L'amore perduto di Dalia

di Ida90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il piacere di un vero uomo ***
Capitolo 2: *** Nuovi incontri ***
Capitolo 3: *** Decidere di voler cambiare ***
Capitolo 4: *** La piccola Valeria ***
Capitolo 5: *** Il trasloco ***
Capitolo 6: *** Tre anni dopo ***
Capitolo 7: *** La prima notte di nozze ***
Capitolo 8: *** L'ultima speranza di rivederlo ***
Capitolo 9: *** Il tanto sperato ritorno ***



Capitolo 1
*** Il piacere di un vero uomo ***


Era sola quella mattina nella locanda, tutti dormivano ancora e il silenzio regnava assoluto sulla valle. Non vi erano forestieri da giorni e la locanda era diventata un cimitero a porte chiuse. Poi un giorno di fine inverno entrò nella locanda uno straniero, indossava abiti pesanti e un cappuccio che gli copriva per intero la testa nascondendo anche il suo volto.
Una ragazza di poco più di venticinque anni, lunghi capelli rosso fuoco e pelle diafana, stava spazzando il pavimento mettendo in ordine il salone quando la voce profonda e ferma di quello straniero la fece trasalire di colpo. Lei si voltò e fissandolo incantata per alcuni istanti, chiese all’uomo cosa desiderasse.
«Vorrei da mangiare, un bagno caldo e un letto dove riposare le mie stanche membra.» fu gentile, anche se il suo aspetto faceva pensare al contrario e lei essendo ancora sola si affrettò ad accontentarlo.
L’uomo aveva un fisico grosso quasi tozzo e l’unica cosa che incantò la ragazza furono i suoi occhi rossi come il fuoco. Lei sistemò sul tavolo un bicchiere e una caraffa di vino e accanto, una più piccola di latte caldo e poi gli servì solita colazione della locanda; si congedò da lui con garbo e gli andò a preparare un bel bagno caldo. Una volta che lui ebbe finito, lei lo accompagnò nell’unica stanza disponibile portandogli degli asciugamani puliti per lavarsi.
«Qual è il tuo nome?» le chiese l’uomo con tono gentile avendo notato la sua agitazione.
Lei in un primo momento non rispose ma vedendo che l’uomo non aveva insistito gli rispose: «Dalia. Mi chiamano Dalia, mio signore.».
L’uomo restò immobile seduto sul bordo del letto, mentre cercava di porle un’altra domanda. Esitò per qualche istante e poi la formulò: «Non sei di queste terre, il colore dei tuoi capelli è differente da quello di queste persone e anche la tua pelle è diversa… da dove vieni?».
La ragazza si piegò verso l’interno della vasca per costatare se la temperatura dell’acqua fosse calda al punto giusto e solo quando alzò il volto verso di lui, gli rispose: «Da Samjra, mio signore… dalle terre del Nord, un piccolo villaggio fra i ghiacciai.».
La curiosità dell’uomo, che ancora non aveva un nome, continuò e proseguì nelle sue domande: «Perché ti trovi così lontana da casa?». Questa volta però la ragazza non rispose e lo lasciò solo.
L’uomo restò nella sua stanza senza vedere nessuno e solo l’indomani uscì; si recò verso il bancone, chiese all’oste un boccale di birra della migliore qualità e, quando fu servito, lui cominciò a sorseggiare. Aveva bevuto un boccale di birra tutto di un fiato e poggiandolo sul bancone pagò l’oste più di quanto doveva.
Si voltò verso l’uscita e incontrò lo sguardo della ragazza… restarono in silenzio entrambi e senza muoversi poi l’uomo si coprì la testa con il cappuccio e andò via, lasciando la locanda. Se ne andò all’alba, sul suo cavallo, con la sacca piena di viveri e di quelle sole parole che in pochi minuti si erano detti.
Attese giorno dopo giorno il suo ritorno, non seppe neppure più per quanto tempo, finché una mattina giunse alla locanda la notizia della morte di un capitano. Alcuni clienti dissero che si trattava dello straniero giunto alla locanda tempo prima… pur non conoscendolo il suo cuore, si fermò nel suo petto per un istante, ma in realtà sembrava fosse un’eternità.
Disperata, raggiunse il lago per porre fine alla sua esistenza che, senza di lui, sarebbe stata insopportabile. Perché comportarsi in quel modo? Non lo conosceva, eppure era colma di dolore… era stata l’unica persona che l’aveva trattata con gentilezza da quando si trovava in quelle terre, e lui era solo uno sconosciuto ha cui non aveva rivelato nemmeno il suo nome.
Sulla riva vi trovò una vecchia che sembrava aspettarla. «Ti attendevo da qualche tempo. Sapevo che il tuo dolore ti avrebbe condotto qui. Non puoi porre fine alla tua vita, il tuo destino ti porterà lunga vita. Aspetta….». Non sapeva cosa successe né quanto tempo trascorse. Sapeva solo che si svegliò sulla riva del lago sapendo che avrebbe vissuto una lunga esistenza.
Ritornò alla locanda, era già notte fonda e se ne andò a dormire, poiché l’indomani sarebbe stato un lungo ed estenuante giorno.
Trascorse gli anni successivi come aveva fatto fino a quell’incontro, però tutto cambiò quando un giorno di primavera arrivò alla locanda un mercante di schiavi che si fermò per qualche giorno. L’oste era strano, restava spesso in compagnia del mercante e spesso e volentieri le lanciavano occhiate peccaminose. Capì che cosa sarebbe accaduto quando l’oste, la vendé al mercante per poche monete d’oro.
Così abbandonò quel luogo, che per lei era stato per molto tempo la sua casa e cominciò a esplorare quelle terre in cui era stata obbligata a vivere. Arrivò in una città non molto grande situata vicino al porto e lì il mercante acquistò altre giovani ragazze. Le quattro ragazze da poco comprate furono vendute in un bordello chiamato la “Casa dei Piaceri” il più famoso di tutta la regione dove si fermavano i criminali di ogni specie e dove anche i nobili non sdegnavano la pregiata mercanzia.
Anche Dalia era in procinto di essere venduta, ma il proprietario non la volle poiché era troppo grande, così il mercante la portò via sperando di non aver fatto un brutto affare. Poiché in città non poteva restare per via dei decreti emanati contro i mercanti di schiavi che li condannava ai lavori forzati, si stabilì poco fuori dalla città in una piccola radura circondata dal bosco.
Dopo vari giorni, il mercante fece ottimi affari, compensando la perdita del suo denaro con l’acquisto di Dalia che non aveva ancora fruttato. Arrivò al pomeriggio con due persone, un uomo e una donna, che gestivano insieme una locanda, la più bella della città, e la comprarono soprattutto per toglierla dalle sporche mani di quell’uomo.
Ritornati in città alla ragazza, fu concessa una camera, molto più grande di quella che aveva avuto nella vecchia locanda, e degli abiti nuovi. La sua mansione era di occuparsi esclusivamente delle camere per gli ospiti e nient’altro, tuttavia la ragazza volendo dimostrare la sua gratitudine si occupò anche di altro. I due locandieri erano fieri di lei e gli ricordavano la loro figlia che era morta anni addietro.
Era contenta e sperava di non dover più essere trattata come un cane…. Dopo alcuni mesi, in città giunsero alcune guardie che scortavano un ragazzo che indossava bellissimi abiti ricamati a mano e che sembrava dovesse sposarsi.
«Chi è il ragazzo?» chiese Dalia rivolgendosi al locandiere che si chiamava Frank.
L’uomo si schiarì la voce e rispose: «È il figlio di un ricco possidente della città vicina, è qui per sposare la figlia del nostro capo città. L’unione delle nostre due città porterà prosperità.».
La ragazza guardò il futuro sposo e sospirò. «Deve essere meraviglioso sposare una donna che si ama.».
L’uomo rientrò e aggiunse: «Oh ma quei due non si conoscono neanche è tutto un matrimonio combinato dalle loro famiglie.».
Dalia non replicò ed entrò anche lei. Avrebbero avuto molto da fare per ospitare alcune delle guardie che scortavano il futuro sposo e altri stranieri che erano arrivati in città proprio quello stesso giorno. Ebbero molto da fare e c’era un forte via vai che non smise se non verso tarda notte.
Quando non c’era più nessuno in piedi, Dalia decise di dare una ripulita al locale e di lasciare che locandieri si riposassero dalla fatica della giornata. Sistemò i tavoli e le sedie in modo che vi fosse più spazio per lei per spazzare il pavimento. Le bastarono pochi minuti per rimettere a posto l’intero locale e proprio allora che sentì la porta della locanda aprirsi e chiudersi pochi secondi dopo.
Dalia si voltò e in quell’istante si rivolse alla persona entrata: «Che cosa posso fare per voi?». Si pietrificò nel vedere la persona alla porta e così lasciò cadere la scopa che rimbalzò sul pavimento fino a fermarsi.
L’uomo avanzò e si fermò a qualche passo da lei prima di rispondere: «Una stanza e un bagno caldo per favore.».
Lei scosse la testa per riprendersi e lo invitò ad avvicinarsi al bancone dove lo fece firmare per l’occupazione della stanza. Prese una lampada e lo accompagnò al terzo piano dell’edificio, dove si trovava l’ultima stanza vuota. Aprì la porta e lo fece accomodare mentre accendeva altre lampade. Gli preparò il bagno, gli diede asciugamani puliti e lo lasciò.
L’indomani e i giorni successivi trascorsero normalmente e senza che lei potesse di nuovo rivederlo, fino al giorno del matrimonio. La festa cominciò poco dopo all’alba e solo a metà della festa l’uomo la lasciò per recarsi alla locanda e riposare. Si era fermato sulla soglia della locanda a salutare un amico e non appena questo se ne andò, lui sentì una voce di donna gridare.
Irruppe nella locanda con eleganza e vide che un uomo robusto, un topo di fogna, aveva afferrato da dietro Dalia e la stringeva cercando di baciarla. Lei si dimenava, scalciava e morse un paio di volte quell’uomo, ma lui era più forte e lo stringere troppo le faceva male. “Lasciami” continuava a gridare la ragazza, ma l’uomo finiva di stringerla.
L’uomo fece un ultimo errore, le diede un morso sulla spalla facendola gridare dal dolore e fu in quel momento che il capitano si diresse verso i due afferrando l’uomo per i capelli e scagliandolo con forza sul pavimento. «State bene?» chiese rivolgendosi alla ragazza.
«Sì.» rispose lei massaggiandosi il punto sul morso.
Il capitano sbatté fuori dalla locanda l’uomo e poi ritornò dalla ragazza per vedere cosa quel bastardo gli aveva fatto. In quel momento arrivò di corsa la locandiera che era stata avvertita da un ragazzino. Il capitano uscì e la ragazza fu medicata.

