato chiunque.
Schiuse le labbra per respirare più quantità d’aria, era sempre una ragazza debole.
Il moro non le rivolse più lo sguardo fino all’inizio del vialetto di casa.
Calum tirò un leggero calcetto con la punta di plastica delle sue scarpe ad un sassolino prima di parlare.
-Credo che ci vedremo domani.-
Hayley fece una smorfia contraendo le labbra fini.
-Se non sbaglio hai perso la scommessa.-
Si chiarì il ragazzo, la bionda annuì distrattamente, non riusciva a parlare liberamente con persone che non conosceva e in più Calum la intimidiva molto.
-Se posso darti un consiglio,- farfugliò il moro agitando una mano prima di rimetterla nella tasca –non giocare più con Luke.-
Lei sapeva a quali tipi di giochi si stava riferendo, non capiva però come un ragazzo di appena 18 anni essere così conosciuto e spaventoso.
-Perché?-
Chiese spontaneamente , quella domanda trafisse la mente del ragazzo, facendo riaffiorare i pensieri come fiori all’alba della primavera.
Si alzò dall’asfalto tenendosi il ginocchio dolorante con il palmo della mano aperta, una smorfia era impressa sul suo viso mentre guardava il ragazzo biondo davanti a lui.
Lo vide avvicinarsi veloce con il braccio teso verso lo stomaco del moro che colpì poco dopo. Quest’ultimo tossì forte sputando a terra un misto di saliva e sangue che gli dava un gusto ferreo dentro la bocca.
-Reagisci!-
Urlò il biondo spingendolo e facendogli perdere per qualche secondo l’equilibrio.
-Non posso!-
Il biondo si passò una mano tra i capelli lunghi sbuffando sonoramente, era stanco di quella situazione.
-devi!- gli urlò contro –Qui funziona così!-
Il moro scosse la testa negativamente premendo la mano sullo stomaco ancora dolorante per la botta.
Sul viso del ragazzo si formò un leggero sorriso.
Un sorriso perverso, malato.
-Facciamo un gioco.-
Disse duro verso il moro che aveva ripreso lentamente fiato.
-Visto che mi stai facendo incazzare e non mi posso sfogare su di te, o mi tiri un pugno o domani andrò a scaricarmi su Amy.-
Il moro alzò il mento, sentendo il nome della sorella, trafiggendo con gli occhi il ragazzo biondo.
-Tu non tocchi mia sorella Luke.-
Il biondo sorrise.
-Fermami.- sussurrò.
Il moro si alzò prendendo un lungo respiro e trattenendo un gemito di dolore. Camminò velocemente contro il ragazzo alzando la mano chiusa in un pugno.
A contatto con la pelle liscia e morbida della guancia del ragazzo biondo si sentì meglio.
Lo vide indietreggiare e portarsi una mano sul punto convinto, un sorriso sornione decorava il suo viso.
Sputò a terra prima di muovere la mascella, aprendo e chiudendo la bocca.
-Altra cosa.-
Disse Luke indicando scherzosamente il moro.
-Non giocare mai con me Cal.-
Il ragazzo ambrato corrugò la fronte mostrando un’espressione interrogativa.
-Perché?-
Luke sorrise ancora sputando, di nuovo, verso l’asfalto di quella strada deserta.
-Perché vinco sempre.
Hayley lo richiamò al presente sfiorandogli un braccio.
-Perché?-
Richiese curiosa, in quel momento Calum pensò a Luke, sempre curioso e voglioso di una risposta.
Non poté che sorridere avvolto in quei vecchi pensieri,così disse quello che era stato detto a lui qualche anno prima.
-Perché lui vince sempre.-
 
 
 
 
Evie era andata via all’inizio della settimana e la casa sprofondò in un silenzio imbarazzante. Hayley si limitava a salutare la madre quando usciva di casa o entrava, era troppo occupata a pensare a Calum, a Luke.
Soprattutto a quello che gli aveva detto il giorno prima, accompagnandola a casa.
Ora che ci pensava, rovesciando il succo alla pera nel bicchiere di vetro, erano esattamente come li descriveva la gente, se non peggio.
La suoneria del suo telefono le fece rovesciare il succo denso e scuro sul piano bianco della cucina.
Posò il cartone colorato affianco alla macchia borbottando.
Guardò la letterina in alto a sinistra tremando.
Deglutì affannata schiacciando rapidamente ‘’Leggi’’.
Da: Sconosciuto 7:48 p.m.
Fra 2 minuti al parco.
Chiuse gli occhi sfregandosi le tempie.
Luke.
Mentre pensava a cosa fare, prese veloce uno straccio pulendo la macchia di succo.
Si mise le scarpe e andò davanti alla porta, guardandola.
Se fosse uscita sarebbe andata incontro all’ignoto e probabilmente avrebbe dato un via-libera silenzioso a Luke per i suoi giochi perversi e insani.
Ecco, insano era il termine più appropriato.
Un qualcosa di non normale ma che comunque attira l’attenzione.
Se invece fosse rimasta a casa sarebbe stata al sicuro.
Scosse la testa.
Tutte le persone evitavano le situazioni facili, andando a cercare il pericolo.
Così, dopo aver salutato sua madre, hayley si chiuse la porta alle spalle.
 

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Capitolo 8
*** Hide ***


Hide
-Ryan.-
La richiamò la bionda affiancandosi a lei, i corridoi erano pieni di persone ma nessuno le notava e a loro andava bene così.
-Scusa è che sono ancora un po’ scossa.-
Hayley la vide portarsi una mano sotto le lenti spesse, strofinandosi un occhio poco truccato.
Si avviarono verso l’uscita, un uomo alto con la tracolla grigia e blu gli fece un segno con la testa.
Il professor David era un uomo giovane, alto e longilineo.
Aveva gli stessi occhiali di Ryan solo di un colore diverso, rosso.
Il viso dell’uomo era coperto di una leggera barba, lasciata crescere volontariamente. I capelli scuri tirati su un ciuffo non troppo alto lo facevano sembrare ancora più giovane.
Quando lo sorpassarono la voce della mora le arrivò in un sussurro.
-Quel gay mi ha dato 5 e adesso pretende di salutarmi con quel bel faccino?-
Hayley rise sporgendo leggermente in avanti il busto, i capelli le scivolarono sopra il petto mischiandosi al maglione grigio che indossava.
Una volta fuori Ryan alzò le mani al cielo bianco in modo teatrale.
Era un personaggio strano, come la pedina a forma di pera, era irresistibile e ti faceva sempre scappare una risata.
Nonostante si conoscessero da poco Hayley le aveva detto già tutto riguardo a Luke e Calum, la mora era stata comprensiva sollevando l’atmosfera con una battuta sporca.
Ryan guardò il cortile per poi alzare gli occhi verso il cielo bianco.
Saltò sul proprio posto quando un cristallo di neve le si posò sulla lente destra, sciogliendosi subito.
Era rimasta solo una piccola chiazza trasparente e guardò attraverso essa per richiamare l’attenzione della bionda su di se.
-Visto che sta iniziando a nevicare, io vado.-
Spiegò abbracciando velocemente Hayley prima di aggiungere:
-Ti direi di venire con me ma so che devi andare a casa di quello psicopatico, quindi, ci vediamo domani.
Hayley annuì tristemente sbiascicando un leggero: -Ok-
-Solo, sta attenta.-
Le ricordò la mora prima di salutarla con un cenno della mano, dopo essersela passata tra le punte chiare.
 
 
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Hayley fissava con occhi grandi la porta di legno decorata con linee geometriche davanti a se.
Era scura, sul campanello vedeva scritto.
‘’Hemmings. Deer.’’
La casa del diavolo, pensò non troppo sarcasticamente.
Calum l’aveva accompagnata li, era stato gentile.
Hayley lo trovava pure simpatico, quando non aveva una ‘’Sigaretta Speciale’’, come le chiamava lui, in bocca era quasi un ragazzo normale.
A cui piacevano cose normali, come giocare a calcio.
Lui, al contrario di Luke, non si nascondeva. Era fin troppo in vista per il suo carattere solitario.
Bussò alla porta, sfiorandola.
Sperava vivamente che dentro non ci fosse nessuno, aveva troppo paura.
La casa era come una qualsiasi altra casa in quel quariere, bianca, a due piani.
Nessuno potrebbe pensare che dentro a quelle mura si nascondesse un ragazzo come lui.
Ad Hayley non piaceva avere pregiudizi, ma proprio non riusciva verso quegli occhi chiari.
Un ghigno divertito la richiamò al presente, aveva il labbro inferiore stretto tra i denti bianchi.
-Eccoti.-
Sussurrò più a se stesso, come per rassicurarsi.
-Ciao.-
Disse semplicemente la bionda, entrò nella casa quando Luke le fece segno di avanzare.
Anche all’interno era una casa normalissima.
Hayley posò lo zaino vicino all’attaccapanni guardandosi intorno.
I muri erano riempiti da qualche foto sparpagliata che ritraevano una numerosa famiglia.
-Sei bella.-
La ragazza si girò verso la voce infantile, una bambina dai lunghi capelli castani la guardava on gli occhi azzurri, enormi.
Si teneva al corrimano di legno della scala mentre nell’altra stringeva forte un coniglio grigio.
Era così bella.
Fece piccoli passi e i piedini nudi rimbombarono per tutto il primo piano.
Andò vicino alla gamba di Luke per poi tirare verso il basso la stoffa pesante dei jeans.
-Lukey?-
Il ragazzo sorrise alla bambina abbassandosi di qualche centimetro.
La mora gli bisbigliò qualcosa all’orecchio.
Luke si rialzò guardando sorridente la bionda, che osserva con occhi sciolti quella scena.
Il biondo fece un segno con la mano alla bambina verso la ragazza.
-Come ti chiami?-
Le guance della mora diventarono  leggermente rosse.
-Hayley.-
La bambina annuì soddisfatta.
-Zora, vai a chiamare Mavis.-
La richiamò il ragazzo, la mora annuì con forza prima di sparire dentro l’enorme salotto.
Hayley alzò lo sguardo quando si sentì toccare un braccio.
-Scusala è solo, curiosa.-
Disse Luke, imbarazzato?
La bionda scosse la testa.
-Tranquillo.- sussurrò.
Fu interrotta da altri paia di piedini.
Zora teneva per mano una bambina quasi identica a lei.
I capelli di Mavis erano leggermente più lunghi.
Le due bambine si guardarono annuendo, si misero goffamente una mano davanti alla bocca per non ridee.
Luke si avvicinò alle due more indicandole.
-Loro sono Zora e Mavis, le gemelle.-
Le bambine agitarono le mani avvicinandosi alla ragazza bionda che occupava l’entrata della casa.
Hayley diventò rossa dopo una manciata di complimenti da parte delle bambine.
-La mamma quando arriva Lukey?-
Il ragazzo porse i palmi delle mani alle due bambine che subito si aggrapparono a lui.
-Domani mattina, dopo cena vi faccio il bagno ok?-
Un urlo di approvazione seguì a quella domanda.
Ora Hayley capiva perché con loro non era Luke Hemmings, quello che ti fa tremare solo respirando.
Non poteva, lui era l’ancora di quelle due bambine. Era l’ancora della madre, che lavora tutti i giorni fino a tardi.
E non poteva crollare.
Lui era l’ancora di tutti ma il mare di nessuno.
 
 
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-Lukey vuoi giocare a nascondino?-
Mavis lo tirava dalla manica del maglione tenendo il viso verso l’alto.
Il ragazzo continuava a scuotere la testa lamentandosi del freddo e della neve che stava cadendo dal cielo.
-Allora giochi tu?-
Hayley si indicò quando Mavis iniziò a tirargli i pantaloni verso di se.
-O-ok-
Balbettò la bionda ridendo alla sfacciataggine della bambina.
Zora le aspettava fuori, avevano i cappellini e le sciarpe dello stesso colore.
Hayley fece per chiudersi la porta alle spalle quando fu bloccata.
-Gioco anch’io.-
Disse Luke sistemandosi la giacca nera di pelle.
Hayley lo guardò sorpresa, gli occhi azzurri erano duri, tesi come la mascella marcata.
Dopo che le gemelle litigarono 5 minuti buoni sul chi dovesse contare, toccò a Luke. Le bambine iniziarono a correre per il grande giardino quando il fratello iniziò a contare con voce roca.
Hayley si guardò in giro, anche se impossibile, sentiva gli occhi di Luke guardarla. Iniziò a camminare velocemente verso una piccola pineta dietro casa Hemmings.
Li non l’avrebbero mai trovata.
I suoi piedi contro le foglie secche e leggermente umide dalla poca neve facevano un rumore stridulo e croccante.
Si sistemò dietro un grande albero.
Era strano, adesso che ci pensava era anche sconcertante.
Luke, con quelle dolci creature, era bravo e altruista. Cosa che a scuola di certo non era.
La domanda di Hayley era sempre e solo una da quando lo aveva incontrato.
Perche?
E quella domanda andava bene per tutto quello che riguardava Luke.
Si sporse lievemente oltre il tronco rugoso e marrone osservando la casa poco lontana.
Due mani risalirono i suoi fianchi fermandosi sulla vita stretta.
-Trovata.-
 

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Capitolo 9
*** Oh trust me, you'll do it. ***


Oh trust me, you’ll do it.
Una bolla di sapone era più pesante.
A contatto con l’aria la bolla volteggia leggera, sprigionando tutti i colori che l’uomo può riconoscere, quando si incontra con il vento cambia traiettoria, spostandosi verso l’alto e verso paesaggi sconosciuti.
Ma Hayley era più leggera, era una sottile bolla di sapone grigia, illuminata da un mondo scuro.
Quando si scontrava con il vento sbatteva ovunque, smarrendosi.
Essendo più leggera saliva verso il cielo più velocemente, cercando di sfuggire dal mondo che la teneva chiusa nel barattolo pieno di sapone e acqua, con in cima un leggero strato di schiuma bianca.
Poi, quando sarà arrivata al limine esploderà.
Quel limite la stava guardando con le braccia incrociate, un piede era sollevato e appoggiato svogliatamente contro il muretto scrostato.
Quel parco l’aveva visto qualche giorno prima, in una situazione simile.
Il biondo tirò l’orecchino nero, lo faceva spesso e anche Hayley se ne accorse.
-Ragazzina.-
Disse in tono di saluto.
La bionda fece una smorfia per il nuovo soprannome.
Il senso di colpa iniziò a solleticarle i piedi, cercando di superare lo spesso strato di gomma delle sue scarpe.
Voleva tornare a casa.
Lui aveva sempre le Converse nere, rovinate.
Dovevano appartenergli da molti anni, pensò Hayley perdendosi nei dettagli del ragazzo davanti a lei.
Lui invece non lo faceva, si ricordava quando da piccolo, camminando per strada, prendeva in mano le foglie scure cadute dagli alberi.
Le accarezzava con mano infantile mentre ne ricordava tutti i particolari.
Un peso allo stomaco iniziò a farsi sentire.
Nostalgia.
E subito dopo odio, per uno come lui che era abituato ad essere il migliore, non saper fare qualcosa lo distruggeva.
-Perché mi hai chiesto di venire qui?-
Hayley lo disturbò bruscamente, risvegliandolo dai suoi pensieri.
Schiuse le labbra.
-Hai perso.-
Hayley incrociò le braccia al petto, questa storia la stava stancando.
Guardò i lineamenti del ragazzo, illuminati solo da un piccolo lampione  che sprigionava una luce giallastra.
La mascella sembrava più delineata dandogli un aspetto più duro e mascolino
-Quindi ora facciamo un accordo.-
La ragazza lo fermò subito con un gesto del polso.
-Non hai mai parlato di un accordo.-
Lui sorrise.
-Non me ne hai dato la possibilità, scappi sempre come se dovessi rapirti.-
La bionda annuì poco convinta facendogli un segno di permesso per farlo andare avanti.
-Visto che ho vinto, ho deciso il premio.-
-E io cosa centro?-
Luke alzò gli occhi verso il cielo scuro, la sera era ormai arrivata.
-Perché mi hai chiamato? Non voglio averci niente a che fare con i tuoi accordi.-
Luke la fulminò con lo sguardo prendendola per le braccia.
-Puoi stare un po’ zitta?-
Hayley deglutì.
I loro visi si erano avvicinati nel cambio di umore di Luke.
Una moneta da 5 centesimi non passava in mezzo ai loro nasi.
Sentì il leggero spostamento d’aria che creò il viso del ragazzo quando si avviò verso la parte sinistra della faccia della bionda.
Lei chiuse gli occhi, concentrando tutti i suoi sensi su quella parte del corpo, poté sentire il naso di Luke sfiorarla appena, sulla guancia.
Il suo respiro caldo le riscaldava il collo e la mascella, freddi per il tempo. Non riusciva a sentirne il sapore.
Le sue palpebre chiuse tremarono quando le mani che le stringevano le braccia la tirarono di più verso quel corpo estraneo.
Il naso di Luke fece una linea leggera, percorrendo tutti il viso della bionda fermandosi vicino all’orecchio.
Hayley aprì gli occhi.
-Non devi parlare.-
Le sussurrò lentamente, il calore improvviso creò miliardi di brividi nel piccolo corpo di Hayley.
Quando il viso di Luke si allontanò da quello della ragazza, quest’ultima si avvicinò leggermente non volendo troppa distanza.
Si ricompose subito seguita da un leggero sorriso del ragazzo.
-Voglio il mio premio.-
Hayley lo guardò non capendo quando lui le prese il polso.
Gli occhi di Luke si accesero come la fiamma di un accendino, aveva portato di nuovo la ragazza vicino a se.
Si appoggiò con la schiena al muretto mentre tirò la ragazza fino a farla combaciare con il suo petto.
Hayley lo guarda ancora con smarrimento.
Le dita del ragazzo giocarono con le sue e lo sguardo di tutti  due erano puntate su di esse.
Premette la mano contro quella della bionda facendola finire a contatto con il proprio petto.
Il palmo di Luke ricopriva quasi completamente il dorso della mano di Hayley.
Hayley sentì di nuovo la pressione sul suo dorso e quando vide le mani scendere su tutti il petto di Luke trattenne il respiro.
Le labbra erano schiuse e secche, sapeva che se le avesse umidificate con la lingua avrebbe aggravato i pensieri del ragazzo, le mani scesero fino all’orlo della felpa nera del biondo.
Si scambiarono uno sguardo, gli occhi di Luke erano brillanti, guidava quella piccola mano dove voleva.
La fece scivolare velocemente sotto lo strato di cotone pesante e caldo.
Hayley sussultò cercando di togliere la mano, Luke strinse più forte la presa.
La ragazza aveva preso un grande respiro, spezzato al contatto della pelle calda e liscia dell’addome del ragazzo.
Hayley se lo immaginò, per un secondo, senza quell’indumento diventato quasi inutile.
Scosse la testa.
Sentì il ragazzo gemere quando sfiorarono l’elastico dei boxer.
Quando quest’ultimo cercò di oltrepassare la stoffa elastica hayley strattonò la presa, liberandosi.
Fece un respiro di sollievo quando la sua mano ritornò fredda.
Si allontanò ma subito venne fermata, Luke la guardava arrabbiato.
-Accetta la sconfitta , dammi il mio premio.-
Sputò il biondo enfatizzando l’aggettivo possessivo.
Hayley scosse la testa scioccata, erano successe troppe cose.
Il ragazzo annuì in risposta trafiggendola con lo sguardo, cercò di riportare la mano della bionda vicino all’elastico dei boxer, senza successo.
-Sei pazzo.-
Disse Hayley facendo qualche passo indietro.
Era diventata tutta rossa in viso e anche con quella poca luce si poteva chiaramente vedere.
-Non ho mai detto il contrario.-
Rispose il ragazzo.
-Facciamo così,- iniziò a dire Luke – o mi dai il premio o stai con me tutti i pomeriggi per un mese.-
Hayley lo guardò allibita.
-Ma c’è una volta in cui non fai sti giochini perversi?-
-Con me funziona così.
-E io cosa ci guadagno?-
-Hai smesso di guadagnarci quando hai varcato il cancello della Baltimora High School.-
Si fissarono, poi hayley parlò.
-E se non lo faccio?-
Luke sporse il busto in avanti, verso la bionda.
-Oh fidati, lo farai.-
Lei chiuse gli occhi, diventati pesanti per la situazione.
La usava, e lo sapeva.
Nei suoi giochi lui vinceva sempre.
Hayley alzò una mano ancora con gli occhi chiusi.
-Ad una condizione.-
Luke ci pensò qualche minuto poi la fece parlare.
Non faremo più accordi o giochi.-
Annuì.
-Promesso.-
E Hayley gli voltò le spalle.
 
 
---------------
 
 
Ryan chiuse l’armadietto strabuzzando gli occhi neri, si sistemò la montatura degli occhiali, anch’essa nera, prima di esplodere in un sonoro e chiaro:
-Ti ha chiesto di fargli una sega?-
 
 
 

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Capitolo 10
*** Breathless ***


Breathless
La sera gli oscurava parte del viso magro, la strinse di più sotto il tocco forte ed esperto.
Era senza fiato.
Mentre guardava. Il suo cervello non ripose più ai comandi basilari.
-Ho vinto, di nuovo.-
Riuscì a dire il ragazzo, affannato.
Hayley lo guardava dal basso, sentiva la corteccia ruvida dell’albero grattargli la schiena.
Non si mosse.
Luke in quel momento sembrava calmo, la bionda non l’aveva mai visto così e volve godersi quella visione.
Le mani del ragazzo si spostarono dalla vita stretta di Hayley alla base della schiena, la strinse leggermente a se.
 
Si sentiva lusingato, lei guardava solo lui e quest’ultimo aveva il controllo della situazione.
Lui giocava, lei era il giocattolo.
Il giocattolo più prezioso del negozio che Luke sorvegliava a vista.
-Avevi promesso che non avremmo più giocato.-
Hayley vide il ragazzo sorridere con gli occhi socchiusi, il lato destro del suo labbro si alzò così tanto da creare una fossetta sulla guancia.
La bionda la guardava come se non ne avesse mai vista una, era ovale e creava una rientranza nella pelle latta del ragazzo.
Strinse gli avambracci di Luke quando lo vide avanzare .
Il respiro del ragazzo era pesante come quello della bionda.
Il respiro s'infrangeva nelle labbra piene, come un mare contro uno scoglio.
Erano vicini, lei poteva sentire un respiro caldo contro il suo viso ch le creò un leggero rossore sulle guancie.
Quel rossore che sottolineava spudoratamente la sua inesperienza in quel genere di cose.
Hayley sussultò quando una mano lasciò la zona bassa della sua schiena, per poi spostarsi poco dopo sul suo viso.
La mano del biondo accarezzava il viso di hayley, come se on aspettasse altro.
Le dita affusolate del ragazzo scavano solchi invisibili sulla guancia di Hayley.
-Questo non è un gioco.-
Hayley si sentì le labbra pesanti e solo quando aprì gli occhi, vide Luke davanti a lei.
Aveva gli occhi chiusi, mentre quelli della bionda erano spalancati.
Quando lei mosse appena le labbra, in un gesto involontario, lui la strinse più a se inclinando la testa di lato per premere di più le labbra contro quelle di Hayley.
Hayley era stata accesa, era benzina e quelle labbra erano fuoco puro.
Portò le mani dietro il collo di Luke per giocare con l’attaccatura dei capelli biondi, erano così morbidi.
Quando anche lei chiuse gli occhi arrendendosi, fu il caos.
La schiena di Hayley fu spinta contro l’albero dietro di loro con una pressione dei fianchi di Luke.
Le mani del ragazzo scivolarono fino all’orlo del maglione grigio, le diede ancora una lieve spinta con i fianchi prima di staccarsi quel poco necessario per parlare.
Ma non lo fecero, il respiro di Luke era forte e irregolare, hayley poteva dirti che sapeva di fumo.
Ma non gli dava fastidio, anzi, le piaceva.
Il primo ad aprire gli occhi fu lui.
La ragazza rimase senza parole, gli occhi trasparenti si erano mutati in due pozze azzurre.
Quell’azzurro che la sera poteva solo far risparmiare.
Le voleva la sua psicopatia.
Voleva non pensare a lui, così, quando lui le passò la lingua borchiata sulle labbra di carta, lei le schiuse.
Lasciando entrare il mare in tempesta dentro la sua bocca.
Voleva la sua vendetta, voleva che tutto il male che voleva fare agli altri lo vendicasse su di lei, sulle sue labbra.
Quando si sfiorarono lei, poté aggiungere al sapore di tabacco di marca anche un leggero strato di menta che la fece impazzire.
Si strinse di più a lui che aveva portato le mani sulle gambe di Hayley.
Lei voleva le sue malattie, qualunque cosa lui avesse nella testa lo voleva anche lei.
La mano fredda di Luke le sfiorò la pelle bollente dello stomaco.
Lei sentiva il freddo metallo del piercing nero contro le labbra infiammate, le piaceva quella sensazione.
Schiuse le palpebre quando sentì il labbro inferiore incastrato.
I denti di Luke lo tenevano avidamente in trappola.
E lei non voleva uscire.
Si staccarono senza fiato e con gli occhi pesanti della luce fioca della sera.
Hayley aveva appena dato il suo primo bacio, e non se ne pentì per niente.
 
 
-----------
 
 
-Cohen!-
Hayley alzò la testa dal quaderno a righe il professor David.
Era passato già da tutti i compagni e aveva solo più un foglio in mano.
-Complimenti.-
Disse porgendogli la verifica, la bionda fissò il pezzo di carta incredula mentre sentiva il professore indietreggiare fino ad arrivare alla grande cattedra di legno verde.
Sentì un commento poco carino da parte di Crystal ma subito una mano le si posò sulla spalla.
Ryan le fece una smorfia.
-Dammi ripetizioni di Psicologia ti prego.-
Hayley rise.
-Ryan è stata solo fortuna, i Metodi delle Associazioni Libere li sapevo già da tempo.-
La mora fece spallucce, quando il professor David iniziò un nuovo argomento Ryan aspettò che terminasse di scrivere la parola ‘’Bellezza’’ sulla lavagna prima di prendere un foglio.
Hayley si sentì punzecchiare il gomito, il foglio era sul suo banco ed era piegato a metà, la calligrafia panciuta e disordinata di Ryan s'intravedeva tra le righe.
 
Dimmi cos’è successo a casa di Luke.
 
La bionda avvampò, era passato solo un giorno ed era riuscita a tenere nascosto tutto l’accaduto.
 
Niente.
 
Quando la mora lesse la frase di Hayley alzò un sopraciglio incredula.
 
Bugiarda.
 
Scarabocchiò sul foglio.
Hayley sospirò, magari Ryan poteva aiutarla a chiarire la tempesta dentro le tempie di Hayley che non cessava dalla sera prima.
 
 
Potrebbe avermi baciato, potrebbe.
 
Ryan stava per liberare le sue emozioni in un urlo liberatorio le sue emozioni in un urlo liberatorio ma si trattenne quando sentì parlare il professor David.
-Cohen. Lei sa cos’è la bellezza?-
Hayley si sentì osservata, tutti si aspettavano una risposta che lei non aveva.
Il professore appoggiò un fianco sulla cattedra giocando con il gessetto.
Non potrei dirglielo professore. La bellezza credo sia una cosa personale.-
Il professore annuì rivolgendosi a tutta la classe.
-Esatto, la bellezza è soggettiva non oggettiva. Dovrete impararlo, ciò che piace alla signorina Cohen sarà diverso da ciò che piace alla signorina Cohen sarà diverso da ciò che piace a me.-
Ci fu una pausa.
-A lei, Hayley, cosa le piace?-
Si guardò le unghie mangiate.
Lei non era una di quelle persone che poteva piacere.
Anzi, ultimamente doveva lottare con se stessa per non ammetterlo.
Però la sera prima aveva trovato quel piacere sulle labbra di Luke, non lo avrebbe mai ammesso.
Schiuse le labbra ma il suono della campanella le perforò i timpani, facendole dimenticare tutto.
Era senza fiato.

