Degrees of separation

di lilyhachi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Unspoken ***
Capitolo 2: *** Enjoy the silence ***
Capitolo 3: *** Falling in pieces ***
Capitolo 4: *** Nothing like you and I ***



Capitolo 1
*** Unspoken ***


Degress of separation
 

I
 
Unspoken
 
 “Meditate, yea, hypnotize.
Anything to take it from your mind but it won't go.
You're doing all these things out of desperation.
You're going through six degrees of separation”.
(The Script – Six degrees of separation)
 
 
Quando gli occhi ambrati di Stiles incontrarono la luce del sole che si insinuava appena nella sua camera, il ragazzo dovette sbattere le palpebre un paio di volte e fare mente locale prima di realizzare che giorno fosse, che ora fosse e cosa dovesse fare quel giorno.
Portò le braccia ancora rattrappite fin sopra la testa e si stiracchiò, concedendosi uno sbadiglio degno di nota e poi si stropicciò gli occhi ancora impastati di sonno. Prima di alzarsi, Stiles si prese qualche minuto, osservando la parete dinanzi a lui: tutte le foto, gli articoli, i segni di quelle indagini ormai risolte non c’erano più. Erano sparite dalla sua camera e dalla sua testa, liberandolo definitivamente.
Era rimasto soltanto qualche filo ad ornare quella parete vuota, un po’ come lui.
Ogni tanto qualche incubo tornava ma Stiles non ne aveva fatto parola con nessuno: rivedeva i volti di tutti coloro che avevano perso la vita per colpa sua e rivedeva soprattutto Allison.
Ad ogni incubo, faceva sempre più male, al punto che si svegliava con gli occhi lucidi e un dolore insopportabile a livello del petto perché nessuno lo avrebbe mai convinto del fatto che Allison non fosse morta per colpa sua: ne era responsabile, anche se solo in parte.
Forse doveva morire anche lui insieme ad Allison. A quel pensiero, tuttavia, una serie di parole accuratamente messe insieme balenarono nella sua mente: “La morte non colpisce te, Lydia. Colpisce le persone che restano. Tutta la gente in piedi al tuo funerale che si domandano come farà a vivere il resto della vita senza di te”. Pensò ad un suo possibile funerale e vide i volti scarni e devastati di suo padre, costretto a vivere in solitudine senza le persone a lui più care, di Scott, mentre Kira gli stringeva silenziosamente la mano, di Malia, persino di Derek, e di Lydia…solo che nessuno stringeva la mano di Lydia: era sola, chiusa nel suo dolore a guardare la bara con la bocca dischiusa.
Nessuno era accanto a Lydia, nessuno era lì per darle conforto, nessuno era lì per stringerle la mano e dirle che sarebbe andato tutto bene, che ogni cosa si sarebbe risolta e che non sarebbe stata sola.
Lydia era sola, come lo era stata al funerale di Allison mentre la sua spalla era accanto a quella di Scott, come se si stessero confortando a vicenda con quel contatto appena accennato.
Stiles avrebbe desiderato tanto allungare le sue dita fino a sfiorare quelle di Lydia, sentiva il bisogno di farlo ma si era frenato, senza neanche sapere perché. Forse Lydia lo odiava, forse lo riteneva responsabile per quelle perdite che aveva subito nell’arco di due giorni, forse non lo avrebbe mai perdonato e forse non voleva neanche che lei gli si avvicinasse.
Il cuore cominciò a battergli furiosamente nel petto al pensiero di un possibile odio da parte di Lydia, quasi gli si mozzò il respiro nel realizzare ciò che poteva averla spinta ad allontanarsi da lui, al punto da rivolgergli la parola solo se la situazione lo richiedeva. Ma d’altronde, anche lui aveva fatto lo stesso: aveva lasciato che Lydia si allontanasse silenziosamente e non aveva neanche tentato di afferrare la sua mano per ripotarla accanto a lui, l’aveva lasciata fare.
Stiles si sentì un verme perché come poteva pensare a Lydia proprio quando aveva qualcuno come Malia che gli donava quello di cui aveva sempre avuto bisogno?
Scott aveva sorriso felice quando il suo migliore amico gli aveva accennato di ciò che stava accadendo con Malia, gli aveva stretto la spalla e gli aveva detto che Stiles meritava di essere felice.
Meritare e desiderare. C’è differenza tra ciò che si merita e ciò che si desidera?
Stiles meritava di essere felice, meritava di avere accanto qualcuno come Malia, meritava di essere sereno e di godersi tutto ciò che il soprannaturale gli aveva sempre negato.
Meritava. Meritava. Meritava. Ma Stiles cosa desiderava nel profondo del suo cuore?
Certo, desiderava essere felice, stare con qualcuno che lo guardasse con quella luce negli occhi che lo faceva sentire speciale, proprio come Malia, desiderava sentirsi amato e indispensabile.
Stiles aveva sempre voluto qualcosa di simile con tutto il suo cuore e adesso, dopo tragedie, lupi mannari psicopatici, Kanima, cacciatori con qualche rotella fuori posto, sacrifici umani e demoni con la mania di possedere persone innocenti, aveva trovato ciò che cercava.
Ma era davvero ciò che voleva nel profondo? Era davvero ciò che il suo cuore anelava più di ogni altra cosa? A dirla tutta, Stiles evitava di trovare una risposta a quelle domande, pensando che se le avesse ignorate, queste si sarebbero volatilizzate, smettendo di tormentarlo.
Eppure, ogni tanto quelle stesse domande tornavano all’attacco, costringendolo a dubitare.
Aveva sempre immaginato che un giorno si sarebbe svegliato accanto a Lydia e invece, aveva trovato una ragazza completamente diversa da quella che aveva sempre amato. Adesso Stiles aveva messo da parte ogni tentativo, aveva voltato la schiena, iniziando a camminare senza guardarsi indietro, senza guardare gli occhi verdi e gonfi di Lydia, perché se lo avesse fatto, non sarebbe più stato capace di andare avanti. Se si fosse fermato a guardare Lydia, Stiles Stilinski avrebbe rischiato di perdersi nella tristezza e nella luminosità dei suoi occhi, lucenti come due smeraldi, che trattenevano le lacrime. Sarebbe caduto, e per quanto una parte di lui fosse tentata dal perdersi in quel meraviglioso oblio noto come Lydia Martin, l’altra gli intimava di non farlo. Stiles sapeva di non poter costringere Lydia ad amarlo, forse lei non lo avrebbe mai visto come qualcosa di più ma andava bene, e lui aveva il diritto di andare avanti, di trovare la sua felicità personale.
Ma come poteva andare avanti quando un filo rosso era ancora avvolto attorno a lui e Lydia?
Li teneva uniti, sempre ancorati l’uno all’altra ma soprattutto permetteva a Stiles di capire quale fosse il problema: lui e Lydia erano un caso irrisolto e se quella lavagna non fosse stata del tutto vuota, forse ci sarebbe stata una loro foto a denotare l’inizio di una nuova indagine.
Irrisolto: quella era la parola che più definiva il loro legame.
C’erano tante variabili che vi ruotavano attorno e Stiles non aveva avuto tempo e modo di darvi una spiegazione ma erano state spinte via da altre priorità, come il salvataggio dei loro genitori, la sua pazzia momentanea, il Nogitsune che aveva deciso di albergare nella sua mente e la morte di una delle persone più importanti nella vita di tutti loro. Forse stava esagerando, forse quelli erano solo pensieri formulati a caso che non avevano alcun senso.
Tuttavia, Stiles voleva soltanto sapere quando tutti quei pensieri avrebbero abbandonato la sua mente, quando sarebbe stato libero da quel senso di oppressione che gli attanagliava le viscere, quando si sarebbe lasciato alle spalle quei giorni colmi di rimpianti e disperazioni silenziose.
Si alzò dal letto, pronto ad iniziare un altro giorno a Beacon Hills.
 
Lydia chiuse gli occhi, con la speranza di ritornare nel mondo dei sogni ma il sole aveva fatto già capolino nella sua stanza e lei non si sarebbe riaddormentata neanche volendo.
Osservò le sue dita laccate con una tonalità di rosa e i vestiti accuratamente disposti sulla sedia.
Forse Lydia stava bene nel suo piccolo mondo, quello così minuscolo e superficiale in cui era stata rinchiusa fino a poco tempo fa, un mondo fatto di vestiti all’ultima moda, lucidalabbra alla fragola, capelli perfetti e persone intorno pronte a sorriderle e a sedersi accanto a lei.
Adesso quel posto lo stava occupando da sola e accanto non c’era nessuno, soltanto l’ombra di un sorriso, quello che le era stato rivolto il primo giorno di scuola, quello della ragazza che la guardava un po’ spaesata e un po’ imbarazzata mentre stringeva la tracolla tra le dita.
Forse Lydia stava bene nel suo piccolo mondo, quello fatto di finta ignoranza in cui era stata come un manichino a mostrare soltanto ciò che gli altri volevano vedere, a fingere di non sapere, a comportarsi come una delle tante oche che aveva sempre guardato con disprezzo.
Forse Lydia stava bene in quel piccolo mondo, prima che un ragazzo alto dal fisico glabro la guardasse dritto negli occhi, facendole notare come il suo comportamento fosse proprio da oca.
Forse Lydia stava bene in quel piccolo mondo, prima che Stiles Stilinski cominciasse a bussare alla porta che aveva tenuto chiusa, per impedire a chiunque di oltrepassarla.
Forse Lydia stava bene, prima che Stiles iniziasse a spintonarla, entrando a forza: la porta era aperta e Lydia non riusciva a chiuderla, ci aveva provato ma Stiles la teneva ferma, pressava le sue mani nodose contro il legno scuro, impedendole di avvicinarsi per cercarle di chiuderla.
Stiles era rimasto lì, continuando a spingere quella porta, ignorando lo sforzo.
Adesso non c’era nessuno a tenere aperta quella porta: Stiles aveva iniziato ad allontanarsi e la porta cigolava lentamente senza niente o nessuno che la spostasse.
Lydia aveva tentato di avvicinarsi ma non appena aveva sfiorato la maniglia, questa era diventata incandescente, costringendola ad allontanarsi di scatto prima che si ustionasse le dita.
Nel frattempo, la figura di Stiles diventava sempre meno nitida, arretrava sempre di più e per quanto Lydia provasse a camminare nella sua direzione, lui le sembrava sempre più lontano.
“Stiles!”, lo aveva chiamato ma la voce era risuonata soltanto nella sua testa mentre dalle sue labbra non usciva nulla, neanche una sillaba: il silenzio erano le sue catene.
Stiles si era allontanato e la porta si era chiusa con un tonfo, lasciando Lydia chiusa in quella stanza, con le sue urla e tanti bisbigli a farle compagnia.
Dopo uno smarrimento iniziale, Lydia aveva capito che forse era giusto così, perché Stiles Stilinski era senza alcun dubbio l’essere umano più dolce e meritevole di tutto ciò che di bello esisteva in quel mondo infido e cattivo, fatto solo di dolore e sangue.
Stiles Stilinski si era allontanato, per sospingersi verso quella felicità che gli era sempre stata negata, perché ora c’era qualcuno in grado di rendere i suoi occhi meno tristi e il suo cuore più vivo.
Malia era entrata nelle loro vite come un tornado, senza dare il tempo necessario per abituarsi ma andava bene…perché lei rendeva felice Stiles, e una morsa stringeva lo stomaco di Lydia ogni volta che si soffermava sul modo in cui il ragazzo la guardava.
Allora Malia gli donava un sorriso candido e dolce, come quello di una bambina e Lydia non capiva se i crampi nel suo stomaco fossero per il fastidio o per la gioia.
In realtà, aveva smesso di chiederselo già da tempo.
Se Lydia Martin fosse stata la ragazza del primo anno che camminava per i corridoi con espressione fiera e combattiva, avrebbe tirato fuori gli artigli per rivendicare Stiles come suo e avrebbe dato inizio ad una spedizione punitiva verso Malia Tate.
Ma Lydia non era più quella ragazzetta vanitosa, non era più la ragazza popolare che sedeva sugli spalti del campo di lacrosse a guardare il suo fidanzato che si faceva beffe del resto della squadra.
Adesso Lydia era la ragazza che restava sola nel corridoio della scuola con i libri stretti al petto e bisbigli indistinti che si facevano spazio nella sua mente. Era la ragazza che neanche si avvicinava al campo di lacrosse, mentre i posti in prima fila erano occupati da Malia e Kira. Era la ragazza che usciva direttamente da scuola e si metteva in macchina, lasciandosi cullare dalla solitudine.
Era la ragazza che aveva deciso di farsi da parte ed era giusto così.
Quante volte aveva udito la frase “se tieni ad una persona, lasciala andare”? Normalmente avrebbe riso, definendolo uno stupido cliché da film stucchevole ma adesso Lydia ne capiva il senso.
Aveva lasciato andare tante persone e non se ne era resa pienamente conto: aveva lasciato andare Jackson, aveva lasciato andare Allison e aveva lasciato andare Aiden. Erano scivolati via da lei, come sabbia tra le dita, lasciandola sola e completamente abbandonata a sé stessa.
Ora era arrivato il turno di Stiles e se lasciarlo andare fosse l’unico modo per vederlo felice e sereno, senza ombre e mostri senza volto ad ottenebrare la sua mente, andava bene.
Non le importava del dolore che sentiva ogni volta che lo incrociava a scuola, con la mano stretta in quella di Malia o il braccio attorno alla sua vita: andava bene, le sarebbe sempre andato bene.
Stiles era il raggio di sole in un giorno nuvoloso, l’ancora a cui aggrapparsi quando il peso del mondo sembrava insopportabile per il suo cuore, la spalla su cui avrebbe desiderato piangere per la morte della sua migliore amica, la mano che avrebbe voluto stringere al funerale di Allison.
Stiles era tutto ciò che Lydia aveva scelto di non fare, tutte le parole che aveva deciso di non pronunciare, tutti i sentimenti che aveva deciso di rinnegare per paura che crescessero a dismisura fino a soffocarla, come le era già accaduto in passato…ma Stiles era ossigeno, e lei avrebbe dovuto capire fin dall’inizio che non le avrebbe mai impedito di respirare.
Tuttavia, Lydia voleva soltanto sapere quando tutti quei pensieri avrebbero abbandonato la sua mente, quando sarebbe stata libera da quel senso di oppressione che gli attanagliava le viscere, quando si sarebbe lasciata alle spalle quei giorni colmi di rimpianti e disperazioni silenziose.
Si alzò dal letto, pronta ad iniziare un altro giorno a Beacon Hills.
 

