Baby, I hope to see you at the finish line.

di Im that boy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap.1 - Novembre ***
Capitolo 2: *** Cap.2 ***
Capitolo 3: *** Cap.3 ***
Capitolo 4: *** Cap.4 ***
Capitolo 5: *** Cap.5 - Dicembre ***
Capitolo 6: *** Cap.6 ***
Capitolo 7: *** Cap.7 - La partenza. ***
Capitolo 8: *** Cap.8 - L'America ***
Capitolo 9: *** Cap.9 ***
Capitolo 10: *** Cap.10 ***
Capitolo 11: *** Cap.11 - Il matrimonio. ***
Capitolo 12: *** Cap.12 ***
Capitolo 13: *** Cap.13 ***
Capitolo 14: *** Cap.14 - ‹‹Eravamo più unici che rari›› ***
Capitolo 15: *** Cap.15 ***
Capitolo 16: *** Cap.16 - Capodanno. ***
Capitolo 17: *** Cap.17 ***
Capitolo 18: *** Cap.18 - ‹‹C; M²; V.›› ***
Capitolo 19: *** Cap.19 ***
Capitolo 20: *** Cap.20 ***
Capitolo 21: *** Cap. 21 - Pasqua ***
Capitolo 22: *** Cap.22 ***
Capitolo 23: *** Cap. 23 ***
Capitolo 24: *** Cap.24 - Giugno. ***
Capitolo 25: *** Cap. 25 ***
Capitolo 26: *** Cap. 26 ***
Capitolo 27: *** Cap. 27 ***
Capitolo 28: *** Cap. 28 ***
Capitolo 29: *** Cap. 29 - Déjà vu. ***
Capitolo 30: *** Cap. 30 ***



Capitolo 1
*** Cap.1 - Novembre ***


Image and video hosting by TinyPic Questi primi capitoli sono stati modificati recentemente, perciò, se magari qualcuno di voi è incappato in questa storia e l'ha trovata orrenda, ne ha tutte le ragioni. Mi farebbe piacere, comunque, che la rivalutaste.

-Giuls;
xx


“If time, was still,
The sun would never, never find us
We could light up
The sky tonight…”


È suonata la sveglia, sono le sette e venti di mercoledì mattina e mi tocca andare a scuola. Come prima cosa mi guardo allo specchio… Oh, cazzo! Ho i capelli che sembrano una balla di fieno e sotto gli occhi ho due righe nere del trucco di ieri sera che marcano ancora di più le occhiaie dovute alle ore piccole di stanotte. Bene, ho poco tempo per prepararmi ad un’altra stressante giornata di scuola, allora corro in bagno, prendo una spugnetta e mentre mi tolgo il trucco inizio a cantare la canzone che ho come suoneria della sveglia: “Fly With Me” dei Jonas Brothers, la mia band del cuore. Dopo essermi struccata e truccata di nuovo, dopo essermi pettinata e lisciata i capelli guardo l’orologio: le sette e cinquantatré. Non arriverò mai in tempo! Mi metto le cuffie dell’ipod nelle orecchie e premo play, prendo le chiavi di casa e mi precipito fuori con lo zaino sulle spalle. La musica a tutto volume mi rimbomba nelle orecchie e senza nemmeno accorgermene inizio a cantare:

“You gotta live to party, bust your move
Everybody’s in the groove
Tell the DJ to play my song
Are you ready to rock and roll?…”
 
Dopo una manciata di minuti entro in classe, in ritardo come al solito, e vedo la prof. di francese, una donna alta, magra, coi segni dell’età incisi sul volto e lucenti capelli castani raccolti nella solita treccia lunga che mi aspetta con un sorriso maligno in faccia (quello che hanno tutti i professori quando sei nei guai).
-          Signorina Jacobs, ho riportato le verifiche della scorsa settimana.
-          Come sono andata? – Domando.
-          Non saprei, giudichi lei. – E detto questo mi da il compito: otto più, ovviamente. Non sono una studiosa, affatto, però ho un certo “dono” per le lingue, soprattutto per l’inglese, che lo parlo meglio dell’italiano. Non so neanche dove ho imparato, a dire la verità. Forse ce l’ho nel sangue, dato che ho origini americane da parte di madre.

Mi siedo al mio posto e vago con lo sguardo per la stanza in cerca dei miei due migliori amici: Alessia e Christian. Vedo Chris seduto poco davanti a me e ci salutiamo con la mano. Senza farci vedere dalla prof. iniziamo a parlare a gesti.

Com’è andata?”

Otto più! Tu?”

“Nove”.

Sorride soddisfatto ed io per tutta risposta lo mando a fanculo. Non faccio in tempo a chiedergli se ha notizie di Ale che stranamente a scuola non c’è, perché la prof. si accorge che stiamo parlando e ci ordina di smetterla.

Dopo sei interminabili ore di scuola esco finalmente alla luce del sole e mi fermo per togliere la vibrazione al cellulare. Qualcuno mi piomba addosso e voltandomi vedo Chris: un diciottenne alto, magrissimo, con un’onda di capelli neri e soffici e un paio di begli occhi marrone che mi sorride con l’aria di chi nasconde qualcosa.

-          Che vuoi, idiota? – Borbotto sorridendogli.

-          Sei libera venerdì sera?

-          Dipende a che ora, perché?

-          Pensavo verso le nove di sera, ma se dici di si dovremmo partire verso le quattro. – Mi risponde con aria misteriosa.

-          E dove dovremmo andare? Al mare?

-          Se preferisci il mare a questi allora me li faccio rimborsare. – Risponde sventolandomi davanti dei biglietti. Io glieli strappo di mano per leggere ciò che c’è scritto: “ Jonas Brothers, palaolimpico (Isozaki) – Torino”.

-          Oh mio dio, Chris! – Grido abbracciandolo.

-          Ti piace questo regalo?

-           Se mi piace? Lo adoro! – Esclamo.

Il mio sguardo cade ancora una volta sui tre biglietti… Tre?

-          Chris,perché ci sono tre biglietti?

-          Guarda che se non mi vuoi mi fai un favore. – Ribatte, e so che è serio.

-          Certo che ti voglio! Soprattutto perché non ti piacciono.

-          Ringrazia di essere la mia migliore amica. – Borbotta.

-          Comunque io e Ale dobbiamo prepararti come si deve. Non vorrai mica venire al concerto senza sapere neanche una canzone? – Lo provoco, soffocando una risata.

-          Col cazzo che mi metto a imparare le canzoni! – Esclama.

-           No, niente storie! Aspetto te e Ale a casa mia alle tre, diglielo.

-          Ale è malata non lo sapevi? – M’informa cambiando discorso.

-          No, la stronza non me l’ha detto. E per il concerto, allora?

-          No problem, ha detto che ci verrà ugualmente. – Tiro un sospiro di sollievo.

-          Dài, comunque vieni a pranzo da me, altrimenti che fai a giro fino alle tre?

Chris abita in un piccolo paesino lontano da qui di circa un’ora, se non di più; paese dove, tra l’altro, prima abitavo anch’io.

Ci sorridiamo e ci incamminiamo per andare a casa mia. Ancora non ci credo! Sono quattro anni, da quando ne avevo quattordici, che voglio andare ad un loro concerto e adesso il mio sogno sta per avverarsi, per giunta sarà il giorno del mio diciottesimo compleanno! Sento già che sarà il regalo più bello della mia vita.

Arrivati a casa, cuciniamo insieme, mangiamo e finalmente riesco a convincerlo ad imparare le canzoni.

Christian è il mio migliore amico da sempre, ci conosciamo da quando avevamo sette anni. Si è trasferito in Italia dalla Romania in seconda elementare, e da quel giorno siamo stati sempre inseparabili. Siamo entrambi cresciuti in un piccolo paese in provincia di Firenze, e in classe siamo stati sempre solo otto alunni, ed essendo così pochi sono rimasta in ottimi contatti con tutti. Tra quei sette amici solo Chris ha scelto il mio stesso indirizzo scolastico, ovvero il liceo linguistico, e quindi abbiamo passato insieme altri tre anni più degli altri, e questo è il quarto.

 Ale invece abita qui a Firenze e l’abbiamo conosciuta solo il primo anno, però è piaciuta subito ad entrambi e l’abbiamo inserita senza difficoltà nel nostro gruppo. Fortunatamente è una scelta di cui non ci siamo mai pentiti e, anzi, siamo molto soddisfatti di averla incontrata. Tra l’altro, la ragazza è fan dei Jonas Brothers come me, e ciò non ha fatto che aumentare la mia stima nei suoi confronti.

 

 

***

 

 

Dopo le solite sei, strazianti ore di scuola sento il cellulare vibrare dalla tasca dove l’ho riposto:

“Turn onthatradio

 As loud as it can go

Wanna dance until my feet can't feel the ground (feel the ground)

Say goodbye to all my fears…”

 

E’ la mia suoneria: “Play My Music”. Rispondo: è Ale. Per mezz’ora non facciamo altro che parlare dei Jonas e di domani, non so dire chi delle due è più emozionata. Una volta arrivata a casa, comincio a preparare tutto l’occorrente per il concerto: vestiti, trucchi, fotocamera, biglietti, sigarette, documenti. I miei capelli sono neri, lisci e molto lunghi, perciò decido di farmeli ricci e di lasciarli sciolti.

Prima di andare a letto, decido di scaricare nuove canzoni dei Jonas. Ne trovo una nuova: “Send It On”, dove cantano anche Demi Lovato, Miley Cyrus e Selena Gomez. Joe, uno dei tre fratelli, e Demi sono migliori amici e sono una coppia meravigliosa.

 

 

***

 


La scuola oggi è passata in un attimo, dopo essere iniziata con migliaia di auguri, abbracci e regalini da parte dei miei compagni, e questo vuol dire che l’ora X è sempre più vicina. Finalmente siamo al sei novembre duemilanove e il desiderio più grande della mia vita sta per avverarsi!

Tornata a casa, mi precipito subito a prepararmi, senza curarmi del pranzo.

Qualche ora dopo Chris e Ale suonano al campanello, ed io afferro la borsa e la giacca di pelle e corro alla macchina.

Nell’auto con Chris, come previsto, c’è una bella ragazza di media statura, coi capelli mossi e rossi, gli occhi verdi e fissata con la moda, davvero molto carina e sicura di sé.

-          Ciao ragazzi. Come stai, Ale?

-          Per ora non tanto bene, ma vedrai che dopo guarisco! – Scoppio a ridere insieme a lei, e Chris sospira scuotendo la testa.

-          Chris, hai imparato le canzoni? – Gli domando e Ale ricomincia a ridere: quando è eccitata non sa fare altro.

-          Sì, sì, tranquilla. – Mormora alzando gli occhi al cielo.

-          Tutte?

-          Sì, tutte, fidati.

-          E invece no, non mi fido e adesso t’interrogo! – Faccio partire la copia del CD dei Jonas che gli ho dato e iniziamo a cantarle una ad una iniziando da “BB Good”. In effetti le ha imparate tutte, che bravo!

-          Allora, prof., che voto mi mette?

-          Non ho parole, sono costretta a darti dieci!

-          Grazie prof., molto gentile. – Risponde facendomi ridacchiare.

-          Io non sono d’accordo. – Ribatte Ale. – Era stonatissimo, e inoltre aveva la stessa voglia di cantare che hanno le lucertole di farsi tagliare la coda!

-          Ale, che cazzo dici? – Esclamo scoppiando a ridere, e intanto Chris ribatte:

-          Ah, perché tu saresti quella intonata, vero?

Battibeccano per un po’, fin quando non m’intrometto e li distolgo dalla discussione.

Passiamo il resto del viaggio a parlare del più e del meno e ad ascoltare la musica, mentre l’eccitazione aumenta metro dopo metro.

Arriviamo a destinazione almeno un’ora e mezza prima dell’inizio del concerto, in modo da essere più vicini possibile al palco. All’ingresso vi sono gli addetti alla sicurezza che ci controllano i biglietti. Le entrate sono divise in file, e noi siamo nella due.

Dentro è bellissimo! Ci sono tantissimi posti a sedere e lo spazio per chi come noi sta in piedi è molto ampio. Sul pavimento del palco c’è il bellissimo simbolo dei Jonas, e sopra sono già state posizionate le aste dei microfoni, la batteria di Jack Lawless e la tastiera di Ryan Liestman. C’è pochissima gente ancora, perciò riusciamo ad accaparrarci la prima fila.

-          Certo che quel tizio nella fila uno era davvero carino! Ma perché non siamo andati in fila lì? Prima della fine della serata devo farmi dare il suo numero!

-          Cristo, Ale, sei una malata di sesso! – Esclamo, sapendo che tra le due, sono peggio io.

Dopo circa un’ora squilla il mio cellulare telefono: mia madre, detta anche “la troia”.

-          Pronto?

-          Giuli sono mamma, a casa non rispondi, dove sei?

-          Non sono a casa.

-          E dove sei?

-          Fatti i cazzi tuoi! – Esclamo, seccata.

-          Ehm… comunque io e tuo padre volevamo farti gli auguri.

-          Ok, grazie. Ciao. – Riattacco immediatamente. Non ho affatto un buon rapporto con i miei, specialmente con lei, e infatti tre anni fa mi sono trasferita a Firenze da sola.

-          Tua madre? – Chiedono Chris e Ale.

-          Indovinato. – Borbotto.

Poco dopo inizia il concerto, che viene aperto da Jacopo Sarno, un cantante e attore italiano della Disney. Quando finisce di cantare si spengono le luci e le note di una chitarra elettrica giungono alle nostre orecchie: è “Paranoid”! Io e i ragazzi cominciamo a cantare a squarciagola e a ballare come tre matti, ma quando incontro quei due diamanti ambrati mi immobilizzo e non riesco più a parlare né a muovermi.

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Capitolo 2
*** Cap.2 ***


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Rimango decisamente folgorata da quello sguardo e mi immobilizzo. Così fa anche lui: prima cantava e ballava come lui solo sa fare e adesso è immobile come me. Ha persino smesso di cantare, suo fratello è costretto a coprire le sue parti. Questo momento a dir poco magnifico continua per altri dieci secondi, i più lunghi della mia vita, quando lui deve continuare il concerto e allora mi sorride, mi strizza l’occhio e si volta per tornare dai suoi fratelli. In quella manciata di secondi era sparito tutto: c’eravamo solo io, lui e i suoi magnifici occhi.
Una voce mi riporta alla realtà:

-          Giuli tutto okay? Giuli! Rispondi!

Mi volto verso la proprietaria della voce: Ale, e la guardo sconvolta.

-          Che cazzo è successo? – Le domando, come se mi avessero appena svegliata.

-          È successo, cara, che tu e Joe vi siete guardati negli occhi e sei come caduta in trance. Ah, e per la cronaca credo che tu abbia fatto colpo: hai visto che faccia ha fatto lui quando ti ha vista? Stai a vedere che prima della fine della serata rimorchi un Jonas!

-          Ma smettila! Piuttosto dov’è Chris? È già sparito? – Le domando, cambiando discorso di proposito.

-          Chris? E lo chiedi pure? È andato a cercare qualcuna che ci sta, ovviamente.

-          Beh, buona fortuna allora! – Scherziamo io e lei. Mentre parliamo i Jonas finiscono di cantare “Paranoid” e cominciano “Play My Music”.

Il concerto va avanti per un paio d’ore, e noi abbiamo cantato e ballato tutte le canzoni possibili e immaginabili, anche alcune cover, tipo “I Gotta Feeling” dei Black Eyed Peas. Per tutto il tempo, non ho fatto altro che pensare a ciò che mi è accaduto ed ho accuratamente evitato di guardare verso il cantante. Poco prima della fine del concerto si abbassa la passerella e loro scendono nel backstage. L’attesa mi sembra infinita. Mentre aspettiamo cerco di trovare Chris con lo sguardo e lo vedo parlare con una ragazza molto carina. Subito li indico ad Ale, ma i suoi occhi mi dicono che non avrei dovuto dirglielo.
Sono contenta per Chris, è un bravo ragazzo, e qualcuno oltre a noi che gli vuole bene gli serve davvero. Spero tanto che trovi una ragazza sincera, che non lo faccia soffrire.
Nel frattempo la passerella si alza con sopra un pianoforte e quando tornano sul palco Joe ci dice:

-          Bene ragazzi, adesso ci sarà un’ultima canzone e poi una sorpresa! – A quelle parole migliaia di fans urlano a più non posso. Appena si quietano un po' parla Nick:

-          This song is for every broken heart, for every lost dream and for every single tear. Now what I want you to do is I wanna hear you sing. I wanna hear every broken heart, every lost dream and every person that’s getting’ through a high and a low, I wanna hear you sing this song out with all your heart.

Detto ciò comincia a cantare la sua dolcissima “A Little Bit Longer”, che parla del suo diabete.
Dopo aver sentito quella magnifica frase con la quale ha introdotto la canzone inizio a piangere a dirotto… E chi mi ferma più adesso? Credo che Joe se ne sia accorto, perché Ale mi fa notare che non fa altro che guardarmi per tutta la durata della canzone. Io e Ale ci prendiamo per mano, alziamo le braccia e cantiamo con le lacrime agli occhi:

 

But you don’t know what you’ve got ’til it’s gone,
and you don’t know what it’s like to feel so low.
And every time you smile or laugh you glow
You don’t even know, no, no.
You don’t even know.”

La canzone finisce, immersa negli applausi e le grida delle fans. Mi giro ancora una volta verso Chris: ho così paura che soffra! Lo vedo baciarsi con quella ragazza, ovviamente. In poche resistono al suo fascino nascosto, ma non troppo.

-          Giuli che fai? – Mi domanda Ale. – Dai, ascolta Joe invece di guardare cosa fa Chris!

Mi volto subito a guardare quel bellissimo ragazzo bassino ma atletico, coi capelli corti e castani scuri e gli occhioni scuri.

-          Bene ragazzi, come vi avevamo promesso adesso ci sarà una sorpresa. È la prima volta che lo facciamo qui in Italia, ed è un onore! Io e i ragazzi abbiamo deciso di cantare una canzone con una di voi!
Io spalanco letteralmente la bocca. Si sentono più le urla delle fans che le voci dei Jonas! Vedo Joe che fa dei cenni ai suoi fratelli e si dirige verso la nostra direzione. Il cuore sta per uscirmi dal petto!

-          Ale, sta venendo davvero verso di noi? –  Lei non mi ascolta, sta litigando con Chris che intanto ci ha raggiunte. Che succede stasera?!

Joe arriva davanti a me (ovviamente senza scendere dal palco) e mi tende la mano. I miei amici si girano verso di me. Io non ricordo più come si respira e rimango immobile a fissare Joe come un’imbecille. Lui mi sorride, paziente. Ale da dietro mi spinge e mi urla di andare. Alla fine il mio cervello si decide a dire ai miei piedi di muoversi e gli vado in contro. Gli prendo la mano e salgo sul palco. Dio, mi sto tenendo davvero per mano con Joe Jonas?!  Lui non smette un attimo di sorridermi, mi porge un microfono e mi sussurra dolcemente all’orecchio:

-          Come ti chiami?

-          Giulia. – Rispondo, con la gola secca.

-          Bene, Giulia, te la senti di cantare “Turn Right” con me?

Non riesco a parlare e mi limito ad annuire. Sono terrorizzata, non avrei mai pensato di stargli così vicina da poterlo toccare, e in più stiamo per cantare insieme la mia “Turn Right”, la mia canzone del cuore.

-          D’accordo, allora tu canti il ritornello con me, va bene?

Annuisco di nuovo.
Kevin e Nick, i suoi fratelli, e tutti gli altri componenti della band iniziano a suonare ed io intanto mi giro verso i ragazzi che… Oh mio dio! Si stanno baciando!
Torno a concentrarmi su Joe, e intanto Nick canta la sua parte:

 

“Pick up all your tears
Throw ‘em in your backseat
Leave without a second glance.
Somehow I’m to blame
For this never-ending racetrack you call life..”

Ecco che è il nostro turno:

“So, turn right into my arms
Turn right, you won’t be alone.
You might fall off this track sometimes
Hope to see you on the finish line”.

Per tutto il tempo non facciamo altro che guardarci negli occhi, e lui non smette di sorridermi. Il mio cuore accelera sempre di più. La mia mente è completamente vuota, non vedo altro che lui, non sento altro che la sua voce.I flash delle fotocamere dei paparazzi e delle fans mi accecano, ma io ho occhi solo per Joe, non mi interessa cosa succede al di fuori del mio mondo. Nemmeno mi accorgo che siamo su una passerella che gira, e che quindi ci vedono tutti, proprio tutti.
Quando la canzone è quasi finita Joe si avvicina un po' a me e le nostre mani si sfiorano. La tentazione di carezzargli il viso c’è, e si fa sentire tanto, ma mi sforzo di trattenermi e stringo la mano, fortissimo, per cercare di stare ferma.
Purtroppo la canzone finisce e prima di scendere dal palco non resisto all’impulso di abbracciarlo e mi aggrappo a lui. In quel momento una scarica elettrica attraversa tutto il mio corpo. Appena riesco a staccarmi, lui mi regala uno sguardo così intenso da appiccare un fuoco nel mio stomaco, mi prende la mano e mi bacia il dorso. Il mio cuore batte talmente forte che potrebbe servire un’ambulanza al più presto.
Abbraccio anche gli altri Jonas e Joe, prima che scenda dal palco, mi da un bacio sulla guancia. Il mio cuore ormai si è definitivamente fermato. Mi costringo a scendere dal Paradiso per tornare sulla terra dai comuni mortali e sia gli Angeli, sia le loro fans mi fanno l’applauso.
Ale e Chris non la smettono di guardarmi e Ale mi dice:

-          Oddio Giuli! Non ci credo hai cantato con Joe, il tuo sogno si è avverato! Dio, sei stata fantastica!

Io non riesco neanche a risponderle, tanto sono sconvolta, e mi limito a voltarmi di nuovo per ascoltare Joe.

-          Bene ragazzi, adesso dobbiamo andare… Grazie a tutti siete dei fan stupendi e speriamo di tornare presto in Italia!... Buonanotte! – In un secondo lo stadio si piena di urla e di applausi. I Jonas si prendono per mano e fanno gli inchini, poi salgono sulla passerella che li cala sotto il palco, e mentre se ne vanno Joe mi saluta con la mano ed io, ovviamente, ricambio cercando di ricordarmi come fare per respirare.

-          Oddio, Giuli! Joe ti ha salutata! Non ci credo!

Usciamo fuori dallo stadio sotto le occhiate delle fans e ci fermiamo alle bancarelle a guardare i “gadget”. Mentre sono attratta da delle maglie con la faccia dei Jonas stampata sopra e le Dog-tag come quella di Nick vedo la luce di un paio di fari: è il pullman dei Jonas che se ne sta andando. Tutti i presenti li salutano con la mano e loro tre ricambiano. Senza volerlo inizio a piangere. Vorrei correre dietro a quel pullman e urlare a Joe: ‹‹Grazie della splendida serata! Grazie per aver realizzato il mio sogno! Grazie, per le emozioni che solo tu mi sai dare in ogni singolo momento. Grazie, grazie di tutto…››
Ale si accorge che sto piangendo e mi abbraccia, poi mi dice:

-          Dài non ci pensare… Guarda: Joe sta guardando solo te, non ti stacca un attimo gli occhi di dosso! Non farti veder piangere, ti sfogherai dopo.

Alzo gli occhi e guardo il pullman che ancora non ha finito di fare manovra per andarsene. Joe in effetti mi sta guardando e quando incrocio i suoi occhi mi sorride.
Ci guardiamo negli occhi fino a quando il pullman non se ne va. Io continuo a guardare nella loro direzione, sperando in qualcosa che li faccia tornare indietro, qualcosa che faccia tornare Joe da me.
Il pullman si allontana, sempre di più fino a sparire dietro una curva. Scoppio a piangere, so già che mi mancheranno da morire, specialmente quel bellissimo Angelo che stanotte mi ha rubato il cuore.
Sento una mano sulla mia spalla, mi giro e vedo Chris che mi sorride:

-         Tu che piangi? No, non ci credo. Dài andiamo, inizia ad essere tardi.

Non riesco ancora a parlare e mi limito ad annuire.
Ci incamminiamo verso la macchina e intanto la mia mente rimane su un punto fisso: Joe e la splendida serata di stasera.
Saliamo in macchina e Ale, vedendomi in questo stato pietoso, cerca di parlare di qualcosa per distrarmi:

-          Allora? Dov’è che andiamo a dormire? – Chiede a Chris.

-          Come dove? Qui in macchina, non vi piace?

Ridiamo entrambe, ma Ale vuole essere davvero sicura:

-          Dài, davvero, dove ci porti?

-          Al Golden Palace Hotel, è il più vicino che ho trovato.

-          Ma sei scemo?! – Esclamo io. – Quanto vuoi farci spendere?

-          Non preoccuparti, pago tutto io.

-          Tu… cosa? No, non ci pensare neanche!

-          Ma secondo te  al tuo compleanno ti faccio pagare la stanza d’albergo? No, è fuori discussione. Non provare neanche a ribattere!

Sbuffo d’impazienza, tanto so che con lui dare battaglia è tempo perso.
L’albergo è davvero bellissimo, e sembriamo dei deficienti a guardarci intorno così. Io, infatti, cerco di sembrare quella un po' più… ehm… normale dei tre, e infatti abbasso lo sguardo sulle mie scarpe. Prendiamo le chiavi delle camere alla reception e saliamo le scale. Mentre attraversiamo il corridoio del terzo piano sbatto contro qualcuno. Alzo la testa per vedere chi è e chiedere scusa.

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Capitolo 3
*** Cap.3 ***


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Non credo ai miei occhi: quel bellissimo sguardo è di nuovo tutto per me! Come diavolo è potuto succedere?
-          Hey, guarda chi si rivede! Anche voi qui? – Chiede facendo riferimento anche ai miei amici.
-          Ma dài, guarda che coincidenza! – Rispondo cercando di nascondere il fatto che sto decisamente per collassare.
In quel momento escono da una stanza due teste ricce: Nick e Kevin.
-          Ragazzi, guardate chi c’è!- Esclama Joe. – È Giulia, la ragazza che ha cantato con noi poco fa.
I due fratelli porgono la mano a me, Chris e Ale e noi ci presentiamo. Ale è pallidissima.
-          Vi va di fare una partita a carte con noi? – Mi domanda Joe improvvisamente.
Guardo Ale e Chris, con il cuore che mi batte sempre più veloce.
-          Certo, non c’è problema. – Balbetto. No, non può essere vero.
-          Okay allora, venite nella nostra stanza così giochiamo in pace, va bene?
Ci fanno entrare in quella che è tre volte la mia camera da letto. È enorme e piena dei loro oggetti personali: dagli strumenti musicali, al PC, alle lettere dei fans. Ci sediamo tutti e sei a terra, in cerchio, e Joe ci spiega le regole:
-          Giochiamo a poker, solo che invece dei soldi ci giochiamo gli oggetti personali, come collane, cellulari, cose di questo genere, che ne pensate?Ovviamente tutto tornerà al legittimo proprietario. – Ci dice sorridendo.
-          Va bene. – Mormoro, incapace di guardarlo.
Kevin distribuisce le carte ed iniziamo la partita.
Dopo neanche mezz’ora di gioco io ho preso la fascia per capelli di Joe – che ormai, da quando si è tagliato i capelli, è inutile – e il cellulare di Kevin; Nick ha preso due collane e un braccialetto; Kevin un paio di occhiali da sole di Joe; Ale la Dog-tag di Nick; Chris un paio di braccialetti miei e Joe una collana di Kevin e il mio cellulare.
Durante il gioco Joe afferra il mio telefono e si mette a digitare qualcosa.
-          Joe, che fai? Sai che questa si chiama violazione della privacy? Potrei denunciarti! – Esclamo scherzando. Lui sorride, scuote la testa e finge di non avermi sentita. Quando ha finito mette il telefono in posta, e dopo poco io riesco a vincerlo, insieme a molti altri oggetti.
A notte inoltrata, la partita finisce e ci decidiamo di andare a letto, ognuno per la sua strada. Sulla porta, Joe afferra il mio braccio e mi costringe a voltarmi.
-          Giulia, aspetta, potresti prestarmi il tuo cellulare per un attimo? – Mi domanda.
-          Come mai? – Rispondo, cercando di ignorare il fatto che mi stia toccando.
-          Un attimo, ti prego!
-          Okay, come vuoi. – Mormoro. Come posso resistere ad un faccino come il suo?
-          Domattina partiamo per la Spagna, se hai Twitter potremmo sentirci, ti va? – Mi dice una volta finito di usare il mio cellulare.
-          M-ma certo. – Rispondo, dandogli il mio nickname. No, davvero, è tutto uno scherzo, lo so. – Beh, allora io vado. – Gli dico con un piccolo sorriso in risposta al suo, smagliante.
-          Buonanotte.


 

***

 

Sto per addormentarmi quando il mio cellulare mi avverte rumorosamente che mi è arrivato un messaggio. Mi alzo dal letto infastidita, cercando di non disturbare gli altri due.
-          Giuli, ma che…? – Fantastico, ho svegliato Ale.
-          Scusa, non volevo svegliarti. Ho dimenticato di togliere la suoneria.
Prendo il cellulare e guardo il mittente: Joe. Joe? Ma che cazzo…?
Inizio a leggere il messaggio, con il cuore a mille:

Giulia, sono Joe. Sono consapevole di averti svegliata, scusami, ma volevo dirti che stasera, al concerto, è stato bellissimo, e tu hai una voce molto bella. Sai? Non credo di aver mai avuto così tanta intesa con una persona già dal primo istante. Mi piacerebbe conoscerti meglio, perciò domattina chiamami, se ti va.
Buonanotte, J.

Rileggo il messaggio per altre mille volte, senza riuscire a capacitarmi di quello che c’è scritto.
-          Giuli che succede? – Mi chiede Ale preoccupata.
Io non riesco a risponderle e le porgo il telefono. I suoi occhi sgranati scorrono veloci sullo schermo, poi si soffermano su di me e la ragazza salta sul mio letto per abbracciarmi.
-          Oddio Giuli non ci credo!
-          Shhh.Parla piano, sveglierai Chris!
-          Ah, sì, scusa…
In quel momento però il moro apre gli occhi, infastidito.
-          Che cazzo fate? – Biascica.
-          Nulla, scusa. – Gli rispondo.
-          No, ora me lo dici, anche perché hai una faccia!
Gli faccio leggere il messaggio, lui mi sorride e io lo abbraccio.
-          Grazie Chris! È solo merito tuo se sta succedendo questo! Grazie, grazie davvero… Ti adoro!
-          Ehi, guarda che io sono gelosa! – Interviene Ale.
-          Ah sì? Beh, non dovevi dirlo perché mi hai ricordato che devo torturarti di domande. – Le dico.
-          Oh, no, ti prego!
-          Prega quanto vuoi, tanto non puoi scappare!
-          No, vi prego, parlatene domattina! – Esclama Chris.
-          Mi spiace, tesoro, ma credo che tu debba sopportare.
Lui per tutta risposta si infila gli auricolari nelle orecchie con la musica a mille, spegne la luce e chiude gli occhi.
-          Allora, - Comincio io. –  la prima: cosa, come e quando è successo? E soprattutto: perché cazzo non me l’avete detto?!
-          Oi calma! Adesso ti spiego: durante il concerto ha visto quella tizia che lo adocchiava ed è andato da lei, che voleva provarci e quando ha visto che lui non la voleva l’ha baciato, anche perché ha visto che li stavo guardando e pensava che fossi la sua ragazza. Durante “A Little Bit Longer” lui ha sentito che era il momento giusto per dirmi che voleva stare con me ed è venuto a cercarmi. Io mi sono incazzata perché credevo che fosse stato lui a baciare quella e non volevo stare con quello che credevo essere un doppiogiochista. Quando ci siamo guardati negli occhi e lui mi implorava di credergli ho capito che non era una bugia e l’ho abbracciato e poi ci siamo baciati e…
-          Dio, Ale, sono cos’ felice! – Sorrido entusiasta e mi sporgo dal mio letto per abbracciarla. Guardo l’orologio: sono quasi le quattro del mattino. – Credo che adesso sia meglio se andiamo a letto.
-          Ah certo! Perché la futura signora Jonas domattina si deve svegliare presto per sentire il suo amato!
-          Idiota. – Mormoro.
Ci infiliamo entrambe sotto le coperte, ridendo.

 

 

***

 

 

Apro gli occhi infastidita dalla luce del sole e controllo l’orologio l’orologio: le tre del pomeriggio. Mi alzo a fatica e decido di andare a farmi una lunga doccia ristoratrice.
Dopo circa un’ora esco dal bagno in accappatoio e trovo Chris e Ale intenti a fare i preparativi per il rientro a casa.
-          Buongiorno, eh! – Esclama il moro alzando lo sguardo.
-          Salve. – Rispondo io con un mezzo sorriso. – Si può sapere che fine avevate fatto?
-          Siamo andati a mangiare, di certo non aspettavamo la bella addormentata! Senti, noi andiamo a fare un giro, vieni anche tu?
-          No, scusa devo asciugarmi i capelli. Andate pure voi due.
-          Okay, allora a dopo.
Appena escono dalla stanza mi vesto e accendo il portatile, per poi chiamare Joe, il quale risponde dopo pochi squilli.
-          Ehi, ciao! – Esclama lui.
-          Joe! Come va?
-          Abbastanza bene, tu? Tutto okay?
-          Sì, tutto okay. Ehm… ho letto il messaggio.
-          Ah, e…? – Sento un leggero tono di speranza nella sua voce, ma forse è solo la mia immaginazione.
-          Io… n-non so cosa dire! A parte il fatto che sì, mi hai svegliata, è… cioè… wow. Ne sono onorata, Joe.
-          Ne sono felice. – Mormora lui, prima di chiedermi l’account di Skype.
Poco dopo, mi arriva una videochiamata e accetto subito, consapevole che a richiederla sia stato il meraviglioso, famoso, americano ragazzo che mi ha chiesto di conoscerci meglio.
È bellissimo come sempre, con quel sorriso che lascia incantati. A renderlo ancora più bello è la luce del sole alle sue spalle che lo incornicia, come se fosse un angelo. Gli mancano solo le ali!
Chiudo la chiamata, incapace di staccare gli occhi dallo schermo.
-          Sei carina con i capelli bagnati. – Mi dice sorridente, facendomi arrossire.
-          Toglimi una curiosità: da quanto tempo hai Skype? – Gli domando per cambiare discorso.
-          Da qualche anno, solo che non l’ho mai detto a nessuno. – Risponde senza smettere di sorridermi neanche un secondo.
Che cazzo mi sta succedendo? Io non arrossisco mai, non resto senza parole e soprattutto non piango! Cosa mi sta facendo questo ragazzo?
In quel momento una mano si posa sulla spalla di Joseph e sento le voci di Nick e Kevin, ma non riesco a capire cosa si dicono. Il moro annuisce e si concentra nuovamente su di me.
-          Scusa, adesso dobbiamo andare, abbiamo le prove per il concerto di stasera. – Mi dice. – Forse riusciamo a sentirci dopo ma non ti prometto niente.
-          Okay, allora buona fortuna per stasera. Ci sentiamo.
In quel momento due bei faccini simili a quello di Joe, il più grande con gli occhi verdi e il più piccolo con gli occhi castani, si abbassano per entrare nell’inquadratura della webcam.
-          Hi! – Mi salutano Nick e Kevin.
-          Hi, guys! Good luck for the show!– Esclamo sorridendogli.
Joe mi saluta con la mano e mi fa l’occhiolino, poi si disconnette dalla chat.

 

 

***

 


La musica rimbomba nelle orecchie, mentre la mia mente vaga per paesaggi incantati. Fuori dal finestrino dell’auto si vedono le case sfocate dalla velocità della nostra auto. Non ho aperto bocca per tutto il tragitto, sono troppo tra le nuvole per accorgermi degli altri. Ormai siamo a Bologna, tra poco saremo arrivati. Sono le diciotto ed è già buio fuori. Ale si è incazzata con me: dice che è perché non penso ad altro che ai miei “nuovi migliori amici”, come li chiama lei. Chris ovviamente dà ragione alla sua ragazza, come potrebbe essere altrimenti? Stronzo.
Prima di partire abbiamo litigato: la rossa mi ha detto che da quando ho conosciuto i Jonas me ne frego di loro. Le solite cazzate da bambina, insomma, ma non me ne frega un cazzo. Ho il sospetto che sia gelosa.
Continuo a guardare fuori dal finestrino. Le note di “Mandy” mi rimbombano nella testa mentre penso a chi la canta. Non vedo l’ora di scendere da questa fottutissima auto, per non dover più sentire addosso gli sguardi di quei due.
Le luci dei lampioni e dei fari delle altre vetture illuminano le strade e le case. Ormai è davvero buio e sono già le venti. Comincio a distinguere qualche tratto della mia città: i palazzi, la magnifica visuale, il Ponte Vecchio e l’enorme distesa d’acqua: l’Arno. Finalmente a Firenze!
Appena Christian accosta scendo di corsa e li liquido con un secco ‹‹Ciao››. Entro in casa e senza neanche accendere la luce mi butto sul divano con la musica ancora nelle orecchie. La spengo: mi scoppia la testa e voglio rilassarmi un attimo al buio.
Mi risveglio verso le dieci per colpa di un’auto con un brano di musica metal a tutto volume. Mi alzo dal divano a fatica e mi trascino fino in camera, per poi buttarmi sul letto e addormentarmi.

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Capitolo 4
*** Cap.4 ***


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Mi sveglio di soprassalto, con il fiatone. Sono ancora scombussolata dal sogno che ho fatto. Era un sogno molto sfocato e non vedevo niente, ma sono rimasta scioccata dalle urla che sentivo. Non ci capivo niente, ancora non riesco a capire cosa ho sognato.
Guardo la sveglia: le dieci. Ormai mi è passato il sonno, scendo in salotto e mi distendo sul divano. Trovo il cellulare sul tavolino e lo prendo: ho qualche chiamata persa, un paio di Linda, una mia amica, ed una di Joe. Ancora non mi è passata la stanchezza e non richiamo nessuno. Dopo dieci minuti squilla il telefono di casa e rispondo: è Linda.
-          Pronto?
-          Ciao Giuli! Come stai?
-          Tutto okay, tu?
-           Tutto bene. Ti va di venire a casa mia stasera?
-          Okay, a che ora?
-          Verso le sei. Stiamo un po’ da me, poi andiamo a mangiare una pizza e dopo torniamo a casa mia, okay? Ah, non dimenticarti il sacco a pelo!
-          Okay, allora ci vediamo dopo.
Riattacco e vado in cucina a prepararmi il caffè. Merda, no. Non la pizza, non il cibo! Mentre aspetto che il caffè salga vado in camera per vedere le e-mail. Ne trovo una da un indirizzo che non conosco:

Ciao Giulia, siamo Kevin e Nick. Volevamo dirti che siamo molto felici che tu sia nostra amica, ma soprattutto siamo felici che tu sia amica di Joe. Vedi, a luglio, come saprai, si è lasciato con Camille, e ci sta ancora molto male. È cambiato molto, è diventato davvero silenzioso e malinconico in questi ultimi mesi, non lo riconoscevamo più. Da quando ti conosce ci siamo accorti che sta tornando il Joe di sempre ed è tutto merito tuo, ti ringraziamo tanto. Buona giornata, ci sentiamo. K&N.

Wow! Sto facendo tornare Joe… come prima? Io?
Rispondo subito con un’altra mail in inglese:

Ciao ragazzi, sono davvero lusingata da quello che mi avete detto e sono felicissima di essere vostra amica. Mi fa molto piacere che sia d’aiuto a Joe. Ci sentiamo presto, un bacione a voi e salutatemi vostro fratello se non riesco a sentirlo. Vi voglio bene, G.”.

Invio la mail, mi salvo l’indirizzo di posta elettronica e scendo a prendere il caffè. Per fortuna sono arrivata in tempo, stava per uscire tutto di fuori! Lo verso in una tazza e mi vado a sedere sul divano, prendo il telecomando della TV e metto il canale musicale. L’ho accesa in tempo: stanno trasmettendo “Lovebug” dei Jonas. Mi dimentico del caffè e inizio a cantare:

Now I'm speechless
Over the edge
I'm just breathless
I never thought that I'd catch this
Lovebug again

È davvero fantastica questa canzone, come tutte quelle dei Jonas d’altronde. Dopo la canzone i giornalisti danno le news su di loro e su i concerti appena fatti in Italia.
-          I Jonas Brothers hanno appena finito il tour in Italia e ieri hanno raggiunto la nuova destinazione: la Spagna! Questi sono ragazzi sempre in movimento, non staccano neanche un attimo, ma nonostante tutto trovano il tempo per fare nuove amicizie. A Torino, infatti, Joe ha cantato con una fan e durante tutta la durata del concerto hanno continuato a guardarsi sempre negli occhi. Si vocifera che stiano mantenendo ancora i contatti e che siano diventati molto amici. Il nostro Joe sembrava non essersi ancora ripreso dal brutto colpo ricevuto dalla sua separazione con l’attrice ventiduenne Camilla Belle, ma a quanto pare ci sbagliavamo e lui si sta facendo consolare! Ma ecco che vediamo le immagini:
Mostrano molte immagini di noi due al concerto. Devo ammettere che la cosa un po' mi piace, ma non riesco a tollerare che si parli così di Joe, la persona più dolce e sensibile al mondo! Non li sopporto i giornalisti quando si comportano in questo modo.
Quando sono finite le foto la giornalista dice:
-          Beh, che dire tranne che siamo invidiose di quella fortunata fan? Ma passiamo al prossimo artista…
Mi trascino in camera, accendo il PC e do il via alla musica. Come prima canzone ho scelto “Much Better”.
Subito mi torna in mente che al concerto, durante questa canzone, Joe mi ha indicata alla frase:

Now I See,
everything I’d ever need.
Is the girl in front of me.
She’s much better.”

Sorrido tra me e me, stupita del fatto che non stia andando in iperventilazione.

 

***

 

Sono le sedici e trenta, e sto chattando con Joe.
-          Ciao! Come va? – Esclama il moro.
-          Tutto bene, e tu?
-          Sì, bene. Che fai?
-          Niente, non sapevo cosa fare così ho acceso il PC. Voi?
-          Siamo in aereo, tra poco dovremmo arrivare a Madrid. Stamattina abbiamo fatto una piccola sosta.
-          Wow, Madrid! Deve essere bellissima…
-          Appena arrivo te lo dico! – Mi dice ridendo.
-          D’accordo. Senti, scusa ma adesso devo proprio andare. Ci sentiamo oggi pomeriggio?
-          Okay, allora a dopo. Ciao, ti mando un bacio!
Joe Jonas mi manda un bacio. Fantastico, dove ho messo il defibrillatore?
Mi disconnetto dalla chat, spengo il PC preparo il sacco a pelo. Dopo poco esco, mi metto il casco, salgo sul motorino e parto. Oggi fa freddo e anche il tempo non promette bene, se inizia a piovere sono fottuta! Chissà che tempo fa in Spagna…
Viaggio per altri venti minuti per le strade di Firenze, quando inizia a piovere. Merda.
 Duranteil viaggio la pioggia aumenta parecchio, ma per fortuna dopo poco cessa di scrosciare ed esce il sole insieme ad un bellissimo arcobaleno. Vedendo questa scena mi viene a pensare alla canzone “Black Keys”, dei Jonas. In particolare ripenso alla frase che fa:

And the black keys
Never looks so beautiful
And a perfect rainbow never seems so dull
And the lights out
Never had this brighter glow…

A mio parere questa è una delle canzoni più belle che abbiano fatto.
Riesco ad arrivare a destinazione sana e salva, così scendo dal motorino e mi guardo allo specchietto per sistemare trucco e capelli. Miracolosamente l’impresa è riuscita abbastanza bene. Mi do un’altra occhiata veloce, prendo la borsa e vado a suonare il campanello.
Apre Linda, che mi abbraccia per salutarmi. Entriamo in casa, che è piena di persone. Tutti mi salutano e mi vengono in contro urlandomi: ‹‹Auguri!››.
Ci sono tutti i miei amici: Leonardo, Vittoria, Giulio, Anna, Sofia e Matteo, un ragazzo che conosco dalla bellezza di diciotto anni. Non manca proprio nessuno, tranne Christian.
I ragazzi iniziano a farmi domande del tipo: ‹‹Com’è andata al concerto?››, ‹‹È vero quello che si dice su MTV?››, ‹‹Stai davvero mantenendo i contatti con Joe Jonas?›› Adesso basta!
-          Calma, ragazzi, fatemi almeno arrivare!
-          Sei arrivata, non rompere! – Esclama Sofia.
-          Che palle! Non c’è niente di vero, okay? Abbiamo cantato insieme e basta. Stop. Finita lì. Certo che non abbiamo mantenuto i contatti, la cosa è abbastanza ovvia.
-          Ah… che peccato. – Mi dice Linda, con la stessa faccia delusa di tutti gli altri.
Mentre siamo tutti a casa di Linda mi arriva un messaggio sul cellulare.
-          Chi è, è Joe per caso? – Mi domandano.
-          No, non è Joe ma Kevin, problemi? – Ribatto ridendo.
Guardo il cellulare e sorrido nel vedere che è veramente Joe.

“Ciao Giuli puoi entrare in chat tra poco?
J.”

-          Ragazzi chi mi fa inviare un messaggio, che ho finito il credito? – Domando agli altri. Me lo presta Vittoria e scrivo la risposta:

“Scusami, ma non posso, non sono a casa. Va bene lo stesso se ti chiamo?
G.”

Invio il messaggio e poi lo cancello, per sicurezza.
Dopo poco squilla il cellulare, e guarda caso è proprio Joe. Mi allontano un po' dagli altri prima di rispondere, in modo che non sentano.
-          Hei, Joe! Ti avrei chiamato io.
-          Mi spieghi come facevi a chiamarmi se sei senza credito?
-          Il ragionamento non fa una piega. Ma hai capito che non ho credito perché ti ho risposto da un altro cellulare?
-          Eh già. – Risponde lui col tono di chi dice una cosa ovvia.
-          Okay… adesso mi sento stupida. – Per tutta risposta Joe mi delizia con una bella risata di cuore.
-          Ehi… sento rumore, sei ad una festa?
-          Sono a casa di una mia amica, ad una specie di festa di compleanno.
-          Ah, oggi è il tuo compleanno? Non lo sapevo, scusa. Allora auguri!
-          Ehm… no, in verità era venerdì.
-          Ah, ehm…hai visto MTV? – Mi domanda cambiando discorso per sciogliere l’imbarazzo.
-          Sì, lo ho visto.
-          È stato carino quello che hanno detto, no?
-          Sì, più o meno.
-          Più o meno?
-          Beh, non mi è piaciuto quello che hanno detto su di te.
-          Ah, quello? In fondo non era niente di che, ci sono state volte che ne hanno dette di peggio!
-          Sì, lo so. – Rispondo sospirando.
-          Ma dai che non è niente! Comunque sai che Torino mi è piaciuta davvero molto?
-          Oh, ehm… sì anche a me.
-          Come… che vuoi dire?
-          Voglio dire che io sto a Firenze, non a Torino! – Esclamo abbozzando una risata.
-          Stai a Firenze?! E sei venuta a Torino… per noi?
-          Per forza! Qui non siete venuti! – Ribatto facendo la finta offesa.
-          Mi dispiace, vedrò di rimediare al prossimo tour.
-          Ma dài, guarda che stavo scherzando! – Esclamo ridendo. – Dimmi un po', com’è la Spagna?
-          Oh, è bella, molto, ma mai bella quanto l’Italia.
-          Se ti sei innamorato così tanto aspetta di vedere la mia città, non te ne andrai più!
-          Giuli... – Ci interrompe Linda. – Vieni, dobbiamo andare, ho prenotato il tavolo al ristorante.
-          Sì, arrivo subito, solo un secondo. – Rispondo prima di tornare a parlare con Joe. – Scusa, Joe, ma adesso devo uscire. Ci sentiamo presto, okay?
-          Il più presto possibile, promettilo!
-          Croce sul cuore. – Rispondo, incredula per ciò che mi ha detto – Ciao, bell’uomo.
-          Ciao piccola.
Ripongo il cellulare in tasca e mi dirigo dai miei amici. Piccola. Mi ha chiamata piccola.

 

***

 

Dopo essere usciti dal ristorante io e i miei amici torniamo a casa di Linda, dove ci aspettano buona musica, fiumi di alcol e una nottata da passare in bianco. Fortunatamente la madre di Linda ha avuto la brillante idea di andare a trovare la madre a Pisa proprio oggi e non tornerà prima di domani sera, come minimo, quindi casa libera!
La serata procede alla grande per un bel po', quando improvvisamente suona il campanello. Corre ad aprire la proprietaria di casa ed io non faccio molto caso a chi è entrato, intenta come sono a creare un perfetto mojito.
 A distogliermi dal mio lavoro però è una mano che mi afferra il braccio. Mi volto e trovo davanti a me Chris.
-          Ciao, Giuli.
-          Ciao… che ci fai qui? – Domando sorpresa.
-          Ho sentito la parola “alcol” e sono venuto di corsa.
-          Non cambi mai, eh? – Gli domando porgendogli il mio mojito. – Con Ale come va?
-          Boh… diciamo bene.
-          Diciamo bene?
-          Abbiamo discusso un po' oggi. – Ammette.
-          Ah, mi dispiace. Lo sai, vero, che l’offerta è sempre valida? Il mio confessionale non chiude mai. – Non gli chiedo il motivo. Se lui se la sente di raccontarmelo lo farà da solo come al solito.
-          Certo, grazie. E te invece? Come va con…
-          Zitto, per carità! Qui dentro sei l’unico che lo sa. Comunque sta procedendo bene per adesso. Sì, insomma… ci sentiamo spesso, tutto qui.
Ci guardiamo negli occhi, sorridendo, per poi legarci in un abbraccio forte e improvviso.
Quando io e lui dobbiamo riappacificarci la procedura è sempre la stessa: basta scambiarci due parole come se non fosse mai successo nulla. Niente musi, niente parole forzate o inutili scuse. Né tantomeno abbracci. A noi due basta sempre e solo uno sguardo per chiudere la questione, ed è anche per questo che è il mio migliore amico. Stasera però abbiamo cambiato copione senza preavviso. Credo che sia la prima volta in undici anni che ci diamo un vero abbraccio, e questo però mi aiuta ancora di più a consolidare la nostra amicizia.

