Unceasing (Senza fine)

di TheCrow
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Antefatto: Burn ***
Capitolo 2: *** The severed garden (prima parte) ***
Capitolo 3: *** The severed garden (seconda parte) ***
Capitolo 4: *** Know Your Enemy (prima parte) ***
Capitolo 5: *** Know Your Enemy (seconda parte) ***



Capitolo 1
*** Antefatto: Burn ***


                                                              Antefatto

                                                                           
Il cielo, striato di nero e rosso, gravava minaccioso sulle loro teste.
La terra sotto i loro piedi ardeva, disseminata di cadaveri, e il fumo saliva fino alle nuvole, bruciando le narici e gli occhi.
L'esercito dei demoni, compatto, si stagliava davanti ai loro sguardi, all'orizzonte.
Il vento alzava la polvere e le ceneri dei morti, rendendo l'aria irrespirabile e malsana.
Michael, il volto inespressivo, sfoderò la spada puntandola al cielo. - Chi é come Dio? Urlava contro Lucifero.
Egli, dietro le file dei suoi immondi schiavi demoniaci lo osservava, seduto su di una pila di corpi. Belial sedeva sogghignando ai suoi piedi, mentre ripuliva le ossa dei suoi nemici; Astaroth invece guidava le sue legioni a cavalcioni su di dragone. 

I capelli del Signore dei Demoni, intrecciati a rubini, danzavano nel vento. Alzò un calice e lo immerse nel sangue, nello stesso sangue degli angeli che aveva massacrato e che adesso ornavano il suo trono. 
Michael si fece il segno di croce. Urlò ancora, ma questa volta si era rivolto al cielo.
-Signore, dai la forza ai tuoi fedeli servitori di abbattere il Male, incarnato da Lucifero e da coloro che lo seguono!-
Tuoni squarciarono il cielo. Dietro le nuvole si intravedevano fulgidi  bagliori.
Il Dio dell’Inferno rideva, circondato da corpi deturpati e da sangue.
-Guerrieri! Dio vi chiede di pagare il vostro debito! – urlò Michael rivolgendosi alle sue legioni. –Portate la luce dell’Onnipotente e ricacciate nelle gole dell’Inferno coloro che si oppongono alla sua Gloria!
Il terreno sotto di loro tremò grondante di sangue e di disperazione.
La voce di Michael si spandeva ancora nell’aria, mentre i tuoni, in lontananza, ne accompagnavano l’eco.
-Io porto la spada forgiata da Dio. Innanzi a te, e con essa, io ti  rimando all’eterno tormento cui sei stato condannato all’inizio dei tempi.
Aprì le possenti ali nello stesso istante in cui un fascio di luce, liberatosi dalle nuvole,  illuminò la sua figura. Al suo fianco, Gabriel e Raphael guardavano oltre l’orizzonte.
Gli angeli sfoderarono le spade e gli archi, battendo poi gli scudi a terra, e con un urlo spaventoso seguirono il loro comandante in battaglia. Astaroth  alzò il martello da guerra sfidando Dio a fermarlo. Fu lui il primo a cadere: Michael stesso lo ucciderà affondandogli la sua spada benedetta nel petto, fino all’elsa.
Il sangue continuò ad essere versato: la terra, bagnata dal male e dalla furia, sembrava rigurgitare i morti che la tappezzavano. Corpi di angeli e demoni cadevano e bruciavano.
Lucifero alzò nuovamente una coppa a Michael, per poi porgersela alle labbra. Si alzò: la sua diafana pelle era sporca di sangue rappresso. Impugnò la sua spada e scese dall’altare: la lama era nera e lucente, pareva d’ossidiana, forgiata nei cerchi più bassi dell’Inferno, l’elsa si fondeva con un macabro paramano fatto di ossa legate le une alle altre da nervi e muscoli umani.
Si fece strada nella battaglia, uccidendo senza sforzo gli angeli che volevano fermarlo, straziando coloro che giacevano  a terra e sputando sui loro corpi finchè non si fermò, attendendo il suo caro fratello di sangue. 
Il dragone precipitò al suolo, di fronte a lui, mentre Michael  estraeva dal ventre della bestia la sua lama.
Sospese nell'aria adesso stavano solo preghiere sussurrate.
’In nomine Patris..’’
-Dammi la forza mio Dio - urlò al cielo. Un altro tuono.
Iniziò a camminare, fiero, un passo dopo l’altro. La testa alta, non temeva la morte.
Il vento si alzò, portando con sé polvere cremisi che si confondeva con il cielo.
Le urla della guerra riempirono le sue orecchie.
"…et filii …"
Lucifero osservava i suoi passi decisi e ghignò, sicuro della sua vittoria.
Adesso  erano uno di fronte all’altro.
-Io, l’Arcangelo Michele giuro che quest’oggi la mia lama di fuoco calerà sulla tua testa!-
…"et Spiritus Sancti".
                                               Amen
                                     
