Her.

di melhopes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Red, black and gold. ***
Capitolo 3: *** Nameless girl. ***
Capitolo 4: *** Deutsch. ***
Capitolo 5: *** Strawberry Milkshake. ***
Capitolo 6: *** Berlin. ***
Capitolo 7: *** Red section. ***
Capitolo 8: *** First, second, third. ***
Capitolo 9: *** Orange juice. ***
Capitolo 10: *** Within these four walls. ***
Capitolo 11: *** Nineteen. ***
Capitolo 12: *** Tank Top. ***
Capitolo 13: *** 2006. ***
Capitolo 14: *** Stockholm. ***
Capitolo 15: *** Breakfast. ***
Capitolo 16: *** Bench. ***
Capitolo 17: *** Countdown. ***
Capitolo 18: *** Tic Tac. ***
Capitolo 19: *** Fourth house. ***
Capitolo 20: *** Suitcases. ***
Capitolo 21: *** Youtube. ***
Capitolo 22: *** Link. ***
Capitolo 23: *** ATM. ***
Capitolo 24: *** Goethe. ***
Capitolo 25: *** Weber. ***
Capitolo 26: *** Charlotte. ***
Capitolo 27: *** Italian & French. ***
Capitolo 28: *** 13:38 ***
Capitolo 29: *** 14:10. ***
Capitolo 30: *** Thirteen. ***
Capitolo 31: *** Knock knock. ***
Capitolo 32: *** The exit door. ***
Capitolo 33: *** Runaway. ***
Capitolo 34: *** Starry eyes. ***
Capitolo 35: *** Ready. ***
Capitolo 36: *** #2 ***
Capitolo 37: *** Choice. ***
Capitolo 38: *** #3 ***
Capitolo 39: *** Closer. ***
Capitolo 40: *** Atemzug. ***
Capitolo 41: *** Lotus flower. ***
Capitolo 42: *** Paul. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Stringo la sua foto, per l’ennesima notte solitaria. Non che sia realmente solo. Niall e Liam dormono nel mio stesso bus ed è divertente, tutto il tempo. Parlo di una solitudine diversa, non fisica. La solitudine che ti assale quando, sdraiandoti per dormire, ti riscopri insonne e senti il bisogno di avere qualcuno che intrecci la propria mano con la tua. Quel qualcuno che io non ho. Quella lei che non ho. Non ancora, almeno.


Mi manca terribilmente. Nonostante io ne abbia solo una foto scattata a caso di quando era piccola. Come me. Non so il suo nome. Né la sua età o dove sia ora. In realtà di lei so semplicemente che è quella che sto cercando. So che è stupido ed insensato. So che la maggior parte delle persone non potrebbe capire e altrettante hanno riso di me quando ho cercato di spiegare ma sono determinato. Determinato a trovarla, di nuovo e conoscerla.
C’è mancato poco che ci riuscissi, l’ultima volta. L’ho persa all’ultimo secondo nella folla. Non me lo sono ancora perdonato ma, come mi assicura Niall, accadrà di nuovo.


Ricordo ancora il suo sorriso. Le espressioni del suo viso. Il modo in cui si sgolava per intonare le nostre canzoni. Ed ogni mio sguardo era per lei. Ricordo il modo in cui girava lo sguardo per qualche secondo, imbarazzata, quando mi scopriva.
So che è lei. Dev’essere lei. Ed io la ritroverò. Spero solo non in un’altra folla. Spero solo non sia per perderla di nuovo.











SPAZIO AUTRICE: Salve a tutti! Sono tornata con un qualcosa di nuovo per pura curiosità. Sto ancora lavorando (e pubblicando) "What about forever?" e, ovviamente mi dedicherò solo a quella finché non sarà finita. Vi starete chiedendo perché io abbia pubblicato questa, allora (o forse no, non sono una maga lol). La risposta è semplice: avevo questa idea in testa e l'ho buttata giù, una semplice bozza. Sono curiosa di vedere se suscita reazioni positive. Deciderò solo in quel momento cosa farne :) 

Confido in pareri (che non ricevo mai lol). Buon proseguimento :) x 

Ps. Per chi non mi conoscesse, mi chiamo Melania. Non c'è molto altro che abbia importanza sul mio conto ma, se siete curiosi, vi lascio il mio ask per ogni domanda/sfogo/qualsiasi cosa: http://ask.fm/melhopes

Grazie dell'attenzione! :) x

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Capitolo 2
*** Red, black and gold. ***


Red, black and gold

<< Buongiorno! >> urla Julian, entrando con la delicatezza di un elefante nel nostro bus e spalancando a turno le tendine dei nostri letti.
 
Mi concedo un grugnito e mi giro dall’altra parte, riluttante all’idea di metter piede nel mondo reale.
 
<< Non fare il pigrone, Harry! >> mi canzona, passando alla vittima successiva.
 
Qualcosa mi dice potrebbe trattarsi di Niall. Liam non fa mai problemi quando si tratta di svegliarsi. E’ sempre così entusiasta e desideroso di fare qualsiasi cosa. Dovrebbe prestarmi un po’ della sua volontà o qualsiasi cosa sia.
 
Lo ignoro continuando a sistemarmi meglio nelle coperte.
 
<< Niall! Anche tu. Ho detto “buongiorno”! >> pronuncia in uno strano acuto, infastidendomi l’udito.
 
<< Non siete contenti della giornata di oggi? Ci aspettano intense ore in studio >> sento Liam pronunciare poco lontano.
 
Come avevo previsto: è passato dal lato del nemico.
 
<< Zayn cosa ne pensa? >> chiede assonnato Niall, probabilmente per prendere tempo.
 
<< Zayn non è in questo bus. Sapete che non mi piace svegliarlo quindi ho ceduto l’incarico a qualcun altro, stamattina >> risponde tornando al suo solito volume.
 
<< Chissà perché a tutti, invece, piace svegliare noi >> commento distrattamente tra me e me.
 
Ci sono troppe ingiustizie in questa band. Solo perché Zayn ha sviluppato la reputazione del dormiglione, riluttante al risveglio, gli viene concesso sempre di riposare una decina di minuti in più. Minuti nei quali persone come Julian, Mark, Paddy e Paul se la giocano per chi dovrà disturbare il suo sonno. Cosa che qui non capita mai.
 
<< Non lamentatevi! Pensate ad alzarvi piuttosto e lasciare Zayn fuori dalla faccenda >> ci canzona Julian, non mollando un secondo la presa psicologica.
 
<< Lui non ha mai un turno di mattina >> protesta Niall e, dalla sua voce, capisco stia acquistando rapidamente lucidità.
 
<< Parliamone >> aggiungo, decidendo di cambiare lato per poter essere partecipe della discussione.
 
<< Su, ragazzi. Sarà divertente! >> esclama Liam e, per la prima volta dall’ingresso di Julian, apro gli occhi e mi guardo intorno.
 
E’ già vestito e si aggira per il bus come un’anima in pena, non sapendo cosa fare se non convincerci ad imitarlo.
 
<< Mattine come queste, sei davvero irritante, Liam >> nota Niall, buttandosi letteralmente dalla sua postazione.
 
Lo guarda preso a male. << Solo perché sono felice di andare a registrare? >>
 
<< Soprattutto perché sei felice di andare a registrare >> rispondiamo in coro io e Niall.
 
La cosa non mi sorprende. Dopo tanti anni trascorsi insieme, spalla a spalla, ci siamo influenzati a vicenda. Ciò che è suo è diventato col tempo mio e viceversa.
 
Liam alza gli occhi al cielo, seccato da questo giochetto che ci capita di fare involontariamente. << Vi aspetto fuori, va’ >>
 
Guardo Niall e sorridiamo di gusto. Urla di fan scatenate ci giungono dalla porta appena aperta. Non siamo soli.
 
<< Perché dovete sempre trattarlo in quel modo? >> si intromette Julian, rimproverandoci.
 
<< Non lo facciamo sempre >> si difende Niall.
 
Scendo a mia volta. << E poi lo sa che gli vogliamo bene >> aggiungo per aggiustare il tiro.
 
<< Pronti in dieci minuti che si parte >> ci sollecita, lanciandoci occhiate severe.
 
<< Sì, sì >> rispondiamo seccati.
 
Veniamo lasciati da soli e, una volta aspettato il tempo di sicurezza per accertarci che non ci stia ancora ascoltando, iniziamo i commenti.
 
<< Ultimamente è sempre brusco con noi, non trovi? >> mi fa notare.
 
Ci rifletto qualche secondo. << In effetti è vero. Prima era molto più gentile >>
 
<< Sarà la menopausa >> scherza infilando una gamba nei jeans.
 
Sorrido appena. Trova sempre i commenti migliori. Mentre lo osservo, pensando di dovermi vestire a mia volta, ricordo di aver dormito con la foto. Sobbalzo constatando di non essermi svegliato con quell’oggetto tra le mani e mi volto per recuperarlo.
 
<< Cosa c’è? >> chiede e, per qualche secondo, ho la sensazione che stia scrutando sopra la mia spalla.
 
<< La foto >> rispondo frugando tra le coperte, andando leggermente in panico.
 
<< Dovresti smetterla di dormirci. Finirai con lo sgualcirla >>
   
<< Me lo dici ogni volta >> commento seccato, allungando le mani e gli occhi su tutta l’aerea.
 
<< E non impari mai, evidentemente. Continui a dormirci, perderla e andare in panico finché non la ritrovi >>
 
Sbuffo perché, ovviamente, ha ragione e non voglio ammetterlo. Frustrato alzo di peso le coperte e le spingo via sperando di velocizzare la ricerca. Inutile.
 
<< Va’ a vestirti, te la trovo io. Ho già una mezza idea di dove sia potuta andare a finire >> si offre, dandomi una pacca sulla spalla per chiedermi di spostarmi.
 
 Acconsento. Ci tengo alla foto ma non posso far tardi e questa è, senza dubbio, la soluzione migliore. Trovo i miei vestiti proprio dove li ho lanciati ieri sera. Mi infilo velocemente il jeans e la camicia e vado alla ricerca degli stivali. E’ tutta una continua ricerca questa mattina. E’ una cosa che non sopporto. Cercare è irritante. Chissà perché, però, non ne ho la stessa opinione quando si tratta di cercare lei.
 
<< Trovata! >> esclama con un velo di trionfo nel tono.
 
Mi giro di scatto. << Dov’era? >> e mi avvicino per strappargliela di mano, geloso del suo tocco. Riluttante all’idea possa sporcarla.
 
<< Era finita tra le doghe. Per fortuna che non dormi nel letto in basso >>
 
<< Già, che culo >> pronuncio sollevato.
 
<< Sei pronto? >>
 
<< No >>
 
Mi scruta per cercare di capirne il motivo e si accorge dei miei piedi scalzi. Mi lancia un mezzo sorriso.
 
<< Vado avanti io e ti copro >>
 
Annuisco e corro nell’ultimo posto in cui ho visto le calzature: il bagno.
 
<< Fai veloce >> continua in un urlo, uscendo.
 
<< Grazie >> lo imito, per assicurarmi che mi senta comunque.
 
Altre urla di fans. Succede ogni volta che vedono qualcuno. O ogni volta e basta.
 
Avendo trovato gli stivaletti, li infilo rapidamente e, recuperando i miei effetti personali, seguo la scia di Niall cercando di apparire poco assonnato.
 
Le fans urlano facendomi sobbalzare. Lancio loro un’occhiata. Sono esattamente dove le abbiamo lasciate ieri sera. La macchia di colore che formano, almeno, è la stessa. Agito la mano per salutarle. In cambio ricevo il doppio delle urla e constato non sia stata una buona idea per i miei timpani. Continuo a sorridere felice di avere delle persone così dedicate e di supporto.
 
<< Eccoti! Non fermarti, dai >> mi strattona Julian quando si accorge della mia presenza in zona.
 
<< Stavo salutando >> protesto facendomi letteralmente trascinare in un luogo più appartato dello spiazzale.
 
<< Hai tutto il pomeriggio per dedicarti a loro >>
 
<< Non è vero! >> gli faccio notare.
 
Le nostre agende fitte di impegni non ci consentono nemmeno di andare in bagno, a momenti. E’ una fortuna che respirare sia naturale o avrei seri problemi ad avere il permesso o il tempo per farlo e mantenermi, quindi, in vita.
 
<< Possiamo pensarci dopo? >>
 
Incontro Niall e Liam circondati da Paddy e Mark. Di Paul, stranamente, nemmeno l’ombra. Forse è toccato a lui restare nel bus di Louis e Zayn e svegliare quest’ultimo.
 
<< Hey >> rivolgo in saluto.
 
<< Sempre a protestare? >> mi rivolge scherzosamente Paddy con un cenno del capo.
 
Alzo gli occhi al cielo. << Assolutamente… >>
 
<< …sì >> conclude Julian per me.
 
Faccio il verso ad entrambi. << Possiamo andare? >> chiedo poi, desideroso di spostare la conversazione su altro.
 
<< Manca ancora una persona >> mi informa Mark.
 
<< Chi? >>
 
Prima che qualcuno possa rispondermi, vedo Zayn uscire dal tour bus davanti al quale siamo fermi e comprendo. << Pensavo non toccasse a lui stamattina >> mi lascio sfuggire.
 
<< Ci serve per un paio di registrazioni >> chiarisce Julian.
 
<< Non l’avevi detto >> interviene Niall.
 
<< E’ tanto importante? >>
 
<< Come va? >> chiede contemporaneamente Zayn avvicinandosi.
 
<< Tutto okay, te? >> gli rivolge immediatamente Liam.
 
Scrolla le spalle con un’espressione abbastanza eloquente.
 
<< Ora che ci siamo tutti, possiamo andare >> afferma Julian, lanciando un cenno a Paddy.
 
<< Louis? >> chiede Niall.
 
<< Non tocca a lui >> risponde Liam, seccato dalla domanda anche se non rivoltagli apertamente.
 
<< Ha delle cose da fare con i Doncaster Rovers >> ci informa Zayn, il più adatto a darci una risposta.
 
Aiutati dai vari bus e caravan che impediscono alle fans di vederci, saliamo in una delle nostre auto scure, diretti nello studio più vicino. Attendiamo una decina di minuti prima che la security ingaggiata per l’esterno riesca ad installare delle transenne e impedire che qualcuno finisca sotto l’auto.
 
Una volta attraversato il cancello, ci muoviamo a passo di lumaca per evitare sorprese. Nonostante la sicurezza, le transenne ed il resto, non si è mai troppo prudenti. Intanto, all’interno, abbiamo iniziato uno dei giochi più stupidi di sempre per passare il tempo.
 
<< Tocca a me? >> si informa Liam e, quando riceve un cenno d’assenso da Niall, prosegue: << Tavolo >>
 
<< Lo…lo…lombrico! >> esclama il biondino.
 
I nostri sguardi si spostano su Zayn, il prossimo a giocare.
 
<< Cosa? >> chiede, notando tutta quell’attenzione improvvisa.
 
<< Tocca a te >>
 
<< Non mi va. Non l’ho nemmeno capito ‘sto gioco >> sbuffa.
 
<< Non è difficile >> afferma Liam e, pur di coinvolgerlo, inizia a spiegarglielo.
 
Smetto di prestare loro attenzione e rivolgo lo sguardo distrattamente sulla strada usando il parabrezza oltre le spalle di Zayn. Non riesco ad orientarmi quindi decido di dare un’occhiata dal finestrino al mio fianco. Siamo appena a due metri dal cancello. Avrei dovuto capirlo prima. I miei occhi cadono distrattamente sulle ragazzine urlanti. Alcune hanno dei cartelloni. Altre sono completamente coperte da scritte. Poi, la vedo. E’ lei. Ne sono certo. Sobbalzo e mi incollo al finestrino, incredulo.
 
I suoi occhi sono fissi nei miei. So perfettamente che i vetri siano oscurati e non ci sia possibilità possa distinguermi ma è come se mi vedesse. Come se vedesse me. In fretta e furia, tento di abbassare il finestrino. La mia mano, però, mi tradisce e non esegue i movimenti in maniera adeguata. O rapida, come vorrei.
 
Quando riesco ad abbassarne appena una porzione, in modo tale che almeno i miei occhi siano fuori, le urla aumentano e, se non ci fosse lei, me ne pentirei immediatamente. Continuo a fissarla e la vedo sobbalzare quando mi sorprende a farlo. Stranamente questa volta non si volta. E’ incantata. E bellissima. Mi permette di memorizzare il suo viso. Le sorrido, dimenticandomi le sia impossibile vedermi.
 
<< Cosa fai? Ora tocca a te >> mi riprende Zayn.
 
Lo ignoro. Non voglio distrarmi nemmeno un secondo, spaventato possa svanire se solo io sbattessi le palpebre.
 
Sono tentato di scendere dall’auto ma so che tutte le altre fans mi raggiungerebbero prima che io possa raggiungere lei.
 
<< Harry? Chiudi quel finestrino e torni a giocare, per favore? >> interviene Liam.
 
Per quanto vorrei dar loro retta, non riesco a fare altro che guardarla e benedire il fatto che ci siamo letteralmente bloccati dietro un’altra auto.
 
<< Harry? Stai bene? >> chiede ancora Liam, stavolta preoccupato.
 
<< Harry, è cosa penso che sia? >> chiede Niall esaltato, buttandomisi letteralmente addosso per poter ammirare l’esterno a sua volta.
 
So che ha capito e vorrei dirgli quanta ragione abbia ma non riesco. Sono troppo concentrato su di lei. Troppo preso. Il tempo si è fermato. Qualsiasi altro rumore intorno a lei, tra noi, ha cessato di esistere. Non sono del tutto sicuro di essere sveglio, adesso. Anche se stessi sognando, voglio godermi tutto appieno.
 
Il finestrino contro cui sto letteralmente schiacciando il naso, si abbassa da solo. Il peso del biondino che stavo sopportando, sparisce.
 
<< Bastava dirlo prima >> gli sento affermare e capisco sia merito suo.
 
Riesco a sorriderle. Non reagisce. Per un attimo vado nel panico. Perché non ricambia? Mi fissa stranita. Ho qualcosa sul viso? In un istante quell’espressione si trasforma. Le sue labbra si incurvano in un sorriso imbarazzato. E’ bellissima. Sono rapito. La saluto? Dovrei salutarla? Alzare la mano e mimare un “ciao”?
 
La macchina accelera di colpo. Lei non è più di fronte a me. Sto fissando degli edifici tutti uguali che si ripetono. E lei? Lei dov’è?
 
<< Era lei? L’hai vista? >> esclama Niall prendendomi letteralmente per le spalle, costringendomi a voltarmi.
 
<< Era lei, sì >> sussurro, ancora scosso.
 
L’ho persa di nuovo. La quarta volta. Da non crederci.
 
<< Lei? >> chiede Liam, accigliandosi.
 
<< E’ una lunga storia >> lo liquida Niall, per me. Evidentemente vuole conoscere i dettagli piuttosto che sentire l’inizio della storia per l’ennesima volta.
 
 << Era…wow. Non riesco nemmeno a parlare. Non riesco nemmeno a credere sia qui >> farfuglio. << Forse l’ho immaginato >> aggiungo.
 
<< No, niente immaginazione. E’ successo davvero >> pronuncia Niall, entusiasta.
 
<< Io non so di cosa tu stia parlando ma per qualche minuto buono ci hai lasciato a giocare da soli quando, evidentemente, toccava a te >> mi riferisce Zayn, quasi seccato.
 
<< Lascialo stare. Dico io la parola al suo posto, se può servire >> mi difende il biondino, per l’ennesima volta.
 
Non so esattamente perché lo faccia. Sarà che in questa storia ci siamo insieme. Certo, ci sono molte più parti di me coinvolte rispetto alle sue. Si parla del mio cuore, dei miei polmoni, del mio cervello, delle mie viscere, delle mie mani, ma lui è diventato un vero detective per me. Per non parlare del ruolo di avvocato difensore che sta egregiamente svolgendo adesso.
 
<< Perché non ce ne parli? >> mi chiede Liam.
 
<< Liam! >> lo rimprovera Zayn.
 
<< Oh, andiamo! Questo gioco fa schifo e non ti andava nemmeno di farlo cinque minuti fa >> sottolinea.
 
<< In effetti… >> inizia, lasciando cadere la testa sul sedile.
 
<< Immischiarsi nella mia avventura è più divertente, no? >> scherzo.
 
<< Almeno possiamo essere utili >> afferma, girandosi i pollici.
 
E’ qualcosa che tende a fare quando è in ansia. Non capisco perché sia in questo stato adesso. Io non riesco nemmeno a pensare in maniera appropriata e lui è in ansia? Non mi sembra giusto.
 
<< Ehm io…non so nemmeno spiegarlo >> ammetto.
 
<< Aspettate! Prima che tu possa dire qualsiasi cosa…parlami di quello che è successo adesso. Magari troviamo qualche indizio >> interviene Niall, coprendo il mio orrendo tentativo.
 
Chiudo gli occhi e cerco di rivivere quel momento per coglierne i dettagli che, in precedenza, mi sono sfuggiti. << …era tra le ragazze. Quelle che urlavano e si sbracciavano, intendo. Non so in che punto fosse. Era piuttosto indietro ma nessuno la copriva. Riuscivo a vederla bene >>
 
<< Quindi vuol dire che è alta >> trae le sue conclusioni, Liam.
 
Stranamente era il tipo di commento che mi sarei aspettato da Niall ma, evidentemente, Liam ha deciso di rubargli il primato.
 
<< Serve a qualcosa? >> commenta Zayn.
 
Senza vederlo, riesco a distinguere ancor meglio la diffidenza nel suo tono al punto da riuscire ad immaginarmi l’espressione del suo viso. 
 
<< Era solo una costatazione, Zayn. Cerco di trarre qualche indizio da quello che dice, proprio come ha proposto Niall e tu non sei affatto d’aiuto >> gli fa notare Liam, piuttosto spazientito.
 
Riapro gli occhi. Zayn sbuffa e rotea gli occhi. Non vuole essere parte della conversazione, non è difficile da capire.
 
<< Non c’è bisogno di fare tutto questo casino >> ricordo loro. << Mi dispiace che la cosa ti dia fastidio >> continuo, rivolgendomi a Zayn.
 
<< Vai avanti >> mi incita Niall.
 
Annuisco e richiudo gli occhi per essere certo di non tralasciare nulla.
 
<< Aveva i capelli sciolti, le ricadevano sul petto. Il colore era un rosso molto chiaro, tendente all’arancione. Non so spiegarlo >>
 
<< Non sono gli stessi della foto? >>
 
<< Già, nulla di nuovo >> affermo.
 
<< Almeno sappiamo che non si tinge. – scherza - Hai notato segni particolari? >>
 
<< Del tipo? >> chiedo aprendo gli occhi e guardandolo.
 
<< Non so, tatuaggi, piercings, dei nei particolari >>
 
 Rifletto e scuoto la testa. << Nulla di tutto ciò >> aggiungo.
 
<< Mhm, altro? >>
 
<< Aveva una coroncina >> ricordo di menzionare.
 
<< Può essere utile? >>
 
<< Non so ma era una treccia rossa, nera e dorata >>
 
<< Rosso, nero e oro? >> ripete Niall per accertarsi di aver sentito bene.
 
Annuisco.
 
<< La bandiera della Germania >> commenta Zayn, fuori campo.
 
<< Zayn, ma cosa… -inizia in tono di rimprovero Liam, poi si ferma- è vero. E’ proprio quella >>
 
<< Pensate possa significare qualcosa? >> chiedo, aggrappandomi ad una speranza.
 
<< E se fosse tedesca? >> ipotizza Niall.
 
<< Siamo in Svezia, però! >> ricorda Zayn.
 
<< La Germania non è molto lontana. Potrebbe essere fattibile >> valuta Liam.
 
<< O potrebbe anche averla indossata per puro divertimento >> ammette Niall, lanciandomi uno sguardo dispiaciuto.
 
Me ne chiedo il motivo. Probabilmente è convinto di aver annientato l’unica pista che io abbia mai avuto. Onestamente, non mi importa. Che lei sia tedesca, svedese o di qualsiasi altra nazionalità non cambia la realtà dei fatti. Non posso più perderla.
 
Scuoto la testa per rassicurarlo. << Spero solo di trovarla di nuovo lì quando torneremo indietro >> confesso e mi lascio andare ad un sospiro.    




SPAZIO AUTRICE: Buon pomeriggio a tutti! Sono tornata col primo capitolo. Avevo detto avrei lasciato la storia in sospeso per un po' ma, come sempre, ho cambiato idea. 
Vorrei solo dirvi che questa è una cosa completamente nuova per me. E' la terza ff che scrivo ma la prima che io pubblichi senza avere la minima idea di cosa io stia facendo. Sul serio. Probabilmente da parte vostra non è positivo ma la sto vedendo come una sfida carina. 
Non ho nulla di preparato. La trama la sto ancora decidendo e non so cosa potrebbe venirne fuori. Spero sarete pazienti perché non riuscirò a pubblicare spesso come, invece, mi capita di fare con l'altra ff. 
Per concludere, ringrazio le quattro meravigliose persone che si sono prese le briga di recensire e spero che qui avverrà altrettanto. 
Fatemi sapere qualsiasi cosa, davvero. Ci tengo a conoscere pareri, aspettative, consigli, curiosità. Tutto. 

A presto :) x

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Capitolo 3
*** Nameless girl. ***


Nameless girl
Can’t get you out of my mind
That smile looked so kind
I wish I knew you better
But we never had the chance to be together.
Somehow I feel like it’s you I belong to
Somehow I feel like everything I need is in you

 
Rileggo e so perfettamente a chi io stia dedicando queste frasi, seppur banali. Mi accerto del fatto che nessuno mi stia guardando e, velocemente, giro la pagina del block notes: nessuno deve accorgersi di tutti i cuoricini alla fine di ogni riga. Sarebbe imbarazzante.
 
Invece di riprendere la scrittura, adagio il tutto sul mixer e osservo Liam registrare. Nonostante stia ripetendo la stessa parte da venti minuti, continua ad apparire entusiasta. Non so davvero come ci riesca. Al suo posto avrei su una delle espressioni più seccate e annoiate di sempre.
 
Mi sposto sul divanetto a qualche passo più indietro per poter osservare la scena da un punto di vista migliore e, allo stesso tempo, poter scrivere senza preoccuparmi qualcuno possa lanciare per caso un’occhiata.
 
