An emerald in the ocean

di bsidelouis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** A little party never killed nobody ***
Capitolo 3: *** Delusion ***
Capitolo 4: *** Same needs ***
Capitolo 5: *** Feelings ***
Capitolo 6: *** Mistakes ***
Capitolo 7: *** A bit of changes ***
Capitolo 8: *** Thoughts ***
Capitolo 9: *** Surprise ***
Capitolo 10: *** I love you ***
Capitolo 11: *** You're my home ***
Capitolo 12: *** Secrets ***
Capitolo 13: *** Meeting ***
Capitolo 14: *** Problem? ***
Capitolo 15: *** Are you in love? ***
Capitolo 16: *** I've got you ***
Capitolo 17: *** And you're gone, again ***
Capitolo 18: *** Emeralds in the oceans ***



Capitolo 1
*** Prologue ***


Che noia la scuola, tutte quelle ore passate dietro un banco ad ascoltare dei vecchietti blaterare. Meno male che questo è il mio ultimo anno del liceo e lo sto finendo con ottimi voti. Non sono uno di quei ragazzi modello che passano ore sopra i libri eppure riesco sempre ad ottenere il massimo del punteggio. Volete sapere il mio segreto? Josephine. Lei è la mia migliore amica e, come fanno tutte le buone amiche, mi suggerisce le risposte durante i test in classe. Chissà cosa sarei senza di lei. Probabilmente starei ripetendo ancora il primo anno del liceo che, per dirla tutta, mi hanno obbligato a fare.
Alzo lo sguardo e guardo l’orologio nella speranza che sia arrivata la tanto attesa fine dell’ora ma, per mia amara delusione, constato che sono passati solo venti minuti. Sbuffando tiro fuori dalla tasca della felpa il cellulare e osservo lo schermo. Come immaginavo. Stasera ci sarebbe stata un’ennesima stupidissima festa a cui sarei andato comunque. Il messaggio era di Zayn e diceva chiaramente che non avrebbe accettato un no come risposta, come sempre del resto.
Dovevo andarci, non volevo sembrare lo sfigato del gruppo.
L’unico problema era con chi.
Mi girai verso Jos e le mimai di guardare il cellulare. Ebbene si, avrei portato con me la mia migliore amica. Ero sicuro che non le sarebbero interessati i discorsi idioti dei miei amici e che odiava le corse clandestine, ma sapevo altrettanto bene che non mi avrebbe lasciato da solo.
E, proprio mentre cerco di scriverle un messaggio, quella scassa palle della professoressa mi chiede di continuare a leggere. Io, preso alla sprovvista, inizio a balbettare e a leggere un verso a caso di quella noiosissima poesia.
Leggo, nonostante lo sguardo truce della professoressa addosso.
Mi blocco.
Come uno smeraldo nell’oceano.
Mi piace, e anche tanto.
La metterò come stato di Whatsapp oppure come descrizione di una mia foto su Facebook.
Cercando di scacciare quei pensieri inopportuni dalla testa, noto che tutta la classe è rivolta verso di me.
Non ho nemmeno il tempo di scusarmi con la professoressa che essa mi urla contro: -Signorino Tomlinson, a cosa devo questa volta la sua disattenzione? Non starà per caso usando il cellulare? Lei sa quanto me che è assolutamente vietato il suo utilizzo durante le ore scolastiche. Solo perché ha ottenuto il massimo del punteggio nello scorso test non vuol dire che sia libero di fare quello che vuole.-
Ed è qui che smisi di ascoltare la solita lagna. Tutti i giorni era sempre la stessa storia. Non era colpa mia se delle materie letterarie non me ne era mai importato nulla. In realtà di nessuna materia, la scuola mi dava il volta stomaco. Il solo pensiero che tra poco sarebbero iniziate le vacanze natalizie mi rendeva euforico. E poi la vigilia di natale avrei compiuto diciannove anni.

Un pensiero dopo l’altro mi avevano fatto completamente dimenticare di essere a scuola e, sopratutto, che dovevo ancora chiedere a Jos se quella sera mi avesse accompagnato alla festa.
Nemmeno il tempo di guardare l’orologio appeso sopra la lavagna che, finalmente, quella maledettissima campanella suona.
Con la mia solita calma mi alzo dal mio posto e mi dirigo verso la mia amica, intenta a riordinare i quaderni.
-Hei Jos, com’è andata l’ora?-
-Cosa ti serve, Louis?- rispose lei alzando gli occhi al cielo, consapevole del fatto che avevo bisogno di un suo favore.
-Non è che stasera mi accompagneresti alla festa da Malik?- lo dissi con il tono più supplichevole possibile e cercai di fare una smorfia che, sfortunatamente, non si avvicinò nemmeno un po’ al tenero. Infatti provocò una risata alla bionda seduta di fronte a me. Sorrisi anche io aspettando una risposta.
-Loulou, sai quanto odio le feste di questo genere e sopratutto le corse clandestine.- rispose lei guardandomi seriamente.
Sapevo quanto odiava il fatto che io assistessi a quel genere di cose, più che altro aveva paura che venissi arrestato.
-Jos, non succederà nulla. Ti prego! Ho bisogno di te stasera, non puoi dirmi di no così. E poi è solo per stasera. Non te lo chiederò più. Fallo per me.-.
Annui sbuffando e io la abbracciai, felice della risposta.

Purtroppo non immaginavo che quelle parole sarebbero diventate realtà. Non glielo potei più chiedere davvero. Perché quella sera fu l’ultima che passammo insieme.

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Capitolo 2
*** A little party never killed nobody ***


 Qualche ora prima

 

Sono le otto e di Jos ancora nessuna traccia. E' in ritardo, come al solito. Prendo il telefono pronto a digitare il suo numero quando vedo la sua macchina parcheggiare nel vialetto di casa.

Ripongo il telefono nella tasca dei jeans e le vado in contro sorridendo. “Jos! Sei sempre in ritardo” esclamo io dandole un bacio sulla guancia.

Lei alza gli occhi al cielo, come è solita fare e risponde “Sali in macchina e taci, Lou”. Eseguo l'ordine ma, come di mia natura, non riesco a tacere e inizio a parlare di cose molto casuali senza seguire un vero e proprio nesso logico.

Esasperata la bionda esclama “La prossima volta che usciamo porto un sonnifero così magari dormi e non mi rompi le scatole.”. Detto questo si gira verso di me e sorride nel notare la smorfia che si era venuta a creare sul mio volto.

Sbuffando rispondo “Va bene, va bene. Adesso sto zitto.”. Lei sorride compiaciuta e mi domanda se volessi ascoltare un po' di musica e annuendo accendo la radio.

La stessa radio che verrà spenta qualche minuto. “A quest'ora non trasmettono niente di bello da ascoltare. Ti tocca ascoltare la mia bellissima voce.” ridendo iniziai ad intonare 'Viva la vida' dei Coldplay, una delle sue canzoni preferite.

Josephine batte il tempo sul volante. Lei mi aveva sempre detto che dovevo provare un'audizione per x-factor, diceva che ero intonato e che avevo una bella voce. Ma io ero convinto che lo dicesse solo per prendermi in giro.

Stavo per chiederle quanto mancava per arrivare a destinazione che intravedo, di fronte a noi, casa Malik.

Zayn era il più popolare della scuola e ammetto che era davvero carino. I suoi genitori erano sempre in viaggio per lavoro ed era questo il motivo per qui, la maggior parte delle feste, si tenesse a casa sua.

Abitava in una villetta, con piscina e grande giardino. Proprio di fronte a casa c'era una strada abbandonata dove, ogni mese, si teneva la gara tra macchine da corsa.

Scesi dalla macchina vediamo un ragazzo avvicinarsi a noi sorridendo “Tomlinson, sapevo che non mi avresti deluso e che saresti venuto. Chi è questa bellissima ragazza che hai portato con te”.

Ed ecco davanti a noi il bellissimo Zayn Malik con un ammaliante sorriso, lo stesso sorriso che mi aveva fatto innamorare di lui il giorno stesso in cui ci eravamo conosciuti.

Jos risponde sorridendo “Sono Josephine, la migliore amica di Louis”. Porge la mano a Zayn e lui gliela bacia con un mezzo sorriso sul volto.

Aveva in mente qualcosa ma non avrei lasciato che Jos venisse toccata da lui. Infatti senza pensarci due volte porto la ragazza vicino all'auto e le dico tornando serio in volto “Devi stare molto attenta stasera, okay? Non bere troppo e sopratutto, non stare da sola con individui come Zayn.”.

Sì, mi ero già pentito di averla portata alla festa ma non volevo sembrare il solito rompi scatole. Saremmo rimasti alla festa ma io non l'avrei persa di vista.

Lei annuì sbuffando ed entrammo nella bellissima viletta.
 

Tra risate, qualche bicchiere di birra e un bagno in piscina, era arrivata l'ora della corsa tra auto. Presi la mano di Jos e la portai con me al ciglio della strada. Uno dei miglior posti per osservare la gara. Ma anche il più pericoloso. Infatti tenevo stretta vicino a me la bionda.

Solo che un improvvisa necessità di andare al bagno mi costrinse ad affidare Jos a un ragazzo lì vicino. Sembrava affidabile. Più alto di me, non troppo muscoloso, con una buffa massa di ricci in testa.

Sorrisi.

Era davvero carino.

Scossi la testa per scacciare dei pensieri poco casti che mi stavano affiorando alla mente e mi avviai verso il bagno.

Come sempre la sfiga era con me. Trovai tutti e due i bagni occupati e con una fila che non finiva più. L'urgenza era troppo elevata per poter rimandare e mi misi in coda.

Sentii lo sparo della pistola e le urla dei ragazzi fuori. Dovevo trovare un modo per passare davanti agli altri. La mia poca fantasia mi portò a un'unica soluzione: svuotare la vescica contro un albero.

Alzai le spalle pensando che non fosse una brutta idea e mi diressi verso il cortile di fronte alla casa.

Ci furono delle urla. Urla di terrore.

Iniziai a correre verso la strada dove si era tenuta la corsa.

Gente che correva via, gente che si disperava.

E' successo qualcosa, di sicuro. Aumento la velocità e cerco Jos. Non la vedo, c'è troppa gente, troppa confusione.

Decido di cercare la massa di ricci indomabili, mi fermo un secondo e guardo nel punto dove li avevo lasciati.

Un'automobile era uscita di strada spinta, probabilmente, da un altra.

Preso dall'ansia e dalla paura mi metto a correre come un dannato in direzione della macchina e vedo un gruppo di gente sopra qualcosa. O qualcuno.

Inizio ad urlare il nome della bionda, la gente intorno a me mi guarda e abbassa la testa.

Arrivo al gruppo di ragazzi, mi faccio largo e a terra vedo due corpi immobili.

“Chiamate l'ambulanza, presto! Non state qui a guardare!” esclamo con quel poco di voce che mi esce.

Vicino a Jos c'era il riccio, anche lui inerme.

Era colpa mia se erano lì, in fin di vita.

La gola iniziò a bruciarsi e le lacrime iniziarono a scendere.

Sentii solo più le ambulanze arrivare prima che svenissi.

E pensare che l'ultima cosa che avevo detto a Jos era stata 'Bionda, vado a svuotare la mia minuscola vescica. Forse hai ragione tu, ho qualche problema.”. Almeno l'avevo fatta ridere.

Tra alle mille domande che mi stavo facendo in quel momento ne avevo una che mi ronzava in mente ed era più insistente delle altre.

Di che colore aveva gli occhi il riccio?

 

Mi risvegliai di soprassalto in un letto di ospedale constatando che non era stato solo un brutto sogno. L'incidente era avvenuto davvero e ora l'unica cosa che mi restava era pregare che i due ragazzi fossero ancora vivi. Non me lo sarei mai perdonato.

Mi alzai dal letto e corsi verso la prima infermiera che vidi. Le chiesi di due giovani coinvolti in un incidente e lei mi chiese “Giovanotto, sei un loro parente?” io mentii dicendo che ero il cugino della ragazza.

Mi guardò, abbassò la testa incapace di reggere il mio sguardo e scosse la testa.

Il mondo mi crollò addosso.

Era colpa mia, ce lo avevo portata io alla festa pur sapendo quanto era pericoloso.

Ora che l'unica certezza che avevo era andata via, come sarei andato avanti?

E proprio mentre mi facevo questa domanda, i miei occhi incontrarono due smeraldi.

 

 

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Capitolo 3
*** Delusion ***


Davanti a me c'era lui. Il riccio di cui tanto volevo scoprire il colore degli occhi.
Stava bene, aveva solo qualche graffio. Senza pensarci due volte mi alzai di scatto e andai da lui ad abbracciarlo. Non eravamo amici, non c'era nessun rapporto tra di noi ma ero sollevato nel sapere che stava bene. Forse per il semplice fatto di avere una morte in meno sulla coscienza.
Volevo sapere come erano andate le cose, così gli presi il braccio e lui mi seguì senza protestare.
Con la voce tremante mi spiegò l'accaduto. Durante tutta la spiegazione non aveva alzato lo sguardo da terra e ora era ancora li, con gli occhi puntati sul pavimento tutto tremante. Allungai il braccio e gli voltai il viso verso di me, costringendolo a guardarmi negli occhi.
Era stanco. Aveva due occhiaie profonde sotto gli occhi e il viso pallido. Probabilmente non aveva chiuso occhio da quando si era risvegliato in quell'ospedale.
Lo guardai meglio negli occhi. Erano bellissimi. Verde smeraldo, profondi. Così profondi che dovetti distogliere lo sguardo per paura di cadere in quel vuoto che nascondevano.
Sospirai "Non è colpa tua. Io te l'ho affidata e tu hai cercato di salvarla rischiando la vita. Non ci conoscevi e hai fatto tutto questo per noi. Hai un cuore d'oro." dissi cercando di rassicurarlo ma l'unica reazione che provocai al riccio fu uno sguardo, seguito da un "No. Non è come sembra. Io non ho un cuore" sussurrato ma non abbastanza da non essere sentito dal sottoscritto.
Mi girai stupito dalle parole appena sentite e lo guardai, lui evidentemente a disagio abbassò la testa. Decisi di lasciar perdere. Avevo già troppi pensieri per la testa in quel momento.
Mi alzai deciso di tornare a casa, mia madre era ancora in vacanza e non sarebbe tornata prima di domani.
Presi la mia roba dalla stanza e mi diressi nel punto dove avevo lasciato il riccio. Non trovai nessuno, rimasi deluso. Volevo ringraziarlo, vedere quegli occhi ancora una volta. Sospirai e uscii dall'ospedale.
Una volta arrivato a casa decisi che da quel momento in avanti nulla avrebbe avuto più senso. Avevo perso Josephine, per sempre.
Mi chiusi in camera e non uscii nemmeno quando la mamma e tutte le mie sorelline tornarono dalla vacanza. Non mangiavo molto, non mi lavavo. Dormivo tutto il giorno sperando di risvegliarmi con un messaggio di Jos del tipo "Stasera cinema, ci vediamo lì". Ma che non arrivava mai.

Il giorno prima del mio compleanno mamma bussò alla porta ma non per chiedermi se volevo mangiare qualcosa o supplicandomi di uscire. Quel pomeriggio le sue parole furono "C'è un ragazzo alla porta che dice di conoscerti, si chiama Harry."
Harry? Non conoscevo nessun Harry. Chi diavolo era allora? Non risposi a mia madre e misi la testa sotto il cuscino.
Ma le ultime parole di mia madre mi fecero scattare in piedi. "Dice di dirti che vi siete conosciuti la sera dell'incidente".
Il ragazzo riccio. Mi ero completamente dimenticato di lui. Mi avvicinai alla porta e l'aprii trovandomi da una parte mia madre e dall'altra lui.
Gli presi il braccio e lo trascinai in camera richiudendo la porta a chiave subito dopo.
"Cosa ci fai tu qui? E soprattutto, come mi hai trovato?" esclamai furioso. Lui mi guardò, notai il disagio nei suoi gesti e mi pentii di averlo attaccato in quel modo. "Scusami, davvero." gli dissi sedendomi sul letto.
Lui mi guardò indeciso sul da farsi allora gli feci gesto di sedersi vicino a me.
"Sei in pessime condizioni, Louis. Si vede che non mangi molto da settimane, sei dimagrito e questa stanza è un porcile." disse lui tutto d'un fiato appena seduto vicino a me. Che stava facendo? Si stava preoccupando per me?
"Perché sei qui? Non ci siamo parlati quasi mai. Perchè dovresti preoccuparti per me?" gli chiesi voltandomi verso di lui. Mi guardò. Lo ammetto, mi erano mancati i suoi occhi ma oggi erano diversi. Come se ci fosse un qualcosa e che quel qualcosa non mi facesse più vedere dentro, come quella mattina all'ospedale.
"Non mi sto preoccupando per te, alcuni tuoi amici sono passati di qua e non erano riusciti a parlarti. Mi hanno chiesto di venire perchè ci avevano visti parlare la sera dell'incidente. " disse lui alzando le spalle. Sentii lo stomaco chiudersi. Ero deluso da quella risposta, ma non ne sapevo il motivo. Mi alzai e mi avviai verso la porta. "Allora puoi anche andartene perchè, se non ho cambiato idea con dei miei amici, non lo farò con te." gli dissi con tono più velenoso possibile.
Che mi stava succedendo? Non era da me rimanerci male per delle parole dette da una persona praticamente sconosciuta. Quel ragazzo aveva uno strano effetto su di me. Lo avevo capito dal primo sguardo che ci eravamo scambiati.
Lui mi guardò e sorrise.
Oltre agli occhi aveva anche un sorriso meraviglioso. Lo osservai per un po' e constatai che era davvero bellissimo. Avendo paura che lui notasse il mio sguardo fisso su di lui, dissi "Harry, o come ti chiami, credo sia l'ora di andare e lasciarmi in pace". Si alzò e mi tese la mano "Non mi sono presentato, io sono Harry Styles" e mentre lo diceva mi sorrise, di nuovo. Diamine. Gli strinsi la mano sperando che non notasse il tremore e dissi "Louis Tomlinson ma credo tu lo sappia già". Mi fece l'occhiolino e uscì dalla camera.
Sentii la porta d'ingresso chiudersi e mi buttai sul letto.

Non so cosa era successo ma dalla mattina in cui avevamo parlato in ospedale a oggi era cambiato. E io volevo scoprire perchè.
Decisi che quello era l'ultimo giorno che avrei passato in quello stato. Avrei pulito camera mia e mi sarei dato una pulita. Iniziai subito e appena uscii dalla stanza con dei sacchi di spazzatura mamma mi guardò interrogativa "Cosa stai facendo?" mi chiese inclinando leggermente la testa di lato. Mi fermai e la guardai un attimo prima di esclamare "Sono uscito da camera mia dopo così tanto tempo, sto mettendo apposto e tu mi chiedi cosa sto facendo?". La donna sbuffando si diresse in giardino.
Dopo aver finito di pulire decisi che fare una doccia non era una cattiva idea. Andai in bagno e mi spogliai. Rimasi schifato nel vedere il mio corpicino magro come non l'avevo mai visto. Dovevo prendere qualche chilo e in fretta.

Uscito dalla doccia mi sentivo già meglio, presi il telefono e mandai un messaggio a Niall. Dovevo uscire e informarmi su come andavano le cose. Era da un po' che non uscivo, mi avrebbe fatto bene.

Presi la giacca e uscii sorridente. Niall era davanti casa mia ad aspettarmi. Notando il mio sorriso sospirò sollevato, era felice di vedermi così.
Lo abbracciai forte e lui mi sorrise sussurrando un 'mi sei mancato'. Ci incamminammo verso il parco dove andavamo di solito.
Tra tutte le persone esistenti proprio lui dovevamo incontrare qui? E mentre ci stavamo avvicinando lui si voltò verso di noi, mi guardò e, dopo aver mostrato un ghigno, scappò via.  

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Capitolo 4
*** Same needs ***


Harry era li nel parco. Non lo avevo mai visto in giro per Doncaster. Magari si era trasferito da poco. Dovevo scoprire di più su di lui ma non ora. Ero con Niall e dovevamo parlare un po' di come andavano le cose. Così gli chiesi "Allora Nialler, da quando non sono più in circolazione è successo qualcosa di interessante?" guardandolo e aspettando una risposta. Mi disse che non c'era nulla di nuovo se non il trasferimento in città del ragazzo che avevamo visto prima. Harry.
Si era trasferito davvero. Niall mi disse di non conoscere molto su di lui.
Cercai di non pensarci più e di godermi il bellissimo tramonto davanti a noi, ma tutti i miei tentativi risultavano vani. Continuavo a ripensare al suo sorriso. Cavolo, mi aveva ipnotizzato. Ripensandoci sorrisi a mia volta senza accorgermene; Niall al contrario mio, però, lo fece e mi guardò con fare interrogativo.
Iniziai a balbettare e l'unica scusa che mi venne in mente fu "Stavo pensando a quanto è bello stasera il tramonto, non credi?". Scoppiò a ridere e scosse la testa "Cosa ti succede Lou? Hai per caso conosciuto qualche ragazza che ti ha fatto perdere la testa?" mi disse mostrando un sorrisetto.
"Magari, Nialler. In questo momento ne avrei tanto bisogno." sospirai. Era vero, dopo la scomparsa di Jos avevo tanto bisogno di una figura femminile nella mia vita. Ma non come fidanzata, ero gay ma nessuno tranne Jos lo sapeva. Ero sempre stato attratto dai maschi, fin da piccolo. Mi vergognavo a dirlo anche se non ne sapevo il motivo. Pensavo che non mi avrebbero accettato.
La mia mente era ancora invasa da quei pensieri quando tornai a casa e mi misi nel letto. Dovevo riposare un po', il giorno dopo sarebbe stato il mio compleanno e io dovevo essere al pieno delle mie forze. Ripensai a quegli occhi color smeraldo e, sorridendo, mi addormentai.

