The Man, The Dog, The Lich, The Dead.

di Majakovskij
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAP.1 - FINN L'UMANO ***
Capitolo 2: *** CAP.2 - JAKE IL CANE ***
Capitolo 3: *** CAP.3 - FINN L'UMANO ***
Capitolo 4: *** CAP.4 - JAKE IL CANE ***
Capitolo 5: *** CAP.5 - FINN L'UMANO ***
Capitolo 6: *** CAP.6 - JAKE IL CANE ***
Capitolo 7: *** CAP.7 - FINN L'UMANO ***
Capitolo 8: *** CAP.8 - JAKE IL CANE ***
Capitolo 9: *** CAP.9 - FINN L'UMANO ***
Capitolo 10: *** CAP.10 - JAKE IL CANE ***
Capitolo 11: *** CAP.11 - FINN L'UMANO ***
Capitolo 12: *** CAP.12 - JAKE IL CANE ***
Capitolo 13: *** CAP.13 - FINN L'UMANO ***
Capitolo 14: *** Cap.14 - BONNIBEL BUBBLEGUM (Eine jeder Engel ist schrecklich) ***



Capitolo 1
*** CAP.1 - FINN L'UMANO ***


Quando mi sveglio la testa mi fa malissimo. Questa notte ho dormito male, ho l'impressione di aver avuto un brutto sogno, ma non ricordo assolutamente cosa io abbia sognato. Lo stomaco è pesante. Faticosamente mi alzo e mi stiracchio, poi prendo il braccio meccanico sopra il tavolo e lo connetto alla spalla. Ruoto il gomito, la mano. Apro e chiudo le dita. Questo braccio va sempre peggio, ma non saprei proprio dove procurarmene uno nuovo. Pian piano mi trascino verso le cucine reali. Sono ancora intontito dal sonno, e ho fame.

Il cuoco non mi è mai piaciuto. Non so perché. Ha l'aspetto di uno che debba tradire tutti da un momento all'altro. Mi serve una zuppa probabilmente avanzata dal giorno prima. A me va bene. Mi piacciono gli avanzi. Solo, odio dover mangiare prima dell'alba. Come un ladro. Prima che si sveglino i reali.

Finisco di mangiare presto. Il cuoco mi ha fissato tutto il tempo, mettendomi pesantemente in soggezione, il cibo era poco e poi sono di pessimo umore. Per via del sogno. Chi sa cosa diamine ho sognato. Fatto sta che quando esco dalle cucine dormono ancora tutti, e io posso tranquillamente aspettare davanti alla stanza della Regina Fiamma. Per farlo una sorpresa, come sono dolce. Ho bisogno di una pausa.

Una sedia davanti alla porta, me sulla sedia, aspetto. No sia mai che qualcuno attenti alla sua vita proprio questa mattina. Come se non sapessero difendersi, lei e il re.

Non so quanto tempo passi, prima che qualcuno si svegli. Però poi la porta si apre e la Regina Fiamma esce, mi vede.

-Finn! Cosa fai qui davanti?-. Fa male vederla. È così bella.

Sorrido: -Non sia mai che qualcuno cerchi di ucciderti nel sonno.

-Saprei eliminare la minaccia da sola. E se non io, il Re Cannello.

.Mi piace pensare che nessuno possa turbare nemmeno il tuo sonno.

-Sei così carino, Finn.

Lo so. Lo so che sono carino. Allora perché hai sposato Cannello? Hai idea del male che mi fai? Ma non dico nulla.

 

Che bella, la processione dei reali. Centinaia di fiamme che camminano in un corridoio. Verso le cucine. Di queste, solo due sono importanti Gli altri, servi, lacchè, poveri che chiedono. Guardie. Assassini. E, in fondo, io.

La colazione si consuma in allegria. Un lauto banchetto. Risate. Molta carne e, sul palco, si recita Shakespeare. Come ogni mattina. Ripeto: ho bisogno di una paura. Tornare all'avventura, come tanti anni fa. È chieder tanto? Forse sì. Oggi in particolare, la giornata sarà noiosissima. Colazione. Accogli l'ambasciatore del Conte Limoncello. Pranzo. Trattative. Cena. Congeda l'ambasciatore. Non so nemmeno che trattative si debbano svolgere. Qui mi tengono all'oscuro di tutto. Compio solo il mio lavoro, cioè far nulla, attendendo un assassino, un ladro, una disputa, una minaccia.

Poi finalmente, oggi, arriva.

Qualche ora dopo la colazione giunge il tanto atteso ambasciatore. A me è stato affidato l'onore di accoglierlo. I reali hanno scelto un'accoglienza in grande stile. C'è l'orchestra, il giullare e, tanto per cambiare, c'è il teatro. Shakespeare. Qui si fanno almeno quattro spettacolo al giorno, e, invariabilmente, tutti di Shakespeare. Comunque, appena vedo l'ambasciatore, sento subito puzza di bugiardo. Di assassino a pagamento. Gli stringo calorosamente la mano, mi guarda sorridendo. È orribile. Mi disgusta, questa gente limone. Deforme, brutta, magra. Questo in particolare ha un occhio più grosso dell'altro, delle braccia lunghe, quattro gambe esili e veloci e una bocca più grossa della mia testa. Mentre lo guardo realizzo che potrebbe anche essere femmina. Non ne sono certo. Non che mi importi. Comunque gli (o le) faccio segno di seguirmi, parlando il meno possibile. Appena siamo effettivamente dentro il regno metto da parte il ribrezzo e mi rivolgo a quella cosa. Prima mi guardo le unghie meccaniche, ci soffio sopra come a pulirle, sorrido e chiedo:- Sai quale è la parte davvero bella del Regno di Fuoco?

Risponde con quella voce stridente che mi fa rabbrividire:- no, ma, onestamente, non mi interessa. Io sono qui soltanto per fare quel che mi è stato ordinato di fare. Poi potrò andarmene sperando una ricompensa dal Conte Limoncello.

-Eh eh. È appunto qui il bello di questo Regno. È -sottolineo la parola successiva- assolutamente impossibile qualsiasi forma di menzogna. Se sia una magia o scienza, non lo so. Mi piace credere sia una magia. Fatto sta che sei una creatura rivoltante. Lo dicono nonostante io tema che, se le mie ipotesi fossero sbagliate, tu potresti offenderti e interrompere ogni trattativa. Quindi, le cose stanno così: hai un'aria così orripilante da trasudare immoralità. Qui sta la domanda: sei una creatura immorale? Perché sei qui?

Quella faccia orribile si deforma in quello che interpreto come stupore. Evidentemente avevo ragione io: questa è una creatura cattiva. Mentre attendo che arrivi una risposta, porto la mano all'elsa della spada. Lo stupore si trasforma in rabbia e poi in fatica mentale. La stessa fatica mentale che mostravo io cinque anni fa, prima di imparare a arrendermi al gusto per la sincerità. Già questo mi basta per decidere cosa fare. Ma sarebbe sbagliato attaccare per primo. Balbettante, inizia a articolare:- Io... io sono qui.. sono qui per... uccidere il lord protettore e la famiglia reale!

Ah ah! Avevo ragione. Sguaino la spada, gliela punto a quella cosa che più mi sembra una gola, e chiedo:- E perché devi ucciderci?

-Di preciso non lo so. Le informazioni sono limitate. Hanno inviato me solo perché sapevano che posso ammazzarti.

Il bastardo è forte. E quelle zampette rivoltanti sono veloci. Così, prima che io possa accorgermene, indietreggia e salta. In un attimo è sopra di me, e una zampata mi colpisce il mento. Cado in terra, sbatto la nuca, e tutto si annebbia per qualche momento. Lo sento corricchiare, si allontana. Sfilo la balestra dalla fondina e sparo: credo di averlo mancato, ma non so per certo, ho la resta ancora annebbiata. Seguendo i suoni continuo a correre, e quando recupero la vista mi è di un po' davanti.

Sparo un altro dardo, e gli colpisco una zampa. Urla, rallenta, inciampa e rotola. Sono su di lui. Con la spada faccio per infilzarlo, ma mi getta qualcosa negli occhi. Non so cosa sia, ma brucia. I ruoli si invertono: si aggrappa sulle mie spalle e inizia a tempestarmi la faccia di pugni. Quando tira fuori un coltello tento di toccargli la faccia col braccio meccanico. Si tira indietro come se fossi la peste. Evidentemente sa bene con chi ha a che fare. Per altre due volte tento di toccarlo e per altre due volte mi schiva. Poi estrae qualcosa con un pulsante: preme il bottone e il mio braccio cade giù, inerte.

Diamine, questa non me l'aspettavo. Mi resta solo il braccio sinistro, la balestra e la spada. E i pugnali. Ne tiro fuori uno e lo lancio, ma mi schiva. È troppo veloce. Anche con la balestra sono lento. Ogni volta che sparo un dardo devo ricaricare con una sola mano. Così urlo e gli corro incontro. Tiro un fendente, si scansa. Un altro, e si scansa ancora. Poi colpisce me: mi fa un taglio sul braccio. Niente di che, ma inizio a inferocirmi. È un combattente rapido e preciso, e sembra conoscere ogni mia mossa in anticipo. Sa che non deve lasciarsi toccare, sa che senza il braccio destro combatto con difficoltà, e conosce il mio stile. Deve essere moltissimo tempo che viene addestrato appositamente a uccidermi, e probabilmente io sono ancora vivo solo grazie alla magia che impone la sincerità. Così, quando tento un affondo, scarta a sinistra, afferra la lama con una mano e il mio braccio con l'altra. Preme il nervo, tira via la spada e con le tre zampe sane mi colpisce il petto. In un attimo mi ritrovo in terra, senza spada, senza fiato e con il braccio sinistro dolorante. Ora, la cosa che mi verrebbe più naturale è continuare a combattere con i pugnali a distanza ravvicinata. Quindi non lo farò: è esattamente quel che si aspetta da me. Devo pensare a qualcosa che è totalmente fuori dal mio stile.

Nella mia vita ho utilizzato molte armi. Principalmente spade, più o meno affilate. Negli ultimi anni ho iniziato a destreggiarmi con le balestre. Ma armi come bastoni e mazze? Mai sopportate. Sono in grado di utilizzarne una? C'è un solo modo per scoprirlo. Si avvicina a me correndo, è sicuro di sé perché non posso difendermi. Quando è a pochi passi da me porto la mano sinistra alla spalla destra e sgancio il braccio. Sta per colpirmi, ma io sono più veloce. Afferro la mano destra, sfilo il braccio e lo uso per una spazzata. Credo, dal suono, che un'altra zampa gli si sia rotta. Cade, e io inizio a colpire sempre più violentemente la sua faccia. Succo di limone schizza ovunque. Mi dà un calcio nello stomaco, poi si rialza e si allontana sulle zampe rimanente. Nella corsa gli cade qualcosa e quando, inseguendolo, la raccolgo, mi accorgo che è quel dispositivo che mi ha paralizzato il braccio. A vederlo è tecnologico, non magico. Premo il bottone e il braccio torna a muoversi. Perfetto.

Così azzoppato non è molto veloce, e in pochi secondi lo raggiungo. Regolo l'energia del braccio alla massima potenza e lo tocco. Una volta Bonnibel mi aveva detto esattamente quanti volt può rilasciare, ma ormai non ne ho idea. Comunque, la parte divertente è che non ho mai provato a dare la scossa a una persona limone. Lo spettacolo è orribile: l'elettricità lo fa gonfiare e poi esplodere. Il suolo si dissemina di pezzi di limone, così come il muro e il soffitto. Appena vedo il risultato inizio a vomitare.

 

Alcuni servi mi trovano così: ancora sotto shock. Non è per il cadavere in sé, ho già visto molti morti, nella mia vita. Tanti li ho uccisi io. No, un cadavere non è un problema. Il problema è che ho appena ricordato il sogno. Proprio quel cadavere me lo ha riportato alla mente.

 

Entravo in casa di Melaverde allarmato. Urlavo “C'è nessuno?”. Poi vedevo Melaverde: piangeva, e guardava in terra. Il Signor Maiale in terra. La faccia macellata, la pancia aperta. A vedere le ferite, doveva aver sofferto a lungo, poveraccio. Melaverde piangeva e urlava. Io non sapevo cosa fare, volevo scoprire chi fosse stato, ma ero bravo a uccidere, non a indagare. Era Jake il cervello. Poi, il Gufo Cosmico ci fissava, seduto su una sedia, mentre mangiava torta di mele. Ohw, ohw.

 

Chiedo udienza ai reali. Non sembrano felici. Li ho interrotti mentre guardavano Shakespeare, dopotutto. Che novità. È il re Cannello a parlare:- Cosa cerchi da noi, Finn l'umano?

Alzo la testa e parlo:- Re Cannello, Regina Fiamma: sono al vostro servizio da cinque anni. In cinque anni non ho mai messo piede fuori dal regno. In cinque anni ho ucciso quando volevate che uccidessi, ho messo la mia spada e le mie braccia al vostro servizio. Ora, vi chiedo di interrompere il legame che ci unisce.

-Per quanto?

-Questo non lo so.

-E perché vuoi allontanarti?

-Un... una... una persona che una volta conoscevo, potrebbe essere in pericolo. Un sogno... era morto, poi c'era il Gufo Cosmico... Io... potrebbe essere già morto, non lo so. Credo sia urgente.

Risponde la Regina Fiamma:- In cinque anni ci hai serviti molto bene, Finn l'umano. Sei un abile guerriero. Un fedele compagno. E un buon amico. Ora, hai bisogno di andare. Il tuo amico è in situazione di bisogno, e quindi sì, ti concederò il diritto di partire. Prendi tutto il tempo di cui hai bisogno -sorride- e salvalo. Io credo tu possa farcela. Chiedi qualsiasi cosa ti serva per il viaggio, e ti sarà data.

Il re Cannello non pare aver nulla da aggiungere. Solo sorride, accondiscendente.

Parto in tutta fretta. Mi faccio dare del cibo, dico che va bene tutto purché si conservi. Dardi, una balestra e una spada. E dell'acqua. Sono cinque anni che bevo solo acqua calda. Sarà strano berla tiepida o fredda, una volta fuori di qui.

Esco come un ladro. Non saluto nessuno, non ho tempo di spiegare nulla.

-Finn?

Mi volto. È la Regina Fiamma:- Torna presto. E torna vincitore. Mi mancherai.

Sorrido, non rispondo, e mondo a cavallo del Lupo di Lava gentilmente concessomi. Il viaggio è veloce, questi lupi sono fenomenali. Dopo due giorni, contando una larga deviazione per evitare il Regno di Ghiaccio, sono nelle Pianure Verdeggianti. Ora devo solo cercare di ricordare dove si trovi la nuova casa di Melaverde e del Signor Maiale. Da quanto non li vedo? Sette anni, da quando hanno lasciato la zona di dominio di Bonnibel, stanchi delle tasse insostenibili. Solo una volta sono stato lì, speriamo di ricordarmi. Era sul finire delle Pianure, a est. Ai piedi della montagna parlante.

Il lupo necessita pochissimo riposo e al terzo giorno di marcia trovo la montagna.

Sgroppo. Sono teso. Ancora di più quando noto la porta aperta. Entro in casa di Melaverde allarmato. Urlo: -C'è nessuno?- Poi vedo Melaverde: piange, e guarda in terra. Il Signor Maiale in terra. La faccia macellata, la pancia aperta. A vedere le ferite, deve aver sofferto a lungo, poveraccio. Melaverde piange e urla. Io non so cosa fare, voglio scoprire chi sia stato, ma sono bravo a uccidere, non a indagare. È Jake il cervello. Per qualche secondo resto lì, incerto. Non so che dire. Non so che fare. Poi Melaverde inizia a parlare: -E tu chi sei?

Oh Glob. Non mi riconosce. Sono passati sette anni dall'ultima volta che mi vede. Ma da quanti anni Io non mi vedo? Non ho idea del mio aspetto. Quindi, con tono più che gentile, mi chino verso di lei e dico: -Melaverde, non mi riconosci? Sono io, Finn l'umano.

Sviene.

Quando si risveglia mi guarda allibita. Dapprima non capisco. Poi realizzo: dopotutto, mentre era KO, nell'attesa mi sono messo comodo e sto mangiando la torta di mele che era sul tavolo. Diamine, manco di tatto. Oh Glob, a pensarci quella poteva anche essere la torta che suo marito stava mangiando quando è stato ammazzato.

-Finn, io... io... sei così cambiato...

-Lo so. Il tempo passa e non è gentile- Pessima frase da dire a una della sua età. Chi sa quanto è vecchia. Ha le rughe, la pelle si è scurita, e sembra secca e asciutta. -Melaverde, voglio risolvere tutto. Voglio aiutarti, cosa è successo? Dimmi tutto quello che sai, vendicherò il Signor Maiale.

-Io non lo so cosa sia successo. Ero appena arrivata in casa. Non lo so, ma so che tu non c'entri nulla in tutta questa storia. Non indagare, vattene!

Inizio a essere confuso:-Perché Melaverde? Posso essere d'aiuto. Sono un abile guerriero-. Evidentemente la vecchiaia e il dolore la fanno delirare.

Lei risponde:- Tu... tu e il tuo cane, avete portato quel gigante qui... la colpa è sua, ne sono certa.

-Che gigante?

-Quel bambino! Il bambino-demonio! Bambino-demonio, bambino-demonio! Lo avete portato qui senza dare spiegazioni. Senza dire nulla. Era così bello, all'inizio. Così carino. Poi si è fatto sempre più inquietante. Sai dirmi perché lo avete portato qui da noi?

Oh Glob. Oh Glob. Il bambino-demonio. Il Lich. Melaverde non sta delirando. Tanti anni fa io e Jake sapevamo essere così stupidi. Jake lo è ancora, probabilmente. Come abbiamo potuto portarle il Lich in casa? Neanche sapevamo se fosse pericoloso o meno. Le abbiamo portato quel mostro come fosse un dono del cielo. Le chiedo:- Melaverde, ora dove è quel bambino?

Risponde, acida:- E io che ne so? Un giorno è scomparso. Anni fa. Fu una liberazione. Per me e... per me...- scoppia di nuovo a piangere.

Mi alzo:- Melaverde, non temere. Qualsiasi cosa accada, troverò quel mostro. Negli ultimi anni sono stato addestrato. So combattere, e farò del mio meglio per indagare. Il mio scopo è devastare tutto quello che è immorale. Tu resta qui. Non so quanto ci metterò. Ma ammazzerò chiunque abbia ucciso tuo marito. Lo ammazzerò come un cane.

Lei risponde con una risata totalmente priva di allegria:- Finn. Una volta eri tutto gentilezza e rettitudine. Che fine ha fatto quel ragazzino buono e onesto?

-Quel ragazzino è cresciuto, Melaverde. Ormai ho 41 anni. Sono ancora onesto. In realtà, sono al momento di massima onestà nella mia vita. E sono ancora buono. Semplicemente ho imparato che uccidere non è sempre sbagliato. A volte uccidendo si salvano delle vite. Billy è morto perché io non ho saputo uccidere.

-Hai sempre saputo risolvere tutto soltanto con la violenza. Solo che questa violenza è diventata più grande di te.

-Ora vado, Melaverde. Tornerò quando tuo marito sarà stato vendicato.

Sta per rispondere, ma esco. Si sta facendo notte. Avrei potuto chiedere un letto a Melaverde, ma non mi va. È vecchia e non capisce i miei metodi, non voglio passare un notte a discutere di moralità. Se qualcuno è immorale va ucciso, semplice e lineare. Così cammino, con calma, al fianco del lupo di lava. Quando mi stanco mi fermo e dormiamo.

La mattina mi sveglio col sole negli occhi. Più che con il sole, con qualcosa che fa scintillare il sole, sul pelo del lupo. Controllo: è una targhetta. Dice “Jake IV”. Eh eh, il re Cannello mi ha dato niente di meno che il suo personale lupo di fuoco. Come se mi dicesse “mi fido di te: so che tornerai”. Dopo i primi attriti, ho imparato presto a amare il re cannello. È uno dei più grandi sovrani di Ooo, se non il migliore. Monto su Jake IV.

L'aria nei capelli. Ogni volta che cavalco uno di questi lupi ripenso a quello che è stato probabilmente il giorno più bello della mia vita. Cavalcare Jake, con Billy. Salvare il mondo dal Lich. E invece stavamo aiutando il Lich stesso. Be', ora sto andando a distruggerlo, no? Prima, però, una tappa importante.

L'aria nei capelli e nella barba. L'aria colpisce il braccio buono, e mi sferza sul viso. Chi sa se abita ancora lì. Prima le divergenze d'opinione, e lui che si è spinto verso una strada che io non volevo nemmeno conoscere. Poi il servizio presso Bonnibel. Infine nel Regno di fuoco. Così il tempo è passato, e da quanti anni non vedo mio fratello? L'ultima volta è statoi prima di andare a Dolcelandia. Lì c'è stato il punto di rottura. Almeno sedici anni che non lo vedo, quindi. Possibile che io non l'abbia cercato nemmeno una volta? Be', la vita fra noi era diventata difficile. Tesa.

 

Sono qui, davanti alla sua porta. Uno, due, tre e busso. No, troppo tempo. Se conto fino a tre ho tutto il tempo di ripensarci e scappare. Inspiro. Espiro. Ho ucciso senza aiuti le bestie del deserto. Mi sono strappato un braccio con le mie sole forze. Ho ammazzato a mani nude diverse persone. Una volta, per errore, ho ucciso anche una bambina. Possibile che ora io non riesca a trovare il coraggio di bussare a una porta?

Alzo il braccio.

Sto per farlo.

No, quello meccanico è troppo pesante. Lo spaventerei.

Alzo il braccio sinistro. Inspiro. Espiro.

E se non abita più qui?

Oh Glob, suvvia, devo smettere di aver paura!

Busso.

 

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Capitolo 2
*** CAP.2 - JAKE IL CANE ***


Mi fermo davanti al mobile. Inspiro. Espiro. E aspetto il momento magico. L'ispirazione divina. Poi eccola! Accendo lo stereo, a passo di danza mi dirigo verso il tavolo e rompo due uova. Verso del sale, del pepe, affetto bene una cipolla, prendo un pomodoro e poi l'ispirazione mi sfugge. La porta. Qualcuno ha bussato alla dannata porta. Sbuffo, spengo la musica, mi dirigo, di malavoglia, verso l'entrata, apro e rimango senza fiato.

L'uomo che bussa ha un braccio solo. Una pesante armatura sporca lo ricopre, porta dei lunghi capelli biondo cenere e una barba raccolta in due spessi dreadlocks che gli arrivano alla cinta. Tra capelli e barba si intravede un volto stanco, segnato da rughe e cicatrici, ma principalmente da ustioni. È come se qualcuno lo avesse ripetutamente colpito con una padella incandescente e poi l'avesse soccorso gettandogli del brodo caldo in faccia. È cambiato moltissimo, ma riconoscerei Finn tra mille identici a lui.

Maledetto, perché è venuto qui? Prima che possa dire qualcosa lo colpisco al petto con un pugno largo quanto la porta e allungo il braccio per parecchi metri. Quando atterra sufficientemente lontano dalla casa mi porto molto in alto, subito sopra di lui, assumo una forma aerodinamica e mi lascio cadere. Non voglio ammazzarlo, e con questa forma lo trapasserei da parte a parte con tutta l'armatura, così divento largo e piatto. Mi basta tramortirlo e poi lasciarlo da qualche parte lontano da qui. Magari nel deserto.

Sono troppo vicino a lui quando mi rendo conto che ha attaccato alla sua spalla un maledetto braccio di metallo: c'è un “plomp” e poi atterro diversi metri più in là. Mi sento pesantemente indebolito, perdo il controllo del mio corpo, ho l'impressione di liquefarmi. Finn si alza, si avvicina a me e intanto sgancia il braccio e se lo assicura dietro la schiena. Tenta di raccogliermi ma io mi sto allargando come una pozza d'acqua. La mia bocca è decisamente troppo larga e io a malapena riesco a biascicare “Lascia stare me e Lady”. Lui risponde che non ha intenzione di farci nulla, poi lo perdo di vista. Un occhio si sta allontanando, per conto suo, mentre l'altro è sepolto sotto la mia carne che si ammolliccia. È una sensazione orribile. Maledetto bastardo, possibile che sia venuto qui per arrestarmi? Dopo tutto questo tempo, poi? Alla fine mi sento trascinare goffamente. Ho il tatto che sfarfalla, quindi non sono sicuro, ma sento una mano e dei denti aguzzi. Vengo trascinato per parecchio, fin dentro casa. Spero che Lady torni tardi, quando Finn se ne sarà già andato. Poi svengo.

 

Mi risveglio di sera. Sento odore di caffè. Provo a muovermi: un po' a difficoltà, ma ci riesco. Bene, l'effetto era solo temporaneo. Allora sento Lady sospirare di gioia, evidentemente è rincasata e mi ha trovato in queste condizioni. E Finn? È venuto qui, mi ha quasi ucciso e poi se ne è andato? Che diamine voleva? Lady mi dice di star calmo, che ha parlato con Finn e non ha intenzioni cattive, poi se ne va. Io riesco a rimettermi in piedi e lo vedo, seduto al tavolo, che beve caffè e mi guarda. “Ehi”, mi dice, “tutto ok?”. Lo dice con quel tono che trapela senso di colpa che gli ho sentito usare tante volte, nel periodo in cui ci siamo allontanati.