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Capitolo 11
*** Use Somebody ***


Use somebody
Il moro tirò verso l’alto il colletto della giacca di pelle prima di sedersi sulla panchina di legno, illuminata da una fioca luce.
La notte era nel pieno delle energie e ad illuminare le strade c’erano solo dei lampioni grigi, troppo vecchi.
-Che stai facendo Lukey.-
Chiese il ragazzo con la pelle ambrata mentre si passava una mano sul viso stanco.
-Ha solo 14 anni, cosa credi di fare?-
Il biondo alzò lo sguardo verso l’amico, i suoi occhi azzurri erano persi ma ad un tratto ritrovarono la strada buia, quella che lo aveva accompagnato da tutta la vita.
Si alzò andando ad un palmo dal viso di Calum.
-Quello che ho sempre fatto.-
Il moro abbassò gli occhi sulle scarpe scure.
-Posso chiederti una cosa? Però rispondi sinceramente.-
Sussurrò Calum.
Luke annuì, distanziandosi un po’ dal viso del ragazzo.
Gli occhi scuri di Calum dicevano tutto, pure per una persona incapace di guardare come Luke lo aveva visto.
Aveva visto quella rabbia e quella preoccupazione.
-Cosa ti ha fatto?-
Luke corrugò la fronte, si indicò il petto insicuro.
-Cosa mi ha fatto?-
Esatto. Perché per volere lei allo Yell deve averti fatto, davvero, qualcosa di brutto.-
Luke prese, con un movimento veloce, il colletto della maglia arancione del moro.
Lo tirò verso di se fino a farlo scontrare con il proprio petto.
In quei momenti era un fulmine, quando partiva dello scontro delle nuvole scure, nessuno poteva fermarlo.
Luminoso, accecava Calum.
Si guardarono negli occhi, quelli scuri di Calum si mutarono in azzurri e lucenti.
I capelli mori lasciarono spazio a una folta chioma bionda. Le mani, prima forti per poi delicate, che erano posate sulle spalle del biondo lo strinsero.
Hayley lo guardava con occhi pieni di paura , i loro petti erano ancora incollati e la piazza aveva fatto nascere tanti alberi dal terreno morbido. La scena del pomeriggio prima gli offuscava la mente.
Luke chiuse gli occhi e li riaprì velocemente, strinse pi forte la presa sulla maglia arancione, la ragazza emette.
-Luke, per favore lasciami.-
La voce le tremava, il biondo lasciò di colpo la presa vedendo il moro indietreggiare con uno sguardo di fuoco.
Era spaventato e il fiato era così pesante che risuonava per la piazza.
I due ragazzi si guardarono in silenzio poi il biodo se ne andò.
 
 
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Giocava con le punte chiare mentre passava la lingua sui denti ricoperti di metallo, era appoggiata all’albero del giardino della scuola.
Li non c’era mai nessuno e poteva pensare.
Pensava a Hayley, e a quello che poteva succedergli. A Luke e a quello che poteva fargli.
Lei c’era passata, sapeva cosa si provava ad essere una vittima.
Luke poteva usare le persone come il ragazzo che, con le mani nelle tasche, si stava avvicinando alla mora.
Chiuse gli occhi e si toccò la spalla involontariamente.
-Cosa vuoi?-
Sputò tenendo ancora gli occhi serrati, vederlo le avrebbe trafitto lo stomaco.
-Mi devi aiutare.-
Ryan aprì le palpebre, eccola. La lama che era puntata su di lei la trafisse senza pietà, lasciandola sanguinare sul prato verde.
Si guardarono per qualche secondo, sue paia di pozze di petrolio si stavano fondendo, creando un nero ancora più profondo.
La mora si alzo velocemente raggirando l’albero.
-Va al diavolo.-
Disse.
Il moro la prese per un polso trascinandola contro di se.
La strinse forte e lei gemette in risposta.
-Ascoltami.-
-Perché dovrei? L’ultima volta che l’ho fatto mi hai quasi ammazzata.-
Il moro chiuse gli occhi sbuffando.
-Si tratta di Hayley.-
La mora si agitò iniziando a colpire il petto del ragazzo ambrato.
-Cosa le avete fatto?!-
Continuò a colpirlo fino a quando le bloccò anche l’altro polso.
-Non le abbiamo fatto niente, calmati.- il ragazzo la strinse ancora, voleva essere ascoltato –Lo so che non ti fidi di me, lo capisco, ma non voglio ch a Hayley succeda la stessa cosa che è successa a te. O peggio.
Ryan chiuse gli occhi, non poteva sopportarlo.
Qual ragazzo le stava troppo vicino, non era più abituata a quel contatto.
Una fitta alla spalla le fece stringere i denti, non era un male reale. Lo sapeva che era solo nella sua mente.
Ormai era un ricordo.
Quel tipo di ricordo che quando lo vedi ti blocca tutto il corpo e non puoi fare altro che guardarlo, senza opporti.
-Cal!-
La mora lo guardava mentre tirava un calcio alla pattumiera verde metallo che era posta sul ciglio della strada.
Era arrabbiato.
Ryan si asciugò la guancia umida prima di cercare di fermare il ragazzo.
-Ho perso, Ryan!-
Il ragazzo si girò verso di lei prendendola per gli avambracci, gli occhi scuri erano contornati da un alone rosso.
Aveva affogato la sconfitta nell’alcool per poi ritrovarsi anche lui distrutto.
Stringeva la mora con rabbia.
-Se ho perso è anche colpa tua.-
Sussurrò con voce roca. La ragazza scosse la testa.
-No, non ho fatto niente!-
Si ribellò.
Calum la portò di peso sulla sella della sua moto mettendosi in mezzo alle sue gambe con forza.
-Forse dovrei metterti come aggiunta al premio, a Derek non dispiacerà avere una ragazza in più.-
Ryan continuava a negare muovendo la testa disperatamente.
Osservò il ragazzo prendere una sigaretta dalla tasca della giacca nera, l’accese creando un alone più chiaro intorno alla sigaretta.
Lei era spaventata, conosceva da tanto Calum ma non lo aveva mai visto così.
Sentiva dei rumori provenire dal capanno poco distante.
Perché la gente doveva far rumore? Disturbava i suoi pensieri soffocati dalla paura e dal ragazzo muscoloso davanti a lei.
Aveva girato quelle strade tante volte sul sedile posteriore della moto su cui era ora spinta.
Pensava che non fosse così male stare con un ragazzo più grande.
Non se lui è Calum Hood.
Ora sapeva di cosa la gente parlava, sapeva che le voci che giravano erano meschine ma totalmente vere.
Era vero che quando su arrabbiava i suoi occhi diventavano neri e scuri, era vero che quando volve qualcosa lo prendeva solo sfiorandolo.
La voce roca l distrasse.
-Volevo davvero vincere lo Yell quest’anno.-
Lo vide avvicinarsi con la sigaretta accesa, il fumo contro il viso la fece tossire rumorosamente.
Cercò di scomparire contro quel sedile di pelle.
Il respiro del ragazzo le solleticava il collo.
Urlò quando la punta rovente della sigaretta fu premuta con forza contro la sua spalla scoperta.
 
Le dita ambrate del ragazzo le fasciarono le labbra mentre premeva più forte.
Quando le dita diventarono umide e gli occhi della ragazza umidi si staccò di colpo.
La sigaretta cadde a terra, lentamente, quasi come a sfidare il tempo.
A lui non piaceva fare queste cose, usava le persone e aveva usato lei.
Se ne pentì subito, decise che lei sarebbe stata l’ultima.
Ryan si liberò dalla stretta del ragazzo massaggiandosi la spalla.
-Dimmi.
Il moro annuì sorpreso  e, subito dopo essersi passato una mano fra i capelli scuri, parlò.
-Luke vuole portare Hayley allo Yell.-
E la mora cade a terra.
 
 
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Hayley bussò alla porta intagliata dieci minuti prima del solito, l’ultima volta che era venuta qui era stata bene con le bambine.
Il sorriso che aveva sulle labbra si sciolse quando Luke le aprì la porta.
Odiava quel sorriso.
Era malvagio.
Questa malvagità faceva parte del suo DNA difettoso.
Le fece segno di entrare e lei si agitò quando notò che la casa era vuota, le tapparelle erano tirate giù fino a metà e tutte le luci spente.
Lui le cinse i fianchi da dietro, facendoli scontrare con i propri.
-Sei vergine Hayley?-
Disse Luke in un sussurro.
La bionda si scostò dal ragazzo cercando di arrivare alla porta.
Venne subito fermata
-Fa parte del gioco, devi resistere.-
La ragazza chiuse gli occhi sentendoli pizzicare.
Le mani del ragazzo ritornarono sul suo corpo dandogli a nausea.
Il suo cuore non ricomincerà  battere finché lui le stara vicino.
Lei sapeva cosa Luke voleva.
Non aveva bisogno di domande, lo sapeva già.
Era nel suo DNA.
E lui voleva solo portarle via il fiato, lo sentiva tutti i giorni. E questo è quello che forma un uomo, non è difficile da capire.
Era perfetto in tutti i campi, lo vedeva dalla sua faccia.
Non c’era più niente da dire, era semplicemente nel suo DNA.
 
SPAZIO ‘’AUTRICE’’
Scusate se non ho pubblicato prima, aggiornerò appena torno dal mare.
DOMANDA:
Cosa pensate sia lo Yell?
Cosa pensate di Calum e Ryan?
Cosa pensate di Luke?
Cosa pensate di Luke e Hayley?
 
Alla prossima :) 

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Capitolo 12
*** Lose your mind. ***


Lose your mind.
La luce che attraversava i fori della persiana gli illuminavano i capelli biondi.
Lei teneva le mani in quei capelli, quasi tirandoglieli, voleva fargli male.
Voleva fargli capire che stava sbagliando, stava perdendo il controllo e lei se n’era accorta.
Le labbra, screpolate dal freddo che portava dentro, le sfioravano il collo bianco.
Pura, intoccabile.
Tutto quello in cui aveva sempre creduto stava cadendo come castelli di carte.
-Rilassati.-
Sentì la voce roca solleticarle l’orecchio, deglutì a forza schiudendo le labbra asciutte.
In un movimento furtivo se la umidificò per poi passare a
Mordicchiarsi l’interno della guancia.
Il suo corpo si irrigidì quando le labbra fredde di Luke arrivarono sulla sua clavicola per poi passare al petto poco scoperto.
-Per sopravvivere un mese con me devi fidarti, non ti farò del male oggi.-
Hayley alzò lo sguardo lucente, il petto si alzava e si abbassava senza sosta. Non volevano farla respirare.
Era troppo tardi per tornare a vivere e lui era l’unica ragione.
Il biondo passò i polpastrelli piatti sul fianco della ragazza fino ad arrivare al mento, lo alzò lentamente.
Lei aveva paura e Luke si sentì leggermente bene a sapere che quella paura la stava costruendo lui.
Ma adesso voleva godersi questo momento, metterla alla prova, spingerla al limite fino a farglielo superare senza paura.
Chinò la testa verso quella della ragazza, la vide chiudere gli occhi e sorrise.
Sembrava una bambina e lo era.
Guardò la linea sottile nera sopra le palpebre di hayley prima far sfiorare le labbra con le sue.
Lei stava ferma, immobilizzata dalla novità e dalla paura che essa portava.
Quando sentì la lingua calda del ragazzo stuzzicargli  la gola appese le mani sul collo forte di lui.
Rimase in punta di piedi mentre le loro bocche si fondevano in sbuffi e affanni.
Dopo qualche secondo vide il ragazzo ritrarsi, andò indietro solo qualche centimetro facendo ancora sfiorare le loro labbra, poco.
-Lo so che sei abituata a pensare, lo vedo, ma ti prego- si fermò un secondo deglutendo e passando le mani sotto la maglietta della ragazza, accarezzando la schiena nuda. –ti prego, perdi la testa.-
In un momento Hayley si ritrovò distesa sul divano degli Hemmings,il ragazzo era steso su di lei ma non le pesava.
I capelli e biondi le facevano solletico sulla mascella fine.
Si divisero in attimi.
Tutto è diviso in attimi, da quando vedi per strada visi truccati irraggiungibili a quando senti le dita di un ragazzo toccarti.
Attimi, momenti che probabilmente non ricorderemo più, quelle piccolezze che non diventeranno mai ricordi ma si perderanno nel vento della primavera giovanile.
Tranne per Hayley.
Quando Luke succhiò violentemente la pelle del collo morbido e soffice della ragazza, perse la testa .
Quell’attimo se lo sarebbe ricordato a vita, si sarebbe ricordata delle labbra gonfie del ragazzo sopra di lei, degli sbuffi che lui liberava apposta sui morsi del collo per farla rabbrividire.
Erano attimi che creavano altre cose, come un effetto a catena.
Quando Hayley sentì le mani di Luke sul basso ventre si bloccò.
L’orologio che c’era all’entrata della casa si fermò. Le mani di Luke erano ferme sul ventre mentre la guardava.
Era tutto immobile, la bionda ebbe tempo di pensare. Guardando gli occhi chiari di Luke qualcosa le colpì lo stomaco, come un pugno, di quelli che fanno male ma che non lasciano il segno.
Provava, ma non ci riusciva, la mente non c’era più. L’aveva lasciata sola, a combattere una battaglia da sola.
La lancetta dei secondi partì all’improvviso e il viso del biondo tornò davanti a quello di Hayley.
Le diede dei piccoli baci a stampo, lo divertiva vederla sporsi in avanti per cercare più contatto.
Quando la ragazza si stancò prese, in un pugno, delle ciocche di capelli di Luke tirandoglieli. Lo spinse verso di se.
Premette le labbra a lungo e si staccò quando sentì un profondo gemito crescere nel petto del ragazzo.
Si guardarono ancora e, mentre le mani affusolate di Luke scendevano verso il basso, sorrise.
Lei era totalmente il contrario delle ragazze che di solito Luke sceglieva come vittime.
Poteva tastare la sua inesperienza, tagliarla con un filo di cotone o farla scomparire sempre di più bacio dopo bacio.
Guardò un secondo in basso.
-Luke.- sussurrò
Alzò subito lo sguardo, no.
Scosse la testa, stava sbagliando tutto.
Stava andando contro le proprie regole, ma la voglia di assaggiarla era troppo forte.
Scosse di nuovo la testa, lui rispettava le sue regole.
E in quel periodo le stava infrangendo tutte, una dopo l’altra.
Si era già accorto che con Hayley queste regole non funzionavano, ma farla sua così presto era proprio fuori questione.
Aveva tanto insistito a farle perdere la testa ma, alla fine, la stava perdendo solo lui.
Si alzò dal corpo sottile della ragazza andando davanti alla finestra, prese la spessa stringa di corda tirando su la tapparella.
-Non ti avrei fatto male, te l’ho detto. Volevo solo vedere fino a che punto ti saresti spinta per me.-
Si girò guardando la ragazza ancora scossa mentre si aggiustava la maglia.
-E analizzando il fatto che stavi per perdere la verginità con un ragazzo che conosci da due settimane, mi sento onorato.-
La ragazzo si alzò di scatto puntando il dito contro Luke.
-Come fai a saperlo? Non lo avrei fatto.-
-Bugiarda.-
Disse solo il ragazzo portando le braccia lungo i fianchi.
-Anche io potrei aver giocato.- commentò.
Luke rise avvicinandosi alla bionda per accarezzargli i capelli.
-Oh andiamo Hayley, con me non puoi vincere.-
Alla ragazzo mancò il fiato, schiuse le labbra che poco dopo furono riempite da quelle di Luke in un lieve bacio.
-Ti accompagno a casa.-
 
 
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Quando si fermò davanti alla scritta nera ‘’Diesel’’ ,contornata da un blu acceso, lo guardò scettica.
-Faccio solo benzina.-
Lei annuì e, dopo che il biondo scese dalla macchina con una banconota da 20 dollari in mano, aprì la portiera.
Il vento le accarezzava i capelli biondi e, quando le andarono sul viso, sbuffò spostandoseli dietro le orecchie.
-Hai bisogno di una mano?-
Si girò verso la voce maschile, un ragazzo alto e magro teneva il cappello dell'’uniforme rossa stretto tra le mani, lasciando i capelli color miele liberi.
Svolazzavano leggeri, era sorridente.
-No, grazie.-
Hayley ricambiò il sorriso, si vedeva che lui era più grande di lei.
-Sicura? Neanche al tuo amico laggiù? Sembra aver un po’ di problemi con la pompa.-
Disse indicando Luke, che stava calciando il distributore.
Hayley rise e senza pensarci rispose:
-E’ fatto così.-
Il ragazzo chiuse gli occhi marroni annuendo, sembrava simpatico.
Hayley poteva aggiungerlo nella categoria delle persone come Ryan, semplici e quasi sempre felici.
-Ashton.-
Hayley scosse la testa non capendo.
-Scusa?-
-Mi chiamo Ashton.-
Si corresse, lei lo guardò appoggiare i gomiti sul tetto di alluminio della macchina, del lato del guidatore.
-Hayley.-
-Non sei di qui, vero?-
Hayley schiuse le labbra, nessuno se n’era mai accorto.
Ashton era un ragazzo che guardava, lei lo capì.
Era una di quelle persone che fin da piccole si fermavano davanti ad un fiore, guardandolo.
Al ragazzo piaceva vedere.
Guardare era fin troppo superficiale, lui vedeva.
Vedeva come la ragazza batteva insistentemente l’indice contro la portiera della Ford scura, come faceva guizzare gli occhi da un lato all’altro della piccola piazza.
-Vengo dall’Inghilterra, nel Chelsire precisamente.-
Ashton annuì, non aveva smesso si sorridere.
-Io dall’Australia, non è proprio un posto vicino.-
Hayley rise ma quando vide Luke dietro le spalle del mro si paralizzò.
-Ci sono problemi?-
Era freddo, da quando avevano messo piede fuori casa Hemmings, era diventato un pezzo di ghiaccio.
Il ragazzo moro era poco più basso di lui.
-Certo che no.-
Rispose Ashton alzando le mani dalla vettura.
Fece qualche passo indietro mentre faceva un cenno di saluto a Hayley.
Quando furono arrivati davanti alla casa della ragazza Luke chiuse le portiere.
-Mi sembrava di essere stato chiaro.-
Lei corrugò la fronte e quando il biondo le prese violentemente il mento gemette in disapprovazione.
-Puoi giocare solo con me Hay, capito?-
Lui premette con forza le labbra contro quelle della ragazza per poi lasciarla subito dopo.
-Capito?-
Ripeté.
Lei annuì uscendo dalla macchina come un fulmine.
Un fulmine troppo piccolo per quella tempesta di tuoni.
 
 
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Alzò la testa dalla scrivania quando sentì un tonfo occuparle il letto.
Evie.
-Che vuoi?-
-Calmati, sono solo venuta a parlare con te.-
La mora si alzò dal materasso sbuffando, si avvicinò alla scrivania e si bloccò.
Indicò un lato del collo sorpresa, Hayley si portò veloce una mano sul punto indicato e, quando sentì una fitta in quell’aria, maledì Luke.
-O forse sei tu che devi parlarmi.-
 
 
 
 

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Capitolo 13
*** Silver ***


Silver.
Avvicinò al viso le mani umide. Il fresco dell'acqua la fece leggermente calmare. Chiuse gli occhi e lo sguardo di Evie le ritornò in mente.
La sera prima aveva accuratamente evitato il discorso, facendo vedere alla sorella un vestito nuovo.
Sua sorella lo avrebbe scoperto, era troppo brava i queste cose, riusciva a vedere dentro alle persone senza sforzo. Era un dono, quel dono che non faceva che esaltare la sua perfezione.
-Hai finito? Sei dentro da venti minuti!-
Hayley si avvicinò alla porta, graffiata e piena di scritte senza senso, facendo scattare la serratura.
Una ragazza dai capelli rossicci e ricci la guardava con le mani strette sulla vita.
-Ce l’hai fatta ad uscire!-
La sorpassò colpevole la spalla.
Ora c’era di nuovo silenzio.
Il corridoio era quasi vuoto, era la seconda ora e in giro poteva vedere e sentire solo le bidelle.
-Hayley Cohen.-
La bionda si girò.
Crystal la guardava dal fondo del corridoio, aveva una spalla appoggiata contro il metallo blu dell'armadietto.
Sorrideva.
Hayley strinse le mani in due pugni piccoli mentre si avvicinava alla ragazza. Quest’ultimala aspettava, la guardò a sottecchi prima di iniziare a torturarsi una ciocca di capelli biondi, perfettamente piastrati.
-Sai, davvero non capisco.-
Disse Crystal con leggera innocenza. Hayley corrugò la fronte alzando un po’ le spalle.
-Cosa?-
Crystal la fulminò con gli occhi e la bionda si accorse di aver fatto la domanda sbagliata.
La ragazza si distanziò dagli armadietti avvicinandosi al piccolo corpo magrolino di Hayley, la osservò da vicino mentre ogni tanto scuoteva la testa in disapprovazione.
-Non capisco cosa ci sia dentro la testa di Hemmings, davvero.-
Hayley la guardava in silenzio mentre sentiva le dita smaltate sfiorarle il viso, teneva lo sguardo basso pronta ad essere umiliata un’altra volta.
-Io ho fatto di tutto per farmi notare da lui, Hayley, ma lui ha scelto te.
Ora io mi chiedo solo una cosa, perché?-
Crystal premette più forte le unghie sul collo della bionda facendola urlare.
-Sei brava a scopare? Lui potrebbe avere me, ma sta con te. Come mai?-
La prese per le spalle facendola sbattere contro la fila di armadietti.
-O semplicemente gli fai pena’ si, forse si.-
Hayley alzò lo sguardo, in un secondo la spinse lontano e alzò la mano fino a farla scontrare con la guancia truccata di Crystal.
La vide portarsi le mani su quel punto mentre spalancava la bocca, Hayley fece lo stesso.
Si ricompose velocemente avvicinandosi a Crystal.
-Vallo a chiedere a lui, perché io non lo so.-
Sussurrò.
Ed era totalmente vero.
 
 
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Si portò le mani davanti alla bocca cercando di non ridere mentre Ryan imitava un loro compagno di classe di Psicologia.
-Ed è pev questo che Fveud spevimentava le Associazioni Libeve.-
Hayley rise pi forte scansando il vassoio pieno di cibo da un lato dl tavolo.
Li poteva ridere e nessuno la sentiva, la mensa era così piena che nessuno si accorgeva di lei.
Le piaceva, non essere al centro dell'attenzione, non essere guardata, essere anonima.
Ryan tornò seria, la bionda la guardò stranita quando notò che stava osservando un punto dietro le sue spalle.
Due dita le sfiorarono la schiena.
Si girò di colpo, tenne la testa alta per guardare in faccia il ragazzo alto davanti a lei.
-Ciao.-
Hayley era confusa, lo aveva già visto per i corridoi.
Lo osservò sistemarsi la giacca di stoffa della squadra di calcio della scuola prima di rispondergli.
-Ciao.-
Il ragazzo scosse la testa spostandosi i capelli neri prima di sedersi di fianco a Hayley.
Ryan osservava la scena immobile.
-Sono James, ti spiace se resto qui?-
La bionda scosse la testa facendo un piccolo sorriso.
-Bene, sai domani c’è una partita qui a scuola e mi piacerebbe se venissi. Allora? Che ne pensi?-
Hayley si guardò in giro, sperava di trovare le parole scritte da qualche parte, sul viso di qualche persona ma niente. Tutti camminavano veloci e i corpi si scontravano tra loro incuranti di tutti.
Menefreghisti, ognuno pensava per se ma quando Hayley lo vide, dall’altra parte della mensa, cambi idea.
I loro sguardi erano interrotti dai corpi che passavano in mezzo a loro, risate, battute, sorrisi.
Luke la guardava impassibile, si concentrò su di lei per poi passare lo sguardo arrabbiato al ragazzo dai capelli neri che le stava sfiorando un braccio.
Hayley seguì il corpo longilineo di Luke fino a quando non scomparì dietro la porta della grande mensa.
-Allora? Ci divertiamo..-
James le sorrideva mentre le passava l’indice sulla spalla bianca, la osservava con lussuria.
-Non, penso sia una buona idea.-
James sorrise annuendo e, subito dopo essersi alzato, si chinò verso ‘orecchio della ragazza.
-Sarà per la prossima volta, Hayley.-
La ragazza era rimasta in silenzio e solo dopo che il ragazzo andò via arrossì.
Come a scoppio ritardato, lei sapeva di essere una macchina rotta, senza marce. Come Luke che passava dalla prima alla quinta in un attimo, spiazzandola.
Ryan scosse la testa e quando vide Calum avvicinarsi velocemente al loro tavolo fece una smorfia.
-Abbiamo un problema.-
Disse la mora a Hayley.
Calum si chinò fino a guardare la bionda in faccia, aveva le labbra schiuse e gli occhi preoccupati.
-Hayley devi aiutarmi.-
La bionda si alzò e Ryan fece lo stesso.
Calum la prese per un braccio portandola vicino all’entrata del giardino della scuola.
Urla di incoraggiamento riempivano l’aria, diventava tutto d’un tratto pesante.
Quell’aria che premeva sopra il petto di Hayley.
Un gruppo di persone era riunito nel centro del giardino e urlavano.
Urlavano forte, più i rumori erano acuti e pi Hayley perdeva la testa.
Come Luke le aveva insegnato.
-Luke ha perso il controllo.-
-Perché non l’hai fermato.-
-Non posso.-
La bionda guardò Calum, in un secondo era in mezzo al gruppo che urlava, spingeva copi ammassati mentre cercava i passare.
Un ragazzo la spinse e la fece cadere in avanti, era arrivata nel centro dell'’interesse delle persone.
Quel centro dove Luke ne era l’attore principale.
Il carnefice.
Lo vide prendere il colletto della polo bianca di James prima di tirargli un pugno sullo zigomo sporgente.
Non si fermava, continuava a colpirlo con gli occhi pieni di rabbia.
-Basta.-
Sussurrò Hayley guardando quella scena, si alzò in piedi perdendo quasi l’equilibrio.
-Basta!-
Nessuno si accorse della sua voce. Il viso di James era distrutto.
Vari colori gli coprivano la faccia, essa era compressa in una smorfia di dolore, ogni tanto si faceva scappare un urlo.
Hayley strizzò gli occhi, camminò verso il centro.
Quando fu abbastanza vicina si aggrappò alla schiena di Luke.
-Basta Luke ti prego, fermati!-
Senza neanche accorgersene aveva incominciato a piangere.
Lei era fatta così, la paura si trasformava in vomito e il nervoso in lacrime.
-Luke! Ti prego!-
Lo tirò per l spalla facendolo girare verso di lei. Gli occhi azzurri erano scuri, come la notte, quell’azzurro sporco, macchiato dalla rabbia.
Quando la vide schiuse le labbra, all’angolo di esse, vicino all’orecchino nero, c’era un taglio.
Hayley spalancò gli occhi, Luke strizzò le palpebre quando la mano piccola di Hayley gli sfiorò il taglio.
La spinse lievemente di lato per poi concentrarsi di nuovo su James, non ne poteva più.
Hayley scosse la testa, anche lei ora arrabbiata.
Tirò ancora una volta le spalle di Luke facendolo distanziare dai ragazzo dai capelli neri.
La ragazza si mise davanti al biondo premendo le mani sul suo petto.
-Luke non ascoltarlo, andiamo via.-
Il ragazzo la guardò, la prese per un braccio spostandola da davanti.
La teneva mentre camminava verso James.
-Avvicina ancor a lei Levis e ti rovino.-
Sputò Luke in una minaccia piena d’odio.
Le persone li guardavano in silenzio, lo spettacolo era finito e il sipario si stava chiudendo.
Quando furono abbastanza lontani Luke si fermò, appoggiò i gomiti su un muretto respirando pesantemente.
La ragazza si guardò in torno realizzando piano piano quello che era successo.
Non sarebbero rientrati, lei avrebbe perso le ultime lezioni.
Ma quello che la preoccupava di più erano le altre persone, ora avevano avuto la dimostrazione pratica che Luke non scherzava.
Come una cerimonia d’inizio gara, il premio era Hayley e Luke ne era già il possessore, non gli serviva gareggiare.
La bionda si passò il dorso della mano sulle lacrime seccate sulla guancia bianca.
-Lui non ti ha fatto niente.-
Disse.
Si avvicinò Luke, che nel frattempo si era girato verso la ragazza, iniziandolo a colpire.
I pugni si scontravano contro il petto forte del ragazzo, sperando di recargli dolore.
-Lui non ti ha fatto niente!-
Urlò ancora esausta.
Il ragazzo le prese i polsi, capovolse la situazione portando la bionda contro il muretto.
-Lui ti piace?-
La ragazza scosse la testa.
-Ma cosa stai dicendo?-
Il ragazzo premette i fianchi contro quelli di Hayley, le liberò i polsi guardandola.
Fece scendere le mani lungo i fianchi mari fino ad arrivare alle cosce, le prese in una stretta di ferro di portarla alla sua altezza, seduta sul muretto.
Le aprì le gambe mettendosi in mezzo mente la teneva per i fianchi.
-Lui bacia meglio di me?-
Il viso di Luke si scontrò contro quello di Hayley, catturò le labbra tra i denti bianchi.
Iniziò a baciarla, la ragazza portò le mani tra i capelli corti del ragazzo.
Erano umidi per lo sforzo della lotta e morbidi.
Lei piegò il viso di lato approfondendo i bacio, Luke chiese l’accesso alla sua bocca picchiettando sulle labbra soffici la sua lingua di spine.
A lei piaceva quando faceva così, lo ammetteva senza problemi.
Le piaceva baciarlo e a lui piaceva baciare lei.
Impossessarsi di quelle labbra, farle sue profanandole con le proprie.
La lotta per la dominanza iniziò quando le loro lingue si incontrarono, Luke perlustrava la bocca di perle guizzando da una parte all’altra, come in un uragano.
Lui era tutto, un uragano, un fulmine.
Per le altre persone, il pericolo.
Per Hayley, lei non lo sapeva ancora cos’era. Si ripromise che ci avrebbe pensato.
Il ragazzo le morse le labbra e quando la bionda fece lo stesso lo sentì mugolare qualche imprecazione.
Il labbro tagliato non era più un problema.
-Lui bacia meglio?-
-Non l’ho baciato.-
Rispose sicura Hayley, era affannata, quando Luke si staccò da lei quest’ultima gli strinse i capelli facendolo riavvicinare.
Le loro labbra si incontrarono ancora.
-Ma lo vorresti.-
Disse il biondo tra un bacio e l’altro.
La ragazza lo strinse più forte.
-No.-
Quando tirò verso l’alto i capelli del ragazzo lo sentì gemere.
-E cosa vorresti?-
Chiese lui posando le mani, dalle nocche rovinate, sulla mascella morbida di Hayley per posarle un altro bacio.
Solo labbra che si incontravano, ogni volta come la prima.
-Vorrei baciare te, ancora.-
Luke pose fine al contatto delle loro bocche per guardarla.
Lei aveva gli occhi chiusi ma poteva vederlo sorridere.
Lo faceva poche volte, ma quando le sue labbra si stendevano, facendo spuntare i denti bianchi, era bellissimo.
Prima che Hayley potesse bearsi di quella vista, le labbra di Luke furono di nuovo sopra le sue.
Come doveva essere.
Un bacio forte, di quelli che Hayley aspettava.
Sentiva la rabbia di Luke verso James attraversargli l corpo.
Lu la faceva sentire come una ragazza che stava impazzendo.
Lui la portava in alto e lei non poteva scendere.
Lui l’aveva intrappolata e lei on voleva uscire.
Lui stava giocando con il suo cuore ma lei non aveva scelta.
Hayley posò le mani sulle spalle di ferro di Luke.
Lui era metallo puro, freddo sia d’inverno che d’estate.
Si dilatava con il calore della rabbia, senza sentimenti.
La cosa più spaventosa era che Hayley non era mai stata così attratta dal metallo come in quel momento.
 
