I told you I'd take responsibility

di Vals Fanwriter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Gli occhiali di Rei. #1 ***
Capitolo 2: *** 2. Lo scivolone. ***
Capitolo 3: *** 3. Ricordi dal passato. ***
Capitolo 4: *** 4. Il pinguino e la farfalla. ***
Capitolo 5: *** 5. Gli occhiali di Rei. #2 ***



Capitolo 1
*** 1. Gli occhiali di Rei. #1 ***


Ieri sera ho scritto la mia prima Reigisa perché “Toh, che carino questo prompt, quasi quasi ci provo”; e così, anche se ero sul punto di addormentarmi sulla tastiera, ho scritto quel che avevo in mente, per dare il mio contributo alla “Notte Bianca” di Free!. È una cosa brevissima, ma ho deciso di postarla anche su efp e di lasciare questa raccolta aperta, così da potervi postare anche altro. (Ho un debole per le otp fluff, che ci posso fare?)
Il prompt era: “Nagisa scopre che a Rei piace vederlo con i suoi occhiali addosso. Ovviamente ne approfitta.”
E benvenuta a me nel fandom. *spara stelline filanti*

 




 
 
 
Rei ama il silenzio, ma soprattutto ama studiare quando l’unico rumore che permea la casa vuota è il fruscio delle pagine dei suoi libri. Trova la massima concentrazione, quando non vi è alcun rumore a distrarlo, ma, come ogni regola che si rispetti, anche questa possiede la sua eccezione. Tale è Nagisa che, seduto alla scrivania accanto a lui, scribacchia sul quaderno di matematica lo svolgimento di un esercizio, canticchiando sottovoce una canzoncina dal motivetto allegro.

Rei trattiene un sorriso, come meglio può, tenendo la testa bassa e gli occhi fissi sul libro di teoria che sta studiando, ma non pone alcun freno all’iperattività del ragazzo. Nagisa è sempre stato una ventata di allegria e novità nella sua vita, fin dal momento in cui, ostinatamente, si è messo a seguirlo ovunque, pur di convincerlo ad entrare nel suo stesso club di nuoto. Da allora, ci ha fatto quasi l’abitudine ai suoi modi. Continuano a sorprenderlo, ma costituiscono una costante senza la quale non riesce ad essere sereno, durante le sue giornate.

Ecco perché, quando Nagisa si è presentato da lui, quel pomeriggio, senza invito e con la scusa di “studiare insieme”, non ha avuto modo di prendersela per l’interruzione della sua quiete, anzi, si è sentito quasi sollevato. Nagisa fa tutto quello che gli passa per la testa, senza starci troppo a rimuginare, e ti trascina senza chiedere nel suo mondo di sorrisi e canzoncine che, sul serio, non ha idea di dove vengano fuori.

Rei si sente bene in sua presenza e, difatti, continua a scorrere con calma le righe di quel paragrafo lunghissimo, anche se lo fa distrattamente. La presenza di Nagisa può essere un fattore positivo per il suo umore, ma decisamente negativo per la sua concentrazione.

Quando il ragazzo smette di cantare, per un tempo fin troppo lungo per i suoi standard, Rei è tentato dal sollevare lo sguardo per verificare che non stia avendo difficoltà con gli esercizi.

‹‹Tutto bene lì?›› domanda, approfittando del silenzio per cercare di capire una frase che ha già letto tre volte, ma non arriva alcuna risposta dall’altra parte.

Rei si volta ed è proprio in quel momento che i suoi occhiali lasciano il proprio consueto posto per passare tra le mani di Nagisa.

‹‹Nagisa-kun, ti ho detto mille volte di non rubarmi gli-››

‹‹Sei troppo serio, Rei-chan.››

Ed anche se senza i suoi preziosi occhiali Rei non distingue le figure in maniera perfetta, riesce ugualmente ad identificare il broncio di Nagisa, accompagnato dai suoi occhi luminosi ed espressivi che, adesso, sono circondati dalla sua montatura rossa. Gli danno un’aria buffa, come se ad averceli addosso fosse un bambino piccolo. Non riescono in alcun modo a conferirgli serietà.

