La Regina Lupo

di SkepticDame
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Regina Lupo (part. 1) ***
Capitolo 2: *** Le favole sono Reali. ***
Capitolo 3: *** Leggenda proibita. ***



Capitolo 1
*** La Regina Lupo (part. 1) ***


- Un circo? Sicuro che non sia una specie di raduno per pagliacci assassini? Sai, sarebbe davvero interessante come meta... E soprattutto molto più credibile! - Rose stuzzicò il Dottore usando un tono vagamente distratto e divertito. - Pagliacci assassini... - il Dottore in parte umano assaporò un istante il gusto di quelle due parole. Schioccò infine la lingua sul palato, colpito da una simile illazione - Ma come riesci ad inventarti certe creature inconcepibili ed assolutamente esistenti nell'universo? - Lui la guardò accennando un'aria spiazzata da quella riflessione che però gli fece scappare una piccola risata sommessa - Non si chiamano esattamente "Pagliacci Assassini" ma hanno un aspetto molto simile ad un pagliaccio, apparentemente buffo, e modi affini a quelli di un assassino. Oh, quelli non hanno proprio niente di apparente...! Quindi, per comodità, li definisco così. Definizione non di loro gradimento - Mormorò tagliando corto con una smorfia di divertimento nel vedere accrescere la curiosità di Rose al proposito della storia che si stava riavvolgendo nella mente del Signore del Tempo. Quando ne aveva occasione si soffermava a narrarle avventure passate e lei ascoltava, commentava, annuiva, immaginava. Ma ora, dopo tanto tempo e in quel corpo "nuovo" con sentimenti ed emozioni da scoprire con occhi diversi, desiderava solamente arricchire la propria vita e la propria memoria con una nuova avventura. Con la sua Rose. Sua e di nessun altro. - Quindi niente pagliacci assassini, per ora. Peccato - pronunziò lei con una finta nota di delusione poco prima dell' "atterraggio di fortuna" sulla poltroncina dietro di sé, a causa dello scossone improvviso. Il Dottore la fissò un momento dalla parte opposta della console, finito contro la ringhiera, dipingendo sul viso un mezzo sorriso, mentre la ragazza riacquistava equilibrio rimettendosi in piedi, e le porse una mano, una volta arrivatole davanti. - Inizio a pensare che queste cadute siano la parte più divertente del viaggio stesso, per la signorina Tyler. - Inizierebbe a pensare bene, il signor Tyler - Annuì accogliendo il suo aiuto, poi appiattendo grossolanamente le pieghe della giacca. Sempre con la mano nella sua, prese a correre verso la porta e la aprì. Sollevò gli occhi al cielo. Sembrava un telo di schiuma, con tutte quelle nubi, colorate, di ogni tonalità e variazione cromatica, che vorticosamente giravano su loro stesse creando mulinelli. In lontananza si ergeva con delicata imponenza un scala di torri e torrette che parevano canne di un organo, nascoste da una catena di colline le quali riflettevano a specchio le luci del cielo. - E quello cos'è? - Domandò la ragazza puntando l'indice verso il profilo della costruzione. - Il circo - Disse allegramente il Dottore cacciando fuori dalla tasca la "cipolla" rossa che solitamente indossano i pagliacci sul naso - O almeno credo. In ogni caso sono sempre ben attrezzato! - Se la mise sul naso, sorridedole pienamente. - Il bambino che è in te non vedeva l'ora...! - Scoppiò a ridere lei. Era davvero buffo con quel nasone. Percorsero tutto il sentiero che conduceva al castello. Sembrava brillare di luce propria, come le stelle. Sembrava fatto di cristalli di vetro, piovuti dal quel cielo così irreale ed incredibilmente bello. - Chissà cosa piove dalle nuvole... - Osservò Rose sollevando la punta del naso all'insù. - Su questo pianeta è raro che ci siano precipitazioni. Il clima non è come quello terrestre. Ha un meccanismo analogo ma al posto di piovere acqua... piovono macchie di colore che, una volta asciutte, sembrano manciate di sale pigmentate - spiegò rapidamente lui, realizzando di essere finalmente giunti in prossimità della fortezza. - Io mi divertivo a colorare il sale e a metterlo nelle boccette di profumo di mia madre - ribatté lei, quasi fiera di quel piccolo "passatempo". Sotto all'immenso arco trionfale del castello vi era un'esile figura femminile che li attendeva cercando il più possibile di nascondere la mestizia nelle pieghe del sorriso. - Benvenuti al palazzo della Regina Lupo, la nonna di tutti i bambini. Loro la adorano - chinò brevemente il capo per poi guardare, assorta, Rose - Suo figlio sarà contento di avere una madre così giovane, signorina... - Tyler. E non ho figli. Non credo nemmeno di averne in programma... per ora - Mormorò con una punta di fastidio. C'era qualcosa, nel tono della donna, che l'aveva poco convinta. E non si prese l'impegno di nasconderlo troppo. Tuttavia si rese conto di aver assunto un atteggiamento poco carino nei suoi confronti, dunque le sorrise. - Allora cosa posso fare per voi, signori Tyler? - riprese la donna dai lineamenti freschi di giovinezza ma cadenti per motivi ignoti. - C'è spazio per una bambina un po' cresciuta? - scherzò il Dottore che, comunque, non tardò ad analizzare la situazione con quell'occhio critico di chi è abituato a trovare il pericolo persino in circostanze "normali" come quella. - Facciamo due - replicò Rose. - Chiederò alla Regina di ricevervi, così potrete parlare direttamente con lei - sentenziò quella che, a quel punto, poteva definirsi "serva". Quest'ultima compì un mezzo giro di braccio invitandoli a proseguire all'interno del castello. Il Dottore si accostò a Rose nella camminata verso la sala. - "Signori