Il Bucaneve gentile

di Reagan_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Distinti Saluti ***
Capitolo 2: *** Novità ***
Capitolo 3: *** Il Silenzio ***
Capitolo 4: *** La Soirée ***
Capitolo 5: *** Perduti ***
Capitolo 6: *** L'arte del Picnic ***
Capitolo 7: *** La Pioggia ***
Capitolo 8: *** Vita Agreste ***
Capitolo 9: *** La Debolezza ***
Capitolo 10: *** Una Scelta ***



Capitolo 1
*** Distinti Saluti ***



Il Bucaneve Gentile


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Capitolo I
Distinti Saluti



È meglio essere maschio,

perché anche il maschio più miserevole ha una moglie a cui comandare.
Isabel Allende




Il chiavistello sembrò non voler collaborare più di tanto, malfermo sulle gambe tentò di appoggiarsi alla porta ma vi inciampò quando improvvisamente si aprì.
Confuso dai bizzarri meccanismi dei moderni battenti, si tolse il cappello e il soprabito che gettò senza cura sull'uscio di casa, barcollante e irritato dall'oscurità della sua casa da scapolo, salì le scale e aprì con forza la porta della sua camera e non si curò di chiuderla, si tolse le scarpe e si spogliò senza fare caso a dove lanciasse gli abiti, cercò a tentoni la camicia da notte che lei, la sua novella sposa, gli lasciava ogni giorno sotto il cuscino, una volta sdraiato a letto, chiuse gli occhi abbandonandosi con un mugolio appagato al sonno.
Fu solo il mattino dopo che Lord Grant Everstone si rese conto che qualcosa non quadrava. Prima di tutto, nessuno lo aveva svegliato aprendo le tende, facendo entrare bruscamente la luce del sole e secondo, non sentiva nessun rumore dal pianoterra.
Era diventato difficile dormire il mattino da quando in casa vi era anche lei, data la sua abitudine a svegliarsi all'alba e a cominciare le pulizie ancor prima di fare colazione.
Forse se n'era andata al mercato prima del solito ed aveva avuto la decenza di lasciarlo dormire in pace, si disse, sistemandosi i pantaloni e la camicia. Soddisfatto di sé come non lo era da molto tempo, scese in sala da pranzo, pronto a mangiarsi le croccanti focaccine al miele e le diverse marmellate che ogni mattina trovava in tavola.
Non si accorse di nulla finché non si sedette.
Davanti a lui vi era soltanto un piccolo piattino in argento con una lettera piegata in due, un bricco d'acqua con una fetta di limone che vi galleggiava sorniona, un vasetto di marmellata ai lamponi e il pane di ieri.
Niente burro, niente frittelle, niente focaccine.
Si alzò immediatamente e corse in cucina, non notò nulla di strano, era immacolata come sempre ma non vi trovò la cameriera sboccata che aveva assunto solo tre settimane prima.
Con uno strano presentimento, decise di perlustrare ogni stanza di quella modesta dimora, gridando il suo nome e arrabbiandosi ogni volta che il silenzio incombeva come risposta. Entrò senza bussare dentro la piccola stanza dove lei era solita dormire, non aveva avuto né voglia né tempo di arredarla, per cui vi erano solo i mobili fondamentali.
Il letto era lindo e perfetto, la sua vecchia scrivania che fungeva da toletta era coperta da un telo bianco, così come il cassettone e il piccolo armadio. Insospettito, aprì le ante del guardaroba e non vi trovò nulla.
I suoi abiti scuri e mediocri erano scomparsi, i suoi semplici cappelli spariti. Non vi era più nulla di suo. Era come sparita da quella camera in cui aveva vissuto più di un mese. Scese in salotto, girò nuovamente in cucina e alla fine si fermò in sala da pranzo. Raccolse tremante il biglietto e lo lesse.

Lord Everstone,
credo che sia necessario che io lasci la casa, almeno per ora.
 Ho notato come la mia presenza sia frustrante e insopportabile per Voi e per la Vostra famiglia, dunque ho deciso di stare da un'amica che da tempo non vedo.
 Ho bisogno di allontanarmi un po' dalla città, spero riuscirete a capirmi. Non vi angustiate per il denaro, non Vi ho sottratto grosse cifre. Vi scriverò non appena troverò un impiego che mi darà un'entrata regolare, in modo da non essere più un peso per le Vostre finanze.
 Vi ho lasciato nel cassetto della vostra stanza, i gioielli che Vostra madre mi ha dato il giorno delle nozze, nessun pezzo è mancante.
Mary Rupett, la cameriera che avevate assunto, se n'è andata la settimana scorsa a salario ridotto.
Domani mattina, Denise Pastron arriverà per un colloquio da cameriera tutto fare. Ho letto le sue referenze e sono buone, assumetela a vostra discrezione.
Distinti Saluti
Cathriona Mafton.

Grant Everstone si sedette su una sedia, lesse e rilesse il tutto una ventina di volte.
Il suo più grande desiderio, quello di svegliarsi e scoprire che quella dannata donna che aveva sposato controvoglia sparisse magicamente, si era avverato.
Un senso di vuoto e confusione gli cresceva nel petto.
Era stato abbandonato da una donna che aveva sposato nemmeno due mesi prima!
Inaspettatamente si ritrovò a chiedersi cosa avesse fatto per meritarsi tutto questo.




-Come ti senti cara? Hai dormito?-
A domandarlo fu Fanny Brooke che avvicinò all'amica un bicchiere colmo di acqua.
Cathriona accettò e ne bevve un sorso con un sorriso. Era da tempo che non veniva coccolata così. Strinse la mano all'amica, grata di averla nella sua vita.
-Ho dormito molto bene. Era dai tempi della scuola che non dormivo così.- disse.
Fanny si sdraiò accanto a lei, sbuffando per il corsetto che le stringeva troppo i fianchi e ridacchiò contenta.
Erano anni che non si ritrovavano sotto il suo stesso tetto.
Le due giovani ragazzine piene di sogni, figlie della buona ma modesta borghesia, erano istruite e gran lavoratrici, erano diventate donne. Fanny si era sposata con un piccolo industriale di successo ed era diventata madre per la terza volta un annetto fa. La sua vita era colma di gioie e fatiche che non avrebbe cambiato con nessun'altra.
Si voltò per fissare Cathriona che se giocherellava con le maniche di una vecchia camicia da notte. Aggrottò la fronte, quando l'amica le aveva scritto per dirle che si sarebbe sposata in circostanze non felici con un ricco Lord, non aveva avuto il coraggio di chiederle per cosa intendesse “infelici circostanze”.
Passò una mano sul ventre dell'amica e notò che era piatto e normale. Nessun rigonfiamento o bozzo duro, la sua teoria di nozze riparatrici era definitivamente da scartare.
Cathriona tolse la mano di Fanny dal suo grembo, posò il bicchiere sul comodino e per la prima volta da mesi o forse anni, pianse.
Fanny si sedette e l'abbracciò forte.
-Mia cara … Dolce e buona Cath!- disse con voce spezzata. -Piangi tutte le lacrime che vuoi, sei a casa ora.-





-E' inaudito ed inammissibile!- gridò Lord Grant Everstone indicando nuovamente la lettera che sua moglie gli aveva lasciato. -Inammissibile!Altro che divorzio, io le stacco la testa!- ricominciò a camminare in circolo per lo studio.
Suo zio, Lord Patrick lo guardò di sottecchi e rilesse la lettera.
Quella ragazza che aveva lavorato per un certo periodo nella sua casa, durante la ristrutturazione della sua dimora di città, gli era piaciuta fin da subito.
Era di quelle rare donne con cui un uomo poteva parlare liberamente senza sentirsi giudicato o etichettato. Cathriona Mafton era una donna sicura delle sue capacità, brava nell'amministrare l'azienda edile del padre defunto recentemente mentre il fratello si dedicava ai bagordi e alla donne.
Timida, gentile e alla mano, non si era mai sentita in dovere di vantarsi o chiedere favori a lui o a sua moglie, sembrava del tutto indifferente al bel mondo ricco o aristocratico. L'unica cosa che sembrava animarla oltre il disegno, che era alla base del suo lavoro nell'azienda paterna, era la musica di cui era un'avida esecutrice.
Passò la lettera alla moglie che la lesse con un sorriso sghembo.
Gli bastò farle un cenno e la donna li lasciò dalla stanza.
-Figliolo … Credo che dovreste calmarvi, altrimenti non capirò un bel niente.- disse lo zio versandosi da bere.
Lord Grant Everstone fissò sconcertato l'uomo. -Calmarmi? E come diavolo posso, eh? Sono stato svergognato da una poveraccia qualunque che crede di potermi abbandonare così!-
-Poveraccia … Avete una bassa considerazione di vostra moglie. Ricordatemi come mai l'avete sposata.-
Grant avvampò e balbettò qualche risposta che lo zio finse di non sentire, si voltò e fissò il sole tramontare.
La colpa era quasi interamente sua, lo sapeva. Se solo si fosse sposato anni prima, con una donna del suo rango, ora avrebbe avuto una compagna adatta e un paio di eredi, ma non aveva voluto rinunciare alle sue libertà.
Per una stupida scommessa, uno scambio di persona e troppo alcool in corpo si era ritrovato nella stanza sbagliata, si era infilato nel letto sbagliato e aveva rischiato la pelle in carcere per aggressione a sfondo sessuale.
Sotto la pressione di suo zio e della padrona di casa, aveva fatto una proposta di matrimonio per salvare la reputazione di quella donna dai capelli scialbi e il volto slavato.
Niente di più nobile ed idiota allo stesso tempo. I suoi amici ne ridevano ancora, i suoi colleghi parlamentari lo fissavano schifati e lui non si era mai sentito più miserabile di così.
-Non le concederò il divorzio.- sibilò girandosi a guardare serio il fratello di suo padre.
-Beh, allora dovrete trovarla e convincerla. Qualcosa però mi dice che la cara Lady Grant Everston sia un osso duro e che nemmeno le lodi di un galantuomo riusciranno a smuoverla.-






Cathriona sorrise e salutò con la mano i figli di Fanny che giocavano in giardino.
I due bambini risposero con slancio e si rituffarono nei loro giochi.
-Eccomi qui, la piccola Savannah oggi non ne voleva sapere di dormire. Hai già preso il tè?- le chiese sedendosi su una poltroncina.
Cathriona scosse la testa e si sedette vicino alla donna. Come l'aveva invidiata durante tutto il giorno, si ritrovò a pensare sorseggiando la tazza colma di tè che Fanny gli aveva offerto.
I suoi bambini erano educati e pieni di energie, il signor Brooke sembrava ringiovanito anziché invecchiato e ogni volta che lasciava la casa per andare a lavoro chiamava la moglie davanti all'uscio per baciarla appassionatamente come se fossero ancora freschi sposi. E a Fanny, nonostante la stanchezza e il volto sciupato dalle gravidanze ravvicinate, aveva gli occhi risplendevano di luce e brio.
-Allora, mi devi raccontare tutto. Brooke mi ha assicurato che potrai rimanere quanto vorrai e che farà le tue veci fino a quando non ti sentirai pronta per ritornare a controllare le cose in azienda.- le disse portandole sotto il naso un piattino colmo di biscotti all'uvetta.
Cathriona rifiutò, erano giorni che ormai non riusciva a mandare giù quasi nulla.
Chiuse gli occhi per un secondo e cercò di raccogliere la forza necessaria per mettere tutto insieme.
-E' stato cattivo con te?- domandò Fanny avvicinando una mano al suo volto, aveva notato una piccola cicatrice ancora viva sotto l'orecchio. Doveva essere molto recente. -Ti ha fatto questo? E' stato quel Lord?-
Gli occhi di Cathriona si riempirono di lacrime ma scosse la testa con fermezza.
-E' stata la sua amante, la signorina Violet Graham. E' entrata in casa una settimana fa, ha travolto la cameriera e poi si è lanciata su di me. Per fortuna che sono abituata alle zuffe, quando l'ho spinta a terra mi sono accorta della ferita.-
-E cosa ha fatto tuo marito?- chiese sconvolta Fanny.
Cathriona scrollò le spalle.-Nulla, perché la sera stessa, quando ormai mi ero ritirata dopo averlo aspettato, si è portato in casa nostra quella donna ed ha fatto i comodi suoi sotto il nostro tetto. Mi ero accorta dai rumori ma ho preferito non fare nulla o avrei perso il controllo di me.- raccontò stringendo attorcigliando le dita sul grembo. -Il mattino dopo sono entrata tardi nella sua stanza ed ho notato che era tutto sopra, vi era un cappello e un corsetto che non mi appartenevano e i cuscini erano sporchi di trucco. Credo se ne sia andata via all'alba per evitare di creare chiacchiere fra i vicini.-
Fanny le strinse le mani con forza, fece per parlare ma Cathriona la interruppe.
-Io non pretendo da lui la fedeltà. Mi aspettavo solo discrezione e rispetto almeno della comune dimora, è lui che mi ha messo in quella situazione. Lord Everstone non fa che bere, frequentare il letto di quella signorina e sbraitare.- stranamente le venne da ridere. -E pensare che volevo solamente denunciare l'aggressione alla polizia o almeno farglielo sapere. La cameriera, Mary Rupett era così sconcertata dal suo comportamento che se n'è andata. Ora lavora dai Winfred. Mi ha scritto per ringraziarmi della raccomandazione.-
Le due donne si guardarono a lungo. -Io … Non so cosa dire, mia cara. E' una cosa oscena quella che hai subito. Credo proprio che manderò una let … -
-Non farlo!- sobbalzò disperata Cathriona. -Non voglio che il nome di quella famiglia ed il mio venga di nuovo trascinato nello scandalo. Voglio vendere la mia parte dell'azienda di papà a qualcuno di meritevole e poi andarmene al nord, da zia Letha. Lì potrò ricominciare una nuova vita.-
-Ma merita di essere svergognato pubblicamente! E' un mostro!- disse Fanny indignata.
Cathriona si alzò e nervosa si mise seduta sullo sgabello del pianoforte. -No, è solo un uomo meschino che pensa solo a sé. Come tanti altri.- disse prima di sfiorare i tasti e suonare qualche motivo distratta. -Suo zio, Lord Patrick e sua moglie, sono stati gli ultimi clienti di papà. Sono stati gentili così con me che non desidero assolutamente vedere il loro nome sbattuto in prima pagina. L'anonimato stavolta è importantissimo.- si voltò verso l'amica sorridendole. -Ho solo bisogno di respirare di nuovo.-
Fanny le si avvicinò mettendole una mano sulla spalla. -Potrai stare qui per sempre.- le baciò una guancia e si sedette ad ascoltare le note leggere che le sue mani delicate portavano in vita, con l'angoscia e la preoccupazione nel cuore.













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Capitolo 2
*** Novità ***


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Capitolo II

Novità


La moglie fa risparmiare per qualche tempo la spesa delle puttane
ma tutte le puttane del mondo non ci risparmiano il pericolo di prender moglie.
Giovanni Papini




-E' molto semplice. Devi solo disegnare le varie parti dei mobili, così da inserire delle immagini chiare nel libro.- disse il signor Edward Brooke facendole vedere un piccolo opuscolo.
Cathriona annuì ed esaminò attenta i disegni preparatori di Brooke. Erano imprecisi e troppo semplici, forse il suo tocco leggero e ricco avrebbero reso le immagini più interessanti. -Quante tavole devo fare?- gli chiese.
Brooke le sorrise. -Solo nove.-
Aveva da sempre invidiato l'eccezionale abilità della figlia del Signor Mafton con le tavole da disegno. Il suo tocco preciso e chiaro valeva più di quello di rinomato ma costoso architetto. Più volte negli anni, famosi disegnatori di parti meccaniche si erano complimentati per il suo primo opuscolo sui macchinari necessari per il taglio del legno, nessuno sapeva che il maestro dal tratto leggero altro non era che una giovanissima ragazzina di buona famiglia.
Molte volte venne contattato con urgenza da altri industriali desiderosi di avere dei disegni esplicativi da mandare a meccanici che avevano poca dimestichezza con tale arte ma rivelare l'identità dell'artista, avrebbe portato il panico.
Le donne non avevano e non potevano avere capacità maschili, un conto era il quadro paesaggistico, altra storia era la meccanica.
Cathriona intinse il pennello nella china e cominciò a tracciare le prime linee seguendo il primo modello di un tavolo rotondo che poteva ampliarsi. Era così assorta nel suo lavoro che non notò il signor Brooke allontanarsi dallo scrittoio, il disegno era sempre stato per lei un rifugio sicuro.
Le mani sporche di pittura, china e matita le ricordava le giornate spese con il padre a sognare edifici eleganti e dimore maestose da costruire. Con la guida sicura del padre e un metodo collaudato negli anni, sapevano esattamente come lavorare in sincronia.
Quando la ferrea salute del padre venne a meno, suo fratello Robert subentrò e da allora, la piccola florida azienda era scivolata verso il fallimento.
La maggior parte dei soldi vennero spesi in pubblicità inutile e in poco tempo, la Mafton Company  perse tutta la sua rispettabilità e con essa Cathriona vide distrutta ogni speranza di avere una dote.
Per questo aveva accettato quasi con sollievo il matrimonio riparatore con Lord Everstone, con quel semplice assenso si era procurata la flebile speranza di avere dei figli e il repentino allontanamento dalla brutta fama di suo fratello.
Posò il pennino e guardò la sua prima tavola completata, sorrise notando i tratti decisi  e annottò in un foglio i numeri di pezzi da lei completati.
Il piccolo sorriso che aveva fra le labbra si spense non appena una forte nausea le salì verso la gola e improvvisa come era arrivata si ritrovò a bocconi sul pavimento a rigettare la colazione.
Fu la cameriera di Fanny a trovarla per prima ed aiutarla, la piccola donna gallese la trascinò su un divanetto e si fissarono a lungo, poi la donna spostò lo sguardo sul suo ventre e Cathriona impallidì.



“Piccola festicciola” per Violet Graham voleva dire avere la casa piena di gente. Era un lato del suo carattere che Lord Grant Everstone cominciava a trovare poco affascinante. Non c'era nulla d'intrigante nello stiparsi in un salone mediocre accanto a persone come zitelle inacidite dal tempo, vedove facili da consolare e cicisbei dell'ultima ora, per questo si stava gettando nell'alcool, gli rendeva facile essere paziente.
Ma quella sera, quando a notte fonda si ritrovò seminudo nella stanza di Violet si scoprì più sobrio del solito. Osservò la donna sciogliere i capelli e stendersi sul letto con fare voluttuoso, mostrando le gambe ed ammiccando.
Lasciò il bicchiere ancora pieno sul tavolino e si avvicinò al letto.
-Allora, è vero quello che gracchia tua madre?- domandò sorridendogli. -La poveraccia è scappata?-
Grant annuì distratto e si sedette dall'altra parte del letto, si tolse la camicia lentamente e i pantaloni. Doveva immaginarsi che sua madre, nota in società per le sue scenate e per la sua bocca larga, non avrebbe avuto nessun tipo di descrizione.
-Quanti lo sanno?- le chiese gelido.
Lei sbuffò e appoggiò una mano sulla testa. -Per ora solo io, ieri sono andata a prendere un tè da lei. Era una confidenza stretta.- toccò con il suo piccolo piede la schiena dell'uomo. -Quale sarà la tua prossima mossa?-
Grant si voltò. -La riporterò a casa per i capelli, dove deve stare.-
Violet strinse gli occhi in piccole fessure azzurre. -Mi piace quando fai il violento. Sai, due settimane fa sono andata a trovarla. E ho … - ridacchiò a lungo prima di riprendere il discorso. -E la sua insulsa cameriera ha cercato di bandirmi ma l'ho schiaffeggiata. Poi la tua mogliettina ha osato dirmi di andarmene … Beh, l'hai visto anche tu il taglio, no?-
Lord Everstone s'irrigidì.
All'inizio non aveva prestato attenzione a ciò che stava dicendo la donna, era attratto da lei per come riusciva a compiacere un uomo, non certo per il suo intelletto. -Taglio? Quale taglio?- domandò confuso.
Violet con un balzo si mise a sedere, la questione si stava facendo interessante. -Da quanto non guardi tua moglie?- sibilò divertita. -Non mi dire che la prendi solo con il favore delle tenebre, una volta ogni tanto.- L'idea le piaceva. Lei poteva avere l'accesso alla sua vera natura passionale e furiosa mentre la donnina dal volto triste si prendeva giusto il minimo necessario per avere un erede e il resto del tempo, faceva da arredamento.
Squittì sorpresa quando Grant le afferrò un braccio e glielo stritolò con rabbia. -Cosa hai fatto? L'hai colpita? Dove?- l'uomo notò con soddisfazione le lacrime offuscare quegli occhi da meretrice e strinse con maggiore forza. -Come hai osato, stupida sgualdrina! E' colpa tua e della tua ingordigia se sono ritrovato a sposare Mafton! Tu mi hai mandato un messaggio sbagliato e tu mi hai lanciato fra le braccia di quella contadinotta!-
Violet arretrò di qualche centimetro.
Non gli piaceva lo sguardo cattivo dell'uomo, conosceva bene la fermezza delle sue mani quando voleva rimetterla al suo posto ma si era divertita talmente tanto a quella festa dei Lord Humphrey che aveva deciso di giocare un brutto scherzo all'elemento più debole della catena, la povera e noiosa signorina Cathriona Mafton.
La sua burla però aveva finito con l'allontanare per sempre la possibilità di avere Lord Grant Everstone per sé. Aggredirla, quel giorno, fu solo parte delle mille ritorsioni che aveva in mente per renderle la vita un inferno.
-Era solo una piccola farsa, io non volevo certo … -
Lo schiaffo arrivò deciso, la torsione violenta del collo la fece gemere di dolore; Grant la osservò incapace di controllarsi. -Tu sei la mia rovina!- mormorò raccogliendo le sue cose e vestendosi alla bene e meglio. -Lei sarà pure una poveraccia ma almeno sa tenere chiuse quelle gambe.- le disse conoscendo quanto dolente fosse quell'argomento per Violet.
Uscì a grandi passi dalla casa londinese dei Graham, dimenticandosi persino di chiedere di preparare una carrozza, e marciò a lungo verso il centro evitando piccoli gruppi di malfattori che si aggiravano ancora tranquilli. Saltò sulla prima carrozza e dopo aver fatto scivolare mezza sterlina fra le mani del cocchiere gli ordinò di andare dirigersi verso la campagna, alla sua casa paterna.





-Signora Brooke, temo che dovrete avere un occhio di riguardo per Lady Everstone. Le sue condizioni mi sembrano piuttosto fragili.- disse Thomas McCarter. -La settimana scorsa sembrava procedere bene ma queste perdite sono un piccolo allarme. Ha bisogno di riposarsi e bere del vino caldo la sera, anche se non è l'ideale per la stagione.- disse picchiettando con gentilezza il braccio di Fanny. -Bisogna avvertire il marito che non potrà muoversi finché le piccole perdite non finiranno.-
Fanny annuì ed accompagnò il vecchio medico della città nel salotto dove era seduto suo marito.
I due parlarono brevemente e si incamminarono verso la porta.
Fanny decise di rientrare nella stanza al primo piano che un tempo fungeva da camera da letto della sua defunta ma non compianta suocera invalida. Si sistemò su una sedia e rimase sorpresa quando notò che non solo Cathriona era sveglia ma gli stava tendendo una lettera piegata.
-E' per il Lord mio marito.- disse con voce flebile. -Credo che sia necessario che venga qui e sappia cosa … Cosa sta succedendo.-
Le due donne si fissarono incerte, entrambe concentrare a non scoppiare a piangere.
-Pensi … Pensi che una volta che saprà, cambierà parte del suo atteggiamento?-
Cathriona tirò mestamente su con il naso e scosse la testa. -Spero solo che il bambino non soffra. Non potrei sopportarlo.-
Fanny la strinse in un abbraccio materno e le baciò la sommità del capo. Era terribile ciò che stava succedendo alla persona più cara che aveva al mondo dopo la sua famiglia. -Devi ubbidire ai consigli del medico e riposarti. Quando Lord Everstone arriverà, obbligherò Brooke a convertirlo alle buone maniere, così potrete conversare con serenità e festeggiare l'arrivo di questa creatura.-
Cathriona annuì e le sorrise malinconicamente. Non si aspettava nulla di gentile da Grant, forse si sarebbe calmato nei suoi atteggiamenti libertini ma di sicuro non si sarebbero mai fermati del tutto.
Si lasciò andare sui cuscini inamidati e si passò le mani sul ventre, chiuse gli occhi e pregò Dio di benedirla con la guarigione del figlio che portava in grembo.




