Interstate 980

di Wright_xx
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Era seduto sul davanzale della finestra della sua camera, con le gambe a penzoloni, che guardava le poche macchine che passavano per la piccola strada di Rodeo mentre aspettava il rientro di Mike.
Provava un senso di rabbia crescente mentre faceva piccoli tiri dall’ennesima sigaretta, ancora non ci credeva.
Avevano appena iniziato a fare sul serio, il loro primo album aveva venduto discretamente bene e anche se li conoscevano probabilmente solo fino a Oakland lui stava cominciando a vedere nella musica la sua vera strada. Non aveva voglia di fare altro ma solo di salire su un qualsiasi palco, suonare e divertirsi con i suoi amici.
Ma quel pomeriggio uno di coloro con cui pensava di stare iniziando un nuovo camminano gli aveva tirato una pugnalata alle spalle, per una cazzata. 
Come si poteva preferire lo studio alla musica? Come si poteva scappare per continuare il college, invece di scappare per fare musica?
Era il 3 Agosto del 1990 e Billie aveva una gran voglia di spaccare tutto. Si sentiva di nuovo solo un stupido ragazzino di diciotto anni che aveva lasciato la scuola per seguire il suo stupido sogno e che ora si ritrovava seduto su una finestra sentendosi sempre più inutile nel mondo.
Buttò via il mozzicone di sigaretta e rientrò nella sua camera, Mike non arrivava e lui aveva il disperato bisogno di parlare con qualcuno prima di distruggere l’intera stanza.
Quel pomeriggio Al, il loro batterista, gli aveva detto che quella stessa sera sarebbe partito per finire gli studi, che non credeva di poter costruire la sua vita intorno ad un gruppo musicale, che non poteva rischiare tutto per la musica. 
Gli aveva mollati così, di punto in bianco, come se non gli importasse nulla di loro, come se fino a quel momento tutto quello che avevano fatto per lui era stato solo un gioco, e probabilmente era così, probabilmente per lui era davvero tutto uno scherzo.
In quel mentre sentì la porta di casa che si apriva e corse di sotto, finalmente il suo migliore amico era rientrato.
“Mike! L’hai visto!? Ci hai parlato con quello stronzo!? Quell’idiota pezzo di..” si bloccò e prese un respiro profondo, sentiva di stare per scoppiare e quella parte del suo carattere non gli piaceva per niente. Così, per tranquillizzarsi, prese il pacchetto di sigarette dalla tasca dei jeans e ne accese una, fece un tiro lungo e profondo, mentre Mike lo guardava ancora senza capire di cosa stesse parlando. 
“Billie, non ho visto nessuno dopo che sono uscito dal lavoro. Di chi diavolo stai parlando? Che è successo?” Mike il pomeriggio lavorava in una piccola tavola calda, insieme alla mere di Billie.
“Nulla, proprio nulla. Tranne il fatto che il nostro batterista, probabilmente proprio in questo momento, sta partendo. Ci sta abbandonando e segnando la fine dei Green Day. La fine dopo un inizio che ancora non c’era stato. Io e le mie solite idee. Sono inutile, non riesco a portare a termine niente..  Mio padre sarebbe deluso..” Billie si lascio cadere su una sedia della piccola cucina e si prese la testa tra le mani. Quel pensiero aveva soggiornato nel più cupo angolo della sua testa da quando Al gli aveva dato la notizia, ma non aveva avuto il coraggio di ammetterlo. Suo padre non sarebbe mai stato fiero di lui. Cosa c’era da essere fieri? 
“Billie ma che stai dicendo? Come se n’è andato? Così senza un motivo? E poi che dici? Tuo padre non sarebbe deluso, ne delle tue azioni ne di te in generale.. Ora calmati e dimmi che è successo..” Mike si sedette di fronte a lui mentre Billie faceva un altro tiro dalla sua sigaretta, per fare poi un respiro profondo. 
“Uff.. Al ha deciso di finire gli studi, che non può costruire la sua vita sulla musica e rischiare tutto per questa band. Così stasera parte e ci lascia, con un album uscito da poco e concerti programmati. Io stavo iniziando a crederci, sul serio, pensavo che potevamo vivere con la nostra musica, certo non mi immaginavo di diventare famoso come i Clash, ma potevamo diventare qualcuno, potevamo divertirci. Il palco è il mio posto Mike, io sul palco mi sento a casa, sto bene. Mi sento qualcuno. Mi sento vivo! E lui mi ha tolto tutto, ci ha abbandonati, come fanno tutti.” sentiva un vuoto allo stomaco, non sapeva cosa fare, si sentiva perso, solo. Abbandonato, di nuovo.
