Idiot. di Chocolate_15 (/viewuser.php?uid=599687)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** But who is this? ***
Capitolo 3: *** Too Moody... ***
Capitolo 4: *** Silence... ***
Capitolo 5: *** You are special. ***
Capitolo 6: *** Mom...sorry. ***
Capitolo 7: *** Dream. ***
Capitolo 8: *** Beautiful. ***
Capitolo 1 *** Prologo. ***
PROLOGO.
No, non
può essere successo davvero.
Non posso essere stata bocciata. Non posso essere stata bocciata
all’ultimo
anno delle superiori! Adesso, mi toccherà rimanere in questa
specie di manicomio per un altro
anno!
Sono
arrabbiata, arrabbiata con quei cazzo
di professori che non mi hanno fatto passare l’anno! Si,
è vero che non ho
neanche preparato la tesina. È vero che quando mi hanno
chiesto di ripetere
qualcosa io ho risposto “ ma ripeti tu. Vedi a
questo”. È vero che mi sono
quasi addormentata, ma questi sono solo dettagli.
Eppure
mi sono impe-... Ok, non diciamo cazzate, non mi sono
impegnata. Però potevano promuovermi lo stesso, no?
Cioè, mi odiano? Mandatemi via!
Teste di cazzo.
E ora mi tocca
stare ancora un anno rinchiusa qui dentro. Per colpa di quelli.
Comunque
il mio nome è Alexis Cooper, per gli amici Alex. Ho
un fratello di nome Josh, che chiamo “ratto”.
Frequento ancora l’ultimo anno di
liceo, essendo stata bocciata. Non
ho
nessuna storia particolare: ho un papà, una mamma, non mi
taglio, non bevo e
non sono mai stata violentata.
Non
mi considero né bella né brutta. Come dire, sulla
via di
mezzo. Non mi lamento del mio corpo, ho tutto al posto giusto. Ho dei
semplici
capelli biondi e gli occhi di un semplice verde che, a volte,
diventando di un
celeste limpido. Ho un piercing sul sopracciglio destro e un orrendo
neo sullo
zigomo sinistro.
Mi recai
sbuffando verso la mia stanza
e presi il
cellulare. Dovevo
assolutamente sapere se Elena aveva superato l’esame.
Ehi El,
finalmente ti sei degnata di
rispondere! Hai passato gli esami?
Sono passata con la sufficienza…
Io non sono passata.
Che hai combinato questa volta?
Le solite cose. Te l’avevo detto che non avevo
studiato, ma credevo che i
prof sarebbero stati comprensivi. Ho sonno io.
Sempre la solita. Ahahah
Beh, che ci vuoi fare.
Va bene…adesso io esco con
Giacomo…sai
com’è…
Si si cara, ho capito perfettamente cosa vai a fare con
Giacomo. Divertiti,
mi raccomando!
Perfetto.
Avrei passato tutto l’anno
da sola, senza Elena. Io dico, ma non si poteva far bocciare?! Adesso
mi
toccherà sopportare la professoressa Spina da sola.
Stupidi
professori, tutta colpa loro!
Sbuffo e
inizio una maratona di “ The Big
Bang Theory” con i pop-corn in mano. Questa sarà
una lunga, lunga serata.
Angolo
autrice:
Hola
(:
Eccomi
qui con questa nuova storia. È la prima volta
che mi cimento in una storia rating “arancione” e,
di conseguenza, con scene
più spinte. Siate buoni xD Spero di ricevere delle
recensioni. A presto c:
Chocolate_15
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Capitolo 2 *** But who is this? ***
But
who is this?
3 mesi
dopo…
Stupida,
stupida sveglia. Ma perché sta suonando? Che
c’è di speciale oggi? Ok, si,
c’è
la scuola ma non mi sembra questa l’ora di far svegliare le
persone. Chiuderò
gli occhi per altri dieci minuti. Sono le 7.50? facciamo le 8.00,
così è
meglio. Stavo per abbassare le palpebre quando un tornado, detto ratto,
entra
nella mia stanza.
“Alzati
scansafatiche, farai tardi. Non che questo mi interessi ma,
sinceramente, non
mi va di sentire le grida di mamma già di prima
mattina” oh, eccolo. Vedere
come prima cosa, appena sveglia, un ratto di fogna è da
sogno. Davvero.
“Si, ok. Ho capito che adesso che sei alle medie vuoi fare il
simpatico ma non
venire a rompe le palle a me. Vai via, infetti l’aria che
respiro.” Dico con
nonchalance, ricevendo un sorriso a 32 due denti.
“Inutile,
lo
fai già tu stessa. Si, hai ragione, ho deciso di cambiare,
però non ti farebbe
male a te, cambiare. Ma non cambiare carattere, cambiare vestiario.
Puzzi, da
quanti secoli è che non ti lavi? È meglio che te
ne vado, non riesco a
sopportare di dividere questa stessa aria con te.” Caro e
dolce, il mio
fratellino. Davvero.
Sbuffando
esco dalla stanza e noto che sono appena le 8.00. Perfetto, ho 10
minuti per
prepararmi e 5 per arrivare a scuola. Beh, nulla di impossibile per
Alexis
Cooper. Prendo le prime cose che trovo nell’armadio.
Cioè: un jeans e una
semplice felpa grigia. Vado verso il bagno, pettino i miei lunghi
capelli
biondi alla meglio e li lego con un elastico nero. Lascio il mio viso
così com’è.
Non sono mai stata una grande fan dei cosmetici. Cioè, al
massimo metto un po’ di
matita e rimmel. Nient’altro.
Scendo
nell’atrio
e metto le mie blazer grigie. Vedo mia mamma aspettarmi con le chiavi
in mano,
appoggiata alla porta d’ingresso con uno sguardo tipo
“no, con i tuoi comodi”.
Io le sorrido e apro la porta. Mi sento strana, come se avessi
dimenticato
qualcosa. Appena metto un piede fuori dalla porta sento mia mamma,
dietro di
me, dirmi: “Non starai mica dimenticando qualcosa?”
mi giro vero di lei e le
sorrido ironica.
“Si,
ok, ma
cos- oh, il cellulare!” che imbecille che sono, come avrei
potuto passare 6 ore
in classe senza di quello? “No stupida! Lo zaino!
Dov’è lo zaino? Sai che a
scuola si va con quello, vero?” scoppia lei, ovviamente
seccata. Ok, non c’è
bisogno di fare così. Sbuffo e salgo le scale, prendo il
cellulare e lo zaino,
dove getto dentro il portacolori dell’anno precedente e due
quaderni.
Fortunatamente, mi sono ricordata di caricare la scheda al cellulare. A
scuola
non sono neanche buoni a lasciare la linea libera.
“No
ma fai
come vuoi, sono già le 8.15!”, sento gridare.
Prendo la giacca e scendo le
scale.
“Eccomi, andiamo” sto per abbassare la maniglia
quando mia mamma mi blocca la
mano e mi chiede, con fare sospetto:
“Dov’è tuo fratello?” si
guarda intorno, e
io faccio lo stesso, ma sinceramente io non noto niente. “Oh
guarda, l’ho
trovato!” dico, indicando quello che è mio
fratello. “Alex, non fare la
stupida, quello è un nano da giardino. Sinceramente non so
cosa ci faccia qui.
Sempre il solito tuo padre.”
“Simpatica,
davvero. Su andiamo.” vedo mio fratello sbucare dal nulla e
ricambio il suo sguardo.
“Ok, andiamo bambini” Non sopporto quando mi chiama
così. Ok, va bene, ratto lo
è ancora ma io no, ho 18 anni! Sbuffo, stanca di doverle
dire sempre le stesse
cose.
Arrivo a
scuola alle 8.25 e, fortunatamente, trovo ancora il portone aperto.
Vedo un
vecchio con la barba bianca davanti ad essa, intendo a pulire le scale.
Ma perché
lo fa? Alla fine là sopra ci camminerà sempre
qualcuno, è inutile. “Mi scusi signore,
mi potrebbe dare il foglio dell’orario?” chiedo
gentilmente. “eh?” no, uno
sordo no. “Il foglio dell’orario!” mamma
mia, due anni! “Come scusi?” no, per
favore. “MI DIA QUEI CAZZO DI ORARI!” ecco come
mantenere la calma. Sono un
esempio da seguire.
“Oh
si,
certo.” Si sistema gli occhiali alla Harry Potter e, dalla
tasca, estrae un
foglio che poi mi porge. Prima ora: matematica. Perfetto. Mi ci voleva
proprio
incontrare quella vecchia baldracca della Spina. Di bene in meglio. Mi
metto a
correre come una forsennata per il corridoio, finché non
sbatto contro
qualcuno. Un istante dopo, mi ritrovo la felpa tutta bagnata da..d-da
del
latte!
Guardo in
cagnesco il ragazzo davanti a me che, insieme ai suoi amici, se la ride
della
bella. “No ma, stai più attento! Razza di
idiota!” urlo incazzata nera. “Piccola
non ti scaldare tanto, è solo una felpa”
è solo una felpa? Sul serio? Io lo
ammazzo. “Intanto, “piccola” lo vai a
dire a qualcun’altra e, per la cronaca, questa
è LA felpa, non UNA felpa qualunque. Stupida anima in pena.
Anzi, no, stupide
anime in pena. Che tristezza.” Non gli do neanche il tempo di
rispondere che
entro in classe. Non ho tempo da perdere con quei soggetti.
“Oh
signorina Cooper, vedo che si è degnata di arrivare alla mia
lezione.” No,
anche lei no. La professoressa più odiosa di tutte. Non ha
nulla da fare
questa? Tipo andare a fare altri 5 figli a casa sua? “Sono
contenta anch’io di
vederla, prof” Rispondo sorridendo. “Non si
preoccupi, neanche io sono contenta
di vederla. Ma prego, adesso si sieda, la lezione finirà
presto.” La solita
simpaticona, di questi tempi se ne vedono molte in giro come lei.
“Non vedo l’ora.”
Vedo un
posto libero in fondo e, con molta delicatezza, mi lascio cadere sulla
sedia. Ok,
adesso puliamo questa stupida felpa e poi, un’oretta di
dormita. Così si
recupera il tempo perso davanti alla tv la notte. Non capisco
perché certi
soggetti stiano ancora in questa scuola. Cioè, la mia felpa!
Le felpe sono
sacre!
*****
Bene, la
lezione è finita. Mi alzo sbadigliando e vado verso
l’uscita. Mi dirigo verso
gli armadietti e guardo l’orario: tecnologia. Altra ora di
dormita, perfetto, a
poco a poco sto recuperando. “Ciao piccola, come mai eri
così di fretta questa
mattina?” mi giro, riconoscendo quell’orrenda voce
che in solo 10 minuti mi
aveva fatto incazzare. “Senti t-“ non riesco a
parlare perché mi ritrovo con la
faccia schiacciata sul suo petto. Mi scanso, sbuffando. Guardandolo
bene, non è
male: capelli neri, occhi verdi e sorriso stupendo. Si, stupendo, ma
rimane pur
sempre un idiota. “Beh? Si, ok, so di essere bello da
togliere il fiato però,
riprenditi.” Questa frase ha completamente affermato le mie
ipotesi. “Come ti
ho detto prima, non devi chiamarmi “piccola” e poi,
non credo siano affari tuoi
quello che faccio o non faccio. Non mi va di perdere il tempo con uno
sconosciuto.”
“Ma
non ci
siamo già conosciuti, ricordi?” abbattetelo,
please.
“Adesso devo andare, non ho voglia di perdere tempo prezioso
con te.” Meglio
cambiare aria.
“Tutto
qui”
mormoro, mentre mastico delle patatine al pomodoro.
“Beh, non credi che il ragazzo sia
carino?” come al solito Ely pensa sempre a quello.
“Può anche esserlo ma è
troppo, troppo scemo.”, ammetto indifferente.
“Certo, per te tutti sono
scemi”
“Tu sei messa anche nel gruppo, non
dimenticartelo” dico con fare ovvio,
mentre getto la carta delle patatine a terra.
“Simpatica come al
solito-“ dice ridendo “comunque,
domani ti va di andare in qualche posto? Io e tu, come hai vecchi
tempi” proposta
allettante…
“Beh…vediamo, controllo la mia agenda.
Si dai, sono libera”, dico ridendo.
“Perfetto. Dopo la scuola vengo a
casa
tua. Ciao cucciola!” sto per controbattere ma,
evidentemente, Ely ha già
chiuso la chiamata. Sa perfettamente che non mi piace essere chiamata
“cucciola”
o cose del genere, non sono per me. Beh, questa volta ha vinto lei.
Scendo in
cucina, pronta per prendere un altro pacco di patatine. Sono le 17.00 e
la noia
mi sta tormentando. Non capisco quel ragazzo: bello ma stupido. Beh, di
questi
tempi pochi sono quelli che hanno tutte e due le qualità.
Spero vivamente che
domani non mi rompa le palle, non ho voglia di prenderlo a pugni. Adesso non capisco me:
perché sto pensando a
lui? Non so neanche come si chiama!
Mi siedo sul
divano, pronta a ridere con quel figo di Sheldon. Alcuni dicono che le
battute
di “The Big Bang Theory” non si capiscono, ma non
è affatto vero. Quel ragazzo,
ratto, Ely, la Spina e metà della mia scuola non capirebbe
niente mentre io,
capisco tutto. Stupidi. Sono circondata da stupidi.
Sento il
campanello bussare e porto le mani alla testa: chi cazzo disturba a
quest’ora?!
“Ratto, vai ad aprire!” grido, con la speranza che
mi senta.
“Ma alzati! Diventerai obesa! Non che mi intere-“
“Si si, non che mi interessi qualcosa di te bla, bla, bla.
Sembri un disco
rotto, cambia battuta!”
“Ti odio, sul serio.” Io sorrido, sentendo
finalmente il silenzio e non quel
continuo rumore insopportabile. No, non il campanello, la voce del mio
caro
fratellino.
