In Equilibrio

di Meg Explosion
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo- per capire un po' questo scritto ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: Stanza Numero Due ***
Capitolo 3: *** Vomito ***
Capitolo 4: *** Capitolo Tre: Nude ***
Capitolo 5: *** Gelato al Cioccolato ***
Capitolo 6: *** Capitolo cinque: Liquirizia ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8: Jean e Marco ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9: Un po' tutto ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9: Mi piaci-piaci ***
Capitolo 11: *** Teaser. ***



Capitolo 1
*** Prologo- per capire un po' questo scritto ***


Equilibrio.

PROLOGO







La realtà non è lieta, ma nemmeno tragica; in un certo senso la realtà è tutti questi spettri messi insieme. Armin Arlert aveva poco più di dieci anni quando l’ha scoperto. I suoi genitori morti durante un attentato nella sua città natale: Shinganshina, e ora suo nonno ha appena avuto un infarto. Lui li odia gli ospedali, eppure imparerà ad amarli.
Ora a diciannove anni e piange seduto su una panchina di fronte all’entrata dell’ospedale, come quel pomeriggio di nove anni fa. Pensa “E se muore? E se restassimo solo io e la nonna? Che cosa farei?”. Si lascia persuadere dal panico come se fosse una danzatrice e si tiene stretto lo stomaco e controlla il battito del suo cuore, per assicurarsi d’essere ancora vivo. E’ nel momento nel quale si autoconvince d’essere morto che sente una voce: -Ehi, tutto apposto?-
Per un attimo rimane in silenzio e immobile, solo quando sente il calore di un braccio sopra le se spalle si muove.
-Te lo richiedo, stai bene?-
Armin ancora non si gira, non vuole farsi vedere così, si crede ancora troppo debole il ragazzo. Sente poi il clacson di una macchina e chiude gli occhi quando ode dire –Mi chiamano, ma io torno subito, ok? Il mio nome….- BIIIIPPP, il clacson suonò di nuovo. Armin ancora non apre gli occhi e decide di rimanere fermo e sperare che nessuno lo noti più e che tutti lo lascino solo nella sua disperazione, come hanno fatto per nove anni.















































Note:
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Salve, allora, vorrei iniziare dicendo che sono le due di notte e probabilmente domani rimpiangerò questo momento, ma sto pensando già da molto a questa fanfiction e nulla mi potrà fermare ora MUHAHAHAH
Spero vi interessi e giuro che mi metterò d'impegno per scrivere almeno un capitolo a settimana! (Sì, non ho amici e passo il tempo a scivere, ma c'est la vie)
Se qualcuno volesse contattarmi lo potete fare su Tumblr: http://meg-explosion.tumblr.com/

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Capitolo 2
*** Capitolo 1: Stanza Numero Due ***


In Equilibrio.

Capitolo 1: Stanza Numero Due










Armin è ancora seduto fuori dall’ospedale, ma non piange più. Non lo dà a vedere perché non vuole, ma sta per avere un attacco di panico. Lo sente, lo stomaco si contorce e la salivazione accelera in maniera tale, che oltre ai conati di vomito, sente l’istinto di sputare per non soffocare. Tiene tutto dentro per non far più vedere l’Armin debole che era e che ora continua ad esistere, ma che viene continuamente sepolto dall’ansia di rivivere le corse verso posti isolati per non farsi trovare dagl’altri ragazzi che lo inseguivano.
Fermo agli occhi dei passanti, solo una persona s’accorse del suo malessere.
-Ehi, è il tuo hobby star seduto qua?-
Il sangue di Armin si gela e subito nella sua mente compaiono le parole “Di nuovo” si sente morire. “Un altro bullo, riinizia tutto da capo”. Alza la testa, giusto per vedere in faccia il malfattore, però si ritrova davanti solo un sorriso caldo e che lo calma. Comincia a sentirsi sempre più forte, quegli occhi gli ricordano qualcosa, o meglio, qualcuno. Non sa da dove tira fuori tutta quella sicurezza ma risponde:
-E il tuo hobby è di parlare alle persone di fronte agli ospedali?-
-Non lo chiamerei proprio hobby, è solo un modo per passare il tempo. Comunque, è tutto apposto? Stai bene?-
Armin si meraviglia di come il ragazzo non gli ha chiesto cosa è successo, ma come lui stia, se è tutto apposto. Non ammetterà mai che fu amore a prima vista, ma Dio se lo era.
-Mio nonno ha avuto un infarto poche ore fa ed, ed, ed io…-
Il solito nodo alla gola lo assale e non riesce più ad aprir bocca
-Ehi, ehi, starà bene. Ho visto persone avere infarti e due minuti dopo sorseggiare caffè, andrà tutto bene-
Cazzate, pensa Armin.
-Tu comunque perché sei qui?- chiede il biondo, subito sentendosi un arrogante e sfacciato idiota.
-Ah già, non mi sono presentato: sono Eren Jeager del reparto di psichiatria, stanza numero due-
Eren sporge la mano verso Armin, che la guarda pietrificato. Cicatrici, e un segno di morso? Non gli fa schifo, ma forse un po’ lo stupisce. Torna a guardare gli occhi di Eren e capisce che si sta agitando e che deve avere un fortissimo coraggio a lasciare che Armin guardi la sua mano, e così il biondo si assicura di stringerla forte e di guardarlo diritto negli occhi sorridendo.
-Non aver paura però, non sono violento contro gli altri, poi ora sono sotto quelle droghe che mi danno e…-
-Non ho mai detto d’aver paura di te. Io mi chiamo Armin Arlert, Shinganshina, l’unica casa color azzurro-
Eren ride e Armin si sente subito meglio, quel sorriso è così caldo e familiare.
-Riguardo a tuo nonno, credimi, starà bene, ne sono certo. Ma te lo domando di nuovo, tu stai bene?-
Armin lo fissa e gli viene voglia di dire la verità e raccontargli la storia della suo vita. Raccontare di quanto si sente inutile, triste, sfortunato, senza talento, ma non lo fa, si limita a sorridere e annuire.
-Biondino, che ne dici se andiamo a prendere un caffè, o meglio, tu prendi un caffè e io un’acqua e parliamo un po’?- dice Eren
-Ehm, non saprei…-
-Se te ne stai qui seduto, da solo, non farai altro che pensare a brutte cose e soffrirai molto di più; una persona bella come te non può meritare questo. Io sono sicuro che tuo nonno starà bene e se non succede così può tirarmi un pugno. Ora, se tu vieni con me, giuro che non farò altro se non ascoltarti e supportarti e dovrei in più avvisarti che tra due orette dovrò tornare in camera per prendere delle medicine e dopo di quelle parlerò più piano…-
Armin si sorprende di quanto Eren riesca a parlare senza mai fermarsi e riuscire comunque a interessarlo. Capisce, mentre sta camminando verso la caffetteria dell’ospedale, che era tutta una tattica per riuscire a portarlo dentro, ma di certo lui non avrebbe rifiutato. Si sente come la prima volta che un ragazzo gli aveva chiesto di uscire insieme con lui, desiderato e importante. Non vuole sentirsi così perché secondo lui, più si affeziona a una persona, più soffrirà quando questa se ne andrà. Per un secondo però è bello sorridere e quasi ammiccare mentre una persona fa una pausa tra una battuta e un’altra e vedere gli occhi di questa illuminarsi mentre tu parli di quando tu, da piccolo, correvi sulla sponda di un lago e sei caduto sbattendo la testa a terra. Non fa poi così tanto ridere quella storia, eppure Eren si sbellica dalle risate. A un certo punto il moro si tira le maniche su, fino al gomito e Armin lascia cadere il sorriso. Eren lo nota e allora, con ansia dice, tornando a tirar giù le maniche:
-Scusa, lo so, fanno schifo. Mi dispiace, mi dispiace m…-
-No! Veramente, io non le vedo. Non hanno alcun effetto e non cambieranno la magnifica idea che ho su te-
-Hai una magnifica idea su di me?-
Armin arrossisce, pensando a quanto sia ormai ovvio che lui gli piaccia. Se ne vergogna subito e vorrebbe solo scappare. Però, guardando il viso sorridente di Eren, sente il bisogno di confermarlo, perché è vero, pensa a lui come una persona magnifica.
-Sì, perché sei una persona magnifica. Voglio dire, il tuo youtuber preferito è Da Howell, non puoi essere una persona brutta-
L’orologio di Eren suona mentre lui ride.
-Armin, devo andare in camera, anzi meglio, dobbiamo andare in camera, non ti lascio solo-
-Ok allora, andiamo nella stanza numero due, fammi strada-
 



Eren fa sedere Armin sul letto e va nel bagno a cambiarsi. Il biondo osserva la stanza e deduce che Eren è lì da un bel po’ di tempo. Ci sono posters dei Pierce The Veil, Fall Out Boy, Panic! At The Disco, My Chemical Romance, Metallica, Slayer e molti altri. Il letto è rifatto male, ma tutto il resto è pulito; c’è un piccolo stereo e cd sparsi per il comodino.  Sembra proprio la camera di un ragazzo medio.
-Eccomi, scusa, mi sono messo il pigiama, sai, fa più “ricoverato”. Uh, ti sei fatto la coda, mi piace-
-Già. Perché sei venuto qua?-
-Tra pochi minuti arriva Hanji, la mia dottoressa, mi deve portare delle medicine. Scusa, non avrei dovuto portarti qui, ma se non lo facevo non ti saresti affezionato abbastanza a me da richiamarmi stasera-
-Cosa dici? Nemmeno mi hai dato il tuo numero, poi non credere di avere molto chance con me-
-O, le mie scuse altezza, non sapevo che aveva così tanti spasimanti. Comunque, non mi hai parlato molto di te, dimmi, qual è il tuo youtuber preferito?-
Entrambi sorridono mentre si parlano e nessuno di loro vuole andarsene. Poter esprimersi così facilmente e liberamente è fantastico.
-Allora, il mio youtuber preferito è Tyler Oakley e Dio se shippo Troyler; il mio film preferito è Capitan America, ma il mio supereroe preferito è Iron Man; guardo serie TV come se non ci fosse un domani e, se non si era capito, sto ore e ore su Tumblr-
Armin si sente libero dopo aver detto quelle parole e si accorge di aver raccontato di più a Eren di quanto non lo avesse mai fatto con altri.
-Veramente? Allora guardi anche anime!-
-Alcuni, ma non molti, vorrei vederne di più-
-Veramente!? Allora devi venire da me! Ne scaricherò un sacco e potremo vederli insieme! Potremmo iniziare tipo ora, ma non è il caso. Dio Armin, passiamo il resto della nostra vita insieme!-
Armin sente la porta aprirsi e vede entrare una persona con un camice bianco. Non capisce se è un maschio o una donna, e nemmeno la voce aiuta, ma questo poco importa perché era la persona più attiva che avesse mai visto.
-Eren! Hai portato un’amica! Come ti chiami?-
-Mi chiamo Armin, preferisco che si usi un pronome maschile per parlare di me-
-Bene, ora, Eren, vieni qua che ti do la pastiglia. Aspetta, sei Armin? Buone notizie! Tuo nonno sta benissimo! Gli basta un po’ di riposo-
Le ginocchia di Armin cominciano a tremargli e non riesce a fermare le lacrime. Gira la testa verso Eren, che ha ancora la tazza in mano, e sorride lasciando che tutto gli venga fuori. Suo nonno stava bene e lui non poteva essere più felice.
-Te lo avevo detto io, Armin! Ora via, vai a trovarlo, corri!-
Armin corre, certo, ma verso Eren e lo abbraccia, gli sussurra un grazie e poi lo lascia andare.
-Grazie a te Armin, ora ho detto che devi sparire! Su! Corri!- Eren ride e vede il biondo andarsene e dimenticare il borsellino che aveva con sé.
Armin entra nella stanza del pronto soccorso e trova sua nonna seduta vicino al letto dove dormiva, pallido ma sereno, suo nonno.
-Armin! Grazie a Dio sei qui! Il nonno sta benissimo! Voglio dire, dovrà stare più attento, ma per il resto andrà tutto bene. Dio, che preoccuppazione. Dio. Dio-
Ad Armin piace sentire sua nonna parlare come fa sempre, ripetendo milioni di volte “Dio”, è rilassante sapere che non è più preoccupata. Rimangono entrambi seduti per un po’, in silenzio, come a confermare il fatto che tutto è apposto, non serve parlare di nulla.
-Armin, com’è che sorridi come se fossi innamorato?-
-Non è vero, nonna-
-Sì che è vero, guardati. Hai incontrato qualcuno? Dillo alla tua nonna, su-
Nonna rideva e Armin anche. A un certo punto qualcuno bussa alla porta e quando lui gira la testa vede Eren, sorridente e solare con un borsellino in mano… DIO IL BORSELLINO, SE PERDO ANCHE QUESTO SONO MORTO!
-Ehi Troyler, hai dimenticato il borsellino-
Armin guarda sua nonna e si alza, andando verso Eren; entrambi ora sono fuori nel corridoio.
-Grazie mille Eren, ho tutto lì dentro. Dio, lo dimentico dappertutto.
-Pensavo tu fossi sbadato, ma non così tanto- Eren continua a sorridere perché guardare Armin, per lui, era il dono migliore del mondo.
-Ehi, mi devi dare il tuo numero, piccolo svitato- dice Armin, tornando a sorridere.
-Devo darti anche questa- Eren ha in mano una collana con tre palline di tre tonalità di verde e la mette al collo di Armin –Ho pensato, Dio, questo ragazzo indossa un golf cobalto con una maglia rossa, forse dovrebbe aggiungere un altro colore che non sta bene con quel completo, così eccomi qui, a cercare di metterti una collana al collo-
-Stronzo-
-Era la collana che mi ha regalato mia madre, ma io non la metto mai, poi, come ho detto, sta proprio bene con i tuoi vestiti-
-Lo ripeto, stronzo-
-Sei un fan di Tyler Oakley e Beyoncé eppure ti vesti così, non va, Armin, non va-
Armin continua a sentirsi imbarazzato, ma sicuro, perché Eren Jeager, dopo poco più di due ore nelle quali lo ha conosciuto, è riuscito a farlo sentire l’essere umano più importante.
-Armin! Andiamo a casa, sono le nove di sera, dobbiamo andarcene!-
Sua nonna sorride e Armin la segue.
-Armin, è quello il ragazzo? E’ carino, sul serio. Così si fa Armin! Ti meriti un ragazzo tanto bello quanto Leonardo Di Caprio e Johnny Depp messi insieme!-
-Nonna! Sai che preferisco Jensen Ackles-
Armin parla molto con sua nonna, piuttosto perché l’hanno costretto da bambino, ma ora gli piace e ringrazia il giorno in cui ha iniziato a farlo.
 





Sono ormai a casa seduti sulle sedie del tavolo del salotto.
-Che film vuoi vedere, Armin? Il Castello Errante di Howl?-
-Nonna, ho diciassette anni e sto per diplomarmi al Liceo delle scienze umane, non sono più un moccioso-
-Quindi lo vediamo?-
-Sì-
Armin sa che quando sua nonna vede un film che non parli di storie d’amore e che sia totalmente commerciale, è perché vuole che lui si senta meglio o per scusarsi di qualcosa. Gli piacciono quei momenti e adora sua nonna, ma gli ricordano sua madre, che faceva lo stesso.
-Sai Armin, anche mamma un giorno, tornata dall’Università, aveva al collo una collana con un piccolo diamantino e ci giocava sempre; le ho chiesto “Dove l’hai presa?” e lei, arossendo mi ha detto “Me l’ha regalata un ragazzo che lavora nella mensa, pensa, me l’ha messa sul piatto”-
-E’ come si sono conosciuti mamma a papà-
-Già. Non si erano mai parlati, ma tuo padre le ha regalato una collana che aveva comprato perché sapeva che quella ragazza era speciale per lui-
-Dove vuoi arrivare nonna, sputa l’osso, dai-
-Era per dire, sai. Quando una persona ci ama ci vuole far sentire speciali perché noi facciamo lo stesso con loro-
-Non era il mio fidanzato quello di prima e mi ha regalato questa collana per prendermi in giro, dicendo che avevo abbinato male i colori dei miei vestiti e che serviva qualcosa di ancora più orribile-
-Ha sorriso tutto il tempo, caro, vero?-
Armin smette di parlare e si limita ad arrossire. Guarda il suo film preferito (perché Howl ha i capelli e gli occhi come i suoi e da piccolo s’identificava in lui) e immagina come sarebbe trovare qualcuno che lo ami, anche se ha dei difetti, anche se non è perfetto. “Non sei una femminuccia Armin, insomma, non pensare a cose così. Eren è un amico, amico ho detto. Non ti amerà” “Ma potrebbe farlo, potrebbe veramente essere il tuo Howl” “ Ma non può amarti”. Armin ha milioni di voci nella testa che litigano, poi ne sente una tremenda, che sperava che non passasse mai per la sua testa “Ha dei problemi seri, non sarebbe un buon ragazzo”. Non vuole nemmeno pensare a quello perché sa che Eren è fantastico ed è, probabilmente, la persona più dolce che abbia mai conosciuto. Non importa che debba prendere delle medicine, non importano le sue cicatrici e le occhiaie sotto agli occhi, importa che lo ha aiutato anche se non si conoscevano. Questo importa.
 




































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Allora, questo è il primo capitolo; sarete ancora confusi sulla trama e vi domanderete “Che cazzo ha Eren?” Le mie scuse per il ritardo, ma sono le 4.30 del mattino e io mi sono appena svegliata, non perché debba andare da qualche parte, ma perché alla mia mente piace prendersi gioco di me facendomi svegliare a ore impossibili nonostante mi addormenti sempre verso l’1.30 (Ogni tanto mi sveglio alle 13.30).
La mia giustifica per questo ritardo è: mi sono dimenticata che per pubblicare una storia non basti scriverla su word.
Ho fatto anche una “fanart” su questa fanfic, che forse un giorno pubblicherò. Se qualcuno la volessere vedere la posterò sul mio tumblr: meg-explosion.tumblr.com
Grazie a tutti e lasciate recensioni, grazie mille :3 ^^
Meg.

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Capitolo 3
*** Vomito ***


In Equilibrio.

Capitolo 2: Vomito










4.36 del mattino

Naturalmente Armin si sveglia, sudato e agitato. Ha gli incubi da sette anni, precisamente da quando, quel pomeriggio i suoi genitori, insieme a molte altre persone, sono morti. Non sa esattamente cosa sogna, ogni notte è uno scenario diverso, ed è sempre più spaventoso.
Va verso il bagno, apre l’acqua e la lascia scorrere un po’, così che sia più fredda di quella dell’Antartico. Si guarda allo specchio disgustato, gli occhi neri, le sopracciglia che forse una settimana erano curate, ma ora sembrano solo quelle di una casalinga stanca, stufa, che una volta era una modella famosa. I capelli sono spettinati e farebbe meglio a lavarseli, anche se è solo da un giorno che non si fa la doccia.
-E’ così che mi vedono tutti? Che schifo-
No Armin, nessuno ti vede così, tutti vedono i tuoi occhi grandi e azzurri, non le occhiaie, a tutti strappi un sorriso quando muovi le sopracciglia mentre parli e i tuoi capelli sono, beh sono wow. Peccato che tu non lo capisca, peccato che non ti fai vedere di  più e ti nascondi, dietri milioni di libri e fogli.
-E’ così che mi ha visto Eren?-
Oh, Eren. Si ricorda che lui ha il suo numero di telefono e non gli ha comunque scritto, che idiota. E’ troppo presto per scrivergli, così salva semplicemente il numero e prega che dopo abbia abbastanza forza da poter mandargli un messaggio.
Alza di nuovo la testa verso lo specchio, che per dirla tutta era anche sporco. Le occhiaie non vogliono andarsene e sembra che ogni secondo diventino sempre più nere. Si mette una mano sulla faccia e si chiede come fa ad essere così pallido a luglio. “Ah già, non esco mai”. La mano scende sul collo e così nota di star ancora indossando la collana che gli ha regalato Eren.
-Devo fare colpo oggi, ieri non ero di certo in gran forma. Allora, per la faccia posso fregare un po’ di fondotinta da nonna e poi…-
Due ore dopo stava ancora cercando le pinzette. Erano le sei e tra poco sua nonna si sarebbe svegliata.
-Ok, allora, ehm… TROVATE!-
Questo l’ha definitivamente svegliata. Armin corre per le scale per cambiarsi anche i vestiti, poiché se vuole far colpo, non può andare con il pigiama… EHI, FERMI TUTTI, ARMIN? ARMIN NON PUOI DECIDERE TU COSA FARE, SONO IO LA SCRITTRICE. ARMIN, TUA NONNNA ARRIVA, ORA TORNA NELLA STORIA E SEGUILA, CRISTO!



-Armin, caro già sveglio?-
-Sì nonna da un po’.
Nonna sorride e va in cucina per preparare un po’ di caffè, che ad Armin piace con tanto zucchero e poco latte, se non è così, non lo beve. Armin torna però alla sua missione: cercare di vestirsi bene. Non sa perché lo vuole così tanto, non è la prima impressione e non sa neanche se lo potrà rivedere. Ha letto un mucchio di libri (e qualche manga shuojo), sa che ha preso una cotta per Eren, ma cosa ci può fare? L’unica cosa che spera è che rimanga una cotta, che lui non se ne innamori, perché sarebbe orribile. Pensa questo perché Eren è in un ospedale e ha dei problemi e Armin non saprebbe come comportarsi, si dice “Lui già starà male, se mi ci aggiungo pure io farò solo peggio”, ma decide di giocare ancora un po’ a “ragazzina delle elementari innamorata”.
Torna allo specchio e nonostante tutto ciò che ha cercato di fare per sembrare più carino, si trova ancora disgustoso. Questo sentimento è probabilmente nato dal fatto che lui si è sentito non la causa della morte dei genitori, ma la causa del fatto che lui sia ancora vivo. Non importa quante persone gli dicano che è fortunato, che era nel suo destino e che non doveva sentirsi così, non poteva farne a meno.
-Armin, sono quasi le sette, alle otto andiamo dal nonno, ti va?-
Armin scuote la testa e si gira verso sua nonna, che è sulla soglia della porta del bagno. Una strana luce appare dalla finestra, come se il sole avesse deciso di illuminare solo quel punto vuoto sul muro beige.
-Ti stai facendo carino? Sei proprio uguale a tua mamma-
Armin si mette una mano tra i capelli e li arruffa un po’.
-In fondo a poco serve, fino quando non mi cambiano tutta la faccia, carino, non lo posso diventare-
L’espressione della nonna torna seria, quasi come se l’avessero offesa, che in parte è vero; nessuno può dire che suo nipote è brutto, neppure il suo nipote stesso.
-Armin, ne abbiamo già parlato; tu sei bellissimo. Sei fantastico e intelligente e…-
-Nonna ora vado a vestirmi- dice Armin zittendola e scappando verso le scale.
-Stupido nipote, hai rifatto solo un sopracciglio! Non uscire così di nuovo, ti prego!-
-Ah danNAZIONE-


Sono le otto e un quarto e finalmente sono davanti all’ospedale. Il giorno prima Armin era solo perso dall’adrenalina, per questo è entrato in quel posto quasi senza problemi, ma questa volta era diverso. Quando le porte automatiche si aprono, si sente un terribile nodo alla gola. Sa che non c’è nulla di cui temere, ma i ricordi raccapriccianti che ha lo fanno sobbalzare ad ogni rumore che sente.
Entra nella stanza del nonno e lo vede ancora dormire e sembra non ci sia nessun problema; infatti, è così. Armin quasi non ci crede, ha avuto una vita piena di tragedie, e ora che c’è n’è un’altra dietro l’angolo non sta succedendo, è come un sogno. Tutti e tre, lui, sua nonna e suo nonno, respirano piano e si muovono lentamente. Armin guada sua nonna mentre sposta la sedia per potersi sedere vicino a suo marito e pensa a com’è tragico vivere una vita con la persona che più si ama per poi vederla collare come se fosse fatta di carta; è questo ciò che più lo spaventa: dover vedere l’amore della sua vita sciogliersi e svanire. Anche nelle precedenti relazioni che ha avuto, non riusciva ad attraversare una certa linea d’affezione; ha sempre amato con tutto il suo cuore, ma per sicurezza propria tendeva sempre a non avvicinarsi troppo per paura. Mentre restava fermo a pensare entra nella porta Hanji, la/il dottoressa/dottore che era ieri nella stanza di Eren, ed era insieme ad un uomo basso, voglio dire, era poco più basso di Armin, forse un 5 centimetri, ma in confronto ad Hanji sembravo un nano.
-Salve signora, oh! Armin! Ciao!- dice Hanji, in modo molto esuberante e quasi spaventoso.
-Salve dottore, cosa succede? Come sta mio marito?- esclama nonna, alzandosi dalla sedia.
-Questo le deve chiedere a quest’uomo, può fare un po’ paura, ma le assicuro che morde solo se minacciato-
L’altro dottore tira un pugno, che non sembra molto leggero, a Hanji, poi si gira verso nonna e comincia a parlare con un tono notevolmente basso, ma dell’espressione che la donna ha, non ci sembra siano problemi o cose di cui preoccuparsi.
-Ehi Armin, ti va di venire con me? E’ ora di svegliare Eren, ma è un’impresa ogni mattina, non immagini quanto sia difficile destare qualcuno sotto sedativo, è una cosa impossibile- Hanji quasi ride istericamente, come se trovasse gioia in quello che dice. Armin non fa in tempo a rispondere che Hanji lo sta trascinando fuori dalla porta tenendolo per il polso. 
-E’ sicuro che vada bene?-
-Certamente, magari se ti vede gli viene voglia anche di vestirsi e non restare in pigiama tutto il giorno-


