Let there be love.

di Freeyourmind_x
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno -Welcome to my life- ***
Capitolo 2: *** Capitolo due -Reason to believe- ***
Capitolo 3: *** Capitolo tre -Clover Paris- ***
Capitolo 4: *** Capitolo quattro -I can't forget about you- ***
Capitolo 5: *** Capitolo cinque -Complicated- ***
Capitolo 6: *** Capitolo sei -Never be- ***
Capitolo 7: *** Capitolo sette -Tomorrow never dies- ***
Capitolo 8: *** Capitolo Otto -Long way home- ***
Capitolo 9: *** Capitolo nove -Best of you- ***
Capitolo 10: *** Capitolo dieci -Move my way- ***
Capitolo 11: *** Capitolo undici -I miss you- ***
Capitolo 12: *** Capitolo dodici -Gotta be somebody- ***
Capitolo 13: *** Capitolo tredici -The Weight- ***
Capitolo 14: *** Capitolo quattordici -Close as strangers- ***
Capitolo 15: *** Capitolo quindici -Never too late- ***
Capitolo 16: *** Capitolo sedici -Endlessly- ***
Capitolo 17: *** Capitolo diciassette -Daylight- ***
Capitolo 18: *** Capitolo diciotto -Speak of the devil- ***
Capitolo 19: *** Capitolo diciannove -Too Bad- ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 -Numb- ***
Capitolo 21: *** Capitolo ventuno -Something I need- ***
Capitolo 22: *** Capitolo ventidue -Preacher- ***
Capitolo 23: *** Capitolo ventitré -FourFiveSeconds- ***
Capitolo 24: *** Capitolo ventiquattro -All of me- ***
Capitolo 25: *** -Say something- ***
Capitolo 26: *** -Honey, I'm good- ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno -Welcome to my life- ***



 

Let there be love


Capitolo uno 
-Welcome to my life-

“Buongiorno studenti del Sidney High School! Vi auguriamo un buon inizio e un anno ricco di buoni eventi” la voce del preside fuoriesce dai megafoni della scuola. Un sorriso amaro si crea fra le mie labbra.
“Un buon inizio”, certo.  Come si può considerare qualcosa di buono l’inizio della scuola? È come augurare ad un delinquente di avere una buona permanenza in carcere e, chiariamoci, è un po’ una presa per i fondelli.
Con l’umore sotto terra, apro il mio armadietto per poi buttarci sconsolata alcuni libri. Se potessi, brucerei davvero tutti questi stupidi appunti, quaderni e fogli che, sono più che certa, in vita mia non mi serviranno. Sinceramente, l’unica cosa positiva è che, finalmente, questo sarà il mio ultimo anno da liceale e non c’è notizia più bella. Per anni, non dovrò più vedere i miei stupidi insegnanti, quelle stupide galline delle cheerleaders e i loro stupidi ragazzi che, ovviamente, fanno parte della squadra di football.
“Clover Paris, è il primo giorno di scuola e già ti trovo in condizioni disperate. Che onore!” una voce alle mie spalle mi fa alzare la testa dal mio nascondiglio. Basta poco per capire che a pochi centimetri di distanza si trova il mio, non che più amato, migliore amico.
“Calum Hood, è il primo giorno di scuola è già ti trovo con un succhiotto al collo. Questo si che è un vero onore!” sorrido ironicamente,  sbattendo l’anta dell’armadietto per chiuderlo. Calum si porta subito una mano sul collo come colto di sorpresa. Poi, indifferente, si passa la lingua sulle labbra.
“Te l’ho già detto che quest’anno ci sono delle ragazze nuove? Sono delle strafighe… E brave ad usare in modo opportuno le proprie labbra.” Mi risponde muovendo le sopracciglia, spiegandomi così perché il suo collo ha quell’enorme macchia.
Disgustata, arriccio il naso. Subito, però, mi avvicino per abbracciarlo.
“Sei sempre il solito. Comunque mi sei mancato, dove eri sparito? Ho provato a chiamarti un milione di volte!” sussurro lasciandogli uno schiaffo sulla spalla come a punirlo.
“Lo so, scusami, ma sono stato per tutta l’estate in America e ho perso il mio cellulare con tutti i numeri… E’ stato un po’ un casino. Sono ritornato ieri e non ho davvero avuto il tempo di chiamare o sentire nessuno.”
“America? Scherzi? O mio dio, adesso sono ancora più arrabbiata. Perché non mi hai portato con te?” chiedo sconsolata ma allo stesso tempo divertita. Avrei voluto anche io passare la mia estate viaggiando, divertendomi e, perché no, facendo qualche pazzia. Ma, purtroppo, i miei genitori hanno avuto qualche problemino con le spese di casa e per tutto il periodo estivo ho dovuto lavorare in un stupido pub.
“Lo avrei fatto, ma è stata tutta una cosa improvvisata.” Si scusa, facendo spallucce e guardandomi negli occhi. Vedo sincerità e non posso fare altro che sorridergli premurosa.
“Non fa niente, almeno ti sei divertito?”
“Oh sì. L’America ha così tante belle ragazze che…”
“Come, scusa? Sei stato in America e hai guardato solo le ragazze?” rido, immaginando il mio piccolo Hood alle prese con l’America e con tutta la sua popolazione femminile.
Infondo, Calum Hood è fatto così. E’ quel tipo di ragazzo stronzo che ama farsela con il primo buco che gli capita davanti, ma è una persona in gamba. Pervertita, menefreghista, ma con un cuore d’oro.
“Certo, sono le cose più belle dell’America. Con quei pantaloncini corti da lasciare in vista quei bei sederi da…”
“Ok, ok… Ho capito” dico, stoppando subito il suo discorso, immaginando ciò che sta pensando.
“E tu, mia cara Clover? Come hai passato quest’estate?” mi chiede appoggiando il suo braccio sinstro sulle mie spalle così da potermi abbracciare e iniziando a camminare per il corridoio della scuola.
Alla sua domanda, abbasso lo sguardo frustrata. “Se te lo dico non ci credi.” Sussurro ridendo.
“Perché non dovrei…”
“Ho lavorato per tutta l’estate. In un Pub” dico prima che lui possa finire di parlare. Subito, come se avessi appena confessato un omicidio, si ferma e mi osserva con gli occhi spalancati.
“Tu.Lavorare.In.Un.Pub?!” quasi urla e subito porto una mia mano sulla sua bocca.
“Sì, avevo bisogno di soldi ed è stato il primo lavoro che ho trovato… Che c’è di male?” chiedo non capendo il motivo di tale reazione.
“Sai quanto siano pericolosi i pub, c’è tanta di quella gente ubriaca che… Dio, se avevi bisogno di soldi avrei potuto darteli io!” rido alle sue parole.
“Stai tranquillo, se sono qui vuol dire che nessuno mi ha ucciso o violentato, e questo è un buon segno, no? E poi sei pazzo? Non ti chiederei mai dei soldi”
“Sì, ma andiamo! Non voglio che tu…” il suono della campanella si sovrappone alle sue parole. Lo fermo, prima che possa continuare a rimproverami.
“Hai sentito, Hood? È suonata, e io sono davanti alla mia classe. Perciò, muovi il culo e vai nella tua. Sto bene, sono viva e questo è il nostro primo giorno di scuola. Ci sentiamo dopo” scappo così da non farmi prendere.

“La settimana prossima faremo un breve test. Vorrei certificare le vostre competenze prima di iniziare con il programma. Buona giornata!” dice la professoressa di inglese prima di varcare la porta della classe.
Esasperata sospiro recandomi anch’io all’esterno di quella che, per tre ore, è stata la mia tortura.
Questo primo giorno di scuola non è stato uno dei migliori. E se penso che, dopo pranzo, mi aspettano altre ore, vorrei urlare come una pazza.
Studiare mi piace ma l’ambiente scolastico mi deprime. Svegliarsi presto la mattina, non potere uscire spesso, passare il pomeriggio a fare i compiti… Ecco, tutto questo lo abolirei.
Con questo pensiero in testa, mi ritrovo a camminare verso la mensa della scuola. Entrata, prendo subito un vassoio e cerco di prendere qualcosa che sia commestibile. Purtroppo, quello che servono, non è proprio il massimo.
Uscita dalla fila mi guardo intorno cercando di trovare un tavolo che non sia occupato. E’ una questione di secondi che subito riesco ad intravedere la figura di Calum in compagnia dei nostri  amici.
“Irwin, Clifford… Che piacere rivedervi!” saluto così i due ragazzi che, appena sentono la mia voce, si alzano per abbracciarmi.
“Ehi Clover, come stai?” a pormi la domanda è Michael Clifford. Lo osservo cercando di capire cos’ha di nuovo. Non so, più lo osservo è più noto in lui qualcosa di diverso.
“Tutto bene. Nuova tinta?” chiedo, quando, più che certa mi ricordo che l’ultima volta che ci siamo visti i suoi capelli avevano un colorito sul rosa.
Subito la sua risata mi accoglie. “Già, non credi che mi doni il verde?” chiede atteggiandosi. Mi siedo al suo fianco ed inizio a fissarlo con un sopracciglio alzato. “Nah, sei bruttissimo.” Gli sussurro causando la risata di Calum e di Ashton. Michael, invece, abbassa lo sguardo mettendo su un finto sorriso triste.
“Avete notato ragazzi? Quest’anno ci sono nuovi studenti.” Ashton subito intavola un nuovo discorso, spezzando così il silenzio che si è creato.
Sorrido annuendo. “Oh, sì. Calum è quello più informato, vero Hood?” gli chiedo riferendomi all’episodio di stamattina.
“Paris, sei per caso gelosa delle mie nuove conoscenze?”
“Io? Per niente”
“Molto bene.” Mi risponde sorridendomi maliziosamente. E io rido, perché Calum Hood è davvero uno stupido. Noi ci divertiamo così: amiamo prenderci in giro e stuzzicarci come due bambini piccoli.
“Comunque, chi c’è di nuovo? Per ora ho visto solo delle ragazze del primo anno…” dico, dopo aver masticato un pezzo di pizza. Almeno, penso,  questo è l’unico cibo che oggi ha un bell’aspetto e un buon sapore.
“La maggior parte sono tutte matricole, dell’ultimo anno c’è una ragazza, una certa Emily Drive e un ragazzo. Luke Hemmings” alle parole di Ashton annuisco. Per quanto sia una ragazza che ama starsene per le sue, mi piace rimanere aggiornata sugli ultimi avvenimenti della scuola. Per esempio, ciò che mi piace di più, sono le liti che nascono fra le cheerleaders. Mi diverte immaginare quelle povere galline prendersi per i capelli per cose stupide.
“Aspetta, Luke Hemmings? Stai scherzando, vero?” dice Michael, sorpreso, e alzando di poco il tono di voce.
“Vorrei, ma quelle che ho sono fonti certe. E’ entrato anche all’interno della squadra di football” sento Calum sbuffare. “Ci mancava solo questo. Non ho voglia di vedere la sua testa di cazzo ovunque.” Risponde e, appena sento le sue parole, mi trovo ad aggrottare le sopracciglia.
E adesso chi è questo Luke Hemmings? Da quando conosco i ragazzi, non ho mai sentito nominare tale nome. Soprattutto, per essere disprezzato dai ragazzi deve per forza aver commesso qualcosa di grave. Ashton, Calum e Michael non sono quel genere di ragazzi che amano avercela con tutti o che si divertono a fare delle risse. Amano starsene all’oscuro, un po’ come me.
“Scusate, ma chi è questo Luke?” la domanda che pongo mi esce spontanea. Subito mi trovo sei occhi scrutarmi silenziosamente.
“E’ una storia lunga, ma, se vuoi un consiglio, stagli alla larga. E’ una di quelle persone a cui piace divertirsi con i sentimenti degli altri…” mi risponde Ashton, cercando così di chiudere il discorso. Alle sue parole annuisco, anche se dentro muoio dalla di voglia sapere cos’ha fatto, ma soprattutto, di sapere chi è.
“Storia lunga? Io ho tutto il tempo che vuoi e mi piacciono le storie.” Affermo, sperando che uno dei tre sputi il rospo. Li sento ridere.
“Hai presente quando l’anno scorso eravamo in cerca di un nuovo chitarrista?” mi domanda Michael. Annuisco ricordando di quanto impegno e passione hanno dedicato per la band.
“Ecco, lui è stato uno dei primi ad interessarsi. Abbiamo suonato un po’ di volte insieme e, per quanto mi costi ammetterlo, è davvero bravo.”
“Poi, ha iniziato a non venire più alle prove. Sai, diceva “Sì, vengo” e poi, ogni qualvolta che dovevamo provare, lui non c’era.” Annuisco continuando ad ascoltare.
“Una volta, poi, ci aveva assicurato che avremmo potuto suonare all’interno di un locale. Quando siamo andati lì sai cos’è successo? Lui era con dei suoi amici, suppongo quelli della vecchia scuola, e ha incominciato a deriderci.”
“In che senso?” chiedo, non capendo perfettamente ciò che mi sta dicendo.
“Nel senso che ci ha preso in giro, che “eravamo troppo degli sfigati per suonare con uno come lui”, e robe del genere. Tutto quel tempo che è stato con noi, lui ha solo giocato. Un povero bambino che si diverte a giocare con i sentimenti degli altri, ecco.” Mi risponde Calum con rabbia. Alle parole del mio migliore amico, sospiro incredula.
Non posso pensare che una persona possa essere così meschina da far tutto questo. Soprattutto a delle persone come loro. Insomma, ci vuole tanto coraggio e cattiveria!
“Mi dispiace, non pensavo che questo Luke potesse essere così meschino.” Affermo dopo aver sorseggiato un po’ di limonata dalla mia bottiglia. Ashton mi sorride. “Non ti preoccupare, ormai è acqua passata. Certo, averlo sempre davanti agli occhi non sarà qualcosa di positivo, ma pazienza.”
Sorrido alle sue parole pensando a quanto questi ragazzi siano in gamba. Se fosse capitata a me una cosa del genere, non credo che starei ancora qui buona e ferma. Sarei già in qualche posto a pianificare la mia vendetta.
La campanella suona e, con gran disappunto, ci alziamo tutti dal nostro tavolo. Prima di abbandonare del tutto il gruppo, prendo in disparte Calum. “Senti, spilungone, dopodomani ti va di stare insieme?”
“Per stare insieme intendi una delle nostre solite serate?” mi chiede facendo un cenno con la testa. Sorrido annuendo. Le sarete trascorse insieme a Calum Hood sono sempre le più belle. Si inizia con il vedere un film e poi, alla fine della giornata, con le lacrime agli occhi per le troppe risate.
“Perfetto, allora ci sarò. Solito orario?”
“Solito orario” rispondo prima di dirigermi verso la mia classe. 


Spazio autrice.
Ehilà gente, rieccomi dopo ben due anni a scrivere qualcosa su EFP! E' la prima FF che pubblico nella sezione "5sos" perciò, siate buoni, vi pregooo! 
Come avrete potuto capire, la storia, principalmente è su Luke. Il primo capitolo è un po' una lagna, lo so, ma posso assigurarvi che  più si andrà avanti è più la storia sarà carina. 
Premetto che io  non sono una vera e propria fan dei 5sos, nel senso che la loro musica mi piace molto, leggo alcune FF ma so davvero poco di loro, perciò quello che scrivo è del tutto lontano dalla realtà (: 
Ringrazio la mia fedele amica Alessia per aiutarmi a scrivere alcune cose della storia. 
Detto tutto, vi saluto. Spero che vi piaccia (:
Adiossss

-Sere



 

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Capitolo 2
*** Capitolo due -Reason to believe- ***


Capitolo due
-Reason to believe-

“Mamma, io sto andando a scuola. Stasera c’è anche Calum, va bene?” urlo cercando di farmi sentire da mia madre. Dopo poco la vedo sbucare dal bagno con una faccia mezza addormentata.
“Certo tesoro, rimane a dormire qui?” mi chiede e mentalmente mi faccio la stessa domanda. L’altro Ieri, per la fretta mi sono dimenticata di chiedere e ieri, impegnata con alcune faccende scolastiche, non ho avuto nemmeno un secondo per poter parlare con Calum.
“Non so, credo di sì. Te lo faccio sapere più tardi, tieni il cellulare con te, ok?” annuisce e, prima che possa fermarmi ancora, scappo letteralmente fuori di casa.
Stamattina svegliarsi è stata un’impresa ma, il solo pensiero di passare un po’ di tempo con il mio migliore amico, mi ha dato la forza di affrontare questo nuovo giorno.
Dopo dieci minuti di camminata, riesco a intravedere la mia scuola. Silenziosamente cammino per il corridoio osservando come, la maggior parte degli studenti, sia di buon umore. Vorrei avere anch’io tutta quest’allegria di mattina.
Svogliatamente mi avvio verso il mio armadietto. Lo apro iniziando a buttare alcuni libri e cercando di trovare almeno una penna per scrivere gli appunti.
E’ una questione di minuti che sento come se qualcuno mi stesse osservando. Scettica, alzo lo sguardo dal mio armadietto per guardarmi intorno. Inizialmente sembra tutto normale. Sorrido, dandomi della stupida per ciò che ho pensato; ma, basta un secondo, e da qualche armadietto distante al mio, vedo un ragazzo osservarmi.
Subito il mio cuore smette di battere quando i suoi occhi si scontrano con i miei. Sono azzurri, azzurri come il cielo, un azzurro stupendo. Ha dei capelli biondi, con qualche ciocca leggermente più scura. Sono riuniti tutti in grande ciuffo. Ha le labbra sottili, piccole con un piercing sul labbro inferiore.
Lo osservo e più lo guardo e più mi ricorda qualcuno. E’ come se lo avessi già visto da qualche parte, come se quella non fosse la prima volta che lo vedo. E, per quanto possa sembrare strano, anche per lui sembra lo stesso. Socchiudo un po’ di più gli occhi, cercando di concentrarmi il più possibile. Basta poco e subito alcuni ricordi riaffiorano.

“Clover, chiudi te stasera?” mi chiede Hanna, la proprietaria del negozio. Annuisco finendo di asciugare un bicchiere.
“Va bene, stasera sembra non esserci nessuno.” Dico, guardandomi attorno. A parte tre clienti, il locale è vuoto. Hanna annuisce sconsolata. “Sì, purtroppo sono tutti a vedere la partita di football. Le odio solo per questo.” Dice e rido per tale affermazione. “Comunque non ti preoccupare, vai pure, rimango qui io.” La rassicuro per poi continuare il mio lavoro. Al contrario di Hanna, invece, io mi trovo ad amare le partite: meno clienti, più tranquillità per me.
Per un quarto d’ora rimango a leggere “Ragazzo da parete”, uno degli ultimi libri che mi sta affascinando. La clientela non sembra aumentare, fin quando, dalla porta non sbuca un ragazzo.
Appena lo guardo, scocciata, lascio il mio libro sul bancone. Lentamente si avvicina e, una volta arrivato, si siede su uno degli sgabelli.
“Ciao” sussurra e lo guardo negli occhi azzurri. Stringo le labbra accennando a un saluto.
“Vorrei un bicchiere di Vodka.” Mi chiede e subito lo accontento versando il liquido nel bicchiere. Appena glielo servo, prende il recipiente e beve tutto alla goccia. Lo osservo, non capendo quale sia il motivo di tale gesto. Ormai, è quasi un mese che lavoro qui, e ho capito perché la gente a questo vizio del bere. C’è chi beve perché è nella merda fino al collo, c’è chi beve perché non ha niente da fare e c’è chi beve per dimenticare. Ma questo ragazzo, dal nome sconosciuto, non sembra qui per nessuna di queste ragioni.
“Un altro.” Sussurra stringendo gli occhi.
“Non sei un po’ troppo piccolo per bere degli alcolici?” chiedo mentre gli passo il bicchiere. Come prima, beve tutto di fretta chiudendo gli occhi per il bruciore. Solo quando, per qualche secondo riesce a riprendersi, sorride appoggiando il recipiente sul bancone.
“Forse” sussurra ed io mi limito ad alzare le spalle. Hanna non vuole che dia troppa confidenza ai clienti. Per lei, come anche per me, trova pericoloso avvicinarsi a qualcuno che beve. Non si sa mai quali possano essere le sue intenzioni, perciò, meglio stare alla larga.
“E tu, non sei un po’ troppo piccola per lavorare in un pub come questo?” mi chiede subito dopo ed io rimango senza parole. Non mi aspettavo che ricambiasse, in un  certo senso, la mia domanda.
“Forse” mi ritrovo a rispondere sorridendo. Mi passa il bicchiere come a indicarmi di versargli ancora un po’ di vodka. Lo accontento e, questa volta, non lo beve tutto di un colpo. Si limita a sorseggiarne un po’ alla volta.
Così, osservandolo, ritorno a leggere il mio libro.
“Ti è mai capitato di voler andartene?” quando sento la sua voce, alzo lo sguardo cercando di capire. Mi osservo intorno per vedere se, quelle parole, sono dirette a me. I suoi occhi, fissi sui miei, mi danno la risposta.
“Come?” sussurro, non capendo il perché di questa domanda.
“Sì, dico, non hai mai desiderato vivere un’altra vita? Magari non seguendo le regole di nessuno, facendo quello che più ti piace.” Abbandono il mio libro e mi avvicino al bancone. Porto le braccia al petto e lo guardo.
“Sinceramente, sì. Vorrei tanto essere tanto ricca, bella e abbastanza audace da vivere una vita senza confini e in pura libertà.” Gli rispondo sincera. Mi stupisco di come, in una frazione di dieci minuti, questo ragazzo sia riuscito a dare sfogo ai miei pensieri.
“Anche io. Vorrei non dipendere fin troppo dai miei genitori. Si aspettano sempre il massimo da me, e sai cosa? A me non interessa per niente dare il massimo. E come se stessi vivendo la loro vita, non la mia.” Finisce per poi bere un altro po’ della sua vodka. Ora capisco perché lui è qui: lui vorrebbe semplicemente scappare dai problemi, beve perché sta male.
“Io mi sento di fare tutto quello che faccio solo per non sentirmi in colpa. E nessuno si accorge di quanto io sia nella merda, di quanto questa vita non mi piaccia. Avrei quella voglia di mandare tutto a fanculo” sorrido amaramente alle mia parole. Arrivi ad un certo punto che, o per un motivo, o per un altro, inizi a stancarti. Dove non trovi nessuna ragione per andare avanti. Ed io vorrei trovarla quella ragione, vorrei avere quella ragione per credere.
Mi guarda e per un secondo sorride. “Non ho nessun amico, sai? Tutti m’invidiano perché credono che la mia vita sia stupenda. Genitori ricchi, tante conoscenze, tante ragazze ai piedi… Ma sai cosa? Loro non sanno che la maggior parte di queste cose sono tutte finte. Non ho nemmeno un amico sincero per sfogarmi. Guarda come sono ridotto, alle undici di sera a confessare queste cose a una sconosciuta.” La sua risata è piena di rammarico ed io non posso non essere triste per quello che mi ha appena confessato. Dio, con me, è stato più buono. Mi ha donato una buona famiglia, dei veri amici e tanta gioia. Il resto, però, è quello che mi manca.
“Non c’è niente di male. Prendila come una sorta di segreto fra me e te. Io non dirò a nessuno quello che mi stai dicendo, e tu farai lo stesso.” Lo rassicuro, facendogli capire che non si deve preoccupare. A me interessa curarmi degli altri, a me importa che gli altri si aprano con me.
“Affare fatto.”


Appena mi torna in mente una parte di quella serata, le mie guance diventano rosse. Guardo il ragazzo davanti ai miei occhi e l’ansia incomincia a salire.
Non ci posso credere, ero sicura che non l’avrei più visto. Insomma, ero più che certa!
Spaventata, chiudo subito l’armadietto e mi dirigo verso la mia classe lasciandomi il ragazzo alle spalle.

“Non capisco, qual è il problema?” mi chiede Calum, una volta che ci troviamo entrambi nel salotto di casa mia. Sospiro, guardandolo male.
“Il problema è che, a quel ragazzo, ho detto delle cose abbasta private. E non so niente di lui, né il suo nome, né il suo cognome. Potrebbe smerdarmi da un momento all’altro, capisci?” domando portandomi le mani nei capelli.
Quella notte, ci sono state troppe cose dette. Cose che, nemmeno Calum è a conoscenza, cose che nessuno avrebbe dovuto sapere. Ma lui era lì, io ero lì e... E’ stato inevitabile.

Quindi, fammi capire, sbavi dietro al tuo migliore amico da circa un anno e lui non se n’è mai accorto?” mi chiede il ragazzo che ho difronte. Ormai il locale dovrebbe essere chiuso da ben una mezz’ora, ma questo ragazzo mi ha fatto passare la voglia di andarmene a casa. Sembra così bello parlare con lui, senza avere limiti.
“Sì, insomma. Lui è un tipo a cui piace cambiare ragazza ogni sera. Non posso andare da lui e, di punto in bianco, confessargli il mio amore.” Rido e lui non può che darmi ragione.


Quando mi ritorna in mente anche questo piccolo segreto svelato, la mia ansia non fa altro che aumentare. E se quel ragazzo avesse il coraggio di dire tutto ciò a Calum? Dio, sarebbe la mia rovina, la nostra amicizia potrebbe finire e…
“Prova a pensarla in un altro modo. Magari vorrebbe conoscerti, e questo spiega perché stamattina ti stava fissando. Non essere così…Pessimista?” mi conforta Hood, stringendomi in un abbraccio.
Sospiro, infondo potrebbe andare così. Anche perché, quella notte, abbiamo fatto un patto. E poi, non è sembrato quel tipo di ragazzo, quello che si diverte a vederti nella merda.
“Lo spero con tutto il cuore” sussurro ispirando il suo profumo.


Spazio autrice!
Salvveee! Come potete vedere, sono già qui che aggiorno! Sono felice perchè, anche se poche, ci sono alcune persone che hanno messo la mia storia fra le preferite/seguite/ricordate. Mi dispiace non aver avuto nemmeno una recensione, ma pazienza. Non è la prima volta che pubblico qui su EFP e so quanto sia difficile essere notati (?)
Come avete potuto capire, questo è un capotilo che scava nel passato. Chi sarà mai questo ragazzo misterioso? Credo che ormai sia più che scontato ahahahahah 
E poi, la nostra piccola Clover, ha una "cotta" per il nostro Calum... Qualcosa di serio? Mah! 
Ho già scritto il terzo capitolo, quindi, se a qualcuno interessa, potrei anche pubblicarlo direttamente domani. Fatemi sapere in una recensione se vi è piaciuto o meno (:
Ho iniziato anche a pubblicare questa FF su wattpad, ma lì nesssuno l'ha letta AHHAHAHAHAH vabbè, pazienza.
Se volete contattarmi potete scrivermi su Twitter @freeyourmind_x non scrivo mai niente perchè nessuno mi calcola, ma se mi scrivete vi rispondo senza problemi :)
Bene, detto questo vi abbandono. Spero che il capitolo vi piaccia
Ah dimenticavo, ho chiesto ad EFP di cambiarmi nickname, fra un paio di giorni non sarò più _xlovestyles ma freeyourmind_x. Anche se non vi importerà niente, ve lo dico lo stesso lol
Addiossss

-Sere.

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Capitolo 3
*** Capitolo tre -Clover Paris- ***


Capitolo tre
-Clover Paris-

“Clover, perché stai tremando?” mi chiede Ashton, al mio fianco. Di fretta chiudo il mio armadietto picchiettando ripetutamente il piede per terra.
“Non sto tremando!” dico, agitata, continuando a toccarmi costantemente i capelli.
“Giusto… Sembri nervosa. Qualcosa non va?” mi chiede e subito spalanco gli occhi.  È così scontato che io stia morendo dall’ansia? Infondo, non dovrei. Magari, il ragazzo misterioso, oggi non ci sarà nemmeno a scuola. Posso sempre sperare che lui non si ricordi di me, così niente segreti nascosti e zero preoccupazioni. Eppure non riesco a pensare altro che a lui. La verità è che, per quanto io voglia essere positiva, non ce la faccio.
“No, sono solo un po’ agitata. Alla prima ora ho matematica e mi hanno detto che quest’anno la Cooper ha lasciato la scuola e quindi…” invento, lasciando in sospeso la frase. Ashton annuisce chiudendo anche lui l’armadietto al mio fianco. E’ stata una fortuna stamattina trovarlo qui.  Almeno, per la frazione di alcuni minuti, non ho pensato a niente e mi sono rassicurata ad avere uno dei miei migliori amici al mio fianco.
La campanella suona e con un “Ci vediamo dopo”, Ashton mi saluta per andare in classe. Con passo strisciato mi dirigo verso la mia. Questa è la prima volta che ho matematica da quando la scuola è iniziata, spero solo che la professoressa Cooper ci sia ancora. E’ l’unica che riesce a farmi apprezzare la sua materia.
Appena entro, mi accorgo di essere una delle prime ad essere arrivata. A parte me, ci sono solo cinque studenti. Osservo da lontano due banchi vuoti e mi avvio. Mi siedo nel banco vicino alla finestra così che, nel caso la lezione sia troppo noiosa, possa sempre distrarmi guardando ciò che succede all’esterno dell’edificio. E’ il mio passatempo preferito, soprattutto quando i professori sono troppo occupati a interrogare.
Dopo alcuni minuti la classe inizia a riempirsi. Apro la mia borsa e appoggio sul mio banco un quaderno e una penna per prendere appunti. Sollevo lo sguardo e, per la seconda volta in due giorni, i miei occhi si specchiano con quelli di qualcun altro. Alla porta, proprio in questo preciso momento, il ragazzo misterioso sta entrando. Appena i miei occhi si scontrano con i suoi, rimane a fissarmi. Sento le mani iniziare a sudare e il cuore battermi a mille.
Possibile che, una sola persona, possa farmi quest’effetto? È devastante, ma allo stesso tempo spaventoso.
Abbasso lo sguardo e mi guardo intorno notando che ci sono ancora alcuni banchi liberi. Subito spero che non si sieda al mio fianco ma, la fortuna, sembra non essere dalla mia parte. Con un passo veloce arriva davanti ai miei occhi e, prima che possa dire qualcosa, è già seduto.
Non oso alzare lo sguardo, non ho il coraggio. Anche perché, sono più che sicura che mi stia fissando.
Vorrei tanto poter trovare una scusa per alzarmi e cambiare banco ma, purtroppo, la prof è già entrata in aula ed io non posso fare alcun movimento.
Cerco di stare calma. Infondo, forse vuole solo conoscermi.  Magari soffre di qualche strana malattia e non si ricorda di quello che ci siamo detti, ma si ricorda solo di me.
Quando, però, il suo sguardo diventa insistente, mi trovo a sbuffare. “Smettila di guardarmi.” Sussurro, cercando di non farmi sentire dalla classe. Non alzo gli occhi, ma sono certa che anche lui sia rimasto sorpreso dalle mie parole. Non mi sarei aspettata nemmeno io di rispondergli così a tono.
“E’ Calum il tuo migliore amico? È di lui che sei innamorata?” la sua domanda mi fa mancare per un attimo il respiro. Subito, però il cuore inizia a battermi a mille. Sconvolta, mi giro verso di lui e, questa volta, mantengo il contatto visivo. I suoi occhi da vicino, sono proprio come me li ricordavo.
“Come fai a sapere di…” inizio a parlare, ma mi fermo. Lui sa, lui ricorda. Ed io sono nella merda.
“Non so di cosa tu stia parlando.” sussurro, riportando di nuovo lo sguardo sul mio quaderno. La Cooper ha iniziato già da un quarto d’ora a spiegare, ma la mia attenzione è andata del tutto a puttane.
“Sei stata tu a dirmelo, quella notte. E ricordi tutto alla perfezione, non mentire.” Sussurra anche lui, avvinandosi di più, così che io possa sentilo. Deglutisco e questa volta mi volto verso di lui.
“Io non so davvero di…”
“Sei loro amica?” blocca le mie parole con questa domanda e subito aggrotto le sopracciglia. Non capisco, a cosa si sta riferendo? Parla di Calum, Ashton…?
“Cosa stai…”
“Paris, le dispiace smettere di parlare? Prenda appunti piuttosto!” l’urlo della prof mi spaventa tanto da portare di corsa lo sguardo alla lavagna. Sento gli occhi di tutti fissi su di me e, giuro, in quest’istante vorrei scomparire.

“Calum, mi ha parlato.” Dico, appena mi siedo nel tavolo della mensa. I ragazzi, intenti a parlare, interrompono il loro discorso per guardarmi interdetti.
“Chi ti ha parlato?” mi chiede Calum, non capendo. Esasperata, sospiro. Come fa non a non capire? È chiaro di chi stia parlando!
“Il ragazzo, quello del pub!” dico, stringendogli con una mano il polso del braccio destro.
“Mi stai facendo male!” subito si lamenta indicandomi con gli occhi la mia mano, facendomi capire di rallentare la presa. Dispiaciuta, mi allontano e sospiro.
“Si può sapere di cosa state parlando?” chiede Michael masticando un boccone di pasta. Lo guardo restando in silenzio.
“Ecco, è una storia un po’ lunga…”
“Non ci credo” il sussurro di Calum mi fa girare verso di lui.
“Cosa?” chiedo. Lo vedo sbuffare e subito dopo fare un accenno alle mie spalle. Sia io sia i ragazzi, ci voltiamo interdetti. I miei occhi si soffermano sullo stesso ragazzo che poche ore fa era seduto al mio fianco. Ora, invece, è seduto a qualche metro di distanza, insieme a coloro che fanno parte della squadra di football. Il suo sguardo, però, è fisso su di me.
Di nuovo sento il cuore iniziare a battere a mille e incomincio a sussurrare una serie di “merda, merda, merda.”
“Luke Hemmings ci sta fissando.” Ci chiarisce Calum, quando riportiamo tutti lo sguardo su di lui.
Alle sue parole, spalanco gli occhi.
“Luke… Hemmings?! Quello… è Luke Hemmings?” chiedo e, se prima ero spaventata, ora lo sono di più. Annuisce e, come per conferma, guardo sia Ashton sia Michael che compiono lo stesso gesto. Mi strozzo con la mia stessa saliva e inizio a tossire.
Non è possibile. Il mio ragazzo misterioso è … Luke Hemmings. Lo stesso ragazzo stronzo da cui dovrei stare alla larga. La stessa persona a cui ho confessato dei segreti, la stessa persona che ha deriso i miei amici. La stessa persona che, molto probabilmente, ha preso in giro anche me.
Se prima ero nella merda, ora sono del tutto annegata.
“Stai bene?” mi chiede Ashton dandomi qualche pacca sulla schiena per farmi passare la tosse. Con gli occhi lucidi per lo sforzo, annuisco distrattamente.
“Non capisco perché stia continuando a fissarci. Vorrei spaccargli la faccia, lo giuro.” Sussurra Michael fulminandolo con lo sguardo. Rimango in silenzio anche se, vorrei urlargli, che la ragione di tutto ciò sono io. Ma non posso. Luke sa di Calum e, se vuole, può davvero confessargli tutto. Ed io non voglio, voglio che Calum stia del tutto alla larga da lui. So che è una cosa passata, ma se soltanto Calum sapesse… Mi guarderebbe in modo diverso. Avrebbe dei limiti nei miei confronti, ed io non voglio.
“Già, sembra proprio un tipo da cui stare alla larga.” Sussurro prima di iniziare a mangiare.

A quest’ora, di solito, sarei già a casa mia. Oppure, molto più probabilmente, mi troverei in compagnia dei miei amici davanti alla tv a commentare una delle tante serie senza senso trasmesse su mtv. Però, con grande dispiacere, mi trovo a scuola. Per l’aggiunta, negli spalti del campo ad assistere agli allenamenti di football. Se non fosse che ho un importante bisogno di parlare con Luke Hemmings, me ne andrei subito. Ma mi tocca aspettare ancora un quarto d’ora e, finalmente, gli allenamenti finiranno.
Nel frattempo rimango a osservarlo. È bravo a giocare, capisco perché sia riuscito a entrare all’interno della squadra. Infondo, è stato anche lui a parlarmi di questo suo potenziale.

“Gioco nella squadra di football della mia scuola. Tutti mi dicono che sono bravo, tutti mi dicono che se voglio, avrò davvero successo. Tutti parlano di me, di come mi immaginano fra dieci anni, ma sai cosa?” mi chiede e faccio un segno di dissenso. “Che a me non porta un accidenti del football. Non m’importa se sono bravo, se avrò successo, perché non è questo che voglio fare nel mio futuro. E’ quello che mi stanno impostando gli altri, ed io non voglio. Non ne sono felice.”
 

Rabbrividisco tornando a pensare a quella sera. Le cose che mi diceva, mi sono sembrate così sincere. E quella notte, ho sentito quanta tristezza e rammarico ci fossero nelle sue parole.
Sbuffando, alzo lo sguardo e noto che tutti i giocatori stanno uscendo dal campo, segno che l’allenamento è terminato. Con velocità scendo dagli spalti, così da trovarmi davanti alla rete che divide il campo dai tifosi. Incrocio le braccia al petto e fisso attentamente la figura di Luke, proprio nello stesso modo in cui lui stamattina guardava me. Lo vedo sollevare lo sguardo e, appena mi vede, si ferma a pochi passi di distanza. Poi, afferrando la sua tracolla, si avvicina.
“Stamattina ho mentito.” Inizio, quando è abbastanza vicino. I suoi occhi mi fissano leggermente socchiusi, a causa del sole che non gli permette di vedere alla perfezione.
“Mi ricordo tutto, è vero.” Affermo e vedo sul suo volto nascere un sorriso, ma prima che lui possa dire qualcosa, lo fermo.
“Abbiamo un patto. Avevamo promesso che io non avrei detto niente a nessuno su ciò che ci siamo detti, e tu avresti fatto altrettanto. Perciò, spero che tu rispetti la tua parola.” Dico e inizio a sudare freddo. Non so cosa potrei fare in questo momento se mi rispondesse di aver cambiato idea. Impazzirei, questo è sicuro.
“Credi davvero che sia così stronzo da farlo?” mi chiede e, quando sento la sua voce, il mio cuore inizia a rallentare. E’ strano avere una conversazione con lui dopo quella notte.
“Non dico questo, è che…”
“I tuoi amici ti hanno parlato di me. Immagino quello che hanno detto” mi interrompe, rispondendo per me. Forse, ha capito anche lui in che situazione mi trovi.
Lo osservo e non so cosa rispondere. Che cosa dovrei dirgli? La verità, che hanno davvero parlato di lui?
“Mi hanno detto quello che è successo, tutto qui.” Dico, facendo spallucce. Restiamo per qualche secondo in silenzio, fin quando Luke non alza lo sguardo da terra e punta i suoi occhi nei miei. Ora che sto con lui, in questo istante, riesco a percepire che non è come me l’hanno descritto gli altri. In lui non vedo quella persona stronza che ama divertirsi con le persone.
“Comunque sia, non preoccuparti. Non ho detto a nessuno di quella sera e di quello che ci siamo detti, e non ho intenzione di farlo. Sarei anche stupido a farlo, perché io ho detto molte più cose di te che nessuno sa.” Afferma e subito mi sento meglio alle sue parole. Accenno un sorriso e inizio a dondolarmi sulle gambe.
“Beh… Allora, grazie.” Dico per poi fare un piccolo accenno con la mano e voltargli le spalle per andarmene. Riesco a fare alcuni passi prima che una sua mano afferri il mio polso e mi faccia girare di nuovo verso di lui.
“Ti ho cercata. Alcune settimane dopo sono ritornato a quel pub, ma non ti ho trovato.” Mi confessa e quasi rimango senza parole. Davvero? Davvero mi ha cercato?
“Oh… Ehm…” sussurro senza sapere realmente cosa dire.
“Sono stato bene quella notte con te. Vorrei potere avere l’occasione di avere altri momenti come quelli.” Quasi mi strozzo con la mia saliva. Ho sentito bene? Quello che ha appena detto, è una sorta di richiesta? Mi sta chiedendo di uscire con lui? Per l’ennesima volta, da quando questa conversazione è nata, rimango senza parole. Mentirei se dicessi il contrario, anch’io mi sono sentita bene quella sera con lui ma... Noi non potremmo essere mai amici. Facciamo parte di due mondi troppo diversi e, per finire, i miei amici ce l’hanno a morte con lui.
“Anche io, ma… Mi dispiace. Non posso” affermo e lui sembra  capire il perché di tale risposta. Annuisce lasciando la presa sul mio polso.
“Almeno, avevo ragione? È Calum?” mi chiede, accennando all’argomento di stamattina. Subito un sorriso nasce fra le mie labbra. Mi piace la sua curiosità.
“Forse” rispondo, ritornando con la testa a quella notte.
Mi sorride e ci scambiamo un ultimo sguardo prima che mi volta per l’ennesima volta e mi allontani da lui.
“Ehi, non mi hai detto ancora come ti chiami.” Lo sento urlare, quando ormai sono abbastanza lontano.
“Mi chiamo Clover.” Urlo “Clover Paris.” E da lontano posso vedere il suo sorriso.


Spazio autrice!
Ehilà, buongiorno lettori! Sono molto felice perchè ieri qualcuno ha recensito e altre persone hanno inserito la storia fra le suguite e preferite! (: 
Che dire, questo capitolo è molto importante perchè... *rullo di tamburi* compare Luke! Ormai, era più che scontato che fosse lui il ragazzo misterioro, ma per la nostra piccola Clover è stato un bel colpo al cuore.
E il nostro Luke, invece, sta già cercando di capire come la vita di Clover sia incasinata.
Ho già scritto il capitolo quattro e, per vostro dispiacere o piacere, è un po' più lungo di questo.
Ringrazio moltissimo chi ha recensito il capitolo precedente  e chi segue la mia storia. Mi piacciono le vostre recensioni e, se ne avete voglia, non vergognatevi a scrivermi. Io apprezzo di tutto, anche un semplice "Mi piace." Accetto anche le critiche, eh. 
Spero che il capitolo via sia piaaciuto. Vi lascio il mio nickname su twitter (@freeyourmind_x) e il link della mia storia su wattpad (che nessuno caga AAHAHAHAHA) http://www.wattpad.com/story/19813446-let-there-be-love
Adesso vi abbandono perchè non sono stanca morta e devo pulire mezza casa :c Avrei voluto aggiornare oggi pomeriggio, ma purtroppo sono fuori. 
Detto ciò, spero che il capitolo vi piaccia.
Adiossss!
-Sere


 

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Capitolo 4
*** Capitolo quattro -I can't forget about you- ***


Capitolo quattro
- I Can't forget about you-

“Quindi stasera non puoi venire?” siamo davanti al cortile della scuola. Calum sul muretto a fumare e io, in piedi davanti a lui.
“Vorrei, è da tanto che non vi sento suonare ma… Ho il corso.” Rispondo dispiaciuta. E’ passata una settimana dall’inizio della scuola e, come tutti gli anni, sono iniziati i corsi pomeridiani. Quest’anno, sceglierne uno è stato davvero difficile, ma alla fine mi sono iscritta a giornalismo. Fra tutti, è in assoluto quello che preferisco di più.
“Tranquilla, potrai sempre venire un altro giorno.” Mi consola, scendendo dal muretto e arrivando al mio fianco. Sorrido anche se amaramente. Mi sarebbe piaciuto poter assistere a una delle prove dei ragazzi. E’ da molto che non passiamo del tempo insieme al di fuori dell’ambiente scolastico. E, se devo essere sincera, mi mancano i nostri pomeriggi ricchi di stupidaggini.
“Ho bisogno del tuo aiuto” mi confessa a un tratto Calum e, come riflesso, appoggia subito un braccio sulla mia spalla. Spalanco gli occhi restando senza parole. Ha davvero bisogno del mio aiuto? Che razza di magia è questa?
“Del mio aiuto?” chiedo sollevando le sopracciglia, così da mostrare il mio stupore. Lui, semplicemente, annuisce.
“Ti ricordi quando l’altro giorno parlavamo dei nuovi studenti dell’ultimo anno?” Mi chiede e mi torna in mente la scena in cui, seduti in mensa, Ashton mi aggiorna su ciò. Poi, però, penso anche alla piccola conversazione su Luke Hemmings e subito il mio cuore inizia a battere a mille.
Da quel giorno in cui abbiamo parlato, ho cercato in tutti modi di evitarlo. A matematica, anche se contro voglia, ho abbandonato il mio banco vicino alla finestra per sedermi al primo posto. Di solito, i posti in avanti sono sempre occupati dai secchioni, perciò non ho nessun pericolo di trovarmelo al mio fianco.
In corridoio, invece, cerco sempre di tenere lo sguardo basso così che nessuno possa guardarmi o che, appunto, i miei occhi non incontrino quelle due pozze azzurre.
Per quanto Luke mi abbia confermato di non dire niente a nessuno, ho sempre paura che da un momento all’altro a scuola tutti possano essere al corrente dei miei segreti più intimi.
“Sì?” chiedo con voce tremante. Non voglio che Calum rimugini su Luke Hemmings. Se solo lui provasse a vendicarsi, Luke potrebbe dargli filo da torcere e, chi andrebbe nella merda, sarei esclusivamente e unicamente io.
“Hai presente quell’Emily Drive di cui Ashton ti ha accennato?” annuisco anche se ricordandomi vagamente di lei.
“Bene, ho saputo che sarà nel tuo corso di giornalismo. E, poiché è davvero figa, tu ci diventerai amica.” Conclude per poi ammiccare verso la mia direzione. Spalanco gli occhi iniziando a ridere amaramente.
Ha per caso sbattuto la testa da qualche parte? O, per caso, sta cercando di trovarmi qualcuno? Se comunque fosse così, ha sbagliato assolutamente sesso. L’ultima volta che ho scavato all’interno dei miei sentimenti ero eterosessuale, e sono più che convinta che ciò non sia cambiato.
“Scusa, e perché dovrei?” rido porgendogli questa domanda.
“Perché se diventa tua amica, magari potrei conoscerla e…” il suo silenzio fa capire le sue intenzioni.
Sbuffo sentendo un macigno cadermi sul petto. “Vorresti portartela a letto?” chiedo e faccio intendere quanto io sia contro questa cosa.
“Bingo!” esclama, portando il pollice della sua mano destra all’insù. Rido scuotendo la testa con dissenso.
“Fammi capire, mi stai chiedendo di conoscerla solo per… Per poi usarla? Calum, scordatelo. Se hai bisogno di ciò, puoi sempre conoscerla da solo.” Affermo e mi porto le braccia al petto.
Non mi piace per niente che Calum si comporti così con le ragazze. So benissimo che è un ragazzo, che ha diciassette anni e che alla sua età è una cosa più che normale, ma a volte credo che si dimentichi della sua dignità. Anche perché, è davvero da stronzi architettare tutto ciò solo per una scopata. E non dico questo perché ci sono di mezzo i miei sentimenti, o forse non più, ma perché se fossi in questa Emily, non riuscirei a sopportare tale gesto.
“Dai Clover, te lo chiedo in ginocchio! Non devi fare niente se non…Presentarmela?” mi prende una mano stringendola fra le sue. Sospiro allontanandolo da me.
Stupido stronzo leccaculo.
“Lo faccio solo se mi assicuri che, prima di portartela a letto, provi a conoscerla.” Dico, così, trattando. Vedo gli occhi di Calum osservarmi scettici.
“Per conoscerla cosa intendi?”
“Che almeno, prima di trovarti fra le sue gambe, parliate di qualsiasi cosa che non sia aderente al sesso. Hai presente i primi appuntamenti? Ecco, una cosa del genere.” Esclamo e subito posso vedere la sua espressione scocciata. “Ma…” “Niente discussioni, Hood. Questi sono i patti. Accetti o non accetti?” chiedo e questa volta rimango ferma su i miei pensieri. Se almeno devo aiutarlo in questa stupida impresa, voglio assicurarmi di compiere una buona azione. Magari, parlandole, scopre che non tutte le ragazze sono un “usa e getta”.
“Accetto.”

Silenziosamente, entro nell’aula magna della scuola. Qui è dove è stato prefisso il luogo di incontro del mio corso. Attorno, riesco a vedere immense file di sedie e, in fondo alla sala, un piccolo rialzo dove, suppongo, sono svolte non solo le assemblee d’istituto, ma anche lavori di vario genere.
Alcune sedie sono occupate da ragazzi che, circa, hanno la mia età. Cammino e, dopo essermi assicurata di non essere d’intralcio a nessuno, mi siedo nella prima sedia libera, lontana da tutti.
Non voglio sembrare una povera sfigata che cerca in tutti modi di essere simpatica. Sono dell’idea che, se una persona ha intenzione di conoscermi, può sempre venirmi vicino, non c’è alcun bisogno di forzare la cosa.
I secondi passano e la professoressa del corso non è ancora intenzionata a varcare la porta. Nel frattempo, però, sono entrati altri studenti. Guardo attentamente il viso di ogni ragazza cercando di capire chi, fra queste, sia l’Emily con cui dovrei fare amicizia. Sinceramente, spero che non sia quella biondina con la divisa da Cheerleader. Non mi piacciono quel genere di persone. Sono troppo… perfette per essere considerate vere.
Sento degli strani movimenti e, solo quando mi volto, posso accertarmi che qualcuno si è seduto al mio fianco. Alzo lo sguardo e incontro quegli occhi che mi fanno pietrificare sul posto.
“Ciao.” Mi saluta e, subito, un sorriso gli spunta fra le labbra.
Non posso crederci. Cosa… Cosa ci fa lui qui? Non può aver scelto il mio stesso corso!
“Ciao” esclamo “Cosa ci fai qui?” chiedo, dando parola ai miei pensieri. Luke per un secondo stacca il contatto visivo con la sottoscritta e si guarda intorno con aria indifferente.
“Mi hanno detto che una persona avrebbe partecipato a questo corso e ho voluto iscrivermi anch’io.” Mi risponde ripuntando di nuovo le sue pozze azzurre su di me. Deglutisco quando capisco che quella “persona” sono io.
Sta… Sta dicendo che è qui solo per me? Che si è iscritto a questo corso solo per controllarmi? Per quale assurda ragione?
“Ti sei iscritto a questo corso solo per tenermi sotto controllo?” esclamo, non mascherando la mia irritazione.
“Clover, Clover…” sussurra ridendo. Lo osservo perplessa non capendo.
“Ovvio che no, mi sono iscritto a questo corso per i crediti aggiuntivi.” Afferma, continuando a ridere. Alla sua risposta mi sento meglio, anche se, non sono sicura che sia la verità. Sospiro guardandomi intorno.
“Perché ti sei seduto al mio fianco?” chiedo, quando osservo una ventina di posti liberi.
“Mi andava” risponde, facendo spallucce. Per quanto sia felice che lui ci tenga a conoscermi, vorrei alzarmi per allontanarmi. Non voglio che fra noi nasca un’amicizia. Da quando Luke ha messo piede in questa scuola, tutti non fanno altro che dirmi di stargli alla larga. Perfino la Cooper, al termine della prima lezione dell’anno, mi ha avvisato.
Inoltre, non riesco a capirlo, e questo mi sta altamente sui nervi. Quella notte, con me, è sembrato davvero un’altra persona da come lo descrivono. E questo non mi fa comprendere se quella sera abbia mentito, oppure abbia mostrato il vero sé.
Ma, cosa più importante, il pensiero di quello che ha fatto ai miei amici mi fa desiderare di prenderlo a pugni.
Quando mi accorgo di aver stretto le mani, cerco di rilassarmi. Posso sempre non dargli confidenza.
In aula sono entrate altre ragazze e, sono più che sicura, che fra queste si trovi la mia Emily.
“Conosci Emily Drive?” chiedo a Luke, quando la mia curiosità diventa insistente. So che non dovrei parlare con lui, ma quello che sto facendo è esclusivamente per Calum.
Luke sembra sorpreso della mia domanda e, senza farsi notare da nessuno, indica una ragazza seduta a pochi passi da noi. Lo gaurdo e sembra davvero carina. E’ magra, ma non troppo. Le osservo le gambe e subito posso intuire che sia alta. Ha i capelli lunghi neri, con qualche riflesso costano, che le arrivano al seno. Non riesco a vedere il colore dei suoi occhi, ma sono più che sicura che siano scuri. Il suo viso non sembra essere Australiano. Sembra avere delle origini orientali.
“E’ lei, veniva nella mia stessa scuola. La conosco.” Le parole di Luke mi fanno girare subito verso di lui.
“La conosci? Potresti presentarmela magari” chiedo in fretta, sperando che ciò succedi davvero. Luke fa una piccola smorfia. “Non credo sia possibile. Mi odia.” Mi risponde e il mio entusiasmo sparisce all’istante.
“Peccato” sussurro, e lo penso sul serio. Se fosse stato Luke a presentarmela sarebbe stato molto meglio. Così non avrei dovuto inventare una scusa.
“Perché ti interessa così tanto? Sei per caso dell’altra sponda?” mi chiede e, alle sue parole, subito arrossisco. Stupido Calum, tutta colpa sua e delle sue stupide idee. Lo sapevo che qualcuno avrebbe pensato male.
“No, no. E’ per… Calum” sussurro in fretta, chiarendo. Luke mi guarda con un sopracciglio alzato.
“Fammi capire, stai aiutando il ragazzo di cui sei innamorata a rimorchiare?” le mie guance, ora, sembrano essere in escandescenza. Subito gli tappo la bocca con una mano e inizio a guardarmi intorno spaventata. Spero che nessuno abbia sentito la nostra conversazione. Giuro che morirei se qualcun altro sapesse di questa storia.
“Calum non è il ragazzo…” inizio ma subito mi fermo. “Non sono affari tuoi.” Concludo e la mia risposta sembra non piacergli perché non apre più bocca.

Il corso è stato meglio di come me lo aspettavo ma, dopo due ore, non vedo davvero l’ora di scappare da scuola. E non solo perché la stanchezza inizia a farsi sentire, ma anche perché non riesco più a sopportare gli occhi di Luke addosso. Dopo che l’ho smontato con quella risposta, non ha provato più a intavolare un nuovo discorso. E questo, a essere sincera, l’ho apprezzato molto. Eppure, però, non riesco a non sentirmi in colpa.
Esco da scuola e inizio a camminare sul marciapiede che porta verso casa mia. Sento qualcuno al mio fianco e questa volta non cerco di capire chi è, ormai riesco a riconoscere il suo profumo.
“Mi dispiace per prima, non volevo essere scortese. “ Si scusa ed io mi sento ancora più in colpa. E non solo per come gli ho risposto. Mi sento di star giudicando Luke come tutti gli altri, senza prima dargli la possibilità di farsi conoscere. E so, quanto a lui, questo dia fastidio.

“Odio essere giudicato da tutti per “lo stronzo”. La maggior parte delle cose che ho fatto mi sono state imposte, ho dovuto comportarmi in determinati modi solo per mettere a tacere tutte quelle critiche.”

“No, dispiace a me. Non volevo risponderti così, scusami.” Rispondo, fermandomi per qualche secondo, così da poterlo guardare negli occhi. “Il problema è che tu sei l’unico a sapere di questo segreto e…Non voglio che si sparga la voce.” Annuisce alle mie parole e, entrambi, iniziamo a camminare silenziosamente.
“L’altro giorno, mi hai detto che non puoi. Perché?” mi chiede e subito non riesco a capire di cosa stia parlando, poi, però riesco a comprendere. Mi fermo, cercando le parole adatte. Come posso dirgli come stanno le cose senza ferirlo?
“E’ complicato. Tu non hai una bella nomina. Tutti non fanno altro che dirmi di starti alla larga.”
“Immaginavo.”
“E poi, dopo quello che mi hanno raccontato i miei amici, non trovo che sia corretto pugnarli alle spalle in questo modo.”  Termino e vedo i suoi occhi dispiaciuti.
“Mi dispiace essermi comportato con loro in quel modo, credimi, ma è stato l’unica cosa che potessi fare.” Nelle sue parole sento quanto sia dispiaciuto, ma non capisco il loro vero senso. “L’unica cosa che potessi fare.” Cosa, vuole intendere con questo?
Riprendiamo a camminare. “Ho cambiato scuola sperando di cambiare la mia nomina, di cancellare i miei errori, ma sembrano seguirmi ovunque. Speravo che almeno tu, potessi essere l’unica a comprendermi” le sue parole sono una pugnalata alla stomaco. Perché proprio io?.
“Io?”
“Sì, tu. Tutto quello che ti ho detto quella notte, è vero e ho sperato davvero di ricontrarti. Pensavo di trovare in te una vera e prima amica, ma mi sbagliavo.” Sussurra e questa volta mi sento davvero una persona cattiva. Come ho potuto farmi offuscare così dai pregiudizi? Sono stata superficiale, e non c’è cosa più orrenda di questa.
“Scusami, so che non ti interessa nemmeno. Volevo solo sapere. Ci vediamo in giro Paris.” Quando si ferma di colpo passando una mano fra i capelli, non riesco ad aprire bocca. Vorrei dirgli qualcosa, ma so che, in questo momento niente sembrerebbe la cosa giusta.
Osservo la sua figura allontanarsi e solo quando è abbastanza lontano, trovo il coraggio di urlare le seguenti parole: “Luke” si gira, “Domani, dopo scuola, ti andrebbe di uscire con me?”

Spazio autrice. 
Ehilà, buon pomeriggio a tutti! Eccomi con il quarto capitolo! Sincermente non mi convice molto. Del tipo che mentre scrivevo mi sembrava bellissimo, poi l'ho riletto ed ero tipo "Ma ho davvero scritto sta merda?" AHAHAHAAH
Va bè, non so quanto vi possa piacere, ma faccio giudicare voi. Allloooraaa ho tante cose da dirvi di cui, sicuramente, mi dimenticherò. Inzio subito con il ringrarvi di aver inserito la storia nelle preferite/seguite/ricordate. Vi chiedo solo un piccolo favorino, mi lasciate una recensione? *occhioni dolci* ahahahah lo so che sono una rompi maroni, ma vorrei sapere cosa pensate della mia storia, se magari avete qualche preferenza o non ho idea. Comunque ringrazio chi ha anche recensito (:
Poi, passiamo alle seconda notizia, domani non aggiornerò. Mi dispiace perchè mi piacerebbe riuscire ad aggiornare tutti i giorni, ma siccome una mia amica mi sta dando lezioni di chitarra, domani sarò occupata tutta la giornata con lei. Potrei pubblicare di sera ma, avendo scritto soltanto metà capitolo, e non avendo tempo credo che aggiornerò dirattamente sabato.
A proposito di questo, come avete potuto comprende in questo capitolo la nostra Clover ha, per così dire, invitato Luke ad uscire. Il prossimo capitolo (vi spoilerò un po' AHAHAHAH) ci sarà appunto quest'uscita. Poichè non ho la pallida idea di cosa scrivere (sono molto sincera AHAHAH) vi faccio collaborare un po'. La domanda che vi pongo è questa: Se foste nei panni di Clover, cosa vorreste scoprire del passato di Luke? o, semplicemente, cosa vorreste fare in sua compagnia? Vi prego di rispondere a questa domanda in una recensione, magari possono uscire delle belle idee che mi aiutino a scrivere (:
Poi, ultima cosa e vi lasio in pace, due ragazze ieri mi hanno chiesto di leggere le proprie storie. Se anche tu che stai leggendo stai scrivendo una storia e hai voglia di un giudizio, linkamela in una recensione. A me fa piacere leggere qualsiasi cosa e soprattutto commentare. Vi avviso, sono molto critica. Nel senso che, se fate qualche errore, ve li faccio notare. Ovviamente sempre in modo gentile, non pensate male AHAHAHAH 
Vi chiedo solo di non recensire chiedendo "Leggi la mia ff per favore?" perchè non è educato nei miei confronti e anche perchè non si potrebbe. Detto questo, ho finito il papiro AAAHAHAHAHAH vi ricordo che, se volete contattarmi, scrivetemi su twitter @freeyourmind_x (ieri una ragazza che legge la storia mi ha scritto e sono stata molto Happy).
Ho finito il monologo. Adiooosss
-Sere

 

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Capitolo 5
*** Capitolo cinque -Complicated- ***


Capitolo cinque
-Complicated-


“Paris, com’è possibile? Abbiamo un accordo noi due!” esclama Calum, picchiettando il piede per terra. Guardo Ashton e Michael facendo una smorfia. Loro, di conseguenza, ridono.
“Lo so, ma non posso andarle vicino tutto d’un tratto e obbligarla ad essere mia amica! Mi ci vuole tempo… E un idea.” sospiro, legandomi i capelli. Il mio caro amico stamattina è davvero fastidioso.
“E perché no?” mi chiede e alla sua domanda guardo Michael di soppiatto. “E’ per caso impazzito?” gli sussurro, avvinandomi. Lui ride alzando le mani, come per discolparsi. “Credo che sia l’astinenza a farlo parlare.” mi chiarisce, e subito dopo rido.
“Perché non si può Calum. È una di quelle tante domande della vita a cui non puoi dare una risposta.” Gli rispondo, facendo ridere i ragazzi.
Adoro la pausa pranzo. E’ l’unico momento della giornata in cui posso stare in loro compagnia e svolgere un’attività molto importante e piena di proficui: mangiare. 
“Ti odio. Sei una pessima amica.” Mi risponde il mio migliore amico imbronciandosi e portando le braccia al petto. Faccio spallucce indifferente, mostrando quanto le sue parole non mi feriscano. So che in questo momento non è arrabbiato per davvero, è solo impaziente.
“Dopo scuola proviamo, ti aggreghi anche tu?” mi chiede Ashton, una volta che ho finito di mangiare il mio panino. Alle sue parole, sento un macigno cadermi sul petto.
Dopo scuola. Luke. Uscire. Accidenti!
“Dopo scuola?” chiedo e quasi mi pento di aver fatto quella richiesta il giorno prima. Come previsto, Luke ha apprezzato molto la mia proposta di uscire insieme e ci siamo dati appuntamento dopo scuola. Non so bene cosa faremo, cosa diremo e questo mi spaventa.
Gli ho chiesto di uscire io, è vero, ma solo perché volevo dargli un’opportunità. E anche perché, devo ammetterlo, mi piacerebbe passare del tempo con lui.
L’unico piccolo, o forse grande?, problema è che nessuno sa di quest’uscita. Se provassi a dirlo a Calum o ad Ashton, ad esempio, credo che mi ritroverei in un bel casino.
Ma ora che il danno è fatto, non ho più vie di uscita.
“Sì, dopo scuola, è un problema?” mi chiede Ashton e, silenziosamente, mi trovo ad annuire.
“Devo uscire… Con un ragazzo.” Affermo. Una mezza bugia è sempre meglio di una bugia, no?
“Paris, fai conquiste e non ci dici niente?” mi chiede Michael e, come se fossi un cucciolo di cane, mi accarezza la testa. Sorrido, un sorriso che non nasconde per niente la mia ansia.
“E con chi dovresti uscire?” invece, mi chiede Calum. Alzo lo sguardo e vedo nel suo volto un pizzico di gelosia. Sorrido ancora, è stavolta per davvero.
“Con il ragazzo del pub. Ieri abbiamo parlato e…” non finisco la frase perché i ragazzi capiscono. “Mi dispiace darvi buca di nuovo” concludo, guardandoli davvero dispiaciuta. E non solo per questo, ma perché gli sto mentendo. Sto nascondendo l’identità del ragazzo.
“Tranquilla, sopravvivremo anche senza di te.”

La campanella è appena suonata e, con tutta calma, raccolgo le mie cose. Non voglio subito correre all’uscita, c’è ancora molta gente e, fra queste, potrebbero esserci i miei amici.
Oggi non ho visto Luke. A mensa non era al solito tavolo e nel corridoio non ne ho vista traccia. Spero solo che, la mossa di ieri, non sia stata una delle sue genialate. Magari, come ha fatto con Calum, anche a me accoglierà con una bella sorpresa. “Davvero credevi di uscire con me?” dirà davanti ai suoi amici e loro rideranno di me.
M’immagino la scena e cerco di pensare ad altro. Non devo pensare male. Luke ci sarà, è stato lui a chiedermelo. Non sarà così meschino, non questa volta.
Raccolto tutto, mi avvio verso l’uscita della scuola. Ci sono alcuni ragazzi, ma la maggior parte delle persone sembra già essere andata via. Mi guardo intorno e non lo vedo. Bene, mi ha dato buca a quanto pare. Non dovevo fidarmi, povera illusa.
“Eccoti” salto portandomi una mano al petto quando Luke sbuca al mio fianco.
“La devi smettere di comparire sempre in questo modo” esclamo, irritata. I sensi di colpa però incominciano a farsi sentire. Ho subito dubitato di lui quando, forse, quella in ritardo ero io.
“In che modo?” chiede alzando le sopracciglia senza mai abbandonare quel sorriso. Quel sorriso davvero bello, ma allo stesso tempo indecifrabile.
“Così…Tu appari sempre…Lascia stare” esclamo, quando mi accorgo di essere in imbarazzo. Sono con lui da meno di un minuto e già ho iniziato a sparare cazzate. Potrebbe andare meglio di così?
Ride e questo m’irrita. Non voglio che rida di me. Voglio che rida con me, non di me.
“Va bene. Dove vuoi andare?” mi chiede e mi ritrovo a fare spallucce. “Non ne ho idea, tu dove vuoi andare?” chiedo, portandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
E’ la prima volta che esco con un ragazzo che non sia Calum, Ashton o Michael. So che questo non è un appuntamento, ma mi piace vederla in questo modo.
“Avrei tanta fame sinceramente. Starbucks?” mi chiede.
“Starbucks” annuisco.

“Sei piuttosto silenziosa” mi fa notare Luke, una volta che siamo seduti a uno dei tavolini di Starbucks. Entrambi abbiamo ordinato qualcosa da bere.
“Di solito non lo sono” affermo bevendo un sorso della mia bevanda. “Suppongo di sentirmi a disagio.” Continuo, spiegando il perché di ciò. E quello che dico è vero. Non so, ma i suoi occhi che mi fissano mi fanno sentire come un povero animale in gabbia.
“Ti senti a disagio?” mi chiede agitato. Annuisco con un piccolo sorriso fra le labbra. È così carino quando si preoccupa.
“Scusami, non volevo.” Mi risponde e subito alzo un sopracciglio.
“Ti stai scusando perché mi sento a disagio?” chiedo cercando di non ridergli in faccia. Luke è davvero strano. Diverso, almeno con me, da come me ne hanno parlato.
“Sì, insomma…” mi risponde, e questa volta posso notare che i ruoli si sono invertiti. Rido, e le sue guance diventano rosse. Sembra così… Tenero.
“Allora, Hemmings, come mai hai cambiato scuola?” la domanda mi esce in modo spontaneo. Non so, ma di stare per un pomeriggio in silenzio con lui non ne ho per niente voglia. Perciò, posso sempre occupare il nostro tempo parlando. E, sapere nuove cose di lui, non mi dispiace.
“Non vuoi saperlo per davvero” mi risponde e dal suo viso credo di aver toccato un tasto dolente. Perfetto, non potevo fare domanda migliore.
“Scusa, non pensavo che…”
“Non ti preoccupare, me lo aspettavo.” Sorseggia un po’ del suo cappuccino “In fin dei conti siamo qui per conoscerci, no? Perciò puoi farmi tutte le domande che vuoi.” Conclude sorridendomi. Lo guardo negli occhi e non trovo le parole. E questa volta non perché mi ha sorpreso, ma perché sono felice. Felice di aver fatto la cosa giusta, felice di aver accettato di uscire con lui.
“Comunque, ho commesso alcuni errori che mi hanno portato a prendere questa decisione.” Chiarisce ed io non provo a indagare perché mi basta questa risposta. So, che se lo vuole davvero, può sempre aprirsi con me. Magari questo è il momento, magari non lo è.
“Capisco. Sai, ogni volta che tutti mi parlano di te, ti descrivono come se avessi ucciso qualcuno. Mi devo preoccupare?” chiedo e lui ride, ride di cuore. Mi unisco anch’io alla sua risata e penso che sia bello stare in sua compagnia.
“Non preoccuparti, non ucciso nessuno. Per ora.” Mi risponde e scoppio di nuovo a ridere.
“Che cosa significa “per ora”?” chiedo e lui fa spallucce, facendomi comprendere che forse era solo un modo per farmi ridere.
“E quindi… Tu e Calum…” appena sento citargli il nome del mio migliore amico, inizio a tossire. Spalanco gli occhi guardandolo come se, da un momento all’altro, dovesse far scoppiare una bomba.
“Io e Calum?”
“Siete migliori amici. E tu sei innamorata di lui.” Sentirglielo dire sembra quasi un peccato. E forse, più che peccato, è una grande bugia in cui sono annegata.
“Non sono innamorata di lui.” Affermo e sono sincera.
“Ma mi hai detto…”
“Sì, è vero. Ma non credo di provare più niente per lui.” Concludo, appoggiando le braccia sul tavolino.
E’ da un po’ di tempo che convivo con questo pensiero. Ho passato la maggior parte della mia adolescenza a venerare, in un certo senso, Calum. Per me è sempre stato un po’ lo specchio della figura maschile che avrei voluto avere al mio fianco, e perciò ho vissuto con la certezza che lui fosse il ragazzo giusto per me. Poi, però, un bel giorno il mondo ha iniziato a girare per il verso giusto e ho compreso che forse quella certezza era solo una convinzione, era solo un modo per non sentirmi sola. Era un modo per attaccarmi a qualcosa di concreto.
“Davvero?” mi chiede e nel suo volto posso vedere lo stupore. Forse perché, quella notte, parlavo di Calum come se fosse l’unica ragione per credere.
“Sì. E poi, dire che ero “innamorata” è eccessivo. L’amore è tutt’altro.” Rispondo e mi sorride. Non so perché lo fa, forse perché la pensa anche lui così.
“Ti sei mai innamorata?” mi chiede e le mie guance diventano rosse. M’imbarazza parlare di certe cose. Non sono mai stata il tipo di ragazza che cambia spesso ragazzo. Posso dire che in vita mia non ho mai avuto una relazione, escludendo il ragazzo al quale ho dato il mio primo bacio.
“Ehm… No… Tu?” e sto morendo dalla curiosità. Perché l’amore è qualcosa di così profondo, qualcosa che riesce a cambiare tutto e tutti, qualcosa che cambia la vita.
“Forse” ammette e il suo sorriso triste mi fa capire che, sta volta, l’amore ha giocato anche con il destino di Luke Hemmings.

“Davvero sei stato in tutti questi posti?” esclamo, cercando di rimanere al suo fianco. E’ da mezz’ora che stiamo camminando per le stradine di Sydney. Si sta bene adesso, non c’è né molto caldo e né molto freddo.
“Sì, sai… I miei genitori lavorano molto e sono costretti a viaggiare. E fino a qualche anno, quando ero piccolo, ero obbligato ad andare con loro.” Mi confessa e mi perdo a osservarlo. Ora, che stiamo all’aperto, da soli, posso accertare quanto Luke sia bello. Non quella bellezza superficiale, ma una bellezza speciale. I suoi occhi azzurri, i suoi capelli biondi, le sue labbra carnose… Sono niente confronto alla persona che è.
“Vai d’accordo con i tuoi genitori?” so che la mia domanda è abbastanza stupida. Quella notte, molte volte mi ha fatto comprendere che la maggior parte dei suoi demoni sono causati da loro, ma voglio sentirlo. Voglio parlare con lui, come quella notte, voglio sapere quello che ha dire. Non so la ragione, ma so che va bene così.
Lo sento ridere, e non so spiegare come sia la sua risata. “Potrei dirti di sì. Non li vedo mai e quando sono in casa, si accorgono di me solo se faccio dei casini.” Mi risponde e mi sento in colpa ad aver introdotto quest’argomento. Mi rattristo a vederlo così, è come ricevere una pugnalata allo stomaco.
“Mi dispiace” dico e mi fermo, perché voglio che creda alle mie parole. Lo guardo negli occhi e in questo momento non vedo niente.
“Credimi, dispiace più a me. Non puoi capire quanto sia devastante non avere le loro attenzioni. Non importa quanto io mi impegna per non deluderli, a loro non importa di me. E sai cosa? Questa loro indifferenza mi ha, in un certo senso, allontanato dal mio mondo.” Le parole che sta sussurrando sono piene di risentimento. Provo a immaginare come sia sentirsi Luke Hemmings e questo mi devasta. Perché molte volte ho disprezzato le attenzioni dei miei genitori, li ho odiati, li ho trattati male; e poi, ci sono persone come lui, che farebbero di tutto per avere solo un loro abbraccio.
E penso a tutto questo quando, con uno scatto veloce, mi butto sul suo petto per abbracciarlo. Perché mi sento nei suoi panni, riesco a capire cosa significhi non avere nessuno, non sentirsi amati e ricevere solo odio.
E come una sorta di catena, riesco a connettere tutte le sue parole. So che quello stronzo che tutti odiano non è altro che una persona buona che sta cercando di allontanarsi da tutti perché non vuole sentirsi ancora una volta un disastro, un rifiuto. Ma allo stesso tempo, sta cercando di rimanere a galla.
Lo stringo forte, come se lo conoscessi da anni. Le sue braccia non mi circondano perché so che è rimasto sconvolto da questo mio gesto. Ed io non posso fare altro che soffocare nel suo profumo. È l’unica salvezza, perché so che staccarsi da lui richiederebbe una spiegazione. Io non ne ho, non ho certezze, non ho niente.
Le sue braccia, però, incominciano a stringermi e a rassicurarmi. Mi stanno dando una risposta, mi stanno chiedendo di stare tranquilla. Ed io le ascolto, mi lascio andare.
“Scusami, non cosa mi sia preso.” Affermo quando i nostri corpi si allontanano. Non oso alzare lo sguardo perché so che morirei dall’imbarazzo.
“Non devi darmi spiegazioni. Hai fatto soltanto ciò che sentivi di fare. E non c’è niente di male” conclude portando una mano sotto al mio mento, così che possa vederlo negli occhi. Mi sta sorridendo e gli sorrido anche io.
“Grazie” sussurra e non posso essere più felice di così. Perché mi sento bene, so di aver fatto la cosa giusta pur continuando a sbagliare.
Rimaniamo in silenzio, nessuno ha niente da dire. Infondo cosa potremmo dire? E come se, in quell’abbraccio, avessimo già detto tutto. Come se nessuna parola fosse abbastanza.

“Credo che ora sia meglio che vada. I miei genitori mi avranno preso per dispersa.” Sussurro quando mi ritrovo davanti al portone di casa. Abbiamo passato altro tempo a camminare, parlando di tutto. Dei suoi sogni, dei miei sogni, dei posti in cui vorremo vivere un giorno, di musica, di tutto. Ed è stato bello, perché è la prima volta che riesco a essere così me stessa con qualcuno che non sia Calum.
Luke ride e sono felice che a causare quella risata sia io. Dopo quell’abbraccio, non abbiamo fatto nessun accenno su ciò che lo tormenta così tanto. Non ne ho avuto il coraggio.
“E’ stato bello passare del tempo con te.” Affermo stringendo le mani. Lui sorride e dondola su sè stesso, come se non sapesse realmente cosa fare. Il pensiero che mi possa baciare si fa vivo dentro la mia testa e subito cerco di scacciarlo. Questa è un’uscita da amici, perciò, non c’è nessun pericolo.
“Anche per me. Sei un tipo davvero in gamba, Paris” rido portandomi una ciocca dei miei capelli castani dietro l’orecchio.
“Grazie. Mi dispiace di essermi fatta condizionare un po’ troppo dagli altri. Sei una brava persona, Luke.” Gli dico e lui fa spallucce. In certo senso, e come se non credesse alle mie parole. E’ stato giudicato così tanto che, alla fine, non sa nemmeno più lui chi è.
“Non fa niente, ci sono abituato.” Mi risponde. Gli sorrido e mi volto per aprire il portone.
“Ci vediamo a scuola?” mi chiede ed io annuisco.
“Sì, certo” rispondo. Dovrò al più presto dire di tutto questo ai ragazzi.
“Allora… Ciao” mi saluta e per un attimo lo vedo indeciso. Come si salutano due amici? Dovrei abbracciarlo? O forse dargli un bacio sulla guancia? Di solito mi viene naturale farlo, ma con lui…
Semplicemente lo saluto alzando la mano. E lui ride e questo mi fa sentire ancora più stupida. Ma la mia tortura termina subito, perché Luke si allontana.
Non entro subito in casa, resto a guardarlo mentre cammina, e l’unica cosa che penso è che a volte è proprio sbagliando che si commettono gli errori più belli.