Pochi semplici ghirigori che nascondevano qualcosa che non si aspettava per niente.
Sua moglie, la fuggitiva così veniva chiamata dai suoi amici più stretti, si era ammalata. Non solo non gli aveva detto di essere rimasta ferita in uno scontro con Violet Graham, infestato la sua casa da scapolo con il suo sguardo luttuoso, imposto la sua presenza per poi levare le tende alla velocità della luce, ma ora si era persino ammalata!
Sistemò le pieghe della redingote che si stava sgualcendo intorno alle sue gambe, osservò il placido panorama campagnolo e si domandò quante miglia lo separavano da quella donna che aveva sposato. Per la prima volta, si accorse di essere sinceramente preoccupato delle sue condizioni e la cosa non gli piacque.



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Capitolo 3
*** Il Silenzio ***


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Capitolo III
Il Silenzio


La sofferenza apre gli occhi, aiuta a vedere le cose che non si sarebbero percepite altrimenti.
Quindi non è utile che alla conoscenza, e, all'infuori di essa, serve solo ad avvelenare l'esistenza.
Emil Cioran



Lord Grant Everstone alzò un sopracciglio e fissò con sdegno la crescente irritazione che colorava il viso del signor Brooke.
-Lo ripeto un'ultima volta, è mia moglie e voglio vederla, subito!.-
-Sua signoria sta riposando, le assicuro che non appena si sveglierà verrà informata del vostro arrivo.- rispose Edward Brooke irrigidendo le spalle e avvicinandosi al Lord in modo da sovrastarlo con la sua altezza.
Grant Everstone scosse la testa cercando di nascondere un sorriso di sfida. Quel piccolo borghese qualunque osava fare la voce grossa a un Pari del Regno, riconobbe l'insensato coraggio dell'uomo.
-Bene, allora vorrà dire che siederò in camera sua e aspetterò che si svegli.- le parole gli erano uscite senza pensarci. Salì le scale con passo pesante e seguì un'arcigna cameriera che osava guardarlo con malcelato disprezzo, lo precedette in quella che doveva essere una stanza per gli ospiti e si guardò intorno incerto.
Era una stanza piccola ma aveva ben tre finestre ad illuminare ogni angolo della camera, i mobili erano pochi ma pregiati e due poltroncine di velluto scuro erano poste davanti a un minuscolo caminetto in marmo. Si chiese come potesse un industriale qualunque permettersi quel genere di lusso.
La cameriera gli indicò una sedia imbottita ed uscì inchinandosi profondamente al suo cospetto.
Grant sbottonò la giacca e si sedette lentamente, ancora provato per la lunga nottata in carrozza.
I suoi capelli castani erano sciolti sulle spalle, il corpo coperto dalla sua vista da un paio di lenzuola azzurre e bianche, il volto rilassato, una mano sul ventre.
Era incinta.
Incinta di suo figlio.
Ed entrambi erano in pericolo.
Sospirò frustrato e allungò i piedi per stiracchiarli. Notò con una forte apprensione il taglio ormai rimarginato sotto l'orecchio e sentì una scossa in fondo allo stomaco.
Nella sua vita non si era mai comportato bene, faceva parte di quel gruppo di aristocratici disillusi che si gingillavano delle loro ricchezze e delle loro libertà. Non aveva mai cercato di frenarsi e cercare moglie, a cosa sarebbe servito in fondo? Non era tutto destinato alla rovina? Sempre più nobili avevano perso ricchezze e prestigio mentre i borghesi prosperavano e salivano di grado. Era sempre riuscito ad allontanare madri spudorati di figlie volgari che sbattevano i loro seni in faccia a qualunque maschio con un titolo altisonante.
Ma quella notte era bastato qualche bicchiere in più, un messaggio sbagliato e tanto bisogno di espletare i bisogni carnali e si era fatto trovare dalle pettegole più conosciute d'Inghilterra  con le braghe calate di fronte a un'educanda urlante che tutti stimavano. Colto sul fatto da un giudice baronetto, sbronzo e nudo dalla cintola in sù, aveva dovuto promettere sul quel poco di onore rimasto che avrebbe salvato la reputazione di quella donna.
In meno di tre settimane aveva percorso la navata al braccio di quella donna che non sorrideva e non lo guardava mai, al dito un anello nuziale. Il suo peggiore incubo si era realizzato e lui era il principale responsabile di tutto ciò.
Gli si mozzò il respiro quando la vide aprire gli occhi e stiracchiare un braccio.
I loro occhi s'incrociarono per la prima volta e Grant lesse sorpresa in quegli occhi così comuni.
-Buongiorno moglie.-




Con gesti nervosi allacciò i polsini delle maniche, annodò due volte i nastri neri della cuffia marrone e con i guanti da viaggio in mano, si concesse di guardarsi allo specchio.
Il vetro le restituì l'immagine di una donna triste e malata. Scrollò le spalle e cercò di fare un sorriso, avrebbe dovuto esercitarsi a lungo dato che era diretta a Chester House, la tenuta ufficiale di suo marito. Una casa che lei non aveva mai visto e di cui non sapeva nulla.
Scese con lentezza le ripide scale e una volta arrivata al piccolo vestibolo, non riuscì a trattenersi dall'abbracciare la sua cara amica Fanny. Si lasciarono con un sorriso sincero e le solite raccomandazioni, salutò Edward con un bacio e una stretta di mano e quasi pianse quando rivolse l'ultimo saluto ai tre piccoli monelli che per quasi due mesi l'avevano fatta ridere.
Uscì e in piedi vicino alla carrozza vi trovò suo marito, che parlava al cocchiere e fissava con aria annoiata le aiuole in fiore.
L'aiutò a salire sulla carrozza e non disse nulla quando si sporse per salutare con la mano i Brooke.
In pochi minuti, la campagna che aveva imparato ad amare stava diventando un ricordo lontano.
Suo marito la fissava intensamente e la cosa l'agitò.
-Vi prego di … Perdonarmi per come mi sono comportata. Non farò più niente del genere, vi obbedirò d'ora in poi.- si ritrovò a dire balbettando. Il Lord suo marito non disse nulla, preferì fissarla gelido e con uno scatto deciso aprì il libro che teneva sulle cosce e s'immerse nella lettura.
-Non appena arriveremo a Chester House vi farò visitare dal medico della nostra famiglia. Quel ciarlatano venuto dalla campagna non ha nemmeno idea di cosa sta parlando.- disse secco. -Vedi di startene tranquilla ora che hai in grembo mio figlio.-
Quelle parole rudi colpirono Cathriona come uno schiaffo, si appoggiò all'altro lato della carrozza e fissò con crescente delusione il panorama che scorreva lento.
Il gentile dottor McCarter si era opposto fermamente alla volontà di partire immediatamente espressa dal Lord. Riteneva che le scosse continue avrebbero danneggiato irreparabilmente la vita di quella piccola creatura.
Ma nessuno era riuscito a farlo ragionare e lei non aveva trovato il coraggio di dirgli qualcosa. Era sempre più stanca, l'amarezza che provava nel cuore risucchiava l'energia necessaria per combattere, chiuse gli occhi sconfitta dalla sonnolenza e pregò che il viaggio durasse solo due giorni.




All'inizio non si accorse che sua moglie era scivolata in un sonno perpetuo per troppo tempo, il cielo era scuro e dopo quasi due giorni di carrozza si stavano avvicinando a Chester House, mancavano poche ore di viaggio su una strada poco battuta e irregolare.
Quando la carrozza quasi sobbalzò e furono sballottati, sua moglie non si accennò a svegliarsi, il suo corpo si era semplicemente spostato.
La osservò confuso e fu solo quando posò gli occhi sul sedile che impallidito comprese.
Una macchia rossa e densa annunciava la tragedia.




-Si riprenderà?- chiese per la terza volta al medico.
L'uomo annuì con fermezza. -Come le ho già spiegato, Vostra Signoria, il tempo curerà le ferite. L'emorragia si è arrestata completamente, presto potrete riprovare ad avere un figlio. Ma ancora non mi capacito di come sia possibile che l'altro medico non vi abbia avvertito di quanto sia pericoloso per una donna incinta, con già così tante complicazioni, affrontare un viaggio … -
Grant fremette di rabbia e si stupì quasi nel notare che non era rivolto al medico ma a sé.
Era lui ad aver insistito contro il parere di tutti nel fare quel viaggio immediatamente. La sua alterigia che lo caratterizzava aveva condannato a morte il suo primo figlio.
Si sedette sul letto dove la moglie riposava.
La sua arroganza l'aveva quasi uccisa e lei aveva persino cercato di farlo ragionare. Solo ora stava ricordando i tanti particolari che aveva ignorato. Il volto sempre più grigio della moglie, la difficoltà con cui stava sveglia, la preoccupazione che le solcava gli occhi. Ma anche la gentile premura con cui preparava la colazione ogni mattino, la docilità con cui si era lasciata prendere senza mai gridargli contro quando le faceva violenza, la compostezza con cui aveva reagito nello scontro con Violet, evitando uno scandalo di proporzioni enormi, la dignità con la quale gli aveva risposto quando era andato a riprendersela.
Avvicinò una mano sulla sua e la toccò. Rimase sorpreso nel sentirla calda e ruvida.
Le mani di una donna operosa, si ritrovò a pensare.
Durante il breve colloquio di due giorni prima, sua moglie aveva fatto di tutto per scusarsi ma lui l'aveva zittita con sgarbo e le aveva intimato di vestirsi.
Non si era nemmeno congratulato per il bambino, non gli era passato per il cervello di farlo, in quel momento voleva solo fuggire lontano da quella casa banale e dagli sguardi furenti dei suoi amici.
Ed ora eccolo lì, il diretto assassino di suo figlio.
Rabbrividì e posò un delicato bacio sul dorso della mano della moglie ed uscì dalla stanza.




Cathriona si pulì l'ennesima lacrima con fare scocciato.
Da quanto tempo se ne stava confinata in quel letto con la sola compagnia di sé stessa e di un libro?
Ogni tanto una cameriera a lei sconosciuta compariva e le portava un vassoio pieno di leccornie ma il suo stomaco sembrava rifiutarle per principio. La sua mente, appesantita dai pensieri sul suo bambino mai nato, non sembrava più essere lucida, le sue membra erano stanche tuttavia desiderose di camminare e muoversi liberamente.
Decise di vestirsi con un abito scuro che trovò nel baule ai piedi del letto che le fu portato qualche giorno prima, si sistemò i capelli in una severa acconciatura e con uno scialle sulle spalle e il passo incerto, s'incamminò per quella casa che non conosceva.
Il corridoio era immenso e appoggiandosi ai muri, si ritrovò a passare davanti a una porta aperta.
-Ma cosa … ?-
Cathriona riconobbe la voce del marito che qualche secondo dopo uscì in corridoio e la fissò arrabbiato.
-Chi vi ha detto di alzarvi?- domandò.
-Ormai sto bene, signore. Volevo solo sedermi all'aria aperta.- disse con un filo di voce. -Ma se insistete vi lascio e torno in camera.-
Grant venne investito da un'ondata di tristezza.
Quella donna riusciva a non mancargli di rispetto anche se aveva tutto il diritto di prenderlo a schiaffi. La prese per un braccio con delicatezza e la portò nel suo piccolo studio, era lì che la sera leggeva o sorseggiava un bicchiere di brandy, ma in quel periodo vi aveva trasferito molta roba per poterle stare vicino ed essere il primo a soccorrerla.
-Sedetevi qui.- la portò su una poltroncina e con qualche intoppo aprì una finestra lasciando che l'aria fresca della prima estate rinvigorisse il viso di sua moglie.
Strinse una corda e qualche minuto dopo ordinò a un valletto di portare del rinfresco, si voltò per scambiare un cenno con la donna ma lei era interessata al panorama che poteva ammirare dalla finestra.
Trascinò una sedia vicino alla moglie e le prese una mano, aveva intenzione di comportarsi come si deve, di scusarsi e prometterle che non avrebbe mai più commesso errori del genere.
Cathriona impallidì al contatto e svincolò la mano con forza. Abbassò lo sguardo mentre sentiva il suo corpo scosso da tremori.
Disprezzo.
Ecco cosa provava, un profondo disprezzo e rabbia nei confronti di un uomo meschino e crudele. Come poteva anche solo starsene lì ad ascoltarlo cianciare? Cercò la forza di alzarsi ma un senso di vertigine la colse e rimase seduta.
-Cathriona … - disse Grant. -Vi prego, ascoltatemi. Voglio solo chiedervi perdono.-
Una strana sensazione di gelo congelò il volto e le speranze di Grant non appena vide gli occhi marroni di sua moglie colorarsi di una sorta di disdegno.
-Mi dispiace … - mormorò a bassa voce interrotto dall'arrivo di una cameriera con il tè e delle focaccine. -Vi prego mia signora, mangiate qualcosa.-
Cathriona strinse le labbra in una smorfia disgustata. -Non ho più motivo di mangiare così tanto ora.-
Quelle parole mozzarono il respiro di Grant che ammutolì a lungo.
-Vi spiace se torno nella stanza? Improvvisamente sento il bisogno di andare a stendermi.- con le ultime forze Cathriona si alzò e barcollò velocemente verso l'uscita, ignorando il braccio prontamente offerto dal marito. Chiuse la porta con uno schiocco deciso e si sdraiò sul letto, portò una mano sul ventre e pianse nuove, disperate lacrime.


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Capitolo 4
*** La Soirée ***



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Capitolo IV
La Soirée


È più facile consigliare di sopportare che sopportare.
Robert Browning.




Lady Diane sventolò il ventaglio sotto il viso e sospirò di piacere sentendo l'aria fresca pungerle il viso, da tempo a Londra la temperatura era salita, un gentile avviso di Madre Natura a lasciare la città, terminando gli eventi mondani della Stagione. Osservò dalla finestra una carrozza fermarsi dai vicini e una serie di donne uscire ridacchianti, riconobbe qualche viso familiare, le nuore e le figlie della sua vicina.
Fece una smorfia di sufficienza e rivolse il suo sguardo alla sposa di suo nipote, la fissò attentamente mentre la giovane se ne stava ferma in balia di due sarte.
-Credo che vada stretto leggermente sul lato sinistro.- disse indicando con il ventaglio il punto che intendeva alla sarta che subito punzecchiò l'abito con una spilla.
Camminò intorno alla ragazza, sollevando con il ventaglio l'abito, cercando delle imperfezioni. Una volta soddisfatta si ritrovò a guardare il volto pallido e stanco di Cathriona, con del leggerissimo trucco, avrebbero mascherato quell'aria rigida che il suo volto aveva, con una acconciatura graziosa avrebbe ridato vita a quei capelli dal colore spento. La costituzione troppo magra rendeva evidente la sua condizione sociale ma aveva già fatto mormorato a qualche pettegola la sfortunata storia della ragazza.
-Avevate ragione, l'ametista vi dona, Lady Everstone. Stasera incanterete la folla.-
La ragazza le fece un cenno rispettoso del capo e Lady Diane le sorrise incoraggiante.
Ricordava anche lei la prima volta che era stata presentata come Contessa di Falloden, molti anni prima. Le mani le sudavano mentre camminava al braccio del marito, che già ubriaco all'ora del tè, imprecava e calunniava chiunque lo fissasse meravigliato.
Grazie Iddio, non aveva dovuto presenziare a molti eventi con il Conte dato che ebbe la decenza di morire pochi anni dopo, lasciandola vedova, ricca e con erede maschio in grembo. Una volta smesso il lutto, si era goduta la vita ed infine si era sposata con Lord Patrick Cunningham, un uomo pacato e gentile, che quand'era giovinetta non aveva potuto sposare.
Si sedette di fronte al tavolino del tè, aspettando l'arrivo della nipote acquisita.
Certo che tre mesi prima, il suo adorato ma stupido nipote, si era cacciato in un grosso guaio macchiando la reputazione di una donna che discendeva da una onesta famiglia di lavoratori. I Mafton si erano sempre occupati di costruzioni e di palazzi, ottenendo il consenso di molti esperti fra l'aristocrazia e la borghesia operosa. Sperava che una volta sposati trovassero un buon equilibrio ma suo nipote aveva preferito deliziarsi nella vita notturna senza mai farsi accompagnare dalla moglie, costringendola a subire le sue angherie ed a spingerla alla fuga fino al triste epilogo.
Quando Cathriona si sedette davanti a lei, vestita con un abito grigio e sformato degno di una istitutrice borghese, le spinse sotto il naso un piattino colmo di focacce dolci.
-Avete un aspetto debilitato. Dovete mangiare con regolarità, fra poche ore debutterete alla mia ultima festa della Stagione, da domani tutti fuggiranno verso il mare o la campagna. Non potete fare brutta figura al casato degli Everstone.- disse secca mentre assaggiava il tè caldo. La ragazza annuì con forza e s'infilò in bocca un po' di focaccia, bevve avidamente il tè per aiutarsi a buttare giù il boccone.
Lady Diane la osservò per lunghi minuti con un sopracciglio alzato.
Questa era la prima volta che l'ascoltava quando le indicava del cibo, doveva essere tremendamente irrequieta.
Non erano solite a chiacchierare durante i pasti, ognuna si trincerava nei suoi pensieri. In quella settimana, Lady Diane aveva fatto un intenso corso di buone maniere, di storia dell'aristocrazia e cultura domestica, notando con una certa soddisfazione la velocità di apprendimento della ragazza e della sua insolita ma alquanto vasta formazione. Poteva passare dal tedesco al francese con facilità ed era rimasta stupita dal sapere che riusciva persino a comunicare in russo, per non parlare della bravura con cui disegnava, le aveva regalato un quadretto paesaggistico delizioso della campagna intorno a Chester House. Tutte qualità interessanti tuttavia le mancavano la grazia e la formale affabilità tipica della nobiltà e lei si era premurata di insegnarle in un settimana scarsa.
Qualche risultato lo aveva ottenuto, doveva solo sperare che durante la serata nessuno  tentasse di coglierla in fallo a tutti i costi.
-Verranno tutti gli invitati, eccetto gli Stuart che sono già partiti per la campagna lunedì.- disse Lady Diane. -Il che ci lascia un margine di vantaggio, Lady Stuart e suo marito sono piuttosto restii ai matrimoni misti di ogni genere.-
Cathriona assentì e intinse del latte nella sua tazza. -Spero di non rovinare tutto, Lady Diane.-
-Non lo farai mia cara. Siete una donna fatta tutta d'un pezzo, riuscirete in questa impresa, così come nel matrimonio.- le disse colpendola affettuosamente al braccio, notò che il volto della giovane si era incupito e per nulla stupita decise che era venuto il momento di darle consigli sul matrimonio.
-Mio nipote è un uomo vile, come molti giovanotti della nostra classe sociale è sempre stato persuaso a non occuparsi di nulla. Balli, club privati, donne malaffare e abitudini impudiche lo hanno portato a finire ingarbugliato in un matrimonio che nessuno vede di buon occhio date le diverse condizioni sociali.- le disse facendo un cenno al suo abito dozzinale. -Dovete stringere i denti e tentare di dare un senso a tutto questo trambusto. Sono certa che potete presto concepire un altro figlio e con le dovute precauzioni arriverete al termine della gravidanza. Ma oltre ai figli, è importante che voi conosciate i difetti e i pregi di vostro marito.-
-I pregi e i difetti, dite?- domandò con un sorriso mesto Cathriona fissando le sue mani in grembo. -Mi sembra un'impresa ercolana. Temo di non riuscire a suscitare in mio marito null'altro che fastidio.-
Lady Diane strinse le labbra in una smorfia scontenta. -Posso immaginarlo cara, eppure ciò che vi chiedo è molto semplice; lasciate a Lord Grant Everstone la possibilità di farsi conoscere. Voi siete una donna retta ed onesta, sono convinta che col tempo, anche lui riuscirà ad apprezzare le vostre virtù.-
Cathriona la ringraziò con filo di voce e chiedendo il permesso decise di riposarsi un'ora prima di cominciare a prepararsi per il grande ballo.
Lady Diane la seguì con lo sguardo e si appoggiò allo schienale, la riuscita o la debacle della serata avrebbero inciso profondamente sul matrimonio più ondeggiante che avesse mai visto; e lei non poteva permettere di vedere altra tristezza trasparire dagli occhi di Grant.




Violet Graham si sistemò lo scialle in bengalina che le adornava le spalle, lasciandolo scivolare civettuolamente sulla schiena fasciata da uno stretto abito di seta gialla.
Aspettava con impazienza che la fila di persone davanti a lei salutasse i padroni di casa per scivolare in qualche angolo buio dell'immensa dimora di Lord Cunningham, accerchiata dalla solita corte di uomini squisiti.
-Buonasera Lady Diane, è sempre un piacere rivederla in queste felici occasioni.- disse accennando un inchino e stringendo con affabilità la mano guantata della donna.
Non ascoltò neppure le parole di saluto dell'anziana proprietaria, pietrificata com'era quando intravide Lord Grant Everstone accompagnato da sua moglie, al centro dell'ingresso a salutare ogni ospite.
Strinse le mani in piccoli pugni tremanti e con passo risoluto s'incamminò verso la coppia.
-Grant mio caro! E io che ti credevo a un incontro di boxe in centro con Francis e James!- disse ad alta voce, inchinandosi di fronte all'uomo.
Grant la fissò sconcertato ma si riprese subito, tese una mano sulla schiena della moglie che fece un piccolo passo inchinandosi di fronte a Violet.
-Signorina Graham, le presente ufficialmente mia moglie, Lady Cathriona Everstone.- prese il braccio della moglie e lo infilò sotto il suo. -Mia signora, questa simpatica signorina è Violet Graham, figlia del Colonello Graham e di Lady Anne Spencer.-
Violet alzò un sopracciglio e decise di ignorare le presentazioni. Rivolse un piccolo sorriso a Grant e lo colpì al petto con il ventaglio. -Vi prenoto per la seconda quadriglia, mio vecchio amico.- gettò uno sguardo di sufficienza a Cathriona. -Sono certa che vostra moglie non sia abituata alle danze della nostra gente, il nostro esempio le sarà d'aiuto.-
Senza aspettare una risposta lasciò i due alle prese con i nuovi arrivati e quasi le scoppiò il cuore di gioia quando colse lo sguardo cupo di Grant e l'avvilimento negli occhi di quella scialba della moglie.
Aspettò sua zia che era rimasta a chiacchierare ed annoiata intavolò una conversazione con la signorina Caroline Patterson, un'ereditiera affascinante alla ricerca di un marito titolato, nota per la sua lingua biforcuta.
-Ho sentito dire che la moglie di Everstone è la figlia di un costruttore! Un banale e povero costruttore qualunque! Dio, quanto deve essere umiliante per Lady Diane!- esclamò con finta costernazione Caroline.
-Ci credi se ti dico che ha avuto il coraggio di andarsene un mese fa da Londra, alloggiando da un'amica sposata a un industriale del legno! Tu dimmi se è normale che questa ragazzina dei bassifondi pretenda il trattamento di una duchessa!-
Gli occhi chiari di Caroline ardevano dalla contentezza per il valore della confidenza appena fatta.  -Pensi che abbia pestato i piedi affinché venisse presentata all'ultimo ballo della Stagione?- domandò eccitata quest'ultima.
Violet nascose il volto dietro il ventaglio paglierino ed annuì entusiasta.
Osservò divertita la ragazza sedersi con un gruppo di comare che le faceva da chaperon e cominciò a spiattellare ogni dettaglio sulla signora Everstone.
Con occhi trionfanti sorrise mentre salutava con sua zia qualche amico e fissava gli occhi turbati di Grant ancora al braccio della moglie, nascosto da un gruppo di colleghi del parlamento.
Aprì il ventaglio e lo sventolò veloce, scacciando ciocche di capelli e inarcando la schiena per mostrare il suo seno abbondante. Poche ore ed avrebbe nuovamente distrutto la reputazione di Cathriona Mafton.