Angolo dell’autrice
 
Ok, non so bene cosa ho fatto, ad essere sincera. Semplicemente la leggera (?) tristezza per questi due bimbi mi ha costretta a scrivere ed ecco il risultato. Non so esattamente che direzione prenderà questa storia, mi limito a dire che sarà piuttosto corta (4 o 5 capitoli) e non avrà una trama ben precisa, l’intento è quello di esplorare i sentimenti dei personaggi e il modo in cui affrontano questa “separazione”. Inoltre, è ambientata nella quarta stagione. Sono dell’idea che Lydia abbia capito che Stiles può essere felice con Malia e che si sia fatta quasi da parte, perché è evidente che Stiles non ha occhi che per Malia in questa nuova stagione. Quindi, ho provato ad immaginare come possano sentirsi entrambi: da un lato, Stiles che riflette su tutto ciò che sta provando, pur avendo qualche dubbio; dall’altro, Lydia che affronta la solitudine (dovuta non solo alla morte di Allison ma anche alla mancanza di qualcuno che le stia accanto)...chissà se riusciranno ad incontrarsi a metà strada :) direi che questo è quanto. Fatemi sapere cosa ne pensate se vi va ^^
Alla prossima, un abbraccio! 

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Capitolo 2
*** Enjoy the silence ***


II
 
 
Enjoy the silence

 
 
“First, you think the worst is a broken heart.
What's gonna kill you is the second part”.
(The Script – Six degrees of separation)
 
 
Lydia non aveva mai fatto i conti con la solitudine vera e propria, o meglio, non aveva neanche mai saputo cosa fosse prima di essere morsa da Peter e camminare per la scuola mentre tutti la guardavano come se fosse una pazza appena rilasciata dal manicomio.
Lydia non aveva mai fatto i conti con la solitudine vera e propria, prima della morte di Allison. Non aveva mai amato i silenzi, li aveva sempre considerati imbarazzanti e ingombranti come un armadio troppo pieno di vestiti che però non svuotava mai perché non riusciva a sbarazzarsene. Adesso, invece, il silenzio era l’unica cosa a cui Lydia riuscisse ad aggrapparsi, un po’ perché negli ultimi mesi la gola aveva risentito eccessivamente di tutta le urla che aveva liberato, un po’ perché non c’era nulla di cui valesse la pena parlare, soprattutto quando era insieme a Scott, Stiles, Kira e Malia.
Lydia si sentiva pienamente parte di quel branco e lo capiva dallo sguardo che Scott le rivolgeva spesso, come se cercasse approvazione per le più piccole cose, come se stesse silenziosamente chiedendo un parere che soltanto Lydia Martin era in grado di dargli. Tuttavia, Lydia non poteva fare a meno di desiderare che il posto vuoto al loro tavolo della mensa fosse occupato da qualcun altro, qualcuno in carne ed ossa, e non un fantasma.
Continuò a fissare la pagina del libro di storia senza leggerla e rigirandosi la matita tra le dita, mentre la sua mente era altrove, lontana dalla mensa e lontana dalla scuola. Kira si accostò a lei, prendendo posto accanto alla ragazza e dedicandole un sorriso che Lydia ricambiò volentieri, notando quanto Kira cercasse sempre di avvicinarsi a lei, ma non per sostituire qualcuno. Forse Kira sapeva di non poter prendere il posto di Allison ma sentiva di poter dare un minimo di conforto a coloro che l’avevano perduta, e Lydia apprezzava la sua preoccupazione. Qualche anno fa, l’avrebbe trovata fastidiosa, magari le avrebbe urlato di starle alla larga e che non aveva bisogno della sua pietà ma Lydia era troppo grande per fare discorsi stupidi. Lydia era cresciuta e aveva visto la morte davvero troppe volte per mettersi a blaterare sulla pietà, sull’orgoglio e sul voler rimanere sola perché, in realtà, Lydia non voleva essere sola.
“Stasera abbiamo organizzato un gruppo di studio a casa di Scott”, affermò la ragazza, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. “E il genio non può mancare”.
Nonostante Lydia sapesse di non voler restare sola, da un po’ di tempo a questa parte trovava più pace quando era chiusa nella sua stanza a fissare il muro in completa solitudine oppure con Prada che zampettava sul pavimento, allungando il muso verso la sua mano in cerca di una carezza. Lydia non voleva essere sola ma non voleva nemmeno sentirsi sola in mezzo ad altre persone, perché era così che si sentiva ogni volta stava insieme a loro.
Era strano sentirsi come “quella in più”, quella che si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato con le persone sbagliate. Lydia non era mai stata quel tipo di ragazza, era sempre stata al posto giusto, con i vestiti giusti e le persone giuste ma adesso Lydia si sentiva solo inadeguata.
Era un pezzo di puzzle che non combaciava con gli altri e che doveva essere scartato. Un po’ si sentiva in colpa, perché voleva bene a tutti loro e si sentiva un mostro a provare tutte quelle sensazioni di inadeguatezza, ma non era per niente in vena di passare la serata a fingere di non notare l’affinità tra Malia e Stiles, allontanando gli occhi dai sorrisi dolci che si rivolgevano e dalla premura con cui si preoccupavano l’uno dell’altro anche per le cose più banali, come il rendimento scolastico. Allison avrebbe detto che era gelosa, ma Lydia preferì non pensarci.
A volte, tuttavia, sentiva il bisogno pressante di stare per conto suo. Lydia cercava di equilibrare le cose, passando del tempo con loro e del tempo da sola, nella speranza che nessuno ci facesse così caso da farle notare che qualcosa non andava.
Quella sera, Lydia voleva stare sola.
“Oggi passo”, disse, fingendo naturalezza. “Cena di famiglia”.
Kira sospirò, incassando il suo rifiuto. “Scott non ne sarà felice”.
Per un attimo, Lydia credette di aver sentito che Stiles non ne sarebbe stato felice, ma era soltanto uno stupido scherzetto della sua mente nemica.
“Riuscirete a sopravvivere, sarà sicuramente per la prossima volta”, scherzò Lydia, prendendo il libro di storia e poggiando la mano sul braccio di Kira, in segno di saluto, lasciandola lì con un sorriso amaro sulle labbra.
Loro sarebbero sopravvissuti ma lei per quanto sarebbe riuscita ad andare avanti con quel silenzio e quel cuore frantumato che non accennava a ricomporsi in nessun modo? Sarebbe andata avanti, perché Lydia era convinta di meritare quella solitudine, quel senso di estraniazione che pesava sulla sua testa come una spada pronta a piombarle addosso. Lydia meritava di essere sola ed infelice, con gli occhi sempre lucidi ma l’orgoglio troppo pressante per farla scoppiare a piangere davvero. Meritava di tenere dentro tutte le sue emozioni e tutta la voglia di correre da Stiles solo per abbracciarlo e dirgli che sentiva la sua mancanza, che non era colpa sua e che lei era stata una stupida. Ma Lydia non intendeva farlo, perché Stiles Stilinski era felice senza di lei e Lydia non avrebbe mai permesso che quella felicità venisse distrutta da lei stessa.
 