“Sì, credo di sì, Che diamine mi hai fatto?”

Finn sorride, senza allegria, poi si indica il moncherino. “Poco tempo dopo che Bonnibel mi ha preso nella sua guardia personale ho perso il braccio. Così lei ha creato il gioiello che mi hai visto usare prima. Un vero braccio da guerriero: scariche elettriche, sonar, radar, emettitore di ultrasuoni, lanciagranate. Lanciava, almeno. Diciamo pure che questo braccio sta andando in malora, senza manutenzione. Poi, lo saprai, s'è fatta paranoica. Si fidava soltanto di me. Così ha fatto in modo che potessi difendermi proprio di tutti. All'altezza del gomito è incastonata una gemma che può difendermi dal controllo mentale del Lich. Dalla mano posso emettere ultravioletti per Marcy, microonde per Simon, cose così. E poi il colpo finale è stato questo emettitore di frequenze che può destabilizzare la tua struttura atomica, o qualcosa del genere. Scusami, non volevo usarlo. Non era mai stato collaudato e non ero nemmeno sicuro che saresti sopravvissuto. Però poi mi sono fatto cogliere dal panico”.

“Come hai perso il braccio?”

“Una volta Bonnibel mi aveva chiesto di accompagnarla nel deserto. Sai, sempre quella sua fissazione per il colonizzarlo. C'era un gigantesco lupo, mi ha colpito e mi sono ritrovato mezzo sepolto nella sabbia. Il braccio ha immediatamente messo le radici. Te la ricordi la spada foglia, no? Me l'ha maledetto per bene. Quel braccio era più una pianta che carne. Le mie dita si sono allungate a dismisura e il braccio si è seccato. È diventato legnoso. Alla fine hanno dovuto tagliarmelo. Ho dovuto tagliarmelo da solo, a dire il vero. Più scavavamo, più quelle dita-radici si ramificavano e andavano in profondità. Quella volta però non fu come la prima volta che lo persi. Fece male. Molto male. Per non parlarti del fatto di dover uccidere un lupo gigante in quelle condizioni”. Rabbrividisce. “Tu invece? Cosa hai fatto in quegli anni? Sei ancora con quei rifiuti?”

“Non vorrei parlarne, finiremmo solo col litigare”.

“Litigare? E perché? Sei ancora arrabbiato? Non condividi i miei metodi? O semplicemente ti brucia il fatto che io abbia ammazzato i fratelli ventriloqui e che il tuo amichetto dislessico marcisca in una prigione di Dolcelandia, sempre che non sia già stato giustiziato?”

“Tiffany. Si chiama Tiffany. E sì, ce l'ho ancora con te per questo. Hai ucciso due persone solo perché erano dei ladri. Questo è sbagliato, fratello. Sbagliato fino al midollo”.

“Erano persone immorali. Avrei dovuto lasciarle andare?”

“Tu e la tua fissazione per la moralità! Proprio per questo ti ho mollato da solo nella casa sull'albero! È tanto più giusto ammazzare tutti?”

“Sì. Senti, hai ragione tu. Finiamola col litigare. Meglio cambiare discorso. Però prima rispondi a questo: vai ancora in giro con quei rifiuti? Rubi ancora?”

“Anche se fosse? Sei qui per arrestarmi?”

“Non sono qui per arrestarti. Mi preoccupo per le compagnie che frequenti”.

“Capirai. Dopo diciassette anni viene a preoccuparti, che fratello esemplare. No, Finn. Non lavoro più con loro. Ero tornato a rubare per noia. I figli grandi” cerco Lady con lo sguardo, non la vedo “e un matrimonio che si faceva sempre più monotono. Uno prova a sopportare una vita così, ma poi bisogna trovare uno sfogo. Tornare all'avventura, non se ne parlava. Non senza di te. Così, alla fine mi sono riunito al mio vecchio gruppo. Ci sentivamo forti, abbiamo vacillato dopo il tuo raid, ma poi ci siamo ripresi. Nuovi membri, furti sempre più rischiosi. Ho smesso una volta che Lady si è ammalata. Gravemente. Non eravamo sicuri che ce l'avrebbe fatta. Poi però le cose si sono sistemate, e io ormai ero di nuovo fuori dal giro”.

“Quanto tempo fa è successo?”

“Non so. Sette o otto anni fa. Poi la vita con Lady è continuata come prima, ma dopo aver sperimentato il terrore di perderla non mi lamento più per la noia. Il denaro regalato l'ho regalato a chi più ne aveva bisogno”.

“Hai fatto la cosa migliore”.

Mah. Farmi insegnare la moralità da un assassino su commissione è una cosa che non mi va. Vorrei dirglielo, ma meglio lasciar stare. “Grazie. Tu, piuttosto, oltre a uccidere persone innocenti, cosa hai fatto della tua vita da quando ci siamo separati?”

All'inizio Finn non risponde. Incassa la mia frecciatina senza dir nulla. Si guarda un po' intorno. Sospira, prende un altro sorso di caffè. Io, senza alzarmi, metto sul fuoco una teiera. Non credo che il ragazzone sia contento della sua vita. Forse non a livello conscio. Ma sta male. Poi finalmente parla. “All'inizio mi sono ritirato a Dolcelandia. Bonnibel è stata ben felice di avermi al suo fianco. Non ero più un ragazzino. Ero disciplinato, ero diventato bravo a combattere. La mia lama si era sporcata di sangue. Non ero più impulsivo come in passato. Sapevo pianificare, sapevo condurre un drappello. Ero il suo eroe, me lo diceva sempre. Alla fine mi resi conto che non potevo scampare a me stesso: ero ancora innamorato di lei come quando ero un bambino. Ma niente da fare, lei era sposata alla scienza. Infine mi ha allontanato. Cinque anni fa. Continuo a non sapere se fosse una scusa o meno ma, dopo undici anni in cui avevo combattuto al suo fianco, dopo undici anni in cui ogni notte ho dormito nella sua stanza per proteggerla, lei mi ha detto che si sentiva a disagio con me. Ero un “non dolce” come lei mi definì,. Al suo fianco avevo perso la mia reputazione di eroe, tutti mi vedevano solo come il suo lacchè e mercenario. Al suo fianco avevo perso un braccio. Così mi ritrovai, trentaseienne, che non sapevo far nulla se non combattere, difendere, uccidere. Vendicare torti e servire principesse. Allora ho fatto la cosa più naturale. Sono andato nel Regno di Fuoco a servire la Regina Fiamma. Fa ancora male vedere il Re Cannello, ma si sopravvive”.

Sorrido. Povero il mio ragazzone. Ne ha passate tante, e è completamente schiavo delle sue emozioni. Me lo ricordo, la prima volta che tornò in casa spaventato, sconvolto e sporco di sangue. Quanto tempo fa? Aveva ventidue anni, se ben ricordo. Nemmeno la morte di Billy, nemmeno conoscere suo padre, gli aveva fatto tanto male. E non ha mai voluto confessarmi il suo primo omicidio. Decido di tentare.

“Finn”.

“Sì?”

“Ti va di parlarmi della tua prima volta?”

“Mi metti un po' in imbarazzo, a dire il vero. Fu con Betty e la cosa mi crea ancora molto senso di colpa”.

Imbarazzato mi sbrigo a interromperlo. “Intendo la prima volta che hai ucciso”.

Prima arrossisce. Poi impallidisce e abbassa lo sguardo. Con voce spenta mi risponde. “Di quello non ho voglia di parlare”.

“Suvvia! Quanto tempo è passato? Una ventina di anni, coso! Cosa può averti traumatizzato tanto?”

Gli occhi gli si bagnano. “Era una bambina, Jake”. Intanto l'acqua è calda. Verso in una tazza e aggiungo una bustina di tè. Lui prende un altro sorso di caffè. “Ricordi quella ragazzina di Dolcelandia, quel lecca-lecca verde? Era l'ennesimo anniversario della morte di Billy. Ero stanco, teso, ero triste. Poi ho sentito quella cosa gracchiante che si avvicinava alle porte del regno. Era buio, non ho visto cosa fosse. Allora, senza pensarci due volte, ho colpito. Era quella bambina. In mano aveva carta e penna. Era arrivata da me tossendo, e credo volesse solo un autografo. Il giorno in cui ho conosciuto Billy ho imparato che solo con la violenza si può salvar il prossimo. All'anniversario della sua morte ho capito una cosa anche più importante. Se vuoi impedire che i deboli periscano, devi uccidere per primo gli immorali. Se avessimo ucciso il Lich, Billy e Prismo sarebbero ancora vivi. Se avessimo ucciso mio padre e tutti quelli che sono fuggiti dalla Cittadella la principessa dello Spazio Bitorzolo, metà dei goblin, NEPTR e non so quanti altri, sarebbero ancora vivi. Se avessimo ucciso il Lich in tempo tutte quelle bestie nemmeno sarebbero uscite dalla Cittadella!” Inspira profondamente. “E se avessimo... se qualcuno avesse ucciso me venti anni fa, la ragazzina sarebbe... ancora viva”. Guarda in basso e inizia a piangere. Che cavolo, non avrei dovuto chiederglielo. Sono stato un vero imbecille. Mi allungo inglobando il tavolo e lo abbraccio.

 

Dopo un po' smette. Cerco di dire qualcosa, ma non mi viene in mente nulla di confortante. Così mi limito a dire “Ma immagino che tu non ti sia ripresentato dopo diciassette anni per picchiarmi e chiedermi cosa ho fatto in tutto questo tempo. Quindi, cosa vuoi da me?”

Finn sorride, si asciuga gli occhi, e mi fissa. “Sai Jake.. stavo pensando... che ne dici di tornare all'avventura?”

La frase mi arriva come una palla di cannone nelle budella. Sputo il tè sul tavolo, sgrano gli occhi, guardo Finn allibito. “Finn... che cavolo dici? Ti rendi conto che ho quasi sessanta anni? Mi stupisco che tu abbia ancora voglia di ammazzare, combattere, e vendicare torti! Ma io? Guardami! Non ho la pelle cadente solo perché la tengo su io. Sono stanco, sono vecchio, sono completamente inadatto a tornare a dormire all'addiaccio, combattere mostri, affaticarmi. No, Finn. Se è per questo che sei venuto, mi spiace, ma puoi anche tornartene nel Regno di Fuoco. Personalmente mi sento anche offeso. Te ne vai, mollandomi alla deriva, giudicando le mie scelte di vita, ammazzi i miei amici, poi torni, e mi chiedi di tornare indietro, come se nulla fosse? Torna a casa, Finn”.

“Hanno ammazzato il Signor Maiale”.

“Cosa!?”

“Esatto. Sai chi? Il Lich. Te lo ricordi chi ha portato il Lich a Melaverde e al Signor Maiale, vero? Siamo stati noi due. Quindi, ora che le cose stanno così, non ci rimane molto da fare: alza il tuo culo peloso e pigro e andiamo alla caccia di quel bastardo”.

“Dimmi che stai scherzando, ti prego”.

“No. Non sto scherzando. Ora puoi scegliere: ripariamo assieme il male che abbiamo fatto a quella poveraccia, vendichiamo suo marito, morto per colpa nostra, oppure mandi me da solo. Io certo non mi fermerò per mancanza di coraggio.”

“Finn, il Lich. Ti rendi conto di chi stiamo andando ad affrontare? Sai perché sei sopravvissuto a tutti quegli scontri con il Lich? La prima volta avevi il maglione di Gommarosa. La seconda volta sei sopravvissuto solo perché gli servivi vivo. Ci ha usati per rubare quelle gemme. E la terza volta avevi quel dannato sangue dei guardiani. Stiamo parlando di un essere abbastanza potente da sciogliere il cristallo della Cittadella. Speri di essere ancora abbastanza fortunato da trovare qualcosa per farla franca anche questa volta? Che so, pensi che andiamo lì e troviamo una gabbia per Lich? O magari il tuo dannato braccio meccanico ce l'ha già incorporata? Ha ammazzato Billy e l'ha indossato!”

Finn diventa rosso, ha un tremito, si alza e mi punta contro un dito con tanta violenza che mi entra per qualche centimetro nella fronte. “Va bene! Va bene, rimani qui a tremare di paura! Ma quando io e te saremo morti, chi ci sarà a salvare il mondo dal Lich? È colpa nostra se si è liberato, perché eravamo lì e perché quella lumaca era nel mio zaino! È colpa nostra, ok? E siamo stati noi a portare il bambino-demonio da Melaverde! Ora cosa vuoi fare? Tirarti indietro? Gettarti in un angolo e piangere? Bene! Ok! Piangi, ma io no. Io andrò lì e spezzerò ogni singolo osso del Lich. Non so nemmeno dove. Ma lo troverò. Il mondo si sta ingrigendo. Bonnibel e la sua Dolcelandia sono il caposaldo del progresso tecnologico e la tecnologia distrugge l'eroismo. Dopo Billy siamo arrivati noi. Ma dopo noi? Non c'è nessuno. Siamo vecchi e stanchi, ma non vedo ragazzini avventurosi pronti a succederci. Il Lich ha più d mille anni. Ormai, la vedo difficile che possa morire di vecchiaia. Perciò le cose stanno così: possiamo sconfiggere il Lich, vendicare il Signor Maiale e compiere il nostro destino; oppure possiamo piangerci addosso, ma la prossima generazione non sfornerà nessuno che difenderà il mondo. La futura esistenza di ogni forma di vita è determinata dalla tua prossima decisione, Jake. Qualsiasi cosa tu dica, io partirò. Con o senza di te. Ma da solo non so dove sbattere la testa. Io corro, pianifico, sparo, ma indagare? Mi servi”.

Diamine. Il ragazzone ha ragione da vendere. Non posso oppormi, devo andare. Se moriamo, Lady dovrà badare a se stessa, ma io non posso tirarmi indietro. Sbuffo. Sorrido tristemente a Finn. “È l'ora dell'avventura, eh?”

Lui sorride con gioia. “È l'ora dell'avventura, fratello”.

 

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Capitolo 3
*** CAP.3 - FINN L'UMANO ***


Sono così felice di essere riuscito a convincere Jake. Forse non se ne rende conto, ma è probabile che siamo davvero gli ultimi due avventurieri di Ooo. Questa terra non è più quella di un tempo. Non ci sono più molte principesse da salvare, e non ci sono più eroici avventurieri. C'è la tecnologia e ci sono regine agguerrite dotate di potenti eserciti. Però il mio entusiasmo dura poco. Sorridendo, chiedo a Jake:- Allora, stiamo partendo adesso?

-Ma di preciso dove?

-Dal Lich!

-E al momento dove si trova?

Diamine, a questo non avevo pensato. Come ho potuto essere così stupido? Pianificare una battaglia con un avversario che non so nemmeno dove viva. Rispondo:- Sinceramente, non lo so. Vedi che ho fatto bene a rivolgermi a te?- Bevo un po' di caffè. -Allora, tu hai idee sul dove trovarlo?

-No. Ma il Lich è un avversario potente. Dà segno di sé e della sua presenza ogni volta che si muove, e non molti hanno il coraggio di affrontarlo. Quindi direi che abbiamo buone probabilità che ci sia qualcuno che sa dove sia ma non voglia combatterlo, che ne pensi?

-Penso che tu abbia ragione. Che ne pensi di provare con Bonnibel?

Tutto il corpo di Jake trema come un budino e il suo tè cade sul tavolo. -Stai scherzando, vero?

-No, perché?

-Hai idea del livello a cui è arrivata ormai la Principessa Gommarosa?

-Cosa intendi?

-Dicono che sia completamente ammattita. E non in senso buono. Quando prima parlavi di lei che ti ha allontanato con una scusa, ecco, non credo fosse una scusa. Sai che succede ai non dolci che entrano a Dolcelandia? C'è la pena di morte. Diamine, bello, da quanto tempo non metti piede fuori dal Regno di Fuoco?

Mi sento leggermente offeso. -Cinque anni.

-Ah. Eh sì, allora ha senso che tu non ne sappia nulla. È stato poco dopo averti allontanato, che è crollata. Col tempo, poi, si è fatta sempre più inavvicinabile. Si è rinchiusa nella sua torre e dà ordini a destra e manca, pene di morte, emana leggi, non è che i dolcibotti se la passino tanto bene. Come gli altri non possono entrare nel regno, loro non possono uscire. La tua cara Bonnibel ha in mente di espandere sempre di più Dolcelandia. Sempre che ci sia davvero lei, poi.

-In che senso?

-Gira voce che Gommarosa sia morta. Tutto è troppo sospetto. Prima sparisce. Poi diventa sempre più chiusa e il suo regno si trasforma in una specie di stato totalitario. Ci sono manifesti con il suo volto, e quella è la massima apparizione pubblica che fa. Ma non prendere le mie parole come oro colato, mi raccomando: un conto è l'esperienza diretta, un conto sono le voci che girano fuori dal regno. Potrebbero essere voci inventate. L'importante è escludere Gommarosa dalla nostra lista, non sapremo se è viva ma sappiamo di certo di non essere bene accetti. Il problema è che negli ultimi cinque anni Ooo è davvero molto cambiata. Non credo che le persone che conoscevi siano ancora disposte a aiutarci.

-Stanno davvero tutti impazzendo? Non potremmo chiedere aiuto, che so, a Marcy?

-Tutto un altro discorso, ma dalla stessa conclusione: Marceline non è disponibile per aiutarci. In realtà è scomparsa.

-Scomparsa?!

-Eh sì, amico mio. Non si sa che fine abbia fatto. Pensa, addirittura per un periodo sono stato tutti i giorni con Simon. Era disperato, l'abbiamo cercata ovunque. Niente. È stato malissimo. Non ti rendi conto di quanto una persona possa voler bene a un'altra fin quando la prima sparisce. Dopotutto lei era come una figlia, per lui.

-Vero! C'è Simon! Giù a corte avevo sentito dire che la sua salute mentale sta migliorando, è vero?

Jake mi guarda come se fossi deficiente: -Mmm... a dire il vero... non so chi abbia messo in giro questa voce. Il Re Ghiaccio è più folle che mai. Da dopo la scomparsa di Marceline, per dirla tutta. Non ci ha più visto. Ogni tanto gira per il suo regno, parlando da solo. Molto di rado lascia i confini.

Poveraccio. Ho sempre avuto una gran pena per Simon, da quando ho scoperto che in passato era umano. Ma al momento non c'è molto da fare per lui. Mi alzo, mi stiracchio, e mi butto in terra, leggermente demoralizzato. Molto demoralizzato, a dire la verità. Dico:- Be' Jake, io mi arrendo. Non so proprio chi potrebbe indirizzarci al Lich-. Poi rimango lì a fissare il soffitto pensieroso. Bonnibel l'abbiamo scartata, Marcy è dispersa, Simon è ormai completamente fuori di testa. Le persone che possono aiutarci sono finite. Forse Oca...

-E se tentassimo con le cattive? Interrogando qualcuno che, per un qualunque buon motivo, potrebbe essere alleato con il Lich?

-Diamine, Jake. Stavo avendo un'idea intelligente. Ora non me la ricordo più. E va bene. A chi pensi di preciso?

-Forse sto esagerando, eh. Ma se provassimo a parlare con Hunson Abadeer?

-Sei matto? Il padre di Marcy?

-Eh sì. Sarà pure il re dei demoni e un divoratore di anime, ma non è mai stato particolarmente minaccioso nei nostri confronti. Dici che possiamo tentare?

-Mah. Non sono convinto, ma al momento non vedo una soluzione migliore. Possiamo tentare, sì.

Mentre Jake va nell'altra stanza a parlare con Iridella, per convincerla che deve assolutamente partire, io inizio a preparare tutto: per prima cosa mi procuro, nel frigorifero, il latte di insetto. Poi cerco un pennarello, e a fatica lo trovo. La parte più difficile però è trovare una parete su cui io possa scrivere senza far arrabbiare Jake e Iridella. Non capisco il coreano, ma lei già mi sembra di pessimo umore. Alla fine decido di uscire fuori e disegnare su un masso che è lì. Mi ricordo ancora come si crea un portale per la Nottesfera? Speriamo di sì. Disegno la faccia sorridente, e poi sto per lanciare il latte, ma decido che è meglio aspettare che arrivi anche Jake. Mi siedo in terra e mi guardo i piedi.

Dopo un po' Jake arriva. Il volto è teso.

-Ehi, tutto bene?

-No, affatto. Lady è furiosa. Non so...

-Jake, non tirarti indietro. Ti prego.

-Ha detto che se parto, nel remoto caso sopravvivessi, potrei anche fare a meno di tornare a casa.

-Diamine, stupido coso peloso, allora prima non mi hai nemmeno ascoltato? Te lo dico onestamente: non mi frega nulla se Iridella ti lascia. Preferisci vivere la tua vita nella noia, al suo fianco, o assicurare ai tuoi figli un mondo in cui vivere senza essere trucidati?

Mi spiace parlargli così. Però bisogna che venga con me, da solo non so come muovermi. Se poi intanto gli faccio un po' di male psicologico, be', il fine giustifica i mezzi. Jake traballa un po', sembra che non gli vada nemmeno di tenere la sua forma. Poi allunga la mano fin dentro casa, prende un grosso zaino, e intanto con l'altra mi sfila il latte di mano e lo lancia contro la faccia sorridente. Mi guarda:- Finn, io non ricordo minimamente la formula.

-Eh eh eh. Maloso Vobiscum et cum Spiritum!

Il portale si apre, e una vampata di aria calda ci investe la faccia. Jake non ha voglia di entrare. Si vede lontano un miglio. Poi vedo il buco sulla roccia che inizia a vacillare: -Jake, il portale sta per chiudersi! Salta, svelto!

Lo afferro e me lo tiro dentro, mentre il portale gli si richiude intorno a un braccio. Oh Glob. Oh Glob, oh Glob, oh Glob. Spero non gli si sia staccato. Questo viaggio parte malissimo. Il varco si è aperto in mezzo al nulla, cadiamo per parecchi metri, e Jake rimane con quel braccio appeso al vuoto. Mi guarda con faccia arrabbiata:- Ecco! Lo vedi? Questo viaggio già parte nel modo peggiore! Ora cosa pensi che io debba fare?- Tira un po' il braccio, senza risultato. -Adesso dovremmo picchiare Abadeer fino a costringerlo a aprire un varco in questo punto esatto. Ma bravo, Finn. Bravo proprio!

-Jake, calmati. Il portale è rimasto aperto per pochissimo. Come potevo saper che sarebbe rimasto aperto così poco? Non è una cosa normale. Si è sempre richiuso dopo parecchio.

-Umph. E ora?

Mi guardo intorno. Siamo su una roccia, sospesa in aria, circondati da lava. Che situazione schifosa. Per quanto cerchi di sporgermi, non vendo un pilastro che sostenga la roccia. Sì, decisamente è sospesa in aria. Lontano, vedo un'altra roccia sospesa. Gli rispondo:- Vedi quella roccia laggiù? Non puoi fare da ponte?

-Finn, la tua idea è veramente bella, sì. Ma ti rendi conto che anche io posseggo un baricentro e allungarmi troppo in una direzione mi farà sprofondare verso la lava? Un conto quando eravamo giovani: avevo abbastanza forza per spingermi in avanti. Ora sono vecchio e ho un braccio incastrato in un maledetto portale.

Si sta facendo veramente scontroso. Collego il braccio alla spalla, e me lo guardo. Una volta, qui, avevo anche un rampino.

-Ok Jake, ora forse stiamo per farci male. La prima cosa che Bonnibel mi ha fornito, con il braccio, è un rampino. Ma: non so se funzioni ancora e, come se non bastasse, anche a suo tempo ho dovuto smette di usarlo perché il cavo si riavvolgeva con troppa forza e ogni volta rischiavo una lussazione alla spalla. Ora, il rampino deve trasportare due persone, quindi direi che la lussazione è assicurata. Qui entri in gioco tu. Non potrai spingerti abbastanza forte da raggiungere l'altra roccia sospesa nel vuoto, ma puoi spingerti a sufficienza come fossi un trampolino per non farmi morire di dolore. Pensi di farcela?

-Pff. Sì, quello sì.

-Grazie, signor musone.

Mi guardo il braccio. Da qualche parte c'era una leva... eccola! Piccola, sull'avambraccio. La giro e il palmo si apre, lasciando uscire un piccolo arpione. Sul polso spunta un piccolo pulsante.

-Ok Jake. Devo solo premere tasto e l'arpione parte. Aggrappati a me.

-Non è troppo piccolo, quell'arpione?

-Naah. Bonnibel mi aveva spiegato il funzionamento, più o meno. Un dubbio simile me lo ero posto anche io. Sfrutta sia l'uncino che l'elettromagnetismo, c'era qualcosa riguardo gli atomi che si girano, positività e negatività, adesso non ricordo bene. Comunque funziona, tranquillo.

Non sembra convintissimo, ma si aggrappa a me. Mi abbasso per avere più equilibrio. Punto il braccio verso la roccia, lo inclino a circa trenta gradi, la mano, di taglio, è puntata poco più in alto della meta. Premo il bottone e tengo premuto. L'arpione parte, io prego che raggiunga il bersaglio e non faccia casini, intanto Jake fa quella cosa che adoro, riplasma completamente la sua forma per avere di nuovo due braccia, così quello che gli è rimasto incastrato non sia più un problema. Magari potessi farlo anche io. Tonc. L'arpione ha raggiunto la roccia. Non ho più gli occhi di una volta, ma direi che è arrivato in un ottimo punto. Non che la cosa importi, ormai. Non posso più tirarlo indietro se non sganciandolo manualmente. Che diamine di pessimo rampino ha progettato Bonnibel?