Il maestro dell'orchestra annunciò con voce chiara l'approssimarsi dell'inizio della seconda quadriglia. Grant fissò prostrato sua moglie che sembrava seguire passivamente la conversazione fra due coniugi suoi amici, che discorrevano di cavalli e carrozze.
Era rimasto incredulo quando la vide uscire dalla biblioteca vestita con un abito da ballo violetto con dei ricchi pizzi sulle maniche a sbuffo che le donavano una sorta di freschezza sbarazzina, i capelli erano intrecciati in maniera complessa ma piacevole da ammirare, persino la camminata era diversa, aggraziata e flemmatica.
Le aveva appena rivolto la parola durante il breve tragitto alla villa cittadina dei suoi zii, Cathriona sembrava immersa in profondi pensieri e lui non faceva che scorrere il suo sguardo sulla dimessa scollatura, sul lungo collo, le braccia eleganti e il soprabito stretto.
Com'era possibile che non avesse mai notato quel fascino moderato?
Non aveva mai esitato dal definirla un topo di città, una donna insignificante, la paladina della borghesia che annaspava alla ricerca di luce e spazio, per tutta la durata del matrimonio.
Eppure si era ritrovato a dover ritrattare ogni suo pensiero maldisposto su sua moglie. Con i giusti abiti e la guida ferrea di Lady Diane, qualcosa in lei stava sbocciando.
Ogni sua ulteriore riflessione fu sospesa dall'arrivo di Violet che inchinandosi al suo gruppo gli ricordò della quadriglia promessa.
Fece un sorriso tirato alla moglie che sembrò disperata all'idea di stare da sola in mezzo ai suoi più noiosi amici e accompagnò Violet al centro della sala, prendendo posizione.
-Mi sei mancato Grant.- disse lei sorridendogli. -Ti trovo stanco e inappagato, dovresti passare stasera alla mia dimora.- gli si avvicinò pericolosamente, strusciando il ventaglio sulle sue parti intime con finta noncuranza. -Sai che conosco più di un modo per saziare l'appetito.- sussurrò mentre l'orchestra suonava le prime battute.
Per tutta la durata del ballo, Grant lottò con il forte desiderio di sollevare le gonne di Violet in mezzo alla folla rispondendo alla sua provocazione e spingendosi in lei con furia. Era più di un mese che non giaceva con una donna, quasi si era dimenticato di questo suo appetito visto che era afflitto dalla perdita di quella creatura e dall'analisi delle sue colpe.
Era da un anno che faceva a meno delle cortigiane, insulse e spesso malate, in quanto Violet riusciva a saziarlo come nessuna donna del mestiere e aveva la straordinaria capacità di non rimanere gravida.
Una fitta di desiderio lo percorse quando sentì il corpo della donna sfiorare troppo languidamente il suo. Se fosse stato un evento qualunque, l'avrebbe portata nella sua carrozza per darle un anticipo di tutto ciò che quel corpo conturbante gli ispirava di fare. Convenne con sé stesso che era meglio ignorare certi bassi istinti e comportarsi per una volta da uomo onorevole.
La fine della quadriglia giunse e Grant tirò un sospiro, s'inchinò a Violet e la piantò nel bel mezzo della sala, cercando sua moglie.
Ella se ne stava accanto a Lady Diane, in silenzio, spostando lo sguardo sulle pareti, le decorazioni e la pavimentazione.
-Che cosa vi ha colpito?- le domandò giunto alle sue spalle facendola sobbalzare.
-Nulla.- s'affrettò a dire con voce sommessa.
Grant rimase in silenzio e le prese la mano, baciandole le nocche.
Non vi era nemmeno una piccola possibilità che sua moglie gli confidasse qualcosa, un pensiero o un'osservazione. Ciò che la animava o le piaceva, gli erano preclusi.
Intravide nella folla i lucenti capelli rossicci di Violet e non poté non pensare a quanto divertente e sereno sarebbe una loro ipotetica unione, se solo lei non si fosse rovinata così giovane. Deglutì ila forte brama e si accinse a portare la moglie a conoscere alcuni parlamentari della Camera dei Lords.




-Devo dire che sono soddisfatta, miei cari. La festa è riuscita e le maldicenze su Cathriona sono in parte finite.- disse soddisfatta Lady Diane, sedendosi nel salotto dei piccoli ricevimenti. -La Duchessa di Allegdon ti ha già invitato per un tè martedì prossimo, adora l'arte e chi riesce a tenere un pennello fra le dita.- sorrise a Cathriona che stanca si appoggiava allo schienale del divanetto. -Grant, porta tua moglie a dormire. Nei prossimi giorni deve mangiare e riposare.- ordinò al nipote che si sciolse la stretta cravatta e con una mano tesa, portò lentamente Cathriona di fronte alla sua stanza.
-Avete scelto voi la stanza blu, giusto?- le chiese cortese. -Era la mia stanza preferita da bambino. Spero non sia cambiata nullo.-
-Non credo mio signore. E' una bella stanza.- disse Cathriona lesta.
Davanti alla porta, Grant le prese entrambe le mani e rimase a lungo in silenzio, fissando l'abito, l'acconciatura e la bellezza discreta di sua moglie.
-Vi siete comportata in maniera splendida, stasera.- le disse stringendole le mani. - Avete tutta la mia gratitudine e la mia ammirazione, spero di poter avere un giorno anche il vostro perdono.-
Cathriona lo osservò a disagio mentre s'inchinava a baciarle i dorsi delle mani, le aprì galante la stanza e si congedò lentamente. Avrebbe voluto dire qualcosa, confessargli il suo sollievo sul risultato appena ottenuto, ma rimase in silenzio ad osservare quella schiena ampia scomparire nel buio del lungo corridoio.
Grant faticò a prendere sonno, troppo eccitato, stava quasi per rivestirsi per seguire il consiglio di Violet e trovare qualcuno che lo soddisfasse, evitando l'alcova di Violet, magari qualche donnina burrosa che viveva in qualche bordello raffinato del centro che frequentava da adolescente. L'idea lo intrigava, la notte era ancora giovane ma un senso di colpa lo investì.
Aveva una moglie che dormiva a pochi metri da lui, poteva finalmente scoprire cosa celassero quegli abiti scadenti con cui si copriva, se quelle forme che aveva intravisto quella sera corrispondessero al vero.
Si alzò e con passo spedito, munito di una candela e vestito con solo la vestaglia lunga, entrò nella stanza.
Cathriona trasalì, seduta sul letto con la sola compagnia di una candela, quasi gridò dalla sorpresa.
-E' successo qualcosa?- domandò con voce incerta.
Grant scosse la testa e posò la sua candela su un ripiano accanto al lato libero del letto. La fissò in volto e sorrise quando notò il rossore sulle guance.
I capelli erano intrecciati in una lunga coda, il corpo nascosto da una camicia da notte senza fronzoli.
S'infilò a letto e si tolse la vestaglia, rimanendo nudo sotto le lenzuola.
-Sarò gentile, Cathriona.- le disse mentre si avvicinava.
Lei si sdraiò ubbidiente, Grant le si coricò sopra e con la mani sollevava la camicia oltre la vita. Toccò i seni acerbi, passò sul ventre piatto pensando ai giorni in cui aveva cullato una vita, sfiorò i glutei e le cosce con carezze ardite.
La penetrò quasi subito, rendendosi subito conto di quanto la sua impazienza stava costando ad entrambi. Cathriona sussultò e strinse le labbra in una smorfia dolorante, un gemito di sofferenza le uscì dalla bocca quando sentì lo spingersi ulteriormente dentro di lei.
Grant rimase a lungo fermo, lasciando che Cathriona si abituasse a lui. Non appena sentì il suo membro scivolare con meno attrito, perse ogni riguardo e si tuffò nell'amplesso con una foga inconsueta. Vide sua moglie rifuggire il suo sguardo, tenendo gli occhi chiusi e voltandosi, tcon le labbra serrate accoglieva passivamente ogni suo colpo. Grant sentì l'orgasmo farsi vicino, sprofondò in sua moglie con rapide stoccate, le regalò il suo seme ed esausto si abbatté sul suo corpo.
Chiuse gli occhi e cercò di allontanare dalla mente il viso stravolto dal piacere di Violet o il modo in cui il suo corpo si accendeva di passione non appena lo sfiorava.
-Scusami.- disse alzandosi e rotolando accanto a lei.
Cathriona rimise a posto la camicia e si rimboccò le coperte, gli voltò le spalle nel più totale silenzio. Anche quella volta, Grant non aveva avuto riguardi.
Il Lord, assonnato, non se la sentì di alzarsi e uscire dalla stanza, rimase nella sua parte di letto e si addormentò pensando a quanto fosse deprimente accoppiarsi con una donna che provava solo odio nei suoi confronti.
Si svegliò all'alba, ritrovandosi ingarbugliato in uno strano abbraccio con il corpo di sua moglie. Il calore del suo corpo lo sorprese. Osservò a lungo il profilo deciso del suo volto, il naso dritto, le labbra sottili e gli zigomi affilati. Si rese conto che non aveva mai visto un sorriso sincero increspare quelle labbra ed illuminare quel volto.
Posò il mento sulla sua spalla e con una mano percorse il suo corpo, assaggiandone le ben poche forme e massaggiando con premura il ventre. La sentì muoversi contro di lui e la sdraiò sul dorso, sovrastandola e arricciando la lunga camicia oltre i fianchi. Lei ubbidì ancora assonnata.
La prese con più cautela, assaporando il modo in cui s'apriva per fargli spazio, appoggiato sui gomiti le baciò il collo e, reso agitato dall'orgasmo, si spinse con forza, rimanendo a lungo fermo ad assaporare la sua resa.
Non si parlarono mentre entrambi riordinavano il loro aspetto, Grant si mise la vestaglia e si fermò in piedi sul letto.
-A voi andrebbe di uscire a fare una passeggiata oggi pomeriggio?- le chiese.
Cathriona alzò il viso verso suo marito e sbigottita cercò una via d'uscita. Poi si ricordò le lapidarie parole di Lady Diane e decise di fare un tentativo. -Ma certo, mio signore.-
Grant le sorrise mesto. -Allora, vi aspetto per le due, mia cara.- le disse aprendo la porta. Scivolò lungo il corridoio e si chiuse nella sua stanza. Sua zia sarebbe stata contenta di quel piccolo tentativo e forse, se Dio l'aveva assistito, nel ventre di sua moglie sarebbe cresciuta presto una nuova vita.




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Capitolo 5
*** Perduti ***



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Capitolo V

Perduti


Fragilità, il tuo nome è matrimonio
James Joyce




Lady Diane alzò il sopracciglio mentre sorseggiava il suo tè caldo.
-Ne siete sicura, cara? Non volete aspettare un paio di giorni? Ci sono arrivate molte candidature.- disse rivolgendo alla ragazza uno sguardo duro.
Cathriona s'irrigidì, scosse la testa lentamente ma non alzò gli occhi dai fogli che stava sistemando.
-Confermerò la ragazza gallese, l'ex cameriera dei Parker e l'unico uomo come tutto fare. La casa non è grande, non ha che otto stanze in totale e sinceramente non me la sento di spendere così tanto denaro in camerieri quando non saranno utili.-
-Avete ragione sulle dimensioni della casa, eppure sono convinta che le due signorine non siano adatte alla vostra casa. Dovete pensare a Grant, mio nipote è pur sempre un uomo.-
La frase arrivò delicata come uno schiaffo improvviso sul volto della giovane.
Cathriona strinse le mani che accartocciarono i fogli e fissò con una certa insistenza i motivi floreali del tappetto. Le era sfuggito quel particolare, troppo concentrata nel tentare di salvare dall'indigenza e dalla povertà giovani fanciulle che potevano e dovevano sperare nel futuro. Aveva ignorato volutamente i consigli di Lady Diane in un eccesso di determinazione e senso d'indipendenza; in quella settimana aveva cercato di comportarsi come una Lady qual'era grazie al matrimonio scordando, però, la primissima regola di una neo-signora: eludere ogni volgarità alla radice.
Una casa piena di giovani cameriere dall'aria innocente e graziosa, un marito abbastanza piacente, una casa che offriva piccoli angoli bui potevano distruggere la sua nuova rispettabilità; già minata dalle sue origini.
Per un attimo si domandò che cosa accadrebbe se Lord Grant Everstone si fosse perdutamente innamorato della bella cameriera nemmeno diciottenne dai capelli scuri e gli occhi chiari?
L'avrebbe tradita nuovamente sotto lo stesso tetto?
Avrebbe generato dei figli che avrebbe disconosciuto con leggerezza?
L'avrebbe presa sullo stesso letto in cui prendeva lei?
Sentì prossime le lacrime e con stizza rivolse alla donna uno sguardo di sfida.
-Qualunque saranno le conseguenze, sono sicura che non si arriverà a tanto.- disse sistemando le pieghe della gonna. -Ora vado a prepararmi, il Lord mio marito mi ha chiesto di essere pronta per le due.-
Lady Diane sventolò il ventaglio e lo richiuse con un colpo di polso, attirando l'attenzione.
-Mia cara, in questi giorni vi ho osservato molto e penso di conoscervi bene. Siete una donna sicura delle vostre capacità e sono convinta che la vostra educazione di tempra maschile vi abbia donato un'enorme quantità di difetti da uomo. Siete testarda, severa e granitica. Niente vi sfugge e niente vi commuove.-
Cathriona la osservò con muta sorpresa, incapace di muoversi e di ribattere, l'ascoltò inorridita demolirla fin dalle fondamenta. -Nonostante tutto, vostra madre deve avervi dato un buon esempio da seguire, non avete mai mancato di rispetto a vostro marito né in pubblico e da quel che so, nemmeno in privato. C'è una cosa che vi manca però: la felice rassegnazione di una donna sposata. Rinunciate alla vostra dura scorza: civettate, ridete, sorridete!- ordinò Lady Diane aspramente. -State per compiere diciannove anni, eppure avete disegnato in volto il tripudio di una fresca vedova di settant'anni! Avvizzita e triste, ecco cosa vediamo noi. Ecco cosa vede Grant!- disse Lady Diane. Perdere la calma non era fra le sue priorità quando si era messa in testa di discutere l'atteggiamento ostile della sposa del nipote. Aveva riconosciuto alla ragazza una certa bravura nel mantenere un comportamento regale degno di una Pari del Regno, ma era così borghese nel modo in cui viveva e giudicava il matrimonio e suo marito.
La vide fare riverenza in modo perfetto e sentì dei passi pesanti sulle scale.
Scrollò le spalle e si dedicò ai pasticcini che la cameriera gli aveva servito sul tavolo e decise che il giorno dopo avrebbe smesso di fare da mentore a quella donna così risoluta.




-Lord Everstone, qual'è la vostra opinione?- Sir James Pierce si voltò verso il collega parlamentare ed amico, gli offrì un bicchiere di brandy e del tabacco.
Lord Grant rifiutò il tabacco ma bevve in poco più di un sorso il brandy. Si sistemò di fronte alla finestra da cui poteva scorgere Westminster e il traffico cittadino.
-E' necessario continuare l'assedio. Sono solo un branco di selvaggi con qualche fucile di contrabbando. Non andrà per le lunghe.-
Sir Pierce scrollò le spalle con un sorrisetto. -L'Afghanistan sembra un paese orrendo dai dispacci che ho letto settimana scorsa. Un paese freddo e senza molte materie prime. Io rimango dell'opinione che abbiamo speso troppi soldi in questa farsa. Abbiamo ancora i conti da pagare del matrimonio di Sua Maestà. Credo sia necessario avere delle priorità precise quando si tratta di fisco.- sorseggiò soddisfatto il suo brandy. -Ma d'altronde siete nuovo alla commissione delle spese statali, avete passato troppo tempo negli affari esteri.-
Lord Grant Everstone si girò per fissare il vecchio amico e si domandò silenziosamente quand'è che assunse quel tono compiaciuto. All'università era sempre stato quello interessato agli sport violenti e alla birra, cresciuto in campagna aveva i modi e gli atteggiamenti di un mezzadro discretamente ricco ma alquanto rumoroso.
Ora sembrava un uomo completamente diverso.
Grant gli sedette di fronte, il bicchiere vuoto in mano e una strana consapevolezza sull'evoluzione dell'animo umano. Se James era cambiato così tanto, anche lui poteva mutare drasticamente il suo animo?
-Avete ragione, devo estirpare l'abitudine di ragionare come diplomatico e diventare un contabile, giusto?- disse vagamente irritato.
-Giusto, pensati come un contabile che ha molto tempo libero.- rispose Sir James Pierce guardandolo allusivamente. -Di sicuro in questi giorni, il mio tempo libero è stato speso in modo molto intrigante. E il vostro?-
Grant alzò il sopracciglio interessato. -Leggo molto, suppongo.-
-E non frequenti più il club di sera e nemmeno gli altri luoghi di ritrovo. Il matrimonio rende così docili e appagati?-
-Non capisco ciò che mi vuoi dire. Io e mia moglie ci siamo sposati di recente, è naturale che voglia spendere del tempo con lei.- mentì Grant cercando di assumere un tono disinvolto.
Sir James Pierce scoppiò in una risata stridula, tentando di darsi un contegno soffocò le risa in un sorso di brandy. -Diamine Grant! Potrebbero nominarti marito dell'anno dopo questa manfrina!- disse ridacchiando. -Quindi asserisci che non frequenti nessun altro letto che quello della tua adorata borghesuccia? Forse è vero altrimenti come mai ho dovuto consolare la disperata Violet Graham?-
Lord Grant Everstone rimase alquanto scioccato. Cercò di nascondere il suo stupore alzandosi e voltando le spalle all'uomo che ancora ridacchiava.
-Non sapevo che fossi in confidenza con la signorina Violet Graham. Buon per te.- rispose prudente. -La signorina Graham è una ragazza piacevole.-
Sir James Pierce fissò l'amico con un sorriso sbarazzino in volto. Negli anni aveva rivalutato molto i diversi amici che aveva frequentato all'università, la fanciullezza lo aveva reso cieco a lungo e non si era mai accorto delle profonde contraddizioni che rendevano le loro vite diverse dalla sua. Lui ripudiava l'eccesso e la noia con forza, dedicandosi piuttosto ai club e all'arte, alle cene nei migliori ristoranti e alle notti passate con la sua cortigiana mentre il suo amico si era invischiato in un matrimonio contratto per sordidi motivi e una lunga relazione con una donna sfacciata quanto una sgualdrina di strada, nonostante tutto continuava a comportarsi con solida dignità, come se le sue colpe non fossero poi così gravi.
-Piacevole, dici?- chiese distratto. -Piacevole quanto la sua pelle diafana. E' una bella donna, mi domando come mai tu non l'abbia chiesta in moglie anni fa.-
Lord Grant Everstone appoggiò il bicchiere sul tavolino. -Come ho già detto, è una piacevole donna.- gli rivolse un inchino frettoloso all'amico, borbottando un saluto brusco.
Uscì dagli uffici e si ritrovò nel bel mezzo di una strada trafficata da signore ben vestite, carrozze e mendicanti.
Decise che una passeggiata lo avrebbe rasserenato e si gettò nella mischia.
Ripensò alla prima volta che aveva visto la bella Violet Graham, ai suoi capelli rossicci, all'aria allegra che sembrava emanare persino camminando, al vezzoso cappellino pieno di fiori freschi.
Se solo non avesse atteso così tanto per parlarle, per confidarsi, lei ora indosserebbe l'anello di famiglia, porterebbe il suo nome e sarebbe sua di diritto.
Invece si era astenuto, la graziosa signorina Graham non si era esposta più di tanto e lui aveva creduto che non volesse legarsi ancora in matrimonio, in fondo non aveva neanche vent'anni. Si era mai chiesto la natura di quello sguardo malinconico che ogni tanto spezzava la delizia dai suoi occhi? Davvero era stato talmente inconsapevole, così stupido, da non rendersi conto in anticipo dell'angoscia e la vergogna con cui Violet aveva convissuto?
E ora era tutto perduto.
Lui era legato a una donna che mai avrebbe mai voluto avere, Violet aveva perso ogni possibilità di avere un buon matrimonio e le speranze di avere una serena vita famigliare erano da buttate via.
Si ritrovò improvvisamente di fronte a un palazzo che ben conosceva.
Le imposte chiuse e gli alberi intorno quasi lo coprivano alla vista dei più, Grant rimase incerto a lungo davanti al cancello e calando il cappello sul viso per non farsi vedere da qualche conoscente per strada, entrò e bussò.
Ad aprirgli fu Madame Chartier, con un largo e sorpreso sorriso.




Madame Chartier si tolse con delicatezza le diverse forcine che tenevano i lunghi capelli biondi in una complessa acconciatura. Lasciò la vestaglia slacciata e si mise seduta accanto a Grant, gli fece appoggiare la testa sulle sue ginocchia e gli massaggiò la folta chioma con tocchi delicati.
Grant le prese una mano e le baciò il palmo, annusò con ardore il delicato profumo di rose che Madame Chartier aveva sempre indosso.
-Saranno almeno un anno e mezzo che non vi vedo, Grant.- gli sussurrò la donna sorridendogli. -Mi siete mancato.-
-Anche voi mi siete mancata, Pauline.- rispose Grant.
Madame Chartier si chinò per baciargli la fronte. -Che cosa vi affligge mio caro?-
Per un attimo Lord Grant Everstone non seppe cosa rispondere.
A cosa dare la precedenza? A Violet? A Cathriona?
Alla società altolocata in cui sguazzava? A suo padre? A sua madre? A Sir James Pierce?
-Io … Mi sento, mi sentivo … perduto.- disse sommesso.
Pauline lo fece alzare e lo abbracciò. -Finché vi starò accanto, voi non vi sentirete solo.- disse prima di baciarlo appassionatamente.
Grant l'abbracciò con impeto e si lasciò sedurre dalle burrose forme della francese e dimentico del mondo, annegò in un mare di piacere e di sentimenti effimeri.
Era facile spogliarsi e giacere a letto, abusare di quel corpo profumato che gli veniva offerto senza esitazioni da una donna che faceva di tutto per compiacerlo.
Prenderla era come affondare nella più totale lussuria, non riusciva a pensare a niente di più bello e confortante dell'abbandonarsi, senza un perché, al sesso, per cui si gettò a capofitto fra le cosce di una donna che in quel momento la voleva.
Si svegliò quando sentì una mano accarezzare il petto.
-Grant … E' tardi.- mormorò Pauline. -Sicuramente siete atteso da qualche parte.- si chinò sul suo viso per lasciargli un bacio impercettibile sulle labbra.
Grant alzò gli occhi verso la finestra e stiracchiò languido gli arti indolenziti, fare l'amore con Pauline era come congiungersi con una donna che sapeva come trattare e farsi toccare da un uomo, riusciva ad accendere il suo desiderio con poche mosse ma poi lo lasciava stremato e senza più memoria del mondo.
Il sole era scomparso e solo dopo qualche secondo di riflessione si ricordò dell'appuntamento che aveva concordato con sua moglie.
Balzò in piedi, mezzo nudo e si rivestì in tutta fretta, la disperazione rendeva i suoi gesti frettolosi, ignorò gli sguardi e le domande meravigliate di Madame Chartier, uscì e saltò sulla prima carrozza disponibile con la giacca slacciata, la cravatta perduta e il cappello di traverso e urlò l'indirizzo di casa all'uomo.