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Capitolo 5
*** Cap.5 - Dicembre ***


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Le giornate stanno passando come fulmini in questo periodo e senza che me ne sia accorta siamo arrivati già a dicembre. Per l’appunto oggi è il cinque ed è il quattordicesimo compleanno di mia sorella. E che le regalo adesso? Ci penserò dopo, intanto vado a scuola.
In queste ultime settimane ne sono successe di cose!
Prima di tutto sono riuscita a riappacificarmi anche con Ale, e adesso le cose vanno meglio anche per lei e Chris. Ho il sospetto che il soggetto principale delle loro svariate discussioni fossi proprio io.
I primi giorni di scuola, dopo il concerto, sono stati traumatici: tutti non facevano che fissarmi, fare commenti su di me e farmi domande su tutto e di più! Alla fine sono riusciti a credere che niente di quello che hanno detto su di me è vero. Intanto sto continuando a mantenere i contatti con i ragazzi e la nostra amicizia si rafforza sempre di più. Sto diventando molto amica anche con Kevin e Nick, e sto davvero bene con loro. Li considero come dei fratelli maggiori, anche Nick, nonostante sia più piccolo di me di un anno. Per incrementare gli eventi positivi di questo periodo, vi è anche la mia patente nuova di zecca. Non vedo l’ora di aver racimolato abbastanza denaro da potermi comprare un’auto. Quando l’ho detto ai Jonas mi hanno fatto pure l’applauso da quanto sono idioti! Non scorderò mai le loro buffe espressioni.
Entro in classe e mi siedo al solito posto, quello più vicino alla finestra e al radiatore, nell’ultima fila a destra. La bidella viene ad avvertirci che manca il prof. di spagnolo, perciò abbiamo due ore libere. Tiro fuori il portatile dalla borsa e accedo a Twitter, dove leggo un post di Joe:

Amo l’Italia, è davvero un Paese fantastico e qui ho anche conosciuto una persona magnifica che ha cambiato la nostra vita. Ti voglio bene da morire piccola! Spero di riuscire a rivederti presto.”.

 

-          Ale, vieni qui. Devi vedere una cosa. – Le dico sorridendo. Lei si alza dal suo posto e viene a vedere.
-          Oh mio Dio, Giuli! Vi siete davvero legati così tanto?
-          A quanto pare... – Rispondo io con un sorriso da ebete stampato in volto.
-          Che carini. – Commenta lei facendomi scuotere la testa e sorridere ancora di più. – Ti manca?
Volto la testa verso di lei, sorpresa da quella domanda improvvisa.
-          Beh, considerato che ci siamo visti solo una volta… cavolo, sì! Mi manca da morire.
Lei per tutta risposta mi passa un braccio dietro le spalle e poggia la sua testa alla mia.
Abbassando lo sguardo sull’angolo del computer in basso a destra, noto un messaggio su Skype, che scopro essere proprio di Joseph.
-          Leggilo, leggilo! – Urla Ale al mio orecchio.

 “Hey piccola come va? Scusa se sono riuscito a scriverti solo ora ma gli impegni aumentano ogni giorno! Volevo parlarti di una cosa molto importante, alla quale tengo molto. Preferisco dirtela via webcam, quando anche io sarò da solo. Forse possiamo sentirci stasera, ma non ti prometto niente. Spero comunque di sì. Non dire niente a Nick e Kev, sarà un nostro segreto. Ci sentiamo, bacioni.”

Chissà cosa vorrà dirmi di così importante e segreto…
Mi volto verso Ale, e a giudicare dalla sua espressione abbiamo pensato la stessa cosa.
-          Hai idea di cosa voglia dirti? – Mi domanda.
-          Per niente. Secondo te?
-          Non saprei. Hai letto l’ultima frase del suo tweet? “Spero di rivederti presto”, magari è proprio di questo che vuole parlarti.
-          Dici che vuole rivedermi? – Le chiedo fingendo noncuranza, mentre il mio stomaco si aggroviglia.
-          Beh, questo è ovvio, ma c’è una bella differenza tra il dirtelo e il chiedertelo, non credi? Comunque, qualunque cosa sia me la dirai, vero?
-          Non credo. Se Joe ha detto che non posso parlarne neanche con Nick e Kevin penso che sia escluso anche tutto il resto del mondo.
-          Ah, peccato. – Risponde lei facendo una piccola smorfia contrariata.

 

***

 

Apro la porta di casa, scaravento le chiavi sul tavolino di fronte al divano e salgo in camera. Collego il PC alla presa della corrente per metterlo in carica ed un’idea per il regalo di mia sorella si fa spazio nella mia mente: farla parlare con i Jonas via webcam. Sì, sono un genio! Se li trovo on line stasera glielo chiedo.
Apro l’anta dell’armadio riservata ai libri e ne scelgo uno: Hyperversum. Con tutti i volumi che ho potrei allestire una biblioteca!
Sono talmente impegnata a leggere che senza accorgermene il tempo passa come un fulmine. A distrarmi dal mio libro è il telefono che squilla.
-          Pronto?
-          Ciao Giuli, sono io. – Mia sorella.
-          Hey, auguri! Dimmi tutto.
-          Mamma e babbo hanno litigato e non si parlano. Posso venire da te per un po'?
-          Hanno litigato di nuovo? – Le domando, percependo la rabbia crescere. Che cazzo, ma quei due non si danno pace neanche per il compleanno di loro figlia?
-          Già… Dài, allora posso venire?
-          Ma… abbiamo i compiti, la scuola. Come faccio a portarti?
-          Ti prego, fallo per me!
-          Okay, allora… facciamo così: vieni oggi e stai qui fino a domani, che tanto è domenica, e poi potrai tornare per le vacanze, quanto ti pare. Che ne dici? – Le propongo.
-          Oh, okay… Vieni a prendermi alla stazione in motorino?
-          Certo, altrimenti con cosa? La macchina ancora non ce l’ho.
-          Beh, chi lo sa, sei sempre così misteriosa! Allora ci vediamo tra un’oretta, okay?
Riattacca senza aspettare che le risponda ed io salgo a preparare l’altra camera. Prima però scollego il PC dalla presa elettrica, lo porto nella camera degli ospiti e mi connetto a Skype.
Scendo a prendere le coperte in un armadietto nel garage e quando torno su trovo al PC una chiamata via webcam da Joe e l’accetto mentre continuo a preparare il letto.
-          Ciao piccola, che combini?
-          Sto preparando il letto a mia sorella, che stasera viene a dormire da me. Tu che ci fai sveglio così presto? – Da loro sono le otto del mattino.
-          Speravo di trovarti e quindi mi sono connesso. Dovevo parlarti, non l’hai letto il messaggio?
-          Sì, giusto. Dimmi pure, ti ascolto.
-          Sì però puoi sederti un attimo? È una cosa importante. – Oddio, e adesso che mi deve dire? Un po' incerta mi metto a sedere aspettando di sentirlo parlare.
-          Intanto scusami se non te ne ho parlato prima, ma è una cosa che volevamo tenere segreta il più a lungo possibile. – Volevamo? Lui e chi? – Però ci tenevo a dirtela. Ecco, vedi… sabato diciannove Kev e Dani si sposano e volevo invitarti al matrimonio.
-          Loro… che cosa?! Dici sul serio? Oh mio dio, ma è fantastico! – Esclamo balzando in piedi.
-          Vedo che sei contenta… allora vuoi venire?
-          Che domande, certo che voglio venire!
-          Perfetto, sono contento. – A chi lo dici!
-          Wow, non vedevo l’ora che si sposassero! – Commento.
-          A chi lo dici, ci sta facendo dannare con questo matrimonio! – Risponde facendomi ridere.
-          Scusami tanto, Joe, ma adesso devo andare a prendere mia sorella. Ci sentiamo presto, okay?
-          D’accordo. Ah, mi raccomando, non dire niente a nessuno, voglio che sia una sorpresa per tutti.
-          Certo, ci mancherebbe! Ah, prima che me lo dimentichi: siete liberi voi oggi?
-          Sì, perché?
-          Perché oggi è il compleanno di mia sorella e visto che è vostra fan ho pensato che sarebbe carino farla parlare con voi. Sempre se non vi disturba, certo.
-          Certo, non ci sono problemi, e penso che non ne abbiano neanche gli altri.
-          Bene, grazie mille!
Ci salutiamo e io mi disconnetto. Mentre continuo a preparare la camera ripenso a quello che mi ha detto Joe, che Kevin e Danielle si sposano, e automaticamente immagino come sarebbe il nostro matrimonio. Aspetta, che cosa? Non posso immaginare il nostro matrimonio, non è possibile! Cioè, io non amo Joe! Gli voglio bene come se ne vuole ad un fratello, non posso innamorarmi di lui!... O forse no? Credevo che mi fosse passata la “cotta”, una volta diventata amica sua! Forse mi sto sbagliando… No, io non sono innamorata di Joe!
Subito la mia mente si orienta verso il ricordo del concerto, quando abbiamo cantato insieme, quando durante “A Little Bit Longer” mi guardava con il suo “sguardo speciale” il più dolce sguardo che abbia mai visto, quando, durante “Much Better”, mi ha indicata.
Non riesco a smettere di pensare a noi due, a quella sera, ai nostri messaggi e le nostre chat e a quando andrò da lui. Sono davvero innamorata allora?

 

***

 

Mia sorella entra in casa, scaraventa le sue borse sul divano, si gira verso di me e mi urla addosso:
-          Tu sei matta!
-          Scusami, mi… mi sono un po' distratta…
-          Un po' distratta?! Se non ti svegliavo io finivamo dritte spiattellate sul cassone di quel camion! Stavi quasi per ucciderci! Ma mi spieghi a che cavolo stavi pensando?
-          Io… no, è che… c’è una cosa che… Insomma, devo darti il tuo regalo e stavo pensando a quello… – Borbotto, dispiaciuta.
-          A questo punto non so neanche se lo voglio!
-          Oh, no, eccome se lo vorrai, fidati. Vai, fai quello che ti pare mentre io cucino.
-          Preferisco ordinare una pizza, non vorrei che bruciassi la cucina. – Mi dice, pungente.
-          Come ti pare, allora chiamo il ristorante. Prendi la solita?
-          La solita sarebbe…? – Mi domanda alzando un sopracciglio.
-          Wurstel e patatine, no?
-          Certo, fino a sei anni fa. Credo che tu sia rimasta leggermente indietro.
-          Scusa… allora cosa vuoi? Ti va bene una margherita?
-          Sì, andata.
Mentre aspetto il tizio che dovrà portarle la pizza apparecchio la tavola e poi mi siedo sul divano, dal lato opposto di mia sorella, e inizio a giocherellare con un cuscino mentre alla TV danno una vecchia canzone dei Finley. Mia sorella si deve essere accorta che ho qualcosa che non va perché continua a guardarmi di traverso continuamente, oppure ha semplicemente paura che combini qualcos’altro di pericoloso per l’umanità.
Nessuna delle due apre bocca per tutto il tempo, mi dispiace farle passare un compleanno così!
Quando arriva il tizio delle pizze va ad aprire mia sorella, io pago e ci sediamo a tavola.
Per tutta la cena l’unica cosa che rompe il silenzio è la musica. Mia sorella non mi stacca un attimo gli occhi di dosso, preoccupata o arrabbiata non saprei, ma si vede che agli altri do l’impressione che abbia qualcosa che non va. Prima o poi mi manderanno da uno strizzacervelli, e non so nemmeno perché! Insomma, si vede che ho qualcosa che non va, me ne sono accorta anche io, ma non ho idea di cosa sia.
Finiamo di mangiare in silenzio ed io torno in cucina per sparecchiare.
-          Vai a preparare la tua roba in camera mentre sparecchio?
Lei annuisce e schizza su in camera sua. Dopo dieci minuti scende e torna alla TV ed io vado in camera mia al PC. In chat trovo Joe che mi dice che sono pronti per il regalo a mia sorella e in quel momento compaiono anche Nick e Kevin.
-          Gaia puoi venire su? – Urlo in modo che mi senta.
-          Che c’è? – Mi domanda quando arriva.
-          Devo darti il tuo regalo. – La faccio sedere sul letto accanto a me e le porgo il PC.
-          Buon compleanno, Gaia! – Esclamano Joe, Kevin e Nick all’unisono.
Mia sorella spalanca la bocca e sposta lo sguardo da me a loro. Io la guardo con un enorme sorriso.
Cerca di ignorare lo shock e prova a balbettare qualcosa:
-          Io… io…
Io e Joe ci scambiamo uno sguardo divertiti. Mi avvicino a mia sorella e sussurro al suo orecchio le parole da dire:
-          Grazie della sorpresa, non me la sarei mai aspettata.
Lei ripete, obbediente. Joe continua a guardarmi divertito e ricambio lo sguardo scuotendo la testa.
La conversazione va avanti a pedate per un po' di tempo, fin quando mia sorella finalmente non si scioglie un po' e riesce a parlare con loro anche da sola.
Io e Joe continuiamo a scambiarci occhiatine e a comunicare silenziosamente.
-          Scusa un attimo. – Gli dico ad un certo punto. Prendo il cellulare e gli scrivo un messaggio:

Più tardi posso dire a mia sorella che verrò a trovarvi? Però tranquillo, non le dico il motivo.

Aggiungo un’emoticon che ride e invio. Poco dopo squilla il cellulare di Joe.
-          Scusa un attimo. – Mi dice lui.
Legge il messaggio e inizia a ridere. Gli altri si voltano a guardarlo e poi guardano me.
-          Che ha? – Mi chiedono.
Mi limito ad alzare le spalle con aria innocente, ma poi comincio a ridere anche io. Nick e Kev ci guardano scioccati. Mi guarda anche mia sorella, decisamente sorpresa.
-          Ma che hai? – Mi domanda.
-          Niente, non preoccuparti.
Io e Joe ci guardiamo di nuovo e mi mordo un labbro per cercare di smettere di ridere.
-          Voi due non state affatto bene! – Esclama Kevin.
-          Lo sappiamo, lo sappiamo. – Ribatto io.
Joe intanto ha ripreso il cellulare in mano e mi sta scrivendo la risposta, che dopo poco arriva al mio cellulare:

Certo no problem, però non voglio assistere alla sua reazione!

-          Scemo! – Esclamo ed entrambi ricominciamo a ridere.
-          Credo che siate tutti un po' stanchi. – Ci dice Nick. – Joe, fa’ così anche alle prove e sappi che io e Kevin ti staccheremo la testa, vero Kevin?
-          Non preoccupatevi, penso proprio che alle prove sarò molto più calmo. – Annuncia continuando a fissarmi intensamente.
-          Ragazzi dovremmo andare, papà e gli altri ci aspettano per le prove. – Dice Nick. Ma come, già se ne devono andare?
-          Prima possiamo parlare un attimo da soli? – Mi domanda Joe.
-          Certo, no problem.
-          Muovetevi però, piccioncini! – Esclama Nick.
Appena lui, Kevin e mia sorella se ne vanno Joe si avvicina alla webcam parlando a bassa voce.
-          Hai già guardato i voli?
-          Ancora no, avevo intenzione di dare un’occhiata domani.
-          Spero che ce ne sia uno il più presto possibile, non vedo l’ora di rivederti.
-          Già, anch’io. Mi manchi da morire, Joe!
-          Mi manchi tanto anche tu. Scusami, ma adesso devo andare.
-          Okay, ci sentiamo. Ma… aspetta. Mi avevi detto che oggi non dovevi lavorare!
-          Ehm… cambio di programma. Ci… ci hanno telefonato poco fa per dirci che ci sono prove urgenti oggi. Credo che non torni un passaggio del prossimo concerto. – Sorride per convincermi, ma non ci casco. Secondo me c’è qualcosa sotto.
-          Joe muoviti, ho fame! – Esclama Frankie, suo fratello minore.
-          Okay allora. Buona fortuna per le prove e buon appetito!
-          E a te buonanotte!
Ci scambiamo una piccola risata e poi entrambi ci disconnettiamo. Voltandomi vedo mia sorella che tenta di nascondersi dietro alla porta.
-          Troppo tardi, ti ho vista!
Okay, okay però adesso devi spiegarmi tutto, per filo e per segno!




Questo capitolo è un po' così, ma, febbricitante come sono, la mia mente non ragiona poi così bene come dovrebbe.
Un bacio a tutti,
xx

-Giuls;

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Capitolo 6
*** Cap.6 ***


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-          JOE!
Mi sveglio di soprassalto con il cuore in gola. Ho i brividi, ma non per il freddo.
Sento i passi veloci di mia sorella per il corridoio e la vedo entrare di corsa in camera mia, spaventata.
-          Giuli che è successo? – Esclama, ma io mi limito a scuotere la testa, incapace di rispondere. – Stai bene? – Mi domanda, ma io scuoto la testa di nuovo.
-          Non lo so… – Mormoro, e lei si fa spazio ai piedi del mio letto.
-          Cos’è successo? – Insiste.
-          Non so, io… ho un brutto presentimento. Ho paura che sia successo qualcosa a Joe. – Confesso. Okay, magari è una stupidata, ma non riesco a scrollarmi di dosso quella brutta sensazione.
-          Ma no, non preoccuparti, è stato solo un incubo.
-          No, io… Non ho sognato niente, ho solo sentito che gli è successo qualcosa.
-          Tranquilla, vedrai che Joe sta bene. – Mi dice sorridendomi, senza riuscire a convincermi. – Chiamalo, se ti fa star meglio.
Decido di scrivergli un messaggio per non disturbarlo. Le mie dita tremano mentre compongo il testo:

Hey! Come stai? So che ci siamo sentiti poche ore fa ma mi sono svegliata con una sensazione strana, come se ti fosse successo qualcosa e volevo sapere se era tutto okay. Forse penserai che sono strana, e in parte è vero, ma mi succede sempre così quando tengo da morire alle persone. Aspetto la risposta, ti voglio un casino di bene! Saluta i ragazzi e buona giornata.
-G.

-          Adesso non ci resta che aspettare la risposta. – Mormoro, sospirando.
-          Rimango con te! – Esclama Gaia.
-          No vai a dormire, davvero. Chissà quando risponderà se è alle prove! Non ti preoccupare.
La vedo dirigersi in camera sua, ma dopo qualche minuto un rumore attira la mia attenzione: sembra un sibilo proveniente dal corridoio. Ma che cazzo…?
Mi affaccio, timorosa, e scopro che non è altro mia sorella che spinge il suo materasso verso la mia stanza. Senza una parola, si accomoda nella mia camera, si distende su quel letto improvvisato e si rannicchia sotto le coperte.
-          Penso che mi addormenterò subito, - Annuncia sistemandosi. – quindi quando ti risponde svegliami, promesso?
Chiude gli occhi ed io mi accovaccio sul letto con la schiena appoggiata alla testiera. Afferro le cuffie e faccio partire la musica a tutto volume, tanto so già che non riuscirò a dormire, e chiudo gli occhi per concentrarmi meglio sulla vibrazione del telefono.

 

***

 

Guardo l’orologio: le sei e venticinque. Per l’ennesima volta controllo in cellulare, ancora niente. L’angoscia sale ogni minuto di più, mi sento come se potessi esplodere da un momento all’altro. Afferro il cuscino tra le mani per nasconderci dentro il volto, e comincio a piangere.
-          Giuli che è successo? – Mi domanda mia sorella con la voce pastosa, come se fosse stata improvvisamente svegliata.
-          Non ti preoccupare, non è successo niente. – Rispondo alzando la testa per guardarla.
-          Ancora non ha risposto, vero?
Scuoto la testae non appena si avvicina a me, la abbraccio. La testa mi scoppia, la mancanza di sonno comincia a farsi sentire.
In quel momento sento tremare il letto. Mi avvento sul cellulare per leggere sul display che Joe mi sta telefonando e rispondo con un tuffo al cuore.
-          Pronto? Joe?
-          Piccola è tutto a posto? – C’è ansia nella sua voce.
-          Io sì, sto bene adesso che ti sento. Tu come stai? Perché non hai riposto subito? Mi sono preoccupata! Stai bene?
-          Sì Giuli, sto bene. Ho letto solo adesso il messaggio perché non avevo campo. Mi dispiace da morire di averti fatta preoccupare. Scusa, davvero.
-          No, non ti devi scusare, non è colpa tua. L’importante è che tu stia bene. – Espiro rumorosamente, sollevata. Avrei potuto morire d’ansia!
-          Sto benissimo, fidati. Ti do la mia parola, e poi non sarei mai capace di mentirti. – Oddio, che ha detto?

 

***

 

Mi sveglio verso le nove e trenta sulle note di “S.O.S.”, questa deve essere Gaia.
Mi stiracchio e mi stropiccio gli occhi, priva di lucidità per la notte passata praticamente in bianco. Mi alzo a fatica e mi reco al bagno, traballando. Non ho la forza nemmeno per tenermi in piedi!
Faccio partire il getto dell’acqua calda e mi fiondo sotto la doccia, rabbrividendo per lo sbalzo termico.
Dopo essermi vestita e aver asciugato i miei capelli, scendo in salotto, dove trovo mia sorella spaparanzata sul divano a guardare la tv sintonizzata sul canale musicale.
Vado a prepararmi una tazza fumante di caffè e, passando davanti al calendario, mi cade l’occhio sulla data di oggi: sei dicembre 2009. Oh, cavolo, è già passato un mese da quando ho conosciuto i tre Jonas?
Guardo il piccolo quadratino bianco per circa un secolo con un sorriso idiota stampato sul volto, finché mia sorella non mi riporta alla realtà.
-          Che hai adesso? – Mi domanda.
-          Oggi è il sei dicembre! – Esclamo eccitata.
-          Mavà?
-          Ma no, oggi è un mese esatto da quando io e i ragazzi ci siamo conosciuti!
-          I ra… ah, giusto, “i ragazzi” adesso sarebbero i Jonas?
-          Se cerchi di fare del sarcasmo non ci riesci. Lo sai questo, vero?
Lei per tutta risposta mi fa una smorfia e torna a guardare la tv, fin quando non viene disturbata dalla suoneria del suo cellulare. Glielo regalai io qualche anno fa, in modo da rimanere in contatto senza passare dai suoi genitori, due delle persone che meno sopporto al mondo.
-          Giuli, come diavolo ti sei vestita stamattina? – Mi domanda dopo avermi squadrata dall’alto al basso.
-          Perché? – Le chiedo io guardandomi. Indosso una felpa nera e rossa, i jeans verdi e le scarpe nere.
-          Così, ma… la felpa è da uomo? – Dio, quanto la fa lunga.
-          Sì, lo sai che le preferisco.
-          Ma quella ha un che di familiare, o sbaglio?
-          No, non sbagli, era di Chris.
Ho sempre adorato le felpe di quel ragazzo, così una sera mi sono fatta prestare quella che indosso con la scusa di aver freddo e non è mai più tornata indietro.
-          Dio, ti sei scopato anche lui? – Esclama.
-          Chi, Chris? Certo che no!
-          Credo che sia l’unico, allora. – Borbotta, facendomi ridere.
-          Sì, credo di sì.

 

***

 

Pranziamo verso mezzogiorno, e un paio d’ore dopo la porto al cinema a vedere Harry Potter e il Principe Mezzosangue. Facciamo entrambe parte del fandom; è la nostra infanzia e non posso non portarla a vederlo.
A dire la verità il film è uscito a novembre, ma nessuna delle due lo ha ancora visto: lei perché i suoi genitori non ce l’hanno portata, io perché le avevo promesso che l’avremmo visto per la prima volta insieme.
Una volta tornate a casa, ci fiondiamo sul divano e sintonizziamo la televisione su MTV, per poi metterci a parlare del film.
-          Allora, – Le domando. – come ti è sembrato?
-          Non mi è piaciuto molto, era troppo lontano dal libro, però c’era Daniel…
-          Cosa? Daniel? Stai scherzando? Altro che Dan, c’era Tom più che altro. – Ribatto.
-          Tu dici Tom, e se io dicessi James?
-          Io direi Oliver! – Esclamo, ridendo.
-          E allora io direi Rup… Oh, mio Dio! – Esclama voltandosi verso la tv, dove è appena cominciato un concerto dei Jonas.
-          Alza il volume! – Esclamo.
Sullo schermo appare il loro stemma con una didascalia: “Jonas Brothers World Tour 2009. 05/12/09, Los Angeles. 10:30 P.M.”
Il concerto inizia con “S.O.S.” e dopo la canzone Joe parla un po' al pubblico:
-          Ciao ragazzi! È davvero bellissimo vedervi qui stasera. Ci dispiace di aver posticipato l’orario solo questa mattina, ma vedervi ugualmente numerosissimi è splendido e ci fa capire che fans meravigliosi abbiamo! Grazie di cuore. Abbiamo fatto tutto questo per una persona davvero speciale, dopo vi diremo chi è. Per adesso godetevi il concerto e grazie ancora per essere venuti!
Joe prende la chitarra elettrica ed insieme ai suoi fratelli cominciano a cantare “Poison IVY”.
Il concerto va avanti per un po’, fin quando Joseph non riprende parola:
-          Ragazzi è mezzanotte e questo vuol dire che siamo definitivamente arrivati al sei dicembre! A questo proposito volevo fare gli auguri ad una delle persone più speciali che conosco, perché adesso è precisamente un mese che lei è entrata nella mia vita. Tutto il concerto è dedicato a lei, ma una canzone in particolare. Questa canzone è per te, sorellina! Ti voglio un mare di bene, piccola, mi manchi da morire. Buon mesiversario!
Quindi Nick e Kevin prendono la chitarra acustica e suonano “Hello Beautiful”, mentre io comincio a piangere a dirotto. Cavolo mi ha dedicato un concerto?! Cioè, sono davvero così importante per lui… per loro?
Comincio a cantare insieme a lui, come la prima volta, incurante di mia sorella che mi guarda sbalordita. Gli occhi di Joe, ora inquadrati dalle telecamere, sono lucidi, chiari, di un marrone diverso dal solito.

“…But tonight, I'm gonna fly
yes tonight, I’m gonna fly!
‘Cause I can go across the world
And see everything, and never be satisfied
If I couldn’t see those eyes…”

Oh, mio dio. Se penso a quella bellissima canzone, e se penso che lui l’ha dedicata a me, sì, proprio a me, mi tremano le mani.
La canzone finisce tra le urla delle fans e le mie lacrime. Lacrime di gioia per un sentimento grande come il nostro che no, non è semplice amore, ma qualcosa di molto più grande. Joe guarda in alto e regala un bacio al cielo. Dentro di me ricambio.
Guardo per un secondo mia sorella, che mi lancia uno sguardo sorpreso-elettrizzato-commosso. Il concerto va ancora avanti, fino a quando cantano “Much Better”, e alla frase:

BFF is eternally

Joe fa un occhiolino alla telecamera che mi fa rimanere senza fiato.
Il concerto finisce verso le diciannove e un quarto, ma prima che finisse del tutto Joe ha fatto un cuore con le mani alla telecamera, splendido!
Quasi subito dopo, neanche a farlo apposta, mi squilla il cellulare: la suoneria è “Turn Right”, la canzone che ho impostato quando mi chiama Joe.
-          Auguri piccola! – Esclama lui appena rispondo. Dio mio, quanto è dolce!
-          Tu sei matto, Joseph! Ho visto cos’hai fatto.
-          Piaciuto?
-          Scherzi? È stata la cosa più bella che qualcuno abbia mai fatto per me.
-          Per te questo ed altro, sempre! – Oh mio dio, deve smetterla di dire queste cose, rischio seriamente di morire d’infarto.
-          Okay, allora è ufficiale: sei matto. Beh, comunque avrei voluto scriverti stamattina, ma ho preferito non disturbarti.
-          Ma lo sai, tu non disturbi mai. – Smettila, Jonas. Smettila. Il mio cuore sta letteralmente galoppando.
-          Certo… Scusa, Joe, ma i tuoi che hanno detto quando hai deciso di posticipare l’ora del concerto? E credo che anche tutti gli altri non siano stati molto d’accordo… o no?
-          Ma no, a loro andava bene lo stesso, e poi non vedono tutti l’ora di conoscerti, specialmente i miei. – Che ha detto?
-          Davvero? … Aspetta, gli hai detto che vengo da voi per le vacanze?
-          No, non l’ho detto a nessuno, ma non vedono l’ora di conoscerti ugualmente.
-          Anch’io non vedo l’ora di conoscerli. – Gli rispondo, sincera. Insomma, è grazie a loro se sono nati questi quattro meravigliosi ragazzi, il minimo che posso fare è ringraziarli.
-          Vedrai che gli piacerai un sacco.
Dopo la conversazione, io e Gaia dobbiamo correre alla stazione, e lei riesce a prendere il treno per un soffio.
Durante il viaggio di ritorno mi torna in mente che non ho ancora detto a Joe i miei disturbi alimentari: sono diabetica, celiaca e vegetariana. Fantastico, veramente fantastico

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Capitolo 7
*** Cap.7 - La partenza. ***


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-          Che hai?
-          Nulla, perché?
-          Ti vedo strana, come se non volessi più partire.
-          Non lo so… forse è così.
-          Che cazzo stai dicendo?! – Esclama.
-          Io… non lo so. Ma l’hai visto anche tu, Joe non è più il solito: cambia ragazza ogni giorno, cosa che non ha mai fatto prima d’ora. Ho paura che sia colpa mia…
-          Ma dài, come potrebbe essere colpa tua?
-          Ho paura che si sia pentito di avermi chiesto di andare da lui e che stia facendo così solo per farmi capire che di me non gliene frega nulla.
-          Ma sei matta? Certo che non è così. E anche se fosse, ma ne dubito fortemente, prometto che verrò in America a nuoto per prenderlo a pugni.
-          Certo, me lo immagino. – Ribatto, sarcastica.
-          Ehm… era solo una scusa per poter essere là pure io.
-          Chissà perché, l’avevo capito! – Esclamo.
Gaia controlla l’orologio.
-          Devi andare ora. – Mi dice. – Cerca di non perdere l’aereo e vedrai che quello che sta facendo non centra un accidenti con te. Vai, divertiti e conquistalo, baby!
-          Aspetta, prima devi promettermi due cose.
-          Cosa? – Mi domanda, preoccupata.
-          Che non guarderai MTV o qualsiasi altro programma che possa parlare dei ragazzi quando ci sono i tuoi in casa. Se ti perdi qualcosa di interessante puoi sempre rivederlo su Internet. Promesso?
-          Certo, promesso. – Mi rassicura. – La seconda?
-          Prometti che non marinerai più la scuola per venire a salutarmi!
-          No, questo non posso promettertelo. – Ribatte.
-          Come ti pare. Sai che prima o poi chiameranno a casa per avvisare i tuoi, vero?
-          Oh, di questo non devi preoccuparti. – Mi dice, strizzandomi l’occhio. La sua espressione mi preoccupa.
-          Perché? – Le domando.
-          Quando sono andata ad iscrivermi ho messo il numero del tuo telefono di casa. – Mi risponde con un sorrisetto.
-          Cos’hai fatto?! – Esclamo, incredula. – Tu sei matta, te lo dico io!
-          Dài, su, vai che ti lasciano a piedi.
-          Certo, allora… ci sentiamo. – Le dico, e lei mi soffoca in un abbraccio.
Mi avvio verso l’imbarco, con l’agitazione che sale ad ogni passo. Non ho paura di volare, non l’ho mai avuta, ma sono agitata per altri motivi: temo che le mie paure siano vere, cioè che Joe voglia allontanarsi da me. È una settimana che mi sto lacerando il petto per questa storia e non ho mai avuto il coraggio di chiedergli se è come dico io o no.
Appena salgo sull’aereo mi arriva un messaggio: Joe.

“Ciao tesoro mio, buon viaggio! Spero che queste 12 ore passino in fretta, ti aspetto con ansia! Ti aspetto da Starbucks, mandami un messaggio quando arrivi, così ti vengo a prendere. Un bacio piccola mia, tuo Joe. ”

Leggendo quel messaggio, resto senza fiato. Gaia aveva ragione! Realizzo eccitata. Come ho fatto ad essere così stupida?
Rileggo l’sms con un immenso sorriso stampato in volto: ‹‹Tesoro mio››? Ma come fa ad essere così dolce?
A distrarmi dai miei pensieri è l’hostess che mi chiede di spengere il cellulare.
Poco dopo l’aereo decolla.

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Capitolo 8
*** Cap.8 - L'America ***


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Sono appena uscita dall’aeroporto, i bagagli in mano e le cuffie dell’ipod nelle orecchie. Il viaggio è stato estenuante. Dodici ore su un aereo? Traumatico!
Mi guardo intorno affascinata per un po'. Qui è tutto così bello, solare, luminoso.
Un gruppo di ragazzine ridenti mi fa scendere dalle nuvole e mi ricorda che devo chiamare Joe. Tasto le tasche in cerca del cellulare, ma non lo trovo. Controllo nello zainetto ma non è nemmeno lì. E adesso dove diavolo l’ho cacciato?
Decido di rifare il percorso all’indietro, ma mi volto appena in tempo per vedere il mio Blackberry finire sotto le ruote di un taxi.
Corro a raccogliere i pezzi, ormai tutti in frantumi. Fortunatamente almeno la Sim si è salvata, mentre la Memory Card è schizzata via da qualche parte.
Dannato tassista! Ce lo vogliamo togliere il prosciutto dagli occhi e guardare la strada?! Adesso mi toccherà buttarlo via!
Metto i resti del mio fedele amico in tasca e vado a chiamare un taxi, sbuffando.
Quando ne trovo gli dico un ipotetico indirizzo trovato sul GPS dell’ipod, e lui parte. Destinazione Joe!
Mi ha detto di essere da Starbucks, probabilmente è in quello più vicino all’aeroporto, o almeno lo spero.
Appena arriviamo pago il tragitto, scarico le valigie ed entro.
Dentro, con mio grande sollievo, scorgo subito Joe in un angolo, ma non è solo. Con lui riesco a riconoscere Gregory Garbowsky, il bassista della band e nientemeno che Miley Cyrus.
Gregory mi guarda, dice qualcosa a Joe e mi viene incontro, ma il Jonas gli mette una mano sulla spalla per fermarlo e viene verso di me a braccia aperte e con un bellissimo sorriso stampato in volto.
Il mio cuore comincia a galoppare come un cavallo imbizzarrito.
Subito lascio le valigie e corro verso di lui. Non appena ci abbracciamo, una piacevole scossa percorre le vene e il mio battito cardiaco aumenta ogni secondo di più.
-          Piccola mia, finalmente sei qui! – Esclama lui.
Allungo le mani sul suo viso, guardandolo negli occhi, e lui fa lo stesso con me.
-          Ti avevo chiesto di avvertirmi quando saresti arrivata, ci tenevo a venirti a prendere.
-          Lo so, scusa, ma il mio cellulare è stato investito da un taxi. – Rispondo io, tirandolo fuori per mostrarglielo. Quasi non riesco a parlare per l’emozione.
-          Ah, mi dispiace. – Risponde ridendo, per poi stringermi in un altro abbraccio.
Quando finalmente ci allontaniamo, Joe prende le mie valigie e le sposta vicino al muro, poi mi avvolge le spalle con un braccio.
-          Allora… vedo che ti sei portato la scorta. – Gli faccio notare, sorridente.
-          Ehm… sì, più o meno, Miley però l’ho incontrata per caso. Ti va di conoscerli?
-          S-sì, certo. – Balbetto emozionata.
Mi porta da loro e ci presenta.
-          E così… –  Mi dice Greg. – tu saresti la famosa ragazza di Joe, eh? Sai che non fa altro che parlare di te in ogni momento? Però sei anche meglio di come ti descrive!
-          Io… Noi… Non sono la sua ragazza. – Mormoro.
Alzo lo sguardo verso Joe, che è molto imbarazzato.
-          Bene, allora sei single? – S’informa il bassista.
-          Ehm… sì.
-          Bene, interessante! – Esclama.
-          Lei è single, tu no, Greg. Hai bisogno di me per non dimenticarlo? – Dice Joe. – Vacci piano, okay? Lei è mia.
-          Vedi, che ti dicevo? – Ribatte Greg rivolto a me, senza smettere di ridere.
-          Lascialo perdere, – Mi dice Miley. – ormai è un caso perso!
Comincio a ridere, mentre Joe punta un dito contro il petto del bassista:
-          Io e te dopo faremo i conti! – Lo minaccia facendoci ridere ancor di più.

 

***

 

Io e Joe usciamo da Starbucks e lui mi aiuta a caricare le valigie sulla sua auto.
-          Ti va di andare a fare un giro? – Mi domanda lui.
-          Certo, volentieri!
Mi avvolge le spalle con un braccio e ci incamminiamo verso un parco.
Fortunatamente mi sono messa una felpa con il cappuccio, perché i paparazzi ci hanno già presi di mira e non vorrei rovinare la sorpresa a Kevin e Nick.
Quando arriviamo al parco ci sediamo su una panchina, lui mi abbraccia e ogni tanto ci facciamo delle foto, almeno fin quando non passa davanti a noi una ragazza molto bella e… prosperosa. Lui la fissa finché non sparisce alla nostra vista ed io gli tiro un finto schiaffetto, fingendomi offesa.
-          Ehi, ricordati che sei con me adesso! – Gli dico.
-          Attenta, – Mi dice lui, guardandomi male. – mi hai colpito e adesso dovrai vedertela con i miei superpoteri!
Io mi alzo dalla panchina e comincio a correre, ridendo.
-          Non mi prenderai mai! – Grido.
Si alza pure lui e mi segue. Quando mi raggiunge mi prende per i fianchi, mi alza da terra e mi fa girare, mentre tutti e due ridiamo come matti.
Quando ci calmiamo torniamo a sedere e restiamo in silenzio per un bel po'.
-          Piccola, devo farti vedere una cosa. – Esclama improvvisamente.
-          Cosa? – Gli domando.
-          Vieni con me.
Percorriamo quella che mi pare sia la strada che porta da Starbucks, ed io non posso fare a meno di domandarmi cos’è che Joe vuole farmi vedere.
-          Allora, hai intenzione di svelarmi qualche segreto della tua vita? – Mi domanda sorridendo.
Segreto? Oddio…
-          C-cosa vorresti sapere?
-          Non so… fai qualche sport?
Fanculo, stavo per avere un colpo.
-          Attualmente no, ma ho fatto danza, calcio, nuoto e tiro con l’arco. – Rispondo dopo un impercettibile sospiro di sollievo.
-          Hai fatto calcio? Sul serio? – Domanda Joe, allibito.
-          Che è, non mi credi? Il calcio è il mio sport preferito, lo amo. – Rispondo, cercando di non far comparire sul mio volto la malinconia.
L’interrogatorio continua anche in auto, Joe vuole sapere di tutto: se sapevo suonare qualche strumento, la scuola, i gusti musicali, la mia opinione riguardo a qualsiasi cosa. Non mi è mai piaciuto essere al centro dell’attenzione, mi sto trovando un po’ a disagio perfino adesso.
-          I tuoi occhi sono veramente stupendi.– Mormora Joe improvvisamente, una volta fermata l’auto.
-          Cosa? – Domando, stupita
-          Dico sul serio, non ho mai visto degli occhi così belli.
-          Sono semplici occhi… ehm… colorati. – Rispondo imbarazzata.
-          Semplici occhi colorati, questa è carina! No, sul serio, sei la prima persona che incontro che ha occhi così belli.
-          Per me non sono niente di speciale. – Ribatto, mormorando. – Beh, allora dimmi: mi preferisci così, – Dico coprendo con la mano l’occhio destro, quello marrone. – o così? – Cambio occhio e copro quello azzurro.
Joe mi guarda intensamente, poi prende la mia mano e la toglie dal mio viso, stringendola e continuando a guardarmi.
-          Così… – Mi dice.
Abbasso lo sguardo, ma lui mi alza il viso tenendo la sua mano sotto il mio mento. Il suo contatto mi fa venire i brividi.
-          Ti ho mai detto quanto è carina la tua pronuncia? – Mi dice lui carezzandomi una guancia.
-          Ti ho mai detto quanto sei carino tu? – Rispondo sorridendogli.

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Capitolo 9
*** Cap.9 ***


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Alzo lo sguardo per incontrare il suo, impegnato ad andare a tempo. Gli stringo di più la mano per dargli sicurezza. Prova a fare qualche altro passo ma improvvisamente scivola e cadiamo a terra.
-Sei una frana! – Esclamo ridendo e lui mi risponde facendo una smorfia. Mi blocco subito quando mi accorgo che i suoi capelli si stanno macchiando di qualcosa. – Oddio Joey ma sei ferito! – Gli metto una mano sulla guancia, allarmata e lo faccio sedere per terra. – Ok, niente panico, ok? Cerco qualcosa per medicarti, tu… rimani qui, non ti muovere e non farti prendere dal panico. E non chiudere gli occhi per nessuna ragione al mondo!
Esco dal terrazzo per rientrare in casa, correndo, ma mi fermo al centro del salotto senza ricordarmi dove andare.
-I medicinali sono in bagno. – Mi dice lui dal terrazzo. Perfetto, perché io non ricordo affatto dove ho messo i miei.
Corro in bagno e prendo l’occorrente per medicarlo, ma prima che possa voltarmi per tornare da lui mi abbraccia da dietro, facendomi prendere un colpo.
-Sei carina a preoccuparti per me.
Mi volto per guardarlo in faccia.
-Joe! Ti avevo detto di restare in terrazzo!
-Sto bene, davvero.
-No, non stai bene, sanguini! Devi essere curato. Io… vai sul divano mentre prendo l’occorrente.
Appena prendo in mano i medicinali mi cadono a terra per l’agitazione e Joe mi prende le mani.
-Piccola calmati, non hai motivo di agitarti!
-Come faccio a non agitarmi? Sei ferito! – Senza accorgermene alzo un po’ i toni, anche se Joe cerca di parlarmi con calma.
-Ma no, sto bene, è solo un piccolo taglio.
-Ma stai perdendo un sacco di sangue! Fa’ vedere...
Lui abbassa la testa ed io mi alzo sulla punta dei piedi per controllare meglio.
-Ok, prima te la devi lavare. Lo faccio io, va bene?
-Sì, ok. – Risponde togliendosi la maglia.
-Piano, fai piano!
Rimango un attimo incantata a fissare il suo bel fisico per poi distogliere subito lo sguardo e concentrarmi su quello che devo fare.
Lui si china sul lavandino, io apro l’acqua e comincio a lavargli la ferita.
Mentre tocco i suoi capelli mi vengono i brividi.
-Che hai? – Gli domando vedendolo chiudere gli occhi.
-Niente, niente, non preoccuparti.
-Joey…?
Si volta verso di me e mi bacia la fronte. Il contatto con le sue labbra bagnate mi fa rabbrividire ancora di più.
-Giuli… tu mi… mi hai chiamato Joey?
-Sì, perché? Se non ti va bene…
-No, no, mi piace, solo che nessuno mi aveva mai chiamato così.
Gli sorrido, guardandolo dolcemente.
-Mi fa strano vederti con questi capelli, sai?
-Perché? Non ti piacciono?
-No, no, mi piacciono, ma non sembri più tu senza il ciuffo.
-Lo so, ancora non mi ci sono abituato neanche io, ma i capelli lunghi erano troppo da… “ragazzino”.
-Ma tu sei un ragazzino, lo sei dentro!
-Ah sì?
-Sì. Sei il mio piccolo Peter Pan.
Joe si rialza dal lavandino, mi prende per i fianchi e appoggia la sua fronte alla mia.
-Allora mi concedi l’onore di fare in modo che tu sia la mia Wendy, per tutta la vita?
A quelle parole le mie guancie avvampano ed io mi ritrovo a guardarlo sbalordita e ammaliata.
Annuisco sorridendo timidamente.
Finisco di lavargli la testa e lo mando a sedersi sul divano, mentre io vado a prendere la valigetta con i medicinali, poi lo raggiungo e mi fermo a fissare la ferita per un po'.
-Che c’è? – Mi domanda.
-Niente, solo che la ferita è abbastanza profonda. Tu che hai?
-Niente, perché?
-Non prendermi in giro, ti si chiudono gli occhi!
-È solo che… non lo so, forse è la botta che ho preso, ma mi è venuto sonno.
-Cosa? No, non devi dormire! Cerca di non…
-Cerca di tenermi sveglio!
-Ma come?! – Involontariamente abbiamo iniziato entrambi ad alzare la voce.
-Non lo so, in qualsiasi modo! Prova… che ne so, prova a darmi un bacio!... Cioè… Oddio, no, scusa io…
Non lo faccio finire di parlare e gli stampo un bacio sulla guancia leggermente ruvida per la barba che sta ricrescendo.
-Come va adesso?
-Mmm sai? Credo di essere ancora un po' stanco. – Gli do una spintarella, ma poi lo bacio di nuovo. – Ok, adesso sono sveglio. – Esclama facendomi ridere.
Finisco di curargli la ferita, poi andiamo in bagno ad asciugargli i capelli ed una volta tornati sul divano lo abbraccio.
-Tutto ok? – Gli domando e lui annuisce.
-Usciamo a fare un giro? – Mi domanda.
-E le prove? Non voglio ossessionarti, ma se te la senti io preferirei continuare. Non sei molto guardabile quando balli!
-Sissignora! All’opera, allora. – Esclama balzando in piedi.
-Te la senti?
-Certo! – Risponde sorridendomi.
 

 

***

 

 

Sento squillare il suo cellulare e solo quando riapro gli occhi mi accorgo che non stiamo più ballando ma stiamo ondeggiando abbracciati, con le sue braccia intorno ai miei fianchi, le mie posate sui suoi pettorali e la mia testa sul suo petto, praticamente appiccicati.
Sto per chiedergli di non rispondere, ma lui mi anticipa.
-Scusa, devo rispondere: è Nick. – Mi dice sospirando.
-Come fai a saperlo?
-Telepatia tra fratelli.
Senza sciogliere l’abbraccio prende il cellulare e risponde, senza smettere di guardarmi continuamente.
-Hey Nick… Io sono... ehm, non importa dove sono. Che c’è?… Sì, disturbi. Cosa vuoi?… Non lo so. Senti, se ci vengo ci vediamo al solito posto tra dieci minuti, altrimenti ci vediamo stasera, ok?… No, non sono strano. Rimaniamo d’accordo così.
-Qualche problema? – Domando appena riattacca.
-No, nessun problema. Nick mi ha chiesto se andavo con lui e gli altri a fare una partitella a baseball.
-Certo, vai pure.
-Ma mi dispiace andare via… insomma, che stupido, sarà anche l’ora che mi tolga dalle palle, ma non voglio lasciarti.
-Allora non farlo…
-Ma mi hai appena detto…
-Portami con te, ti va?
-Dio, ma non ti stanchi mai tu? E poi se ti riconoscono addio sorpresa.
-Non succederà, fidati.
Esco dal terrazzo e vado in camera a prendere dalla valigia un cambio di vestiti e la mia parrucca bionda; Joe mi guarda incredulo.
-L’ho usata qualche anno fa in uno spettacolo di danza. – Spiego. – Da allora è il mio portafortuna.
-Dio, se sei strana! – Esclama ridendo.
Prendo una busta e ci infilo dentro i vestiti, la parrucca e gli occhiali da sole.
-Non ti cambi? – Mi domanda.
-Me la metto dopo: sei entrato in casa con una mora, cosa direbbero se ti vedessero uscire con una bionda?
-Direbbero che sei diabolica!
-Cosa dirai tu per quella? – Gli domando indicando la ferita.
-Non lo so, mi inventerò qualcosa sul momento. Sai come sono fatto, no? Conoscendomi non sarà difficile credere che ho sbattuto la testa da qualche parte!
Scuoto la testa ridendo e usciamo. Dopo circa dieci minuti arriviamo a quello che sembra un piccolo stadio e parcheggiamo.
-Ok, adesso entro io e tra un po' mi raggiungi entrando da quella porticina che va sugli spalti, va bene? – Dice indicandomi la porta in un angolo dello stadio. Mi bacia sulla guancia ed esce dalla macchina. Rimango un attimo a guardarlo allontanarsi e quando entra in campo scendo pure io. Vado in un bar lì vicino e mi cambio. Dopo entro in quel piccolo stadio e, continuando a guardarmi intorno, vado a sedermi sugli spalti.
Vedo Joe e i suoi fratelli giocare. Lui si gira a guardarmi ed io gli sorrido.
Continuo a guardarli per un altro quarto d’ora, quando Nick si avvicina a Joe per dirgli qualcosa. Lui annuisce e viene da me.
-Scusami piccola, vogliono che tu te ne vada: non gli piace avere spettatori.
-Certo, capisco. Nessun problema. Ci vediamo domani?
-Ovvio! Prendi la mia macchina per tornare a casa, vengo a riprenderla stanotte. – Mi lancia le chiavi senza farsi vedere dagli altri e mi fa l’occhiolino.
-Ciao, Joey.
-Ciao bellissima.
Mi alzo e me ne vado, cercando di non fare caso al complimento.
Mentre guido verso casa cade qualcosa dal cruscotto e lo raccolgo: è un pacchettino con una scritta:

Per la mia piccola. Ti voglio bene, Joe.”

Senza pensarci lo metto in tasca. In fondo, se è per me perché non dovrei prenderlo?
Appena arrivata scendo dalla macchina ed entro in casa.
Rimango un attimo ad ammirarla. È bellissima! Le stanze sono molto grandi. Ci sono due camere, due bagni, la cucina, il soggiorno e il terrazzo. È tutto così ben arredato!
Vado nel terrazzo e mi accendo una Chesterfield red, ammirando il paesaggio. Da qui si vedono la strada con tutte le palme, le case magnifiche e in lontananza il mare. Quando finisco di fumare vado in camera a disfare le valigie e poi, presa dall’ispirazione, comincio a fare un disegno.

Oggi è stato… strano! Non abbiamo fatto altro che parlare di me. Sono riuscita a parlargli di mille cose, come da tempo non facevo con nessuno.
Solo una cosa non gli ho detto, ma comincio a tremare al solo ricordo e torno a concentrarmi sul disegno per scacciare quel pensiero. Sul foglio adesso c’è uno schizzo di due visi sorridenti: io e Joe.
Senza accorgermene si è fatto tardi ed io sono esausta. Torno nel terrazzo ad accendermi un’altra sigaretta. Los Angeles di notte è ancora più bella, così illuminata.

Prima di andare a letto guardo cos’è il pacchetto che ho trovato in macchina: è un disco.
Decido di guardarlo. Lo faccio partire e mi distendo sul divano.
Oh mio dio, è il video del concerto!
Sotto l’immagine della folla di Torino appare una frase:

Sei riuscita a conquistarmi con la tua voce!


L’inquadratura della telecamera si sposta a due persone sul palco: io e Joe.
Rimango a bocca aperta nel sentire la mia voce. Di certo non diventerò mai una cantante, ma non ho mai cantato così. Nel vederci cantare insieme comincio a piangere emozionata.
Dopo la canzone lo schermo si abbuia ed appare un’altra frase:

“E adesso vorresti rivedere la giornata più bella della mia vita?”

Quando scompare comincia il concerto…

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Capitolo 10
*** Cap.10 ***


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Apro gli occhi: sono sul letto, sotto le coperte, anche se ricordo di essermi addormentata sul divano ieri sera! Boh, forse mi sbaglio.
Il mio sguardo cade sul comodino dove vedo un vassoio con la colazione e un biglietto. Mi alzo e lo prendo.