Nessuno fa caso a me. Non credo ce ne sia nemmeno bisogno. Cerco di mettermi comodo ma mi accorgo mi manchi un punto d’appoggio per il block notes. Potrei scrivere poggiandomelo sulle ginocchia ma mi ritroverei ad affrontare, una volta finito, dei tremendi dolori al collo e alla schiena per via della postura assunta. Onestamente oggi non ne ho voglia.
 
Ispeziono velocemente la stanza in cerca di qualcosa di pratico e, in un secondo, decido che l’opzione migliore sia quella di avvicinare la sedia su cui ero seduto ed usarla come tavolino.
 
Una volta posizionata ad una distanza decente dalle mie ginocchia, così da non sentirmi troppo intrappolato, ci lascio cadere il block notes con un lieve tonfo involontario.  
 
Alzo lo sguardo per accertarmi di non aver infastidito nessuno. Sono perfettamente a conoscenza del fatto che il rumore che ho causato sia stato appena udibile ma è uno scatto automatico che ho da sempre. Da che ho memoria, almeno. Ho la tendenza a controllare che le persone si accorgano o meno dei miei rumori.
 
Per la seconda volta nel giro di poco, nessuno ha fatto caso a me e, stranamente, mi sento sollevato. Posso tornare a dedicarmi a me e al processo creativo.
 
Torno a fissare la pagina vuota che mi sono mentalmente imposto di riempire con qualcosa di decente e sospiro. Afferro la matita e me la rigiro tra le dita.
 
<< Dopo tocca a me? >> chiede Niall a Julian.
 
Mi faccio distrarre da questa frase e resto ad osservarli. Julian gli rivolge un cenno d’assenso e torna a concentrarsi su Liam. Mi chiedo quando toccherà a me. Non ho davvero voglia di sprecare tempo come al solito. Non oggi. Non sapendo che lei potrebbe non esserci al mio ritorno.
 
La porta si apre lentamente. Un collaboratore, di cui non ricordo il nome, sporge da essa e cerca l’attenzione del nostro produttore. Vorrei intervenire ed aiutarlo ma il mio corpo non reagisce. Credo di essere nella fase “Occupatevene voi. Io resterò a guardare”.
 
<< Hey, amico! >> lo richiama Niall.
 
Sapevo che le cose sarebbero andate in questo modo e qualcuno ci avrebbe pensato al posto mio.
 
Julian si volta e, in uno scambio di sguardi e gesti che mi è impossibile vedere per intero, capisce la situazione.
 
<< Dovresti venire adesso >> lo informa l’uomo.
 
Nessuna risposta. Immagino stia valutando la situazione. Osservo Niall, parzialmente coperto dal produttore, per cercare di capire qualcosa in più. Incrocio il suo sguardo e, capendo il mio intento, fa spallucce e piega leggermente la testa. Gli lancio un mezzo sorriso e, nonostante io sia intenzionato a tornare al mio da fare, i miei occhi cadono su Liam all’interno della sala, in attesa.
 
Sono quasi dispiaciuto per lui. Costretto a registrare la stessa parte da venti minuti e, come se non bastasse, adesso anche costretto ad aspettare per ricevere nuovi ordini. Mi auguro per lui che Julian lo lasci finire prima di sparire chissà dove per chissà quanto. Almeno così sarà libero e potrà bazzicare in giro. Almeno lui potrà. Probabilmente, a questo punto, dovrei essere più dispiaciuto per me.
 
Rimarrò comunque intrappolato qui ad aspettare il mio turno. Avrei dovuto offrirmi per primo. Perché non ci ho pensato? A quest’ora sarei già a metà dell’opera e un’ora più vicino a lei. Spero davvero che non vada via. Egoisticamente, ovviamente.
 
<< Finisco con Liam e ti raggiungo >> decide.
 
Il collaboratore annuisce e va via, richiudendo la porta. Vorrei potermene andare anch’io. Magari potrei chiedere a Niall di fare cambio. Non credo direbbe di no. Forse Julian potrebbe protestare ma se Niall mi reggesse il gioco, dovrebbe tacere e, una volta finito, potrei andarmene. Non sarà in fretta ma sarà comunque molto prima di quanto potrei fare mantenendo il mio attuale turno.
 
Ci rifletto su qualche secondo. Sembra un’idea decente. Devo solo trovare un modo per accordarmi con il mio compagno di ricerche senza che Julian senta o sospetti nulla. Cerco un modo per catturare la sua attenzione. Lo fisso sperando che possa causare una reazione. Magari, potrebbe sentirsi osservato e voltarsi.
 
Dopo cinque secondi passati a non sbattere le palpebre, mi rendo conto di quanto sia stupido. Potrei lanciargli qualcosa. Guardo il block notes. Una pallina di carta, magari? Valuto la cosa. Julian e Niall sono appena a dieci centimetri di distanza. Dovrei essere molto preciso e so perfettamente quanto la mia mira sia pessima. Ammettendo anche che io riuscissi a tirare la pallina alla persona giusta, correrei il rischio che Julian la veda di sottecchi.
 
E se mi schiarissi la gola? E’ una cosa abbastanza comune. Passa facilmente inosservata. Decido di provarci. Il movimento brusco di Julian sul mixer mi ferma.
 
<< Okay, Liam sei ufficialmente libero >> annuncia e si alza.
 
Non ho più motivo di comportarmi come un agente segreto. Un pessimo agente segreto facilmente battibile da un bambino in quanto a furbizia, ma pur sempre un agente segreto.
 
Liam dall’interno si libera delle cuffie, le appoggia sul leggio e imita Julian uscendo dalla stanza. Sembra quasi di trovarsi di fronte ad uno specchio. E’ abbastanza inquietante. Scuoto la testa. Non è quello a cui devo pensare adesso. Mi fisso su Niall e, prima che qualsiasi altra cosa possa succedere, gli esterno il mio bisogno.
 
<< Non credo ti lasceranno tornare indietro da solo ma puoi tranquillamente prendere il mio posto >> afferma.
 
<< Nulla in contrario? >> mi accerto.
 
<< Nulla in contrario >> ripete con un mezzo sorriso.
 
<< Grazie >> gli rivolgo mentre la porta si riapre per rivelare Liam intento a ricongiungersi a noi.
 
<< Avresti dovuto offrirti per primo >> mi dice, prima di qualsiasi altra cosa.
 
<< Lo so >> ammetto. << Ci ho pensato poco fa. Sono stato decisamente stupido >> aggiungo, lanciando di qualche centimetro la matita in aria affinché ricada sul block notes.
 
<< Prende il mio posto >> interviene Niall.
 
<< Meglio di niente >> commenta sedendosi accanto a me.
 
<< Zayn? >> chiedo a quel punto.
 
<< Nell’altra sala, credo >> afferma grattandosi distrattamente il braccio.
 
<< Pensavo ne usassimo solo una, oggi >> mi lascio sfuggire.
 
Scuote la testa.
 
<< Beh, allora anche se non facessi cambio con Niall, finirei comunque con l’andare nell’altra sala, no? >> domando.
 
<< Non è detto che Zayn abbia finito. Credo che lui servisse più di noi messi insieme, oggi >>
 
<< Meglio non rischiare >> mi fa notare Niall.
 
Annuisco, accettando di seguire il consiglio. << Credete ci metterà molto? >> chiedo, facendo un cenno in direzione della porta.
 
Entrambi si stringono nelle spalle più o meno nello stesso momento.
 
<< E’ difficile saperlo >> aggiunge Liam.
 
<< Se non torna entro cinque minuti, vado via >> affermo con decisione.
 
<< Cosa? >> si sorprende Niall.
 
<< No, non puoi farlo >> mi fa notare Liam.
 
<< Cosa ci resto a fare qui? Non posso perderla di nuovo >> ammetto e mi rendo conto di suonare un tantino disperato ma non mi importa. Mi hanno visto in frangenti peggiori.
 
Non posso perderla per la quarta volta. Non posso vedere la porta chiudersi per l’ennesima volta. Non senza aver imparato come aprirla autonomamente. Non so quando la rivedrò se dovessi lasciarla andare oggi. Non riesco ad aspettare. Non so dove la rivedrò, considerato l’abbia sempre incontrata in un paese diverso, ogni volta. E, ovviamente, non è da escludere il fatto che non sia sicuro la rivedrò e basta. Come potrei ritrovarla a quel punto? Non so nulla di lei. Più cerco di appigliarmi ad una certezza più questa svanisce.
 
<< Sai che sono dalla tua parte ma non puoi permettertelo >> risponde Liam.
 
<< Amico, non la perderai >> afferma poggiando le sue mani sulle mie spalle, fissandomi intensamente negli occhi.
 
 Le sue parole sembrano così convincenti. Niall è sempre così convincente. E poi, chissà perché, ogni volta affermi ci rincontreremo, accade.
 
<< Me lo assicuri? >> rasento la disperazione, ancora.
 
<< A costo di tappezzare Stoccolma di volantini >> scherza Liam.  
 
Mi scappa un sorrisino. << Sembra un’idea niente male >> commento. << Ragazza senza nome, fatti viva >> continuo, ipotizzando il contenuto dei fantomatici volantini che potremmo realizzare.
 
Scoppiano a ridere.
 
<< Sarebbero essenziali e ad effetto >> valuta Niall.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Torniamo indietro una volta passata l’ora di pranzo. Scruto la folla. Lei non c’è.







SPAZIO AUTRICE: Buongiorno e buona domenica a tutti! Sono felice di star pubblicando il secondo capitolo. E' più corto del precedente, me ne rendo conto. Spero non sia un problema per voi. Oltre a sperare che vi piaccia e che recensiate per farmelo sapere, vorrei chiedervi una cosa. 
Come ho già detto nei precedenti "Spazio autrice", la storia non è per niente pianificata quindi seguo l'idea del momento. Stavo pensando...e se pubblicassi in contemporanea un'altra storia ("Him") per donare il punto di vista della ragazza tanto ricercata da Harry? 
Per favore, fatemi sapere. Ci tengo. 
A presto :) x
Ps. Se voleste i miei contatti, non esitate a chiedere! 

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Capitolo 4
*** Deutsch. ***


Deutsch. 

Sapevo sarebbe successo. Succede sempre ciò che non vuoi. Stavolta, però, non ci sto. Non sono disposto a continuare questo giochetto. Roma, Londra, Parigi e adesso Stoccolma. Credo di averla vista in abbastanza città da avere il capogiro. Di averla persa in abbastanza città da avere il panico.
 
Se avessi la certezza potesse riaccadere a distanza di tempo, non mi importerebbe. Terrei duro e aspetterei. Ma se queste fossero solo coincidenze e non destino? E se prima o poi tutto questo finisse? Rimarrei con una foto. Con dei ricordi ormai sgualciti come i cuscini a cui mi sono aggrappato ogni volta. E non è abbastanza.
 
 
 
Non posso restare. Non mentre lei è così vicina ma allo stesso tempo distante. Non quando aspetta solo di essere trovata.
 
Mi rigiro il cellulare tra le mani, combattuto. Dovrei avvisare o meno i ragazzi della mia fuga?
 
Se lo facessi, avrei due opzioni. Potrebbero impedirmelo e convincermi, come solo loro sanno fare, a restare oppure potrebbero coprirmi con la crew in caso ritardassi. Nonostante li conosca da anni, non riesco a prevedere la loro reazione.
 
Vorrei sgattaiolare via ma non riesco ad essere disonesto nei loro confronti. Devo dirlo. Almeno a Niall.
 
Lanciando un’occhiata distratta all’uscio, mi sembra di scorgere una punta di biondo dirigersi a destra. Mi affretto alla porta e mi sporgo in quella direzione per accertarmi sia lui.
 
<< Niall >> lo richiamo.
 
Si volta di scatto. Sembro quasi averlo spaventato. << Cosa? >> mi chiede.
 
Gli gesticolo di avvicinarsi.
 
Mi guarda interrogativo ma ubbidisce. Probabilmente spinto dalla curiosità che, da sempre, lo contraddistingue.
 
<< Ho bisogno di te >> sussurro.
 
<< Devo preoccuparmi? >> mi chiede, come se gli stessi confessando i miei sentimenti.
 
<< Non fraintendere, non sei il mio tipo >> scherzo.
 
Lui sorride. << Scusa. L’hai detto in modo strano >>
 
<< Ehm…pensavo di passare dal retro e… >> gli spiego, regolando nuovamente il volume della voce affinché nessuno possa sentirmi.
 
<< Tu, cosa?! >> sbotta.
 
Ha capito tutto. << Sshh! Sshh! >> cerco di zittirlo, guardandomi intorno per accertarmi che nessuno si sia fermato ad ascoltarci, incuriosito o preoccupato per la sua esclamazione.
 
Tutto okay. Siamo ancora soli.
 
<< La smetti di volerti cacciare nei guai? >> riprende, in un bisbiglio.
 
<< Non voglio cacciarmi nei guai. Esco dal retro e faccio un giro >> gli spiego.
 
<< Ragiona. Era tra la folla qui fuori, no? >>
 
Annuisco, non capendo dove voglia andare a parare.
 
<< Il che vuol dire che è in zona per noi >> continua.
 
<< Che cosa…? >> provo a chiedere, confuso.
 
<< Potrebbe essere al concerto stasera >>
 
<< Quante possibilità ci sono che sia così? E, anche se fosse, cosa ti fa credere che sia di nuovo nel parterre stavolta? Andiamo, non posso sfidare la sorte così tante volte >>
 
Tace per qualche istante. Non riesco a capirne il motivo dall’espressione che gli attraversa il viso.
 
<< Da solo? >> domanda.
  
<< Mi camuffo >>
 
<< Per quanto? >>
 
<< Solo un’oretta. Non di più >>
 
Spero con tutto me stesso che serva ad averlo dalla mia parte.
 
<< Un’oretta? >> ripete, scrutandomi con insistenza.
 
Annuisco. << Mi copri o no? >> chiedo poi frenetico, appellandomi a tutta la mia sfacciataggine.
 
Rimane immobile. Mi fissa. Sembra riflettere sulle opzioni. O, semplicemente, si prende tempo.
 
<< Okay, vai >> afferma infine, facendomi segno di sparire.
 
Entusiasta all’idea, gli do una pacca sulla spalla. << Grazie amico >> mi allontano di corsa.
 
<< Guarda che ti cronometro. Un’ora e ti chiamo >> mi urla dietro.
 
Non rispondo. Sarebbe inutile. Sono troppo distante affinché possa essere il solo a sentirmi.
 
Raggiungo il retro ricordando a me stesso di star calmo e non dare nell’occhio. Saluto Helen, Lou e altri collaboratori lungo il tragitto assicurandomi di non sembrare frettoloso o noncurante.
 
Prima di uscire dallo spiazzale aprendomi un varco tra le alte transenne, mi alzo il cappuccio della felpa sul berretto e indosso gli occhiali da sole. Non dovrei correre troppi rischi in questo modo.
 
 
 
 
 
Non so esattamente dove andare. Non sono pratico della zona e forse andare da solo con le mie conoscenze non è una buona idea. D’altra parte, però, sono pronto a rischiare. Devo trovarla, no?
 
Cercherò di non allontanarmi troppo in modo da non perdermi ma, al tempo stesso, perlustrerò i dintorni. Inizio prendendo una strada secondaria, seguendola finché questa non converge in una delle strade principali. Mi guardo in giro e valuto sia stata un’ottima scelta.
 
 
 
 
Vago per quella che mi sembra un’eternità ma di lei nemmeno l’ombra. E se avessi preso un abbaglio? Uno talmente grande da aver ingannato Niall? Se lei non fosse nemmeno in città? In fondo, pensandoci, sono stato l’unico a vederla. Anche se gli altri ci avessero provato, dubito l’avrebbero riconosciuta. Ma allora, lei c’era o meno? L’ho immaginata?
 
Non riesco più a distinguere cosa sia vero da cosa non lo sia. Sento che di qui a poco Niall chiamerà. Ho l’impressione che il mio tempo stia scadendo. Ho questa frase che riecheggia nella mia mente. Più va avanti e più diventa inquietante.
 
Svolto a destra e proseguo dritto per un breve tratto. Se non dovessi trovarla nemmeno qui, andrò via. Per ripercorrere tutto il tragitto al contrario non mi ci vuole molto.
 
Mi imbatto in uno Starbucks e decido di entrare, nonostante io abbia poco tempo. Una bevanda mi farà bene e non impiegherò molto ad ordinare ed essere nuovamente fuori di qui.
 
Apro la porta e, mentre sono ancora sull’uscio, do una rapida occhiata per avere un quadro generale della situazione. Ci sono appena tre tavoli occupati di cui uno solo da rimasugli di ordinazioni. Altre persone sono sedute sulle poltrone vicino alla vetrina. Sembra molto tranquillo.
 
Guardo di fronte a me. Delle porte. Prima che possa realizzare a cosa possano servire, una delle due si apre e lei esce fuori.
 
Sorride. Parla con qualcuno. Non capisco chi. Dovrei chiudere la porta ed entrare del tutto ma non riesco.
 
In un secondo momento scorgo il suo interlocutore. Una bambina bionda che la precede. E’ adorabile.
 
Il suo sguardo incrocia il mio. Mi ha visto. Mi sembra di non riuscire a respirare. E’ bellissima. Mi fissa. Per un solo istante l’espressione sul suo viso diventa interrogativa. Come se volesse chiedermi qualcosa. Non riesco a capire cosa. Mi piacerebbe conoscerla al punto da decifrare i suoi silenzi ma, purtroppo, non è questo il caso.
 
Viene dalla mia parte. Che debba andare via? Non voglio vada via.
 
I suoi occhi si spostano sulla bambina e la sospinge appena in avanti. All’ultimo svolta e va a sedersi. Il tavolino pieno di rimasugli è il suo. Sono qui da un po’. Il tempo necessario ad ordinare quelle bevande e quel cibo, almeno.
 
Scuoto la testa e, spostandomi, lascio la presa dalla maniglia in modo tale che la porta possa richiudersi.
 
Spero che nessuno abbia fatto caso alla mia paralisi. Chissà quanto è durato il momento. Mi sento così nervoso ad averla a quattro passi. Credo sia la seconda volta che accade. Niente folla, niente security, niente auto. Solo io e lei nella stessa stanza. Con un’altra decina di persone ma questo non conta.
 
La commessa dal retro del bancone mi osserva, alzando un sopracciglio. Si starà chiedendo se sono entrato nel locale per rimanere impalato in un punto a caso. Mi avvicino e do un’occhiata al tabellone. In questo momento non ricordo nemmeno cosa prendo di solito. Cavolo. Spero lei non vada via mentre sono di spalle.
 
Scorro la lista. Niente mi sembra avere senso. Realizzo di star leggendo la parte in svedese e, mentalmente, mi schiaffeggio per essere così imbranato.   
 
“Caramel doubleshot iced shaken espresso” mi incuriosisce. Non l’ho mai preso ma sembra invitante. Viste le circostanze, credo sia il caso di provare qualcosa di nuovo.
 
<< In cosa consiste esattamente il “caramel doubleshot iced shaken espresso”? >> chiedo avvicinandomi al bancone.
 
Mi risponde in svedese. Probabilmente mi ha chiesto cosa avessi detto o simili. Se così fosse, penso dovrei girare la domanda. 
 
 << Cosa è il “caramel doubleshot iced shaken espresso”? >> scandisco bene le parole, cercando di semplificare la frase.
 
Dalla sua espressione intuisco non sia servito a niente. Sembra dispiaciuta di non poter aiutare. Mi sembra un po’ ridicolo che una commessa in un negozio non parli una lingua universale come l’inglese.
 
<< Deutsch? >> domanda, incerta.
 
Dalle mie scarse conoscenze direi mi stia chiedendo di parlare tedesco. Per quanto vorrei accontentarla, le lingue non sono mai state il mio forte. Conosco qualche parola e, probabilmente, con un bel po’ di impegno riuscirei a mettere su l’equivalente della mia domanda ma non capirei la risposta.
 
Scuoto la testa. Riusciremo mai a comunicare?
 
Mi fa segno di aspettare.
 
Questo, almeno, mi è chiaro. Scompare dietro una porta a battenti presente alle sue spalle. Chissà cosa è andata a fare. Mi sto quasi pentendo della mia scelta. Volevo solo sapere in cosa consistesse quella roba. Forse avrei dovuto prendere il solito e andare sul sicuro.
 
Ne approfitto per lanciarle un’occhiata discreta. E’ ancora seduta e osserva la bambina. A guardarle meglio non si assomigliano affatto. Che sia una cuginetta? Le sta chiedendo qualcosa. Per quanto mi sforzi non riesco ad origliare. Non che mi interessi di cosa stiano parlando. Vorrei solo sapere in che lingua stiano parlando.
 
Annuisce e si alza. Sta andando via? Cavolo. Cavolo. Cavolo.
 
La bambina non la segue. Forse posso prendere tempo. Devo decidere cosa fare. La avvicino o la seguo a distanza?
 
Non mi sento molto a mio agio all’idea di improvvisarmi stalker (non più di quanto sia adesso, almeno). Non credo nemmeno di riuscire a reggere un rifiuto. E se parlasse svedese?
 
Viene dalla mia parte. Si sta avvicinando al bancone. Collego, finalmente. Dev’essersi alzata per ordinare. Ancora? Non importa, tanto meglio.
 
Mi giro di scatto per evitare che mi sorprenda. Mentre si avvicina la sento ridacchiare. Forse è un po’ tardi. Stringo gli occhi. Devo comportarmi in maniera impeccabile. Niente più stupidaggini. Non devo mettermi in ridicolo.
 
La commessa torna. Non è cambiato nulla. Non ha preso nulla o quant’altro avrebbe potuto fare. Mi lancia un’occhiata dispiaciuta. Non so come ricambiare. Non so come chiederle quale sia il problema.
 
Rivolge una frase in svedese anche a lei. Osservo la scena. Scuote la testa come ho fatto anch’io poco fa.
 
<< Keine Swedisch >> pronuncia con un sorriso.
 
Sobbalzo. E’ tedesca. Ed è la prima volta che sento la sua voce.
 






SPAZIO AUTRICE: Salve a tutti! Ho deciso di postare in notturna (?) perché domani dovrei dedicarmi ad altro quindi non voglio rischiare di dover affrettare le cose o non postare affatto.
Spero che il capitolo sia di vostro gradimento :) vi dispiacerebbe farmelo sapere? Siete stati molto carini, dolci, premurosi e gentili finora. Spero possa continuare in questo modo!


Non intendo far in modo che questa storia sia molto lunga. Credo di fermarmi intorno alla ventina, al massimo. 
(Spero di farlo. Di solito non riesco mai a rispettare la parola detta (?) )


Per quanto riguarda il resto, nessuno mi ha fatto sapere per "Him" quindi ho deciso di rimandare la cosa.  Magari farò un tentativo alla fine di questa storia :)
Buon proseguimento di giornata :) x

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Capitolo 5
*** Strawberry Milkshake. ***


Strawberry Milkshake
<< Oh. Sprechen Sie Englisch? >>
 
Sbaglio o le sta chiedendo di parlare in inglese? Dannazione, vorrei poter capire. Se l’avessi saputo prima, avrei rispolverato un po’ del mio tedesco in studio invece di perdere tempo a scarabocchiare cuoricini accanto a frasi patetiche.  
 
<< Ja >> afferma accompagnando il tutto con un cenno del capo.
 
La donna le indica me. Perché? Cosa sta succedendo?
 
<< Spricht er nur Englisch? >> continua rivolgendosi alla donna.
 
Non ho la minima idea di quello che stiano dicendo ma nominano l’inglese abbastanza spesso da confondermi. Lei, però, ha un accento adorabile. Adoro il suono della sua voce.
 
La commessa annuisce.  
 
<< Credo di doverti aiutare >> pronuncia rivolgendosi a me.
 
Mi paralizzo. << A-aiutare m-me? >> balbetto, incredulo.
 
Non può essere vero. Lei mi sta parlando. Nella mia lingua. Proprio lei. No. Dev’essere un sogno. Per favore, non svegliatemi.
 
Annuisce. << Almeno è quello che mi ha chiesto. Non credo parli inglese, sai? >> commenta.   
 
Non mantiene affatto l’accento tedesco quando parla inglese, anzi. Ha anche una lieve inflessione. Non riesco a decifrarla, però.
 
<< Oh. Credo sia per l’ordinazione. Le ho chiesto in cosa consista il “Caramel doubleshot iced shaken espresso” ma non mi ha capito >> riesco a rilassarmi.
 
Sorride. << Non prenderlo. E’ disgustoso >>
 
<< Davvero? >>
 
<< Parola di scout >>
 
<< Sei negli scout? >> le chiedo in un scatto. Sento il bisogno irrefrenabile di apprendere quanto più possibile sul suo conto.
 
Mi guarda e sorride. << No >>
 
<< Oh >> commento, un po’ confuso. << Allora, cosa mi consigli? >> continuo, riprendendomi subito.
 
<< Beh, non sono esperta di caffè. Nemmeno mi piace >>
 
<< Hai detto di non prendere quel coso dal nome interminabile perché è disgustoso >> le faccio notare.
 
<< Proprio perché non mi piace il caffè >> risponde sfoggiando un sorriso divertito.

<< Qualsiasi altra cosa, allora? >> non mi interessa nemmeno più bere qualcosa. Mi serve solo una scusa per continuare a parlarle. Questo momento non deve finire.  
 
<< Un milkshake? A meno che tu non abbia allergie o intolleranze >>
 
Scuoto la testa. << E che milkshake sia >>
 
<< Ti consiglierei alla fragola >>
 
<< Oh, okay. Sì, va bene >> mi stringo nelle spalle.
 
Prima che possa chiederle il perché di quel gusto specifico, lei ordina per entrambi. La stessa identica cosa.
 
<< Ora capisco. Avevi interesse a farmi prendere la tua stessa bevanda per ordinare insieme >> la punzecchio.
 
<< Nah. A differenza tua avrei potuto ordinare anche da sola >>
 
Mi sembra tanto un’offesa. << Cosa insinui? >> chiedo, per accertarmene.
 
<< Sei o non sei arrivato qui convinto che parlare esclusivamente inglese sarebbe stato più che sufficiente? >>
 
<< No, assolutamente >>
 
<< Name? >> chiede la commessa, interrompendoci.
 
<< Char >> risponde distrattamente, poi torna a rivolgermi lo sguardo. << Ah, no? >>
 
Char? Cos’è? Vedo la donna scriverlo su uno dei due bicchieri alti destinati a noi. Le ha chiesto il nome!
 
<< Ti chiami Char? >> chiedo a mia volta, evitando la sua domanda.
 
<< Dovresti dire il tuo nome >> e indica la donna, in attesa.
 
La osservo, rendendomi conto della situazione solo in quel momento. << Harry >> pronuncio.
 