“Ratto,
chi
è alla por-“
“Amore, sorpresa!!” vedo una chioma di capelli
rossi assalirmi e quasi non mi
viene un infarto. Capisco subito di trovarmi davanti la mia bella e
caruccia
amica Ely. “Per favore, lasciami in pace razza di
stalker!” dico, fingendomi
spaventata. Non sono mai stata una che mostra i propri sentimenti ma,
con Ely,
tutto è diverso. Lei è la mia migliore amica,
stranamente.
Perché “stranamente”? perché
siamo diverse. Davvero molto diverse.
Eppure, io
non la cambierei con nessuna al mondo,
“Cucciolona, vieni qui!”
forse.
Angolo
autrice:
Ciao
(: spero che questo capitolo vi piaccia! Ho cercato di non deludere le
vostre
aspettative c: come vi sembra il nuovo personaggio? E Ely? Fatemi
sapere.
p.s.
aggiornerò tra domani e dopo domani, sempre se la scuola me
lo permette. Ciao! ;)
Chocolate_15
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Capitolo 3 *** Too Moody... ***
Too
Moody….
Ely, quella
sera, aveva mangiato a casa mia e, verso le 22.00, era tornata a casa.
Sinceramente, non so ancora per quale motivo era venuta ma,
è da tanto che mi
faccio ste domande e non trovo mai una risposta. Come dire, Ely
è molto
impulsiva. Quando
le va di farmi visita
lo fa, senza rimuginarci troppo sopra. Se tutti fossero come lei il
mondo non
so se sarebbe peggiore o migliore. Altra domanda a cui non so dare una
risposta.
Sks, e te pareva…
*****
“Allora,
che
mi racconti?” altro giorno di merda. Altre domande inutili.
Non lo vede che sto
ascoltando la musica? Perché mi disturba?
“Mamma, per l’ultima volta: sto ascoltando la
musica.” Spero con tutta me
stessa che questa volta l’abbia capito.
“A me non interessa-“ mi dice, togliendo dal mio
orecchio l’auricolare
“-adesso, rispondi alla mia domanda: cosa mi
racconti?” fatela sparire! Non ho
mai avuto così tanta voglia di arrivare a scuola.
“Le vuoi rispondere?!” ora
pure lui.
“Senti sottospecie di mostro deforme, non mi
rompere!” insopportabile ratto.
“Mamma!!”
quanto
manca? Dov’è la scuola?!
“Alex smettila di importunare tuo fratello!” ma se
è lui che attacca!
Sospiro, pensando che la scuola è vicina. Non so se
è meglio rimanere in
corridoio oppure entrare in
classe,
perché a prima ora ho inglese. Potrei entrare a 2°
ora….mh, si, tanto poi
dormo.
“Allora,
Alex siamo arrivati. Puoi andare.” Io, senza salutare a quel
ratto puzzolente,
scendo dalla macchina, sorrido a mia mamma e vado verso il grande
edificio
davanti a me. Si, è vero, il fatto che Ely non viene
più a scuola mi dispiace
un po’ ma…quando era con me, era come avere sempre
la mamma accanto: “Alex
entra in classe!” “Alex, hai portato i libri? E la
merenda?” una cosa adorabile
ma seccante a volte.
Sbuffo, sperando vivamente che nessuno, specialmente una persona, mi
venga a
rompere le palle già di prima mattina.
Le mie
preghiere, ovviamente, non si sono esaudite.
“Ciao bellissima” era meglio se entravo subito in
classe….
“Cosa vuoi da me?” chiedo seccata. Sono davanti
l’armadietto e questo qui, di
cui non so neanche il nome, mi viene a rompere. Mi sa che questa scena
l’ho già
vissuta…
“Non fare sempre la ragazza fredda. Comunque, se te lo stai
chiedendo, e so che
è così, io mi chiamo Matthew Smith, vengo da
un’altra scuola. Sono venuto qui
per ripetere l’ultimo anno.”
M-ma…come
ha
fatto? Mi ha letto nel pensiero? Questa cosa mi spaventa…e
se pensassi: lui è
bellissimo? Oddio, no…l’ho pensato.
Cioè, volevo dire lui è carino. Ma che
cazzo dico? Alexis Cooper, riprenditi!
“Allora, tu come ti chiami?” ah, e ancora qui?
“Non credo siano affari tuoi” ok, vado in classe.
Sorrido sarcastica e mi
incammino verso la mia classe.
Sento una mano stringermi il polso e in pochi minuti, mi ritrovo due
occhi
verdi davanti ai miei.
“Non fare la stupida. Allora, vuoi rispondere alla mia
domanda?” Sinceramente,
non capisco cosa questo qui vuole da me. No perché, neanche
ci conosciamo! Mi
sa di stalker.
Io sbuffando
e lo guardo negli occhi : “Mi chiamo Alexis Cooper, stupido
stalker!”
“Io? Stalker? Pft, non dire cavolte” risponde,
avvicinandomi al suo viso. Sento
le guance andare in fiamme e la consapevolezza di essere praticamente
incollata
al suo petto mi manda in estasi.
E-estasi? Alexis, ma che stai dicendo?!
Non lo so neanche io ma…non riesco
a
parlare.
Reagisci! Dagli un calcio e scappa!
M-ma è cari-
Non dirlo neanche per sogno!
S-si ma io..
Niente ma! Vai!
Devo
smetterla…sembro
una pazza…
Sento la
campanella suonare, segno che la prima ora è già
passata. Distolgo il mio
sguardo dai suoi occhi e, imbarazzata, fisso il pavimento. Non so che
dire,
tanto meno che fare in questa situazione. Sento le guance andarmi a
fuoco e, il
suo alito, accarezzarmi il viso. In questo momento ho tanta voglia di
lasciarmi
andare ma…non lo conosco…poi, sarebbe una cosa
troppo immatura e folle da fare.
Però, dopotutto, io sono folle e immatura.
Giro il
viso, ritrovandomi due labbra rosse e invitanti davanti. Lui mi
fissa…mi fissa
come se da quello sguardo potesse capire quello che penso, quello che
provo in
questo istante…
“Adesso diventi tutta rossa?” mi chiede ridendo.
M-ma, che sta succedendo?
“Wow, credevo che tu non fossi una che diventa rossa per
così poco…una che non
parla più solo perché è vicina ad un
ragazzo…adesso so molte più cose su di te,
partendo dal tuo nome, Alexis.” Io lo guardo allibita; non
capisco, era tutta
una tattica? Solo uno dei suoi soliti giochetti? E io che stavo
iniziando a
cambiare idea su di lui…
“Non sono mica un alieno.” Dico, allontanandomi da
lui, “Tutte diventano rosse
in queste circostanze. Specialmente se uno stalker, maniaco, pazzo e
forse,
troppo carino ragazzo ti si avvicina.”
“è un complimento, per caso?” chiede,
con un ghigno stampato sul volto.
Io mi allontano, raggiungendo la porta della mia classe,
“può essere…” rispondo
sicura di me.
*****
Sono appena
uscita dalla scuola, dopo ben 5 ore di lezioni, di cui 3 passate con il
cellulare e 2 a dormire, sono finalmente fuori da quel manicomio.
Fortunatamente, non ho incontrato quel pazzo…sinceramente,
non ho voglia di
vederlo…mi vergogno troppo di quello che ho
detto…Cazzo, sono davvero lunatica!
Prima penso sia uno stronzo testa di cazzo, e di conseguenza sono
arrabbiata
con lui, mentre il secondo dopo gli dico che è carino. Ma
che problemi mi affliggono?
Apro la porta di casa e butto lo zaino a terra, mi tolgo le scarpe e
vado in
cugina. Vedo mia mamma intenta a preparare chissà che cosa
e, con un ghigno
sulle labbra, mi avvicino a lei.
“CIAO MAMMA!!” grido dietro di lei.
“Ciao cara, perché gridi?” mi chiede,
continuando a mescolare chissà che cosa.
M-ma perché non si è spaventata? È un
mostro…
“Niente…comunque,
che c’è da mangiare?” dico, cercando di
cambiare discorso.
“La pasta con le patate, ti piace?”
“Ovvio” che domande stupide. “Chiamami
appena è pronto, io vado su. C’è ratt-
volevo dire, Josh?” non ho niente da fare, lo disturbo un
po’.
“No, è a casa di un suo amico..” non so
perché ma, la cosa mi dispiace un
pò…cioè,
è bello averlo dentro casa…almeno lo posso
prendere in giro…che palle.
Sbuffo e
salgo in camera. Sento la solita suoneria del telefono che fa
“Titi-titi-tiiti”
e il mio primo pensiero è: “devo ASSOLUTAMENTE
cambiare questa suoneria, è
orrenda…”
Mi avvicino
ad esso e guardo il display: 1 nuovo
messaggio-Secsi Ely.
Sorrido, pensando a quando avevamo cambiato i nomi sul nostro
cellulare.
Ciao babbea, ti stai preparando?
Preparando per che cosa?
C-come per che cosa?! Dobbiamo uscire
oggi, ricordi?
Oh, vero…
Vabbè, ho capito. Tra una
mezz’oretta
sono da te.
Non le
rispondo neanche perché, qualunque cosa io dica, alla fine
lei farà sempre
quello che vuole. Poso il mio cellulare sulla scrivania e accendo il
pc. È da
tanto tempo che non entro su Facebook…Vediamo un
po’: 3 richieste di amicizia,
10 notifiche e 0 messaggi.
Apro prima le notifiche e noto che, alcuni ragazzi, hanno commentato
delle foto
in cui io e Ely ci abbracciamo. Pft, non mi interessa. Adesso vediamo
le
richieste: Susan Robinson, Jacopo Jones e….Matthew Smith.
Senza pensarci due
volte, accetto tutte e tre le richieste. Perché?
Perché non c’è niente da fare,
ovviamente, almeno parlo con qualcuno.
-Ciao
splendore- ed
eccolo…
-Ciao stalker-
-Carina come sempre, vedo. Comunque, ti
va se stasera usciamo insieme?-
-Non lo so…e se poi mi rapisci?-
-Non lo farei mai…credo :D- non
so perché
ma, questo qui mi fa ridere come una scema…che mi sta
succedendo?
-Quel “credo” mi spaventa…-
-Rischia. Se Katniss è
sopravvissuta agli
Hunger Games, tu puoi affrontare il rischio di uscire con me, no?- Conosce
Hunger Games? Beh, allora non è tanto stupido come
penso…
-Hai ragione. Alle 20.00. Al parco. Ok?-
-Ok. Ti chiamo appena sono lì.-
-Aspetta, chi ti ha dato il mio numero?-
-Mi dispiace cara, non posso dirtelo-
Per
l’ennesima
volta sorrido e, sentendo la voce di mia madre che mi chiama, spengo il
computer.
Questa
sarà una lunga, lunga giornata.
Angolo
autrice:
Ciao a tutti! No, non sono morta. Scusate se non ho aggiornato presto
ma, ho
avuto molte cose da fare e solo oggi ho avuto il tempo di scrivere
questo capitolo.
Spero che non sia orrendo perché, sinceramente,
l’ho scritto un po’ di fretta.
Quindi, fatemi sapere se vi è piaciuto
e quello che pensate con una piccola recensione, mi farebbe molto
piacere. ;)
Chocolate_15.
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Capitolo 4 *** Silence... ***
Silence…
Dopo poco
più di 10 minuti, Ely è arrivata a casa mia.
Ovviamente, appena ho aperto la
porta mi sono ritrovata due braccia che mi stritolavano e tantissimi
capelli in
faccia ma, questa volta, non più di quel bel rosso acceso ma
di un fucsia
nauseante. Ecco un’altra caratteristica della
personalità di Ely: le piace
cambiare colore dei capelli. Non ha un giorno stabilito, per una
persona
impulsiva come lei basta pensare “Mi vado a tingere i capelli
di giallo” e lei
lo fa. Semplice.
Adesso siamo
qui, a scegliere i MIEI vestiti per l’uscita insieme. Ancora,
sinceramente, non
le ho detto dell’uscita con Matthew…- si, adesso
lo chiamo per nome, ma
ovviamente non davanti a lui - non
so se
le voglio raccontare tutto…cioè, non mi sembra
una cosa importante da dire.
Sarà una semplice uscita tra due semplici conoscenti, non
dobbiamo mica finire
a letto insieme.
Ovviamente,
questo è escluso. Non sono una ragazza facile, non mi piace
darmi al primo che
mi passa davanti. Odio quelle così. Sfortunatamente, nella
mia prima e unica
relazione seria, ho fatto qualche errore. Troppo ingenua, troppo
stupida per
capire certe cose. All’epoca ero fidanzata con un ragazzo di
nome Samuel, uno
di quelli fighi, belli, palestrati e con la reputazione del
“rubacuori”. Io,
ragazza di 16 anni, convinta di aver trovato l’amore della
mia vita.
Dopo avermi
fatto credere di essere importante per lui, dopo avermi portata a
letto, dopo
avermi fatto prendere in giro da tutta la scuola per un anno intero
dicendo che
ero una puttanella qualsiasi e che tutti potevano andare a letto con
me, mi ha
lasciata. Si, mi ha lasciata LUI. Io non ho avuto il coraggio, troppo
presa da
quella relazione e da quel ragazzo che credevo fosse
fantastico, bellissimo e dolce.
Idiota.
Idiota. Idiota. Idiota.
Idiota.
Era questo
che pensavo di me. Dopo pianti, lacrime e continue prese in giro, ho
conosciuto
Ely. E adesso, dopo 3 anni siamo ancora qui. Mi odio ancora un
po’ per quello
che ho fatto ma, adesso sono una persona diversa da quella che ero
prima.
Adesso sono più matura, più saggia,
più intelligente e con 3 anni in più da
aggiungere ai 15.
“Ohi
scema,
ci sei? Ti piace questo vestitino?” e rieccola
all’attacco. Come cavolo le devo
far capire che a me basta un paio di leggins e una felpa per stare
comoda? Non
un vestitino del cazzo! Al massimo alle feste, non per andare per
negozi!