Spazio autrice.
Buonsalve a tutti! Mi scuso per non aver aggiornato ieri. A chi ha recensito avevo detto che avrei aggiornato ieri poichè i miei piani per la giornata erano cambiati, ma poi ho passato il pomeriggio a leggere e mi sono dimenticata di aggiornare AHAHAHAHAH  
Comunque sia, eccovi la prima uscita fra Clover e Luke. In molte mi avete chiesto di scavare un po' nel passato del nostro Hemmings. Ecco, diciamo che in questo capitolo si parla di lui, ma non troppo. Vorrei spiegarvi il perchè.
Da """""scrittrice"""", vorrei dare molta più importanza ai sentimenti. Come avrete potuto vedere, ho dedicato molto spazio a ciò che pensa Clover. Questo perchè non voglio che questa storia sia banale. Voglio che voi riusciate ad immedesimarvi nei personaggi e a capire il loro comportamenti. Chi mi conosce, sa quanto io sia attaccata a queste cose. Penso che se una storia non ci si butti con i propri sentimenti, se non ci siano i propri pensieri, non può essere considerata tale. Quando scrivo cerco sempre di mettere un po' di me in quello che faccio. E in questa storia, diciamo, che sia in Luke sia in  Clover c'è una parte di me che prevale. Inoltre, non ho voluto che Luke parlasse troppo del suo passato perchè, almeno parlo di me, se io fossi in lui non avrei la forza di parlare così apertamente di ciò che mi fa stare male ad un persona. Soprattutto, se siamo ad una prima uscita.
Spero che questo vi abbia chiarito perchè c'è ben poco del passato di Luke.
Poi... Non mi ricordo. Dovevo dirvi qualcosa, ma mi sono dimenticata AHAHAHAHAH
Ringrazio chi ha recensito lo scorso capitolo. Ognuno di voi mi ha dato qualche idea che mi ha aiutato a scrivere e vi ringrzio molto <3
Non so quando aggiornerò, perchè il capitolo successivo non è stato ancora scritto e diciamo che ho davvero poco tempo. Ieri i miei mi hanno detto che cambieremo casa, perciò sarò occupata con il trasloco e ad agosto partirò per due settimane quindi... Ah non ci voglio pensare.
Vi ricordo che se volete potete seguirmi su twitter @freeyourmind_x. Prossimamente farò una twittcam e, se siete interessati a sapere qualcosa di più su questa FF o siete curiosi di sapere come sono ( AHAHAHAH) fatemelo sapere, così vi avviserò prima di farla. 
Ecco ora mi ricordo di cosa dovevo dirvi! Come avete potuto notare, nella storia non ho ancora descitto Clover esteticamente. Voi come ve la immaginate? Sono curiosa di sapere (:
Vi prego di recensire, perchè, ho visto che la storia è seguita da un po' di persone, ma sono in pochi a recensire :c 
Mi farebbe tanto piacere avere dei vostri giudizi!
Detto questo, la smetto di scrivere perchè questo spazio autrice sta diventando più lungo del capitolo AHAHAHAHAH
Aspetto vostre notizie.
Ciauuu
-Sere


 

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Capitolo 6
*** Capitolo sei -Never be- ***


Capitolo sei
-Never Be-

La felicità è un previlegio che in pochi possono avere. Nella mia vita, raramente sono stata felice. E non mi riferisco a quella felicità scontata, quella che arriva quando ottieni quello che hai sempre voluto. Intendo la felicità che non ti fa pensare, la felicità che ti fa guardare attorno e ti fa dire “Cavolo, io amo la mia vita.”
Stamattina, mi sono svegliata così. Con un sorriso fra le labbra e con nessun pensiero. La ragione di tutto ciò? Non lo so. So solo che se avessi potuto, starei stata tutto il tempo a saltare per la mia camera cantando a squarcia gola. Purtroppo, però, la scuola mi aspettava perciò…
“Io dico che l’hai buttato nel cestino”
“No, ti dico di no! L’ultima volta che l’ho usato per accordare la chitarra è stato ieri. E poi è scomparso”
“Hai controllato ovunque?”
“Sì, ho messo sotto sopra tutta la mia stanza!”
“Tu cosa dici Clover, dove pensi che sia?”
“Clover? Cloveeeer?” sussulto quando le mani di Calum mi toccano il braccio. Alzo subito lo sguardo e mi riprendo dai miei pensieri.
“Cosa?” sussurro non capendo perché mi stiano chiamando. Ero così occupata a sognare a occhi aperti che ho del tutto trascurato la loro conversazione.
“Stavamo parlando dell’accordatore. Stai bene? Sembri assente” mi chiede Michael e alla sua domanda sorrido. Se sto bene? Cavolo, sto alla grande. E sai qual è il bello? Che non so nemmeno io quale sia la ragione!
“Sto benissimo. Cos’è successo al tuo accordatore?” chiedo appoggiandomi con la testa al mio armadietto. Sempre, però, sorrido. Non so, ma oggi non riesco a fare altro. E come se avessi una paralisi facciale.
“Non riesco a trovarlo! L’ho cercato ovunque!” alle sue parole rido. Michael è davvero un disordinato. La sua stanza è qualcosa d’indescrivibile. Sinceramente non so come faccia a viverci dentro. Insomma, ci credo se poi perde le cose!
“Hai controllato sotto il letto?” chiedo, sparando il primo posto che mi viene in mente.
“Cazzo, il letto! Non ci avevo pensato” esclama spalcando gli occhi.  Rido, immaginando quanto tempo abbia sprecato per trovare il suo accordatore. Magari ha cercato anche nei posto meno probabili trascurando, invece, i posti più scontati come, appunto, il suo letto.
Sento Calum tossire e solo ora mi accorgo che è al mio fianco. Dio, sono così stordita oggi. Ma, cavolo, sto così bene!
“Ehi, com’è andata con il ragazzo misterioso?” è proprio lui a farmi questa domanda. Subito arrossisco ma il sorriso non abbandona il mio viso. Luke, Luke… Beh, è andata bene, no? Certo, non come me lo ero immaginata, ma sono stata così bene… Forse è lui la ragione per cui stamattina mi sono svegliata con il sorriso.
“E’ andata bene” affermo e i sensi di colpa incominciano a farsi sentire. Dovrei dirgli ora di Luke? È il momento giusto? No, non ancora. Perché dovrei far scoppiare una bomba se ancora non l’ho accesa?
“Solo? Insomma Paris, vogliamo i dettagli.” Mi rimprovera Michael appoggiandosi anche lui agli armadietti, così da essere al mio fianco. Sento il cuore battermi a mille. È la prima volta che mi capita di avere una conversazione del genere con loro, cosa dovrei dirgli? È così… Strano.
“Abbiamo parlato molto.” Affermo ripensando alla lunga passeggiata che abbiamo fatto. Poi, come un flashback, mi torna in mente anche il momento in cui ho abbracciato Luke. Subito mi do della stupida. Per quanto sia stato bello essere fra le sue braccia, sono stata al quanto impulsiva. Non avrei dovuto abbracciarlo, non così spudoratamente.
La campanella suona e, per una volta, mi trovo a ringraziare l’inizio delle lezioni. Michael saluta lasciando soli me e Calum.
“Tutto ok? Sei strana” Perché tutti mi fanno la stessa domanda?
“Sì, tutto ok” esclamo guardandolo torva. Vorrei chiedergli perché mi stia guardando in quel modo, perché abbia usato quel tono, ma non riesco. In fretta mi saluta e, di nuovo, mi ritrovo da sola nel corridoio della scuola.
 
Guardo l’orologio e mi trovo a imprecare. Sono in ritardo. La lezione è iniziata da ben cinque minuti ed io sono in ritardo. Io, io che sono sempre puntuale!
Corro come una pazza per il corridoio della scuola cercando di arrivare il prima possibile in classe.
Perché devono esistere i corsi pomeridiani? Insomma, avrei potuto leggere ancora quel fantastico libro se non avessi avuto altre lezioni!
E per di più, mi sono fermata anche nel punto più bello, accidenti!
Quando arrivo in classe, ho l’affanno. Per fortuna, però, nessuno sembra notare la mia presenza. La prof non c’è, questo spiega tutto. La maggior parte degli studenti è seduta nei propri posti parlando con chi è al proprio fianco.
Mi guardo intorno cercando un posto libero. Subito noto che vicino a Emily Drive, non c’è nessuno. Sorrido. Magari questo è il momento giusto per entrare in scena. Magari, potrei sedermi al suo fianco e iniziare a parlare, perfetto, no?
Con un passo lento incomincio ad avviarmi, ma a metà strada sento una mano afferrarmi per il polso e la mia camminata si arresta sul momento.
“Ehi” quando mi volto, il sorriso di Luke mi acceca. Ero così preoccupata di arrivare in ritardo che non ho pensato al fatto che lo avrei rivisto di nuovo, che avrei potuto parlargli senza aver paura che qualcuno dei ragazzi mi avrebbe potuto vedere.
“Ehi” esclamo e un sorriso, forse il cinquantesimo di questa giornata, mi spunta fra le labbra.
“Stai bene? Sembri… Hai corso?” mi chiede alzando un sopracciglio. I suoi occhi mi guardano in un modo strano, come se avessi appena fatto qualcosa di molto stupido e impiegabile.
Solo ora mi accorgo di avere ancor l’affanno.
“Ehm… Sì, ero in ritardo e…” non finisco la frase perché la sua risata mi accoglie. “In ritardo? Clover, sei puntuale come un orologio svizzero!” mi riprende e faccio spallucce. Beh, in fin dei conti… Arrossisco dandomi della stupida.
Osservo che al suo fianco non c’è nessuno e subito la voglia di sedermi mi assale. Volto lo sguardo cercando la figura di Emily e la vedo parlare con una ragazza che è seduta proprio dove qualche secondo fa non c’era nessuno. Sospiro per poi voltarmi di nuovo verso Luke. Il mio piano è fallito.
“Posso?” chiedo indicando con l’indice il posto vuoto. Sembra non capire ma appena connette le mie parole, annuisce.
Mi siedo al suo fianco sospirando. Restiamo in silenzio, nessuno dei due ha realmente qualcosa da dire. Ed io non faccio altro che osservare Emily da lontano. Ho fatto un patto con Calum e, da grande cogliona, non lo sto rispettando. Ma cavolo, come posso diventargli amica senza sembrare una povera psicopatica?

“Non ho per niente voglia di fare questo stupido compito di gruppo” sbuffa Luke quando ormai la lezione è finita ed entrambi siamo nel corridoio della scuola, davanti al mio armadietto.
Per tutta la durata della lezione non abbiamo parlato molto, ma si è offerto di accompagnarmi all’uscita e non ho potuto rifiutare. Quegli occhi sono capaci di incantare tutti, perfino una semplice ragazza come me.
“Già… Ora mi tocca trovare dei compagni di studio” dico facendo una smorfia. Ora come ora, mi sto pentendo di aver scelto giornalismo. Magari avrei dovuto scegliere qualcosa che richiedesse le attività fisiche. Scuoto la testa. No, non credo che avrei potuto sopportare altri sforzi fisici.
“Potremmo… Potremmo farlo insieme.” Alle parole di Luke, sbianco. Cavolo. Potremmo, certo, ma questo richiederebbe incontrarci fuori scuola, andare l’uno a casa dell’altro. Richiederebbe saltare altri giorni in compagnia dei miei amici per stare con lui. Ma soprattutto, richiederebbe altre bugie.
“Io… Non so…” inizio, portandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Non vorrei dirgli di no. Infondo, a me piace stare in sua compagnia. Ma, lavorare insieme, porterebbe a tanti problemi…
Le parole, però, si fermano quando da lontano vedo l’immagine di Emily davanti al suo armadietto. Magari, potrei chiedere a lei…Magari, potrebbe lavorare con me e… con Luke. Insieme. Sarebbe proprio un’opportunità perfetta.  
“A una condizione.” Esclamo e Luke sembra non capire il mio cambio di espressioni. Forse perché ora sto sorridendo di nuovo.
“Quale?”
“Emily Drive.” Il suo nome basta e Luke sembra subito capire le mie intenzioni. Spalanca gli occhi e le sue labbra si distaccano per un momento.
“Oh no. No, no, no! Non puoi chiedermi questo” esclama supplicandomi. Lo osservo e non posso non pensare che in questo momento è davvero bello. Con quell’espressione così impacciata, mentre si morde le labbra giocando con il suo piercing… è stupendo.
“Dai, cosa ti costa? Per favore” lo supplico io questa volta. È l’unica opportunità che ho per rendere felice Calum. E per rispettare il mio patto.
“Mi odia Clover! Non posso lavorare anche con lei” mi spiega ma io non voglio ascoltarlo.
“Si che puoi. Cos’ha avrai fatto di così cattivo da farti odiare?” dico esasperata non capendo il motivo di tanto caos. Se Emily odia Luke come la maggior parte delle persone lo odia, allora non c’è nessun pericolo.
“Ho approfittato di lei quando era ubriaca. Ed ero fidanzato con la sua migliore amica.” Le parole di Luke mi lasciano esterrefatta. Lui… cosa... Dio. Ora capisco. Questa volta, penso che ci sia poco da fare.
“Cosa?” chiedo con l’umore sotto terra. Non è possibile. Perché le cose sembrano così difficili? Sospiro. Devo stare tranquilla. Oggi è una bellissima giornata ed io non voglio rovinare niente.
“E’ una delle cose che ho fatto di cui mi sono pentito” mi chiarisce.  Annuisco e, impulsivamente, lo afferro per mano.
“Vieni” dico incominciando a tirarlo con me. Non so se quello che sto facendo sia la cosa giusta, ma per ora credo che sia l’unica chance possibile. Lui sembra non capire ciò che sto per fare e non si ritira indietro. Solo quando siamo un passo da Emily, cerca di sottrarsi dalla mia presa. Non ti lascio andare Hemmings, non ora.
“Clover, no” gli sento dire, ma non gli do ascolto. In un secondo siamo davanti Emily e non posso crederci di stare per fare una cosa così azzardata per la prima volta.
“Ciao.” Dico quando mi fermo al suo fianco. “Sei Emily, giusto?” chiedo e subito i suoi occhi si fermano sul mio volto. Sono marroni, proprio come avevo ipotizzato l’altro giorno.
Annuisce e prima che possa parlare, avvicino la mia mano sinistra alla sua per stringerla. “Piacere, io sono Clover.”  Dico. Solo ora noto la mia mano intrecciata con quella di Luke. Sono stata così impulsiva da non notare questo piccolo particolare.
“Piacere.” Emily mi sorride, ma appena i suoi occhi si soffermano sulla figura al mio fianco, diventa seria.
Merda, forse Luke non mentiva così tanto quando mi ha dichiarato quanto Emily lo odiasse.
“Entrambi facciamo parte del corso di giornalismo e, sai, staremo cercando qualcuno per il compito di gruppo” parlo in fretta cercando di focalizzare l’attenzione della nostra conversazione su ciò che dico e non su Luke.
“Avevamo pensato che, se vuoi, potremmo lavorare insieme. Ti andrebbe?” concludo, e mi accorgo che le mie mani stanno tremando. Emily, dal suo canto sembra senza parole. Forse non si aspettava che Luke Hemmings insieme alla ragazza strana, che sarei io, avesse potuto chiederle una cosa del genere.
“Ecco… io non so…” balbetta. Non dire no, ti prego, ti prego. Guardo al mio fianco Luke supplicandolo di fare qualcosa con gli occhi, ma lui mi risponde facendo spallucce. Dai suoi occhi posso capire che non può fare niente nemmeno lui. Sospiro stringendo la presa sulla sua mano che è ancora stretta alla mia. Potrei abituarmi a questo contatto. È così… Bello?
“Mi sono informata e quasi tutti hanno già formato i gruppi. Siete rimasti solo tu e Larry fuori.” Quello che sto dicendo è una grande bugia, ma so che è l’unico modo per far sì che accetti la mia proposta. Larry non è la classica persona con cui avresti tanta voglia di lavorare. Soprattutto per il suo non odore che t’impedisce di respirare.
Vedo Emily guardarmi pensierosa. So, che se ora non ci fosse Luke, sarebbe tutto più facile. Ma sto mentendo abbastanza , non voglio mentire anche a lei facendole credere che Hemmings non sia convolto in tutto questo.
“Credo che…” inizia e sento il cuore battere a mille “Ok, va bene” alle sue parole sospiro sollevata. Sorrido guardando Luke e questa volta non posso che essere ricambiata.


“Non posso crederci.” Esclama Luke, una volta che siamo fuori scuola, diretti verso casa. Sorrido alle sue parole. “Credici Hemmings” sussurro e vedo il suo sguardo perso nel vuoto. Non capisco, è arrabbiato? Forse non avrei dovuto forzarlo a fare qualcosa che non voleva. Di nuovo, sono stata impulsiva e non ho pensato prima di agire.
“Sei… arrabbiato?” chiedo, quando come risposta ricevo solo un silenzio prolungato.
Alza lo sguardo e subito mi fissa con gli occhi spalancati. “Cosa? No, no” mi rassicuro alle sue parole. “Solo che non aspettavo che accettasse, insomma… Mi odia” conclude e lo trovo così tenero mentre ragiona. Con quell’espressione concentrata.  Ma soprattutto non riesco a staccare lo sguardo dalle nostri mani intrecciate. Da quando abbiamo parlato con Emily, non ci siamo staccati per un secondo. Ed è strano, ma bello. Insomma, non mi sarei aspettata di fare certe cose con Luke Hemmings. Certo, non che sia chissà cosa afferrarlo per mano, ma è davvero qualcosa di dolce. Soprattutto perché la sua presa è costante, non mi lascia andare.
“Beh, forse non ti odia poi così tanto.” Affermo.
“Clover, ha litigato con la sua migliore amica a causa mia. Non si parlano solo ed esclusivamente per quello che ho fatto” mi spiega e il suo tono è triste. Vorrei capire perché l’ha fatto, per quale assurdo motivo. So, però, che se provassi non riceverei altro se non delle spiegazioni cui non posso capire veramente appieno.
“Allora prendi questo compito come un’opportunità per riallacciare i rapporti” esclamo.
“Non credo… Non so nemmeno come chiederle scusa. Non sono abituato a fare queste… cose” mi risponde. Oh le imparerai. E vorrei esserlo io ad aiutarti. È così sbagliato desiderare ciò?
“Imparerai” è tutto ciò che riesco a dire, anche se vorrei dire tutt’altro. Vorrei parlare di quello che ha fatto, vorrei scoprire altre cose, ma non ci riesco. So che parlare gli fa male, e ciò richiederebbe altre parole amare. Ed io, sono pronta ad ascoltarlo? Sono pronta a prendermi tale impegno?
Senza accorgermene, siamo arrivati davanti casa mia.
“Scusami se ti ho forzato a fare qualcosa che non volevi” dico rimuginando su questo pensiero.
“Clover, non devi scusarti.” Mi consola e mi sento meglio. Gli sorrido e sono costretta, con dispiacere, ad allontanare la mia mano dalla sua.
“Clover” mi richiama quando sto per voltarmi. Mi giro guardandolo in attesa.
“Domani avrei casa libera e mi stavo chiedendo se, magari, ti andrebbe di passare del tempo con me.” Alla sua proposta spalanco gli occhi. Hemmings mi sta invitando a casa sua? Per l’aggiunta, libera, senza genitori?
“Non pensare male” chiarisce, e vedo quanto sia impacciato. Si sta mordendo il labbro e non fa altro che torturarsi le mani. “Vorrei passare del tempo con te come fanno due amici. E di venerdì sera, cosa fanno due amici?” mi chiede e non riesco a capire se la sua è una vera domanda oppure sta solo cercando di farmi ragionare.
“Mangiano schifezze e vedono un film?” chiedo cercando una conferma.
“Allora, ti andrebbe di passare una serata a vedere un film e a mangiare schifezze con me?” alla sua domanda arrossisco. Sono l’unica che riesce a trovarlo così tenero in questo momento? Come posso rifiutare se lui mi guarda in quel modo?
“Ecco…” purtroppo, però, non so cosa rispondergli. Stare del tempo con lui da sola da amici… Mi sento di star sostituendo Calum. Di solito è con lui che faccio tutte queste cose. Non è giusto, inoltre sarebbero altre bugie.
“Stai cercando un’altra condizione per accettare?” la sua domanda mi fa ridere.
“No, non sto cercando nessuna condizione” affermo. Non può pensare una cosa del genere.
“E allora? Perché non vuoi accettare?” mi chiede e solo ora vedo che i suoi occhi sono consapevoli. Forse non sono la prima che ha rifiutato un suo invito. E mi sento in colpa. Ancora una volta, sto mettendo davanti prima gli altri e poi Luke. Ancora  una volta sto dando troppo importanza a tutti questi pregiudizi.
“Non so se i miei mi permettono di stare fuori fino a tardi con qualcuno che non conoscono.” Affermo, rispondendo alla sua domanda. Anche se non è del tutto la verità, è comunque una parte del tutto. Dovrei mentire anche a loro se accettassi l’invito. Però, potrei sempre dirgli che passo una serata in compagnia dei ragazzi. Certo, ma come a chiedergli aiuto se sto mentendo anche a loro?
“Saremo puntuali, non salterai il coprifuoco” mi risponde ed io scoppio in una risata. Perché vuole così tanto passare del tempo con me? E come se… Mi stesse implorando.
“Uhm” esclamo portandomi una mano sul collo. Potrei sempre dire ai miei genitori che resto fuori fino a tardi per studiare. Infondo Luke è sempre il mio compagno di lavoro, no?
“E’ un si quello?” mi chiede sorridendo ed io annuisco.
“Sì, è un sì” affermo sorridendo. Vedo i suoi occhi alzarsi al cielo e le sue mani ora non si stanno più torturano. E ciò mi fa piacere. Mi fa piacere sapere che la ragione per cui sia così impacciato sia esclusivamente io.
“Grazie Paris, ci vediamo domani.” E mentre sussurra queste parole, si avvicina sempre di più. Deglutisco rimanendo perplessa. Che… Che vuole fare? Poi, prende le mie mani e prima che possa metabolizzare tutto, la sua figura è già lontana.
Mi guardo le mani e solo ora mi accorgo di avere un foglietto. Cosa…?
Lo apro e appena leggo, un sorriso spunta fra le mie labbra. Mi ha lasciato il suo indirizzo. 

Spazio autrice
Ehilà. Eccomi con un nuovo capitolo... Che dire, spero che vi piaccia. Ci sono rimasta un po' male perchè nello scorso capitolo nessuno ha recensito. E, sinceramente, non riesco a capire se non vi sia piaciuto oppure vi scocciava recensire AAHAHAHAH spero che sia la seconda. Mi dispiace non aver aggiornato in questi giorni, ma non riuscivo a scrivere. Non so, ero, e sotto tutt'ora, preoccupata che la storia non vi piaccia più.
Comunque sia, sarò breve perchè la mia migliore amica mi ha detto che faccio degli spazi autrice troppo lunghi. Ringrazio chi legge questa storia e vi chiedo, anzi vi supplico, di recensire. Non riesco a scrivere senza degli incoraggiamenti (?)
Ricordo che se volete seguirmi su twitter sono @freeyourmind_x
Spero che il capitolo vi piaccia anche se è di passaggio (:
Addio
Sere

 

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Capitolo 7
*** Capitolo sette -Tomorrow never dies- ***


Capitolo sette
-Tomorrow never dies-

Guardo attentamente la casa che ho davanti per poi abbassare lo sguardo sul piccolo fogliettino che ho fra le mani. Controllo l’indirizzo per l’ennesima volta. Non ho sbagliato, è questa casa Hemmings. Eppure… Perché cavolo sono ancora qui ferma? In realtà ho paura di suonare il campanello. Luke non mi ha dato un orario e ho l’impressione di essere in anticipo. E se ci fossero ancora i suoi genitori in casa? E se, invece, non ci fosse nessuno? Non voglio rifare tutta questa strada a piedi.
Sospiro. Devo stare tranquilla.
Con tutto il coraggio che mi è rimasto, mi avvicino al campanello. Spingo il tasto e subito incomincio a sudare freddo. Ti prego, ti prego, ti prego fai che ci sia…
Quando il cancello si apre, sussulto. Qualcuno mi ha aperto, ma non vedo sbucare nessuno. Con esitazione spingo la porta del cancello per poi chiudermela alle spalle.
“Wow” è tutto quello che riesco a dire quando sollevo lo sguardo dal marciapiede in pietra. Sono nel giardino di casa Hemmings ed è… Immenso! È più grande di un parco giochi, giuro!
Rimango incantata da ciò che vedo. Ci sono tantissimi alberi, fiori, luci… L’erba è perfino tagliata!
Incomincio a camminare andando incontro a quella che, suppongo, sia la porta di casa. Passano pochi secondi prima che Luke esca da essa. Lo osservo e vedo che mi sta sorridendo. E’ così bello vestito di nero, con quei Skinny jeans, le Vans ai piedi e i capelli biondi tirati su in un ciuffo.
“Non sapevo che vivessi in una reggia” lo saluto così, quando salendo l’ultimo scalino, gli sono davanti.
Luke mi sorride. “Perché, infatti, non vivo in una reggia” mi risponde ed io sollevo lo sguardo retorica. Oh, andiamo, questa casa potrebbe sfigurare la casa di un milionario!
“Tutto bene?” mi chiede e la sua mano si allunga subito per prendere la mia. Abbasso lo sguardo e sorrido vedendo come le nostre mani siano perfette per essere intrecciate.
“Tutto bene.” Annuisco riportando i miei occhi nei suoi. Non so cosa mi stia prendendo, ma in questo momento vorrei tanto essere fra le sue braccia. Non riesco a capire il perché, ma è come se necessitassi quel contato che pochi giorni fa ho assaporato. Forse, è essere qui a casa sua che mi fa desiderare ciò.
“Entra, a casa non c’è nessuno.” Mi chiarisce una volta che ho messo piede dentro la dimora di Luke.
Se prima sono rimasta senza parole alla vista del giardino, ora potrei morire.
“Dio, non ci credo. Tu vivi qui?” chiedo e solo ora mi accorgo di quanto sia stupida la mia domanda.
“Ehm, sì. Perché?” mi chiede con un sopracciglio alzato.
“Perché… Hai una casa bellissima” urlo guardandolo come se avesse del tutto perso la ragione. Lui ride ed io non faccio altro che guardarmi intorno. Quei divani di pelle, la televisione gigante, le scale che portano al piano superiore… Perché non ho anch’io una casa così?
“Vuoi fare un giro?” mi chiede e annuisco subito. “Me lo chiedi anche? Andiamo!” dico tirandolo verso le scale come se fossi a casa mia.

“E questa è la mia stanza” Luke apre l’ultima porta che abbiamo davanti. Curiosa entro dentro guardando incantata ogni punto. Dire che casa di Luke è bellissima è un’euforia. Ogni camera è grande come un albergo e, per l’aggiunta, ha il bagno con l’idromassaggio! Ora ci credo quando quella notte mi ha detto che i suoi genitori sono ricchi. Oh e se ci credo!
Osservo le pareti e noto parecchi poster attaccati. Nirvana, Blink 182, Aerosmith, Green day… Sembra di essere in un negozio di musica.
“La tua stanza è davvero figa!” gli dico, rimanendo al suo fianco. Non posso allontanarmi da lui nemmeno se volessi. La mia mano è ancora stretta nella sua. È ossessivo il bisogno che ha di tenermi al suo fianco.
“Lo penso anch’io” la sua risposta mi fa sollevare gli occhi al soffitto.
“Presuntuoso” sussurro per poi catturare tutta la mia attenzione sulle chitarre accostate vicino alla finestra.
“Dio, sono stupende. Sono tutte tue?” chiedo e subito mi avvicino. Sono così belle che vorrei strimpellare qualche nota.
“Già…” risponde “Guarda che se vuoi puoi prenderle in mano” appena sento le sue parole, alzo lo sguardo per inchiodare i miei occhi nei suoi. Come ha fatto a capire… “Te le stai mangiando con gli occhi” mi chiarisce e arrossisco. Non pensavo che ci avesse fatto caso…
Subito, però, mi avvicino per prendere la chitarra blu, quella che più preferisco fra tutte. Sono costretta ad allontanare la mia mano dalla sua e subito ne sento la mancanza. Sto diventando per caso ossessiva?
Mi siedo sul suo letto e Inizio a strimpellare qualche scala e qualche accordo. Luke si siede al mio fianco e quando alzo lo sguardo, vedo che mi sta sorridendo.
“Fammi indovinare… Michael?” mi chiede e subito capisco a cosa si riferisce. Annuisco mordendomi il labbro inferiore. È grazie a Michael se so suonare qualcosa alla chitarra. Qualche volta, quando è di buon umore, alle prove m’insegna le cose più semplici.
“Sì. Ho sempre voluto imparare a suonare… Michael, però, è un pessimo insegnate” aggiungo facendolo ridere. Non mento. Voglio molto bene al mio amico, ma non posso negare che a spiegare non è poi così bravo come a suonare.
“Sul serio?” mi chiede e annuisco. “E tu, invece, da quant’è che suoni?” chiedo curiosa. Mi piacerebbe vederlo suonare. Ogni volta che guardo Michael, rimango incantata. È … sexy?
“Da quando avevo undici anni, ma è da un po’ che non suono più.” Il suo tono di voce è basso e riesco a capire che i suoi demoni sono arrivati a toccare anche la sua musica. Non me la sento di chiedere perché abbia smesso, perciò annuisco soltanto. Non voglio rovinare questo momento e so che nemmeno lui lo vuole. Restiamo in silenzio e decido di appoggiare la chitarra al suo posto. Mi risiedo di nuovo al suo fianco e subito la sua mano si allunga verso la mia. Inizia a giocarci e un sorriso si appropria delle mie labbra.
Nessuno si è mai comportato così con me. Nessuno ha mai avuto la cura di afferrarmi per mano, di accarezzarmi nello stesso modo in cui ora lui mi sta accarezzando.
E i miei occhi sono lucidi perché mi sento così bene. E in questo momento non m’importa se sto sbagliando, se Luke non è perfetto, se tutti lo odiano, perché lui è l’unico che riesce a farmi sentire così in pace. Con quei suoi piccoli gesti riesce a farmi sorridere come nessuno ha mai fatto e per me non c’è cosa più importante.
Il suo sguardo è fisso sulle nostre mani ed io non posso fare altro che osservare lui. Il suo sorriso, la sua attenzione, le sue labbra…
“Allora…” continua a giocare con le nostre mani “Film?” mi chiede e suoi occhi incontrano i miei. Deglutisco perché mi sento spoglia davanti a lui. I suoi occhi mi fanno sentire come se non avessi nessun vestito addosso, come se nessun muro mi riparasse.
“Film.” Annuisco mentre la mia testa è tutt’altra parte.

“E’ ancora vivo?” non voglio vedere la tv. Non ne ho il coraggio. Inoltre, il petto di Luke in questo momento, è l’unico posto in cui voglio stare.
Lo sento ridere. “Ora puoi guardare. Ci sono i tutoli di coda” mi rassicura e sospiro di sollievo. Amaramente, mi allontano dal suo petto per poi guardare lo schermo della televisione. Finalmente è finito. Dannato Luke che mi ha convinto a vedere quello stupido film dell’Horror. Ho passato la maggior parte del tempo a urlare come una povera deficiente e a piagnucolare sulle spalle e sul petto di Luke. Non che mi sia dispiaciuto, ma avrei voluto anch’io godermi il film.
Lui, invece, per tutto il tempo ha riso di me.
“Ti odio.”  Sussurro girandomi verso di lui una volta che ha spento la televisione. Mi osserva e della sua espressione noto che si sta trattenendo a non ridermi in faccia.
“Cos’ho fatto adesso?” mi chiede addolcendo la sua espressione. Osservo come i nostri corpi siano ancora incastrati. Le mie gambe sono appoggiate sulle sue mentre il mio busto è appoggiato sul bracciale del divano. Mentre lui invece è comodamente seduto con una delle due mani stretta nella mia e l’altra sulle mie gambe. E pensare che all’inizio del film eravamo seduti uno affianco dell’altro. Mi sono fatta prendere un po’ dalla situazione…E dalla paura.
“Mi hai convinto a vedere quello stupido film! Ora per colpa tua non riuscirò a dormire stanotte!” mi lamento portando le braccia al petto e mettendo su un finto broncio. La sua risata m’irrita ancora di più ma non dico niente.
“Clover non hai visto nemmeno un quarto del film! E hai piagnucolato per tutto il tempo” mi dice ridendo. Beh, infondo ha ragione ma… Cavoli!
Con uno scatto veloce si alza dal divano e mi spinge verso di lui così che io gli sia completamente in braccio.
Appena noto come la nostra posizione sia cambiata, arrossisco abbassando lo sguardo. Che… Che sta facendo?
Le sua mani si appoggiano sulle mie braccia così da poter rallentare la presa e da poter afferrare di nuovo la mia mano e stringerla ancora nella sua. I suoi occhi non fanno altro che fissarmi. In questo momento vorrei tanto appoggiarmi con la testa sul suo petto e annegare nel suo profumo. Ma mi trattengo.
“Sei…Arrabbiata?” mi chiede impacciato e sorrido.  Come fa la gente a dire che Luke è uno stronzo quando, ora, è la persona più dolce del mondo? Cerco di far sparire l’espressione da abete sul mio volto. Voglio giocare con lui. Voglio fargliela pagare per avermi fatto guardare quello stupido film.
“Sì” sussurro, mentendo. Non sono per niente arrabbiata con lui, ma voglio farglielo credere.
I suoi occhi hanno capito il mio gioco. “E se ti do questi” dalle sue spalle spunta un pacchetto di marshmallows “sei ancora arrabbiata con me?” appena guardo il tesoro che ha in mano, sgrano gli occhi. Brutto bastardo, sta giocando sporco! Accidenti!
“Sei uno stronzo” affermo “Ma ti perdono lo stesso” e prima che possa dire qualcosa, gli rubo le caramelle dalle mani. Lui ride e questo, per quanto mi faccia sentire una bambina, mi rallegra.
“Me né dai una?” chiede quando inizio a mangiare. Non vorrei. Per punizione vorrei vederlo morire dalla voglia di Marshmallows, ma i suoi occhi mi stanno guardando in quel modo. Quel modo che lui usa per incantare tutti, e forse anche me. Sbuffando metto il pacchetto in mezzo così che possa mangiare anche lui.
Restiamo per qualche secondo in silenzio, ognuno immerso nel proprio silenzio.
“Ti va di fare il gioco delle dieci domande?” la sua domanda mi riporta alla realtà. Rimango spiazzata alla sua proposta. So che gioco intende. In pratica entrambi dovremmo farci dieci domande e rispondere.
“Che genere di domande?” chiedo prima di accettare. Vorrei sapere se ci sono dei limiti perché sto morendo dalla voglia di fargli determinate domande dal primo giorno in cui abbiamo parlato e, questa, è l’occasione perfetta.
“Qualsiasi, basta che sia una domanda.” Annuisco.
“Ok, ci sto. Inizi tu” affermo curiosa di sapere cosa lui abbia in riserbo per me.
“Uhm… Gruppo musicale preferito?” la sua prima domanda mi fa ridere. È così… scontata? È niente confronto a ciò che io ho in mente per lui.
“Non ho un gruppo preferito, ma mi piacciono molto i The Fray.”
“Hai fratelli o sorelle?” “Sono figlia unica” purtroppo, vorrei aggiungere.
“Se dovessi avere un primo appuntamento, quale sarebbe il posto in cui ti piacerebbe andare?” alla sua domanda arrossisco. Oddio, perché me lo sta chiedendo? Non ne ho idea, non ho mai avuto un primo appuntamento!
“Non so, credo ad luna park.” Rispondo pensando a una di quelle scene di film cui, molte volte, ho desiderato di vivere.
“Libro preferito?” “Ragazzo da parete” e ora che ci penso è anche lo stesso libro che stavo leggendo quel giorno, quando ci siamo incontrati la prima volta.
“Chi è la persona a cui tieni di più?” “Calum” a cui sto mentendo spudoratamente solo ed esclusivamente per te.
“Non so più cosa chiederti…” afferma e rido. “Di già? Non sai niente di me!” lo prendo in giro non capendo come faccia ad avere così poca fantasia.
“Lo so, ma…” “Ok, ho capito. Posso farti ora io le mie domande?” gli vado incontro quando capisco che non ha davvero la pallida idea di cosa chiedermi. Sospira sollevato e annuisce sorridendomi.
“Perché ti sei comportato così con i miei amici?” alla mia domanda, però, il suo sorriso scompare. So di star giocando sporco, ma necessito di avere delle risposte. E so che lui non ama parlare di ciò che ha fatto in passato, ma io ne ho bisogno.
“Clover…” mi rimprovera e capisco che non si aspettava di rispondere a determinate domande.
“Hai detto che potevo chiederti qualsiasi cosa”
“Si, ma non puoi chiedermi questo! Non voglio rovinare questa serata parlando di ciò che ho fatto e…”
“Non rovineresti niente Luke.” Lo rassicuro. I suoi occhi mi guardano dispiaciuti, ma stavolta non voglio dargli ascolto. Voglio abbattere quelle mura. Ora sono pronta, sento di poter assumermi questa responsabilità.
“Io non volevo, sul serio.” Inizia “Volevo davvero provare con loro perché sono delle persone straordinarie. Ma i miei genitori… Mi hanno fatto ragionare. Mi hanno detto che suonare è solo una perdita di tempo, che mi sarei solo illuso. Mi hanno deriso, demoralizzato, capisci? Ero così arrabbiato che gli ho creduto. Infondo, hanno ragione. Sono un completo fallimento.”
“Quando Calum, Michael ed Ashton  sono arrivati in quel locale… Ero accecato dalla rabbia. Ero con i miei compagni di football, ma avrei voluto essere in un altro luogo. Avrei voluto essere con dei veri amici, con delle persone che a me ci tenevano davvero. Poi, loro sono venuti… Così felici… Li ho invidiati. E sai perché? Perché loro non sono un fallimento come me. Loro hanno delle persone che li incoraggiano nei propri sogni, loro sanno farsi amare mentre io… Io non faccio altro che farmi odiare. E ho scaricato tutta la mia rabbia su di loro” quando finisce di parlare mi trovo a deglutire. Ora che Luke si è aperto con me ho un grande peso al petto, proprio vicino al cuore. E vorrei piangere per lui. So come ci si sente a essere da soli e a sentirsi come se non vali niente.
“Tu non sei un fallimento Luke, non devi nemmeno pensarlo” e sono seria. Perché per quanto ancora io non lo conosca, sono certa che non lo sia. Almeno… Per me.
“E per questo che hai smesso di suonare?” gli chiedo subito, quando riesco a connettere tutti i fattori.
“Come potrei? Sono così… senza speranze” le sue parole sono tristi. Stringo la mia mano alla sua e cerco di guardarlo dritto negli occhi, ma il suo sguardo non ne vuole sapere di me.
“Scommetto invece che sei molto bravo. I ragazzi mi hanno parlato di te, sai? Hanno detto che sei un vero talento” alle mie parole alza lo sguardo e mi accorgo di come i suoi occhi siano spenti. “Davvero?” mi chiede e vedo un velo di speranza. “Sì, sono seria” e un sorriso esce fra le sue labbra. Sono felice che questo possa farlo sentire meglio.
“E con Emily? Cos’è successo?” i suoi occhi mi stanno implorando, lo vedo. Non vuole che io scavi nel suo passato, ma io ho bisogno che lui ne parli. Perché, per quanto possa sembrare stupido, dopo si sentirà meglio. Non avrà più quel peso che ora sta uccidendo me.
“Ero così incazzato quella sera con i miei genitori. Dopo una settimana erano ritornati e sai cosa? Non si sono nemmeno curati di sapere come stavo. Erano così stanchi da… Non avere nemmeno del tempo per me. Quando sono andato a quella festa, ho buttato giù tutto dentro al mio intestino. Ho bevuto così tanto da perdere del tutto il senno e poi… Ho visto Sam. Sai, lei mi piaceva. Lei mi amava davvero e in quel momento… mentre la guardavo, ho sentito di non meritare tutto quell’affetto. Così ho visto Emily e mi sono buttato su di lei… E il resto potrai immaginarlo” conclude e alle sue parole rabbrividisco. Non posso credere che abbia pensato una cosa del genere. Allontana tutti, e ora capisco perché lo odiano. Perché ti entra dentro, ti fa stare bene, ma quando poi inizia a capire quanto tu tenga lui, ti allontana. Ti allontana così tanto da fartelo odiare. E io? Anche io finirò per odiarlo? No. Non voglio.
“Eri innamorato di lei?”
“Non lo so, non sono mai riuscito a capirlo. Forse.” E dalla sua risposta posso capire che quel giorno, allo Starbucks, si riferiva a lei.
Lo osservo e non riesco a trovare altre domande. Ho voluto che si aprisse, ma ora sto così male per lui. Quel macigno al petto non se n’è andato, ma anzi, le sue dimensioni si sono ingrandite.
Gli occhi di Luke mi osservano ed io non ho il coraggio di guardarlo in questo momento. Stringo forte la mia mano alla sua.
“Posso farti un’ultima domanda?” chiedo.
Annuisce. “Posso abbracciarti?” e questa volta sorride. Passano pochi secondi prima che affondi nel suo petto. E proprio ora, mentre respiro il suo profumo, sono consapevole di essere entrata nella vita di Luke Hemmings e che non ho più via di uscita.

Spazio autrice!
Buongiorno ragazzuole! Sono mezza addormenatata... Ieri sono andata a dormire tardi per scrivere il capitolo e mi sono svegliata tipo un'ora fa... Potete immaginare come io sia sveglia in questo momento AHAHAHAH
Ed eccovi qui un capitolo dedicato interamente a Luke e a Clover! (devo trovare un nome per la coppia)
Spero che il capitolo vi piaccia e ringrazio chi nel capitolo precedente ha recensito! Mi avete rallegrato e ieri ho subito scritto il capitolo! Vi prego di recensire anche questo capitolo perchè le vostre recensioni mi aiutano davvero a scrivere (:
Prima di andare via, ho una domanda da farvi. Una ragazza ieri nella recensione ha parlato di primo bacio. Voi come ve lo immaginate il primo bacio di Luke e Clover? Perchè io ho più di un idea e, magari, i vostri pensieri posso aiutarmi a decidere... Mah!
Detto questo, vi ringrazio e vi saluto :D
Se volete seguirmi su twitter sono @freeyourmind_x
Addio!
-Sere

 

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Capitolo 8
*** Capitolo Otto -Long way home- ***


Capitolo otto
-Long way home-

Ho sempre odiato i lunedì mattina. Alzarsi presto dopo ore di puro sonno mi rende nervosa. Trovo difficile ragionare ed essere di buon umore ridotta così.
Sospiro aprendo il mio armadietto.
Alla prima ora ho matematica. Questa volta, credo che abbandonerò il posto al primo banco. Con grande dispiacere per la Cooper, andrò a riprendermi il mio adorato ultimo posto. Ora che io Luke abbiamo socializzato, ora che siamo “amici”, voglio sedermi al suo fianco.
“Clover?” i miei pensieri sono interrotti. Sollevo lo sguardo dal mio quaderno.
“Emily, ciao!” sono sorpresa di vederla qui. Le sorrido e solo ora mi accorgo che ha davvero una voce così… dolce!
“Ciao, scusa se ti disturbo ma…” inizia e vedo che si sta torturando le mani. Sembra… Imbarazzata. Preoccupata, cerco di andarle incontro così da tranquillizzarla.
“Volevi sapere quando ci incontriamo per il compito? Beh io Luke avevamo pensato di trattenerci per un’ora dopo scuola in biblioteca e…” non riesco a finire di parlare perché i suoi occhi mi guardano terrorizzata. Cosa… Cos’ho detto di male?
“Ecco, in realtà volevo parlarti di questo.” Non capisco. “Scusami ma ci ho ripensato e… Non posso lavorare con te e Luke” alle sue parole sento le braccia cadermi. No, no, no… Perché?! Aveva detto di si!
“Come?” chiedo, cercando di restare tranquilla. Ho capito benissimo ciò che ha detto ma la mia testa si rifiuta di credere alle sue parole.
“Non avrei dovuto dirti sì, scusami.” La osservo e i suoi occhi sono davvero dispiaciuti. Non capisco, perché sta rifiutando?
“Ma perché?” chiedo dispiaciuta ed esasperata. I suoi occhi si distaccano per un momento dai miei e guardano intorno spaesati. E come se non volesse dirmi il perché e… Oh. Ho capito. “E’ per Luke, vero?” chiedo aspettandomi una risposta positiva. I suoi occhi ritornano di nuovo a guardare i miei e sono consapevoli.
“Mi dispiace perché sembri davvero una ragazza carina, ma Luke… Di lui non mi fido.” Mi chiarisce ed io mi trovo a sospirare. Posso intuire cosa intende, lei è stata una sua “vittima”, ma non posso negare che ora sono arrabbiata. E non so nemmeno io il perché, ma non voglio che le persone continuino a parlare male di lui. Luke non è quel mostro che descrivono.
“Mi ha raccontato quello che è successo” affermo. Non so nemmeno io cosa dire. Sto cercando di sparare parole a caso. Non voglio che non lavori più con me solo per Luke. E qui non c’entra niente il patto con Calum. Qui, in questa scuola, non ho amiche. Non so nemmeno io per quale ragione, ma Emily… Emily sembra carina. Potremmo diventare amiche.
“Luke è davvero dispiaciuto. Voleva prendere questo compito come un’opportunità per farsi perdonare.” Affermo e i suoi occhi mi guardano impassibili.
“Luke non è la persona che tu credi.” La sua risposta mi fa innervosire. Ok, forse non lo conosco abbastanza, forse conosco solo una parte di lui, ma… Cavoli! Almeno io gli ho dato modo di farsi conoscere, di farmi entrare nel suo mondo. Perché nessuno riesce a capire?
“O forse” rispondo “non è la persona che credi tu” e con un colpo secco sbatto l’anta dell’armadietto. So che sto sbagliando, non dovrei prendermela così tanto… Ma non ci riesco.
La campanella è suonata ed io non voglio rimanere un secondo di più a parlare di quest’argomento.
“Oggi pomeriggio, dopo le lezioni saremo nella biblioteca della scuola.” Con quest’appuntamento, lascio Emily da sola nel corridoio. Starà a lei decidere se venire oppure no. Spero solo che ragioni e che non mi dia buca. Lo spero davvero con tutto cuore.

Quando entro in classe, la mia robbia non è del tutto scomparsa. Mi guardo attorno e appena focalizzo l’ultimo banco, noto Luke seduto con il viso abbassato. Sta scrivendo qualcosa nel suo quaderno ed è del tutto concentrato. Cercando di non far sentire la mia presenza, mi avvicino sempre di più.
“Buongiorno!” gli urlo ad un orecchio e lui ,spaventato, sussulta. Appena i suoi occhi incontrano i miei, però, sorride. “Ehi, mi hai spaventato” mi siedo al suo fianco e rido. “Lo so, era il mio intento!” gli rispondo per poi aprire la mia borsa e prendere il necessario per la lezione.
Ora che sono qui, all’ultimo banco, posso affermare che mi era mancata questa sensazione di libertà. La Cooper da vicini mette davvero tanta ansia.
“Tutto ok?” mi chiede Luke appoggiando un gomito sul suo banco e guardandomi. Annuisco. “Potrebbe andare meglio. Te?” rispondo sincera. Non voglio raccontargli di ciò che è successo pochi minuti fa con Emily. So, che se glielo dicessi, ci starebbe male.
“Tutto ok. “ Mi risponde. Restiamo in silenzio e usufruisco di questa pausa per guardare fuori dalla finestra. Oggi è una giornata bellissima. Una giornata che, purtroppo, io dovrò sprecare all’interno di queste quattro mura. Almeno, però, sarò in compagnia di persone speciali.
Sospiro e con questo pensiero in testa mi volto verso Luke. Solo ora noto che nel mio banco, ci sono due biglietti. Non sono dei biglietti del cinema, sono molto più grandi e più colorati. Li prendo in mano e con le sopracciglia alzate cerco di capire cosa siano. Quando leggo “Luna park”, sbianco.
Oh mio dio… Non è possibile!
Guardo subito Luke.
“Cosa…” i suoi occhi mi stavano già fissando. Le parole mi muoiono in bocca. Non ci posso credere.
“L’altro giorno avevi detto che ti sarebbe piaciuto andare al Luna park, perciò ho pensato che sarebbe bello andarci” prende una pausa “insieme”.
Deglutisco rimanendo ferma, immobile. L’altro giorno, a casa sua, abbiamo parlato di un primo appuntamento. La mia risposta includeva andare a Luna Park. E ora lui… O mio dio. Mi sta chiedendo di uscire con lui? In quel modo?
“Io…” come sempre, non riesco a dire niente. Sono così scioccata, sorpresa, esterrefatta… Non so nemmeno io come mi sento sul serio. So solo che sono felice ma allo stesso tempo ho paura. Che cosa dovrei rispondergli? Se… se questo è un appuntamento, allora… Oddio, come dovrei vestirmi?!
“Se non vuoi, puoi sempre rifiutare... Forse non avrei…”
“No, no, no. Non pensarlo nemmeno” fermo le sue parole prima che possa tornare indietro nei suoi passi. Luke è stato così dolce. È stato così… Audace, insomma. Ha fatto un passo avanti ed io come posso rifiutare? Non posso e non voglio.
“Voglio venire.” Affermo e lo sento sospirare dal sollievo. Mi accorgo della sua espressione preoccupata, ma appena i miei occhi incontrano i suoi sorride. La sua mano, come d’abitudine, si allunga per afferrare la mia.
“Con quei biglietti possiamo fare qualsiasi giostra. Sai, sono dei biglietti speciali.” Mi spiega ed io annuisco. Solo ora penso che avrà speso una bel po’ di soldi per comprarli. Mi sento in colpa. Per un mio stupido desiderio lui avrà speso così tanto e…
“Luke, di sicuro avrai speso tantissimo per comprarli. Insomma non…”
“Non ti preoccupare, ok?” mi rassicura ed io annuisco, anche se in realtà lo sono già. E non solo per i soldi, ma per quello che sarà. Quest’uscita come devo interpretarla? È un’uscita d’amici, vero? Perché se così non fosse… Oddio, io non saprei cosa fare. Un appuntamento, io, Clover Paris? Oh no.
“Luke...” lo chiamo quando l’ansia diventa insistente. Ho bisogno di sapere. Alza lo sguardo e quando i miei occhi incontrano i suoi, mi muoiono le parole in bocca. È così… felice? E dio, mi sta guardando in quel modo. In quel fottuto modo. “Grazie” è l’unica cosa che riesco a dire.

“Siamo in anticipo Clover. È normale che non sia ancora qui.” Giro per l’ennesima volta per la piccola biblioteca della scuola. Non faccio altro che camminare e le mie mani si stanno torturando da ben mezz’ora.
Emily non è qui. Emily non è ancora arrivata ed io… Io sono nella merda.
“Come faccio? Se lei non viene… “ in  realtà, la mia domanda non è riferita a Luke. Sto parlando da sola. “Troveremo qualcun altro, Clover. Devi stare tranquilla!” Luke cerca di tranquillizzarmi, ma io non riesco ad ascoltarlo. In questo momento è come se esistesse un muro che divide il mio mondo dal suo e non posso sentirlo. Non sono per niente preoccupata di questo stupido compito. Se Emily non viene… Come farò a spiegargli che se non è qui, è solo esclusivamente a causa sua? E a Calum come farò a spiegare che Emily cerca di starmi alla larga perché sono amica di Hemmings? Ed io, come faccio a spiegare a me stessa che non sono destinata ad avere amiche?
Sospiro portandomi una mano fra i capelli. Devo… camminare!
Di nuovo incomincio a girare per tutta la stanza. Il mio passo è costante, non si arresta nemmeno per un secondo. Continuo il mio sfogo fin quando una mano non afferra il mio polso. Indietreggio e quasi cado, ma le mani di Luke riescono a prendermi al volo. Solo quando riesco a connettere cos’è accaduto, capisco di essere seduta sulle sue gambe.
“Ecco, così non consumerai il pavimento a forza di camminare.” Dice e subito arrossisco. O mio dio. Sono seduta sulle sue gambe! Nessuno… Nessuno ha mai fatto una cosa del genere per me.
“Sei così… Carina quando t’innervosisci.” Le sue parole mi fanno ancora di più arrossire e per un momento dimentico tutto. Dimentico Emily, dimentico di essere a scuola, dimentico questo stupido compito. Siamo solo Luke ed io. E non posso credere che mi abbia appena detto di essere carina. Carina mentre m’innervosisco. Carina. Luke mi trova carina. Me.
Non ho parole per rispondergli. Lui mi sta sorridendo ed io non posso fare altro. Un sorriso imbarazzato, un sorriso che nasconde tutte le mie parole.
Si avvicina e con dolcezza appoggia la sua testa sulla mia spalla. Le sue mani, invece, mi stringono la vita. Rimango immobile e non riesco a comprendere cosa stia facendo.
“Che… cosa stai facendo?” sussurro impacciata. Luke allontana la testa dalla mia spalla e mi guarda negli occhi. Subito sento un vuoto quando non sono più un contatto con il suo corpo.
Stavolta non mi sta sorridendo, è serio.
“Avevo bisogno di un tuo abbraccio.” Dice e muoio dentro. Luke…O mio dio!
Subito, gli sorrido e con spensieratezza mi butto fra le sue braccia stringendolo in più forte possibile. Sento la sua risata e mi sento bene. So che può sembrare banale, ma credo di essermi affezionata. In così poco tempo, credo di voler del bene a questo ragazzo. Un bene diverso da quello che voglio a Calum, a Michael o Ashton.
“Sto così bene fra le tue braccia.” Il mio sussurro è quasi inudibile, e per un secondo spero che davvero Luke non abbia ascoltato le mie parole. Mi sono fratta prendere dall’impulso e… Stupida, sono una stupida.
Lui, però, non sembra essere dispiaciuto. Si stacca dall’abbraccio e con una mano mi porta dietro l’orecchio una ciocca di capelli che mi è finita davanti agli occhi. MI sta sorridendo e i nostri visi sono davvero vicini.
Non so cosa fare, cosa dire, sono… Spaesata.
“Luke” mi piace il suo nome. “Il tuo invito… è un appuntamento?” le parole mi escono di getto. Non so nemmeno io con quale coraggio e con quale forza sono riuscita a parlare in questo momento.
I suoi occhi mi guardano spaesati. “Certo che è un appuntamento” alle sue parole sbianco. Forse… forse non ha capito quello che intendevo.
“Dico… è un appuntamento da amici? Oppure è…” stavolta mi sta guardando con un sorriso compiaciuto.
“Tu cosa vuoi che sia?” la sua domanda mi lascia sbigottita. Io? Sta davvero chiedendo a me?
“Non so…” rispondo alzando le sopracciglia e iniziando a giocare con le sue mani.
“Allora non diamogli nessuno nome. È solo un’uscita. Un’uscita fra Luke Hemmings e Clover Paris” sussurra e io scoppio a ridere. Ora, ora che stiamo parlando, mi sento più tranquilla. Anche se, devo essere sincera, mi sto ancora preoccupando per come dovrò vestirmi.
“Mi piace.” Concludo. “Mi piacciano le uscite fra Luke Hemmings e Clover Paris” dico e sono sincera. Luke ride, poi, si ferma a fissarmi. Le sue mani sono ancora intrecciate alle mie e il mio ciuffo ribelle, mi sta coprendo ancora il viso. Una delle sue mani si stacca, e con dolcezza riporta di nuovo la ciocca al suo posto. E i nostri visi sono di nuovo vicini, così maledettamente vicini. E lui mi sta fissando con quegli occhi seri, ricchi di passione. Le nostre labbra si stanno sfiorando e lui si avvicina sempre di più, mentre io…
“Scusatemi per il ritardo” Emily è appena entrata nella biblioteca.  “La professoressa mi ha trattenuto e… Interrompo qualcosa?” quando mi accorgo di lei, mi allontano subito da Luke. Mi alzo in piedi e, se potessi, adesso scapperei davvero dalla stanza. Luke… Luke mi stava per baciare. Ed Emily… Oddio, Emily è qui.
“Sei venuta” è tutto ciò che riesco a dire. Sento lo sguardo di Hemmings addosso. Non so se sia a causa di quello che stava per accadere oppure perché non riesce ad apprendere le mie parole. Emily mi sorride e capisco che ci ha ripensato.
“Già, iniziamo?” alle sue parole annuisco e le mimo un “grazie” con le labbra. Non oso guardare Luke, sto del tutto morendo dalla vergogna.

Questa volta, all’uscita della scuola, non aspetto nessuno.
Ho passato circa due ore in compagnia di Luke ed Emily. Ci siamo divertiti a creare un possibile articolo da essere pubblicato nel giornalino della scuola. È stato imbarazzante all’inizio, soprattutto perché Luke non faceva altro che fissarmi ed Emily, invece, non faceva altro che osservare lui. Poi, però, la situazione ha incominciato a scaldarsi e ci siamo trovati in armonia.
Quando, però, ho guardato l’orologio e ho notato di essere notevolmente in ritardo, ho salutato entrambi e di corsa sono scappata da scuola come un razzo.
Forse, devo ammetterlo, il ritardo è stato anche una perfetta scusa per evitare Luke. Non so, ma mi sento così in imbarazzo se penso che, poco fa, era così vicino da potermi baciare.
Scuoto la testa, non ci devo pensare. Più ci penso e più mi agito, e non va bene.
Quando arrivo davanti al portone di casa sono sorpresa di vedere Calum seduto sul piccolo scalino. Cosa ci fa lui qui?
“Calum” lo chiamo e lui si volta subito. Gli sorrido e lui ricambia il mio gesto. “Cosa ci fai qui?” chiedo e mi domando perché i miei genitori non l’abbiano accolto in casa.
“Ero venuto a cercarti, ma i tuoi mi hanno detto che non eri arrivata così ho voluto aspettarti qui fuori.” Annuisco alle sue parole. Mi fa piacere che Calum sia qui. È da un po’ che non passiamo del tempo insieme. A scuola, pur se ci vediamo durante la pausa pranzo, non riusciamo mai a parlare, a fare una delle nostre chiacchierate.
“Eccomi, sono tutta per te!” gli rispondo e lui ride.
“Ti va di fare un giro?” annuisco.

“Perciò… Domani uscirai con lui?” mi chiede Calum portandosi in bocca la sigaretta che sta fumando. Non abbiamo fatto molta strada, alla fine siamo seduti sul piccolo scivolo del parco dietro casa mia.
“Sì, mi ha invitato ed io… Vorrei morire” rispondo. Non sono riuscita a trattenermi. Appena abbiamo iniziato a parlare, ho sentito il bisogno di confessargli tutto. Dell’altro giorno, dell’appuntamento e del quasi bacio. Ovviamente, però, non gli ho detto che questo ragazzo è proprio Luke, Luke Hemmings con cui lui non ha buoni rapporti. Vorrei tanto parlargli apertamente, rivelargli tutto ma… Ho paura. So che si arrabbierà, e forse non tanto perché è Luke il ragazzo con cui uscirò, ma perché gli ho tenuto questo segreto nascosto per tutto questo tempo.
“Stai tranquilla… Andrà tutto bene” le sue parole mi rassicurano almeno un po’. Lo osservo e solo ora riesco a sentire quanto mi sia mancato.
“Clover… Posso chiederti una cosa?” mi chiede e i suoi occhi mi stanno guardando seriamente. Annuisco preoccupata.
“Sei arrabbiata con me?” alla sua domanda spalanco gli occhi. Cosa? Perché… perché dovrei essere arrabbiata con lui?
“Cosa? No, no! Certo che no! Cosa te lo fa pensare?” chiedo e sono allarmata.
“Sei così distante ultimamente. Non so, ho avuto quest’impressione. Ti sento… lontana” alle sue parole mi si stringe il cuore. Come posso spiegargli che se sono distante è solo perché mi sento in colpa? Che mi sono allontanata solo perché i sensi di colpa mi stanno mangiando viva?
“Mi dispiace, non pensavo che ti sentissi così.” Prendo un respiro “Non me ne vado da nessuna parte, Hood. Sono qui” lo rassicuro e lui mi sorride. “Lo spero Paris, perché non ti lascio andare così facilmente.” E alle sue parole sento un macigno cadermi sul petto.
Oh Calum, se solo sapessi…

Spazio autrice!
Buongiorno! Eh sì, la Sere è ancora qui a rompervi con i suoi spazi autrice! Allooora questo è un capitolo di passaggio. Il prossimo *rullo di tamburi* è il capitolo per eccelenza, ci sarà una svolta e sarà molto importante. (Almeno se non cambio idea AHAHAHAH) Ringrazio tantissimo chi ha recensito lo scorso capitolo, mi avete reso davvero Happy. Vi prego di recensire, perchè ogni volta mi date sempre la forza e nuove idee per continuare. E ringrazio anche quelle persone che hanno aggiunto la storia alle preferite/ricordate/seguite! 
Non so quando aggiornerò, ma spero subito. La settimana prossima andrò in vancanza e non riuscirò ad aggiornare per un po' di giorni e.e 
Alloora, vi faccio un'ultima domanda, e poi scappo. Come ve lo immaginate questo primo appuntamento dei Cloke/Cluke? (mi avete consigliato questi due nomi e a me piacciono entrambi, perciò lascio scegliere a voi come chiamarli AHAHAHAH) 
Ho detto tutto, perciò scappo via.
Addio ragazzuole. 

 

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Capitolo 9
*** Capitolo nove -Best of you- ***


Capitolo nove
-Best of you-

“Mamma, sei sicura?” chiedo per l’ennesima volta girandomi verso di lei. La sento sbuffare.
“Sì, Clover! Te l’avrò detto minimo quindici volte! Stai benissimo!” guardo il mio riflesso nello specchietto della macchina per poi fare una smorfia. Non c’è niente che non vada nel mio vestiario, eppure sento di non di essermi vestita nel modo appropriato. Forse non dovevo mettermi una canotta, ma una maglia più carina…
 “Allora, vuoi dirmi chi è?” stavolta a sbuffare sono io. “Mamma, non è nessuno. Te l’ho già detto. E’ sono un mio amico” rispondo guardando al di fuori del finestrino. Sono in anticipo e Luke non è ancora arrivato. Dovrò sopportare mia madre per… altri cinque minuti?
“Con gli altri tuoi amici non ti preoccupi così tanto per come sei vestita.” Dice guadandomi compiaciuta. Arrossisco. Cavolo, perché deve sempre mettere il dito nella piaga?
“Mamma, ti ho chiesto di accompagnarmi non di… di farmi da cupido!” esclamo slacciandomi la cintura. Non importa se Luke non è arrivato, aspetterò. Fuori da questa macchina, però.
“Ok, ok ho capito.” Sbuffa “Sei antipatica quando sei nervosa.” Mi risponde e sorrido irritata. Non sono nervosa, sono solo… Ok, scherzavo.
“Mamma!” la richiamo “Adesso scendo e tu andrai a casa, chiaro?” dico aprendo la portiera della macchina. Subito mi osserva stupita. “Cosa? Ma non ho ancora visto il ragazzo!” mi risponde dispiaciuta.
Cosa? Oh no. Lei non può vedere Luke! Se solo parlassero…
“Appunto. Non so a che ora arrivo. Non aspettarmi sveglia” e così dicendo scendo dalla macchina. Mia madre impreca e la vedo parlare ma non riesco a capire quello che dice. Che peccato, un vero e proprio peccato!

E’ passato un quarto d’ora, e Luke non è ancora qui. So che non dovrei, ma sto iniziando a preoccuparmi. E se non dovesse venire? Insomma, è stato a lui a invitarmi. Dovrebbe essere già qui, accidenti!
Cammino per l’ennesima volta sulla piccola stradina. E’ in ritardo solo di cinque minuti, questo non vuol dire che non verrà, vero? Insomma… Cinque minuti sono solo cinque minuti. E se gli fosse successo qualcosa?
No, no devo stare tranquilla. Questo è mio primo appuntamento e…
“Ehi, ti stavo cercando!” quando sento delle mani appoggiarsi sulle mie spalle, sussulto urlando.
“Ehi, ehi tranquilla! Sono io!” il sorriso di Luke, però, mi tranquillizza subito. È qui, non ci posso credere. Non mi ha dato buca, è una cosa buona, no?
“Mi hai spaventato!” lo saluto così. Vorrei sembrare arrabbiata, ma non ci riesco perché il sorriso che ho fra le labbra smentisce ogni cosa.
“Lo so, era una mia piccola vendetta” alzo le sopracciglia elle sue parole, ma subito riesco a capire a cosa si riferisce. Ieri, in classe, mentre lui era seduto ed io gli sono arrivata alle spalle… “Stronzo” sussurro e lui si morde le labbra. Quelle labbra perfette che ieri erano così vicine alle mie e… Arrossisco pensando a ciò. Dopo il nostro quasi bacio, non abbiamo avuto modo di parlare. Ci siamo sentiti tramite messaggi per metterci d’accordo per quest’uscita, ma non c’è stato nessun accenno a quello che stavamo per fare. E solo ora mi chiedo, come dovrei comportarmi? Dovrei fingere che non sia successo niente? O, forse, dovrei essere io a fare la prima mossa?
I miei pensieri, però, sono messi a tacere da Luke. Come sempre la sua mano ha cercato la mia e, come se fossi la cosa più importante del mondo, ora mi sta stringendo al suo fianco.
“Da dove iniziamo?” mi chiede ed io mi trovo spaesata. Non riesco a ragionare perché i miei occhi hanno attenzione solo per lui, per il suo viso, per i suoi occhi, per le sue labbra…
“Montagne russe?” chiedo, sperando che in questo luna park ci siano, perché ora come ora non ho per niente voglia di staccare il mio sguardo dal suo. Lui non sembra accorgersi di tutto ciò.
“Montagne russe siano”

“Dio, non ci credo. Non posso essere io quella!” urlo portandomi le mani davanti al viso per comprimi imbarazzata.
“Le nostre facce sono… Orribili” commenta Luke. Lui sta ridendo mentre io… sto morendo nella mia vergogna. Siamo davanti ad uno schermo, dove sono proiettate le foto scattate durante l’uso dell’attrazione. Guardo la nostra foto e non posso che fare una smorfia. Le nostre facce sono davvero epiche, soprattutto la mia. Sembro… Posseduta. Non sembravo così spaventata mentre ero al fianco di Luke, ma ora… Ora sono inguardabile.
“Ti prego, basta. Non riesco a resistere ancora a vedermi in quel modo” dico tirando Luke per mano, così da allontanarci dallo schermo. Lui non fa altro che ridere e pur essendo irritata da ciò, penso che sia bellissima la sua risata. È così… Dolce.
“Aspetta! Voglio comprare la foto!” alla sua esclamazione, mi blocco sul posto. Cosa? No, no, no! Non può farmi questo!
“No lo farai sul serio, vero?” chiedo speranzosa. I suoi occhi mi guardando divertiti e le sue labbra formano un sorriso furbo.
“E’ la nostra prima foto insieme. Non posso non prenderla!” chiarisce e quando vedo che allontana la mia mano dalla sua per avvicinarsi al bancone, capisco che non sta scherzando. Gli corro dietro cercando di fermarlo.
“Ti prego Luke, non prenderla. Faremo tutte le foto che vuoi, ma quella no. Sono orribile!” lo sto supplicando ma lui non cede. Stupido Hemmings e stupida me. Perché ho scelto proprio le montagne russe?! Adesso lui avrà quella foto e…
“Paris, non cambio idea. Però accetto di farmi altre foto con te” mi risponde e alle sue parole mi rassegno, soprattutto perché fra le mani ha già la nostra foto e ha ripreso a ridere. Come posso ragionare con lui se… ride?!
“Ti odio Hemmings, lo giuro”

“Non dirmi che sei ancora arrabbiata!” vorrei ridere, ma sto cercando di essere il più seria possibile.
“Ovvio che lo sono!” esclamo portando le braccia sotto il petto, così che lui non possa afferrarmi per mano.
“E’ solo una foto Clover, cosa vuoi che sia?!” mi chiede esasperato e io non posso fermare la mia risata. Far sentire Luke in colpa è diventato il mio passatempo preferito. È così premuroso, preoccupato e la sua espressione è davvero buffa. E poi, mi da molte più attenzioni.
“E’ davvero una foto bruttissima, Luke. Promettimi che un giorno la brucerai!”  lo sto osservando negli occhi. Sono bellissimi in questo momento. Non sono il solito azzurro di sempre, sono più scuri.
Siamo uno difronte l’altro e le sue mani si allungano prendendomi per la vita, così che sia circondata da esse. Al suo gesto, arrossisco. Allo stesso tempo, però, lo ringrazio. È da quando ha preso la mia mano nella sua che avevo bisogno di un suo abbraccio, di essere al contatto con il suo corpo. Ne sentivo davvero la mancanza.
“Lo prometto. Un giorno molto lontano, lo farò!” mi rassicura e gli sorrido. Allontano le mie braccia dal mio petto e vorrei tanto portargliele sul collo, così da poter giocare con i suoi capelli. Ma non lo faccio, non ne ho il coraggio. Restiamo in silenzio e i suoi occhi non smettono di fissarmi. Si sta avvicinando, di nuovo. Come ieri, i nostri volti sono vicini. Ed io… oddio, cosa devo fare? Non bacio qualcuno da anni. E se non sapessi baciare? E se gli facessi schifo? Oddio, no, no, no!
“Ci sono le pistole ad acqua. Giochiamo?” dico di fretta quando le nostre labbra sono così vicine da potersi sfiorare. Sono rossa dalla vergogna e solo ora mi accorgo di quanto la mia domanda sembri ridicola in questo momento. Ho… rovinato questo momento.
Luke chiude gli occhi per un secondo, poi riaprendoli si allontana da me, mollando la presa sulla mia vita.
Si guarda attorno e mi accorgo che sta cercando di rimanere tranquillo, di non guardarmi negli occhi. Ci è rimasto male? Dio, io non volevo. E solo che… Ho avuto paura, mi sono fatta prendere dall’ansia e…
“Andiamo” sussurra e lo seguo sperando di non aver fatto una cazzata.

“Faccio schifo a giocare. Come diavolo funziona questo aggeggio?” chiedo esasperata quando per l’ennesima volta non riesco a buttare già nessun bicchiere. Luke, al mio fianco, invece ha già finito da un bel po’ il turno. E, ovviamente, è riuscito a vincere un altro turno in omaggio.
“Clover, stai premendo il tasto sbagliato.” Mi riprende iniziando a ridere. Per l’ennesima volta, da quando siamo entrati in questo luna park, arrossisco guardandolo imbarazzata. Almeno, però, mi rallegro a sentirlo ridere. Non ha più quell’espressione seria di prima, e questo mi fa stare meglio.
“Ci rinuncio.” Affermo appoggiando la pistola sul piccolo tavolino e voltandomi verso di lui. Stasera ho scoperto che i giochi non fanno per me. Sul serio, sono un’impedita. Invece Luke… Luke riesce a fare tutto. Ah, maschi!
“Oh no che non rinunci!” mi sprona Luke e prima che possa rispondergli, afferra una mia mano e mi fa voltare di nuovo verso il mio bersaglio. Poi, mettendosi dietro alle mie spalle, mi abbraccia e afferra la pistola, così che possa aiutarmi a giocare.
Mi perdo a osservarci e inizio a sudare freddo. Siamo così vicini ed è… Così bello. E’ romantico, e mi sento strana. Più gli sono vicina e più sento di affezionarmi a lui.
“Devi tenere le braccia stese, socchiudere gli occhi e poi…” spinge il pulsante “prendere la mira” un bicchiere cade per terra. Sorrido. Ora, con lui, sono riuscita ad abbattere il primo bicchiere di tutto il turno. Ma non è per questo il motivo per cui sorrido davvero. Sorrido perché lui è felice, ed io non riesco a non esserlo per lui. Perché sapere che lui sta bene, fa sentire bene me.
“Vedi, è non poi così tanto difficile!” mi sussurra ad un orecchio. Deglutisco per poi girarmi completamente verso di lui.
“Grazie” gli sussurro e non so cosa mi stia prendendo. Non so per quale ragione, ma adesso vorrei davvero che mi baciasse. Vorrei che mi stringesse, che mi cullasse fra le sue braccia. Ma quando come risposta ricevo solo un pizzicotto sul fianco, capisco di essere arrivata in ritardo. Luke Hemmings non proverà più a baciarmi.

“Zucchero filato.” Urlo come una bambina quando passiamo davanti al carretto.
“Ne vuoi uno?” mi chiede Luke, ed io mi trovo ad annuire. E’ costretto a staccare ancora una volta la mia mano dalla sua, ed io vorrei protestare per questo. Credo di essere diventata ossessiva. Perché non riesco ad allontanarmi dalla sua presa?
“Dio, è buonissimo!” esclamo quando fra le mani ho un bellissimo stelo di legno in cui, attorno, è arrotolato un bel po’ di zucchero filato. Non ne mangiavano uno da…Non ricordo nemmeno più quale sia la data.
Luke mi sorride e riprendendo la sua mano, camminiamo fin quando non troviamo un muretto. Esasperata, mi ci appoggio fin quando non mi siedo a ridosso.
“Sono stanchissima” esclamo e Luke segue il mio gesto e, comodamente, appoggia la sua testa sulla mia spalla.
“Vuoi tornare a casa?” mi chiede e, mentre mangio, scuoto la testa. “No, non ancora. Mi piace stare con te” affermo e, ancora una volta, mi maledico per non avere limiti. Perché gliel’ho detto? Accidenti.
Annuisce. “Posso assaggiare?” mi chiede con un sorriso, indicando lo zucchero. Afferro un pezzo e gli passo lo stelo. Porto il pezzo in bocca “Certo, prendi pure”.  Abbasso per un secondo lo sguardo e quando rialzo gli occhi, il volto di Luke è così maledettamente vicino al mio. Spalanco gli occhi e, stavolta, non posso fare niente perché le sue labbra si posano sulle mie. Sussulto a quel contatto, ma appena la lingua di Luke si scontra la mia, tutto intorno scompare. La sua mano cerca la mia e la afferra stringendola. E io non riesco a capire niente, so solo che Luke Hemmings mi sta baciando. Chiudo gli occhi e mi faccio trasportare dalle sue labbra. Si muovono delicate sulle mie e sono così… carnose.
In questo momento, non riesco a pensare a niente. Sono così felice, mi sento così bene… Questo bacio, non è niente confronto al mio primo bacio. È così… Magico. Così fottutamente piacevole!
Porto una mia mano sul suo collo. Inizio a giocare con i suoi capelli. Luke si stacca per un secondo ed io mi trovo a protestare. Apro gli occhi e lo guardo imbarazzata.
Che cosa dovrei dire? Dio, è tutto così nuovo per me!
“Hai ragione, è davvero buono” sussurra prima di riprendere le mie labbra fra le sue. Non riesco a capire a cosa si stia riferendo, ma non m’importa. Come potrei, d’altronde?! Luke Hemmings mi sta baciando ed io mi sento la ragazza più fortunata di questo mondo.