Ancora una volta si ritrova nel reparto di psicologia. C’è un grande salotto che non aveva notato prima e due ragazzi, uno grande con dei capelli biondi e l’altro avvolto in una sciarpa nonostante il caldo; stanno giocando a carte. Passa davanti a tutte le stanze, ma non osa guardare dentro; poi arriva in fondo e vede il numero sulla porta: due.
-Entra pure, non aver paura, starà probabilmente russando in modo esagerato e prima del caffè è un po’ ostile, ma credo non cercherà di ucciderti, forse?-
Forse? FORSE? Quindi è questo che ha Eren? E’ per caso un assassino? Uno psicopatico? Armin lascia andare quei pensieri e si dice che sono cose stupide e molto improbabili, Hanji sta solo scherzando.
Apre la porta e vede che le finestre sono chiuse con delle sbarre che sembrano veramente pensanti, non riesce a togliere gli occhi da quelle finestre.
-Ah, hai notato le sbarre? Adesso chiamo quel forzuto dell’infermiere così le solleva, ma prima svegliamo Eren- dice Hanji, che sembra sempre più divertita.
-Aspetti, a, ehm, a cosa servono?-
-A evitare che la gente si butti giù dalle finestre, sono veramente pesanti perché così si deve stare molto tempo per alzarle o non ci si riesce proprio e fanno molto rumore, così possiamo sentire se qualcuno ci prova. Non con tutti ce ne bisogno però-
Armin comincia a mordersi il labbro e si sente tremare le mani.
-Ehi, Eren, svegliati e brilla, è un nuovo giorno!- Urla Hanji
-Vai a fanculo Hanji-
-Oh ma che rude, modera il linguaggio di fronte ad un tuo amico-
-Amico? Ma che cazzo dici?-
Eren gira la testa verso Armin e apre lentamente gli occhi.
-E tu saresti?-
-Armin, ricordi ieri?- “Stupido, stupido! E’ certo che non si ricorda di te, che motivo avrebbe? Sei un idiota, Armin”.
-Oh, ciao bello, come stai oggi?- Eren quasi sorride e Armin si sente subito meno teso.
-Bene, grazie-
-Sono contento di saperlo, ora, se non ti dispiace, vai a fanculo insieme ad Hanji- Eren torna a mettere la testa sul cuscino e a chiudere gli occhi. Ad Armin viene subito da ridere, perché dopo quella frase Hanji gli tira una manata sulla testa e per poco non gli urla di alzarsi.
-Ok, ok, mi alzo, va bene- dice Eren sollevandosi e sfoggiando il suo bellissimo pigiama a pallini blu.
-Vado a dire che ti preparino la colazione, la vuoi nella sala?-
-Sì, grazie-
Hanji se ne va e Armin rimane a guardare Eren che ha i capelli spettinati, gli occhi ancora acquosi e rimane comunque tanto bello quanto quando era pettinato e vestito bene. Anche Armin vorrebbe sembrare più come lui.
-Armin, scusa per prima, ma odio tutti senza distinzioni la mattina-
-Non ti preoccupare, mi è piaciuto vedere come Hanji è delicato verso te-
-Eh già. Ehi, aspetta un attimo, avvicinati un po’, avanti, non ti mangio mica-
Armin si avvicina a Eren, che è seduto sul letto, e non sa cosa aspettarsi. Quando è vicino, Eren gli tocca il viso e si sente congelare il sangue nelle vene.
-Ah ecco, mi sembrava che fosse cambiato qualcosa, ti sei rifatto le sopracciglia?-
Armin si sente in imbarazzo e vorrebbe essere lui quello a buttarsi giù dalla finestra, cerca comunque di trovare una scusa ma continua solo a balbettare senza far uscire una vera e propria sentenza.
-Ti stanno veramente bene, non aver paura, sembrano fatte da un professionista, giuro!-
Eren sorride e continua a guardare Armin come se stesse contemplando l’universo.
-Però sei riuscito comunque a tralasciare un piccolo particolare nel tuo aspetto-
-Cosa?!-
-Hai messo la maglia al contrario, scemo-
Eren ride mentre si alza e va verso il bagno. Armin si copre il viso con le mani e sorride anche lui, arrossendo come uno stupido.
-Puoi girarla mentre io mi lavo la faccia, giro che non sbircio-
-E cosa ci sarebbe da sbirciare, Eren? Sono anch’io un ragazzo, sai?-
-Questo è il pericolo, caro Armin, sono un po’ omosessuale, potrei saltarti addosso a ogni momento-
Armin si toglie la maglia e si lascia scappare una risata, ma non riesce a dire nulla.
-CISTO! STUPIDO OSPEDALE DI MERDA! MOBLIT! MOBLIT, VIENI QUI!-
Eren comincia a urlare, spaventando Armin. Non smette di imprecare fino quando non entra nella stanza un infermiere, un uomo che si vede sta cercando di non agitarsi troppo.
-Eren, per favore, calmati-
-CALMATI? COSA PENSATE DI FARE? OGNI SANTA NOTTE SBARRATE LE FINESTRE E PORTATE VIA GLI SPECCHI E MI CONTROLLATE! COSA DEVO FARE? CRISTO! STUPIDI, STUPIDI!-
Eren esce dalla stanza ed entra in quella vicino. Armin e l’infermiere escono e lo seguono; ci sono due ragazze che sono sedute sul letto per mettersi le scarpe ed Eren entra senza nemmeno guardarle, andando verso il bagno. Apre l’acqua e si risciacqua il viso, poi si ferma e appoggia tutte e due le mani sul lavandino e abbassa la testa.
-VISTO? NON HO ROTTO LO SPECCHIO E NON HO CERCATO DI UCCIDEMI CON ESSO!-
Armin va verso Eren, anche se non sa cosa fare.
-Eren, cosa succede? Stai bene?-
-Armin, per favore, non guardarmi-
-Cosa dici Eren? Va tutto bene, devi solo venire con me, hm?-
-No, per favore, non guardarmi così, vattene-
La voce di Eren è bassa e fievole e si sente che sta cercando di trattenere le lacrime. Armin è immobilizzato,
Vorrebbe fare qualcosa, dirgli che tutto è ok, che non si deve vergognare così, ma semplicemente non ci riesce. Hanji entra nella stanza e prende Eren per il braccio sinistro e lo fa uscire portandolo nella sua camera. Armin non sente quello che gli sta dicendo, ma Eren sembra essersi calmato e sta ascoltando, anche se non la guarda negli occhi. Dopo cinque interminabili minuti si alza e viene verso la porta porgendo ad Armin la sua maglia.
-Tieni, stupido esibizionista, ti va se mangiamo la colazione insieme?- dice Eren, sempre evitando accuratamente il contatto visivo.
-Ti ha detto Hanji ti chiedermelo, vero?-
-Beh sì, ma voglio veramente conoscerti meglio, sembri un tipo forte, no scusa, lo sei e non ho molti amici, poi mia sorella se n’è andata a studiare in Inghilterra e sono tutto solo, Dio, mi sento patetico-
-Sei patetico, Eren- Armin gli mette una mano sulla spalla e sorride, cercando di sembrare più figo di quanto lo è già.
-Parla quello che non si è ancora messo la maglia, non che non mi faccia piacere vedere un ragazzo che gira intorno alla mia stanza seminudo, ma credo che non sia il caso, non pensi?-
Armin arrossisce e cerca di recuperare un po’ della sua dignità mettendosi la maglia dalla parte giusta. Eren ricambia la mano sulla spalla e accompagna Armin nella sala, nella quale ora c’è più gente. Ai due ragazzi di prima si è aggiunta una ragazza bionda e bassa, poi ci sono anche altre persone, tutti ragazzi dai quattordici ai venticinque anni, Armin lo sa perché in quell’ospedale i reparti sono divisi in altri ‘piccoli reparti’ che vanno a seconda dell’età.
Eren occupa un posto in una grande tavola che è per ora vuota e Armin si siede di fronte a lui.
-Scusa per prima, ho questo piccolo problema con la rabbia, ehm, già, stamattina era piccolo, di solito è più... -
Eren si sforza di parlare e Armin se ne accorge, così cerca di rassicurarlo dicendogli che non serve che racconti tutto, che non importa, qualunque cosa lui abbia non fa differenza per lui ed Eren apprezza quelle parole e si sente subito meglio.
-Tuo nonno, sta bene ora?-
-Sì, sta benissimo, non mi sembra vero sembra che…-
Entrambi si perdono nelle parole dell’altro e si ascoltano senza interrompersi e senza parlare di cose veramente serie. Si dicono come vanno a scuola, quali materie sono le loro preferite e cose del genere. Armin però sente un senso di stranezza quando Eren inghiotte delle pillole, si era quasi dimenticato che era in un ospedale e che Eren, qualunque cosa avesse, aveva bisogno di cure.
Eren aveva finito la colazione da un pezzo ed erano probabilmente le dieci e mezza e Armin cominciava a sentirsi in colpa per aver lasciato da soli i suoi nonni, ma in quel momento sapeva che stare con Eren era importante. Dopo un po’ Eren si alza:
-Armin, vuoi andare a trovare tuo nonno? Non mi offendo sai, puoi dirlo-
-Beh, veramente, sì, posso?-
-Certo che puoi, devi anche chiedere? Mi accompagni solo in stanza?-
Armin sorride e si alza anche lui. Fuori dalla porta della stanza di Eren (che si trova un po’ lontana dalla sala), Eren mette tutte e due le mani sulle spalle di Armin e poi, per colpa delle medicine che ha preso, vomita su tutta la maglia del biondino.
-Oh per Dio Eren- dice Moblit che corre verso di lui.
-Sto bene, sto bene. Scusa ancora Armin, scusa, oggi combino solo guai-
Anche Armin sta per vomitare, ma non lo da a vede, piuttosto si toglie la maglia di nuovo. Arrivano delle persone in divisa con un moccio e secchi vari; prendono la maglia di Armin e intanto Moblit accompagna Eren nel suo letto.
-Armin, prendi una mia maglia, scegline una dall’armadio e non fare complimenti-
Armin esegue gli ordini e intanto Eren torna a vomitare.
-Moblit, te l’ho sempre detto io che il cibo qui fa vomitare-
Eren alza un sopracciglio e guarda Armin, facendogli un occhiolino.
-Armin, è meglio se te ne vai, non preoccuparti, succede ogni tanto, Eren sta più che bene- dice Moblit e anche a quello, Armin obbedisce e quando chiude la porta riesce a sentire ancora Eren vomitare.
 
 




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Ciao guys, sorry per il ritardo, ma ho avuto una settimana pazzesca che ha incluso il fatto che sono andata a bere una tazza di thè con Satana per scrivere la scaletta di questa storia. Il prossimo capitolo lo pubblicherò quando l’avrò finito (ovviamente), e presumo che lo finirò tra due giorni.
Ringrazio tantissimo le bellissime recensioni che mi fanno sempre commuovere e, e… T-T.
Spero vi piaccia :3
P.S. vorrei scusarmi con l’utente ‘kiara_levi’, non preoccuparti, nel prossimo capitolo ci sarai! :3
Grazie mille a tutti. Grazie Grazie Grazie
Meg. <3
 

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Capitolo 4
*** Capitolo Tre: Nude ***


In Equilibrio.

Capitolo tre: Nude









Quella mattina il nonno di Armin dormì tutto il tempo. Non che non fosse una buona notizia, anzi, ma Armin cominciava a sentirsi veramente solo. Ha provato ad andare da Eren, per vedere se stava meglio, ma tutto ciò che ha sentito da lui era un “Ho probabilmente l’influenza! Non entrare, non voglio contagiarti!”. Non ci crede molto, ma preferisce rispettare Eren e non entrare.


E’ ormai l’una e mezza, nonna decide di andare a mangiare qualcosa fuori e di certo l’idea non disgusta Armin.
-Nonna, potrete tornare a lavorare nel bar?- chiede Armin. Il bar di famiglia è in piedi da quando la nonna è piccola; Armin non può immaginarsi la sua chiusura.
-Ecco, proprio di questo volevo parlarti- nonna sospira e poi, dopo aver bevuto un po’ d’acqua, torna a guardare Armin negli occhi – Armin, i dottori mi hanno detto che sarebbe meglio se il nonno andasse in una casa di riposo-
Armin non può credere a ciò che sta sentendo. Di colpo la pizza gli sembra più amara e inghiottire diventa impossibile.
-No, c’è, sì, ma rimarrà lì per poco, no? Per riposare, giusto?- dice Armin, quasi sputando tutto.
-Caro, non è possibile. Il nonno non riesce più a lavorare ed è tanto stanco, non riesce quasi più a stare in piedi…-
-Lo so, ma, ma cosa ne sarà di tutto?-
-Di tutto? Il bar andrà nelle mani di Nile fino quando non avrai diciotto anni e noi non spariremo, saremo sempre con te-
-Noi? NOI? Anche tu te ne vai?- Ed ecco qui l’attacco di panico. Mani che sudano, occhi pieni di lacrime e il cuore che prima quasi si ferma dopo pompa più veloce di un martello pneumatico.
-Non ce ne andiamo, capiscilo…- nonna sa bene quanto sia difficile per Armin capire che quando delle persone se ne vanno non vuol dire che non ritorneranno mai più. Lo capisce, però non giustifica il fatto che lui si comporti come un bambino ogni volta che succede un fatto così.
-Devo andare in bagno- sussurra Armin, alzandosi dalla tavola e camminando verso la toilette. Quando entra, comincia a piangere e a tirarsi piccoli pugni sulla coscia, incolpandosi poiché suo nonno aveva lavorato troppo e ricordandosi di quanto fosse patetico piangere in un bagno pubblico. Poi, con la velocità di un treno, nella sua mente si materializza l’immagine di Eren che si guarda allo specchio. Ripensa a come le sue mani si muovevano velocemente mentre urlava con l’infermiere e le vene del suo collo che si vedevano sempre di più. Gli sembra di avercelo vicino, con le sue sopracciglia corrugate e sente la sua voce, ma non quella calma e chiara che ha quando gli parla, ma quella rovinata e che sembra quasi entrarti nelle orecchie con la grazie di una motosega. Ripensa alla paura che ha provato quando Eren è uscito di colpo dal bagno o di quando fissava quello specchio come se il riflesso che vedesse fosse il suo peggiore nemico. Torna poi nel presente e si ritrova con il naso nella maglia che aveva addosso, quella di Eren, che odora d’ospedale e igienizzante, soprattutto d’igienizzante. Non dovrebbe trovare quell’odore così confortante, ma non riesce a far a meno di respirare riempiendo i polmoni, dimenticandosi di piangere. Non sa nemmeno se può chiamare Eren un suo amico, ma ormai è troppo preso dalla calma che si sta lentamente iniettando per pensare a quello. Dopo essersi lavato il viso, torna a tavola e si ricorda di non aver minimamente pensato alle cose che sua nonna gli ha detto.
-Armin, tutto apposto?-
-Sì-
-Sicuro?-
-Sì- non può mentire, si sentiva Shinji Ikari mentre tornava a giocare con la forchetta.
-Non ti lasciamo Armin, la casa di riposo è a pochi passi dall’ospedale, puoi venirci a trovare ogni giorno-
Stranamente Armin non ha più bisogno di ascoltare o di mangiare o anche solo respirare, ha solo bisogno di guardare Eren parlare, arrabbiarsi, mangiare, ridere e ha bisogno di prendere una abbracciarlo e dirgli che va tutto bene, che non deve nascondersi quando sta male, che basta che chiami il suo nome perché lui lo venga a rassicurare.
-Armin, ti ho chiesto se non mangi più- chiede la nonna.
-No, non ho più fame, scusa-
-Va bene, allora torniamo a casa, dormi un po’, so che ti sei svegliato presto-
-Non mi serve, ah, ehm, posso farmi un bagno dopo?-
-Certo, lasciamo solo fare una doccia di corsa, tu stai sempre tre ore nella vasca-
-Non è vero, di solito due e mezza-
Nonna ride e Armin si sente sollevato per questo.


Sono le tre e mezza e Armin sta combattendo una guerra: “Scrivo o non scrivo ad Eren?”. Alla fine, dopo aver scritto e poi cancellato il messaggio venti volte riesce a venir fuori con un

Per: Eren
Ciao, sono Armin. Volevo chiederti come stai, voglio dire, stai meglio vero? Spero sinceramente di sì.


Passano interminabili minuti dopo che Armin riesce a sentire un BIP.

Da: Eren
Ehi, era ora che mi scrivessi. Cmq, sto meglio grazie. Che fai di bello? :) p.s. puoi tenere la maglia, tanto mi stava piccola.


Non sa perché, ma Armin comincia a ridere senza freni; che sia per il “cmq” o poiché gli avesse risposto, nessuno lo saprà mai.

Per: Eren
Mi stavo preparando per far un bagno, tu? :) p.s. la maglia mi sta troppo grande, te la ritornerò con lo scontrino


Da dove hai preso tutta questa fiducia in te stesso, Arlert? La nonna esce dalla vasca e Armin entra nel bagno per pulire tutto (ha una piccola mania per la pulizia del bagno) quando sente di nuovo BIP.

Da: Eren
Mi stai tentando Arlert? Spero che dopo quest’affermazione tu m’invii un nude, lo esigo. p.s. la maglia la tieni tu, almeno avrai qualcosa di decente da mettere.


Armin quasi se lo immagina Eren, seduto sul suo letto con un ghigno sospettoso mentre pensa a cosa scrivere per imbarazzarlo.

Per: Eren
Mi dispiace, ma non invio nude. p.s. cosa vuoi dire con quello? Io mi vesto benissimo, stupido, non sai cos’è la moda.


La vasca si sta riempiendo e Armin si sente stupido a rispondere così in fretta. Dio, gli sembra di essere una bambina innamorata. Quando però la risposta di Eren arriva praticamente immediatamente non può non pensare che anche lui stia aspettando i suoi messaggi.

Da: Eren
Ma io voglio un nude :( p.s. TU non sai cos’è la moda, voglio dire, ma hai visto come ti vesti? Io chiamo Enzo e Carla.

Per: Eren
Non invio nude. Non lo farò mai, sorry. p.s. guardi “Ma come ti vesti?!” oh mio dio Eren, o mio dio.

Da: Eren
Ehi, forse “nude” sarà il nostro “sempre” p.s. lo vedo nella sala, non sono io che decido i canali tv :( tu ne avresti bisogno, veramente tanto bisogno


Per Eren:
Hai letto “Colpa delle Stelle”? Oh mio Dio, ti ha rovinato la vita, vero? p.s. io non ho bisogno di un tipo che si veste con la tappezzeria a forma di vestito.


Le risposte arrivano in fretta da entrambi e Armin non può sentirsi meglio.  

Per Eren:
Devo entrare nella vasca ora, sorry :(


Armin si aspettava una risposta, ma il telefono gli cominciò a squillare e lui risponde, senza nemmeno vedere il nome della persona, non ne ha bisogno.
-Eren? Perché mi hai chiamato?-
-Non voglio smettere di parlarti, quindi metti il vivavoce, immergiti nella vasca e parliamo ancora, ti prego-
-Sarà una cosa troppo strana, ma ok, aspetta due secondi-
-Oh Armin, tu non sai quanto mi ha rovinato Colpa delle Stelle, ma ho amato quel libro fino all’ultima pagina…-
Due ore e mezza dopo Armin stava ancora parlando da dentro la vasca e non aveva intenzione di smettere, per quanto la situazione fosse strana. Sua nonna era andata in ospedale già da un po’, quindi quasi urlava per parlare con Eren.
-Sai, Armin, il mi sogno segreto è di poter cantare, sai tipo una cosa professionale-
-Ora ti tocca cantare per me, Eren-
-Mi hai inviato un nude? No. Di conseguenza io non canto-
-Ehi, brutto vecchio pervertito, cantare non è come un nude-
-Ma è lo stesso una cosa privata, soprattutto perché tu sei l’unico che sa di questa cosa, oltre mia sorella. Quindi, se mi vorrai sentir cantare dovrai farmi vedere o sentire qualcosa di tuo che trovi personale, così saremo pari-
-Ok signor Augustus Waters, ora devo uscire e vestirmi, poi vengo in ospedale, quindi ciao-
-Ehi Armin-
-Sì?-
-Nude-
-Stupido-
-Ti prego, dillo-
-Nude-
-Sì, funzionerà-
E poi la chiamata è finita. Armin si è messo la maglia di Eren (una dei metallica che si vedeva era stata usata moltissimo) e dei jeans strappati, si è detto “Se devo sembrar un metallaro è meglio farlo bene”. Esce da casa e sale sul motorino che non aiutava a farlo sembrare più duro e virile dato il colore lilla metallizzato, ma poco importa.


Arrivato, trova suo nonno che mangia qualcosa seduto sul letto.
-Armin! Guarda il mio ometto che si è vestito coordinando i colori! Cara, sei sicura che io non sia morto?-
Armin ride e corre ad abbracciare il nonno. Ha ripreso un colorito sano e sembra più attivo, anche se la voce è comunque stanca.
-Si è vestito bene solo per vedere il suo nuovo fidanzato- dice nonna, sorridendo ai due che non riescono a staccarsi.
-Fidanzato? Armin? Non pensavo che due parole del genere potessero stare nella stessa frase. Cara, sei sicura che io non sia morto?-
-Non è il mio ragazzo, nonna, smettila di chiamarlo così-
Tutti stanno ridendo, tornando a sentirsi a casa. Armin riesce quasi a sentirlo il profumo di casa, ma l’odore di ospedale non lascia le sue narici e sa che se lo lasciano di nuovo solo in una sala d’attesa potrebbe impazzire. Nessuna nomina la casa di riposo e questo fa piacere ad Armin, che non fa altro che cercare di immaginarsi di essere in un altro posto, uno migliore.
-Signore e Signora, sono venuto qua per un piccolo controllo, e per avvisarvi che l’orario delle visite termina tra un’ora e che domani sarete spostati da questa stanza- entra nella stanza il dottore basso e spaventoso dell’altro giorno.
-Buongiorno dottor Ackerman, …-
-Preferisco dottor Levi. Ehi piccolo moccioso, Hanji ti cerca, dovrebbe essere fuori dalla porta- Levi guarda Armin facendolo sentire sotto osservazione, come se cercasse di esaminare tutto il suo corpo. Armin annuisce ed esce trovando Hanji che stava pulendo i suoi occhiali, aveva un’espressione spaventosamente seria.
-Armin, Eren mi ha detto che se ti vedevo dovevo dirti di non andare da lui-
-Cosa, perché?-
-Mi ha anche detto di non dirti assolutamente che lui si sente debole da stamattina e che il suo orgoglio è quasi più grande del suo ego, quindi non vuole che tu lo veda-
Hanji sorride e Armin cerca di fare lo stesso.
-Ok, allora credo che lo lascerò stare, grazie-
-Aspetta, non ho detto di aver finito. Eren ha un problema serio e so che sembra che stia parlando come una mamma, ma ti assicuro che non è solo un problema comportamentale, lui avvolte nemmeno si ricorda di ciò che fa- Hanji si ferma e sospira, probabilmente cercando le parole giuste –ma lo dico per il tuo bene e per il suo, tutto ciò di cui ha bisogno è solo una persona tranquilla vicino a lui, una persona che non lo agiti o che lo faccia impazzire-
-Scusi se glielo chiedo, ma cos’ha Eren?- Armin comincia a preoccuparsi e torna quella piccola vocina nella sua testa che gli dice “Te l’ho detto di non farti amici nell’ospedale, finirai per perderlo e restare ferito”.
-Se tu gli chiedi perché ha fatto quella scenata solo per uno specchio, lui ti dirà che è un’ingiustizia ciò che facciamo- Hanji parlava senza veramente rispondere alla domanda di Armin, semplicemente parlava –ma se glielo lasciamo lì, forse una notte andrà bene, la seconda anche, ma dopo un po’ ci potremmo svegliare per le sue urla, e non credere che io lo dica tanto per dire, urla di dolore e rabbia-
-Cos’ha fatto con le specchio?-
-Vedi Armin, Eren ha questi attacchi di rabbia incontrollabili, ma che non sono come quelli di cui puoi aver sentito parlare, lui prova una profonda rabbia verso sé stesso e il modo in cui va il mondo-
Armin si mise una mano sulla bocca per coprire l’espressione che era decisamente fuori luogo.
-Hai mai visto le sua braccia?- continua Hanji –Quelle sono niente. Lui ha letteralmente cercato di uccidersi, non è un gioco e tu non puoi giocare con lui, ok?-
Armin inghiottisce della saliva e si guada i piedi.
-Io non giocherei mai con lui, ma perché? Perché è così?-
-Quando te lo dirà, credimi, riuscirai a capirlo- ed ecco un’altra risposta a una domanda che nessuno ha posto.
-Dottore, scusi se faccio questa domanda, ma lei è un maschio o una femmina?-
-Importa veramente? Mi rispetta, signor Armin-
-Certo che la rispetto, mi creda-
-Allora per me puoi anche chiamarmi rospo, seriamente, non trovo importante queste sciocchezze di doverci per forza divedere solo perché qualcuno ha due cromosomi X e un altro ne ha solo uno, non ti sembra una stupidaggine?-
Armin annuisce e saluta, tornando nella stanza del nonno, dove Levi continua a fare misurazioni e a leggere cartelle. Quando finalmente se ne va suo nonno sospira –Non ti fa paura anche a te? Quando mi sono svegliato e l’ho visto avrei preferito mi dessero altre droghe, così, tanto per non vederlo mai più- dice sottovoce suo nonno, ridendo verso Armin.
-E’ un bell’uomo però, quanti anni avrà? Venticinque? Trenta? Sembra giovane, sarà sposato?- continua nonna.
-Oh mio Dio nonna, non cercherai di mettermi con lui solo perché ha una buona paga- sospira Armin.
-Ma cosa dici, lo volevo sostituire con il nonno-
E di nuovo le risate animano la stanza. Armin ha sempre sognato una relazione come quella tra i suoi nonni o i suoi genitori, sembra così vera e così surreale allo stesso tempo, come se le stesse scrivendo uno scrittore che ha vissuto la stessa cosa, ma cerca di addolcirla.