“Cara e piccola Ely, smettila di fare casino nella mia stanza
e smettila di
dirmi cosa devo o non devo mettermi! A me basta quello che ho messo
adesso. Poi
avremo il tempo più tardi per scegliere un
vestitino.” Non mi sono nemmeno
conto di quello che ho detto…oddio.
“Come
scusa?
Perché, dove devi andare? Qualche appuntamento? Con chi? A
che ora? Abbiamo
ancora tempo? Dai su, non usciamo e stiamo qui a preparare
tutto!” grida
entusiasta, saltando sul letto.
“Non ho altra scelta, devo parlare. Esco con un mio
conoscente. Si, è un
appuntamento. Un ragazzo della scuola. Stasera, alle 20.00, ci
incontriamo al
parco e poi andiamo in qualche locale. Si, sono appena le 16.30. Ehm,
no. Noi
usciamo perché qui a casa non c’è
niente da fare. Dai, su.” Dico, prendendole
il polso e trascinandola in corridoio.
“No
no cara,
adesso noi rimaniamo qui e vediamo che ti devi mettere! Si, mancano 3
ore e
mezza ma sono pochissime!” grida, trascinandomi a sua volta
dentro la stanza.
“No, e poi….dai, così compriamo nuovi
vest-” L’unico modo per farla uscire di
casa.
“Allora…se la mettiamo
così…va bene, andiamo!” finalmente si
è convinta…
Sorrido,
prendo il cellulare, saluto mia mamma e corriamo fuori da casa.
*****
“Mi
fai
paura quando fai così” dico sfinita, accasciandomi
su uno sgabello.
“E smettila di fare così, devi ancora provare
questo, quello giallo e…ah, c’è
anche quello lì…aspetta arrivo.” Dice,
allontanandosi.
Finalmente da sola!
Non ne posso
più. È da quasi un ora che siamo in questo
negozio…io voglio andare al parco,
prendermi un gelato e….TITITIII-TITIIIII.
No, ancora quel cazzo di cellulare.
-Ohi piccola,
pronta per stasera?- sinceramente
“piccola” non si può sentire.
-Non chiamarmi “piccola”. Sai, ho un nome.
Comunque, se con “pronta” intendi pronta
alla noia mortale allora si.-
-Nessuna si è mai lamentata, stanne
certa
che ti divertirai. Non vedo l’ora di vederti in qualche bel
abitino sexy,
gattina- ok, mi vestirò con una bella felpa e un
leggins, altro che
vestitino sexy.
-Beh, se trovi sexy i leggins e le felpe allora siamo apposto-
Sospiro,
poso il cellulare dentro la tasca dei jeans e inizio a cercare Ely per
tutto il
negozio. La trovo in un camerino, intenta a provarsi quel famoso
vestitino
giallo che mi sarei dovuta provare io. Adesso, cara Ely, me lo cerco io
l’abito.
Non voglio un abito troppo volgare e poi, non è detto che mi
debba per forza
mettere un vestito. Ci sono quei pantaloncini tanto
carini…mi sa che indosserò
quelli.
Senza
consultare nessuno, prendo quei fantastici pantaloncini chiari con due
tasche
davanti e una maglia a maniche corte bianche con su scritto
“Smile” in nero.
Non so perché ma trovo la maglietta davvero molto carina. Mi
sono sempre
piaciute le magliette così. Ovviamente devono essere molto
larghe,
preferibilmente bianche e con delle immagini o frasi-parole stampate
sopra. Mi
piacciono le cose semplici, che dire.
Per le scarpe, invece, mi piace esagerare. Ovviamente, per la scuola
uso le mie
solite blazer oppure delle scarpe della nike. Invece, anche se non si
direbbe,
mi piacciono molto i tacchi. Li uso poche volte, infatti ne ho solo 3
paia
credo. Per quest’occasione, non so se comprarmene un paio
nuovo…ma, credo di
no, vanno bene anche quelle a stivaletto nero con poco tacco.
Vado alla
cassa e pago il tutto. Vado verso il camerino dove poco prima avevo
visto Ely
entrare e sposto un po’ la tendina.
“Ely, dai andiamo!”
*****
Dopo essermi
subita le grida di Ely sul “perché io fossi
così stupida” e dopo averla
picchiata, siamo andate al parco.
Finalmente, siamo qui. Mi piace questo posto perché mi fa
sorridere. A volta,
vengo qui e mi distendo sull’erba a leggere un libro.
C’è così tanto silenzio…si
sente solo il rumore dei rami degli alberi che si scontrano tra loro
per colpa
del vento che, senza indugio, trascina via con sé le foglie
che giacciono sul
prato.
Sinceramente, tutto questo mi rilassa…mi fa sentire in pace
con me stessa, cosa
che, ovviamente, non potrà mai succedere se vengo con
qualcuno, e poi…se quel
qualcuno è proprio lei, ancora peggio!
“Guarda,
guarda! Giacomo mi ha inviato un messaggio!” che grande
novità!
“Wow! No, aspetta, cosa c’è di
nuovo?”
“Niente. Non ci deve essere per forza qualcosa di nuovo, cara
mia”
Io sbuffo e
prendo il cellulare dalla tasca. Da quando sono uscita da quel negozio,
non ho
più controllato i messaggi. Digito la password e ammiro per
un istante la
meravigliosa immagine di sfondo del mio cellulare: Eren, Mikasa e Armin
in
tutta la loro bellezza. (*)
Sorrido e noto di aver ricevuto un nuovo messaggio dallo stalker.
-So che non ti
presenterai così- oh, si vede
che non mi conosce.
- è per caso una sfida?-
-No cara, è solo ciò che
penso ma poi, se
tu vuoi interpretarla in questo modo…ok- furbo il
ragazzo ma con me non
attacca.
-Secondo te sono davvero così stupida da non capire i tuoi
giochetti? No caro,
qui di sicuro lo stupido sei tu. Dimmi un po’, che
preferisci: Spongebob o I
Baby Looney Tunes?-
-Credo che i Baby Looney Tunes vadano
più
che bene :)- non si arrende…
“Ehi,
guarda
a quei due, sembrano una coppietta davvero
carina…” Dice Ely, indicandomi un
ragazzo che si bacia con una mezza nuda. Porca miseria, copriti, siamo
quasi ad
Ottobre!
Dopo un
po’,
noto che il viso di quel ragazzo incappucciato mi sembra familiare e ,
dopo un’attenta
analisi riconosco il soggetto e le uniche parole che riesco a
pronunciare sono:
“che ci fa lui qui
e…e…p-perché è con
quella?!”
(*) Eren,
Mikasa e Armin sono 3 personaggi di un Anime che si chiama
“Shingeki no kiojin”
che sto guardando in questi giorni. Non so se lo conoscete ma non
potevo non
metterlo, scusate :3
Angolo
autrice:
Ciao
bellissime! Finalmente, ho potuto aggiornare! Spero sia venuto bene
come
capitolo e, soprattutto, spero di non aver deluso le vostre
aspettative. Fatemi
sapere con una piccola recensione.
Al
prossimo capitolo :*
Chocolate_15!
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Capitolo 5 *** You are special. ***
You are special.
Come cazzo
ho fatto ad essere così ingenua? Davvero credevo fosse un
semplice ragazzo? Un
semplice ragazzo che mi chiede di uscire solo perché gli
piaccio? Oh no, che
c’entra!
Porca puttana, sono sempre la solita! Adesso mi trovo qui ad imprecarmi
contro
come una pazza isterica in un bagno di chissà quale cazzo di
negozio! Ma
scherziamo?
Perché sto facendo così? Non mi aspettavo mica un
comportamento da “perfetto
fidanzatino” da lui, dopotutto non siamo niente, noi due,
solo semplici
conoscenti che scherzano e si prendono in giro a vicenda ma…
ma allora perché mai
mi sento così? Mi sento un nodo alla gola…come
quando papà mi sgridava e io,
consapevole di aver sbagliato, davo la colpa ai miei cugini o ai miei
amici.
Mento troppo spesso, davvero. Non solo alla gente, ma anche a me
stessa. Anzi, principalmente
a me stessa.
Sono stupita di me stessa, sto facendo così per un ragazzo
stronzo e per lo più
stupido? Alexis, che cazzo hai in quella fottuta testa che ti ritrovi?
Che stai
combinando? Perché sei qui e non a fuori, all’aria
aperta, a gustarti questa
giornata di sole? Perché?
Non lo so,
per la miseria, non lo so! Non so dare una risposta a nessuna di queste
domande, eppure migliaia di esse vorticano nella mia mente, e non si
fermano…continuano ad aumentare, senza sosta…ma
io non so rispondere, mi
dispiace. Mi dispiace di essere così stupida,
così ingenua e fragile. Si,
Alexis Cooper è fragile. Difficile da credere, eh?
Davvero, me ne rendo conto solo adesso…credi di essere
forte, una di quelle
menefreghiste e per una stronzata crolli, e la cosa orribile
è che nessuno ti
aiuta a rialzarti.
Ok, si stavano baciando...lui aveva una mano sul suo sedere e
l’altra sul suo
seno destro ma ok, sto bene. La cosa che non capisco ancora
è che non devo
convincere gli altri di stare bene, devo convincere prima me stessa.
Forse,
l’avevo capito già da tempo ma l’avevo
aggiunta alla lunga lista di cose che
non sapevo e non so fare tutt’ora. Cose così
semplici da capire, così semplici
da fare ma che ti rendono terribilmente fragile e insicura che ti
mandano in bestia
e pensi: ma che cazzo, non è mica così importante
questa cosa, posso anche
farne a meno!
Si certo, come no.
“Ehy
Alex,
hai finito? Quanto devi stare ancora in questo cavolo di bagno? Vedi
che devi
andarti a preparare per il tuo appuntamento! E poi mi spieghi
perché sei
scappata all’improvviso? Vuoi aprire questa porta
così almeno mi spieghi?” ad
interrompere le mie continue riflessioni fu la soave voce di Ely,
accompagnata
dal continuo bussare sulla porta.
Uscii in fretta da quel bagno e, senza degnare nemmeno di uno sguardo e
tantomeno di una risposta Ely, andai fuori da quel negozio.
Vaffanculo, voglio stare da sola.
*****
Sarebbe
davvero inutile andare a casa adesso, perché so
perfettamente che Ely sta già
andando lì, pronta a parlare con me e bla bla bla.
Non ho voglia di parlare con nessuno, porca puttana, perché
non lo capisce? Non
voglio parlare con nessuno, specialmente con lei che mi
inizierà a dire “Ah,
allora se ti importa così tanto quello che stava facendo
quel ragazzo, in fondo
in fondo ti piace, anche se non lo vuoi ammettere.”
Non ho voglia di sentire altre cazzate, per oggi.
E poi, ragiona: come cazzo può piacermi un ragazzo che a
malapena conosco?
Sono soltanto incazzata che lui veda una ragazza prima di incontrare
me, tutto
qui.
Si, tutto
qui.
Andai
correndo verso una di quelle spiagge dove non c’è
nessuno, una di quelle
isolate, lontana da rumori di clacson o di stupidi bambini che rompono
le palle
a rincorrersi. Anche se non sembra: odio i bambini. Sono
così chiassosi e
stupidi da piccoli. Adesso, se avessi detto questo a qualcuno di sicuro
mi
avrebbe risposto: allora tu da piccola eri stupida. No, caro, io
già da piccola
amavo il silenzio. Non andavo a giocare a calcio con i bambini del
quartiere a
6 anni, io a 6 anni stavo a casa a guardare i cartoni. Non andavo a
casa delle
mie compagne di classe per giocare con le barbie o per spettegolare su
qualche
bambina a 9 anni, io a 9 anni leggevo “Peter Pan”.
Non uscivo con le ragazze
per parlare di trucchi o fidanzatini a 14 anni, semplicemente a 14 anni
parlavo
con gente che mi apprezzava davvero e con cui condividevo le mie
passioni al
computer. Non ero un’asociale, ero solo coerente. Odiavo quei
ragazzini del
quartiere? Le mie compagne delle elementari? Quelle delle superiori?
Si, e
allora perché cazzo dovevo uscire con loro? Sarei stata
soltanto una falsa, e
basta.
Finalmente,
dopo un bel po’ di corsa, arrivo in spiaggia. Con il fiatone,
scendo lentamente
i 4 scalini che mi separano dalla sabbia calda e mi soffermo su un
particolare:
perché tutto questo casino?
Giro lo sguardo verso destra e un sorriso isterico appare sul mio
volto: oh che
bello, una festa! Beh, se avessi solo ragionato un po’ di
più ci sarei anche
potuta arrivare: vado in una spiaggia, una di quelle dove di solito il
sabato
pomeriggio ci sono delle feste che finiscono a tarda notte, di sabato
pomeriggio. Ok, non ci sono sempre feste qui perciò
l’ho definito un posto
tranquillo ma, ovviamente io sono sempre una persona fortuna! Poi mi
spuntano
questi qui che scassano le palle con la loro musica a tutto volume che
ti rende
sorda e l’odore di carne arrostita che mi fa, non so gli
altri, venir voglia di
andare lì e mangiare tutto, anche il tavolo. Per la miseria,
avevo voglia solo
di un po’ di silenzio, silenzio! Mi sento impazzire ancora di
più in questo
posto, ma ormai sono qui. Poi sono andata in una spiaggia che non
è poi così
tanto grande, quindi non mi posso allontanare chissà quanto
da quella fottuta
festa. E adesso mi viene in mente che, se adesso
c’è così tanto casino, cosa ci
sarà più tardi?
*TITITITITITI*Oh,
ma che palle!
Con una bellissima risata isterica, prendo il cellulare dalla tasca e
noto con
piacere di aver ricevuto ben 2 telefonate da mia mamma e 3 da Ely a cui
si
aggiungono gli innumerevoli messaggi. Ovviamente, leggo
l’ultimo arrivato:
Porca
puttana Alex,
allora sei veramente stronza! Mi spieghi dove sei? È da
quasi un’ora che ti
cerco! Perché non mi vuoi raccontare niente? Sono veramente
incazzata! Io mi
preoccupo per te e tu te ne fotti altamente, non ti credevo
così. Smuoviti e
vieni a casa, così parliamo e chiariamo tutto.