“Che carino” pensa Rei, nell’esatto momento in cui avverte una sensazione di calore alle guance, ma a voce sussurra soltanto un: ‹‹Ti faranno male agli occhi, Nagisa-kun.››

Entrambi continuano a guardarsi l’un l’altro. Nagisa abbassa leggermente la testa per riuscire ad osservarlo da sopra le lenti, ma la sua espressione perde tutta la finta arrabbiatura di cui prima era impregnata. Le sue sopracciglia sottili si inarcano e i suoi occhi lo scrutano, curiosi; poi sorride, in quella maniera fintamente innocente che contraddistingue la sua personalità.

‹‹Però ci sto bene, vero?›› domanda, sapendo esattamente che risposta aspettarsi.

Il cuore di Rei fa un balzo, il suo sguardo fugge da quello del compagno e la sua mano va ad immergersi tra i suoi capelli, in un gesto che vuole sembrare naturale, ma che finisce per essere solo frettoloso ed agitato. Nagisa non si scompone per nulla e aspetta.

‹‹C- certo che ci stai bene. Che domande fai?››

‹‹Meno male!››

Nagisa si sistema gli occhiali sul naso, pur vedendo poco e niente così facendo. Il suo sorriso si allarga, mentre, con la massima naturalezza, inclina la testa di lato per andare a posare la tempia sulla spalla di Rei.

‹‹Mi spieghi gli esercizi di trigonometria?››

E anche volendo, Rei non riuscirebbe a negare una qualsiasi richiesta ad un Nagisa dallo sguardo implorante ed un paio di occhiali ad incorniciarlo.






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Capitolo 2
*** 2. Lo scivolone. ***


Altra flashfic scritta per la “Notte Bianca” di Free!.
Prompt: “Nagisa si sloga una caviglia perché corre vicino alla piscina. Rei si saprà prendere cura di lui.”

 




 
‹‹Mi fa male, Rei-chan...››

‹‹Sarebbe strano se non te ne facesse. Hai fatto un volo.››

‹‹Mmh...››

Nagisa tira su col naso e strizza leggermente gli occhi ad una fitta più dolorosa alla caviglia. Si sta gonfiando e la sente pulsare, a causa della storta che ha preso poco prima, ma la presenza di Rei riesce a tranquillizzarlo e a distrarlo appena un po’ dal dolore, nonostante sia consapevole del fatto che a breve arriveranno i suoi rimproveri. Si sta prendendo cura di lui con precisione e attenzione e Nagisa è certo del fatto che, se ci fosse stato un altro dei suoi amici al suo posto, non sarebbe riuscito a sentirsi protetto come si sente adesso.

‹‹Dovresti saperlo che non bisogna correre sul pavimento bagnato. Avresti potuto farti ben più male di così›› gli dice Rei, mentre, con sguardo serio, analizza la sua caviglia e pondera l’eventuale presenza di una frattura. ‹‹Riesci a muoverla?››

Nagisa coglie una lieve nota di premura nel suo fare meticoloso, ma non si azzarda a farglielo notare. Piega leggermente il piede, per dimostrargli che ci riesce, col solo scopo di rimuovere un po’ di quella preoccupazione che legge negli occhi di Rei.

‹‹Ce la faccio, ma mi fa male.››

Lo sguardo di Rei si solleva dal gonfiore e si sposta sul volto dell’altro ragazzo. La sua espressione è inequivocabilmente piccata, a causa dell’irresponsabilità di Nagisa.

‹‹La prossima volta, non correre. Il coefficiente d’attrito dinamico di un pavimento bagnato è pressoché-››

‹‹Ma io stavo correndo da te, Rei-chan.›› Inconsapevolmente, Nagisa prova ad addolcirlo e a racimolare ancora un po’ di attenzioni e premura, perché, in fondo in fondo, sa che Rei non riesce ad essere duro con lui troppo a lungo.

Lo vede sospirare, infatti, ed accantonare la parte seria e severa della sua personalità, in favore di un leggero rossore sugli zigomi. Gli accarezza delicatamente la caviglia ed incurva lievemente le labbra in un sorriso arreso, ma dolce.

‹‹Non farlo mai più. Non c’è bisogno di correre, ti aspetto per andare alle docce.››

‹‹D’accordo… Scusami, Rei-chan.››

Il ragazzo scrolla lievemente le spalle, come a dire “Ormai non ha più importanza”, e dal basso della sua postura – inginocchiato ai piedi di Nagisa – si china appena per posare un bacio delicato sulla sua ferita.