“Buongiorno piccola! Dormito bene? Visto che avevo ragione sulla tua voce? È bellissima, quasi quanto te. Scusa se sono entrato in casa tua senza permesso ma ho visto la luce accesa e mi hai fatto paura, erano le due e mezza!
Comunque il disegno l’ho preso io, spero non ti dispiaccia ma era troppo bello. Vuoi venire da Starbucks? Ti aspetto là alle 10.00. Un bacione, tuo Joe.”

Mi vesto e faccio colazione alla velocità della luce e poi esco.
Cammino per una mezzoretta fumandomi un paio di sigarette e quando arrivo davanti al café sento suonare qualcosa nella mia borsa.Guardo dentro e ci trovo un Sidekick nuovo di pacca che squilla, e la chiamata è proveniente da un certo Joe. Non so cosa fare, ma poi decido di rispondere.
-Pronto?
-Piccola io sono già dentro, ti sto aspettando. – Mi risponde una voce fin troppo somigliante a quella del mio Joe. Prima che possa rispondere, però, riattacca il telefono, e allora entro dentro il locale, dove Joe è seduto ad un tavolo ad osservarmi.
-Che sarebbe questa storia? – Gli domando sventolandogli davanti il cellulare con una finta, ma molto realistica espressione seria.
-Buongiorno anche a te. Piccola sorpresa, ti piace?
-Tu sei pazzo! – Esclamo allora sorridendogli.
-Se volerti bene è pazzia allora sì, sono da rinchiudere!
-Lo saresti lo stesso. Comunque scusami per il ritardo, solo che…
-No, non devi dire niente.
-Ma dai, lasciami spiegare.
-Ti ho cercata per tutta la vita, quello in ritardo sono io. Se c’è qualcuno che deve avere delle spiegazioni, quella sei tu.
-Joey… – Sussurro. È passato fin troppo tempo da quando qualcuno mi ha detto cose così dolci, così tanto che neanche me ne ricordo. Il corpo mi trema per la forte voglia di saltargli in braccio, abbracciarlo, baciarlo, ma c’è qualcosa che mi blocca. Forse è la paura di rimanere di nuovo sola, di rivivere i brutti momenti della mia vita. Da quant’è che non ho una storia? Un secolo, più o meno. E quant’è che non mi innamoro? La mia vita è fatta solo di sesso, sesso, sesso, alcol, qualche droga e tanto dolore, nient’altro. Anche se ora non è più il momento di pensare al dolore.
Joe si alza e mi viene incontro abbracciandomi. Solo ora mi rendo conto che sono rimasta in piedi tutto il tempo.
-Ti voglio bene. – Confesso.
-Anch’io piccola, non sai quanto.
Ci sciogliamo dall’abbraccio e ci sediamo. Chiacchieriamo per un po’ fin quando lui non tira fuori un mazzo di mimose, il mio fiore preferito.
-Oddio Joey sono stupendi! Come diavolo hai fatto a trovare le mimose a dicembre?!
-Ehi, io sono Joe Jonas, posso fare tutto!
In quel momento arriva il cameriere ad interromperci. È un tipo carino, giovane, con corti capelli castano chiari e due occhi verdi da far invidia a chiunque.
Ci scambiamo un’ occhiata veloce e poi ci domanda se desideriamo qualcosa.
-Vuoi qualcosa, tesoro? – Mi domanda Joe premendo molto sull’ultima parola.
-Sì, un frappuccino mocha al cocco,  grazie. – Rispondo sorridendo sia a Joe che al cameriere, che leggo dalla targhetta che si chiama Luke C.
-Bene. Per me al caramello, entrambi da portar via. – Dice Joe.
Luke C. mi lancia un’ultima occhiata e poi se ne va. Joe allora mi prende la mano, senza smettere di guardare il bancone del bar. Sembra quasi che lo faccia apposta.
-Appena torna il tizio… com’è che si chiama?
-Luke. – Rispondo senza neanche farci caso.
-Come come? Ma ha il nome da cane!
-Oddio hai ragione! – Esclamo scoppiando a ridere, non ci avevo fatto proprio caso.
-Insomma, appena torna ci dileguiamo, ok? Oggi pomeriggio ci sono le ultime prove del matrimonio, quindi voglio stare tutta la mattina con te.
-Non aspettavo altro.
Quando Luke Nome-Da-Cane C. torna con le nostre ordinazioni siamo ancora mano nella mano e lui da segno di essersene accorto.
Joe paga subito ed usciamo sorseggiando i nostri frappuccini.
-Allora… destinazione? – Domando incuriosita.
-A sorpresa… preferisci andare a piedi o in macchina?
-Dipende, è distante?
-Non molto.
-Allora a piedi, se a te va bene.
-A me va bene qualsiasi cosa tu decida. – Mi risponde lui.
Dopo circa venti minuti arriviamo alla spiaggia.
-Wow Joey mi hai portata alla spiaggia!
-Ti piace come idea?
-Assolutamente sì!
Ci togliamo le scarpe e passeggiamo sul bagnasciuga, mano nella mano.
Poco dopo si avvicina una bambina con lunghi capelli castani raccolti in una treccia. Dimostra sei anni, non di più. Guarda Joe con un misto di eccitazione e timidezza e solo dopo mi accorgo che in mano tiene un foglietto di carta, una penna ed una macchina fotografica.
-Vai… – Dico a Joe provando istintivamente tenerezza per la bimba.
Joe le chiede il nome, Jenny, per poi autografarle il pezzo di carta. Dopo Jenny comincia a fissarmi e Joe mi dice di avvicinarmi a loro.
-Vuoi che vi faccia la foto? – Chiedo alla bambina, che annuisce. Le prendo la macchina fotografica e quando sono in posa gli faccio un paio di foto.
-Joey, perché non la prendi in braccio?
Lui esegue subito ed io scatto un’altra bella foto.
-Siete bellissimi! – Esclamo per poi rendere la macchina fotografica alla bimba che mi ringrazia timidamente, saluta Joe con un abbraccio e torna dai suoi genitori.
-Siete proprio una bella coppia. – Dico a Joe una volta ripresa la passeggiata.
-Non quanto noi due, però. – Mi dice lui, poi di punto in bianco si ferma, tira fuori il suo Iphone e me lo punta contro.
-Che fai?!
-No, ferma, rimani in posa. – Mi dice lui concentrato sulla foto. – Il sorriso più bello del mondo… – Commenta una volta scattata.
-Dopo il tuo! – Ribatto io.
Lui si volta e mi guarda perplesso.
-Cosa? – Mi domanda. Io lo colgo di sorpresa e gli faccio una foto. Possibile che venga bellissimo anche quando non è in posa?
-Dai, non vale! Se mi metto in posa me la fai decente?
-Solo se dopo ce ne facciamo qualcuna insieme, visto che siamo una così bella coppia!
-Ci sto.
Si mette in posa sfoggiando il suo sorriso più bello e tirando fuori il suo “sguardo speciale”.
Riesco a scattare la foto prima che mi si abbassi la pressione precipitosamente.

-Io, l’unica ragazza in possesso della foto più bella di Joe Jonas!
-Io, l’unico ragazzo in possesso della ragazza più bella del mondo!
-In possesso?
-Sì, tu appartieni a me, che ti piaccia o no!
Oh, eccome se mi piace!
Gli sorrido raggiante, lui afferra il mio cellulare, mi abbraccia da dietro e ci scatta una foto mentre mi bacia una guancia.
-Le promesse si mantengono… – Mi dice poi, rendendomi il telefono. Dopodiché ricominciamo a camminare.
Ogni tanto gli lancio occhiate di sottecchi vedendolo pensieroso.
-A cosa pensi? – Gli domando.
Lui non mi risponde ma si volta a guardarmi, mi sorride e torna a guardare davanti a sé, poi mi prende per mano, incrociando le sue dita alle mie.
Camminiamo per un altro po', poi ci mettiamo a sedere sulla sabbia e lui mi abbraccia. Inaspettatamente lo vedo sbuffare, seccato da qualcosa.
-Qualche problema? – Gli chiedo.
-Sì, i paparazzi. Che ne dici di dargli qualcosa da fotografare? – Mi domanda afferrando un lungo ramo vicino a noi.
-Cioè? Che vuoi fare?
-Sta’ ferma qui. – Mi ordina, poi si alza, prende il bastone e comincia a scrivere sulla sabbia ed io intanto mi copro la testa con il cappuccio.
Dopo qualche minuto torna da me, mi prende le mani per alzarmi e mi fa vedere il suo capolavoro:
ha scritto a caratteri cubitali la frase ‹‹Fly with me››.

-Mettiti dietro la scritta. – Mi dice.
-Perché?
-Tu fallo e basta.
-Oook!
Vado dove lui mi ha detto e, ovviamente, tira fuori il cellulare.
-Dovevo immaginarmelo! – Esclamo.
-Dai, levati il cappuccio e mettiti in posa.
-Tesoro ti ricordo che ci sono i paparazzi. Per questa volta dovrai accontentarti di una foto col cappuccio, temo.
-Fa niente, – Mi risponde lui. – sei bellissima lo stesso.
Mi metto in posa e Joe scatta la foto, poi ci diamo il cambio. Quando anch’io ho fatto la foto lui si mette a fissare un punto alle mie spalle.
-Ehi, tu! Sì, proprio tu, vieni qui!
Mi volto per vedere un paparazzo giovane ed evidentemente inesperto che si avvicina a noi un po' timoroso.
-Guarda che non mordo! – Esclama Joe. – Puoi farci una foto coi nostri cellulari?
Il ragazzo lo guarda confuso, ma poi accetta, mentre io me la rido di gusto.
Joe mi prende per mano e mi porta di nuovo dietro la bella frase, poi mi abbraccia da dietro e il paparazzo scatta un paio di foto.

-Grazie mille, continua pure con quello che stavi facendo.
-Tu non stai bene, Joseph! Sei completamente fuori di testa! – Esclamo facendolo ridere.

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Capitolo 11
*** Cap.11 - Il matrimonio. ***


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Stendo sul letto quel bellissimo vestito di seta viola che quel matto mi ha fatto trovare stamattina sul letto. Quanto è bello!
Tolgo le scarpe dalla confezione e le ammiro per un momento, poi comincio a prepararmi.
Sento bussare e la porta si apre leggermente.
-          Posso entrare? – Chiede.
-          Assolutamente no, non chiedermelo nemmeno! – Esclamo. Non lo faccio neanche rispondere e gli chiudo la porta in faccia.
-          Ma…
-          No, amore mio, finché non sono pronta non puoi vedermi!
-          Ok, allora ti aspetto giù.
Aspetto di sentire i suoi passi per le scale e poi torno a prepararmi. Intanto mi sgraticcio i capelli, che sono un disastro e poi me li piastro.
Indosso il bellissimo vestito da sera: ha lo scollo sulla schiena ed è senza spallini. Si stringe sotto il seno e cade lungo fino alle caviglie, mentre dietro si tiene con una fascia. È molto semplice, ma mozzafiato allo stesso tempo.
Indosso anche le scarpe, viola pure quelle e con tacco 15. Mi siedo davanti allo specchio e cerco di spremermi le meningi su come farmi i capelli, poi mi arriva l’idea geniale: mi stringo i capelli in uno chignon, lasciando due ciuffi all’estremità del viso e qualche ciocca dietro il collo. Lego lo chignon con un nastro viola e molte forcine e poi passo agli altri ciuffi. Quelli davanti li lascio sciolti, mentre quelli dietro li lego in tre o quattro piccole trecce e le appunto in alto, insieme allo chignon. Aggiungo alla base anche un grande fermacapelli a forma di fiore, poi passo al trucco: comincio con una base di bianco, poi, partendo dall’interno, ci metto sopra il viola, sempre più scuro man mano che arrivo all’esterno, ma senza far notare troppo il contrasto, poi finisco l’operato con l’ombretto nero intorno alla palpebra, matita interna e mascara. Quando finisco mi guardo allo specchio, senza neanche riconoscermi.Mi guardo ancora per qualche istante, poi mi metto un giracollo in seta, ovviamente viola, che dietro scende fino alla fine della scollatura, il coprispalle nero, prendo la borsa con il regalo e scendo.
Trovo Joe in piedi accanto alla poltrona, bellissimo come sempre. Quando sono a metà scala alza lo sguardo e sgrana gli occhi. Scendo, lui mi viene incontro e mi mette le mani sui fianchi, i nostri visi sono vicinissimi.
-          Valeva davvero la pena aspettare… – Sussurra.
Io lo guardo senza sapere cosa rispondere, incantata dalle sue iridi nocciola. Ci immobilizziamo per un po', l’uno concentrato sugli occhi dell’altra, fin quando lui non si avvicina di più e chiude gli occhi, facendomi tornare alla realtà.
-          J-Joey… - Mormoro io, con le labbra che sfiorano le sue. Joe riapre gli occhi e mi guarda con sguardo interrogativo, scostandosi un po'. – Dovremmo andare, altrimenti rischiamo di fare tardi. – Gli dico carezzandogli il viso e i capelli.
Lui, serio, guarda l’orologio e poi sospira un ‹‹Sì, hai ragione.››, poi io prendo le chiavi e usciamo. Subito fuori dalla porta rimango immobilizzata per la sorpresa di quello che trovo davanti ai miei occhi: il paesaggio è tutto completamente bianco e dal cielo cadono candidi fiocchi di neve.
Joe mi avvolge le spalle con un braccio.
-          Wow. – Commento ammaliata.
-          È bellissimo, non è vero?
Alzo lo sguardo sul suo viso, rivolto verso di me.
-          Non posso credere che Kevin si sposerà così! Sposarmi con la neve è sempre stato il mio sogno.
-          Ah sì? – Mi domanda lui, curioso, poi scende gli scalini per prendere una manciata di neve e me la mette in mano.
-          Ah, è fredda! – Mi lamento.
Joe si piazza davanti a me e apre le braccia a mo’ di prete.
-          Vuoi tu, Giulia Jacobs, prendere come tua legittima sposa questa palla di neve?
Io scoppio a ridere e gli spiaccico la neve sul viso, poi comincio a correre verso la macchina e lui mi segue, tirandomi una palla che mi arriva dritta sulla spalla. Io cerco di tirargliene un’altra, ma lo sfioro appena. Una volta alla macchina ci guardiamo un attimo continuando a ridere, poi lui mi apre la portiera e mi fa salire, sale anche lui e partiamo. Quanto è bella la sua risata.
Durante il viaggio Joe mi tiene per mano con le dita intrecciate ed io, guardando il suo bel viso non posso far a meno di notare che è tutto rosso per il freddo. Glielo faccio notare e lui si limita a guardarmi male scherzosamente.
Rimaniamo in silenzio per tutto il resto tragitto, continuando a tenerci per mano. Tra di noi si è calato un leggero velo di imbarazzo.
Arriviamo a destinazione poco dopo, dal finestrino col vetro oscurato vedo un bellissimo castello enorme e completamente coperto di neve.
-          Oh mio dio Kevin si sposerà qui?!
-          Bello, vero? Ha voluto fare le cose in grande.
-          Wow, deve amarla davvero molto.
-          Già… – Commenta Joe sospirando.
-          Qualcosa non va? – Gli chiedo io, e lui mi sorride rassicurandomi che è tutto a posto, dopodiché scendiamo dall’auto e ci dirigiamo al castello.
-          Hai freddo? – Mi domanda vedendomi rabbrividire.
-          Sì, un pochino. – Ammetto. Joe fa per togliersi la giacca ma io lo fermo. – Ehi, non importa, tanto adesso entriamo.
Lui per tutta risposta mi sorride e mi prende di nuovo per mano. L’interno del castello è così bello che non riesco neanche a descriverlo! Ci troviamo in un atrio enorme e di fronte a noi c’è una scalinata circolare con le inferriate ai lati. Ai piedi della scalinata c’è un grande tappeto nero con su scritto “Kevin and Danielle”. Stranamente non c’è quasi nessuno.
Joe mi porta in una bellissima sala arredata a mo’ di chiesa: ci sono tantissime sedie rivolte verso un’ altare e intorno all’altare ci sono corone di fiori bianchi. Ormai sono quasi tutti seduti.
In prima fila vedo la famiglia Jonas al completo, mentre il padre è dietro all’altare a sistemare gli ultimi occorrenti per la cerimonia.
-          Vieni, ti porto dai miei. – Mi dice Joe facendomi fermare di colpo e lasciare la sua mano. – Qualcosa non va? – Mi domanda.
-          Io… Non mi sento ancora pronta per conoscere i tuoi, e poi non c’entro niente con la tua famiglia, sono solo un’ospite, preferisco stare qui.
-          Che vuol dire che non c’entri niente con la mia famiglia?! Tu sei la mia sorellina, ormai ne fai parte a tutti gli effetti!
-          Ma non so neanche se  i tuoi…
-          I miei genitori già ti adorano, fidati! – Esclama guardandomi negli occhi e sorridendomi per rassicurarmi, ma io scuoto la testa, non convinta. – Ok, allora io rimango qui con te. – Decide lui.
-          No, Joe, va’ dai tuoi, dico sul serio. Ci vediamo dopo. – Replico carezzandogli un braccio.
-          Come vuoi. – Mi dice sospirando. – A dopo allora.
Mi da un bacio sulla guancia e se ne va. Poco dopo entra Kevin, bellissimo come sempre, accompagnato dalla madre Denise. Dio, lo smoking lo rende ancora più bello!
Appena madre e figlio fanno il loro ingresso tutti gli invitati si alzano e a Kevin cade uno sguardo sorpreso ma sconcertato proprio su di me.
Poco dopo arriva anche Danielle, magnifica. Si alzano tutti di nuovo in piedi e parte la marcia nuziale.Kevin la guarda arrivare emozionato e subito mi emoziono anch’ io.
Finalmente comincia la cerimonia.

 


***

 

-          Piangi ?
-          Sì, mi sono commossa. – Rispondo sorridendogli e asciugando le lacrime. Joe ricambia il sorriso, poi mi avvolge i fianchi con un braccio e mi porta in un’altra bellissima sala. È piena di tavoli ed è tutto così incredibilmente bello e curato nei minimi dettagli.
Poco a poco entrano tutti gli invitati e quando entra la coppia di sposi parte un caldo applauso. Subito dopo tutti cominciano a prendere posto ai tavoli.
-          Adesso vuoi conoscere i miei? – Mi domanda Joe.
-          S-sì, ok. – Rispondo agitandomi. Lui mi sorride, mi prende per mano e mi porta dalla sua famiglia, tutta riunita intorno a Kevin e Danielle.
-          Mamma, papà, volevo farvi conoscere una persona. – Esordisce lui facendoli voltare tutti verso di noi. Oddio… – Lei è Giulia, la ragazza di cui vi ho parlato.
-          Giuli?! – Esclama Nick. Io gli sorrido e gli salto in braccio. – Mio dio sei davvero tu? Sei bellissima, non ti avevo neanche riconosciuta. – Mi dice una volta sciolto l’abbraccio, poi abbraccio anche Kevin.
-          Felicitazioni Kev! Sono così contenta che ti sia sposato!
-          Giuli… ma che ci fai qui? Cioè, io volevo mandartelo l’invito, ma Joe…
-          Non preoccuparti, – Rispondo lanciando un’occhiata complice al fratello. – era tutto programmato.
Joe, poi, mi presenta a tutto il resto della famiglia: stringo la mano a Paul, il padre, mentre con Danielle e Dense ci scambiamo un abbraccio spontaneo.
-          Finalmente ti conosco! – Esclama la madre. – i ragazzi ci hanno parlato tanto di te, soprattutto Joe.
-          Davvero? – Domando lanciando un’occhiata al figlio, visibilmente imbarazzato.
In quel momento si fa avanti anche Frankie, che evidentemente era rimasto a giocare da qualche parte.
-          Tu sei la ragazza di Joe? – Mi domanda facendomi scoppiare a ridere.
-          No, non sono la sua ragazza, sono solo un’amica e sono molto felice di conoscerti!
Gli stringo la mano davanti al suo imbarazzo di bambino, è così carino!
-          Ehm… – Ci interrompe Joe, ancora imbarazzato. – che ne dite se andiamo a tavola? Si stanno già sedendo tutti.
-          Buona idea fratello, sono affamato! – Esclama Nick. Ci sediamo a tavola ed io mi siedo tra i due fratelli di mezzo. – Accidenti, ancora non ci credo che tu sia qui! Quando sei arrivata?
-          Due giorni fa.
-          Aah! Adesso si spiegano molte cose! – Esclama rivolto verso Joe.


 

***

 

 

Dopo il pranzo entriamo nella sala da ballo che, accidenti, è splendida anche quella. Il dj ha già messo la musica: non conosco la canzone ma è buona per essere ballata.
-          Che fai, ti butti? – Mi domanda Joe.
-          Solo se vieni anche tu! – Allora Joe mi prende per mano e ci infiliamo in pista. – Vedi che non sei poi così impedito? Diciamo che sei… bravino.
Lui per tutta risposta mi lancia un’occhiataccia accompagnata  da una risata scocciata.
Balliamo per un bel po', fino a quando non si ferma la musica e parte un altro applauso: sono tornati gli sposi dal servizio fotografico. Subito ci raggiunge Nick che afferra con una mano la spalla del fratello.
-          Andiamo?
-          Sì, arrivo. – Gli risponde Joe, per poi rivolgersi a me: – Scusa piccola, dobbiamo andare a fare il discorso.
-          Ok, no problem. Ti aspetto qui. – Joe mi bacia una guancia e poi se ne va verso il dj, accompagnato dal fratello.
Dopo il discorso si libera la pista per far ballare un lento a Kevin e Danielle e poco a poco si formano altre coppie: prima i genitori dei coniugi, poi altri invitati. Io rimango incantata nel seguire con gli occhi i movimenti eleganti del vestito della sposa che le ondeggia attorno alle caviglie come una piuma mossa dal vento.
Vengo poi riportata alla realtà da qualcuno che mi sfiora il braccio con la sua mano.
-          Mi concede questo ballo, principessa? – Mi domanda Joe baciandomi la mano.
-          Ma certo, è un onore. – Rispondo con la mente ancora rapita.
Vengo portata al centro della pista e io e il bel principe cominciamo a ballare. Anche stavolta, come la prima, i suoi occhi mi trascinano in una dimensione estranea, dove ci siamo soltanto io e lui, incuranti del resto del mondo. Dopo un po' mi cade lo sguardo sui nostri piedi e quando lo rialzo mi accorgo che tutti si sono fermati per guardare noi. Subito mi fermo di colpo, con Joe che mi guarda senza capire.
-          Joey… scusa! – Esclamo prima di scappare via. Vado a prendere le sigarette nella borsa e poi corro fuori verso il parco, lontano.
Mi accendo una Chesterfield mentre cerco di riprendere fiato. Che palle, non ci voleva! Stava andando tutto così bene…
Finisco di fumare e torno indietro. Sulla panchina di uno dei giardini del castello vedo Joe e mi dirigo verso di lui. Arrivo da dietro, di soppiatto, e gli avvolgo il collo con le braccia, tenendolo stretto stretto.
-          Ehi, bellissimo è tutto a posto?
-          Giuli che è successo? – Mi domanda guardandomi preoccupato. Io mi siedo accanto a lui, cercando le parole giuste.
-          Niente, solo che… che ci stavano guardando tutti…
-          E allora? – Mi interrompe lui.
-          Non volevo rubare la scena a Kevin e Danielle: questo è il loro matrimonio, non il mio. Scusami Joey, davvero.
-          Ma no, non devi scusarti. Figurati che pensavo di essere stato io ad aver combinato qualcosa di sbagliato.
-          Certo che no, tu sei fantastico come sempre. – Rispondo tirando fuori un’altra sigaretta. – Ti da fastidio se…?
-          No, no, ma tu fumi? – Mi domanda un po' sorpreso, ed io intanto l’accendo.
-          Già.
-          Non me l’aspettavo.
-          Oh, da me aspettati di tutto! – Esclamo.
-          Cos’è, un avvertimento? Devo preoccuparmi?
Scoppiamo a ridere entrambi, ma in quel momento qualcuno ci interrompe.
-          Joe! Eccoti! Ti ho cercato per… – Comincia, ma quando mi vede si ferma troncando la frase a metà.
-          Demi… non preoccuparti, è tutto a posto. Posso presentarti Giulia? – Le dice lui ed io mi alzo in piedi per salutarla. Lei mi squadra da capo a piedi e poi il suo sguardo si posa sulla sigaretta. – Demi, Giulia; Giulia, Demi.
-          Ciao, - Le dico io. – sono felice di conoscerti.
-          Ehm… sì, sì, certo. Joe torni dentro? – Gli domanda posando una mano sul suo braccio.
-          No. – Risponde lui scansando il braccio violentemente.
-          Ah, ok. allora io ritorno dentro. – Gli dice lei e mentre se ne va lui la segue con lo sguardo.
-          È tutto ok, tesoro? – Gli domando vedendo la sua espressione.
-          Cazzo, no! – Esclama lui.
-          Oh, che hai?
-          Mi sono accorto, sai, di come ti ha risposto!
-          Ah, per quello? Ma non preoccuparti, non è nulla! Non ci ho fatto neanche caso.
-          Ma io sì! Ti giuro che dopo il matrimonio…
-          Dopo il matrimonio niente. – Ribatto io interrompendolo. – Non voglio che succedano casini tra te e Demi per colpa mia, ok? Dai, torniamo dentro, si chiederanno che fine abbiamo fatto e poi è il matrimonio di tuo fratello, non roviniamo tutto.
-          Sì, hai ragione. – Mi dice sospirando, poi mi mette un braccio intorno alle spalle e ci avviamo dentro il castello.
-          Joe…?
-          Sì? – Mi domanda lui guardandomi. Io mi alzo in punta di piedi e gli do un bacetto sulla guancia, vicino all’angolo della bocca, poi ci sorridiamo e torniamo a ballare.
Dentro troviamo Greg che ci viene incontro.
-          Ehi, non ti avevo riconosciuta! – Esclama guardandomi.
-          Ciao, Greg. – Rispondo sorridendogli e ci salutiamo baciandoci sulle guance. Certo che è un gran figo… – Come stai ?
-          Benissimo, dove siete stati piccioncini?
-          Non te lo dirò mai! – Esclama Joe.
-          Scommetto che questo qui – Mi dice Greg facendo un cenno con la testa verso Joe. – ancora non ti ha fatto conoscere il resto della band.
-          Certo che no! – Ribatte lui. – Ho voluto tenerla con me il più possibile prima di consegnarla a voi avvoltoi.
-          Ti va di conoscerli? – Mi chiede invece Greg.
-          Assolutamente sì! – Rispondo entusiasta, e allora entrambi mi portano in un angolo della sala dove ci sono tre ragazzi… tre uomini, anzi: Ryan Liestman, John Taylor e Jack Lawless, che si voltano appena Joe li chiama.
-          Ragazzi, lei è Giulia.
-          Nuova fiamma? – Gli chiede John.
-          No, no sono solo un’amica. – Rispondo io.
-          Certo, certo. Vogliamo crederci! – Ribatte Jack, allora io li guardo accigliata e Joe lancia loro un’occhiataccia, mentre batterista, chitarrista, bassista e tastierista si scambiano risatine. Poco dopo il dj fa partire “Single Ladies” di Beyoncè.
-          Vai, Joe, questa è la tua! Devi ballarla per forza! – Esclamo.
-          Devo fidarmi a lasciarti con questi qui?
-          Vai! – Lo incitiamo tutti, allora mi bacia una guancia e corre in pista con Danielle, facendo ridere ed applaudire tutti. Appena la canzone finisce lui si gode gli applausi e poi gli si avvicina la cognata che gli sussurra qualcosa, dopodiché torna da noi.
-          Ok, questa la balli meglio di me! – Esclamo.
-          Adesso però vieni a ballare pure tu.
-          Ma… – Tento di ribattere, ma lui mi interrompe.
-          No, niente ma, me l’ha chiesto Dani. – Mi dice, per poi prendermi per mano e trascinarmi in pista. Subito dopo ci raggiungono tutti: Danielle, Nick, Kevin e il restante della band.
-          Ehi, fratello – Dice Nick a Joe. – non puoi tenerla tutta per te!
-          Certo che posso, lei è mia. – Ribatte lui.
-          Dai Giuli lascia questo qui e balla con me.
-          Certo! – Esclamo. Nick guarda il fratello con aria trionfante e cominciamo a ballare insieme.

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Capitolo 12
*** Cap.12 ***


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Suonano il campanello: questo deve essere Joe. Vado subito ad aprire e in effetti è proprio lui.
-          Buongiorno bellissima! – Esclama lui baciandomi una guancia.
-          Buongiorno! Come va?
-          Tutto benissimo, sei pronta?
-          Certo!
Afferro il cappotto e ci precipitiamo nella sua macchina. Dopo un po', neanche un quarto d’ora, arriviamo a casa sua.
-          Pronta per vedere casa mia? – Mi domanda.
-          Cavolo, non vedo l’ora! – Esclamo.
Appena entriamo ci accoglie Denise sulla porta con un gran sorriso e ci salutiamo abbracciandoci.
-          Wow! – Mormoro estasiata vedendo appena l’ingresso: non è molto grande ed ha il pavimento fatto di piastrelle che vanno dal bianco all’ocra opaco. Sulla sinistra, addossate al muro, ci sono delle scale in legno che portano al piano superiore, mentre subito prima c’è un arco che porta in un altro corridoio, e alla destra delle scale l’ingresso si allunga in un corridoio che finisce con una porta a vetri.
-          E ancora hai visto soltanto l’ingresso. – Mi dice Joe, che mi ha sentita.
Prima di tutto mi fa entrare nella cucina, che è luminosissima, coi mobili in legno scuro e il piano in marmo. Alla destra dell’entrata c’è un angolino con un piccolo tavolo rotondo che si affaccia su otto finestre messe a semicerchio, alte e strette che danno sul giardino. Il mio sguardo si posa su tutti i dettagli e poi sugli altri componenti della famiglia Jonas, che saluto con un sorriso.
Io e Joe continuiamo il giro, e in tutta la casa conto due o tre soggiorni, uno studio, cinque camere da letto (tutte col letto matrimoniale), due bagni e il terrazzo, dal quale si può accedere alla piscina scendendo di qualche scalino. A sua volta il terrazzo è affacciato sul lago, il quale è accessibile tramite altre scalette. Tutta la casa, poi, è illuminata tantissimo grazie alle innumerevoli finestre.
Per ultima, da scoprire, rimane la camera da letto di Joe.
-          … e questa è camera mia. – Mi dice aprendo la porta per farmi entrare.
-          Accidenti, ti tratti bene! – La sua camera è veramente magnifica. Niente da togliere al resto della casa, ovviamente, ma questa stanza ha qualcosa in più… forse perché è semplicemente la sua camera, oppure perché…
In un secondo mi precipito alla finestra, rapita dalla visuale: riesco a vedere perfettamente una buona parte del lago, completamente ghiacciato, e Toluca Lake coperta di neve; sembra una cartolina!
Joe arriva silenzioso dietro di me e mi avvolge la vita con un braccio.
-          Bello, vero?
-          Accidenti, Joe, è magnifico!
-          Ma non è l’unica cosa bella che c’è qui...
Perlustro la stanza con lo sguardo, incuriosita.
-          Eh, già, quelle chitarre sono davvero belle. – Gli dico con una punta di sarcasmo.
-          Sì, ma non intendevo quelle. – Dice lui prendendomi il viso da sotto il mento per far incontrare i nostri occhi.
In quel momento qualcuno bussa ed entra Kevin.
-          Immaginavo di trovarvi qui. Joe, è arrivata Demi.
-          Ok, – Risponde lui. – due minuti e arrivo.
-          D’accordo, non limonate troppo, che vi viene la mononucleosi.
-          Kevin! – Esclamo io, presa alla sprovvista.
Il fratello maggiore esce improvvisando una pessima risata malefica, e Joe torna a guardare me.
-          Prima di scendere mi chiedevo se volessi farmi sentire qualcosa con la chitarra.
-          Ehm, certo, perché no?
Mi da una delle sue chitarre classiche e ci sediamo sul letto. Comincio a suonare “Hello Beautiful”, raccontandogli che è la prima canzone che ho imparato a suonare da sola, e intanto lui mi accompagna sussurrando le parole del testo. Per tutta la durata della canzone i nostri occhi sembrano incollati gli uni agli altri, e nessuno dei due si azzarda a battere ciglio, per non rischiare di rovinare il magico momento.
-          Accidenti, sei anche più brava dei ragazzi! – Esclama una volta finito.
-          Non esagerare, non sono così tanto brava.
-          Tu ti sottovaluti, ragazza mia!
-          Se lo dici tu. – Dico scuotendo la testa. – Beh, allora scendiamo?
Posiamo la chitarra ed entriamo in uno dei soggiorni, dove ci sono tutti gli altri.
-          Ragazzi – Esclama Joe. – dovete sentire come Giuli suona la chitarra, è decisamente più brava di voi! Occhio che di questo passo vi rimpiazza.
Io rido scuotendo la testa e Joe, dopo una veloce occhiata a Demi, si rivolge a me:
-          Scusa tesoro, devo parlare con Demi e penso che non ci metterò poco.
-          Ma Joey, non è necessario che tu…
-          Invece sì, ti ho già spiegato i miei motivi. – Mi dice baciandomi una guancia, per poi dirigersi verso l’ingresso. – Demi. Con me. – Le dice quando le passa accanto. Lei lo segue e spariscono alla nostra vista.
-          Ehi, Giuli, sai cos’è successo? – Mi domanda Kevin.
-          Sì, e mi sento terribilmente in colpa!
-          Perché? – Chiede facendomi posto sul divano.
-          Ieri Demi mi ha risposto un po' male e Joe se l’è presa. Io ho cercato di dirgli che non era successo niente, ma non ha voluto ascoltarmi.
-          Ah, capisco. Senti, puoi venire un attimo in cucina con me?
Appena entriamo nella stanza si volta subito a guardarmi per affrontare la questione.
-          Ascolta, è la prima volta che Joe difende così una persona. Non sto dicendo che tu sei una persona qualunque, perché per tutti noi sei molto importante, ma lui non ha mai difeso così neanche i suoi fratelli. Tutti ti vogliamo bene come una sorella, ma Joe ti adora, spero che tu te ne stia rendendo conto. Non ti sto dicendo che non mi fido di te, ma…
-          Lo so, Kevin. Anche io adoro Joe e non gli farei mai del male. Tutti voi siete troppo importanti per me, ormai siete la mia famiglia… – Gli dico, facendolo sorridere.
-          Lo so, volevo soltanto esserne sicuro. Scusa se ti ho detto questo.
-          Non preoccuparti, è normale preoccuparsi per il proprio fratello. Anch’io avrei fatto come te, se fossi stata nella stessa situazione. – Gli dico rispondendo al suo bel sorriso.
Torniamo nel salone, dove si sentono le voci di Joe e Demi litigare animatamente. Dopo poco si spostano e passano davanti a noi per entrare nel terrazzo, continuando ad urlarsi addosso. Capisco che l’argomento trattato sono io.
-          Joe, ma non lo capisci che io lo faccio per il tuo bene?
-          Il mio bene?! Che ne sai tu del mio bene? Tu non la conosci come la conosco io, ok? Se solo avessi fatto un piccolo, minuscolo sforzo e non fossi saltata subito alle conclusioni…
-          Ma io cerco solo di proteggerti! Non puoi esserne veramente sicuro, è impossibile.
-          Non sai quello che provo io, non puoi dirlo!
-          Dio, Joe, la conosci da quanto? Un mese e mezzo? Come fai a dire di conoscerla?
-          Perché lo so! Me lo sento qui dentro. – Non riesco a vedere niente perché sono già nel terrazzo, ma ipotizzo che Joe abbia messo una mano sul cuore, e questo mi fa mancare il respiro per un momento. – Tu non… non capisci.
Non riesco a sentire altro, perché Kevin suggerisce di cambiare stanza, dato che si è accorto che ho gli occhi lucidi ancor prima che me ne accorgessi io.

 
***
 
 
Dopo circa mezz’ora di urla Demi se ne va, ancora molto arrabbiata. Decido di andare subito a cercare Joe, ma quando lo trovo nel terrazzo disteso sul balcone decido di non disturbarlo e faccio per andarmene, ma una voce mi chiama e allora mi riaffaccio:
-          Non lasciarmi da solo. – Mi dice.
-          No, tesoro, certo che no… non ti lascerò mai. – Rispondo sedendomi accanto a lui, che poggia la testa sulle mie gambe ed io gli carezzo lievemente i capelli ed il viso, mentre mi sorride tenendo gli occhi chiusi.
-          Voglio stare per sempre con te, promettimi che non te ne andrai.
-          Joey…
-          Ti prego, ho bisogno di averti al mio fianco. Resta con me.
Sospiro, guardando il suo bel viso con le lacrime agli occhi. Amore mio, non farti del male da solo…
 
 
***
 
 
Quella sera rimaniamo tutti a dormire in casa Jonas. In casa ci siamo solo io, Nick e Joe: Kev e Dani sono fuori e i loro genitori hanno portato Frankie da un amico.
Dopo esserci dati la buonanotte Joe bussa ed entra in camera mia, sorprendendomi in canottiera e pantaloncini corti.
-          Nick si è appena addormentato… facciamogli uno scherzo!
-          Di che tipo? – Domando bevendo dalla mia bottiglietta d’acqua.
-          Piccola, sei un genio!
-          Perché?
Joe sposta lo sguardo da me alla bottiglia, con occhi malvagi.
-          Sei perfido!
-          Lo so!
Scendiamo in cucina e riempiamo una grande pentola di acqua calda, per poi entrare di soppiatto in camera sua. Quant’è carino quando dorme!
-          Sei pronta? Uno… due… tre!
Gli rovesciamo l’acqua addosso facendolo svegliare di soprassalto, appena in tempo per vederci scappare.
-          JOE! – Urla rincorrendoci.
Io e Joe corriamo in lungo e in largo per tutta la casa, poi lui mi prende la mano e mi trascina in bagno.
-          Nascondiamoci qui. – Sussurra entrando nella doccia insieme a me. Una volta dentro ci scambiamo uno sguardo ridendo silenziosamente e ansimando, poi si accende la luce del bagno.
-          Merda. – Mormora Joe avvolgendomi i fianchi per attirarmi a sé.
Nick si avvicina ed infila un braccio nella tendina.
-          Hmm… ho voglia di farmi una doccia fredda… – Un getto d’acqua ghiacciata invade me e Joe, facendoci restare senza fiato, e poi, quando siamo completamente da strizzare, finisce tutto. – Anzi no, ho cambiato idea.
Nicholas se ne va ridendo in modo malvagio. Io alzo lo sguardo per incontrare quello di Joe e scoppiamo a ridere, poi, con un altro sguardo, ci blocchiamo improvvisamente. Joe mi ha stretta a sé ancora di più e sta avvicinando pericolosamente il suo viso al mio… No, Joe, cazzo, allontanati!
Prendono il microfono della doccia e lo aziono puntandoglielo in faccia, poi scappo ridendo.
-          Ah, se ti prendo! – Urla lui rincorrendomi. Riesce a raggiungermi quasi subito e mi afferra i fianchi, ma inciampa e finiamo entrambi a terra.
-          Sei un idiota! – Esclamo ridendo.
Sentiamo la porta principale aprirsi ed entrambi schizziamo ognuno nella propria camera. Io mi cambio i vestiti bagnati e mi lego i capelli, poi la porta si apre di nuovo ed entra Joe, che indossa solo un asciugamano legato dalla vita in giù.
Ci mettiamo seduti sul letto e chiacchieriamo per un bel po', fin quando non veniamo interrotti da Nick.
-          Hei piccioncini che dite, non è tardi? Dovreste andare a letto.
-          E tu allora? – Ribatte Joe.
-          Io sono sveglio perché devo controllarvi. Su ora, muoviti.
-          Sì, mamma.
Joe mi da un bacio sulla guancia e mi augura la buonanotte e lui e il fratello escono dalla stanza. Appena chiudono la porta sento chiaramente la voce di Joe dire “Fottiti”.
 

 

***

 

 

-          Giuli… Sveglia, piccola. – Il suono di una voce soave mi sveglia dolcemente, e la prima cosa che vedo aprendo i miei occhi assonnati sono due splendide iridi color nocciola. – Buongiorno dormigliona!
-          Mmm buongiorno. – Mormoro ancora insonnolita ricevendo un bacio sulla guancia.
-          Ti ho portato la colazione. – Annuncia Joe. – Ti conviene prepararti velocemente perché ho una sorpresa…
-          Di che tipo?
-          Vedrai, vedrai... – Mi da un altro bacio ed esce. Io mi preparo alla velocità della luce e dieci minuti dopo sono già fuori. Joe è appoggiato al muro con le braccia incrociate, bellissimo. – Sei bellissima.
-          Anche tu! – Lui scuote la testa e scendiamo le scale. – Buongiorno a tutti! – Esclamo piombando in cucina.
-          Ragazzi noi usciamo, ci vediamo dopo. – Dice Joe agli altri.
-          Aspettate un secondo, – Ci dice Denise. – che avete combinato ieri sera?
Istintivamente Nick si volta verso di noi ed io e Joe ricambiamo per un istante il suo sguardo.
-          Ehm, niente mamma, perché? – Domanda Joe con innocenza poco credibile.
-          Perché sembra che sia scoppiata una bomba in bagno e nel corridoio, di sopra.
Denise ci porta di sopra e alla vista del casino che abbiamo effettivamente combinato scoppiamo a ridere tutti e tre.
-          Scusaci Denise, abbiamo un po' esagerato, adesso puliamo.
-          Ma no, tesoro, non importa; ci penseranno i ragazzi dopo. – Mi risponde lei scoccando un’occhiata a Joe e Nick.
-          No, insisto! Ho contribuito anch’io a sporcare, non mi sembra giusto che stia con le mani in mano. Allora… dove tieni gli stracci?
 
 
***
 
 
Dopo aver pulito tutto ed esserci fatti altre risate finalmente io e Joe usciamo e lui mi lega un fazzoletto sugli occhi, poi mi prende per mano e ci incamminiamo… dove?
-          Joey dove stiamo andando?
-          Fidati di me. – Sussurra con le labbra ad un centimetro dal mio orecchio. Oddio, con queste parole ti seguirei ovunque!
È pieno inverno ma non fa freddo qui e sento il tiepido calore del sole sulla pelle.
Riconosco il rumore di una saracinesca che si apre, il “click-click” di un’auto e infine il rumore di una portiera, poi Joe mi fa salire e partiamo, per poi fermarci non più di quindici minuti dopo. Appena Joe mi apre la portiera sento l’odore di salsedine e il rumore delle onde.
-          Tesoro, ma dove mi hai portata?
-          Togliti le scarpe. – Ordina, come se non mi avesse sentita. Obbedisco ed i miei piedi si posano su quella che pare sabbia, morbida e fresca. Andiamo avanti a piedi per qualche altro minuto, camminando su quella che è inconfondibilmente una spiaggia, mentre Joe mi tiene per mano guidandomi. – Sei pronta? – Mi domanda una volta fermi. Io trattengo il fiato e appena i miei occhi riacquistano la vista trovo davanti a me due maestosi cavalli: uno bianco e uno nero.
-          Oh, mio…. – Esclamo stupefatta.
-          Ti piace la sorpresa? – Mi domanda, come se non fosse evidente.
-          Se mi piace? La adoro! Joseph, tu sei pazzo! – Esclamo stritolandolo in un abbraccio.
-          Sali su quello che vuoi. – Mi risponde lui, con un sorriso.
Gli bacio una guancia e monto quello nero, in modo che lui sembri ancora di più un principe; appena lui cavalca il bel destriero bianco parte al galoppo, urlandomi di seguirlo, ed io non me lo faccio ripetere due volte. Sto per raggiungerlo, quando…
 
 
***
 
 
Apro gli occhi con molta difficoltà e metto lievemente a fuoco un’ombra che si avvicina a me correndo, troppo sfocata anche solo per capire se sia un sogno o la realtà. L’ombra, che mano a mano che si avvicinava ha preso una forma sempre più definita, fino ad assomigliare ad un uomo, mi prende per le mani e mi alza da terra.
-          Piccola? Tesoro, mi senti?
Non so cosa rispondere e l’Uomo-Ombra mi abbraccia; vorrei scansarmi, – insomma, non so chi sia! – eppure c’è qualcosa che mi impedisce di farlo.
La vista mi si schiarisce un po', rivelando il bellissimo volto preoccupato del mio soccorritore che mi scruta sospettoso.
-          Vieni, –Mi dice. – andiamo a casa.
Montiamo su un bel cavallo bianco e lui, dietro di me, regge le redini mentre tiene poggiata la sua testa sulla mia spalla. Accidenti, sembra un vero principe.
Il giovane uomo mi porta fino ad una macchina lussuosissima e mi fa salire al posto del passeggero, poi partiamo. Vorrei chiedergli come si chiama, ma le parole non mi escono, quindi decido di dormire, esausta. Poco prima che mi addormenti, però, lui mi prende la mano e torno subito vigile.
-          Cerca di non dormire. – Mi dice sorridendomi e lasciandomi senza fiato. Non credo di aver mai visto un sorriso così bello.
-          Ma ho sonno! – Protesto con la voce lievemente roca.
-          Ho paura… – Il bell’uomo continua a guardarmi, ma il suo bellissimo sorriso è sparito. Istintivamente allungo una mano per carezzargli una guancia.
-          Per favore…
-          Ok, – Risponde sospirando in segno di resa. – ma prometti di non lasciarmi la mano e di dormire poco.
-          Va bene, te lo prometto.








Ragazzi, ma vi piace la storia ?! Gradirei un po' di recensioni : /

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Capitolo 13
*** Cap.13 ***


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Mi sveglio in una camera da letto che… non è la mia. La riconosco: è quella di Joe. Che diavolo ci faccio qui?!
-          Joe? – Chiamo timidamente, senza ottenere risposta. Lentamente, con la testa che mi scoppia, mi siedo e con la mano tocco l’altra parte del letto completamente disfatto: è calda, come se ci fosse stato qualcuno fino a poco fa. Mi alzo cautamente nella penombra e mi accorgo che i miei vestiti sono sparsi per il pavimento ed io sto indossando la maglia che aveva Joe quando mi ha portata alla spiaggia.
Mi cambio velocemente e scendo in cucina, traballando un po'. Riuniti attorno al tavolo a fare colazione ci sono tutti i componenti della famiglia, meno Joe. Il primo a venirmi incontro è Nick, visibilmente preoccupato.
-          Giuli… come va? Come ti senti? – Mi domanda tenendomi il viso tra le sue mani.
-         Nick... io sto bene, cos’è successo? Dov’è Joe?
-         Stai bene? Sei sicura?
-         Sì, certo, perché non dovrei? – Rispondo sempre più sconcertata. Lui mi guarda dubbioso, ma non da segno di volermi dire dov’è suo fratello, cosa che mi turba ancora di più.
-         Nick d-dov’è Joe? – Domando ancora, la voce incrinata dalla preoccupazione.
-         Joe… Joe… – Ci pensa un attimo, come se non si ricordasse chi sia. – Dovrebbe essere nel terrazzo.
-         Ok, grazie. – Lo bacio su una guancia, poi lancio un’occhiata alle persone sedute a tavola, che mi guardano preoccupate, e mi precipito fuori. Joe è seduto sul balcone con la testa china e gli occhi pieni di lacrime.
-         Joe…? – Nel sentire la mia voce alza subito lo sguardo e mi corre incontro per poi stringermi in un abbraccio fortissimo. – Joe cos’è successo?!
Lui si stacca da me e torna ad appoggiarsi al balcone, rivolto verso il panorama di Los Angeles. Io lo raggiungo e gli metto un braccio sulla schiena, come per consolarlo.
-          Tesoro, che hai?
-          Non hai mantenuto la promessa. – Mi risponde, gelido.
-          Che promessa?
-          Mi hai promesso che avresti dormito poco. – Ok, è pazzo.
-          Joe che diavolo stai dicendo?!
-          Ma come… n-non te la ricordi? – Mi domanda voltandosi finalmente verso di me, con un’espressione terrorizzata in volto.
-          Ma cosa dovrei ricordarmi?
-          Aspetta, vieni con me. – Mi dice in modo sbrigativo trascinandomi nuovamente in camera sua sotto gli sguardi preoccupati di tutti gli altri. Una volta in camera chiude la porta a chiave e mi fa sedere bruscamente sul letto, per poi tenermi il viso tra le sue grandi mani calde. – Devi raccontarmi tutto, tutto quello che ti ricordi di lunedì, nei minimi dettagli.
-          Come… lunedì? Che giorno è oggi?
-          Mercoledì! Piccola, mi stai facendo morire di preoccupazione.
-          No, no, ok. Calmati, però. – Gli racconto tutto quello che ricordo: il paesaggio, i rumori, persino com’era vestito lui, e tutto il resto. – Io sono salita sul cavallo nero e tu su quello bianco, poi sei partito al galoppo, io ti ho seguito e… basta, non ricordo più niente. Joe, cos’è successo dopo?
-          Vuoi saperlo davvero? – Mi domanda in tono grave.
-          Certo.
-          Tu… tu eri più indietro, io mi sono voltato per aspettarti e ho visto il tuo cavallo impennarsi e poi sei… sei caduta sbattendo la testa e sei rimasta immobile. Io… – Sospira sonoramente ed io mi accorgo che i suoi occhioni sono lucidi, quindi lo abbraccio.
-          Grazie.
 
