Avatar e la stella del futuro

di BDiz Ishida Histugaya
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La fuga ***
Capitolo 2: *** Futuro incombente ***
Capitolo 3: *** Una tazza di tè con il passato ***
Capitolo 4: *** Pirati bracconieri e serpenti giganti ***
Capitolo 5: *** Le cose cambiano ***
Capitolo 6: *** Ombra e dubbio ***
Capitolo 7: *** L'altra faccia della medaglia ***
Capitolo 8: *** Fotografia dell'anima ***
Capitolo 9: *** Lacrime dietro ad una maschera ***
Capitolo 10: *** Inizia a volare ***
Capitolo 11: *** Punto di vista impossibile ***
Capitolo 12: *** Ferro, fuoco e brezza. ***
Capitolo 13: *** La fine dell'attesa ***
Capitolo 14: *** Intermezzo ***



Capitolo 1
*** La fuga ***


*
 
   
    Tempio dell'aria dell'est
  
   Dopo l'Avatar Korra, che aiutò gli spiriti a sconfiggere il potente Vaatu, ne  seguirono altri due
  rispettivamente nati nel regno della terra e in quello del fuoco.
   Sono passati ormai quattordici anni dalla nascita della nuova reincarnazione avvenuta tra i
   nomadi dell'aria dell'est. Il ragazzo, chiamato Suta (in giapponese stella), imparò  tutti
 i quattro elementi in poco tempo e  per questo venne considerato un dominatore prematuro.
  I monaci sostennero però con fermezza che non fosse ancora pronto per affrontare il mondo
  esterno, ostinati, continuarono ad allenarlo nella meditazione tenendolo nel tempio.
  La gente iniziò ad arrabbiarsi creando numerose rivolte e manifestazioni di discordia.
  Gli Spiriti, indignati dall'orrendo spettacolo di violenza e distruzione decisero di intervenire.
  Presero loro il controllo del mondo umano eliminando definitivamente l'Avatar, causa di disordine.
  I dominatori furono costretti a lavorare duramente per costruire una grande casa per gli Spiriti
  in centro a Repubblic City oppure a meditare per il resto della vita con i Nomadi dell'Aria.
 Ma per fermare questa orribile verità un viaggiatore errante verrà dal passato.
  
 *
  Suta era stato rinchiuso un'altra volta a chiave  nella sua celletta per aver cercato di scappare.
  “Sto solo cercando di aiutare l'umanità! Lasciami andare!” implorò al monaco di guardia.
  “Mi dispiace Avatar, ma non crediamo ancora che tu sia in grado di uscire” rispose.
  “Io morirò di vecchiaia qui dentro! Non aiuterò mai nessuno e sarò lo zimbello di tutti!”
  “Non pensarla così, lo facciamo solo per il tuo bene” continuò il monaco.
 “ Per il tuo bene un corno! Voi avete solo paura che  infanghi il vostro onore!” urlò il ragazzo.
  Per la restante ora continuò a camminare in circolo nella la stanza, erano quasi le due.
  Stava aspettando il momento più propizio per scappare di nuovo dalla cella.
  Continuava istericamente a girarsi i pollici senza sosta guardando il terreno piastrellato.
  Alle due e un quarto la guardia si assopì e l'Avatar pian piano creò un buco nella parete che dava*
 sul chiostro, uscito con un balzo atterrò tra le siepi. Se ne stette lì ad aspettare il cambio di guardia.
 Quando il monaco davanti al portone lasciò la postazione per fare il cambio il ragazzo partì.
 Con un balzo enorme (aiutato dal dominio dell'aria)  superò il portone e aiutandosi con il dominio*
 della terra sfrecciò verso la pineta delle montagne che circondavano il monastero.
 Continuò ad inoltrarsi nella foresta per oltre mezz'ora assicurandosi di non essere seguito creando *
 finti solchi provocati dallo spostamento del terreno nella direzione opposta da dove era.
  < Forse questa volta ce l'ho fatta> pensò, speranzoso di raggiungere presto un villaggio dove*
 trovare rifugio o meglio ancora una baita solitaria a cui chiedere ai padroni ospitalità.
 Peccato che quel bosco fosse un vero labirinto e il ragazzo rischiò più volte di cadere da burroni.
 Passare lì la notte era escluso, l'avrebbero trovato facilmente, ma di un rifugio nemmeno l'ombra.
 Aveva molta fretta quindi rassegnato si accontentò di una grotta di cui fece cadere l'entrata.
 Creò un piccolo fuoco tra le mani e si rannicchiò in un angolo passando il tempo a guardare rocce.
 Avrebbe anche potuto chiedere aiuto alle sue precedenti forme ma agitato come era non sarebbe* mai riuscito a meditare tranquillamente lo stesso valeva per il dormire.
 In effetti passò tutta la notte a pianificare cosa fare quando sarebbe sorto il sole.
Verso le sette un raggio dorato passò per un foro tra i massi usati come chiusura per la grotta.
Si avvicinò verso esso e guardandoci attraverso controllò se ci fosse qualcuno nei paraggi.
Dopo qualche minuto liberò l’uscita e cominciò a perlustrare la zona.
Quella notte non era riuscito a delineare un paesaggio preciso.
Quando la luce gli inondò il viso riuscì a scorgere delle montagne in lontananza,
boscaglia a pochi metri davanti a lui mentre ai lati e dietro di se si stendeva una pianura.
Non c’era niente di così particolare per cui valesse una visita se non dei cespugli di more
 tra gli alberi di cui si cibò (essendo monaco non poteva andare a cacciare).
Dopo la “colazione” e una breve meditazione si rimise i viaggio verso l’arida pianura.
 Il prato completamente secco non ospitava nemmeno un albero sotto cui rifugiarsi.
Stufandosi di continuare a camminare creò una sfera d’aria su cui sfrecciò.
 Dopo pochi minuti raggiunse di nuovo una macchia di verde che continuava su di
una altura desolata e lontana dagl’altri rilievi. Vi ci salì e arrivato in cima vide
tutto il paesaggio circostante costituito solo dall’arida pianura e il bosco dietro ad
essa entrambe contenute in una valle circondata dalla costante presenza
delle montagne. All’orizzonte non vi era assolutamente niente, la strada continuava
senza sosta. Suta si sedette sconsolato senza un piano, stanco e assetato.
“L’Avatar che morì nel bosco!” si disse portandosi una mano sulla faccia e con
l’altra che disegnava spirali simboleggianti la popolazione dei Nomadi dell’aria.
Forse i monaci avevano ragione, non era ancora pronto a vivere nel mondo esterno
“Ma cosa sto pensando?! È colpa loro se sono stato costretto a scappare e se adesso
mi ritrovo qui, dovevano lasciarmi andare tempo fa” disse ad alta voce.
Quando si decise a scendere dall’altura una voce alle sue spalle bassa e roca lo fermò.
“L’Avatar Suta, suppongo” disse la voce anomala. Il ragazzo si girò ma non vide nulla.
“Chi ha parlato?!” chiese l’Avatar mettendosi in guardia pronto a colpire.
“Non ha importanza chi sono, ma cosa ho da dirti”
“Fatti vedere!” gridò leggermente spaventato il monaco.
“Ascoltami bene, tu corri un grande pericolo qui! Devi andare via prima possibile”
“Altrimenti?” chiese con la voce tremante ma con tono di sfida.
“Morirai! Tra una settimana gli Spiriti verrano e allora tu sarai morto!”
 Al ragazzo mancò il fiato dallo stupore ma poi ragionando rispose.
“Tu menti! Gli Spiriti non eliminerebbero mai me, sono il loro unico aiuto sulla terra!”
 “Ragazzino, vengo dal futuro, so cosa dico”
 Sconcertato da quella affermazione  chiese.
“E tu pensi che io creda a questa storia? Devi essere completamente pazzo!”
“Provare per credere” affermò la voce. A quel punto qualcuno gli afferrò il braccio
e facendogli uno sgambetto lo atterrò. Quando l’aggressore scese su di lui Suta vide che aveva
la faccia nascosta da una maschera raffigurante uno strano spirito che lo fissava minaccioso.
Per respingerlo il Monaco gli soffio addosso una grande fiammata dritta in faccia.
 Ma il fuoco non gli fece nemmeno un graffio e non bruciò neanche la maschera.
Con una mano afferrò il collo del ragazzo e con l’altra teneva in mano quello che sembrava
un piccolo orologio dorato che iniziò a scorrere velocemente in senso orario.
Il territorio circostante cominciò a sfocarsi e il terreno sotto di loro sprofondò.
 Tutto girava vorticosamente.
Suta cercò di respingerlo con un getto di vento ma non percepiva niente intorno a sé
e gli mancava il respiro, cominciò a non vederci più anche se era ancora cosciente.
Le orecchie gli fischiarono, cominciava a perdere sensibilità del corpo.
Tutto questo finì quando sentì nuovamente il terreno sotto di se.
*Sentì che la sua gola era stata liberata dalla stretta della mano dello sconosciuto.
Prestò il paesaggio fu chiaro ai suoi occhi. Erano su di un altopiano erboso che si sporgeva
su di un lago a fondo valle e più in là si poteva scorgere una città simile a Repubblic City.
Si sedette e guardò torvo il suo aggressore che stava ammirando il territorio circostante.
“Dove mi hai portato?!” si decise a chiedere.
 “Dovresti averlo ormai capito” rispose.
Possibile che quello fosse davvero il futuro? E forse era vero che gli Spiriti lo avrebbero
eliminato.
“Come hai fatto?” chiese stupito e allibito con gli occhi sgranati.
Lo sconosciuto gli avvicinò l’orologio che teneva in mano.
“Capo magnetico dimensionale, ultima tecnologia” disse. “Come ti chiami?” chiese l’altro.
“Mi chiamo Homo Jiikan”. (in giapponese fiamma tempo)
 
Allora, questo capitolo è abbastanza corto e l’ho fatto in modo sbrigativo solo per introdurre
la storia, scusate gli errori grammaticali e prometto che dedicherò più tempo al prossimo
capitolo (indubbiamente più lungo). Lo so che i nomi dovrebbero essere cinesi e non
giapponesi però essendo la serie originale in parte anime giapponese ho deciso di fare così.
Cercherò di non ingarbugliare fin troppo la storia con questioni temporali e altro ma anche
farla troppo lineare non mi piace.
Suta è pressoché simile ad Aang, solo un po’ più  alto.
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Capitolo 2
*** Futuro incombente ***


Homo condusse Suta in un sottopassaggio, simile ad una fogna, che a quanto diceva attraversava
Tutt Repubblic City ed era via di fuga di parecchi dominatori esausti.
L’Avatar aveva ascoltato tutto il racconto riguardante il suo futuro e del destino della popolazione
prossimo a venire. Il ragazzo non ebbe nulla da ribattere, dopo quel viaggio paranormale
poteva credere a qualunque cosa. Inoltrer la paura del momento gli aveva impedito di chiedere
il motivo per cui il suo salvatore portasse una maschera e come era uscito illeso dalla fiammata.
Poi un dubbio impellente prese il sopravvento e domandò “Ma se sono qua gli Spiriti…”
“No, non percepiranno la tua presenza, dopo la tua distruzione hanno perso tutti i contatti con te”.
La risposta gli diede un pochino di fiducia ma continuava ad avere il terrore di cosa sarebbe
successo in seguito. Il compagno mascherato ebbe la bella idea di portarlo dritto, dritto dai
suoi nemici al centro della città per “spronarlo” a seguirlo .
Per dove poi non lo sapeva ma secondo i fatti  esso era la sua unica salvezza.
Continuarono a camminare per oltre  un’ora tra la melma e l’acqua di scarico finché una luce
entrò dal soffitto. Proveniva da un tombino per metà scoperto.
Homo lo scostò e salì all’aperto per poi tendere la mano al compagno.
Uscito dalla fogna Suta si ritrovò in mezzo ad una strada deserta ma circondata da palazzi
alti come nessuno li ha mai visti prima. Il cielo che un tempo doveva essere azzurro in quel
momento fu grigio per colpa delle fornaci che lavoravano incessantemente tutti i giorni.
“Questo è quello che è avvenuto alla città, non che prima fosse più pulita”.
In effetti Repubblic City non era mai stata pulita, nemmeno nel senso di onesta.
Bazzicavano da quelle parti persone poco raccomandabili come la Triade o tempo fa gli equalisti
di Amon. Un posto maledetto era quello, fu speranza di pace all’inizio e ora centro di tirannia.
L’aria puzzava di carcasse in putrefazione e l’atmosfera non era certo meglio dell’odore,
nessuno passava da quelle parti e le porte erano tutte sprangate.
“Il futuro ti attende Avatar!” commentò Jiikan. “Perché mi vuoi portare in pasto agli spiriti?!”
commentò Suta. “Non prenderesti la situazione troppo sul serio.” rispose il compagno.
“Non la prenderei troppo sul serio?! Pensi che sia ceco?” urlò il ragazzo girando su se stesso.
Non poté continuare a parlare perché l’altro gli tappò la bocca e gli fece cenno di stare zitto.
“Non anticipare la tua morte prima del tempo” gli sussurò.
Lo lasciò andare e lo condusse in una via secondaria che proseguiva verso il centro.
In pochi minuti si ritrovarono in una grande piazza circondata da lampioni di cui la luce convergeva
addosso una  statua dorata raffigurante un dragone che li fissava minacciosi.
Il ragazzo mascherato indicò esso e comunicò all’altro “Quello è il tuo assassino”.
L’Avatar ammutolito distolse subito la vista dalla statua mentre il suo battito cardiaco accelerava
sempre di più. “Sei pronto a incontrarlo di persona?” chiese l’altro.
Suta lo guardò come se lo avesse condannato.
“Mi riconoscerà e mi incenerirà, gli Spiriti hanno perso i contatti con me ma mi possono vedere!”.
“No, nello scontro contro di te gli hai ferito gli occhi e ci sarà solo lui all’incontro.”
“E l’odore? Come la mettiamo?” insistette il ragazzo cercando di evitare lo scontro.
Jiikan tolse dalla sua tasca una fialetta e ne buttò il contenuto sull’Avatar.
“Profumo, contento?” disse con aria seccata il mascherato.
Poi si diresse verso la statua e le schiacciò gli occhi e ne seguì un rumore di ingranaggi.
La terra cominciò a tremare e il pavimento d’avanti alla statua si squarciò.
Al suo posto comparve una scaletta di marmo scendeva in profondità.
Jiikan gli fece cenno di scendere insieme a lui mentre se ne stava sul secondo gradino.
Insieme seguirono il nuovo percorso in mezzo ad una specie di grotta piena di muschio sulle pareti.
L’aria era intrisa di umidità che rendeva difficile il respiro e un odore nauseabondo alleggiava.
Gli scalini diventavano sempre più disconnessi ed erosi man mano che si scendeva.
Inoltre sembravano neri a causa della cenere su di essi che proveniva di chi sa dove.
Passò qualche minuto e finalmente la discesa finì e i due si ritrovarono in uno grande spazio.
Tra i massi del terreno scorrevano dei piccoli rigoli d’acqua che alla fine convergevano in una fossa.
Essa si ritrovava d’avanti ad un angolo nascosto nell’ombra da cui fuoriuscivano dei ruggiti.
Il drago era certamente nascosto lì e probabilmente stava dormendo, lo si capiva dal suo russare.
Jiikan accese una torcia che teneva sotto la giacca con delle pietre focaie e la porse al ragazzo.
Esso la mise di fronte a sé e la luce del fuoco illuminò il grande dragone addormentato.
Sicuramente era più grande degl’altri della sua specie.
Aveva la corazza squamosa bianca segnata da alcuni graffi e bruciature.
Anche il grande muso era segnato da ferite sugl’occhi. Aveva due grandi baffi.
Se ne stava raggomitolato nella sua maestosa coda che gli faceva da cuscino.
Continuava a rigirarsi di continuo per stare più comodo ma senza nessun successo.
Suta non si aspettava niente di meno da colui che aveva eliminato l’Avatar.
“Un mio amico spirito che fa parte del Consiglio mi ha detto come arrivare qua” disse Jiikan.
“Consiglio?” domandò il ragazzo.
“Sì, durante lo scontro contro di te si è ferito gravemente e ora si cura qua.”
“Quindi non può amministrare il mondo” commentò Suta dimostrando di aver capito.
Rimase ancora qualche minuto ha guardare il suo assassino quando iniziò a muoversi.
La luce della torcia lo deve aver svegliato ed ora messosi in piedi cercava con il fiuto i due intrusi.
Dopo qualche secondo di silenzio disse con voce profonda “ Chi siete voi?”
Jiikan rispose prontamente “Siamo del Consiglio portiamo novità”.
“Bene, e di che cosa si tratta?” chiese incuriosito il drago che guardava il vuoto essendo cieco.
“Questo monaco è venuto a portare via i dominatori ribelli nel monastero dove resteranno”
“Oh, finalmente qualcuno si è degnato di togliermi questo problema di dosso!”.
Suta era paralizzato e ammutolito dalla vista del drago che lo cercava con il fiuto..
“Beh, monaco è difficile che lei non conosca il mio nome ma salve io sono Suisei.”.
Il drago adesso aspettando la risposta si avvicinò a tastoni all’interrogato.
“Ehm io sono…  Oka no shita de” sparò un nome a caso che aveva sentito in un libro.
“Nome piuttosto lungo per un monaco” commentò secco il dragone.
“E di che sezione fai parte monaco, dell’ala nord o del dente sud” domandò Suisei.
“Io faccio parte del, ehm … del dente sud” rispose tremante al drago che era finito nella fossa.
Jiikan si portò una mano sulla maschera con aria rassegnata e prese per il braccio il compagno.
“Capisco, ma peccato che non  esista il dente sud, sei un impostore!” ruggì SuiSei.
Suta venne trascinato via dal compagno verso l’uscita mentre il drago apriva le ali.
Esso partì all’attacco mirando alla cieca fendenti con gli artigli.
I due salirono per la scala con urli e imprecazioni dietro loro.
Saliti in superfice scapparono per una piccola e stretta via  allontanandosi dalla piazza.
Ma un rumore fragoroso li fermò.
Il terreno della piazza esplose e ne uscì il drago in volo  che provava a percepire  il loro odore.
Quando li ebbe rintracciati lanciò una fiammata verso di loro che distrusse gran parte delle case.
I due compagni iniziarono a correre quando il fuoco li raggiunse.
Suta fronteggiò il fuoco cercando di deviarlo con le mani facendolo schizzare da tutte le parti.
Il getto era molto potente e continuava a spingerlo indietro e ha bruciacchiargli le dita.
L’Avatar fu costretto a entrare nella sua forma più potente.
I tatuaggi si illuminarono come i suoi occhi e il ragazzo cominciò a farsi spazio tra le fiamme.
Avanzato di molto decise di contrattaccare ed estinguendo il fuoco intorno a se si mise in guardia.
Una grande onda d’aria partì dalle sue braccia colpì in pieno  SuiSei che ricominciò ad imprecare.
“Maledetto monaco! Ti ucciderò, tu e la tua misera stirpe! Maledetto!” Urlò
Suta ritornò al suo stato normale e si accasciò a terra  stanco e dolorante.
Con la coda dell’occhio vedeva il drago piroettare di continuo fino a quando non attaccò.
Un’altra fiammata  era partita e quella volta non aveva la forza di difendersi ancora.
Quando ormai pensava al peggio gli si parò d’avanti Jiikan.
Lo prese tra le braccia come per proteggerlo e il fuoco gli colpì la schiena.
Non fece un verso o un gemito di dolore, come la volta precedente il fuoco non gli faceva niente.
Ancora in mezzo alle fiamme prese il suo orologio e lo regolò.
Le lancette volta giravano in senso antiorario con grande velocità e tutto si dissolse.
Suta si ritrovava in un vortice di colori insieme al compagno che ora fissava l’orologio.
Ancora qualche secondo e percepì il terreno sotto la sua schiena.
Morbido sicuro non era, sembrava asfalto ma non ebbe il tempo per guardarsi intorno.
Perse i sensi.
 
Questo capitolo è sicuramente più corto dell’altro ma non sapevo bene come continuare la storia.
Vi ho presentato l’antagonista e come è ridotto.
Voglio aprire una parentesi sul nome fasullo che ha dato Suta.
In giapponese vuol dire “Sotto colle” riferimento al Signore degli Anelli e ha lo Hobbit.
Spero che vi sia piaciuto e vi lascio con la mia buona volontà di fare il prossimo più lungo.
Ah, SuiSei vuol dire “Cometa” in contrapposizione con Suta “Stella”.
Jiikan è vestito come Amon ( La leggenda di Korra).
 

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Capitolo 3
*** Una tazza di tè con il passato ***