 
Spazio ‘’autrice’’
Salve gentaglia, ve lo aspettavate un Luke del genere? Scusate per non aver aggiornato prima.
Voi cosa pensate sia lo Yell?
E per ultimo ma non meno importante facciamo gli auguri al cattivo ragazzo di Disconnect, buon compleanno Lukey <3 J
 
 
 

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Capitolo 14
*** Red Neck ***


Red Neck
Non vedeva il fondo, quel mare per lei era troppo alto, troppo salato, troppo scuro.
La stava facendo affogare lentamente ma, nonostante questo, non volve essere salvata.
Voleva farsi trasportare da quel mare fino a quando non l’avrebbe inghiottita dentro di se, rassicurandola, togliendole la vita lentamente mentre l’accarezzava con l’acqua fredda.
Lei che odiava l’acqua, la temeva, adesso ci sarebbe stata in eterno.
Quel mare asciutto che si era distaccato da lei lasciandola al freddo, le mancava.
Sapeva che non era un sentimento normale ma malato.
Quel mare la stava ancora guardando, aveva le labbra di schiuma bianca, così soffici che quando le sfioravi semplicemente scomparivano, scioglendosi.
Le labbra fredde si schiusero.
Il mare si prosciugò, lasciando una spiaggia con un disegno Azteco, un divano troppo grande e bambole sparse sul pavimento.
-Stasera ti porto in un locale.-
Hayley sbatté le palpebre, pizzicanti dal sale marino, prima di guardarlo.
Stava giocando con una lunga ciocca di capelli biondi, facendo cerchi concentrici con l’indice intorno ad essa. Hayley annuì, non aveva più forza di ribellarsi. Non avevano più parlato di James, e forse era meglio così, Hayley non voleva farlo arrabbiare ancora.
-Dove sono?-
Chiese la ragazza indicando con il mento una Barbie stesa sul pavimento, riferendosi alle bambine.
-Da mio padre, tornano domani.-
Hayley annuì ancora, le mani di Luke si posarono delicatamente sulle spalle della ragazza facendola stendere verso il basso, sulle proprie gambe.
Lei lo guardò dal basso mentre il ragazzo aveva ricominciato a passare le dita in mezzo ai capelli di Hayley.
-Perché tu non sei andato?-
-Io e mio padre non siamo delle stesse idee, diciamo.-
Rispose neutro, la bionda sapeva che era una cartella dolente nella memoria di Luke ma, come lui, anche lei voleva vedere fino a che punto sarebbe resistito.
In quel momento si accorse che stava giocando.
Hayley si bloccò. Luke ci stava riuscendo, in un modo o nell’altro la stava cambiando.
Scosse la testa facendo uscire quel pensiero troppo complesso, sapeva che le avrebbe fatto di nuovo visita quella sera.
-I tuoi sono separati?-
-Si.-
La bionda gli andò più vicino, sfiorando con la punta del naso, l’orlo della felpa verde che aveva indossato appena entrato in casa.
Stare li, da sola, con lui.
Non gli piaceva come idea, ma doveva abituarsi  a certe cose.
Doveva abituarsi ad obbedire a Luke, solo così non avrebbe rischiato. Non voleva finire come James.
Si alzò lentamente dalle gambe del ragazzo che gemette in disapprovazione, camminò fino al camino.
Sopra c’erano tante foto, sorrise quando vide Luke da bambino con una macchina giocattolo tra le mani.
Sorrideva pieno di vita. Cosa può succedere ad un bambino di così grave da toglierli il sorriso? Si chiese Hayley, che nel frattempo aveva posato lo sguardo su una piccola cornice argento.
C’era un Luke non più bambino che stringeva due bambine piccolissime. Anche le gemelle erano belle pure da appena nate. Sorrise tra se e se mentre faceva ancora mentre faceva ancora un passo verso l’ultima foto del caminetto.
La cornice era marrone scuro, un colore forte.
La sfiorò con le dita osservandola.
Era di un compleanno e le due torte poste sul tavolo riconducevano alle gemelle.
Una era stretta tra le braccia forti di Luke mentre quest’ultimo aveva il braccio del padre sulla spalla. La madre rideva ed era chinata verso il tavolo di legno, l’altra gemella era imbraccio ad un ragazzo.
Hayley si soffermò su quest’ultimo, assomigliava moltissimo a Luke se non fosse stato per gli occhi color smeraldo. La cosa che fece preoccupare la ragazza era che in quella foto erano tutti felici, se chiudeva gli occhi poteva sentire ancora le risate di quella festa e le canzoni cantate dai vari bambini presenti.
Hayley era così, una spugna.
Assorbiva le emozioni della gente, se erano felici era felice anche lei.
Era una cosa strana ma lei lo aveva sempre saputo.
Da sola non avrebbe mai provato emozioni, incapace di produrne delle proprie rubava quelle degli altri.
-Lui chi è?-
Chiese presa da una sana curiosità.
Il ragazzo, che era stato ad osservarla in silenzio, si alzò spingendo le braccia contro le cosce. Quando fu abbastanza vicino per vedere la fotografia scosse la testa.
-Nessuno.-
Hayley prese la foto tra le mani indicandogli il ragazzo all’angolo.
-Lui.-
-Ti ho detto che non è nessuno.-
Ringhiò.
-Ma tiene imbraccio la gemel-
-Basta, non è nessuno.-
La interruppe Luke.
Le prese la foto dalle mani riposandola sopra il caminetto.
Hayley sorrise, aveva trovato il limite che lui non avrebbe mai superato.
 
 
----------
 
 
-Ry, vai ad aprire!-
Sbuffò sonoramente prima di mandare silenziosamente a quel paese sua madre. Strisciò i piedi giù dalla rampa di scale prima di aprire la porta, strinse le dita intorno alla lastra di legno quando vide il ragazzo moro davanti a lei.
Si chiuse la porta dietro alle spalle così che fossero al sicuro dalle orecchie indiscrete di sua madre.
-Cosa ci fai qui?-
Disse incrociando le braccia al petto.
Il moro portò in avanti la mano, tenendola tesa verso Ryan.
-Vieni a fare un giro.-
La mora fece un passo indietro, incerto.
-Perché? Calum se questo è uno dei tuoi fottuti giochi t giuro che…-
-Non lo è.-
Disse solo, sporgendo la mano ancora di più verso la ragazza.
Lei scosse la testa, Calum la prese per una spalla portandola più vicino a se.
-E’ troppo chiedere di essere perdonato?-
I loro occhi si guardavano.
-Ok- disse.
A sbagliare era sempre stata la più brava.
 
 
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Hayley camminò a passo sicuro stringendo in un pugno nera. Luke era appoggiato ad una moto nera mentre teneva sovrapposti i piedi fasciati nelle sue Converse nere.
Aveva lo sguardo trasparente fisso sulla ragazza che posò lo sguardo da un’altra parte per non far risaltare il rossore sulle guancie.
Sentì ridere il ragazzo e si girò di colpo fulminandolo.
-Che c’è?-
Sputò acida, si lui si mise in piedi camminando fino a raggiungerla.
-E’ solo che- iniziò a dire sfiorandole il viso – sei bellissima.-
-E tu bipolare.-
Rispose lei avvicinandosi alla moto e dando le spalle a Luke che borbottò un:
-Può essere.-
Sentiva le guancie andarle a fuoco.-
Le si avvicinò con un casco nero in mano, glielo mise in testa e rise vedendola con le guancie schiacciate.
Hayley lo scostò e provò ad allacciarselo da sola, dopo ave imprecato un paio di volte due mani si posarono sulle sue, aiutandola ad unire le due fibie.
-Grazie.- sussurrò.
Dopo aver passato tutto il viaggio in silenzio ascoltando il vento, Luke si fermò davanti ad un locale.
La scritta ‘’Red Neck’’ occupava tutto il lato superiore della porta di legno.
Era fatta da luci rosse che potevano essere viste anche in lontananza.
Hayley sussultò quando la mano di Luke prese la sua i una stretta forte.
Le sorrise prima di portarla all’interno della fonte di rumore. I suoni, da prima ovattati, si fecero più forti quando aprirono la porta.
Il biondo si girò verso Hayley, guardandola malizioso.
-Benvenuta all'inferno.-


spazio ''autrice'' 
|Il biondo si girò verso Hayley, guardandola malizioso.
-Benvenuta all'inferno.-|
scusate per il ritardo ma ho avuto problemi con efp, comunque cosa pensate della frase qui sopra? se volete potete scegliere voi quando dovrò aggiornare così tutti potranno leggere e ancora auguri al nostro Lukey <3 :) vi vol
 

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Capitolo 15
*** Iceberg ***


Iceberg
I suoni erano ovattati dall’alcool che le girava dentro il corpo. I corpi accaldati e sudati di persone che non conosceva erano su di lei, tutti erano nella stessa situazione, sembravano fratelli.
Si sorreggevano l’un l’altro mentre cercavano di muoversi a tempo di quella musica che le faceva tremare lo stomaco ed il petto.
Chiuse gli occhi alzando le mani verso il soffitto nero, le luci forti le davano fastidio e ogni tanto le facevano strizzare le palpebre.
Quando sentì una presa forte sui fianchi riaprì gli occhi abbassando le braccia e appoggiandole sul petto del ragazzo davanti a lei.
Lui sembrava più disperato, si vedeva dagli occhi che aveva tenuto troppi bicchieri diversi in mano quella sera.
Hayley tirò la testa all’indietro schiudendo le labbra, dei capelli corti e umidi le sfiorarono la mascella mentre le mani che fremevano sui fianchi rafforzavano la presa.
Delle labbra leggermente bagnate le risalirono il collo, la sfioravano fino ad arrivare al pezzo di pelle teso sotto l’orecchio.
Iniziò a darle baci languidi e ogni tanto ci soffiava sopra per darle dei brividi in più. Sfiorò con il naso l’orecchino di perle della ragazza prima di raggiungere le labbra.
Erano viso contro viso ma non si toccavano, lui le stava davanti sfiorandole le labbra.
Non aveva fretta, sapeva che erano li per lui. Le fece scontrare per un secondo ma subito si allontanò di nuovo.
-Sei così bella stasera.-
La voce di Luke risvegliò Hayley. Era riuscita a farla bere abbastanza da farle perdere la testa. Mentre cercava di pensare a questo le mani del ragazzo scesero lentamente verso i fianchi morbidi della bionda fino ad arrivare all’orlo della gonna nera.
La alzò di poco sorridendo prima di sfiorare la pelle liscia delle gambe di Hayley.
-Dovresti metterla più spesso.-
Commentò lui tirando ancora il tessuto interessato. Sentì la ragazza ridere e la tirò di più verso di se.
Le lasciò dei baci sul collo a ritmo di musica prima di scontrare i loro fianchi.
Hayley dilatò le pupille quando Luke lo fece ancora, prolungando quella strana sensazione. La bionda cercò di allontanarsi quando sentì l’erezione del ragazzo sfiorarla.
Luke le prese ancora una volta i fianchi in una presa rude prima di farli strusciare contro i propri, portò il viso in alto respirando a scatti.
-Cazzo.-
Mugolò prima di ripetere quell’azione più intensamente.
Hayley gli passava le mani sul petto, pensò che fosse così bello in quel momento.
In mezzo a quel gruppo di persone perse nessuno si accorgeva di loro, ed era anche quella una bella cosa per Hayley.
Lei che quando camminava per strada, e sentiva una macchina arrivare, abbassava il capo sperando di non essere vista.
Erano piccole cose che non faceva più adesso.
Si irrigidì ancora di più quando le labbra del ragazzo si fecero vicine al suo lobo.
-Non hai idea di quello che mi stai facendo.-
Lei lo guardava con occhi velati da quel poco di alcool che aveva ingerito, lui le sorrise poi la prese per un polso trascinandola via da quei fratelli che aveva appena conosciuto.
Quando usciamo, Hayley quasi tossì per la troppa aria che l’aveva investita. Luke rideva e solo ora si era accorta che erano tutti e due sudati.
Le labbra imperlate di lui le sorrisero ancora. La bionda si fermò quando vide che stavano andando dalla parte sbagliata.
-Luke la moto e dall’altra parte.-
Disse lei ridendo.
Luke scosse la testa attirandola verso di se, barcollando tutti e due risero più forte.
-Non guido ubriaco se devo portare anche te a casa, andiamo a piedi. La vengo poi a riprendere domani.-
Hayley annuì e iniziò a camminare al bordo della strada.
C’era un silenzio fastidioso e quando la ragazza si guardò l’orologio che gli fasciava il polso sbuffò.
 
3:17 a.m.
 
Scosse la testa ritornando a ridere, probabilmente sua madre stava già dormendo e non avrebbe fatto tanto rumore entrando in casa.
Il braccio di Luke le avvolse le spalle, la portò in mezzo alla strada facendola ridere.
La prese per le mani e velocemente la fece girare in tondo.
-Basta Luke! Sto male!-
Il biondo la bloccò tra le braccia stringendola.
-Non parlare male di una cosa che ti fa stare così bene, ragazzina.-
Hayley annuì e scosse la testa al soprannome che aveva usato il ragazzo.
Camminarono in silenzio per un po’ poi Luke incominciò ad urlare.
-Ho voglia di cantare!-
Le disse baciandole la testa, chiuse gli occhi strusciando per qualche secondo il naso contro i capelli di Hayley, sapevano di miele.
 
-Blame it on the goose, got you feeling loose. Blame it on Patron, got you in the zone. Blame it on the a-a-a-a-a-alcohol. Blame it on the a-a-a-a-a-a-alcohol.-
 
La voce armoniosa di Luke risuonava per tutta la via deserta, la bionda ne rimase incanta.
Rimase incantata da quel Luke scherzoso e libero, divenne triste mentre pensò che solo con l’acool diventava così.
Luke la guardò prima di continuare a cantare a squarcia gola.
 
  • Ay she say she usually don’t, but I know that she front. Cause shawty know what she want, but she don’t wanna seem like she easy. I ain’t saying what you wont do.-
 
Lui la prese imbraccio e dopo averla fatta urlare qualche secondo sussurrò:
 
  •  
 
Lei fece una smorfia spingendolo indietro, lui rise leggermente mentre lei sputava un:
  •  
 
  •  
Don’t li-i-ie now.-
 
Hayley fece una smorfia ma quando sentì di nuovo le braccia di Luke stringerla si sentì bene.
-Canta per me.-
Le sussurrò.
-Non sono capace.-
-Non mi importa.-
Lei annuì prendendo un bel respiro, l’aria fresca sbatteva contro il suo stomaco riscaldato dall’alcool.
 
-I wanna be drunk when I wake up, on the right side of the wrong bed.-
 
Luke la incitò a cantare ma lei scosse la testa divertita. Lui le andò vicino, recuperando i passi che li dividevano iniziandola a baciare.
La sua lingua, bagnata di peccati che aveva bevuto, scivolò giù per la gola della ragazza.
-Ti prego solo un’altra strofa.-
Chiese tra un bacio e l’altro, lei annuì felice prima di stampargli un ultimo bacio sulle labbra.
Schiarì la voce.
 
-And I’ll be drunk again, I’ll be drunk again, I’ll be drunk again…-
 
Hayley si sorprese quando vide il vialetto di casa sua, guardò il ragazzo e incominciò a camminare verso la porta. Si fermò quando ci fu davanti e si girò verso il ragazzo, finì in punta di piedi aggrappandosi alle sue spalle.
Gli sussurrò sulle labbra le ultime parole.
 
-To fell a little love.-
 
Gli diede un bacio sulla guancia prima di chiudersi l porta alle spalle.
Mentre il ragazzo pensava alle ultime parole della canzone, che sembravano così vere per lui, la ragazza pensava a quanto lui l’avesse cambiata.
Il problema è che non sapeva se in meglio o in peggio.
 
 
 
-----
 
 
 
-Che hai detto a tua madre?-
Chiese Ryan interrompendo il racconto di Hayley sulla serata trascorsa.
Quest’ultima si sistemò meglio sulla sedia aprendo l’astuccio.
-Che uscivo con te e che sarei tornata prima dell'una.-
Ryan le sorrise complice pensando che tutte e due le cose fossero una bugia. Diede una gomitata alla bionda quando vide il professore entrare in classe.
Tutta la scuola dal pomeriggio della rissa tra Luke e James la guardavano dall’alto al basso, tutti le stavano alla larga ma non capiva l’invidia eccessiva di Crystal nei suoi confronti.
-Oggi vorrei iniziare un nuovo argomento. La mente.-
Gli alunni osservarono il professore prendere il gessetto bianco spezzato, dopo che ebbe disegnato alla lavagna una mano tra i banchi si alzò.
-Scusi Prof. E’ un iceberg?-
Lui annuì, aggiungendo una linea un po’ più in alto della metà del disegno.
-Sigmund Freud dice che la nostra mente è un iceberg. La parte conscia e vigile, ovvero la parte fuori dall’acqua, corrispondono a 1/8 di tutto l’iceberg. Tutto il rimanente, quello sotto l’acqua, corrisponde all’inconscio.-
Hayley poteva rimanere ore ad ascoltare il professor David, gli si leggeva negli occhi che a lui piaceva davvero questo mestiere.
-La nostra mente è la causa della rimozione dei pensieri e li porta nella parte inconscia. I pensieri più pericolosi vengono repressi dalla mia stessa mente con l’operazione che si chiama ‘’rimozione’’.-
Concluse il professore.
Hayley alzò la mano puntando tutti gli occhi su di se, su quell’argomento voleva capire tutto. Gli affascinava il modo in cui la mente lavorasse per i fatti propri.
-I pensieri rimossi rimangono?-
Lui annuì sorridente.
-Purtroppo per noi si, ssi sono attivi e questo permette loro di condizionare il nostro comportamento.-
L’uomo si passò una mano sul petto coperto da un maglione leggero, prima di guardare la fila di ragazzini che aveva davanti a se.
-Signorina Cohen, potrebbe venire alla lavagna?-
La ragazzina si alzò e imbarazzata prese il gessetto dalle mani del professore, erano morbide e curate, doveva venire da una famiglia ricca per il modo in cui vestiva.
-Mi metta nel posto giusto, su questo disegno, le parole: conscio, preconscio e inconscio.-
Hayley guardò l’iceberg e sulla punta scrisse ‘’coscio’’, abbassò il braccio andando a scrivere sul fondo dell'iceberg ‘’inconscio’’.
 
I ain’t saying what you want do.
 
La voce di luke si fece spazio nella sua testa. Scosse le spalle posizionando il gesso sulla linea che divideva l’iceberg, l’acqua.
 
But you know we probably gonna do.
 
Arrossì a quel pensiero, si immaginò le mani di luke toglierle I vestiti prima di farla sua completamente.
Scrisse velocemente ‘’preconscio’’ prima di tornare al posto imbarazzata.
Il professore le fece i complimenti.
L’iceberg che si era gelato intorno al mondo reale, il professore stava ancora spiegando.
Hayley fece scivolare furtivamente una mano nella tasca dei suoi pantaloni prendendo il telefono.
 
Da: Luke  1:04p.m.
 
Aspettami dal cancello quando esci, ti porto a casa.
 
Hayley alzò lo sguardo, sorridendo.
 
---
 
-Ragazzina.-
La bionda gli tirò una pacca sul petto dopo aver salutato il moro appoggiato al muretto.
Calum le sorrideva, era sereno.
Luke le diede il casco prima di farla salire sulla moto.
A lui piaceva portarla in moto, sentirla avvinghiata al suo etto le dava una sensazione liberatoria, dopo poco si fermò notando di dover fare rifornimento.
Tolse il casco ad Hayley e quando la vide sorridere corrugò la fronte, la fece scendere tenendola per un fianco.
-Ciao Hayley!-
Il ragazzo moro davanti a loro sorrideva cortese.
-Ciao Ashton.-
Quest’ultimo rise e Luke strinse la presa sul fianco della ragazza.
Che la tempesta di fulmini abbia inizio.
 
Spazio ‘’autrice’’
|-Non hai idea di quello che mi stai facendo.-|
|-Non guido ubriaco se devo portare anche te a casa, andiamo a piedi. La vengo poi a riprendere domani.-|
|Hayley fece una smorfia ma quando sentì di nuovo le braccia di Luke stringerla si sentì bene.|
|But you know we probably gonna do|
|Che la tempesta di fulmini abbia inizio.|
óLe frasi più belle del capitolo ó
Grazie mille per le 416 visualizzazioni e grazie per le recensioni, scusatemi se non rispondo a tutti. Se vi piace la storia aggiungetemi agli autori preferiti. Alla fine della storia se la scrittrice mi darà il permesso scriverò il prequel di ‘’Disconect’’. Per maggiori informazioni o chiarimenti sulla storia contattatemi tramite recensioni o profilo privato.
Un bacio, ||m. 

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Capitolo 16
*** Kill ***


Kill.
Era incominciato tutto quando sua madre iniziò a comprargli gli yogurt all’albicocca invece di quelli alla fragola. Quando, per la prima volta, Ashton aprì il frigo e trovò degli stupidi yogurt all’albicocca sbuffò rumorosamente chiudendo gli occhi e passandosi una mano sul viso stanco.
Si iniziò a preoccupare di più quando, una settimana dopo, sua madre non lo and a prendere a scuola.
A 15 anni un ragazzo non dovrebbe essere dimenticato, una madre non dovrebbe dimenticare certe cose.
Tutto fu un evento a catena. Dopo la scuola, aveva dimenticato di andare a fare la spesa, di chiudere la porta d casa la sera, di stirare le camicie bianche da lavoro del marito, scambiava i nomi delle sue tre figlie e alcune volte anche quello di Ashton, fino a quando si dimenticò di spegnere il gas del fornello della cucina beige dopo aver preparato la cena.
Il ragazzo moro quella volta era intervenuto in tempo, ma quando vide il dottore uscire dalla camera di sua madre con gli occhi bassi, fissi sulla moquette che una volta veniva lavata e aspirata ogni settimana, non ce la fece più.
Guardò le sue tre sorelle aggrapparsi a lui come una roccia, ma non voleva esserlo. Guardò la maggiore con occhi cupi e quest’ultima si staccò lentamente dal torace del fratello trascinando con se quella di mezzo che era ancora piccola per capire certe cose.
Una stretta più forte alla gamba destra gli fece abbassare gli occhi verso la testa mora che non voleva lasciarlo, passò una mano tra quei capelli scuri, ma più chiari dei suoi e molto più lunghi.
La piccola Noah alzò il viso, non era colpa sua s assomigliava alla madre quasi meticolosamente.
-Ashton.-
Quella voce tremante gli faceva pulsare la testa, non riusciva sopportarlo. Per avere 15 anni non era pronto a quelle responsabilità.
-Ashton la mamma sta bene?-
Il ragazzo guardò ancora in basso, rifletté sulle parole da dire.
Semplicemente non esistevano, scosse la testa.
Ashton la scansò mentre le urla della più piccola delle sorelle Irwin lo accompagnarono alla porta.
Se ne andò con la consapevolezza che lo avrebbero dimenticato come già la madre aveva fatto con lui.
Quello sguardo che lo aveva tormentato per notti intere, adesso lo stava facendo affogare. Hayley lo guardava con disperazione, come la sorella qualche anno prima.
Questa volta sarebbe andato fino in fondo, non avrebbe abbandonato anche quegli occhi.
Scosse le spalle quando si ritrovò 20 sterline in mano.
-Diesel.-
Il ragazzo davanti a lui aveva gli occhi scuri, arrabbiati. Teneva ancora la mano intorno alla vita della bionda, con l’intento di non lasciarla andare così facilmente.
Hayley osservò Ashton sistemarsi il colletto della divisa prima di avvicinarsi alla pompa.
Gli occhi azzurri della bionda guizzarono immediatamente sul ragazzo davanti a lei che, nel frattempo, l’aveva spinta verso la moto, facendole aderire la schiena contro il sellino nero.
Cercò Ashton con uno sguardo di aiuto.
-Non guardarlo.-
Le sibilò Luke nell’orecchio.
-Non puoi impedirmelo.-
Rispose lei sicura per poi cercare di spostare il ragazzo spingendolo dal petto. Quest’ultimo rise appena, avvicinandosi di più ad Hayley.
I loro fianchi si sfioravano e Luke continuava a passarle le labbra vicino all’orecchio.
-Scommettiamo?-
Le diede un leggero bacio all’angolo della bocca, quando rialzò lo sguardo tese la mascella. Hayley aveva gli occhi fissi sulla schiena di Ashton che premeva i pulsanti per far partire la pompa.
-Smettila.-
Ringhiò il biondo mordendo un lembo di pelle del viso della ragazza.
-Mi fai incazzare.-
Continuò, facendo scivolare le mani vicino alle cosce della ragazza.
-Posso guardare chi voglio.-
Luke le strinse una gamba e lei si fece scappare un lamento.
-Dopo vedi che ti faccio, ragazzina.-
Si distanziò da lei quando Ashton dovette inserire la pompa nel motore della moto.
Hayley non era spaventata, Luke le aveva già fatto i peggio che poteva.
L’aveva cambiata, aveva giocato con la sua innocenza trasformandola quasi in rabbia e spavalderia. Quelle cose che avrebbero fatto andare la ragazza nei casini. La stava trasformando e la cosa più triste e che lei lo sapeva, ma le andava bene così.
 