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Capitolo 2
*** Nuovi incontri ***


Nei mesi successivi, il mercante si era fatto vivo reclamando la merce venduta e restituendo denaro falso; aveva deciso di rivendere gli schiavi in un’altra città a un prezzo superiore a quello stabilito in questa. I locandieri sapendolo in anticipo decisero di far allontanare Dalia soprattutto adesso che aspettava un bambino.
Fu portata fuori città verso Sud-Ovest, dove si trovavano un piccolo villaggio e un parente dei locandieri. Fu accolta come un membro della famiglia e le diedero una piccola casa con un giardino proprio ai confini tra il villaggio e il bosco che lo circondava, dove avrebbe cresciuto suo figlio.
Un bel giorno mentre Dalia stava spazzando in casa, alla sua porta bussò un uomo molto più grande di lei che si affrettò a farlo entrare. Lo invitò e lo fece accomodare sulla poltrona davanti al camino dandogli un bicchiere d’acqua. Dalia invece si accomodò su una sedia che pose al suo fianco per chiacchierare e fargli compagnia.
<< Come ti senti oggi? >> le chiese lui accavallando le gambe e poggiando la testa contro lo schienale.
<< Un po' stanca, ma va tutto bene. E a te come va la gamba, è guarita? >> Dalia fu gentile e spostò lo sguardo verso la gamba destra che lui si massaggiava.
L’uomo, posò il bicchiere sul tavolino posto fra loro due e le rispose quasi subito: << Guarisce in fretta anche se è faticoso e doloroso camminarci sopra. Dalia io ero venuto per parlarti di una cosa molto importante. >>. Lei gli fece cenno con la testa e lui proseguì senza fermarsi. << Sei sola e con un figlio in grembo, io posso aiutarti se accettassi di sposarmi, ma questo non significa che io voglia una risposta immediatamente prenditi tutto il tempo che ti occorre. >>.
Dalia sospirò e alzandosi a fatica dalla sedia si avvicinò a lui baciandolo sulla fronte. << Mi hai aiutato molto da quando sono qui e con rammarico devo rifiutare… non che tu non sia un brav’uomo, ma il mio cuore appartiene già a qualcun altro e sarebbe spregevole da parte mia accettare quando so che non ricambierei mai il tuo amore per me. >>.
Lui fece un lungo respiro e alzandosi girò intorno alla poltrona per guardarla negli occhi: << Sei stata la prima donna a essere sincera con me e ti ringrazio, spero di rimanere ugualmente buoni amici. Voglio solo dirti che se mai avrai bisogno di me io ci sarò basta solo che tu mi chiami. >> lui le baciò le mani e lei sorridendo lo vide uscire dalla casa per montare in sella al suo cavallo e allontanarsi.
La ragazza era spiaciuta per averlo rifiutato, ma sapeva che nel suo cuore non sarebbe entrato più nessuno dopo il capitano. Ritornò così ai suoi doveri domestici e a rimpiangere il suo passato con lui.
I giorni trascorsero noiosi fino a quando in quelle zone, da circa qualche settimana, non si udivano strane voci su banditi provenienti da Nord che avanzavano verso Sud in cerca di nobili signori da derubare. Dalia temeva che potessero arrivare anche da lei e così avvenne un giorno d’inizio estate.
Si trovava nel suo giardino quando sentì dei cavalli nitrire in lontananza e girandosi in direzione di quei versi vide una dozzina di uomini a cavallo raggiungerla. Ebbe un attimo di terrore e le cadde un vaso colmo di fiori che si ruppe a contatto con il terreno. Rientrò in casa barricando la porta e le finestre in modo che quegli uomini non potessero entrare.
Lì sentì fermarsi proprio davanti alla casa e si aggrappò allo schienale della sedia per la paura. Udì delle voci avvicinarsi alla porta e poi i cocci del vaso essere calpestati. Bussarono con forza alla porta quasi a buttarla giù e non sentendo risposta, ma sapendo che c’era qualcuno in casa, decisero di buttare giù la porta. Si frantumò in quattro pezzi che caddero ai piedi della ragazza.
Lei retrocedette di pochi centimetri, mentre tre uomini entrarono in casa fermandosi sulla soglia. << Che cosa volete da me? >> chiese lei mentre si spostava verso la stanza da letto per evitarli.
<< Vogliamo un po' divertirci bellezza. >> rispose quello nel mezzo per spaventarla, mentre si avvicinava a lei con aria minacciosa.
La afferrò per le braccia e cerò di baciarla, ma lei spostava ripetutamente la testa cercando di evitarlo. L’uomo la bloccò contro il muro e le fermò la testa con la mano sinistra provando a baciarla, ma lei gli morse il labbro inferiore. L’uomo indietreggiò di alcuni passi e si toccò il labbro con le dita e vedendo il sangue compì il gesto di picchiarla, ciò nonostante fu bloccato dalle parole di un uomo appena entrato in casa: << Fermati Londie! Siamo ladri non bastardi! Vogliamo solo rifocillarci e un posto dove riposare, lascia stare la ragazza non vedi che è incinta? >>.
Gli uomini uscirono dall’abitazione e si occuparono dei cavalli e di preparare un accampamento per i prossimi giorni. Quella sera dalia preparò la cena per se e tutti gli uomini giunti al mattino, dando loro quel poco che possedeva. Dove aver cenato e sistemato la cucina, si accomodò sulla poltrona a riposare un po'.
Sobbalzò improvvisamente sentendo bussare alla porta che le fu ricostruita; sospirò e si alzò accendendo una lampada… andò poi ad aprire titubante. << Che cosa posso fare per voi ora? >> chiese con gentilezza e quel po' di paura nel tono della voce.
<< Io volevo solo scusarmi per l’arroganza che ha avuto mio fratello nei vostri confronti e in quelli della vostra casa. >> disse l’uomo porgendole nuovamente le sue scuse con un cenno della testa prima di andarsene.
<< Questo mi sorprende! >>
<< Cosa? >> chiese lui ritornando indietro.
<< Che un brigante porga le sue scuse. >> rispose lei con un nodo alla gola temendo di averlo fatto arrabbiare.
Lui si avvicinò fino a che la lampada mostrò il suo volto; lei restò di stucco e l’uomo parlò: << Io sono un brigante e non un assassino o un senza cuore. >>. Poi notò il volto incantato e meravigliato della donna che stava per sentirsi male. La accompagnò nella sua stanza e la aiutò a sdraiarsi sul letto, poggiando la lampada sul comodino. << Vi sentite meglio? >>.
Dalia si mise a sedere nel letto e si toccò la pancia, continuando a guardare il volto dell’uomo. << Credevo che voi non sareste più tornato e che le mie parole vi avessero offeso. >>.
L’uomo non capiva, ma poi si rese conto che la donna aveva conosciuto suo fratello. << Mi avete scambiato per qualcun altro, voi avete di sicuro conosciuto mio fratello Richard, il capitano. >>.
<< Capisco, siete gemelli. >> lei sospirò e lui annuì. << Eppure io non comprendo una cosa… un fratello fa il capitano e l’altro il ladro, perché? >>.
<< Non c’è un motivo che ci ha portato a prendere due strade differenti. >> rispose lui alzandosi.
<< Aspettate! >> lui si fermò, << Qual è il vostro nome e qual è quello di vostro fratello? >> il capitano non le aveva mai detto il suo nome e sperava di conoscerlo, adesso che fortunatamente aveva incontrato il fratello.
<< Io mi chiamo Daniel e mio fratello Richard. >> la lasciò con quelle parole ritornandosene all’accampamento.
<< Finalmente sei tornato, dov’eri finito? >> gli chiese Londie porgendogli una coppa di vino.
Daniel si sedette e restò a fissare il fuoco che scoppiettava davanti a lui. Il fratello guardò negli occhi i suoi compagni e scosse le spalle. Poi volendo una risposta si schiarì la voce e diede al fratello una gomitata. << Sono stato da quella donna. >>.
<< Ah ecco perché hai fatto tardi, te la sei scopata! >> disse Londie ridendo con gli altri.
Daniel mantenne la coppa con la mano destra e con la sinistra diede al fratello uno scappellotto dietro la testa. Lui si passò una mano per massaggiare il punto e poi gli chiese che cosa avesse fatto di male. << Ha conosciuto Richard. >> disse Daniel sorseggiando il vino.
<< Dove? Quando? >> Londie quando seppe, questo formulò di fretta e furia quelle domande per sapere qualcosa del fratello di cui avevano perso le tracce.
<< Non lo so, quando mi ha visto, è quasi svenuta. >> rispose lui poggiando la coppa di vino sul tronco fra loro due.
<< Beh allora va ha chiederle qualcosa! >> Londie era eccitato avevano incontrato qualcuno che forse aveva notizie del fratello e desiderava sapere tutto in fretta.
<< Lo farò domani quando si sveglierà. >> non disse altro e se ne andò a dormire.
Il giorno successivo Daniel si alzò poco prima dell’alba per recarsi dalla ragazza. La trovò già alzata e che si occupava della colazione che avrebbe poi portato agli uomini. Si passò una mano sulla fronte per asciugare il sudore e poi allungò una mano per afferrare un sacchetto di farina chiuso con un laccio che però le cadde. Daniel riuscì ad afferrarlo prima che cadesse sul pavimento.
<< Dovresti riposare, stancarti non farebbe bene al tuo bambino. >> disse lui dandole il sacchetto.
<< Che cosa vi occorre questa mattina? >> gli chiese ringraziandolo con un cenno della testa.
<< Sono qui solo per chiederti delle informazioni su mio fratello, tutto qui. >> rispose alla sua domanda e la aiutò a preparare la colazione.
<< L'ultima volta che l'ho incontrato è stato in città cinque mesi fa, alla locanda, noi litigammo il giorno dopo essere stati insieme, poi non ho più avuto sue notizie, mi dispiace. >> prese così una brocca di latte e la poggiò sul tavolo.
Daniel si bloccò di colpo e si voltò verso di lei pronunciando solo alcune parole: << Allora il bambino che porti in grembo è suo figlio. >>.
Dalia annuì e Daniel tornò a preparare la colazione in silenzio. Non si parlarono più e lui tornò all'accampamento per mangiare con i suoi compagni. Si sederono insieme e lui raccontò ciò che la ragazza gli aveva detto. Restarono stupiti anche per il fatto, che Richard avesse fatto sesso con una ragazza mettendola incinta.
<< Sei sicuro che sia di Richard il bambino? >> domandò Londie perplesso sulla notizia. << Nostro fratello non ha mai desiderato avere figli sparsi per il mondo ed è sempre stato attento quando scopava. Io credo che quella ragazza l'abbia fatto solo per denaro. >> insinuò Londie cercando di farla passare per una bugiarda schifosa.
<< Io non credo che abbia mentito, non conosceva nemmeno il suo nome e poi l'ha visto cinque mesi fa di quanto lei è incinta. Invece penso che nostro fratello abbia provato qualcosa per lei e si sia lasciato andare. >> le supposizioni di Daniel erano sensate ma Londie non ne era convinto del tutto.

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Capitolo 3
*** Decidere di voler cambiare ***