La prima cosa che percepì Suta è che l’asfalto duro ,su cui prima era disteso, era stato sostituito con un confortevole e comodo materasso. Aprendo gli occhi inquadrò prima di tutto un soffitto.
Era costituito interamente di travi di legno lavorate finemente illuminate da una lanterna di carta che pendeva dal soffitto e che emanava una luce rosacea  per tutta la stanza.
Il ragazzo si mise a sedere per capire dove fosse. Le sue mani erano bendate.
Qualcuno doveva aver medicato le ferite riportate dallo scontro con il drago bianco.
A proposito dello scontro, l’ultimo ricordo che ne aveva era delle fiamme intorno a sé e poi una figura scura pararsi di fronte a lui per proteggerlo. Probabilmente si era trattato di Jiikan.
Scese dal letto e si diresse alla porta chiusa che occupava un’intera parete della stanza.
Si avvicinò alla maniglia e provò ad aprire ma la stanza era chiusa a chiave.
Provò ancora più forte ma finì per rotolare indietro e sbattere contro il letto.
Stufo lanciò un getto di vento che scardinò la porta lasciando libero il passaggio per un corridoio trasversale alla stanza su cui si affacciavano altre numerose porte.
Incominciò a percorrerlo quando sentì delle voci provenire da una porta vicina alla sua di un ragazzo e una ragazza. La voce più profonda di Jiikan echeggiava in tutto il corridoio.
Non riusciva a capire di cosa stessero parlando così decise di entrare.
Appena varcata la soglia constatò che la stanza fosse una cucina. Era molto più grande di quella
di prima e sulle pareti di lato c’erano armadietti e mensole e infine in un angolo un pentolino da tè
bolliva sul fuoco dei fornelli. Al centro il tavolo acui erano seduti il suo compagno ed una ragazza  che sembrava appartenente alla tribù dell’acqua. Avevano appena interrotto la discussione a causa
di Suta  d’avanti ad una tazza di tè. Ovviamente quella di Jiikan era piena, preferiva tenersi la maschera  ormai era diventata una seconda faccia da quanto l’aveva indossata e la toglieva solo per mangiare e bere quelle rare volte in cui non poteva farne a meno.
“Oh! Già sveglio? Non me l’aspettavo, ti aspettavo in piedi tra qualche ora ma  visto che sei qui
 siediti a programmare le prossime mosse insieme a noi” disse il compagno a Suta.
Ma Suta non si spostò neanche di un centimetro perché in quel momento fissava la ragazza.
Sulle prime non l’aveva riconosciuta ma guardandola con un po’ più d’attenzione…
“L’Avatar Korra!” urlò. Seguito dall’urlo venne un getto d’aria che fece volare una tazza in faccia
alla ragazza. Korra si tolse la tazza dalla faccia bagnata che aveva assunto una smorfia di rabbia che fulminava un Suta allibito e sconcertato sia per la presenza di una delle sue precedenti vite in carne e ossa sia per averle tirato una tazza di tè.
“Perché siamo venuti in quest’epoca ma soprattutto perché nella casa di Tenzin sapendo della sua presenza?!” chiese furioso Suta a Jiikan puntando il dito contro Korra.
“Per aiutarti piccolo monaco!” rispose l’altro Avatar togliendosi il tè dalla faccia e lanciandolo contro quella del quattordicenne con il dominio dell’acqua.
“Sulle prime ho pensato che questo qua fosse pazzo ma in seguito mi ha dato una prova schiacciante che voi venite da un'altra epoca e che tu sei un Avatar” continuò tutta d’un fiato.
“Ma questo creerà intrallazzi temporali o roba del genere!” disse Suta tutto preoccupato mentre diresse le gocce della bevanda sparsa sulla sua faccia nel pentolino che bolliva.
“Ti fai troppi problemi Avatar ehm come ha detto il tuo amico che ti chiami? Ah,  sì Suta giusto?
Se non vuoi venire di nuovo abbrustolito da quella specie di spirito drago non lagnarti e accetta il mio aiuto finché puoi!” disse in risposta Korra che continuava a guardarlo in cagnesco.
“Lei dovrebbe guidarci in un posto particolare Suta, in un posto che nelle nostre epoche non esiste da tempo o non è ancora stato creato” disse all’improvviso Jiikan.
“Quale?” chiese Suta che finalmente si decise a sedergli accanto.
L’altro estrasse una mappa da sotto i vestiti e la stese sul tavolo.
“Una isoletta vicino al passo del serpente, è abitata da monaci che hanno preferito vivere con la protezione del fatto che le altre Nazioni non sapessero della loro esistenza” rispose.
“Neanch’io sapevo di questa isoletta.” disse Korra incuriosita dalla notizia “Perché ci andiamo?”.
“Dovete sapere che lì vi è una porta che può condurre in un punto in un punto del regno degli spiriti inaccessibile persino all’Avatar.” Rispose Jiikan. “Lì Korra dovrà convincere gli spiriti che ci vivono di far crollare il ponte tra l’isola e il regno degli Spiriti.”
“E perché dovremmo farlo?”
“Quando iniziò la rivolta degli spiriti, Tui e La (gli spiriti dell’Oceano e della Luna) per salvare l’Avatar decisero di distruggere qualsiasi contatto con il mondo umano e il loro ma non sapevano dell’esistenza di quest’ultimo passaggio che venne scoperto poco dopo da Suisei.”
“Questa è anche la ragione per cui tu durante la battaglia contro di lui non hai potuto sfruttare lo stato di Avatar e tanto meno chiedere aiuto a Raava. Tutti credono che sei il ponte tra i due mondi ma non è così, anche tu devi sfruttare passaggi creati in precedenza per andare dall’altra parte ma ovviamente solo SuiSei conosceva l’ultimo passaggio e quindi morirai senza aiuti con le tue precedenti vite.” concluse Jiikan. Ci fu un attimo di silenzio nella stanza e poi Suta disse
“Ci potremmo  andare viaggiando nel tempo e nello spazio!  Jiikan l’abbiamo  già fatto così arriveremmo subito!”.
“Sarebbe bello ma non possiamo, ho già usato il salto nel tempo due volte, è scarico e per ricaricarlo serve un minerale che purtroppo da queste parti non si conosce neanche. Potrei anche trovarne lì al passo del serpente ma se così non fosse il nostro ritorno a casa dovrà ritardare un po’ma tanto abbiamo tutto il tempo che ci serve” rispose Jiikan.
“Per fortuna non siamo molto distanti da lì, una giornata di viaggio in mare e dovremmo esserci.
Tanto Tenzin è al suo Tempio dell’aria e ci resterà per due settimane. Per i soldi servono quelli della città della repubblica, tre biglietti saranno un 150 monete d’argento, pochi passano dal passo del serpente e fidatevi che se ci porteranno lì lo faranno a caro prezzo. Io ho soltanto 40 monete d’argento e non credo che voi due ne abbiate visto che siete di altri tempi e questo è un problema.”
disse Korra.
“No, non lo è.” rispose Jiikan mettendo sul tavolo un sacchetto di stoffa.
“Ho qua 1000 monete d’argento bastano per andata e ritorno nel caso non dovessi trovare dell’altro minerale.”
“Come hai fatto ad averli?” chiese sospettoso Suta.
“Diciamo che qualche ricco di città della repubblica me gli ha voluti dare.”
“Gli hai rubati!” disse ad alta voce l’altro.
“Vuoi forse che li restituisca? Be se li lascio tu finirai nelle fauci ardenti di un drago. A te la scelta Avatar.” Rispose secco Jiikan. Dopo un altro momento di silenzio Korra disse che avrebbe dato altri vestiti a loro perché uno assomigliava pericolosamente ad Amon e l’altro vestito da monaco di certo non passava inosservato. Poi assegnò a loro delle stanze e dopo mezz’ora tutte le luci si spensero.
Passarono parecchie ore e ormai erano le tre del mattino ma Suta non dormiva ancora.
Forse era perché mezz’ora  prima si era risvegliato da un sonno durato una giornata.
Si rigirò nel letto, contò le pecore e vagò per la stanza tutta la notte.
Quando entrarono le prime luci del mattino dalla finestra si diresse immediatamente la cucina.
Pensava di essere l’unico alzato a quell’ora ma si sbagliò. In cucina c’era già Korra che beveva una tazza di latte caldo con del pane tostato. Appena lo vide esclamò “Mattiniero vedo, non devi avere il sonno troppo facile tu vero? Meglio così. Ti stavamo comunque per svegliare, si parte tra poco.
I tuoi nuovi vestiti sono lì sulla sedia, cambiati e dopo mangia un po’ di pane tostato.”
disse Korra porgendogli gli indumenti. Andò in camera e constatò con riluttanza che appartenevano
a qualcuno del regno della terra, che era l’opposto di un nomade dell’aria.
Si mise la casacca a lunghe maniche e un cappello a tesa larga per nasconde i tatuaggi.
I pantaloni gli stavano larghi ma almeno erano bianchi e non sgargianti come si aspettava.
Così sembrava tutt’altra persona, soprattutto per il viso costantemente coperto dal cappello.
Uscì dalla stanza prese un po’ di pane tostato dalla dispensa e se lo mangiò seduto con Korra.
Lei continuava a prenderlo in giro per lo strano aspetto che aveva ora.
Suta teneva i vecchi vestiti piegati sotto la casacca per cambiarsi in caso di emergenza.
Dopo un po’ entrò Jiikan e disse loro che tra poco sarebbero partiti.
Anche lui era vestito in modo diverso.
Aveva una giacca di pelle nera con il cappuccio che teneva calato sulla maschera e pantaloni neri.
Infilate nella cintura c’erano due grosse spade che riflettevano minacciose la luce della stanza.
“La maschera stona un po’, probabilmente di crederanno il cugino di Noatak” scherzò Korra.
“Non la tolgo la maschera, te l’ho già detto ieri. Prima che me ne dimentichi tieni tu i soldi”.
Le porse il sacchetto, si mise a tracolla una borsa contenenti l’orologio e i viveri ed uscì.
Pochi minuti dopo avevano lasciato l’isoletta e marciavano tra le strade della città.
“Chi ci traghetterà, Korra?” chiese Suta. “Dei pescatori che ho incontrato tempo fa”.
“Sono affidabili?” “Direi di no. Potrebbero anche buttarti in mare se diventerai un peso.”
“Molto rassicurante! Davvero!” “Di cosa hai paura? Siamo due Avatar e un tizio anti ustione!”.
“Suta, dovrai usare solo usare il dominio della terra quando ci sono altre persone” disse Jiikan.
“Va bene” “Poi nessuno di voi due dovrà entrare nello stato di Avatar, non so cosa accadra.”
“Mi correggo, siamo un Avatar, un dominatore della terra e un tizio anti ustione” commentò Korra.
Arrivarono al porto e si diressero verso una vecchia barca arrugginita.
Pagarono il capitano Zen, un tipo d’avvero bizzarro e si imbarcarono per il passo del serpente.
Sistemarono nelle cabine delle coperte su cui dormire e andarono sul ponte di comando.
Il mare era calmo e  c’era un tempo perfetto per viaggiare in mare, o almeno così credevano.
“Arrivati al passo del serpente state pronti per difendervi da quella specie di mostro marino” disse Jiikan.********************
 
Questo capitolo è un po’ più lungo del precedente ma non l’ho riguardato bene.
L’ho scritto di getto e mi piaceva così. Il cambio di vestiti è stato un azzardo.
Comunque nel prossimo capitolo ci sarà più azione e meno dialoghi.

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Capitolo 4
*** Pirati bracconieri e serpenti giganti ***


Una giornata, doveva essere, una sola giornata era diventata un’ intera settimana in mare.
Sicuramente Korra non aveva la minima idea di quanto fosse lontano il passo.
Suta era sul ponte di comando a vomitare e imprecare in continuazione .
Korra  era nella sua cabina a quanto ne sapeva a schiacciare un pisolino.
Jiikan invece era sparito, lo aveva già cercato dappertutto, in tutti gli angoli di quella bagnarola.
Probabilmente era a parlare con il capitano dell’assurdo ritardo del viaggio.
Una settimana a vomitare sul ponte di comando per il povero Suta.
Sarà almeno dimagrito di dieci chili in soli sette giorni e adesso si sentiva uno straccio.
Certo che come si mangiava lì non aiutava a diminuire il vomito.
Jiikan aveva solo portato carne che lui essendo vegetariano rifiutava a priori.
Allora si beveva la sbobba di alghe dell’equipaggio e sinceramente non ne poteva più.
Gli altri due invece se la passavano bene  dopo tutto.
Korra passava le giornate in cabina a dormire o al massimo a giocare a Majhong.
Jiikan se ne stava sempre a controllare le sue mappe cercando di capire il motivo del ritardo.
La situazione di Suta non poteva che migliorare o almeno così credeva.
Dalla cabina di comando era d’improvviso uscito Jiikan furioso con il capitano.
Dopo si diresse dal ragazzo e disse “Non ci portano al passo del serpente.”.
“Cosa?!” “Ce la dovremmo fare a nuoto perché attraccheranno ad un porto qui vicino.”.
“Oh! Fantastico! Ora cosa succederà? Potrebbe andare peggio? No!”
“Sta calmo piccolo monaco, tra un’ora saremo arrivati e lì prenderemo nuovi rifornimenti.”.
“Questa volta prendi frutta e verdura!”.
Dopo un’oretta attraccarono. I tre erano a sistemare i loro effetti personali in cabina.
D’un tratto la porta dietro a loro si chiuse rumorosamente a chiave.
“Che significa questo?!” urlò Korra che già sputava fuoco furente.
Una vocina minuta che doveva appartenere al capitano le rispose.
“C’è molta gente che pagherebbe per averti Avatar, naturalmente volerti morta!”
“Ci avete traditi e venduti a chissà quale banda di criminali?!”
“Esatto Avatar, spero che non ve la prenderete troppo con me nella vostra prossima vita!”
E dopo questa affermazione ne seguì una tipica risata malvagia da film.
“Perfetto! Adesso non potrebbe andare peggio!” constatò Suta.
“Sta’ zitto piccolo monaco! Porti solo sfortuna, pensa ad un modo per uscire da qui!” disse Korra.
“Calma voi due, non c’è motivo di scaldarsi tanto, per noi non è un problema” replicò Jiikan.
Detto questo si avvicinò alla serratura e con una mano iniziò a fonderla piano piano.
In un paio di minuti la porta fu aperta e i tre si precipitarono fuori sul ponte.
Ma ad attenderli c’era tutta la ciurma armata fino ai denti che li guardavano minacciosi.
“Un altro contrattempo!” disse Suta seccato.
“Niente che non si possa risolvere” disse Korra.
La ciurma partì all’attacco ma furono fermati da un getto d’aria che li respinse in dietro.
Korra balzò su di loro e incominciò a colpiri con fendenti di fuoco.
Suta stette più a distanza legando i nemici con fruste d’aria..
Jiikan sguainò le spade e si buttò nella mischia.
Korra lanciava dardi di fuoco a tutto spiano ma venne bloccata da dietro da due marinai.
Presto essi sbalzarono via colpiti da un altro getto di vento.
Suta continuava a menare frustate  e a respingere chi si avvicinava con folate pazzesche.
Jiikan non stava usando il proprio dominio ma comunque combatté egregiamente con le spade.
Spezzò la lancia di uno e poi lo colpì con l’impugnatura della lama sulla tempia.
Altri due armati di spadoni lo attaccarono ma caddero con una semplice spazzata.
Suta in quel momento si era spostato più vicino e  allontanava via i marinai con l’aria.
Si fece strada tra la rissa e quando fu nel centro esatto spiccò un salto altissimo.
Tutti lo guardarono per un momento per poi vederlo di nuovo atterrare.
Appena i suoi piedi toccarono il pavimento sprigionarono diverse colonne d’aria.
Esse spedirono tutti (compresi i suoi compagni) in mare.
Subito dopo Suta si sporse dal bordo per trovare i due.
Erano atterrati su di una lastra di ghiaccio creata da Korra che continuava da urlare dalla rabbia.
“Ma che cavolo ti è passato in mente?!Siamo zuppi fradici per colpa tua!”
“Abbiamo risparmiato tempo almeno!” “Chi se ne importa del tempo! Ne abbiamo di tempo!”
Lo disse puntando il dito di Jiikan che era rannicchiato in un angolo a pulire le sue spade.
“Comunque sia” disse rimettendo le due lame a posto  “Dovrete portarci per mare”.
“Dobbiamo farci tutta la strada su un blocco di ghiaccio?! Incomincio a irritarmi seriamente”.
Dopo cinque minuti erano già in viaggio spinti dalle correnti d’acqua.
Jiikan era su un surf di ghiaccio di fianco a Suta che lo doveva dirigere correttamente.
La situazione era piuttosto scomoda per il ragazzo perché rischiava di far schiantare il compagno.
La prospettiva di vedere Jiikan sfracellata contro uno scoglio non era molto allettante.
Continuarono così per oltre un’ora quando videro una striscia di terra che doveva essere il passo.
Saltarono giù dai blocchi ghiacciati e si pararono d’avanti un portale.
In cima c’era scritto “Passo del Serpente” e su un palo “Lasciate la speranza”.
“Okay, siamo arrivati, per andare sull’isoletta invece come facciamo?” chiese Korra.
“Prima lo attraversiamo, poi a circa due kilometri da qui via mare c’è l’isola” rispose Jiikan.
“Perfetto, un’altra passeggiata nel mare!” si lamentò Suta.
“Non preoccupatevi di questo adesso, piuttosto del mostro marino che si aggira in queste acque”.
Così incominciarono la camminata, il terreno era arido, sassoso e in salita.
La salita durò la bellezza di due ore per poi lasciare spazio a un sentiero sul fianco di uno scoglio.
Anche lì non c’era la minima traccia di vegetazione e il terreno era friabile.
Rischiarono un paio di volte di cader sotto o di essere spiaccicati dai massi che cedevano.
La traversata non fu affatto facile ma quando arrivò la sera riuscirono a trovare un posto perla pausa.
Si trattava di una caverna scavata nella roccia.
C’era parecchia umidità lì dentro e il muschio ricopriva le pareti.
“Siamo sicuri che non ci crollerà in testa?” chiese Korra scettica.
“Se vuoi crea dei sostegni di terra ma credo che non crollerà questa notte, ma in un'altra.”.
Dopo aver creato i sostegni, sistemarono le coperte e i sacchi a pelo.
Suta si cambiò i vestiti di dominatore della terra mettendoli in una sacca e si rimise quelli vecchi.
“Non hai un briciolo di pudore?!” lo rimproverò Korra.
“Perché scusa?” chiese Suta confuso.
“Perché?! Ti cambi i vestiti d’avanti a noi! D’avanti a me che sono una ragazza?!”
“Tanto Jiikan è un maschio e tu sei me quindi perché vergognarsi?”
“Ma che cavolo ti hanno insegnato nel tuo monastero?!” urlò Korra.
Dopo questa discussione si misero a dormire.
Quella notte dormirono decentemente per fortuna perché una caverna può essere assai più scomoda.
Il giorno seguente partirono molto presto, con le prime luci dell’alba.
Mangiarono del pane tostato, un po’ di burro e bevvero acqua (tutti tranne Jiikan).
Continuarono a seguire il sentiero lungo il lato della collina fino a mezzogiorno.
Poi i si fece più in discesa superando il fianco per andare a finire in un percorso sabbioso.
Arrivati lì trovarono una brutta sorpresa. “No! Il sentiero è crollato!” disse Suta.
“Be, basta creare un passaggio di ghiaccio no?” disse Korra.
“E rischiare che quel mostro marino ci prendi?!” replicò Suta.
 
 In quel momento spuntò fuori dall’acqua un enorme serpente verde.
Gli urlava contro e si dimenava in modo isterico.
Cercò di colpirli con la coda ma non ci riuscì.
Suta era già all’attacco e spiccato un grosso salto colpi con un dardo di fuoco l’essere.
Intanto Korra lo colpiva con dei massi sulla pancia.
Infuriato, il mostro tentò di azzannare Suta che si scansò in tempo e cadde in acqua.
Jiikan si tuffò per riprenderlo ma il mostro lo vide e si gettò al suo in seguimento.
Raggiunto il compagno e preso per un braccio Jiikan si ritrovò di fronte l’avversario.
Gli tirò subito una fiammata in faccia ed esso incominciò a urlare terribilmente di dolore.
Quando si fu ripreso Tentò di mangiarsi l’aggressore ma venne fermato da Korra in tempo.
Arrivò come un proiettile cavalcando l’aria e colpì il bersaglio con tutto il corpo.
Il mostro cadde in acqua dolorante mentre Korra trasportava i compagni a riva.
Arrivati alla r3iva si affrettò a togliere l’acqua dai polmoni di Suta.
Si risvegliò presto e chiese che cosa fosse successo.
Ma non ebbero il tempo di rispondere perché il mostro ripartì al’attacco.
Suta si sbrigò a congelare l’acqua sotto di esso intrappolandolo.
Dopo lo legò con funi di ghiaccio al muso.
“Bene, lo finisco io” si propose Korra.
“No! Non ucciderlo non ha fatto niente!” supplicò Suta da buon monaco che era.
Ma Jiikan aveva preceduto tutti e con la propulsione del fuoco volò verso il mostro.
Dalle sue spade uscirono fiamme che minacciavano di divorare chiunque le avesse incontrate.
Sembrava la fine del mostro ma le fiamme non miravano a lui.
Piuttosto al collare e al blocco di ghiaccio che lo bloccavano che si spezzarono velocemente.
Poi Jiikan scivolò sul dorso del mostro e atterrò dall’altra parte del sentiero.
“Fate come me!” urlò ai compagni.
Suta allora raccolse un bastone di bambù  e spiccò il salto insieme a Korra.
Con il bastone menò un fendente per distrarre il mostro per scivolare sul suo dorso.
E arrivarono dall’altra parte. Scapparono lungo il sentiero per non essere attaccati di nuovo.
 
Il capitolo in sé è abbastanza corto come i primi ma ho inserito un po’ più di azione.
Le scene descritte sono un po’ confusionarie, mi dispiace.
 

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Capitolo 5
*** Le cose cambiano ***


Dopo mezz’ora di frenetica corsa i tre si ritrovarono dall’altra parte del passo.

Il mostro marino di prima gli aveva sicuramente fatto prendere un bello spavento.

In ogni caso in quel momento si trovavano tra montagne rocciose.

Tra di esse si scorgevano le mura di Ba sing se.

Si stavano affrettando a mettere giù le loro cose e a pianificare le mosse seguenti.

Come aveva detto Jiikan ha est di dove si trovavano loro c’era l’isola dei monaci.

Sarebbero partiti il giorno seguente con le primi luci del giorno via mare.

In sé non era un viaggio lungo ma la pianificazione per infiltrarsi nel monastero richiedeva tempo.

Nessuno dei tre conosceva la struttura di esso e l’analisi dell’edificio era necessaria.

Il piano consisteva nell’infiltramento di Korra nel passaggio per il mondo degli Spiriti.

Gl’altri due avrebbero provveduto alla sicurezza del corpo materiale della ragazza.

Infatti nessuno di loro credeva che quei monaci sarebbero stati felici di vederlo.

Suta voleva accompagnarla essendo anch’esso l’Avatar ma Jiikan disse che non era necessario.

A quanto ne sapeva gli Spiriti di quella zona avevano un comportamento pacifico e sereno.

Korra doveva convincerli a chiudere il passaggio per il mondo umano.

Non doveva cambiare nulla per loro, avrebbero continuato a vivere normalmente.

Il piano poteva anche funzionare ma Suta continuava a chiedersi cosa sarebbe successo dopo.

Non ci sarebbero stati più contatti tra gli Spiriti e gli umani e il mondo sarebbe caduto in guerra.

Il pianeta era regolato e controllato da entità spirituali come Tui e La.

Forse lasciare che gli Spiriti prendessero il controllo sarebbe stato meglio.

Suta ormai dubitava di voler veramente chiudere quel passaggio, aveva paura.

Era meglio dormirci su.

Stava per sistemare il suo sacco a pelo per terra quando Jiikan gli si parò d’avanti.

Non disse niente, i suoi occhi nascosti dalla maschera fissavano il compagno.

“Cosa c’è?” chiese il ragazzino leggermente intimidito dall’altro.

“Il mondo non cadrà in rovina, puoi stare tranquillo” disse il mascherato.

Quel tipo sembrava leggere nella mente del monaco da quando l’aveva incontrato.

Ormai Suta non ci faceva neppure caso, si era già abituato.

“Come lo sai?” chiese scettico guardano il sacco per evitare di fissare Jiikan.

“I legami con gli Spiriti in ogni caso prima o poi si spezzeranno” rispose.

“Come?”

“Anche se gli Spiriti comanderanno questo mondo per secoli se ne andranno:”

“Allora tutto questo in realtà è inutile?!” chiese sconvolto Suta.

“Stiamo cercando di impedire la tua morte e una vita orribile all’intera umanità”.

“Sì, hai ragione. Scusa. Come sopravvivrà allora il nostro mondo”.

“Grazie alla tecnologia piccolo monaco. Scompariranno anche i dominatori”.

“Ma questo è orribile e ingiusto!” gridò Suta.

“La tua morte è ingiusta, la tecnologia in ogni caso prevarrà”.

“Non se ci sarò io ad impedirlo” ribatté Suta.

“Non ci puoi fare niente, con te o senza di te i dominatori scompariranno.”.

Silenzio, forse quello era stato per Suta il momento più orribile del viaggio.*

Già, il silenzio. Essendo un monaco aveva molto a che fare con il silenzio.

Ma non ci aveva fatto ancora caso che sesso poteva divenire pura angoscia.

Una risposta che non veniva, una affermazione lasciata a metà, una ferita.

La solitudine dalla comprensione di ciò che avveniva in quel momento.

Suta si avvolse in un bozzolo fatto di coperte ignorando il compagno.

Passarono parecchi minuti ma sentiva ancora lo sguardo dell’altro perforargli la schiena.

Quella notte non dormì per niente a causa di quello sguardo che lo aveva vigilato.

Quando sorsero le prime luci dell'alba il ragazzo era ancora sveglio.

Pochi minuti dopo si svegliò Korra e Jiikan.

Fatta quella che doveva essere una colazione (due more a testa e un bicchiere d'acqua) partirono.

Il viaggio verso l'isola dei monaci durò un'ora e mezza e stremò i due Avatar.

Arrivati all'isola i due si accasciarono sulla sabbia della spiaggia che li circondava.

Viaggiare su un pezzo di ghiaccio non doveva essere affatto facile, figurarsi insieme a Jiikan.

Ma il tempo di riposare non c'era. Il ragazzo mascherato li esortò ad alzarsi.

I monaci erano soliti nel tempo libero fare lunghe passeggiate e il rischio di essere scoperti c'era.

Si nascosero tra la vegetazione dell'isola.

La sabbia aveva lasciato il posto alla fanghiglia del terreno umido che rendeva difficile camminare.

L'aria era umida e irrespirabile per chi non era il tipo da frequentare foreste pluviali.

I tre cercavano di sopprimere i colpi di tosse e gli affanni per non fare troppo rumore.

Girarono a zonzo per un bel po'. Si abbassavano ogni volta che sentivano un rumore losco.

Finirono imbrattati di fango e Korra si trattenne di lanciare un'imprecazione dalla rabbia.

Ad un certo punto la vegetazione venne sostituita da un terreno roccioso in salita.

Era una piccola altura rocciosa su cui si imponeva il tempio dei monaci.

La struttura dell'edificio era simile agli altri templi dell'aria.

Una foschia di nostalgia aleggiava nel cuore di Suta.

Aveva sempre voluto scappare dal suo tempio ma qualcosa lo richiamava ancora ad esso.

In ogni caso mancava un bel pezzo di strada per raggiungere il passaggio al mondo degli spiriti.

Era una caverna situata sul fianco dell'altura praticamente invisibile coperta dal fogliame.

Ci sarebbe voluta un'altra bella ora di passeggiata per raggiungerla.

L'umore cascato sotto i piedi per la strada ancora da fare, risalì grazie allo stupendo panorama.

 

 

La piccola montagna, formata probabilmente da rocce simili a dolomia, era di un arancione chiaro.

I raggi del sole facevano risplendere quel colore che inondava tutta la vallata circostante.

Le chiome verdi degli alberi che circondavano il tempio ondeggiavano al vento lieve.

L'aria umida che c'era dentro la foresta dietro di loro era scomparsa.

Si respirava a pieni polmoni e tutto sembrava essersi rinvigorito, i colori, le energie, la terra.

Un altro mondo che però in futuro verrà distrutto dall'avidità degli uomini per profitto.

Ma quello era per loro un futuro lontano, ma per noi un presente opprimente.

Terre verranno dimenticate, eventi verranno perduti, la morale anche.

Ma ora voi vorrete sentir del passato e vi accontenterò.*

 

 

Il viaggio fino alla caverna non è degno di una descrizione troppo dettagliata.

Sta di fatto che ci arrivarono prima del previsto ma con tante difficoltà.

L'entrata era occultata bene se lo era stato fatto di proposito.

L'edera copriva maggior parte dello spazio e un tronco ne impediva l'accesso.

Il muschio poi rendeva ancora più difficile la visione della grotta.

L'aria umida ritornò a entrare nei polmoni dei tre.

Jiikan tagliò con le spade l'edera e spostò il tronco.

La grotta all'interno era arida,il pavimento aveva uno strato sabbioso.

Il buio si propagava nel vuoto che sembrava arrivare dall'altra parte della montagna.

I passi echeggiavano in un modo inverosimile.

Un piccolo corso d'acqua scorreva sotto di loro da una sorgente sotterranea.

Una corrente d'aria fredda seguiva il percorso d'avanti.

Korra sbuffò e si sedette per terra.

“Alzati Korra, non c'è bisogno di meditare per entrare nel regno degli spiriti” disse Jiikan.*

 

 

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Capitolo 6
*** Ombra e dubbio ***


Korra si era avventurata nel fondo della caverna già da una mezz'ora.

I due compagni sorvegliavano l'entrata della grotta.

Nessuno fiatava ma si poteva facilmente intuire che entrambi erano tesissimi.

L'aria carica di tensione era continuamente ferita da gocce d'acqua che cadevano dal soffitto.

Il ticchettio di esse incrementava il nervosismo di Suta.

Continuava a tamburellare le dita su di una roccia.

Oltre preoccupato per la missione una domanda gli stava per uscire di bocca senza volerlo.

Chi c'era veramente dietro la maschera di Jiikan?

Una strana sensazione di famigliarità provava quando era insieme all'altro.

Quasi nostalgia un ricordo lontano ormai perso da tempo.

L'atmosfera era insopportabile, il monaco iniziò a girare in tondo per la caverna.

Per vivere in un monastero non era particolarmente paziente.

Intanto Korra era arrivata da un paio di minuti nel mondo degli spiriti.

Stava uscendo da una palude in cui era caduta inavvertitamente.