---
 
Ryan si fece leva con le braccia per scendere dalla moto, quasi perse l’equilibrio. Due braccia la tennero forte, sorrise ma quando si guardò intorno scosse la testa.
Fece qualche passo indietro quando le immagini si rifecero vive nella sua testa.
Il ragazzo la prese per un braccio.
-Perché mi hai portato qua?-
Calum la tirò di più verso di se. Le suole di plastica contro quei piccoli sassolini facevano un rumore stridulo, fastidioso per l’udito di Ryan.
I suoi occhi si spostavano veloci da una parte all’altra, quel posto non era cambiato. Al contrario della mora, quel posto teneva ancora le crudeltà dentro di se.
Quando arrivarono davanti al capannone la ragazza si aggrappò alla manica della camicia a righe del moro.
-Calum, non è divertente.-
Lui le passò una mano sulla schiena tranquillizzandola, quel luogo la metteva ancora in soggezione.
-Lo sai che per tenere d’occhio Luke devo partecipare allo Yell vero?-
Lei abbassò lo sguardo.
-Speravo che non fosse necessario.-
Il ragazzo sorrise per poi tirare verso destra la grande porta di alluminio.
Le finestre poste ai lati della struttura erano sporche, rovinate, quel capannone era come le anime che ci abitavano ogni sera: abbandonate.
-Questo posto è sempre peggio.-
Commentò Ryan quasi con malinconia.
Calum passò l’indice contro l’interruttore facendo esplodere dei fari, sparsi un po’ da tutte le parti. Visto così, vuoto, quel posto era triste. Silenzioso. Senza peccatori e demoni quel posto non era niente.
-Lo so che vuoi chiedermelo Calum, ma lo sai che non posso.-
Il moro le prese una mano e allargò le braccia per stringerla tra di se.
-Lo sai che correvo solo con te.-
La sentì scuotere la testa mentre affondava il naso tra le punte più chiare. Non lo ammise, ma gli era mancato quel profumo.
-Non posso, non dopo quello che è successo.-
-Non lo permetterò.-
Disse velocemente il moro stringendola ancora di più contro di se.
-Derek non ti vedrà neanche da lontano. Fidati.-
Ryan si distanziò a testa bassa.
-Oh andiamo, non vuoi vendicarti di quello che ti ha fatto?-
Urlò Calum spazientito. Gli aveva sempre dato fastidio che lei non facesse quello che gli diceva.
-Sai una cosa?-
Chiese retoricamente Ryan al ragazzo con la pelle ambrata, puntandogli un dito contro. Era sconcertante il modo in cui, quando erano insieme, riuscissero a cambiare così in fretta umore.
-Ho smesso di cercare vendetta quando ho iniziato a provare odio per te.-
Calum serrò i denti, si sfiorò il petto con le dita.
Si sentì vuoto in quel momento, tutto quello che lo riempiva si stava prosciugando ad ogni passo che faceva Ryan lontano da lui.
Non voleva tornare vuoto, lo spaventava.
la paura ci spinge a superare i nostri limiti, così, prese la mora per un braccio e premette le labbra contro le sue.
Pure e spaventate.
 
---
 
Hayley si sedette sul letto dopo aver chiuso la porta.
Le sue gambe sprofondarono nel piumino color cielo mentre giocherellava con le maniche della felpa viola.
Si pentì di non aver acceso le luci quando un leggero tonfo echeggiò per la stanza. Strizzò le palpebre.
Non voleva alzare lo sguardo, sapeva che era li, sapeva che quegli occhi color ghiaccio la stavano trucidando.
-Come sei entrato?-
Chiese con voce flebile al demone nascosto nell’ombra di camera sua. Lui non rispose, sentì dei passi avvicinarsi al materasso e, meccanicamente, si portò le gambe al petto. Sobbalzò sentendo un calore estraneo sulla sua guancia, era lieve e confortevole.
Il petto del ragazzo fece pressione su quello di Hayley spingendola verso il basso.
-Guardami.-
Quella voce era un sussurro, Hayley si portò le mani sullo stomaco cercando di alleviare il dolore che si era spontaneamente creato.
Delle labbra si impossessarono delle sue e subito spalancò le palpebre.
Luke aveva appoggiato le braccia sul materasso mentre cercava di far stendere la bionda, lo fece, senza opporsi.
Si guardarono senza pensare a niente, erano stanchi.
Le loro labbra si incontrarono ancora, modellandosi tra di loro.
-Non devi più vederlo.-
Hayley alzò gli occhi al cielo.
-Sei ridicolo Luke.-
I suoi occhi si infiammarono. Fece più pressione contro il petto di Hayley prima di fermarsi ad un centimetro dal suo visto, il respiro era diventato affannato.
-Non sto scherzando Hayley, se ti vedo ancora una volta con lui, lo uccido.-
Quelle parole non erano mai sembrate così vere.
 
 
 
 

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Capitolo 17
*** Swater Weather ***


Sweater Weather
Era tutto a suo favore, la luna gli accarezzava il viso magro creando ombre intorno alla mascella pronunciata. I capelli biondi sembravano bianchi, splendevano sull’andare avanti e indietro della tenda sottile posta davanti alla finestra. L’unico intralcio per poter vedere la luna, bianca come le sue labbra. Fresche e piene, le guardava come incantata mentre si muovevano nel dire qualcosa che lei non ascoltava, preferiva chiudersi nella sua bolla insieme a lui, cosa che prima non avrebbe mai fatto. Non gli dispiaceva avere compagnia in quel miscuglio di acqua e sapone, tanto sottile quanto spesso da attraversare.
Nessuno c’era mai riiuscito.
Ma lui si, senza chiederle il permesso, si era seduto accanto a lei sussurrandole cose rudi nell’orecchio.
-Hay.-
La ragazza spostò lo sguardo verso gli occhi del ragazzo, la sera li metteva in risalto, più limpidi del solito la colpivano dritto nello stomaco.
-Mi devi dare ascolto, quando ti dico che non devi fare una cosa, non la fai.-
Lei annuì, non poteva farci niente se ogni cosa che usciva dalle sue labbra era come uno spruzzo di magia. La incantava.
Il ragazzo passò i polpastrelli sul mento di Hayley, portandola più vicino  se.
-Ti farò entrare nel lato selvaggio.-
La ragazza gli passò le mani sul petto stringendolo per il colletto della maglia scura, annuì avvicinandolo a se.
-Ti farò diventare insana.-
Lui la anticipò premendo la bocca sulla sua.
Era così morbida, l’avrebbe fatta sua in quell’istante se non fosse stata così piccola e pura.
Le alzò un gamba premendo la mano contro il ginocchio. Averla così vicino gli faceva sempre andare il cervello tra le nuvole, nere per la tempesta che aveva nella mente.
Si distanziò stendendosi di fianco a lei sul piumone azzurro. Si girò appena, verso il comodino bianco, per poi prendere tra le dita una collanina di corda.
Era di un colore scuro e si poteva distinguere con la poca luce il ciondolo, era un’ancora, piccola d’argento splendente.
Hayley neanche si ricordava di averla, ma quando lo osservò mettersela nella dei pantaloni lo spintonò.
-E’ mia.-
Gli disse cercando di riprendersela, lui la tenne a distanza ridendo.
-Ora non lo è più.-
Seguì un minuto  di silenzio, la bionda si mise seduta per poi giocare con le maniche della maglia del pigiama, sentì freddo e quando vide la finestra aperta rabbrividì ancora di più.
-Raccontami qualcosa di te.-
Chiese la ragazza, imbarazzata.
Poco dopo vide il ragazzo imitarla nella postura mentre la guardava.
-Sono solo un uomo, voglio il mondo tra le mie mani. Odio la pioggia ma resto comunque nella città più umida del Maryland. Sono molto sicuro di me, ma non capisco molte cose. Tra cui,- fece una pausa sfiorando il viso di Hayley. –cosa ci fa una ragazza come te da queste parti? E’ troppo freddo per te qui, perciò vorrei tenerti le mani sotto il mio maglione.-
La prese con un tocco delicato prima di passarle sul ventre. La strinse di più a se portandola lentamente a cavalcioni sulle proprie gambe.
-E s dovessi lasciarti senza fiato, non importa, perché tanto non c’è niente da dire. Il silenzio a volte guida la nostra mente.
Hayley gli sorrise, era strano per tutti e due provare cose simili senza l’aiuto dell'alcool. La ragazza gli sfiorò le labbra, si staccò quando lo sentì ridere.
-Che c’è?-
Luke scosse la testa.
-Mi piacciono i tuoi baci da quattordicenne.-
-Da quattordicenne?-
Chiese lei non capendo, lui annuì passandole l’indice sulle labbra umide e rosee per il troppo contatto.
-Quelli semplici, senza malizia.-
Lei annuì poco convinta, quando una luce forte entrò nella stanza per qualche secondo, la ragazza andò nel panico.
-Devi andartene Luke.-
Lo prese per l’avambraccio prima di spingerli lontano dal materasso.
-Cosa succede?-
Chiese lui quasi divertito.
-E’ arrivata mia madre.-
Luke rise prima di stamparle un ultimo bacio.
-A domani.-
E solo quando uscì dalla finestra che sentì il bisogno di rientrare si accorse che Hayley era tutto quello di cui aveva bisogno in quel momento.
 
----
 
Scese le scale saltando l’ultimo scalino, fece un giro per la cucina e quasi si spaventò quando vide la sorella chiudere l’anta del frigo con il cartone del latte in mano.
-Ciao Evie.-
Disse la bionda facendo un mezzo giro su se stessa. La sorella la guardò storcendo il viso.
-Hayley?-
Quest’ultima annuì prima di sedersi sul tavolo, le gambe magre ciondolavano come pendoli. La sorella rise posando il cartone sul tavolo.
-Lui chi è?-
Hayley si guardò intorno.
-Cosa?-
-Oh andiamo, anche io ero così felice alla tua età quando uscivo con un ragazzo.-
La vide abbassare lo sguardo e arrossire, sentì improvvisamente freddo e in quel momento avrebbe voluto essere nelle maniche del maglione di Luke.
-Possiamo parlare di lui con un nome in codice?-
La mora la guardò sorpresa poi annuì sconcertata.
-Chiamiamolo Frank.-
Disse Hayley.
-Frank?
-si,- rise sicura – Frank.-
Evie le fece segno di parlare.
-Ecco lui è, complicato. Un attimo prima è dolce e simpatico e quello dopo potrebbe sfondare un muro con un pugno.-
Fece una pausa prendendo un respiro in più che non serviva.
-Non so cosa voglia da me.-
Concluse.
Evie riprese il cartone in mano iniziando a giocare con l’apertura frastagliata.
-Su di lui non posso dirti niente, ma su di te si.-
La bionda strizzò le palpebre cercando di seguire il discorso.
-Tu cosa vuoi da lui?-
La ragazza scosse la testa non capendo, la sorella sbuffò appena, gesticolando.
-Intendo, tu mi hai detto che non sai cosa vuole da te. Ma tu? Cosa vuoi da lui?-
Hayley rimase in silenzio. Le ragazze come lei non pensano a quelle cose. Non pensano in quel modo.
Anche se lei in quel periodo ci aveva pensato molto a come si sentiva, a cosa portava quando Luke la toccava. Quando la baciava.
Al mare in quale la faceva nuotare , quasi affogandola.
Lei lo sapeva cosa provava, e quel sentimento si avvicinava quasi alla paura.
Lui l’avrebbe uccisa.
Se fosse stato un fulmine l’avrebbe fulminata.
So fosse stato acqua l’avrebbe affogata.
Se fosse stato aria l’avrebbe soffocata.
In ogni caso lei non faceva una belle fine. Ma voleva arrivare al traguardo, osservare fino a che punto si sarebbe spinto Luke con lei. Perché alla fine ognuno giocava ad un gioco.
Il proprio gioco, le proprie regole.
Tra di loro erano disconnessi.
Ad un certo punto si sarebbero incontrati. Come due linee rette che, ad un certo punto, avrebbero cambiato rotta, scontrandosi in una guerra.
Hayley non rispose.
 
---
 
Si portò una mano sul retro del collo quando se lo sentì bruciare.
-Perché?-
Chiese al moro dopo aver realizzato che era stato la sua mano a colpirlo.
-Prima o poi farai una cazzata no?-
Il biondo scosse le spalle alzando le mani. Si sistemò meglio sul muretto portandosi alle labbra la sigaretta già consumata. Il fumo gli finì davanti agli occhi dandogli una vista pacata, Calum si portò le mani nelle tasche dei pantaloni.
-Vuoi ancora portarla allo Yell?
Luke alzò lo sguardo.
-Non lo so.-
Calum sorrise.
-Quindi ti importa.-
Luke perse il filo-
-Di cosa?-
-Di lei.-
 
Spazio ‘’autrice’’
Cari lettori e lettrici scusatemi per il ritardo ma in questi giorni non so dove sbattere la testa, lo so che vi chiedo molte cose, ma a questa ci tengo davvero tanto, mi piacerebbe vedere questa storia nelle 40 più popolari, siamo a 515 visualizzazioni, quindi vi chiedo se per favore potete aggiungere questa storia ai preferiti, ve ne sarei moltissimo grata.
Oggi cercherò di pubblicare pi capitoli, mi scuso ancora per l’assenza e vi lascio con le mie frasi preferite di questo capitolo:
|Perché alla fine ognuno giocava ad un gioco.
Il proprio gioco, le proprie regole.
Tra di loro erano disconessi.|
 
|Se fosse stato un fulmine l’avrebbe fulminata.
So fosse stato acqua l’avrebbe affogata.
Se fosse stato aria l’avrebbe soffocata.|
 
|E solo quando uscì dalla finestra che sentì il bisogno di rientrare si accorse che Hayley era tutto quello di cui aveva bisogno in quel momento.|
 
|-Ti farò entrare nel lato selvaggio.-|
 
|-Ti farò diventare insana.-|
 
|-E se dovessi lasciarti senza fiato, non importa, perché tanto non c’è niente da dire. Il silenzio a volte guida la nostra mente.|
|-Mi piacciono i tuoi baci da quattordicenne.-|
| -Vuoi ancora portarla allo Yell?
Luke alzò lo sguardo.
-Non lo so.-
Calum sorrise.
-Quindi ti importa.-
Luke perse il filo-
-Di cosa?-
-Di lei.-|

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Capitolo 18
*** Super-I ***


Super-I
Scese dalla moto strofinando a terra i pesanti anfibi neri. La notte li inghiottiva con gioia, mentre le loro menti erano offuscate dalla musica. Il moro sorrise quando vide le luci colorate perforare le finestre del capannone.
-Allora? Niente male, vero?-
Il moro annuì verso l’amico. Era la prima volta che vedeva un posto così, vissuto.
-Cos’è?-
Luke rise facendo dei passi verso i rumori, sembrava attratto da essi. Camminava spedito verso quel posto, si vedeva da lontano che portava solo guai, le loro anime si erano sporcate anche solo guardandolo. La musica gli macchiava il sangue come una malattia.
Calum lo seguì con lo sguardo e, quando lo vide fare una giravolta su se stesso a tempo di musica, non poté che ridere.
Non poté non pensare a quanto Luke fosse bravo in quel genere di cose.
Convincere, persuadere.
Lui comandava e gli altri obbedivano, ecco perché il moro era li.
Ma non gli dispiaceva, il contrario, quando vide una mora appoggiata al muro di alluminio de capannone sorridergli, pensò che avesse fatto la scelta migliore.
-Questo, Cal, è lo Yell.-
Il moro continuò a guardare la ragazza passandosi la lingua sul labbro inferiore.
-Cos’è’-
Chiese poco attento. Luke lo prese per il colletto della camicia.
-Lo Yell è il gioco dove tutti vincono e uno solo perde.- rise – dove tutti perdono e uno solo vince.-
Calum si scostò.
-E’ un gioco? Una gara?-
Il biondo gli sorrise.
-Capirai presto.-
Il ragazzo ambrato annuì, prima di posare di nuovo lo sguardo sulla ragazza appoggiata al muro.
-Calum?-
Lo richiamò il biondo con un ghigno divertito scolpito sul viso.
-Benvenuto nel mio mondo.-
Girò il viso quando Luke gli tirò una gomitata. Gli sorrideva mentre con una mano giocava con una penna. Ogni tanto gli capitava di pensare a quelle cose, di pensare a come era finito li, con Luke.
Calum gli sorrise a sua volta, era strano, di solito non lo facevano mai.
Osservava quel tubicino di plastica passargli per le dita lunghe, il professore si voltò di spalle verso la lavagna, e lui non perse tempo a far guizzare i suoi occhi chiari verso la finestra.
A Baltimora la primavera era alle porte, e scalciava per uscire da quella stanza fredda. In quella stagione dove tutto sbocciava e fioriva, Luke appassiva, come una rosa ormai secca. Non aveva mai capito perché, ma lui sentiva la vita nelle vene solo in inverno, quando il ghiaccio gli intorpidiva tutti i muscoli. Anche se odiava la pioggia gli piaceva cosa essa portava.
Si girò verso Calum e iniziò a distrarlo, facendo gesti strani con la biro.
-Lei ce l’ha un Super-Io?-
Il biondo alzò lo sguardo confuso. Si indicò con l’indice, perplesso.
-Io?-
-Si,- sorrise il professore sedendosi goffamente sulla sedia rossa – lei.-
Luke si guardò intorno.
-Non lo so.-
-Sta facendo quello che vorrebbe fare in questo momento? Mr. Hemmings?-
-Assolutamente, no.-
-Allora ha un buon Super-Io, fortunato lei.-
Una mano si alzò dalle prime file, interrompendo il dialogo.
-Io non ho ancora capito cos’è.-
Il professore alzò gli occhi al cielo passandosi una mano tra la barba bianca.
-E’ nella nostra mente, e ci controlla. Contiene tutte le regole che abbiamo imparato nella nostra vita. Vi manda dei segnali quando state facendo qualcosa di sbagliato.-
-Come un Grillo Parlante?-
Chiese una ragazza della terza fila.
-E’ un po’ più complicato ma, si, il concetto è quello. C’è chi ce l’ha più sviluppato e chi di meno, ad esempio chi uccide: sa che è sbagliato ma lo fa lo stesso. Quelle persone hanno un Super-Io debole.-
Luke scosse la testa indifferente, la psicologia non faceva per lui. Tutto quell’ignoto non gli piaceva, lui amava le cose certe. Come la matematica, in quella era davvero bravo. Una dote naturale verso il fisso, il certo. Qualunque materia avesse una formula o una teoria lui l’amava.
Quando decise che si era annoiato abbastanza, chiese al prof di andare in bagno e, appena chiuse la porta dell'aula troppo vecchia per ospitare così tanti giovani, prese il telefono.
 
A: Hayley  9:08 a.m.
Troviamoci ai bagni al secondo piano, voglio vederti.
 
Sorrise portandosi una mano tra i capelli corti.
 
---
 
Strinse l’orlo del maglione colorato mentre faceva scivolare il telefono nella tasca dei jeans attillati.
Lo guardò da lontano, si stava stuzzicando il labbro inferiore con i denti mentre faceva vagare lo sguardo per i corridoi. Strinse più forte il cotone quando si accorse che stava cercando lei.
I loro occhi si incrociavano e lui fece segno con la mano di avvicinarsi. Rise quando la vide avanzare a passi incerti, aveva ancora paura di lui ma non gli dispiaceva più di tanto.
-E’ successo qualcosa che mi hai detto di venire?-
Chiese Hayley guardando in basso.
-Si, ho una missione da compiere.-
Lei alzò gli occhi chiari corrugando la fronte.
-Cosa?-
Lo vide ridere leggermente prima di tenere le braccia verso di lei e portarla contro il suo petto.
-Voglio far crollare il tuo Super-Io.-
-A te non piace la psicologia.-
Commentò la ragazza con il fiato mozzato.
-E a te no te ne deve importare, ora.-
La attirò a se per poi far scontrare le loro labbra, ora quel freddo Hayley non lo sentiva più. Luke era come il suo maglione preferito, pieno di difetti ma sempre il migliore per lei, per il suo fisico.
Dopo qualche secondo di ansimi e contatti frenetici la ragazza si fede sa parte. Aveva ancora gli occhi chiusi.
-Non è così che farai cedere il mio Super-Io.-
Disse sorridendo.
-Ah no? E cosa dovrei fare, ti ascolto.-
Chiese lui ammiccando. Gli piaceva questo gioco.
-Canta.- ordinò dolcemente la voce di Hayley –Per me.-
Luke la guardò, e forse schiuse le labbra solo perché l’azzurro nei suoi occhi era più limpido o forse perché lo stringeva più forte a se, quella mattina.
-I'm gonna pick up the pieces, and build a Lego House. When things go wrong we can knock it down.-
Hayley chiuse gli occhi appoggiando la fronte al petto del ragazzo, gli piaceva ascoltare la sua voce. Era roca al punto giusto e solleticava l’udito con dolcezza e fermezza, allo stesso tempo. Le note gli danzavano in bocca mentre cercava di ricordarsi le parole di una canzone non troppo vecchia.
-My three words have two meanings,
there's one thing on my mind.
It's all for you. And it's dark in a cold December, but I've got ya to keep me warm. And if you're broke I'll mend ya and keep you sheltered from the storm that's raging on.-
Luke chiuse le labbra stringendo più forte la mena sulla schiena di Hayley che subito alzò lo sguardo verso l’alto.
-Continua.- lo incitò.
Lui scosse la testa.
-Non mi piace cantare canzoni a cui non credo.-
Disse freddo.
-Fallo per me.- propose la ragazza -Io ci credo.-
Lui guardò dritto a se, nel mezzo del muro bianco. Era un suo difetto, uno dei pochi, lui credeva a poche cose e sicuramente l’amore era l’ultimo della lista. Continuò a denti stretti.
-I'm out of touch, I'm out of love. I'll pick you up when you're getting down. And of all these things I've done.-
-Luke.-
Lo chiamò Hayley, sorrise, poi tornò seria.
-Hai rotto il mio Super-Io.-
La guardò complice.
-Se è vero, perché non stai dando di matto?-
Scosse la testa avvicinandosi al labbro perforato del ragazzo.
-Lo sto facendo, in silenzio.-
Lui la spinse contro il muro opposto guardandola con fervore.
-Io però voglio farti urlare, fino a quando non mi chiederai di smettere.-
Alzò le spalle.
-Succederà quando il tuo Super-Io sarà rotto.-
Hayley andò lontano con la mente, non voleva romperlo. Non voleva urlare per le ragioni sbagliate. Voleva lottare per le sue idee, e un Luke senza controllo, senza Super-Io, l’avrebbe ostacolata.
O fermata.
O annientata.
O fatta innamorare.
 
----------------------
 
Ryan chiuse la porta pesante e si portò una mano al petto quando vide il ragazzo ambrato appoggiato alla ringhiera.
-Ti ricordi anche che faccio i pomeriggi.-
Constatò la mora, giocando con la tracolla dello zaino che le sfiorava le ginocchia concentriche.
-Già.-
Lei annuì e iniziò a camminare, quando sentì altri passi dietro ai suoi si tranquillizzò.
-Oggi pensavo al primo Yell a cui ho partecipato. Alla prima volta che ti ho vista.-
Ryan abbassò lo sguardo e quando sentì un: -Ei bellissima.- lasciare le labbra del moro non poté che sorridere.
 
Spazio ‘’autrice’’
Scusate per il ritardo, ma sono stata un po’ stanca..continuate a aggiungere la storia ai preferiti per piacere, alla prossima :)

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Capitolo 19
*** Wrong ***


Wrong.
Le dita affusolate presero, in una salda stretta, il tessuto spesso e scuro del cappuccio. Lo portarono verso l’alto prima di farlo cadere pigramente tra i capelli biondi e spettinati del ragazzo. Abbassò lo sguardo mentre guardava i cordini bianchi spostarsi a seconda del vento che tirava nel Maryland, quei cordini non si toccavano mai. Si spostavano con la stessa sincronia tutte le volte. Li prese in una mano stringendoli, li lasciò penzolare nel vuoto quando Calum lo affiancò sul muretto.
Il sole gli colpiva il viso rivolto verso l’alto. Un sorriso cercava di rimanere nascosto tra le labbra ambrate del moro.
-Cos’è successo?-
Chiese Luke spezzando un piccolo ramo che era finito sotto il suo sguardo.
-Perché?-
Il biondo odiava quando si rispondeva con un’altra domanda ma, dopo aver sbuffato, cercò di ritornare nei suoi pensieri.
-Non sorridi mai.-
Il moro aggrottò la fronte.
-Non è vero!-
Si offese ancora di più quando sentì l’amico ridere. Quest’ultimo scosse la testa facendo un cenno con la mano.
-Comunque, cos’è successo? Intendi dirmelo o…-
-Ryan mi ha perdonato.-
Luke guardò davanti a se mentre il sorriso di Calum si espandeva, tirando le labbra leggermente screpolate.
Luke non provava niente, o provava così tanto che non sapeva su cosa concentrarsi.
C’era Calum. C’era Ryan.
E c’era Hayley.
Tutte queste persone erano così diverse erano così, connesse tra di loro. Facevano tutti parte di un qualcosa di grande che Luke non riusciva più a controllare. Ma lui era come disconnesso. Da tutto. Da tutti. Era da solo circondato da persone che lo guardavano senza toccarlo.
Fu trascinato a galla dal suono della Baltimora High School, quella mattina non era entrato nell’edificio ma aveva aspettato Hayley per tutta la mattina su quel muretto. Calum scese con un balzo e si diresse verso il centro della via alberata, sapeva che Luke preferiva stare da solo con lei.
Vide i capelli biondi da lontano e sorrise solo al pensiero di averli sul petto la mattina.
Scosse la testa e smise di sorridere quando osservò gli occhi di Hayley. La cornea era rossa e le iridi azzurre erano liquide, fuse con l’espressione triste del volto della ragazza.
Le si avvicinò e posò le mani sulla spalle della ragazza. Si guardarono per qualche secondo e Luke capì, riuscì a capirlo dal bianco e il nero della matita di Hayley sbavata sopra le palpebre. Tutti i secondi e le ore ad aspettarla mentre lei era li dentro.
Il ragazzo spostò gli occhi sulla guancia bianca di Hayley, una corona di rosa più scuro riempiva gli spazi bianchi come un disegno colorato.
Gli si infuocarono gli occhi.
-Chi è stato?-
La bionda si scostò dalla presa del ragazzo iniziando a camminare verso casa. Biascicò un leggero: -A fare cosa?- prima di scuotere le spalle fingendo indifferenza.
Luke la strinse la mascella prendendola per un braccio.
-Non prendermi per il culo, dimmi chi  stato a farti del male.-
Hayley lo guardò, si vedeva che era arrabbiato. Ma lei non ci poteva fare niente, davvero.
-Non è stato nessuno, Luke.-
Il ragazzo grugnì prima di scuoterla per le spalle.
-Come fai a difendere chi ti ha fatto questo? Dimmelo!-
Subito dopo aver urlato rilassò i muscoli e chiuse gli occhi, chinò la testa per far scontrare la sua fronte con quella della ragazza davanti a lui.
-Ho bisogno di saperlo Hay.-
Sussurrò.
Lei si passò una mano sulla guancia prima di distanziarsi.
-E’ stata colpa di Crystal. Ma non era colpa sua, i lho istigata e-
-Ti dai la colpa?-
La guardò incredulo, era in quelle situazioni che i loro caratteri si distinguevano, creando i loro contrasti.
Hayley avrebbe fatto di tutto pur di non creare rabbia e violenza. Preferiva prendersela colpa piuttosto che far soffrire qualcun altro.
Luke, invece, era il contrario. Attaccava tutti e proteggeva solo le cose a cui teneva, menefreghista la maggior parte del tempo e indifferente il rimanente di esso. Per questo ci pensò bene, prima di guardare Crystal dall’altra parte del giardino della Baltimora High School. Pensò: -Hayley è qualcuno per cui lottare?-.
Decise quando strinse i pugni lungo i fianchi. Si allontanò sotto le scongiure della bionda dietro le sue spalle.
Crystal si distanziò dal gruppo di ragazze intorno a lei incrociando le braccia al petto.
Lui sapeva come si passava dal giusto allo sbagliato.   
Ma ora non gli importava, nessuno poteva toccare Hayley, a parte lui.
Prese la ragazza per un braccio prima di spingerla a terra con violenza.
-Tu.-
Sibilò indicandola, lei si alzò in un attimo e lo guardò sorpresa.
-Sei un ragazzina viziata.-
Le urlò, Hayley era corsa verso di loro e con affanno cercava di portare via Luke.
Crystal rise.
-Hai chiesto aiuto al fidanzatino? Cohen? Patetico.-
-Lasciala stare, tu ora devi parlare con me!-
Crystal si avvicinò a Luke fissandolo.
-Potevo darti tutto, sesso, droga. Quello che volevi.-
Gli sussurrò.
Lui la spinse lontano scuotendo la testa.
-Non me ne frega un cazzo di te, e a te non deve fregare un cazzo di lei. Capito?-
Hayley cercava di tirarlo verso di se sussurrandogli ogni tanto un: -Basta.-
Sapeva che stava sbagliando e lei cercava di tutto pur di farlo calmare.
-Io faccio quello che voglio.-
Sputò la bionda. Luke si accigliò.
Era consapevole di quello che stava per accadere, e non gli importava. Così, si avvicinò a Crystal alzando la mano verso l’alto. Gli occhi chiari erano diventati in pochi minuti scuri, come la notte. Come se si fosse iniettato un siero di rabbia colpì una guancia chiudendo gli occhi.
Strizzava le palpebre mentre pensava alle sensazione della sua mano contro quel lombo di pelle. Era morbido e leggero, si capiva che era fragile.
E quando aprì gli occhi e vide Hayley a terra con una mano premuta sopra la guancia, capì che l’aveva appena spezzata.
Crystal schiuse le labbra e sussurrò:
-Luke Hemmings picchia le ragazze.-
Non era la prima volta che glielo dicevano.
 