Fui svegliato dalle urla di Lottie di sotto. Era arrivato il giorno del mio compleanno e io lo avrei passato con Niall, molto tranquillamente: video game, patatine e un bel film. Tutti gli anni era sempre così e non avevamo intenzione di cambiare o almeno così credevo.
Appena sbloccato il telefono lessi il messaggio di Niall con su scritto 'Oggi andiamo al bowling, passo a prenderti io'.
Alzai le spalle e mi alzai dal letto, pronto ad affrontare gli auguri di mia madre e delle mie sorelle. Scesi di sotto ma non trovai nessuno se non un bigliettino dove c'era scritto che erano andate dalla zia.
Presi le chiavi e uscii incontrando un Niall sorridente nel vialetto di casa. "Auguri vecchietto" mi disse dandomi una pacca sulla spalla. Lo ringraziai ridendo a quelle parole e ci avviammo verso il bowling.
Non me lo sarei mai aspettato da Niall, mi aveva organizzato una festa a sorpresa! C'erano tutti i miei amici che mi vennero incontro abbracciandomi e facendomi gli auguri.
Sorridevo, felice della sorpresa fino a quando non vidi lui. Harry era lì, in un angolo con il telefono in mano. Era vestito abbastanza elegante e sì, era bellissimo. Niall dovette scuotermi perché mi ero incantato mentre lo guardavo. Lo aveva invitato e non capivo se fossi felice o turbato da quella sorpresa. Quel ragazzo era un tipo misterioso e forse era questo il motivo per cui ero tanto attratto da lui.
Facemmo tutti insieme una partita e dopo aver aperto tutti i regali, Harry si avvicinò a me.
Aveva un foglietto in mano che mi porse sorridendo "Buon compleanno, Tomlinson" e, detto questo, se ne andò lasciandomi li con quel biglietto tra le mani. Decisi che lo avrei aperto solo una volta arrivato a casa.
La serata passò in fretta e anche se cercavo di divertirmi e di non pensarci, i miei pensieri finivano sempre ai suoi auguri e a quel stupido foglietto. Dovevo smetterla di pensare così tanto a lui.
Uscire un po' con Malik me lo avrebbe fatto dimenticare. Se non per sempre almeno per quelle ore che avrei passato insieme a lui.

Arrivato a casa, mi spogliai e in boxer mi misi nel letto. Presi il bigliettino e lo aprii. Era tutto stropicciato e ingiallito. Ma si leggeva benissimo, c'era un numero di telefono e un scritta: 'se vuoi uscire un po' non esitare a chiedermelo, potremmo vederci al parco e magari diventare amici ;)'. Sorrisi. Mi dimenticai della cosa che avevo pensato prima, del fatto di uscire con Malik. L'unica cosa di cui avevo bisogno in quel momento era vedere Harry. Sì, sembrava strano anche a me ma avevo bisogno dei sui occhi fissi nei miei e così, senza esitare presi il telefono e composi il messaggio. Lo stesso messaggio che ci fece incontrare nel parco poco dopo.
Era seduto sull'altalena, stretto nella giacca, con i capelli scompigliati dal vento. Sospirai e mi sedetti vicino a lui. In quel momento mi sembrava la stessa persona che avevo visto all'ospedale. Quella persona che cercava di nascondere dietro un Harry strafottente e stronzo. Quella stessa persona talmente fragile da potersi frantumare in mano se stretto troppo forte.
Pensai a quanto potesse essere forte il suo carattere da riuscire a nascondere la sua parte più fragile, era un uragano. Io non ce l'avrei mai fatta e la mia reazione alla morte di Jos ne era stata la dimostrazione.
In quel momento avevo solo bisogno di un abbraccio ma di chiederlo ad Harry non mi sembrava il caso. Così, per rompere il silenzio e l'imbarazzo tra di noi, gli chiesi come stava. Mi rispose abbassando la testa "Va tutto una merda, qui. Vorrei tanto tornare a Holmes Chapel. Lì era tutto più facile.". Mi dispiaceva per lui, davvero, ma non sapevo cosa dire. Non ero mai stato bravo nel confortare la gente. Cercavo di farla ridere con qualche mia battuta ma in quel momento, l'unica cosa che volevo fare era abbracciarlo.
E, come se mi avesse letto nel pensiero, me lo chiese lui. Mi alzai e lo strinsi, cercando di farlo sentire meglio. Al contatto con la sua pelle il mio corpo rabbrividì. Sentii il suo cuore battere sul mio petto. Stavo bene, come se lui fosse l'unica cosa di cui avevo bisogno in quel momento.
Si staccò da me e un improvviso brivido mi attraversò la schiena. Si sedette di nuovo sull'altalena e io feci lo stesso.
Poi mi guardò e, trovata la forza di affrontare il suo sguardo, mi voltai verso di lui. I miei occhi si scontrarono con i suoi e li capii quanto mi erano mancati, anche se mi trascinavano in un vuoto senza fondo. Avevo bisogno di guardarlo ancora e ancora. Quando ci guardavamo negli occhi era come se tutto il mondo intorno a noi scomparisse. C'ero solo più io, perso in quell'infinito che racchiudevano. Sospirai pensando che l'unico regalo di cui avevo veramente bisogno quella sera era una bussola perché, cazzo, io in quegli occhi mi ero perso davvero.  

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Capitolo 5
*** Feelings ***


Quel bisogno ossessivo che avevo dei suoi occhi aumentava ogni giorno di più. Era arrivata la fine delle vacanze natalizie e io ed Harry ci vedevamo una sera alla settimana al parco. Parlavamo dei nostri problemi, di quello che ci passava la testa. Quelle sere lui non si nascondeva dietro la maschera di indifferenza che era solito portare. Si fidava di me e io non lo avrei fatto soffrire.
L'unico problema era che quando eravamo in giro con gli altri nostri compagni si comportava da vero stronzo. Infatti cercavo di non uscirci quasi mai, faceva male vederlo così.

Eravamo al cinema, non avevo potuto rifiutare perché non avevo scuse attendibili da rifilare a Niall. Ovviamente c'era anche Harry e, dopo esserci salutati, non parlammo molto.
Lo guardai di nascosto, cercando di non essere visto. Il mio sguardo si fermò sulle sue labbra. Erano rossissime, gonfie e, appena ci passò la lingua sopra per bagnarle un po', dovetti trattenermi dal baciarlo. Mi morsi il labbro inferiore, mi voltai e non pensai altro che a divertirmi.
Dopo il film Niall ebbe la brillante idea di andare a mangiare qualcosa. Lo fulminai con lo sguardo ma lui non lo notò.
Mi arresi e li seguii verso la pizzeria dove mangiammo. Mentre andavamo al parco guardai Harry per la prima volta dalla fine del film.
Volevo tanto capire perchè quando eravamo soli in quello stesso parco era diverso, ma la mia vita non poteva girare attorno a lui.
Dovevo togliermelo dalla testa, anche a costo di non vederlo più una sera a settimana. Avrei dovuto rinunciare ai sui occhi e sapevo benissimo che sarebbe stato difficilissimo, ma era il prezzo da pagare per aver voluto conoscere la sua parte più fragile.
Harry mi piaceva. Mi piaceva ma non come amico. Tutte le volte che lo guardavo sorridere il cuore iniziava a battermi velocissimo e non capivo più un cazzo.
Sorrise proprio in quel momento e mi venne voglia di baciarglieli tutti quei sorrisi che faceva. Così, giusto per sapere che gusto avevano.
Dovevo parlare a Niall di questa cosa, non riuscivo più a tenermela dentro. Gli avrei chiesto di uscire appena arrivati a casa.
Mi ero allontanato dal gruppo senza accorgermene e allora tornai dai miei amici. La serata passò molto lentamente, i minuti sembravano giorni e le ore mesi. Dovevo andarmene, dormire, dimenticare. Mi sentivo soffocare, come se mi mancasse l'aria.
Una voglia improvvisa di piangere mi fece iniziare a correre. Scappai via senza dire nulla, senza una meta definita. Correvo con tutte le mie forze. Sentii solo le urla dei miei amici e i passi di qualcuno dietro di me prima di cadere a terra in un prato.
I passi si fecero sempre più vicini, fino a quando un Harry senza fiato si sedette vicino a me.
Perché era venuto lui? L'unica persona che non volevo vedere in quel momento. Lo guardai, stavo per pregarlo di andarsene quando mi abbracciò forte. Fortissimo.
Non sarei mai riuscito a dimenticarlo, avevo bisogno di lui più di qualunque altra cosa. Diamine, cosa aveva di tanto speciale quel riccio? Riusciva a farmi cambiare idea da un secondo all'altro con un semplice sorriso o un abbraccio. Non dovevo innamorarmi anche se avevo paura che il guaio fosse già capitato.
Mi sdraiai sull'erba supino e chiusi gli occhi sospirando. Lui, invece, rimase seduto vicino a me.
"Non ce la faccio più a vivere in tutto questo schifo. A volte voglio solo prendere le mie cose e scappare via. Lontano da tutta questa merda, lontano dai ricordi di Jos e, soprattutto, lontano da te." la voce mi si spezzò sulle ultime tre parole. Volevo dimenticarlo con tutto me stesso. Lui e i suoi occhi mi stavano uccidendo. Però ne avevo troppo bisogno. Erano come veleno e antidoto.
Lui si girò e solo quando il suo sguardo fisso su di me divenne insopportabile, aprii le palpebre. Aveva gli occhi lucidi, per colpa mia era sul punto di piangere. Mi sentii terribilmente in colpa, ero talmente egoista che non avevo minimamente pensato alla reazione che le mie parole avrebbero provocato al riccio.
Però non potevo mentire. Mi stava rovinando la vita. Dimenticarlo o andarmene era le uniche opzioni che avevo.
Di dimenticarlo non ne sarei mai stato capace, in fondo: come facevo a dimenticare quegli occhi e quel sorriso? Non potevo.
Andarmene. Sì, ma dove? Magari da mio padre a Londra. Avrei detto alla mamma che volevo farmi nuovi amici e che il ricordo di Jos era troppo forte per restare. Mi avrebbe creduto e mi avrebbe lasciato andare.
Guardai Harry. Aveva la testa abbassata e stava piangendo. Gli girai il volto delicatamente e ci guardammo per secondi che sembrarono ore.
"Me ne vado, Harry. Tu mi piaci e anche troppo. Restare qui non farebbe bene a nessuno dei due." glielo avevo detto. Gli avevo confessato i miei sentimenti e senza nemmeno pensarci.
Avevo provocato un suo sorriso con quelle parole. Ecco, ero stato uno stupido.
Diminuì pericolosamente la distanza tra di noi e poi sorrise di nuovo notando il mio tremore. "E come faresti poi, senza i miei occhi?". Non lo sapevo nemmeno io e la cosa mi faceva paura.
Avevo il suo corpo a pochi centimetri, avrei potuto baciarlo alzandomi semplicemente sulle punte. Sì, era più alto di me e anche di tanto. Sorrisi al pensiero.
Gli guardai le labbra e mi morsi le mie. Non potevo baciarlo, dovevo trattenermi. E poi lui non era nemmeno interessato ai ragazzi. Almeno così credevo.
Era bellissimo anche con gli occhi arrossati dal pianto di prima, con i capelli scompigliati dal vento, con delle profonde occhiaie sotto gli occhi. Sorrise mostrando le sue bellissime fossette, questa volta non riuscii a trattenermi. Gliele sfiorai, lui rabbrividì e io ritrassi subito la mano. Ma lui la prese e se la mise nel punto in cui lo avevo sfiorato prima.
Sorrise di nuovo e io decisi che lo avrei baciato.

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Capitolo 6
*** Mistakes ***


Lo avrei baciato se non fossero arrivati gli altri ragazzi del gruppo ad interromperci. Sospirai. Da una parte era un bene non averlo baciato: mi sarebbe mancata una parte in meno di lui. Sapevo benissimo che se gli avessi dato un bacio poi ne avrei voluti avere tanti altri.
Tranquillizzai gli altri dicendo che avevo avuto una semplice voglia di correre improvvisa ma Niall non mi credette.
Infatti, appena rientrato in casa, mi arrivò un suo messaggio nel quale c'era scritto 'Cosa succede Lou? Dobbiamo parlare. Domani pomeriggio vengo da te.' e con quelle parole capii che il giorno dopo, ovvero il giorno di natale, avrei dovuto affrontare Niall, mia madre e Harry.
Sì, ero davvero deciso a partire. Avevo qualche soldo da parte e li avrei usati per prendere un treno diretto a Londra.
Cercai di dormire un po' ma non ci riuscii e le occhiaie sotto i miei occhi lo fecero notare anche a Niall, che era appena arrivato a casa mia.
Lo feci sedere accanto a me sul divano e inizia a parlare.
"Niall, non ce la faccio più. Tutto questo schifo mi sta uccidendo. Mi manca Jos e tutte le cose me la fanno tornare in mente. Ho deciso di andare da mio padre per un po', magari tornerò tra qualche mese e starò meglio di adesso." abbassai la testa e mi misi a giocare con i lacci del pantalone che portavo.
Non ero pronto a sentire le scuse che avrebbe inventato per farmi restare. Però mi stupì anche questa volta.
"Se vuoi andartene hai dei motivi validi per farlo, non sarò certo io a fermarti ma sai che io sono qui e ci sarò sempre quando ne avrai bisogno. Anche alle tre di notte, anche quando sarai a Londra non esitare a chiamarmi se avrai bisogno di qualcosa." si alzò aspettando che facessi lo stesso e mi abbracciò. Era uno di quegli abbracci che non ci davamo da tempo, mi erano mancati.
Gli sussurrai uno 'scusa' nell'orecchio e lo lasciai andare da solo verso l'uscita.
Probabilmente, dopo Harry, Niall era la persona che mi sarebbe mancata di più.

Avevo chiamato mamma che era ancora dalla zia, dove andava tutti gli anni per natale, e le avevo detto della mia partenza. Dopo un po' di suppliche per farmi rimanere, l'avevo convinta che era la cosa migliore da fare.
Ora ero sul divano, con uno zaino vicino ai piedi pronto per partire.
Harry. Dovevo andarlo a salutare, anche se nel profondo sapevo che non gli sarei mancato nemmeno un po'. Però dovevo vederlo ancora un volta.
Gli scrissi un messaggio dicendo che era urgente e ci incontrammo nel parco poco dopo.
Vide lo zaino e sorrise "Allora parti sul serio, eh?" il suo, però, era un finto sorriso. Si vedeva a chilometri di distanza.
"È la cosa migliore da fare, Harry. Mi sto innamorando di te, tutto il mio mondo gira intorno a te. Sei come il mio maglione preferito: pieno di difetti ma sempre perfetto per me. Non riesco a non pensare ai tuoi occhi o al tuo sorriso. E la cosa più brutta è che ogni volta che ti vedo vorrei baciarti ma non posso farlo, perché io non ti piaccio e mai lo farò e.." mi interruppi, lo guardai. Aveva la testa abbassata, non riuscivo a capire se stava piangendo o no. Mi avvicinai e lui iniziò a gridare "Non dovevi innamorarti di me, io non sono la persona che credi tu. Sono un casino e tu non puoi innamorarti di un casino, nessuno lo fa. Hai ragione, andare via da qui ti farà bene. Dimenticarmi ti farà bene."
Dentro di me sentii qualcosa rompersi. Un nodo alla gola sempre più forte mi fece scoppiare a piangere.
Presi lo zaino e mi avviai verso la stazione, non molto lontana da li.
Aveva ragione, andarmene da lì mi avrebbe fatto bene. Lo avrei dimenticato e, una volta tornato a Doncaster, avrei iniziato tutto da capo.
Ed eccomi li seduto su una panchina, aspettando il treno stretto nella giacca e con mille pensieri per la testa.
Il mio treno era in arrivo sul binario due e io sospirando mi alzai dal posto.
Fino a poco prima di salire su quel maledetto treno avevo sul serio sperato che Harry arrivasse correndo a fermarmi, a dirmi di non andarmene. Ma non era arrivato e con il cuore pesante mi ero seduto al mio posto, chiudendo gli occhi e aspettando la partenza verso Londra.

Harry

Correvo con tutta l'aria che avevo nei polmoni, dovevo arrivare alla stazione prima che il treno per Londra partisse.
Appena arrivato iniziai a sbattere contro la gente che camminava tranquilla con le valigie. Ma in quel momento mi interessava solo di una cosa: fermare in tempo Louis.
Correvo nonostante la stanchezza, il dolore ai piedi e la mancanza di aria. Correvo perché vederlo scendere dal treno per poi baciarlo, mi avrebbe ripagato di tutta quella fatica.
Avevo bisogno di lui più di qualunque altra cosa in quel momento, non potevo lasciarlo andare via così.
Fermai un signore che probabilmente lavorava lì e gli chiesi del treno per Londra. Mi guardò un secondo che a me sembrò non finire mai. E poi mi disse che era in partenza al binario due.
Dovevo muovermi.
Senza ringraziarlo ricominciai a correre in mezzo alla gente, caddi sopra il pavimento bagnato ma mi rialzai più carico di prima.
Arrivai al binario due proprio mentre il treno partiva, non riuscii a fare nulla per salire o fermarlo.
Mi presi il volto tra le mani e iniziai a piangere a dirotto.
Trascinai i piedi fino al muro più vicino dove mi accasciai. Mi girai e tirai un pugno così forte che le nocche iniziarono a sanguinarmi.
Non ero riuscito a fermarlo, Louis era partito per Londra e non sapevo quando e se sarebbe tornato.


 

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Capitolo 7
*** A bit of changes ***


Louis

Avevo dormito per la maggior parte del viaggio e adesso stavo guardando il panorama. Stavamo per entrare in Londra e la sensazione di aver fatto lo sbaglio più grande, aumentava sempre di più. Non avrei resistito molto con mio padre, lo sapevo bene.
Presi il mio zaino e mi avviai verso la porta che da li a poco si sarebbe aperta, lasciandomi la possibilità di scendere.
Mi mancava Harry, i suoi occhi, il suo sorriso. Mi mancava già e non erano nemmeno passate due ore da quando lo avevo lasciato davanti alla porta, a casa sua.
Ero troppo preso dai miei pensieri per accorgermi che il treno si era fermato e che la gente mi urlava di spostarmi dalla porta.
Mi scusai a bassa voce e, messo lo zaino in spalle, presi una grande boccata d'aria. Ero arrivato lì con un obbiettivo: dimenticare Harry. Non sarebbe stato facile e quello lo sapevo dalla partenza, ma ci avrei messo tutte le forze che avevo in corpo per farcela.
Iniziai a camminare senza sapere come arrivare a casa di mio padre. Non ero quasi mai stato a Londra e per me, non molto bravo ad orientarmi, era un problema in più.
Chiamai mio padre che mi disse di aspettare davanti alla stazione, sarebbe venuto a prendermi lui.
Non ero pronto ad iniziare tutto da capo, per di più da solo, ma era l'unica opzione che avevo.
Mi squillò il telefono e dovetti leggere il messaggio dieci volte prima di capire quello che c'era scritto. Era di Harry ed era proprio quello che mi aveva stupito.
Il messaggio diceva 'Louis, io ci ho provato a fermarti. Ho corso come un matto per arrivare in tempo alla stazione ma il treno stava già partendo. Non dovevo risponderti così quando mi hai detto cosa provavi. Ho sbagliato, mi dispiace. Torna presto. Harry x'
Era venuto alla stazione per fermarmi, lo aveva fatto solo per me. Mi asciugai le lacrime che mi erano iniziate a scendere dagli occhi e dissi a bassa voce "Mi dispiace, Harry. Ma per adesso non tornerò". Eliminai il messaggio e chiusi un attimo gli occhi cercando di cancellare quelle parole dalla mente. Peggiorai la situazione perchè me le impressi nella mente, dalla quale non sarebbero più uscite. Come del resto anche lui.
Nel frattempo mio padre era venuto a prendermi e ora stavamo arrivando nel palazzo dov'era situato il suo appartamento.
Non era grande ma per essere nel centro della grande città era molto accogliente. Mi ci sarei trovato bene. Magari mi sarei fatto qualche amico.
Pensai che in fondo non era così male cambiare vita per un po', mi avrebbe davvero fatto bene.