“Lydia non viene stasera. Cena di famiglia”.
La voce di Scott spezzò il silenzio, quello che Stiles si stava godendo sugli spalti del campo di lacrosse ad osservare alcuni dei nuovi giocatori, come Liam, che si allenavano e fingere di leggere il capitolo di storia, assegnato dal professor Yukimura.
A Stiles non interessava né degli allenamenti né del capitolo di storia, era solo perso nella sua mente mentre si rigirava la penna fra le dita.
Quando constatò che Lydia non sarebbe stata con loro quella sera, sentì il suo cuore incrinarsi leggermente mentre un pezzettino si schiantava verso il basso, segnando l’inizio della sua dipartita. Una vocina nella sua testa gli urlò che non doveva pensarci, ma la verità era che Stiles sentiva la mancanza di Lydia: erano amici, prima di tutto, e gli amici passavano il tempo insieme ma, ormai, l’ultima volta che aveva passato del tempo insieme a lei era stato in Messico, quando avevano camminato per la strada, sorridendosi come una coppietta felice. In quel preciso istante, con Lydia accanto a lui che gli sorrideva luminosa, proprio come era solita fare prima che la morte di Allison spegnesse ogni luce, Stiles si era sentito completo…e anche completamente idiota ed egoista, soprattutto nei confronti di quella felicità che aveva finalmente trovato, anche in maniera inaspettata.
Solo che non preoccuparsi di qualcuno, andava praticamente contro il suo codice genetico perché Stiles Stilinski non era in grado di pronunciare la frase “Non mi importa”, soprattutto se si trattava di una persona cara.
“Amico, stai bene?”, domandò Scott, accorgendosi della sua distrazione.
“Io e Lydia siamo amici?”, chiese Stiles mentre gli occhi ambrati osservavano un punto indefinito della boscaglia oltre il campo di lacrosse.
“Ehm, credo di sì”, rispose l’altro, prendendo un sorso di coca.
“Definisci amico”, continuò Stiles con un tono sempre più preso, come se la sua mente fosse altrove a risolvere chissà quale mistero e a trovarne la soluzione.
“Beh, qualcuno con cui hai un rapporto di stima e affetto?”, rispose Scott, incerto e mostrando la solita smorfia che sfoggiava quando non sapeva neanche cosa stesse dicendo.
Stiles ci pensò su e fece un cenno con il capo, grattandosi il mento.
“Io e Lydia abbiamo un rapporto di stima e affetto?”, chiese ancora, ripercorrendo gli ultimi mesi e trovando un buco nero ogni volta che cercava di collocare Lydia nella sua vita.
“Ovvio”, esclamò Scott, abbastanza convinto. “Perché?”.
“Gli amici passano del tempo insieme, escono con altri amici, ridono, scherzano”, cominciò Stiles, accompagnando ogni dettaglio con le dita delle mani, contandoli uno ad uno. “Gli amici non si baciano negli spogliatoi della scuola, giusto?”.
Scott sputò la coca che stava bevendo, cominciando a tossire violentemente, mentre Stiles, sgranando gli occhi, gli dava dei colpetti sulla schiena per farlo riprendere.
“Cosa?”, domandò Scott, strizzando gli occhi, incredulo. “Tu…lei…cosa?”.
“Ah, non te lo avevo detto, vero?”, chiese Stiles, portandosi la mano alla nuca e sentendosi un vero imbecille. “E’ successo quando hanno rapito i nostri genitori. Volevo dirtelo ma sai, tra sacrifici umani, io che vengo posseduto…credo che mi sia sfuggito di mente”. (1)
“Ma davvero?”, lo rintuzzò Scott, portandosi una mano alla gola. “Come?”.
Stiles esitò un momento, prendendo quel ricordo gelosamente custodito nel suo cuore, come fosse un oggetto di cristallo che doveva tenere nascosto e maneggiare con cura, per evitare che si frantumasse. In realtà, non lo aveva mai dimenticato né lo avrebbe mai fatto.
“Stavo avendo un attacco di panico e mi ha baciato”, disse, scrollando le spalle, come fosse una cosa di poco conto. “Fine della storia. Stretta di mano. Amici come prima”.
“Stiles”, lo richiamò Scott, leggendo altro dietro la sua tranquillità e Stiles avrebbe desiderato dargli un cazzotto con la speranza di acquietare i suoi dannati sensi lupeschi.
“Cosa vuoi che ti dica?”, domandò lui, esasperato con il solito fare teatrale. “Mi ha baciato, ha detto di averlo letto da qualche parte ed è finita lì…il giorno dopo stava con Aiden”.
“Lo sai che quando Lydia dice di aver letto qualcosa è una bugia, vero?”, affermò Scott, nascondendo un sorriso beffardo al pensiero di quella scena nello spogliatoio.
“Sì, lo so dalle elementari”, dichiarò Stiles, rilassando le spalle. “Non ne abbiamo più parlato. Insomma, non è che ci sia molto da dire. Lei stava con Aiden, io sto con Malia-“.
“Allora state insieme?”, lo interruppe Scott, scrutandolo.
“Beh, credo di sì. Ad ogni modo, è come se Lydia non volesse stare molto con noi e mi chiedo se, insomma…forse sono stato un pessimo amico”.
“Cosa intendi?”, domandò Scott, assottigliando gli occhi.
“Ecco, Allison”, disse semplicemente Stiles e Scott abbassò lo sguardo, capendo tutto. “Ha perso la sua migliore amica. Tutti noi l’abbiamo persa e lei-”.
“Ha noi”, esclamò Scott, cercando di tranquillizzarlo. “Ognuno di noi ha sempre avuto l’altro”.
“Allora perché a me sembra il contrario?”.
Scott non era in grado di rispondere alla domanda del suo migliore amico perché credeva alle sue parole: era certo che Lydia avrebbe potuto sempre contare su di loro ma non lo stava facendo. Scott e Stiles si erano fatti forza a vicenda.
Stiles gli era stato accanto durante quelle notti in cui si era svegliato in preda agli incubi, ricordando come uno degli Oni avesse ucciso Allison.
Ogni cosa era ancora impressa a fuoco nella sua mente ma Stiles l’aveva aiutato a superarla e non soltanto lui, ma anche sua madre e Kira, per quanto possibile. Allo stesso modo, Scott aveva dato sostegno a Stiles, aiutandolo a farlo sentire meno in colpa per ciò che era capitato, facendo in modo che ognuno fosse la roccia dell’altro, senza dubitare mai.
Lydia, invece, dov’era stato per tutto quel tempo? Per quella domanda, Stiles si sentiva afflitto, per aver realizzato che in quei quattro mesi, forse avrebbe dovuto passare almeno un minimo del suo tempo con Lydia ma non lo aveva fatto, come lei non lo aveva cercato.
Aveva avuto tantissime cose per la mente, come accertarsi di non essere più pazzo o posseduto da un demone, trascorrendo il tempo con suo padre, con Scott e insegnando a Malia tutto ciò che c’era da sapere sul mondo degli umani e sulle consuetudini sociali.
Conoscendo Lydia, pensò che non lo avesse cercato quasi di proposito.
Una vocina gli urlava che doveva smetterla di preoccuparsi, che doveva pensare un po’a sé stesso perché aveva rincorso Lydia Martin fin da bambino, senza che lei lo degnasse di una minima attenzione e adesso lei meritava di essere sola e senza amici.
Aveva passato metà della sua vita a cercare disperatamente di farsi notare solo per vedersi messo da parte per colpa di due licantropi palestrati e arroganti che sembravano avere un maggiore ascendente su di lei, mentre lui era solo sarcastico e tutto pelle e ossa.
Adesso era lui ad essere felice e spensierato, con la mente libera da possessioni demoniache, da questioni soprannaturali, con degli amici cari e una ragazza leale e fedele che aveva dovuto istruire perchè intrappolata per otto anni nella forma di coyote mannaro.
Detto in quel modo suonava strano ma a Stiles la normalità non era mai piaciuta.
Eppure, Stiles non avrebbe augurato la solitudine a nessuno, nemmeno a Derek o a Peter che li avevano messi nei peggiori casini. Nessuno meritava di essere solo e soprattutto, Lydia non lo meritava…non dopo aver perso la sua migliore amica per colpa del Nogitsune.
E Lydia dov’era collocata in tutto quel tempo? A casa sua, da sola, magari a piangere silenziosamente con il viso immerso nel cuscino e una mano abbandonata sul materasso che stringeva saldamente una foto di lei insieme ad Allison.
La voce di Malia richiamò sia Stiles che Scott dagli spalti, intimando loro di muoversi perché avevano un programma di studio da rispettare, e Stiles sorrise di gusto, vedendo Malia così stranamente entusiasta all’idea di mettersi a studiare.
Scott posò una mano sulla spalla di Stiles, donandogli un sorriso di incoraggiamento.
Stiles lo ricambiò, nonostante fosse ancora poco convinto e Scott non tardò a notarlo ma preferì non dire nulla sull’argomento perché sapeva quanto Stiles fosse cresciuto e quanto fosse perfettamente in grado di risolvere il problema che gli si stava presentando.
 
Lydia sbuffò, facendo il suo ingresso nel negozio Blockbuster di Beacon Hills, con la mano stretta attorno alla sua tracolla rossa e un’altra abbandonata lungo il fianco. Cominciò a gironzolare tra gli scaffali, arricciando una ciocca di capelli con le dita, cercando tra tutti quei titoli qualcuno che attirasse la sua attenzione.
Scartò la sezione dei film romantici perché non era proprio in vena di stare a guardare uno di quegli stupidi film dove la protagonista si rendeva conto di amare qualcuno e faceva il possibile per confessarglielo platealmente davanti ad un’orda di persone.
Alla fine, Lydia optò per Percy Jackson e gli Dei dell’Olimpo, afferrando la custodia con una scrollata di spalle, perché la sua serata non poteva peggiorare, quindi tanto valeva farsi una cultura in quanto a film fantasy, magari le sarebbe piaciuto.
Fece per dirigersi verso la cassa, quando, voltandosi, urtò qualcuno decisamente più alto di lei e Lydia dovette trattenersi dal non imprecare per la colluttazione improvvisa che le fece cadere il dvd dalle mani, atterrando con un tonfo sul pavimento.
“Mi dispiace”, si scusò una voce maschile che Lydia aveva già sentito, chinandosi per prendere il dvd e porgerlo a Lydia, non prima di aver letto il titolo. “Percy Jackson, eh?”.
Lydia alzò il viso per incontrare gli occhi di Jordan Parrish così chiari da sembrare quasi trasparenti, rimanendo sorpresa dal trovarsi lì proprio lui, e di giovedì sera.
Era strano vederlo in abiti casual, senza quella divisa che lo etichettava solo come l’agente Parrish, un giovane uomo che aveva trascorso due anni nell’esercito, ottenendo il certificato HDT e distinguendosi alla centrale di Beacon Hills.
Indossava dei jeans chiari e una t-shirt azzurro cielo con delle sneakers bianche che gli davano un’aria ancora più giovane. Poteva passare tranquillamente per uno studente.
“Agente”, esclamò Lydia, togliendogli subito il dvd dalle dita lunghe. “Cosa fa qui?”.
“Stasera sono soltanto Jordan”, disse lui con un sorriso cordiale. “Decido se affittare un film da guardare a casa con un’enorme ciotola di popcorn a farmi compagnia oppure andarmene direttamente al cinema…e tu?”.
“Direi la prima, ma la ciotola di popcorn non sarà enorme”, ribattè Lydia, stringendo una mano a pugno e facendo una smorfia sarcastica che fece sorridere Parrish. “Le consiglio la prima opzione, andare al cinema da solo è abbastanza triste”.
“Perché vedere un film a casa non lo è?”, le chiese lui, di rimando, alzando un sopracciglio.
“No, ho la ciotola di popcorn e il mio cane”, rispose lei, senza scomporsi. “Lei ha ventiquattro anni, non dovrebbe andare in giro per i locali con i suoi amici?”.
“Sono qui da poco e le mie interazioni sociali scarseggiano”, affermò Parrish senza nessuna vena di dispiacere negli occhi, come se non risentisse della solitudine. “Tu ne hai diciassette e hai tanti amici, non dovresti essere in giro insieme a loro?”.
“Ogni tanto la solitudine non mi dispiace”, dichiarò Lydia, fingendo allegria.
“Sai, ci sarebbe anche una terza opzione”, esclamò l’altro e più Lydia lo guardava più non sapeva se definirlo un uomo o un ragazzo, visti i suoi lineamenti delicati che lo facevano sembrare praticamente un ragazzo di uno o due anni più grandi di lei. “Potremmo andare al cinema insieme e non guardare un film in completa solitudine”.
Lydia arricciò le labbra rosse. “Sono minorenne”.
Parrish sfoggiò una risata per nulla imbarazzata ma divertita dalla prontezza e dall’acume di quella ragazza che aveva sempre una risposta pronta per ogni cosa, senza preoccuparsi di sembrare diretta, o di mettere a disagio il proprio interlocutore.
Non c’era malizia nell’invito di Parrish ma solo gentilezza.
“Ed io sono un agente in borghese. Voglio solo scortarti al cinema”.
Lydia prese seriamente in considerazione la sua offerta e nonostante una parte di lei non fosse intenzionata a trascorrere la serata in compagnia di Parrish, un’altra sembrava avere maggiore potere, sussurrandole che la sua serata era già tra le peggiori della storia della vita sociale, quindi poteva anche cogliere l’occasione per passare una serata diversa.
Lydia incrociò le braccia al petto e chinò il capo per poi posizionare il dvd di Percy Jackson proprio dove lo aveva preso, dando con quel gesto il suo assenso all’invito dell’altro.
Uscì dal negozio insieme a Parrish che si voltò verso di lei, sorridendole e stranamente Lydia si ritrovò a sorridergli di rimando. Forse essere sola insieme a qualcun altro non doveva essere poi tanto male. Tuttavia, il suo pensiero andò a Scott e Stiles a casa che portavano avanti il loro gruppo di studio ma accantonò subito l’immagine insieme al senso di colpa che le stava urlando a gran voce quanto lei fosse spregevole ad evitarli.
Era più forte di lei, non lo faceva di proposito, ma solo per evitare che un nodo le chiudesse la gola, impedendole di respirare e di parlare.
Lydia desiderava soltanto sentirsi meno sola, ma sapeva che in compagnia del suo “branco” era soltanto un esserino con un mucchio di voci indistinte nella testa.
Forse per quella sera, poteva essere una ragazza che aveva preferito uscire con una persona del tutto nuova, piuttosto che stare a casa sul letto a guardare un film senza interesse.
Quello che Lydia non sapeva era che nel camminare per le strade di Beacon Hills insieme a Parrish, qualcuno l’aveva vista e quel qualcuno non avrebbe provato tanto fastidio se Lydia avesse detto apertamente di non voler partecipare al gruppo di studio.
Stiles si stava recando a casa di Scott, dopo aver fatto rifornimento di patatine e percorrendo la strada con la sua “bambina”, aveva visto Lydia che non era certo ad una cena di famiglia.
Tuttavia, più Stiles guardava Lydia che sorrideva insieme all’agente Parrish come non faceva da tempo, più si sentiva traboccante di collera, perché come poteva Lydia preferire la compagnia di un completo sconosciuto rispetto a quella dei suoi più cari amici?
Stiles la guardava e notava quanto fosse stupendamente bella nella sua semplicità.
Lydia Martin era semplicemente bella ed era semplicemente lontana da lui, da Scott e da tutto ciò che potesse ricordare la morte di Allison.
 