 
***
 
 
-          Vieni con me? – Mi domanda Joe quel pomeriggio. – Ho voglia di stare un po' da solo con te.
-          Sì, certo. – Gli rispondo e insieme andiamo in camera di Frankie, dove lui si butta a peso morto su una poltrona a sacco.
-          Vieni? – Mi dice ed io mi stendo accanto a lui, che mi abbraccia.
-          È tutto ok? – Indago vedendolo turbato.
-          Ehm, veramente no. – Confessa, rispondendo subito al mio sguardo interrogativo: – Ecco, vedi, quando… quando è successo… quello che è successo, i-io, non so… – Farfuglia prima di zittirsi.
-          Che c’è? Non trovi le parole?
-          Già. – Mi risponde sospirando.
-          Prova, che so, a far finta di parlare da solo. – Suggerisco.
-          Ok, aspetta allora, allontanati un po’. – Io mi sposto e mi inginocchio davanti a lui, che chiude gli occhi e sospira nuovamente. – Insomma, q-quando ti ho vista a terra, immobile, in un attimo m-mi sei tornata in mente te, i tuoi sorrisi, i tuoi occhi, i nostri abbracci e… sì, insomma… per un istante ho avuto paura di aver perso tutte queste cose per sempre e ho… ho avuto davvero paura!
-          Oh, Joey! – Esclamo gettandogli le braccia al collo, ancor prima che potesse riaprire gli occhi, e lui mi tiene stretta tra le sue braccia, come se non volesse lasciarmi mai. – Ti prometto che non ci divideremo mai, io e te. D’accordo? – Gli dico, malgrado una voce nella mia testa mi ammonisca di non dire cose che potrebbero farlo soffrire ancora di più.
Dopo esserci calmati e coccolati un po’ mi rendo conto che a Joe frulla qualcos’altro per la testa.
-          Joey, che altro c’è? Non sembri tu oggi.
-          No, niente… cioè, veramente sì, ma non mi sembra il caso di parlarne adesso, dopo quello che ti è successo.
-          Sì invece. Qualsiasi cosa pur di sviare il discorso da me.
-          Oh, ok. Allora… niente, è una cavolata, solo che mi sono innamorato di una ragazza, ma lei non ricambia. – Che cosa?!
-          Come fai ad essere sicuro che lei non ricambi?
-          Perché ho giocato con molte ragazze ultimamente e credo che non si fidi più di me, anche se non lo da a vedere. So di essere stato stupido, ma credevo che comportarmi così mi avrebbe aiutato a dimenticarla, e invece ne sono sempre più innamorato, ogni secondo che passa.
Non so se ho capito bene quello che mi ha detto; non posso perderlo!
-          Ma hai… hai provato a parlarle, a dirle quello che provi per lei?
-          No, non ce la faccio. Non sopporterei di rovinare la nostra amicizia, ci tengo troppo.
-          Oh, Joey. – Contemplo il suo volto dolcemente, come una madre che guarda il piccolo e fragile bambino che tiene tra le braccia. – Piccolo, dolce Joey. Non si trova tutti i giorni gente come te, lo sai? Dovrebbe ritenersi fortunata lei a farsi amare da te, da una persona ‹‹più unica che rara››.
Mi stringe di più a sé, guardandomi negli occhi e carezzandomi il viso con il palmo della mano.
Rimaniamo immobili così finché Kevin non ci interrompe.
-          Joe, c’è la Hollywood Records al… – Joseph si alza all’improvviso lasciandomi distesa da sola sulla poltrona, come un’idiota. – Al telefono.
Joe se ne va di corsa ed io mi copro il viso con le mani, in segno di disperazione.
-          Giuli, che hai? – Mi domanda Kev.
-          No, niente…
-          Non è vero. – Insiste sedendosi accanto a me. – Ti va di parlarne?
-          È che… tuo fratello mi piace davvero molto, e ci sto male. – Confesso guardando un punto fisso davanti a me; non ce la faccio a sostenere lo sguardo di Kevin.
-          Dovevo immaginarmelo, ti si legge negli occhi che sei innamorata di lui, ma perché ci stai male? Cos’è successo?
-           Niente, solo che lui mi vede come una sorella, niente più, e come se non bastasse mi ha detto che è innamorato di una ragazza, quindi…
Gli occhi mi si riempiono di lacrime ed io sono costretta ad alzare la testa per non farle cadere, e Kevin mi abbraccia dolcemente.
-          Grazie, Kev, sei veramente un buon amico.
-          Anche tu, Giuli, sei una ragazza davvero forte. Da quando ti abbiamo incontrata la nostra vita è cambiata in meglio, e sono sicura che lo pensi anche Joe.
-          Certo, perché non dovrei?
-          Oddio, Joe! – Esclamo balzando in piedi insieme a suo fratello maggiore. – Q-Quanto hai sentito?
-          Niente, – Risponde lui, sospettoso. – solo l’ultima frase di Kevin.
Istintivamente tiro un sospiro di sollievo, rincuorata.
 
 
***
 
 
We’re chasing stars to lose our shadows,
Peter Pan and Wendy turned out fine,
So want you fly with me?
 
-          Allora, questo è il primo concerto che segui da dietro le quinte, giusto?
-          Già!
-          E come ti sembra?
-          Oh, beh… è così elettrizzante! Non me l’ero mai neanche immaginata.
-          Anch’io ero eccitata come te, la prima volta, ma poi ci ho fatto l’abitudine quasi subito.
Dani mi strizza l’occhio e continuiamo a seguire il concerto dei ragazzi. Accidenti sono veramente dietro le quinte di un concerto dei Jonas? È incredibile!
Prima della fine del concerto scendono per riposarsi cinque minuti.
-          Hai visto la bionda in seconda fila, quella con la canottiera fucsia? – Domanda Joe a Nick.
-          Eccome se l’ho vista! Hai intenzione di cantare con lei? – Aggiunge il riccio vedendo l’espressione del fratello: un’espressione che non gli avevo mai visto in volto.
-          Può essere, vedremo.
Si scambiano un rapido sguardo compiaciuto, mentre Kevin viene verso di me, disgustato.
-          Vado a dirgli di farla finita.
-          No, non preoccuparti, non importa. – Gli rispondo trattenendo a stento un conato di vomito.
-          Stai bene?
-          No. Possiamo parlare dopo?
-          Certo! Abbi un po’ di pazienza che tra poco abbiamo finito, così ti riaccompagno a casa, ok?
-          Grazie. Lo dico io a Dani.
 
***
 
-          Ti accompagno a casa? – Mi domanda Joe dopo il concerto.
-          No, grazie. Mi faccio accompagnare da Kevin.
Lui mi guarda un po’ sorpreso, ma non gli do neanche il tempo di ribattere e me ne vado, salutando tutti gli altri velocemente.
-          Mi ha fatto male sentire quelle cose. – Gli dico mentre siamo in viaggio. – Pensavo fossi l’unica ad essere riuscita a colpirlo a tal punto che mi facesse cantare con voi, e invece mi sbagliavo di grosso; ma soprattutto mi fa male pensare che io per lui sia solo una ragazza come tante altre su cui fare commenti cretini.
-          No, su questo ti sbagli.
-          Che vuoi dire?
-          Tu sei davvero molto importante per Joe, e i commenti che fece su di te erano di tutt’altro stampo.
-          Davvero?
-          Sì, fidati. Però non riesco a capire come mai si sia messo a dire quelle cose davanti a te. Dopo gli parlerò.
-          Da quanto vedo sta trasformando anche Nick. Non pensavo che lui fosse il tipo da commenti stupidi, ma mi aspettavo più il tipo da: ‹‹E dai fratello, smetti di fare il cretino; ci sono delle donne qui.›› - Dico facendo una pessima imitazione e ritrovandomi a riderne con Kev. – Alla fine, l’unico normale qui sei tu.
-          Andiamo bene, allora!
Scoppiamo nuovamente a ridere, sollevata nel sentire che il mio nervosismo sta diminuendo.




Mh, ma vi piace la storia ? Vorrei un po' di recensioni, magari anche per ricevere consigli ) :

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Capitolo 14
*** Cap.14 - ‹‹Eravamo più unici che rari›› ***


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E' troppo lungo ed è scritto malissimo, scusate ) :



Aeroporto, ore 23:30. L’altoparlante annuncia ai viaggiatori che l’imbarco per l’Italia è stato aperto.
Saluto Nick e Kevin con un abbraccio ed un sincero ‹‹Grazie›› e mi avvio alla fila.
Non posso credere che sia andato tutto a puttane così! Io e Joe abbiamo litigato, e non ho capito neanche perché. Il problema è che lui aveva bevuto, quindi è stato ancora più difficile poterci ragionare. Addirittura, quando Kevin gli ha chesto spiegazioni per il suo comportamento al concerto, gli ha esplicitamente detto di andare al diavolo, con tanto di gestaccio. Fatto sta che lui mi ha chiaramente detto che non vuole più vedermi, ed io mi sento persa senza di lui.
Prima di andarmene, però, sono riuscita ad infilare un biglietto nella sua auto, con su scritto: ‹‹Eravamo più unici che rari.››
Così stravolta non mi accorgo neanche di chi c’è davanti a me e vado a scontrarmi con un ragazzo che occhio e croce avrà la mia stessa età.
-          S-Sorry, I didn’t see you.
-          No problem. Are you ok?
-          Yes, thanks.
-          Are you sure? You are crying…
-          I’ve got just some personal problems. Che non sono affari tuoi! Vorrei aggiungere.
Andiamo entrambi verso l’imbarco per l’Italia.
-          Are you Italian? – Mi domanda. Oddio che gancio!
-          Ehm… yes.
-          Ah, anche io!
Nella nostra stessa fila ci sono pochissime persone: una coppia di anziani, una donna alta e magra con un caschetto castano che sembra uscita da America’s Next Top Model e tre ragazzi montati che fanno casino e ci guardano. Ma che palle!
-          Visto che dovremmo passare molte ore insieme penso che sia il caso di presentarci…
Smetto di ascoltarlo all’istante e stringo la mano a quelli che devono essere i suoi amici… Tizio, Caio e Sempronio, tanto per cortesia, senza neanche pormi il problema di rivolgergli un sorriso; loro tre poi si allontanano mentre – come si chiama? – Gancio rimane con me.
Sbuffo rumorosamente per fargli capire che non lo voglio tra le palle e lui ricomincia ad attaccare bottone:
-          Quanti anni hai? Mi sembri un po' piccola per fare un viaggio così lungo da sola. – Mio dio ma chi sei, mio nonno?!
Fortunatamente è arrivato il mio turno, quindi mostro biglietto e documento alla hostess.
-          La prego, trattenga per un po' il tizio dietro di me! – Le sussurro prima di squagliarmela sulla navetta.
Fortunatamente Gancio resta a parlare con i suoi amici ed io almeno in questa manciata di minuti rimango sola.
Mentre salgo le scale per entrare sull’aereo qualcuno mi afferra il gomito.
-          Ehi, dove scappi? – Dio, ma questo è peggio della stalker nella pubblicità del Kinder Bueno!
A bordo i Re Magi si siedono nelle prime file, mentre io mi accorgo con grande sollievo che il mio posto è tra quelli in fondo. Nonostante questo Gancio viene con me.
Mi infilo subito le cuffie dell’ Ipod nelle orecchie, ma prima che possa far partire la musica quello ricomincia a blaterare.
-          Allora… ancora non so il tuo nome.
-          Giulia. – Rispondo veramente seccata.
-          Ma tu… sei l’amica di quella band… i Jonas Brothers? – Mi domanda dopo avermi squadrata per bene.
Appena pronuncia quel nome mi si mozza il fiato e un groppo in gola mi impedisce di respirare.
-          No. – Rispondo prima che possa ricominciare a piangere.
-          Ah, no perché… – Faccio partire la musica per non ascoltare più i suoi fottutissimi “bla, bla, bla”.
 
 
***
 
 
 

Rimango decisamente folgorata da quello sguardo e mi immobilizzo. Così fa anche lui: prima cantava e ballava come lui solo sa fare e tre secondi dopo è immobile come me. Ha persino smesso di cantare, e tocca a suo fratello coprire le sue parti, mentre lui mi fissa negli occhi come faccio io e questo momento a dir poco magnifico continua per altri dieci secondi, i più lunghi della mia vita, quando lui deve continuare il concerto e allora mi sorride, mi fa l’occhiolino e si gira per andare da i suoi fratelli. In quei dieci secondi era sparito tutto: c’eravamo solo io, lui e la sua splendida voce. Sono stati i dieci secondi più belli della mia vita!

 
 

-          Bene ragazzi, come vi avevamo promesso adesso ci sarà una sorpresa. È la prima volta che lo facciamo qui in Italia, ed è un onore! Io e i ragazzi abbiamo deciso di cantare una canzone con una di voi!

 

 

Joe arriva davanti a me (ovviamente senza scendere dal palco) e mi tende la mano. I miei amici si girano verso di me. Io non ricordo più come si respira e rimango immobile a fissare Joe come un’imbecille. Lui mi sorride, paziente. Ale da dietro mi spinge e mi urla di andare. Alla fine il mio cervello si decide a dire ai miei piedi di muoversi e gli vado in contro. Gli prendo la mano e salgo sul palco. Dio, mi sto tenendo davvero per mano con Joe Jonas?!  Lui non smette un attimo di sorridermi, mi da un microfono e mi sussurra dolcemente all’orecchio:
-          Come ti chiami?
-          Giulia. – Rispondo, con la gola secca.
-          Bene, Giulia, te la senti di cantare “Turn Right” con me?

 

 

“So, turn right into my arms
Turn right, you won’t be alone
You might fall off this track sometimes
Hope to see you on the finish line”.

 

 

-          Dai non ci pensare… Guarda: Joe sta guardando solo te, non ti stacca un attimo gli occhi di dosso! Non farti vedere che piangi, ti sfogherai dopo.
Alzo gli occhi e guardo il pullman che ancora non ha finito di fare manovra per andarsene. Joe in effetti mi sta guardando e quando incrocio i suoi occhi mi sorride.
Ci guardiamo negli occhi fino a quando il pullman non se ne va. Io continuo a guardare nella loro direzione, sperando in qualcosa che li faccia tornare indietro, qualcosa che faccia tornare Joe da me.

 
 

“Hey Giuli sono Joe, scusa se ti ho svegliata ma non riesco a dormire perché devo parlarti. Dalla prima volta che ti ho vista al concerto ho sentito che avevi qualcosa di speciale, qualcosa che non riesco a spiegarmi. Non riesco a capire come mai, ma ho come una sensazione, un sesto senso che mi dice che diventeremo amici, ottimi amici e a me farebbe molto piacere. Anche se ci conosciamo da molto poco ti voglio già bene perché ho capito che sei una persona fantastica e sarei davvero felicissimo di diventare amico tuo. Se anche per te è così (e spero davvero che lo sia) chiamami domattina quando vuoi. Non ti chiamo io perché purtroppo parto presto e non vorrei svegliarti. Ci sentiamo, ti voglio bene.”

 

 

“Hey piccola come va? Scusa se sono riuscito a scriverti solo ora ma gli impegni aumentano ogni giorno! Volevo parlarti di una cosa molto importante, alla quale tengo molto. Preferisco dirtela via webcam, quando anche io sarò da solo. Forse possiamo sentirci stasera, ma non ti prometto niente. Spero comunque di sì. Non dire niente a Nick e Kev, sarà un nostro segreto. Ci sentiamo, bacioni.”

 

 

“Amo l’Italia, è davvero un Paese fantastico e qui ho anche conosciuto una persona magnifica che ha cambiato la nostra vita. Ti voglio bene da morire piccola! Spero di riuscire a rivederti presto.”.

 

 

Prendo il cuscino tra le mani, ci fiondo dentro la faccia e inizio a piangere.
-          Giuli che è successo? – Mi domanda mia sorella che intanto si è svegliata.
-          Non ti preoccupare, non è successo niente. – Rispondo alzando la testa per guardarla.
-          Ancora non ha risposto, vero?
Scuoto la testae la abbraccio. La testa mi scoppia, ho una tale confusione che vorrei esplodere.
In quel momento sento tremare il letto. Mi stacco di corsa per leggere sul display del telefono che Joe mi sta telefonando.
Con un tuffo al cuore rispondo.

-          Pronto? Joe?
-          Piccola è tutto a posto?
-          Io sì, sto bene adesso che ti sento. Tu come stai? Perché non hai riposto subito? Mi sono preoccupata! Stai bene?
-          Sì Giuli sto bene! Ho letto solo adesso il messaggio perché non avevo campo. Mi dispiace da morire di averti fatta preoccupare. Scusa, davvero.
-          No, non ti devi scusare, non è colpa tua. L’importante è che tu stia bene.
-          Mi dispiace lo stesso. Ma ti sei sicura di stare bene? Mi sembri strana.
-          No, non ho niente, ero solo preoccupata. Anche tu stai bene, sinceramente, vero?
-          Ma si, fidati! Ti do la mia parola, e poi non sarei mai capace di mentirti.
-          Menomale, non sai che peso mi sono tolta!

 

 

-          Ragazzi è mezzanotte e questo vuol dire che siamo definitivamente arrivati al 6 dicembre! A questo proposito volevo fare gli auguri alla mia migliore amica perché adesso è precisamente un mese che lei è entrata nella mia vita. Tutto il concerto è dedicato a lei, ma una canzone in particolare. Questa canzone è per te, sorellina! Ti voglio un mare di bene, piccola. Mi manchi da morire! Buon mesiversario!
Joe guarda in alto, e da un bacio al cielo. Dentro di me ricambio.

 

 

“Ciao tesoro mio, buon viaggio! Spero che queste 12 ore passino in fretta, ti aspetto con ansia! Ti aspetto da Starbucks, mandami un messaggio quando arrivi, così ti vengo a prendere. Un bacio piccola mia, tuo Joe. ”

 

 

Il cuore comincia a galopparmi come un cavallo imbizzarrito.
Subito lascio le valigie e corro verso di lui. Appena ci abbracciamo sento una scossa percorrermi le vene e il mio battito cardiaco aumenta ogni secondo di più.

-          Piccola mia, finalmente sei qui!

 

 

Io gli tiro un finto schiaffetto fingendomi offesa.
-          Ehi, ricordati che sei con me adesso! – Gli dico.
-          Attenta, – Mi dice lui, guardandomi male. – mi hai colpito e adesso dovrai vedertela con i miei superpoteri!
Io mi alzo dalla panchina e comincio a correre, ridendo.
-          Non mi prenderai mai! – Urlo.
Si alza pure lui e mi segue. Quando mi raggiunge mi prende per i fianchi, mi alza da terra e mi fa girare, mentre tutti e due ridiamo come matti.

 

 

Alzo lo sguardo per incontrare il suo, impegnato ad andare a tempo. Gli stringo di più la mano per dargli sicurezza. Prova a fare qualche altro passo ma improvvisamente scivola e cadiamo a terra.
-          Sei una frana! – Esclamo ridendo e lui mi risponde facendo una smorfia.

 

 

Si toglie la maglia.
-          Piano, fai piano!
Rimango un attimo incantata a fissare il suo bel fisico per poi distogliere subito lo sguardo e concentrarmi su quello che devo fare.
Lui si china sul lavandino, io apro l’acqua e comincio a lavargli la ferita.
Mentre tocco i suoi capelli mi vengono i brividi.

-          Che hai? – Gli domando vedendolo chiudere gli occhi.
-          Niente, niente, non preoccuparti.
-          Joey…?
Si volta verso di me e mi bacia la fronte. Il contatto con le sue labbra bagnate mi fa rabbrividire ancora di più.


 

-          Scusami per il ritardo, solo che…
-          No, non devi dire niente.
-          Ma dai, lasciami spiegare.
-          Ti ho cercata per tutta la vita, quello in ritardo sono io. Se c’è qualcuno che deve avere delle spiegazioni, quella sei tu.


 

Dopo qualche minuto torna da me, mi prende le mani per alzarmi e mi fa vedere il suo capolavoro:
ha scritto a caratteri cubitali la frase “Fly with me”.

 
 

-          Valeva davvero la pena aspettare… - Sussurra.
Io lo guardo senza sapere cosa rispondere, incantata dalle sue iridi nocciola.
 
 

-          Mi concede questo ballo, principessa? – Mi domanda Joe baciandomi la mano.
-          Ma certo, è un onore. – Rispondo con la mente ancora rapita.
Vengo portata al centro della pista e io e il bel principe cominciamo a ballare. Anche stavolta, come la prima, i suoi occhi mi trascinano in una dimensione estranea, dove ci siamo soltanto io e lui, incuranti del resto del mondo.
 
 

-          Bello, vero?
-          Accidenti, Joe, è magnifico!
-          Ma non è l’unica cosa bella che c’è qui...
Perlustro la stanza con lo sguardo, incuriosita.
-          Eh, già, quelle chitarre sono davvero belle. – Gli dico con una punta di sarcasmo.
-          Sì, ma non intendevo quelle. – Dice lui prendendomi il viso da sotto il mento per far incontrare i nostri occhi.

 
 
Gli rovesciamo l’acqua addosso facendolo svegliare di soprassalto, appena in tempo per vederci scappare.
-          JOE! – Urla rincorrendoci.
Io e Joe corriamo in lungo e in largo per tutta la casa, poi lui mi prende la mano e mi trascina in bagno.
-          Nascondiamoci qui. – Sussurra entrando nella doccia insieme a me. Una volta dentro ci scambiamo uno sguardo ridendo silenziosamente e ansimando, poi si accende la luce del bagno.
-          Merda. – Mormora Joe avvolgendomi i fianchi per attirarmi a sé.
Nick si avvicina ed infila un braccio nella tendina.
-          Hmm… ho voglia di farmi una doccia fredda… – Un getto d’acqua ghiacciata invade me e Joe, facendoci restare senza fiato, e poi, quando siamo completamente da strizzare, finisce tutto. – Anzi no, ho cambiato idea.
 
 
Gli bacio una guancia e monto quello nero, in modo che lui sembri ancora di più un principe; appena lui cavalca il bel destriero bianco parte al galoppo, urlandomi di seguirlo, ed io non me lo faccio ripetere due volte.
 
 
-          Insomma, q-quando ti ho vista a terra, immobile, in un attimo m-mi sei tornata in mente te, i tuoi sorrisi, i tuoi occhi, i nostri abbracci e… sì, insomma… per un istante ho avuto paura di aver perso tutte queste cose per sempre e ho… ho avuto davvero paura!
 
-          Oh, ok. Allora… niente, è una cavolata, solo che mi sono innamorato di una ragazza, ma lei non ricambia.
 
 
-          Hai visto la bionda in seconda fila, quella con la canottiera fucsia? – Domanda Joe a Nick.
-          Eccome se l’ho vista! Hai intenzione di cantare con lei? – Aggiunge il riccio vedendo l’espressione del fratello: un’espressione che non gli avevo mai visto in volto.
-          Può essere, vedremo.
Si scambiano un rapido sguardo compiaciuto.
 
 
***
 
 
Mi sveglio di soprassalto con il cuore in gola e le lacrime agli occhi. Quando mi accorgo che l’Ipod mi sta facendo ascoltare “Turn Right” mi strappo le cuffie dalle orecchie come se scottassero.
-          Ehi, piccola è tutto a posto?
Sento una scossa sulla schiena che mi fa saltare sul seggiolino e mi giro di scatto verso il proprietario di quella voce.
-          Come mi hai chiamata?!
Mi alzo per cambiare posto e ovviamente si alza anche lui.
-          Ho detto qualcosa che non dovevo? – Mi volto e gli tiro uno schiaffo in pieno viso, così forte da fargli girare la testa. – Che cazzo fai?!
-          Non devi mai, mai più azzardarti a chiamarmi in quel modo! È chiaro?! – Sbraito svegliando
gli altri passeggeri, e subito veniamo interrotti da una hostess.
-          Signori che succede? Problemi?
-          Sì. Mi tolga questo qui di torno, per favore!
-          Sì, certo. Signore mi fa vedere il biglietto per favore?
Gancio tira fuori il biglietto e lo mostra alla hostess che lo guarda compiaciuta.
-          Signore, lei non dovrebbe stare qui: il suo posto è là davanti.
Lui, senza una parola prende la sua roba e va al suo vero posto.
-          Grazie! – Dico alla hostess, seriamente riconoscente.
-          Non si preoccupi. Le conviene mettersi tranquilla adesso: tra un paio d’ore saremo arrivati.
Due ore? Quanto ho dormito?!
 
 
***
 
 
Prendo la valigia e percorro l’aeroporto di Firenze a passo veloce per andarmene di qui il prima possibile.
-          Hai fretta, pazza isterica? – Mi urlano dietro, ed io mi volto per vedere Gancio e i Re Magi che mi fissano e mi mandano a quel paese.
-           Mavvaffanculo! – Urlo prima di uscire e salire sul primo taxi che mi capita.
In casa scaravento le valigie in un angolo e mi butto sul letto a peso morto, poi faccio una telefonata.
-          Fede… mi dispiace disturbarti il giorno di Natale, ma ho davvero bisogno di te.
-          Certo, dimmi tutto.
-          Puoi venire qui da me? Ti  prego
-          Certo, non preoccuparti arrivo il prima possibile. È tutto a posto?
-          No. Te lo spiego dopo. Non disturbarti a bussare, tanto la porta è aperta.
-          Ok, a dopo.
-          Grazie…
Riattacco e mentre lo aspetto accendo una sigaretta, faccio partire il video che mi ha regalato Joe e riguardo le nostre foto, tanto per distruggermi ancora di più.
Circa mezz’ora dopo qualcuno bussa alla porta della mia camera.
-          Fede… vieni, entra.
Lui viene dentro e mi guarda preoccupato.
-          Oddio, che ti è successo?!
-          Vieni, siediti. – Gli faccio spazio sul letto, lui si toglie le scarpe e si distende sul letto con me.
Sposta lo sguardo dalla macchina fotografica, alla TV ed infine di nuovo a me.
-          Problemi con questo tizio? – Mi chiede indicando la foto sulla macchina fotografica.
Annuisco, ancora tra le lacrime. Lui sospira e spenge il televisore.
–        Ti va di raccontarmelo?
 
 
***
 
 
-          Vuoi andare a fare un giro in macchina?
Scuoto la testa accennando un piccolo sorriso triste.
-          Senti, Fede… Io ti avevo promesso una cosa…
-          No, non preoccuparti della promessa. Fa’ come se l’avessimo già fatto.
-          Ogni promessa è debito…
-          Non devi farlo per forza.
-          No, infatti non devo. Ma voglio.
-          Sei sicura?
-          Sicurissima.
-          Poi non ne parleremo più.
-          Promesso.
Mi siedo a cavalcioni sopra di lui e comincio a baciargli il collo e mordergli l’orecchio, mentre gli apro la felpa.
Veniamo però subito interrotti dal campanello che suona.
-          Scusa, vado a vedere chi è.
Vado in soggiorno e apro la porta.
-          Giuli! Che t’è successo? Dov’eri finita?
-          Ciao, Chris. – Mormoro abbracciandolo.
-          Vuoi spiegarmi, per favore?
Lo faccio entrare e in quel momento esce Fede dalla mia camera.
-          Chris, lui è Fede; Fede, Chris.
-          Ah, scusa, non sapevo che avessi compagnia. – Dice Chris. – Tornerò un’altra volta.
-          No, non preoccuparti, tanto io dovevo andarmene. – Risponde Fede. – Giuli ti chiamo domani, ok?
Ci salutiamo con un bacio sulla guancia e poi lui se ne va.
-          Ho interrotto qualcosa? – Mi domanda Chris.
-          No, non preoccuparti.
-          Mi spieghi dov’eri finita? Manchi da dieci giorni, che t’è successo?
-          Vieni, siediti. È lungo da raccontare.
Ci sediamo entrambi sul divano e lui mi abbraccia, dopodiché comincio a raccontargli tutto, provando una fitta di dolore ad ogni mia parola pronunciata.
-          … e questo è tutto. – Concludo. – Scusa se non ti ho detto che partivo.
-          Non preoccuparti; mi dispiace.
-          E te, invece? Che ci fai qui la sera di Natale?
-          Ho preferito lasciare mia madre e Riccardo da soli ed io sono venuto da Ale, poi ho visto le luci accese qui e sono venuto a vedere se eri ancora viva. – Riccardo è il compagno della madre di Chris.
-          Problemi in famiglia? – Domando scrutandolo. Solitamente sua madre non passa mai le feste senza il figlio.
-          Nulla di grave, solo che Riccardo mi ha cacciato di casa.
-          Che cosa?! Come, ti ha cacciato di casa? E tua madre non ha detto nulla?
-          No, lo sai che è impotente contro di lui. E insomma, mi ha dato cinque giorni per cercare casa, altrimenti mi avrebbe lasciato sulla strada.
-          Oddio… Chris… Vieni a vivere qui.
-          Come? No, no non posso. Ne sei sicura?
-          Certo che ne sono sicura! Pensi che lascerei il mio migliore amico sulla strada? No, non se ne parla neanche! Tu vieni a vivere qui, punto e basta.

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Capitolo 15
*** Cap.15 ***


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Guardo impassibile il fiume rosso che sgorga a fiotti dai solchi lasciati dalla lama, pensando sempre, ininterrottamente ad una sola cosa: lui.
Il sangue macchia il pavimento e le coperte, ma non me ne curo. Sul tavolino ci sono cartine, filtri ed erba, ‹‹Roba buona›› mi hanno assicurato. È tutto sparso sopra il piano in vetro, ma adesso non ho voglia di rollare canne; magari lo farò stasera.
Mi rigiro la lama tra le mani, osservandola, per poi premerla nuovamente sul polso, squarciando le vecchie cicatrici di qualche anno fa, ormai diventate ombre, e creandone di nuove. Il polso è diventato rosso e brucia parecchio, ma non me ne curo.
Sono passati cinque giorni da quando io e Joe abbiamo litigato ed io sto sempre più male.
Non avrei mai pensato di dire una cosa del genere, ma tutto questo è straziante. È straziante non avere più qualcuno che ti chiama ‹‹piccola›› o ‹‹tesoro››, qualcuno che ti chiama dall’altra parte del mondo senza curarsi di quanto spende; non avere più qualcuno che ti vuole bene a tal punto da dedicarti un intero concerto, o qualcuno con cui fare le cose più assurde come bagnare altre persone in pieno inverno, o semplicemente qualcuno che ti faccia sentire speciale in ogni momento, che ti faccia sentire a casa. È straziante non avere più Joe.
È martedì, mancano due giorni a capodanno ed io sono sul divano come al solito, e come al solito sto ancora piangendo ripensando al mio Angelo. Che strano, avevo smesso di chiamarlo così.
Vengo disturbata dal campanello che suona.
Apro controvoglia e mi scopro sorpresa di trovare davanti ai miei occhi un mazzo di mimose ed un biglietto.
Dentro la busta del biglietto trovo una foto abbastanza buia, con una luce arancione, di due ragazzi stesi su un letto, abbracciati e profondamente addormentati. Guardando attentamente la fotografia me ne accorgo: quei due siamo io e Joe. Subito mi sento mancare e devo reggermi allo stipite della porta per restare in piedi. Non è possibile che sia lui, sarà di certo uno scherzo! Però… questa foto chi l’ha scattata? E le mimose a dicembre… lui è l’unico che riesce a trovarle…
Giro la foto e leggo la didascalia in alto a sinistra: ‹‹Eravamo più unici che rari››. Oddio ma questa è la sua scrittura! Non è possibile che gliel’abbiano copiata, è la sua di sicuro!
In fondo alla foto c’è un’altra didascalia: ‹‹Ricorda che mi appartieni…››.
A distrarmi dai miei pensieri è il rumore del portone che si chiude; subito mi precipito fuori senza pensarci due volte.
-          Joe… – Sussurro, troppo piano perché qualcuno mi senta. – Joe! – Grido precipitandomi in strada.
Vedo una donna grassoccia con lunghi capelli neri e crespi con un bambino, qualche ragazzo più piccolo di me che gioca a palle di neve, due uomini di mezza età che abitano nel condominio vicino al mio e… un ragazzo col cappotto nero che cammina a passo svelto con la testa china.
È lui! Sì, sono sicurissima che è lui!
-          Joe! Joe, fermati! JOE! – Urlo rincorrendolo. Finalmente si volta e ci guardiamo negli occhi per qualche istante. – Scusa, – Dico con gli occhi bagnati dalle lacrime. – ti avevo scambiato per un’altra persona.
Il ragazzo mi sorride e torna sui suoi passi. Solo adesso mi accorgo di quanto faccia freddo senza giacca, ma non m’interessa.
Mi avvio verso un parco vicino e mi distendo su una panchina, con il volto coperto dalle mani, a piangere.
Dovevo immaginarmelo. Per un attimo ci avevo quasi creduto, ma dovevo capire che era solo uno stupido scherzo. Che stupida, certo che non è opera di Joe; lui adesso sarà a casa sua, comodo comodo, seduto sul divano a creare qualche melodia con la chitarra, nel più completo relax. Mi sembra quasi di vederlo.
Ecco, appunto: la sua immagine si è fatta viva nella mia testa, causandomi ancora più dolore e lacrime.
-          Giuli…
Apro gli occhi improvvisamente, scossa da quella voce, e lo trovo lì, inginocchiato davanti a me, bello come un dio, reale come non lo è mai stato.
Lo guardo scioccata per qualche secondo per capire se è un’allucinazione, prima di mettermi seduta e saltargli addosso carica di adrenalina.
-          Joe… – Sussurro.
-          Tesoro t-ti prego, perdonami! Lo so, sono un completo deficiente, ma…
-          No, Joe, non hai niente da farti perdonare. Piuttosto dimmi che sei reale, che non svanirai.
-          Te lo giuro, tesoro; te lo giuro sulla mia stessa vita. – Mi promette con gli occhi bagnati dalle lacrime, prendendomi le mani. – Oddio, ma sei gelata! – Esclama.
Mi alza in piedi, apre il suo cappotto per coprire entrambi ed io rimango stretta a lui che cerca di farmi calore con il suo corpo.
Ci culliamo per un tempo che sembra infinito, mentre io, ad occhi chiusi e con la testa appoggiata al suo petto così caldo e rassicurante, mi rilasso ascoltando i battiti accelerati del suo cuore diminuire piano piano, fino a tornare regolari e costanti. Il pacato alzarsi e abbassarsi del suo petto ad ogni respiro mi fa credere di essere su una barca cullata dalle onde, ed è come se fossi caduta in uno stato di trance; questo è il mio esatto concetto di perfezione. Finalmente a casa!
Dopo non so quanto tempo, troppo poco ma allo stesso tempo interminabile, decidiamo di andare in casa a riscaldarci. Appena entrati il mio sguardo cade sul divano e il tavolino: le macchie di sangue, il trincetto e l’erba sono spariti e al loro posto c’è un vaso con le mimose di Joe e la fotografia; forse è tornato Chris.
Ci mettiamo sul divano davanti al focolare stretti l’uno all’altra a parlare. Lui mi racconta che è stato due giorni immobile sul suo divano, come un vegetale, a cercare di capire cosa fosse andato storto tra di noi, prima che Nicholas gli urlasse addosso di venire qui a farsi perdonare; Joe allora ha preso il primo aereo e si è precipitato da me.
-          Ma Joe, come hai fatto a trovarmi?
-          Beh, il tuo amico Christian ha messo il suo numero di cellulare su Facebook
-          Hai chiamato Chris?!
-          Esatto. – Mi risponde con un sorrisetto.
Dopo esserci scaldati è il mio turno da guida turistica e gli faccio fare il giro della casa, estremamente più piccola della sua. Quando entriamo in camera mi accorgo che le prime cose su cui mette gli occhi sono le due gigantografie incorniciate ed appese al muro: una è un’immagine di noi due scattata in America, e l’altra è una sua foto a cavallo che gli ho fatto di nascosto.
Lui guarda sorpreso quella col cavallo e poi si rivolge a me:
-          E quella cos’è?
-          Solo una delle mie foto preferite. In questa foto ci sono tutte le cose che adoro: il mare e i cavalli. – Gli lancio un’occhiata di sottecchi. – Ah già, poi ci sei anche tu.
-          Ah-ah, davvero simpatica. – Esclama dandomi una spintarella.
In quel momento veniamo interrotti da qualcuno che bussa alla porta ed entra Chris, in accappatoio.
-          Joe, ce l’hai fatta ad arrivare.
-          Chris, bentornato. Cos’è questa storia che Joe ti ha telefonato? Non mi hai detto nulla!
-          Gliel’ho chiesto io. – Lo giustifica Joe. – Volevo che fosse una sorpresa.
I due si stringono la mano calorosamente.
-          Comunque grazie, Chris, di tutto l’aiuto che mi hai dato. – Dice Joe.
-          Ma no, di niente. Beh, io vado a cambiarmi, stasera vado a cena da Ale. Ah, senti… – Aggiunge in italiano rivolto a me, in modo che Joe non possa capire. – che devo farne della roba che era sul tavolo?
-          Buttala, a me non serve più. – Rispondo sorridendogli, e lui mi sorride di rimando.
-          Credevo di averti persa…
Detto ciò esce, lasciando me e Joe di nuovo soli.
-          Tesoro, mi spieghi una cosa? – Gli domando improvvisamente.
-          Cosa?
-          Quella fotografia che era insieme alle mimose che mi hai regalato, chi ce l’ha fatta?
-          Oh, è stata mia madre quando hai avuto l’incidente col cavallo.
 
 
***
 
 
-          Senti, Joe…
-          Sì?
-          Tra due giorni è capodanno, ti va di fare qualcosa? – Gli domando con noncuranza.
-          Tu cosa fai di solito?
-          Io? Beh, veramente io ed i miei amici organizziamo feste a tema, e quest’anno sarebbe stato il mio turno.
-          Certo, che festa sia! Che tema hai scelto?
-          Ancora non ci ho pensato, veramente…
Così, passiamo il resto del pomeriggio seduti sul pavimento del salotto, a pensare ad un tema adatto per la festa di capodanno, alla quale mancano solo due giorni. Fantastico, sono un vero genio.
Dopo circa un’ora di menti vuote, Joe tira fuori da non so dove il libro “Sogno di una notte di mezza estate” di Shakespeare.
-          L’hai letto? – Mi domanda vagamente sorpreso.
-          Almeno sette volte, è la mia commedia preferita… e tu sei il mio genio preferito!
-          Cosa?
-          Ho trovato il tema per la festa! – Esclamo.
Ci accordiamo sui dettagli, poi accedo su Facebook per inviare l’invito ai miei amici:
 
“Allora ragazzi il tema per la festa di quest’anno sarà La Notte Delle Fate. Ho preso spunto dai balli scolastici americani, quindi vestiti da sera, maschere ed è preferibile venire accompagnati. La festa si terrà a casa mia dalle 21:30 del 31 fino al pomeriggio del giorno seguente. Portate quello che vi serve per la notte, compresi i sacchi a pelo. Vi aspetto!”
 
-          ‹‹ È preferibile venire accompagnati››, eh? E sentiamo, a te chi ti accompagna? – Mi domanda Joe.
-          Ho detto che è preferibile, non obbligatorio; qualcuno lo troverò… – Ribatto.
-          E chi ti dice che tu non l’abbia già trovato?
-          Cioè?
Inavvertitamente si inginocchia ai miei piedi e mi prende la mano.
-          Vorrebbe venire al ballo con me, principessa?
-          Ne sarei onorata. – Rispondo sorridendogli.
-          Uff, adesso dovrei andare. – Mi dice dopo avermi dato un bacio sulla guancia ed aver guardato il suo orologio.
-          Dove? – Gli domando presa alla sprovvista.
-          In hotel…
-          Ma no, resta qui da me! Non mi va che tu stia in albergo.
-          No, non voglio essere di disturbo, e poi non ci abita già Christian, qui?
-          Chris non è un problema, e tu non disturbi affatto. Dai, vai a prendere le tue cose mentre io preparo la cena, e non voglio sentire polemiche! – Esclamo raggiante dandogli un sonoro bacio sulla guancia.
 Mentre va in albergo io metto l’acqua della pasta sul fornello e scendo nel garage a prendere le coperte per il suo letto, che poi sarebbe il mio. Lì rimango di sasso alla vista di una splendida Ford Mustang Shelby gt 500 del 1967 grigio scuro con le strisce sul cofano nere. Semplicemente magnifica. Mi avvicino timorosa e apro gli sportelli per curiosare dentro. I sedili ed il manubrio sono rivestiti in pelle nera, e dispone anche di radio, contachilometri illuminato e luci blu sotto l’auto. Dio, ho quasi timore a sedermici sopra.
Sconcertata ed ammaliata allo stesso tempo, mi costringo a rientrare in casa ad aspettare il ritorno di Joe.
-          Perché l’amore della mia vita è nel mio garage? – Gli domando ancor prima che possa varcare la porta, con le valige in mano.
-          Cosa? – Mi domanda lui confuso, anche se molto probabilmente sta fingendo.
-          Una Mustang. Nel mio garage. Perché?
-          Ah, quell’auto? – Chiede sorridendo e parcheggiandosi sul divano. No, auto no. Non può pensare di chiamarla in modo così volgare.
-          No, Joe, non è un’auto; è una Mustang, una splendida, strepitosa, meravigliosa Mustang. Che ci fa lì?
-          È tua. – Mi risponde semplicemente alzandosi per avvinghiarmi i fianchi e trascinarmi sul divano accanto a lui.
-          No. – Rispondo automaticamente prima di realizzare che non era una domanda. Cazzo, deve smetterla di farmi regali!
-          Sì, è tua. Te l’ho regalata io.
-          No. – Ripeto, confusa ed arrabbiata. – Devi smetterla di farmi regali! Prima il biglietto aereo, poi la casa, il cellulare, non so che altro e adesso la Mustang! – È più forte di me, non ce la faccio a chiamarla auto.
-          E allora? Che problema c’è?
-          Il problema – Ribatto alzando la voce. – è che stai spendendo un sacco di soldi per me, e questa cosa la odio!
-          I soldi per me non sono un problema, lo sai. – Come diavolo fa a restare così calmo? La sua voce non si è alzata di mezzo decibel, è irritante.
-          Non importa, devi smetterla e basta. – Concludo la conversazione liberandomi dalla sua stretta e andando in cucina, dove la pasta si è leggermente scotta. Ecco, ci mancava solo questa!
 
 
***
 
 
Spengo il mozzicone della quarta sigaretta consecutiva nel posacenere, asciugandomi l’ultima lacrima di un lungo pianto nervoso, poi guardo l’orologio: le due e mezza di notte.
La cena è stata consumata nel più assoluto silenzio (a causa mia, ovviamente, perché Joe cercava di farmi reagire in tutti i modi, lanciandomi molliche di pane e lamentandosi della mia cucina), e poi siamo filati entrambi a letto – o per meglio dire, lui è andato a letto ed io mi sono seduta sul divano a piangere e fumare, e non mi sono neanche curata di aprirlo e tramutarlo in letto.
Presa dallo sconforto mi accendo l’ennesima sigaretta, avendo poi uno scatto nervoso accorgendomi che me ne sono rimaste solamente tre. Spero tanto che Chris abbia lasciato il drum a casa, tanto Ale detesta il fumo.
-          Ti fa male quella roba. – Mi rimprovera Joe.
-          Hei. – Rispondo io, in tono stanco. – Che fai?
-          Non riesco a prendere sonno, e tu?
-          Neanch’io. Senti, Joe, scusami per prima, io…
-          Non preoccuparti. – Mi rassicura lui sedendosi vicino a me e abbracciandomi. – Perché piangi? È a causa mia? Stavo scherzando, prima: mi piace un sacco la tua cucina. – Non posso che sorridere quando fa così. – Ah, vedi che sono riuscito a farti sorridere!
-          Scemo. – Mormoro abbozzando una risata.
-          Allora, che ne dici di andare a dormire?
-          Sì, penso che sia una buona idea.
Insieme ci alziamo ed apriamo il letto, poi, senza più dire una parola, ci infiliamo sotto le coperte, l’una nelle braccia dell’altro.

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Capitolo 16
*** Cap.16 - Capodanno. ***


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E' corto, scusate ):


Finalmente la sera di capodanno è arrivata. I miei amici stanno per arrivare ed io intanto sto finendo di prepararmi, mentre Joe è giù con mia sorella: l’ho fatta venire qui un po’ prima per conoscere Joe di persona e quando l’ha visto è letteralmente impazzita.
Mi guardo ancora una volta allo specchio contemplando quel bellissimo vestito che Joe mi ha comprato (un altro!). Gli avevo detto che mi sarei messa il vestito del matrimonio, ma non c’è stato modo di convincerlo e a quanto pare non gli è neanche entrato in testa che io odio i regali.
Questo è di velluto rosso, lungo fino alle caviglie e con un po' di strascico ed è sorretto da due spallini finissimi. Insieme ci sono una maschera ed un paio di guanti lunghi fino al gomito, neri. Le scarpe sono dorate e col tacco quindici, stupende.
Finisco di acconciarmi prima di sentire mia sorella che dal piano di sotto mi dice che sono arrivati i ragazzi. Mi do un’ultima occhiata ed esco dalla camera.
Scendo le scale e vedo Joe in fondo ad aspettarmi. Indossa uno smoking che lo rende molto attraente – come se già non lo fosse! – ed una maschera rossa che in qualche modo delinea ancora di più il contorno delle sue labbra. Quando si volta e mi vede rimane di stucco un attimo e poi mi tende la mano per aiutarmi a scendere, senza smettere un secondo di guardarmi.
-          Sei… sei… – Balbetta, senza finire la frase. Io gli lancio un profondo sguardo cercando di tradurre i suoi borbottii, invano, per poi rivolgermi al branco di ragazzi in vestiti da sera e smoking che sono comparsi nell’ingresso.
-          Benvenuti, ragazzi! Posso presentarvi il mio cavaliere? Joe, loro sono i miei amici; ragazzi, lui è Joe. – Esclamo, ovviamente in inglese.
Appena pronunciato il suo nome gli invitati si congelano al loro posto, increduli.
-          Quel Joe?! – Domanda Ale, rompendo quel silenzio imbarazzato. Cavolo, mi sono dimenticata della cosa più importante: dire alla mia migliore amica che Joe Jonas è venuto a stare da me per dieci giorni.
-          Ciao, Ale. – Le dice lui, che fino ad ora è stato zitto. La ragazza allora scioglie la mano da quella di Chris e si avvicina a noi, scrutando il Jonas come per capire se sia reale o solamente una statua di cera, poi si allontana di qualche passo e mormora un ‹‹Ciao, Joe…›› molto impacciato; quindi penso che abbia capito che è quello reale.
 