Harry

Aspettai giorni, settimane ma Louis non rispose mai a quel messaggio. Subito dopo averlo mandato mi ero pentito, sapevo che non mi avrebbe mai risposto.
A questo punto l'unica opzione che mi rimaneva era dimenticarlo anche io, e Zayn mi sarebbe stato molto utile.
Ci eravamo iniziati a sentire qualche giorno prima e oggi ci saremmo dovuti incontrare a casa sua. Ero abbastanza nervoso senza un vero e proprio motivo.
Qualche ora dopo ero nel parcheggio di fronte a casa sua, con le mani in tasca e la testa nascosta sotto il cappuccio di una giacca troppo grande. La porta della villetta si aprì e uno Zayn sorridente mi venne incontro "Entriamo, qua fuori si gela." e detto questo mi fece strada dentro casa sua. Era proprio come me la ricordavo, spaziosa ma inospitale. Era senza personalità, si vedeva subito che nessuna donna aveva mai contribuito nell'arredamento.
Alzai le spalle e mi sedetti sul divano. Feci una smorfia che Zayn notò subito "Non è molto utilizzato quel divano, per questo è così scomodo" sorrise.
Non gli interessava quello che pensava la gente di lui e si vedeva. In questo senso mi assomigliava molto.
"Allora, di cosa hai bisogno?" la sua voce calda mi risvegliò dai pensieri e lo guardai un attimo prima di rispondere. Era davvero attraente e capivo perchè molta gente era interessata a lui.
Lo guardai negli occhi e dissi "Devo dimenticare e ho sentito in giro che tu sai come aiutarmi". Sorrise malizioso, aveva capito cosa intendevo.
Mi fece segno di seguirlo e, attraversato tutto il corridoio, sbucammo in una camera da letto.
Anch'essa era impersonale, proprio per questo non riuscii a capire se si trattasse di camera sua.
Iniziò a sbottonarmi i pantaloni, sospirai chiudendo gli occhi e cercando di convincermi che stavo facendo la cosa giusta.
Mi vennero in mente le parole di Louis pronunciate quella sera, rabbrividii.
Non sarebbe stato facile ma ce l'avrei fatta, come tutte le altre volte in cui qualcuno mi aveva abbandonato.

Louis

Ero a Londra da ormai un mese e la mia vita andava alla grande. Avevo fatto tante nuove amicizie, in particolare avevo legato con una ragazza. Era alta, più di me, con i capelli lunghi e bruni. Io la chiamavo El ma il suo vero nome era Eleanor.
Non pensavo quasi mai alla mia vita a Doncaster, sentivo ogni tanto Niall ma nulla di che.
Ogni tanto la sera, prima di addormentarmi, pensavo ad Harry e una fitta al cuore mi faceva addormentare con il magone addosso.
A volte lo sognavo, più che altro facevo degli incubi dove lui mi lasciava da solo.
Stare lontano da lui mi faceva bene ma altrettanto male. Avevo ancora quel bisogno di lui, dei suoi occhi.
Quel pomeriggio avevo deciso che sarei tornato a Doncaster per il week-end, sarei stato un po' con mamma e avrei salutato Niall.
Magari sarei andato anche da Harry ma quello lo avrei deciso sul momento.
Stavo per salire su un treno, di nuovo. Ma questa volta la direzione era inversa, stavo tornando a casa.
Lo avevo detto a mamma che tutta felice mi avrebbe aspettato alla stazione. Mi mancava tanto, anche se la maggior parte delle volte rompeva le palle.
Non volevo ammetterlo ma stavo tornando soprattutto per sapere come stava lui senza di me.
Nel profondo speravo gli mancassi almeno un pochino.
Lo speravo fino a quando non mi arrivò un messaggio di Niall 'Gira ovunque questa foto di Harry e Zayn a casa di quest'ultimo'. Guardai la foto.
Presi il biglietto del treno e lo strappai.
Harry mi aveva dimenticato fin troppo in fretta con Zayn e io non sarei tornato a Doncaster solo per vedere quella foto ovunque.
Rimanere a Londra era la scelta giusta, magari non momentaneamente. Magari per tutta la vita.


 

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Capitolo 8
*** Thoughts ***


Harry

Se avessi scoperto chi aveva scattato quella foto non ne sarebbe uscito vivo. Non avendo più una dignità, l'unica cosa che mi rimaneva era sperare che quella foto non l'avesse vista Louis. Mi avrebbe odiato per sempre.
Ogni tanto ripensavo a quel messaggio senza risposta che gli avevo inviato. Era passato circa un mese ma io non ero riuscito a dimenticare.
Come non ero riuscito a dimenticare i suoi bellissimi occhietti vivaci. All'apparenza potevano sembrare dei semplici occhi azzurri ma, se osservati meglio, potevano svelare l'intero universo racchiuso al loro interno.
Mi mancava Louis, come se da quando se n'era andato nulla aveva senso. Infondo lui era il senso che avevo dato a questo mondo sbagliato.
Dovevo assolutamente incontrare Niall e chiedergli di non far vedere a Louis quella foto.
Lo chiamai e decidemmo di incontrarci al parco poco dopo.
Avevo troppa ansia addosso e in questi casi mi piaceva leggere, mi rilassava.
Presi un libro di aforismi, la giacca e uscii di casa diretto verso il parco. Appena arrivato mi sedetti sull'altalena e iniziai a leggerne uno dei tanti scritti in quel libro. Lo avevo letto e riletto, ormai lo conoscevo a memoria.
Me lo aveva regalato mia nonna, dicendo che ogni giorno dovevo aprire una pagina a caso e leggerne uno.
Il mio preferito era:
E ricordati, io ci sarò. Ci sarò su nell'aria. Allora ogni tanto, se mi vuoi parlare, mettiti da una parte, chiudi gli occhi e cercami. Ci si parla. Ma non nel linguaggio delle parole. Nel silenzio.
In questo momento mi rappresentava. Questa frase volevo leggerla a Louis magari così avrebbe capito che, anche se non eravamo vicini, chiudendo gli occhi avrebbe potuto sentirmi vicino a lui.

A risvegliarmi dai miei pensieri fu il saluto di Niall che si stava avvicinando. Sorrisi tristemente e ricambiai il saluto con un cenno della testa.
Si sedette vicino a me e aspettò che parlassi per spiegargli il motivo per cui era qua.
Sospirai e dissi "Niall, devi promettermi che Louis non saprà mai nulla di quella foto. Mi odierebbe a morte se lo scoprisse. Sei il suo migliore amico, lo so, ma non mandargliela. In cambio ti faccio tutto quello che vuoi". Lo guardai, era rosso in viso.
"M-mi dispiace Harry. Ho già inviato quella foto a Louis oggi pomeriggio. Doveva venire qui per il week-end ma ha cambiato idea. Credo volesse venire per te. I-io non volevo" la sua voce si era fatta un sussurro, sembrava dispiaciuto davvero.
Rimasi in silenzio per cinque minuti e poi lui, preoccupato, mi chiese "Tutto apposto?".
Era tutto apposto? No, ovvio che non lo era. Avevo appena scoperto che l'unica persona che non doveva vedere la foto l'aveva vista, mi odiava e non sarebbe mai più tornato a Doncaster. Non era niente apposto da quando lui non c'era e dopo questo stavo ancora peggio.
"Sì, tutto apposto" mentii "Ora torno a casa, domani devo alzarmi presto. Grazie di essere venuto" e detto questo me ne andai.
La mattina dopo sarei partito per Londra, dovevo mettere apposto le cose e non sarei tornato a Doncaster se non con Louis.
Avrei fatto di tutto, anche mettermi in ginocchio in mezzo alla strada pur di farmi perdonare.
Ed ero sicuro che ci sarei riuscito.

Mi svegliai di colpo nel cuore della notte. Lo stesso incubo che mi tubava da notti, mi aveva svegliato anche questa volta.
Dovetti farmi una doccia perché avevo sudato, aprii la finestra sperando che la brutta aria cambiasse e magari che anche l'incubo volasse via, come le foglie sugli alberi in autunno.
Entrai nella doccia e rimasi immobile con l'acqua che mi scorreva sulla pelle.
Osservai meglio le goccioline formatesi sulle braccia. Mi ricordavano tanto le persone.
Un fiume di persone, ma tu resterai colpito solo da una di esse.
Come le goccioline sul vetro della macchina, scorrono veloci e tu ne scegli una sperando che arrivi prima delle altre.
La vita è fatta di scelte, alcune sono giuste e altre sbagliate.
Io ho fatto molte scelte sbagliate nella vita ma Louis, lui no. Lui è la scelta migliore della mia vita.
Scossi la testa e mi lavai velocemente.
Uscito dalla doccia mi vestii e preparai la borsa per la partenza.
Non sarei più riuscito a dormire, era un dato di fatto, ma decisi di sdraiarmi comunque nel letto.
Guardai il soffitto con la testa pesante, piena di pensieri. Ripensavo alla mia vita prima di trasferirmi da solo qui. Ai miei amici, alla mia famiglia, a tutti i ricordi che avevo lasciato nel momento stesso in cui ero partito.
Avevo bisogno di scappare, di ricominciare tutto da capo. La mia vita era un tale casino, ma non avrei immaginato che una persona sarebbe entrato così in quella che mi stavo costruendo ora.
Me l'aveva incasinata e migliorata nello stesso momento.
Infondo non era stata una brutta idea lasciare tutto, avevo trovato il mio tutto qua. Con lui.
E con questo pensiero il sonno prese il sopravvento, mi addormentai più sereno e con un sorriso leggermente accennato sul volto.

Ero seduto al mio posto sul treno, sempre meno convinto della mia scelta.
Non sapevo più se era una buona idea andare a cercarlo, ma ormai ero lì e il treno stava per partire.
Sospirai, chiusi gli occhi e mi feci coraggio.

Louis

Stamattina sarei uscito con El, dopo la delusione della foto mi avrebbe fatto bene.
Mi ero svegliato di buon umore e non mi sarei mai aspettato che qualcosa me lo avrebbe rovinato.
Decidemmo di andare in Oxford Street, famosissima via in centro di Londra piena di negozi famosi.
Ero tutto sorridente, non pensavo ad altro che a comprare dei vestiti nuovi, a divertirmi.
Mi girai e lasciai cadere le borse a terra. Pensavo fosse un sogno, o meglio, un incubo. Harry era davanti a me. In mezzo alle mille persone intorno a noi ci eravamo visti. I nostri occhi si erano scontrati e i miei si erano persi in quel verde che mi era mancato molto.
Tutto avrei immaginato ma non di incontrare lui.
Mi sorrise e l'unica cosa che fece fu migliorarmi la giornata, anche se non l'avrei mai ammesso.
Per quanti motivi avessi di odiarlo, in questo momento ne trovavo solo per amarlo più di ieri ma sempre meno di domani.

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Capitolo 9
*** Surprise ***


Gli erano cresciuti un po' i capelli, erano un po' meno ricci ma era comunque bellissimo.
Bello da star male, bello da togliere il fiato. Proprio in quel momento sentivo che tutta l'aria del mondo non mi bastasse, ne avevo sempre più bisogno.
Poi mi abbracciò e tutto sembrò tornare apposto. Come se tutti i tagli che mi aveva lasciato sul cuore si fossero rimarginati.
Sembrava tutto perfetto quando mi ricordai della foto, lo spinsi lontano da me. Lo guardai con odio che in realtà non era altro che un sentimento di rabbia misto a delusione. Già mi mancavano le sue braccia attorno al mio corpo, che mi stringevano come nessuno aveva mai fatto.
"Che ci fai qui?" soffia cercando di sembrare il più arrabbiato possibile.
Lui rimase deluso e si vide subito.
"Niall mi ha detto che hai visto la foto. Volevo scusarmi con te e credevo che per messaggio non sarebbe bastato. E poi un po' di tempo fa ti avevo scritto ma tu non avevi risposto, quindi credevo che avessi cambiato numero." disse tutto di un fiato.
Il messaggio. Tutte le volte che ci pensavo mi pentivo del fatto di non avergli risposto.
"Sì, ho cambiato numero" mentii "Dovevo cambiare vita e tenendo quel numero non ci sarei riuscito, sapevo che mi avresti scritto e non volevo sentirti" dissi alzando le spalle. Facevano male anche a me quelle parole, non sapevo nemmeno con che coraggio le avevo pronunciate.
Credevo stesse per scoppiare a piangere quando mi sorrise e disse "Non mi arrenderò tanto facilmente, Louis. Me ne andrò da qui solo con te" prima di scomparire in mezzo alla gente.
El era andata a comprare due cappuccini nel bar vicino e, appena tornata, dovette scuotermi un po' di volte prima di avere la mia attenzione.
Le sorrisi e continuammo il nostro giro per i negozi. Cercai di divertirmi ma l'unica cosa a cui pensavo erano le ultime parole dette da Harry.

Harry

Avevo prenotato una stanza in un piccolo albergo a mezz'ora dal centro di Londra. Non sapendo quanto sarei rimasto mi conveniva così.
Sospirai entrando nella stanza. Era davvero piccola e inospitale, in più le parole di Louis mi rimbombavano in testa. Mi aveva ferito, era come se mi avesse accoltellato.
Mi aspettavo di tutto ma non una sua reazione così dura.
Mi spogliai e mi sdraiai nel letto scomodissimo. Pensai al motivo per cui ero lì: conquistarlo.
Ce l'avrei fatta a tutti i costi. Avevo ideato un piano. Ogni giorno avrei fatto un piccolo gesto. Piccolo ma romantico.
La mattina seguente, ad esempio, gli avrei portato una rosa bianca sotto casa.
Mi addormentai, tutto d'un colpo pensando a noi che ci tenevamo per mano in giro a Doncaster.

Lo stesso incubo che invadeva i miei sogni da mesi mi svegliò anche quella mattina.
Respiravo affannosamente, avevo bisogno d'aria.
Andai in bagno e mi guardai allo specchio, avevo davvero un brutto aspetto. Le poche ore di sonno si vedevano chiaramente nelle occhiaie sotto gli occhi. Mi buttai un po' acqua fresca in faccia e decisi di uscire a fare una passeggiata, prima di andare da Louis.
Presi la giacca, il portafogli e uscii sperando di chiudere nella stanza l'incubo che mi tormentava.
Non c'era molta gente in giro, il sole non era ancora sorto e tirava un po' di aria fredda. Rabbrividii e mi misi il cappuccio cercando di ripararmi dal venticello.
Ero troppo stanco per andare in centro a piedi, prendere la metropolitana non era una brutta idea.
Appena salito sul treno constatai che non c'era nessuno se non una donna che mi sorrise. La ignorai guardando a quale fermata sarei dovuto scendere sulla mappa.
Tirai fuori dalla tasca il libro degli aforismi e ne lessi uno.
Appoggiai la testa al finestrino e chiusi gli occhi. Ero stanco, avevo bisogno di un letto comodo e di un'intera giornata di sonno, ma non potevo permettermelo.
Mi venne in mente l'incubo e aprii di colpo gli occhi. La donna mi stava fissando, era irritante. Per fortuna la fermata dopo era la mia, così mi alzai e mi misi davanti alle porte pronto per uscire.
Le strade si stavano popolando e io dovevo trovare un fioraio aperto dove poter comprare la rosa. Nei dintorni non ne vedevo così decisi di raccoglierla nel parco lì difronte.
Una, nella pianta, catturò la mia attenzione così decisi di prendere quella. Mi punsi con una spina, con fare non curante asciugai il sangue che era iniziato a colare.
Guardai soddisfatto il fiore che tenevo in mano e mi diressi verso l'appartamento.
Niall mi aveva detto dove si trovava, era stato molto gentile ma non sapevo spiegare il motivo del suo gesto. Non che in quel momento mi importasse, d'altro canto mi bastava sapere dov'era.
Iniziai a salire le scale senza guardare bene dove stessi andando e questo mi fece sbattere addosso a qualcuno. Era un signore anziano, decisi che non era il caso di urlargli contro. Fu difficile trattenermi ma continuai la salita.
Arrivato davanti alla porta l'indecisione era massima. Non sapevo più se era una buona idea.
Poi ripensai al motivo per cui ero qui e presi un bel respiro.
Posai la rosa sullo zerbino e, tirato fuori un tovagliolo dalla tasca, ci scrissi sopra un 'Buongiorno x -H'. Lo poggiai sopra il fiore e guardai la porta.
La mano mi tremava ma ebbi la forza di bussare. Fatto questo corsi giù dalle scale rischiando di cadere. Pensai al sorriso sulle labbra di Louis alla vista della rosa e sorrisi a mia volta.

Louis

Bussarono alla porta. Chi poteva essere a quest'ora? Magari papà aveva dimenticato qualcosa. Sbuffando mi alzai dal letto e andai verso la porta per poi aprirla. Non c'era nessuno.
Abbastanza scocciato stavo per chiudere la porta quando la vidi sullo zerbino: c'era una rosa con un biglietto.
Confuso lessi le parole scritte sul foglietto. Harry.
Sorrisi.
Dio, amavo quel ragazzo e avrei continuato a farlo per sempre.

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Capitolo 10
*** I love you ***


Rientrai nell'appartamento, misi la rosa in un contenitore con un po' d'acqua e mi buttai sul letto. Sospirai, avevo un sorriso stampato in faccia che non riuscivo a togliermi. Avrei tanto voluto baciarlo ma non potevo, soprattutto non dovevo. Dovevo dimenticarlo, non dovevo cedere.
Mi aveva fatto il cuore in tanti piccoli pezzettini e, anche se con un sorriso riusciva a farmi dimenticare di quelle macerie, le ferite rimanevano lì, pronte a riaprirsi alla prima occasione.
L'unico problema era che non ero abbastanza forte per resistere. Lui era determinato e io innamorato.
Ero nella merda, quando si è innamorati lo si è sempre.
E lì mi venne la brillante idea che mi avrebbe aiutato a dimenticare: fingere di stare con Eleanor.
Avrei distrutto Harry, mi sarei distrutto per primo. Lo sapevo, ma non avevo molta scelta.
Per quanto potesse farmi stare bene, neanche lui sarebbe riuscito a curare le profonde ferite che avevo sul cuore.
Misi la testa nel cuscino e chiusi gli occhi, ero troppo stanco per continuare a pensare. E poi mi ero svegliato presto, così mi addormentai.
A svegliarmi fu una voce familiare. Aprii con difficoltà gli occhi e vidi El, sorridente, seduta sul letto.
"Dormiglione, è mezzogiorno e tu sei ancora qua a dormire! Avevamo appuntamento un'ora fa, pensavo ti fosse successo qualcosa" disse guardandomi. Cercava di fare un'espressione arrabbiata ma scoppiò a ridere poco dopo.
"Scusami, ero davvero stanco" dissi con la voce ancora impastata dal sonno.
Mi stropicciai gli occhi e mi alzai andando a cercare qualcosa da mangiare in cucina.
Dovevo assolutamente parlarle del mio piano, ma non mi sentivo ancora pronto.
"Usciamo un po' oggi? Magari andiamo al parco" dissi allora guardandola.
"Va bene, andiamo al parco anche se sta per piovere. Cosa non faccio per te" sospirò e mi sorrise. Le volevo bene quello era certo, ma non sarebbe mai riuscita a prendere il posto di Harry.
Mi andai a vestire e uscimmo di casa subito dopo scherzando tra di noi.
Da lì a poco sarebbe scoppiato un temporale ma a me non interessava molto. Amavo stare sotto la pioggia anche se la maggior parte delle volte prendevo la febbre. Era rilassante e quel giorno decisi che sarei rimasto al parco nonostante tutto.
Continuavo a pensare alla rosa, ad Harry e al mio piano per farlo dimenticare di me.
Avrei baciato El appena lui si fosse presentato davanti a noi. Non so come avrebbe reagito lei ma, da quello che vedevo, le piacevo e non poco. Sarebbe restata al gioco senza protestare.
Ci sedemmo su una panchina e iniziammo a parlare un po' di tutto. Dall'incidente di Josephine non ero più andato a nessuna festa. El mi aveva invitato con lei il prossimo sabato, avevo accettato nella speranza che Harry venisse. Mi emozionava l'idea di vederlo in smoking ma speravo sopratutto di farlo ingelosire. Mi spezzava il cuore il pensiero di fargli del male ma, se era l'unico modo per fargli dimenticare di me e di conseguenza di stare meglio, lo avrei fatto.
Ed ecco che mentre ridevamo e scherzavamo tra di noi lo vidi. Harry era in piedi all'inizio del parco, mi sorrideva. Doveva avere molto freddo, aveva solo una maglietta a maniche corte e dei jeans addosso. Si stava avvicinando, dovevo agire. Guardai El e le sussurrai un 'baciami' e lei non se lo fece ripetere due volte.
Mi vennero dei conati di vomito che dovetti trattenere, mi ripetei che stavo facendo la cosa giusta. Si staccò dalle mie labbra con un sorriso, io la guardai e le sorrisi cercando di sembrare il più felice possibile.
Ma dentro stavo crollando, ogni parte del mio corpo urlava di andare da Harry e scusarsi, dirgli che era stata lei e baciarlo.
L'unica cosa che feci fu guardarlo, gli sorrisi debolmente e mi alzai prendendo per mano El.