‹‹Ti vado a prendere del ghiaccio, non ti muovere.››

Nagisa riesce soltanto a mormorare la sua risposta e ad annuire impercettibilmente, mentre Rei si alza e si allontana. Quel gesto non solo lo ha sottratto dal dolore, ma gli ha anche rubato qualche battito di cuore in più.





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Capitolo 3
*** 3. Ricordi dal passato. ***


È Luglio ed io sto per addormentarmi sul libro che sto studiando e… Qual è la soluzione migliore per svegliarsi un po’? Ma scrivere fanfiction, è ovvio! Questa raccolta ormai è priva di qualsiasi senso, o pretesa – persino i titoli sono messi a cavolo –, è solo un ammasso di fluff per sfuggire da questo mondo grigio. (Allegria, Vals!) Però, ecco, avevo questo pallino in testa e ora mi son tolta il pensiero. Spero vi piaccia! ♥
 


 


 
Il sole picchiettava forte sull’acciottolato del parco e si rifletteva sulle foglie degli alberi, appena un po’ bagnate di rugiada, a causa della pioggerella estiva che era caduta quella notte, ma non dava segni di voler sparire tanto presto. Rei sedeva su un muretto basso, osservando attraverso le lenti suo fratello maggiore, che sfidava la superficie umida dello scivolo per mero divertimento; intanto dava qualche leccata composta ed educata al suo gelato alla fragola, concentrandosi sul sapore dolciastro e riflettendo su quanto sarebbe potuto durare ancora, senza sciogliersi a causa del sole. Voleva che non finisse tanto presto e voleva gustarselo a fondo, perciò si limitava a raccogliere il gelato che colava sui bordi del cono con una precisione e un tempismo perfetto.

‹‹Tesoro, finirai per sporcarti, se non ti sbrighi a mangiarlo›› lo incalzò sua madre, poco distante da lui, rischiando di distrarlo da quell’operazione così complicata, ma il bambino non perse concentrazione e continuò a rubare manciate di crema poco alla volta.

‹‹Non mi sporco, mamma, tranquilla›› disse Rei, tra un boccone e l’altro.

Quando l’immagine di suo fratello che risaliva lo scivolo al contrario iniziò a diventare monotona, il suo sguardo si spostò sulla casetta rosa a forma di cupola che, stranamente, quella mattina, non era affollata come la trovava di solito. Solo una bambina vi si era accostata. Era seduta a terra con le gambe rannicchiate al petto e il viso nascosto dalle ginocchia. Rei ebbe l’impressione che stesse piangendo, da quella distanza.

Leccò un altro po’ di gelato e poi domandò a sua madre se potesse avvicinarsi alla casetta a forma di cupola. La donna annuì, ma lo raccomandò di stare attento alle pozzanghere, così Rei si alzò ed avanzò verso quella bambina triste. Quando si fu avvicinato abbastanza, notò che le sue spalle tremavano appena.

“Sta davvero piangendo. Chissà come mai?”

Ogni tanto squittiva ed emetteva qualche singhiozzo, ma, ora che Rei le si era avvicinato, non aveva proprio idea di cosa dirle.

‹‹Ehi›› tentò, ‹‹perché piangi?››

La bambina emise qualche altro singhiozzo sommesso e poi sollevò la testa per verificare a chi appartenesse quella voce. Aveva dei capelli biondissimi e corti, notò Rei, ma sulla testa le spuntavano tre codine legate con degli elastici e nastri di diversi colori, che avrebbero potuto farla sembrare un piccolo alieno, se non fosse stato per il vestitino rosso, frastagliato con pizzi e merletti, che aveva indosso.

‹‹Io- io-››

Niente, non riuscì a mettere insieme una frase di senso compiuto, dato che ricominciò a piangere e singhiozzare quasi subito. Rei diede una leccata al suo gelato, dato che gli stava colando sulle dita – la bambina lo aveva distratto – e poi si abbassò sulle ginocchia per riuscire ad osservarla meglio in viso.

‹‹Dai, non piangere, bambina!››

Ma se possibile, a quelle parole, la sua voce e i suoi gemiti divennero più alti e squillanti. Forse era caduta e si era fatta male, pensò Rei, ma sembrava che non avesse ginocchia sbucciate o graffi, quindi non doveva essere quello. Rei aggrottò la fronte mentre rimuginava su quel mistero e stava quasi per prendere un altro boccone di gelato, quando gli venne un’idea.