Il tempo trascorse rapidamente e cambiò anche l'atteggiamento che Londie aveva nei confronti della ragazza. L'intero gruppo di ladri finì col cenare e fare colazione tutti i giorni in casa con Dalia; tutti erano diventati come una grande famiglia e spesso e volentieri la aiutavano con le faccende domestiche a causa della stanchezza per la gravidanza. Così ognuno di loro decise di fare un regalo al bambino o alla bambina; Daniel e Londie ricavarono una bellissima culla da un albero e gli altri vari giocattoli.
Giunse finalmente l'ultimo mese di gravidanza quando gli uomini dovettero andarsene, ma Londie e Daniel restarono a darle una mano. Tuttavia dopo qualche giorno anche Londie se ne andò raggiungendo i suoi compagni a un edificio situato nel folto della foresta a sud di quel villaggio. L'edificio era stato costruito dai ladri come base per il loro ritrovo.
Londie lo raggiunse a tarda sera ed entrando vi trovò alcuni dei suoi compagni che bevevano e mangiavano i prelibati manicaretti di Lavia, sua moglie. La donna era intenta a preparare altro cibo insieme con altre tre donne che videro Londie entrare e fecero silenzio. Lui arrivò alle sue spalle di soppiatto coprendole gli occhi e chiedendo: << Chi sono? >>.
Lavia smise di tagliare l'ortaggio che aveva davanti e rispose con gentilezza sarcastica: << Un gran porco! >>. Si voltò di scatto e gli diede uno schiaffo che lasciò il segno delle dita.
<< Che cosa avrei fatto adesso? >> chiese lui confuso e massaggiandosi la guancia.
La donna afferrò un mestolo e lo minacciò agitandoglielo in faccia. << Adesso fai il cascamorto con le donne incinte, sei un vero porco! >>. La donna lo beccò un paio di volte sulle mani e smise quando lui uscì dalla cucina. << Così impara. >> e ritornò ai suoi doveri.
Londie si diresse nel salone e si avvicinò a un suo amico fregandogli il boccale di birra dalle mani. L'amico restò a bocca aperta protestando e Londie gli spiegò il perchè del suo gesto. << Questo è da lezione per la prossima volta, così impari a tenere la bocca chiusa con mia moglie. >>. Si sedette sulla sedia e sorseggiò la birra.
L'amico si avvicinò con la sedia e cercò di ingraziarselo con qualche scusa: << Andiamo credi davvero che io avrei detto a tua moglie quella cosa di proposito? >>.
<< No, ma devi fare più attenzione. >> Londie fece un breve sorso e gli passò il boccale.
Arrivò in quell'istante Lavia con altri boccali di birra dandone uno anche la marito che la afferrò per i fianchi nel momento in cui lei se ne stava ritornando in cucina. La fece sedere sulle sue ginocchia e accarezzandole la schiena, le chiese scusa. Lei sbuffò, ma alla fine lo perdonò ponendogli il braccio sinistro intorno al collo accarezzandogli l’orecchio. Restarono così per qualche minuto chiacchierando fra brindisi e risate poi tutti a dormire.
Londie e Lavia salirono le scale che conducevano al piano superiore per ultimi e si apprestavano a rientrare nella loro stanza da letto. Lavia aprì la porta ed entrò dirigendosi subito verso il letto ma Londie le afferrò il polso della mano sinistra e la tirò a se. Si guardarono negli occhi per qualche istante e Lavia non ebbe nemmeno il tempo di respirare che le labbra calde, morbide e ansiose di Londie si scagliarono sulla sua bocca, zittendola.
Con prepotenza quella lingua s’intrufolava nella sua bocca, con prepotenza le sue mani entravano nella sua carne, le sbottonò il corpetto palpandole i seni e violando la sua intimità. Dopo un po' si fiondò lei stessa su quelle labbra, le divorò, le succhiò sfogando tutta l’eccitazione repressa in quei mesi lontano da lui.
Lei lo voleva tutto. Litigò con i lacci della camicia e vittoriosa gliela scagliò a terra. Nel buio della camera non riuscì a vedere chiaramente il suo petto nudo e fu in parte dispiaciuta. Le sue mani sondarono quel torso tonico, gli addominali scolpiti, le braccia tornite e la schiena possente che permetteva di reggere a ore di sesso sfrenato. Simile in tutto e per tutto ai suoi fratelli.
Londie si allontanò dalla sua bocca per scorrere con le labbra tutto il suo corpo. Scivolò dietro il suo orecchio e lungo il collo. Il ventre si contorse per l'eccitazione. Lui arrivò ai suoi seni, succhiò i capezzoli, li mordicchiò incendiando le sue voglie e li stuzzicò con la sua lingua esperta. Gemette sopraffatta mentre le sue dita scorsero sul suo ventre, intrufolandosi sotto la veste e immergendosi negli umori che stavano annegando il suo sesso.
Sentiva la sua voglia gonfiarsi fra le sue gambe e ingigantire la sua, già straripante, voglia di lui. Liberò il suo sesso dai pantaloni di pelle e lei lo afferrò. Era così fiero e vigoroso che desiderò di averlo dentro di se subito, in quello stesso istante ma Londie aveva ben altri piani.
La fece salire sul tavolino alla destra della porta, le sfilò definitivamente l’abito, e si chinò fra le sue gambe. Non riuscii più a contenersi. I suoi gemiti sommessi divennero sempre più forti e selvaggi esattamente come il piacere che, come una scarica elettrica, percorreva tutto il suo corpo.
Godeva per quella lingua, che sapientemente si muoveva fra le sue cosce sapendo esattamente dove andar giù deciso e dove invece di essere più delicato. Allargò di più le gambe per offrirgli il suo frutto prelibato in tutto il suo splendore. Voleva che lo assaporasse tutto, che lo divorasse per l'eternità, mai sazio di lei.
La penetrò con la sua lingua, succhiò le sue labbra, stuzzicò il perineo, coccolò il clitoride fin quando il suo piacere esplose nella sua bocca. Il cuore le batteva all'impazzata, aveva il fiato corto come dopo una folle corsa, ma la voglia che aveva di lui non era passata, e lui lo sapeva. Continuò a baciarla delicatamente preparandola per il piatto forte.
La sua bocca risalì il suo corpo, indugiò sui suoi seni e approdò sulla sua bocca. Afferrò la sua testa trattenendolo a se, perdendosi nelle sue labbra e succhiando quella lingua, che ancora sapeva di lei e che l’aveva fatta godere poco prima. Sentiva i suoi rantoli infoiati, le sue braccia forti strette al suo corpo, le sue mani avide sulla sua schiena e sul suo seno.
Era pronta per accoglierlo affamata di lui, del suo corpo, del suo sesso. Voleva che le esplodesse dentro, che godesse di lei e con lei. Voleva diventare per lui insostituibile e irrinunciabile. Sentiva il suo vigore premere fra le sue gambe ancora intorbidite dall'orgasmo, la loro pelle a contatto, finché le scivolò dentro per non uscirne più. Lavia reclinò la testa, inarcò la schiena in preda a spasmi di piacere che le arricciarono le dita dei piedi. Le mani di Londie aggrappate alle sue cosce e il suo bacino contro quello della moglie. Ogni colpo secco e deciso era un passo verso il paradiso.
I gemiti di Lavia divennero veri e propri urli fin quando il secondo orgasmo arrivò con ancor più violenza del primo. Era esausta, ma tremendamente felice e appagata. << Ti sei fatto perdonare a dovere. >> sussurrò lei maliziosa vedendo la sua sagoma muoversi nell'ombra.
<< Ne dubitavi forse? >> chiese lui avventandosi ancora sulle sue labbra con violenza.
Si staccò per lasciarla rispondere e lei disse: << No. >>. Quell’unica parola gli diede la forza di continuare e se la portò a letto, dove proseguirono.
Poco prima dell’alba Londie era già sveglio… poggiava la testa sui cuscini rialzati contro la testiera del letto a fissare Lavia dormire a schiena scoperta. Poggiò poi tutto il suo peso sul gomito destro e con le dita della mano sinistra carezzò la sua schiena delicatamente evitando di farla svegliare.
Lavia si lasciò uscire un mugolio e Londie sorrise. Lei si voltò verso di lui lasciando i seni scoperti dal lenzuolo che lui subito baciò con fervore. Gli afferrò la testa e gli strinse i capelli lanciando un debole gemito e poi gli fece una domanda: << Che cosa ti turba Londie? >>. Lei lo conosceva molto bene e sapeva che c’era qualcosa di diverso, qualcosa che adesso gli dava pensiero.
Lui si fermò di colpo e le baciò il petto per poi poggiarvi la testa accarezzandole allo stesso tempo i fianchi. Esitò nel rispondere alla moglie ma sapeva che sarebbe stato inutile. << Nei mesi scorsi sono stato con Daniel in un villaggio a Nord, ci siamo accampati nelle vicinanze di una casa che stava proprio sui confini con il bosco. Lì c’era una ragazza poco più che ventenne incinta. >> fu in quel momento interrotto dalla moglie.
<< La stessa ragazza di cui mi ha parlato Mhor? >> chiese lei accarezzandogli la tempia.
Lui confermò con un mugolio e continuò a parlare. << All’inizio non mi piaceva che quando tentai di baciarla mi morse il labbro, poi, però Daniel l’ha conosciuta meglio ed io e i ragazzi siamo diventati suoi amici tanto che le abbiamo costruito dei regali per il bambino. Tu non potrai mai immaginare chi era la ragazza. >>.
<< E…? >> domandò Lavia incuriosita.
<< Daniel ha scoperto che aveva conosciuto nostro fratello Richard e che lei era stata con lui il giorno prima che litigassero. Così Daniel ha dedotto che il bambino fosse il figlio di Richard, poiché i tempi combaciano e lei l’ha confermato. >>
<< Sei preoccupato per Richard? >> chiese lei mentre Londie le accarezzava l’interno della coscia.
<< Un po', ciò nonostante sto pensando ad altro… durante il periodo che sono stato da Dalia, ho capito molte cose che prima non avrei mai nemmeno provato a pensare. >> le sue parole fecero cambiare l’espressione curiosa di Lavia in una più seria.
<< E quali sarebbero? >> quella domanda le uscì quasi restia sapendo che il marito non parlava mai volentieri dei suoi pensieri.
<< All’avere una vita normale, un lavoro che non comprendesse il rischiare sempre la vita, possedere una casa nostra e… dei figli come tu desideravi da tanto tempo tesoro. >> si era alzato dal petto della moglie e si era sdraiato accanto a lei per poterla guardare negli occhi.
Lavia si spostò più verso di lui, gli accarezzò il volto e disse: << Se vuoi cambiare vita per me così radicalmente, allora dovrei ringraziare questa Dalia. Ciò che in realtà voglio è stare con te qualunque cosa tu voglia fare, incondizionatamente. >>. Un sorriso e poi un bacio appassionato.

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Capitolo 4
*** La piccola Valeria ***


Il tempo della nascita giunse in breve tempo… Daniel e Londie ritornarono da Dalia in compagnia di due donne, Lavia e una ladra di cui Daniel era segretamente innamorato. La donna, dai capelli lunghi e di colore castano scuro che incorniciavano due occhi verdi, sembrava a primo avviso, severa e fredda, ma Daniel la amava per questo, perché sotto quella corazza gelida si nascondeva un cuore generoso.
Arrivati davanti all’abitazione, i quattro smontarono da cavallo e si apprestarono a entrare. Nella camera di Dalia, Daniel e Londie si fermarono sulla soglia per non ricevere la ramanzina delle altre due donne.
<< Sono contenta che siate ritornati. >> lei sorrise voltandosi verso i due.
<< Lo siamo anche noi, a quanto pare il marmocchio non è ancora nato. Londie con quella frase attirò l’ira funesta della moglie e così decise insieme al fratello di uscire.
Per quasi tutto il giorno Daniel e Londie restarono fuori di casa per proseguire con il lavoro ne campo e dare così una mano e per non annoiarsi. Verso il primo pomeriggio Lavia e Irene, l’altra donna, fecero avanti e indietro per il pozzo e la casa, portando acqua pulita. A tardo pomeriggio i due uomini rientrarono per riposarsi e videro Lavia e Irene cambiare le lenzuola. Poco dopo si udirono le prime grida di Dalia.
Le due donne non si fermarono un secondo per un’ora circa mentre le urla di dolore erano sempre più forti e acute. Un ultimo grido e poi il vagito di un bambino. Il figlio di Dalia era nato. Tuttavia i de uomini non poterono vedere il piccolo per almeno venti minuti, sotto stretto controllo di Lavia.
In questo tempo le due donne si erano occupate del nascituro e della madre, rimettendo in ordine anche la camera. I due, aspettavano impazienti davanti alla porta come se fossero loro il padre, poi di colpo la porta si aprì e uscì Irene che portava le lenzuola sporche di sangue fuori. Con il suo permesso i due poterono entrare e si avvicinarono al letto per vedere il piccolo.
Dalia alzò gli occhi verso di loro e sorrise invitandoli a vedere il neonato. << È una bambina, scegliete voi un nome per lei. >> disse mentre si guardarono negli occhi.
<< Preferiremo un nome… Valeria era di nostra madre, Richard ne sarebbe orgoglioso. >> commentò Londie sorridendo e ponendo una mano sulla spalla del fratello.
Lei fu contenta e lo fu anche la bambina ridendo. Era stupendo quel periodo, tuttavia poiché gli uomini e Irene erano dei ladri, furono pedinati fin lì. La gioia di quel momento fu interrotta dalla voce di un uomo, un capitano, che chiamava i due fratelli invitandoli brutalmente a uscire. Daniel si voltò per uscire, ma fu bloccato da Londie. << Tu resta qui a proteggerle, io penso a quelli la fuori. >> detto, questo uscì dalla stanza con lo sguardo della moglie che lo seguiva, mentre si presentava ai soldati a pochi metri dalla casa.
Uscì disarmato per non creare problemi e fu immediatamente arrestato; le manette poste intorno ai suoi polsi lo segavano. Non fece resistenza e il capitano consegnò ai suoi soldati gli ordini stabiliti: << Voi cinque perquisite la proprietà, li voglio tutti…. >> poi si rivolse a Londie, << Dove ci sei tu, c’è sempre anche tuo fratello Daniel. >>.
Nel vedere il capitano avvicinarsi alla porta d’ingresso Londie si dimenò per cercare di fermarlo, ma non ci riuscì. Il capitano e due soldati al suo seguito si addentrò nella casa e raggiunsero la prima stanza da letto che si trovò davanti; vide soltanto lei e la sua bambina. Dalia alzò lo sguardo e chiese: << Che cosa volete da Londie? >>.
I due soldati restarono sulla soglia della porta, mentre il capitano si recò verso il centro fermandosi ai piedi del letto. << Ci perdoni signora ma Londie è ricercato per furto in molti paesi di questa regione insieme a suo fratello Daniel, siamo qui per arrestarli. >>.
Il volto di Dalia si rattristì e disse: << Io non conosco il fratello di Londie e non l’ho mai visto da queste parti. >>.
<< Questo è strano, quei due sono inseparabili, dove c’è, uno c’è anche l’altro. Purtroppo non posso fare a meno di arrestarlo per i crimini commessi. >> il capitano di fronte alla donna, che da poco aveva partorito, non dimostrò nessuna emozione, ligio al suo dovere di soldato.
La ragazza vide l’ostinazione dell’uomo e proseguì nella sceneggiata. << Vi prego capitano >> supplicò Dalia, << Se voi lo portate via, io non potrò sfamare la mia bambina e morirà. Non è colpa sua se è stato costretto a rubare, non l’ha fatto per arricchirsi, ma solo per comprare le medicine che servivano per la mia salute e la gravidanza. Ha provato anche a cercare un lavoro onesto, ma dovunque andasse l’hanno solo fatto lavorare come un mulo senza pagarlo, non ha avuto altra scelta. >>.
Il capitano restò in silenzio ad ascoltare le suppliche della giovane madre e senza fiatare uscì dalla stanza e dalla casa rapidamente seguito dai due soldati. Una volta all’esterno il capitano si avvicinò al suo sottoposto e disse: << Toglietegli le manette. >> con sorpresa dei suoi uomini, << Non voglio ripetere ciò che ho detto soldato! >> fu chiaro e aveva un’espressione severa che si confondeva benissimo con l’aria di comprensione.
Mentre due soldati lo liberavano dalle manette, il capitano aggiunse: << Non c’è nessuno in casa oltre la moglie e la figlia appena nata. >>.
Londie si massaggiò i polsi alleviando il dolore e voltandosi verso il capitano chiese sorpreso: << Perché lo fate? >>.
Lui anche se con un po' di esitazione rispose alla sua domanda: << Ringrazia tua figlia se non ti arrestiamo, trovato un lavoro onesto per mantenere la tua famiglia. Ricorda che se ti beccano di nuovo a rubare sarai arrestato e condotto direttamente a fare compagnia ai vermi sotto terra. Sono stato abbastanza chiaro? >>.
<< Sì, signore, anche troppo direi. >> rispose Londie confermando ulteriormente con un cenno della testa mentre li seguiva con lo sguardo andare via. << Me la sono scampata per un pelo. >> diede un’ultima occhiata ai soldati per essere sicuro che se ne fossero andati e poi rientrò in casa.
Costatò, infatti, che nella stanza c’era solo Dalia con la bambina e degli altri non vi era traccia. << Il capitano e i suoi soldati se ne sono andati, loro, dove sono? >> chiese osservando in giro.
Dalia sorrise e disse: << Potete uscire! >>. Londie li cercò e di colpo Daniel uscì da sotto il letto aiutando le due donne. Londie ancora non riusciva a capire cosa fosse accaduto e Dalia spiegò: << Sotto il letto si trova una botola che corrisponde a questa stanza e all’altra. >> indicando quella di fianco, << Se non sai che esiste non riusciresti mai a trovarla. L’ho trovata appena arrivata ed è molto comodo. >>.
Londie sorrise e Lavia intervenì avvicinandosi al marito dandogli uno scappellotto. Lui si massaggiò la parte dolente e chiese: << Che cosa ho fatto adesso? >>.
La moglie si mise le mani ai fianchi e gli rispose con tono di rimprovero: << Ringrazia entrambe. >> indicando Dalia e Valeria, << Se non fosse stato per loro ora tu, saresti ammanettato e diretto nelle prigioni dello stato. >>.
L’uomo continuò a massaggiarsi quel punto passandosi di seguito la mano sul collo e con un cenno della testa ringraziò le due. Daniel però si diresse verso la finestra e poggiandosi contro il davanzale si pronunciò: << Ciò che è accaduto dovrebbe farci riflettere, non possiamo andare avanti in questo modo e ora è compromessa anche casa sua. >>.
Londie diede ragione al fratello e fissò lo sguardo della moglie ricordandosi le parole che lui le aveva detto. << Io propongo di spostarsi verso Ovest, nessuno ci conosce e noi potremmo ricominciare insieme da capo. >>.
I quattro si guardarono negli occhi e ognuno di loro voleva cambiare vita. Quel silenzio che si era creato nella stanza fu interrotto dalla voce di Dalia: << Ehi voi! Non vorrete per caso andarvene senza di noi? >> chiese catturando la loro attenzione, << Voi siete tutto ciò che noi abbiamo, siete la nostra unica famiglia. >>.
Londie scrollò le spalle e disse: << Allora a questo punto alla famiglia ci si aggiunge un quinto membro. >> a quelle parole la bambina si mise a piangere e Londie prese a parlare di nuovo, << Scusa, scusa volevo dire sei. Appena nata e già suscettibile. >> e la bambina rise.
Erano tutti contenti per questa decisione che presero a ridere anche loro con la piccola Valeria.