Harry

Tanti piccoli aghi conficcati nel cuore me lo stavano lacerando. Mi veniva da vomitare, piangere, spaccare tutto. L'unica cosa che feci fu sorridere a Louis. Gli sorrisi perché se lui era felice lo ero anche io. Non mi sarei arreso, un bacio non mi avrebbe fatto smettere di lottare.
"Lotta per ciò che ami" mi diceva sempre mia nonna.
Amavo Louis e avrei lottato per lui, anche a costo di distruggermi.
Mi incamminai verso la metropolitana e tornai all'hotel dove mi misi nel letto. Avevo preso la febbre, continuavo a vomitare quando ci pensavo ma non smettevo di organizzare il prossimo piano da attuare.
Preso dalla stanchezza mi addormentai senza nemmeno accorgermene.
Mi svegliai di colpo, come tutte le notti, ma questa volta avevo sognato Louis e Eleanor che si baciavano su quella panchina. Continuavo a scappare ma loro erano sempre lì.
Fu allora che decisi. Sarei andato sotto casa di Louis, anche se era piena notte e mi sarei dichiarato.
Il mal di testa mi fece alzare con fatica dal letto ma la forza di volontà mi aiutò nel mio intento.
Appena mi alzai un conato mi costrinse a correre in bagno. Vomitai l'anima ma mi rialzai più determinato di prima.
Presi la giacca e uscii diretto verso la fermata della metropolitana.
Durante tutto il viaggio cercavo di formulare un discorso con un senso logico ma tutte le parole sembravano inadatte.
Decisi di lasciare perdere, dopo averlo guardato negli occhi le parole sarebbero uscite a fiumi.
Mi trascinai fino sotto il suo palazzo, presi un bel respiro e iniziai a salire le scale.
Mi tremavano le gambe e quel poco di volontà che avevo stava svanendo, ogni gradino che salivo il cuore aumentava i battiti.
Ed eccomi lì, in condizioni pessime di salute, davanti all'appartamento di Louis.
Chiusi gli occhi, strinsi i pugni e bussai pronto a dichiarare il mio amore per lui.
Sentii dei passi e una voce brontolare qualche parola. La porta si aprii e un Louis assonnato mi si presentò davanti agli occhi. Avevo sempre sognato di vederlo appena sveglio, sorrisi.
"Che diavolo ci fai tu qui? Lo sai che ore sono Harry? E poi guardati, sei pallidissimo e stai tremando. Hai la febbre, l'avrai presa ieri. Che succede?" mi disse guardandomi tutto preoccupato.
Gli risposi sorridendo "Louis, sono le tre di notte. Mi sono fatto mezz'ora di metropolitana con la febbre solo per te. Non sono mai piaciuto alla gente, cioè ho un carattere orribile. Dimentico tutto, chiavi, portafogli, il telefono, i compiti. Non so fare nulla: non so disegnare, cantare, ballare, andare sullo skate, scrivere qualcosa di sensato. Ma se c'è una cosa che so fare bene è amarti. Sì, hai capito bene. Ti amo. Quell'amore incondizionato che si prova verso una persona." iniziai a piangere ma dovevo finire, così ripresi "Sei l'unica persona capace di farmi sentire viva e distruggermi allo stesso tempo. E dovessi finire per distruggermi completamente, io non me ne torno a Doncaster senza di te". Stava piangendo anche lui, adesso "Se mai dovessero chiedermi cos'è per me l'amore risponderei con una sola parola. 'Louis'". Detto questo mi avvicinai a lui e lo baciai.
Avevo aspettato così tanto quel momento che mi sembrò tutto perfetto.
Quel bacio fu molto semplice e tutti e due i nostri corpi urlavano 'Ti amo'.
Così, anche quando mi disse che non potevamo stare insieme e che dovevo andarmene, sorrisi.

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Capitolo 11
*** You're my home ***


Sorrisi pensando di aver baciato il ragazzo che più amavo e avrei mai amato. Tutta la mia vita era condizionata da lui, il bisogno ossessivo che avevo di lui aumentava ogni volta che lo vedevo. Dovevo aspettare ma ne sarebbe valsa la pena, come tutte le cose che stavo facendo adesso del resto. Stavo distruggendo me stesso e tutta la mia intera vita per un amore, il nostro, che non sarebbe mai potuto essere sano. Eravamo completamente diversi, ma c'era attrazione tra di noi e si vedeva. Lo amavo. In realtà non sapevo nemmeno cosa fosse davvero l'amore. Sapevo solo che lui era l'unica cosa bella in quello schifo di vita che stavo vivendo. Avevo bisogno di essere amato, avevo bisogno di Louis e avrei combattuto fino a crollare del tutto.
Tutti mi vedevano forte, mi invidiavano ma io non ero minimamente la persona che immaginavano loro. In passato ero crollato, fin troppe volte, e adesso cercavo di tirare avanti tenendomi tutto dentro. Avevo toccato il fondo qualche anno fa. Volevo rialzarmi ma tutte le volte che ci provavo qualcuno mi faceva ricadere, ancora più in fondo di prima. Avevo paura che Louis potesse farmi la stessa cosa ma inconsciamente speravo di sbagliarmi, speravo che con il suo amore mi avrebbe aggiustato. Speravo davvero che avremmo lottato insieme e che non sarei mai più restato solo. Ma iniziavo a credere di sbagliarmi. Forse aveva ragione lui, dimenticarlo avrebbe fatto bene a tutti e due. Tornare a Holmes Chapel mi avrebbe fatto bene. Sì, magari sarei stato "meglio" ma con lui al mio fianco sarei stato benissimo. Ed era questo che volevo, tornare ad essere felice dopo tutto quel tempo. Era praticamente uno sconosciuto per me. Avevamo parlato quelle poche volte al parco ma ero io a espormi principalmente. Lui ascoltava, semplicemente. Non mi diceva che sarebbe andato tutto bene perché non poteva saperlo. Mi guardava e nei suoi occhi leggevo un non so che di rassicurante. In quel momento avevo bisogno di lui e sapevo di essere egoista, ma era diventato una dipendenza ed era difficile dimenticarlo. Non realizzavo come era possibile essere innamorati di una persona praticamente sconosciuta. Magari erano stati i suoi occhi. Era per forza colpa dei suoi maledettissimi occhi azzurri. Diamine quanto erano belli.
Sospirai, mi girava la testa e quei pensieri non mi aiutavano per niente. Dormire mi avrebbe fatto bene, infatti appena arrivato all'hotel mi addormentai. Un sonno pesante, privo da incubi. Come non succedeva da tempo ormai.

Louis

Harry, Harry, Harry. La mia vita girava intorno a lui e non mi piaceva. Ero sempre stato abbastanza indipendente come ragazzo, ma da quando lui era entrato a far parte della mia vita era tutto cambiato. Ero un ragazzo forte, quello insensibile del gruppo, solare, con il sorriso stampato in faccia, sempre pronto a far ridere tutti con una battuta. Ma in quell'ultimo periodo tutto era cambiato. La mia felicità dipendeva da quella di un ragazzo che conoscevo da pochissimo. Non ero abituato a fidarmi così tanto di qualcuno, era una sensazione nuova, come tutte quelle che mi faceva provare. C'era giorni in cui non pensavo minimamente a lui, ai suoi occhi, a quello che mi faceva provare. E poi dei giorni in cui non facevo altro che pensarci.
Avevo paura di quel sentimento che cresceva ogni giorno di più dentro di me, dell'amore incondizionato che provavo per lui. Sopratutto non volevo rimanere deluso da un suo comportamento simile a quello della sera in cui mi ero dichiarato. Il suo carattere era misterioso e ogni volta che credevo di aver capito com'era veramente, ecco che compariva un nuovo lato ancora più difficile da capire. Il problema era proprio quello, avevo deciso di conoscere ogni lato del suo carattere e mi ero legato le mani da solo. Volevo sapere tutto, ogni particolare che scoprivo mi conduceva a voler sapere di più. Ero già abbastanza incasinato, non ci voleva proprio un casino in più. Ma ormai avevo iniziato e avrei finito, per forza.
Ero abbastanza forte per resistere a lui ma non volevo. Quella sera quando mi aveva baciato non avevo più avuto dubbi: avrei rinunciato alla mia felicità pur di rendere felice lui. Gli avrei fatto fare la prossima mossa ma questa volta non gli avrei detto di andarsene. Gli avrei chiesto di restare con me, di prendermi per mano e di accompagnarmi a lottare contro il mondo. Insieme.
Sospirai guardando le piccole goccioline di pioggia sulla finestra, continuava a piovere da giorni ormai. Non avevo più sentito Harry da quella sera, la tentazione di scrivergli un messaggio era molta ma dovevo resistere. Così continuai a bere il mio thé Yorkshire seduto sul divano, guardando lo schermo del televisione senza molto interesse. Ero preoccupato per lui, magari gli era successo qualcosa. Presi il telefono e dopo aver esitato qualche secondo gli scrissi un messaggio. Gli chiesi dove fosse e aspettai ansioso la risposta. Iniziai ad imprecare dopo qualche minuto, la pazienza non era mai stata il mio forte. Decisi di vestirmi, lasciai il telefono sul divano così non mi accorsi del messaggio appena arrivato. Ci misi un po' a prepararmi e appena lessi il messaggio corsi giù dalle scale dopo avergli risposto.

Da Harry
Sono alla stazione, torno a Doncaster.
A Harry
Non muoverti da lì, devo parlarti. Se dopo vorrai partire ti pagherò il biglietto per il treno dopo.

Ora stavo correndo, più veloce che potevo. La scena era la stessa di quando ero partito io. Solo che questa volta se ne stava andando lui, per la prima volta ero io quello che doveva rincorrere l'altro. In questo ultimo periodo ero sempre scappato dai problemi senza affrontarli davvero, non ero più il ragazzo di una volta. Jos era la mia forza e adesso avevo bisogno di qualcun'altro pronto ad aiutarmi sempre. Forse Harry era la persona giusta ma io non gli avevo mai dato una possibilità.
Arrivai alla stazione con la testa ancora piena di pensieri confusi ma appena lo vidi capii subito cosa dovevo dire. Mi guardò. Stava per sgretolarsi davanti ai miei occhi. Lo avevo distrutto e se non mi avesse perdonato lo avrei capito. Ero stato un egoista.
Mentre mi avvicinavo a lui gli dissi "Questa volta sei tu quello che se ne va, eh?" provocai un sorriso da parte del riccio, sorrisi compiaciuto.
"Senti Harry, lo so che sono stato un vero stronzo con te. Il fatto è che senza te non ce la faccio. Ci ho provato a dimenticarti, sai? Ma i tuoi occhi si sono fissati nei miei dal primo momento, ne sono diventato dipendente. Ogni santa volta che ti vedo vorrei abbracciarti, passarti la mano nei capelli, prenderti per mano e farti ridere. Cazzo Harry, io ti voglio." Lo guardai fisso negli occhi appena finito e mi persi in quell'infinito, un'altra volta. Brillavano, stava sorridendo leggermente. Passarono dei minuti che sembrarono ore, lui non disse una parola. Sospirai e lo guardai costringendolo a fare lo stesso.
"Capisco se non vuoi rispondermi, ma almeno abbracciami prima di partire. Ti prego" glielo dissi cercando di nascondere la delusione nella voce.
Si girò verso di me e mi guardò negli occhi. Lessi dolore, tantissimo dolore. Debolezza, terrore, fragilità. Poi gli sorrisi in modo rassicurante e vidi una luce brillargli negli occhi. Vedevo amore, per me e ne ero onorato perché sapevo che non era il ragazzo della festa. Lui era fragile, indifeso, debole e aveva bisogno di tutto l'amore che avevo da offrirgli per rialzarsi. Non lo avrei deluso, non questa volta.
Mi alzai, gli presi la mano e lui si alzò a sua volta. Uscimmo dalla stazione insieme e ci dirigemmo all'hotel dove alloggiava Harry. Appena entrati rimasi stupito dalle condizioni in cui stava da qualche giorno, per me. Stava facendo tutto quello per me e io continuavo a pensare a quello di cui avevo bisogno io. Mi facevo pena da solo, lui meritava solo il meglio. Io non ero il massimo ma potevo dargli tutto l'amore di questo mondo e credo che a lui sarebbe bastato.
Harry nel frattempo si era cambiato ed era sdraiato nel letto con gli occhi chiusi, pensando che stesse dormendo cercai di coprirlo.
"Ti sdrai vicino a me?" quelle parole mi fecero sobbalzare. Lo guardai sgranando gli occhi e lui mi sorrise, sempre con gli occhi chiusi. "Ti prego" sorrisi dolcemente e dopo essermi tolto la giacca e le scarpe, mi sdraiai vicino a lui. Gli accarezzai i capelli e sospirai. Era bellissimo, con i capelli arruffati, le guance arrossate dalla febbre, le occhiaie pesanti sotto gli occhi.
"Domani torniamo a casa" sussurrai. Lui aprì gli occhi e mi guardò per un po' prima di rispondermi "Sei tu la mia casa, dovunque tu sia io mi sentirò a casa". Dettò questo sorrise prima di addormentarsi. Lo baciai e mi addormentai anche io abbracciato a lui.
Appena aprii le palpebre mi ritrovai due occhietti vivaci che mi fissavano. Appena constatato che mi ero svegliato sorrise. Era di buon umore, si vedeva palesemente, e io volevo sapere perché. Così glielo chiesi e la risposta mi fece venire i brividi.
"Ho passato un brutto periodo a Holmes Chapel, per questo mi sono trasferito a Doncaster ma questa è un'altra storia. Da allora continuavo a fare lo stesso incubo che mi svegliava nel cuore della notte. Ma stanotte, con te al mio fianco, non ho fatto nessun incubo. Quindi ti prego, non te ne andare. Sono stanco di stare da solo".

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Capitolo 12
*** Secrets ***


Zayn

Erano passate due settimane da quando Harry e Louis erano tornati insieme da Londra. Tutto era tornato alla normale tranquillità e nessuno parlava più di quella foto. Io sapevo chi era stato a scattarla: un certo Liam Payne. Da allora avevo iniziato a frequentarlo, offrendogli dei servizietti e facendolo affezionare a me. All'inizio era tutto iniziato per gioco, non dovevo affezionarmi davvero. Solo che adesso, ogni volta che lo guardavo negli occhi, il cuore si fermava per un secondo e poi ricominciava a battere più forte di prima. Erano semplici occhi marroni, che tutti reputavano comuni. Ma quando mi guardava io mi incantavo e non riuscivo più ad ascoltare quello che mi diceva. Poi sorridevo quando mi rimproverava. Quel pomeriggio non era molto diverso dagli altri: eravamo in camera mia a studiare per la verifica di biologia.
Lui ci stava provando in tutti i modi a farmi imparare qualcosa ma io ero lì, a fissarlo negli occhi senza riuscire a concentrarmi. Era bellissimo, davvero bellissimo. Solo quando lui arrossì violentemente capii di averlo detto, mi aveva sentito nonostante la bassa voce. Mi guardò per un po' prima di riuscire a dire qualcosa. Si morse il labbro inferiore e ricominciò a parlare dei mammiferi, ma io ero nuovamente distratto. Era dannatamente sexy. Mi guardò con una smorfia e io non riuscii a trattenere una risata.
"Sei buffissimo, Payne" gli dissi guardandolo negli occhi. Roteò gli occhi senza riuscire a trattenere un sorriso. Mi morsi il labbro, studiavamo insieme da tre settimane e ogni giorno che passava ero più attratto da lui. Che poi i pomeriggi in cui avremmo dovuto studiare insieme, si trasformavano sempre in tentativi inutili di dimostrare a me stesso che potevo resistergli. Non avrei mai ammesso tanto facilmente quel sentimento e, per nasconderlo, mi comportavo da vero stronzo con lui. A volte mi guardava deluso e io mi pentivo ma ero abbastanza forte da resistere. Lui no, si vedeva che era così fragile, innocente, dolce. In pratica era l'opposto di me e non meritavo nemmeno il tempo che mi dedicava.
"Andiamo al luna park che monteranno in occasione della fiera sabato sera" dissi guardandolo. Lui alzò lo sguardo evidentemente a disagio e arrosì leggermente. Era una cosa dolce, sorrisi al pensiero e lui mi guardò confuso. Con un gesto della mano feci capire che non era importante e aspettai in silenzio la risposta. Continuai a guardarlo per un po' e poi gli toccai la spalla. Aveva la pelle così morbida, candida. Volevo lasciargli mille baci in ogni parte del corpo. Dovetti reprime quel pensiero quando lui mi chiese perché lo avessi toccato. Sorrisi "Payne, non hai risposto alla mia affermazione. Vieni con me al luna park, vero?" gli chiesi cercando di sembrare il più dolce possibile con una smorfia. Lui arrosì, di nuovo. "Uh, giusto...emh...certo che vengo. E poi non credo di avere molta scelta" mi sorrise dolcemente e riprese la spiegazione. Sarei uscito con Liam sabato sera e anche se non lo avevamo detto, per entrambi era come un primo appuntamento.

Harry

Ero steso sul divano da almeno due ore a fissare lo schermo della televisione. Non mi ero nemmeno accorto che il film era finito talmente ero preso dai miei pensieri. Mi sentivo fragile, debole. Come se un soffio di vento avrebbe potuto buttarmi giù e distruggermi. Ma proprio giù dal precipizio, dove ero caduto tante volte facendomi del male, questa volta c'era Louis con le braccia aperte pronte a stringermi. Sorrisi al pensiero delle sue manine che mi accarezzavano la schiena, come era abituato fare quando stavamo insieme sul divano. Mi girai verso la metà vuota del vecchio sofà su cui ero seduto. Sospirai. Louis aveva molti impegni e non sarebbe riuscito a passare da me. Non ci vedevamo da giorni ormai e mi mancava. Sopratutto ero preoccupato perchè non mi diceva mai dove andava, e chissà cosa faceva. Quella mattina mi aveva mandato un messaggio simile a tutti gli altri "Giornata molto impegnata, ci sentiamo stasera x". Mi aveva promesso un regalo a mia scelta per farsi perdonare. Avevo già in mente qualcosa ma gliene avrei parlato con calma appena ci saremmo visti. E così mi addormentai su quel divano da solo, con mille pensieri per la testa. Ma quando mi risvegliai addormentato accanto a me c'era Louis. Non lo avevo sentito arrivare ma ero felice che fosse lì, così gli presi la testa delicatamente tra le mani e gliela appoggiai sul mio petto. Aveva il volto così sereno, molto diverso da quello preoccupato che aveva da qualche giorno. Gli diedi un bacio sulla fronte e mi riaddormentai più sereno.
Al mio risveglio non c'era più, vidi solo un post-it che aveva lasciato sul televisore "Ho avuto un imprevisto, stasera ti porto a cena fuori x". Tutto era tornato davvero alla normalità: lui che scappava e io che lo aspettavo. Decisi di non pensarci e di andare al bar per fare colazione e dopo a far la spesa, non avendo più molto cibo in casa. Il bar non era molto lontano, per questo decisi di raggiungerlo a piedi.
Mi sedetti nel tavolo più appartato possibile e aspettai che il mio ordine arrivasse. Dopo minimo dieci minuti di attesa decisi di tornare al bancone. Non feci molta attenzione a dove mettevo i piedi, mi scontrai contro una persona e tutto il contenuto della sua tazza mi si riversò addosso. "Fanculo" sussurrai stringendo i pugni e cercando di trattenermi dall'urlargli contro. Alzai lo sguardo e vidi un ragazzo, avrà avuto la mia età, sorridente. Che diavolo aveva da sorridere, mi chiedevo mentre lui si scusava. Lo guardai cercando di fargli capire che non c'era nulla di divertente. Mi avviai verso l'uscita, pentito della decisione presa mezz'ora prima nell'appartamento. Ma proprio mentre stavo per uscire il ragazzo mi prese il braccio, costringendomi a girarmi. "Ti offro qualcosa io" lo guardai confuso " Per scusarmi" continuò lui sperando in una risposta affermativa. Volevo evitare ma un caffè gratis non mi avrebbe sicuramente fatto male. E così mi ritrovai a passare un'ora intera chiuso in quel locale a parlare con il ragazzo. Gli parlai della scuola, del trasferimento fatto pochi mesi prima e di Louis. Ripensandoci avevo parlato praticamente solo di lui. Tom, il ragazzo, mi aveva detto che dovevo essere davvero innamorato di lui perché ogni volta che pronunciavo il suo nome i miei occhi brillavano. Ed era vero, quando parlavo di Louis era come se lui fosse la cosa più preziosa del mondo.
Mi iniziai a preparare per la cena con Louis appena arrivato a casa. Misi dei vestiti non troppo eleganti perché non sapevo dove mi avrebbe portato. Mentre mi infilavo le scarpe qualcuno bussò alla porta e mi alzai di scatto per andare ad aprire. Un Louis sorridente mi stava guardando. Sembrava davvero felice ma era visibilmente teso. Mi lasciò un dolce bacio sulle labbra, aveva socchiuso le labbra come per dire qualcosa quando le richiuse. Pensai di essermelo immaginato e alzando le spalle lo seguii verso la macchina.
Tutto il tragitto lo percorremmo in silenzio, ma non uno di quei silenzi dove ci si sentiva a disagio. Un silenzio tranquillo, nessuno dei due sembrava volesse parlare. Decisi che non avrei fatto domande sul luogo della cena e di godermi a pieno quei momenti passati con Louis. Mi girai a guardarlo, era concentrato sulla strada. Sorrise e disse "Ho qualcosa tra i capelli? Mi stai fissando da cinque minuti" sorrisi anche io e scossi la testa accarezzandogli la mano. "No, non hai nulla tra i capelli. È solo che" mi bloccai e abbassai lo sguardo. "È solo che sei bellissimo" dissi con un sussurro qualche secondo dopo. Tolse una mano dal volante e cercò la mia, intrecciò le nostre dita e mi strinse forte la mano. Da quando gli avevo esposto i miei sentimenti non mi aveva mai detto che mi amava. Sapevo che non era pronto ed ero disposto ad aspettare, come sempre del resto.
Arrivammo a destinazione poco dopo. Eravamo sulla riva di un fiume e io ero confuso, lo guardai e lui mi sorrise. "Adesso ti benderò e ti porterò al luogo dove ceneremo, ti piacerà" e detto questo mi mise una benda sugli occhi. Camminammo svariati minuti quando lui si bloccò di colpo. Presi un bel respiro e aspettai che lui facesse qualcosa. Sentii il suo respiro caldo sul volto quando si avvicinò per togliermi la benda e io dovetti trattenermi dal baciarlo. Aprii gli occhi e il mio cuore accellerò di qualche battito. Era una sorta di picnik sulla riva del fiume, con delle candele ad illuminare il tutto. Ero senza parole così rimasi immobile davanti a un Louis sempre più preoccupato.
"Lo so che non è nulla di che, sarebbe stato meglio portarti in un ristorante. Dio che stupido che sono stato, di sicuro non --" lo baciai. Lui rimase stupito e senza fiato ma poi si rilassò e ricambiò il bacio, schiuse le labbra lasciandomi approfondire. Lasciai malvolentieri le sue labbra e appoggiai la fronte sulla sua. Verde nell'azzurro, azzurro nel verde. Era successo molte volte ma puntualmente era come la prima. Sorrisi e sussurrai un semplice "È perfetto, grazie" prima di prendergli la mano. Ci sedemmo sulle coperte e mangiammo parlando di tutto e di niente. Era quello che mi piaceva del nostro rapporto: parlavamo di tutto senza sentirci in imbarazzo. Tutto tranne quello che ci legava, se tiravo in ballo l'argomento lui cercava sempre di evitare il discorso. Non riusciva ancora a capire cosa eravamo diventati quella sera a Londra, in effetti non ci aveva mai definito "una coppia". A me andava bene così, per ora.
"Mi racconti l'incubo che facevi sempre?" la sua domanda mi risvegliò dai miei pensieri. L'incubo. Gli avevo detto che non lo avevo mai più fatto ma avevo mentito, da quando aveva così tanti impegni e di conseguenza stavamo poco assieme, lo rifacevo tutte le notti. Sospirai, decisi che la cosa migliore da fare era non dirgli nulla a riguardo perché si sarebbe solo preoccupato inutilmente.
Ero sdraiato sulle sue gambe e lui mi stava guardando, non riuscivo a mentirgli senza che lui lo notasse e per questo guardai il fiume davanti a noi. "Sognavo di essere immerso nel buio a camminare da solo, tutte le persone che cercavano di avvicinarsi venivano raggiunte dal buio che le inghiottiva. Ero solo ma sentivo una voce parlarmi, non ricordo cosa dicesse esattamente" avevo gli occhi umidi e tremavo. Louis mi accarezzò leggermente i capelli, come piaceva a me e mi lasciò un bacio sulla fronte. "Ci sono io con te, Harry. Non sarai mai più solo" mi sussurrò appoggiando le labbra vicino all'orecchio. Annuii consapevole del fatto che, quando avrebbe scoperto il vero Harry Styles fatto di insicurezze e paure, sarebbe andato via anche Louis. E io sarei rimasto fermo a guardarlo andare via, sperando in un suo ritorno.
La sera passò così, tra confessioni e risate; parlammo un po' di tutto. Appena saliti in macchina avevo chiesto a Louis di restare con me, almeno una sera, e lui aveva accettato sorridendo. Sentii solo le sue braccia avvolgermi prima di crollare in un sonno profondo.