-Jake, sto per lasciare il pulsante. A quel punto verremo tirati con molta violenza. E ci troveremo su quell'altro sperone, sperando che da lì si possa arrivare da qualche parte. Al via io lascio il bottone e tu salti in avanti, così ammortizziamo il colpo e riduciamo la forza necessaria. Sei pronto?

-Prontissimo.

Stringo la presa intorno al polso:- Bene. Uno... due... tre... VIA!

Perfetta sincronia: io lascio il pulsante, Jake dà una spinta così ben calibrata che non sento minimamente il colpo alla spalla. In un attimo stiamo volando verso l'altra roccia. Dietro sento Jake che urla, ma non capisco.

-Cosa?

-Siamo troppo veloci!

-Lo so! Preparati a un atterraggio pesante!

-No, posso rallentarci!

-Cosa? No! No no no no no-

Troppo tardi. Jake si allarga, assume la forma del paracadute e l'aumento di attrito va a contrastarsi con la forza trainante del rampino. Sento il braccio che tira, se non faccio qualcosa mi si strappa. Velocemente lo sgancio: il braccio riprende velocità e si schianta sulla roccia, sbattendo qua e là, mentre io e Jake lentamente planiamo verso di essa. Maledetto imbecille, come gli è venuto in mente? Per fortuna non c'è vento, altrimenti chi sa dove saremmo finiti. Invece così Jake deve limitarsi a non salire troppo per via dell'aria calda.

Atterriamo.

Senza nemmeno degnarlo di uno sguardo mi dirigo verso il mio braccio, lo sgancio dal terreno, richiudo l'arpione e lego il braccio alla schiena. Jake mi guarda:- Scusami.

-Scusami? Abbiamo fatto tutto quel casino perché io non mi lussassi la spalla e tu ti apri come un dannato paracadute? Rischiavi di farmi un danno anche peggiore di quello che volevamo evitare!

-Scusa.

Decido di non rispondere nemmeno. È vecchio, è stanco nemmeno voleva venire qui. -No, scusami tu. Ti ho imbarcato in questa avventura e non è più come una volta. Io mi sono fatto più irascibile, entrambi siamo più fragili. Non siamo più dei ragazzini. Andiamo.

-Sì ma dove?

Dannazione. Siamo al punto di prima: una roccia in mezzo al nulla. L'unica differenza è che la ridicola antenna di Jake ora è molto più lunga e storta. Devo solo sperare che Abadeer non sia troppo lontano, di raggiungerlo prima di raggiungere il limite di Jake. -Non ne ho idea. Ci sono solo chilometri e chilometri di lava.

Ci sediamo e aspettiamo. Che situazione schifosa. Dopo qualche ora, una speranza. Vediamo quella specie di demone-autobus che avevamo sfruttato anche la prima volta, tanti anni fa. Do un colpo sul fianco di Jake, che ne frattempo si è addormentato. Si sveglia, mi guarda con aria interrogativa. Gli indico il demone.

-Wow. Siamo proprio fortunati. Ora però come ci arriviamo? Il rampino non possiamo usarlo, feriresti il demone e non credo che a quel punto sarebbe moto felice di scarrozzarci.

-Ti ricordi quando eravamo giovani e tutto era più semplice?

-Ne ho una vaga reminiscenza, sì.

Mi alzo, collego il braccio, ruoto entrambe le spalle e poi tiro la leva. -Voglia ritentare col rampino e rischiare una morte decisamente stupida?

-Forse ho un'idea migliore, in cui tu hai meno possibilità di morire, e io sopravviverò sicuramente. Che ne dici?

-Esponi il piano.

-Io mi trasformo in una molla. Ti lancio contro il demone, e nel frattempo mi lego a te come una corda. Tu ti aggrappi al demone, e poi usando te come punto di appoggio ti raggiungo. Tu muori solo se sbaglio mira, e in quel caso io muoio qui di fame.

-Non potevamo farlo anche prima?

-Prima non ci avevo pensato!

Accetto. Il piano è pessimo, ma rimane il migliore che abbiamo a disposizione. Jake si carica, io mi accovaccio su di lui. Il demone è a circa trecento metri da noi. Cammina verso la nostra destra. Calcolando l'assenza di vento, faccio ruotare Jake di un po', e quando gli do il via mi lancia.

Mentre volo in avanti ho tutto il tempo di pentirmi e spaventarmi, ma in fin dei conti sembra che la traiettoria sia giusta. Se sbaglio di pochi metri Jake, così aggrappato a me, potrebbe anche aggiustare la rotta, ma gli costerebbe molta fatica. Raggiungo l'apice della parabola. Inizio a cadere. Giù, giù, prendo velocità, sono sempre più vicino al demone. Lo manco di pochi metri. Lancio corto. Sperando che un orecchio di Jake sia abbastanza vicino a me, urlo:- Jake! Stiamo cadendo in basso! Afferralo!

Per un pelo. Da dietro di me parte un braccio giallo che si agguanta al demone e ci tira su. Mi accascio, sputo nella lava. Jake è buffissimo, sembra una specie di lungo spaghetto che parte dal portale chiuso e arriva fin qui. Riprende forma.

-Ah ah! Ce l'abbiamo fatta!

Sorride:- E ora?

-Ora non ci resta che aspettare, sperando ci conduca da Abadeer.

Altre ore passano. Comincio a annoiarmi e a aver fame. E sono preoccupato per Jake. Non so per quanto possa ancora allungarsi. Una volta aveva una gran resistenza, ma una volta era giovane. Poi, finalmente, arriviamo in quella che definirei come la capitale della Nottesfera. Non so di preciso cosa sia. Dove regna il padre di Marceline, comunque.

-Jake, sveglia.

-Eh?

-Sveglia. Siamo arrivati.

Scendiamo dal demone. Non riesco a vedere l'altra estremità di Jake. Inizio a preoccuparmi, dobbiamo trovare Abadeer in fretta. Prima che la situazione si faccia tragica.

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Capitolo 4
*** CAP.4 - JAKE IL CANE ***


Mi guardo intorno senza capire molto di quel che succede. Stavo sognando casa. Mah, sono partito da meno di un giorno e già mi manca la mia vita tranquilla. Comunque Finn mi indica la città e scendiamo dal nostro mezzo. È identica a tanti anni fa: solo demoni. Ovunque. Questo un po' mi preoccupa:lo vedo Finn, come sta. Lui e i suoi dannati discorsi sulla moralità, il suo mondo in bianco e nero, ha gli occhi allucinati: la mano sinistra va continuamente alla schiena, come se volesse collegarsi il braccio e ammazzare tutti. Sarà meglio che non lo faccia se vogliamo arrivare vivi fino a Abadeer.

Mi tocca la spalla. “Ehi Jake?”

“Sì?”

“Abbiamo dimenticato un camuffamento, non possiamo girare per la Nottesfera come se nulla fosse.”

“Oh, ma che diamine! Possibile che non possiamo fare un passo senza incontrare un ostacolo?”

“E ora che facciamo?”

“Io posso cambiare forma. Il problema è cosa farai tu.”

“Mmm... che ne dici di tentare col Jakesuit?”

“Mantenere la forma di un demone mentre tu mi schiacci il cervello? Non so, non credo sia facile. Ma possiamo tentare”.

Apro la bocca e Finn entra, dopo aver collegato il braccio alla spalla. Eccola di nuovo, quella sgradevolissima sensazione. La sua testa preme sul mio cervello, e immediatamente tutti i miei muscoli si intorpidiscono. Mi viene un gran sonno, e mi sembra di perdere il controllo di ogni mia facoltà. Sto respirando, almeno? Sì, credo di sì. Il mio corpo inizia a muoversi. Un po' per volontà mia, un po' per volontà di Finn. Sento la mia carne plasmarsi, ma non ho una precisa idea di che forma io abbia assunto. A guardare in basso, sono parecchio grosso, quello sì. Cammino su quattro zampe e ho dei grossi artigli. Finn, dal suo “centro di controllo”, inizia a correre. Li sento, sotto di me, pezzi di demone che si strappano per il peso delle mie zampe su di loro. Diamine! Finn sta ammazzando tutti i demoni che trova sul suo percorso! Maledetto, devo riuscire a riprendere controllo del mio corpo... non posso lasciargli fare una strage...

Tutto inutile. Più provo a contrastare i movimenti che Finn mi costringe a compiere e più lui mi fa fare ciò che vuole. Non capisco se la sua intenzione fosse questa fin dall'inizio, squartare un po' di demoni, o se abbia solo colto l'occasione. Ho le zampe piene di sangue e frattaglie, e in pochi minuti abbiamo raggiunto una lunga fila di demoni che porta fino alla casa di Abadeer. Tempo dieci secondi e abbiamo superato anche la fila. Lo sforzo che sto facendo per contrastare Finn è enorme, ma comunque non sta portando a nulla. Mi sento sempre più affaticato e indolenzito, mentre il ragazzone non ha alcun riguardo per il mio corpo. Come se non bastasse, per ogni passo che faccio mi indebolisco, incastrato come sono in quel portale. Mi schianto contro un muro, lo spacco. Siamo in casa di Abadeer. Mugolo: “Finn!”

“Eh?”

“Finn?”

“Che c'è?

“Fermati un attimo!”

“Che hai detto?”

E che diamine. Ho la sua faccia in bocca e non riesco a parlare. Scandisco, più lentamente possibile: “Fermati!”

Si ferma. Immediatamente ne approfitto, lo raccolgo tutte le energie e lo sputo fuori. Poi lo colpisco in faccia, violentemente. Lui tira fuori la spada dell'elsa e io, scattando in avanti, gli sfilo il braccio dalla spalla e lo getto lontano.

“Diamine, Jake! Si può sapere cosa ti prende?”

“A me? A me?! Mi hai usato per fare una strage di demoni!”

“Dai, su, dimmi che non meritavano di morire!”

“No! Non lo meritavano!”

“Sono demoni! Sono cattivi! A prescindere, vanno ammazzati!”

“Razza di imbecille. Hai deciso tu che lo sono. Questi demoni non hanno mai danneggiato nessuno. Non sono nemmeno mai usciti dalla Nottesfera! Hai fatto molti più danni tu a loro negli ultimi dieci minuti che loro a chiunque altro nella loro intera esistenza.”

Devo cercare di convincerlo, perché non posso certo affrontare un combattimento. La metà di me è tra qui e il portale, e le forze non sono certo abbastanza per sconfiggere questo tizio che è diventato, negli anni, quel che è diventato.

”Sono demoni. Dannazione! Sono dannati demoni! Possono anche non aver fatto niente, ma prima o poi uccideranno! E bisogna uccidere chi uccide.”

“Finn, sei evidentemente pazzo.”

Finn inizia a correre verso la spada e mi salvo soltanto perché entra nella stanza Abadeer. È in mutande e canottiera. Espressione allarmata. Guarda me, poi Finn:- Cosa diamine sta succedendo?

Così fortunatamente l'ira di Finn si direzione verso di lui. Si riaggancia il braccio, tira fuori la balestra e spara a Abadeer. Il demone è veloce. Davvero veloce, sono scioccato. Afferra il dardo al volo e lo rilancia a Finn con tanta di quella forza che gli si conficca nella spalla sinistra. Poi scatta in avanti, lo afferra per il collo e lo sbatte contro il muro. Finn lo colpisce con un calcio in pieno petto, ma Hunson sembra non sentirlo nemmeno. La sua faccia si apre e i suoi occhi e la sua bocca si allungano verso Finn:- Cosa sei venuto a fare qui?

Finn è rosso in faccia: “Dicci... dove... è... il... Lich...”

Devo fare qualcosa per aiutarlo. Mi lancio in alto e poi mi ingigantisco, schiacciandomi contro Abadeer. Ingigantisco per modo di dire, non riesco a raggiungere una gran dimensione. Lui mi si scrolla di dosso come se niente fosse e poi si china su Finn. Oh Glob. Riesco a vedere la sua anima che gli viene succhiata via dalla bocca...

Allungo il braccio. Afferro il destro di Finn, glielo sgancio di nuovo, e lo porto a me. Poi inizio a armeggiare. Devo trovare qualcosa per fermare Abadeer entro pochi secondi... Che cavolo, perché Gommarosa non ha messo delle indicazioni? Sono solo un mucchio di pulsanti! Tiro una levetta a caso, e esce un pulsante sul polso Lo premo, parte l'arpione che si conficca a meno di un centimetro dalla testa di Finn. Oh Glob, l'ho quasi ammazzato. Abadeer finisce di succhiare l'anima di Finn e si gira verso di me. Mi guarda e dice: “Fuori uno. Sapete che non dovreste entrare qui?”

Premo un altro tasto, escono scintille, ma niente più. Un terzo tasto. La mano si deforma in una lama. Sto per premerne un quarto ma, nemmeno capisco bene come, Abadeer mi ha disarmato e afferrato per la gola.

“Ti do due secondi per dirmi perché siete venuti qui e avete ammazzato i miei sudditi. Poi prenderò anche la tua anima.”

Mi deformo e scivolo via dalla sua presa, ma lui mi riafferra, avvicina la bocca a me e inizia a succhiare.

 

Buio.

Buio.

Buio.

Sempre più buio.

 

Poi inizio a mettere a fuoco qualcosa. Una luce, credo. Sì, è decisamente una luce.

La luce diventa due, tre, non so quante luci.

Sono lampade.

 

Un volto.

Marceline? Sarà davvero lei?

“Ehi Jake, sei sveglio?”

Sì, è lei. Fatico cercando di parlare: “Marcy, sei tu?”

“Sì Jake, sono io.”

“Diamine, che bello vederti. Aspetta: sono morto?”

“No, non sei morto. Per un pelo, a dire la verità. Sono riuscita a convincere mio padre a ridarvi le vostre anime.”

Mi tiro su molto lentamente, e mi fa male tutto il corpo. Erano così tanti anni che non combattevo, e ora mi trovo con troppe battaglie tutte insieme. Guardo Marceline: “Che fine avevi fatto? Sono anni che non ti fai più vedere in giro, hai idea di come è ridotto ormai Simon? Ti ha cercata ovunque! E tu te ne stai qui, nascosta da tuo padre?”

“Ne parleremo dopo”. Fluttua verso Finn, che nel frattempo sta riprendendo conoscenza. Io mi sdraio e riprendo fiato, mentre li sento confabulare a bassa voce.

Dopo un quarto d'ora siamo tutti in cucina a mangiare panini. Abadeer si è mostrato decisamente scontroso nei nostri confronti (come dargli torto?), mentre Marceline è molto felice di vederci. Mastichiamo silenziosamente, lentamente. Nessuno vuole essere il primo a prendere la parola, ma abbiamo tutti molto da dire. Alla fine sono l'unico a non cedere. Marcy e Finn aprono bocca insieme, parlandosi uno sopra l'altra: “Perché ti sei nascosta qui nella Nottesfera in tutti questi anni?”

“Perché cavolo siete venuti qui e avete fatto una strage?”

“Rispondi prima tu, Marcy. Ne avrai tante di cose da raccontare”. Il tono di Finn è tagliente. Leggermente arrabbiato. Immagino non sia felice per la scelta di Marceline di vivere in mezzo ai demoni. Quanto a me, sono ancora arrabbiato con lui. Molto. Alla fine la vampira prende la parola: “Nascosta? Ah ah! Questa è bella. Non mi sono nascosta. Perché non chiedete alla vostra amata Bonnibel che fine ho fatto?”

Ecco, ancora lei. Possibile che Gommarosa o chi la sostituisce sia ormai in mezzo alla vita di tutti? Finn le risponde: “Cosa c'entra Bonnibel in tutto ciò?”

“Dai, non ne sapete niente? Non mi dite! È pazza, Finn. Sappi questo. Gli anni si sono abbattuti su di lei senza pietà. Non sembra, eh. È sempre bella, giovane, carina, ma dentro sta invecchiando. Ha sacrificato tutta la sua vita alla guida del regno e ora Dolcelandia non ha un re, non ha un successore, non ha niente. Lei si sente sola. Così, la solitudine e la consapevolezza di non aver discendenti si sono rivelati due macigni che premono sulle sue spalle delicate. Non la vedo da molti anni. Una volta ero la sua maggior confidente. Me le diceva, queste cose. Aveva paura di morire. Però si è sempre messa in testa di sposarsi alla scienza. Questo non le fa bene. Così ha iniziato a rifiutare la morte. I cloni, cloni su cloni, tutti allo scopo di clonare se stessa. Ma non è ancora soddisfatta, vuole il clone perfetto. Tutte queste cose su una mente come la sua, portano solo a brutte cose. Alla follia. L'ultima volta che sono stata a Dolcelandia, era il trionfo della tecnologia. Ha reso illegale tutto ciò che la sua scienza non può spiegare. E qui si arriva alla mia presenza qui: Marcy, perché sei nella Nottesfera? Perché quella stronza mi ci ha confinato. Mentre dormivate mi sono fatta un giretto,” dice indicandomi “e ho deciso di seguire quel meraviglioso spaghetto peloso, per vedere dove si era incastrato. Mi avrebbe fatto piacere liberarti. E poi l'ho trovato sospeso in mezzo al nulla. Sei rimasto incastrato nel portale, vero?”. Annuisco. “Ecco. Non ho idea di come, ma ha trovato il modo di destabilizzare i portali. Ormai non durano più di pochi secondi. Mi ha confinata qui e ora sta cercando di chiudermici per sempre. Perché? Perché non vuole che il sovrannaturale metta piede su Ooo! Non mi sono nascosta”. Si asciuga una lacrima che nel frattempo è sbucata. Poi d'improvviso cambia espressione: più ansiosa, più triste: “Simon come sta?”

Finn continua a mangiare il suo panino come se nulla fosse. Oh Glob, tocca a me rispondere. Non voglio farle male, ma nemmeno voglio dirle bugie: “Simon sta male. Veramente male. Per qualche tempo ho vissuto nel Regno di Ghiaccio. Ogni sera gli impedivo di ammazzarsi, e passavamo le giornate a cercarti ovunque. Il suo disturbo della personalità intanto s'è fatto più accentuato, non sapeva dove sbattere la faccia, e alla fine ha iniziato a chiamarmi Gunther. È peggiorato. Davvero molto. A quel punto ho capito che non era più un pericolo nemmeno per se stesso. Ha iniziato a chiamare Gunther qualsiasi cosa veda. Sbava mentre parla, ride da solo, sembra sempre allegro. Ma dentro, è in pezzi. In compenso, non ha pi la forza di ammazzarsi”

“Oh Glob. Devo riuscire a uscire di qui. Devo andare da lui. Ma voi, piuttosto, perché siete qui? Lo sapete che è illegale?”

Finalmente Finn riprende a parlare. “Hanno ammazzato il Signor Maiale. Il Lich. Così, visto che tuo padre è un bastardo, non che uno dei vari Signori del Male, che sa ingannare persino la morte, e tutte quelle cose lì, abbiamo pensato: non è che sa dove si trova il Lich? E chi sa, se mi impegno può darsi che io riesca a ammazzarlo o farlo parlare?”

“Finn, da quando ti sei fatto così? Una volta eri un eroe. Ora sembri più un mercenario e un assassino.”

“Grazie. È quel che sono, dopotutto.”

“Non era un complimento. Mio padre non sa dove è il Lich, comunque.”

“Possiamo parlarci a ogni modo?”

“No”.

Finn posa il suo panino, scatta in avanti, spinge Marcy e è fuori dalla stanza. Diamine se si è fatto forte, Marceline ha accusato il colpo e è finita contro il muro. Lo inseguo. È molto più veloce di me, e io sono pesantemente affaticato e rallentato. Alla fine lo trovo in una stanza, insieme a Abadeer. Il braccio meccanico emette uno strano suono, una ventola gira sul palmo, puntato contro il demone che se ne sta inginocchiato in terra, le mani sugli occhi, sangue che trapela, e urla “basta!”. Ovviamente Finn non smette. Parla a voce alta, per contrastare le urla di Abadeer e il rumore della ventola: “Dimmi! Dove! È! Il Lich!”. È palese che Abadeer non lo sappia: sta soffrendo terribilmente e sotto una tale tortura avrebbe già parlato.

“Finn! Smettila! Lo stai massacrando e si vede che non sa nulla!”

Poi Finn viene colpito da qualcosa e si accascia sul pavimento. Sputa sangue, e appare Marceline, che lo tiene bloccato. Ha le sembianze di un grosso pipistrello, e ringhiando gli dice: “Non ti ammazzo solo in nome della nostra amicizia. Ora lascerete la Nottesfera e non tornerete mai più. Se lo farete, siete morti”. Guarda me. “Entrambi”.

 

Marceline ci ha portati, in volo, fino a dove si è aperto il portale. Il viaggio è stato silenzioso e carico di tensione. Ci lascia sopra la roccia e ci dice: “In realtà siete stati fortunati. Anzi, siamo stati fortunati. Se Jake non si fosse incastrato nel portale probabilmente sareste rimasti bloccati qui per sempre. A quel punto, non nego, vi avrei ammazzati senza un minimo di rimorso. Ora aprirò il portale. Jake, potrebbe farti un po' male. Sempre nel caso io ci riesca. Poi voi andrete dove dovete andare, e per un po' di tempo non vi farete vedere, almeno fin che la mia ira non si sarà sbollentata. Io me ne andrò da Simon, e vediamo se posso aiutarlo”.

Vola verso l'alto, e infila una mano nel portale attraverso il mio braccio, mentre io mi contorco urlando. Un po' male? Il dolore è insostenibile! Con la coda dell'occhio vedo Finn, che guarda per terra e calcia un sasso, , l'espressione tra l'arrabbiato e l'imbarazzato. Poi il dolore passa: Marcy, tremante e sudata, tiene aperto il portale e ci urla: “Svelti! Entrate!”. Afferro Finn, allungo il braccio fino a trovare qualcosa di solido fuori del portale, mi ci aggrappo e insieme torniamo sulla terra di Ooo. Marceline esce a sua volta e il portale si richiude. Ora che la vedo alla luce del giorno, mi rendo conto che è profondamente cambiata: ha le rughe, la sua pelle è anche più pallida e i capelli, tagliati corti, sono secchi e ispidi. Le porgo la mano. Controvoglia me la stringe, e mi dice. “Ci vediamo, Jake”. Poi vola via.

Guardo Finn. Si è seduto in terra, pensieroso. Non capisco se si senta in colpa o umiliato.

E così siamo ancora al punto di partenza, ma abbiamo nuova gente che ci odia.

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Capitolo 5
*** CAP.5 - FINN L'UMANO ***


Seduto in terra, guardo l'enorme cappello di Marceline che vole via, probabilmente verso il Regno di Ghiaccio. Preferisce rimanere invisibile. Non ho molta voglia di parlare. Abbasso gli occhi e vedo Jake che si gratta il sedere e mi fissa.

-Be' ragazzone, abbiamo sprecato tempo e ci siamo inimicati il re dei demoni. Ora posso tornare a casa?

Ci metterebbe due secondi a rincasare. È lì, a due passi. Ma non posso permetterglielo:- C'è ancora tanta gente con cui possiamo parlare.

-Eh sì. Del tipo?

-Non so. Prima di entrare nella Nottesfera mi era venuto in mente qualcuno, ma poi mi hai interrotto adesso non ricordo più chi fosse.

-Glob, non mi dirai che eri serio quando hai proposto Oca Loca!

-Ecco chi! Proprio lei!

Jake si passa una mano sulla faccia, e mi guarda come avessi dei problemi:- Cosa diamine vuoi che ne sappia di dove si trova il Lich?

-Un tentativo bisogna pur farlo!

-A che pro? Così potrai ammazzare anche lei?

-Sei arrabbiato con me?

-Sì! Per Glob, sì che sono arrabbiato con te! Hai ammazzato tutti quei demoni, hai fatto di testa tua, hai picchiato Abadeer, te lo sei messo contro e sei riuscito a metterti contro anche Marceline!

Vorrei controbattere, ma non so che dire. Mi sento umiliato, sbattuto, stanco. La spalla fa male, ma quello si può sopportare. L'orgoglio, il grande buco nel mio orgoglio, quello no. Mi sono fatto picchiare senza troppi problemi sia da Marcy che dal padre. Quindi mi limito a star zitto.

-Finn, se non hai nulla da dire, io me ne torno a casa. Puoi indagare da solo sul tuo Lich.

-Andiamo da Oca Loca.

-Cosa vuoi che ne sappia?

-Ti prego. Non so che altro fare, se no. E non so cosa fare senza di te.

-Capirai. Magari diciassette anni fa potevi anche aver bisogno di me. Sono un cane vecchio, ragazzone.

-Senza di te sarei morto su quella roccia, di fame e di stenti.

Jake esita, sbuffa, poi mi guarda torvamente:- E va bene. Andiamo da Oca Loca.