Scusami Ely,
davvero, ma non mi va di parlare con te e con nessuno. Come cazzo puoi
capire come
sto se neanche io lo capisco? E poi sto facendo tutto questo solo
perché quello
stalker si stava baciando con una possibile troietta trovata in qualche
marciapiede? A te che te ne fotte, scusa. Può fare quello
che vuole, lui, a te
non ti deve importare.
Infatti, però mi importa lo stesso, a quanto pare.
Sbuffando mi
allontano da quella stupida festa e con sguardo sempre più
disperato, mi siedo sulla
sabbia umida. Non so cosa avevo in mente prima, anche allontanandomi
alla fine
si sente lo stesso la musica. Porca puttana, perché mi
è venuta l’idea di
venire qui?
“Ehi,
tu che
ci fai qui?” chi cazzo è che mi scassa le palle
adesso?
“Senti bello, io non sono in vena di parlare quin-”
non finisco neanche la
frase perché mi ritrovo davanti Matthew, o meglio, lo
stalker.
“Cos’è successo? La mia bellezza ti ha
lasciato senza parole? Capita spesso, ma
non credevo potesse capitare proprio a una come te!” dice
ridendo, mostrando
quel meravigl- ehm, quell’orrendo sorriso.
“S-scusami, una come ME?” dico alzandomi,
mettendomi di fronte a lui, per poi
continuare “No perché, vorrei tanto sapere:
com’è una come me? Sono curiosa.
Dai su, illuminami!” rispondo quasi gridando, ritrovandomi
faccia a faccia con
lui.
Vedo come parla adesso il ragazzo.
“Cos’è successo? La mia bellezza ti ha
lasciato senza parole?” dico sarcastica.
Sinceramente, questa cosa che non risponde già mi sta dando
fastidio, e anche
tanto.
“Lo fai apposta a non parlare. Senti una cosa: vai al
diavolo!” dico, iniziando
a camminare verso gli scalini. Sono davvero stanca.
“EHI
ALEXIS!”
e adesso che vuole…
“CHE CAZZO VUOI, IDIOTA!” grido, così da
farmi sentire.
“Vuoi davvero sapere com’è una come te?
Ti accontento subito: quelle come te
sono loro stesse soltanto con le persone di cui si fidano veramente.
Quelle
come te ci pensano due volte prima di fare qualcosa. Quelle come te si
mostrano
fredde e antipatiche, solo per non soffrire. Quelle come te si credono
forti e
sicure, quando alla fine sono fragili e sensibili. Quelle come te, se
tengono
davvero ad una persona, possono anche donarle tutto! In sostanza,
quelle come
te sono SPECIALI! Si, tu sei speciale! Sei speciale per me! come fai a
non
capirlo?!” Grida lui, rimanendo quasi senza fiato.
Ok, va tutto
bene, ho solo perso un battito.
Angolo
autrice:
ciao
a tutte. :)
Scusatemi se in questi giorni non ho aggiornato, sono davvero
mortificata. xD
Spero che, dopo aver aspettato tanto tempo, questo capitolo sia almeno
decente,
anche se non credo. Spero di ricevere risposta con qualche vostra bella
recensione.
Al prossimo capitolo.
Chocolate_15!
|
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Capitolo 6 *** Mom...sorry. ***
Mom…sorry.
Secondo lui
adesso mi faccio prendere in giro così, con due semplici
parole. Si, certo, si
vede che non mi conosce. Si, è vero, sono stata colpita da
quelle parole ma
adesso mi sono ripresa…solo che, provo ancora della rabbia
nei suoi confronti:
crede davvero di conoscermi quello lì? Sa a malapena il mio
nome e gioca a fare
il ragazzo compassionevole e romantico. Ma non mi faccia ridere va.
Adesso svegliati Alex, ritorna in te, non
farti prendere in giro per la seconda volta oggi. Rispondigli in modo
naturale,
calmo, fagli capire che sei rimasta indifferente a ciò che
lui ha detto, anche
se è tutta una bugia.
“Come
potrei
mai capire parole che non sono vere? Sono tutte frasi perse nel vuoto,
queste
che hai appena detto, specialmente le ultime. Credi davvero di
conoscermi?
Credi davvero di sapere , o tanto meno capire ciò che ho
passato? No perché, tu
non sai un cazzo di me e giochi a fare l’amico che risolve
tutti i problemi! E
poi…e poi io sarei speciale?! PER TE?!” risposi a
testa bassa, così da non far
vedere i miei occhi lucidi.
No, Alex, non dirlo…”Cazzo,
ero così
importante-” non dirlo, ti farei
solo del
male “ p-per te anche mentre ti baciavi con quella
troietta nel parco, eh?
EH?! Porca puttana, sei una testa di cazzo Matthew!!”
Non devi piangere, non adesso, non qui,
non davanti a lui. Corri, vai verso casa, lì avrai un
cuscino ad attenderti,
pronto ad accogliere tutte le tue lacrime. Corri, vai!
Ovviamente, io non ascolto nessuno, tanto meno la mia
coscienza. Non so
cosa mi blocca, adesso, forse il mio orgoglio, forse il fatto che non
mi piace
scappare davanti ai problemi o il semplice fatto che non riesco a
muovermi.
Lui mi
fissa, immobile. Non parla, sta zitto, la schiena curva e uno sguardo
perso in
volto. Dopo non aver ricevuto neanche una risposta, e meglio andare,
chiuderla
li.
“Immaginavo,
non hai neanche le palle di rispondermi.” Dico con un sorriso
sarcastico in
volto. “Non meriti neanche un saluto, sei solo un bugiardo
testa di cazzo.”
Dopo aver
sputato quelle parole con immenso disprezzo, mi incammino, finalmente,
verso
quei 4 scalini.
1…sto per andare.
2…ancora non rispondere, si vede che era tutta una bugia.
3…non ho mai conosciuta una persona così tanto
falsa, davvero.
4…ormai è inutile, avevo ragione io.
*****
3 ore
dopo…
“Cioè,
ti
rendi conto che spavento mi hai fatto prendere?! Ma sei completamente
scema?
Cosa hai in quel cervellino che ti ritrovi?!” grida lei,
continuando a
camminare avanti e indietro per il mio salotto, bloccandomi la visuale
della
televisione.
“Scusami Ely, ti potresti spostare? Come vedi sto giocando
alla play.” Dico sorridendo.
Lei mi guarda con sguardo assassino e io poso il joystick della mia
Playstation
sul divano, come a dire: ok, ti ascolto.
“Senti
Ely,
ho capito, è inutile ripeterlo ancora. Non lo
farò più, basta.” Dico, stufa di
quella situazione.
"Ci conto eh.”, dice sorridendo e abbracciandomi di colpo.
Io ricambio l’abbraccio ma subito l’allontano, e le
propongo di fare una
partita alla play.
Fortunatamente, lei accetta, fatto sta che anche se lei non avesse
accettato
avrei giocato anche da sola.
Passare un pomeriggio tra patatine, pizza, coca cola, tv, play e pc,
per di più
con la tua migliore amica è davvero la fine del mondo, senza
dubbio. Lo è fino
a che non arrivare qualche topo a romperti le scatole.
“Alex, adesso voglio giocare io con la playstation, te ne vai
a farti le
unghie?”, dice quel soggetto che dovrebbe rappresentare mio
fratello.
“Non mi va. Nel bagno, primo cassetto del mobile piccolo
bianco ci sono tutti
gli smalti che vuoi. Divertiti.”, rispondo sorridendo,
dandogli una bella pacca
sulla spalla. Lui mi guarda con un sorrisino malefico, che
sinceramente, non
promette nulla di buono.
“PAPA’, ALEX MI PRENDE IN GIRO E MI INSULTA, LA FAI
SMETTERE!!”, grida con
quella sua voce squillante.
Devo ammettere che è furbo questo nano da giardino.
Come mi immaginavo, papà appare da dietro la porta del
salotto, con lo sguardo
incazzato e la sigaretta in bocca.
“Si può sapere che succede? Alex, hai 18 anni,
smettila di fare la bambina e
lascia stare tuo fratello una buona volta! Sei peggio di una neonata
quando ti
ci metti.”, dice sbuffando.
Non ho mai avuto un bellissimo rapporto con mio padre e, di questi
tempi, le
cose stanno peggiorando. Sta sempre fuori, per lavoro e non. Mia mamma
si
spezza la schiena ogni giorno, mentre lui non fa niente, indifferente a
tutto questo.
Se ratto sta male, o tanto meno io, c’è sempre mia
madre che corre in nostro
soccorso, lui no.
Da quando sono stata vittima di bullismo a scuola tutto è
cambiato. È diventato
freddo nei miei confronti, e in quel periodo il rapporto tra lui e mia
mamma è
quasi andato in frantumi. Lui le dava sempre la colpa per quello che mi
era
successo, dicendole che non mi aveva educata bene e che non prestava
attenzione
a ciò che facevo.
C’è
stato
un periodo in cui
lui è andata via di
casa, lasciando mia mamma da sola, senza nessuna spiegazione. Lei,
troppo
innamorata, dopo quello che aveva fatto, l’aveva perdonato,
facendolo tornare a
casa. Sapevo benissimo che qualcosa non andava, ero ingenua, si, ma non
stupida. Capivo che piano piano, anche la loro storia, come quella tra
mio
nonno e mia nonna, stava andando in frantumi. Mia mamma era sempre
convinta che
a piccoli passi tutto sarebbe tornato come prima, felici come una
Pasqua il
giorno di Natale ad aprire i regali che il famoso “Babbo
Natale” ci aveva portato.
In ogni modo mia mamma cercava di sistemare tutto, di sistemare il
rapporto che
c’era tra me e mio padre facendo un passo nel passato, quando
amavo stare con
mio padre il giorno di Natale e aprire i regali insieme a lui. Poi
scappava un
piccolo bacio nella guancia da parte mia e correvo nella mia stanzetta
a
giocare con la nuova Barbie appena ricevuta. Amavo tutto quello ma,
sfortunatamente, adesso sono cresciuta e non si può
più ritornare indietro, e
di conseguenza non si può aggiustare quello che oramai
è rotto da tanto, troppo
tempo.
Un giorno
chiederò scusa a mia mamma perché so che tutto
questo è successo solo per colpa
mia.
Giro il mio sguardo verso Ely, che seduta nel divano guardava la scena
in silenzio.
Lei capisce che con quello sguardo le chiedo aiuto e, alzandosi in
piedi, cerca
in tutti i modi di trovare una scusa decente per andare.
“Mi
scusi
signor Cooper ma noi dobbiamo proprio andare. Mia mamma ci aspetta,
oggi Alex
viene a dormire a casa mia. Sa, siamo ragazze, un bel pigiama party ci
può
anche stare.”, dice sorridendo e prendendo la mia mano.
“Arrivederci e buona serata.”
Salgo le scale, prendo il mio zaino, metto il pigiama, lo spazzolino,
il cambio
per il giorno seguente, il deodorante, il carica batterie del telefono
e le
cuffie dentro di esso e lo chiudo.
Prendo una felpa, la indossa, metto il telefono nella tasca e scendo
giù.
Vedo Josh davanti alla porta, e non posso fare a meno di guardarlo
schifata.
Esco da quella che si potrebbe definire “casa mia”
e raggiungo Ely.
La guardo e
sorrido; tra noi due non c’è bisogno neanche di
una parola, ci capiamo con un
solo sguardo.
Le sussurro un ‘grazie’ prima di iniziare a
camminare e come risposta ricevo un
sorriso, uno di quelli dolci, uno di quelli che ti fa capire che la
persona che
hai davanti non ti tradirà mai.
Angolo
autrice:
Ciao
a tutte, scusate per
il mega ritardo ma ho avuto tantissime cose da fare. Spero che il
capitolo vi
piaccia!
Al prossimo capitolo,
Chocolate_15!
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Capitolo 7 *** Dream. ***
Dream.
Camminavo lentamente per i corridoi con i miei libri in mano, il mio
solito mezzo sorriso e con il mio zainetto verde acqua sulle spalle.
All'improvviso mi sentì tirare per un braccio e mi ritrovo
davanti due ragazze. Una di loro la riconobbi subito: Rachel Morris.
Beh, che dire di lei: bella ragazza, capo squadra delle cheerleaders,
stronza dell’istituto e rovina rapporti. Appena un ragazzo
che le correva dietro, dopo un po’, si stancava e andava da
un’altra, faceva di tutto per rendere la vita impossibile a
quest’ultima.
- Che succede, Morris? – dissi scocciata. Stava per suonare
la campanella e io non avevo assolutamente voglia di arrivare in
ritardo. Mi ero beccata una nota il giorno prima, non potevo prenderne
un’altra, soprattutto per una cretina come lei.
- Oh, niente, abbiamo solo saputo cosa è successo tra te e
Samuel. – disse sorridendo alla ragazza accanto.
Solo dopo mi venne in mente il suo nome: Jane Bennet. Al contrario
della Morris, lei non era conosciuta per le sue grandi doti a letto, ma
solo per essere la sua “serva”. Faceva tutto quello
che le diceva, come una specie di cagnolino ammaestrato. Poteva anche
chiederle di comprarle un abito da 1.000 dollari, lei lo faceva lo
stesso.
- Ah, bene. Adesso posso andare? – risposi seccata.
Sentì suonare la campana e quei pochi alunni che
percorrevano il corridoio, si ritrovarono ad incamminarsi verso le
aule.
- No cara, abbiamo solo due cosette da dirti. –
replicò lei. Dopodiché sentì soltanto
qualcuno alle mie spalle colpirmi alla testa e coprirmi la bocca con
una mano.
Mi ritrovai nello scantinato della scuola, quello dove il signor
Fletcher metteva le scope, con addosso solo il reggiseno e gli slip.
