Amnesia.

di Patosangel32
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Uno ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 
Author's corner: Ciao a tutte! So che è una follia, non so come mi è saltato in mente di cominciare una long senza sapere come andrà a finire.. Spero solo che possa essere coinvolgente, e che voi possiate aiutarmi nell'indirizzare il corso degli eventi. Ho deciso di scrivere un verso della canzone che c'entra con il capitolo, non necessariamente in quell'ordine. È la prima storia che scrivo sui 5SOS. Spero non faccia proprio schifo.
With love, 
-A. 
Amnesia.

Prologo 

I thought  about our last kiss 
How it felt the waynyou tasted.


 
 
Sapeva di sale e acqua di mare quel bacio dalle mille sfumature. Sapeva di coca cola e lucida labbra, e anche un po' di timidezza. Vibravano nell'aria parole non dette e, Luke avrebbe dato la sua chitarra nuova di zecca pur di riuscire a interpretarle. Sapeva di non doversi distrarre, di doverselo godere fino in fondo, quel bacio così delicato e languido, di doverlo desiderare di più. 
-"Il piercing non mi dà più fastidio..." Sussurrò Emily ad un soffio dalle sue labbra. Luke trattenne un sorriso. Emily gli era parsa carina dal primo momento in cui l'aveva vista qualche settimana prima al negozio di chitarre in Clarance Street. Non le aveva chiesto se sapeva suonarla, le era bastato guardare le sue mani per capirlo. E no, non suonava la chitarra. 
-"Guarda che non è sulla lingua." Notò lui con tono divertito. Le guance di Emily si infiammarono, sapeva anche lei che sulla sua lingua non c'era nessun piercing. 
Gli piaceva Emily, davvero. Non era la solita cotta estiva, e da quello che capiva neanche lui lo era per lei. Al momento la loro relazione era da chiarire. Luke le aveva chiesto se le avesse fatto piacere andare ad un falò con lui e i suoi tre amici e lei gli aveva risposto di sì accompagnato da un sorriso tenerissimo e un po' imbarazzato. 
Adesso erano a quel falò, non esageratamente in disparte, ma lontani dal gruppo di amici. Si sentiva Calum che strimpellava la chitarra di qualcun altro perché la sua l'aveva Mike, il quale aveva deciso di lasciarla a casa. Tutti sapevano che era una bugia. In realtà l'aveva regalata ad Annie, la sua ragazza. Nessuno ancora la conosceva, e i ragazzi iniziavano a dubitare che questa Annie esistesse. Nessuno domandava il reale motivo di tutto quel segreto, visto che tra loro non ve ne erano mai stati, ma se Mike ci andava cauto un motivo c'era di sicuro e agli altri non dispiaceva lasciargli un po' di spazio. 
Una risata sonora e divertita riscosse Luke dai suoi pensieri. Ashton brandiva due spiedini di marshmellows come se fossero spade laser e indicava le stelle come un supereroe. Luke scoppiò a ridere ed Emily lo guardò divertita. Ash le piaceva, ma a volte tra i due c'erano stati dei diverbi concitati. Per esempio, Ash adorava le banane e Emily continuava a prenderlo in giro per questo. Se Emily non fosse stata cara a Luke, Ashton le avrebbe risposto per le rime più volte. 