Senza che nessuno se ne accorga, il tempo per le visite sta per finire. Armin non vede l’ora di poter uscire e andare a casa a sentire l’odore del pane fresco e delle candele che sua nonna mette dappertutto.
-Armin, vuoi andare a salutare il tuo amico?- chiede nonna
-Cosa, ehm, no, c’è sì, posso?- sua nonna annuisce e Armin corre verso il reparto di Eren. “Solo un saluto, anche fuori dalla porta, andrà più che bene” si dice. Arrivato davanti alla stanza numero due, si ferma davanti alla porta chiusa.
-Dovresti vederlo, Mikasa. E’ tipo una versione kawaii di erwin ma tipo tanto tanto kawaii, sembra uscito da un anime. Poi è così dolce e tenero e intelligente- Eren parla, probabilmente al telefono con qualcuno.
-Poi sta ai miei giochi ed è così silenzioso e tenero, o mio dio, ho già detto che è tenero? Ha un corpo bellissimo, però mi sembra così triste, poi si veste malissimo, ma a chi frega?- parla a raffica e Armin comincia a capire che lo sta descrivendo e sente le lacrime che cercano di uscire dai suoi occhi. Non gli serve più un “ciao”, vuole solo entrare e baciarlo e stringerlo a sé.
-Cosa? No, no, non credo che proprio ora vorrei iniziare una relazione con lui, voglio che tutto vada più piano, voglio conoscerlo bene, anche se sarebbe meglio se non mi conoscesse me, però veramente, voglio che vada tutto piano, voglio continuare a flirtare con lui ancora un po’, è troppo tenero- continua Eren. Dopo un po’ ci lui saluta e Armin sente che i suoi passi che vanno verso la porta, così si allontana e fa finta di star ancora camminando verso essa.
-Oh, Armin, che ci fai qui?- chiede Eren
-Sto per andare e volevo salutarti, non posso?-
Armin nota che Eren è pallido e i suoi occhi sembrano scavati dentro il suo cranio, ma sono comunque comparabili a qualunque bellezza.
-No, va bene. Beh quindi, ciao Armin-
Armin si avvicina e abbraccia Eren, quasi gli vuole sussurrare “Ti prego, portami nel tuo letto ora”, grazie a Dio non lo fa. (Armin non sta seguendo la mia trama di nuovo, dannazione)
-A domani Eren- Armin si gira e cammina verso l’uscita.
-Ehi Armin- lo chiama Eren.
-Cosa?-
-Nude- quel ghigno compiaciuto sarà la morte di Armin.
-No, stavolta non lo dico-
-Nude-
-Smettila, non lo farò mai-
-Nude- Eren fa la solita “faccia da cucciolo” che conquista Armin, dato che la fa così male che quasi fa pena.
-Nude-
-Cercatevi una stanza voi due- una ragazza bassa e bionda passa per il corridoio.
-Ehi Annie, perché non ti cerchi una stanza per dire le tue stronzate?- risponde Eren.
-Vuoi finire di nuovo con il culo per aria, Jeager?- ribatte Annie.
-Quello che hai fatto era un colpo basso. La prossima volta ti ritroverai tu con il culo per aria, Leonhardt-
-Non combatto con i pivelli, pivello-
-Fanculo Annie-
Annie si allontana alzando il dito medio.
-Scusala, lei è Annie, è una mia coinquilina. E’ simpatica però-
-Già, lo sembrava- Armin sorride e torna a salutare Eren, il quale torna nella sua stanza. Armin non potrebbe sentirsi meglio, anche se ora è al corrente di ciò di cui Eren soffre. Non sa cosa pensare. Per questo preferisce non farlo. Ripensa però alle cicatrici che ha visto sul braccio dell’altro ragazzo, alcune sembravano così profonde che quasi non riesce a credere che se le fosse fatte da solo.
Proprio mentre sta uscendo, respirando di nuovo aria fresca, controlla il telefono notando di aver ricevuto dei messaggi:

Da: Chiara
Ehi frà, domani mattina alle dieci in piazza, dovrò dirti delle cose.

Da: Chiara
Armin, non sei simpatico, rispondi.

Da: Chiara
Rispondi


E così altri dieci con lo stesso testo e mittente. L’ultimo invece era da parte di Eren.

Da: Eren
p.s. ti sta veramente bene la mia maglia e quel look da metallaro, dovresti mantenerlo.

Per: Eren
p.s. mi dispiace, preferisco il look da “o sono daltonico o sono solo pigro, non lo saprai mai”

Da: Eren
Allora ammetti di vestirti male! Yuppie! J J J


Armin continua a messaggiare Eren fino quando non arriva sul suo motorino e poi torna a casa, si distende sul suo letto e continua a scrivergli. Il sonno comincia a sedurlo, fino quando, dopo aver salutato Eren, non si addormenta, senza maglia o pantaloni e senza una coperta che lo copri. “Ricorda, alle dieci in piazza” si ripete, ma tanto si sveglierà comunque alle quattro, massimo sei, del mattino e avrà tutto il tempo per prepararsi e ricordarsi tutto ciò che deve fare.
 
6.30 del mattino
Armin si sveglia. Fa colazione, si veste esattamente come ieri: maglia di Eren, jeans strappati e converse rosse (dio lo perdoni).
Alle dieci meno venti è già in piazza e aspetta Chiara, una sua compagna di classe, una tra le prime con cui sia mai riuscito a legare veramente. Aveva poche amiche: Chiara, Christa, Sasha e Mina. Certo, aveva anche lui altri amici per esempio Marco, Jean e per non dimenticare i mitici Jean e Marco e poi di nuovo Marco e Jean. “Sono così popolare” si dice, ma infondo non gli dispiace. Ha gli amici migliori di tutto il mondo, poi ora ha anche Eren e chissà quante altre persone incontrerà.
Alle dieci arriva Chiara.
-Armin, non crederai a quello che ti sto per dire… oh mio dio- gli dice mentre sta ancora camminando verso lui.
-Ciao anche a te, cara-
-Armin, quella maglia, di chi è? Hai un fidanzato? Ma è possibile? Prima miss potato, poi Christa e ora tu?-
-Ferma un attimo, Christa ha un ragazzo? Pensavo fosse lesbica-
Chiara ride, come sempre solare e divertente.
-Questo volevo dirti, Christa ha trovato una ragazza e lei è tipo super spaventosa, sembra la gemella cattiva di Marco e Mina. Lentiggini, alta, magra, abbronzata, lavora come infermiera… ma ora parliamo di te, chi è lui?-
-Un ragazzo in ospedale mi ha vomitato addosso e mi ha prestato la sua maglia, romantico vero?-
-Ospedale?- chiede Chiara. Armin le spiega tutto, tralasciando le cose più personali e il fatto che ogni volta che guarda Eren negli occhi si sente meglio, come se li avesse sempre visti e fossero come quelli di sua madre. Dopo un po’ Armin va a prendere del gelato lasciando la borsa a Chiara e quando torna, la trova con il suo telefono tra le mani:
-Da Eren: oggi Hanji mi ha svegliato ma non c’era il tuo bel visino stamattina, come mai? Faccina triste, faccina triste-
-Oh mio Dio Chiara! Ridammi il telefono!-
-Credo che nel tuo racconto tu abbia tralasciato la parte del “e poi ci siamo scopati felici e contenti”-
Le guance di Armin diventano rosse mentre le sfila il telefono dalle mani.
-Zitta, piccola nana e mangia il gelato in fretta, che tra un po’ piove e oggi non ti meriti un passaggio sul mio Alfredo-
-Non chiamare il tuo motorino Alfredo, ti prego-
Passano due ore così, con loro due che parlano liberamente, come i normali amici che sono, ma Armin riesce a sentire la differenza tra Eren e Chiara. Non è lo stesso parlare con lei. Con Eren riusciva a tirare fuori tutti ciò che sentiva e muoveva spesso le mani e usava molto di più il linguaggio del corpo. Con Chiara invece non ce la fa, certo, è bello parlare con lei, ma sente sempre la pressione di dire solo cose carine, che non la facciano preoccupare. Lui non vedrà mai Eren come uno dei suoi amici, ma solo come il migliore di tutti, un amico con il quale passare tutte le avventure insieme e crescere una famiglia con esso e svegliarsi ogni giorno vicino a lui, quel tipo di amico insomma.
 
 










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Scusate per il ritardo, ma il tempo atmosferico sta prendendo per il culo tutti dove abito io e ci sono stati dei giorni di sole che non potevo perdermi, così per la prima volta in mesi ho avuto una vita.
Spero che il capitolo vi piaccia, sto cercando di riempire tutti i buchi nella trama, ma se avete domande non esitate a farle, sia nelle recensioni sia sul mio blog tumblr: meg-explosion.tumblr.com
AMO SCRIVERE, MA ODIO SCRIVERE, MI CAPITE?
Grazie a tutti per le bellissime recensioni, mi commuovono sempre di più. T-T
Alla prossima, baci
Meg.

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Capitolo 5
*** Gelato al Cioccolato ***


In Equilibrio.

Capitolo quattrogelato al cioccolato












4.48 del mattino
-Mamma, mamma ti prego svegliati- lo ripeto per dieci minuti, senza mai fermarmi. La guardo, vorrei dire che sembra ancora tranquilla, che pare quasi che stia dormendo, ma non è così. La sua espressione è orribile e fa male pensare che l’ultima cosa che ha provato è stata la paura. Disgustato mi guardo la mano grondante di sangue, sposto poi lo sguardo verso destra e proprio nel centro dell’entrata vedo anche mio padre, pallido e immobile.
-Papà, papà, la mamma sta male, aiutami…- la mia voce comincia a tremare –ti prego, papà-. Lui però non si alza, non si muove, non fa nulla. Mi avvicino anche a lui e vedo che la camicia prima bianca, ora è rossa.
-Papà, ti prego, ho tanta paura- voglio solo che si alzino e che tornino a sorridere. Poi capisco, comprendo che non si alzeranno più. Non respireranno, non giocheranno più con me, non mi diranno “Il mio piccolo genio!” quando torno a casa con un dieci. Non mi cucineranno più la pasta e mi diranno che se non la mangio non potrò mai diventare grande e forte, non mi sgrideranno più, non potranno mai più baciarsi. Ho dieci anni e prima d’ora non sapevo cosa significasse veramente morire, ma ora lo so. Ora so benissimo cosa significa, perché non sono morti solo i miei genitori insieme a altre centinaia di persone, sono morto anch’io. Non mi pulisco le mani, non mi asciugo neanche le lacrime che hanno smesso di scendere. Non faccio più nulla, perché anch’io sono un cadavere. Con le mie ultime forse mi alzo, e camminando veramente piano mi vado a sedere sul divano. Continuo a guardare i loro corpi, distesi di fronte a me. Ormai mi sono rassegnato, non vivrò mai più. Non potrò mai più guardare il mio riflesso, vedrei solo carne putrefatta.
Sogno questa scena quasi ogni notte, ma questa volta ha un finale diverso.
Sono ancora seduto sul divano, senza espressione. Vorrei piangere, vorrei reagire, ma non ci riesco. Tutto d’un tratto la porta si apre e una figura nera si entra.
-Armin, Armin andiamo! Sbrigati, dobbiamo andare a ucciderli tutti- riconosco quella voce.
-Ucciderli tutti?-
-Sì Armin, dobbiamo sterminare tutti i titani, senza di te non ce la farei mai-
-Titani?-
-Devi combattere con me Armin, se non ci sei tu io non potrò mai fare nulla-
-Signore, ma io sono morto-
Ho dieci anni e sono morto. Davanti a me c’è un ragazzo vestito in modo strano e il suo sguardo mi spaventa, però allo stesso tempo lo sento così familiare. Vorrei affidarmi a lui, ma sono solo un cadavere, non posso tornare vivo.
-No, non sono morto! Non hai visto? Mi sono trasformato! Hai visto? C’eri anche tu, Armin!-
-Io sono morto, signore-
-Armin, dobbiamo andare, dobbiamo unirci al corpo di ricognizione-
-Aspetti, signore…-
-Armin, ti aiuteremo io e Mikasa, non devi aver paura! Ti staremo sempre vicini!-
Lui sorride ed io chiudo gli occhi per poi riaprirli in un altro posto. Il mare è stupendo, il rumore delle onde è così rilassante. Sono cresciuto, non sono più sporco di sangue e non sono più morto perché sento il calore della mano di Eren.
-Ti avevo detto che ce l’avremo fatta, Armin-
E poi mi sveglio.
 
 
 
 
Armin è di nuovo in ospedale ed è seduto nel letto di suo nonno.
-Hai dormito bene oggi, ometto?-
-Sì nonno- balle. Avrebbe dormito bene se il suo subconscio non stesse cercando di dirgli qualche stronzata. Oggi non si sente veramente bene e chiunque cerchi di avere una seria conversazione con lui potrebbe rimanere traumatizzato a vita.
-Armin, cosa c’è? Ti manca il tuo “amico”-
“Fuck off” stage tre della rabbia di Armin: parlare inglese.
-Se vuoi puoi andare a trovarlo- dice nonna.
“Oh yeah, so my brain can fucking make stupid thoughts about him saving me from that time when both of my parents died” stage 4 della rabbia di Armin: sarcasmo.
-Già Armin, quel ragazzo è veramente carino, oggi è venuto a vedere come stavo-
“He is so sweet and caring, oh god”. (Nemmeno io so se è sarcastico o se è solo pazzo ormai)
-Va bene, vado a trovarlo e dirgli grazie, godamnit-
-Piano con le parole, tuo padre ci ha insegnato un po’ di inglese, ricorda-
Armin esce dalla porta.
 
 
-Eren Jeager che si sveglia la mattina, è proprio una cosa che succede ogni giorno-
-Armin che fa sarcasmo di buona mattina, pensavo lo facesse solo di pomeriggio-
Eren sta piegando delle maglie, sembrano tutte così usate e vecchie. Armin lo guarda per un po’ prima di tornare a palargli. Lo ringrazia per essere andata a salutare suo nonno.
-Comunque, ieri sera mi ha detto che i tuoi nonni vanno in una casa di riposo, ma tu con chi starai?-
Armin non ha una risposta, non ha ancora discusso di questo con i suoi nonni. Vorrebbe non farlo, comincia ad andare in panico solo pensandoci. Cosa farebbe da solo? Riuscirebbe a non sentirsi abbandonato? Andrebbe ogni giorno a trovare i suoi nonni? Magari i ricoveri non sono poi così male, sempre meglio di queste pareti bianche accecanti, i soffitti azzurro sporco che sembrano così vicini a te che ti soffocano. L’aria è tossica, non si riesce a capire qual è l’odore del cibo che danno ai pazienti e quello del disinfettante che probabilmente è presente anche nei bagno schiuma. Tutto non fa altro che far impazzire Armin, si ricorda di quel giorno nel quale è morto. Quella lunga attesa durata due giorni nella quale la vita non ha trionfato. Armin era solo un bambino di dieci anni, un bambino che non piangeva più, che era convinto di essere morto, perché non è solo un sogno. I suoi genitori erano stati uccisi, sua nonna era rimasta gravemente ferita e suo nonno era silenzioso. Nessuno si sarebbe mai aspettato che nella città più piccola e insignificante della terra potesse succedere un evento del genere.  “Shiganshina nel mirino, terroristi l’hanno presa d’assalto e ucciso più di duecento persone” questo hanno scritto tutti i giornali, ma nessuno ha mai voluto aiutare quella città a rinascere.
Tutti sono sempre pronti a romantizzare la vita nella città di periferia, ma non è sempre come la si descrive. Quando vivi in una città vasta comprendi la poca importanza che tu hai nell’Universo, la poca importanza che delle brutte parole contro te hanno, ma in una città piccola ti senti al centro di tutto. Senti che tutti hanno il potere di giudicarti e pensi che abbiano ragione, perché in fondo sono tutte persone che ti conoscono dalla nascita, ti conoscono meglio loro di quanto tu conosci te stesso.
Vale la legge del più forte e Armin è una persona debole. Lo è sempre stato, lui è da solo. Gli sarebbe piaciuto avere degli amici, ma tutto ciò che aveva erano dei bulli che non lo lasciavano mai stare. Anche alle superiori era perseguitato, nessuno sapeva che lui aveva vissuto “l’attacco di Shiganshina” e quindi tutti lo vedevano solo come un altro ragazzo da prendere di mira. Non voleva dirlo a nessuno, non voleva pietà. Voleva solo essere un ragazzo come gli altri, se non di più. Voleva poter correre cento metri senza sputare i polmoni, parlare con gli altri del più e del meno, uscire insieme a tutti. Non lo avrebbe mai fatto e lui lo sa. Sa di essere un fallimento, uno stupido, uno smidollato, un…
-Ehi Armin, va tutto bene, perché piangi?- Eren lo prende per i polsi, sorridendogli.
-Non lo… non lo so. E’ solo che… che tutto è… è….- non riesce in tempo a finire la frase che si ritrova le labbra di Eren attaccate alle sue; no scherzo, solo se lo immagina.
-Cosa succede? Hm?-
-Sto pensando troppo-
-Scommetto che stai pensando troppo a cose a cui  non serve pensare troppo-
-Mhm-
-Scommetto che me ne vuoi parlare-
-Non mi sento pronto-
-Scommetto che vuoi del gelato al cioccolato-
-Quelle due parole messe insieme hanno un suono idilliaco, anche da sole hanno il loro fascino, ma insieme, Dio, insieme mi fanno venire i brividi-
-Sta parlando dei nostri nomi?-
-Gelato e cioccolato, Romeo-
-Allora corro a prendere gelato al cioccolato, solo, non avere un attacco nevrotico mentre sono via, per favore-
Armin ancora non ci riesce a credere, ha un amico. Un amico con il quale vuole passare tutto la vita presentandolo agli altri come suo marito, ma questo poco importa.
 
 
-Quindi Armin, ti stavo dicendo, tu sei tipo troppo carino, quando ti vedo i miei pantaloni cadono subito-
-I tuoi pantaloni cosa?- Armin ride, fallendo nel cercare di pulirsi la bocca dal cioccolato.
-Sì, ti giuro! Che poi, voglio dire, sono un adolescente che non ha mai fatto sesso e sono circondato da super sexy ragazzi, Dio, è così frustrante-
Armin ancora non aveva capito quando la loro amicizia avesse già oltrepassato la barriera delle “battute inappropriate”, ma a quanto pare, ormai c’era già dentro fino al collo.
-Non hai mai fatto sesso?-
-Non che io ricorda-
“Ok, non chiederò quello che voglio chiedere” –Eppure sei un figo-
-Ok, hai presento quando Augustus disegna quella cosa dei cerchi?- *
-Ah sì! Oddei, tu sei tipo l’Augustus Waters del reparto psicologia- Armin continua a ridere sonoramente come non faceva da anni ormai.
-Già, e forse tu sarai la mia Hazel, la mia Alaska, il mio Kieren- Armin guardava Eren stupito, stava veramente flirtando? Era tutto reale? Non si sentiva così speciale da un bel po’, come se per un attimo il mondo avesse rallentato dandogli una chance di rinascere, di essere di nuovo un umano.
-Kieren, chi è Kieren?-
-Non hai mai visto In The Flesh? C’è, è tipo la miglior serie tv che abbia mai visto. Ci sono zombie, ragazzi fighi, poesia, rivoluzione, accettazione, gay, etero, bisessuali, ragazze non morte che sono la cosa più carina del mondo e Luke Newberry, quell’attore mi ha fatto esplodere le ovaie-
-Tu non hai le ovaie!-
-Appunto, è tutta colpa sua- Armin non riesce a prendere fiato, ride troppo e Eren sembra così fiero di se stesso dopo quella battuta. Finalmente il cuore del biondo torna a battere e riesce di nuovo a vedere il mondo a colori.
-Mi piace quando ridi così, Armin, è come se avessi un déjà-vu-
-Sembro una foca che sta per morire-
-No- Eren torna a prendere per il polso Armin –sembri un tricheco che sta per morire-. Armin si alza dal letto puntando il dito verso Eren.
-Con questa, caro mister simpaticone, me ne vado- esclama Armin mentre esce dalla porta, dopo due ore i suoi nonni cominciano a preoccuparsi quindi è meglio tornare subito vicino a loro.
-Non puoi andartene così! Ehi! Ehi Armin! Nude?-
-Nude!- risponde Armin, che non smette di sorridere per tutto il tragitto. Anche quando torna a sedersi sulla sedia nella camera del nonno, mantiene quel ghigno felice.
-Cara, pensi ci sia una spiegazione per questo?- chiedo il nonno, indicando Armin.
-Ha mangiato cioccolata, è sempre felice dopo aver mangiato cioccolata- risponde la nonna.
Ad Armin semplicemente non importa, fa una piccola risata poi va nel bagno per pulirsi il viso.
“Dio, mi sento stupendo” pensa.
 
-Armin, trasferiscono il nonno domani mattina, io andrò la prossima settimana-
La nonna di Armin e lui sono seduti nel bar dell’ospedale. Armin non si sente più agitato però, sente che la sua mente può tornare a pensare razionalmente. Forse la vita che ha vissuto fino a quel momento era solo un attacco di panico molto lungo, forse serviva solo qualcuno che lo aiutasse a superarlo.
-Nonna, con chi starò io-
-Il mio ometto, tra poco avrai diciotto anni e potrai prendere in gestione il bar di famiglia, per ora lo prenderà lo zio John, i dottori ci hanno già aiutato con le carte-
-E nessuno mi ha avvisato-
-Scusa tanto se eri troppo occupato a giocare con il tuo nuovo amico-
-Ma quindi io cosa farò, chi terrà il bar? Io tra un po’ dovrò tornare a scuola e…-
-Zio John è un avvocato, zio John risolve tutto. Ha detto che potresti prendere il bar ed esserne il proprietario, se te la senti, ma solo per mantenere un’attività di famiglia, lui sarebbe disposto ad aiutarti e a diventare, diciamo, il manager del locale; che ne dici?-
-Sembra giusto-
Armin non avrebbe mai pensato che un giorno avrebbe preso in mano lui il bar, ma infondo è l’unico Arlert che può mandare avanti tutto, i suoi nonni sono già stati troppo generosi quando hanno preso in gestione tutto dopo che suo padre è morto. Quel bar è della famiglia Arlert da più cinquant’anni, da quando i suoi bisnonni paterni sono arrivati in Italia dall’Inghilterra. Anche suo zio John Arlert è, per l’appunto, un Arlert, ma lui ha una grande carriera come avvocato e in più ha anche una grande famiglia.
-Mi dispiace che tu debba vivere questo-
-E’ quello che papà avrebbe voluto, beh, avrebbe voluto esserci anche lui, insieme a me e mamma quando io avrei preso in mano il bar e lo avrei fatto diventare il locale più famoso dell’Universo-
-Te lo diceva sempre, non è così?-
La nostalgia è la peggior nemica di Armin. Anche i ricordi più dolci lo possono far soffrire in maniera impressionante.
-Sì, e da piccolo io pensavo che sarebbe stato veramente così, volevo che tutto fosse come lui diceva, però… beh, ero solo un piccolo moccioso-
-Ripeti la parola moccioso e potrei uccidere, quel dottor Levi non faceva altro che dire “Moccioso di qua, moccio di là, stupidi mocciosi, ignorante moccioso”, non credo di poter sopravvivere anche a lungo-
I due tornano a un discorso più leggero. Armin finisce di bere di corsa per tornare a casa il più presto possibile.


 
 
Da: Christa <3
Ymir! Ymir! Ymir! Amo Ymir! <3
 
Da: Eren
Yo, pensavo che sarebbe veramente carino se tu rispONDESSI ALLE MIE CHIAMATE DANNAZIONE.
 
Da: Eren
Sei arrabbiato? Scusa, ma devo chiederti qualcosa di veramente importante
 
Da: Eren
Sono arrabbiato, veramente. Pls rispondi
 
Da: Eren
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“Sette chiamate perse, bene, tutte da Eren, mi ucciderà”
-Pronto?-
-Eren, come mai mi hai chiamato?- Armin è a casa, nel suo giardino, e chiama Eren mentre cammina su e giù, a destra e a sinistra.
-Armin! Allora, devo chiederti una cosa pazza, ma tu dovrai dirmi di sì, ok? Ok. Beh, qui in ospedale di solito fanno una notte di tipo “pigiama party” dove i ragazzi possono invitare un amico o un parente a dormire in ospedale; fa parte della mia terapia dover avere un amico con il quale passare una tranquilla notte insieme-
-Mi stai chiedendo se posso venire io?- “Sì! Sì! Sì! Di che vuoi me, dillo!”
-In verità, sì. Di solito viene Mikasa, ma poiché la mia super dotata sorella è andata all’estero per un corso, beh, io sono solo soletto-
-Beh, sì, per quando però?- “Anche se mi dici “il giorno del tuo funerale” giuro che ci vengo, Dio, quanto voglio venire e stare bene”
-Tra una settimana esatta, veramente, spero che non sia un disturbo per te-
-No, no, va più che bene!- “Sì, Armin Arlert colpisce ancora!”
-Beh, wow, grazie. Ehm, sì, ora dovrei andare, ho una seduta con la mia migliore amica! Il suo soprannome è dottor Hanji!-
Armin si sente al settimo cielo, ma che dico, all’ottavo cielo, al nono, il decimo, il centesimo cielo. Vorrebbe urlare a tutti “Sto per fare amicizia!”, non che non lo farà, ma comunque.
 
Da: Christa <3
Ora ti chiamo, piccolo bastardo <3


“Oggi tutti mi amano, anche io comincio a piacermi. Sarà la pubertà che finalmente arriva? Forse tra un po’ mi crescerà persino la barba”


-Ehi Christa!-
-OmiodioArminnoncicrederaimai-
-Chiara mi ha già detto tutto. Ti sei messa con quella tipa di cui mi parli sempre, eh? Così si fa! Diventate canon!-
-Sì! Oddio, lei è perfetta. Ymir è così, così, waah, mi fa sentire così bene-
-Sono felice per te-
-La amo, ti amo, amo tutti!-
-Già-
La conversazione non diventa gradualmente più interessante, quindi io, come “brava scrittrice”, non vi farò subire le due ore di Christa che ripete quanto Ymir sia fantastica. Ringraziatemi.
 
 
 
 
Mattino, 10.34, ricovero del Santo Cuore;
Armin si sente ancora strano, non riesce a non essere nervoso, anche se ha messaggiato con Eren per ore, sente la sua mancanza, e la sente come se fosse un peso al suo petto, lo vorrebbe vicino a lui, così da poter avere una roccaforte su cui appoggiarsi quando, sicuramente, comincerà a piangere vedendo il nuovo letto di suo nonno, il suo nuovo salotto, i suoi nuovi vicini.
Come aveva pensato, il ricovero è molto meglio dell’ospedale anche se l’odore nauseante esiste anche lì. CI sono un sacco di signore, O.S.S.*, che camminano per i corridoi e passano per l’ampio atrio. I muri sono gialli canarino e il soffitto bianco spento, tutto sembra così calmo; ci sono dei dipinti sui muri, probabilmente realizzati dagli anziani che vivono lì. Nella mente di Armin, però, è tutto estraneo. Sta per lasciare suo nonno, l’uomo che l’ha salvato dall’orrore di Quel Giorno, in un posto del genere. Suo nonno gli sorride dicendogli che sa per certo che si riposerà, che starà meglio, che tutto sarà perfetto, ma Armin ha i suoi dubbi. Non vuole pensare a cosa potrebbe succedere, però non riesce a non farlo. E se contrae una malattia? E sei lo maltrattassero? E se impazzisse? E se…? E se…? E se mi lasciasse per sempre? Tutti questi scenari immaginari non fanno altro che passare nella sua mente senza un attimo di pausa. Tutto va così velocemente, tutto va così piano. E’ come uno stato d’ansia interiore.
   Nonostante tutto però, gli basta un messaggio di Eren per tornare ad essere di nuovo vivo.
 