Vedendola riportare il nome sul bicchiere di carta, torno a concentrarmi su di lei. Su Char? Non ne sono sicuro. Devo assolutamente scoprirlo.
 
<< Ti chiami Char? >> chiedo ancora.
 
<< Non mi piace lasciare le cose in sospeso >> afferma.
 
La guardo accigliato. Cosa intende?
 
<< Non hai risposto alla mia domanda >> spiega.
 
Ora ha più senso. << L’inglese è l’unica lingua che conosco. Tutto qua >> mi stringo nelle spalle.
 
<< Davvero? >> si sorprende.
 
Ci allontaniamo di qualche passo dal bancone in attesa di essere richiamati. 
 
 << Davvero. So qualche parola di spagnolo, francese o italiano ma questo è quanto >> ammetto, dimenticandomi di menzionare il tedesco.
 
<< Niente tedesco? >>
 
Che ci tenga così tanto perché, appunto, è tedesca? La cosa non mi interessa, adesso. Voglio sapere se “Char” è il suo vero nome. Continua a cambiare discorso e molte persone lasciano nomi finti da Starbucks. Calum l’ha fatto milioni di volte. E, d’altra parte, anche io avrei fatto lo stesso se fossi riuscito ad ordinare da solo. A quel punto, però, non avrei parlato con lei.
 
<< Pensavo non ti piacesse lasciare le cose in sospeso >> le faccio notare, insinuando mi debba una risposta.
 
<< Mi riferivo a ciò che inizio io >> risponde e si allontana, tornando dalla bambina.
 
Rimango completamente spiazzato. Il suo modo di fare. E’ così sicura di sé. Ha il controllo. Sembra sapere cosa vuole. Sa anche che io, invece, voglio lei?
 
La seguo? La seguo.
 






SPAZIO AUTRICE: Buonasera! Mi dispiace per l'attesa. Questo capitolo mi ha messa davvero in crisi. Volevo fosse bello. Bello davvero ma non mi è riuscito. So che è corto ma ho deciso di suddividerlo in questo modo. Pubblicherò presto il prossimo e compenserò, promesso :)


Ora spero mi facciate sapere i vostri pareri. Ci terrei tanto anche se questa cacchetta non lo merita. 
Grazie a chiunque abbia recensito finora. Mi avete fatta sentire taaanto speciale. Vi adoro. 
A presto :) x

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Capitolo 6
*** Berlin. ***


Berlin

E’ china a parlare con quel tesoro. La sento farfugliare. Mi sembra di catturare qualche parola in tedesco. E’ tedesca. Adesso è ufficiale. 
 
<< Non parlo tedesco, Char >> pronuncio stando alle sue spalle.
 
Si ferma.
 
<< E’ questo il tuo nome? >> chiedo ancora. Non intendo mollare adesso. Sono ad un passo dallo scoprire le risposte alle domande che mi sono posto finora.
 
Si solleva piano e si volta  a guardarmi un tantino diffidente. Non posso darle torto. Probabilmente avrei la stessa espressione se venissi avvicinato da uno sconosciuto camuffato e stranamente interessato al mio nome. E, sempre probabilmente, sarei desideroso di fuggire via. Devo fare in modo che non si senta così. Deve restare. Devo parlarle ancora un po’. Ci sono tante cose che vorrei sapere. Tanti momenti che vorrei condividere. Con lei. 
 
 << Perché ti interessa? >>
 
Perché ti cerco da anni, forse? No, non posso dirglielo. Devo inventare qualcosa che abbia senso. Qualcosa che non mi faccia passare per un maniaco. E devo farlo adesso. Esitare sarebbe un brutto segno.
 
<< Vorrei conoscere il nome della ragazza che mi ha salvato dall’ordinazione sbagliata >> rispondo con un sorrisino e spero si lasci andare.
 
Ricambia e, imbarazzata come l’ho già vista, sposta un attimo lo sguardo. Mi sento così sollevato. Torna a posarlo su di me dopo qualche secondo. I suoi occhi sono grandi e luminosi. Potrei osservarli per ore. 
 
<< Sono Charlotte >> pronuncia all’inglese.
 
Charlotte. Ha un suono così bello. Charlotte. Continuo a ripeterlo nella mia testa.
 
 << Hai un nome bellissimo, Char >> affermo con un sorriso che non riesco a trattenere.
 
Ricambia. << Chiamami Lotte >>
 
Inclino la testa. << Perché Lotte? >>
 
<< E’ complicato da spiegare. Ti basti sapere che lei mi chiama così >> indica la bambina alle sue spalle.
 
<< Tua sorella? >> le chiedo, temendo per qualche istante possa dire sia sua figlia.
 
Scuote la testa. Panico.
 
<< Sono la sua baby sitter >>
 
Torno a respirare rendendomi conto solo in quel momento di aver trattenuto il fiato, in attesa.
 
<< Più o meno…sono un’AuPair Mädchen >> continua e, per la prima volta, sembra non essere più così decisa.
 
<< Quindi sei qui per un tempo limitato >> la butto lì, sperando di ottenere maggiori informazioni.
 
<< Domani andiamo via >> e si accarezza il gomito, leggermente a disagio.
 
Dov’è finita la sua spavalderia? Cos’è cambiato? Rimane sempre adorabile. Ed io rimango sempre incantato. Spero di non sembrare un imbranato. So di esserlo ma non voglio sembrarlo.
 
<< Andate? >>
 
Annuisce. << Siamo qui solo per un paio di giorni >> aggiunge.
 
<< Quindi non siete di qui >> traggo le mie conclusioni sperando possa chiarirmi le idee.
 
<< Vieniamo da Berlino >>
 
<< Un paio di giorni a Stoccolma per qualcuno che viene da Berlino non è strano? >> chiedo.
 
<< I suoi genitori sono qui cinque giorni su sette per lavoro, ecco perché mi hanno assunta, tra l’altro. Hanno pensato fosse una buona idea regalarle i biglietti per il concerto dei One Direction a Stoccolma piuttosto che a Berlino. Qui possono stare con lei >> spiega.
 
<< Le piacciono i One Direction? >> chiedo, alzando un sopracciglio.
 
Non traspare la sua passione per noi dal suo discorso. Eppure so che è così. Era al concerto di Parigi l’anno scorso. Era lì che si sgolava, ballava, rideva. Lì, proprio per me. Per farmi impazzire.
 
Annuisce. << Ha una cotta tremenda per Liam >> aggiunge lasciandosi andare ad una risatina.
 
Lo trova puerile? Lei è così bella quando ride. O sorride. O si imbarazza. O mi guarda. O…sempre. Praticamente sempre.
 
  << A te non piacciono? >>
 
<< Fanno canzoni orecchiabili e sono dei bei ragazzi >>
 
<< Quindi non sei immune al nostro fascino >> la prendo in giro.
 
<< Nostro? >>
 
Stringo gli occhi, nonostante siano coperti dagli occhiali. Cavolo. Avrei dovuto dire “loro”. Adesso come rimedio? Balbettare per migliorare il tiro sarebbe poco cool. E se confessassi?
 
Mi guardo velocemente in giro. Nessuno ha l’aria di essere un fan della band. Tutte persone troppo cresciute. L’unica sembra essere la bambina a cui fa da baby-sitter. Non accadrà nulla. Posso farlo.
 
<< Sono Harry >> rispondo.
 
<< L’hai già detto alla commessa. E questo non risponde alla mia domanda >> incrocia le braccia.
 
<< In realtà sì >>
 
<< Char! Harry! >> esclama la donna.
 
Sobbalziamo entrambi. La scruto. Sembra essere indecisa se dirigersi al bancone lasciandomi qui o meno.
 
<< Lascia, faccio io >> affermo e indietreggio.
 
Ho bisogno di tempo per riflettere su quello che sta accadendo. Glielo dico? Glielo dico.
 
Pago i due milkshake e torno indietro. Le porgo entrambe le mani per lasciarle scegliere quale prendere nonostante siano identici fatta eccezione per il nome scritto sopra.   
 
<< Quant’è? >> mi chiede dopo aver liberato la mia mano destra.
 
<< Nulla >>
 
<< Quant’è? >> ripete.
 
<< Nulla >> insisto.
 
Lo porge alla bambina. Questa, entusiasta, afferra il bicchiere a due mani ed inizia a bere.
 
La osserviamo entrambi.
 
<< Cosa posso fare per ricambiare? >> chiede.
 
Afferro l’occasione al volo. << Ti andrebbe di uscire con me? >>
 
<< Devo stare con Julia >> si difende subito.
 
So perfettamente sia una scusa. Si capisce dal modo in cui ci si è aggrappata. Non c’è modo che io le creda. So a che gioco sta giocando. Vuole solo che non demorda e le mostri io ci tenga. Ed è così. Lei non lo sa ma ci tengo più di quanto creda possibile.
 
<< Può venire anche lei >>
 
<< Non ti conosce >> continua con un mezzo sorriso insolente, credendo di potermi mettere in difficoltà.
 
Annuisco. Sfida accettata. << Se lo dici tu >>
 
Mi guarda interrogativa. La sorpasso e mi siedo accanto a Julia. Di sottecchi vedo Charlotte voltarsi e seguirmi con lo sguardo.
 
<< Hallo >> le dico con un enorme sorriso.
 
In fondo conosco alcune parole in tedesco e lei è una bambina. Non dovrebbe mettermi eccessivamente in difficoltà. Almeno lo spero. Casomai qualcosa andasse storto posso sempre portarle Liam.
 
<< Hii >> risponde entusiasta, lasciando andare la cannuccia che teneva stretta tra i denti.
 
<< Ich bin Harry >> spero di pronunciare bene.
 
<< Harry wie Harry Styles? >> chiede con gli occhi che le brillano.
 
Non so se sia per la sua ossessione nei nostri confronti ma sembra avermi riconosciuto prima di quanto m’aspettassi. Sarà colpa del mio pessimo tedesco o del timbro della mia voce?
 
<< Ja, ich bin Harry St… >>
 
<< Hai detto di non saper parlare tedesco >> mi interrompe Charlotte.
 
<< E tu hai detto di venire da Berlino ma hai pronunciato il tuo nome all’inglese >>
 
Apre la bocca per replicare ma si blocca. Evidentemente non sa come farlo. La richiude con un mezzo sorriso. La adoro. Adoro vederla così.
 
Ed è per questo che non posso perdere tempo. Prima che Niall chiami devo accertarmi di avere l’okay di Charlotte. E, ovviamente, sento che per averlo ho bisogno di piacere a Julia. Non dovrebbe essere difficile ma devo dirle chi sono.
 
<< Julia, ich bin Harry St… >> stavolta sono io a bloccarmi. Se lo facessi conquisterei Julia ma Charlotte uscirebbe con me per me o perché sono Harry Styles dei One Direction? Voglio che mi dica di sì prima di saperlo.
 
<< Cosa? >> sento Charlotte rivolgermi.
 
<< Che posti avete al concerto? >>
 
<< Primo anello rosso >>
 
<< Okay >> mi alzo. << Puoi dirle che le auguro di divertirsi stasera? >>
 
Inizia a parlare in tedesco ed io non posso fare altro che ammirarla incantato.
 
<< Altro? >> mi chiede una volta finito incrociando il mio sguardo.
 
Scuoto la testa. << Ora ci conosciamo, no? >> e indico Julia col mento.
 
Spalanca la bocca, stupita. La richiude poco dopo cercando di trattenere una mezza risata. << Non credo sarebbe il caso di uscire con un tipo camuffato. Potresti girarti da un secondo all’altro e iniziare a rapinare il locale >>
 
<< Eppure mi stai parlando >> le faccio notare.
 
Mi guarda spiazzata, incapace di replicare. Credo di aver colpito e affondato. Un sorriso insolente si piazza sul mio viso. Ce l’ho fatta! Lancio un urlo entusiasta dentro di me.
 
Il mio cellulare inizia a squillare. Posso già immaginare di chi si tratti ma, per accertarmene, afferro il telefono in fretta e lancio un’occhiata al display. Proprio Niall.
 
Il mio tempo è scaduto. Mi sembra di essere una strana versione maschile di Cenerentola.
 
<< Harry, ci sei? >> sento la voce del biondino nelle orecchie ma sono sicuro di non aver accettato la chiamata.
 
Guardo confuso le mie mani. Reggo ancora il milkshake nella mano sinistra e il telefono intento a squillare nella destra.
 
<< Harry, andiamo! >> la voce di Niall è sempre più forte.
 
Lancio un’occhiata a Charlotte. Tutto intorno a noi è sparito. Ci troviamo in una sorta di dimensione alternativa. Il tempo di sbattere le ciglia e anche lei è andata. Mi sveglio.
 








SPAZIO AUTRICE: Buon pomeriggio a tutti! Come annunciato (?) nello "spazio autrice" dello scorso capitolo, sono tornata ad inizio settimana! Spero che questo sia abbastanza carino e non deluda le vostre aspettative. 
Mi fareste sapere? Ci tengo taaantissimo. Davvero. 

Ho da chiedervi un paio di cose. Spero mi darete  retta lol
1. L'uso del tedesco vi infastidisce/crea problemi? Volete traduca? (Non ho pensato minimamente potesse essere un ostacolo per voi, scusate)
2. Avete in mente qualcuno per la ragazza misteriosa? Sono curiosa. Se vi interessa, alla fine del prossimo capitolo vi posto la persona che mi ha ispirato per quel ruolo finora.
 
Grazie a chi ha recensito, messo la storia tra le ricordate/preferite/ seguite. Siete dolcissimi e non potrei chiedere di meglio. Vi voglio bene! :) x

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Capitolo 7
*** Red section. ***


Red section. 

La prima cosa che vedo sono gli occhioni blu di Niall a cinque centimetri dai miei. Istintivamente, per lo spavento, butto la testa all’indietro, andando a sbattere contro lo schienale del divano. Avrebbe potuto andare peggio. Niente spigoli stavolta.
 
<< Oh, finalmente! >> esclama.
 
<< Ti diverti a farmi prendere infarti? >> protesto.
 
Finalmente si ritrae e lascia che tra noi ci sia una distanza appropriata.
 
<< Non riuscivo a svegliarti >>
 
<< Quando qualcuno non si sveglia è perché, probabilmente, non vuole essere svegliato >> pronuncio, più scorbutico di quello che vorrei essere.
 
Mi guarda stranito. << Cosa ti prende? Prima di addormentarti non eri così acido >>
 
Sostengo il suo sguardo. Questa situazione è pazzesca. Non riesco a capacitarmene. L’ho sognata. Mi diceva delle cose e…è tutto così assurdo.
 
Alza un sopracciglio in una muta richiesta. Annuisco appena e cerco le parole adatte.
 
<< L’ho sognata, Niall >> annuncio dopo un breve sospiro.
 
<< Hai sognato la ragazza? >> si accerta, inclinando appena la testa.
 
<< Non chiamarla “la ragazza”. E’ strano >> gli faccio notare.
 
<< Come dovrei chiamarla allora? >> chiede allargando le braccia.
 
<< Char >>
 
<< Char? Le dai dei soprannomi adesso? >>
 
<< E’ quello che ho sognato. Mi diceva il suo nome >>
 
<< Quindi si chiama Char? Possiamo chiamarla così per un po’, se preferisci >> proferisce scrollando le spalle.
 
Lo osservo. Non credo stia prendendo la cosa col mio stesso entusiasmo. Perché? Ho trovato un paio di risposte, come fa a non capirlo? Forse dovrei parlargli del sogno. A quel punto capirebbe.
 
<< Eravamo in uno Starbucks nei paraggi e lei mi aiutava ad ordinare perché la commessa non parlava inglese. Era lì con Julia, la bambina a cui faceva da babysitter e… >> inizio a raccontare.
 
<< Non ti starai esaltando per questo, vero? >> mi scruta con insistenza.
 
Riesco a cogliere un lieve rimprovero nel tono. Da dove viene fuori?
 
<< Cosa vuoi…? >>
 
<< Amico, ti voglio bene. Lo sai, no? >>
 
Rimango confuso. << Questo cosa c’entra? >>
 
Porta una mano in avanti per zittirmi. << Lasciami finire. Sai che ti voglio bene e sono dalla tua parte, vero? >>
 
Annuisco cercando di capire a cosa voglia arrivare.
 
<< In questa cosa ci sono dentro tanto quanto te. E’ una storia assurda a cui nessuno crederebbe. Nessuno ti darebbe una lira ma io sono al tuo fianco e voglio che tu la trovi, per quanto strano sia. Giusto? >> si accerta.
 
Annuisco di nuovo. Non riesco ancora a capire il nucleo del discorso ma non me la sento di interromperlo per spronarlo ad arrivare al dunque dal momento che mi ha chiesto di stare in silenzio.
 
<< Giusto –ripete, con un energico cenno del capo – Il punto è che ti stai esaltando per un sogno. Un sogno, capisci? Non c’è nulla di vero lì dentro. E’ solo il tuo cervello che elabora e mette insieme cose. Molto spesso casuali. Non puoi aggrapparti ad un presunto incontro da Starbucks in cui lei ti dice il suo nome e il suo lavoro >> fa una breve pausa.
 
<< Qualcuno potrebbe essere passato di qui e aver detto qualcosa che il tuo cervello ha semplicemente usato per allestire una storia. Non è affidabile >> scrolla il capo.
 
Mi sento come un bambino. A cui vengono negate le caramelle. Usando la stupida carta delle carie. E’ frustrante.
 
Lo guardo intensamente. Non ho nemmeno bisogno di soppesare le sue parole perché so che ha ragione. E’ solo difficile ammetterlo. Tremendamente difficile dal momento che quel sogno rappresentava uno spiraglio di luce nel buio.
 
Sposto lo sguardo in basso, fissandomi sulle mie scarpe. Vorrei davvero fosse stato reale. Almeno adesso non sembrerei stupido agli occhi di Niall. Almeno adesso non mi sentirei un cretino.
 
Cosa posso fare? Dove posso cercarla? Cos’ho sbagliato? Non ho nemmeno una sua foto per chiedere in giro. Non ho nulla. Ecco perché questo sogno è difficile da accettare come tale.
 
Vorrei lasciarmi andare ad urlo frustrato, battere i pugni sullo schienale ma la presenza del mio amico me lo impedisce. Mi limito a stringere i pugni fino ad avere le nocche pallide e doloranti.
 
<< Cos’altro hai sognato? Cosa succedeva? >> chiede.
 
Sobbalzo. Rilasso le mani e alzo di scatto lo sguardo dalla sua parte. Me lo sta davvero chiedendo?
 
<< Pensavo non dovessi aggrapparmi a questo sogno >> rispondo, esternando la mia sincera sorpresa.
 
<< So cosa ti ho appena detto ma…devo sapere tutto, no? >> e mi fa l’occhiolino.
 
Inquietante. So, però, che ci sta provando. Sorrido appena. Spero sappia quanto io l’apprezzi.
 
<< Mi ha aiutato ad ordinare e ho scoperto il suo nome. Charlotte. Ho pagato il suo milkshake e lei ha chiesto cosa potesse fare per sdebitarsi. Ho afferrato la cosa al volo e ne ho approfittato per chiederle un appuntamento >>
 
<< Nei sogni ti riesce di essere parecchio audace >> commenta divertito.
     
<< Trovi? >> gli do corda.
 
Annuisce e attende io prosegua.
 
<< Ha iniziato ad inventare delle scuse per mettermi alla prova. Tra queste c’era la presenza della bambina >>
 
<< A cui fa da babysitter >>
 
Non capisco se lo affermi o me lo chieda. Annuisco comunque. << Julia. Alla tedesca >> puntualizzo.
 
<< Altro? >>
 
<< Le ho detto potesse venire anche lei e Char ha detto non mi conoscesse così sono andato a presentarmi. Stavo per dirle fossi Harry dei One Direction ma mi sono bloccato per via di Char. Non volevo uscisse con me solo per quello >>
 
Si acciglia. << Scusa la domanda, non vedevano fossi tu? >>
 
Scuoto il capo. << Nel sogno ero camuffato >> aggiungo.
 
<< Oh >> e annuisce lievemente e ripetutamente.
 
<< Mi ha detto fossero in zona solo per il nostro concerto. Erano di Berlino >>
   
 << Berlino. Germania. Potrebbe averti influenzato il nostro discorso di stamattina >>
 
Mi stringo nelle spalle. << E’ possibile >> ammetto. << Avevano i posti nel primo anello rosso >> continuo.
 
<< Finito qui? >> si accerta.
 
<< Mi hai svegliato >> sottolineo, ruotando gli occhi. Più per abitudine che per altro.
 
<< Ah, la prossima volta non mi permetterò più >> risponde fingendosi infastidito.
 
Mi lascio andare ad una risatina. Torno a fissarmi le scarpe, sprofondando nei miei pensieri senza il minimo preavviso. A questo punto cosa devo fare? Elaboro una vera fuga ed imito il sogno? Magari era una previsione. Magari.
 
Scrivo un tweet? Oddio no. Sarebbe stupido. E, come se non bastasse, tremendamente pericoloso.
 
La soluzione più pratica sarebbe tenere d’occhio il primo anello rosso. Sarebbe patetico dal momento che non è nulla di certo ma, allo stesso tempo, l’unica azione possibile. Provare non mi costerebbe nulla.
 
Potrei chiedere allo staff impegnato a dar indicazioni sui posti di prestare attenzione a chiunque entri. In fondo, Char ha i capelli rossicci. Non dovrebbe passare inosservata.
 
Beh, nel mio caso non passerebbe inosservata nemmeno in una stanza rossa piena di rosse naturali ma sono dettagli.
 
Le ragazze dai capelli rossi non sono così numerose quanto quelle dai capelli scuri. Non le rosse naturali, almeno.
 
<< Hai intenzione di far controllare il primo anello rosso, vero? >>
 
Sgrano gli occhi. << Come hai…? >>
 
<< Ci conosciamo da quattro anni e ancora ti sorprendi >> commenta divertito scoccando la lingua un paio di volte.
 
<< Pensi sia un’idea stupida? >> chiedo e il mio tono rasenta la disperazione.
 
Me ne accorgo troppo tardi per aggiustare il tiro.
 
Tace. La sua espressione diventa seria. Sta per dirmi che sono un idiota, me lo sento. O che non ha intenzione di starmi dietro un secondo di più.
 
<< Anche se difficile, è l’idea migliore, in realtà >> proferisce aprendosi ad un enorme sorriso.
 
 Credo che i miei occhi stiano brillando dalla gioia. Sono contento che abbia ancora intenzione di stare dalla mia parte. Gli sorrido.
 
Si avvicina a me e mi dà una pacca sul ginocchio. << Cosa facciamo ancora qui? >> chiede con un risolino prima di allontanarsi di qualche passo.
 
Annuisco e lo seguo fuori. Abbiamo un piano da attuare.  
 
 
 
 
 
 
Torniamo di corsa nel backstage per il cambio d’abito e, ad attendermi, c’è Paul.
 
<< Cosa c’è? >> chiedo sfilandomi la t-shirt.
 
<< Forse l’abbiamo trovata >>
 
Trattengo il fiato.
 
<< Cosa vuol dire forse? >> e afferro la camicia pulita.
 
<< Ci sono tre ragazze dai capelli rossi lassù. Solo una, però, è con una bambina bionda >>
 
Sono quasi sicuro che il mio cuore abbia mancato un battito.
 
<< Hai…? >> non riesco a completare la frase. Spero lui venga in mio soccorso.
 
<< Ho chiesto delle foto ma sai che è un casino >>
 
Annuisco. Di sottecchi noto gli altri quasi pronti. Mi costringo a sbrigarmi.
 
<< Stavolta dobbiamo evitare di ripetere lo stesso errore >> gli rivolgo.
 
Assume l’espressione di chi la sa lunga. E’ strano.
 
<< Fai in modo che tutte e tre vengano portate nel backstage >> ordino, abbottonando il fondo della camicia.
 
Mi guarda con rimprovero. Forse sono stato un po’ troppo duro. Non era mia intenzione. Sono solo troppo emozionato, incredulo, incartato. Ci vorrebbe proprio un bell’urlo ma, nuovamente, non posso.
 
<< Per favore >> aggiungo, cercando di addolcirlo.
 
Sorride benevolo. << Okay, Harry. Do disposizioni >> e si allontana.
 
<< Ci siete? >> chiede Liam.
 
Mi volto dalla sua parte. E’ incredibilmente entusiasta. L’adrenalina gli circola in corpo come non mai. Spero non duri fino a domani mattina. Non reggerei di nuovo il suo buon umore e il suo essere mattiniero.
 
<< Pronto >> esclama Louis.
 
Scuoto la testa tra me e me. Non devo focalizzarmi su Liam e la sua energia. Cosa importa? In fin dei conti gli voglio bene proprio perché è fatto così. In questo momento devo solo sperare che Char arrivi nel backstage.
 
<< Harry? >> domanda Zayn, distraendomi dalle mie considerazioni.
 
Probabilmente sono stato l’unico a tacere.
 
<< Ci sono anch’io >> rispondo.
 
<< Cosa ti stava dicendo Paul? >> si interessa.
 
<< Oh, nulla >> commento con sufficienza.
 
Annuisce e torna a prestare attenzione a Liam. Che sia benedetta la sua presenza. Non è che io non voglia dirlo a Zayn o Louis o allo stesso Liam, è solo che non mi sembra questo il caso. E, tra l’altro, non saprei come spiegare del “piano” senza sembrare un emerito deficiente.
 
<< Novità? >> sussurra Niall, avvicinandosi.
 
Annuisco. << Positive >> aggiungo cercando di trattenere l’entusiasmo.
 
<< Andiamo? >> chiede Louis, in attesa di approvazione.
 
<< Andiamo >> rispondiamo uno dopo l’altro.
 
<< Devi raccontarmi >> pronuncia Niall, tornando alla nostra conversazione.
 
<< Penso che lo vedrai da te appena avremo finito >> e un sorrisino compiaciuto mi solca il viso.
 














SPAZIO AUTRICE: Salve a tutti! Sono tornata con un upload notturno. Credo sia una cosa tipica della mia persona a questo punto ahah
Vorrei scusarmi per averci messo tanto ma non avevo ispirazione (si nota anche dal fatto che questo capitolo rasenti la miseria) e, tra l'altro, ho usato tutte le mie notti per vedere un telefilm in streaming. 
Spero che, nonostante tutto, mi farete il favore di recensire anche solo per farmi sapere io abbia ragione a dire faccia pena. 
Cercherò di farmi perdonare con i prossimi. (Ve lo prometterei ma, non avendoli ancora scritti e non avendo nulla di concreto tra le mani, non mi permetto). 
A presto. Vi voglio bene :) x

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Capitolo 8
*** First, second, third. ***


First, second, third.
 