Il sole stava tramontando in fretta, Cathriona si sporse per vedere la finestra ma la schiena dolorante per la lunga giornata passata seduta su una seggiola rigida del soggiorno la fece desistere.
Era stata seduta in quella posizione dalle due del pomeriggio. Per la prima mezz'ora si era dedicata a sistemarsi il cappellino e il soprabito nuovo, poi si era immersa nella lettura di un romanzo e di un giornale vecchio ed infine lo stomaco si era stretto in una morsa di preoccupazione.
Incidenti con la carrozza erano l'ordine del giorno nella caotica Londra e nemmeno tre anni fa, suo padre e lei erano rimasto imbottigliati a causa di un carro pieno di materiali che si era rovesciato addosso ai loro cavalli, uccidendoli e facendo sbalzare i passeggeri per il marciapiede. Forse Grant era rimasto coinvolto in un incidente ed era per questo che ancora non si era presentato. Impensierita mandò la cameriera a informarsi, dandole l'indirizzo di Westminster dove il marito si recava di solito il mattino.
La cameriera, contenta di concedersi un viaggio in carrozza già pagato, fu svelta a tornare con la brutta notizia. Era certo che all'una il Lord suo marito aveva lasciato l'edificio e nessuno dichiarava di averlo incontrato successivamente.
Con il passare delle ore si era calmata, un valletto o un collega di suo marito l'avrebbero avvertita nel caso Grant fosse rimasto ferito o ucciso, già da tempo.
All'imbrunire si tolse il cappellino, che posò sul tavolino e il complicato soprabito violaceo che lasciò sul divano. Fece accendere il piccolo camino e rimase in piedi, vicino alle sedia ad attendere suo marito.
Fin dalle prime ore del giorno, si era messa a fantasticare su cosa avrebbero fatto durante quella passeggiata. Magari, se fossero andati verso Mayfair, che non era molto distante, avrebbero preso il tè in uno dei tanti piccole pasticcerie della zona di cui aveva sentito parlare Lady Diane e avrebbero finalmente parlato.
Persino conversato amabilmente, se fossero stati capaci di trovare dei punti in comune.
Forse sarebbero passati di fronte ai recenti palazzi che la Mafton Company e lei avrebbe potuto indicargli quali erano basati sui suoi disegni preparatori.
Ed invece fu costretta ad attenderlo per oltre un pomeriggio per vederlo entrare in casa, con la cravatta slacciata, il cappello in mano, un solo guanto stretto in mano e la giacca posata su un braccio.
Lo fissò intensamente mentre si avvicinava a lei e gettava tutto ciò che lo intralciava su un divano.
-Mi dispiace molto … Sono stato trattenuto al Parlamento.- disse trafelato accostandosi di qualche passo.
Cathriona fece un mesto sorriso, ridendo di sé stessa. Tutte quelle modeste speranze erano da buttare fuori dalla finestra.
-Mi dispiace Cathriona.- mormorò Grant prendendole la mano che teneva appoggiata alla sedia. -Domani … Domani ti porto a fare compere in centro, che ne dici? Chiederò al mio segretario di annullare ogni appuntamento per il resto della settimana, potremmo andarcene a Brighton! Dicono che l'estate sia già arrivata lì.-
Per un solo attimo Cathriona si concesse di pensare a quanto sarebbe stato bello accettare quel ramoscello d'ulivo e fingere contentezza; tuttavia la verità delle sue azioni erano uno schiaffo alla sua morale.
Si scostò e solo allora notò gli occhi arrossati, il profumo di donna che impregnavano i suoi vestiti, lo sbafo di trucco pesante sulla cravatta un tempo immacolata.
Gli stava offrendo la stessa immagine di suo fratello quando tornava dalle bische e dai bordelli il mattino successivo, pretendendo la tavola imbandita e gli applausi.
-Non vi preoccupate tanto, mio signore, alla fine sono solo una moglie.- disse alzando le sguardo e riuscendo a malapena a trattenere le lacrime di rabbia. -Vi faccio chiamare una carrozza così potrete tornare dal luogo in cui siete venuto, sono sicura che i vostri amici e le vostre amiche vi staranno aspettando.-
-Cathriona, ascoltami quando ti parlo, sono stato trattenuto … - Grant le afferrò un braccio e l'avvicinò a sé, livido di collera.
Odiava il modo controllato e serio con cui gli rispondeva da sempre, facendogli fare sempre e comunque la parte del cattivo. Perché non poteva fare come le altre mogli? Perché non poteva fingere di credere alle sue scuse e lasciarsi tutto alle spalle?
-Vi ripeto, mio signore, che non siete costretto a passare del tempo con me. Potete benissimo tornare dalle vostre amiche.-
Lo schiaffo arrivò preciso e quasi la fece cadere, Cathriona si aggrappò alla schiena della sedia e si toccò tremante la guancia arrossata. Nessuno l'aveva mai picchiata prima.
Si voltò verso il marito che sembrava inorridito dalle sue stesse mani.
Cathriona tornò in posizione eretta, fece un inchino e uscì quasi correndo dal soggiorno.
Grant restò a lungo in piedi a fissare le proprie mani e a domandarsi come mai, in quasi trentuno anni di vita, fosse arrivato a picchiare per la prima volta una donna.
Aveva sentito più volte l'impulso di strapazzare Violet ma non era mai sceso tanto eppure stavolta si era trovato ad infliggere un violento schiaffo
non a una donna qualunque, bensì a sua moglie.
Sentì una porta chiudersi lentamente e scioccato si sedette di fronte al camino.
Si rese conto di aver rovinato quel poco di decente che vi era in quel matrimonio. Stizzito decise che una lunga bevuta nel suo studio gli sarebbe stata d'aiuto, il giorno dopo avrebbe fatto le sue scuse e non le avrebbe mai più consentito di farlo sentire in colpa.



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Capitolo 6
*** L'arte del Picnic ***



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Capitolo 6

L'arte del Picnic




Il legame del matrimonio è così pesante che si deve essere in due per portarlo, spesso in tre.
Alexandre Dumas Senior





Cathriona raccolse le trecce in una severa crocchia, pose dietro le orecchie alcuni riccioli corti e sistemò la cuffia chiara con i nastri azzurri con tocchi delicati.
Da qualche giorno aveva notato come le cuffie all'ultima moda nascondessero il suo anonimo viso e i diversi strati di blu che le erano spuntati sotto gli occhi, dormire era diventato difficile negli ultimi giorni e i diversi impegni giornalieri la occupavano fino allo sfinimento. Si alzò e scese le scale velocemente; ad attenderla vi era Patrick Smiths, il nuovo maggiordomo.
-Milady, Lord Everstone chiede che lo raggiungiate a tavola.- disse pacato mentre le apriva la porta di casa.
Cathriona gli sorrise e gli diede un colpetto sul braccio.
-Signor Smiths avvertite Lord Everstone che sono uscita e non so quando tornerò. Emmeline preparerà la cena per le sette come sempre, se vorrà cenare in casa.- disse, recitando la frase che da ben due settimane il maggiordomo doveva riferire al suo padrone.
Cathriona uscì e respirò con forza l'aria calda dell'estate.
Londra si era quasi spopolata e soltanto le mogli di qualche parlamentare importante erano rimaste in città, dato che le riunioni del corpo legislativo non erano ancora finite.
Dato l'estrema vicinanza con Hambler Park, la residenza mondana dei Duchi di Bedwyn, si concesse una lenta passeggiata fra i quartieri altolocati della città.
Salutò con un cenno più di una persona ma si fermò solamente quando notò una mano sbracciarsi dall'altro lato della strada.
Salutò con un cenno e facendo attenzione alle carrozze attraverso per andare a porgere i suoi saluti alla signorina Lady Hunter e al fratello.
-Lady Everstone!- gridò Lady Hunter avvicinandosi a grandi passi. -Stavo giusto per bussare alla vostra porta e darvi la notizia!- disse sorridendole da orecchio a orecchio.
Cathriona fece una profonda riverenza agli Hunter e si accostò per sentire la lieta novella.
-Io e il Conte di Falloden ci siamo fidanzati ufficialmente!- Lady Hunter non riuscì a controllarsi e l'abbracciò, Cathriona rispose alquanto incerta ma si lasciò contagiare dall'entusiasmo della sua coetanea.
-Vi auguro tutto il bene del mondo.- le disse stringendole le mani. -Il Conte di Falloden è un uomo gentile e premuroso. Sarete felici insieme.- le fece piacere vedere una sua coetanea essere così felice da irradiare la città con il suo sorriso sincero.
Il Conte di Falloden, figlio di primo letto di Lady Diane, era stato molto gentile con lei durante il ballo di qualche settimana prima, le aveva parlato spontaneamente di suo padre e dell'azienda che un tempo aveva costruito bellissime dimore per gentiluomini dalle parti di Regent Street, quasi tutte vendute e abitate dalla élite della società britannica, dove vi aveva vissuto per qualche tempo. Le era sembrato un uomo ben educato e con la rara virtù di avere un gentile animo, il suo aspetto non particolarmente alla moda e la sua parlantina pacata sembravano scoraggiare le belle fanciulle dell'aristocrazia da quanto diceva sua madre, Lady Diane. Ma a quanto pare i suoi timori di madre e nobildonna erano finiti, la simpatica Lady Amelia Hunter avrebbe presto preso posto nella società come Contessa di Falloden.
Si scambiarono alcuni convenevoli e presa da una estranea euforia, le promise in regalo di nozze un ritratto degli sposi con gli abiti da cerimonia.
Lady Hunter aveva spalancato gli occhi sorpresa e si era profusa in migliaia di ringraziamenti fino ad imbarazzare il silenzioso fratello.
I tre camminarono parlando di cose futili legati alla festa di nozze da organizzare e dalle diverse lettere da scrivere prima di sera per avvertire i parenti lontani del matrimonio.
L'accompagnarono fino alla piazza circolare dove sorgeva in parte l'immensa dimora dei Duchi di Bedwyn.
Di recente, la Duchessa sembrava talmente infatuata della sua abilità nel disegno che le aveva chiesto di insegnarle qualche trucco del mestiere.
Così si era trovata nella bizzarra condizione di tenere lezione a una donna di rango elevato che in tanti avevano descritto come impassibile e intransigente e che invece aveva trovato semplicemente discreta.
Il maggiordomo le fece un bel sorriso e le chiese di prenderle l'ombrellino e il cesto in cui aveva i colori e qualche schizzo preparatorio.
L'uomo le annunciò che Sua Grazia l'aspettava nel suo studio al primo piano e che era già pronta con il camice. Il maggiordomo la fece entrare nella bellissima sala e Cathriona fece riverenza alla donna minuta che le fece cenno di avvicinarsi mentre si dedicava al una raffigurazione di un ponte in chino su carta normale.
-Come vi sembra, Lady Everstone?- domandò la Duchessa porgendole il foglio.
Cathriona spostò il foglio vicino alla finestra per esaminare alla luce del sole il disegno. Strinse gli occhi meditabonda e seguì con il dito le diverse linee ancora umide del ponte.
-Vostra Grazia, le proporzioni sono perfette ma qui avette fatto un errore di prospettiva, non è perfettamente lineare.- le disse allungando il foglio e facendole notare i diversi errori.
-Avete ragione, non ho rispettato la profondità. Sarà meglio non fare errori sulla tela.- le disse leggermente imbarazzata.
-Sono sicura che non vi saranno errori; inoltre il bello dell'arte è quello di poter ricominciare daccapo.- disse Cathriona spogliandosi della cuffia, dei guanti e del soprabito leggero.
Per il resto della mattinata, le due donne si concentrarono sull'arte e sulle sue sfumature, parlando poco e sorridendo molto.
-Credo di non poterne più, Lady Everstone. Che ne pensa di uno spuntino nel salotto blu?- domandò la Duchessa togliendosi il camice da pittore.
Cathriona rimase alquanto interdetta ma rispose con cenno d'assenso. Nelle due settimane in cui si erano incontrate per le lezioni, non si erano mai rivolte più di tanto la parole. Discorrevano soprattutto d'arte e di letteratura, di tempo e di malanni stagionali di cui il Duca sembrava affetto in continuazione, non avevano mai pranzato assieme.
Cathriona si sistemò i capelli con una forcina che teneva in tasca per ogni evenienza e lisciò le pieghe mentre seguiva la Duchessa che la precedeva. Si concesse un piccolo sorriso di vittoria.
A parte Fanny Brooke e Margareth Rothshild, che preferiva pensare a loro come sorelle, non aveva amiche e ancor meno conoscenti con la quale chiacchierare. La sua nuova posizione le impediva di fare amicizia con quelli del suo rango con cui si sentiva a suo agio e la costringeva a ridursi a cercare qualcuno di affine nella nobiltà inglese. La Duchessa di Bedwyn e la famiglia Hunter erano gli unici che l'avevano invitata per il tè dopo il ballo. Si era affezionata molto all'allegra famiglia Hunter che le ricordava con una stretta al cuore l'affetto che un tempo aveva trovato nella casa paterna.
-Ho saputo dal Duca che il giovane Conte di Falloden ha finalmente trovato una sposa.- disse la Duchessa mangiando dei tramezzini che una cameriera aveva provveduto a portare all'istante.
Cathriona annuì. -Se posso permettermi di farvi una confidenza, conosco la donna promessa al Conte.- la Duchessa la pregò di continuare. -Si tratta di Lady Amelia Hunter. Figlia di Lady Georgiana Hunter edi Sir Horace Hunter.-
La Duchessa alzò il sopracciglio sorpresa. -Beh, questa quasi non me l'aspettavo! Sono stupita e piacevolmente colpita dalla scelta del giovane Conte, un ragazzo di buone maniere ma osteggiato da una famiglia alquanto arrogante. Pensavo stesse corteggiando la frivola Lady Spencer.-
-Non conosco tale Lady Spencer ma so per certo che Lady Hunter sarà una buona moglie e una brava madre. Il Conte non poteva scegliere donna migliore.- rispose Cathriona sorprendendosi per l'ardore delle sue parole.
-Una favola a lieto fine, direbbero alcuni.- la Duchessa osservò con occhi attenti la giovane donna che le sedeva di fronte. -Mi chiedo se anche voi vi sentiate come Cenerentola alla fine della storia, felice e contenta.-
Lady Everstone preferì rimanere in silenzio, fissando le sue mani in grembo tremare.
-No, non sono affatto felice e contenta, Vostra Grazia.- si ritrovò con orrore ad ammettere.
La Duchessa appoggiò il suo bicchiere sul tavolino, le tese una mano stringendo quelle dita fredde. -Dato il vostro sposo, lo immaginavo mia cara.-





Le sedute del Parlamento erano ufficialmente finite, i lavori della camera sarebbero ricominciati verso settembre e questo lasciava Lord Grant Everstone fin troppo tempo libero.
Dopo il terribile giorno in cui aveva alzato le mani su sua moglie, viveva in uno stato di continua ansia. Il suo splendido piano di scuse che doveva attuare il giorno dopo fin dalla prima colazione fu demolito prima dalla sbronza epocale che lo indispose, poi dalla fuga di sua moglie all'alba verso chissà abitazione ed infine dall'aperta ostilità dei suoi domestici. Non aveva mai fatto caso alla servitù prima di quel momento, inoltre erano stati assunti tutti da sua moglie, con eccezione del suo fide valletto Thomson che lo seguiva da quasi un decennio, ma quella cozzaglia di gente sembrava essersi schierata contro di lui.
Erano tutti formali e ben educati ma estremamente sospettosi.
Il suo dubbio venne fugato quando una sera rientrando prima del solito sperando di trovare in soggiorno Lady Everstone, sentì stralci di conversazione fra le due cameriere che pulivano dalla polvere il corrimano delle scale.
-Avete visto che segno rosso aveva in viso quel giorno la nostra milady?- domandò una voce con forte accento gallese.
-Iddio non farmi ricordare! Sono profondamente dispiaciuta per la signora, è così buona con tutti noi mentre sua signoria non le dedica nessuna gentilezza. E dire che sono sposati da poco meno di quattro mesi!- rispose una voce con cadenza popolare. -Sono contenta nel sapere che milady si distrae dalla Duchessa. Non avrei mai immaginato che anche i nobili battessero le loro donne.-
Quell'ultima frase lo aveva colpito e gli aveva irrigidito ogni muscolo.
No, gli uomini nobili non avrebbero dovuto nemmeno sfiorare le proprie donne.
Il club Brooks's era pieno fino a scoppiare, tutta la nobiltà e i diplomatici inglesi si erano riversati nei suoi salotti eleganti per bere e conversare sulle ultime novità prima della fuga verso le campagne.
Grant ascoltò distratto i racconti spavaldi di Lord Nicholas Boffle parlare delle diverse feste a cui aveva partecipato da Madame Robertson, la proprietaria del bordello più costoso di Londra, in occasione del prossimo matrimonio con una lontana cugina. Si ritrovò a pensare se Cathriona avesse mai avuto un'infatuazione prima che lo loro strade s'incrociassero. Forse anche lei avrebbe voluto avere un'intensa relazione amorosa, non disdegnando i doveri coniugali. Da un paio di sere aveva notato come Lady Everstone spingesse un pesante mobile contro la porta tutte le sere prima di dormire, impedendogli così di entrare e parlare e cose di questo genere. Quel silenzioso atto di guerra lo aveva mandato su tutte le furie, aveva un disperato bisogno di calore umano, era nella sua natura di uomo vizioso. Ma quello che più desiderava era avere dei figli, stava invecchiando e ultimamente il pensiero di morire senza aver conosciuto le gioie di una famiglia lo faceva rabbrividire. Prima che suo padre si dedicasse all'alcool e alle sue amanti vacue, era stato un buon genitore e ancora prima un marito buono. Si era ritrovato più di una volta, in quelle sere solitarie nella sua grande stanza, a rileggere le diverse lettere che sua madre aveva conservato durante il lungo fidanzamento con suo padre. C'era affetto, amore, devozione e rispetto. Tutte cose che adesso anelava ad avere ma che probabilmente aveva distrutto due settimane prima.
-Lord Everstone!- lo chiamò qualcuno. Si girò e vide il Duca di Bedwyn con il solito naso rosso e gli occhi lucidi.
-Ah, buongiorno Bedwyn!- gli rispose andando a stringergli la mano.
-Volevo ringraziarvi per aver permesso a vostra moglie, che tra l'altro è proprio una signora a modo, di passare del tempo a Hambler Park e per il bellissimo quadro che ci ha regalato. L'ho appena fatto incorniciare e presto lo metterò nello studio di mia moglie.-
Studio? Quadro? Regali? Ai Duchi? La sua espressione confusa doveva aver sorpreso il Duca che gli diede una pacca sulle spalle.
-Nel senso che vostra moglie ha rallegrato la mia passando quasi tutte le mattine ad insegnarle a dipingere. E' stata così gentile da offrirsi volontaria e ha persino rifiutato di farsi accompagnare con la nostra carrozza ogni volta. Dice che preferisce passeggiare dato che abitiamo così vicini.- disse entusiasta il Duca. -Comunque tutta questa manfrina per dirvi che siete invitato domani a un picnic con alcuni amici, i soliti quattro gatti. Ci sarà il Conte di Falloden e la famiglia della fidanzata. Verrete? Con vostra moglie ovviamente!-
-Ovviamente!- rispose meno incerto di prima. Ecco dove si recava ogni giorno sua moglie, a fare la istitutrice in una delle famiglie più influenti d'Inghilterra!
Un senso d'indignazione lo fece irritare ma sorrise mesto al Duca assicurando che si sarebbero trovati tutti al cancello di casa sua per le undici.
-Bene, bene.- rispose lui soffiandosi il naso. - Sono contento di averla conosciuta l'altro giorno, i pettegolezzi non le rendono giustizia.- disse lasciando solo Grant con un bicchiere in mano e molti pensieri in testa.
Decise che per scrollarseli addosso avrebbe dovuto farsi visitare dalle mani esperte di Madame Chartier.





Licenziò la cameriera appena il sole tramontò, ricordandole che domani in vista del picnic, la servitù poteva ritenersi in vacanza pagata naturalmente. La sua gentilezza venne salutata con una serie di esibizioni di esagerata stima, tra cui la bizzarra richiesta del signore Smiths di sistemargli le ante di un armadio che cigolava. Cathriona si sentì in dovere di obbligarli all'ozio e al riposo per un'intera giornata.
Decise di scendere in cucina dove prese nota dei vari ingredienti e in preda da una gioia infantile pensò di fare la sua buonissima torta alla frutta secca di cui aveva notato i Duchi andavano ghiotti data la sua costante presenza fra le focaccine varie.
In quei giorni, passati ad evitare minuziosamente suo marito, si era sentita felice. Appagata dalle piccole cose che le mancavano della vita precedente come le mattine passate a disegnare, l'aria fresca dell'alba, le passeggiate e il silenzio sereno della sua stanza da letto dove riposava con le porte sprangate.
Così la mattina successiva scese all'alba e con un grembiule usurato e una certa frenesia si mise a cucinare due torte. Le stava sistemando in un cestino quando vide suo marito, vestito di tutto punto, fissarla dall'entrata.
-Dove sono la cuoca e le cameriere?- domandò secco Lord Grant Everstone.
Cathriona si asciugò le mani in un panno e riprese il suo lavoro. -Le ho congedate. Il signore Smiths riprenderà i suoi doveri il pomeriggio. Oggi ho preferito fare da me.-
Grant si mise a strusciare la punta dello stivale contro il pavimento grezzo della cucina. Ecco come mai le focaccine erano così buone quel mattino. Quando era sceso e aveva trovato la tavola imbandita eppure nessuno nei paraggi aveva pensato a un disguido sugli orari e ne aveva approfittato lungamente. I sapori decisi e libidinosi che il cibo aveva quel giorno, lo avevano riportato alle prime settimane di matrimonio quando non si curava che fosse la moglie a spaccarsi le mani in cucina dato che non aveva assunto nessuna cuoca. Per un attimo ripensò con una fitta di rimpianto a quei giorni, poi incuriosito dall'inconsueto silenzio era andato nelle cucine a verificare che tutti fossero ancora vivi e vegeti.
Ed eccola lì, Cathriona, con i capelli spettinati, le mani sporche di farina, uno sbuffo sul mento e sulla guancia, il grembiule macchiato e due torte fumanti che aveva coperto nei cestini.
-E' per il picnic dei Bedwyn?- le chiese, lei lo guardò sorpresa. -Bene, vi aspetto fra mezz'ora, vi basta?-
Cathriona scosse la testa. -Non serve che mi accompagniate, sua signoria. Andrò a piedi e poco distante.- disse abbassando il mento.
-Ma io vengo in qualità di ospite del Duca.- rispose Grant avvicinandosi notando la vera della moglie posata sul piano della cucina. -Perché ve la siete tolta?- domandò improvvisamente arrabbiato.
Cathriona la riacciuffò prima del marito e la infilò al dita. -E' un po' larga e temevo di perderla. Dato che oggi non c'era nessuno, ho ritenuto possibile toglierla, non farò più … -
Grant fermò quel fiume di parole cortesi, le prese la mano sinistra notando l'arrendevolezza con cui l'anello scivolava sul suo anulare.
-Vi attendo nel soggiorno delle visite.- disse solamente andandosene.
Cathriona rimase immobile e pulì la mano sinistra con uno straccio mentre assente vagava per le cucine.
Lo aspettò, venti minuti dopo, vestita con un abito accollato malva e un cappello in tinta, al braccio il cestino e un scialle damascato all'ingresso della casa, ignorò la sua strana smorfia quando le ripeté che l'attendeva in soggiorno, s'incamminarono verso Hambler Park in quiete.