                                                        




Spazio dell'autore: Salve a tutti!! Spero che questa "partenza con il botto" sia stata di vostro gradimento!
Ci tengo molto a ritagliarmi un piccolo spazio a fine capitolo giusto per fare alcune precisazioni e dare qualche appunto, nel caso in cui il testo non fosse risultato molto chiaro. Per esempio, non tutti sanno che il nome Michele è di origine ebraica e che si può tradurre con la domanda retorica "Chi è come Dio?", che viene usata come grido di battaglia dall'Arcangelo contro le schiere demoniache.

 

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Capitolo 2
*** The severed garden (prima parte) ***


 

The Severed Garden

Ero di nuovo qui. Lo intuivo dall’inconfondibile scroscio dell’acqua che cancellava qualsiasi altro suono e dal modo in cui a ogni respiro l’aria finiva per serrarmi la gola. Mi trovavo disteso in mezzo all’erba  in uno  sconfinato  giardino  privo  di  vita: non c’era né  il  canto  degli  uccelli né il  frinire degli insetti. Tutto era immobile e statico, quasi ostile: un locus amoenus a metà, una prigione tanto per il corpo quanto per lo spirito.

Avvertivo il calore del sole  sulla  pelle, i suoi tiepidi raggi  continuavano a solleticarmi le palpebre ancora chiuse. Le serrai con forza, intimandomi di non sollevarle, ma la luce si faceva più intensa e insostenibile...
Spalancai gli occhi, momentaneamente disorientato.
Mi trovavo sdraiato ai piedi del letto, sul pavimento. Avevo  le labbra bagnate, vi passo sopra la lingua, avvertendo  un sapore salato, leggermente ferroso. sangue.
Provo a mettermi seduto, ma qualcosa mi blocca le gambe. Mi sollevo, liberandomi dal groviglio di lenzuola che mi intrappolava. Decido di andare in bagno a darmi una lavata, ma la testa inizia pulsarmi  con ferocia e a darmi le vertigini. Mi sento sfinito. È da quasi un mese che continuo a fare lo stesso delirio notturno, ogni volta  accompagnato  da  quel  senso di oppressione che mi impedisce di  respirare. In alcune occasioni, nel sogno, ho aperto gli occhi e guardandomi attorno ho notato uno specchio d’acqua in mezzo agli alberi. Ricordo bene che  sulla sua superficie vi erano convogliati tutti i raggi solari che filtravano dai rami, conferendogli un colore rosso arancione.  L’effetto ottico era meraviglioso, sembrava risplendere di luce propria, ma  tutte le volte che  provavo ad avvicinarmi ad  esso il sogno si dissolveva, ed io mi ritrovavo nel letto, ansante.
Quanto ancora posso andare avanti così? Beh, a giudicare da quest’ultima volta  non molto.
Raggiunto il bagno mi ripulisco  dai  residui  di  sangue.
Davanti allo specchio fisso la mia immagine. Ho i capelli di un rosso cremisi, perennemente arruffati, la pelle  quasi  diafana, e occhi  verdi smeraldo  con  particolari  cerchi  blu inchiostro attorno  alle  iridi. Non sono solo i miei strani occhi a rendermi diverso, ma anche i lineamenti, quasi androgini. Questo è stato spesso motivo di scherno da parte dei miei coetanei , in particolar modo ai tempi della scuola.
Ma per adesso, questo è l’ultimo dei miei pensieri , perché anche se qui a Londra il tempo per lo più uggioso contrasta solitamente  con le stagioni, siamo in piena  estate e posso trascorrere le giornate lontano dai miei compagni di corso avendo la casa di mio zio completamente a mia disposizione.
Dopotutto George Derevell, mio zio, al quale sono stato dato in affidamento  è forse l’unico parente ad avermi sempre saputo gestire, reputandomi un ragazzo responsabile e competente.  Così da quando è partito in viaggio per Stanford, con la nuova e giovane compagna, io ho campo libero.
Agli occhi dei miei genitori sono sempre stato “uno sbaglio”, e fino all’ultimo dei loro giorni mi hanno sicuramente reputato la pecora nera della famiglia.  Per il mio carattere acceso molti non vogliono avere niente a che fare con me, probabilmente per paura, per pregiudizio a causa di alcuni eventi che si sono verificati solo in mia presenza. Non è raro che mi arrabbi in modo piuttosto violento, e che simultaneamente  i vetri di bicchieri, lampade e  finestre cadano in frantumi, o che addirittura i mobili prendano fuoco dal niente… tutti elementi che fanno di me un diverso, un emarginato. Nonostante questa mia condizione da reietto posso considerarmi fortunato ad avere degli amici fidati che sanno come gestirmi e, soprattutto, che non hanno mai creduto a ciò che si dice di me. Credo che si siano resi conto che sotto a tanta tracotanza  dimostro un animo fragile e segnato, lo stesso che mi porta ad isolarmi, il più delle volte paura attanagliandomi nella paura di far del male, anche se involontariamente, alle persone a me care.
Col trascorrere del tempo posso affermare di aver  imparato a convivere con la mia solitudine, e  ho dato sempre meno  peso  a ciò che  gli altri dicono di me, diventando ciò che sono ora e sono sempre stato: un diciannovenne   determinato e indipendente, capace di potersi muovere in quel grande teatro che è la vita senza fare troppo affidamento sugli altri.
 