Mi alzai lentamente, senza far nessun rumore e un dolore lancinante mi
colpì alla testa. Lentamente, mi diressi verso la porta
davanti a me. Misi le mani su di essa, cercando di orientarmi. Iniziai
a toccare il muro, cercando l’interruttore per accendere la
luce. Dopo un po’ lo trovai e notai di avere le mani sudate.
Ero agitata, ma non volevo piangere. Sapevo cosa sarebbe successo,
sapevo perfettamente che quella stronza mi avrebbe fatto qualcosa ma a
me non importava perché avevo passato la notte
più bella della mia vita con il ragazzo che amavo.
Sorrisi al ricordo di quella notte ma scacciai il pensiero, premetti il
pulsante ma notai, con assoluta tristezza, che la lampadina emetteva
solo poca luce.
Una botta alla porta mi fece perdere il respiro. Panico.
- Ehi Cooper, sei sveglia?! – sentì gridare.
Non risposi.
- COOPER, SVEGLIATI! – un altro colpo. Di nuovo, non risposi.
Mi sentivo come paralizzata. Riconobbi la stridula voce della Morris e
un provai un senso di rabbia immenso nei suoi confronti.
La porta si aprì, lentamente, facendo un gran fracasso. La
luce mi colpì gli occhi, facendomeli strizzare all'istante.
Mi misi una mano davanti ad essi, così da evitare il
contatto visivo con le persone appena entrate.
- Vedo che sei sveglia…perché non hai risposto?
Il gatto ti ha mangiato la lingua? – disse ridendo. Una
risata maligna.
Girai il viso verso la ragazza alle sue spalle. Era alta, muscolosa,
con un ghigno stampato in volto.
- Un’altra delle tue servi? – sussurrai sprezzante.
- Lei è Clary, una mia amica. – rispose
aggressiva.
- La stessa cosa, ma se ti piace di più chiamarla in quel
modo per me va bene. – replicai ghignando.
Lei mi guardò, livida in volto: - queste battutine da
quattro soldi le risparmierei, se fossi in te. -
La ragazza mi guardò, non più con quel ghigno, ma
con uno sguardo che trasmetteva odio puro.
- Cooper, tu sai quanto odio che le ragazze, specialmente quelle come
te, tocchino ciò che è mio. – chiuse la
porta alle sue spalle a chiave e iniziò a girarmi intorno.
– Tu sei andata a letto con Samuel e tu sai che, prima di te,
era venuto anche con me, vero? – disse ghignando.
- La cosa non mi sorprende affatto, dopotutto tutti sanno che sei
passata da un letto all'altro con molta facilità in questo
anno. – Risposi, guardandola fissa negli occhi.
Arrivò in pieno sulla mia guancia. Il dolore, all'inizio,
era straziante ma dopo un po’ pensavo soltanto a metterle
quelle extension bionde in bocca. Fui bloccata da quell'ammasso di
muscoli che mi mise una mano davanti alla bocca, stringendo con
l’altra i miei due polsi.
Mi legò le mani e i piedi e con un calcio mi
spostò al centro della stanza.
La Morris si avvicinò al mio viso, mise una mano sotto il
mio mento mentre l’altra la portò alla testa,
iniziando a tirare i miei capelli: - Non era mia intenzione farti del
male ma, da come ti comporti, non mi lasci altra scelta. -
Mi diede uno schiaffo, poi un altro e un altro ancora, molto
più forti di quello di prima. Il labbro mi iniziò
a sanguinare e nella mia testa rimbombava la sua voce: - Stupida
puttana, sciacquati la bocca quando parlo di me! -
Mi diede un calcio allo stomaco e io iniziai a gridare. Me ne diede un
altro e vidi, con gli occhi pieni di lacrime, la Morris dire all'altra
ragazza qualcosa. Capì soltanto dopo cosa avevano in mente.
Clary mi mise dello scotch sulla bocca, così da non far
sentire le mie grida.
- Lui ti ha usata! – gridava, - non gli importa niente di te!
Sei stata solo un’altra da portarsi a letto! Lui ama solo me,
è mio e non sarà di certo una troietta come te a
portarmelo via. -
Quella tortura continuò per diversi minuti, mentre nella mia
testa continuavo a pensare a quelle parole…era vero? Era
tutto vero quello che mi aveva detto? In quel momento, avevo bisogno di
lui. Volevo solo delle risposte. Le lacrime continuavano a scendere,
senza sosta. Avevo paura, tanta paura. Mi sentivo sola, fragile,
indifesa. Avevo bisogno di aiuto. Sentivo un gran dolore alla pancia e
un sapore amaro in bocca. Volevo dormire…volevo tornare a
casa, stendermi nel mio letto e dormire fino al giorno seguente. Non
chiedevo altro.
La Morris si avvicinò a me ed io tremai sotto il suo tocco:
- Bene, bene, vedo che hai capito chi comanda qui. - Rise e mi tolse lo
scotch dalla bocca.
Mi slegò le mani e i piedi. Ero debole e anche se solo
avessi voluto, non avrei potute fare niente. Il dolore alla pancia
aumentava e, con molta difficoltà, dissi: - Sai che appena
il preside verrà a sapere tutto questo chiamerà i
tuoi genitori, vero? -
- Beh, nessuno sa quello che sta succedendo qua dentro quindi non vedo
il problema. – rispose tranquilla.
- Io lo so. – sputai del sangue a terra, vicino alle sue
scarpe pregiate.
Lei si allontanò, schifata: - Tu non parlerai e anche se tu
lo facessi, non cambierebbe niente. La parole di un’inutile
Cooper contro quella di una Morris? Andiamo, a chi crederebbe il
preside? Io sono ricca e i miei genitori sono avvocati.
Basterà qualche assegno e tutto si risolverà.
– sorrise vincente.
Aveva ragione. Io non ero nessuno. Con un po’ di soldi si
può comprare il silenzio di chiunque.
- Tu, - disse indicando la ragazza muscolosa, - vieni qui. Portala nel
corridoio del terzo piano. -
- Sei solo una lurida sgualdrina. – bisbigliai. –
Scusa, hai detto qualcosa? – chiese. –Hai sentito
benissimo. – sputai altro sangue sul pavimento e cercai di
alzarmi. Ogni tentativo fu inutile, sfortunatamente.
La ragazza mi prese in braccio e aprì la porta. La Morris
rimase nello stanzino a fissarmi con uno dei suoi soliti ghigni.
Appena arrivate al terzo piano, la ragazza mi fece appoggiare la
schiena sul muro. Solo in quel momento ricordai di essere con solo il
reggiseno e gli slip addosso. Mi si gelò il sangue. Non
riuscivo a muovermi. Mi facevano male le braccia, la pancia, la
schiena, la bocca, la testa, il naso…tutto.
Cercai in tutti i modi di non piangere ma le lacrime continuavano a
scendere, non si volevano fermare. Sapevo benissimo cosa sarebbe
successo. Inevitabilmente la campanella suonò e, nel giro di
pochi minuti, un piccola folla mi si parò davanti.
Non chiusi gli occhi per un solo motivo: sapevo benissimo che lui,
appena mi avrebbe vista lì, sola e indifesa, seduta a terra
mi avrebbe aiutata. Inevitabilmente, non fu così.
Tanta gente iniziò a ridere, altri a guardami con occhi
sbalorditi e altri che facevano, addirittura, foto. Cioè,
davvero non vedevano come ero conciata? Abbassai gli occhi e vidi il
mio reggiseno con un po’ di rosso sopra. Mi accovacciai su me
stessa ed inizia a piangere. Quando rialzai il volto, lo vidi: era
bello, bello da impazzire. Mi fissava, incredulo. Ora mi
verrà a prendere, pensavo, invece non fu così.
Non fermò neanche un ragazzo che mi faceva le foto, neanche
quelli che ridevano, mi guardò con sguardo schifato e poi
svoltò l’angolo. In quel momento, iniziai a
sentirmi male. Era andato via…non mi aveva aiutata.
Perché mi aveva guardata in quel modo? Eppure io credevo
che…
Iniziai a tossire e a sputare sangue sul pavimento. Quasi non vomitai.
Il dolore alla pancia era diventato più forte e cercai di
alzarmi. Volevo raggiungerlo, volevo solo parlargli. Non mi importava
di apparire in quello stato davanti a tutti. Volevo stare con lui,
volevo delle spiegazioni. Avevo paura di un suo rifiuto. Io lo amavo
per davvero, perché lui non provava lo stesso sentimento nei
miei confronti?
Lui non ti ama.
Quando mi alzai, cercai in tutti i modi di non cadere ma la cosa fu
molto, molto difficile.
Non gli importa niente di te.
Fortunatamente, una ragazza venne in mio soccorso coprendomi con una
giacca. Mi abbracciò e iniziò a gridare: - Andate
via! Che avete da guardare? Non vedete come sta male questa ragazza?
Sta arrivando il preside e meglio che andate! –
Lui ama solo ME.
Per l’ennesima volta iniziai a piangere e misi la testa sulla
sua spalla, immergendomi in quei capelli blu: - E tu togli quel
telefono, stupida testa di cazzo! – disse indicando un
ragazzo che la guardò sbalordito.
Tra la folla si fece spazio il preside, con la sua solita giacca nera e
fece andare via tutti. Le continue risate dei ragazzi e delle ragazze
mi torturavano la mente. Perché ridevano? Io non avevo fatto
nulla di male eppure sono stata derisa dall'intera scuola…-
Voglio solo andare via, voglio solo tornare a casa…vi
prego…- bisbiglia. Nessuno mi sentì-
Il preside si avvicinò a me e con voce ferma disse: - Cara,
tutto ok? -
- S-si io…ok. – bisbigliai.
All'improvviso caddi a terra e sentì solo una voce gridare
il mio nome mentre la mia mente, piano, piano, si svuotava e il mio
cuore andava in frantumi.
*****
Mi sveglio all'improvviso e vedo Ely accanto a me: - c-cos'è
successo? – chiedo.
- Credo che tu abbia avuto un incubo. Hai iniziato a sudare e a
gridare. Mia mamma ti ha preparato una tisana, vuoi berla adesso?
Così ti rilassi un po’. – dice,
mostrandomi la tazza, di un semplice celeste, che le avevo regalato per
il suo compleanno. Sorrido alla vista di quell'oggetto e lo prendo con
cautela tra le mie mani. – Grazie mille
Ely…davvero. – dico sorridendo timidamente. Lei mi
accarezza la guancia amorevolmente. Mi metto a sedere e lei mi segue.
– Mi vuoi raccontare quello che è successo? -
- Si ma…che ore sono? Non ricordo neanche a che ora sono
andata a dormire ieri, sinceramente. – poso delicatamente la
tazza sul comodino vicino al letto.
- Ieri siamo andate a letto alle due e adesso sono le 13.00. Tra un
po’ si mangia! – sorride, - tu rimani qui, vero? -
- Beh, se posso per me va benissimo. Adesso ti racconto. -
Le racconto ogni minimo dettaglio di quel sogno, anche se lei sapeva
tutto a memoria. Non era la prima volta che sognavo
quell'episodio…sono capitate molte cose in questi ultimi
anni ma ancora quel ricordo mi perseguita. Vorrei continuare a vivere
normalmente ma ho sempre paura, anche se non lo faccio vedere, che a
scuola qualche studente possa ricordare tutto. Si venne a sapere che la
colpevole di tutto quello era la Morris. Fu espulsa e nessuno
parlò più di quel giorno. Lui si
trasferì in una scuola non tanto lontana dalla mia, ma per
soli maschi.
- Non lo sento da quel giorno…- bisbiglio, abbassando il
capo.
- Non puoi continuare così, Alex, ormai quello che
è successo è successo. Adesso devi pensare solo
al presente e a quello che verrà. Dai, forza! –
risponde, abbracciandomi. – Ti voglio bene, scema e sappi che
non ti lascerò mai, mai, mai. -
- Mai? – ripeto.
- Mai. – replica convinta.
*****
Camminai verso la porta: - Grazie per
l’ospitalità. – accenno un sorriso.
- Di niente cara, torna quando vuoi. – risponde la signora.
Quest’ultima sorride e si incammina verso la cucina. Davanti
alla porta, insieme a me, rimane Ely.
- Ehy, se vuoi puoi rimanere altri due giorni, non è un
problema per me, tanto meno per i miei genitori! – propose
fiduciosa.
- Sei un tesoro, ma non posso approfittare così tanto della
vostra ospitalità e poi, devo pur tornare a casa.
– le do un bacio sulla guancia e con lo zaino sulle spalle
metto un piede fuori da quella che, anche se per due giorni, era
diventata davvero casa mia. I genitori di Ely, Susan e Lorenzo, sono
molto simpatici. Ely è davvero fortunata.
Apro la porta e vedo che la bella famigliola sta pranzando. Poso lo
zaino sul pavimento e salgo le scale, senza salutare nessuno. Sono
appena tornata a casa mia, voglio rilassarmi. No che a casa di Ely non
l’abbia fatto ma, ovviamente, qui ho tutto ciò che
voglio. Di conseguenza, entro in camera mia e chiudo la porta a chiave.
In quei due giorni non ho completamente toccato cellulare. Adesso che
sono a casa mia posso perfettamente connettermi ad internet. Apro
Whatsapp e mi ritrovo circa 100 messaggi. 95 da un gruppo e i 5
rimanenti dallo stalker. Mi ero completamente dimenticata di lui,
sinceramente. Controllo i messaggi e sono tutti: ehi, ciao,
perché mi eviti? Non sei venuta a scuola per me? E cose
così.
Sbuffo e rispondo pacata: non credo siano affari tuoi.
Lui, essendo online, risponde subito: sempre dolce tu eh.
Beh, sono dolce con le persone che se lo meritano.
Io no?
Senti, o sei scemo o sei scemo. Dopo quello che è successo
in spiaggia preferisco evitare ogni contatto con te, in questo periodo,
sinceramente, ho problemi più grandi e non ho tempo da
perdere con uno come te. E non mi venire a dire: com'è uno
come me? Perché basta un unico aggettivo per descriverti:
stronzo.
Spengo il telefono per non essere disturbata e, come ciliegina sulla
porta, la mia cara mammina bussa alla porta.