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Capitolo 5
*** Il trasloco ***


Il nitrito di un cavallo si udì in lontananza accompagnato dalla voce di comando di un uomo, lo stesso che Dalia aveva rifiutato tempo addietro. In quel momento Daniel continuava a imprecare e sbuffare mentre trascinava fuori bauli su bauli di cianfrusaglie e, ogni volta che poteva, mandava al diavolo suo fratello che con l’inganno lo aveva lasciato lì da solo in mezzo a quel trambusto.
<< Degradato a facchino. >> continuava a sbuffare lui mentre rientrato in casa strattonava malamente una mensola facendo ridere la piccola che lo guardava dalla sua culla.
<< Posso entrare? >> chiese l’uomo alla porta. Lavia girò attorno ad una pila di scatoloni e con un sorriso lo accolse. << Perdonate l’intrusione sto cercando una donna di nome Dalia. >> osservando poi l’interno in cerca della donna.
<< Ciao Raymond! >> Dalia entrò nella sala da pranzo e sorrise nel vederlo, << Come mai sei tornato? >> chiese lei avvicinandosi a lui e facendolo accomodare.
<< Un amico in comune mi ha detto che saresti partita e volevo salutarti prima. >> rispose lui sedendosi sulla poltrona lasciata ancora davanti al camino.
<< Ti ringrazio e comunque anche se cambio casa, non potrei mai dimenticare un uomo come te, un amico e un fratello. >> gli assicurò Dalia con un sorriso al quale Raymond ricambiò con una carezza sulla mano.
<< Bugiarda. >> borbottò l’uomo, << Vedo con piacere che non hai più il pancione. >> notò lui indicando con lo sguardo ancora il suo ventre gonfio.
<< Primo non potrei mai dimenticarmi di te e secondo, sì ho dato alla luce una bellissima bambina alcuni giorni fa. Vuoi vederla? >> gli chiese in fine.
Lui fece un cenno di assenso e lei lo accompagnò nella sua stanza. Entrati, videro Daniel sistemare alcuni giocattoli in alcuni bauli mentre badava alla bambina. << Si chiama Valeria. >> a queste parole Daniel si voltò verso l’entrata, trovando i due vicino alla culla.
<< Raymond? >> fu al quanto strano per Daniel vederlo lì.
L’altro sentendo il suo nome alzò lo sguardo e riconobbe Daniel che si avvicinò per salutarlo. << Che cosa ci fai qui? >>.
<< Aiuto Dalia per il trasloco, e tu? >> gli chiese Daniel sorpreso e contento allo stesso tempo.
<< Sono passato a salutarla prima che partisse. >> rispose lui mentre Dalia aveva preso la piccola in braccio e si avvicinava a loro.
I due chiacchierarono per qualche minuto e alla fine Raymond se ne andò lasciandoli lavorare. Daniel riprese ciò che stava facendo e portò tutto fuori quando a pochi metri da lui si fermarono due cavalli legati al carro che guidava Londie. Daniel si voltò verso di lui e si avvicinò notando altri tre cavalli legati dietro. << Perché con te hai due cavalli in più? >> gli chiese lui mentre Londie scendeva dal carro.
<< Stai calmo fratello! Ho avuto tutti e cinque al rezzo di tre. Quello che me li ha venduti gli servivano i soldi e così me li ha regalati. Questo è buono ci servivano altri cavalli. >> spiegò Londie accarezzando i cavalli sul collo e dando loro da bere.
Daniel si rimise al lavoro, esortando Londie a fare lo stesso, e per circa due ore continuarono senza altre interruzioni finché non ebbero alte visite. Un loro compagno era appena arrivato galoppando per due interi giorni e arrivare da loro per consegnare delle notizie.
I due uomini uscirono correndo, pensando che fosse di nuovo dei soldati, ma vedendo il loro amico si sollevarono. << Che cosa ti porta qui Rick? >> gli chiese Daniel avvicinandosi con un po' d’acqua.
<< Grazie. >> rispose lui accettando volentieri la brocca d’acqua che bevve in un solo sorso dissetandosi contemporaneamente al suo cavallo, << Porto questa da parte del capitano Hemnor. >> Rick fece un profondo respiro e consegnò ai due una lettera con lo stemma della loro famiglia: un serpente attorcigliato intorno a una spada.
Rick disse di non sapere altro e salutandoli se ne andò. Daniel invece incitato da Londie aprì la lettera e ne lesse il contenuto:
A Daniel e Londie,
so che non ci vediamo da anni e non posso perdonarmi del fatto che non sia mai venuto a cercarvi, tuttavia scrivo questa unica lettera per informarvi di alcune cose… non mi è mai importato di quale strada avreste intrapreso dopo la morte dei nostri genitori perché sapevo che sareste sempre stati uomini onesti e mi rammarico di non essere stato presente nella vostra vita e di non avervi mai aiutato quando vi serviva.
Mi conoscete bene e tutto ciò che voglio che voi sappiate è che avevate ragione, non si può vivere non amando; vi dico questo perché avevo conosciuto una ragazza molto più piccola di me che ho amato più della mia stessa vita ma che ho stupidamente perso per la mia cocciutaggine. Un altro dei miei errori, come nostro padre diceva sempre, anche se so che lo diceva per farmi diventare un uomo come lui voleva. Spero di incontrarla nuovamente prima che sia troppo tardi e non lasciarla mai più e desiderando più di ogni altra cosa al mondo rivedere voi, la mia famiglia.
Con affetto, vostro fratello Richard.
Tutto intorno a loro sembrava essersi fermato e solo la voce insistente di Lavia li destò da quell’istante. << Londie! La smontiamo sì o no questa dannata credenza? >>. Lavia però si fermò di colpo e si avvicinò al marito accarezzandolo sulla guancia, << È accaduto qualcosa di brutto? >> chiese lei fissando la loro espressione.
Londie si voltò verso la moglie e le rispose con tono gentile e un po' rassicurato: << No. Abbiamo ricevuto una lettera di Richard. >>.
Lavia consigliò ai due fratelli di leggere la lettera a Dalia e i due così fecero, sollevando il morale della donna e allo stesso tempo facendole rimpiangere ancor di più quelle parole che allontanarono da lei il capitano Richard, padre di sua figlia.
L’indomani Daniel partì prima dell’alba lasciando precise istruzioni al fratello che partì alcune ore dopo il sorgere del sole con le altre e tutto ciò che avevano. Proseguirono verso Sud, direzione diversa da quella stabilita in precedenza e le donne non chiesero spiegazioni.
Dopo qualche giorno lontano da Daniel, le tre donne cominciarono a chiedersi che fine avesse fatto e interrogarono Londie. << Si può sapere perché siamo diretti verso Sud e non verso Ovest come stabilito? >> gli chiese la moglie un po' arrabbiata.
<< Perdonami moglie mia, ma tutto ciò che so è che devo seguire alla lettera le istruzioni che mio fratello mi ha lasciato prima di partire. >> Londie sapeva che non doveva rivolgersi alla moglie con tono sgarbato o sarebbero stati guai così fu gentile più del solito, il che insospettì ancor di più Lavia.
Per non scatenare una tempesta fra moglie e marito, intervenì Irene: << E dove ci conducono le istruzioni che Daniel ti ha lasciato? >>.
Londie frustò i cavalli per farli proseguire più spediti e poi rispose: << Dobbiamo raggiungere il lago Inissi e poi continuare verso Ovest per il villaggio di Ganya. Solo questo. >>.
Alle parole dell’uomo nessuno fece domanda e continuarono il viaggio in silenzio, interrotto qualche volta solo dal pianto o dalle risate di Valeria. Lungo il tragitto, dopo molti giorni di viaggio, si fermarono a una locanda che sorgeva ai margini della strada costruita per i viandanti.
Chiesero delle camere e ne ricevettero due, una la occuparono Lavia e il marito, l’altra invece fu utilizzata da Irene, Dalia e la piccola Valeria. Erano tutti molto stanchi per il viaggio e si addormentarono non appena poggiarono la testa sui cuscini, tuttavia durante la notte Londie si alzò e si recò nella stalla a far la guardia ai loro averi.
Il giorno seguente, le tre donne trovarono Londie mezzo addormentato vicino il loro carro con una spada impugnata in caso di bisogno. Lo svegliarono e si misero di nuovo in marcia. Arrivati al lago, Londie proseguì sulla strada che dava verso Ovest e poco dopo Lavia diede il cambio al marito per farlo riposare. L’uomo era stanco e si poggiò sulla spalla della moglie.
Due giorni dopo, come aveva detto Daniel, s’incontrarono a pochi chilometri dal villaggio. << Dove sei stato tutto questo tempo? >> domandò Irene avvicinandosi a lui con il suo cavallo.
<< Ti sono mancato per caso? >> le chiese lui con voce calda.
<< Per niente, era solo perché alla piccola Valeria mancava la tua barba, tutto qui. >> fece lei ritornando dietro al carro.
Ora che erano riuniti di nuovo, andarono avanti per la meta stabilita da Daniel. A un bivio, che si trovava proprio a una trentina di metri dall’entrata al villaggio, Daniel deviò cambiando direzione e avanzando verso Sud. Londie fermò il carro di seguito al fratello, in una radura che costeggiava un grosso fiume e dove sorgeva una fattoria.
Era uno spazio enorme e un grosso edificio bianco sorgeva nel mezzo, da un lato la stalla, il pollaio e un deposito abbastanza grande da conservare macchine agricole e sementi, dall’altro un piccolo campo da cui era stato da poco raccolto il grano.
 Per tutto il giorno non fecero altro che sistemarsi e sentirsi di nuovo a casa. I due fratelli spiegarono che quella era la fattoria che possedevano i loro genitori prima di morire e di cui un loro parente si era preso cura fino a un loro sperato ritorno. Londie e Daniel sapevano che avrebbero dovuto fare delle modifiche per sistemare tutti loro ed eventuali figli futuri. La prima notte nella loro amata casa sembrò lunga e che non finisse mai.