 

Il mercato di Ooo è sempre stato qualcosa di meraviglioso. Non l'ho mai visto, se non quando mi serve. Non so come spiegarmi questa cosa, se non, appunto, con il soprannaturale. Per arrivarci camminiamo, l'idea di andare a cavallo di Jake IV è stata bocciata. Però, quando arriviamo, non è più come una volta. Ci sono pochi banchi, volti duri, pochi clienti. Oca Loca è in fondo, il più lontano. Decidiamo che, mentre io vado a parlarci, Jake va per gli altri banchi, alla ricerca di qualcosa di interessante. In realtà è Jake a deciderlo, io vorrei che venisse con me. Non ho voglia di parlare, figurarsi a un'oca folle che parla soltanto in rima. Mi avvicino al banco e la guardo. Non so come iniziare. Così prende lei la parola:- Non ci si crede! Finn l'umano, chi si vede!

Sorrido. Le sue rime sono pessime:- Ehi, Oca Loca. Quanto tempo, come stai?

-Io sto bene! Sono finite le mie pene, sono finiti i tempi di crisi, in cui i commercianti venivano uccisi!

-Commercianti uccisi?

-Non se ne parla volentieri, tra noi dei nostri mestieri.

-Va bene, Oca Loca. Allora verrò subito al sodo: ho bisogno di sapere dove è il Lich. Sai aiutarmi?

-Quello scheletro vagante? Ma certo! Dammi un istante.

Oca Loca si ritira nella sua tenda. Il tempo sembra non essere passato, per lei. Intanto mi giro e vedo Jake che contratta con un venditore, più indietro. Ha in mano una spada bellissima. Il manico lungo circa quanto la lama, sulla quale mi sembra ci siano delle incisioni, ma non riesco a leggere a questa distanza. Oca Loca torna, con un pezzo di carta in mano:- Come trovare il tuo bersaglio è scritto in questo foglio, ma qualcosa in cambio voglio!

-Cosa chiedi in cambio?

Indica il mio braccio:- Voglio questo! Non importa se il sinistro, o il destro!

Che diamine! Perché cavolo vorrebbe il mio braccio?

-Sei pazza? Che ci fai con un braccio meccanico?

-Il braccio di ferro o il braccio di carne non importa, per grattarmi la schiena la mia zampa è un po' corta.

-Stai scherzando, vero? Vuoi un braccio per grattarti? Ci sono milioni di oggetti utili per grattarsi!

-Senti, mio caro cliente, puoi andartene con la pergamena, o senza niente. Il mio prezzo è un braccio, diversamente non faccio.

-Animale della malora. Aspetta. Vado a discuterne con Jake.

-A presto, Finn l'umano! Ricorda, hai la soluzione in mano!

Oca maledetta. Ora ho voglia di picchiare qualcuno. Vado da Jake, sta ancora litigando col commerciante. Man mano che mi avvicino, mi pare di capire che il commerciante stia chiedendo un prezzo inammissibile. Vediamo se riesco a sfogarmi un po'. Quando sono a pochi passi dal banco, apostrofo il commerciante.- Ehi bello, questo cane ti sta creando qualche problema?

-Sì che me li sta creando! Ti pare che io possa scendere a un prezzo di cinque monete d'oro per questa spada? L'ho pagata quattro solamente di materiali di costruzione!

-Ah, e così sei un fabbro commerciante? Posso vedere la spada?

Il commerciante mi guarda come se fossi un grande intenditore, e Jake si limita a lanciarmi uno sguardo interrogativo. L'arma sembra una nanigata. Provo a maneggiarla, e è comodissima. Ben fatta, niente di cui lamentarsi. Una spada del genere potrebbe valere almeno trenta monete d'oro.

-A quanto avresti intenzione di venderla?

-Costa ventuno monete. Non ho intenzione di contrattare.

-Amico, ormai siamo nell'era delle balestre, pistole e fucili. Non è un prezzo un po' alto?

-Una spada non si inceppa, non finisce le munizioni, e può essere utilizzata solo da chi ha un vero addestramento. Fidati, le battaglie, quelle vere, si combattono ancora con le spade.

Pianto la lama in terra e sbatto con violenza il pugno destro sul banco:- Ascolta, e sappi che nemmeno io ho intenzione di contrattare: sono più buono del mio amico, così posso darti sei monete per quella robaccia. Puoi accettare o puoi regalarmela, a te la scelta.

-Pensi che una protesi meccanica possa spaventarmi? E così sei un lacchè della regina Gommarosa. Bravo, complimenti. Fossi in te non farei vedere quel braccio molto volentieri. Mi vergognerei tanto da non farmi vedere nemmeno in giro. Soprattutto qui fra i commercianti. Te lo dico come consiglio, nonostante non te lo meriti: nascondi quel braccio, la tecnologia non è ben vista qui nel mercato. E torna da dove sei venuto, questa spada non te la darò nemmeno per tutto l'oro di Ooo.

Sorrido:- Questo braccio non è segno di essere un lacchè di Bonnibel. È segno di essere stato il suo guardiano numero uno. Mi ha dato più tecnologia di quanta senta di poter affidare a qualsiasi altro guerriero.

-Bonnibel? Wow, dovete proprio essere intimi. Dimmi, ce l'ha saporita? È dolce il suo culo, quando glielo lecchi?

Questo è troppo. Jake mi guarda e mi dice di non fare qualcosa di stupido. Stupido? Lo sto difendendo. Sollevo l'unghia del dito indice e premo il tasto che c'è sotto. Se anche questo non funziona, farò una figura pessima. Invece funziona: questo era il congegno che Bonnie mi aveva dato per sedare una rivolta in modo più o meno pacifico. Il negoziante, mentre il braccio carica energia, mi guarda con aria preoccupata, poi si butta sotto il bancone, mentre dal palmo esce un'onda d'urto appositamente sviluppata per stordire persone e rompere barricate leggere. Il banco frana sotto la potenza, mentre la mia spalla viene spinta dolorosamente indietro. Sento il fabbro urlare, e un gran rumore di metallo che cozza, più indietro: probabilmente le altre spade e armi. Dalla tasca sfilo sei monete d'oro e gliele lancio tra il legno. Il banco è ancora in piedi, ma dovrà spendere un po' per essere riparato, e io mi sento meglio. Sfilo la spada dal terreno, la passo a Jake e gli dico:- Hai altre spese da fare? Se no, dobbiamo parlare.

Jake ringhia, mi dà un pugno, e poi si gira verso il bancone. Lo sento dire al venditore, che intanto si sta rialzando, con aria terrorizzata:- Le chiedo scusa, il mio amico è totalmente folle. Se non fosse che abbiamo importanti affari da sbrigare, si fidi, non mi farei vedere in giro con lui. Queste sono ventuno monete per la spada, e queste altre, ecco, le prenda tutte, sono per le spese del bancone distrutto.

Che cane debole.

Mi segue borbottando fra sé fin che non arriviamo sotto un albero.

-Finn, questa è l'ultima che ti lascio passare. Non puoi comportarti così, è pericoloso, e completamente sbagliato. Non fai altro, da anni, che fare discorsi sulla morale, e poi, appena qualcosa non ti garba, ti comporti come ti pare. Non mi interessa nulla del Lich, del Signor Maiale, né di nient'altro. Una volta ti comportavi bene. Poi hai ammazzato quella bambina, e sei impazzito. Ora riprenditi.

-Questo non dovevi dirlo.

-Ormai l'ho detto. Allora, di cosa volevi parlarmi? Non dirmi, Oca Loca non sa dove sia il Lich e abbiamo fatto un nuovo viaggio a vuoto, guadagnandoci nuovi nemici? Sarebbe veramente una novità, per me, Finn. Fino a ora non è mai successo.

-No, niente di tutto ciò. Oca dice di sapere dove si trova il Lich, ma devi aiutarmi a decidere se e come pagare.

-Cosa vuole? Ancora la mia testa?

-Il mio braccio.

-Magnifico! Così magari la smetterai di ammazzare tutti a caso!

-Mi ha dato la scelta, tra il destro e il sinistro. Tu che dici?

-Il destro, senza dubbio. Preferisco vederti un po' più indifeso che pieno di sangue innocente. Quel braccio è troppo potente, Finn, e ti sta dando alla testa. Sempre che non l'abbia già fatto completamente.

-Ma è l'unico buono per combattere! Non credi sarebbe meglio mozzarmi il sinistro?

-Sì, così poi arriviamo dal Lich, che per prima cosa ti spacca il braccio meccanico, e rimani completamente monco. Io mi trovo a combatterlo da solo e l'ultima cosa che vedrai prima di morire è il mio cadavere squarciato.

-Il tuo corpo può essere squarciato?

-Non lo so. Né mi interessa saperlo. Fidati, Finn, dagli quel braccio.

-Forse dovremmo cercare qualcun altro...

-Chi? Chi vorresti cercare? Ti rendi conto che mi hai trascinato in questa follia e che al momento Oca, per quanto pazza che sia, è la nostra sola speranza?

Jake ha ragione. E poi ho un'idea:- Ok. Gli darò il braccio meccanico.

-Sembri troppo tranquillo. Dove è la fregatura?

-Nessuna fregatura, fidati.

-Fidarmi di te? Piuttosto del Lich. Andiamo a portargli questo braccio, e poi andiamocene. Non credo saremo mai più bene accetti in questo mercato.

Andiamo da Oca Loca.

-Bel colpo con quel commerciante, ragazzo. A dire il vero mi stava un po' sul...

-Oca Loca!- la interrompe Jake:- Abbiamo qui il tuo pagamento. Ti prego, risparmiaci le tue rime.

-Bene, bene, così mi piacete! Ditemi, quale braccio mi darete?

Sbuffo, sgancio il braccio meccanico, lo poggio sul bancone:- Questo, maledetta papera. Ora dacci la pergamena.

-Volentieri, cari i miei avventurieri. Salvate la terra di Ooo, o non tornate più.

 

Torniamo sotto l'albero. Senza il braccio, mi sento completamente nudo. Per non parlare poi della spalla sinistra indolenzita. Jake si siede in terra, sta per aprire la pergamena, ma poi si ferma, mi alza lo sguardo, e mi dice:- Hai fatto la cosa migliore, bello.

Sorrido:- Lo spero. Non farmene pentire.

Dietro di me, sento una voce:- Ehi, mio dolce mercenario! Voglio vedere se fai ancora il gradasso ora che non hai più un braccio!

Mi giro. In testa il fabbro, con un'alabarda. Dietro, altri due commercianti, uno armato di ascia bipenne e l'altro di spada. Maledetti avvoltoi, hanno aspettato che rimanessi senza braccio per venire a prendersi la proprio vendetta. Non importa, è il momento buono per scoprire se anche con un braccio solo riesco a lottare. Jake mi apostrofa:- Lo vedi? Sempre a farti nemici, ora voglio vedere che fai. Sono tentato di lasciarti solo.

-Non fare scherzi. Mi servi.

Estraggo la balestra. Il fabbro inizia a correre verso di me, per colpirmi prima che io faccia fuoco. Sparo, sbaglio la mira, e il dardo vola di parecchi centimetri sopra la sua testa. Devo fare affidamento sulla mia agilità e sulla mia abilità di maneggiare una spada con la sinistra. Abilità quasi nulla. Perché diamine non mi sono mai allenato? Potrei passare al piano B, ma Jake non me lo perdonerebbe. Il fabbro esegue una perfetta spazzata, all'altezza delle mie ginocchia: difficile sia da scavalcare che da evitare chinandosi. Per salvarmi sono costretto a gettarmi in terra di peso, perdendo posizione, così che quello armato di ascia cerca di decapitarmi. Non farei in tempo a caricare la balestra, perciò rotolo di lato e gli pianto a mano un dardo nel ginocchio. Si accascia. Sfilo la spada dall'elsa e provo a combattere il fabbro, ma è grosso almeno due volte me, e con un colpo la spada salta via. Con la coda dell'occhio vedo Jake combattere, alla mia destra, contro quello armato di spada. Sta tentando di disarmarlo, a mani nude. Perché mai ha voluto una spada se poi non la usa? L'alabarda vola sopra la mia testa, io mi abbasso, afferro l'ascia di quello che ho azzoppato, e con tutte le mie forze la lancio contro il fabbro. L'afferra al volo, e me la rilancia contro. La schivo per un pelo. Diamine, è un avversario temibile, non avrei dovuto fare tanto il gradasso.

Intanto Jake atterra il suo avversario, e mi lancia la spada. Non si fiderà di me, ma confida nei miei riflessi. L'afferro al volo, e la faccio roteare un poco: sembra perfetta anche con la sinistra. Mi faccio più sicuro di me, e mentre il fabbro tenta un affondo io scarto a sinistra, salto sul manico dell'alabarda e gli mozzo la mano destra. Urla, e, ancora in piedi sopra la sua arma, gli punto la lama al collo. Mi concedo il gusto di umiliarlo un po':- Davvero un'ottima arma, quella che mi hai dato. Sarà un piacere usarla per ucciderti.

Il fabbro ansima per il dolore e lo sforzo, poi mi risponde:- Sai, anche l'alabarda è una mia creazione.

Preme un tasto e il manico si riempie di punte: non fosse per le mie scarpe di ferro, mi avrebbe strappato i piedi. Però perdo l'equilibrio e cado in terra. Tira fuori un pugnale e sta per finirmi quando Jake si mette in mezzo. Non riesca a fare tanto, e viene sbalzato di lato, ma mi dà il tempo di rialzarmi.

-Jake! Mi autorizzi a usare molta violenza per liberarmi di questo pallone gonfiato?

Sbatte un pugno in terra:- Cerca di non ammazzarlo.

È l'unica possibilità che ho: mentre l'alabarda cala verso di me, concentro tutta la mia ira repressa. Penso a Martin, che si è preso il mio braccio, penso alla bambina caramella, che non doveva morire, penso a Bonnibel, maledetta, che mi ha rifiutato quando più l'amavo. Penso a questo maledetto, che sta per ammazzarmi. Il moncherino formicola e un braccio azzurro, semi trasparente esce fuori. Da quanto tempo. Ora è il momento di divertirsi. Sento l'aria che si sposta sopra la mia testa l'alabarda sta per colpirmi, ma il mio braccio magico si ingigantisce e colpisce il mio avversario in pieno petto. A dire il vero, il pugno è così grosso che va dal suo mento alle ginocchia, mentre con il pollice colpisco l'alabarda, che schizza via. Il fabbro cade parecchi metri più in l'ha. Con una mano grossa quanto il suo torso lo sollevo e lo porto sopra di me:- Vedi, non devo leccare nessun dolce culo per ottenere un braccio capace di stendere un cretino come te.

Sarei tentato di spezzargli la cassa toracica, ma Jake sarebbe capace di tornare a casa. Così lo lancio a terra, e lui si rialza, sanguinante, e scappa via. Afferro la sua mano e gliela lancio addosso. Inciampa.

Jake mi guarda:- Non farlo mai più.

Il braccio sparisce:- Scherzi? Con questo potrei fare fuori il Lich senza difficoltà!

-Usalo per il Lich, e soltanto per lui.

Acconsento. Mi sento su di giri.

 

Ora che c'è un po' di pace, Jake apre la pergamena: è una mappa. Indirizza verso un'isola che non conosciamo. Sotto c'è scritto che è un'isola marcia e corrotta, dove tutti gli animali sono carnivori e predatori. Sarà un viaggio interessante, insomma. Il punto più vicino per raggiungerla è il porto che si trova al confine tra le pianure e il deserto. Finalmente sappiamo dove andare. Ci incamminiamo. È l'ora dell'avventura.

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Capitolo 6
*** CAP.6 - JAKE IL CANE ***


Sono una barca. Via, verso la distesa viola, l'isola del Lich. Dentro di me sono preoccupatissimo: speravo che Finn, senza braccio, si sarebbe calmato, invece ora che ha a disposizione l'arto magico, è anche peggio di prima. Spero non si renda conto che, anche se dovesse fare casini irrimediabili, probabilmente lo seguirei comunque. La minaccia di lasciarlo al suo destino potrà reggere ancora per un po', ma la verità è che gli voglio troppo bene, mi è troppo mancato in questi tempi, e potrebbe anche ammazzare BMO, andrò comunque in giro con lui. Avevo un gran bisogno di tornare a fare l'avventuriero.

Sto invecchiando davvero male, senza muovermi. Il pelo è totalmente fradicio per via dell'acqua sotto di me e ho freddo, temo di ammalarmi. Una volta non avrei avuto né questi timori né questi problemi. Per lo meno il viaggio sembra tranquillo, e nel giro di mezz'ora siamo arrivati alla distesa viola. Scendiamo, e Finn mi dice: “Come ti senti?”

“A dir la verità, abbastanza stanco.”

“Immaginavo. Anche io. Che ne dici di riposarci un po' prima di andare? Il Lich mica scapperà”.

Mi viene quasi da ridere. Come diventa gentile, sotto minaccia. Comunque acconsento, e dormiamo.

 

Dei grossi ananas mi fissano. Mi indicano, e tutto diventa nero, muoio. Ohw, ohw.

 

Mi risveglio urlando. Finn si sveglia con me, in un attimo è sull'attenti, porta il braccio sinistro alla schiena ma non trova quello meccanico, così tira fuori la spada dall'elsa con la sinistra. Ha commesso un grosso errore che poteva essergli fatale, nel perdere tempo a cercare il braccio, ma comunque in meno di un secondo è pronto a combattere.

“Che succede?”

“Nah, non preoccuparti. Un brutto sogno”.

Finn sospira, rimette la lama al suo posto, e guarda il cielo: “Comunque, abbiamo dormito a sufficienza. Possiamo andare”.

C'è da dire che la distesa viola ha un nome più che azzeccato. La vegetazione qui è di un purpureo tale che mi fa pensare che ogni singola pianta sia velenosa. Quelle che non sono viola, sono di un verde malato. Ricordano il plutonio.

Dopo qualche minuto passato a camminare, veniamo immediatamente attaccati da un animale. Qualcosa che non ho mai visto, somiglia a un leone, ma i colori sono tutti sbagliati, e l'aspetto è grottesco: una faccia senza occhi spunta da una criniera grigio cenere, un grosso naso schiacciato e dei denti lunghi quanto il braccio di Finn. Le zampe sono dello stesso viola delle piante, probabilmente un meccanismo mimetico, e le unghie gocciolano. Finn tira fuori la spada e dice: “Attento, credo sia velenoso”. Il leone attacca per primo. Annusa l'aria, poi salta verso Finn, che con un colpo di spada devia l'attacco. L'animale cade a terra, e io gli lancio un grosso pugno, ma prima che lo colpisca, Finn si mette in mezzo e prendo lui sulla schiena. “Finn! Che cavolo fai?”

“Se lo colpisci muori avvelenato!”

Diamine, ha ragione. Meglio usare la spada, dopotutto l'ho pagata e, grazie a lui, nemmeno poco. Con le armi mi sento un po' goffo. Finn sembra un ballerino, salta da un lato all'altro, colpisce, devia, schiva, sa che un solo colpo potrebbe essergli fatale e si regola di conseguenza. Non sono sicuro, ma credo stia anche tentando un approccio non letale. Colpisce forte, ma sempre dando calci, e sferrando colpi con il manico. Il leone si disorienta, e alla fine si accascia in terra, prima che io decida di prendere l'iniziativa.

“Grazie.”

“E di che? Stavo salvandoci la vita.”

“No, non quello. Grazie per non averlo ucciso”.

Serra le labbra e annuisce brevemente. Riprendiamo il cammino, e io mi sento più sicuro. Tengo la mia arma stretta al petto, e cammino con un grosso sorriso, sapendo che, anche con un braccio solo, il mio ragazzone può combattere per entrambi e è in grado di non uccidere. La strada è pericolosa, e noi ci troviamo nella situazione di dover camminare a caso: sappiamo, sì, che il Lich vive su quest'isola, ma non abbiamo idea del dove, di preciso. Probabilmente sotto terra. Altri animali si avvicinano, ma io nemmeno ho bisogno di lottare più di tanto, pensa a tutto Finn. Infilza una cosa che ricorda un ragno, ma che è grossa come un orso e che ha un numero di zampe che nemmeno riesco a contare, per il resto, si è limitato a colpire in modo meno letale possibile. Onestamente mi sento leggermente un peso: da un lato vorrei che ci separassimo, per lasciargli più libertà di azione, dall'altro so che qualcosa mi ammazzerebbe in poco. Alla fine concludo che è meglio rimpicciolirmi e salirgli sulla spalla, per quanto mantenere la forma mi costi una leggera fatica.

Dopo un paio di ore troviamo un grosso buco nel terreno, perfettamente tondo. Finn si china e scruta in profondità: è completamente nero, non ho idea di quanto possa essere profondo.

“Dici che potrebbe essere la tana del Lich?”

“Decisamente. Pensi di poter fungere da paracadute? Così potremmo gettarci dentro in tutta sicurezza.”

“Non credo sia una buona idea, senza sapere con certezza cosa c'è in fondo. Posso fare da ascensore, se preferisci.”

“Come ti pare, basta scendere giù e fare fuori quel bastardo”.

Mi aggrappo in otto punti sul bordo del pozzo e poi inizio a calarmi giù, dopo aver ben legato Finn. Man mano che scendiamo, è sempre più difficile vedermi anche soltanto il naso. Mando qualche appendice in fondo, un paio di metri sotto Finn, per essere più tranquillo. Mentre mi ramifico e mi allungo verso le pareti del pozzo, noto che sono più lontane di quanto mi aspettassi. Probabilmente la buca si allarga, andando verso il basso. Pessima notizia, più il luogo in cui stiamo andando è largo, più sarà difficile trovare il Lich, sempre che sia davvero qui.

“Ehi Jake!”

“Che c'è?”

“Sento una puzza strana. Di roba marcia. Lo stesso odore del Lich. Credo che stiamo andando nella giusta direzione.”

“Lo spero bene. Ah, ho notato che le pareti del pozzo si allontanano mentre andiamo giù.”

“Dannazione, più il posto è grande, più incontreremo problemi.”

“Esatto, è quel che pensavo anche io. Non hai proprio nulla che possa far luce?”

“Indovina un po'? Avevo una dannata torcia nel braccio meccanico.”

“Di bene in meglio”. Continuiamo a scendere per un paio di minuti, cautamente, fin che le mie appendici toccano terra. Terra per modo di dire. Non so cosa sia, è molliccio e caldo. Mi terrei appeso, ma i muscoli iniziano a far male, così, dopo aver avvertito Finn, sono costretto a lasciarmi cadere. Atterriamo in questa sostanza molle e il buio è così denso che non riusciamo a vederci a vicenda. “Finn? Ci sei ancora?”

“Sono qui. Rimpicciolisciti e saltami in spalla, è il modo migliore per non perderci”.

Eseguo. Serve parecchia concentrazione per farlo, l'età e l'ansia non mi consentono più di fare quello che facevo una volta senza troppi problemi, così non mi resta che sperare di trovare della luce in fretta.

“Jake, ora ho bisogno che tu mi ascolti bene: non abbiamo alcuna gemma per proteggerci dai poteri mentali del Lich: io, in questi anni, ho imparato, tramite l'addestramento, a resistergli. Tu no. Quindi devi fare tutto ciò che ti dico io, e devi farlo senza esitazione. Se il Lich ti prende c'è poco da fare, può costringerti a eseguire qualsiasi follia. È essenziale che tu mi ascolti. Va bene?”

“Ok bello. Mi fido”.

Continuiamo a camminare per un po' senza che nessuno dica nulla. L'aria si fa sempre più irrespirabile e questa sottospecie di grotta sembra essere infinita. Contro ogni aspettativa, a un certo punto Finn si ferma.

“L'odore è fortissimo. Deve essere qui vicino. Facciamo così: meglio separarci. Io combatto meglio, sono più giovane e addestrato. Resta qui. Vieni solo in caso io ti chiami. Ok?”

“Ok. Bloccalo, ma poi lo interrogheremo insieme.”

“Interrogarlo... sì, certo, lo interrogheremmo assieme. A tra poco”.

Finn mi abbraccia e se ne va. E così mi trovo qui, da solo, al buio. Non posso fidarmi assolutamente della vista.

Dopo un po' che aspetto, senza sentire nessuno che combatte, inizio a preoccuparmi. Preferisco rimanere fermo, caso mai Finn tornasse da me, ma posso sempre ramificarmi per esplorare il territorio. Per mantenere meglio il baricentro, mi ramifico in tutte le direzioni assieme. Alla mia destra non sento nulla. A sinistra, davanti a me, sopra di me, nemmeno. Dietro di me, a circa una ventina di metri, tocco qualcosa. Una parete? Sì, sembra proprio essere una parete. Come è possibile? È da dove siamo arrivati, avrei dovuto sentirla scendendo, per non parlare del fatto che avremmo dovuto cozzarci contro camminando. Forse siamo stati abbastanza fortunati da passare attraverso un'apertura senza sbatterci la faccia. Mi allargo per non perdere l'equilibrio, risucchio tutte le mie ramificazioni tranne quella dietro di me, che si ramifica a sua volta, per esplorare completamente tutta la parete. Sono confuso. Non trovo aperture. Abbiamo perso, in questo buio, il senso dell'orientamento fino a questo punto? Eppure non mi sembra che Finn, quando ero sulla sua spalla, avesse deviato dalla sua linea retta. Deve esserci qualche tranello. Devo trovare il ragazzone, devo avvertirlo. Questa grotta non è quello che sembra, oppure può cambiare forma a piacimento, non so. Inizio a camminare verso il lato opposto della parete. È lì che Finn è andato.