----
 
Si tolse il casco e sorrise quando il vento spostò i suoi capelli, portandoli davanti al viso ambrato.
Scese dalla moto guardando il campo intorno a lui.
-Penso che come prima cosa bisogna sapere il percorso no?-
Sorrise quando vide la mora dalle punte chiare avvicinarsi a lui. Annuì.
Prese dai manici la moro e iniziò a spingerla sulla ghiaia.
-Dovevo capirlo.-
Disse Calum, strinse la mascella, a volte la bocca funzionava per conto suo.
-Cosa?-
Le chiese prontamente Ryan tenendo il passo.
-Dovevo capirlo che facendo questa stupida gara ti avrei perso. Nella mia vita ho visto errori dall’inizio alla fine e ti ho incontrata nel mezzo.-
-C’è sempre spazio per un terreno comunque.-
Disse sarcasticamente lei, cercava di alleggerire la situazione. Si strinse nella felpa color grano prima di riposare lo sguardo sul moro.
Era fermo, serio.
-Mi dispiace. So cosa si prova a passare dal giorno alla notte e mi spiace di averlo fatto provare anche a te.-
Lei si avvicinò portandosi una ciocca di capeli dietro l’orecchio.
-Devi guardare le cose sotto una luce diversa. Ti ho conosciuto e te ne sono grata.-
Quando vivi nel buio non puoi guardare sotto una luce diversa, Ryan. E mi spiace ancora di più adesso che te lo sto facendo rifare, intendo lo Yell, tutto.-
Passarono minuti in silenzio.
Ryan poteva avere tutti i motivi del mondo per avercela con lui, lo sapeva. Ma era più forte di lei. Ci aveva provato ad allontanarsi da lui ma non ci riusciva.
Calum la strinse di più a se sbuffando leggermente.
-Cosa c’è-
Le chiese lei accarezzandogli il collo fino alla radice dei capelli.
-E’ così sbagliato che tu mi renda forte?-


Spazio ''autrice''
mancano solo 27 capitoli è la storia finisce, preparatevi perché nel prossimo si scoprirà di più su Ryan e Luke, alla prossima :))

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Capitolo 20
*** Monster ***


Monster.
Guardò l’armadietto davanti a se. Il blu, una volta compatto, ora aveva delle striature sul davanti. Era di quel colore scuro, come gli occhi di Luke. Cercava un posto dove i suoi occhi potessero calmarsi e quel blu sembrava andargli contro, istigandolo.
Si girò verso la ragazza, aveva le braccia incrociate e lo sguardo basso. Le persone gli passavano in mezzo e lui neanche se ne accorgeva. Era troppo concentrato a guardarla. Voleva farla soffrire come lei stessa aveva fatto con lui.
-Ti sei divertita?-
Chiese il ragazzo con un ghigno sul volto, lei lo guardò stranita. Si prese una ciocca di capelli rossi tra le dita mentre gli occhi color nocciola li faceva vagare tra la gente che occupava quel corridoi.
Il biondo la prese per le spalle sbattendola contro un armadietto blu, voleva farle del male.
-ti ho chiesto se ti sei divertita mentre ti fottevi quel bastardo.-
Le sibilò in un orecchio. Solo a dire quelle parole mille ricordi e emozioni crescevano dentro di lui. Una rabbia quasi malata.
-Rispondi!-
Urlò, ormai stanco.
Passò gli occhi intorno a loro mentre sentiva il respiro affannato della ragazza contro di lui.
Le persone li guardavano.
Vedeva un cerchio di persone guardarlo, e nessuno lo fermava. Qualcuno avrebbe dovuto perché lei sapeva che se avrebbe iniziato non avrebbe finito finché la rabbia non gli avrebbe lasciato le punte dei piedi.
-Perché on mi rispondi, eh?-
Strinse le labbra sentendo gli occhi bruciare, scosse le spalle prima di tirare uno schiaffo alla ragazza.
Stava meglio ma non era ancora abbastanza.
La distanziò dagli armadietti mentre la guardava premere una mano sulla guancia colpita. Stava piangendo e Luke provò solo riluttanza davanti a quella scena.
Caricò il braccio colpendola allo stomaco, il rumore che aveva fatto il dorso della sua mano contro la pelle magra della rossa lo fece sentire meglio.
Lei si accasciò a terra premendo i polpastrelli contro il pavimento a righe.
Solo a quando la sua Converse nera colpì le costole fragili della ragazza sentì qualcuno alle sue spalle.
Delle braccia gli circondarono il collo e il respiro già affannato divenne quasi flebile.
Riuscì a liberarsi e quando vide Derek dietro di lui avvicinò le mani sul volto del ragazzo per colpirlo.
Lui che le aveva portato via Charlotte. Le aveva portato via la verginità allo Yell.
E poi, come un foglio di carta, si ritrovò a terra. Con lo sguardo verso il soffitto alto. La guancia gli faceva male e sapeva che nel giro di poche ore lo zigomo sarebbe diventato viole. Il freddo del pavimento contro la sua schiena agitata era quasi un sollievo.
Quel sollievo che svanì quando le persone intorno a loro iniziarono a dire:
-Luke Hemmings picchia le ragazze.-
-Luke Hemmings picchia le ragazze.-
Ripeté Crystal guardandolo schifata.
Il ragazzo guardò Hayley a terra, aveva gli occhi appannati da un velo di delusione e tutte e due le mani contro quella maledetta guancia.
Era ritornato, il mostro, il demone, che aveva cercato di reprimere in quei due anni adesso era ritornato.
Fece dei passi indietro guardando il giardino ormai vuoto della Baltimora High School. Pieno solo di ricordi.
Ogni volta che chiudeva gli occhi sentiva le urla di Charlotte.
Si portò le mani sulle orecchie urlando dalla frustrazione.
Si stava allontanando da Hayley lui neanche se ne accorgeva. I suoi piedi bruciavano contro l’asfalto e solo quando iniziò a correre per il viale alberato si accorse di tutto.
Lui era un demone.
E i demoni non possono stare con gli angeli, il desiderio di distruzione verso essi è troppo grande e questi ultimi sono troppo fragili.
Lui non poteva stare con Hayley.
 
--------
 
Quando lo sentì ridere la ragazza si strinse nelle spalle guardandolo da lontano.
-Che c’è?-
Chiese curiosa.
Il ragazzo con la pelle ambrata guardò davanti a se, i campi intorno a loro di grano erano alti e folti. Il cielo aveva preso i toni del rosa e del viola, lasciandosi lentamente oscurare dalla notte.
Il suo viso era rilassato, gli zigomi marcati erano docili sotto quella luce. Ryan lo guardava quasi incantata.
I capelli scuri e corti si muovevano come spighe al vento.
Il rumore era solo più quello in quel luogo; spighe che sbattono tra loro senza spezzarsi.
Lui stava pensando, la guardava e ricordava come in un anno era cambiata.
Pensare a quel ricordo gli faceva quasi male.
-Calum.-
La voce di Ryan era flebile, quasi bisognosa. Non era la prima volta che usava quel tono con lui.
-Calum.-
-Calum.-
Sobbalzò quando si sentì tirare per un braccio. Guardò la ragazza davanti a lui. Aveva il mascara sbavato sulle guancie e i vestiti stropicciati.
-Calum! Aiutami!-
Lui la guardò tirare la giacca di pelle non capendo. La stanza era piena di gente e nessuno si accorse di loro.
Tranne un ragazzo.
Si faceva spazio tra la gente cercando di attraversare il nucleo concentrato di corpi tra di loro.
Ryan si fece più vicino a lui. I capelli corti e scuri della ragazza gli facevano il solletico al collo, il caschetto asimmetrico era tutto arruffato.
-Vuole farmi del male, ti prego salvami.-
Calum la strinse per un braccio portandola vicino a se mentre il ragazzo gli sorrideva.
-Hood.-
Disse quest’ultimo per salutare. Il moro lo guardò in cagnesco prima di portare gli occhi sul corpo semi-nudo di Ryan.
-Piccola, vieni, ti porto a casa.-
Disse il ragazzo dai capelli biondi verso la mora.
Calum la strinse di più a se, convinto. Ryan scosse la testa.
-Ryan,- fece una pausa passandosi una mano tra i capelli - vieni.-
Le ordinò.
-No.- sibilò.
Il ragazzo la prese per un braccio tirandola lontano da Calum. La musica era alta ma la mora urlò più forte che poté-
Calum la prese per un polso.
-Non hai sentito? Non vuole venire con te.-
Disse al biondo con aria minacciosa. Quest’ultimo lo guardò sorpresa.
Si guardarono. Calum era spontaneo. Si ricordava di lei e di quello che gli aveva detto Luke quando l’aveva avvistata, ‘’I ragazzi più grandi la fanno ubriacare alle feste.’’. quell’unica frase risuonava dentro d lui come una campana, nessuna ragazza così piccola doveva essere usata in quel modo.
-Perfetto.- disse il biondo -ci vediamo allo Yell.-
Era arrabbiato ma appena se ne andò la ragazza abbracciò Calum sussurrando un: -Grazie.-
Si staccò e con un piccolo gesto si passò le mani sulle guancie sporche, sembrava più grande di quello che era in realtà.
-Stai bene?-
Lei annuì con un piccolo sorriso e porse la mano, tesa, in avanti.
-Mi chiamo Ryan.-
Urlò lei per sovrastare la musica.
-Calum.-
Rispose il ragazzo stringendole la mano.
-A cosa stai pensando?.-
Gli chiese Ryan sorridendo, erano un po’ che non lo vedeva così tranquillo.
Il ragazzo scrollò le spalle cercando di togliersi dalla mente quel caschetto scuro. Era cambiata tanto.
Calum l’aveva resa più sicura, più audace ed estroversa.
Ma non doveva dimenticare che le aveva fatto del male.
-Alla festa di Halloween, quando ti ho conosciuta.-
La ragazza si irrigidì, pensare al suo passato non la aiutava. Per lei era un capitolo chiuso.
Calum le si avvicinò prendendo tra le dita la stoffa del suo golfino e facendolo scivolare giù per la spalla. Chiuse gli occhi quando vide la piccola cicatrice concentrica.
-Sono un mostro.-
Ryan scosse la testa tirandosi su la maglia.
Voleva dire qualcosa per cambiare argomento ma il telefono di Calum la interruppe.
Il moro prese il piccolo arnese e dopo qualche secondo iniziò a correre verso la moto, ferma a pochi metri prima di loro.
-Calum! Che succede?-
Era affannata, lui cercava velocemente le chiavi mentre imprecava. Era agitato e i suoi occhi non si fermavano un attimo.
-Luke ha perso la testa.-
Lei corrugò la fronte.

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Capitolo 21
*** King. ***


King.
Il Re camminava facendo strusciare i polpastrelli macchiati dalla rabbia contro il muretto che costeggiava la strada buia. Guardava le mani grandi con disgusto, avevano provocato dolore e piacere a tanta gente. Quelle non erano le meni di un Re. Avrebbe visto la propria corona cadere a terra fino alle mura. Tradito dal proprio demone.
Le solite bugie che gli inchiodavano la testa.
Lui era un demone. Un Re andato al potere per i motivi sbagliati. Gli stessi motivi che, dopo averlo fatto sfogare, lo avevano portato qui. Davanti alla casa da cui doveva stare lontano, il demone era prevalso, oscurandogli la vista per qualche minuto.
Lei era li, la luce gialla e cruda della sua stanza era accesa. Si sentiva un ladro, le stava rubando la cosa più preziosa che avesse: la vita.
Le dita si contorsero contro la stoffa dei pantaloni di jeans, stritolandola. La sua mente stava lentamente cadendo dentro quel giardino poco curato.
Lui guardava mentre sentiva la terra sotto i suoi piedi cedere. Le sue difese stavano cadendo, la lastra di ghiaccio, spessa come il marmo, ma adesso.
Adesso era sottile come un foglio di carta e la realtà era una biro nera. Che lo avrebbe perforato dritto nel petto, era li che gli faceva davvero male. In mezzo al petto dove tutto era immerso nelle ragnatele, non provava niente.
Però, quando vide la finestra del secondo piano aprirsi e poi richiudersi violentemente, si sentì sprofondare.
Li, se ne accorse.
Era fuori dalle valle dei Re.
Luke si avviò ansiosamente verso il balcone, come aveva fatto qualche notte prima, lo scavalcò iniziando a colpire il vetro sottile.
Le mani umide lasciavano segni precisi delle sue dita contro la superficie liscia e fredda.
-Hayley aprimi! Ti prego!-
Le urlò, dopo qualche secondo appoggiò la fronte contro il vetro. Il suo respiro gli appannava la vista ma riusciva a vedere la figura della ragazza dal fondo della stanza, era di spalle, rigida.
-Ti prego.-
Sussurrò lui, gli occhi gli pizzicavano senza sosta. Si passò veloce le mani sul viso sporco prima di colpire ancora la finestra.
Chiuse gli occhi e quando sentì dei rumori strani, la superficie sotto le sue mani si spostò. Ma lui non voleva vedere.
Non voleva vederla vestita dei suoi sbagli.
Si sentì premere le mani e trasportare lentamente nella stanza. Le scarpe a contatto con la moquette fecero un rumore ovattato, come se stesse camminando su una nuvola.
Aprì gli occhi e premette le labbra tra di loro quando vide il viso fragile di Hayley. Una guancia era più rossa dell'’altra e con calma Luke portò una mano vicino ad essa.
Erano grandi uguali.
Portò il viso vicino all’orecchio della bionda appoggiando il mento sulla fine della spalla.
-Perdonami.-
Quelle parole così normali, sussurrate da una persona come lui, sembravano così profonde.
Hayley gli prese le mani portandolo davanti al suo.
-Ho bisogno di sapere cos’è successo Luke.-
Tutti e due sapevano che le parole di Crystal erano perfide ma totalmente vere e la bionda davanti a lui aveva solo bisogno di sapere.
-Charlotte era così semplice.- sussurrò Luke quasi non volendo svegliare il suo demone - e io ero così arrabbiato quando avevo scoperto cosa mi aveva fatto.-
Hayley sorresse il suo sguardo come per dare sostegno a quel ragazzo tanto fragile.
Non aveva finito.
-Mi aveva tradito e io ho perso tutto quello in cui credevo, l’ho picchiata pensando che forse avrei calmato la mia rabbia ma non successe. Lei non fu l’ultima che tocca in quel modo.-
La ragazza rabbrividì ma si fece coraggio, non voleva farsi vedere debole in quel momento. Averlo vicino la faceva comunque sentire bene.
-E’ da un anno che,- spezzò il biondo facendo sfiorare i loro nasi -che non respiro amore.-
-Anche io, e sono stufa.-
Hayley si aggrappò alle spalle del ragazzo come se fosse una roccia, le labbra trovarono la loro strada verso le sue.
Aveva aspettato tutto il pomeriggio prima di farle sue, le strattonò leggermente il labbro inferiore mentre le passava un mano sotto la maglietta per avere un contatto diretto con lei. Picchiettò la lingua di spine, con il vertice pieno di avidità, tra le labbra di carta.
E riuscì solo a dire, tra un affanno e l’altro:
-Spezzerò il tuo cuore.-
 
-----------
 
Hayley sorrise sfoggiando alla sua compagnia di banco il risultato della sua verifica di psicologia.
-Perché non mi sorprende che tu abbia preso quel voto?-
Chiese ironica la bionda. Voleva alleggerirsi, portava dentro di se troppe bugie e segreti che avrebbe voluto dire all’amica. Ma, il problema, era che non sapeva se fosse giusto o sbagliato. I suoi giudizi erano offuscati come il cielo notturno.
In più si sentiva strana da quando aveva capito che né Calum e né Luke sarebbero venuti a scuola quella mattina. Cercava anche di fare l’indifferente davanti al rossore della guancia di Hayley.
Calum le aveva raccontato tutto riguardo il pomeriggio precedente. Sapeva del passato di Luke e voleva farsi dire alla bionda il suo ma, vedendola così sorridente mentre cercava una biro nel sottile astuccio verde, non le sembrava giusto.
Un’altra persona sarebbe stata male per colpa di Ryan e lei non voleva.
-Greeveer.-
Disse il professor David, risvegliandola dai pensieri.
Si alzò dal banco sotto lo sguardo della bionda e con riluttanza andò a prendere la verifica. Tornò su suoi passi con il foglio stretto tra i polpastrelli, quando fu abbastanza vicino al banco, lo lanciò su di esso dicendo:
-Allora quel gay lo fa di proposito!-
E dopo che sentì la porta sbattere ed Hayley alzarsi dalla sedia per poi restare a guardarla, si guardò intorno.
I suoi compagni la fissavano in silenzio, il professore non c’era e lei si accorse di aver parlato troppo forte.
 
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Hayley bussò alla porta della casa verde con ansia, aveva seguito il professore alto con gli occhiali fino a casa.
Sapeva cosa fare ma appena la porta si aprì se lo scordò, come niente.
Il professore aveva i capelli mossi che gli ricadevano sulla fronte mentre esponeva il torso nudo all’alunna.
-Salve professor David, scusi il disturbo. Volevo solo scusarmi per il comportamento di Ryan.-
L’uomo scosse la testa stirando un sorriso.
-No, non disturbi. Entra pure.-
Si fece di lato, la casa era grande e moderna. L’ansia di Hayley scendeva come il ragazzo scendeva le scale.
Aveva i capelli biondi e corti, gli occhi neri spiccavano sulla pelle quasi bianca.
-George, chi era alla porta?-
Disse il ragazzo non notando la bionda rossa in viso.
-E’ una mia alunna, la signorina Cohen.-
Il ragazzo biondo sorrise verso di li allungando la mano, il professore parlò.
-Lui è Aaron, il mio ragazzo.-
Ryan, dopo tutto, aveva ragione.
    

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Capitolo 22
*** Saw ***


 Saw.
Sorrise quando sentì la mano del biondo sul proprio petto, quella mano così esperta e morbida lo accarezzava come mai nessuno aveva fatto. George lo guardò nella penombra della sua stanza, per avere 17 anni era davvero felice. Aveva incontrato Aaron nella sua scuola e già da subito avevano instaurato un bel rapporto. E adesso, che il biondo aveva passato a baciargli il collo scoperto, si sentiva in pace. Tutto quello che aveva sempre desiderato era li, sopra di lui, ed era davvero bello.
Gli occhi neri di Aaron spiccavano nella notte, essendo più intensi di essa, e George si perdeva in essi. Come un cieco. Ritornò tra le pareti verde acqua della sua stanza quando sentì i rumore della fibbia dei suo pantaloni tintinnare. Deglutì a forza mentre cercava di ragionare lucidamente, quando abbassò lo sguardo sulla testa bionda che lavorava la sua vita, quest’ultima lo raggiunse, sfiorandogli le labbra gonfie. Il moro passò le dita tra quei capelli biondi tirandoli leggermente mentre pensava a tutti gli insulti che gli avevano tirato a scuola. Ricordi limpidi di lui steso a terra contro le mattonelle della Ridge High School gi vennero in mente, come gli venne in mente la mano di Aaron quando lo aveva aiutato a tirarsi in piedi. Ora gli insulti c’erano sempre ma con Aaron erano più facili da sopportare.
Un gemito soffocato uscì dalle sue labbra e quasi si vergognò del suono che aveva prodotto. Il letto di camera sua, adesso, sembrava troppo piccolo per tenere i loro cuori, pesanti come ancore, trapuntati di curiosità e voglia di amarsi. Così semplici, come le parole di Aaron in quel momento di follia.
-Credo di amarti, George.- aveva detto ridendo.
E lui aveva risposto baciandolo più insistentemente e sentendo il suo sorriso sulle proprie labbra.
Le mani del moro scivolarono sull’orlo della maglietta bianca del ragazzo sopra di lui,  ma si fermarono.
Quando la porta di camera sua si aprì, rivelando un padre furioso e con le lacrime agli occhi, si fermò.
Lui li aveva visti.
Posò a tazza azzurra dentro al lavandino per poi aprire il getto d’acqua per riempirla. Ryan gli aveva fatto ricordare i vecchi ricordi, quelli non molto belli ma che riusciva a sopportare.
Guardava fuori dalla finestra della cucina la piccola Hayley che usciva dal vialetto di casa David. Due mani lo cinsero da dietro e sorrise quando sentì la testa del suo ragazzo appoggiata sulla spalla.
-E’ stata gentile a venire qui.-
Disse il biondo riferendosi alla ragazza che ormai aveva raggiunto il ciglio sella strada. George annuì passandosi una mano tra i capelli scuri e disordinati.
-Cosa c’è che non va?-
Chiese ancora Aaron vedendo i movimenti tesi di George. Quest’ultimo prese la tazza e, dopo aver insaponato la spugna metà verde e metà gialla, iniziò a pulirla. La spugna gli accarezzava le dita e scosse la testa quando il ragazzo dietro di lui gli richiese la stessa cosa.
-Io la vedo sempre con un ragazzo di quinta.-
Rispose a bassa voce, il biondo si scostò da lui mettendosi di fianco al lavello di metallo. Con un gesto lo incitò a parlare.
-E, non lo so, questo ragazzo gli anni scorsi è stato sospeso perché picchiava le ragazze. Ho solo paura per lei, è una brava ragazza.-
-Wow.-
Rispose Aaron strabuzzando gli occhi.
-Già, che mi consigli di fare?-
Chiese George, restando concentrato sulla tazza color pastello.
-Abbiamo studiato tutti e due Psicologia, se lui le fa del male sappiamo entrambi la sindrome.-
Disse il biondo tornando in posizione eretta.
L’altro ragazzo scosse la testa.
-E’ troppo piccola per la Sindrome di Stoccolma.-
-Non si sa mai, ti consiglio di parlarne in classe.-
George annuì mentre guardava il ragazzo uscire dalla stanza.
 
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Hayley si guardava intorno, in quella strada c’era già stata, nel sedile posteriore della moto di Luke. Si ricordava ancora della sensazione del vento tra i capelli lunghi.
I suoi occhi si oscuravano quando pensò alla mano di Luke sulla propria guancia, non voleva perdonarlo, ma quando lo aveva visto in camera sua. Con quegli occhi azzurri, non aveva retto.
Si fermò di scatto quando sentì una voce chiamarla dall’altra parte della strada.
Un ragazzo alto tendeva la mano in aria cercando di farsi notare, la maglia rossa gli fasciava il busto magro. Hayley si irrigidì, il moro era di fianco al cartello bianco e nero ‘APERTO’ e sorrideva.
“Se ti vedo ancora una volta con lui, lo ammazzo .”
Le parole di Luke le tormentavano la testa ma, nonostante esse, scese dal marciapiede andando verso il ragazzo sorridente.
-Ciao Ashton.-
Disse lei, Luke non era con lei, e se non l’avrebbe vista non avrebbe detto niente. Non poteva sempre avere un controllo su di lei.
-Hayley, mi stai ascoltando?-
La ragazza scosse la testa imbarazzata.
-Dicevo, se qualche volta volevi uscire con me.-
Chiese lui porgendole un bigliettino con dei numeri sopra, lei sorrise mentre sentiva le guancie diventare più rosse. Se lo mise in tasca.
-Come mai non c’è Luke con te?-
Hayley alzò le spalle.
-Strano.-
Biascicò il ragazzo prima di darle le spalle e avvicinarsi al distributore.
-Perché?-
Chiese lei curiosa. Il moro stette in silenzio per qualche secondo poi schiuse le labbra.
-Di solito non lascia mai le sue ragazze sole, nemmeno per un secondo.-
Concluse la frase con una risata nervosa. La bionda si passò una mano tra i capelli non capendo.
-Come fai a saperlo?-
Ashton la guardò stranito.
-Lui non te l’ha detto?-
-Cosa?-
-Lo conoscevo.-
Il moro guardò davanti a se, pensando ai vecchi tempi. Hayley aveva gli occhi sbarrati e il ragazzo se ne accorse.
-Vivevamo tutti e due in Australia. Era molto diverso una volta.-
Hayley si mise una mano davanti alla bocca. Mille domande si formarono dentro di lei: Luke era Australiano? Conosceva Ashton? Quante altre cose non le aveva detto?
-In che senso?-
Riuscì solo a dire la ragazza senza fiato.
-Da quando è morto suo fratello non è più lo stesso, era il mio migliore amico ma dopo l’incidente non mi ha più parlato.-
Hayley chiuse gli occhi, ora ne era certa, Luke le aveva nascosto praticamente tutto.
 
-----
 
Le forchette d’argento battevano contro la ceramica, Hayley guardava i suo cibo mentre sentiva le voci di sua madre e sua sorella parlare. Era la prima volta dopo mesi che facevano una cena tutte insieme ma lei era troppo impegnata a pensare a lui. A Luke, al suo passato e a quello che nascondeva.       Ora per lei era diventato ancora più misterioso e irraggiungibile mentalmente, quando sua madre disse:
-Vostro padre oggi ha chiamato.-
Hayley alzò la testa per poi guardare la madre mentre sentiva il bicchiere di Evie sbattere contro il tavolo.
-Cosa voleva quello stronzo?-
Disse quest’ultima ghignando.
-Evie, è sempre tuo padre.-
La riprese la madre.
-Come fai a chiamare padre un uomo che ci ha abbandonate appena ne ha avuto l’occasione?-
-Basta.-
Disse la donna guardando in cagnesco la figlia più grande che sbuffò  incrociando le braccia al petto.
-Comunque,- iniziò la madre – ha detto che per le vacanze di pasqua starete da lui.-
-Se lo può scordare.-
Disse la mora facendo strusciare le gambe della sedia contro il pavimento. La donna appoggiò i gomiti contro il tavolo mentre si passava le mani contro il viso stanco.
-Hayley.-
La ragazza aprì le palpebre guardando la madre, la stanchezza la stava mangiando dall’interno.
-Tu ci andrai vero? L’aria dell’Inghilterra potrebbe farti bene.-
La bionda la guardò e in silenzio si alzò dalla tavola piena di odio e rancore.
Andò fino in camera sua e quando chiuse la porta e guardò verso il materasso si portò una mano sul petto.
-Potresti anche usare la porta.-
Sputò verso il ragazzo che giocherellava con la collana che aveva rubato qualche settimana prima.
-Dov’eri oggi pomeriggio?-
Le chiese, lei rimase in silenzio aprendo il primo cassetto del suo armadio, non voleva guardarlo e non poteva rispondergli.
Si spaventò quando sentì dei fianchi contro i suoi spingerla da dietro facendole chiudere il cassetto. Portò le mani sul piano per reggersi mentre sentiva le dita del biondo spostarle i capelli lunghi su una palla solo per avere più pelle a disposizione per i suoi baci. Chiuse gli occhi quando le labbra di Luke la sfiorarono nel suo punto più delicato.
-Ti ho chiesto dove sei stata.-
-Non devi sapere tutto di me.-
Ringhiò la ragazza arrabbiata. Lui la prese per i fianchi girandola così da guardarla in faccia. La prese per il mento.
-Mi fai sempre incazzare. Dimmi dove sei stata, fino alla fine del mese sei ancora sotto la mia proprietà.-
-Perché dovrei? Tu non mi dici niente di te.-
Il ragazzo si accigliò, i loro nasi si sfiorarono.
-Cosa sai?-
Le chiese. Hayley chiuse gli occhi e lasciò che le parole uscissero per conto loro.
-So che conoscevi Ashton, so che vieni dall’Australia, so che…-
La ragazza si fermò non poteva farlo soffrire ancora. Si agitò quando il biondo la incominciò a strattonare per le braccia. La sbatté contro il mobile.
-Dillo, cosa sai?-
La bionda lo guardò dritto negli occhi.
-So che tuo fratello è morto. Il ragazzo della foto era lui vero?-
Luke indietreggiò velocemente a quelle parole, sentirselo dire faceva ancora male. Troppo.
Si avvicinò alla ragazza prendendola con forza prima di posarla senza cura sopra il letto, si mise sopra di lei tenendola per i polsi.
-Non devi più parlare di lui.-
Sibilò i biondo.
-Dimmelo Luke, parlamene.-
Lui scosse la testa, era arrabbiato ma anche ferito. Si abbassò con il busto per andarle più vicino.
-Non capiresti.-
-Non lo sai, questo non lo sai.-
Disse lei prima di cercare di liberarsi. Il biondo si alzò e frustato iniziò a passarsi le mani sul viso come per strapparselo. Hayley lo guardava in silenzio non capendo cosa fare.
-L’ho ucciso io.-
Sussurrò il ragazzo con le lacrime agli occhi.
-L’ho ucciso io, Hayley!-
Ripeté lasciandosi completamente andare.