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Capitolo 6
*** Tre anni dopo ***


Tre anni passarono in fretta e la piccola Valeria era cresciuta in salute e felice; era una bambina deliziosa e intelligente, proprio come i sui genitori. Le loro vite trascorrevano tranquille e tutte uguali dal canto degli adulti, ma per lei ogni giorno era diverso e pieno d’importanti lezioni di vita.
Come avevano detto appena arrivati in quel luogo, ampliarono la fattoria ottenendo così un enorme terreno. La famiglia si allargò con un membro, nacque nove mesi dopo il loro arrivo da Lavia e Londie, un maschietto; vivace e dispettoso al tempo stesso, in tutto e per tutto somigliante a suo padre.
Un giorno d’inizio autunno Daniel si decise a fare una proposta a Irene che la lasciò senza fiato. La donna non si aspettava che Daniel le chiedesse di sposarlo, conoscendolo; negli anni in cui lei aveva avuto modo di conoscerlo bene, lui aveva sempre sostenuto che non si sarebbe mai legato a una donna in matrimonio, non volendo restare in catene.
Nei giorni successivi Daniel si era allontanato senza farsi vivo una volta e questo prese a preoccupare quasi tutti, ma non Irene. Infatti, lui tornò in un pomeriggio dove nessuno era in casa; aveva fra le mani un pacco e si recò nelle stanze di Dalia guardandosi intorno.
Si fermò davanti alla porta della stanza e diede un’altra occhiata in giro prima di entrare. Una volta all’interno, si bloccò a un metro dalla soglia abbassando lo sguardo; dall’altro lato del letto si trovava Dalia semi svestita, intenta a mettersi un abito pulito.
Lui, mantenendo sempre lo sguardo fisso sul pavimento, si schiarì la voce e lei si voltò lasciandosi scappare un gemito. << Che cosa fai qui Daniel? >> gli chiese con tono di rimprovero.
<< Perdonami se non ho bussato, ma credevo che nella stanza non ci fosse nessuno e…. Ero venuto solo a nascondere questo pacco. >> rispose lui non accennando nessun movimento verso l’alto.
Dalia si coprì e disse all’uomo di poter alzare il capo poi domandò: << Perché vuoi nasconderlo e perché qui da me? Che cosa contiene? >>.
Daniel fece un respiro profondo, diede un’occhiata fuori e richiudendo la porta dietro di se si decise a rispondere alle sue domande: << È un pacco per Irene e non voglio che lo veda prima del previsto. Vorrei che lo tenessi qui perché se lo lasciassi a mio fratello, so già che Irene lo scoprirebbe. E per rispondere alla tua terza domanda, beh, contiene delle stoffe pregiate bianche e altri colori… per il suo abito da sposa. >>.
Lei sorrise e avvicinandosi a lui disse: << Terrò questo pacco volentieri e se tu vuoi, io poteri cucire l’abito. >>.
Dalia non voleva essere invadente e così attese che lui decidesse… non ci volle molto. << Sarei felice se tu lo facessi, ma non devi assolutamente coinvolgere Lavia, lei e Irene sono molto amiche e Lavia non riuscirebbe a mantenere il segreto con lei. >>.
Daniel le consegnò il pacco e lei disse: << Non temere, io sarò muta come un pesce. >>. E infine per confermare lei fece il gesto di chiudersi le labbra per non riferire niente.
Lui la ringraziò e lasciò la sua stanza. Dalia aveva occhio per le misure e così dopo averle prese, si mise subito all’opera. In un paio di settimane, l’abito era terminato e pronto per essere indossato. Quando Dalia informò Daniel, lui le chiese di farlo indossare a Irene e sperare che le piacesse.
Così Dalia chiamò Irene che la raggiunse con Lavia, mentre Londie badava ai due bambini. Le due donne entrarono nella stanza dopo aver ricevuto il permesso da Dalia e Irene chiese: << Come mai ci hai chiamato, è successo qualcosa? >>.
<< Non grave. >> fu schiva e le fece accomodare. Si avvicinò poi all’armadio e tirò fuori un telo chiuso davanti con tanti bottoni, lo portò davanti a Irene e glielo porse chiedendole di aprirlo.
Lei obbedì e quando vide l’abito, ne restò incanta tanto quanto Lavia. Non credeva ai suoi, non aveva mai indossato qualcosa di simile, essendo una ladra, e quell’abito la faceva sognare. << Io… non ho mai visto un abito così bello, dove l’hai preso? >>.
Dalia sorrise soddisfatta e poi le rispose schiarendosi la voce: << L’ho confezionato io per te sotto ordine diretto di Daniel. Dovresti provarlo. >>.
Irene ebbe un tuffo al cuore e poi fece come detto; lei si denudò dei suoi abiti aiutata da Lavia e incominciò a indossare quello per il suo matrimonio. Ogni parte di quell’abito era cucita per scivolare senza intoppi sul suo corpo non lasciando nessuna piega.
Il giorno del matrimonio giunse presto… nel piazzale della fattoria era stato allestito un arco intrecciato di fiori e davanti a esso disposte tre file di sedie rivestite di n tessuto bianco e rosso che richiamavano i colori dei fiori.
Gli invitati erano seduti ad attendere la sposa, mentre il celebrante stava dando a Daniel e Londie le ultime spiegazioni. Due musicisti alla destra dell’arco presero a suonare una dolce melodia che era solita sentire ai matrimoni e tutti si voltarono indietro contemporaneamente ad alzarsi, per vedere la sposa.
I primi ad avanzare verso i tre furono Valeria che teneva con la mano il piccolo Reece, agghindati a dovere. Li seguirono Lavia e Dalia in bianco con un tocco di rosso sul fianco destro e infine Irene nel suo abito da sposa.
Dolcezza, passione, sensualità, in una forma, in un colore, in una creazione che divenne connubio perfetto, in un modo unico di essere. Era perfetto per una sposa amante e appassionata artista: taffettà di seta rossa a occultare delicatamente in un velo misterioso, l’abito di seta bianca, creando piccole maniche per abbellirlo, e infine ricadere lungo il fianco sinistro in un piccolo drappo. Abito esotico dalla singolare finezza, non nascondeva le nudità bensì le esalta.
Daniel nel vederla avanzare e in quel modo se ne innamorò ancor di più; non riusciva a toglierle gli occhi di dosso e osservò i suoi capelli. L’acconciatura, opera di Lavia, partiva da un intreccio che seguiva tutto l'arco della fronte così da formare una corona di capelli, questa, arrivata dietro le orecchie a entrambi i lati, si congiungeva chiudendosi in una coda bassa, legando fra loro i capelli stessi. Una volta che la coda era stata creata su ogni ciocca, si era provveduto ha modellare delle onde ben fissate mediante un cerchietto sul capo del medesimo colore dell'abito.
Arrivata finalmente al fianco del suo futuro sposo, Irene lasciò nelle mani di Lavia il mazzo di fiori. Un abbraccio di gelsomini freschi, abbelliti da piccole perle di pregiata fattura che occupavano la parte interna e si sostituivano al pistillo, affiancava sbocciate rose rosse che dipingevano un immagine ed una aroma singolare ed accomodante. Gli steli, erano stati legati fra loro con filo di cotone chiaro, ed il tutto era stato circondato da una stoffa rossa trasparente ed una fascia di raso bianco, al fine di conferire stabilità nella presa.
Daniel prese nella sua mano quella di Irene, mentre lei osservava l’abito che lui indossava. Nel tessuto era possibile ammirare diverse sfumature, particolare l’intreccio delle stoffe e la cucitura irregolare apposita. Nell’intreccio si potevano notare armoniose sfumature marroncine, che somigliavano quasi a riccioli di caramello. La giacca aveva pochi fregi ma era accompagnata da un gilet di eguale tonalità, che possedeva elegantissimi bottoni in ottone circolari. La camicia invece era dello stesso tessuto della giacca ma assumeva il colore blu scuro, il colore degli abissi più profondi. Non si opponevano a questo tripudio di eleganza i pantaloni, disegnati con lo stile identico della giacca, completamento mirato a uno sposo finalmente pronto a coronare il sogno della propria vita dinanzi al celebrante.
Gli invitati si accomodarono e il celebrante iniziò la cerimonia; poiché era una stupenda giornata non troppo fredda per la stagione in corso, fu breve e arrivò finalmente il momento delle fedi che Londie cedette a suo fratello. Iniziò Daniel col suo giuramento poi fu il turno di Irene.
Gli anelli, che erano stati richiesti dallo stesso Londie, erano fedi di classica ed elaborata fattura. Cesellate a mano, rifinite infine con incisioni che andavano a metter ancor più in risalto, creando così quel disegno astratto che le raffigurava. All’apparenza il disegno di queste fedi poteva apparire, strano particolare, ma questo era proprio il punto forte di questi oggetti realizzati con pregiato argento, non lucidate proprio per lasciare quell'effetto grezzo del disegno, con il preciso intento d’essere ancor più messo in rilievo.
Tutta la giornata fu un festeggiare continuo finché non giunse il piatto forte della serata. Si trattava di una torta interamente a base di frutta di stagione. Essa era composta di una base di pasta frolla, riempita in seguito con della crema, sulla quale in seguito erano state poggiate le decorazioni di frutta. Non era solamente una sensuale delizia per gli occhi ma il profumo della frutta e in particolare della crema costituiva un connubio irresistibile per il palato di ogni razza.

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Capitolo 7
*** La prima notte di nozze ***


Gli ultimi invitati stavano lasciando la fattoria facendo ritorno alla propria dimora. Lavia e il resto della grande famiglia si misero all’opera per pulire ogni cosa; dovevano sbrigarsi perché il vento pungente si stava alzando mentre la temperatura si abbassava di un grado ogni secondo che passava.
 