-Quella torta era divina! Mi domandavo come mai non vi si vede più al club la mattina a fare colazione, vostra moglie ha le mani magiche.- disse Sir Reginald Montgomery addentando una fetta di dolce alle mele.
Lord Grant Everstone ruotò leggermente la testa per osservare sua moglie sorridere in modo meravigliosamente allegro mentre teneva con fare materno in braccio il figlio dei Bedwyn e conversava con la Duchessa. Per un attimo s'immaginò Cathriona con il figlio che avevano perduto, una stretta al cuore gli fece distogliere lo sguardo.
-E' molto brava.- disse solamente.
-Beh, credo che le donne del nostro ceto siano delle buone a nulla in confronto a vostra moglie. Ho sentito che disegna splendidamente.- continuò Sir Reginald Montgomery spazzolando i resti del suo piattino.
-Posso confermare il talento della giovane.- s'intromise il Conte di Falloden. -E posso aggiungere che è anche una brava musicista, mia madre ha avuto il piacere di ascoltarla prima del ballo.- disse versandosi da bere.
Grant li guardò dubbiosi. Erano tutti a conoscenza di qualche sfumatura delle arti e dei talenti della sua moglie che a lui non erano stati permessi di vedere.
Non l'aveva mai vista disegnare, non l'aveva mai sentita suonare e mai l'aveva lodata per la sua cucina e le sue abilità di padrona di casa.
-Anche Lady Hunter sembra una brava musicista.- disse con tono svogliato Grant.
Il Conte di Falloden arrossì violentemente. -Lady Amelia ha molti altri talenti ma non la musica. E' un'ottima ricamatrice, però. Mi ha avvertito che inizierà a ricamare le camicie e i fazzoletti con lo stemma di famiglia.- disse, con un certo orgoglio sfilò dalla tasca un ricco fazzoletto in tessuto chiaro, riccamente ornato.
Discussero per qualche minuto di cricket e poi, annoiati, decisero di portare a passeggiare le loro mogli e fidanzate.
Grant aiutò Cathriona ad alzarsi e quasi gli mancò il respiro quando la vide sorridere apertamente. Aveva un riso gentile, una fila di denti piccoli con gli incisivi leggermente sporgenti, gli occhi marroni sembravano più chiari. Automaticamente le rispose con un sorriso gentile che venne sostituito dallo sconforto quando notò che non si stava rivolgendo a lui, bensì a Sir Reginald Montgomery che le aveva rivolto una battuta sulla torta. La gioia dal viso di Cathriona si smorzò non appena accettò il braccio e s'incamminarono per il bosco.
-E' una bella giornata.- disse, cercando di fare conversazione.
Cathriona annuì distratta mentre osservava e salutava il piccolo Bedwyn che le era corso accanto.
-Sai stata bene con le signore?- le domandò.
-Molto bene, mio signore. Sono tutte donne molto simpatiche e mi hanno trattato con gentilezza nonostante i pettegolezzi.- disse con una nota di amarezza.
-Immagino di dovermi congratulare per il tuo successo di artista.- cominciò Grant inchinandosi leggermente. -Ho saputo del quadro al Duca e della scenetta a mia zia. Tutti ben apprezzati.-
Cathriona s'irrigidì e quasi si fermò nel bel mezzo del sentiero. -E' una critica, mio signore?- domandò alzando il mento, virtualmente pronta a una sfida. -Se volete posso smettere.-
-No, fai pure come credi.- ripose Grant scalciando con il bastone da passeggio un grosso sassolino dal sentiero.
Raggiunsero una piccola altura e si sedettero su una vecchia e malconcia panchina.
-Mio signore, credo che dovremmo tornare indietro.- disse Cathriona dopo un po' mentre fissava le nuvole scure avanzare dall'orizzonte.
Grant si sedette meglio per osservarla. -Perché non mi chiamate per nome e smettete di usare il voi. Siamo sposati da ben quattro mesi ormai.- le prese una mano e gliela strinse nonostante l'evidente ritrosia della moglie, sospirò e cominciò il discorso che aveva composto in quelle settimane.
-Vorrei avere dei figli, finché sono ancora giovane, Cathriona. Mio padre mi ha avuto a quasi quarantadue anni e spesso rimpiange le mille cose che potevamo fare durante l'età adulta.- omise che le grandi aspirazioni di suo padre erano per lo più legate all'alcool e alle donnacce. -Ho meritato tutte le punizioni che mi hai inferto in questi giorni. Sono io che ti ho messo, mesi fa, in questa situazione. Chiedo solamente un po' di compassione, proviamo a … far funzionare le cose.- mormorò avvicinandosi a una distanza pericolosa. -Almeno prima del nostro ritorno a Chester House.-
-Mi sento in dovere di dirvi che non mi sento a mio agio con l'idea di sottomettervi a voi di nuovo. Preferirei aspettare qualche mese, giusto il tempo per permettere al mio corpo di ospitare una nuova vita, se Dio vorrà.-
-E' un modo raffinato di dirmi che dovrò attendere anni?- domandò brusco Grant.
-E' un modo raffinato di dirvi di aspettare qualche mese.- rispose piccata Cathriona sottraendo la mano dalla sua stretta. -Quanto al resto, per favore abbiate l'onestà di tacere, mio signore. Come spesso mi viene ricordato, sono una borghese e per i borghesi valgono i fatti.- disse secca alzandosi e avvolgendosi nel pesante scialle.
Grant la seguì mogio e segnò un altro punto a sua moglie. Nessuna sua tattica sembrava riuscire a smuovere quella donna. Una volta salutati con calore gli amici e si recarono in casa, Cathriona gli rivolse la parola.
-Volete che chieda di prepararvi il camino in soggiorno? Per stasera intendo.-
Grant fu tentato di annuire. Forse se avesse iniziato a condividere le prime ore del crepuscolo, avvolti nella sicurezza di un soggiorno caldo, magari conversando e leggendo, avrebbero trovato un modo di stare insieme con serenità.
-No, purtroppo ho un impegno.- disse scandendo lentamente le parole. -Mi dispiace, Cathriona.- notò con una punta di tristezza, lo sguardo accusatore della donna.
La carrozza si fermò a pochi passi dal portone numero 15. Grant salì con una certa fretta e consegnati il cappello e il cappotto si precipitò all'ultimo piano.
Pauline era sistemata su una poltrona a leggere assorta, a malapena coperta da una vestaglia broccata.
-Oh, siete già tornato! Oggi non vi aspettavo proprio.- disse posando il libro a terra per abbracciarlo in tutta la sua grandezza. -Ditemi il piano ha funzionato?- domandò la donna, sciogliendo i bottoni della giacca.
Grant chiuse gli occhi per un momento, inebriato dal forte profumo di Pauline. -In parte. Quando si tratta di mia moglie sono molto goffo.- disse abbassando le spalline della vestaglia e baciando la pelle chiara della cortigiana.
-Dovete raccontarmi tutto, così potremo rimediare la prossima volta. Non dovete angustiarvi, nessuna donna può resistervi, nemmeno una brutta e pudica borghese.- disse accentuando il suo accento francese e scivolando in ginocchio.
-Credo che sia più giusto discutere di quella frigida di mia moglie dopo.- le spostò i ciuffi di capelli dal viso e accarezzò la bocca rossa con un pollice mentre si slacciava i pantaloni. -Avete altre cose di cui occuparvi.-


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Capitolo 7
*** La Pioggia ***



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Capitolo VII
La Pioggia


La pioggia cadeva nello stesso modo sul giusto e sul malvagio;
e per nessuno non esisteva un perché.

William Somerset Maugham





-Vostra Signoria, ho sistemato tutte le provviste. Abbiamo moltissime confetture preparate secondo la vostra ricetta.- disse la governante della casa, la signora Musgrove.
Cathriona annuì e con un cenno le chiese di seguirla nel suo salotto privato.
Chester House le sembrava ancora più grande ora che l'aveva esplorata tutta e che godeva di buona salute. La servitù l'aveva accolta con un certo sollievo in quanto Cathriona aveva preferito seguire il ritmo consolidato da decenni e delegando quasi tutto nelle mani della governante Musgrove ma presto sarebbero stati messi alla prova, dato che sarebbero arrivati degli ospiti alla fine della settimana.
Cathriona si sedette su un divano e chiese all'anziana donna di accomodarsi davanti a lei, le versò del tè, ignorando l'espressione stupefatta della donna e le spinse sotto naso un piattino di dolci freschi.
-Volevo parlarle del nuovo maggiordomo, il signor Smiths.- disse Cathriona sorseggiando la sua tazza. -Che cosa ne pensa? So che è molto giovane ma è alquanto istruito e a Londra si è comportato benissimo.-
La signora Musgrove fece una sorta d'imbarazzato inchino da seduta e imbarazzata tentò di trovare le parole più auliche del suo a volte ridotto vocabolario. -Il signor Smiths ci sembra un uomo educato e un buon maggiordomo.-
Cathriona annuì. -Immagino che abbia bisogno però dell'aiuto di qualcuno di più esperto come il maggiordomo Deanson. La saggezza e l'esperienza che si accumula in oltre trent'anni di servizio non andrebbe sprecata nella competitività, bensì insegnata.-
-Avete assolutamente ragione, Vostra Signoria!- esclamò la governante annuendo vistosamente. -E' proprio quello che dico da giorni.-
Cathriona le sorrise, contenta di avere un'alleata per porre fine a quell'insensata bagarre di cui aveva colto i mormorii delle domestiche.
-Vi è un altro problema. Ho compreso che il signor Smiths sta facendo la corte alla signorina Alice Forrest, la ragazza gallese. Crede che arriveranno al matrimonio?- domandò arrossendo inspiegabilmente.
La signora Musgrove appoggiò con estrema delicatezza la tazza e tentò di non cedere all'impulso di esprimersi con la massima libertà.
-Credo … Credo che sia obbligatorio in questo caso. Sono … Si sono comportati da irresponsabili.-
Cathriona si sistemò una ciocca sfuggita alla severa acconciatura dietro l'orecchio.
-A questo punto se i limiti labili della decenza sono stati infangati, è necessario che prendano i voti di fronte a Dio. Sono sicura che il Lord mio marito troverà un'adeguata sistemazione della coppia e si prenderà cura degli eventuali figli.-
L'accenno al Lord suo marito fece sprizzare di gioia la governante. -Noi non ci preoccupiamo della generosità di Lord Everstone, siamo grati di averlo come signore. E' un uomo amabile.- disse la donna. -Dovete sapere che siamo contenti di vederla … in salute, Vostra Signoria.-
Cathriona strinse la mani in piccoli pugni e sciolse le dita lentamente, in preda dall'angoscia. Era arrivata a Chester House da poco più di tre giorni e quella era la centesima volta che sentiva su di sé la sollecitazione
da parte della servitù di dover dare un erede al più presto. Con gesti, sussurri, auspici e vere e proprie confidenze quel piccolo mondo con cui si scontrava ogni giorno e in ogni angolo della casa, ci teneva a farle le condoglianze e allo stesso momento i più sentiti auguri.
Ogni volta le sembrava di essere sul punto di scoppiare a piangere ed accasciarsi a terra.
-Grazie mille. Sono felice di essermi finalmente ripresa.- si alzò, seguita immediatamente dalla governante. -Ringraziate tutti quanti per esservi presi cura di me qualche mesi fa, ed anticipate a loro che non appena i nostri ospiti lasceranno la casa, la servitù potrà godere di alcuni pomeriggi di riposo.- annunciò e quando vide il caloroso sorriso della donna, sentì il cuore sciogliersi di contentezza.
Cathriona salì in camera, suonò il campanello dello spogliatoio e in poco tempo si presentò la cameriera per aiutarla a togliersi il colorato abito da casa e indossare uno dei suoi vecchi abiti pratici.
Il grigio spegneva ogni colore del suo viso ma era fatto con buona stoffa, l'ideale per camminare per i boschi. Nel caso si fosse rovinato, poi, non si sarebbe sentita in colpa.
Le sembrava strano trovarsi in perfetto agio in biancheria alla presenza di una sconosciuta ma aveva notato come la servitù sembrasse incapace di voler accettare i piccoli cambiamenti che voleva introdurre. La vedevano come un affronto alla storia del marchesato e della casa; appena compreso questo, Cathriona, decise di lasciar perdere i suoi desideri e le sue preferenze e lasciò che la servitù la trattasse da nobildonna.
-Vostra Signoria, preferite il mantello blu?- domandò Alice Forrest.
-No, è troppo bello per una passeggiata nel fango. Preferisco il mantello nero, quello liso in fondo.- la cameriera lo trovò e glielo consegnò insieme al cesto con i libri, una coperta e un po' di focaccine e frutta.
Da quando era arrivata a Chester House, il brutto tempo l'aveva fatta da padrona, obbligandola alla reclusione.
Lord Grant Everstone si era chiuso nel suo studio solo il tempo per ricevere l'amministratore e qualche attendente e poi era fuggito dai vicini, i Conti di Allingham, che avevano organizzato una battuta estiva di caccia al cinghiale che da quello che aveva sentito era una magra scusa per bere e gettarsi nei festeggiamenti tipicamente maschili.
Cathriona salutò con un sorriso il valletto che le aprì la porta e si assicurò di ripetere a quest'ultimo che non si sarebbe allontanata.
Aveva un disperato bisogno di sottrarsi ai loro occhi, al loro giudizio e alla loro rammarico per la fuga di suo marito.
L'aria fresca, ancora carica di pioggia, il cielo limpido e il bellissimo bosco che costeggiava il lato est della proprietà l'avrebbe rinvigorita e calmata, in vista dei giorni difficili in cui gli amici di Lord Grant sarebbero venuti in massa nella casa.
Le consolava sapere di poter essere utile ai domestici, come quando aveva passato la ricetta di sua madre per confezionare le marmellate che era decisamente più buona che tuttavia aveva offeso la cuoca finché non si era resa conto dell'evidente carenza di zucchero della sua.
Aveva spostato alcuni mobili, cambiato la disposizione di alcuni quadri e si era preoccupata di portare all'interno del grande ingresso ogni giorno fiori freschi, uscendo non appena la pioggia dava qualche minuto di tregua.
Camminò a lungo, stupendosi di quanto si sentisse bene nei panni della ricca nobildonna, non l'avrebbe mai nemmeno pensato possibile, anni prima.
Sistemò la coperta in uno spiazzo ben raggiunto dal sole al limitare della foresta, una volta seduta si gettò nella lettura dei pochi romanzi presenti nel suo salotto privato, tutte opere che probabilmente suo marito e suo suocero pensavano che fossero adatte alla mente delicata di una donna.
Decise di cominciare con “Persuasione” di Jane Austen, l'unico che non aveva mai letto e avuto quando era adolescente.
Il mondo e le sue preoccupazioni scivolarono via dal suo corpo e dalla sua mente.




-Aspettate! Avete visto la signorina dei Tumerset? Piccolina e piena di brufoli sul viso, la sua mammina ha pensato bene che fossimo perfetti insieme e quindi me l'ha appioppata decine di volte. All'ultima ho detto alla ragazzina che sarei stato suo marito solo se avesse avuto la decenza di tagliarsi la testa e spingere il corsetto in su, non sia mai che abbia un bel seno, dopotutto!- gracchiò Lord Edmund Capton scosso dalle profonde risa che tentava di trattenere. -In compenso, la piccolina di quindici anni è un bocconcino da leccarsi i baffi, mi sa che aspetterò che esca dalla nursery per saltarle addosso.-
L'intera sala rise ma Lord Grant Everstone scrollò le spalle e prese la sua stecca da biliardo. Era ben due giorni che tutti o quasi si spanciavano dal ridere per le assurde storie di Capton, mentre lui si era decisamente annoiato.
-Non so come facciamo a sopportare Capton.- disse rivolgendosi al Conte di Allingham che stava sistemando le palline colorate. -E' la terza volta che sento la storia dell'orribile Miss Tumerset. Avrò gli incubi.-
Il Conte fece una strana smorfia e gli batté una mano con la spalla. -Cerca di capirlo, è solo uno sbruffone. E' probabile che non sappia nemmeno farci qualcosa con una donna.- disse prima di chiamare gli altri al tavolo da gioco.
Si cimentarono fra grasse risate e allusioni nel gioco ma la comparsa della pioggia e il malumore per la gita a cavallo perduta, portò la gran parte degli uomini ad approfittare largamente in anticipo delle signorine che alloggiavano ai piani superiori.
Quando Grant accettò il consueto invito di uno dei migliori amici del padre si era aspettato di vedere un uomo in lutto per la recente perdita di una moglie bella e gentile, che gli aveva dato ben tre figli maschi sani e una femmina, circondarsi di amici ed intrattenersi con attività maschili. Nulla lo avrebbe portato qui se avesse saputo di che genere di intrattenimento il caro vecchio conte aveva pensato.
All'ultimo piano, si erano trasferite alcune fanciulle provenienti da un bordello da Londra, donne di navigata esperienza travestite da ragazzine innocenti con abiti di mussola chiara.
Per la prima volta si era trovato a disapprovare i sollazzi del frequentare il letto con una donna capace e quando la sera precedente una di quelle ragazza gli era saltata addosso, si era ritrovato a cercare una scusa qualunque per sottrarsi dalle grinfie di quella ragazza volgare.
Per non offendere la suscettibilità del Conte di Allingham, aveva ceduto a un veloce servizio da parte della prostituta che gli era stata assegnata e per tutta la durata di tale servigio aveva dovuto sognare di essere con un'altra. Per un attimo si domandò come sarebbe stato avere Cathriona inginocchiata fra le sue gambe. Si crogiolò a lungo intorno a quello strano pensiero e si chiese se non fosse impazzito.
Durante il lungo viaggio di tre giorni verso il nord dell'Inghilterra, avevano pernottato in alcune locande. Nell'ultima, una modesta tuttavia pulita locanda gestita da un'allegra famiglia, si erano ritrovati a dormire insieme, nello stesso letto.
Aveva notato fin da subito il rossore e il nervosismo di Cathriona e di come cercasse in tutti i modi di svincolarsi da quella terribile possibilità. Si era coricata nel letto per prima, lui aveva preferito indugiare nei racconti sulla battaglia di Waterloo con il proprietario in compagnia di qualche boccale di birra. Quando entrò nella stanza, a notte fonda, la trovò raggomitolata quasi sul bordo e profondamente addormentata.
Si era tolto solo il necessario e con molta accortezza si era sdraiato accanto a lei, sentendo per la prima volta il naturale calore del suo corpo e ammirando i riflessi argentei nei capelli castani. Si era anche azzardato a sfiorarle un fianco prima di addormentarsi.
Grant si svegliò per primo, confuso e dolorante per la rigidità del materasso.
Nell'incavo del braccio vi era posata la testa di sua moglie, che dormiva rannicchiata su di lui. L'impulso di baciarle quelle labbra socchiuse, passare le dita fra quei capelli, che fino a qualche giorno prima aveva considerato anonimi, lo sconvolse a tal punto che stava per alzarle la camicia da notte. La strinse a sé, saggiandone le forme sode, domandandosi se sua moglie mangiasse abbastanza, ma Cathriona si era svegliata, imbarazzata e turbata lo aveva allontanato.
Durante l'ultimo tragitto verso casa, si era dedicato a una lunga osservazione del fisico di sua moglie, cercando di non tralasciare nulla, beandosi di quel tipo di bellezza discreta.
Quello che prima era curiosità ora era diventato ossessione, per quel motivo accettò di buon grado l'invito del Conte, voleva evitare di macchiarsi di altri delitti nei confronti di quella donna dalla morale irreprensibile.
Un paio di giorni passati a cacciare e bere avrebbero dovuto aiutarlo a sfogare tutta la libido accumulata in quei giorni. Invece, si era ritrovato circondato da pallide creature che si vendevano per poco.
Suo padre si sarebbe divertito enormemente e avrebbe dedicato ogni minuto ai piaceri della carne e del vino ma più invecchiava e più Grant comprendeva quanto vacua ed inutile fosse quel tipo di vita.
Decise che sarebbe tornato a casa, subito.




Camminare sotto la pioggia non era né poetico, né divertente; si disse Cathriona mentre cercava di ripararsi sotto una grande quercia. Era stata una sciocca, si era decisa a fare una passeggiata proprio dieci minuti prima che scoppiasse il temporale più lungo e violento della storia. Con la coperta sul capo, protetta dai rami e dal fogliame, si fermò ad aspettare.
Com'era stata sciocca ad uscire dal sentiero principale, avventurandosi chissà dove!
La sua poca dimestichezza con la campagna e le sue consuetudini l'avevano colta in fallo un'altra volta.
Rabbrividì per il gelo e le infinite gocce che le si erano infilate sotto l'abito e tremò quando sentì il frastuono di un tuono scagliarsi poco distante da lei.
Alzò la testa di scatto, non appena sentì una voce gridare nel frastuono del temporale.
-Cathriona!- gridò la voce un'altra volta, mentre si avvicinava velocemente verso di lei. Cathriona uscì dal piccolo riparo e si guardò intorno spaventata. L'uomo che gridava doveva essere un valletto o uno stalliere della casa venuto a cercarla, per questo conosceva il suo nome, si disse poco prima di gridare di rimando.
La prima cosa che notò fu il castrone nero che si avvicinava al trotto, poi alzò il viso ed incontrò gli occhi azzurri di suo marito.
-Cathriona!- disse nuovamente saltando giù dal cavallo, correndole incontro. Il cappello volò a terra e gli stivali s'inzupparono di fango subito.
-Grant.- sussurrò lei, lasciandosi stringere dal suo goffo abbraccio.
-Stai bene?- le chiese mentre sfregava le mani sulla sua schiena. -Dobbiamo andare, questo tempo … - ad interrompere la frase fu nuovamente un tuono. Grant fissò con una certa preoccupazione gli occhi spaventati di Cathriona e decise che sarebbero stati al sicuro e all'asciutto alla vecchia casa del guardiacaccia. Cathriona salì con una certa difficoltà sulla sella ignorando l'occhiata esasperata del marito mentre lei sistemava su entrambi la fradicia coperta.
Per Cathriona, quel momento sarebbe tranquillamente entrato fra i ricordi più odiosi se non fosse che realizzò di aver desiderato che suo marito, e non un valletto o uno stalliere qualsiasi, la salvasse.
Avrebbe voluto mantenere una parvenza di freddezza e distanza ma i suoi occhi sinceramente preoccupati le ricordarono quelli di suo padre, intrisi di affetto e senso della responsabilità, l'avevano colpita e quasi fatta piangere.
Grant l'avvolse fra le sue braccia e le sussurrò all'orecchio che tutto sarebbe andato bene, con le redini saldamente in mano, spronò il cavallo che partì al galoppo.
Cathriona scorse, qualche minuto dopo, una piccola casa con la porta aperta, che doveva aver mancato mentre vagabondava per il bosco. Suo marito la fece scendere in pochi secondi e la spinse verso la casa, dicendole che sarebbe tornato subito.
Fece qualche passo nella piccola casa, si tolse immediatamente la blusa completamente zuppa e il cappello che si era afflosciato sulla testa. Stava togliendo tutte le forcine, quando sentì Lord Grant Everstone ritornare e chiudere la porta con un calcio, fra le braccia teneva dei ciocchi di legno che posò sul caminetto rozzo e si apprestò ad accendere il fuoco.
-Togliti tutto. Non puoi startene con gli indumenti bagnati.- le disse mentre si toglieva la giacca e il panciotto. I capelli biondi, intrisi d'acqua, gli si erano appicicati in fronte e Cathriona si ritrovò a voler disperatamente scostarli con la propria mano.
Si voltò imbarazzata dai suoi stessi pensieri. Cominciò a togliersi i vestiti zuppi, cercando di non guardarsi indietro per vedere cosa stesse facendo Grant.
Quando si voltò, malamente coperta da un'umida vestaglietta che le arrivava al polpaccio, cercò di coprirsi. Suo marito era rimasto davanti al fiacco fuoco, ravvivandolo con una stecca arrugginita, i suoi abiti erano un mucchio bagnato di stoffa con l'altra mano le tendeva una camicia da uomo.
-E' abbastanza asciutta. Togli la vostra biancheria e sistemati con questa, per favore.-
Cathriona aggrottò le sopracciglia, confusa. Era la prima volta che le rivolgeva parole educate e con un tono più … Naturale del solito.
Fece come gli chiese e rossa per l'evidente stato di nudità, dato che la camicia le arrivava a metà coscia, tentò di darsi un contegno e si sedette vicino al fuoco. Grant le si avvicinò e si pose dietro di lei, stringendola in un confortante abbraccio.
-Sei fredda.- le disse solamente mentre la serrò le braccia intorno al corpo quasi scheletrico della donna. -Sei così magra, Cathriona.- le mormorò.
Cathriona sobbalzò e attese il seguente rimprovero. Era stanca ed assonnata, completamente raffreddata da non riuscire più a tenere gli occhi aperti. Avrebbe voluto sentir parlare ancora il Lord suo marito, bearsi di quel tono preoccupato e gentile, custodendolo come il più prezioso dei ricordi, ma il sonno la prese e pochi minuti dopo si addormentò.