“Sei silenziosa.” Gioco con la mano di Luke mentre, camminando, trattengo lo sguardo per terra. La mia testa non fa altro che pensare a quello che poco fa è accaduto. Luke mi ha davvero baciato? O è stato tutto frutto della mia immaginazione? Perché, se così fosse, è stato il più bel sogno ad occhi aperti di tutta la mia vita. E, se sono silenziosa, è perché non trovo il coraggio di guardarlo negli occhi.
Non so cosa fare, non so cosa dire. So solo che in questo momento non riesco a smettere di sorridere. E m’imbarazza sapere che lui è la ragione di tutto ciò.
“Già” annuisco, guardando il marciapiede. Purtroppo, è arrivato il momento di tornare a casa e di salutare Luke. Non voglio lasciargli la mano, non voglio che se ne vada via. Vorrei stare ancora in sua compagnia, almeno un po’.
Quando scorgo il portone di casa, sono costretta ad alzare lo sguardo. I miei occhi incontrano i suoi e subito il cuore inizia a battermi a mille. Come ho fatto a evitarli fino a qui? Come ho fatto a non stringerlo di nuovo vicino al mio corpo per baciarlo ancora?
“Ed eccoci qui” sussurra, mettendosi davanti ai miei occhi e, come prima, porta le sue braccia attorno alla mia vita. Deglutisco sentendo di non avere né saliva né la forza di parlare.
“Già, eccoci” sussurro e mi sento una stupida. Sto parlando a monosillabi. Che cavolo mi prende?!
“Sono stato davvero bene con te e…” si avvicina “Ho ancora voglia di zucchero filato” alle sue parole mi trovo a spalancare gli occhi. Cosa sta dicendo? Quando, però, le sue labbra incontrano le mie, capisco tutto. “Posso assaggiare?” “Hai ragione, è davvero buono” lo zucchero.  Ha usato lo zucchero come scusa. Sorrido sulle sue labbra e non posso crederci che Luke, il ragazzo che tutti descrivono come uno stronzo, sia così… romantico.
Le sue gambe mi spingono verso il muretto e, in un secondo, sono completamente spalmata sul suo corpo. Le sue mani sono attorno al mio viso e mi stringono forte, non mi lasciano andare. Vorrei sussurrargli che non c’è alcun bisogno che lui mi trattenga, perché non me ne vado. Non ora, non con lui al mio fianco.
Ci stacchiamo per un secondo e, guardandomi negli occhi, mi morde il labbro.
“Notte Paris” e tutto ciò che dice, staccandosi dalla mia presa. E incantata dai suoi movimenti, rimango immobile mentre si allontana sempre di più da me. “Resta” vorrei dirgli ma, non ci riesco. La mia testa mi sta insultando amaramente perché mi sto facendo trascinare dal mio cuore e come una stupida, sto cadendo fra le sue braccia.
“Dimmi che stai scherzando, Luke Hemmings?” e in un attimo, il mondo cade in pezzi. Tutta la felicità procurata in queste ore, svanisce in un solo istante. Calum, il mio Calum, è qui a pochi passi da me. Davanti al mio portone di casa.
“Calum… Cosa ci fai qui?” e tutto ciò che riesco a dire. E sento l’ansia occupare il posto della felicità, sento la paura scorrermi fra le vene.
“Ero venuto a sapere com’era andato il tuo appuntamento, ma ora come ora non mi importa più niente” il suo tono di voce è duro, e io capisco che Calum non è incazzato, ma di più.
“Aspetta… Fammi spiegare!” la mia mano afferra subito la sua quando cerca di allontanarsi da me. Non te ne andare Calum, ti prego.
“Cosa vuoi spiegarmi, Clover?  Da quando ci stai insieme? E il ragazzo misterioso? Era tutta una scusa. Dio, sono stato così stupido” alle sue parole sbianco. Cosa? No, no. Nessuna bugia.
“Noi… non stiamo insieme. È lui il ragazzo misterioso, Calum. Non volevo dirtelo perché avevo paura. Tu…”
“Luke Hemmings, Clover. È Luke Hemmings, come hai potuto uscire con lui? Non è la persona che tu credi. Lui ti sta solo usando.” Di nuovo. Ecco la famosa frase che tutti si ostinano a ripetere come un copione. Ed io sono stanca, sono stanca di ascoltare sempre le stesse parole.
“Non è vero. Lui è una persona fantastica, Calum.”
“La stessa persona che tu ritieni fantastica, è lo stesso ragazzo che ferisce tutti e, prima o poi, ferirà anche te” solo ora posso comprendere che Calum non è davvero arrabbiato per avergli nascosto tutto questo, Calum è arrabbiato di sapere che Luke è il ragazzo che ho scelto.
“No, non è così”
“Secondo te perché proprio tu, Clover? Ti sta solo usando, sa che sei mia amica e sta giocando con te per farmi un dispetto. Perché non riesci a capirlo?”  alle sue parole, il buon senso scoppia. Come può pensare una cosa del genere? Perché deve sempre pensare che in ogni cosa, ci sia lui di mezzo?
“Il mondo non gira tutto intorno a te, Calum” le parole scorrono come un fiume in piena. Non m’importa se sto difendendo Luke quando dovrei dare ragione al mio migliore amico, ma per una volta voglio dire tutto quello che penso.
“Cosa? Dio, sentiti. Ti ha per caso fatto il lavaggio del cervello?” e le sue parole fanno male. Mi fanno comprendere quanto poco ci tenga a me. Non si è nemmeno chiesto perché gli ho nascosto tutto questo, come mi sento e quanto Luke sia importante per me.
“Non capisci? Qui non c’entra niente Luke. Tu… Non ti sei nemmeno chiesto come mi sento. Perché l’ho fatto. E’ sempre così con te, Calum. E ora mi chiedo, si può davvero considerare questa un’amicizia?” i miei occhi sono lucidi, ma non voglio piangere in questo momento. La consapevolezza mi sta premendo dritto al cuore e non riesco a far niente.
“Cosa stai dicendo, Clover? Stiamo parlando di Luke non…”
“C’entra che è sempre stato così. In ogni cosa ci sei sempre tu davanti, Calum. Non t’importa niente,  non mi hai dato nemmeno il tempo di spiegarti. Per tutto questo tempo non ho fatto altro che vivere sottomessa dalle tue scelte, da te. E ora… ora che ho trovato una persona che sembra tenerci a me, tu… Non mi dai nemmeno l’occasione di parlare. Di farti capire come mi sento” e i suoi occhi stavolta non mi guardano più arrabbiati, ma sono consapevoli. Tristi di aver ricevuto la verità servita su un piatto di argento.
“Non è vero, Clover. Lo sai che non è così”
“Non ti sei nemmeno accorto che ero innamorata di te, accidenti! Ho passato un anno a sbavarti dietro e tu... A te non è mai importato sul serio.” E quando la verità è svelata, non mi pento di aver parlato. Calum spalanca gli occhi e questa volta non riesco a capire cosa ci sia. So solo che mi sento meglio e i suoi gesti non posso dare altra conferma alle mie parole.
“Cosa? Perché non me l’hai detto?”
“Come potevo? Speravo che capissi tu. Ma sai cosa? Ora non mi interessa più” e non oso guardarlo mentre mi volto dandogli le spalle.
“Ehi no, aspetta!” la sua mano afferra la mia. Mi volto verso di lui e cerco di allontanarmi. Voglio che questa conversazione termini ora. Non credo di trovare le parole giuste da dire e, se ora la situazione è critica, non voglio peggiorare le cose.
“Va a casa Calum, per favore” e lo sto supplicando. I miei occhi sono lucidi, e lui ne è consapevole. Forse è proprio questo che lo spinge a rallentare la presa e a lasciarmi andare.
E i miei occhi lo osservano un’ultima volta prima di entrare dentro casa. Questa volta, però, le lacrime non si fermano. Un pianto mette fine al mio dolore.

Spazio autrice!
Ehilà! Ed ecco il capitolo tanto attesso... da me lol Sono stanchissima, ieri sono stata sveglia fino all'una per scrivere e... Non so giudicare come sia AHAHAHAHA Nella mia testa, posso giurarvelo, era molto più bello. I Cloke si sono baciati! eheheh in realtà avevo in mente un'altra scena ma Alessia, la mia cara migliore amica Alessia, ha smontato tutti i piani dicendomi che la mia idea era brutta, perciò mi sono dovuta arrangiare con lo zucchero filato!
E poi... Calum! La litigata con Calum! Non so se riuscite a comprendere a pieno le parole di Clover. Spero di sì.
Ok, la smetto di scrivere perchè sono stanca morta e devo rispondere ancora alle recensioni e ai messaggi privati che mi avete inviato. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e... Vi prego di recensire!
Al prossimo capitolo!
-Sere
p.s. il titolo del capitolo è una canzone dei Foo Fighters, ascoltatela perchè è belllisssimaaa!

 

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Capitolo 10
*** Capitolo dieci -Move my way- ***



Capitolo dieci
-Move my way-

Ieri è stato facile non andare a scuola. Ho pianto così tanto che mia madre, vedendomi con gli occhi lucidi, ha creduto che avessi la febbre e, preoccupata, mi ha obbligato a restare a casa. Oggi, però, non ho potuto usare la stessa scusa. I miei occhi non erano più lucidi e il mio umore, per quanto possa sembrare strano, è tornato alla normalità. Ovviamente, per normalità, intendo che ho messo fine alle mie lacrime.
Non oso alzare lo sguardo. Sto camminando per il cortile della scuola e, sono più che sicura, che al muretto Calum starà fumando la prima sigaretta della mattinata insieme a Michael ed Ashton. Di solito, è lì che ci incontriamo.  E lì dove ci sgambiamo il buongiorno e dove ci informiamo dei piccoli programmi della giornata. So che quello è il mio posto, che dovrei andare lì a salutarli, ma sono così codarda da preferire entrare un quarto d’ora in anticipo al posto di affrontare le loro facce. Non voglio vedere le loro espressioni. So che mi guarderebbero come una cavia a cui hanno fatto del male e non voglio. Non voglio avere la compassione di nessuno.
Con questi pensieri, vado a occupare il banco all’ultimo posto. Non ho sentito nessuno in questi due giorni. Calum e Luke mi hanno inviato alcuni messaggi, ma io ho evitato di proposito di rispondergli. Sono così incazzata, così di pessimo umore, che non voglio vedere e sentire nessuno. So che sono in torto per aver nascosto ai ragazzi di Luke, e proprio per questo non vorrei essere qui in questo momento.
Purtroppo, però, questa è la lezione di matematica, perciò fra poco dovrò affrontare quegli occhi azzurri. Parleremo, magari lui accennerà al nostro bacio e, forse, mi bacerà ed io… io sarò di pessimo umore.
I miei film mentali non sono così tanto lontani dalla realtà. Quando Luke Hemmings varca la porta della classe, il mio cuore inizia a battere all’impazzata, ma la mia testa non vuole che dimostri ciò che lui è capace di farmi. Perciò, al suo sorriso, non posso che rimanere seria.
“Buongiorno” dice sedendosi al mio fianco. E in questo istante non posso che trovare la sua presenza irritante, perché lui è felice, mi sta sorridendo mentre io… Io sono tutt’altro che felice. Io non ho la forza di sorridere come lui, io vorrei solo andarmene via.
“Ciao” il mio saluto non potrebbe essere più freddo di così. E so che sto sbagliando. So che mi sto comportando male con Luke quando, tutta questa rabbia e indifferenza, dovrei conservarla per Calum, ma non riesco a fare altro.
I suoi occhi mi guardano seri e il sorriso a poco a poco svanisce. “Tutto ok?” mi chiede e capisco che questa volta la sua non è proprio una domanda, ma più una sorta di rassicurazione.
“Certo” gli rispondo in modo ironico. E non so perché mi stia comportando così, forse perché sono troppo incazzata, forse perché ho bisogno solo di attenzioni o, forse, perché sto cercando di non scoppiare un’altra volta in un pianto.
I suoi occhi ora non mi stanno più guardando come sempre. Ora mi guardando con quel filo di tristezza, con quel filo di compassione. Mi sta guardando con lo stesso sguardo che stamattina ho cercato di evitare da parte dei ragazzi. E questo, per quanto possa sembrare ridicolo, m’innervosisce ancora di più.
Se queste sono tutte conseguenze di una delusione, allora credo di star impazzire sul serio.
Quando il silenzio occupa le nostre parole, Luke capisce che qualcosa non va. La sua mano cerca di afferrare la mia, ma a quel contatto mi ritraggo. E non so perché lo stia facendo, so solo che in questo momento non mi sento dell’umore di essere coccolata o di avere un contatto con lui.
I miei occhi incrociano un attimo i suoi e quando vedo il suo sguardo deluso, mi sento morire dentro. Ho appena ferito Luke Hemmings e non so questo sia peggio della litigata con Calum.
E non trovo una ragione, ma per tutta la lezione cerco di evitare il suo sguardo. L’unica cosa che posso fare e perdermi nei miei pensieri guardando fuori dalla finestra.

Andare in mensa, non mi ha mai spaventata come ora. Di solito, per me è un momento di gioia. Avere qualche minuto di tranquillità, poter chiacchierare senza ricevere nessun’occhiata di rimprovero da parte dei professori, poter ridere e scherzare… Penso che sia davvero qualcosa di figo. Ma oggi…oggi è la cosa più odiosa che potesse succedermi. Vedere tutte quelle persone, sentire quanto loro siano felici, ascoltare le loro risate… Mi fa desiderare di passare la mia pausa pranzo all’interno di un gabinetto, così da non dover sopportare quest’agonia.
E con questi pensieri prendo un vassoio e sopra ci appoggio tutto ciò che sia ancora commestibile. Una mela e un pezzo di pizza. Non oso alzare lo sguardo perché non voglio che nessuno riesca a percepire quanto in questo momento sia davvero irritata.
Percorro lo stesso percorso abitudinale, ma quando sono ad un passo dal nostro tavolo, mi fermo. I ragazzi sono seduti insieme, stanno ridendo e Calum… Calum sembra felice. La sua risata è molto forte e anche se non sono vicinissima, riesco a sentirla. E un macigno sembra cadermi sul cuore nello stesso istante in cui i miei occhi incontrano i suoi. La sua risata si ferma sul momento ed io mi sento non solo osservata da lui, ma anche da Michael e Ashton. Mi sento come uno zimbello, ma soprattutto sto cercando di trattenere le lacrime. Non posso credere che… lui stia così bene. Io sto morendo nella mia stessa angoscia da due giorni, non faccio altro che pensare a lui, alla nostra amicizia e lui… lui ride.
Con tutta la forza che mi è rimasta, abbasso lo sguardo e inizio a camminare. E stavolta non mi fermo al suo fianco, ma lo supero.
C’è un tavolo vuoto che aspetta solo me. E non m’importa se sembrerò ridicola lì, seduta da sola come una perfetta sfigata, non mi importa sul serio. Preferisco starmene da sola che è con qualcuno a cui non sembra mancare la mia presenza.
Sospiro, una volta seduta, e guardo il cibo nel mio piatto. Con un dito tocco il pezzo di pizza per poi fare una smorfia. Non ho più fame ora.
“Ashton, non credi che sia da sfigati mangiare da soli in mensa?”
“Oh certo, soprattutto quando hai tuoi amici ad un passo di distanza” le voci di Michael e di Ashton, mi fanno sollevare lo sguardo dal cibo. Sono seduti nel mio tavolo ora e non sono arrabbiati. Mi stanno sorridendo e capisco che le loro parole non state pronunciate con cattiveria, ma solo in modo ironico.
“Che ci fate voi qui?” domando sorpresa. E lo sono sul serio.
“Mangiamo come tutte le persone normali?” chiede Michael indicando il suo vassoio. E, per quanto vorrei ridere in questo momento, scuoto la testa. No, Michael, non mi riferivo a questo.
“Sapete cosa intendo.” Chiarisco e loro, colpiti sul vivo, si guardando per poi deglutire.
“Sei nostra amica, Clover. Non prendiamo le parti di nessuno e, anche se hai litigato con Calum, le cose fra noi non cambiano” gli occhi di Ashton sono seri in questo momento. Le sue parole mi fanno rabbrividire perché non mi aspettavo tutto ciò.
“Ma… Vi ho nascosto di Luke e… “ non riesco a finire di parlare.
“E con questo? Clover, è la tua vita e puoi fare quello che vuoi. Certo, non posso negare che avresti potuto dircelo, ma è qualcosa a cui posso sopravvivere. Giusto?” le parole di Michael mi fanno sorridere e, ora, stando con loro mi sento meglio.
“Giusto” afferma Ashton sorridendo, e battendo il cinque con Michael. Sorrido e per un secondo mi volto a guardare Calum. Sta volta e lui che mangia da solo, stavolta è lui che non ride. Sta volta è lui a sentirsi me.
“Vorrei… Vorrei solo che anche lui la pensasse così.” Affermo ritornando a guardare i ragazzi e loro sembrano capire le mie parole.
“Fidati, la pensa anche lui così. È solo geloso e molto apprensivo.” Mi risponde Michael.
“Certo che, anche tu, gli hai tirato un bel pacco sorpresa” alle parole di Ashton, sbianco. Cosa? Gliel’ha detto?
“Ve ne ha parlato?” e in questo momento non riesco a capire se sia più incazzata o più imbarazzata. Non doveva dirgli della mia cotta, accidenti!
“Ashton, dovevi tenere la bocca chiusa!”
“Cos… Oh, nessuno mi ha detto che era un segreto!” Michael e Ashton sembrano iniziare una discussione, ma Michael cerca di tenere tutto sotto controllo.
“Non ti arrabbiare con lui, aveva bisogno di confidarsi e… Noi siamo anche suoi amici” ed io non riesco a stare calma perché, cavolo, avrei tanto voluto che questo segreto rimanesse ancora tale.
“Come potrei?” e la mia domanda è ironica. Vorrei aggiungere “Come potrei essere più incazzata di così?” ma non lo faccio, so che sarei patetica.
“Sta male anche lui, Clover. Non sei l’unica” e la risposta di Michael non fa altro che peggiorare la situazione. Gli occhi ritornano a diventare lucidi e le mani a tremarmi.
“Certo” e tutto ciò che rispondo. E non so perché, ma non riesco a credere alle sue parole. Perché ciò che Calum mi ha dimostrato l’altra sera, mi ha fatto capire quanto io mi sia messa in gioco in questa amicizia. Quanto io abbia messo tutta me stessa accettando le conseguenze mentre lui… Lui mi ha sempre fatto credere in qualcosa che forse non c’è mai stato.
E con questi pensieri, mi alzo dalla mia sedia e prendo il mio vassoio. “Andate da lui, non voglio che stia da solo.” e sono sincera “Ci vediamo in giro” e vedo i loro occhi guardarmi spaesati, ma non gli do il tempo di rispondere. Come se avessi appena ricevuto l’umiliazione più grande del modo, mi affretto a buttare nel cestino il mio pranzo intatto e, prima che le mie lacrime possano essere notate da tutti, corro verso l’uscita della mensa. E non mi accorgo di niente, nemmeno delle persone cui ho spinto per la fretta. Tutto ciò che ho bisogno, adesso, è di starmene da sola.

In questo momento, il teatro della scuola è davvero bello. Forse perché sono l’unica a essere seduta sul palco.
Non so, ma mi piace stare così. Seduta da sola nel silenzio, senza che nessuno possa vedermi.
Solo ora mi accorgo di quanto possa sembrare ridicola, e questo mi fa ancora di più cadere nell’oblio. Vorrei essere tanto stronza da non essere qui in questo momento. Da fregarmene di ciò che è successo, e magari cercare di affrontare la situazione con maturità. Ma non sento di farcela, credo di… Non esserne in grado.
Il cigolio della porta, mi fa sollevare lo sguardo. E i miei occhi sono terrorizzati in questo momento perché non potrei essere qui. La luce non mi fa vedere appieno chi è appena entrato, ma basta socchiudere gli occhi che la figura di Luke diventa più chiara. Mi sta guardando e, pur essendo lontano, mi asciugo di fretta le guance così da cancellare ogni traccia del pianto avvenuto poco fa.
Sembra indeciso su cosa fare, ma poi si avvicina. Ci mette poco ad arrivare davanti al palco e, una volta che mi è vicino, appoggia le sue braccia e il suo volto su margine così da potermi osservare. Ci guardiamo e nessuno sa cosa dire.
“Mi dispiace” e le sue parole mi sconvolgono. Perché gli dispiace? Ha saputo anche lui della discussione?
“Cosa?” e ciò che riesco a dire.
E, come ogni volta, si tocca il naso e poi i capelli, facendomi comprendere quanto sia agitato.
“Sì, insomma. Io faccio schifo con le ragazze, non so mai come comportarmi. Non volevo rovinare tutto. Desideravo così tanto baciarti e… Non so, ho pensato che lo volessi anche tu. Mi dispiace se ho fatto qualcosa che tu non volevi.” Alle sue parole non posso essere sbalordita. Ma di cosa sta parlando?  Crede che… crede che io stia così a causa sua? Oh no…
“Cosa? No, no… Non devi scusarti, Luke. Lo volevo anche io quel bacio” affermo e sento l’imbarazzo incominciare a farsi spazio dentro di me.
“E allora cosa c’è che non va?” mi chiede e i suoi occhi sonno preoccupati.
“Ho… Ho litigato con Calum. L’atro ieri ci ha visto fuori casa mia.” Affermo e lui deglutisce.
“Oh” e tutto ciò che dice. Si allontana dal palco e, salendo gli scalini, si siede al mio fianco.
“Immagino che la ragione del vostro litigio sia io.” Pronuncia e, quando io alzo lo sguardo, lui abbassa il suo.
“Non proprio.” Affermo e questa volta ho proprio bisogno di un suo abbraccio. Ma non glielo dico. So che ho ferito anche lui. Non avrei dovuto comportarmi così stamattina…
“Forse, tu sei solo riuscito a farmi aprire gli occhi, in un certo senso…” riprendo a parlare e lui solleva lo sguardo guardandomi stupito. “In che senso?” successivamente domanda.
Mi trovo a sospirare. Sono pronta ad aprirmi con lui? Infondo glielo devo.
“Ho paura che… la mia amicizia con Calum non era poi così vera” lui rimane in silenzio ed io mi trovo a osservare la sua mano. Vorrei stringerla adesso.
“Non devi pensarlo, ok? Calum è il tuo migliore amico… A volte capita di litigare ma, sono più che sicuro che lui ci tenga moltissimo a te.”
“Come fai a dirlo?” chiedo e lo guardo sconsolata. Ride “Sta mattina ci siamo intravisti in corridoio e… mi ha fulminato per tutto il tempo. Sono sicuro che la ragione sia tu” e alle sue parole sorrido.
“Tu dici?” “Ne sono convinto” restiamo in silenzio per qualche secondo.
“E se fosse così, invece? Io… sarei sola. Ashton e Michael tengono molto di più lui e…”
“Non saresti sola, Clover. Per quanto possa essere insopportabile, ci sarei io per te” le sue parole mi fanno sorride. Gli occhi sono di nuovo lucidi ma non posso comprendere il perché. Forse è solo un altro degli ennesimi sfoghi oppure… è solo la delusione a farmi parlare.
“Mi dispiace, Luke” stavolta mi scuso io. Lui non sembra capire. “Per sta mattina. Sono stata una stronza con te e…”
“Ehi, tranquilla. Non importa” e le sue parole, dette con un sorriso, mi rassicurano. E stavolta, sono io ad avvicinarmi. Sono io a mettermi fra le sue gambe e a richiedere un abbraccio che viene ricambiato. Mi stringe forte a sé, ed io non posso che sentirmi bene fra le sue braccia. E ora capisco, capisco di aver trovato una amico perfetto.
Ci stacchiamo e subito, la mia mano va a stringere la sua. E lui sorride, sorride vedendo quanto io abbia bisogno di questo contatto.
“Comunque non è vero che fai schifo con le ragazze” affermo e, ancora circondata dalle sue gambe e dalle sue braccia, arrossisce nascondendo il volto nell’incavo del mio collo.
“Oh credimi, lo sono...” rido alle sue parole. Vorrei sapere perché si sottovaluta così tanto. Con me… è sempre stato dolcissimo.
“Perché hai pensato che fosse il tuo bacio la ragione del mio male umore?” chiedo.
Lui non osa guardarmi, evita il mio sguardo.
“Non so e che… Non hai voluto che ti toccassi e ho pensato… Sì, insomma che forse  ti davano fastidio le mie attenzioni. È un ragionamento stupido, lo so” e riesco a vedere il suo sorriso timido. E sorrido perché nessuno si è mai preoccupato di questo con me. Mai.
Annuisco e continuo a giocare con la sua mano.
“Davvero desideravi baciarmi così tanto?” chiedo quando le sue parole si fanno vive nella mia mente. Voglio giocare con lui, voglio il suo affetto, perché ora ne sento il bisogno. Perché stare con lui mi fa stare bene, mi fa dimenticare per un attimo di Calum. E per me, va bene così.
I suoi occhi mi fissano per un momento e capiscono appieno il mio gioco. Annuisce soltanto e, vederlo così vicino e così felice, mi fa desiderare di baciarlo di nuovo.
“Lo desidero anch’io… ora” dico e suoi occhi mi stanno sorridendo. Le mie labbra si avvicinano alle sue e, come due giorni fa, basta poco per dare inizio a un nuovo bacio. 

Spazio autrice!
Ehilààà! Eccomi con un nuovo capitolo! Scusate se non ho aggiornato in questi giorni, ma non avevo per niente voglia di scrivere! E poi, siccome tutte le mie amiche sono in vacanza, ho passato questi due giorni ad agonizzare a causa della noia sul mio letto. Almeno, però, ho visto qualche video sui 5sos e ho scoperto cose nuove lol ( per chi non lo sapesse, io non sono una vera e propria "fan". Mi piacciono molto come gruppo musicale, so tutte le loro canzoni ma  so pochissimo su di loro lol) 
Comunque, tralasciando, spero che il capitolo vi piaccia. Diciamo che è un po' un capitolo di pasaggio ma è importante perchè la nostra Clover incomincia a farsi conoscere di più.
Ringrazio tantissimo chi ha recensito, come sempre, mi rendete davvero Happy! c: E ringrazio anche chi ha aggiunto la storia nelle preferite/ricordate/seguite. 
Questa settimana mi sa che non aggiornerò tutti i giorni e mi dispiace, perchè venerdì parto e... D: 
Ah vbb, non ci voglio pensare. Vi chiedo di recensire per favore, perchè per me i vostri pensieri sono importantissimi!
Detto tutto, scappo!
Ciaooo!

P.s. so che ve l'avevo già detto, ma dovrei fare una twitticam, se siete interessati a sapere qualcosa di questa storia o soltanto vi interessa vedermi (?), ditemelo perchè così vi avviso (: 

 

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Capitolo 11
*** Capitolo undici -I miss you- ***


Capitolo undici
-I miss you-

“E’ perfetto!” affermo quando Emily finisce di leggere. Quest’ultima, si tocca i capelli imbarazzata.
“Sei sicura? Insomma le parti che avete scritto tu e Luke sono davvero grandiose, mentre la mia…” non finisce di parlare, ma comprendo appieno quello che vuole dire.
Siamo nella biblioteca della scuola, fra poco dovrebbe iniziare il corso ma, prima di entrare in classe, Emily ed io ci siamo riunite per dare un ultimo controllo al nostro compito.
“Non dire stupidaggini, anche ciò che hai scritto te è grandioso!” le rispondo e non riesco a capire tutta quest’insicurezza. Dal giorno in cui Emily ha accettato di lavorare con noi è passata una settimana e, in questo breve periodo, ho scoperto alcune sue caratteristiche. È una ragazza davvero in gamba, peccato che abbia più paranoie di me.
“Lo pensi sul serio?” mi chiede e annuisco. “Certo, perché dovrei mentirti?” chiedo e lei fa spallucce. Sorridendo le do una piccola gomitata. “Andiamo, sta per iniziare la lezione” le dico e prendendo le nostre cose, ci dirigiamo in classe.

“Quindi, da quand’è che vi conoscete tu e Luke?” una volta sedute ai nostri posti, Emily mi porge questa domanda. Deglutisco girandomi preoccupata verso di lei. Forse ha notato il mio sguardo fisso sulla figura di Hemmings. È stato inevitabile, ma appena ho varcato la sogliola dell’entrata, i miei occhi hanno subito voluto cercare i suoi.
“Oh ehm… Da quasi un mese anche se l’ho conosciuto prima che iniziassimo la scuola.” spiego voltandomi verso di lei, poi, ritorno a guardare Luke. Non ho voglia di chiarirle tutta la faccenda, perciò lascio cadere lì il discorso. In questo istante, sono troppo occupata a fissare un ragazzo biondo. È da ieri mattina che non lo vedo e sento il bisogno di abbracciarlo, di toccarlo. Peccato che, però, lui sia impegnato. Sta parlando con una ragazza e, non so per quale minima ragione, vederlo in sua compagnia m’irrita parecchio.
“Oh capisco. Sai, siete proprio una bella coppia!” mi dice qualche minuto dopo. Rimanendo ancora con lo sguardo fisso su di Luke annuisco. “Gra…” appena, però, formulo per bene le sue parole, mi giro di colpo verso di lei.
“Oh, no. Io e Luke… non stiamo insieme!” affretto a chiarire mentre sento il cuore battermi a mille. Non so, ma in questo momento sto morendo dalla vergogna. Parlare di certe cose con gli altri… Forse, non sono ancora abituata a questi discorsi.
“Oh certo” Emily ride alla mia risposta e io non riesco a capire perché. Cos’ho detto di così tanto divertente? “Ho visto come vi guardate, come ti abbraccia… E poi? Vogliamo parlare di quello che ho quasi interrotto l’altro giorno? Ho conosciuto tante persone e, sono più che sicura, che gli “amici” non si diano determinate attenzioni” mi chiarisce e io mi trovo a deglutire. Beh, Emily ha ragione, ma quello che c’è con Luke… Non so nemmeno io come definirlo. Dopo quel bacio nel teatro della scuola, non ci siamo più baciati. Insomma, lui non si è più avvicinato in quel modo. Abbiamo passato del tempo insieme e, mai come nessuno, questa settimana è riuscito a non farmi sentire da sola. Ci sono stati degli abbracci, certo, e molte volte ha afferrato la mia mano, ma niente di più. E questo, in un certo senso, mi ha lasciato ancora di più stupita.
Sospiro riportando di nuovo lo sguardo su di Luke. Sta ancora parlando con quella ragazza bionda e non so davvero cosa pensare. Che Calum avesse ragione? Insomma, forse… Forse mi ha soltanto usato? Ha cercato di farmi litigare con lui? No, non è questo. Eppure… Perché cavolo è in compagnia di quella ragazza e non è qui con me?!
“E poi… Se fosse solo un tuo amico, ora non lo guarderesti così” dice Emily avvicinandosi al mio orecchio e ridendo. Di nuovo, porto lo sguardo su di lei.
“In che modo lo starei guardando?” chiedo e sono curiosa.
“Come se ti piacesse. Come se fossi gelosa di quella ragazza!” mi chiarisce e io sbianco. Cosa? Oh no, no. Luke… Luke non mi piace! Siamo solo amici. Amici che si scambiano determinati segni d’affetto. E poi… non sono gelosa. Ok, sì, vederlo in compagnia di quella ragazza mi da fastidio, ma solo perché…. Cavolo lei è così bella ed io non lo sono. E poi… Luke la sta guardando proprio nello stesso modo in cui guarda me. E non voglio.
“Io non sono gelosa!” solo dopo aver parlato, mi accorgo del mio tono. Ho quasi urlato e spero proprio che nessuno mi abbia sentito. Emily ride ed io inizio a odiare la sua risata. Che cosa sta cercando di fare?
“Certo.” Mi risponde ed io sbuffo.
“E’ vero, Emily!”
“Io posso anche crederti, ma tu? Tu credi alle tue parole?” la sua domanda mi lascia senza parole. “Sta arrivando Luke” mi avvisa e non ho il tempo né di risponderle né di pensare. Due braccia mi circondando le spalle e questa volta non ho bisogno di capire chi è, il sorriso di Emily conferma ogni mio dubbio.
“ehi” mi sussurra Luke a un orecchio per poi lasciarmi un bacio sulla guancia. Non ho neanche il tempo di arrossire perché sono così persa nei miei pensieri che non riesco a formulare un discorso coerente.
Luke si siede al mio fianco e inizia a parlare con Emily. Che cosa voleva dire Emily con quelle parole? Io credo alle mie parole. Pensa… pensa che io stia mentendo?
“Chi era quella ragazza con cui stavi parlando?” mi avvicino a Luke quando tra i pensieri, questa domanda insistente sembra avere un ruolo da protagonista.
I suoi occhi mi guardano in un modo strano, ma non riesco a capirne il senso. “Una ragazza che ho conosciuto oggi. Mi ha chiesto alcune cose sul compito” alle sue parole annuisco.

“Sicura che vada tutto bene?” mi domanda Luke mentre continua a stringere la mia mano nella sua. Mi sveglio dai miei pensieri e annuisco voltandomi verso di lui. “Sì, tutto bene” dico, anche se non è proprio la verità. Ho passato tutto il tempo della lezione a pensare a ciò che Emily ha cercato di dirmi. Avrei voluto andarmene subito a casa magari per dormire un po’, così da non dover pensare ancora, ma invece eccomi qui. Qui a camminare senza una meta con Luke Hemmings. All’uscita mi ha quasi implorato di passare del tempo con lui che non ho potuto rifiutare.
“Sembri… pensierosa” ancora una volta, mi trovo ad annuire.
“Già, non riesco a smettere di pensare” affermo e solo ora mi accorgo di aver parlato ad alta voce. Vorrei avere qualcuno con cui parlare in questo momento. Per chiarire i miei dubbi, ma non credo che Luke sia la persona giusta. Infondo… E’ di lui che ho innumerevoli dubbi.
“C’è qualcosa che non va?” la sua domanda mi fa sospirare. Dovrei essere onesta con lui? Infondo in questa sorta di paranoie, ci sono di mezzo anch’io. Richiedo sapere cosa siamo, cosa vuole lui da me e se quei baci hanno importato davvero qualcosa per lui.
“In realtà sì” dico e mi fermo tirandolo leggermente verso di me, così che arresti la sua camminata. I suoi occhi mi stanno guardando calmi, ma capisco che sono in attesa. Vogliono una spiegazione.
“Io mi stavo chiedendo…” sposto lo sguardo dal suo per cercare le parole da dire. “Noi cosa…” ma proprio mentre i miei occhi si allontanano sempre di più dai suoi, riesco a capire dove siamo. La casa che ho difronte, il suono di alcuni strumenti… Sul mio volto nasce un’espressione sconvolta.
“Che ci facciamo davanti casa di Michael?” chiedo quando sono più certa che  quella che ho davanti è la dimora dei Clifford. Luke, per un secondo impreca e schiva il mio sguardo.
“Speravo non te ne accorgessi” lo sento sussurrare e la mia espressione non può che andare a peggiorare.
“Che cosa sta a intendere “Speravo che non  te ne accorgessi”?” chiedo e ho come l’impressione che sappia qualcosa che io non so. E questo m’irrita parecchio.
“Stavi dicendo? Noi cosa…?” il suo modo di schivare la mia domanda e di cambiare argomento mi fa ridere, ma non è una risata felice. E’ più una risata che cerca delle risposte. Una risata nervosa.
“Luke” lo ammonisco e lui sbuffa, forse perché ha capito che non sono così stupida da farmi abbindolare da certe moine.
“E’ da una settimana che non parli con i tuoi amici, Clover” la sua risposta mi stordisce ancora di più. Lo so benissimo, perché ora sembra quasi che me lo stia rinfacciando?
“E allora?” chiedo e il mio tono non è più tranquillo.
“Clover non puoi comportarti così ancora per molto tempo… Insomma sono i tuoi amici. Ci devi parlare. Devi chiarire con Calum.” Non ho più voglia di ascoltarlo. So che ha ragione, ma ammetterlo mi crea un dolore al petto.
Questa settimana senza i miei amici è stata… devastante. Luke ha cercato in tutti modi di farmi stare bene, ma la loro mancanza l’ho sentita lo stesso. A mensa ho abbandonato il solito posto di fianco al mio migliore amico per un misero tavolo nascosto. Qualche volta a farmi compagnia c’è stato Luke, certo, ma è proprio in quel tratto della giornata che avevo bisogno  più dei miei migliori amici. Vederli insieme, senza di me… Ha fatto male.
“Perché dovrei chiarire con qualcuno che a me non ci tiene?” questa domanda, però, e ciò che mi ha fatto rimanere sulla mia strada. Calum sembra così felice. Non si è avvicinato nemmeno per chiedermi qualcosa, per scusarsi… So che sono stata io in primis a evitare i suoi messaggi, ad allontanarmi… Ma avrei voluto una sua minima reazione.
“So che non dovrei dirtelo” Luke inizia a parlare. “Ma è stato Michael a chiedermi di portarti qui.” Alla sua dichiarazione, i miei occhi si spalancano. “Cosa?” chiedo per avere una conferma.
“Perché non mi hai detto niente?” mi stupisco di tutto ciò. E non solo perché non mi abbia detto niente, ma perché… Cavolo, davvero Mike ha parlato con Luke? Infondo lui lo odia. Non mi aspettavo che arrivassero a tanto!
“Perché sapevo che se te l’avessi detto, avresti rifiutato subito di venire qui” mi chiarisce e io annuisco. Anche se ora vorrei avercela con lui, non ci riesco. Ha fatto una cosa carina, per me e… So, che se fosse stato nei panni di qualcun altro, avrebbe rifiutato.
Rimaniamo per qualche secondo in silenzio ed io mi perdo nei miei pensieri. Non sono per niente pronta ad affrontare la realtà, eppure credo che sia arrivato il momento.
“Allora? Che si fa?” mi chiede Luke e io faccio spallucce. “Mi accompagni a casa?” dico trattenendo un sorriso, sperando che capisca che non sto dicendo sul serio. Sto solo sperando che mi conforti.
“Scordatelo Paris” ride ed io sorrido. Ora vorrei tanto che mi abbracciasse.
“Ok, ho capito” affermo allontanando la mia mano dalla sua. “Mi faccio coraggio ed entro” lui mi sorride.
Mi volto per entrare, ma prima di suonare al campanello mi giro verso di lui. “Non andartene via, dobbiamo parlare dopo” e con queste parole entro dentro casa Clifford.

Appena varco la porta del Garage, riesco a vedere i ragazzi ridere mentre suonano i loro strumenti. Ad aprirmi è stata la madre di Michael e ora riesco a capire perché. C’è così tanto casino in questa stanza che dubito riescano a sentirsi anche fra di loro.
“Ehi” e tutto ciò che riesco a dire, o meglio urlare. I ragazzi di colpo, si girano verso di me e per un attimo i loro sorrisi diventano seri. E in quella frazione di tempo mi trovo a desiderare di essere in qualsiasi parte tranne che qui.
“Ehi, sei venuta!” il primo a spezzare questo silenzio imbarazzante è Mike. Appoggia la sua chitarra per terra e si affretta ad avvicinarsi. Non oso spostare lo sguardo da lui, ma sento che gli occhi di Calum sono fissi su di me. Anche Ashton mi sta guardando, con un sorriso per l’aggiunta, ma gli occhi del mio migliore amico sono più insistenti. Ed io ho quasi paura di guardarlo.
“Già, è stato Luke a portarmi qui” affermo.
“Luke?” chiede Ashton ed è sorpreso. “Sì, a quanto pare si è messo d’accordo con Michael” dico e subito lo fisso negli occhi, per far intendere quanto abbia apprezzato ma allo stesso tempo odiato questa mossa. Mike mi sorride, quel sorriso furbo che usa quando vuole farsi scusare.
“Ashton, che ne dici di andare sopra? Sto morendo di fame” so benissimo che non ha fame, ma va bene così. Se andranno di sopra, io e Calum avremmo più tempo per… chiarire?
Ashton annuisce e in una questione di pochi secondi, sono già saliti al piano di sopra. Abbasso lo sguardo e mi sento dannatamente in imbarazzo. Che cosa dovrei fare ora? Che cosa dovrei dire? E poi… Perché cavolo mi sta fissando?
Stanca di stare in piedi come una stupida, vado a sedermi nel divanetto. In questo momento ho Calum a pochi centimetri di distanza. Lo sento sospirare e , appoggiando il basso nella propria custodia, si avvicina. Non si siede al mio fianco ma si accovaccia davanti alle mie gambe, così che il mio volto sia molto più vicino al suo. Così che i nostri occhi si possano guardare.
Ed è inevitabile che i nostri occhi si scontrino. Le mie mani iniziano a tremare.
“Quello che hai detto l’altro giorno… Clover, non è assolutamente vero.” Appena sento la sua voce, il cuore inizia a battermi forte. È così strano ascoltare la sua voce dopo così tanto tempo…
“Io ci tengo sul serio a te. Forse sei la persona a cui ho dato tutto senza mai pretendere niente.” Vorrei non credere alle sue parole. “Ok, forse a volte non ti ho considerata abbastanza, forse non sono un amico perfetto… Non lo so, ok? Sono umano e come tutti, posso sbagliare anch’io. Ma credimi, credimi quando dico che io a te ci tengo sul serio.” Non ho il coraggio di guardarlo in questo momento. Ho un macigno sul petto che non mi permette di respirare. Vorrei piangere e, per quanto possa sembrare stupido, vorrei anche un abbraccio di Luke.
“Vorrei crederti ma… non sei stato per niente male. Io ti ho visto… Con i ragazzi, sorridevi… ridevi…” le parole mi escono a stento e non riesco a formulare un discorso abbastanza concreto.
“Sorridevo, certo, ma dentro stavo una merda. Sai che non mi piace che gli altri sappiano quanto sia vulnerabile. Quando ero in loro compagnia, sono riuscito a far passare via tutta questa merda, ma poi… Poi quando ero da solo, mi sentivo un emerito cretino. E tu non rispondevi ai miei messaggi.” La sua frase sembra un po’ un’accusa ma capisco che sta cercando di alleviare questa situazione. Non è da noi parlare così, non è da noi litigare.
“Mi dispiace Clover, sul serio. Per tutto.” E questa volta la sua mano tocca il mio volto. I miei occhi si scontrano con i suoi. “Ci sono rimasto male per il fatto che tu non mi abbia detto di Luke e sono stato uno stupido a non ascoltarti. Forse Luke non è la persona che penso, è vero, ma io… Io ho paura che ti possa ferire. E poi… ciò che mi hai detto… Sono stato ancora più stupido. Avrei dovuto accorgermene.” E quando le sue parole hanno una fine, i nostri occhi continuano a guardarsi. E basta un suo sorriso triste a far cedere ogni mio muro. Con uno scatto veloce l’abbraccio e alcune lacrime sembrano bagnarmi il viso.
“Dispiace anche a me” e tutto ciò che riesco a dire.

“Perciò… tu e Luke…”rannicchiata fra le braccia di Calum, mi ritrovo a sollevare lo sguardo. È da circa un quarto d’ora che siamo seduti in questa posizione insolita, ma nessuno dei due sembra realmente interessato a staccarsi. Credo di aver chiarito. Sì, insomma, Calum mi ha fatto capire al meglio ciò che pensa ed io non ho potuto fare altro che crederci. E spero vivamente di aver fatto la cosa giusta.
“Luke ed Io cosa?” chiedo iniziando a giocare con la collana che porta al collo.
“State insieme?” alla sua domanda, mi trovo a sbuffare e alzo gli occhi al soffitto.
“No, ti prego. Mi basta già Emily con le sue teorie da cupido, non metterci anche tu.” Detto ciò, l’espressione di Calum diventa spaesata.
“Non stiamo insieme” cerco di chiarire ma la sua espressione non cambia.
“Emily? Quella Emily?” tutto diventa più chiaro. Alle sue parole sorrido. Oh è vero…
“Già. Siamo amiche… E’ una brava ragazza, Calum.” Lo ammonisco e lui sorride.  Credo che sia contento per ciò che ho fatto.
“Con questo sta a significare che me la presenti lo stesso, vero?” alla sua domanda rido. Sono sollevata ad aver di nuovo questo rapporto con lui. I suoi modi di fare, le sue minime attenzioni… Mi sono mancate davvero tanto.
Annuisco e il mio sguardo si sofferma sull’orologio fisso al muro. È da mezz’ora che sono chiusa qui dentro e fuori c’è Luke che mi aspetta, devo assolutamente andare.
Sospirando mi allontano dalla sua presa e mi alzo in piedi. Calum mi sta guardando in cerca di un perché.
“C’è Luke che mi aspetta” la mia risposta non sembra piacergli molto. Sbuffa e si alza anche lui.
“Quindi… Ora dovrò abituarmi alla sua presenza?” mi chiede e io sorrido. “Magari” rispondo e prendendo la mia borsa, mi avvio verso la porta.
“Ehi” mi richiama. “Aspetta” e come non detto, i miei piedi non abbandonano il pavimento.
“Per quanto riguarda a quello che mi hai detto…” deglutisco capendo perfettamente a cosa si sta riferendo, perciò fermo ogni sua parola.
“E’ acqua passata, Cal. Non so nemmeno perché te l’ho detto.” Mi sento davvero in imbarazzo in questo momento. Lui annuisce e questo mi tranquillizza.

“Allora… Com’è andata?” quando esco dalla porta di casa Clifford, quasi urlo per la paura. Luke è a un soffio di distanza dal mio viso e… è inquietante!
“Luke, dio! Sei per caso impazzito?” gli urlo contro spaventata. Lui ride e subito mi tranquillizzo.
“Scusa… Allora?” mi chiede e vedo che è preoccupato tanto quanto lo ero io.
“E’… andata bene” affermo e subito, dopo aver parlato, mi avvicino per stringerlo in un abbraccio. Lui sembra sorpreso, ma appena sprofondo nel suo profumo, mi stringe di più a sé.
“Giuro, era da stamattina che volevo abbracciarti” gli sussurro ad un orecchio. E lui sembra apprezzare la mia frase perché ride, ride di cuore.  “Sul serio?” chiede staccandosi quel poco per vedermi in faccia. Annuisco. “Sì, ne avevo bisogno” la mia risposta lo fa sorridere. E rimaniamo così, a fissarci. Ed io non riesco a non guardare le sue labbra. Sono così… Attraenti. Riporto lo sguardo nei suoi occhi e sono felici, mi stanno guardando con quel pizzico di malizia. Riesco a capire che, forse, ha notato il mio sguardo insistente.
Bastano pochi gesti, e le sue labbra sono ancora una volta sono sulle mie. Dopo indeterminati giorni, sento di nuovo quel contatto di cui avevo bisogno. La sua lingua si fa spazio e da lì a poco inizia un vero è proprio bacio. Le mie mani vanno a cercare i suoi capelli pe stringerli, per toccarli. Lui sembra apprezzare questo mio gesto e, delicatamente, mi spinge verso il muretto che ho alle mie spalle. E in questo momento non riesco a ragionare, non riesco a far nulla, perché il mio corpo è dipendente dal suo.
“Giuro, era da giorni che volevo baciarti” quando si stacca dalle mie labbra per poi nascondere il viso nell’incavo del mio collo, sussurra queste parole. Ed io non posso non ridere, perché ha ripetuto la mia stessa frase. Come un gioco, ogni volta ci divertiamo a usare le parole dell’altro per aprirci.
“Sul serio?” chiedo e credo di essere davvero curiosa. Il suo volto si sposta dal mio collo e, lasciandomi un bacio a stampo, annuisce. E mi sento bene, perché questo sta a significare che mi ha pensato. Che mi ha desiderato. E nessuno mi ha voluto, nessuno avuto questo desiderio nei miei confronti. E tutte queste emozioni si manifestano con un sorriso.
“Allora, di cosa dovevi parlarmi?” la sua domanda, però, mi fa ricordare di tutti quei dubbi. Mi chiedo se in questo momento vale davvero la pena parlarne, e trovo una risposta.
“Niente d’importante” rispondo e subito riprendo a giocare con le sue labbra. 

Spazio  autrice!
Ehilààà ragazzze! Scusate se aggiorno solo oggi, ma questa settimana non ho avuto un minuto libero e poi questo capitolo... è stato un parto! A parte che era lunghissimo e ho divuto modificarlo perchè sennò non riuscivo più a finirlo.  A me non piace molto, anche perchè mi ero immaginata le cose diveramente, ma per scriverlo in tempo ho dovuto adattarmi un po'. Purtroppo questo è un capitolo di passsaggio e fra Luke e Clover non succede molto, ma nel prossimo cercherò di rifarmi (: Come vi avevo detto, questo sarà l'ultimo aggiornamento per un po' di tempo. Stasera parto e non ho proprio idea quando tornerò e quando avrò tempo di scrivere. Spero che per questo non abbandionate la storia perchè ovviamente, appena torno aggiorno! Ringrazio chi ha recensito lo scorso capitolo! Fatemi sapere cosa ne pensate di questa schifezza!
Ah, se in settimana mi vedete aggiornare è solo per informarmi della mia twittcam! Spero che qualcuno sia interessato! ahahahah 
vabbè addio ragazzuole, se volete seguirmi su twitter sono @freeyourmind_x 
Zau

 

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Capitolo 12
*** Capitolo dodici -Gotta be somebody- ***



Capitolo dodici
-Gotta be somebody-

“Dio mio, sta ancora piovendo!” esclamo quando, uscendo all’esterno dell’edificio, osservo tante piccole gocce bagnare il marciapiede.
“In questi giorni non sembra fare altro!” dice al mio fianco Calum, passandosi una mano fra i capelli. Annuisco sbuffando. L’autunno inizia a farsi sentire proprio quando io non ho un ombrello!
“Devo percorrere tutta quella strada a piedi sotto l’acqua. Dici che muoio congelata?” chiedo preoccupata ma senza nascondere il mio velo ironico. Calum ride per poi appoggiare un braccio sulla mia spalla.
“No, Clover. Non morirai” le sue parole fanno ridere anche me.
Sono passati un po’ di giorni dalla nostra riconciliazione e le cose sembrano andare davvero bene. E, come non mai, mi trovo ad amare questi piccoli momenti con lui.
“Hai un ombrello?” chiedo sperando che sia lui la mia salvezza. “No, sarò costretto anch’io a bagnarmi” mi risponde e alle sue parole impreco. Accidenti! Possibile che sia così sfigata? Insomma!
“Credo che il tuo ragazzo stia venendo qui” quando dopo qualche secondo di silenzio, occupato solo dalle mie imprecazioni, Calum mi riferisce questa notizia, spalanco gli occhi. Ragazzo…? Di che diamine sta parlando?
“Io non ho ragazzo” esclamo quando, scorgendo una chioma bionda in lontananza, capisco a chi si stia riferendo.  Lo rimprovero con lo sguardo e lui, come se avesse detto la cosa più innocente di questo mondo, sorride. “Certo… Allora il ragazzo con cui passi il tempo a slinguazzarti sta venendo qui” si coregge e alle sue parole arrossisco. O dio mio… L’ha detto sul serio? Non ci posso credere!
“Calum!” lo richiamo e subito mi giro per guardare dove sia Luke. Non oso immaginare cosa possa dire in sua presenza, e questo mi preoccupa sul serio.
Per fortuna è ancora abbastanza distante da noi e, guardandolo, non posso negare che oggi sia più bello del solito. Forse perché, diversamente dal solito, ha i capelli bagnati che gli ricadono sulla fronte dandogli un’aria… Sexy? È davvero… “Oh mio dio, smettila” l’esclamazione di Calum mi fa spalancare gli occhi. Di colpo metto a tacere i miei pensieri e, come se fossi stata colta con le mani nel sacco, mi giro verso di lui. In questo momento ha davvero una faccia disgustata e non riesco a capirne sul serio la ragione. “Te lo stai mangiando con gli occhi. Clover, contegno!”  la mia confusione viene chiarita con questa frase, mentre, sbuffando si porta le braccia al petto. Arrossisco e mai come ora vorrei sprofondare sotto terra.
Stavo sul serio… No, Calum sta esagerando. Non stavo facendo niente di male! Lo stavo solo guardando!
“Io… non… lo stavo… insomma” è tutto quello che riesco a dire prima che Calum fermi il mio fiume di parole che sembra non avere fine. “Risparmiati le scuse. Adesso vado, non potrei sopportare altre schifezze fra voi due” dice prendendo il suo zaino e allontanandosi. Imbarazzata come non mai, non ho la forza di rispondergli. Non sono per niente abituata a parlare di queste cose con lui e poi… Non è vero che lo stavo mangiando con gli occhi! Lo stavo solo… ammirando!
“Ehi” quando qualcuno mi saluta alle spalle, non mi sforzo a capire chi sia. Con un sorriso a trentadue denti, mi volto verso di Luke. Come prima, è ancora bagnato per metà dalla pioggia ma questa volta, in esclusiva solo per me, ha uno splendido sorriso.
“Ehi” dico anch’io alzando una mano come a imitare il mio saluto. Lui mi guarda per qualche secondo, e prima che possa dire qualcosa, afferra il mio braccio e mi butta letteralmente su di lui. Dovrebbe essere un abbraccio, un abbraccio che comprende le sue labbra sul mio collo e sue braccia che stringono forte la mia vita.
“E’ da un po’ che non ci si vede” pronuncia prima di lasciarmi un piccolo bacio a stampo sul collo e ritornare a guardarmi. Le sue mani, però, non ritornano al loro posto. Mi stringono sempre più vicino a lui, permettendo così che i nostri visi siano vicini.
Alle sue parole rido. “Luke non ci siamo visti solo per un giorno!” esclamo e lui fa spallucce.
“E’ tanto per me e poi, mi sei mancata” arrossisco. E penso che sia impossibile non arrossire quando sono con lui. Lui… riesce sempre a farmi stare bene, a farmi sentire apprezzata.
L’unica cosa che mi confonde, però, è non sapere quello che siamo. Ci baciamo, ci accarezziamo ma… lui non ha mai confermato niente.
“Oh” il mio monosillabo stona con ciò che ha detto, ma non riesco a dire altro. Mi perdo a guardare le sue labbra che sono così invitanti e dopo un giorno, in un certo senso, sento anch’io la loro mancanza.
Restiamo per qualche secondo in silenzio, con il sottofondo della pioggia che scende. Entrambi sembriamo indecisi sul da farsi, ma poi, Luke sembra riprendersi. “Allora… Che ne dici di venire da me? Un’altra serata film e schifezze?” mi chiede con un sorriso. Rifletto un attimo su ciò che dovrei fare e quando mi accorgo di avere il pomeriggio libero, annuisco. “Film e schifezze sia”


“Dio, sto congelando” esclamo quando entro nella dimora Hemmings. Dire che sono bagnata sarebbe stupido. I miei vestiti potrebbero mettere fine alla sete nel modo se solo li strizzassi per bene.
“Anch’io, ma è stato divertente no?” mi chiede Luke al mio fianco, chiudendo la porta di casa. Lui non è messo meglio di me, ma in fondo siamo stati noi a cercarcela. Come dei bambini ci siamo divertiti a giocare sotto l’acqua.
“Già.” Annuisco e lui mi sorride. Avvicina una mano ai miei capelli bagnati e ne prende una ciocca.
“Hanno un aspetto orrendo così” mi dice e subito lo guardo con un sopracciglio alzato. Non so se prenderla come un’offesa oppure come un modo carino per dirmi la verità, ma non mi importa sul serio. Il suo sorriso è così potente che, quando sono con lui, non riesco a prendermela sul serio. Arrossisco per poi allungare la mia mano fra i suoi capelli e tirarli leggermente.
“Anche i tuoi” rispondo e lui usufruisce del mio gesto, per avvinarsi di più. Sorridendomi avvicina le sue labbra alle mie per un bacio. Un bacio con la lingua, un bacio che non ci diamo da troppo tempo, un bacio che non so classificare. È strano dagli altri, forse perché questa volta siamo entrambi bagnati fracidi e stiamo morendo dal freddo. E come se lui fosse il fuoco, mi sto avvicinando sempre di più al suo corpo per riscaldarmi.
Le sue mani cercano la mia vita e una volta trovata, non si staccano più. Porto le mie nei suoi capelli e, bisognosa di avere un contatto più intimo, lo avvicino sempre al mio corpo. Con i denti mi morde le labbra e sentendo un mio piccolo gemito di dissenso, mi sorride.
“E’ meglio che andiamo ad asciugarci. Potresti ammalarti e non voglio sentirmi in colpa” appoggiando la sua  bocca sul mio collo, mi stringe ancora di più a lui.
Impreco mentalmente quando le sue labbra si separano dalle mie. Ormai sono così abituata a questi gesti, mi piace così tanto stare con Luke, che ogni volta che mi viene negato una parte di lui, riesco a sentirne la mancanza.
Controvoglia, si stacca dal nostro abbraccio e afferrandomi per mano mi porta al piano superiore.
Una volta salite le scale, mi ritrovo nel suo mondo. Noto che la sua stanza è più incasinata dall’ultima volta. Come sempre mi perdo a osservare ciò che ho intorno. Mi piace osservare ciò che piace a Luke, vedere le cose come le vede lui.
“Tieni, questi sono alcuni miei vestiti… Dovrebbero andarti bene” quando Luke occupa la mia visuale con alcuni vestiti fra le mani, la mia espressione cambia. Lo osservo con le sopracciglia alzate. È come se avessi perso un paggio e, insomma, mi sta per caso regalando dei suoi vestiti?
“Vatti a fare una doccia. Sei tutta bagnata e se non ti cambi rischi di ammalarti sul serio. Puoi usare il mio bagno e questi” indica i vestiti “puoi tenerli fin quando non si asciugano quelli che hai addosso” alle sue parole arrossisco. Lui… vuole che…. Non pensavo che potesse… Si insomma, i suoi vestiti! Nessuno lo avrebbe mai fatto!
“Io… non credo che…”
“Clover, tranquilla. Io vado a cambiarmi nel bagno dei miei. Fai come se fossi a casa tua” quando i suoi vestiti vengono gentilmente appoggiati fra le mia mani, mi è difficile rispondere per rifiutare tale gesto.
Luke mi osserva con le braccia incrociate al petto e capisco che non ho via di uscita. Sono obbligata, in certo senso, a fare ciò che dice. Sbuffando, mi ritrovo a sorridere. “Grazie” e tutto ciò che dico, prima di entrare nel suo bagno.
Dopo una doccia calda, dopo essermi asciugata per bene i capelli, mi sento davvero bene. Ma soprattutto, riesco a sentirmi di nuovo le gambe. Ero così bagnata che per qualche secondo ho creduto davvero di aver perso sensibilità per metà del corpo.
Raccogliendo l’asciugamano caduto per terra, mi osservo per qualche secondo allo specchio. I vestiti che ho addosso mi stanno leggermente grandi ma… mi stanno anche dannatamente bene. E non so perché, ma sapere che sto indossato qualcosa che appartiene a Luke mi rende felice. Penso che sia stato davvero gentile ma soprattutto dolce a prestarmi qualcosa di suo.
Quando mi accorgo di aver passato troppo tempo rinchiusa dentro il bagno, decido di affrettarmi a uscire. Appoggio una mano sulla maniglia della porta per aprirla, ma appena quest’ultima è socchiusa qualcosa di strano mi fa arrestare sul posto. Un suono, un bellissimo suono. Non è difficile capire cosa sia: una chitarra. Ma non è questo che mi sta incantando come una sorta di incantesimo. È la voce di qualcuno, qualcuno che riesco a riconoscere subito. Luke, Luke sta cantando. Dal piccolo spiraglio riesco a intravedere che è appoggiato con la schiena alla spalliera del letto. Fra le mani ha una delle sue chitarre e il suo sguardo è perso nel vuoto. Non riesco a capire cosa stia cantando, ma da questo momento, sono più che sicura, è diventata la mia canzone preferita.
Non oso uscire dal bagno, rimango a osservarlo di nascosto. È strano vederlo così assorto nella sua musica, soprattutto dopo quello che mi ha raccontato. Ha detto che ha smesso di suonare a causa dei suoi e ora come ora non trovo davvero la ragione. Lui… è davvero bravo.
Prima che possa accorgermene, gli occhi di Luke riescono a scavarmi nel mio nascondiglio e di colpo smette di suonare.
“Ehi, hai finito” sussurra appoggiando per terra la chitarra. Noto che i suoi occhi sono leggermente spalancati, forse perché non pensava che fossi nascosta per ascoltarlo. Uscendo dal mio nascondiglio, mi avvicino.
“Luke tu… Sei bravissimo! Oddio, no, cosa dico! Sei qualcosa di… E la tua voce? Come fai a cantare così dannatamente bene? Sei…” il mio discorso non ha molto senso, ma riesco ad accorgermene solo quando Luke, seduto al margine del letto, mi osserva con le sopracciglia alzate. Poi, abbassando lo sguardo, sorride. Allunga una mano verso la mia e, spingendomi, mi avvicina a lui. In questo momento sono fra le sue gambe, in piedi, mentre lui mi osserva dal basso.
“Non pensavo che… Si insomma, mi stessi ascoltando” mi risponde portandosi una mano fra i capelli. È imbarazzato e non capisco davvero perché.
“Che canzone era?” chiedo e i suoi occhi rimangono per un momento fissi nei miei. MI sta guardando profondamente, e non riesco a capire quale sia la ragione.
“Gotta be somebody dei Nickleback” annuisco, anche se è la prima volta che sento il titolo di questa canzone.
“Sei davvero bravo, magari potrei chiedere ai ragazzi di includerti ancora una volta nel gruppo così…”
“No, no.” Luke ferma subito il mio flusso di parole. Sta volta i suoi occhi mi guardano con un filo d’irritazione e capisco di aver detto qualcosa di sbagliato. Forse… Forse ho affrettato un po’ i tempi…
“Perché? Insomma… Sei bravissimo!”
“Clover, no. Non voglio, ok?” mi risponde freddo e  stringendo la sua mano sul mio polso. Lo osservo dall’alto e annuisco. “Ok, scusa” e mi sento maledettamente in colpa. Non pensavo che potesse arrabbiarsi…

“Ok, qualcosa mi dice che sei arrabbiata con me” sussurra Luke, una volta che siamo seduti sul divano della sala a guardare il suo film preferito. Sinceramente non ho seguito nemmeno un secondo delle vicende trasmesse. Sono così… Non lo so nemmeno io, so solo che mi sento il colpa.
Sono seduta su di lui, con la testa sulla sua spalla. “Non sono arrabbiata con te” ammetto anche se forse, in fondo, lo sono un po’. E non solo per quello che è successo prima, ma per tutto. Soprattutto perché non riesco a capire cosa siamo, per il suo farsi sentire e poi scomparire, per essere dolce ma allo stesso tempo quando cerco di entrare nel suo mondo, lui mi chiude fuori. Ma soprattutto per tutti quei dubbi e punti di domanda che ho su di lui.
“E allora che cos’hai?” mi chiede ed io mi trovo a sbuffare. Vorrei rispondergli ma non ho neanche io una risposta. Forse me la sono solo presa per come ha troncato il discorso prima e ora sto cercando di arrampicarmi sugli specchi.
“Non ho niente” mento e lui sbuffa. Spegne la tv e deglutisco. Mi fa alzare la testa sulla sua spalla e mi guarda negli occhi.
“Non stai parlando da mezz’ora e ogni volta che cerco di baciarti, mi allontani. A me non sembra che sia tutto normale” afferma e io mi sento una stupida. Abbasso lo sguardo e capisco che è arrivato il momento della verità.
“Sto… Semplicemente pensando.” Dico e lui mi guarda confuso.
“A cosa?”
“A…Noi. A te che mi baci, mi abbracci, mi porti a casa tua e poi… prima quando ho cercato di aiutarti, in un certo senso, mi hai allontanata. E mi chiedo… Luke, cosa siamo? Che cosa stiamo facendo? Perché io ho bisogno di una risposta” non so con quale coraggio mi siano uscite queste parole. So solo che non mi aspettavo di essere io a dover mettere in mezzo il discorso “relazione”. Luke mi guarda e poi mi sorride. Prende una ciocca dei miei capelli e come sempre, mi guarda negli occhi.
“E’ davvero questo che ti preoccupa?” mi chiede ed io annuisco “In un certo senso…” Luke ride e vederlo più spensierato, fa sorridere anche me. Sento che la situazione si è un po’ alleggerita e che, forse, prima non era seriamente arrabbiato con me.
“Pensavo che lo avessi capito, insomma. Non vado in giro a baciare tutti, fatta eccezione per… la mia ragazza” alle sue parole sento battermi il cuore a mille. Soprattutto perché i suoi occhi sono fissi sui miei e cercano una reazione.
“La mia ragazza” l’ha detto sul serio? Quindi io… sono la sua ragazza?
“Quindi io…”
“Mi piaci.” La sua rivelazione per quanto scontata possa sembrare, mi fa comunque sentire al settimo cielo. Io, Clover Paris, piaccio a qualcuno. E non a una persona qualsiasi, ma a Luke Hemmings. Quella persona che tutti descrivono una persona senza scrupoli, mentre io… Io credo di essere andata del tutto per lui.
“Mi piaci anche tu.” Ammetto quando non posso negare anch’io l’evidenza. Perché sarei una bugiarda se ammettessi il contrario.
Luke alle mie parole sorride e giocando i miei capelli, si avvicina più volte per lasciarmi dei piccoli baci a stampo. Baci dolci, baci che durano poco ma sembrano al meglio trasmettere quello che vorremmo dirci.
“Scusami se prima ho insistito… Non volevo che ti arrabbiassi” ammetto una volta che sposta il viso sull’incavo del mio collo e inizia a lasciarci alcuni baci. Allungo la mia mano verso la sua, e la stringo forte alla mia. Solo ora mi accorgo che da quando ci siamo visti, non c’è stato nessun contatto fra di loro. E mi è mancato questa nostra piccola abitudine. Luke sembra essere della mia stessa idea perché, si allontana dal mio collo per iniziare a giocare con la mia mano. Le nostre dita s’intrecciano ed è ipnotizzato dai nostri movimenti.
“Non mi sono arrabbiato, Clover” sussurra ed io annuisco. “Mi fa piacere che tu cerca di alleggerire le mie colpe e le mie paure ma… Voglio andarci con calma. Con la musica ho chiuso da tempo e quello che hai visto… è stato solo un momento. Non avresti nemmeno dovuto vederlo.” Anche se non sono d’accordo con le sue parole, gli sorrido lo stesso. Non voglio litigare con lui, perciò mi limito a stare in silenzio.
Lui… Ha un grande potenziale e non starò ferma e buona a guardarlo mentre perde tutte quelle occasioni che magari un giorno lo renderanno qualcuno di importante.
Passa qualche minuto e noi restiamo nella solita posizione, mentre le nostre labbra si cercano. Ci baciamo e lui sembra aver trovato un’altra parte di me da cui non riesce a separarsi: il mio collo.
“Mi stai facendo un succhiotto?” chiedo ridendo, quando sento le sue lebbra succhiare. Lui ride e staccandosi per un secondo, mi guarda fisso negli occhi.
“Forse” risponde facendo spallucce. Arrossisco pensando che, però, certe cose non cambiano mai.


Spazio autrice!
Ehila! Rieccomi dopo un bel po' di tempo. Mi scuso se il capitolo fa schifo, ma ho avuto un po' di problemi nel scrivere. Diciamo che questo capitolo non era minimamente immaginato così, anzi avevo in mente altre scene ma... Non so cosa mi sia preso lol
Capisco se nessuno recensirà, non lo farei nemmeno io al vostro posto AHAHAHA
Comunque come vanno le vacanze? Io sono tornata da una settimana e sono in compagnia delle mie cugine e perciò capirete anche perchè non ho aggiornato subito.
Alcuni giorni fa ho fatto una twittcam. Mi hanno visto tipo in 30 persone, spero che fra queste c'era qualcuno di voi AHHAAHAHHA anche se è stata una twitticam un po'... penosa?
Ringrazio tantissimo le persone che mi seguono e che hanno recensito ( Cavoli, vi devo ancora rispondere!) e le 27 persone che hanno aggiunto la storia alle preferite, le 8 che l'hanno aggiunta alle ricordate e le 28 che l'ahhno aggiunta alle seguite c:
Anche se fa cagare, mi lasciate una piccola recensione? Così magari potete darmi qualche consiglio!
Ho detto abbastanza, perciò scappo!
Se volete seguirmi sono @freeyourmind_x su twittah
Ciauuu 
-Sere c: 
 

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Capitolo 13
*** Capitolo tredici -The Weight- ***


Capitolo tredici
-The Weight-


“No, no… Così non va, ragazzi! Mike sei fuori tempo!” si lamenta Ashton, alzando le bacchette in aria con aria scocciata.
Dalla mia postazione, ovvero il divano del Garage, sbuffo. Sarà l’ennesima volta che si bloccano sempre sullo stesso punto. Stanno provando a suonare una loro canzone, da come ho capito si intitola “Gotta get out” e non sarebbe poi così male se solo riuscissero a finire almeno una strofa.
“Io ci rinuncio” sbuffa Calum per poi appoggiare il basso nella custodia. Con passo strisciato mi raggiunge e, poco delicatamente, si siede al mio fianco.
“Problemi?” chiedo appoggiando il libro che sto leggendo al mio fianco e guardando il mio migliore amico con comprensione. Calum annuisce e si passa una mano nei capelli.
“Andiamo fuori tempo, non riusciamo a fare niente e… Siamo maledettamente in ritardo” mi risponde ed io sollevo le sopracciglia. Non posso negare che anch’io ho notato tutti questi intoppi, ma… di che sta parlando? In ritardo? Non credevo che avessimo un impegno!
“In ritardo per cosa?”
“Ci siamo iscritti ad una specie di concorso per Band e la scadenza è fra un mese. Siamo nella merda” alle sue parole  spalanco gli occhi meravigliata. Se prima ero scocciata, ora sono un vero turbo!
Loro… Non ci posso credere! Finalmente hanno fatto un passo in avanti e…
“Ma è grandioso!” urlo attirando anche l’attenzione di Ashton e Mike.
Calum, però, al mio fianco non sembra essere della mia opinione. Ha un’espressione che varia dall’incazzato al disperato. E non riesco a capire il perché. Ok, dovranno darci dentro per il concorso, ma va bene. È con pazienza e impegno che le persone diventano qualcuno, no?
“No, non lo è. Non riusciamo nemmeno a suonare una canzone senza fermarci ad ogni strofa e poi… Dobbiamo essere massimo in quattro a suonare, e… Non abbiamo trovato ancora nessuno che si aggreghi a noi” mi risponde e questa volta riesco a capire appieno perché sembri così preoccupato. Lo osservo con un piccolo sorriso triste.
Cavolo, è proprio ingiusto! Per una volta che hanno un’opportunità, un’occasione per farsi valere, questa sembra essere non idonea alle loro prerogative.
“Avete provato a chiedere a scuola?” domando. Di solito a scuola c’è sempre qualcuno che suona e che è in cerca di una sorta di aiuto che arrivi del cielo. Magari, appunto, questo qualcuno sarà la persona che aiuterà loro.
“Abbiamo provato ma niente. Abbiamo fatto di tutto… Ormai ho perso ogni speranza” annuisco alle parole del mio migliore amico. Non è possibile! Ci dovrà pur sempre essere una soluzione! Qualcuno che li aiuti, che sia perfetto per ciò cercano, qualcuno che… O mio dio: Luke!

“Non avevi detto che dovevi andare anche tu via?” mi chiede Calum, una volta che Ashton e Mike sono fuori di casa diretti nelle rispettive.
“Mi stai per caso cacciando?” chiedo ridendo. Lui fa un cenno con la testa e allungando una sua mano alla mia, mi spinge verso di lui così per abbracciarmi. Mi stringe forte ed io sprofondo nel suo profumo.
“No, era solo una domanda.” Mi chiarisce ed io continuo a ridere.
In realtà dovrei andare veramente via, ma ho bisogno di parlagli. So che sto per fare una cazzata soprattutto perché il mio ragazzo (o mio dio, l’ho davvero chiamato così?) non la prenderà bene, ma so che in fondo è anche la cosa più giusta che io possa fare.
“Ti devo parlare” ammetto ancora fra le sue braccia. Le mie parole non sembrano piacergli così tanto perché, come bruciato, si scosta subito dalla mia presa e mi osserva preoccupato.
“Mi devo preoccupare?” mi chiedo ed io lo guardo sollevando un sopracciglio.
“Beh…” sussurro cercando di sviare il suo sguardo. Se si deve preoccupare? Certo che no! S’incazzerà probabilmente, ma niente di grave, no?
“Aspetta. Ho capito” se prima l’espressione di Calum era scioccata, ora sembra consapevole. Ed io non so se preoccuparmi. Anche perché come diavolo ha fatto a capire le mie intenzioni?
“Ti sei fidanzata con Luke!” alla sua esclamazione per un secondo mi rassicuro, anche se spalanco gli occhi sorpresa.
“Come hai fatto a capirlo?” chiedo, anche se abbiamo cambiato il tema del discorso. Io volevo parlagli di Luke, certo, ma non del fatto che… Si beh, ecco, che ora stiamo insieme!
Anche perché volevo aspettare l’occasione giusta per dargli questa new che, anche se lui sembra parlare apertamente, potrebbe sempre procurargli qualche strana reazione.
“No, aspetta, ho indovinato? Io stavo scherzando!” afferma e io mi mordo il labbro inferiore. Non ho compreso appieno il suo velo ironico.
“Ecco… Beh, sì…” balbetto sedendomi sul divano e guardandolo con un filo di preoccupazione. Sinceramente ero più preoccupata per ciò che avrebbe potuto dire della mia idea, non della sua reazione per la notizia di me e Luke fidanzati.
“Non so essere più scioccato per il fatto che tu ti sia fidanzata per la prima volta o per il fatto che tu.. stia con Luke” afferma sollevando le sopracciglia e non capisco se sia felice o meno. Non è incazzato, questo è sicuro.
“Grazie Calum, sei proprio carino, sai?” gli chiedo ridendo quando capisco appieno ciò che ha detto. Lui fa spallucce e con aria indifferente si siede al mio fianco. Mi chiedo a cosa stia pensando in questo momento.
“Comunque non era di questo che volevo parlarti” affermo quando capisco che Calum ha già rimosso il discorso “fidanzata”. Voltandosi, mi guarda. “E allora di cosa?” chiede e non è preoccupato. Forse perché non ne trova davvero una ragione.
Sospiro pensando che è arrivato il momento di parlare. Solo… Non riesco a trovare le parole giuste.
“Sai… Prima stavi parlando della band, del fatto che siete in cerca di qualcuno… Magari potrebbe esserci qualcuno disposto a entrare nel vostro giro della musica” dico e solo dopo che ho parlato, mi rendo conto di non essere sembrata troppo seria. Calum spalanca per un secondo gli occhi. “Dici davvero?” e vedo che la sua è solo speranza mista a gioia.
“Sì” dico davvero, ma forse non lo sarà per te.
“E chi sarebbe questo qualcuno?” mi chiede con sguardo attento. Aggrotto la fronte e mi mordo il labbro inferiore nervosa. So che adesso mi sputerà in un occhio.
“Luke” quando il nome del mio ragazzo fuoriesce dalle mie labbra, ciò che ci circonda per alcuni secondi è solo in silenzio. E nel frattempo, io muoio dalla vergogna e anche dalla paura.
Poi, però, la risata di Calum da vita a ogni cosa. Lo osservo con le sopracciglia alzate non capendo. Mi sarei aspettata qualsiasi cosa, ma non… tale reazione!
“Stai scherzando, vero?” chiede ancora ridendo. Un sorriso esce dalle mie labbra. Forse è così che funziona. “No” alla mia risposta, però, diventa serio.
“Io non voglio Luke Hemmings nella mia Band. Puoi scordartelo!” afferma e questa volta il suo tono è duro. Si alza dal divano e inizia a camminare per la stanza.
“Andiamo Calum. Lo avete detto anche voi che è bravo, e poi… E l’unica possibilità che avete! Se spenderete ancora altro tempo a cercare qualcuno dopo non…”
“Clover, ho accettato che fosse tuo amico e accetto anche il fatto che sia il tuo ragazzo, ma non puoi chiedermi anche questo!” il suo tono è alto e mi sta puntando con un dito.
Capisco appieno le sue parole. In fondo ha ragione ma...
“Non lo sto dicendo per me, Calum, ma per voi! Sei stato tu a dirmi che siete nella merda” affermo e lui non mi risponde. Continua a camminare. Forse la mia tattica di dire le cose come stanno funziona.
“Prova per una sola volta a cancellare le ostilità che hai nei suoi confronti. Se non vuoi farlo per me, farlo per te e per la Band.” Mi alzo anch’io questa volta e lo afferro per un braccio. Al mio tocco lui sembra rilassarsi e mi osserva come se non sapesse nemmeno lui cosa fare.
“Se anche ti dicessi di sì, non sarebbe nemmeno una conferma. Dovrei parlarne con Ashton e Mike e poi… Non credo che riuscirei a trattarlo bene” le sue ultime parole fanno nascere in me una piccola speranza.
Non mi ha urlato contro e non mi ha nemmeno mandato a quel paese, questo vuol dire che…
“E’ una specie di si?” chiedo e lui sospira. “No, non lo è” sbuffo “Ma è un modo per dirti che ci sto pensando” quando finisce di urlare gli salto in braccio. “Ahhh ti adoro Hood” urlo lasciandogli tanti baci sulla guancia. Lui cerca di dire qualcosa ma sembra soffocato dalle mie attenzioni.
“Non ti scaldare troppo Paris, non è niente di sicuro” non m’importa davvero quello che ha detto. L’unica cosa che m’interessa è che ha preso in considerazione ciò che gli ho detto. E questo sarà anche un grande passo per Luke. Oh, Luke! Giusto!
“Aspetta, aspetta” quasi urlo quando ritocco il pavimento con i piedi.
“Cosa?” mi chiede Calum alzando un sopracciglio.
“Se nel caso doveste prendere questa cosa seriamente, ecco… Non dite a Luke che sono stata io a chiedervelo.” So che non è corretto nei confronti di Luke, ma so di star facendo la cosa giusta. Lui non può sprecare il suo talento per qualcosa di così ingiusto! Se non è lui che vuole darsi una mossa, allora sarò io a fare il possibile per lui.
“E perché?” mi chiede. Faccio un cenno con la testa. Non posso raccontargli la verità, perciò mi limiterò a dirgli il minimo indispensabile.
“Storia lunga”

Davanti al mio armadietto, il peso delle prime lezioni inizia a farsi sentire. Come abitudine, apro l’armadietto e un foglietto cattura la mia attenzione. Un post-it colorato, uno dei soliti che io e i ragazzi usiamo mandarci durante le lezioni.
Con un sorriso cerco di dar forma alla carta accartocciata.