Era ormai notte fonda e faceva freddo, questo stava ha significare che presto l’inverno sarebbe arrivato. Tutti si erano ormai ritirati nelle proprie stanze a dormire già da un bel po'. Daniel era seduto su una poltrona accanto alla finestra che sorseggiava un bicchiere di vino rosso mentre fissava l’esterno della casa. Era immerso nei suoi pensieri che ricadevano spesso e volentieri a suo fratello Richard, di cui non aveva più avuto notizie dopo quella lettera.
Aveva indosso solo la camicia e i pantaloni semi sbottonati e nemmeno il fatto di essersi appena sposato con la donna che amava, lo distoglieva dalla sua preoccupazione che lo divorava lentamente.
Nella stanza era appena entrata Irene, ma neanche quel rumore riuscì a distoglierlo dai suoi pensieri. Irene si recò verso la sua parte del letto e cominciò a togliersi il vestito che Dalia le aveva cucito, un regalo di suo marito. Era stanca e desiderava coricarsi sotto le lenzuola e le morbide coperte.
La donna, che ora aveva indosso solo la sottoveste, la slacciò e denudò le spalle. Si bloccò di colpo e voltò il capo verso il marito, che aveva ancora lo sguardo rivolto, verso l’esterno. << Dovresti scacciare i tuoi pensieri, anche se sono rivolti a tuo fratello. >> gli disse con voce delicata.
Lui si destò di colpo dalla sua concentrazione e si voltò in direzione della voce. << Dovrei smettere di pensare a mio fratello, secondo te? >>.
<< Sì, ma solo per questa notte. >> rispose lei sorridendogli.
Daniel posò il bicchiere ancora con qualche residuo di vino sul tavolino proprio accanto al suo comodino e s’issò dalla poltrona avvicinandosi alla moglie. Si fermò dietro di lei e accarezzò le sue braccia ancora coperte dal sottile tessuto, quel contatto delicato la fece fremere.
<< Hai ragione… ci siamo appena sposati ed io penso ad altro invece che a te. >> le baciò il collo e lasciò che la sottoveste scivolasse sul suo corpo per cadere a terra come un velo.
Sentii l'eccitazione crescere, immaginandosi lì, nuda, con solo i suoi lunghi capelli a coprire parte del suo corpo e suo marito che la osservava. Fece un respiro profondo, un sorriso e disse: << Tu non devi mai smettere di pensare alla tua famiglia… tuo fratello deve occupare i tuoi pensieri sempre, incessantemente. Ciononostante, io voglio che questa notte sia dedicata solo a noi e non desidero un terzo incomodo. Svuota la tua mente e pensa a me e a cosa potrai fare questa notte. >>.
Le parole di sua moglie risvegliarono in lui qualcosa che aveva sempre tenuto represso e di colpo la sua bocca scese dietro il suo orecchio. Crampi di piacere le morsero il ventre. Si voltò verso di lui… Daniel le afferrò i fianchi accarezzando delicatamente la sua schiena e le baciò il collo. Lei si ritrovò addosso, la furia della sua carne, la sua passione prepotente, la sua brama di prendersi tutto e si gettò in quelle fiamme ardenti, desiderosa di dargli tutto. Tutto il piacere, tutto il suo corpo, tutta la sua voglia, senza remore, senza pudori, senza freni.
Tenendole le mani sempre dietro la schiena per mantenerla, Daniel irruppe con la sua lingua nella sua bocca e trascinò la sua in una danza erotica che le divorò i sensi. Divorò la sua pelle scendendo lungo il collo, il seno, il ventre, leccando con vigore del suo sesso, ingoiandone tutti gli umori.
Essendo la stanza più lontana dalle altre, lei poté gridare in preda all'estasi senza problemi. Sentiva le gambe tremarle per la frenesia.  Stava per venire, voleva venire. Voleva godere e urlare tutto il suo piacere. Daniel la accompagnò sul letto e la fece sdraiare. Irene si sdraiò, vinta. Il cuore le scoppiava nel petto. Si sentì per un attimo, indifesa. Sembrava che per lei fosse la prima volta.
Daniel le fece raccogliere le gambe al petto e le allargò. Il suo frutto pulsava d'eccitazione davanti al suo viso. Sentiva i suoi respiri sulla sua pelle, poi le sue dita allargarono i suoi petali e con la lingua scorse al loro interno. Stava impazzendo.
Qualcosa di duro e freddo sostituì quel morbido contatto e cominciò a strofinarsi sul suo clitoride. Poi scivolò giù e cominciò a corteggiare il suo secondo ingresso. Lo sentiva premere e farsi strada dentro di se per poi uscire e trafiggerla nuovamente. Il suo pertugio si contraeva e a ogni spinta lei urlava inghiottita dal piacere. Più le spinte aumentavano e più le sue grida si libravano nell'aria.
<< Oh, Daniel sì, sì! >> i versi di godimento che lei lanciava lo eccitavano.
Le mani che palpavano i seni e stimolavano i capezzoli duri, i crampi nel ventre e che si estendevano a ogni angolo del suo corpo e la sua bocca che succhiava il suo clitoride furono il mix che la fece esplodere di piacere urlando con tutta la voce che quella sera aveva.
Ansimante, abbandonò le gambe sul letto. Era esausta, il formicolio del piacere ancora la solleticava fra le gambe e non aveva idea di cosa avesse in mente Daniel. Si avvicinò all’orecchio e le disse sottovoce: << Lo so che ne vuoi ancora. >>.
Irene sentiva l'eccitazione vibrargli nella voce. La fece scendere, la accompagnò ai piedi del letto e la fece chinare in avanti aggrappandosi alla ringhiera. Le sue gambe si stagliavano lunghe e nude e lei era pronta per accogliere il suo membro. Già preparato a dovere, il suo secondo pertugio non oppose alcuna resistenza. Daniel afferrò i suoi fianchi, la penetrò e cominciò a scoparla con forza da dietro.
Ancora intorpidita dall'orgasmo precedente, sentiva il piacere inondare ogni parte del suo corpo. Si aggrappò alla spalliera per reggere i suoi prepotenti colpi. Sentiva l'orgasmo avvicinarsi spinta dopo spinta, crescere lentamente, prendere sempre più vigore, portandola sempre più su oltre le vette raggiunte dagli Dèi, strappandola da se stessa e facendola diventare, per qualche istante, puro spirito.
In quegli attimi di lussuria sfrenata non esisteva altro che quell'assoluto piacere che possedeva il suo corpo, la sua mente e la sua anima.
Scivolò sfinita a terra sotto il peso della sua ritrovata libertà. Era tornata padrona di se stessa e del suo destino. Lui la raccolse e la adagiò sul letto. Guardò i suoi occhi soddisfatti e vittoriosi e, il suo corpo nudo disteso accanto a lei. Irene chiese ancora uno sforzo ai suoi muscoli indolenziti, sollevando un braccio e accarezzandogli il viso.
Era il primo gesto dolce che gli rivolgeva da quando avevano cominciato. Dell'uomo celato dall'oscurità, seduto in un angolo di quella stanza, però, quel giorno non seppe nulla.
Daniel la desiderava ancora mentre lei chiuse gli occhi. Lei però sentì subito le sue mani scorrere sulla sua pelle nuda, la sua lingua farsi largo fra le sue cosce, la sua bocca saggiare il suo frutto e bere il suo nettare. Era però così diverso quel contatto, così delicato, quasi timoroso. S’intrufolava fra le sue peccaminose pieghe quasi chiedendo il permesso.
Non voleva svegliarsi, non desiderava aprire gli occhi per paura che tutto finisse. Voleva godere ancora, tenere quelle labbra con sé fino al mattino, ma il piacere divenne così intenso che si svegliò ansimando, e fra le sue gambe vi trovò il marito. Lei si tirò su e lui prese a parlare.
<< Scusa amore, non volevo svegliarti, ma…. >> la sua voce era un rantolo famelico. Strisciò sul letto avvicinando la sua bocca alle sue cosce e continuò da dove lo aveva interrotto. Gemette. << Vederti qui, nuda…. >> succhiò le sue labbra. Lei ansimò sopraffatta, spostando il bacino in avanti. << Non potevo resistere, ti desidero ancora…. >>.
<< Basta parlare…. >> sentenziò. Avida, spinse la testa di Daniel di più fra le sue cosce, premendola contro di se e lasciando che le baciasse lì dove pochi secondi prima era stato.
Le sue dita sottili si facevano largo dentro di lei, la penetravano, la massaggiavano e lei godeva. Si aggrappò ai capelli di Daniel e lo attirò su trascinandolo sul suo ventre affinché lo baciasse, e poi ancora più su, sul suo seno. Lo afferrò con la bocca, stringendolo fra le labbra e i denti e stuzzicando il capezzolo con la lingua, mentre le sue dita non si allontanarono dalla sua orchidea dell'amore.
Con un piede s’intrufolò fra le sue gambe e massaggiò il suo membro. Lo sentiva grosso e duro sotto la sua pelle. Era lì, impaziente di mostrare al mondo ancora tutto il suo vigore, e lei era ansiosa di averlo dentro di se. Si sollevò mettendosi in ginocchio sul letto. Lui era di fronte a lei ansimante d'eccitazione.
Succhiò le sue labbra, la sua lingua cercò la sua in quella bocca che sapeva di me e lui. Carezzò il suo petto nudo e ansimante d'estasi. I suoi muscoli si contrassero sotto le sue mani mentre scese sul suo ventre. Afferrò la sua asta poderosa e la brandì a due mani, la massaggiò su e giù, svestendola e rivestendola godendo per i suoi gemiti di piacere.
Lo spinse di schiena sul letto, Daniel non si oppose, gli piaceva che lei prendesse il controllo su di lui. Salì in piedi sul letto con lui disteso sotto di lei. Voleva che lui la guardasse, che la ammirasse che la bramasse. Irene si accarezzò i seni e stuzzicò i suoi capezzoli.
<< Oh, sì così bellezza, così…. >> rantolò allungando le mani fra le sue cosce e unendosi alle sue dita.
Lei voleva ancora la sua lingua. Si sedette sul suo bacino, afferrò la sua asta che ormai stava per esplodere e la spinse dentro la sua fessura e cominciò a scivolare su di essa. Era il piacere che la guidava, puro piacere. Immerse due dita nei suoi umori e forzò il secondo pertugio. A quella vista la smania di Daniel si fece incontenibile e, tenendola sollevata, cominciò a scoparla da sotto sempre più forte, sempre più vigoroso. Godeva e farlo fermare le costò fatica, ma voleva godere con la sua verga dietro.
Erano a un passo dall'orgasmo. Sfilò il suo fallo gonfio di voglia di esplodere, si rannicchiò sul suo bacino appoggiandosi con i piedi al materasso, brandì il suo fulgido dardo e lo infilò nel suo secondo ingresso. Un grido lungo, un misto di piacere e dolore, accompagnò quel gesto. Sentiva la pelle tendersi, espandersi per fare l'argo a quella poderosa asta.
I suoi urli si fecero intensi, profondi, selvaggi esattamente come il piacere che la stava avvampando nel corpo e nell'anima. Le sue gambe erano spalancate sul suo bacino. Daniel esplose vedendo il suo fiore aprirsi per far largo al suo membro, le sue dita massaggiare il clitoride, mentre il suo viso e il suo corpo si contorcevano negli spasmi di un piacere intenso, lungo e talmente sconvolgente che le urla di Irene riecheggiarono nel silenzio della notte.
Irene crollò stremata sulle lenzuola calde e inebriate del profumo dei loro corpi, mentre Daniel le mise una mano fra le cosce e l’alta ad afferrare uno dei seni per tirarla a se. Le accarezzò i fianchi e la abbracciò stringendosi a lei per non lasciarla scappare via.
Ansimavano e si sentivano i loro cuori battere all’impazzata. Avevano trascorso la maggior parte della notte a fare l’amore e prima di abbandonarsi a un sonno lungo si tennero stretto l’uno accanto all’altro. << È la prima volta che mi sento così appagata, forse è perché ora tu mi consideri tua. Non ha importanza io lo sono sempre stata. >> Irene si lasciò cullare dalle labbra di Daniel che le accarezzavano l’orecchio, finché lui non decise di rispondere, tuttavia non permise alle parole che sarebbero potute uscire dalla sua bocca di rovinare quel momento tanto desiderato.