Quel posto non era come l'ultima volta, i grandi prati non c'erano. Tutto era avvolto da una leggera nebbia che si insinuava tra gli alberi contorti e sulle superfici melmose. L'odore era insopportabile, un intruglio di puzze indescrivibili che rendeva difficile respirare. La ragazza si guardò intorno ma niente le sembrava famigliare, non sapeva minimamente dove era e quali spiriti abitassero quel luogo. La risposta non tardò a venire, infatti un piccolo batuffolo azzurro si poggiò sulla spalla di Korra che lo accarezzò dolcemente. “ Ciao piccolino, cosa ci fai in un posto come questo?” chiese. Lo spirito rispose stizzito con una voce acuta quasi impercettibile “ Tu piuttosto cosa ci fai qui Avatar, non dovresti essere in giro a salvare il mondo?! E non sono piccolo!” L'altra gli fece una smorfia e rispose “Infatti sto salvando il mondo microscopico essere!” dopo di ciò lo scacciò via.

Iniziava bene il suo viaggio nel mondo degli Spiriti! Quella palude non le piaceva per niente, non per il fatto che ci fosse fango e poltiglia ovunque, più che altro perché si respirava nell'aria qualcosa di strano, come se quel posto fosse ammalato e stremato da un parassita. Si incamminò tra gli alberi contorti e deformi senza chioma con i rami più in alto ricoperti da una leggera foschia che copriva il cielo. Una brezza gelida soffiava contro la ragazza che continuava a guardarsi intorno : niente.

Non si intravedeva un solo spirito nei dintorni, non un rumore se non lo scricchiolare dei piccoli rametti secchi sotto i piedi di Korra. Camminava e camminava ma il paesaggio rimaneva invariato e l'aria diventava sempre più pesante e irrespirabile, i colori si sbiadivano sempre più e le forme iniziavano a confondersi tra loro. Il terreno era diventato come fumo impalpabile, i piedi sembravano sprofondare in esso rendendo difficile continuare a camminare. L'Avatar si fermò e si appoggiò ad un ramo più basso con una mano sulla fronte. Le orecchie fischiavano in modo spaventoso, non riuscì a tenersi e si accasciò a terra con la faccia immersa nella poltiglia. Cosa stava succedendo? La ragazza continuava a chiederselo provando ripetute volte a rialzarsi, niente. I muscoli non rispondevano e la testa scoppiava. Provò anche a chiedere aiuto urlando più forte che poteva ma nessuno era nei paraggi. Guardava con la coda dell'occhio davanti a sé il sentiero che continuava praticamente all'infinito fino a quando una figura nera incominciava ad avvicinarsi. Non sembrava essere un spirito dalle fattezze umane, stava su sei zampe e aveva anche una coda lunga che menava fendenti tagliando l'aria. Camminava verso Korra piano piano...

L'acqua dei rigagnoli che segnavano il terreno roccioso iniziava ad alzarsi e ad essere plasmata da Suta che la rendeva ghiaccio e formava piccoli cristalli di neve che poi faceva sciogliere. Il gioco continuava da un po' e stava incominciando a diventare noioso, non c'era molto da fare e anche la tensione iniziale si era affievolita con il tempo. Jiikan aveva per tutto il tempo cercato di trovare il minerale che occorreva per il campo magnetico dimensionale, aveva trovato qualche pietruzza rossastra che poi aveva limato con le sue spade e aveva inserito nell'orologio. Stava per scalfire un'altra roccia quando Suta chiese “ Da quale epoca vieni?”. Qualche istante di silenzio, nessuna risposta. Ricominciò lo stridere delle lame contro la roccia. Il monaco incominciava a stufarsi di tutti questi misteri. L'altro avvertì la sua impazienza e rispose “Da una epoca passata, da un po' di tempo”. Suta rifletté per qualche secondo “Come fai ad avere allora quell'orologio? hai detto tecnologia avanzata, nel mio tempo non esistono ancora oggetti di questo tipo”. Ancora qualche istante di silenzio poi “Mi è stato consegnato da un'altra persona che viaggiava nel tempo, mi ha spiegato cosa sarebbe successo a te e mi ha dato istruzioni. Non chiedermi chi fosse o come si chiamasse perché non lo so.” Il dialogo sembrava incominciare a diventare interessante ma Jiikan decise di troncarlo lì e Suta dovette accontentarsi”. Ne seguì un altro lungo periodo di silenzio.

“Che onore avere qui davanti a me l'Avatar!”. La lucertola gigante aveva raggiunto Korra ancora morente per terra. Aveva una voce roca e profonda che rimbombava fra gli alberi, l'aspetto invece la ragazza non riusciva a definirlo, la visuale era ancora molto sfocata. Lo vide solo abbassarsi su di lei, poi la sollevò come più poteva e se la mise in groppa. “Non devi stare molto bene, non ti reggi in piedi, deve essere a causa dell'aria che si respira qua. Per chi non è abituato è molto difficile proseguire, devi ringraziare lo spiritello azzurro che hai incontrato prima, è stato lui ad avvertirmi del fatto che eri qua”. Korra non stava capendo nulla di quello che l'altro stava dicendo, continuava a sbattere la testa contro la sua pelle squamosa e dura. Aveva intuito che qualcuno la stava salvando ma oltre a una serie di colori e rumori indefiniti non percepiva nulla se non con il tatto. La lucertola continuava a proseguire tra le pozze melmose e le radici secche con le zampe che sprofondavano nel terreno fangoso. “Devi resistere ancora qualche minuto, tra poco saremo fuori da questo posto. Ti porterò in un posto dove l'aria è sicuramente più respirabile” la rassicurò. Infatti dopo poco tempo finalmente si intravide una luce in lontananza. Presto i due vennero travolti da una brezza di vento fresco e rinvigorente. Il territorio era completamente cambiato, delle pianure erbose verdi smeraldo si paravano davanti a loro costelli da alberi di alto fusto con una folta chioma. In lontananza delle montagne rocciose recintavano il posto per poi lasciare lo spazio ad un cielo limpido senza nuvole. Alla ragazza sembrò di risorgere, la vista riprese la nitidezza perduta e poté inquadrare immediatamente il suo salvatore. Si ergeva possente di fianco a lei con la sua corazza nera che risplendeva in tutta la sua magnificenza. Il suo corpo era pressapoco grande come quello della sua amica Naga. Sul muso spiccavano due enormi occhi verdi che fissavano l'incredulo Avatar mentre la coda roteava in aria. Scappò un piccolo urlo di preoccupazione a Korra che subito dopo cadde dal suo dorso e si mise seduta per terra. “Chi sei tu?!” esclamò un pochino spaventata.

“Mi aspettavo come prima reazione un grazie, non ci sono più gli Avatar di un tempo. Roku era il più educato che io abbia mai incontrato anche se anche l'Avatar Wan è sempre stato gentile con me”. Quell'affermazione sconcertò ancor più l'altra “L'Avatar Wan?! Ma quanti anni hai?! Lui è vissuto diecimila anni fa!”. La lucertola fece una smorfia e rispose “ 10.500 anni per essere decisi, quando lo conobbi ero ancora un cucciolo, mi scovò nella foresta degli spiriti mentre stavo attaccando briga con mio fratello, bei tempi erano. Comunque non ho ancora sentito “grazie per avermi salvata”. Korra non capì più niente, troppe informazioni assurde stavano dilagando nella sua mente, riuscì a malapena ad alzarsi ed inchinarsi in segno di gratitudine. “Così va meglio Avatar” commentò la lucertola. “Io sono Tochi no Sangeki*, spirito lucertola vagante. Risiedo nel villaggio qui vicino, come avrai capito adoro fare passeggiate. Tu invece cosa fai qua Avatar?”. Korra era un po' titubante nel dirglielo ma tanto avrebbe dovuto convincere gli spiriti del posto a chiudere il portale. “Sono in missione per il genere umano, dovrò chiedere ai tuoi compaesani di chiudere il passaggio per il mondo degli umani qui vicino, da dove sono passata io”. Adesso era l'altro ad essere perplesso la guardò con uno sguardo severo e poi disse “Noi siamo spiriti pacifici, credo che tutti aderiranno alla tua proposta. Dovresti saperlo, siamo famosi per la nostra quiete”. All'annuire di lei aggiunse “Allora perché ti sei portata dietro il tuo corpo materiale? Sei impaurita da noi Avatar?”.

Suta aveva deciso di andare fino in fondo alla grotta per vedere come il corpo materiale si Korra stesse. Ma era da parecchi tempo che aveva raggiunto il confine tra i due mondi ma il corpo della compagnia non c'era. Jiikan aveva detto che non era un passaggio materiale, allora perché non c'era il corpo? Suta iniziò a percepire dell'ansia fino a quando sentì dei passi dietro a lui. Era l'amico mascherato. “Ah, Jiikan. Stavo cercando Korra ma non la trovo!”. Nessuna risposta. Solo dopo qualche secondo si accorse delle spade che l'altro aveva sfoderato, si avvicinava.

“Jiikan?!”.

 

 

Ciao a tutti, sono tornato dopo un po' di tempo e mi scuso con chi stava seguendo la storia che rileggendo ho giudicato orribile. Spero di aver ricominciato meglio di prima e il nome dello spirito significa letteralmente “Flagello della terra” dovuto perché fin dalla tenera età amava fare passeggiate in solitario. Adesso vi lascio con un capitolo in sé striminzito con la speranza di farne un altro! (Come al solito non l'ho riguardato, risistemerò probabilmente l'intera storia dopo averla finita).

 

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Capitolo 7
*** L'altra faccia della medaglia ***


Suta aveva deciso di andare fino in fondo alla grotta per vedere come il corpo materiale si Korra stesse. Ma era da parecchi tempo che aveva raggiunto il confine tra i due mondi ma il corpo della compagnia non c'era. Jiikan aveva detto che non era un passaggio materiale, allora perché non c'era il corpo? Suta iniziò a percepire dell'ansia fino a quando sentì dei passi dietro a lui. Era l'amico mascherato. “Ah, Jiikan. Stavo cercando Korra ma non la trovo!”. Nessuna risposta. Solo dopo qualche secondo si accorse delle spade che l'altro aveva sfoderato, si avvicinava.

“Jiikan?!”.

 

 

Ciao a tutti, sono tornato dopo un po' di tempo e mi scuso con chi stava seguendo la storia che rileggendo ho giudicato orribile. Spero di aver ricominciato meglio di prima e il nome dello spirito significa letteralmente “Flagello della terra” dovuto perché fin dalla tenera età amava fare passeggiate in solitario. Adesso vi lascio con un capitolo in sé striminzito con la speranza di farne un altro! (Come al solito non l'ho riguardato, risistemerò probabilmente l'intera storia dopo averla finita).

 

Korra in quel momento stava cavalcando Tochi no Sangeki verso il villaggio degli spiriti infondo alla vallata che stavano percorrendo. Non si poteva negare che la lucertola avesse una velocità fuori dal comune, sfrecciava tra i prati come un ghepardo imbizzarrito. La ragazza rischiò parecchie volte di essere sbalzata via dalla groppa del compagno che la intimò di agganciarsi con le gambe al suo ventre. L'aria si scagliava sul viso di Korra che non riusciva a tenere gli occhi lacrimanti aperti. Non era molto comoda a dirla tutta, la pelle dell'altro era dura e scivolosa con qualche squama alzata che minacciava di infilzarla ad ogni minimo sobbalzo. Si teneva con le mani al collo di Tochi che alcune volte sbuffava per la non delicatezza del Avatar. “Che strani tipi i nuovi Avatar!” continuava a dire tra sé la lucertola. Che giornata che aveva avuto, sicuramente però non più stressante delle altre. Il povero spirito era stato fatto membro del Consiglio del villaggio in cui viveva, pratiche da sbrigare, missioni diplomatiche con gli altri spiriti, la supervisione delle terme della montagna.... Non ne poteva più e proprio quel giorno doveva essere la sua breve vacanza. Altro che vacanza! Troppi impegni, “Facevo meglio a vivere nella mia vecchia cittadina, maledetto trasferimento!”. In In quel momento fare la balia a quella che doveva essere la salvatrice dei due mondi. Bene, la situazione si faceva più che seccante per lui. Korra invece era pensierosa, come mai il suo corpo materiale era con lei? Jiikan aveva detto che il passaggio era per via spirituale e non corporale. Che si sia sbagliato? Impossibile, conosceva da poco il compagno di viaggio ma aveva dimostrato in quel piccolo lasso di tempo aveva dimostrato di essere un tipo affidabile ma sopratutto esperto del mondo degli spiriti. Qualcosa non quadrava. Comunque non avrebbe potuto riandare nella palude per raggiungerli senza svenire ancora. Sarebbe andata al villaggio per chiudere il passaggio come era da piano, Tochi le aveva detto che faceva parte del Consiglio, con il suo appoggio avrebbe dimezzato la fatica e il tempo. Il tutto non sembrava troppo difficile e magari sarebbe riuscita a passare a salutare il vecchio Iroh da qualche parte, dopotutto doveva ancora ringraziarlo come si deve per averla aiutata a scappare dalla foresta spiritata della volta precedente. Alzò lo sguardo e in lontananza scorse i primi edifici del villaggio. “Eccoci arrivati Avatar, ti porto nella mia tana. Ti ospiterò lì, domani andrò al consiglio e cercherò di convincere i miei colleghi della tua proposta. Intanto tu fatti un giro da qualche parte, magari alle terme”. L'idea non era per niente male, Korra pensò che dopo la palude allucinogena un bel bagno le avrebbe fatto proprio bene. Presto arrivarono davanti alle mura di sicurezza interamente costruite in legno con una vedetta in cima. Da essa sbucò un piccolo spiritello violaceo che appena riconobbe Tochi gli rivolse un grande sorriso gridandogli “ Buongiorno signor Tochi no Sangeki, di ritorno da una delle sue passeggiate mattutine suppongo e vedo in compagnia di..... o mi scusi signorina Avatar, non l'avevo riconosciuta da qui sopra! Benvenuta nel villaggio di Ichi no kōsaten!”. Le mura di legno si aprirono lentamente di fronte ai due con un gran fragore cigolando. La prima cosa che si riuscì a vedere era il grande spiazzo piastrellato circolare circondato da abitazioni costruite in paglia e fango. Al centro una fontana argentata come la sua acqua all'interno zampillava essa con incredibili acrobazie aeree per poi ritornare nell'ampia vasca. Numerosi spiriti guardavano stupefatti lo spettacolo affollando la strada, urla e schiamazzi echeggiavano dovute a commercianti che cercavano di attirare gente e le grida meravigliate degli spettatori. Il primoo commento di Korra fu “ Questo posto è molto strano”.

Tochi si fece spazio tra la folla e chiese “Che cosa te lo fa pensare?”

“Non è come gli altri posti del mondo degli spiriti, è tutto molto materiale non so se mi spiego”.

“Questo è perché tu sei sempre stata nell'anello inferiore, questo è l'anello secondario”.

“è come a Ba Sing Se! Gli anelli inferiori sono più arretrati e quelli più in alto sviluppati!”

“Esatto, secondo te da chi hanno preso l'idea gli umani quanto hanno costruito quella città?”.

Al passaggio della ragazza i presenti la salutavano con cortesia e Korra ne fu molto lusingata.

“Sono davvero popolare qui!” esclamò sorpresa.

“Specialmente qui, l'Avatar Aang riequilibrò la vita da queste parti, prima c'era solo distruzione”.

Una punta di rammarico si percepì nella voce di Tochi e Korra non domandò altro.

Finalmente riuscirono ad uscire dalla piazza e ad incunearsi in una via secondaria.

Svoltarono però diverse volte e si fermarono d'avanti ad un baldacchino di legno mal messo.

Su di esso appariva uno striscione con su scritto “Casa del consigliere numero ventidue”.

Non sembrava esattamente l'abitazione di una rispettata persona di politica ma più che altro un emporio in fallimento almeno dall'esterno perché all'interno era ancora peggio. Il suolo non era rivestito ed era costituito da dune di fango e legno, vi era un solo mobile ossia una libreria straripante di libri vecchi. Sulla parete di fondo vi era una nicchia probabilmente per la notte.

Tochi si sedette con un grande sospiro per terra leccandosi una zampa. La ragazza invece stava facendo passare in rassegna tutti i volumi in possesso dello spirito. Non ne conosceva nessuno, vi erano titoli strambi e alcuni scritti in una lingua incomprensibili, altri sembravano vecchie pratiche lasciate lì ad ammuffire. “Ti interessano?” chiese Tochi all'Avatar. Lei non rispose, era troppo occupata a decifrare una pagina di un testo storico. “Te li dovrai far piacere, per oggi starai qua e non dovrai uscire, non ti devi far troppo notare. Domani mi occuperò del tuo caso al Consiglio.

Suta indietreggiava in posizione di combattimento, l'amico invece rimaneva fermo ed in silenzio con in pugno le sue sciabole. Il monaco lo aveva già chiamato un paio di volte ma non aveva ricevuto nessuna risposta, sentiva di essere in pericolo quindi decise di smuovere la situazione. Lanciò una raffica di vento che l'altro schivò senza problemi, la sfruttò per alzarsi in aria e ribaltarsi. Si appoggiò con i piedi al soffitto roccioso per effettuare una piroetta ed atterrare dietro al ragazzino. Suta reagì girandosi di scatto e lanciando di istinto una fiammata bloccata dall'avversario, si allontanò e cominciò a richiamare l'acqua dei rigagnoli lungo le sue braccia. Lanciò poi due getti ghiacciati che furono spezzati dalle spade di Jiikan. Il monaco allora cercò di schiacciarlo tra due massi ma l'altro sgusciò via in tempo, si scansò di fianco ma non ebbe il tempo di contrattaccare, l'altro era già sopra di lui. Lo disarmò di una sciabola e la puntò al suo.

Aveva un insolito ghigno malvagio stampato sul viso, avrebbe trafitto l'altro se esso non lo fece cadere con una spazzata e gli urlò in faccia “Suta! Riprenditi!”. Il ragazzo si mise a sedere ansimante. Diede un'occhiata in giro, la caverna era devastata ma non a causa dello scontro di prima, il suolo era squarciato come le pareti. Lo sguardo ricadde su Jiikan e gli chiese “Cosa è successo?!”. Il compagno lo indicò. Possibile che fosse stato lui?

Inaspettatamente la notte Korra dormì tutto il tempo, stava accompagnando Tochi al consiglio visto che le terme erano sulla strada. Ancora una volta sembrava essere trattata come una regina dalla gente del posto. Il Consiglio si trovava vicino alla piazza del giorno precedente, precisamente al centro del villaggio. Era l'edificio più alto di tutti, completamente bianco con una bandiera rossa in cima, di certo non si poteva ignorare un edificio così. Ed ecco presentarsi la fontana. Come il giorno precedente il posto era invaso da gente. Svoltarono e presto finirono d'avanti ad un bivio, Tochi andò nella via di destra mentre Korra in quella di sinistra. L'altro le aveva indicato la strada per le terme il giorno precedente ed infatti ci arrivò senza problemi. Era una struttura interamente composta da legno e decorata con diversi striscioni colorati. Una insegna rossa campeggiava su di un porticato che sovrastava le terme con scritto “Le terme vapore”. La ragazza entrò e fu accolta dalla reception da uno spirito umanoide mezza scimmia “Buon giorno signora Avatar”. Le porse una una tessera con scritto il numero della vasca che Tochi le aveva prenotato. Poi lo spirito la condusse lungo un corridoio tappezzato di tessuto rosso con diverse porte alle pareti, sembrava un albergo più che un centro terme. Finalmente arrivarono alla vasca numero 192. Korra entrò mentre la scimmia se ne andava. La stanza era estremamente più grande di come sembrava dall'esterno. Un flusso di acqua calda fluiva da una sorgente artificiale sulla parete alla sua destra e ricadeva in un piccolo stagno adornato da vegetazione e fiori che ricoprivano le rocce e il suolo. Vi erano anche delle palme disseminate lungo tutta la zona. Il vapore poi inondava la camera e rendeva sfocati i vari colori sgargianti. La ragazza rimase allibita, si avviò incredula vicino al laghetto. Disposti sulla riva vi erano parecchi asciugamano e qualche kimono. Korra constatò la temperatura dell'acqua con la mano, pi si svestì e si immerse nell'acqua. Sguazzò felicemente rilassandosi finalmente un po' e si levò tutti i suoi problemi di dosso, sembrava che le terme avessero un effetto rinvigorente e fortificante. La ragazza si sentì subito meglio e tiro un sospiro “Chissà come se la stanno cavando Suta e Jiikan, quei due si staranno annoiando a morte immagino. Una cosa che non si spiega è che perché il mio corpo non sia rimasto nel mondo umano. Forse è uno dei piani contorti di Jiikan” disse fra sé ricordandosi improvvisamente dei due. Si immerse completamente e se ne sto a guardare il fondo della vasca. Un rumore però interruppe il suo riposo e presto una luce accecante si diresse verso di lei. Un secondo e poi vi fu una grande esplosione che fece saltare all'aria il lago. L'acqua si sollevò di colpo e del fumo impedì la visuale. Una figura si mise in piedi su di una roccia sopraelevata a guardare la scena dopo il colpo che aveva inferto. Guardò compiaciuto il lavoro fatto ed esclamò “Fin troppo facile, mi aspettavo qualcosa di più emozionante dalla famosa Korra. Niente di che invece, eliminare il suo spirito è stato una vera noia!”. Se ne stava per andare quando una voce lo chiamò “Ehi! Tu! Razza di pervertito, mi attacchi mentre mi lavo?!”. Korra sbucò dai massi mentre si metteva addosso un yukata giallo mezzo stropicciato. “Cosa volevi dire con distruggere il suo spirito? Non hai sentito le novità? Sono carne e ossa, per eliminarmi dovrai sforzarti un po' di più di così!”. L'altro la guardò sorridendo “Finalmente qualcosa di interessante, SuiSei sarà contento del mio lavoro!”.

 

Sono inaspettatamente riuscito a scrivere il nuovo capitolo abbastanza in fretta ed è inutile dire che non l'ho ricontrollato, come già detto riscriverò la storia una volta finita. Vediamo presentarsi un nuovo personaggio ( possibilmente con disturbi psichici) fare la sua comparsa e la descrizione la fornirò nel prossimo capitolo ma per dare subito l'idea assomiglia di Ichimaru di Bleach con qualche variazione.

 

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Capitolo 8
*** Fotografia dell'anima ***


I polsi dolevano come le caviglie, spasmi continui interrompevano il suo sonno, dolori allucinanti all'addome, in questo modo Suta passò la notte. Si era fatto legare da Jiikan ad una roccia abbastanza pesante e radicata dal terreno da tenerlo fermo, non poteva rischiare di fare del male a qualcuno. Aveva paura di quello che avrebbe potuto fare, tante volte si svegliava di colpo a causa dell'angoscia di essersi mosso nel sonno ma ogni volta che cercava di vedere i possibili danni compiuti l'oscurità avvolgeva ogni cosa. L'amico era all'entrata della roccia, come biasimarlo essere in compagnia di un mostro come lui non doveva essere facile. “Codardo, è solo un codardo” disse il monaco. “Non è vero! Non è così” urlò rispondendosi da solo. Era confuso, stava parlando con sé stesso? Faceva ridere, sì faceva molto ridere. Anzi faceva piangere, no era invece angosciante ma forse anche felice. Forse faceva anche arrabbiare? “Sì, fa anche arrabbiare. Cosa sto dicendo? Non ha senso! Invece ha un senso, tutto ha un senso. Il caos è una tipologia di ordine”. Rise.

Non sapete ancora cosa accadrà a Suta nelle sue prossime avventure ma questo che state leggendo è sicuramente stato il momento più difficile e orrendo per lui.

“Davvero?! Chi sei tu per dirlo?!” ride e piange.

Il ragazzo che aveva cercato di carbonizzare Korra era alto più o meno come lei, magrissimo come uno scheletro. La pelle era pallida, quasi bianca latte e senza un'imperfezione: non vi era ne una riga, ne una macchia. I capelli erano abbastanza lunghi, lisci e di un nero corvino che gli cadevano sugli occhi. Essi rimanerono prevalentemente sempre chiusi ma di sicuro erano di un colore scuro e freddo, penetranti. Vestiva con un kimono completamente bianco adornato da una fodera verde marcio per riporvi una katana dall'impugnatura violacea. Teneva sempre un'espressione di soddisfazione sul suo volto, da definirsi quasi divertita che però incuteva timore a chi la osservava solo per poco. Continuava a mantenersi in movimento spostando il peso da un lato all'altro.

Poi dopo diversi secondi disse a Korra “ Mi dai del pervertito? Non era mia intenzione spiarti mentre ti lavavi ma piuttosto di ucciderti, anche se devo dire che non mi è dispiaciuto ammirarti in tutto il tuo splendore!” disse ridendo e leccandosi le labbra. La ragazza gli fece una smorfia, le stava già sui nervi doveva sbrigarsi a metterlo fuori gioco, si scrollò le braccia e si sistemò lo yukata. Aspettava la mossa avversaria, non vedeva l'ora di togliere a quel tipo il suo sorrisino odioso ma per esperienza non voleva essere troppo avventata. “Non mi attacchi? Vuoi che incominci per primo io? Lascia almeno che mi presenti, Kage ni notta al suo servizio!” esclamò allegro l'altro. Korra non ebbe neanche il tempo di capire la fine della frase quando Kage le era già difronte. Sguainò la katana che emanò anche un fendente di fuoco. La ragazza inclinò il busto indietro appena in tempo per non essere affettata. Indietreggiò immediatamente per schivare un tentativo di affondo e si decise a contrattaccare. Korra lanciò un getto d'aria che non andò a segno sbilanciando però Kage. Approfittando della situazione la ragazza attinse dall'acqua delle terme per formare una frusta ed effettuare una spazzata al nemico. Lo centrò ma lui fece una piroetta e si rimise in piedi ripartendo all'attacco. Il suo fendente fu interrotto da un muro di roccia che venne però spezzato via dalla katana. Cercò ancora di infilzare Korra ma lei lo allontanò con un soffio di fuoco. La ragazza si fece spingere da una corrente d'aria portandosi a pochi centimetri dall'avversario, lì eseguì una serie di colpi rinforzati da fuoco prontamente schivati. L'ultimo però fu bloccato da Kage con il braccio libero estinguendo anche le fiamme in esso. “Ottimo dominio del fuoco! Non me lo aspettavo da una nativa delle tribù dell'acqua, mi stai proprio divertendo lo sai?” disse il ragazzo. Questo fece innervosire ancor di più l'Avatar che si liberò dalla presa e bloccò Kage con dei lacci di ghiaccio che partirono dal suolo. Lo guardò soddisfatta e poi richiamò a sé una onda proveniente dalla sorgente stessa che si scagliò con furia contro il dominatore del fuoco.