I ragazzi sono stati più convincenti di te. Hemmings entra nella band (non posso credere di averlo scritto!)
-Calum x
P.S. ti aspetto in mensa e porta anche il tuo ragazzo


Quando leggo ciò che è stato scritto in neretto, sorrido. Quando ieri, a casa di Calum, abbiamo parlato della possibilità di far ritornare Hemmings nel mondo della musica, non avevo dato tanta importanza al fatto che potesse accadere sul serio. Ma ora, ora che ho questa conferma fra le mani, sono felice come mai. Anche se, spero con tutto il cuore, che anche Luke apprezzi questo loro incoraggiamento perché, se così non fosse, credo che mi ritroverei nel mezzo di un casino.
“Ehi” quando due mani mi afferrano per la vita, sussulto dallo spavento. Il foglietto mi cade dalle mani ma non mi curo di ciò. Quello che mi rassicura è la voce di quello che ormai non è più uno sconosciuto.
Girandomi di spalle, mi ritrovo Luke.
“Ehi!” saluto e come se non lo vedessi da anni, lo abbraccio portando le mie braccia attorno al suo collo. Lui mi stringe a sé e sembra aspirare il mio profumo.
“Tutta questa dolcezza…?” mi chiede una volta che mi distacco dalla sua presa. Faccio spallucce. Non c’è una ragione precisa, sono solo felice. Felice perché ho un bellissimo ragazzo, e tutto altro non ha importanza.
“Mi andava” ammetto e lui mi osserva con quello sguardo furbo, quello che usa quando sta pensando a qualcosa.
Poi, aprendo il suo zaino e afferrando qualcosa, mi mostra ciò che ha fra le mani.
“Abbiamo preso un’A!” e solo quando mi trovo davanti agli occhi il compito consegnato alla professoressa del corso, sorrido felice.
“Oddio… E’ grandioso!” dico strappandogli il foglio dalle mani. Luke ride e si appoggia con una spalla a uno degli armadietti, così da essere al mio fianco.
“L’hai già detto a Emily?” continuo, una volta che ho osservato per bene tutte le correzioni. Luke mi osserva portandosi una mano nei capelli. “No… Sai, pensavo che volessi dirglielo tu…” annuisco.
Già, infatti, sarà quello che farò il prima possibile. Con un ultimo sorriso, appoggio il compito nell’armadietto che, stranamente, sembra essere ordinato.
Luke al mio fianco non sembra staccarmi gli occhi di dosso e sorride. Ha un sorriso compiaciuto, un sorriso sexy che spruzza felicità da tutti i pori. E mi sembra difficile in questo momento resistergli, anche perché ho voglia di afferrarlo per mano e di baciarlo, cosa che non faccio da circa due giorni.
“Perché mi guardi?” chiedo una volta che, appoggiando gli ultimi libri all’interno, chiudo l’armadietto. Luke mi sta ancora fissando e sembra così spensierato. Ora che ci penso, forse è la prima volta che lo vedo in questo modo.
Alle mie parole si stacca dall’armadietto e allunga una mano verso il mio collo. Non capisco subito, ma quando con le sue lunghe dita inizia a sfiorarmi quella piccola macchia che è il segno di un piccolo gesto di passione, arrossisco.
“Sai… Mi piace…” sussurra e le sue parole creano un grande effetto su di me. Anche perché non riesco a capirle del tutto.
“Cosa?” chiedo e lui guardandomi per un attimo negli occhi, scoppia in una piccola risata. Allontana la sua mano dal collo e si affretta subito ad afferrare la mia, così da stringerla.
Non si limita a darmi una spiegazione e capisco che neanche a me importa sul serio.
“Sto morendo di fame. Pranzi con me?” il suo modo di cambiare il discorso, sembra giovare nei miei confronti. Sto per annuirgli ma quando ricordo il contenuto del biglietto, mi fermo sui miei passi.
“No. Sarai tu a pranzare con me” affermo e lui mi guarda sollevando le sopracciglia. Un gesto naturale, ma che io trovo davvero devastante su di lui. Soprattutto per me.
“Con Calum e con gli altri. È un problema?” chiedo sperando che non lo sia sul serio. Luke mi osserva per qualche istante sorpreso, poi fa un cenno con la testa. “No, non lo è. Non credevo che… insomma… a loro sta bene?” chiedo e sorrido ascoltando le sue parole. Si sta preoccupando.
“Sì, a loro sta bene” affermo e sembra rilassarsi. Mi sorride e poi abbassa per un secondo lo sguardo. La sua attenzione, però, sembra essere catturata da qualcosa. Velocemente si abbassa e quando ritorna a guardarmi negli occhi, sembra avere qualcosa fra le mani. Un figlio, arancione… oh mio dio, il mio foglio!
“E’ tuo?” prima che possa leggere qualcosa, mi allungo verso di lui e glielo strappo dalle mani.
Dio, spero solo che non abbia letto niente.
“Sì, niente d’importante” affermo mentre lo accartoccio fra le mani e lo butto nel cestino che ho di fianco. Luke sembra guardarmi sconvolto, non capendo la mia reazione. Io faccio spallucce, poi, sorridendogli, lo spingo verso la porta della mensa.
“Dai, andiamo!”

Una volta seduti nel piccolo tavolo della mensa, la situazione sembra al quanto imbarazzante. Soprattutto perché Calum non fa altro che fulminare Luke con lo sguardo. Almeno, però,  Ashton e Calum sono socievoli.
“E’ caduta come… Non credo che sia possibile trovare un termine coretto!” Ashton ride mentre racconta una delle sue ultime vicende accadute stamani a scuola. Luke e Mike fanno altrettanto e mi rassicuro a vedere che, almeno loro, riescono ad avere un rapporto amichevole. Calum, invece, sembra essere diventato l’asociale di turno.
“La vuoi smettere?” gli sussurro avvicinandomi, approfittando del discorso dei ragazzi, per rimproverare Calum. Mi avvicino e lui sembra guardarmi con un’espressione scocciata.
“Di far cosa?”
“Di guardarlo male e smettila di far l’asociale.” Dico e lui sbuffa. La risata dei ragazzi, cattura la mia attenzione e mi avvicino di nuovo a Luke. Per un secondo si gira verso di me. Mi sorride e allungando la sua mano, cerca di afferrare la mia sotto il tavolo. Sorrido quando ci tocchiamo e inizio a giocare con la pasta che ho nel piatto. Sinceramene non ho fame e credo che sia normale. Sono così preoccupata… Non so perché Calum abbia voluto che Luke mangiasse con noi e se penso che forse vuole parlargli della band, non riesco a stare tranquilla.
I ragazzi parlano ancora e Calum non sembra cambiare i suoi modi di fare.
“Ok, bando alle ciance, dobbiamo chiederti una cosa” quando però, la sua voce interrompe i discorsi dei ragazzi, il mio cuore incomincia ad accelerare i battiti. I ragazzi lo guardano seri mentre Luke sembra aggrottare le sopracciglia. Forse anche lui non si aspettava che Calum potesse intavolare un discorso, poiché per tutto il tempo non ha fatto altro che minacciarlo con lo sguardo.
“Ci serve il tuo aiuto” a questa frase Luke sembra essere perplesso. Sorride e guardando prima me e poi gli altri, aggrotta la fronte.
“Del mio aiuto?” chiede rivelando così la sua sorpresa. Calum annuisce.
“Stiamo cercando qualcuno per la Band. Ci siamo iscritti ad un concorso e ci serve un altro componente” quando Calum rivela le sue intenzioni, mi perdo a guardare Luke. Non perdo nemmeno un secondo la sua reazione e quando osservo i suoi occhi incupirsi e il suo sorriso scomparire, capisco quanto ora sia serio.
“E…?” la sua voce è rauca.
“E abbiamo pensato che tu potresti aiutarci. Sei bravo a suonare e abbiamo provato più di una volta insieme.” Anche Calum è serio e capisco che ciò che sta dicendo gli costa molto.
Luke abbassa lo sguardo, poi allontanando la mia mano dalla sua, mi osserva per un secondo. E, quando i suoi occhi incontrano i miei, capisco che qualcosa non va. Non mi sta riservando lo stesso sguardo di sempre. Sapere, poi, che ha allontanato la mia mano dalla sua non mi rassicura.
“Io… Sul serio? Insomma…” lo sento balbettare.
“Sì, sul serio. Se accetterai, però, dovrai garantire che stavolta non farai nessuna cazzata” questa volta è Ashton a parlare.
“Premetto che non sarei qui a chiederti aiuto se non fosse che questa volta è davvero importante” ammette Calum e alle sue parole, anche se sono vere, lo fulmino con gli occhi.
Non so perché, ma sento che qualcosa si è appena spezzato, come una linea interrotta.
Luke abbassa lo sguardo e sembra indeciso su cosa fare. Ed io che sono al suo fianco non riesco ad aiutarlo.
“Io… Posso pensarci?” mentre Luke pone questa domanda, la campanella suona. Alcuni studenti si affrettano a uscire.
“Sì, hai tempo fino a domani” risponde Mike e, dicendo ciò, raccoglie anche lui le sue cose. Restiamo per un attimo in silenzio, poi i ragazzi mi salutano per andare via. Rimango sola con Luke e mi accorgo che ha il capo abbassato e non osa dire niente.
Avvicino la mia mano alla sua, ma appena lo sfioro si alza afferrando le sue cose. Lo osservo sorpresa e non ho il tempo di chiedergli niente perché si affretta a uscire dalla mensa. Veloce, raccolgo le mie ultime cose e lo seguo.
“Luke!” lo chiamo ma lui non si gira. Allungo il passo e quando sono a pochi passi di lui, l’afferro per il polso destro, girandolo verso di me.
“Ehi, che ti prende?” chiedo sconvolta. Mi… Ha evitato?
“Ti avevo chiesto soltanto una cosa, Clover” mi risponde serio e il suo tono è duro. Aggrotto le sopracciglia e la consapevolezza che forse ha capito, mi devasta.
“Cosa stai…”
“Pensi per caso che io sia così stupido? Ho capito che centri tu con tutta questa storia” Luke non è arrabbiato, ma di più.
“Io…” non so cosa dire. Forse perché sapevo fin dall’inizio che sarebbe finita così.
“Non funziona così, okay? Non devi intrometterti nelle mie faccende.” Questa volta il suo tono è più alto e allontana la mia presa dal suo polso facendomi male. Vederlo incazzato, per l’aggiunta con me, mi lascia senza parole. In questo momento non so come reagire perché so di essere una stupida. Ma volevo solo fare una cosa carina… Volevo solo aiutarlo. Volevo solo comportarmi bene.
“Volevo solo aiutarti” affermo e la mia voce trema. E non so nemmeno perché non riesco più ad avere controllo sulle mie parole. Lui ride e poi fissando i suoi occhi nei miei, fa un ghigno incazzato.
“Lascia stare, ok?” sussurra prima di voltarmi le spalle e camminare nel corridoio della scuola.
Rimango ferma, gli occhi su di lui mentre dentro mi sento vuota. E lì, in piedi circondata dal nulla, capisco che per la prima volta Luke Hemmings mi ha allontanato. 

Spazio autrice!
Ehilà! Scusate se sono un po' in ritardo, ma questo capitolo sembrava infinito! Non so quanto possa piacervi. Come sempre, quando l'ho immaginato era molto più figo... Poi, boh, scrivendo mi sono persa per la via! lol
Del tipo che dico sempre le stesse cose, ma è vero AHAHAHAH non so perchè, ma ultimanente ogni volta che scrivo qualcosa non mi piace!
Visto che non ho molto da dirvi, sarò breve! Ringrazio chi ha aggiunto la storia alle preferite/ricordate/seguite, ma soprattutto chi recensisce! Mi fate sentire Happy! 
Vi prego di recesire anche questo capitolo e di darmi una vostra opinione! c:
Zauuu


P.s. ho riletto la mia storia su wattapad e... Dio mio, faccio un sacco di errori di battitura! E non me ne accorgo... nel caso dovesse vederne alcuni, ditemelo così li correggo! Addiooo!


 

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Capitolo 14
*** Capitolo quattordici -Close as strangers- ***


Capitolo quattordici
-Close as strangers-


Seduta al mio banco, infondo all’aula di matematica, muovo il piede ripetutamente. La professoressa sta spiegando un argomento importante, ma io non riesco ad ascoltarla. È impossibile d’altronde quando, il tuo ragazzo, è nella tua stessa classe. Ma non è solo questo che m’impedisce di ascoltare. Ciò che mi sta uccidendo letteralmente è che lui non è seduto al mio fianco ma, stranamente, ha preferito sedersi davanti.
Potrebbe sembrare una cosa da niente, certo, se non fosse che è da un circa un giorno che mi evita. Non risponde ai miei messaggi, non mi guarda e sono sicura che, stamattina, entrando da quella dannata porta non mi ha salutato. Ed io, davvero, non so come sentirmi. Se in colpa, e non nego che lo sono, per ciò che ho fatto; o se, cosa che molto presto accadrà, arrabbiata per come mi sta trattando.
So di aver fatto una mossa scorretta, ma so anche che è la cosa più giusta che potessi fare. E l’ho fatto unicamente per lui. In un certo senso, lui dovrebbe ringraziarmi e non… evitarmi!
Stiamo insieme da meno di una settimana e abbiamo già litigato. Non credo che ci possa essere qualcosa di più grandioso, no?
Per fortuna la campanella suona e senza neanche accorgermene, la maggior parte degli studenti lascia l’aula per dirigersi nei corridoi. I miei occhi si fermano subito sulla figura di Luke. Tranquillo afferra ciò che è suo e si dirige fuori dall’aula senza mai far incontrare i nostri sguardi. Sbuffo e prendendo la mia borsa, lo seguo. Quando metto un piede all’esterno dalla classe, mi guardo intorno cercando dove sia e,dopo aver resettato tutto il corridoio, noto che è davanti al suo armadietto. Velocemente, mi avvicino tanto da essergli ad un passo di distanza.
“Mi dispiace, ok?” dico e lui, vedendomi al suo fianco, alza per un attimo lo sguardo. E dopo due giorni, i nostri occhi si rincontrano. I battiti del mio cuore accelerano, ma quando mi accorgo che sul suo volto non c’è un sorriso e che il suo sguardo è freddo come non lo è mai stato, mi trovo a deglutire.
Come se non fossi più al suo fianco, ritorna a guardare di fronte a sé. E questo fa male perché mi sta evitando ancora e, anche se è arrabbiato, non riesco a giustificare tutta questa indifferenza.
“Luke…” lo richiamo e dal mio tono di voce sembra una supplica. Forse lo è perché se prima mi sentivo in colpa, ora sto male. Un male che mi stringe il petto ma che, allo stesso tempo, mi fa incazzare.
“Dovresti andare in classe.” Quando parla, il mio cuore per un attimo sembra rallegrarsi. Ma, quando le parole che pronuncia, non sono altro che una semplice osservazione, sento il dolore accentuarsi sempre di più.
I miei occhi guardano i suoi che sono impassibili. E, come se la conversazione fosse finita lì, chiude il suo armadietto e si allontana. E di nuovo, rimango ferma cercando di non scoppiare proprio ora.

“Clover… Clover!” seduta in una delle poltroncine dell’aula magna mi ritrovo a sollevare lo sguardo.
“Sì?” chiedo guardando Emily che, in piedi al mio fianco, sembra guardarmi accigliata. Socchiudo gli occhi non capendo perché mi stia guardando così.
“La lezione è finita…” mi fa notare e subito mi guardo intorno . Osservo l’aula semi vuota e mi do della stupida. Ero così occupata a perdermi nei miei pensieri, a insultarmi e a trovare una soluzione, che non ho dato importanza a ciò che mi capitava attorno. In poche parole, non ho ascoltato nemmeno una parola della lezione.
“Oh” il verso che emetto è quasi uno sbuffo. Passandomi una mano fra i capelli, afferro la mia borsa e con passo strisciato mi dirigo nel corridoio della scuola in compagnia di Emily.
“Va tutto bene? Sembri assente” mi fa notare, una volta che siamo davanti al suo armadietto. Non mi sconvolgo alla sua osservazione, perché ha ragione. Sono così stralunata che non riesco nemmeno a parlare con chi mi sta affianco. E tutto per colpa di Luke. O forse, la colpa, è solo mia.
“Oh, sì… Non mi sento tanto bene, tutto qui” non so perché non le sto dicendo la verità. So che di Emily posso fidarmi, posso aprirmi con lei,  eppure… Non so, ho paura che se iniziassi a parlare tutte le mie preoccupazioni potrebbero sfogarsi in delle stupide lacrime e, chiariamoci, non voglio di certo ridurmi in questo stato.
“Mm” il suo verso accompagnato da un sorriso mi preoccupa. “Qualcosa mi dice che c’entra Luke” quando la sua osservazione è più che vera, mi ritrovo a guardarla con uno sguardo indagatore.
“E cosa te lo dice?” chiedo cercando di non sembrare troppo fredda, anche se mi esce difficile. Quando qualcosa non va come deve andare, non riesco ad essere positiva, soprattutto con chi mi sta accanto.
“Non so… Forse perché non si è seduto con noi… O forse perché non ti staccava gli occhi di dosso durante la lezione” alle sue parole deglutisco. Inutile mentire, è ovvio che un’ottima osservatrice ma non è questo che mi sta letteralmente mandando il cuore in tilt. Mi ha davvero osservato per tutta la lezione? Perché se fosse così, sarebbe davvero un vero e proprio deficiente. Non può evitarmi e poi… E poi guardarmi come un povero cucciolo bastonato!
“Sei un’ottima osservatrice” ammetto e lei ride. Cerco di ridere anch’io, senza però avere ottimi risultati.
Vorrei non sentirmi così, ma ora che Luke ha il coltello dalla parte del manico, non riesco a fare altro. E se il problema è questa sua paura del suonare, allora cercherò di ritornare nei miei passi. Ci ho pensato per tutta la lezione e sono arrivata a una conclusione: andrò da Calum e gli chiederò di rimangiarsi ciò che ha detto. Il fatto di includere Luke nel gruppo, la band… tutto. Se è davvero questo il problema, allora mi prenderò la colpa, mi subirò l’incazzatura di Calum e dei ragazzi, ma almeno lui potrà smetterla di evitarmi. Non avendo più questo peso addosso, non dovrà arrabbiarsi per nulla, non dovrà sentirsi in dovere. Sarà tutto come prima, no?
“Già. Allora, mi dirai mai cos’è successo?” quando Emily mi pone questa domanda, una piccola idea mi salta alla mente. Forse, mi dico, è soltanto un modo per staccarmi almeno per un secondo da tutti questi pensieri che mi stanno rendendo una vera e propria angoscia.
Perché deprimermi per qualcuno che non accetta nemmeno di sentire le mie scuse? Non ne vale la pena e, almeno per un po’ di ore, voglio allontanare Luke dalla mia testa.
“Certo. Magari davanti ad una tazza di caffè?” chiedo e spero che Emily apprezzi la mia proposta di uscire. Mi osserva per qualche secondo e accennando a un sorriso annuisce. “Perfetto”

“E questo è tutto” affermo, dopo aver parlato per circa un quarto d’ora. Emily, seduta di fronte a me, annuisce stringendo le labbra in un sorriso triste. È stato facile parlare liberamente con lei dei miei problemi. Non mi sono mai trovata così in armonia con qualcuno del mio stesso sesso. Di solito mi confido solo ed esclusivamente con Calum, ma questa volta… Non so, è stato tutto così semplice.
“Wow. Per stare insieme da una settimana, sapete già come gestire al meglio la vostra relazione” Emily scherza e io sorrido alla sua battuta. È stata felice di sapere che Luke ed io siamo usciti dalla friendzone, ma dalla sua espressione capisco che anche lei non sa cosa consigliarmi.
“Già. Almeno non potranno dirci che siamo una coppia noiosa!” affermo ridendo, provando a non drammatizzare ancora di più la situazione. Emily ride e poi, bevendo un sorso dalla sua bevanda, si affretta a parlare.
“Comunque non darci troppo peso. Luke è fatto così... E’ più lunatico di una ragazza!” alle sue parole rido anche se sollevo le sopracciglia scettica. Come fa a sapere queste cose? Non pensavo che in passato avessero avuto molta confidenza.
“Sai, con Sam, era un continuo litigio. Quel poco che so del carattere di Luke è grazie alle innumerevoli litigate che hanno avuto.” Mi spiega capendo la mia confusione.
annuisco, anche se alle parole di Emily non riesco a star tranquilla. E non solo per ciò che mi ha detto, ma soprattutto per Sam. Pensare che lei sia venuta prima di me, che, magari, anche lei si è trovata nelle mie stesse circostanze, mi innervosisce.
Sospirando, cerco di star tranquilla. Abbasso lo sguardo e osservando l’orologio capisco che è arrivato il momento di affrontare Calum. Mi farò coraggio e andrò lui. So che quando gli riferirò quello che ho da dire, me ne dirà di tutti i colori, ma almeno io ci ho provato.
“Ora dovrei andare.” Affermo alzandomi dalla sedia e scostandomi dal piccolo tavolino del bar in cui siamo sedute. Emily, ancora seduta, mi guarda preoccupata.
“Già?” mi chiede e capisco che ha ancora voglia di passare del tempo con me. E, in un certo senso, mi dispiace doverla abbandonare. Però…Ecco… Potrebbe venire con me. A casa di Calum.
“Vuoi venire con me? Dovrei passare a casa di un mio amico. Ci metterò poco, giuro.” Le chiedo e lei sembra pensarci sopra. Ora che ho fatto questa proposta, non so perché, spero che eccetti di venire.
“Non so… Non credo che sia educato…”
“Dopo avremmo tutta la serata per stare insieme” dico cercando di convincerla. Mi guarda e alzandosi mi osserva attentamente.
“Dov’è che abita il tuo amico?” sorrido.

“Quindi… Tu e questo Calum siete migliori amici?” mi chiede Emily, una volta che siamo davanti casa Hood.
Annuisco suonando il campanello. “Già.” Affermo e lei mi sorride.  Faccio altrettanto anche se mi riesce male, soprattutto perché sto morendo dalla paura. Almeno, però, sono sicura che Calum non mi ucciderà all’istante. Emily è un po’ la mia ancora di salvezza, in sua presenza non commetterà nessuna cattiveria.
In una questione di secondi, la porta di casa si apre.
“Ehi Clover! Che ci fai qui? Non pensavo che…” Calum mi guarda sorpreso, ma quando i suoi occhi cadono sulla figura al mio fianco, riesco a vedere una strana luce in essi. Le parole gli si bloccano in bocca ed io usufruisco di questa piccola pausa per parlare.
“Ciao… Lo so che forse non mi aspettavi, ma avevo bisogno di parlare.” Affermo e lui, non guardandomi nemmeno per un secondo, annuisce. Sbuffo quando capisco che ormai l’attenzione del mio migliore amico è del tutto andata a puttane a causa di Emily. Lo osservo e vedo che le sta offrendo quel sorriso malizioso, quello che riserva per le sue conquiste. A vedere ciò mi viene da vomitare, ma quando sollevo gli occhi per guardare Emily e in lei non vedo altro che l’ennesimo sorriso, sollevo le sopracciglia stupefatta.
“Comunque” tossisco per riavere l’attenzione di Calum “Lei è Emily, una mia amica” la indico con un dito “Invece Emily, lui è Calum: il mio migliore amico” e di conseguenza indico il bassista. So che è inutile questa presentazione poiché Calum sa perfettamente chi è la ragazza che si trova al mio fianco, ma per Emily è la prima volta che lo vede in vita sua. Calum allunga la mano afferrando quella della mia amica, così per consolidare la loro presentazione.  “E’ un piacere conoscerti” sussurra e non so quale strana forza mi da il coraggio di non ridergli in faccia. Emily si limita a un sorriso timido e vedendola, capisco che si sente a  disagio. “Ehm… Possiamo entrare?” chiedo quando Calum non si decide a muoversi dall’atrio. Facendo un cenno con il capo si scusa e, spostandosi di lato, entriamo silenziosamente. Alzo lo sguardo e quando vedo Ash e Mike attorno ai propri strumenti capisco che erano intenti a suonare. Li saluto con la mano per poi girarmi verso Calum.
“Oh, non sapevo che stesse provando” sussurro e quasi ci resto male. Insomma… Di solito quando provano, mi chiamano sempre… Lo so che è una cazzata ma… Ecco… avrei voluto esserci anch’io.
Calum mi guarda impacciato e cerca di trovare le parole giuste. “Beh vedi…” ma non riesce a finire di parlare perché qualcuno lo interrompe. “Ho accordato la chitarra. Iniziamo?” quando sento quella voce, di scatto volto il mio viso lì dove prima erano seduti Mike e Ash. E quando incontro gli occhi di Luke, tutto inizia ad essermi confuso. Lo osservo e alzo le sopracciglia. Lui cosa… Oh, non ci posso credere! Lui…Ha accettato!
Per alcuni secondi tutto tace e Luke rimane fermo, immobile. Il suo viso ha la stessa espressione di questa mattina. Non cerca di spiegarmi, rimane impassibile e questo mi porta a stringere le mani attorno alla mia vita in due pugni.
Non pensavo che avesse deciso.  Insomma, perché se è qui, avrà sicuramente accettato di suonare e, se così fosse, beh…Non saprei cosa dire o fare. Se essere felice o, se per lo più, essere incazzata. Ora come ora, però, avendolo davanti ai miei occhi l’unica cosa che riesco a capire, è che sono delusa. E non perché i miei amici mi hanno tenuto all’oscuro di questa loro improvvisata, ma per il comportamento di Luke. Mi ha evitato per tutto il tempo, facendomi sentire una merda, facendomi pensare a tutte le possibili cose e, soprattutto, facendomi arrivare fin qui per parlare con Calum e poi… Poi scopro che alla fine ha accettato. Vorrei ridere dal nervoso, ma non credo che ora riuscirei a far qualcosa.
“Oh” ammetto e con rammarico mi volto verso Calum. Lui mi guarda con quei gli occhi che non hanno una risposta e io annuisco silenziosamente. Mi giro verso Emily e noto che è intenta a guardarsi intorno. Deglutisco sentendo gli occhi di Luke addosso, ma cerco di non darci peso. “Ti dispiace se ti lascio un attimo con i ragazzi?” le chiedo facendole capire la mia intenzione. Lei mi guarda spaesata. “Oh… No, certo…” è impacciata e capisco che in realtà non le dispiacerebbe, ma la metterebbe in imbarazzo. Mi scuso con gli occhi e, afferrando di corsa Calum per un braccio, mi dirigo in cucina. Una volta chiusa la porta alle spalle, Calum si scosta dalla mia presa. “Si può sapere cosa sta succedendo?” mi chiede ed io mi ritrovo a sospirare. Inutile dire che mi abbia tolto le parole di bocca. “Dovresti dirmelo tu. Da quando Luke ha accettato di suonare?” rispondo così alla sua domanda, curiosa di sapere. Lui solleva le sopracciglia e la sua espressione mi fa comprendere che ha capito qualcosa. Mi guarda spaesato e sospirando si affretta a rispondermi. “Stamattina. Non era quello che volevi?” la sua domanda mi fa sbuffare. Certo, era quello che volevo, ma prima che qualcuno me ne facesse una colpa. Mi siedo in una delle sedie della cucina e abbasso lo sguardo. “Non ha più importanza… Comunque ero venuta per dirti di cambiare idea su far entrare Luke nella band, ma da come vedo… Non ce n’è più bisogno.” Stringo le labbra in un sorriso pieno di rammarico. Oggi non è per niente un giorno felice, soprattutto per la sottoscritta.
“Avete litigato” l’affermazione di Calum sembra quasi un rimprovero e io rido amaramente. “Oh no. Non abbiamo litigato. Lui è incazzato con me ma, ad essere sincera, sono io ora quella incazzata” il mio tono non maschera tutta la mia irritazione.
“Aspetta… Perché eri venuta a dirmi di non includerlo nella band?” subito, però, cerca di avere delle risposte. Vuole capire perché ci stiamo evitando, perché siamo entrambi incazzati, ma sinceramente non ho più voglia di spiegare a chiunque come sono andate le cose. Perciò facendo un piccolo movimento con la mano, mi ritrovo a dire “Lascia stare, non ha importanza” e il mio migliore amico sembra capire le mie intenzioni. Mi osserva per qualche secondo e, cercando di alleviare le mie pene, mi sorride incoraggiante.
“Lascialo perdere, ok? Io l’ho sempre detto che è un emerito coglione.” Il suo modo di consolarmi, però, mi fa ridere. Mi porto una ciocca di capelli dietro l’orecchio e, afferrando la mano che mi sta porgendo, mi alzo.
“Dai… Andiamo di là, mi aspetta una bellissima ragazza” dice facendomi un occhiolino e subito capisco a chi si sta riferendo. Sbuffo ma allo stesso tempo sorrido ascoltando ciò che ha appena detto. Con lo sguardo basso mi affretto a uscire, ma prima che possa aprire la porta, Calum mi ferma. “Ah, la prossima volta ricordami una cosa.” sollevo le sopracciglia. “Cosa?” ”Ricordami di non chiederti più  favori. A presentare le persone fai schifo” e pur non essendo un complimento, non posso non ridere.

Dopo alcune ore, mi ritrovo ancora a casa Hood. Seduta sul piccolo divano, osservo i ragazzi scherzare fra di loro. Uscita dalla cucina, avrei voluto davvero andarmene ma Emily non era della mia stessa opinione. Quando sono ritornata da lei, era intenta a parlare con i ragazzi e mi ha quasi supplicato di passare dell’altro tempo con loro. “Ti prego, sono così simpatici!” ha detto per poi sedersi sul divano. Così, sono stata obbligata a trascorrere il mio tempo in un luogo in cui non avrei voluto essere.
Una cosa positiva, però, è che Calum ha approfittato di quest’occasione per stare con Emily. Per tutto il tempo delle prove, hanno riso, scherzato e ho visto come la mia amica era interessata a ciò che faceva.
Io, invece, al contrario dei miei compagni, ho passato tutto il mio tempo incollata al cellulare. Solo poche volte ho sollevato lo sguardo e questo è accaduto  soltanto in due occasioni. E non mi è per niente sfuggito il sorriso di Luke. Vederlo suonare e cantare… Non so, ma per un secondo l’ho visto sotto una luce diversa. L’ho visto sicuro di sé, felice… Eppure, vederlo così mi ha del tutto fatto incazzare.
Anche lui sa che questa mia idea è stata una cosa buona, e lo posso capire dal suo sorriso, ma non vuole ammetterlo. Né a stesso e né a me e questo mi fa ancora più comprendere che non riceverò mai delle sue scuse. Forse Emily ha ragione: Luke è più lunatico di una ragazza.
Sospirando per i miei stessi pensieri, sollevo lo sguardo e subito noto che Luke mi sta fissando. Con la sua chitarra in mano mi osserva con quello sguardo di ghiaccio ma, stavolta, ciò che mi sconvolge è che mi sta sorridendo. E per l’ennesima volta non so come sentirmi. L’emozione che prevale di più, però è la rabbia, rabbia perché non può far così. Non può evitarmi per tutto il giorno e poi… sorridermi come se non fosse accaduto nulla!
Non ricambio il suo sguardo, abbasso il mio e ritorno a fissare lo schermo del mio cellulare. In pochi secondi, sento il divano muoversi e non mi è difficile capire che qualcuno si è seduto al mio fianco. Ma soprattutto, riesco a capire che non è una persona qualunque.
“Possiamo… Possiamo parlare?” quando sento la sua voce, cerco di stare tranquilla. Decido di essere stronza, di essere decisa, più di quanto lui oggi lo è stato con me.
“Quindi ora vorresti parlare? Oggi non sembravi così interessato a farlo” dico sorridendo amaramente e voltandomi verso di lui. I suoi occhi mi studiano e noto che si sta mordendo il labbro inferiore. E proprio non riesco a supportarli quegli occhi che mi guardano in quel modo, che mi fanno sentire in colpa. Non riesco e mi sento una stupida, perché vorrei fare tanto, ma poi finisco sempre fare tutt’altro.
“Per favore” il suo tono è fermo, né disperato né freddo. È una via di mezzo. Lo osservo per un secondo e arrendendomi, mi alzo. “Ok” ammetto e sospiro. Si alza anche lui e, approfittando della confusione dei ragazzi, mi afferra per mano portandomi nel bagno della casa. Una volta entrati chiude la porta a chiave ed io accenno a un sorriso finto. “Wow, romantico” annuncio sedendomi sul margine della vasca. Luke mi osserva e, distaccandosi, si appoggia al lavandino. Si tocca i capelli e noto quanto sia nervoso.
“Ok, so che forse sei arrabbiata con me…”
“Incazzatissima, direi”
“Ok, incazzatissima” sbuffa “ma ti prego, possiamo parlare civilmente?” il suo modo di risolvere la situazione non è dei migliori. Sospirando annuisco. Sto cercando di comportarmi freddamente, ma sinceramente non ci riesco.
“Mi dispiace. So che non avrei dovuto evitarti ma… cazzo, sono ancora incazzato per quello che hai fatto” alzo gli occhi al cielo.  Oh andiamo, ancora? Ma se fino a pochi minuti fa rideva come un coglione!
“L’ho fatto solo…” non riesco a concludere.
“Fammi finire” pronuncia rimproverandomi. Sbuffo, portandomi le braccia sotto il seno.
“Non puoi sempre aiutarmi, ok? Ci sono certe cose che… Non ho il coraggio di affrontare e non voglio che sia tu a farlo per me.” Alle sue parole lo osservo attentamente. Perciò, è questo il problema? È tutta una questione di coraggio che lui non ha?
“Anche con Emily, ad esempio. Ti ho supplicato più volte di lasciar stare e tu… Tu hai voluto per forza che io ci ritornassi amico.” Detta così, penso, sembra quasi che io l’abbia messo sotto tortura. Ok, non nego che sono stata al quanto impulsiva ma… Cavolo, è stato anche lui a dirmi che era felice di quanto accaduto!
“E lo stesso è successo con la band. Ti avevo detto di dimenticare, di non pensarci e tu… Non mi hai dato ascolto.”
“Volevo solo aiutarti” ammetto e, ascoltando le sue ragioni, sento la rabbia scemare sempre di più. I sensi di colpa, però, sono ritornati. Abbasso lo sguardo e sento Luke muoversi.  Avvicinandosi s’inginocchia fra le mie gambe. Alzo lo sguardo e mi sorprendo a trovarlo così vicino, con quel sorriso tenero. Quel sorriso che è in cerca di scuse.
“Lo so, ma… Non puoi sempre fare di testa tua. Ok, ammetto che anche questa volta hai avuto ragione perché… Cavolo! Non suonavo e non mi sentivo così bene da parecchio” sorrido alle sue parole, mentre una sua mano mi accarezza la guancia.
“Ma?” chiedo.
“Ma avrei voluto fare tutto con calma, magari più in là. Magari senza il tuo aiuto.” Il sorriso che mi sta riservando, mi allevia un po’ da tutti i dolori che ho subito in questi due giorni.
“Scusa.” Ammetto e anche se vorrei che fosse a lui scusarsi, so che va bene così. Ho sbagliato anch’io e merita le mie scuse. Resta per qualche secondo a osservarmi mentre si morde il labbro inferiore, lì dove ha quel piercing che ora vorrei toccare con le mie dita. Ma non lo faccio, rimango in attesa di ciò che presto farà o dirà. “Scusa anche me… Per averti evitato” afferma e mi meraviglio perché non posso crederci che si sia davvero scusato. Insomma, ormai ci avevo fatto a mucchio e invece…
“Oh…Tu sei… uno stronzo!” dico e lui ride. Ma io sono seria. Per quanto ora sia felice, per quanto mi abbia fatto piacere ricevere le sue scuse, non mi è piaciuto per niente il suo modo di affrontare le cose. Evitarmi… è un atteggiamento che solo a chi ti ha fatto del male è riservato.
“Già. Me l’hanno detto in molti” ammette tirandosi di nuovo in piedi e afferrandomi per mano. In un colpo solo mi tira a sé e mi ritrovo fra le sue braccia. I nostri volti solo ancora lontani però.
Ci guardiamo ed io non so cosa dire.
“Perciò… Pace?” chiede sussurrando, e mordendosi il labbro. Lo guardo attentamente per poi scoppiare a ridere. “Certo che no. Io sono ancora incazzata con…” non riesco a finire di parlare, però, perché le sue labbra si impossessano delle mie. Spingendomi, arrivo di nuovo a toccare il margine della vasca e con un sospiro mi lascio andare alle sue attenzioni. Le sue labbra sono morbide, dolci e per quanto sia ancora incazzata, non riesco a rifiutare i suoi baci. Sarei una pazza a farlo anche perché era da giorni che avevo bisogno di tale gesto e, ora che lo sto vivendo appieno, non ho il coraggio di fermarlo.
“Sei scorretto!” mi lascio scappare fra un bacio e l’altro e lui si ferma per ridere. E ora mi sento più tranquilla ascoltando la sua risata, riesco a capire che le cose sono tornate alla normalità.
“Mi hanno detto anche questo” e sospiro. E non è un sospiro pesante, di quelli che capisci quanto una persona sia al limite della sopportazione; ma è un sospiro che lascia intendere quanto io stia combattendo con me stessa. Perché ora che osservo il suo sorriso, ora che sono fra le sue braccia, la rabbia sembra non avere più senso. Tutto ciò che è accaduto, sembra non avere più importanza e con questi pensieri mi butto fra le sue braccia richiedendo un abbraccio. Un abbraccio che solo lui riesce a darmi.
“Non provare più a evitarmi perché giuro…” la mia minaccia non ha una conclusione.
“Che cosa vorresti farmi?” mi chiede ridendo. Non osa allontanarmi da sé. Afferra la mia mano, però, e la stringe forte alla sua. Alzo la testa dal suo petto e lo guardo negli occhi. “Non lo so sinceramente, ma non farlo più. Mi hai fatto stare di merda” ammetto e lui stringe le labbra in un finto sorriso.
“Te l’ho detto… Io faccio schifo nelle relazioni. Non so mai come comportami e… Non so, evitarti mi è sembrata la cosa migliore da fare”
“Ma non lo è stata.” Dico seria e lui annuisce. Si guarda intorno e, dopo aver osservato per bene ogni parete, riporta i suoi occhi nei miei.
“Ho imparato la lezione” ammette ed io sospiro. Porto una mano nei suoi capelli e ci gioco, mentre mi perdo a fissare le sue labbra.


Spazio autrice
Ehilaaa! Finalmente sono riuscita a aggiornare! Questo capitolo oltre ad essere abbastanza lungo, è stato un vero parto! Ho cercato di farlo il più lungo possibile perchè, beh, mi sono accorta che c'era ben poco fra Luke e Clover. 
Spero che vi piaccia perchè anche se, indovinate un po', a me non convince per niente, ci ho comunque messo molto impegno :)
Allorraaaa volevo informami che boh, forse prossimamente scrivererò qualcosa di nuovo oltre a "let there be love" magari su Calum, non so. Vedrò quanto la scuola mi terrà impegnata. Intanto, però, cercherò di concludere questa FF.
Ringrazio moltissimo chi ha recensito lo scorso capitolo e per i 32 preferiti, i 7 ricordati e i 38 seguiti c: Sono molto felice che la storia continui a piacervi!
Prima di salutarvi vi chiedo di passare in queste storie c:
-http://www.wattpad.com/story/22325705-becomes-love-luke-hemmings
-http://www.wattpad.com/66639265-the-superheroes-never-give-up
detto ciò mi raccomando, lasciatemi una recensione e fatemi sapere cosa ne pensate!

ciao c: 

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Capitolo 15
*** Capitolo quindici -Never too late- ***


Capitolo quindici
-Never too late-

E’ impressionante come, a volte, il tempo passa velocemente. I giorni cominciano ad aumentare, i mesi trascorrono più in fretta del dovuto e da un momento all’altro, ti accorgi che ormai l’autunno è arrivato. Il freddo incomincia a farsi sentire e, come ogni anno, tutto sembra seguire lo stesso ciclo.
Eppure, sdraiata nel mio letto con le coperte che mi riscaldano, credo di essere l’unica a notare quanto le cose siano cambiate. Quanto quest’anno tutto sembra avere un senso diverso. Forse, mi dico, i miei pensieri solo alterati dalla febbre che da giorni sembra non volere scendere; o forse, in realtà le cose stanno sul serio così.
In tutto questo, però, riesco a trovare un’unica ragione per cui ogni cosa non sembra più la stessa. E questa ragione s’immedesima nel corpo di un ragazzo dai capelli biondi, con gli occhi azzurri e dal nome Luke.
Ormai è quasi un mese che stiamo insieme e le cose vanno alla grande. Luke… Sa farmi sentire bene. Mi capisce come solo Calum riesce a farlo e, forse, a volte arriva anche a comprendere cose che nemmeno io riesco a conoscere di me. E questo, davvero, mi riempie il cuore di gioia.
A miei pensieri sospiro e, portandomi una mano sulla fronte, cerco di capire per quanto ancora continuerò a delirare in questo modo. Quando noto che la mia fronte è ancora bollente, sbuffo rumorosamente.
È da tre giorni che sono confinata nella mia stanza e, per quanto saltare la scuola sia un’ottima prospettiva, incomincio a sentirne la mancanza. Ma soprattutto, inizio a soffocare all’interno di queste quattro mura.
Con una stanchezza innata, manco avessi scalato un monte, cerco di tirarmi su con le braccia e di sedermi. Allungo una mano alla mia sinistra e, avvicinandomi al mio portatile, lo afferro per poi posarlo sulle mie gambe. Anche se dovrei riposarmi, non voglio sprecare il mio tempo a sprofondare minuto per minuto nelle mie lenzuola. Perciò, cercando di tenere al più lungo possibile gli occhi aperti, accendo il pc e inizio a girovagare su Facebook. Resto per una quindicina di minuti a cercare qualcosa d’interessante da leggere prima che un rumore, al quanto strano, mi distrae da ciò che sto facendo. Aggrotto le sopracciglia e mi guardo intorno cercando di capire da dove possa provenire. Non è un suono costante, va a tratti. È come se, qualcuno, stesse gettando qualcosa contro il muro. No, il suono è molto più stridulo.
Quando il rumore si ripete, riesco subito a capire da dove esso deriva. Qualcuno… Qualcuno sta lanciando qualcosa contro la finestra della mia camera.
Insicura di star immaginando tutto a causa della febbre, scosto le coperte e lentamente mi avvicino a essa. Una volta vicina, scosto le tende e quando, sotto il piccolo balconcino, noto un ciuffo biondo, non posso non spalancare gli occhi dallo stupore.
Prendendo la coperta e posandomela sulle spalle, mi affretto ad aprire la porta-finestra e a uscire. Rabbrividisco quando l’aria autunnale mi rinfresca il viso.
“Mio dio, sei impazzito? Cosa ci fai qui?!” chiedo, sporgendomi dal balconcino, e riuscendo a vedere al meglio Luke. Come sempre, mi sorride innocentemente.
“Mi mancavi e… Sorpresa?” alle sue parole rido, anche se, non posso non chiedermi come abbia fatto a entrare nel cortile di casa. Da quando stiamo insieme Luke non è mai entrato in casa mia. Sì, mi ha accompagnato innumerevoli volte, ma ci siamo sempre fermati davanti al cancello. E, rannicchiata a causa del freddo nel mio piccolo balcone, mi chiedo come abbia fatto a capire che questa, fra tutte le finestre della casa, corrisponde proprio a quella della mia stanza.
“Come hai fatto a entrare?” chiedo sorridendo ma, allo stesso tempo alzando un sopracciglio curiosa. Mi osserva e, arrampicandosi sul piccolo albero nel retro, inizia ad avvicinarsi.
“Diciamo che Calum mi ha dato una mano” le ultime parole sono quasi inudibili a causa del piccolo sforzo che, saltando, gli impedisce di parlare. E in pochi secondi, superando la ringhiera, il mio ragazzo non è più tanto distante. Pulendosi i jeans, si accovaccia per un secondo, poi, rimportando i suoi occhi nei miei, mi sorride.
“Mi ha spiegato che quando eravate più piccoli e tu eri in punizione, entrava sempre di nascosto per vederti…E poi, il resto lo sai, no?” si affretta a spiegare e, standogli così vicina, per un secondo non riesco a dare importanza alle sue parole. L’unica cosa che riesco a vedere sono i suoi occhi, le sue labbra, il suo naso e guardandolo, penso che sia bellissimo. Bellissimo da mandarti il cervello a puttane.
Con uno scatto veloce, mi butto fra le sue braccia stringendolo in un abbraccio. Con la testa sul suo petto, con le sue braccia che mi circondano la vita, il freddo sembra non avere più esistenza.
“Ehi, vedo che sono mancato anche a te” dice con tono dolce, sospirando nell’incavatura del mio collo. Il suo respiro mi solletica la pelle e un piccolo sorriso spunta fra le mie labbra.
“Ne dubitavi?” chiedo e un brivido mi percorre per tutto il corpo facendomi tremare. Luke, ancora vicino, sembra notarlo.
“No” ammette “Forse è meglio che entriamo, non credi?” e dicendo ciò, delicatamente mi spinge all’indietro così da arrivare dentro casa. In pochi passi, entriamo e, staccandosi da me, si avvina alla porta-finestra per chiuderla.  Appena i nostri corpi sono lontani, altri brividi iniziano a farsi sentire e il freddo, che poco fa era quasi inesistente, sembra essere ritornato. Luke notando tutto ciò, mi sorride con quel sorriso viziato, che usa solitamente per prendermi in giro.
“Come stai?” mi chiede, mantenendo le distanze, ed io faccio spallucce. Sarebbe troppo sdolcinato dire che ora, avendolo al mio fianco, mi sento al settimo cielo?
“Bene” ammetto e subito solleva le sopracciglia quasi incredulo della mia risposta. Lo guardo seria non capendo a cosa sia dovuta questa non fiducia nelle mie parole. In uno scatto veloce, però, porta le sue labbra sulla mia fronte per lasciarci un piccolo bacio. Delicato, che dura pochi secondi, ma che comunque suscita nel mio stomaco quelle famose farfalle di cui tutti parlano.
“Sei una bugiarda.” Quando mi sussurra quelle parole all’orecchio, le mie farfalle, però non sembrano avere poi così tanta importanza. Non vedo i suoi occhi, ma riesco a capire che il suo tono è ironico.
“Sei bollente, hai ancora la febbre” afferma e riportando i suoi occhi nei miei, posso capire che mi sta rimproverando. Per cosa, poi, non l’ho ancora capito.
Sorrido innocentemente e, una sua mano cerca di afferrare la mia. Una volta che i nostri palmi combaciano, inaspettatamente mi spinge verso il letto. Quasi mi stupisco quando, togliendosi le scarpe, si butta tranquillamente fra le mie coperte tirandomi con sé. Lasciandomi scappare un piccolo urlo di sorpresa, cado con lui, nel mio letto.
“Che… Che stai facendo?” chiedo quando, sollevandosi di schiena, prende le coperte e ricopre entrambi.
“Ci sto comprendo, no?” e il suo modo di rispondermi è scherzoso, sa perfettamente che non è questa la risposta che volevo.
“Sì, ok, lo vedo ma…”
“Ma stai male e non voglio che ti ammali ancora di più raffreddandoti, o qualcosa del genere. Perciò… Ce ne staremo sotto le coperte per un bel po’, almeno fin quando non me ne andrò.” Alle sue parole sorrido e, appoggiando la testa sul cuscino, porto una mia mano sul suo viso. Lo accarezzo e penso che Luke è così… imprevedibile per me. Non immaginavo che sarebbe potuto venire a casa mia solo per vedermi e per, beh, passare del tempo con me pur non potendo uscire da questo labirinto che sarebbe casa mia. Perciò, avendolo così vicino, non posso non sorridergli. Non posso pensare che sia così dolce, che sia la cosa più bella che mi sia capitata in tutti questi anni.
“Grazie” ammetto e lui mi osserva con un sopracciglio alzato. Forse non capisce appieno perché lo sto ringraziando, ma non importa. Mi avvicino e, appoggiando la testa sul suo petto, mi rilasso ascoltando il suono dei suoi respiri.
“Sai, vero, che al piano di sotto ci sono i miei genitori? E che potrebbero salire da un momento all’altro?” chiedo, una volta che il silenzio non sembra più suscitarmi tranquillità. O forse, è solo la voglia di sentire la sua voce che spinge a parlare.
“Lo so, per poco non mi hanno visto prima” mi confessa e spalanco gli occhi preoccupata.  Se i miei genitori lo vedessero… O mio dio, sarebbe un vero e proprio casino. Soprattutto perché non sono a conoscenza del fatto che, beh, la loro adorata figlia ha un ragazzo. “Ma non ti hanno visto, vero?”  la sua risata mi rassicura. “No… Almeno non ancora”.

“Perciò, fammi capire, Calum ti avrebbe aiutato a irrompere in casa mia?” una volta che la porta della mia stanza è chiusa a chiave, tutte le finestre sono oscurate dalle tende e, l’unica luce che illumina la stanza proviene dalla piccola lampada situata sul comodino, Luke ed io siamo liberi di stare insieme senza aver paura di essere scoperti.
“Diciamo di sì…” il suo modo di lasciare i discorsi in sospeso, m’innervosisce. Dandogli un pizzicotto sul braccio, mi giro fra le sue braccia così da poterlo vedere in viso. E’ appoggiato sulla spalliera del mio letto e, giocando con il suo piercing, mi sorride in modo furbo.
“E…?”
“Stavamo parlando e, beh, non ho nascosto che stavo morendo dalla voglia di vederti e lui mi ha dato qualche dritta per venire da te.” Alle sue parole rimango meravigliata. Insomma… Calum così generoso nei confronti di Luke? Cosa diamine è successo in questi pochi giorni di mia assenza?!
“Stiamo parlando dello stesso Calum che ogni volta ama ucciderti con lo sguardo?” chiedo ironica e lui, sentendo il mio tono di voce, scoppia in una risata. “Già, proprio di lui.” Scuoto la testa senza parole.
Pur essendo passate settimane, Calum non ha ancora accettato che Luke ora, oltre a far parte della nostra “comitiva”, sia anche un membro della band. E se prima ero solo io a conoscenza di ciò, ormai, anche Luke ha capito come stanno le cose.
“Come vanno le cose nella band?” chiedo introducendo un nuovo argomento e appoggiando la testa sulla sua spalla. Chiudendo gli occhi, cerco di rilassarmi. Sto morendo dal freddo e inizio ad avere sonno. Vorrei non sentirmi così, però, non ora che sono in compagnia di Luke.
“Bene… Ci stiamo preparando per domani.” Alle parole di Luke, spalanco gli occhi.
“Domani?” chiedo e quasi mi trovo a supplicare di non essermi dimenticata qualcosa. Luke mi fissa per un secondo e aggrotta la fronte.
“Domani… La gara… La band…” le sue parole pronunciate con alcune pause, mi aiutano a metabolizzare al meglio la faccenda. E mi do della stupida quando capisco di essermi dimenticata di un evento così importante, per cui stanno lavorando da un mese e che, soprattutto, non potrò andarci a causa delle mie condizioni salutari.
“Cazzo” protesto e Luke ride.
“Te ne eri dimenticata” afferma accentuando ancora di più la verità. Sbuffo.
“Già, ma anche se fosse… In queste condizioni non posso venire a vedervi e… mi dispiace” abbasso lo sguardo e, di nuovo, mi stringo al suo petto. Luke appoggia il mento sulla mia testa e portando il braccio destro sulla mia schiena, mi stringe a lui.
“Tranquilla, non fa niente.” Mi consola e chiudendo gli occhi, mi faccio cullare dalle sue braccia.
“Ehm… I tuoi genitori sanno di domani?” la mia domanda esce spontanea e una volta che il danno è stato fatto, mi do della stupida. Dopo quella piccola discussione, prima di fare e dire qualcosa riguardo Luke ci penso due volte. Non so, ma ho paura che qualche mio gesto o reazione possa suscitare in lui lo stesso atteggiamento della scorsa volta.
“Gliene ho parlato” quando noto che, però, il suo tono è tranquillo mi rassicuro. “Oh” apro gli occhi e sollevo lo sguardo per inchiodarlo nel suo. “Ecco… Come l’hanno presa?” chiedo e dall’espressione di Luke sembra che tutto vada bene. “Meglio di quanto mi aspettassi, in realtà” mi reggo sui gomiti ansiosa di capire al meglio ciò che ha detto. Quindi vuole dire che…
“Abbiamo parlato e pur pensandola allo stesso modo, continuano ancora a pensare che sia una perdita di tempo, hanno detto che è ‘carino’. Ma non è questo il mio futuro” non so se essere felice o meno di questa confessione. Insomma, Luke ha fatto un grande passo. È riuscito a parlare con loro, li ha introdotti in qualcosa d’importante per lui e loro hanno mostrato un minimo interesse. Certo, non l’avranno incoraggiato come farebbero dei bravi genitori, ma è comunque qualcosa di positivo!
“Va bene così, ok? E non credere alle loro parole. Il tuo futuro è ciò che ti piace fare, no ciò che ti viene imposto.” Stringe le labbra e abbassando lo sguardo annuisce. Mi avvicino stringendolo in un abbraccio. Non voglio rovinare questo momento fra noi, perciò non insisterò sull’argomento. Se vorrà, sarà lui ad aprirsi con me.
Ricambiando il mio gesto di affetto, subito cerca qualcosa di più. Sposta il suo viso vicino al mio per avere un bacio, ma portando le mie dita a sfiorargli le labbra, lo fermo.
“Cosa c’è?” chiedo e dal suo tono, capisco che è scocciato dalla mia interruzione. Sorrido per poi lasciarci un bacio sul naso. “Ho la febbre e non voglio mischiartela, non soprattutto quando domani hai un concorso importante da affrontare. Perciò, mi dispiace, ma niente baci” alle mie parole spalanca gli occhi.
“Dimmi che stai scherzando.” Rido.
“No, mi dispiace. Niente scherzi” quando lo vedo sbuffare, ma allo stesso tempo ridere,  capisco che però, lui non è intenzionato a rispettare la mia regola.
“Fanculo l’influenza, io ti bacio lo stesso” e non posso contraddirlo perché subito le sue labbra sfiorano le mie e, come ogni volta, stregata dal suo tocco, non posso schivarlo. Le sue mani corrono entrambe ai lati del mio volto e, schiudere ancora di più le labbra, la sua lingua riesce a scontrarsi con la mia. I nostri movimenti sembrano non avere controllo e prima che uno dei due possa ritornare a ragionare, mi trovo sdraiata sul mio letto con Luke sopra di me. Reggendosi sulle proprie braccia, continua a baciarmi e le sue labbra non si staccano neanche per un secondo dalle mie. E’ un bacio passionale, molto, ma in tutta questa passione riesco a vedere soprattutto la sua dolcezza. La dolcezza che usa per toccarmi, per accarezzarmi e per stringermi sempre di più a lui. Si allontana e, respirando sul mio viso, sposta il suo nell’incavo del mio collo. “Prenderei tutte le malattie del mondo, pur di aver in cambio un tuo bacio” sorrido.

“Stai dormendo?” mi chiede Luke quando, ancora rannicchiata fra le sue braccia, ho gli occhi chiusi.
“No” sussurro e, ancora più di prima, sento il bisogno di lasciarmi andare a un lungo sonno. Anche se, giuro, vorrei passare dell’altro tempo con Luke, magari non mezza morta.
Sento le sue mani toccarmi i capelli e sospirando, si alza leggermente. “Devo andare” queste due parole sembrano risvegliarmi, e subito spalanco gli occhi. “Già?” chiedo sollevandomi anch’io e guardandolo con un sorriso triste. Luke ride. “Sono qui da oggi pomeriggio ed è ora di cena. Oggi ci sono i miei e… beh mi stanno aspettando.” annuisco. “E poi… Hai bisogno di riposare e, con me al tuo fianco, non fai altro che stancarti ancora di più” allacciandosi le scarpe, dandomi così le spalle, mi trovo a scuotere la testa. Se solo sapesse che, in realtà, è tutto il contrario. Più sto con lui e più sento di star meglio. So che è solo una sensazione, ma va bene così.
Dopo essersi messo le scarpe, si rigira e alzandosi mi sorride. Cerco di alzarmi, ma appena lui capisce le mie intenzioni, il suo “No, ferma” mi fa arrestare sul posto. “Non ti muovere” appoggiando le braccia sul letto e allungandosi con il busto, arriva ad un passo dal mio viso. “Resta pure al caldo.” Mi lascia un bacio a stampo “E cerca di riprenderti, ok? Non ne posso giù più di avere un banco vuoto al mio fianco nell’ora di matematica” alle sue parole rido e, portando le mie braccia dietro al suo collo, lo avvicino ancora di più, così che le nostre fronti possano toccarsi. “Va bene, e domani esigo una chiamata. Voglio sapere come è andata, ok?” annuisce e avvicinandomi, lo bacio ancora. E non mi stanco per niente perché se potessi, passerei tutto il mio tempo con lui, su un letto, a baciarci. Purtroppo, però, il tempo non è dalla nostra parte e noi siamo costretti a dividerci. Allacciando per bene la giacca di pelle, Luke si allontana e con un ultimo sorriso, apre la porta-finestra. “Non farti male!” e tutto ciò che dico, e poi, insieme al buio, scompare dalla mia vista.

“Sto bene, davvero” due giorni dopo, seduta nel muretto della scuola, mi ritrovo a smaltire la pesantezza di una giornata scolastica. Anche se la scuola non mi è mai piaciuta, e mai mi piacerà,  stranamente sono felice di ritrovarmi qui. Avevo assolutamente bisogno di respirare dell’aria pulita, di ritornare in mezzo la gente e beh… di vedere il mio ragazzo.
“Sicura? Potevi rimanere ancora un altro giorno a casa se…” alle sue parole, però, sbuffo.
“Hemmings, da quando sei diventato come mia madre?” rido alla mia affermazione e, spingendolo delicatamente, per poco non cade dal muretto. Guardandomi con un sopracciglio alzato, quasi offeso, però sembra riuscire a gestire la situazione. Saltando giù, mi si para davanti e insinuandosi fra le mie gambe, mi guarda serio. “Da quando sei la mia ragazza e mi preoccupo per te.” Le sue parole, dette seriamente, provocano un vero uragano dentro di me. Lo guardo e ora come ora, con quei gli occhi che mi stanno letteralmente fulminando, in lui vedo solo attrazione. Come due poli, sento di essere attratta dalle sue labbra e sento il bisogno di mordergliele, di avvinare di nuovo il mio volto al suo.
“Qualcosa da dire?” mi chiede e, con sorpresa, osservo quel sorriso fra le sue labbra. Quel sorriso che sembra essere consapevole dei mie pensieri. Impreco sottovoce e, alzando gli occhi al cielo, mi trovo muovere il capo con dissenso. Lui ride e, prendendomi il volto con le mani, si avvina alle mie labbra.
“Ottimo, direi” sussurra e un nuovo bacio sembra avere inizio. Essendo in una posizione scomoda, sono costretta ad abbassare il capo verso di lui, ma influenzata dal potere che ha su di me, non mi staccherei per nulla al modo dalle sue labbra. Ridendo, mi morde il labbro e subito chiudo gli occhi involontariamente. Gli lascio alcuni baci a stampo prima che, baciandomi sul collo, Luke si distacchi.
“Dimenticavo” trovo a odiare le sue parole adesso. Vorrei che parlasse di meno e che, beh, usasse quelle labbra per altro.
“Cosa?” chiedo e torno ad alzare il capo. “Questo weekend, ho una partita importante con la squadra e mi chiedevo… Beh, se ti andrebbe di venirmi a vedere. Magari anche con gli altri” sorrido alla sua proposta. Anche se, in tanti anni che vengo in questa scuola non ho mai assistito ad una partita di football, sono felice che mi abbia avvisata. Non sono un tipo che va a certi eventi, ma se è lui a chiedermelo… Beh, non ha importanza.
“Sarò molto lieta di fare il tifo per te!” ammetto e alle mie parole sorride. Si avvicina per lasciarmi un altro bacio.


“Ehilà, Paris, osservo che ti sei ripresa in fretta!” entrando nella stanza del mio migliore amico, sorrido per poi buttarmi nel suo letto. Lasciando stare il suo computer, si avvina e mi abbraccia stringendomi al suo petto.
“Strano da dire, ma… Cavolo, mi sei mancato.” Ammetto distaccandomi dal suo abbraccio. Mi sorride e, spostandosi così da farmi spazio, mi siedo al suo fianco.
“Già, anche tu. Scusami se non sono venuto a trovarti, ma ho avuto la settimana impegnata. Con la scuola, prove, il concorso… Spero che i miei messaggi, però, ti siano stati di conforto” annuisco, stringendogli una guancia come a prenderlo in giro. Ora che lo osservo bene, neanche lui sembra avere un’ottima cera.
“Tranquillo, Luke mi ha detto tutto e… Un terzo posto! Non male, vero?” dico euforica, riferendomi alla loro posizione al concorso. Lui annuisce e mi sorride ma, guardandolo, capisco che c’è qualcosa che non va. Qualcosa che sta redendo nervoso il mio piccolo Hood.
“Ehi, tutto bene?” alla mia domanda, sembra osservarmi indeciso. Non sa cosa dire e, quest’atteggiamento, mi da la conferma che c’è davvero qualcosa che lo sta tormentando.
“Sinceramente? No.” E la sua risposta, elimina tutte le mie supposizioni. Muovendomi sul letto, così da vederlo in una posizione più comoda, lo sprono a parlare.
“Mi sto… frequentando con una ragazza.” La sua notizia, non so per quale ragione, invece che intristirmi, mi rallegra il cuore. “Oddio, Calum! È grandioso!” ammetto e lui sospira. “Con Emily” mi chiarisce e, sentendo il nome della mia amica, mi stupisco ancora di più. Perché non sta saltando dalla gioia con me?
“Era quello che volevi, no? Insomma, mi hai pregato fino all’ultimo di diventarci amica”
“Sì, è vero” abbassa lo sguardo. “Lei è perfetta, è dolce, carina e non so… Forse non ho soltanto più l’intenzione di portarmela a letto.” Alle sue parole sorrido, perché mi fa piacere vedere il mio migliore amico in queste vesti, ma capisco che c’è anche un solito “ma”.
“Ma?” chiedo e lui, sollevando lo sguardo mi guarda dritto negli occhi.
“Ma, stando con lei, ho… ho iniziato a desirare qualcun altro al mio fianco.” Aggrotto la fronte e, guardandolo come se avesse detto qualcosa d’incomprensibile, chiedo una spiegazione.
“Nel senso che… Quando sto con Emily… ingenuamente desidero sempre che al mio fianco non ci sia lei, ma un’altra ragazza. E so che tutto questo è strano, perché questa ragazza a cui ultimamene sto pensando giorno e notte, non mi è mai interessata… ma, eppure, non riesco a fare altro.” La confessione di Calum, mi lascia senza parole. Anche perché, è la prima volta che ammette di provare qualcosa per qualcuno. La prima volta che, beh, sembra essere ossessionato da una ragazza e non solo dal suo bisogno di far sesso.
“E’ da giorni che va avanti questa storia e non so cosa pensare. Non so se credere che forse ho sempre avuto un interesse per lei o che, forse, sto solo impazzendo. E mi sento un emerito deficiente. Non riesco nemmeno più a dormire la notte” il tono di Calum è freddo, incazzato. E lo posso vedere anche dai suoi movimenti. Chiudendo gli occhi e sospirando, appoggia il capo sulla tastiera del letto. Rimaniamo in silenzio mentre, la consapevolezza di questa notizia, incomincia a spaventarmi. E non solo per ciò che il mio migliore amico sta provando, ma per le sue parole. C’è una piccola voce in me che mi sta avvisando, mi sta chiedendo di fare attenzione. Forse, perché Calum sta provando le stesse cose che io provavo per lui. Quando ero incastrata dai miei sentimenti, i miei pensieri e i miei atteggiamenti erano gli stessi. E quest’osservazione mi preoccupa tanto.
“Calum… chi è questa ragazza?” la mia domanda è urgente. Perché ora, necessito davvero una risposta. Ho bisogno di avere quella conferma, quella che mi assolve da tutte le pene del mio migliore amico. Eppure, guardandomi negli occhi, nei suoi vedo una luce strana. Sono velati dalla consapevolezza e mi stanno quasi pregando di non andare oltre. Di non chiedere di più, di non pensare ad altro.
“Non ha importa, Clover” la sua risposta è quasi un sussurro e mentre lo guardo, non posso che pensare il contrario. Perché gli occhi di Calum mi stanno mentendo, gli occhi di Calum mi stanno parlando. E con la consapevolezza che forse la ruota ha iniziato a girare nel verso opposto, capisco che Calum Hood sta parlando di me. Sono io quella ragazza e, questo, ha sul serio importanza. 

Spazio autrice!
Ciaooo! (ho cambiato soluto, eheheh) eccomi qui! Stvolta ci ho messo di meno a scrivere, forse perchè ero più ispirara! lol E bene sì, ecco il primo colpo di scena! Calum... Calum... Cos'è questa storia? Sarà davvero "in fissa" con la nostra Clover? Beh, lascio immaginare a voi! L'unica cosa che vi dico, è che per questa novità non pensiate che la storia diventerà banale o cosa, perchè non ho per niente intenzione di far accadere cose già lette, o sentite lol
Detto questooo ringrazio quelle meravigliose persone che hanno aggiunto la storia ai preferiti (37), alle ricordate (7), e alle seguite (42) e, soprattutto chi ogni  volta recensisce! (ametto, loro le amo di più HAHHAH) 
Come sempre vi ricordo di passare in questa storia, "
Becomes love", che è davvero carina. Se volete anche voi un po' di pubblicità, basta chiedere c:
Detto ciò, corro a rispondere le vostre recensioni! Ciauuu


 

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Capitolo 16
*** Capitolo sedici -Endlessly- ***


Capitolo sedici
-Endlessly-

“Vieni, sediamoci qui!” saltellando da uno scalino all’altro, mi ritrovo negli spalti del campo della scuola, cercando di trovare un’ottima postazione per osservare la partita.
“Dici che da qui riusciremo a vederlo?” chiedo, guardando la piccola sedia rossa di plastica e rivolgendo subito dopo lo sguardo al prato che abbiamo difronte. Emily, togliendosi la borsa dalla spalla, si siede al suo posto.
“Ma certo, non ti preoccupare! Fidati di me, nella vecchia scuola andavo sempre alle partite di football e beh… Puoi considerarmi un’esperta nel trovare i posti giusti” ridendo alle parole della mia amica mi lascio cadere al suo fianco. Come sempre, i giorni sono trascorsi velocemente e, senza accorgermene, il fatidico weekend della partita è arrivato prima del previsto. Così, in compagnia di Emily e in attesa del resto del gruppo, non aspetto altro che il mio ragazzo inizi a giocare.
“Gli altri dove sono?” mentre sono intenta a scrutare il campo in cerca di un ciuffo biondo, Emily intavola una nuova discussione. Sviando lo sguardo, mi osservo intorno.
“In teoria dovrebbero essere già qui, ma in pratica staranno ancora arrivando.” Ammetto facendola ridere. Accenno a un sorriso anche se, in realtà, sono un po’ ansiosa. E’ la prima volta che assisto a una partita di football e, trovandomi fra la maggior parte degli studenti del Sidney High School, mi sento al quanto fuori luogo.
“Poi mi spieghi come hai fatto a convincere Calum a venire qui e soprattutto per vedere Luke giocare!” Emily, ridendo, mi porge questa domanda indiretta e, ascoltandola, la mia ansia sembra aumentare ancora di più. Oh, Calum… Accidenti, me ne ero completamente dimenticata!
Da quando abbiamo avuto quella conversazione strana, da cui sono letteralmente scappata usando una banale scusa, non ci siamo più visti. È questo è davvero buffo, poiché entrambi frequentiamo la stessa scuola, gli stessi amici e beh, anche gli stessi luoghi, eppure è stato facile nascondersi.
Non so se sono stata io a evitarlo, o se, molto più probabile, sia lui il colpevole stavolta. Sta di fatto che oltre a non vederlo, i nostri messaggi si sono ridotti a un semplice “Buongiorno” o “Buonanotte” che sia.
Sinceramente, non so ancora se la mia supposizione sia giusta o meno. Non ho avuto il coraggio di chiedergli se, beh, quella ragazza a cui pensa giorno notte sia sul serio io. E questo, pur se mi spaventa, mi tormenta così tanto da credere difficile che tutto si stia ripetendo di nuovo.
“Veramente… Non sono stata io a convincerlo, ma i ragazzi. Sai... Io e Calum non ci sentiamo da un po’ di giorni.” Ammetto e senza accorgermene, il mio sorriso svanisce a poco a poco. Emily forse sembra notare il mio cambiamento di umore.
“Clover… Posso parlarti di… ecco, di una cosa importante?” quando la mia amica, guardandomi con un’espressione preoccupata e aggrottando la fronte, mi rivolge la seguente domanda, trovo difficile far rallentare i battiti del mio cuore. Come se fossi caduta all’interno di un buco, il cuore, impaurito e preso dallo spavento, inizia a pulsare velocemente.
“Oh… Certo, di cosa vuoi parlare?” come se non fossimo nel bel mezzo di un campo sportivo, come se non avessimo nessuno al nostro fianco, Emily ed io sembriamo essere in un punto critico della nostra conversazione. Guardandola, ma avendo la testa da tutt’altra parte, mi ritrovo a ringraziare Dio che la partita non sia ancora iniziata e che i nostri amici non siano presenti.
“Scusa se non te l’ho detto prima, il fatto è che… Sai, so che è soltanto il tuo migliore amico, ma ho pensato che sì… insomma, non avresti potuto gradire un tale gesto da parte mia e allora… Io… non te l’ho detto ma, giuro che…” Emily sembra non avere una conclusione per le sue parole e, guardandola, trovo difficile non sollevare un sopracciglio non capendo. Di che diamine sta parlando?
“Emily, cosa stai dicendo?” frenando così le sue parole, vado dritta al punto.
“Mi piace Calum” la sua rivelazione, mi lascia interdetta. In un altro momento, ora starei saltando di gioia perché, sì, questa è davvero una grande notizia; ma, sapendo come stanno realmente le cose, sapendo quel poco che basta per capire che Hood non ricambia gli stessi sentimenti, trovo che questa rivelazione sia un vero disastro.
Emily mi osserva e, osservando la mia espressione seria, si porta una mano nei capelli. “Ecco, lo sapevo. Io… Clover mi dispiace, non pensavo che potesse darti fastidio… Io pensavo, sai…”
prima che possa dire altro, cerco di tranquillizzarla. “Emily, no, no è tutto okay. Sono felice e mi fa davvero piacere che… Sì, insomma, che ti piaccia Calum” sorridendo provo ad essere convincente delle mie parole. Cerco di comportarmi come avrei fatto in un altro momento se non avessi avuto la consapevolezza di quel segreto. Emily mi osserva e, sospirando, sembra tranquillizzarsi. “Sul serio? Guarda che se hai qualcosa contro, puoi dirmelo” alle sue parole faccio un segno di dissenso. Restiamo per qualche secondo in silenzio ed, entrambe, lasciamo che i nostri occhi vaghino in mezzo alla folla.
“Sinceramente, avrei voluto dirtelo prima. Sì, insomma, è da un po’ che ci frequentiamo. E io non so bene cosa aspettarmi da lui, sai… Non ho tante esperienze con i ragazzi” le sue parole, dette con sentimento, mi fanno gelare sul posto. E ora, vorrei tanto che Emily rimandasse a più tardi il momento delle dichiarazioni. “Con me è dolcissimo, mi tratta bene, sul serio. Solo… Ultimamente è al quanto strano. So che forse ora mi darai della sciocca” non ci riuscirei nemmeno se fossi sotto tortura, penso “Ma è come se fosse… Distaccato. Non so, ma ho notato che in questi ultimi giorni sembra più freddo. E non se sia normale, sai… Mi chiedevo se tu hai notato qualcosa. Se c’è una motivazione” quando Emily finisce di parlare, sento di iniziare a sudare dalla paura. E, cercando di non inchiodare i miei occhi nei suoi, provo a trovare una via di uscita. Perché non me la sento proprio di mentire, non ci riesco.  Come posso d’altronde quando, l’unica amica che ho, mi parla con il cuore in mano ed io… ed io non posso dirle niente perché è come se fossi io quell’ostacolo che le impedisce di andare avanti?
“Ecco…” inizio il mio discorso, ma proprio quando sto per dare voce alle mie parole, a pochi passi di distanza riesco a scorgere una chioma rossa. E non mi è difficile poco dopo capire a chi appartenga. In compagnia di Michael, Ashton e Calum si stanno dirigendo verso noi. Facendo un occhiolino a Emily, mi ritrovo a salutare i miei amici “Ehi” esclamo.
Emily, girando il volto verso di loro, si alza in piedi per abbracciarli. Io rimango seduta e, lasciandomi andare sullo schienale della sedia, sospiro a pieni polmoni. Sospiro perché ho appena schivato la realtà, mi sono appena salvata dall’essere ad un passo da tutti i miei problemi.
Non do importanza al trambusto che i miei amici stanno creando, ma solo una volta che il posto al fianco al mio è occupato riesco a scorgere il profilo di Calum. Sta guardando di fronte a sé. “Quindi sei ancora viva” mantenendo gli occhi fissi sempre sullo stesso punto, capisco che le sue parole sono rivolte a me. E sentendo la sua voce dopo giorni di assenza, tutto sembra tornare a tremare. Forse, mi dico, sono solo le mie mani che tremano. E non capisco perché, non ce n’è motivo. Calum è sempre Calum, è il mio migliore amico eppure… Mi sento strana ad averlo così vicino dopo che mi ha quasi sbattuto la verità in faccia.
Deglutisco, “Già… Posso dire lo stesso di te” accenno a un sorriso. E mi sento strana perché non so come comportarmi, e questa è davvero la prima volta che sono in imbarazzo con lui. Volta lo sguardo e guardandomi negli occhi, forse capendo il mio distacco, sorride. “Mi sei mancata” ammette e il mio cuore perde un battito. Non è la prima volta che me lo dice, eppure… ora riesco solo a dargli un senso diverso. Eppure, se da una parte mi spaventa questa dichiarazione, dall’altra mi rende felice. Perché certe cose, sussurrate da lui, fanno sempre un certo effetto. Non riesco a rispondergli, perché avvinandosi, mi lascia un casto bacio vicino alla tempia. E pur essendo un gesto delicato, un semplice saluto, non posso non sentirmi a disagio.