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Capitolo 23
*** Stockholm Syndrome ***


Stockholm Syndrome.
Luke si accasciò a terra portandosi le ginocchia al petto, tutto intorno a lui stava come scomparendo. La voce di Hayley era diventata un sussurro mentre i suoi occhi diventavano più opachi. Stava affondando in quelle acque già esplorate, in quelle emozioni già provate e si lasciava cadere come pioggia. Leggero e invisibile.
Fece due bracciate e, dopo aver spinto con i piedi tesi, uscì con la testa dall’acqua. Rise mentre cercava di spostarsi i capelli chiari e bagnati dalla fronte. Poteva vedere la figura slanciata e abbronzata di Jeremy guardarlo dal cumolo di pietre su cui si era seduto da più di dieci minuti.
-JJ vieni, su! L’acqua è caldissima.-
Urlò il biondo in acqua agitando le braccia. Guardò il ragazzo alzarsi dalla roccia scrollando le mani in segno di pazienza, aveva sempre visto il fratello maggiore come un padre, una figura da cui prendeva spunto. Jeremy guardò la distesa del mare Australiano sotto di lui storcendo il naso.
Luke si fece forza con le braccia su una pietra per uscire dall’acqua, il costume blu era appiccicato alle sue gambe magre e le goccioline facevano chiazze  più scure sulla pietra grigia. Rise ancora facendo spuntare la fossetta sulla guancia destra.
-Non ti hanno insegnato a nuotare all’accademia?-
Chiese il piccolo con ironia, Jeremy lo fulminò con lo sguardo scuotendo la testa. L’acqua per lui era sempre stata una questione delicata, e all’accademia era un grosso problema non saper nuotare. Ma lui lo avrebbe superato prima o poi.
Si avvicinò al fratello e gli prese il labbro inferiore tra l’indice e il pollice tirandoglielo.
-Cosa stai facendo?-
Cercò di dire il biondo mentre guardava il fratello osservare il proprio labbro.
-Sai Lukey, ti starebbe bene un piercing al labbro.-
Costatò Jeremy lasciando la presa dal pezzo di pelle del fratello prima di passarsi una mano sopra il tatuaggio situato sulla spalla scoperta. Era semplice, tre letterine messe in fila. L’aveva fatto il giorno dopo che erano nate le gemelle, Luke se lo ricordava bene perché l’ho aveva accompagnato. Ricordava come quel posto puzzava di candeggina e dei mille album che aveva sfogliato mentre suo fratello parlava con il tatuatore.
Si sporse più avanti per guardarlo, stava ripassando con i polpastrelli le lettere: L, M e Z. scritte in corsivo.
Jeremy era così fiero di suo fratello più piccolo e lo sarebbe stato anche delle sue sorelle.
-Ora che vado via devi prenderti cura delle gemelle, lo farai per me?-
Il biondo annuì e il fratello gli scompigliò i capelli con il palmo della mano. Jeremy si alzò iniziando a saltellare sulle pietre.
-Che fai?-
Chiese Luke ridendo.
-Le pietre bruciano, genio.- rispose Jeremy.
Il biondo lo rincorse, il sole era troppo luminoso e lui aveva gli occhi troppo chiusi per vedere il terreno instabile sotto di lui.
Mise le mani avanti ridendo e, quando vide il corpo del fratello cadere verso l’oceano, urlò.
Due mani gli presero il viso.
-Luke.-
La voce rotta di Hayley era un sussurro nell’uragano nella sua testa.
Lei lo guardava, guardava quegli occhi fissarla con disperazione. Le aveva appena raccontato l’evento più catastrofico della sua vita. Gemette quando si sentì stringere i polsi fragili, Luke le ringhiò tra le lacrime. La strinse a se con cattiveria.
-L’ho spinto io.-
Disse. Hayley scosse la testa cercando di mantenere la calma.
-Non l’hai fatto apposta.-
Lui la strinse di più facendole male, alla ragazza piaceva quel male.  Era sempre stata nell’ombra delle altre persone ma da quando ha iniziato a uscire da esse per guardare il sole si sentiva invincibile e bisognosa del dolore delle altre persone.
Quello di Luke era il migliore, pieno d'intrighi e voglioso di più odio. Di più passione.
-Te ne andrai anche tu.-
Disse rabbioso. Hayley non capiva.
-Perché dovrei?-
-Quando finirà il mese scadrà la scommessa e tu te ne andrai.-
Sputò lui alzandosi e trascinandola dietro di se.
-No Luke, no.-
Era impazzito, i suoi demoni avevano prevalso sulla parte consapevole facendolo andare fuori di testa. I suoi occhi erano sempre più scuri mentre la bionda cercava di liberarsi.
-Non me ne andrò Luke, prometto.-
-Non promettere.-
Sussurrò lui. Gli occhi di Hayley pizzicavano, lo stomaco si chiuse e il senso di nausea aumentò. Le dava fastidio quella sua caratteristica.
Il suo diaframma si schiacciò su se stesso facendola piegare in avanti. Cercò di alzarsi e velocemente portò le mani ai lati del viso di Luke. Si avvicinò a lui vogliosa di riaverlo in quella stanza.
Mentre le loro bocche si scontravano tra di loro con disperazione Hayley, riusciva solo a pensare alle parole di Luke, che la tormentavano giorno e notte, da giorni.
Io ti spezzerò il cuore.”
Ma non voleva ascoltarlo, avrebbe sofferto, non le importava in quel momento. Non gli importava mentre sentiva la lingua di Luke accarezzarle il palato.
Quando il ragazzo le accarezzò il collo con dita inferme, sapeva che gli occhi neri erano tornati di un azzurro chiaro, e li se ne accorse. Lui era tornato.
 
---------------------
 
Ryan le passò una mano sulla schiena prima di aprire il libro di Psicologia. Non aveva detto niente. Hayley se ne accorse, e dopo averle raccontato la storia di Luke, lei era stata zitta.
Credeva che parlandone con lei si sarebbe sfogata e invece si sentiva ancora più pesante.
-Oggi parleremo della Sindrome di Stoccolma.-
Il silenzio calò sopra la classe come un velo di tristezza. Quel giorno Hayley vedeva i colori più scuri, l’azzurro era stato sostituito dal grigio e il castano dei capelli del professor David da un nero spento.
-Con l’espressione Sindrome di Stoccolma s'identifica uno stato psicologico particolare che si manifesta in seguito ad un episodio estremamente violento o traumatico, ad esempio un sequestro di persona o un abuso ripetuto.-
Il professore giocherellava con il gessetto spezzato. Guardava gli alunni in faccia uno per uno. Voleva vedere i loro occhi, la loro espressione, soprattutto quella di Hayley lo incuriosì.
Era come assente, c’era ma no c’era, o avrebbe voluto essere da qualche altra parte.
-Non è quando la vittima s'innamora?-
Chiese una voce maschile dalle prime file. Il professore i girò verso alla lavagna scrivendo, in un corsivo perfetto “Sindrome di Stoccolma.”
-Il soggetto affetto da sindrome di Stoccolma durante l’abuso o la prigionia, prova un sentimento positivo, fino all’amore, nei confronti del proprio aguzzino. Si crea una sorta di alleanza e solidarietà tra la vittima e il carnefice.-
Una voce protestò in quel silenzio.
La bionda alzò la testa dal banco come se l’avessero chiamata, d’un tratto la guancia colpita da Luke aveva iniziato a farle di nuovo male. Corrugò la fronte, per la prima volta Hayley pensò di essere pazza.-
 
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George spalancò la porta di casa e alzò le mani al cielo.
-Aaron, ho avuto un’idea.-
Il ragazzo biondo tolse la mano dal pacchetto di patatine girandosi verso il suo ragazzo.
-Parlarne in classe non ha funzionato?-
-Esatto, ma- iniziò a dire il moro togliendogli il pacchetto di patatine dalle mani- ho pensato di far venire uno psicologo per fargli fare una seduta a testa.-
George sembrava entusiasta mentre Aaron lo guardava con occhi neutri, voleva di nuovo le sue patatine. Cercò di allungare un braccio verso di esse ma il moro fece un passo indietro.
-Se vuoi le tue patatine tutte intere dei farmi un favore.-
Il biondo scosse la testa.
-Te lo scordi che vengo io a fare le sedute.-
George fece una smorfia, era come se riuscisse a leggerlo nel pensiero. Delle volte era quasi sconcertante.
-Fallo in nome della Psicologia.-
Lo pregò il moro lanciando il pacchetto rumoroso sul tavolo di legno rotondo che occupava gran parte del salone.
Il biondo storse la testa da un lato mentre osservava il sorriso di George crescere sempre di più.
-Tanto lo so che lo farai.-
Disse quest’ultimo con voce allegra e squillante. Aaron lo guardò andare via mentre si portava alle labbra sorridenti una patatina giallastra.
Si conoscevano troppo bene a vicenda, e il biondo sapeva che George avrebbe rischiato il Burnout. Non sarebbe stata la prima volta.
 
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Hayley tornò a casa, sentiva sua sorella piangere dal piano inferiore. Evie si affezionava troppo alla gente e diceva da un po’ di giorni alla sorella che avrebbe voluto diventare menefreghista e insensibile.
Ma lei non sapeva cosa voleva dire stare dall’altra parte.
Dalla parte di Hayley.
Stare dalla parte delle persone insensibili e senza emozioni, ci aveva messo un po’ ad ammetterlo ma la verità era quella. Era frustante sentire la sorella piangere. Sentire che provava sentimenti, che provava a vivere invece di sopravvivere. Ti uccide dentro non provava niente.
A volte era bello perché pensava che se tanto era da sola non avrebbe deluso nessuno ma dopo pensava alle persone come Evie. Che farebbero di tutto per le altre persone o per un ragazzo. Hayley non sapeva se ce l’avrebbe fatta. Se avrebbe resistito al sentimento che le iniettava Luke.
Lei non sentiva niente, era un corpo senza emozioni.
Ma nonostante questo continuava a immaginare un futuro oscuro con Luke.
E non sapeva che dall’altra parte di Baltimora il ragazzo pensava alla stessa cosa, accecato dalla paura e pieno d'illusioni.
Perché, lo sanno tutti, le persone come loro vivevano d'immaginazione e speranze.
 

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Capitolo 24
*** Heartless ***


Heartless
Si faceva scivolare i capelli biondi davanti al viso mentre aspettava in fila davanti alla porta del ripostiglio. Una sua compagna era uscita e solo in quel momento si accorse che dopo sarebbe toccato a lei. Parlare non era un problema ma era il cosa che la spaventava.
Sorrise all’immagine del Professor David, era così eccitato per questo progetto.
Prese tra l’indice e il pollice una ciocca di capelli lunghi iniziando a giocarci distrattamente. Sentì il cuore salire in gola.
Si guardò intorno, il rumore del suo cuore che sbatteva contro la gabbia toracica la distraeva.
Silenzio.
Gli occhi guizzarono da una parte del corridoio all’altra. Due Converse nere si distinguevano dal pavimento a macchie.
Un altro battito.
Il tonfo che risuonava nelle sue orecchie le fece strizzare un occhio, infastidita. Percorse tutto il corpo del ragazzo appoggiato al muro più distante del corridoio luminoso.
Silenzio.
Luke tendeva le labbra in un pigro sorriso.
Gli occhi chiari la stavano guardando.
Un altro battito.
Hayley fece per andargli incontro ma il ragazzo si portò subito davanti alla bocca l’indice teso.
Sfiorandosi il labbro si accorse che non era più screpolato. La ragazza annuì prima di essere spinta dentro il ripostiglio da un suo compagno.
Per essere un posto così piccolo era davvero luminoso, una finestra illuminava tutta la stanza. Riempita principalmente da un grande tavolo e da vari scaffali. Un ragazzo le dava le spalle mentre aveva la testa china su un fascicolo di fogli.
-Come ti chiami?-
Hayley sussultò per la voce squillante e strinse gli occhi cercando di ricordare dove l’aveva già sentita.
-Hayley, Hayley Cohen.-
Il ragazzo si girò verso la bionda con un sorriso espansivo.
-Sei la ragazza che è venuta a casa mia.-
-Esattamente.-
Rispose flebilmente dopo essersi seduta sulla sedia dall’altra parte del tavolo.
-Allora,- disse Aaron prendendo una biro e un foglio – raccontami di te.-
Hayley rimase in silenzio, osservava il ragazzo biondo guardare il foglio giallo a righe senza alzare il capo.
-Sono dell'’Inghilterra. Io, mia madre e mia sorella ci siamo trasferite qua dopo il divorzio. Mio padre abita ancora la.-
Aaron annuì segnando le cose sul foglio.
-C’è qualcosa che ti preoccupa?-
Chiese guardando ancora il foglio, sembrava che avesse paura di guardare Hayley. Lei rimase ancora in silenzio, c’erano tante cose che la preoccupavano, ma non voleva raccontarle ad un estraneo.
-Le cose che mi dirai non usciranno da questa stanza.-
Disse, come se le leggesse la mente.
Falso.
Lei annuì più convinta infilando le mani tra le gambe e la sedia.
-Ho conosciuto un ragazzo, cioè, lui ha voluto conoscere me.-
Iniziò la ragazza, Aaron alzò lo sguardo per la prima volta. Posò il blocco di fogli sul tavolo mentre passava lo sguardo sul corpo di Hayley. Esso gridava insicurezza da tutte le ossa.
-Lui, è brusco con me ma a volte sembra che gli piaccio.-
Si passò una mano tra i capelli.
-In che senso, brusco?-
Lei serrò le labbra.
-Ti picchia?-
-No, No.-
Rispose Hayley agitando una mano verso l’alto. Non la picchiava o, almeno, non apposta. Lei lo sapeva.
-E allora, cos’è che ti turba?-
Guardò il biondo, gli occhi erano esattamente come se li ricordava. Neri.
-Ho paura.-
Disse lei respirando pesantemente. Il ragazzo si alzò.
-Paura di cosa?-
-Che lui stia solo giocando.-
 
----------------------
 
Si chiuse la porta alle spalle mentre cercava Luke con lo sguardo. I suoi compagni erano ancora in fila. Era uscita da quella stanza più leggera, con Aaron aveva parlato di tutto. Di come l’indifferenza di sua madre la faceva soffrire, di come la mancanza di un padre non la toccasse minimamente. Di cosa provava quando stava con il ragazzo senza cuore dall’altra parte del corridoio.
Si avvicinò a lui sapendo che i suoi compagni la stavano guardando. Quando fu a una distanza minima, portò le mani in alto, verso il viso di Luke. Finì in punta di piedi prima di premere le labbra sopra quelle di Luke che subito approfondì il contatto.
Dopo qualche secondo la per i fianchi stringendola  sotto le sue dita.
-Come mai questo caloroso buongiorno?-
Chiese il ragazzo avanzando il viso di nuovo davanti a quello della ragazza. Lei gli sfiorò il labbro inferiore, rabbrividendo nel sentire il ferro del piercing nero.
-Mi piaci.-
Sbuffò la bionda. Era tranquilla, voleva dirlo già da qualche tempo.
Non sapeva perché ma le piaceva il modo in cui le parlava, la gelosia, l’arroganza. Lei osservava e le piaceva il cambiamento repentino dell'umore di Luke.
-Non hai paura di me?-
Lei scosse la testa convinta mentre il biondo iniziò a trascinarla per i corridoi. Si bloccò quando iniziarono a prendere le scale.
-Ho lezione Luke.-
-Oh fidati,- le sussurrò ad un centimetro di distanza – quello che voglio fare io è molto meglio di una lezione su Pitagora.-
Hayley vide gli occhi del ragazzo accendersi come fiammiferi.
I loro passi riecheggiavano per i corridoi degli spogliatoi. Luke rise prima di chiudere la porta vicino al bagno dei maschi dietro il corpo di Hayley.
Si avventò sulle sue labbra con foga, la parte ragionevole della ragazza voleva fermarsi ma lui era li. Con il corpo premuto sul suo mentre bramava le sue labbra. Hayley gli mise le mani sul petto staccandolo visto che lei aveva indietreggiato fino al muro di mattonelle lucide.
-Se ci beccano siamo nei casini.-
Biasciò lei. Appoggiò la testa contro il muro dietro di lei quando Luke passò a baciarle il collo teso e pieno di vita.
-Non mi importa.-
Rispose lui prendendola di peso e portandola su un materassino dietro di loro.
Teneva i gomiti ai lati del viso di Hayley per cercare di pesarle di meno. Lei aveva le mani infilate fra i capelli corti e biondi di Luke. Li tirava quando sentiva le labbra di quest’ultimo passarle sul collo, sotto l’orecchio.
Lui le rise sulla pelle lattea prima di mordicchiarla lentamente. Lo avrebbe fatto per giorni, notti intere. Il desiderio lo ardeva nel profondo e, quando Hayley sentì l’erezione di Luke sfiorargli la coscia, se ne accorse anche lei.
-Fammi vedere cosa sai fare con quelle mani, bambina.-
------------------------------------------------
Calum la bocca e prese Ryan per un braccio.
-Non puoi!-
Le disse stringendola. Il corridoio del secondo piano era deserto.
-Voglio Calum, devo dirglielo.-
Rispose lei decisa, era stanca, stanca di dire bugie. Hayley doveva sapere.
-No, non adesso, non adesso che- si bloccò scuotendo la testa.
Ryan si accigliò tenendo un tono basso e dolce.
-Non adesso che..-
Lo incitò. Lui aprì gli occhi sospirando nervosamente.
-Non adesso che lui è di nuovo felice, è da quasi un mese che non tocca una canna.-
La mora guardò gli armadietti.
-Io avrei voluto qualcuno che mi facesse sapere cos’era lo Yell. Ed Hayley ha questa opportunità.-
Calum scosse la testa.
Devi aspettare, Luke vuole dirglielo e non vuole neanche più portarla forse.-
Ryan si distanziò.
Era scioccata, aveva sentito le parole di Calum. Forti e nitide.
Si scambiarono uno sguardo d’intesa.
-Non la vuole portare perc-
-Perché si,- disse il moro quasi in imbarazzo – forse Luke Hemmings si sta innamorando.-

spazio ''autrice''
scusate gli errori ma il computer mi ha dato dei problemi in questi giorni. Anche se in ritardo: BUON ANNIVERSARIO ONE DIRECTION. 

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Capitolo 25
*** Ashen ***


Ashen.
-Tu non ne hai idea!-
Disse ad alta voce Aaron lasciando cadere il fascicolo giallo sul tavolo marrone. La luce era forte segno che non erano ancora scoccate le due del pomeriggio. Era uscito di scuola in fretta ed era subito tornato a casa. Sapeva di sbagliare dicendo quelle cose a George ma non poteva tenersele per se. Preferiva sentirsi un bugiardo che prendersi le colpe per un male che sarebbe accaduto da lì a poco tempo.
-Non hai idea di cosa ha passato quella ragazza, George.-
Continuò incrociando le braccia al petto, il moro lo guardò per poi abbassare lo sguardo sulle sue mani.
-Cos’hai scoperto?-
Chiese titubante.
-Allora,- disse il biondo prendendo un respiro – pensa che tutti la vogliono lasciare così si aggrappa a questo ragazzo. La madre non è presente nella sua vita, il padre è in Inghilterra e in più tutti i compagni la prendono per il culo. In più ho notato che-
Si fermò un secondo passandosi una mano tra i capelli, abbassò la voce.
-Ho visto che aveva un livido sulla guancia e segni sul collo, lei dice che lui non le fa del male ma, non so cosa pensare. Ah e il ragazzo è maggiorenne.-
George si alzò dalla sedia guardando il giardino attraverso la finestra della cucina. A Baltimora era sbocciata la primavera e Marzo era alle porte, per le strade si potevano già notare i pelucchi di polline bianche che volteggiavano tra le correnti d’aria leggere. Quella luce dava un colore più caldo alla casa, schiarendo la tappezzeria e facendola quasi diventare bianca.
Sospirò.
-Quindi quello che prova per lui è?-
Il biondo scosse la testa ancora.
-Malato, perverso, insano e illegale.-
Il moro annuì. L’ultima cosa lo preoccupava più di tutte.
-Lui sembra quasi che soffra della Sindrome di Otello.-
Aaron annuì alzando una mano verso il soffitto.
-Aggressivo, violento, geloso, depresso. Soffre anche di Sindrome di abbandono.-
George sospirò frustrato iniziando a giocare con l’angolo dl fascicolo ancora appoggiato sul tavolo.
-Quella ragazza finirà davvero male.-
 
------------------------
 
Un gemito più forte uscì dalle labbra di Luke quando la mani di Hayley gli sfiorò i boxer scuri.
Chiuse gli occhi tirandola di più verso di se contro il materassino blu della palestra.
Lui fece sprofondare la testa in esso quando, per sbaglio, la ragazza gli sfiorò l’erezione bisognosa che spingeva da sotto la toppa dei jeans scuri. Lei si aggrappò al suo petto chiudendo gli occhi quando il suo basso ventre sfiorò quello di Luke, lentamente portò le labbra sul collo del ragazzo.
Egli si irrigidì fermandola per le braccia.
-Non farlo.-
Disse lui duro respirando dal naso.
-Cosa?-
Chiese lei innocentemente prima di portarsi una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio.
-Non baciarmi il collo.-
Iniziò lui portando il viso davanti a quello di Hayley – mi fa eccitare.-
La ragazza sentì le guancie andare a fuoco mentre le labbra di Luke riempirono le sue in un bacio passionale.
-Oggi vieni a casa mia.-
La bionda sentì quella parole e subito spalancò gli occhi, non era una richiesta. Era un ordine.
Passò una mano tra i capelli umidi di Luke prima di guardare la sua fronte lucida, premette le labbra contro di essa prima di annuire. Il biondo sorrise e la fossetta sulla sua guancia non tardò ad arrivare.
Hayley fece arrivare le sue labbra contro il collo di Luke, sfiorandoglielo.
In pochi secondi si ritrovò con la schiena contro il materassino e i polsi intrappolati sotto le mani grandi del ragazzo.
-Se non vuoi che ti fotta su questo materassino, ti conviene fare la brava.-
Ringhiò contro le labbra di Hayley prima di prenderle il labbro inferiore tra i denti.
-Capito bambina?-
Lei annuì e si avvicinò di nuovo alle sue labbra. La campanella fece scattare entrambi i ragazzi e uscirono in fretta dalla scuola piena di persone. Quelle persone che ora non contavano più nulla.
La bionda si avvicinò a Ryan e si stupì quando vide dietro a quest’ultima Calum.
-Che ci fa qui?-
Chiese Hayley quasi spaventata.
-Niente, se ne stava andando.-
Disse la mora facendo un timido sorriso verso il ragazzo di fianco a lei. Calum guardò Luke con aria d’intesa e il biondo si avvicinò alla ragazza.
-A dopo.-
Sussurrò con più malizia possibile. Quando svoltò l’angolo Hayley si premette le mani sulle guancie che stavano andando a fuoco.
-Ehm, Hayley.-
La bionda si girò verso Ryan sorridendo.
-Che succede?-
La mora si passò una mano tra i capelli chiudendo un occhio.
-Vieni a casa mia a pranzo? A mia madre farebbe piacere conoscerti.-
Hayley annuì. Infondo, cosa poteva andare storto?

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Capitolo 26
*** Know ***


Know.
-Mamma noi andiamo di sopra.-
La signora annuì felice mentre passava la spugna sfibrata sulla superficie del piatto di ceramica. Hayley seguì la mora su dalle scale prima di entrare nella camera da letto. Era sui toni del verde, molte foto erano appese sulle pareti e la bionda rise quando si soffermò su una di esse.
Ryan portava un caschetto spettinato mentre teneva le braccia strette al busto di un ragazzo con il suo stesso colore di capelli.
-E’ tuo fratello?-
Chiese Hayley voltandosi verso alla ragazza che si era sdraiata sul materasso verde acqua. Annuì facendo spuntare sulla guancia destra una fossettina. Anche Luke ce l’aveva. Scosse la testa sedendosi vicino a Ryan.
-Va all’ultimo anno d’università adesso.-
Disse quest’ultima iniziando a giocare con il bottone dei suoi jeans.
-Cosa vuole fare dopo?-
-L’avvocato, ha sempre avuto la testa dura anche con me. Lo vedo in questo lavoro.-
La bionda rise appena, si guardò intorno. Ryan assomigliava molto alla madre e anche al padre che si era congedato dopo il dolce nel suo studio con un giornale sotto braccio. Erano tutti simpatici, le sarebbe piaciuto conoscere anche il fratello.
-Come si chiama?-
-Dre.-
Disse la mora e subito dopo scoppiò a ridere.
-Noi siamo la famiglia dai nomi strani.-
Ryan si passò una mano sulla spalla facendo scendere di poco la manica della maglietta da maniche corte rosa.
-Hayley dilatò le pupille avvicinandosi ad essa.
-Cos’è-
Chiese sfiorando preoccupata la piccola cicatrice concentrica sulla pelle chiara.
Ryan si alzò dal letto. Si guardò in giro prima di respirare rumorosamente  e passarsi una mano tra i capelli scuri dalle punte chiare.
-Tu non sai cos’è lo Yell. Vero?-
-------------------------------------
Luke chiuse la porta di cassa Hemmings prima di sistemarsi il colletto della giacca di pelle. Si avvicinò al muretto del parco davanti all’abitazione e quando vide Calum sorrise amareggiato.
Quest’ultimo si appoggiò alla pila di mattoni guardando le scritte che avevano fatto loro stessi qualche anno prima.
-Scritto su questi muri ci sono le storie che non riesco a spiegare.-
Disse il moro facendo un sorriso malinconico.
-Le nostre storie.-
Commentò Luke incrociando le braccia al petto.
-Cosa vuoi fare con lei adesso?-
Luke scosse la testa.
-Consumerò il suo amore finché non si sarà spezzata all’interno.-
Calum lo guardò. Adesso sembrava riconoscerlo. Se provava qualcosa per Hayley, e sapeva che era così, allora perché voleva rovinarla? Perché voleva farla soffrire?
Forse neanche Luke lo sapeva, forse lo faceva solo per riempirsi in qualche modo. Nel modo sbagliato. E forse neanche il moro pensava mentre diceva:
-Perché?-
Quando vide l’amico fare un passo in avanti si accigliò.
-Perché solo così può sopravvivere con me.-
-E pensi davvero che portarla a morire sia il modo migliore?-
Urlò Calum straziato dalla situazione.
Luke rimase in silenzio stringendo in una morsa ferrea la mascella.
-Lo sai, tu lo sai, che Derek la vorrà quando vincerà lo Yell.-
-E se vincessi io?-
Disse lui alzando le mani verso il cielo scuro. La tempesta stava arrivando e Luke era pronto, ma quando Calum sputò:
-Non mi importa, Hayley lo saprà.-
Tutte le sue certezze crollarono. 