Tyler". Per una volta qualcuno ha indovinato la mia consorte - sussurrò l'uomo ironicamente. Stanze e corridoi erano illuminati a malapena con dei vecchi candelabri e lampade ad olio accuratamente riposti negli angoli più strategici. Dove non vi era tanto chiarore, si creava un'atmosfera pressappoco funerea, se vista con occhi in cerca di qualcosa di macabro a tutti i costi. Se, invece, la si voleva vedere diversamente, poteva benissimo essere percepita come un toccasana per gli occhi, anche a notte fonda. Rose si guardò attorno con circospezione, ignorando involontariamente le parole di lui. - A me, questa, sembra più una casa degli orrori. Altro che circo! Ora capisco perché Jackie insisteva tanto nel non volermici portare, in uno di quelli - affermò sfumando del sarcasmo - Quella donna ha detto che i bambini adorano la Regina... ma quali bambini? Qui non ce n'è neanche uno. - Stanno arrivando - rispose prontamente la serva che li aveva sorpassati da un pezzo. Nel chiarore più nitido spiccavano i suoi capelli di perla, la carnagione scura e giovane, gli occhi simili a due mandorle d'acqua marina e le vesti umili ma in perfetto ordine e stato. - Arrivando? E da dove? Non dovreste averli voi sotto la vostra tutela? - insistette Rose. - Aela! AELA! Dove diavolo è la mia corona?! - la voce stridula di una donna si diffondeva in tutte le stanze, penetrando nelle orecchie di tutti. Stridula e sgradevole, che antcipava l'arrivo di un esserino ancora più aspro e irritante. "SONO IO LA MORTE E PORTO CORONA IO SON DI TUTTI VOI SIGNORA E PADRONA..." - Mia signora, la sua corona è nelle mani di un esperto che la rimetterà a nuovo entro stasera, come lei ha ordinato - Aela, quello era il nome della serva, chinò il capo in segno di inferiorità nei rispetti della Regina. - Sarà meglio per entrambi. Altrimenti... - ringhiò iraconda. Solo pochi istanti dopo il suo arrivo notò la presenza di due estranei e cambiò immediatamente registro - E voi, signori, chi siete? - Due turisti di passaggio - proferì il Dottore scrutandola con quella meticolosità che genericamente dà ai nervi a qualsiasi maestà che si ritenga al di sopra dell'universo intero - Perché proprio Regina "Lupo"? Il lupo non è una figura affatto rassicurante, per nessun bambino - Mormorò fingendosi cieco alle ipotetiche motivazioni di quel soprannome. - È uno stupido nomignolo che mi diede il mio defunto marito poco prima di cadere accidentalmente dalla torre - disse amabilmente con tranquillità, come se la morte della persona amata fosse una favola... a lieto fine - Ma scommetto che siate giunti fin qui per un altro scopo, non per discutere sul mio appellativo - il tono riprese a gracchiare con stizza. "E COSÌ SONO CRUDELE. COSÌ FORTE, SONO, E DURA CHE NON MI FERMERANNO LE TUE MURA..." - Oh, sì, giusto. Mi hanno detto che questo castello ospita il più bel circo mai esistito - disse il signore del Tempo - Sareste così regale da darci il permesso di visitarlo? Con la supervisione delle vostre guardie, se vi è necessario. La Regina lanciò un'occhiataccia alla sua serva che, umilmente, non riuscì a sostenere il suo sguardo truce. Poi rivolse gli occhi al Dottore e Rose, forzando un sorriso che fu ben poco amichevole. - Se foste davvero così informati, sapreste anche che il nostro circo è stato chiuso per parecchio tempo - Rispose, infine. - E per quale motivo? Mancanza di bambini, forse? - intervenne Rose, sinceramente curiosa al proposito. E stranita. "Per essere la nonna di tutti i bambini, la Regina è davvero insopportabilmente antipatica". Ma fu un pensiero che preferì tenere per sé, al momento. - I bambini non mancano mai, per mia fortuna. Sono... il mio nutrimento - disse l'anziana regina, con leggerezza, andando a sfumare in una piccola risatina. La classica che hanno le donne di una certa età che non hanno mai avuto figli propri ma che han passato il resto della loro vita a badare a quelli altrui, fino ad ossessionarsi - Il circo è stato chiuso per una serie di... manutenzioni. Solo perché è il più bello non significa che non debba mai essere sottoposto ad alcuni controlli, no? Comunque, siete dei "turisti" molto fortunati - rimarcò la parola "turisti", sottolineando una certa negligenza nel crederci, e tirò un breve sospiro come se la cosa, da un lato, le dispiacesse - Fra poche ore inizierà la cerimonia di inaugurazione in cui verrà riaperto il circo. Vi parteciperanno genti di ogni dove. Sarà come una specie di "biglietto da visita" per convincerli a lasciarci le loro adorabili creaturine. - Fantastico! - esclamò entusiasta il Dottore, ancor prima di farla andare oltre - Nel frattempo dove possiamo stare io e mia moglie? - Mostrò un enorme sorriso che fece impallidire la regina. Quest'ultima avrebbe dovuto opporsi alla conclusione dell'uomo. E invece sembrava insolitamente "felice", retoricamente parlando, di averli come ospiti, quando fino a qualche minuto prima pareva persino infastidita dalla loro presenza e dalla loro lecita e innocente indiscrezione. - Aela vi farà da guida - si limitò a dire la signora. Era partita dall'avere fin troppe parole ad averne di poche e misere - Aela, conduci i signori in una delle stanze adibite agli ospiti, fa trovare loro degli abiti adatti alla cerimonia - li scrutò con fare altezzoso - e soprattutto ricorda a quell'esperto che rivoglio la mia corona prima di subito - ordinò acidamente, facendo svolazzare le pieghe del vestito nel girare i tacchi e andarsene, riacquistando il solito atteggiamento arrogantemente borioso e presuntuoso.