Credo di star andando dritto. Cammino da qualche minuto, e non ho il minimo punto di riferimento. La puzza di morte, di carogna, è sempre la stessa, è sempre costante. A un certo punto vado a sbattere verso un'altra parete. Che diamine. Finn allora che fine ha fatto? Non mi resta che provare a chiamarlo.

“Finn!”. Niente. “Finn!”. Non risponde nessuno. Ora inizio a preoccuparmi. Comincio a correre, in una direzione a caso, mandando ramificazioni ovunque per cercare qualcosa a cui aggrapparmi, un punto di riferimento, qualsiasi cosa. Niente. Alla lunga finisco il fiato e mi fa male ogni muscolo. Cerco di non fermarmi, ma vado a sbattere contro un altro muro. Lo tocco, magari è una porta. La mia mano intruppa in qualcosa, sembra un bastone attaccato alla parete: l'afferro, lo esploro con le mani, fin che mi brucio e lo lascio cadere a terra. Che diamine sta accadendo? Lo raccolgo, e mi brucio ancora. Alla fine capisco che è una torcia. Come può una torcia non produrre un minimo di luce?

“Jake! Presto! Ho bisogno del tuo aiuto!”

Metto da parte i miei pensieri e inizio a correre in direzione dell'urlo. La voce di Finn è qui da qualche parte, e urla come un maiale sgozzato. “Finn! Dove sei?!”

“Sono qui!”. Continuo a correre. Troppo tardi mi rendo conto della fregatura. Il nero assoluto, la fiamma che non fa luce, Finn che mi dice che senza la gemma sono in balia del Lich. La grotta che non si comporta come dovrebbe. E, per finire, Finn aveva due arti, quando mi ha abbracciato. Sono stato un imbecille. Una mano mi afferra per la testa, mi solleva e mi fa voltare. La mano di uno scheletro. Mi trovo faccia a faccia col Lich. Due occhi infuocati mi bruciano nella mente.

“Che sorpresa trovarti qui, Jake il cane. Dove è l'umano?”

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Capitolo 7
*** CAP.7 - FINN L'UMANO ***


-Finn, ora ho bisogno che tu mi ascolti bene: non abbiamo alcuna gemma per proteggerci dai poteri mentali del Lich: io, in questi anni, ho imparato, tramite la meditazione, a resistergli. Tu no. Quindi devi fare tutto ciò che ti dico io, e devi farlo senza esitazione. Se il Lich ti prende c'è poco da fare, può costringerti a eseguire qualsiasi follia. È essenziale che tu mi ascolti. Va bene?

-Sei sicuro di riuscirci? Un conto è allenarsi, un conto è la prova sul campo, e tu non hai mai incontrato il Lich da quella volta alla cittadella.

-Fidati, so quel che dico.

-E perché non mi hai parlato prima di questa tua... “abilità”?

-Per evitare di farmi riempire di domande come ora.

-Ok, mi fido.

Non è vero. Non mi fido per niente. Credo che Jake stia cercando di tenermi volutamente lontano dal Lich. La domanda è: perché? Ha forse paura che io lo ammazzi prima di interrogarlo? Se è così, mi sento decisamente offeso, non può pensare che il mio senso della morale possa spingermi a uccidere prima di eseguire un incarico. “Incarico” per modo di dire, sto lavorando gratis. Comunque, meglio stare al suo gioco, cercare di capire cosa vuole che io faccia, e regolarmi di conseguenza. Senza dubbio, se mi chiede di lasciar stare, di fermarmi, per un qualsiasi motivo, così che lui possa andare avanti da solo, lo seguirò. Sono capace di pedinare una persona al buio.

Per un po' continuiamo a camminare in silenzio. Mi baso esclusivamente sul fiuto, cerco la sorgente di questo odore. Alla fine, sento la voce di Jake, sulla mia spalla:- L'odore è fortissimo. Deve essere qui vicino. Facciamo così: meglio separarci. Io sono un miglior stratega, sono più vecchio e saggio. Resta qui. Vieni solo in caso io ti chiami. Ok?

-Certo bello. Ti aspetto qui.

Dovrò sacrificare le scarpe, troppo rumorose. Me le sfilo, e piano piano inizio a seguire i passi di Jake. Miglior stratega? Mi facesse il piacere. Ha dei passi così pesanti che mi meraviglierei se il Lich non lo sentisse dall'altro capo dell'isola. Deve essersi ingrandito, almeno alla dimensione del nostro nemico. Pessima mossa, ha il potere di rendersi piccolo e leggero, perché non farlo? Come se non bastasse, sta strascicando i passi. Mi fermo un attimo a riflettere: Jake non strascica i passi. Non l'ha mai fatto, né quando era giovane, né fino a cinque minuti fa. Ci metto poco a capire il trucco. Stupidi, come abbiamo potuto essere così stupidi? Senza una gemma siamo stati in balia del Lich per tutto il tempo. Era con lui che ho parlato, pochi secondi fa. Almeno ho ancora l'elemento sorpresa. No, decisamente no. Il Lich non è stupido e se sta facendo tutto questo rumore è evidente che vuole che io lo segua, sa che gli sono dietro. Be', non mi resta che fermarlo.

Mi concentro.

Penso a Martin. Al Signor Maiale, al Lich.

A Bonnie.

Non riesco a concentrare le energie. Non riesco a usare il braccio magico! Come è possibile? Non c'è tempo per le domande. Sguaino la spada e colpisco, se mi sbaglio e quello è Jake, al massimo la lama gli rimbalzerà contro. Invece niente. Sento il sibilo della mia arma, e il rumore di una capriola, infilzo il vuoto e mi sbilancio. Mi preparo a qualche frase a effetto, ma dopotutto non sarebbe nello stile del Lich. Invece un pugno in pieno petto mi toglie il fiato e mi butta in terra. Poi mi sento afferrare e vengo gettato alcuni metri più in là. Quindi, ecco la voce del Lich:- Che ne dici di prendere quella spada e infilartela nel petto?

Perché no? Dopotutto sarebbe un buon modo di andarsene. A tentoni cerco la lama, la trovo. Me la poggio al petto e inizio a spingere. Devo fare forza per bucare l'armatura. Quando sento la prima goccia di sangue colarmi lungo l'addome, capisco cosa sto facendo. Che diamine! Ci sto ricascando! Devo stare attento, fin che il Lich è qui può farmi fare quello che mi pare, se non mi concentro. Deve essere per questo che non riesco a usare il braccio magico. Concentro tutte le mie energie mentali per non ammazzarmi, e inizio a barcollare verso il Lich. A malapena mi reggo in piedi, e lui se ne accorge. Ride. Un altro pugno, in piena faccia. Se almeno vedessi qualcosa, potrei schivare. Mi afferra la barba, e mi spinge a forza il viso contro il suo ginocchio. Sto facendomi prendere dall'ansia, e questo non va bene. L'ansia conduce agli errori e gli errori a morire. Calmati, Finn. Per prima cosa devo concentrarmi a sufficienza da non essere appesantito dall'oscurità del Lich. Devo chiudere gli occhi, e basarmi sugli altri sensi. Il rumore dei suoi movimenti, percepire gli spostamenti dell'aria, tutto quello che posso usare a mio vantaggio. Eccolo, lo sento: un pugno verso la mia faccia. Spero di avere la forza necessaria per la prossima mossa. La sua mano cala verso il mio viso, e io gli punto la spada contro: un doloroso contraccolpo mi spinge indietro, mentre il Lich ride. Non gli ho fatto niente, ma almeno ho evitato che mi uccidesse. Quando tira indietro la mano e si accorge che la mia spada è incastrata in un dito, smette di ridere. Contro ogni mia previsione, l'ho bloccato, e fin che non lascio andare la mia arma, posso sapere esattamente dove si trova. O, ancora meglio, posso trarre un vantaggio anche maggiore: energicamente tiro la spada verso di me, il Lich si sbilancia in avanti e io mi arrampico su di lui, salgo sulle sue spalle e inizio a tirare con forza. Se riesco a staccargli la testa, lo sconfiggerò. Credo.

Mentre tiro, lui mi tempesta di pugni: al quinto o sesto cado in terra, e la sua testa rimane attaccata al collo. Questa non ci voleva, mi trovo senza spada contro un avversario ben più forte di me. Non mi resta che fuggire e trovare Jake. Per prima cosa cerco di capire bene dove il Lich sia, poi gli do le spalle e inizio a correre. Mi detesto per questo: tempo fa mi ero ripromesso di non fuggire mai da una battaglia, ma non posso in queste condizioni. Se riesco a allontanarmi a sufficienza da sfuggire al suo controllo e evocare il braccio magico, dovrei essere salvo, o almeno mi auguro. Dopo qualche minuto che corro, inizio a sentirmi più leggero. La testa fa meno male, le gambe smettono di tremare, e l'odore si fa meno penetrante. Posso pensare al braccio. Mi siedo, e inizio a concentrarmi. La prima volta, ero devastato dai pensieri di vendetta. La seconda volta, stavo per morire. La verità è che non ho un'idea precisa su come evocare il braccio. Credo che sia principalmente il risultato del mio odio represso. Ma in che modo? Provo a meditare: calmarmi. No, pessima mossa. Il braccio è la mia aggressività. A cosa avevo pensato quando l'ho evocato al mercato e quando ho tentato di chiamarlo poco fa? Ah sì: principalmente a Bonnie. La mia piccola Bonnibel, che si è persa nella sua follia, o è stata uccisa, non lo so. Che mi ha sempre trattato con un'aria di sufficienza, mi ha sempre tenuto a distanza, ma comunque illudendomi di continuo. Il suo eroe. Sono il suo eroe, eh? Vedremo. Potrò considerarmi un eroe solamente nel momento in cui riuscirò a sconfiggere il Lich, e a vendicare il Signor Maiale.

Il Signor Maiale, così insensatamente ucciso. Poveraccio. Ammazzare il Lich sarà l'unico modo per rendergli giustizia. No, che dico? Inutile addossare tutta la colpa a quel demonio: se non lo avessi portato lì tutto ciò non sarebbe successo. Il Lich è solamente un essere privo di morale, dedito alla distruzione. Non gli si può fare nulla, ucciderlo è l'unico modo per fermarlo. Anche se prima voglio sapere con certezza perché ha ammazzato il Signor Maiale. Io, invece... io ho fatto tanti errori, nella mia vita. E la colpa è tutta mia. Il Signor Maiale è morto perché sono stato uno stupido. Ora inizio a esser furioso. Il braccio formicola: un guizzo di luce, l'estremità brucia leggermente, e un debole ronzio mi inonda le orecchie. Perfetto. Ora posso andare a cercare quel bastardo.

Mi sento molto più sicuro di me, adesso. Non sarà facile adottare un approccio furtivo, il braccio emette luce blu, ma confido in me stesso. Se il Lich mi vede, sono certo che potrò comunque sbarazzarmene. Inizio a sentirmi nuovamente su di giri: il cuore pompa al massimo, l'adrenalina sta aumentando, le mie percezioni sensoriali raggiungono livelli che credevo impossibili, e una grandissima ira mi scorre nelle vene. Se non incontro a breve il Lich, probabilmente impazzirò. Ho bisogno di uccidere qualcuno, di spaccare cose. Di strappare braccia.

Passa troppo tempo. Non so quanto, il mio senso del tempo inizia a sfarfallare. Però alla fine sento di nuovo il suo rognoso odore di morte e radiazioni. Eccomi, maledetto bastardo.

Sono fortunato e lo prendo alle spalle. Se ne sta lì, girato, non vede la mia luce. Bene. Tiene in mano qualcosa, e non capendo cosa, mi preparo a tutto. Piano piano, mi avvicino. Devo prenderlo senza che si accorga di nulla. Aspetta, e perché dovrei? Perché non posso arrivare urlando e spaccandogli quel muso rivoltante? Ridacchio, e colpisco con un pugno dall'alto verso il basso, grosso più del Lich. Lo faccio ridendo, più forte possibile, perché voglio mi senta. Che mentre muore sappia chi lo uccide. Invece l'ho sottovalutato, perché scarta di lato e mi lancia la cosa che mi teneva in mano. Qualcosa di molle, caldo e peloso.

Jake.

Questo bastardo mi ha lanciato Jake!

-Lich! Maledetto figlio di puttana, sei morto!

Ovviamente non risponde. Si limita a ridere, e saltarmi di nuovo addosso. Questa volta però non tenta di entrarmi nella mente. O forse non ci riesce? Bah, chi se ne frega. Ha ancora la mia spada incastrata nella mano. Bene, è il momento di riprendermela: mentre mi dà un pugno io schivo a sinistra, poi gli do un pugno a mia volta. Lo colpisco, e vola indietro. Mentre è ancora a mezz'aria lo afferro per il braccio destro e glielo stritolo: si spezza in più punti. Poi finisco di strapparglielo, e rimane solo la spalla. Mi dirigo verso di lui, che intanto si rialza, e sto per afferrargli la testa quando la mano di Jake mi tocca il braccio. Mi volto.

-Che c'è?

Sembra esausto. Riesce a malapena a parlare. Ma con sforzo mi dice:- Non ucciderlo, ti prego.

-E perché diamine dovrei lasciarlo in vita?

-Dobbiamo... dobbiamo chiedergli se ha ucciso lui il Signor Maiale.

-Cosa vuoi che ti risponda? Si limita a cercare di ammazzare tutto ciò che esiste! E poi se anche non fosse stato lui? Allora merita di sopravvivere? Dai, diamogli una medaglia perché non ha ucciso il Signo Maiale!

-Ti sei chiesto perché se ne stia qui su quest'isola senza far nulla? Senza provare a distruggere ogni specie vivente? Secondo me ha perso il suo scopo originario. Lo vedo, invece, lo sguardo nei tuoi occhi. Ti fa sentire così bene, uccidere? Onestamente non credo il Lich sia più una minaccia, se ce ne andiamo.

-Jake, ma che cazzo dici?

Mi volto, con l'intenzione di finirlo. Ovviamente è scappato.

-Grazie, cane della malora. L'hai fatto scappare, sei felice adesso?

Non risponde. E io non ho voglia di mettermi a discutere ulteriormente, così parto alla ricerca del mio avversario. Jake si alza per seguirmi, gli dico che è meglio che lasci stare.

Questa volta lo trovo in fretta: zoppica visibilmente, e gli corro incontro più velocemente di quanto lui possa fuggire. Mi sente arrivare, ridacchia, e si volta. Ma lo sa, che non può vincere ne fuggire. Ciò mi fa sentire bene: questo è il momento decisivo, lo sento.

-Ehi, bastardo! Solo questo, prima che tu muoia: hai ucciso tu il Signor Maiale?

Non risponde: ride, mi lancia una palla di fuoco che afferro al volo con il mio braccio magico.

-Rispondi. Tanto morirai comunque, la tua risposta pregiudica solo il livello di sofferenza che raggiungerai nella morte. Hai ucciso tu il Signor Maiale?

-E se anche fosse?

Lo afferro e lo sollevo. Si dimena ma non riesce a liberarsi. Inizio a stringere sempre più forte, e i suoi tentativi di fuga si fanno frenetici, ma non riesce a far molto.

-RISPONDI!

-Ahahahahha!

Continuo a stringere, fin che la risata si fa un urlo straziante:- No! Non l'ho ucciso io! Non sono stato io!

Do un colpo finale e le sue ossa si sgretolano completamente tra le mie mani.

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Capitolo 8
*** CAP.8 - JAKE IL CANE ***


Finn va per la sua strada e io concludo che è meglio iniziare a uscire dalla grotta. Ho tirato un po' troppo la corda. Ovviamente voglio che uccida il Lich, ma volevo vedere se avrebbe tentennato almeno un minimo, prima di andare lì e fare piazza pulita. Ovviamente non lo ha fatto. Bah. Io non mi sento certo in grado di combattere un tale avversario, se esco di qui sarò sicuramente di minore intralcio. Almeno potrò evitare di essere usato come proiettile dal Lich, non so se è stato più doloroso o imbarazzante.

Ora che sono fuori dal suo controllo mentale il buio è meno denso. Ci sono diverse torce e riesco a ritrovare il buco sul soffitto. Questo posto è veramente strano. Sembra una di quelle strade ferrate sotterranee che Gommarosa aveva costruito nel suo regno qualche anno fa, ma ha un'aria così antica... tutto è polveroso, rotto, non c'è energia. E per terra questa strana vegetazione soffice e rivoltante al tatto. Possibile che esista un mezzo di locomozione così antico? Dovrò parlarne con Finn. Fuori, la luce del sole mi ferisce gli occhi. Mi ero abituato a quel buio. Ora non mi resta che aspettare. Più il tempo passa, più mi sento preoccupato. Dovrei scendere per aiutare il ragazzone? No, meglio di no. Alla fine mi convinco a aspettare fin che non verrò avvistato da un animale, a quel punto sarà meglio scendere.

La mia attesa si conclude prima che io possa essere avvistato. Finn esce dal buco. O meglio: il suo braccio esce dal buco, per primo. Un mastodontico cono di energia blu, così grande che le pareti del pozzo iniziano a franare. Il braccio si apre come un fiore, e quello che ormai mi rassegno a riconoscere come il guerriero più forte di Ooo viene tirato su dal suo arto magico. Gli corro incontro.

“Allora, ragazzone! Ha confessato?”

Finn mi guarda, senza rispondere. Sembra spiritato, in un altro mondo. La barba è ancora più sporca e stropicciata, gli occhi sono rossi, ha le occhiaie, sembra stanchissimo. Deve essere il braccio, lo affatica più del dovuto. Devo convincerlo a smettere di usarlo. Sto per aggiungere qualcosa, ma finalmente parla: “Sì. Ha confessato. Ha ucciso il Signor Maiale, abbiamo risolto il caso, Jake.”

Non mi sento convinto. Mi puzza di bugia lontano un miglio. Poi il suo braccio trema, si deforma, sembra un'onda in movimento. Dalla faccia che fa Finn, nemmeno lui capisce cosa succede. Infine prende le sembianze di una frusta e afferra qualcosa nell'aria. Stringe. Il rumore di un palloncino che esplode, e poi ci accasciamo entrambi. Non riesco a respirare, e inizio a vomitare in terra. A fatica alzo lo sguardo: vomita anche Finn.

“Che cavolo è successo?” Il suo braccio magico trema ma rimane lì. Tiene gli occhi chiusi, e quando li apre gocciola sangue. Non risponde. “Finn! Mi senti?”. Sputa sangue e sussurra “Dobbiamo andarcene”.

Wow, non lo avrei mai detto. Con le poche forze rimanenti inizio a trascinarlo verso il mare. Mi cadono i peli, e ogni passo è come se lo facessi sugli aghi, mentre Finn si lascia trascinare inerme. Al contrario, intorno a noi tutto sembra rinvigorire. Gli alberi si gonfiano come insalata immersa nell'acqua, gli animali lanciano degli strani versi, simili a ululati, vitali ma rochi. Inizio a aver davvero paura. “Finn, dobbiamo muoverci, non possiamo perdere un secondo di tempo! E fa' sparire quel braccio, ti sottrae troppe energie!”

“Andarcene? Eh eh... no... c'è così tanto da combattere...”

“Finn, non scherzare. Andiamo.”

“Prova a fermarmi”.

Ricorda un vecchio che non vuole ammettere di essere con un piede nella fossa. Le gambe tremanti, il viso pallido dove non è ustionato e ferito, si alza e cerca di rimanere in equilibrio. Io tremo e fatico a mantenere la forma, cerco di aggrapparmi a lui per fermarlo, ma mi rimane in mano la sua barba a ciocche ispide. Tento di dargli un pugno, che lui goffamente schiva, e poi mi spinge. Cado in terra. Se non fosse una situazione così tragica, la troverei esilarante. Due persone stremate che tentano di combattere, con pugni lenti quanto deboli, tremanti, che faticosamente rimangono in piedi. La maggior parte dei colpi nemmeno arrivano a segno, fin che lui non pare ricordarsi del braccio. Lo guarda, e lo solleva. Un braccio blu che mi infonde il terrore, e si schianta contro di me a tutta forza. Vengo spinto in alto e indietro, per parecchi metri, e poi in giù, di nuovo verso terra. Con un rumore che non mi piace tocco il suolo, cercando di rimanere aggrappato al braccio. Ci riesco: lo ritira indietro, e io sono di nuovo davanti a Finn, ma quasi KO. Riconosco di essere sopravvissuto soltanto grazie alla mia consistenza.

Alla fine tento il tutto e per tutto: mi ingrandisco per quanto riesco e mi butto a peso morto su Finn: quindi mi richiudo intorno a lui e stringo.

Tante cose sgradevoli mi sono successe, in tutta la mia vita: questa è sicuramente la peggiore. La sensazione è orribile, peggio di quando il ragazzone mi ha scomposto. Mi sento devastato, sia moralmente che fisicamente. Moralmente, perché sto tentando di soffocare mio fratello, il mio migliore amico. Fisicamente, perché fa di tutto per non lasciarsi sopraffare. Dentro di me lo sento scalciare e dare pugni, strappa quei peli che sono rimasti attaccati, morde. Mentre stringo, io tento a fatica di trascinarmi verso la riva, ma ogni passo è un martirio. Poi inizia a colpirmi con il braccio magico: vedo il mio corpo che si deforma sotto la potenza dei colpi, e inizio a sentire un dolore che non credevo possibile. Barcollo, cerco di tener duro, ma alla fine cado in terra, e inizio a rotolare verso l'acqua. Cado in spiaggia, e sento Finn che smette di dimenarsi: pregando che sia svenuto ma ancora vivo, mi riapro.

 

Respiro a lungo: riprendo fiato. Quando sento di avere le energie necessarie per rialzarmi, afferro Finn, mi butto in mare, mi allargo quanto riesco e inizio, lentamente, a nuotare. Non so per quale miracoloso colpo di fortuna non siamo stati attaccati da quegli animali, ma meglio non sfidare troppo la sorte. Con calma, la riva si allontana da noi, l'acqua ci circonda, e io cerco di non svenire.

 

Dopo alcune ore Finn si risveglia: “Ehi, Jake?”

“Ragazzone. Temevo fossi morto.”

“Sono tenace. Scusami, per averti picchiato. Ora non tornerai a casa, vero?”

“Dove altro dovrei andare? Basta, il caso è chiuso, abbiamo vendicato la morte del Signor Maiale.”

“Ah, già.”

“Non è stato il Lich, vero?”

“No.”

“Perché allora mi hai mentito?”

Finn impiega un po' per rispondere. Prima si guarda intorno. Il cielo stellato, l'aria fresca, l'acqua tutta intorno a noi. Io ho smesso di nuotare da un po', mi sento del tutto privo di energie. Poi parla: “L'ho ucciso e ha urlato qualcosa. Non sono riuscito a capire cosa. Se fosse una confessione o meno. Mi vergognavo a dirtelo, perché ho mandato tutto in fumo facendomi condizionare dal braccio. C'è tutta la mia ira, lì dentro. Tutta la mia aggressività. A proposito, scusa per essermi comportato come uno stronzo.”

“Sono disposto a accettare le scuse, ma promettimi che non tirerai mai più fuori quel braccio.”

“Lo userò solo in caso di emergenza.”

“No, Finn. Promettimelo.”

“Non posso. Jake, lo sai che-” lo zittisco. Sento un rumore: motori, credo. Qualcosa che romba. Dico a Finn di stare zitto e guardarsi intorno. Alla fine vedo, a diversi chilometri, uno squadrone di aeroplani. Cosa ci fanno, qui, in mezzo al mare? La prima cosa che mi viene in mente è che possano essere di Gommarosa, l'unica che ha questa tecnologia a disposizione, ma non è possibile. Vengono dalla direzione opposta, dalla parte dell'isola. Che il Lich sia ancora vivo? Ma improbabilmente possiede queste tecnologie. Quando sono sopra di noi, sganciano qualcosa. Bisbiglio: “Riesci a capire che stanno facendo?”

In tuta risposta Finn urla: “Immergiti! Stanno sganciando delle dannate bombe!”

Non me lo faccio ripetere due volte: mi chiudo intorno a Finn, questa volta con più delicatezza, e mi butto sott'acqua.

Intorno a me, sento le bombe che cadono. Diamine, ci mancava solo questa: come se fossimo almeno un po' in forze per difenderci. Metto mano a tutte le mie energie e continuo a nuotare sott'acqua, a caso, sperando ci perdano. Ma mi illudo, e una bomba mi colpisce: sento il rumore di qualcosa che si strappa, e poi vedo sangue ovunque.