La partita è iniziata da mezz’ora e le cose, per la squadra di Luke, sembrano andare bene. Sono in vantaggio di due punti e questo è un ottimo inizio. Devo ammettere che guardandoli, posso dire che sono davvero bravi, soprattutto Hemmings. Ora che ci penso quando, quella notte nel pub mi ha confessato di questo suo potenziale, non ci avevo dato molto peso; ma ora, avendolo davanti ai miei occhi, mi sento come ipnotizzata dai suoi movimenti. È come se, in un certo senso, fosse nato per questo sport.
Anche i ragazzi, al mio fianco, sembrano pensarla allo stesso modo. Da quando la partita è iniziata, non hanno smesso nemmeno per un secondo di tifare per lui e, unendosi ai cori dei tifosi, hanno scherzato e incoraggiato la squadra a dare il massimo. L’unico che, invece, sembra non essere in armonia con gli altri è proprio Calum. Ogni minuto sbuffa e, qualche volta, si lascia scappare anche qualche piccola imprecazione. Non so bene quale sia la ragione di tutto questo brontolare, ma spero che sia dovuto soltanto al suo odiare le partite e tutto ciò che ne deriva.
“Per quanto ancora andrai avanti?” gli chiedo quando l’ennesima imprecazione, mi distrae nel guardare Luke. Girandomi verso di lui, noto il suo sguardo freddo. È la solita reazione che ha quando è colto con le mani nel sacco. Mordendosi il labbro inferiore, si porta una mano fra i capelli e sospira.
“Scusa.” Si porta una mano nella tasca dei pantaloni “Non pensavo che beh… Ti stessi disturbando” i suoi occhi abbandonano i miei. Abbasso lo sguardo e noto che, fra le mani, ha il suo solito pacchetto di sigarette. Aprendolo, se ne porta una fra le labbra senza però accenderla.
Faccio spallucce e ritorno a guardare la partita. Sinceramente non so cosa mi prende, ma riesco a percepire anch’io tutta la tensione che c’è fra noi. Eppure, penso, dovrei comportarmi come sempre con lui. D’altronde, lui non mi ha ancora detto niente. Non ha detto “Ehi, Clover, quella ragazza sei tu”, perciò le mie paure potrebbero anche rivelarsi sbagliate. Ci potrebbe essere un’altra persona e, facendomi ostacolare dei miei pensieri, potrei sul serio rovinare quel rapporto che ho con lui.
A questi pensieri, mi lascio scappare un piccolo sospiro.
“Perché non ti sei fatta sentire in questi giorni?” la domanda di Calum, seppur posta nel momento sbagliato, riesce comunque a farmi stare calma. Sta cercando di parlare e questo mi fa capire che non è arrabbiato, anche se non ci sarebbe un vero e proprio motivo per esserlo.
Deglutisco e riportando di nuovo gli occhi su di lui, lascio stare la partita. Mi avvicino al suo volto perché non ho per niente voglia che, Emily, al mio fianco possa capire e fraintendere qualcosa dei nostri discorsi.
“Sinceramente, potrei farti la stessa domanda.” Ammetto e, avvicinando le mie dita al suo volto, allontano la sigaretta dalle sue labbra. “Non si può fumare qui” aggiungo e lui annuisce.
“Già” non capisco a quale delle due mie affermazioni si riferisca. Mi sorride, però, e ricambio.
“Comunque, non lo so… Credo che sia tutto dovuto agli innumerevoli impegni che ho avuto. Sai, la scuola, Luke…” la mia lista termina qui e mi sento stupida. Si capisce perfettamente che la mia è solo una scusa e che il mio ragazzo e la scuola non sono la vera ragione per cui non ho dato segni di vita in questi giorni.
Questo, però, a Calum sembra bastare. Annuisce e portando lo sguardo sul campo, spezza quella sorta di legame da cui i nostri sguardi erano accomunati.
“Anch’io ho avuto da fare con la Band, la scuola…” mi chiarisce e non capisco se anche la sua sia una scusa. So solo che, parlando con lui, sto impazzendo dalla vogli di chiarire i miei dubbi. Perché più mi convinco di non pensarci, e più i miei pensieri ricadono su quella rivelazione. Il mio cuore sembra implorare per saper chi sia quella ragazza, mentre il mio cervello mi avverte di evitare qualsiasi cosa che ha come interesse i sentimenti di Hood.
Annuisco alle sue parole e la conversazione sembra finire lì. Si alza e, prendendomi la sigaretta fra le mani, se la riporta di nuovo fra le labbra. “Esco a fumare” mi spiega e, ancora, annuisco. “Vieni con me?” la sua richiesta mi lascia interdetta. Uscire con lui significherebbe dover passare del tempo con lui, da soli, senza nessuno che riesca a fermare ogni qualsiasi stupida mossa. Significherebbe dover abbandonare la partita, Luke e passare del tempo con lui. Significherebbe far incazzare e deludere Luke per la mia assenza e, trovandomi in una scelta, capisco che in questo momento, il mio posto, è proprio dove sono seduta.
Perciò, sospirando, faccio un segno di dissenso. “Non posso” ammetto e indico il campo da football, facendogli comprendere il perché. Lui alza gli occhi al cielo e, stranamente, sembra avere un sorriso fra le labbra. Faccio spallucce e lui porta gli occhi sul di Emily. “Ehi, Drive, vieni con me a fumare?” le chiede e lei, fermando il discorso iniziato con Ashton e Mike, si gira in sua direzione. Il suo sguardo è sorpreso e guardando prima me, e poi Calum, annuisce. Li osservo andare via con la consapevolezza che qualcosa ha appena iniziato a cedere e, forse, è solo la nostra amicizia.

Quando dopo cinque minuti, né di Emily né di Calum si vede traccia, decido che questo è il momento giusto. Sedendomi fra Ashton e Mike, comprendo che se voglio avere una spiegazione o, soltanto conoscere la verità, ho bisogno di parlare con loro. E con questo pensiero, la mia domanda esce spontanea.
“Ok, ora mi dite tutto. Cosa sta succedendo a Calum?” anche se, in parte, so quale sia la verità, voglio comunque una loro conferma. Mike e Ashton si guardano per un secondo negli occhi e, sorpresi, guardano in seguito la sottoscritta.
“Tu cosa sai?” mi chiede Ashton e capisco che forse, i miei amici, sono già al corrente della conversazione avuta con il mio migliore amico. E questo sta a significare che, sotto, c’è realmente qualcosa. Buona o male che sia, tocca a me scoprirlo.
“So di ‘questa’ ragazza misteriosa. Chi è?” dritta e veloce, ecco la mia teoria. Inutile creare giri di parole, voglio soltanto capire se la mia preoccupazione è giustificabile, oppure è soltanto una prassi indispensabile. Guardo i miei amici e noto di nuovo i loro sguardi, si osservano e poi, come riflesso, entrambi guardano lontano.
“Clover, stanne fuori” l’affermazione di Michael, però, mi fa pietrificare sul posto. Non riesco a capire il motivo di tale freddezza. E, sinceramente, non riesco nemmeno a comprendere perché mi stia avvertendo. Starne fuori? E da cosa?
“Voglio solo sapere come stanno le cose, Mike. Non credo di chiedere…”
“Non cercare di capire, non serve.” Ashton si sovrappone alle mie parole ed io non so come prendere questa sua risposta. Perché non dovrei cercare di capire? Le mie teorie… Sono giuste?
“Siate sinceri” so che non dovrei chiedere a loro, ma la mia curiosità non ha un limite. “Sono io… Sono io ‘quella’ ragazza?” chiedo e loro mi guardano impassibili, non fanno trafelare nessuna emozione e questo rende ancora tutto più stressante di quanto già non sia.
L’attesa sembra prolungarsi ed io mi mordo il labbro perché, ora che ho fatto la domanda, non voglio più sapere. Non voglio più essere a conoscenza della realtà.
Qualcuno sembra essere dalla mia parte perché prima che Mike possa dire qualcosa, il “Ehi siamo arrivati!” da parte di Emily interrompe il nostro discorso e, come se mi fossi appena scottata, mi alzo. Porto lo sguardo sulla mia amica e su Calum e quando vedo le loro mani intrecciate, riesco a capire cosa intendeva Michael. “Stanne fuori” forse perché tutto questo, è mille volte più grande di me, e non credo che riuscirei a sopportarlo.

“Mitico Cooper, hai dato il meglio di te oggi. Ci vediamo agli allenamenti, eh?” nascosta dietro ad una colonna, aspetto che gli ultimi due componenti della squadra si allontanino dell’entrata degli spogliatoi. Appena la partita è finita, Luke, a differenza degli altri giocatori, è subito scappato dal campo e non ho potuto congratularmi con lui per la loro vittoria. Perciò, salutando i miei amici davanti alle porte dell’entrata, mi sono infiltrata nel sotterraneo nella scuola, posto proibito ai tifosi, perché sentivo il bisogno di parlare con il mio ragazzo. Coperta da questa colonna, ho contato e controllato uno a uno tutti i giocatori che sono usciti dallo spogliatoio e, arrivando quasi al numero completo, ho compreso che Luke è l’unico rimasto all’interno di quella stanza.
Perciò, aspettando che i due compagni di squadra siano abbastanza lontani, mi avvicino alla porta e silenziosamente entro.
“Ehi, cos’avete dimentica…” le parole di Luke hanno una fine quando, uscendo dalle docce e girandosi verso l’entrata, si accorge di me. È sorpreso e, quando anch’io mi accorgo del fatto che il suo corpo sia ricoperto solo da un misero asciugamano, spalanco gli occhi portandomi le mani su di essi.
“Ok, scusa, non ho visto niente” affermo con voce acuta, anche se, ho visto abbastanza da sentire le palpitazioni del mio cuore, in tutte le parti del colpo. Mi ritrovo a ringraziare le mie mani che ora mi coprono metà del viso perché, se solo mi vedesse in questo momento, potrebbe capire quanto io stia morendo dalla vergogna.
“Io… pensavo che avessi… sai, insomma…” balbetto e pian piano continuo a indietreggiare, andando a sbattere contro la porta. Avendo ancora le mani che mi coprono il viso, impreco mordendomi il labbro. Sento Luke ridere. “Non ti preoccupare… Si insomma…” dal suo tono di voce noto che anche lui è imbarazzato, forse solo una metà di quanto lo sono io ora. “Aspetta” aggiunge subito dopo e, avendo ancora il viso coperto, annuisco non sapendo cosa fare. Non oso guardare fra gli spazi delle mia dita, ma riesco a sentire dei piccoli movimenti e non riesco a comprendere ciò che Luke stia facendo. Solo quando pronuncia a voce alta “Ora puoi guadarmi”, spostando le mie mani dal volto noto che stavolta, al posto dell’asciugamano, ha un paio di boxer che gli copre la sua intimità.
“Va meglio?” chiede, forse riferendomi al mio imbarazzo. Annuisco “Oh sì, certo” ammetto, anche se, in realtà, vorrei dirgli che quei boxer gli fasciano perfettamente il di dietro e le gambe e che, insomma, non va per niente meglio. Soprattutto per il mio autocontrollo.
Luke mi sorride e, rimando ancora a distanza, capisco che questa situazione sta diventando al quanto imbarazzante. Perciò, sviando lo sguardo su una panchina, allungo il passo per sedermi. E, cambiando punto di vista, riesco a vedere alla perfezione il petto di Luke. Un bellissimo petto che, per poco, non mi manda in tilt il cervello.
“Allora, che ci fai qui?” chiede sorridendomi e, lasciandosi cadere al mio fianco, forse esausto per tutto l’esercizio compiuto durante la giornata. Lo osservo e, deglutendo, credo che la distanza fra i nostri corpi in questo momento sia snervante. Perché vorrei abbracciarlo, vorrei baciarlo e vorrei anche che mi consolasse. Ma lui non accenna ad avvicinarsi, perciò cerco di frenare i miei istinti e di non concentrarmi troppo sul suo profumo.
“Sei scappato dal campo alla fine della partita, volevo farti i complimenti” ammetto e non lo guardo negli occhi. Non per qualche ragione precisa, ma mi aiuta a non pensare al fatto che lui sia a pochi passi di distanza da me e che c’è ben poco che ci divide.
“Giusto, c’erano i miei genitori…” afferma e la sua rivelazione, mi fa spalancare gli occhi. Mi giro verso di lui e incastro i nostri sguardi. I suoi erano alla partita e… perché tutto questo mi sta sconvolgendo? Forse perché è una cosa positiva, ma il modo in cui Luke l’ha detto, lo fa sembrare quasi come qualcosa di negativo.
“Sai, questa era una partita al quanto importante” mi spiega e, allungando la sua mano verso la mia, la stringe forte. Come sempre inizia a giocarci e il suo tocco, stavolta, in me procura una grande sequenza di brividi.
“Quanto importante?” chiedo e cerco di stare tranquilla, di non dare troppo peso alle mie reazioni.
“Tanto da decidere il mio futuro.” Afferma ed io spalanco di nuovo gli occhi.
“Perché non me l’hai detto?” chiedo e lui fa spallucce.
“Perché non ci ho dato molto importanza. Sai che a me non interessa un accidenti di questo stupido sport e, sinceramente, giocare da professionista o meno non è quello a cui miro. I miei genitori, però, sembrano credere il contrario.” Mi spiega ed io annuisco, non sapendo realmente cosa dire. Anche perché lui non è per niente felice di tutto questo suo potenziale, e mi mette davvero in una strana situazione.
“Perciò, i tuoi genitori sono venuti a vederti…” affermo e lui annuisce. “Già, forse erano più entusiasti di sapere se il figlio avrà mai successo che vedere il figlio giocare. Ma va bene così, almeno sembrano interessati a qualcosa che riguardi me” le sue parole sono dette con astio, e mi provocano una grande tristezza. Stringo la mia mano nella sua e cerco di confortarlo con un sorriso.
Appoggio la testa sulle mattonelle del muro, e portando lo sguardo all’insù, tutte le consapevolezze iniziano a farsi sentire. E fra tutte, ciò che mi preoccupa di più, è quella verità nascosta. Quella verità di cui solo Calum ne è a conoscenza, ma che riguarda anche me.
“Tutto okay?” forse Luke nota il mio cambiamento. Lo guardo e i miei pensieri iniziano di nuovo a lasciarsi andare. Vorrei asserirgli la verità, dirgli che in realtà niente è okay, perché forse il mio migliore amico è inna… ha una cotta per me ed io, non so che pesci prendere. Ma la consapevolezza che Luke è il mio ragazzo, e che Calum non è soltanto un suo “amico” ormai, ma anche un suo compagno della band, mi mette in guardia. Perché dovrei farlo preoccupare, o meglio incazzare, se la mia non è altro che una supposizione? Non dovrei, certo, eppure io sento il bisogno di confidargli tutto quello che provo.
“Sì, è tutto okay” però mi limito a dire, stringendo la sua mano, come se potesse darmi la forza necessaria per non crollare. Luke, al mio fianco, non nota quest’ossessione che ho nell’avere le sue attenzioni, ma portando una mano sul mio volto, mi sposta una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Sicura?” il suo modo di indagare, di preoccuparsi per me, mi fa ridere. Lo vedo sotto un’altra luce mentre cerca di scoprire le cose come stanno, ma senza forzare il tutto. Punto i miei occhi nei suoi e, alzando le sopracciglia, mi avvicino tanto da appoggiare il viso nell’incavo del suo collo. Le mie labbra toccano la sua pelle, il suo collo, e il suo profumo m’inebria la mente. Il suo profumo mi ricorda casa, mi ricorda tutto quello che voglio.
“Sì, sicura” confermo e allontanandomi dal suo corpo, quasi scottata, lo osservo. E porto anch’io una mano nei suoi capelli, un po’ umidi a causa della doccia. Ci gioco e accarezzandoli sotto i suoi occhi, gli allungo il ciuffo.
“Mm…” il suo, è un tono gutturale. “Fingerò di crederci” ammette e arrestando il movimento della mia mano, lo osservo con un sorriso che non ha realmente senso. La sua mano torna di nuovo ad afferrare la mia, e la stringe forte.
“Sul serio, è tutto okay. Ho solo bisogno di te… e di un tuo abbraccio” le mie guance diventano rosse, solo per un secondo, perché Luke ascoltando le mie parole mette subito in atto ciò che ho detto. Alzandosi, mi tira un braccio e subito, mi trovo a stretto contatto con il suo petto nudo. Le sue braccia mi circondano e quasi rabbrividisco quando sento il profumo di Luke invadermi da tutte le parti. E lì, proprio senza alcuna distanza da lui, tutti i pensieri sembrano svanire. Non c’è più nessuna preoccupazione, non c’è motivo di avere paura, non c’è niente. Ci siamo solo Luke ed io.
Respiro pesantemente nell’incavo del suo collo, ma quando capisco che quest’abbraccio non mi basta più, vado in cerca delle sue labbra. E come se anche lui non stesse aspettando altro, si avvicina e così inizia un nuovo bacio. Un bacio che non ha pretese, non ha regole, un bacio che forse è più disperato del solito. Le nostre lingue s’incontrano, si toccano, si assaporano. Come riflesso, indietreggiamo e subito il freddo delle mattonelle mi fa rabbrividire. Ma il corpo di Luke mi riscalda subito. Le sue mani stringono i miei fianchi e una di esse, pian piano s’intrufola all’interno della mia maglietta. Tocca la mia pelle e a quel tocco rabbrividisco, ma non fermo le mie di mani che invece sono intente a toccare il petto di Luke. Come se seguissero un percorso, vagano in cerca di più contatto. E proprio non mi spiego il perché, il perché entrambi oggi abbiamo così bisogno l’uno dell’altro. Perché sembriamo così assettati di attenzioni, ma non mi lamento perché stando così vicino al suo corpo, mi sento bene.
Le sue labbra si allontanano dalle mie ed entrambi abbiamo il respiro pesante, entrambi siamo affannati. Non guarda i miei occhi ma guarda le mie labbra e, chiudendoli i suoi per un secondo, appoggia il viso nell’incavo del mio collo. Si stringe quasi ossessivamente al mio corpo ed io cerco di fermare il respiro che sembra non volerne sapere di ritornare regolare. Mi stringe in un abbraccio e lasciandomi un bacio a stampo sul collo, sospira. “Forse… Forse è meglio che vado a rivestirmi, uhm?” chiede e capisco che ci sta mettendo tutta la buona volontà per starmi lontano. Annuisco, anche se, entrambi rimaniamo fermi, nessuno dei due è disposto a separarsi dall’altro. Rido quando mi accorgo di quanto la situazione ci sia sfuggita dalle mani.
“Ti aspetto fuori” ammetto e con la poca forza che mi è rimasta, riesco sgattaiolare dalla sua presa. Quasi protesta quando mi allontano da lui e afferrandomi di nuovo per il polso, mi avvicina a sé per darmi una serie di baci a stampo. Dolci, puri e casti. Sorrido e mi lascio scappare una risata.
“A dopo Hemmings” affermo e staccandomi dalla sua presa, mi dirigo verso la porta. E quando esco, sento ancora i suoi occhi bruciare sul mio corpo.

“Da quando abbiamo iniziato a camminare, non mi hai degnato di uno sguardo. Dovrei essere geloso?” mentre finisco di inviare un ultimo messaggio a Mike, sento la voce di Luke scontarsi contro il mio viso. Alzo gli occhi dall’oggetto che ho fra le mani e, guardandolo, me lo ritrovo a pochi centimetri di distanza. Ma non sta guardando me, sta guardando lo schermo del mio cellulare. Sorrido e capisco che il suo tono di voce è ironico.
“Scusa” ammetto e allungandomi quel poco che basta, gli lascio un bacio a stampo mentre ritorniamo a camminare. “E’ Mike” chiarisco e lui, al mio fianco solleva un sopracciglio.
“Ottimo, mi metti le corna con uno stesso componente della mia band? Dovrò picchiarlo, allora” le sue parole sono dette in modo scherzoso, e questo dovrebbe farmi ridere, ma invece mi fa solo gelare sul posto. Perché penso a Calum, penso che forse, sarà lui quello che a poco picchierà.  Ma non voglio pensarci, mi dico. Ne voglio stare fuori, proprio come i miei amici mi hanno consigliato.
“Ci ha invitato ad una festa” così, cambio discorso. Luke al mio fianco, guarda avanti e accennando ad un sorriso, mi stringe forte la mano. “Quando?”
“Sabato prossimo, è organizzata da alcuni studenti del Norwest Christian College e… Sarebbe carino, non credi?” chiedo e subito i suoi si spalcano dallo stupore per ciò che ho detto.
“Il Norwest? Era la mia vecchia scuola!” ammette e io annuisco. “Ah” ammetto e questa sua rivelazione mi da la conferma che, forse, a quella festa non ci andremo. Perché Luke ha chiuso da qualche tempo con il su passato e ha cambiato scuola per allontanarsi da tutti i suoi sbagli.
“Ok, allora dico che sarà per un’altra volta” e subito riprendo in mano il mio cellulare per disdire tutto, ma Luke mi ferma. “Cosa? No, no” lo guardo di sbieco “Noi ci andremo, le feste del Norwest sono… Wow” e il suo modo di parlare mi fa ridere. “Sicuro?” chiedo e lui annuendo mi da ogni risposta “Sicuro.”

Spazio autrice
Ehilààà bella gente! Eccomi qui, un po' in ritardo! Inizio questo spazio autrice ringraziandovi. C'è, 8 recensioni al capitolo precedente! Grazie mille, mi avete resa davvero tanto felice! Questo capitolo è un po' diverso dai precedenti e non so come considerarlo, se di passaggio o meno! Spero che vi piaccia perchè ci ho impiegato molto a scriverlo!
Il prossimo capiolo parlerà della festa. Siccome sono un po' a corto di idea, dai giura?, mi chiedevo... Voi cosa vi  aspettate da questa festa? Non so, avete delle idee? Ditemi quello che pensate perchè, come sempre, i vostri commenti mi aiutano a scrivere c:
Poooi ricordo a tutti voi che, se trovate degli errori durante la lettura, ditemeli pure come ha fatto una ragazza nella scorsa recensione. Sto iniziando pian piano a correggere tutti i capitoli e con il vostro aiuto, sarebbe più facile.
Poiii ringrazio come sempre tutti per aver letto e aggiunto la storia tra preferite/ricordate/seguite. Volevo avvisarvi di una piccola cosa... Avevo intenzione di creare un Trailer per questa storia. Io so come si fanno, solo che se impiego del tempo per farlo poi, occupo del tempo per scrivere e quindi finirei per aggionare ad ottembre lol C'è, qualcuno di voi, che magari ha del tempo da perdere e che beh... ama fare i trailer? Se c'è qualcuno, lasciatemi pure una recensione dove mi dite la vostra!
Con questo finisco di rompervi, e niente... vado a rispondere alle magnifiche recensioni c: 
Ciauu!
P.s. da ora in poi, visto che il carcere inizia, credo che aggiornerò una volta alla settimana :c 

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Capitolo 17
*** Capitolo diciassette -Daylight- ***



Capitolo diciassette
-Daylight- 


“Ehi, stai tranquilla, è solo una festa!” mi rassicura Emily, seduta al mio fianco. Portando una mano sulla mia gamba, cerca di fermarla inutilmente. Per fortuna, l’unica che sembra aver notato il mio tic, è lei. Il padre, assolto nella guida, sembra quasi assente.
Le sorrido, “Lo so è solo… Sicura che il vestito non sia troppo corto?” chiedo mascherando così il problema principale del mio essere nervosa. Mi guardo le gambe e indicandole con un dito, faccio comprendere a Emily la mia preoccupazione.
Sinceramente, quando nel pomeriggio sono andata a casa sua per prepararmi con lei, avevo portato con me altri vestiti per la serata. Qualcosa di semplice, qualcosa più nel mio stile: un jeans, un paio di tacchi neri e una maglia del medesimo colore. Ma quando Emily ha saputo della mia scelta, mi ha quasi obbligato a cambiare look. Anzi, togliamo il quasi: mi ha del tutto costretta ad indossare uno dei suoi vestitini.
“No, fidati, sei perfetta!” mi risponde ed io, guardandola, non posso non ridere. Perfetta? Non lo sarei nemmeno con dieci chili di trucco in più. Con un segno di dissenso, lascio stare il discorso lì.
Restiamo in silenzio e l’unico suono che ci disturba, è il rumore della radio accesa.
Finalmente, oggi andrò a una festa del Norwest. Non che avessi mai adibito a infiltrarmi a una di esse, ma sia Luke sia Emily mi hanno raccontato di quanto i party organizzati dalla loro vecchia scuola possano essere considerati dei veri e propri eventi.  “Feste così, se ne vedono ben poche” testuali parole, dette da Luke, mi hanno suscitato questa insana voglia di far parte di questo “evento”. Perciò, eccomi qui a dirigermi verso a quella che, da tutti, è considerata la festa dell’anno.
Il suono di una suoneria, non la mia, mi distrae dai miei pensieri. Sollevando lo sguardo, osservo il viso di Emily illuminato dalla luce del suo cellulare.
“E’ Calum, dice che sono appena arrivati. Ci aspettano all’entrata” le parole della mia amica, sussurrate con indifferenza, mi fanno paralizzare per qualche secondo. E questo non per ciò che ha detto, ma per Il mittente di quel messaggio: Calum. Di corsa, quasi con smania, prendo la mia borsa e, veloce, afferro il mio di cellulare. Quando noto che, a differenza dalla mia amica, nessuno mi ha inviato un messaggio, sbuffo rattristata.
E’ da una settimana che va avanti questa storia e, sinceramente, non so cosa pensare. Calum Hood, non risponde ai miei messaggi. Calum Hood, non pranza più con me a scuola. Calum Hood, mi tiene all’oscuro delle prove dei ragazzi. Calum Hood, non mi degna più del suo sguardo e tutto questo, mi porta a unica conclusione: Calum Hood, proprio lo stesso ragazzo che non è altro che il mio migliore amico, mi sta evitando.
Dire che tutta quest’indifferenza da parte sua faccia male, è dir poco. Fino a questo momento, ho voluto sempre trovare una scusa per i suoi mancati gesti. Mi dicevo: “Magari non ha ancora visto i miei messaggi”, “Magari non ha voglia di pranzare”, “Magari si è dimenticato di invitarmi”, ma ora, ora che Emily ha ricevuto un suo messaggio, posso avere una grande conferma.  Quei messaggi gli sono arrivati e sì, forse, li avrà riletti anche una decina di volte. Ma non mi ha risposto e questo, non so se mi fa più incazzare o mi rende ancora più triste di quello che sono. Io… Io vorrei capire il motivo di questa tale indifferenza nei miei confronti. So che, forse, la risposta è indubbiamente l’unica che da giorni mi perseguita, ma sto ancora sperando insanamente che la mia supposizione sulla sua cotta sia sbagliata. Perché, se fosse così, potrei giustificare la sua assenza, è vero, ma sarebbe anche un taglio netto a quella corda che, ingenuamente, stiamo tirando entrambi.
“Tutto okay?” mi chiede Emily alzando lo sguardo dal proprio cellulare e osservandomi. Forse, non ricevendo una mia risposta, ha capito che qualcosa non va. Sforandomi di fare un sorriso convincente, annuisco “Tutto okay”.

“Ehilà Paris, stai alla grande!” Mike è il primo a dirigersi verso di noi quando, in difficoltà a causa dei trampoli che abbiamo ai piedi, Emily ed io scendiamo dalla macchina. Tirandomi leggermente il vestito, cercando così di coprire le gambe, sorrido imbarazzata.
“Ehm… Grazie?” chiedo non sicura che quello di Michael sia un vero complimento. Guardandomi con un sorriso furbo, mi passa la mano fra i capelli, ricci per l’occasione, accarezzandomi come se fossi un cucciolo di cane. Ricambio il sorriso, anche se, trovo difficile non rimproverarlo per il suo gesto tanto avventato.
Sposto lo sguardo e i miei occhi si soffermano sulla figura al suo fianco. Un ragazzo, o meglio il mio ragazzo, vestito diversamente dal solito, mi sta guardando con gli occhi spalancati e la sue labbra sono strette in un sorriso serio. Il suo sguardo, che mi sta del tutto squadrando dalla testa ai piedi, mi rende nervosa e la paura di essermi vista troppo… troppo scollata, mi fa avanzare di qualche passo.
“Io non volevo mettermelo questo vestito, giuro, è stata Emily ad obbligarmi! Sapevo che non avrei…” sussurro velocemente così da non farmi sentire dagli altri che, riuniti in cerchio, hanno iniziato a parlare fra di loro. 
Luke, pur ascoltando le mie parole, rimane serio. Mi mordo il labbro inferiore ansiosa ma, proprio quando sto per passarmi una mano fra i capelli, sembra riprendere vita. Avvicinandosi, porta le sue labbra sulle mie e, facendomi indietreggiare, arrivo a toccare una delle tante macchine del parcheggio.  Se, a causa della sorpresa, per qualche secondo non ho avuto il tempo necessario per ricambiare il bacio, ora mi trovo quasi ipnotizzata dai suoi movimenti. Continuando a far scontrare le nostre labbra, porto le mie mani fra i suoi capelli e lo avvicino ancora di più al mio viso. Lui, invece, mantiene costante la sua presa sui miei fianchi.
E non so dare una spiegazione plausibile a tutto questo trambusto che stiamo creando, so solo che mi piace e, cavolo, per una volta chi se ne frega se stiamo dando spettacolo?
“Sei… Bellissima” mi sussurra fra le labbra, quando, a corto di aria, è costretto a mettere fine al nostro bacio. Lo osservo e notando il suo imbarazzo nel farmi un semplice complimento, rido di cuore.
“Sul serio? Pensavo che…” non riesco a finire di parlare perché un suo bacio, casto, a stampo, blocca le mie parole.
“Forse, è un po’ troppo corto” solleva le sopracciglia, come a rimproverarmi “Ma sei bellissima lo stesso” il mondo in cui mi sta guardando mi mette in imbarazzo. E’ come se, d’un tratto, non fossi più la Clover di sempre, ma il mio corpo si fosse trasformato nel piatto preferito di Luke. Sorrido e abbassando lo sguardo, cerco di rimanere tranquilla.
Schiarendomi in seguito la gola, porto di nuovo i miei occhi su di Luke che, quasi insistentemente, non stacca nemmeno per un secondo lo sguardo dalle mie labbra. Porta una sua mano sulla mia guancia e accarezzandomi delicatamente, come solo lui riesce a fare, mi sorride innocentemente. “Che ne dici se entriamo? Fa abbastanza freddo e beh… siamo rimasti solo noi” gli faccio notare, quando guardandomi intorno, non vedo più nessuno. Allontanandosi dal mio corpo, compie anche lui lo stesso gesto. Si porta una mano fra i capelli, forse imbarazzato, e subito dopo ride. “Già. Andiamo, dai” e detto ciò, afferra la mia mano per poi tirarmi con sé.

Una volta che sono nel bel mezzo della festa, l’aria sembra non esistere. Dire che ci sia puzza di sudore e di alcool, è dir poco. Ma, al fianco del mio ragazzo, in mezzo alla gente, non mi faccio nessun problema a muovermi anche io a tempo di musica. Luke, che, da quando abbiamo messo piede dentro casa si diverte a socializzare con chiunque, sembra essere a suo agio. Qualche volta, alcune persone lo fermano riconoscendolo e lui, forse più per educazione, si lascia trasportare in una nuova conversazione.
Sorrido e, continuando a muovermi a tempo, mi guardo intorno. Dei miei amici, sinceramente, né ho perso le tracce. Ho solo visto per qualche secondo un ciuffo rosso e non mi è stato difficile capire che era Michael e, beh, vedendolo in compagnia di una ragazza, non me la sono sentita di avvicinarmi. Perciò, squadrando la grande sala in cui siamo, sto cercando qualsiasi cosa che mi possa portare dai miei amici. Osservo il banchetto in cui sono serviti gli alcolici e, appena scorgo una chioma nera e quel viso che posso essere sicura di conoscere alla perfezione, mi fermo sul posto. Il cuore incomincia a battermi freneticamente e quasi mi sorprendo che Calum possa procurarmi tutte queste sensazioni. Deglutisco e girandomi verso Luke, ma mantenendo sempre d’occhio Calum, lo afferro per un braccio così da interrompere per un secondo la conversazione che sta avendo con un suo amico.
“Vado a prendere da bere” lo informo e lui, annuendo, si avvicina al mio orecchio per farsi sentire. “Stai attenta, mi raccomando” annuisco anch’io e, facendomi spazio fra tutti i corpi ammassati, mi dirigo verso gli alcolici. Quando sono ad un passo da Calum, che si sta riempiendo forse l’ennesimo bicchiere di qualche strano intruglio, sospiro dandomi coraggio.
“Dimmi un po’, quanti bicchieri hai già bevuto?” cerco di essere dolce, di far capire quanto la mia domanda non sia detta con cattiveria, ma solo con un sorriso fra le labbra. Calum, però, non sembra accorgersi di questo. Sentendo la mia voce, si gira e spaventato mi osserva seriamente. Quando, si accorge che sono io, resta a guardarmi per qualche secondo. Non so bene in che modo, so solo che i suoi occhi sono fissi sui i miei e mi mettono a disagio.
“Non lo so, ha importanza?” rispondendomi, però, riporta lo sguardo al banco e chiudendo la bottiglia del liquore versato nel bicchiere, sembra non amare la mia presenza. Deglutisco e noto che il suo tono è abbastanza freddo e questo non solo mi fa agitare, ma cancella ogni traccia del mio sorriso.
“Beh, sì. Ne ha” la mia risposta in questo momento sembra abbastanza stupida. Lui, dal suo canto, non sembra allungare la conversazione. Così, sospirando mi avvicino e accarezzandogli un braccio, ottengo la sua attenzione.
“Calum, dobbiamo parlare” questa volta sono io a essere fredda e, inchiodando i miei occhi nei suoi, gli faccio capire quanto questa situazione mi sia scomoda. Mi osserva e portandosi il bicchiere alle labbra, mi sorride. Ma non è un sorriso sincero. “Oh, è di cosa?” mi chiede ma, portandosi una mano davanti, facendomi segno di non fiatare, riprende a parlare. “No, aspetta. Non mi interessa” le sue parole, stavolta, hanno un velo ironico e sono dette con cattiveria. Lo guardo e cerco di frenare le mie lacrime, perché sono sicura che in questo momento i miei occhi siano lucidi. E non solo per ciò che mi ha appena fatto comprendere, ma perché non capisco davvero cosa stia succedendo. Perché, nel giro di una settimana, Calum al mio fianco non sembra essere più sé stesso. Sospiro e stringendo la mia presa sul suo braccio, lo trascino verso il giardino di casa. Non do ascolto alle sue imprecazioni, perché ora come ora l’unica cosa che mi interessa è chiarire questa situazione. Una volta che siamo abbastanza appartati da non farci sentire dagli altri, lo lascio stare.
“Smettila, ok? Smettila di fare qualsiasi cosa tu stia facendo” e, senza accorgermene, la voce mi trema. Calum mi guarda e per qualche secondo, nei suoi occhi, vedo qualcosa di diverso. Vedo la pena, la tristezza nel vedermi così disperata a causa sua. Ma subito, sollevando gli occhi al cielo, sussurra qualche imprecazione.
“Non sto facendo un accidenti” ammette ed io, non so dove, ma trovo il coraggio di ridere. Una risata che non solo maschera la mia preoccupazione, ma anche il mio star male.
“Evitarmi, non rispondere ai miei messaggi, trattarmi di merda, lo chiami niente? Avanti Hood, smettila e affronta le cose come stanno” le mie parole sembrano accendere in lui una fiamma. Guardandomi e ridendo amaramente, si avvicina e di riflesso indietreggio andando a toccare la corteccia di un albero.
“Affrontare le cose? Credi che sia davvero così facile, eh? Non sai nemmeno di cosa stai parlando Clover” il suo tono è alto, ma non urla. Sta solo scaricando la rabbia e, per quanto questa situazione non mi piace, sono contenta che finalmente non si stia chiudendo nel suo guscio.
“Come potrei sapere se sei proprio tu che mi lasci all’oscuro di tutto?” chiedo e la mia domanda è alquanto giusta da fargli capire quanto in questo momento sia nello sbagliato. Mi guarda e chiudendo gli occhi per un secondo, cerca di mantenere la calma.
“Lasciami stare Clover, davvero” e si allontana sempre di più. Ma subito, mi avvivino e afferrandolo di nuovo per il polso “No” lo fermo. “Mi dici qual è il tuo problema?” quasi urlo e lui, infastidendosi, ricambia con la stessa moneta.
“Senti… Dimenticati quello che ho detto, okay?”
“Calum, dimmelo” prima che possa dire qualsiasi cosa, prima che possa scusarsi o ferirmi ancora di più, fermo il suo flusso di parole. Calum non sembra capire. Mi guarda e sospirando cerca ancora una volta di mettere fine a questa conversazione.
“Clover, ti ho detto di lasciare perdere, okay?” ma non posso concordare con lui.
“Sono io quella ragazza?” la mia domanda, però, fa riportare i suoi occhi nei miei. Come se avesse appena avuto una secchiata ghiacciata addosso, i suoi lineamenti si fanno seri. Il suo sguardo è pieno di rabbia, preoccupazione ma anche di paura. La sua mano tocca ansiosamente i capelli, e ora capisco che quello che non si trova a suo agio è lui.
“Cosa? Io non penso che…”
“Dimmelo” ma non mi faccio incantare dal suo sguardo. Il mio tono è fermo, rigido, anche se la voce mi trema. Non so se sto urlando, ma non mi interessa.
“Che stai facendo Clover?” la sua domanda, però, mi lascia senza parole. Di nuovo sembra incazzato, di nuovo sembra voler cambiare discorso. Ma sento anche del risentimento.
“Sto soltanto cercando di capire cosa c’è che non va” ammetto e portandomi le braccia al petto, freno ogni suo impulso di gettare la colpa su di me.
“Non c’è niente che non vada, l’unico problema sei tu, okay?” le sue parole feriscono, e non poco. Lasciandomi cadere le braccia al petto lo osservo ad occhi spalancati. Deglutisco e cerco di star calma.
“Cosa?”
“Era questo che volevi sapere, no?” e questa volta non so spiegare come sia il suo tono di voce. So solo che si avvicina e di nuovo indietreggio. Come prima, tocco la corteccia dell’albero. Appoggia una mano al lato della mia testa e mi fissa negli occhi.
“Vuoi sapere se sei tu quella ragazza? Bene” sorride amaramente “Sì, sei tu.” Solo una volta che la sua rivelazione occupa il silenzio, mi accorgo di quanto ora la realtà mi possa far paura. Ora che so le cose come stanno, sinceramente non mi rimane niente. Solo il vuoto.
Spalanco gli occhi e di colpo la temperatura aumenta, causandomi un lieve giramento. Ma niente, nessun dolore fisico ora può far tanto male quanto la pugnalata che ho appena ricevuto. Il petto inizia a farsi pesante e lo voglia di sfogare tutta questa pesantezza e dolore in lacrime, è forte, ma cerco di resistere.
“Perché mi evitavi?” la voce mi trema. Mi guarda e passandosi la lingua sulle labbra, cerca di non urlarmi in faccia. O forse, cerca solo il coraggio di dirmi la verità.
“Me lo chiedi sul serio? Credi che… Tutto questo sia facile? Guardarti felice, con Luke e… Cazzo, dovrei essere felice per te, da amico, dovrei provare tutt’altro per te… ma, invece…” vorrei dirgli che so perfettamente come si sente, so cosa significhi dover vivere con quella consapevolezza che ciò che hai davanti agli occhi non sarà mai tuo, ma rimango in silenzio. Soprattutto perché, pur parlandone apertamente con lui, ancora non riesco a formulare che tutta questa situazione sia davvero reale.
“Invece?”
“Invece sono un coglione.” Sospira e portando gli occhi al suolo, rimane ancora nella stessa posizione. Sento il suo respiro abbastanza vicino. In questo momento potrei fare tante cose, ma l’unica cosa che mi riesce meglio è stare in silenzio. Pensare, pensare a noi, a lui, a Luke. E non so per quale ragione, ma la verità, pur essendone a conoscenza, ha fatto più male di qualsiasi altra cosa.
“Mi dispiace Calum” solo quando il silenzio diventa insistente, riesco a sussurrare queste parole. Sollevando lo sguardo da terra, mi guarda dritto negli occhi. Ma in questo preciso istante, vorrei che guardasse altrove. I miei occhi sono lucidi e non voglio che mi veda così. Non voglio che veda quella lacrima che mi sta rigando il viso.
“No, no” sussurra ed io cerco di capire perché si stia tormentando così tanto. “Ora capisci? Ora capisci perché ti evitavo?” e portando una sua mano ad asciugarmi quelle lacrime che mi bagnano il viso, sussulto leggermente.
“Non voglio che tu stia male e che… per favore, non guardarmi in quel modo” mi sta supplicando e non lo capisco solo dalle sue parole, ma dai suoi occhi. Loro sono davvero lo specchio dei suoi pensieri.
“Guardarti… in che modo?” un singhiozzo spezza la mia frase, e solo ora mi accorgo di quanto la situazione si sia aggravata. Non so nemmeno perché mi stia mostrando così debole e colpita dalla sua confessione, ma come qualcosa d’irreparabile, le mie lacrime non riescono ad avere fine.
“Con compassione.” Ammette e non capisco perché ne sia così convinto. “Io non...” “Sto bene, sul serio. Me la farò passare, come hai fatto tu.” E ancora una volta, vorrei dirgli che non deve. Che… non deve sentirsi così.
“Tu… dimentica tutto quello che ti ho detto, okay?”
“Cosa?” lo guardo sorpresa “Come potrei Calum? Io non posso!” e non so perché mi sto accanendo contro di lui. Sospira e allontanandosi, si stringe nella sua giacca di pelle. Si osserva intorno e poi, riportando i suoi occhi nei miei, mi guarda come se non avesse altra soluzione.
“Devi. Te lo chiedo con piacere, Clover.” Non riesco a mantenere il contatto visivo, al suo contrario. Risentita abbasso lo sguardo per terra e annuisco. Anche se so che non sarà così, perché sarà difficile guardalo con gli occhi di sempre. Sarà difficile dare una giustificazione a ogni suo comportamento, sarà difficile ogni cosa.
“Forse… è meglio che entriamo. Luke potrebbe preoccuparsi, sai… Anche Emily” annuisco ancora e tirando su con il naso, lo guardo. Sta mettendo fine a questa conversazione e stavolta non ho motivo per fermarlo.
“Sì… Vai…”
“Tu non entri?” mi chiede.
“No, entro fra poco. Non ti preoccupare, vai” e cerco di mettere su un sorriso anche se, dopo tutta questa situazione, mi accorgo anche io di quanto sia falso. Di quanto non ci sia un motivo per essere felice.
Lui mi osserva, si avvicina per far qualcosa. Allunga la mano verso il mio viso, ma subito la ritrae. Come se avesse appena rimosso ogni suo intento, si allontana.
“Allora io… Vado”
“Ok” sussurro e muovendosi lentamente, mi volta le spalle. Solo quando è abbastanza lontano, scoppio di nuovo in lacrime.

Asciugandomi per l’ennesima volta una delle tante lacrime, sbuffo. Chiusa nel bagno della casa, mi guardo allo specchio e cerco di stare calma. Devo smettere di pensarci e, se ci riuscirò, anche le lacrime smetteranno di bagnarmi il viso. Facile a dirsi, certo, ma difficile a farsi.
Prima, entrare in casa, è stato abbastanza facile. Nascondendomi dietro ai corpi di tutte le persone ammassate nella sala, sono riuscita a schivare qualsiasi persona di mia conoscenza, ma soprattutto Luke. Correndo, poi, verso il piano superiore, mi sono chiusa in bagno. Per fortuna, non ho trovato nessuna coppia in procinto di riprodursi, ed è stato facile passare inosservata.
Ora però, dopo un quarto d’ora, mi accorgo di aver passato fin troppo tempo dentro queste quattro mura. Devo uscire e non soltanto perché non ne posso più di vedere la mia immagine riflessa allo specchio, ma anche perché Luke potrebbe insospettirsi. Gli ho detto che sarei andata a prendere qualcosa da bere e beh… E’ passato fin troppo tempo da quando me ne sono andata. Perciò, aggiustandomi per un’ultima volta il trucco e cercando di nascondere ogni qualsiasi traccia del mio pianto, apro la porta del bagno. Una volta uscita, la puzza di alcool e di sudore m’investe. Alcune coppiette sono incollate ai muri del corridoio intenti a baciarsi, ma io cerco di non darci troppo peso. Lentamente mi dirigo al piano di sotto e, con il cuore che mi batte a mille, cerco di trovare Luke fra la folla. Ma la mia paura di incontrare gli occhi di Calum al posto dei suoi, mi brucia dentro. Dopo tutto quello che ci siamo detti, sinceramente non so come farò a fingere che non ci sia stata nessuna rivelazione. Non so nemmeno io quello che devo o non devo fare e vorrei tanto saperlo, ma soprattutto, vorrei avere qualcuno con cui confidarmi. Guardandomi intorno, però, capisco di non avere nessuno. Luke? No, anche se vorrei, non posso. Lui… Ha appena riallacciato i rapporti con i ragazzi e non voglio che discuta con loro a causa mia. Emily? No, ferirei anche lei.  E, sinceramente, siamo già abbastanza a stare male per questa situazione. Mike e Ashton? Beh, con loro potrei, ma so già che si schiererebbero dalla parte di Calum. Mi direbbero anche loro di lasciar correre, ma io non voglio. Non voglio vedere il mio miglio amico allontanarsi sempre di più senza far niente per fermarlo.
Sospirando e cercando di pensare ad altro, mi avvio verso Luke. Schivando alcune persone, arrivo al suo fianco. È da solo e si sta guardando intorno.
“Ehi” gli urlo all’orecchio, per farmi sentire. Di colpo si gira e guardandomi serio, si avvicina anche lui.
“Dove sei stata? Ti stavo cercando!” dal suo tono sento che è preoccupato. Gli afferro una mano e, portandolo fuori in giardino, ci allontaniamo dal caos.
“Allora?” mi chiede. Rimango ferma e mi trovo a disagio perché mi accorgo di non avere una risposta. O, almeno, di non avere una scusa.
“Ho incontrato Calum e ho perso tempo con lui… Sai…” sussurro e la sua espressione subito si rilassa. Non riesco a essere tranquilla però, perché di nuovo i suoi occhi iniziano a fissarmi in modo diverso. Portando una sua mano sul mio viso, mi afferra per il mento.
“Hai fumato qualcosa?” alla sua domanda spalanco gli occhi.  “No, cosa…”
“Hai pianto?” silenzio. Rimango fissa a guardarlo e il cuore batte a mille. Subito, come scottata, allontano la sua mano dal mio volto. Lui guarda attentamente il mio gesto e solleva le sopracciglia in cerca di una spiegazione. “No, non ho pianto” ammetto e lui sbuffa.
“Hai gli occhi rossi e, se non hai fumato o bevuto, mi sembra l’unica ragione” dice e ascoltandolo, mi rendo conto di non aver dato peso a questo piccolo particolare. Mi porto una mano nei capelli e cerco di evitare i suoi occhi che però, non mi lasciano.
“Clover…” sussurra e afferrandomi per la vita, mi avvicina a sé. Indietreggiamo e di nuovo vado a toccare la corteccia dell’albero. Proprio lo stesso di prima. E quando mi accorgo di essere lì, dove poco tempo fa, al posto di Luke c’era il mio migliore amico, deglutisco sentendo un peso al petto.
“Dimmi la verità”
“Davvero, non ho pianto…” ma i suoi occhi fanno cedere ogni mia bugia. Mi guarda serio e per qualche secondo rimaniamo così. Immobili a fissarci l’uno negli occhi dell’altro. Ma quando non riesco più a reggere tutta quest’attenzione, mi butto letteralmente fra le sue braccia. Appoggio il volto nel suo incavo e, prima che possa accorgermene, le lacrime iniziano a bagnarmi il viso. E i singhiozzi iniziano a scuotere il mio corpo, ma circondata dalle sue braccia possenti, non ho paura. Luke mi lascia sfogare ma, poco dopo, cerca di portare il suo viso davanti al mio, così da vedermi.
“Puoi spiegarmi cosa sta succedendo? Perché mi sto preoccupando sul serio” afferma e i suoi occhi non smentiscono le sue parole. Anche se so che merita una risposta, non riesco a smettere di piangere. E ogni volta che cerco di parlare, sembra quasi impossibile.
“Qualcuno ti ha fatto del male?” chiede e subito scuoto la testa. “No, no… Nessuno mi ha fatto niente” sussurro e sembra di nuovo rilassarsi, ma non del tutto. Accarezzandomi la guancia, mi asciuga alcune lacrime e sospira. “Ok, se nessuno ti ha fatto del male, allora perché stai piangendo?” nella sua preoccupazione, però, vedo anche un pizzico di curiosità. Tiro su col naso e, stanca di piangere, cerco di darmi un freno.
“Andiamo a casa? Per favore” chiedo e lui sembra guardarmi spaesato.
“Cosa…?”
“Ne ho bisogno” fermo così ogni sua domanda. Perché ora, non potrei rispondere a niente. Vorrei solo starmene nella mia stanza in silenzio. Vorrei dormire, smettere di pensare. Non vorrei avere nessun problema, almeno per un po’ di ore. Vorrei lasciarmi andare nel mondo dei sogni senza dover affrontare niente che sia più grande di me.
E forse, guardandomi negli occhi, Luke sembra capire. Sembra capire che ora come ora non sono pronta ad affrontare una discussione con lui.
Smette di guardarmi, porta gli occhi al cielo e facendo schioccare la lingua, annuisce silenziosamente.
“Va bene, andiamo” e pur afferrandomi per mano, riesco a percepire la sua preoccupazione. 

Spazio autrice
Scusaaasatemiiii! Sono in ritardissimo, lo so, e mi dispiace un casino. Purtroppo è inziata la scuola e per me, questo non è proprio un bellissimo periodo. Ci sono alcune cose nella mia vita che non vanno come vorrei e potrete capire quanta voglia di scrivere io non abbia. Mi dispiace anche che il capitolo faccia abbastanza schifo. Inutile dire che speravo di scrivere qualcosa di più decente, ma purtroppo questo è quello che è uscito. Non so nemmeno come giudicare questo capitolo, non avrei voluto pubblicare sinceramente. Ma, poichè meritate un aggioranamento, ho voluto arraggiare con quel poco che è uscito.
Ringrazio moltissimo chi ha recensito lo scorso capitolo e mi scuso per non avervi ancora risposto! 
Non so quando aggiornerò, spero la settimana prossima. Credo di avervi detto tutto, lascio a voi giudicare.
Ciao!

-Sere

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Capitolo 18
*** Capitolo diciotto -Speak of the devil- ***


Capitolo diciotto
-Speak of the devil-

“Stai meglio?” la voce di Luke arriva chiara dalla cornetta del mio telefono. Giocando con l’angolo della mia coperta, mi mordo nervosamente il labbro inferiore, all'insaputa che in questo momento lui non possa vedermi.
“Sì” ammetto, anche se, non è del tutto vero. Sono passati due giorni dalla festa, ma il ricordo di quelle parole, il ricordo della “discussione” avuta con Calum, è ancora vivo nella mia mente. Di andare a scuola, sia ieri sia oggi non ne ho voluto proprio sapere. I miei genitori non hanno fatto troppe domande: hanno accettato la mia proposta di prendermi due giorni di “pausa” e, il fatto che abbia finto di avere un terribile dolore alla pancia, li ha convinti a non pretendere delle spiegazioni. La mia scusa, però, non ha suscitato la stessa reazione nei confronti del mio ragazzo. Da quando mi ha salutato davanti al cancello di casa, asciugandomi quelle lacrime che hanno bagnato il mio viso per tutta la sera, non fa altro che chiedermi cosa sia successo e come io mi senta.
Inutile dire che, le mie risposte, si siano limitate a dei monosillabi. Non me la sono sentita di dire la verità e, nemmeno ora che sono al telefono con lui, ho il coraggio di confessargli  ciò che è davvero successo.
“Mi dirai mai la verità?” la sua domanda, susseguita da uno sbuffo, mi fa immaginare che ora sia intento a toccarsi i capelli dal nervoso. E forse, suppongo che la mia ipotesi non sia del tutto sbagliata. Dal suo tono di voce, capisco che non è tranquillo, ma d’altro canto non lo sarei nemmeno io.
“Forse” ammetto con un sussurro e mi sento quasi una stronza a rispondergli in questo modo, ma non credo che ci sia una risposta migliore.
Sinceramente, tutta questa situazione è insopportabile. Sono passate solo quarantotto ore, è vero, eppure il dolore che sento al petto mi sta lacerando. E sapere che domani dovrò di nuovo affrontare la realtà, non mi fa stare meglio.
“Clover” il suo rimprovero mi fa gelare sul posto, ma cerco di non far sentire il mio respiro pesante “Io… Io non capisco che diamine ti succede!” il tono è alto, ma so che sta cercando di mantenere la calma per non litigare.
“Non mi succede niente, Luke, te l’ho già detto” come a difendermi, subito cerco una risposta. Una risposta falsa, una risposta che mente. Perché non è vero che non è accaduto nulla. È successo abbastanza da farmi sentire così, è successo abbastanza da mettermi al tappeto in un solo secondo, è successo tutto… e non ero pronta.
“Piangere come se qualcuno ti avesse appena picchiato lo chiami niente? Andiamo, dimmi perché! Dammi una spiegazione” se prima il suo tono era alto, ora sono sicura che stia urlando contro il microfono del cellulare.  Stringendo le mani attorno al tessuto della coperta che mi riscalda, cerco di fermare ogni mio istinto di rivelare la verità. Stringo gli occhi e, frenando quel singhiozzo disperato che potrebbe dare inizio a una valanga di lacrime, sospiro.
“Non… non voglio, ok? Te lo dirò quando sarò pronta”  anche lui, come una sorta di risposta, sospira. Restiamo in silenzio e nessuno dei due ha realmente qualcosa da dire.
“Ci vediamo… Domani. Va bene?” così, stufa di sentirmi ancora più in colpa nel percepire il mio ragazzo in pena per me, decido di cessare la telefonata.
“Va bene ma promettimi che parleremo.” La sua esclamazione, mi fa deglutire a vuoto. E non so bene quale sia la ragione, se sia dovuto al suo tono di voce o se a quella promessa che mi inquieta paura, so solo che non me la sento di promettere qualcosa di cui non sono sicura.
“Luke…”
“Per favore, Clover, promettimelo” e quando sento che la sua è una vera implorazione, capisco che non ho vie di uscita. Portandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio e uscendo dall’ammasso di coperte da cui mi sono riparata, mi avvicino alla finestra della stanza. Guardo all’esterno e osservando il cielo capisco quanto io mia stia comportando male nei confronti del mio ragazzo.
Non merita non avere una spiegazione e, falsa o che essa in parte sia, domani affronterò con lui questo problema. Gli dirò le cose come stanno, magari tralasciando il punto in cui Calum mi ha confessato del suo segreto.
“Te lo prometto”

Una volta che sono fuori di casa, con metà del volto coperto dal cappuccio della felpa pesante che indosso, i miei piedi mi costringono ad andare all’origine del mio problema.
E non so se questa scelta sia giusta, se mi convenga, ma ora sento davvero il bisogno di parlare con Calum. Non so di preciso perché, infondo, non abbiamo molto da dirci, eppure non riesco a pensare ad altro.
I miei piedi sembrano andare da soli, hanno intrapreso loro questa iniziativa e adesso, che sono a qualche passo dalla dimora degli Hood, non hanno intenzione di andare oltre.
E’ come se mi stessero affliggendo anche loro una punizione, la quale non capisco a cosa sia dovuta.
E non so quanto tempo passi prima che, il coraggio, mi dia la forza di andare oltre a quel limite che mi sono segnata. Non so con quale forza, ma riesco ad attraversare la strada e a trovarmi a pochi passi dal cancello di casa.
Con convinzione, suono il campanello, ma un attimo dopo che il danno è stato fatto, sento l’ansia alleggiare dentro di me. Istintivamente, indietreggio e cerco di andarmene, ma proprio nello stesso momento in cui i miei piedi stanno per ripercorrere la stessa strada di prima, il cancello sembra aprirsi.
Quando, subito dopo, il viso di Calum mi compare davanti agli occhi, capisco che ormai non posso più scappare.
Come se avesse appena visto qualcosa di agghiacciante, la sua espressione s’incupisce. Il suo sguardo per qualche secondo mi scruta attentamente. Stringe le labbra in un sorriso, un sorriso che non si vede. Un sorriso forzato, che non ha colore.
“Ehi” il suo sussurro è freddo, ma allo stesso tempo anche timido. Un saluto che maschera del tutto il suo disagio.
“Ero venuta qui per… non lo so… io volevo solo…” in risposta, inizio a parlare a vanvera senza dare un senso compiuto alle mie parole. Non c’è un fine nel mio discorso e capisco che tutta quell’ansia accumulata pochi secondi fa, si sta facendo sentire proprio adesso.
I suoi occhi mostrano l’incomprensione e cercando di riacquistare la tranquillità, mi porto una mano sulla fronte. E il pensiero che, forse, ho commesso un errore a recarmi a casa sua, così, senza un vero motivo, inizia a farsi spazio nella mia mente.
“Senti… Scusami, lascia stare, ok?” e dicendo queste ultime parole, mostro le mie intenzioni. Mordendomi il labbro inferiore e portando gli occhi al cielo, come a darmi un freno, mi volto di spalle per andarmene. Un gesto veloce, impulsivo, ma che mi sta salvando da quest’agonia.
Il mio tragitto non sembra durare a lungo, la mano di Calum si ferma sul mio polso mettendo fine a ogni movimento.
Con il timore di voltarmi, resto di spalle. Chiudo per un secondo gli occhi e cercando di ritornare a respirare in modo regolare, mi do forza. Forza nell’affrontare Calum, forza nel voltarmi, forza nel guardarlo negli occhi senza scoppiare a piangere.
Il mio istinto, però, sembra avere la meglio. Lentamente, mi volto verso di lui. Restiamo in silenzio, entrambi, a fissarci uno negli occhi dell’altro. Senza dire niente perché, sì, è come se i nostri occhi ora stessero dicendo tutto. Si stanno scusando, sia i miei sia i suoi, si stanno dando un’altra possibilità. E non so se è solo una mia impressione, ma voglio credere che sia così. Voglio credere che fra noi ci sia ancora speranza, che ci sia ancora qualcosa.
“Mi... Mi dispiace” il suo sussurro è una vera pugnalata e soprattutto perché il suo tono ha mostrato la sua fragilità. Ha tremato per qualche secondo, ha rivelato il suo dolore. E i suoi occhi sono diventati lucidi.
E non so bene per quale ragione si stia scusando, ma non credo che ora abbia davvero importanza.
Come un riflesso, allungo la mia mano alla sua. La stringo e alzandogli il braccio di poco, mi avvicino al suo corpo.
“No…” subito mi ferma “Non farlo… io…” ma non gli do ascolto. Perché ho aspettato abbastanza, ho resistito fin troppo per i miei gusti e ora non voglio nessuna scusa. Senza esitazione, mi butto fra le sue braccia e lo abbraccio. Lo stringo forte perché, cavolo, se questo è il nostro ultimo abbraccio, allora voglio che sia indimenticabile. Non voglio dimenticarmi il suo profumo e nemmeno della sensazione che si prova a essere fra le sue braccia.  Calum non ricambia subito il mio gesto d’affetto, forse perché nemmeno lui sa come comportarsi. Ma quando io incomincio ad essere insistente, le sua braccia corrono subito a stringermi al suo petto. E la sua presa mi uccide, mi fa annegare nella sua essenza. Il suo respiro è pesante e quasi mi meraviglio di sentire il suo cuore battere veloce.
Cerco di non farmi devastare da tutte queste sensazioni, però. Respirando con fatica, chiudo gli occhi.
“Mi dispiace” ripete ancora ma stavolta non ci crede nemmeno lui alle sue parole.

“Non dovresti essere qui” afferma Calum una volta che siamo sdraiati sul suo letto, uno affianco dell’altro. Con lo sguardo al soffitto, entrambi non sappiamo come iniziare quel discorso che, inconsciamente, stiamo evitando da quando abbiamo varcato la porta di casa sua. Non osiamo guardarci negli occhi perché e lì che sono nascoste tutte le nostre debolezze.
“Lo so” ammetto e stavolta capisco bene a cosa si riferisce. Non è giusto che io sia qui, né per lui né per Luke. Soprattutto per quest’ultimo che si fida di me e che, senza volere, sto tradendo nel modo più leggero che ci sia.
“Ma, pensandoci, non dovrei nemmeno parlarti eppure…” gli faccio notare e avvicinandomi, porto il mio viso sulla sua spalla. Lui non sembra ritrarsi al mio gesto ma non sembra nemmeno accettare tale vicinanza. Ed io so che, in un certo senso, sto giocando sporco. So che standogli vicino, alimento solo di più quel sentimento che lui prova per me, ma so anche che non posso permettermi in questo momento di farmelo scappare. Io voglio che la nostra amicizia continui perché, come io sono riuscita a metterci una pietra sopra, sono certa che anche lui ce la farà.
“Non te l’ho mai chiesto, Clover” affermando la sua costatazione, abbassa lo sguardo e i nostri occhi s’incontrano. Deglutisco sentendomi osservata da quelle pozze marroni. Il suo volto è molto vicino al mio e so che devo prendere le distanze, perché non voglio cadere nel peccato con lui.
“Ti ho solo chiesto di dimenticare quello che ti ho detto, e tu mi hai dichiarato che lo avresti fatto”
“Ma sai che, conoscendomi, non lo farò…” rispondo e, alzandomi con il gomiti, cerco di sedermi sul letto così che, standogli davanti, possa vederlo negli occhi.
Alle mie parole sembra zittirsi di un colpo. Il suo sguardo vaga per la stanza ed evita il mio. Sospirando, capisco che è arrivato il momento decisivo, il momento del parlare.
“Calum…”
“No, non dire niente” come di conseguenza, i suoi occhi sono subito puntati nei miei. La sua espressione è seria e capisco quanto gli faccia male affrontare tutta questa situazione. Ma, non posso ascoltarlo. Non posso tacere davanti ad un “tutto”.
“Mi manchi” “Non dirlo” di nuovo, di nuovo la sua voce taglia il silenzio. Fredda, forte, ma allo stesso tempo tremante. Quella stessa voce che, ascoltandola, mi fa stare meglio.
“E sto di merda…Di merda nel vederti così. E no, non posso stare in silenzio.” Prima che possa parlare, porto una mano a coprirgli la bocca, così che non abbia possibilità di emettere alcun suono.
“Non posso fingere che tutto vada bene quando tu sei il primo a stare di merda.” Sospiro “Sai, capisco alla perfezione come ti senti e credo che non ci sia nessuno che possa capirti al meglio al di fuori di me” le mie parole sono vere, perché sono a conoscenza di tutte le emozioni provate quando anch’io ero incastrata nel suo ruolo. Quando ero io a vederlo in compagnia di tante ragazze e nessuna di quelle ero io. Quando passavo la notte a piangere perché trovavo questo mio sentimento nei suoi confronti ingiusto, ma allo stesso tempo anche così reale.
“E sai, fattelo dire, non si sta per niente bene. Vedere la persona che vuoi davanti agli occhi eppure non poterla avere perché magari appartiene a qualcun altro, o perché, magari, non ricambia i tuoi sentimenti… Fa schifo.”
“Fa schifo sentirsi così, sentirsi dei traditori, sentirsi dei bugiardi sia con se stessi sia con chi ti sta affianco, ma sai cosa? Va bene così.” E lo è davvero. Non importa cosa succederà, le conseguenze non dovrebbero essere un nostro problema.
“Va bene sentirsi così, va bene che anche tu sia caduto nella trappola. Non fartene una colpa perché beh… qui non c’è nessuno da incolpare, se non l’universo e il destino stesso” senza accorgermene, la voce sta iniziando a tremare. Le lacrime puntano agli occhi, ma il freno che sto tirando arduamente mi sta aiutando a trattenermi. Calum sembra assolto dalle mie parole e, i suoi occhi lucidi, mi fanno comprendere che le mie parole sono tanto vere quanto dolorose per lui.
“Ma, per favore, te lo chiedo in ginocchio se è questo quello che vuoi: non provare ad allontanarti da me.” Alle mie parole, i suoi occhi di nuovo cercano la via più facile per non crollare. Trovando il loro punto di fuga, scappano dai miei. Con uno scatto veloce, si alza dal letto e si mette davanti alla finestra, mostrandomi le spalle. Non so perché abbia reagito così, ma sono sicura che le mie parole abbiano colpito nel centro.
“Due giorni fa, alla festa, mi hai detto che non vuoi vedermi piangere. Che non vuoi vedermi stare male ma… Inconsciamente lo stai facendo, lo stai facendo ad entrambi. Allontanarti da me, ti porterà solo a volermi di più e, soprattutto, distrugge me” mi alzo anche io dal suo letto e, attraversando la stanza a passi lenti, gli arrivo alle spalle. Appoggio una mia mano sulla sua spalla, e facendo pressione, lo volto di quel poco che basta per guardarlo negli occhi. Quelle pozze scure che sono rosse, rosse dal trattenersi ad un pianto.
“Non voglio perdere il mio migliore amico” la mia frase, sembra essere il colpo finale. Preso dallo sconforto, Calum si appoggia alla parete e si lascia cadere. Arrivando con il sedere per terra e le ginocchia davanti agli occhi, si chiude in se stesso. Porta le mani davanti al suo volto e, in questo momento, vederlo così vulnerabile davanti ai miei occhi, mi distrugge completamente. Rimango incantata, ferma, mentre sento il cuore spezzarsi in mille pezzi. Perché so che sono io la causa di tutto il suo dolore e non c’è notizia peggiore di questa. Perché io vorrei essere la ragione del suo sorriso, della sua felicità. Eppure…
“Vai via Clover” le sue parole, dette con freddezza, spezzano il mio stato di trans. Spalancando gli occhi, mi accovaccio al suo fianco, ma le sue mani mi allontanano subito dal suo corpo.
“Vattene Clover, per favore” e quando fissa i suoi occhi nei miei, capisco quanto sia serio. Quanto il suo non sia un ordine, ma più una supplica. E rimango stupefatta dal suo modo di guardarmi, perché mai nessuno mi ha guardata così. E mai niente ha mai fatto male come le sue parole. E non so con quale forza, ma riesco ad alzarmi da terra. Quattro sono i passi che compio per arrivare alla porta e quando sono a un passo dall’uscire dalla sua stanza, non trovo il coraggio di andare via. Non sta piangendo, il suo sguardo è solo perso. E forse, penso, non c’è cosa peggiore che essere intrappolati nelle proprie emozioni. Non avere il coraggio di piangere e incassare tutte quelle cose che ti fanno stare male, ti porta solo a stare peggio. E ora, guardandolo per l’ultima volta negli occhi, capisco quale sia la sua postazione.
“Dispiace anche a me, tanto. Da morire” e ciò che dico prima di abbandonare quella stanza. E solo quando esco da casa Hood, mentre cammino per strada, che do libera uscita alle mie lacrime.

Il giorno seguente, durante l’ora di pranzo, a scuola non riesco a starmene in compagnia di tutte quelle persone. Perciò, l’idea di pranzare all’interno della mensa, non alimenta per niente la mia fame.
Così, mettendo il pacchetto del pranzo nella mia borsa, mi avvio verso l’unica aula in cui sono convinta che troverò Luke. Il mio ragazzo che, ancora, non ho avuto la possibilità di vedere a causa del mio nascondermi.
Camminando lentamente osservo il corridoio vuoto della scuola e, stando da sola con i miei pensieri, credo che non ci sia posto migliore in cui ora preferirei stare. L’unica cosa che manca, e la sua assenza inizia a farsi sentire, è Luke.
Con la voglia di vederlo, mi affretto a superare la penultima porta che mi separa di lui. Una volta che sono davanti alla sala musica della scuola e, il suono di una chitarra, sembra disturbare il silenzio, capisco che la mia supposizione era giusta.
Aprendo lentamente la porta per non farmi sentire, entro nella stanza.
I miei occhi lo cercano subito. Quando scorgo il suo volto coperto da un berretto, le sue braccia scoperte da quella canotta, ormai troppo leggera per il freddo autunnale, e le sue mani impegnate a creare quella sinfonia che mi manda del tutto in panne il cervello, rimango incantata a osservarlo. E avendolo lì, a pochi centimetri di distanza, mi accorgo di quanto potere abbia su di me. E’ da tre giorni che non ci vediamo eppure, per me, sembra passato un’infinità di tempo. Un tempo così lungo che mi devasta.
Forse, sentendosi osservato, si accorge della mia presenza. Alzando lo sguardo, punta i suoi occhi nei miei e quelle pozze azzurre, sono la ciliegina sulla torta. Quella piccola scintilla che mi porta del tutto a impazzire.
“Ehi, sei qui” e dicendo queste parole con un sorriso fra le labbra, appoggia la sua chitarra nella custodia. Alzandosi dallo sgabello, pian piano si avvicina sempre di più, ma non gli do il tempo di compiere altri movimenti. Prima che possa essere lui ad avanzare verso di me, allaccio le braccia attorno al suo collo e lo stringo in un abbraccio. Un abbraccio che sa di casa, che mi riempie il cuore di gioia.
“Tutto questo…” non gli do nemmeno il tempo di parlare perché, allontanandomi di quel poco che basta per averlo a pochi centimetri dal mio viso, porto le mie labbra vicino alle sue. E guardandolo negli occhi, spazzo via tutti i miei pensieri  e dedico le mie attenzioni solo a lui. Ci baciamo, o meglio sono io a baciarlo.
La mia lingua si muove in sintonia con la sua e lentamente, le mie mani iniziano a giocare con il suo berretto.
Luke, un po’ sorpreso dai miei movimenti, ricambia con la stessa moneta la mia passione. Allacciando le sue mani ai miei fianchi, mi spinge verso di lui. I nostri bacini si sfiorano e, il contatto con la sua pelle, fa nascere in me una serie di brividi. Il suo tocco è leggero, puro, come le attenzioni che ora mi sta riservando. Stando con lui, di nuovo, non riesco a dare importanza più a niente, niente al di fuori del suo corpo, dei suoi baci e delle sue emozioni.
Entrambi presi dal nostro incastro, indietreggiamo. Bastano pochi passi e subito, il metallo freddo del banco, mi da un chiaro segno del limite che abbiamo superato. E non so di preciso come, e con quale istinto, riesco a portare le mie mani sulla sua canotta. Tracciando una linea invisibile, tocco il suo petto. Una volta arrivata all’orlo, sento il bisogno di sfiorare un’altra porzione della sue pelle. E mentre lui stacca le labbra dalle mie per prendere aria, lascio intrufolare le mie dita al di sotto della sua maglia. Il mio gesto non sembra stupire solo me, ma anche lui. I suoi occhi si spalancano, ma non si allontana da me. Il suo respiro diventa pesante, e non riesco a frenare le mie mani. Come risposta, le sue labbra sfiorano ancora le mie prima che si allontanino per intraprendere un percorso più lungo. Volano lì, in quel punto critico, nel mio punto debole: il collo. E lasciando tanti piccoli baci a stampo, le mie labbra si stringono in un sorriso. Un sorriso a cui non saprei dare una causa, ma che rispecchia  alla perfezione il mio stato d’animo.
“Credo che…” avvicina la sua bocca al mio orecchio “Dovremmo darci un freno…” e riesco a sentire quanto sia contrario alle sue parole, quanto si stia sforzando di dire qualcosa che non pensa. Eppure, mi sento in dovere di ascoltarlo. Ritraendo le mie mani, mi allontano quel poco che basta per far ritornare la mia temperatura al normale.
Alzo il viso e quando scorgo i suoi occhi guardarmi, mi sento maledettamente in imbarazzo. E mi chiedo perché, pochi secondi fa, non lo ero. Perché, quando ho compiuto quel gesto azzardato mi sentivo sicura di me, quando ora, invece, sento di essere andata oltre a qualcosa di concesso.
“Per la cronaca,” sorridendo e stringendo subito una mia mano nella sua “Mi sei mancata anche tu” Luke scherza. Le sue parole mi fanno ridere perché, pur non avendo detto niente da quando ho messo piede in questa stanza, ha capito alla perfezione ciò che avrei voluto dire. Ha interpretato i miei gesti e mi fa piacere, davvero.
“Smettila.” Lo rimprovero, quando, tirandomi verso di lui, continua ancora a osservarmi con quel ghigno. Un ghigno provocatore.
“Di far cosa?” “Di guardarmi così” quasi urlo ridendo e lui, ricambiando la mia risata, mi abbraccia lasciandomi un bacio sulla fronte.
Mi stacco subito dopo e stringendo la mia mano ancora di più alla sua, mi perdo nel vedere quanto questo contatto sia così dannatamente speciale per me. Mi rende felice come lo potrebbe essere una bambina nel giorno di Natale davanti al proprio regalo.
“Allora… Hai pranzato?” Luke, forse accorgendosi del mio silenzio, trova subito una scusa per iniziare un discorso. Staccandomi da lui, afferro la mia tracolla aprendola. Con le mani, prendo il pacchetto del pranzo e, sorridendogli, glielo sventolo davanti agli occhi.
“Sinceramente speravo di farlo con te” ammetto e lui, apprezzando il mio gesto, mi sorride in modo tenero. Si guarda intorno e riportando gli occhi sui miei, fa spallucce.
“Non credo che, però, possiamo pranzare qui…” afferma.
“E perché? Cosa ce lo vieta?” ridendo, appoggio il pranzo sul banco di metallo. Continuando a cercare dentro la mia borsa, estraggo una custodia. Svelta, mi avvio verso il lettore e posizionando il cd all’interno dello spazio incavato, premo il piccolo pulsante facendo così partire la musica. Mi rigiro verso di Luke e mi stupisco a vederlo appoggiato al banco con un sopracciglio alzato. Con i denti si morde il labbro inferiore, trattenendo un sorriso.
“Sum 41?” mi chiede riferendosi alla musica e annuendo, scoppia in una risata.
“Allora, che ne dici, vuoi ancora pranzare con me?”