 
***
 
 
-          … Quattro… tre… due… uno… Buon anno!
Esplodiamo tutti in un boato di gioia, abbracciandoci e facendoci gli auguri, mentre Leonardo, nel giardino sotto casa, fa scoppiare i fuochi d’artificio che ha comprato per la festa.
-          Sai? – Mi dice Joe tenendomi abbracciata mentre guardiamo i botti insieme agli altri. – Si dice che l’anno nuovo sarà un anno fortunato se lo si comincia con un bacio.
Io alzo lo sguardo sui suoi occhi, condividendo il suo sorriso, per poi avvicinare il mio viso al suo e stampargli un bacio sulla guancia.
Dopo i fuochi torniamo in casa a ballare. Scorrono così le ore, fin troppo velocemente, tra le meraviglie musicali di questo secolo ma soprattutto del precedente. Il DJ che abbiamo chiamato per questa nottata ha fatto proprio un buon lavoro!
Ha appena finito di mandare “Maniac”, di Michael Sembello, prima di deliziarci dell’immancabile frase ‹‹D’accordo ragazzi, adesso rallentiamo››. Subito parte la bellissima “Unchained Melody”, colonna sonora del film “Ghost”.
Durante tutta la magnifica canzone io e Joe ci guardiamo continuamente negli occhi dondolandoci a tempo di musica e cantando a bassa voce, le mie braccia intorno al suo collo e le sue mani sui miei fianchi, dimenticandoci del resto del mondo, come tutte le volte. Lui avvicina il mio corpo al suo stringendomi la vita, poi appoggia la sua fronte contro la mia ed apre lievemente la bocca per cercare – credo –  di dire qualcosa, ma veniamo riportati alla realtà dalla musica che si ferma di colpo.
Mi volto e sorpresa vedo Demi sulla soglia di casa.
Guardo Joe nuovamente, senza capirci un accidente, ma lei si avvicina a noi con lunghi passi.
-          Demi che diavolo ci fai qui? – Le chiede Joe, freddamente.
-          No, Joe, cosa ci fai tu qui!
Cominciano a litigare, incuranti di tutti gli occhi che hanno puntati addosso, fin quando io non mi intrometto.
-          Ehi, ragazzi… Ragazzi, basta! – Esclamo, sortendo l’effetto desiderato: entrambi si zittiscono per ascoltare me. – È una festa, smettetela di litigare. Joe, aspettami in macchina, per favore; Demi, puoi venire con me?
-          Dove? – Mi domanda lei, fredda.
-          Fuori a fare due passi: devo parlarti.
-          Perché?
-          Per favore.
-          Ok, però muoviamoci.
Usciamo e ci incamminiamo fino al giardino, in assoluto silenzio, fin quando la ragazza non si ferma di colpo guardandomi sprezzante.
-          Bene, cosa vuoi?
-          Io… ehm… – Bene, e adesso da dove comincio?
-          L’ho capito, sai?
-          Cosa?
-          Ti piace Joe! Senti, se pensi di portarmelo via…
-          No, Demi, rallenta. È vero, mi piace Joe, ma so che piace anche a te, e tu lo conosci da molto più tempo; io… non voglio portarlo via a nessuno.
-          Davvero? – Mi domanda col tono leggermente addolcito, prima di tornare subito sulla difensiva. – Chi mi dice che non stai mentendo?
-          Te lo dico io. – Rispondo costringendomi a sorriderle, ma ancora vedo che non è convinta. – Senti, facciamo così: tu cerca di tornarci amica, come prima, e vedrai che si innamorerà di te col tempo; deve solo riacquistare la tua fiducia. Sono sicura che apprezzerà anche solo il fatto che tu sia venuta fin qui per lui.
-          E tu che farai?
-          Io me ne starò in disparte, com’è giusto che sia. Quelli destinati a stare insieme siete voi due, e poi io a lui non piaccio, quindi sta’ tranquilla.
-          E se… che ne so, se si mette con qualcun’altra?
-          Beh, in quel caso ci sosterremo a vicenda.
-          Intendi… essere amiche?
-          No, intendo stare davanti al portone di casa di una delle due ad ubriacarci fino alle sei del mattino.
-          Mmm, ok, allora ci sto.
Ci scambiamo un piccolo sorriso imbarazzato prima di rientrare nel tepore di casa mia, poi io scendo in garage, da Joe.
-          Allora? – Mi domanda lui, ancor prima che sia entrata in macchina.
-          Abbiamo parlato… – Rispondo evasivamente, incrociando le dita della mia mano a quelle della sua.
-          Di cosa?
-          Di te, e del fatto che penso che voi due dobbiate chiarire.
-          Ma…
-          Joe, ascoltami. Voi due siete amici da non so quanto tempo, e filava tutto liscio prima che arrivassi io…
-          Non è a causa tua se abbiamo litigato! – Mi interrompe, secco.
-          Sì invece, e non ribattere perché sai benissimo anche tu che è così. Voi due siete sempre stati una coppia invidiata e ammirata da tutti. Forse non lo sai, ma i vostri fans vi hanno anche dato un soprannome: Jemi.
Rimane leggermente colpito nel sentire il nomignolo, ma non si scompone e torna immediatamente sulle sue idee.
-          Ma io e lei non siamo mai neanche stati insieme!
-          E c’è bisogno di stare insieme per essere una coppia? – Gli lancio uno sguardo in tralice, per fargli capire ciò che intendo.
-          Io… non so se…
-          Senti, – Gli rispondo spazientita. – almeno fallo per me. Sai che mi sento terribilmente in colpa per tutto questo e, a dirla tutta, vi ho sempre ammirati anche io, insieme. È brutto che un’amicizia bella come la vostra finisca così. Renditi conto che lei è venuta fin qui solo per te!
-          Ok, – Decide dopo qualche minuto di silenzio. – le parlerò, ma sappi che lo faccio solo per te.
-          Bravissimo il mio ometto! – Esclamo baciandolo su una guancia e facendolo sorridere. – Vuoi che vada a chiamartela?
-          Sì, grazie.
Scendo dalla macchina e faccio per risalire le scale, ma lui si affaccia al finestrino richiamandomi.
-          Che c’è?
-          Io e te siamo la coppia più bella. – Mi dice facendomi l’occhiolino. Io torno a salire le scale, sorridendo e scuotendo la testa.
Trovo Demi in piedi accanto alla porta d’ingresso, alquanto insicura, e capisco che è rimasta lì tutto il tempo.
-          Ehi, ehm, Demi?
-          Allora? Com’è andata? – Mi domanda frettolosa, tradendo un po’d’ansia.
-          Vuole parlarti, ti sta aspettando in macchina. Vieni, ti ci accompagno.
Ci facciamo largo tra la gente fino alle scale, poi le indico la strada e mentre lei va da Joe io mi dirigo verso il mobile-bar che ho riempito di alcolici, afferrando una bottiglia di tequila ancora sigillata e sedendomi su un lato del divano: vorrei stendermi, ma l’altra metà è occupata da due figure mascherate intente a pomiciare animatamente.
Mezza bottiglia di tequila dopo, vedo Demi dirigersi verso la porta.
-          Demi, tutto ok? – Le domando.
-          Sì, abbiamo finalmente chiarito.
-          Bene, sono contenta! Adesso che fai, non rimani?
-          No, io non… non ho il vestito adatto. – Risponde scrutando gli invitati.
-          Come vuoi. Ti vedremo nei prossimi giorni?
-          No, devo tornare a casa.
-          D’accordo. Ehi, se cambi idea ci trovi qui, penso che ne avremo ancora per un bel po’.
-          Sì, lo… lo terrò a mente. Ah, ehm… Giulia, vero?
-          Sì?
-          Grazie. Di… di tutto. E per la cronaca: bella macchina. – Dice sforzandosi in un piccolo sorriso che ricambio con calore.
Appena se ne va vado a cercare Joe e lo trovo in terrazzo, seduto pensieroso su una sedia di plastica. Restando alle sue spalle gli circondo il collo con le braccia, tenendolo stretto in un abbraccio.
-          Allora, Demi mi ha detto che avete chiarito.
-          Già. – Risponde, stanco.
-          È tutto ok?
-          Sì, non preoccuparti.
-          Mmm, non mi convinci affatto. Ti va se balliamo un po’, almeno ti distrai?
-          Ok, è una buona idea, però possiamo restare qui fuori? Ho bisogno d’aria.
-          Certamente, dentro fa troppo caldo.
Si alza e mi avvolge i fianchi, così che io possa abbracciargli il collo. È incredibile come lui emani così tanto calore: è il primo di gennaio, sono le quattro e mezza del mattino ed io sono fuori e sbracciata, eppure il freddo è l’ultima cosa che sento in questo momento.
-          Tesoro, sbaglio o prima volevi dirmi qualcosa? – Gli domando, curiosa.
-          Ehm, sì… cioè, no… sì, insomma… stasera sei… wow, non riesco neanche a trovare le parole; non ti ho mai vista così bella… la mia fatina…

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Capitolo 17
*** Cap.17 ***


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Perdonate il ritardo, ma sono piena di impegni e tra l'altro diciamo che questo non è proprio uno dei periodi più felici della mia vita, quindi tempo e voglia di scrivere lasciano molto a desiderare. Perdonatemi ):

PS: vi avverto: il capitolo fa schifo, è di una noia mortale T_T



Dopo una cortissima settimana di vacanze passata – per la maggior parte del tempo – a coccolarmi con Joe e a vagare insieme a lui per la città e dintorni, il primo giorno di scuola il Jonas insiste per accompagnarmici, ma più che altro per guidare, perché gli ho detto che la mia scuola è vicinissima.
-          Eccoci, siamo arrivati. – Gli dico indicandogli il grande edificio in mattoni rossi che torreggia davanti a noi e ad altre centinaia di studenti.
-          Allora… buona giornata. – Mi dice dopo aver accostato proprio davanti a Chris, che è partito prima per vedersi con Ale e che adesso mi sta aspettando con una strana espressione in viso.
-          Tu che farai nel frattempo? – Domando a Joe, concentrandomi su di lui, in modo da incidere ogni suo singolo dettaglio nella mia mente: le sue mani, così grandi e calde; le sue braccia muscolose, che mi hanno avvolta così spesso; i suoi occhioni a cerbiatto color nocciola, dei quali sono perdutamente innamorata; i suoi corti capelli neri, tutti spettinati; il mento coperto da un leggero velo di barba che incornicia le sue labbra così morbide ed invitanti…
-          Io farò le valigie… – Mormora malinconicamente, facendomi spostare lo sguardo sulla gente al di fuori del nostro piccolo e intimo abitacolo, senza vederle realmente.
-          Devi proprio? – Lo supplico mordendomi il labbro inferiore, sentendo un nodo che mi blocca la gola.
-          Purtroppo sì. – Eccole, le parole tanto odiate. Joe mi guarda per un po’ prima di abbracciarmi stretta e darmi un bacio sulla testa. – Dai, non pensiamoci adesso. Ora devi solo concentrarti sulla scuola e sugli amici, ok?
-          Ok. Ci sarai dopo, alle due? – Gli domando in tono speranzoso.
-          Certo, promesso. – Mi rassicura sciogliendo il nostro abbraccio. – Ora vai, Chris non sembra avere una buona cera.
Lentamente, senza nessuna fretta, scendo dalla macchina e, sotto decine di occhi puntati su di me, mi dirigo dal mio migliore amico, che pare sul punto di piangere.
-          Cri… – Mormoro preoccupata, posandogli delicatamente una mano sul braccio. Lui, senza preavviso, mi stringe in un abbraccio, cominciando a singhiozzare realmente. – Chris, cos’è successo?
-          Ale… – Mormora lui.
-          Ale cosa? – Domando preoccupandomi. – Chris, che ha fatto Ale?
-          Mi tradisce.
-          Che cosa?! – Esclamo allontanandomi dal suo petto, in modo da poterlo vedere in faccia: i suoi occhi scuri sono inondati dalle lacrime e il suo viso è stravolto. – Ne sei sicuro? Come fai a saperlo? Non è che magari…
-          No, Giuli, sono sicurissimo. Andiamo a cercare una panchina libera.
Il mio migliore amico mi passa un braccio attorno alle spalle e insieme ci dirigiamo sotto un gazebo naturale, fatto da tre salici piangenti in cerchio che nascondono sotto i loro lunghi rami una panchina molto appartata.
-          Allora, racconta. – Dico a Chris una volta seduti comodi, senza smettere di abbracciarci.
-          Che c’è da raccontare? Semplicemente, sono andato a casa di Ale per farle una sorpresa, perché volevo dirle che l’amo e non ce la facevo ad aspettare di incontrarla qui, ma l’ho vista uscire di casa con un tipo e si sono baciati. Neanche mi aveva detto che i suoi non erano a casa. – La sua voce è incredibilmente ferma, nonostante la situazione.
-          E… e poi?
-          Poi, quando finalmente si sono staccati lei si è accorta di me ed io me ne sono andato. Quanto ci scommetti che non ha neanche il coraggio di venire, oggi?
-          Oh, Chris… – Mormoro abbracciandolo e facendo sfiorare le sue labbra con le mie. – Spero per lei che le manchi il coraggio di venire, altrimenti se ne pentirà.
-          Che hai intenzione di fare? Giuli non metterti a fare cazzate…
-          Tu non preoccuparti. Sono le otto e venti, ti va di entrare alla seconda ora?
-          Beh, ormai sì.
-          Allora andiamo! Hai la macchina qui, vero? – Un’eccitazione quasi maniacale mi ha pervasa. Oh, sì, Alessia la pagherà cara.
-          Sì, ma…
-          Zitto! – Esclamo prendendolo per mano e trascinandolo al parcheggio della scuola. Quando poi Chris si rassegna a fare come dico, lo costringo ad andare a casa della rossa.
Appena arrivati percorro a larghi passi infuriati il vialetto, prima di prendermela col campanello.
-          Giuli! – Esclama lei appena mi vede, poi mi accorgo che il suo sguardo cade sulla macchina alle mie spalle, dove si trova Chris. – C-che ci fai qui?
-          Non fare la finta tonta, Crescioli! – Le dico, incazzata, e lei fa un passo indietro: tutti sanno benissimo che quando comincio a chiamare la gente per cognome e non siamo in clima scherzoso, posso diventare violenta.
-          Oh, ma che vuoi, eh?!
-          Chi cazzo è questo?! Lo conosco? Scommetto che è ancora dentro casa tua! – Le urlo addosso, fuori di me.
-          Ma che ti frega di chi è?! Non è affar tuo, capito? – Anche lei ha cominciato ad alterarsi, cosa che mi fa anche alquanto ridere.
-          Certo che è affar mio, stronzetta! Non eri tu quella che diceva di essere innamorata di Chris? Quella che si scioglieva al suo passaggio, che era al settimo cielo quando vi siete messi insieme? Hai sbagliato a farlo soffrire, ti sei messa contro di me.
-          Mi stai minacciando, Jacobs? Non fare la grossa, tanto so che non sei capa… – Non le do neanche il tempo di finire, che il mio pugno ha già colpito il suo occhio, scaraventandola a terra. Un secondo dopo mi sono già chiusa la porta alle spalle.
 
-          Che hai all’occhio? – Mi domanda Chris dieci minuti dopo, mentre salgo in macchina.
-          Niente, non preoccuparti. Allora, ci avviamo a scuola?
-          Giuli… – Insiste lui in tono severo, squadrandomi attentamente.
-          La piccoletta si è svegliata, tutto qui.
-          È stata Alessia a farti questo?!
-          Sì, ma non è nulla in confronto a come le ho ridotto io la faccia. Sta’ tranquillo che per un po’ non la vedremo in giro. – Rispondo sorridendogli con noncuranza.
-          Non cambi mai… – Mi rimprovera Chris scuotendo la testa e mettendo in moto.
-          Cosa scriviamo sulla giustificazione? – Gli domando stravolgendo il discorso.
-          Che vuoi scriverci tu, scusa?
-          Il tuo cognome viene dopo del mio, quindi io scrivo: ‹‹Mi sono svegliata tardi›› e te scrivi: ‹‹Anch’io››.
-          Cretina! – Esclama lui ridendo, ben sapendo che lo faremo veramente.
 
Al suono dell’ultima campanella schizzo fuori alla velocità della luce, bramosa di rivedere Joe, che mi aspetta appoggiato alla colonna davanti alla porta d’ingresso, con le braccia incrociate in modo da tirare ancora di più la sua maglia a maniche lunghe verde militare, che già quando tiene le braccia rilassate delinea i suoi pettorali, lasciando libero sfogo alla mia più depravata immaginazione.
-          Ehi! Sei venuto senza macchina? – Gli domando gettandogli le braccia al collo per inalare il dolce profumo della sua pelle.
-          Sì, avevo voglia di fare due passi, se a te va bene. – Mi risponde dandomi un bacio sulla guancia.
-          Certo che va bene, però lo zaino me lo porti tu! – Esclamo nonostante sia praticamente vuoto, come al solito.
Lui mi mette un braccio intorno alle spalle e ci incamminiamo verso il cancello. Mio malgrado non posso non notare che intorno a noi si è formata una piccola folla di curiosi.
 
 
***
 
 
-          Joey, stasera avrei una riunione con i miei compagni di sub, ti andrebbe di venire? – Gli domando quel pomeriggio. Adoro chiamarlo Joey, perché ha la stessa pronuncia di ‹‹joy›› e beh, lui è la mia gioia.
-          Certo, ma… diamine, fai anche sub?!
-          Beh, sì… – Rispondo con un leggero velo di imbarazzo.
La sera ci dirigiamo allo studio del mio istruttore, che dista più o meno un’ora e mezza da qui. Guidare questa meraviglia di auto è una goduria, vorrei non scendere mai!
-          Di cosa dovreste parlare a questa riunione? – Mi domanda Joe durante il tragitto.
-          Del viaggio a Sharm El Sheikh, penso.
-          Sharm El Sheikh? Deve essere bella, non ci sono mai stato.
-          Beh, a dire la verità alla gente non piace molto, ma io la adoro; per me ha un fascino particolare, e dalla prima volta che l’ho visitata me ne sono innamorata.
-          Ah, allora ci sei già stata?
-          Sì, ci vado tutti gli anni, da tre anni. Se vuoi ti porto con me stavolta.
-          Davvero? – Mi domanda con una lucina negli occhi.
-          Ma certo.
-          Grande! – Esclama, facendomi quasi tenerezza.
Appena arrivati saluto tutti velocemente, prima di precipitarmi da Fede.
-          Eccola, la mia lesbica preferita! – Mi dice in inglese per non far capire agli altri, abbracciandomi. – Sei di buon umore, finalmente.
-          Certo che sì, non potrei stare meglio. Posso presentarti una persona? – Gli domando voltandomi per guardare Joe, senza smettere di parlare nella sua lingua. – Fede, lui è Joe, e Joe, lui è Fede.
-          Ah, lui sarebbe lo stronzo che ti ha fatta soffrire? Finalmente lo conosco. – Dice stringendogli la mano e guardandolo negli occhi.
-          Fede… – Lo ammonisco io.
-          Senti, bel tipo, lei ti adora, quindi se la farai soffrire di nuovo dovrai vedertela con me, è chiaro?
-          Fede, smettila! Così lo spaventi. – Gli dico abbracciando un Joe molto confuso e mortificato. Fede si limita a scrollare le spalle con disinvoltura.
-          Comunque sono felice di conoscerti.
-          Ehm, s-sì, anch’io. – Risponde Joe poco convinto.
-          Senti, tu, – Mi dice Fede cambiando discorso e tornando a parlare in italiano. – ti ricordo che abbiamo un conto in sospeso, noi due.
-          E dai, Fede, devi pensarci proprio adesso? – Mi lamento. Capisco fin troppo bene di cosa sta parlando: la sera di Natale, quando l’ho chiamato perché stavo male a causa di Joe.
-          Attenta, che io me ne ricordo.
Sorrido divertita spostando lo sguardo su Joe, che mi guarda imbarazzato e ancora più confuso.
Dopo la riunione torniamo subito a casa, perché Joe domattina deve prendere l’aereo per tornare a casa; sto male al solo pensiero.
-          Scusami per Fede, lui è un po’troppo protettivo nei miei confronti. – Gli dico durante il viaggio di ritorno.
-          Non ti preoccupare. Mi è sembrato… simpatico.
-          Non devi fingere che ti piaccia, inizialmente non lo sopportavo neanch’io. – Confesso. – Ti disturba se mi accendo una sigaretta?
-          No, fa’ pure. Se vuoi posso guidare io, almeno fumi in santa pace.
-          Scherzi? Quest’auto si guida che è una meraviglia, certo che non te la lascio guidare! Riposati, piuttosto, che mi sembri molto stanco e domattina devi svegliarti presto.
Dopo un po’ si addormenta veramente. È talmente dolce che starei a guardarlo per ore, tanto che accosto per un po’ per ammirarlo e per scattargli una fotografia.
-          Ti va se andiamo a fare un giro? – Mi domanda appena arriviamo a casa.
-          D’accordo, ma domattina non voglio essere io a svegliarti, intesi? – Enorme bugia.
Per tutta risposta lui mi delizia di una splendida risatina, poi ci incamminiamo verso il parco.
-          Sai che sei davvero carino quando sei assonnato? – Invece di rispondermi, Joe abbassa la testa, imbarazzato.
-          Posso… posso farti una domanda? – Mi chiede invece.
-          Ma certo, dimmi pure.
-          Sai, no, quando mi hai fatto conoscere quel tuo amico stasera?
-          Sì?
-          Ecco, lui… Perché ti ha chiamata…?
-          Lesbica?
-          Sì. Sì, esatto. Tu… tu sei…?
-          No, non proprio.
-          In che senso?
-          Sono… sono bisessuale.
-          Ah… – Si limita a rispondere lui, sorpreso.
-          Già. Senti, non è che questo ti da fastidio? Insomma, cambia qualcosa per te?
-          Ma scherzi? Certo che no! – Esclama avvolgendomi le spalle con un braccio. – Tu sarai sempre la mia piccolina, sempre e comunque, anche se tu fossi lesbica o chissà che altro. Sì, insomma, sarebbe un peccato se lo fossi veramente, perché… ecco… ma tanto non lo sei, giusto?
Io scuoto la testa, ridendo, prima di stampargli un bacio su una guancia.
Continuiamo il nostro giro per un bel po’, fin quando la stanchezza non ci vince e prendiamo la saggia decisione di tornare a casa.
 
 
***
 
 
Ci abbracciamo per l’ennesima volta. Questo abbraccio è il più lungo e doloroso di tutti, vorrei non lasciarlo mai!
-          Mi mancherai da morire. – Ammetto tra le lacrime.
-          No, tesoro, non piangere, altrimenti non parto più.
-          No, no, ok, scusa. – Gli rispondo asciugandomi gli occhi con il dorso della mano. – Ti prego, mi prometti che mi avviserai quando sarai arrivato?
-          Ma certo, te lo prometto. Staremo al telefono per ore e ti racconterò del pessimo cibo che mi avranno dato, dell’aspetto delle hostess, dei sogni che avrò fatto durante il volo e di quanto sentirò la tua mancanza, ok?
-          D’accordo. – Gli rispondo abbozzando un sorriso.
-          Stammi bene piccola, ti prometto che ci rivedremo il prima possibile.
Lo abbraccio di nuovo e lui mi da un bacio sulla fronte, prima di voltarsi e andarsene col capo chino.
Io rimango all’aeroporto a guardare il suo aereo partire, anche se sono consapevole che in questo modo mi faccio ancora più del male. Questi dieci giorni sono passati troppo velocemente.
Improvvisamente mi assale la voglia di mandargli un messaggio con su scritto: ‹‹Non partire››, ma mi limito a scrivergli solamente: ‹‹Ti voglio bene››, prima di dar sfogo a tutte le mie lacrime.

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Capitolo 18
*** Cap.18 - ‹‹C; M²; V.›› ***


Questo capitolo è dedicato ai miei migliori amici: Claudia, Mattia, Mirco e Vlad (che in fin dei conti sarebbe Chris). Loro sono le persone che rendono la mia vita completa, felice, e senza i miei "fili indistruttibili", come mi piace chiamarli, non so dove sarei in questo momento. Vi amo. <3

Avverto: in questo capitolo i Jonas non c'entrano un fico secco, vengono solo citati ogni tanto.
PS: non riesco a cambiare la dimensione della scrittura. -.-




Image and video hosting by TinyPic È
già passata una settimana da quando Joe è tornato a casa sua, in America. Fortunatamente riesco a sentirlo tutte le sere e in questo modo mi sento molto meno lontana da lui, anche se già mi manca terribilmente.
La scuola non procede molto bene: essendo andata in vacanza prima che la scuola finisse non ho potuto segnare la maggior parte dei compiti, e dopo essere tornata da Los Angeles non mi sono curata molto di mettermi in pari, ma questo Joe non lo sa. In compenso, però, sto cercando dei lavori pomeridiani, soprattutto perché quando me ne andai via da casa dei miei, mio padre mi disse che avrebbe pensato lui a pagarmi l’affitto fino al compimento dei miei diciotto anni, dopodiché avrei dovuto arrangiarmi.
Un lato più o meno positivo di tutta questa faccenda è che Chris si è ripreso fin troppo bene dalla rottura con Alessia, e di lei ancora nessuno ha notizie. Si vocifera addirittura che abbia cambiato scuola, se non città.
Stasera sono stravaccata sul divano con i pantaloni della tuta a guardare la TV. Che palle, domani è lunedì ed io ho la stessa voglia di andare a scuola di quanta ne possa avere un pesce (non Nemo, ovviamente).
Con gesti sonnolenti sfilo una Chesterfield dal pacchetto che ho scaraventato sul tavolino e l’accendo.
-          Comoda? – Si annuncia Chris, vestito di tutto punto.
-          Prima che arrivassi tu a rompere, sì. – Ribatto scherzando.
-          Senti, – Mi dice ignorando le mie parole. – quante cicche hai?
-          Ho un pacchetto da venti quasi pieno, perché?
-          Ok, lo dai a me, ed io ti lascio il drum?
-          Chris, che cazzo, esci anche stasera? Mi sono rotta di sentirti scopare tutte le notti!
-          Sei solo invidiosa, perché non esci pure tu invece di stare chiusa in casa a guardare Forum?
-          Oggi no, magari tra due o tre giorni…
-          Ah, sfigata! – Mi schernisce lui. – Spostati, fammi mettere a sedere.
Mi alzo controvoglia e lui si siede vicino a me.
-          Senti, – Comincia. – Stavo pensando… se riunissimo il vecchio gruppo?
Il vecchio gruppo… Involontariamente lo sguardo mi cade sul dorso della mia mano destra, dove ancora si vedono le cicatrici di una vecchia incisione: ‹‹C; M²; V.››
Erano i miei migliori amici: Christian, Mattia, Mirco e Valeria.
Valeria è stata la ragazza di Chris due volte, ed io e lei ci siamo conosciute nel momento di pausa tra le due storie. Già prima che tornassero insieme eravamo legatissime.
Mirco è il ragazzo che mi è piaciuto per un anno intero, nonché fratello di Mattia. Io e lui ci siamo conosciuti l’anno dopo aver conosciuto Valeria, quando ancora andavo alla loro stessa scuola.
Infine Mattia. Già… Matti… Quello che c’era tra me e lui è indescrivibile. Era il mio più grande amico, forse anche più di Chris, e più che un amico era un vero e proprio fratello per me. È la persona che più mi manca, e ancora ci ripenso a lui, ogni tanto.
Non li vedo da tre anni, e tutto per causa mia ovviamente: quando mi trasferii qui solo Chris ne era al corrente, mentre con gli altri decisi di rompere i ponti improvvisamente; un giorno c’ero, e il giorno dopo non più, e loro neanche sapevano della mia decisione di andarmene. Quella divisione così repentina riuscì a farmi disperare un po’ meno di quanto non sarebbe successo se avessi salutato tutti con abbracci e lacrime, perché non riuscivo a sopportare neanche un giorno di lontananza da loro – specialmente da Mattia, e salutarli prima della partenza mi avrebbe fatto capire che sarebbe stato altamente difficile rivederli (non me ne sono andata in Australia, è vero, ma adesso sono comunque a un’ora di treno da loro, e di certo non avremmo potuto vederci tutti i giorni, sia a causa di un fattore economico che di impegni di ognuno di noi).
La mia è stata sicuramente una decisione brutale, ma lo feci per il loro bene, per non farli soffrire  più del dovuto. Sono tre anni che non hanno notizie di me, né io di loro.
-          Hai intenzione di provarci di nuovo con Valeria? Sei un mostro, non sono passati neanche dieci giorni da quando tu e Alessia vi siete mollati!
-          Non voglio riprovarci proprio con nessuno, io! Lo facevo per te, ma se non vuoi…
-          Chris, non fare l’idiota, certo che voglio. Sono tre anni che non vedo i miei migliori amici.
-          Grande, domani chiamo Mattia. Ah, sai che ha chiesto di te? È troppo orgoglioso per ammetterlo, ma mi sa che gli manchi.
Prima che io possa rispondere, però, lui si alza, afferra il mio pacchetto di sigarette e si dirige verso la porta.
-          Divertiti, fava.
-          Ti giuro che stanotte non porterò a casa nessuno.
-          Non giurare cose che non puoi mantenere! – Ribatto ridendo.
Appena la porta di casa gli si chiude alle spalle, due parole si fanno spazio nella mia mente: ‹‹Gli manchi.››, e sul mio volto sento nascere un sorriso da ebete.
 
 
***
 
 
-          Giuli, è per te! – Esclama Chris dal salone, il sabato dopo. Io invece sono in camera mia a chattare con mia sorella e Joe. In pochi istanti li saluto e scendo a vedere chi mai può venire a cercarmi.
Davanti ai miei occhi, oltre a Chris, ci sono altre tre figure: una ragazza e due ragazzi.
Lei è bella come sempre; l’ultima volta che l’ho vista aveva lunghi ricci castano chiari e un piercing all’orecchio sinistro. Adesso i suoi capelli sono ancora più lunghi, tendenti al castano ramato e da un lato sono completamente rasati, e il suo viso è coperto di piercing: al sopracciglio destro, al naso e al labbro inferiore, ma resta comunque bellissima. Solo due cose non le sono cambiate: il sorriso e gli occhi verde chiarissimo con sfumature marrone.
I due fratelli sono immutati, solo un po’ più alti e col viso più adulto, ed entrambi hanno i capelli abbastanza lunghi. Il maggiore è moro con due splendide iridi verde scuro, mentre l’altro, a differenza del fratello, è biondo, un velo di chiara barba gli incornicia le labbra e il mento e i suoi occhi sono dello stesso, stupefacente azzurro con il quale li ho lasciati. Mi ci sono persa talmente tante volte nel suo sguardo!
-          Matti… – Mormoro correndo tra le braccia del biondo, che ricambia la stretta con calore. Io lo stringo forte, ridendo di felicità, inalando il buon profumo della sua pelle, per un tempo infinito.
A turno, poi, abbraccio anche gli altri due, con la stessa vivacità con la quale ho abbracciato Mattia. Valeria ha addirittura gli occhi lucidi, cosa che riesce a trasmettermi una tenerezza che solo lei sa dimostrare.
-          Giuli, sei… diversa. – Mi dice Mirco.
-          Diversa? In senso buono, spero! – Esclamo io, sorridendo al bel ragazzo ormai ventenne davanti a me.
-          Non ti si riconosce neanche. – Si intromette Mattia.
-          Sono io, tranquilli. Sono sempre la stessa stronza di tre anni fa.
-          Oh, no, adesso è anche peggio! – Esclama Chris ricevendo una spinta da parte mia.
-          Ragazzi, io… – Comincio una volta fatti accomodare in soggiorno. – Voglio chiedervi scusa, per tutto. Non dovevo andarmene così senza dire niente. Credetemi, mi sono sentita un vero mostro per quello che ho fatto, non mi merito neanche che voi siate qui adesso.
-          Dicci solo perché non ci hai detto che volevi trasferirti, sai che ti avremmo capita. – Mi dice Valeria, che si è fatta seria tutta d’un tratto.
-          Certo che lo so, ma non volevo farvi soffrire. Ho pensato che se me ne fossi andata senza salutarvi neanche vi sareste arrabbiati con me e non mi avreste più pensata. Sapete che non riuscivo a stare neanche un giorno senza di voi, quindi mi sono detta che era meglio non vedersi né sentirsi più e basta, invece di rivederci ogni tanto. Non ce l’avrei fatta. Se ci ripenso adesso mi rendo conto che sono stata solo una stupida egoista, ma tre anni fa ero immatura ed impulsiva, e purtroppo il risultato è stato questo. Adesso ditemela voi una cosa: perché siete venuti? Non siete arrabbiati con me?
-          Veramente all’inizio non eravamo arrabbiati, ma preoccupati perché non ti trovavamo più da nessuna parte, – Mi dice Mattia. – ma poi Christian ci ha detto che ti eri trasferita e che stavi bene…
-          Quindi siamo passati dalla preoccupazione alla vera e propria disperazione, e confusione. – Lo interrompe Valeria.
-          Sì, e solo dopo esserci “calmati” ci siamo incazzati, ma adesso è tutto passato, almeno per me. – Conclude il biondo, sortendo segni di assenso agli altri.
-          Ragazzi, m-mi dispiace da morire, non potete capire quanto mi senta in colpa. Vi voglio bene, ve ne ho sempre voluto e sempre ve ne vorrò. – Confesso allargando le braccia per stringerli tutti e tre in un abbraccio.
-          Ehi, che sono questi abbracci di gruppo senza di me? – Esclama Chris, tornato dalla cucina con un vassoio carico di bicchieri e panini che posa sul tavolino per fiondarsi sopra di noi, facendoci ridere e cadere a terra.
-          Chris, sei un idiota! – Esclama Mattia ridendo a crepapelle. La risata facile è sempre stata una sua virtù.
-          E tu, Mirco? Non hai ancora detto nulla. – Gli faccio notare una volta che tutti ci siamo seduti e abbiamo afferrato un panino.
-          Mi sei mancata. – Risponde semplicemente, scrollando le spalle e scrutandomi come se volesse perforarmi con lo sguardo. Non posso fare a meno di domandarmi cos’abbia, rendendomi conto solo dopo che la colpa è sicuramente mia. In questo momento sento molto la mancanza della sua loquacità e il suo costante, bellissimo, sorriso.
Nonostante questo, il pomeriggio scorre tranquillo. Ognuno di loro mi racconta cosa gli è successo in questi ultimi anni, specialmente negli ultimi mesi. Valeria, bisessuale come me, sta con una ragazza da quasi tre mesi, e da quanto ho capito deve piacerle davvero molto. Mattia ha scaricato una tipa un mese fa, e adesso già si è messo con un’altra, come suo solito. Mirco, inaspettatamente, è diventato un dongiovanni menefreghista; notizia che mi lascia a dir poco allibita. Non ci posso credere: il mio piccolo Mirco, il ragazzo timido che piaceva ad un sacco di ragazze ma che a lui non gliene interessava neanche una, è diventato peggio di quel donnaiolo di suo fratello. Almeno è sempre astemio e non ha cominciato a fumare, ma non riesco a capire cosa l’abbia fatto cambiare così tanto.
Con lo scorrere delle chiacchiere riusciamo, ovviamente, ad arrivare anche al discorso Jonas, ed io mi rendo conto di essere stata una stupida a pensare – anche solo per un attimo – che magari a loro i gossip non erano arrivati. Inizialmente meditavo di dire loro la stessa cosa che ho sempre detto a tutti, ovvero che sono tutte storie false, ma un’occhiata severa di Chris mi fa capire che non posso permettermi di mentirgli, dopo tutto quello che gli ho fatto, quindi decido di vuotare il sacco.
Prima che io possa rispondere all’ovvia domanda ‹‹Ma lui ti piace?››, rivoltami dopo aver confermato che non stiamo insieme, Mirco si alza improvvisamente, dicendo che ha bisogno di prendere una boccata d’aria, e si dirige verso il terrazzo indicatogli da me e Chris.
-          Arrivo subito. – Annuncio alzandomi a mia volta. – Chris, perché intanto non fai fare il giro della casa a loro? – Gli domando indicando Mattia e Valeria, per poi andare a cercare Mirco, decisa a parlargli come si deve.
 Mi dirigo subito in terrazzo, dove trovo il moro appoggiato al balcone, intento ad osservare la strada sotto di noi.
-          Mirco… – Mi annuncio, facendo uscire una nuvoletta di aria condensata dalla mia bocca, a causa del freddo.
-          Hei. – Risponde lui, accennandomi appena un’occhiata.
-          È tutto ok? – Gli domando andandogli accanto.
-          Sì, sì. – Mi risponde lui con noncuranza, scrollando le spalle.
-          Se ce l’hai con me perché sei venuto qui?
-          Io non ce l’ho con te. – Replica voltandosi finalmente a guardarmi. – Dicevo sul serio prima: mi sei mancata.
-          Mirco… che ti è successo? Non sei più lo stesso di tre anni fa, non ti riconosco più. – Odio fare questi discorsi senza fumarmi almeno una sigaretta, ma davanti a lui non posso.
-          Dici che sono cambiato?
-          Ma no, giusto un pochino. – Rispondo sarcasticamente. – Sei passato da ragazzino vivace, sempre sorridente e timido a dongiovanni musone, scontroso e laconico. Perché?
-          Sai quand’è che sono cambiato? Tre anni fa, quando te ne sei andata. Io ti volevo bene, tenevo veramente alla nostra amicizia. È anche per questo che non mi sono voluto mettere con te, per paura di rovinarla. All’inizio, quando Chris ci ha detto che ti eri trasferita, pensavo che fosse colpa mia, che te l’eri presa perché non mi piacevi, e non ho potuto fare a meno di arrabbiarmi; però sono anche quello che forse ha sofferto di più, hai tutti gli altri che possono confermartelo.
-          Ma no, certo che non era quello il motivo, non ero così immatura. Ed anche per me la cosa più importante tra di noi era la nostra amicizia, per questo non volevo dirti che mi piacevi. – Confesso accennando un sorriso. – Ma adesso dai, non pensiamoci più. Quando me lo farai un sorriso?
-          Mai. – Mi risponde lui prima di afferrarmi per i fianchi e avvicinare il suo viso al mio, tanto che le nostre labbra quasi si sfiorano.
-          Mirco, sei più troia di me! – Esclamo, e lui si scosta un po’, guardandomi con un sopracciglio alzato e l’aria scettica.
-          Perché?
-          Perché tre anni fa non mi calcolavi, e adesso che sono più magra, più alta e magari un po’ più guardabile fai il cascamorto con me. – Sbotto fingendomi indignata, per poi passargli una mano tra i capelli e far combaciare le nostre labbra.
Istantaneamente un ghigno affiora sul suo viso, poi il moro mi avvicina di più a sé e mi posa le mani sul viso, mentre approfondisce il bacio facendosi spazio tra le mie labbra con la sua lingua, per farla giocare con la mia. È un bacio lungo, giocoso, conquistato – finalmente – dopo ben tre anni.
Appena ci dividiamo, un sorriso si dipinge sul volto di Mirco, facendomi sorridere a mia volta. Questo ragazzo ha un sorriso veramente troppo, troppo bello.
-          Finalmente sorridi! – Esclamo, felice.
-          Sì, ma non dirlo troppo in giro. – Risponde facendomi ridere e scuotere il capo. – Senti, com’è che non fumi più?
-          Chi ti ha detto che ho smesso di fumare? – Gli domando sconcertata.
-          Non è così?
-          Certo che no, per chi mi hai presa? Guarda che per me la promessa è ancora valida. – Gli dico sorprendendolo un po’. Tre anni fa gli promisi che non avrei più fumato davanti a lui, perché detesta il fumo, ed è l’unica promessa che mi sono sempre impegnata di rispettare. Di certo non voglio romperla proprio adesso, anche se è passato tanto tempo.
Finalmente decidiamo di rientrare in casa, infreddoliti, dove troviamo Chris, Mattia e Valeria in cucina. Io e Mirco ci scaldiamo un po’ davanti al focolare, poi gli faccio fare il giro della casa.
-          Non hai risposto alla domanda di prima. – Mi dice una volta giunti in camera mia, osservando l’immagine che ritrae me e Joe.
-          Cioè, quale?
-          Lui ti piace? – Mi domanda accennando al Jonas, senza distogliere lo sguardo dalla foto.
-          Beh, veramente…veramente sì, credo.
-          Come, credi? – Mi chiede leggermente sorpreso, spostando il suo sguardo su di me.
-          Non so, dire che sono confusa è un eufemismo. Sono uscita da una storia importante più di sei mesi fa e non so se ho ancora voglia di innamorarmi, però sai come si dice: ‹‹Al cuor non si comanda››, e penso proprio che il mio cuore in questo momento mi stia dicendo: ‹‹Joe!››.
-          Ma lui che dice? Gli piaci?
-          Mh, non penso proprio. Lui mi vede come la sua migliore amica, niente di più. Mi sembra fin troppo familiare questa storia…
Al posto di darmi una risposta, il ragazzo mi delizia di un altro sorriso, stavolta meno sfacciato e, se possibile, ancora più bello.
Appena tornati dagli altri, gli domando se hanno voglia di restare a cena e successivamente a dormire qui. ‹‹Come ai vecchi tempi.›› dico loro, che accettano volentieri.
Dopo la cena (dove Valeria ha insistito per cucinare insieme a me, per rievocare un bel ricordo del passato), ci spaparanziamo tutti sul divano a guardare un horror, circondati da schifezze varie e sigarette, dando così fastidio a Mirco.
Verso le tre del mattino ci decidiamo ad andare finalmente a dormire: Mirco e Mattia nella mia stanza, Chris e Valeria in quella del mio coinquilino ed io sul divano. Mi addormento praticamente subito, come subito dopo aver cominciato a sognare sento un peso al mio fianco che smuove il materasso e mi fa svegliare: Mirco è disteso accanto a me, e mi guarda sorridente.
-          Ciao! – Esclama.
-          Mirco, che vuoi? – Biascico nel sonno.
-          Sai che sei un’egocentrica finta-modesta? – Mi domanda allegramente.
-          Ma che diavolo stai dicendo? – Gli domando senza capire, domandandomi se è a causa della stanchezza.
-          Cos’è che mi hai detto prima? ‹‹Ora che sono guardabile.›› Ma stai zitta un po’, tu sei bellissima.
-          È inutile che cerchi di adularmi, sai che non funziona.
-          A me pare che funzioni benissimo, invece! – Esclama prima di saltarmi addosso, cominciando a baciarmi e togliermi i vestiti, con una fretta quasi famelica. Da parte mia, non mi sforzo di opporre la benché minima resistenza.

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Capitolo 19
*** Cap.19 ***


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Altro capitolo di passaggio, ma ....


Sono trascorse già quasi tre settimane dall’incontro con i miei amici, e adesso tra di noi è più o meno tutto come prima. Abbiamo preso l’abitudine di rivederci ogni weekend, per andare in qualche pub o semplicemente a casa di uno di noi o al cinema, come ai vecchi tempi. Di quello che è successo con Mirco non ne è al corrente nessuno, e di certo io e lui non abbiamo intenzione di svelare un bel niente, ma la nostra amicizia è immutata e lui sta ricominciando a tornare quello di sempre.
Finalmente sono riuscita a trovare lavoro; non uno, bensì due: il lunedì ed il giovedì lavoro come commessa in un negozio chiamato Transfers e i restanti tre giorni li passo in una libreria del centro, che è come il paradiso, per me.
Oggi è giovedì, e mentre riordino nuovi vestiti arrivati questa mattina mi arriva una chiamata poco gradita:
-          Giulia?
-          Sì? Riccardo, sei davvero tu?
-          Già. Senti, ti ricordi di Flaviya?
-          La puttana russa per la quale mi hai licenziata? – Domando irritandomi.
-          Ecco, sì, lei… è dovuta tornare in Russia ed io ho un urgente bisogno di una sostituta.
-          E per questo sei tornato strisciando da me. Scordatelo.
-          Ti prego, sei la mia unica salvezza! So che mi odi e che non vuoi avere niente a che fare di tutto questo, ma non te lo chiederei se fossi davvero disperato.
-          No, Riccardo, mai e poi mai. Mi dispiace. – Riattacco senza neanche dargli il tempo di ribattere.
Riccardo è il proprietario di un Night Club dove lavoravo un paio di anni fa. Non ho mai detto a nessuno che facevo quel lavoro, ed ho continuato per diversi mesi, fin quando le cose non si sono notevolmente complicate: io e lui avevamo un rapporto, basato solo sul sesso, e un giorno le ragazze che lavoravano con me ci hanno scoperti dentro uno dei bagni, quindi appena gli si è presentata davanti un’altra ragazza non ha perso tempo a licenziarmi, per paura che le altre credessero che avesse delle preferenze. Giurai che non avrei mai più messo piede in un Night Club, colpita nell’orgoglio com’ero, e infatti ci sono tornata soltanto come spettatrice, insieme agli amici. Adesso non accetterei per niente al mondo, perché ho messo la testa a posto rispetto a prima, anche se non posso proprio dire di essere una santa, ma sinceramente neanche ci tengo.
Poco prima della chiusura del negozio, verso le otto, qualcuno entra.
-          Mi spiace, stiamo chiudendo. – Dico senza neanche guardare chi è entrato, intenta a riordinare qualche scaffale e spegnere lo stereo.
- Giulia! – Esclama la voce facendomi voltare: sulla porta c’è un ragazzo alto, con occhi marrone e capelli corti e scuri. La bocca e il mento sono contornati da un filo di barba e il fisico è asciutto e muscoloso sotto il giubbotto di pelle. Lo riconosco all’istante.
-          Riccardo, che diavolo ci fai qui?! – Esclamo a mia volta facendo il giro del bancone per abbracciarlo. – Ciao, stronzo.
-          Mi hanno consigliato questo negozio per i costumi delle ragazze. Tu lavori qui?
-          A quanto pare. Dio mio, – Gli dico squadrandolo da capo a piedi. – non sei cambiato per niente!
-          Tu invece sì… Che hai combinato, non sarai mica anoressica?
-          Certo che no! Mi ricordi mia nonna. – Gli dico dandogli una spintarella e facendolo ridere. – Ti va di dare un’occhiata al negozio?
-          Non stavi per chiudere?
-          Per te potrei fare un’eccezione. – Rispondo scrollando le spalle.
In effetti questo negozio potrebbe proprio essere adatto per i costumi delle ballerine: le scarpe sono talmente alte e strane che potrebbero sembrare quelle di alcune supereroine dei fumetti, o semplicemente scarpe in stile “Ragazze-Dei-Motociclisti”, quelle che si vedono solo nei film americani anni Settanta e Ottanta, e i vestiti… beh, la maggior parte di questi vestiti è soprattutto a scopo di giochi erotici, quindi lascio libero sfogo all’immaginazione.
-          Beh, non c’è molto, ma la roba non è male. Mi piace questo rosso, dato che siamo vicini a San Valentino. Magari uno di questi giorni ti mando le ragazze a provarli, se ne hai altri.
-          Sì, certo, dovrei averne intorno ai quindici in magazzino, sono arrivati oggi. Quante sono le ballerine?
-          Sono nove senza la sostituta, quindi magari lasciamene uno in più, non si sa mai.
-          Okay. Devi vedere altro?
-          No, le scarpe le lascio scegliere a loro e per adesso non mi viene in mente altro.
-          Bene, quindi… possiamo andare? Sai, dovrei studiare io.
-          Solo un’ultima cosa. – Mi dice Riccardo avvicinandosi pericolosamente a me e baciandomi.
-          Ehi… – Farfuglio mentre vengo spinta contro il bancone.
-          Giuro che non è niente di serio. – Mi risponde lui.
Io alzo gli occhi al cielo ridendo, e mi scosto da lui per chiudere la porta a chiave e girare il cartello su ‹‹Chiuso››.
 
 
***
 
 
-          Oh, cazzo. Riccardo, alzati! – Esclamo scuotendolo per una spalla.
-          Che c’è? – Mi domanda lui assonnato.
-          Sono quasi le otto. Muoviti, devo andare a scuola!
-          Mmm… – Commenta lui alzandosi di malavoglia. – Non mi avevi detto che ti eri fatta il ragazzo.
-          Cosa? Io non ho nessun ragazzo. – Gli dico io, con una gamba infilata nei pantaloni e l’altra ancora no.
-          E allora Joe chi è? – Io lo guardo accigliata, senza capire. – Stanotte mi hai chiamato Joe. – Mi spiega lui in tutta tranquillità.
-          Oddio, davvero?
-          Davvero davvero.
-          Merda! – Esclamo, incredula.
-          Allora, me lo dici o no chi è questo Joe?
-          Certo che no, non sono affari tuoi.
-          Okay, ma sappi che lo scoprirò presto. – Ribatte dandosi aria d’importanza.
-          Certo che lo scoprirai. Come tutti, del resto. – Rispondo amareggiata. Riccardo mi guarda senza capire, ma almeno ha il buonsenso di non chiedermi nient’altro.
Usciamo dal negozio e il ragazzo (anzi, l’uomo, perché se non ricordo male ha già trent’anni) mi da uno strappo fino a scuola, riuscendo così a non farmi fare tardi.
 
 
***
 
 
È tutto il giorno che non faccio altro che pensare a quello che mi ha detto Riccardo stamattina. Davvero l’ho chiamato… Scuoto la testa per non pensarci. No, non è assolutamente possibile. Ho bisogno di parlarne con qualcuno, ma con chi? Mi rendo conto solo adesso di non avere nessuno. Sì, insomma, di amici ne ho tanti, ma non ho mai parlato con nessuno di Joe più dello stretto necessario e adesso come faccio ad andare da qualcuno di loro e di punto in bianco raccontargli…
Gli unici miei confidenti da quando li conosco sono i tre Jonas, e quando devo parlare di Joe parlo sempre con Chris, ma di certo i tre fratelli non vanno bene, ed il mio migliore amico è a lavorare in questo momento. Mi immagino se dovessi dirlo a Kevin: ‹‹Ciao, sai che stanotte mi sono fatta un tizio ma mi sono confusa e l’ho chiamato come tuo fratello?››. Che schifo di situazione.
Accendo la TV per distrarmi, ovviamente su MTV, dove stanno trasmettendo una canzone francese… Accidenti perché non ci ho pensato subito?
Prendo il telefono di casa e compongo in fretta un numero.
-          Allô. – Risponde una voce femminile.
-          Salut Isabelle, c’est Giulia. Gabriel est là ? – Chiedo nel tono più amabile che riesco a tirare fuori.
-          Oui. Un moment, je l’appelle. Gabriel, c’est pour toi. C’est ta sœur. –La sento dire.
-          Pronto?
-          Gabri, sono io.
-          Giuli! Come stai?
-          B-bene, credo… possiamo parlare… lontano dalla vipera? – Gli domando quasi implorante.
-          La vipera è la mia ragazza.
-          Sì, lo so, ma è una vipera ugualmente. Tu non sai come tratta le tue sorelle.
Lo sento sospirare.
-          Mi hai chiamato per parlare male di Isabelle?
-          No, certo che no. Allora… ti sei allontanato?
-          Sì. Dimmi tutto.
Gli racconto i miei problemi, aspettandomi una predica.
-          Joe sarebbe… Joe Jonas? – Mi domanda.
-          Sì, lui. Non l’hai sentito da nessuna parte?
-          Sì, sì l’ho sentito. Beh, è semplice, significa che ti sei innamorata.
-          Cosa? No, non… non sono innamorata! Joe è… Senti, n-non puoi capire. Lui è uno dei miei migliori amici e non può piacermi. Io gli… gli voglio bene e basta! – È vero, solo tre settimane fa ho detto a Mirco che il Jonas mi piaceva, ma cambio idea praticamente ogni giorno.
-          Dici così solo perché non vuoi fartelo piacere, perché hai paura di rovinare la vostra amicizia, ma sai benissimo che al cuor non si comanda.
-          Ma io… che palle, non mi sei d’aiuto!
-          Non ti sono d’aiuto perché? Perché ti sto dicendo la verità? Cosa avresti preferito sentirti dire? ‹‹No, non ti piace, ti sei solo confusa››, così da sprecare l’opportunità di avere un ragazzo?
-          Ehi, non dipende solo da me! – Ribatto io, indispettita.
-          Ah, perché secondo te tu a lui non piaci?
-          Certo che non gli piaccio.
-          Povera la mia ingenua sorellina! Quante cose devi ancora imparare!
-          Smettila. – Rispondo brusca. Che cavolo, così mi confonde ancora di più.
-          Okay, come vuoi. Adesso hai tu un po' di tempo per me?
-          Certo, che succede?
-          Prometti di mantenere il segreto, sei la prima che lo sa. Io e Isabelle ci sposeremo.
-          Tu… voi… che cosa?! No, non puoi sposare la vipera!
-          So che non ti piace, ma io la amo davvero. – Ribatte lui dolcemente.
-          Gabri… ne sei sicuro? È un passo molto importante, ci hai pensato bene? Dopo non potrai più tornare indietro.
-          Sì, lo so, ma ci ho pensato a lungo e ne sono più che convinto.
-          Non te lo ricordi, vero?
-          Cosa?
-          Tempo fa mi avevi promesso che mi avresti consultata prima di decidere di sposarti, e mi hai detto che non ti saresti mai sposato con una ragazza che non mi piace.
-          Sì, certo che me lo ricordo, e non sai quanto ci sto male, ma…
-          La ami davvero, è l’amore della tua vita, sì, sì, sì…
-          Giuli, io… sei arrabbiata, vero?
-          Che domande, certo che sono arrabbiata!
-          Gabriel? – Sento chiamare.
-          Ehm… – Comincia lui.
-          Sì, sì, lo so, devi andare.
-          Già. – Si limita a rispondere.
-          Gabri?
-          Sì?
-          Mi manchi. – Ed è vero. Non mi manca solo fisicamente, ma mi manca anche la persona che era. Mi manca il Gabriele che si faceva due ragazze a sera, quello che non si fermava davanti a niente, quello che non si sarebbe mai sposato. Mi manca mio fratello. Quel fratello che c’era sempre laddove i miei genitori non c’erano mai, quello che si prendeva cura di noi; il fratello che pensava soltanto a me e a mia sorella.
 
 
***
 
 
La conversazione con mio fratello mi ha veramente spiazzata. Non posso credere che si sposi con… quella! Lei, Isabelle, è francese e Gabriele, per amore, si è trasferito da lei. Certo, sarebbe anche una storia romantica, se solo lei non trattasse male me e mia sorella da sempre. E poi non piace a nessuno della famiglia, ma mio fratello non vuole saperne. Loro due mi ricordano molto Bill Weasley e Fleur Delacour di Harry Potter.
Questa notizia mi ha scioccata a tal punto da farmi quasi dimenticare quello che ha detto su me e Joe. Insomma, lui mi piace, ma non ne sono innamorata, e poi lui innamorato di me? Ridicolo! Non capisco come gli vengano in mente certe cretinate.
Guardo l’orologio: è già mezzanotte e decido di andare a letto, anche se non ho sonno.
 
 
***
 
 
Sono al matrimonio di mio fratello: si sta celebrando all’aperto e gli sposi, l’altare e il prete sono sotto un gazebo bianco coperto d’edera. Le panche dove siedono gli invitati sono bianche, decorate con rose gialle. Io sono accanto a mia madre che piange, commossa.
D’un tratto la prospettiva cambia: ci sono io al posto di Isabelle, e sto guardando mio fratello, pronta a dirgli ‹‹Lo voglio.››. Solo che la persona davanti a me non è mio fratello.
Sposto lo sguardo sugli invitati. Vedo mia madre, sempre intenta a piangere, ma accanto a lei ci sono Gabriele e Isabelle…
Torno a guardare il mio sposo. Certo che non è Gabri… lui è Joe.
 