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Capitolo 9
*** CAP.9 - FINN L'UMANO ***


Per qualche secondo, mi trovo a lottare contro il panico. Contro la sensazione di star affogando, contro la paura di morire, contro tutto me stesso. Devo farmi una violenza psicologica per costringermi a rimanere sott'acqua, nonostante il fiato stia finendo. Siamo nella merda fino al collo: bombe che fischiano e ci cadono intorno. Jake è ferito. La mia pelle cade a pezzi a causa di qualsiasi cosa ci sia successa nella tana del Lich, ma Jake... non so bene come spiegarmelo: so soltanto che ha un grosso squarcio nella carne e il sangue esce, e credo siano degli organi, quelli... Oh Glob, oh Glob, oh, Glob. Non devo vomitare, non devo urlare, devo stare tranquillo. Il mio migliore amico è probabilmente in punto di morte perché io l'ho trascinato in un'avventura che nelle sue condizioni non poteva sostenere; anzi, mi correggo: siamo entrambi in probabilissimo punto di morte. Va bene, ok. Non è un problema. Mi sono trovato spessissimo in punto di morte, nel corso della mia vita. Certo, mai così vicino alla morte, ma non importa. Posso sopravvivere. Posso farcela. Posso farcela. Devo. Per me e per Jake. Lasciarlo morire così mi porterebbe a un senso di colpa che non potrei tollerare. Non potrei sopravvivere, a questo. Devo escogitare un piano. Cosa si fa quando si è circondati dalle bombe, non si può salire in superficie e si sta finendo l'ossigeno? A parte morire, intendo.

A meno che la morte non sia la soluzione... Alla fine decido che è l'unica cosa possibile. Ricordo ancora come si entra nel regno della Morte? Ovviamente sì. È stata una delle esperienze più inquietanti della mia infanzia. Devo solo trovare, senza prima affogare, una superficie abbastanza liscia. La ricerca non è estremamente complicata: c'è un sasso sul fondo del mare che fa al caso mio. Sento i polmoni che mi bruciano, il cuore batte all'impazzata, e devo nuotare trascinandomi dietro Jake, che nel frattempo sembra stia liquefacendosi. Devo tenerlo ben stretto per evitare che si perda dietro organi. Quando raggiungo il sasso, guardo l'angolo che forma con il terreno, incrocio gli occhi, e iniziamo a precipitare verso il basso. Cadiamo per diversi secondi, portandoci dietro non so nemmeno quanta acqua. Atterriamo, Jake ancora privo di conoscenza (prego con tutto me stesso che nel suo sonno non inizi a respirare), io annaspo e cerco di tenermi a galla. Sono del tutto privo di forze, e mi trascino verso un lembo di terra in mezzo al casino che ho appena creato. Poso Jake, inizio a tossire e sputare, sperando, pregando di non svenire. Alla fine però non ci riesco: rotolo su me stesso, cado sulla schiena, e l'ultima cosa che riesco a vedere prima di perdere i sensi è l'acqua che continua a scendere. Morte sarà furiosa.

 

Quando mi sveglio sono al buio totale. Chiamo Jake: non risponde. Faticosamente mi rialzo in piedi e cerco di capire dove io mi trovi. Ho dei vaghi ricordi, acqua, bombe, portali... poi tutto mi torna in mente. A questo punto la ricerca del cane diventa affannosa: tasto in terra, sui muri, cerco una porta, cerco un eventuale cadavere peloso sul pavimento, ma non trovo nulla. Sembra di essere chiuso in un grosso cubo sigillato, senza alcun modo di uscire. Non so che fare: non so che pensare; il respiro inizia a farsi affannoso, la testa mi gira, sento l'aria che manca. In preda al panico inizio a raspare sulle pareti cercando di scavare una via di uscita, le unghie si spezzano, esce sangue dalle dita, sbatto la testa contro i muri per romperli, ma è tutto inutile. Poi improvvisamente la luce si accende. Così, di botto: senza un rumore, senza uno sfarfallio. Per prima cosa mi rendo conto che la mia pelle ha smesso di cadere in pezzi. Poi mi accorgo che non sono affatto in un cubo: mi trovo nei giardini della Morte. Non capisco.

Morte è fradicia. Tranne per gli occhi, brillano come torce accese.

-Dammi un motivo per cui non dovrei prendermi la tua anima, qui, ora, subito.

-Dove è Jake?

-Hai idea di cosa hai fatto al mio regno? C'è acqua ovunque. L'hai completamente allagato. Richiudere il portale mi è costato uno sforzo enorme, e asciugare... anche peggio.

-Era con me, quando sono entrato qui. Era... è ferito. Pesantemente. Potrebbe essere morto!

-Alcune anime sono fuggite. Sai cosa significa questo? Non è mai successa una cosa simile.

Stiamo facendo due discorsi diversi. Devo assecondarlo, e poi potremo parlare di Jake: -Mi spiace per quel che è successo. Posso fare qualcosa per rimediare?

-Ormai c'è ben poco da fare, ragazzo. A meno che tu non voglia cercare le cinque anime fuggite.

-Non... non ho tempo. Dobbiamo cercare l'assassino del Signor Maiale.- Poi mi viene un'idea: -È qui la sua anima? Intendo... posso parlarci?

-L'anima di chi?

-Del Signor Maiale, è stato ucciso qualche tempo fa. Abbiamo giurato, io e Jake, di trovare il suo assassino.

-Non c'è nessun “Signor Maiale”, qui.

-Come è possibile?

-Il cane sta bene, comunque.

Finalmente posso tirare un sospiro di sollievo: -È vivo? Cosa gli è successo?

-È vivo, ma era in condizioni pessime, quando è arrivato qui. E io sono un mietitore di anime, non un guaritore. Ho fatto quanto ho potuto, per te e per lui. Con te è stato semplice, ma il cane era letteralmente a pezzi. E non è affatto facile riparare una palla di gomma e organi, fidati. Comunque, non dovrà stressarsi troppo, o si perderà dietro tutto quello che ha dentro. Di nuovo. Alcuni organi, tra l'altro, ho dovuto sostituirli.

Torno ancora a guardarmi la mano. È ustionata. È rovinata, piena di cicatrici. Ma non cade più in pezzi come poco fa. Questa mano è l'album di ricordi della mia vita violenta. Le ustioni di quando provavo a tenere per mano Fiamma. Le cicatrici di innumerevoli battaglie. Altre bruciature, i cani di fuoco, il regno e i sudditi, era impossibile evitare sempre il contatto, e la protezione magica di Flambo era quel che era. Però, almeno, non cade più in pezzi. Alzo lo sguardo: -Cosa ci era successo? Alla pelle, intendo. E ai capelli.

-Mostravate tutti i sintomi di un avvelenamento da radiazioni. Cosa avete fatto, avete leccato una bomba atomica?

-Abbiamo ucciso il Lich.

Morte rimane, per un attimo, basito. Non sa bene cosa rispondere. Una sedia appare alla sue spalle, si siede: -Il Lich?

-Il Lich.

-E come ti spieghi il fatto che non mi sia arrivata la sua anima?

-Non... non lo so.

-Ascolta, ragazzo: vieni qui, distruggi tutto, mi prendi per il culo: tutto questo non mi va bene. Ci sono tutte le motivazioni per prendermi la tua anima, e quella del tuo amico. Non hai tempo di aiutarmi a cercare i miei fuggitivi, così, in fin dei conti, mi sei anche del tutto inutile. Non ho intenzione, però, di farti fuori. Non so nemmeno perché io abbia deciso di guarirvi, questo te lo dico onestamente: e solo per questo non ti ammazzo. Un po' perché sono soddisfatto del mio lavoro; un po' per sperimentare: tanto morirete, le vostre anime le avrò comunque. E, a meno che non troviate un guaritore davvero capace, non manca nemmeno molto alla vostra dipartita. Soprattutto per il tuo amico. Vi sfalderete velocemente come un frutto che marcisce. E già pregusto questo momento. Nel frattempo, dammi un motivo per non torturare entrambi. Così, per divertirmi durante l'attesa.

Ecco, ci siamo. Da quando ho lasciato il Regno di Fuoco ogni singola cosa mi si è rivoltata contro. Ognuno ha cercato di farmi fuori, ogni avvenimento mi è stato avverso. E per ogni cosa tremenda che mi è successa, il doppio è accaduto a Jake. E questo è quello che davvero fa male: l'ho trascinato io qui, e ogni unghia che gli si scheggia è una mia personalità. Dovrò essere io a spiegare a sua moglie che è morto. Sempre nella remota possibilità di sopravvivergli. Così, nella tensione, l'unica cosa che mi viene in mente per salvare la pelle a entrambi è di tirare nuovamente in ballo l'amicizia col Maggiormenta: -Morte, mi spiace moltissimo per il danno che ti abbiamo causato. Come per la nostra mancanza di disponibilità nel riparare. E forse non dovrei utilizzare trucchi per avere salva la vita, ma già tanti anni fa sono sopravvissuto grazie a questo: nel nome della nostra comune amicizia con il Maggiormenta, ti chiedo di lasciarci andare. Come dici tu, è probabile che morremo in ogni caso entro breve tempo. Lascia che almeno facciamo giustizia alla morte del Signor Maiale.

Morte scoppia a ridere. Forte. Sembrano schegge che raspano le orecchie, unite a una forchetta che gratta su un piatto. Poi parla: -Per Lincoln! E così tu saresti quel ragazzino che già una volta venne a far danni nel mio regno!- Si avvicina e con quelle dita scheletriche mi afferra il volto e mi osserva da tutti i lati. Il contatto è tremendo: ha alcune dita fredde e altre roventi, sono ruvide, spinose, a tratti morbide come carne, in altri punti nodose come legno. -Certo che sei cambiato. Eri così morbido, quella volta. Ho dovuto lottare per resistere alla voglia di addentarti. Adesso invece sembri pollo bruciato. Sei pieno di carne morta, addosso. L'idea di mangiare una cosa morta mi disgusta.

-Ho vissuto degli anni difficili.

-Ah ah ah ah! Cosa ne sai tu, di ciò che è difficile e ciò che non lo è? Caro Maggiormenta. Sai dirmi cosa gli è successo?

-Cosa intendi dire?

-Sono anni che non ho alcun contatto con il Maggiormenta. Non ha deciso di rompere i contatti con me, questo ne sono certo. Senti, facciamo così- mi mette un braccio intorno alla spalla: -io vi lascio andare, con la promessa che voi mi aiutiate a far luce sulla sua scomparsa.

-Non potresti semplicemente... andare lì e chiederglielo?

-Lì dove? A Dolcelandia? Non so nemmeno se esista ancora! No, ogni accesso in quel luogo mi è ormai precluso. Non so come. Non so perché. Non mieto un'anima di un dolcibotto da troppo tempo.

-È possibile che siano tutti morti?

-Uomo poco intelligente, sono il signore della morte! Vuoi che non sappia chi sia vivo e chi no? No, non è questo il problema. La natura della loro scomparsa deve essere diverso. Come se fossero spariti tutti. Allora, facciamo così: io non torturerò né te nel tuo amico; ma voi, in cambio, dovete andare a vedere che fine ha fatto Maggiormenta.

Valuto i pro e i contro: andare a Dolcelandia è una missione potenzialmente suicida e ci farà perdere tempo prezioso; ma, d'altro canto, non abbiamo nessuna pista sulla morte del Signor Maiale, e un posto vale l'altro. Senza contare che se rifiutassi Morte si limiterebbe a torturarmi e a guardarmi morire. C'è anche bisogno di rifletterci? Tuttavia preferisco dare, a me stesso e a Morte, l'impressione di avere un minimo di controllo sulla situazione: -Non so. Fammi parlare con Jake, prima.

Morte annuisce impercettibilmente, e poi, in silenzio, mi fa strada nel tempio su cui il giardino si affaccia. Percorriamo dei corridoi, e poi arriviamo dinnanzi a Jake: è su un letto di pietra, dorme. Sembra una frittella, completamente disteso. Guardo Morte, che capisce e ci lascia soli. Al che sveglio Jake, e lo aggiorno su tutta la situazione.

-Non so, cosa hai intenzione di fare?

-Ovviamente andremo. Non voglio. Ho paura di quello che succederà. Ma, per prima cosa, è la nostra unica possibilità; e poi, stavo riflettendo, se è davvero come temiamo, se qualcuno ha preso il posto di Bonnibel, è il momento giusto per salvarla e riparare la situazione. Sono venuto a parlare con te solo per controllare la tua situazione e per non dare a Morte la sensazione di avere il coltello dalla parte del manico.

-E questo che senso ha?

-Cosa?

-Fingere con Morte di avere voce in capitolo.

-A darci un tono.

-Oh Glob, Finn, ma che cavolo ti metti in testa? Non sei più un bambino, non stiamo giocando a chi ce l'ha più grosso e non abbiamo un secondo da perdere! Ti pare sensato metterti a fare il pretenzioso con il dio della morte? A me non pare. Capisci che più tempo passa e più io rischio di tirare le cuoia? Dobbiamo andare a Dolcelandia e dobbiamo andarci subito.

Non rispondo. Mi rendo conto che ha ragione. Però poi mi viene in mente una cosa: -Come facciamo, se dobbiamo combattere? Non ho il braccio.

-Tornare da Oca Loca?

-E farci ammazzare dai mercanti? No.

-Bravo idiota, così impari a fare sempre il gradasso.

-Aspetta, e se tentassimo con la casa sull'albero?

-Cosa speri di trovare lì?

-È esattamente sotto l'albero che Schoko è morta. Il suo braccio meccanico... potremmo recuperarlo lì.

-Possiamo tentare.

E così andiamo a dire a Morte che siamo pronti. Anche se nessuno dei due, in realtà, pensa di esserlo.

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Capitolo 10
*** CAP.10 - JAKE IL CANE ***


Morte non riesce a creare un portale su Dolcelandia. Bene. Il punto più vicino in cui è riuscito a portarci è a due giorni di cammino dal regno. Bene. Dopo l'attacco aereo siamo disarmati, stanchi, malconci, e Finn non ha il suo braccio. Fantastico. Anche arrivando lì, non abbiamo alcun piano. Sempre meglio. L'unica nota positiva è che la vecchia casa sull'albero è sulla strada per Dolcelandia.

Cerchiamo di non perdere tempo: la maggior parte del viaggio la faccio sulle spalle del ragazzone, anche se le mie ferite sono state curate fa male ogni mia singola cellula. La cosa peggiore è che non riesco a restringermi più di tanto, ma se scendessi e mi mettessi a camminare lo rallenterei. Mi sento estremamente di peso, ormai. Vorrei tornare a casa, ma mi sentirei in colpa. E poi non sono sicuro che Lady abbia ancora voglia di vedermi. Così sopporto. Un peso su una schiena. Un constante ricordo di come i tempi si fanno difficili, di come io e Finn siamo invecchiati. Un costante ricordo del degrado. Quando invecchiamo, peggioriamo. Tutti. Inevitabilmente. E così Finn ha perso la sanità mentale. Io l'agilità, la forza, la capacità di padroneggiare i miei poteri. Il Re Ghiaccio, anche lui, è impazzito. Proprio come la principessa Gommarosa, sempre che sia ancora viva. Il mio matrimonio si è allentato. BMO si è trasferito in quel computer, così felice delle sue nuove incredibili capacità. Ma come abbiamo fatto a non capirlo, che un computer normale non è capace di sopportare algoritmi complessi come quelli delle emozioni? E così ha perso tutto. È diventato una macchina. E così via. Tutti, con il passare degli anni, siamo peggiorati. Solo Fiamma e Cannello sono saliti di livello. Che bella cosa. Magari fossimo tutti come loro.

Dopo un giorno e una notte di cammino in cui Finn non ha nemmeno pensato di riposare, arriviamo alla casa sull'albero. È maestosa. Avevo dimenticato quanto fosse bella, e come se non bastasse, negli ultimi anni è cresciuta ulteriormente. Le radici e i rami hanno coperto gran parte della struttura artificiale, e la cima è lontanissima. Sembra irraggiungibile, e noi siamo così piccoli. Finn si ferma a debita distanza. Si carezza la barba, scruta con attenzione, poi mi dice: -Vedi qualcosa?

“Di che tipo?”

“Sulla casa. Aguzza lo sguardo.”

Socchiudo le palpebre, mi allungo leggermente, cercando di notare qualcosa di strano. Poi lo vedo: -È uno stendardo rosa?

“Sì. Di quelli di Bonnibel. Sai che significa? Che quella casa non ci appartiene più. Se vogliamo prendere qualcosa lì dentro, dovremo combattere.”

“Sei sicuro di poter gestire la situazione?”

“Scherzi? Un po' di guardie banana, cosa possono farmi?”

“Hai ragione. Be', in ogni caso, consiglio di aspettare la notte. Sarà più facile avvicinarci.”

“Sarebbe una pessima idea. Ci troviamo in mezzo a una pianura verdeggiante, senza alcun punto per ripararci. Nonostante la loro incapacità, impiegherebbero due minuti a farci fuori con delle balestre. Un cane giallo e un grosso uomo biondo in mezzo al verde.”

Finn ha ragione. Mi guardo intorno. Non c'è nulla, solo una gigantesca distesa verde. Poveraccio. Capisco perché ha passato la sua vita a combattere. Ha vissuto qui per anni. E lui, tutta questa roba, la vede rossa. Dev'essere sempre nervosissimo. E va bene, così sia. Ci incamminiamo verso la nostra vecchia abitazione. Se ci sono delle guardie, ci vedranno a breve, sempre che non ci abbiano già individuati. Quindi camminiamo (Finn cammina) di fretta, un po' correndo sotto il mio peso, sperando di essere un bersaglio difficile. Poi, finalmente, arriviamo. Ma non abbiamo il tempo di entrare: senza capire assolutamente nulla mi sento sbalzare all'indietro e buttare in terra. Qualcosa mi blocca le braccia, poi anche le gambe. Cerco di allungarmi un po', ma ce la faccio a difficoltà. Il massimo che riesco a fare è vedere Finn che, impotente, viene picchiato. Non colpiscono per uccidere, è evidente. Mostrano una preparazione militare grandiosa, e se lo volessero morto lo sarebbe già. Però sono così veloci che nemmeno riesco a distinguere i contorni degli aggressori: a malapena capisco se è uno o più. Quel che è certo è che non sono guardie banana.

Quando Finn ne ha abbastanza, e è in terra, sputando sangue, sorreggendosi faticosamente, si fermano. Si ferma, in realtà: ora mi rendo conto che erano in due, uno a tenermi fermo e uno a picchiarlo. Non l'avrei mai detto: sono le guardie d'élite di Gommarosa! Pensavo che Rattleballs fosse l'unico ancora in vita. Vengo trascinato dentro la casa, mentre sento la guardia chiedere a Finn cosa sia venuto a fare qui. Bene, fantastico. Non solo sono militari provetti, sono anche abbastanza saggi da interrogarci separatamente. Ok, devo stare calmo. L'importante è non stressarsi.

Vengo buttato sul tavolo della cucina. Ah, quanti ricordi. Non prendono grandi misure di sicurezza, evidentemente si rendono conto che non sono in grado di far molto. Una guardia d'élite si siede davanti a me.

“Sai dove ti trovi?”

“Nella casa sull'albero che mi appartiene!”

“No. Questo è territorio della Regina Gommarosa. Nome.”

“Prego?”

“Dimmi il tuo nome.”

“Sono Jake il cane. Questo posto mi appartiene di diritto, e voi non dovreste essere qui.”

“Sei tu, quello fuori posto. Non dire nulla che non ti sia espressamente richiesto. Cosa sei venuto a fare qui?”

Non rispondo. Non credo ci farebbero prendere il braccio di Shoko, se lo facessi.

“Fai il duro, vero? Per me non è un problema. Sono un'intelligenza artificiale. Posso stare qui tutto il tempo del mondo.”

Diamine, questa non ci voleva. Io, di tempo, non ne ho: -E va bene. Sono venuto qui per... per ritrovare un oggetto. Ci apparteneva, quando vivevamo qui, e vorremmo venderlo per affrontare delle difficoltà finanziarie.

“Tutto ciò che si trova qui appartiene alla Regina Gommarosa. Prigionieri inclusi. Non avete il diritto di recuperare il vostro oggetto, come non avete il diritto di lasciare questo posto. Secondo le leggi tuttora vigenti in Dolcelandia, sarete condotti nei laboratori della capitale per degli esperimenti. Conosci i tuoi diritti?”

“Lascia stare. Sono liberi.”

La guardia di fronte a me alza lo sguardo. Io mi giro. Un'altra guardia d'élite, questa con l'aria di essere il capo, ci sta liberando. Sorregge Finn. Perché mai? Il capo si avvicina a me e mi guarda: “Jake il cane. Quanto tempo?”

“Rattleballs?”

“Saremo pure tutti uguali, ma il tuo amico umano mi ha riconosciuto subito.”

Già. Dopotutto mi stupisco di non averlo riconosciuto a mia volta. È l'unico pesantemente arrugginito, qui in mezzo.

“Cosa succede? Perché Gommarosa ha ricreato le guardie elitarie?”

“Tutti fuori da questa stanza. Ora!”

La guardia di fronte a me si alza e esce. Le altre... oh Glob, sono dei dannati ninja. C'erano altre sei guardie, nella stanza. Sulle travi, mimetizzate al muro, nei mobili... a quanto pare hanno preso misure di sicurezza maggiori di quanto mi aspettassi. Quando tutti sono fuori, Rattleballs inizia a parlare: -Jake, prepara qualcosa per Finn. È ridotto piuttosto male. Per questo, me ne scuso. La mia squadra ha l'ordine di non far passare nessuno.

Adagiamo Finn sul divano. È mezzo svenuto. Poi metto su del tè. Probabilmente è scaduto, nulla è stato toccato da quando me ne sono andato, ma in mancanza di altro, bisogna accontentarsi.

“Perché tutto ciò?”

“Gommarosa sta chiaramente impazzendo. Nei bassifondi della città si sentono voci che parlano la lingua del sangue e della rivolta. Ma sono in pochi. La gente comune è felice della situazione. Quanto a noi guardie d'élite... non possiamo entrare in città, punto e basta. Il principessato si è trasformato in una monarchia e poi in una benevola dittatura. Ma Gommarosa tiene sempre tutto stretto col pugno di ferro.”

Finn biascica: “È possibile... è possibile che non sia più Bonnibel?”

“Cosa intendi?”

“La nostra teoria... è che... che qualcuno possa averle fatto qualcosa di male”. Stringe il pugno e il suo braccio trema. “Che possano averla rapita o... o... o possano averla uccisa.”

“Non l'avevo mai messa sotto questo punto. Ma sì, è probabile. Il cambiamento è stato repentino, dopotutto. In poco tempo si è chiusa nella sua torre e non ora accetta più nessuno. Comunica solo per ordini scritti. Oh Glob, come abbiamo potuto essere così ciechi? È necessariamente così. Sì, sì. E qualcuno deve impedirlo. Noi guardie d'élite non possiamo, ovviamente. Io posseggo una ormai limitata capacità di autocontrollo, mentre gli altri, gli altri sono solo burattini che seguono ordini. Fanno esattamente ciò che dico io, pur che non vada contro le leggi del regno. Credo che dobbiate essere voi a fare qualcosa.”

A questo punto sbotto: “Ah, certo. Ci pensiamo noi, sì. Ormai ci siamo fatti la fama degli eroi di Ooo e qualsiasi missioni rischiosa spetta a noi, vero? Sai cosa ti dico? No, Rattleballs. No. Io sto morendo, ok? Non mi resta molto da vivere a meno che non troviamo qualcuno capace di salvarmi. Non posso rischiare di andare lì. No.”

“I tempi in cui eravate gli eroi di Ooo sono finiti. Quelli erano tempi bui. Ora siamo in una nuova era, Jake il cane. Un'era che non lascia posto agli eroi, che non lascia posto all'individuo e al valore della vita. Questa è l'era della società e della complessità. Dolcelandia, la capitale, è il baluardo della luce. Tanto nel senso metaforico, con la luce della scienza che ci guida, quanto nel senso letterale: grazie alla rivoluzione elettrica ogni strada è illuminata e ogni crimine è visibile. L'eroe non è più il bambino che salva le principesse dai mostri, perché i mostri non sono più al di fuori di esse: l'eroe è colui che salva i mostri dalle principesse. Che salva i popoli, gli infimi, quelli dimenticati da tutti. L'eroe è colui che guida i disadattati al palazzo reale e rovescia il governo, per salvare l'ultimo baluardo di sanità mentale in questo mondo. E se l'uomo che impersona l'eroe, nel processo, muore, poco importa: l'eroe è la figura, non l'uomo. Se pensi che la tua vita valga più di quella degli abitanti di Dolcelandia, sei in errore, Jake il cane: siamo, tutti, solo pedine per una guerra che nemmeno rappresenta più il bene o il male. Quelli sono concetti superati. Siamo pedine in una guerra tra follia e perversione.”

Non so bene cosa rispondere. Alla fine, mentre verso l'acqua calda in una tazza, Finn dice la sua: -Rattleballs ha ragione, Jake. Non possiamo starcene a pensare a noi. Dobbiamo salvare Bonnie. Dolcelandia, intendo. E poi, volenti o nolenti, dobbiamo andarci. Per trovare il Maggiormenta. Credo sia l'unico modo per farci lasciare in pace da Morte.

“E va bene, va bene. Andremo. Però bevi il tuo tè, Finn. Io intanto cerco il braccio di Shoko. Rattleballs, mi aiuti?”

“Certamente. Cosa vuoi che faccia?”

Insieme spostiamo il piano cottura. È pesantissimo. Poi, da solo, Rattleballs rompe le assi sotto il pavimento, e guardiamo nel buco. Lo Scheletro di Shoko ci fissa, dalle sue orbite vuote. Di un braccio meccanico, nemmeno la traccia.

“Finn! Qui non c'è nulla!”

“Cosa?!”