‹‹Ehi, ti piace il gelato alla fragola?››

Il pianto della bambina diminuì appena un po’, in seguito a quella domanda, nonostante fosse ancora scossa da qualche singhiozzo.

‹‹S- sì›› mormorò, mentre un’altra lacrima le scendeva lungo la guancia.

‹‹Allora, tieni, te lo regalo›› decretò Rei, allungandole il gelato mezzo sciolto. Sua mamma gli diceva sempre che bisognava essere generosi e gentili con le femmine, e quella bambina non riusciva a smettere di piangere, magari così si sarebbe sentita meglio.

I suoi occhi infatti si illuminarono all’improvviso ed un piccolo sorriso le piegò le labbra.

‹‹G- grazie, la fragola è il mio gusto preferito›› gli rivelò, assaggiandone un po’ e sporcandosi di rosa la punta del naso. Rei si sentì appena un po’ più soddisfatto, a seguito di quella scoperta.

‹‹Davvero? Anche il mio!›› esclamò, aprendosi in un sorriso solare.

La bambina non aveva la sua stessa eleganza e precisione nel mangiare il gelato – in due minuti ne aveva divorato metà – ma per lo meno adesso aveva smesso di piangere.

‹‹Ti sei sporcata il naso!››

Rei le aveva fatto dimenticare il motivo per cui era triste ed era riuscito persino a strapparle una risata, quella mattina.
 


 
*
 


 
‹‹Nagisa-kun, hai il naso sporco di gelato alla fragola.››

Nagisa sollevò lo sguardo dalla prelibatezza che stava letteralmente trangugiando ed osservò il compagno dal basso del suo metro e sessantacinque, con i suoi occhioni da cucciolo e le guance appena un po’ spruzzate di rosso.

‹‹Dove? Rei-chan, dove?››

Rei scosse la testa e sbuffò una risata sommessa, mentre estraeva un fazzoletto dalla tasca dei pantaloni.

‹‹Sulla punta del naso, scemo. Possibile che tu finisca sempre con lo sporcarti come un bambino? Non è per nulla bello, Nagisa-kun.››

Gli strofinò il fazzoletto sulla punta del naso e Nagisa finì col chiudere gli occhi.

Bugia. Lui era adorabilmente bello anche in quelle condizioni.

‹‹Rei-chan, così mi farai diventare il naso rosso!››

Si ritrovò a sorridere e a guardarlo incantato, dinanzi alle sue lamentele, ma intanto una strana sensazione gli si stava attaccando addosso: un ricordo vago che riaffiorava dal passato.

‹‹Che c’è, Rei-chan? Ti sei incantato?›› domandò Nagisa – il naso gli si era arrossato per davvero, ma non sembrò curarsene più di tanto.

Rei cercò di sovrapporre le due immagini che aveva in mente, quella della bambina con le codine da alieno e quella di Nagisa che, al momento, lo scrutava curioso, e non c’era dubbio: combaciavano.

‹‹Non è nulla, sta’ tranquillo. Piuttosto, ti andrebbe di raccontarmi di nuovo degli scherzi che si divertivano a farti le tue sorelle, quando eri piccolo?››

Le guance improvvisamente gonfie e lo sguardo indispettito del ragazzino preannunciavano un racconto veramente lungo.
 




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Paginetta di Vals.

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Capitolo 4
*** 4. Il pinguino e la farfalla. ***


Oggi è il compleanno di Nagisa e… No, non mi sono obbligata a scrivere solo per questo motivo. Avevo questa scenetta in testa e quindi l’ho buttata giù al volo. È davvero stupidissima (e fluffissima) quindi va direttamente a prendere posto in questa raccolta altrettanto stupidissima. Le frasi in corsivo vanno canticchiate, mi raccomando. (Scherzo.) (Forse.) Buona lettura! ♥
 
 



 

‹‹La porta non si apre, non si apre, non si apre~ La porta non si apre, forse Mako arriverà~ Ma Mako non arriva, non arriva, non arriva~ Mako non arriva, al suo posto Haru giungerà~ Lo sgombro sta bollendo, sta bollendo, sta bollendo~ Quando sarà cotto, Haru la porta aprirà~ Ma prima di aprirla, aprirla, aprirla~ Prima di aprirla, lo sgombro mangerà~››