“Billie Joe Armstrong, ora tu mi ascolti e stai zitto un secondo. I Green Day non sono di certo finiti perché quel piccolo bastardo se n’è andato. A 21 anni vuole finire il suo stupido college e abbandonare noi? Che lo faccia, infondo lui non ha mai davvero fatto parte della nostra band, non era davvero in linea con noi. E sai cosa credo? Credo che questo ci serva per iniziare davvero ad essere noi stessi, a fare la nostra vera musica. A fare i veri Green Day. Ora usciamo e andiamo a cercare un altro fottutissimo batterista che ci completi e sia disposto a fumarsi un paio di canne. Alza quel culo amico!” Mike rise e Billie lo guardò sorridendo a sua volta. Forse il suo amico aveva ragione. Infondo con Al non c’era mai stata quell’unione che aveva con Mike quando suonavano, forse non era semplicemente il giusto membro, il batterista che faceva per loro. Avrebbero trovato qualcuno e avrebbero ricominciato. 

Era ormai da più di un’ora che giravano per le strade di Berkeley in macchina, erano riusciti a procurarsi qualche birra nel solito Market e Billie era alla guida mentre la radio a tutto volume passava una canzone degli Who. Mike stava preparando una canna, stavano andando verso Oakland.
Avevano appena imboccato l’interstatale 980 quando videro uno strano tizio sul ciglio della strada, vestito da clown, che faceva l’autostop.
Si fermarono e lo fecero salire, a Billie sembrava di averlo già visto ma stette zitto e proseguirono mentre quel buffo tizio si cambiava nei sedili posteriori.
“Ehi, non è che ne avete un’altra?” il ragazzo, che ancora portava in testa una gialla parrucca da clown, si sporse in avanti tra i due sedili anteriori a guardare Mike che ancora teneva il sacchetto con la Marijuana sulle gambe. 
“Ovvio!” Mike rise e buttò il sacchetto tra le mani del ragazzo quando Billie tirò un urlo.
“Aah! Ma io so chi sei!” rise, un po’ per l’alcool un po’ per la droga.
“Anche io so chi sei, Billie vero? Il vostro gruppo spacca! Sai l’unica cosa che vi intoppa è quel batterista, Al. Era mio allievo quello sfigato.” rise e si chiuse la canna prima di portarsela alle labbra per accenderla.
“Tuo allievo? Ma se ci ha sempre detto di aver imparato dal padre.” Mike si girò a guardare l’autostoppista che stava aspirando a pieni polmoni.
“Dal padre? Nono ragazzi, ve lo giuro, quello prendeva lezioni da me e pensare che io ancora non ho 18 anni. Povero sfigato è una schiappa alla batteria, e anche se ha imparato dal migliore mi dispiace ma vi rovina.” rise e fregò la bottiglia di birra a Billie che lo guardava a bocca aperta, non poteva credere alle sue orecchie.
“Beh, ora non ci rovinerà più. Se ne va per studiare, la musica non è la sua vita a quanto pare.” il ragazzo dagli occhi verdi sbuffò e tornò a guardare la strada mentre faceva un tiro dalla sua canna. 
“Vi siete liberati di un peso ragazzi. Quindi avete un posto liberò alla batteria?” al nuovo amico si allargò un sorriso a trentadue denti sul viso e li guardò ansioso.
“Veramente si, ma te non suonavi con i Lookouts, il gruppo di Larry?” Mike lo guardò mentre beveva un lungo sorso di birra.
“Si, suonavo. Ma sono dei rotti in culo, nemmeno mi facevano portate la marijuana alle prove.” buttò il mozzicone fuori dal finestrino ed estrasse le bacchette dal borsone, iniziando a batterle un po’ ovunque. 
“Ascoltatemi, voi avete bisogno di un Tré Cool nella vostra band!” rise di nuovo e cominciò a battere le bacchette sulla testa di Billie.

I due amici accettarono, anche perché Billie ci sperava. Qualcosa dentro di lui sapeva che quello era quello giusto. Un batterista giusto, un amico giusto, un fratello giusto. 
Tré Cool era quello che cercavano. Quello che li avrebbe completati.
Quella sera suonarono con lui e tutto tornò al suo posto. Era lui la persona giusta.
Un brivido percorse la schiena a Billie. Quel sound, nemmeno era paragonabile a ciò che faceva Al. Era tutto su tutto un altro piano. Era meraviglioso.