- Ehi, Alex, posso entrare? -
Sbuffando mi alzo, apro la porta e con voce fredda e distante rispondo:
- Cosa vuoi? -
- Volevo solo parlare. – ha gli occhi gonfi e il naso
arrossato.
La lascio entrare e mi siedo nel mio letto. Lei chiude la porta e si
siede vicino a me, troppo vicina a me. Io mi allontano, come se un ape
mi avesse punto. Non era più come una volta, neanche con
lei.
- Senti, questi giorni senza di te sono stati uno strazio. Ho detto a
tuo padre di cambiare un po’ tono con te, dopotutto hai
passato dei brutti momenti è normale che…-
Io la zittisco bruscamente: - Sinceramente, non voglio toccare
quest’argomento con te. Specialmente in questo momento,
proprio non mi va. -
Lei mi guarda come “dispiaciuta”: - Io credo che ne
dovremmo parlare tesoro, io…-
- E non chiamarmi tesoro, non abbiamo più quel genere di
rapporto. Sono passati molti anni. Tutto è cambiato. Io sono
cambiata. – le rispondo, alzandomi dal letto.
- Lo so, Alex, - pronuncia in mio nome con voce strozzata, - ed
è per questo che ti voglio aiutare. Non l’ho fatto
in passato ma vorrei farlo adesso. -
- Perché proprio adesso? Io non credo di dover dire, tanto
meno spiegare qualcosa a te. -
- Io sono tua madre, – dice, - mi parli come se io non fossi
nessuno per te. -
- Forse lo sei. Ora per favore vorrei riposare. Stasera esco con Ely
all'ora di cena, quindi evita di apparecchiare anche per me.
– le dico calma. La sto ferendo come lei ha fatto con me. Non
mi interessa…non più.
Lei sussurra un ok e, in silenzio, esce dalla mia stanza.
Tante persone mi hanno ferito, tra cui lei e io non mi
ostinerò a fare la ragazzina comprensiva. Nessuno lo
è stato con me, a parte Ely, e io perché dovrei
esserlo con loro?
Per uscire, metto un vestitino nero non troppo aderente e un paio di
tacchi aperti sul davanti. Mi lascio i capelli sciolti, metto un
po’ di eyeliner nero, matita e rimmel. Passo sulle labbra un
semplice gloss trasparente, preparo una piccola borsetta dove metto
telefono, fazzoletti e il gloss. Esco dalla mia stanza e mi dirigo
verso le scale. Appena scesa, tento di fare meno rumore possibile.
– Mamma sarà in lavanderia, quel moccioso nella
sua stanza e mio padre sta guardando la tv. Perfetto. –
penso. Si, mia mamma lo sa che esco ma non sa come mi sono vestita. Mio
padre non sa né l’una né
l’altra quindi è meglio far finta di niente. Apro
delicatamente la porta, metto un piede fuori e finalmente mi sento
libera. Chiudo la porta alle mie spalle e in tutti i modi cerco di non
cadere. Non sono abituata a mettere certi tacchi, anche se molto bassi
rispetto a quelli che mettono le altre ragazze. Rimpiango i miei amati
jeans e le blazer. Mia mamma, dopotutto, non sa neanche che esco da
sola. Lei sa che persona è Ely, per questo è
sempre tranquilla quando esco con lei. Stasera non voglio delle baby
sitter sotto forma di migliore amica. Voglio essere libera. Ho 18 anni,
so badare a me stessa. Per una volta, voglio fare qualcosa di
divertente, senza nessuno che mi rompa le palle. Mi
ubriacherò e penserò dopo alle conseguenze,
sempre se ce ne saranno, ma conoscendomi, la cosa è molto
probabile.
“I problemi non si affrontano così…sei
solo una bambina.”
Angolo autrice:
Salve ragazze, finalmente dopo più di un mese sono riuscita
ad aggiornare. Spero che il capitolo vi piaccia! Se volete, fatemelo
sapere con una piccola recensione.
Questo qui è il vestito che ha indossato Alex:
http://www.epitomeofchic.com/wp-content/uploads/image-1-of-asos-petite-exclusive-bodycon-dress-with-lace-insert-20140612213508-539a7f7c70e31.jpg
Al prossimo capitolo. :*
Chocolate_15!
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Capitolo 8 *** Beautiful. ***
Ciao
a tutti! Volevo solo dirvi una cosa: ho letto alcuni capitolo e ho
notato degli
errori. A volte, nei primi capitoli, sono passata anche dal passato al
presente
e vi chiedo scusa. Appena finirò di scrivere la storia la
sistemerò, correggerò
tutti gli errori, senza però cambiare la trama. Voglio che
questa storia sia
perfetta, davvero, senza un errore. Se notate qualche errore potete
benissimo
dirmelo. J
Bene, adesso vi auguro una buona lettura!
Beautiful…
Pov’s
Alexis:
Sono sola, seduta su una sedia, davanti al minibar posto al centro di
quel
locale poco più che orrendo. Ragazzi che si strusciano su
delle ragazzine senza
alcun pudore. Non sono coscienti, non sanno quello che fanno.
– mi dico,
cercando di reprimere il disgusto davanti a quella scena; una ragazza,
dai
lunghi capelli neri, frangetta e vestitino argentato, che si attacca
come un
sanguisuga alle labbra di un ragazzo che potrebbe avere il doppio dei
suoi
anni. In questo caso sarebbe meglio non chiamarlo
“ragazzo” ma “uomo”, per
quanto uno così possa essere considerato degno di quel nome.
Francamente, non
capisco perché quelli del genere maschile – e
sottolineo, non tutti – hanno
questa… non so come definirla, voglia? Di andare con quelle
più piccole di
loro… sinceramente, se io fossi un maschio di sicuro non lo
farei.
Scuoto la testa, cercando di rimuove quei pensieri stupidi; certo che
non lo
farei, non c’era bisogno di rifletterci neanche un secondo.
Poi penso che anche
certe donne hanno questa “voglia” e mi passo una
mano sulla fronte, sospirando.
Nella sedia accanto a me, un ragazzo dai capelli biondi muove le
labbra,
facendo girare verso di se il ragazzo dietro il bancone.
Quest’ultimo, capelli
rossi e occhi verdi, mi fissa, per poi distogliere lo sguardo e posarlo
sul
ragazzo accanto a me. Si parlano, senza sosta, come se si conoscessero.
Non so
perché ma quando il ragazzo biondo si avvicina troppo a lui,
mi alzo, andando
proprio di fronte al biondo, chiedendo una birra. I due mi guardano
come se
fossi la cosa più strana che avessero mai visto, come se non
si fossero accorti
della mia presenza, come se fossi comparsa dal nulla. Erano
così presi dal…
litigare che non hanno nemmeno capito che li stavo osservando. Si, il
rosso mi
aveva guardata ma, mi sembra quasi che non si ricordi neanche di
quell’incrocio
di sguardi. Quel contatto visivo che subito era sparito, proprio quando
il
biondo aveva parlato al suo orecchio, dicendo qualcosa. Non so che
cosa,
ovviamente. La musica è troppo alta per io poter sentire
solo una conversazione
normale, pensa quando uno bisbiglia all’orecchio
dell’altro. Ridicolo.
Questi mi guardano, ancora. Io sospiro, impaziente. Il rosso sorride,
come se
mi fosse grato per qualcosa, mentre il biondo continua a fissarmi
dall’alto in
basso. Cosa vuole? Ho solo chiesto una birra, per la miseria.
Finalmente, il
ragazzo dietro al bancone distoglie lo sguardo e prende da dietro di se
due
birre. – Ne ho chiesta solo una! – grido, cercando
di farmi sentire al meglio
che posso. Lui sorride, spingendo le birre verso di me. Sbuffando
lascio i
soldi, ma lui li rifiuta, sempre con quel suo sorrisino in faccia. Il
biondo si
gira per la seconda volta a fissarmi e io faccio lo stesso. Questa
volta posso
notare meglio il suo viso: ha dei semplici occhi marrone chiaro, pelle
bianchissima, quasi come quella di un vampiro, naso lungo e labbra
sottili. I
capelli, di un biondo acceso, gli ricadono morbidi fin sopra le spalle.
Ha un
piercing al naso e uno al sopracciglio destro. Ghigna in mia direzione,
per poi
alzarsi e dirigersi verso la massa di ragazzi che ballano. Che strano.
Mi volto verso il rosso che aveva assistito a tutta la scena. Gli
guardo le
labbra, dove quel sorrisino non accenna ad andare. Sorrido
anch’io in sua
direzione. Non so perché, ho bisogno di ridere…
eppure, non sono ubriaca. Ha
gli occhi allegri, labbra sottili e naso piccolo. I capelli, color
carota, gli
cadono in ciocche confuse davanti alla fronte. – Se te lo
stai chiedendo, quel
ragazzo che è appena andato è mio cugino. Non
è uno di molte parole! – grida in
mia direzione ridendo. – Oh, l’avevo capito molto
bene. – rispondo, unendomi a
lui. Quella sua risata è così… dolce.
Mi siedo e prendo in una mano la
bottiglia di birra; noto con piacere che è già
aperta. Ne bevo un sorso, poi un
altro, poi un altro ancora. Nel giro di 20 minuti ho bevuto circa 4
birre. Di
solito non bevo così tanto… strano.
–
Potrei sapere il nome di questa bellissima ragazza? – dice il
rosso. Io gli
sorrido, mentre le mie guance si colorano di un rosa accesso, che si va
ad
unire al rossore causato dal troppo caldo. – Alexis Cooper. E
lei, splendido
cavaliere? – rido, forse anche troppo, perché dopo
un po’, sul suo volto,
compare uno sguardo imbarazzato. Mi ricompongo, cercando di non
sembrare troppo
maleducata. È l’effetto dell’alcool.
– bisbiglio. So che lui non mi può sentire
ma è come se quella frase l’avessi sussurrata
più per convincere me che lui. È
tutto così strano. – Jeremy Foster, piacere
Alexis. -
Da lì in poi, continuiamo a parlare. Non mi sono mai divertita tanto a parlare con una
persona che conosco appena. È
dolce, il suo sorriso è dolce. È
allegro… sembra quasi un bambino. Veniamo
interrotti, purtroppo, dalle continue richieste dei clienti. Sento i
nomi più
strambi, mentre dei ragazzi ordinano alcuni cocktail. Io lo vedo mentre
lavora,
con maestria e mi viene spontaneo fargli una domanda, quando rivolge il
suo
sguardo a me, incatenandomi con quei suoi piccoli, vivaci occhietti
verdi: - Da
quanto tempo lavori qui? -
Lui mi guarda, come se quella fosse una domanda altamente stupida,
quando alla
fine non lo è. Sembra quasi… deluso dalla mia
domanda. – 4 anni circa. –
risponde, distogliendo lo sguardo. Io, abbastanza confusa, mi chiedo
che cosa
abbia fatto, sentendomi quasi ferita da quel sorriso che aveva
abbandonato le
sue labbra nello stesso istante in cui aveva guardato nella mia
direzione. Mi
sento sfiorare la spalla sinistra, mentre con sguardo confuso, mi
volto; è di
nuovo quel ragazzo, quello con i capelli biondi, il cugino di Jeremy.
Punta i
suoi occhi su di lui che si allontana, andando dall’altra
parte del bancone a
servire delle bibite a due ragazze. Sospiro, mi alzo, sentendomi di
troppo –
cosa molto, molto strana - e cedo il mio posto al ragazzo. Meglio
andare…
Lo saluto con la mano e lui mi guarda confuso, mentre mi vede
allontanarmi tra
la folla.
Sento qualcuno strizzarmi il sedere mentre mi allontano, disgustata. Ho
un gran
mal di testa… e questo vestito, questi tacchi. Voglio
tornare a casa, non
voglio più stare qui, sta diventando tutto così
noioso da quando mi sono
allontanata da quei due. Sbadiglio, portandomi una mano alla bocca.
Annoiarsi
in una discoteca dove migliaia di ragazzini di guardano adoranti,
aspettando
solo di mettere le loro manacce su di te? Si, si può. La
cosa non dovrebbe
sorprendere proprio nessuno. Quel locale chiede alle due e, aprendo la
borsetta, prendo il cellulare, notando con piacere che sono appena le
24.
Evviva. Dai, per queste due ore cercherò di divertirmi. Non
so perché sto
rimanendo, sinceramente. Non posso tornare a casa, i miei, o almeno mia
mamma,
sa che io sono a dormire da Ely. Devo chiamarla. Ho dei messaggi non
letti su
WhatsApp ma non li leggo, non ho tempo da perdere, dopotutto so
già di chi
sono. Esco dal locale, sentendo un’aria calda scivolare sul
mio corpo. Almeno
qui si può respirare.
Uno squillo. Niente, non risponde.
Due squilli. È una
stupida, cosa
starà facendo a quest’ora?
Tre squilli. E se risponde, cosa le
dico? Oh, ciao Ely. Cosa sto facendo? Oh, niente, sono solo in un
locale senza
nessuno con cui parlare e mi sto annoiando a morte. Ho detto ai miei
che andavo
da te, stasera. Ma come avrai ben capito, ho mentito. Ho fatto di testa
mia,
come al solito, e adesso non so che fare. Per favore, puoi rimediare al
mio
sbaglio e far finta che non sia successo niente? Che io non abbia
mentito? Ti
prego!
Mentre penso a quanto sono patetica, chiudo la chiamata e rimetto il
telefono
al suo posto. Sono davvero una stupida. Volevo fare quella
“grande”, abbastanza
matura da poter fare tutto da sola ed adesso mi ritrovo senza un posto
dove
andare a dormire. Potrei tornare a casa, entrando dalla finestra di
camera mia.
Beh, di sicuro, troppo pericoloso. Non ho voglia di chiamare Ely, non
più, non
ho voglia di una ramanzina. Già ci basterà quella
di mia mamma e di mio padre
quando scopriranno che non sono andata veramente a dormire a casa di
Ely e, di
conseguenza, mi faranno un sacco di domande: dove sei stata? Hai
bevuto? Ti sei
drogata? Qualcuno ti ha toccata? Sei andata a casa di qualche
sconosciuto? Ti
hanno fatto qualcosa?