Non sapendo come meglio spendere il mio tempo libero da esami vari, decido di inaugurare le vacanze gustandomi la colazione, un cornflakes  alla volta.
Scostai la tenda della finestra in cucina e sbirciai fuori: un inaspettato  sole bussava ai vetri.  Non potevo non approfittare della bella giornata e decido di uscire fuori, così  ritorno in camera e mi vesto velocemente con una t-shirt grigia accompagnata da una felpa  e un paio di pantaloni  sportivi. Preparo anche un piccolo zainetto contenente una bottiglia d'acqua, l’inseparabile I-pod, il mio portafoglio e un paio di occhiali da sole.  Mentre scendo le scale sento squillare il cellulare e mi precipito verso l'apparecchio.
-Hei, Michael!- è James, il mio migliore amico, che dall’altro capo della cornetta gemeva di eccitazione. -Ciao! Cosa c'è di nuovo?  Non è da te chiamarmi così presto.- chiedo guardando l’orologio -Indovina? Alex dopo la festa di ieri sera ha litigato con Mariah e lei lo ha lasciato per...- si interruppe. - Per chi?- avevo un sospetto..-Per me!!- esplose, trafugando i miei dubbi- Non è fantastico?! Ho una cheerleader per ragazza!-
-Bel colpo! Ora speriamo che Alex non decida di darvi la sua benedizione!
 Alex è fisicamente  ben più robusto di James, nonché manesco, e può considerarsi la rappresentazione dei clichés tradizionali sui ricchi figli di papà, pensando a lui mi viene da aggiungere che e non è tipo affatto raccomandabile visto come adora sperperare soldi..   Lui e Mariah stavano insieme da quattro mesi, ma non avevano mai formato una bella coppia, e la notizia della loro separazione non avrebbe sorpreso nessuno, tutt'altro.
Mi sforzai  di immaginare  James e quella pettegola insieme...
-Uffa Michael! Sai sempre come rovinare tutto!- protesta – Dimmi, a te le cose come vanno? Dopo ieri sera avrai dormito spero.- - No, ancora quel sogno...- -Non capisco davvero cosa possa voler dire. Te lo ripeto sempre che dovresti informarti, sai? Ci sono molte…. -  Non l'ascoltavo più ormai, quando iniziava con i suoi soliti discorsi da psicologo sull’interpretazione dei sogni e sul simbolismo diventava insostenibile per uno come me che non credeva a queste cose, e che non ha tantomeno mai avuto fede.  – James perché non fai un salto da me, Mio zio è partito ieri sera e visto che sei sveglio potremo andare a farci un giro e dopo giocare alla play- proposi, interrompendo le sue astruse teorie –Mi spiace, Mike ma quest’oggi avevo in programma di portare la bella a spasso, giusto per vedere come va.. ti posso raggiungere in serata-
Sorrido, pensando a quella strana coppia – Per questo ti ho chiamato così presto- -Non importa, organizzeremo qualcosa domani, ok?- -Bien. Se vuoi che venga stasera dimmelo! Stammi bene Michael!-  riattacca.