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Capitolo 2
*** Le favole sono Reali. ***


Aela condusse i due "forestieri" in direzione dell'atrio principale da cui si poteva accedere ad ogni ala e stanza del castello e lasciò aleggiare un silenzio acutissimo che, tuttavia, sembrava essere voluto da tutti e tre. Nel frattempo nel maniero c'era un frenetico viavai di persone, tutte intente nei preparativi e dirette da un affastellamento di voci che risuonavano come echi. Dal lato nord dell'atrio si sollevava prorompentemente una scalinata i cui gradini davano la parvenza di poter toccare il cielo. Un cielo fatto di legno antichissimo le cui stelle erano ritratti e maschere fisionomici di antenati passati a miglior vita, un'usanza molto simile a quella che avevano anche le famiglie patrizie romane sulla Terra. - Quindi ti chiami Aela - disse Rose, non appena si allontanarono dal gran frastuono giungendo in un'ala più silenziosa del castello - Ha un significato particolare? Di solito ogni nome ne ha uno - continuò a mezza voce, con un sorriso. - Mio padre mi chiamava "Aela la cacciatrice". Non mi ha mai spiegato il perché e, tuttavia, non me lo potrà mai più spiegare. Spero sia davvero passato a miglior vita, come si dice, perché questa non vale la pena viverla. Morire, a questo punto, può solo avergii salvato l'esistenza - confutò con amaro sarcasmo non lasciando trapelare troppo il sentimento lancinante che stava raschiando dentro di lei. Nel tentativo di celarsi dietro ad un'espressione malamente impassibile, addocchiò al volo la stanza che avrebbe ospitato Rose e il Dottore. Quest'ultimo rivolse lo sguardo alla sua compagna che rimase in silenzio per alcuni istanti, non proprio per mancanza di parole ma perché sapeva che nessuna parola sarebbe stata molto utile dopo una confessione di quel tipo. Poteva solo nutrire della compassione nei suoi confronti. Per diciannove anni aveva convissuto con quel vuoto, colmato affettuosamente da Jackie, e si chiedeva cosa sarebbe accaduto se la famiglia fosse stata al completo fin dall'inizio. Fu un pensiero che saettò sulla sua mente per poi svanire. - Comunque siamo arrivati - annunciò Aela, facendo una lieve pressione sulla maniglia di una porta cigolante e aprendola. La stanza era molto spaziosa, ospitava un letto a due piazze perfettamente in ordine, un lume su entrambi i comodini ai lati di quel talamo immacolato, una finestra che dava direttamente sugli orti della reggia ed una vasca ai cui bordi erano stati appesi due vestiti eleganti. La bellezza di quegli arredamenti sembrava essere sfuggita al tocco del tempo. - Il mio compito qui è finito. Mancano le raccomandazioni ma ho la sensazione che sarebbero inutili - ipotizzò la serva con insolita tranquillità - Fra due ore inizierà la cerimonia. Non arrivate in ritardo, la Regina non tollera vagabondi nel castello - concluse richiudendo la porta dietro di sé, lasciandoli così soli. Non appena furono sicuri di poter parlare senza che le loro parole venissero origliate, iniziarono ad intessere un discorso. - Sei stato troppo silenzioso. Qualcosa non quadra come dovrebbe? - Rose interrogò il Dottore, passando le dita sopra la superficie di vetro che racchiudeva la lieve fiammella del lume. - Sì. È tutto troppo ordinato, qui dentro. E poi guarda quei vestiti... - l'uomo fissò con aria disgustata gli abiti sulla vasca - I Signori del Tempo hanno molto più gusto - . - Non era quello che intendevo - controbatté la ragazza. - So cosa intendevi - ammiccò lui con sommo divertimento - E, a questo punto, la domanda mi sorge spontanea: quanta voglia ha, Rose Tyler, di fare la "vagabonda"? - le si avvicinò inclinando appena il capo. Era già a conoscenza della sentenza ma quello che più lo emozionava non era la risposta in sé, bensì l'entusiasmo con cui quella ragazza coglieva l'invito a seguirlo, ogni volta, senza ripensamenti. La bellezza della sua rosa germogliava su cose che gli umani definiscono "piccolezze" e che tralasciano non attribuendo loro il significato giusto. Ma l'amore non è né piccolo né una piccolezza scontata. E nemmeno un calcolo matematico, o una formula da imparare a memoria ed applicare in qualsiasi momento e con chunque. È una forza motrice, invisibile ma assolutamente indispensabile, che finora il Dottore non era mai riuscito a comprendere appieno. Solo dopo l'attrito con questa forza, c'era riuscito. E non se ne sarebbe mai liberato. - Stavo giusto per chiederti se avessi veramente intenzione di barricarti in questa stanza e fare l'eremita per ben DUE ore. Mi sarei preoccupata, lo sai? Non farmi più pensare cose del genere, è agghiacciante - scrollò le spalle osservando brevemente il vestito che avrebbe dovuto indossare e scosse il capo - Ora però andiamo. Quegli abiti sono ancora più agghiaccianti - Spalancò la porta facendo capolino dalla soglia. Sembrava non esserci anima viva. Dopo un paio di giri a vuoto incapparono in un gruppo di bizzarre creature simili a granchi giganti. La prima idea fu di approfittare della penombra e nascondersi al di sotto dello stipite pronunciato delle varie stanze serrate accuratamente. La seconda fu, invece, decisamente più proficua. I due proseguirono nella camminata, finché uno di questi alieni non si accorse della loro presenza e si diresse nella loro direzione