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*riemerge dagl’abissi più profondi del Tartaro*Ehi!
Mi dispiace per il ritardo, ma sto facendo delle ricerche importanti per questa storia e non lo è ancora finite T-T
Questo capitolo non è un vero e proprio capitolo, è un più un pezzo di storia che non farà altro che confondervi ora, ma sarà veramente utile per capire tutto il resto.
Spero che vi piaccia comunque ^^
Per chiunque abbia domande (o voglia solo insultarmi per aver scritto solo questo in più di una settimana) mi può contattare su Tumblr : meg-explosion.tumblr.com ^^
Grazie mille, come sempre, a tutte le bellissime recensioni <3
Baci, Meg. 





*: Nel libro di John Green “Colpa delle Stelle”, uno dei personaggi  principali è Augustus Waters, un ragazzo che ha sofferto di cancro è ha perso una gamba. Nel libro usa un diagramma di Venn disegnando un cerchio grande che rappresenta i vergini e al centro di esso uno più piccolo che rappresenta i ragazzi di diciassette anni con una gamba sola. Se volete saperne di più cercato su google “Diagramma di Venn”.
**O.S.S.: operatore socio sanitario.
 

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Capitolo 6
*** Capitolo cinque: Liquirizia ***


In Equilibrio.

Capitolo cinque: Liquirizia
















-Chiara, devo portare due pigiami?-
-Perché mai dovresti portare due pigiami?
Armin sta preparando un borsone da potare con sé quando andrà a dormire da Eren, cioè tra due ore. Si sente agitato e avrebbe voluto preparare tutto prima, ma ora è solo in casa. Lo avrebbe aiutato sua nonna, ma lei è in una casa di riposo e Armin è stato costretto a comportarsi da adulto e come ogni persona responsabile avrebbe fatto, ha chiamato delle sue amiche per aiutarlo.
-Chiara! Non serve essere così aggressive!- dice Christa, l’angelo salvatore di Armin –E’ il suo primo pigiama party, è molto agitato, povero cucciolo- se solo Christa non vedesse Armin come suo figlio.
-Ve l’ho detto, non è un pigiama party, è più una terapia, capito, robe così- le richiama Armin
-Chiamala come vuoi, ma se mister bomba sexy t’invita a una notte con lui io, non prenderei quel pigiama- interrompe Sasha, ma da quando c’è anche Sasha?
-Non ce la farò mai, ok, chiamate Eren e ditegli che sono morto o cose del genere-
-Questi boxer con sopra scritto “Boner” dove li hai trovati? Devi assolutamente metterli!-
-No! Oh mio Dio, uscite da casa mia, lasciatemi solo nella mia disperazione-
Armin comincia a cercare un pigiama che abbia meno di sette anni, ma non riesce a compiere la sua missione.
Ormai sa perché si sente così nervoso, l’ha realizzato tre giorni fa, l’ultima volta che lui ed Eren si sono visti; ha capito che si sta veramente innamorando di lui. Gli manca la sua voce appena smette di parlare, quando guarda altrove vuole solo girargli il viso e guardare nei suoi occhi; è spaventato. Ha già avuto delle relazioni con ragazzi, ragazze e altre persone, ma non si è mai sentito così dopo pochi giorni. Gli viene quasi voglia di piangere quando ci pensa; fanculo le farfalle nello stomaco, lui ha un milione di api che continuano a pungerlo.


Dopo un’ora Armin è pronto ed è solo. Continua a cercare cose, a controllare se il telefono è carico, a lavarsi i denti. Non ha un attimo di pace, continua ad agitarsi e a immaginarsi cosa potrebbe accadere, quante brutte figure potrebbe fare…

Da: Eren
Ei ke dici di venire  qui adesso?


“Eren usa le abbreviazioni, che cosa da nerd” pensa Armin, mentre sorride, perché infondo, ama anche il modo in cui Eren riesce a sbagliare almeno tre parole in un messaggio.
Prende il casco, sale su Alfredo e parte, concentrandosi sulla strada. Sono le nove di sera ed è tutto scuro, in più ha piovuto e l’asfalto è bagnato.


-Armin!- quando Armin vede Eren all’entrata dell’ospedale, fermo esattamente nel punto nel quale si sono incontrati, si sente il cuore in gola.
-Wow! Che figa la moto! Lo posso chiamare Alfredo o è ancora troppo presto?-
Armin ride, quasi piangendo, senza un motivo. Armin guarda Eren nel viso e nota che le sue labbra sono blu, deve sentire freddo in pigiama.
-Eren, senti freddo? Prendi la mia giacca-
-No, è solo perché sono fuori da due ore perché avevo paura tu arrivassi prima e volevo accoglierti, stando fermo devo aver preso un po’ di freddo, ma non importa, dai entriamo. Parlando di freddo, questa estate fa schifo, non pensi?- Armin riesce a capire che Eren è agitato: sta parlando velocemente e in più continua a muovere le mani, quanto vorrebbe stringergliele e farlo smettere, ma non poteva farlo.

Quando arrivano nella stanza di Eren e Armin apre la porta, vede un ragazzo che sta mettendo un piumino nel materasso che c’è a terra. Armin lo riconosce subito, è il tipo che faceva colazione con la giacca e la sciarpa addosso la mattina che Hanji aveva obbligato il biondino a svegliare Eren.
-Oh, Bertholdt, Levi ti ha dato il piumino- dice Eren, sedendosi sul suo letto.
-Eh già- Bertholdt è molto alto e indossa un cappello di lana rossa che gli copre tutti i capelli.
-Bene! Io vado ad avvisare Hanji che Armin è qui! Torno subito, ok piccolo angelo?- Eren stava cominciando a chiamare Armin con dei nomignoli, e Armin lo amava, amava ognuno di essi (beh, forse alcuni sono discutibili, ma comunque). Eren esce dalla stanza, lasciando un silenzio imbarazzante.
-Io sono Bertholdt, piacere di conoscerti! Eren parla sempre di quanto sia simpatico il suo nuovo amico! Scusa se sono vestito così-
Bertholdt ha una coperta (invernale) sulle spalle e delle pantofole azzurre, anch’esse invernali.
-Piacere, io sono Armin. Non preoccuparti, i miei capelli sono molto più inguardabili-
-Sempre meglio dei miei-
Bertholdt si toglie il cappello e Armin vorrebbe solo tirarsi un pugno in faccia dopo di ciò che ha detto.
-Sai come si dice, il cancro potrà prendersi i miei capelli ma non la mia vita-
-Mi dispiace, mi dispiace molto-
-Non devi dispiacerti, non sei tu che ha fatto impazzire le mie cellule-
Quel ragazzo non fa altro che sorridere dolcemente, come se stesse parlando di quanto fossero belli i suoi fratelli. Armin non può far altro che sorridere anche lui e sa che deve assolutamente cambiare argomento, non crede che Bertholdt abbia molta voglia di parlare della sua malattia.
-Cosa ti ha detto Eren su di me? Spero solo cose belle-
-Certo! Non fa altro che dire che ha finalmente trovate ‘Il migliore amico che supera tutti i migliori dei migliori amici’, ma vi conoscete solo da una settimana, vero?-
‘Migliori amici’, quelle parole sono così amare.
-Meno di una settimana! Non ci credo che dica cose così!-
-Sì! E poi ha fatto vedere a tutti quella foto di te con il tuo gatto, mi dispiace molto per questo, ma comunque era molto carina!- Bertholdt sembra sollevato e Armin sta per morire dall’imbarazzo. Si siedono entrambi sul letto e cominciano a parlare, anche dopo che Eren è entrato nella stanza.
-Ehi Bertholdt, torna dal TUO amico biondo, lui è mio- Eren mette un braccio intorno alla spalla di Armin appoggiando la testa sulla sua spalla.
-Ok, hai ragione, io ho già ben due amici biondi, lui lo posso lasciare a te- dice Bertholdt, continuando a sorridere come se stesse confessando il suo amore.
-Bravo ragazzo, ora muovi il culo o ti mordo-
Bertholdt esce salutando e sistemandosi il cappello.
-Eren! Potevi essere un po’ più gentile!-
-Nah, lui sa che gli voglio bene, non ha bisogno che glielo ricordi ogni singolo minuto-
Armin guarda Eren notando come le sue sopracciglia gli diano sempre un’espressione irrequieta.
-Ehi Armin, ora devo parlarti di una cosa seria, però prima devi metterti il pigiama, dobbiamo abbuffarci di schifezze e distenderci su quel materasso- l’espressione di Eren è tremendamente seria, il cuore di Armin non riesce a resistere e sta per fermarsi.
-Ho mandato Reiner, un amico, a prendermi tutti i tipi di cose che si mangiano di solito in occasioni del genere, mi ha portato un mucchio di roba buona-
Armin continua a vedere un Eren irrequieto, strano. Spera che ciò che gli voglia dire sia la sua storia. Vuole sapere ogni particolare, da qual è stata la sua prima parola al perché lui fosse in un ospedale. Vuole conoscere tutto di Eren, entrare nella sua vita e non lasciarla più, vuole viverlo.
-Allora io mi cambio, spero proprio che il mio pigiama non sia troppo sexy, sarebbe veramente imbarazzante- Armin cerca di scherzare per far risvegliare l’Eren che ha conosciuto.
-Voglio proprio vedere il tuo viso il mattino, com’è?- dice Eren, ancora seduto nel letto.
-Ti dico solo una cosa: io sono una persona mattiniera, per quanto me ne vergogni, riuscirai ad accettarmi anche se ora lo sai?- Finalmente Armin vede gli occhi di Eren illuminarsi un po’.
-Fuori da questa stanza Armin, fuori da quest’ospedale e fuori da questo pianeta, non c’è abbastanza ossigeno sulla terra per far vivere anche le persone che si svegliano presto-

Armin prende il pigiama che ha scelto, uno completamente bianco e con i pantaloni tagliati da lui che arrivano fino al ginocchio (quello più decente che possiede). Senza nemmeno accorgersene, Armin si toglie la maglia e si mette quella del pigiama, solo quando si sta per togliere i pantaloni, si ricorda di non essere l’unico nella stanza.
-No, non fermarti, continua pure a mostrare tutta la merce a un ragazzo affamato, continua-
Armin diventa rosso e vuole solo scappare via e seppellirsi in qualche luogo lontano. –Non credo che ci sia tanta merce da esporre comunque-
Eren schiocca la lingua e si mette una mano sugli occhi.
-Ok, ora non vedo, puoi continuare il tuo momento esibizionista-
Armin si cambia in fretta e si siede sul materasso che è disteso a terra. Eren fa lo stesso, ma prima prende una borsa di plastica piena di leccornie varie.
-Ti piace la liquirizia Armin?-
-Io amo la liquirizia-
-Bene, perché io odio la liquirizia, tu mangi le caramelle che ti piacciono ed io anche, così vediamo se siamo quei tipi di persone che mangiano ciò che all’altro non piace, ci completeremmo così-
Armin si trattiene dal baciare quella faccia assurdamente tenera e cerca di concentrarsi sul cibo e non pensare troppo al fatto che Eren si comporti in modo strano.
-Eren, cosa mi devi dire?-
Eren ingoia una di quelle caramelle allo zucchero che Armin odia.
-Ho preparato un discorso con Hanji perché voglio e ho bisogno che tu sappia ciò che mi succede-
Armin ferma la bocca e guarda Eren, quell’espressione che ha è difficile da leggere, è come se stesse parlando a se stesso, ma allo stesso tempo volesse comunicare qualcosa al mondo intero. I due si distendono, Eren guardando il soffitto e Armin guardando Eren.
-Quando avevo dieci anni, la mia mamma è morta- Eren si ferma –a Shiganshina- Armin a quel punto si mette già a piangere. Sente le lacrime che scendono e il naso che cade.
-Anche tu sei di Shiganshina, vero Armin?- Il biondo annuisce, asciugandosi il viso con le mani. Eren non ha girato il viso, sembrava veramente concentrato nel continuare la sua storia.
-Beh, io ho visto mentre quei bastardi sparavano a mia madre- fa una pausa, prendendo un respiro.
-Eravamo soli, io e Mikasa, mia sorella, mio padre era via per lavoro e ci ha salvati un poliziotto- Gli occhi di Eren diventavano sempre più rossi a ogni parola che aggiungeva.
-Mi sono sentito come spazzatura perché non ho potuto salvarla, avrei dovuto farlo! Anche se avevo dieci anni! Non m’importa, dovevo riuscire a salvarla! E’ colpa mia! E’ COLPA MIA!- Eren aveva cominciato a urlare e a piangere, Armin gli prende la mano, stringendola forte e solo in quel momento Eren lo guarda negli occhi.
-Scusami, allora, ti stavo dicendo, io e Mikasa siamo rimasti sempre soli, dato che quel pezzo di merda di mio padre si è quasi dimenticato di noi. Per tre anni non ho fatto altro che piangere, gridare, tirare pugni, arrabbiarmi, ma per mio padre era tutto solo una reazione alla morte di mia madre- Sulle guance di Eren continuavano a scendere lacrime.
-Mi sentivo come una persona abbondonata e vedevo tutto nero, tutto vuoto, volevo solo scappare-
Armin gli stringe forte la mano ed Eren ricambia, indurendo tutti i muscoli del braccio.
-Quando avevo tredici anni mio padre si è risposato ed è durante quel periodo che ho avuto i miei primi episodi maniacali e depressivi-
Armin sapeva a cosa si riferiva, l’avevano letto una volta a scuola.
-Disturbo bipolare- dice Armin, con una voce fievole.
-Esatto, è così che mi hanno detto appena mio padre mi ha portato da Hanji- Eren comincia a singhiozzare e Armin riesce a capire quanto deve essere dura per Eren ripensare a quei momenti, lo capisce perché anche lui ha vissuto delle cose che rivede ogni giorno, in ogni cosa che fa.
-Mi hanno portato qui perché mi sono quasi ucciso, le cicatrici che ho sull’addome sono di quella sera-
Eren porta la mano di Armin sulla sua pancia.
-Mi disgusto- dice Eren –Tu dici “non ho tanta merce da far vedere”, ma in realtà sei fantastico e tutti ti vogliono e so che è dura anche per te, ma non capisco perché ti devi odiare! Non odiarti, mandami più foto che puoi di te che sorridi, lo meriti, lo meriti tanto-
-Vale anche per te lo stesso- risponde Armin, continuando a stringere la mano di Eren che ora è di nuovo sul materasso.
-Scusa, mi sono perso, è che ho preparato il discorso, dov’ero?-
-Mi stavi raccontando di quando ti hanno portato da Hanji-
-Ah già- Eren prende un respiro profondo –Quando mio padre ha descritto la mia situazione Hanji ha subito ipotizzato la bipolarità, così mi ha cominciato a seguire e mi ha prescritto delle medicine- Eren continua a fissare il soffitto, la sua voce ha un tono più basso di quello che usa di solito e i suoi occhi sono gonfi e rossi.
-Qualcosa però non andava perché non era possibile che io avessi ereditato la bipolarità, ma ormai era provato che ne soffrivo e anche le medicine non mi facevano effetto. Io continuavo a vomitare, insonnia, sete, tremore alle mani, non reagivo bene insomma-
-Sicuro di voler continuare?- chiede Armin, cercando di utilizzare la voce più chiara e dolce che ha, ma il fatto che stesse piangendo non lo aiuta.
-Devo continuare, ne ho veramente bisogno- risponde Eren, singhiozzando a ogni parola.
-A quattordici anni l’ho rifatto, ho, ho-
Eren piange e smette di parlare. Armin gli strige la mano, avvicinandosi sempre di più a lui, cercando con tutte le sue forze di resistere dal baciargli le guance e gli occhi, asciugando con le sue mani quelle lacrime.
-E allora Hanji ha preferito ricoverarmi, anche perché dopo ero veramente depresso e le medicine mi facevano star male e tutto di me era, ed è, un casino- Eren si gira guardando Armin negli occhi e cercando di sorridere nel modo meno spaventoso possibile.
-Ma ora va meglio, il litio* non mi fa stare male e non ho episodi da molto tempo, sto meglio, io sto…- Eren non riesce più a trattenere il pianto.
-Sto da schifo! Sono inutile! Creo solo problemi e non faccio altro che casini! Sono io il solo che sta distruggendo tutto! Mikasa ha bisogno di proteggermi perché io non sono nemmeno capace di difendere me stesso! Non ho potuto nemmeno difendere la persona più importante della mia vita! Lei non c'è più ed io sono ancora vivo solo per continuare a creare casini! sarei dovuto morire!-
A quel punto Armin mette le mani sulle guance di Eren, costringendolo a voltarsi verso di lui.
-Non dirlo mai più Eren, non devi dirlo mai più! Sei vivo e questo è importante! Tu sei importante! Forse non per tutti, ma per me lo sei, anche dopo solo pochi giorni. Sei importante per Mikasa e sei importante perché un giorno tu sarai una persona migliore! Hai tutto davanti a te! E se proprio hai bisogno di proteggere una persona allora proteggi me! Ho bisogno che tu mi protegga, lo necessito per esistere-
Armin cerca di usare le parole giuste, usare il linguaggio del corpo in modo che Eren capisse veramente ciò che vuole dire.
Eren abbraccia Armin premendo la sua bocca sulla sua fronte.
-Armin, scusa per ciò che ho fatto- sussurra.
-Cosa hai fatto?- risponde Armin, anch’esso sotto voce.
-Tanto tempo fa, tanto tempo fa-
Il biondo non sente le parole che sta borbottando Eren, decide di ignorarle, si starà scusando senza un motivo preciso, pensa.


Per quanto Armin ami stare così vicino a Eren non riesce a sopportare che stia l’altro stia ancora piangendo, così si alza, mettendosi a gambe incrociate sul letto e facendo alzare anche Eren.
-Eren, vuoi un po’ di dolci?-
-Tutti, ti prego-
Armin porge a Eren un sacco di qualcosa.
-Armin, andiamo nel mio letto e guardiamo uno dei film che ho scaricato- dice Eren che sta ancora masticando un marshmellow.
-Sì, sarebbe veramente forte-
Mentre entrambi si spostano per arrivare al letto nessuno dice una parola, ma quel silenzio non è per nulla imbarazzante o vuoto, è semplice silenzio.
 
Dalle dieci di sera fino alle due e mezzo di notte non hanno fatto altro che guardare film, mangiare e scherzare. Armin metteva i piedi freddi sulla gamba di Eren ed Eren rispondeva spostandolo sempre di più verso la sponda del letto.
-Eren! Ti sei pulito le mani sporche di cioccolata sulla mia maglia!-
-Toglila allora, te ne do una io-
-Non serve, va bene anche così-
-Non fare i capricci e levati la maglia, uomo cioccolata-
Armin si toglie la maglia mentre Eren va a cercarne una nell’armadio.
-Tieni quella che ho addosso-
Eren lancia ad Armin la maglia che ha addosso.
“Qualcuno accenda la luce, prego tutti gli dei perché mi facciano vedere quel corpo”
-Ok, mi sa che è ora di andare a dormire, buonanotte Alfredo-
-‘Notte-
 
L’odore tossico dell’ospedale ora riempie i polmoni di Armin, non sente più il profumo di Eren. Quel tanfo gli fa venire mal di testa e gli ricorda momenti che non vorrebbe mai rivivere. Si sente in trappola su quel letto di ospedale, potrebbe semplicemente andare a dormire nel materasso vicino a Eren, ma non ha il coraggio di provarci. Sente come un’ondata di freddo attraversargli tutto la spina dorsale, arrivargli fino al cervello e paralizzarlo. Si copre la testa con le lenzuola e lo sente, il profumo di Eren. Dolce e fresco. La maglia che indossa ora ne è impregnata. Così Armin la porta al naso e prende molti respiri.
 
“Non so cosa mi potrà portare il futuro
ma voglio che lui sia lì
voglio continuare a guardarlo
a sentirlo
a viverlo.
Voglio che tutto ciò che farò ruoti intorno a lui
voglio amarlo senza contegno
o condizioni
voglio essere capace di farlo.
Il suo sorriso è perfetto
il modo in cui ride è perfetto
e anche se lui ha molti difetti
io li amo.
Voglio svegliarmi ogni giorno con lui accanto
Voglio morire di lui
Annegarmi nei suoi pensieri
Perdermi nelle sue parole
Non ci sarebbe morte migliore
Vivere una vita con lui
vivere due vite con lui
Voglio solo averlo per sempre
Guardarlo e sapere che sono suo
e lui è mio
Lui è tutto ciò che io voglio e di cui ho bisogno.
Lui è lui
Io sono io
Potremmo essere un noi”


Scrive Armin su un portafoglio che aveva portato con sé.
“Perché scrivo queste cose? Non ho mai scritto queste cose” pensa Armin.
 












-------------------------------------------------------------------------- 
 
Fun facts:
1- Armin ha un paio di boxer con sopra scritto “Boner” (erezione) che ha comprato sua nonna, ignara della traduzione della parola (Per dirla tutta ne ha ben quattro, ma questi sono dettagli)
2- Christa e Armin vengono spesso scambiati per gemelli o fratelli e ogni tanto si fingono tali
3- Chiara è l’user Kiara_Levi
4- Ho pianto mentre scrivevo la scena con Bertholdt
5- Alcuni dei fogli su cui avevo scritto cose per questa storia sono volati via poiché li avevo lasciati fuori. (YAY!)
6- OGGI E’ IL COMPLEANNO DI threeare_alex E QUESTO E’ IL SUO REGALO, AGURI!
 
 
 
 
 
Disturbo Bipolare: Il disturbo bipolare, o maniaco-depressivo, è un grave disturbo della psiche che provoca forti sbalzi dell’umore, dell’energia e del comportamento. Colpisce circa 1,2% della popolazione, e può avere una componente genetica.
Questo disturbo colpisce in eguale misura maschi e femmine. Il disturbo bipolare è caratterizzato da episodi maniacali (fasi di eccitamento) e da depressione che possono durare giorni o mesi. Il Disturbo Bipolare è generalmente cronico e può durare per la vita con episodi ricorrenti che spesso si manifestano durante l’adolescenza o nella prima età adulta, a volte anche durante la fanciullezza e normalmente necessita di cure per tutta la vita.
 
Litio*: •       Il litio è stato usato a lungo come il primo farmaco per curare la mania acuta in persone con il disturbo bipolare. Il litio è efficace per prevenire il manifestarsi della mania e per trattare l’episodio di lieve - moderata intensità dopo che è iniziato. Per alcune persone però il litio è inefficace e per altri presenta effetti collaterali non tollerati.
 
Note:
Ciao, vorrei ringraziare tutti e dirvi che anche se non rispondo subito alle recensioni mi fanno sempre piacere, ma dal telefono è difficile fare molte cose.
Spero che questo capitolo vi piaccia, e anche se è corto ha molte informazioni dentro, per questo ho deciso ti “tagliarlo”. Il prossimo capitolo sarà più lungo e conterrà una della sidestories che ho immaginato (lol).
Chissà chi saranno i personaggi dato che i foGLI MI SONO VOLATI VIA, DANNAZIONE. Non preoccupatevi, ho tutto nella mente! (EH!)
Grazie a tutti di nuovo! E per chi volesse contattarmi lo faccia sul mio blog tumblr: meg-explosion.tumblr.com
Meg.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


In Equilibrio.

Teaser (per ora)



Credo io debba delle spiegazioni a tutti.
Questo capitolo è corto poichè è solo un modo per poter porre fine al dilemma che mi tortura da giorni: Jeanmarco o non Jeanmarco? 
Scrivendo questa storia mi sono venute in mente altri piccoli racconti che sono come una backstory ad alcuni personaggi (es: Jean, Sasha, Levi e il mio povero Berthold) 
Ora, il mondo ha bisogno di moolto più Eremin, per questo i personaggi principali rimarranno quei due simpaticoni di Eren e Armin, ma dato che devo mantenere la mia posizione di persona che non riesce a concentrarsi solo su una cosa, penso che sarebbe bello se si aggiungessero le esperienze di più coppie e persone, poichè fermarmi solo su genere romantico non è esattamente il mio stile e credo di dare il mio meglio quando descrivo sentimenti e situazioni un po' lontane dall'amore.
Ok, sto parlado (scrivendo) troppo.
Comunque, rispondete a questa domanda: CE LE METTIAMO 'STE BECCSTORISSSS SI' O NO?
Grazie mille <3
p.s. mio cugino mi ha riportato i fogli che mi sono volati via (io e il mio amato cugi abitiamo praticamente nella stessa casa) e quando lo ha fatto mi ha guardato negli occhi dicendo "Non so chi cazzo siano Eren e Armin, ma hanno un sacco di problemi". Che funny cugi.






"Temo sia un po’ come la mia vita, tutto conversazione e niente azione […] I miei personaggi se ne stanno seduti in poltrona e chiacchierano."