Una goccia, due gocce, tre gocce.... continuava a contare lentamente. La sua flebile voce risuonava in tutta la caverna, si stava annoiando e aveva fame. “Jiikan! Ho mal di testa, aiuto! Sto male! Mi vuoi rispondere?! Maledetto, vieni qua ad aiutarmi!!!! Maledetto, maledetto!” aveva iniziato ad urlare. L'altro stava guardando il sole che filtrava tra gli alberi, che nostalgia. Da tempo mancava da casa, aveva avuto molto da fare. Ormai erano due anni che viaggiava nel tempo, sarebbe ritornato tra poco, mancava veramente poco. Sperava che i suoi conoscenti non notassero la differenza nel suo aspetto, in 48 mesi non doveva essere cambiato poi così cambiato.

 

Kage riemerse dall'acqua scostandosi i capelli dagli occhi, individuò immediatamente Korra su di un masso collocato nella zona più alta della camera. “Tutte queste scene per poi riuscire a metterti in difficoltà velocemente!” disse l'Avatar. L'altro scosse la testa “No, sei tu quella in difficoltà, sei già ferita!”. La indicò. Cosa stava dicendo? Non l'aveva colpita neanche una volta. Stava per ribattere quando le mancò il fiato, si sentiva debole e spossata. Solo allora si rese conto di essere effettivamente stata ferita. Il fianco destro del suo yukata era completamente lacerato, dall'ascella al bacino lasciando scoperta la pelle ferita da un taglio abbastanza profondo sanguinante. “Maledizione!” esclamò Korra, non capiva quando avesse potuto ferirla. Dopo poco iniziò a perdere la sensibilità della parte lesa e la vista talvolta si sdoppiava. Kage continuava a ridere, si rimboccò una manica del kimono e tese il braccio sinistro verso alla ragazza, “Adesso è ora di finirla, addio!”. Un getto di fuoco partì dal palmo del ragazzo che devastò tutta la vegetazione circostante. Korra riuscì appena in tempo a saltare via con l'aiuto dell'aria fuori dalla traiettoria delle fiamme. Non riuscì ad appoggiare i piedi a terra quando la katana sfiorò la sua gola. Non si resse, cadde. La lama adesso cercava di trapassarla, rotolò via. Si rialzò e lanciò un masso che colpì in pieno Kage. Poi creando una corrente abbastanza forte lo fece spazzare via. Niente da fare, il ragazzo atterrò morbidamente sul terreno roccioso. “Inizi a battere la fiacca? Ti capisco, con delle ferite del genere non deve essere troppo facile starmi dietro!”. Korra corse verso ad una pozza d'acqua alla sua sinistra. Come previsto l'altro la seguì e appena il ragazzo entrò con i piedi nell'acqua essa si ghiacciò intrappolandolo. “Adesso vediamo se riesci a schizzare via!” urlò soddisfatta l'altra. Creò una stalattite di ghiaccio che si agganciò al braccio usandola come spada. Menò un colpo che fu prontamente fermato dalla katana di Kage. Iniziò un breve conflitto lama contro lama che finì con l'arma di ghiaccio di Korra spaccata in mille pezzi ed il ragazzo libero dalla trappola grazie ad il calore da lui emanato. Non stava andando bene lo scontro per la ragazza, avrebbe voluto entrare nello stato di Avatar e finire subito quel tizio ma sapeva che ci sarebbero state delle conseguenze per Suta, non poteva rischiare. I suoi pensieri furono interrotti da una proiezione di Kage che la fece finire per terra per poi essere presa al polpaccio e lanciata contro ad una roccia. Si sollevò un polverone. Kage si diresse con flemma verso esso, non vedeva più niente. La sabbia ricopriva tutto.

Era stato troppo avventato, si trovava in una posizione scomoda. Non percepiva nessun rumore, magari la ragazza era morta sotto il peso dei massi. No, non poteva essere così facile. Infatti Korra sbucò all'improvviso dalla coltre di polvere seguita da un getto di fiamme. Colpì di striscio Kage che imprecò riprendendo però subito la calma prendendola per lo yukata e tirandola a sé. Spalancò la bocca e ne uscì una vampata. La ragazza si divincolò liberandosi dalla presa, il tessuto dello yukata si strappò e lei ritornò tra le nubi di sabbia. Silenzio, non si muoveva niente o almeno così parve a Kage. Passarono diversi minuti che parvero ore ma il polverone non si era abbassato, probabilmente l'Avatar cercava di tenere il vantaggio dell' invisibilità. “Dove sei finita? Non sarai per caso scappata, vero?”rise il ragazzo. La risposta non si fece attendere, la polvere si diradò a causa di una grande sferzata di vento. Korra era a pochi metri di distanza da Kage, si era cambiata d'abito. Adesso vestiva con i suoi indumenti e gettò lo yukata a terra. “Io non scappo difronte ai tipi come te, sottospecie di pervertito!”.

“Jiikan! Jiikan!!!! Aiutami, ti scongiuro aiutami! Le catene cedono!”.

Il compagno arrivò di corsa, Suta si divincolava furiosamente con gli occhi e i tatuaggi lampeggianti. Si stava liberando involontariamente. “Perché lo hai chiamato pazzo! Noi dobbiamo uscire di qui o ci ucciderà, sì ci ucciderà!” urlò ancora il monaco. Jiikan corse verso il ragazzo e cercò di tenerlo fermo mentre fondeva tra loro le catene spezzate. “Fermati Suta! Riprenditi! Sono io, non ti voglio far male!”. Niente da fare, l'altro non lo riconosceva. Gemiti angosciosi bombardavano le orecchie del ragazzo mascherato che cercava di non essere fatto fuori dall'amico impazzito. Solo dopo un po' il monaco inquadrò la figura che lo stava bloccando, si fermò di colpo.

I tatuaggi cessarono di brillare come gli occhi e Suta non delirò. Ansimava tremendamente, era stata una giornata di inferno. Nei pochi attimi di lucidità vomitava. Dopo essersi ripreso alzò lo sguardo stanco e oppresso verso al compagno e finalmente chiese dopo tempo “Co.. Cosa mi sta succedendo?”. Jiikan si abbassò per portarsi al livello di altezza dell'altro e gli disse “ Ti prometto che quando arriverà Korra ti spiegherò tutto e ce ne andremo di qua”.

“Korra... Korra? Chi è Korra?” disse ansimante, ricominciò a ridere, poi a piangere.

Il combattimento era ripreso e l'Avatar stava bersagliando con una serie di dardi infuocati Kage che si muoveva agilmente schivandoli. Entrambi adesso si equivalevano e la situazione era fin troppo stabile. “Come mai adesso ti muovi così bene? Prima non lo facevi per via di quel yukata? Svevi così paura che ti vedessi scoperta? Sei proprio buffa” commentò il ragazzo. Attaccò lui con un fendente ardente che fu spento da un getto d'acqua che si avvinghiò alla spada bloccandola. Kage spezzò il laccio con il taglio della mano seguito dal fuoco ma prima che partisse all'attacco perse di vista Korra. Era sparita ancora. Si guardò ancora intorno, quando vide un masso alzarsi all'improvviso e scaraventarsi contro di lui. Lo evitò con un balzo felino e rintracciò l'avversaria.

Prendendo la carica spostando il suo peso contro il macigno appena schivato si slanciò contro di essa. Anche Korra sfruttando la propulsione del fuoco spiccò il volo e i due si scontrarono a mezz'aria. I due pugni infuocati cercavano di prevalersi a vicenda ma nessuno dei due mollava. L'equilibrio fu spostato quando Kage tirò un fendente contro Korra che schivandolo spense inavvertitamente la sua mano venendo travolta dal ragazzo. I due si schiantarono a terra ed entrambi atterrarono in piedi, l'Avatar allontanò l'altro con l'aria. Iniziò così un combattimento a distanza. “Perché lavori per Suisei e cosa vuole lui da me?!” ringhiò Korra.

“Il dragone evidentemente non vuole che tu ti metta a chiudere i portali come stanno facendo Tui e La, tutto questo puzza di congiura. Il mio padrone fa bene a non fidarsi di voi!” rispose l'altro.

“è lui il cattivo in questa storia!”

“Dal mio punto di vista no.”

“Allora sei dannato!” rispose Korra che con un repentino colpo di vento disarmò Kage.

Ma il combattimento non proseguì oltre a causa dell'arrivo di Tochi che sfondò l'entrata in cerca della ragazza. Individuata le urlò “Korra, i membri del consiglio sono stati cambiati! Adesso sono tutti subordinati di uno spirito chiamato SuiSei, credo. Hanno cercato di farmi la pelle e ho scoperto che vogliono far saltare in aria l'edificio per farti fuori!” riprese fiato. Un lampo improvviso ed un forte rumore. Le terme stavano esplodendo proprio in quel momento. Il soffitto iniziò a crollare e pezzi di roccia minacciavano di schiacciarli. Tochi e Korra si avviarono all'uscita mentre Kage se ne stava fermo. “Sbrigati pervertito!” urlò la ragazza ma il ragazzo non si spostò. Ad un tratto un pezzo di roccia crollò e stava per spiaccicare l'Avatar. Questione di un secondo e la katana di Kage la frantumò. Si mise di fianco alla ragazza e le disse “Cerca di non morire, l'unico che ti deve uccidere sono io. E la prossima volta non trattenerti, sapevi benissimo che la mia spada era di metallo e io so che ormai lo domini egregiamente. Questo vuol dire che anche a te piace combattere, bene!”. Le si avvicinò e le sussurrò all'orecchio “Non chiamarmi pervertito!”. Poi schizzò via tra la vegetazione delle terme. “Chi era quello?” chiese Tochi. Korra non rispose, stava guardando andare via il ragazzo. “Ci sei?!” chiese più forte la lucertola. “Cosa?! Oh si dobbiamo uscire di qui!”. La ragazza si mise in groppa dello spirito e corsero lungo il corridoio, non vi era anima viva. Probabilmente tutta la gente all'interno era già stata fatta evacuare. Non c'era tempo, stava crollando tutto. “Vedi quella finestra Korra?, quando la raggiungiamo tieniti forte!”. Sfondarono l'apertura e caddero dal secondo piano. Tochi atterrò prontamente sulle sue sei zampe ma korra venne sbalzata via dalla sella finendo per terra. Si rialzò e disse “Portami immediatamente al portale dei due mondi!”.

 

Eccoci alla fine di questo capitolo che definirei anche la fine del primo atto della storia. Dopo il massacrante incontro (sia per chi lo ha vissuto, sia per chi lo ha scritto) Korra, Suta e Jiikan si riuniranno per mettere la parola fine alla tirannia futura di SuiSei ed intervenire su i tremendi scatti d'ira del monaco, si capirà perché il mascherato abbia mentito agli altri due e se sono buono forse vi dirò anche chi è ( anche se la risposta è molto ovvia). Comunque lo yukata per chi non lo sapesse è un kimono sfoderato informale generalmente fatto in cotone, lino o canapa. Il nome del villaggio e di Kage significano rispettivamente: punto di intersezione/posizione (villaggio di mezzo) e guido nell'ombra (fuoco d'ombra).

Ringrazio i gentili lettori di avermi seguito fin qui e per chi vuole parte il secondo atto e un piccolissimo favore RECENSITE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Non mi importa se in modo negativo o positivo o neutro ma recensite. Ringrazio chi mi ha sempre fatto questo piacere commentando le mie storie ossia Roxasora YT, fategli un po' di compagnia, GRAZIE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

L'ultima cosa, visto che siamo in tema Bleach io mi sono immaginato lo scontro descritto con le sue colonne sonore : Il primo pezzo (fino a dove Kage viene colpito dall'onda d'acqua) con Enemy Unseen, il secondo (fino dove Korra si cambia) con Precipice of e l'ultimo Number One. Sto facendo il possibile per fare più capitoli possibili perché dopo avrò un periodo impegnatissimo.

 

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Capitolo 9
*** Lacrime dietro ad una maschera ***


La lucertola sfrecciava ancora veloce e Korra era ancora lì a spronarla sempre di più. Ma questa volta Tochi accettò con piacere gli inciti della compagna poiché da poco erano seguiti da un manipolo di spiriti palesemente inviati da SuiSei. Avevano tutti un tatuaggio bianco raffigurante il loro capo sul collo. Non erano spiriti oscuri come quelli di Vaatu ma ci andavano molto vicino, con quegli occhi minacciosi e quei versi striduli non davano l'idea di essere particolarmente timidi. Distavano da loro di 200 metri più o meno, la lucertola cercava di aumentare il distacco più che poteva ma le sue zampe non potevano andare più veloci di così. Della palude non vi era ancora alcuna traccia, si vedeva solo le montagne sullo sfondo e a Korra iniziò a vacillare la speranza di farcela. La situazione era critica, la corsa sembrava essere destinata a durare all'infinito. “Korra! Fidati, ci dovremmo essere! Conosco questi luoghi, non siamo lontani dal portale”.

“Quanto ci vuole ancora, Tochi?!” chiese l'altra. “Se mantengo questo ritmo e se gli spiriti non ci catturano prima tra cinque minuti si dovrebbe incominciare a vedere qualcosa!”. Ed infatti fu così, finalmente la ragazza scorse gli alberi contorti che popolavano la palude. La lucertola accelerò e prima di avventurarsi in essa urlò a Korra “Trattieni il respiro! Altrimenti svieni come la scorsa volta”. La ragazza invece si portò dietro un po' di aria pura e creò intorno alla sua testa una sorta di bolla d'aria come quelle che usava Zaheer per togliere il respiro. Appena entrati la lucertola dovette rallentare per non finire dentro a qualche pozza o finire incastrato fra i rami, così facendo però gli spiriti che gli stavano dando la caccia guadagnarono terreno e presto anche loro raggiunsero la palude. Mancava poca strada ma gli spiriti essendo meno ingombranti di Tochi furono a pochi metri da loro. “Avatar! Non potresti rallentarli un pochino?” chiese Tochi. L'altra annuì e sedendosi al contrari bersagliava i cacciatori con dardi di aria e fuoco o sbarrava loro la strada con la terra o con l'acqua. “Quanto manca ancora?!” “Troppo! Adesso io ti sto rallentando, con la mole che mi ritrovo di causo solo problemi, scendi!” “Cosa?!”. La lucertola si fermò e fece cadere di sotto la ragazza.

“Segui questo spirito!” disse indicando lo spiritello azzurro che volava vicino a loro “è lo stesso che mi ha detto dove eri, ti dirà lui dove andare, adesso vai!”. Korra non replicò, sapeva bene che se sarebbe stata con la lucertola sarebbero stati catturati entrambi, si dispiacque per dover lasciare combattere da solo il compagno ma non ebbe scelta se voleva salvare il mondo. Corse via insieme alla guida che sbraitava “Corri, forza lumaca o ti prenderanno! Saresti un Avatar tu?! Forza fai andare quelle gambe che ti ritrovi!” “Sempre molto gentile vedo!”. Continuava ad inciampare tra le radici degli alberi e rimanere bloccata dalla fanghiglia, ma non si perse d'animo e dopo diverso tempo raggiunsero lo stagno/portale da cui era arrivata. “Tuffati! Forza!” ordinò lo spiritello azzurro, stava per farlo quando uno dei suoi inseguitori la prese alle spalle. Non capì mai bene cosa fosse successo ma le sembrò di vedere lo spiritello trasformarsi in qualcosa di molto più grosso ed azzannare l'attentatore. Scivolò e cadde nello stagno.

“Maledetto! Maledetto!”. Suta era stato bloccato da una presa di Jiikan ed in quel momento si dimenava furiosamente. Cercava di farlo andare via con delle raffiche di vento micidiali ma il compagno non mollava. “Calmati Suta!” disse il mascherato ma le sue parole non servirono a nulla. Il monaco diede diverse gomitate nello stomaco a Jiikan che allora mollò la presa e rotolò sul terreno. Si rialzò a fatica, giusto in tempo per schivare un macigno sopra la sua testa. Atterrò sulle ginocchia e cercando di far indietreggiare il compagno creò una lingua di fuoco tra loro due. L'Avatar sembrò quasi ringhiare, imprecava e si girava intorno finché non si decise ad estinguere le fiamme più grosse e a saltare su Jiikan. I due caddero e si dimenarono a terra combattendo senza i propri domini. Suta prese al collo l'altro e cercò di soffocarlo ma venne allontanato da un pugno. In quel momento si arrabbiò tremendamente e i suoi tatuaggi si illuminarono insieme agli occhi. Venne circondato da tutti gli elementi. Entrò nello stato di Avatar tra le urla strazianti che emanava, iniziò a muoversi freneticamente con la testa far le mani. La terra tremava, le pareti si squarciarono e le fiamme avvamparono. L'acqua si sollevava dalle pozze e si destreggiava tra i venti. La situazione era critica. Jiikan si acquattava per avanzare verso il monaco, non aveva ormai più molte forze ma forse una possibilità ancora c'era e ci doveva provare prima dell'arrivo di Korra, chissà cosa sarebbe successo altrimenti. Si agganciò ad un masso e iniziò a chiamare l'altro ma niente. Lo aizzò con un paio di fiammate per avere finalmente tutta la sua attenzione. Lo sguardo di Suta sgorgante di luce fissava minaccioso il ragazzo mascherato. Iniziò ad incamminarsi verso di lui con tutti gli elementi in quel momento disponibili di seguito. Aveva stampato sul viso un ghigno malefico, quasi non umano, la perfidia incarnata in persona. Non aveva in sé una particolare motivazione per eliminare quel tipo ma incominciava a stufarsi e per gioco decise di farlo sparire dalla faccia del pianeta. Non ci sarebbe voluto troppo tempo, in fondo quello era solo un comune dominatore del fuoco e non poteva niente contro di lui. Si fermò a qualche metro di distanza dal bersaglio canticchiando dalla gioia. Jiikan iniziava ad essere veramente ansioso, doveva essere veloce e molto probabilmente avrebbe avuto solo una occasione. Si posò la mano lungo la corda che gli cingeva il capo e che sorreggeva la maschera. Suta in quel momento lo guardava incuriosito, la sua furia omicida si placò per un istante e fu quello il momento giusto per agire. Jiikan si levò di colpo la maschera e la tenne con una mano mentre con l'altra impugnava una delle sue due sciabole. Fu un secondo, la bocca del monaco assunse la forma di una specie di sorriso appena vide la vera identità dell'avversario. I venti si placarono, Jiikan partì all'attacco e menò un fendente alla spalla di Suta. Esso si accasciò, i suoi tatuaggi e i suoi occhi tornarono normali. L'altro gli si avvicinò e dopo essersi assicurando la sanità mentale del monaco cercò di bendargli la ferita che aveva appena inferto. Il monaco lo guardò e con disse debolmente “Che cavolo ci fai qua, Zuko?”. Il sangue stava ricoprendo i due, Suta era disteso per terra mentre Jiikan stava cercando di fermare l'emorragia, lo aveva colpito troppo forte e in quel momento mise a repentaglio la vita del ragazzino. Le sue mani sporche di sangue cercavano di cambiare il bendaggio nuovamente. Suta ansimava, le braccia erano in preda alle convulsioni e la sua pelle era sbiancata terribilmente. “Forza Suta! Non mollare ora! Tra poco ritornerà Korra, devi resistere!”. Le parole riecheggiarono nella testa del ragazzo, non vedeva più niente ma sentiva la voce dell'altro. L'unico dolore che percepiva era lo stomaco che minacciava di fargli rigurgitare tutto quello che vi era al suo interno. Per il resto stava bene, incredibilmente bene, si sentiva leggero e sollevato da qualsiasi preoccupazione. Era come se si fosse staccato dal suo corpo ferito e stanco, non ci voleva ritornare, voleva solo rimanere in quello stato per tutto il tempo che gli restava ancora. Jiikan si lasciò cadere in dietro, non riusciva a stabilizzare il compagno, si sentiva tremendamente in colpa per ciò che aveva fatto. Forse se non lo avesse portato via dalla sua era avrebbe avuto una morte molto più rapida, farlo in quel modo era a dir poco riluttante. Si rimise a sedere, tirò fuori dalla sua borsa a tracolla ancora delle fasciature e si rimise a lavoro. Come avrebbe voluto che Korra fosse lì, essendo anche una dominatrice dell'acqua sarebbe stata di sicuro più utile dei suoi ridicoli interventi provvisori. Appena poteva dava rapide occhiate al portale dietro alle sue spalle. Iniziò a pensare che la persona che doveva intraprendere quel viaggio non fosse stata scelta con criterio, si ricordava perfettamente il giorno in cui dovette partire. Un tizio incappucciato si era presentato a palazzo e dopo aver eluso tutte le difese di esso diede istruzioni a Zuko su cosa fare e gli diede quel orologio per poi ripartirsene per i cunicoli spazio-temporali.

Korra volteggiava nell'acqua poltigliosa, riusciva ancora a intravedere il suo spiritello azzurro scontrarsi contro un altro piuttosto grande e minaccioso. Non percepiva nessun rumore. Veniva risucchiata piano verso il fondo melmoso dello stagno che tardava a raggiungere. Riusciva persino a respirare, l'andata non era stata di quel tipo invece. Fu un istante, neanche se ne rese conto, un lampo e si ritrovò immersa fino alla vita nella poltiglia di quella palude. La sua ansia iniziale era stata sostituita dalla rassegnazione e la fretta divenne solo un lontano ricordo. Stava in verità pensando a Kage, si chiedeva se si fosse salvato e che se lo avesse fatto come avrebbe affrontato la furia del capo SuiSei. Era preoccupata seriamente, in fondo le aveva salvato la vita anche se prima aveva cercato di farla fuori. Sotto quello sguardo gelido aveva percepito del buono, durante il loro scontro non pensava a ucciderla ma più che altro a divertirsi. Quella risata soddisfatta quando segnava un punto a suo favore era a pensarci bene molto buffa e divertente. Non aveva mai incontrato una persona del genere prima. “Che scema! Sto qua a pensare a quel mezzo pazzo mentre Suta e Jiikan sono da soli e Tochi sta affrontando un'orda di spiriti per non farmi scannare!”. L discesa sembrava non voler finire, la ragazza aveva la sensazione di essersi immersa ormai da ore. A dirla tutta aveva perso la cognizione del tempo ormai da un bel po'. Ad un tratto sentì con la mano una sostanza vischiosa, probabilmente era arrivata a destinazione. Fece pressione su quella sostanza e inaspettatamente essa iniziò a risucchiarle il braccio. L'Avatar si divincolò furiosamente e cercò di dominare l'acqua per liberarsi ma ogni tentativo fu vano. Il braccio sprofondò ulteriormente trascinandosi la ragazza dietro. Gli occhi si coprirono di fango come il resto del corpo. Non riusciva più a muoversi e la visuale si era oscurata. Andò a tentoni fino a quando non trovò un sasso a cui si aggrappò.* Ricorrendo a tutte le forze che ebbe a disposizione si tirò fuori da quel fondale lentamente fino a quando non cadde di faccia sopra una superficie rocciosa. Si sollevò piano pulendosi il viso, guardò dietro di sé e vide che la parte inferiore del suo corpo era infilata in una fessura di una parete della grotta in cui ormai si rese conto di essere. Tiratasi completamente fuori si mise in piedi e dopo essersi ripresa da un leggero giramento di testa iniziò a perlustrare il luogo circostante. Si mise in cammino ma quella caverna era praticamente un labirinto, girò in tondo per un bel po' di tempo. Non trovò nessuno durante il suo pernottare. Stufa si tolse gli stivali e a piedi nudi cercò di percepire le vibrazioni della terra, per quanto fosse mal destra nel praticare una simile tecnica riuscì ad intercettare due persone non tanto distanti da dove si trovava. Corse verso quella direzione ma si trovò davanti ad un vicolo ceco. “Dai! Non è possibile!” urlò seccata. Si rimise gli stivali e mettendosi in posizione di dominio fece crollare il muro. Entrò immediatamente nell'entrata da lei creata. Mise a fuoco i suoi due compagni. Suta era in una pozza di sangue mentre Jiikan stava trafficando con delle bende.

“Korra! Presto vieni qui! Suta è in pericolo, devi aiutarmi!” urlò Jiikan. La ragazza corse verso di loro allarmata e si mise di fianco al monaco. A prima vista era una ferita molto profonda che probabilmente lesionò anche diversi organi interni. L'altro sembrava sconvolto, Korra non lo aveva mai visto in quello stato. Lo aveva sempre visto in situazioni ben peggiori in fondo, un drago marino non si affronta tutti i giorni, ma quella volta non sembrava lo stesso. La ragazza realizzò presto che sarebbe stata lei a dover prendere in mano quella situazione. “Toglili la tunica e cerca di tener fermo il corpo, se è in preda alle convulsioni non riuscirò mai a guarirlo!” ordinò Korra. Il ragazzo eseguì alla lettera gli ordini mentre lei attingeva più acqua possibile dal terreno. L'appoggiò sulla ferita e si illuminò immediatamente, una luce inondò tutti e tre. Il corpo del monaco iniziò a dimenarsi sempre di più ma Jiikan lo tenne prontamente fermo. Il sangue rientro poco a poco nelle arterie e nelle vene mentre i tessuti si riformarono. Korra usò una grande quantità di energia e per poco non entrò nello stato di Avatar. Si scostò dalla fronte il sudore e facendo un bel respiro curò definitivamente la ferita. La luce smise di brillare, il corpo di Suta non si dimenò e la pelle del monaco riprese colorito. La ragazza si mise a sedere ansimante mentre Jiikan provò le pulsazioni all'infermo: finalmente si era stabilizzato. Riaprì gli occhi, inquadrò Jiikan e Korra.