‹‹Nagisa-kun, potresti smettere di cantare? Sto cercando di concentrarmi…››

‹‹Ma il tempo passa più in fretta se canto. Dai, canta con me, Rei-chan! Lo sgombro è delizioso, delizioso, delizioso~››

Rei non ha idea di come continui la canzoncina, ma non ha neanche intenzione di provare ad unirsi al suo compagno canticchiando parole a caso, non adesso che si trovano in quell’assurda situazione: bloccati nello spogliatoio maschile dell’Iwatobi SC Return, evidentemente deserto in seguito all’orario di chiusura. L’idea era quella di prolungare gli allenamenti in vista delle provinciali – idea di Nagisa, ovvio – ed il risultato è stato trovarsi di fronte ad una serratura bloccata che adesso non vuole lasciarsi scassinare.

Sì, esatto, Rei sta armeggiando con una graffetta recuperata dalle pagine del suo libro di “Cenni sul nuoto e sulla sommersione”, tentando di far scattare la serratura, mentre nella sua mente si compongono e ricompongono immagini del meccanismo che si nasconde al di là della toppa. Tuttavia, non si è mai trovato in una situazione simile e, di certo, conoscere l’ingegneria che sta dietro alla manifattura di una porta non gli consente di improvvisarsi scassinatore.

Come se non bastasse, ha perso il conto del tempo trascorso da quando Nagisa ha iniziato a cantare. Forse è passata una mezz’oretta, o un’ora intera, fatto sta che non ha smesso neanche un momento di inventarsi nuove strofe. Se ne sta seduto sulla panca al centro della stanza, con le gambe incrociate, ancora in costume da bagno e con la sua felpa posata sulle spalle. L’ultima volta che Rei si è voltato a controllarlo ha visto la sua testa ondeggiare a destra e sinistra a ritmo della sua canzoncina, quindi deduce che lo scenario alle sue spalle non sia cambiato poi molto.

‹‹Il pinguino è nell’igloo, nell’igloo, nell’igloo~ Il pinguino è nell’igloo, dove la luce non entra più~ Nell’igloo non c’è più luce, luce, luce~ Nell’igloo non c’è più luce e freddo inizia a far~››

“Fantastico, la canzone ha smesso totalmente di avere senso. Ma perché proprio l’igloo poi?”

Non sa se è l’effetto della canzone di Nagisa e quindi pura e semplice reazione del suo subconscio, ma la stanza inizia ad essere veramente fredda e le mani di Rei tremano appena, mentre, inginocchiato ai piedi della porta, muove la punta della graffetta verso sinistra.

‹‹Il freddo gela tutto, tutto, tutto~ Il freddo gela tutto, ma il pinguino a casa andrà~ Casa sua è un po’ lontana, lontana, lontana~ Casa sua è un po’ lontana, ma tranquillo lui sarà~››

Crack!

Un movimento troppo brusco fa spezzare la graffetta nella serratura e Rei si irrigidisce sul posto, lo sguardo fisso sulle sue mani che stringono convulsamente il pezzettino di ferro. È la fine.

‹‹Il pinguino aspetta, aspetta, aspet-››

‹‹Nagisa!›› lo interrompe con tono un po’ brusco.

‹‹Che c’è, Rei-chan? Si è aperta?››

Rei si alza in piedi e si volta. Gli mostra la graffetta spezzata che tiene tra le dita e gli rivolge un’occhiata truce che più o meno sta a significare: “La tua canzoncina stupida mi ha distratto”.

‹‹Ops›› sussurra Nagisa, ma il suo sguardo non è divertito o vispo come al solito, sembra quasi deluso dinanzi al fallimento del suo compagno. ‹‹Mi sa che adesso ci toccherà cantare per molto tempo ancora›› aggiunge, con voce bassissima, quasi timorosa, ma Rei non ci bada tanto. In seguito a quell’ultimo commento, l’unica cosa che riesce a fare è sospirare esasperato e roteare gli occhi.