 
Angolo dell’autrice
 
  • (1) accenno al bacio della puntata 3x12: non credo che Scott sappia del bacio tra Stiles e Lydia quindi ho dato questa versione dei fatti, alla fine, immagino che con tutte le cose che hanno passato, Stiles davvero non ha avuto occasione di dirglielo.
 
Eccomi con un aggiornamento lampo. Allora, ho scritto questo capitolo qualche giorno e molto di getto, quindi probabilmente sarà un grosso buco nell’acqua e vi invito a farmi notare strafalcioni (perché ce ne sono sicuramente). Come spero abbiate letto, Stiles e Lydia sono separati ma rivolgono ugualmente i propri pensieri all’altro: Lydia sente il bisogno di stare un po’ lontana da loro, sia per fingere che la sua gelosia non esista, sia per Stiles (quasi per non intralciarlo e per non impedirgli di essere felice), mentre Stiles inizia a notare che qualcosa non va ma non sa come interpretare il comportamento di Lydia. Personalmente, ho cercato di riprendere lo stesso atteggiamento che sto vedendo nella quarta stagione: Lydia fa parte del branco, passa del tempo insieme a loro ma anche molto tempo da sola, senza sfogarsi con nessuno per la morte della sua migliore amica, quindi mi sono rifatta a quello che ho visto nelle ultime puntate.
Spero che nessuno mi odi per l’inserimento di Parrish ma ci tengo a chiarire che questa storia è una Stydia, quindi niente panico. Lydia capirà di non doversi allontanare troppo? E come affronterà la sua gelosia repressa? Invece, Stiles come reagirà dopo averla vista con Parrish?
Ringrazio tutti coloro che hanno letto, recensito, messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate…siete stati gentilissimi <3
Alla prossima, un abbraccio! 

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Capitolo 3
*** Falling in pieces ***


III 
 
Falling in pieces
 
“And the third, Is when your world splits down the middle
And fourth, you're gonna think that you fixed yourself”.
(The Script – Six degress of separation)
 
Tornare a casa quella sera non fu sgradevole come Lydia si aspettava.
Per qualche strano motivo, che aveva precisamente due occhi così chiari da sembrare limpidi, Lydia non si sentiva più tanto amareggiata e sola, al punto da mettere piede in casa con un sorriso sulle labbra. Si diede mentalmente della stupida, ma era stata semplicemente felice di passare una serata che non la vedesse impegnata a guardare un film sul divano con una scodella di pop-corn.
Stare in compagnia di Parrish aveva un effetto calmante, come fosse un sedativo.
Le parole scivolavano fuori dalle sue labbra con una lentezza calcolata che spingeva chiunque lo ascoltasse a prestare la massima attenzione, in attesa di udire ciò che aveva da dire. Fino ad allora, Lydia si era potuta concentrare sempre e soltanto su una marea di sussurri indistinti, e ascoltare una voce vera che le parlava con estrema gentilezza, appariva come un sogno.
Parrish non bisbigliava, né pronunciava parole sconnesse con l’unico scopo di mandarla fuori di testa: parlava e basta, parlava di lui, del motivo che lo aveva portato ad entrare in polizia, dell’affetto paterno che nutriva nei confronti dello Sceriffo Stilinski.
Parrish domandava. Faceva tante di quelle domande che Lydia poteva sentirsi stordita.
Parrish chiedeva di lei e delle sue abitudini, dei suoi hobby, dando quasi per scontato che Lydia fosse una ragazza che amava coltivare diversi interessi. Non la conosceva e sembrava già aver escluso a priori che Lydia Martin fosse soltanto una ragazza popolare che amava fare shopping.
Era strano parlare con qualcuno che la vedeva per quello che era.
Era strano parlare con qualcuno che la guardasse per davvero…come aveva sempre fatto Stiles.
Stiles. Il pensiero del ragazzo la investì come un fiume in piena, eliminando quel sorriso appena accennato che aveva preso vita sul suo volto, ricordandole di come la lontananza tra loro fosse diventata un’abitudine, una routine dolorosa di cui entrambi non facevano a meno.
Le giornate che li vedevano insieme, anche solo per appoggiarsi a vicenda, per indagare su tutte le questioni soprannaturali che si verificavano a Beacon Hills sembravano andate via. Si erano volatilizzate, perdendosi in una nube grigia e indefinita.
Chissà come avevano passato la sera.
Chissà se avevano studiato davvero o se avevano semplicemente trascorso la sera a guardare un film come fosse un appuntamento a quattro.
Un sussurro proruppe nella mente di Lydia, facendola sussultare.
Gelosa. Gelosa della felicità altrui. Gelosa del fatto di sentirsi tagliata fuori.
Quella voce non apparteneva a lei, come non le appartenevano quelle parole, che erano frutto della vecchia Lydia, quella che amava essere sempre al centro dell’attenzione. Lydia la ignorò, dirigendosi verso la scrivania della sua camera, dove alcuni libri giacevano in disordine e li afferrò per riporli sulla mensola della libreria. prese quei due libri con così tanta rabbia che un quaderno scivolò dalla scrivania, cadendo sul pavimento e portando con sé una fotografia che se ne stava lì dinanzi ai suoi occhi. I volti di lei ed Allison erano fermi e felici, mentre si scambiavano quegli sguardi complici che racchiudevano un codice segreto, che soltanto loro due potevano decifrare. Lydia la raccolse con delicatezza, come fosse un oggetto di cristallo che valeva milioni di dollari e ne percorse attentamente i bordi con le dita, soffermandosi sul volto dell’amica, come se la stesse carezzando e sperò che Allison, ovunque si trovasse, sentisse i suoi polpastrelli freddi.
Se Allison non fosse morta, probabilmente avrebbero trascorso insieme quella serata strana e colma di interrogativi, forse avrebbero incrociato Stiles, Malia, Scott e Kira, ed entrambe si sarebbero sentite in imbarazzo. Tuttavia, Allison avrebbe rotto ogni disagio con un sorriso caloroso rivolto a tutti, un sorriso che non aveva né malizia né falsità, ma solo la speranza che la persona a cui teneva di più avesse trovato la sua felicità più serena e meravigliosa.
A quel punto, Lydia l’avrebbe guardata con ammirazione, notando quel gesto nobile che era tipico della personalità di Allison e avrebbe sorriso anche lei, stupendosi della sua maturità, stupendosi dell’affetto che provava per quei ragazzi, di quello che sentiva verso Stiles.
Dopodiché, Allison l’avrebbe squadrata da capo a piedi, alla ricerca di un fremito, un dettaglio che le permettesse di avvalorare quella teoria che premeva da tempo nella sua testolina. Avrebbe adocchiato una sua espressione lievemente infastidita e l’avrebbe subito additata.
“Beccata!”, avrebbe detto così, Allison. “Sei gelosa!”.
“Vorrei che fossi qui”, sussurrò, alzando poi gli occhi verso il soffitto e sentendoli inondarsi di lacrime che aspettavano solo di trovare una via d’uscita. “Vorrei che fossi qui a dirmi con un sorrisetto che sto crollando e che non lo dirò mai a voce alta”.
Sarebbe andata esattamente in quel modo, e Lydia non lo avrebbe mai detto, anche se avrebbe desiderato urlarlo al mondo per liberarsi da quel peso che appariva e scompariva ad intermittenza.
Credeva di aver messo da parte quella sensazione, quel nodo alla gola, almeno per quella sera.
Credeva di poter raccogliere i suoi stessi cocci e rimetterli insieme.
Ovviamente Lydia Martin si era sbagliata, ancora una volta.
 