Un’ultima canzone. Una sola e sarò nel backstage. Manca così poco. La vedrò. Le parlerò. Ci sono così vicino. Sento sia la volta buona. So di averlo pensato anche a Parigi ma qui le cose sono diverse. Adesso ho avuto un piano. O, almeno, uno straccio di idea.
 
La scorsa volta, invece, non ne ho avuto il tempo. In realtà, avrei avuto modo considerato le due ore di spettacolo ma sono rimasto così rapito dalla sua presenza in quel parterre da non riuscire a mettere due pensieri in fila. Credo fosse anche normale. Era la prima volta che la vedevo ad uno dei miei concerti. Donava una strana sensazione. Sollievo e soddisfazione. Compiacimento e gioia. Uno strano mix. E, prima che potessi indicarla a Paul, era già stata risucchiata dalla folla. Sparita come se non vi avesse mai fatto parte. Quasi come avessi immaginato tutto. Eppure ogni atomo di me aveva sentito la sua presenza.
 
La sento anche stasera.  So che è qui. Non solo perché l’ho vista appostata qui fuori in mattinata. Non solo per il sogno che, ovviamente, non fa testo. Le due cose aiutano a suggestionarmi ma io sento ci sia.
 
Provo la stessa sensazione di Parigi e Londra. Non Roma. Lì è stato diverso. Molto diverso.
 
 
 
Mi rendo conto giusto in tempo sia arrivata la mia parte. Dovrei smetterla di perdermi nei miei pensieri. Mi sta guardando. I suoi occhi, come quelli di tutto lo stadio, sono su di me. Non voglio commettere errori. Posso permettermi di fare lo scemo sul palco, non è un granché, ma stasera voglio impressionarla. Mostrarle quanto valgo.
 
Passo la “palla” a Niall e continuo ad andare avanti e indietro sul palco come se non ci fosse un domani. Ad occhio inesperto potrei sembrare posseduto dall’adrenalina ma non è così. E’ la tensione. Mi sta letteralmente divorando. Prendo qualche bel respiro e cerco di regolarmi.
 
Zayn mi lancia delle occhiate stranite. Scuoto la testa per rassicurarlo e convincerlo a spostare la sua attenzione altrove. Sembra funzionare perché, in men che non si dica, torna a gironzolare intorno a Louis.
 
Niall mi affianca mentre intoniamo il ritornello.
 
Gli sorrido. Non so esattamente perché. Ricambia e mi circonda le spalle con un braccio. Iniziamo a dondolare. Sento il nervosismo diminuire.
 
Gli lancio un’occhiata riconoscente nonostante dubito possa capirne il motivo. Sostiene il mio sguardo, non sembra interrogarsi. Tanto meglio. Non avrei voluto che la cosa sfociasse in smancerie.
 
 
 
 
 
La canzone sta finendo. Conto fino a tre. I fuochi d’artificio vengono sparati in aria. Come sempre. Adesso riesco davvero a prevedere tutto. E’ triste ma allo stesso tempo rassicurante. Non saprei quale lato esaltare. Probabilmente dovrei solo accettare il fatto che questo tour, che la mia carriera abbiano entrambi due facce.
 
Scuoto la testa. Sto vaneggiando ancora. Sono da manicomio?
 
Mi sento afferrare per le spalle. E’ Liam che mi stringe a sé per l’inchino finale. Ho davvero la testa tra le nuvole stasera e, nella veloce occhiata che mi lancia, riesco a vedere un lieve rimprovero per questo.
 
Trattengo un sorrisino un po’ colpevole e un po’ divertito e mi inchino.
 
<< Scusa >> sussurro, facendo in modo che sia l’unico a sentirmi.
 
Alza le spalle e fa per tornare in posizione eretta. Comprendo la sua mossa e lo imito. In realtà, non sono l’unico.
 
Funziona così da sempre. Un membro si inchina per primo e dà una sorta di segnale per far in modo che tutto sia abbastanza sincronizzato. Pensandoci credo che non mi sia mai toccato quel ruolo. Per fortuna. Sarei stato sicuramente pessimo.
 
Mentre i fuochi d’artificio si alternano a luci guizzanti e assoli di chitarra, ne approfittiamo per sparire nel backstage proprio da dove siamo arrivati.
 
Saltello. E, ad ogni saltello, la sento più vicina.   
 
<< Bugs bunny! Bugs bunny! >> sento Niall urlare alle mie spalle.
 
Che ce l’abbia con me? Mi fermo per accertarmene.
 
<< Non farlo. Mai più >> mi rimprovera dopo avermi affiancato.
 
Sì, ce l’ha decisamente con me. << Cosa? >>
 
<< Saltare come un coniglietto. Sei estremamente infantile. E inquietante >> mi prende in giro.
 
<< Concedimelo. Adesso arriva la parte migliore della serata >> rivolgo con un sorriso che mi va da un orecchio all’altro.
 
<< Cioè? >>
 
<< Ho chiesto a Paul di portarle nel backstage >>
 
<< Portarle? >>
 
<< Ha detto ci siano tre ragazze dai capelli rossi nell’anello. Una di quelle dev’essere per forza Char >>
 
La sua espressione muta. Di nuovo serio. Non è affatto un buon segno.
 
<< Hey >> pronuncia lieve. Poggia entrambe le mani sulle mie spalle e mi guarda fisso negli occhi. << Non voglio che tu rimanga deluso, okay? >> continua.
 
Deluso? Cosa sta blaterando? Prima che possa chiederglielo, decide di proseguire.
 
<< Non è detto che lei sia tra loro >>
 
<< Niall! >> sbotto.
 
<< Sai che ho ragione >> mi fa notare.
 
<< Se sai che so che hai ragione perché continui a ricordarmi di essere pessimista? >>
 
<< Realista, Harry. Semplicemente realista. Cerco di tenerti con i piedi per terra >>
 
<< Non è assolutamente… >>
 
Liam mi si para davanti e la frase muore in gola.
 
<< Allora, cosa sta succedendo? >> chiede alzando un sopracciglio e, contemporaneamente, incrociando le braccia al petto.
 
<< A cosa ti riferisci? >> chiedo.
 
Ne ho una vaga idea ma, prima di scusarmi per la cosa sbagliata e combinare pasticci dicendogli più di quanto debba sapere, preferisco sentirglielo dire.
 
<< La conversazione super segreta con Paul, tanto per cominciare. Sul palco, poi, eri parecchio distratto. Per non parlare di adesso >>
 
Beh, le ha menzionate tutte. Avrei potuto scusarmi tranquillamente. Scusarmi, sì. Perché non ho intenzione di spiegare niente.
 
<< C’entra quella ragazza? >> indaga, con un’espressione dura.
 
<< Non chiamarla “quella ragazza”, non gli piace >> risponde Niall.
 
Lo fulmino con lo sguardo. Intervento decisamente inappropriato.
 
<< Quindi c’entra lei >> conclude Liam.
 
E’ ancora in attesa che glielo confermi. Non so cosa fare. Parlo o no? In fondo in macchina ha cercato di aiutare e così anche in studio. Adesso, tra l’altro, si sta interessando. Dirglielo non può essere una cattiva idea.
 
Sospiro. << Okay >> inizio e sposto lo sguardo.
 
Sento i suoi occhi su di me, in attesa.
 
<< Ho fatto uno strano sogno prima che la riguardava e, per farla breve, ho deciso di trovarla seguendo quegli avvenimenti >>
 
<< Gli avvenimenti…del tuo sogno? >> allunga appena la testa dalla mia parte.
 
Annuisco. Ho l’impressione che mi stia prendendo per pazzo. Ne avrebbe tutte le ragioni. Avrei bisogno di una mano da parte di Niall. Liam tace.
 
<< Ti assicuro che per quanto assurdo possa suonare, sembra stia funzionando >> afferma Niall.
 
Grazie al cielo. Dovrei decisamente pagarlo per i suoi servigi. O portarlo a spasso più spesso. Che cavolo sto pensando? Non è mica un cane!
 
<< Davvero? >> chiede e lascia cadere le braccia lungo i fianchi.
 
<< Ne avrò la prova tra poco ma…sì >> rispondo, sperando possa bastare.
 
<< Cosa vuol dire? Posso dare una mano? >> domanda immediatamente, scrutandoci a turno. Sembra aver cambiato idea sul rimprovero.
 
<< Harry! >> mi richiama Paul dal fondo del corridoio.
 
Per quanto vorrei chiarirgli le idee, non posso più restare. << Io vado. Spiegaglielo tu e, se necessario, convinci Zayn e Louis >> esterno quella frase con un volume più alto di quanto vorrei.
 
Louis si acciglia. << Convincerci di cosa? >>
 
Lancio uno sguardo a Niall.
 
<< Vai. Ci penso io >> mi assicura, spronandomi a proseguire.
 
Annuisco e corro da Paul.    
 
Lo trovo da solo intento a guardarsi intorno circospetto. Mi sembra lanci un segnale verso l’angolo. Non ne sono del tutto sicuro.
 
<< Hey >> esclamo una volta accorciata la distanza.
 
<< Hey >> ripete in tono neutro.
 
<< Allora? >>
 
<< Sono convinte di avere la possibilità di fare una foto con voi >>
 
Mi blocco. Zayn e Louis accetteranno di reggermi il gioco? Zayn potrebbe essere facilmente convinto ma Louis? Non era presente stamattina. Non ha partecipato, anche se per caso, alla conversazione. Se, venendolo a sapere, dovesse offendersi e decidere di rifiutare per ripicca? Perché Paul ha dovuto usare una scusa del genere? Cavolo.
 
<< Cosa? >> mi chiede, notando non reagisca.
 
Che colpa ne ha? E’ riuscito a “combinare” un incontro con delle fans dal nulla. Dovrei solo essergli grato e non stare qui a pensare a tutti i contro delle sue azioni. Soprattutto quando queste sono a mio favore. Onestamente, al suo posto, avrei usato la stessa scusa. In fondo come spieghi a delle ragazze il criterio per il quale sono state scelte o il motivo stesso della scelta?
 
<< Nulla, è perfetto. Dove sono? >>
 
<< Dietro la porta con Paddy. Le sta tenendo a bada >> pronuncia l’ultima frase con un sorriso divertito.
 
Mi contagia. << Forse sarebbe meglio le facessi entrare una alla volta >> constato.
 
Annuisce. << Avevo pensato lo stesso. Che ne dici di tornare di là, far finta di essere rilassato e aspettare che le mandi? >> mi prende in giro.
 
Il mio nervosismo è così visibile? Se così fosse, dovrei frequentare un corso di autocontrollo o, magari, di teatro.
 
<< Va bene. Conta fino a dieci >> gli reggo il gioco e mi allontano.
 
Raggiungendo la sala in cui mi trovavo prima che mi chiamasse spero vivamente che Niall abbia già fatto. Non voglio essere presente durante lo scambio di spiegazioni/domande. Mi sentirei eccessivamente ridicolo.
 
Non so spiegarne il motivo. Credo sia semplicemente l’effetto che mi fa. Lei.
 
Me li ritrovo tutti e quattro davanti con Louis e Zayn che mi danno le spalle. Cerco di scrutare il viso di Niall coperto parzialmente da Louis per capire com’è la situazione.
 
Incrocio immediatamente il suo sguardo e mi lancia un sorriso rassicurante.
 
<< Ci siamo >> annuncia, parlando per tutti.
 
Louis e Zayn si voltano dalla mia parte.
 
<< E’ ridicolo che tu non ce ne abbia parlato prima >> proferisce Louis.
 
Sapevo non l’avrebbe presa bene.
 
<< Scusate. Io…non sapevo esattamente come fare >> cerco di spiegare.
 
<< Rimandiamo a dopo >> bisbiglia Liam e, mentre me ne chiedo il motivo, lo vedo osservare oltre le mie spalle.
 
La prima ragazza dev’essere entrata.
 
<< Hey >> esclama ancora lui, andandole in contro.
 
<< Allora? >> si informa Louis in un sussurro.
 
<< Meet & great >> spiego come se fosse la strategia da effettuare in un gioco di squadra.
 
Annuiscono e mi volto. Sta abbracciando Liam. I capelli le coprono il viso. Non riesco a vederla. Nonostante questo so per certo non sia lei. Non ho quelle strane vibrazioni che provo quando lei è nei paraggi. Quell’irrefrenabile e inspiegabile bisogno di perlustrare la stanza o la zona convinto ci sia.
 
Zayn si avvicina e si unisce a loro per i saluti. Riesco a vederla per qualche secondo. Ho la conferma. Non è lei.
 
Sono un po’ deluso. Nonostante non abbia la mia sensazione tipica, avrei voluto fosse stata lei. Magari è la seconda.
 
<< E’ lei? >> sussurra Niall nel mio orecchio.
 
Scuoto la testa.

<< Magari la prossima >> cerca di incoraggiarmi, dando quasi voce alla mia speranza.
 
<< Sì >> abbozzo nascondendo il mio stato d’animo, anche se dubito gli sia del tutto estraneo.
 
 
 
 
 
Dopo una decina di minuti passati a conversare del più e del meno, fare foto e autografi, la seconda ragazza prende il posto della prima.
 
Alta. Capelli rossicci. Occhi scuri. Qualche lentiggine. Slanciata. Sembrano tutte qualità invitanti ma svaniscono in un solo sguardo. Svaniscono quando mi accorgo non sia lei. La mia Char.
 
Sospiro e, stampandomi su un sorriso, converso anche con lei.
 
Forse la mia non è stata una buona idea. Forse non ci sono così vicino come credevo. Non dovrei abbattermi così facilmente ma non credo di avere molta scelta adesso. Due su tre sono andate. Ne manca solo una. Quante possibilità ci siano che sia lei?
 
Sono masochista. Davvero. Me ne rendo conto ad ogni respiro che esalo in questa stanza. Ho montato su una bella farsa, inutilmente.
 
<< Sono felice che tu sia venuta >> sento Liam dirle.
 
E’ sempre così gentile. Io, dal canto mio, vorrei imitarlo ma non riesco a fare altro che focalizzarmi sui miei pensieri. So che è sbagliato ma non riesco a trattenermi abbastanza a lungo da essere di compagnia.
 
<< Grazie per il supporto. Sei adorabile >> aggiunge Louis con il migliore dei sorrisi.
 
E’ la frase finale. Quella che lascia intendere un immediato saluto.
 
Saluto la ragazza, di cui non ricordo già più il nome, con la mano e un sorriso cercando di non pensare sia ormai la fine.
 
Do le spalle alla porta nei pochi secondi tra una ragazza e l’altra per trovarmi di fronte i miei amici intenti a fissarmi.
 
<< Mi dispiace >> pronuncio appena.
 
<< Nessuna di loro? >> si informa Zayn.
 
<< Nessuna di loro >> confermo scuotendo appena la testa.
 
<< Oh >> si lascia sfuggire Louis.
 
Mi sento tremendamente in colpa per averli costretti a fare tutto questo. Ora potrebbero essere nel bus a rilassarsi o a farsi una doccia. Invece no. Li ho quasi forzati a inscenare un finto Meet & Great per pochi eletti.
 
Mi sento in dovere di dire altro. Un semplice “mi dispiace” non sembra essere abbastanza ai miei occhi.
 
<< Ehm…vi ringrazio per avermi sostenuto. Non accadrà più. Se non dovesse essere lei, io…non vi coinvolgerò più in una cosa del genere >> continuo, estremamente serio.
 
<< Ce n’è ancora un’altra, no? >> prova a sollevarmi di morale, Niall.
 
Sembra volermi evitare questa promessa. Come se fosse convinto che non dovessi smettere di renderli partecipe. Forse in modo più marginale ma dà l’impressione di voler dimostrare il supporto collettivo per questa “causa”.
 
Gli lancio un flebile sorriso. Se lo merita. Che la prossima ragazza sia Char o meno.
 
Sento una sorta di pianto isterico scoppiare alle mie spalle ed una seconda voce sussurrare un tenero “Sshh! Sshh!” che non ha nulla a che fare con un rimprovero, anzi.
 
<< Hey >> esclama Liam, andando avanti per primo come suo solito.
 
Sento una strana sensazione crescere dentro di me. Non so decifrarla. Ho bisogno di respirare. Di concentrarmi. E’ l’ultima ragazza. Questo mi spaventa quasi più dei fuochi d’artificio.  
 
<< Scusate, è solo molto emozionata. Non riesce davvero a crederci >> spiega la seconda voce.
 
Quel suono. Quell’accento. Lo stesso che non sono riuscito ad identificare nel sogno. Mi volto di scatto.
 
Char. 
  
 
 
 
 











SPAZIO AUTRICE: Buon pomeriggio! Sono tornata con un nuovo capitolo. Non mi piace molto. Anzi, a dirla tutta, non mi piace affatto. Vi dispiacerebbe farmi sapere la vostra opinione? Perché, nel caso in cui fosse lo stesso, mi impegnerò per riscrivere qualcosa di più carino o...non so. 
Mi sembra di non essere più capace. Madonna. 
Confido in vostre opinioni. Vi voglio bene! x
 

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Capitolo 9
*** Orange juice. ***


Orange juice. 
 
E’ lei. La terza. E’ lei ed è qui. Wow.
 
Stento a crederci. E’ bellissima. Più bella che nel mio sogno. Questo a dimostrazione che il mio subconscio non riesce a renderle giustizia.
 
Sbatto le palpebre più volte. E’ reale, stavolta.
 
<< Ciao, come ti chiami? >> chiede Liam alla bambina. Si china per guardarla meglio.
 
<< Non parla molto inglese >> spiega Char, tenendola ancora per mano.
 
<< Oh >> commenta Liam, visibilmente spiazzato dall’impossibilità di comunicare.
 
Mi ricorda qualcosa. Sorrido.
 
<< Allora? >> domanda Niall con un discreto sussurro.
 
Allora? Allora è lei. E’ qui davanti a me. Bella come non mai. L’ho trovata! Cosa vuole che gli dica? “Sì”? E’ quello che vuole sentire in questo momento? Vorrei poterlo fare. Non riesco nemmeno a parlare. Ho la gola secca o è semplicemente l’effetto che mi fa averla intorno?
 
<< Si chiama… >> le sento dire.
 
<< Julia >> finisco la frase per lei, seguendo un flusso di coscienza.
 
Me ne accorgo solo qualche secondo dopo. Primo errore. Tutti gli occhi si puntano su di me. Gli unici di cui mi importa sono, ovviamente, quelli di Char.
 
Ha su un’espressione accigliata. Che si stia chiedendo come faccia a saperlo?
 
Un enorme sorriso si apre sul suo viso. << Come lo sai? >> chiede inclinando appena la testa.
 
Come pretende riesca a formulare una frase di senso compiuto quando mi guarda in quel modo? Come, quando respira la mia stessa aria ed io sono a pochi passi per vederglielo fare? I suoi occhi sono la cosa più bella io abbia mai visto. Risaltano. E nient’altro ha importanza.
 
Il punto è che lei non ne è a conoscenza e non posso permettermi di sbagliare. Soprattutto adesso che è reale. Devo parlare. Devo aprire la bocca e dare voce ai miei pensieri. Non posso permettermi di fare la bella statuina.
 
<< Gli piace tirare ad indovinare >> si inventa rapidamente Niall, per coprirmi.
 
Immagino abbia capito.     
 
<< Beh, sei bravo >> risponde senza perdere il sorriso.
 
Quel sorriso è per me. L’ho causato io. E’ una sensazione così strana. Mi sembra di aver vinto alla lotteria. Anche se paragonare questo sentimento ad una vincita in denaro risuona un po’ volgare.
 
<< Tu, invece? >>
 
Sgrano gli occhi. Gliel’ho chiesto davvero? Sono stato davvero capace di reagire?
 
<< Io sono Charlotte >>
 
Non ci posso credere. Ho sognato il suo vero nome. Si chiama davvero così. Quanto può essere assurdo?
 
 << Ciao >> esclama Niall, senza spostarsi minimamente.
 
<< Ma tutti mi chiamano… >> continua lei.
 
<< Lotte >> affermo seguendo, per la seconda volta, un flusso di coscienza inaspettato.
 
Cavolo. Dovrei controllare di più la mia bocca. Si acciglia di nuovo. Ne ha tutti i motivi. Chissà come devo sembrarle. Sto sbagliando tutto. Devo lasciare che sia lei a parlare. Devo contenermi. Faccio solo la figura dello stalker. O di quello “strano”. Nessuna delle due aiuta.
 
<< Sei davvero preparato >> scherza.
 
Mentalmente mi lascio andare ad un sospiro di sollievo.
 
<< La sorella di Louis ha quel soprannome quindi ho pensato potesse valere anche per te >> cerco di inventare una scusa per coprirmi nonostante non sembri eccessivamente necessario.
 
<< Pensavo fosse Lottie >> commenta, leggermente confusa.
 
<< Le piace cambiare >> interviene Louis con un sorriso di cortesia.
 
Questo intervento è stato davvero utile. Avrei dovuto rendere Louis partecipe molto tempo fa.
 
<< Puoi tradurre per noi? >> le chiede Zayn, cambiando discorso abilmente.
 
Sembra quasi abbiano capito tutti e stiano cercando di darmi del tempo per riflettere e mostrarmi al meglio.
 
<< Non ne ha davvero bisogno. L’importante è che le parliate lentamente >> li rassicura.
 
Dovrei sfruttare questa occasione, lo so. Tutto quello che riesco a fare, però, è mantenere la distanza iniziale e fissarla.
 
Ammirarla mentre si piega per essere all’altezza di Julia. Mentre le parla. Mentre le lancia dei sorrisi quasi a dimostrarle sia incredula quanto lei.
 
Wow. E’ bellissima. Ed io sono un povero idiota. Senza fiato, per giunta.
 
Non posso andare avanti così. Diamine. Come le parlerei se dovessimo uscire insieme? Come potrei invitarla ad uscire se nemmeno respiro più? Devo darmi una scrollata.
 
Non so ancora come fare ma devo avere qualche minuto per stare da solo con lei.
 
Lancio un’occhiata a Niall, ancora al mio fianco, per chiedergli una mano. E’ intento a bere un sorso di succo dalla sua bottiglina. Dovrei aspettare finisca? Probabilmente è il caso. Spero abbia un’idea geniale.
 
Lo fisso, pentendomi di star rubando del tempo prezioso che potrei dedicare alla contemplazione di Char, e mi auguro finisca in fretta. Perché beve così tanto? Non ci credo sia così assetato. Mi incanto sul liquido intento a diminuire un po’ alla volta. Dannata bevanda. Sono quasi tentato di spingere quella bottiglina per farlo smettere. Gli finirebbe un po’ di succo sulla maglia, ma…
 
Mi blocco. Ho trovato la soluzione! Non è piacevole ma è l’unica cosa che potrei fare. Sto davvero pensando di buttarle del succo sulla maglia? Quanto posso essere idiota?
 
No. Non va. Credo abbia bisogno anch’io di bere, magari mi rinfresco indirettamente le idee.
 
Afferro una bottiglina a mia volta e la svito. Butto giù un paio di sorsi e il mio sguardo cade su Julia. Sembra un po’ accaldata. Dev’essere anche stanca dopo il concerto. Come ho fatto a non rendermene conto prima? In effetti, qui nessuno è fresco come una rosa.
 
Forse potrei inserirmi nella conversazione offrendo da bere. Sarebbe una cosa carina e un buon modo per rompere il ghiaccio.
 
Mi avvicino al gruppo tenendo ancora la bottiglina aperta nella mano sinistra.
 
<< Avete caldo? >> chiedo guardandole entrambe, cercando di non soffermarmi troppo su Char per non dare nell’occhio.
 
<< Volete bere qualcosa? >> continuo. << Un po’ di succo, magari? >> aggiungo e, senza rendermene conto, inclino bruscamente la bottiglia verso sinistra.
 
Un po’ del liquido finisce direttamente sulla canotta e sulle punte dei capelli di Char. Non ci credo! Avevo pensato di farlo ed è successo! Nonostante avessi deciso di starmene buono. Sono talmente sbadato. Probabilmente se avessi voluto farlo di proposito non mi sarebbe riuscito così.  
 
<< Mi dispiace >> mi affretto a dire.
 
Non mi sta nemmeno guardando. E’ troppo impegnata ad esaminare i “danni” con la bocca spalancata per la sorpresa.
 
Liam mi sfila la bottiglia dalle mani. << Dalla a me che è meglio >>
 
<< Oddio >> sento Char sussurrare mentre ancora si guarda e non si capacita di quello che è appena successo.
 
<< Mi dispiace davvero tanto >> continuo a scusarmi.
 
Cosa posso fare per rimediare? Cosa cavolo ho combinato? Non era certo questo il modo in cui volevo attirare la sua attenzione.
 
Si strizza appena le punte dei capelli.
 
Di sottecchi vedo Liam porgere la bottiglina a Julia.
 
<< La macchia non andrà via >> borbotta poi tra sé e sé.
 
Sento il senso di colpa crescermi nelle viscere. Sono un completo cretino.
 
<< Forse dovresti andare in bagno finché è fresca >> propone Niall.
 
Alza lo sguardo dalla maglia e glielo rivolge. Per un istante mi sembra riluttante all’idea di ascoltarlo. << Potete indicarmelo? >>
 
<< Ti accompagno io >> mi offro, valutando la cosa come una buona occasione per passare del tempo da solo con lei.
 
Almeno potrei ricavarne qualcosa di positivo. Per me.
 
Quasi mi incenerisce con lo sguardo. << Sarebbe meglio di no >>
 
Dannazione. E adesso? Non voglio vada da sola o con qualcun altro. Ho bisogno di questo momento.  
 
<< Lascia che mi faccia perdonare >> insisto.
 
Mi guarda. Ho l’impressione stia valutando mentalmente la mia offerta.
 
<< Okay >> pronuncia, infine.
 
Ha detto sì? Sbatto le palpebre cercando di catturare la scia della sua risposta. Ha detto sì! Per l’esattezza ha detto “okay” ma è lo stesso. Credo di non aver mai amato così tanto questa parola in vita mia. D’ora in poi, se mi capiterà di trovarmela davanti in una conversazione scritta, non la disdegnerò.
 
Con le mani le indico di precedermi verso sinistra.
 
<< Vai avanti tu >> declina.
 
La cosa mi lascia un po’ spiazzato ma cerco di non darlo a vedere. Non capisco perché non voglia precedermi. E’ una cosa sbagliata? Un qualche tipo di usanza, regola di cui non sono al corrente?
 