I muscoli della schiena di Grant chiedevano pietà. Non era mai stato particolarmente forte, fare della boxe ogni tanto e senza particolare passione non gli aveva donato nessuna abilità speciale. Cercò di non svegliare Cathriona che dormiva sul suo petto mentre strisciava verso il muretto del camino, dando così sollievo alla sua schiena.
Sua moglie si mosse nel sonno e Grant si precipitò a controllarle la temperatura del corpo. Passò una mano sulla fronte e con un sospiro di sollievo notò che le febbri non si erano presentate, non ancora. Doveva essere vero che le donne borghesi non andavano in mille pezzi così facilmente. Si ritrovò a ringraziare Dio per avergli mandato una donna operosa e conservatrice come Cathriona, così diversa da sua madre.
Il ricordo della morte di sua madre, lo tormentava ad ogni temporale.
Era piccolo e tutt'oggi gli sembrava impossibile; cosa avrebbe potuto spingere una donna quieta e dedita alla mondanità a camminare per alcune miglia per la campagna intorno a Chester House durante un giorno di pioggia e buscarsi un raffreddore che mal curato dalla sua reticenza a stare a riposo, divenne una polmonite che la consumò in pochi giorni?
Perché?
Quand'era piccolo si dava la colpa, magari la mamma era stufa di tutto il casino che faceva quando giocava al pian terreno, si diceva.
Divenuto grande aveva sentito i pettegolezzi maligni e la storia alquanto bizzarra di suo padre, lui aveva ignorato entrambi e costringendosi a pensare che fosse tutto un caso, slegato da qualche orribile verità o diceria.
Per questo quando era ritornato alle stalle di Chester House, poco prima che impazzisse il temporale, e aveva trovato i domestici vestiti con teli e gli stallieri a cavallo, era ammutolito dal dolore.
Stava rivivendo una sgradita replica.
Abbassò la testa per sfiorare con le labbra la fronte di Cathriona, fortunatamente non calda.
La pioggia non scendeva più con la stessa violenza di prima, forse avrebbe potuto avventurarsi oltre e cercare di tornare a cavallo prima che tramontasse il sole ma non voleva esporre nuovamente al pericolo la salute di sua moglie, lo aveva già fatto una volta ed entrambi ne stavano ancora soffrendo.
La sentì muoversi e la osservò incantato risvegliarsi dal sonno profondo in cui era caduta qualche ora prima.
Le labbra gentili, l'ovale appena appuntito del suo viso, gli occhi castani e i ciuffi dei capelli bruni che la incorniciavano come un putto di un antico affresco.
-Buongiorno.- le disse.
Cathriona sembrò indecisa se scostarsi e lasciarsi abbracciare, si mosse per trovare una posizione più comoda ma Grant era interessato alla eccitante porzione di pelle della donna che la sua camicia mostrava, che la costrinse a rimanere fra le sue braccia.
Le sorrise e spostò lo sguardo sui suoi occhi ancora sonnolenti, abbassò il viso e la baciò.
Fu una strana esperienza per Grant.
Nel momento in cui toccò le labbra di Cathriona, si ricordò di non averla mai baciata prima, nemmeno alla fine della cerimonia nuziale.
Notò fin da subito la sua inesperienza e quasi ne gioì.
Davvero quella piccola creatura dalle mani forti, decisa e operosa non aveva mai baciato nessun in quel modo? Nessuno spasimante o gentile cavaliere? Nessun lontano parente o compagno di giochi?
Cathriona sembrava a suo agio fra le sue braccia e Grant si concesse qualche cosa in più, stuzzicandola con la lingua, abbandonò le labbra gonfie per scorrere lungo il collo mentre le mani si avventuravano sulle gambe scoperte.
Sentì una specie di gemito sfuggire dalle labbra di sua moglie e questo lo riportò con i piedi per terra, raffreddò i suoi gesti e riprese a baciarla con delicatezza sulla bocca.
-Stai meglio.- disse Grant stringendola al suo petto.
Cathriona annuì leggermente, apparentemente incapace di parlare.
Rimasero qualche minuto nel più totale silenzio che venne rotto da una strana consapevolezza: il rumore della pioggia non li accompagnava più.
Grant fissò la finestra e vide che l'ora del tramonto stava avanzando. Posò un piccolo bacio sulla testa della moglie ed in cambio ricevette un breve sfioramento delle sue labbra sul suo petto.
Improvvisamente l'idea di andarsene da quell'oasi gli sembrava stupido e controproducente. Da giorni sognava di avere un'intesa del genere con la sua riluttante moglie e proprio quando non ci sperava più, lei lo aveva sorpreso.
-Dovremmo andare.- disse lei con voce arrochita dal sonno.
-Già, anche se ammetto che preferisco starmene qui.- rispose lui.
Cathriona alzò il viso, con un'espressione seria che cozzava con quella maliziosa di Grant. -Perché?-
-Perché qui sembra tutto più semplice. Ci saremmo mai permessi tanta confidenza se non avessimo avuto questo temporale improvviso?-
Cathriona non gli rispose e tuffò il viso nel suo petto.
Si alzarono poco dopo, vestendosi con difficoltà e montando in sella con fatica. Gli abiti sembravano pesare dieci volte di più del normale, Grant assaporò gli ultimi momenti d'intimità che pensava non avrebbe più avuto una volta ritornati alla vita reale, continuando ad annusare il delicato profumo di donna e di pioggia direttamente dall'incavo del suo collo.
Rimase alquanto sorpreso quando, dopo essersi lavato, vestito, aver mangiato dello stufato bollente sotto le insistenze dell'anziana cuoca e rassicurato tutti i domestici sulla salute di sua moglie, aveva bussato nella sua stanza per sapere come stava e Cathriona lo aveva fatto entrare subito, scarmigliata e in vestaglia.
Per la prima volta in tutta la loro vita matrimoniale, gli stava sorridendo.
E Grant si accorse di quanto bella e preziosa fosse Cathriona Mafton Everstone.



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Capitolo 8
*** Vita Agreste ***



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Capitolo VIII
Vita Agreste




Amicizia è solo una parola, ma fedeltà è una parola vana. 
Publio Ovidio Nasone




Lord Grant Everstone si sistemò meglio sulla sedia e portò alle labbra il bicchiere colmo di brandy.
La sera calava lentamente su Chester House mentre gli ospiti si congratulavano con sua moglie che sedeva al piano.
Gli occhi di Grant erano rimasti a lungo fissi sulla nuca di sua moglie che libera dai capelli castani, si stagliava sottile e regale. L'abito era tagliato in modo monacale ma lo sforzo di starsene seduta al piano avevano fatto scivolare il tessuto di qualche centimetro e dalla sua posizione, Grant, poteva osservare le spalle magre contrarsi seguendo ritmo delle mani.
Nei giorni seguenti all'arrivo dei suoi amici dalla città, non aveva quasi fatto caso a sua moglie talmente era impegnato a cacciare per i boschi, giocare a biliardo e fumare sigari; se non fosse che quel mattino si era scontrato contro di lei, l'avrebbe dimenticata. Durante le cene, lei sedeva a capotavola e se ne stava seduta a mangiucchiare timidamente, annuendo ai commensali che ogni tanto le prestavano attenzione intanto che lui era troppo impegnato a discutere di politica monetaria per rendersi conto di altro. Nemmeno venti giorni prima era convinto di essere stato legato a vita con una donna di ben poche virtù, scialba e noiosa, ed ora si trovava nella strana situazione di doversi rimangiare ogni pensiero.
Sua moglie aveva qualcosa di speciale e di totalmente sconosciuto.
Non era la bellezza, non era la socievolezza e neanche l'individualismo ma una trepida scintilla di buon senso.
Il soggiorno dei suoi colleghi parlamentari scapoli era stato perfetto, ogni animosità era stata sopita e la servitù non era mai stata così efficiente. I fiori freschi, i rinfreschi dopo le passeggiate a cavallo del mattino, la carta e i pennelli sempre pronti in piccoli scrittoi disseminati negli angoli più intimi della casa, la selezioni di testi appena usciti in soggiorno, tutti quei piccoli accorgimenti,quei piccoli omaggi erano opera di Cathriona. Di quella donna silenziosa e operosa che lui non aveva saputo apprezzare per quasi tre mesi.
Grant si alzò quando notò che alcuni degli ospiti stavano salutando sua moglie, che in piedi e davanti alla porta, era intenzionata a congedarsi così presto. Per la prima volta in tutta quella settimana, gli offrì il braccio per primo e le sorrise gentile.
Fu colpito dal notare l'apparente tranquillità della sua risposta, s'inchinò brevemente agli ospiti e camminò al suo fianco con passi misurati.
-Siete molto stanca?- le domandò cercando di ignorare quell'aria severa che sapeva raggelare ogni spirito dal suo corpo.
Cathriona scosse la testa decisa. -No. Sto solo pensando alle diverse cose da preparare per domani. Lord Capton partirà sul tardi, quindi pranzerà con noi; tutti gli altri, invece, partiranno appena dopo la colazione. Dovrò assolutamente supervisionare i diversi cestini per il viaggio.- disse lei sciogliendosi in un sorriso mesto.
Salirono in silenzio le stanze e con un certo imbarazzo, Lord Everstone decise di entrare nel piccolo salotto della moglie. Osservò incantato Cathriona togliersi un paio di forcine che fecero scendere delle ciocche lisce intorno al suo viso e sfilarsi con grazia i guanti da sera.
-Dovete dirmi qualcosa?- chiese la donna fissandolo con malcelata confusione.
Grant le si avvicinò incerto. -Volevo chiederti se ti piace l'idea di fare una passeggiata domani mattina. Lord Capton mi ha annunciato che preferisce riposarsi in vista del ritorno e Sir Pierce sarà impegnato con la corrispondenza. E' da molto tempo che non ci concediamo un po' di tempo per noi.-
Entrambi non poterono non arrossire, ricordandosi del temporale e delle molte ore passate l'uno nelle braccia dell'altro. Cathriona aveva lo sguardo assorto, notò Grant con rammarico, quella strana sensazione di comunione era svanita velocemente.
-Dopo aver salutato i nostri ospiti, devo purtroppo fare un giro per le botteghe del villaggio. La signora Musgrove mi ha fatto notare che i negozianti si aspettano una mia apparizione.- disse la donna, lasciando una nota di ironia colorarle la voce.
Grant le sorrise gentile e le prese la mano, inchinandosi a baciarla. -Allora, saranno piacevolmente stupiti nel vedermi sfilare accanto a te.- disse Lord Everstone insistendo nel darle del tu. Lo irritava ed eccitava l'idea che sua moglie fosse una donna dalla volontà ferrea e che non si piegasse a ogni piè sospinto di fronte alle sfide di governare una casa come Chester House e benché la signora Musgrove non sia mai stata mediocre, era palese che Cathriona riuscisse a tirare il meglio di lei.
Cathriona districò gentilmente le mani e s'inchinò brevemente.
Si fissarono per qualche istante, entrambi sembravano riflettere sulle differenti circostanze che li avevano portati fino a lì.
Lord Grant le si avvicinò di un passo, incrociò le braccia dietro la schiena tentando di impedire il desiderio di stringerla fra le braccia e ringraziarla.
-Volevo … Volevo ringraziarti per tutto quello che hai fatto durante questi giorni. Credo sia il lungo ricevimento di soli uomini meglio riuscito della storia della casata.-
si passò una mano fra i capelli biondi. -In fondo non eri … -
- … Non ero tenuta a fare tutto questo?- disse lei terminando la frase con tono secco. Cathriona si allontanò e si sedette su una poltrona mentre fissava distratta le braci del fuoco ormai avvizzito. -Solo perché non sono nobile, di grande bellezza o abituata a questo genere di cose, non vuol dire che non sappia come ricevere ospiti, mio signore.-
Grant spalancò gli occhi sbalordito. Era venuto con l'intento di ringraziarla e farle capire quanto il suo aiuto e la sua bravura fossero stati d'immenso aiuto, di quanto fosse perfetta nel ruolo di Lady, padrona di casa e moglie. Sì, anche moglie. Avevano notato con una certa soddisfazione come era riuscita a non metterlo in ombra con nessun commento sarcastico o cattivo, di quanta pazienza aveva sfoderato per andare incontro ad ogni suo capriccio o moina, di quanta distaccata gentilezza aveva conversato con uomini che solamente cinque mesi prima l'avrebbero trattata come pezza per i piedi?
Cosa faceva per scatenare ogni volta la sua gelida rabbia?
-Cathriona, volevo solo farti un complimento e renderti partecipe della mia soddisfazione. Era da molto che la casa non accoglieva così bene degli ospiti.- disse cercando di rimanere calmo. Cathriona sembrò non averlo ascoltato, si alzò e premette una mano sulla maniglia. -Vorrei andare a coricarmi, mio signore. Se vuole ci vediamo domani mattina, nel primo pomeriggio, direi.- aprì la porta e gli gettò uno sguardo corrucciato prima di chiudersi la piccola porta dietro di sé.
Lord Grant fissò a lungo gli infissi dei muri, comprendendo quanto difficile fosse entrare nelle grazie di Lady Cathriona Everstone.




-Se ti passo una lettera, prometti che non darai di matto?- chiese Sir James Pierce l'unico dei suoi ospiti ad essersi auto-invitato raccontando a Cathriona di quanto amasse la campagna intorno. Lord Everstone gli aveva lanciato una brutta occhiataccia ed era stato tentato di buttarlo fuori assieme al compare Capton ma a quanto pare, Cathriona sembrava quasi deliziata dall'averli intorno. In fondo, Sir Pierce era stato uno dei pochi a dedicarle qualche minuto di piacevole conversazione durante il ballo di Lady Diane.
Grant strappò dalle mani dal collega parlamentare la busta chiusa e s'incamminò furioso verso la silenziosa biblioteca. Aveva riconosciuto il tenue profumo di rose, Violet Graham ripiombava sulla sua vita.





Cathriona si sistemò alla meno peggio le diverse pieghe dell'abito sgualcito che indossava, sorridendo al cesto pieno di fiori e al sole al tramonto. Era andata a farsi una passeggiata rinvigorente fra le diverse bellissime aiuole del giardino frontale, cogliendo qualche fiore e strappando qualche erbaccia rinsecchita, canticchiando un motivetto allegro e facendo una lista di diverse cose che doveva comprare al villaggio.
La governante della casa, la signora Musgrove, le aveva chiaramente detto che gli abitanti di Chesterhall si erano aspettati una signora diversa, una donna di alto rango e di qualche campagna intorno, invece di una donna borghese sulla quale si aleggiava uno scandalo di enormi proporzioni. Per cercare di ingraziarseli, doveva farsi vedere al mercato, acquistare qualcosa lodando i fittavoli e i loro frutti, salutando i bambini e trattando gli adulti con superbia confidenza.
Così, dopo aver salutato la maggior parte degli ospiti del marito ben prima della colazione, si era preparata per andare al villaggio con il marito salvo poi riceve una comunicazione del valletto su un impegno urgente in qualche fattoria. Era salita sulla piccola carrozza con la governante e una delle cameriera e con l'abito migliore si era preparata ad interpretare al meglio il ruolo della nobildonna.
E strano ma vero, vi era riuscita. Come un cavallerizzo esperto aveva saltato ogni ostacolo, ogni muretto di pietra, assaporando la vittoria come mai prima.
Il giorno successivo, la moglie del vicario, l'anziana signora Strug, figlia di un Baronetto deceduto quasi un secolo prima, e la signorina Kendall, la maestra della scuola, sarebbero state le prime ospiti invitate personalmente dalla futura Marchesa di Chesterhall.
Era quasi convinta che gli sguardi perplessi di alcune delle donne e la strana ritrosia dei bambini a comportarsi da piccole scimmiette di fronte a lei, avessero minato ogni possibilità di creare un solido rapporto. Cathriona non era stata educata per comportarsi da essere superiore e mai avrebbe voluto diventare anche una pallida copia di Lady Diane, per questo quando l'oste della città si confuse e invece di chiederle se voleva del tè, aveva parlato di birra, lei aveva insistito per assaggiare la bevanda servita in un boccale riccamente intagliato. In quel esatto momento, Cathriona, vide gli occhi degli abitanti del villaggio guardarla con stima. Forse da lei non si aspettavano un comportamento altezzoso ed erano contenti nel vedere che non si era montata la testa, pensò mentre sistemava i fiori in un grosso vaso di porcellana azzurra. Lei stessa non sapeva come abituarsi ai diversi cambiamenti che avevano sconvolto la sua esistenza. Fino a pochi giorni prima, considerava suo marito il peggiore degli orchi e nonostante la sua tempra dura non era riuscita a stare dietro alle tante umiliazioni che aveva subito, primo fra tutte l'esistenza stessa di Violet Graham. Poi le cose erano mutate bruscamente.
Suo marito non era solamente un mostro ma un uomo che le ricordava a tratti il fratello, appassionato, educato e gentile. E lentamente Grant gli aveva concesso di vedere oltre l'apparenza meschina che la società e lui stesso si erano così tanto preoccupati di creare. E ne era rimasta affascinata, quasi incantata.
Durante gli ultimi giorni, con la casa piena di ospiti, l'aveva visto scambiare con tutti qualche frase, ringraziare sempre i domestici e cercare di venire incontro a ogni desiderio degli invitati. Lo aveva visto ridere con gli stallieri, aiutare la signora Musgrove a spostare un tavolino da tè nella sua stanza, affinché potesse ritirarsi in un ambiente femminile. Lo aveva visto preoccuparsi per la sua salute, quella lunga giornata di tempesta dove la sua rigida morale le era scivolata fra le mani e per la prima volta nella sua vita era stata baciata.
Sì, perché in ben cinque mesi di matrimonio, Lord Grant Everstone, il suo signore marito, non aveva mai sfiorato le sue braccia.
E lei, sciocca Cat come la chiamava la mamma, si era sciolta come neve al sole.
Ed era stato facile scordarsi che quelle labbra e quelle mani signorili appartenevano all'uomo che l'aveva aggredita nel bel mezzo di una notte senza stelle, l'aveva sposata obbligato dall'integerrimo zio, l'aveva presa fin dalla prima notte di nozze con prepotenza e inumanità, lasciandola sempre tremante e piangente.
Aveva stretto i denti, si era rincuorata di essere fortunata di avere un tetto sulla testa e un marito abbastanza ricco ed era andata avanti, nonostante l'amarezza prendesse posto della rabbia.
Per questo si era chiusa in un religioso silenzioso e girava come una gatta ferita, cercando di mantenere l'equilibrio con fermezza; non poteva risalire il fondo se un'altra delusione si sarebbe aggiunta alle altre, non dopo aver assaggiato poche ore di matrimonio felice e d'amore.
Non sarebbe più riuscita a ricomporsi e si sarebbe lasciata andare alla disperazione e al rancore.
Con gesti di stizza, si scacciò le lacrime che ormai scorrevano libere sul suo viso e corse in camera a piangere quelle che si prometteva, sarebbero state le ultime lacrime.

Non poteva vedere lo sguardo colpevole di Lord Grant Everstone che l'aveva osservata a lungo dalla porta della libreria.






-Credi che sia possibile? Io non posso e non voglio crederci.- disse Grant con stizza mentre cavalcava il castrone nero e seguiva pigramente il cavallo arabo di Sir James Pierce.
-Quali erano i patti? Io ricordo un certo Duca d'Ulster arrabbiato che fugge imbarazzato a Parigi.- disse Sir James fissando il collega. -E' davvero così grave?-
Grant preferì non rispondere. Temeva le parole che potevano uscire dalla sua bocca.
La breve lettera di Violet era carica di funesti presagi. La banca le aveva revocato la possibilità di usufruire il conto a lei intestato dicendo che era ormai agli sgoccioli, l'equivoco Duca era ufficialmente rientrato a Londra ed aveva avuto la sfacciataggine di far riaprire la casa accanto a quella di Violet e come se non bastasse suo padre si era stufato delle vedove di Bath e dintorni ed aveva deciso di fuggire a Londra.
Se non avesse agito in fretta, la città intera sarebbe esplosa.
Grant fissò in cagnesco la casa in cui era cresciuto nell'allegria e nell'agio.
Fino a qualche ora prima meditava su una piccola sorpresa da fare a sua moglie in modo da cercarla di convincersi a concedersi a lui e a concepire un erede ma vederla in lacrime il giorno prima lo aveva abbattuto.
Qualunque cosa facesse, Cathriona Mafton lo giudicava stupido e innalzava un altro miglio di mura intorno a sé, cosa che lo frustrava e gli faceva capire quanto avesse penato suo padre a far contenta sua madre, vent'anni prima.
Era bastata una lettera profumata, però, a distruggere qualunque piano di vita coniugale. La donna che amava disperatamente poteva essere in pericolo, e lui non poteva e non voleva trincerarsi dietro le scuse. Non aveva colto la possibilità di rendere Violet sua moglie anni prima, condannandola a una vita d'inferno; ora doveva pagare pegno per le tante sofferenze che si erano inflitti a vicenda.
-Qualunque cosa intendi fare, stai attento.- disse improvvisamente Sir James Pierce. -Il vecchio Duca avrà anche quasi sessant'anni ma tre mesi fa ha fatto fuori un irlandese in un duello.-
Grant aggrottò la fronte. -Cos'era successo?- domandò accarezzando il manto lucido del cavallo.
Sir James scrollò le spalle. -Semplice, il Duca si è preso una cameriera di una signora che frequentava, il fratello di quest'ultima era un soldato e si sono sfidati a duello. Ulster ha eliminato con grande facilità il povero tizio e si è portato la cameriera a Brighton, a forza.- raccontò con voce piatta. Si voltò verso Chester House che si stagliava lontano. -Siamo sempre stati buoni amici e ammetto che farti irritare è il mio sport preferito ma credimi se dico che più che proteggere la tua donna cortese e pestare i piedi ai potenti, ti conviene tornare a casa e procurarti un erede. Una volta avuto il figlio, potrai anche chiedere il duello.- disse cercando di ignorare la crescente collera che colorava il viso di Lord Everstone.
Grant conficcò i tacchi degli stivali nel cavallo, spronandolo a una corsa selvaggia, certo di dimenticarsi i saggi consigli del suo vecchio amico.
Era necessario ripartire per Londra e proteggere la sua amata dalle conseguenze delle malefatte della sua famiglia; dietro di sé, però, doveva lasciare che il seme germogliasse nel ventre della donna che era stato costretto a sposare.