‹‹Nagisa-kun, dobbiamo uscire di qui, non cant-››

‹‹La farfalla è arrabbiata, arrabbiata, arrabbiata~ La farfalla è arrabbiata, ora il broncio mostrerà~ Il bozzolo si è rotto, si è rotto, si è rotto~ Il bozzolo si è rotto, ora dove dormirà~››

“Tralasciando il fatto che le farfalle, in teoria, non dormano in un bozzolo, appunto perché sono già farfalle, ma il pinguino della canzoncina che fine avrà fatto?” si domanda Rei, prima di scuotere la testa e darsi dello stupido. Non può mettersi a perdere tempo pensando al senso di quel motivetto, deve trovare una soluzione al vero problema.

Osserva la porta, poi il cellulare posato sulla panca con il quale, poco prima, ha tentato di mandare un messaggio a Makoto ed Haruka. Si siede accanto a Nagisa e controlla il display. Nulla, ancora non c’è campo. Sospira e si appoggia allo schienale, decidendo di far riposare un po’ il cervello. È dannatamente faticoso pensare mentre qualcuno canticchia senza sosta.

‹‹Il pinguino sta tremando, sta tremando, sta tremando~ Il pinguino sta tremando, non si esce dall’igloo~ Ma la farfalla pensa, pensa, pensa~ La farfalla pensa, ad uscire riuscirà~››

“Un momento… Il pinguino che trema? La farfalla che pensa?” si domanda Rei, aggrottando improvvisamente la fronte.

Automaticamente, si volta a guardare Nagisa ed inizia ad ascoltarlo più attentamente. La sua voce trema leggermente, ad ogni strofa che sfugge dalla sua bocca, ed il suo sguardo ora è basso e stranamente assorto, come se si stesse isolando, come se al momento fosse concentrato a cercare nuove parole con cui riempire quella filastrocca.

Rei si raddrizza sulla panca e lo guarda come si guarderebbe un rompicapo appena risolto, con gli occhi sgranati e le labbra schiuse.

‹‹Il pinguino non è solo, non è solo, non è solo~ Il pinguino non è solo, e paura non avrà~››

Il pinguino non è altri che Nagisa.

‹‹Nagisa-kun›› lo chiama Rei, posandogli una mano sulla spalla. ‹‹Nagisa-kun, guardami un attimo.››

La canzone si interrompe nel momento in cui Rei appoggia anche l’altra mano sulla spalla di Nagisa e lo costringe a voltarsi verso di lui. Incontra i suoi occhi e li vede appena un po’ lucidi.

‹‹Nagisa, tu… hai paura?››

Il diretto interessato sobbalza quasi a quella domanda, forse stupito nel constatare che Rei lo abbia capito, e forse anche un po’ dispiaciuto dell’aver messo nella testa del compagno un’ulteriore preoccupazione.

‹‹N- no›› risponde infatti, scuotendo la testa, ma il tremore della sua voce lo tradisce. ‹‹Non ho paura, sto cantando per far passare il tempo, vedi?›› Le sue labbra si piegano in un sorriso storto e ben poco convincente e la canzone riprende. ‹‹Il delfino si è perso, si è perso, si è perso~ Il pinguino lo aspetta, a salvarlo arriverà~ Visto? Non è divertente, Rei-chan?››

“No, non è divertente” pensa Rei, guardandolo con serietà. Era così preso dal cercare una via d’uscita il più in fretta possibile, che non si è accorto del fatto che Nagisa fosse terrorizzato all’idea di rimanere chiuso in quella stanza buia, fredda e silenziosa. Si sente una persona terribile se ripensa al modo in cui ha involontariamente ignorato la sua richiesta d’aiuto.

‹‹Nagisa-kun…››

Lo sguardo del ragazzino si fa dispiaciuto a quell’ennesimo richiamo, sebbene sia un po’ più dolce dei precedenti.

‹‹Scusa, Rei-chan. Ti dà fastidio? Smetto, se ti dà fastidio›› dice Nagisa, con la voce ridotta ad un sussurro, che riecheggia nella stanza vuota.

Rei lo osserva con premura e va ad immergere le dita della mano destra tra i suoi capelli biondi, il palmo che si posa sulla sua guancia; poi sorride lievemente e scuote la testa.

In quel momento, Rei non bacia Nagisa per impedirgli di riprendere a cantare, lo bacia per impedirgli di provare ancora paura.

Il pinguino è stato baciato, baciato, baciato~ La farfalla lo ha baciato, la paura non c’è più~” Rei è certo del fatto che la canzoncina continuerebbe così, se Nagisa avesse le labbra libere e fosse in grado di parlare.