Il monaco era svenuto poco dopo aver riaperto gli occhi ma per fortuna si risvegliò dopo qualche ora. Lo avevano steso all'esterno, all'aria aperta tra gli alberi. I suoi due compagni stavano discutendo a qualche metro di distanza da lui probabilmente su cosa fosse successo a Suta. Non era normale una reazione così improvvisa e Korra voleva capire come mai l'avesse ingannata mandandola nel mondo degli spiriti tramite un passaggio materiale. La testa del monaco era ancora troppo pesante e allora si decise a risedersi. Guardava il cielo macchiato da delle nuvole grigie che minacciavano di mandare giù uno scroscio d'acqua da un momento all'altro. L'aria profumava di terriccio umido e muschio, tra le sue dita stringeva l'erba bagnata di rugiada che gli faceva da letto. Stava cercando di ricordare cosa fosse successo ma i suoi ricordi sembravano essergli scivolati via durante il periodo in cui era rimasto incosciente. A parte il corpo leggermente dolorante tutto sommato stava piuttosto bene, come se non avesse potuto respirare per un interminabile tempo e in quel momento poté gustarsi l'aria dentro di lui. Gli altri due gli si avvicinarono e si sedettero di fianco a lui. Korra fu la prima a parlare “Ci hai fatto prendere un bello spavento! Finalmente ti sei deciso a svegliarti, hai dormito per diverse ore”. Il tono della voce era furente ma Suta percepì il sollievo della ragazza. Si mise a sedere cercando di muoversi il meno possibile per non far riaprire la ferita. “Cosa.. Cosa mi è successo?” chiese debolmente a Jiikan. Il ragazzo mascherato però non rispose, teneva la testa bassa rigirandosi tra le mani l'orologio da taschino per i viaggi nel tempo. Il monaco lo osservava, Jiikan aveva qualcosa che non andava. In fondo al suo cuore anche Suta sapeva cosa fosse successo ma la memoria non gli era ancora tornata. Percepiva un'angoscia quando guardava quello spirito minaccioso dipinto sul legno della maschera. Non insistette, chiese invece a Korra “Come è andata nel mondo degli spiriti? Sei riuscita a chiudere il portale?”. Il viso della ragazza divenne bordò, diede qualche colpo di tosse e poi balbettando iniziò a raccontare come le andarono le cose. “Quindi, già in questa epoca SuiSei preparava l'attacco per il mondo umano?”

“Esatto piccolo monaco e devo dire che i suoi seguaci sono allenati maledettamente bene, per poco quel tipo non mi affettava”. Jiikan non disse nulla per tutto il tempo del racconto. Si limitò ad alzarsi e a spolverarsi la veste. “Poi? Cosa è successo quando sei uscita dal portale?” chiese Suta sempre più preso dal racconto. “Ehm.... In verità esattamente non lo so, dovresti fartelo raccontare da lui” rispose Korra indicando il ragazzo in piedi. Lo sguardo incuriosito del monaco si poggiò sopra di lui che calciava sassi nervosamente. Però, impietosito dalle richieste asfissianti del compagno, decise di raccontare tutto. Si risedette e, sempre guardando in basso, iniziò a raccontare. "Conoscevo questo passaggio e sapevo benissimo che fosse un passaggio materiale per il mondo degli spiriti. Questo risultò molto comodo, forse è stato l'unico lampo di fortuna che noi abbiamo e avremo nel corso di questa avventura”. Si fermò, riprese fiato. “Questo perché il mondo degli spiriti non può effettivamente sopportare due Avatar materiali nello stesso posto. Il potere che si verrebbe a creare devasterebbe tutto, così decisi di mandare solo uno di voi due in missione. L'altro sarebbe stato curato da me. Sebbene la potenza del mondo degli spiriti ormai si fosse stabilizzata una interferenza venne comunque a crearsi e inaspettatamente tu la avvertisti. Questa interferenza andò a danneggiare momentaneamente la tua psiche creando momentaneamente due personalità opposte tra loro. Quella più malvagia prese il sopravvento attaccando qualsiasi cosa gli capitasse a tiro cercando disperatamente la più forte energia spirituale in circolazione ossia il portale. Sono stato costretto a fermarti con la forza, ma la paura che si era creata in me andò a influenzare la mia mano che ti ferì troppo in profondo, ti questo me ne vergogno molto”. Si inchinò davanti a Suta che lo guardava allibito. Ci fu un interminabile momento di silenzio finché il monaco chiese esterrefatto “Perché?! Perché non ce lo hai detto prima?! Potevi semplicemente lasciarmi nella mia epoca e fare questa missione senza che io fossi presente, avremmo trovato una soluzione!”. L'altro si rialzò e con tutta calma rispose “Non potevo lasciarti là, Korra non avrebbe creduto alla mia storia senza una prova valida. E comunque non volevo dirvelo per il chakra della terra. Esso viene bloccato dalla paura e avrebbe ostruito l'energia che vi avrebbe fatto usare tutte le vostre capacità al massimo, lo stato di Avatar. Ma il mio piano aveva una falla e visto l'esperienza che tu hai provato a momentaneamente distrutto la sincronia dell'energia cosmica in te”. Suta non commentò, non ne aveva la forza. Troppe cose erano accadute in un colpo solo, non aveva la forza di arrabbiarsi e non aveva la volontà per accettare ciò che Jiikan gli stava dicendo. Si limitò a disegnare spirali nella terra con un dito. Korra, anche lei scioccata, si avvicinò al ragazzo mascherato e chiese preoccupata “Adesso cosa facciamo?! Come facciamo a fargli ripristinare il chakra della terra?! Cosa facciamo con SuiSei?!” “Ho deciso che dovremmo avviare uno scontro diretto con il dragone, dovrò pianificarlo con calma. Ci vorrà del tempo così Suta avrà il tempo di riprendersi. Lo porteremo da una persona che lo guarirà”. “Chi?!”

“L'unica persona di nostra conoscenza che diventò vento. Zaheer”.

 

Ciao, questo capitolo è più lungo degli altri e mi rendo conto che è molto noioso. Questo è il preludio di una distruzione di massa. Si vedrà un allenamento del tipo “Dai la cera. Togli la cera” con uno dei più grandi cattivi di Lok e con il nostro piccolo e gracile Suta. Dopo aver fatto questo si assisterà alla battaglia finale dove vedremo tornare in scena il grande drago SuiSei. Tochi farà ritorno e aiuterà probabilmente Jiikan in un momento veramente duro. Korra scomparirà per un po' ma parteciperà fino alla fine della storia. Allora, come era facilmente prevedibile Jiikan è Zuko la scelta più ovvia che si potesse fare. Comunque grazie per la lettura. Mi metto in ginocchio e vi chiedo di nuovo un favore: RECENSITEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!!!!!!!!!!! PER FAVORE, RECENSITEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** Inizia a volare ***


SPOILER Erano tornati a casa di Tenzin già da qualche giorno e come previsto era ancora deserta. Suta e Korra si stavano preparando per andare a Ba Sing Se mentre Jiikan progettava un secondo viaggio nel mondo degli spiriti, doveva al più presto preparare un piano di difesa contro il drago bianco. Era rimasto sveglio parecchie notti sulle carte geografiche, sommerso da pesanti libroni recuperati nelle biblioteche di Città della repubblica. Lo si lasciava in sala dopo la cena e lo si ritrovava di mattina sempre in sala per la colazione. Non diceva mezza parola, la sua testa era calata fra i suoi progetti e di raro vi si alzava. Korra iniziava a preoccuparsi seriamente, sembrava che il ragazzo fosse caduto in una specie di depressione e in un momento cruciale come quello non andava affatto bene. Suta invece era troppo agitato per preoccuparsene tanto quanto la ragazza, aveva letto di Zaheer, colui che avrebbe dovuto sbloccargli il chakra della terra. Non aveva proprio una bellissima fama, rapitore, principale sostenitore del Loto Rosso, squilibrato mentale, assassino della regina della Terra e altre cose poco piacevoli. Però il monaco doveva ammettere che se quel tipo era riuscito a volare non doveva avere particolari problemi con i chakra. Per farla breve quel paio di giorni passarono con un atmosfera di tensione esagerata. Per fortuna non durò a lungo, arrivò presto il giorno in cui tutti i preparativi per il viaggio verso la capitale del regno della terra furomo finalmente pronti. Con gli agganci politici di cui Korra disponeva fu facile chiedere di essere portati direttamente alla città con una navicella aerea reale. Essa arrivò con una puntualità impressionante senza ritardi rimanendo in aria aspettando che i passeggeri uscissero. E così fu, Korra e Suta uscirono da casa con delle sacche contenenti il necessario per il soggiorno nel regno della terra, si diressero verso il dirigibile che atterrò con più delicatezza possibile sulla isoletta. Dopo che la ragazza svolse una veloce parte burocratica e dopo aver superato tutte le formalità,tutto fu pronto per l'imbarco. Stavano per salire a bordo quando Jiikan si presentò sulla soglia dell'abitazione, sembrava guardasse i due ma a causa del viso coperto non trapelava alcuna emozione. Se ne stava solo appoggiato alla porta con una cartina ancora in mano. Il monaco fece un piccolo saluto con la mano che inaspettatamente venne ricambiato. Korra lo precedeva seduta nel posto riservato ai passeggeri e lo intimò di sedersi. La porta dietro al monaco si chiuse di scatto mentre lui andò a mettersi vicino alla compagna. In quel momento non provava agitazione come nei giorni precedenti, solo una leggera tristezza per non essersi riappacificato con Jiikan, in fondo sapeva che non era stata colpa del ragazzo se il suo chakra si era bloccato e che se non fosse intervenuto per tirarlo fuori dal suo tempo probabilmente sarebbe già stato masticato per benino da SuiSei. Vederlo sulla soglia era stato il colpo di grazia e sentì un gran rammarico in cuor suo. Il ragazzo mascherato rientrò dopo che il dirigibile diventò un puntino nero tra le nuvole, si mise a sedere in cucina con tutte le sue scartoffie. Non sapeva da che parte fosse meglio ad attaccare e dove rimediare un discreto esercito per almeno tenere occupato il dragone. Sarebbe uscito dal passo del serpente che poi avrebbe chiuso per tranciare qualsiasi aiuto spirituale al Avatar.

La soluzione era di impedire che il passaggio fosse chiuso oppure viaggiare nel tempo per dire a Tui e La di non chiudere proprio tutti i collegamenti tra i due mondi. Doveva riflettere con calma. Sistemò le carte e si preparò un tè caldo bevendolo poi dalla camera vuota di Suta. La sua era l'unica che disponeva di una piccola apertura simile ad una finestra che permettesse di sbirciare il mare che circondava tutto quanto e in lontananza Città della repubblica. Quando si sedette sul materasso si rese conto di essere stato parecchio scortese con il monaco, non solo gli aveva lacerato metà petto, lo aveva ignorato per tutto il tempo senza chiedergli come stava o come si sentisse. Si tolse la maschera e iniziò a sorseggiare dalla tazza. Non avrebbe avuto l'occasione di scusarsi se non dopo diversi giorni, lo sbloccamento di un chakra a volte può richiedere tanto tempo, però mandarlo da Zaheer era la cosa più giusta da fare. Korra invece si sarebbe fermata nel regno della terra fino alla fine dell'addestramento del ragazzo. Quando ripensò alla ragazza si ricordò che disse di essersi scontrata con un seguace di SuiSei che poi passò stranamente, e non in modo totalmente chiaro, dalla loro parte. Probabilmente doveva sapere qualcosa riguardo ai piani di quello spirito. Sarebbero state utile sapere le tappe che avrebbe fatto prima di arrivare al tempio dell'aria. Decise così che il giorno dopo sarebbe ripartito di nuovo per quella maledetta grotta.

Il dirigibile era arrivato già a destinazione da diverso tempo quando Suta e Korra furono condotti nella cella speciale per Zaheer dalle guardie imperiali. Come era facilmente immaginabile lo trovarono fluttuare incatenato nella posizione di meditazione del loto. Gli occhi rigorosamente chiusi non lasciavano traspirare alcuna emozione, nessuna smorfia o mimica facciale. Non sembrava una persona malvagia a prima vista, anzi, il monaco avvertì una sorta di fiducia nei suoi confronti ma si sforzò di rimanere all'erta. Gli agenti del Dai Ly, postati lungo tutte le pareti della stanza, non sembravano avere intenzione di distogliere lo sguardo dal loro detenuto. Korra si avvicinò a Zaheer seguito a ruota da Suta e schiarendosi la voce lo intimò di scendere sulla terra ferma. Silenzio, alla seconda richiesta della ragazza un po' spazientita il dominatore dell'aria si limitò ad aprire gli occhi penetranti che subito si posarono sul Avatar. Lei fu la prima a iniziare un approccio di discussione “Allora... cercherò di essere il più possibile diretta perché sappiamo entrambi che girarci intorno porterebbe solo ad un litigio a causa delle tue pazze idee riguardanti il caos e cose del genere. Questo è Suta” disse spingendo con una mano il monaco che iniziò a tremare come una foglia, non sopportava lo sguardo di Zaheer e non sopportava l'idea di passarci del tempo. Si sentiva analizzato, di essere un libro aperto di fronte a quel tipo, di non avere difese. Comunque si sforzò di compiere il tradizionale inchino di saluto. “Deve liberare il chakra della terra bloccato a causa di un incidente e per farlo gli serve il tuo aiuto, mi sono informata riguardo alla tua abilità nel volare e ho letto che per farlo serve prima di tutto avere tutti i centri energetici ripuliti quindi sei un esperto in materia.” continuò Korra. A quel punto il detenuto fluttuò incredibilmente vicino alla ragazza in modo di essere faccia a faccia e con tono tuonante disse “ Cosa avrei in cambio, Avatar? La pena non me la puoi scontare, l'omicidio colposo prevede l'ergastolo e comunque anche se ci riuscissi non cambierebbe più di tanto per me”. Riprese a fluttuare lontano dai due volgendogli le spalle. Suta ne fu quasi sollevato e trasse un sospiro che non sfuggì alle orecchie di Zaheer che si voltò di scatto. Scese a terra con le catene arrugginite che cadendo a terra fecero un gran chiasso e trascinandosi con fatica raggiunse il monaco. Non sembrava essere molto abituato a camminare, barcollò vertiginosamente tanto che il ragazzino fu tentato di porgergli un braccio. Quando si fermò rimase ad un metro di distanza e guardando fisso a terra cominciò a dire “Tu... sei così giovane e possiedi già i tatuaggi? Impressionante, devi essere molto bravo nel meditare”. Silenzio, il detenuto si aspettò una risposta che arrivò con un filo di paura balbettando “S..Sì, insomma, me la cavo”. All'altro scappò una mezza risata “Modesto a quanto vedo, oppure solo timido. Non ha molta importanza, chi possiede i tatuaggi che hai tu dovrebbe sapere sbloccare i propri chakra in mezzo secondo”. Suta si sentì quasi imbarazzato, dopo tutto quel tipo aveva ragione ma non ebbe il tempo di ribattere, Zaheer con un balzo gli sfiorò la fronte. Vi fu un sussulto da parte degli agenti appostati alle mura che però si ritrassero immediatamente. Anche Korra reagì afferrando il braccio del dominatore in posizione di combattimento. Esso si liberò facilmente e si rivolse alla ragazza “Mi chiedo come fai ad entrare nello stato di avatar con la paura che hai di me”.

“La prigionia ti ha fatto diventare acido a quanto vedo” controbatté l'altra. “In ogni caso non volevo far del male a nessuno, ho solo verificato in che stato è l'energia del tuo amico. In effetti un grave trauma sia fisico che psichico ha sconvolto i suoi centri. Se non si interviene subito c'è il rischio che il suo corpo non sopporti l'assenza di equilibrio e quindi cada in degrado”. Solo in quel momento Suta si fece sentire “Cosa?! È così grave?”. Zaheer lo guardò con il solito sguardo penetrante e rispose “Più di quanto tu possa immaginare”. Il monaco allora cercando di essere il più convincente possibile disse “Per favore, signore. Ho bisogno del suo aiuto, non solo per il fatto che vi è in gioco anche la mia incolumità ma anche perché devo sistemare troppe cose lasciate in sospeso, devo riportare l'ordine. Sia così gentile da prendermi come suo personale allievo. Cosa risponde?”. Niente. “Cosa risponde?”

Gli agenti del Dai Ly aprirono un varco nel muro che proseguiva con un tunnel che andava in profondità. Korra intanto provvedeva a togliere le catene a Zaheer con aria piuttosto scocciata, quando ci riuscì disse a bassa voce “Non provare a scappare, altrimenti ti prometto che verrò a riprenderti con la forza e non sarà affatto piacevole, rimpiangerai la prigionia qui!”. L'altro non rispose, si limito a fare una smorfia e ad entrare nel passaggio seguito da Suta e dai due agenti. Il varco si richiuse. Vi era un buio pesto e procedere non fu affatto facile, talvolta si finiva con un piede in una buca o a ruzzolare a causa di una roccia scivolosa. Il monaco non ebbe il coraggio di chiedere dove lo stessero portando, si limitò a tastare le mura ai suoi fianchi per capire cosa vi era davanti a loro tramite le vibrazioni del suolo facendo tutto in gran segreto; non doveva far capire di essere un altro Avatar, sarebbe stato troppo lungo da spiegare e poi non voleva rischiare di scatenare qualche tipo di reazione in Zaheer. Capì che doveva essere un luogo molto ampio, probabilmente attraversato da una fonte d'acqua di grande portata, si trovava solo a qualche metro di distanza. Infatti presto il gruppo arrivò presto all'uscita di quel passaggio angusto. Una onda di luce gli investì e solo dopo qualche secondo si riuscì a delineare qualcosa del posto in cui si trovarono. Come previsto si trattava di uno spazio ampio con il pavimento piastrellato estremamente curato attraversato da canali idrici. Sparsi qua e là vi erano poi dei cristalli verde smeraldo che sembravano brillare di luce propria illuminando tutto intorno. Nella parete di fondo vi era poi una cascata che poi si diramava lungo le mura cavernose, l'acqua era cristallina e brillava in modo quasi innaturale. L'acqua produceva un rumore tremendo quando andava a scontrarsi contro le rocce. L'aria era intrisa di umidità e vi erano poi intere zone ricoperte di muschio. Era un piccolo e calmo paradiso sotto ad una delle città più popolate e frenetiche del mondo. Suta si guardò intorno sbalordito senza fiato girando su sé stesso, riuscì però a dire “Questa è la caverna sotterranea dove l'Avatar Aang entrò per la prima volta consciamente nel suo stato di massimo potere!”.

“Con poco successo però, la principessa Azula lo fulminò ancora prima che riuscisse a guardarla in faccia. Ma tu come fai a conoscere questo posto?” chiese Zaheer. Il monaco, rendendosi conto della non prudente affermazione che si era fatto sfuggire, arrossì di colpo e improvvisò una scusa su due piedi “Ehmm... L'ho letto sui libri della biblioteca della città!”. L'altro lo guardò con uno sguardo non molto convinto, ma lasciò perdere girandosi e iniziando a volare. Solo allora Suta si ricordò delle guardie, erano sparite. “Dove sono andati gli agenti del Dai Ly?!” “Si sono appostati da qualche parte per intervenire nel caso cercassi di scappare”. Il detenuto si diresse verso una sporgenza nella parete della grotta abbastanza in alto e vi poggiò una sfera composta da un panneggio rosso. Quando ebbe finito i preparativi si rivolse a Suta “Vedi questo involucro? Il tuo obiettivo sarà prenderlo mentre il mio di impedirtelo. Le regole sono: non puoi usare il tuo dominio, dovrai finire la prova entro in ventiquattro ore, puoi fermarti solo per bere e per i tuoi bisogni impellenti, non puoi dormire, puoi usare il paesaggio intorno a te. Tutto chiaro?”. Il monaco fece cenno di sì con la testa. “Ti consiglio ti toglierti le scarpe e tutto quello che ti è d'impiccio”. L'altro eseguì alla lettera levandosi le calzature, saltò due volte e poi disse che si poteva iniziare. Zaheer si mise in posizione di meditazione in aria chiudendo gli occhi. Il ragazzino rimase un po' sconcertato, come avrebbe fatto a fermarlo se non poteva vederlo ma sopratutto a cosa sarebbe servito quell'allenamento così estenuante? Decise comunque di non chiedere niente e il più silenziosamente possibile iniziò ad avvicinarsi alla sporgenza. Procedeva lentamente sulle piastrelle gelate tenendo sempre d'occhio Zaheer che sembrava quasi essersi addormentato. Dopo dieci passi si trovò quasi sotto di lui. Il ragazzo si morse le labbra e azzardò l'undicesimo passo. Quando la pianta del piede raggiunse il suolo un colpo d'aria lo fece sbalzare via. Non si rese neanche conto di quello che successe, si alzò dolorante pulendosi il sangue dal mento proveniente dal labbro spaccato. Barcollando un po' mise a fuoco il suo aggressore, teneva ancora gli occhi chiusi. Suta rimase ancora più scioccato di prima, non avrebbe mai immaginato che quel tipo possedesse un dominio così devastante, pensare che non era nemmeno un dominatore naturale. Il piccolo monaco riprovò, spostandosi di lato, si allontanò di parecchi metri arrivando alla sinistra di Zaheer vicino alla parete rocciosa. Anche quel tentativo fu inutile,un nuovo colpo raggiunse il ragazzo che quella volta fu abbastanza veloce da saltare su dei sassi che fornivano un buon appiglio. Facendo leva su di esse si issò sulla parete e cercando di sbrigarsi si spostò su di essa. Iniziò a salire ma un'altra sferzata partì dal braccio di Zaheer e fece precipitare Suta che atterrò duramente sul pavimento. Anche quella volta si rialzò ma decisamente più demoralizzato. Si rimise nuovamente davanti al detenuto sempre a debita distanza. Non ebbe il tempo di riprovare, un nuovo colpo lo scaraventò in un canale d'acqua. “Se continui così non ce la farai per il tempo stabilito, devi essere più leggero, come il vento” commentò il detenuto. L'altro riemerse con il fiatone e si mise in ginocchio, distrutto. Quando rialzò la testa vide che gli occhi del detenuto si erano aperti. Quasi col volere di non deludere quello che sembrava essere diventato il suo maestro si rialzò, volenteroso di dimostrare che non sarebbe stato di certo una palla di stoffa a fermare lo sbloccamento del suo chakra. Aveva troppe cose da sistemare, doveva riuscire nella prova prima delle ventiquattro ore. Suta corse frontalmente fino all'arrivo del getto d'aria atteso. Il ragazzo fremeva, le gambe tremarono ma inaspettatamente si mossero automaticamente di lato a qualche metro di distanza. Il monaco si chiese se avesse usato inavvertitamente il dominio dell'aria ma si rese presto conto che si doveva trattare di una sensazione diversa rispetto a quella del dominio. Il corpo sembrò completamente leggero, tanto che bastò un semplice movimento del muscolo delle gambe per schivare. La mente divenne di colpo fredda, senza preoccupazioni o ansie, programmò tutto lo spostamento nei minimi dettagli. Ma non ci fu il tempo di riflettere, l'avversario tornò di nuovo alla carica con un nuovo attacco che questa volta colpì in pieno Suta.

“La pausa è finita ragazzino! Sbrigati, ti rimangono solo dodici ore!” urlò Zaheer. Il monaco riemerse dal canale idrico dopo una lunga bevuta e una pausa bagno. Non poteva credere di essere stato sballottato da una parte all'altra per mezza giornata. Ogni tentativo per impossessarsi della sfera fu vano, in compenso incominciò a riuscir schivare i getti d'aria dell'altro muovendosi con una inaspettata leggerezza. “Arrivo! Solo un attimo!” il ragazzo uscì dall'acqua rivestendosi della tunica e dandosi poi sue pacche in faccia per riprendersi. La pausa non è che lo avesse riposato molto ma dovette accontentarsi. I muscoli ormai si lasciarono andare e correre iniziò a diventar difficile, Suta però si rese conto di aver veramente poco tempo. L'allenamento intensivo ricominciò. Il primo attacco fu facile da schivare, con un balzo felino il ragazzo passò oltre. La risposta di Zaheer fu una raffica di colpi concatenati che sorpresero il monaco. Si spostò a destra, poi un salto indietro, poi una capriola a sinistra e poi la raffica di vento lanciò lontano, contro la parete di fondo. Come ormai di consuetudine si rialzò con fatica sputando sangue. “Ti stai divertendo, vero?!” urlò al detenuto che non rispose, rimanendo rigorosamente in silenzio. Suta gli si avvicinò di nuovo cercando si non essere ammazzato dalla furia dei venti. La vista gli si annebbiò di colpo, le gambe cedettero e l'Avatar finì in ginocchio, tutto quel movimento senza aver mangiato niente lo spossò molto. Non riuscì a rimettersi in piedi, la testa girò in modo frenetico, il senso di fame lo indusse a momenti a vomitare. Si accasciò del tutto dopo pochi secondi, cercando di non rigettare tenendosi la bocca chiusa con le mani. “Perché perdi tempo in questo modo?” disse una voce con tono leggermente adirato. Sulle prime, il monaco pensò che a parlare fosse stato Zaheer ma capì presto che la voce provenne direttamente da lui. “Ti basterebbe poco per andartene da qui, basta che tu lasci fare a me. Ammazzo quel tipo velocemente, poi saremo liberi di partire”continuò a dire Suta. “Ancora tu! Sei quello che ha cercato di prendere il controllo del mio corpo alla grotta” si rispose. “Con successo, è solo colpa tua se abbiamo perso! Ti sei bloccato quando hai visto il volto del tuo amico mascherato!”. Una forte emicrania prese Suta, che si contorse furiosamente fino allo spasmo. L'esile corpo fu vittima di forti convulsioni, gli occhi si rovesciarono, la voce nella sua testa continuò a ripetere come un eco lontano “Uccidilo! Uccidilo! Uccidilo!”. Il monaco cercò di rialzarsi, non volle svenire, capì che se sarebbe svenuto in quel momento la sua controparte malvagia avrebbe preso il controllo, non poté permetterlo. Si morse forte la pelle della mano, fino a farla sanguinare, si concentrò principalmente su quel dolore. Pensò di cedere, non ce la fece più. Quando proprio si lasciò andare, una sferzata d'aria lo colpì e lo scaraventò lontano. La botta fece rinvenire Suta, che ammaccato, si riprese e si precipitò al canale idrico e vi ci si immerse la faccia. Il freddo gli fece passare la sensazione di nausea. Riemerse con il fiatone. Focalizzò la figura di Zaheer che gli chiese “Stai meglio, ragazzino?”. Il monaco gli si avvicinò “Sì, grazie per avermi colpito se non fosse stato lei sarei svenuto”. Si sfregò gli occhi e fece segno all'altro di essere pronto.