Stiles si portò la cannuccia alla bocca, senza rendersi conto di aver cominciato a mordicchiarla come fosse una delle povere matite che era solito distruggere durante i compiti in classe. Dinanzi a lui, Malia prese a spazientirsi, notando il turbamento di Stiles che andava avanti dalla sera precedente e si voltò verso Scott che alzò le spalle in risposta, occhieggiando Kira.
Quando Stiles era tornato a casa di Scott, dopo aver fatto rifornimento di patatine, qualcosa in lui sembrava mutato, come se qualcosa avesse intaccato il suo umore, ma ovviamente Stiles aveva mostrato soltanto sorrisi e battute sarcastiche, nascondendo ciò che lo rendeva pensieroso.
“Stiles, sto per ucciderti”, esordì Malia con voce minacciosa.
Stiles sobbalzò, allontanando il bicchiere con la coca e la guardò stranito, come se fosse pazza.
“Cosa ho fatto?”, chiese lui, completamente ignaro di quanto fosse insopportabile quel giorno.
“Sei irrequieto”, lo canzonò lei, mentre allargava le braccia.
Stiles si lasciò cadere sullo schienale della sedia, stringendo le labbra e giocherellando con le dita, come un bambino che veniva colto in flagrante a mangiare i biscotti.
Scott non riuscì a trattenere un sorrisetto divertito per quella scena, accompagnato da un moto di apprensione nei confronti del suo amico che sembrava davvero con la testa fra le nuvole.
Fece un cenno a Malia e Kira che, capendo che quello sarebbe presto stato un momento tra “amici” si alzarono per uscire dalla mensa. Prima di andare via, Malia rivolse uno sguardo a Stiles che tradiva il tono con cui gli si era rivolto poco prima e rivelando una lieve preoccupazione.
Stiles le sorrise, ringraziandola mentalmente, nonostante il suo umore non fosse dei migliori.
“Cosa ti è successo?”, domandò Scott, arrivando dritto al punto della questione. “Non si accettano risposte quali niente, ho dormito poco e sono nervoso per la partita. Non sono stupido”.
“Davvero non lo sei?”, chiese Stiles, di rimando, e beccandosi un pugno sulla spalla che lo fece mugolare per il dolore, mentre si portava una mano alla spalla offesa.
Scott incrociò le braccia al di sopra del tavolo blu della mensa e guardò Stiles, in attesa.
“Ieri Lydia è uscita con Parrish”, disse tutto d’un fiato. “Nessuna cena di famiglia”.
Scott rimase basito, per poi esibirsi in un semplice. “Oh”.
“Tutto qui?”, chiese l’altro, confuso dalla reazione minima di Scott.
“Forse non aveva voglia di stare con noi”, spiegò Scott, tranquillo come se la cosa non lo sconvolgesse più di tanto mentre lui sentiva il fastidio montargli dentro.
“Ci ha detto una bugia”, insistette Stiles, sempre più indignato, si sentiva quasi tradito dal comportamento di Lydia, come se non riuscisse a concepire l’idea che lei avesse dato loro buca per passare del tempo con un ragazzo, o meglio, con Parrish. “Poteva stare con noi”.
“Stiles, è di Lydia che stiamo parlando”, convenne Scott, continuando a non scomporsi più di tanto rispetto all’amico. “E’ libera di agire come preferisce. Forse sapeva che insieme a noi si sarebbe annoiata, insomma, la conosciamo bene, ormai”.
“Perché mai si sarebbe annoiata con noi quattro? Insomma, avrei capito se fosse rimasta a casa ma andiamo! E’ uscita con Parrish. Vuoi capire il punto della situazione?”.
Scott sospirò, affranto, battendosi leggermente una mano sulla fronte mentre Stiles continuava a guardarlo, inclinando il capo, e chiedendosi cosa passasse per la testa del suo amico.
“A volte mi sembri tu quello che non capisce niente”, confessò Scott con fare esasperato.
Stiles non si curò delle sue parole e rimase a riflettere tra sé e sé, ignorando quella morsa fastidiosa a livello del petto che si riformava ogni volta che lui rivedeva Lydia e Parrish passeggiare per la strada. Allo stesso modo, si sentì un verme, perché c’era quella scintilla che proprio non ne voleva sapere di andare via, di allontanarsi da lui e lasciarlo con qualcuno a cui si era affezionato.
Stiles teneva moltissimo a Malia, ma si chiedeva se fosse abbastanza per spegnere quella scintilla che continuava a brillare nel suo cuore, come gli occhi di Lydia ogni volta che la guardava.
Voleva davvero saperlo? Voleva davvero trovare una risposta?
Voleva davvero sapere se quel sentimento era rimasto immutato, come protetto da una teca di cristallo che lo difendeva da tutte le intemperie del mondo esterno?
 
“Trovato qualcosa di interessante fuori dalla finestra?”.
Lydia sussultò, lasciando scivolare la penna dalle proprie mani che finì per toccare il pavimento. Kira sorrise e si chinò per prenderla, porgendo a Lydia la sua biro con un sorrisetto.
“Ehi, grazie”, la salutò Lydia, sentendosi stranamente a disagio mentre gli occhi scuri dell’altra la osservavano, in cerca di un qualcosa che poteva uscire solo dalle labbra di Lydia.
“Ci sei mancata ieri”, le disse Kira, congiungendo le mani sul tavolo, come se quella non fosse una biblioteca ma una cella, e la loro conversazione fosse più un interrogatorio.
“Ah, sì?”, pigolò Lydia, fingendo indifferenza, perché la sera prima non le era accaduto nulla.
Non aveva accettato un invito inaspettato di Parrish e non era tornata a casa, pensando a Stiles e reprimendo quanto più possibile la sua stupida e insenata, nonché immaginaria, gelosia.
“Già”, continuò Kira, tenendo le redini della situazione e ben intenzionata a far parlare Lydia, perché sapeva bene come l’amica avesse passato la sua serata, grazie a Scott. “Ti sei divertita con Parrish?”.
Lydia lasciò inavvertitamente cadere il libro che stava leggendo, mentre lo teneva fermo davanti al viso, e un tonfo risuonò per tutta la biblioteca, insieme ad un richiamo del curatore che guardò sia lei che Kira con un’occhiata colma di rimprovero.
Lydia si sistemò alla ben meglio sulla sedia. “Non era un appuntamento”.
“Non ho detto che lo fosse”, le fece notare Kira, tranquilla.
Lydia si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, guardando Kira con fare accusatorio e chiedendosi quando fosse diventata così schietta in quel tipo di conversazioni.
Dove aveva lasciato la ragazza che non aveva la più pallida idea di come far cadere qualcuno nella sua rete e che aveva finito per prendere un gran bel capitombolo dalle scale?
“Come lo sai?”, chiese poi Lydia, ricordandosi che non aveva detto ad anima viva di quella sera.
“Scott”, rispose subito Kira, così imbarazzata che Lydia, accorgendosi del suo timore, la guardò male per incitarla a continuare. “Stiles vi ha visti e lo ha detto a Scott che lo ha detto a me”.
“Ah”. Lydia sentì un gelo inspiegabile calarle addosso, come se una calda coperta le fosse stata appena rubata, esponendola a tutto il freddo che aleggiava attorno a lei.
Perché il fatto che Stiles li avesse visti la metteva in soggezione?
Un flash balenò nella sua mente: vide Stiles, che si ritrovava a percorrere la strada sulla sua jeep e voltava ingenuamente lo sguardo verso il marciapiede, notando lei e Parrish.
Per quale assurdo motivo, lo immaginò sorpreso e quasi mortificato nel vederli insieme, assumendo la stessa espressione che aveva mostrato quando l’aveva vista insieme a Aiden.
Scosse la testa, mentre sentiva le mani che le tremavano leggermente.
Quella scena non si era verificata e Stiles non aveva avuto quella reazione, perché lei non avrebbe intaccato né lui né la sua felicità, non più: aveva fatto abbastanza negli anni precedenti.
C’era Malia adesso, e c’era stata per lui, fin dall’inizio, senza ignorarlo, ma guardandolo fin dal loro primo incontro con sguardo attento, vedendolo per il meraviglioso ragazzo che era.
E lei chi era? Cosa aveva fatto Lydia Martin, se non ignorarlo per dieci anni?
“Perché ci hai mentito?”, domandò all’improvviso Kira, afferrando la mano di Lydia e tirandola fuori da quelle sabbie mobili che erano i suoi pensieri. “Potevi dircelo”.
“Non era previsto. Dovevo rimanere a casa”, si giustificò Lydia, sentendo la realtà del suo gesto che prendeva forma dinanzi ai suoi occhi, facendola sentire una pessima amica.
“Stiles era abbastanza sorpreso”, sussurrò Kira, e nel parlare aveva una voce così bassa e lievemente affranta che Lydia si sentì invadere da un’inspiegabile voglia di abbracciarla e scusarsi con tutti.
“Non ne vedo il motivo”, borbottò Lydia, intrecciando i capelli con le dita e chiedendosi per quale barbaro motivo a Stiles dovesse importare qualcosa delle sue compagnie.
Kira non disse niente, preferendo lasciare a Lydia un sorrisetto sardonico che doveva lasciare intendere qualcosa che Lydia non sembrava ancora in grado di cogliere, forse perché non voleva.
Tuttavia, Kira non poteva certo immaginare tutte le volte che Lydia aveva fissato lo schermo del cellulare, indugiando sui tasti senza comporre quel numero che conosceva a memoria.
Kira non poteva certo sapere di come Lydia avrebbe desiderato chiamare Stiles tante di quelle volte da avere un mal di testa lancinante, mentre il suo nome martellava la sua mente, nella speranza di ridestarla e di farla correre da Stiles. Ovviamente, non era accaduto nulla di simile.
“Spero che almeno domani verrai a vedere la partita”.
Kira lasciò Lydia con quella frase, accompagnata da un tono che sapeva un po’ di speranza un po’ di divertimento, come se racchiudesse un desiderio sopito che si sarebbe dovuto verificare.
 