con fare "sottilmente" contrariato. - È un'area chiusa ai visitatori, questa. Mi dispiace, piccioncini - sentenziò con un tono che non avrebbe dovuto ammettere repliche. Il Dottore, tuttavia, cacciò fuori da una delle tasche interne del soprabito la carta psichica e si presentò. - Ma non è chiusa ai manutentori, no? - sventolò leggermente la carta, con un sorriso vicino all'essere beffardo. Il granchio rimase una manciata di secondi a fissare il documento. Era sicuro che ci fosse qualche imbroglio ma non ne vedeva nemmeno l'ombra, anche se comunque il documento parlava solo per l'uomo e non per Rose. Abbastanza per far insospettire. - E la femmina? Non mi dirà mica che le serve come "supporto morale" - ironizzò pesantemente come a prendersi gioco di entrambi e rise. Rise con la sua voce quasi baritonale. - La femmina conosce anche tanti modi di cucinare un granchio, a prescindere dalle dimensioni - Sibilò Rose sollevando un sopracciglio. Un giorno o l'altro la sua lingua pungente l'avrebbe messa ulteriormente nei guai ma rispondere a tono faceva di lei una ragazza difficile da zittire. Il Dottore trattenne una risata sommessa, vedendo la faccia dell'alieno farsi corrucciata, per poi riacquistare sufficiente serietà. - Se non terminiamo i controlli sua maestà sarà costretta a rimandare la cerimonia e a quel punto, signore, le consiglierei di iniziare a correre lontano da qui e il più velocemente possibile. Non ha mai visto la Regina adirata, vero? - enunciò l'uomo, persuasivo e sorridente. D'un tratto però la sua espressione si incupì come se fosse giunto ad una conclusione acre e avvicinò il volto a quello spropositato dell'alieno, cercando di capire tanta contrarietà. Se nel corso dei secoli le cose non sono cambiate, e di questo ne dubitava fortemente, quella razza aliena si era da sempre distinta per l'atteggiamento apparentemente "cafone" in determinate situazioni. Ma non per indole o istinto naturale, ma perché era una sorta di arma per nascondere qualcosa di grosso - Cos'è? - sussurrò il Signore del Tempo. - "Cos'è" cosa? - bofonchiò a fatica la creatura che nel frattempo aveva già ritratto la facciona. - Quello che tentate di nascondere. È così terribile persino parlarne? - . - Io so soltanto che a volte è meglio non ficcare il naso in certe faccende, per la propria incolumità. Ho visto fin troppo, ragazzo, e francamente vi sto solo facendo un favore a non mettervi al corrente di quel che è nella realtà il circo più bello dell'universo. Mi chiedo solamente con quale coraggio... - si interruppe in un modo parecchio brusco ma stava con certezza dicendo la verità. Una verità che non avrebbe potuto mai dimentcare né provare a modificare e questo, il Dottore, lo capì. Non era una sensazione nuova. Quel granchio, che da grosso com'era sembrava essere diventato piccolo piccolo, si avviò nella direzione opposta alla loro, senza proferire nessun'altra parola. - Non sarà più così. Ti do la mia parola - Questa fu l'ultima dichiarazione del signore del Tempo prima di proseguire con passo svelto verso il lungo corridoio. Rose si mantenne di fianco a lui, stando al suo passo. Non vi vedeva solo fretta di scoprire, o curiosità, o desiderio di avventura. Vi vedeva altro. D'un tratto si era fatto più serio, cupo, avrebbe persino detto minaccioso, ma non del tutto, anche se sarebbe stata questione di poco. - Mi spieghi cosa sta succedendo? - la ragazza aumentò la velocità dell'andatura piazzandoglisi di fronte - Cos'è che non sarà più così? E così COME? - Sicuramente le era sfuggito qualcosa e quel qualcosa aveva mandato fuori uso il meccanismo che, in lui, giostrava la rabbia. Il Dottore la fissò un momento, impassibile, prima di rspondere. - Voi umani vi bevete la prima sciocca spiegazione che vi si dà e vi accontentate di quella, ecco perché non riesci a capire - sibilò a denti stretti. Maledisse le volte in cui non riusciva a tenere a bada pensieri del genere, esponendoli a malomodo, ma non poteva negare di non averli o non averli mai avuti - "Lupo" non è solamente uno stupido nomignolo come la suddetta Regina ha detto. Tutti pensano che sia dovuto ad uno scherzo di pessimo gusto da parte di quel marito che probabilmente... aveva capito. Aveva capito tutto! Ma non è così e avrei dovuto... - scosse il capo freneticamente continuando a camminare. Non era il momento di usare quel fatidico "Avrei dovuto" - Il lupo cosa fa nella favola di Cappuccetto Rosso, Rose? - mormorò quasi tremando davanti al portone che li separava dalla sala della cerimonia. Stava cercando di concepire, anche solo lontanamene, come si potesse fare una cosa del genere con somma tranquillità. Senza rimpianti. Senza sensi di colpa. Niente di niente. Lui stesso, al pensiero di averne "indirettamente" uccisi moltissimi nella Guerra del Tempo, ne aveva troppi e di insopportabili. Ma anche se fosse stato coinvolto solo uno di loro, la colpa non sarebbe stata meno presente. La quantità non importava quanto il caro prezzo che pagava. Ed ora si ritrovava a doversi fronteggiare con un essere che, a quel punto, poteva definirsi "simile" in quel senso. - Era quello che intendeva con "il mio nutrimento"... - sussurrò lei con voce strozzata. Credeva che fosse solo un innocente modo di dire ma non lo era e tanto meno aveva qualcosa di davvero innocente.