 
***
 
 
Di colpo mi risveglio dal sonno, scombussolata e incredula. Basta, non ce la faccio più, è tempo che mi schiarisca le idee.
Guardo l’ora: le tre del mattino, ed invio un SMS a Joe: ‹‹Puoi venire su Skype? È urgente››. Lui non si fa attendere, e meno di dieci minuti dopo stiamo già conversando attraverso la webcam:
-          Ciao tesoro, stai bene? Non è notte da te? – Mi domanda lui, pressoché immediatamente.
-          Sì, ma non riesco a dormire perché devo chiederti una cosa.
-          Ma certo, dimmi tutto. – Dice lui, lievemente preoccupato.
-          Mi chiedevo se… se volessi venire da me per le vacanze di Pasqua. È ancora presto, ma ho bisogno di rivederti e non volevo rischiare di non dirtelo in tempo.
-          Certo, perché no? – Esclama sorridendo, e facendomi sorridere a mia volta e sospirare di sollievo. – Mi piacerebbe molto, e così posso finalmente conoscere la tua famiglia.
-          Grandioso, non vedo l’ora!
-          A chi lo dici. Mi manchi, piccola.
-          Mi manchi molto anche tu. – Confesso con un leggero velo di tristezza nella voce.
-          Adesso è meglio se vai a letto, che ne dici? Ci sentiamo presto, okay?
-          D’accordo, mi dispiace averti disturbato.
-          Tu non disturbi mai, ricordatelo. Buonanotte, piccola.
-          Buonanotte anche a te.
Scollego il PC e torno sotto le coperte, sollevata. Ho pensato di invitarlo perché solo rivedendolo posso finalmente capire cosa provo per lui. Non posso credere che abbia accettato, mi manca così tanto!
Appena la mia testa tocca il cuscino mi riaddormento subito, e finisco la notte senza sogni.



Perchè non recensisce mai nessuno ? Faccio talmente tanto schifo ? Io cerco di mettercela tutta, ma a quanto pare non ci riesco ... T_T

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Capitolo 20
*** Cap.20 ***


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Finalmente aprile è arrivato, portando con sé un’ondata d’aria calda che ha sciolto i rimasugli del freddo invernale e ha fatto rinascere la vegetazione addormentata sotto il ghiaccio e la neve. Adesso le strade pullulano di persone che indossano t-shirts, o al limite golfini leggeri, ma tutti hanno riposto i cappotti pesanti in fondo agli armadi. Io tendo ovviamente ad esagerare come mio solito, e adesso sto indossando canottiera, shorts e giubbotto di pelle marrone chiaro per viaggiare col tettuccio dell’auto abbassato. Non ho mai sopportato il caldo, e già in primavera lo sento molto più degli altri. Il freddo è il mio habitat ideale, e di fatti l’inverno è la mia stagione preferita.
   Mi rigiro le chiavi tra le mani per la cinquantesima volta, e per la cinquantesima volta mi alzo dal sedile sbuffando per fare qualche passo avanti e indietro, guardare il tabellone e tornare a sedermi. Dopo la decima ripetizione di questo rituale la gente intorno a me ha cominciato a guardarmi con una punta di scetticismo, ma adesso non ci fa più caso nessuno, dato che è dalle otto del mattino che vado avanti così.
Controllo il cellulare per l’ennesima volta: niente. Non una chiamata, non un messaggio, solo la mia faccia e quella di Joe che mi sorridono beate attraverso lo schermo e i numeri in alto a sinistra che mi avvertono che sono quasi le dieci e mezza. Le dieci e mezza… dovrebbe arrivare tra meno di dieci minuti. – Penso, e istantaneamente mi torna in mente la sua voce: ‹‹Piccola, dovremmo atterrare la mattina del due aprile, verso le dieci e mezza››. ‹‹Piccola››… dio, mi fa impazzire quando mi chiama così.
Ancora una volta mi alzo in piedi e cammino su e giù per l’aeroporto, impaziente, fin quando non vedo una folla dirigersi verso l’uscita. I battiti del mio cuore cominciano ad accelerare paurosamente mentre il mio sguardo vaga tra la gente, incrocia i loro occhi, ma nessuno di quegli sguardi è come quello di Joe, nessuno al mondo.
Appena la massa di gente si dirama un po’, mi avvicino ad un uomo pelato con in braccio una bimba di appena sei anni e al suo fianco una donna bionda, con la leggera robustezza di chi ha portato in grembo un figlio.
-          Scusatemi, per caso il vostro volo è partito da Los Angeles? – Domando loro in italiano, con la speranza di essere capita. Non ho la testa per parlare altre lingue in questo momento.
-          No, mi spiace, – Mi risponde la donna, con un forte accento napoletano. – noi arriviamo da Parigi.
Abbattuta, ringrazio la famiglia e torno a sedermi, guardando questa volta la pista d’atterraggio per vedere se riesco a scorgere qualche aereo.
Qualche minuto dopo, un brusio alle mie spalle mi incita a voltarmi, e scorgo un’altra folla diretta all’uscita. Tra tutta quella gente abbronzata e sorridente scorgo dei flash e delle voci concitate che mi fanno alzare dalla sedia senza che neanche me ne accorga. Vago con lo sguardo in quella direzione, fin quando ai miei occhi non appare la figura di un ragazzo moro con due occhi castani da far invidia al mondo, contornato da ragazzine e paparazzi. Subito gli corro incontro, col cuore che minaccia di uscire dal petto, e mi fiondo tra le sue forti braccia. A sua volta, lui mi alza da terra facendomi volteggiare, ridendo e facendo ridere di gioia anche me.
-          Joey, mio dio, sei qui! – Esclamo una volta tornata a terra, raggiante.
-          Piccola, mi sei mancata da morire. – Mi dice lui col viso a pochi centimetri dal mio. Diamine, se non la smette di chiamarmi ‹‹Piccola››, prima o poi mi farà perdere il controllo!
-          Non quanto sei mancato tu a me. – Rispondo voltandomi per riacquistare un po’ di senno, ma un secondo dopo ci ripenso e lo abbraccio di nuovo prima di stampargli un bacio sulla guancia e afferrargli la mano per portarlo alle sedie dove ho abbandonato il giubbotto e le chiavi. Joe mi segue intrecciando le sue dita alle mie e trascinandosi dietro la valigia. Fortunatamente la mia roba è ancora dove l’ho lasciata, così la recupero con la mano libera, impaziente.
-          Andiamo? – Domando a Joe. – Prima arriviamo a casa, e più tu puoi rilassarti.
Lui mi risponde annuendo, con un sorriso indelebile stampato sul viso, e insieme ci dirigiamo all’auto e partiamo, col vento nei capelli.
 
 
***
 
 
-          Allora, vuoi dirmi che ti è successo o no? È da quando sono arrivata che hai questo sorriso da idiota stampato in faccia.
-          Niente, Val, te l’ho già detto. – Rispondo senza smettere un attimo di sorridere alla tazza di tè. Per fortuna il nostro discorso viene troncato dalla porta che si apre e rivela Chris, appena tornato da non so dove.
-          Buonasera. – Si annuncia lui rivolto ad entrambe, spaparanzandosi tra di noi sul divano. – Giuli, posso immaginare cos’hai da sorridere così tanto, ma dov’è? Vorrei salutarlo anch’io, ma giuro che te lo renderò subito!
-          Dorme. – Rispondo io dopo una risata, per poi allargare il sorriso ancora di più. Si è addormentato appena si è steso sul letto, ed io sono stata a guardarlo dormire fino a quando Valeria non ha suonato il campanello.
-          Alt. – Si intromette la ragazza. – Voi due state parlando di qualcosa che io non so. Perché io non la so?
-          Ma sì che la sai, te l’ho già detto tempo fa. – Ribatto. La sua risposta, però, è interrotta dall’entrata in scena di Joe a piedi nudi, estremamente assonnato, coi capelli scompigliati e con indosso un paio di jeans lunghi e una camicia con le maniche arrotolate e completamente aperta. Qualcuno lo uccida, prima che muoia io!
-          Buongiorno, eh! – Esclamo sorridendogli, cercando di evitare di fissargli il fisico in bella mostra.
-          Mmmh… buongiorno. Che ore sono? – Risponde lui biascicando tutte le parole e sedendosi accanto a me, come uno zombie.
-          Le sei del pomeriggio caro, ovvero le nove del mattino in America. Hai dormito più di sette ore.
-          Oddio, scusa! – Esclama riacquistando un po’ di lucidità, quel tanto che basta per accorgersi delle altre due persone insieme a noi. – Chris! È bello rivederti. – I due si alzano per salutarsi con un abbraccio, poi lo sguardo di Joe cade anche su Valeria. – A te invece non ti conosco.
Io comincio a ridacchiare e scuotere la testa, poi li presento l’uno all’altra. Joe sembra davvero a suo agio, sono contenta che abbia questa naturalezza a stare con i miei amici.
Valeria, a sua volta, è ammutolita, come se non credesse ai propri occhi.
 
 
***
 
 
È sabato sera, dovrebbero essere le dieci, più o meno. Joe ed io siamo distesi sul divano, e lui mi tiene stretta a sé
-          Joey, toglimi una curiosità: circolano molte voci su una presunta relazione tra te e Demi…
-          Niente di più fasullo. – Mi interrompe lui. – Siamo tornati buoni amici, ma niente di più. C’è solo una ragazza con cui vorrei stare, e tu lo sai.
-          Sempre la solita di quattro mesi fa? – Gli domando cercando di mantenere un tono di voce neutrale.
-          Sì, sempre lei. Lei e nessun’altra. – Risponde con aria sognante.
-          Prima o poi si accorgerà di te, ne sono sicura. Tutte si accorgono di te!
A sua volta, il moro mi risponde regalandomi una risata e scuotendo la testa.
-          Joey… – Prendo il coraggio di dirgli dopo un po’.
-          Sì? – Mi risponde lui.
-          C’è qualcosa che devi sapere prima di conoscere i miei, domani.
-          Cioè?
-          Beh, vedi… loro non sono più la mia famiglia, o almeno io non li considero più come tali. Tre anni fa, per purissimo caso, ho scoperto che mia madre tradisce suo marito da praticamente sempre, e ho anche scoperto che… che quello che mi ha fatto da padre per quindici anni non è quello vero. Cioè, lui non lo sa, ma io non sono figlia del marito di mia madre, bensì del suo amante. È questo che mi ha spinta ad andarmene e venire a vivere da sola, e non vedo tutti loro – a parte mia sorella – da quando me ne sono andata. È solo per te che faccio lo sforzo di incontrarli di nuovo dopo tre anni, e sinceramente non so come andrà.
-          Tesoro… piccola, io… mi dispiace, non so che altro dirti. Non voglio costringerti a rivedere la tua famiglia se non vuoi, l’ultima cosa che voglio è farti star male.
-          Ma no, Joe, ormai è fatta. In fin dei conti non mi stai costringendo, prima o poi avrei pur dovuto rivederli, no? – Gli dico dandogli un bacio sulla guancia. È la prima persona, oltre a Chris, a cui confesso una cosa del genere; nessun altro ne è al corrente.
 Per tutto il resto della serata ci limitiamo a coccolarci sul divano, fino ad arrivare ad addormentarci. Verso le due, veniamo risvegliati dalla porta che si apre: Chris è andato a casa di Mattia insieme agli altri, ma io ho preferito stare con Joe.
-          Ti sembra questa l’ora di tornare? – Gli domando con falsa voce autoritaria.
-          Scusa mamma, non volevo svegliarti. – Risponde lui, anche se dall’espressione direi che si è trattenuto dal mandarmi a quel paese solo perché c’è Joe.
-          Com’è andata?
-          Bene, abbiamo passato tutto il tempo a bere birra e giocare a briscola, facevamo invidia ai vecchi del circolo! Vabeh, io me ne vado a letto. Buonanotte, tortore.
Dopodiché Joe mi aiuta ad aprire il divano, poi ci salutiamo e lui va a dormire nella mia stanza.


E' un po' più corto del solito, ma spero comunque che vi piaccia !
Aspetto le vostre recensioni (vi preeego, ne ho bisogno T_T)
Un bacio a tutti.
<3

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Capitolo 21
*** Cap. 21 - Pasqua ***


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Musica. Vento. Sole. Spensieratezza.
Il tettuccio della mia Mustang è abbassato, e il vento fa volare i miei lunghi capelli scuri, mentre quelli di Joe vengono leggermente scompigliati. Il sole tiepido mi picchietta piacevolmente sulla pelle e gli occhiali da sole mi proteggono la vista dai raggi.
Ogni tanto, non riesco a fare a meno di lanciare un’occhiata a Joe; è da quando si è alzato che è nervoso e non mi calcola, ma non capisco cos’abbia.
Per non pensarci, alzo il volume della radio ancora un po’: stanno trasmettendo una canzone dei Queen, che è una delle mie band preferite, e comincio a canticchiare.
Per avvertire che avrei passato la Pasqua in famiglia ho parlato con mia sorella, la quale poi l’ha detto ai suoi genitori. Nessuno di loro, neanche Gaia, sa che l’ospite misterioso è Joe.
Una volta arrivati e spento il motore dell’auto, il cuore comincia a battermi all’impazzata e le mani mi prudono, segno che stanno per iniziare a sudare. Prima di scendere, rilasso la schiena e la testa appoggiandole allo schienale e chiudendo gli occhi.
-          Tutto okay? – Mi domanda Joe. Io mi volto a guardarlo, e sul suo volto scorgo un leggero velo di preoccupazione.
-          Sì, tranquillo. Sono solo un po’agitata. – Rispondo io carezzandogli una guancia, per poi scendere subito dall’auto. Lui mi segue e insieme ci dirigiamo alla porta, ma ancor prima che possa allungare la mano per suonare il campanello, questa si spalanca ed un istante dopo mia sorella salta in braccio a Joe.
-          Gaia, ciao! – Esclama lui, abbracciandola.
-          Joe! Non sapevo che il misterioso ospite fossi tu.
-          Beh, sorpresa!
-          Allora, come stai? – Gli domanda lei, una volta scollatasi.
-          Benissimo, come dovrei stare? Sto da tua sorella ed oggi ho rivisto anche te, meglio di così!
Io scocco un’occhiata a Joe di cui lui non si accorge, poi mia sorella si decide a salutare anche me e insieme entriamo in casa. Appena varcata la soglia, Joe mi afferra la mano percependo la mia agitazione, ed io stringo la sua con forza.
È incredibile come questa casa sia cambiata in soli tre anni: quello che adesso è un salone con le pareti rosa, il camino, un grande divano bianco e due poltrone, prima non era altro che una cucina con un enorme tavolo in castagno al centro, il lavello sotto la finestra e i fornelli in un angolo.
Subito, appena entrati, gli occhi di tutti i presenti si soffermano con curiosità su di noi, ed io sono costretta a salutare con un ‹‹Ciao a tutti›› appena udibile, mentre Joe rivolge loro un cenno della mano. improvvisamente, tutti si alzano per venire a salutarmi (e come biasimarli? Sono tre anni che non vedo nessuno di loro) e stringere la mano a Joe e, dopo tutti, si para davanti agli occhi mio padre.
-          Ciao. – Mormoro io. – Lui è Joe. Joe, lui è mio… mio padre.
-          Salve, signor Jacobs, sono felice di conoscerla. – Dice il Jonas, stringendogli la mano.
-          No, dammi del tu, altrimenti mi sento vecchio! – Esclama mio padre. Perfetto, deve già cominciare a fare il simpaticone? – Ragazzi perché non andate nel terrazzo?
-          Ah, adesso esiste anche un terrazzo?  – Gli domando io.
-          Sì, è dopo la cucina. – Mi dice indicando la soglia di quella che prima era una specie di dispensa.
Appena affacciati all’entrata della cucina, però, il mio sguardo si posa su una figura ai fornelli: mia madre.
-          Ehm… Joe, – Sussurro. – quella è mia madre. Vuoi… vuoi conoscerla?
-          Solo se vuoi tu, non voglio costringerti.
-          D’accordo, grazie. Magari te la faccio conoscere dopo, se me la sento.
-          Okay. – Mi risponde lui avvolgendomi le spalle con un braccio e baciandomi la tempia.
Anche questa stanza è cambiata tantissimo: le pareti sono verniciate di un rosa più scuro di quello del soggiorno, al centro c’è il tavolo in castagno e accanto alla porta che deduco porti nel terrazzo c’è una piccola cucina in legno, di un colore chiarissimo tra il bianco e il giallo.
-          Vieni, andiamo. – Mormoro dirigendomi a grandi passi verso la porta, ancora tra le braccia di Joe.
Il terrazzo è piccolo, ma splendido: sopra il muretto ci sono tre vasi di gerani rossi molto belli, e i rami di un noce si affacciano sul balcone in modo da poterli tranquillamente toccare. Solo adesso mi accorgo della bellezza di questo posto.
Dopo aver catturato ogni particolare, il mio sguardo si posa su una persona con la schiena posata al muretto, intenta a fumare: è un ragazzo alto, castano, leggermente robusto, con gli occhi azzurri.
-          Gabri! – Esclamo prima di saltargli letteralmente addosso, e lui mi stringe a sé con forza.
-          Ciao sorellina!
-          Che diavolo ci fai qui?
-          Come, che domande sono? Mica potevo perdermi questa rimpatriata di famiglia! E poi tu e Gaia mi mancavate troppo, avevo bisogno di rivedervi.
-          Mi sei mancato da morire pure tu, bro. Dov’è la vipera? – Gli domando sciogliendo l’abbraccio.
-          A casa. – Mi risponde lui con un ghigno.
-          Davvero? Oh, questo è il miglior regalo che qualcuno potesse farmi! – Esclamo facendo ridere perfino lui. – Bene, adesso è arrivato il momento che ti presenti una persona… Gabri, lui è Joe. – Gli dico voltandomi verso il moro, rimasto in disparte fino a quel momento. – Joe, lui è mio fratello Gabriele.
I due si stringono la mano sorridenti, e Gabri mi lancia un’occhiata che vale per mezz’ora di discorso.
-          Joe, possiamo scambiare due parole? – Gli domanda mio fratello.
I due si allontanano di qualche passo ed io ne approfitto per accendermi una sigaretta e mettermi seduta sul muretto, in attesa.
La conversazione dura poco, neanche il tempo di finire la sigaretta, che i due tornano da me.
-          Ma come, tu fumi? – Mi domanda Gabri.
-          Eh, fratellone… è molto che non ci vediamo. – Gli rispondo. – Di cosa avete parlato?
-          Attualità… – Risponde Joe con un sorrisetto poco convincente.
 
 
***
 
 
La giornata sta procedendo bene, e dopo il pranzo io, i miei fratelli e Joe ci diamo da fare per pulire: loro sparecchiano la tavola ed io lavo i piatti.
-          Giuli, abbiamo finito. Vuoi che ti aiutiamo con quella roba? – Mi domanda Gaia.
-          No, non importa, andate pure.
Con la coda dell’occhio vedo Gaia e Gabri andarsene, mentre Joe resta con me.
Lavoriamo per un po’ in silenzio mentre io lavo e lui asciuga, poi, improvvisamente le sue forti braccia si stringono attorno al mio corpo, senza lasciarmi alcuna via di fuga. Improvvisamente il suo buon profumo penetra nelle mie narici inebriandomi il cervello e le sue labbra si posano lievemente sul mio collo.
-          Scusami per stamattina. – Mormora lui. – Ero un po’ nervoso perché ho discusso con Nick.
-          Oh, come mai? – Gli domando voltando la testa in modo da poterlo guardare in viso senza che lui mi lasci, tentando disperatamente di non perdere i sensi.
-          Perché… beh, veramente oggi dovevamo cantare ad un concerto di Pasqua, e invece…
-          Ma Joe, hai saltato il concerto! – Lo rimprovero rammaricata.
-          Rinuncerei a mille concerti per te, piccola. Tu sei la cosa più importante.
-          Joey… – Mormoro ammaliata e col cuore a duemila, voltandomi con tutto il corpo e avvolgendo le mie braccia attorno al suo collo, per stringerlo in un forte abbraccio. – Ti voglio tanto bene, stupido.
-          Anch’io te ne voglio, non sai quanto.
-          Ragazzi, che ne dite se… – Ci interrompe mia sorella, affacciandosi alla soglia della cucina. – Oh, scusate, ho interrotto qualcosa?
-          No, tranquilla. Che c’è? – Le domando sciogliendo l’abbraccio con Joe.
-          Volevo sapere se vi andava di fare una partita a calcio.
-          Certamente! – Esclamo vedendo il moro annuire vivacemente.
Tutti insieme, ci dirigiamo fuori alla luce del sole, fino al piccolo campo da calcio che ha costruito mio padre.
-          E voi che cazzo ci fate qua?! – Esclamo alla vista di Valeria, Chris, Mirco e Mattia.
-          Li ho chiamati io. – Mi spiega Gaia sorridente.
-          Già. – Conferma Mattia. – Abbiamo sentito la parola ‹‹calcio›› ed abbiamo volato fin qui.
Subito dopo faccio un giro di presentazioni per far conoscere Joe a Mattia e Mirco, fin quando uno dei miei cugini ci ricorda che eravamo lì per giocare.
-          Bene, io e Joe siamo i capitani. Joe, testa o croce per decidere chi sceglie per primo?
-          Prima le signore. – Mi risponde lui facendomi l’occhiolino.
In meno di cinque minuti le squadre sono fatte: io ho scelto Mattia, Gabri, uno dei miei zii e due cugini; Joe è insieme a Mirco, Chris, mio padre, l’unico dei miei cugini che gioca a calcio e suo padre.
Ci posizioniamo tutti in campo; io e Joe al centro, l’uno di fronte all’altra, aspettando il pallone. Lanciandoci sguardi di fuoco, ci stringiamo la mano come in un braccio di ferro improvvisato ed avviciniamo i nostri corpi in uno scatto. Per un secondo di distrazione rischio di mandare tutto a puttane e saltargli addosso; a questa vicinanza i suoi occhi sono ancora più calamitanti del normale, e le sue labbra quasi ti implorano di farle tue.
-          Cerca di non fare il galantuomo, Jonas, potrei sorprenderti. – Gli dico sfidandolo.
-          Non ci conterei più di tanto, Jacobs; resti pur sempre una ballerina.
-          Vorrà dire che ti straccerò a passo di danza. – Ribatto usando l’atteggiamento più competitivo che riesco a trovare.
-          Cominciamo! – Esclama mia sorella posando il pallone al centro, nelle vesti di arbitro.
La partita comincia. Con un veloce scatto della gamba tolgo il pallone dai piedi di Joe correndo verso la porta avversaria, mentre con la coda dell’occhio controllo chi dei miei compagni è libero. Mattia mi raggiunge all’altro lato del campo ed il possesso palla va a lui, mentre io mi avvicino alla porta. Dopo un paio di passaggi la palla viene intercettata da Chris che si appresta a raggiungere la nostra porta. Mirco tira in porta, ma mio zio ci regala una spettacolare parata lanciandosi a terra.
Velocemente scendo per ricevere il pallone, il quale viene preso da Gabri, che lo passa ad uno dei miei cugini, che lo passa a me.
Io. Gabri. Mattia. Mio cugino. Mattia. Io. Gabri. Io… Goal! La palla finisce dritta in porta, incastrandosi nella rete.
Velocemente chiamo Joe ed una volta ricevuta la sua attenzione mi diletto in un passo di samba, ricevendo un muto ‹‹Fuck you.››
 
 
***
 
-          Non male per una ballerina. – Ammette Joe dandomi una spintarella.
-          Che ti avevo detto? Pure tu non sei così scarso, nonostante ti sia fatto battere da una ragazza. – Lo schernisco sogghignando.
-          Wow, detto da te è un complimento!
La partita è finita otto a tre per la mia squadra, come previsto.
-          Joey, ti va di andare a fare un giro in bicicletta?
-          Dio mio, ma non ti stanchi mai tu?! – Esclama lui. – Comunque va bene, dammi il tempo di bere un bicchiere d’acqua.
Una volta montati sulle bici ci avviamo per una strada nel bosco che porta ad un vasto campo. Il tempo è ottimo e la strada è asciutta e piena di fiori. Questo posto è la perfetta reincarnazione della primavera.
-          L’ultimo che arriva puzza! – Esclamo improvvisamente, accelerando e lasciandomi Joe alle spalle.
-          Ehi, così non vale! – Protesta lui. – Attenta che ti riprendo!
Io scapo via ridendo, pedalando più veloce che posso. Una volta arrivata al campo, mi fermo col fiatone per aspettarlo. Non vedendolo arrivare, lascio la bici da una parte e m’incammino verso di lui.
Neanche il tempo di fare quattro passi che sento un urlo di Joe alle mie spalle. Mi volto velocemente, e un secondo dopo mi trovo a terra, col moro sopra di me.
-          Joseph, sei un cretino! – Esclamo sopra le sue risate, per poi alzarmi e cominciare a correre. – Prendimi se ci riesci!
Ci rincorriamo per tutto il perimetro della radura ridendo come bambini, fin quando lui non riesce a raggiungermi e ad afferrarmi per i fianchi, facendo cadere entrambi di nuovo.
Sto ridendo talmente tanto da non riuscire ad aprire gli occhi, e quando ci riesco mi accorgo che lui è sopra di me con gli occhi umidi dal tanto divertimento.
Una volta calmati, mi alzo sui gomiti per stampargli un bacio sulla guancia e lui si distende accanto a me, avvolgendomi le spalle con un braccio.
Nessuno dei due proferisce più parola, come di comune accordo, e questo aggiunge colore alla magia che si è creata. Chiudendo gli occhi assaporo il profumo dei fiori, mi avvolgo dalla brezza calda che mi scompiglia i capelli e dal battito del cuore di Joe.
-          Ti amo, Joe. – Mormoro sperando che lo interpreti ‹‹Ti voglio bene.››
-          Ti voglio bene anch’io. – Risponde lui.





Ciao bella gente ! Sono tornata ! c:
*cori* BUUUUH !
Non odiatemi, vi prego ! Già ci sono io che mi odio da sola. T_T
Porca vacca, sono davvero quasi quattro mesi che non pubblico questa schifezza inutile ? 
CHIEDO UMILMENTE PERDONO ! Non siate troppo crudeli, vi prego. *faccina innocente*
Un bacio a tutti, grazie a chi recensirà.
Ci vediamo al prossimo capitolo (Che spero pubblicherò molto prima di quattro mesi! LOL)

-Giuls.

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Capitolo 22
*** Cap.22 ***


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La giornata a casa dei miei è andata mille volte meglio di ciò che mi aspettassi, fortunatamente. Alla fine, io e Joe ci siamo addormentati in quel campo e ci siamo risvegliati dopo un sacco di tempo, con tutti gli altri alla nostra ricerca. È stato spassoso.
La sera, una volta tornati a casa, ci siamo scambiati i rispettivi regali: io gli ho regalato l’One Milion, il mio profumo preferito, e lui una Polaroid vecchio modello, dannatamente splendida. Da quando quella meraviglia è in mano mia, né io né Joe riusciamo a smettere di scattare fotografie. Ovviamente il mio soggetto preferito è lui, e a quanto pare anch’io sono il suo.
Stasera sono a letto mentre cerco di prender sonno, cosa alquanto difficile, e non so il motivo. Improvvisamente vengo colta da un attacco di panico che mi mozza il respiro. I battiti del cuore sono aumentati, ho il respiro affannoso e sto sudando freddo.
A fatica mi convinco ad alzarmi e dirigermi verso la mia camera, dove Joe è intento a scrutare il soffitto, completamente vigile.
-          Piccola, che c’è? – Mi domanda alzandosi e venendomi incontro, preoccupato alla vista della mia faccia stravolta.
-          U-un attacco di panico. – Mormoro.
-          Sta’ tranquilla, non è niente. Distenditi che ci penso io. – Mi rassicura.
Entrambi ci corichiamo sotto le coperte, abbracciandoci. Joe mi sussurra di chiudere gli occhi e comincia a carezzarmi la schiena e la testa, lentamente, in modo da farmi rilassare.
 
 
***
 
 
Non so dove sono. Sento voci, rumori, dolore. Davanti ai miei occhi si muovono velocemente figure sfocate mentre il dolore al petto non mi fa respirare. Forse qualcuno sta stringendo la mia mano.
 
 
***
 
 
Apro lentamente gli occhi ed una luce accecante invade il mio campo visivo.
Dopo aver sbattuto le palpebre svariate volte, riesco a mettere a fuoco una stanza completamente bianca e spoglia, ed un rumore fastidioso e costante invade le mie orecchie.
Qualcuno sta stringendo la mia mano, così mi volto per incrociare gli occhi luminosi di Joe.
-          Ben svegliata, come ti senti? – Mormora dandomi un bacio sulla fronte.
-          Sto bene, credo, ma dove sono? – Domando frastornata.
-          All’ospedale.
-          Di nuovo? Che è successo? – A quanto pare ho la calamita per gli ospedali, in questo periodo.
-          Ricordi l’altra sera, quando hai avuto l’attacco di panico? Mentre eravamo a letto hai cominciato a tremare tutta e non mi rispondevi più, così ti ho portata qui.
-          Cosa mi era preso?
-          Una crisi epilettica, ma adesso è tutto passato.
-          Quant’è che sono qui?
-          Due giorni.
-          Accidenti… scusami.
-          Perché ti scusi? Non è colpa tua. Al limite la colpa è mia: quando siamo insieme finisci sempre all’ospedale.
-          Sarà un segno? – Gli domando ridendo.
-          Speriamo di no! – Mi risponde lui sorridendomi.
I suoi occhi ambrati mi scrutano attentamente, lievemente preoccupati.
-          Joe…
-           Sì?
-          Non mi hai detto tutto, vero?
-          In che senso?
-          Nel senso che non ho avuto solo la crisi epilettica. Ricordo che ad un certo punto mi sono svegliata ma non capivo niente, e sentivo dolore al petto. Che altro mi è successo?
Joe scuote lentamente la testa, sospirando. Non so se è una mia impressione, ma i suoi occhi sono un po’ umidi.
-          Facciamo che ti chiamo il dottore, okay?
Ancor prima che io possa rispondere, lui è già uscito dalla piccola stanza.
Restando sola riesco a capire da dove proviene quel rumore fastidioso: è la macchina che monitora la mia frequenza cardiaca, neanche fossi in fin di vita.
Questa stanzetta dispone soltanto di due letti, ma ad occuparla ci sono soltanto io. Sul mio comodino ci sono delle rose color pesca che, per mia fortuna, coprono lo schifosissimo odore che avrebbe altrimenti questa stanza. Vedendole, un sorriso affiora sul mio volto: sono più che sicura di chi sia stato a regalarmele.
Il resto di quella che chiamano camera è praticamente vuoto, fatta eccezione per due poltrone in pelle, all’apparenza scomodissime, poste accanto ai due letti ed un piccolo televisore nero di fronte a me. Tutto questo ha niente a che vedere con la stanza in cui mi trovavo in America, che quasi quasi avrei potuto definirla confortevole.
Joe ed il dottore tornano quasi subito e il Jonas mi sembra più sconvolto di prima.
-          Allora, come andiamo? – Mi domanda il medico controllando una cartellina verde. È un uomo alto, sui trent’anni, con barba e capelli ricci, castani, e gli occhi azzurri. Davvero un bell’uomo.
Dalla targhetta appuntata sul camice comprendo che si chiama G. Gori… Chissà a cosa corrisponderà quella G. – Mi domando.
-          Bene. – Rispondo, sincera. – Si può sapere che mi è successo?
-          Ti abbiamo fatto un po’ d’analisi e sono saltati fuori un sacco di problemi.
-          Ovvero?
-          Sapevi di avere il diabete? – Mi chiede cautamente.
-          Ovviamente. Sono anni che condivido la mia vita con il diabete e la celiachia. C’è altro?
-          Beh, sì. I tuoi valori sono un po’sbalzati e inoltre hai avuto un piccolo infarto mentre eri qui. Niente di preoccupante, però. – Dovrebbero dare un premio per il tatto, ai dottori.
-          Se può interessarle, ho scoperto di soffrire di cuore già da qualche anno. – Confesso, sorprendendolo. I miei occhi sono puntati su di lui, ho quasi paura ad incrociare lo sguardo di Joe, che percepisco puntato su di me.
-          E prendi le medicine per le tue malattie? Rispondimi sinceramente.
-          Solo l’insulina. Mi sono rotta di ingoiare pasticche.
-          Male. – Commenta il dottore. – Malissimo. Ne va della tua salute.
-          Non m’importa della mia salute, e poi mi reggo in piedi benissimo, come una diciottenne sana.
-          Non direi. – Ribatte squadrandomi.
-          A parte questa piccola eccezione. Ho comunque i miei buoni motivi, se dico di star bene.
-          Se continui così mi dispiace, ma ne riparleremo tra qualche anno. – Ribatte ricevendo una mia occhiataccia. – A parte gli scherzi, ricomincia a prendere le medicine, lo dico per il tuo bene.
-          D’accordo. – Rispondo per accontentarlo. Non prenderò mai e poi mai quelle pasticche. – Quando posso tornare a casa?
-          Tra qualche giorno, dobbiamo prima essere sicuri che tu non ti risenta male.
-          Le ho già detto che sto benissimo, non mi sentirò male un’altra volta. – Sibilo, esasperata.
-          Se proprio ne sei convinta… – Mormora. – Beh, direi che per adesso non ci sia nient’altro. Riposati adesso.
Mi rivolge un sorriso sghembo molto seducente, per poi uscire dalla stanza seguito da Joe. Poco dopo il moro rientra e mi fulmina con lo sguardo. Perfetto, ci mancava solo la sua ramanzina…
-          Che significa che non prendi più le pasticche? – Mi domanda a bruciapelo, adirato.
-          Joey, sta’ calmo… – Gli dico sospirando.
-          Calmo? Mi hai tenuto nascosto che soffri di cuore, ho scoperto che non ti curi neanche di prendere le medicine e mi dici che devo stare calmo?
-          Non urlare, per favore. – Gli chiedo cercando di non alzare la voce a mia volta. – Io sto bene, Joe, non ho bisogno delle medicine; ne ho sempre fatto a meno per qualsiasi cosa e sono ancora viva, e poi non voglio sembrare una vecchia.
-          Ma a chi importa delle apparenze se c’è in gioco la salute? – Mi dice con voce più calma, avvicinandosi al mio letto e sedendosi per carezzarmi dolcemente il viso. – Ti ostini a dire che stai bene, e magari è veramente così, ma se tra qualche anno il tuo cuore non ce la facesse più? Se ti succedesse qualcosa io morirei, Giuli. Ricomincia a prendere le medicine, ti prego. Fallo per me.
La sua voce è diventata quasi un sussurro e i suoi occhi ambrati trasmettono talmente tanta dolcezza che è impossibile resistergli.
-          D’accordo, ma non dimenticare che lo faccio solo ed esclusivamente per te.
-          Grazie. – Mi dice lui, aprendosi in un ampio sorriso e lasciandomi un piccolo bacio sulla guancia.
Ce ne restiamo per un po’ in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri, disturbati solo dal ticchettio ritmico della macchina collegata a me. È una fortuna che Joe non abbia fatto nessun gesto che avrebbe potuto mandarmi in iperventilazione; non riesco neanche ad immaginare l’imbarazzo che proverei se lo schermo segnalasse un aumento improvviso del mio battito cardiaco.
-          Joey? – Lo chiamo dopo un po’.
-          Sì?
-          Quando parti? – Gli domando un po’ timorosa.
-          Avevo fissato il volo tra due giorni. – Mormora mortificato.
-          No! – Esclamo agitandomi. – Non voglio essere rinchiusa qui dentro, il giorno della tua partenza. Non possiamo salutarci così.
È inconcepibile. No, no e no. Passeranno secoli prima di rivederlo, non posso perdere tempo in uno stupido ospedale.
-          Sta’ tranquilla, è tutto okay. Ho deciso di rimandare la partenza, non me ne andrò fin quando non sarai dimessa. Non posso pensare di lasciarti se non so che non c’è più rischio che tu ti possa sentir male.
-          Joey, lo fai per me? – Sussurro commossa.
-          Ovviamente. – Mi risponde regalandomi un dolce sorriso.
-          Grazie. – Mi limito a dire, ricambiando il sorriso.



Fa schifosamente schifo, lo so, ma non avevo inventiva. T_T
Lo so cosa vi state chiedendo: "Ma 'sta tipa è piena di problemi, perché non la fa direttamente fuori ?" Beh, in effetti non avete tutti i torti ! Ahahah :D
Avete visto come sono stata brava ? Vi ho fatto aspettare poco poco ! :3
Spero di leggere le vostre recensioni, belle o brutte che siano. (non siate gentili, insultate quanto vi pare ! Ahahah)
Un bacio a tutti, alla prossima !
xx
PS: non fate caso al nome né alla descrizione del dottore, vi prego ! AHAHAHAHA dio mio. ʘ‿ʘ

-Giuls;

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Capitolo 23
*** Cap. 23 ***


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“Joe Jonas e Demi Lovato stanno insieme! È passata poco più di una settimana da quando il nostro rubacuori è tornato dall’Italia (dove è andato a passare le vacanze dalla sua a quanto pare amica), che subito si è dato da fare per far breccia nel cuore della collega…”
Scorro velocemente l’articolo senza veramente leggerlo, per poi soffermarmi sulle foto. Con un groppo in gola spengo il PC e mi distendo sul letto, dando libero sfogo alle lacrime.
 
-          Joey, toglimi una curiosità: circolano molte voci su una presunta relazione tra te e Demi…
-          Niente di più fasullo. Siamo tornati buoni amici, ma niente di più. C’è solo una ragazza con cui vorrei stare, e tu lo sai.
-          Sempre la solita di quattro mesi fa?
-          Sì, sempre lei. Lei e nessun’altra.
 
I ricordi affiorano facendomi girare la testa. Perché Joe mi ha mentito? Che motivo ha avuto? E cos’è successo tra lui e la ragazza che ha detto di amare?
La nausea mi spinge a stringermi lo stomaco mentre le lacrime continuano a rigarmi le guance. Perché m’innamoro sempre della persona sbagliata?
È finita. Demi ha vinto.
 
 
***
 
 
-          Ti prego, Joe, non insistere. È difficile anche per me, ma ho bisogno di un po’ di tempo per riflettere e starmene per conto mio; non mi sembra di chiederti molto. – Vorrei sembrare decisa, sicura, ma la mia voce trema mentre le lacrime sgorgano dai miei occhi stanchi.
-          Perché? Cos’ho fatto? C’entra Demi? – Non so decifrare la sfumatura del suo tono di voce: rabbia? Tristezza? Sorpresa?
-          Non c’entra Demi, Joe. C’entro io, io e basta. Lasciami andare, non ti chiedo altro.
-          Mi stai chiedendo la cosa più difficile che io abbia mai fatto. – Mormora facendomi mancare il fiato.
-          Per favore, Joe.
-          Non posso…
-          Devi. Non sarà per molto, solo il tempo di schiarirmi le idee.
-          Ma…
-          Ciao, Joe.
Riattacco singhiozzando, per poi scaraventare il cellulare ai piedi del letto. È meglio così per entrambi: non voglio intromettermi tra lui e Demi, ma non voglio soffrire più di così. Preferisco provare a dimenticarlo, invece che fingere di star bene mentre lui tiene tra le sue braccia un’altra donna.
Non so dove ho trovato le forze per dirgli addio, ma ora che l’adrenalina sta scemando, mi sento crollare. So già che questa è solo una delle numerose notti insonni che attraverserò.
Il mio è un comportamento da bambina, lo so, ma non ho la forza necessaria per riuscire a vederlo con un’altra, e molto probabilmente lui ci rimarrebbe molto male se notasse il mio scarso entusiasmo.
Con gesti meccanici, mi allungo per afferrare la felpa grigia che Joe ha dimenticato qui e la indosso. È morbida, e il suo profumo, il profumo di Joe, nonostante tutto mi rassicura.
Chiudo gli occhi crogiolandomi in quest’odore così familiare, così protettivo, fin quando non mi addormento.



Ciaaaaao bella gente ! :3
Ahh finalmente comincia a smuoversi qualcosa ! Devo confessare che tutti i ventidue capitoli già pubblicati non erano altro che l'introduzione della nostra storia.
Non allarmatevi, penso di finire prima di arrivare a cento ..! Hahah c:
Se vi sono sorte delle domande non preoccupatevi, con l'avanzare degli avvenimenti avranno tutte una risposta.
Scusate per la lunghezza (o meglio, cortezza) del capitolo. :)
Un bacio a tutti e buon Natale !
xx

-Giuls;

PS: questo è il mio regalo per voi ;) (la felpa è quella che ho descritto nel capitolo):


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Capitolo 24
*** Cap.24 - Giugno. ***


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La scuola è finalmente finita e il caldo ci ha raggiunti.
Da quell’ultima conversazione con Joe, due mesi fa, non l’ho più sentito. Un paio di volte ho trovato una sua chiamata persa, ignorata su due piedi; per il resto, non ho più sue notizie da quel giorno e non me la sono mai sentita di chiedere ai suoi fratelli, con i quali ogni tanto parlo ancora.
Grazie a Kevin, al quale ho raccontato tutta la verità, ho scoperto che la storia con Demi è finita già da tre settimane. Mi sono sentita sollevata, prima che il peso della situazione si tuffasse su di me: come l’aveva presa Joe? Mi sentivo morire, solo in quel momento capii quanto veramente fossi stata stronza ed egoista con lui, ma non potevo tornare indietro: sarebbe stato troppo evidente.
Mi manca terribilmente, ma non mi sento ancora pronta per tornare da lui.
Esco dalla doccia bollente appena fatta e mi vesto, lentamente: canottiera bianca, pantaloni militari larghi e scarpe da ginnastica. Non ho niente da fare come al solito, anche perché sono riuscita a passare senza debiti, incredibile ma vero. Gli orari di lavoro, ora che la scuola è finita, si sono spostati alla mattina: ciò comporta pomeriggi liberi in quantità.
Appena esco dal bagno, con i capelli ancora bagnati, sento la voce di Chris che mi chiama:
-          Giuli?
-          Sì? – Rispondo.
-          Sto andando dagli altri, vieni anche tu? – Gli altri: Vale, Mattia e Mirco.
-          Certo, ma prendiamo la mia macchina! – Esclamo afferrando il portafogli e tutto ciò che ho lasciato in sala: occhiali da sole, cellulare e chiavi.
Chris rotea gli occhi, ma mi accontenta lo stesso.
Non riesco a stare su una macchina che non sia la mia, e ancora non ne ho capito il motivo. Forse perché me l’ha regalata lui, oppure perché, semplicemente, è la macchina dei miei sogni.
Dopo un’ora di viaggio arriviamo al nostro ex paese; l’appuntamento con i ragazzi è nella piccola piazza.
-          Mi ci farai fare un giro su quella macchina, vero? – Mi dice Mirco senza neanche darmi il tempo di arrivare.
-          Certo, nel senso che io guido e tu stai al posto del passeggero. – Rispondo con un sorriso.
-          Non ti fidi di me neanche fino a questo punto?
-          No, è che è troppo gelosa della sua auto. – Dice Chris al posto mio.
Ci dirigiamo tutti al lago, dove occupiamo il nostro solito tavolo, nel giardino.
-          Giuli, c’è un problema. – Mi dice Vale.
-          Ovvero?
-          Dobbiamo cancellare la settimana al mare.
-          Perché? – Domando sorpresa.
-          Perché in quella settimana siamo da un’altra parte.
-          Dove?
-          Bon compleanno in ritardo. – Mi risponde porgendomi una busta.
Io la apro, curiosa, e ci trovo dentro due biglietti per Londra, andata e ritorno.
-          Oddio, è uno scherzo?
-          Niente affatto, partiamo fra tre giorni. – Mi dice Chris con un immenso sorriso.
-          Ma voi siete pazzi! – Esclamo abbracciando tutti e quattro. – E voi? Venite tutti, vero?
-          Sì. – Risponde Val.
-          Ragazzi, vi amo! Cazzo… come faccio con il lavoro?
-          Tranquilla, ci ho già pensato io. – Mi rassicura Chris.
-          Voi non siete normali, davvero.
Andrò a Londra insieme al mio gruppo, i miei migliori amici, non posso crederci.
***
 
 
Londra, cinque del pomeriggio.
L’aereo è atterrato già da dieci minuti, ed io e i ragazzi siamo già usciti dall’aeroporto.
È tutto così… magico, stento ancora a crederci. Gli autobus rossi a due piani, le cabine telefoniche, i taxi neri; sembra tutto così surreale, come se fossimo in una cartolina.
Saliamo su due taxi, i quali ci portano all’hotel nel giro di quindici minuti.
La mansarda dove alloggiamo è splendida: ci sono ben cinque letti tutti in un’enorme stanza, la cucina, il bagno e la sala col divano e la televisione.
Dopo aver sistemato le valigie ed esserci rinfrescati, decidiamo di uscire a visitare la città. Passiamo davanti a Buckingham Palace, al Big Ben, e infine facciamo un giro anche al magnifico museo delle cere. Una volta usciti sono le sette di sera, quindi decidiamo di provare a trovare la strada di casa. Domani andremo a vedere il cambio della guardia, non me lo perderei per niente al mondo.
Durante il tragitto verso l’albergo un cartellone pubblicitario cattura la mia attenzione: il musical “Les Miserables”, tra due giorni. Tra i nomi degli attori, ce n’è uno che mi lascia a dir poco sconvolta: Nick Jonas.
-          Oh. Mio. Dio. – Esclamo.
-          Giuli, che c’è? – Domanda Val.
-          Leggete i nomi degli attori. – Dico loro, esaltata.
-          Nick Jonas? Quel Nick Jonas?
-          Oddio, sì! Ci andiamo? Vi prego, vi prego, vi prego! – Insisto come una bambina. Porca miseria, Nick è qui, nella stessa città dove sono io!
-          Eh no, che palle. – Si lamentano i ragazzi, mentre Val sta dalla mia parte.
-          Sapete, vero, che il teatro sarà pieno zeppo di fans di Nick? Centinaia di ragazze in un unico posto. – Dico loro, tentando di convincerli.
-          Mmh, io quasi quasi ho cambiato idea. – Esclama Mirco.
Alla fine riesco a convincere tutti, ma leggendo attentamente il cartellone notiamo la scritta “Sold out”.
-          Tranquilli ragazzi, ci penso io.
Compongo velocemente il numero di Denise, agitata. Chissà, forse ci sono anche i suoi genitori a vederlo. I suoi genitori. La mia mente si rifiuta categoricamente di formulare la frase “La sua famiglia.”
-          Pronto? – Risponde la voce della donna dopo qualche squillo.
-          Denise, ciao! Sono Giulia. Sei insieme ai ragazzi, per caso?
-          Tesoro, che piacere sentirti! No, sono da sola, come mai?
-          Ecco… dovrei chiederti un favore enorme: ho appena scoperto dello spettacolo di Nick, ma ormai i biglietti sono esauriti e volevo sapere, se sei a Londra, se hai la possibilità di procurarmene cinque.
-          Ma certo, cara, vedrò cosa posso fare. Dovrei trovarli entro domani sera, dove vuoi che ci troviamo?
-          Davanti all’hotel dove alloggio, ti va bene? È il Park View Hotel.
-          Perfetto, allora domani sera alle nove e mezzo, d’accordo?
-          Va benissimo. Ah, un’ultima cosa: non dire niente a nessuno, voglio che sia una sorpresa.
-          Tranquilla, non c’è problema. Ci vediamo domani, tesoro.
-          Ciao Denise, grazie di cuore!
Riaggancio, estasiata. Andrò a vedere realizzarsi il sogno di Nick, stento a crederci!
La sera dopo mi faccio trovare puntualissima davanti all’entrata dell’albergo, dove pochi minuti dopo vedo arrivare la donna, con la quale scambio un abbraccio molto caloroso.
-          Denise, mi sei mancata molto. Come stai?
-          Sto bene, tesoro. Tu come stai? – La sua domanda lascia trasparire miliardi di sottintesi.
-          Io… sopravvivo, diciamo così.
Lei per tutta risposta mi sorride dolcemente, per poi tirare fuori da una tasca dei biglietti tenuti insieme con un elastico.
-          Denise, li hai trovati! – Esclamo. – Quanto ti devo?
-          Niente, per una volta ho fatto la mamma capricciosa: me li sono fatti dare gratis.
-          Ma così non ci rimettono gli attori? – Domando ridendo.
-          No, solo il teatro. Ah, dimenticavo che ti ho portato anche un’altra cosa.
Dalla stessa tasca tira fuori altri biglietti, stavolta in plastica.
-          Cosa sono? – Domando.
-          Una specie di pass per entrare dietro le quinte, almeno potrai salutare i ragazzi senza seccature.
-          Grazie, Denise, grazie, grazie, grazie! – Esclamo abbracciandola di nuovo.
-          Figurati, non c’è di che. Ricordati che vi ho inserito nella lista a nome tuo, e i posti prenotati sono in prima fila. Adesso devo andare, o si chiederanno che fine ho fatto.
-          Aspetta, p-prima vorrei farti un’ultima domanda.
-          Ma certo, chiedi pure.
-          Come sta Joe? – Domando dopo aver preso un bel respiro.
Gli occhi della donna s’incupiscono di colpo, cosa che mi fa a dir poco preoccupare.
-          Joe… beh, diciamo che questo non è uno dei suoi periodi migliori.
-          Denise è… è tutta colpa mia, io… – Balbetto, depressa. Mi fa male al cuore sentire queste parole.
-          No, non devi darti la colpa, sono cose che capitano. Qualunque cosa sia successa, sono convinta che la risolverete, non importa tra quanto. Non torturarti, sono cose che capitano a tutti.
Mamma Jonas mi abbraccia di nuovo ed io la ringrazio, scombussolata, poi ci salutiamo ed io torno dai miei amici. 