Cammino sperando mi segua per davvero. Cerco di spiarla di sottecchi per accertarmene ma non mi riesce vista la sua posizione. Per fortuna, sento la sua presenza. Ed i suoi passi dietro i miei.
 
Imbocco il corridoio e svolto un paio di volte fino a trovarmi davanti la porta del bagno. Mi fermo e mi giro appena per ricongiungermi a lei.
 
<< Eccoci >> annuncio, iniziando a sentirmi un po’ teso per via del silenzio che ci ha accompagnato. Non credo sia un buon segno.
 
<< Grazie >> risponde ed apre la porta.
 
Entra e, mentre sto per fare lo stesso, la porta si chiude.
 
Dev’essere stato il vento. Riapro ed entro. Sto per richiudermi la porta alle spalle quando, mentre fa scorrere l’acqua dal rubinetto del lavandino, si volta di scatto dalla mia parte.
 
<< Cosa fai? >> chiede sorpresa.
 
Inarco un sopracciglio tenendo ancora la maniglia. Cosa sto facendo?
 
<< Chiudo la porta >>
 
Mi lancia un’occhiata eloquente mentre strappa una salvietta dal distributore automatico lì accanto.
 
<< Non vuoi che resti? >> mi sorprendo, intuendo possa essere questo il motivo della sua precedente domanda.
 
<< Vorrei evitare mi buttassi dell’altro addosso >> commenta, bagnando appena quella porzione di carta.
 
Il suo tono è un insieme di “seccata” e “divertita”. Non riesco bene a decifrare la situazione. Ho paura di fare altri danni con la mia boccaccia. Devo essere cauto.
 
Inizia a strofinare sulla macchia.
 
<< Guardati intorno. Il massimo che possa fare è farti uscire da qui bagnata >> ribatto indicando con una mano le quattro mura tra cui ci troviamo. 
 
Mi guarda come se avessi detto qualcosa di inappropriato. Ripeto mentalmente la frase. “Il massimo che posso fare è farti uscire da qui bagnata”. Oddio. Potrebbe sembrare altro. Io non lo intendevo, però.
 
<< Non intendevo in quel modo. Avrebbe potuto sembrare che io… ma no. Non è così, non penso solo a… >> mi blocco.
 
Se continuo potrebbe pensare sia un pervertito e che “bagnata” per me abbia solo un significato. Odio queste situazioni. Magari se lascio il tutto a mezz’aria non ci baderà.
 
<< Solo a? >> chiede.
 
Cavolo. Mi sta mettendo alle strette e, a giudicare dal sorrisino compiaciuto che le attraversa il viso, si diverte anche parecchio. Dovrebbe essere un buon segno, però, giusto?
 
 << Solo ai doppi sensi >> mi decido ad esternare.
 
Scoppia a ridere di gusto. Adoro come ride. Il modo in cui butta leggermente la testa indietro, chiude gli occhi e arriccia il naso. Le sue labbra che lasciano scoperti i denti e, al tempo stesso, formano delle adorabili e minuscole fossette.  E’ una visione celestiale.
 
<< Oh mio dio >> esclama tra una risata e l’altra.
 
<< Cosa? >> le chiedo.
 
<< Sei davvero convinto potessi scandalizzarmi? >> ride ancora.
 
La tensione e la paura di dare un’impressione piuttosto che un’altra, svaniscono. << Mi guardavi in quel modo! >> ribatto.
 
Si calma e getta la salvietta nel cestino. << Adesso è colpa mia? >>
 
<< Certo che è colpa tua. Mi hai fatto sentire in dovere di spiegare! >>
  
Ci scrutiamo per qualche secondo. Sono in attesa di un suo movimento. Sorride.
 
<< Credo sia il minimo dopo quello che mi hai fatto >> commenta e mi sembra di distinguere una punta di malizia.
 
<< Ti ho già detto che mi dispiace >>
 
Afferra un’altra salviettina e ripete le stesse azioni.
 
<< Sarà meglio per te che la macchia vada via >>
  
<< Altrimenti? Inizierai a darmi la caccia? >> la prendo in giro.
 
Alza lo sguardo per puntarlo su di me. << Ti piacerebbe >>
 
Ridacchio e mi appoggio con la schiena alla parete.
 
<< Hai intenzione di restare a lungo? >> chiede come a rimproverarmi.
 
<< Qualcuno dovrà pur controllare tu non rubi nulla per venderlo su e-bay >> scherzo, facendola passare per una delle nostre fan più pazze.
 
<< Sta tranquillo >> torna sulla canotta. << Sono troppo concentrata sulla macchia che un certo… >> si ferma, come se all’improvviso si fosse ricordata di qualcosa.
 
La guardo interrogativo, cercando di capirne il motivo.
 
<< Non so il tuo nome >> bisbiglia appena, sembrando tremendamente in imbarazzo.
 
Sgrano gli occhi. Non sa il mio nome? Non è una fan quindi? E’ davvero, come nel sogno, “immune al nostro fascino”? E quello che è successo a Parigi allora? Le canzoni cantate a pieni polmoni? Che fine ha fatto quella sera?
 
Nonostante mi sembri strano, urlo dentro di me. E’ fantastico. Non le frega niente di me. Nel senso buono, ovviamente. Non è interessata alla mia “posizione”. Probabilmente mi vede come niente di speciale. Solo una persona come tante altre. Proprio quello che vorrei. 
 
<< Harry >>
 
<< Scusa, non riesco mai a tenere a mente i vostri nomi. E dire che non sono difficili! >> sembra che pronunci l’ultima frase più per sé stessa che per me.
 
<< Tranquilla >> la rassicuro.
 
La sua sicurezza e la sua lieve inflessione dura hanno lasciato il posto ad un leggero imbarazzo. Proprio come nel sogno. Com’è possibile?
 
Riprende a strofinare. << Oh, guarda che casino! >> sbuffa.
 
E’ adorabile. Non riesco a fare a meno di guardarla incantato. Senza spiccicare una parola. Ho quasi paura di interromperla. Di “rovinarla”.
 
Mi riprendo quando noto non abbia finito la frase. << Cosa stavi dicendo? >>
 
<< Che sono molto occupata con la macchia che un certo Harry mi ha gentilmente donato per pensare di sradicare un lavandino dal muro e venderlo su e-bay >> risponde con una lieve vena sarcastica e poi sorride.
 
Mi contagia.
 
<< Passerò tutta la sera a strofinare >> constata.
 
Non rispondo.
 
<< Ho anche lasciato Julia da sola >> continua.
 
<< Non è da sola. E’ con gli altri >> le ricordo.
 
<< E mi posso fidare? >>
 
La sua domanda mi diverte ma evito di farlo trasparire. << E ti fideresti della mia risposta, invece? >>
 
Mi guarda un istante. << Sì >> proferisce decisa.
 
C’è qualcosa nei suoi occhi mentre lo dice che mi cattura. Brillano. Mi scrutano. Si legano ai miei. E’ inspiegabile.
 
<< Non va proprio via? >> cambio discorso prima che possa solo rendermene conto, preso alla sprovvista dalla sua risposta.
 
Cavolo. Volevo sapere perché fosse stata così convinta.
 
Scuote la testa e getta rassegnata anche la seconda salvietta. Mi sento tremendamente in colpa.
 
<< Posso prestarti la mia t-shirt >> mi offro, senza sapere da dove sia venuta l’idea.
 
<< Non offenderti, preferisco questa macchia al sudore di un estraneo >>
 
E’ l’ultima risposta che mi sarei aspettato. Forse sono troppo abituato a persone che prendono per oro colato anche la mia saliva. Lei, invece, non si fa problemi ad essere onesta.
 
<< Hey, non sono un estraneo! >> mi fingo offeso per quell’appellativo.
 
<< Vuoi che sostituisca “estraneo” con “Harry”? >> non si fa problemi nemmeno a tenermi testa.   
 
<< Mi sa tanto di contentino >>
 
<< Lo è >>
 
<< Dal momento che la macchia te l’ha fatta un estraneo, qual è la differenza? >> le faccio notare.
 
<< Almeno qui non c’è DNA >> indica l’alone sulla canotta.
 
<< Avresti la possibilità di clonarmi >>
 
<< Per replicare questa chiacchierata? No, grazie >>
 
Ha la risposta pronta per tutto. Come fa? Riesco a malapena a starle dietro. Devo ammettere che, però, è divertente. Estremamente.
 
<< Wow. Non mi aspettavo di starti così antipatico >>
 
<< No, non stai antipatico a me. –apre il rubinetto e china il capo per sciacquarsi le punte- Solo ai miei capelli. Che, a dirla tutta, sono collegati direttamente col mio cervello, quindi… >> si stringe nelle spalle.
 
Un sorriso divertito mi solca il viso approfittando del fatto non possa vedermi.
 
<< Per non parlare della mia maglietta. Credo tu l’abbia traumatizzata a vita. Ora non riuscirà più a passare accanto ad un succo di frutta senza tremare di paura >> continua e, tendendo bene le orecchie, mi sembra di udire una risatina trattenuta.
 
Immagino si diverta a prendermi in giro. Ma, in fondo, mi sto divertendo anch’io. Non posso negarlo. E’ divertente, pungente e, alle volte, un tantino sfacciata.  
 
<< Cosa ci fai qui, allora? >> la stuzzico.
 
<< Avevo bisogno di acqua per rimediare >> risponde distrattamente, ancora concentrata sui suoi capelli.
 
<< Intendevo al concerto >>
 
<< Ho solo accompagnato Julia. E’ lei quella che vi adora >>
   
<< Dev’essere stato straziante >> la prendo in giro.
 
<< Perdere l’udito? Abbastanza >> sorride e strizza i capelli per quella che mi sembra la centesima volta.
 
<< La prossima volta canterò più piano >>
 
Torna a rivolgermi lo sguardo. << Ah perché, c’eri anche tu lì sopra? >> accenna un sorrisetto.
 
<< In realtà ero quello che distribuiva l’acqua in prima fila ma mi vergognavo ad ammetterlo >> gesticolo appena.
  
<< Non succhi di frutti? >> ribatte, senza perdere la sua vena divertita.
 
Scuoto la testa. << L’unico l’hai preso tu >>
 
<< E proprio in pieno >> aggiunge, sorridendo appena.
 
<< Devi avere una calamita >> commento.
 
<< O tu hai una pessima presa sugli oggetti >> non c’è cattiveria nel suo tono, anzi.
 
Trattengo un’altra risatina. E’ davvero una forza della natura.
 
<< Voto per la seconda >> continua, approfittando della mia mancata risposta.
 
<< Potremmo scoprire chi dei due ha ragione >> propongo, cercando di apparire un po’ inquietante. 
 
<< Ti prego, anche la gonna no! >> esclama scoppiando a ridere e corre alla porta per fingere di voler fuggire.
 
Appoggia la mano sulla maniglia e la abbassa.
 
Resto ad osservare fino a che punto vuole spingersi.
 
La sua espressione muta all’improvviso. La sua fronte è aggrottata adesso. Pensavo si stesse divertendo. Non è così?
 
Porta anche l’altra mano alla maniglia e riprova. Me ne chiedo il motivo. Vuole davvero farla così esagerata?
 
<< Sì, hai reso l’idea. Vuoi fuggire da me >> le dico, sperando che serva a farla smettere.
 
Inizia ad abbassare con scatti più rapidi finché non si blocca del tutto. Alza lentamente lo sguardo e me lo rivolge.
 
<< Ho una calamita. E anche pessima >> pronuncia, neutra.
 
Prima che possa chiederle cosa l’abbia spinta a concordare con me, aggiunge: << La porta è bloccata >> 
 












SPAZIO AUTRICE: Salve a tutti! (Non so mai che saluto mettere visto che pubblico sempre in notturna e non so mai quando leggerete lol). 
Ho deciso di pubblicare un nuovo capitolo a breve distanza dal precedente perché ho appena finito di scriverlo ma non mi piace per niente, anzi. Se potessi classificarlo, gli metterei una cacchetta accanto (?). Una ragazza dolcissima (che ringrazio anche qui, aww) si è offerta di darmi un parere prima che cancellassi tutto e riscrivessi. (Ha letto la mia patetica richiesta d'aiuto su facebook). A lei è piaciuto e mi ha assicurato non fosse da buttare così, prima di "disobbedirle" ed eliminarlo per la disperazione, ho deciso fosse il caso di postarlo e lasciarlo nelle vostre mani. Per i vostri giudizi che spero non tarderanno ad arrivare. 
Ho davvero bisogno di sapere cosa ne pensiate perché sono in un periodo critico. (Credo sia tipico di ogni scrittore improvvisato). 
Ditemi qualsiasi cosa senza problemi, davvero. Anche che fa schifo, tanto lo penso anche io. 
...
...
Ho dimenticato cosa volevo dirvi, damn. 
...
...
Ah, ecco. Sono un paio di domande. 
- Vi piace il nome Charlotte o avreste preferito fosse diverso dal sogno?
- Avete qualcuno in mente per lei?  Sono curiosa. (Vi posterò una foto della mia idea nel prossimo "spazio autrice")


Detto questo, grazie a tutti. Grazie a chi recensisce, a chi legge la storia in silenzio, a chi l'ha aggiunta alle varie categorie (?). Siete super adorabili e mi sento sempre più lusingata. 
Credo sia meglio che vada adesso perché inizio a non connettere più e non voglio scrivere con errori di battitura. (Domani correggerò gli eventuali fatti adesso lol). 
A presto :) x

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Capitolo 10
*** Within these four walls. ***


Within these four walls. 

<< Come bloccata? >> chiedo.
 
<< E’ bloccata. Non riesco ad aprirla >>
 
<< Lascia. Fa’ provare me >> mi offro e, in men che non si dica, circondo la maniglia con la mano destra.
 
Abbasso e tiro. Nulla. Provo una seconda volta. Non ci sono miglioramenti. Aggiungo anche l’altra mano e cerco di metterci più forza. Non va. Siamo davvero chiusi dentro.
 
<< E’ bloccata >> dichiaro.
 
<< Ma dai? >> commenta tornando lievemente sarcastica.
 
Non riesco a prendermela, infatti le sorrido. << Volevo solo metterti al corrente >>
 
<< Ti ringrazio. Adesso potresti chiamare qualcuno e farci aiutare? >> incrocia le braccia apparendo seccata.
 
Chiamare qualcuno? Al cellulare, magari? Lo stesso cellulare che non ho con me perché, ovviamente, è qualcosa che non posso portare sul palco? Non so perché ma ho l’impressione che darà un po’ di matto quando glielo confesserò.
 
<< Lo farei io ma l’unica che conosco qui è Julia e non ha un telefono perché è troppo piccola >> continua.
 
Fantastico. Mi fissa. Aspetta una risposta.
 
<< Non ho il cellulare >>
 
Sgrana gli occhi. << Come puoi non avere il cellulare con te? >> sbotta incredula e, al tempo stesso, un tantino disperata.
 
La sta prendendo meglio di quanto mi sarei aspettato.
 
<< Non posso portarlo sul palco! >>
 
<< Quando sei tornato nel backstage. Hai avuto tutto il tempo >>
 
<< Tecnicamente sì, ma… >> mi blocco.
 
Non so esattamente come spiegarle che avevo troppo ansia in circolo nel mio organismo all’idea di incontrarla per pensare di recuperare il cellulare dal camerino. Non avevo certo modo di prevedere che sarei rimasto chiuso con lei in bagno e ne avrei avuto bisogno per farmi salvare. Non che io desideri liberarmi di lei, al momento.
 
<< Ma? >>
 
Scuoto la testa. Non posso dirglielo. << Niente >>
 
<< Fatto sta che adesso siamo bloccati qui >> mi fa pesare.
 
Come se fosse colpa mia! Riflettendoci, lo è. Se non le avessi buttato per sbaglio il succo sulla canotta non saremmo mai venuti qui. Il punto è che non sapevo del malfunzionamento della porta. Quando siamo entrati non ha dato problemi. Come avrei potuto prevederlo?
 
<< Non ti agitare >> le chiedo, invece di ribattere.
 
<< Dimmi come faccio? Sono bloccata in questo bagno con uno sconosciuto… >>
 
La interrompo. << Credevo avessimo passato questa parte degli estranei >>
 
<< Sapere il tuo nome non ti rende esattamente il mio migliore amico, sai? >> mi ricorda.
 
Non ha tutti i torti. Dal suo punto di vista sono solo un ragazzo che un secondo prima era sul palco a cantare e un secondo dopo le versava del succo nei capelli. Devo cercare di tenerlo a mente. Devo ricordarmi che lei non ha una mia foto sempre con sé e non mi cerca da anni. Quello sono io. Ecco perché non la considero un’estranea ora che ce l’ho di fronte. Una piccola parte di me vorrebbe lei facesse altrettanto.
 
<< Beh, allora conosciamoci >> le propongo sfoggiando un sorriso insolente.
 
Non risponde. Me ne chiedo il motivo.
 
<< Dimmi che hai almeno il numero di qualcuno lì fuori memorizzato nel tuo cervellino >> ignora la mia proposta.
 
Scuoto la testa. << E “cervellino” è poco carino >> le faccio notare.
 
<< Come fai a non saperne nemmeno uno a memoria? Ci saranno centinaia di persone qui fuori. Non dico il numero di tutti ma di una persona sola. Una! E’ così difficile? >>
 
Mi stringo nelle spalle. << Io ed i ragazzi cambiamo numero di telefono di continuo. Ho smesso di impararli da tempo e per il resto… >>
 
<< Okay, ho capito. Siamo fregati >> si rassegna.
 
<< L’hai detto anche tu >> inizio.
 
Mi guarda interrogativa e aspetta prosegua.
 
L’accontento. << Ci sono un centinaio di persone qui fuori. Prima o poi qualcuno dovrà andare in bagno >>
 
<< E se avessero tutti delle vesciche di ferro? >>
 
<< Non ho mai chiesto loro di mostrarmi le ecografie ma immagino che non possa esistere tanta perfezione nel mondo >> la prendo in giro.
 
<< O sfiga >> mi corregge in un mezzo sussurro.
 
Sorrido. Non smetterò di pensare nemmeno per un secondo a quanto sia tenera.
 
<< Forse avrei dovuto pensarci due volte prima di accompagnare una ragazza dotata di calamita >> la punzecchio.
 
Non risponde. E’ un tantino assente. Sta pensando a qualcosa. Peccato. Ero curioso di vedere come avrebbe risposto a quest’ultima sorta di provocazione. Mi incanto a guardarla e, dalla sua espressione, cerco di capire cosa la stia tenendo lontana da me. Forse è preoccupata per Julia.
 
<< Comunque Julia è in buone mani. I ragazzi adorano le bambine >>
 
Sobbalza. << Come sai che…? >> chiede lieve.
 
Mi stringo nelle spalle. << Ho provato a mettermi nei tuoi panni >> affermo, serio.
 
Arriccia il naso e sorride. << No >> si lamenta.
 
<< Cosa? >>
 
<< Ti ho immaginato con la mia gonna addosso >> pronuncia con lo stesso tono, coprendosi il viso con le mani per qualche istante.
 
Scoppio a ridere. E’ l’ultima cosa che mi sarei aspettato. Ed è la migliore.
 
<< Ti sei accorta anche tu che i colori pastello mettono in risalto i miei occhi, eh? >> rispondo, dopo essermi calmato.        
 
<< Saresti ridicolo >>
  
Sorrido. << Permettimi di dissentire >>
 
Mi osserva interrogativa, probabilmente chiedendosi cosa io voglia insinuare.
 
<< Ne ho messa una qualche tempo fa. Mi donava >> continuo prendendomi volutamente in giro.
 
Sorride. << Non può essere! >> esclama.
 
<< Te lo assicuro. Era rosa. Con tulle e roba simile >> provo a spiegarle e, più vado avanti, più ridacchia.
 
E’ un piacere stare a guardarla. Sapere che è merito mio.
 
<< E poi? >>
 
<< Non voglio entrare troppo nei dettagli >> rispondo, cercando di fare il misterioso. << Ti basti sapere che sono uno schianto con la gonna >> continuo senza riuscire a trattenere un risolino.
 
Ride e distoglie lo sguardo per posarlo a caso sulle pareti che ci tengono in ostaggio. << Non ci posso credere >> commenta.
 
<< Cosa? >>
 
<< A quanto sia assurda questa situazione >>
 
In effetti, è assurdo. Più assurdo di quanto possa pensare. Averla qui. Trovarmi nella stessa stanza. Bloccato nella stessa stanza. Mettendo su una delle più strane conversazioni che io abbia mai avuto.
 
<< Trovi? >> le chiedo divertito, pensando lo dica senza nemmeno conoscere la mia versione dei fatti.
 
Se solo sapesse. Potrei dirglielo magari. La guardo. E’ così bella. Si sta finalmente lasciando andare. Ha abbandonato le frecciatine e il sarcasmo. Non posso rovinare tutto adesso. Avrò un’altra occasione per dirle che è quella che cercavo. Per adesso mi basta viverla.
 
Annuisce con un sorrisino. << Ecco perché dovremmo uscire di qui >>
 
<< Hai idee? >> le chiedo.
 
<< Non dovrebbe essere il tuo turno? >> domanda divertita.
 
<< Cosa ti aspetti da un lanciatore di succo a tradimento? >>
 
Sorride. << Sono sicura tu abbia tante altre buone qualità >> pronuncia come se si sentisse colpevole per avermi precedentemente etichettato in quel modo e volesse aggiustare il tiro.
 
Come si fa a non adorarla?
 
<< Elencamele >> la sfido.
 
Credo sia il mio turno di metterla alle strette.
 
<< Beh…sei alto! >> esclama.
 
Annuisco e le faccio cenno di proseguire trattenendo una sonora risata. Deve credermi serio e irremovibile.
 
<< Sei ottimo per le finte >> continua, riferendosi ancora all’incidente.
 
Le lancio un’occhiata contrariata.
 
<< No, eh? >>
 
Scuoto la testa.
 
<< Okay >> fa una pausa. Riflette. << Ti muovi bene sul palco –afferma, come se cercasse di convincermi della cosa - Non sono proprio sicura fossi tu >> aggiunge tra i denti con un sorrisino colpevole.
 
Non riesco più a trattenermi. Scoppio a ridere. Non ho mai visto nessuno arrampicarsi sugli specchi in questo modo.
 
Aspetta mi dia un contegno prima di riprendere la parola. << Il punto è che non ti conosco >> esclama.
 
<< Invece di continuare a ripetere che non mi conosci potresti iniziare a farlo. Potremmo iniziare a farlo >>
   
La sua espressione muta in pochi istanti sotto i miei occhi. Diventa incredibilmente seria.
 
<< Non è il caso >> afferma, secca.
 
Mi acciglio ma non mi guarda già più per rendersene conto. Mi sorpassa e si avvicina alla porta, dandomi le spalle. Non ho idea di cosa le passi per la testa ma sono stanco di stare all’in piedi. Decido di mettermi a sedere.
 
Mi accomodo sul pavimento, poggiando la schiena al muro e allargando le gambe. Si volta. La osservo mentre guarda il punto in cui mi trovavo e si rende conto non ci sia più nessuno. Sobbalza appena. Si rende conto io sia seduto. Abbassa lo sguardo.
 
<< Cosa fai? >>
 
<< Mi siedo >>
 
<< Dobbiamo uscire di qui e tu pensi a sederti? >>
 
Qual è il problema? So che essere bloccati in un bagno non è un modo convenzionale di passare una serata ma agitarsi non risolve nulla.
 
<< Puoi calmarti? Andava tutto bene fino a due minuti fa >> le faccio notare.
 
<< Ero comunque bloccata in un bagno con te >> incrocia le braccia al petto.
 
Sorvolo su quello che potrebbe significare quel “con te” nella sua frase. << Vieni a sederti accanto a me>> le propongo, indicandole la superficie al mio fianco.
 
Mi dà le spalle e picchia sulla porta con il palmo della mano. << Aiuto! Aiuto! C’è qualcuno? >> comincia ad urlare.
 
Decido di starmene buono qui. Lascio che si prenda tutto il tempo che le serve.
 
<< Aiuto! Siamo bloccati in bagno! C’è qualcuno? >> riprende.
 
Dà qualche altro colpo sulla porta. << Aiuto! La porta è bloccata! Aiuto! >>
 
Alterna le urla ai colpi. Va avanti per qualche minuto. La vedo, poi, agitare la mano e non capisco se sia affaticata o dolorante.
 
<< Non vale la pena farsi male >> le dico.
 
Si volta di scatto a fissarmi. << Come fai ad essere così calmo? >>
 
<< Te l’ho detto, confido nelle loro vesciche >> scherzo.
 
Mi incenerisce con lo sguardo. Non è una buona idea, a quanto pare.
 
<< I ragazzi sono di là con Julia. La stanno riempiendo di attenzioni ma tra un po’ si chiederanno dove siamo finiti. Se ne accorgeranno e, solo per ricordartelo, loro sanno dove siamo. Non ci vorrà molto >>
 
<< Sei convinto che…? >> lascia la frase a mezz’aria ma posso intuire cosa voglia dire.
 
Annuisco. Sembra calmarsi. Ha rinunciato a sgolarsi? Prende un bel respiro ad occhi chiusi. Quando li riapre mi lancia un sorriso. Ricambio.
 
Mi viene in contro. Con mia grande sorpresa si siede accanto a me. << Sono ancora in tempo? >> si informa.
 
Inarco un sopracciglio. << Per cosa? >>
 
<< Per conoscerci >> abbozza un sorriso.   
  
L’aveva ignorata ben due volte.  Adesso, però, ha finalmente ceduto. Me ne chiedo il motivo.
 
<< Cosa ti ha fatto cambiare idea? >> le chiedo serio, esternando la mia curiosità.
 
Mi scruta per qualche istante. I suoi occhi guizzano a desta e sinistra per scrutare i miei. Quasi a volerne memorizzare ogni sfumatura. Mi sento un tantino a nudo. Ho quasi paura possa leggermi dentro. Nonostante questo, però, non sposto lo sguardo, anzi.










SPAZIO AUTRICE: Come sempre torno in notturna! Stavolta, però, con una grande richiesta. Questo capitolo è, praticamente, quello che mi fa più schifo tra tutti quelli che ho scritto finora. Se per voi è lo stesso, ditemelo. Una sola parola e lo cancello. Riscrivo qualcosa di più decente e lo posto. Davvero. 
Ve lo chiedo da sorella (?), parlate. Una sola parola e lo elimino. Mi vergogno così tanto. Ahhh. 