“Questa come s’intitola?” appoggiata con la testa sulle gambe di Luke, chiudo gli occhi godendomi la sinfonia che esce dallo stereo. Abbiamo finito di mangiare da una decina di minuti e ce ne restano ancora quindici prima che la campanella suoni.
Seduti per terra, o meglio io sono sdraiata su di lui, cerchiamo di goderci gli ultimi minuti di pausa che ci rimangono. I Sum 41 sono ancora in play e, ascoltando la voce del cantante, non riesco a essere più tranquilla di così. E dopo giorni, sento di stare davvero bene. Bene come non mai, è tutto si allaccia a Luke. Lui è la mia cura.
“Speak of the devil.” Rispondo. “E’ la mia preferita” ammetto continuando a giocare con la sua mano. Non emette altro suono e continuando ad accarezzarmi i capelli con l’altra mano, restiamo per quasi tutta la durata della canzone a goderci l’uno le attenzioni dell’altro.
“Clover” quando mi richiama, spalanco gli occhi. Guardandolo a testa in giù, lo osservo aspettando che continui a parlare.
“Dobbiamo parlare” la sua frase, molto a effetto, cancella del tutto la tranquillità. Di colpo, mi sollevo dalle sue gambe e voltandomi verso di lui, ritrovo il suo viso difronte al mio.
“Non ti preoccupare” forse capendo la mia preoccupazione, cerca di rassicurarmi. “Voglio solo parlare di quello che ti è successo alla festa. Avevi promesso che ne avremmo parlato” e quando chiarisce a cosa sia dovuto il suo bisogno di parlare, abbasso lo sguardo. La sensazione che da giorni mi affliggeva, ritorna di nuovo a farsi sentire. Deglutendo, cerco di schivare la sua trappola.
Mi alzo dal pavimento e bloccando la ripetizione del disco, afferro tutto ciò che è mio. Gli volto le spalle e so che non è corretto, perché è patetico che io stia evitando il problema.
“Clover” quando il suo tono è alto, segno di un rimprovero, capisco che non posso continuare a rimandare il momento della verità. Restando ancora di spalle, butto la mia borsa sul banco.
“Ho… litigato con Calum” la mia voce trema e non capisco perché proprio ora, sento gli occhi farsi lucidi. Non ce n’è motivo, ma sta succedendo lo stesso.
“Cosa?” sento un fruscio, segno che si sia alzato da terra.
“La notte della festa, ho litigato con Calum.” Ripeto, anche se credo che abbia capito appieno ciò che pochi secondi fa ho detto. Arrivando al mio fianco, sposta una ciocca di capelli dal mio viso, così da guardarmi negli occhi.
“E’ stato diverso dalle altre volte, abbiamo discusso… pesantemente” e mi sento una bugiarda, perché non è vero. Non è vero che abbiamo discusso, è stato solo lui a parlare. Solo lui a devastarmi.
“E non credo che questa volta tutto ritornerà alla normalità.” Pronunciando queste ultime parole, Luke sembra percepire appieno il colpo che mi è stato inflitto. Le sue sopracciglia si sollevano e i suoi si spalcano di poco. Come a volermi consolare, porta entrambe le sue mani sul mio viso. Con i pollici mi accarezza le guance e, obbligata ad avere gli occhi fissi su di lui, vedo un chiaro segno del suo nervosismo: si sta torturando il piercing.
“Ma… perché? Sì, insomma, perché avete litigato?” la sua domanda è innocua, ma detta ora, in questo contesto, mi spaventa del tutto. Perché non so cosa inventarmi, non so cosa dire di tanto reale che possa avvicinarsi alla verità. Una cosa è sicura: non posso rivelargli la vera causa del nostro litigio. Luke potrebbe reagire male se sapesse ciò che Calum prova nei miei confronti, e so che non lo guarderebbe più con gli stessi occhi di sempre.
“Sai… Lui ultimamente si sta allontanando da me ed io… Io ci sto di merda…” la mia non è proprio una spiegazione, ma è pur sempre qualcosa. Luke annuisce serio e il mio breve racconto sembra bastargli.
“Ci parlerò io, non ti preoccupare.” La sua rassicurazione mi spaventa più del dovuto. “No” e scuoto la testa “Per favore, non farlo” e i suoi occhi si stringono in due fessure.
“Perché non…”
“Calum odia quando qualcuno si mette in mezzo alle sue faccende e… reagirebbe solo male. Le cose andrebbero solo a peggiorare e ora… Ora non è ciò di cui ho bisogno” mi sento male a continuare a mentire, ma so che la mia è una giusta causa. Il mio modo di mentire non è dei migliori, ma almeno basta per mettere a tacere la curiosità di Luke. “E’ per questo?” si avvicina al mio viso “E’ per questo che non volevi dirmi niente? Ti ha pregato di non parlare con nessuno?” anche se la risposta è negativa, mi ritrovo ad annuire. Luke sembra davvero dispiaciuto per tutto ciò che gli ho raccontato. E vederlo così, distrutto per me, aumenta solo di più il mio senso di colpa. MI fa stare solo peggio e mi fa desirare di non mentire più.
E ancora una volta, mi accorgo di quanto un nostro magnifico momento sia stato rovinato da Calum. Lui è la causa di tutto il mio dolore e ora mi chiedo davvero se sia giusto o no prendere in considerazione la sua idea di stare lontano. Forse è quello di cui abbiamo davvero bisogno, forse è la scelta migliore ma… perché continuo a pensare che non sia così?
Delle lacrime mute bagnano il mio viso e Luke, accorgendosene, si affretta ad asciugarle.
Di colpo, mi stringe fra le sue braccia. “Mi dispiace, Clover” e inizio a odiare quelle due parole, quelle parole che da giorni sembrano essere nel menù della giornata.
“Tutto si risolverà, tranquilla” e lo spero sul serio, davvero, perché non sto per niente bene. 

Spazio autrice!
Ehilààààà! Eccomi, in ritardo, ma ci sono! Ho deciso una cosa, da ora in poi non darò una data precisa per aggiornare, così evito di creare finte speranze a tutti lol
Che dire... Sono molto felice! La storia ha raggiunto finalmente i 100 lettori! Sono pochi rispetto alle altre storie, è vero, ma per me è molto!
Come potete vedere, questo è un capito triste ma... Ehi, almeno siamo entrati nel vivo della storia!
Scusatemi se sto aggiornando meno frequentemente ma fra scuola, salute e problemi personali al quanto gravi, non riesco mai ad aveere del tempo libero per scrivere. Come sempre ringrazio chi segue la storia e vi prego di lasciare una recensione. Ho notato che sono diminuite e non capisco se la causa sta in quello che pubblico, o semplicemente non avete tempo! :/
Mi scuso se non ho ancora risposto alle due recensioni, appena finisco di scrivere questo spazio autrice, corro a rispondervi :)
Che dire... Spero che vi piaccia! 
Se volete contattarmi, su twitter sono @freeyourmind_x
Ciau, alla prossima!

P.s. SCUSATE PER GLI EVENTUALI ERRORI, NON HO RILETTO LOL 

 

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Capitolo 19
*** Capitolo diciannove -Too Bad- ***


Capitolo diciannove

-Too bed-

“Perfetto. Un’altra A” uscendo dalla classe, Emily mi mostra il suo compito di matematica. Socchiudendo gli occhi, cerco di mettere a fuoco ciò che sta sventolando. Quando scorgo la prima lettera dell’alfabeto tracciata con un segno rosso, le sorrido stupita. “Wow, complimenti!” dico per poi accarezzarle una spalla.
“Grazie, almeno studiare per due ore di fila ne è valsa la pena!” ammette e raggiungendo il suo armadietto, lo apre per poi appoggiare i libri nel ripiano in ferro.
“Te, invece? Tutto bene?” mi chiede portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, un gesto naturale che però la fa sembrare più bella del solito e, pensandoci,  vorrei anche io avere questo strano dono. Sì, vorrei anch’io avere un quarto della sua bellezza, essere sempre carina, magari anche quando sono un completo disastro.
Scuotendo la testa, riporto tutta la mia attenzione su di Emily.
“Tutto okay, anche se dopo pranzo mi aspetta un test di storia e… Non sono riuscita a studiare” le confesso, mordendomi il labbro.
Ieri ho avuto un pomeriggio intero per studiare, eppure, non ricordo niente di quel poco che ho appreso. Ero troppo pensierosa perchè memorizzassi  qualcosa che andasse oltre all’orario del mio orologio.
“Cavoli, mi dispiace” e, guardando l’espressione triste di Emily, capisco che non sta mentendo. Le sorrido così da farle intendere che non è importante, non è un vero problema.
“Comunque… L’altro ieri non c’eri alle prove” dopo una chiacchera e l’altra, Emily interrompe un mio discorso con quest’affermazione. Appena sento uscire dalle sue labbra la parola “prove”, l’ansia inizia a farsi sentire. Le mani mi tremano e tutto d’un tratto mi sento a disagio.
“Beh si… Avevo da fare” la prima scusa che mi viene in mente è al quanto banale, ma è anche l’unica che si avvicina, in parte, alla realtà. Infondo non posso dirle che da ben due settimane, precisamente dall’ultima volta che io e Calum ci siamo visti, quest’ultimo finge di non conoscermi. E di conseguenza, poiché non ho più avuto modo di parlargli, sono all’oscuro di ogni prova che i ragazzi organizzano. O meglio, è Luke a informarmi di ogni cosa, ma sa anche lui che mettersi contro Calum e invitarmi di nascosto, non è certo la cosa migliore da fare.
“Oh… Capisco, sai… Senza di te è stata una gran noia!” l’affermazione della mia amica mi fa ridere e, mentre ci dirigiamo in mensa, penso che almeno lei ne risente della mia mancanza a differenza di qualcuno. E con questo, sia chiaro, non mi sto riferendo a nessuno. Solo a quel coglione del mio migliore amico. Che poi, pensandoci, mi chiedo che senso abbia chiamarlo ancora così.
“Mi dispiace… Alla prossima prova cercherò di venire!” dico, anche se so benissimo che non sarà così, ma in questo preciso istante non trovo nient’altro da dire. Infondo la mia è solo una speranza. Perché, anche se so che è impossibile, spero ancora che tra me e Calum tutto torni alla normalità.
“Allora… Calum ti ha detto qualcosa?” una volta che entrambe siamo sedute in uno dei tavoli della mensa con il nostro pranzo fra la mani, un semplice panino, Emily mi pone questa domanda. Spostando lo sguardo su di lei, deglutisco pensierosa. Perché Calum avrebbe dovuto dirmi qualcosa?
“Ehm… In che senso?” chiedo e di nuovo l’ansia torna a farsi spazio dentro di me, procurandomi dei crampi alla pancia. Sapere che lei è a conoscenza della realtà, mi fa stare male. Mi fa sentire una bugiarda e, soprattutto, una pessima amica nei suoi confronti.
“E che…” si guarda intorno “E’ successa una cosa bella, sì, per me almeno lo è… e io non so… lui…” Emily balbetta cose che non hanno senso e il suo imbarazzo è ben visibile. Aggrottando la fronte, cerco di avere dei chiarimenti. Appoggio il mio panino sul piatto di plastica e, ripulendomi le labbra con il fazzoletto di carta, porto i miei occhi su di lei.
“Emily” la richiamo “Se mi spieghi così le cose non capisco.” Sorrido, cercando di tranquillizzarla con questo mio gesto. 
“Sei la prima a cui lo dico, perciò…” non conclude il discorso, ma mi fa capire appieno ciò che vuole intendere.  Annuendo seria, porto una mia mano sulla sua. “Stai tranquilla, non dirò niente a nessuno” e dico sul serio. So mantenere una promessa, e per niente al mondo tradirei la sua fiducia.
“Grazie” sospira. “Ieri, dopo le prove… Calum mi ha baciato” sussurra, accennando un sorriso. Un sorriso che però, mette fine al mio. Seria come non mai, la mia mano si allontana subito dalla sua. Silenzio. Tutto ciò che segue la sua affermazione è il silenzio. Un silenzio fastidioso che finisce solo nei miei pensieri. Alcune immagini sono elaborate nella mia testa e quando riformulo ciò che ha appena detto, sento il mio corpo muoversi a disagio per il colpo ricevuto. Ma non è questo ciò che più mi devasta. Gli occhi, loro, s’inumidiscono e sono pronti a dare origine ad una cascata di lacrime. E non capisco davvero il perché, non c’è n’è motivo. Eppure... Eppure succede e sapere il perché di tutta questa reazione da parte mia per ciò che è accaduto ad Emily, mi spaventa. Le mani mi tremano e la consapevolezza di essere a conoscenza di questa crudele verità, mi manda del tutto in subbuglio. Tutto ciò che ora mi sta rendendo così debole è sapere che lui ha baciato lei.
Non trovo altra ragione per cui arrabbiarmi con lui, ma non posso credere che proprio lo stesso Calum Hood che due settimane fa ha rivelato di essere, sì accidenti!, innamorato di me ora… ora abbia baciato Emily, la mia unica amica. Mi sento presa in giro, umiliata. E mi chiedo se lui non abbia solo giocato con me, se quello che giorni fa mi ha rivelato sia realmente vero perché, se così fosse, in questo preciso momento non riesco a credere alle sue parole.
“Allora? Perché… perché non dici niente?” Emily mi sveglia dal mio stato di trans e riportando di nuovo gli occhi su di lei, cerco di non mascherare i miei sentimenti. Deglutisco e accennando a un sorriso falso, mi mostro contenta per lei.
“Oh… Sono felice per te! E ciò che aspettavi, no?” chiedo e non do peso a quello che dico perché il mio cervello ora sta pensando ad un modo per capire a che gioco stia giocando Calum. Ma, soprattutto, sta cercando di darmi un ruolo nel suo fantastico spettacolo.
E proprio mentre i miei pensieri sono ostinati, in lontananza scorgo la figura di quello che fino a pochi secondi fa ho considerato il mio migliore amico. In compagnia di Luke e degli altri, sta ridendo e scherzando. E guardandolo, la mia rabbia nei suoi confronti non può che aumentare. Perché no, non lo posso accettare. Voglio un chiarimento, subito, e se non sarà lui a parlarmi, beh, allora nessun problema: me ne occuperò io.
“Sì, certo… Solo che… cavolo non me lo aspettavo e…”
“Puoi scusarmi un momento?” prima che Emily possa finire di sfogarsi, fermo il suo discorso. Mi sento una stronza ad assentarmi così in un momento importante per lei, ma ne ho bisogno.
Emily mi guarda senza parole e alzando le sopracciglia annuisce sconcertata. “Oh…Ehm…sì” e, avuta una conferma, come un razzo mi alzo dalla mia sedia. Spedita, con passo costante, mi dirigo proprio in quel tavolo in cui tutta la band sembra essere riunita. Seria come non mai, mi avvicino.
“Ehi Clover” il primo a salutarmi con un sorriso e Michael ma, con dispiacere, mi trovo a evitarlo bellamente. Con lo sguardo fisso su Calum, e a pochi passi dal tavolo, porto tutta la mia attenzione su di lui.
“Dobbiamo parlare” dico fredda e i ragazzi, alle mie parole, capiscono che qualcosa non va. Calum non osa alzare lo sguardo e continuando a giocare con il suo piatto, rimane indifferente.
“Non adesso” mi chiarisce infine continuando così a evitarmi. I suoi movimenti non fanno altro che scaturire in me altra rabbia. Impassibile, porto la mia mano sulla sua spalla e facendo pressione, ottengo una sua reazione. “Ora” gli ordino e i suoi occhi incontrano i miei. Restiamo a fissarci e con solo uno sguardo riusciamo entrambi a dirci tutto. Sento il fruscio di qualcosa, di una sedia, segno che uno dei ragazzi si è alzato. Forse hanno capito che, se in meno di cinque minuti non lasciamo la mensa, potremmo sul serio urlarci qualcosa contro.
“Clover” una mano si posa sulla mia spalla. Mi volto e quando incontro gli occhi di Luke capisco che mi sta avvertendo di rimanere calma, vuole una spiegazione, ma non è quello che voglio io in questo momento.
“No” lo allontano dal mio corpo e riporto i miei occhi su Calum. “Ho detto ora” ripeto e, spazientito, stavolta Calum da ascolto alle mie parole. Scrollandosi la mia mano dalla spalla, mi spinge leggermente indietro. Si alza e sbuffando, mi fa segno di seguirlo fuori. E lo seguo, ma prima che possa compiere un passo in più, la mano di Luke si ferma sul mio polso.
“Vuoi dirmi cosa diavolo succede?” il suo tono è serio e capisco che non è solo preoccupato.
“Dopo” gli mimo con le labbra e allontanandomi da lui, lascio cadere lo sguardo sulla figura di Calum.
“Si può sapere che diamine ti prende?” uscita fuori dalla mensa, il mio migliore amico mi urla contro. Spaventata, per l’impulso indietreggio fino a toccare il muro. Ma la mia paura svanisce all’istante. La rabbia torna di nuovo al primo posto.
“Cosa diamine mi prende?” la mia voce è alta, e le mie mani cercano il suo petto per spingerlo, per allontanarlo da me. “Cosa diamine prende a te!” affermo.
Spazientito alza gli occhi al soffitto e, stringendo le mani in due pugni, cerca di non farmi del male.
“E ora di che stai parlando?”
“Oh, lo sai benissimo. Sul serio? Emily? Hai baciato Emily?” le mie parole sembrano accendere la lampadina nel suo cervello. Subito sembra calmarsi e tutta quella rabbia di pochi secondi fa, scompare. Deglutisce e abbassando lo sguardo mi priva di ogni sua emozione.
“Qual è il problema?” la domanda che mi viene posta è semplice, diretta. Eppure, non trovo le parole. Non trovo una risposta che non mascheri del tutto le mie emozioni.
“Il problema…” inizio, ma la voce mi trema. D’un tratto, non ricordo più la ragione del mio nervosismo. Non ricordo perché sono arrabbiata con lui e c’è una piccola parte in me che mi spinge a chiedermi se, infondo, ci sia davvero una ragione. Calum alza subito gli occhi, mi guarda e aspetta di sentire ciò che ho da dire. Ma questa sua reazione peggiora soltanto la situazione. Gli occhi mi s’inumidiscono ancora e le mani riprendono a tremare. E non capisco, non capisco perché i suoi occhi ora mi facciano così paura. Perché sapere che sta andando avanti, che sta cercando di dimenticarmi, mi devasta così tanto da non trovare nemmeno il coraggio di parlare.
“Il problema è che, dannazione, tu sei innamorato di me” una volta che dalle mie labbra escono queste parole, sento il rispiro mancarmi. È la prima volta che lo ammetto ad alta voce e, soprattutto, davanti a lui.
Come se avessi appena detto la cattiveria più grande del mondo, abbasso lo sguardo. Dispiaciuta per ciò che ho appena detto con arroganza, non oso guardarlo negli occhi. Mi sentirei in colpa, ancora di più di quanto lo sono.
“Lo so” la sua risposta è atona, non ha un suono. E tutta questa freddezza nei miei confronti mi fa portare lentamente lo sguardo su di lui. Mi basta poco per capire che, in questa situazione, siamo in due a soffrire. E forse, quello che sta realmente di merda, è lui.
“Perché l’hai baciata? Tu… Nemmeno due settimane fa hai detto di provare qualcosa per me, e ora… Ora baci lei. Cosa diamine stai facendo?” cerco di non mostrarmi arrabbiata, ma più che altro delusa per questa realtà che incomincia ad essere insostenibile. Calum mi osserva e portando gli occhi al soffitto, da un calcio all’armadietto alle mie spalle. Sussulto al rumore.
“Cosa diamine sto facendo? Sto solo cerando di dimenticarti, dannazione! Perché non mi lasci in pace?” alle sue parole sussulto ancora, ma questa volta non per la paura. Come se mi avessero accoltellato per la seconda volta in questa giornata, sento il cuore battermi all’impazzata. Stavolta le lacrime non si danno un freno e corrono subito a bagnarmi il viso. E mi sento ridicola così, con il volto sporco dalle mie lacrime, davanti ai suoi occhi.
“Cerchi di dimenticarmi baciando la mia unica amica? Cosa diamine ti dice il cervello?” stavolta sono io ad urlare e le mie parole sono spezzate dai singhiozzi. Devo essere davvero un mostro in questo momento, perché alla visione delle mie lacrime Calum sembra addolcirsi. Portando le braccia ai lati del mio viso, appoggiandosi così all’armadietto alle mie spalle, si avvicina ancora ma, sospirando, cerca di star calmo.
“Ora perché stai piangendo?” mi chiede e continuando a versare altre lacrime, mi lascio andare a un pianto liberatorio. Forse il primo e vero da quando tutta questa storia ha avuto inizio.
Vorrei urlargli contro che non so perché sto piangendo e che allo stesso tempo mi spaventa essere a conoscenza della vera ragione, ma non ci riesco. Mi porto le mani sul viso e nascondendomi ai suoi occhi, mi sento più tranquilla.
Subito le sue mani, però, premono sulle mie e cercano attenzione.
“Sto piangendo… perché…”
“Perché?” “Non lo so…” e sono sincera, ma non del tutto. E se penso che pochi minuti fa ero carica nell’affrontarlo e per urlagli contro, vendendomi in questo istante vorrei solo darmi della ridicola. Ridicola perché ho creato tutto questo trambusto senza una vera ragione e forse, devo ammetterlo, non c’entra solo la mia dignità.
“Clover” Calum cerca di tranquillizzarmi e, mentre mi chiama, le sue mani si posano sul mio viso. Delicatamente mi sposta delle ciocche dietro l’orecchio e, sospirando, si da forza per affrontare la situazione.
“Ora, ascoltami bene, okay?” distratta annuisco e non capisco a che punto la nostra discussione, se così possiamo chiamarla, sia arrivata.
“Devi essere sincera, perché, quello che farò dipende tutto da te.” Per un secondo i singhiozzi cessano e la mia attenzione viene riportata su di lui. Le sue parole, dette con serietà, mi spaventano e deglutendo cerco di capire cosa ha da dirmi.
“Che cosa provi per Luke?” la sua domanda mi porta in confusione, più di quanto non lo sia già. Le mie mani si uniscono e iniziano a torturarsi, deglutisco cercando di capire se quello che ho sentito è realmente ciò che lui ha detto.
“Cosa?” chiedo assorta e, avvicinandosi di nuovo, stavolta sembra superare il limite che si era fissato.
“Perché, se ora tu mi dirai che lo ami allora… Io ti lascerò andare, ma se così non sarà allora…” le sue parole non sembrano chiarire per niente ciò che ha intenzione di fare. L’unica cosa che, però, mi fa sussultare è quell’affermazione detta con tutta sincerità. “Ti lascerò andare”, perché? Perché non può rimanere al mio fianco come lo è sempre stato?
“Lo ami?” la seguente domanda mi viene posta. Stringo gli occhi per poi riaprirli di nuovo. Le mie labbra sono socchiuse e il respiro, a causa delle lacrime versate, è irregolare. Lo osservo e capisco che è serio, ma allo stesso tempo è preoccupato. I suoi occhi non mascherano le sue emozioni e, inoltre, si sta mordendo il labbro. Scuoto la testa e distogliendo i miei occhi da ciò che vedo, cerco di pensare a ciò che mi è stato chiesto. “Cosa c’entra adesso con tutto questo?” è l’unica cosa che penso e che di conseguenza dico. Riporto i miei occhi nei suoi e sospirando, smette di mordersi il labbro.
“Rispondimi” mi ordina. E, di nuovo, non risponde a ciò che gli ho chiesto. Svia l’argomento ed io non so sul serio cosa pensare e soprattutto perché sia così avido nel sapere ciò che provo nei confronti di Luke.
Provo a trovare una risposta per me questa volta e, con il fiato sul collo, sento di nuovo quella stana sensazione stringermi il petto. “Ami Luke?” mi chiedo mentalmente e mi accorgo di aver paura, paura nel dare una risposta. “No” e ciò che penso in primis, ma so anche che non è del tutto così. Non lo amo, okay, ma… per lui sento di provare qualcosa di diverso dall’amicizia, qualcosa che mi spinge a desiderarlo al mio fianco ogni qualvolta che lo vedo, che mi abbraccia e che, soprattutto, mi bacia. Ed è così che ci si sente quando si è innamorati? Perché io non lo so… E dannazione, non so come rispondere a questa dannata domanda.
“Io… Non lo so…” rispondo quando capisco che Calum non può aspettare in eterno. E ciò che dico, rispecchia del tutto i miei pensieri.  Non lo so perché non ci ho ancora pensato, non lo so perché non mi sono mai innamorata di nessuno, e non lo so perché… ho paura di quello che posso provare.
Calum mi osserva e la mia risposta non sembra essergli d’aiuto. Ancora una volta porta gli occhi al soffitto, ma questa volta li chiude. Poi, avvicinandosi ancora, li riapre e il respiro incomincia a mancarmi quando mi accorgo di quanto sia vicino.
“Lo prenderò come un no” sussurra e non ho il tempo di formulare la sua risposta, di capire cosa voglia intendere, che le sue labbra toccano le mie. E quando il nostro contatto si fa più vivo, non riesco a muovermi. Stupita, ma soprattutto senza parole, non ho la forza né di allontanarlo né di ricambiare il bacio. Gli occhi sono spalancati e le mani cadono a pendoloni ai lati della mia vita.
E tutto ciò che riesco a formulare in questo istante, è che Calum mi sta baciando ed io… Io sento di essere nella merda fino al collo.
Calum sembra notare il mio ruolo passivo all’interno di questo gioco che lui ha iniziato e, portando delicatamente una mano nei miei capelli, mi stringe di più a lui. Le nostre lingue si sfiorano e presa dal momento, ma soprattutto dallo sconforto, mi lascio abbindolare dalle sue moine. Chiudo gli occhi e sento le lacrime ritornare di nuovo a galla, sento il cuore stringersi di nuovo in una morsa dolorosa. E Calum continua a baciarmi, ad accarezzarmi ma io non riesco a provare niente nei suoi confronti, se non astio. Con la poca forza che mi è rimasta, lo spingo via da me. Lo allontano e quando riesco di nuovo a vedere il suo viso e mi accorgo delle labbra sue leggermente gonfie a causa mia, le mie lacrime si concretizzano del tutto. Lui sembra accorgersene e, avvicinandosi, cerca di asciugarmele ma stavolta non glielo permetto. La mia mano ferma la sua prima che possa toccarmi di nuovo.
“Non toccarmi” gli dico e lui, forse offeso dalla mia richiesta, la allontana. Lo guardo negli occhi restando in silenzio.
“Clover mi dispiace…”
“No, no non dire che ti dispiace” di colpo, mi trovo ad alzare la voce contro di lui. La rabbia si mostra superiore ai miei sensi di colpa e, presa dall’impulso, nascondo ogni mia lacrima.
“Tu…Diamine, tu mi hai appena baciato!” e affermare ad alta voce l’evidenza, fa male più di quanto dovrebbe.
“Lo so, e mi dispiace”
“Io… Sto con Luke! E tu…” esasperata, mi porto le mani sul viso. Luke… Ho appena baciato un’altra persona, qualcuno che non era lui e… l’ho tradito. Ho tradito il mio ragazzo, l’unica persona di cui mi è importato qualcosa fin dall’inizio.
“Volevo solo sapere per una dannata volta cosa si prova ad essere al suo posto” la sua affermazione manda in confusione i miei pensieri, ma soprattutto stravolge il mio modo di vedere le cose. E se qualche secondo fa ero arrabbiata, la mia rabbia sembra placarsi sul momento.
“Ho cercato di fare solo quello che desideravo di fare da settimane e… Diamine, mi dispiace, non dovevo ma mentirei se dicessi che non è valsa la pena” ancora una volta si avvicina, ma le mie mani si appoggiano sul suo petto per allontanarlo.
“Ma non è stato lo stesso per me!” rispondo seria e lui, forse deluso dalle mie parole, annuisce silenziosamente. Abbassando lo sguardo si allontana e, da quando sono uscita dalla mensa con lui per parlare, mi sento veramente libera. Non sono più sotto il suo controllo.
“Tu… Non avevi nessun diritto di baciarmi! Okay, è vero, non amerò Luke ma… Lui è importante per me e ora… Hai appena commesso un grande errore!” a parlare non è soltanto la rabbia, stavolta è anche tutta la tensione accumulata in queste settimane che si sta dando da fare.
“Abbiamo, Clover. Hai ricambiato anche tu il mio bacio” le sue parole fanno scaturire in me altro astio.
“No, accidenti! Non ho fatto un bel niente! Io non avevo nessuna intenzione di…”
“Vuoi dire che le mie attenzioni ti sono state del tutto indifferenti? Ammettilo Clover: dentro tutto questo casino ci siamo entrambi dentro, non solo io”
“Cosa stai dicendo?”
“Vuoi farmi credere che ti sei arrabbiata con me solo perché ho baciato Emily quando in realtà sono innamorato di te? Sei gelosa Clover, e di questo io non ho nessuna colpa” le sue parole sono dei pugnali, dei pugnali che fanno male, che incidono ogni parte del mio corpo. Ma ciò che fa male è che nella sue parole, nelle lame che spinge contro il mio corpo, scorgo della verità. Una verità che non voglio accettare perché mi rende meno colpevole.
“Io… Io non sono gelosa!” la mia voce è più acuta del solito e il tono è alto. Calum mi osserva, nei suoi occhi vedo ancora della convinzione ma, stufa di tutta questa situazione, lascio in sospeso il discorso.
“Sai, forse avevi ragione.”
“Su cosa?”
“Sul fatto che dobbiamo stare lontano. Non voglio più vederti Calum, non dopo tutto questo” e questa volta la decisione tocca a me e, per quanto faccia male, capisco che deve andare così. Non posso più guardarlo negli occhi, non dopo essere consapevole di ciò che si è verificato fra noi.
Lui sembra accettare la mia proposta. Serra le labbra e incrociando le braccia al petto mi osserva serio.
“E’ davvero questo quello che vuoi?”
“Si” No. Non lo voglio, ma non credo che la nostra amicizia possa esistere ancora dopo che entrambi abbiamo deciso di intraprendere due strade diverse.
“Bene” la sua è una specie di conferma, ma so che le sue parole non rispecchiano ciò che pensa.
Restiamo per qualche secondo a guardarci e, avvilita per tutte le lacrime versate, mi sento stanca. E in questo momento vorrei andarmene a casa, sdraiarmi sul mio letto e magari dormire per una giornata interna, fino a che i sensi di colpa non siano così forti da devastarmi del tutto.
Così, senza una parola più del dovuto, mi stacco dall’armadietto e mi allontano da Calum. Non lo guardo, non lo tocco né gli rivolgo parola. Semplicemente, cammino per la mia strada.
“Tu hai paura” e ciò che gli sento dire quando ormai sono abbastanza lontano da lui. Mi volto.
“E sai cosa? Dalla paura non si scappa così facilmente” e questo basta per troncare così il nostro ultimo discorso. Perché non ci sarà più niente fra noi, tutto è andato perso già da troppo tempo.

“E perciò… Non vedo l’ora di suonare ancora una volta con loro!” seduta nel comodo divano di casa Hemmings, Luke mi parla allegramente di ciò che da un po’ di giorni lo rende felice. Mi sorride, mi accarezza e, seduto difronte a me, mi strige la mano, ma io non riesco ad ascoltarlo sul serio. Non riesco a sorridergli e, soprattutto, non riesco a ricambiare le sue carezze con sincerità. La consapevolezza di ciò che è accaduto all’ora di pranzo con Calum, mi nega ogni piacere. Non mi sento bene sapendo che ho tradito la fiducia di Luke e che, accidenti, sono stata una stupida. Avrei dovuto capire le intenzioni di Calum, avrei dovuto allontanarmi e invece…
“Luke” tutti questi pensieri, mi costringono a parlare. Chiamandolo, Luke porta i suoi occhi nei miei. “Non sono stata del tutto sincera con te” dico mentre le mani mi tremano. Il cuore batte all’impazzata e ansiosa, aspetto una sua reazione.
I suoi occhi si socchiudono leggermente e la sua espressione mostra la sua incomprensione. “Cosa?” chiede e fra le labbra c’è un accenno a un sorriso. Un sorriso che presto non ci sarà più, e la causa del suo male sarò solo io.
Portandomi una mano fra i capelli, sospiro. “Quando ti ho spiegato perché piangevo alla festa, non ti ho detto la verità.” Luke rimane fermo, non muove un muscolo, l’unica cosa che pian piano svanisce, è quel sorriso. Le sue labbra si stringono in una linea.
“Ho litigato con Calum, questo è vero... Ma la motivazione… E’ così complicato” la voce mi trema e sento gli occhi inumidirsi di nuovo, ma cerco di tenere le lacrime per dopo, per quando mi serviranno per davvero.
Luke è preoccupato e rafforza la sua presa attorno alla mia mano, e questa reazione mi fa sprofondare ancora di più nei sensi di colpa. Perché, diamine, non può essere dalla mia parte anche quando gli ho mentito, quando gli ho fatto del male!
“Fidati, se avessi potuto… Te ne avrei parlato prima ma…”
“Ma?”
“Non ne ho avuto il coraggio. Avevo paura che tutto andasse in frantumi per colpa mia e ora… ora ne ho più di prima… Fidati, io non volevo.”
“Vai dritta al punto Clover” stavolta il suo tono è serio e nei suoi occhi non scorgo più quel velo di preoccupazione.
“Calum prova qualcosa per me.” Respiro “Qualcosa che va oltre l’amicizia” e una volta che metà della verità è stata rivelata, mi sento meglio. Ma la reazione di Luke, mi fa stare sull’attenti. Preso dalla mia rivelazione, spalanca gli occhi e le sue labbra si socchiudono di poco dallo stupore.
“Stai scherzando?” dire che sia arrabbiato, è dir poco. La vena del collo si è leggermente gonfiata e i suoi… Oh i suoi occhi sono delle vere saette!
“No, vorrei, ma è così”
“Lui… tu…!”
“Oggi, quando sono uscita con lui fuori dalla mensa… Abbiamo discusso e lui…”
“Lui cosa?”
“Mi ha baciato” silenzio. Stavolta non spalanca gli occhi, stavolta non rimane sorpreso. L’unica reazione che ricevo da parte sua, è il suo allontanare la sua mano dalla mia. Come scottato, subito si allontana da me e questo gesto fa male, male come nient’altro.
Non oso parlare, nemmeno una parola. Abbasso lo sguardo e mi sento umiliata, mi sento a disagio sotto il suo sguardo.
Non restiamo così a lungo. Si alza e allontanandosi dal divano, inizia a camminare avanti e indietro per il salotto. Ed io mi sento sempre più piccola.
“Luke io… Fidati, non avrei…”
“No.” Si ferma “Zitta” mi ordina e con i suoi occhi mi trasmette tutto il risentimento e la rabbia che sta provando.
“No, ti prego, ascoltami” e alzandomi, mi avvivino a lui. “Mi dispiace sul serio e non puoi capire quanto io mi senta in colpa. Non pensavo che mi avrebbe baciata e l’ho allontanato subito, credimi” cerco di avvicinare le mie mani al suo viso, ma appena sfioro le sue guance, con una mano, mi allontana da lui.
“Tu… l’hai baciato!” il suo sguardo è stupito, forse perché nemmeno lui può credere a tutto ciò. Annuisco, mordendomi la lingua.
“E’ vero ma… Accidenti, non lo volevo!” ed è vero, non erano queste le mie intenzioni. Volevo solo parlare con Calum e mai, ripeto mai, avrei pensato che una nostra discussione avrebbe potuto sfociare in qualcosa di così… così impuro.
Luke annuisce serio e stringendo le labbra, mi fa capire che questa situazione è inaccettabile per lui.
“Cos’hai provato?” la sua domanda, però, mi sconvolge. Portando gli occhi su di lui, li spalanco e indietreggiando provo a capire il contento della sua frase. E quando mi accorgo che non ci sia niente da capire, perché più chiaro di così la sua domanda non poteva essere formulata, mi trovo a sbattere più volte gli occhi. E lo trovo ingiusto, ingiusto che per la seconda volta, in questa giornata, le persone a cui più tengo cerchino di strappare dalle mie labbra ciò che provo. Ancora una volta sono davanti ad una confessione, ancora una volta sono io quella che deve mettere in chiaro le cose.
Ma ciò che mi fa incazzare più di tutto è che è proprio Luke a pormi questa domanda, lui, l’unica persona che dovrebbe fidarsi di me.
“Cosa?! Non puoi chiedermelo sul serio!” sbotto e la voce mi trema e non riesco a capire se sia a causa della rabbia o è solo un sintomo della paura che in questo momento sto provando. Paura che lui ora possa non credermi, che lui possa lasciarmi andare.
“Sai benissimo perché te lo sto chiedendo” si porta una mano fra i capelli “Tu eri innamorata di lui” e la sua affermazione mi fa rabbrividire.
“Non ero innamorata di lui” mi trovo a evidenziare. E in questo preciso momento, non riesco a capire perché, non so per quale motivo, ma vorrei urlargli “Non quanto lo sono di te”, ma non lo faccio. Metto a tacere ogni mia stupida mossa e resto a guardarlo, seria ma allo stesso tempo devastata come non mai.
“Sai cosa intendo.”
“Non ho provato niente. Niente.” E la voce mi trema ancora. “E sai perché? Perché non è lui che amo” e solo una volta che ho parlato, mi accorgo che ormai il danno è stato fatto. E non so nemmeno io perché dalla mia bocca sono uscite quelle due paroline, quando qualche ora prima perfino ammettere a me stessa l’importanza dei miei sentimenti nei suoi confronti è stato difficile.
Luke ancora una volta sembra colpito dalle mie parole, e i suoi lineamenti stavolta sembrano addolcirsi. Ed io mi vergogno, mi vergogno come non mai. Perché ho appena detto qualcosa che avrei preferito tenere per me, qualcosa che non sono ancora pronta per affrontare. E con le mani che tramano, mi porto alcune ciocche ribelli dietro l’orecchio. Gli occhi sono bassi, non oso e non voglio ricontrare di nuovo i suoi. Morirei dall’imbarazzo oltre che dalla serietà di tutta questa situazione.
Lo sento sospirare e lontano da me di qualche passo, non osa avvicinarsi. La sua mano, però, sfiora il mio mento. Sollevandomelo di poco, mi costringe ad annegare in quel mare che in questo momento sembra davvero essere in tempesta.
“Tu…Mi ami?” ed ecco, ecco la stessa domanda, la domanda critica che ha delineato gli avvenimenti di questa giornata da parte mia. Stavolta, però, non è Calum a gestire lo spettacolo. Stavolta è il diretto interessato a chiudermi cosa provo per lui, ed io ancora una volta non voglio rispondere. Non trovo le parole adatte e niente, niente potrebbe spiegare ciò che provo e sento per lui. Perché dire che lo amo, non risolverebbe niente.
“Non lo so” sincera, ed è solo questo che voglio essere. Sincera, senza altre bugie.
Luke sembra essere deluso dalla mia risposta, e i suoi occhi non nascondano la tristezza che prova nei miei confronti. Abbassa lo sguardo, poi, cercando di focalizzare l’attenzione in qualsiasi punto che non preveda il mio viso, cerca di tornare a respirare in modo regolare.
“Credo che sia meglio che tu vada adesso” “Cosa?” vorrei chiedergli, ma rimango ancora una volta in silenzio. Cerco di metabolizzare ciò che ha appena detto e la consapevolezza che mi sta cacciando fuori da casa sua, mi fa deglutire a vuoto.
“Luke…” la mia è una vera supplica.
“Voglio stare da solo” e il suo invece è un vero schiaffo, uno schiaffo che non colpisce il mio viso. Divieta e va al mio cuore e proprio quando è un centimetro di distanza, si trasforma in un gran pugno, un pugno che colpisce ciò che ne rimane e lo distrugge in tanti pezzi.
Gli occhi ritornano ad essere lucidi e cerco di avvicinarmi per toccarlo, ma lui indietreggia. E capisco, capisco che forse è bene che per una volta dia ascolto a ciò che mi dicono. Così, velocemente afferro la mia borsa e ad un passo dalla porta resto ferma a guardarlo con le lacrime che mi bagnano il viso.
“Mi dispiace”

Spazio autrice!
Sono di corsa e sto morendo dal sonno! Mi scuso per il ritardo ma ho avuto due settimane piene di verifiche, problemi privati molto importanti e poco tempo per scrivere. Spero che questo capitolo vi piaccia e mi scuso per gli eventuali errori (non ho riletto abbastanza) 
Mi scuso per non aver risposto all'unica recensione ricevuta, domani provvederò a rispondere ma ti ringrazio anche qui! c:
Vi chiedo per favore di recensire, perchè ho notato che la storia sta perdendo "colpi". Nel caso fosse così, ci terrei a sapere le motivazioni così magari evito di continuare a pubblicare qualcosa che non piace a nessuno.
Detto questo, buona notte e buona lettura!
Adddiosss

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 -Numb- ***


Capitolo venti
-Numb-


“Grazie per essere venuto” dico sollevata quando Michael, a pochi passi da me, mi raggiunge per sedersi al mio fianco. Non mi risponde; semplicemente portandosi una sigaretta fra le labbra, mi sorride in modo forzato. Stringendomi nella mia sciarpa di lana, rabbrividisco. C’è abbastanza freddo e incomincio a pensare che incontrarci all’aperto non sia stata un’ottima idea.
“Non c’è di che. Al telefono sembravi abbastanza preoccupata”  dopo aver inspirato il fumo della propria sigaretta, Michael mi rassicura. Con quelle semplici parole, sembra chiedermi scusa per quel mancato sorriso di poco prima.
Alle sue parole annuisco e portandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, provo a formulare un discorso all’interno della mia testa. Un discorso che possa spiegare il motivo per cui ora entrambi siamo qui, ma soprattutto un discorso da cui io passa ricavarne ottime informazioni.
Ciò che, però, sembra mancarmi è il coraggio. Un po’ stupido da dire ora che Michael è qui davanti a me. Ora che non ho vie di uscite e qualcosa, pur che stupido sia, dovrò inventarmi per non sembrare una povera deficiente.
“Allora… Qual è il problema?” il mio amico, per fortuna, sembra leggere nei miei occhi il timore che sto provando. Vuole aiutarmi e la sua domanda ha un ottimo effetto su di me.
“Hai sentito Calum e Luke in questi giorni?” così, non del tutto sicura di aver formulato perfettamente la mia domanda, almeno non per i miei canoni, lascio scemare un po’ di quell’ansia accumulata. Ansia che per giorni, mi ha reso nervosa, irritabile e che ha sovrastato i miei pensieri. Questi ultimi sono tutti riconducibili a quelle due persone che chi da tempo e chi da una vita, hanno reso le mie giornate diverse.
Quelle due persone che, però, con poco sono riuscite a scivolare dalle mie mani e ad allontanarsi. Persone che non vedo da giorni e che mi mancano da lasciare un vuoto, un vuoto dentro di me.
Alla mia domanda Mike resta fermo a guardarmi, impassibile, come se stesse ragionando. Ho l’impressione che stia cercando qualcosa che si ricolleghi alle mie parole. Poi, come se avesse trovato ciò che aveva smarrito, mi sorride.  Un sorriso che la sa lunga e che, forse, muore dalla voglia di saper tutto ma allo stesso tempo di svuotare il sacco.
“Allora?” chiedo quando mi accorgo che non è intenzionato a rispondermi così in fretta come io vorrei che facesse.
“E’ possibile” la sua risposta fa nascere un punto di domanda sulla mia fronte. Arricciando il naso, lo osservo perplessa.
“E’ un sì o un no?” chiedo e capisco perfettamente a che gioco sta giocando. Vuole lasciarmi sulle spine.
“Sì, li ho sentiti… O meglio, li ho visti” ancora una volta la sua risposta mi fa pensare che forse mi sono persa un passaggio, un passaggio di cui solo lui è a conoscenza. E sbuffo, sì, perché diamine! Non ne posso più! È da tre giorni che Luke non viene a scuola, tre giorni in cui non ci sentiamo e tre giorni che mi manca. Mi manca da star male e ho anche paura. Paura che mi abbia lasciato perché dopo che sono uscita da casa sua, lui non mi ha cercato. Non mi ha dato delle spiegazioni e non ne ha volute nemmeno da me. E non so cosa possa aver pensato, cosa possa aver fatto, non so niente. E inoltre, una cosa che mi spaventa di più, è sapere che anche Calum ha mostrato i suoi stessi sintomi. Anche lui ha marinato la scuola, anche lui non ha dato segni di vita.
“E…?”
“Calum non era messo tanto bene” la sua frase mi fa spalancare gli occhi.
“Che cosa sta a significare che ‘non era messo tanto bene’?” chiedo e mostro la mia preoccupazione. Mike ride e guardandosi intorno, sembra incerto se mettere così facilmente a tacere la mia curiosità.
“Nel senso che… Beh, qualcuno gli ha procurato un bel livido all’occhio destro.” Le sue parole mi fanno di nuovo sussultare. E tutto ciò che riesco a pensare è un semplice “Cosa?” che, senza accorgermene, urlo.
Colto alla sprovvista, Mike mi guarda spalancando gli occhi, proprio come ora lo sono i miei. Le mani mi tremano e non sono sicura di voler sapere ciò che ha dire.
“Non so bene cosa sia successo fra te e Luke, ma… cavoli! Due giorni fa, alle prove, ha quasi mandato Calum all’ospedale” inutile dire che il cuore mi batte a mille e che le mia gambe, come le mia mani, non smettono di tremare. I miei pensieri non smettono di far eco nelle ma testa e tutto, tutto si riconduce a un’unica verità: Luke, il mio Luke, ha picchiato Calum. Ed io… Cavoli, non posso crederci!
“Dimmi che stai scherzando.”
“No, non sto scherzando. Devi ringraziare me e Ashton, se non ci fossimo stati… Beh, credo che entrambi ora non sarebbero ancora in grado di respirare.” Le parole di Michael mi fanno agitare ancora di più, tanto che sono costretta ad alzarmi dalla panchina. E l’aria inizia quasi a mancarmi e sono costretta ad allentare la presa che la sciarpa ha intorno al mio collo. Mi porto una mano alla bocca e ansiosa incomincio a camminare avanti e indietro, tracciando così un solco nel terreno.
“Ma come… Perché? Insomma… O mio dio!” le parole mi escono fuori senza un vero senso e Michael, d’altra parte, è incerto se scoppiare in una risata o chiedermi una spiegazione di ciò che ho appena detto.
“Adesso come stanno?” in qualsiasi caso, non gli do il tempo di reagire perché subito inizio a essere curiosa di notizie.
Michael sospira e gettando il mozzicone della propria sigaretta per terra, la pesta per spegnerla.
“Calum sta bene fisicamente, ma ecco… Emotivamente sta ancora cercando di riprendersi” annuisco e mentalmente mi chiedo perché quello che sta male è lui. Lui che mi ha baciato e che, di conseguenze, non ne ha avuto. Non è stato lui a essere lasciato dalla propria ragazza. O, almeno, non vista in questo modo.
“E Luke?”
“Non ne ho idea. Non si è fatto vivo dopo lo scontro.” La sua risposta mi fa imprecare. Zero, nulla, niente. Nessuna informazione che possa aiutarmi, che non possa procurarmi altra ansia. Sbuffando, smetto di camminare e mi siedo al fianco di Michael. Resto in silenzio e rimuginando a tutto ciò che il mio amico mi ha raccontato e tutto ciò che, invece, è accaduto tre giorni fa.
“Clover, posso sapere cos’è successo? Luke era davvero incazzato, non l’ho mai visto così!” e come se tutta quest’angoscia non bastasse, a mettere il dito nella piaga c’è anche Mike. Un Michael che non intenzione di sgridare o di lasciare senza spiegazioni, visto il suo grande pensiero di venire qui e raccontarmi tutto.
“Calum mi ha baciato” e basta solo questa frase per far unire tutti i pezzi del puzzle al mio amico.
Stavolta quello sbalordito e senza parole è lui. Scostando la schiena dallo schienale della panca, si gira leggermente verso di me. I suoi occhi sono spalcanti.
“Wow” è tutto ciò che riesce a dire.
“Già” ed io d’altronde, non trovo nulla con cui ribattere. “Un bel casino, vero?” e rido, rido perché è solo in questo modo che riesco a reprimere un po’ di quell’ansia che sta sfocando nella rabbia.
“Vai da Luke, Clover” il consiglio di Mike mi fa sussultare.
“Cosa? No, lui non vuole vedermi”
“E tu ci credi?” un sorriso è accennato fra le sue labbra. La sua domanda mi fa pensare. E, come una molla, è ciò che mette in moto il mio ingranaggio. E mi chiedo, cosa ho da perdere se ora vado da lui? Nulla, perché l’unica cosa che di cui importa è Luke. Solo ed esclusivamente lui e sono convinta che stando qui a deprimermi non concluderei niente, anzi, forse peggiorerei solo la situazione.
“Sai? Forse hai ragione!” sussurro e, alzandomi mi stringo nel mio capotto. “Vado da lui” e mi basta ascoltare la risata di Mike per capire quanto questo mio improvviso cambiamento possa fargli piacere.

Una volta che sono davanti casa Hemmings, il dubbio di aver commesso un errore a presentarmi così, senza preavviso, mi fa rimpiangere di aver preso una decisione così azzardata. Ma poiché il danno è stato già fatto, non mi rimane che aspettare che qualcuno mi venga ad aprire.
Dopo alcuni secondi di una fastidiosa attesa, il cancello si apre. Come sempre, attraverso l’uscio e chiudendomi il cancello alle spalle, mi dirigo verso l’entrata della villa. Ciò che, però, mi fa arrestare sul posto è la figura che in lontananza scorgo. Non è quella figura slanciata e magra che appartiene al mio ragazzo. Sta volta, ad aspettarmi c’è una donna. Una donna che, su per giù, avrà una quarantina di anni. Riprendendo la mia camminata, mi avvicino al porticato. Una volta che sono a pochi centimetri di distanza, la signora che ho davanti ai miei occhi mi ricorda qualcuno a me caro. Il colore dei capelli, le incavature e il colore degli occhi, le labbra sottili… Tutto riconduce a Luke. E basta poco, una frazione di un secondo, che capisco chi ho a pochi passi di distanza: la madre di Luke, merda.
“Ehm, salve” quelle pozze azzurre mi osservano spaesate e sentendomi in dovere di dare una spiegazione, mi affretto a rispondere.
“Sono un’amica di Luke… Ecco, io… volevo sapere se era in casa…” mai, in nessuna circostanza, mi sono sentita così in imbarazzo.
La madre di Luke rimane a fissarmi ancora e il suo sguardo mi mette ancora di più a disagio; poi, facendo grande respiro, mi sorride.
“Oh, certo, entra pure” e il suo invito a entrare mi sorprende. Spostandosi di lato, mi fa spazio. Indecisa sul da farsi, entro lentamente, sperando che Luke arrivi al più presto a salvarmi da questo imbarazzante incontro.
“Tu saresti…?” una volta entrata, la madre di Luke mi pone questa difficile domanda. Sento l’ansia accumularsi e sono indecisa su come rispondere. “La ragazza di Luke” sarebbe la risposta più vera che possa dire ma, vista la situazione, non credo che sia appropriato usare quest’appellativo.
“Un’amica, un’amica di Luke” rispondo e la donna annuisce. “Clover, piacere” in dovere di presentarmi, allungo la mano verso di lei. Mi sorride e ricambiando il gesto, sussurra: “Margaret”
Annuisco anch’io, mostrandole un sorriso. “Adesso vado a chiamarti mio figlio.” E come detto, scompare al piano di sopra. Appena rimango da sola nel salotto della casa, mi ritrovo a inspirare a pieni polmoni. Senza la presenza della madre di Luke, non mi sento più a disagio. L’unica cosa che sta del tutto mandando a puttane il mio cuore, è l’ansia. L’ansia di rivedere dopo giorni Luke e, soprattutto, di essere a conoscenza della sua reazione.
“Due minuti e scende” quasi prendo un colpo. Voltandomi alle mie spalle, vedo Margaret scendere gli ultimi scalini della scala.
“Scusa, non volevo spaventarti” ammette e capisco che non sta mentendo. Mi porto una mano al cuore e sorridendole, muovo la testa. “Oh, non si preoccupi” rispondo e nel frattempo mi chiedo per quanto ancora dovrò aspettare per mettere fine a quest’agonia. Non che mi dispiaccia restare in compagnia della signora Margaret, ma… accidenti, non so cosa dire!
“E’ per caso successo qualcosa?” intenta a osservare le mattonelle del pavimento, alla domanda della madre di Luke alzo lo sguardo sorpresa.
“In che senso?” chiedo perché non sono sicura di capire a cosa si riferisca.
“E’ da giorni che Luke non esce da casa, poi ha anche quel livido… Mi chiedevo, è successo qualcosa?” sussulto sentendo le sue parole. Livido? Quale livido? Michael non mi aveva detto di nessun livido!
“Ecco… io…”
“Che ci fai qui?” a salvarmi da questa situazione scomoda, è Luke. Girandomi verso le scale, dopo giorni, lo rivedo. E il cuore batte forte, proprio come ogni qual volta che lo vedo. E non m’importa se stavolta non c’è un sorriso sul suo viso, se mi sta guardando seriamente; l’unica cosa che m’importa, in questo preciso istante, è vedere che sta bene.
“Vi lascio da soli” Margaret capisce di essere il terzo incomodo della situazione, è per fortuna decide di prendere la scelta migliore. Uscendo dalla stanza, lascia me e Luke da soli. Quest’ultimo scende gli ultimi scalini della scala e, avvicinandosi, mi rimprovera con lo sguardo.
“Sei per caso impazzita? Ci sono i miei genitori in casa!” il suo tono è duro, ma non mi sta urlando contro. Deglutisco; mi fa strano vederlo così rude nei miei confronti. Lo guardo dritto negli, ma prima mi soffermo sulle sue labbra. Il labbro superiore è spaccato e un livido violaceo occupa lo zigomo destro. Rabbrividisco, immaginando il modo in cui si sia procurato queste ferite.
“Volevo solo vederti” ammetto e non sposto i miei occhi dai suoi. Mi guarda anche lui, ma appena il nostro contatto visivo diventa più profondo, non mi concede più la possibilità di interagire con lui. Sbuffando mi volta le spalle e facendo un cenno con la testa, m’indica la scala.
“Andiamo sopra” dice e mi stupisco quando non mi afferra per mano. Come se fossi una semplice amica, mi lascia alle sue spalle. E’ l’unica cosa che mi rimane da fare e seguirlo in silenzio fino alla sua stanza.
Una volta che siamo dentro, Luke chiede la porta a chiave e, come se niente fosse, si siede sul margine della sua scrivania. Mi guarda, mi osserva, proprio come un piccolo animale in gabbia. E mi sento a disagio, sì, perché non sapere cosa sta pensando mi fa innervosire.
Stufa di rimanere in silenzio, mi avvicino al suo corpo e mi sorprendo che non faccia niente per allontanarmi. Anzi, mi concede anche la possibilità di sfiorargli il labbro, proprio in quel punto dove c’è quel taglio che spicca con il rosso delle sue labbra. E i suoi occhi, nel frattempo, mentre i miei esaminano tutto ciò che mi è nuovo, osservano i miei gesti.
“Che cos’hai fatto?” anche se so benissimo a cosa siano dovuti i suoi lividi, sento la necessità di chiederlo. Non mi aspettavo che reagisse così, certo, sapevo che i suoi precedenti non erano dei migliori, ma ecco… non mi aspettavo che arrivasse a fare del male per me.
“Ho fatto solo quello che andava fatto” la sua voce è rauca e, stavolta, sembra di nuovo essere infastidito. Allunga una sua mano e afferrandomi il polso, allontana la mia dal suo viso. Rabbrividisco quando sento di nuovo il suo tocco sulla mia pelle. Mi è mancato sentirmi così.
Stringo le lebbra in una fessura e torno a riguardarlo negli occhi. Sto morendo dalla voglia di abbracciarlo e di baciarlo, ma non ho il coraggio di superare i suoi limiti. Ho paura che lui possa rifiutarmi.
“Davvero?” chiedo e questa volta la mia domanda è pungente. Non trovo un valore a ciò a che mi ha appena detto.
“Non amo condividere ciò che è mio” e la sua risposta, detta con un sorriso ironico sul viso, mi fa rabbrividire. “Mio”, l’ha detto sul serio? Perché la mia attenzione è rimasta lì? In quella piccola parola che, concretamente, non ha nessuna importanza?
Deglutisco e mi muovo sul posto irrequieta. Manca davvero così poco per avere un contatto con lui, e lui sembra saperlo. Forse, è proprio per questo che mi lascia a debita distanza. Sa che averlo così vicino e non poterlo toccare mi fa male.
“Sei ancora arrabbiato con me?” so che la mia domanda è scontata, non ha senso perché i suoi gesti dicono molto, ma eppure è l’unica cosa che trovo da dire. Luke mi osserva ed è impassibile e mi chiedo: come può esserlo? Io… Io, al suo posto, avrei ceduto già da qualche tempo!
“Abbastanza” sussurra e la sua affermazione mi fa sprofondare nei sensi di colpa. Ed è strano perché è da giorni che sono a conoscenza di questa realtà, eppure sentirlo dire da lui ha tutto un altro effetto su di me.
Come se fossi stata colpita nel mio punto debole, mi allontano subito da lui e tiro il braccio verso di me così che lui possa allentare la sua presa attorno al mio polso.
Indietreggiando, arrivo a toccare i piedi del letto e senza fregarmene di niente, mi siedo sul pavimento.
Portandomi le gambe al petto nascondo il mio volto fra le braccia e lascio che le lacrime scendano silenziose. E non m’importa se davanti ai suoi occhi io possa essere patetica, no.
Perché sto male, tanto male e questa volta non penserò a niente, soprattutto alle conseguenze. La persona cui tengo di più è arrabbiata con me, non mi abbraccia, non mi bacia e io… io sono a pezzi. Mi sento proprio come pezzo di un puzzle che non riesce a trovare la sua metà. Eppure, mi dico, io la mia metà ce l’ho. È qui davanti a me, ma è come se l’avessi perduta da qualche tempo.
Non so quanto tempo passi prima che Luke si sieda al mio fianco. So solo che due mani corrono ad alzarmi il viso. E quando i miei occhi vedono di nuovo la luce, riesco a vedere Luke guardarmi in modo diverso. Scorgo in lui gli stessi sensi di colpa che hanno ridotto me così in questo momento.
“Smettila di piangere” mi rimprovera ma io scuoto la testa con dissenso.
“Come faccio? Non ci riesco.” Ammetto e lui sembra capire il senso delle mie parole. Sospira e portando le mani sul mio viso, con il pollice asciuga alcune di quelle lacrime.
“Mi spieghi come devo comportarmi con te? Sei così… Dio” impreca fra le sue labbra e io, con gli occhi lucidi, mi trovo ad aggrottare le sopracciglia. Che cosa sta cercando di dirmi...?
“Mi…mi vuoi lasciare?” e non so per quale ragione dalle mie labbra esce questa domanda. So solo che la paura di ascoltare una sua risposta negativa, mi fa rimpiangere di aver dato sfogo ai miei pensieri.
Gli occhi di Luke si spalancano. “No, no” si affretta subito a rispondermi e vedo che non è più tranquillo anche lui. Mi rilasso perché la sua risposta mi basta per non lasciare che le mie paranoie sovrastino i miei pensieri. Ma tutto ciò, però, non basta a tirarmi sul il morale.
“Perché me lo chiedi?” portandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, si avvicina al mio volto. Lo guardo negli occhi e scorgo della paura, della paura a cui non riesco a dare una spiegazione in questo momento.
“Perché sei arrabbiato con me, perché non ti sei fatto sentire per giorni, perché non hai voluto ascoltarmi…E mi sei mancato, troppo” la voce mi trema un po’, ma le lacrime hanno finito di rigarmi il viso. Luke sembra cambiare espressione. Allontanando le mani dal mio viso, mi si siede davanti a gambe incrociate. Il suo sguardo non incontra più il mio, rimane fisso a guardare le sue mani che si torturano dall’ansia. E mi chiedo a cosa sia dovuto il suo cambio d’animo.
“Non è vero che sono arrabbiato con te, forse non lo sono mai stato” le sue parole mi lasciano sorpresa.
“Allora perché sei così freddo nei miei confronti?”
“Credo di esserci solo rimasto male e, beh, di aver avuto paura” i suoi occhi incontrano i miei e m’impediscono di porgli altre domande.
“Tu hai passato molto tempo a provare dei forti sentimenti per Calum e quando mi hai detto tutta la verità, mi sono chiesto ‘E se tutto dovesse andare così? Forse la nostra relazione era già destinata a non durare’”
“Non è così” mi affetto a rispondere ma lui subito mi rimprovera con lo sguardo. Devo stare in silenzio.
“Poi quando alla mia domanda hai risposto con ‘Non lo so”, ho sentito tutte le mie sicurezze svanire in un istante.” E ora mi sento in imbarazzo ma allo stesso tempo in colpa perché capisco cosa voglia intendere. Ciò che l’ha ferito, non è stato il mio tradimento. Di quello, ne ha compreso le ragioni e forse ha intuito che ha giostrare la situazione è stato solo Calum; ciò che, però, gli ha procurato quella ferita che ora gli fa male è stata la mia insicurezza. Quel “ti amo” non detto.
“Luke…”
“No, non devi darmi delle spiegazioni” e i suoi occhi si specchiano di nuovo nei miei. “Sì, ecco, se tu non mi ami... Io lo capisco, non devi trovare delle scuse. Per me…”
“Non ho mai detto che non ti amo” e questa volta decido di interromperlo, perché non voglio che creda in qualcosa che non si avvicina minimamente alla realtà.
“Io ci tengo a te, fin troppo.” E questo gli fa piacere perché i suoi occhi s’illuminano, e mi sorridono, per quanto possa sembrare strano. Ci guardiamo ed entrambi decidiamo di stare in silenzio. E mi chiedo, in queste situazioni, cosa bisogna fare? Cosa si deve dire per far sì che tutto ritorni alla normalità? Forse ora se lo sta chiedendo anche lui e pensandola allo stesso modo, nessuno dei due riesce a fare il primo passo.
Mi avvicino a lui e, stranamente, mi lascia fare. Mi siedo sulle sue gambe e delicatamente mi appoggio nell’incavo del suo collo. Un gesto dolce a cui lui, inizialmente, non da importanza. Le sue braccia rimangono ferme e nel suo volto vedo un’espressione contrariata, ma allo stesso tempo indecisa; proprio come se non sapesse come comportarsi, cosa credere che sia giusto fare. Poi, come se avesse mandato a quel paese tutti i suoi pensieri, mi stringe forte a sé. E sospiro, sospiro perché sento che tutto stia tornando alla normalità. Inspiro il suo profumo e sento quel senso di nostalgia, quello che ti fa mancare il respiro. E non so per quanto tempo restiamo così: abbracciati, io con il capo appoggiato nell’incavo del suo collo e lui con gli occhi fissi sul mio viso. So solo che quando riapro gli occhi, mi sento attratta dalle sue labbra. E come una calamita, mi avvicino a essere per sfiorarle, ma appena cerco di creare un contatto, Luke si allontana. Le sue braccia non mi stringono più al suo corpo e si alza in piedi. Lo osservo e non capisco cosa abbia fatto di sbagliato per ricevere questa sua reazione. Insomma, pensavo che avessimo risolto!
“Ti va una tazza di cioccolata?” e toccandosi nervosamente i capelli, mi pone questa domanda. Sbatto le ciglia più volte non capendo perché ora abbia introdotto quest’argomento. Lo guardo e stupita rispondo con un “Sì”. Annuisce anche lui. “Allora… Resta qui, torno subito” e vorrei dirgli di restare, ma ormai è già scappato via.

“Ti fa male?” sorseggiando un po’ della cioccolata calda che ho fra le mani, mi rivolgo a Luke che mi è seduto davanti. Non siamo più nella sua stanza, ma abbiamo deciso di spostarci nel piccolo solaio al piano di sopra. Seduti nelle scale, guardando così fuori dalla finestra, siamo distaccati da tutto il mondo. E anche dai suoi genitori che sono al piano di sotto.
“Cosa?” Mi chiede e pure se è passata un’ora da quando abbiamo parlato, riesco ancora a percepire la sua freddezza nei miei confronti.
Allungo la mano e toccandogli il labbro, gli faccio intuire a cosa mi riferisco. Deglutisce e spostando la mia mano dal suo viso, la stringe nella sua. E stavolta sono io che deglutisco perché sta cercando di avere di nuovo un contatto con me. Proprio come agli inizi, quando non stavamo ancora insieme.
“Un po’” ammette ma lo sguardo rimane sulla mia mano. Ci gioca e allo stesso tempo mi riscalda.
“Non avresti dovuto” lo ammonisco, anche se non dovrei. Sto rischiando molto a rimproverarlo proprio ora quando lui non è tanto stabile. Alza lo sguardo e i suoi occhi mi osservano. Una cosa strana che, però, mi lascia interdetta è il suo sorriso. Mi sta sorridendo anzi, sta ridendo, e non perché lo stia facendo.
“Che c’è?” sbotto, perché lui non ha intenzione di rispondermi.
“Niente” fa spallucce “Mi fa solo piacere che tu ti stia preoccupando così tanto per me” e arrossisco.
“Non dovrei?” chiedo e capisco che sto flirtando con il mio stesso ragazzo. E’ come se, in questo istante, le nostre parole avessero più di un senso.
“Non sta a me rispondere a questa domanda” risponde e io annuisco. Appoggia la sua cioccolata nello scalino superiore e prendendo anche la mia tazza dall’altra mano, compie lo stesso gesto. Resto in silenzio, e attenta cerco di capire le sue intenzioni. Poi prendendo le mie gambe, mi tira verso di lui, così che di nuovo io sia su di lui. Siamo vicinissimi.
“Mi sei mancata anche tu.” Sussulto e non riesco a guardare i suoi occhi perché sono troppo sinceri e mi mettono a disagio.
“E forse… Sì, io ti amo già da un po’” e non posso rimanere stupita dalle sue parole perché le sue labbra, come se volessero cancellare ciò che ha appena detto, si posano sulle mie. Dopo giorni, è una pura liberazione. Il suo tocco è delicato e appoggiando una sua mano sui miei capelli, mi spinge verso di lui. Rimango interdetta per le sue parole e come l’eco, rimbombano nella mia mente senza mai smettere. Ma quando il suo tocco diventa insistente, mi lascio andare fra le sue braccia. E lo bacio, lo tocco, proprio come ho sempre fatto. E penso che tutto questo mi era mancato, tanto. Mi avvino ancora di più a lui e le sue labbra si separano di poco dalle mie. Me le morde e con un sorriso mi bacia la guancia, fino ad arrivare nell’incavo del collo. I brividi ritornano e i miei nervi si rilassano.
“Luke” lo chiamo prima che la situazione possa sfociare in qualcos’altro, e il pensiero che di sotto ci sono i suoi genitori mi aiuta molto.
“Devo andare” dico quando Luke non ne vuole sentire di lasciarmi andare. Continua a baciarmi ed io, da una parte, vorrei che continuasse. Soprattutto perché quando il momento sarà finito, dovrò affrontare la situazione. Cosa gli dirò? Mi ha appena detto che mi ama! Accidenti, perché tutto adesso?
“Non è vero” e lui sembra aver intuito la mia mossa. Si stacca dalle mie labbra e mi guarda negli occhi. Arrossisco. “Resta con me.” Afferma “Ancora un altro po’” e con quei gli occhi mi supplicano, la mia ansia sembra calmarsi. E tutto ciò che mi rimane da dire è un semplice “Okay”.

Spazio autrice!
Oh mio dio! Quanto tempo! Scusate tantissimo per il mio enorme ritardo, ma questo non è per niente un bel periodo. Potete credermi o meno, ma sto affrontando delle cose davvero pesanti e serie. Diciamo che... Beh, non riesco più a scrivere a causa di questi problemi. Rigrazio chi ha recensito lo scorso capitolo, adesso mi affretto a rispondervi!
Il capitolo non mi piace molto, sono più brava a far litigare le persone che a farle chiarire lol Spero che però possiate apprezzarlo lo stesso, ci ho messo comunque il mio impegno! Detto questo vi lascio e beh... Lasciatemi una recenzione! Plssss!

-Sere


 

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Capitolo 21
*** Capitolo ventuno -Something I need- ***


Capitolo 21
-Something I need-

“Non se ne parla”
“Ma perché? Insomma, potresti almeno provarci!”
“No, non voglio. Far parte della band della scuola è… da sfigati!” una cosa che ho attestato da parecchio tempo è che, se Luke Hemmings prende una decisione beh… Fargli cambiare idea non è poi così facile.
“Scusami? Ho fatto parte del coro per ben due anni… mi stai per caso dando della sfigata?” mentre appoggio gli ultimi libri nel mio armadietto, trattengo un sorriso. Luke, a differenza mia, sembra essere in una posizione un po’ scomoda. Spalancando gli occhi di poco cerca le parole giuste da dire per non offendermi.
“Non intendevo dire quello… Volevo solo dire che…”
“Che?” so di essere una perfetta stronza perché non lo sto minimante aiutando facendogli il terzo grado e puntando i miei occhi su di lui, ma ho deciso che da oggi cercherò di godermi di più questi momenti fra di noi.
Dopo aver passato giorni in completa sofferenza per ciò che è accaduto con Calum, sto cercando di perfezionare la mia relazione con Luke; questo, perciò, comprende passare più tempo con lui e soprattutto cercare dei possibili modi di farmi perdonare. Anche se lui mi ha ripetutamente rivelato che ciò che è successo non ha più importanza, continuo a credere che in realtà la pensi in tutt’altro modo.
“Oh andiamo, lo stai facendo apposta?” Luke, sfortunatamente, sembra capire il mio gioco. E così aggrottando la fronte, mette su una buffissima espressione che mi procura una risata.
“Forse” ammetto e subito, sul suo volto, nasce un sorriso. Avvicinandosi appoggia le mani sui miei fianchi e con un gesto veloce, mi tira verso di lui.
“Incomincio a pensare che tu ci stia prendendo gusto”
“A far cosa?”
“A prenderti gioco di me”  uno difronte l’altro, la sua fronte appoggiata sulla mia e le nostre labbra vicino quasi da toccarsi. È così che Luke Hemmings, con le sue mosse da Don Giovanni, riesce sempre a mettermi a tappetto. E, soprattutto, a mandarmi in delirio.
“Stai per caso facendo rifermento a qualcosa?” pur essendo nel bel mezzo di una situazione romantica, non posso che pensare che le sue parole siano state una vera e propria frecciatina. Quel “Prendersi gioco di me” è per caso riconducibile a me e a Calum? Perché, detto in questo modo, mi sembra difficile pensare che le due cose non siano connesse.
“No” e d’un tratto, il sorriso nel volto di Luke scompare. Ancora vicino al mio viso, la sua espressione diventa seria. Non si allontana me, semplicemente, continua a fissarmi. Intensamente.
“Dovresti iscriverti alla Band della scuola” e, approfittando di questo cambiamento, introduco l’argomento “Band” così da creare un diversivo. In un attimo la tensione di prima sembra calare e Luke scoppia di nuovo in una risata.
“Sei…instancabile!” pronuncia e avvicinandosi mette a tacere ogni mia possibile risposta. Un bacio, un bellissimo bacio che in questo momento non sembra guastare nulla. Le sue labbra si muovono candide sulle mie, leggere, come se volessero andare con calma; ma le sue mani, come un controsenso, non fanno che stringermi verso di lui con passione. Ed io mi lascio andare, così come accade ogni qualvolta che il mio corpo cede alle sue attenzioni.
“Dico sul serio, dovresti iscriverti. Ora che tu e la band...” finito il momento di passione, ancora vicina alle sue lebbra, riprendo a parlare. Luke abbassa lo sguardo e, allontanandosi da me, prende un respiro profondo.
“Non una parola, okay?” e questo basta per farmi capire che forse è il momento di non insistere più. Sto superando i limiti prefissati da Luke e mi conviene stringere più la corda per non sfocare in un’altra discussione.
“Okay.” Sospiro anch’io e chiudendo l’anta del mio armadio, capisco che ora di prendere la giusta via per andare in mensa.
“Che ne dici se…” e proprio nello stesso momento in cui sto per proporre al mio ragazzo di avanzare verso l’entrata, qualcosa cattura la mia attenzione. I miei occhi si posano sul corpo di Emily che, camminando a testa bassa, sembra superarci e andare dritta al suo armadietto.
Niente di diverso, certo, quello che però mi fa bloccare sui miei stessi pensieri è che da giorni la mia amica non sembra far altro che evitare uno scontro frontale con me. Non so per quale ragione, ma inizio a pensare che anche in questo istante le ci abbia visto ma che, come da giorni fa, abbia deciso di far finta di nulla.
“Se?” schioccando le dita davanti ai miei occhi, Luke mi risveglia dai miei pensieri. “Ci sei?” e scuotendo la testa riporto i miei occhi su di lui.
“Oh… Sì… No, c’è… Ti dispiace se ti raggiungo più tardi?” e con la fretta di voler dare una conferma ai miei dubbi, mi muovo sul posto irrequieta.
Luke alza un sopracciglio. “Uhm… Okay. Dove devi andare?”
“Ho dimenticato il mio quaderno di matematica in classe. Corro a prenderlo!”  e, lasciandogli un bacio a stampo, vado incontro al mio problema.