Mi dirigo verso la porta attraversando corridoio e  salotto. Una volta fuori mi guardai attorno. L'aria quel giorno era insolitamente calda, frizzante e salubre. Il sole brillava nel cielo di Londra e non c'era una nuvola. Incredibile! I giorni estivi così sono rari. Guardo l'orologio, sono da poco passate le nove e per le tranquille strade del quartiere non passa molta gente; così mi avvio verso il parco più vicino, il  Vicky Park.

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Capitolo 3
*** The severed garden (seconda parte) ***


                                           The severed garden


Oltrepassati i cancelli del Victoria Park mi trovo di fronte immensi viali fiancheggiati da alberi tra i quali è facilmente riconoscibile in sottofondo il rumore del  canto degli insetti o degli uccelli che si muovono fra i rami. Sorrido entusiasta a questa bella giornata.
Avvio l’I-pod, la musica  che mi viene trasmessa dagli auricolari mi infonde allegria e il ritmo giusto per mantenere un'andatura costante e veloce, senza affaticarmi troppo.
Dopo una buona ora di footing, mi siedo su di una panchina, perfettamente rilassato. Erano pochi i momenti in qui mi sentivo così.. in pace. Abitualmente la mia testa era affollata da domande senza risposta, un intricato labirinto di ricordi ed emozioni. Spesso mi fermavo a riflettere sul perché  della mia esistenza così “fuori luogo”, sul tragico esito di quella dei miei genitori, rimasti uccisi in un incendio divampato improvvisamente nella metropolitana; ma tutta questa confusione psicologica non faceva che portarmi ad uno stato di perenne inquietudine.
Osservo alcuni bambini davanti a me mentre giocano con una  grossa palla di gomma, poco distanti da loro stanno due adulti che devono esserne  i genitori.
La mia unica figura paterna è sempre stato il mio scapestrato zio, che si è preso l'incarico della mia custodia, anche se gli è sempre stato difficile conciliare il lavoro di imprenditore con la famiglia.
Alzo lo sguardo, i bambini se ne sono andati, permettendomi di vedere dalla parte opposta alla mia dove sta una giovane ragazza esile intenta a leggere.  La osservo scostare una ciocca di capelli neri dal viso, rivelando due occhi grigi, dolci e sensuali. fu in quel momento che incrociai il suo sguardo Prima che si alzasse lasciando la panchina vuota.
 
 
   
Il  The Morgan Arms è  affollato. Mi siedo in un angolo remoto, il separé più distante dalla porta. Non vengo spesso qui, ma quando lo faccio, questo è il mio posto preferito, seminascosto dall'angolo del balcone, accanto alla porta della cucina. Fuori dalla visuale, a meno che non ci si guardi apposta. La sera si stava inesorabilmente avvicinando, e l'aria si faceva più pungente. Fuori alcune  nuvole solitarie  attraversano il cielo rischiarato dal sole che tramonta. Ho voglia di un'altro caffè . Visto che con questa folla non ho alcuna possibilità di attirare l'attenzione del cameriere, vado al banco. Pago ,e voltandomi rivedo la ragazza mora di stamattina. quando i miei occhi incrociano nuovamente i suoi , lei non smette di fissarmi. Mi si secca la bocca all'istante. Ritorno al mio tavolo e  velocemente finisco di bere il mio caffè. Scambio un'altra occhiata in direzione della ragazza mentre sono quasi alla porta ma lei non c'è più. La cerco con lo sguardo lungo tutto il perimetro del locale, ma di lei non c'è più traccia. Sarà andata in bagno.

A casa mi accorsi che il bucato era ancora da fare: buttai i vestiti sporchi nella cesta e poi misi la lavatrice, o almeno ci provai. Dopo essere stato in bagno a lavarmi denti sistemai le mie cose, e mi spogliai. Rimasi a petto nudo aspettando di poter svuotare la lavatrice, quando questa batté improvvisamente un colpo e si fermò balbettante .
-Stupida ferraglia- sbottai infastidito scagliandole un calcio. Spostai lo straccio che l' aveva inceppata e la feci ripartire. Dopo un tempo indeterminato potei finalmente riporre i panni puliti in un armadio.
Mi sentivo stranamente assonato, così entrai nella mia stanza, scaraventandomi sul letto sfatto, e caddi in un sonno profondo, senza incubi.