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Capitolo 8
*** L'ultima speranza di rivederlo ***


Nei mesi successivi Daniel e Londie restarono lontani da casa per sistemare alcune cose che riguardavano la famiglia. Intanto nel villaggio vicino si udivano strane voci su un gruppo di soldati che si erano rivoltati contro il proprio re a causa di ordini che andavano contro il popolo stesso. Lavia e Irene udivano in continuazione storie su questi soldati che vagavano per il paese in cerca di persone da aiutare e in una bella giornata di sole, le due donne si erano recate al mercato del villaggio, dove altre voci incuriosirono Irene; chiese informazioni a un gruppo di uomini che le avrebbero detto cosa sapessero.
Uno degli uomini, che aveva una lunga barba grigia, si avvicinò a lei con un martello nella mano sinistra e chiese: << Che cosa volete sapere di preciso, signora? >>.
Irene sorrise e rispose alla domanda: << Senza volerlo ho ascoltato cosa dicevate con quell’uomo e sono curiosa di sapere di più su quegli uomini, sempre se voi volete. >>.
L’uomo adagiò il martello sull’incudine fuori la sua bottega e accomodando le sue vecchie ossa su una sedia rispose alla donna: « Girano voci su un gruppo di pochi uomini, alcuni di quei soldati che sono andati contro il re per il popolo, che si aggirano da queste parti… in confidenza, mio cugino, che abita al di là del fiume, sia stato aiutato proprio da questi, alcuni giorni fa. ».
« Conoscete qualcuno di questi uomini? » chiese Lavia avvicinandosi ancora ai due.
« Io no signora, ma a questa vostra domanda può rispondervi mio cugino Tarvon, che abita, come ho già accennato, al di là del fiume proprio in prossimità della quercia morta, non potete sbagliare. » l’uomo allora fece forza sulle gambe e le braccia e s’issò dalla sedia per tornare al proprio lavoro.
Le due ringraziarono l’uomo e finito le compere ritornarono a casa. Non raccontarono nulla a Dalia di quanto avevano scoperto per non deludere le sue speranze e così per non destare sospetti, Irene si allontanò dalla fattoria con una scusa e si recò verso la quercia morta. In poche ore si ritrovò davanti a una piccola fattoria, dove un uomo era intento a spaccare legna.
Si trattava di un uomo più o meno sulla quarantina, era brizzolato, ma aveva ancora un fisico muscoloso e il busto madido di sudore. Irene si avvicinò catturando subito la sua attenzione che si bloccò immediatamente parlandole: « Che cosa posso fare per voi? ».
« Solo che rispondiate a qualche mia domanda, non voglio rubarvi troppo tempo. E spero che nel frattempo voi possiate accettare un mio regalo. » rispose con gentilezza mostrandogli il cestino e il suo contenuto.
L’uomo restò immobile osservandola e alcuni minuti dopo, i due stavano seduti nell’erba a mangiare. « Non conosco la loro destinazione, mi dispiace. » si scusò e bevve un sorso di vino che lei aveva portato.
Irene mandò giù il boccone che aveva in bocca e poi poté parlare: « Sapete dirmi se fra quegli uomini che vi hanno aiutato ce ne era uno che si chiamasse Richard? ».
L’uomo ci rifletté per un istante e poi con espressione rammaricata rispose: « No,mi dispiace. ».
La donna, lo ringraziò, si alzò e recuperò solo il cestino e il panno lasciando tutto all’uomo. All’improvviso però l’uomo la fermò chiamandola e lei si voltò ritornando da lui. Tarvon le disse alcuni nomi e di colpo il suo volto s’illuminò quando lui nominò Harrjnton, il capitano Harrjnton. « Lo conoscete? ».
« Forse. » fu l’unica cosa che disse prima di salutarlo e di ritornare a casa di corsa.
Entrò nel salotto della casa trovandovi Londie e Daniel seduti accanto al tavolo con il resto della famiglia che chiacchieravano. « Dove sei stata per tutto questo tempo? » chiese Dalia vedendola avere il fiatone.
Riprese fiato e avvicinandosi al marito rispose: « Sono stata nella fattoria che si trova al di là del fiume. ».
« Perché? » chiese Londie incuriosito.
Al perché rispose sua moglie che raccontò ogni cosa; alle informazioni ricevute da Lavia, si aggiunsero quelle di Irene, che sia i due fratelli, che Dalia furono felici di ricevere. Per tutta la sera non si fece altro che parlare di Richard e delle voci che circolavano in giro su quei soldati.
In cielo si vedeva soltanto un quarto di luna e il vento soffiava leggero su quella zona. Una volta che tutti si erano ritirati nelle proprie stanze, Daniel e Irene, erano intenti a spogliarsi quando lui scattò con uno sguardo soddisfatto e si rivolse alla moglie: « Forse sono come comunicare con mio fratello! ».
« E come? » chiese lei togliendosi la sottoveste e restando nuda.
Gli occhi di Daniel si fecero subito maliziosi, ma rispose ugualmente alla sua domanda: « Da queste parti c’è una grotta… » disse avvicinandosi a lei, « Una grotta dove io e mio fratello Richard ci nascondevamo quando combinavamo qualche guaio, è abbastanza grande da farci entrare un esercito e forse lui si trova proprio lì. » con quelle ultime parole si fermò proprio davanti a lei osservando ogni dettaglio del suo corpo, che nei mesi in cui era stato via aveva tanto desiderato.
Non ci furono altre parole fra loro e Irene senza perdere l’occasione cominciò a spogliare suo marito accarezzandolo e baciandolo di tanto in tanto. Il suo corpo massiccio la eccitava e sentiva il ventre contorcersi dall’eccitazione e il suo cuore quasi esplodere. Le restava da togliergli soltanto i pantaloni e quando lei si chinò per slacciargli la cintura, lo baciò sotto l’ombelico, dove l’eccitazione di Daniel si gonfiò fra le sue gambe.
I suoi occhi si accesero famelici desiderandola di più a ogni suo gesto… lei gli massaggiò il ventre finché Daniel liberò il suo membro dai pantaloni e spinse la sua testa fra le gambe affinché lei ingoiasse il suo piacere. Daniel sentiva un brivido corrergli lungo tutto il corpo per rilasciare alla fine un gemito tanto soffocato.
Allontanò la moglie e lui si tolse i pantaloni che lasciò cadere sul pavimento e prese a baciare la donna con voracità. Irene voleva rallentare la passione che il marito aveva e così lo fece distendere sulle lenzuola bianche; lei invece gattonò fra le sue gambe maliziosa e leggiadra, scivolò su di lui come una boccata d'aria fresca. La sua pelle calda e morbida sfiorava quella del marito, i suoi capezzoli giocarono sul suo ventre salendo su finché non furono preda dell’uomo e della sua ingordigia.
Daniel non vedeva sua moglie da mesi e aveva tanta eccitazione repressa che in quel momento sembrava voler esplodere, uscire allo scoperto e averla per tutta la notte o subito. Lui, con tanta foga, le aveva afferrato il seno stringendolo, le stava baciando il capezzolo, lo mordeva, lo carezzava.
Gemette sentendo il tocco delicato e a volte rude della sua lingua e dei suoi baci, finché una scarica elettrica, le percorse tutto il corpo, fino ad arricciarle i piedi, quando le dita grosse del suo uomo s’intrufolarono fra le sue cosce. Si sentì scuotere da un tremito e un gemito intenso sgorgò dalla sua gola.
Il marito con un unico gesto la pose sotto di lui allargandole le gambe più che poteva. La sua bocca scese sul ventre e baciò i suoi fianchi mentre le sue mani massaggiavano le labbra e si tuffarono nei suoi umori. Le sue dita penetrarono la fessura come un coltello nel burro. Urlò di piacere. La delicatezza di quelle mani era qualcosa che le mancò in quei mesi senza di lui, era la manualità, l'esperienza e l'arte del piacere che solo lui poteva avere.
Quando la sua lingua sostituì le dita, credette di scoppiare. Vedeva la chioma mora di suo marito fra le sue cosce, quella bocca gustare la sua pelle e i suoi fianchi accarezzati da mani possenti. Sapientemente baciò ogni anfratto, succhiò le labbra, la sua lingua s'intrufolò nella fessura raccogliendo gli umori, vezzeggiandola, corteggiandola, finché le bastò avvicinarsi al clitoride per farla esplodere di piacere.
Ma questo non bastò a fermare la sua lingua, perché sapeva che un orgasmo, per una donna, era solo l'inizio. Così baciò l'interno delle cosce, l'inguine, risalì fino al ventre, proseguendo sui seni e ad approdare nuovamente sulla bocca. Affondò le mani nei suoi seni e succhiò i suoi capezzoli, li sentì turgidi e gonfi contro la sua lingua. Poi scivolò fra le sue cosce e ammirò il suo sesso. Più lo saggiava e più l'eccitazione cresceva alimentata anche dai suoi gemiti e dai suoi movimenti.
Le dita disegnavano arabeschi di piacere fra quei meandri lussuriosi, alternava tocchi decisi ad altri delicati, poi lui le allargò le grandi labbra portando alla ribalta il clitoride gonfio d'eccitazione e intrufolò la lingua nella sua fessura. Saggiò quel frutto prelibato in ogni sua parte, avida del suo piacere. Erano i suoi gemiti a guidare la sua lingua e a muovere le sue dita.
Improvvisamente Daniel la afferrò per le gambe e la tirò a se, poi le cinse i fianchi e la fece poggiare con i seni sulle lenzuola calde. Subito si sentì premere fra le gambe. Era il membro di suo marito gonfio di voglia che voleva entrare nella fessura e la carezzava strofinandosi sulla pelle dal clitoride al perineo, premendo fra i suoi anfratti desiderosi di essere violati ancora una volta.
Si voltò osservando con malizia il marito che si ergeva sopra di lei col suo petto nudo e tonico mentre lei era china in avanti che mordeva le lenzuola dal piacere. Fu allora che Daniel la penetrò e seguì l’urlo di Irene e poi un altro ancora mentre quel dardo la riempiva con tutta la sua fiera passione.
Lei credette di non reggere a quel piacere così intenso. Era sopraffatta dall'estasi più totale. Tutto ciò che la circondava, sparì in poco tempo. Sentiva solo il piacere crescere, crescere, crescere inarrestabile e gridava perché voleva che continuasse a farla godere sempre di più. Quando poi il marito valicò con due dita, anche il suo stretto e pulsante pertugio non riuscì più a trattenersi. Quando l'orgasmo arrivò, lei si sentì quasi svenire.
Daniel la afferrò di colpo per i gomiti e la tirò verso di se mentre la penetrava con forza. I suoi seni ballonzolavano a ogni spinta e a ogni colpo il viso di lei si contorceva dal piacere. Daniel la lasciò all’improvviso e la tenne per i fianchi, la colpiva con forza, con veemenza, mentre i suoi occhi osservavano l’espressione compiaciuta della moglie.
Continuarono per molto tempo fin quando non crollarono entrambi soddisfatti ed esausti. Irene se ne restò sdraiata a pancia sotto accarezzando il cuscino, mentre Daniel fissava, a dorso nudo, il camino posto davanti al letto con sguardo assente. Si voltò di colpo verso la moglie e la baciò stringendosi a lei con forza. Avvicinò la bocca all’orecchio della donna e le sussurrò alcune parole: « Forse riuscirò a portalo in famiglia. ».
« Così saremo tutti uniti come una vera famiglia, finalmente. » disse lei sospirando e stringendo la mano del marito nella sua.
 
L’indomani Irene si svegliò non trovando Daniel, mancavano i suoi abiti, la sua spada e lo zaino da cui non si separava mai. Si rivestì e scese di sotto, dove trovò tutti tranne suo marito. Chiese informazioni su dove fosse andato, ma nessuno, nemmeno suo fratello sapeva niente, allora lei si ricordò delle sue parole.
Il nitrire del cavallo nel folto del bosco fece scappare i pochi uccelli che si nascondevano in quella zona; lui continuò ad avanzare per qualche altro metro poi tirò le redini e il suo cavallo si fermò come da ordine. Daniel si guardò in giro per un paio di minuti nella speranza di trovare qualcuno, ma nessun uomo si vide.
Smontò da cavallo e legò le redini a un ramo, lasciandolo all’interno del bosco, mentre lui si avvicinava all’entrata di una caverna. Si bloccò di colpo sulla soglia e credette che le sue gambe non riuscissero a oltrepassarla. Deglutì e si fece coraggio… una volta all’interno s’incamminò nel lungo tunnel che seguiva l’entrata e poco solo qualche metro dovette accendere una torcia.
Conosceva quel luogo meglio delle sue tasche e sapeva bene che se suo fratello si trovava da quelle parti sarebbe di sicuro ritornato nel loro nascondiglio dell’infanzia. Dopo una decina di minuti e più raggiunse il centro della caverna, dove si diramavano altri tunnel che proseguivano sotto tutta la montagna.
La sala era enorme e alzando lo sguardo verso il soffitto sorrise… c’erano più stalattiti di quanto lui ricordasse e ne fu felice. Alla fine diede uno sguardo alle innumerevoli cose che si trovavano disperse per il pavimento di pietra della sala: armi, borse, barili colmi di cibo, vino e acqua, e tante altre cose che a lui non interessavano. Tuttavia qualcosa catturò la sua attenzione e si avvicinò per osservare meglio un vecchio mantello scucito e sgualcito.
Diede una rapida occhiata in giro, sperando che non vi fosse nessuno e poi ritornò su quel mantello… lo afferrò e se lo passò fra le mani per costatare la consistenza e notò da subito che era morbido e delicato anche seppur vecchio. Ne controllò ogni angolo e di netto lo lasciò cadere nel punto in cui si trovava retrocedendo di alcuni passi; in un angolo aveva trovato delle iniziali, R.H., quelle di suo fratello.
Fu allora che si tolse lo zaino e ne tirò fuori una lettera e uno strano oggetto di terracotta colorato, che adagiò sul mantello. Si rimise subito lo zaino sulle spalle e si voltò ritornando verso il tunnel da cui era venuto. Prima di proseguire si fermò un attimo e pronunciò poche parole voltandosi verso il mantello e gli oggetti che lui aveva lasciato: « Spero che sia tu fratello mio. ». Sorrise di nuovo e lasciò quel luogo.