Tutti guardavano il biondo con il cappuccio in testa, aspettando che si lanciasse in un'altra imitazione o battuta. In realtà, Ash sembrava piuttosto distratto e Luke capì il motivo: una ragazza minuta dai lunghi capelli scuri, avvolta in una felpa grigia due volte più grande di lei si stava allontanando con le spalle ricurve e le mani sprofondate nelle tasche. I piedi prendeva a calci la sabbia sottile, come se volesse temporeggiare prima di correre via. Luke non conosceva il motivo, ma Ash si scusò velocemente con tutti senza curarsi davvero e lasciò gli spiedini nelle mani di Calum, che alzò un sopracciglio sorpreso, ne tese uno a Cecily, la brunetta che gli stava vicino. Le loro ginocchia si sfioravano, e Luke supponeva che Calum ne fosse soddisfatto. I due si erano conosciuto quella sera e a quanto pareva, Calum aveva trovato molte cose in comune con la ragazza tipo la passione per Katy Perry. Cecily era stata ai suoi concerti almeno tre volte in tre paesi diversi! 
Fortunata ad essere andata in Europa. 
-"Luke, ti ho perso." La sottile voce di Emily lo riscosse di nuovo. Riportò lo sguardo sui suoi capelli rossicci nascosti dal cappuccio della felpa dell'Hard Rock di Dublino. Emily ci andava in vacanza tutte le estati per via dei genitori della madre, che era visibilmente irlandese e aveva trasmesso tutti i geni anche ai suoi numerosi figli. Tutti erano rossi di capelli e dotati di magnetici occhi verdi, con una spruzzata di lentiggini sul naso e qualcuna sulle guance, messe in risalto dalla carnagione tanto chiara. 
-"Conosci la ragazza con cui sta parlando Ashton?" Chiese distratto. Non amava farsi i fatti degli altri, ma quando si trattava dei suoi amici era capace di fingersi un agente della C.I.A. 
-"L'ho vista per caso in giro. Mi sa che é una ballerina, sai? L'altro giorno l'ho intravista in metropolitana con il borsone e il body, sai, quello che indossano per le lezioni di danza. Sembra carina, ma non la conosco." 
-"Non sai il suoi nome?" 
Emily lo guardò perplessa. Probabilmente si stava chiedendo per quale ragione volesse conoscere il suo nome. Se lo chiese anche Luke. Non aveva senso, ma Ashton sembrava davvero dispiaciuto. Lo vide allargare le braccia come per invitarla ad avvicinarsi, e poi farle ricadere lungo i fianchi, inermi. La ragazza rimase immobile. Ora che la notava, aveva davvero i lineamenti delicati e sottili, da ballerina, il collo lungo, le spalle rigide e le gambe dritte. Si strinse ancora di più come a farsi più piccola. Luke si chiese come facesse Ashton a conoscerla, dal momento che stavano sempre insieme. Dove l'aveva conosciuta? Quando? 
Scambiò un'occhiata con Calum e Mike che scrollarono le spalle nello stesso momento. 
-"Luke, sputa il rospo." 
-"Quale rospo?" 
Emily sollevò sopracciglia in un'espressione eloquente. Non le piaceva quando faceva finta di non capirla. 
-"Non ho niente. Mi chiedevo chi fosse, tutto qui. Solo curiosità." Le diede un bacio veloce sulla guancia e poi l'aiutò a sollevarsi. Superarono una coppia avvinghiata come se non ci fosse un domani, e Luke sentì Emily irrigidirsi per un attimo e poi voltare lo sguardo inorridita. La sua famiglia era fortemente cattolica e lei era cresciuta con quelli che definiva "sani principi". Luke non aveva nulla contro quella sua ideologia, e per un attimo quel suo atteggiamento lo rassicurò leggermente.
-"Potresti chiederlo a lui." Osservò Emily stringendogli la mano. Luke aveva guardato le sue mani, quella prima volta da Guitar Lounge, e le aveva trovate estremamente sottili, semplicemente non adatte a nessuno strumento musicale. Le aveva domandato più volta cosa diavolo facesse là dentro, e lei non glielo aveva saputo dire. 