 
 
 
 


 
‹‹Nagisa.››

‹‹Haru-chan, sei venuto a liberarci!››

‹‹Ahà. Che ci faceva Rei così vicino a te?››

‹‹N- n- n- n- niente, cosa vuoi che-?››

‹‹Rei-chan mi ha dato un bacio perché avevo paura di rimanere chiuso per sempre nello spogliatoio.››

‹‹Ah.››

‹‹Nagisa-kun, non dovevi dirglielo per forza!››

‹‹Ma lui è Haru-chan!››

‹‹E allora!?››

‹‹Ad Haru-chan e a Mako-chan dico tutto.››

‹‹Quindi lo dirai anche a Makoto-senpai!?››

‹‹Certo.››

‹‹…››




 

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Capitolo 5
*** 5. Gli occhiali di Rei. #2 ***


Imagine if Person A wore glasses/contacts and had really bad eyesight. Then one day, something happens to their glasses/contacts, either they get broken or get lost, so Person B keeps having to get up close for Person A to see them. Bonus if the close proximity lets them sneak in wee kisses.

Grazie a Pirats per il prompt. È tutta tua. ♥

 
 


 


‹‹Non capisco. Li avevo lasciati proprio qui dentro. Dove saranno finiti?››

È la terza volta che Rei sospira e probabilmente non sarà neanche l’ultima, dal momento che si sente letteralmente perso senza i suoi occhiali. Continua a cercarli alla cieca nell’armadietto ubicato nello spogliatoio, ma, proprio perché non vede ad un palmo dal suo naso, la sua ricerca continua ad essere futile. Eppure lui è quel tipo di ragazzo che rispetta le proprie abitudini, che percorre sempre la stessa ed identica strada per tornare a casa e che vive nell’ordine più assoluto, quindi non riesce a spiegarsi come possa aver fatto a perdere una cosa preziosa come i suoi occhiali da vista. Magari li ha messi da qualche parte, mentre era sovrappensiero, senza badarci più di tanto, ed ora non ricorda l’esatta posizione in cui li ha lasciati.

Cerca di ripercorrere con la mente i movimenti che ha fatto prima di buttarsi in piscina, come una cassetta che viene riavvolta all’indietro, ma niente, non ricorda di aver fatto nulla di diverso dal solito; dunque sospira nuovamente e ripercorre lo scomparto da capo, prima di rinunciarci e voltarsi per guardarsi intorno e cercarli altrove. Magari, li ha posati su qualche scaffale o qualche panca – in quel caso, chissà che brutta fine devono aver fatto – ma, in quelle condizioni, cercarli equivale a trovare la via d’uscita di un labirinto senza illuminazione e, se possibile, a quel pensiero, la frustrazione di Rei sembra aumentare.

Sta per recuperare i suoi occhialini graduati ed aiutarsi con quelli, ma se ne dimentica nel momento in cui qualcuno fa il suo ingresso nello spogliatoio. L’ennesimo sospiro gli sfugge dalle labbra, stavolta per il sollievo dovuto alla consapevolezza del fatto che i suoi amici non lo abbandoneranno al suo nefasto destino e lo aiuteranno a recuperare l’oggetto che gli consente di non inciampare o urtare persone e porte e, di conseguenza, di non apparire dannatamente stupido agli occhi della gente.

‹‹Makoto-senpai?›› chiama Rei, ma quel tentativo suona più come una domanda e questo perché davvero non vede più in là del suo stesso gomito e dunque è costretto a tirare ad indovinare, piuttosto che essere certo di starsi rivolgendo alla persona giusta. ‹‹Per caso hai visto i miei occhiali? Non riesco a trovarli nell’armadietto.››

Il presunto Makoto non risponde, ma Rei è piuttosto certo del fatto che abbia emesso una sorta di sbuffo divertito.

‹‹Non è colpa mia, non ho idea di dove io li abbia messi. Eppure io sto sempre attento ad infilarli nella custodia, nella tasca sinistra del borsone, in modo tale da averla a portata di mano quando la tengo in spalla. Sai, così nel qual caso piova e i vetri mi si sporchino, posso prendere facilmente la pezzuola e pulirli, anche se ho una mano impegnata a reggere l’ombrello.›› Rei lo dice tutto d’un fiato e, mentre la spiegazione prosegue senza sosta, il compagno avanza verso di lui, tuttavia rimanendo avvolto dalla luce che filtra dalla porta aperta che dà sulla piscina e che gli impedisce di riconoscerne il profilo.