Evito.
Potrei andare dalla nonna. No, lei è una pettegola, direbbe
subito tutto ai
miei genitori. Mio cugino? No, troppo pericoloso, mia zia direbbe tutto
alla
nonna che, di conseguenza, direbbe tutto a mia mamma. Emily?
No… non mi fido di
lei. Le mie cugine? Non mi ospiterebbero e basta, dopotutto non abbiamo
tutta
questa confidenza. Cazzo… e adesso?
Potrei anche tornare a casa ma… non credo sopporterebbero
altre bugie da me.
Sbuffo, esasperata, e mi siedo su una panchina un po’ lontano
dal locale.
Prendo il telefono e accendo internet. Fortunatamente, ho sempre il
telefono
carico. Whatsapp: 5 messaggi in 1 conversazione.
Oh, Matthew, lo sapevo.
Io stronzo? Sei tu quella che è
scappata
senza farmi parlare.
Non rispondi neanche…
Di cosa mi stupisco? Hai ragione, sono stato uno stronzo. Dovevo uscire
con te,
quel giorno, invece ero a “divertirmi” con una
ragazza. Scusa.
Non so neanche perché mi sto scusando… io di
solito non sono uno che si scusa,
per niente. Eppure con te… cavolo, ti conosco da poco e
penso sempre a te. Sei
dentro la mia testa 24 ore su 24. Da quando ti ho vista…
quei capelli, quegli
occhi, quel caratterino… ho subito pensato di aver trovato
una ragazza
magnifica. Non solo di aspetto… non so come spiegartelo, non
sono bravo con le
parole…
Ehi…
“Ehi…” una lacrime scende
sulla mia guancia e un piccolo sorriso appare
sulle mie labbra. Ma che cosa volevo da lui? Chissà,
può essere che quella è la
sua ragazza o… era. Ridacchio, pensando a quanto sono
stupida. Potrebbe mai
lasciare una ragazza per me? Per una che l’ha trattato
malissimo e che conosce
da 1 settimana? Ma andiamo, che vado a pensare? Che cosa
stupida…
Sento dei passi, vedo un’ombra e, spaventata, mi alzo e mi
incammino verso il
locale. Mi sono allontanata un po’ troppo. Qualcuno mi ferma,
prendendomi per
un braccio. Mi trascina sulla panchina e io grido. Mi tappa la bocca e
poi mi
lascia, togliendosi da sopra la testa il cappuccio blu… e lo
vedo; è
bellissimo… quei capelli, quegli occhi…
è Matthew.
Si allontana da me e sorride. Io non ricambio, ancora un po’
spaventata. Cosa
vuole da me? Mi guarda negli occhi e poi fa vagare lo sguardo sul mio
corpo; faccio
lo stesso e noto che il vestito, già abbastanza corto di
suo, si è alzato, mostrando
le cosce magre. Io arrossisco e porto una mano a coprirmi. Noto che lui
a
distolto lo sguardo e che le sue guance si sono colorate di un rosa
acceso.
Rido e lui si gira verso di me, sorridendo, per poi abbassare il capo.
Vorrei
andare lì e… abbracciarlo. Ma cosa vado a
pensare? Che stupida!
- Ehi.- dico io. Odio quando le persone stanno in silenzio…
e poi, voglio
sentire la sua voce.
- Ehi.- risponde lui, sedendosi accanto a me.
Indossa una felpa blu a maniche lunghe, un paio di jeans e delle blazer
dello
stesso colore della felpa. Non so che dire… non riesco a
parlare. Strano per me
che non sto mai zitta. Sorrido e lui se ne accorge. Mi volto a guardare
il
locale, imbarazzata; rabbrividisco e mi sistemo meglio la parte
superiore del
vestito. Lo invito con me al locale? No… potrebbe pensare
male di me. Lo saluto
e gli dico che devo tornare a casa? Scusa prevedibile e poi,
sinceramente, io
voglio rimanere qui con lui. Non so che diavolo dire! Ci sarebbero
tante
opzioni, quali: pensi davvero quelle coso che mi hai detto in spiaggia?
E
quelle su WhatsApp? Perché pensi che io sia magnifica?
Dopotutto, non lo sono
per niente. Come fai a tenere a me? Ci conosciamo da 1 settimana e, di
questi
giorni, ti ho solo evitato o tantomeno insultato. Mi dispiace per come
mi sono
comportata, non potevo pretendere niente da te, specialmente che tu
diventassi
il mio amicone del cuore, sempre con me, uno di quelli che non tocca
mai le
altre ragazze ma, vorrei solo capire perché l’hai
fatto. Si, perché hai baciato
un’altra? E come la penso io? Che lei è la tua
ragazza ma sei voluto uscire lo
stesso con me? N-non so che pensare… forse, preferisco non
sapere la verità,
farebbe solo più male.
- Alexis…- mi volto verso di lui e noto che ha la testa
abbassata.
- Dimmi.- Cerco di mantenere il tono della voce il più
normale possibile.
- Come mai non hai risposto hai messaggi? Perché mi eviti?
È per quello che è
successo sulla spiaggia? Se si, mi dispiace. Non è stata
colpa mia, quel bacio,
al parco... Non so come spiegartelo, è una lunga storia.
Potrà sembrare anche
una scusa banale, ma è la verità.- Ha alzato la
testa e i suoi grandi occhi
verdi sono incatenati ai miei.
Devo rispondergli. Merita una risposta, credo: - Avevo da
f-fare…- ah, okay,
adesso mi metto pure a balbettare. Calmati Alex, calmati. - Si, voglio
essere
sincera, è per quello che è successo in spiaggia
e non c’è assolutamente
bisogno che tu mi spieghi qualcosa, ho capito. Dopotutto, non siamo
niente noi
due. Non so neanche come definire la nostra
“relazione”, se di questa si
tratta. Siamo amici? Eppure non abbiamo mai parlato come degli amici
normali,
tantomeno siamo usciti insieme a scherzare in giro come due amici veri
fanno.
Conoscenti? Forse… so di te solo il tuo nome,
nient’altro. Per questo sono
molto confusa, non siamo niente eppure… eppure io mi sono
incazzata con te solo
perché ti ho visto con una ragazza! Non siamo amici, siamo
il nulla e io
continuo a pensare a quanto sono stata stupida, davvero, a fare quella
“scenata” isterica. Scusami tu. Adesso vado, ciao
Matthew.- Mi giro verso di
lui un’ultima volta e mi alzo, pronta per andare.
- Perché scappi sempre da me?- sussurra.
- Perché è meglio così, credimi.-
Rispondo, dandogli le spalle. Non mi devo affezionare…
non voglio affezionarmi a nessuno.
- No, per niente! Cazzo, Alex vieni qui!- grida lui e io mi volto,
ritrovandomelo davanti.
Tiene le sue mani strette ai miei polsi, per non farmi muovere. Io mi
dimeno ma
lui non mi vuole lasciare.
- Alex. Alex, smettila!- dice strattonandomi le braccia.
Mi fermo e abbasso lo sguardo: - Lasciami andare, m-mi stai facendo
male.-
- Tu guardami, Alexis.- Allenta la presa sui miei polsi e lentamente,
alzo il
viso.
Mi ritrovo davanti due occhi verdi che mi guardano, mi
scrutano… mi stanno
uccidendo.
- Hai detto che sono speciale per te, ma come fai a dirlo? Non capisco,
davvero.- Sussurro.
- Non so che dirti… è per questo che sono
incazzato, perché neanch’io lo
capisco.- Porta una mano sulla mia guancia, lasciando il mio polso
sinistro
libero, mentre con l’altra mi cinge la vita, avvicinandomi a
lui.
- I-io non…- all’improvviso, mi ritrovo le sue
labbra sulle mie. È un bacio
dolce, tenero, che subito dopo diventa qualcosa di più.
Schiudo le labbra e mi
ritrovo la sua lingua dentro la mia bocca. Adesso, non è
più un bacio tenero,
tutt’altro.
Alex, è tutto sbagliato!
Penso,
mentre una sua mano, dalla mia guancia, si sposta ai miei capelli. Non fare gli stessi sbagli un’altra
volta.
Ti farà soffrire come ha fatto Samuel!
Un bacio, è solo un bacio.
Porto le mie braccia dietro il suo collo, mentre con una mano
gli accarezzo
i capelli neri. Lui si stacca da me, ansimando; mi guarda negli occhi e
un
sorriso si dipinge sulle sue labbra. Che faccio?
- Sei buffa, sai? Hai tutte le guance rosse.- dice, mentre ridacchia.
- Ma tu ti sei visto?- rido, portandomi una mano davanti alla bocca.
Lui sorride, mostrando i denti bianchissimi. È…
bellissimo. Quei capelli neri
che fanno risaltare i suoi occhi. Quegli occhi verdi,
stupendi… proprio come
lui. Prende la mia mano e mi da un semplice bacio a fior di labbra,
mentre mi
trascina verso il locale.
Quando entriamo, non è più pieno come prima, ci
sono pochi ragazzi che ballano,
lanciando sguardi complici ad alcune ragazzine sedute vicino a loro. Da
qui, si
può benissimo notare il minibar e sorridendo, mi incammino
verso di esso,
trascinando Matthew con me.
Al bancone c’è Jeremy, che mi guarda con uno
sguardo divertito. - Ehi, ciao
Alexis!- mi saluta.
- Ciao Jeremy.- gli sorrido.
- Vuoi qualcosa?- mi chiede, non degnando di un solo sguardo Matthew.
Ha gli
occhi fissi su di me e non mi guarda più con sguardo
divertito, ma serio.
- Oh, si. Due birre. – lascio la mano di Matthew e mi siedo
al posto di prima.
- Bene, ecco a te. – okay, qui c’è
qualcosa di strano.
- Vi conoscete? – mi chiede Matthew, con voce improvvisamente
seria.
- Oh, si. Lui è… -
- So perfettamente chi è. Jeremy Foster, 19 anni.
– mi chiede, guardando
Jeremy, che si trova dall’altra parte del bancone.
- Ah, okay, quindi vi conoscete! – rispondo, portando la
birra alle labbra.
- Si. Bene, adesso andiamo. – prende la birra in una mano,
mentre con l’altra
mi trascina lontana dal bancone.
- Ehi, aspetta! – grido, - che cos’è
successo? -
- Non devi parlare con quello. – risponde serio.
- M-ma… -
- Niente ma, meglio stare alla larga da quelli come lui. – mi
prende la mano,
mi sorride ed usciamo. Io lo guardo perplessa e annuisco.
Che cosa vorrà dire con “quelli come
lui”?
Pov’s
Matthew:
Cammino per il parco, ascoltando una canzone sul mio telefono.
È così
rilassante… adoro questo posto. Vengo qui per pensare, a
volte, mentre altre solo
per rilassarmi un po’. Tra scuola, casa e amici non ho mai
tempo per stare un
po’ da solo. Soltanto adesso, finalmente, posso stare in
santa pace. Di solito
il sabato esco con gli amici il pomeriggio, con Jake e Fabrizio, o
semplicemente vado in qualche pub ad ubriacarmi e a divertirmi con
qualche
ragazza. Ma oggi no, oggi è un gran giorno. Ho quasi 19 anni
e non sono mai
uscito seriamente con una ragazza, tranne che con Melissa, certo.
Melissa è la
mia ex ragazza: bella, sexy, provocante, divertente, intelligente
quando vuole,
scontrosa, antipatica certe volte e stronza.
L’ho lasciata circa 5 mesi fa, quando l’avevo
sorpresa a letto con il mio
migliore amico. La rabbia che avevo provato in quel momento era
immensa, eppure
avevo detto soltanto “continuate pure” e avevo
chiuso la porta della camera di
Jeremy. Jeremy era più che un migliore amico per me, era
come un fratello;
uscivamo sempre insieme, giocavamo insieme a football nella squadra
della
scuola, condividevamo ogni cosa, anche le ragazze se capitava, eravamo
inseparabili. Poi era arrivata lei… bella? Si, lo era. Lui
si era innamorato di
lei, però non voleva far niente per distruggere il nostro
rapporto, così per un
periodo, stavamo insieme poco e niente. Ci incontravamo qualche volta
al parco,
parlavamo un po’ e poi io tornavo a casa con Melissa, mentre
lui con qualche
suo amico. All’epoca non avevo capito quello che lui provava
per Melissa, così
mi ero un po’ “incavolato” con lui per
come si comportava con me. Mi evitava,
quando ero con Melissa, mi salutava con un cenno della testa, sorrideva
e poi
se ne andava. Non capivo il suo comportamento… era strano,
molto strano. Che
stupido, vero? Non capire i sentimenti del proprio migliore amico, del
proprio
fratello. Di solito si capiscono subito, no? Cercavo sempre di parlare
con lui,
di sapere cosa non andava, e se solo lui me l’avesse detto,
se solo lui mi
avesse detto quello che provava, avrei lasciato Melissa,
l’avrei fatto per lui.
Poi ci siamo separati… non ho più rivisto Melissa
da quando l’ho lasciata,
davanti al cancello della scuola, in lacrime. L’ultima volta
che vidi Jeremy fu
in quella stanza, con la mia ragazza. Non mi chiese scusa e non lo
perdonerò
mai per questo, così come non mi perdonerò mai
per non aver capito prima quello
che provava, perché se solo l’avessi capito,
adesso sarei ancora con lui. Lui
sarebbe ancora il mio migliore amico. Non credo di odiarlo, no, so solo
che se
un giorno lo incontrassi, non potrei mai più essere suo
amico. Sono cresciuto,
non sono più come prima, non voglio fare gli stessi sbagli.
Era un bravo
ragazzo, eppure aveva quell’atteggiamento… quello
tipico da stronzo, che prima
fa l’amico e subito dopo si prende quello che è
tuo, senza farti capire niente.
Eppure, gli sono anche grato, per avermi fatto capire che persona era
Melissa.