-"Sì, ma sarebbe invadente." 
-"Dormite insieme sei notti a settimana, e alla fine chiedere chi fosse una ragazza conosciuta forse per caso a un falò sarebbe invadente?" Il suo tono non era d'accusa, ma lo guardò con serietà. Avevano diversi parametri di privacy, evidentemente. 
-"Se avesse voluto dirmelo, lo avrebbe già fatto." 
-"Oh, non sapevo che anche voi faceste pigiama party il venerdì sera. Cos'è? Scegliete anche il colore dello smalto?" Ora Emily sembrava divertita, e Luke trattenne a stento una risata. 
-"Mike lo fa." 
-" Pigiama party o lo smalto?" 
Luke la guardò con un'occhiata della serie "tu cosa ne dici?" ed Emily rise di cuore. Spontaneamente, Luke le circondò le spalle con un braccio, mentre si avvicinavano a Mike. 
-"Hey!" Esclamò il ragazzo. Si era ritinto i capelli, questa volta di blu tendente al viola. Calum e Ashton gli avevano detto che erano troppo sobri, Luke che aveva apprezzato il cambio drastico aveva buttato lì che facevano risaltare il colore dei suoi occhi. Mike aveva apprezzato, ma sarebbe andato a cambiare colore il prima possibile.
Mike sollevò lo sguardo dal telefono, li inquadrò lentamente e sorrise mentre in realtà era da tutt'altra parte. 
-"Annie?" Chiese Luke con disinvoltura.
Mike annuì un po' rattristato. Chissà cosa stava succedendo ai suoi amici. 
-"La prossima volta invita pure lei, mi piacerebbe conoscerla!" Esclamò Emily. Luke apprezzò che lo stesse facendo per non far cadere la conversazione nel silenzio. 
-"Non può uscire di sera." 
I genitori non lo permettono? Si domandò Luke, ma non si espresse ad alta voce. 
-"Lo faremo di giorno." Emily sorrise con estrema tenerezza. Luke la guardò e il suo sguardo si addolcì, anche Mike accennò un sorriso. 
-"Un falò di giorno?" Chiese Mike titubante. Il sorriso di Emily si allargò.
-"Faremo un barbecue." 
-"Ci sto!" Esclamarono Calum (quanto della conversazione aveva fatto finta di non sentire?), Luke e Ashton (quando era tornato?) 
Tutti scoppiarono a ridere. Luke guardò Ashton e in silenzio gli chiese se fosse tutto a posto, quello con un sorriso raggiante come al solito si avvicinò a Mike e gli scrollò i capelli con forza.  C'era qualcosa di strano tra di loro, Luke lo aveva notato e anche gli altri probabilmente ci sarebbero arrivati prima o poi. 
Era come una sensazione strana a metà tra stomaco e polmoni, ti impediva di assaporare tutto fino in fondo, come quel bacio di prima, come l'odore di zucchero sciolto o le vibrazioni delle corde di una chitarra, come gli sguardi di sfuggita e i sorrisi rubati, come gli abbracciati non dati e le parole non dette. Era una sensazione che assomigliava alla paura di perdere, di perdersi. E se fosse bastato un attimo per dimenticare e ricominciare tutto da zero per godersi di nuovo ogni minuto sprecato? E se fosse l'oblio fosse riuscito a risplendere per sempre? Non era pericoloso desiderare di poter rivivere tutto fino all'estremo? Fino a che il cuore non fosse scoppiato e i nervi non si fossero tesi per un caleidoscopio di emozioni indescrivibili? E se dimenticare avesse aiutato a non soffrire, come Micheal, come Ashton, non sarebbe stato più facile ricominciare? 