Quando gli è abbastanza vicino, Rei si accorge che qualcosa non quadra: perché di certo Makoto non è poi così basso e minuto. E neanche Haruka, per la verità.

‹‹Non riesci proprio a vedermi senza occhiali, Rei-chan?››

E difatti, non poteva essere altri che lui.

‹‹Nagisa-kun, sei tu? Scusami, non vedo proprio nulla senza occhiali. Mi aiuteresti a-?››

È semplicemente un’impressione di Rei, o quello che Nagisa ha sul viso è un broncio? Il ragazzo assottiglia le palpebre per essere certo che sia davvero così, ma un po’ a causa della luce, un po’ del metro e mezzo che li divide, non riesce ad assicurarsene.

‹‹Perché il primo a cui hai pensato è stato Mako-chan?››

Cos’era quello? Un rimprovero? E per cosa lo stava rimproverando poi?

‹‹Non vedo niente, te l’ho detto. Non ti avevo riconosciuto›› si giustifica Rei. Nagisa è come un bambino, delle volte, e di conseguenza è in grado di prendersela per delle sciocchezze, anche se Rei non ha idea del motivo per cui dovrebbe prendersela proprio adesso.

‹‹Così mi vedi?›› lo sfida quasi, facendo un lungo passo avanti e fermandosi davanti a lui.

‹‹Sì, certo, così va un po’ meglio… Ora però cerchiamo i miei occhiali, così-››

E no, quel sorrisino che gli è appena comparso sulle labbra non è assolutamente sintomo della generosità che Nagisa ha intenzione di impiegare nella ricerca dei suoi occhiali. Nasconde di sicuro qualche piano diabolico dei suoi che infatti, poco dopo, si manifesta in un ulteriore passo in avanti.

‹‹E adesso mi riconosci?›› domanda di nuovo, alzandosi perfino sulle punte dei piedi per raggiungere la sua altezza e farsi guardare meglio.

Rei, dal canto suo, non ha modo di sfuggire a quel giochetto, dal momento che proprio alle sue spalle c’è l’armadietto aperto; tuttavia anche se potesse, non riuscirebbe a farlo: stranamente si sente paralizzato e non riesce a muoversi e ad allontanare Nagisa. Il più piccolo adesso ha posato le mani sui suoi fianchi, per riuscire a stare in equilibrio sulle punte, ed ha avvicinato talmente tanto il viso al suo che Rei si sente quasi in soggezione sotto il suo sguardo vispo.

‹‹Allora? Mi riconosci così?››

‹‹C- c- certo che sì, Nagisa-kun. Non c’è bisogno di stare così vicino.››

Due cose Rei riesce a percepire distintamente, in quel momento: la prima è il suo stesso viso che va a fuoco, a causa di quella vicinanza, e la seconda è la punta del naso di Nagisa che sfrega sul suo in maniera tenera e innocente – tutto il resto fa semplicemente da sfondo ai loro corpi vicini.

Nagisa annuisce lentamente alle sue parole e il suo sorriso si distende appena un po’. Forse è soddisfatto dalla sua risposta, pensa Rei, ma le sue ipotesi vengono interrotte da qualcos’altro. È un gesto naturale e spontaneo quello di Nagisa, lo fa con semplicità: si sporge in avanti e gli regala un bacio a stampo sulle labbra, un bacio breve, ma che era rimasto sospeso nell’aria a lungo, prima di raggiungere il destinatario. È una carezza leggera e veloce che lascia dietro di sé soltanto brividi, ma Rei la sente ancora sulla bocca, anche quando Nagisa si è ormai allontanato dal suo volto e dal suo corpo. E lui è lì, in piedi, che lo guarda con un’espressione altamente stupida in volto senza sapere cosa dire e se dire qualcosa soprattutto. Fortunatamente, è Nagisa quello che non è mai a corto di parole.

‹‹Gli occhiali sono nel mio armadietto, Rei-chan. Li avevi lasciati fuori e così li ho presi io.››

‹‹Ah… Oka- Cosa?!››
 



 

 
Nascondiglio di Vals

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