Stiles era completamente immerso con la testa nel libro di chimica, osservando tutte quelle parole messe insieme e chiedendosi cosa diavolo volessero da lui.
Era così preso da quelle lettere e formule minacciose, da non accorgersi del leggero fruscio che aveva appena accompagnato l’entrata di Malia nella sua camera.
Quando la ragazza fece notare a Stiles la sua presenza con un rumore sul pavimento, Stiles sobbalzò, lasciando cadere il libro con un tonfo e portandosi una mano al petto con fare teatrale.
“Quante volte devo dirti di non farlo?”, le disse lui, socchiudendo le palpebre e lasciandosi cadere nuovamente sulla sedia, mentre Malia sorrideva divertita alla sua reazione.
Il modo in cui Stiles si spaventata, in maniera lieve, riusciva sempre a farla ridere, anche se ormai entrare in camera sua senza bussare era diventata un’abitudine.
Far parte della vita di Stiles era diventata un’abitudine, anche se la sua inquietudine negli ultimi giorni le aveva dato modo di pensare ad alcune cose che aveva tenuto segrete, fino ad allora.
“Studi?”, domandò Malia, avvicinandosi a lui e prendendo posto sul letto, mentre Stiles osservava il libro con espressione disgustata, per poi riporlo sulla scrivania.
“Studiavo”, rispose lui, mandando al diavolo tutti i suoi buoni propositi da studente modello.
“Stai meglio?”, chiese lei, un po’ titubante, perché faceva ancora fatica a calarsi in situazioni simili.
Tornare a far parte nel mondo degli umani era strano, capire le persone con tutti i loro sentimenti era strano, e lei cercava con tutte le sue forze di comprendere, di vagliare quell’animo umano a cui era stata estranea per almeno metà della sua vita. Era tornata ad essere bambina, mentre Stiles le teneva la mano, guidandola e indirizzandola meglio su quella strada lunga e un po’ tortuosa.
Era stato un po’ come rinascere, anche se certi istinti non sarebbero mai stati soppressi del tutto, perché come era possibile riabituarsi alla vita in poco tempo?
Eppure, aveva fatto così tanti passi avanti che aveva smesso di contarli, nonostante ci fossero ancora tante cose che Malia ancora non capiva e il legame fra Stiles e Lydia era uno di questi.
Aveva ascoltato con attenzione quando Stiles le aveva spiegato per filo e per segno il senso dei legami umani, l’affetto, la fiducia, tutto ciò che legava lui a Scott e gli altri.
Tutti quei sentimenti lo tenevano ancorato, ovviamente, anche a Lydia, ma lei sentiva chiaramente come qualcosa di più profondo lo legasse alla ragazza dai capelli rossi.
Stiles la guardò, grato per la domanda e per la preoccupazione che la ragazza mostrava nei suoi confronti, e le fece un cenno di assenso con il capo, mentre Malia si guardava intorno, come alla ricerca delle parole che avrebbe tanto desiderato dirgli.
“Non sarò mai brava in queste cose”, confessò lei, abbandonandosi sul materasso come arresa e osservando il soffitto sopra di lei.
Stiles sorrise, e non poté fare altro che stendersi accanto a lei, guardando anche lui il soffitto e congiungendo le mani, in attesa che Malia gli parlasse, perché era chiaro come il sole che la ragazza avesse qualcosa di molto importante da dirgli.
“Cosa provi per Lydia?”, domandò Malia tutto d’un fiato, lasciando Stiles interdetto da quella domanda improvvisa, perché mai e poi mai avrebbe pensato di affrontare quel discorso con lei.
“Le voglio bene, è un’amica”, rispose semplicemente lui, attirando lo sguardo di lei.
“Anche se hai avuto una cotta per lei fin dalle elementari?”, ribatté Malia, mentre Stiles voltava di scatto la testa nella sua direzione, sgranando i suoi occhi ambrati e luminosi. “Lo so”, continuò lei, anticipando la domanda che aleggiava nella mente di Stiles. “Provi ancora qualcosa per Lydia?”.
“E’ di una cotta infantile che stiamo parlando”, insistette Stiles, mettendosi a sedere e intanto la sua voce si faceva leggermente più acuta, tradendo la tranquillità che aveva mostrato fino a poco fa.
Malia roteò gli occhi, sbuffando, ma senza sentirsi arrabbiata…un po’ infastidita, forse sì, ma si trattava pur sempre di Stiles, lo stesso Stiles che aveva imparato a decifrare.
“Stiles”, lo richiamò lei, costringendolo a voltarsi mentre si metteva a sedere anche lei.
“Voglio bene a Lydia, praticamente da sempre”, dichiarò il ragazzo, accostando la sua spalla a quella della ragazza, in un contatto silenzioso. “Ma tengo molto anche a te”.
Malia chinò il capo, reprimendo un sorriso per la dolcezza con cui Stiles le aveva detto quelle parole e per tutta la dolcezza che le aveva dimostrato, fin dal loro primo incontro.
Eppure, sentiva che qualcosa si ergeva tra di loro, qualcosa che lei non voleva avere dinanzi, qualcosa che Malia non voleva veder crescere sempre di più.
“Lo so…e sai che è lo stesso per me”, gli sussurrò Malia, cercando di farsi calzare addosso quella situazione strana e difficile da gestire, come fosse una maglietta troppo stretta che le mozzava il respiro. “Ma ti ho visto in questi giorni, Stiles. Non mentirmi”.
Stiles si sentiva quasi braccato, come fosse una preda. Poteva sentire il muro freddo alle sue spalle, mentre la sensazione di inadeguatezza aumentava a dismisura, e con essa, il senso di colpa.
Guardare gli occhi scuri e grandi di Malia fu probabilmente la cosa più difficile, perché mai avrebbe creduto che proprio lei potesse costringerlo a fare i conti con una verità che negava da tempo.
In quei giorni, il suo pensiero non aveva fatto altro che soffermarsi su di Lydia ed era stato così preso dall’immagine di lei con Parrish e lontana da loro, da non accorgersi di quanto le persone attorno a lui cominciassero a rendersi sempre più conto dei suoi atteggiamenti.
Quello non era affatto un modo sano per continuare a voltare pagina.
Credeva di poter rimettere insieme i pezzi, ed in un certo senso, Stiles lo aveva fatto.
Aveva raccolto tutti i frammenti in cui il Nogitsune lo aveva rotto, e si era rimesso in sesto.
Aveva tolto tutti quei fili e tutte quelle fotografie che altro non erano che i sintomi della sua follia.
Aveva messo insieme tutti i pezzi, tornando ad essere quello di prima, nonostante una parte di lui fosse morta insieme ad Allison e a tutte le vite spezzate per colpa sua.
Aveva creduto di esserne in grado, ma forse si era sbagliato.
Guardò Malia, sapendo che sarebbe stata una lunga serata.
 
 
 
Angolo dell’autrice
 
Arrivo con un ritardo imperdonabile: più di un mese, davvero sono mortificata, ma chi sta seguendo la quarta stagione potrà capirmi. Ormai la depressione per gli Stydia regna sovrana e la voglia di scrivere su di loro scarseggia. Passando al capitolo, se pensate che il fatto che Stiles e Malia abbiano parlato risolva qualcosa…non è così, e lo vedrete nel prossimo capitolo. Ero molto combattuta per la parte riguardante Malia, perché non ho mai scritto su di lei, quindi se ci sono errori vi prego di farmelo notare. Ho preferito lasciare il loro dialogo un po’ in sospeso e spero di non aver sminuito il loro rapporto visto che è stata la prima relazione di Stiles. Per quanto riguarda Lydia, sta prendendo maggiore consapevolezza dei propri sentimenti...anche se molto lentamente, ha bisogno ancora di qualche piccola spinta. Il prossimo capitolo dovrebbe essere l’ultimo.
Beh, ringrazio come sempre tutti coloro che hanno letto/recensito, messo tra le preferite/seguite/ricordate :)
Alla prossima, un abbraccio!

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Capitolo 4
*** Nothing like you and I ***


IV
 
Nothing like you and I

 
“Fifth, you see them out with someone else.
And the sixth, is when you admit that you may have fucked up a little ”.
(The Script – Six degrees of separation)
 
Dopo tanti anni, sarebbero stati ancora lì: Lydia, Stiles, Scott ed Allison.
Avevano cominciato quel percorso insieme e lo avrebbero terminato senza mai separarsi, cosa che Lydia Martin non avrebbe mai creduto possibile. Perché chi poteva pensare che il figlio iperattivo dello sceriffo e un ragazzino con problemi di asma sarebbero diventati i suoi più cari amici, insieme ad una delle ragazze più forti e dolci che Lydia avesse mai conosciuto? Sicuramente nessuno. Ci sarebbero state le ore passate in biblioteca a studiare per gli esami di metà semestre, così come le nottate trascorse in camera di Stiles a guardare tutte le stagioni di Friends.
“Dite che un giorno Ross e Rachel si metteranno insieme?”, aveva chiesto Stiles una sera a casa di Scott, leggermente perplesso mentre scrutava Ross che guardava Rachel con occhi sognanti.
“Ne dubito!”, aveva risposto Lydia, mentre Allison rideva con trasporto.
“Io dico di sì! Andiamo, sono perfetti insieme”, aveva esclamato Scott, scoprendosi dannatamente appassionato alla connessione fra i due personaggi.
“Concordo!”, esclamò Allison, guardando Ross e Rachel che battibeccavano come una coppietta sposata. “Sembrano quasi Stiles e Lydia!”.
A quel punto, Scott fece scattare il capo verso i suoi amici, sgranando gli occhi.
“Hai ragione!”, affermò lui, mentre Stiles e Lydia osservavano gli altri due come se fossero due psicopatici pronti ad essere ricoverati in un manicomio.
Allison sorrise al suo ragazzo con fare giocoso, scoccandogli un bacio sulle labbra.
Stiles e Lydia avevano alzato gli occhi al cielo, ma ormai erano abituati. (1)
Forse sarebbero andati al college insieme. Ci sarebbero state odiose mattine, scortate dall’avversione provata al pensiero di alzarsi dal letto.
Stiles avrebbe messo piede nella camera che Lydia divideva con Allison, storcendo il naso alla vista nei numeri di telefono lasciati da qualche idiota sulla bacheca appesa alla porta.
Lydia sarebbe entrata nella camera dove dormivano lui e Scott, per lasciare Allison sola con il suo fidanzato e avrebbe visto Stiles farle un po’ di spazio, permettendole di accoccolarsi accanto a lui, come fosse la cosa più giusta e naturale sulla faccia della terra.
Lydia avrebbe più sfregato i suoi piedi freddi contro quelli di Stiles, notando il sussulto del suo corpo a quel contatto lieve, e lo avrebbe visto addormentarsi accanto a lei.
Avrebbe aiutato Allison nella scelta dei vestiti, avrebbero preso parte a quella feste dove la birra scorreva a fiotti, ma a loro non sarebbe importato, perché sarebbero state insieme.
Allison sarebbe corsa da lei per mostrarle gli ottimi voti ottenuti e si sarebbe goduta la smorfia di finta naturalezza di Lydia ogni volta che prendeva uno dei suoi soliti voti alti.
Le foto di quattro ragazzi con indosso le loro tuniche avrebbero testimoniato quegli anni.
Avrebbero brindato alla fine di quegli anni trascorsi insieme, per portarli sempre nel cuore.
“Brindiamo a noi, e qualunque cosa accada, restiamo insieme e viviamo oggi”. (2)
Lydia avrebbe percepito il dolore al pensiero di non avere più Stiles accanto a sé, immaginandolo lontano chissà dove o insieme ad una ragazza che non era lei. Realizzare certi sentimenti le avrebbe sempre fatto male, perché Stiles sapeva di certezze e di promesse che non sarebbero mai state infrante, di mani calde pronte a stringerla in ogni momento e di abbracci sicuri che avrebbero continuato ad avvolgerla senza esitazioni.
Lydia avrebbe temuto di non poter più godere di quelle piccole gioie che soltanto Stiles Stilinski poteva trasmetterle.
Tuttavia, un giorno Stiles le si sarebbe avvicinato così lentamente da disorientarla con quegli occhi grandi e ambrati che la fissavano e le labbra dischiuse a poca distanza dal suo viso. Stiles l’avrebbe baciata perché era necessario, e solo quando le sue labbra avrebbero incontrato a metà strada quelle di Stiles, Lydia avrebbe capito di non potersi mai più separare da esse.
Forse le cose sarebbero andate in quel modo, se Allison non fosse morta.
 
Lydia sentì le sue stesse mani torturate da un lieve tremolio, e si diede della stupida perché stava solo per andare ad una partita di lacrosse, alla quale avrebbe partecipato anche Stiles. Non era certo la prima volta che lo vedeva giocare, eppure percepiva qualcosa di diverso nell’aria, mentre la sua mente la riportava a quella sera di qualche anno fa che la vedeva sugli spalti a fare il tifo per un ragazzo che aveva svaligiato un centro commerciale in cerca del regalo perfetto. Ripensò alla conversazione avuta con Kira e anche alle ultime novità sulla vita sentimentale di Stiles che, a detta di Scott, sembrava aver chiuso ogni tipo di relazione con Malia.
Lydia avrebbe mentito se avesse negato di aver provato una sorta di sollievo a quella notizia, ma si sentì anche una persona decisamente orribile per aver solo formulato quel pensiero. Forse lui era triste e abbattuto, forse Malia stava male.
Non poteva saperlo e  avrebbe tartassato Kira di domande, curiosa di sapere il motivo che aveva portato alla fine della storia, ma Kira aveva quell’espressione indagatrice che la faceva sentire troppo in soggezione, così aveva preferito evitare
Prima di uscire di casa, aveva adocchiato qualcosa di familiare sulla scrivania e la sua mente era corsa ad una serata trascorsa insieme a Stiles, Scott e Allison. Aveva afferrato quell’oggetto senza farsi troppe domande e lo aveva messo in borsa, decidendo di regalarlo a Stiles senza un perché.
Ricordò la breve conversazione avuta con Kira, e prese a giocherellare con l’anello che aveva al dito, nella speranza di sopprimere l’ansia e continuando a camminare per le strade di Beacon Hills. Il suo sguardo si soffermò su Chris Argent affiancato da una figura decisamente familiare: Jordan Parrish.
Entrambi si accorsero della ragazza e fermarono la loro traversata, aspettando che li raggiungesse.
“Lydia”, la salutò Chris con un sorriso gentile, quasi paterno e Lydia sentì qualcosa andare in frantumi dentro di lei perché ogni gesto di Chris chiamava Allison a gran voce. “Dove vai?”.
“Sto andando alla partita”, rispose lei, schiarendosi la voce per non apparire nervosa.
“Anche io, ti va di andare insieme? Questo qui non vuole saperne proprio”, esclamò Parrish, facendo un cenno a Chris e felice di aver trovato compagnia in Lydia. Nella sua frase non c’era nessun tipo di malizia ma solo la voglia di trascorrere del tempo con una persona amica.
Lydia gli regalò un sorriso gentile, facendogli cenno di avviarsi mentre lanciava uno sguardo complice e carico di affetto inespresso verso Chris che le sfiorò il braccio per poi salutarli.
“Non lasciare che si diverta troppo”, disse l’uomo a Lydia, suscitando un’occhiataccia di Parrish.
Mentre camminava con il vicesceriffo verso il campo di lacrosse, Lydia riprese a sentire l’ansia che le scorreva velocemente nelle vene, rendendola incapace di proferire parola.
 