Mancarono solo due ore allo scadere del tempo, Suta in quel momento seppe prontamente schivare tutti gli attacchi dell'altro ma si tenne sempre a debita distanza da esso, non riuscendo quindi ad avvicinarsi alla sfera di stoffa. “Manca poco, sbrigati!” gli urlò Zaheer. Il monaco schivò ancora un colpo, corse, poi un altro attacco lo colpì di striscio ma il ragazzo rimase in piedi, continuò la sua corsa. Arrivò a pochi metri da Zaheer che cercò di stenderlo con una serie di getti d'aria. Il primo mancò il bersaglio mentre i seguenti alzarono una nube di polvere che impedì la vista. Silenzio, nessun rumore, nessun passo furtivo, nessun movimento sospetto. Il detenuto si preoccupò di aver esagerato, pensò di aver ucciso il ragazzo accidentalmente. Stette per rimettere i piedi a terra quando Suta schizzò dal nulla e con un balzo innaturale lo superò. Accadde tutto in un attimo, Suta raggiunse la sporgenza rocciosa. Cadde di faccia ma presto si rialzò e prese in mano la tanta agognata sfera di stoffa. La alzò con aria di soddisfazione “Ce l'ho fa ...” ma non finì la frase poiché cadde indietro. Fu troppo debole per compiere qualsiasi cosa, sentì solamente il vuoto sotto di sé. Ma ad un tratto Zaheer lo afferrò per un braccio e lo soccorse portandolo sulla terra ferma. Lo fece stendere sulla schiena. “Visto, signore? Ho preso la sfera!”

 

Okay, questo capitolo l'ho fatto in un ampio periodo di tempo a causa del classico blocco che mi viene quando devo scrivere le parti più avvincenti di una storia. Allora, come è mio solito fare non l'ho riletto quindi troverete un sacco di errori. Il primo giorno di allenamento per Suta è passato ma dovrà ancora sopravvivere altri sei giorni. Jiikan intanto è intenzionato ad andare nel mondo degli spiriti per contattare Kage e Tochi mentre Korra se ne sta a Ba Sing Se, tranquilla (si fa per dire).Ancora vi chiedo di RECENSIREEEEEEEEEEEEEE!!!!!!!!!!

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Capitolo 11
*** Punto di vista impossibile ***


Il viaggio sarebbe stato meno lungo quella volta, Jiikan mise le cartucce di minerale magnetizzato e alimentò l'orologio che iniziò a ticchettare. Si mise lo zaino in spalla, le due sciabole nella fodera legata alla cintura e in viso la maschera. Uscì dall'abitazione e si posizionò sulla stradina lastricata che portava al mare che circondava l'isoletta. Regolò le lancette e girò una manovella sul telaio di ottone. Prima di partire gli venne in mente che avrebbe potuto fermare se stesso nel momento in cui ferì quasi mortalmente il compagno monaco, ma si disse che giocare troppo con il tempo avrebbe portato troppo brighe da risolvere. Si mise retto e rigido, guardando la città in lontananza e premette il pulsante per il viaggio spazio temporale. Come era solito, i colori si mescolarono tra loro e l'area circostante si dissolse e venne sostituito da una serie di rocce ricoperte di muschio, una luce fioca e un'aria intrisa di umidità. Jiikan presto si ritrovò in quella odiata grotta. Parlando di questioni temporali fu mandato al giorno della partenza di Suta per Ba Sing Se, più precisamente nell'ora in cui atterrò al palazzo reale.

Il monaco ebbe dal tutore spirituale una giornata intera di riposo, non programmata. La giustificò come “una occasione per non farti morire di fame domani”. In ogni caso venne ampiamente ampiamente sfruttata con una lunga dormita e la consumazione di qualche cosa di commestibile fornito dagli agenti del Dai Ly. Però quello fu la calma prima della tempesta. Suta venne svegliato bruscamente in piena notte, preso per il collo da Zaheer che lo trascinò per una viuzza tra le pareti rocciose vicino alla cascata che con il suo rumore non fece recepire la continua domanda “Dove mi stai portando!!” del ragazzino all'altro. La sua curiosità però venne presto soddisfatta, si recarono nel punto più alto della sala, proprio sopra alla rumorosa cateratta. Esattamente su di una sporgenza non troppo stabile. Prima di urlare qualsiasi imprecazione concepibile da mente umana e non, Suta esclamò in tutta sincerità “Incredibile!”. Infatti da quel punto era possibile godere di un panorama mozzafiato. Era visibile l'intera mastodontica camera. Tutto risplendeva di una legge verde brillante, dovuta agli smeraldi che ornavano il pavimento insieme all'intricata rete di canali idrici anch'essi luminosi e scintillanti. L'atmosfera che creò l'umore dell'acqua della cascata infrangersi sul terreno rese tutto molto più suggestivo. “è meraviglioso!”. “Sono felice che ti piaccia qui … visto che ci rimarrai a meditare per i prossimi giorni!” disse Zaheer in tono autoritario come se Suta si fosse già lamentato del fatto ma non ne ebbe il tempo. Il detenuto se ne andò dalla stradina da cui erano venuti. Il monaco cercò di ribattere ma l'altro era già lontano. Rimase di stucco, due giorni lì? Risultò improbabile al ragazzino sopravvivere in situazioni del genere, sopratutto a causa dei giorni precedenti, anche se ebbe il tempo di riprendersi. In ogni caso non ci fu nulla da fare, se scese sarebbe stato riportato di sopra da Zaheer e se si fosse buttato giù dalla sporgenza, insomma … non sarebbe stato un bello spettacolo. Si rassegnò e si mise in posizione di meditazione, fissò un punto fisso della parete di fronte a lui, riuscendo a entrare in una trance leggera che piano, fece cadere il monaco in un sonno profondo. L'altro intanto scese dalla via tortuosa e si mise a guardare dal basso il ragazzino.

Suta si ritrovò in una situazione particolare, non uguale a tutte le altre volte che meditò. Invece di trasportarsi in una zona completamente buia dove solitamente ci si concentra sulle proprie problematiche, atterrò con leggerezza su di un terreno umido, pieno di fanghiglia. Il suo naso percepì un odore non proprio gradevole.

Jiikan si tirò fuori dalla pozza della palude con fatica, aggrappandosi ad una radice sporgente di una pianta. Si sedette poi vicino ad essa, prendendo fiato e cercando di capire bene in che parte del vasto mondo degli spiriti capitò. Nulla fu famigliare ai suoi occhi, non che avesse passato tanto tempo da quelle parti, preferendo rimanere a palazzo ad amministrare la sua nazione che ad aiutare il suo amico Aang in strani viaggi astrali. Cercando una strada percorribile si alzò, o meglio, cercò di alzarsi quando si accorse che le sue gambe non rispondevano più ai suoi comandi, attraversate da uno strano brivido di freddo. Stette per uscirgli dalla bocca un'imprecazione, quando provando a sollevarsi cercando un appiglio e facendo leva con le braccia constatò che nemmeno esse eseguivano i suoi ordini. Era immobilizzato in quella fanghiglia. Si fece forza e provò innumerevoli volte a muoversi, finendo solo per cadere a terra sul fianco con un tonfo. L'agitazione lo assalì e gridò sperando che qualche generoso spirito lo notasse e lo aiutasse. La sua voce rimbombò tra i rami secchi e tra l'acqua melmosa, arrivando fino alle orecchie di una grossa lucertola a sei zampe che passò da quelle parti per la consueta passeggiata pomeridiana. Tochi alzò la testa, sorpreso da quel grido, si guardò in giro con circospezione. L'ultima volta che sentì un verso del genere si ritrovò a partecipare negli intrallazzi di Korra, quella volta cosa sarebbe successo? Sbuffando e maledicendo quelle passeggiate che lo portarono in quel periodo in un sacco di guai, si fece strada con il suo fiuto, distinguendo la puzza fetida da un odore a lui nuovo ma che sicuramente proveniva dalla dimensione gemella a quella degli spiriti. Seguendo di gran corsa la traccia, raggiunse con una velocità sorprendente Jiikan che incominciò ad avere la vista sfocata e il respiro affannoso. La lucertola, senza troppi scrupoli lo mise sulla sua groppa il meglio che poté con le sue zampe anteriori, sperando che l'infortunato non sbalzasse via nella corsa fuori dalla palude. Tochi iniziò a seguire il traggito verso l'esterno e , provando per l'ennesima volta l'efficienza delle sue sei zampe, con un balzò atterrò sui prati verdi all'aria aperta. Una boccata di essa e il ragazzo mascherato si riprese subito, scendendo leggermente barcollante, dallo spirito. Il tempo per riprendere fiato e ringrazio il salvatore. “ Di niente, per la gente che viene da fuori la palude può essere rischiosa!”. A quella affermazione, nella mente di Jiikan ritornò in mente il resoconto fattogli da Korra riguardo alla spedizione di quel luogo. “Tu! Non sarai per caso Tochi! Lo spirito lucertola che ha salvato Korra qualche giorno fa?!” chiese incredulo, quasi preso in giro dal destino. “Sono diventato così famoso in così poco tempo?” domandò l'altro con un filo di fierezza nella sua voce. “Allora sei proprio tu! È una fortuna che ti abbia incontrato … come avrai notato l'Avatar ha avuto qualche discussione con SuiSei, il dragone bianco. Sono qui su sua commissione per trovare una persona” disse mentendo. La lucertola lo guardò con quasi scetticismo, come se avesse captato qualcosa di strano nell'affermazione del signore del fuoco. “ Si chiama Kage, lo conosci, vero?”. Il nome risultò famigliare a Tochi, quando lo ricollegò al sicario che fece crollare le terme del villaggio sotto ordine del dragone bianco. “ Potrei conoscerlo, ma mi chiedo come TU faccia a conoscerlo, razza di impostore!” urlò e mettendosi in posizione per azzannare. Pensò che Jiikan fosse un altro scagnozzo di SuiSei, inviato per chissà quale losco proposito. “Credo che tu abbia frainteso, non sono dalla sua parte!” cercò di spiegarsi il ragazzo mascherato, ma non ci fu verso. Tochi partì alla carica, cercando di travolgere l'avversario che repentinamente si scansò. La lucertola ripartì alla carica con ancora più grinta. Jiikan fu costretto a sfoderare le spade ed a fermare l'altro incendiando il terreno intorno a lui creando un cerchio di fuoco. L'altro gli stette alla larga, ringhiando però in modo furioso e cercando un'apertura al riparo del bersaglio. L'atmosfera era intrisa di tensione, tanto che ad ogni secondo passato, entrambi si irritarono sempre più. Jiikan fu il primo a decidere di smuovere la situazione abbassando le fiamme, potendo così attaccare. Il suo intento non fu però quello di ferire lo spirito, ma di bloccarlo in modo da chiarirsi. Cercò di portarsi dietro di lui distraendolo con un dardo infuocato con successo venendo però poi fatto cadere dalla coda di Tochi. La lucertola si accinse a morderlo quando l'altro, togliendosi leggermente la maschera sputò fiamme dalla bocca che colpirono il muso. Il fuoco sorprese lo spirito che si lanciò indietro per non essere colpito del tutto. Jiikan si rialzò con fatica scoprendosi il volto. La cicatrice sull'occhio ben evidente sulla sua pelle pallida attirò l'attenzione di Tochi. “Lei? Signor Zuko, cosa ci fa qua?”. Il signore di fuoco si tirò indietro il cappuccio e con aria rassegnata si accinse a dire “Ti parrà strano vedermi con questo aspetto, è una lunga storia ... decisamente troppo lunga. Tu sei Tochi no Sangeki, giusto?”. La lucertola fece qualche passo scettico “Nessuna storia sarà mai troppa lunga per me. Non ti dirò niente di me se prima non avrò una conferma del fatto che tu sia realmente il signore del fuoco, sei troppo giovane per esserlo ma in questo periodo stanno accadendo un sacco di cose strane!”. Il ragazzo sbuffò rimettendosi la maschera. “Come posso dimostrarti che sia veramente Zuko?” chiese. Tochi sbuffò rumorosamente iniziando a girare su se stesso sembrando un cane che cerca di prendere la propria coda. Il ragazzo guardò leggermente perplesso la scena. Lo spirito inoltre farfugliava qualcosa tra sé. “Ehmm .... Cosa stai facendo, se mi è dato saperlo?”. La lucertola lo ignorò completamente e continuò quello che sembrava uno strano rituale sciamano. L'altro lo lasciò fare fino a quando non si fermò e guardò fisso Jiikan. “Non posso decidere da solo, mi serve un parere. Inoltre è interesse comune andare a trovare Kage, no?” disse sbuffando per l'ennesima volta. Il ragazzo si limitò ad annuire, la questione si era tutto sommato rivelata facile, in un modo o nell'altro avrebbe estorto qualche informazione da quel dominatore del fuoco di cui gli aveva parlato Korra. Per avere la fiducia completa dello spirito disse in tono amichevole “Non era dalla parte di SuiSei?”. In realtà non gli importavano più di tanto i cambi di fedeltà di quel tipo ma sembrava essere un buon appiglio per incominciare un discorso. “Kage? Sì, lo ERA. Da quando si è scontrato con Korra l'unica cosa che gli interessa è togliersi il suo formicolio costante alle mani menando qualcuno! Seguimi, ti porterò da lui ...”

Suta riaprì gli occhi, il suo naso non aveva sbagliato, era immerso nella poltiglia, quello era certo. Sentiva le sue gambe sprofondare nel fango. Tutto intorno c'era oscurità pura, non si vedeva niente. Il ragazzino si alzò a fatica brancolando nel buio. Incespicò e un paio di volte rischiò di cadere. Una strana proiezione astrale. La puzza man mano aumentò rendendo l'aria pesante ed irrespirabile, si mise la manica della tunica davanti alla bocca tossendo. “Adesso dove sono finito?!” urlò. Cercò di fare qualche passo. Tese le mani avanti istintivamente ignorando di essere solo in materia spirituale. Continuò ad andare avanti senza una meta precisa, sperando che qualcosa accadesse. Dovettero passare diversi minuti prima che una piccolissima luce si materializzasse lontano, evidente nel buio.

 

Il ragazzo seguì senza fiatare la lucertola lungo le colline erbose che sembravano estendersi all'infinito, fermate solo dalle montagne in lontananza. Intorno a loro non c'era assolutamente niente, né alberi che segnalassero la presenza di qualche foresta palude, né qualche abitazione che suggerisse qualsiasi forma di vita, solo un grande fascio d'erba. Jiikan si chiese più volte se lo spirito non si stesse prendendo gioco di lui, dove poteva essersi cacciato quel Kage, forse voleva nascondersi dalla furia vendicativa di SuiSei a causa del suo tradimento. Certo, non poteva esserci posto più adatto. La lucertola continuava a camminare lentamente snervando ancor di più Jiikan. Finalmente Tochi si fermò abbassando il muso e iniziando ad odorare il terreno tastandolo contemporaneamente con le sue sei zampe. L'altro rimase parecchio perplesso, oltre a farlo impazzire sfruttando la sua poca pazienza doveva fare anche l'enigmatico con quelle strane mosse o altro. Una delle sue zampe però batté su qualcosa di più duro del semplice terreno umido che era presente in zona. Il suono era metallico e dal suono riecheggiante Jikkan suppose che sotto il terreno doveva esserci un passaggio o una botola. Tochi picchiò altri tre colpi ognuno diviso dall'altro con un diverso tempo, come un codice. Vi fu silenzio, poi un suono stridente di ferro arrugginito ed infine un tonfo. Un buco nel terreno si era aperto. La lucertola vi ci saltò dentro dopo aver invitato Jiikan a farlo. Era indeciso su cosa fare, dopo tutto Kage era un assassino provetto ed essere bloccati insieme a lui sotto terra dove pochi ti potevano sentire non era proprio una ottima idea. “Ci sei?” chiese Tochi da sotto. “Sì … arrivo!”. Il ragazzo si sedette sull'orlo del passaggio e vi ci si tuffò dentro. In un attimo cadde più o meno in piedi sulla dura roccia. Davanti a lui un piccolo corridoio/tunnel che conduceva in una nicchia del terreno piuttosto grande illuminata da una lampada a olio appoggiata su di un tavolino mezzo andato. Nella nicchia vi era poi anche una cattedra più grande, una piccola sedia su cui era seduto una figura dal kimono nero, un comò e disseminate per terra cianfrusaglie varie. A qualche metro di distanza nel corridoio lo aspettava Tochi che lo esortò a raggiungerlo. Sempre stando in allerta Jiikan proseguì a lunghe falcate raggiungendo l'altro. Solo allora si accorse che il passaggio antecedente alla nicchia era riccamente ornato si spade e katane infilzate nelle sue pareti. Vi erano di tutti i tipi, alcune dalla chiara fattura delle tribù, altre della nazione del fuoco e del regno della terra mentre alcune di dubbia provenienza. Camminando qualche volta si inciampava in un bokken o qualcosa del genere. Questo dava l'idea di con chi si avesse a che fare. Jiikan strinse le sue due sciabole sperando di non doverle usare. Insieme alla lucertola raggiunse la figura vestita con il kimono nero indaffarata in a pulire meticolosamente una lama. “Kage, hai visite ...” disse Tochi. L'altro si girò di scatto facendo svolazzare i suoi capelli scuri ed emanando un bagliore quasi dorato dagli occhi. Con una espressione più che felice guardò da capo a piedi Jiikan, si soffermò particolarmente sulle sue sciabole. “Uno sfidante?! Che particolari spade, non ci sono più in giro di quella fattura. Le ultime furono fabbricate nell'era dell'Avatar Aang.” urlò più che disse. Come aveva detto la lucertola, quel tipo pensava a duellare più di qualsiasi altra cosa. “è anche un dominatore del fuoco, proprio come te, ma non è qui per una sfida. Vuole delle informazioni”. Jiikan si fece avanti e disse cercando di avere un tono cordiale ma deciso “Salve, sono un conoscente di Korra. Sono qua per reperire qualcosa riguardo ai FUTURI movimenti di SuiSei, lo spirito dragone. So che fino a qualche settimana fa era al suo servizio”. L'altro, con aria leggermente delusa si girò sulla piccola sedia, in modo da essere di fornte al suo interlocutore. “Esatto, facevo qualche lavoretto per lui, fino a quando quella Korra non mi ha dato una sonora lezione. L'ho sottovalutata. Da allora Tochi ha deciso di credere al mio pentimento permettendomi di vivere qua”. “A me interessa solo sapere se sai qualcosa riguardo ai piani si SuiSei” lo interruppe Jiikan. Kage lanciò una occhiata a Tochi che annuì come per dare conferma. “Va bene, potrei sapere qualcosa a riguardo magari riguardo ad un possibile attentato all'Avatar.” incominciò. “Nulla di nuovo” pensò Jiikan. “Il suo piano è stato progettato da tempo, da Kyoshi. SuiSei ha preso contatti con vari spiriti poco raccomandabili per una invasione. I portali verranno chiusi, tutti tranne uno, quello di questo villaggio. Farà passare il suo esercito da lì per poi chiuderlo per non far avere collegamenti spiritali all'Avatar. Per questo mi ha messo a guardia di questo posto ormai da un anno. Poi inizierà l'invasione, credo che sia questo il punto che ti interessa. Ma non voglio che tu abbia questa informazione facilmente. Sei passato al mondo degli spiriti tramite un portale materiale, quello di cui ho parlato prima immagino. Quindi ha ancora il tuo dominio e le tue spade, giusto?”.

 

Ciao a tutti, ho avuto in ballo anche altre storie quindi questo capitolo non è uscito lunghissimo e credo nemmeno decente. Nel prossimo capitolo vedremo affettarsi Jiikan e Kage, mentre Suta sarà in ballo con i suoi viaggi astrali. Mi scuso con chi segue la storia per il ritardo. Piccolo, piccolo, piccolo favore... RECENSITEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

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Capitolo 12
*** Ferro, fuoco e brezza. ***


I due sfidanti erano usciti dal nascondiglio sotterraneo insieme alla lucertola, assoldata per supervisionare lo scontro. Si trovavano a tre metri di distanza l'uno dall'altro, Jiikan aveva avuto il permesso di poter utilizzare entrambe le sciabole poiché così il loro stile richiedeva. Kage invece aveva preso una spada differente da quella che aveva usato contro Korra, l'impugnatura era completamente nera, leggermente più corta dell'altra riposta in un fodero verde. Tochi intanto se ne stava a qualche metro di distanza per non essere abbrustolito. Tutto sembrava in trepidazione, alcuni spiritelli erano sbucati tra la vegetazione per assistere allo spettacolo, non vi era un rumore, il vento era scomparso lasciando immobili i fili d'erba ritti come se anch'essi fossero saturi di tensione. Jiikan era incredibilmente concentrato, da quello che gli aveva raccontato Korra quel tipo doveva vantare di una bravura smisurata e preferiva non finire infilzato o tagliuzzato. Gli occhi dietro alla maschera puntati sull'altro, attenti ad ogni suo minimo spostamento compreso quello del kimono chiaramente involontario. Le mani pronte ad ogni momento per afferrare le lame. Si sentiva esattamente come quando dovette fronteggiare la sorella nel loro scontro finale. La lucertola da lontano doveva dare il via alle danze anche se dei tre probabilmente era quello più teso, non voleva vedere e non riusciva neppure ad immaginare allo scontro che si sarebbe creato di lì a poco. Passarono diversi minuti in quella situazione, minuti che parvero una eternità ad ogni presente. Ad un tratto, si udì chiaramente la voce di Tochi “Via!”. Lo scontro era cominciato.

Suta cercò di avvicinarsi il più possibile a quel puntino luminoso, ma quella specie di melma in cui era immerso non gli permetteva di proseguire. Provava disperatamente a muovere le gambe ma non ci fu nulla da fare. Iniziò a darsi forza urlando a squarciagola ma nemmeno lui riusciva a sentire la sua voce. Era in quel posto ormai da diversi minuti e la situazione in quell'arco di tempo non era migliorata, a parte per il fatto di quella piccola luce. Il ragazzo percepiva chiaramente che per uscire da quel posto avrebbe dovuto raggiungerla ma sembrava non esserci alcun modo. In quel momento avrebbe desiderato aver a portata di mano il suo dominio per farsi strada ma pur troppo quello era solo un viaggio astrale, niente di più. Non smise di urlare, iniziò a imprecare. In un attimo di furia spostò inavvertitamente il suo peso in avanti, perse l'equilibrio e cadde completamente nella melma. Rialzò di scatto la testa. La prima cosa che vide fu quella maledetta luce il che gli fece crescere il nervosismo. Cercò di rialzarsi ma ormai tutto il corpo era bloccato, non riusciva a muovere niente se non la testa. Si divincolava furiosamente ma più si agitava più le sue membra sprofondavano nella fanghiglia. Presto le braccia e le gambe non furono visibili. Suta ansiosamente sollevò il busto ma non fece che peggiorare la situazione. Le braccia si inabissarono ulteriormente trascinando con loro il tronco del ragazzo. Rimaneva fuori solo la testa. Gli occhi spaventati e angosciati si rivolsero alla luce, quasi per chiederle di salvarlo. Poco a poco il mento affondò nella melma. Il monaco ricominciò a urlare dalla disperazione fino a quando la bocca non fu sommersa insieme al naso. Essendo una proiezione astrale il ragazzo non necessitava di ossigeno, però avvertì una sorta di sensazione opprimente, come se lo stessero strangolando senza però morire. Gli scesero un paio di lacrime. Era in trappola, stava per essere sommerso del tutto, non poteva fare più niente. Tutto quello che aveva fatto fino a quel momento non era servito a niente, era giunta la fine, sarebbe morto lì in quello strano posto senza sapere il come e il perché. Il mondo sarebbe stato conquistato dagli spiriti e lui avrebbe fallito la missione. SuiSei avrebbe vinto. Mentre pensava ciò una voce gentile e dolce sembrava chiamarlo, guardò avanti a sé, era lei, quella piccola lucina azzurrognola. Forse aveva ancora una speranza. “Suta ...” continuava a pronunciare. Sentendosi chiamare da quella voce si diede forza e con tutte le forze a cui poteva attingere in quel momento si sollevò leggermente liberando la bocca. Disse inconsciamente qualcosa un nome, sussurrato a causa della stanchezza che lo pervadeva. “Raava ...”. La luce si intensificò, crebbe diventando di una luminosità inverosimile che investì il ragazzo. Perse i sensi, si sentiva finalmente … bene.