Buon anno a tutti, splendori !!
Com'è stato il vostro capodanno ? :3
Questo capitolo l'ho scritto con una velocità ed una semplicità inaudite, strano ma vero.
Gradirei ricevere i vostri pareri,
Distinti saluti.
-Giuls; (?)
lol

Un bacio a tutti !!
xx

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Capitolo 25
*** Cap. 25 ***


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-          Signorina, lei è nella lista?
-          Sì: Jacobs. – Rispondo mostrando i cinque biglietti.
L’uomo di colore, alto e magro che indossa uno smoking scorre velocemente la lista con lo sguardo, per poi sorridermi con una perfetta fila di denti bianchi.
-          Entrate pure.
Il teatro è enorme, molto elegante, e davanti ai nostri occhi torreggia il grande palco, nascosto da dei drappi di velluto rosso.
Io ed i ragazzi andiamo ad occupare i nostri posti, e nell’attesa che lo spettacolo cominci mi guardo un po’ intorno: il pubblico è davvero molto numeroso e la maggior parte sono ragazze, come avevo previsto. Alla mia sinistra sono seduti i miei amici e alla mia destra altri spettatori sconosciuti. Perlustrando con lo sguardo la nostra fila scorgo Denise la quale, contemporaneamente, si volta a guardarmi e ci scambiamo un sorriso eccitato. La mia attenzione poi si sposta verso qualcuno che mi sta fissando; infastidita, oriento lo sguardo su di lui per chiedergli, con la mia solita finezza, cos’ha da guardare di così tanto interessante, ma le parole mi muoiono in gola appena i nostri occhi s’incontrano. Joe.
Interrompo subito il contatto visivo guardando il grande palcoscenico, attendendo l’inizio dello spettacolo, mentre il mio cuore batte all’impazzata.
Che cretina, sono stata talmente concentrata su Nicholas che non mi sono neanche posta il problema che forse lui sarebbe venuto a vedere realizzarsi il sogno di suo fratello. Sono un’idiota, idiota e basta.
Finalmente si spengono le luci e la messa in scena comincia. Nick è bellissimo, come al solito, e la sua voce, poi, fa accapponare la pelle.
Al momento del bacio non posso non piangere ancora di più di quanto già non stia facendo, ammaliata e commossa; cosa che si ripete fino alla fine.
Una volta riaccese le luci ci alziamo tutti in piedi per applaudire, gli applausi sono talmente tanto fragorosi che rimbombano in tutto il teatro. Mi volto verso Val e noto che anche lei ha il volto rigato dalle lacrime.
-          E’ stato bel-lis-si-mo! – Esclamo, ancora tremante. – Dai, andiamo a salutarlo.
Velocemente ci dirigiamo verso una piccola porticina alla sinistra del palco, sorvegliata da un grosso uomo muscoloso e pelato.
-          E voi dove credete di andare? – Ci domanda con la sua voce roca.
-          Salve. – Rispondo io mostrandogli i pass, con finta cordialità.
Lui ci apre la porta e ci permette di entrare negli spaziosi camerini.
Mentre io perlustro la stanza, mi complimento con tutti gli attori che mi capitano a tiro, sincera. Finalmente scorgo il riccio accerchiato dalla sua famiglia e ci dirigiamo verso di lui.
-          Eccolo qui, il Marius più bello e bravo nella storia del teatro! – Esclamo, raggiante. Tutti si voltano nella mia direzione, sorpresi, e Joe azzarda un passo in avanti, ma io lo ignoro e corro tra le braccia di Nicholas.
-          Hey, piccoletta, che diavolo ci fai qui? – Mi domanda ridente.
-          Che domande, sono venuta a sostenerti! Non potevo certo mancare ad un evento così importante.
-          Dio, non sai quanto sono felice di vederti! Mi sei mancata da morire.
-          Anche tu, Nicky. Ma come diavolo ho fatto a stare così tanto senza di te… senza di voi? – Domando riferendomi anche a Kevin, il quale abbraccio gioiosamente. Dopo di lui è il turno di Danielle, Paul, Frankie, Denise e infine…
-          Ciao, Joe. – Mormoro guardandolo, improvvisamente giù di morale.
-          Ciao. – Risponde lui, con gli occhi umidi.
 
 
***
 
 
-          Possiamo parlare? Ti prego. – Sussurra Joe al mio orecchio, prendendomi per un braccio.
Io lo accontento, agitata, e ci spostiamo nella sala deserta. Ci accomodiamo su due poltrone di velluto rosso, l’uno accanto all’altra.
-          Spiegami perché hai voluto allontanarti da me. – Mi dice. Nella sua voce c’è tanta, troppa sofferenza.
-          L’ho fatto p-perché mi stavo affezionando troppo a te. – Mormoro guardandomi le scarpe, già sul punto di piangere.
-          C-che significa?
-          Significa che ho paura, Joe. La mia vita è stata tutta una delusione, mi sono legata a persone che mi hanno fatta star male, e non voglio soffrire di nuovo. Ciò che provo per te è troppo forte, non voglio che prenda il sopravvento.
-          Perché dovrei deluderti? Morirei pur di non farti del male, lo sai. – I suoi occhi sono puntati sul mio viso e la sua voce si sta facendosi irritata.
-          Non sei tu il problema, sono io. Io ti deluderò, io ti farò del male. Tu non farai niente. – Ribatto guardando i suoi occhi umidi.
-          Ma chi ti dice che sarà così? Andava tutto bene fin ora…
-          Io non sono la persona giusta per te! – Esclamo interrompendolo e alzando la voce, la quale rimbomba per tutto il teatro.
-          Stronzate. Sono io a decidere chi è giusto per me e chi no! Se non ti ho ancora lasciata perdere ci sarà un motivo, non credi? – Adesso anche lui ha cominciato a gridare. Fantastico.
-          Okay, vuoi sapere tutta la verità su di me? Io bevo, fumo, mi faccio le canne, non credo in Dio e non lo rispetto, non m’interesso di niente e nessuno, mi diverto portandomi a letto persone che neanche conosco, massacro la gente di botte e in molti mi considerano anche una vandala. Pensi ancora che sia la persona giusta per te?
-          Sì, sì, lo sei e lo sarai sempre! Non m’interessa quello che mostri agli altri, ma quello che mostri a me! Quando stiamo insieme sei tutt’altra persona. La Giulia che conosco e che amo è quella dolce, sorridente, sempre allegra e gentile. A me basta vedere questi pregi, del resto non m’importa.
-          Importa a me! Cazzo, Joe, perché non vuoi capire? Finiremo per soffrire e basta, ed io non voglio. Lasciami andare, ti prego.
Mi alzo col volto rigato dalle lacrime, ma prima che possa andarmene lui mi afferra per un braccio costringendomi a voltarmi verso di lui.
-          Che dici, forse soffriremo di più stando lontani, no?
-          Ti ci abituerai. – Rispondo con voce tremante, liberandomi dalla sua presa  per tornare dagli altri. Prima di aprire la porta mi asciugo le lacrime e cerco di rilassarmi un po’, con scarsi risultati.
 
 
***
 
 
-          Giuli, ti va di venire con me? – Mi domanda Nick una decina di minuti più tardi.
-          Dove? – Gli chiedo.
-          A fare una passeggiata. – Mi risponde lui sorridendomi. Io acconsento, ricambiando il suo bellissimo sorriso.
Insieme usciamo dal camerino, mano nella mano. I miei occhi vagano per la sala ma di Joe non c’è traccia, cosa che mi preoccupa un po’.
Fuori dal teatro troviamo delle fans speranzose di incappare in almeno uno dei tre fratelli, così Nicholas dedica loro un po’ di tempo firmando autografi e scattando fotografie.
Il riccio mi porta in un grande parco poco illuminato e ci sediamo su una panchina. Quasi automaticamente comincio a sfogarmi sugli ultimi avvenimenti con Joe, come una fontana, un vulcano che aveva disperatamente bisogno di eruttare. È impressionante la facilità con la quale riesco ad aprirmi con Nicholas. Nonostante il mio bisogno di liberarmi, però, non riesco a dirgli il vero motivo per il quale ho voluto allontanarmi da suo fratello.
-          Sei fantastica! – Esclama lui improvvisamente, lasciandomi un bacio su metà bocca. Io mi volto verso di lui, sorpresa di quel gesto, ma prima che possa fare o dire qualsiasi cosa, le nostre labbra sono già incollate in un bacio dolce e inaspettato.
-          N-Nick… – Mormoro, senza trovare la forza di allontanarmi da lui di un millimetro.
-          Shhh. – Sussurra lui approfondendo il bacio. Dolcemente mi stringe il viso tra le sue grandi mani calde, mentre la sua lingua s’intreccia con la mia.
Un fruscio alle mie spalle riesce a riportarmi alla realtà, facendomi voltare e pentirmene amaramente: Joseph è in piedi davanti a noi, incredulo, pietrificato, ferito.
Il terrore si propaga dentro di me, immobilizzandomi. Nessuno di noi tre proferisce parola finché Joe non corre via, subito seguito da me. Mentre corro il mio cuore pompa all’impazzata, rischiosamente, tanto da farmi male, ma riesco comunque a raggiungere il moro ed afferrargli un braccio in modo che si volti. Tutto ciò solo per ricevere uno sguardo talmente pieno d’odio da farmi addirittura pentire di aver accettato questa vacanza.
-          Joe… – Mormoro, terrorizzata.
-          Cos’è che mi hai detto prima? ‹‹Mi sto affezionando troppo a te, non sono la persona giusta per te…›› Brava, complimenti. Prima fai di tutto per farmi capire che non vuoi più avere niente a che fare con me e poi ti trovo a sbaciucchiarti con mio fratello. Avresti potuto dirmelo subito che c’è qualcosa tra di voi, forse avrebbe fatto meno male.
-          Ma no, Joe, hai frainteso…
-          Basta. Zitta. Non voglio ascoltarti, mi fai schifo.
Joseph libera il suo braccio dalla mia presa e scappa via, lasciandomi lì tra le lacrime.
Lentamente mi dirigo al teatro dove, fuori da esso, trovo i miei amici e la famiglia Jonas, in attesa del nostro ritorno.
-          Tesoro, dove sono Joe e Nick? – Mi domanda Denise, preoccupata.
-          Non lo so. – Sussurro.
Pochi secondi dopo, però, il riccio sbuca da dietro un angolo, diretto verso di noi.
-          Andiamo via. – Mormoro ai miei amici, esausta.
 
 
***
 
 
-          Giuli, ci sono visite. – Mi dice Chris il mattino successivo, bussando alla porta della camera. A quelle parole, il mio cuore comincia a battere all’impazzata, fin quando sulla soglia non compare Nicholas.
-          Ciao. – Mormora sedendosi sul letto, accanto a me.
-          Nick… Mi dispiace tanto per ieri sera, era la tua serata ed io ho rovinato tutto. Sono così mortificata.
-          Ehi, non è colpa tua. Al limite è colpa di mio fratello: se non ci avesse seguiti, non ti avrei baciata.
-          E perché mai l’avresti fatto?
-          Perché so qual è il vero motivo per il quale ti sei allontanata da lui, e volevo fargli provare ciò che hai provato anche tu.
-          Ma Nick, non dovevi farlo, Joe è tuo fratello.
-          Non m’importa. Ti ha fatta star male, quindi se l’è meritato.
-          Non dovresti parlare così. Chi ti ha detto il vero motivo per il quale abbiamo rotto? Kevin?
-          No, non me l’ha… Ehi, cos’è questa storia che a Kevin hai detto tutto e a me no? – Domanda, stizzito.
-          Scusami. – Rispondo ridacchiando. – Nicky, mi canti una canzone? – Domando abbracciandolo.
-          Una canzone?
-          Sì, una qualsiasi.
 
Another foggy night in London town
where all the dreams are asleep.
No one understands what I’ve found,
no, not even me…

THE END ?


Non odiatemi, vi prego.
Non potete capire la gioia che sto provando nel vedere questo capitolo pubblicato. Addirittura mentre lo scrivevo, piangevo. Sono passati secoli da quando quest'idea si fece spazio tra i miei neuroni (pochi, ma... no, neanche buoni.) e vederla finalmente uscire dal cartaceo per essere battuta al computer è una gioia immensa. Ciò significa che sto realizzando il mio sogno, ed è solo merito vostro.
D'accordo, basta sdolcinatezze.
Volevo solo dirvi che per adesso sono ferma, perché la febbre mi tiene inchiodata al letto. èwé
Vi mando un bacio, sperando che non v'infetti. (?)
xx

-Giuls;

PS: ho aggiunto il banner, che ve ne pare ? L'ho fatto tutto da sola con le mie manine fatate ed è la mia primissima volta, quindi non preoccupatevi di nascondermi la verità, dite pure quanto vi fa schifo. ;)

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Capitolo 26
*** Cap. 26 ***


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Luglio 2010
 
Rileggo i messaggi di qualche settimana fa, col sorriso stampato sulle labbra, mentre mi torna alla mente la nostra prima conversazione al telefono. Non so bene come sia successo tutto ciò, è una situazione nella quale non avrei mai pensato di trovarmi, eppure, inaspettatamente, è successo.
Sono distesa sul divano, avvolta nella semioscurità, col ventilatore acceso accanto a me. Fa davvero tanto, troppo caldo, e non vedo l’ora che sia sabato per passare il weekend al mare con Christian, Val, Mattia e Mirco. Ho proprio bisogno di staccare dal lavoro.
In America dovrebbero essere le otto del mattino, perciò decido di inviare un messaggio:
 
Buongiorno piccola, come stai?
 
Non molto dopo ricevo la risposta:
 
Sto benissimo… Perché non hai ancora aperto la porta?
 
Cosa? Mi alzo controvoglia dal divano, diretta alla porta d’ingresso. Sono consapevole che, una volta aperta, davanti ai miei occhi vi sarà soltanto un atrio vuoto, ma decido comunque di assecondare la demenza di quella ragazza.
Davanti ai miei occhi c’è una bellissima donna dai capelli corvini e il sorriso mozzafiato. Non posso crederci, è sicuramente un’allucinazione.
-          Dem, che diavolo ci fai qui? – Esclamo saltandole addosso.
-          Sorpresa! – Risponde lei ricambiando l’abbraccio.
-          Io… Io pensavo che fosse uno scherzo. – Farfuglio, stordita. Demi, la mia Demi è qui, quasi non riesco a crederci. – Mio dio, avevo così tanta voglia di vederti.
La faccio accomodare in casa, prendendo le sue valigie.
Pochi giorni dopo il mio rientro a casa dalla vacanza a Londra, ricevetti una chiamata: era Demi, che si scusava per essersi comportata male con me. Mi disse che l’aveva fatto solo perché era gelosa di Joe e del rapporto che lui ed io avevamo, mi ringraziò perché diceva che era solo grazie a me se loro due sono stati insieme, e mi disse che avrebbe voluto conoscermi meglio, perché era stata troppo precipitosa nei miei confronti. Ho sempre ammirato Demi come artista, ma, conoscendola, ho trovato una persona splendida e un’amica fidata.
Dopo quella telefonata, abbiamo cominciato a sentirci quasi tutti i giorni, e abbiamo legato moltissimo. Entrambe, per un motivo o l’altro, soffriamo per via di Joe, così ci facciamo forza a vicenda.
-          Che diavolo hai combinato al braccio?! – È la prima cosa che mi domanda la ragazza. Prima che possa risponderle, Christian compare sulla soglia del soggiorno con indosso una canottiera e dei pantaloncini corti, come me.
-          Chris, guarda chi è venuto a trovarci! – Esclamo.
I due si scrutano per un attimo, finché Chris non azzarda qualche passo verso di noi.
-          Lei… lei è… Demi Lovato? – Mormora, cercando di capire se sia vera oppure di plastica.
-          Sì. – Gli rispondo con un sorriso.
-          Piacere, Christian. – Le dice lui porgendole la mano. Lei risponde al gesto, presentandosi a sua volta. I due non smettono un attimo di squadrarsi.
Improvvisamente mi sento di troppo, fuori posto. I loro sguardi sono pieni d’intesa, è come se ci fosse dell’elettricità che li circonda.
Oh, allora è così che sembravamo io e Joe quando eravamo insieme…
Il pensiero che si è fatto spazio nella mia testa mi deprime di colpo, perciò io giro la testa per non far vedere i miei occhi umidi e per non essere invadente nei confronti di Christian e Demi.
 
 
***
 
 
Due settimane dopo.
 
-          A che pensi? – Mi domanda Demi, vedendomi immobile sul divano, con aria assorta.
-          A quello che mi ha detto oggi la preside. – Rispondo.
-          Giuls, secondo me è un’ottima opportunità, dovresti accettare. – Mi dice sedendosi accanto a me.
-          Sì, ma non penso di potercela fare a stare un anno senza i miei amici. – Mormoro.
-          Ehi, un anno non è tanto, vedrai che passerà così velocemente che neanche te ne accorgerai.
-          Ne sei sicura?
-          Tesoro, stai parlando con una che è continuamente fuori casa, per un motivo o per l’altro. – Risponde la mora, sorridendomi.
Ieri mi è arrivata una lettera dalla preside della mia scuola, la quale chiedeva un colloquio urgente con me. Oggi mi ha detto che ho la possibilità di passare il mio ultimo anno scolastico a Londra, che la scuola provvederà a pagarmi il viaggio, l’affitto di un appartamento e che penseranno a trovarmi anche un lavoro.
È un’offerta che non posso rifiutare, ma non riesco a pensare di stare lontana dal mio gruppo per così tanto. Ho tempo fino a domani per pensarci, dopodiché dovrò dare una risposta.
-          Che altro c’è? – Mi domanda, cogliendomi di sorpresa.
-          Niente, perché? – Ribatto, colta alla sprovvista.
-          Non è vero.
-          Okay, è solo che non riesco a smettere di pensare a Joe. – Ammetto. – Ma forse non dovrei parlarne con te.
-          Aspetta un attimo. – Mi dice.
Demi si alza, diretta verso lo stereo. Lo accende, scegliendo una canzone di Lady Gaga, e mi tende la mano. Io allora mi alzo e cominciamo a ballare e a ridere, spensierate.
Continuiamo a divertirci per un po’, fin quando io non la trascino sul divano, a sedere sulle mie gambe.
-          E tu che hai? – Le domando notando il suo sguardo leggermente cupo.
-          Non lo so… Credo che mi piaccia una persona…
-          Davvero? E chi sarebbe il fortunato? – Le chiedo, curiosa.
-          Fortunato? I protagonisti di una storia impossibile non sono mai fortunati. E comunque a lui non piaccio. – Mormora.
-          Ehi, chiunque abbia l’onore di essere amato da te deve ritenersi fortunato! E che ne sai che lui non ricambia?
-          Lo so e basta. – Risponde posando la testa sulla mia spalla.
-          Comunque quella frase dovresti usarla in una canzone. – Le dico, cambiando discorso.
-          Quale frase?
-          Com’è che hai detto? “I protagonisti di una storia impossibile…”
-          “…non sono mai fortunati”.
-          Non sempre è vero, però. Prendi come esempio me e… No, lascia perdere. È un esempio pessimo. – Mormoro, rabbuiandomi. Il mio tentativo di darle speranza è andato a puttane.
-          Ti manca? – Mi domanda lei.
-          Troppo. – Ammetto. – Ma non stavamo parlando di lui. Insomma, mi dici chi è?
-          Christian. – Dice, arrossendo.
-          Ah… – Mi limito a rispondere. Non sono mai riuscita a leggere quel ragazzo, non ho mai intuito i suoi pensieri, talmente è misterioso, perciò non ho idea di quali siano i suoi sentimenti verso la mora. – Sei fantastica. – Le dico dopo un secolo di silenzio.
-          Certo, fantastica… – Mormora lei.
I nostri occhi s’incrociano, ed io ne rimango incantata.
-          Sei bellissima. – Mormoro, giocando con una ciocca dei suoi capelli.
Prima che possa rendermi conto delle mie stesse azioni, la bacio. Non so perché lo sto facendo, ma ormai è troppo tardi.
Dopo un attimo di esitazione, lei ricambia il bacio, e la sua lingua si fa strada nella mia bocca, per cercare la mia. Le sue labbra dolci e morbide sanno di pesca, mi annebbiano la mente.
Perché l’ho fatto? Ma soprattutto: perché lei lo sta facendo?
Le nostre lingue s’intrecciano, bramose l’una dell’altra, mentre io prendo il viso della mora tra le mie mani.
Credo di non aver mai ricevuto un bacio così bello.
 
 
***
 
 
Ottobre 2010
 
-          Giulia, puoi portare queste ordinazioni al venticinque? – Mi domanda Sean, il mio collega, un ragazzo non molto alto, biondo, con gli occhi tra l’azzurro e il verde. Non è bellissimo, ma è davvero molto simpatico.
-          Certo. – Gli rispondo, affrettandomi ad eseguire gli ordini.
L’ho fatto: ho accettato l’offerta della preside. Sono a Londra da più di un mese, e la scuola e il lavoro mi tengono così impegnata che non ho tempo di pensare alle persone che ho lasciato in Italia, a Demi o a Joe.
Io e lei siamo partite insieme, lo stesso giorno. Due settimane dopo il nostro bacio, lei e Christian si sono messi insieme, e, per me, è stata una gioia immensa.
Da quanto mi è stato raccontato, il giorno della partenza lei ha provato a lasciarlo, ma ci ha rinunciato quando il ragazzo le ha fatto capire che la distanza non avrebbe impedito loro di stare insieme.
A distanza di un mese, la sua promessa è ancora in piedi.
-          Ehi, che ne dici se dopo il lavoro ci beviamo una birra insieme? – Mi domanda il biondo.
-          Mi piacerebbe, Sean, ma devo studiare. La prossima volta, okay? – Gli rispondo.
Lui mi sorride, annuendo.
 
Una volta tornata a casa, accendo il PC per lavorare ad una ricerca sull’Inghilterra dell’Ottocento. Prima, però, apro Facebook per controllare le notifiche.
Trovo la bacheca intasata di un solo argomento: Demi. Demi è entrata in rehab.
“Autolesionismo”, “bipolarismo” sono le parole che più mi colpiscono leggendo gli articoli. Che cretina che sono stata, come diavolo ho fatto a non accorgermene?
Recupero velocemente il cellulare e compongo il numero della ragazza. Niente, squilla a vuoto, perciò decido di inviarle un messaggio:
 
Dem, tesoro, ho appena saputo… Perché non me l’hai detto? Avrei potuto aiutarti, lo sai. Dio, mi sento talmente in colpa, avrei dovuto accorgermene. Ti fanno tenere il cellulare là dentro? Ti prego, fammi avere tue notizie, ho bisogno di sentire la tua voce e sapere che stai bene. Ti voglio bene, piccola, sii forte.
 
In questo momento mi sento totalmente inutile. Lei aveva bisogno d’aiuto, ed io non me ne sono accorta. Perché a lei, alla ragazza più bella e dolce del mondo? Non se lo merita, affatto. Ho così paura per lei, quanto la terranno chiusa lì?
 
 
***
 
 
Gennaio 2011
 
Dopo tre mesi, Dem è finalmente uscita dal rehab. Non ha mai risposo a nessuno dei messaggi che le inviavo ogni giorno, ma oggi, durante una lunghissima conversazione al telefono, mi ha spiegato che non poteva avere contatti col mondo esterno. Mi è mancata da morire, e sentire la sua solita voce allegra e finalmente sincera, ha dato forza anche a me.
Questi tre mesi sono stati difficili per tutti, anche per Chris. Nonostante i problemi di Demi, però, lui le è stato vicino ugualmente. Non lo avevo mai visto così.
 
 
***
 
 
Luglio 2011
 
L’aereo è appena partito, finalmente si torna a casa!
Teoricamente sarei dovuta tornare due settimane fa, ma i ragazzi del college con i quali ho fatto amicizia mi hanno convinta a fare una vacanza insieme a loro, al mare e in giro per l’Inghilterra in camper. È stata un’esperienza splendida, ci siamo divertiti da morire. Non dimenticherò tanto facilmente quei ragazzi.
 
All’aeroporto trovo una sorpresa: Christian, Val, Mattia e Mirco sono venuti a prendermi. Volo subito tra le loro braccia, stringendoli forte.
-          Ragazzi, mi siete mancati da morire! – Esclamo, in lacrime.
-          Giuli, che… che diavolo hai combinato? – Mi domanda Chris, squadrandomi da capo a piedi.
-          Perché? Non ti piaccio? – Gli domando sbattendo le ciglia a mo’ di civettuola.
Devo dire che in questo anno non mi sono risparmiata nei cambiamenti: ho accorciato leggermente i capelli, ho tatuato tutto il mio braccio destro e mi sono cosparsa di piercing: Navel, Septum, Medusa, Lateral Labret ed Eyebrow.
Analizzo le espressioni dei ragazzi: Mattia è schifato, Mirco è sconvolto, Chris fa finta di essere orripilato e Val è entusiasta. Oh, almeno una su quattro è dalla mia parte.
-          R-ragazzi, devo dirvi una cosa. – Mormoro, cambiando discorso. – Io… tra qualche giorno parto di nuovo, torno in America.
Tutti mi guardano, sconvolti.
-          Giuli, sei appena tornata… – Dice Val.
-          Lo so, ma voglio andare a riprendere quello che ho perso.
-          Vengo anch’io! – Esclama Chris.
-          Che cosa? – Domando, colta alla sprovvista.
-          È quasi un anno che sto tenendo da parte i soldi per questo viaggio. Devo andare in America, Giuli.
I suoi occhi si scontrano con i miei, ed io capisco all’istante: Demi.
Entusiasta, lo stritolo in un abbraccio.


Yo yo yo, sono tornata ! (?)
Allooooora, che ne pensate di questo capitolo ? C'è un motivo per il quale fa così schifo: inizialmente non doveva esistere, ma ho preferito aggiungere questa specie di riassunto per spiegare un po' la situazione e non dover trovarmi a farlo nei prossimi capitoli.
Se devo essere sincera, stavolta non mi dispiace di aver fatto ritardo, perché l'ho fatto di proposito. lol
Dem e Giulia sono diventate bestfriendsforevah (?), contente ? :D
Giuro che il fatto di aver pubblicato un capitolo dove parlo del rehab, lo stesso giorno che la mia Devonne uscì da lì, è del tutto casuale. <3
PS: #TwoYearsThatSheIsStrong
Che ne pensate della nuova Giulia ? A mio modesto e assolutamente non di parte parere, la trovo molto mlmlmlmlmlmlml ahah.
Scrivetemi i vostri pareri, su su !
Alla prossima, splendori.
Un bacio grande,
xx


-Giuls;

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Capitolo 27
*** Cap. 27 ***


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L’hostess ci annuncia che sta per iniziare il decollo, e le luci sopra la nostra testa col simbolo delle cinture di sicurezza si accendono.
L’agitazione comincia a impadronirsi di me, sento il cuore tambureggiare violento contro il mio petto e sto iniziando a sudare. Lancio un’occhiata verso Christian, il quale pare addirittura più nervoso di me.
-          Chris, che c’è? – Gli domando.
-          Niente, sono solo un po’ nervoso.
-          Non ti credo. Parla. – Gli ordino, minacciosa.
-          Niente, davvero. È che non la vedo da così tanto… Non riesco ancora a credere che tra poco la rivedrò, mi è mancata così tanto… – Lo osservo mentre parla: i suoi occhi si sono improvvisamente accesi, gli trema perfino la voce ed un sorriso ebete è apparso sul suo volto. Non mi aveva mai raccontato cose del genere.
-          Sei innamorato di lei? – Gli chiedo, cautamente.
-          Sì. Lei è riuscita a farmi dimenticare Alessia, è l’unica. Non mi sono sentito mai così bene come con lei.
-          Ti capisco, sai? Joe mi ha fatto lo stesso effetto che Demi ha fatto a te.
-          Lo ami? – Mi domanda lui, a bruciapelo.
Lo amo?
-          Non lo so… – Sussurro, abbassando lo sguardo.
-          Non mi basta come risposta. – Insiste lui, imperterrito.
-          Credo… Credo di sì. – Mormoro. – Chris, secondo te sto facendo bene ad andare da lui?
-          Sinceramente non lo so… È passato più di un anno, non so come la prenderà. – Mi dice lui mentre l’aereo comincia il suo brusco atterraggio, perdendo quota.
-          Quindi… quindi dici che le mie speranze sono poche?
-          Non ho detto questo. Lui era cotto di te, forse, grazie a questo gli risulterà più facile perdonarti.
-          Chris, lui n-non era cotto di me. – Mormoro, rabbrividendo.
-          Smettila, sei l’unica che non se n’è mai accorta. Lui ti ha sempre adorata, e tu ami lui. Non penso che i suoi sentimenti siano cambiati, sai?
-          Chris, t-ti prego… Per lui ero solo un’amica, niente di più. – Perché? Perché diavolo Christian mi sta facendo questo?
-          Sai come ti ha definita una volta? – Mi domanda lui, sospirando. – Mi ha detto che per lui eri il suo faro, l’unica persona della quale non si dimenticherà mai, colei che gli ha illuminato la vita. Ti pare poco?
-          Chris, v-voi avete… parlato di me? – Gli domando con un filo di voce, alzando il capo per poi accorgermi di avere le guance rigate dalle lacrime.
-          Sì, lo facevamo spesso, ma non ti racconterò cosa ci siamo detti. – Mi dice con un sorriso.
-          Non voglio saperlo. – Ribatto, e una parte di me sa che è vero.
 
 
***
 
 
-          Vuoi che venga con te? – Mi domanda Chris, una volta usciti dall’aeroporto.
-          No, è una cosa che voglio fare da sola, tu va’ da Demi. – Gli rispondo con voce tremante.
-          Okay. Buona fortuna, allora. – Mi dice il moro, abbracciandomi.
-          Grazie… – Mormoro. – Salutami Dem.
-          Lo farò.
Montiamo entrambi su due taxi diversi, pronti a raggiungere le persone che amiamo.
Dopo venti, interminabili, strazianti minuti di viaggio, arrivo a destinazione. Tremante, pago il tassista e scendo dall’auto, scaricando le valigie.
Calmati. – Continuo a ripetermi. – Cazzo, calmati.
Sverrò o avrò un infarto, ne sono sicura. Non pensavo che una persona potesse essere così nervosa.
E se… se Joe non mi volesse più? Se mi avesse dimenticata? È passato troppo tempo dall’ultima volta, come posso solo sperare che lui voglia rivedermi? Cosa sto facendo qui?
I miei pensieri vengono interrotti dal mio cellulare: è un messaggio da parte di Chris.
 
Conoscendoti, so che ti stai tirando indietro. NON LO FARE. Prendi forza e bussa a quella porta, non pensare alle conseguenze. Carpe diem, Giuli.
 
Un sorriso impercettibile compare sul mio viso, leggendo quelle parole. Il mio dito tremante si posa sul campanello e lo preme delicatamente.
Trattengo il fiato mentre aspetto che la porta si apra. Un secolo, oppure pochi attimi dopo, questa si apre, rivelando una bellissima ragazza con indosso solo una camicia da uomo. La osservo: occhi verdi, lunghi capelli castani, fisico da urlo, decisamente più grande di me. E adesso che faccio?
-          Ciao. – Mi dice lei sorridente, scrutandomi. – Cerchi Joe?
-          Sì. – Mormoro, spaesata.
-          Stai bene? Vuoi entrare? – Mi domanda la ragazza, preoccupata.
-          Sto bene. Preferisco aspettarlo qui.
-          D’accordo, vado a chiamartelo. Comunque io mi chiamo Blanda. – Mi dice porgendomi la mano, cordiale.
-          Giulia. – Ribatto, ricambiando il gesto.
Mentre aspetto, cerco di darmi un contegno. Sono sconvolta. Chi è quella ragazza? Che ci fa qui, mezza nuda?
La sua voce arriva chiaramente alle mie orecchie, come se fosse dietro di me:
-          Amore, ti stanno cercando.
Amore… No, no, no. Lo sapevo che non dovevo venire.
Davanti ai miei occhi, quasi improvvisamente, compare… lui. Capelli corti, rasati dai lati, un filo di barba. Indossa solamente un paio di jeans.
Il mio sguardo si sofferma sui suoi occhi, le sue magnifiche, disarmanti, sconvolte trappole color nocciola.
Mi si mozza il fiato, e i battiti del mio cuore accelerano in modo allarmante. È bello come il sole, come ho fatto a stare senza di lui per un intero anno?
-          Joe… – La mia voce è un soffio impercettibile, ed io non riesco a distogliere lo sguardo dai suoi occhi.
-          Che ci fai qui? – Il suo tono è freddo, rude, e mi riporta alla realtà.
-          Io… Io v-volevo… Perdonami, non pensavo che avessi compagnia. Scusa se vi ho disturbato… Me ne vado. – Farfuglio.
La mia mente è annebbiata, non riesco più a ragionare, a formulare una frase di senso compiuto. Senza saper dare una spiegazione ai miei gesti, giro i tacchi, afferro le mie valigie e mi affretto ad andarmene.
-          Giuli, stai scappando di nuovo.
La sua voce mi penetra nelle ossa, facendomi bloccare. Si è leggermente addolcito, e non passa inosservato il nome che ha usato per chiamarmi: “Giuli”, e non “Giulia”.
Lentamente mi volto, tornando a guardarlo.
-          Joe… Mi dispiace, da morire. Sono stata una cretina, non riesco a non odiarmi per ciò che ti… ci ho fatto. Ho agito quasi senza pensare, solo perché ero, in qualche modo, delusa da te. No, forse delusa non è neanche la parola adatta, ma è difficile da spiegare. Lo so, non è la spiegazione che ti aspettavi e che ti meriti, sono consapevole di essere patetica e non so neanche perché sono qui adesso, a disturbarti mentre in casa hai una bellissima ragazza che ti aspetta. – Mi fermo un attimo per riprendere fiato, cercando di dare un senso alle mie parole. – Oddio, sto parlando a vanvera. È questo l’effetto che mi fai, Joe. Volevo dirti che mi dispiace, la mia vita non è più la stessa senza di te, e… mi manchi. Tanto.
Perché non dirgli direttamente che sono innamorata di lui, a questo punto! – Mi rimprovero mentalmente.
Improvvisamente, senza pensare, lo abbraccio.
Ho bisogno di inspirare di nuovo il suo profumo, di sentire il battito del suo cuore, la mia pelle bruciare al contatto con la sua.
È un abbraccio breve, ma carico di elettricità, d’intesa, dove, però, lui non muove un muscolo.
Mi allontano da lui, con le lacrime che minacciano di far capolino dai miei occhi, e afferro le valigie.
-          Ciao, Joe. Spero che saprai perdonarmi, un giorno. – Mormoro, per poi andarmene.
 
 
***
 
 
È sera, sono distesa sul letto, stretta al cuscino e singhiozzante.
Lo sapevo, lo sapevo che stavo facendo una cazzata. Mi ha dimenticata, dovevo immaginarmelo. Sono stata un’idiota ad andarmene. Per cosa, poi? Solo per la mia stupida gelosia. Mi sono fatta scappare un ragazzo d’oro, e questa è la mia punizione.
All’improvviso, sento dei battiti leggeri contro la porta, che mi riconducono alla realtà. Lentamente mi alzo per andare ad aprire, pensando che siano Christian o Demi.
Davanti ai miei occhi, invece, c’è lui: Joe, in tutto il suo splendore.
Indossa una maglia grigia e una giacca di pelle marrone scuro. I suoi capelli sono scompigliati e i suoi occhi brillano di… sollievo? Gioia? Non saprei decifrarlo.
-          Non puoi capire quanto tempo mi ci è voluto per trovare il tuo albergo. – Mi dice, prima ancora che possa realizzare che lui è davanti a me. Ammutolita, mi scosto dalla soglia per permettergli di entrare, e chiudo la porta alle sue spalle. – Sei… diversa. – Mormora.
-          Sono sempre io, Joe… – Rispondo con un fil di voce. Perché è venuto?
-          Ti ho aspettata tanto… – Sussurra, senza mai staccare gli occhi da me. – Avevo perso le speranze, ma poi… poi ti ho vista, davanti a me, ed io… – Si passa una mano tra i capelli, senza continuare la frase. – Perché mi hai lasciato?
-          Stavo… stavo male, Joe. Mi stavo affezionando troppo a te e credevo che non fosse una buona idea. Ho sofferto tanto nella mia vita, non volevo che accadesse di nuovo. Sono stata una stupida, non avevo capito che tu non mi avresti mai fatto del male.
-          L’hai capito, adesso? – Mi domanda. I suoi occhi sono velati di dolcezza, fanno male.
-          Sì. – Mormoro. – E quel bacio tra me e Nick non significava niente, davvero. Non so perché l’abbia fatto.
-          Lascia perdere. – Mi dice, rabbuiandosi. – Ti ho aspettata per un anno intero…
-          Lo so, Joe. – Sospiro, interrompendolo. – Te lo giuro, avrei voluto tornare da te immediatamente, ma avevo bisogno di tempo per pensare e non volevo prendere di nuovo una decisione troppo affrettata. Tu sei la mia felicità, quei mesi con te sono stati i migliori della mia vita.
Lui se ne sta davanti a me, immobile. Un silenzio carico di elettricità è piombato su di noi, èd è insopportabile. Vorrei fare o dire qualcosa, qualsiasi cosa, rompere la barriera che c’è tra di noi, ma non posso, devo aspettare che sia lui ad agire.
Le lacrime minacciano di scendere dai miei occhi, ma tento di reprimerle. Sono già patetica così, non è il momento di ricominciare a piangere.
Inaspettatamente, lui mi afferra per lo scollo della canottiera e mi trascina a sé, stringendomi in un abbraccio disperato, soffocante. Tremando, avvolgo il suo bacino con le braccia, stringendolo a mia volta. Le lacrime hanno preso il sopravvento e scorrono copiosamente dai miei occhi.
-          Mi sei mancata così tanto. – Sussurra dopo un po’. – Non litighiamo più, ti prego. Non vivo senza di te.
Dopo minuti, o forse ore, il nostro abbraccio si scioglie, ma lui stringe le mie mani nelle sue, senza mai distogliere lo sguardo dal mio.
-          Perdonata? – Sussurro, azzardando un minuscolo sorriso.
-          Piccola, ti ho perdonata nel momento in cui sei apparsa davanti alla mia porta di casa. – Risponde con un dolce sorriso.
-          Ma dove lo trovo, io, un altro ragazzo come te? – Gli domando raggiante.
Ci sediamo sul letto a gambe incrociate, l’uno di fronte all’altra, e lui si toglie la giacca. Datemi un pizzico… Anzi no, voglio vivere per sempre in questo sogno.
-          Allora… cos’hai fatto in tutto questo tempo? – Mi domanda, giocherellando con le mie mani.
-          Sono stata in Inghilterra.
-          In Inghilterra? – Ripete, aggrottando la fronte.
-          Sì, la preside della mia scuola mi ha proposto di passare il mio ultimo anno di scuola laggiù, ed io ho accettato. Per questo è passato così tanto tempo dall’ultima volta che… che ci siamo visti.
-          Oh, wow. Ti sei divertita?
-          Abbastanza. Cioè, ho conosciuto persone fantastiche e abbiamo fatto cose strepitose, ma… – Mi fermo, incerta se continuare la frase oppure no.
-          Ma…? – Mi incita lui.
-          Ma non c’eri tu. – Mormoro, sorridendogli timidamente.
Lui ricambia il mio sorriso, raggiante, per poi bombardarmi di domande sul mio ultimo anno di vita. Vuole sapere davvero tutto: dalle persone che ho conosciuto, al college che frequentavo, il lavoro, gli esami… È quasi opprimente, ma è un’oppressione dolce, curiosa, che adoro.
-          Credo che sia ora di andare a dormire, immagino tu sia stanca. – Mi dice dopo quelle che sembrano ore, ed io annuisco.
-          Vuoi cambiarti? Posso darti qualche vestito di Chris, se vuoi.
-          Chris? – Mi domanda, corrugando la fronte.
-          Sì, è qui anche lui. – Gli rispondo, sorridente.
-          Scherzi? Quando diavolo avevi intenzione di dirmelo? – Esclama, raggiante.
-          Domani, immagino, tanto adesso non c’è.
Lui continua a guardarmi sorridente, così io mi alzo e frugo nella valigia del mio amico, tirando fuori una canottiera e i pantaloni di una tuta.
-          Vanno bene questi? – Gli domando.
-          Sì, ma se vuoi posso dormire anche nudo. – Mormora, facendomi l’occhiolino.
-          Non osare! – Esclamo, lanciandogli i vestiti e scoppiando a ridere insieme a lui.
Joe si chiude in bagno per cambiarsi, così ne approfitto per fare la stessa cosa, indossando una semplice t-shirt.
Sedendomi sul letto a gambe incrociate, controllo il cellulare e vi trovo due chiamate perse da parte di Chris ed un suo messaggio:
 
Giuli, tutto okay? Rimango a dormire da Demi, chiamami se ci sono problemi.
 
Senza che me ne accorga, un sorriso compare sulle mie labbra, mentre con un’altra occhiata al display mi accorgo che è notte fonda.
-          Cos’hai tanto da sorridere? – Mi domanda Joe.
-          Niente, è Chris. – Gli rispondo alzando lo sguardo su di lui, senza poter fare a meno di notare che, vestito così, è dannatamente sexy.
Mi alzo dal letto e scosto le coperte per poi infilarmici sotto, insieme a lui. Automaticamente mi raggomitolo sul suo petto e lui mi stringe a sé, per poi coprirci con i lenzuoli.
-          Comunque ho parlato sempre io. – Mormoro, per non rovinare l’atmosfera di pura pace che si è creata. – Tu cos’hai combinato in tutto questo tempo?
-          Niente di che. – Mi risponde, utilizzando il mio stesso tono. – Adesso sto lavorando al mio nuovo album…
-          Che cosa? – Lo interrompo, alzando lo sguardo sul suo viso.
-          Sì, l’uscita è prevista per ottobre, e a settembre comincerò il tour.
-          Joey, è fantastico! – Esclamo, raggiante. – Mi canti una canzone?
-          Mmh, no. – Mormora. Vorrei chiedergli il motivo, ma mi trattengo.
-          Però mi farai ascoltare le canzoni prima dell’uscita dell’album, vero?
-          Vedremo... – Risponde misterioso, dandomi un bacio sulla tempia. – Dormi, adesso. – Mi ordina spegnendo la luce.
 
 
***
 
 
Apro gli occhi, infastidita dalla luce che filtra dalla finestra. Intorno a me è tutto sfocato e devo sbattere le palpebre un paio di volte prima di mettere a fuoco.
La stanza in cui mi trovo è grande, luminosa, con le pareti giallo chiaro e dei quadri raffiguranti nature morte.
Mi accorgo con un tuffo al cuore che sono avvolta da due braccia forti e muscolose, e sto quasi per mettermi a piangere dalla gioia.
Mi giro con cautela per non svegliarlo, e trovo il suo dolce viso a pochi centimetri dal mio. Dio, è così bello! Osservo i suoi capelli scuri, forse troppo corti e scompigliati, le lunghe ciglia, il naso delicato, leggermente all’insù. E poi la sua bocca… quella bocca così bella, così invitante, leggermente socchiusa e tanto provocante.
Dorme serenamente, respira piano, ed io devo mordermi il labbro per resistere alla tentazione di baciarlo.
Quando alzo lo sguardo, incrocio quei due meravigliosi diamanti color nocciola che mi scrutano attentamente e il mio cuore salta un battito.
-          Buongiorno. – Mormora con la voce roca.
-          Buongiorno. – Rispondo a mia volta, senza riuscire a smettere di guardarlo negli occhi.
-          A cosa pensavi? – Mi domanda, curioso.
-          A quanto sei bello mentre dormi… – Gli dico con un filo di voce. Lui mi sorride timidamente, arrossendo, e mi lascia un lieve bacio sulla fronte.
-          Che ore sono? – Mi chiede.
Allungo un braccio per prendere il cellulare e controllare l’ora: le undici passate.
-          Merda! – Esclama.
-          Che c’è? – Gli chiedo, aggrottando la fronte.
-          Avevo un appuntamento in studio di registrazione, stamattina.
Si mette seduto sul letto e prende il suo Iphone per chiamare un certo Glen e dirgli che non gli era suonata la sveglia, poi si distende di nuovo, a pancia in su.
-          Hai intenzione di restare a poltrire sul letto tutto il giorno? – Gli chiedo.
-          Se resti a farmi compagnia, sì. – Mi risponde con un sorriso.
-          Proposta allettante, ma ti ricordo che qui ci soggiorna anche Chris.
-          Ah, già, esiste anche lui. – Borbotta. – Ma si può sapere che fine ha fatto?
-          È una storia lunga… – Gli rispondo, vaga. – Potremmo andare a trovare Demi, ti va? – Propongo.
-          E perché mai dovremmo? – Mi domanda lui, guardandomi senza capire.
-          Oh, un’altra storia lunga. – Gli dico sorridendogli.
 
 
***
 
 
Mezz’ora dopo entriamo in ascensore e lui mi stringe a sé da dietro.
-          Allora, me lo dici a cosa è dovuto tutto questo cambiamento? – Mi domanda improvvisamente.
-          Non lo so, sinceramente. Avevo voglia di cambiare e l’ho fatto, ma me ne sto quasi pentendo.
-          Ma no, sei bella lo stesso, anche se prima eri un po’ più… sobria. – Mi dice, ed io mi volto a guardarlo. Di nuovo, i nostri volti sono vicinissimi, ed il mio cuore accelera.
Le porte si aprono sul grande atrio dell’albergo, e noi siamo costretti ad uscire.
-          Ti faccio vedere una cosa. – Gli dico, allungando il braccio destro.
Sul bicipite, ho tatuato una data: 06 – 11 – 09, nella grafia di Joe. Lui sposta lo sguardo da me al tatuaggio, senza parole, per poi avvolgermi con braccio attorno alle spalle e stringermi a sé.
-          Ti voglio bene. – Sussurra.
-          Ti voglio bene anch’io. – Rispondo stringendolo a mia volta.
Dopo neanche tre passi Joe si ferma di colpo, e vedo di fronte a lui una bellissima ragazza infuriata. Oh, cazzo, è la sua ragazza! Come diavolo si chiamava?
-          Hai passato la notte con lei! – Sibila, indicandomi.
-          Blanda… – Mormora Joseph.
-          Blanda un cazzo! – Esclama, furiosa. – Come hai potuto?
-          No, Blanda, non hai capito… Io e Joe non abbiamo fatto…
-          Zitta, tu, non t’intromettere! – Sbraita interrompendomi. – Io e te dobbiamo parlare. – Dice rivolta al Jonas, per poi afferrarlo per un braccio e trascinarlo via.
Cazzo! Cazzo, cazzo, cazzo.
Mi siedo su una poltrona in attesa di vederli tornare. Merda, sono qui da neanche ventiquattro ore e ho già combinato un casino.
Pochi minuti dopo vedo Blanda seguita da Joe, e lei mi si avvicina.
-          Prenditi cura di lui. – Mi sussurra per poi andarsene.
Sposto lo sguardo verso Joe, il quale sembra dispiaciuto.
-          Ci siamo lasciati. – Mi dice, sospirando.
-          Joe… No. – Esclamo balzando in piedi. – Perché? È colpa mia, riesco a combinare soltanto casini. M-mi dispiace tanto, Joe, io…
-          Ehi, no, è tutto okay, davvero. – Mi dice lui, afferrandomi le braccia per farmi star ferma. – Non ha importanza, va bene così.
Io lo guardo mordendomi il labbro inferiore, soppesando le sue parole per capire cosa prova, e poi, improvvisamente, lo abbraccio, posando la testa sul suo petto.
-          Mi dispiace. Come stai?
-          Sto bene, davvero. – Mi risponde, e sembra quasi convinto. – Andiamo?


Ecco a voi il nuovo capitolo, tan tan tannn !
Perdonate il mio deplorevole ritardo (no, non stavo cercando di superare il record scorso), ma per farla breve, questo è un periodo di merda. Non solo, sono piena di compiti in classe, ma anche la vita privata non sta andando proprio a gonfie vele.
Anyway, ecco a voi il nuovo capitolo. Ho voluto inserirci anche la mia cucciola, Blanda. Non è dfgdf ?
A dir la verità, nella scena del litigio in hotel doveva essere molto meno isterica, ma il mio umore è talmente nero che si è riflesso su di lei, perciò questo è il risultato.
Sooo, cosa aspettate a recensire ? Non vedo l'ora di leggere i vostri commenti ! **
Un bacio a tutti,
xx

-Giuls;

PS: se volete seguirmi su Twitter, sono @BestrongJoey c:

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Capitolo 28
*** Cap. 28 ***


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Sono già passate due settimane da quando tutto è tornato alla normalità, ma sembra ieri che io e Joe abbiamo dormito insieme in albergo. Le giornate stanno passando alla velocità della luce, tra due settimane sarà il suo compleanno, ed io non ho la più pallida idea di cosa regalargli.
Il giorno del brutto incontro con Blanda, Joseph ha insistito perché tornassi nella casa che lui mi ha comprato la prima volta che sono venuta in America, e Chris si è trasferito con me.
Domani Joe farà il suo primo concerto da solista a Chicago, perciò stasera siamo tutti a cena a casa sua: io, Chris, Demi, Kevin, Danielle, Nick e la sua nuova ragazza, Delta, un’australiana più grande di lui ed estremamente dolce e simpatica.
Tra Joe e Demi le cose non sono proprio ottime: si parlano a malapena, c’è ancora un po’ d’imbarazzo tra loro due, anche se entrambi hanno dimenticato l’altro.
Dopo aver sparecchiato, Joe mi manda in camera sua a scegliere un film. In quella stanza vi è un’enorme teca piena di dvd, ma non capisco perché non li tenga in soggiorno.
Tirando fuori due film, faccio cadere qualcosa: è un piccolo quaderno con la copertina gialla, con su scritto ‹‹Fastlife›› e, da una parte, scarabocchiato il mio nome. Presa dalla curiosità comincio a sfogliarlo e mi rendo conto che sono le famose canzoni del suo nuovo album, quelle che non sono ancora riuscita a sentire perché Joe non vuole.
Mi siedo sul letto e comincio a leggerle. Cavolo, ecco perché non voleva che le leggessi… Sono tutte piene di frasi che riguardano me, la nostra storia, il casino successo tra noi due.
‹‹So che sei stata ferita prima, ma mai dire mai, tesoro. Voglio solo darti amore e cercare di farti sorridere…›› ‹‹Non è colpa tua, immagino quanto sia stata dura… è colpa sua!›› Il giorno che abbiamo litigato, gli ho raccontato che ho avuto dei problemi, che ho sofferto, magari è riferito a questo.
‹‹E tutti i miei amici hanno cercato di avvertirmi, hanno detto che mi avrebbe fatto del male.›› Sì, questa è palesemente per me.
‹‹Ora te ne sei andata e non posso vivere, dimmi cosa fare, sto bruciando di dolore… Hai detto che ne avevi abbastanza e ora mi sento inutile.›› ‹‹Non dire addio.›› D’accordo, avevo capito che è stato male, ma non pensavo così male! E poi, questa canzone si chiama Sorry, e le sue parole… Dio mio, davvero s’incolpa per tutto ciò che è successo quando, in verità, sono io che sono imbecille?
‹‹Se non è troppo tardi, forse potremmo cambiare il nostro destino e annullare i nostri errori.›› Ma certo che possiamo, amore mio, perché mai non dovremmo?
‹‹Hai fatto una promessa ma non l’hai mantenuta.›› ‹‹Darei la mia anima per poterla vedere, ma non vedo altro che questi stupidi muri, e sto impazzendo.›› ‹‹Avevo bisogno di te per non morire annegato…›› Cazzo…
La canzone che più mi sconvolge, però, si chiama See no more. È interamente dedicata a me, non si limita a qualche frase, ed è disarmante.
Senza una reazione vera e propria mi alzo, rimetto il quaderno al suo posto e prendo il primo film che trovo.
Una volta in sala, mi costringo a sorridere e mi accorgo che Joe, un po’ rosso per l’alcol, sta cantando qualcosa e suonando la chitarra. Abbiamo tutti alzato un po’ il gomito stasera, ma non così tanto da non riuscire a ragionare. Io, infatti, riesco a captare alcune frasi di ciò che sta cantando, ed è proprio See no more, e lui, non appena mi vede, s’interrompe.
-          Ehi, perché ci hai messo tanto? – Mi domanda Nick.
-          Beh, ero indecisa tra Casablanca e High School Musical
-          E alla fine cos’hai scelto? – Chiede Chris, preoccupato.
-          Una notte da leoni. – Esclamo mostrando loro la custodia del film.
 