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Capitolo 9
*** La Debolezza ***



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Capitolo IX

La Debolezza




Due cose solleticano la vanità dell'uomo: la virtù della moglie e la debolezza delle altre donne.
Milan Begović







Su Chester House era tornata la normalità. La servitù godeva di molti tempi morti durante il giorno e Lady Everstone si dedicava principalmente alla lettura di sonetti e alla pittura; mentre il Lord suo marito seguiva i lavori nei campi della proprietà.
Il silenzio e la tranquillità regnavano sovrani da giorni ormai, annullavano ogni affanno e ogni tristezza che sembravano caratterizzare ogni antro di quella grande dimora.
-Buongiorno Smiths.- disse Grant porgendogli il cappotto e il cappello. -Come vanno i preparativi per le vostre nozze?- domandò sorridendogli con esagerata cordialità.
Smiths s'inchinò appena in segno di apprezzamento per la confidenza. -Molto bene, la signorina Forrest è molto lieta di ogni dettaglio.-
Grant si fermò ad osservarlo. Aveva colto nella voce di quel giovane maggiordomo una sorta di tensione che stonava un po' con l'insana allegria che aveva colto la servitù.
-Vi vedo agitato, siete nervoso per le vostre nozze?- indagò mentre s'incamminava verso uno dei salotti.
Il domestico strinse le labbra in una smorfia. -Spero di essere all'altezza della mia futura moglie. Non vorrei mai deluderla.-
Lord Everstone gli sorrise freddo. -Certo, è un'agitazione comprensibile.- si voltò verso la finestra e vide sua moglie seduta su un piccolo sgabello, un cappello enorme le copriva il volto interamente e le mani erano intente disegnare su una tela posta di fronte alla serra.
Cercò di ricordarsi se anche lui era stato agitato il giorno prima delle sue nozze, ma ciò che rimembrava erano solo immagini confuse di un uomo troppo ubriaco e i rimproveri concitati di suo zio.
Sarebbe stato diverso se si fosse semplicemente innamorato di quella donna dai lineamenti anonimi, i capelli scialbi e la poca avvenenza, per il suo buon carattere e la sua gentilezza?
Forse sarebbe stato meglio, avrebbe potuto agitarsi come il buon Smiths e tentare con ogni sforzo di essere un marito degno della moglie.
Ma lui era stato beccato con le braghe calate, la mente confusa e le mani che tentavano di strappare una vestaglia pesante dal corpo di una spaventata ed innocente vergine.
-Smiths, vado a salutare mia moglie, stasera ceneremo nel suo salottino privato.- ordinò al giovane che si prostrò dopo aver assentito all'ordine.
Si avviò verso il giardino con passi misurati e stanchi, la schiena dolorante per le lunghe ore passate a cavallo, si scusò quando la vide sobbalzare al suo tocco misurato alla spalla. Niente, non riusciva mai a farne una giusta, pensò sedendosi a terra.




-Mi avete spaventato!- disse Cathriona mascherando subito la sorpresa dai suoi occhi. Posò con delicatezza il pennello sul piccolo tavolino mentre osservava il marito sedersi a terra, improvvisamente dimentico delle buone maniere e della rigida etichetta.
Prese un fazzoletto liso e pulì i pennelli sporchi di colore, cercando di ritrovare quello stato d'animo beato che fino a pochi secondi prima l'aveva cullata.
-Immagino la vostra giornata sia stata proficua.- disse sistemando la sua attrezzatura.
Grant le fermò una mano. -Non smettere di disegnare, volevo solo guardarti all'opera.-
Cathriona respirò a fondo prima di voltarsi ad osservare la tela imbrattata.
Come avrebbe voluto avere la stessa disinvoltura del marito, ignorare i peccati commessi o subiti e sorridere di fronte alle malignità. In quei giorni di apparente solitudine, si era creata uno spazio di serenità, seppellendosi fra i libri, girando per l'immensa casa senza meta, dipingendo sull'onda di un bisogno emotivo.
Odiava quell'aria determinata che il marito riusciva sfoggiare e quel tu colloquiale che la poneva immediatamente su un piedistallo infamante data la sua ritrosia a concedergli la stessa gentilezza. La servitù non faceva altro che gettarle sguardi eloquenti e strane domande silenziose e lei era costretta nuovamente a chinare la testa.
-E' un esperimento venuto male.- rispose Cathriona alzandosi dal piccolo sgabello.
-E' un esperimento delizioso.- disse Grant seguendola e porgendole il braccio. Cathriona rimase un secondo di troppo ferma ad osservare quel gesto gentile. -Dobbiamo parlare.- la incitò il marito; e Cathriona seppe immediatamente cosa il marito aveva deciso.
In cuor suo Cathriona lo aveva sempre saputo. La libertà che le aveva concesso in quei giorni andava prima o poi pagata e la ferma determinazione che leggeva nei suoi occhi non era che la conferma dei suoi più tristi pensieri.
Gli rivolse un sorriso mesto ed annuì mentre lui blaterava di eredi e gioie della maternità, fissò con una certa insistenza il sentiero ombroso in cui camminavano.
Non era tenuta a partecipare, questo lo aveva già intuito precedentemente. Mangiò qualche boccone di stufato e con grande difficoltà bevve il bicchiere di vino che Lord Everstone le aveva riempito, lasciando a lui la terribile responsabilità di condurre i giochi e intrattenersi da solo.
Non fu complicato, quella volta.
Conosceva tutti i passi del procedimento. La porta aperta della sua camera, la vestaglia già appoggiata sul letto, i capelli legati in una coda sommaria, le sue mani che sollevavano la camiciola, il suo corpo pesante che le mozzava il respiro, le mani che tremavano mentre affondavano nel materasso, il suo grugnito finale e il suo tremore. E le sue lacrime d'umiliazione e stanchezza che scendevano lente sulla sua faccia rossa.
Non fu doloroso come agli inizi, quello che più le faceva male era la sua passiva partecipazione e l'arrendevolezza del suo corpo davanti ai piaceri della carne.
Pose subito le spalle al marito, nascondendo il suo corpo sotto la trapunta e il suo viso nel cuscino fresco, arrabbiata e confusa, chiuse fortemente gli occhi cercando di scacciare quella strana sensazione di distrazione che il suo corpo aveva provato.
-Cara … Vi ho fatto di nuovo male?- chiese Grant avvicinandosi.
-No!- sentenziò Cathriona allontanandosi dall'ombra della sua mano che voleva posarsi lungo il suo fianco. -Sto benissimo mio signore, spero di avervi soddisfatto un poco.- rispose con ferma calma.
Non poteva certo vedere l'espressione frustrata di Grant quando invece di alzarsi ed accomodarsi nelle sue stanze, preferì rimanere disteso dall'altro lato del letto a fissare il soffitto scuro.
-Mi dispiace … -si lasciò sfuggire Cathriona con voce tremante.
-E di cosa, mia signora?- chiese Grant stiracchiandosi le membra stanche. -Sono io il bruto.- ammise seccamente.
Cathriona trattenne il respiro e quasi fu tentata dall'assentire a tale affermazione ma preferì, per il comune vivere, mordersi le labbra.
-Io … Sono solo una donna comune. Non so … Non so niente.- ammise Lady Everstone cercando di tenere a bada la nota lamentosa che colorava la sua voce roca. -Io … - mormorò confusa.
Nella sua mente si ingarbugliavano pensieri e ricordi, parole e gesti, rabbia e dolore. Come poteva continuare a vivere in quel modo? Con i sensi all'erta, incapace di godere di quei pochi attimi di felicità che arrivavano inaspettati e desiderati ardentemente? Perché tentava di interpretare la parte della donna borghese dura e fredda come il vento del Nord, afflitta solo da pensieri pratici e terreni? Nel suo cuore, sotto lo strato di fredda cortesia e produttivi riflessioni, vivevano i sentimenti comuni di una donna. Era il fatto che il suo cuore palpitasse come le protagoniste dei romanzi femminili sui giornali e delle ballate popolari che la irritava e la deludeva. Cathriona Mafton si era sempre considerata forte e risoluta, fino a quel momento non aveva avuto dubbi su quelle certezze e fiera aveva attraversato situazioni complesse senza mai cadere nello sconforto.
Rendersi conto di voler essere semplicemente amata, desiderata e stretta con impeto, come qualunque altra donna, la stava distruggendo.
Per questo lasciò che le mani del marito la cingessero contro il suo petto, racchiudendola in un abbraccio che sapeva di sconfitta e di affezione vana.






-Tornerò fra poco meno di due settimane. Pare che vi siano dei problemi grossi con alcune disposizioni parlamentari che ho impartito prima della pausa. E' necessario che tutto si sistemi, prima che il Primo Ministro e la Regina aprano i lavori camerali.- recitò con perfetta cortesia. Si spostò per osservare meglio la moglie sotto la luce del sole augusteo. Notò con rammarico la faccia smunta e l'irrequietezza che traspariva dal suo sguardo poco lucido. Nell'ultima settimana aveva insistito con i doveri coniugali ma si era sempre prodigato a compierli appena dopo il tramonto del sole, dandole la possibilità di dormire serenamente per il resto della notte. Tuttavia ogni mattina si ritrovava di fronte una donna spossata dalla stanchezza e dal volto insonne.
Durante il giorno si separavano per poi ricongiungersi a cena, nel tardo pomeriggio, scambiando qualche parola e ignorando del tutto quella notte che avevano passato stretti in un abbraccio intimo ed amareggiato.
Gli sembrava strano provare della tenerezza per l'aperto smarrimento con cui Cathriona era solita fissarlo la sera mentre condividevano il talamo nuziale con fini provvidenziali; così come stava trovando sempre più erotico il suo corpo casto, la sua peluria castana, i riccioli alla base del collo in cui affondava il naso durante le ultime spinte, la strettezza del suo interno e la chiara ed eccitante idea di essere il primo e l'unico. Non si era mai considerato particolarmente possessivo con le donne, ma quella scialba moglie sembrava portare alle estreme conseguenze ogni suo sentimento, ogni sua tendenza.
-Fate buon viaggio.- disse lei solamente, inchinandosi rispettosamente.
Grant si chinò a baciarle la mano e sentì il suo cuore invaso da uno strano affetto. -Scrivetemi e prenditi cura di tè stessa.- rispose posandole un bacio lieve sulla fronte.
Si congedarono frettolosamente, la mente di Grant gridava di già un altro nome e le sue narici odoravano fragranze di viole mentre la carrozza s'incamminava fuori dai cancelli di Chester House.
Nessuno dei due si voltò per salutare l'altro.





L'alba era il suo momento preferito da molto tempo ormai.
Il sole non ancora completamente sorto, colorava tenuemente la sua camera dai toni rossi e i velluti scuri. L'aria fresca s'infiltrava dall'unica finestra per pulire la viziata atmosfera di bordello che inevitabilmente si creava la sera, rimpiazzando ogni vizio con una finta apparenza di purezza.
Violet districò le coperte che si erano attorcigliate alle caviglie e si guardò intorno assonnata.
-Horace, svegliati.- disse smuovendo il braccio che le tratteneva lo stomaco. L'uomo che le dormiva accanto, grugnì infastidito e si spostò di qualche centimetro.
-Devi andartene.- ordinò mentre si alzava e si sistemava i lunghi capelli rossicci in una floscia coda. -Aspetto visite oggi.-
Horace, un uomo di circa cinquant'anni con i capelli radi e i baffi brizzolati, si sedette sul letto e la fissò indispettito. -E chi sarà mai? Uno dei tuoi damerini di città?- domandò ridacchiando. -O per caso il tuo cavaliere dall'armatura scintillante?-
Violet si voltò e gli lanciò una forcina che cadde a terra sul tappetto facendo ridere l'uomo. -Povera piccola gatta! La vita è stata così ingiusta con te.- ululò l'uomo in preda dalle risate. -Quando fai così, mi ricordi quella patetica di tua madre.- Horace si alzò e indossò la vestaglia di broccato dirigendosi verso una piccola porta.
Violet strinse i denti cercando di non mostrare la rabbia che la stava invadendo. -Se era così patetica perché ti sei scomodato tanto nell'averla?- gli domandò. L'uomo non si voltò per guardarla e con la porta ormai aperta le rispose. -Perché io progetto sempre imprese proficue nel tempo.- chiuse la porta e lasciò una Violet livida di collera, al centro della sua stanza traboccanti di velluto.






-Spero di dissuaderti da questa ingente spesa, figliolo.-
Grant alzò gli occhi dal giornale per incontrare lo sguardo accusatorio dello zio.
Al Whites' regnava uno strano silenzio assorto, dato che la maggior parte degli iscritti era ancora nelle campagne a godersi la lunga pausa parlamentare.
-Ho abbastanza soldi per mantenere questa spesa.- rispose Lord Everstone.
Lord Cunningham scosse la testa e si servì di un'altra tazza di tè. -Proprio non vuoi lasciar perdere? La signorina era conscia di non dover spendere così tanto per cose così futili. Chi ti dice che fra cinque mesi non ricomincerà tutto daccapo? Non pensi a come potrebbe reagire Cathriona se venisse a saperlo?-
Al nome della moglie, Grant si agitò. Ogni anno donava del denaro a Violet come pegno d'amore, in quanto si sentiva responsabile per la fine dell'immacolata reputazione della ragazza, ma quell'estate sembrava che i fondi fossero finiti con mesi d'anticipo. La casa era della madre e riceveva una rendita dal fratello che viveva nel Galles e raramente si vedeva in giro. A conti fatti, Violet non era una donna povera, ma non appena incontrò il funzionario della Banca si dovette ricredere. Lo stato delle finanze della donna che conosceva da quando era fanciullo era preoccupante.
Che ci fosse dietro il gioco d'azzardo?
Difficile da credere ma non per questo impossibile.
-Non sono così accecato dal donare tutto quello che ho a Violet. Ho una moglie a cui pensare e degli eredi che arriveranno da sistemare.-
Lord Patrick Cunningham alzò il sopracciglio e lasciò cadere la questione, tirandone fuori un'altra.
-Ho incontrato tuo padre. Si trova al Carlton Hotel.-
Grant sospirò stizzito. -Si tratta sempre bene il vecchio.-
Lord Patrick annuì distrattamente. -E' invecchiato moltissimo e anche se lo nasconde, temo che la sua fine sia vicina. E' stanco.-
-Chiunque sarebbe stanco se avesse vissuto anche solo un mese ai suoi ritmi.-
-Credo che andare a Chester House possa aiutarlo a calmarsi, non c'è molto da fare là e sono sicura che Cathriona gradirebbe la compagnia di un uomo così … Lusinghevole.-
Il nipote posò le carte che stava leggendo. -Sono sicuro che Cathriona non troverebbe per nulla gradevole mio padre con il suo bere e fare casino. Persino io lo trovo estenuante.-
-E allora perché non lo accompagni a Chester. Lì potrai prenderti cura di tuo padre, di tua moglie e della tua eredità. Lascia perdere questa giovinetta di città.- disse duramente Lord Cunningham. -E' chiaro che farà la stessa fine della sua povera madre.-
A quelle parole, Grant si alzò in piedi offeso. -Non tollero che si parli di lei così, zio.- disse con voce sibillina. -Ho già ubbidito ai tuoi ordini e mi sono legato a una donna di basso rango con la quale non riesco nemmeno fare una conversazione decente, impresentabile a corte e che mi guarda come se fossi un rospo gigante.-
-Dovevi riparare all'errore che hai commesso. Cathriona Mafton t'impedirà di seguire la strada di tuo padre.- rispose Lord Patrick alzandosi anch'esso. -Quando lo vedrai, potrai finalmente perdonarmi.-
Grant lo guardò andare via e sprofondò nella poltrona coprendosi il volto con le mani.
Aveva lasciato una moglie che sembrava non provare niente più del rancore, doveva proteggere la cara Violet dalle mani di Horace Ludor, Duca d'Ulster, l'uomo che l'aveva rovinata anni prima e tentare di raccogliere quel che rimaneva del padre gentile e premuroso che l'aveva cresciuto e poi abbandonato poco più che adolescente senza tante cerimonie.
Scacciò quei malinconici pensieri e si tolse il cappello non appena si ritrovò di fronte alla deliziosa villa di Violet stava per aprire la porta quando una donna della servitù l'aprì per far passare un uomo alto e possente.
-Oh … Qual buon vento di porta qui, giovanotto?- domandò quest'ultimo. -Si direbbe che non conosci altri bordelli.-
L'istinto di sferrare un pugno fu fermato dal grido di sorpresa e orrore di Violet che, in vestaglia e con i capelli scompigliati, si precipitò verso la porta.
-Grant, ti prego non farlo!- urlò aggrappandosi al suo braccio.
Lord Everstone ritirò il braccio e si scostò trascinando con sé la donna.
-Credimi, giovanotto, non ho fatto niente che la ragazza non abbia disperatamente voluto.- sussurrò prima di uscire senza congedarsi. La cameriera chiuse con un forte schiocco la porta e si dileguò velocemente.
Grant osservò i segni sul collo e sulle spalle che la pelle diafana di Violet aveva, gli occhi pieni di lacrime e le gote arrossate dal pianto trattenuto e non poté fare a meno di abbracciarla.
-Oh, Grant!- gracchiò lei. -Sei venuto!-
-Niente avrebbe potuto allontanarmi da te. Niente.- disse con ardore mentre la stringeva in un abbraccio.
-Oh, Grant! Non ho fatto nulla, mi ha solo picchiato. Lui vuole … -
Lui scosse la testa e le tolse le ciocche arruffate dalla fronte. -Non importa, sono qui e sistemerò tutto.-
Violet gli strinse il bavero del cappotto offrendogli le labbra. -Anche se hai una moglie?-
Per un attimo Grant fu tentato di rispondergli affermativamente ma l'immagine di Cathriona che dipingeva all'aria aperta con un grosso cappello di paglia lo ammutolì. Preferì assaltare la debole avversione all'erotismo di Violet, sfiorando con una mano inguantata i seni pieni.
-Sono tua, sempre e solo tua.- mormorò lei fra un bacio e l'altro mentre lo trascinava in salotto. Grant si tuffò e rovistò nella vestaglia alla ricerca delle forme piene della sua donna. Non riuscirono nemmeno a svestirsi completamente, calati i calzoni Grant la prese sul divanetto, sfogando su quel corpo accogliente mesi di frustrazioni e privazioni.
Quando tutto finì e gli ansimi diventarono normali, Grant notò che per la prima volta aveva prediletto un amplesso ad occhi chiusi, ignorando le mute richieste d'attenzione di Violet e agognando di vedere non quei occhi chiari, bensì quelli scuri di sua moglie.
Si allontanò di scattò, si scusò prontamente con Violet dandole appuntamento nel pomeriggio e fuggì da quella casa che era stata troppe volte teatro delle sue sconfitte morali.
La sensualità carnale ed adulta di Violet era stata cancellata dalla purezza e dalla tenacia di quella giovinetta di soli diciannove anni, il chiaro segno di quanto il mondo a lui famigliare si stava sgretolando.










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Capitolo 10
*** Una Scelta ***





Capitolo X

Una Scelta


Le scelte si fanno in pochi secondi e si scontano per il tempo restante.
Paolo Giordano




Novembre stava volgendo al termine, l'aria fredda rendeva impossibile a Cathriona passeggiare per ore lungo i sentieri del bosco intorno alla casa; le sue membra si stancavano dopo pochi minuti e il fiatone le mozzava il respiro.
Uno dei pochi piaceri della sua solitaria vita a Chester House doveva essere presto dimenticato. Storse la bocca in una smorfia e si sedette sulla panchina indicata dalla governante che la seguiva con apprensione, munita di cestino.
-Milady, dovremmo tornare a casa. Inizia a fare molto freddo.- disse la signora Musgrove mettendole sulle gambe una coperta calda e rimboccandola come una bambina. Cathriona lasciò che la donna la viziasse e si godette gli ultimi raggi del sole, era quasi tentata di togliersi il cappello e lasciare i capelli sciolti sulle spalle.
-La cuoca ha trovato gli ingredienti segreti per il buffet di Natale?- domandò alla governante. La donna annuì con fare burbero. -Eh sì, per fortuna che il giovane Oliver è tornato proprio oggi a Londra con tutti gli ingredienti e in grande quantità.-
Cathriona le sorrise annuendo. Aveva notato una sfumatura d'incertezza nella sua voce e fece finta di nulla. Era diventata brava a mettere la testa sotto la sabbia e preferire le chiacchierate sul tempo e sul Natale in arrivo che affrontare la realtà.
Quando il marito le aveva parlato del suo viaggio ed era partito con una certa fretta, Cathriona era stata contenta di avere qualche settimana da passare da sola a cercare di analizzare i sentimenti contrastanti che provava nei confronti di Lord Everstone.
Se alla prima lettera, lunga e dettagliata, aveva sentito e letto una sorta di acerbo affetto; le cose erano cambiate velocemente quando dopo poche settimane le lettere erano diventate sempre più scarne per poi scomparire del tutto.
All'inizio del mese scorso, si era decisa a partire ma poi seppe che l'anziano maggiordomo in pensione riceveva costantemente delle piccole missive dall'erede di Chester House che s'informava sullo stato della casa e sulle spese mensili.
Nessun accenno alla sua salute e alla sua persona a quanto pare venne fatto intendere all'anziano maggiordomo. Il pover'uomo sembrava incapace di comprendere il padrone che aveva servito da una vita e veniva sovente a Chester House portandole le missive scarne di Lord Everstone.
Cathriona scosse la testa levandosi un ricciolo scuro, d'altronde non poteva certo aspettarsi molto da lui?
Era solo stata una breve illusione, quel desiderio di poter aver un matrimonio quanto meno tranquillo. Per una volta aveva lasciato che il suo cuore si sciogliesse al romanticismo e alla speranza, e di questo Cathriona si sarebbe sempre sentita un po' ingenua.
Scacciò quei pensieri avvilenti ed appoggiò una mano sul suo ventre gonfio e sorrise, aveva altro a cui pensare, qualcun altro da amare.
Rientrò in casa mezz'ora dopo,trascinata da una sempre più preoccupata governante che la obbligò a dedicare l'intero pomeriggio al riposo e alla lettura di un romanzo gotico seduta davanti al camino scoppiettante.
Le ci volle qualche minuto per accorgersi che il piccolo Oliver si era avvicinato a lei portandole un poggiapiedi e un cuscino.
-Grazie mille, Oliver.- lo ringraziò lasciandolo sistemare ogni cosa.
-Domani se è bel tempo, potrai imparare a cavalcare. Avvertirò io gli stallieri.- gli disse con un sorriso.
Il piccolo Oliver era il terzo figlio del macellaio della città e secondo tutti gli abitanti del villaggio era debole di mente, ma Cathriona vi aveva visto un'anima gentile, quasi visionaria dietro quella sorta di vena malinconica che traspariva dai suoi occhi. Lo aveva assunto, ignorando le proteste della servitù in casa e nei tempi morti gli introduceva allo studio tecnico dell'arte e della grammatica.
Nei primi giorni aveva notato una certa ritrosia ad imparare tuttavia la sua naturale curiosità emerse così come il suo lato estroverso.
Cathriona covava, in segreto, l'idea che sotto quell'apparenza asociale e timida si nascondesse un piccolo genio della pittura e dell'architettura, il che spesso e volentieri le ricordava suo padre e i collaboratori della Mafton Company, macchiando per un attimo il suo umore con un po' di tristezza.
-Milady … Credo di aver fatto una cretinata.- disse il ragazzo chinando il capo. -Io  … Ho incontrato il milord e …  -
Cathriona si sedette meglio sul divano e cercò di anticipare ciò che il ragazzo voleva confessare.
-Vai avanti, Oliver.- lo spronò pentendosi fin da subito della crudezza con cui si era rivolta verso il ragazzino.
-Ho detto al Lord suo marito che aspetta un bambino … - confessò con un filo di voce.
Cathriona impallidì all'istante e le ci vollero alcuni minuti per rendersi conto che il giovanotto era scosso dai singhiozzi. Gli fece cenno di avvicinarsi e lo abbracciò stretto a lei. -Non ti preoccupare, Oliver. Vai a lavarti la faccia e torna in camera tua a fare i compiti. Domani mattina passerai la giornata con gli stallieri.-
-Non è arrabbiata con me, milady?- domandò quest'ultimo alzando il viso e asciugandosi gli occhi con una manica. Lady Everstone gli sorrise benevola, poteva anche essere una moglie negligente e fredda ma il suo cuore si scioglieva di fronte al candore dei fanciulli.
-Non ti preoccupare, non potrei mai arrabbiarmi con te. Ora và, hai molto da studiare e fare prima di tornare a casa dai tuoi genitori per Natale.- disse dandogli un buffetto sulla guancia. Lasciò andare il ragazzino, respingendo l'insano impulso che aveva di chiedergli quale fosse stata la reazione del Lord suo marito.