Per distrarmi, ho deciso di pubblicarvi, come promesso, la foto della presta volto di Charlotte. E' da questa foto che è nato tutto.  Ps. Ho sbagliato. Avrei dovuto inserire due foto ma non so perché non ci sono riuscita. Questa era per mostrarvi meglio il visino (?). L'altra la metto nel prossimo "spazio autrice". Devo ancora prenderci la mano, a quanto pare.
 
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Capitolo 11
*** Nineteen. ***


Nineteen. 

Mi perdo nei suoi occhioni chiari. Mi rendo conto abbiano delle pagliuzze dorate all’interno. E’ incredibilmente seria mentre mi osserva, come potrebbe fare una bambina che si trova davanti a qualcosa per la prima volta. Il silenzio che cala tra di noi non mi preoccupa. Credo che in questo caso sia un buon segno. Ho l’impressione voglia dire qualcosa di estremamente importante. Come una sorta di confessione. Attendo.
 
<< Sai, nel caso in cui tu dovessi morire qui dentro, vorrei poter dire due parole al tuo funerale >> risponde, invece, spiazzandomi.
 
Avrei dovuto immaginarlo. Ha sempre una battutina per tutto. Sembra quasi non voglia restare seria per più di qualche secondo.   
 
<< Sarebbe squallido limitarmi ad un “Harry. Cantava. Mi ha rovinato la canotta. L’ho ucciso io. Vendetta personale" >> continua e finisce col sorridere.
 
La guardo fingendomi allibito. << Cosa ti fa pensare che morirei per primo? >>
  
<< Andiamo. Hai una pessima presa sugli oggetti, immagino che per l’equilibrio sia lo stesso >>
 
<< Non credo sia in qualche modo collegato ad una possibile morte >> constato aggrottando la fronte.
 
<< Questo perché ti sei limitato. Pensa in grande >> mi prende in giro.
 
Sorrido. << Evidentemente non riesco. Aiutami >>
 
<< Okay. Metti caso tu sia sul palco. Sulla pedana a non so quanti metri d’altezza e… >> si ferma, per lasciarmi intendere il seguito.
 
<< Mi stai augurando di cadere da lì sopra? >> chiedo, improvvisandomi sconvolto.
 
<< No, ti sto solo dicendo che sei in costante pericolo ogni sera quindi dovresti aspettarti di essere il primo tra noi due >>
 
<< Ah >> fingo di concordare.
 
<< A dirla tutta, ti renderebbe un vero gentiluomo lasciarmi sopravvivere >>
 
<< Non scelgo io di… >> mi blocco, non sapendo bene cosa dovrei scegliere e di cosa stiamo parlando.
 
Sorride, intuendolo. << Nel caso in cui si arrivasse al cannibalismo >> mi spiega.
 
<< Ma è orribile! >> esclamo indignato alla sola idea.
 
Continua a sorridere. << Almeno ho la certezza non mi uccideresti per nutrirti >> scherza.
 
<< Vuoi dire che tu lo faresti? >> chiedo, sorpreso.
 
Scuote la testa, seria. << Non potrei mai mangiare qualcuno così crudele con i miei vestiti >> aggiunge, perdendo quel briciolo di serietà che le attraversava il viso.
 
Mi illude, ogni volta. Sembra sempre voglia dire qualcosa di estremamente importante, quasi a voler aprire il suo cuore e confessare tutti i segreti che custodisce e, invece, mi punzecchia. Scherza. Mi prende in giro. Il suo cervello viaggia a cento chilometri l’ora. Mi tiene testa.  E’ stimolante.
 
Credo di non poterne più fare a meno.
 
<< Invece di prendermela per questi continui riferimenti all’incidente, voglio considerarmi fortunato per il solo fatto che non hai intenzione di mangiarmi >> rispondo con un accenno di sorriso.
 
<< Quanti anni hai? >> chiede, senza alcun preambolo.
 
Credo sia la prima domanda diretta che mi pone. Rimango un attimo perplesso. Perché vuole saperlo? Certo, credo che in fin dei conti sia anche normale voler conoscere l’età della persona che ti è di fronte, lo vorrei anch’io, ma perché adesso?
 
<< Cosa, vuoi vedere quanto mi resta da vivere? >> scherzo, decidendo di imitare il suo atteggiamento.
 
<< Volevo regolarmi per il pianto. Più qualcuno è giovane e più lacrime vanno versate >>
 
Le mie labbra si dischiudono in  un sorriso di cui non riesco a prevedere l’arrivo. << Venti >>
 
Annuisce, come se volesse prenderne mentalmente nota. << Bene, sto facendo passi in avanti >> commenta.
 
<< Tu? >> le chiedo di rimando. E’ giunto il mio momento.
 
<< Perché? Non sarai mica tu a fare il discorso >>
 
Sarà più dura di quanto pensassi. Ho come la sensazione che, in realtà, non voglia dirmi nulla sul suo conto.
 
<< Pensavo volessimo conoscerci >> le faccio notare.
 
Scuote la testa. << Tu hai detto volessi farlo ed io ti ho chiesto se fossi in tempo. Non ho mai detto volessi ricambiare >>
 
Sono convinto si stia divertendo a trattarmi così. Sorride sotto i baffi. Bene. Adesso è il mio turno di fare il difficile.
 
<< Okay >> pronuncio secco e giro il viso dal lato opposto, deciso a non rivolgerle la parola.
 
Mi sembra di sentirla sorridere. << Cosa c’è, Harry? >> chiede, enfatizzando di proposito il mio nome.
 
Lo pronuncia così bene. Dannazione. Devo restare concentrato. Non devo crollare. Devo portarla a dirmi la sua età o, almeno, a smettere di evitare le domande sul suo conto.
 
<< Harry? >> ripete, con una vena divertita.
 
Mi sta torturando di proposito, me lo sento. Guardando il lato positivo, almeno adesso ha memorizzato il mio nome e, con un po’ di fortuna, smetterà di definirmi “sconosciuto” o “estraneo” alla prima occasione.
 
<< Hai davvero intenzione di non parlarmi? >> chiede ancora.
 
Taccio nonostante mi riesca difficile. Nonostante sia infantile. Sono quasi sicuro di esserci vicino. Se persisto, potrebbe iniziare a parlare. Non devo mollare.
 
Silenzio. Aspetto lo interrompa con un’altra domanda. Non succede. Dovrei rivolgerle lo sguardo e capire cosa le prende? Attendo ancora qualche istante. La sento sospirare. Sobbalzo appena. La tristezza presente in quel sospiro mi colpisce.
 
<< Diciannove >> afferma, poi.
 
Mi volto di scatto. << Eh? >>
 
Riapre gli occhi proprio mentre i miei cercano il contatto con i suoi. << Ho diciannove anni >> specifica accompagnando la frase con un sorriso gentile.
 
Non c’è insolenza o malizia sul suo viso. E’ così strano visto il contesto. Mi ha così abituato all’immagine pungente ed un po’ sfacciata di sé che, in questo momento, mi sembra di avere a che fare con un’altra persona. Quasi un cucciolo indifeso.
 
Mi chiedo perché ci abbia messo così tanto a dirmi quanti anni abbia. Non era una domanda così particolare, anzi. 
 
<< Perché ci hai messo così tanto? >> esterno i miei pensieri, senza volerlo.
 
Sobbalza. Non credo si aspettasse la domanda. In realtà, nemmeno io ma ormai è andata. Non posso rimangiarmela e, onestamente, sono sinceramente interessato alla risposta.
 
Apre la bocca. Un filo d’aria l’attraversa. La richiude subito dopo. Mi ha illuso.
 
La guardo interrogativo sperando serva ad incalzarla.
 
<< Non si chiede l’età ad una donna ma, evidentemente, non ne sei a conoscenza >> afferma con un risolino.
 
Addio alla possibilità di avere una risposta seria da parte sua. Di nuovo.
 
<< Allora perché me l’hai detto? >> chiedo improvvisando un’aria di sfida che non mi appartiene affatto.
 
<< Ho voluto tamponare questo errore di galanteria >> pronuncia fingendosi altezzosa.
 
<< Volevi semplicemente che riprendessi a parlarti >>
 
Sorride e sposta lo sguardo sulla parete per evitare i miei occhi. So di aver colto nel segno. Sta cercando di dissimulare. E’ così carina. Potrei stare qui a fissarla per ore e mi sembrerebbe sempre come il primo secondo.
 
Mi rivolge nuovamente lo sguardo.
 
<< So che è così >> incalzo. Voglio che confessi anche se so che non lo farà mai.
 
Sgrana gli occhi e apre la bocca fingendosi scioccata per la mia insinuazione.
 
<< Ammettilo >> continuo, intuendo sia tutto un modo per prendere tempo ed evitare di rispondere.
 
Si morde appena il labbro. Alza gli occhi al cielo, quasi combattuta. Sta lottando contro sé stessa per dirmelo, riesco a vederlo.
 
<< Va bene! >> esclama alla fine.
 
So che per lei è un grande passo ma non sono ancora soddisfatto.
 
<< Cosa? >> chiedo facendo il finto tonto, giusto per torturarla un po’.
 
<< Volevo mi parlassi >> pronuncia senza guardarmi.
 
Sorrido, compiaciuto. Probabilmente è la cosa più bella che mi sia sentito dire. << Anche io >> mi lascio sfuggire.
 
Si volta di scatto e pianta i suoi occhioni nei miei. << Cosa? >> domanda, con la mia stessa intonazione.
 
Non rispondo. Non è esattamente facile dirle che volevo con tutto me stesso che lei volesse che io continuassi a parlarle. Non è solo contorto da spiegare ma è anche parecchio rischioso. Mi esporrei troppo. Eppure devo inventarmi qualcosa perché il guaio è fatto. Io e la mia stupida boccaccia. Cavolo. La prossima volta indosso una museruola. Deciso. Peccato che io stia vivendo adesso. E non ho un cane a portata di mano.
 
<< Cosa? >> ripete. Stavolta è seria. Sembra quasi preoccupata dal fatto stia tentennando.
 
<< Ehm…cosa ho detto? >> chiedo per prendere tempo.
 
Sto facendo la figura del cretino ma il mio cervello non sta funzionando abbastanza in fretta per elaborare qualcosa di valido.
 
<< Non fare il finto tonto – mi rimprovera - Hai detto “anch’io” >>
 
<< Oh, sì. Anch’io >> ripeto con convinzione.
 
So che non basta, ma cosa devo fare?
 
<< “Anch’io” cosa, Harry? >> insiste.
 
Il modo in cui pronuncia il mio nome. Dio. Il mio povero cuore. Non riesco a resisterle così.
 
Sospiro. Ormai non posso più evitarlo. << Volevo desiderassi di continuare a parlarmi >> ammetto imbarazzato, guardandomi l’orlo della t-shirt.
 
Sorride. Credo che il peggio sia passato. Posso alzare di nuovo lo sguardo. Sta ancora sorridendo. C’è qualcosa di diverso nel modo in cui incurva le labbra, stavolta. C’è qualcosa di diverso anche nei suoi occhi. Brillano. Non ne capisco il motivo.
 
<< Allora parliamo >> esordisce con un lieve sorriso.
 
So che sta evitando di dire qualcosa di serio. E’ abile quando si tratta di cambiare discorso ma, per una volta, gliene sono grato. Mi sento meno in imbarazzo.
 
<< C’è altro che vorresti sapere per preparare un bel discorso? >> scherzo, cercando di mascherare a mia volta la precedente confessione.
 
<< Ne pretendi anche uno bello? >>
 
Annuisco.
 
Per tutta risposta, scuote la testa. << Sarai morto, ti accontenterai >> e sorride.
 
<< Sono davvero scioccato dalla tua superficialità >>
 
Scoppia a ridere. Credo sia per il modo in cui l’ho detto. Non credo di aver mai usato una voce così strana in vita mia. La cosa avrebbe potuto compromettermi e, invece, ride.
 
La osservo e non posso fare altro che sorridere a mia volta. Mi contagia. Non riesco a trattenermi quando le sono intorno.
 
<< Okay, solo perché mi sei simpatico voglio cercare di rimediare >> proferisce tra una risatina e l’altra.
 
Mi sorprendo. Non mi aspettavo l’avrebbe mai detto.
 
<< Ti sto simpatico? >> dal mio tono le lascio intuire tutto il mio stupore.
 
Annuisce, poi si porta un dito alla bocca e mi zittisce. << Sshh! Non dirlo ai miei capelli, però >> sussurra. Adoro il suo senso dell’umorismo.
 
La guardo incredulo dello spettacolo che possa costruire intorno a sé solo respirando.
 
<< O a questa macchia qui >> aggiunge indicando l’alone sulla canotta che, in un modo o nell’altro, è continuamente presente nella nostra conversazione.
 
<< Penso dovresti darle un nome >> scherzo.
 
<< Prima dovrei capirne il sesso >> mi regge il gioco.
 
<< Dal momento che te l’ho fatta io, maschio >>
 
<< Ma dal momento che la maglia la indosso io, femmina >> ribatte.
 
<< Un nome unisex? >> propongo per trovare un compromesso.
 
<< Stiamo seriamente dando un nome ad una macchia? >> mi chiede.
 
<< Se non lo facciamo, crescerà odiandoci per non averla amata abbastanza da darle un’identità >>
 
Sorride. << Hai ragione. Ci vuole un nome unisex così, una volta cresciuta, potrà decidere se essere un uomo o una donna >>
 
Questa strana complicità mi riempie il cuore. Mi sembra di conoscerla da sempre. Mi sento a casa, in senso figurato. Non chiuso in un bagno in attesa di essere liberato, in senso letterale.
 
<< Andrea? >> propongo.
 
Scuote la testa. << In alcuni Stati è solo femminile e in altri è solo maschile >> nota.
 
<< Sei brava a criticare le mie idee >> fingo di lamentarmi.
 
<< E se unissimo i nostri nomi? >>
 
La domanda mi coglie impreparato. E’ stupido ma per me significa più di quanto sembri. So che si tratta di una macchia e che è solo un modo per passare il tempo ma il fatto che lei voglia unire i nostri nomi è…non è da lei. Almeno non della persona che mi ha dato modo di conoscere finora.
 
<< Harlotte? >> e, mentre lo pronuncio, mi suona così ridicolo.
 
<< Charry >> mi corregge con un gran sorriso.
 
Chi è questa ragazza e cosa ne ha fatto della sarcastica e pungente Char? Non che mi dispiaccia, ovviamente. Sono solo curioso.
 
<< La macchia è d’arancia ma va bene >> sorrido.
 
<< Non “Cherry” ma “Charry” >> sembra Hermione quando corregge Ron nel primo film di Harry Potter.
 
La guardo stranito. Non capisco la differenza.
 
<< Con la “a” >> continua.
 
Adesso è più chiaro. << Oh >>
 
<< Non va bene? >>
 
Sta davvero chiedendo il mio parere? E’ una cosa nuova per me.
 
<< Somiglia troppo a “ciliegia”. I suoi coetanei potrebbero prenderlo in giro >> scherzo.
 
<< O prenderla in giro >> mi corregge.
 
Sorrido. << Scusa. E’ che volevo un figlio maschio >> la prendo in giro.
 
Copre la macchia con entrambe le mani, sconvolta. << No, no. Non l’ha detto davvero. Ti vuole bene anche se sei femmina >> sussurra all’alone.
 
E’ la cosa più comica e, allo stesso tempo, dolce a cui io abbia mai assistito. Dov’è stata tutto questo tempo?
 
<< Mi dispiace. Non lo intendevo sul serio >> intervengo, improvvisandomi pentito.
 
Mi guarda per accertarsi di potersi fidare e, mentre tiene ancora i suoi occhi fissi nei miei, scopre lentamente la macchia.
 
<< Se, crescendo, non dovesse perdonarti, te lo sei meritato >> mi rivolge fingendosi dura.
 
<< Fatto sta che “Charry” può essere confuso con “Cherry” >> cambio discorso.
 
<< Beh, “Harlotte” è orribile >> mi fa notare, come se fosse convinta volessi tornare ad una delle prime opzioni.
 
<< Carry? >>
 
<< E che Carry sia >> acconsente.
 
Un attimo di silenzio. Ci sorridiamo a vicenda. Vorrei che i miei occhi potessero filmare questo momento.
 
<< Di dove sei? >> le chiedo, poi.
 
Ho stranamente preso coraggio. Dal modo in cui mi guarda sembra l’abbia notato anche lei. Spero sia positivo.
 
<< Non sono di Stoccolma, se è quello che ti chiedi. Siamo venute apposta per il concerto. Ripartiamo domani >>
 
La sua frase mi risuona nella testa e, per qualche istante, mi sembra di rivivere il sogno. Noto anche qui abbia un accento che non riesco ad identificare.
 
<< Hai uno strano accento >> constato, dimenticandomi del resto.
 
Sorride. << Anche il tuo non è male, eh >>
 
<< Non intendevo in senso negativo. E’ che mi ricorda qualcosa >> chiarisco.
 
<< Forse perché sono di… >> si blocca.
 
<< Di? >> le chiedo.
 
<< Sshh! >> mi ammonisce e tende le orecchie.
 
Provo ad imitarla per capirci qualcosa.
 
<< Credo di sentire dei passi >> sussurra, alzandosi e avvicinandosi alla porta.
 
Inclino la testa. Io non ho sentito niente. Forse dovrei prestare maggiore attenzione. Riprovo. La vedo poggiare l’orecchio alla porta. Mi sembra così convincente. Magari se mi avvicino, sentirò anch’io.
 
Mi alzo e la imito cercando di non fare rumore.
 
<< …siano qui >> mi sembra di sentire.
 
Non riesco a distinguere a chi appartenga la voce.
 
<< Harry! >> urla. Niall.
 
E’ più vicino adesso. Riesco a distinguere quello che dice, almeno.  
 
<< Lotte! >> grida in contemporanea Julia.
 
Devono essere venuti a cercarci insieme. E’ stata una buona idea.
 
<< Siamo qui! >> urla lei, in tutta risposta.
 
<< Ancora in bagno?! >> chiede Niall oltremodo sorpreso.
 
<< La porta è bloccata. Non riusciamo ad aprirla dall’interno >> intervengo.
 
<< Avresti potuto chiamare >> mi fa notare.
 
<< Il signorino non ha il telefono con sé >> pronuncia Charlotte, tornando la solita simpaticona.
 
Mi piace la sua versatilità. In realtà, qualsiasi cosa le appartenga mi sembra unico.
 
<< Harry! Quante volte ti ho detto di portarlo sempre dietro? >> mi rimprovera Niall, come suo solito.
 
C’è da dire che non sopporto le paternali, figurarsi adesso che sono con Char e questo comporta una figuraccia assicurata.
 
<< Non adesso, amico! >> esclamo.
 
Mi annoto mentalmente di fargli una scenata una volta rimasti soli.
 
Lo sento ridere. Inizia ad armeggiare con la maniglia.
 
<< Se siete dietro la porta, toglietevi >> ci informa.
 
In contemporanea facciamo qualche passo all’indietro. Vista la vicinanza alla parete, decido di appoggiarmi con la schiena. Lei mi guarda e sembra riflettere sulla possibilità di imitarmi.  
 
<< Ci riesci? >> chiede Julia, lieve.
 
Questo la distrae e la porta a prestare attenzione ai due dall’altro lato.
 
<< Sì, tranquilla. Ci sono quasi >> la rassicura.
 
<< Devo fidarmi? >> mi domanda Charlotte in un sussurro divertito.
 
<< Continuo a non capire perché, invece, ti fideresti di me >> bisbiglio, non in grado di capacitarmene.
 
Mi fissa come suo solito. L’espressione seria che ormai la caratterizza quando sembra voglia dirmi qualcosa di profondo ma poi cambia idea.
 
I rumori aumentano. Apre la bocca.
 
<< Ci sono, ci sono! >> esclama Niall con un accenno di fiatone.
 
Non ci bado. Tutto ciò che mi interessa è quello che sta per dirmi lei.
 
<< Devo essere onesta… >>
 
La porta si apre di botto e vengo quasi travolto da Niall che, probabilmente, non ha saputo dosare la propria forza. Ha rovinato il momento.
 
 
 










SPAZIO AUTRICE: Buonasera a tutti! Per una volta so quale saluto usare, yaay. (Sì, per me è ancora sera lol). 
Questo capitolo è un po'...okay, non dico niente perché ho paura possiate linciarmi. Quindi lascerò che ci sia solo il vostro giudizio, qui. 
Se ci ho messo troppo per pubblicare (non ne sono sicura) è perché, per la prima volta, ho dovuto prendere delle decisioni in merito alla trama e mi sono resa conto che per mettere in atto tutto quello che mi passa per la mente non mi basteranno 20 capitoli come, invece, avevo detto. Per voi è un problema se arrivo intorno ai 30? Non so a che "lunghezza" siete abituati ma solitamente scrivo cose molto lunghe quindi se arrivassi intorno alla trentina, per me sarebbe comunque corta. Se, però, dovesse darvi problemi, vedrò di tagliare e ridurre al minimo. (Esprimetevi su questo punto, per favore.) 


Ora, mi ero detta di preparare un discorso vero e proprio da inserire qui sotto ma non l'ho fatto e, siccome sono smemorata, non credo ricorderò tutto quello che mi ero prefissata di dirvi (anche se lo spero).
La prima cosa è...
hoodsvoice, tesoro del mio cuore, se stai leggendo (e spero sia così altrimenti sarebbe strano), ti giuro che per me questo non è un momento clou. Ho fatto del mio meglio per fare in modo non lo fosse. Ti preego. Ti scongiuro, dimmi che ho ragione cwc
[Tra l'altro, per chi non la conoscesse, è l'autrice della mia storia preferita al momento, "If we could have this life for one more day". Quindi, se riuscite ad immaginare Harry con un'altra ragazza che non sia Charlotte (e penso sia possibile vista la miriade di fan fiction presenti su questo sito), passate a dare un'occhiata ( link qui: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2717153&i=1 ).]


La seconda: 
Ho letto nelle varie recensioni (di cui ringrazio la presenza) che la presta volto di Charlotte non piace a tutte. Vorrei dire qui, in modo che sia per tutti, che non voglio assolutamente imporre la mia idea e che è ovvio che ognuno, indipendentemente dalla presenza o dall'assenza di foto, si immagini un personaggio in un certo modo. 
Se volete, però, possiamo fare una specie di contest per scegliere un'altra presta volto, non so. Sembra un'idea carina (?) e mi darebbe la possibilità di conoscere i vostri gusti :)  
 
 Terza: 
Sempre per quanto riguarda la presta volto, qualcuno (di cui non ricordo il nome) mi ha detto sia più bionda che rossa. Da qui mi è sorto un enorme dubbio perché sono negata con i colori. Nonostante sia una ragazza (e si sa quello che si dice sulla nostra concezione dei colori) sono negata con le distinzioni quindi ho seriamente paura di aver scambiato un tipo di biondo per rosso. Quindi, per togliermi ogni dubbio, aggiungerò delle foto (alla fine del papiro) e spero mi direte che colore vi sembra. (Sto facendo pratica con l'inserimento lol). 
 
 Quarta cosa: 
Sono oltremodo entusiasta per il riscontro positivo che sta ricevendo questa storia. Mi sembra un sogno, davvero. Mi piacerebbe conoscervi meglio e fare amicizia. Se provate lo stesso, sarebbe fantastico! Per facilitare le cose, vi lascio il mio ask (da cui potete ricavarvi il mio account facebook, se vi interessa): 
http://ask.fm/melhopes
 e il mio nick di twitter: 
@Melanie_Destiny  (ovviamente ricambio il follow se mi fate presente di avermi seguita. Non sempre riesco a vedere chi lo fa, non so perché).


Quinta: 
Vi dà problemi la presenza di altre lingue? Devo chiedervelo perché non so più parlare italiano (lunga storia) e ogni volta che scrivo gli "spazio autrice", soprattutto di notte, devo trattenermi per scrivere tutto in italiano (che poi è la mia lingua madre, che vergogna!). Sarebbe un problema se nel mezzo finisse anche un po' di inglese? E' quella la lingua che prevale nel mio cervello dopo una certa ora ><


Infine: 
Ultima cosa ma non meno importante, grazie. Grazie a chiunque sia arrivato fin qua giù tollerando il mio monologo. A volte so essere peggio di un anziano affetto da Alzheimer. Mi dispiace ma grazie mille se avete deciso di donarmi una porzione del vostro tempo per leggere. Siete dolcissime e non potrei chiedere di meglio!  
Grazie anche a chi sta recensendo ogni capitolo e attende con ansia il successivo spronandomi a continuare. 
Grazie ai lettori silenziosi (di cui vorrei tanto sentire la voce! Non mordo, eh lol). Vedo il vostro sostegno attraverso il numero di visite che cresce, aww.
 
Spero di aver detto tutto. In caso contrario, rimedierò la prossima volta. (Magari scrivendo uno schema lol). 
A presto, vi voglio bene! x




Ora, le foto:
 
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Capitolo 12
*** Tank Top. ***


Tank Top. 
 
<< Scusa, amico >> mi rivolge frettolosamente Niall rendendosi conto di avermi fatto perdere l’equilibrio.
 
Sento la risatina di Charlotte mentre cerco di non cadere.
 
<< Vedi? >> osserva, sarcasticamente.
 
Immagino si riferisca alla storia del morire per primo per via dell’equilibrio precario e sorrido. Vorrei risponderle a tono ma non riesco a connettere.
 
C’è qualcosa che non va con il mio cervello ultimamente. O è la sua presenza?  
 
<< Lotte! >> esulta Julia, correndo a circondarle la vita.
 
Lascio perdere e mi limito ad osservare la scena dal momento che Charlotte non mi degna più di uno sguardo. Tutte le sue attenzioni sono rivolte alla bambina alta poco meno di un metro che le si è avvinghiata come una piovra.
 
<< Cosa? >> chiede a quel punto Niall curioso, cercando di capire a cosa si debba l’osservazione di Charlotte.
 
Non rispondo. Sono estremamente preso dal quadretto che Julia e la mia “compagna di avventura” formano.
 
<< Comunque stai bene? >> domanda, ancora.
 
Annuisco distrattamente per farlo tacere. Per quanto tenga a lui, posso vederlo tutti i giorni. Char no. Con lei non è esattamente lo stesso e, prima che arrivassero ad aprirci,  era in procinto di darmi delle informazioni. Stava per dirmi di dove fosse.
 
Ed io devo saperlo. Sarebbe l’unico modo di aver la certezza di vederla di nuovo. Devo far in modo che la conversazione continui. Il punto è: come?
 
Ormai non ha occhi che per Julia. Devo dire qualcosa di simpatico. O di antipatico, magari. Senza eccedere, ovviamente. Qualsiasi cosa possa far scattare una scintilla in lei, portandola a rispondermi.
 