Louis

Mi svegliai al suono della sveglia, Harry stava ancora dormendo tra le mie braccia. Aveva il sonno pesante e questo mi tornava utile quando dovevo svegliarmi presto la mattina. Da qualche giorno avevo trovato un secondo lavoro, aiutavo mamma con le spese della casa e stavo organizzando una sorpresa a Harry. Volevo portarlo a Parigi il giorno di San Valentino e ormai mancava una settimana. Odiavo lasciarlo lì la mattina presto, ma ne valeva la pena. Sentii subito freddo appena mi allontanai dal suo corpo caldo. Gli lasciai un bacio sulla fronte e lo coprii meglio. Sembrava molto più giovane mentre dormiva ed era ancora più bello, ero quasi tentato di rimanere lì. Scossi la testa e presi un bel respiro: dovevo resistere ancora quella settimana e poi sarei potuto stare con lui come prima. Scrissi un post-it e mi avviai verso la fabbrica dove lavoravo.
Quello erano un giorno no, sentivo una strana sensazione addosso. Come se mi mancasse l'aria e non riuscissi più a respirare. Dovevo stare solo poche ore lì dentro perchè avevo chiesto un permesso. Volevo farmi trovare a casa quando Harry si sarebbe svegliato, con la colazione pronta. Così affrontai quelle due ore di lavoro più vogliosamente del solito.
Arrivai a casa e Harry dormiva ancora, pensai che la colazione poteva aspettare. Mi sdraiai affianco a lui e mi rannicchiai sul suo petto e così mi addormentai. Non avevo più quella sensazione di poche ore prima. Forse perché stare con lui era come prendere una boccata d'aria dopo ore di apnea.

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Capitolo 13
*** Meeting ***


Harry

Svegliarmi con Louis vicino era stato strano ma bellissimo ed ora ero in cucina intento a preparare qualcosa che si avvicinasse alla colazione. Volevo fargli una sorpresa e portargliela a letto, ma essendo impedito avevo paura che si svegliasse prima che io fossi riuscito a finire. Così avevo deciso di non fare troppo ma impegnarmi su quel poco che stavo facendo: pancakes e succo di frutta. Appena tolti dalla padella li misi in un piatto e ci cosparsi dello zucchero a velo sopra, lo poggiai su un vassoio con due bicchieri e la caraffa. Louis dormiva ancora, non volevo svegliarlo. La sera prima sembrava così stanco, dovevo informarmi sul perché. Mi sedetti sul letto vicino a lui, cercando di essere il più delicato possibile. Tutto questo invano visto che poco dopo socchiuse gli occhi. Mi guardò per qualche secondo e poi sorrise. Da quando ci conoscevamo lo avevo visto poche volte appena sveglio e ormai non mi ricordavo più com'era. Era così bello. Aveva ancora gli occhi piccoli, dei piccoli segni del lenzuolo sulla guancia. Mi sussurrò un 'Buongiorno' prima di sprofondare di nuovo la testa nel cuscino. Mi sdraiai accanto a lui, gli sfiorai leggermente la spalla con la mano, la sua pelle era così soffice, delicata. Amavo il contatto con lui, di qualsiasi genere esso fosse: poteva essere un bacio, una carezza, un pizzicotto dato scherzosamente. Non eravamo mai andati oltre il bacio e sinceramente avevo paura di fare quel passo.
Louis non era vergine, ne avevamo parlato una volta ma poi il discorso non era più uscito e andava bene così a tutti e due. Fino a quel momento. Avevo un forte bisogno di lui anche se era vicino a me, ma non mi bastava. Dovevo reprimere quei pensieri, se lui non riusciva nemmeno a definirci come coppia non potevo sperare che fosse pronto ad andare oltre. Sospirai e lui mi guardò. Verde nell'azzurro, azzurro nel verde. Ogni volta sembrava la prima. Eppure sapevo a memoria tutte le sfumature dei suoi occhi. Quando c'era qualcosa che non andava lui lo capiva subito e quella volta non era da meno. Si avvicinò a me e mi strinse forte, sentivo il suo respiro caldo sulla pelle. Così mi rilassai un po' appoggiando la testa sul suo petto.

Louis

Svegliarmi con Harry che mi guardava era strano, non ero ancora abituato ad avere un fidanzato. Tutti e due sapevamo di essere una coppia anche se non ne avevamo mai parlato. So che non gli piaceva molto il fatto che ero sempre via e non sapeva dove fossi, ma non potevo rovinare tutto dicendogli che lo avrei portato a Parigi per San Valentino. O almeno, lo speravo fino a quando non mi chiese “Dove vai tutte le mattine; quando mi sveglio e tu non ci sei?”.
Fottuto.
Cosa potevo dirgli? Se avessi inventato una scusa lo avrebbe capito, non ero bravo a dire le bugie. Se avessi detto la verità avrei rovinato tutta la sorpresa e quelle ore di lavoro in più. Decisi di rischiare e così “Faccio un secondo lavoro, vado in fabbrica ogni mattina per aiutare mamma con le spese per la casa” in parte era vero ma odiavo mentire, sopratutto ad Harry. Lui non rispose, sapevo che non ci credeva fino in fondo ma non fece nessuna domanda. Semplicemente mi guardò un secondo prima di dire “Prima che ti svegliassi ho preparato la colazione, ma credo che ora si sia raffreddata”. Mi alzai dal letto e vidi il vassoio appoggiato al mobile, lo presi e lo misi sul letto. Ci sedemmo uno di fronte all'altro e iniziammo a mangiare in silenzio. Tutto tranquillo fino a quando non decisi di lanciare un pezzo di pancake addosso ad Harry. Lui mi guardò con aria di sfida e così cominciò una vera e propria lotta di pancakes. La sua risata riempiva la stanza, era il mio suono preferito. Avevo seriamente pensato di registrarla e di metterla come suoneria.
Quella mattina passò troppo in fretta e pensai davvero che il detto “Il tempo passa in fretta quando ci si diverte” fosse vero. Con lui stavo bene, in qualsiasi posto fossi mi bastava avere lui vicino.

Era una fredda giornata di Febbraio e io non avevo proprio voglia di stare otto ore chiuso in un ufficio. Alternavo tre giorni di scuola a uno al call center. Da quella mattina in cui eravamo stati insieme non lo avevo visto molto. Eravamo tutti e due molto impegnati, lui usciva spesso di pomeriggio anche se non aveva il turno pomeridiano. Non facevo molte domande a riguardo visto che anche io non gli avevo detto tutta la verità su quello che facevo io la mattina. Il fatto era che di carattere ero molto geloso e non saper con chi usciva mi dava molto fastidio. Ero tentato dal seguirlo ma non mi sembrava opportuno.
Mi sedetti alla mia scrivania e iniziai a fare il solito giro di telefonate. Odiavo quel lavoro, dovevo stare ore al telefono con gente sconosciuta cercando di vendere quegli stupidi prodotti dell'azienda. Sapevo quanto era insopportabile ricevere chiamate ad ogni ora del giorno per ricevere offerte su prodotti a cui non sei interessato.
Il Signor Tomlinson è pregato di recarsi nell'ufficio del direttore” la voce della sua segretaria risuonò in tutta la stanza. Sospirai e mi avviai nel corridoio con lo sguardo di tutti puntato addosso. Odiavo anche la gente che lavorava con me. L'unica cosa di cui erano capaci era parlare degli altri pensando di sapere tutto sulla loro vita, basandosi solo sulle settimane o sui mesi che erano in quella stupida stanza, dalle pareti di un giallo fastidiosissimo alla vista, insieme. In realtà senza sapere nulla del ragazzo o della ragazza seduta di fianco a te.
Ero stato nell'ufficio del direttore poche volte e dall'ultima non era cambiato nulla. Era tutto esattamente uguale: una piccola scrivania al centro della stanza, un computer che avrà visto tempi molti migliori, tantissime scartoffie sparse ovunque e una fotografia di lui con la sua famiglia. Basta, le pareti erano completamente spoglie, nessun quadro, nessuna fotografia, niente di niente. Inutile dire che odiavo pure quell'ufficio. Io amavo le stanze personalizzate, piene di foto, poster, ricordi.
Lo guardai per un po' prima che lui si accorgesse di me appoggiato allo stipite della porta, mi fece segno di accomodarmi e io obbedii subito.
“L'ho convocata qui perché volevo un po' parlarle del suo comportamento con i suoi colleghi, posso immaginare che otto ore chiuso in un ufficio a parlare con gente sconosciuta non sia il massimo ma non può comportarsi così con loro. Dovrebbe cercare di essere un po' più gentile, magari chiacchierare con qualcuno durante la pausa caffè e non andare sul tetto a fumare.” ecco, ci risiamo. Sempre lo stesso discorso sul fatto di fare il finto amico con quei coglioni dentro la stanza al fondo del corridoio. A costo di non sentire più quelle prediche ogni mese risposi “Cercherò di impegnarmi al massimo per rendere le ore qui dentro meno pesanti, mi scuso del mio comportamento” sorridendo falsamente. Ricambiò il sorriso felice della risposta e mi congedò con una stretta di mano.
Passai quelle otto ore infernali cercando di chiacchierare il più possibile, l'unica persona con cui non era fastidioso parlare era Stan. Con lui andavo relativamente d'accordo e la pensava come me sul resto della gente in quell'ufficio. Così finii per far amicizia con lui e lavorare non era poi così brutto.

Liam

Era sabato pomeriggio e io stavo già iniziando ad agitarmi per l'appuntamento di quella sera con Zayn. Non sapevo cosa indossare, come comportarmi e cosa dire. Dopo ore e ore a pensarci decisi che la cosa migliore era essere semplicemente me stesso, farmi tanti problemi non sarebbe servito a nulla e avrei solo rischiato di rovinare tutta la serata.
Ero in enorme anticipo, l'appuntamento era alle 19:30 ed io ero già pronto alle 17:00. Si notava lontano chilometri che ero agitato e lo squillare del mio telefono non fece che peggiorare la situazione. Sullo schermo leggevo chiaramente il nome “Zayn Malik” anche se non ero vicino al letto dove era poggiato l'apparecchio. Mi iniziarono a sudare le mani, dovevo rispondere. Non potevo far finta di niente, così presi il cellulare in mano e risposi.
“P-Pronto”
“Hei Payne, disturbo?” non mi lasciò nemmeno il tempo di rispondere che continuò “Ti va di uscire un po' prima? Io sono già pronto e non so come ammazzare il tempo.”
“Emh...certo, tanto anche io sono pronto” mi sembrò di sentirlo sorridere e io arrossii leggermente.
“Rilassati, non ti mangio stasera. Puoi stare tranquillo” stavo ancora pensando al suo sorriso, che avevo visto molte volte, quando me lo disse e non capii subito cosa intendesse.
“Uh, cosa?” provocai una risata dal ragazzo con cui ero al telefono. Mi domandai confuso quale fosse il motivo.
“Lascia stare, Payne. Passo a prenderti tra cinque minuti” ed attaccò.
Misi le scarpe ed il cappotto ancora confuso dalla chiamata ed uscii in giardino aspettando che Zayn arrivasse. Passarono cinque minuti giusti e lui era lì, dentro la sua macchina, che mi sorrideva. Non dovevo rovinare quella serata per nulla al mondo, dovevo impegnarmi per essere meno imbranato del solito ma sapevo che non sarebbe stato facile. Appena salito in macchina lo guardai meglio e notai che era molto più elegante di me.
“Come mai sei vestito di tutto punto? Io in confronto sembro vestito per stare in casa” gli chiesi confuso.
“Da qualche parte dovremmo pure far cena, non credi? Così ho deciso di portarti al mio ristorante preferito” mi rispose sorridente.
“Se me lo dicevi prima cercavo qualcosa di più adatto alla situazione” brontolai aggrottando la fronte.
“Sei bellissimo anche così, stai tranquillo” mi disse senza guardarmi, era concentrato sulla strada. Sentii le guance avvampare e dovetti guardare fuori dal finestrino per paura che lo notasse. Non risposi e lui non parlò più, mi lanciò solo qualche occhiata per vedere cosa stavo facendo. Ad un certo punto decisi che il silenzio era troppo opprimente e accesi la radio. Ci misi un po' a capire come si cambiasse la stazione radio e quando lo feci esultai, forse un po' troppo visto che provocai una sonora risata da parte del conducente. Lo guardai cercando di sembrare arrabbiato senza riuscirci e finendo per sorridere.
“Bastava chiedere a me come si facesse” mi disse guardandomi un attimo prima di rivolgere nuovamente l'attenzione sulla strada.
“Volevo riuscirci da solo e poi almeno saprò farlo la prossima volta” solo dopo aver pronunciato quelle parole pensai a cosa avevo detto. Avevo sottinteso che ci sarebbe stata una prossima volta. Anche Zayn rimase sorpreso da quelle parole, infatti si era girato a guardarmi.
“Emh, io volevo dire che...”
“Tu volevi dire proprio quello che hai detto” mi interruppe lui. Volevo negare ma purtroppo aveva ragione. Volevo che ci fosse stata una prossima volta. Lo guardai e lui fece lo stesso, mi sorrise e alzò un po' il volume della radio. Aveva capito quanto ero a disagio e aveva preferito lasciarmi stare, almeno per una sera. Non era mai stato così dolce come me, aveva sempre fatto lo stronzo ma sapevo che il suo vero carattere non era quello.
Il viaggio era stato abbastanza lungo, il paesino in cui avevano montato il luna park si trovava vicino a Leeds. Zayn parcheggiò davanti a un bellissimo locale, sembrava molto costoso ma a lui i soldi non mancavano quindi decisi di non farmi troppe domande su quanto avrebbe speso.
Mi sorrise prima di farmi strada dentro il locale, tutti i camerieri gli sorridevano, doveva essere un cliente abituale. Il posto era bellissimo: le pareti color rosso mattone, con grandi quadri dalle cornici d'oro appesi ad esse, si alternavano grandi tavoli rettangolari per più persone a piccoli tavolini per cene più intime. Della musica lirica riempiva la sala rendendo tutto più elegante. Le tavole erano apparecchiate perfettamente, non c'era una piega sulla tovaglia. Una serie di coltelli e forchette ai lati del piatto mi fecero capire la varietà di cibi presenti sul menù. Ero incantato dalla bellezza di quel posto, non ero mai stato in un locale così elegante e, sopratutto, così costoso.
Ci avevano riservato un tavolo appartato vicino alla grande finestra che dava sulla strada. Il cameriere ci fece strada e ci sorrise porgendoci i menù e portandoci del vino.
“Allora, ti piace questo posto?” mi chiese Zayn guardandomi da sopra il menù.
“Io—io non sono mai stato in un locale così elegante, potevi anche avvisarmi prima così da non sembrare ridicolo rispetto a tutto il resto della gente qui dentro.
“Ti ho già detto come la penso io, quindi smettila di essere paranoico e goditi la serata” mi disse con tono serio.
Il resto della cena andò bene, parlammo molto e dopo qualche bicchiere di vino la timidezza era scomparsa completamente. Mi disse che avrebbe offerto tutto lui, giostre comprese e così mi lasciai andare seguendolo su ogni tipo di giostra possibile.
Alcuni ragazzi della scuola mi guardavano ridendo e il Liam sicuro di poco prima scomparve lasciando spazio al solito timido ragazzo non capace di difendersi. Zayn, appena tornato dal banco dello zucchero filato capì la situazione e mi disse di rimanere dov'ero.
“Zay, ti prego, lascia stare. Non ne vale la pena” ma ovviamente lui non mi ascoltò e si diresse con grandi falcate dai ragazzi. Tutti smisero di ridere e lo guardarono leggermente intimoriti. Sorrisi al pensiero di Zayn che mi presentava a loro come il suo fidanzato e gli intimava di lasciarmi in pace.
Dovevo smetterla di pensare a lui come un fidanzato che mai sarebbe stato per me. Non poteva piacergli un ragazzo come me. Qualche settimana fa aveva cominciato a farmi dei servizietti ma tutto questo era nato come gioco. Io ero innamorato di lui da molto tempo ma prima della foto che avevo scattato lui non aveva mai saputo della mia esistenza.
Tornò verso di me sorridente “D'ora in poi non ti romperanno più le palle. Ora mangiamo questo zucchero filato e andiamo sulla ruota panoramica, dicono ci sia un bel panorama da vedere lì sopra” e così facemmo.
Era davvero stupendo, tutte le luci del piccolo paese brillavano intorno al campo dove era stato allestito il luna park. Quella specie di appuntamento era stato il più bello tra tutti quelli mai avvenuti.
Zayn mi toccò la spalla per attirare la mia attenzione e io mi girai.
“Liam, ti devo dire una cosa” era la prima volta che mi chiamava per nome, era una cosa seria.

 

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Capitolo 14
*** Problem? ***


Zayn

“Liam, ti devo dire una cosa” gli avevo detto con tono abbastanza serio. Eravamo sulla ruota panoramica e mi sembrava il modo più dolce per dirgli e che provavo una certa attrazione verso di lui. Stavo per aprire bocca quando Niall, dietro di noi con altri nostri amici ci urla “Oh, ma guardate un po' la nuova coppia dell'anno” provocando le risate di tutto il gruppo. Perfetto, l'unica occasione in cui finalmente mi sentivo pronto era stata rovinata dai soliti coglioni.
“Non li ascoltare, Zay. Cosa dovevi dirmi, sembrava una cosa abbastanza seria da come me lo hai detto” mi sussurrò il moro seduto affianco a me. Lo guardai un po' indeciso sul da farsi. Avrei sicuramente rimandato ad un'altra occasione così risposi semplicemente con un “Appena scendiamo ti riporto a casa, sono stanco e domani ho degli impegni importanti. Scusami”.
Il suo volto cambiò radicalmente mostrandomi la delusione negli occhi prima di sorridere dicendo “Uh, certo”.
E così facemmo, tutto sembrò imbarazzante. Ogni volta che ci sfioravamo, anche per sbaglio, lui si scusava.
Arrivato a casa mi buttai sul letto e nascosi la testa tra i cuscini, sospirai pensando di essere un completo idiota. Lui merita di meglio, io ero il minimo a cui lui poteva aspirare. Eppure era così innamorato di me che si poteva notare a chilometri di distanza. Un suo messaggio confermò i miei pensieri.
23:16
Mi dispiace per come sia finita la serata, per il resto mi sono divertito molto e stare con te è molto piacevole. Grazie ancora per avermi offerto la cena. Buonanotte.
Sorrisi mentre digitavo la risposta.
23:17
Buonanotte Payne.
E mi addormentai pieno di pensieri per la testa.