Stiles Stilinski aveva giocato tante volte su quel campo di lacrosse, senza limitarsi ad occupare la panchina mentre i suoi compagni si davano da fare, eppure non ricordava di essersi sentito così nervoso. Qualcosa lo turbava profondamente, e non aveva molto a che fare con la partita.
Il suo sguardo correva continuamente verso gli spalti, scrutando ogni angolo ed ogni fila alla ricerca disperata di quella chioma biondo fragola che sperava di vedere da un momento all’altro.
Sentì la mano di Scott sulla spalla e non poté fare a meno di rivolgergli un sorriso, nonostante la sua mente fosse rivolta altrove. Scorse Malia sugli spalti, accanto a Melissa e lo Sceriffo. La ragazza gli sorrise, incrociando le dita e facendogli un cenno, come per incoraggiarlo.
Stiles ricambiò il sorriso e poi la vide: Lydia che arrivava, ma non da sola.
Vederla di nuovo in compagnia di Parrish gli provocò uno strano effetto alla bocca dello stomaco mentre una serie di aggettivi risuonavano fastidiosamente nella sua mente, sottolineando la sua ingenuità e la sua stupidità che proprio non ne volevano sapere di arrendersi.
Stiles era uno stolto che continuava imperterrito ad inseguire un sogno, pur sapendo che non sarebbe mai e poi mai riuscito ad afferrarlo, perché Lydia poteva essere lì ma non sarebbe stata sua.
Lydia era venuta alla partita a fare il tifo per lui anni fa, ma il suo pensiero era per Jackson.
Adesso, Lydia era di nuovo lì insieme a qualcun altro mentre lui continuava a farsi male.
Credulone. Sognatore. Debole. Stupido.
Scosse il capo, mentre un sorriso amaro spuntava sul suo volto.
Nonostante le cadute e le batoste che aveva subito, Stiles continuava a mandare all’aria tutto solo per cercare un sogno.
Rifiutava le certezze, rifiutava i porti sicuri nei quali avrebbe potuto trovare felicità solo per imbarcarsi verso una landa sconosciuta, contenitore di quella utopica felicità che tanto anelava. Quante altre volte sarebbe dovuto annegare per accettare la dura verità?
Lydia Martin era sugli spalti, sorridendo a qualcuno che non era lui.
Stiles Stilinski era sul campo, guardando qualcuno che non avrebbe mai tifato davvero per lui.
Udì il fischio d’inizio da parte del coach e volse lo sguardo verso i suoi compagni.
 
In realtà, Lydia non sapeva dare una definizione al suo stato d’animo mentre assisteva alla partita di lacrosse.
L’unica cosa che riusciva a fare era rivolgere completamente i suoi pensieri a Stiles, senza imboccare altre direzioni. La sua mente diceva soltanto “Stiles. Stiles. Stiles”, come se l’unico scopo di quella giornata fosse permettergli di vederla lì a tifare per lui, come una volta.
Tuttavia, a fare compagnia a quelle speranze sopite c’erano anche i pensieri negativi.
Forse i giorni di Stiles e Lydia erano semplicemente finiti. Forse la loro amicizia non era stata altro che una mera illusione, uno di quei rapporti iniziati senza un preciso motivo e destinato a trovare la sua fine in una giornata vuota e piovosa.
Lydia non riusciva ad allontanare dalla sua mente il pensiero sui rapporti passeggeri.
Nulla era destinato a durare, lo sapeva, grazie a ciò che avevano affrontato.
Fino a qualche anno fa, non si sarebbe neanche sforzata di trovare un senso a tutti quei rapporti completamente inutili e funzionali che aveva instaurato con altri studenti del liceo di Beacon Hills. Invece, dopo tutto quel tempo, che Lydia Martin non impegnava più in studio, uscite e pomeriggi di shopping nei negozi all’ultima moda, sentiva quanto i suoi pensieri fossero mutati.
Era come se una parte di lei si fosse stancata delle amicizie occasionali, di essere circondata da persone che per lei non avevano alcun significato ma solo vestiti griffati. Era strano capire quanto desiderasse al suo fianco persone del tutto diverse: persone che non davano importanza a quelle stupidaggini adatte solo alle ragazzine viziate, ma persone capaci di preoccuparsi sinceramente per i propri amici, di morire per loro e che avevano un amore viscerale per le mazze da baseball.
Quando il fischio del coach decretò la fine della partita, Lydia si lasciò andare ad un urlo liberatorio che sapeva di gioia mentre abbandonava le braccia verso l’alto, voltandosi verso Parrish che applaudiva felice, mostrandosi sicuramente più contenuto di lei.
Il suo sguardo non aveva mollato Stiles per tutta la durata della partita e aveva sentito il bisogno pressante di incrociare gli occhi con i suoi ma non era avvenuto. Stiles sembrava quasi sfuggente, si voltava ovunque tranne che nella sua direzione e lei avrebbe desiderato chiamarlo ma ogni volta che ci provava, la voce veniva a mancare. Seguì con lo sguardo la squadra che abbandonava il campo con fare vittorioso, fino a quando  non sentì la voce delicata di Parrish alle sue spalle. “Devi congratularti con qualcuno?”.
Lydia riuscì solo ad esibire una smorfia a metà tra l’imbarazzo e la voglia di scoppiare a ridere, così dopo aver fatto un cenno con il capo a Parrish, abbandonò gli spalti, in cerca di Stiles. Non sapeva cosa spingesse i suoi piedi a muoversi frettolosamente per raggiungere gli spogliatoi.
Lei, Lydia Martin, stava andando negli spogliatoi di lacrosse in cerca di Stiles Stilinski?
Quella frase appariva così assurda e surreale da farla sorridere ma in quel momento non le importava.
L’unica cosa che contava era la realizzazione lenta di ciò che aveva dentro di sé.
Ogni singola cellula del suo corpo richiamava Stiles: la sua voce, i suoi occhi, la sua vicinanza.
Quando vide Stiles che gli dava le spalle nel corridoio, Lydia sorrise impercettibilmente e cominciò a camminare verso di lui, stringendo tra le mani un oggetto che aveva trovato a casa, simbolo di ciò che era rimasto di lei, Stiles, Scott e Allison. Lydia non era una tipa da regali, ma appena aveva visto quella custodia, una lampadina si era accesa nella sua testa e lei non aveva resistito.
“Ehi”, lo chiamò lei, attirando la sua attenzione.
Stiles la osservò, fingendo che dinanzi a lui ci fosse il vuoto più assoluto, quando in realtà ogni volta che il suo sguardo si fermava su Lydia gli sembrava di essere un’astronauta che ammirava la Terra in tutta la sua maestosa bellezza. Quello che provava quando vedeva Lydia era qualcosa di disarmante, capace di lasciarlo sempre spiazzato e fingersi indifferente era quasi doloroso.
Ogni volta che guardava Lydia, un fiume di parole cominciava a scorrere in lui, cercando di riversarsi all’esterno ma in quel momento Stiles aveva costruito una diga. “Ah. Ciao”.
“Stai bene?”, domandò Lydia, inclinando il capo alla ricerca di ciò che sembrava turbarlo.
“Oh, sì. Sono solo stanco”, mentì lui, evitando gli occhi limpidi di Lydia, avvolta in un vestito dal motivo floreale che slanciava di più la sua figura.
Lydia pensò a qualcosa da dire, ma annaspava quasi e non ricordava nemmeno quando Stiles avesse iniziato ad avere quell’effetto strano e quasi intossicante su di lei.”Stiles, io-“.
“Tranquilla, puoi tornare dal tuo nuovo ragazzo”.
Quelle parole furono come una secchiata di acqua gelida e lasciarono Lydia tramortita mentre riportava lo sguardo su Stiles, cercando di dare un senso logico a quella frase. Lydia non fece in tempo a rispondere che Stiles riprese subito a parlare.
“Eri seria quando dicevi che non saresti più uscita con i ragazzini. Beh, ottima scelta”.
Improvvisamente, tutto ciò che Lydia aveva provato nelle ultime due ore, tutti i sorrisi ebeti che avevano ornato il suo viso al pensiero di Stiles vennero annientati da un’ondata di fastidio e rabbia.
Stiles Stilinski non aveva capito niente, e lei era solo stupida se credeva di poter correre da lui come una ragazzina che aveva appena realizzato i suoi sentimenti pronti ad essere esternati. Si sentiva ferita, ancora una volta…perché Stiles aveva iniziato a ferirla silenziosamente dopo la morte di Allison, quando era iniziato quel periodo di separazione che li vedeva alle due estremità, senza rivolgersi la parola e lasciando che altre persone parlassero per loro. Si erano feriti a vicenda, chiusi nei loro silenzi, quando sarebbero dovuti corrersi incontro solo per stringersi forte e donarsi il conforto di cui avevano bisogno e che solo loro potevano darsi. Lydia avrebbe voluto urlare mentre quel filo che li univa perdeva resistenza, lasciando che si allontanassero e lei veniva catapultata ancora in quella stanza insonorizzata, da sola, mentre Stiles era fuori chissà dove, lontano da lei che avrebbe desiderato un suo abbraccio. Stiles era dietro una porta chiusa che Lydia non riusciva più ad aprire.
Batteva disperatamente le nocche su quel legno consumato, correva alla finestra nella speranza di vederlo fuori ma Stiles non c’era. Apriva ogni porta nella speranza di trovare Stiles dall’altra parte ma c’era solo il buio.
Forse i tempi di Stiles e Lydia non ci sarebbero più stati, perché non erano mai esistiti.
“Sei uno stupido, Stiles”, disse lei senza guardarlo e gettando qualcosa a suoi piedi per poi girare semplicemente i tacchi e uscire da quel corridoio che diventava sempre più stretto e soffocante.
Stiles si chinò, osservando quell’oggetto quadrangolare. Lo prese tra le mani, sfiorandone i bordi con le dita e un brivido gli percorse la schiena quando capì di cosa si trattasse: il dvd della prima stagione di Friends, quello che avevano guardato insieme ad Allison e Scott una sera di due anni fa.
Era successo per puro caso: Allison aveva incastrato Stiles e Lydia in una specie di serata a quattro insieme a lei e Scott, solo per dare a Stiles la possibilità di passare del tempo con la sua amica.
Avevano guardato quasi tutte le puntate della prima stagione, e lui e Lydia avevano discusso così tanto sulla natura del rapporto tra Ross e Rachel da non cogliere la verità: sembravano loro.
In quel momento, Stiles Stilinski capì di aver mandato tutto all’aria.
 