***
 
 
-          Piccola, sei sicura di voler venire? – Mi domanda Joe.
-          Certo che lo sono! Non mi perderei il tuo concerto per niente al mondo, dovresti saperlo. – Gli rispondo, aggrottando le sopracciglia. Adesso so per quale motivo non voleva che sentissi le sue canzoni, ma sta diventando troppo paranoico.
La sua espressione traspare ostilità, e sembra che voglia ribattere, ma lascia correre e si limita a sospirare.
-          Andiamo, allora. – Mormora, con la morte nella voce, per poi dirigersi fuori dalla mia camera d’albergo.
Nel giro di quasi un’ora arriviamo a destinazione, ed io, il moro e il suo gruppo ci dirigiamo nel backstage.
Dopo qualche prova tecnica, poco prima del concerto, si rifugiano tutti nei camerini per cambiarsi. Uno dopo l’altro, il gruppo torna a farmi compagnia, e ognuno s’impegna a finire i preparativi.
Non molto dopo, una rossa si affaccia alla porta, comunicandoci che, entro dieci minuti, sarebbero dovuti salire sul palco.
-          Qualcuno vada a chiamare Joe. – Dice quello che, se non ricordo male, è il suo batterista.
-          Vado io. – Rispondo.
Mi accosto alla porta del camerino e busso lievemente, per poi aprire la porta: Joe è seduto su una panca, col viso tra le mani.
Non appena sente il rumore dei miei passi, alza il capo e si sposta lievemente alla sua sinistra, per lasciarmi spazio accanto a lui.
-          Joey, è tutto okay? – Gli domando, stringendogli una mano.
-          N-no, non proprio. – Mormora.
-          Ehi, cos’è successo? – Chiedo preoccupata, aumentando la stretta.
-          Ho un po’ di paura per il concerto, è la prima volta che sono sul palco da solo e non so come andrà.
-          Ma che cavolo, sei Joe Jonas, certo che andrà alla grande! – Esclamo, facendolo ridacchiare. – sono sicura che sarà formidabile, okay? Devi solo stare tranquillo.
-          Come fai ad esserne così sicura? – Mormora, disperato.
-          Senti, facciamo così: quando sarai lassù, non dimenticarti di abbassare lo sguardo verso di me. Vedrai che sarà un successo.
-          Grazie, piccola, sei…
Veniamo interrotti da uno della band che irrompe nella stanza con poco garbo e visibilmente spazientito.
-          Menomale che dovevi chiamarlo tu. – Esclama, rivolto a me. – Andiamo, Joe, si va in scena.
-          Sì, arrivo. – Ribatte. Non appena restiamo soli, si volta dalla mia parte e mi stringe le mani. – Devi promettermi una cosa.
-          Cosa? – Gli domando, anche se dentro di me so già quale sarà la sua risposta.
-          Promettimi che, qualsiasi cosa succederà stasera, tra noi due non cambierà niente. Promettimelo, ti prego.
-          Ma certo, cosa mai dovrebbe cambiare? Te lo prometto, Joey, tranquillo. Che ne dici, andiamo? Qualcuno deve spaccare il culo a tutti, tra cinque minuti.
Ci alziamo e lui mi stringe in un abbraccio soffocante, per poi aprirmi la porta e seguirmi dagli altri.
 
 
***
 
 
Piccola, ti aspetto da me e ti do massimo dieci minuti di tempo per prepararti. Andata?
-J.”
Rispondo velocemente al suo messaggio in modo affermativo e mi precipito a prendere il primo taxi che si degna di fermarsi.
Sono passati un paio di giorni dal suo strepitoso concerto, e le cose tra me e lui non sono cambiate di una virgola. Dopo lo show era preoccupato di una mia qualche reazione, ma ho badato a fingermi indifferente, se non per i milioni di complimenti per quelle che, una volta ascoltate, sono delle canzoni meravigliose.
Una volta arrivata, lo trovo ad aspettarmi davanti alla porta d’ingresso, bello come al solito. Indossa un paio di Jeans larghi, Adidas, ed una maglia nera a mezze maniche.
-          Ehi, sai che non mi perdo, dall’entrata al tuo appartamento? – Gli dico sarcasticamente, scendendo dall’auto per lasciargli un lieve bacio sulla guancia. ‹‹Appartamento››, poi, è un dispregiativo: il suo è un vero e proprio attico!
-          Non ne sarei così sicuro, ma volevo solo pagarti il taxi. – Ribatte facendomi l’occhiolino.
-           Il solito gentleman. – Borbotto roteando gli occhi, mentre lui si affaccia al finestrino dell’auto gialla con fare non poco provocante. – Ma tu ci provi proprio con tutti, eh? Pure con gli uomini!
-          Che c’è? Gelosa? – Ammicca stringendomi le spalle con un braccio mentre saliamo in ascensore.
-          Ti piacerebbe. – Rispondo, sperando di non essere arrossita.
Non faccio neanche in tempo a chiedergli il motivo di questo invito, che trovo in cucina pomodoro, farina, mozzarella…
-          Facciamo la pizza! – Esclamo, sorridendogli.
-          Sì, e guarda: – Risponde afferrando un pacco di farina. – farina senza glutine! Avrei voluto andare a fare la spesa insieme a te, ma l’idea mi è venuta all’ultimo minuto.
-          Fa niente, tranquillo. Allora, cominciamo? Ho una fame!
Mentre impastiamo le nostre pizze, vengo colpita in faccia da della polvere: farina, ovviamente, lanciata da quell’idiota di Joseph.
Restando fredda e impassibile, infilo un cucchiaio nel barattolo di pomodoro, lo avvicino alla pasta per la pizza e lancio il contenuto dritto sul viso del Jonas.
-          Oh, questa me la paghi! – Esclama afferrando il pacco di farina e rovesciandomelo sulla testa, per poi scappare.
-          Jonas, torna subito qui! – Grido afferrando un altro pacco e rincorrendolo.
Riesco a piombargli alle spalle e ad imbiancargli il capo, ma lui si volta e cerca di prendermi la farina dalle mani, col risultato che ne veniamo entrambi sommersi.
Non appena il pacco si svuota, lo lancio a terra e mi preparo a scappare, ma Joe è più veloce e mi afferra per i fianchi, mi trascina fino al divano e ci si scaraventa sopra a peso morto, con me sopra di lui.
Per alcuni minuti, cerchiamo di riprenderci dal dolore alla milza per le troppe risate, fin quando non mi alzo e lo costringo a tornare in cucina.
 
 
***
 
 
Apro gli occhi e controllo l’orologio: le cinque e mezza del mattino. Ieri sera siamo riusciti a fare delle pizze decenti, ci siamo divertiti molto, ma alla fine ci siamo obbligati a pulire e siamo andati a letto molto tardi.
Cerco di riprendere sonno, invano, perciò decido di andare a svegliarmi del tutto in spiaggia. Mi preparo distrattamente, assonnata, per poi montare su un bus e scendere vicino al lungomare.
Fuori l’aria è fresca, salmastra, tira un leggero venticello e il sole già splende, seppur freddo. Ho scelto un luogo e un clima perfetti per pensare, e ne ho davvero bisogno.
Mi siedo sulla sabbia fresca con gli occhi puntati sul mare, e lascio andare la mia testa.
Qual è il significato delle canzoni di Joe? Ha sofferto a causa mia, sì, ma… se ci fosse qualcos’altro sotto, qualcosa che non sono riuscita a capire? Forse potrebbe dirmelo lui, ma per farlo parlare dovrei confessargli il vero motivo per il quale l’ho lasciato. No, non se ne parla! Potrei rovinare tutto di nuovo, però… però mi sento quasi in dovere di dirglielo. Ha sofferto troppo a causa mia, ed io odio mentirgli.
Mi accendo una sigaretta, con la testa tra le nuvole. Non c’è niente di meglio di un po’ di nicotina per svegliarsi.
-          Ti fa male, quando lo capirai? – Mi rimprovera una voce, facendomi sobbalzare.
-          Joe! – Esclamo, riconoscendolo. – Mi hai fatto paura. Sei stato a correre?
-          Sì, lo faccio quasi tutte le mattine… a parte quando dormiamo insieme. – Mi dice e il mio cuore, senza un apparente motivo, accelera paurosamente.
Dio, è bastato un accenno alle notti passate insieme per farmi andare in iperventilazione, questo ragazzo mi ucciderà.
È bellissimo oggi: pantaloncini neri, canottiera bianca, ed è sudato fradicio. Si siede al mio fianco, e alle mie narici giunge l’inebriante odore della sua pelle e di sudore: un mix dannatamente eccitante.
Senza preavviso, allunga una mano verso la mia, ma rimango delusa quando mi prende la sigaretta.
-          Joe, che fai? – Gli domando.
-          Ti faccio scegliere: o la butto, o mi fai provare.
-          Cosa? – Esclamo, sconvolta. Ci penso un po’ su, poi decido. – Okay, prova. – Lo sfido, incrociando le braccia al petto.
Lui si avvicina la sigaretta alla bocca, aspira un po’ di fumo, ma lo sputa subito, tossendo copiosamente.
Io scoppio a ridere talmente tanto che comincia a farmi male la pancia, mentre i suoi occhi si inumidiscono.
-          Da’ qua, incapace. – Gli dico tra una risata e l’altra, riprendendomi la sigaretta.
La mia mano trema un po’ mentre prendo una boccata di fumo, al pensiero che la sua bocca sia stata proprio dove vi è la mia.
Voglio davvero rovinare la nostra amicizia?



Eccomi qui, sono tornata, contente ?
Non sapete quanto mi odio quando pubblico con così tanta distanza, ma, davvero, sono impegnatissima.
Tra l'altro, sono depressa perché la mia migliore amica è partita, ho litigato con quel cretino del mio "migliore amico" e bla bla bla...
Sì, ma a voi che interessa ?
Una cosa buona c'è in tutto questo casino: ho visto Salmo, il mio fottutissimo idolo, ho la foto insieme a lui e l'autografo sui cd ! *-*
Vaabeh, fatemi sapere che ne pensate !
Un bacio,
xx

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Capitolo 29
*** Cap. 29 - Déjà vu. ***


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-          Ragazzi, ho portato il pranzo! – Esclamo entrando nel palazzetto trasportando una busta piena di vaschette di sushi.
Joe è ancora sul palco a sistemare un microfono e mi guarda sorridente, mentre gli altri sono già in pausa. Perfezionista. – Penso, sorridendo di quella visione.
È così bello oggi: jeans stretti e t-shirt blu scura che risalta i muscoli delle braccia ogni volta che si muove. Non riesco a realizzare come possa essere reale così tanta perfezione, e soprattutto che sia capitata a me.
Distribuisco il pranzo a tutta la band e mi siedo su una poltroncina sugli spalti vicino a Joe, che intanto ci ha raggiunti.
-          Non mangi? – Mi domanda, guardandomi.
-          No, non ho fame. – Gli rispondo accennando un sorriso, sperando che basti per far sì che non insista.
-          Piccola, sicura di star bene? Da quando ti conosco ti ho vista mangiare talmente poche volte... Prendi anche solo un boccone, fallo per me.
-          Sto bene, Joe, tranquillo. Non costringermi a fare qualcosa che non voglio, mangerò quando avrò fame, okay?
Il moro lascia, con buonsenso, cadere il discorso per evitare di incappare in un litigio, e non posso far altro che essergliene grata. Non voglio litigare con lui, soprattutto poco prima di un evento importante come un suo concerto: so che si distrarrebbe e non riuscirebbe ad essere concentrato sullo spettacolo. Ho il sospetto, però, che la questione non sia conclusa qui.
Il resto del pranzo prosegue in armonia, e poco dopo i ragazzi terminano gli ultimi preparativi per lo spettacolo di domani, mentre io me ne resto sugli spalti a pensare. È da questa mattina, da quando sono stata in spiaggia che non so far altro. Penso a Joe, a ciò che è successo tra di noi, e mi domando se sia una buona idea raccontargli la verità o se dovrei continuare a tenerlo allo scuro.
Odio aver segreti con lui, o peggio ancora mentirgli, ma non credo che rivelargli i miei sentimenti sia un’idea grandiosa. Succederebbe un casino, ne sono sicura.
Una melodia diversa da tutte quelle che ho imparato a riconoscere in questi giorni riporta improvvisamente la mia attenzione su ciò che accade intorno a me: il palazzetto è vuoto, fatta eccezione per Joe, intento ad alzare il volume di un enorme stereo, senza mai distogliere il suo sguardo dal mio.
Un sorriso affiora sul mio volto riconoscendo la canzone, mentre lui si avvicina a me: è ‹‹Turn Right››.
-          Ehi, che fine hanno fatto tutti? – Gli domando quando è abbastanza vicino da potermi sentire.
-          Sono andati via, abbiamo finito per oggi. Sei proprio su un altro pianeta, eh? – Mi dice delicatamente, sedendosi al mio fianco. – C’è qualcosa che non va? Ti vedo pensierosa ultimamente, soprattutto oggi.
-          No, non è niente. – Gli rispondo accennando un sorriso, per poi riportare l’attenzione sul sedile davanti al mio. – Solo che… No, niente.
-          Cosa?
-          Niente, sul serio. – Rispondo guardandolo e costringendomi a sorridere. Merda.
-          Dimmelo. - Insiste lui con uno sguardo che non ammette repliche.
Continua a fissarmi, aspettando che io vada avanti. A questo punto, tanto vale dirglielo e farla finita: si sta arrabbiando, e non credo che lascerà perdere tanto facilmente.
-          P-prima però devi promettermi che non cambierà niente tra di noi. Promettilo, ti prego. – Mormoro incrociando i suoi occhi, quasi disperata.
-          Ma certo che te lo prometto. – Mormora lui.
Certo, facile parlare adesso…
-          Vedi, quando abbiamo litigato… Ecco, n-non era vero che mi stavo affezionando troppo a te, perché quello è successo il giorno che ci siamo conosciuti. – Mormoro senza avere il coraggio di guardarlo, fissando il sedile e diventando della stessa sfumatura di rosso. – I-il vero motivo è che… che ti eri fidanzato con Demi, ed io sono stata male perché ero… e-ero innamorata di te.
Dio, l’ho detto. L’ho detto sul serio, vorrei piangere.
Passano almeno cinque minuti di assoluto silenzio, rotto solo inizialmente dalle ultime note della nostra canzone. I miei occhi non osano incontrare i suoi. Ho veramente detto ‹‹ero››?
-          Tu… t-tu… – Sussurra, e dalla voce sembra sconvolto. – Dio, se solo me l’avessi detto prima! – Esclama.
-          Sarebbe cambiato qualcosa? – Gli chiedo di rimando, senza riuscire a trovare la forza necessaria per incrociare il suo sguardo.
-          Certo, sarebbe cambiato tutto. Avrei potuto… cosa provi adesso, per me?
-          Joe… – Mormoro, voltandomi per guardarlo. Che diavolo…?
Il suo volto è terribilmente vicino al mio, tanto da farmi mancare il fiato. È così bello, così dolce e seducente… è talmente vicino che posso vedere ogni sfumatura caramellata nei suoi occhi, ogni lentiggine nascosta sul suo volto abbronzato, i lineamenti delle sue soffici labbra… Il profumo che indossa e quello della sua pelle mi inondano, frastornandomi.
-          Tu non l’hai mai capito, vero? – Sussurra guardandomi negli occhi, con la bocca leggermente socchiusa.
-          Cosa? – Domando, ammaliata da lui.
-          Che sono sempre stato innamorato di te.
Prima di poter dire qualcosa, qualsiasi cosa, prima ancora di capire del tutto ciò che lui ha detto, le sue labbra si posano sulle mie. Sono labbra timide, insicure, bramose ma dolci. Il mio cuore scalpita dalla sorpresa e resto senza fiato, incapace di muovermi o solo di pensare.
Lentamente socchiudo le labbra, incredula, tremante, e lui fa lo stesso. La sua lingua carezza il mio labbro inferiore con sensualità mentre le mie mani affondano nei suoi capelli, attirandolo a me con foga. Lui mi afferra il volto mentre le nostre lingue si scontrano e s’intrecciano, mandandomi fuori di testa.
Dopo quelli che sembrano minuti, o forse ore, addirittura giorni, ci allontaniamo un po’, entrambi col fiatone ma sorridenti. Dio, il suo sorriso è così leggero, così vero che uccide. È un sorriso con gli occhi e con l’anima.
Lui sposta una mano dietro il mio collo e mi attira a sé in modo che le nostre fronti siano unite, e con l’altra afferra la mia e la posa sul suo petto, proprio sopra il cuore. Batte forte, molto, forse troppo; sembra impossibile, ma batte più forte del mio.
-          Ehi, calmati. – Sussurro con voce roca.
-          Sono quasi due anni che aspetto questo momento… – Ribatte lui sorridendomi, facendomi mancare il fiato come ogni singola volta.
Le sue parole mi hanno folgorata, mi ritrovo incapace perfino di pensare.
Due anni… Due anni che lui è innamorato di me, di me, ed io non me ne sono mai accorta, l’ho sempre respinto. Sono sempre stato innamorato di te. Cosa significa la parola ‹‹sempre››?
I miei occhi incrociano i suoi, caramellati, dolci, caldi, e per la prima volta nella mia vita mi sento felice. Più guardo quegli occhi che mi hanno fatto perdere la testa, che mi hanno fatta innamorare, più mi accorgo di sentirmi completa, e che il mio posto è proprio qui, a pochi centimetri: tra le sue braccia.
Le nostre labbra si sfiorano di nuovo per pochi secondi, sufficienti per far sì che il mio cuore riprenda la sua corsa.
-          Vieni con me… – Mormora, senza smettere di sorridere neanche per un istante.
Ci alziamo e, mano per la mano, lui mi trascina davanti al grande palco. Sono stordita, stiamo camminando oppure volando?
Con un balzo agile, Joseph sale su e mi tende la mano che afferro senza esitazione. Mi volto verso gli spalti vuoti e lui mi abbraccia, tenendomi stretta a sé quasi come se volesse che ci fondessimo.
Proprio… – Penso.
-          Come la prima volta. – Completa lui, quasi come mi avesse letto nel pensiero.
Quando finalmente allenta la presa, mi volto a guardarlo e lo trovo disteso a terra, così mi appresto a seguirlo. Lui mi stringe le spalle con un braccio, in modo che io possa accucciarmi sul suo petto caldo.
-          Sei così silenziosa… – Mormora lui.
-          Sono troppo sconvolta per parlare. – Sussurro con un sorrisetto, facendolo ridacchiare.
Il silenzio s’impadronisce di noi, ci circonda, ci riempie. Si sta così bene acciambellati sul petto di Joe, è come essere dentro una bolla d’aria.
-          Giuli…
-          Mmh? – Rispondo io, talmente in pace con il mondo da trovare fatica perfino nel parlare.
-          Io… – Lo sento sospirare e qualcosa nella mia testa mi avvisa che potrebbe esserci qualche problema. – Ti amo.
Cosa?
La bolla che ci circonda esplode, riportandoci bruscamente alla realtà. Mi allontano da lui velocemente, per poterlo guardare in viso: la mia espressione è sconvolta, la sua colpevole, come se avesse capito di aver commesso un errore.
Il silenzio riprende con prepotenza la scena, ma stavolta non è pacifico: è imbarazzato, grave, opprimente.
-          Scusa. – Sussurra Joseph. – N-non dovevo dirlo, mi dispiace…
Io scuoto la testa per zittirlo, abbassando lo sguardo. – Nessuno me l’aveva mai detto. – Confesso in un soffio appena udibile.
-          Davvero? – Mi domanda lui, avvicinandosi a me, ed io annuisco. Le sue dita cercano una ciocca dei miei capelli, per poi posarmela dietro l’orecchio e ricominciare a parlare. – Non ti credo. Sei… sei così bella, è impossibile che nessuno abbia mai detto di amarti.
-          Vuoi sapere quante relazioni ho avuto? – Ribatto con un sorriso sarcastico, sperando di alleggerire l’atmosfera. In fin dei conti, sono stata io a renderla così pesante.
-          Quante? – Mi domanda incuriosito.
-          Due, senza contare le storie di sesso. La prima a sedici anni, siamo stati insieme tre mesi ma io non mi facevo scrupoli a tradirlo, e alla fine mi ha scoperta.
-          E… E l’altra? – Capisco dal suo tono che non sa se voler continuare a sentire la mia storia.
-          L’altra poco dopo, lei si chiamava Caterina ed era bellissima. Siamo state insieme per un intero anno, fin quando i suoi genitori non hanno scoperto che era lesbica, allora le hanno proibito di vedermi e l’hanno trasferita in Germania. Pensa che una volta lasciai tutto, presi il treno e andai da lei, tanto ero disperata. Sai com’è andata a finire? Lei mi disse che non voleva più vedermi perché “stava troppo male”, e invece scoprii che si stava già facendo consolare da un’altra. È stata l’unica persona che ho amato veramente e sì, lei diceva di amarmi, ma ormai ho dimenticato.
Nel dire queste ultime parole, una nuova consapevolezza s’impadronisce di me: è vero. È vero, ho dimenticato.
Ogni volta che ne parlavo con Christian o con Alessia, ogni volta che solo pensavo a lei e alla storia che avevamo avuto, sentivo qualcosa che moriva dentro di me. Sempre, ogni singola volta.
Adesso, accanto a Joe, sembra quasi che stia raccontando un film, un’esperienza che io non ho mai vissuto. Credo di sapere il motivo, e la cosa mi spaventa.
-          Mi dispiace. – Mormora lui. – Anzi, forse no, perché se fossi stata ancora insieme a lei magari non ti avrei neanche mai conosciuta.
Il solito Joe. – Penso sorridendogli. Lentamente poso una mano sulla sua guancia per carezzargli il volto.
-          Dopo quella delusione mi ero promessa che non mi sarei mai più innamorata… Ho fallito miseramente.
-          Cosa intendi? – Mi domanda lui, confuso. Non saprei dire se lo stia facendo di proposito oppure no.
-          Parlo di te, idiota. – Ribatto ridacchiando e spingendolo.
Lui si distende di nuovo e mi trascina con sé, per poi far aderire le nostre labbra di nuovo. Scivola sopra di me ricordandomi vagamente un felino; una delle sue mani finisce tra i miei capelli, mentre l’altra s’intreccia alla mia. Non esiste, né è mai esistito posto migliore di questo.
-          E tu? – Gli domando quando il nostro bacio si dissolve, sfiorando le sue labbra con le mie dita. – Cosa mi dici delle tue storie?
-          Che posso dirti? Ho avuto un sacco di ragazze, nessuna storia di sesso e… sì, tu sei l’unica di cui mi sia mai veramente innamorato. Anche quando sono stato con Demi, Ashley o Blanda, nella mia mente c’eri sempre e solo tu.
-          E… e Camille? – Chiedo, stordita da questa nuova confessione.
-          Ero cotto di lei, ma alla fine è arrivato qualcuno che mi ha fatto capire che non era quella giusta. – Il modo in cui ha marcato la parola ‹‹qualcuno›› mi fa capire che è riferito a me.
-          Credi che quel qualcuno sia la persona giusta, allora? – Le parole sono uscite dalla mia bocca ancor prima che potessi ragionare, ma lui non esita a rispondermi.
-          Sì… Sì, tu sei quella giusta.
Si alza all’improvviso e si volta a scrutare gli spalti, mentre i miei occhi cominciano a bruciare e ad appannarsi. Sono quella giusta…
Lentamente mi alzo, facendo di tutto per far in modo che le lacrime non comincino a sgorgare dai miei occhi, e accendo un microfono. 

“Pick up all your tears
Throw ‘em in your backseat
Leave without a second glance.
Somehow I’m to blame
For this never-ending racetrack you call life..”

Joseph si volta per guardarmi, sorpreso, prima di regalarmi un enorme sorriso e prendere un microfono per sé.
 

“So, turn right into my arms
Turn right, you won’t be alone.
You might fall off this track sometimes
Hope to see you on the finish line”.

 È come essere in un bizzarro déjà vu, con due persone un po' più adulte.
Solo che stavolta le nostre mani si toccano veramente, le nostre voci sono più sicure ed io ai suoi occhi non sono più una sconosciuta; lui mi ama, ed io amo lui. Niente potrebbe essere più perfetto.



Lo so, lo so, avevo promesso che non avrei più ritardato così tanto, ma sono stata presa dal blocco dello scrittore (precisamente alla scena del bacio) e sono stata due mesi ad aprire Word e chiuderlo senza aver continuato neanche di una virgola.
Alloora, cosa pensate di questo capitolo? Ce l'hanno fatta quei due, finalmente, eh? Non vedevo l'ora di arrivare a questo punto, credo di essere più emozionata di voi! Anzi... sono sicuramente più emozionata di voi.
Sapete la novità? Tra soli sei giorni partirò per andare a stare quattro giorni a casa del mio migliore amico, non vedo l'ora! :')
Mi aspettano quattro giorni di nerding con Dungeons & Dragons, sono elettrizzata! AHAHAHAH
Recensite, mi raccomando! Tengo tantissimo a sapere cosa ne pensate!
Un bacio grande a tutti,
xx

-Giuls;

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Capitolo 30
*** Cap. 30 ***


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Joseph accosta la macchina davanti al portone del mio appartamento, frenando dolcemente. Abbiamo cenato insieme stasera, e il crepuscolo è già passato da un pezzo.
Il moro volta il suo corpo nella mia direzione tenendo pigramente il braccio sinistro sul manubrio, mentre io sgancio la cintura di sicurezza. Alzando lo sguardo incontro i suoi dolci occhi ambrati, stasera più luminosi del solito, ed un sorriso affiora sul mio volto non appena compare il suo.
-Stanotte mi mancherai più di ogni altra notte. – Mormora stringendo lievemente la mia mano, facendomi mancare il fiato. Nonostante la flebile luce che penetra nell’auto dai lampioni carezzando i nostri volti, noto che le sue guance si sono improvvisamente colorate un po'.
- Non esistono più ragazzi come te. – Sussurro carezzandogli una guancia, per poi baciarlo dolcemente.
-Buonanotte, piccola. – Mi dice quando mi costringo ad aprire la portiera.
-Buonanotte, Joey.
Un ultimo, veloce bacio prima di uscire nella calda aria d’agosto e dirigermi verso il portone. Prima di entrare, mi volto a guardarlo un’ultima volta, per sorridergli e salutarlo con la mano.
Il mio sorriso non si spegne neanche quando entro in casa e trovo Chris sul divano, intento a guardare la tv.
-Ciao. – Lo saluto con un sorriso ancora più ampio, prima di andare in camera. Mi distendo sul letto, ancora stordita, e con la coda dell’occhio vedo il mio migliore amico sulla soglia, con le spalle contro lo stipite, le braccia conserte e un sorriso al contempo furbo e curioso.
-Come mai così felice? – Mi domanda, scrutandomi divertito.
-Niente. – Gli rispondo, usando un tono che può far pensare a tutto, meno che niente.
-C’entra Joe, non è vero?
Io gli rivolgo un sorriso felice ma colpevole, per poi nascondere il volto rosso tra le mani. Apro le dita quel tanto che basta per poterlo guardare, prima di borbottare un incomprensibile: ‹‹Ci siamo baciati››.
-Cosa? – Mi domanda Chris, corrugando la fronte. Io balzo in piedi e mi precipito tra le sue braccia in una stretta soffocante.
-Ci siamo baciati. – Ripeto, e solo dopo averlo detto ad alta voce realizzo che non è stato tutto frutto della mia immaginazione.
-Finalmente! – Esclama lui, ricambiando l’abbraccio. – Quindi deduco che state insieme, adesso.
Sono queste, forse, le parole che mi fanno congelare e aprire gli occhi. La mia stretta attorno al suo collo si allenta e a Christian non passa inosservato. Mi scosta un po' continuando a tenermi i fianchi, per scrutare il mio volto improvvisamente cupo.
-Non lo so. – Mormoro.
-Come sarebbe a dire? – Mi domanda mentre io mi siedo sul letto, con le ginocchia strette al petto. Aspetto che si sia seduto anche lui, prima di parlare.
-Non ne abbiamo parlato, però… però lui ha detto che mi ama.
-E tu cosa gli hai risposto? – Non sembra colto alla sprovvista dalla mia confessione, e qualcosa mi fa pensare che già lo sapesse.
-Gli ho detto che sono innamorata di lui.
-Allora mi pare abbastanza ovvio che stiate insieme. Qual è il problema? – Prosegue, notando il mio silenzio e la mia espressione.
-Chris, e se… se fosse un errore? Se non fossimo fatti per stare insieme? Ho la sensazione che si rovinerà tutto, e non voglio perdere la sua amicizia.
Veniamo interrotti dal mio cellulare che segnala l’arrivo di un nuovo sms, e il respiro mi si mozza in gola quando leggo il mittente: Joe.
Apro il messaggio col cuore a mille:
 
Vorrei guardarti negli occhi e sussurrarti ‹‹Ti amo››, vorrei averti accanto e sentire il tuo respiro, il tuo profumo. Vorrei stringerti a me e sentire i battiti del tuo cuore, baciarti, carezzarti il volto. Vorrei sentire la tua pelle a contatto con la mia e la sensazione che mi lasci.
Sto aspettando con ansia domani per rivederti. Oggi mi hai reso l’uomo più felice del mondo, grazie. Sogni d’oro, piccola mia.
 
-Vado da lui. – Esclamo balzando in piedi.
-Cos… Posso leggere il messaggio? – Mi chiede Chris, sorpreso.
Gli porgo il cellulare e attendo che finisca di leggere, le guance talmente rosse da far male, ascoltando la battaglia nata dentro di me. Una metà del mio cuore è inondata da gioia e amore verso colui che mi ha fatto perdere la testa, l’altra è ricolma di rabbia e disperazione per la decisione che forse sarò costretta a prendere.
-Ohw, che carino. – Dice prendendoci in giro. – Beh, finalmente hai capito che lui è pazzo di te?
-Sì. – Sussurro. – È per questo che dobbiamo rompere. – Una lacrima scivola dal mio occhio triste dopo aver pronunciato quelle fatidiche parole, ma la sua corsa si ferma subito: non devo piangere.
-Perché? – Mi chiede Chris, esasperato.
-Te l’ho già detto: ho paura. Vado da lui. – Ripeto.
-Giuli, aspetta prima di prendere decisioni affrettate. La scelta è solo tua, ma se vuoi un parere stai facendo una grossa cazzata. Riflettici, non farlo. Non stasera, almeno.
-No, io… io non voglio farlo stasera, voglio… voglio solo passare insieme a lui più tempo possibile.
-Va bene, allora ti porto io in macchina: non voglio che tu vada da sola a quest’ora, e magari stare insieme a Joe ti farà cambiare idea… Demi mi ha prestato la macchina per tornare a casa. – Mi dice, rispondendo alla mia domanda silenziosa.
Con Chris è sempre stato così: chiede favori, soldi, tutto per il suo bene personale, e le ragazze non gli negano mai niente.
-O-okay, dammi il tempo di cambiarmi.
Indosso velocemente dei pantaloncini di jeans, una maglia bianca molto larga, un paio di infradito nere e lego i capelli in una coda alta.
Il viaggio trascorre nel più assoluto silenzio; ci pensano i miei pensieri a far casino per entrambi.
-Grazie. – Mormoro quando arriviamo. – Sta’ attento per strada.
-Sì, e tu non fare cazzate. Chiamami se ci sono problemi. – Ribatte lui.
Scendo dall’auto e suono il campanello di Joe, con le gambe tremanti. La porta si apre di uno spiraglio: il tempo di fargli capire chi sono, che è già davanti a me con le braccia spalancate, e noto che sta indossando una camicia.
-Dormivi? – Gli domando, fingendo indifferenza. Solo guardandolo, quasi esplodo dalla gioia.
-No, ma… cosa diavolo ci fai qui? – Esclama lui, felice.
-Sorpresa. – Rispondo io semplicemente.
-E come sei arrivata tanto in fretta?
-Chris. – Sorrido, puntando il pollice alle mie spalle.
Joe lo saluta con la mano, per poi dirigersi verso di lui. Lo vedo sporgersi dalla sua parte per dirgli qualcosa, ma da questa distanza non sento, e immagino che stiano anche parlando sottovoce. Torna indietro pochi istanti dopo e Christian riparte.
-Aspetta qui. – Mormora sfiorandomi un braccio, prima di rientrare in casa. Lo sento trafficare in cerca di qualcosa, e quando riappare ha in mano una fotocamera che conosco molto bene.
-La mia Polaroid! – Esclamo.
-L’avevi lasciata qui. – Spiega lui con un sorriso. – Adesso mettiti in posa.
Obbedisco roteando gli occhi, prima di mostrargli la lingua con aria divertita. Il flash mi stordisce un po’, e la fotografia finisce a terra con un lieve fruscìo. Gli chiedo di passarmela e subito la punto su di lui, il quale sporge le labbra a mo’ di bacio, facendomi ridere. Ne scattiamo subito un’altra insieme, abbracciati, una dove lo bacio su una guancia, un’altra, un’altra ancora, una dove ci scambiamo un bacio…
Fatichiamo entrambi a dividere le nostre labbra, e mi domando se in futuro sarà sempre così… sempre se avremo un futuro insieme.
Finalmente raccogliamo le fotografie ed entriamo in casa, nella sua camera. Non importa neanche accendere la luce, perché subito ci sediamo sul letto, abbracciati, come di tacito accordo. Dolcemente, scioglie la mia coda e comincia a giocare con una ciocca di capelli, rigirandosela tra le dita, per poi assicurarmela dietro un orecchio. Le sue labbra allora si posano sulla mia spalla scoperta, lievemente, facendomi rabbrividire.
Inaspettatamente cambio posizione e mi siedo a cavalcioni sulle sue gambe, in modo da trovarmi faccia a faccia con lui, il quale mi sorride di nuovo. Non posso fare altro che sorridergli di rimando, prima di abbassare lo sguardo e cominciare a sbottonargli la camicia, lentamente, senza proferire parola.
-Cosa stai facendo? – Sussurra.
-Non lo so… – Rispondo io imitando il suo tono.
Finito di slacciare anche l’ultimo bottone, scosto i due lembi in modo da lasciare scoperto il suo petto nudo, scolpito e abbronzato. Le mie dita sfiorano i suoi addominali e le mie labbra si posano dolcemente sulla sua pelle, procurandogli un brivido.
Lentamente alzo lo sguardo per incrociare il suo, senza però riuscire a decifrarne l’espressione. Le sue mani allora si posano sul mio collo e le nostre labbra si trovano nuovamente, ancora e ancora.
-Mmh, aspetta. – Mormora scostandosi un po', prima di adagiarmi sul letto dolcemente.
Si alza con agilità, per andare a rovistare nel suo armadio. Poco dopo si volta e mi lancia una t-shirt grigia.
-E questa? – Gli domando, sconcertata.
-È una mia vecchia maglia, pensavo che potessi usarla come pigiama… – Spiega con aria innocente, stringendosi nelle spalle.
-Oh, grazie. – Non riesco a nascondere la sorpresa davanti a tanta premura.
-Devo… devo uscire, almeno ti cambi?
-Fa’ come vuoi, io non ho problemi a cambiarmi davanti a te.
-Oh, bene… Meglio per me! – Dice sorridente, facendomi ridere.
-Scemo. – Esclamo lanciandogli uno dei cuscini.
Comincio a spogliarmi, ma prima di poter indossare la maglia che lui mi ha prestato, mi è addosso e mi bacia di nuovo, questa volta con foga. Una delle sue mani s’intreccia alla mia e l’altra mi afferra i capelli, così la mia mano libera passa sulla sua schiena, percorre la pelle calda facendo rabbrividire entrambi.
-Sei bellissima. – Mormora con voce roca. – Non è che… resteresti così tutta la notte? – Mi domanda ammiccando.
Fingo di pensarci su un momento, cercando di non far caso al fatto che sia dannatamente eccitante. – Mmh, no. – Rispondo ridacchiando.
-No? Ne sei proprio sicura?
-Sicurissima. Ti è andata male, mi spiace.
Lui allora sorride divertito, poi si stende accanto a me in modo che possa indossare la sua t-shirt. Inspiro per un attimo l’odore: profuma di pulito, e di lui.
Prima che possa distendermi, Joe si alza e comincia a spogliarsi.
-Vuoi che esca? – Lo prendo in giro, e lui mi scocca un’occhiataccia.
Lo osservo mentre finisce di sfilarsi i pantaloni e fruga nell’armadio alla ricerca di qualcosa.
Immagini poco caste mi affollano la mente fin quando non indossa un paio di pantaloncini decisamente troppo aderenti e torna a letto. Oh dio, Jonas, cosa ti farei.
-Che c’è? – Mi domanda notando il mio sguardo.
-Sei troppo sexy per essere vero. – Rispondo accomodandomi sotto le coperte.
-Mi spieghi cosa diavolo hai intenzione di fare lì sotto? – Chiede seguendomi e inarcando le sopracciglia.
-Non lo so… dormire, magari?
-Oh, no, – Ribatte afferrandomi per i fianchi e stringendomi a sé. – non puoi fare un’affermazione del genere e pretendere che io ti lasci dormire.
Mi bacia dolcemente e le sue labbra percorrono la mia mascella, poi si soffermano sul collo e cominciano a succhiare, facendomi rabbrividire.
Le mie mani affondano istintivamente tra i suoi capelli mentre io chiudo gli occhi, assaporando questo momento. Dio, impazzisco al solo pensiero che lui sia così eccitato.
Continua a succhiarmi il collo, a morderlo ancora e ancora facendomi rabbrividire e ansimare per poi tornare a baciarmi la mascella. Mi morde delicatamente il lobo e le sue labbra tornano sulle mie come se non fosse accaduto niente, mentre la sua eccitazione preme contro la mia gamba.
Il suo sguardo poi incontra il mio, ed entrambi sorridiamo automaticamente.
-Vuoi dormire? – Mi domanda carezzandomi il volto.
Annuisco continuando a sorridere, così lui posa la testa sul cuscino e mi abbraccia, carezzandomi ininterrottamente una coscia.
-Buonanotte principessa. – Sussurra lasciandomi un bacio sul capo.
 
 

***

 
 
Mi rigiro pigramente nel letto, incastrandomi tra le lenzuola. La luce del mattino mi scalda il volto mentre la mia mano sinistra vaga alla ricerca di qualcosa, o qualcuno che non trova.
Apro gli occhi e guardo il letto: vuoto, così mi siedo e scorgo chi stavo cercando ai piedi del letto, intento ad allacciarsi le scarpe.
-Dove vai? – È la prima cosa che gli domando stropicciandomi gli occhi.
Joseph si volta nella mia direzione e mi regala un sorriso raggiante, prima di avvicinarsi e salutarmi con un bacio.
-Buongiorno anche a te. – Sussurra sedendosi sul letto. – Sto andando ad organizzare le ultime cose per stasera, non volevo svegliarti.
-Va bene. – Rispondo sorridendogli. – Ce la fai a tornare per pranzo?
-Dovrei farcela, ma perché non vieni anche tu? Ci saranno anche Demi e Chris, poi magari possiamo andare a pranzo tutti insieme.
Mi apro in un mastodontico sorriso dopo questa richiesta: io, i miei migliori amici e il mio ragazzo a pranzo insieme, come un’uscita a quattro. Acconsento subito, così lui si alza ma prima che possa allontanarsi gli prendo la mano con entrambe le mie, gesto che lo fa voltare di nuovo nella mia direzione, cosi mi alzo lentamente per poi baciarlo sorridendo.
-Buongiorno. – Sussurro sulle sue labbra.
Lui mi sorride di rimando, baciandomi un’altra volta. Dio, starei tutto il giorno a non far altro che baciarlo.
-Cambiati, io intanto ti preparo la colazione. – Mi dice sorridendo.
-Ho il tempo di farmi una doccia?
Joe annuisce in risposta, così ci dividiamo: lui in cucina, io in bagno.
L’acqua tiepida che mi carezza la pelle mi dona lucidità e mi scioglie i muscoli, in questo modo una volta uscita sono decisamente rilassata.
Lentamente mi vesto, e solo poco prima di indossare la maglia, alzando lo sguardo verso il mio riflesso allo specchio, lo vedo: un enorme succhiotto che mi copre buona parte del collo.
-Joseph! – Grido, e pochi secondi dopo lui si affaccia alla porta domandandomi che succede. – Che diavolo è questo? – Esclamo voltandomi nella sua direzione e indicando il collo.
Lui allora mi raggiunge ridendo ed io mi volto di nuovo verso lo specchio, così mi ritrovo intrappolata tra le sue braccia e il suo mento si posa sulla mia spalla.
Sorrido alla nostra immagine riflessa prima di tornare sulla questione.
-Non fare la rompiscatole adesso. – Mi risponde sbuffando.
-Ma come faccio a coprirlo? È enorme! – Esclamo guardandolo negli occhi attraverso lo specchio.
-Nessuno ti ha detto di coprirlo. – Mormora prima che le sue labbra tornino a lasciare baci umidi sul mio collo e la spalla.
Chiudo gli occhi lentamente e butto indietro la testa rabbrividendo di piacere mentre la sua lingua percorre la mia pelle. Le sue mani calde intanto sfiorano le mie cosce e il mio ventre, così che il mio respiro si fa più pesante. Lentamente mi volta verso di lui e mi fa sedere sul piano del lavandino insinuandosi tra le mie gambe, senza smettere di lasciarmi baci e succhiotti sul collo.
La sua bocca scende lentamente, così infilo le mani tra i suoi capelli mordendomi il labbro inferiore.
Lentamente ripercorre il mio corpo baciando e leccando la pancia, il petto, la clavicola, per poi tornare sul collo e infine sulle labbra.
-La colazione è pronta. – Sussurra con voce roca dandomi un bacio a stampo.
-No. – Gli rispondo fulminandolo con lo sguardo.
-No? – Fa eco lui guardandomi sconcertato.
-Non puoi fare così e poi dirmi che è pronta la colazione come se niente fosse, okay?
Sentendo le mie parole, la sua risata cristallina invade il bagno facendomi scuotere il capo, dopodiché mi prende in braccio in modo che io allacci le gambe alla sua vita.
La sua bocca allora cerca nuovamente la mia e così la sua lingua facendomi sciogliere. Velocemente recupero la t-shirt e avvolgo le braccia intorno al suo collo, così lui mi porta in cucina senza abbandonare mai la mia bocca. Dolcemente mi fa adagiare su una sedia, ma le mie mani saettano tra i suoi capelli corvini prima che possa allontanarsi e percepisco le sue labbra incurvarsi in un sorriso.
-Faremo tardi. – Sussurra sulle mie labbra, convincendomi a lasciarlo andare.
Lo osservo mentre addenta un biscotto al cioccolato e riempie le tazze ammaliata, rapita. Tutto di lui è perfetto: dai tratti del suo volto ai vestiti che indossa, ai movimenti che fa. Osservo le sue mani afferrare le due grandi tazze, una blu e l’altra verde, per i manici e spostarle sul tavolo accanto al pacco di biscotti. Solo quando il mio sguardo incontra il suo, indagatore, mi accorgo che stava osservandomi e arrossisco violentemente abbassando in fretta il capo.
Un’altra occhiata al suo volto è sufficiente per notare il suo cipiglio divertito e i denti che premono sul suo labbro inferiore, evidentemente intenti a trattenere una risata.
-Non ridere. – Borbotto fingendomi offesa, lanciandogli addosso la t-shirt rimasta inerte nella mia mano che lui evita prontamente, facendola finire sopra i fornelli spenti.
-Uhm, qualcosa mi dice che d’ora in avanti dovrò nascondere le cose appuntite. – Commenta lui arricciando il suo naso perfetto, ridacchiando e facendomi scuotere la testa, imbronciata.
 
 

***

 
 
Io e Joe entriamo nel palazzetto, mano nella mano, e un istintivo senso di panico s’impadronisce di me non appena i miei occhi si posano sulle poche persone intorno a noi. Azzardo un’occhiata verso il suo viso, visibilmente rilassato e sorridente, e mi domando se anch’io dovrei comportarmi nel suo stesso modo. Non ne abbiamo parlato affatto, cosa devo fare? Cosa siamo, adesso, amici o compagni? Non so neanche se voglia rendere pubblica la nostra relazione, se così la si può chiamare, o lasciare il resto del mondo nel beneficio del dubbio.
-Sei in ritardo, Joe. – Lo ammonisce il ragazzo con gli occhi scuri quanto i capelli (e l’umore) che ho imparato ad associare al bassista, lanciandomi un’occhiata di puro veleno che equivale a: “Tanto lo so che ha fatto tardi a causa tua.”… Come dargli torto?
Però devo ammettere che mi manca Greg, almeno lui era simpatico e socievole, a differenza di Mr. “A Colazione Mangio Pane E Acido”.
Mi dileguo velocemente scoccando un bacio sulla guancia di Joe, sussurrando le mie intenzioni al suo orecchio:
-Vado da Demi e Chris, sopravvivi se ti lascio da solo con la belva?
Incrocio il suo sguardo divertito prima di far scivolare via la mano dalla sua, correndo verso il lato opposto del palazzetto mentre vengo seguita dalla sua risata, impregandomi così di essa.
La conversazione con i due non dura poi molto, a causa di Chris che si affretta a trascinarmi via dalla ragazza, portandomi in un angolo buio del locale.
-Tutto bene? – Mi domanda scrutando il mio volto ormai libero dal sorriso falso, o almeno solo in parte, che mi sono costretta ad indossare.
Basta un cenno di rinnego col capo da parte mia per fargli decidere di sedersi sugli scalini freddi della gradinata, in modo che possa sfogarmi sui miei ultimi tormenti.
-Dopo il concerto parlagli, no? Non costa niente chiedergli cos’ha intenzione di fare.
-E a cosa servirebbe? – Sussurro abbassando lo sguardo sulle mie mani intrecciate, tenute sollevate dagli avambracci posati sulle cosce, sospirando. – Io ho già deciso…
-Non servirebbe a niente dirti che così peggiorerai solo le cose, vero? – Ribatte Chris sbuffando esasperato, facendomi scuotere nuovamente il capo. Noto con la coda dell’occhio che fa per alzarsi, ma qualcosa lo trattiene e gli fa posare un braccio intorno alle mie spalle, in modo che io possa nascondere il viso contro il suo collo, trattenendo con tutte le mie forze le lacrime pungenti che stanno lottando per invadere i miei occhi.
-Torniamo dagli altri? – Sussurra il moro passato del tempo, stringendomi le spalle per attirare la mia attenzione per poi ricevere, in risposta, un impercettibile cenno di assenso col capo.
Ci alziamo totalmente in silenzio mentre il mio sguardo vaga sul pavimento scuro per non incontrare i suoi occhi, e non appena la ragazza ricompare davanti a noi la mia attenzione è attirata dalla persona in sua compagnia: Joe. I due – che non sembrano essersi accorti di noi, forse ancora troppo lontani, sono seduti accanto e conversano sorridenti, soprattutto Joe… singolare, direi, il fatto che sembrino così a loro agio, come se il loro rapporto fosse tornato quello del passato. Non so dire se sia gelosia ciò che sento, fatto sta che appena lo sguardo del Jonas si posa sul mio, mi sento improvvisamente come alleggerita, nonostante il groppo costante al centro del petto.
Vorrei urlargli di smetterla di sorridere, è una tortura vedere il suo sorriso felice dedicato a me. Falla finita, Joe… Amore mio, non lo capisci che sto per tornare una delle tante stronze che ti ha fatto del male?
 
 

***

 
 
-Joe, possiamo parlare? – Sussurro sollevandomi sulle punte per avvicinare la bocca al suo orecchio, aumentando la presa sulla mano già stretta alla mia e fermandomi poco prima dell’uscita del palazzetto in modo da allontanarci dagli altri.
-Certo… Va tutto bene? – Mi domanda lui voltandosi a guardarmi, la fronte corrugata e gli occhi scrutatori ma preoccupati.
-N-non proprio. – Sussurro togliendo lentamente la mano dalla sua e abbassando lo sguardo, incapace di sostenere il suo.
-Ehi, che succede? – Percepisco le sue dita sfiorare la pelle del mio braccio, titubanti, mentre io inspiro profondamente per non vacillare, invano.
-Penso che non sia una buona idea stare insieme. – Recito d’un fiato, stringendo le mani a pugno talmente forte da conficcarmi le unghie nella carne, fissando imperterrita il suo ginocchio destro. È fatta: l’ho detto, vorrei morire.
-Cos… perché? – Esclama con la voce intrisa dal panico che mi procura una fastidiosissima fitta allo stomaco.
-P-perché non voglio perderti, Joe. – Mormoro con un fil di voce, tremante, sforzandomi di non far scivolare via le lacrime dai miei occhi.
-Che diavolo significa che non vuoi perdermi?
Merda, si sta incazzando. – Penso trattenendo a stento un singhiozzo, percependo il suo sguardo bruciante su di me, che mi costringe a tornare a guardare il suo volto sconvolto.
-Pensaci: cosa succederebbe se dovesse andar male? Se ci lasciassimo tra qualche mese non potremmo più essere quelli di una volta, ma se tronchiamo sul nascere…
-Se tronchiamo sul nascere, cosa? – M’interrompe lui guardandomi, allargando le braccia in un gesto esasperato. – Credi che il nostro rapporto resterebbe immutato? Rompere adesso o meno, sarebbe la stessa cosa.
-Non è vero! – Esclamo a mia volta, incapace di nascondere il crescente panico, guardandolo terrorizzata. – Non dobbiamo smettere di…
-Sì invece! –M’interrompe lui, trattenendosi con un notevole sforzo dall’alzare eccessivamente il tono di voce. – Tu non vuoi stare con me ma io non posso esserti solo amico.
-Perché no? – Esclamo con una punta di esasperazione che non passa sicuramente inosservata, allargando le braccia.
-Perché non ne avrei la forza… non adesso.
Nonostante le sue parole siano appena sussurrate, mi colpiscono in pieno stomaco tanto da farmi vacillare, così come la sua espressione debole e distrutta. Secondo colpo. Non posso non impallidire alla vista di quegli occhi, mentre mi riaffiora in mente il ricordo della stessa scena di più di un anno fa, a Londra, quando il dolore che lessi nei suoi occhi mi distrusse letteralmente. Terzo colpo, stavolta al cuore.
Ci metto un secondo di troppo a dare un senso ai suoi movimenti: è uscito velocemente dal palazzetto, lasciandomi da sola in quel luogo adesso troppo buio e freddo, sperduta, terrorizzata.
Quarto colpo, e mi distrugge, facendomi crollare in mille pezzi.

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