 
 

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Capitolo 2
*** Capitolo Uno ***


Author's Corner: Sinceramente non so perchè continuo a scrivere questa storia... ma oramai ci sono dentro :) spero vi piaccia !! 
With love, 
-A.

Capitolo 1

Quattro mesi dopo…


Calum si svegliò con la solita estrema calma. Aprì prima un occhio e poi l’altro, come ad accertarsi che davvero fosse mattina. Con la stessa riluttante voglia, si portò una mano sul viso e si schiaffeggiò leggermente le guance. Poi si sollevò, la canottiera bianca sbrindellata gli scivolava da una spalla lasciando scoperto il tatuaggio sul pettorale sinistro. Iniziò a grattarsi la testa, arricciando ancora di più i selvaggi capelli neri.
Erano successe un sacco di cose negli ultimi quattro mesi, eppure non riusciva a ricordarsi cosa era successo la sera prima. Si ricordava di aver lasciato il garage di Ashton, in cui insieme ai ragazzi, aveva provato le ultime canzoni e forse… è possibile che ne avessero scritta una nuova? E se sì, perché non la ricordava?
Si sentiva come se la sera prima avesse bevuto pesantemente, ma avrebbe giurato di non aver toccato altro che limonata o soda. Si guardò allo specchio con meticolosità. Gli occhi neri non sembravano aver dormito profondamente per dieci ore; due occhiaie scure solcavano i suoi zigomi. Si accigliò; non era mai successo prima. Aveva come la costante impressione che mancasse qualcosa, ma non avrebbe saputo dire cosa di preciso. Non si sarebbe chiesto chi mancasse. Insomma, se manca una persona, te ne accorgi, no?
A ogni modo, uscì dalla stanza strascicando i piedi scalzi quando il suo guardo scivolò sul comodino, vicino al letto. Si chiese quanto fosse stato addormentato da non accorgersene prima. Era altamente improbabile che il libro appoggiato con cura sotto la lampadina fosse il suo. Lo prese e lesse il titolo sulla copertina: Great Expectations – Charles Dickens.
Chiunque glielo avesse prestato, aveva davvero un’enorme fiducia nelle sue possibilità, ma lui stesso credeva che un libro tanto grande non sarebbe riuscito a leggerlo. Ultimamente gli incontri con la band stavano diventato costanti e molto impegnativi, e lui si sentiva come se il suo più grande sogno stesse prendendo vita. Eppure qualcosa non quadrava, e si chiedeva perché proprio quella mattina dovesse avvertire quella sensazione di … nostalgia proprio al centro del petto.
 
**
 
Mike aveva preso il pullman un’ora prima. Nonostante fosse rauco per le prove a casa di Ashton la sera prima, si era sentito in dovere, morale più che altro, di alzarsi e andare a trovarla. Annie gli aveva detto che sarebbe tornata a casa quella mattina, e che probabilmente avrebbe fatto meglio a non passare. Micheal non aveva dato peso alle sue parole. Si sarebbe presentato alla sua porta, mica poteva sbattergliela in faccia, no? E se invece lo avesse fatto?
Scese alla solita fermata, salutando il solito autista e saltando il solito gradino con fare esperto. La prima volta che ci era capitato, aveva perso il suo orecchino proprio nella fogna ai suoi piedi, questo perché improvvisamente era comparsa una stramba ragazza con i capelli lunghi e castani che gli era sbattuta contro. Sembrava spaventata e sconvolta, e lui si era sentito in colpa per aver perso il piercing. Chissà chi o cosa avesse perso lei, cosa avesse saputo. E poi l’aveva scoperto. Quel giorno Ann aveva scoperto di avere il cancro, il che a ottanta anni è spiacevole, a sedici è una dannazione. Micheal non aveva intenzione di innamorarsi di lei, ma purtroppo o per fortuna l’aveva fatto. E ora vagava come un fantasma alla fermata dell’autobus, non sapendo se aspettare il pullman di ritorno oppure proseguire per un  altro isolato e raggiungere Ann a meno di due chilometri da lui. Sapeva che Ann odiava farsi vedere dopo essere uscita dall’ospedale, ma lui sperava che potesse superare questa storia. Lei gli piaceva così com’era, e anche se non l’aveva mai vista nei momenti peggiori della malattia, perché lei puntualmente glielo impediva. Ann era stata riservata all’inizio con chiunque si fosse avvicinato a lei per compassione; Mike era riuscito a scalfire quella corazza e raggiungerla ovunque si fosse rintanata. Ne aveva apprezzato la forza e la tenacia, e la purezza dei suoi sentimenti l’aveva colpito. Le avevano dati pochi anni di vita prima che il tumore vincesse, ma lei non lo aveva allontanato e stranamente lui non aveva avuto paura di starle vicino.
Prese la sua decisione.
Non si mise a correre, ma ci mancò poco.
Suonò al campanello. I capelli decolorati si specchiavano sul vetro della porta che dava sul porticato. Si immaginò il discorso che Ann gli avrebbe fatto, cercando di rimanere seria mentre lo sgridava, mentre gli diceva che doveva smetterla di precipitarsi in casa sua quando lei glielo proibiva.
-“Chi è?”
-“Sono Micheal?”
L’esitazione non gli piacque per niente.
-“Micheal, chi?”
 