--Oscar Wilde

 
 
 
 




-Eren, svegliati-
-Fanculo-
-Eren, ti prego, devi veramente alzarti-
-Sush-
-Non fare “Sush” a me-
-Sush-
Sono le sette di mattina e Armin ha solo bisogno di qualcuno che gli dica che va tutto bene. Non ha avuto incubi, per fortuna, ma svegliarsi in un ospedale è stato come un fulmine a ciel sereno. Quando ha aperto gli occhi, ha visto il soffitto e gli è sembrato che stesse crollando, che lo stesse per soffocare.
Eren non è di aiuto, sembra così abituato a vivere in un posto del genere, un posto dove ti manca il respiro anche se solo provi a pensare ad esso. Armin capisce che è possibile che Eren non sia ancora abituato a vivere in questa stanza, spera anzi che non pensi ad altro oltre che andarsene, vivere e non restare in un posto nel quale ogni due secondi gli viene ricordato che qualcosa è andato storto nella sua vita, qualcosa che non si può aggiustare e che continuerà ad affliggerlo per sempre.
Armin si avvicina al materasso dove Eren è disteso, il suo lenzuolo bianco che gli copre tutto il corpo, testa compresa, tranne qualche ciuffo di capelli.
-Eren, per favore-
-Hanji arriva tra poco Mikasa, torna a dormire-
-Sono Armin-
-Hanji arriva tra poco Armin, torna a dormire tesoro-
Armin si mette a gambe incrociate vicino a Eren e rimane in silenzio. Nota come il suo respiro rallenta e poi torna rapidamente alla normalità, come, pur restando addormentato, strofina il dito sotto il suo naso. Vede i suoi piedi muoversi e i suoi occhi aprirsi per pochi secondi, per poi tornare chiusi. Armin proprio non riesce a immaginarselo depresso, sembra vivo anche mentre dorme.
-Vuoi rimanere a fissarlo ancora per un po’ o posso interromperti?-
Ah, Hanji; da quanto tempo è lì? Poco importa, ora Armin desidera solo poter fermare tutto o almeno restare tranquillo a preoccuparsi solo se Eren sente freddo invece che farlo per tutto; non si può fare però, perché ci sono le responsabilità, c’è una guerra che aspetta e nessuno può tirarsi indietro.
-Ti devo fare un paio di domande e meno Eren interviene meglio è-
Armin, con tutta la riluttanza che ha nel cuore, si alza e annuisce guardando Hanji negli occhi.
-Allora, primis, Eren ha parlato di qualcosa di personale?- Hanji sorride, come sempre d'altronde, ma il suo tono non è quello di sempre, sembra quasi un’altra persona se si ascolta solo la voce; è serio e importante.
-Beh, mi ha raccontato perché è qui e cos’ha, ma non ha detto come si è sentito o cose del genere-
Hanji si avvicina ad Armin e si aggiusta gli occhiali.
-Abbiamo preparato un discorso io e lui, giacché me l’ha chiesto, non pensavo che fosse già pronto a raccontartelo-
-Se non gli avessi stretto la mano, non sarebbe riuscito ad andare avanti-
-Si è anche lasciato toccare? Lo hai drogato per caso? Ma cos’hai tu?-
-Quattrocchi, cristodio, smettila di disturbare tutti e vieni qui- una voce interrompe Hanji, Armin guarda verso sinistra e ciò che gli appare davanti sembra quasi un fantasma, una visione ultraterrena, quella creatura sembra quasi un essere… oh, è solo Levi. Però Armin sente una strana sesazione a guardare il dottore mentre si muove o a sentire la sua voce, sembra che tenti di nascodere qualcosa; certo tutti vedendo Levi provano emozioni, si può dire, ambigue, ma il modo con il quale guarda Armin o Hanji ha qualcosa di profondamente contorto. Forse è solo protettivo verso Eren, gliel'ha anche scritto una volta: Levi tenta di proteggerlo a tutti i costi, anche adando contro alcune persone. Però deve esserci di più, pensa Armin, Levi è specializzato in chissadiocosa ma di certo non in psicologia, eppure passa molto tempo insieme ad Eren o ad altri ragazzi in quel reparto; cosa fa? E' un volontario? Improbabile. Vuole allargare i suoi orizzonti? Ma che diamine significa allargare i propri orizzonti? Fatto sta che gli occhi di Levi non sono normali, è lo stesso sguardo che ha Eren e che ha Sasha ogni tanto e che anche Armin stesso riconosce di portare. Cos'è questa sensazione? Deve sapere qualcosa in più.
O forse è solo un dottore come gli altri che non ha nulla da fare allora si mette a gironzolare per l'ospedale, chi lo sa.
-Levi, lasciami fare il mio lavoro-
Il dottore non risponde, ha le braccia incrociate e guarda il verso il pavimento, più precisamente verso Eren.
-Alzati cadetto Jeager, o giuro che dovrai pulire tutto il casino che hai fatto-
-Sissignore-
Armin guarda Eren incredulo.
-E’ così che si svegliano i mocciosi, ora se non porti la tua faccia da me ed Erwin, Dio mi perdoni, ti faccio diventare il c…-
Hanji chiude la porta e urla un -Non far riaddormentare Eren!-.
-Armin? Io torno a dormire-
-Eren!-
Armin torna ad avvicinarsi al materasso e scuote Eren.
-Eren, so che non stai dormendo-
-Zitto, sono solo le otto e mezza-
-Cosa devo fare per farti alzare?-
-Ciò che hai appena detto aveva un doppio senso veramente divertente- Eren si mette seduto e si arruffa i capelli –per questa volta hai vinto-
Armin sorride e subito si ricorda del suo aspetto, cercando anche lui di sistemarsi i capelli.
-Adiamo a fare colazione?- dice Eren con il sorriso stampato in faccia.
-Devo vestirmi?-
-Vestirti? Sei per caso nudo?-
-No, ma voglio dire, andiamo in pigiama? Poi devo essere un orrore, nemmeno voglio immaginare-
-Armin, a nessuno importerà del tuo aspetto, che per dirla tutta è più che gradevole, se c’è una cosa buona di questo posto è che tutti si fanno i cazzi loro, poi non ho lo specchio in bagno, se vuoi lavarti la faccia puoi farlo però-
Armin annuisce e va verso il bagno, cercando di non ricordare a se stesso essere in un ospedale, voleva far credere al suo cervello di trovarsi in campeggio, in vacanza, qualsiasi altro posto che non fosse quello nel quale si trova, ma è più difficile di quanto sembri.
Entrato nel bagno, nota che è molto piccolo; c’è un box doccia, un bidet, un water e un lavandino, tutto sembra essere stato compresso. Il bidet e il water sono la prima cosa che si vede e a sinistra c’è la doccia, anch’essa stretta e lunga a destra si vede il lavandino. E’ tutto bianco, ma la lampadina emana una luce calda e quindi tutto sembra gialliccio e sì, sto descrivendo un bagno come se fosse la cosa più interessante del mondo, dovrei smettere, ma Armin non me lo permette poiché continua a fissare quelle pareti con un po’ di paura. Di solito dai bagni delle case altrui si riesce a capire che tipo di persona essi siano; se gli asciugamani sono in ordine, se ci vivono due o più persone basandosi sul numero di spazzolini, se tutto è colorato oppure più serio; però il bagno di Eren è morto.
Come Eren ha detto, manca uno specchio. Armin prova a sciacquarsi il viso, ma è molto più difficile senza specchio.
-TI devo aiutare ?- chiede Eren
-Sì, grazie-
-Ti faccio la coda?-
-Mhm-
Armin si toglie l’elastico che ha sempre intorno al polso e lo porge a Eren.
-Da quanto ti fai la coda?- Eren ride e Armin nota un filo di nostalgia nella sua risata.
-Iniziate le superiori non trovavo tempo per andare a tagliarmi i capelli e così ho cominciato a legarli-
-Stai bene così-
Eren infila le mani tra i capelli di Armin e li comincia a raccogliere, sorridendo ogni volta che Armin si lamenta o fa un piccolo urlo. Vorrebbe che quel momento durasse per sempre; non gli sarebbe dispiaciuto restare a pettinare i capelli di quel ragazzo per l’eternità.
-Ok, credo che possa andare bene, fatti vedere-
Armin gira la testa guardando Eren negli occhi.
-Perfetto-
-Mi hai fatto la coda altissima!-
-Ti sta bene-
-O mio Dio, mi ricorda la fontanella che mi facevano i miei quando ero piccolo, solo che ora deve sembrare più un salice piangente-
-Andiamo salice piangente-
Armin annuisce e per poco non prende la mano di Eren.
 
BIP

Da: Jean Kirschfine

Madre caduta e ora in sala radiocoso. Io sono in ospedale, tu? Incontriamo all’uscita quando hai tipo finito di fare ciò che devi fare.
Più che un messaggio sembra fax, ma comunque.
Armin ha appena finito di bere del cappuccino e decide di rispondere al messaggio



Per: Jean Kirschfine

Sto facendo colazione e poi come fai a sapere che sono qui? E’ stata Chiara vero? Comunque, come sta tua madre? :( Mi dispiace molto per lei.


-Con chi ti scrivi?- Eren ha la bocca sporca di latte al cacao e la luce che viene da una piccola finestra gli illumina il viso solo a destra e gli fa sembrare la pelle bianca e gli occhi gli brillano quasi fossero di vetro.
-Un mio amico- risponde Armin, arrossendo al vedere il viso di Eren quella mattina.
-Devi andare?-
-No, no, mi ha solo detto che è anche lui in ospedale-
-Oddio, sta bene?-
-Sì! Sua mamma è caduta e deve essere in radiologia e mi ha chiesto se potevamo vederci dato che sarà annoiato-
-Puoi andare se vuoi-
-No!- la conversazione comincia a farsi imbarazzante e Armin non riesce quasi più a sostenerla dato che Eren da risposte troppo veloci. –Scusa, volevo dire che poiché Hanji ti ha lasciato libero da tutte quelle sedute che devi fare e ti ha anche dato un po’ di libertà solo per stare con me quindi starò con te-
Questa volta è Eren che arrossisce sentendo quelle parole.
-Vuoi venire con me?-
-Non vorrei imbarazzarti-
-Perché dovresti?-
-Perché sono io-
-Già e i gatti fanno miao. Non devi preoccuparti di come gli altri ti vedono e poi Jean non è quel tipo di persona, aspetta che gli rispondo e dico che vieni anche tu-
-Hai detto Jean?- Armin non sente ciò che dice Eren e prende il suo cellulare.

Per: Jean Kirschfine

Viene anche Eren :))))) Siamo subito lì!


Eren e Armin si sbrigano a finire la loro colazione e Armin va in camera per vestirsi e prendere il suo borsone.
-No Armin, io chiamo Enzo e Carla-
-Smettila Eren-
Eren apre di colpo la porta del bagno dove Armin si stava togliendo il pigiama e gli prende la maglia viola prugna che ha messo sul lavandino correndo verso l’uscita della stanza.
-Eren!- grida Armin mentre corre verso di lui, senza maglia.
-No, mi dispiace!- Eren esce dalla porta seguito da Armin. Bastano pochi secondi perché Armin realizzi di essere a torso nudo davanti ad altre persone e subito comincia a sentirsi imbarazzato, non dalla situazione, ma dal suo corpo: un torso piatto e pallido nel quale le uniche cose che lo distinguono da quello di una bambola di porcella sono delle smagliature ancora rosse sui fianchi. Si gira e torna subito in camera chiudendo la porta. Eren non prova nemmeno a bussare, consapevole del grande errore che ha fatto.
Passano due minuti, che ad Armin sembrano due anni, prima che la porta si apra e salti fuori una mano che tiene stretta la maglia di Armin; ma non è definitivamente quella di Eren poichèche le dita sono lunghe e slanciate che ricordano quelle di un pianista.
-Posso entrare?- la voce è subito riconoscibile: Berthold
-Sì, entra-
-Scusami, ma ho visto Eren che si stava aggressivamente sedendo su una sedia e stava aggressivamente corrugando le sopracciglia stringendo, sempre aggressivamente, una maglia-
-Fa sempre le cose aggressivamente?-
-Aggressivamente è il suo secondo nome-
Armin lascia uscire una piccola risata e va verso Berthold.
-Grazie-
-Di niente. Dovresti andare a controllare il signor Aggressivamente prima che…- Berthold si tappa la bocca –scusa, stavo per fare una battuta stupida e insensibile-
Armin accenna un “non fa niente” e tutto vestito esce insieme a Berthold che lo lascia con un saluto.
Eren è seduto sulla sedia in cui era prima, i pugni serrati e le sopracciglia corrugate lo fanno sembrare un teppista di strada, quasi come se stesse per programmare il prossimo colpo.
-Signor Jeager, lei è stato decisamente scortese e poco educato- Armin cerca di stabilire un contatto visivo con Eren, ma non ci riesce –ma la perdono- finalmente Eren alza lo sguardo e vede Armin che lo invita a mettere il braccio sotto il suo.
-Scusami, non pensavo fosse un problema-
-Sei scusato-
-Non dovrebbe essere un problema, sai?-
Armin fa schioccare la lingua –Dai, andiamo, così conosci Jean-
-Pfft, ultimamente  sto facendo troppi amici, cosa ne sarà della mia reputazione da asociale?-
Eren prende il braccio di Armin e si alza dalla sedia e insieme vanno verso l’uscita dell’ospedale.


 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8: Jean e Marco ***


In Equilibrio.

It's all about jeanmarco, baby.























All my frieds ask me why I stay strong
Tell 'em when you find true love it lives on
Ahhhhh, that's why I stay here-

Tutti i miei amici mi chiedono perché rimango forte
Gli dico che quando trovi il vero amore, vive in eterno
Ahhhhh, ecco perché resto qui

-Dark Paradise
-Lana del Rey



































-Jean! Jean! Siamo qui!-
Armin cammina verso Jean, tenendo Eren stretto per il polso.
-Jeager?- chiede Jean, storcendo il naso quando vede il ragazzo davanti a sé.
-E’ uno scherzo, vero?- risponde Eren che aveva gli occhi rossi a guardare quella figura che sembra quasi un fantasma ai suoi occhi. Armin era confuso e stava in piedi davanti ai suoi due amici.
-Vi conoscete?- chiede il biondo, interrompendo lo scambio di sguardi tra Jean ed Eren.
-Ci conosciamo? Lo stronzo mi ha insultato a morte per tutte le medie-
Jean aveva il viso pallido e sembrava sul punto di svenire.
-Non pensavo che potesse finire così! Un ospedale? Voglio dire, scherzi?-
-Scherzo? Ti sembra che scherzo, cazzo? Pensi che tutto ciò che mi dicevi, tutto ciò che hai fatto con i tuoi amici fosse così divertente? Chiamarmi frocio solo perché ho detto che Leonardo Di Caprio è figo? Darmi del pazzo perché devo prendere delle medicine? Urlarmi addosso ricordandomi che non ero come voi?! Grazie, Jean! Grazie!-
-Mi scuso umilmente. Ho fatto degli errori, Eren! Ero uno stupido, pensavo di avere amici, pensavo di essere normale! Volevo essere solo normale, ma so che ho sbagliato, lo so; non credere che il mio stomaco non si sia mangiato solo per il rimorso che provavo! Ho capito cosa si prova, ma non pensavo che tu potessi arrivare a tanto-
-Mi avete tolto molti sogni, Jean, tu e i tuoi amici. E Mikasa? Ricordi quante volte ha dovuto quasi ucciderti? Fanculo Jean, fanculo-
Armin mette una mano sulla spalla di Eren tentando di calmarlo, ma niente funziona. Però non riesce a capire la sua reazione, a prima vista sembra arrabbiato, ma i suoi occhi sono quasi pieni di amore, come se volesse così tanto bene a Jean da essere felice di vederlo.
-Eren, ho dimenticato qualcosa in stanza, vieni a prenderla con me?- dice Armin, cercando di portarlo via da quella situazione.
Eren annuisce, dando un ultimo “sguardo del terrore” a Jean.
 
-Lo hai fatto apposta, vero? Portarmi via- chiede Eren che è ora seduto nel letto.
-Sì-
-E non hai nulla da prendere, vero?-
-No-
Eren si alza, andando verso Armin e portando la sua mano verso la guancia di Eren.
-I tuoi nonni stanno bene?-
-L’ernia di mia nonna è peggiorata e mio nonno è sempre più stanco-
Armin va ogni giorno nella casa di riposo a vedere come stanno i suoi nonni, quasi si dimentica di finire i compiti di matematica.
La sua giornata è composta di: aiutare lo zio nel bar di famiglia, fare compiti, andare dai nonni, andare da Eren e tornare a fare i compiti per poi rilassarsi dieci minuti con un libro tra le mani o con qualche film al computer. Vorrebbe dire che per lui è semplice, che vivere così lo fa stare bene, ma non è così. Vorrebbe togliersi qualche peso dalle spalle, poter stare un minuto senza pensare a nulla; quello è uno dei momenti tanto ambiti da Armin.
Eren ha tolto la distanza tra le loro fronti e gli massaggiava la nuca con la sua mano morbida.
-Devi andare da Jean, Armin-
-Lo so-
Un silenzio segue le loro parole e nessuno dei due vuole spezzarlo.
-Vado, Eren-
-Ciao, piccolo fiume-
-Spirit il cavallo selvaggio? Seriamente?-
-Sì, piccolo fiume-
Tutti ridono e non si muovono di un centimetro usando come scusa le risate. Alla fine Armin si arrende e va verso l’ingresso.
 
-Ok, cosa hai fatto ad Eren, stronzetto?- dice Armin, comminando aggressivamente verso Jean.
-Alle medie lo prendevo in giro-
-Eri un bullo? Potevi dirmelo prima, Jean!- ora che Armin pensavo a Jean mentre rideva di qualcuna, mentre faceva uscire dalla sua bocca insulti senza senso gli veniva in mente tutte le volte in cui lui ha dovuto fare da vittima a questo violenze.
-Se ti dico che mi sono sentito di merda anch’io, cosa mi rispondi?-
-Karma, bastardo-
Jean si stava scompigliando i cappelli; Armin non si arrabbia spesso, ma quando lo fa, lo sa fare bene, Dio se è bravo a mettere in riga tutti quando vuole.
-Puoi chiederlo a Marco, Armin! Ho sofferto molto per le mie azioni e me lo sono sentito sulla pelle, quindi è meglio che sta zitto, ok? Perché non posso continuare con questo discorso!-
Jean sta per piangere e Armin non riesce proprio a vederlo in quelle condizioni.
-Jean, lui soffre di bipolarità, ha una malattia-
-Cazzo-
-Non è tutta colpa tua- la voce di Armin era nettamente più calma e pacata e i suoi occhi avevano un velo di pena e compassione che li coprivano.
-Quindi significa che potrebbe tornare a deprimersi senza una causa scatenate, vero?-
-Sì-
-Te ne sta innamorando, vero?-
-Più o meno-
-Non puoi farlo Armin, lo sai che ti ferirà! Per favore, esci con qualche bella ragazza della scuola, non farti del male!-
-Farmi del male? Cosa dovrebbe farmi del male? L’unica cosa che mi ferisce di più sono le tue parole Jean, come puoi dirle? Qualunque cosa succeda Eren rimarrà nella mia vita, depressione o no e tu di certo non mi farai cambiare idea!-
-Non dico questo, Armin, dico che se finisci per innamorarti veramente, se mai lo vedrai in stati penosi, con altre cicatrici, perché sì, esistono anche loro; le ho viste e non puoi negare che non siano spaventose, tu sarai tanto morto quanto lui, Armin. Si può sopravvivere a un cuore spezzato, ma non a vedere il proprio amore distruggersi-
-Come sai queste cose, mister io-so-tutto?-
-Perché sono innamorato, Armin! Innamorato da più di due anni e non riesco nemmeno a immaginare cosa potrebbe succedere se Marco non fosse con me! Cosa potrei fare? Che scelta avrei? Mi ucciderei o mi arruolerei nell’esercito, perché sono innamorato!-
-Vedi!? Tu ritenevi il tuo amore impossibile ed io ti sono sempre stato vicino e non ti ho mai voltato le spalle!-
-E’ diverso, Armin! Il mio amore non è in uno fottuto ospedale!-
Armin stava piangendo, mettendo una mano sullo suo stomaco e piegandosi.
-Pensi non lo sappia? Vaffanculo Jean! Sei uno stronzo!-
Oh no, quella strana sensazione allo stomaco che viene prima di crollare.
Armin mette il casco, la giacca e sale su Alfredo.
Jean rimane in silenzio con i pugni serrati e comincia a pesare alle parole di Armin.
 
 
“Ero un quindicenne ferito, stanco e con un futuro da disoccupato; avevo pochi amici e molti rimpianti. Dicono che gli amici te li scegli, ma non è mai stato così per me: il primo essere umano che prova a parlarmi diventa istantaneamente il mio migliore amico, perché cerco in continuazione qualcuno che mi faccia sentire come un personaggio principale di qualche libro, che malgrado sia uno sfigato cronico, con una gamba, mezzo braccio, tre occhi e non parli mai con nessuna ragazza dopo una rivisitatina al suo look  diventa un playboy con mille amici e una ragazza che lo fa sentire amato. Cercavo quello da anni, pensavo di averlo trovato una volta, ma era solo una grandissima stronzata. A quindici anni avevo già rinunciato a cercare una persona che mi amasse e non che solo mi sopportasse. Tutti hanno degli amici però, e per quanto odi dirlo, io avevo solo Connie, una testa rasata che la stessa sera che avevamo pianificato di festeggiare il nostro bellissimo quattro in matematica, ha travato una ragazza con la quale passare la notte.
Non sapevo proprio cosa fare quando ho ricevuto un messaggio che diceva “ho trvt na pupa e n pss prp! Scs!” mi sono letteralmente cadute le palle. Mi stavo per preparare per bene, lavandomi sotto le ascelle e tutto, ma poi ho rinunciato. Ricordo di essermi avvicinato a uno specchio e il mio riflesso ha detto “Sono di Dolce&Gabbana quelle borse che hai sotto gli occhi?”. Gli specchi ironici sono sempre stati il mio peggior nemico.
Sono comunque uscito da casa, la mia felpa azzurra mi faceva sentire protetto dall’eventualità che qualcuno volesse parlarmi.
Sono entrato in questo bar, erano le sette e mezza di sera e avevo intenzione di bere tanta Coca Cola quanta un americano medio ne beve ogni settimana. Insomma, mi sono guardato in giro e la prima cosa che noto è che non sono il più miserabile all’interno del locale. Mi ero portato appresso il mio quaderno, dove faccio degli schizzi, quello che non uso per scuola, perché sì, frequento il Liceo Artistico, giudicatemi pure.
Mi siedo su un minuscolo tavolino, uno di quelli altissimi che ai baristi piace abbinare con quelle sedie sulle quali ci sta stento un sedere di un bambino di dieci anni, anch’esse naturalmente più alte dell’Everest. In una posizione che definire scomoda è decisamente contraddittorio rispetto alla realtà, noto un ragazzo, vestito come un damerino, che beve un caffè ed ha le movenze di un cervo. Volevo veramente ricordarmelo, sentivo l’assoluto bisogno di restare sempre fermo a fissarlo, senza spostare mai lo sguardo. Di solito non disegno le persone che vedo per strada, ma quel ragazzo era qualcosa di più. Non sembrava umano, era come vedere un Dio e le lentiggini che aveva erano costellazioni, gli occhi erano due grandi pianeti che splendevano. Tutto di lui era rassicurante e mi sentivo sicuro mentre tracciavo la linea delle sue mani, come se non avessi mai disegnato altro. Il suo naso mi veniva naturale, senza nemmeno una piccola imprecisione; avrei fatto di lui la musa per tutti i miei disegni. Avrei superato Monet, Dalì, Van Gogh, e sarebbe stato tutto merito di quella figura, di quel ragazzo che era talmente affascinante e incantevole che Dorian Gray in confronto è un cesso. Lo dico con sicurezza, perché non ci sono occhi azzurri o capelli biondi che superino in bellezza i suoi occhi color caramello e i suoi capelli fatti d’ebano.
Devo averlo fissato per troppo tempo, perché mentre cercavo la gomma pane nel mio zaino ho alzato lo sguardo e me lo sono trovato davanti.
-Scusa, volevo sapere come stava andando, il mio ritratto- mi disse, con un sorriso compiaciuto in faccia. Oh no, non posso farti vincere la guerra delle battutine simpatiche.
-Signor Gray, credo proprio che questo disegno sia venuto così bene che invecchierà con lei-
-Mi stai comparando a Dorian Gray? Chi sei tu, il figlio di Oscar Wilde?- la sua voce era preghiera.
-Scusa, se ti ho disegnato, ma di solito non disegno bene e tu eri lì e mi dicevi “Guarda prova a disegnarmi!” o così l’ho fatto-
Parlo sempre troppo, è un vizio che non mi son mai tolto. Mi sentivo in imbarazzo, stavo diventando rosso come un pomodoro, ma anche il ragazzo vicino a me non era da meno. Era anche più bello, mentre faceva quella faccia da “Smettila di farmi complimenti”. Anche quel piccolo accenno di doppio mento mentre cambiava espressione o rideva troppo era magnifico. Sono rimasto così infatuato dal suo modo di apparire che quasi avevo dimenticato che per quanto ne sapevo poteva essere un rapitore o un assassino, ma da lui mi sarei fatto anche uccidere e non vorrei offendere nessuno quando dico che non avrebbe nemmeno dovuto offrirmi caramelle per portarmi a casa sua. Insomma, lo stavo guardando, mentre lui sbriciava i miei disegni, arrossendo sempre di più. E’ certo che arrossisce, penso, non tutti giorni s’incontra un disastroso studente del liceo artistico che non ha niente da fare se non stalkerare chiunque.
-Sei veramente bravo, sembro quasi figo nei tuoi disegni-
Lo avrei schiaffeggiato, con amore, ma poiché lui non si riteneva decisamente più figo di quanto viene rappresentato in questi segni senza senso lo avrei ucciso.
Più lo guardavo più mi veniva voglia di piangergli addosso e volevo ringraziare Connie perché se ci fosse stato lui non avrei mai agito da stalker e Marco non sarebbe mai venuto a parlarmi. Connie rimane comunque un miserabile pezzo d’immondizia ai miei occhi, ma sorvoliamo.
Lui mi ha offerto una Coca Cola, blaterando di quanto fosse stato difficile prendere la patente perché lui dall’occhio destro ci vede poco, poi mi ha parlato di come il suo sogno fosse sempre stato quello di fare la guardia, ma a sedici anni il suo problema all’occhio è peggiorato e allora mi sono venuti i brividi. Il me quindicenne non si era reso conto di parlare con una persona più grande di lui.
-Scusa, quanti anni hai?-
-Diciannove, perché?- Marco mi ha risposto seccamente, fissandomi negli occhi. Mi sono fatto schifo da solo. Me l’hanno sempre detto che io attraevo i guai verso me e infatuarsi così profondamente di un ragazzo più grande di me mi sembrava un guaio troppo grosso.
Io però ero Jean il freddo, Jean il misterioso, non capivo perché mi ero sentito così a terra dopo quella rivelazione e perché tutti i filmini mentali che mi ero fatto cominciavano a sembrarmi dolorosi. Io che vado dalla mia mamma con la mano intrecciata a quella di Marco e, con le lacrime agli occhi e il vento che mi scompiglia i capelli, le dico che io amo un uomo e che lui ama me? Tutta una stronzata.
Marco che mi porge un anello con sopra incise le parole “Mi vuoi sposare?” ed io che lo abbraccio urlando un sì? Stronzata pure quella.
Pensavo che Marco avesse una vita propria, pensavo che io sarei stato per lui solo un episodio divertente da raccontare ai suoi figli o nipoti. Provavo l’amaro di aver perso il mio unico sogno. Il dolore era quasi fisico; perché quando finalmente si trova l’anima gemella ci deve essere sempre qualcosa che te la fa allontanare?
Per un momento avevo sperato di aver trovato la fine a tutte le mie crisi esistenziali da quindicenne un po’ viziato, speravo nel miracolo che mi portasse verso una vita non perfetta, ma bella. Per qualche secondo mi ero innamorato, forse gran parte era amore verso l’immagine che mi ero fatto di Marco, ma sentivo molto di più.
Così ho buttato nella spazzatura i miei sentimenti. Avrei potuto sposare una bella ragazza, avere dei bei figli e una bella casa con una bella macchina, ma la mia vita non sarebbe stata bella; ora che avevo visto Marco niente sarebbe stato come lui.
Non volevo una moglie, figli, case o macchine, volevo il suo numero per poterlo chiamare sempre e sentire la sua voce, ma non siamo in un romanzo rosa.
-Dovremmo parlare di nuovo, Jean.  Sei così interessante, mi sembra di conoscerti da una vita- mi disse Marco, svelando quel piccolo sorriso imbarazzato che solo io volevo aver il privilegio di vedere. Cristo, ma come si può essere angelici persino mentre si sorride con baffi di cappuccino, la barba un po’ trascurata e i capelli scompigliati?
-Devi sembrarti monotono- ma sentite questo quindicenne che usa paroloni come “monotono”! Patetico Kirschtein, hai davanti la reincarnazione di Apollo e  cosa fai? Ti rendi ridicolo facendo affermazioni da stupido.
-Il contrario, Jean! Sei veramente simpatico e intelligente e divertente! Vorrei esistessi solo tu in questo mondo?-
Volevo si tappasse la bocca. Pensando razionalmente un futuro con lui non sarebbe stato possibile, ma infondo a me c’era sempre la speranza che un giorno ci saremmo chiamati “Amore”.
-Sarebbe un mondo alquanto noioso- ecco un’altra delle mie perle su “come farsi fighi davanti all’uomo della tua vita”.
-Oh Jean, non dire questo di te stesso. Domani ci sarai vero? Voglio vedere altri dei tuoi disegni, li adoro! Vorrei aver più tempo per parlare con te, ma sono le undici e domani dovrò dare un test di scuola guida, scusami-
-No, scusami tu, grazie per la Coca Cola, pago io domani, voglio dire, se vuoi vedermi anche domani, io sarò qui perché ehm, il mio amico si è trovato una ragazza e io sono solo-
-Non vorrai cominciare a bere? Quanti anni hai? Sedici? Diciassette?-
-Ne ho quindici e comunque io non bevo, non ho mai bevuto- sei un attore nato, Kirschtein, mi fai quasi schifo.
-Quindici? Wow, disegni come un professionista-
-E’ solo perché tu non sei un esperto, probabilmente, ed evidentemente non ne sai niente di anatomia perché senno avresti notato che ti ho fatto il braccio un po’ troppo lungo e le orecchie sono un po’ troppo piccole; mi faccio schifo-
-Vorrei avere più tempo per dirti quanto stupida è la tua affermazione, ma ora non ne ho. Scusami, ci vedremo domani allora, Jean-
Il modo in cui si stava alzando, appoggiando le mani su tavolo, come se non avesse paura che esso cedesse e si spaccasse, ed io lo ammiravo per quello.