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Capitolo 3
*** Leggenda proibita. ***


Il Dottore rimase immobile per una manciata di secondi a fissare il gigantesco portone davanti a sé. Doveva solo spingerlo ed entrare. Una manovra semplicissima. Ma la parte più difficile era il reprimere il più possibile la collera e raccogliere i pezzi di quella calma che aveva perduto. Prima che prendesse l'iniziativa di entrare in sala, Rose allungò passi incerti verso uno dei due corridoi laterali. « Ho una strana sensazione... » Mormorò la ragazza allontanandosi sempre di più dal punto in cui si trovava e questo non tranquillizzò affatto l'uomo. « Rose dobbiamo andare. Non posso lasciarti qui da sola... » Insistette lui con un tono quasi supplichevole. In nessuna delle sue avventure aveva mai lasciato indietro i suoi compagni e tanto meno lo avrebbe fatto con la persona che amava. Decise di seguirla, prima di perderla totalmente di vista, e lei gli fece segno di non fare troppo rumore. Dei passi anticipavano l'arrivo di qualcuno che stava andando di fretta e non da solo, a giudicare dall'andatura irregolare, e poco dopo capirono che erano Aela e la Regina che si erano allontanate dalla sala per poter parlare tranquillamente. « Non ho più molto tempo, Aela. Questa probabilmente è stata la mia ultima apparizione ufficiale, lo sai, vero? » sussurrò l'anziana. I suoi modi erano diventati stranamente più affabili e fu un cambiamento che, messo a pari piano con la sua vera natura, destava solo... orrore e ribrezzo in loro due che segretamente ascoltavano dall'angolo dell'androne. « Avete tante persone fidate, a corte. Posso convocarle il prima possibile, almeno potrete scegliere chi è più adatto al ruolo di vostro successore » replicò Aela. Sapeva a quale punto volesse giungere la Regina ma era anche vero che quest'ultima conosceva già la risposta della serva, così da inasprirla tutto ad un tratto. « Sei come tuo padre: ingrata e testarda! Io ti do l'opportunità di ereditare il più vasto e importante regno di tutti i tempi e tu cosa fai? Ti rifiuti! Dovresti sentirti in debito con me, insolente che non sei altro. Se non fosse stato per me... ». « Se non fosse stato per voi, mio padre sarebbe ancora vivo e vegeto a mostrarmi il mondo da quella torre che ora può essere solo il mio peggior incubo, il mio inferno! Perché avete ordinato ai vostri uomini di ucciderlo, eh? Era uno degli artigiani che più ammiravate, prima di farlo vostro sposo. Dicevate addirittura di amarlo come nessun altro... Cosa vi ha fatto cambiare idea fino al punto di volerlo morto?!» pronunziò Aela accennando poco a poco l'ira che si scatenava ogni volta che la Regina tirava fuori quel discorso per farla sentire in colpa e zittirla. Era spregevole usare quella sorta di ricatto morale per ottenere tutto e subito, con garanzie inequivocabili e prive di qualsiasi clausola. La Regina la fissò un istante prima di tirarle un mal rovescio e farla calmare di botto. « Lui viveva di fantasie che avrebbero messo a repentaglio la mia impeccabile reputazione. E tu sei come lui. Avrei dovuto sbarazzarmi di te quando ne avevo l'occasione » disse la signora con amarezza e gelidità, per poi anteporre di volersi ritirare nelle prorie stanze. Si chiedeva come potesse, quella ragazza, sapere tutta la storia, per filo e per segno. Ogni sera, il suo defunto marito nonché padre di Aela, si ritirava sopra la torre a riflettere. A volte da solo, a volte con in braccio Aela. "Mi chiedo se nella mia vita ho mai fatto delle decisioni giuste", diceva lui, volgendo il capo verso l'orizzonte di quel cielo che si oscurava come i suoi penseri. Però poi pensava alla sua splendida bambina e sorrideva perché almeno una cosa buona la vita gliel'aveva regalata. Ma poteva dire lo stesso di quella che doveva definire "sua moglie"? Una donna sprezzante, falsa, inaccontentabile, iraconda. L'aveva sposata non per amore ma per garantire alla figlia una vita indubbiamente più agiata. Lei però non lo immaginava neppure. A questo punto, tuttavia, nemmeno lui si definiva migliore di lei. Perché aveva appofittato furbamente della sua "intensa" infatuazione... dunque quanto a disonestà erano alla pari. Ma non lo erano quanto a crudeltà. Quella signora che si etichettava regalmente come amante dei bambini, era la loro morte. Sapeva anche questo di lei e tale fatto gli compromise l'anima. Ma fu una pena persino passeggera, perché un attimo dopo non sentì più nulla. Il suo corpo giaceva senza vita, per ironia della sorte, ai piedi della fortezza. Ma i suoi pensieri erano ancora dentro e si posavano su ogni cosa come la polvere. Chi poteva proteggere la sua bambina, ora? Non fece in tempo a trovare risposta. Anche gli ultimi pulviscoli volarono via. Dopo l'accaduto, la Regina tenne Aela sotto alla propria tutela, non si risposò più e divenne terribilmente tirannica. Ma ora, a distanza di anni, la ragazza le era diventata un peso. Le ricordava quell'uomo per cui aveva nutrito sentimenti