“Emily!” una volta che sono al suo fianco, appoggiandomi con la schiena alla fila di armadietti, offro alla mia amica uno dei miei sorrisi più belli, ma forse meno sinceri.
Emily, come se aspettasse già il mio arrivo, si gira nella mia direzione e accennando a un sorriso finto, mi lascia un’occhiata.
“Ciao” e il suo saluto, non sembra essere più sincero come le altre volte. Quasi come se fosse un atto di educazione, mi lascia lì al suo fianco senza aggiungere altre parole. E se prima pensavo che qualcosa di anomalo si stesse verificando, ora ne sono proprio convinta.
“Tutto bene? È da giorni che non ci si vede” e in cerca di sapere la verità, provo a sperare in una sua spontanea rivelazione.
Facendo spallucce, i suoi occhi si spostano sui libri che sta cecando di tirare all’esterno dell’armadietto.
“Sì, avevo parecchie cose da fare” e, ancora una volta, sembra distaccata. Il suo tono è quasi freddo e, se speravo in una dichiarazione, ho capito che da questa discussione non ne ritrarrò nessuna.
“Allora, qual è il problema?” così stanca di continuare questa messa in scena, decido di manovrare la situazione. Le mani di Emily si bloccano subito e i libri che ha fra le mani sembrano cadere ma, grazie ai miei riflessi sempre pronti, riesco ad afferrarli prima che tocchino il suolo.
Gli occhi di Emily si alzano in mia direzione e, deglutendo, cerca di sembrare tranquilla.
“Problema? Di che cosa stai parlando?”
“Emily, andiamo, sappiamo entrambe che c’è qualcosa che non va. Cosa sta succedendo?” e mi trovo ad odiare questo suo modo di fare. Come può negare l’evidenza?
“Non credo che…”
“Emily, parla!”
“Calum mi ha detto tutto” bastano queste parole e i miei occhi si spalancano.
“Cosa?” e non so come la mia voce esca. Troppo scossa e sorpresa dalla sua rivelazione, non riesco a dare peso a ciò che dico e a ciò che faccio.
“Mi ha detto della tua cotta, della sua cotta e anche di ciò che da settimane sta accadendo.” Sospira “Ah, e se te lo stessi chiedendo, anche del vostro bacio” pur avendola ad un passo di distanza, non riesco a capire se sia arrabbiata o meno. Il suo tono non è aggressivo e nel suo viso non scorgo nessuna lacrima, e questo mi manda in confusione; così come questa sua rivelazione. Per quale assurdo motivo Calum le ha rivelato tutta la verità, soprattutto di sua spontanea volontà? Sta per caso cercando di vendicarsi di me?
“Emily, io non…”
“Non dire niente, per favore. Io… io non sono arrabbiata. Non ce l’ho con te” e ancora una volta, non mi da né il tempo di interagire né di capire perché la sua reazione sia così epatica. Socchiudo gli occhi e l’unica cosa che penso è che non riesco a credere pienamente alle sue parole. Come può non essere arrabbiata?.
“Non sei arrabbiata?” così, do voce ai miei pensieri. Abbassando lo sguardo annuisce.
“Io sapevo già tutto da qualche tempo” e un’altra volta rimango senza parole.
“Non ne ho mai avuta una conferma, ma lo avevo intuito. Avevo intuito che fra te e Calum non ci fosse solo un’amicizia.” Chiarisce chiudendo il suo armadietto. Rimango ferma, immobile perché non so davvero cosa dire. Tutto in questo momento sembra stupido e banale.
“Speravo solo di essermi sbagliata” ed ecco il colpo dolente. I nostri occhi s’incrociano e mi accorgo di quanto Emily voglia scoppiare in un pianto liberatorio. I suoi occhi sono lucidi e per non mascherare la sua fragilità, le sue labbra si stringono in un sorriso privo di felicità.
“Emily… Mi dispiace, sul serio” inizio afferrandola per un braccio. “Io non so cosa Calum ti abbia raccontato, ma credimi: io non ho mai provato a fare qualcosa con lui. Il bacio… è stato lui a baciarmi.”
“Lo so, Calum mi ha detto tutto. Non devi spiegarmi nulla” e mi chiedo come faccia, come riesca a continuare a parlare con me pur avendo il cuore a pezzi.
“Avrei voluto parlartene prima… ma cerca di capire, avevo paura! Tu sei l’unica amica che ho e… Calum ti piace…”
“Perché ti stai scusando?” allentando la mia presa sul suo braccio, Emily mi chiede questa innocua domanda. Stringendo gli occhi in due fessure, mi mordo il labbro inferiore.
“Perché… Sì! Insomma, avrei potuto agire in modo diverso e…”
“Ti senti in colpa?” portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, Emily punta i suoi occhi nei miei. Ascoltando le sue parole, non riesco a capire il motivo di questa domanda. È scontato, quanto ovvio, che io mi senta in colpa! Insomma, pur non avendo baciato io Calum, ho comunque nascosto la verità per troppo tempo.
“Sì, io…”
“I sensi di colpa si provano soltanto quando una cosa l’hai desiderata sul serio e, troppo presa dall’impulso e dal desiderio, ogni cosa al tuo fianco ha perso il proprio valore; e tutta questa mancanza di importanza, ti ha portato a compiere ciò che la tua forza ti ha proibito di fare. E ora mi chiedo, lo hai davvero voluto quel bacio? Almeno per un secondo, l’hai desiderato? Perché se fosse così…” la voce di Emily per un secondo trema e io mi accorgo di quanto parlare dell’accaduto le faccia male. Ma, come una ruota che gira, anche io mi trovo a sentire un dolore al petto e questo è dovuto unicamente a ciò Emily mi ha appena dato da pensare. Colpita da quelle lame, da quelle parole taglienti, mi ritrovo davanti ad una verità che per troppo tempo è rimasta all’oscuro.
E sostenendomi un esame di coscienza, inizio a chiedermi se davvero quel bacio sia stato anche una mia forma di desiderio. Perché sì, fino ad ora è sempre stato facile incolpare a Calum, dire che lui era l’unico dei due ad avere fatto la prima mossa. Ma io? Oltre ad avere usato la mia intelligenza e la mia forza per non cadere nel peccato, cos’ho fatto? Cos’ho desiderato?
“Non solo staresti mentendo a me, Luke e a Calum… ma anche a te stessa. E sai cosa? Io posso anche metterci una pietra sopra, ma tu? Come puoi mandare avanti tutta questa messa in scena?” Emily sembra riprendersi e asciugandosi una lacrima, mi pone queste ultime domande. Ed io non mi accorgo di essere rimasta in silenzio. Non mi accorgo della mia espressione che, ferita, sembra mascherare ogni mio pensiero.
Emily deglutisce e quasi con fatica, riesce ancora a puntare un’ultima volta i suoi occhi nei miei.
“So che non dovrei essere io a dirti queste cose ma… Calum  ha ragione. In questa storia non c’è solo lui, ci siete entrambi alla calcagna. E forse prima di peggiorare solo di più la situazione, ti converrebbe parlare con lui.” E queste solo le sue ultime parole perché, troppo scioccata, non riesco a trovare qualcosa da dire. Ed Emily, senza più forza, indietreggia e correndo a passo veloce, si allontana da me. Ed io rimango da sola, con lo sguardo fisso nel vuoto. E non so spiegare in questo preciso momento la sensazione che alloggia dentro di me. So solo che ho tanta paura e qualcosa di pesante ha deciso di posarsi sul mio cuore. E il respiro sembra smorzato, sembra aver perso il suo tempo e veloce, senza seguire il proprio schema abitudinale, mi sta mandando in iperventilazione. Le labbra mi tremano e gli occhi sembrano farsi lucidi, ma prima che io possa scoppiare in un pianto nel bel mezzo del corridoio della scuola, mi dirigo in bagno. E appena varco la porta, lo specchio che ho difronte mi da la possibilità di vedere come io sia ridotta. E guardandomi, non riesco a riconoscere chi ho davanti. E capisco, capisco che è questo l’effetto della consapevolezza. È la verità che mi riduce così, una verità che non può essere né affermata né accettata perché è troppo devastante e colpevole per essere vera. E basta osservare i miei occhi per cadere, per cadere in quel pianto che non ha sapore. Quel pianto fatto solo di lacrime, lacrime che devastano il mio animo.

Dopo che le lacrime hanno cessato di ridurre il mio volto in una brutta rappresentazione del dolore, mi alzo dal pavimento in mattonelle del bagno. E non mi curo del mio aspetto, non do importanza al trucco sbavato che mi sporca il viso. Afferrando la mia borsa, mi dirigo nel corridoio della scuola. Non so che ora sia, e non so nemmeno se sia ancora ora di pranzo. So solo che voglio cercare Calum e voglio urlargli contro. Sì, perché ora il mio dolore ha lasciato spazio alla rabbia, alla rabbia per la sua stupida mossa. Era quello il suo intento: portarsi dalla propria parte Emily. E mi chiedo: cosa le avrà mai raccontato sul mio conto? Perché sono consapevole che ora non mi è rimasto più niente.
E passandomi la mano sul viso, decido di smetterla di rimuginarci sopra. Con passo spedito mi dirigo nel campo sportivo della scuola dove, più sicura che mai, so che Calum in compagnia di Ashton e Michael starà consumando il suo pranzo.
E quando sono un passo dagli spalti e scorgo la sua figura di spalle, come un razzo mi precipito verso di lui. I primi a notarmi sono Michael e Ashton che, con un’espressione sorpresa ma allo stesso tempo terrorizza, forse dovuto al mio viso ridotto in spazzatura, si alzano dagli scalini e richiamano l’attenzione di Calum.
E basta davvero poco perché Calum si giri anche lui nella mia direzione facendo muovere gli occhi nel vuoto prima che si soffermino su di me.
Il suo viso non ha nessuna espressione ma quando, ad un passo di distanza, la mia mano gli lascia un’impronta sul volto dovuto a uno schiaffo, si rabbuia.
“Non avevi nessun diritto, nessuno.” E non so cosa io sta dicendo. Vedo solo le facce allarmate di Michael e Ashton che, consapevoli di essere di troppo, decidono di spostarsi così da lasciarci da soli.
Calum resta in silenzio e, portandosi una mano sulla guancia rossa, respira velocemente.
“Io ti od...”
“Non dirlo.” E da giorni, da settimane, ormai ho perso il conto, risento di nuovo la sua voce.
“Non provare a dire qualcosa che non pensi sul serio perché non potrei mai perdonartelo.” E non so perché, ma la sua voce, le sue parole mi fanno ritornare nel mio guscio. Guardandomi intorno mi chiedo che diamine sia successo, perché io sia qui e perché diamine ho alzato le  mani su di lui.
E poi i miei occhi incontrano i suoi. E non spiegare perché, come e quando. So solo che i suoi occhi suscitano in me qualcosa di strano, qualcosa a cui non avevo dato conto. Qualcosa che mi riporta le lacrime sul viso. E lui sembra capire, si avvicina ma subito faccio un passo indietro.
“Non… ti avvicinare” sussurro ma è troppo tardi. Le su mani mi hanno già tirato verso di lui e le sue braccia mi hanno stretto in un abbraccio. Un abbraccio che sa di noi, sa di Calum e dei tempi passati. Ed io mi lascio stringere mentre le lacrime bagnano il mio viso. E non voglio piangere, non più, ma non ci riesco.

“Luke sa che sei qui?” una volta essermi ripresa, seduta negli stessi scalini in cui poco fa erano seduti Michael e Ashton, al fianco di Calum guardo il campo immenso che ho davanti agli occhi. Tiro sul con il naso e voltandomi nella sua direzione, muovo con dissenso la testa.
“No” ammetto e non capisco perché lui me lo stia chiedendo. Forse ha paura, non vuole che si ricrei una situazione simile a quella di pochi giorni fa. E guardo il suo viso, i suoi occhi e non scorgo più niente di quel livido di cui Mike mi parlava.
“Mi dispiace… Non avrei dovuto darti quello schiaffo…” mi scuso prima che la rabbia possa soccombere di nuovo e non darmi il tempo di chiedere perdono per ciò che ho fatto.
Calum si passa una mano fra i capelli, e portando il suo sguardo su di me, sospira. “Non fa niente. Anche se credo di meritarmelo. Non so per cosa ma…”
“Emily.” Annuncio e lui mima un “ah” con le labbra. E restiamo in silenzio perché nessuno ha da aggiungere niente. E mi chiedo cosa ci faccia io qui. Perché sto parlando con Calum, se mi ero ripromessa che avremmo dovuto stare lontani?
“Dovevo dirglielo. Lei voleva più di un’amicizia ed io non me la sentivo di mentire ancora.” Ammette ed io porto gli occhi al cielo. Capisco perfettamente le sue ragioni, ma andiamo! Avrebbe dovuto prima parlamene, chiedermi un parere.
“Lei ora mi odia. E’ arrabbiata con me solo per…”
“Non dire che è colpa mia. Prima o poi avrebbe saputo la verità” mi canzona. “E poi… Non è arrabbiata con te. E’ solo ferita, come lo è da me” annuisco alle sue parole perché voglio credere che sia così. Anche se fa più male. Perché sì, la rabbia può passare, ma il dolore? La delusione? Sono più che sicura che quella ti lasci un segno e difficilmente con il passare del tempo scompare.
“Mi sei mancata. Tanto” e proprio mentre sto rimuginando su questi pensieri, un’altra bomba viene lanciata. Girandomi verso di Calum spalanco gli occhi e di colpo mi alzo in piedi.
“No, non iniziare. Non provare a dire qualcos’altro che…”
“Che? Clover, quando la smetterai di farti del male da sola?” e non capisco cosa abbiano oggi tutti nei miei confronti. Come fossi a una seduta, tutti cercano di analizzarmi, di trovare il mio problema nell’accettare la verità.
“Non sto facendo niente. Smettetela di dire cose su di me che non sono vere!” e quasi il tono della voce si alza. Calum sospira e alzandosi anche lui, mi si para davanti. Una sua mano si allunga e prendendomi il viso con entrambe le mani mi obbligano a guardarlo dritto negli occhi.
“Sii sincera. Da quand’è che non sorridi con sincerità? Da quand’è che la notte non dormi senza pensieri? Da quand’è che non senti la mancanza di nessuno?” rabbrividisco notando quanto sia poca la nostra distanza. Vorrei rispondere “da tanto”, ma so che non è del tutto vero. Quando sto con Luke, mi sento sul serio bene, sono felice e se sto al suo fianco, so che non c’è niente che possa ferirmi. Ma quando non c’è lui al mio fianco, quella mancanza, quella dannata mancanza di Calum si fa sentire.
“Cosa vuoi sentirti dire Calum? Che mi manchi? Perché sì, dannazione, mi manchi ma niente più e niente meno!” mi sento cattiva a rispondergli in questo modo, ma ormai è solo l’esasperazione chi porta in questa strada. E’ solo il male che parla.
“No, non voglio sentire questo. E’ che tutto questo… Mi sta devastando, Clover. Quando ci siamo baciati, io per un secondo ti ho davvero sentita vicina, ho sentito che eravamo in due a vedere il mondo allo stesso modo. Ma adesso… Devi essere sincera Clover, perché tutto dipende unicamente da te. In questi giorni ho pensato, fin troppo e sono arrivato a una conclusione. Ma tutto dipenderà da te” e mi sembra di rivivere una situazione che poco tempo fa si è riproposta allo stesso modo. E mi spaventa ma allo stesso tempo ritrovo nei miei pensieri del desiderio, un desiderio a cui non so dare una spiegazione.
“Se tu ora mi dirai che non hai provato niente, se tu ora mi dirai che i tuoi pensieri sono unicamente dedicati a Luke allora io… te lo giuro, ci metterò tutta la mia costanza e cercherò di dimenticarti. Resterò al tuo fianco, proprio come tu hai fatto con me: resterò tuo amico e reprimerò ogni mio sentimento nei tuoi confronti e ti lascerò andare” e gli occhi diventano lucidi perché non posso credere che sia disposto davvero a fare tutto ciò. E le sue parole mi ricordano tanto una me quasi un anno fa. Alle prese per la mia grande cotta, alla presa con i miei sentimenti e con tutte le sue ferite. E so quanto sia devastante lasciare andare via il proprio amore, vedere la persona che desideri e non poterla avere come vuoi tu. So quanto faccia male e quanto lui in questo momento stia mettendo in gioco le sue emozioni.
“Ma se invece così non sarà , se tu ammetterai che qualcosa, pure un briciolo l’hai provato per me… Allora non avrai scampo, perché io non ti lascerò andare. E non m’importerà se al tuo fianco ci sarà Luke, se riceverò presto molteplici pugni… io ti desiderò e farò di tutto fin quando tu affermerai che qualcosa per me la provi ancora, così come io la provo per te.” E rabbrividisco perché le sue parole sono sincere, sono vere. Ma ciò che più mi lascia senza parole è il fatto che nel suo discorso trovo determinazione. Ciò che sta dicendo, e ciò che farà sul serio. E no, non cambierà idea.
“Ma tutto, ripeto, dipende tutto da te.” Capisco, ora, che tocca a me parlare. Tocca a me dare una risposta. E sento la paura salire. Per quanto da egoista sia, non voglio che lui metta a tacere i suoi sentimenti. Perché, diamine, forse è vero. Forse quel bacio, se pure vissuto nel modo errato a causa dei sensi di colpa, dentro di me ha suscitato del desiderio, del rimpianto accontento. Mi ha lasciato il segno e mi ha dato vita; i sensi di colpa, il pensiero di Luke, però, mi hanno privato di quel piacere. Mi hanno fatto reprimere ogni possibile felicità che quel gesto così delicato avrebbe potuto donarmi. E andando avanti, i miei sentimenti si sono moltiplicati e sarei ancora più bugiarda se dicessi che di Luke non ne sono innamorata. Che di lui ormai non ne posso più fare a meno. E mi chiedo… Come si può rispondere a una domanda del genere senza creare altri problemi? Perché se lui continuerà ancora a provare dei sentimenti nei miei confronti, se lui farà di tutto per conquistarmi allora… Io potrei davvero perdere Luke e, soprattutto, lui potrebbe non assumere più quel valore che ha adesso per me. Ed io non voglio, perché Luke… Luke ora per me è tutto.
Stringendo le labbra, scuoto la testa. Sarebbe tutto più semplice se, così come ci riesce facile sorridere, i problemi scomparissero. Ma purtroppo questa è la realtà, è la verità e io… io ne devo affrontare le conseguenze.
“Calum, io… Non lo so… Io” e le parole mi muoiono in bocca perché, se un attimo prima Calum era davanti ai miei occhi, un attimo dopo qualcosa lo allontana da me. E d’impatto non capisco ma, poi, quando al mio fianco si affianca la figura di Luke, capisco tutto.
Luke è qui, e ha appena spinto Calum via da me. Le sue mani hanno lasciato il mio volto e la sua espressione rode dalla rabbia.
“Ti avevo avvertito di starle lontano” e ciò che sputa con aggressività Luke una volta che Calum, perdendo equilibrio, cade sul terreno. E subito, approfittando di questo punto a suo favore, Luke si avvicina per sferrargli un pugno, ma prima che possa commettere un altro errore, mi paro davanti a lui.
“No, Luke” gli urlo e afferrandogli il volto con le mani lo guardo dritto negli occhi. “Respira, è tutto okay” dico con la voce che trema perché, cavolo, sto morendo dalla paura. Com’è possibile? Un minuto prima stavo affrontando una discussione seria, e un minuto dopo… Eccomi qui ad evitare una rissa.
Ma proprio quando i suoi occhi incontrano i miei, la sua espressione peggiora. La sua rabbia aumenta e allontanandosi bruscamente da me, mi allontana.
“Vai al diavolo” mi urla contro e voltandomi le spalle scappa via. Ed io rimango incredula perché capisco che Luke non è arrabbiato con Calum, ma con me. E questa volta il livello d’incazzatura ha raggiunto il limite. E non capisco, cosa…. E poi connetto tutto. Ecco perché quella domanda di Calum, prima. “Luke sai che sei qui?”. E’ questo il problema. E capisco anche perché Calum per giorni non si è avvicinato, perché è scomparso dalla circolazione. Tutto… Luke l’ha davvero minacciato? E così, prima che possa scomparire dalla mia visuale, gli corro dietro.
“Luke!” lo chiamo ma lui non si gira. E sono costretta ad aumentare il passo e solo quando gli serro la strada, posso frenare la mia corsa.
“Dobbiamo parlare. Noi non stavamo facendo…” affermo cercando di chiarirgli la situazione ma lui, livido di rabbia, non mi lascia il tempo di aggiungere altro.
“Dobbiamo parlare un corno, Clover! Mi sono rotto, okay? Io posso perdonare che tu mi abbia mentito, posso anche perdonare il fatto che tu mi abbia tradito ma… Non sono stupido, tu non puoi prenderti gioco di me!” e queste parole sono urlate ad un passo dal mio viso. E ho paura, rabbrividisco perché… Dannazione, non ho mai visto Luke in questo stato.
“Non mi sto assolutamente prendendo gioco di te!” affermo con occhi spalancati perché non posso credere che lui pensi questo di me. Come può pensare questo? Perché n’è convinto?!
“Sono stanco Clover, davvero.” Ammette e con un sospiro cerca di calmarsi. Si porta una mano fra i capelli e tirandosi le punte, da un freno ai suoi istinti.
“Speravo di non arrivare a questo punto, speravo che fosse solo un periodo e che presto avresti messo a posto le tue idee… Ma non è stato così” e in un attimo capisco a cosa stia facendo rifermento. E la paura aumenta così come il dolore.
“No, no… Luke…” lo richiamo facendo appello ai suoi sentimenti, ma Luke non mi da ascolto.
“E’ finita Clover.” E il mio cuore si spezza in due. “Non posso stare con qualcuno che non sa riconoscere i propri sentimenti” e le lacrime mi bagnano il viso. Vorrei parlare ma i singhiozzi zittiscono ogni mia parola. Ma soprattutto sono troppo devastata per arrabbiarmi con lui. Non mi da nemmeno la possibilità di dargli delle spiegazioni. Resta a fissarmi ed io lo guardo come una ragazza potrebbe guadare qualcuno che ho appena messo fine alla propria vita.
“E’ finita” ripete e capisco quanto anche lui faccia ribrezzo annunciare quelle parole.
“Luke, io… ti prego” ma non mi da ascolto. Prima che possa cedere alle mie tentazioni, si allontana.
“Scusa” ammette e voltandomi le spalle, mi lascia lì, da sola, a piangere lacrime amare. E non so quanto il mio pianto sia forte, so solo che dopo poco due braccia mi circondano. E capisco che è Calum.
“Andrà tutto bene” mi sussurra, ma con il volto nascosto nell’incavo del suo collo, non riesco a credere alle sue parole. Come potrà andare tutto bene se sono sola? Se non mi è rimasto più niente?
 
Spazio autrice!
Ehilà, non so morta, sono ancora viva. Vi auguro buon natale se ci sia ancora qualcuno che caghi questa storia. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e... Se vi va, lasciate una recensione!
Ciaooo! :) 

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Capitolo 22
*** Capitolo ventidue -Preacher- ***


Capitolo ventidue 

-Preacher-

“Tralasciando il mondo in cui sei entrato… che diamine ci fai qui?” esclamo quando, entrando nella stanza, per poco non muoio dalla paura. Seduto sul mio letto, Calum Hood, lo stesso ragazzo che da settimana sembra provare qualcosa per me, è impegnato a smanettare con il mio portatile.
“Ciao anche te” come se questa situazione non fosse ambigua, ma del tutto normale, con tranquillità alza gli occhi e li punta su di me.
“Oh mio dio… Che cazzo ti sei messa addosso?” e guardandomi con un sopracciglio alzato, maschera il suo disprezzo e disgusto nei miei confronti.
In primo momento, presa dalla serietà delle sue parole, abbasso lo sguardo e mi faccio una breve radiografia. I miei vestiti… Non hanno niente che non vanno! Okay, la mia maglietta con Minnie che fa l’occhiolino, i miei pantaloni rosa fluo e le mie ciabatte a forma di orso non sono il massimo della sensualità, ma… Ehi! Sto passando un brutto momento e ho più che il diritto di vestirmi nel modo più trasandato possibile.
In seguito, riportando i miei occhi su Calum mi chiedo perché diamine mi stia rimproverando e per quale assurdo motivo lui sia qui. Non mi è difficile capire che, a differenza di tutte le persone normali, sia entrato dalla finestra; ciò che mi sfugge è il motivo di questa sua presenza inaspettata.
“Cos’hai contro i miei vestiti?” sbotto chiudendomi la porta alle spalle e avvicinandomi. “Ehi, quelle sono mie!” lo rimprovero subito dopo quando, affogando la sua mano nella busta di patatine, ne mangia alcune. Allungandomi verso di lui, gli strappo dalle mani il pacco e, quasi a proteggerlo, lo stringo fra le mie braccia.
Gli occhi di Calum si soffermano per poco sulla mia figura. Le sopracciglia si alzano e con espressione stupita quanto anche interdetta, mi osserva con sorriso fra le labbra.
“Oh mio dio… Dimmi che stai scherzando!” esclama ed io non capisco a cosa si riferisca.
“Mi aspettavo di vederti… Sì, depressa… Ma questo!” e con un dito m’indica “Questo va oltre all’essere depressa.” Pur offendendomi e tirando su un broncio, capisco appieno a cosa stia facendo riferimento.
Sono passati tre giorni da quando… Beh sì, da quando Luke mi ha lasciato. Tre giorni che mi sono chiusa in casa, che mangio solo schifezze, guardo film strappalacrime e che beh… vivo come una cavernicola. Stranamente, non ho ancora pianto, ma credo che sia normale. In questo momento, ciò che più sta premendo nel mio cuore è la rabbia. La rabbia perché non mi ha ascoltato, la rabbia perché ha frainteso e la rabbia perché mi ha lasciato senza un vero motivo apparente. Avrei capito e apprezzato di più se mi avesse lasciato dopo quel bacio con Calum che ora, ora che tutto sembrava andare un po’ per il verso giusto.
“Cosa stai dicendo? Non sono depressa” ammetto sedendomi sulla sedia girevole della mia scrivania.
“Sul serio?” girando lo schermo del mio computer, lo indica con un dito. “Stavi guardando colpa delle stelle! Andiamo, non esiste film più deprimente di questo! E poi… Da quand’è che non  vedi la luce del sole? E… quei vestiti? Dove diamine li hai cacciati fuori?” le motivazioni di Calum sono sufficienti per smentire ogni mia sentenza. Facendo spallucce, resto in silenzio perché non so davvero cosa posso aggiungere in mia difesa.
“Già” ammetto “Ma comunque questo non spiega la tua presenza. Che ci fai qui? Non dovresti esserci” affermo e sono seria. Dopo che Luke mi ha lasciato, mi sono fatta consolare quel poco che bastava da Calum, ma ora, ad essere sincera, me ne pento un po’. Dandogli tutta quella libertà, Calum ha frainteso la situazione e adesso… adesso crede che tutto possa andare al meglio fra noi, che ogni cosa possa tornare alla normalità. Per quanto anch’io lo desideri sul serio, credo che ora non sia il momento perfetto. E non solo perché fra noi due c’è ancora una discussione in sospeso; ma anche per Luke. Non voglio che lui fraintenda che fra noi, poiché Luke si è fatto da parte, possa accadere qualcosa. I miei sentimenti, nei confronti di Luke, sono ancora vivi e pur avendo accettato, non del tutto, quella possibilità che quel bacio con Calum mi abbia suscitato qualcosa, non sono disposta a stravolgere di nuovo la mia vita.
“Sono qui perché è da giorni che manchi a scuola e beh… Pensavo che ti avrebbe fatto piacere una spalla su cui piangere” dice chiudendo il portatile appoggiandolo sul comodino. Alzandosi dal letto, si para davanti ai miei occhi. Con gesto veloce, s’issa sulla scrivania così da essere seduto con le gambe a penzoloni.
“Piangere per cosa?” e risentita cerco di nascondere la verità, per varie ragioni. Non voglio parlare del mio malessere con lui, soprattutto perché lui è anche un po’ la causa di questa separazione fra me e Luke. No, non gli stando la colpa, non più. So che la colpa non è che mia, che forse ho fatto trapassare informazioni sbagliate sul mio conto e sui miei sentimenti, ma comunque non posso non accreditargli alcuni dei problemi che ho. E la mia rabbia, è scaturita anche da lui. Perché ora non dovrebbe essere qui, non più.
“Non so…” portandosi le mani sul mento, mette su una finta espressione pensierosa. “Forse perché il tuo ragazzo ti ha lasciato?” e puntando i suoi occhi nei miei lascia affondare le lame delle sue parole nella mia pelle. Sussulto e quando sento quel pizzico di paura, quell’ansia farsi spazio dentro di me, proprio come una molla, salto giù dalla sedia.
“Non credo che tu sia…”
“Clover, smettila. Non c’è nulla di male nello stare male e nel piangere.” E mi da fastidio che sia proprio lui a dirmi queste cose, ma lascio correre. Perché ha ragione, non c’è nulla di male nel mostrare le proprie debolezze ma ora… Ora che importanza ha? Ho pianto così tanto in queste settimane che ora credo di non avere più lacrime.
“Sto bene” affermo seria e, avvicinandomi alla finestra, scosto gli scuri. La luce filtra nella stanza e, abituata al buio, stringo gli occhi dal fastidio.
“Mi fa piacere, perché avevo proprio intenzione di portarti in un posto” Calum non sembra rimanerci male, non sembra interessargli il mio tono freddo. E come se con lui mi stessi comportando nel modo più buono e genuino di sempre, mette su un bellissimo sorriso. Un sorriso che mi fa invidia.
“Io non esco di qui” ammetto e passandogli davanti mi ostino a rifare il letto. Quel letto che per tre giorni è stato sovrastato dalla mia presenza, quel letto che non ha respirato altro che il mio profumo.
“Oggi invece uscirai, a meno che…”
“’A meno che’ cosa?” chiedo sbigottita, girandomi verso di lui. Scendendo dalla scrivania, si avvicina lentamente al mio corpo.
“A meno che non vorrai che, vestita così come sei, ti prenda in spalla e ti porta nella mia auto” le sue parole hanno l’intento di spaventarmi e, sinceramente, è ciò che fanno. So quanto Calum sia coerente e, difficilmente, non mantiene la propria parola.
Resto a guardarlo negli occhi e il suo sorriso sembra del tutto ostinato a non farmi cambiare idea.
Sospiro e lasciando cadere le coperte dalle mie mani, guardo Calum con disapprovazione.
“Non posso uscire con te, Calum” gli ricordo e lui, scuotendo la testa, fa spallucce.
“Perché no?”
“Perché… non possiamo, lo sai. Non dovremmo essere in questa stanza insieme, non dovremmo parlarci. Luke mi ha lasciato a causa tua e poi tu… Tu…”
“Io provo qualcosa per te?” annuisco e lui portando gli occhi al soffitto si morde il labbro inferiore.
“Andiamo, sto solo cercando di comportarmi da amico. Proprio come ho sempre fatto e sai cosa? Credo che sia normale se, vedendoti ridotta in uno straccio, io cerca di aiutarti.” Questa volta è lui che usa un tono più serio e, tutta questa freddezza nei miei confronti, mi fa sentire in colpa. Perché è vero, in questo momento lui non sta usando nessuna mossa, non sta facendo qualcosa per un doppio fine, questo devo riconoscerglielo.
“Lo so è che…” le parole mi muoiono in bocca. Non so come spiegargli che tutto questo, tutto questo star insieme, mi mette in una situazione scomoda. Mi fa sentire colpevole e se fino adesso ho creduto che la colpa fosse in parte mia, contribuendo alle sue moine, finirei per esserlo sul serio. Ma non solo: stare con lui mi farebbe pensare a ciò che è successo e, di conseguenza, a Luke. Ed io non voglio pensarlo, almeno fino a lunedì, quando la scuola mi aspetterà.
“Non accetterò nessuna scusa.” Calum si avvina e bloccando il mio fiume di parole, contorna il mio viso con le sue mani.
“Ti fidi di me?” e questa domanda è inaspettata. Come può chiedermi qualcosa di così importante proprio ora? E soprattutto, per quale ragione?
“Sì” ammetto perché, pur aver ricevuto dei torti da parte sua, la mia fiducia in lui non cambia.
“Allora lasciati andare. Vieni con me”

“Non ci posso credere. Non venivo qui da…”
“Da quando avevi tredici anni. N’è passato di tempo, eh?” annuisco sorridendo quando Calum, ritornando dal bancone, mi passa un paio di pattini bianchi. Dopo ben quattro anni, sono ritornata qui: alla pista di pattinaggio. Questo luogo è molto importante per me, è qui dove ho conosciuto Calum.
Purtroppo, a causa di alcuni restauri, la palestra che ospita la pista è stata chiusa per tutti questi anni e ora… essere qui sembra quasi un sogno. Ho fatto bene a fidarmi di Calum.
“Mi ricordo ancora della tua splendida caduta” sedendomi per sfilarmi le scarpe, riporto a galla i vecchi ricordi. Io e Calum abbiamo frequentato fin dalle elementari la stessa scuola, ma non siamo mai nella stessa classe. Diciamo che entrambi ci conoscevamo di vista, ma nessuno dei due aveva avuto il coraggio di parlarsi. Fino a che, un giorno, entrambi i nostri genitori ebbero quell’idea insana di andare a pattinare. A quel tempo la palestra era stata appena inaugurata e perciò c’era grande scalpore nella pista. Calum era un pessimo pattinatore e mentre cercava di tenersi in equilibrio sui pattini, finì per cadere su di me. E poi, è proprio da quel momento, che nacque la nostra amicizia.
“Ehi, non prendermi in giro. Devi ringraziarmi! Grazie alla mia splendida caduta hai potuto conoscermi” ride e io non posso dargli che ragione. Mettendomi in piedi, silenziosamente, mi faccio largo e sfilo all’interno della pista. A parte due/tre coppiette, la pista è vuota. Questo mi piace anche se al solo pensiero che qualcuno possa pensare di me e Calum una coppia, un grande vortice si apre nel mio stomaco. E la colpa mi assale perché, involontariamente, vorrei che ci fosse anche Luke qui con me.
“Ehi, hai fatto miracoli!” affermo quando Calum, pavoneggiando come un ottimo pattinatore, mi affianca. E insieme iniziamo a pattinare per tutta la pista.
“Ho avuto delle conoscenze che beh… Mi hanno insegnato” afferma e io annuisco. E mentre pattiniamo silenziosamente, per un po’ la figura di Luke è sovrastata dalla figura di Emily. E mi chiedo come stia, se il suo odio nei miei confronti sia cresciuto ancora di più e se, magari, sapendo di questa rottura con Luke ne abbia gioito. Infondo, sono tutte cose che meriterei.
“Hai sentito Emily in questi giorni?” chiedo e non so se chiedere a Calum sia la scelta migliore.
“Ieri, è voluta uscire con me… e abbiamo parlato per tutto il tempo” questa confessione da parte di Calum mi fa sentire strana. E non so decifrare in che senso. Non so se quello che provo sia fastidio, o per lo più gelosia.
“Ti ha detto qualcosa su di me?” chiedo ma subito me ne pento perché, a esserne sincera, non sono sicura di volerlo sapere.
“Non abbiamo parlato di altro, Clover” e nel suo volto nasce un sorriso. Un sorriso che non so spiegare a cosa sia riferito.
“E’ dispiaciuta per ciò che ti ha detto e per averti evitato.” E di colpo mi blocco sulla pista.
“Cosa? Perché mai dovrebbe sentirsi in colpa? Lei ha avuto tutte le ragioni del mondo!” dico stupita perché non posso credere che sia lei quella a sentirsi in colpa.
“Beh… Mi crederai o meno, ma le cose stanno così. Emily tiene molto a te, sei una delle poche amiche che si è fatta in questa scuola. E poi… è grazie a te che entrata a far parte del nostro gruppo. Ti deve molto” Calum mi spiega il suo punto di vista. Pur osservandola a modo suo, sono contraria a questa visione.
“Che stiamo facendo, Calum?” e rimanendo ferma, porto i miei occhi su di lui.
“In questo momento? Stiamo pattinando, come due semplici amici”
“Sono seria, Calum. Tutto questo arrabbiarsi, stare male l’uno per l’altro, evitarsi… Per quanto ancora durerà?” e la sua espressione torna seria.
“Ora è il momento in cui tutto va bene, ma se presto dovessi ritornare con Luke? Tornerai ad evitarmi proprio come hai fatto tempo fa?” e con queste frasi mi accorgo di quanto abbia servito ad entrambi la verità su un piatto d’argento.
“E tu continuerai ad inveire ogni volta contro di me quando le cose continueranno a complicarsi? O meglio, fin quando non accetterai del tutto la verità?” ancora una volta rabbrividisco. Ed entrambi restiamo così, come spogli uno davanti l’altro. E proprio in questo momento che il mio istinto di fuga si materializza. Non vorrei più essere qui con lui, ma nella mia tana.
“Non mi hai ancora risposto.” Mi riprende ed io deglutisco.
“Cosa vuoi che ti dica? Entrambi sappiamo come stanno le cose, ma nessuno vuol far qualcosa per mettere fine a questa agonia” ammetto e sul volto di Calum nasce un sorriso.
“Per quanto la tua frase sia vera, non mi ferivo a questa domanda. Ma a ciò che ti ho detto tre giorni fa, nel campo della scuola: non mi hai ancora risposto” e con un passo veloce, Calum mi afferra per un braccio tirandomi verso di lui. E fra le sue braccia mi spinge fino ad arrivare al muretto della pista. Bloccata, sento l’ansia salirmi.
“Lascami stare” gli dico dura perché non è così che m’immaginavo che la nostra chiacchierata finisse.
“Prima rispondimi” non alza tono e non è nemmeno freddo nei miei confronti.
“Calum… Ti prego, non obbligarmi a dire qualcosa che non voglio” sbuffo. Ora come ora, con questo dolore che ho al petto, non mi sento in grado di poter mandare avanti questa conversazione. Credo che sia scorretto, sia per me sia per Luke.
“Non ti sto obbligando. Sto solo cercando di capire, Clover.”
“Se ora ti dirò ciò che vuoi, poi mi lascerai andare?” chiedo e Calum annuisce.
Prendo un grande sospiro e afferrando le sue mani, le allontano dai miei fianchi.
“E’ vero, forse qualcosa l’ho provata quando mi hai baciato. Chiamala rabbia, chiamala attrazione fisica, chiamala passione. Dagli qualsiasi nome, ma qualcosa c’è stato.” Prendo un respiro e lasciando cadere le mani di Calum, riesco ad allontanarmi. “Ma questo non cambia niente. Io tengo a Luke più di qualsiasi cosa ora e sarà così anche fra un mese o forse due.” E mentre sto per andare via, Calum mi afferra un braccio ma subito mi volto verso di lui.
“Hai promesso” gli ricordo le sue parole e questo basta per farmi andare via. Continuo a pattinare in pista fin quando non trovo l’uscita e mi lascio alle spalle ciò che rimane della mia rivelazione.

Le lezioni sono più noiose quando al tuo fianco non hai le persone con cui sei solito divertirti. E oggi, riguardo alla noia, potrei scriverci un libro intero. Lo intitolerei “La storia di una ragazza depressa dalla noia”. Il titolo è così noioso, che basterebbe solo quello per capire quanto il libro possa far schifo.
Ciò che da origine a tutta questa noia, è il fatto di non avere al mio fianco Luke. Oggi rivederlo è stato peggio di come mi aspettavo. I nostri occhi per poco si sono scontrati, ma lui non si è soffermato a guardarmi per un secondo in più. Non mi ha salutato, e proprio com’è nel suo stile, mi ha evitato per tutta la giornata.
Mancano pochi minuti al corso di giornalismo e poi potrò mettere fine a questa giornata d’inferno. Prima, però, per quanto sia masochista, voglio parlargli. Non voglio che mi perdoni di punto in bianco, voglio solo che accetti le mie spiegazioni.
La campanella suona e gli alunni incominciano ad abbandonare l’aula. Anche Luke, reggendo fra le mani un suo quaderno, si affretta a uscire. Subito, mi avvicino al suo fianco. Ci vuole poco per far sì che i suoi occhi si soffermino sulla mia figura. E appena entrambi ci guardiamo intensamente, nessuno sa più cosa dire. Come una statua di marmo, tutto nel mio viso sembra diventare statico.
“Ciao” quasi balbetto mentre la folla ci porta in corridoio. I suoi occhi non abbandonano ancora i miei, ma fra le sue labbra non esce nessuna parola. E questo suo modo di fare mi mette in difficoltà.
“Non voglio scocciarti e nemmeno deprimerti, volevo dirti che l’altro giorno con Calum non è successo niente. Ero andata da lui solo per…”
“Non importa” e finalmente, qualcosa esce dalle sue labbra. E come un cambio di scena, i suoi occhi non guardano più i miei. Deglutisco sentendomi una stupida. Sul serio non gli importa?
Restiamo in silenzio, ma lo seguo fino al suo armadietto.
“Luke, mi dispiace sul serio. Io non volevo arrivare fino a questo punto… Io ci tengo a te questo tu…”
“Perché sei ancora qui?” e il cuore batte all’impazzata. “Insomma, ti ho lasciato Clover. Dovresti essere ovunque, tranne che al mio fianco. Perché ti ostini a giocare a questo stupido gioco?” le sue parole sono taglienti, fanno male come solo una ferita potrebbe causarti del male. E gli occhi si imperlano di lacrime, ma le ricaccio dentro.
“Non sto giocando a nessun gioco, Luke. Sono qui perché, dannazione, io ci tengo a te e potrai crederci o no. Come hai detto tu, non ha più importanza” ammetto e non so con quale forza riesca ad essere così fredda e sincera. “Eh sì, mi hai lasciato ed è colpa mia, ma sono qui per chiederti scusa. E scusami, scusami se ti sto dando fastidio.”
Luke sembra colpito dalle mie parole e per poco rimane a fissarmi. Poi, come se qualcosa gli avesse fatto ritornare il senno, abbassa lo sguardo dando sfogo a varie imprecazioni.
“Dannazione” e sbattendo il suo armadietto, prende dei grandi respiri. Non mi guarda, ma capisco che sta cercando di non mandare ancora di più tutto a puttane.
“Sai cosa fa più schifo? Sono stato io a lasciarti, è vero, ma mi manchi da star male. E lo odio, sul serio” le sue parole, dette con rabbia, dovrebbero farmi stare peggio, ma invece mi danno speranza. E non osa guardami, non più. Forse perché sa che se, mi guardasse solo per un secondo, poi finiremmo per rinchiuderci in una stanza a baciarci.
E lo accetto, perché so di meritarmelo. “Mi manchi anche tu” ammetto. I suoi occhi si sollevano e questa volta il suo volto esprime tenerezza, esprime rancore.
“E’ la scelta migliore, Clover” e mi chiedo per chi lo sia sul serio, se per lui o per me. “Ci farà bene stare da soli.” E con quest’ultima frase si avvicina. Il cuore palpita a mille e il pensiero che possa baciarmi mi assale portando il desiderio a un livello alto. Ma proprio quando sta abbassando il volto verso il mio, le sue labbra si soffermano sulla mia fronte. Ed è lì che lascia un bacio delicato, morbido e dolce. E un nodo alla gola mi assale allo stomaco, mi fa deglutire a vuoto cercando di non scoppiare a piangere. Ed è così che poi, lasciandomi da sola nel corridoio, si allontana.
“Dove diavolo eri finita? Ti sto aspettando da ben dieci minuti!” quando esco dall’entrata della scuola, quasi mi sorprendo che Emily, la stessa persona che ha pianto davanti ai miei occhi, stia parlando con me. E come di riflesso, mi guardo alle spalle cercando di capire se, uscendo, non mi sia accorta di avere qualcuno alle spalle. Ma quando né da vicino né da lontano scorgo una figura, capisco che Emily sta parlando proprio con la sottoscritta.
“Emily” dico sorpresa e lei accenna ad un sorriso. La mia espressione diventa sempre di più sbalordita e mi chiedo cosa sia successo di così misterioso da far suscitare questa razione alla mia amica.
“Ho visto che stavi parlando con Luke e non ho voluto disturbarti. Ma ho bisogno anch’io di parlarti, perciò… Eccomi qui” annuisco non capendo come possa osare solo sorridermi in quel modo dopo che, beh, il ragazzo che le piace è innamorato di me e abbiamo “allegramente” limonato in sua assenza. Detta così, sembra proprio una perfetta scena da scrivere su un libro o da guardare in uno schermo.
“Devi scusarmi per quello che ti ho detto giorni fa. Io non sono arrabbiata con te e non volevo farti quella paternale. Volevo solo alleviare il mio male e beh… tu eri lì ed io non ho resistito. Ma scusami, sul serio, non so cosa mi sia preso” socchiudendo gli occhi sembra davvero soffrire per ciò che ha fatto, tanto che al solo pensiero gli occhi le si bagnano dalle lacrime.
“Tu sei una delle persone più importanti che ho conosciuto in questi mesi e so che non hai nessuna colpa. Sì, proprio come hai detto te è stato Calum a baciarti e lui a vederti di più di un’amica. Avrei dovuto prendermela con lui, non con te”  Emily sembra essere un fiume in piena e non riesco a dirle che va bene, non c’è bisogno che aggiunga altre parole. Perché io non ce l’ho mai avuta con lei e tutte queste scuse per me non hanno un senso.
“Emily, va bene. Stai tranquilla” la riprendo. “Non sei tu quella che mi deve chiedere scusa, perché non hai nessuna colpa. E le tue parole… Sono solo servite a farmi concepire alcuni aspetti della realtà. E di colpe ne ho tante, quindi capisco se tu provi ancora del rancore nei miei confronti” accenno anche io ad un sorriso, un sorriso che però non è sincero. Ciò che Luke mi ha detto pochi minuti fa, il suo bacio… Mi hanno scossa parecchio.
“Nessun rancore Clover! Se tu vorrai provarci con Calum… Io lo capisco, mi sono fatta da parte da tempo, sappilo” e questa sua frase mi scuote ancora di più. In attimo mi assale l’immagine di me e Calum insieme, proprio come giorni fa vedevo me e Luke. E subito stringo gli occhi cancellare questa scena che m’imbarazza, che mi da fastidio.
“Cosa?! No… io non ho intenzione di…” Emily annuisce. Ha capito cosa voglia intendere.
“Beh, ma se mai un giorno succederà….” Sbuffando, cerco di reprimere l’argomento.
“Emily, sono così stanca. In queste settimane la mia vita non fa altro che girare intorno a Luke e Calum… E sai cosa? Non ne posso più. Promettimi che, per almeno ventiquattrore, i nomi di Luke e Calum saranno banditi dalle nostre conversazioni” non so per quale ragione sia uscita fuori con questa affermazione, ma in sostanza e ciò che davvero vorrei che accadesse. Ormai con Luke è finita, no? E con Calum le cose non sono cambiate, perciò basta. Basta star male e basta rimuginare su questa faccenda.
L’unica cosa che mi serve è divertirmi, ridere e distrarmi come ogni ragazza lasciata dal proprio ragazzo farebbe. E, per farlo, necessito di un’amica e Emily… So che è lei la persona giusta per me.
“Oh, okay… se è questo quello che vuoi…” la mia amica sembra un po’ spaventata dal mio tono di voce ma annuisce con foga. E trovo della tenerezza in questo suo modo di fare, in questo suo modo di abbassare la guardia per riallacciare i rapporti.
“Sì, è questo ciò che voglio” ammetto. “E anche ingozzarmi di cibo fino a star male. Ti unisci alla mia iniziativa?” con un sorriso fra le labbra, invito Emily a metterci del tutto una pietra sopra.
“Ovvio” e questo basta per lasciarci i problemi alle spalle. 

Spazio autrice.
Eh sì, non state sognando... Ho davvero aggiornato così presto! Sinceramente ho avuto un po' di ispirazione e poi.., Voglio essere sincera con voi. Avevo, e tutt'ora non ho cambiato idea, di cancellare la storia. L'altro giorno, fra le recensioni ho ricevuto una critica (che ho davvero apprezzato) che però mi ha un po' mandato nel pallone. Non ero più sicura che la mia storia stesse avendo un buon seguito e ho ancora dei dubbi al riguardo. Poi, sinceramente, ho visto che qui su efp la mia storia non sta più suscitando quella popolarità di un tempo... E beh, potrete capire. Però alla fine, mi sono detta che anche se questa storia non è più apprezzata, a me piace scrivere e m'importa questo. Tutto questo è per dirvi che se, in futuro non aggiornerò più, o non troverete più la mia storia nelle vostre preferite/rucordate/seguite è perchè l'ho cancellata. 
Detto questo vi saluto, vi auguro un buon 2015! 
ciaoo :) 

 

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Capitolo 23
*** Capitolo ventitré -FourFiveSeconds- ***


Capitolo 23 

-FourFiveSeconds-


“Anche tu qui?” chiedo stupita quando, entrando dalla porta, scorgo Emily seduta su una delle sedie. Quest’ultima, alzandosi, mi si avvicina.
“Sì, mi hanno chiamato durante l’ora di fisica e… per quale assurda ragione il preside vuole parlare con… noi?” mettendo su un’espressione incredula, Emily sembra porsi la mia stessa domanda.
Appoggio la mia borsa su una delle sedie del corridoio e, girandomi verso di lei, faccio spallucce.
“Sinceramente? Non ne ho idea.” Affermo portandomi una mano sotto il mento, cercando di pensare il più in fretta possibile a qualcosa di concreto che possa aver contribuito a questa situazione. 
In tutti questi anni passati all’interno di questa scuola, non mi è mai capitato di dover essere chiamata durante una lezione per ordini superiori. E, soprattutto, non ho mai avuto un incontro riavvicinato con chi, al momento, è al comando di questa scuola.
“Spero che non sia nulla di grave. Non voglio avere una sospensione!” sospirando, Emily sembra mostrarmi la sua ansia. Vedendola in questo stato, un sorriso si crea fra le mie labbra e subito mi avvicino per accarezzarle un braccio.
“Ehi, tranquilla. Sei una delle studentesse più innocue e brave di questa scuola. Perché mai dovrebbero sospenderti?” la mia domanda sembra essere d’aiuto. Emily si sofferma a ragionarci sopra e, una volta convenuto che niente di ciò che ha fatto potrebbe causarle delle gravi conseguenze, si rilassa.
Così, per almeno una quindicina di minuti, ci ritroviamo ad aspettare che qualcuno arrivi a darci delle spiegazioni. 
Quando però, il tempo sembra soffocare ogni nostra speranza ed entrambe ci perdiamo  nel flusso dei nostri pensieri, il rumore di una porta che si apre sembra interrompere quella monotonia creatasi. Subito, con speranza, sia io sia Emily alziamo lo sguardo; ma quando davanti mi trovo chi non avrei sospettato di vedere in una situazione del genere, il respiro sembra mancarmi. Gli occhi si spalancano dallo stupore e quell’ansia che poco prima stava del tutto mandando la mia amica nel panico, s’impossessa di me. Un macigno sembra cadermi sul petto soprattutto quando, alzando lo sguardo, gli occhi del ragazzo incontrano i miei. Ed entrambi, troppo sorpresi e scioccati, non riusciamo né a muoverci né a dir qualcosa.
“Non ci credo. Anche tu qui?!” Emily, però, non sembra essere sorpresa dalla mia stessa reazione. In fondo, mi dico, non è lei quella che, in questo momento, ha davanti Luke, il proprio ex ragazzo. Quella persona che da un mese è presente nei miei pensieri così spesso da farmi perdere la testa;  quella persona che da quel giorno in cui ci siamo detti “addio”, non osa né parlarmi né salutarmi. Come due sconosciuti, come due persone che non hanno condiviso niente se non la stessa aria, ci limitiamo ad evitarci. E ora, dopo settimane in cui ho cercato in tutti i modi di dimenticarmi di lui, eccolo che mi appare davanti. 
Alla domanda di Emily, Luke non risponde subito. I suoi occhi si perdono prima nei miei e poi, come se qualcosa gli avesse ricordato che ormai non ha più il dovere e il diritto di guardarmi in quel modo, la sua espressione cambia; i suoi occhi si spostano e corrono su di Emily. E quasi mi sento delusa, tradita.
“Già. Perché siamo qui?” allontanandosi dalla porta, Luke si siede al fianco della mia amica. E non osa salutarmi, non osa includere anche me nella loro discussione. Come se nella stanza ci fossero solo loro due, continuano a scambiarsi delle battute. Io, invece, ancora troppo presa da questo incontro, mi lascio cadere nei miei pensieri. E mi dico “Ehi, non pensare che lui è qui. Non ascoltare una sola parola di ciò che dice”. E così cerco di fare, ma quando la sua risata risuona nella stanza, tutto sembra crollare dentro di me. Una sensazione di panico mi travolge e troppo presa dalla paura, mi ritrovo ad afferrare la mia roba e ad alzarmi.
“Io… Devo andare. Non mi sento bene, potresti….” E mentre mi rivolgo a Emily, cercando di non farmi intrappolare da quei gli occhi che mi osservano con attenzione, un’altra porta sembra aprirsi. E questa volta non è la stessa da cui io e gli altri due siamo entrati. Stavolta, ad aprirsi, è proprio la porta del preside. Così, voltandomi verso la sua direzione, sono costretta a metter fine al mio discorso.
Quest’ultimo sorridendoci, un buon segno, ci invita a entrare. E prima di far ciò che ci dice, sollevo lo sguardo. E quei gli occhi, quei gli occhi azzurri, mi stanno ancora fissando. 

**

“Aspetti, non ho capito bene… Lei vuole che scriviamo un articolo sulla partita di questo sabato e sul ballo scolastico?!” una volta che il preside ha concluso il suo discorso, con espressione incredula, mi trovo a chiedere la precedente domanda.
Portando gli occhi su di Emily, noto quanto anche lei sia basita da questa proposta.
“Proprio così. Ho parlato con il vostro docente del corso di giornalismo per quanto riguarda quest’articolo e lui, clementemente, mi ha riferito i nomi di coloro che nel suo corso hanno i voti più alti. Perciò, eccovi spiegata la vostra presenza nel mio studio.” Mentre il preside parla, il mio cervello sembra spegnersi per alcuni secondi. Dire che sono sconvolta, sarebbe poco. Non posso credere che il preside ci abbia assegnato un lavoro così importante per qualcosa di così… insignificante! È da quasi cinque anni che frequento questa scuola e in tutti questi secoli passati al suo interno, sia io sia i miei amici, abbiamo sempre evitato di partecipare alla partita di football dell’anno e al ballo scolastico che ne sussegue. Feste del genere, pur se accessibili a chiunque sia studente di questo edificio, sono soltanto delle ottime occasioni per farsi deridere da chi sembra far parte delle caste più alte della scuola: i popolari. E ora, dopo anni in cui con successo sono sempre riuscita a schivare quest’agonia, a causa di forze maggiori, sono obbligata a doverci andare.
“Questa, ragazzi, è un’ottima opportunità. Vi saranno aggiunti dei crediti al vostro rendimento e beh… vi sarebbero permesse anche delle assenze e delle uscite anticipante in quanto avete dato un contributo alla scuola.” Cercando di ricollegarmi al flusso di parole del professore, mi trovo ad annuire.
E’ davvero “Un’ottima opportunità” in tutti sensi! Avere dei crediti aggiuntivi è ciò di cui ho bisogno per il mio rendimento che, soprattutto nell’ultimo periodo, non è stato gradito né dalla sottoscritta né dai docenti; e poi… uscite anticipate? Assenze ingiustificate senza incidere sulla condotta? E’ così… Grandioso!
“Non posso farlo. Questo weekend non sono in città. Mi dispiace” le parole di Emily, dette con dispiacere, soffocano del tutto quel poco di entusiasmo che per cinque secondi si è  fatto spazio dentro di me. Girandomi verso di lei, le mando un’occhiataccia. Facendo spallucce e mimando uno “scusa”, mi mostra quanto le sue parole siano vere.
“Nessun problema, Drive. Saranno Paris e Hemmings a occuparsene. Siamo d’accordo così?” il respiro si blocca di nuovo. Il cuore mi batte a mille e quasi mi sento svenire. Cosa? Luke ed io… lavorare insieme?!
“No!” prima che possa frenare i miei pensieri, le parole mi escono dalle labbra. Senza accorgermene, mi trovo a urlare questo semplice monosillabo. Ciò che mi sorprende, però, è che il mio “no” non è stato urlato solo dalla sottoscritta. Qualcuno, o meglio Luke, ha dato segni di vita. 
“Non posso, le ricordo che faccio parte della squadra di football. Sabato devo giocare anch’io!” d’un tratto mi trovo ad apprezzare le parole di Luke e soprattutto il suo modo di evitarmi. Per quanto mi ferisca, allo stesso tempo mi consola poiché non sono ancora pronta a dover condividere del tempo con lui.
“Questo non giustifica niente. Puoi lo stesso elaborare un articolo. Anzi, credo che il tuo contributo sarà ottimo!” il preside non sembra demordere e, sorridendo in quel modo così fastidioso, fa sbuffare Luke al mio fianco.
“Posso accettare che uno di voi, in questo caso la signorina Drive, si dissoci da questo progetto… Ma voi due… non potete rifiutare!” quasi rimproverandoci, l’uomo che ho difronte ci chiarisce quanto questa sua scelta sia irremovibile. Abbassando lo sguardo, mi ritrovo a sospirare stancamente.

**

“Mi dispiace tanto, Clover!” uscendo dalla sala, Emily mi sussurra queste parole. Per non farsi sentire da Luke che è dietro di noi, cerca di mantenere il tono basso.
“Non fa niente” dico, anche se, il mio modo di rispondere, fa intendere tutt’altro. Non sono arrabbiata con lei, so che è sincera e che non è colpa sua se i suoi genitori hanno deciso di concedersi una vacanza proprio questo weekend; ma non posso nemmeno fingere che tutta questa situazione mi faccia piacere. 
“Se solo lo avessimo saputo prima, avrei…”
“Lascia stare, okay? Non ne voglio parlare” con questa mia risposta non voglio sembrare maleducata, ma… accidenti! Mi è davvero difficile essere carina e dolce quando sono a conoscenza che, in un modo o nell’altro, questa settimana dovrò affrontare qualcosa che per giorni ho cercato di evitare.
Al mio fianco, Emily annuisce. Restiamo in silenzio e camminando ci dirigiamo all’uscita della scuola. Una volta all’esterno, borbotto un “Ciao” forzato e strisciando i piedi per terra, mi avvio verso casa.
Come se non bastasse, con l’umore sotto terra, la mia testa non riesce a pensare ad altro se non a quelle pozze azzurre. Immagini di ciò che poco fa è accaduto, tormentano la mia mente e più volte sono costretta a chiudere gli occhi per non indurre i miei pensieri a Luke.
Non è ciò che voglio, mi dico, non adesso che per alcuni giorni il suo ricordo era meno frequente.
Così, sospirando, cerco di focalizzare tutta la mia attenzione nella strada che sto percorrendo. La mia mente torna alla realtà e subito mi accorgo di qualcosa di strano: qualcuno è al mio fianco.
Di colpo alzo lo sguardo e quando mi accorgo di chi ho a pochi passi di distanza, smetto di camminare.
“Ehi” non serve un genio per capire che è Luke.  Insicura che si stia rivolgendo a me, mi guardo intorno spaesata. Non c’è nessuno, siamo solo lui ed io e questo vuol dire che…
“Non credi che… Dovremmo parlare?” forse accorgendosi del mio stupore, Luke cerca di venirmi incontro. Appena realizzo ciò che sta succedendo, il panico ritorna a incombere su di me. Deglutisco e sussurrandomi una serie di “Stai tranquilla, è solo Luke” cerco di ritrovare la mia tranquillità. Senza accorgermene, però, non faccio altro che alimentare la mia ansia. E capisco il perché: come posso non aver paura se ciò che mi spaventa è proprio avere Luke a così pochi centimetri di distanza?.
“Ehi… Sì, io credo proprio che… dovremmo” non so come la mia voce sia uscita, so solo che le mani mi tremano. Come per cercare di darmi forza, corro a stringere la mia borsa. Questo piccolo gesto, mi permette di spazzar via un po’ di quell’ansia accumulata e respirando a pieni polmoni, metto a tacere quella sensazione di panico.
Luke, fermo dov’era, sembra capire che qualcosa non va. Però, come se una barriera invisibile lo estraniasse dal mio mondo, proietta tutta la sua attenzione in altro. I suoi occhi non mi guardano, non incontrano i miei, ma sorpassano velocemente il mio viso e si soffermano su qualcosa d’indistinto alle mie spalle. Se pur indignata per questa reazione, mi rassicuro al non dover incontrare i suoi occhi. 
E’ da troppo tempo che non stiamo così vicino, è da troppo tempo che non parliamo e guardare dritto in quelle pozze azzurre, mi porterebbe solo a un’esplosione di emozioni.
“Beh… Come ci organizziamo?” quando le sue parole risuonano nell’aria, il mio cuore prendere a battere a mille. Un pizzico di delusione mi punge dritta nel petto.
Prima, anche se presa dall’ansia, il suo “Non credi che dovremmo parlare?” ammetto che ha fatto correre la mia mente un po’ oltre il dovuto. Per una questione di pochi secondi, ho davvero sperato che quella frase si riferisse a noi e non al progetto.
Con la mente occupata a cercare di reprimere ogni mio piccolo desiderio nei confronti del mio ex, trovo difficile dare una risposta alla sua domanda. Scuoto la testa e portandomi una mano sulla fronte, provo a darmi forza nel parlare.
 “Potremmo… Non so, vederci domani pomeriggio nella biblioteca della scuola. Se la partita è sabato, dovremmo metterci d’accordo su come dividerci il lavoro. E poi… potremmo fare qualche ricerca sulle partite degli anni passati.” Come un faro nel buio, di colpo le parole sembrano uscire da sole. Gioisco nella mia testa quando mi accorgo che il mio discorso non può essere definito ridicolo e insensato; soprattutto, però, mi rendo conto che la mia felicità è dovuta alla consapevolezza che mentre parlavo i miei occhi hanno incontrato i suoi. Al contrario di come mi aspettavo, non sono crollata. 
“Credo che possa andare bene.  A che ora?” d’un tratto, però,  sento il mio umore vacillare. Senza indagare troppo, riesco anche a concepire il perché: la sua freddezza nei miei confronti. 
Più la conversazione si accentua, se così si può dire, e più il presente mi mette davanti alla realtà. 
Le cose non sono più come prima e se in questi giorni potevo solo pensarlo e vederlo, ora riesco anche a concepirlo. E tutto questo, è davvero una ferita allo stomaco.
“Dopo scuola, come al solito. Può andar bene per te?”  la mia voce sembra tremare, ma forse sono solo io a percepire questo cambiamento. Luke porta i suoi occhi nei miei e non mi risponde subito. Il suo sguardo cambia completamente e capisco che qualcosa deve avergli portato alla mente dei ricordi.
Le sue labbra si schiudono e insieme ai suoi occhi sembra in procinto di dir qualcosa, ma poi tutto si termina così com’è nato.
Abbassa lo sguardo e stringendosi la tracolla alla spalla, sospira.
“Okay, va bene” le sue parole hanno un tono diverso. Sono un misto di rabbia e frustrazione.
“Bene… allora… io andrei.” E così, stanca ma anche presa dallo sconforto, metto fine a questa conversazione. Porto gli occhi su Luke quasi sperando che mi dica di non andare, ma quando lo vedo annuire capisco che stavolta non sarà così.
“Sì, certo” e mi accorgo subito di quanto anche lui sia a disagio. “Ci vediamo domani. Ciao” e la conversazione si conclude.

**

“Calum, mi stai ascoltando?” il giorno seguente, davanti al mio armadietto, mi ritrovo a rimproverare il mio migliore amico.
“Sinceramente? No.” Un sorriso, un po’ finto, gli nasce fra le labbra. Chiudendo il mio armadietto, mi ci appoggio con la schiena.
“Avanti… cosa c’è che non va?” chiedo cercando di sorridere. 
Le cose, fra noi, ora vanno molto meglio. So che questo è dovuto soprattutto alla lontananza createsi fra me e Luke, ma credo che non sia l’unica ragione. Vedendomi star male, Calum ha saputo mettere da parte i suoi sentimenti e occuparsi di me come un amico farebbe. Questo l’ho apprezzato molto.
“Sto pensando a ciò che mi hai detto. Di te e di… Luke” le parole gli escono con un tono diverso e subito i miei occhi allarmati cercano i suoi. Il suo volto non ha nessuna espressione e questo non mi aiuta a decifrare cosa gli passa per la testa.
“Luke?” chiedo e ho paura di avere una sua risposta. Per giorni abbiamo messo da parte l’argomento “sentimenti”; ci siamo limitati a comportarci come due amici e ogni qual volta ci trovavamo davanti a situazioni un po’ ambigue, subito prendevamo le distanze. Ma ora, con questo suo pensare a Luke, a me e a il non-appuntamento che dovrò affrontare fra meno di un’ora, mi fa credere che forse Calum ha colto delle false speranze.
“Sì… Insomma, ora le cose…” per un attimo i suoi occhi incontrano i miei e qualcosa, forse la mia espressione allarmata, ferma il suo flusso di parole. Spazzolandosi i capelli con una mano, scuote la testa.
“Lascia stare” e stringendosi al suo zaino, si stacca dalla fila di armadietti. Interdetta, resto ferma. Approfittandosi di questa mia reazione, Calum coglie un’ottima occasione per sgusciare via del mio radar. Con una semplice scusa, mi sorpassa ed io non lo ostacolo. Ma poi, vogliosa di sapere ciò che voleva dirmi, mi ostino a seguirlo.
“Ehi, aspetta! Cosa stavi dicendo?” e per catturare la sua attenzione, devo tirarlo per un braccio. Le mie dita circondano il suo polso e con un gesto veloce, i suoi piedi indietreggiano fino a sfiorare i miei.
Lentamente si gira e subito mi accorgo di quanto la sua espressione non sia migliorata: i suoi occhi sono ancora vuoti, il suo sorriso ha lasciato spazio a una smorfia e le sopracciglia sono leggermente incurvate verso l’alto.
“Stavo per dire una cazzata, lascia stare.” Come un cane al guinzaglio, Calum cerca di staccarsi dalla mia presa. Ponendo resistenza, però, non gli do la possibilità di compiere un solo passo.
“A me piacerebbe sapere questa cazzata… Che cosa c’è che non va?” il mio tono si addolcisce. Riesco a sentire la freddezza createsi e reprimendo quel senso di angoscia che mi assale, cerco di affrontare Calum.
Quest’ultimo sospira e d’un tratto tutti i suoi muscoli si rilassano; mi accorgo subito di quanto la mia mano attorno al suo polso non abbia più senso. Non cercherà di allontanarsi.
Le sue parole tardano ad arrivare. Indeciso sul da farsi, i suoi occhi si soffermano nel vuoto e le labbra si muovono in movimenti quasi invisibili.
“Ora che potrai avere di nuovo dei contatti con Luke, nulla ti vieta di poter ritornare con lui.” Quando le sue parole arrivano a stuzzicarmi l’udito, le mie sopracciglia si aggrottano. Una reazione del tutto normale in quanto, in ciò che mi ha detto, non trovo niente di sconvolgente e scioccante. 
In queste ventiquattro ore, devo ammettere che molti pensieri hanno occupato la mie mente. E uno, fra i tanti, era proprio questo. So che il mio desiderio è tanto lontano dalla realtà perché ora come ora, Luke non sopporta nemmeno l’idea di condividere la mia stessa aria; ma, pur sapendo come stanno i fatti, non riesco a reprimere il mio desiderio.
Perciò, all’affermazione di Calum, un sorriso innocente, quasi ironico, prende spazio sul mio viso.
“Ehm… lo so, ma questo non capisco cosa possa centrare con…” la mia frase non ha una fine. Sbuffando e portandosi di nuovo una mano fra i capelli, sintomo del suo nervosismo, Calum ricopre la mia voce con la sua.
“Centra il fatto che questo cambia tutto. E io ho paura, una dannata paura.” Il sorriso scompare quando mi accorgo del suo tono serio. Deglutisco e subito capisco a cosa si stia riferendo. Però, non volendo capacitarmene, mi ostino a smettere di credere che tutto ciò che penso sia vero. 
Stringendomi nei miei vestiti, rimango senza parole. Lui se ne accorge e quasi irritato da questo mio comportamento, mi fissa con ostilità.
“Paura di perderti, lo sai questo, vero?” la sua domanda, posta come se dovesse convincermi a credere nelle sue parole, sembra quasi avere un altro effetto. Sembra quasi che a convincere non sia me, ma se stesso.
Deglutisco ancora e stavolta cerco di affrontarlo. “Non sarà così, Calum.”
“I miei sentimenti non sono cambiati nei tuoi confronti, Clover. Mi piaci da impazzire come mi piacevi prima, anzi, forse un po’ di più. E questo cambia le cose, e lo sai anche tu” le sue parole distruggono del tutto la mia bolla di cristallo. Se per giorni ho vissuto all’interno di un modo dove ogni problema scompariva sul nascere, Calum riesce a farmi ritornare nel piano della realtà in un solo secondo.
Lo stomaco si chiude e un senso di vomito accompagnato da una valanga di lacrime arriva a farsi spazio. Stavolta però non mi faccio cogliere impreparata e usando tutta forza possibile, metto fine a quella sensazione. 
I miei occhi si spalancano ma non tanto per la sorpresa delle sue parole. Il suo tono è ciò che mi ha colpito di più: così passionale, così devastato. Un miscuglio di emozioni.
“Pensavo che…” Perché mi fai questo? Sarebbe la domanda che vorrei porgli, ma il mio discorso non ne vuole sapere di mettere su qualcosa di concreto.
“Pensavi che mi fosse passata?” per un attimo ride, “Ci speravo anch’io, credimi.” E davanti al suo viso, al suo tono di voce, sento il bisogno di scappar via. Di andarmene perché questa versione delle cose non mi piace, è completamente diversa da quella che per giorni aveva occupato la mia mente. Così diversa da non essere  vera e quasi mi sembra di vivere uno di quei momenti in cui l’attore di un film si trova a guardare se stesso e il mondo intero dall’esterno e tutto perde il proprio suono diventando un forte brusio.
L’ansia mi assale e non mi accorgo nemmeno di star muovendo i miei piedi.
“Scusami, ma non ce la faccio” e tutto ciò che riesco a percepire dalle mie parole che escono in modo spontaneo dalle mie labbra senza poter dargli un freno. Poi, in una frazione di pochi secondi, mi ritrovo lontana da tutti nel bagno della scuola. 

**

“Ehi…” arrivando davanti alla soglia della porta, sussurro con un tono impacciato un saluto nei confronti di Luke. Quest’ultimo, alzando lo sguardo da alcuni fogli che ha sotto il viso, lascia vacillare i suoi occhi su di me. D’un tratto mi sento a disagio e subito sento il bisogno di dire qualcosa.
“Scusa per il ritardo, ho avuto un…”
“Non fa niente.” Le sue parole hanno il potere di intimorirmi. Un senso di angoscia arriva a soccombere dentro di me e sono quasi tentata a fare qualche passo indietro per ritornare nel bagno delle donne dove per tutto questo tempo mi sono nascosta dagli occhi di tutti. Poi, però, una voce dentro la mia testa mi dice che non è questo ciò che è giusto fare; perciò, dandomi la forza necessaria, mi affretto a entrare e mi siedo difronte a Luke. 
“Che… che cosa stai facendo?” è strano, mi ritrovo a pensare, come ora io abbia timore di parlare con lui, di chiedergli qualcosa.
Luke alza lo sguardo e i suoi occhi incontrano i miei. “Sto leggendo gli articoli degli anni scorsi, così da darmi un’idea su cosa scrivere. Vuoi… vuoi leggerne alcuni?” pur mantenendo un tono distaccato, Luke sembra lasciarsi andare un po’.
Apprezzando ciò, mi trovo ad annuire. 

**

“Perciò… Ora tu e Calum… state insieme?” mentre sono intenta a trascrivermi alcuni dati su un foglio bianco, Luke da voce ai suoi pensieri.
Alle sue parole, la mia mano si blocca e subito il mio sguardo, scioccato, si alza per incontrare i suoi occhi.
Colta alla sprovvista, mi trovo a deglutire e il cuore inizia a battermi all’impazzata. 
“Cosa? No… Io e Calum non stiamo insieme!” rispondo e dentro di me sussurro di star tranquilla. Questa sua domanda non vuol dire niente, come può intendere mille cose assieme. E la mia mente, bastarda com’è, è subito arrivata a cogliere una speranza che non sarà accontentata.
“Oh…Sì, certo…” le sue guance cambiano colore e tenendo ancora gli occhi bassi, si affretta a rispondermi in modo disinteressato. Subito mi accorgo di quanto si stia sforzando per farmi credere che il suo non è vero interesse, ma solo un modo per fare conversazione. Il suo modo di “recitare”, però, fa acqua da tutte le parti e non è difficile comprendere che sotto  quella maschera di menefreghismo, c’è un parte di Luke che mi sta letteralmente supplicando di dire tutto ciò che so.
Raschiandomi la gola e portandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, lascio perdere i miei appunti per l’articolo. Ora tutta la mia attenzione è volta verso il biondino che mi sta davanti. 
“Cosa ti ha fatto pensare che io… sì, che io e Calum stessimo insieme?“ porgli questa domanda d’un tratto diventa l’operazione più difficile del mondo. Le guance mi diventano rosse e non riesco a comprendere il motivo del mio imbarazzo. Attenta e con le mani che tremano, mi mordo il labbro.
Alle mie parole, la sua mano smette di scrivere e gli occhi si alzano per incontrare i miei. Deglutisce e per un secondo, sembra intento a dare sfogo ai suoi pensieri; poi, però, qualcosa lo ostacola e abbassando lo sguardo alza un muro fra noi.
“Credo che dovremmo dedicare le nostre attenzioni all’articolo, non abbiamo molto tempo…” le sue parole mi deludono e colpita nel vivo, abbasso lo sguardo. Di nuovo l’imbarazzo mi rende sua schiava, ma non solo: stavolta il mio cervello sembra schierarsi contro di me e, come se la risposta di Luke non bastasse per farmi sentire una deficiente, si permette di rivolgermi una serie d’insulti.
Sospiro e frustrata dalle mille emozioni che da ieri hanno sede nel mio corpo, decido di distrarmi del tutto dedicando le mie attenzioni in ciò che mi è stato chiesto di fare. 
“Prima, in corridoio… Ho ascoltato un pezzo della vostra conversazione.” Dopo un quarto d’ora passato ad analizzare i miei appunti, Luke mi rivolge la parola. D’impatto, mi trovo a non comprendere il significato della sua frase. Poi, riallacciandomi ai residui della conversazione  di prima, inizio pian piano a capire ogni cosa.
Una sensazione di rabbia mi scorre nelle vene tanto che, presa da quest’emozione poco piacevole, mi muovo irrequieta sulla sedia. I miei occhi incontrano subito i suoi e mi accorgo di quanto siano preoccupati della mia imminente reazione. Sembrano chiedermi scusa e pur apprezzando questo suo segnale, la mia rabbia non diminuisce.
“Era una conversazione privata, tu non avresti…”
“Non avrei dovuto ascoltare, lo so. Non ho resistito, scusami” lanciando la penna sul tavolo, Luke si porta le mani sul viso. Sbigottita dal suo comportamento, non trovo la forza di accanirmi contro di lui. E non tanto per le sue scuse anticipate, ma per il suo sguardo così… assente? Consapevole? Non so di preciso quale sia l’aggettivo corretto che possa descrivere al meglio ciò che la sua espressione mi suscita.
Deglutisco e rimango a fissarlo dritto negli occhi. Nessuno dei due per qualche secondo si sforza di dire una parola. Entrambi siamo troppo intimoriti della reazione dell’altro. La prima a interrompere il nostro contatto visivo, sono io. I suoi occhi iniziano a mettermi a disagio e la voglia di scappare da quella stanza diventa grande.
“Non so cosa tu abbia ascoltato di quella conversazione, ma… Io non ho intenzione di buttarmi in una relazione con lui. Né ora né domani.” Prendendo con una mano un foglio, mi ritrovo a fingere di scrivere qualcosa. Quel “qualcosa” si traduce in una serie di parole senza senso. Tutto ciò, però, mi permette di non pensare troppo alle parole appena dette. Stavolta non sento lo stesso calore di prima riscaldarmi le guance, e sono sicura di non essere diventata rossa. Gli occhi di Luke rimangino fissi su di me e non capisco cosa stia aspettando. Poi, riprendendo la penna e giocando con il tappo, decide di porre la propria attenzione in altro.
“Non credo che sia ora il momento giusto per parlare di queste cose…”  nuovamente si ritrova a sottolineare il motivo della nostra presenza all’interno della biblioteca della scuola che, per nostra fortuna, è deserta. Portando lo sguardo su di lui, sento la rabbia ribollire dentro di me.
“E quando credi che sia il momento giusto?” il tono mi esce più strafottente del dovuto e ad accorgermene non sono solo io. I suoi occhi si spalancano e messo con le spalle contro il muro, rimane senza parole. E sbuffo perché non è di certo questa la reazione che mi aspettavo.
“Non lo so, sto solo dicendo che forse ora dovremmo dedicare le nostre attenzioni sull’articolo.”
“Luke, me ne fotto dell’articolo.  Hai iniziato tu il discorso e ora sono io a voler parlare. Di noi, sì, se questo non ti dispiace.”  Nella mia testa, ringrazio questo moto di rabbia che ha preso il sopravvento di me. Mi ritrovo a pensare che senza questo piccolo aiuto, non sarei mai arrivata a parlare in questo modo a lui.
La sua espressione cambia radicalmente e da senza parole, ora Luke sembra essere incazzato.
“Vorrà dire che me ne andrò da qualche altra parte.” Il suo non è solo un avvertimento.  Raccogliendo le proprie cose e alzandosi dalla propria sedia, inizia a mettere tutto dentro la sua tracolla. Mordendomi la lingua, mi maledico per la mia reazione così avventata che lo sta portando ad abbandonarmi nel mezzo di una conversazione.
“Cosa? Non puoi andartene!”  il mio rimprovero non sembra avere valore. Mettendosi la tracolla sulla spalla e afferrando la giacca con una mano, si avvicina verso la porta. Come se fossi in una dimensione trascendente e lui non potesse né vedermi né sentirmi, mi supera bellamente. Punto verso la porta della stanza e prima che possa varcarla senza esitazione, corro nella sua direzione. Giusto in tempo, non gli do la possibilità di fare un passo in più.
“Che stai facendo?” i suoi occhi mi guardano esasperati e mordendosi il labbro, come se fosse un suo anti-stress, mi guarda intensamente. 
“Cosa stai facendo tu! Ti sto parlando, non vai da nessuna parte!” per marcare la forza e la decisione che ho nel trattenerlo dentro la biblioteca con me, mi ostino anche io a guardarlo dritto negli occhi. Entrambi ci guardiamo seriamente e nessuno è pronto a mettere giù le armi.
Poi, sospirando, Luke lascia cadere la sua giacca e la sua tracolla per terra. Lo osservo intensamente e mentalmente mi pongo mille domande. Si è… arreso?
“Vuoi parlare? Bene, parliamo.” Le sue parole sono dure, taglienti e mi accorgo di quanto in realtà lui non voglia nemmeno mettere parola sull’argomento. Eppure, pur essendo contrario, è ancora qui.
“Perché… stai reagendo così?” chiedo in un sussurro. Il coraggio e la rabbia che poco prima mi hanno dato la forza di urlargli contro, mi abbondonano e sono consapevole di non voler più parlare con lui. Non in questo modo, non con lui che mi tratta come se fossi il diavolo in persona.
“Perché…” d’un tratto i suoi occhi smettono di fulminarmi. Il sipario cade e un velo di tristezza ricopre le sue iridi. Le mani attorno alla sua vita si stringono in un pugno e il suo sorriso strafottente, usato per accentuare il potere delle sue parole, scompare.
La voce sembra mancargli, ma comunque questo suo momento di confusione non lo ostacola a proseguire la sua frase.
“Perché mi sono ripromesso che ti avrei lasciato andare e che… ci avrei messo una pietra sopra…” le sue parole mi fanno sussultare. Pur non essendo offensive nei miei confronti, hanno la capacità di aprirmi una voragine nel petto. Di colpo mi sento un’illusa, una stupida per non aver capito tutto dall’inizio. Lui non ne vuole più sapere niente di me, lui non mi ama più.
“E’ per questo che… mi hai evitato fino ad oggi?” la voce mi trema e sento un nodo alla gola. Un nodo che molto probabilmente si trasformerà in una serie di singhiozzi accompagnati da una serie di lacrime. Le mie.
Luke è a disagio e credo che questo non sia dovuto solo alla difficoltà che ha nel dirmi la verità. Penso che si sia accorto della mia voce tramenate e dei mie occhi lucidi. 
“Ci ho provato. Ma… se sono qui con te a parlare di questo, credo che non sia servito a molto.” Annuisco alle sue parole e abbasso lo sguardo. Un sorriso si fa spazio sul mio volto, ma è un sorriso triste.
Porto gli occhi su di Luke e faccio spallucce. “Mi dispiace, non avrei voluto distruggere i tuoi piani.” Con le mani che tremano, mi porto una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Sospiro e cercando di non scoppiare in fiume di lacrime, mi scanso dall’entrata. Con tutta la forza che ho dentro, decido di fare ciò che giusto.
“Sei libero di poter andare, il tuo messaggio è stato più che chiaro.” Abbasso nuovamente lo sguardo, e senza aspettare un secondo in più, mi dirigo verso il tavolo in cui ero seduta. Raccolgo le mie cose e per qualche secondo mi dimentico di Luke. La mia attenzione si focalizza solo sulle mie mani che tremano e ciò basta per far scoppiare la bolla. Le lacrime corrono a bagnarmi il viso e sono costretta a sedermi perché la vista mi si offusca. Le mani mi coprono il viso e mi trovo a ringraziare dio di essere da sola. Resto così per alcuni secondi, nel mio dolore. Poi, però, qualcosa mi tocca le braccia. Alzo lo sguardo e trovo Luke fissarmi. Spalanco gli occhi per la sorpresa, poiché ero sicura che se ne fosse andato via.
“Alzati” mi ordina e troppo sconvolta per oppormi, faccio  ciò che mi dice. Con uno scatto veloce mi tira a sé e mi trovo fra le sue braccia. Le lacrime sembrano cessare per qualche secondo, proprio nello stesso momento in cui mi stringe a sé. Senza dire parole, mi lascio andare. Inspiro il suo profumo e mi sento a casa. Di nuovo tutto sembra ritornare alla normalità. 
Questa sensazione dura poco perché Luke si distacca subito da me. Le sue braccia stringono ancora la mia vita, ma non con la stessa forza.
I suoi occhi cercano i miei e mi guardano intensamente. Mi sento a disagio e subito mi scuso.
“Pensavo che fossi già andato via, scusami, non volevo piangere davanti a te… Io…” la mia frase non ha fine perché con un gesto dovuto dall’impulso, le sue labbra si premono contro le mie. Spalanco gli occhi e per la sorpresa non riesco a reagire. Non riesco a condividere questo momento con lui. La sua lingua inizia a muoversi e ciò basta per farmi chiudere gli occhi. Inizio a prendere una parte anch’io in questo bacio e nella mente mille domande si sovrappongono l’una sull’altra. Mi chiedo perché mi stia baciando, se il suo è solo un gesto di pietà, oppure è ciò che il suo impulso gli ha chiesto di fare.
Le mani si spostano sul mio sedere e issandomi, mi fa sedere sul tavolo. S’insinua fra le mie gambe e delicatamente mi prende il viso avvicinandomi sempre di più alle sue labbra. Mi morde, mi bacia e mi accarezza e mi sembra di essere in paradiso. Il mio paradiso.
La passione, però, sembra scemarsi subito. Di colpo il volto di Luke si allontana dal mio e i suoi occhi mi guardano allarmati. Le mani si allontanano dal mio viso e pian piano inizia a indietreggiare.
“Io…devo andare, scusami.” Con sguardo assente mi sussurra queste parole e inciampando su i suoi stessi passi raccoglie le sue cose da terra. Scendo dal tavolo per avvicinarmi, ma senza alcun esito.
“Non… ti avvicinare” mi ordina. Mi fermo subito e questo sembra servirgli per recuperare tempo e scappare via. Come se non fossi nella sua stessa stanza, varca la porta non degnandomi di uno sguardo.
Rimango sola e senza parole, mi lascio cadere sulla sedia.
Che diamine è successo?