<< Okay, ho capito >> sussurra Niall e mi chiedo a cosa si riferisca.
 
Nell’esatto istante in cui decido di voltarmi per lanciargli un’occhiata interrogativa, lui mi supera per avvicinarsi alle due.
 
<< Julia, vuoi vedere cosa si prova a stare sul palco? >> chiede alla piccola con un enorme sorriso.
 
Cosa sta facendo?
 
La bambina sembra farsi travolgere da quel gesto e annuisce con foga. Rivolge, poi, un veloce sguardo a Char per ottenere la sua approvazione. Per tutta risposta, lei mette su un’espressione entusiasta.
 
Niall allunga la mano e Julia gliela stringe. Iniziano a dirigersi verso l’uscio.
 
Tutto si fa chiaro. La sta portando via per darmi tempo. Potrei avere un amico migliore? Sta facendo così tanto per me, soprattutto da stamattina. Non so proprio come potrei sdebitarmi.
 
Mi passano davanti e il mio amico mi lancia un’occhiata eloquente che traduco mentalmente con un “Mi devi un favore”. Gli sorrido riconoscente.
 
Varcano la soglia e mi sorprendo di come Charlotte resti semplicemente a guardare senza seguirli.
 
<< E ti fidi? >> le chiedo, indicando col pollice la loro scia.
 
La mia intenzione non è quella di farle avere un ripensamento per farmi mollare lì e far andare in fumo il piano di Niall, no. E’ solo un modo per scherzare. Per tornare ad avere il suono della sua voce nelle orecchie e i suoi sorrisi o smorfie da imprimere nei miei occhi.
 
Si stringe nelle spalle. << Non posso certo fare la terza incomoda. Non me lo perdonerebbe >> commenta, sorridendo appena.
 
<< Ha una cotta per Niall? >> e dal mio tono traspare in maniera eccessiva il mio stupore.
 
Nel sogno nominava Liam. Forse non è una fonte del tutto attendibile. A questo punto, però, è un sollievo. Sarebbe stato inquietante il contrario.
 
<< Avresti voluto essere tu? >>
 
Scuoto la testa. << Mi avrebbe linciato per essere rimasto bloccato tutto questo tempo in bagno con te, altrimenti >> le spiego, accennando un sorriso.
 
<< E poi hai detto sia in buone mani con i ragazzi >>
 
Annuisco. Non ho intenzione di alimentare questa parte di conversazione. C’è altro di cui dobbiamo parlare prima che il nostro tempo scada. Anche se non so esattamente quando accadrà. Non so nemmeno quanto tempo siamo rimasti chiusi in bagno, né che ora sia adesso.
 
<< Mi stavi spiegando perché ti fidi di me >> affermo, deciso.
 
Inclina leggermente la testa e aggrotta la fronte. Credo stia cercando di ricordare. I suoi occhi vagano. 
 
<< O perché non ti fidi di me >> aggiungo, non dando per scontato quella possibilità.
 
<< No, non sarebbe da me >> risponde con un sorrisino insolente, torturandomi di proposito.
 
<< E cosa sarebbe da te, esattamente? >> mi informo, mostrando lo stesso sorriso. O, almeno, una vaga imitazione.
 
Sussulta e si porta la mano sulla parte alta della coscia. Cerco di capire cosa stia succedendo quando estrae un cellulare. Quella gonna aveva delle tasche? Ne inventano di tutti i colori al giorno d’oggi.
 
Passa un dito sul display e porta velocemente l’apparecchio all’orecchio.
 
<< Hallo! >> pronuncia squillante.
 
La stavano chiamando, quindi. Avrebbe potuto usare una suoneria. Mi fermo e cerco di catturare quanto appena udito. Ha detto “Hallo” o sbaglio?
 
<< Ja, ich weiss aber… >> continua e inizia a balbettare, quasi presa dal panico.
 
Cosa accade dall’altro capo della cornetta per far in modo che Charlotte diventi una pecorella smarrita?
 
Devo smetterla con le similitudini. Non sono il mio forte. Fatto sta che quella che mi si presenta davanti è la terza versione della stessa ragazza e, non c’è che dire, le sta bene tutto. Qualsiasi aspetto la rende adorabile. Forse sono io. Probabilmente la vedrei in questo modo anche se iniziasse a fare la contadinotta di altri tempi, sputando a terra e camminando a gambe divaricate peggio di un uomo.
 
Cosa diavolo vado a pensare? Scuoto la testa e decido di concentrarmi nuovamente sulla conversazione. Anche se non capisco nulla.
 
<< Ja, klar. Ja >> ripete da circa dieci secondi.
 
Tutto ciò che so è che sta acconsentendo a qualcosa. Pronuncia altre frasi troppo velocemente affinché io possa solo coglierne il senso. Credo sia inutile provarci a questo punto. Mi conviene aspettare finisca, sperando non si dilunghi.
 
Inizio a fissare cose a caso della sua persona. Il modo in cui china il capo ad intermittenza come se fosse nel mentre di scusarsi. La tendenza a girare in tondo mentre risponde. I movimenti delle mani appena accennati.
 
I miei occhi cadono sui suoi capelli. Le punte sono ancora bagnate e, anche da questa distanza, appaiono visibilmente appiccicaticce. Mi sento davvero colpevole. C’è da dire però che la macchia – Carry - viene facilmente coperta quando i suoi capelli ondeggiano.
 
Mi lascio andare ad un sorrisino soddisfatto approfittando del fatto sia momentaneamente di spalle. Non posso credere sia ancora qui con me.
 
<< Cosa c’è? >>
 
Sobbalzo. Ero così occupato ad osservare i danni che ho causato da non rendermi conto stesse posando il cellulare al suo posto.
 
<< Eh? >> chiedo, guardandola.
 
<< Sorridi >>
 
Beccato. << E’ vietato? >>
 
Scuote la testa. << Constatavo solo avessi i denti >> scherza.
 
Stavolta non sembra volermi mettere alle strette. Le faccio il verso. Questo non è molto cool. Pazienza.
 
Sorride appena, divertita dalla mia infantilità. Non so nemmeno come sia possibile ma, fintanto che le cose vanno in questo modo, mi sta bene.
 
Ho bisogno di informazioni. << Parli bene >> commento, cercando di attirarla nella mie rete.      
 
<< Cosa? >> inarca un sopracciglio. << Oh, intendi al telefono? >> chiede dopo, probabilmente associando le cose.
 
Annuisco. << Tedesco? >> mi accerto.
 
<< Erano i genitori di Julia. Volevano sapere perché non fossimo ancora tornate indietro. Va’ a spiegare che un lanciatore di succo a tradimento mi ha sequestrata in un bagno >> pronuncia l’ultima frase con un risolino trattenuto a stento.
 
<< Hey, non ti ho sequestrato! Volevo solo farmi perdonare per averti macchiato la maglia >> protesto.
 
<< Peccato che tu non abbia fatto niente >> mi fa notare.
 
In effetti sono rimasto tutto il tempo appoggiato alla parete in attesa smettesse di strofinare.
 
<< Ti ho offerto la mia t-shirt ma hai rifiutato >> rispondo comunque, trovandola un’azione positiva e degna di nota.
 
<< Una maglia sudata >> specifica.
 
<< In realtà io non ho mai detto ti avrei dato questa >> e afferro con due dita un lembo della t-shirt per esibirla meglio.
 
<< Non hai nemmeno specificato si trattasse di qualcosa di pulito >>
 
Non rispondo. Mi viene molto più naturale ricambiare il suo sguardo profondo. Ci fissiamo. Scoppiamo a ridere in contemporanea.
 
<< Vuoi una mia t-shirt pulita? >> le chiedo, enfatizzando di proposito l’ultima parola.
 
Sembra sul punto di fare un bel cenno col capo ma si blocca. Mi guarda un istante, come se mi vedesse per la prima volta. Come se avesse davanti qualcuno spuntato fuori dal nulla. Scuote la testa.
 
<< Sei sicura? >> domando premuroso.
 
<< Sì, è tutto okay, Harry >> sussurra appena evitando il mio sguardo.
 
Non pensa le starebbe bene una delle mie t-shirt o qualcosa di simile? So di avere dei gusti un po’ strani in fatto di abbigliamento perché Niall e Liam me lo ripetono di continuo ma non le offrirei mai qualcosa di stravagante. Ho una valanga di magliette nere. Non starebbe male con una di quelle.
 
Forse è perché sono maschili?
 
<< Posso comprartene una nuova >> mi offro.
 
Alza di scatto il capo e mi incenerisce con lo sguardo. Questa volta, però, più intensamente. Cos’ho detto di sbagliato? Mi sono solo offerto di comprarle qualcosa per farmi perdonare. In fondo, l’ha detto anche lei che, nonostante mi fossi offerto, non ho fatto davvero qualcosa di concreto.
 
<< Una nuova? Una maglia nuova? >> sbotta.
 
Non ne capisco il motivo. Non l’ho mica insultata. Né ho dato fuoco ai suoi oggetti. Non che darei mai fuoco a qualcosa, comunque.
 
Annuisco, incerto.
 
<< Oh, certo. Hai soldi che ti escono dalle orecchie quindi perché non comprare una maglia costosa per rimpiazzare quella che ho addosso? In fondo, che sarà mai. Sono solo vestiti! >> urla.
 
E’ furiosa. Per quanto mi sforzi non riesco davvero a capirne la ragione. Sta diventando tutto troppo assurdo.
 
<< Non volevo certo dire questo >> mi difendo prima che la situazione possa degenerare. << Cercavo solo di far qualcosa di carino per rimediare >> aggiungo.
 
<< Risparmia le tue carinerie per qualcun altro. Qualcuno che, magari, le gradisce >> riprende senza abbassare il volume o modificare il tono.
 
<< Sono solo dispiaciuto per la tua maglia >> mi giustifico.
 
Non riesco a capire cosa veda di male in tutto questo e perché, all’improvviso, ce l’abbia tanto con me.
 
Senza aggiungere una parola, mi sorpassa di corsa ed esce, diretta chissà dove. Sta andando via. Mi sta letteralmente scivolando di mano. No. Non adesso. No. Non posso permetterlo.
 
La rincorro, trovandola ad un paio di metri dietro il primo angolo. E’ di spalle e sta camminando a piccoli passi. Mi fermo e tento di non far rumore per raggiungerla senza che si accorga di me e decida di fuggire di nuovo.
 
Quando sono a mezzo metro da lei, mi rendo conto stia singhiozzando. Cosa? Mai possibile che sia colpa mia? Sta davvero piangendo per la mia offerta?
 
Nonostante sia pazzesco, vorrei solo a stringerla a me. Non sopporto sia in questo stato.
 
<< Hey >> pronuncio lieve, sperando serva a farla girare.
 
Si blocca. Per un istante ho anche il timore abbia smesso di respirare.
 
Si accerta della mia presenza con la coda dell’occhio. Vedo una lacrima incastrata tra le ciglia superiori e mi fa più male di un pugno nello stomaco.
 
 Fa per andar via. Le afferro il braccio per impedirglielo. E’ il primo contatto fisico tra noi e sono estremamente dispiaciuto sia dovuto a queste circostanze.
 
Si volta. So già che ha intenzione di liberarsi della mia presa. E’ così prevedibile. Allunga una mano contro il mio petto per spingermi via. Non ha abbastanza forza per farcela e, come se non bastasse, non ha nemmeno abbastanza motivazione. Sembra quasi lo stia facendo solo perché si sente obbligata non perché desideri davvero io sparisca.
 
Noto in quell’istante che sta compiendo tutti questi piccoli atti di protesta a testa bassa. Vuole evitare che le veda gli occhi pieni di lacrime o il viso già rigato?
 
 << Hey >> ripeto.
 
<< Mi lasci andare? >> domanda, stranamente. La sua voce è incrinata sulla fine della frase.
 
<< Mi spieghi cosa ho fatto di male? Ti assicuro che non sono quel tipo di persona. Non volevo ostentare la mia ricchezza o comprarti un’altra maglia solo perché…non so nemmeno io cosa possa sembrare >> dal mio tono, invece, è udibile tutta la mia frustrazione.
 
Tace. Non accenna ad alzare la testa.  
 
La scruto. Sembra stia ragionando sulla cosa. La sento più calma, però, tra le mie mani. Decido di allentare la presa, lentamente. Non credo tenterà nuovamente la fuga.
 
Le mie dita sfiorano ancora il suo polso quando si asciuga qualche lacrima con il palmo della mano libera.
 
Non so cosa fare. Sono qui, di fronte a lei. La vedo piangere. Per un motivo non abbastanza valido ai miei occhi. Mi ferisce comunque. Vorrei darle conforto. Cullarla tra le mie braccia.
 
<< Okay >> bisbiglia.
 
<< Okay? >>
 
<< Sei stata bravissima! Qualche altra volta potrei farti vedere la pedana. Che ne dici? >> la voce esaltata di Niall arriva dalla fine del corridoio, facendoci sobbalzare.
 
Ci stanno raggiungendo. Charlotte ritrae la mano e si porta entrambe al viso. Asciuga le lacrime in tutti i punti possibili. Tira su col naso un paio di volte.
 
<< E potrò vedere anche come funzionano le luci lì? >> chiede Julia, in completa adorazione.
 
La sua voce è più vicina di quanto non fosse quella di Niall qualche secondo fa.
 
Charlotte prende un paio di respiri profondi.   
 
<< E’ tutto okay? >> mi accerto in un sussurro, tenendo gli occhi oltre le sue spalle.
 
Non voglio che ci colgano alla sprovvista. Voglio vedere l’esatto momento in cui sbucheranno da dietro l’angolo.
 
Annuisce. << Mi dispiace. Sei stato gentile, Harry. Quello che… >> si blocca, non riuscendo a trovare le parole adatte.
 
<< Non hai fatto nulla di male. E’ colpa mia >> aggiunge, come se le costasse fatica ammetterlo.
 
<< Certamente! Chiederò al nostro tecnico di fermarsi apposta per te! >> sento Niall continuare.
 
<< Quindi non ce l’hai con me? >> suono un tantino disperato e bisognoso di approvazione.
 
<< No >> dichiara secca.
 
Mi sento un tantino sollevato anche se “No” non mi sembra abbastanza. Avrei voluto una motivazione aggiuntiva. Credo dovrò accontentarmi e semplicemente essere grato del fatto sia tutto in ordine. O, almeno, apparentemente perché ancora non mi spiego cosa possa averla fatta piangere.
 
Alza la testa e indugia qualche istante prima di posare i suoi occhi su di me. Come se non si sentisse in grado di farlo. Come se volesse nascondersi ancora per un po’.
 
<< Sei un tipo simpatico >> aggiunge con un mesto sorriso.
 
Di sottecchi vedo due macchie di colore apparire sullo sfondo. Sono Niall e Julia.
 
La festa è finita.
 
<< Quando non mi urli addosso, anche tu >> la imito, cercando di sdrammatizzare.
 
Mi sembra di causarle un sorrisino pronunciando quella frase. Non ne sono del tutto certo.














SPAZIO AUTRICE: Saaalve a tutti! Mi dispiace di essere tornata con questo orrore. So che avrei potuto risparmiarmelo ma è tutto quello che sono riuscita a creare. Ho una specie di blocco mentale di cui non riesco a liberarmi, ahhh.
Quindi, siccome sono fragile, siate sinceri ma non troppo duri, okay? Grazie ><
Solo per informarvi, c'è un motivo per la reazione esagerata di Charlotte. So che potreste non capirlo adesso ma vi assicuro che c'è. Vi fidate di me? Ahah
Non so se ricordate quando ho detto che una ragazza dolcissima si era offerta di leggere la bozza del capitolo dopo aver letto la mia richiesta d'aiuto su facebook. Beh, quella volta si è offerta anche mia cugina (probabilmente non vi importa) che si è fatta mandare il link. Lo dico perché per me è un evento straordinario. (Lei ha 13 anni più di me e, per nessun motivo, è fan dei ragazzi. Non li conosce nemmeno quindi il suo parere era da esterna all'intera "ff thing"). Devo dire che si è esaltata parecchio per la storia. Molto più di quanto m'aspettassi, aww. Mi ha anche ascoltata per quanto riguarda la trama che ho ideato (?), (era l'unica a cui potessi fare eventuali spoiler lol) e non credo sia rimasta molto entusiasta lool 
Spero che la vostra reazione sia diversa :') 
Scusate per questa digressione ma volevo condividere questa esperienza con voi visto che sento di poterlo fare. 


Ad ogni modo, ci sono delle piccole cose che ho dimenticato di dire nello scorso "spazio autrice" e vorrei approfittare di questo (come ho detto avrei fatto) per rimediare.
Primo: vorrei pubblicare la storia anche su Wattpad (e in effetti ho già cominciato) ma non so usare bene il sito. Qualcuno mi darebbe una mano?
Secondo: C'è qualcuno abile con banner o roba del genere che vorrebbe offrirsi per realizzare quello di questa storia? (Io sono negata, ovviamente).
Terzo: E se creassi una pagina o un profilo fake su facebook per voi? Così potrei chiedervi o comunicarvi delle cose senza aspettare gli "spazio autrice".

Fatemi sapere tutto, come sempre. 
A presto, vi voglio tanto bene! :) x
Ps. Sono sempre qui per chiunque ne abbia voglia. (Non dev'essere per forza qualcosa di collegato alla ff. Anche se non riuscite a dormire e volete qualcuno con cui parlare perché nella tl di twitter sono tutte spagnole. Davvero!)
Pps. Per eventuali errori, correggo appena mi sveglio lol
 

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Capitolo 13
*** 2006. ***


2006. 

Non volevo andasse via ma, ovviamente, era inevitabile. Non avrei potuto trattenerla con la forza, soprattutto non dopo la chiamata ricevuta dai genitori di Julia preoccupati per il loro ritardo.
 
E’ così strano adesso essere di nuovo “solo”. Non averla intorno. Non sentire la sua voce squillante. Non avere a che fare con la sua personalità versatile. Cosa mi resta adesso?
 
Credo andrò a stendermi a pensare a quanto questa giornata sia stata pazzesca dal momento in cui Julian mi ha letteralmente costretto a buttarmi giù dal letto ad adesso che lei è andata via.
 
 
Mi avvio verso il tour bus approfittando dell’assenza di Niall e degli altri. Ho come l’impressione che se li avessi incrociati non mi avrebbero lasciato andare. Anche perché devo loro delle spiegazioni. Spero Liam non se ne ricordi.
 
Salgo e chiudo la portiera alle mie spalle. Non mi fido a lasciarla aperta. Quando Liam e Niall arriveranno, sarò ben felice di correre ad aprire.
 
Do un’occhiata intorno per quanto possibile vista l’oscurità. La luce della luna che attraversa i vetri non sembra essere abbastanza. Accendo la luce e ripeto la perlustrazione. Sospiro.
 
Mi avvicino al mio letto e ne sfioro la tendina lasciata aperta da Julian. Ricordo la riluttanza all’idea di lasciare quelle coperte per andare a registrare. Non avevo la minima idea di cosa mi avrebbe riservato la giornata.
 
Ed è quello che succede sempre, no? Le cose migliori accadono quando sei lì pronto a dire “No”.
 
Mi sfilo gli stivaletti con i piedi e li calcio in un angolo, affinché non diano eccessivamente fastidio. Il suo viso mi appare davanti, come un miraggio. Bellissimo. Mi lascio andare ad un sorriso. Spero di conservare questa immagine così nitida a lungo. Ne ho decisamente bisogno. Soprattutto adesso che la foto che stringo tutte le notti è datata. Se qualcuno la vedesse potrebbe decisamente scambiarmi per un pedofilo.
 
Sto per sbottonarmi i jeans quando sento picchiare sul portellone. Dev’essere Niall. O Liam. O entrambi. Torno indietro e apro distrattamente. Non mi curo affatto di accoglierli o di controllare siano loro.
 
Do le spalle e cammino nuovamente verso il mio letto.
 
Ho davvero bisogno di togliermi questi vestiti di dosso e farmi una doccia. Ho bisogno di un po’ di tempo per me perché mi sembra di non respirare.  
 
<< Hey, amico >> esclama Liam.
 
<< Hey >> ripeto in un vano tentativo di imitare il suo tono.
 
<< Allora, come va? >> chiede più per rompere il ghiaccio che per altro.
 
<< Tutto okay >> affermo con sufficienza sfilandomi la t-shirt.
 
La stessa che Charlotte era convinta le stessi offrendo. Ci credo non la volesse. Non che le cose siano cambiate quando gliene ho proposto una pulita, anzi. Mi chiedo ancora perché abbia avuto quella reazione. E, ancora, cosa l’abbia spinta a scusarsi. Scusarsi. Con me. Una tipa come lei.
 
<< Hai intenzione di…hai intenzione di lavarti? >> balbetta.
 
Cosa gli prende? Per la prima volta da quando è salito, mi volto a guardarlo. Ha una strana espressione sul viso. Non riesco a decifrarla. Non è il solito Liam. Non è entusiasta e non ha rimasugli di adrenalina ancora in circolo. Non è il Liam irritante di ogni dopo concerto.
 
Mi acciglio. << Qualche problema? >> chiedo, riferendomi sia alla sua persona che alla sua domanda.      
 
Scuote la testa. << No, chiedevo >> e sposta lo sguardo, quasi nervoso.
 
Liam nervoso in mia presenza? Per quanto la cosa mi sorprenda e vorrei saperne di più, il bisogno di un getto d’acqua rinfrescante prende il sopravvento.
 
<< Niall? >> cambio argomento mentre mi sbarazzo anche dei jeans.
 
<< Sta arrivando, credo. Era dietro di me >> afferma.
 
Annuisco rumorosamente. Si sarà fermato a fare due chiacchiere come al solito. In fondo prima, per colpa mia, non ne ha avuto modo.
 
Entro in bagno, lasciando Liam senza preavviso. Apro la doccia o, almeno, quello che dovrebbe darne l’idea. Mi spoglio completamente e mi posiziono sotto il getto.
 
Chiudo gli occhi di scatto. Non riesco a tenerli aperti, stranamente. Delle immagini veloci di lei, mi invadono. La vedo entrare nel backstage, osservare stupita la sua canotta appena infradiciata, scrutarmi negli occhi, sorridere insolente.
 
Sorrido, immobile. Lascio che sia l’acqua ad occuparsi di me, stasera. Io ho, evidentemente, altro per la testa. O nelle viscere.
 
Era così semplice. Nemmeno una traccia di trucco. Eppure era da togliere il fiato. Con quelle labbra. A pensarci adesso, mi sorprendo di come io non abbia fatto di tutto per baciarla. Di come io sia riuscito a tenere la distanza. 
 
<< Niall è qui! >> sento Liam urlare dall’esterno. Questo mi distrae dai miei pensieri.
 
Mi chiedo perché me lo stia dicendo. Quando gli ho chiesto che fine avesse fatto, non ero preoccupato. Era solo un’informazione, giusto per parlare.
 
<< Va bene >> rispondo allo stesso modo, cercando di suonarne interessato.
 
Resto ancora cinque minuti poi decido di uscire. Immagino che anche gli altri due vogliano lavarsi. Rubare loro tutta l’acqua calda non sarebbe affatto un buon modo per ringraziarli dopo quello che hanno fatto.
 
Mi avvolgo un asciugamano in vita. Con un’altra strofino i capelli affinché smettano di gocciolare fastidiosamente.
 
Una volta raggiunto un risultato soddisfacente, esco dal bagno.
 
<< Io ho fatto se uno di voi due vuole andare >> comunico loro, svoltando verso il mio letto.
 
Di sottecchi, però, vedo più macchie di colore di quante dovrebbero essercene. Mi blocco e mi volto lentamente. Niall, Liam, Louis e Zayn. Tutti qui. Seduti in maniera composta. Mi fissano seri. Mi stavano aspettando?
 
<< Festa grande? >> domando con un risolino, allontanando l’idea.
 
Zayn scuote la testa, dando per primo segni di vita.
 
<< Non pensi di doverci spiegare qualcosa? >> aggiunge Liam.
 
Evidentemente non ha dimenticato la faccenda. Nessuno di loro. Grandioso.
 
A questo punto non credo di poter rimandare oltre. Hanno tutto il diritto di sapere. Ho il dovere di parlare.
 
Sospiro. << Lasciate che mi metta un paio di boxer e vi raggiungo >>
 
<< Guarda che controlliamo le uscite >> mi ricorda Niall, prendendomi in giro.
 
Non capisco perché proprio lui, a conoscenza di tutto, si sia schierato con gli altri. Potrei accusarlo di tradimento.
 
Gli faccio il verso mentre recupero dell’intimo pulito. Non so ancora bene come raccontare la faccenda. Magari se mi muovessi molto lentamente, potrei prendere tempo.
 
Lascio cadere l’asciugamano e conto mentalmente fino a cinque prima di fare altro.
 
<< Ti sbrighi? >> si lamenta Zayn.
 
Immagino possano vedermi in parte dalla loro posizione. Rinuncio alla conta e alla lentezza. E’ inutile rimandare. Non faccio altro che accrescere il mio nervosismo. Indosso i boxer.
 
<< Sto arrivando! >> rispondo e il mio tono appare più seccato di quanto io sia in realtà.
 
Raccolgo l’asciugamano da terra e mi dirigo dalla loro parte, facendo una piccola sosta per liberarmi dell’oggetto lanciandolo in bagno.
 
<< Da dove volete che inizi? >> chiedo rassegnato, muovendo gli ultimi passi che segnano la fine di una distanza, seppur breve, tra noi.
 
<< Magari non da quello che è successo stamattina >> risponde Louis, quasi irritato.
 
Aria pesante. Mi siedo di fronte a loro.
 
<< Datemi un secondo per riordinare le idee >> chiedo, portandomi la mano chiusa a pugno alla bocca, come se volessi tossire.
 
<< Harry! >> mi rimprovera Liam.
 
<< Non è una scusa! Sto davvero cercando un buon inizio >> mi difendo, offeso da quella tacita insinuazione.
 
<< Su, ragazzi siate buoni. E’ ancora scosso >> li prega Niall.
 
Ora sì che è dalla parte giusta. I tre acconsentono con cenni del capo più o meno contrariati.
 
Provo a riflettere ma la realtà è che non ci riesco. E’ stato inutile chiedere del tempo extra.
 
<< Okay…la cercavo da un paio di anni >> esordisco.
 
<< Quella ragazza? >> chiede Louis, riferendosi a Charlotte.
 
Annuisco. Cerco di aggiungere delle spiegazioni, quando Zayn interviene, per la prima volta.
 