Harry

Da un po' di giorni mi vedevo al bar con Tom, non credevo che dopo un primo incontro come il nostro potevamo diventare una sorta di amici. Parlavamo di molte cose e sfogarmi con lui mi era utile visto l'assenza continua di Louis per colpa dei due lavori. Mi aveva promesso che tutto tra poco sarebbe tornato come prima, ma del resto mi aveva promesso molte cose. E la maggior parte erano rimaste promesse. Io mi fidavo di lui, ovviamente. Ma quando mi prometteva qualcosa non ci speravo troppo, sapevo che mi sarei illuso solamente.
Tom era simpatico e sapeva quando non fare troppe domande, mi piace passare interi pomeriggi con lui. Sapeva che ero fidanzato, se così potevamo definirci, con Louis e non ci aveva mai provato come me. Anche se mi sembrava di notare una certa attrazione da parte sua.
Eravamo seduti al tavolo di sempre con la solita ordinazione a parlare del lavoro. Ogni pomeriggio lavoravo dentro una piccola caffetteria in centro, ovviamente non ci incontravamo mai lì.
“Allora, un giorno mi porterai nella famosa caffetteria dove lavori?” mi chiese Tom sorridendo e bevendo un sorso del suo caffè.
“Mh, magari un giorno ti inviterò. Non prometto nulla però” gli risposi senza guardarlo.
“Non ho ancora capito come mai te la tieni tutta per te, non mi sarebbe difficile capire di quale si tratta. Doncaster non è così grande, poi le caffetterie sono poche” mi guardò negli occhi. Aveva uno strano potere se potevo definirlo così. Ogni volta che ci guardavamo negli occhi era come se riuscisse a leggere tutto quello che provassi. E non mi piaceva affatto, infatti reggevo poco il suo sguardo.
“Ok, ok, ho capito. Devo lasciar perdere questa storia, quando e se vorrai me lo dirai tu. Cambiamo discorso dai. Con Louis come va?” mi sorrise dolcemente prima di bere ancora un po' della sua bevanda calda.
“Bene, almeno credo. Cioè lui è sempre impegnato con i due lavori che fa e stiamo davvero molto poco. In più le poche volte che ci vediamo non parliamo quasi mai perché lui è troppo stanco, quindi ci sdraiamo sul letto e io lo guardo dormire prima di addormentarmi” dissi mentre mi si formava un groppo in gola. Mi mancava davvero tanto parlare con lui.
“Secondo me dovresti parlarci, se non riuscite a parlarvi scrivigli una lettera, un post-it, invitalo nella tua misteriosa caffetteria. Non puoi rimetterci sempre tu, capito? Ma non lo accusare di nulla, magari sta organizzando una sorpresa per te e potresti rovinare tutto. Quindi parlaci ma cautamente” detto questo si alzò ed uscì dal locale, come era solito fare. Dopo avermi dato un consiglio se ne andava via, non avevo mai fatto domande perché lui non ne faceva a me quando non rispondevo. All'inizio rimasi stupido ma poi mi ci abituai.
Avrei fatto come lui mi aveva detto, lo avrei portato al parco e gli avrei parlato. Così presi il telefono e gli scrissi.
18:20
Stasera andiamo a farci una passeggiata e ci fermiamo al parco? X
18:28
Certo piccolo, passo a prenderti tra un'ora.
Appuntamento fissato, l'unico problema ora era cosa dirgli e come farlo. Tom aveva detto di non arrabbiarmi con lui per niente, magari davvero mi stava facendo una sorpresa. Avrei iniziato a fargli domande e da lì avrei trovato un discorso.
Avevo un'ora libera, cosa fare?
Potevo andare alla caffetteria, era vicino al locale in cui ero in quel momento. Speravo di non incontrare nessuno di mia conoscenza così da non dover parlare. Mi incamminai tirando su il cappuccio per ripararmi dal vento che si stava alzando. L'ultimo tratto, infatti, lo feci correndo. Appena entrato sentii subito caldo per la differenza di temperatura e dovetti togliermi il cappotto. Era molto antico come locale, era uno di quelli situati nel sotterraneo di un palazzo. I muri con i mattoni in vista, un grande bancone in legno per tutta la parete di fronte e tanti piccoli tavolini, un grande pianoforte nell'angolo della sala, il pianoforte di Ed. Eravamo amici da quando eravamo piccoli e mi aveva scritto molte canzoni, poi avevamo avuto un brutto litigio e ci salutavamo appena. Ogni volta che andavo a lavorare lì lui suonava le nostre canzoni, per quello non volevo portare lì Tom e nemmeno Louis. Sarebbe stato abbastanza imbarazzante. E poi non ero pronto a scoprire una parte così importante della mia infanzia, non ancora. Anche oggi Ed era seduto sul suo sgabello pronto ad incominciare a suonare. Cercai di nascondermi ma ovviamente troppo tardi dato che sentii le note iniziali di 'Moments'. L'aveva scritta tanti anni fa, nella mia cameretta, un pomeriggio che era venuto a giocare con me. Mi ricordavo ancora a memoria le parole, anche se provavo sempre a dimenticarle rimanevano fisse in mente.
Così passai l'ora prima dell'appuntamento, ad ascoltare Ed suonare al pianoforte le nostre canzoni. Mi mettevano sempre tristezza, a volte piangevo pure. Affrontare Louis in quelle condizioni non era il massimo ma se avessi rimandato lui non sarebbe riuscito a venire. Era sempre troppo stanco e quella volta si era sacrificato per me, per noi.
Senza nemmeno accorgermi del tempo che era passato mi ritrovai di nuovo in strada camminando verso casa, dove Louis sarebbe venuto a prendermi da lì a cinque minuti. L'ansia iniziava a crescere lentamente dentro di me, tanto che appena lo vidi davanti casa mi iniziarono a sudare le mani. Chiusi gli occhi e mi rassicurai che sarebbe andato tutto bene, in fondo cosa poteva andare storto? Sarebbe bastato fare le domande giuste al momento giusto. Mi tranquillizzai un po' quando mi lasciò un dolce bacio sulle labbra, sfiorandole leggermente. Un sorriso sincero si allargò sul mio viso mettendo in mostra le fossette che Louis accarezzava sempre, ma non quella sera. Ricambiò il sorriso ma sembrava turbato per qualcosa, decisi comunque che non era il caso di chiederglielo in quel momento. Così ci avviammo verso il parco passando per la gelateria dove andavamo sempre, non ci sedemmo lì. Dopo aver preso i coni andammo subito al parco e ci sedemmo sull'erba, uno affianco all'altro ma senza guardarci nemmeno una volta negli occhi. Da quando eravamo usciti non ci eravamo mai guardati negli occhi per più di qualche secondo.
”Louis, che succede? Lo vedrebbe anche un ceco che c'è qualcosa che non va” gli dissi costringendolo a guardarmi sfiorandogli il mento. Ma passarono diversi minuti e lui non disse nulla, mi guardò così intensamente che mi venne il mal di testa e dovetti distogliere lo sguardo.
“Ti prego, dimmi qualcosa. Qualsiasi cosa. Ti –“ sospirai e finii la frase sussurrando “prego”. Mi prese il volto tra le mani e mi guardò come prima. Credetti di sentirmi male quando gli scese una lacrima che io asciugai subito con un bacio. Lo guardai ed aspettai una spiegazione che non arrivò subito, credo che passarono cinque minuti buoni.
“Harry io non ti merito. Tu sei troppo per me. Troppo dolce, comprensivo, presente. E io per te non ci sono mai” stava piangendo e a me non restava che prenderlo tra le braccia per consolarlo un po'. Non dava cenno di calmarsi, c'era qualcos'altro che non andava. Infatti continuò poco dopo.
“Dove lavoro odio tutti, come sai, ma qualche giorno fa il capo mi ha detto che dovrei essere più socievole e cercare di far amicizia con qualcuno. Bene, ho iniziato a parlare con un mio collega, Stan, e abbiamo fatto amicizia. Se così si può definire visto che ci conosciamo da poco. Un giorno eravamo sul tetto dell'ufficio a fumare e” prese un bel respiro. Non stava più piangendo ma aveva ancora gli occhi arrossati e gonfi.
“E Stan ha provato a baciarmi” mi disse in fine guardandomi. Non capivo perché me lo avesse detto visto che non si erano baciati. Però la mia mente era ferma al nome del ragazzo, io conoscevo una persona con quel nome ma speravo con tutto me stesso che non fosse lo stesso.
“Aspetta, hai detto Stan? Sai dirmi di più su di lui?” gli chiesi senza guardarlo.
“Beh, non so molto. Ha un fratello della tua età e lui ha la mia, si sono trasferiti qui da poco. Più o meno quando lo hai fatto tu, che strane coincidenze eh?” mi sorrise divertito da quel fatto. Ma io non lo ero minimamente.
“Cosa c'è che non vai? Hai una faccia” mi chiese aggrottando le sopracciglia confuso.
Conosco Stan e conosco pure il fratello, Ed” dissi in un sussurro. Lui mi guardò ancora più confuso e così iniziai a raccontare la mia infanzia.

 

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Capitolo 15
*** Are you in love? ***


Harry

Lui mi guardò ancora più confuso e così iniziai a raccontare la mia infanzia. Tutte le cose che mi erano successe quando ero ancora un bambino, pieno di speranze e sogni. Raccontavo con gli occhi lucidi, brillanti di emozione. Amavo raccontare la mia infanzia, mi riportava bambino per quei pochi minuti in cui la raccontavo. Pochi si fa per dire visto che era passata più di un'ora. Louis sembrava rapito della mia storia mentre la raccontavo, ora aveva lo sguardo perso nel vuoto. Aspettai un po' guardandolo. Dopo qualche minuto si girò verso di me e mi sorrise.
“Come mai non me ne hai mai parlato? Della tua infanzia, intendo” mi disse avvicinandosi un po'.
“Non mi piace molto parlare di me, preferisco ascoltare le storie altrui” risposi alzando leggermente le spalle. Mi guardò un secondo esitante se farmi una domanda o no, alla fine me la fece.
“Quindi tu e Stan siete, uhm, eravate –“ abbassò la voce in un sussurro “fidanzati?” non mi guardò. Anche se esitante, avevo sentito nel suo tono una punta di gelosia. In realtà, mentre raccontavo, non avevo pronunciato la parola “fidanzati” ma lo avevo sottinteso.
“Sì, siamo stati fidanzati” dissi aprendo le braccia, dandogli la possibilità di appoggiarsi al mio petto “siamo stati, al passato. Lui è il mio passato, tu sei il mio presente e il mio futuro” gli dissi infine baciandogli la testa.
Sentii tutta la tensione scivolare via e mi rilassai anche io. Non aveva fatto altre domande ed era meglio così. Se mi avesse chiesto qualcosa sui miei genitori o i miei zii avrei dovuto raccontargli la parte brutta della mia vita. Quella per cui, quando ci eravamo conosciuti, ero così freddo e distante con lui. Arriverà il giorno in cui dovrò raccontargli anche quella parte di me, ma per adesso andava bene così.
Ci avviammo verso casa sua, dove lo avrei lasciato prima di andare a casa. Mi ero completamente dimenticato il vero motivo per cui eravamo usciti: discutere del perché non parlavamo più come una volta. Ma era stato un grande passo raccontargli un po' di me, per oggi andava bene.
Appena arrivato a casa non riuscii ad addormentarmi, così pensai a quanto era cambiata la mia vita da quando lui ne faceva parte. Il mio carattere era cambiato radicalmente, ora ero molto più dolce, sereno, sorridente. Mi aveva migliorato la vita con un sorriso e con quei suoi occhietti azzurri in cui continuavo a perdermi tutte le volte. Però adesso, al contrario di quando ci eravamo conosciuti, non avevo paura di entrare nella loro profondità con il rischio di non riuscire ad uscirne. In quegli occhi avevo trovato casa, perché casa è dove c'è amore e la mia casa era lui.
Era tardi ma volevo comunque mandargli la buonanotte, sicuro che non mi avrebbe risposto.
02:48
Buonanotte Lou, dormi bene xx
Pochi minuti dopo il mio telefono stava vibrando sulla mia pancia, dove lo avevo appoggiato.
02:51
Come mai ancora sveglio? Piccolo è tardi.
02:52
Potrei farti la stessa domanda.
02:55
Se uscissi dai miei pensieri riuscirei anche a dormire x
Sorrisi, uno di quei sorrisi spontanei, che escono senza nemmeno che tu te ne accorga. Lui era l'unico che nell'ultimo periodo riusciva a farmi stare bene davvero.
02:57
Pure io stavo pensando a te, se fossi qui magari riuscirei a dormire x
Passati dieci minuti smisi di aspettare una risposta. Di dormire non se ne parlava, per questo mi sedetti sul mio vecchio divano e accesi il televisore. Stavo per addormentarmi quando il mio telefono vibrò di nuovo.
03:13
Apri la porta, qua fuori si gela.
Mi alzai di scatto e andai verso la porta sfoggiando uno dei miei sorrisi. Lo feci entrare e ci sedemmo insieme sul sofà, mi appoggiai al suo petto e mi sentii subito meglio. Il suo profumo era così famigliare: qualcosa simile alla vaniglia e alla menta.
“Grazie per essere qui” gli dissi guardandolo negli occhi.
“Tu avevi bisogno di me, io avevo bisogno di te. Non serve ringraziare, sai che quando ti serve qualcosa puoi chiamarmi sempre, a qualsiasi ora del giorno e della notte.
“Ti dovrei chiamare sempre quando non sei vicino a me, allora” dissi sorridendo ma senza guardarlo.
“Potessi starei ogni secondo della mia vita accanto a te, ma purtroppo devo lavorare e poi non posso stare a casa tua tutti i giorni. Magari ti disturbo” rispose convinto. Lo guardai sperando che scherzasse ma era fottutamente serio.
“Stai scherzando spero. Tu non disturbi mai, quando sei con me è tutto più bello. Quindi non pensarlo nemmeno” dissi tutto d'un fiato con una strana smorfia sul viso.
Scoppiò in una risata che riempì la stanza prima di guardarmi e dirmi “Senza che ti arrabbi, però. Sì, stavo scherzando. Amo venire qui, sedermi su questo vecchio sofà con te cercando di vedere un film, che puntualmente non finiamo mai di vedere. E sopratutto amo romperti le palle, quindi verrei da te comunque” facendomi poi il solletico.
Verso le quattro andammo a dormire, insieme nel mio letto. Era più basso di me, aveva le braccia meno muscolose ma vicino a lui mi sentivo protetto come da nessuna altra parte.

Le imprecazioni di Louis in cucina mi risvegliarono proprio nel momento più bello del sogno che stavo facendo. Sbuffando mi alzai e andai verso la cucina, per poi appoggiarmi allo stipite della porta osservando il più piccolo indaffarato.
“Farina, uova, latte uhm...ho messo tutto quello che c'era scritto nella ricetta. Sono proprio negato in cucina, volevo solo fare una sorpresa a Harry” disse sospirando e appoggiando la testa al frigo di fronte a lui.
“Devo riprovarci, magari questa volta ho una botta di fortuna e ci riesco” esclamò poco dopo rimettendosi ai fornelli. Non si era ancora accorto di me e io non avrei detto nulla.
Gli cadde il pancake a terra mentre cercava di girarlo sussurrò un “Fanculo” prima di notarmi sorridente sulla porta.
“Oh, buongiorno, emh, volevo cucinarti la colazione ma, come vedi, non ci sono riuscito” mi disse grattandosi la testa e sorridendomi leggermente.
“Stai tranquillo Lou, andiamo alla caffetteria e facciamo colazione lì. Offro io” gli dissi prima di sparire nel corridoio che portava alla camera da letto, dove mi sarei vestito.
Ci preparammo velocemente ed uscimmo sotto un debole sole di inizio febbraio.

Liam

L'appuntamento dell'altra sera non era andato a buon fine e non ci eravamo più visti se non nei corridoi a scuola. In quel momento ero in macchina e alla radio avevano annunciato il nuovo singolo di una band inglese i The Vamps. La canzone si intitolava “Somebody to you”.

I used to want to be
Living like it’s only me
And now I spend my time
Thinking ‘bout to get you off my mind

All I want to be
All I ever want to be, yeah, yeah
Is somebody to you

Senza nemmeno farlo apposta pensai a Zayn e a quanto quella canzone fosse adatta a quello che provavo. Volevo diventare qualcuno per lui ma sapevo che era praticamente impossibile, non gli sarei mai interessato in quel senso. E il problema era che non riuscivo a farlo uscire dai miei pensieri, nonostante ci provassi tutto il tempo.
Proprio in quel momento mi arrivò un suo messaggio.

15:33
Stasera do una festa a casa mia, se vuoi venire anche tu sei il benvenuto. Ci saranno anche Louis e Harry x
15:35
Perché dovrei venire? Dimmi dei buoni motivi e convincimi ;)
Dopo un po' che aspettai una risposta mi iniziai a pentire per quello che avevo scritto, diamine che stupido che ero. Ma appena lessi la risposta cambiai idea.
15:41
Ci sono io, sono un ottimo motivo non credi?
15:41
Mh, mi hai convinto. Ci sarò x
E dopo quello accellerai cercando di arrivare a casa il prima possibile, dovevo prepararmi per essere almeno presentabile. Ci misi più di tre ore, avevo solo più il tempo di mettere qualcosa sotto i denti prima di dover uscire di casa. Così cucinai qualcosa di fretta e non avendo molta fame lasciai metà cena nel piatto. Presi la giacca, mi infilai le scarpe e dopo essermi guardato un'ultima volta allo specchio uscii di casa diretto verso la macchina. Zayn abitava leggermente fuori il centro di Doncaster, dalla parte opposta della città rispetto a me. Non ci avrei messo molto, massimo dieci minuti ed ero in largo anticipo così decisi di passare dalla stradina che circondava la cittadina. Non sapevo come comportarmi con lui, dopo il disastroso finale del nostro primo appuntamento, ero molto agitato. Di sicuro non sarei riuscito a rivolgergli la parola davanti a tutti e poi di sicuro ci sarebbero stati anche Niall e i suoi amici. E come sempre mi stavo già pentendo di aver accettato l'invito per una festa, nemmeno mi piacciono le feste. Ma in realtà sapevo benissimo che ero lì solo per Zayn, forse lo avevano capito tutti visto che non ero mai stato a nessuna delle feste organizzate dalla gente presente in quella stanza. Lui non mi notò subito, stava parlando con degli amici con una birra in mano. Sembrava molto più a suo agio che con me e il sorriso che aveva sulla faccia ne era una prova evidente. Stavo per uscire dalla porta principale, pronto a tornare a casa quando la sua voce mi bloccò.
“Payne, dove stai andando?” mi disse, nella tono della voce sentivo un tocco di curiosità.
“Umh, ciao Zayn. Avevo pensato di tornare a casa, non sono mai stato il tipo da feste di questo genere. Mi piacciono le cose più tranquille, come stare a casa sul divano a leggere un libro o a giocare ad un video game” dissi tutto di un fiato girandomi solo dopo aver finito. Lui mi guardò un secondo, guardò la gente dietro di lui prima di prendermi per il braccio e trascinarmi in giardino con lui. Non c'era nessuno e la cosa mi piaceva parecchio. Si sentiva la musica attutita dallo spessore dei muri, mi piaceva quel posto. C'era una grande piscina al centro con tante sedie a sdraio intorno, dei tavolini e una vasca idromassaggio. Stare dentro quella vasca con lui, magari di sera con la luce fioca della luna ad illuminargli gli occhi di cui ero innamorato. Scossi la testa per mandare via quei pensieri. E poi faceva decisamente troppo freddo per stare lì fuori così gli chiesi “Perché mi hai portato qui fuori, Zay?” mi guardò esitante negli occhi prima di avvicinarsi pericolosamente a me, tanto da sentire il suo fiato caldo in faccia quando mi disse “Hai per caso fretta, Payne?” sorridendo subito dopo.
“N-no, non ho fretta. Fa troppo freddo qui fuori, sto congelando. Tutto qui” gli risposi senza riuscire a staccare gli occhi dalle sue labbra così vicine. Erano screpolate per il freddo ma la voglia di baciarle c'era comunque. Notando il mio sguardo fisso su di esse ci passo la lingua per umidificarle leggermente. Adesso non avevo semplicemente le labbra della mia più grande cotta da anni a pochi centimetri, era pure umide e belle rosse.
Decisi che andarmene era sicuramente l'opzione più valida, così mi girai e mi avviai verso la porta che dava su una camera da letto. Lui mi prese il braccio e mi fece voltare, mi guardò un attimo negli occhi sorridendo prima di avvicinarsi a me. Stavo per dire qualcosa ma lui mi baciò prima che potessi far uscire qualsiasi suono dalla mia bocca.
Sentii come se il cuore mi fosse scoppiato nel petto prima di sciogliermi tra le sue braccia che mi cingevano la vita. Pensavo che dopo averlo baciato una volta avrei smesso di desiderarlo così tanto. Mi sbagliavo perché ora le sue labbra erano diventate un'ossessione.