**

Oddio, non posso crederci che finalmente sono qui ad aggiornare!
Scusatemi, davvero, ma in questi due mesi... Me ne sono sucesse di tutti i colori. Sono stata per due settimane a casa con l'influenza, ho avuto il blocco dello scrittore e una sfilza di problemi personali.
Questo capitolo è stato dificilissimo da scrivere, ci ho impiegato settimane e non mi piace per niente. Mi scuso se fa cagare, ho provato a scrivere qualcosa di più... decente ma questo è quello che mi è uscito!
Vi ringrazio moltissimo per le recensioni ricevute, risponderò appena posso! Le ho lette tutte, davvero, e vi ringrazio moltissimo! Purtroppo ora sono di fretta e quindi non posso soffermarmi a rispondermi. Grazie ancora <3
Al prossimo capitolo!
-Sere <3 

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Capitolo 24
*** Capitolo ventiquattro -All of me- ***


Capitolo ventiquattro

-All of me-

“Sai, non ti invidio per niente. Tutta questa situazione… è stressante” l’osservazione di Emily, sedutami difronte, mi fa sollevare gli occhi al soffitto.
“Oh, cielo, mi hai tolto le parole di bocca! Io… non so più come comportarmi! Sembra quasi che qualcuno si stia divertendo a scrivere su di me!”  le mie parole mascherano la mia rabbia nei confronti di ciò che da settimane mi sta accadendo; ma pur essendo aspre, il mio discorso sfocia in una risata.
E infondo, è tutto ciò che riesco a fare se penso alla mia vita sentimentale. Da una parte ho un ex-ragazzo che si ostina a evitarmi senza buon esito; dall’altra invece ho il migliore amico che… beh, lui non si ostina a fare un bel nulla.
“Non posso crederci che Luke… abbia reagito in questo modo. Avevo quasi creduto che ti avesse dimenticato!” dopo aver preso un sorso dal suo frullato e aver mandato giù tutto il liquido, Emily intrattiene la nostra conversazione rendendomi a conoscenza dei suoi pensieri. Annuisco prendendo a giocare con un vassoio della mensa.
“Anch’io. Insomma… ero sicura che fosse andato via dalla biblioteca. Quando l’ho visto a pochi passi da me… è stata una vera sorpresa! E poi quel bacio… è stato tutto così inaspettato!” gli occhi si accendono di luce al ricordo di ciò che ho vissuto due giorni fa. Pensare a ciò che è successo con quello squilibrato di Luke, mi rende… euforica. Mi fa pensare che forse c’è ancora una speranza. So che non devo dare troppo peso all’accaduto, ma cosa ci posso fare? Io nutro ancora dei sentimenti per Luke e pensare in positivo mi da la forza di non arrendermi.
“Posso immaginare. Comunque… non hai avuto più notizia di lui?” arrossendo un po’, scuoto la testa con dissenso.
“No, non credo che voglia parlare con me.” Ed è vero. Una volta baciatomi, non voleva nemmeno che mi avvicinassi a lui. Era terrorizzato da… me. E forse anche dall’idea dell’atto commesso. Ho aspettato per ore un suo messaggio o un suo avvicinamento, ma dopo che per due giorni non si è fatto né vedere né sentire, sono convenuta a questa tesi: mi sta evitando. Di nuovo.
“Deve comunque darti una spiegazione. Non può baciarti e poi… evitarti! Se fossi in te, andrei a cercarlo.” Mi trovo d’accordo con ogni parola da Emily detta, ma comunque non riesco a decidermi sul da farsi. Non voglio essere io ad andare da lui. L’idea che possa respingermi mi terrorizza. Però, non posso nemmeno starmene qui a piagnucolare in compagnia di Emily. Ho troppe cose cui pensare e soprattutto la partita e il ballo si terranno fra tre giorni. Dobbiamo metterci d’accordo su come gestire la faccenda e soprattutto… parlare dell’argomento “ballo”. Devo andarci con lui? Devo andarci da sola? Devo… prepararmi per bene e andarci con qualcun altro? Tutte le idee possibili, mi terrorizzano allo stesso modo.
“Lo so, hai ragione, ma… non voglio ritrovarmi in un’altra situazione imbarazzante.” Emily sorride e mentre è occupata a leggere qualcosa dal suo smartphone, mi azzardo a dirle qualcosa a lei ancora sconosciuto.
“I ragazzi non te l’hanno detto perché tu sarai via, ma andranno al ballo. E poiché per una serata farò da giornalista della scuola, sono obbligata ad andare anch’io. Con Luke, molto probabilmente.” Alla mia rivelazione, saputene a conoscenza anch’io solo alcune ore prima, gli occhi di Emily saettano verso la mia direzione. La sua espressione rimane seria per qualche secondo, poi, come se per tutto questo tempo si fosse trattenuta, scoppia in una grande risata che sembra non aver fine.
“Sai, non credo che ci sia qualcuno più… beh, sfigato di te” le sue parole, anche se mi fanno mettere per qualche secondo il broncio, hanno la capacità di fare della satira sull’argomento.
E penso che abbia proprio ragione! Non solo odio questa stupida festa, non solo sarò obbligata ad andarci, come se non bastasse mi ritrovo anche in compagnia dell’unica persona che pagherebbe per non stare con me.
“Già…” e un pizzico di rammarico c’è nella mia voce, ma la risata che mi è esce mette a tacere ogni cosa.

Trovarmi qui di fronte, dopo così tanto tempo, mi rende nervosa. E sono consapevole che il mio nervosismo è soltanto ai piedi di una lunga piramide che ha all’apice una grande quantità di ansia.
Stringendo gli occhi in due fessure, cerco di regolare il mio respiro. Mal che vada, mi dico, potrò sempre andarmene via e fingere che nulla sia accaduto.
Con questo pensiero, mi do forza per premere quel piccolo pulsante che mi da accesso a casa Hemmings. Alla fine, dopo un pomeriggio speso a ragionare su quanto detto in mensa con Emily, sono arrivata a questa decisione: parlerò con lui, ma non a scuola, dove ha più vie di fuga. Lo farò in casa sua, dove l’unica che potrà andarsene sarò io.
Ripetendomi il discorso preparatomi pochi minuti prima dell’arrivo, aspetto impaziente che il cancello si apra. Quando un rumore elettronico risuona nel vialetto e il cancello si scosta di poco dalla serratura, mi rendo consapevole che ormai il danno è fatto… e tanto vale goderselo al meglio.
Varco la soglia con lo sguardo basso; mi chiudo il cancello alle spalle e quando mi volto verso l’entrata di casa, mi meraviglio a trovare già Luke appoggiato allo stipite. Alcune immagini di tempo fa mi ritornano alle mente e tutta questa situazione mi sembra familiare. E’ tutto simile alla prima volta, quando io sono venuta in questa casa. Peccato che di diverso, ci sono solo gli umori. O meglio, il suo.
Con passo spedito mi avvicino e non riesco a far connettere i nostri sguardi per troppo a lungo.
“Ciao” sussurro e i suoi occhi mi guardando impassibili. Non riesco a capire se sia incazzato, infastidito o… sorpreso? Credo che sia tutto un mix di queste emozioni.
Chiudendosi la porta alle spalle, un chiaro segno che non sono invitata a far un passo in più, Luke si passa una mano fra i capelli.
“Ciao” sussurra con la sua voce rauca, dandomi l’impressione di essersi appena svegliato.
“Scusami se sono venuta direttamente a casa tua, ma avevo bisogno di parlarti e tu… mi stavi evitando perciò ho pensato che…”
“Non ti stavo evitando.” Il mio discorso, il mio bellissimo discorso preparato con attenzione, viene interrotto con un tono irritato dal mio ex. Sollevando lo sguardo, lo guardo con superiorità.
“Davvero?” la mia è una domanda ironica, e non serve molto per far sì che anche Luke ne capisca il senso. Sbuffando, poiché colpito nel vivo, mi fa segno di sedermi al piccolo tavolino davanti all’entrata. Pur non volendo seguire il suo invito, mi trovo ad accontentarlo. Scosto una sedia e anche lui fa lo stesso. Dopo poco ci ritroviamo uno difronte l’altro. La nostra distanza è diminuita e averlo a così pochi centimetri di distanza mi mette in difficoltà. Di colpo non trovo più le parole da dire.
“Di cosa volevi parlare?” Luke, per fortuna, mi viene incontro. Sospiro e per un secondo sono tentata nel ridergli in faccia. È serio? Mi sta davvero chiedendo di cosa voglio parlargli? Insomma, dopo che una persona ti bacia appassionatamente e poi scappa in stile cenerentola, di cosa mai potreste parlare?
“Dell’articolo. E del ballo” d’altronde, però, non è l’unico a fingere. Con questa risposta, mi sono giocata del tutto la mia coerenza.
“Ah.” Il suo monosillabo mi fa alzare di scatto lo sguardo. I suoi occhi sono… delusi? O mio dio, aspettava sul serio che io parlassi di noi? Oh, fanculo.
“Non ci siamo più suddivisi il lavoro e… volevo sapere se… beh, devo venire con te al ballo?” non so per quale ragione sia così autoritaria, ma mi piace questo mio modo di interagire. Rispetto a due giorni fa, mi sento di essere e di comportarmi nel modo opposto. E questo mio comportamento, lascia di stucco anche Luke.
Mordendosi il labbro, proprio nella parte in cui ha il piercing, mi guarda intensamente.
“Beh io… Non avevo intenzione di andarci.” La sua affermazione mi lascia senza parole.
“Cosa? E l’articolo? Avevi l’intenzione di scaricare tutto il lavoro a me?” un vena di rabbia mi fa sgranare gli occhi. Che diavolo d’intenzioni ha?!
“No, avevo solo intenzione di passare dieci minuti all’interno della scuola, prendere da bere e poi darmela a gambe. Vuoi… farmi compagnia?” non riesco a percepire il tono della sua richiesta. Lo osservo e mi sembra anche lui diverso da due giorni fa. Sembra quasi essersi dimenticato dell’accaduto. E pensandoci, sta facendo proprio di tutto per fingere che ogni rifermento fra noi due non si alludi al nostro bacio.
Deglutisco sentendomi in un momento critico. Sta aspettando una mia risposta. Ovvio che voglio fargli compagnia! Quest’anno sembra l’unico a non dare importanza a questo stupido ballo. E poi… come faccio a rifiutare una proposta così allettante?
“Io non so… come faremo a scrivere l’articolo?”
“Facile: fai qualche domanda, chiedi in giro e poi inventi.” Facendo spallucce, Luke mi chiarisce tutto.
“Ok… va bene. Sarò lì a farti compagnia” tossicchiando un po’, do la mia risposta. Sollevo lo sguardo è noto un piccolo sorriso sulle sue labbra. “Bene”
“Già...” odio questo silenzio imbarazzante che si sta creando.
“Perciò… ognuno scrive qualcosa e poi assimiliamo il tutto?” alzandomi dalla sedia, sento il bisogno di andar via. Tutta la carica che avevo pochi secondi fa, si è spenta in un momento. Se prima volevo affrontare anche l’argomento “bacio”, ora voglio solo andarmene. Luke rimane seduto, e mi guarda dal basso.
“Okay” sussurra quasi disinteressato. Sospiro: solito entusiasmo dei ragazzi.
“Bene” dico portandomi una mano nei capelli. “Allora credo che sia arrivato il momento di andare”
“Okay” ancora, lo stesso sguardo. Guardandolo smarrita, faccio un passo indietro.
“Allora vado” mi volto per andarmene, ma con gesto rapido la sua mano prende la mia. Si alza e nello stesso momento in cui mi volto di nuovo per guardarlo, le nostre labbra si scontrano. Di nuovo. E questa volta il bacio è dolce, delicato, ma non rimane lo stesso per troppo a lungo. Spingendosi verso di me, Luke mi fa indietreggiare fino a sfiorare il legno della porta di casa. Le sue mani scivolano sui miei fianchi e stringendosi a me, mi ritrovo avvolta al caldo da tutto il suo corpo. Le mie mani vanno dietro al suo collo e sentendo il bisogno di ricambiare il bacio, lo spingo sempre di più verso il mio viso.
E non riesco ad essere lucida ora, non riesco a pensare moralmente. La sua vicinanza comporta sempre quest’effetto su di me. Una sua mano si stacca dal mio fianco e corre ad accarezzarmi il viso. Si scosta da poco da me e mi morde il labbro. Rabbrividisco chiudendo gli occhi e assaporando al meglio questo momento. Mi erano mancati i suoi morsi.
Continua a baciarmi e allontanando anche l’altra mano dal mio fianco, si affretta ad aprire la porta. Per alcuni secondi le sue labbra si allontanano dalle mie. La sua mano corre a stringere la mia e spingendomi verso di lui, ci ritroviamo a salire le scale fra un bacio all’altro. Solo quando siamo in camera sua, le sue mani riprendono a toccarmi allo stesso modo e le sue labbra si spingono ancora sulle mie. Mi bacia con passione e pian piano arriva a riscaldare con le sue labbra tutto il mio collo. Quando si affretta a spingermi verso il suo letto, un allarme inizia a suonare dentro di me.
“Perché… mi tratti così?” sussurro tra un bacio e l’altro, mentre mi trovo sotto di lui, sdraiata nel suo letto. Non smette di accarezzarmi e baciarmi e quasi mi ritrovo a pensare che non mi abbia sentito.
“Così come?” la sua risposta arriva, in ritardo, ma arriva. Mi morde il labbro e vogliosa delle sue carezze e per il dolore procuratomi, mi trovo a spingermi verso di lui.
“Prima mi baci, poi mi eviti e ora…” per un attimo si ferma a guardarmi, intensamente. Deglutisco a questa sua reazione, paurosa di aver toccato un tasto sbagliato. Poi, però, riprende a baciarmi. I suoi baci si spastano verso il mio orecchio.
“Ora non ti sto evitando” mi sussurra e arrossisco senza che lui possa vedermi. O diamine, se so bene che non mi stai evitando! Eppure…
Le sue labbra toccano di nuovo le mie. Lo bacio ancora, ancora e ancora. Non so per quanto tempo restiamo nella stessa posizione a riempirci di baci come da troppo tempo c’eravamo impediti di fare. E come se in questi minuti, stessimo recuperando tutto ciò che avremmo potuto concederci in un mese.
Ciò che mi frena però, sono le sue mani che, togliendomi la giacca, s’insinuano sotto il mio maglione. E quando arrivano a toccarmi il seno, gli occhi mi si spalancano e le mani arrivano a toccargli le spalle.
“Luke!” con un gesto veloce, lo allontano da me. Guardandomi spaesato e con le labbra leggermente rosse, il mio ex (anche se ora non si direbbe) mi guarda smarrito. Poi, ricollegando tutti i fattori, abbassa lo sguardo.
“Scusa” sussurra impacciato, ed io mi sento bollire dentro. Credo di avere il volto in fiamme. Come siamo passati a parlare del ballo a pomiciare sul letto della sua camera?!
Mi porto le mani sul volto nascondendomi da lui.
“Che diamine stiamo facendo?” la mia domanda non allude al teatrino che abbiamo messo in scena in pochi minuti, ma a tutto l’amplesso che da un mese sembra renderci protagonisti di un film o di una di quelle fan fiction che piacciono tanto alle adolescenti.
Luke rimane su di me per qualche secondo, poi, spostandosi di lato si sdraia al mio fianco.
Sposto le mani dal mio viso e mi volto verso di lui per udire una sua risposta, una risposta che non arriva. Lo guardo silenziosamente e mi accorgo di quanto il suo sguardo sia lo stesso di due giorni fa.
“Luke…” non so perché sento il bisogno di chiamarlo, so solo che è il mio istinto.
Si gira verso di me e rimane a fissarmi. “Non so perché mi comporto così. E non so nemmeno cosa stiamo facendo, Clover. Mi dispiace…” le sue parole hanno un suono particolare, a cui nemmeno io riesco a dare un aggettivo.
“Ti dispiace di cosa?”
“Di trattarti così, facendoti sperare in qualcosa di più e poi evitandoti.” Alle sue parole annuisco. Che cosa dovrei dire? “Non ti preoccupare, non m’interessa più di tanto”? Sarebbe una buglia per me, figurarsi per lui!
“Non voglio che tu pensa che io mi stia prendendo gioco di te, ma voglio anche che tua sappia che tutto quello che è successo… non significa niente.” Alle sue parole, la tranquillità che avevo acquistato, svanisce all’istante. Alzo il capo dal cuscino e puntando gli occhi su di lui, sento cadermi un masso addosso.
“Che cosa vorresti dire che “non significa niente”?!” il mio tono, che dovrebbe risuonare ferito, sembra solo essere incazzato. Anche Luke alza il capo dal cuscino e reggendosi sui gomiti, cerca di risolvere al danno commesso.
“Il bacio che ci siamo dati lunedì e tutto quello che abbiamo fatto oggi, non significa che io… che io voglio tornare con te.”
“Perché me lo stai mettendo in chiaro?” sorvolo alle sue parole, concentrandomi di più sulla motivazione. “Perché non voglia che ti faccia false speranze.”
“Come vuoi che se non succeda se… Dio, Luke, ma senti ciò che dici?!” un moto di rabbia mi fa alzare di colpo dal letto. Portandomi le mani fra i capelli, cammino davanti al letto. Luke rimane inerme, ma la sua preoccupazione è ben visibile.
“Cinque minuti fa mi stavi palpando sul tuo letto, e ora mi dici che  non devo farmi delle false speranze? Beh, mi dispiace fartelo sapere, ma è già successo.”
“Hai ragione, non avrei dovuto baciarti. Né l’altro giorno, né oggi.” Alle sue parole annuisco. Perché, sì diamine, sì che ho ragione.
“Il problema non è cosa avresti o non avresti dovuto fare. Mi hai baciato perché lo VOLEVI. Non capisco perché tu ti ostenta a tralasciare questo dettaglio. E perché ancora continui a evitarmi quando… mi ami ancora.” La mia frase lascia dietro di sé un grande silenzio. Luke abbassa lo sguardo come se gli avessi appena puntando un dito contro prendendolo in giro. Mi porto le braccia sotto il seno in attesa di qualche suo segno.
“Appunto: sono io ad amarti, io ad amare qualcuno che… non mi ama.”
“Cosa? Questo non è vero!” accusata, mi trovo subito a smentire la sua affermazione. Solo una volta parlato e avendo i suoi occhi di me famelici e sorpresi, mi accorgo di aver detto qualcosa di troppo.
Portandomi una mano fra i capelli, cerco di riparare la situazione.
“Insomma, io non ti ho mai detto una cosa del genere. Io ci tengo a te, molto e se così non fosse… non credi che sarei altrove? Non credi che ti avrei già dimenticato?”
“Ma tieni anche a Calum, che tu voglia ammetterlo o meno.” Il suo modo di percepire solo le parole che vuole ascoltare, mi innervosisce.
“Tengo a lui, sì, forse troppo… ma non quanto tengo a te.. Non è lui che desidero avere al mio fianco, non è lui che vorrei baciare per ore, non è per lui che per un mese ho pensato giorno e notte, per cui sono stata male e per cui ho pianto. Non riuscirò a dirtelo in quelle due parole, ma… credimi quando ti dico che a te ci tengo abbastanza da star male.” Alla fine del mio discorso, le guance mi diventano rosse. Luke resta fermo, a fissarmi, poi con uno scatto veloce si alza dal letto. Si appoggia allo stipite della porta.
“Dimostramelo, allora. Io… io non posso ritornare con qualcuno che è in bilico nei suoi stessi sentimenti. Calum è innamorato di te ed io… Non posso accettare che tu stia con lui, che tu ti faccia abbracciare quando lui traduce ogni tuo gesto in qualcosa di più. Ti ho perdonato quando ti ha baciato, è vero, ma sai cosa? Non sai quanto male mi abbia fatto immaginarti fra le sue braccia.”
“Eppure mi ci hai buttato fra le sue braccia. Non hai osato combattere per me, mi hai lasciato subito… alle prime difficoltà”
“E’ quello che ho sempre fatto, e tu lo sai. Non puoi… farmene una colpa….” Le sue parole mi fanno sentire ancora più in colpa del dovuto. Se penso a ciò che mi ha detto le prime volte, ai nostri primi pomeriggi insieme, riesco a giustificare ogni sua mossa. Ma so che non è giusto, non del tutto. Non può sempre comportarsi così.
“Però stai continuando a comportarti così. Dopo che varcherò questa porta, continuerai ancora a evitarmi? Perché non credo che riuscirei a sopportarlo.” E le mie parole sono vere. Mi sembra di essere un giocattolo per lui.
Con la testa fa un segno di dissenso. Si avvicina e afferrandomi per mano mi stringe in un abbraccio inaspettato.
“Credi che per me sia facile fingere che tu non ci sia? Oppure vederti in compagnia di Calum? Non ho mai nutrito un sentimento così forte per nessuno e per cause maggiori, sono anche obbligato a fingere che questo sentimento non esista. E fa schifo, te lo assicuro, vivere così.”
Mi stringo a lui, inebriandomi del suo profumo. E mi sento più rilassata poiché, pur essendo a conoscenza delle sue idee che sono in disaccordo con le mie, stiamo dialogando. Non mi sta mettendo via, non mi sta evitando.
“Fa schifo anche vivere a modo mio. Te lo assicuro” porto le mani dietro al suo collo, stringendolo il più possibile a me.
“Allora cerca di farmi cambiare idea, cerca di rassicurarmi e di far cedere tutte queste certezze che ho. Io bisogno che tutto ritorni come prima ma… ho bisogno che anche tu sia sincera con me.”
Mi allontano dalla sua stretta.
“Lo farò” sussurro guardandolo dritto negli occhi.

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Capitolo 25
*** -Say something- ***


Capitolo venticinque

-Say something-


“Ma… Come ti sei vestita?” sussulto quando mia madre, comparendo dall’entrata della mia camera, mi rivolge queste parole.  Osservandola dallo specchio, sbuffo.
“Mamma, è solo il ballo della scuola!” le ripeto, girandomi nella sua direzione.
“Ma proprio per questo non puoi vestirti così!” sbuffando, mi osservo dalla testa ai piedi. Okay non avrò indossato un vestitino, non avrò un’acconciatura perfetta come quelle delle barbie, ma poiché il mio non è nemmeno un “vero” bello, non ho nessuna intenzione di sprecare il mio tempo per acconciarmi al meglio.
“Invece sì… Te l’ho già spiegato: vado a quella stupida festa solo per l’articolo, perciò non c’è bisogno che io mi prepara per una serata come tutte le altre.” O quasi, mi verrebbe da dire, ma non aggiungo altro.
“Non posso crederci che nessuno ti abbia invitato! E Calum? Non ha avuto pietà di te?” alle parole di mia madre, anche se dovrebbero infastidirmi o offendermi, scoppio a ridere.
La mia risata, però, non dura a lungo. Quando, sedendomi sul mio letto, mi accorgo che mia madre è ancora in attesa di una risposta, sento il mio cuore battere a mille. E ora? E ora cosa m’invento?
“Beh, lui… ha deciso di invitare una ragazza che gli piace e sai… non ho voluto rovinare i suoi piani.” La mia bugia sembra essere sufficiente per mia madre; chiudendosi la porta alle spalle, si siede al mio fianco.
“E quel ragazzo con cui sei uscita tempo fa? Non ti ha invitato lui?” alle sue parole, spalanco gli occhi. 
“Sì, dai, quello del luna park! Non ti ho più sentito parlarne” interpretando la mia espressione nel modo sbagliato, mia madre si affretta a darmi più informazioni possibili sul ragazzo ignoto di cui, a suo parere, non mi ricordo. Ma in realtà, ciò che lei non sa, è che io so benissimo di chi sta parlando. Come potrei dimenticarmi della stessa persona con cui da mesi ho una tresca amorosa?
 Quello che mi lascia sorpresa è che sia lei ad aver introdotto quest’argomento, lei a essersi ricordata di qualcuno che non ha mai conosciuto.
“Luke? Oh beh… Io e lui… è una cosa complicata” mi trovo a balbettare in imbarazzo.
“Oh, quindi si chiama Luke? Che bel nome! Quando me lo farai conoscere?” di nuovo, mi trovo a spalancare gli occhi. Ha davvero detto di voler incontrare Luke? E adesso chi glielo spiega che non stiamo insieme?
“Ehm… Io non credo che…” mi alzo dal letto. “Perché mi stai facendo tutte queste domande?” di colpo, la paura che lei possa essere a conoscenza di qualcosa a me ignoto, mi mette sull’attenti.
“La mia è solo curiosità…” i suoi occhi mi guardano in modo strano, e mi basta poco per capire che dietro a quelle pozze verdi, c’è tanta malizia.
“Certo… Che cosa sai?”
Mia madre ride. “Per ora ancora niente, ma… non mi sono passati inosservati quei tuoi sorrisi, i tuoi rientri da scuola sempre più tardi e la porta della tua stanza sempre chiusa. Sono tua madre, e so riconoscere alla perfezione quando c’è qualcosa in te che cambia” le guance mi diventano rosse e subito mi porto le mani a coprirmi il viso.
Non ci posso credere! In tutti questi mesi Luke ed io abbiamo fatto il possibile per non farci sentire da mia madre ogni qual volta lui saliva nella mia stanza, per non dare dei sospetti sulla nostra relazione, e invece… mia madre, e forse anche mio padre, sono a conoscenza di tutto!
“Sono stata abbastanza stupida a credere che non te ne accorgessi, vero?” sussurro mentre mia madre mi circonda le spalle con braccio.
“Vuoi che ti dica la verità?” annuisco. “Abbastanza” sussurra per poi scoppiare in una risata. Per la vergogna, nascondo il viso sul suo petto.
“Comunque, ora potresti anche farmelo conoscere, non credi?” di colpo, alzo la testa e la fisso negli occhi.
Per essere mia madre è stata molto intelligente a capire che mi stessi innamorando, ma non abbastanza da comprendere che tutto è finito sul nascere.
“Ecco… Luke ed Io non stiamo più insieme.”
“Cosa? Ma…”
“Già. Ci sono state delle incomprensioni e mi ha lasciato. Ma sto cercando di farmi perdonare.” Velocemente, per non dover affrontare altre situazioni imbarazzanti, le do un breve riassunto della faccenda. Mia madre annuisce e dopo essere a conoscenza dell’invito di Luke, non prova più a interrogarmi.
“Cosa ci fai ancora qui? Devi subito correre al ballo!” alzandosi dal letto e porgendomi la mia borsa, quasi mi caccia fuori dalla stanza. Sorrido alla sua reazione: non mi sarei mai aspettata che mia madre potesse essere una di quelle persone a favore del nostro ritorno insieme.
“Grazie per… la chiacchierata” le dico una volta che sono fuori di casa. Lei mi abbraccia e senza aggiungere niente mi lascia andare.

Seduta sul pavimento davanti all’entrata della palestra della scuola, aspetto il mio “principe azzurro”. Di solito, in tutti i film e in tutte le fiabe, in ritardo è sempre la fanciulla.
Nella mia fiaba moderna, però, le parti sembrano essere invertite.
Stanca di essere osservata dagli altri miei coetanei come una povera sfigata senza la sua dolce metà, mi affretto a cercare qualcosa di carino da scrivere per l’articolo. Afferro il mio cellulare e proprio mentre sto aprendo la cartella delle note, il corpo di qualcuno mi copre dalla luce che proviene dai faretti fissati al muro.
Alzando lo sguardo, osservo che è Luke.
“Ehi, non credi di essere un po’ in ritardo?” a disagio su come interagire con lui, cerco di non far trasparire il mio nervosismo e di mettere su un sorriso sincero.
E’ da tre giorni che non ci sentiamo e l’ultima volta che ci siamo lasciati, eravamo entrambi freddi e distaccati.
Per fortuna, anche lui ricambia il mio sorriso. “Scusa. Ho impiegato troppo tempo a prepararmi” sorrido alla sua risposta, immaginandomelo davanti allo specchio alle prese con i suoi capelli ribelli.
Essendo ancora seduta, Luke mi pone la propria mano invitandomi ad alzarmi. L’afferro e spingendomi verso di lui, perdo l’equilibrio.  Per non cadere come una povera deficiente e inaugurare la serata con una bella figura di merda, sbilancio tutto il mio peso verso di lui e senza quasi accorgermene mi trovo completamente fra le sue braccia.
Sollevo lo sguardo e subito mi accorgo di essere vicino alle sue labbra. Incontro i suoi occhi e Incomincio a sentire una strana forza che mi lega a lui, che mi fa desiderare di perdermi nel suo sguardo e di avvicinare le nostre labbra per dare vita ad un bacio.
“Grazie” sussurro a bassa voce e appoggiandomi alle sue braccia, inaspettatamente, cerco di avvicinarmi per baciarlo.  Un gesto così sfrontato, così impulsivo che però non è ricambiato.
Appena Luke riesce a capire la mia intenzione, si sposta di lato e trasforma quello che rimane di bacio in un abbraccio.  Con il viso nascosto fra le sue spalle, sospiro pesantemente. Un senso di rabbia mi assale, e lo stomaco mi si chiude in una morsa.
“Mi hai chiesto di provarti che ci tengo, ma se non mi lasci provare come vuoi che le cose cambino?” il tono della mia voce è più irritato di quanto immaginassi. Luke rimane in silenzio e offesa da questa sua continua mancanza di fiducia nei miei confronti, mi stacco dal suo abbraccio. Lasciandomelo alle spalle, mi faccio spazio dentro la festa.

“Non ne starai bevendo … troppo?” versando nel bicchiere un altro po’ della bevanda presente nel bancone, sbuffo. In realtà a questa festa non dovrebbero esserci bevande alcoliche, ma i miei compagni di scuola hanno saputo correggere ogni drink all’insaputa dei professori.
“Mi stai per caso controllando, paparino?” con irritazione, mi volto verso Luke che è al mio fianco. Dopo che l’ho lasciato in completa solitudine nel corridoio della scuola, si è affrettato a seguirmi e a raggiungermi. Inutile dire che più volte ha cercato di mantenere viva la conversazione fra noi due per farsi perdonare, ma io, da brava stronza che sono, non ho fatto lo stesso.
Stavolta, a sospirare, è proprio Luke. Strappandomi il drink dalle mani, mi fa voltare verso di lui.
“Okay, basta. Mi dispiace, non so cosa mi sia preso prima. Ora la smetti di… trattarmi così?” mentre i suoi occhi mi guardano incazzosi, sento un piccolo sorriso nascere fra le mie labbra.
Allora il mio atteggiamento funziona. Perché non l’ho adottato dall’inizio? Di sicuro le cose sarebbero andate diversamente.
“Trattarti in che modo?” le mie parole non sono buttate lì a caso. Sono le stesse che lui, pochi giorni fa, ha usato mentre entrambi eravamo occupati a scambiarci segni d’affetto nel suo letto.
Il suo sguardo saetta subito nel mio e sembra aver capito il mio gioco. Beve un sorso del mio drink e, dopo aver deglutito, mi sorride.
“Come se non meritassi la tua attenzione. Stai facendo la stronza”
“Beh, avrò pur imparato da qualcuno a comportarmi così, non credi?” e mi accorgo sola ora di star flirtando con lui. Proprio come agli inizi e il cuore mi batte a mille per questa consapevolezza.
“Giusto. Uno a zero per te, Paris!” rido alle sue ultime parole. Ma la mia risata dura poco perché Luke fa qualcosa di imprevisto. Posando il bicchiere sul tavolo, mi afferra per una mano e subito mi spinge fra le sue braccia. In primo momento sembra solo volermi abbracciare, poi, le sue labbra cercano le mie e proprio mentre sono un passo dallo sfiorarmi…
“Ehi, Clover! “ qualcuno ci interrompe. Di scatto mi allontano da Luke. Con il cuore che batte a mille, e stavolta non per la gioia, mi giro in direzione della voce.
Davanti mi trovo Ashton in compagnia di Michael, alcune ragazze e… Calum.
“Ehi…”
“Non sapevamo che ci fossi anche tu stasera qui! Calum non ci ha detto niente!”
“Già, è il solito guasta feste… Oh, ciao Luke!” a parlare, ovviamente, sono Ashton e Mike.
Vorrei ricambiare il saluto dei miei amici allo stesso modo, ma la voce sembra essermi andata via nello stesso momento in cui i miei occhi hanno incontrato quelli di Calum. Pieni di rabbia e delusione, mi stanno ancora osservando con grande disgusto. Poi, sposta lo sguardo al mio fianco e si sofferma a fulminare qualcun altro. E Luke, molto astuto, approfittando della situazione e per marcare il territorio, si affretta a circondarmi la vita con un braccio.  Cordialmente, anche se è da parecchio che fra loro non ci sono più rapporti, Luke saluta i miei amici mentre i suoi occhi… Beh, sono impegnati a ricambiare lo sguardo incazzoso di Calum.
“Non sapevamo nemmeno che foste tornati insieme” le parole di Ashton, mi fanno riprendere conoscenza della realtà. Staccandomi subito da Luke, mi affretto a rispondere ma Calum sembra prendere coraggio per parlare solo in questo momento.
“Già, direi che Clover ci ha tenuto nascoste parecchie cose…” Come se avessi commesso l’errore più grande della mia vita e lui fosse lì a punirmi, le sue parole hanno la capacità di farmi sentire piccola come uno scarafaggio.
“Beh… Luke ed Io non stiamo insieme… sì, e poi è stata un’improvvisata quella di venire al ballo…” finalmente riesco a prendere parola e a rispondere alle accuse di Calum.  Ansiosa, però, di aver detto qualcosa di troppo sbagliato, mi volto verso Luke per cercare aiuto. Mi sorride e capisco che questa per lui, è la situazione perfetta per mettermi alla prova. Perciò, mi limito soltanto a far spallucce e lasciar correre ogni cosa.
“Oh, immaginavo” la conversazione continua ad andare avanti soltanto grazie a me e a Calum, che per l’aggiunta non fa altro che inviarmi frecciatine.
Poi, il dj della festa, sembra metter su una canzone che rianima tutta stanza.
“Oh ragazzi, questa è assolutamente da ballare! Io vado in mezzo alla gente! A dopo ragazzi” il primo ad abbandonare il posto è Michael che, seguito dalla sua ragazza, si spinge in mezzo alla  folla. Sorrido vedendolo ballare. Di conseguenza, anche Ashton segue il suo amico e l’unico a rimanerci davanti è Calum.
Luke mi stringe a sé, e questo sembra bastare per far sì che Calum si allontani da noi. Il mio cuore mi spinge a seguirlo, ma prima che possa fare un passo in più, mi soffermo a pensare.
Che senso ha ora corrergli dietro? Gli farei solo del male e, di conseguenza, ne farei anche a me stessa. E poi, mi dico, sono qui con Luke. Ed è proprio lui che ora ha bisogno di me, di una mia conferma. Così, girandomi fra le sue braccia porto i miei occhi nei suoi.
“Non pensavo che fossi così… protettivo” le mie parole, anche se dette con un tono scherzoso, sono un rimprovero. Non mi è sfuggito il suo modo di far ingelosire Calum.
Luke, forse risentito, mi guarda con uno sguardo colpevole. “Già, è una novità anche per me. Ma volevo mettere i paletti, ricordare a qualcuno che ciò che era mio resta comunque di mia proprietà.” Le sue parole, anche se un po’ virili, mi fanno sorridere. Un sorriso imbarazzato, perché capisco che quel “qualcuno” sono solo ed esclusivamente io. E come da lui detto, sono ancora di sua proprietà.
“Questo qualcuno ha delle buone speranze di ritornare dal suo proprietario?” e ancora, proprio come pochi minuti fa, stiamo flirtando. Luke sembra essere un po’ spaesato, e non cerca nemmeno di darmi una risposta. Schivando spudoratamente la mia domanda, mi porge lo stesso drink che proprio poco fa, mi ha strappato dalle mani. Poi, ne afferra anche uno per sé.
“Io direi di berci sopra, tu che dici?”

“Devo ammettere che per essere stato il mio primo ballo scolastico, non è stato poi così male” dopo una mezz’oretta passata all’interno della scuola, e io e Luke ci troviamo a camminare l’uno al fianco dell’altro su una strada deserta. Così come avevamo organizzato fin dall’inizio, abbiamo deciso di bigiarcela dal ballo prima che tutto potesse diventare noioso. Camminando al suo fianco, mi trovo a sbandare un po’. I drink che ho bevuto incominciano a farsi sentire.
“Mi spieghi perché non sei mai andata ad una festa del genere? Tutte le ragazze fin da piccole mirano al ballo della scuola.” Guardando difronte a sé, Luke mi pone questa domanda. Noto subito che rispetto all’inizio della serata sembra essere più tranquillo. La sua domanda, inaspettata, mi fa voltare lo sguardo verso la sua direzione. Anche lui si gira e continuando a camminare, faccio spallucce.
“Non mi piacciono molto le feste. Soprattutto quelle in cui sono presenti i giocatori di football e le cheerleaders. Riescono sempre a farti sentire un essere inferiore rispetto a loro.” Metto su un piccolo broncio. “Li odio”
Luke, al mio fianco, ride. “Beh… Ti ricordo che sono un giocatore anch’io” non ho tempo di arrossire alle sue parole, perché stranamente la mia voce sembra uscire senza il mio permesso dalle mie labbra.
“Sì, ma tu sei diverso da loro. Lo sei sempre stato. Diverso in positivo” il mio tono di voce cambia immediatamente, diventa profondo e capisco che questo mio strano stato d’animo sia dovuto solo ed esclusivamente all’alcool da me ingerito. Le mie parole sembrano piacere a Luke, forse perché ne percepisce l’autenticità. Sa perfettamente che non sono del tutto sobria, e sì sa: in vino Veritas.
Non aggiunge niente dopo la mia rivelazione. In imbarazzo, mi chiudo in me stessa ma Luke inaspettatamente mi afferra una mano e la stringe a sé. Mi sfiora le dita con attenzione e tutto mi porta indietro nel tempo, a quando eravamo ancora due perfetti sconosciuti.
“Sei l’unica e anche la prima a pensarlo così, lo sai?” le parole di Luke mi fanno deglutire. Le nostre voci sono alternate dal silenzio e dal rumore dei nostri passi. Non so, dove ci stiamo dirigendo; legata a lui, mi trovo a seguirlo ovunque egli decida di andare.
“Perché sono l’unica persona che è riuscita a guardare dentro di te. E anche l’unica stupida che ti ha lasciato andare” la mia voce, un po’ troppo acuta del solito, sembra essere una rantolo in mezzo al silenzio. Luke stavolta non continua ad andare avanti, si ferma. E giustifico questa sua azione con il fatto che forse siamo arrivati nel luogo che stava cercando: il parco in cui per la prima volta ci siamo abbracciati.
“Beh… Stupida lo sei stata, ma non è vero che mi hai lasciato andare. Non del tutto.” Luke cerca di sdrammatizzare la situazione, e alle sue parole sorrido. Osservo una panchina dietro le sue spalle e senza pensarci troppo, lo spingo verso la sua direzione. Luke capisce e sedendosi su di essa, mi spinge su di lui così da appoggiarmi sulle sue gambe. Coprendomi da freddo invernale, mi stringe al suo corpo. Restiamo in silenzio ed io mi soffermo a guardarlo. La mia attenzione si perde nell’ammirarlo per il suo bellissimo profilo, per il suo naso perfetto, per le sue labbra carnose e per i suoi occhi azzurri. Tutto sembra essere dipinto in lui, anche quel piercing sul labbro.
Luke sembra notare il mio sguardo e cogliendomi con le mani nel sacco, si volta a guardarmi. Ride ed io subito mi affretto a nascondere il volto nell’incavo del suo collo. Mi afferra la mano sinistra, ma non dice nulla. Come sempre, preferisce starsene in silenzio.
“Come va con i tuoi genitori?” a differenza sua, però, io non riesco ad accettare che il tempo fra noi vada avanti così. Luke s’irrigidisce e sposta di poco la spalla per potermi vedere dritto negli occhi.
“Va. Sono partiti di nuovo per affari, saranno di nuovo a casa per giorni” annuisco, ma non cerco di approfondire il discorso. Capisco che non ne vuole parlare e stavolta, a differenza della prima, accetto la sua volontà.
“Mia madre sa di te” non so perché mi trovo a comunicargli questa notizia. Luke spalanca gli occhi e, come se avesse sentito male, mi richiede una conferma.
“Sì, prima che venissi al ballo abbiamo parlato e le ho raccontato tutto. Vorrebbe conoscerti” mi sento una bambina piccola che per la prima volta si trova a raccontare a qualcuno dei propri sentimenti. Le guance diventano rosse, e inizio a pensare che tutto il calore che sto provando non sia solo dovuto alle mie emozioni. Non sono abituata a bere troppi drink, e tutto ciò mi si sta rivoltando contro.
“Davvero?” annuisco alla sua domanda sorpresa. Sembra essere distante, ma ciò che non mi sfugge è il sorriso che ha fra le labbra.
Come dovrei interpretarlo? “E tu? Tu vuoi?” la sua domanda mi lascia interdetta. Non ne capisco il senso, ma mi affetto lo stesso a rispondere. “Perché non vorrei?” Luke alla mia domanda sbuffa. Porta lo sguardo lontano dal mio e si sofferma a guardare un punto indefinito difronte a sé.
“Perché devi rispondere sempre alle mie domande con altre domande? E’ fastidioso” rido e subito nascondo il viso nell’incavo del suo collo. Con il naso gli sfioro la pelle del collo, che pizzica a causa della barba sottile.
“Voglio, ma non credo che ora sia il momento adatto. Non stiamo nemmeno… insieme” comunque sia, cerco di accontentarlo con ciò che vuole.
Alle mie parole, Luke annuisce. Ancora una volta lascia il discorso in sospeso e con la testa da tutt’altra parte, mi fa comprendere che è impegnato a perdersi nei suoi pensieri.
“Perché ti è così difficile darmi un’altra possibilità?” dico dopo qualche minuto in silenzio. Luke chiude gli occhi e capisco che il suo è un gesto difensivo: non vuole aprirsi con me e sa che se mi guardasse dritto negli occhi, non riuscirebbe a non lasciarsi andare.
“E soprattutto, perché ti ostini ad evitare l’argomento? Andiamo Luke, guardami” afferrandogli il volto con una mano, punto i suoi occhi nei miei. Le sue labbra si socchiudono.
“Lo vuoi davvero sapere il perché?” stavolta il suo tono è scontroso e capisco che la sua tranquillità è andata a farsi fottere.
“Avevo posto la mia fiducia in te e tu… mi hai ferito. Come i miei genitori, come quelli che io ostino a chiamare amici, come tutti… E ciò che ha fatto più male è che di te mi fidavo abbastanza, abbastanza da darti tutto me stesso.”
Deglutisco alle sue parole. “Ma ora sono anche qui a chiederti scusa, Luke. Sono qui a cercare di riconquistarla la tua fiducia. Perché non accetti il fatto che a qualcuno possa importare di te?” la mia domanda è  troppo pungente. Sembra avere una funzione fondamentale, tanto che Luke, spostandomi dalle sue gambe, è costretto ad alzarsi.
“Perché mai nessuno ha saputo prendersi abbastanza cura di me.” Queste parole le sussurra volgendomi le sue spalle, alzando su un muro che divide il mio mondo da suo..
“E se io ti dicessi che invece sono qui per questo? Se ti dicessi che io voglio essere quella persona che si prenderà cura di te?” alzandomi, mi avvicino a lui. Gli afferro una mano e la stringo forte alla mia. I suoi occhi trovano i miei e riesco a scorgere del dolore.
“Mi dispiace tantissimo per tutto quello che è successo” Luke cerca di interrompermi “No, aspetta. Fammi parlare”.
“Sono stata una stupida, una stupida a non capire quanto il mio comportamento potesse ferirti. Non ho pensato alle conseguenze, cercavo solo di fare la cosa giusta, ma sbagliando continuamente. Avrei dovuto stare alla larga da Calum fin dall’inizio, dal momento in cui ha ammesso di provare qualcosa per me. Solo... ammetto di aver perso la testa. Emily, i ragazzi, Calum… non hanno fatto altro che mettermi nella testa l’idea che i sentimenti di Calum fossero ricambiati anche da me. Ed io, da ingenua, mi sono fatta prendere troppo dai miei pensieri. Ho iniziato a credere che forse era vero, e la mia attenzione si è solo focalizzata su questo. E nel frattempo, non mi sono accorta di allontanarmi sempre di più da te. E poi, alla fine, ti ho perduto.” Luke resta in silenzio, e apprezzo tutto ciò. Mi sta dando la possibilità per parlare, per approfondire tutto ciò che è sempre stato detto con superficialità.
“Ho passato giorni di merda, dandomi della stupida per aver condotto tutto a  questo finale di merda. Ho odiato la tua indifferenza, ho odiato il passare del tempo senza te al mio fianco, e ho odiato anche i tuoi sorrisi dedicati agli altri. Ma, se devo essere sincera, devo ringraziare questa distanza che si è creata fra di noi. Senza di essa non avrei capito l’importanza che tu hai per me. Non avrei capito che sei tu ciò che voglio e che sì… io ti amo” la voce mi trema soprattutto per le ultime due parole. Gli occhi di Luke si spalancano. Lo stupore si fa vivo sul suo viso, ma poi un sorriso, di quelli ingenui, di quelli veri si crea fra le sue labbra. Cerca di avvicinarmi, di parlare, ma lo interrompo ancora.
“Aspetta. Non ho finito” chiarisco, con il cuore in gola. “Non te lo sto dicendo ora solo perché tu ti fida di me, perché tu mi perdona. Te lo dico ora perché finalmente l’ho capito, sono riuscita ad ammettere quello che provo anche a me stessa. Tu sei la mia prima relazione ed io… io mi sento così ingenua e così inesperta al tuo fianco. Quando ho iniziato a provare tutte quelle sensazioni… ammetto di essermi spaventata. Non volevo dare delle conclusioni affrettate, non volevo dire qualcosa di sbagliato che magari avesse potuto ferirti. E ho voluto aspettare per una conferma. E questa conferma sei tu, Luke. Mi dispiace credimi, averti ferito. Non lo meritavi, è vero. Ma ti sto offrendo anche un modo per guarire le tue ferite, per mettere un cerotto ad ogni graffio. Nessuno ti ha mai amato? Allora perché non iniziare da ora? Te lo prometto, stavolta non fallirò.” Sento il viso bagnarsi dalle mie stesse lacrime. Lacrime di cui non avevo previsto un’origine, eppure…
Luke mi osserva, gli occhi troppo ricchi di emozione per farne prevalere qualcuna. Le labbra sono ancora unite in un sorriso. Quando capisce che il mio discorso ha avuto termine, con la mano stretta alla mia, mi spinge verso di lui. E mi abbraccia, un abbraccio vero. L’unico così forte e potete, di quelli che sanno trasmetterti tutte le emozioni possibili. Il suo viso si sofferma nell’incavo del mio collo. Il suo respiro forte mi arriva all’orecchio e sento quanto il suo cuore stia battendo forte.
“Se potessi tornare indietro nel tempo, te lo assicuro, cancellerei tutto quello che è successo. Sarei più coerente con me stessa, con te e con…”
“Basta.” Non vedendo i suoi occhi, non riesco a capire la serietà delle parole di Luke. Ancora stretta fra le sue braccia, non ho la possibilità di poterlo guardarlo negli occhi e farmi un’idea di quanto le mie parole possano aver cambiato in meglio o in peggio la situazione.
L’unica cosa che riesco a percepire è lo sfiorare del naso di Luke sul mio collo. Qualche volta le sue labbra mi lasciano alcuni baci, ma niente di più. Fra le sue braccia, capisco che questo è il suo modo di tenermi vicina a lui, di spiegarmi quanto questa distanza è stata nociva. E ora, ora che ha la possibilità di potersi dimostrare vulnerabile, ha bisogno di tenermi legata a lui. Con le braccia gli circondo il collo, e sposto il volto leggermente, così da essere uno difronte l’altro. Ci guardiamo per un secondo negli occhi e mi sento così in imbarazzo. Che cosa dovrei fare ora? Cosa dovrei dire? Tutto questo… è così nuovo per me!
“Luke…” per fortuna, diversamente da me, Luke sa benissimo come comportarsi. Non spreca altro tempo e finalmente, dopo l’inizio di tutta questa serata, mi bacia. Non è un bacio delicato, per niente. E’ un bacio travolgente, passionale che mi lascia senza fiato. Le sue mani corrono su i miei fianchi e mi spingono verso di lui, e riesco a percepire ogni singola parte del suo corpo. Indietreggiamo, fin quando non arrivo a toccare la corteccia di un albero. Ancora, le nostre labbra s’incontrano e mi affretto far passare le mie mani sul corpo di Luke. Ma coperto dai suoi vestiti, non riesco a sentirlo vicino. Le nostre bocche si separano per qualche secondo, così da prendere aria. Luke mi osserva dritto negli occhi.
“Resta con me stasera” le sue parole mi lasciano perplessa.
“Cosa?” e sento la necessità di chiedere una conferma. Mi sta chiedendo davvero quello che penso?
“Sì, resta con me stasera, ti prego. Voglio dormire con te, voglio amarti e domani mattina voglio svegliarmi con te…. Al mio fianco. Resta con me” Luke sembra essere sicuro , ma al tempo stesso riesco a scorgere anche dell’insicurezza nei suoi occhi. Forse, penso, ha paura di essere stato troppo sfrontato a farmi una richiesta del genere. Vorrei smentire tutte queste sue credenze: è stato così… dolce e delicato.
Gli occhi mi s’illuminano e mi trovo a deglutire a vuoto. Ora tutto è nelle mie mani. Mille pensieri mi passano per la testa non so a quali di questi dare ascolto. Poi, guardo di nuovo gli occhi di Luke e questo sembra bastare per mettere a tacere ogni mia preoccupazione.
“Resto.” Il mio è un sussurro ma Luke riesce a sentirmi. E non aspetta altro, afferrandomi per un braccio mi trascina verso casa sua.

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Capitolo 26
*** -Honey, I'm good- ***



Capitolo ventisei


-Honey, I'm good-

“Allora… com’è stato?”
“Strano, credo” arrossisco coprendomi la faccia con uno cuscino del mio letto.
“Strano? Solo questo? Insomma, Clover!” Emily, rimproverandomi, mi strappa dalle mani il mio piccolo scudo. “Hai dormito con Luke e tutto ciò che sai dirmi è che è stato “strano”? Andiamo, voglio sapere di più!”
Alle parole della mia amica sorrido ingenuamente, mentre con la testa sono da tutt’altra parte. Anche se sono passati due giorni, la mia mente non ne vuole sapere di dimenticare quegli stati di pura gioia che ho provato con Luke.
“Non abbiamo fatto… insomma, non abbiamo fatto sesso se è questo che vuoi sapere.” Le parole mi escono come sussurri a causa dell’imbarazzo. Pur avendo condiviso con Emily quasi ogni parte di me, parlare di alcune cose mi rende ancora vulnerabile sotto i suoi occhi.
 “Cosa? Ma… insomma, perché no? Pensavo che la sua richiesta…” prima che Emily possa dire qualcosa di imbarazzante, fermo il suo ciclo di parole.
“Volevamo farlo, ma…”
E con la mente, per un attimo, ritorno a quella notte.

“Non credi che prima dovremmo parlare?” mentre le mani di Luke mi privano di ogni indumento che mi riveste, la mia testa sembra non seguire appieno ogni suo movimento. È impossibile, soprattutto dopo che gli ho rivelato di amarlo e non aver ricevuto una risposta.
“Parlare?” punta i suoi occhi nei miei e la gola, d’un tratto, mi diventa secca. C’è qualcosa nel suo sguardo… qualcosa che mi sta attirando come lo farebbe una torta al cioccolato. In quelle iridi azzurre, c’è così tanta passione, così tanto desiderio che di colpo la voglia di fermare le mani di Luke sul mio corpo è scomparsa.
Eppure, mi dico, non posso fare un passo così grande se prima non ho delle certezze.
“Sì, parlare.” Portando i miei occhi da tutt’altra parte, trovo la forza di ricompormi. Mi sollevo dal suo letto facendo leva sui gomiti, poi, mi siedo appoggiando la schiena all’anta del letto. Luke, un po’ disorientato, fa lo stesso sedendomi di fronte.
“Che succede?” dal tono che ha usato, sembra preoccupato.
“Niente… insomma, non è vero che non succede proprio niente. C’è qualcosa che…” trovo difficile in questo momento trovare una frase di senso compiuto che possa aiutarmi a spiegare cosa c’è che mi sta rendendo così nervosa.
“Non sei… pronta?” Luke sembra un po’ imbarazzato. “Se non vuoi fare niente stasera, devi solo dirmelo. Non voglio fare niente che tu non voglia fare.” afferrandomi il viso con una mano, crea un contatto fra i nostri sguardi.  Costretta a perdermi nelle sue pozze azzurre, non posso fare a meno di sorridere per la dolcezza delle sue parole.
“No, non è questo il problema… Voglio, non fraintendermi.” Stavolta, tocca a me arrossire.
“Ma…?”
“Ma non mi hai ancora risposto.” Non devo aggiungere niente, Luke capisce all’instante a cosa faccio riferimento.
“Non mi hai detto ancora niente… Insomma, non che tu debba per forza dirmi qualcosa, non è questo che volevo intendere. Però, sai, è la prima volta che dico di amarti e tu…” come un treno, le parole corrono velocemente e io non ho un freno. E più mi accorgo di parlare senza un fine preciso, e più le parole aumentano.
Luke, spostandosi al mio fianco, ride.
“Clover, respira” mi lascio scappare una piccola risata che accompagna la sua. Poi, prendendo un grande respiro, ritorno a guardarlo negli occhi in attesa di una sua risposta.
Sorprendendomi, mi afferra una mano e la stringe alla sua.
“Non ti ho risposto solo perché… non credo di aver trovato le parole giuste. Tutto in quell’istante mi è sembrato… privo di senso. E devo ammettere che sentirti pronunciare quelle delle paroline, mi ha un po’ sconvolto.” Annuisco silenziosamente.
“Sconvolto in un senso buono o cattivo?”
“In entrambi, penso” alla sua affermazione spalanco gli occhi. Cosa sta cercando di dirmi?
“Aspetta, non arrivare a conclusioni troppo affrettate” accorgendosi della mia espressione preoccupata, mi avverte che non ha ancora concluso il suo discorso.
“So che può sembrare stupido, perché fino ad ora non ho fatto altro che pretendere che tu mi amassi, che mi dicessi quelle due paroline famose. Ma, non so, ieri quando tutto si è avverato non ho potuto che avere paura. Sapere che tu mi ami, mi riempie di gioia ma al tempo stesso mi fa sentire… diverso. Nessuno mi ha mai amato, e questo è così… strano.” Alle sue parole sorrido. La sincerità che trovo nei suoi occhi mi fa comprendere quanto Luke sia davvero una persona straordinaria. Anche nelle cose più banali, anche quando mi sta dicendo che è terrorizzato dall’essere amato.
“Credo che sia… normale. Insomma, anch’io avrei difficoltà a crederci dopo tutto quello che successo fra di noi.”
“Sì, forse, ma ora… voglio dimenticarmi di tutto. Voglio andare avanti” una scintilla dentro di me si accende.
Questo vuol dire che… mi ha perdonato? Che d’ora in poi staremo di nuovo insieme?
“Perciò…” lascio in sospeso la frase, gli occhi che lo interrogano e il cuore che batte all’impazzata in attesa di una sua risposta.
“Perciò sei mia, mia e solo mia.” Queste parole le sussurra fra le mie labbra, spingendomi verso di lui e poco dopo all’indietro, così da cadere ancora una volta fra i cuscini. Ci baciamo, entrambi con un sorriso fra le labbra.


“Oh mio dio, non posso credere che Luke sia così… dolce. Lo facevo più Bad-boy!” Emily interrompe con questa esclamazione una parte del mio racconto. Spalancando gli occhi e ridendo per la sua esclamazione, le do un piccolo pugno sul braccio.
“Bad – boy? E questa dov’è esce fuori?”
“Non ne ho idea, ma… Ehi, non dirmi che non l’hai pensato anche tu la prima volta che lo hai visto!” rifletto alle parole di Emily. No, non l’ho pensato. Fin dal primo momento, quando Luke varcò la porta del Pub in cui lavoravo, tutto ciò che ho pensato è stato che lui è un bravo ragazzo.
Ma pur pensando ciò, rimango in silenzio. Non rivelo questo piccolo dettaglio, lo tengo per me.
“Forse” affermo, per poi continuare il racconto.

Una volta che la sua maglia ha abbandonato il suo corpo, insieme ai suoi pantaloni, tutto ciò che ci separa l’uno dall’altro è la nostra biancheria intima.
Luke sta cercando di godersi tutto con calma, e mi riempie di baci ovunque. Ogni parte del mio corpo rabbrividisce al contatto con le sue labbra e qualcosa mi spinge sempre di più ad allacciarmi al suo corpo. Le mie mani si muovono lentamente. Stringono i suoi capelli e poi finiscono sulla sua schiena. Con le unghie gli graffio la pelle e questo gesto involontario sembra piacergli.
Afferrandogli il viso con le mie mani, porto le sue labbra sulle mie. Ci baciamo con passione, non so per quanto tempo, ma in questo istante sembra proprio all’infinito. Il mio volto, poi, si sposta sull’incavo del suo collo. Le sue labbra baciano la mia clavicola e qua in la, scendendo verso il seno, lascia qualche morso.
Nel silenzio della sua stanza, riempito solo dai nostri respiri affannati, rancheggia la suoneria di un cellulare. Il mio cellulare.
“Ti prego… Non rispondere” Luke ansima nel mio orecchio e, sopraffatta dalla situazione e dal potere che le sue parole hanno su di me, lascio perdere. Riprendiamo a baciarci mentre il mio cellulare suona e suona ancora fin quando viene sostituito dal suo.
“Ti stanno chiamando” stavolta sono io a sussurrargli nell’orecchio. Luke punta il suo sguardo nel mio.
“In questo momento non vado da nessuna parte. Soprattutto per rispondere al cellulare” alle sue parole rido, ma la mia risata viene spenta dalle sue labbra.
Ci baciamo ancora, e le mani di Luke sono intente a slacciarmi il reggiseno, ma ancora una volta qualcosa interrompe il nostro momento intimo.
E’ il campanello. Il suono di quest’ultimo, espandendosi per tutta la casa, ha la capacità di riportarmi alla realtà. Connetto ogni cosa e capisco che qualcosa non sta andando per il verso giusto.
Fermando Luke, che sembra essere sordo e distante da ogni cosa che ci è attorno, catturo la sua attenzione.
“Luke, stavolta è meglio che vada ad aprire. Potrebbe essere importante” Luke, infastidito da questa mia interruzione, mette su il broncio.
“Più importante di te sul mio letto? Non credo” sorrido portando gli occhi al soffitto.
“Beh, sì… “ Luke sembra contrariato, ma infine, riesco ad ottenere ciò che voglio. Afferrando una coperta, mi copro e lo seguo silenziosamente fino all’entrata.
Incurante di essere solo in boxer, Luke apre la porta di casa facendo entrare un filo d’aria fredda che mi fa rabbrividire. Un’instante dopo, congelo osservando chi si cela dietro al cancello.
“Calum?” chiedo smarrita e uscendo dall’uscio di casa. Quest’ultimo, avvicinandosi, sembra essere ancora più incazzato di quanto non lo fosse alla festa.
Al mio fianco, Luke, invece si irrigidisce.
“Cosa ci fai tu qui?” stavolta, ha parlare, è Luke.
“Dove diavolo hai il cellulare?!” Calum evita completamente la domanda del mio ragazzo e arrivando a pochi passi da me, mi fulmina con il suo sguardo.
Con la testa che è ancora da tutt’altra parte, mi trovo a sbattere le palpebre.
“Cosa? Io…”
“Tua madre è da un’ora che prova a chiamarti!” la suoneria del mio cellulare, le telefonate…ora tutto sembra avere un senso. Subito mi do della stupida: come ho fatto a dimenticare una cosa così importante? Avrei dovuto avvertire mia madre prima di sgattaiolare in casa di Luke per passarci tutta la notte.
“Cazzo” mi lascio scappare, e subito faccio qualche passo indietro. Sono intenta a tornare al piano superiore dove si trova il mio cellulare, ma Calum mi ferma.
“Mi ha chiamato un quarto d’ora fa, e ti ho parato il culo. Le ho detto che eri con me e che ti avrei riaccompagnato a casa.” Punto i miei occhi nei suoi e subito, quel moto di ansia che mi stava assalendo, scema un po’. La gola, però, mi diventa secca e nella foga del momento una mandria di pensieri inizia a riempirmi la testa.
Come sono arrivata a strusciarmi nel letto con Luke e il minuto dopo ad essere rimproverata da Calum nel giardino di casa Hemmings?
Poi i miei pensieri vengono spenti dallo sguardo deluso di Calum. Non capisco a cosa sia dovuto questo cambiamento ma, quando lo vedo squadrarmi dalla testa ai piedi, mi ricordo di essere in intimo. L’unica cosa a coprirmi è la coperta di Luke. Di colpo mi copro ancora di più, a disagio e in imbarazzo.
“Calum… Mi dispiace… Non pensavo…”
“Vestiti, ti aspetto fuori.” Calum, con un tono freddo, non aspetta che io concluda le mie scuse per averlo messo in mezzo a questa faccenda, per avergli rovinato il ballo, ma soprattutto per averlo reso testimone di una scena che l’ha ferito ancora una volta. Non era mia intenzione, penso, mentre i sensi di colpa sono intenti ad uccidermi lentamente.
“Cosa? Tu non vai da nessuna parte” d’un tratto, riprendendosi da suo stato di trans, Luke sembra riprendere vita. Parandosi davanti a me, si esibisce con queste parole.
Calum è già diretto verso il cancello ma alle parole del mio ragazzo, fa marcia indietro. Ancora una volta, in pochi secondi mi trovo coinvolta  in qualcosa che non avevo previsto.
“Luke, stanne fuori. Hai già causato abbastanza problemi.” Calum risponde prima che possa farlo io e il suo tono incazzato mi disorienta. Con un gesto veloce si avvicina al volto di Luke, e i suoi occhi sono pieni di rabbia, mi spaventano.
“Starne fuori? Scordatelo. La riaccompagno io.”  E come se questa volta fossi io l’esclusa, i due iniziano a litigare. Infastidita dal loro comportamento, ma soprattutto preoccupata,  mi porto una mano fra i capelli.
“Smettetela” urlo e in un secondo riesco ad ottenere la loro attenzione. Cala in silenzio.
“Grazie per essere venuto qui e per… avermi coperta, ma come ha detto Luke, sarà lui a riaccompagnarmi a casa.” Un sorriso si fa spazio sul viso di Luke, mentre uno sguardo furente rimane in Calum.
“Stai scherzando?” è tutto ciò che mi dice, quasi urlandomi contro.
Indietreggio appena. “No, penso solo che…”
“Me ne frego di ciò che pensi, Clover. Me ne sono andato da quel fottuto ballo per cercarti, ero in pensiero perché non rispondevi, mi sono messo a girare tutto il quartiere per trovarti e ora… ora mi ringrazi così? Non te lo sto a ripetere di nuovo: verrai a casa con me”
“Nessuno te l’ha chiesto di venirla a cercare” a rispondere è Luke.
“Già, certo, e lasciarle fare qualcosa di stupido con te?”
“Cosa stai cercando di insinuare?”
Di nuovo Calum e Luke sono intenti a dare vita a una discussione. Mentre fra di loro gli insulti continuano, cerco di pensare velocemente a qualcosa.
“Okay, basta” urlo di nuovo. “Esci fuori  Calum, ti raggiungo fra dieci minuti” quest’ultima frase spiazza entrambi.
Calum sostituisce il suo sguardo furente con un’espressione sorpresa; Luke, invece, sembra guardarmi deluso.
“Non ci posso credere” è tutto ciò che gli sento dire prima che si allontani e rientri dentro casa, lasciando così me e Calum da soli. Lo guardo andarsene via e mentalmente incomincio a inveire in tutte le lingue. Cos’ho detto ora di sbagliato?
Sbuffando, mi volto verso il mio amico, ancora fermo ad osservarmi.
“Vai” lo invito ad andarsene. Calum senza aggiungere niente si avvia verso il cancello, lasciando a me la possibilità di rientrare.
Trovando la sala vuota, ripercorro i miei passi per arrivare in camera di Luke, dove sono sicura di trovarlo.
Una volta entrata, trovo quest’ultimo intento a vestirsi velocemente.
“Non posso credere che tu voglia davvero andartene con lui!” mi urla contro appena incontra il mio sguardo. Lascio cadere la coperta e avvicinandomi cerco di afferrargli il viso, ma lui si allontana.
“Pensi davvero che io voglia seriamente andarmene con lui? Ho preso questa decisione solo per evitare altre discussioni.”
“Si, certo”
“Credimi, Luke. Conosco Calum meglio di te e so per certo che non si sarebbe arreso fin quando non avrebbe ottenuto ciò che voleva!”
“Sarà, ma io sono il tuo ragazza e non mi va per niente a genio che tu ritorni con lui a casa… non dopo quello che è successo”
“Lo so, e hai ragione ma… mettiti nei miei panni? Cosa dovrei fare?!”  forse Luke sembra percepire la verità nelle mie parole. Lasciandosi cadere sul letto, sospira portandosi le mani sul volto.
“Va bene” è tutto che dice osservandomi negli occhi. Mi avvicino, sedendomi sulle sue gambe.
“Mi dispiace, non volevo che la serata si concludesse così…”
“Dispiace anche a me” appoggia il volto nell’incavo del mio collo e il suo respiro mi solletica la pelle. Gli accarezzo la testa e sospirando, mi rilasso.
“Ti chiamo appena arrivo, okay?”
“Okay.”


“Dimmi che stai scherzando!” chissà perché, mi domando, ogni  qualvolta che racconto qualcosa ad Emily, la reazione è sempre la stessa.
“No, Emily, no. Non è uno scherzo” ripeto in tono scocciato. Quest’ultima mi tira un pugno sul braccio.
“Scusami, è solo che le tue vicende… superano perfino le scene di un film! Non posso credere che proprio nel più bello sia venuto Calum a rovinare tutto!”
“Già, non dirlo a me” sbuffo, pensando quanto le parole della mia amica siano vere.
“E con Calum, poi? Com’è andata? Cosa vi siete detti?”
“Beh…”

“Grazie per avermi accompagnata” dopo una lunga camminata da casa di Luke a casa mia, rivolgo la parola a Calum. Non lo osservo in faccia e non aspetto una sua risposta, subito mi volto di spalle per aprire il cancello di casa.
“Aspetta” l’avvertimento di Calum  e la sua mano sulla mia spalla, mi inducono a voltarmi verso di lui.
Lo guardo dritto negli occhi.
“Tu e Luke avete…?” capisco a cosa si riferisce.
“Calum, non sono affari tuoi” questa sua domanda mi ha infastidito più di quanto possa averlo fatto la sua entrata in scena una mezz’oretta fa; perciò, mi volto di nuovo di spalle per entrare dentro casa.
“Lo so, è solo che… questa situazione non mi piace per niente, Clover”
Mi volto verso di lui. “Non piace nemmeno a me, ma sono stanca. Stanca di te, di me e di tutto. Ogni qualvolta che sto con te ferisco Luke, e ogni qualvolta che sto con Luke ferisco te. Come credi possa sentirmi io? Ma ora basta. Ho già preso la mia decisione.” Prendo un grande respiro e mi do forza per dire tutta la verità.
“Io amo Luke.” Silenzio.
“Lo amo, e ora non ho più dubbi. Non ho intenzione di fargli altro male e se questo comprenderà anche escluderti dalla mia vita, beh… allora lo farò.” Gli occhi di Calum non sono più gli stessi di prima.
“Cosa stai dicendo…”
“Sto dicendo la verità. Non potrò mai amarti Calum, mai. Ho passato fin troppo tempo a illudermi e a credere di provare qualcosa che andasse oltre l’amicizia per te, ma ora ho finalmente capito che le mie non erano altro che credenze. Tu per me eri il mio migliore amico, e lo sarai per sempre. E voglio che anche tu ci metta una pietra sopra. Dimenticami, e solo allora potremmo di nuovo essere amici.”
Ci guardiamo per qualche secondo negli occhi. E mentre lo sguardo di Calum mostra il suo dolore interiore, io mi sento bene. Finalmente ho saputo mettere fine a tutta questa faccenda.
“Buonanotte” è tutto ciò che gli dico, prima di abbandonarlo fuori casa.


“Sono davvero felice per te, Clover!” sorrido alle parole della mia amica.
“Stranamente, lo sono anche io.”  Nel frattempo abbasso lo sguardo trovando interessante le mie unghie smaltate. “Insomma, non credevo possibile che tutto potesse concludersi in questo modo. Finalmente ho riacquistato la fiducia di Luke e ho chiuso quella sorta di relazione che mi legava a Calum.”
“Già… E con Luke, poi? Vi siete sentiti?”
“Solo tramite messaggi. Sai, siamo stati entrambi impegnati con l’articolo. Ci vedremo direttamente domani a scuola, suppongo.” Un articolo difficilissimo da scrivere, penso, facendo cadere lo sguardo sulla mia scrivania. Troppo occupata a ripensare al tempo sprecato per trovare qualcosa di decente da scrivere, non  mi accoro del mio cellulare squillare.
“Clover, Clover!”
“Hm?”
“Ti stanno chiamando al cellulare!” osservo lo schermo del cellulare e mi accorgo che è Luke. Subito mi metto sull’attenti e chiedendo scusa a Emily, esco nel piccolo balconcino della mia stanza.
“Ehi” rispondo, un po’ impacciata. Mi fa strano parlargli dopo che quello che è successo.
“Ehi, tutto bene?” la sua voce mi è mancata, penso, e me ne accorgo solo ora.
“Tutto bene. Te?”
“Tutto okay. Senti… stavo pensando che magari, questo weekend, possiamo prenderci un po’ di tempo per noi.” Deglutisco strizzando gli occhi. Aspetta, aspetta… mi sta invitando a passare due giornate in completa solitudine con lui?
“I miei genitori non ci sono e avevo pensato che potremmo ricuperare un po’ del tempo perso…” lo sento ridere.
“Tempo perso, eh?” rido anche io.
“Già… cosa c’è che non va?” assolutamente niente, penso, solo che tutto questo… mi fa credere che per “tempo perso” Luke si riferisca a ciò che non abbiamo potuto fare due notti fa. Questa faccenda, in completa sincerità, mi spaventa un po’.
“Niente… Dovrò chiedere ai miei genitori, ma credo che si possa fare” sorrido.
In questo momento potrei fare concorrenza a una bambina di dieci anni a cui hanno appena comprato un cucciolo di cane: la mia felicità supera livelli altissimi.
“Non vedo l’ora di vederti, Clover” il suo tono di voce è diverso ora, sembra felice.
“Anche io”
“A domani?”
“A domani.”

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