La ripresa di Finn è velocissima. In un attimo è in piedi, getta il suo tè in terra e corre verso il buco nel pavimento. Guarda: è costretto a constatare che ho ragione. A quel punto non ci vede più dalla rabbia: col braccio buono inizia a lanciare in aria tutto il mobilio, mentre con i piedi calcia quello che è ancora intero. Urla, sbava, impreca. Ho paura, ma preferisco lasciarlo sfogare. Almeno fin che non tira fuori quel suo arto demoniaco. Dopo quasi un'ora, si accascia in terra, piangendo. Rattleballs rimane a distanza di sicurezza. Io lo abbraccio. Lo sento mormorare: -Sono un imbecille. Quando Shoko è morta, il suo braccio... nel pozzo... Shoko è morta qui, ma il braccio è rimasto sotto le fondamenta di Dolcelandia... sono stato così stupido... scusa, Jake, chi sa quanto tempo ti ho fatto perdere...

Dentro di me vorrei urlare. Ma cerco di rimanere calmo: “Non preoccuparti, ragazzone. Ci facciamo una bella dormita e poi, ben riposati, andiamo a Dolcelandia. Onestamente non abbiamo tempo per cercare un'altra soluzione.”

Ovviamente dormo malissimo. Di fronte a me, l'orologio su cui è scritto “Finn e Jake: senza tempo” mi ricorda costantemente la mia morte imminente. Non voglio morire. Non più. L'ultima volta in cui ho avuto la certezza di essere di fronte alla morte, non avevo figli. Allora ero tranquillo.

Al risveglio, Finn appare più calmo. Per fortuna. Dolcelandia misura un'ora e quaranta a piedi dalla casa. Almeno, era così quando eravamo giovani. Ora ci vorrà di più. E io sono stanco morto.

Non so a che ora abbiamo iniziato a camminare, fatto sta che arriviamo di sera. Ora che siamo qui davanti, non voglio più entrare. Devo farmi forza. Devo andare contro me stesso. Finn intuisce le mie paure. Mi guarda: sorride: “Ehi, bello. Che ora è?”

“È l'ora dell'avventura,” mormoro. Mi dà il pugnetto.

Ci siamo.

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Capitolo 11
*** CAP.11 - FINN L'UMANO ***


Non ho mai avuto così tanta paura in vita mia. Davvero. Ho combattuto il Lich, più volte. Ho ucciso nemici che avevano le mani grandi quanto il mio braccio. Sono stato di fronte alle più grandi divinità, ho fronteggiato la morte a una gara di musica, ma nulla mi ha mai spaventato quanto questo: entrare nel regno della donna che una volta amavo, che forse amo ancora, per salvarla. O per ucciderla. Non lo so. E nel frattempo, scoprire che fine ha fatto il Maggiormenta.

La città, già da fuori, è molto diversa da come era una volta: ricostruita da capo. I Guardiani Portagomme sono scomparsi, e le mura sono molto basse. No, non è questa la città che conoscevo io: non ci sono più i vialetti di selciato, le casette, i dolciumi in terra. Ci sono palazzi. Alti. Rattleballs aveva ragione: questa città urla “moltitudine”, “massa”. Non c'è più il posto allegro che conoscevo. Entriamo dall'entrata principale: non c'è nessuno a fare da guardia. Ci sono così tante cose nuove... vorrei additarle tutte a Jake, ma mi mancano le parole. In cielo ci sono degli aerei. Molti. Volano diligentemente lungo il confine della città, probabilmente sono di ricognizione. Ricordo quando Bonnie, felicissima, mi fece vedere il primo prototipo di aereo che aveva costruito. Ma era grosso e impacciato, volava lentamente, e consumava carburante come se ne fosse ingordo. Questi aerei, invece... sono agili e veloci. Mi viene da sorridere. Brava Bonnie, sei riuscita a fare quello che volevi fare. Jake mi tira la barba. Lo guardo, e lui in silenzio indica avanti. Alzo lo sguardo. Dolcibotti, con aria sconvolta, con dei telefoni in mano, ci fissano dissimulando la loro attenzione. Realizzo solo allora, abbiamo fatto un grosso errore nell'entrare così, con assoluta nonchalance. Come se niente fosse, senza nemmeno camuffarci! Guardo verso le porte della città: sono piene di telecamere. Ecco perché non c'erano guardie. Oh Glob, siamo stati così stupidi.

Il cancello si chiude, la gente inizia a fuggire, e in un attimo siamo circondati di guardie. Per un secondo rimpiango le vecchie guardie banana, dalle quale fuggire sarebbe state semplicissimo. E invece attorno a noi ci sono guardie ananas. Sono massicce, corazzate, hanno le facce cattive. Le vecchie lance delle guardie banana sono state rimpiazzate da fucili bianchi e rossi. Vedo Jake che si prepara a lottare: -Lascia stare, è inutile. Sono troppi, e sono armati. Non opporre resistenza.

-Che diamine dici, Finn?

-Fidati. Se lottiamo ci ammazzano. Se non lottiamo ci ammazzano dopo. Almeno avremo il tempo di vedere il Maggiormenta e magari potremmo anche trovare una soluzione.

Quattro guardie si avvicinano. Due puntano i fucili rispettivamente contro me e Jake, le altre ci ammanettano. Jake urla: -Fermi! Non capite! Siamo amici della principessa Gommarosa! Portateci da lei, non potete arrestarci come criminali comuni! Siamo amici della principessa!

Le guardie sghignazzano e ci deridono: -Ahahah! Amici della Regina! Siete solo pattume. I dolcibotti non legano con la carne.

Jake ammutolisce, e noi veniamo condotti (meglio dire spintonati) verso un furgone. Il retro si divide in quattro piccole celle: per primo Jake viene incatenato in quella più a destra, poi io in quella a sinistra. Ho pochissima libertà di movimento, essendo lo spazio stretto e la catena decisamente corta. Come se non bastasse, manca qualsiasi fonte di illuminazione, e ovviamente non posso guardare fuori. Devo concentrarmi per capire dove stiamo andando. Sarà utile per fuggire. Li sento girare a destra, poi a sinistra, proseguiamo dritto a lungo, altre curve, così che dopo una buona mezz'ora perdo il conto degli spostamenti. Perfetto, mi sono perso.

Dopo un tempo indefinibile il furgone si ferma. Senza che nessuno parli le porte si aprono, e la luce mi ferisce gli occhi, mentre una guardia mi slega e mi conduce verso l'entrata principale. Mi aspettavo che ci avrebbero portati nelle segrete del castello di Bonnibel, ma sono stato un ingenuo. In mezzo a tutta questa tecnologia, il castello sarà anche stato smantellato. Le spade sguainate, le guardie ci fanno segno di entrare. Mi chiedo se siano in grado di parlare. Nella sala principale ci sono un semplice tavolo, un distributore di merendine e bibite e alcune sedie dall'aspetto estremamente scomodo. Ci troviamo in mezzo a un gruppo di criminali che devono essere condotti nelle loro prigioni, a quanto pare. Una parte di me, il guerriero, è affascinata: queste guardie sembrano essere macchine di guerra, coraggiose quanto efficienti; lo stratega che è in me guarda ammirato la struttura della prigione: ananas ovunque, e dalla sala principale si diramano cinque corridoi, per non parlare di diverse scale che portano su e giù. Questo luogo sembra un labirinto, e se anche qualcuno riuscisse a fuggire dalla propria cella, troverebbe difficilissimo scappare. Accompagnati da loro, prendiamo uno dei corridoi. Alcuni carcerati vengono condotti negli altri corridoi, altri giù per le scale. Studio con attenzione il luogo: non vedo punto di riferimento alcuno. I corridoi si alternano a stanze delle guardie, e ogni stanza è uguale alla stanza principale, persino nei distributori ci sono sempre le stesse identiche merendine, nella stessa quantità: questo luogo è progettato per confondere chi non lo conosce alla perfezione. So che la situazione è tragica, ma mi viene da sorridere: mi piacerebbe davvero tanto, lavorare qui dentro.

Io sono il primo a trovare alloggio: vengo malamente buttato, d'improvviso, dentro una cella. A malapena mi accorgo del fatto che prima di gettarmi mi hanno tolto le manette. Poi se ne vanno, conducendo Jake e un altro prigioniero. Lasciano la porta aperta. Possibile che io sia stato così fortunato e loro così stupidi? Aspetto che siano lontani, poi mi alzo e faccio per uscire, ma il mio viso sbatte contro il nulla. Fantastico: chiudono i prigionieri con dei campi di energia. Guardo gli altri corridoi e noto che anche le altre stanze sono, invariabilmente, aperte.

Passo la mano su tutta la superficie del campo, cercando un punto debole, una falla nella struttura, ma non trovo niente. Allora passo al setaccio le altre pareti cercando il meccanismo di attivazione. Ovviamente non è dentro la cella, me lo aspettavo, ma un tentativo bisognava pur farlo. Guardo fuori, sulla parete di fronte a me, cercando i meccanismi di attivazione delle altre celle. Niente. Allora mi inginocchio in terra, a un centimetro dal campo di forza, attendendo qualcosa. Riflettendo. Sperando di percepire il punto debole di questo luogo. Dopo più di mezz'ora vedo le guardie tornare indietro. Mi superano, mentre io urlo che devo vedere il Maggiormenta. Mi guardano, senza rispondere. Passano altre ore. Non ho idea di cosa fare, e ogni secondo che perdo qui è un secondo in meno che ho per salvare Jake. Dannazione. Quando arriva l'ora di pranzo, le guardie si presentano con dei vassoi di cibo. Non è possibile uscire di qui nemmeno per mangiare, diamine. Però noto che i vassoi vengono poggiati in terra senza problemi, all'interno delle celle. Pensando abbiano disattivato i campi di forza, provo a schizzare in avanti: sbatto. Il mio vassoio viene poggiato davanti alla “porta” e strusciato in avanti. Allora provo a passare la mano nel punto il cui il vassoio ha attraversato il campo di forza, ma ancora niente. Mangio, recupero forze, rifletto.

Quando sto per perdere le speranze e lasciarmi morire in terra arrivano due guardie ananas. Entrano nella mia stanza, la prima tiene in mano dei moduli, la seconda mi ammanetta. Sono entrate senza problemi. Formiamo una fila indiana, io al centro. La prima guardia si pone di fronte all'uscita e impartisce un ordine che non capisco. Poi riprende a camminare, io dietro, e in fondo il secondo ananas. Passiamo attraverso il campo come non ci fosse.

Questa volta camminiamo molto meno: dopo pochi minuti siamo finalmente in una sala diversa da tutte le altre. Stretta e bassa, ci sono solamente un tavolo di metallo e due sedie. Suppongo debbano interrogarmi.

Mi fanno sedere, mi ammanettano al tavolo e mi lasciano lì da solo. A modo suo anche questa è una forma di tortura: prendono i prigionieri per esasperazione. Dopo quasi quaranta minuti che aspetto in silenzio entra nella stanza un dolcibotto estremamente alto, tanto che deve chinarsi per passare attraverso la porta. Mi guarda senza salutare e prende posto di fronte a me. Sembra una pulce: mentre il corpo è piccolo e tondo, gli arti sono tanto lunghi quanto sottili. Un piccolo verme gli esce dal taschino. Ci fissiamo per un tempo che sembra interminabile. Poi finalmente proferisce parola: -Nome.- Lo dice così, come se nemmeno fosse una domanda. Con il tono duro e meccanico di chi è abituato a interrogare.

-Finn.

-Cognome.

-Non porto un cognome.

-Sa perché è qui.

-Probabilmente perché non sono un dolce.

-Sì. Secondo la legge della Repubblica Militare di Dolcelandia lei è un prigioniero con l'accusa di essere di razza inferiore e di aver fatto accesso nel quinto regno della Morte e nella Nottesfera. Conosce i suoi diritti?

Oh, bene. Razza inferiore? Repubblica Militare? Questo è troppo. Riderei, se non fossi troppo spaventato nel sapere che conoscono i miei spostamenti. -No, non conosco i miei diritti.

-Come essere di razza inferiore, lei non ha alcun diritto se non con una riserva speciale della Regina Gommarosa. Non ha diritto a un avvocato. Non ha diritti sulla sua vita. Non ha diritto di scegliere quando e come morire. Non ha diritto di protestare nel caso venisse scelto come candidato per eventuali esperimenti scientifici. Non-

-Non faresti prima a dirmi quali diritti ho?- Avrei dovuto stare zitto. Questa pulce ha il coltello dalla parte del manico. Ma tanto non ho probabilmente molto da vivere in ogni caso, quindi tanto vale dare il peggio di me: -Tra l'altro, ho una curiosità: se io sono di razza inferiore, tu cosa saresti? Sembri una pulce.

-Ripeto: non ha diritto alcuno.

Non si lascia irritare. Meglio, da un lato.

-Ho diritto almeno a ricevere una visita?

-No.

-Ti prego. È un messaggio di vita o di morte, che devo consegnare personalmente.

-La richiesta è negata. Ora si limiti a rispondere alle domande. Per quale motivo si è recato nella Repubblica Militare di Dolcelandia?

-Per un messaggio di vita o di morte. Che devo consegnare personalmente.

-Che messaggio?

-Sono affari privati.

-A chi va consegnato?

-Al Maggiormenta.

Continua a interrogarmi per parecchio. Con domande del tutto inutili, alcune divertenti, altre che non hanno senso. Ma dopotutto, da una pulce che si finge un dolce e che trova normale il fatto che una repubblica sia guidata da una regina, cosa posso aspettarmi?

Alla fine si alza e se ne va. Io mi trovo di nuovo solo, incatenato, stanco, e inizio anche a aver fame. Quella cosa che mi hanno portato a difficoltà poteva esser definita “pranzo”. Mi guardo intorno: la stanza ha pareti lisce, il tavolo è fissato al pavimento, così come la sedia. C'è poco da fare, non trovo modi per fuggire. Le manette sono strettissime e non vedo nemmeno una loro eventuale serratura. Di bene in meglio. Inizio a convincermi di essere stato dimenticato qui quando finalmente la pulce torna. Nuovamente siede di fronte a me: questa volta il tono è più garbato: -Ho discusso del suo caso con il capitano delle guardie. Le è stata concessa una visita del cittadino Maggiormenta, alle condizioni che non siate mai lasciati soli nella stanza; il colloquio non potrà durare più di dieci minuti; l'intero colloquio sarà registrato; se dal colloquio risultasse qualcosa di illegale, lei e il cittadino Maggiormenta potrete essere giustiziati sul posto, a discrezione delle guardie. Domande?

-No, tutto chiaro. Quando avverrà il colloquio?

-Se il cittadino Maggiormenta accetterà di visitarla, il colloquio avverrà entro tre ore.

Bene. Alla fine sono riuscito a ottenere ciò che desidero. Mentre le guardie mi portano indietro alla mia cella, continuo a guardare i corridoi. Sono stato così stupido! Potrei provare a fuggire di qui ricorrendo a un varco per il regno della morte. Tenterò non appena avrò parlato con il Maggiormenta.

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Capitolo 12
*** CAP.12 - JAKE IL CANE ***


Picchiato, schernito, lasciato alla fame. Deriso anche dagli altri prigionieri, guardato male. Picchiato ancora. Torturato dalle guardie. Tutto nelle ultime sette ore circa. Sono un dannato cane magico, va bene. Sono fatto di carne, motivo di disprezzo in questo regno malato, e sono un essere sovrannaturale, cosa anche peggiore. Ma questo è troppo. E ora sono in un maledettissimo carcere, da solo, a morire, con le accuse di essere un non dolce, di essere entrato nei regni proibiti e di avere poteri. Come se fosse colpa mia. Una pozza di fango magica o qualcosa del genere, altro che colpa mia. E così ho quattro pene di morte sulla testa. Tutto questo perché Finn ha deciso di non dare di matto. Da quando siamo partiti alla ricerca del Lich non fa altro che ammazzare indiscriminatamente, e proprio ora ha scelto di comportarsi rettamente? Già, immagino che non volesse fare del male a una proprietà della sua amata Gommarosa. Va bene, Jake il cane. Mantieni la calma. Nonostante il terrore di una morte imminente, nonostante la fame, nonostante tutto. Più mi stresso, prima muoio.

Passano le ore. A un certo punto arriva il Maggiormenta. Oh, non ci credo. Come ha fatto a sapere che siamo qui? Be', probabilmente siamo salvi.

È invecchiato. Moltissimo. Appare stanco, cammina con un bastone. Entra nella cella, accompagnata da due guardie ananas. Se ho ben capito, il meccanismo dei campi di forza consente l'entrata nelle celle ma non l'uscita: un campo a senso unico. Per venirne fuori, bisogna chiedere l'autorizzazione ai microfoni della cella. Un ordine incomprensibile dato a una guardia che ci osserva dalle telecamere.

Il vecchio maggiordomo mi guardia. I due ananas controllano. “Jake il cane, quanto tempo è passato dall'ultima volta?”

“Mai abbastanza, se questa è l'accoglienza che date ai non dolci.”

“Mi piacerebbe davvero molto prendermene la colpa, fidati. Se avessi anche il minimo ruolo in tutto ciò, potrei fare qualcosa per impedirlo. In tutta Dolcelandia è nota la mia posizione avversa alle nuove politiche di Gommarosa, ma non posso farci nulla. Sono stato allontanato dalla corte, mio malgrado.”

Se il Maggiormenta dice la verità, questo va a confermare la teoria secondo la quale non sia più Gommarosa a governare il posto. Non che sia di gran consolazione.

“Se non puoi fare nulla, cosa ci fai qui?”

“Qui a Dolcelandia o qui in prigione?”

“Non so. Entrambi, forse.”

“Vivo a Dolcelandia in quanto suo cittadino. Non ci è consentito lasciare il regno -cioè, la repubblica-, né ci sono consenti contatti con l'esterno. Questo nostro colloquio è in via del tutto eccezionale. E sono in questa prigione perché così è stato richiesto dal tuo amico, Finn l'umano. Ha voluto parlarmi.”

“Come sta? Hanno torturato anche lui?”

“Sì, non è in buone condizioni. A questo proposito, vorrei dirti, non che io pensi che tu abbia intenzione di scappare, eh, ma la prudenza non è mai troppa: in questa repubblica la legge vieta, come ti ho già detto, contatti esterni. Tanto che un generatore d'interferenza blocca gli accessi al Regno della Morte e alla Nottesfera. Ho saputo che poco dopo la mia visita il tuo amico ha tentato di accedervi. L'allarme è suonato, e lui ha ricevuto la sua dose di bastonate. Quindi, per farla breve, non tentare. Ripeto, non che io pensi tu possa metterti in testa di voler fuggire.”

“Grazie per il consiglio. Non hai modo di aiutarci a uscire di qui? Che so, non sei in grado di convincere la Regina a liberarci?”

“No, mi spiace. Sono venuto qui per passare qualche ora con te prima che tu venga ucciso, in realtà. Per salutare un vecchio amico, non per altro. Vorrei fare di più, ma siete destinati a morire qui, o a subire esperimenti medici”. Cerco di mantenere la calma, per far sì che lo squarcio non si riapra. Il Maggiormenta continua: “Questa situazione mi ricorda quella volta, tanto tempo fa, in cui il re Ghiaccio vi aveva imprigionati con l'intenzione di trasformarvi in pinguini. Ricordi quella volta?”

Non ricordo nulla del genere, ma decido di assecondare questo vecchietto che sta per perdere due amici. Annuisco, e lui prosegue: “Allora riuscii a farvi sapere, ora non ricordo bene come, che sarei arrivato alle due di notte per liberarvi. Ti ricordi cosa dissi? Dissi di pazientare, perché quelle sbarre di ghiaccio avevano un sistema difensivo: romperle avrebbe portato alla creazione di un muro di ghiaccio più spesso. Così, prima bisognava sottrarre il generatore -cioè, la corona- al Re Ghiaccio, per impedire che si formasse il muro. E poi ho potuto rompere quelle sbarre di ghiaccio. Dovevate solo pazientare. Mi piacerebbe molto se questa fosse una prigione del Re Ghiaccio, sai? Le sue prigioni hanno sempre punti deboli. Questa, purtroppo, non ne ha. Siete destinati a morire qui.” Si guarda il polso: “Be', ora sono le dieci e dodici minuti. Dovrei tornare a casa, ho molto sonno. Mi ha fatto molto piacere vederti, Jake. Grazie per la tua compagnia. Mi dispiace molto sapere che questo sia il nostro ultimo incontro”.

Le guardie tornano ai lati del Maggiormenta e impartiscono il loro ordine, poi escono. Io cerco di trovare un senso a tutto quello che mi ha detto il Maggiormenta. Non vorrei illudermi, ma possibile che sia un piano di evasione? Alle due disattiverà i generatori alternativi, poi i campi di forza, e saremo liberi? Sono le dieci e dodici, ha detto. Tre ore e quarantotto minuti mi separano dalla conferma. Tredicimila secondi, più o meno. Vorrei mettermi a dormire, ma per ora è fondamentale contare il tempo che passa.

Passa un minuto.

Passano due minuti.

Passa mezz'ora.

Un'ora, due ore, tre ore. Quattro

Arrivano le due. Non succede niente come è possibile? Poi mi viene un dubbio: e se fossero le dieci di mattina? A questo non avevo pensato. Un leggero “fzz” mi fa passare ogni dubbio: probabilmente sono i campi di forza disattivati. Devono esserlo. Il respiro si fa affannoso, chiudo gli occhi, e piano piano prego Glob perché io possa uscire, perché i campi di forza siano disattivati. Apro gli occhi, e noto un prigioniero, nella cella di fronte a me, che mi guarda curioso. Un dolcibotto muscoloso con una faccia spaventata, sembra che debba mettersi a piangere da un momento all'altro. Piano piano mi avvicino al campo di forza: ho quasi paura a toccarlo. Le mie dita avanzano, lentamente, e passano attraverso. Quasi non ci credo. Il Maggiormenta è davvero riuscito a liberarci. Mentre esco vede il dolcibotto spaventato che prova a seguire il mio esempio: esce anche lui, e in poco tempo scoppia il caos: tutti i prigionieri fuggono assieme, urlando, sbattendo l'un l'altro e spintonandosi per scappare per primi. Vorrei rimpicciolirmi e non farmi vedere, ma non riesco a usare i miei poteri al meglio qui dentro: così mi limito a cercare di non farmi toccare da nessuno, cosa impossibile, e seguire il flusso di carcerati sperando mi conducano a un'uscita da questo labirinto. Invece ognuno va per conto proprio, sembra non abbiano idea della direzione giusta: si buttano in corridoi a caso, scendono scale, le salgono, si spintonano, sono così idioti che nemmeno vogliono farsi da parte, quando due prigionieri si incrociano si limitano a picchiarsi. E tutto questo nei primi due minuti: poi arrivano le guardie e la situazione peggiora. Ci sono molti più prigionieri che ananas, ma le guardie hanno i fucili. Non mi resta che prendere, anche io, una strada a caso sperando di avere salva la vita. Entro in un corridoio, poi in un altro, salgo delle scale, e mi trovo circondato: da un lato ci sono tre prigionieri, dall'altro una guardia: smettono di combattere, considerandomi un nemico peggiore. Che diamine! Mi butto di nuovo giù per le scale, e inizio a correre, quattro zampe, sempre più a caso, sempre più perso, mentre mi trovo inseguito da quasi tutti, prigionieri e guardie. Ricevo dei calci, qualcuno cerca di afferrarmi, rotolo in terra, sbatto la testa, e non riesco più a muovermi bene. Dei grossi ananas mi fissano. Mi indicano, e tutto diventa nero.