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Capitolo 16
*** I've got you ***


Zayn

Aveva le labbra screpolate e sapeva di caramelle alla menta ma non volevo che quel momento finisse mai. Era perfetto nelle sue imperfezioni. Lasciai malvolentieri le sue labbra e iniziai a baciarlo lungo la mascella scendendo sempre di più fino ad arrivare al collo. Avrei lasciato un piccolo segno per far sapere agli altri che era occupato. Succhiai leggermente prima di passare con la lingua sulla parte appena marchiata. Il suo respiro era diventato pesante e non volevo farlo eccitare troppo per poi lasciarlo insoddisfatto, così poco dopo lasciai stare quel piccolo lembo di pelle martoriato dai miei denti. Stava prendendo colore, da rosso stava diventando violaceo e sorrisi compiaciuto. Ci soffiai sopra prima di guardare Liam negli occhi, però lui non riuscì a reggere lo sguardo per più di qualche secondo senza arrossire.
“Sei così dolce, Payne. Arrossisci per ogni mia mossa” sussurrai prima si sfiorargli il mento incitandolo a guardarmi. Si stava rigirando tra le mani un vecchio scontrino trovato in tasca, cercando di riuscire ad evitare il mio sguardo.
“Guardami negli occhi” gli dissi, allora, con tono più deciso. Alzò lentamente gli occhi e un brivido mi percorse la schiena “Continua a guardarmi, ti dico io quando puoi distogliere lo sguardo” aggiunsi poco dopo. Il suo corpo tremò e capii quanto era a disagio, cercai di addolcire il modo in cui lo stavo guardando per farlo sentire a suo agio. Ma peggiorai solo le cose. Le sue mani già tremanti tremarono ancora di più e chiuse gli occhi per qualche secondo. Quando li riaprì sentii il cuore riempirsi, riempirsi di lui ancora un po'. Presi le sue mani tra le mie e dissi “Non tremare, calmati” ridendo “Non sono Obama, non sono nessuno di importante o famoso”. Sorrise e mi sentii subito meglio. Solo dopo minuti che mi sembrarono ore esclamai “Ok, ora puoi andare”. Ma lui non se ne andò, anzi, mi baciò e io rimasi un attimo stupido prima di ricambiare. Gli tremava il labbro inferiore ed era insicuro sul da farsi, così glielo morsi prima di succhiarlo un po'. Sorrisi sulle sue labbra. Quello che mi disse dopo non so se l'avevo sentito sul serio o me lo ero immaginato.
“Adesso posso dire di sapere che gusto hanno i tuoi sorrisi” sorrise lui spalancando gli occhi un attimo dopo, forse era un suo pensiero e non voleva dirlo ad alta voce. Arrosì così tanto da sembrare un pomodoro maturo e abbasso il capo scuotendolo.
“Sediamoci un po' qui, ti va? Possiamo parlare un po'” gli chiesi. Lui annuì e si sedette al mio fianco. Parlammo di cavolate, le solite cose che si dicono tra amici. Non mi accorsi nemmeno di Harry e Louis che ci guardavano dalla vetrata sorridendo.

“Zayn” disse lui, accarezzandomi i capelli. Aprii gli occhi e aspettai un po' che mi facesse quella domanda che ero sicuro avesse in mente da quando gli avevo chiesto di guardarmi.
“P-perchè volevi che ti guardassi?” mi chiese senza riuscire più a far incontrare i suoi occhi con i miei.
“Così, solo per innamorarmi di te ancora una volta”.

Harry

“Non sono riuscito a chiedergli cosa gli succede in questo ultimo periodo” dissi interrompendo i vari minuti di silenzio che avevano interrotto la discussione di poco prima.
“Come mai?” mi chiese guardandomi intensamente negli occhi. Anche se avessi cercato di nascondere qualcosa lui sarebbe riuscito a capire tutto semplicemente guardandomi. Credo fosse un dono quello che aveva: capire le persone osservandole negli occhi. Questo perché lui non si limitava a guardarti come facevano tutti, andava più a fondo; dritto fino all'anima. Mi era capitato di mentirgli una volta per vedere come avrebbe reagito. Aveva semplicemente annuito facendomi credere che l'aveva presa come verità, ma sapevo che non era così.
“Mi ha raccontato un po' di cosa era successo al lavoro con un suo collega, il quale aveva cercato di baciarlo. Abbiamo finito per parlare della mia infanzia visto che quel ragazzo lo conosco anche io, eravamo fidanzati qualche anno fa. Pensavo fosse abbastanza per quella sera e non sono riuscito a chiedergli nulla” risposi sospirando e bevendo un sorso dalla mia tazza fumante appoggiata sul tavolo di fronte a me. In fondo era vero, insomma, un motivo era anche quello.
“Avevi paura della risposta, vero?” mi chiese più come affermazione che come domanda. Alzai lo sguardo leggermente sorpreso.
“Un giorno mi dirai come fai a capire tutto quello che la gente prova, guardano semplicemente come si atteggia o i suoi occhi” esclamai. Lui mi sorrise senza smuovere lo sguardo da un punto indefinito alle mie spalle.
“Quando tu mi porterai nella tua segreta caffetteria potrei farci un pensiero” rispose alzando leggermente le spalle per poi bere un goccio di cioccolata calda. Lo osservai un po' indeciso se porgli la domanda che mi occupava il cervello da qualche giorno. Presi un bel respiro e mi venne di quel coraggio che si ha una sola volta. “Ti andrebbe di, beh, uscire insieme fuori da questo locale?” gli chiesi tutto di un fiato, mi sorrisi e sentii le guance avvampare.
“Non innamorarti di me, Styles. Hai già Louis al tuo fianco” rispose ammiccando e io arrossii ancora di più, se era possibile.
“M-ma cosa dici?” una strana smorfia si formò sul mio viso “Non potrei mai” dissi senza riuscire a guardarlo per il troppo imbarazzo. Dio, era meglio se non avessi detto niente.
“Piccoletto, scherzavo. Andiamo a vedere il film che è appena uscito al cinema?” mi chiese subito dopo bevendo l'ultimo sorso di cioccolata calda.
“Umh, certo”.
“Ok, allora stasera ci vediamo qui fuori alle 18” rispose alla mia affermazione prima di alzarsi ed andarsene come al suo solito.
Dovevo tornare a casa da Louis, non ci vedevamo da qualche giorno e quel pomeriggio avevamo organizzato di stare un po' da lui. Di sicuro non gli avrei detto nulla sull'appuntamento con Tom perché non ne sarebbe stato molto felice, era molto geloso già sul fatto che ci vedevamo tutti i pomeriggi alla caffetteria. Figuriamoci se avesse saputo che andavamo al cinema insieme, di sera ed ero stato io a chiedergli di uscire. Sarebbe andato su tutte le furie, anche se nasconderlo era ancora peggio.
Arrivato a casa sua cercai di non pensarci e semplicemente godermi quelle poche ore in cui saremmo potuti stare insieme. Magari guardando un film in camera sua. Sentivo che mi stava dicendo qualcosa ma non riuscivo ad ascoltarlo, avevo un forte mal di testa per i troppi pensieri. Mi sdraiai sul letto chiudendo gli occhi. Louis aveva smesso di parlare da qualche minuto e vedendo che non mi decidevo a rispondere, si girò e vedendomi in quella posizione lasciò immediatamente i dvd che aveva in mano per venirmi vicino.
“Harry,” mi scosse leggermente “Harry, tutto bene?” chiese con tono preoccupato. Il mal di testa non dava segno di smetterla di tormentarmi. Le parole erano bloccate in gola, tante cose da dire ma senza abbastanza fiato. Si mise a cavalcioni sopra di me e mi scosse nuovamente.
“Harry, ti prego dì qualcosa. Cosa c'è che non va?” aprii leggermente gli occhi e il suo viso era a pochi centimetri dal mio. I suoi piccoli occhietti azzurri sembravano più grandi visti da quella prospettiva. Si potevano vedere delle piccole venature di verde vicino la pupilla.
“Hai gli occhi più belli che abbia mai visto” dissi in un sussurro prima di lasciargli un leggero bacio sulle labbra, sfiorandole appena. Mi guardò prima di espirare pesantemente, aveva trattenuto il fiato tutto il tempo.
“Mi hai fatto preoccupare, dio Harry” esclamò subito dopo facendomi il solletico dove lo soffrivo di più. “Non farlo mai più, ok?” mi guardò tornando serio. Feci lo stesso e annuii con il capo.
“Lou,” accarezzai delicatamente la vena visibile sul suo collo “sei geloso di Tom?” gli chiesi guardandolo e continuando ad accarezzarlo. Mi sorrise dolcemente e mi venne voglia di baciarglieli tutti quei sorrisi che faceva.
“Un po'” ammise “ma finché vi vedete alla caffetteria come amici posso accettarlo” rispose infine alzando le spalle.
“Quindi se ci andassi al cinema insieme, per esempio, ti arrabbieresti?” chiesi nuovamente e la cosa sembrò infastidirlo, infatti scese dal letto e si rimise a guardare tra i DVD.
“Sì, mi arrabbierei. Adesso aiutami a scegliere il film da guardare” disse dandomi le spalle. Diedi una veloce occhiata all'orologio: le 17:45. Dovevo andare a prepararmi per uscire con Tom ma non potevo lasciare Louis lì in quel modo. Scegliere, scegliere, scegliere. Odiavo farlo, sopratutto se la scelta era tra due persone a cui tenevo moltissimo. Ovviamente quello che provavo per Louis era il doppio dell'affetto che avevo nei confronti dell'altro. Il mio mondo girava attorno a lui e lo sapeva bene, a volte sfruttava anche questa cosa a suo favore facendomi soffrire. Ma io lo perdonavo come sempre perché sapevo che senza di lui non sarei più riuscito ad andare avanti. Era entrato a far parte della mia vita e non ne sarebbe mai uscito, perché lo amavo e lui lo sapeva, e quando ami qualcuno non te ne vai. Quella volta, la decisione che presi, stupì anche me ma sopratutto stupì lui.
“Senti, io ho una c-commissione da fare. Devo lasciarti” dissi d'un fiato prima che cambiassi idea. Lui si girò visibilmente stupito e solo dopo qualche bugia mi lasciò andare.
Erano le 17:55 quando arrivai a casa così ebbi solo il tempo di cambiarmi per poi uscire nuovamente di casa. Presi la macchina anche se non distava molto ma preferivo evitare di far ritardo. Lui era già lì che mi aspettava guardandosi intorno e appena mi vide sorrise compiaciuto.
“Pensavo avessi deciso di non venire più” disse sinceramente.
“Ho avuto un contrattempo, ma ora sono qui” sorrisi “entriamo, prima che inizi il film” e così facemmo. 'Un contrattempo', avevo sul serio definito Louis così? Mi stavo pentendo di tutto, di averlo lasciato a casa in quel modo, di essere al cinema con Tom sapendo che si sarebbe arrabbiato e di averlo definito un semplice contrattempo. Lui non lo era. Quando si trattava di scelte finivo sempre per fare quelle sbagliate. Continuavo a muovermi sul sediolino della sala e Tom ogni tanto mi guardava aggrottando la fronte ma non dicendo nulla.
“Scusami, devo andare un attimo in bagno” dissi in fine alzandomi senza riuscire a sentire la risposta. Appoggiai le mani sul bordo del marmo e mi guardai allo specchio: ero pallido e gli occhi sbarrati. Dovevo andarmene da lì il prima possibile, tornare a casa e riposarmi un po'. Cercai nelle tasche il telefono ma non lo trovai, forse mi era caduto sul sediolino. Corsi dentro la sala e notai subito lo schermo illuminato.
18.20
Hazza, io vado al cinema con dei miei amici a vedere un film. Se hai bisogno sai dove trovarmi x
Dovevo avere una faccia orribile visto che Tom mi chiese cosa avessi. Sussurrai uno “Scusa” prima di correre verso l'uscita. Correndo a testa bassa andai a sbattere addosso a qualcuno, come sempre. Alzai lo sguardo e sbiancai letteralmente. Louis e un gruppo di ragazzi mi erano davanti.
“Harry! Cosa ci fai qui?” esclamò lui visibilmente stupito.
“Emh, io, veramente” non sapevo cosa rispondere ed iniziai a balbettare “I-io stavo, umh, tornando a casa” dissi in fine tenendo la testa abbassata.
E solo quando sentii la voce di Tom che mi chiamava capii di essere seriamente nei casini. 

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Capitolo 17
*** And you're gone, again ***


Liam

Non mi ero mai sentito così felice in vita mia. La storia con Zayn era diventata ufficiale, non lo avevamo ancora detto in giro ma noi lo sapevamo. E per quel momento andava bene così. Ci vedevamo spesso a casa sua dove cercavo di aiutarlo a studiare ma, visto che ora ne avevo la possibilità, mi fermavo spesso e lo baciavo o semplicemente lo guardavo per un po'. Eravamo anche usciti fuori, magari al parco vicino casa mia o alle fiere di vari paesini, ma non erano mai stati veri e proprio appuntamenti. Per questo volevo fargli una sorpresa invitandolo a casa mia a cena, una di quelle romantiche: con candele, il servizio di piatti che si usa solo in occasioni speciali e dei fiori come centro tavola. Lui non era molto il tipo da queste cose, però per una volta si poteva fare. Ero abbastanza bravo in cucina così decisi che avrei preparato qualcosa io. Dovevo andare a fare la spesa dopo essere stato da lui per studiare, se così si poteva definire quello che in realtà facevamo.
Mi guardai un'ultima volta allo specchio prima di avviarmi verso il vialetto dove era posteggiata la mia macchina. Quello era uno di quei giorni in cui vedi tutto in modo pessimistico, in cui nulla sembra andare nel verso giusto. Avevo un brutto presentimento, non sapevo bene cosa riguardasse ma sentivo quel peso sul petto ad ogni respiro. La scelta migliore era quella di non pensarci, prima o poi sarebbe passato. In fondo cosa sarebbe dovuto andare storto? Stavo per vedere il mio fidanzato, lo avrei invitato ad una cena a lume di candela a casa mia e non mi serviva altro. Così accesi il motore e la radio, cercando di lasciare a casa quei brutti pensieri.
Arrivato a casa sua notai subito il suo sguardo spento. Non volevo fare domande, magari me lo ero immaginato viste tutte le paranoie che mi facevo. Mi sembrava di non vedere quella luce che acquisivano i suoi occhi quando mi guardavano di solito. C'era qualcosa di buio, nero che si era impossessato del suo sguardo. Solo quando finalmente i suoi occhi si scontrarono con i miei capii che non era stata una mia impressione. Mi faceva paura: aveva delle occhiaie profonde sotto gli occhi, era pallido e i suoi occhi erano freddi, distaccati. Come se il suo corpo fosse lì ma la sua anima in un posto che cercava di tener chiuso in tutti i modi. Non riuscii a reggere quello sguardo e abbassai il mio sul libro appoggiato alle mie ginocchia. Rimanemmo in silenzio per svariati minuti prima che io riuscissi a parlare, visto che lui non lo avrebbe mai fatto.
“Zay, t-tutto apposto?” gli chiesi senza riuscire a guardarlo, in quel momento decisi che le pagine di aritmetica fossero molto più interessanti.
“Sì, sto bene” un brivido mi percorse la schiena. Era un pezzo di ghiaccio, non lo avevo mai visto così. Il suo tono era rauco, non trasmetteva emozioni. Mi sentii come se tutto quello che conoscevo di lui fosse volato via, lasciandomi lì in una stanza con una persona a me sconosciuta. Continuai a spiegare aritmetica sapendo benissimo che non mi stesse ascoltando.
“Payne” mi interruppe a metà frase e solo quando alzai lo sguardo continuò “Abbassati i pantaloni”. Spalancai gli occhi credendo di aver capito male.
“Fallo” esclamo sorridendo falsamente poco dopo. Chiusi gli occhi per un secondo prima di fare quello che mi aveva chiesto. Stava male e quello lo avevo capito, avrei fatto qualsiasi cosa per farlo stare un po' meglio. Così non dissi una parola quando mi cacciò di casa dopo avermi fatto un pompino, negandomi ogni bacio che cercavo di dargli.
Arrivato a casa iniziai ad urlare e piangere, sfogando tutta la rabbia che avevo addosso per quello che sopportavo. Era troppo, sapevo da qualche settimana che da lì a poco sarei esploso provocando dolore a tutta la gente vicino a me. E quel momento era arrivato.

Harry

Tom era comparso al mio fianco con una faccia confusa. Presi un bel respiro, ero completamente fottuto. Un espressione confusa si dipinse sul volto di Louis. Stavo per parlare quando Tom mi precedette.
“Piacere James” sorrise porgendo la mano a Louis “sono un amico di Harry ed eravamo qui a vedere il film appena uscito nelle sale”. E mentre si stringevano la mano lo guardai stupito dalla risposta che aveva dato, mi aveva salvato la pelle. Quando mi guardò prima che rientrassimo in sala gli sussurrai un “Grazie” che non bastava per quello che aveva fatto. Per quel momento ero salvo ma non sarei riuscito a mentire a Louis ancora per molto. Sapevo che prima o poi mi sarei ritrovato a dirgli che in realtà quel mio amico era Tom. Avevo paura della sua possibile reazione ma ancora di più di quella che avrebbe potuto avere se lo avesse scoperto da qualcun' altro. Di sicuro avrei aspettato ancora un po' di tempo, dovevo far calmare le acque.
O così pensavo di fare prima che, dopo essere tornati dal cinema, a casa mia si presentò Louis con la scusa del voler stare un po' con me. Sapevo che c'era qualcosa sotto, si capiva dagli occhi di quell'azzurro glaciale che li rendeva ancora più freddi in quel momento. Cercai di sembrare meno agitato di quello che in realtà ero, facendo battute e comportandomi come al solito. Ero andato in cucina a prendere qualcosa da mangiare quando lo sentii urlare dalla stanza accanto.
“Come hai conosciuto James?” mi si gelò il sangue a quelle parole. Era una domanda a trabocchetto e sapevo per certo dove voleva andare a parare. Dovevo perdere tempo per prendere un po' di coraggio per confessargli tutto ma, dopo qualche minuto in cui ero fermo immobile davanti al frigo, lo sentii arrivare e sedersi sul piano della cucina.
“Harry, tutto apposto? Hai per caso perso la lingua?” il suo tono era piatto, privo di emozioni, stava per perdere la pazienza così decisi di parlare.
“Era Tom” sussurrai girandomi verso di lui e guardandolo negli occhi. Mi sembrò di sentire delle carezze fredde quando fece scorrere il suo sguardo per tutto il mio viso. Fredde come i suoi occhi in quel momento. Sorrise, sembrò quasi spontaneo e sincero.
“Pensavi che ci avrei creduto, eh” disse tornando con i piedi sul pavimento ed avvicinandosi a me “Mi avevi chiesto se mi sarei arrabbiato se foste andati al cinema insieme, perché lo hai fatto pur sapendo la risposta? Era tutto già organizzato vero?” la sua voce era diventata un urlo. Era più basso e asciutto di me ma in quel momento lo sentivo dieci volte più grande, mi faceva paura. Per questo non riuscii a continuare a guardarlo.
“M-mi dispiace” dissi talmente a bassa voce che non mi sentii nemmeno io. Scoppiò a ridere e mi afferrò il mento alzandolo, costringendomi a fare lo stesso con gli occhi.
“Ah, adesso ti dispiace? Beh, sai una cosa? Ti avrei perdonato tutto, lo sai. Ma non mi faccio prendere per il culo da nessuno, nemmeno dal mio fidanzato” urlò ancora più forte. Era rosso in viso e la vena sul collo gli si era gonfiata diventando ancora più visibile del solito. Mi lasciò andare spingendomi leggermente e scomparve nel corridoio. Lo seguii e vidi che stava prendendo delle sue cose che era abituato a lasciare da me.
“Ti prego Louis, non mi lasciare un altra volta. T-ti prego, non te ne andare” dissi scoppiando a piangere. Come avevo fatto a paragonarlo ad un “contrattempo”? Se lo fosse stato davvero in quel momento non sarei mai scoppiato a piangere implorandolo di restare. Eppure eccomi lì, crollato sulla porta d'ingresso cercando di bloccarlo.
“Levati di mezzo” mi disse con tono duro ma senza guardami. Iniziò a spingermi per farmi spostare dall'uscio, in quel momento ero troppo debole per resistere. Così mi spostai leggermente lasciandogli lo spazio necessario per aprire quella maledetta porta che lo avrebbe fatto uscire dalla mia vita una volta per tutte.

Zayn

01:47
Vediamoci al solito posto tra cinque minuti, ti devo parlare.
E subito dopo averlo letto il messaggio, stavo camminando verso la fabbrica abbandonata al fondo della mia via. Raramente ci vedevamo o scrivevamo da quando ci eravamo fidanzati, per questo sapevo che era una cosa importante. Anche io dovevo parlargli, mi ero pentito di quello che avevo fatto a Liam e avevo già in mente cosa fare per farmi perdonare. Non mancava molto quando lo vidi per strada che mi veniva incontro. Era una cosa serissima.
“Hei Tomlinson, che succede? Sembri davvero agitato” gli dissi prima di superarlo per andarmi a sedere su dei cuscini che avevamo ammassato nella grande sala della ex fabbrica. Aspettai che si sedesse anche lui ed iniziasse a parlare.
“Io ed Harry abbiamo litigato pesantemente. Me ne sono andato di casa a malo modo, lasciandolo lì a terra mentre piangeva e mi supplicava di rimanere. Mi sento uno stronzo” rispose guardando di fronte a lui un punto non definito. Era marzo inoltrato ma le temperature erano ancora piuttosto fredde.
“A momenti non ti riconosco più, il Louis che conoscevo io se ne fotteva della gente e quando trattava male qualcuno ci rideva su. Questo ragazzo ti ha messo apposto, ha aggiustato il casino che eri rendendoti migliore. Magari dovrei ringraziarlo, ma non sono il tipo di ragazzo che fa queste cose” sorrise debolmente aspettando che continuassi “Si vede che lo ami anche se non lo ammetterai mai. Ti sembrerà strano detto da me, però decidi in fretta cosa fare. Vuoi stare con lui? Bene, non ferirlo più andandotene via come sei abituato a fare. La tua indole da ragazzo solitario, che preferisce farsi le canne con un suo amico, sfottere la gente e scopare senza sentimenti, prevale? Ok, allora lascialo stare. Non cercarlo mai più e fagli dimenticare la tua esistenza, starà maglio. Ci vorrà del tempo, quello è ovvio, ma passerai anche tu” mi bloccai un attimo capendo che quelle parole le stavo dicendo anche a me stesso. Dovevo decidere cosa fare con Liam. Lui era troppo per me e quello lo sapevo ma avrei fatto di tutto per continuare ad averlo al mio fianco, magari dovendo rinunciare a qualcosa o qualcuno. Per lui avrei fatto qualsiasi cosa possibile. Mi passai una mano in volto prima di girarmi verso di lui.
“Cosa pensi di fare?”
“Vorrei essere il ragazzo ideale per lui, passare il resto della mia vita al suo fianco. Fanculo tutto il resto, mi basta lui per essere felice. Ma lo farei solo soffrire. Siamo due opposti: lui puro, trasparente. Tipo un angelo. E poi ci sono io, che con un gesto gli taglio le ali senza dargli la possibilità di salvarsi ad un altro mio sbaglio. Lo butto giù dal burrone su cui è in bilico. Lo ferisco, gli ferisco l'anima. Non merita tutto il male che posso procurargli io. Non merito tutto il bene che può offrirmi” aveva ridotto la voce in un sussurro, cercando di non farmi sentire che stava piangendo. Non lo avevo mai visto così giù di morale. Misi un braccio attorno alle sue spalle e lo strinsi forte. Era scosso da grandi singhiozzi che facevano tremare anche me. Cercai di stringerlo ancora di più, per quanto mi fosse possibile.
“Cosa dovrei fare?” riuscì a pronunciare.
Quello devi capirlo tu, ma sono sicuro che farai la scelta giusta”.