 
Ero tornato a casa a piedi e non m’importava per nulla del buio che mi circondava, tantomeno m’importava di ladri o dell’uomo nero, volevo dimenticare Marco. Volevo far finta che fosse tutto sogno, per mantenere la sua bellezza e purezza; tutti sanno che i sogni son meglio della realtà. Avevo voglia di qualcosa da bere e non era dicerto una Coca Cola ciò di cui aveva bisogno.
Era un sabato sera, mia madre faceva la notte in ospedale e mio padre era a dormire con mia nonna, cosa che capita spesso poiché mia nonna non sa nemmeno quando è il suo compleanno ormai; povera donna, mi avrebbe fatto anche pena se quella vecchiaccia non mi avesse fatto allungare le orecchie di dieci centimetri a forza di tirarmele.
Sapevo dove c’era la riserva, nell’armadietto vicino alla collezione di tazze di mio padre.
-Due, tre e una bottiglia di vino-
Dovevo chiamare Armin, lui è il mio migliore amico, lui mi avrebbe richiamato dopo qualche ora e mi avrebbe fermato nel mio intento di distruggere tutti i pochi neuroni funzionanti.


-Armin, chiamami quando hai finito di studiare le tue stupide scienze umanistiche che ho molta birra e poca voglia di rimanere sobrio- avevo dovuto lasciare un messaggio in segreteria e quel bastardo.
Non mi piaceva molto la birra, ma ho scoperto che quando pensi tato quella scenda come se fosse olio. Ripensavo a Marco e cercavo di imprimermi in testa che non avrei dovuto farlo ancora. Così ho cominciato a pensare ai miei voti in matematica che erano troppo sotto alla media, ai miei genitori che non si sbattano dei miei risultati in arte e continuano ogni giorno a ricordarmi del fallimento che sono in scienze. Pensavo a quanto amassi la chitarra, ma non avevo mai avuto le palle di dirlo ai miei e mi ero allenato con dei video su YouTube. Pensavo al mio futuro, a come nessuno al mondo avrebbe mai potuto apprezzare chi io ero e di colpo mi è tornato in mente Marco; Marco che mi ha detto più cose gentili lui in due ore che tutta la mia famiglia in quindici anni.
No. Non posso.
Mi stavo ricordando di tutte quelle brutte esperienze con i miei “amici”. Di come mi sia comportato da stupido con Eren o con Mikasa e la prima bottiglia era andata.
Poi la seconda.
Infine la terza.
Ogni tanto ripensavo a quelle dolci lentiggini e quei capelli colo dell’ebano che Marco mi ha mostrato.
Inizio il vino, fa schifo, di solito il vecchio ha vini migliori. Mi squilla il telefono, il mio cervello non ragiona più.
-Jean, come stai? Cosa succede?-
-Malco mi ha destrutto Almin, te lo dico io-
-Chi cazzo è Malco?-
-No Malco! Idiota! Io sto parlando di quel, ehm, angelo? Shi, di quell’angelo che prima mi ha rovinato la vita-
-Ora capisco tutto, quel Malco! Il famoso Malco!-
-Ho detto Marco! Lui ha diciannove anni e sarebbe tipo troppo illegale-
-Hai fatto qualcosa d’illegale? Jean, dimmi tutto, ok?-
-No, stupida merda, farmelo sarebbe illegale! Voglio dire, per ora quattro anni sono troppi! Io ne ho quindici, lui diciannove, cosa può venire fuori? Niente, te lo dico io-
-Quindi c’è questo Marco che ha diciannove anni e che tu ti vuoi fare, ma è tipo illegale? Ma cosa cazzo dici, Jean?!-
-Ascoltami, Armin, il mio fegato sta per farsi strada attraverso le mie interiora, il mio neurone è in lutto e ho ancora mezza bottiglia di vino scadente, può solo dire che Marco è diventato la mia vita. Marco è il mio principe azzurro ed io non posso averlo! Ricordi quado ti ho detto che pensavo di essere aromantic? Sarei tipo super romantic con lui, Armin. Voglio disegnarlo per sempre, voglio solo che tutto cambi e che i miei non mi vedano solo come un nome vicino ai voti scolastici e che qualcuno s'interessi a me e che per una volta, una sola, tutto vada bene. Per quanto io voglia credere che tutto andrà bene, non riesco a farlo! Come farà tutto ad andar bene?-
-Jean, smettila di bere, dormi, vomita l’anima e comincia a capire che tutto andrà per il meglio! Fanculo la legge, Jean! Vai là fuori e portati Malco a letto quanto vuoi!-
Dopo ho chiuso il telefono, penso, o forse mi sono solo addormentato, non ricordo.
Ricordo che la mattina avevo ancora le lacrime agli occhi e mio padre aveva buttato via tutte le bottiglie, lasciando solo quell’aria di delusione intorno a me.
 
Da: Connie il super macho
Ehi amico tt ok?? Ieri e andata bn? Dimmi!


Per: Connie il super macho
No e smettila di cambiare il tuo nome nella mia rubrica


Da: Connie il super macho
Mai amico. Cmq, come mai così stronzetto gg?


Per: Conie il super macho
Post-sbornia

Da: Connie il super macho
Sei una stupida merda, Jean.

 
La testa non mi faceva poi così tanto male, ma lo stomaco mi faceva morire. Volevo morire, avevo bisogno di farlo.
Erano le due di pomeriggio ed io dovevo fare i compiti di matematica, ma a quel punto on m’importava un bel niente.
Marco.
Di lui m’importava ancora, anche dopo tutto ciò che ho fatto per dimenticarlo.

Da: Armin
Tutto bene? E Marco? Ancora illegale?


Per: Armin
Mi odio. Odio tutti, tutti tranne te che sei la luce dei mie giorni. Ti prego Armin, sposami.


Da: Armin
Nah, Anna si arrabbierebbe :)


Quello stronzo ha sempre avuto un ragazzo, ragazza o trans che sia. Lo giuro, ha avuto (e continua ad avere) in mano tutte le mutande di chiunque lo conosca.


Per: Armin
Fanculo tu e la tua vita amorosa del cazzo. Regalami un fidanzato, cazzo.


Da: Armin
Da quando sei gay?


Per: Armin
Facciamo che mi dai un gatto così non sono né gay né eterosessuale.


Da: Armin
Gattosessuale


Per: Armin
sposo un gatto


Da: Armin
Sposa tanti gatti


Credo che la mattinata sia andata avanti così, io e Armin che parlavamo di gatti. Lui sa sempre come distrarti, come risolvere momentaneamente un problema. Fatto sta che io non sono mai riuscito a superare il trauma di vedere davanti a me tutti i problemi che mi hanno accompagnato per la vita, lasciando segni indelebili.
Proprio nel momento in cui ho pensato che la cura che mi serviva era racchiusa in un uomo, ho compreso che questa suddetta cura fosse troppo lontana da me.
Ero solo, ma avevo Armin. Ora capisco cosa vuole dire. Lui c’era per me e non se n’è mai andato, ma io continuo a pensare che Eren sia la cura che Armin cerca ma non riesce a raggiungere.”
 
 
 
-Armin! Cosa c’è?-
-Lasciami zia, lasciami!-
Armin è entrato a casa e sua zia stava sistemando un po’ la casa.
-Perché piangi?-
-Cavolate zia, cavolate-
La zia insiste, ma da Armin non esce una parola, si chiude però in camera sua e comincia a stringere un cuscino tra le sua braccia.


Da: Eren
Scusa per prima, baby, voglio solo che tu sappia che non sono arrabbiato con Jean, anche se non si può mai dire, sai che amo essere arrabbiato <3 Però se è tuo amico è mio amico, almeno credo  <3

 
Da: Jean
Non cambio idea, ma tu prova a farmela cambiare



 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note:
Scusatemi! Scusatemi! La scuola mi ha sopraffatto e la relazione tra me e il latino è complicata.
Ora pubblicherò ogni domenica, dopo che ho fatto un duo conti.
Sì, so che è lunedì (o meglio martedì), ma comunque o lunedì o domenica fa lo stesso (si brava Meg, continua così)
Spero vi sia piaciuto e recensite! Grazie mille <3
Ora torno al mio litigio con la geografia, scusate!

A domenica, Meg <3

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Capitolo 9
*** Capitolo 9: Un po' tutto ***


In Equilibrio.

Capitolo 9: un po' tutto








 
How would your life be different if…You stopped making negative judgmental assumptions about people you encounter? Let today be the day…You look for the good in everyone you meet and respect their journey.
- Steve Maraboli
 










-Armin, apri la porta!-
Armin si rotola nel letto, sentendosi male perché non riesce a trovare una pecca nel discorso di Jean, per quanto volesse non fosse vero. Anche se la tristezza è bella se essa è scritta, vissuta è tutta un’altra cosa. Non ci sono paesaggi che ti fano sentire meglio, non ci sono le parole esatte per descriverla e vivere con una persona che sta male è già triste, ma amare una persona così fragile? L’onore di non soffrire per lungo tempo imparando anche una lezione di vita è dato solo ai personaggi principali.
-Armin, ti prego!-
Non importa quanto si cerchi di pensare positivo, quanta forza si cerca di avere, c’è sempre qualcosa che riesce a buttarti giù, qualcosa che non deve per forza centrare con te, può succedere anche al tuo migliore amico, al tuo amante o ai tuoi genitori. Armin pensa sempre che sarebbe più doloroso vedere qualcuno a cui tiene piangere piuttosto che piangere per se stesso. Non gli importerebbe se tutta la tristezza del mondo diventasse un suo peso a patto che tutti gli altri sorridessero. Ciò che importa sono le persone che gli stanno attorno e che i loro sogni si realizzassero.
-Armin!-
Non c’è nulla a questo mondo che possa competere con il mare, è così importante che dopo la morte dei suoi genitori Armin non ci è mai voluto andare; voleva conservarlo per qualcosa di bello. Tutte le creature che ci vivono sono così maestose, così belle; non c’è nulla che non vada in loro.
-Apri questa dannata porta!-
Per non parlare di quanto sia bello passare una settimana in montagna, neve e maglioni. L’aria fredda che sembra purificare i polmoni, un abbraccio caldo; non c’è nulla di meglio.
-Mi sto stufando!-
E le città d’arte? Con i loro edifici decorati, il loro tocco romantico, le loro storie… il mondo è così bello.
-Mi sta preoccupando!-
Perché ami tanto il mondo?
-Sto entrando!-
Forse perché i ricordi più belli si fanno in posti più belli di un ospedale?
-Prendo la chiave, Armin!-

 
Forse perché ti senti così chiuso in queste mura?
Cosa?
Queste mura, Armin, sono troppo alte perché siano scalate.
Non capisco!
E’ semplice, sei troppo piccolo e debole e nessuno ti aiuterà stavolta.
Che cosa dici, spiegalo!
Mi dispiace, non posso. Per quanto tutto questo sia ingiusto.

Ne ho bisogno! Perché nessuno mi dice niente? Perché non riesco a farcela da solo? Cosa c’è che non va in me? Perché sono così debole? Sono solo un peso, vero? Tutti mi trattano bene solo perché ho un passato difficile, lo fanno solo per questo. E’ tutta pena quella che hanno negli occhi, anche quando avrebbero dovuto essere straniti dal fatto che uscivo con un ragazzo, poi con una ragazza, poi con un ragazzo e così via; hanno solo fatto un sorriso strano e mi hanno detto “se ti rende felice”. Vorrei che mi avesse reso felice! Vorrei che il mio continuo cercare per la persona che mi facesse sentire bene avesse dato dei frutti! Volevo andare fiero e dire il nome dell’essere che mi amava! Voglio qualcuno che duri, qualcuno che mi faccia venir voglia di vivere solo per vederlo sorridere! Ne ho bisogno, veramente, veramente bisogno, perché sono un peso che deve essere portato, anche se non lo voglio! Da solo non posso stare.
-Armin! Piccolo mio, perché piangi?- la zia di Armin entra nella stanza trovando suo nipote con la faccia sul cuscino.
-Sono solo un…-
-Ehi, no, va tutto bene. Chi ti ha fatto male, hm?-
La zia mette la sua mano sopra i capelli di Armin, scompigliandoglieli leggermente.
-Sono io che continuo a farmi male-
-E’ il mondo che è stupido, non di certo tu, mon amour-
La zia di Armin, pur non avendo nessun rapporto sanguigno con Armin, l’ha sempre trattato come uno dei suoi figli e ogni volta che le vede non può far a meno di sentire ancora quei occhi gelidi che aveva quando era così piccolo.
-Voglio solo stare solo-
-Così puoi pensare ancora? Nah, mi servi giù, tuo cugino non sa nemmeno prendere in mano una scopa-
Armin si alza dal letto e segue sua zia cominciando ad aiutarla nel pulire un po’ il salotto, ma niente migliora, le parole di Jean continuano a farsi breccia nella mente di Armin.
 
 



-Levi, secondo te dovrei dirglielo?-
Eren è nel caffè dell’ospedale e guarda mentre Levi si toglie il camice e, con molto orgoglio, sfoggia la maglia che aveva preso a un concerto dei Nirvana.
-Dopo tutto rimanete tutti piccoli, arroganti e manipolatori bambini-
-Seriamente, cosa devo fare? Dirgli “Ehi Armin, forse non ti ricordi ma qualche anno fa in chi sa quale universo, tu ed io eravamo soldati e sconfiggevamo creature alte 15 metri o più che ci volevano mangiare; in più eravamo tipo super extra migliori amici e io ti voglio ancora troppo bene per lasciare che tutto questo…-
-Smettila di blaterare, non devi dirglielo, mi dispiace. Nemmeno quattrocchi si ricorda del suo amore per i titani, cazzo vuoi che si ricordi Armin? Meglio se ne stanno fuori, sai…-
Levi si ferma e si sistema gli orecchini.
-… è meglio che tutti vivano questa vita senza avere incubi ogni notte, poi…-
Ora, con cautela, inserisce il piercing di metallo luccicante nel naso.
-… magari qualcun altro se lo ricorda; quel Berthold è un soggetto da tenere sotto occhio-
Eren si sistema la maglia del pigiama e torna a guardare Levi, lui sì che l’ha vissuta la sua vita; i tatuaggi sulle braccia, che di solito sono coperti dal camice, lo dimostrano. “Vorrei poter vivere anch’io” si dice Eren.
Dopo la morte di sua madre gli si è aperto un nuovo mondo, o meglio, ha confermato la teoria degli Universi alternativi, o quella della reincarnazione? Non si sa, niente ha un effettivo senso nella mente di Eren; ha ricordi precisi di ciò che era, di ciò che faceva e di chi gli stava accanto, e non riesce proprio a lasciare andare quegl’incubi orrendi: sua madre mentre viene mangiata, sua sorella mentre lo protegge, tutta l’umanità che crede in lui e che lo chiama “L’ultima speranza”; il suo migliore amico che non faceva niente che non fosse per il bene di tutti, senza mai pensare a se stesso; dando tutto, compreso il suo corpo, pur di aiutare, pur di non essere un peso.
-Ero un titano, bastava un morso e Bum, i miei problemi venivano schiacciati, ma ora, per quanto ci provi, non ce la faccia più; niente può più essere schiacciato.
-Io avevo un fisico statuario, ora ho perso un po’ di muscoli, chi è che sta peggio, e Jeager?-
-Tu continui a essere un figo, un grande cazzo Levi, sei l’uomo che ha lavorato più duramente nella ricerca per una cura al cancro, a diciassette anni stavi già facendo il piccolo prodigio in giro per Università, guarda me, a diciassette anni tutto ciò che sto facendo è saltare da una visita all’altra, lasciare che dottori del cazzo mi esaminino il cervello e che mi diano stupidi farmaci che non mi aiuteranno in niente dato che i mio corpo li rigetta! Sono ancora un titano, Levi, solo che devo trovare il modo per…-
-Trasformarti? E poi? Cosa credi succederà? Basta, devi dimenticare tutto, questa è la tua vita, l’hai già fottuta all’inizio, vedi di non farlo per il resto-
Eren sghignazza mentre Levi viene sguardato da vecchiette (probabilmente  per i tatuaggi) alle quali ha probabilmente salvato la vita. Levi rimane comunque impassibile e mette via il suo candito camice.
-Perché non ti cambi negli spogliatoi? Aspetta, fammi indovinare, sono troppo sporchi?-
-Attento che te li faccio pulire come ti ho fatto pulire il bagno nel castello, ricordi?-
Eren ha i brividi, ma per un momento è bello poter parlare di ciò che erano, ciò che hanno fatto, senza menzionare le morti o la merda che è successa.
-Hai rivisto Petra? O Mike?-
-Petra è sposata e ha dei figli-
-Mi dispiace, Levi-
Levi fa schioccare la lingua, facendo intendere tutta la sua indisposizione nel parlare di questo argomento. Eren si chiude la bocca e guarda, con un po’ di pietà e tanta ammirazione, mentre Levi si scompiglia i capelli.
-Non lo dai un abbraccio al tuo cadetto preferito?- dice Eren, aprendo le sue braccia
-Non sei il mio cadetto preferito, Jeager-
-Mi hai spezzato il cuore! Chi è il tuo cadetto preferito, allora? Mikasa?-
-Nah, il tuo pseudo-fidanzato-
-Armin?-
-Lui è intelligente, bravo, simpatico e ordinato; tutto ciò che tu non eri, stupido-
-Se potessi trasformarmi giuro che ti starei già mangiando-
-Abbi rispetto, moccioso-
Eren ride mentre Levi si allontana, lasciando le anziane arpie sconvolte dalla vista di una persona che, dio non voglia, è diversa.
Eren è disteso sul suo letto, si mangia le unghie delle dita e fa il conto alla rovescia.
10
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4
3
2
1
Arriva Hanji, puntale come sempre, con delle capsule. Forse sono dei farmaci nuovi, forse sono quelli che prende da qualche settimana; poco cambia, lo faranno stare male comunque.
-Ehi ragazzone, ingoia queste, amico mio-
-Se le ingoio mi dai una caramella?-
-Sei lo fai senza lamentarti chiamo Reiner che ti venga a dipingere il viso-
Eren sorride al pensiero di Reiner che dipinge il viso di tutti quei bambini che sono in ospedale. L’ha visto una volta, mentre, con il viso tutto colorato, giocava con quei fanciulli che si divertivano a colpire, sporcare e buttare a terra quel colosso biondo che è Reiner.
-Non vedo l’ora, Hanji- Eren si ferma un attimo e lasciare cadere il suo sorriso –mi faranno sentire male, promettimi che appena ci saranno degli effetti collaterali mi farai smettere, ora è veramente importante che io stia bene-
-Per stare bene devi prendere delle medicine; queste comunque sono sempre le stesse; potrai comunque fare il pesce lesso intorno ad Armin per un bel po’-
-Non intendevo questo, è che è tanto che non ho episodi maniacali o depressevi e voglio stare su questa onda, sai, stare bene ancora per un po’-
-Nah, secondo me c’è anche un altro motivo-
Eren riconosce quel tono di voce, il “ora-sto-diventando-la-tua-psicologa-quindi-devo-essere-super-professionale”.
Eren non ci casca più però, non fa più il difficile.
-Sì, ok, voglio passare più tempo possibile con Armin-
-E perché?-
Fanculo i “perché”, tutti non fanno altro che chiedertelo, ma non c’è mai un perché e se c’è, tutte le persone lo costudiscono come un tesoro più prezioso della loro vita.
-Perché è mio amico-
-Amico? Lo conosci da poco, però gli hai subito detto ciò che hai passato-
-Lui mi ascolta, sempre, ed è più di un amico, ai miei occhi; è come se ci conoscessimo da una vita-
Quando si parla di coincidenze.
Hanji se ne va salutando, soddisfatta dalle informazioni che ha ricavato da questa chiacchierata.
 
 


Armin controlla il telefono poco dopo che suo cugino ha annunciato la fine delle pulizie.

Da: Marco
Cos’ha fatto Jean?


“Povero Marco, devi convivere con le stronzate di Jean ogni giorno”
Da: Eren
Skype

“Vago”

Da:Eren
hai skype??? Se sì allora il mio nome è donottouchme e c’è il wifi libero al bar1 ti chiam, ok?? Xx


“Credo stia cercando di dirmi che vuole sentirmi su skype”

Per: Eren
io sono arminarlert, ti chiamo ora!


Armin apre il computer e aspetta. Dieci minuti dopo sta guardando Eren mentre cerca di sistemarsi le cuffie; lo sente imprecare e lo vede arrabbiarsi.
-Ehi, grand’uomo, problemi con le cuffie?- dice Armin, ridendo.
-Queste nuove tecnologie sono il prodotto della magia nera, Armin-
-Magia nera?-
-Sì, sì, per esempio, ancora non capisco come funziona la webcam
Armin ride, portandosi le ginocchia al busto e mordendosi il labbro. Erano anni che non aveva una cotta per qualcuno, nemmeno si ricordava come ci si senta. Spera che non finisca mai, gli piace sentire il suo cuore battere anche solo pensando a una persona, adora svegliarsi e pensare a una persona sola, rende tutto molto più facile.
Lui si sveglia alle sei del mattino, pensando a quanto bello è passare ore al telefono con Eren; aiuta i suoi zii a preparare il bar e pensa a quando un giorno potrà farlo con Eren al suo fianco, magari in pigiama mentre bevono un po’ di caffè. Poi tocca ai compiti, che per la prima volta nella sua vita gli sembrano troppo difficili da capire perché la sua mente è in un altro mondo, si prepara da mangiare immaginandosi di cuocere un po’ di pasta anche per Eren e questo lo fa sentire meno solo e distante. Mangia velocemente per poi prendere Alfredo e correre verso la casa di riposo nella quale i suoi nonni riposano, appunto. Suo nonno non peggiora, ma nemmeno migliora, se ne sta seduto su una sedia a rotelle provando stanchezza per ogni piccolo movimento che compie. Sua nonna a stento cammina e se lo fa la sua schiena è così inarcata che solo a vederla fa male. Armin non ha mai notato tutte queste cose prima dell’infarto e prova disgusto verso se stesso, pensa che avrebbe potuto fare qualcosa per aiutarli; smettere di leggere o studiare per qualche secondo e fare tutti i lavori, sente un nodo in gola che non riesce a togliere e come sempre, prima che lui cominci a piangere di fronte a tutti gli anziani, arriva un messaggio da Eren; di solito è stupido, senza senso, indecifrabile, ma Armin ama anche solo pensare che qualcuno gli invii messaggi in un’ora x del pomeriggio, senza voler iniziare una vera conversazione.
I giorni nei quali Eren non ha nessuna visita medica, Armin li passa stando con lui tutto il pomeriggio. Lo accompagna a passeggiare nel giardino dell’ospedale o passa del tempo con Berthold, prestandogli qualche libro.
Ride con Reiner e i bambini che lui fa divertire semplicemente prendendoli in braccio. Ascolta i genitori ringraziare il suo nuovo amico e vede tutte le lacrime che scendono dai loro occhi. Pensa a quanto è bello l’amore che provano le madri e i padri è così pieno e sincero e Armin sa di esser stato il bambino più fortunato al mondo perché in pochi anni ha imparato cosa veramente significa quell’amore e vorrebbe imitarlo, ma non ci riesce; non lo chiamerebbe blocco emotivo, ma gli succede qualcosa del genere dentro.
Poi guarda Eren e tutto sparisce. C’è solo lui e niente sembra mettersi di fronte a loro. E’ semplicemente magnifico ciò che prova per lui perché è vero, sincero e migliore di tutto quello che i libri ti preparano a vivere. Il cuore non batte sempre troppo velocemente, solo nei momenti importanti e ti sembra di morire mentre lo fa. Non è tutto rose e fori, ma i problemi si spostano al secondo posto.
Prova sollievo nel lasciare l’ospedale, di solito verso le cinque del pomeriggio, ma vorrebbe solo non lasciare mai più Eren.
Arriva a casa, fa i compiti, prepara la cena e aiuta nel bar.
Addormentarsi è difficile perché Eren gli invia mille messaggi o pretende che si vedano su skype, ma ad Armin non potrebbe mai sembrare stupido o fuori luogo, si sente anzi molto meglio.
Poi c’è Jean che gli invia altrettanti messaggi con scuse (metà scritte da Marco, perché Dio non voglia che Jean mostri la parte umana di se stesso)
Armin decide d torturarlo ancora po’ con la classica tortura del “ok” scritto dopo venti minuti dall’ultimo messaggio inviato. Geniale e malvagio, ciò che serve.
Anche dopo due settimane continua con quella tattica.
 