Una volta varcata la soglia di casa, Lydia trovò Prada ad accoglierla, così la ragazza accese la luce, accorgendosi dell’assenza di sua madre e prendendo il cagnolino tra le braccia.
“Meno male che ci sei tu”, esclamò, osservando il cane che la fissò quasi stranito, poi lo lasciò andare, permettendogli di scorrazzare per casa mentre lei raggiungeva la sua camera.
Si tolse le scarpe per stare comoda e una risata amara la colse all’improvviso.
Sentiva qualcosa per Stiles e aveva ben pensato di dirglielo…allora? Non significava niente e come quel sentimento era apparso così poteva sparire, senza lasciare alcuna traccia. D’altronde, Lydia era brava a mettere da parte i suoi sentimenti, lo aveva sempre fatto, quindi perché con Stiles doveva esserci una qualche differenza? Non era cambiato niente, avrebbero continuato ad evitarsi nei corridoi e a non uscire più insieme come una volta.
In fin dei conti, Stiles aveva la sua vita e persone pronte a stargli accanto…una volta, anche lei faceva parte di quella categoria ma poi qualcosa si era semplicemente rotto.
Aveva scritto un messaggio a Kira prima di andar via dal campo, dicendole che si era sentita male e aveva deciso di tornare a casa, mentre loro sarebbero andati sicuramente a festeggiare.
Tuttavia, Lydia non aveva idea del fatto che Stiles non potesse gioire di nulla in quel momento.
Fece per aprire la porta della sua stanza quando il suono del campanello la costrinse a scendere le scale. Possibile che Kira avesse deciso di passare a casa sua? Conoscendola, era possibile.
Invece, la persona dall’altra parte della porta non somigliava affatto a Kira.
“Ciao”, la salutò Stiles, con il fiatone e con indosso ancora la divisa della squadra di lacrosse.
Lydia strabuzzò gli occhi, guardando il ragazzo dall’alto in basso e chiedendosi cosa ci facesse lì. Il suo istinto primario fu quello di chiudergli la porta in faccia per quello che aveva detto, ma la sua lingua tagliente decise di evitare quel gesto e darsi da fare.
“Perché sei qui? Potrei essere con il mio nuovo ragazzo”, disse con una cattiveria che non le apparteneva e che la fece sentire un mostro non appena Stiles alzò lo sguardo.
“So che non è così”, ribattè Stiles, sollevando gli angoli delle labbra.
Lydia incrociò le braccia al petto, alzando gli occhi al cielo come per ordinare a sé stessa di mantenere la calma e di non lasciarsi sopraffare da tutti i pensieri che aveva in testa. Si fece semplicemente da parte, lasciando che Stiles entrasse in casa.
“Sai, sarei stato felice se non ti avessi incontrata”, esalò Stiles, sbuffando e allargando le braccia.
“Cosa?!”, domandò lei, trattenendo l’impulso di dargli un ceffone.
“Insomma, avevo una ragazza, credevo di poter essere felice ma non era così perché la mia testa non faceva altro che pensare a qualcun altro, qualcuno che mi condiziona la vita da anni, ormai”.
“Mi stai dando la colpa per i tuoi problemi relazionali?”.
“Sì!”, ringhiò Stiles, stringendo le labbra e lasciando il pugno chiuso a mezz’aria, per poi passarsi una mano tra i capelli con fare nervoso. “E’ colpa tua se non riesco ad essere felice. Tutto questo tempo passato a chiedermi perché non fossi mai abbastanza per te e a vederti con ragazzi diversi, domandomi perché loro e perché non me che hai baciato negli spogliatoi”.
“Colpa mia?”, ripetè Lydia, stizzita. “Non mi sembra che la tua vita sia andata a rotoli! Hai trovato una ragazza e di certo non hai passato le giornate a girarti i pollici, o sbaglio?”.
Stiles si esibì in una smorfia contrariata mentre analizzava le parole di Lydia e le incamerava, percependo un pizzico di disagio al pensiero di lei sola a casa mentre loro uscivano a divertirsi.
“Sì! Avevo trovato una ragazza ed ero felice”, replicò lui, rizzando la schiena e assumendo una posa di attacco così goffa che a Lydia venne da ridere. “Ho voltato pagina e ho messo da parte tutto quello che provavo per te. Ho trovato una ragazza e poi ho chiuso con lei a causa tua. Guardami adesso! Posso mettere di nuovo tutto da parte, ok? Tanto sono bravo, lo faccio dalla terza elementare. Vuoi accusarmi di questo? Fallo pure, tanto questo treno è andato”.
Lydia lo guardò ancora più confusa di prima, riflettendo sul senso di quelle parole ammassate e pronunciate senza freno. Sembrava che Stiles non collegasse affatto bocca e cervello.
La ragazza fece qualche passo avanti, assottigliando gli occhi con espressione così minacciosa che Stiles fece un giro su se stesse, cominciando ad arretrare verso la porta di ingresso.
“Treno?”, ripeté lei, quasi incredula. “Vai pure via. Non mi serve il tuo stupido treno!”. (3)
Stiles continuò a borbottare qualcosa con fare contrariato mentre apriva la porta di casa per precipitarsi fuori di lì e lontano da Lydia che, intanto, batté con rabbia il palmo sulla porta.
Rimase lì, poggiando la schiena sul legno e lasciandosi cadere sul pavimento, con la testa poggiata sulle ginocchia. Senza rendersene nemmeno conto, cominciò a singhiozzare.
"Lydia".
Un sussurro appena percettibile la richiamò e Lydia riuscì a vederlo chiaramente: Stiles con la fronte poggiata su quella porta che li separava e che nessuno dei due aveva il coraggio di aprire. Lydia si alzò lentamente, cercando di mantenersi sulle sue gambe molli e stanche per il peso di quella giornata intensa e scombussolante, e poggiò il palmo sulla porta.
Dal piccolo pannello in vetro riuscì a scorgere i contorni sfocati di Stiles e i suoi occhi grandi che la guardavano con tristezza. Sollevò appena le dita, poggiandole sul vetro e Stiles fece lo stesso.
A quel punto, Lydia aprì la porta senza esitazioni, scacciando l’incubo che la tormentava.
Stiles era dall’altra parte della porta: vero, fatto di carne ed ossa non di incubi, e la guardava.
“Ti sei allontanata da me”, disse lui, con la voce più bassa e angosciata.
“E tu hai lasciato che lo facessi”, gli fece notare Lydia. “Eri felice e sei felice”.
Senza me. Avrebbe voluto aggiungere quelle due parole, ma represse quel bisogno, come aveva represso la voglia di buttarsi tra le sue braccia e stringerlo forte, mettendo da parte ogni dubbio e ogni paura che le attanagliava le viscere.
“Non sono nulla senza te”, continuò Stiles, appoggiandosi alla porta. “Potevi parlarmi”.
“Potevi farlo anche tu, Stiles”.
Già, poteva farlo anche lui ma non lo aveva fatto, perché il senso di colpa per aver privato Lydia della sua migliore amica era troppo pressante.
Era successo tutto per colpa sua, le persone a cui teneva si erano fatte male a causa di un ragazzino così debole da essere posseduto.
Aveva condannato Allison e guardare Lydia negli occhi, sapendo di averle portato via la più cara amica che avesse mai avuto, era troppo doloroso così come guardare Scott. L’unica differenza era che Scott lo sapeva, sentiva i sensi di colpa di Stiles e li annullava. Lydia non li sentiva e Stiles aveva deciso di tenerglieli nascosti, perché era più semplice e andava bene così.
Da un lato, sapeva che era un bene che Lydia fosse lontana da loro e da lui, forse avrebbe avuto una vita migliore, magari insieme ad un nuovo fidanzato che poteva essere proprio Parrish. Dall’altro lato, invece, sapeva di non poter continuare a trascorrere le sue giornate senza lei.
Forse era uno stupido egoista, ma sapeva che un altro giorno senza Lydia poteva essere troppo.
“Sono qui adesso”, affermò Stiles, sentendo la sua voce incrinarsi.
Lydia alzò lo sguardo, mentre Stiles continuava a guardarsi la punta delle scarpe da lacrosse, stringendo in una mano qualcosa che Lydia non aveva notato fino a quel momento: il suo regalo. La ragazza allungò una mano verso di lui, entrando nel suo campo visivo e aspettando che lui l’afferrasse.
Quando Stiles prese la sua mano, Lydia sentì tutti i pezzi tornare al loro posto.
Il ragazzo entrò di nuovo in casa e Lydia gli tolse il dvd dalle mani, guardandolo con dolcezza.
“Ti va una maratona?”, gli chiese lei, alzando il volto e lasciando che i loro visi si scrutassero.
Stiles fece cenno di sì e le sorrise sia con la bocca che con gli occhi, spostando lo sguardo da quelle pozze verdi alle sue labbra, cercando di reprimere il forte desiderio di baciarla. Lei era così piccola dinanzi a lui, così meravigliosa mentre brillava di una luce propria e così forte da costringerlo a chiudere gli occhi prima di accecarsi del tutto ma poco gli importava. Lydia era lì, stretta a lui, senza più mura e porte a tenerli lontani l’uno dall’altra.
La ragazza si alzò in punta di piedi, sentendosi minuscola e indifesa senza il suo fidato tacco dieci, e gli strinse le spalle: era una sensazione stranissima, che sapeva di protezione e di gioia inespressa. Lui la guardò meravigliato, come se non riuscisse ancora a realizzare cosa stesse accadendo.
Stiles la baciò perché era necessario, e quando le sue labbra incontrarono a metà strada quelle di Stiles, Lydia capì che non si sarebbe potuta mai più separare da esse. (4) Stiles la strinse forte, riprendendo confidenza con il suo corpo, con il profumo dei suoi capelli e con il modo in cui Lydia si rilassava ogni volta che lui la sfiorava, solo per tranquillizzarla.
Quando si separarono, Stiles continuò a tenerle la mano senza l’intenzione di lasciarla e Lydia chiuse la porta , con la certezza che nessun incubo sarebbe più tornato per tormentata.
 
 
Angolo dell’autrice
 
- (1) riferimento ad una frase detta da Holland Roden, poiché secondo lei la storia di Stiles e Lydia richiama moltissimo quella di Ross e Rachel dal telefilm “Friends”;
- (2) rimaneggiamento di una citazione tratta dal film “One Day”;
- (3) questo scambio di battute tra Stiles e Lydia è leggermente ispirato ad una discussione tra Ross e Rachel di “Friends”, avvenuta nella puntata 2x07;
- (4) richiamo alla frase che chiude il primo paragrafo.
 
Eccomi qui, in ritardissimo come al solito. Chiedo scusa per questo ritardo terribile ma sono stata davvero impegnatissima e ho scritto questo capitolo ieri sera, per poi rifinirlo stamattina, quindi non ho la minima idea del risultato. Forse nella prima parte Lydia sembra un po’ fuori personaggio, ma ho provato a pensare come si potesse comportare dopo aver realizzato ciò che sente per Stiles. Se ci sono strafalcioni, vi invito sempre a farmelo presente. Fatemi sapere cosa ve ne pare con un commentino, se vi va, e spero soltanto che il finale vi sia piaciuto.
Ringrazio tutte le persone che hanno seguito la storia, mettendola anche tra le preferite/seguite/ricordate…grazie di vero cuore :)
Alla prossima, un abbraccio!

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