Violet si guardò intorno sbuffando.
La grande festa indetta da Madame Hollande si stava trasformando in un tripudio di confusione, con fuochi d'artificio che stavano bruciacchiando il giardino, bottiglie di champagne che rotolavano vuote, gli antri della casa occupati da coppie in vena di amoreggiamenti. Generalmente le dissolute feste in maschera di Madame Hollande erano appuntamenti che attendeva con gioia, data la poca presenza di donne che le permetteva di avere un crogiolo di corteggiatori e ammiratori da sedurre per tutta la notte. Ma in quell'occasione aveva voluto riservare ogni energia e arte seduttiva per Grant che dal momento in cui erano saliti in carrozza non sembrava dell'umore adatto nemmeno per uno scambio di battute.
Schivò una mano di un vecchio baronetto che tentava di palpeggiarla e salò le scale verso il secondo piano dove già molti si erano ritirati per la notte nelle diverse camere, camminò lentamente per i corridoi sistemando la maschera sul viso e origliò da ciascuna porta, ridacchiando ogni qualvolta sentiva i gemiti degli amanti o i cigoli  dei letti. Aprì la porta di una stanza insolitamente silenziosa e sospirò di contentezza quando vide Grant con la giacca slacciata, seduto su una poltrona vicino al camino.
Le fece cenno di entrare e Violet chiuse la porta a chiave sorridendo.
Cercò di mantenere una sorta di freddezza mentre avanzava, dato che da un po' aveva notato dei cambiamenti in Lord Everston.
Scostante e taciturno, poteva non rivolgerle la parola per ore e spesso la prendeva in giro per cose ed aspetti che prima diceva di adorare. Le criticava gli abiti, il modo di ridere, le amicizie, trovava qualcosa da rimproverarle persino sul suo modo di fare l'amore: una volta era troppo sfacciata, l'altra troppo chiassosa.
C'erano state alcune occasioni in cui Grant era stato villano e violento, prendendola con forza e facendole volutamente male.
Ma la cosa che più la inquietava era il modo in cui le si rivolgeva.
Violet non era più la sua amata, la sua cara. Violet era diventata solo Violet.
Non c'era nulla di dolce prima del suo nome, nulla di gentile, nulla di amorevole.
-Inginocchiati.- disse Grant secco bevendo l'ultimo sorso di liquore. Le sorrise appena obbedì al suo ordine. -Abbassa il corpetto, voglio vedere il tuo seno.-
Le mani di Violet tremavano per l'eccitazione e pregò che quello fosse il preludio a un'intensa notte d'amore, era quello che le serviva per tenere Grant intorno a lei prima che fosse troppo tardi.
-Striscia fino a qui e soddisfami.- comandò Lord Grant slacciandosi le braghe.
Violet rimase interdetta per un minuto, con riluttanza gattonò fino a trovarsi di fronte al suo uomo. Grant le spostò le ciocche di capelli per avere una visuale maggiore del suo seno e la prese per la nuca e l'avvicinò al suo membro che spuntava eccitato dalle braghe.
La donna cercò di ribellarsi ma la salda presa e quella strana espressione feroce che lo animava, spaventò Violet che ubbidì ad ogni richiesta quella notte.
Non obiettò nemmeno quando lui la costrinse a prenderlo dentro di sé mentre era del tutto impreparata, lacerandole la carne o quando la morse più volte mentre raggiungeva l'orgasmo.
Lasciò che abusasse del suo corpo e quando lo sentì addormentarsi accanto a lei sorrise nel buio della stanza. Poteva sopportare di venir trattata come una cortigiana qualunque, Grant si sarebbe calmato e i suoi appetiti sarebbero tornati alla normalità grazie ai suoi provvedimenti non si sarebbe mai più allontanato da lei.
Cathriona Mafton poteva anche essere sua moglie agli occhi di Dio e dello Stato ma solo lei lo avrebbe avuto veramente. Si passò una mano sul ventre, presto gli intrugli che beveva avrebbero prodotto un risultato regalandole il figlio di Lord Everstone e schiacciando definitivamente quella scialba borghese dalla sua vita.





La carrozza partì non appena scese già e Grant Everstone imprecò contro il cocchiere a nolo.
Entrò in casa di Violet e cercò di scuotere dalla testa quell'annebbiamento dovuto al poco sonno e alla rabbia.
Doveva essere lucido. Doveva capire che cosa stesse succedendo.
Si era raccomandato di tornare a Chester House qualche settimana dopo per godersi gli ultimi giorni di bella stagione con il cuore leggero per aver sistemato gli affari e la strana situazione creatasi con Violet.
Nei primi giorni era arrivato persino a pensare di congedarla per sempre!
Tuttavia le cose si erano complicate fin dal primo giorno.
Il Duca d'Ulster sembrava veleggiare intorno a Violet Graham come un avvoltoio impazzito. Era arrivato ad aggredirla in pubblico, durante un piccolo ricevimento degli Hollande due mesi prima, il che gli aveva fatto comprendere quanto amasse e tenesse a quella piccola donna pestifera. Aveva sistemato gli affari con la banca, rimpinzando il conto corrente dell'amante e poi si era deciso ad affrontare il Duca che invece si rendeva irreperibile ogni volta oppure lo canzonava ricordandogli il rapporto di amicizia che da sempre aveva con suo padre.
E suo padre, che ancora folleggiava in campagna a Chester House stordito dall'alcool, in un piccolo casino di caccia lontano dalla casa padronale, gli aveva scritto per intimargli di non dare fastidio agli Ulster in nessun modo. Lui aveva ubbidito e lo aveva lasciato perdere ogni volta, facendosi lisciare l'orgoglio da Violet e cercando d'ignorare la grossa frustrazione nel non ricevere lettere dalla moglie.
Si era impegnato tanto nello scriverle ogni giorno qualche aneddoto cittadino e le prime volte aveva ricevuto da lei dettagliati resoconti sulla casa e sui quadri che stava dipingendo per il soggiorno privato.
Si era ritrovato ad immaginarla seduta su uno sgabello con uno scialle sulle spalle e il pennello in mano mentre disegnava con precisione paesaggi lunari, campagne deliziose ed imponenti ritratti, con il suo sguardo serio e concentrato.
Ma le lettere erano prima diventate rare e frugali e poi scomparvero del tutto.
Lui scriveva e lei non rispondeva.
All'inizio si era convinto che stesse male ma il suo amministratore riceveva le lettere settimanali dal suo maggiordomo anziano, da quello giovane e persino dalla governante. Tutti raccontavano che Lady Cathriona godeva di ottima salute e si dedicava alla pittura e alla lettura. Aveva persino organizzato un ricevimento settimanale con le mogli dei più ricchi del villaggio per decidere come aiutare le famiglie bisognose della zona.
Prese molto male il brusco modo con cui sua moglie gli aveva voltato le spalle, ma proprio quando si era deciso a farsi consolare per sempre da Violet cercando una nuova dimora per la sua concubina; un garzone proveniente da Chester House gli aveva sconvolto i piani.
Il giovanotto, dinoccolato e con le orecchie a sventola, si era presentato in casa sua quella mattina come il figlio del macellaio Dennison. Diceva di lavorare da poco  nella casa padronale come tuttofare e di essere stato assunto da Lady Everstone.
-Milord! Ho una cosa da dirle.- gli disse con un vocino flebile.
Grant lo invitò a parlare con un cenno brusco. Il ragazzo prese un forte respiro. -Siamo tutti molto … Vorremmo sapere quando tornerà a casa. Per festeggiare con Lady Everstone.- gracchiò il ragazzino.
-Ovviamente ritornerò in tempo per le celebrazioni natalizie, ragazzo.- disse Grant, irritandosi per il rimprovero e provando l'impulso di sbattere fuori casa quell'insolente.
Oliver aggrottò la fronte e lo fissò cupo. -Milord, mi scusi. Volevo solo portare la notizia a milady, così smetterà di preoccuparsi.- disse il ragazzino. -E che sta male e comincia ad essere grossa … -
-Grossa? Malata?- domandò confuso il nobile, trovando difficile comprendere il quadro generale dato il forte accento popolano e il balbettio continuo.
-Secondo mia madre nascerà alla fine della primavera.-
Quello che fece dopo, non lo ricordava. Sapeva solo che tutti quegli strani presentimenti e quel senso di stordimento che provava da settimane, acquistarono finalmente un senso logico.
Era stato fregato nel modo più idiota. Nel modo più becero. Nel modo più semplice.

Una volta dentro la silenziosa casa di Violet, cercò in tutti i cassetti dei mobili, fino a quando trovò un piccolo scrittoio chiuso, lo spaccò gettandolo a terra e fra le assi notò fin da subito la ferma e decisa scrittura di Cathriona.
Si sentì male più volte mentre leggeva freneticamente le diverse e lunghe lettere che  passavano lentamente da allegre missive a malinconiche lettere di racconti vuoti, fino a concludersi con le poche secche righe con cui gli annunciava di aspettare un figlio e che la gravidanza sembrava procedere bene.
Lo invitava a tornare per Natale, annunciandogli inoltre che aveva convinto il padre a presentarsi, di non preoccuparsi di nulla perché lei era riverita e coccolata dalla servitù e dal villaggio.
Cacciò la lettera in tasca e uscì senza curarsi di chiudere la porta. Doveva fare chiarezza in sé, capire cosa volesse veramente e sistemare i conti in sospeso con quella vipera sibillina che nuovamente lo aveva danneggiato.
Salì sulla prima carrozza che passava e mentre attraversava una Londra ancora addormentata, strinse quella preziosa lettera.






Il silenzio del pomeriggio venne rovinato dai colpi alla sua porta. Di solito nessuna persona osava disturbarla quando ritornava dalle feste in maschera di Madame Hollande. Mentre si alzava con ancora indosso la vestaglietta coordinata con l'abito rosso che aveva indossato, pensò che i suoi camerieri cedeva troppo spesso al dramma. Aprì la pesante porta, girando la chiava in ottone, e si ritrovò a fissare gli occhi chiari di Grant.
-Caro ...- non fece in tempo a finire di dire la parola, che un violento schiaffo la fece cadere a terra. Stordita dal colpo, confusa e spaventata, sentì due mani forti trascinarla lungo la stanza per poi lasciarla a terra vicino alla toletta. Con la testa che rimbombava e una mano premuta sulla guancia, notò lo sguardo infuriato di Grant e deglutì bile d'angoscia.
-Come hai osato interferire con la mia vita?- disse sibillino Grant. -Come hai osato ricattare i miei domestici per contraffare la mia posta?-
Violent scosse la testa, tentando di parlare, ma Grant la prese per un polso, avvicinandola a sé. -Come hai osato nascondere le lettere di mia moglie? Di mia moglie!- il secondo schiaffo fu meno forte del primo ma la lasciò comunque sgomenta e pallida.
Tentò di coprirsi mentre sentiva le mani di Grant alzarle la vestaglia.
-Guardati …  sei solo una sgualdrina.- le urlò. -Cos'é avevi paura di non vedermi più una volta sposato?-
-No, ti prego Grant!- gracchiò Violet scossa dai singhiozzi mentre sentiva la stoffa lacerarsi. -Non volevo! Io ti amo!-
Le mani di Grant si fermarono improvvisamente. -Mi ami, eh? Mi amavi anche quando ti chiesi di aspettare un anno perché non ero pronto a sposarmi? Mi amavi anche quando ti facevi toccare dal Duca, vero?-
-Ti amavo, ti amo ancora Grant! Lui mi ha preso con la forza!- gridò Violet allontanandosi dall'uomo, strisciando verso il letto.
Grant rise quasi istericamente. -Certo, giusto! Mi ero dimenticato della presunta violenza, dimmi quando mi hai spinto nelle braccia della borghese scialba che dormiva nella stanza sbagliata, era amore vero?-
-Io … Eravamo ubriachi me ne sono penti …  -Un altro schiaffo la fece tacere, sgomenta Violet si raggomitolò su sé stessa.
-Mi amavi anche quando hai ordito questo piano assurdo? Non dirmi che volevi solo prenderti gioco di lei! E' me che stai rovinando!- gridò Grant allontanandosi di qualche passo.
Si guardò le mani e si pentì di aver usato violenza, la sua parte razionale stava morendo.
Si avvicinò alla porta e si voltò a fissare la donna che fin da giovane pensava di amare, la ragazza dalla risata facile, il sorriso contagioso, i seni voluttuosi, l'ardore di una donna di piacere.
Che cos'era successo a quella ragazza? Perché si era sempre visto come il cavaliere dall'armatura brillante che non era riuscito a salvarla?
Per anni si era incolpato di non averla sposata da subito, preferendo ascoltare il consiglio della sua famiglia a non impegnarsi e a prendere un anno di pausa prima di proporsi ufficialmente. Ricordò di averle regalato un anello in oro e brillanti da indossare sulla mano destra in attesa di spostarsi in quella sinistra. E poi, quando era tornato a bussare a casa dei Graham, si era trovato di fronte a una donna che piangendo gli raccontava della violenza subita da quello che considerava un buon  patrigno. Da quel momento si era incolpato di ogni cosa e Violet aveva sempre avuto una spalla su cui piangere, un corpo caldo con cui rannicchiarsi e un assegno con l'inchiostro ancora fresco per ogni esigenza.
Forse suo padre aveva ragione.
La signorina Violet Graham era una donna  che avrebbe dovuto evitare fin dal primo giorno.



Cathriona fece riverenza non appena suo suocero si presentò alla sua porta.
L'uomo ignorò tale consuetudine per stringerla in un abbraccio goffo, aveva appena ricevuto una sua lettera che lo avvisava della lieta novella.
-Mia dolce nuora, dovresti stare seduta.- disse il Marchese Henry Everstone. -Andiamo nel salotto blu, così converseremo un po'.- disse ricambiando il suo sorriso.
-Come ti senti, mia cara? Hai le nausee? Oppure ti senti intrattabile?- chiese il Marchese sedendosi accanto alla nuora e lasciando che lo sguardo vagasse per la stanza. Annotò con piacere i pochi ma importanti cambiamenti approntati. Il ritratto di sua moglie stava sopra il camino, imponente e regale, ma la nuova cornice, semplice e di buon legno, donava al dipinto una sorta di freschezza.
-Volete del tè?- chiese Cathriona porgendogli una tazza.
-Ma certo cara.- rispose il suocero, gustandosi la calda bevanda, si domandò come fosse possibile che suo figlio si fosse perso nei meandri di Londra, invece di godersi di una bella casa padronale, una moglie gentile e un figlio in arrivo.
-Siete contenta del dottor Gregson?- domandò cercando di leggere qualche emozione su quel viso impassibile.
Cathriona gli sorrise e si chinò a prendere una pila di fazzoletti ben piegati. -E' molto competente e gentile. Ed è anche pulito e profumato, ci tiene ad essere una persona amabile.- rispose compita Cathriona dividendo la pila in due.
Il Marchese la fissò con un sorriso bonario sul volto. -Avanti mia cara, lasciamo la diplomazia da parte. Come ti sembra questo dottore? Io conoscevo il padre e lo zio, due medici stimati ma dalle idee antiquate e sempre in lite fra loro.- raccontò beandosi per un attimo dei vecchi ricordi di gioventù. -Ma ricordo come mia moglie si sia sentita serena solo all'arrivo di sua sorella Lady Diane, e dalla levatrice del paese.-
-Una levatrice?- chiese speranzosa Cathriona. -Ho chiesto alla signora Musgrove se ve ne fosse una al villaggio ma mi ha risposto che l'unica levatrice rimasta ha una certa età e la vista rovinata.-
Henry Everstone tentò di reprime una piccola risata.
Com'era facile prendersi cura di una creatura così modesta come quella di sua nuora! Non aveva l'aria altezzosa e capricciosa delle tante ragazze che debuttavano ogni anno a Londra, né la loro superbia o il loro conformismo.
Due settimane prima, l'aveva accolto con tutta la servitù in atrio, indossando solamente un abito da passeggio dal taglio vecchio ma comodo e un sorriso di circostanza. Non aveva cercato di conquistarlo con moine o ingiustificato affetto. Quando le presentò la sua amante, si occupò delle esigenze di entrambi preparando una stanza per la signora e rivolgendosi a lei con il dovuto rispetto.
Non era stato contento nel sapere che suo figlio si era ritrovato maritato con una donna di basso lignaggio e con un fratello che portava in dote solo debiti; ma in quei giorni si era ricreduto. Cathriona Mafton in Everstone era una donna di polso, profondamente rispettosa e laboriosa. Non vi era giorno che non si dedicasse alla casa, ai domestici o agli ospiti.
-Allora, sarete ben contenta nel sapere che il vostro suocero vagabondo vi ha trovato una levatrice con ottime referenze. Una donna scozzese che ha sposato un medico molto ricco e pratica da tempo l'attività, vivono nella contea dei Conti Spencer ma si sono già detti contenti di prestarcela.-
Cathriona lo guardò stupita. -L'avete già contattata?-
Il Marchese le diede un buffetto sulla guancia. -Non ho mai avuto il piacere d'incontrare vostro padre ma Lord Patrick ne ha sempre parlato così bene che non potevo non sforzarmi di comportarmi in modo onorevole e premurosi nei vostri confronti.- le passò il piattino con i biscotti. -Questa gravidanza deve essere un momento tranquillo per te. Dopo tutto quello che hai già passato, mi sembra il minimo.-
Le parole del Marchese colpirono al cuore, si disperò nel notare lacrime scendere sul viso ordinario della nuora, ma quando vide spuntare un sorriso fra quelle labbra sottili, seppe di aver sciolto un po' quel suo cuore ruvido e stanco.
Appena rientrato nel casino di caccia dove trascorreva la maggior parte del tempo, avrebbe scritto a suo figlio.






-Dovresti uscire da questa topaia. Hai bevuto, dormito e fatto casino per troppo tempo.-
Sir James Pierce se ne stava in piedi nei pressi della porta della camera da letto, con un giornale in mano.
Grant rispose con grugnito e si girò per continuare a dormire. Il mal di testa lo stava uccidendo e la luce del sole lo infastidiva. Ebbe la forza di tenere un cuscino sul viso mentre sentiva l'amico trafficare nella sua stanza.
-Hai presento quel giornale per pettegole e damerini?- chiese Sir Pierce gettandogli il mensile. -Quel che leggerai non ti piacerà assolutamente.-
Lord Everstone si alzò frettolosamente cercando di prendere la pagina del giornale che gli era stata lanciata, ma la fretta con cui si alzò fu il colpo di grazia e si gettò invece alla ricerca del pitale dove rigurgitò molti litri di alcool.
Sir James Pierce fece una smorfia di fronte ai tumulti gastrici dell'amico e si allontanò velocemente gridandogli di scendere nel salotto.
Ci vollero ore, prima che Grant fosse in grado di camminare dritto, un'abbondante colazione e un veloce bagno freddo gli avevano schiarito le idee. Ma il motivo che lo aveva definitivamente spinto fuori dal letto fu la lettura del piccolo trafiletto dove una certa Madame H. denunciava la storia illecita e gli abusi fisici che una giovane donna aristocratica nubile subiva da un uomo altrettanto nobile ma appena sposato con una donna di ceto basso.
Lo scandalo non stava tanto nella violenza fisica contro una donna ma chi la esercitava. Un uomo al di fuori della famiglia.
Un brivido freddo gli percorse la schiena. Grant incontrò lo sguardo preoccupato di Pierce.
-Questo giornale arriva fino a Chester House, vero?-
-Ebbene sì. Se guardi la data è vecchio di due giorni. E' in viaggio verso la tua dimora, assieme ad altri giornali, come tutte le seconde settimane di Dicembre.- disse James Pierce con tono impensierito. -La cosa brutta e che questo inserto viene generalmente inserito inseme a quelli sull'arte e sulla moda femminile.-
Il cuore di Grant si fermò per un lungo momento. -Cathriona potrebbe leggerlo nel giro di due giorni.- biascicò a causa della gola secca.
Sir Pierce annuì gravemente e Lord Everstone si lasciò cadere sulla poltrona, si passò le mani sul viso e imprecò sommessamente.
-Non è grave, amico mio. Forse non si metterà nemmeno a leggerlo.- cercò di rincuorare l'amico e collega, a disagio per il modo in cui Lord Everstone stava impazzendo. -Anche se lo leggesse, non è detto che si scandalizzi o si renda conto di chi si sta parlando.-
Grant alzò gli occhi sull'amico e lo fissò lungamente il panciotto marrone, senza mettere a fuoco a dovere. -E' incinta, James. Incinta.- sussurrò. -E se dovesse sentirsi male leggendo quella porcata, potrebbe perdere … potremmo perdere il bambino … -
A quelle parole, Sir Pierce sbiancò e si alzò allacciandosi i bottoni della giacca.
-Hai solo una cosa da fare.- disse quasi urlando. -Devi alzarti e metterti in viaggio subito!-
Grant chiuse gli occhi cercando di contrastare la nausea. Non aveva altri modi per rimediare; doveva correre a casa e cercare di impedirle di leggere quel giornale e riuscire a spiegargli cosa gli aveva preso in quei mesi.
Da troppo tempo era rimasto diviso da due donne e situazioni diverse fra loro, ora doveva scegliere ciò che era meglio per lui: Cathriona.










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