troppo infantili e acerbi, anche se lui non le dava mai la certezza di essere ricambiata in una maniera diversamente profonda, e che dovette zittire usando il mezzo più sicuro. Il Dottore e Rose si guardarono un istante, con il passo ticchettante delle scarpe della Regina come sottofondo leggerissimo. Era lontana. "Fantasie...", pensò velenosamente lui, trattenendo a stento l'impulso di fare giustizia in un modo che non aveva mai preso così seriamente in considerazione. Andava contro ad ogni suo principio. Da un lato quest'impeto lo intimoriva perché non sapeva quando e se si sarebbe poi placato. Dall'altro c'era la presenza di Rose e c'era più probabilità che riuscisse a controllarsi. Sentì la sua stretta e per un attimo riprese lucidità. Aela teneva strette le mani a pugno, gettandosi pesantemente all'indietro verso il muro gelido. Che quella fosse la fine della sua vita lì dentro? Lo sperava. Non sapeva affatto dove poi sarebbe finita ma l'essere lontana da quella prigione sarebbe stato già un ottimo inizio. I due sbucarono dalla penombra all'improvviso, allarmati dal frettoloso allontanamento dell'anziana. « Cosa ci fate voi qui? Vi avevo detto di non girovagare, o sbaglio? » sibilò la serva augurandosi che la sua padrona, a quel punto definibile matrigna, fosse abbastanza distante da non percepire la loro presenza. « Dov'è andata la Regina? » domandò Rose, sperando che la cerimonia fosse bastantemente lunga da poter dar loro del tempo. « Si è ritirata nelle sue stanze. Se non erro ha voluto prendere in custodia dei bambini per mostrare loro dei nuovi giocattoli fabbricati per l'occasione dagli artigiani più abili. Ovviamente i genitori dei bambini ne sono al corrente. Perché questa domanda? » chiese l'ancella. Era evidente che avesse scarsa voglia di parlare di quella donna. Tanto meno dopo la tempesta appena scatenatasi. « No, no, no, NO! » tuonò rapidamente il Dottore spalancando del tutto lo sguardo sulla ragazza che lo guardava con sincero smarrimento « Devi portarci da lei prima che sia troppo tardi, avanti! » ordinò lui scattando all'istante verso il corridoio e giungendo ad un bivio. Diede un'occhiata fugace ad entrambe le direzioni finché Aela non li condusse dalla parte giusta e si piazzò dinanzi ad una porta colorata di rosso e rifinita minuziosamente con dettagli dorati, da sempre colori predominanti a corte. Dall'interno si udiva flebile la voce melensa della donna e le risa giocose dei piccoli. Iniziarono a cantare. Fu un'altra coltellata, sentirli così felici di essere in sua compagnia. Come potevano immaginare che l'essenza racchiusa in quel corpo dai lineamenti gentili e dolci ai loro occhi, fosse di una corvina crudeltà inimmaginabile? Il Signore del Tempo prese a sferrare pugni contro la porta gridando. « Apri subito questa dannata porta...! Aprila, ti ho detto! » batté i pugni con disperata rabbia contro il legno urlando con tutto il fiato spinto dall'immaginare l'oscenità che si sarebbe compiuta a breve. Ma a cosa serviva sbraitare se tanto lei non lo avrebbe mai ascoltato? Tentò invano di imbrogliarla usando il cacciavite sonico cacciato fuori dalla tasca furiosamente. Lo puntò, emise il solito sottile suono ma sembrò più inutile degli ordini che stava impartendo. Per un istante si sentì quasi frastornato, come se finora fosse stato lui a ricevere colpi su colpi al posto di quella porta, e nel panico. Una sensazione che, con Donna Noble, si era fatta più acuta, anche se terribilmente irrazionale per un Signore del Tempo. Paura sì, in dose più o meno lievi, ma mai qualcosa di così vicino al non saper giungere alla soluzione in fretta. Ragionamento a cui dedicò una frazione di secondo. « E se usassimo un'arma abbastanza pesante per distruggere la serratura? Aela avete delle armi nel castello? » intervenne Rose, guardando la serva e poi il Dottore che continuava a fissare la porta davanti a sé, indietreggiando di qualche passo. « Su questo piano l'unica stanza equipaggiata di armi è quella che abbiamo qui davanti. Lei la chiama "difesa personale". Andarne a cercare delle altre sarebbe solo uno spreco di tempo e a quanto vedo, il suo amico non è disposto a perderne altro » Rispose in un sussurro. Non riusciva capire il motivo di così tanta preoccupazione. In fondo non era la prima volta che la Regina avesse a che fare con dei bambini, loro la adoravano fin da subito e per tutti non era un problema. Ma non si capacitava nemmeno di quello strano suo atteggiamento ben poco regale. « Mi spiegate cosa diamine sta succedendo? » riprese la serva, colma di dubbi. Se solo qualcuno, o la Padrona in persona, fosse venuto a sapere che lei stava aiutando due sconosciuti ad irrompere nelle stanze di sua maestà, sicuramente avrebbe fatto sì che venisse punita o perlomeno cacciata via. Per quest'ultima causa era disposta a rischiare, pensò sarcasticamente fra sé. Andare via era un chiodo fisso ma non aveva mai sufficiente coraggio per farlo e non pensare ad altro. Comunque in risposta ricevette