Mi sono lasciato questo alle spalle anche per dimenticare quello che
ero: uno stupido,
debole e ingenuo ragazzino. Come sono cambiato, e già.
Mi siedo in una panchina, vicino ad un albero. Vedo in lontananza una
figura,
una ragazza. È alta, magra, capelli rossi e un bel sorriso.
È con due ragazze.
Le due le parlano, guardando verso di me. Cosa vorranno adesso queste
qui?
Sbuffando mi alzo e con le mani nella tasca vado verso il laghetto, non
troppo
lontano dall’entrata del parco. Oggi uscirò con
Alexis… non capirò mai quella
ragazza. È così perfetta e strana allo stesso
tempo… quei capelli, quegli
occhi, è così dannatamente sexy! Non so come io
sia riuscito a non stringerla a
me… a non stringere a me quel suo bellissimo corpo. A non
baciarla… a non
baciare quelle sue labbra perfette, quelle labbra che si mordicchia
ogni volta
che è in difficoltà, cosa che, per precisare, mi
mette molto in difficoltà
quando la vedo. Non so come ho fatto a non saltargli addosso,
sinceramente. La
conosco da quanto? 1 settimana? Si, ed è sempre nella mia
testa. Mi sono
comportato come uno stronzo, come un emerito idiota, ma ha accettato lo
stesso
di uscire con me. E lei pensa questo di me, pensa che io sia uno
stronzo e uno
stupido, e non sa che è lei a farmi diventare
così. Appena vedo che parla con
qualche ragazzo, vado subito da lei e dico al ragazzo di andarsene. Lei
mi dice
che sono uno stronzo e lo accetto. Non accetto, invece, che qualcun
altro oltre
me metta le sue mani su di lei, perché lei è solo
mia. E poi quando vedo il suo
corpo, protagonista dei miei sogni più erotici, divento
subito uno stupido
perché continuo a fissarla. Poi sposto lo sguardo sul suo
viso e sorrido,
pensando a come diventa rosso quando si arrabbia. Mi potrà
insultare
all’infinito, perché so che tutto ciò
che dice è solo un modo per difendersi,
non pensa davvero quelle cose.
Sospirando mi avvicino al laghetto e mi siedo sull’erba. Mi
bagno le mani e le
passo sul viso, sospirando. Devo evitare di pensare a lei, davvero.
Sorrido,
prendo il cellulare dalla tasca e digito la password. Vado nella
casella dei
messaggi e noto che Alexis non mi ha cercato, così le invio
un messaggio.
- Ehi piccola, pronta per stasera? – quando la chiamo
“piccola” sulle sue
labbra appare un piccola sorriso, che subito dopo sostituisce con un
ghigno.
Alla fine mi dice che non la devo chiamare così ma io non
l’ascolto, perché mi
diverte troppo vederla arrabbiata. So che non lo è per
davvero perché, sotto
sotto, la cosa diverte anche lei.
Mi giro verso la panchina dove ero seduto prima e noto che le ragazze
si sono
sedute lì e mi fissano, continuando a parlare tra loro.
Cerco di alzarmi per
andare da loro ma sento il telefono squillare e mi siedo, lanciando
un’occhiataccia
verso di loro.
- Non chiamarmi “piccola”. Sai, ho un nome.
Comunque, se con “pronta” intendi
pronta alla noia mortale allora si. –
- Nessuna si è mai lamentata, stanne certa che ti
divertirai. Non vedo l’ora di
vederti in qualche abitino sexy, gattina.
– okay, sono consapevole che
“gattina” è veramente un soprannome
orribile
ma dai, fa niente. Ridacchio mentre aspetto la sua risposta.
- Beh, se trovi sexy i leggins e le felpe allora siamo apposto. -
“ti troverei sexy anche con una busta della spazzatura
addosso.” Le vorrei
dire, ma potrebbe anche decidere di annullare l’appuntamento
e no, non voglio,
ne ho bisogno. Si, ho bisogno di passare una serata con lei. Una serata
dove
saremo solo io e lei, Matthew e Alexis. Niente scuola, niente
compagni… sarò me
stesso, per la prima volta, con lei. Non mancheranno le battutine,
certo, ma
voglio farle capire che io ci tengo a lei per davvero.
- So che non ti presenterai così. – voglio
sfidarla…
Vedendo che non risponde, poso il cellulare nella tasca e mi alzo,
dirigendomi
verso l’uscita del parco. Non posso presentarmi
all’appuntamento senza niente,
devo pur comprarle qualcosa. Non so bene cosa le piace, quindi
opterò per un
semplice bracciale. Entro in un negozietto lì vicino e
guardo un po’ in giro.
Fortunatamente, ho portato abbastanza soldi per comprarle qualcosa di
carino.
In una vetrina noto una collana con delle perle, poi un’altra
con dei cristalli
Swarovski; in un’altra vetrina ci sono degli orecchini, in
un’altra degli
orologi, ma nessuna di queste cose mi attira particolarmente. Avevo
deciso un
bracciale ma non sono sicuro che le piaccia… non ne sono
affatto sicuro.
Un signore abbastanza vecchio e con una barba molto lunga si avvicina a
me e mi
chiede:
- Posso aiutarti? – ha una voce profonda che mi fa quasi
paura.
- Oh, si, grazie. – gli sorrido.
- Cosa stai cercando? – ricambia il sorriso.
- Stavo cercando un bracciale per… per un’amica.
– lui mi guarda e sorride
un’altra volta. Sono stranamente in imbarazzo.
- Bene, vieni da questa parte. – mi porta davanti ad una
vetrina che,
sinceramente, prima non avevo notato.
- Stai cercando qualcosa in particolare? – mi chiede.
- Qualcosa di colorato e allegro, in un certo senso. – lui
annuisce e mi mostra
un bracciale rosso con dei ciondoli argentati.
Vedendo la mia espressione, il signore posa il bracciale e ne prende un
altro.
Questo è celeste, fatto con delle perline brillantate.
- Non c’è altro? – gli chiedo e lui posa
il bracciale.
- Guarda un po’ qui se ti piace qualcosa, appena hai finito
vieni di là. – io
annuisco e guardo il signore allontanarsi.
Ci sono diversi bracciali, alcuni gialli, altri rosa, circa due blu ma
quello
che attira la mia attenzione più di tutti è un
bracciale verde acqua in gomma.
Potrà sembrare banale, in gomma, ma è davvero
bello. Lo prendo e lo porto alla
cassa. Fortunatamente, non c’è nessuno oltre me,
così mostro subito quello che
ho preso al signore.
- Oh, davvero bello come bracciale. Vedi, qui ha una chiusura in bronzo
dorato
e cristalli di Swarovski. Una scelta molto azzeccata per una ragazza
giovane. –
mi fa l’occhiolino e io gli sorrido.
- Pacchetto regalo? – chiede, mentre si sposta verso un banco.
- Si si. – mi affretto a dire.
- Bene, ecco a te. – mi da il pacchettino in mano, pago ed
esco dal negozio.
Controllo il telefono e noto che è ancora presto
così vado di nuovo al parco.
Appena entrato, vedo la ragazza con i capelli rossi che avevo visto
prima, ma
questa volta da sola. Si gira verso di me e sorride. Mi sembra
così conoscente…
quei capelli, quegli occhi… che cosa strana. Sbuffo e poso
lo sguardo sul mio
telefono: 1 messaggio.
- è per caso una sfida? – sorrido e rispondo.
- No cara, è solo ciò che penso ma poi, se tu
vuoi interpretarla in questo
modo… ok. – ridacchio, pensando alla sua faccia
quando leggerà questo
messaggio.
Poso il telefono nella tasca e appena alzo gli occhi, mi ritrovo quella
ragazza
davanti. Come ho fatto a non accorgermi della sua presenza? Sono
stupido o
cosa? Lei continua a sorridere senza nessun imbarazzo.
- Ciao! – mi abbraccia ma io l’allontano subito.
- Scusami, ma tu chi sei? – le chiedo. Lei mi guarda delusa
ma subito dopo
sorride di nuovo.
- Andiamo, non ti ricordi di me? Stupido orsacchiotto! – io
la guardo confuso
ma subito dopo capisco. Lei inizia a ridere e io mi allontano di
qualche passo,
notando che siamo troppo vicini.
- Melissa? – le chiedo, sperando che risponda con un grande
“no”.
- Si, questo è il mio nome. – mi metto una mano
sulla fronte e sospiro. – Okay,
non ci vediamo da un po’, ma non credevo di essere
così irriconoscibile. –
continua lei.
- Si, okay. Cosa vuoi Melissa? Ho da fare. – non voglio
parlare con lei, per
niente.
- Niente di che, ti ho visto così ho pensato
“perché non vado a parlare con il
mio bel ex fidanzato?” – continua a sorridere e la
cosa mi sta dando sui nervi.
Che avrà tanto da ridere?
Vedendo che non rispondo, mi prende la mano e mi trascina al laghetto.
È
abbastanza tardi, quindi non c’è quasi nessuno al
parco, solo poche persone che
stanno con i loro figli o vecchietti che comprano qualcosa in qualche
bancarella in giro.
Le lascio subito la mano quando sento il mio telefono suonare. Sorrido,
notando
che Alex mi ha risposto.
- Secondo te sono così stupida da non capire i tuoi
giochetti? No caro, qui di
sicuro lo stupido sei tu. Dimmi un po’ chi preferisci:
Spongebob o i Baby
Looney Tunes? – ridacchio, ma subito dopo ricordo che con me
c’è anche Melissa.
- Chi è? – mi chiede con sguardo severo. Non ha
più quel sorrisetto, adesso.
- Non credo siano affari tuoi. E adesso scusami ma io dovrei andare.
È stato un
piac- anzi no, non lo è stato affatto. Ciao Melissa.
– le dico piccato, mentre
mi volto e le do le spalle.
- Credo che i Baby Looney Tunes vadano più che bene!
– rispondo ad Alexis. Deve
sapere che non sono uno che si arrende facilmente.
Sento Melissa gridare qualcosa alle mie spalle e subito dopo me la
ritrovo
davanti. Mi guarda intensamente e mi attira a sé, tirandomi
dal colletto della
maglia. Posa le sue labbra sulle mie in un bacio privo di amore. Prende
una mia
mano e la posa sul suo sedere mentre l’altra sul suo seno
destro. Lei insinua
la sue lingua nella mia bocca e mi tira i capelli, avvicinandomi ancora
di più
a sé. Non sta succedendo davvero… non posso
farlo, non posso! Alexis… cazzo,
Alexis!
Questo non è il suo sedere perfetto, questo non è
il suo seno piccolo e tondo,
questo non è il suo corpo! Queste non sono le sue labbra
stupende, non sono le
sue mani a toccare i mei capelli! Questa non è lei!
L’allontano bruscamente e, senza volerlo, inizio ad alzare la
voce: - Ma he
cazzo fai?! -
Lei mi guarda con le lacrime agli occhi e inizia a balbettare qualcosa
di
incomprensibile. Questa scena mi ricorda tanto quel giorno, quando
l’ho
lasciata, davanti alla scuola. Stavo piovendo e io le urlavo contro che
era una
stronza e che non doveva più avvicinarsi a me, che se solo
mi avessi cercato io
non l’avrei degnata di uno sguardo. Eppure, oggi, io le ho
parlato. Non ho mantenuto
la parole.
- Che cosa ti sembrava? Che venendo qui e baciandomi sarebbe stato
tutto come
prima? Non lo sarà mai! Noi non stiamo più
insieme, Melissa! Adesso vattene,
hai solo peggiorato le cose! – alcune persone si sono girate
a guardare la scena
ma non me ne frega assolutamente niente! Ho altro a cui pensare.
- Eppure… eppure prima ti piaceva, tutto questo! –
grida, indicando il suo
corpo.
Le prendo il polso e la trascino in uno posto dove la gente non
può guardare.
- Esatto, prima! Adesso è cambiato tutto! – le
dico pensando ad Alexis.
- Chi è? Chi è lei? Chi è quella che
ti ha cambiato?! – grida, dandomi pugni
sul petto.
- Stai ferma! Non c’è nessuna lei! Adesso
smettila, vai a casa! – l’allontano
da me e lei mi guarda delusa. Si asciuga le lacrime e fa qualche passo
indietro.
- Spero che sarei felice con la tua nuova puttanella.
– sputa quelle parole con disprezzo e inizia a
correre verso l’uscita.
Come ha solo osato chiamare Alexis in quel modo? Non avrebbe dovuto
farlo,
davvero. Come ho fatto a stare con lei per tutti quei mesi? Come?! Sono
uno
stupido. Mi siedo sull’erba, poggiando la schiena contro il
tronco di un
albero. Prendo il cellulare, sperando in un suo messaggio. Niente,
nessun
messaggio. Perché non ha risposto?
Sono andato in una spiaggia per rilassarmi un po’ prima
dell’appuntamento e,
sfortunatamente, alcune persone hanno avuto la geniale idea di fare una
festa.
Sbuffo e mi allontano il più possibile da quel baccano. In
lontananza noto una
figura seduta sulla sabbia; ha dei bellissimi capelli biondi che le
ricadono
delicati sulle spalle e, da questa postazione, posso vedere il suo
viso.
Capisco subito chi è e rimango a bocca aperta, facendo
cadere il telefono sulla
sabbia. È così bella… vorrei tanto
andare lì da lei e abbracciarla. Stare sulla
spiaggia a coccolarci. Perché non posso farlo?
Mi avvicino a lei e bisbiglio: - A-Alexis… s-sei stupenda.
–
Ecco quello che ho pensato la prima volta che l’ho vista e
finalmente sono
riuscito a dirle tutto. Ma, sfortunatamente, lei non hai sentito.
Angolo autrice:
Salve!
Ed eccomi qui con
questo nuovo capitolo! Mi sono impegnata davvero tanto e spero che sia
un bel
capitolo da leggere. Se volete, fatemi sapere se vi è
piaciuto come capitolo e
se avete qualche consiglio da darmi scrivete pure! Al prossimo
capitolo! :*
Chocolate_15!
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