Appena si udì la voce di Tochi, Kage scattò e in meno di un secondo fu a pochi centimetri da Jiikan. Estrasse la katana dal fodero in modo repentino e menò un fendente. L'altro rimase spiazzato tanto da rendersi conto della situazione solo dopo che l'arma avversaria non gli fu a pochi millimetri. Riuscì di colpo a sfoderare una delle due sciabole e a parare il colpo. Poi si spostò immediatamente all'indietro, ritenette che era meglio stare sulla difensiva per il momento con un avversario di quel calibro. Sfoderò la seconda sciabola, si mise in posizione e aspettò che l'altro ripartisse all'attacco. Kage sembrò accettare l'invito con molto piacere visto il suo ghigno divertito impresso nella sua faccia. Fulmineamente raggiunse Jiikan e tentò un affondo cercando di spezzare la sua difesa. Jiikan usò le spade come una chela intrappolando la katana tra le sue due sciabole. La sua punta sfiorò la sua maschera. Kage strattonò per l'elsa la sua arma ma questa non usciva dalla trappola in cui era caduta. Irritatosi il ragazzo allora la tirò verso il suo fianco portando il trio di spade a terra. I due avversari erano in quel momento faccia a faccia. Kage aprì la bocca da cui uscì una vampata di fuoco. Jiikan fu costretto a lasciare andare a presa sulla katana per avere le lame a sua protezione che appena in tempo dileguarono le fiamme. Poi Jiikan fece una piroetta indietro per nuovamente allontanarsi. “Sei bravo! Però non stare sempre sulla difensiva, altrimenti ci si annoia!” disse Kage terminando con una sonora risata. Sembrava proprio divertirsi, quel tipo non era troppo normale, d'altronde il suo lavoro era sempre stato fare a fette le cose. “Non mi faccio dare lezioni da un principiante come te!” rispose Jiikan cercando di dimostrarsi più sicuro si quanto non fosse. L'altro gli puntò la spada contro “Allora dimostralo!”. Il ragazzo mascherato non se lo fece ripetere due volte e usando la propulsione del fuoco fu vicino a Kage. Inaspettatamente balzò superandolo e poi atterrando dietro di lui a qualche metro di distanza. Cercò di sorprenderlo lanciando sfere di fuoco dirette alla sua schiena. L'attacco però fu sventato prontamente dall'altro che giratosi in tempo deviò i colpi che incendiarono l'erba circostante. Da dietro alla maschera vide ancora quel sorrisetto, lo detestava profondamente, gli avrebbe mostrato come si usavano veramente le spade. Si rimise in guardia in modo sciolto, quasi come per invitare l'avversario a venire da lui. L''invito fu accolto. Con la sua sovrumana velocità lo raggiunse. Menò un fendente orizzontale e dalla punta della katana uscì una fiammata. Jiikan si sporse indietro con il busto, si lasciò cadere volontariamente sostenendosi poi con le due sciabole conficcate nel terreno. Stava facendo la posizione del ponte. In quella posa cercò di colpire i polpacci dell'altro, dalla pianta del suo piede partì anche un getto di fuoco. Kage saltò immediatamente schivando per poco il colpo. Atterrò con entrambi i piedi in equilibrio e cercò di colpire Jiikan che nel frattempo era ancora a terra. Quest'ultimo balzò in piedi e parò con le sciabole la katana. Tochi guardava da lontano profondamente stupito. Non aveva mai visto un avversario che riuscisse a tenere testa a Kage in quel modo, nelle ultime settimane ne aveva visti di contendenti ma nessuno riuscì a stare dietro alla repentinità del ragazzo. I due erano uno di fronte all'altro, si guardavano entrambi tra le lame. Entrambi cercavano di perforarsi con lo sguardo. I loro occhi brillavano di una luce particolare, quasi soddisfatta. Entrambi iniziavano a godersi veramente quello scontro iniziato solo da qualche secondo. In quel momento Jiikan capì come poteva affascinare così tanto l'arte della spada, non aveva mai partecipato ad uno scontro del genere. La spada non era solo cercare di ferire l'avversario, era tattica, concentrazione, abilità, acume e scaltrezza. Un lavoro mentale impressionante, specie se si affrontano maestri come quei due. Kage ripartì all'attacco, un affondo, un fendete orizzontale, un altro verticale, un altro ancora. Jiikan stava abilmente deviando tutti gli attacchi che pian piano diventavano sempre più veloci. Quando Kage provò nuovamente un affondo, il mascherato parandosi dietro le spade si spostò di lato all'avversario. Con entrambe le lame lanciò un offensiva. Kage si rivolse verso esso e con il braccio libero lanciò una sfera di fuoco che interruppe l'attacco. Jiikan barcollò indietro rimasto disorientato dal contrattacco. L'altro approfittò di ciò partendo alla carica. Jiikan, forse inconsciamente, alzò le lame come barriera. Le tre lame si scontrarono, ma la forza portata da Kage fece fare un volo di diversi metri. Cadde sul fianco dolorante. “Sei finito!” urlò soddisfatto Kage mentre si rimboccava la manica del kimono. Stese il braccio, una luce accecante, un rombo di tuono, la risata malata di Kage, il rumore tintinnate della sua katana. Fuoco.

Suta riaprì gli occhi, assonnato e si mise a sedere. Il suolo non era più fatto di fanghiglia ma quasi di qualcosa di duro. Inquadrò il luogo, davanti a lui si parava un maestoso albero le cui radici ricoprivano il territorio circostante. Vedeva anche il cielo, era costellato di stelle e da una meravigliosa aurora boreale, uno spettacolo ai suoi occhi nuovi a causa delle numerose luci artificiali che venivano accese al Tempio dai monaci per far si che l'Avatar non scappasse utilizzando le ombre a suo vantaggio quando lo tenevano segregato. Stette lì, sdraiato a fissare il tutto per qualche minuto, sereno, in pace con sé, senza nessuna preoccupazione. In quel momento non pensava a SuiSei, a Zaheer, alla sua morte tramite evaporazione, l'unica cosa che era veramente importante era starsene in quella posizione, con quel panorama mozzafiato. Non ebbe la minima intenzione di alzarsi, anche perché sentiva i suoi muscoli intorpiditi, come quando si ha dormito per tanto tempo … già … tempo. Tempo. Una parola chiave per Suta. Tempo. Colui che guidava le sue avventure. Tempo. “Tempo!? Devo sbrigarmi!” pensò ad un tratto alzandosi di scatto. Si stirò e riguardò più attentamente il paesaggio. A parte l'albero non c'era niente di particolare, solo una lunga distesa sterile e rocciosa che si perdeva dietro l'orizzonte. Suta allora fissò nuovamente il cielo, seguendo la scia della aurora boreale con lo sguardo. Prima non si era accorto che le luci del nord partivano direttamente dal terreno, da una colonna di luce azzurra che si trovava a qualche metro di distanza dal monaco. Dalla parte opposta invece vi erano ancora una colonna in cui le luci riscendevano dopo aver fatto il loro spettacolo di luci tra le stelle. Era però di colore violaceo. In mezzo a loro l'albero. “Che strano posto!” commentò Suta che nonostante non fosse mai stato in quel luogo percepiva dentro sé una strana sensazione di familiarità e di nostalgia. Quasi guidato dall'istinto si diresse verso l'albero in cui vi era scavata una apertura enorme nel tronco. Con cautela e stando in guardia (nonostante non potesse utilizzare i suoi poteri) vi ci entrò. L'interno dell'albero era completamente vuoto, costituito solamente dal legno secco e dalle venature rimaste inutilizzate. Ma ancora una volta, qualcosa si nascondeva in quell'albero. Un piccolo puntino luminoso fluorescente per terra. Incuriosito il ragazzo si abbassò ed esitante lo toccò con un dito. Fatto ciò, il puntino aumentò di dimensione diventando pian piano una colonna verde simile a quelle che aveva visto furi. “Ma che cavolo?!” imprecò Suta. Fece qualche passo indietro, quasi spaventato dalla colonna di luce. Stava per uscire dall'incavo dell'albero, quando una voce lo sorprese alle spalle. “Ben arrivato, Suta”. “KYWAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHAAA” urlò terrorizzato il monaco voltandosi di scatto perdendo, l'equilibrio e cadendo. Di fronte a lui, uno strano essere di luce fluttuante. A dir la verità, riportando la descrizione che ha pensato Suta, era una specie di sogliola con i tentacoli volante. Come potete vedere, il ragazzo non possedeva una grande conoscenza dello spirito che albergava dentro lui e che lo faceva rinascere ogni volta. Confido che voi abbiate capito chi sia questo spirito. “Stai calmo! E non urlare, voi Avatar siete sempre così rumorosi?!” disse la sogliola volante come per rimproverare il ragazzo. “E tu chi dovresti essere?!” disse con un tono di voce piuttosto alto, ignorando il rimprovero dello spirito. “Non urlare! Ogni volta ti devo spiegare le solite cose, Wan!”. Momento di silenzio. “Wan?” chiese perplesso Suta. Quel nome, cosa gli ricordava … “Certo! Il primo Avatar!” pensò di colpo. Diresse lo sguardo nuovamente verso la sogliola/medusa tremante e con il terrore negli occhi. “Tu … non sarai mica?!”

“Ci sei arrivato, finalmente! Esatto, sono proprio io! Raava!”. Frammenti di ricordi imprecisi colsero la mente del ragazzo, riportando immagini sfocate e voci vagamente famigliari. Si toccò la fronte, quella serie di ricordi gli aveva fatto venire l'emicrania. “Stai bene?” chiese con un filo di preoccupazione Raava che cercò di non far intendere. “Sì, non è niente. Piuttosto, dove sono finito?”. Lo spirito lo superò addentrandosi nell'albero. “è una bella domanda, Avatar. Questo è il posto in cui io e Vaatu ci scontriamo ogni 10.000 anni. Sei giovane, è probabile che i tuoi maestri non ti abbiano parlato ancora di ciò”. Volteggiò ancora più dentro alla cavità, arrivando vicino alla colonna verde. “Come avrai notato, in questo luogo ci sono due portali, uno per il mondo umano e uno per il mondo degli spiriti.”. Suta si ricordò le due colonne di luce azzurre e viola. “Poi c'è l'albero del tempo,è stato luogo di prigionia di Vaatu per qualche tempo ma adesso tiene al sicuro il portale che ha creato Korra qualche mese fa” disse indicando con uno dei suoi tentacoli la colonna verde. Il monaco aveva letto di quel portale, era stato creato in seguito alla sconfitta di quella pazza metalbender di nome Kuvira. Doveva trovarsi al centro di Città della repubblica, ai tempi del monaco era stato costruito in quel luogo un nuovo tempio per i monaci e un posto sicuro di rifugio per gli spiriti. “Probabilmente ti starai chiedendo come mai ti ho portato qui, salvandoti la vita,”. Suta annuì debolmente. “Bene, te lo dirò. Quello che è successo fa, intendo quando eravamo entrambi in quella melma, è accaduto in un luogo ben preciso. Nella tu anima …”. Il monaco disorientato dall'affermazione si toccò il petto, aspettandosi forse qualche residuo di melma sulla sua tunica “Nella mia … anima?”. “Esatto Avatar, per colpa di quel tipo ...”. Di un tratto si sentirono dei passi dietro loro, stavano risalendo le radici dell'albero del tempo, si stava avvicinando, sempre più.

Jiikan si spostò in tempo per sfuggire al getto di fuoco. Atterrò sulle ginocchia, Kage gli fu subito addosso, la katana arrivò a qualche centimetro dalla spalla del mascherato. Il ragazzo prese le spade e deviò il colpo, poi rotolò a destra e alzatosi si rimise in guardia. Quella volta fu lui il primo ad attaccare, le due sciabole minacciose si avventarono su Kage che parò egregiamente i colpi, poi il contrattacco, la katana avrebbe infilzato il ventre di Jiikan se esso non si fosse di nuovo spostato a lato. Kage ripartì con una serie di fendenti. Sotto i tempestanti attacchi Jiikan indietreggiava lungo una collina erbosa su cui i due si stavano fronteggiando in discesa. Si trovava in una situazione scomoda, diverse volte rischiò di cadere indietro, cosa che non poteva permettersi. Kage nel frattempo sembrava essere stato preso da un istinto omicida, il suo sorriso beffardo si trasformò in un vero e proprio ghigno e i suoi occhi brillavano come il fuoco che sapeva produrre. Con Korra certamente si era divertito a combattere, ma quella volta era diverso, il suo avversario impugnava e utilizzava le spade in modo egregio, doveva essere un maestro, pensò. Nessuno con che impugnasse una spada era riuscito a resistere al filo della sua lama più di due minuti e in quella occasione erano passati ben cinque minuti. Jiikan arrivò fino alla fine della discesa . Si tuffò indietro per prendere tempo e riprendere fiato. Kage cercò di riacchiapparlo con lunghe falcate, non voleva dare troppo tempo al suo avversario. Lanciò un calcio da cui ne uscì una vampata di fuoco. Jiikan lo estinse con abilità ma presto un'altra serie di fiamme cercò di carbonizzarlo. Una dopo l'altra il mascherato le deviò o le parò. Da esse però ad un tratto spuntò Kage che con un balzo felino fu presto sopra a Jiikan, il fendete fu ancora parato ma il mascherato perse l'equilibrio e finì a qualche metro di distanza. Kage vide la sua occasione di vittoria. Dalla bocca rilasciò un getto sproporzionato di fuoco che colpì in pieno Jiikan. Una luce accecante investì tutti i presenti, i piccolo spiritelli si rifugiarono dietro le colline insieme a Tochi. Un rumore assordante e un terribile odore di bruciato. Ancora silenzio, un lungo momento di silenzio, poi … “è stato fantastico! Nessuno che padroneggia l'arte della spada mi aveva mai messo così in difficoltà, ci ho impiegato sei minuti … sei!” urlò tutto eccitato. Intanto la lucertola si sporse fuori dal suo nascondiglio, cercò di trovare con lo sguardo il corpo di Jiikan in mezzo alla coltre di fumo. “Questo non va bene, sicuramente ci saranno dellle ripercussioni temporali!” pensò angosciato. “No, impossibile. Quello non poteva certamente essere Zuko, era troppo giovane e poi i viaggi nel tempo non esistono, cosa sono andato a pensare. Era solo un dominatore del fuoco che si sarà ferito in un allenamento, sì, deve essere per forza andata così!” cercò di rassicurarsi. Si sentiva solo la risata agghiacciante di Kage. Tutti gli spettatori guardavano quasi in apnea per la tensione, il punto in cui era stato colpito Jiikan ma non si poteva ancora vedere niente di chiaro a causa del fumo. “Mi sono divertito, che dico! È stato fantastico!” urlava ancora Kage. Si sentiva inebriato dallo scontro, i sei minuti più intensi della sua vita. Stava ridendo. Rideva, rideva, rideva ma poi … smise. Di colpo il fumo venne spazzato via da una folata di vento. Tutti si aspettavano di trovare il corpo carbonizzato del malcapitato ma … Jiikan se ne stava in piedi, completamente illeso, con fare rilassato faceva roteare le sue due lame. Quando si accorse che tutti lo stavano guardando, con fare disinvolto infilzò a terra una delle due spade lasciando libera la mano destra. La porse sulla maschera dello spirito blu, la calò, pian piano si intravide il suo volto spigoloso e scheletrito dal tempo. La bocca pallida, il naso perfettamente dritto e poi i primi segni di bruciatura della sua cicatrice inconfondibile. Tochi assistette alla scena da lontano quasi rilassato, era la seconda volta che riusciva a scorgere il viso del ragazzo, quello era di sicuro il signore del fuoco Zuko, per fortuna era ancora vivo. Gli venne l'istinto di interrompere a forza il combattimento ma sarebbe stato inutile, ci aveva provato già diverse volte ma Kage lo aveva sempre ignorato e sicuramente non lo avrebbe ascoltato quella volta, specie con un avversario del genere. Kage era sbiancato in volto diventando più pallido di quanto non lo fosse già. Gli occhi sgranati, le mani tremanti, i capelli ritti. Cercò di balbettare qualcosa “Tu … tu dovresti essere morto, dovrei averti carbonizzato, tu, tu non puoi sopravvivere se io non sono d'accorto!”. Probabilmente era più sconvolto per il fatto di non aver ucciso il suo bersaglio che per aver davanti un signore del fuoco vissuto duecento anni prima. Zuko mise la maschera nella tunica e riprese in mano la sciabola. “Non te lo spieghi, vero? Lo farò io. Adesso ti mostrerò la differenza tra una persona talentuosa ed un vero maestro …” disse, quella volta era lui ad avere un sorriso beffardo. Kage invece era visibilmente sconvolto, era SICURO di averlo colpito con tutta la sua potenza, non era per lui concepibile una cosa del genere. Zuko si avvicinò all'altro con flemma, aspettando un suo attacco. “IO TI AMMAZZO!!!” urlò Kage prima di provare ad affettare Zuko. La katana però colpì solo il terreno, il bersaglio era scomparso. Guardò davanti a sé ma non vide nessuno. Dove era finito. Non poteva essere scomparso. Un momento … dietro a lui? Forse. Kage sembrava percepire la presenza di Zuko alle sue spalle. Digrignò i denti, strinse ancor di più la presa sull'impugnatura della katana. Si girò urlando, iniziò a menare fendenti a destra e a manca, tutti prontamente schivati o parati da Zuko. Disperato Kage iniziò a sputare fuoco come un forsennato, una immagine famigliare a Zuko. Riuscì a estinguere le fiamme che minacciavano di divorarlo e in contemporanea a schivare la katana. La situazione psicologica di Kage era un disastro su tutti i fronti, sarebbe bastato un colpo ben assestato per metterlo fuori gioco ma Zuko non ebbe fretta. “TI AMMAZZO!!!”. Il fuoco incendiò il prato intono ai due. Le lame incrociate, le urla, la tensione. Zuko fece un salto superando Kage e atterrando alle sue spalle. Toccava lui a finire l'incontro. Un colpo, due colpi, tre colpi, Kage sembrava essere sempre più in difficoltà. Ad ogni ferro incrociato seguiva una imprecazione del ragazzo. Zuko stava avendo la meglio, un paio di colpi ancora e avrebbe ceduto. Un colpo di sciabola vene parato con la katana, l'altro andò a segno colpendo il ginocchio di Kage. Un mezzo urlo soffocato ed il ragazzo cadde in ginocchio. La katana cadde d'avanti a lui. “Hai perso” disse Zuko. “No … non sono ancora morto” fu la risposta acida di Kage.

“E ti dovrei uccidere per vincere? Peccato che tu mi serva vivo ...”. Kage non rispose. “Però se ci tieni tanto … un ultimo colpo”. Conficcò una delle due sciabole nel terreno di fronte a Kage, poi lui si allontanò di qualche metro mettendosi in guardia. Kage afferrò l'impugnatura della sciabola e usò come un bastone per sollevarsi. Poi, alzatosi, estrasse la spada dal terreno. Anche lui in modo disordinato e scombinato si mise in posizione. Farfugliò qualcosa, si schiarì poi la voce e poi “Tre, due, uno ...” fece un passo avanti per scattare ma la gamba cedette. Zuko gli fu a pochi centimetri, la sua sciabola sfiorò il kimono dell'avversario senza però colpirlo lo spostamento d'aria scompigliò i capelli di Kage che dopo essere stato risparmiato si sdraiò con cautela lungo il prato erboso, le mani sulla faccia. Zuko lo guardò sbieco, lo scontro era terminato. Tochi corse verso Kage ansimante e preoccupato. “Kage stai bene?” . Il ragazzo non rispose, dal volto coperto scese una lacrima. “è stato … divertente. Grazie … Jiikan”. Il vento soffiava dolcemente, gli spiriti se ne andarono, la quiete ritornò. “Jiikan?”. Zuko lo guardò “Sì?”. Kage si asciugò il volto e rialzatosi prese la sua katana, staccò il fodero dalla cintura del kimono, eporse la spada foderata a Zuko. “Tieni, mi hai sconfitto e mi hai anche risparmiato, la spada ha cambiato lealtà. Non temere, ti dirò immediatamente tutto quello che SuiSei mi ha detto, nel frattempo accetta questo bottino di guerra. Solitamente io do un nome alle mie spade, gradirei che questa katana continui ad avere un nome”. Jiikan tolse la maschera dalla tunica e se la rimise, poi prese fra le mani la katana. “La accettò con onore. La chiamerò Sainō no arimasu, descrive molto bene la persona da cui la ho presa”. Kage sorrise, non in quel suo solito fare beffardo e sfuggente, dietro alla maschera Zuko ricambiò il sorriso. In fondo quel Kage era una brava persona.

 

Salve a tutti, abbiamo appena letto lo scontro tra Jiikan e Kage, spero di averlo fatto abbastanza “epico” anche se mi sembra abbastanza corto. Il prossimo capitolo sarà incentrato su Suta che cercherà di sbloccare il chakra della terra sconfiggendo il suo alter-ego creatosi quando Korra è andata nel regno degli spiriti. A proposito, mi dispiace averla messa da parte ma gestire tre storie in contemporanea sarebbe stato un po' troppo confusionario. Il nome della katana significa “Talentuoso”. Devo dire che mi piace moltissimo il trio Jiikan, Tochi e Kage. Come al solito vi chiedo cortesemente di RECENSIREEEEEEEEEEEEEEE!!!!!!!!!!!!!!!!

 

 

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Capitolo 13
*** La fine dell'attesa ***


Suta sgranò gli occhi, non lo aveva mai visto veramente ma sapeva chi gli si parava di fronte a pochi metri di distanza. Vestiva esattamente come lui ed era anche della sua altezza e corporatura. Il volto però era completamente diverso, il taglio degli occhi era sottile da cui si vedeva un riflesso giallastro, il naso era piccolo come la bocca, le forme del viso spigolose e una matassa di capelli nero scuro che copriva in parte la freccia sulla fronte tipica dei monaci. L'espressione sul suo volto sembrava divertita ma al tempo stesso fredda e acida anche se nel profondo di quei occhi si scorgeva un qualcosa di buono e amichevole. Fece qualche passo raggiungendo Suta. “Tu … non può essere ...”. L'altro ingrandì ulteriormente il suo sorriso “Mi hai subito riconosciuto, vero?”. La voce, la voce era identica, quel timbro leggermente acuto, quella maniacale scansione di ogni singola lettera. Era il suo alter-ego, quello che aveva preso il sopravvento qualche settimana prima nella grotta vicino al portale del mondo degli spiriti. In sé si trattava di un incidente di percorso, l'eccessiva forza spirituale di due Avatar nello stesso tempo aveva sconvolto i chakra di Suta ed era uscito lui. Tante volte lo aveva sentito parlare, non solo durante l'allenamento con Zaheer, ma ogni singola notte quando riusciva a prendere sonno. Gli parlava, diceva come si sentiva ad essere intrappolato dentro il monaco, diceva che voleva uscire anzi, aveva il diritto di uscire. In quei casi Suta non riusciva più ad addormentarsi e rimaneva per il resto della notte nella posizione del loto a meditare. Ma quella volta non si trattava di una voce, no, lui era proprio lì, di fronte a lui. Suta fu preso da un grande timore, e non riuscì più a dire niente, si limitò a indietreggiare tremando. Presto fu a fianco di Raava, vicino al portale di color verde, nel centro esatto dell'albero del tempo. Raava prese la parola “Credo di non doverti spiegare chi sia questo tipo, a causa sua il luogo dove risiedo, ossia nella tua anima, è stato profondamente sconvolto, è diventato quel ammasso di melma”. Suta continuò a tenere la bocca chiusa, le gambe tremanti, il tipo davanti a lui, quell'altro lui. Sembrava emanare un'aura strana, un'aura che rendeva irrequieto il monaco più di quanto lo fosse già. Dopo una bella manciata di minuti riuscì a balbettare “Cosa ci fa lui qui?!”. L'altro rise di gusto, il suo modo di fare era strano, Suta aveva sempre sentito la sua voce malefica, malata, invece. Il ragazzo che aveva di fronte sembrava un ragazzino come gli altri, allora perché lo metteva così a disagio? Non lo capiva. Finito di ridere, l'altro si rivolse al Avatar “ Vedo che sei felice di vedermi! Anche per me è un piacere incontrarti diciamo … dall'esterno!”. Si avvicinò al monaco con fare disinvolto, come se si stesse presentando ad un amico con cui aveva solamente comunicato tramite lettere. Gli porse la mano “Io sono Sossen, Suta”. Gli sorrise. No. Ci doveva essere un errore, non era lo stesso tipo che sentiva nei suoi incubi, rideva, scherzava, era … rilassato. Quasi gli ispirava simpatia. Non gli strinse la mano, nonostante il carisma di Sossen, Suta non si fidava, non poteva fidarsi di lui, tutti ma non di lui, avrebbe preferito dare la sua fiducia a SuiSei piuttosto. “Hai paura?” chiese Sossen. “Fai bene ad averla” continuò Raava. Suta si girò di scatto verso lo spirito. “ Dovrai battere lui per riavere la tua anima”. “Esatto!” urlò soddisfatto Sossen. La sua espressione cambiò radicalmente, il sorriso in ghigno, gli occhi si illuminarono, i muscoli si contrassero, la mano scheletrica partì di colpo e le dita pian piano strinsero il collo di Suta. Il monaco istintivamente si mise in posizione di dominio ma, essendo solo una proiezione astrale non riuscì a fare niente. Il viso, sì, quello era il viso della voce che lo assaliva ad ogni notte. La forza della presa aumentò di colpo, impedendo a Suta di respirare. Cercò di liberarsi dimenandosi furiosamente e graffiando con le unghie la mano di Sossen. Lentamente sollevò il monaco da terra tra risate isteriche e malsane. Poi lo scaraventò fuori dall'albero, Suta atterrò di schiena sulla roccia dura. Il monaco iniziò a tossire portandosi le mani al collo. Alzò lo sguardo, Sossen lo stava raggiungendo a grandi falcate, era già uscito dal portale intagliato nel tronco. La paura e la tensione ad un tratto aumentarono, Suta si alzò velocemente e iniziò a scappare lontano dall'albero. “Comincia la caccia!” urlò soddisfatto Sossen. Partì di colpo con una velocità sovrumana che gli permise di essere accanto. Caricò un colpo veloce e mirato per colpire la spina dorsale e spezzarla. Suta con la coda dell'occhio intravide l'altro, si gettò di lato e schivò per un pelo il colpo. “Questo non è possibile! Siamo solo proiezioni astrali, non possiamo fare tutto ciò!” esclamò il monaco. “Qui invece è possibile, infatti si sono disputate le sfide che hanno decretato il destino del mondo in questo luogo, ci possiamo toccare anche se siamo proiezioni, non è fantastico?!” Sossen ripartì alla carica, quella volta attaccò con un calcio circolare. Suta alzò la guardia, ma nonostante ciò fu spedito a qualche metro di distanza dalla potenza del colpo. Non ebbe il tempo di riprendersi. Sossen era già su di lui, inizio a sferrargli dritto in volto una serie di pugni per poi finire con una ginocchiata nello stomaco. Suta si accasciò a terra dal dolore. Venne rimesso in piedi da Sossen che lo prese per il braccio, quando gli fu davanti sferrò un calcio diretto facendolo cadere nuovamente. Suta era già stremato, non aveva la forza di rialzarsi, tossì rumorosamente, gli mancava il fiato, respirava male dopo quella ginocchiata. Rivolse lo sguardo a Raava che se ne stava a guardare lo scontro dalla fenditura dell'albero del tempo, non faceva nulla di particolare, non sembrava neanche troppo preoccupata per la sorte del monaco. Facendosi comunque un po' di forza e con le gambe tremanti si rimise in piedi. “Bravissimo, bravissimo! Rialzati ancora così potrò distruggerti completamente!” urlò Sossen più eccitato che mai. “Non illuderti di potermi battere ...” replicò tra un colpo di tosse e l'altro Suta. Sossen tirò un pugno verso al naso del monaco che però venne deviato dal polso di Suta, un secondo tentativo di attacco seguì il primo, questa volta diretto alla gola ma ancora per poco Suta lo parò. A quel punto, vedendo una breccia nella difesa di Sossen, Suta azzardò un calcio, ma la gamba venne afferrata dalle braccia dell'altro. Ben presto un pugno si avventò sul ginocchio. Un tremendo crack e poi un urlo agghiacciante. Il volto del monaco si era contratto in una smorfia di dolore. Persino Raava sussultò un po'. “Ti ho colpito! Sì, sì! Ti ho colpito! Ti ho fatto male, si vede dalla tua faccia! Ma se vuoi posso fare di più! Credo proprio di riuscirci!” urlò tutto contento Sossen. Lasciò andare Suta che cadde a terra. Si passò una mano sulla parte lesa, sicuramente la gamba doveva essersi spaccata. Doveva fare assolutamente qualcosa, ma purtroppo in quelle condizioni non sarebbe riuscito nemmeno a restare in piedi. Non poteva perdere però. Più utilizzando la forza della disperazione che altro si mise a sedere. Anche se percepiva un dolore allucinante cercò di non farlo notare. Sossen interruppe i suoi lunghi monologhi, diede alle spalle a Suta , che diede un un respiro di sollievo, e disse urlando “ Mi sa che passeremo un bel po' di tempo insieme in futuro, Raava! Faremo amicizia! Certo, certo!”.