Spazio dell'autore: Salve a tutti!! Non so se il cambio di scena potrebbe aver confuso o meno.Il primo capitolo non era che un preambolo, qui in "The Severed Garden" (titolo preso in prestito da una canzone dei Doors) facciamo la conoscenza con Micheal Derevell: sarà lui, con il suo flusso di pensieri,  l'Io narrante di tutta la storia.
Sinceramente non so perchè cinque anni fa decisi di scrivere questa storia, abbandonandola poi nei meandri del mio pc; sta di fatto che ho deciso di pubblicarlla così come era senza revisionarla troppo; questo perchè vorrei che diventasse in futuro uno spunto personale per una nuova storia nella quale poter padroneggiare uno stile migliore. Spero comunque che sia di vostro gradimento!

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Capitolo 4
*** Know Your Enemy (prima parte) ***


                                            Know Your Enemy - Prima parte



Il giorno dopo, l'alba era grigio perla, immobile. Quando aprii la finestra gocce di acqua ghiacciate mi schizzarono sul viso mentre la pioggia iniziava a cadere.

Mi vestii in fretta, avevo poco fra cui scegliere, avendo svuotato la lavatrice a notte tarda non ero riuscito a stirare dalla stanchezza.

Scesi in cucina per la colazione. Visto il brutto tempo mi concentrai sulla pila di piatti da immergere nell'acqua insaponata. Strofinai metodico i piatti che avevo in mano. L'unico suono che udivo era quello della spugnetta contro la ceramica. Ripensai a ieri...alla ragazza che avevo incontro prima al parco e poi al bar : i suoi occhi così insoliti, profondi mi avevano colpito. Mi accorsi che lavavo e rilavavo sempre il solito piatto e così cercai di rinvenirmi.
 

 
   

Sentii James ma aveva deciso di stare a letto, a riposo, perché ieri sera aveva fatto tardi.

Mi andai a sedere sul divano. Il salotto era fresco, in penombra. I pochi bagliori di sole che scorgevo attraverso la finestra parevano giochi di luce su di uno specchio d'acqua...e i toni verdi-azzurri della stanza evocavano esotici mondi sottomarini. Sprofondai nel divano.

Dopo un po', presi a canticchiare fra me e me una canzone dei Green Day, mentre  l'irresistibile richiamo della mia chitarra si fece insostenibile, tanto da spingermi a salire di corsa le scale per andarla a prendere in camera mia.

Dopo le due il tempo migliorò, e piuttosto che passare il resto della giornata chiuso in casa optai per una passeggiata nel quartiere. Andai in bagno per vestirmi e darmi una sistemata.

Mentre percorrevo il corridoio sentii un rumore provenire dalla mia sinistra: veniva dalla stanza di mio zio. Spalancai la porta con le mani sporche di dentifricio.
Non c'era nessuno.

Lo studio era molto ampio, e dall'unica finestra entrava molta luce. La grande scrivania di legno cosparsa di carte sistemate ordinatamente stava al centro della stanza, circondata da diversi mobili accostati alle pareti.

Il pulviscolo danzava nella luce dorata  del pomeriggio.

Ma non c'era niente che facesse pensare ad un'intrusione. 

Possibile che oggi sia così rincoglionito?!

Mi misi a controllare qua e là, spinto dalla pura curiosità; fino a quando non notai un libro abbandonato dietro alla porta, dalla copertina in cuoio nero.

Una comune agenda. Però non c'era nemmeno un granello di polvere sul volume mentre qualsiasi altra cosa nella stanza ne era ricoperta a causa del prolungato inutilizzo.

Mi ritorna alla mente il rumore che avevo sentito, mi era sembrato un fruscio intenso.. come di pagine sfogliate in fretta.

Ma sono solo.

Solo e rincoglionito completamente.

Mi siedo sul pavimento e apro il libro. Ha molte pagine ma sono tutte bianche. Rimango un po' deluso sia perché mi aspettavo qualche remoto appunto di mio zio, sia perché mi sembra di essere totalmente svanito.

Avverto un certo nervosismo montarmi dentro.

Prendo a sfogliarlo con noncuranza e mi fermo di colpo. Con la coda dell'occhio avevo notato che su di una pagina era scritto qualcosa. Un piccolo appunto scritto di fretta. L’inchiostro era sbiadito.

''...uno solo potrà vincere. Ed egli sarà l'unico detentore del potere. La battaglia infurierà. Uno solo ne uscirà vincitore. L'emissario nemico è giunto, Michael Derevell è invocato..''

Ma che...

Sfoglio rabbiosamente le pagine quasi a volerle strappare, ma non trovo nient'altro.