una risatina lieve da parte della sovrana, che mutò fino ad assumere un timbro quasi cavernoso, disumano, irriconoscibile. Culminò in un ringhio animalesco, nel vero senso dell'espressione, seguito dalle urla piangenti dei bambini. Il Dottore, molto rapidamente, divaricò le gambe e piegò le ginocchia appoggiandosi al muro dietro di sé. Sollevò il ginocchio della gamba dominante e diede una serie di calci alla serratura mezza arrugginita che permisero finalmente di entrare e ritrovarsi faccia a faccia, o meglio faccia a muso, con la bestia più o meno alta quanto loro. I fanciulli corsero via in lacrime sgattaiolando fuori con terrore. "Almeno loro sono salvi", fu un pensiero condiviso quasi contemporaneamente da tutti e tre. Aela fissò inorridita la corona finita al pavimento, non sapendo se credere che la Regina fosse stata attaccata o se invece fosse proprio lei quel mostro dai denti affilatissimi, le zanne e il pelo folto. Ma nella prima ipotesi avrebbero dovuto trovare una benché minima traccia di sangue da qualche parte, cosa che al contrario non trovarono. La belva concentrò la propria attenzione sulla figura davanti a sé, colui che aveva permesso che i suoi piani venissero mandati all'aria nel giro di poche ore, dopo 125 anni di regno senza problemi di questo genere. Gli si avvicinò, lo annusò. Il suo fiato caldo e la sua bocca che per poco più di un secolo fu il mezzo con cui uccise chissà quanti bambini e con cui probabilmente avrebbe ucciso lui stesso, gli arrivava ad un palmo dal naso. « Non mi dire che la carne di un umano adulto non è di tuo gradimento...! Ti sei viziata troppo in questi anni, mia cara. Ma sai come si dice, no? Il lupo perde il pelo, ma non il vizio » disse il Dottore, quasi ridendo prima di essere attaccato. Il lupo lo gettò rovinosamente a terra, affamato e arrabbiato per essersi lasciato sfuggire quella che sarebbe dovuta essere la sua cena. Rose non sarebbe rimasta mai a guardare. Prese una lampada ad olio e la scagliò sulla schiena dell'animale, facendo sì che questa prendesse fuoco sul suo pelo e lo facesse improvvisamente ritrarre. « Idea brillante, lo ammetto. Se non fosse per il fatto che ora la sua preda sarai TU » il Dottore scosse il capo e si sollevò in piedi. Sapeva che Rose Tyler si metteva in pericolo al posto suo e in buona fede ma non bilanciava abbastanza le conseguenze e questo gli faceva rabbia, oltre che a commuoverlo profondamente. La bestia iniziò a sbattere ovunque per spegnere le fiamme sul proprio dorso e Aela, in modo altrettanto agitato, era alla ricerca di qualcosa all'interno della stanza. « Cosa stai cercando?! Non è il momento giusto per appropriarsi dell'eredità, non credi? » chiese ironicamente Rose prima di realizzare che il lupo stava venendo nella propria direzione. Indietreggiò mano a mano fino a toccare il muro dietro alle sue spalle. Fu questione di attimi. Lo vide slanciarsi contro di lei. Il Dottore aveva ragione, doveva prestare più attenzione invece di agire d'impulso come sempre. Anzi. No. Non aveva affatto ragione. DOVEVA agire così, per salvarlo. Perché lo amava. Anche se poi da morta non sarebbe stata più molto utile ma...! "Difensore della Terra... e del Dottore", le piaceva immensamente esserlo. Si chiese se fossero questi i pensieri prima di morire ma se se lo stava ancora chiedendo voleva dire che non era ancora passata all'altro mondo, no? Aprì gli occhi e la bestia giaceva a terra con una freccia conficcata all'altezza del collo, col muso umido sulle proprie scarpe e una pozza di sangue scurissimo a lato. La ragazza mosse i primi passi allontanandosi, scossa, notando della bava appiccicata addosso. « Bleah! Che schifo di roba è, questa? Colla a caldo?! » furono le prime parole che disse con aria schifata, prima di contemplare Aela con una balestra fra le mani. « "Bleah"? "Che schifo di roba è questa"?!? Rischiavi di morire e l'unica cosa a cui pensi è la bava sui tuoi vestiti? Sei... incredibile » replicò il Dottore attraendola a sé per abbracciarla forte, ricambiato del tutto e fino in fondo. « In realtà ho pensato a qualcos'altro » disse Rose, scherzosamente. Entrambi sorrisero prima di sciogliere l'abbraccio e guardarono la ragazza, quasi imbalsamata, con quella balestra. Non sapevano esattamente come si sentisse dentro né cosa pensasse, visto il rapporto fra lei e la padrona/matrigna, ma con certezza non avrebbe mai immaginato di poter fare una cosa del genere. « S-sono un'assassina? Sono come lei...? » sussurrò la ragazza, intristendo i lineamenti. Si sentiva con la coscienza sporca ma allo stesso tempo percepiva una pace futura, per tutti. Si sentiva con la coscienza sporca ma non osò immaginare in quale condizioni sarebbe stata la sua interiorità se avesse compiuto gli stessi crimini della sua padrona e pensare che finalmente la giustizia era stata fatta, la convinse che, d'altra parte, la morte di quel mostro era necessaria per la serenità comune. « Io... Io penso che tuo padre intendesse questo con "Aela la cacciatrice". Sapeva che avresti fatto quello che non avrebbe mai potuto fare lui prima. Credeva in te » disse Rose con un mezzo sorriso, sebbene la visuale di un lupo dissanguato non fosse un granché per gli occhi. L'ancella intanto tirò giù una tenda e la posò sul corpo dell'animale. « Cosa dovrò dire a corte quando non vedranno più la Regina ma questa bestia? Non ci crederebbero mai alla verità. Anzi. Mi giustizierebbero pubblicamente per aver detto una simile eresia. Potrei appoggiarmi alla testimonianza dei bambini ma... i grandi credono che vivano davvero solo di fantasie » enunciò ironicamente Aela, anche se questo doveva essere solo un proprio pensiero. Il Dottore le si presentò di fianco, imbucando le mani nelle tasche del soprabito ed osservandosi attorno lentamente. « Dirai che la Regina è fuggita alla vista di quell'animale, che era così spaventata da non voler più mettere piede qui dentro al castello. La sua impeccabile reputazione meriterebbe di molto peggio ma è la spiegazione più credibile. Intanto... sono sicuro che sarai un'ottima regnante » proferì l'uomo con un sorriso del tutto sincero. Qualcosa gli diceva che il regno, e di conseguenza anche il circo, era nelle mani giuste, nonostante la ragazza fosse molto giovane. Ma quest'ultima sollevò lo sguardo amaro su di lui. « Non prenderò mai le redini di questo posto. È... troppo grande e la responsabilità è enorme il doppio, tanto per intenderci bene nelle dimensioni. E poi era quello che voleva quel mostro sperando di poter espiare le proprie colpe, quindi non prenderò mai il suo posto » tagliò corto lei. In parte era la verità ma in parte stava celando altro. Nascondeva la paura di diventare come la sua signora, tirannica e crudele. Non sapeva se dipendesse solo dalla sua natura o se dipedesse proprio dal "piedistallo" in cui si trovava essendo padrona di tutti e tutto, e nel caso la causa fosse stata anche accreditabile alla seconda ipotesi, non sarebbe mai stata disposta a trasformarsi in una persona senza cuore solo perché doveva ereditare il regno di una donna che non stimava per niente. Rose l'accostò e si piegò sulle ginocchia. « Il potere dà alla testa, è vero. Ma perché viene dato in mano a persone che lo usano per capriccio. Se sarai in grado di giostrarlo come giostri quella balestra, di cosa devi avere paura? Magari i bambini non ti chiameranno "nonna", al massimo "mamma" o "zia" » accennò un riso e finalmente vide che il volto di lei stava mano a mano cacciando l'espressione cupa che aveva assunto prima. « Ci penserò su. Ma intanto devo occuparmi di altre faccende, o cacceranno la cacciatrice » rispose la serva con un mezzo sorriso, sollevandosi in piedi. « Vi devo ringraziare. Se non fosse stato per voi probabilmente sarei stata ancora complice di quelle atrocità, all'oscuro di tutto. Grazie » continuò chinando appena il capo. Sulle finestre si sentivano ticchettii simili a sistri e d'un tratto si colorarono come tante piccole stelle piovute da un arcobaleno. Stava piovendo ed era una vista fantastica da lassù. « Il lieto fine è omaggiato persino dal cielo! Non capita proprio tutti i giorni, perciò... » mormorò il Dottore guardando allusivamente Rose. « Perciò è meglio che torniate alla vostra vita da forestieri. In futuro sarete sempre ben accetti, qui. Buona fortuna » Disse Aela prima di ricevere in risposta un abbraccio da entrambi e due sinceri "buona fortuna". Il Dottore e Rose corsero per mano lungo le scale che scendevano giù fino all'atrio e si precipitarono fuori, sotto quell'acquazzone di colori che dava vita ad ogni cosa. Corsero ripercorrendo lo stesso sentiero usato per giungere al castello ed arrivarono alle porte del TARDIS, entrandovici dentro ridendo come due folli. Appena ripresero sufficiente fiato, acquisirono un velo di serietà. « Per fortuna non hai aperto il TARDIS nella stessa maniera con cui hai sfondato quella porta » pronunziò Rose scherzosamente. « Se vogliamo fare osservazioni su quello che ci è successo oggi, sono curioso di sapere cos'hai pensato prima » le si avvicinò circondandole la vita con un braccio. « Prima quando? » chiese lei arricciando il naso. « Prima, quando il lupo ti stava per attaccare... Hai detto che in realtà hai pensato a qualcos'altro » l'uomo chinò il capo respirando il profumo dei suoi capelli, non compromesso dalla pioggia totalmente inodore. Non osava pensare a cos'avrebbe fatto se davvero Aela non fosse intervenuta. Perché la possibilità che accadesse, purtroppo, c'era e lo spaventava. Il battito del suo cuore accelerò. « Ho pensato che anche se fosse finita diversamente per me, non avrei avuto ripensamenti. Dovevo fare il possibile per darti tempo. Per... salvarti, in fondo. Perché ti amo » Gli lasciò una carezza sul viso macchiato di ogni colore, posando l'altra mano sul suo unico cuore e sorrise prima di baciarlo. « Ti amo » le sussurrò il Signore del Tempo, arrendevole quasi a quelle due parole.

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