**
 
Ashton si stiracchiò come un gatto per almeno dieci minuti. Era una sensazione pessima alzarsi dopo cinque ore seduto sullo sgabello fra le percussioni. Ora aveva un piccolo problemino al polso, che sarebbe tornato in ottima forma in un paio di ore e … aveva un corpo raggomitolato che dormiva dall’altra parte del divano.
Già, al solito si era addormentato in garage. Sorrise guardando la massa di capelli biondo scuso stendersi e occupare lo spazio che lui aveva lasciato libero alzandosi.
-“Ehi, piccoletto.” Sussurrò pizzicandogli il naso. Harry, il suo fratellino, aprì un solo occhio fulminandolo con i suoi occhi chiari.
-“Cosa ci fai qui?” gli chiese mentre si alzava stropicciandosi gli occhi. Aveva un faccino furbo e allegro tanto quanto il suo, d’altra parte.
-“Niente. Dormivo.”
Ashton rise rauco. Ancora aveva la voce impastata dal sonno.
-“Questo era ovvio.” Rispose scompigliandogli i capelli. Si lasciò seguire dal fratello e insieme salirono in casa. Si girò e gli fece segno di fare silenzio, forse Lauren e sua madre stavano ancora dormendo. In realtà, non era molto sicuro. C’era uno delizioso profumo di caffè  e omelette che proveniva dalla cucina. Magari più tardi, ci sarebbe passato. Era sicuro di aver dimenticato qualcosa in camera, qualcosa che riguardasse un cd a cui avrebbe dovuto lavorare. Non ricordava dove lo avesse messo, e per chi avrebbe dovuto farlo. Eppure ricordava questo strano aneddoto di un borsone sul marciapiede con alcuni nastri di raso che fuoriuscivano dalla cerniera che non era stata chiusa bene, e una mano sottile le gli porgeva un cd. Sembrava che non ci fosse scritto niente sopra, o forse lui non se lo ricordava. Doveva trovarlo, magari era urgente. Guardò rapidamente Harry che se ne tornava in camera sua e lo salutò con un cenno del capo accompagnato dal solito sorriso. Poi entrò nella sua confusa stanza e si portò una mano tra i capelli.
-“Non potrò mai trovare un cd qua dentro. Tanto meno intatto.” Brontolò.
 
**
 
[SMS] – Sconosciuto.
La vibrazione del cellulare sul comodino lo fece svegliare con un mugolio. Lasciò cadere la mano sull’apparecchio e se lo portò a due centimetri dagli occhi, la vista ancora appannata dal sonno.
 
Ci vediamo per le tre, al solito posto?
 
Luke si accigliò. Perché uno sconosciuto avrebbe dovuto scrivergli di vedersi al solito posto? Decise comunque di rispondere.
 
[SMS]
To: Sconosciuto
Scusa, chi sei?
 
Rotolò nel letto e schiacciò la testa su cuscino. Sapeva che fosse tardi, ma non si curò dell’ora. Era stanco con un enorme mal di testa. Che problemi aveva avuto nel digerire un pizza con peperoni, salame e patatine? Il suo stomaco era abituato al peggio…
 
[SMS] – Sconociuto.
Stai scherzando, vero? O.o
 
Luke si alzò mordendosi il piercing sul labbro inferiore. Perché la gente doveva alzarsi la mattina con la voglia di prendere in giro altra gente che ha solo voglia di dormire? Sollevò un sopracciglio guardandosi intorno. Era la sua stanza, il suo letto, i suoi posters, i suoi spartiti, la sua chitarra. Perché qualcosa non tornava?
 
[SMS]
To: Sconosciuto
No.
 
Guardò lo schermo con un sospiro. Qualcosa non tornava. Era chiaro che quella persona lo conoscesse.
 
[SMS] – Sconosciuto.
Andiamo, Luke. So che abbiamo litigato di brutto l’ultima volta, ma non pensavo che fossimo arrivati a questo punto.
 
Scosse la testa come a schiarirsi le idee poi arrivarono tre messaggi tutti a una volta.
 
[SMS] – Cal.
Dobbiamo vederci.
 
[SMS] – Mikey.
Possiamo vederci?
 
[SMS] – Ash.
Da me. Subito.
 
Sbuffò con aria preoccupata e non perse altro tempo. 

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