 

 

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Capitolo 18
*** Emeralds in the oceans ***


Zayn

Non sentivo Liam da qualche giorno e le mie condizioni non erano delle migliori: ero chiuso in camera mia aspettando che mi scrivesse un messaggio, anche solo che mi mandasse a fanculo ma nulla. Il suo messaggio non arrivava e io continuavo a non mangiare, il motivo era ovvio ma mia madre non sembrava capirlo. Proprio per questo la sentii arrivare dal corridoio.
“Buongiorno Zayn, ti ho portato la colazione. Ti va di mangiarla insieme?” mi sorrise debolmente ma percepii preoccupazione nel suo sguardo. Mi misi a sedere e le feci cenno di sedersi accanto a me.
“Mamma, ti ringrazio della colazione e del fatto che ti preoccupi per me ma non ho fame” le dissi schiarendo le ultime parole.
“Non ti ha ancora scritto, vero?” chiese dunque lei, abbassando lo sguardo e prendendo un biscotto.
“No, non lo ha fatto. Secondo te sarei ancora qui?” risposi prendendo il telefono da sotto il cuscino.
“Scrivigli tu” disse dopo qualche minuto di silenzio. La guardai aggrottando le sopracciglia e aspettando che si spiegasse.
“Sei tu che hai sbagliato, no? Lui starà aspettando un messaggio di scuse o che tu vada da lui per chiarire” continuò alzando poi le spalle e guardandomi. Mi passai una mano sul viso ed annuii.
“Hai ragione,” presi un biscotto “grazie mamma” risposi alzandomi dal letto sorridente. Intravidi un sorriso compiaciuto sul suo viso mentre entravo in bagno per fare una doccia rigenerante, di sicuro non potevo presentarmi a casa sua in quelle condizioni.
Feci tutto molto in fretta, la voglia di vederlo in quel momento era alle stelle. Ma solo quando ormai ero da lui sua pensai che forse non voleva nemmeno vedermi, così decisi di tornare a casa ed invitarlo a cena fuori. Magari non romantica o troppo smielata; semplice ma ben organizzata. Così feci e, mentre aspettavo impaziente la risposta, giravo per la stanza pensando a cosa avrei potuto fare. Camminai avanti e indietro per così tante volte che pensai seriamente di stare per corrodere il pavimento, creando un buco che mi avrebbe fatto cadere al piano inferiore. Proprio mentre mi squillò il telefono una serie di immagini in mente mi fece sorridere: io e lui seduti sulla ruota panoramica a guardare il resto del luna park tutto illuminato, felici e spensierati. Era una cosa molto semplice ma pensai che gli sarebbe piaciuta molto.

11:18
Liam, ti devo parlare.
11:29
Cosa vuoi?
11:31
Un'altra possibilità x
11:42
È l'ultima che hai, usala bene.
11:45
Non rimarrai deluso, passo a prenderti alle 17 x

E con quella conversazione iniziò un pomeriggio passato in preda a mal di stomaco per l'ansia, urla isteriche perché non trovavo nulla che mi piacesse da indossare e sorrisi involontari quando mi sedevo sul letto e guardavo lo sfondo del mio telefono, il quale ritraeva me e Liam in giardino mentre parlavamo; l'aveva scattata Louis il giorno della festa a casa mia.
Finalmente era arrivata l'ora di andare da lui, qualche altro minuto chiuso in quella casa e sarei impazzito. Mi guardai un'ultima volta allo specchio, ancora non totalmente convinto di come apparivo. Non avevo mai avuto problemi con il mio aspetto, l'avevo sempre accettato e reputato bello ma da quando lui era entrato a far parte della mia vita tutto era cambiato. Avevo la costante paura di non essere mai abbastanza, che qualsiasi ragazzo sarebbe stato, ai suoi occhi, più bello di me. Era stupida come cosa e lo sapevo bene perché se eravamo fidanzati un motivo esisteva, però avevo imparato ad amarlo così forte che una vita senza di lui mi faceva paura.
Mentre mi avvicinavo a casa sua lo vidi sul vialetto intento a parlare al telefono con qualcuno, in realtà stava ridendo. Mi venne naturale stringere il morso, facendo risaltare la mascella. Gelosia: qualcuno, che non ero io, riusciva a farlo ridere in quel modo; qualcuno riusciva a farlo stare bene davvero. Forse il problema non era riuscire a farlo ridere così, ero io. Il vero e unico problema ero io e insieme a me tutto il casino che ero.
Salì in macchina ancora sorridente, non salutò, non mi guardò. Non volevo rovinare nulla allora lasciai perdere, quindi accesi il motore e partii. Si avvertiva tensione nell'aria allora decisi di mettere della musica per interrompere quel silenzio straziante. Allungai la mano per accendere la radio quando quella di Liam la prese e la rimise sul volante. Ci stette qualche minuto per riuscire a capirci qualcosa ma alla fine riuscì ad accenderla, sorrisi pensando alla prima volta in cui aveva cercato di farlo. Mi ricordavo ancora le esatte parole che aveva usato “Volevo riuscirci da solo e poi almeno saprò farlo la prossima volta”. Aveva sottinteso che ci sarebbe stata una “prossima volta” e da quel momento era iniziato tutto. Voltai il capo un secondo per guardarlo ed anche lui stava sorridendo, magari ripensando alle stesse cose.
“Hai visto? Ho imparato ad accenderla e a cambiare stazione da solo” disse con tono soddisfatto, come un bambino che riesce a montare il suo giocattolo dei lego.
“Di questo non ne ho mai dubitato, ero sicuro che ce l'avresti fatta” replicai tornando poi con lo sguardo sulla strada, non mancava molto.
Parcheggia la macchina e mi misi vicino a lui, pronto per andare a fare un giro per il luna park, prima di scusarmi. Lo sentii irrigidirsi al mio fianco, bruttissimo segno.
“Mi stai prendendo in giro o fai sul serio? Pensavi sul serio che riportarmi nel posto dove mi hai illuso la prima volta, ti facesse perdonare? Ed io che credevo che tu volessi sul serio scusarti” disse quasi urlando, stringendo i pugni e poi girandosi verso la macchina. Non lo avevo mai visto così furioso.
“E adesso riportami a casa” continuò prima di sedersi al posto del passeggero. Mi avvicinai alla portiera e la aprii prima che lui riuscisse a chiudersi dentro.
“Liam, non ci avevo pensato. Mi dispiace, okay? Non volevo prenderti in giro, ti ho portato qui perché volevo scusarmi con te per tutto quello che ho fatto” esclamai prima di porgergli la mano.
“Ci sediamo nel prato lì davanti? Ti dico tutto quello che ti devo dire e poi decidi se restare o andare via” lo supplicai con lo sguardo e lui, sospirando, uscì dalla macchina scansando la mia mano. Mi sedetti poco lontano dalla macchina e gli feci cenno di mettersi affianco a me. Scosse leggermente la testa, sospirai cercando di organizzare un discorso in mente. Non mi restava che dirgli cosa realmente provavo, se anche quello non fosse servito mi sarei rassegnato davvero.
“Emh, io...” presi un bel respiro e un fiume di parole uscì dalla mia bocca. Per quanto potessero essere banali non riuscii a fermarmi. Quando alla fine avevo svuotato tutto quello che tenevo dentro da qualche mese, aspettai che lui facesse qualcosa. Ma stette fermo come si era messo prima che iniziassi il mio discorso. Guardava un punto indefinito davanti a lui, cercai di capire cosa lo attraesse tanto ma l'unica cosa che vidi era gente che camminava, rideva, mangiava, viveva a qualche metro di distanza. Poi c'eravamo noi: non stavamo vivendo. Forse Liam lo stava facendo ma il mio tempo era fermo dall'ultima sillaba che avevo pronunciato. Mi alzai e avvicinai a lui.
“Ti amo, lo sai. Ti ho appena affidato il mio cuore, il mio tempo, la mia vita. Ti prego, resta” gli dissi il più dolcemente possibile. Ed era vero, io amavo quel ragazzo davanti a me con tutto il cuore. Difetti compresi.
“Fanculo” mi disse con tono acido. Mi avvicinai a lui che fece un passo indietro “Stai lontano da me”. Sorrisi prima di fare uno scatto verso di Liam per poi bloccarlo tra le braccia.
“So che non riuscirai a fare l'arrabbiato con me ancora per molto” risposi alla sua affermazione di poco prima.
“Lo so” disse sospirando e rilassandosi tra le mie braccia “E ti amo anche io, Zay. Qualsiasi cosa tu faccia io ti perdonerò”. Lo strinsi più forte prima di baciarlo.
“Ah Liam” dissi allontanandomi leggermente dalle sue labbra “Smettila di mangiare caramelle alla menta, le odio”.

All'inizio per Zayn amare qualcuno era troppo difficile, ma a modo suo aveva imparato a farlo. Giorno dopo giorno Liam gli aveva insegnato, senza accorgersene, quando fosse facile. Avere qualcuno affianco, qualcuno che ami, che ti rende felice e che ti fa sentire amato: piccole cose che fanno capire il bisogno di amare qualcuno, donargli tutte le emozioni che ti fa provare a sua volta. Zayn non era mai stato un ragazzo a cui piaceva programmare la vita, viveva giorno per giorno. Ma con Liam al suo fianco tutto era cambiato, aveva trovato un significato all'espressione “per sempre”; per sempre, il tempo per cui avrebbe amato quel ragazzo dagli occhi marroni e la fissa per le caramelle alla menta.

Louis

Eh sì, avevo fatto la scelta giusta. Qualche giorno dopo aver litigato con lui ero tornato a casa e mi ero fatto perdonare. Anche se ero sicuro che mi avrebbe perdonato comunque.
Mi svegliai e Harry non era più al mio fianco. Alzandomi molto svogliatamente mi diressi in cucina dove trovai una busta con affianco delle chiavi, confuso la aprii. Mi sedetti sul divano e iniziai a leggere.

Caro Louis,
è passato esattamente un anno da quando ci siamo visti la prima volta a quella festa, la stessa festa in cui Josephine morì in parte anche per colpa mia. Lo sai che non mi sono mai perdonato anche se tu mi rassicuri sempre che non è stata colpa mia. Ti confesso una cosa, prima che tu mi chiedessi di stare con lei, io ti avevo già notato in mezzo a tutti gli altri ragazzi. Entro quella sera sarei venuto a parlarti comunque. Avevi un non so che di affascinante che mi attraeva. Non so nemmeno ora, dopo un anno, cosa sia ma un giorno riuscirò a capirlo.
Ne sono successe di cose, eh Lou? Abbiamo litigato, ci siamo odiati per motivi stupidi, ci siamo allontanati per colpa di Tom ma la cosa che conta di più è che ora siamo ancora qui, insieme. Più uniti che mai.
Prima di conoscere te avevo una concezione completamente diversa su cosa fosse l'amore e cosa significasse amare qualcuno.
Pensavo che bastasse esserci nei momenti felici per gioire insieme, condividere le cose, vivere insieme, baciarsi, guardarsi negli occhi e vedere l'altro come la cosa più bella del mondo.
Ma mi sbagliavo. Amare vuol dire esserci sempre, sopratutto nei momenti peggiori, per sostenere l'altro e dargli un po' della tua forza cercando di non farlo crollare. Guardarsi negli occhi e amarsi forte, di quell'amore che distrugge tutto, quell'amore che potrebbe essere scambiato per un tornado. Vedere la parte peggiore dell'altro e restare nonostante tutto.
E io ho visto la tua parte peggiore, Louis. L'ho vista quando te ne sei andato, ancora, proprio nel momento in cui avevo più bisogno di te. Mi hai lasciato solo pensando che fossi abbastanza forte per superare quel dosso senza farmi crollare il mondo addosso. Ed è stato così, ricordi? Sei tornato e hai trovato un Harry più forte di prima. Ma non sai che sono restato forte solo per te, perché sapevo che saresti tornato indietro e non potevo farmi trovare distrutto. Anche se distrutto lo sono ancora.
Quindi sì, ho visto la tua parte peggiore ma eccomi ancora qui, ad amarti più di ieri e meno di domani.
Con te ho imparato ad amare e voglio anche spiegarti cosa mi hai insegnato. Quando ami qualcuno tu non vorresti solo il bene dell'altro. Tu staresti male pur di far stare bene il tuo compagno. Gli dai la vita, vita considerata in tempo. Gli dai del tuo tempo che potresti passare facendo altro, magari divertendoti. Ma no, preferisci regalare un po' della tua esistenza alla persona che ami. E magari quella ti ferirà, ti lascerà sola, se ne andrà. Però, se tu l'avrai amata veramente, capirai che non è stato tempo perso. Potrai stare male quanto vuoi ma passerà, come passerà lui. Alla fine dei conti tu avrai regalato un po' di te a quella persona. E giustamente ti chiederai “lui se n'è andato portandosi via una parte di me”. Sì, è così, purtroppo. L'amore distrugge, lo so, ma io sarei disposto ad essere distrutto da te. Perché i nostri momenti, quelli che un giorno saranno solo ricordi, in questi minuti o in queste ore li avrò vissuti al meglio. Con un sorriso sulle labbra. E non mi pento di nulla.
Per la società il nostro amore è sbagliato, ma io sono disposto a sbagliare tutta la vita purché tu sbagli con me. Non mi hai ancora detto che mi ami o robe simili ma a me va bene così. Il mio amore è così grande che basta per tutti e due.
Abbiamo strane abitudini io e te: ci addormentiamo insieme e mi sveglio con te che cerchi di cucinarmi una colazione decente senza riuscirci, ci mettiamo sul divano a guardare un film per poi finire a farci il solletico, parliamo del futuro pur sapendo che abbiamo tutta la vita davanti, ci facciamo delle foto insieme con quella polverosa Polaroid di mia nonna attaccando poi le foto al frigo. Siamo anche abituati a prendere il thè sul vecchio sofà di casa mia, alle 16:58 tutti i pomeriggi. Non alle 17:00 perché ti piace il pensiero di essere diverso dagli altri. Lo preparo e lo verso nelle tazze che ci siamo comprati insieme, tutti i pomeriggi aspettando che tu arrivi. Anche quando te n'eri andato dopo il nostro litigio, la tua tazza era lì e ti aspettavo come sempre. Ma non arrivavi e il tuo thè si raffreddava, come il mio. Perché ti devo confessare una cosa: il thè mi fa schifo, ma nulla farebbe più schifo di una vita senza te.
Ritornando alla Polaroid. Ho scattato una foto, la troverai all'interno della busta.
Sì, è proprio una casa e quelle sono le chiavi che la aprono.
Louis William Tomlinson, vuoi venire a vivere in quella casa con me? Per un mese, un anno o fino a quando non ti sarai stancato di me. Non ti chiedo un per sempre, semplicemente, resta.
Ti aspetto,

Harry x

Il foglio era costellato da tante piccole lacrime bagnate che continuavano a rigarmi il viso. Chiusi gli occhi un secondo, presi un bel respiro e un sorriso mi spuntò sulle labbra. Dio, quel ragazzo mi aveva preso pure l'anima, oltre al cuore. Ogni singola cellula del mio corpo gli apparteneva ormai. Piegai delicatamente il foglio e me lo misi in tasca. Afferrai le chiavi che mi aveva lasciato Harry e lessi l'indirizzo prima di uscire di casa. Ero così felice che salutavo e sorridevo a tutti i passanti in strada. Non c'era nessuna cosa al mondo che avrebbe potuto togliermi quel momento di euforia. Guardai l'orologio: erano le 14:25. Magari non era a casa, poteva essere uscito a farsi un giro. Alzai leggermente le spalle e scossi la testa, sarei andato comunque. Al massimo lo avrei aspettato io, glielo dovevo. Appena la vidi non ci capii più niente. Il tempo si fermò proprio in quell'istante. Cazzo, stavo per entrare nella casa che avrei condiviso con la persona che amavo di più, per tutta la vita. Era un grande passo ed io ero finalmente pronto a compierlo. Infilai le chiavi nella toppa e la serratura scattò. Inspirai tanta di quell'aria che pensai che i miei polmoni sarebbero esplosi da un momento all'altro. Volevo memorizzare ogni suono, profumo, immagine di quel momento. Inutile dire che era stupenda, colorata, un po' in disordine ma infondo lo eravamo tutti e due, ma la cosa che mi colpì di più fu il divano: non era uno nuovo, di quelli dei quali fanno dieci minuti di pubblicità in tv. Era il nostro divano, quel vecchio sofà che era a casa di Harry. Sorrisi dolcemente quando lo notai addormentato su di esso. Cercai di fare il meno rumore possibile ma con la mia delicatezza di un elefante inciampai su uno scatolone, che non avevo visto, in corridoio. Sentii dei movimenti in salotto che cessarono poco dopo, segno che stava ancora dormendo.
Entrai in cucina e sentii il cuore esplodermi in petto quando vidi due tazze sul tavolo. Erano piene, il the ormai era freddo. Dovevano essere lì da qualche ora, magari dal pomeriggio precedente.
Harry era un angelo, il mio angelo custode. Era troppo buono per tutta la merda di questo mondo. Il mio compito era proprio quello di proteggerlo, difenderlo dal male che avrebbe potuto ferirlo fino dentro all'anima. A volte ero stato io a procurargli delle ferite profonde, che sapevo non sarebbero guarite facilmente. Ma volevo cambiare, cercare di essere migliore per lui.
“Sei venuto” la voce ancora assonnata di Harry mi fece sobbalzare, mi girai e gli sorrisi.
“Lo sapevi che sarei venuto” risposi avvicinandomi a lui. Lo guardai un po' negli occhi prima di baciarlo. Lui ricambiò prima di allontanarsi da me con un'espressione seria in volto.
“Lou...” sussurrò abbassando la testa.
“Non vergognarti, dimmi” gli dissi cercando di farlo sentire più a suo agio.
“V-voglio” sospirò, si leccò le labbra e mi guardò dritto negli occhi “fare l'amore con te”. Iniziò a torturarsi le mani che io presi poco dopo stringendole.
“Piccolo, ehi, guardami” gli alzai il mento con l'indice e sorrisi “anche io voglio fare l'amore con te. Ma prima dobbiamo fare un'altra cosa”. Lo tirai con me verso gli scatoloni in sala. Mi misi a rovistare tra la roba mentre lui mi guardava con un'aria confusa. Appena trovai l'oggetto che cercavo esultai come un bambino facendo ridere Harry.
“Perché hai preso la Polaroid?” mi chiese ancora confuso.
“Dobbiamo scattarci una foto e appenderla al frigo, per inaugurare la nuova casa” risposi sorridendo e aspettando che si avvicinasse a me. Feci una smorfia che lui definiva deficiente mentre lui sorrideva, si vedevano anche le fossette. Soddisfatto aspettai che si asciugasse e l'appesi al frigo accanto a quella della casa. Stavo per tornare da Harry quando mi bloccai. La lettera. Volevo attaccare anche quella, giusto per ricordarmi ogni giorno quanto amavo quel ragazzino riccio. Sfiorai le sue labbra con le mie prima di aspettare che mi conducesse alla camera da letto.
Ci sdraiammo sul letto, insieme, ci abbracciammo, ci amammo lentamente, senza foga, delicatamente. Ripensai al giorno in cui parlammo la prima volta e mi venne in mente quella frase: “Come smeraldi nell'oceano”. Sorrisi involontariamente. I suoi smeraldi erano in trappola nei miei oceani e, da lì, non ne sarebbero mai usciti.

Harry;” disse piano “ti amo”. Un sussurro come a voler tenere quelle due parole in segreto, il loro piccolo segreto. Un segreto che sarebbe rimasto tale per sempre, nella magia di quella notte, nei loro cuori che si erano affidati l'un l'altro, per tutta la vita.



Nota autrice

Ed eccoci arrivati alla fine di questa storia, non vi dico quanta tristezza mi faccia vedere quella piccola parola vicino al titolo. "Completa", finalmente è finita. Questa fanfiction mi ha accompagnato per tutta l'estate e me ne sono affezionata moltissimo, per questo mi dispiace dirle "addio".
Spero vi sia piaciuta minimo quanto è piaciuta a me. Grazie a tutti quelli che l'hanno saputa apprezzare, magari anche amare.

Grazie di cuore.
-Ann (bsidelouis)

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