Spazio ''autrice''
scusate per il ritardo ma il computer non mi andava e la voglia di andare a sbatterlo contro il muro per farlo accendere non l'avevo, quindi..il prossimo capitolo dirà tutto, inizio a scrivere già da ora :) scusate ancora per il ritardo 

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Capitolo 27
*** Half ***


Half.
Ryan guardava fuori dalla finestra, le nuvole stavano arrivando, la tempesta era all’inizio e sapeva che sarebbe finita male. Ma semplicemente non poteva non dirglielo, non poteva guardarla soffrire, voleva aiutarla a aprire gli occhi. La mora li aveva tenuti chiusi per troppo tempo, incollati tra loro con bugie e tradimenti. Ma ora, che ci vedeva di nuovo, osservava il mondo intorno a se. Imparava dai propri errori.
Come anche Calum aveva fatto e come insieme avevano deciso di affrontarlo. Per un bene più grande di loro. Per un amore ancora inesistente e per una speranza spezzata dalla nascita.
-Ryan.-
La mora si girò verso il centro della stanza. Per lei lo avrebbe fatto, per quegli occhi azzurri che non dovevano essere spenti, mai. Per quei capelli biondi che mai sarebbero diventati cenere.
-Cosa succede?-
Chiese ancora confusa. Queste situazioni non sapeva mai come affrontarle.
-Io e Calum ci siamo conosciuti l’anno scorso.-
Iniziò la mora, un sorriso amaro le solleticò le labbra mentre guardava Hayley sedersi sul letto a labbra schiuse.
-Io uscivo con i ragazzi più grandi, loro mi facevano bere e io non sapevo che fare. Ero persa. A 14 anni nessuno dovrebbe esserlo.-
Posò lo sguardo in basso, a ripescare quei ricordi provava vergogna.
-Era la prima volta che vedevo un ragazzo come lui allo Yell, sembrava quasi diverso da quello che ci circondava. E lui aveva visto me, e mi aveva avuta, così diventai il suo Yell. Lui mi ha fatto la cicatrice.-
Ryan fece mezzo giro su se stessa non alzando lo sguardo, non voleva vedere gli occhi di Hayley in quel momento.
-Ho sofferto tanto, ho rischiato la vita e ho rischiato di perdere il mio cuore. Lo Yell mi ha distrutto.-
Sentì i passi della bionda farsi più vicini.
-Lo Yell? Cos’è? Di cosa stai parlando?-
Ryan sorrise istericamente mentre delle lacrime gli inumidivano le guancie, non se ne accorse.
-Il gioco dove uno vince e tutti perdono,- inspirò – dove uno perde e tutti gli altri vincono.-
Hayley scosse la testa passandosi le mani sul viso straziato. Ryan tornò a parlare.
-I partecipanti scelgono le proprie ragazze, che devono gareggiare con loro. “Uno vince e tutti perdono”, perché solo il primo classificato prende il premio che non tutti devono per forza dare. “Tutti vincono e uno solo perde”, ovvero che solo l’ultimo classificato deve dare per forza il premio al primo. Gli altri posso scegliere.-
La bionda fece un passo indietro, due, tre fino a toccare la porta della camera di Ryan. La luce era sparita e quando la mora sputò:
-Il premio? Le ragazze.-
Hayley si ritrovò nel mezzo dell'’oscurità.
Alzò lo sguardo verso Ryan.
-Lui voleva portarmi li vero?-
L’amica la guardo senza dire niente.
-Vero?-
Urlò esasperata. La sua pedina si stava sgretolando contro lo spessore di plastica del campo da gioco.
Si portò una mano sul petto stringendo la stoffa della felpa in un pugno di ferro.
A Luke è sempre piaciuto giocare.-
Sussurrò tra se. Era partita, l’oscurità l’aveva inghiottita e nessuno l’avrebbe più riportata indietro.
Si alzò di scatto aprendo la porta e sbattendola dietro di se, solo in quel momento Ryan si accorse di quello che aveva fatto.
-------------------------------------
Tirò un pugno contro le mattonelle del muretto e urlò quando una goccia d’acqua si depositò sulla sua fronte. La pioggia si fece più fitta e in quella strada deserta non voleva che sparire o forse essere visto. Non sapeva cosa voleva.
Mai.
Urlò più forte verso le nuvole nere sopra di lui mentre un tuono accompagnò il suo dolore.
Poi, la vide, occhi più scuri della notte lo guardavano da lontano. Voleva solo quelli in quel momento. Le corse incontro ma quando la vide fare dei passi indietro si fermò.
-Hayley.-
Disse, queste lettere uscirono dalle sue labbra come vento. Il modo in cui faceva scivolare la “L” contro il palato poteva incantare chiunque.
-Mi hai mentito.-
Disse lei premendo le mani sul petto bagnato del ragazzo, cercando di fargli male.
-Mi hai usata.-
Lo spinse ancora mentre urlava, i capelli biondi le ricadevano sulla fronte mentre sbuffava rabbia dalla bocca schiusa.
-Mi hai tradito.-
Quando lui cercò di bloccarle i polsi lei alzò la mano verso l’alto e colpì violentemente la guancia di Luke. Non disse niente se lo meritava. Così, stette in silenzio mentre il bruciore della sua guancia scompariva lentamente.
Cosa che il dolore non avrebbe fatto.
-Si cosa? Avevi ragione.-
Sentenziò lei serrando la mascella.
-Mi hai spezzato il cuore, ma non pensavo facesse così male.-
Gli ultimi sguardi, e lui lo sapeva che lo sarebbero stati. Ne aveva la certezza, ma non riusciva a muoversi. La guardava come se volesse ricordare ogni dettaglio.
La sua pelle, che in inverno diventava più rosea e delle linee che si formavano ai lati delle labbra quando sorrideva. Ricordava di quando nascondeva i sorrisi nella sciarpa di lana.
I suoi occhi.
Cristo.
Quel colore che cambia con il tempo. Con l’umore. E’ equilibrato. Unico. E’ importante. Guardava i suoi capelli, come li ordinava dietro le orecchie. Ricordava i suoi gemiti leggeri e immaginava quelli che avrebbe potuto fare.
Per la prima volta Luke si accorse di aver visto qualcuno. Di averlo osservato e compreso. Lei glielo aveva insegnato involontariamente.
-Hai vinto.-
E il fulmine si scagliò su quelle anime che abitavano la via dei Cuori Spezzati.
-------------------------------------
Tirai su la candela che aveva fatto cadere accidentalmente, il mio respiro era forte e mentre passavo lo sguardo dalla foto ad Hayley. Quest’ultima mi guardava, curiosa.
La foto che tenevo fra le dita sottili la ritraeva qualche anno prima, le mani della bionda della foto erano strette al collo di una mora. Lei guardava dritto davanti a se.
-Eri bellissima.-
Lei si nascose dietro un sorriso imbarazzato mentre si spostava una ciocca di capelli lunghi e biondi, erano diventati più chiari e il suo corpo si era alzato facendola diventare ancora più alta. Potevo vedere la tristezza nei suoi occhi, sapevo che non aveva dimenticato.
-Dopo,- biascicò – ero diventata la metà di niente.-
 
 
Spazio ‘’autrice’’
Giorno gente, sono sempre in ritardo, la storia e arrivata a più di 1000 visualizzazioni e wow è fantastico, ora finalmente sappiamo cos’è lo Yell. Sappiamo che Hayley si è stancata di tutto questo, sappiamo che Ryan ci ha quasi rimesso la vita per colpa di Calum. Ma non sappiamo se Luke un giorno si arrenderà.. La storia è stata messa nei preferiti da 33 persone e per essere nelle storie popolari deve superare almeno i 91, quindi aggiornerò appena arriverà a 40. Alla prossima, un bacio. J

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Capitolo 28
*** Devil ***


Devil.
Posai la penna accanto al plicco di fogli a righe giallo provocando uno strano rumore. La plastica della Bic, rigorosamente nera, sbatté contro il tavolo di legno. Odiavo far rumore.
-Non è divertente?-
Alzai la testa verso Hayley, mi guardava con gli occhi del mio stesso colore.
-Cosa?-
Lei rise amaramente.
-Dopo quella sera ho passato un mese nell’oscurità.-
Mi piaceva quando usava termini come quello. Le feci segno di continuare, presi la biro tra le dita ma subito mi fermò appoggiando la sua mano sulla mia.
-Scusa, non voglio che tu scriva questa parte della storia.-
Disse accennando un sorriso. Io annuì riposando il tubicino di plastica sul tavolo.
-Cos’è divertente?-
Chiesi ancora curiosa.
-Che, nonostante tutto quello che mi aveva fatto, non volevo che se ne andasse.- sospirò –Avrei voluto che su quella strada, sotto quel temporale, mi chiedesse di restare.-
Annuì, subito dopo spostai lo sguardo sulle sue mani. Le dita si strofinavano tra loro come stoffa. Aveva gli occhi socchiusi, chissà cosa stava immaginando.
-Dopo è stato tutto un evento a catena.- disse secca –Quello che ho provato era così distruggente che non credevo fosse vero. Il mio dolore era così palpabile, concreto, che credevo che la gente sarebbe inciampata in esso.-
Ero neutra a quelle parole, come il cielo dell'’Inghilterra quella mattina. Dalla tendina di velluto della finestra di Hayley potevo vedere i tetti delle case Londinesi, quasi tutti uguali. Eravamo tutti presi dalla monotonia in quella città. Camminavi a testa bassa per non fare nuovi incontri e ti mordevi la lingua se volevi parlare.
Come Hayley in quel momento, voleva parlare ma, probabilmente, non ne aveva la forza.
------------------------------------------
Si tappò la bocca per non ridere troppo forte, Ashton continuava a fare smorfie mentre agitava il corpo in mezzo alla sala di casa Cohen.
Lui era l’unica cose che riusciva a distrarla in quel momento. Aveva provato a trovare conforto con Ryan ma le ricordava troppe cose.
Guardò di nuovo il ragazzo moro che nel frattempo si era accigliato.
-Stai bene?-
Lei annuì veloce andando verso la cucina. Vide la schiena della madre curvata leggermente verso il lavandino. Fu Ashton a parlare.
-Signora Cohen, stasera posso portare fuori sua figlia?-
Hayley appoggiò una mano sul tavolo per non cadere. Guardava il frigo sperando che quelle parole fossero sbagliate.
-Certo.-
Rispose la donna sorridente. La bionda sobbalzò quando due braccia forti le cinsero la vita.
-Ti aspetto qui, vai a prepararti.-
Lei riuscì solo ad annuire salendo le scale.
Mentre si guardava allo specchio con un vestito tra le mani riusciva solo a pensare.
Pensava a quanto tempo avesse sprecato, a quanta energia buttata al vento per rincorrere una cosa irraggiungibile. Ma lei non aveva colpe, se Luke no voleva essere raggiunto non era colpa sua. Lei però no stava scappando via da niente passando del tempo con Ashton. Non scappava dal dolore, gli apriva le braccia pronta ad accoglierlo ogni sera sotto quelle coperte. Le coperte che hanno assorbito il profumo di Luke, la sua rabbia. Lei non si scordava la faccia di quel ragazzo, l’espressione che ha fatto in quella via, su quella strada.
Sembrava quasi dispiaciuto ma Hayley sapeva che non era così. Sapeva che Luke Hemmings era esattamente come lo descriveva la gente.
Pericoloso.
Aveva scoperto il suo passato ma aveva continuato ad inseguirlo. E poi, semplicemente, dopo un po’ di tempo Hayley esplose. Come quando vedeva Luke con una ragazza, tante. Forse era così il vero lui. Forse Hayley non ha mai visto davvero quello che la gente dice di lui.
Quando finisce ogni cosa torna indietro come flash.
Tutto torna, ma lui non lo fa. Credeva che una parte di lei lo sapesse che sarebbe finita così. Ma aveva solo pensato: Come può il Diavolo attirarci verso qualcuno che somiglia così tanto ad un angelo quando sorride?
Forse lui lo sapeva quando l’aveva vista. E la cosa peggiore è che, oltre a perdere lui, aveva perso anche se stessa.



Spazio ''autrice''
mi meriterei di essere presa a sprangate nelle gengive per il ritardo, ma, mia sorella mi ha chiuso l'orecchio nella porta e  poi sto cercando di farmi fare le treccie afro. aggiornerò quando arriverà a 45 nei preferiti. un bacio e alla prossima 

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Capitolo 29
*** The only reason ***


The only reason.
Premette la testa più forte contro il cuscino blu.
-Lo sai che Ryan ha fatto la cosa giusta.-
Il ragazzo steso si alzò di scatto passandosi freneticamente una mano tra i capelli.
-Ti conviene tenerla lontano da me per un po’ se la vuoi ancora viva.- sbottò irritato.
Calum mise le mani sui braccioli della sedia prima di far leva su di essi per alzarsi. I piedi erano pesanti e i muscoli delle braccia appena usati pompavano come un motore acceso. Alzò lo sguardo dalle sue Vans per guardare quello che restava del ragazzo sopra al materasso.
Gli occhi azzurri erano arrossati e scattavano da una parte all’altra della stanza buia. Non sapeva neanche che giorno era. Non gli importava, stare in quel letto per lui era come una sicurezza. Come se, per un qualche motivo, le sue emozioni si limitassero a stare sotto quel lenzuolo scuro. Come la sua anima. Che si era macchiata di uno sprizzo di luce, creando una voragine.
Il ragazzo biondo si passò una mano sul petto strofinandola forte.
-Come faceva a farmi sentire bene?- biascicò –Così bene da farmi sentire male?-
Disse. Guardava il suo soffitto bianco sperando che Calum potesse fermare il suo cuore con una parola.
-Ti sei mai sentito così?-
Il moro lo guardò portando le mani al petto e incrociandole. La maglia nera si attorcigliava sotto la sua pelle ambrata.
-Così come?-
Chiese, Luke lo guardò per un secondo poi sbuffò. Cercò di deglutire mentre sentiva la saliva faticare per scendere giù dalla sua bocca. Come se ci fosse una pietra nella sua gola.
-Quando chiudo gli occhi e cerco di dormire, cado a pezzi e trovo difficile respirare.-
Sentiva il fiato lasciargli la trachea mentre i suoi polmoni pregavano per un po’ d’aria.
-Lei è la ragione, l’unica ragione.-
Si accarezzò il collo cercando le parole.
-E anche se la mia stupida testa è insensibile giuro che il mio cuore non si arrenderà mai.-
Calum si accigliò.
-Ti sei mai sentito così?-
Il moro annuì, le labbra secche si schiusero e le braccia incrociate trovarono posto lungo il suo torace.
-Quando Ryan se n’è andata via da me.- sospirò –Anche se lei mi aveva detto parole amare io la vedevo bruciare sotto la mia pelle. Per un anno l’ho guardata da lontano.-
Luke annuì non riusciva a dire niente.
-Dovresti fare qualcosa.-
Concluse Calum.
-Tipo?-
-Tipo smettere di farti ogni ragazza che vedi, darti una sistemata.-
Luke rise.
-Non cambierò per una ragazzina.-
Calum scosse la testa divertito, gli era sempre piaciuto il modo in cui l’amico affrontava le situazioni. Come andava da un vertice all’altro di un sentimento. Dall’odio all’amore in un instante. Dalla tristezza alla felicità in un passo.
Il moro si diresse verso la porta ridendo e dando le spalle a Luke.
-Allora resterai senza ragazzina.-
---------------------------
Diede una sistemata al fiocco delle sue scarpe prima di bussare alla porta. Una ragazza alta e mora sorride nel vederla.
-Ryan?-
Chiese incredula.
-Ciao Amy.-
La ragazza oltre la porta si avvicinò alla vecchia amica abbracciandola forte.
-Cosa ci fai qui?-
Ryan sorrise.
-Sono venuta per tuo fratello, è in casa?-
La ragazza annuì spostandosi da un lato e indicando le scale.
Mentre Ryan saliva le scale non poteva non vedere le foto appese sulle pareti.
Amy e Calum avevano sempre avuto un buon rapporto, e le foto non facevano che sottolinearlo. Ripercorrere quelle scale era come una scarica di adrenalina per la ragazza, era da tanto che non ci entrava più ma aveva bisogno di un qualcosa. Quel qualcosa che provava solo quando Calum la sfiorava. Lui l’aveva sempre salvata. Aveva sempre risolto l’incognita di Ryan, in qualunque momento.
Aprì la porta e con cautela si intrufolò dietro ad essa. La tv era accesa e la tapparella era tutta giù. Il ragazzo moro era steso sul letto ad occhi chiusi. La mora si avvicinò al letto e si sdraiò di fianco a lui, non voleva svegliarlo ma quando si sentì prendere dai fianchi capì che era troppo tardi.
Appoggiò la testa sulla spalla del moro mentre quest’ultimo schiuse le labbra. L’elettricità che provava verso quella ragazza lo fece fremere e avanzare verso di lei cercando le sue labbra. Quando finalmente le trovò sorrise tenendo ancora gli occhi chiusi.
-Things we lost the flames. Things we’ll never see again. All that we’ve amassed, sits before us, shattered into ash.-
Ryan premette di nuovo le labbra contro quelle del ragazzo sentendo i brividi sulle gambe. Era da un po’ che non cantava più per lei.
-These are the things, the things we lost. The things we lost in the fire fire fire. These are the things, the things we lost. The things we lost in the fire fire fire.-
Mentre mormorava parole sulle labbra gonfie della mora il ragazzo percorreva il corpo minuto con una mano. La accarezzò e con un colpo secco le sbottono i jeans. Sentì la ragazza irrigidirsi.
-Non preoccuparti, non devi aver paura.- Sussurrò lui. Solo allora aprì gli occhi.
E vide la sicurezza negli occhi di Ryan farsi spazio.
Un cenno con il capo e Calum sorrise.
-We sat and made a list of all the things that we had. Down the backs of table tops., ticket stubs and your diaries. I read them all one day. When loneliness came and you were away. Oh they told me nothing new, but I love to read the words you used.-
La ragazza portò le mani tra I capelli scuri del ragazzo che si era posizionato sopra di lei. Mormora quelle parole sulla sua pelle scoperta, sul suo ventre, sul suo petto. Il suo corpo era pieno di lui.
In quella stanza scura Ryan non desiderava altro. Tirò i capelli di Calum per riportarlo davanti a se. Le loro bocche si scontravano mentre si spogliavano di ogni vestito e insicurezza. Il tintinnio della cintura della ragazza fu come un campanello che lei non sentì. Gli tirò il labbro inferiore sentendo il suo basso ventre fremere.
Calum premette i fianchi contro quelli della mora boccheggiando. Le stampò tanti piccoli e umidi baci sul collo bianco prima di farle allargare le gambe. Ryan respirò guardandolo. Il suo petto ambrato era umido e i suoi muscoli erano contratti a forza di trattenersi. Gli sfiorò con le dita un piccolo tatuaggio in alto a destra. Una data gli scalfiva la pelle di un nero più scuro dei suoi occhi. Deglutì mentre il ragazzo aveva fatto sparire ogni intralcio che ostacolava il suo desiderio.
-Calum.-
Lui scosse la testa.
-E’ tutto perfetto, non dire niente.-
Ryan annuì sorridente.
Prima di liberarsi dentro di lei Calum continuò a cantare come se fosse l’unica cosa che la ragazza avrebbe mai amato.
-These are the things, the things we lost. The things we lost in the fire fire fire. These are the things, the things we lost. The things we lost in the fire fire fire.-
 
 
Spazio ‘’autrice’’
Scusate gli eventuali errori ma non ho potuto leggere di nuovo. Un bacio J

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Capitolo 30
*** Lovestruck ***


Lovestruck
Chiuse l’armadietto rumorosamente l’armadietto prima di salutare Ryan.
Era strano guardarla, osservarla e pensare che sia totalmente un’altra persona. Vederla camminare e credere che abbia avuto un certo passato, certe esperienze e abbia conosciuto certe persone. Al giorno d’oggi tutti si nascondono, in modi diversi ma lo fanno.
Chi dietro un sorriso, chi in un angolo e chi dietro a delle persone.
Hayley non si poteva nascondere da niente, ogni volta che camminava verso casa sua o per i corridoi sentiva gli sguardi su di se. Sentiva due occhi azzurri scrutarla insistentemente da lontano.  Faceva finta di niente ma lo sapeva.
Portò sulle spalle lo zaino a righe prima di dirigersi verso l’uscita. La primavera si era ormai stabilita e polline bianco e grumi le passavano davanti agli occhi. Tra essi vide.
Ashton era appoggiato al muretto davanti all’edificio vecchio mentre si guardava le punte delle scarpe. La ragazza sorrise con malinconia e dopo qualche passo si rifugiò in un abbraccio.
Sembrava così felice, il ragazzo dall’altra parte del cortile si morse il labbro a forza facendo gracchiare l’orecchino che gli forava il labbro. Le braccia leggere di Hayley erano strette alla vita del ragazzo moro mentre aveva il capo appoggiato contro il suo petto.
Fastidio.
Alterazione.
Rabbia.
Calum era appena uscito dalla scuola. Ci avrebbe messo almeno un minuto ad arrivare vicino a Luke ma lui in quattro secondi poteva fare tutto il cortile e aggredire il ragazzo moro, nessuno poteva fermarlo. Nessuno poteva far cessare il suo fulmine. Il fuoco e i disastri che avrebbe causato. Sentiva la rabbia solleticargli la pianta dei piedi. Il labbro ormai nella gabbia fatta di denti mentre gli occhi erano fissi sulle due figure sfocate. Questo era troppo. Ora non gli importava di niente. Voleva solo levare quelle mani sporche dal corpo di Hayley e portarla via con se.
Sospirò.
Una mano calda gli coprì la spalla e per qualche secondo spostò lo sguardo.
-Tutto ok?-
Calum riportò la mano lungo il fianco aggrottando la fronte. Schiuse le labbra quando vide l’oggetto dell'interesse del ragazzo.
-Lukey.-
Disse fermo il moro. Doveva farlo ragionare. Vide l’amico alzare la mano verso di lui facendo segno di fermarsi.
-Non dire una parola.-
Biascicò soffocato dalla rabbia. Emise un grugnito quando vide Ashton posare le labbra contro la guancia di Hayley.
No, la sua guancia. La sua pelle, quella pelle che aveva toccato solo lui.
I pugni erano stretti e le unghie puntavano sul palmo. Le nocche bianche evidenziavano le vene bluastre.
-Io lo uccido.-
-Ti prego svegliami.- gli disse il ragazzo moro – perché è da giorni che sto dormendo.-
Luke rise dandogli una pacca. I capelli biondi gli ricadevano sulla fronte mentre il vento dell'Australia cercava invano di scostarli da un lato, rise ancora vedendo Ashton borbottare.
-Tu non stai bene!-
Esordì il biondo alzandosi dalla panchina arrugginita.
-Non ridere di me! Credo che mi stia innamorando.-
Luke si fermò e guardò l’amico con le mani contro il viso aggrottando la fronte.
-Cosa?-
Ashton respirò.
-Credo di essermi innamorato di lei. Insomma, è così bella. Quando la vedo con quello stupido del suo compagno di banco vorrei ammazzarlo.-
Commentò alterato. Luke lo guardava con le braccia conserte.
-Come fai a saperlo?-
Chiese quest’ultimo mordendosi il labbro.
-Cosa?-
Disse il moro appoggiando i gomiti sulle ginocchia, i capelli mossi si spostarono ancora di più a causa del vento che iniziò a soffiare ancora più forte.
-Di provare queste cose per lei.-
Precisò il ragazzo in piedi calciando un piccolo sassolino. Con Ashton on aveva mai parlato di quelle cose.
-Quando la guardo non capisco più un cazzo. Mi arrabbio quando la vedo toccare qualcun altro e quando non posso averla divento triste. E’ come se, quando la vedi, ti accorgi di aver dormito per tutta la vita. Ti svegli.-
Ashton terminò la frase in un sussurro.
-Non proverò mai qualcosa del genere.-
Rispose ridendo il ragazzo biondo prima di far dondolare le braccia vicino ai fianchi.
-Stai ancora dormendo, quindi.-
Disse ridacchiando Ashton alzandosi e raggiungendo l’amico. Guardava un punto oltre la fitta distesa di alberi. Quando si perdeva in un pensiero nessuno poteva riportarlo indietro.
-Non credo che mi sveglierò mai.-
I piedi iniziarono ad andare avanti da soli mentre si avvicinava alla sua salvezza.
Gli mancò il fiato quando Hayley lo guardò. Impaurita. Cercò di tirare Ashton per una manica della felpa grigia ma successe tutto così velocemente.
In questi casi dovrebbe essere il contrario, dovresti vedere la stoffa degli abiti muoversi e piegarsi ad ogni passo. Dovresti memorizzare ogni via di fuga e ogni movimento, ma quando Hayley fu spinta a terra e vide Ashton posarsi una mano sulla guancia, non capì più nulla.
Vide Luke colpire ancora Ashton fino a farlo cadere a terra.
Luke si concentrò su quel viso prima di caricare il braccio e far stendere i muscoli della pelle infiammata su quel corpo.
Accecato dalla rabbia lo colpì ancora e ancora.
-Io ti ammazzo Irwin.-
Sputò amaro contro il viso arrossato e sanguinante del moro sotto di lui. voleva vederlo soffrire. Vedere il suo sangue sulle proprie nocche. Colpì ancora e non si preoccupò quando non sentì più le braccia di Ashton cercare di respingerlo. Vide gli occhi marroni chiudersi stanchi mentre una voce dietro alle sue spalle lo chiamava.
-Luke, basta! Lo stai uccidendo.-
Voglio questo, si disse dopo aver sentito le parole di Calum. Immagini di Ashton e Hayley insieme lo fecero colpire più forte. Una presa forte lo fece alzare.
Due braccia lo tenevano per le spalle mentre cercava di liberarsi.
-Luke basta, ascoltami.- disse calmo Calum dietro di lui –Stai spaventando Hayley.-
Scosse le spalle.
Era li.
Aveva perso il controllo davanti a lei.
La guardò. Teneva la mano davanti agli occhi e quando si fece più vicino ad Ashton si mise a piangere. Quegli occhi chiari erano ancora più lucidi e lo guardavano con paura.
Quando la vide cambiare umore e iniziare a guardarlo con odio se ne accorse.
Si era svegliato.
 

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Capitolo 31
*** Moments ***


Moments
-Ilaria.-
Abbassai la mano dalla maniglia di metallo prima di girarmi. Hayley era appoggiata allo stipite della porta della cucina mentre aveva le braccia incrociate al petto. La stanchezza le copriva gli occhi, come se volessero giocare a nascondino. Questo mi fece ricordare quando mi raccontò del suo primo bacio con Luke, il loro primo contatto che colpì Hayley fino allo stomaco. Come se le sue viscere si fossero spostate. Me lo raccontò bene. Ogni sensazione. Il tronco dell'albero contro la schiena agitata e umida.
Momenti.
Momenti nel tempo che aveva condiviso con me. Che poi cos’era un momento? Cosa si doveva fare per sfruttarlo al meglio? Me lo sono sempre chiesta. Adesso, quello a cui sto pensando, è un momento sprecato, per me. Tutta la mia vita è stata un “momento sprecato”, penso invece di fare.
Hayley, invece, di momenti ne aveva avuti. Brutti, bruschi e passionali ma li aveva avuti. E li aveva vissuti senza scappare.
Così me lo aveva raccontato.
-Dimmi.-
Dissi sorridendo. Era strano vedere la facilità con cui mi raccontava il suo passato.
-Domani torna. Devo finire di raccontarti la storia.-
Mi ricordò lei facendo un cenno con la mano, si strinse nel suo maglione sfibrato prima di rintanarsi nella cucina con le tende impregnate di The Inglese. Tutta la casa aveva quel profumo dolce ma amarognolo, come una spruzzata di limone insieme al latte messo tutto dentro ad una tazza di the. Troppo.
Troppi sapori, ecco cos’era Hayley. In quello ci assomigliavamo, siamo tante cose nello stesso momento. Vogliamo essere e avere tutto subito. Se aspettiamo, non ha più senso volere una cosa, e viviamo questa consapevolezza di noi stesse in silenzio come se non ci importasse di cosa stiamo perdendo.
Aprii la porta, l’aria fredda della sera mi colpii il collo, già avevo una faccia schifata pensando al mal di gola che mi sarebbe venuto. Stringevo i miei appunti tra le mani che avevo adagiato sul petto. La scritta “Momenti.” era sottolineata e cerchiata. Hayley ci teneva che fosse chiaro questo particolare, tutta la sua storia era divisa in momenti. Feci un urlo strozzato quando mi ritrovai per terra, iniziai a massaggiarmi la spalla colpita mentre guardavo i miei fogli volare per il marciapiede. Un ragazzo ne raccoglie alcuni e si prese anche qualche insulto quando finì in mezzo alla strada per prenderne uno.
Automobilisti.
-Scusa,- disse velocemente porgendomeli –non ti avevo vista.-
Mi alzai in fretta prendendo i fogli, pensavo nel momento sbagliato. Gli faccio un cenno con la testa imbarazzata prima di dargli le spalle.
-Hei! Aspetta.-
Chiusi gli occhi sperando che la botta mi avesse fatto prendere le allucinazioni. Lo vedo raggiungermi e ridacchiare quando mi guarda.
Ha i capelli mori e spettinati mentre gli occhi chiari mi fissando curiosi. Stringo di più i fogli quasi strappandoli.
-Abiti da queste parti?-
Mi chiese confuso. Annuì con la testa.
-Abito di fianco alla signora Cohen.-
Risposi con un filo di voce, non mi piaceva far rumore. Il ragazzo mi sorrise e i denti bianchi spiccarono da sotto le labbra rosee, sorrisi anche io.
-Io abito in fondo alla strada.-
Dice indicando una direzione con il pollice. Mi guarda ancora prima di allungarmi una mano, io ho ancora le dita intorno ai fogli e non so se stringere la sua o no. Lui mi guarda con imbarazzo e, quando sta per riposare la mano lungo il fianco, la stringo leggermente.
-Tristan.-
Dice deciso.
-Ilaria.-
Rispondo incerta. Scuote la testa prima di darmi leggermente le spalle.
-Allora Ilaria, credo che ci vedremo presto.- dice prima di girarsi completamente e andarsene. Annuisco. Rise.
Ho trovato il mio momento.
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Luke spostò un piede in avanti mentre si scostava Calum da dietro, nonostante si fosse scaricato su quel corpo ora steso a terra, la rabbia che lo soffocava aveva una fiamma ancora più viva e calda.
Si avvicinò alla ragazza rannicchiata a terra e la prese per un braccio facendola alzare.
-Lasciami!-
Hayley si divincolava mentre cercava di raggiungere il ragazzo moro steso a terra.
Fragile.
Momenti fragili.
La ragazza bionda era composta da momenti fragili, come un vetro colpito ripetutamente con una mazza, scosso, rotto. E mentre urlava e sentiva le mani di Luke sulla sua vita pensava a quanto fosse ingiusto tutto quello.
Iniziò a respirare più velocemente quando fu buttata dentro alla macchina del ragazzo. Prese a tirare verso di se la leva per aprire la portiera. Chiusa. Il panico prevalse.
Quando sentì la portiera dall’altro lato della vettura chiudersi pesantemente iniziò a muoversi contro il ragazzo.
-Lasciami uscire!- urlò – Ashton ha bisogno di me! Di un dottore. Ti prego!-
Il viso bagnato era imprigionato in una smorfia di dolore mentre quello del ragazzo era fisso sulla strada davanti a loro. Si girò di scatto verso Hayley prendendola per i polsi.
Iniziò a strattonarla.
-E’ colpa tua.- sputò –Ti avevo detto che lo avrei ucciso se lo avessi visto con te. E’ già stato fortunato, oggi.-
La ragazza stette zitta, terrorizzata.
-Tu non sei nessuno Luke, ora fammi scendere.-
Disse lentamente la bionda. Non voleva farlo arrabbiare.
-No!-
Urlò straziante, battendo le nocche screpolate e incrostate di sangue contro il volante scuro.
-No, tu ora vieni con me.-
Hayley scosse la testa cercando di nuovo di aprire la portiera. Urlò non riuscendoci.
Il ragazzo fece partire la macchina, le dita della bionda si impiantarono sul sedile stringendolo.
Era stanca. Per lei era troppo.
Chiuse gli occhi finché la macchina non si fermò. Sentì la portiera dal lato del guidatore aprirsi e chiudersi, aspettò qualche secondo e non si stupì quando anche la sua si aprì. La prese con forza dalle braccia prima di spintonarla contro la parte in alluminio della macchina.
-Ascoltami.-
La richiamò il ragazzo, lei aprì le palpebre pesanti.
-Per dieci giorni sei ancora sotto il mio possesso. Solo mia, niente giochi. La scommessa no è ancora terminata.-
Hayley chiuse gli occhi di nuovo. Schiuse le labbra secche.
-Ti odio.-
Sussurrò.
-Ti odio anche io.- rispose il ragazzo accarezzandole il viso prima di far incontrare le loro labbra.
Momenti.