Mai avrebbe pensato che un ragazzino magro e fumato, come solo Tré poteva essere, avesse tutta quell’energia in corpo, tutta quella forza che gli sprizzava fuori da ogni poro della pelle e che coinvolgeva anche loro. Erano finalmente loro. 
Erano finalmente i Green Day e lo sarebbero stati per sempre.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Aprì la porta per sbirciare quanta gente c’era, ma da quel punto non si vedeva proprio nulla. 
Erano ormai tre mesi che suonava con loro e si sentiva bene, felice. Non poteva credere di aver trovato due persone così, uguali a lui, con la stessa passione per la musica. 
Non avrebbe mai pensato di trovarsi così bene con due amici, due fratelli. 
Quando suonavano diventavano una cosa sola, comprensibile solo da chi gli ascoltava con attenzione, e dentro al Gilman ce n’era davvero poca di gente così. 
Presto avrebbero però realizzato qualcosa di grande, intanto c’erano delle canzoni in ballo, canzoni adolescenziali, d'amore, e una sua canzone tenuta nascosta da quei cazzoni dei Lookouts. 
Tré abitava con Billie già da un mese, si erano trovati un piccolo appartamento a Oakland. Aveva tre stanze in tutto, compreso il bagno, ma potevano chiamarla casa. Per mantenerla un giorno decisero addirittura di provare ad andare a consegnare giornali porta a porta, ma dopo due case trovarono un chiosco che vendeva patatine fritte e finirono per comprarne una porzione e mettersi a mangiarla sotto un albero accompagnandola con la solita canna. 
Erano tre mesi che aveva quei due ragazzetti intorno e ormai gli sembrava di conoscerli da anni, per non dire secoli. 
Con Billie erano diventati complici e non c’era sera che non passassero davanti alla televisione ad insultare quei tipi in giacca e cravatta dei telegiornali, per poi ordinare una pizza, tentare di accordare una chitarra, nonostante la quantità industriale di birra che ingerivano quotidianamente, e cercare di buttare giù qualche melodia adatta ai testi del ragazzetto dagli occhi verdi. 
Mike aveva optato per stare in un appartamento vicino a Berkeley, insieme ad altri amici del Gilman. Doveva ancora lavorare per qualche giorno alla tavola calda e poi si sarebbe aggiunto in quel buco di appartamento. 
Quelle giornate agli occhi di qualcuno potevano sembrare sprecate, giornate banali di ragazzini drogati e alcolizzati che non facevano altro che insultare la società e il mondo che gli circondava. 
Ma Tré sapeva che loro non erano così, nonostante la monotonia e le cazzate che potevano combinare dentro di loro scoppiava la passione, quel sentimento che li faceva andare avanti nonostante gli scarafaggi che alloggiavano con loro. 
Si poteva dire di tutto su Tré Cool, che era un drogato, un alcolizzato, magari anche un donnaiolo e a volte con idee strane e indecifrabili, come avrebbe fatto capire la sua prima canzone, ma una cosa era certa: Tré Cool, quando era seduto dietro a quei tamburi, spaccava il culo a tutti. Poteva aver bevuto anche tutto il bar e fumato tutta l’erba presente nel giro di 20 km, ma quando sedeva al suo posto tutto scompariva e in quel locale erano presenti solo lui, la sua batteria e i suoi compagni d’avventura. E non gli si poteva dire nulla, non lo si scalfiva con niente. Lui continuava a suonare, col sorriso sulle labbra e quell'aria concentrata, come un direttore di un’orchestra. Perché lui dava il ritmo, scandiva tutto con un suono duro e deciso. 
Erano ormai le otto e toccava a loro suonare, dovevano finire presto perché poi gli avrebbero buttati fuori, ancora troppo giovani per restare in un pub dopo lo scattare delle nove, ora in cui si cominciava, secondo chissà chi, a bere sul serio. 
Tré spalanco la porta e corse fuori seguito dagli altri due. 
Corse a sedersi al suo solito posto, a casa, su quel sedile logoro di pelle nera. E quando Billie gli diede il via cominciò a battere su quei tamburi, apparentemente a caso, ma lui sapeva che tutto aveva un senso. Tutto, compresa quell’avventura, oppure semplicemente quel capitolo della sua vita che avrebbe dato inizio alla storia. Perché di una sola cosa era certo, non si sarebbe mai stufato di suonare. Ma sopratutto, non si sarebbe mai stufato di suonare con i Green Day.

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