-Comunque Eren è un figo, su questo devi dire sì- annuncia Armin, che è seduto nella camera di Jean.
-Può essere quanto figo vuole, ma non sarà mai figo come il mio Marco, quindi gli o solo un sette-
-Sette? Scherzi? Marco non scherza, ma Eren, wow, la figaggine di Eren supera ogni limite-
-Ok, ok, diciamo che passa il mio test solo perché ascolta la musica che piace pure a me, non è per niente male ed è anche simpatico, ma come fai a non litigare con lui? Ci ho parlato due volte da quando l’ho incontrato e l’ultima abbiamo discusso su chi avrebbe vinto tra Hulk e Superman e per poco non l’ho ucciso-
-Jean, amico mio, dopo diciassette anni che hai passato con te stesso non hai ancora capito che sei un piccolo bastardo-
-Ti devo ricordare che tu mi hai baciato, vuol dire che mi trovi figo-
-Avevamo quattordici anni e tu piangevi perché avevi paura di essere gay, dopo hai pianto ancor di più, dopo mi hai obbligato a comprarti del gelato, poi lo hai mangiato continuando a piangere in una maniera veramente poco sexy-
-Primis: mi sei saltato tu addosso, ero una preda facile-
-Preda facile? Non hai nemmeno tirato fuori la lingua, eri una tavola di legno; ma come fa Marco a baciarti-
-Glielo chiediamo?- Jean ride, prendendo il suo telefono e chiamando Marco prima che Armin lo fermi.
-Marcooooo, marcu, marchino, marchi marchi-
Armin non riesce a sentire molto, ma ciò che ode non lo rassicura. Marco è preoccupato che Jean sia tornato a bere e Armin riesce a vedere negli occhi di Jean la tristezza che aveva prima di incontrare Marco.
-No, stavo scherzando con Armin, piccolo mio, scusa-
Come prima dal telefono non si sente molto, ma Jean torna a sorridere e poi ride senza ritegno.
-Smettila, stronzo- risata –non parlo così- risata –ti amo- risata.
Armin vorrebbe avere lo stesso, beh, non esattamente lo stesso, Jean e Marco sono veramente troppo sdolcinati, ma a loro piace così e si sentono bene per questo.
-Jean, prestami Marco e fallo diventare il mio ragazzo, ti prego- esclama Armin, stiracchiandosi esagerandone i movimenti.
-Amico, hai già avuto mille esperienze con circa metà scuola! Cosa vuoi da me? Ti sei persino fatto Vivian, c’è-
-Era solo perché l’ho aiutata a fare i compiti e lei mi ha buttato sul letto-
Armin cambia subito espressione ricordandosi di quel momento. Nemmeno gli piaceva Vivian, ma chi è Vivian?
Jena lo nota e si distende vicino ad Armin.
-Povero Armin, devi convivere con il tuo sex appeal fuori dalla norma ogni giorno, povero piccolo sfortunato-
Armin lascia uscire solo un lamento infastidito. Si diverte a uscire con qualcuno, ma non sa cosa lo spinge a farlo. Ogni persona che pensa possa portargli qualcosa di buono finisce per diventare il suo amante.
Per questo gli piace Eren.
La cosa buona che Eren gli porta è l’amore, sensazione che è così semplice che noi tutti la vediamo contorta e complicata.
Amare non è difficile, essere amati lo è molto di più; la fortuna è che si riceve amore se lo si da.


Da: Eren
Oggi ho solo 10min se vuoi passare xxxxxxxxx


-Jean, vado con Alfredo, ci sentiamo-
-Smettila di chiamare il tuo motorino Alfredo, è spaventoso. Comunque, vai da Eren?-
-Sì, ha solo dieci minuti, voglio andare a trovarlo-
-In dieci minuti si può fare tanto- Jean alza un sopracciglio e fa quel sorrisetto marcato “Kierschstein” che sembra sia quasi una presa in giro.
-Zitto verginella- risponde Armin mostrando la lingua.
-Non è colpa mia se il mio ragazzo ha paura di fare qualcosa di sbagliato. Dannazione, sono il ragazzo più sexy del mondo dopo Chris Evans, Marco e te, perché non vuole fare sesso con me?-
-Ti lascio alla tua disperazione e ti avviso che se continui a parlare della tua vita sessuale con me, giuro che ti faccio portare i miei libri nello zaino per una settimana-
Armin e Jean ridono, alzandosi dal letto e andando verso la porta di casa.
 




-Biondino, come va la vita?- Eren è di nuovo fuori dall’ospedale.
-Andrebbe meglio se ci fossi un po’ di più dentro-
-Voglio prendere questa frase come un invito a scoparti- Armin ride e si sistema la coda. “Ma cos’hanno tutti col sesso oggi?” pensa; “è solo un continuo toccare ed essere toccati senza uno scopo preciso, non riesco proprio a cogliere l’intimità che tutti trovano”.
-Volevo dirti che domani verrà mia sorella, Mikasa, per il week-end e dato che lei porta a casa un ragazzo, volevo farlo anch’io-
Eren arrossisce e porta la sua mano alla nuca.
-Vuoi venire a cenare a casa mia? Mikasa porta questo suo amico irlandese ed io mi porto il mio metà londinese, ti va bene? No perché se non ti va bene dico sempre che…- e rieccoci. Eren comincia a balbettare senza freni, le parole spariscono nell’aria e Armin le ascolta, concentrandosi su quanto l’altro stesse arrossendo.
-Sarebbe veramente bello. Devo portare qualcosa? Aspetta, io ho un bar, porto io il dolce, facciamo delle ciambelle che sono la fine del mondo- Armin cambia argomento poiché le uniche volte che ha provato a parlare di famiglia con Eren lui sembrava totalmente indisposto a portare avanti una conversazione.
Così dieci minuti passano in fretta e Hanji ha già preso per le orecchie Eren prima che i due possano salutarsi. Armin agita la mano e lo saluta.
Dio, si dice, sto per incontrare la sua famiglia.




























Note
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Hyello a tutti. Scusate il ritardo ma questo capitolo è stato difficile da scrivere, il perché ancora non lo so, forse ciò messo un po' più di me questa volta, ma, comunque.
Sto lavorando ad una oneshot al momento (a scuola non riuscivo a fare altro che a pensare alla versione femminile di Marco, dovevo fare qualcosa o quella pazzia sarebbe andata avanti per mesi). Quindi, beh, sì, probabilmente la pubblicherò qui.
Ma parlando un po' di questo capitolo, se avete domade potete pormele nelle recensioni o sul mio blog (tumblr) meg-explosion.tumblr.com 
Grazie a tutti! Giuro che domani rispondo alle recensioni! Giuro, giuro T-T
Bacioni <3 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9: Mi piaci-piaci ***


 

In Equilibrio.

Capitolo nove: Mi piaci-piaci


























Sono le sei del mattino.
Armin dorme da due ore.
DRRRRRIIIN.
-Pronto?- dice Armin, rispondendo a malavoglia al telefono.
-Cambio di programma, ti fa di fare un viaggio? Non lontano, c’è solo questa stupida riunione di famiglia e tutti vogliono che ci sia anch’io…-
Ad Armin non serve nemmeno leggere il nome sullo schermo, solo dal modo in cui è sotterrato da tutte quelle frasi continue, gli fa capire che sta parlando con Eren. Ride mentre lo sente balbettare e trovandosi ancora nello stato “Zombie” della mattina, capisce poco e niente.
-Allora, che ne dici Armin?-
-Scusa? Non ho capito-
-Fanno una riunione di famiglia a Trento, vengono anche Mikasa e quel Thomas o Tommaso e pensavo che sarebbe stato carino se io non fossi lo sfigato che sta da solo tutto il tempo. Per farla breve, vuoi venire?-
Armin direbbe subito sì, ma prima pensa ai compiti che deve finire, ai suoi nonni, a suo zio e a quante cose deve finire.
-Non lo so Eren, devo fare tante cose-
-Sono solo tre notti e due giorni, non devi preoccuparti, ok?-
Armin si mette una mano tra i capelli, spremendo le meningi e cercando una soluzione.
-Andiamo fino a Trento e poi torniamo indietro, ok? Vorrei solo che ci fossi anche tu perché sono due mesi che non esco dall’ospedale per più di dodici ore e ho tanto paura-
La voce di Eren diventa fievole quando dice la parola “paura”, come se non volesse dirla, ma non sembra una bugia, più un obbligo di verità.
Una parte di Armin lo spinge a dire “Sì” senza pensarci, lasciare stare tutto e scappare; l’altra però lo obbliga a restare serio e con i piedi per terra: ha troppe responsabilità e non può sfuggire a quest’ultime.
-Devo, parlare con mio zio, ok?-
-Solo, piccolo rospetto, partiamo questa sera alle sei e noi dovremmo andare insieme a Mikasa e Thomas nella loro macchina e Mikasa non sopporta i ritardi-
Eren ridacchia e Armin riesce quasi a vederlo: spalle tese, mano sinistra vicino alla bocca e piede destro sulla punta.
Per la prima volta nella sua vita Armin prende una decisione senza pensare alle conseguenze.
-Ok, vengo, cosa devo portare?-
Per un attimo Eren non risponde e si sento solo un sospiro.
-Vieni? Veramente?-
“Non c’è tempo per pensare, Armin, dì di sì e basta”
-Sì, veramente- Il sorriso sul viso del biondo fa vedere tutti i denti e se fosse un cartone animato, si estenderebbe anche fuori dal suo viso.
-Dio, quest’anno non sarò io il cugino sfigato che non porta a casa nemmeno una zanzara-
-Ehi, aspetta, dovrò fare la parte del tuo fidanzato?-
-No, ma almeno sapranno che Eren Jeager ha almeno un amico nonostante la sua situazione problematica-
Armin ride, sentendo le guance diventare sempre più calde. Decide che gli piacciono quei momenti nei quali Eren parla di sé con leggerezza, come se non si sentisse un problema; vorrebbe vivere di momenti così.
-Grazie Armin. Porta vestiti strambi, ti prego, vestiti come solo tu sai vestirti, voglio far vedere a tutti che razza di sfigato mi ritrovo come migliore amico-
BUM.
Migliore Amico.
A quelle parole Armin implode. Non sono come fidanzato o marito, ma ti fanno sentire bene. Jean non è il tipo da abbracciarti e dirti “sei il mio migliore amico, ti voglio bene”, non che non sappia quanto Jean tenga a lui, ma sentirlo dire è differente. E’ un colpo al cuore, un dolore soddisfacente, una scarica elettrica che ti riporta alla vita.
-Vedrò di fare del mio meglio-
-Scusa, ora devo andare che mi sa che Hanji sta per arrivare e se mi becca son guai, non dovrei telefonare a quest’ora-
-Perché l’hai fatto allora?-
-Volevo avvisarti-
Eren lascia la frase in sospeso, come se volesse continuarla.
-Ciao, a dopo piccolo rospo-
Armin sorride e aggancia.
Tornare a dormire o non tornare a dormire, questo è il dilemma.
Armin si alza, infondo non dorme molto.
Prende la valigia che portava sempre quando andava in campeggio con i suoi genitori. E’ verde con le cerniere argentate e il rumore che fanno gli ricordare le mattine nelle quali sua madre gli preparava la sua “super valigia spaziale”. Gli ricorda casa.
Ha quasi finito quando sente la porta di casa sua aprirsi e suo zio e cugino entrano; lo capisce dal piccolo urlo che fa Andrew, il cugino di diciotto anni che ha un tono di voce notevolmente troppo alto per un inglese.
Armin cerca di trovare un modo per riferire la sua decisione. SI prepara un discorso convincente su come deve aiutare un suo amico, no, anzi, il suo migliore amico; se lo ripete un po’ di volte prima di sentire bussare alla porta della camera –Can I come in?- chiedo lo zio e Armin risponde con un agitato “sì”.
-Cosa prepari lì?- Armin comincia a spiegarsi, ma non riesca a finire la frase che suo zio sospira.
-Armin, puoi andare, non devi trovare scuse, just go and have fun- lo zio sa quanto stress si sia creato su Armin da quando suo nonna ha avuto un infarto e sa quanta paura prova ogni giorno. In circostanze normali non lo avrebbe lasciato o avrebbe prima voluto parlare con chi lo porta, ma dannazione, ha diciassette anni e ha vissuto nel dramma tutto la parte più importante della sua vita.
-Quando parti?-
-Sta sera, ma alle quattro vado in ospedale per aiutare Eren-
-Ti porto io, così lasci il motorino qui-
Armin annuisce andando verso la porta portando la valigia con sé.
-Ehy drama queen,- gli dice Andrew –whare ya goin’?- si siedono sul tavolo da pranzo, ci sono brioche, latte, succo e altro cibo.
Armin non ha voglia di mangiare, vorrebbe partire subito, lasciare tutto e scappare.
Pensa a quanto potrebbe divertirsi con Eren, a quanto bello sarà incotrare… incontrare la sua famiglia.
Armin comincia a pensarci bene; dovrò conoscere tutte le persone che sono cresciute con Eren, tutte quelle che sanno tutto di lui.
Si sente improvvisamente piccolo, lui è solo un estraneo a quel mondo. Non fa parte della famiglia, per quanto lo spera. Ha paura che un giorno Eren rimpiangerà di averlo portato lì e aver scattato delle foto, rimpiangerà tutto.
-Armin, che succede?- chiede Andrew con una brioche in bocca.
-Devo partire con Eren-
-Allora perché sei così triste?- Armin ama l’accento inglese, ma ogni tanto lo trova irritante, stupido e vorrebbe solo zittire tutti, mettere su “muto” il mondo.
-Sono solo stanco-
-Stanco non è come essere tristi, almeno credo; man, italian is so strange-
-No, stupido, ho dormito due ore-
-Due mesi fa ti avrei chiesto chi era con te a letto, ma ora sarebbe troppo da cattivi ragazzi perché il tuo amore è un detenuto-
Andrew è l’esempio vivente che non basta un nome raffinato per essere delle persone decenti.
-Ha solo un problema, lascialo in pace; è simpatico-
-God, ogni tanto vorrei capire cosa passa per quella testa; la frangetta non lascia uscire l’intelligenza per caso?-
Armin ride, mordicchiando un croissant.
-Io almeno o l’intelligenza, a te manca proprio-
Entrambi ridono e Armin si sente più sollevato, ma non riesce a non pensare.
Pensa a tutto.
Non riesce a fermarsi.
Analizza possibilità, cerca risposte, trova soluzioni, ma niente lo tranquillizza.
Si sente un computer, ogni tanto, uno strumento, non sa nemmeno perché.
 

Sono le tre di pomeriggio e Armin non potrebbe essere più agitato.
Fa su e giù per la casa cercando auricolari, shampoo, bagnoschiuma, libri … etc.
Ha disfatto e rifatto la valigia tre volte per assicurarsi di avere tutto.
-Armin! Muoviti! Devo andare a lavoro tra mezz’ora!- Gli urla Andrew, poiché ha deciso di accompagnarlo lui.
Armin scende le scale con la valigia che sbatte su tutti i margini degli scalini.
-Posso entrare da Eren solo alle quattro, prima ha una seduta con la sua psichiatra-
-Ok, dirò che faccio tardi, ma sbrigati, voglio proprio vederlo questo Eren-
-Perché t’interessa tanto?-
-Così posso prenderlo in giro, dargli un pugno sulla spalla e farlo entrare definitivamente nella famiglia Arlert-
-Non farlo per favore-
Armin si sistema i capelli, si mette persino un (molto maschile) profumo (grazie a Dio, direi).
 

Fuori dall’ospedale c’è Eren che ha gli occhi rossi e gonfi.
-Ehi, Eren, che succede?-
Armin esce dalla macchina e Eren gli si piomba addosso.
-E tutto questa confidenza da dove viene, eh Eren?- dice Armin ridendo e dando leggere pacche sulla schiena dell’altro.
-He’s Eren? Goddamit, he looks like shit- Eren alza lo sguarda verso Andrew e imposta le sue sopracciglia su “mode: incazzato nero”.
-Do ya wanna fight?-
Eren si avvicina ad Andrew minaccioso e l’altro ride, facendo segno ad Eren di calmarsi.
Armin richiama l’attenzione del suo migliore amico chiedendogli di aiutarlo con la valigia; le sopracciglia di Eren tornano su “mode: cucciolotto che obbedisce agli ordini” in un battito di palpebre.


-
Eren, che ti succede?- gli sussurra Armin, tenendo stretto il suo braccio mentre vanno verso la sua stanza.
-Hanji mi ha fatto piangere-
-Oh povero cucciolo, vuoi che lo dica alla maestra?- Armin ride appoggiando la fronte alla spalla dell’amico.
-Armin, dopo questa battuta non voglio mai più vederti, sparisci dalla mia vita- Eren soffoca le parole con delle risate e lascia che Armin gli sputacchi su tutto il pigiama.
-Ci divertiremo tanto, ti farò girare tutto Trento, so che ami viaggiare- dice Eren guardando i capelli biondi di Armin che aveva ancora la testa appiccicata al suo braccio.
-Come fai a saperlo?-
Eren vorrebbe dirgli “Perché mi hai raccontata così tante volte dell’acqua salata che c’è al di fuori delle mura che ormai mi sembra di sentirne sempre il sapore”, ma lo evita categoricamente, segue il consigli di Levi di “star zitto e soffrire per questa cosa senza che nessuno lo sappia”.
-Me lo hai detto tu, sciocco-
-Che parola buffa che è “sciocco”-
-Per me la parola “buffo” è buffa-
I due vanno avanti piano, come se non volessero mai staccarsi, finire quel corridoio e tornare in quella camera. Eren soprattutto ne ha poca voglia, non esce da mesi e il solo pensiero di passare due giorni fuori lo fa morire, anche se è tutto ciò che desidera da qualche tempo.
Entrati cominciano a riempire una valigia con le poche cose di Eren.
-Armin, ti avevo detto di vestirti male, perché proprio oggi sei riuscito ad abbinare i colori?-
Armin riguarda il suo maglioncino grigio e i suoi pantaloni neri, se ne era quasi dimenticato, voleva solo fare bella impressione.
-Ho dei pantaloni viola, me li devo mettere-
Il viso di Eren s’illumina e lui risponde con un sì energetico.
Armin si cambia e si mette davanti il (nuovissimo) specchio nella porta dell’armadio.
-Vestito così stai meglio, fa molto più Armin-
Eren si mette dietro di Armin e gli prende le mani. Il biondo senta una scossa elettrica partire dalle sue dita fino alle spalle.
-Mi piaci quando ti vesti come se fossi daltonico-
Armin si sente il cuore in gola e, annegando nelle sue stesse parole dice –Siediti sul letto Eren-
Eren ubbidisce e aspetta, un po’ preoccupato dal tono con quei gli è detta quella frase.
Armin si siede sulle sue cosce in modo da poterlo guardare negli occhi; appoggia poi le ginocchia sul letto e si alza un po’, tenendo le mani sul collo di Eren. Gli accarezza una guancia e lo guarda negli occhi. Eren gli slaccia la coda che Armin aveva lasciando che i suoi capelli gli cadano sul viso.
Poi lo fa.
Armin prende tutto il coraggio che ha e avvicina le labbra a quelle del ragazzo.
Eren non bacia bene, prima non ci mette nemmeno un po’ di sforzo, poi sembra voler far andare la sua lingua nella gola di Armin; ma è tutto perfetto. Finito il bacio Armin mette la sua fronte su quella di Eren e sorride, nemmeno si accorge di farlo, disegna con le dita dei cerchi sulla nuca di Eren.
-Armin?-
-Sì?-
-Veramente?-
-Cosa?-
-Mi hai baciato, c’è, ti piaccio? Ti piaccio-piaccio?-
-Mi piaci-piaci-
-Non scherzare con me, non farlo per pietà, ti prego, perché tu mi piaci tantissimo e non è una cotta perché se lo fosse non sarebbe tutto così imperfetto e perfetto-
Armin arrossisce, lo aveva baciato per egoismo più che altro. Aveva paura che quel momento finisse così, che non avrebbe mai più sentito quella deliziosa scarica elettrica attraversargli il corpo.
-Eren, perché piangi?-
-Lo hai fatto per pietà, vero?-
-No, no, no, ehi, non serve piangere, sono innamorato da te dal primo momento nel quale ho visto che razza di sedere ti ritrovi-
Armin ora non pensa più a sé, vuole solo che Eren smetta di piangere.
-Scusa, è che Hanji mi ha distrutto in più le medicine mi rendono un fiorellino indifeso-
-Tu sei un fiorellino indifeso-
Eren torna a baciare Armin.
-Sai di collutorio-
-E tu di thè al limone, fammi assaggiare di nuovo-
I due ridono, ignorando una terza presenza nella stanza.
Armin posa gli occhi sulla porta e vede una ragazza bellissima: capelli neri, pelle di porcellana e un fisico che dice “sono una ragazza femminile, ma potrei spaccarti il culo in ogni momento”.
-Eren?- dice la ragazza.
-Mikasa?! Beh, questo è imbarazzante-
Armin scende subito dalle cosce di Eren e, con  il viso rosso, torna a sistemare la valigia.
-E’ lui Armin?-
-Sì, e crede che il nostro status di amici abbia appena avuto una leggera modifica-
Armin cerca  di non ridere perché Mikasa sembra volerlo picchiare.
-Thomas arriva tra poco, intanto voglio parlare con Hanji, dov’è?-
-Boh, so solo che Levi è di turno e che è meglio se voi due non v’incontrate, quindi resta qui e fai amicizia, ti va?-
Mikasa fa ruotare gli occhi  va verso Armin.
-Piacere Mikasa Ackerman Jeager-
-Piacere, Armin Arlert- risponde porgendo una mano che Mikasa stringe con una forza un po’ esagerata.
-Vado in bagno, Eren- dice in fine, andando verso quel buco che tutti chiamano “bagno”.
Eren si mette vicino ad Armin e comincia a riempirlo di baci.
-Staccati Eren, dio quanto sei appiccicoso- scherza Armin mentre ritorna ogni singolo bacio.
-Mi stacco quando ti stacchi tu-
-E io mi stacco quando tu ti stacchi-
Armin si sente stranito perché ogni volta che una delle sue relazioni è iniziata si sentiva imbarazzato a baciarsi o anche solo a dire “sono innamorato di te”, ma con Eren è semplice, come se fosse tutta la vita che non fanno altro che leccarsi le guance e arruffarsi i capelli.
Mikasa rientra nella stanza accompagnata da un commento di Eren –Meglio smetterla che ora torna la strega delle streghe-
Mikasa gli da un pizzicotto sulla guancia. Si capisce che sono fratello e sorella solo da come si guardano.
-Mika-mika, quando partiamo?-
-Alle sei, Thomas ha detto che ci vuole portare in un ristorante, te, me, papà e Anna-
-Viene anche Anna?-
Armin nota come Mikasa non ha voluto dire il suo nome, ma non gli da molto peso.
-Sì, cosa pensavi, che miss vengo-a-rovinare-tutto abbia voglia di restare a casa?-
-No anche lei, dannazione- Eren si ferma per qualche secondo per poi riprendere a parlare sempre più agitato –non ce la posso fare Mikasa. Lo sai che non ce la faccio. Il modo in cui cerca di passare per la figura materna che vuole essere mi disgusta. Lei non è la mamma, lei non parlarmi come se mi conoscesse. La odio, la odio, la odio-
Eren si mette le mani tra i capelli e Mikasa lo prende per i polsi.
-Lei non rovinerà niente questa volta, ok? Hai il tuo amico, giusto? Pensa all’incazzatura che gli prenderà quando gli dirai che stai con un ragazzo, pensa a quanto si arrabbierà quando dormirete insieme, ok?-
Eren guarda Armin sorridendo.
-Hai ragione, sta volta ho lui-
Armin si sente improvvisamente caldo e persino le sue mani prendono un colorito rosso. “Dannazione Arlert, riprenditi, sei stato in così tante relazioni che quasi mi fai schifo” si ripete, ma niente funziona, sente sempre il viso scottare.
-Tu, puoi venire ad aiutarmi?- chiede Mikasa ad Armin, che ancora non ha sentito pronunciato il suo nome. Annuisce lo stesso, segue poi Mikasa dopo che lei ha messo a cuccia Eren.
Arrivati all’entrata Mikasa si ferma di colpo.
-Cosa vuoi fare?- chiede.
-Non capisco-
-Cosa credi di fare con Eren? Divertirti? Eh? Non so se hai capito che è malato, ok? Se lo ferisci crolla, ci tiene a te evidentemente, ma anche se ti stuferai di lui sarai costretto da me e i miei pugni a restare con lui e non ferirlo. Non è un giocattolo, mi hai capito?-
-Armin-
-Cosa?-
-Mi chiamo Armin e non ho intenzione di lasciar andare tuo fratello per tutto l’oro del mondo. Spaventami quanto vuoi, dimmi altre cose che so, non me ne vado-
Mikasa rimane impietrita per qualche secondo e fissa Armin negli occhi.
-Torna da mio fratello, non ho bisogno d’aiuto-
Senza dire una parla Armin gira i tacchi e torna nella camera di Eren.
-Mia sorella è un peperino, ma è dolce infondo-
Armin annuisce e guarda Eren mentre piega le sue mutande.