.... che stronzate!

Scaravento il libro il più lontano possibile e mi sbatto la porta alle spalle con violenza.

                                     *******

 Nonostante fosse estate, qui a Londra già si sentiva l'arrivo imminente dell'autunno: le foglie dei castani avevano quasi assunto la tipica tinta dorata, i faggi erano diventati simili a torce fiammeggianti e le querce sembravano scolpite nel bronzo.

Le strade erano insolitamente tranquille: incontrai pochi passanti e non vidi quasi nessuna macchina mentre cammino solitario per le vie piene di negozi.

Pensai a cosa fare in questi tre mesi , ma non mi vennero idee originali se non una serie di feste notturne a casa mia.

Mentre percorrevo le strade asfaltate assorto nei miei pensieri, in me sentii crescere una fastidiosa sensazione, e più passavano i secondi, più il presentimento di essere seguito si fece  prepotentemente spazio nella mia testa.

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Capitolo 5
*** Know Your Enemy (seconda parte) ***


 

                                        Know Your Enemy - seconda parte



Mi voltai più di una volta, irrequieto. Ma i miei occhi incrociarono solo poche sparute persone troppo impegnate o a parlare al telefono, o a guardare le vetrine...stavo diventando pazzo...

Attraversai velocemente la strada, incurante di un auto che  frenò a pochi centimetri da me, e mi infilai nel primo vicolo che trovai.

Avvertii un movimento  furtivo alla mia destra  che mi fece sobbalzare. Adesso stavo correndo.  Non c'è anima in questa stradina  buia, ma la sensazione non tendeva a diminuire, anzi, aumentava esponenzialmente; sentivo i miei battiti e il mio respiro farsi sempre più irregolari .

Giunsi al capolinea. Un muro mi bloccava la strada, e qualcosa mi afferrò saldamente la spalla.

Quel  'qualcosa', era massiccio e alto quanto un armadio. La pelle era incrostata e chiazzata di grigio e in alcuni punti  secerneva  una sostanza gialla. Il mostro torreggiava su di me con un ghigno perverso che gli scopriva i  pochi denti scheggiati e striati di  marrone. I miei occhi si spostarono sulla schiena  dove spuntavano due protuberanze  deformi vagamente simili ad ali di pece.

Mi resi conto con orrore che alle sue spalle stavano altri  esseri molto somiglianti a quello che mi aveva appena sollevato da terra con la sua zampa artigliata.

Mi divincolai dalla sua presa  riuscendomi a liberare ma non potei far niente contro gli altri tre che mi sbatterono sull'asfalto bagnato. Il colpo violento e inaspettato mi tolse il fiato, che  uscì con un rantolo dalla mia gola.

Si erano disposti a semicerchio di fronte a me, impedendomi ogni via di fuga, e recidendo ogni mia speranza di uscirne vivo. Mi rialzai, a fatica, e con le spalle al muro decisi disperatamente di affrontarli: probabilmente non stavo pensando affatto quando afferrai un'asse di legno da terra e la schiantai sul muso di quello che avevo di fronte imprecando.

Non ottenni nulla.

Il mostro semplicemente guardandomi con disprezzo si scosse, liberandosi delle schegge. Non avevano niente di umano, e non sapevo che cosa fare.

Avanzarono, stringendo sempre di più il cerchio... ero finito... i miei occhi incrociarono quelli degli esseri prima che mia visuale si tingesse di rosso sangue, lo stesso colore che aveva la bassa corolla di fiamme comparsa improvvisamente attorno a me. Gli esseri si immobilizzarono, visivamente sorpresi. In quel momento, chiusi istintivamente gli occhi, abbandonandomi ad una sensazione di beatitudine, e venni sopraffatto da una coscienza estranea che si impossessò di ogni fibra del mio corpo. Con una gigantesca ed assordante esplosione, la mia entità iniziò lentamente a dissolversi, come le membra dei mostri che il fuoco bruciava tra le sue spire scarlatte. Sentivo le fiamme prosciugare anche la mia anima...

Riaprii gli occhi e spostai lo sguardo dall' asfalto fradicio di sangue al cielo imbrattato dalle ceneri  del fuoco, che adesso aveva smesso di ardere.  Cosa avevo fatto? 

La sirena della polizia fu l'ultima cosa che sentii. Dopo un' esplosione confusa di colori e suoni nella mia testa, tutto si oscurò e mi accasciai inerme contro il muro.

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