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Capitolo 32
*** Time ***


 
Time.
9 giorni.
Hayley tenne gli occhi chiusi mentre i suoi sensi iniziarono a prendere conoscenza, sentiva il petto su cui era appoggiata alzarsi ed abbassarsi lentamente. La guancia strusciava su quel tessuto ruvido, profumato. Quel profumo che ti fa venir voglia di premere il naso contro di esso per respirarlo a pieno.
Aprì gli occhi.
216 ore.
12.960 minuti.
777.600 secondi.
Cercò di alzarsi dal materasso, coperto da lenzuola scure, senza far rumore. La stanza era buia ma poteva vedere leggeri raggi di sole attraverso le persiane chiuse. Si guardava intorno spaesata mentre mille domande si fecero spazio dentro la sua testa.
Aveva perso la cognizione del tempo. Tempo che le stava sfuggendo tra le dita, 9 giorni incontrollabili. Lanciò un’occhiata verso il ragazzo steso e si accigliò quando vide qualcosa sul suo petto creare un barlume di luce a contatto con il sole. Prese un respiro prima di camminare, premendo i piedi scalzi contro la moquette.
Sobbalzò nel vedere la propria catenina di corda alzarsi ed abbassarsi sul petto di Luke. La sfiorò con le dita stando attenta a non svegliarlo.
Quando la sua gamba incominciò a vibrare si allontanò di scatto, uscì silenziosamente da quella stanza ritrovandosi in un corridoio luminoso, strizzò gli occhi e rispose appena vide la persona che la stava cercando.
-Ryan.-
Sospirò appoggiandosi al muro chiaro.
-Stai bene?-
-Ashton?-
Chiese Hayley no curandosi della domanda dell’amica.
-Sta bene, è a casa sua. Io e Calum lo abbiamo accompagnato.-
Sentiva la rabbia salire, prendendo il posto del sangue  riscaldarla.
-Sei da lui?- chiese riferendosi al biondo.
-Si, ma andrò a trovare Ashton. Grazie Ryan, ringrazia anche Calum.-
Attaccò il telefono, rimettendolo nella tasca dei jeans scuri. Casa Hemmings era silenziosa e lei poté sentire un grugnito provenire dalla camera alle sue spalle.
Rabbia.
Spalancò la porta e corse verso il letto, prese il ragazzo stringendo in due pugni la maglia che indossava. Quest’ultimo spalancò gli occhi feroci e chiari prendendo la ragazza dai polsi, la strattonò mentre lei cercò di urlare.
Riuscì a portarla sotto di se mentre si metteva a cavalcioni su di lei.
Le teneva i polsi contro il materasso e di fianco al viso giovane.
-Perché?-
Disse lei scalciando.
-Calmati.-
La rimproverò il ragazzo biondo stringendola più forte.
-Perché?-
Ripeté più forte la ragazza.
-Perché, cosa?-
Domandò il ragazzo piegandosi verso il viso di Hayley, la collana con il ciondolo ad ancora dondolava tra i due petti, senza un luogo stabile dove sostare.
-Tutto, -sputò – perché hai fatto del male ad Ashton. Perché sono qua! Perché se-
Luke la bloccò liberandosi in un bacio liberatorio. Le loro lingue si incontrarono mentre le loro labbra si venivano incontro l’un l’altra. Il ragazzo si staccò appoggiando la fronte contro quella della bionda. La collana aveva trovato il proprio posto contro il petto di Hayley.
-Perché sei cosi?- biascicò la ragazza stringendo i pugni ancora in trappola.
Lui corrugò la fronte non capendo.
-Litighiamo, mi baci e poi litighiamo ancora.- sospirò –Sono stanca.-
Luke strofinò il naso contro la guancia candida della bionda.
-Amore fragile, resisti ancora un po’.-
Sussurrò. La bionda chiuse gli occhi.
-Mi stai distruggendo.-
-Ci sto provando da tempo.-
Hayley lo guardò dal basso. Era perplessa. Gli occhi chiari di Luke la fissavano, sembravano non chiudersi da giorni, settimane.
Aspettando che il tempo passi.
 Il tempo che ora la ragazza stava aspettando che passasse, che venisse interrotto. Si accigliò vicino al viso del ragazzo.
-Cosa intendi?-
Il biondo rotolò su se stesso portando la ragazza sopra di se, la teneva per la vita mentre lei si spingeva contro il suo petto per allontanarsi. La collana cambiò sponda fermandosi sulla maglietta di Luke.
-Ti sto insegnando a sopravvivere,- sussurrò – a me.-
-Io voglio sapere il tuo scopo.- si alterò la bionda.
-All’inizio volevo portarti allo Yell, poi, beh poi è diventata una questione personale. Se sopravvivrai questi giorni con me, solo io  potrò distruggerti.-
-E lo farai.-
Commentò la bionda fissandolo. La mascella era tesa ma il suo viso era sereno come se avesse già fatto quel discorso altre dieci volte. Contro la luce del sole poteva vedere alcuni peli chiari sulla mascella giovane e sugli zigomi scuri del ragazzo.
Si risvegliò quando due paia di labbra si posarono sul suo collo, lo accarezzavo e poche volte regalavano un contatto pieno e umido.
-Non sai quante cose ti farei.-
Soffocò Luke sulla pelle arrossata della ragazza mentre le prendeva dolcemente una mano e se la posava sul cavallo dei pantaloni.
Lei la ritrasse subito.
-Ma non oggi, continuò il biondo – domani.-
La ragazza si alzò contro lo sguardo contrariato del ragazzo steso. Si passò le mani sulla maglia sgualcita prima di avviarsi verso la porta.
-Mia sorella sta per tornare a casa, devo andare.-
Era già fortunata che sua madre era via per lavoro. Vide Luke annuire con la coda dell'occhio.
-Amore fragile, la richiamò. Si girò – domani mattina ti porto io a scuola.-
Annuì.
Cosa poteva fare?
-----------------------------
Prese i capelli biondi sulle punte tirandoseli davanti al viso. L’erba che le solleticava le braccia scoperte la facevano sorridere. Strizzò gli occhi per il troppo sole prima di girarsi verso il ragazzo steso di fianco a lei.
Aveva le braccia alzate e messe sotto la testa per darsi sostegno. I muscoli erano ancora più delineati in quella posizione tesa.
-Quanto manca?-
Chiese Ryan dando un bacio sul petto coperto del moro. Lui si alzò mettendosi seduto mentre trascinava con se anche la ragazza. Le mise una ciocca di capelli dietro all’orecchio e lasciò la mano li su quella pelle calda.
-Meno di un mese.- disse regalandole un sorriso malinconico. Lei scosse la testa.
Calum la attirò a se stringendola.
-Non ti preoccupare,- disse baciandole i capelli – vedrai che non la porterà allo Yell.-
Ryan annuì di nuovo pensando ad Hayley.
Il ragazzo rise e le accarezzò un braccio.
-Perché ridi?-
Gli chiese la ragazza sogghignando.
-Perché sono dove dovrei essere con chi dovrei essere.-
Strappò un filo d’erba prima di iniziarci a giocare.
-Per tanto tempo ho immaginato questo momento. Ma non si avverava mai, ed ero arrabbiato.-
-Un sogno è solo un sogno, finché non decidi di renderlo reale.-
Sussurrò Ryan, lui sorrise.
-Me lo dicevi sempre.-
Prese gli apici del filo d’erba unendoli in un nodo, formando una firma circolare. Ryan si accigliò.
-Potrei stare qui ore, dirti tutti i motivi e convincerti a dirmi di si.- sorrise –Ma non ho più tempo.-
Prese la mano della mora accarezzando le dita lunghe e fini, si passò la pelle morbida sul viso prima di farle scivolare sull’anulare il filo d’erba circolare.
-Quindi, Ryan Joenelle Greeveer, vorresti rendermi il più felice fottuto ragazzo della terra diventando la mia ragazza?-

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Capitolo 33
*** Drifted ***


Drifted.
Le prese la mano prima di adagiarla contro l’armadietto blu, gli occhi chiari la guardarono e quelli di Hayley si chiusero quando sentì le sue labbra piene. Poté sentire i sussulti tra la gente che li circondava, i loro respiri fermi mentre osservavano quella scena. In silenzio.
Strinse la camicia a quadri del ragazzo quando lo sentì allontanarsi leggermente.
-Ci vediamo dopo in cortile.-
Disse sussurrando prima di sfiorarle la guancia con la punta del naso. Lei annuì prima di sentire la pelle d’oca salire sulle braccia quando il biondo si allontanò, inondandola di un freddo strano. Abbassò la testa quando si accorse di tutte le persone che la stavano guardando.
Stringendo il libro consumato di matematica si avviò alla sua classe.
Appena si sedette al suo banco, vuoto per l’assenza di Ryan, sentì subito una risata dietro di lei.
-Hei, Cohen!-
Alzò lo sguardo verso il ragazzo che si stava avvicinando al suo banco, i capelli mori erano tirati su da del gel mentre gli occhi verdi si illuminarono di malizia. Rise.
Hayley poté vedere il viso di Crystal sopprimere una risata mentre il ragazzo moro avanzò ancora fino a sedersi sulla sedia di fianco a quella della ragazza spaventata. William.
Le abbassò lo sguardo verso il suo libro giocando con un angolo di esso.
-E’ maleducato non guardare in faccia chi ti parla, lo sai? Piccola Cohen.-
Ricevette una botta sulla testa mentre il ragazzo moro premette le mani sul banco alzandosi per poi piegarsi su di lei con un’altezza sovrastante.
-Stupida.-
Sputò prima di dare il ‘buongiorno’ al professore appena entrato. Lasciò il banco vicino a quello di Hayley colpendola sula spalla.
---------------------------------------
Si appoggiò alle mattonelle fredde del bagno e gemette i contrasto al calore che stava provocando.
-Devi andartene.-
Riuscì a dire spostando la testa bionda da davanti, Crystal fece un verso in disapprovazione cercando di ritornare contro il petto del ragazzo.
-Lo so che lo vuoi Luke.- sussurrò contro il su collo – Hayley sarà anche carina, ma non soddisfa i tuoi bisogni.-
Il biondo sospirò e andò fuori di testa quando sentì la sua cintura tintinnare.
Abbassò lo sguardo su quella testa bionda liscia come la seta. Due occhi scuri saettarono su di lui mentre la ragazza chiuse la porta facendola scattare. Quel suono così comune adesso sembrava così proibito. Sapeva di sbagliare, sapeva che avrebbe immaginato che gli occhi della ragazza davanti a lui sarebbero diventati da scuri ad azzurri e sapeva che le guancie le si sarebbero riempite di leggere lentiggini, indefinite. Le mani che lo avrebbero toccato si sarebbero trasformate in piccole, fini e fredde.
Si guardò il petto e l’ancora che luccicava gli sembrò ancora più pesante, come una nave alla deriva, stava affogando. Come un Titanic portato giù da un’ancora, pesane come un amore mancato.
E tutti i motivi per cui doveva uscire da quel bagno si annullarono quando la ragazza si aprì la camicia azzurra, lui non poté far altro che chiudere gli occhi e attirarla a se baciandola con foga.
--------------------------
Metteva velocemente un piede davanti all’altro mentre, ogni tanto, si guardava indietro per vedere se tra le gente c’era il ragazzo moro. Le si chiuse la trachea quando se lo ritrovò ad un centimetro da l viso.
-Piccola, dove scappi?-
Sussultò quando William la strinse per un braccio, lei cercò di avvicinarsi al corridoio opposto. C’era troppa gente.
-Lasciami stare.- sibilò stanca.
Lei cercò di avvicinarsi al bagno mentre il ragazzo dagli occhi verdi rideva divertito.
-Perché? Mi sto divertendo così tanto.-
-Smettila.- Sputò –Fammi andare in bagno!-
Urlò cercando una scusa, almeno li avrebbe potuto chiudersi dentro e sedersi su una tavoletta sporca fino alla fine della giornata. Vide il ragazzo guardare un punto oltre le sue spalle e sorridere soddisfatto, gli occhi chiari si illuminarono e si abbassò di poco per raggiungere l’orecchio di Hayley.
Lei tremò quando lo sentì dire:
-Ok, vai pure se vuoi.-
Avrebbe dovuto capirlo dal tono di voce, lentamente si girò sentendo le mani di William accompagnarla per tutta la rotazione. Fissò la porta dei bagni maschili mentre un ragazzo biondo e spettinato la attraversò, aveva le mani contro al petto e lo sguardo su di esso cercando di chiudere un bottone.
Alzò lo sguardo e Hayley poté vedere stupore, tristezza e malinconia nei suoi occhi. Poco dopo, il biondo fu affiancato da una ragazza, dallo stesso colore di capelli. Aveva le gote arrossate mentre il suo petto si alzava e si abbassava velocemente.
Hayley li guardò poi chiuse gli occhi.
Si sentì come una nave alla deriva.
------------------------------
-Basta.-
Dissi posando la penna sul tavolo.
-Perché?- chiese lei innocentemente, come se avesse già raccontato questa storia altre volte in vita sua. Ma sapevo di essere la prima a scrivere su di le.
-Non devi raccontarmi tutto per forza, questo pezzo posso anche inventarlo, non è un problema.-
Risposi dandole un sorriso sincero.
Lei mi guardò attenta, cambiò posizione sulla sedia prima di unire le mani davanti alla sua bocca sottile.
-Ti sei mai innamorata?-
La sua domanda mi spiazzò. Restai zitta qualche minuto guardando la cucina che si reggeva intorno a me, l’odore di The era meno percettibile degli altri giorni.
-Si, cioè, credo di si.- gesticolai confusa. Lei sorrise.
-E cos’hai sentito?-
Presi la biro e me la passai contro il labbro inferiore, potei sentire la plastica masticata contro il labbro screpolato dal freddo.
-L’ho sentito dopo, penso.- chiusi gli occhi – Dopo che era finito tutto, quando pensi a quello che è stato e ti accorgi che quel dolore che credevi una cosa era amore.-
Hayley sorrise ai miei occhi persi.
-Quando è troppo tardi.- commentò al posto mio.
Annuii sovrappensiero.
Mi alzai sorridendo, facendo attenzione a non far strusciare le game di legno contro il pavimento.
-Così mi sentivo, come se fossi arrivata tardi, in ritardo al mio appuntamento con la sorte.- mi bloccò – Vorrei che lo scrivessi.-
Annuii.
-Ora vado, ci vediamo domani.- dissi salutandola mentre chiudevo la porta dietro di me.
Percorsi il vialetto mentre mi stringevo nel mio cappotto.
-Hei!-
Sobbalzai in un urlo, mi portai una mano sul petto guardando il ragazzo seduto sul marciapiede.
-Dio mio!- sospirai –Mi hai spaventata!-
Lo vidi ridere prima di alzarsi e mostrarsi in tutta la sua bellezza. I lampioni di Londra non facevano che risaltare la sua pelle pallida e la sua altezza sovrastante.
-Ma che coincidenza.-
Sospirò prima di raggiungermi.
-Già,- risi – eri seduto proprio sul marciapiede davanti alla casa dove sapevi sarei stata. Penso sia il destino.-
Dissi sarcasticamente iniziando a camminare.
Sentì i passi di Tristan seguirmi e arricciò il naso prima di mettersi le mani nelle tasche dei jeans stretti.
-Beccato.- sussurrò.
Sorrisi.
-Allora,- si guardò intorno soffermandosi su qualche vetrina – cosa fai per vivere?-
La sua domanda mi fece fermare, alzai un sopracciglio.
-Perché ti interessa?-
-Perché non dovrebbe?-
Sorrise quando mi vide arrendermi e alzare le spalle.
-Scrivo, te?-
Alzò il mento in modo altezzoso prima di essere buttato giù da un’anziana signora che lo accusò di averla colpita. “Non l’ho vista!” le disse veloce cercando di recuperare lo spazio tra di noi. Risi.
-Lo trovi divertente?- mi chiese. Annuì facendogli segno di andare avanti.
-Beh non volevo dirtelo così,- disse sospirando – ma stai parlando con la quasi più famosa pop-star di questa città.-
Inizia a ridere rumorosamente mettendomi una mano davanti alle labbra.
-Si, diciamo che dopo i One Direction sono il più famoso qui.-
Commentò facendo strizzare le labbra tra di loro. Ridacchiai alla sua battuta.
-Quindi canti?- chiesi.
-Si, in piccoli locali, ma ci sto lavorando e mi piace quello che faccio. Te invece?? Cosa scrivi?-
-Storie.- risposi, ridacchiò.
-Come ‘storie’? Non è un po’ banale?-
-Banali? Le storie? La bellezza delle storie è che sono ovunque, in ogni angolo del mondo, basta saperle ascoltare e spesso sono lì dove non ti saresti mai aspettato di trovarle. Hanno bisogno di essere raccontate, ma quando abbiamo trovato la nostra storia vorremmo non finisse mai. Staremo svegli anche tutta la notte soltanto per conoscerne un pezzo in più. Ma non è orse questo che fa una grande storia? Entrarci dentro, diventare parte di noi e accompagnarci. Per tutta la vita.-
Feci un piccolo sorriso e mi voltai verso Tristan, mi sfiorò il braccio e subito sentii le mie guancie infuocarsi.
-Mi hai fatto cambiare idea, sono belle le storie se le racconti tu.-
Gli tirai una pazza sulla spalla e la sua risata cristallina risuonò tra i corpi delle persone intorno a noi.
-Quindi è questo che stai facendo per la Signora Cohen?-
Chiese. Annuii.
-Ha una bella storia, e io voglio raccontarla.-
-Sono curioso,- sussurrò – potresti raccontarmela davanti ad un caffè o comunque in un posto dove non rischio di essere investito o dove una vecchietta non può aggredirmi. Scegli tu.-
Scossi la testa divertita.
-Sei così sfacciato.-
Commentai, lui alzò le spalle sorridendo.
-E’ un si?- chiese fermandosi.
-Si.- risposi.
 
I’M BACK
SCUSATEMI DAVVERO PER IL RITARDO MA E’ ESTATE ANCHE PER ME, HO PRATICATO SPORT ESTREMO: LETTO-DIVANO-FRIGORIFERO-NUTELLA.
AGGIORNERO’ AL PIÙ PRESTO J

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Capitolo 34
*** Naive ***


Naive.
La pioggia batteva sul suo mento.
Se essa doveva lavarti via tutte le colpe, perché lei si sentiva più pesante?
Ogni volta che una goccia le finiva tra i capelli era come un sasso fosse caduto nel suo stomaco. In ogni goccia che le passava davanti agli occhi vedeva Luke affannato, con il viso rosso e i capelli arruffati.
Perché la tua mente deve farti ricordare le cose più brutte?
Diede uno strattone allo zaino buttandolo contro il marciapiede scuro per l’acqua. Lo fissò. Lei non aveva mai visto la pioggia come una cosa brutta ma in quel momento le sembrava la peggiore. Chiuse la mano a pugno mentre le nocche già chiare diventavano trasparenti per la rabbia. Alzò il braccio per poi riportarlo verso il basso violentemente, colpì i mattoni sciupati del muretto liberandosi in un urlo. Perché si sentiva più pesante? Come oppressa, come se il cielo sopra di lei si stesse restringendo. Stesse scendendo su di lei per schiacciarla.
Chiuse gli occhi mentre la sensazione dei capelli che scendevano sul suo viso la prendevano in pieno, occupando i suoi pensieri. Grazie all’acqua non sentì la lacrima, solo una, scenderle dall’occhio destro bruciandole la guancia. Come il Bacio di Giuda, quella lacrima scrisse il suo percorso su quella pelle fino ad arrivare al mento, lo sorpassò fino ad arrivare al collo.
-Hay.-
Scosse la testa, era tutta un illusione, lui non era li.
-Amore fragile.-
Aprì gli occhi scossa. Prese lo zaino ma si sentì prendere da dietro. Iniziò a ribellarsi e le due braccia si intrufolarono intorno al suo bacino. La strinsero forte e gemette sentendo l’aria uscirle dai polmoni troppo velocemente. Due dita diedero una leggera pressione sotto il suo mento facendole alzare lo sguardo.
Lo guardò negli occhi.
 
-Stai piangendo.-
Disse storcendo le labbra, il suo viso era bagnato per la pioggia e i capelli biondi erano umidi e gli ricadevano ai lati della fronte.
-Piove.-
Sussurrò la ragazza riuscendo ad uscire da quella stretta soffocante. Fece i primi passi stringendo la cinghia dello zaino.
-La pioggia non è uno stato d’animo.- disse il biondo.
Lei s guardò indietro.
-Per me, si.-
Luke scosse la testa divertito.
-Torna qui.- ordinò, Hayley si girò sconvolta.
-Perché dovrei? Sei solo un pezzo di merda. Sai che ti dico? Non mi importa.-
Scosse la testa restandolo a fissare. Lo vide incurvare la testa di lato schiudendo gli occhi.
-Lo sai che quello che  successo con Crystal non significa niente.-
-Allora perché l’hai fatto?-
Il biondo si accigliò, schiuse le labbra per poi richiuderle lentamente.
La ragazza fece altri passi, marcando la voragine immaginaria tra di loro.
-Resta qui,- sussurrò il ragazzo – ti prego. La scommes-
Hayley lo bloccò.
-Non mi importa della scommessa, Luke, tu non sei quello di cui ho bisogno.-
Gli occhi azzurri del biondo si spensero, la scintilla venne spenta da una goccia di pioggia. Portata via dalla tempesta.
Corse prendendola dai fianchi.
-Tu non te ne andrai, dimmi quello di cui hai bisogno Hayley.-
La ragazza appoggiò la testa sulla maglietta bagnata di Luke, l’odore di tek aveva assorbito l’umidità diventando più forte.
-Tu mi odi, perché non mi lasci andare?-
Lui le pressò le labbra sopra i capelli bagnati.
-Se vince chi fugge allora ho perso perché resto immobile davanti all’amore, quindi a te.-
Hayley sorrise appena.
-Ho bisogno che tu scelga me, che smetta di giocare, che mi mostri amore.-
Lo osservò annuire prima di sentirsi respingere.
Lo vide abbassarsi e appoggiare le labbra contro le proprie. Le sfiorarono e basta, Hayley gli passò una mano tra i capelli e subito si sentì prendere il polso, delicatamente il ragazzo se lo portò davanti alle labbra incominciandolo a sfiorare con le labbra bagnate dalla pioggia. Sfiorava quel polso così piccolo dandogli baci.
Aprì gli occhi e diede un ultimo bacio ad Hayley.
Lei lo sapeva cosa sarebbe successo e le parole del ragazzo on potevano che confermarlo.
-Vai.- sussurrò.
Lei corrugò la fronte.
-Cosa?-
-Ti lascio andare, ho annullato la scommessa.-
-No Luke.-
Lei cercò di aggrapparsi al suo collo affondando le mani tra il tessuto della maglia bagnata.
-Hay, solo così posso mostrarti amore. Portandoti lontano da me.-
Lei scosse la testa, mentre chiuse gli occhi. Sentì il corpo di Luke scivolarle dalle braccia come la vita. Si portò le mani davanti al viso, l’ultima cosa che sentì furono le Converse nere del ragazzo incontrarsi dolcemente con l’asfalto, quell’asfalto che lo stava guidando lontano da lei.
Faceva troppo freddo per lei li.
 
-----------------------------
 
Tristan alzò le sopracciglia prima di guardare la sua tazza di caffè Americano, prese il cucchiaino e iniziò a farlo strusciare sul fondo della tazza di ceramica. Dopo qualche secondo passò lo sguardo su di me.
-Non è finita vero?-
Scossi la testa guardandolo prima di buttare un occhio al gruppo di persone con gli ombrelli in mano. Appoggiai i gomiti sul tavolo di alluminio prima di sussultare quando un fulmine spaccò il cielo in due. Chiusi gli occhi e inizia a contare.
-1.-
Respirai.
-2.-
Alzai la testa da sopra le mie mani giunte.
-3.-
Sospirai prima di sentire un tuono far tremare la mia cassa toracica.
-Cosa?-
Risi guardando l’espressione persa del ragazzo biondo davanti a me.
-Cosa?- chiesi nuovamente.
-Perché stavi contando?-
Sentii le mie guancia colorarsi e abbassai lo sguardo sulle mie mani.
-Mio padre i diceva che quando vedevo un fulmine dovevo contare quanti secondi passavano dal suono, così da sapere quanto fosse distante.-
Spiegò la testa da un lato passandosi una mano tra i capelli, vorrei essere quella mano.
-Aspetta,- disse scuotendo il capo. Si alzò dalla sua panca prima di intrufolarsi alla mia destra. I suoi fianchi mi schiacciarono. –è per questo che non hai un ombrello? Hai paura dei fulmini?-
Mi accigliai quando iniziò a ridere.
-Non è divertente. Ridi troppo di me.-
Dissi agitando le mani verso l’alto e facendomi scappare una risata nervosa. Sobbalzai quando un altro fulmine colpì il cielo inglese.
Sentì la mano di Tristan stringermi la coscia e alzai lo sguardo.
Sorrise.
-Sei così ingenua.- sussurrò.
Aggrottò le sopracciglia e rimasi confusa.
-Cosa succede se lo faccio?- chiese.
-Cosa?-
-Questo.- rispose.
Sentì il suo respiro caldo sulla mia pelle prima di sentire le sue labbra sulle mie.
Ingenua.
 
I’M BACK
SCUSATE IL RITARDO, CERCO DI AGGIORNARE IL PRIMA POSSIBILE J

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