>Zitto Armin, zitto che non è giornata, ok?


-Cosa ti ha detto?-
-Mh?-
-Eren non è un giocattolo, non puoi lasciarlo- Eren imita Mikasa benissimo e Armin per poco non scoppia a ridere.
-Più o meno-
-Dio, stiamo insieme da quindici minuti e già abbiamo i primi problemi-
-Owh, hai contato i minuti?-
Eren sorride e chiude definitivamente la valigia.
-Abbiamo due ore, pensavo che le avremmo passate a fare la mia valigia, ma mi sa che mi si è aperta una nuova porta?-
-Cosa?-
Eren si alza e va verso Armin, arrivato di fronte a lui gli accarezza la guancia e gli da un bacio sul naso.
-Non avrei mai avuto il coraggio di baciarti, lo sai?- dice Eren, giocando con le dita di Armin.
-Nemmeno io so cosa mi è preso. Vedevo te, vedevo quanto dolce sei e bum, non ce l’ho fatta-
-Ma perché ti sei dovuto sedere su di me?-
-Mi sembrava romantico-
-E erotico aggiungerei. Sai, volevo farlo da molto tempo, tipo stringerti la mano, darti baci sul naso, slacciarti la coda e vederti con quei bellissimi capelli… non che non voglia fare anche altre cose, ma sarebbe meglio andarci piano, no? Abbiamo tutto la vita ora-
Armin continua a trovare il fatto che balbetti e che si perda quando è agitato carino, però non riesce a non pensare a ciò che gli ha detto Mikasa. Ha molto a cui pensare al momento, e quasi tutto centra con Eren.
I due si distendono sul letto, stringendosi la mani e cercando di studiare ogni parte del corpo dell’altro, anche se Eren non ne ha bisogno.
-Cos’hanno detto i tuoi nonni-
-Che era una fantastica idea, ma che non devo andare a salutarli perché il nonno è messo male e non vuole che mi preoccupi-
Eren torna a baciare il naso dell’altro, avvicinandosi sempre di più alla bocca.
-Mi dispiace, cosa gli succede?-
-Mangia poco e sta sempre male, ma non voglio parlare di questo per favore, mia nonna ha ragione, non devo preoccuparmi, ok? Questa vacanza è per te-
Eren continua a giocare con le dita dell’altro  e per poco non piange ripensando all’Armin che aveva conosciuto, quello che girava per Shinganshina con un libro in mano e cinque bulli alle spalle ogni giorno; quell’Armin che non ha mai visto da adulto. Ora è lì e lui non riesce a crederci. Due vite dove tutto va storto, due vite dove deve sempre soffrire, lui c’è sempre. Non importa come: gli ha dato un sogno e ora gli sta offrendo la realtà, questo è l’importante.
Armin è sempre Armin, infondo lui è il ragazzo di Shiganshina che fa del suo meglio per essere alla pari di Eren, di Mikasa, di Jean, di tutti. Lui è sempre quel piccolo guerriero che non fa altro che combattere ogni giorno, ogni giorno, ogni giorno fino allo svenimento. In questa vita Eren si è promesso solo una cosa: finire le battaglie di Armin. Fare in modo che assaggi ciò che lui gli ha dato e forse è come dice Levi: meglio che lui non sappia. E’ meglio che lui pensi solo a ciò che deve aggiustare ora e che adesso, in questa vita, Eren sarà sempre lì ad aiutarlo.
-Piccolo, lo sai vero che io sarò sempre con te?-
Non sa quale strana forza dell’Universo abbia fatto in modo che tutti fossero lì, perché solo lui e Levi si ricordano di ciò che l’Umanità era, ma di una cosa è sicuro: Armin è comunque troppo prezioso per restare qui. Tutti lo sono, tutti meritano un riconoscimento adeguato ad un eroe e Eren non potrà mai darsi per vinto fino quando tutti non si sentiranno come gli eroi che erano e che rimangono, perché tutti gli hanno sempre fatto provare orgoglio, tutti speravano in lui, ora è tempo di ricambiare.
-Cosa ti prende, hm? Hanji ti ha proprio distrutto, eh?-
Eren annuisce continuando ad accarezzare la guancia di Armin.
-Seriamente, perché non lo abbiamo fatto prima? Giocare con le tue dita è così rilassante-
Armin ride addormentandosi sul petto di Eren.
 


-Armin, tesoro mio, svegliati che stiamo andando in un ristorante-
Armin, almeno anto riluttante quanto lo è Eren la mattina, fa uscire dalla sua bocca un suono non identificato.
-Thomas, secondo te ci lasciano portare dentro uno che dorme?-
-Ne dubito, Eren, sveglialo e basta, no?-
Armin si alza afferrando la maglia di Eren.
-Siamo arrivati?- chiede.
-No stupido, sono solo le otto, ci siamo fermati per cenare. Hai dormito da quando ti sei addormentato sbavando sulla mia maglia fino ad adesso-
Armin si strofina gli occhi e sbadiglia. Eren gli lascia un bacio sulla guancia e gli sistema i capelli, dandogli il buongiorno e aiutandolo ad uscire.
Sceso dalla macchina Armin vede Mikasa, un tipo biondo e due adulti (tipo super adulti, capite, no?) e li identifica come il papà di Eren e Anna, la matrigna.
-Buonasera, io sono Armin Arlert- si presenta e sporge una mano verso il signor Jeager.
-Buonasera Armin, felice di averti con noi- “Cos’ha di male quest’uomo?” pensa Armin.
-Io sono Anna, la matrigna di Eren-
Proprio in quel momento passa Eren e imposta le sopracciglia su “mode: parla e ti uccido con le mie stesse mani”.
-Lei è solo Anna, andiamo, mi sa che ha bisogno di vedere come ti stanno i tuoi magnifici capelli, mi sa che ho esagerato nel farti le trecce-
Eren prende sotto braccio Armin e lo porta fino all’entrata di questo ristorante che sembra molto lussuoso. Tutto ha quell’aria ottocentesca che ti fa sentire in un salotto di un castello. I camerieri sono vestiti come dei pinguini e pesci nell’acquario sembrano onorati di essere cucinati in un ristorante così sfarzoso.
-Un posto noioso, no? Ma la famiglia di Thomas è super ricca e lui ha detto che voleva offrirci la miglior cena del mondo-
-Devo ringraziare Thomas, questo posto fa tanto snob-
-Fa tanto polizia militare- balbetta Eren
-Cosa?-
-Niente piccolo mio, dai, andiamo a sederci-
-Non posso andare a rifarmi i capelli?-
-Sei bellissimo, dai, ora andiamo-
Armin sbadiglia di nuovo e, un po’ infreddolito e un po’ infastidito, raggiunge la famiglia Jeager.



-Allora, Armin, dove studi?- chiede il signor Jeager.
-Liceo delle Scienze Umane, la mia ambizione è diventare uno scrittore-
-Interessante… cosa farai dopo il liceo?-
-Ancora non lo so, penso che per un po’ terrò sotto mano il bar della mia famiglia, poi potrei scrivere nel frattempo-
-Oh, e tu pensi di poter farlo?- chiede Anna. “Oh, ora capisco cosa intendeva Eren”
-Sì, lui lo farà, infondo è sempre Armin Arlert, giusto?- aggiunge Eren che da una pacca sulla spalla al suo ragazzo.
-Mikasa, come va la scuola?-
-Beh, scuola vera e proprio non è ancor iniziata, inizia tra una settimana, ma l’accoglienza per stranieri è andata bene- risponde guardando Thomas.
-Già, io ho incontrato questa beautiful lady e tutto è andato per il meglio dopo-
Mikasa arrossisce un po’, resta comunque in silenzio a giocare con l’insalata nel suo piatto.
-Come vi siete conosciuti, cari?- chiede Anna, guardando illuminata, Mikasa e Thomas.
-Lei cercava tipo un bar ma non riusciva a trovarlo e poi ci siamo scontrati e lei ha sentito che so parlare italiano e…- è una storia noiosa, carina ma banale. Per Mikasa e Thomas è speciale, divertente (e anche per Anna), ma era perché quando vedi per la prima volta una persona che ami tutto diventa diverso e sembra più bello e eccitante.
-E voi invece, come vi siete conosciuti?- chiede il signor Jeager rivolgendosi a Eren e Armin.
-Era il giorno che sei partita, Mikasa, son tornato in ospedale e c’era questo ragazzo, spaventato e triste che mi guardava con quegli occhioni azzurri e io ho voluto subito aiutarlo. Siamo andati a bere qualcosa e tipo quattro ore fa è iniziata la nostra relazione, voglio dire, lui ha dormito per quasi tutto il tempo, ma è stato comunque bellissimo-
Anna non commenta, non guarda Eren e Armin con il viso illuminato.
-Oh, quindi state insieme?- domande Anna, indifferente.
-Sissignora,  stiamo insieme come il pane sta con la nutella-
Armin sorride e prende la mano di Eren sotto il tavolo, stringendola e tenendola attaccata alla sua coscia.
-Beh, è meglio se non lo dici agli zii e ai nonni-
-Ti devo ripetere che questa non è la tua famiglia, è la mia, e nella mia famiglia posso innamorarmi, baciarmi e presentare anche Armin-
Anna, offesa si alza dal tavolo seguita dal marito.
-Non preoccuparti piccolo, se sei d’accordo possiamo fare a meno di mentire e essere semplicemente chi vogliamo, ok?- Eren lascia di nuovo un bacio sulla guancia di Armin.
Arlert non si era mai sentito più in imbarazzo, ma l’imbarazzo devo esserci quando incontri i genitori del tuo ragazzo, non sarebbe normale sennò.



-La cena è stata ottima, grazie Thomas- ringrazia Armin uscendo a braccetto con Eren.
-No problem, my little english friend-
Armin sorride e controlla se Anna è ancora dietro di loro o se è andata a prendere un coltello per ucciderlo.
-Armin, ora arriveremo all’una, sono stanco e voglio dormire sulle tue gambe come hai fatto con me- si lamenta Eren.
-Ok tesoro-
-Mi hai chiamato tesoro?-
-Sì, perché?-
-E’ che, boh, pensavo fosse troppo presto-
-Sono innamorato di te e posso dirti ciò che mi va, per esempio che ora il tuo alito sa di sugo-
-Lo vuoi assaggiare, hm?-
Armin ride e bacia Eren prima di entrare nella macchina per altre due o tre ore di viaggio.
-Era buono il sugo che c’era sopra la posta- scherza Armin
-Anche il pesce che hai mangiato tu non era male-
-Mi fate schifo- conclude Thomas che si sta sedendo nel posto del guidatore.
-Mi fate schifo, sul serio, per favore, dormite e non scambiatevi saliva ancora un po’-
Eren ride e Armin diventa completamente rosso.
 

-Eren, amore, svegliati, ha detto Mikasa che siamo arrivati-
-Tesoro, ti ammazzo-
-Devi prendere le medicine, piccolo, hm? Adesso entriamo, ti prendi le medicine e ci sistemiamo dove mi ha detto Mikasa-
-Non voglio prenderle, Armin, mi faranno star male-
-Se lo faranno allora io ti giuro che starò male insieme a te, ok? Devi prenderle, ok?-
-Armin, per favore, non le voglio, mi fanno schifo-
-Se non le prendi te le mando giù per la gola con le mie mani, ok? Mi sentirei più tranquillo se tu prendessi le medicine-
Eren sbuffa e si alza controvoglia lasciandosi poi cadere sulla spalla di Armin.
-Lo sai che sono innamorato pazzo di te?-
-Sì-
Ancora non è il momento per dirsi “ti amo”, è troppo importante per loro. La sentono come una frase che va detta con giudizio, che deve essere sentita quando più serve.
-Sono anch’io, tanto innamorato di te-
La casa è grande, vuota e silenziosa.
-Sh, papà e Anna sono già arrivati, ora dobbiamo solo andare a dormire-
-E la zia, Mikasa?-
-La zia è già che russa, domani mattina la saluteremo, ora dai, prendete le vostre cose-
Thomas e Mikasa prendono le valigie e entrano, ma Armin e Eren si fermano un po’ fuori.
-Da piccolo giocavo qui tutto il tempo- comincia a raccontare Eren –mio mamma mi spingeva sull’altalena che ho poi rotto, poi giocavamo a palla e io e Mikasa ci rincorrevamo, era bellissimo-
La luce fievole della luna illumina il viso di Eren facendolo sembrare color latte.
-Eren, andiamo dentro, ho freddo e tu devi prendere le medicine-
Eren fa girare gli occhi e prima di entrare stringe Armin tra le braccia, sussurrandogli delle dolci frasi all’orecchio.
-Eren, sai di essere il ragazza più carino del mondo?-
-Nah, prima ci sei tu, poi c’è Levi e poi Chris Evans; anzi, Chris Evans prima di tutti-
-Anche prima di me?-
-Ok, tu sei più carino-
Eren ride insieme ad Armin e piano cercano di salire le scale senza fare alcun rumore e per fortuna sono veramente silenziosi.
-Dormiamo in stanza con Mikasa e Thomas, mi ha detto Mikasa nella camera dei due letti, sai dov’è?-
-Sì, io e Mikasa dormivamo lì. Ci sono tre piani in questa casa, nell’ultimo c’è una mansarda dove ci sono due letti enormi-
Armin prende la mano di Eren e lo segue.
-Dormire insieme, Armin, poche coppie raggiungono tutto questo in poche ore-
-Ma noi siamo speciali- risponde Armin.
-Già, hai ragione, siamo speciali; sai perché? Perché siamo tutti e due profondamente stupidi, questo ci differenzia-
La porta della stanza si apre e Mikasa è già sotto le coperte di un letto enorme e Thomas si sta mettendo la maglia del pigiama.
-Ehi, cambiatevi pure e usate il bagno, noi abbiamo finito-
-Grazie Thomas-
Eren e Armin vanno verso il bagno e senza accorgersene entrano insieme.
-Ok, cambiamoci insieme, va bene, giochiamo a fare le coppie sposate- scherza Eren –prima lo uso io il water, intanto tu cambiati se vuoi-
Armin ride e fa come gli viene detto.
-Ho dei fianchi orribili- dice Arlert guardandosi allo specchio.
-Io avrei qualcosa da ridere su questo-
Lo specchio nel bagno è enorme e ci si può specchiare completamente. Eren si toglie la maglia e si mette di fianco ad Armin.
-Guarda che segni orribili, questo fa schifo, le smagliature che hai sui fianchi sono fantastiche, ok? Anche se sono poco maschili o cazzate del genere, non permetterti di odiare te stesso perché potrei seriamente incazzarmi-
-Oh oh, il mio Eren è arrabbiato-
-Sì, perché come io prenderò quelle stupide medicine tu imparerai ad amarti perché non voglio che il mio ragazzo si odi così tanto da non riuscire a fare nient’altro se non biasimarsi, ok?-
-Potrei dire lo stesso di te-
Eren si zittisce, tornando e risciacquarsi il viso nel lavandino.
-Sei speciale Armin, non dimenticarlo-


 

-Piccolo mio, hai i piedi che sembrano dei ghiaccioli- dice Armin – e le mani sono ancora più fredde-
I due sono distesi sotto una leggera coperta.
-Eren, metti i piedi tra le mie gambe e le mani sotto le mia braccia, così ti riscaldi, ok piccolo?-
-Sissignore-
Eren fa come gli viene detto e sprofonda poi il suo viso nel petto di Armin.
-Sono innamorato di te e non voglio più lasciarti-































Note:
*rispunta fuori dalle tenebre* oh hei, ciao.
Scusate il ritardo in tutto, ma sono fatta così, ritardo persino nel vivere.
Spero che questo capitolo vi piaccia. Ho tentato di farlo più lunghetto del solito, ma i capitoli troppo lunghi non mi piacciono, preferisco farne 20.000 ma corti piuttosto che 3 lunghissimi. (Sono solo pigra o lo faccio per un motivo preciso? Boh, chi lo sa)
Comunque recensite (anche se spesso non rispondo non vuole dire che non legga apprezza, vuole dire che non so cosa rispondere e quindi rimando sempre a quando "mi verranno belle idee"
Comunque grazie a tutti e alla prossima, baci Meg <3

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Capitolo 11
*** Teaser. ***


In Equilibrio.
Vabbè, sto meno a scrivere le scuse qui. 











-Armin!-
Qualcuno urla da una qualche stanza. Armin si sveglia e sente un sapore strano alla bocca, come se avesse dormito per mesi e non fosse a conoscenza del dentifricio. Non può vedersi, ma sa per certo che i suoi capelli sono un disastro e non basteranno due ore per tornare nella decenza umana.
-Armin!-
Quella voce sembra calda e familiare, ma non è Eren, almeno che la mattina non abbia una voce da nonna.
Si sveglia e sente un odore di umido penetrargli i polmoni, non è molto fastidioso, è più strano e non si riesce ad abituarsi, perché è forte e sembra che qualcuno abbia bagnato l’aria.
Armin non ha avuto tempo per guardare la stanza nella quale ha dormito, la mattina è quindi un po’ spaesato e non ha idea di essere nella soffitta attrezzata a camera della famiglia Jeager. Thomas e Mikasa non sono nella stanza e la parte di letto sulla quale dormiva Eren è fredda e Armin comincia a farsi qualche domanda su che ora, anno o millennio sia dato che Eren è già sveglio.
-Aiuto!-
La voce di un bambino risuona per tutta la casa ed è seguita da un urlo di terrore. A quel punto Armin decide che non c’è tempo per fare lo zombie o preoccuparsi dei capelli e scende la rampa di scale più lunga che e scomoda che abbia mai visto per ritrovarsi nelle stanze in stile antico e il bagno moderno. Nessuno si trova nel letto e tutto sembra lo scenario di un film horror.
-Aiutatemi!-
Armin vede di nuovo una rampa di scale e la scende a tutta velocità, si sentiva come quei tipi che sopravvivono fino alla fine dei film di paura.
Peccato che non ha calcolato l’eventualità che ci sia un ultimo scalino fatale.
Così cade di schiena, o meglio, la caduta e attutita dal suo fondo schiena.
-Armin?!- questa è la voce di Eren che Armin sente sempre più vicina. –Armin?- risata –Sei veramente caduto? Mi fai morire! Tutto bene?-
Armin cerca di rialzarsi ma le gambe non lo reggono e torna a cadere. Prende la mano di Eren e si fa aiutare, ma deve aggrapparsi a lui per poter arrivare fino al salotto.
-Buongiorno, Arlert? Ho sentito parlare di te per tutta la mattina- lo accoglie una signora anziana che ha però un fisico invidiabile.
-Già, Eren non sta zitto un attimo “Armin ha i capelli biondi, Armin ha gli occhi azzurri”, ma come fai a sopportarlo?- aggiunge un ragazzo sulla quindicina che assomiglia molto ad Eren, se non fosse per gli occhi marroni potrebbero essere scambiati per fratelli.
-Eren mi ha anche picchiato!- protesta una bambina che sembra avere nove anni e Armin ricollega la sua voce a quella che ha sentito mentre si stava preoccupando di come mai il suo alito puzzasse così tanto.
-Oh, ti sei fatto male, caro?- chiede la nonna.
-Ha il sedere duro quanto la sua testa, non si è fatto niente- dice scherzando Eren, mettendo così in ulteriore imbarazzo Armin.
-Eren! Linguaccia!- “Seriamente?” pensa Armin. “Siamo in una soap-opera o cosa?”.
-Armin, siediti sul divano quado tornano Grisha, Maria e Rupert ritornano dirò a Rupert che ti controlli la spina dorsale-
Eren non fa altro che ridere sostenendo il suo ragazzo.
-Gli Jeager sono ricconi bastardi, Armin, qui non si dicono parolacce o non si vive tenendo i soldi contati. Se mia mamma fosse stata qui ti direbbe “Non ho mai voluto un soldo da loro, per questo non sto simpatica a nessuno; non mi sono fatta pagare”. Io non mi sento uno Jeager, sai, i grandi medici, la famiglia ricca, io sono solo Eren e ti chiedo di non giudicarmi solo perché qui non si dice la parola “gay” perché è rozza e imbarazzante, io rimango il mio solito io-
Armin guarda il viso di Eren che è ora molto vicino e basterebbe veramente poco per lasciare un piccolo bacio sulla sua guancia e di che tutto va bene, ma non va così, Armin non se lo riesce a spiegare; come se avesse un numero limitato di baci e ne avesse già spesi troppi.
-Non preoccuparti, mi sa che mi divertirò-
Eren invece non sente una limitazione nel numero di baci che può dare, cose ne lascia uno sulla guancia del biondo.
-Hai i capelli che sembrano quelli di Jean quando si “pettina”-
-Che ridere Eren, che divertente che sei. Che ora è?-
-Dieci e un quarto, oggi ti sei svegliato tarsi, eh?-
-Da che pulpito vien la predica-
-Tutta colpa delle medicine, sai che mi fanno star male-
Armin scuote le spalle e torna sentire un dolore acuto attraversargli tutta la schiena.
-Mio zio Rupert è un ortopedico, preparati ad un controllo medico-
-Odio i medici-
-Soprattutto Hanji-
-Hanji è divertente-
-Hanji deve morire-
-Eren!-
Armin si siede sulla poltrona facendo molta attenzione a non fratturarsi tutto il sedere. Eren va ad aiutare la nonna a preparare la colazione e lascia Armin nella sua sofferenza.
-E’ arrivato Rupert! Armin, vuoi il caffè? Eren, prendi il caffè!-
Armin si è seduto da dieci minuti e ha subito notato quanto veloci nei movimenti siano gli Jeager. La cuginetta di Eren, Annalisa, è riuscita a costruire un torre di lego alta quanto lei e poi distruggerla e mettere i pezzi nella loro scatola. Il quindicenne, Lucas, si era aggrappato alle spalle di Eren e Armin cominciò a dubitare del fatto che la parola “gay” non venisse mai nominata in casa Jeager.
La nonna, che vuole farsi chiamare solo nonna, ma ha come nome Steffi, non si è mai fermata. Ha preparato la colazione a tutti e ha preparato per tutti la colazione più salutare e new age che Armin avesse mai visto, anche se ha sempre aiutato a lavorare nel bar di famiglia.
Poi arriva Rupert. E’ un uomo alto, possente, mascolino; tutto ciò che Armin non è insomma.
-Mamma! Siamo tornati, abbiamo preso il pane integrale!- esclama Rupert. Dietro di lui appaiono Maria e il papà di Eren.
-Sai cosa ci serve, Rupert? Io credo che…- Maria s ferma appena vede Armin seduto.
-Oh caro, per fortuna sei qui, Armin è caduto e credo si sia fatto qualcosa alla schiena, puoi controllare?- Chiede dolcemente Nonna.
-Lui è Armin?- Chiede Rupert voltando il suo sguardo verso Armin.
-Sì, proprio come l’ho descritto, vero zio?- dice Eren con sguardo fiero.
-Non proprio Eren, me lo immaginavo più, più simile a una ragazza-
-Sorpresa zio, è un maschio, come credo di averti già detto mille volte-
-E’ un tuo amico?-
-Ah, amico, fino a ieri sì, ora credo di essere ad un livello superiore- Eren cambia subito tono e si mette tra suo zio e Armin. –Qualche problema?-
Rupert si limita a sbuffare e entra nella cucina senza dire una parola. Viene subito seguito da Eren e Armin nota subito come tutto il resto degli Jeager rimane a bocca aperta e la nonna, anche se ha ancora delle cose da mettere via nella cucina, si siede a tavola.
-Grisha, fai qualcosa- sussurra mentre si sistema la gonna.
-Non posso farci nulla, mamma-
Armin rimane immobile come tutti gli altri e resta a guardare, anzi, a sentire.
-Cosa ti prende?!- urla Rupert.
-Cosa prende a te?!- risponde Eren
C’è un attimo di pausa, ma Armin riesce capire che è solo Rupert che parla a bassa a voce.
-E allora? Ci credo che è un po’ più simile a un ragazzo, cazzo, è un ragazzo! Non voglio fare la vittima, ma ho già sopportato abbastanza, non voglio le tue stronzate omofobiche qui dentro! Perché mi fate diventare matti, tutti quanti! Non fate altro che sedervi come stupidi porci a far finta che niente sia un problema, cazzo! E ora che sto finalmente facendo un po’ di fottuto ordine non vieni tu e sbuffi e davanti a Armin! Siete solo tutti stupidi maiali che…-
Slap.
Uno schiaffo e tutto torna silenzioso. Solo dopo qualche interminabile secondo Lucas mormora un “fanculo tutti” e entra nella cucina. Rupert invece ne esce con uno sguardo severo, duro.
-Rupert! Ti sembra questo il modo di comportarsi con Eren-
-Malattia un corno, quelle sono solo lamentele di un ragazzo che ha sempre avuto tutto ciò che voleva solo perché ha passato qualcosa di brutto! Vita è vita, ma io non posso seguire i voleri di uno stupido ragazzino che pensa di essere più grande di tutti noi-
-Ti ricordo che è mio figlio, idiota- risponde Grisha -Se ci fosse Mikasa ti avrebbe fatto un culo così a quest’ora-.
Annalisa corre verso Armin e si nasconde tra le sue gambe, come fanno i cani quando hanno paura.
-Eren è uno stupido ragazzino?- chiede con gli occhi rossi ad Armin.
-No- risponde fermo lui –E se lo è vuol dire che lo sono anch’io-
Rupert si gira verso Armin e Annalisa, se non sapesse di essere nella vita reale, Armin scommetterebbe tutto ciò che ha di essere in una soap opera con attori scadenti.
-Anche io vengo da Shiganshina-






















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Scusate. Scusate. 
Pensavo che il blocco dello scrittore fosse una leggenda metropolitana, e invece.
Non riesco a scrivere e tutto ciò che facciò mi sembra merda. (scusate il termine, ma  è così xD)
Quindi mi disp, ma dovrete aspettare ancora un po' per un colpo di scena. 
Per far vedere che non sono morta (ma quasi) pubblico una parte poco schifosa e confermata dalla mia ragazza.
Scusate un casino, Meg. 
(se volete porgermi domande o solo insultarmi, il mio account tumblr è : 
http://meg-explosion.tumblr.com/ )

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