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Capitolo 13
*** CAP.13 - FINN L'UMANO ***


Stanco e frastornato rimango seduto in terra, nella mia cella, aspettando che le acque si calmino. Che la calca di prigionieri si dissipi almeno un po. La mia porta è stata aperta, e per questo credo di dover ringraziare il Maggiormenta. Ma ancora non mi fido a uscire. Quando è venuto da me mi ha fatto un discorso che lasciava così palesemente intravedere un piano di fuga... mi stupisco che le guardie ananas non ci abbiano ucciso sul posto. Potevo dirgli di lasciar stare. Potevo zittirlo mentre parlava. Ma ho deciso di non dire nulla. Ho soppesato le possibilità: poteva morire solamente lui, nel tentativo di liberarci, o potevamo morire entrambi sul posto. E ho scelto la prima opzione. Non mi sono comportato da amico. Ma mi sono comportato da soldato.
Dando per scontato che sarebbe morto prima di riuscire a liberarci sono stato colto leggermente impreparato quando i campi di forza sono stati spenti: prima un leggero sfrigolio mi ha fatto capire che c'era qualcosa d'insolito; poi qualche prigioniero ha provato a varcare la soglia, e ci è riuscito; quindi tutti hanno iniziato a scappare. Sulle prime non capivo come avesse fatto il piano del Maggiormenta a funzionare. Di certo le guardie ananas se lo aspettavano.
A questo punto le possibilità sono due: o gli ananas sono, per qualche motivo, d'accordo con il Maggiormenta e contrare alla tirannide di Bonnibel (o chi ha preso il suo posto), o vogliono far fuggire i prigionieri per divertirsi un po' ad ammazzarli. Nel primo caso posso fuggire in tutta tranquillità, seguendo la massa o, meglio ancora, facendo di testa mia. Nel secondo caso dovrò adottare un approccio pesante o uno furtivo, a seconda della situazione, recuperare Jake, recuperare il Maggiormenta (se è ancora vivo) e poi andare tutti assieme a far fuori l'impostore.
Seduto in terra conto i secondi. Mi propongo di arrivare fino a milleduecento: venti minuti. Se in venti minuti non c'è traccia di ananas posso muovermi tranquillamente. In caso contrario si vedrà.
Il mio istinto mi dice di buttarmi in mezzo a loro adesso, e uccidere tutti. Dopotutto sono criminali, per il regno. Ma da quando quest'ultima avventura è iniziata non ho fatto che prendere decisioni sbagliate. Da quando ho lasciato il Regno di Fuoco non ne ho fatta una giusta, commettendo errori su errori, mettendo a rischio la vita di tutti, quasi ammazzando Jake, probabilmente rovinandogli il matrimonio. Se fossi rimasto sotto la guida della Regina Fiamma ora tutti starebbero meglio. Una volta tanto, decido di fare la scelta giusta, anche se significa lasciare Jake in balia degli altri criminali per venti minuti.
Dopo quattrocentocinquantotto secondi sento il primo sparo. Poi un ananas sorpassa la mia cella. Mi supera senza vedermi. Sono arrivati. Sorrido, mi alzo, mi stiracchio e mentalmente mi preparo a combattere. Mi rendo conto di quanto la situazione sia delicata: loro sono in tanti, ben addestrati e armati. Io sono uno solo; monco; disarmato; stanco; e mi hanno picchiato fino a poche ore fa. Non posso concedermi alcun errore. Lentamente cammino verso la porta della mia cella e mi sporgo nella direzione da cui l'ananas è arrivato: ne sopraggiungono altri tre. In fretta mi ritraggo, ma mi hanno visto. Iniziano a correre. Velocemente cerco di elaborare una strategia: se riesco a disarmare il primo posso anche riuscire a ucciderlo con un colpo alla testa, ma gli altri due mi farebbero fuori in fretta. Non posso disarmarlo e usarlo come scudo, perché poi non saprei come sparare, avendo un solo braccio. Quando la prima guardia mi si piazza davanti decido di agire a caso: prima che possa spararmi afferro la punta del suo fucile, la spingo verso l'alto e gli do un calcio in pieno petto; si ritrae e l'arma rimane nella mia mano sinistra. Quindi gli sparo in pancia, poi con forza infilo il fucile e tutto il braccio nel buco e uso l'ananas che ho appena ucciso come scudo. Sparo ancora, così da avere un buco dal quale far uscire la punta del fucile: inizio a premere il grilletto alla rinfusa, mirando a caso, non vedendo quello che ho davanti. Il grosso ananas che uso come scudo mi sovrasta, rantolando, e un misto di saliva e polpa mi cade addosso.
Esaurisco le munizioni. Decido di aspettare qualche secondo, e nessuno mi spara: sfilo il braccio dall'ananas e mi sporgo: anche gli altri due sono morti. Poso il fucile zuccherato, ormai scarico, e raccolgo i due che sono in terra. Uno lo fisso sulla schiena, al posto del braccio meccanico, l'altro lo tengo in mano.
Mentre riprendo fiato arriva un gruppo di cinque o sei prigionieri che ha tutta l'aria di essersi perso. Mi guardano con rispetto e ammirazione: vicino a me ci sono i tre cadaveri delle guardie, sono ricoperto di polpa d'ananas e sono armato. Faccio loro cenno di seguirmi: non se lo lasciano ripetere.
In poco tempo si forma dietro di me una fila di dolcibotti che conta sul mio aiuto. Capiscono subito che sono più efficiente, più organizzato e mi oriento meglio. Le stanze sembreranno pure tutte uguali, ma in una c'è un tasto leggermente sbiadito sulla macchinetta distributrice; in un'altra c'è una sedia con una macchiolina in più; e così via. Nessuna zona è perfettamente identica a un'altra, e se voglio salvare Jake e uscire di qui devo imparare a distinguere ogni differenza. La mappa mentale della prigione si ingigantisce ogni secondo, mentre mi lascio dietro una scia di guardie morte e idioti che hanno pensato di potermi disarmare.
Dopo più di un'ora raggiungiamo la porta dalla quale sono entrato. Ci sono segni di battaglia: i cadaveri di due guardie e una decina di prigionieri. L'uscita è sbarrata. Fuori ci aspetta Dolcelandia: altre guardie, altre battaglie. E noi siamo stremati. Mi schiarisco la gola e dico a tutti a voce alta:- Questo è l'uscita. Siete liberi di cercare di sfondare la porta, tornare a Dolcelandia e probabilmente farvi uccidere. Oppure potete seguirmi:  devo tornare indietro per salvare due persone, una delle quali è quella che dovete ringraziare per essere liberi.
La maggior parte di loro non mi dà retta. Ovviamente. Si accalcano contro la porta cercando di buttarla giù a spallate. Rimangono solamente due dolcibotti con l'aria di non avere più niente da perdere. Il primo mi chiede:- È possibili che  i tuoi due amici se ne siano già andati?
-No - rispondo. - Sono entrambi vecchi e stanchi, e hanno bisogno del mio aiuto.
Annuiscono. Mi metto in marcia, loro dietro. A nessuno viene in mente di presentarsi: non ci interessa chi sia chi, ci basta compiere il nostro dovere. Nessuno pensa di sopravvivere ancora a lungo, così non ci interessa stringere nuove amicizie.
Quando abbiamo perlustrato tutto il piano cerchiamo delle scale e saliamo al successivo: stessa scena. Ormai la prigione è deserta, e i pochi superstiti che non sono ammassati contro la porta principale ci guardano con diffidenza quando li incontriamo. Pensando che siamo persi quanto loro. Dopo un po' inizio a urlare il nome di Jake, e i miei due compagni mi imitano.
Passa poco tempo, e rimaniamo in due: incontriamo due ananas; del primo mi sbarazzo subito, ma il secondo riesce a fare fuoco: muore il dolcibotto che mi aveva chiesto se Jake e il Maggiormenta potessero essere fuggiti. Non perdiamo tempo a onorare alcun cadavere. Un po' mi dispiace: è morto perché ha deciso di seguirmi. Poi mi dico che probabilmente sarebbe morto anche fuori dalla prigione. Anzi, se non fosse stato per me sarebbe morto all'interno della prigione, perso, da qualche parte.
Dopo una decina di minuti incontriamo sempre meno dolcibotti. Di ananas vivi non c'è più traccia. Quando ne troviamo di morti ci fermiamo a mangiare.
A un certo punto vediamo una piccola porta di servizio: qualcosa di diverso in questi corridoi tutti identici, fa quasi strano a vedersi. Ha tutta l'aria di dare a una sala manutenzioni o qualcosa del genere. Imbocchiamo e ci troviamo in un piccolo corridoio. Dall'altra parte sento arrivare un rumore di pistoni e ingranaggi.
-Cosa spinge un non dolce a entrare a Dolcelandia?- Mi chiede il dolcibotto sopravvissuto, quello che fino a ora non ha proferito parola. - Intendo, non sono razzista, ma mi sembra folle entrare in un regno in cui i tutori dell'ordine ti vogliono morto.
Non rispondo. Sono un eroe, per questo sono venuto a Dolcelandia. Lo so io e tanto basta, non sono in vena di chiacchiere. Entro invece nella stanza e la prima cosa che mi colpisce è la forte puzza di zucchero bruciato. Sembra un marshmallow messo sul fuoco e dimenticato per delle ore. Seguo l'odore, nella penombra, fino a trovare una tubatura esplosa. Qualcosa cola sul pavimento: mi ci sporco il dito e lo porto alle labbra; caramello che sta carbonizzando. Sa di menta piperita. La prima cosa che penso è che il Maggiormenta abbia sacrificato la propria vita per far esplodere la tubatura attraverso un repentino cambio di temperatura. Poi però mi accorgo che i terra c'è una manica, ma non il resto del vestito: non è morto, ha solo sacrificato un braccio. Grazie a Glob.
-Conosci il Maggiormenta? - Chiedo al mio compagno.
-Di fama - risponde lui - lo conoscono tutti. Non di persona.
-Devi ringraziare lui se siamo liberi - gli mostro il caramello colante sul tubo. Lui annuisce.
Facciamo un giro completo della stanza, e quando sto per perdere le speranze l'altro dolcibotto lo trova, privo di sensi, sotto un pistone. Per la seconda volta in pochi minuti temo possa essere morto, ma respira ancora. Do al mio compagno il mio fucile e mi aggancio il Maggiormenta alla schiena. Non so se è svenuto per la perdita del braccio, per la paura o per qualsiasi altro motivo, ma decido di non svegliarlo. Quindi usciamo dalla sala manutenzioni e continuiamo a vagare.
Più il tempo passa e più mi preoccupo. Inizio a sentirmi in ansia per Jake: andiamo verso l'alto, e fin ora abbiamo esplorato due piani della fortezza, ma del corpo peloso del mio amico non c'è traccia. Sono certo che da solo non sia riuscito a uscire: è vecchio, è stanco, ma soprattutto non è stupido. Sa di essere ricercato e uscire lì fuori non gli provocherebbe che stress, causando una nuova apertura dello squarcio. La mia paura è che anche lui si sia messo sulle mie tracce, e magari ora ci stiamo girando intorno l'un l'altro senza riuscire a trovarci. Lui non ha più l'olfatto di una volta, e non mi troverebbe mai facilmente come in passato. Dannazione, stiamo perdendo un sacco di tempo. Tempo che non abbiamo. Soprattutto tempo che non ha.
Troviamo una scalinata che porta al piano successivo. Questo lo abbiamo esplorato completamente, così saliamo. Però all'ultimo gradino vedo qualcosa che non va: c'è una gigantesca pozzanghera gialla, mista a rosso. Appena la vedo il mio cuore perde un colpo. Pregando Glob, con il fiato in gola, mi avvicino. No, non può essere lui. Non può.
Tocco la pozzanghera: è calda. Pelosa. Un senso di rifiuto mi dice di girarmi, tornare al piano di sotto e continuare a cercare, facendo finta che non sia successo nulla. Di non aver visto nulla. Però mi faccio coraggio, calpesto la pozza gialla fino a vedere un grosso squarcio. Continuo a camminare, reprimendo il desiderio di urlare, fino a trovare delle guanciotte gialle. Che riconoscerei ovunque.
Le mie gambe cedono. Mi viene da vomitare, piangere e urlare. Tutto assieme.
Jake.
Non ha retto lo stress. Lo squarcio si è riaperto.
No, no, no, no.
Non è possibile.
Jake.
Inizio a tremare violentemente. Con me trema anche il pavimento.
Il mio compagno cade in terra, i muri iniziano prima a traballare, poi a creparsi. La mia spalla inizia a formicolare, grossi pezzi di parete si staccano come fossero soltanto poggiati, e la temperatura si alza. Vedo il corpo del dolcibotto che mi ha seguito bruciare velocemente. Come fosse un tornado tutte la macerie iniziano a roteare intorno a me, e io vedo il cielo. Si annuvola.


[N.d.A: Sì, lo so, lo so. Sono comparso per quattro mesi. Non è stato gentile da parte mia: uno inizia a scrivere una storia e poi se ne va. Non è il comportamento migliore da tenere. Il fatto è che questa Fanfiction io l'avevo iniziata, è scritto anche nella descrizione, per impostarmi nella scrittura di un romanzo. E da quando l'ho cominciata ho scritto due romanzi. Una mia raccolta di racconti è stata anche pubblicata su Amazon. Quindi ormai non mi serve più a molto, portare avanti questa storia. Come se non bastasse, se posso essere onesto, a me non piace. Magari a voi sì. Non ho moltissimi lettori, ma li ho. Però a me non piace. È piena di difetti. Trovare difetti in quel che scrivo è positivo: significa che da quando l'ho iniziata sono migliorato. Però sono veramente tanti: stilistici, di forma, di grammatica, veramente tanti. Ha così tanti difetti che per un periodo avevo deciso di lasciarla a se stessa. Ma questa mattina ho realizzato che non posso. Non posso abbandonarla, perché questa storia mi perseguita. Non posso lasciare a metà una storia che, bella o meno, mi ha dato così tanto. Effettivamente mi sono affezionato ai personaggi. Sì, non li ho inventati io, però li ho resi più miei. Ooo è diventato un mondo ancora meno ospitale e di conseguenza si sono evoluti i suoi eroi. Finn è pazzo, Jake è sempre più vecchio.  Mi dispiace anche averlo dovuto uccidere: non era nei mie progetti originari. Però la Storia alle volte si ribella e decide che alcune cose vadano in un certo modo. E così Jake è morto. Non il Jake di Pendelton Ward: il mio Jake. È come aver ammazzato un figlio: divertente, però poi ti tocca seppellirlo.
E quindi niente, eccomi di nuovo qui. Cercherò di chiudere questa storia in bellezza. Di produrre un testo di qualità anche se sono il primo a non amarlo. Grazie.]

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Capitolo 14
*** Cap.14 - BONNIBEL BUBBLEGUM (Eine jeder Engel ist schrecklich) ***


Glob ist schrecklich. Das ist die Ende.

La mia città. In rovina. I miei sudditi. I miei figli. Si rivoltano contro di me. Nelle strade c'è il caos. Sono disperata. Quest'operazione è stata un fallimento dal principio: a partire dalle guardie ananas, dannati incompetenti, che dovevano portare quei due a me. Grüß Glob... Che follia è portare un guerriero addestrato come Finn l'umano all'interno di una comune prigione? È un esperto guerriero. L'ho addestrato io, dopotutto. Mensch! Per non parlare del Maggiormenta, maledetto idiota. Aveva un solo compito: tirare fuori l'umano in maniera discreta e portarlo a me. Senza farne un affare di stato. Senza che dolcibotto alcuno lo venisse a sapere. Cosa credevo, quando ho affidato un compito delicato a una vecchia caramella che sta perdendo colpi? Per lo meno spero sia morto. È il minimo, per aver fallito così miserabilmente. Dalle finestre della mia torre Leccalecca osservo la situazione: sembra una guerra civile. Ananas che ammazzano evasi, evasi che ammazzano ananas. Quegli evasi sono miei nemici, ma questo non è un problema. I nemici possono essere uccisi. Il problema è che quegli evasi sono certamente usciti vivi dalla mia prigione solo grazie all'umano. Il senso di riconoscenza non può essere ucciso. Se anche soltanto uno di quei ribelli sopravvive... potrebbe mettere in giro la voce che il ragazzo di carne l'ha salvato. Governo una massa di idioti. Finirebbero col credere che faccio loro del male, chiudendogli gli accessi al mondo esterno. Non posso permetterlo.

Cambio stanza. Mi collego all'interfono.

-Qui centrale delle guardie ananas - risponde una voce.

-Lo so, imbecille. sono la Regina.

-Regina Gommarosa! - sento un rumore di sottofondo: l'ananas è scattato in piedi. - Cosa posso fare per voi?

-Abbandonate l'edificio. Tutti. Voglio ogni singola guardia all'entrata della prigione D.

Per un momento cala il silenzio. Poi, finalmente, la guardia dice:- Ma... signora... cioè, Regina, così il resto della città rimarrà scoperto!

-Du Scheißenkopf, ti ho creato per obbedirmi, non per pensare.

-Perdonatemi, Regina.

-Hai trentuno secondi per radunare ogni tuo sottoposto fuori dalla prigione. Quando siete lì arrestate tutti, uccidete chi oppone resistenza. Poi-

Vengo interrotta da un suono squillante: un allarme, nella stanza meteo. Chiudo la chiamata senza nemmeno finire la frase e corro a spegnerlo. Su tutti i monitor appare la scritta "allarme maltempo". Non ha senso: il cielo sopra Dolcelandia non cambia, se non sono io a cambiarlo. C'è qualcosa di così potente da portare le nuvole sul mio regno nonostante io abbia programmato i computer affinché non accadesse? Corro alla finestra più vicina: è nuvolo. Mensch! Non è questo il tempo che avevo programmato!

Non ho nemmeno il tempo di arrabbiarmi troppo: dopo qualche secondo scoppia il caos. Quello vero: ogni singolo allarme nella stanza inizia a suonare. Tutti in contemporanea. Un allarme mi dice che inizia a piovere; uno mi avverte dei fulmini; un altro mi dice che gli ultimi due piani della prigione D sono stati completamente distrutti; un altro ancora segnala la presenza di un oggetto in volo sopra il cielo di Dolcelandia. Torno ad affacciarmi, e mi sento piccola e impotente.

Una torre.

Riesig.

Nach der Himmel. I pezzi della mia prigione si ergono fino a confondersi con il cielo, fino a sparire. Per un secondo rimangono sospesi: poi iniziano a schizzare ovunque, come un grosso mitragliatore. Sradicano i palazzi, distruggono i treni, abbattono gli aerei. Grossi pezzi di cemento armato atterrano tra la gente, la mia gente, lasciandosi dietro minuscoli pezzetti di cadavere. Mensch! Questo succede quando si imprigiona Finn senza le dovute misure di sicurezza!

Capisco che le mie guardie non possono nulla, che nessuno può nulla se non io. Nessuno di quei falliti sarebbe capace di fermare questo portento naturale. L'ho cresciuto bene, e ora me ne pento incredibilmente.

Prendo una pistola, la infilo nella fondina e scendo le scale di questo maledetto palazzo, prima che venga raso al suolo. Evito l'ascensore, troppo pericoloso in questo momento. Subito prima di uscire, devo fare qualcosa di più importante: entro nella sala tecnica, dove programmo le capsule dei cloni affinché si schiudano tra mille anni, e imposto il loro rilascio automatico all'interno del Guardiano Portagomme d'emergenza. Und jetz, tanzen wir, Finn den Mensch.

 

La mia città è nel caos. Da tanto non la vedevo dal basso, e a stento reprimo il panico. Devo rimanere calma, o per me sarà la fine. Grazie alla mia memoria fotografica riconosco tutti gli evasi che si parano sul mio cammino e li elimino sistematicamente. Se poi per sbaglio qualche civile finisce in mezzo, mi dispiace, ma è un rischio che devo correre. Ogni cittadino caduto è perso per sempre: a causa della chiusura dei portali le loro anime vanno a perdersi nel vuoto, e in mezzo a questo casino non ho certo modo di raccogliere i campioni di DNA per clonarli; quelli che sono già nel Guardiano d'emergenza possono considerarsi salvi. Gli altri, se Finn continua così, sono solo un ricordo.

Man mano che mi avvicino sento gli effetti della potenza del ragazzo: la forza di gravità è distorta, mi sento attratta al tempo stesso verso il terreno e verso la sua torre. Quando sono alla distanza perfetta, non troppo vicina, non troppo lontana, mi fermo: prendo un grosso respiro, mi concentro, punto l'arma e sparo.

 

Mi risveglio senza capire assolutamente cosa sia successo. Il sole è sparito dal cielo, così come la torre di Finn. Ricordo di aver sparato, ma non sono nemmeno certa di averlo colpito. Cerco di alzarmi, ma in terra c'è qualcosa di appiccicoso: sono io.

Un grosso masso giace su quella che una volta era la mia gamba, completamente spappolata e sparsa ovunque. Così non posso fare nulla, e devo trovare Finn: sono costretta a fare un sacrificio. Mi strappo il braccio destro, lo attacco a quello che resta della mia gamba e faticosamente mi rialzo. Ironico, affrontare così l'umano. La gamba è un pessimo surrogato, e zoppico vistosamente tra le macerie, in cerca di un qualsiasi segno di vita: non ce n'è. Il caos ha preso il controllo del mio regno, le tenebre lo hanno avvolto, e a me non è rimasto più nulla. Sono turbata, atterrita, stanca e frustrata. Ho lavorato per secoli con lo scopo di costruire il mio regno, renderlo sicuro, rendere i miei sudditi obbedienti, sono scesa nel profondo della scienza, mi sono allontanata da tutti i miei amici, ho perfino creato un habitat ideale per il Lich, per i miei esperimenti sul rendere il mio popolo immortale! E ora? E ora uno stupido umano, un maledetto essere di carne mi porta via tutto? No, no, no, no. Glob hasst mich. Devo trovarlo, devo trovare quel fottuto mercenario, devo trovare il suo stupido cane radioattivo, e, se sono ancora vivi, li ammazzerò entrambi con le mie mani.

 

Le ricerche proseguono per due giorni ininterrottamente. Tanto ho tempo, non ho più nulla da gestire. Il Guardiano Portagomme d'emergenza è ormai lontano, e io mi muovo solo in funzione del mio scopo. Quando finalmente lo trovo, capisco che non gli resta più molto da vivere: è pallido, pieno di sangue e buchi. Una profonda ustione sul fianco sinistro segna il punto in cui l'ho colpito. È quasi carbonizzato. Ma, incredibile a dirsi, non demorde: respira a fatica, ma i suoi occhi sono aperti e mi guarda. Eccoci qui, uno di fronte all'altra, un braccio per uno. Inutile combattere. Mi siedo accanto a lui, lo guardo, e sono d'improvviso calma.

-Perché? - Gli chiedo.

-Perché cosa? - sibila.

-Perché ti sei introdotto nel mio regno, perché hai distrutto tutto, cosa vuoi da me?

-Volevo... volevo solo vedere il Maggiormenta. Mi serviva. Dovevo trovarlo, era l'unico modo per salvare la vita di Jake. Me lo ha detto Morte.

-Jake è morto - commento guardando i pelosi pezzi di carne che sono sparsi tutt'intorno.

-No... non è vero.

-Fai come ti pare. Il Maggiormenta ha voltato le spalle a Morte da anni, tra l'altro.Ormai è fedele a me e basta. O almeno, era.

Lo guardo con odio, e lui ricambia lo sguardo.

-Il Lich... Bonnie, ho ucciso il Lich.

-Lo so. Lo so che hai ucciso il dannato Lich. Complimenti, ragazzo. Sei riuscito a mandare a monte un esperimento che non poteva essere mandato a monte. Hai ucciso un essere immortale, Scheisseglob!

Non capisce. Cosa potrebbe capirne, dopotutto? È sull'orlo della morte.

-Il Lich ha ucciso il Signor Maiale. Andava eliminato.

Scoppio a ridere istericamente:- Per questo? Per questo hai armato tutto questo casino? Per vendicare il signor Maiale? Oh Glob, da piccolo eri stupido, ma vedo che sei peggiorato! Il signor Maiale non pagava le tasse. Il signor Maiale non pagava al suo regno i soldi che doveva: viveva nel mio territorio, e pagava! Capisci? - batto il pugno in terra per rafforzare il concetto. -Rattleballs stesso lo ha eliminato. Anche se, a quanto mi ha riferito, questa non è la versione dei fatti che ti ha raccontato.

Le lacrime iniziano a sgorgare dagli occhi del ragazzo, uomo, bambino, o quel che è. Ormai non so nemmeno più io come definirlo. Lo sguardo triste di chi capisce di aver mandato tutto a puttane. Decido di rincarare la dose: - Ho seguito ogni tua mossa da quando sei uscito dalla Nottesfera. chiedendomi cosa volessi fare. Cosa stessi pianificando. E ora scopro questo? Hai distrutto il mio regno per un maiale che non pagava le tasse? Eine jeder Engel ist schrecklich, Finn. Eri il mio angelo custode, e ora sei la mia rovina. Non ho nemmeno voglia di farti fuori. Rimani qui a dissanguare.

Mi alzo faticosamente, mentre la tristezza sui suoi occhi si trasforma in rabbia. Vedo le ferite sul suo corpo guarire, il colorito tornare, le cicatrici sparire. Per un attimo credo quasi nella magia, osservando questa ripresa.

Non me ne frega niente. Non mi frega niente di nulla. Non lo finirò. Mi volto, e inizio a zoppicare lentamente lontano da lui.

Che mi ammazzasse. Non mi importa.

Ammazzami.

Ammazzami.

Ammazzami!

SCHLACHTE MICH!

 

 

 

 

[N.d.A: avevo quasi dimenticato questa Fanfiction. Tante cose sono successe e, per un motivo o per l'altro, mi sono allontanato dalla scrittura. Non ho battuto un solo carattere da maggio. All'inizio questa storia era pianificata per concludersi con il Lich, ma poi ho capito che era un po' un finale di merda. Ecco, forse anche questo è un finale di merda, ma di certo lo trovo più completo. Sono un po' fuori allenamento, quindi scusate lo stile artificiale. E spero di non aver dimenticato nessun dettaglio importante, di quelli che mi servivano per chiudere il cerchio. Detto questo, pace e amore. Mi sento soddisfatto per l'aver completato la mia storia, e forse - dico forse - m'è venuta voglia di scriverne un'altra, questa volta su Prismo. Se volevate assolutamente leggere il finale della mia Fanfiction, ringraziate Seductress_of_Death, è lei che mi ha convinto con la sua recensione. L'ho letta ventuno minuti fa, e in ventuno minuti ho tirato fuori quest'ultimo capitolo, basandomi sugli appunti sparsi che tengo su un quaderno vecchio un anno. Io, da parte mia, la ringrazio moltissimo, mi ha fatto tornare la voglia di scrivere. E brava, Seductress. Quest'ultimo capitolo lo dedico a te.

P.S: scusate il tedesco, non lo alleno da parecchio e non so se ho scritto tutto bene. Le traduzioni non ve le allego, perché mi diverto così.]

 

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