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Capitolo 9
*** Il tanto sperato ritorno ***


Nei giorni successivi, Daniel non ebbe nessuna notizia e questo lo stava divorando senza sosta. Credette che il mantello non fosse di suo fratello, dopo tutto, le iniziali che aveva visto sul mantello potevano essere benissimo di qualcun altro e così non disse niente a nessuno.
 
Alcuni giorni dopo, Londie e tutte le donne della famiglia andarono al villaggio vicino lasciando i due bambini alle cure di Daniel. Lui pensava di non saperci fare troppo con i bambini, ma i due piccoli furono bravi a obbedirgli. La giornata trascorse tranquilla fino all’ora di pranzo quando i tre si misero a tavola e Daniel dovette imboccare i bambini e fu allora che cominciarono a essere due pesti in assenza dei loro genitori.
Dopo il pranzo burrascoso, Daniel li mise a dormire poiché si erano divertiti e stancanti allo stesso tempo dando filo da torcere al loro zietto. Li portò di sopra e li fece sistemare nella sua stanza, nel grande lettone, dove si addormentarono quasi subito. Fece piano e ritornò al piano di sotto per rimettere in ordine il caos che i due avevano creato.
Prese uno straccio e riempì d’acqua un vecchio secchio che poggiò sul pavimento; si diresse poi verso la porta e prese una scopa e una piccola paletta. Ripulì l’intero pavimento in una mezz’ora circa e si prese una piccola pausa sorseggiando dell’acqua fresca. Si sedette su una poltrona e pensò di riposare solo cinque minuti… quando riaprì gli occhi, si rese conto che era trascorso più di un’ora e si alzò di scatto rimettendosi a pulire.
Passò per l’ultima volta lo straccio sul tavolo e lo gettò nel secchio quando decise di sedersi per riposare. Non fece in tempo a chiudere gli occhi che qualcuno bussò alla porta di casa. Sospirò e si decise ad alzarsi solo dopo qualche secondo… si diresse verso la porta e afferrò la maniglia tirandola verso di se.
Nello spalancare la porta vide che si trattava di un uomo, lui lo riconobbe, era suo fratello Richard. Subito sul volto di Daniel si disegnò un grosso sorriso…. Il tempo si era, però come fermato e tra i due ci furono solo sguardi. Quando Daniel riuscì a riprendere il controllo della situazione, fu Richard a parlare per primo: « Ho trovato il tuo messaggio fratellino. ».
« Entra in casa, non restare li fuori. » disse Daniel lasciandolo entrare e richiudendo subito la porta.
Richard si accomodò su una sedia e Daniel gli offrì da bere; Richard accettò di buon grado la sua offerta e cominciarono a chiacchierare. « Vedo con piacere che hai rimodernato e ampliato la fattoria della nostra famiglia… e poi dov’è Londie? » domandò sorpreso di non vederlo.
Si schiarì la voce e nel momento in cui si decise a rispondergli, entrò in cucina il nipote… si avvicinò a lui assonnato e con la mano destra che si strizzava l’occhio. Richard lo notò e si rivolse al fratello mentre guardava il bambino: « È tuo figlio? ».
« No. » Daniel prese in braccio il bambino e lo adagiò sulle ginocchia voltando di seguito la testa verso Richard, « È il figlio di Londie e Lavia. ».
« Zio Dani…. » disse una vocina che era appena entrata nella stanza. La piccola Valeria si avvicinò all’uomo che aveva il bambino in braccio e gli strattonò la camicia… lui voleva prenderla in braccio, ma la piccola gli fece segno di voler bere.
Daniel acconsentì e fece scendere Reece dalle sue ginocchia e si avviò a prendere il bicchiere preferito di Valeria riempiendolo d’acqua fresca. Ritornò da lei e glielo porse, dopo solo qualche sorso anche il piccolo volle bere e Valeria gli cedette il suo bicchiere. I due bambini, a un ordine dello zio Daniel, si sedettero al loro tavolino, posto in un angolo della cucina, dove si misero a giocare senza dar fastidio ai due grandi.
Per Richard quella domanda gli venne spontanea: « Anche la bambina è figlia di Londie? ».
Daniel gli sorrise, guardò per qualche istante i due bambini giocare allegramente e poi ritornò su suo fratello per rispondergli: « Valeria è la figlia di una donna che abbiamo conosciuto alcuni anni fa. L’abbiamo accolta nella nostra famiglia perché era sola ed era incinta… Londie all’inizio non voleva saperne niente di lei poi si è affezionato come tutti noi del resto. ».
« Siete davvero cambiati e mi sorprendo soprattutto per Londie che era determinato a seguire quella strada. » disse sorpreso Richard osservando anche lui i due bambini e in particolare Valeria che la sentiva molto vicina lui, non capendone il perché.
« Devo ammettere che è stato anche per me una sorpresa, ma si deve tutto a questa donna se la famiglia si è unita… il nostro unico scopo era quello di trovare te e completare la nostra famiglia. » si fermò un attimo a pensare a quegli anni trascorsi insieme e poi ritornò a parlare al fratello, « Io credo che tu debba conoscerla, ma sento che tu l’abbia già incontrata nei tuoi viaggi. ».
« Può darsi, io incontro molta gente e soprattutto donne, lo sai questo. » Richard non riusciva a togliere lo sguardo da quella bambina che più la guardava, più le ricordava qualcuno, ciononostante non riusciva a capire chi fosse.
Daniel confermò le parole di suo fratello con un cenno della testa e poi si pronunciò di nuovo: « Gli altri dovrebbero tornare prima del tramonto quindi abbiamo tutto il tempo per chiacchierare… andremo fuori così i bambini potranno giocare senza problemi. ».
Richard acconsentì volentieri e uscirono tutti dal retro….
Era quasi in tramonto e alla fattoria erano giunte le donne e Londie come promesso…; Londie e Irene smontarono da cavallo, mentre Dalia e Lavia scesero dal carro per recuperare ciò che avevano portato. Nello stesso istante Irene fece notare la presenza di un cavallo che n conoscevano e Londie si avvicinò per capire di chi fosse. Gli bastò avvicinarsi al muso dell’animale per capire che si trattava di Occhionero. Il nome fu scelto dallo stesso Londie perché l’animale aveva una macchia nera intorno a uno degli occhi che spiccava per il suo manto bianco.
Londie non riusciva a crederci e con un grande sorriso sulle labbra, scattò verso l’entrata principale entrando come una furia in casa; una volta all’interno non vide nessuno ma udì delle voci provenire dal retro e si precipitò in giardino… vide Richard e gli corse incontro, ma fu bloccato dal figlio che per poco non lo fece cadere.
Reece volle essere preso in braccio e Londie lo accontentò recandosi poi da Richard. Si diedero la mano e cercarono di abbracciarsi, nell’istante in cui Valeria rientrò in casa per andare incontro a sua madre. Dalia la prese in braccio e la fece sedere sul tavolo dandole una bambola di pezza che le aveva fatto durante il viaggio. La fece scendere e Dalia insieme alle altre due donne portò tutto in casa sistemando ogni cosa in un unico punto per non creare confusione.
Lavia poggiò per terra un sacco di farina e si rivolse a Dalia: « Potresti chiamare quell’irresponsabile di mio marito e chiedergli gentilmente, se non gli è troppo di disturbo, di aiutarci con tutta questa roba? ».
Dalia le disse di sì con un cenno della testa e si recò in giardino, ma non vide subito Richard poiché era nascosto da Londie e da Reece. Fece solo qualche passo e poi si pronunciò: « Londie scusa del disturbo ma tua moglie chiede il tuo aiuto per sistemare tutto ciò che abbiamo preso e credo che sia arrabbiata. ».
« Sì d’accordo arrivo subito… scendi a papà. » disse poi rivolgendosi al figlio che scese scendere.
« Ah Daniel potresti darci una mano anche tu, così faremo prima. » chiese lei gentilmente avvicinandosi ai due, ma poi una voce la fece voltare di scatto.
« Vi aiuterò anche io non appena tua figlia si staccherà dal mio collo. » disse Daniel cercando di liberarsi dalla stretta della bambina.
Dalia non riusciva a crederci, vedeva due Daniel e poiché le incominciò a girare la testa, perse i sensi e Londie la prese prima che cadesse a terra.
Quando finalmente riprese i sensi, si ritrovò Irene accanto che le diede un bicchiere d’acqua. Dalia si sedette sul bordo del letto nella sua stanza e cercò di capire che cosa fosse accaduto, ma fu Irene a spiegarle ogni cosa. Si alzò e camminò per la stanza avanti e indietro perché non riusciva a crederci che l’uomo che amava era finalmente lì.
« Fa dei respiri profondi e vedrai che riuscirai a calmarti. » disse Irene cercando di tranquillizzarla.
Dalia fece come Irene le aveva detto e insieme uscirono dalla stanza per recarsi nel salotto dove si trovavano tutti. Valeria non appena vide la madre, le corse incontro abbracciandola e dandole un bacio sulla guancia. Se ne andò via subito dopo per giocare con Reece nel loro angolino poiché le faccende degli adulti le facevano venire il sonno.
Dalia e Richard si guardarono negli occhi senza dire una parola e intervenne Lavia: « Tesoro perché non vieni in cucina a darmi una mano e poiché c’è molto da fare verranno anche Daniel e Irene. ».
« No, lo sai che non sono bravo in cucina e poi sono un uomo. » disse lui lamentandosi.
« Non temere ti darò lezioni di cucina, andiamo! » disse Lavia prendendolo per un orecchio, mentre lui si lamentava per il dolore e i due bambini ridevano divertiti dalla scena.
Dalia gli si sedette accanto salutandolo e nel momento in cui decise di parlare lui la zittì e la baciò. I due bambini fecero una smorfia di disgusto e se ne andarono in cucina dagli altri. Daniel prese in braccio Valeria e le disse: « Quando sarai grande, anche tu farai una cosa del genere, te lo assicuro. ». La piccola scosse il capo e lo abbracciò stretto.
Dopo il bacio appassionato, Dalia riuscì finalmente a scusarsi con lui delle parole che gli aveva detto l’ultima volta che si erano visti. Lei era imbarazzata da quella situazione e sembrava esserlo anche lui, ma per non darlo a vedere si alzarono e si recarono ad aiutare gli altri in cucina.
La cena durò come al solito e una volta riordinato come ogni sera, Dalia portò Valeria nella sua stanzetta ormai già addormentata. La preparò e la mise sotto le coperte adagiandole al suo fianco la sua bambola. Uscì dalla stanza ritrovandosi Richard davanti che non smetteva di fissarla con malizia e dolcezza.
« Vieni con me. » gli disse ponendosi un dito sulle labbra. Lo afferrò per una mano e lo trascinò verso la sua stanza da letto chiudendo la porta dietro di se.
« Parlami di che cos’hai fatto da quando ti ho lasciato. » le chiese Richard avvicinandosi a lei lentamente.
Lei si sedette sul bordo del letto e cominciò a raccontare tutto, mentre lui accomodato di fronte a lei su una sedia la ascoltava senza interromperla. All’improvviso lei s’interruppe e gli pose una domanda: « Perché mi guardi in questo modo? ».
Lui le sorrise e poi le rispose: « Perché sei bellissima. ». Richard si alzò di colpo e si avventò su di lei afferrandola e baciandola.
Lei fu travolta da quella passione e gli afferrò i capelli mentre lo graffiava sulla schiena. Secondo le loro previsioni sarebbero finiti col fare l’amore, ma furono interrotti subito da una vocina. I due si fermarono e si allontanarono in più in fretta possibile, mentre Dalia si avvicinò alla figlia prendendola in braccio.
Si avvicinò al letto e si sedette di nuovo in quel punto accarezzando la figlia; Richard si sentiva in lieve imbarazzo e si alzò per uscire e lasciarle sole. Tuttavia la voce di Dalia lo bloccò: « Non andartene voglio presentartela meglio. ».
Richard ritornò al suo posto e aspettò che Dalia parlasse. « So che ti sembrerà strano, ma Valeria è… è tua figlia. ».
Richard restò sconcertato e anche sconvolto dalle sue parole, tuttavia ciò che lui aveva provato con lei non era riuscito mai a provarlo con nessun’altra donna al mondo. Sapeva bene con quanta determinazione e passione lui avesse preso Dalia e questo alla fine lo capiva.

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