Jiikan, Tochi e Kage rientrarono nella botola sotterranea. Appena arrivati al nascondiglio Kage si tuffò senza fiatare tra le scartoffie accatastate sulla scrivania alla rinfusa mentre la lucertola e Jiikan rimasero nella nicchia all'ingresso. “Che tipo particolare” commentò Jiikan a voce alta parlando più con sé stesso che altro. “Già, ma non devi pensare che sia cattivo, la sua storia non è una delle più facili.”. Il ragazzo mascherato guardava Kage da lontano che sembrava iniziare a dare segni di nervosismo evidentemente non trovando ciò che stava trovando. “Chi gli ha insegnato ad usare la spada? Tu lo sai?” chiese Jiikan. “ Lui in queste due settimane di convivenza non mi ha raccontato molto di sé ma prima di accettare la sua compagnia ho deciso di fare le dovute ricerche. Non è nato nella nazione del fuoco, come si potrebbe pensare, ma bensì è stato ritrovato dal Loto bianco nei pressi del lago Laogai. Il Loto lo allevò nella sua base subacquea del lago fino a quando non iniziò a dimostrare capacità nel dominio del fuoco e nell'uso della katana. Lì è stato allenato in modo esemplare e presto acquisì abilità fuori dal comune. Purtroppo il Loto ha parecchi nemici e, per cause ancora ignote, la base del lago saltò in aria. Fu un disastro, ma per qualche ragione Kage è riuscito a sopravvivere. Iniziò allora a viaggiare ed a istruirsi nelle altre nazioni facendo svariati lavori per vivere, tra cui il cacciatore di taglie. Neanche senza volerlo si fece una certa fama, così venne contattato da Suisei. Presto fu inviato nel mondo degli spiriti per varie missioni, decise allora di stabilirsi permanentemente qua. Questo è tutto quello che ho trovato sul suo conto”. Jiikan si fermò a pensare su quel tipo, non sembrava a suo parere schierato da nessuna parte. La sua vita sembrava essere dedicata al trovare un avversario interessante con cui combattere. Iniziò a fissare tutte le lame conficcate nelle pareti, ce ne erano di molto belle e di pregiata fattura, era una collezione di tutto rispetto. Tirò fuori dalla borsa quella che Kage gli regalò pochi minuti prima. La fissò attentamente, l'impugnatura, il fodero, la lama, la punta e le piccole incisioni minuscole scritte nel metallo della lama. Era incredibilmente leggera e perfettamente bilanciata. La rimise a posto qualche secondo prima che Kage balzò in piedi tenendo tra le mani vittorioso un rotolo di pergamena, lo stese sulla scrivania e fece cenno ai due di avvicinarsi. Appena Jiikan la poté scorgere notò che era una mappa particolarmente dettagliata e piena di appunti dappertutto. “Eccola qui! L'ho presa a quel dragone bianco qualche mese fa, indica tutto il piano d'azione per invadere, prima di tutto, il regno della terra per poi passare ad altri piccoli territori. Le armate rimarranno in quelle zone qualche mese, dopo si sparpaglieranno in plotoni sempre più piccoli e faranno una invasione a tappeto. La prima tappa dove saranno diretti è … vediamo un po' … mmmh … ah! Ho capito, una piccola gola rocciosa distante qualche chilometro dal passo del serpente, in direzione verso Ba Sing Se”. Jiikan rimase a pensare per diversi minuti allo scenario appena descrittogli. Sicuramente il dragone bianco doveva contare su una armata devastante per seguire un piano così necessitante di soldati. Probabilmente con qualche forma di propaganda era riuscito ad avvicinare parecchi spiriti. Il problema era, come fare? SuiSei dopo essere passato per il portale per il mondo dei vivi lo avrebbe poi sicuramente chiuso. Suta non avrebbe avuto la minima possibilità contro un esercito di spiriti senza poter usare tutti i suoi poteri, qualcuno sarebbe dovuto rimanere vicino al portale per tenerlo aperto, non potevano chiedere a Korra, se lei fosse stata eliminata anche Suta lo sarebbe stato. Se invece fosse andato lui, nel caso fosse morto … no … non sarebbe morto, doveva fidarsi delle parole di quella persona che anni prima gli diede l'orologio … nessuno sarebbe morto. Doveva fidarsi.

Sossen iniziò giocherellare un po' con Suta sbattendolo da una parte all'altra facendo particolare attenzione ad infierire sulla gamba spezzata. Raava invece continuava a guardargli, non potendo intervenire in uno scontro del genere. Il monaco però, nonostante le pessime condizioni, stava dimostrando una resistenza fuori dal comune, riuscendo a riprendersi sempre dopo ogni attacco. Suta però non trovava ancora un modo per chiudere l'incontro, le tecniche dell'avversario erano estremamente veloci e la sua difesa sembrava impenetrabile, senza contare che lui non aveva in ogni caso la forza per sferrare un contrattacco. Se la situazione fosse andata avanti in quel modo, sarebbe rimasto poco dell'originario Avatar. Sossen non sembrava infastidito dalla caparbietà dell'avversario, anzì sembrava divertirlo, canticchiava allegro. Di nuovo buttato a terra Suta si rimise a sedere. “Bravo! Questa volta pensavo di averti ucciso ma .. invece eccoti qui! Bravo! Bravo! Mi costringi a rimboccarmi le maniche per finirti, non potevo desiderare combattimento migliore!” . Lo prese per il collo e iniziò a trascinarlo verso l'albero del tempo. Passò accanto a Raava e poi, sempre tenendo con una mano il monaco, iniziò a risalire l'albero. Lo spirito lo guardava dal basso provando un misto di curiosità e preoccupazione. Presto i due furono in cima all'albero, retti dall'intricata serie di rami secchi che sembrava formare un pavimento abbastanza stabile. Dall'alto si poteva vedere tutto il paesaggio roccioso lugubre del posto. Sossen lanciò Suta a qualche metro di distanza. “Bene, il nostro scontro deve finire in modo EPICO. Tu starai in quella metà di albero, io in questa. Partiremo a combattere nel centro esatto del nostro campo di gioco. Chi riuscirà a far indietreggiare l'avversario e a buttarlo giù dall'albero avrà vinto. Le regole sono chiare?”. Il monaco, ancora sdraiato, accennò faticosamente. Aveva il fiatone, gli doleva praticamente tutto il corpo, le sue membra erano distrutte, ma nonostante ciò riuscì a mettersi al centro del campo saltellando su di un piede solo. Doveva essere lui a chiudere il sipario per poter tornare da Jiikan e da Korra, per poter finalmente battersi con SuiSei. Saltellava nervosamente, l'aria carica di tensione stava quasi divenendo insostenibile, per Suta, per Raava, ma non per Sossen che rimaneva rilassato e divertito, non perché pensava di poter vincere facilmente, semplicemente perché si stava divertendo. Tutto sommato non era poi così diverso da Kage. “Iniziamo?” chiese. “Certamente ...” rispose Suta. Sossen partì con un pugno dritto allo stomaco, Suta parò, poi cercò di beccare il volto del monaco con un altro pugno ma il monaco si allontanò prontamente. Sossen gli si avvicinò con un calcio diretto che venne però bloccato dalle mani di Suta. Per liberarsi il nemico azzardò un altro calcio, questa volta, circolare balzando da terra e facendo perno sul busto di Suta. Esso dovette lasciare la presa e abbassarsi per non ricevere il colpo. Il tutto si svolse in decimi di secondo anche se per gli avversari sembrava essere stata una eternità. Le mosse sembravano andare a rallentatore e i due sfidanti cercavano di prevedere le mosse dell'altro, un combattimento stremante sia dal punto di vista fisico sia dal punto di vista mentale. Ad ogni azione ne seguiva una reazione che poi subiva un'altra azione. Però Suta continuava a stare sulla difensiva e per questo indietreggiava verso l'orlo del campo pericolosamente. Sossen riuscì a spingerlo facilmente fino a quel punto. Lo afferrò per il collo e cercò di buttarlo di sotto. Suta lottava strenuamente per non perdere l'equilibrio. Ormai mancava poco per buttarlo giù, Sossen lo guardava soddisfatto, con l'odio inculcato negli occhi, il piacere per il dolore del monaco espresso nel suo contorto ghigno e la sua determinazione concentrata nelle mani. Suta però non si intimorì, l'istinto di morire non gli permetteva di provare emozioni in quel momento, l'unica cosa che poteva percepire chiaramente erra il suo istinto che lo incitava a non mollare, una voce rimbombante sulla testa. Per sopravvivere doveva eliminare Sossen in un modo o nell'altro. Lasciando la presa sulle mani dell'altro ancora avvinghiate al suo collo prese i capelli di Sossen facilmente afferrabili a causa della loro lunghezza. Tirò furiosamente. Il nemico iniziò a piegare in dietro la testa tanto da essere costretto a lasciare la presa. Approfittando del momento Suta penetrò nella difesa avversaria e colpì con forza lo sterno di Sossen. Esso indietreggiò un poco, questa volta con il volto segnato dalla rabbia e dal furore del momento. “Questa è la fine!” “ Sì ...”. Un attimo. Durò praticamente un attimo. Sossen tirò un calcio diretto verso il fianco di Suta ma esso lo anticipò bloccandogli la gamba. Poi lo tirò a sé. Chiuse gli occhi, si lasciò andare indietro. Raava guardò la scena lì vicino. Suta trascinò con sé Sossen nel vuoto. Un tonfo. Poi. Niente. Non un rumore, un grido. Raava se ne stava immobile, indecisa se andare a vedere la scena o no, solitamente non si sarebbe fatta troppi scrupoli ma, quella volta era diverso. Esitante si avvicinò al piccolo cratere formatosi dopo l'impatto. Con l'animo preparato per assistere al raccapricciante spettacolo Raava si sporse un poco per vedere ma … non trovò ciò che aspettava. L'oggetto che era caduto non si trattava di un corpo, figurarsi di due, era un tronco dell'albero del tempo. Lo spirito rimase parecchio sconcertato dalla visione, alzò il capo esterrefatta. “Aggrappati bene!” “Non ce la faccio più di così!” “AHHHH! Non toccare la gamba che mi hai spezzato!” “ Non lamentarti e tiraci su!” “Non lamentarti tu! È colpa tua se siamo finiti in questa situazione!” “Ma fammi il favore! Sei tu che hai deciso di trascinarmi con te nel vuoto” “Certo! Se tu non mi avessi costretto a farlo! E poi ricordati che sono io quello che a deciso di salvarti, portami rispetto!” “Solo quando saremo al sicuro! Forza! Issati sull'albero e dopo ci giochiamo il ruolo di Avatar a morra cinese, devo ammettere che la scelta di combattere non è stata una delle migliori!” “Tutta colpa tua, Raava! Aiutaci e tiraci su!”. Suta stava appeso ad un altro ramo dell'albero con Sossen attaccato alla sua vita. Tratti in salvo, Raava gli raggiunse. Gli fece sedere entrambi come se fossero stati messi in punizione e poi gli scrutò con aria severa. “Cosa avete combinato voi due!” urlò. Suta fu il primo a parlare “Senti lo so che ti può sembrare strano, ma qualche frazione di secondo prima di cadere abbiamo pensato entrambi che ...” “che è un modo piuttosto barbarico combattere in questo modo per il titolo di Avatar, no?” subentrò Sossen. “Lo abbiamo pensato all'unisono, sai come vanno queste cose spirituali, Raava, in fondo siamo la stessa persona, pensiamo le stesse cose”. Raava si sentì presa piuttosto in giro, non fraintendetela, anche lei avrebbe preferito un modo per decidere chi dei due fosse l'Avatar senza vittime ma, quello era troppo anche per lei ( e non solo per chi sta leggendo in questo preciso istante). In ogni caso stette zitta e li lasciò continuare. “Abbiamo capito che né io né lui siamo veramente l'originario Suta” continuò Sossen “quando c'è stato quell'incidente nella grotta si è aggiunta una parte nuova in Suta, ma essere sé stessi non vuol dire che solo uno di noi due deve avere il controllo sull'altro”continuò l'altro. “Tutti e due abbiamo il diritto di esistere … e possiamo fare ciò in un unico modo …” insieme. In quel preciso istante la colonna di luce verde situata all'interno dell'albero gli investì. Un lampo di luce e le due figure diventarono una solamente. Aveva lo stesso aspetto di Suta ma gli occhi erano cambiati. Degli occhi che avevano preso la conoscenza di ciò che sono. “Io non li capirò mai gli Avatar!” si lamentò Raava.

Jiikan venne accompagnato fino al portale da Tochi e Kage. Teneva con sé il rotolo del piano di invasione che gli era stato affidato. Arrivato al lago melmoso si girò e si rivolse ai due “Grazie di tutto, il vostro aiuto risulterà sarà fondamentale per la battaglia contro SuiSei, non so come sdebitarmi”. “Basta che qualche volta passi a trovarci e accetti di scontrarti ancora con me!” disse ridendo Kage. “Abbi cura di te, mi raccomando anche se ho come l'impressione che ci rivedremo quando tutto si deciderà”. “Buona fortuna”. Jiikan fece il tradizionale inchino e si tuffò nel lago. Pensò che quelle persone fossero realmente speciali.

 

Eccoci qua, questo capitolo dovrebbe segnare la fine del prologo della battaglia finale, ci ho messo un po' a scriverlo e devo dire che il finale che ho dato potrebbe risultare assurdo o quanto meno inappropriato alla situazione della storia, ma mi piaceva così. Questo probabilmente azzererà l'esiguo numero di persone che stanno seguendo questa storia. L'allenamento di Suta nel prossimo capitolo si concluderà e si rincontrerà con Jiikan e Korra per progettare una difesa contro SuiSei. Il momento dello scontro tra l'Avatar e il dragone bianco sta per arrivare. Però mi fareste un piacere se …RECENSISTEEEEEEEEEE!!!!! RECENSITEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!!!!!!!!!!!!!!

 

 

 

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Capitolo 14
*** Intermezzo ***


Quando Suta riaprì gli occhi una luce verde lo investì completamente accecandolo momentaneamente. Pian piano i sensi tornarono, cominciò a sentire la roccia umida e dura sotto di sé, il rumore assordante della cascata e l'odore inconfondibile del muschio bagnato. Riuscì dopo un paio di minuti a mettere a fuoco il paesaggio intorno. Si trovava ancora lì, sulla sporgenza di fianco alla cataratta dove era stato lasciato da Zaheer. Chissà da quanto tempo era in quel luogo. Durante la sua intensa meditazione aveva perso la cognizione del passare dei minuti o delle ore. Il mondo degli spiriti da sempre questo effetto utopistico ed etereo. Si rialzò constatando che le gambe si erano completamente addormentate facendolo ciondolare pericolosamente. Si guardò intorno per cercare Zaheer, ma esso sembrava sparito. “ZAHEER! Dove ti trovi! Ho finito la meditazione, ho sbloccato il chakra della terra!” urlò pieno di soddisfazione e gioia. In effetti da quando si era risvegliato si sentiva diverso, più leggero, senza quel peso sullo stomaco che lo aveva accompagnato nelle ultime settimane. Rilassato, percepiva l'energia cosmica fluirgli in ogni sua arteria, vena o capillare. Una sensazione magnifica, tutto il suo potere era finalmente ritornato più devastante che mai. In quel momento apparì Zaheer dietro di lui. Suta si voltò e disse nuovamente “Signor Zaheer, sono riuscito a sbloccare il chakra della terra!”. L'altro sembrava cupo in viso, il quale era segnato da una espressione più severa del solito. Questo mise parecchio a disagio Suta che iniziava a preoccuparsi. Istintivamente si mise in guardia, tutto sommato quella persona aveva attentato alla vita di Korra qualche tempo prima, non poteva di certo sottovalutarlo. In quei giorni di allenamento non lo aveva mai visto così minaccioso, teneva solitamente un'aria seria, ma in qualche modo pacata, forse ciò era dovuto alla permanenza in carcere. Quell'avversità che sembrava essere stata ormai soffocata, sfavillò nei suoi occhi. “Ci hai impiegato solamente un giorno, impressionante. Avevo programmato secondo le tue potenzialità una sessione di allenamento più lunga di due miseri giorni, ma a quanto pare possiedi un talento naturale per questo genere di cose, vero?”. Suta non sapeva se doveva ritenersi offeso da quell'ultima affermazione ma non gliene importava più di tanto. Si rese conto che anche il tono della voce del suo maestro era chiaramente cambiato, aveva una voce più lugubre e cavernosa. Zaheer fece qualche passo in direzione del monaco che, a sua volta indietreggiò. Si stava dirigendo sempre più verso la fine della sporgenza, seguita poi dal vuoto. “Però dobbiamo fare ancora una piccola verifica, non trovi?”. Nella mente di Suta schizzò un pensiero improvviso, qualcosa di pericoloso. Zaheer non voleva ucciderlo, voleva testare se avesse veramente raggiunto il grado di pace interiore necessaria e c'era solo un modo per farlo. Zaheer provocò una forte raffica di vento che scaraventò il monaco giù dalla cataratta. Non ebbe il tempo di pensare a ciò che stesse succedendo. Le goccie d'acqua che si frantumavano sul suo viso lo costringevano a chiudere gli occhi. Si sentiva cadere ad una velocità molto elevata, il cuore iniziò a battergli forte, ma sapeva bene che sarebbe sopravvissuto, ci sarebbe stato Sossen al suo fianco, non doveva temere. Ormai arrivò ad una decina di metri dal suolo. Chiuse gli occhi, si concentrò e ripeté tra sé “Io sono Suta e Sossen nello stesso momento”. Cercava di ottenere la piena comprensione della propria anima e mente. Zaheer lo guardava dall'altro. Anche se non lo dava a vedere gli sarebbe dispiaciuto se quel bambino si fosse sfracellato al suolo, non sarebbe stato nemmeno un bello spettacolo. Senza contare che gli agenti del Dai Ly se la sarebbero presa con lui e il Loto bianco avrebbe trovato una buona motivazione per toglierlo di mezzo definitivamente. Suta ormai era a tre metri di distanza dal pavimento piastrellato. Ma all'altezza di mezzo metro qualcosa di incredibile accadde. Il corpo del monaco si fermò a fluttuare a mezz'aria. Se prima si sentiva leggero, in quel momento non sentiva praticamente il suo corpo. Sembrava essere ritornato nel mondo degli spiriti, immerso in una atmosfera eterea, onirica e lontana dalla frenetica realtà in cui viveva. Zaheer lo raggiunse ,anch'esso volando, e lo guardò soddisfatto, forse Suta scorse anche un accenno di sorriso nel volto dell'altro, ma probabilmente se lo era solo immaginato. Dopo ciò Zaheer dedicò tutta la giornata al solo insegnamento pratico del volare e il monaco dovette ammettere che era più difficile di quanto sembrasse. Diverse volte andò a schiantarsi contro le pareti della grotta sotterranea o sotto la devastante cascata. Impiegò tre ore per imparare a virare, ed altre due per scendere in picchiata. Nonostante ciò Suta si divertì come mai era accaduto. Dopo diverse ore di allenamento estenuante, Suta comunicò agli agenti del Dai Ly in zona, che se ne sarebbe andato quel mezzogiorno visto che, secondo Zaheer, il suo addestramento era ormai concluso. A mezzogiorno esatto arrivarono le guardie reali a prendere il monaco. Il ragazzino allora incominciò a rimettere a posto tutte i suoi oggetti. Ripiegò la tunica vecchia e se ne mise una nuova più brillante e sgargiante. Ripose la palla di stracci che avevano usato due giorni prima nella sacca, come ricordo, e infine si diede una sciacquata alla faccia e riempì la sua borraccia dai canali che segnavano il pavimento. Si mise la sacca sulle spalle e si preparò a congedarsi da Zaheer. Gli si avvicinò e disse “Grazie di tutto, lei è una brava persona, sono sicuro che prima o poi uscira da qua”. L'altro non disse niente. “ Korra, dopo ciò che hai fatto, sicuramente potrà aiutarla”. “Non credo che lo farà, tu non provare a chiederlo, sarebbe solo fiato sprecato” rispose finalmente Zaheer. Suta sbuffò, sapeva bene che aveva ragione, il Loto non lo avrebbe fatto sicuramente rilasciare dopo ciò che aveva fatto. Nonostante avesse fatto cose orribili gli dispiaceva terribilmente per lui. “Addio, signor Zaheer” disse infine sorridendo Suta. Le guardie reali aprirono un varco nella parete e accompagnarono Suta lungo il tunnel che lo avrebbe riportato in superficie. Quando il varco si richiuse, Zaheer rimase nuovamente solo, anche se solo per tre giorni, Suta gli aveva ricordato cosa volesse dire stare con un amico. Si girò e se ne ritornò sulla sporgenza della cascata. “Grazie a te, Suta ...”

Il giovane monaco venne portato all'esterno, tra gli intricati vicoli di Ba Sing Se attraverso un'altrettanta intricata rete di sotterranei che attraversavano tutta la capitale del regno. Gli agenti del Dai Ly lo lasciarono nei cerchi più inferiori della città senza dire una sola parola. Suta si trovò in uno dei luoghi più malfamati della zona senza sapere niente di come e del perché fosse arrivato lì. Certo, essendo l'Avatar, uno degli esseri più potenti sulla faccia della terra, tramite di due dimensioni parallele e capace di governare il 90% della materia presente sul pianeta, non aveva nulla di cui temere eccessivamente, ma essere lasciato in un posto del genere circondato da quel tipico alone di mistero che rimaneva impregnato nell'aria al passaggio del Dai Ly, lo inquietò non poco. Avanzò titubante lungo una viuzza completamente deserta di gente o di qualsiasi forma di vita che non fossero furetti ed affini nascosti negli angoli più bui. Il terreno era completamente sterrato, la strada era delimitata da una serie di baracche trasandate, carretti, locati sfitti che stavano lentamente degradando adornati da piante rampicanti insinuatesi col tempo. Mentre proseguiva circondato da una coltre di polvere, un senso terribile di inquietudine lo assalì e lo spinse a guardarsi alle spalle più e più volte senza però non vedere nulla di anomalo. Non c'era nulla di strano, suggestione, pensò. Eppure sentiva una presenza persistente dietro sé, qualche volte credette persino di aver sentito dei passi svelti. Passarono diversi minuti e Suta non aveva realizzato il perché si trovasse in quel luogo con un ipotetico inseguitore che non sembrava avere troppa di rivelarsi presto.

Salve a tutti, mi dispiace essere stato assente così tanto ma ho avuto diversi impegni, quello che vi propongo è solo un “promemoria” per far si che mi seguiate ancora per un po' e che portiate pazienza, mi dispiace un sacco. RECENSITEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!!!!!!!!!! (Cosa?)

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