<< Quella che hai visto stamattina dall’auto? >>
 
<< Forse dovreste solo lasciare che parli >> constata Niall.
 
Mentalmente lo ringrazio. Sono pronto per un monologo patetico e strappalacrime.
 
<< Va bene, parla tu >> acconsente Louis.    
 
<< Come vi stavo dicendo, cercavo Charlotte da un paio d’anni. Tutto è iniziato nel 2010, in realtà, ad X Factor >> prendo una pausa.
 
Lascio il tempo per delle domande. Non ne arrivano. Si stanno davvero impegnando affinché io sia l’unico ad avere la parola. Sono piacevolmente sorpreso.
 
<< Il giorno della mia prima audizione, mamma mi ha sorpreso dandomi una foto >> faccio loro segno di attendere e mi alzo per andare a recuperarla dai jeans.
 
Ero così scosso che non mi sono nemmeno preoccupato di riporla con cura tra le mie cose. In fondo, una Charlotte diciannovenne in carne ed ossa batte una Charlotte bambina in foto.
 
Porto il mio tesoro al loro cospetto appoggiandolo delicatamente sul tavolino che ci divide.
 
<< Questa foto >> preciso anche se, ormai, è più che evidente.
 
Niall abituato non ci fa nemmeno caso e lascia che gli altri tre si prendano il loro tempo per osservarla.
 
<< E’ stata scattata nel 2006. Ero in vacanza con mamma e Gemma a Roma, se ve lo state chiedendo >>
 
<< Sei molto carino >> mi prende in giro Liam.
 
<< Guarda, hai ancora le stesse guancette >> continua Louis alterando la voce e gettandosi letteralmente a pizzicarmele.
 
Zayn e Niall scoppiano a ridere mentre cerco di sottrarmi goffamente alla sua stretta.
 
<< Le foto sembravano esser andate perdute e, invece, mia madre ha recuperato il rullino e ha sviluppato tutto. Mi ha dato la foto il giorno dell’audizione, appunto. Ogni volta che l’avevo con me succedevano cose belle. Come quando siamo stati richiamati e ci hanno unito in una band >> un sorrisino nostalgico compare sulle mie labbra al ricordo di quei giorni.
 
<< E’ diventata il tuo portafortuna? >> si informa Liam.
 
Annuisco.
 
<< Forte. E allora? >> commenta Zayn, lievemente irritato dal preambolo.
 
Probabilmente non ha capito che sto cercando di andare in ordine affinché possano mettersi nei miei panni senza considerarmi un patetico senza speranza.
 
<< Ci sto arrivando –mi difendo- Come ha detto Liam, ben presto la foto è diventata il mio portafortuna e quando ero lontano da casa mi bastava guardarla per sentire la mia famiglia vicina. Con il passare del tempo, però, ho iniziato a notare anche i particolari. Le cose presenti nello sfondo. Mi spiego? >> chiedo, cercando consensi.
 
Zayn annuisce e Louis e Liam, quasi in contemporanea, scrutano la foto per farsi un’idea dei “particolari” a cui mi riferisco. Lancio un’occhiata nella direzione di Niall e mi osserva come un padre orgoglioso. E’ dolce. Ma inquietante.
 
Quando poso nuovamente gli occhi sui due, noto stiano attendendo che io prosegua.
 
<< C’è questa bambina nello sfondo. La vedete? >> la indico.
 
Dopo aver ottenuto le dovute conferme, riprendo.
 
<< Ho cominciato a fantasticare su di lei. Non chiedetemi perché. Ho iniziato ad immaginarmela per le strade di Roma con un ragazzo, in giro su uno scooter. Mi sono chiesto che vita stesse conducendo, in parallelo con la mia. Giorno dopo giorno le teorie aumentavano e l’idea avesse un ragazzo mi faceva impazzire. Come se lei dovesse essere solo mia. Parte di un mio ricordo. E’ un po’ strano, lo so >> ammetto.
 
<< Dimmi qualcosa di normale che ti appartenga >> pronuncia Zayn.
 
Ho il sospetto sia una frecciatina poi, però, sorride. Ricambio, sollevato abbia deciso di non essere più scorbutico nei miei confronti.
 
Intreccio le dita poggiandole sul tavolo a qualche centimetro dalla foto.
 
<< Due anni fa, a Londra, l’ho incontrata. Diciamo che, in realtà, l’ho incrociata. Ero seduto all’esterno di un caffè con un paio di amici e lei è entrata. Mi ha colpito subito ma in quel momento non riuscivo a capirne il motivo >>
 
Abbasso lo sguardo. Rivivo l’episodio nella mia mente. Rivedo quel passo sicuro. Quegli occhi concentrati. L’aprirsi della porta a battenti. La sua silhoutte che scompare.  
 
<< Quando è uscita e si è allontanata, ho realizzato. Mi sembrava assurdo averla vista. Non ero nemmeno sicuro fosse lei ma qualcosa mi diceva dovessi seguirla. Non sapevo cosa fare. A cosa dar retta. Il mio cervello mi diceva che non potevo abbandonare il gruppo per seguire una ragazza che, per qualche strana ragione, sembrava essere quella immortalata per caso in una mia foto >> esterno i pensieri che mi avevano tormentato.
 
Ancora adesso, vorrei aver dato retta all’altra fazione. Altro che cervello. A quest’ora, probabilmente, avremmo la migliore storia d’amore dell’universo o, quantomeno, saremmo amici. La conoscerei più di quanto non faccia ad appena un’ora dall’averla salutata.
 
<< Mi sono tormentato per un po’. Alla fine mi sono detto fosse inutile. Che avrei dovuto lasciar perdere ma poi… >> mi fermo.
 
Il ricordo di quella folla mi travolge come un fiume in piena.
 
<< L’ho rivista l’anno scorso ad uno dei nostri concerti. A Parigi, per l’esattezza. E’ scattato qualcosa. Di nuovo. Ho avuto l’impressione fosse destino. Non riesco nemmeno a spiegarlo. Come se non dovessimo più vivere solo “in parallelo”. Davvero. Per qualche assurda ragione volevo parlarle perché sentivo fosse necessario. Addirittura indispensabile. Non ci sono riuscito. Prima che potessi chiedere a Paul di portarla da me, lei era sparita >>
 
Alzo lo sguardo per controllare le loro reazioni.
 
<< E stasera, invece… >> inizia Liam, illuminandosi.
 
Credo stia prendendo a cuore la cosa. Quasi quanto Niall. Quasi. Nessuno può battere quel biondino in quanto a supporto.
 
<< Stasera, invece, ci sono riuscito >> affermo con una punta d’orgoglio, terminando la frase per lui.
 
<< Come sapevi fosse… >> inizia Louis, bloccandosi per cercare le parole adatte. << …esattamente dove l’hai trovata? >> continua.
  
<< L’ho sognato >> rispondo, come se fosse quasi una colpa.
 
<< Tu hai sognato di trovarla?! >> interviene Zayn.
 
Annuisco. << Eravamo in uno Starbucks. Riuscivo a parlarle e mi diceva avessero i biglietti per il primo anello rosso. Da lì, per quanto assurdo, ho fatto partire le ricerche >> aggiungo.
 
<< Adesso cosa pensi di fare? >> si informa Niall, deliziandoci, finalmente, col suono della sua voce.
 
Questa è la parte che davvero gli interessa. Ne sono al corrente.
 
Non ci ho pensato ma non credo di averne bisogno. E’ più che ovvio quale sia il mio unico desiderio. La ricerca è appena iniziata.
 
<< La ritrovo, che domande! >> esclamo con un enorme sorriso.
 
<< Dove? >> chiede Louis.
 
<< Berlino >> proferisco, secco.
 
Nonostante lei non me l’abbia detto espressamente nella vita reale, l’ha fatto nel mio sogno. Finora, tralasciando il piccolo disguido sulla cotta di Julia, si è rivelato più attendibile di molte altre cose mi sia capitato di vedere con i miei stessi occhi. Sento di potermi fidare.
 
<< Per il sogno? >> si accerta Niall.
 
<< Per il sogno >> ripeto con un lieve cenno del capo.
 
<< Sai di essere pazzo, vero? >> interviene Zayn. Sembra ritornato al suo iniziale scetticismo.
 
Gli lancio un’occhiata interrogativa.
 
<< Hai idea di quanto sia grande Berlino? >> continua.
 
Okay, potrei non averci riflettuto a dovere. Potrei aver negato al mio cervello quanto sia inutile avere solo due nomi per una ricerca in una città così estesa.
 
Taccio.
 
<< Non ci hai pensato, vero? >> si aggiunge Louis.
 
Il suo tono non nasconde un lieve rimprovero.
 
Scuoto la testa. << Cercate di capire. Sono disperato >> aggiungo ed è esattamente l’idea che do.
 
<< Non hai un indirizzo, o sbaglio? >> mi fa notare Zayn, duro. << Nemmeno un cognome, nulla >>
 
Non so cosa dire. Ha perfettamente ragione. Non ho un indirizzo a cui recarmi, nemmeno un cognome da cercare. Cos’ho tra le mani? Solo la follia, probabilmente. E non è affatto valida.   
 
<< Non possiamo lasciare che lo faccia da solo >> sussurra, inutilmente, Liam agli altri cercando di convincerli.
 
Riesco a sentirlo benissimo. Ed è un piacere udire ciò che ha appena detto. Si sta davvero impegnando per convertire Louis e Zayn, ancora diffidenti per ovvie ragioni.
 
Nemmeno io mi darei una lira, al loro posto. Lo ammetto.  
 
<< Se ci organizziamo, possiamo ricavarne qualcosa in fretta >> continua, per spronarli a fare gioco di squadra.
 
Sono in attesa che decidano del mio “futuro”. Non che da loro dipenda la ricerca. Che siano contrari o favorevoli, io correrò comunque a Berlino. Non potrebbero fermarmi dal farlo. Sarebbe solo carino avere la loro approvazione. Mi sentirei più sollevato. E, ovviamente, supportato.
 
I due sono ancora indecisi. Lo leggo sui loro visi. Li fisso, sperando annuiscano da un momento all’altro.
 
<< Vorrei solo ricordarvi che l’abbiamo aiutato ad inscenare un Meet & Great poco fa. Sarebbe crudele tirarsi indietro proprio adesso >> riprende, senza preoccuparsi ulteriormente di abbassare il tono della voce.
 
Credo sia perfettamente consapevole io abbia sentito tutto nonostante il vano tentativo di escludermi.
 
I due si guardano negli occhi in una tacita richiesta di complicità. Si stringono nelle spalle quasi nello stesso istante.
 
<< Va bene >> afferma Louis per entrambi.
 
Sorrido entusiasta e, al tempo stesso, riconoscente. << Grazie >>
 
<< Inoltre, ho un piccolo dettaglio utile >> prende la parola Niall, con una strana espressione.
 
Diventa sempre più inquietante. Non c’è che dire.
 
<< Ovvero? >> chiedo, rimandando a dopo i commenti sulla sua stranezza.
 
<< Conosco il cognome di Julia >> afferma trionfante.
         
 
  










SPAZIO AUTRICE: Buonasera! Non mi sembra vero di essere riuscita a finire e postare il capitolo prima di andare a preparare la cena. E' una sorta di miracolo! 
Non fate caso a me, mi manca mia madre. (Lunga storia :c)
Anywaay, non posso dire nulla di negativo su questo capitolo perché rischierei di beccarmi qualcosa in pieno volto da parte di hoodsvoice che amo ma è un po' bulla. (Se volete aiutarmi nella lotta al bullismo, denunciatela per me lol). Quindi sono costretta a lasciare il tutto nelle vostre mani senza potermi scusare per quello che ho combinato ><
Spero che vi piaccia, tutto sommato e vogliate farmelo sapere :) 
Per quanto riguarda la creazione di un profilo fake o di una pagina su facebook, non riesco a scegliere quindi, cosa ne dite di farlo voi per me? La maggioranza dei voti vince. (Io sono un'eterna indecisa. Dante mi avrebbe collocata nel girone degli ignavi :c).
Per ultimo, ma non meno importante, grazie a tutti. Siete dolcissimi. Le visite raggiungono sempre le 200 in pochissimo tempo e la storia viene inserita tra le preferite, seguite e ricordate sempre da un numero maggiore di persone. Mi sento onorata!
So che le altre mie due ff non sono così brillanti ma dareste un'occhiata? Non le hanno calcolate in molte e ci terrei ad avere pareri su tutto e non esclusivamente su questa. Ci farete un pensierino? *occhi dolci*
Ora devo scappare. I miei fratelli e mio padre non si nutrono da soli. Purtroppo. 
A presto! :) x  
 

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Capitolo 14
*** Stockholm. ***


 
Stockholm. 

<< E me lo dici così? >> domando sconvolto.
 
<< Come dovrei dirtelo? >> mi chiede, stranito dalla mia esclamazione.
 
Credo dovrebbe essere il contrario ma lascio correre.
 
<< Beh, almeno adesso non puoi più rinfacciargli di non avere nemmeno un cognome >> proferisce Liam riferendosi a Zayn.
 
Non capisco da dove venga tutta questa sua voglia di prendere le mie parti ma non potrei esserne più entusiasta.
 
Il moro gli riserva un’occhiataccia. << Perché non l’hai detto prima che accettassimo, allora? >> chiede, rivolgendosi a Niall.
 
<< Già, perché? >> concorda Louis.
 
<< Era per mettervi alla prova >> pronuncia col tono di chi la sa lunga.
 
<< Metterci alla prova? >> si acciglia Zayn.
 
<< Avreste sicuramente accettato sapendo avessimo più dettagli. Invece, in quel modo, ho visto che ci siete anche se è tutto assurdo >> risponde semplicemente Niall.
 
Lo osservo. Non capisco perché l’abbia fatto. A cosa è servito metterli alla prova? Sappiamo benissimo chi sono. Tutti noi.
 
<< Non credi avrebbe dovuto farlo Harry? >> interviene Liam.
 
<< Harry non sapeva il cognome di Julia >>
 
Mi ricordo di questo dettaglio da cui ci siamo allontanati con il proseguire della conversazione.
 
<< Potresti dirmi qual è? >> chiedo, a quel punto.
 
Annuisce. << Weber >>
 
<< Weber >> ripeto tra me e me.
 
<< Harry, stavo pensando che, magari, potremmo ingaggiare un investigatore privato >> propone Liam, richiamandomi.
 
Un investigatore privato? Così da lasciare a qualcun altro la ricerca? Far in modo che qualcun altro, un estraneo, spii Charlotte per correre da me ad assicurarmi sia lei?
 
Rinunciare alla parte migliore? Farlo vorrebbe dire arrendersi. Io non mi arrendo. Sarò io a trovarla. Non respirerò nuovamente la sua stessa aria grazie all’aiuto di terzi. No.
 
 << No >> sbotto, esternando l’ultimo pensiero che mi ha attraversato la mente.
 
Liam sussulta appena. I ragazzi, dal canto loro, mi guardano sorpresi.
 
Forse sono stato un po’ brusco.
 
<< Non che non apprezzi la tua idea, Liam >> cerco di aggiustare il tiro. << E’ solo che…voglio farlo io. Voglio essere io a trovarla. Mi affiderò ad un investigatore privato solo quando avrò perso la speranza >> spiego.
 
Potrei apparire leggermente esaltato ma non mi importa. Dopo quattro anni nella band, non sono la prima persona esaltata con cui hanno a che fare.
 
<< Va bene >> sospira, rassegnato.
 
Lancio un urletto mentale. Ho davvero degli amici fantastici. Poso lo sguardo su Zayn e Louis per ringraziarli tacitamente e noto stiano sbadigliando in contemporanea.
 
<< Stanchi? >> domando.
 
Quando si rendono conto io mi stia rivolgendo a loro, annuiscono. Louis sbadiglia di nuovo.
 
<< Ci conviene andare. Che dici? >> gli chiede Zayn.
 
Annuisce alzandosi mentre ancora sbadiglia. Attende che l’amico sia in piedi al suo fianco prima di camminare verso il portellone. Il loro bus li attende.
 
<< Buonanotte >> pronuncia Zayn.
 
Li salutiamo quasi in coro rivolgendo loro la stessa frase.
 
Una volta rimasti soli, gli sguardi di Liam e Niall convergono su di me. Come se si fossero messi d’accordo.
 
<< Cosa c’è? >> chiedo leggermente a disagio.
 
<< Nulla >> risponde Niall stringendosi nelle spalle.
 
<< Oh >> mi lascio sfuggire, sollevato. Mi volto verso Liam per udire la sua risposta.
 
<< Sai, mi dispiace che tu non ce l’abbia detto prima >> commenta.
 
Immagino che se l’avessi fatto in maniera appropriata, come adesso, nessuno di loro mi avrebbe negato una mano. Se mi fossi aperto a tempo debito, a quest’ora le cose potrebbero essere diverse. O chissà.
 
<< Sì, dispiace anche a me >> ammetto. << Sono stato frenato dal timore di essere preso per pazzo >>
 
<< Non che adesso sia diverso >> mi prende in giro Niall.
 
Gli faccio il verso. Forse sono un po’ infantile.
 
<< E, per la cronaca, sono contento che tu l’abbia trovata >> afferma serio l’altro.
 
<< Per quanto mi riguarda, sono felice tu abbia convinto Louis e Zayn >> pronuncio a mia volta.
 
Se siamo in vena di confessioni, tanto vale esternare tutto.
 
Scrolla le spalle. << Non è stato niente. In fondo in fondo, anche loro volevano aiutarti. E’ solo che sono più cinici rispetto a me >>
 
Non riesco a credere di essere in procinto di avere questa conversazione con Liam. Sono quasi certo sia la più onesta che ci capita di avere nelle ultime settimane. Tra l’altro, incentrata su Charlotte.
 
Mi sento di nuovo colpevole per avergli taciuto la faccenda per un anno. Due, se contiamo l’evento di Londra. Quattro, se partiamo da X Factor. Da qualsiasi punto io voglia partire, mi rendo conto di avergli tenuto nascosto questo mio piccolo segreto per troppo tempo. Non lo meritava. Non vedendo il suo comportamento. Il suo pieno sostegno. Non mi è del tutto chiaro perché lo faccia.  
 
<< E tu, perché hai voluto darmi subito fiducia? >> esterno.
 
Si rigira i pollici. E’ teso? Questa conversazione lo stressa?
 
<< In quattro anni che ci conosciamo, non ti ho mai visto guardare qualcosa come hai guardato lei stamattina, in auto >> fa una breve pausa e smette di torturarsi le dita. << Eri totalmente preso. Rapito. Non ho mai visto un tipo d’amore così forte. Sono ammirato >> continua, pronunciando l’ultima frase con particolare trasporto.
 
Non riesco a fare a meno di sorprendermi. E’ così che mi ha visto? E’ davvero così che appaio agli occhi della gente? E’ in questo modo che sono apparso per questi anni al cospetto di Niall? Devo sembrare chissà quanto romantico e pieno di valori. Anche se, effettivamente, credo di esserlo.  
 
<< E credo sia per questo che voglio aiutarti. Voglio che tu possa essere ricambiato. Riuscire a vincere quest’eterna ricerca, proprio come stasera >> riprende, probabilmente spinto dal mio silenzio.
 
La cosa non mi dispiace. Apprezzo moltissimo che stia esternando i suoi pensieri.
 
Gli sorrido. Senza trovare esattamente un modo altrettanto dolce per esprimergli la mia gratitudine.  
 
<< Sta diventando una cosa smielata tra voi due. Forse dovrei togliere il disturbo >> scherza Niall.
 
Rido, ricordandomi della sua presenza. Liam si lascia contagiare dalla mia vista e sorride.
 
<< No, credo andrò io >> annuncio, poco dopo. << Grazie ancora per quello che avete fatto oggi >> mi alzo.
 
<< Inizieremo a cercarla quando finiremo questa parte di tour? >> si accerta Niall.
 
Rimango spiazzato dalla domanda. Avrei dovuto prevederla.
 
<< Prima sarebbe impossibile >> constata Liam.
 
Già. Il tour. L’incontro con Charlotte mi ha fatto completamente dimenticare questo piccolo dettaglio che, in fin dei conti, tanto piccolo non è.
 
Non posso partire a cercarla già da domattina. No. Mi attende un fitto programma da seguire. Ho posti in cui andare, canzoni da cantare, interviste da rilasciare. Tutte cose che adesso non hanno più importanza. Mi hanno tenuto impegnato in questi mesi, dandomi pensieri diversi dall’averla persa. Ora, invece, sono solo degli ostacoli tra me e lei. Tra noi. Formando giorni interminabili. Di solitudine.
 
<< Credo sia l’unica cosa da fare >> ricordo di rispondere.
 
Indugio ancora qualche secondo. Quando mi accorgo che sono entrambi soddisfatti della mia risposta da non desiderare altro, mi avvio verso il mio letto.
 
Liam e Niall prendono a parlottare tra loro. Probabilmente credono io stia andando a dormire e non vogliono essere rumorosi.
 
Sfioro di nuovo le tendine. Non so per quale assurdo motivo mi sento legato sentimentalmente a questo pezzo di tessuto. Sposto lo sguardo sulla sinistra e noto quanto sia in disordine. Mi acciglio. Le coperte e le lenzuola sono appallottolate insieme, finite in un angolo. Il cuscino è al lato opposto. Poi, ricordo. Sono stato io. Cercavo la foto come un disperato.
 
La foto! L’ho lasciata sul tavolino. Mi fiondo letteralmente a recuperarla facendo sobbalzare i miei due amici.  
 
<< Che cosa…? >> inizia il biondino. Il suo sguardo cade sul contenuto delle mie mani. << Ah, la foto >> e sorride, divertito.
 
<< Sì, la foto >> ripeto, leggermente in imbarazzo.
 
Continua a sorridere. Ricambio appena. Volta il capo verso Liam e capisco di essere stato congedato. Faccio una breve sosta in bagno per riappropriarmi del cellulare. Mi ritrovo di fronte al mio angolino. Stavolta sono pronto a mettermi a letto. Ho tutto ciò che mi serve.
 
 
 
 
 
 
 
 
Quattro ore dopo sono ancora sveglio. Il sonno non si decide a farmi visita e credo di aver contato tutte le pecore presenti in tutti i pascoli del mondo. Ho anche impostato un countdown sul cellulare, finendo col contare al seguito. Sono alquanto disperato.
 
Scosto appena la tendina e lancio un’occhiata furtiva al letto di Niall. Per quello che riesco ad intravedere, dorme beatamente. Alzo gli occhi per controllare Liam. Stessa scena. Sono l’unico sveglio. Ancora.
 
Non ho nessuno a farmi compagnia. Nessuno se non una undicenne Charlotte. Estraggo la foto e, illuminandola con la torcia del cellulare, la contemplo per qualche minuto.
 
Non mi basta più. Questa immagine non è più abbastanza. Ho bisogno di uscire da qui prima che io dia di matto.
 
Scendo lentamente impegnandomi per non fare rumore. Lascio la foto sotto il cuscino e, aiutandomi con la luce artificiale del telefono, scelgo un jeans e una t-shirt. Mi vesto al buio.
Accendo nuovamente la torcia per trovare gli stivaletti. Li prendo, ripongo il cellulare in tasca e mi dirigo in punta di piedi al portellone. Esco dal tour bus e respiro a pieni polmoni. Avevo proprio bisogno di quest’aria fresca. Infilo le scarpe.
 
 
 
Dieci minuti dopo sono per le strade di una dormiente Stoccolma. Vago, stranamente spedito, chiedendomi se ci sia un caffè già aperto alle 5 del mattino per deliziarmi con una bevanda.
 
Mi muovo come se conoscessi il posto. Come se ci fossi già stato. E, in effetti, c’è qualcosa di familiare: è come nel mio sogno. A questo punto, lo Starbucks non dev’essere lontano. Solo dietro l’angolo.
 
Copro la distanza a passi svelti. Sono impaziente di arrivare. Svolto. Con la testa tra le nuvole, sbatto contro qualcuno.
 
<< Ahia >> odo. 

Una voce femminile. << Scusa >> mi affretto a rivolgerle, come un riflesso involontario.
 
<< Harry?! >>
 
Nello stesso istante, poso i miei occhi su di lei. Non ci posso credere.  
 

  














SPAZIO AUTRICE: Buongiorno! (Oddio non dicevo "Buongiorno" da una vita lol) Sono piuttosto mattiniera, non trovate? 
No, la realtà è che sto per andare a dormire e, prima di farlo, volevo lasciarvi il capitolo che ho appena finito di scrivere. 
E' corto, lo so. E' anche noioso ma spero sarete clementi. Sinceri, ma clementi. (Es. "Avresti potuto fare di meglio" invece di "Fai schiiiiifo").
Non so bene cosa dire perché le mani e gli occhi mi stanno lentamente abbandonando, quindi...grazie a tutti. Siete bellissimi. Confido nei vostri pareri. Vi voglio bene. A presto :) x


Ps. Non ho ancora scelto se fare un profilo fake o una pagina quindi continuate a votare e a togliermi dal girone degli ignavi!
(Correggerò eventuali errori al mio risveglio lol)

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Capitolo 15
*** Breakfast. ***


Breakfast. 

<< Char? >> sono stupito quanto lei.
 
Incontrare la ragione della propria insonnia non è una cosa che capita tutti i giorni.
 
Mi fissa, come se non sapesse cosa dire.
 
<< Stai bene? Cosa ci fai qui? >> le chiedo, approfittandone.
 
Credo di suonare un tantino esaltato.
 
<< N-non riuscivo a dormire >> balbetta.  
 
Inarco un sopracciglio. Perché me lo sta dicendo? Non che mi dispiaccia ma non sembra lei. Ricorda molto la terza versione che ho visto parlare al telefono.
 
Sorrido compiaciuto. La metto a disagio? E’ una bella sensazione, stranamente.
 
<< Allora siamo in due >> decido di affermare, risparmiando stupidi commenti.
 
Forse non è l’orario migliore. Magari a quest’ora del mattino è più indifesa. Senza ironia. Con un po’ di fortuna, riusciremmo a intrattenere una conversazione seria. Ho bisogno di conoscerla meglio dal momento che di lei so praticamente solo il nome e l’età.
 
Mi sta ancora fissando, indecisa. Ho ancora il mio sorriso stampato sul viso, solo un po’ più insolente.
 
<< E’ stato un piacere >> commenta per liquidarmi e mi sorpassa.
 
No. Stavolta non mi sfugge. Sono pronto a qualsiasi evenienza.
 
Faccio un giro su me stesso e la seguo a passi veloci per accorciare la distanza.
 
<< Allora, dov’è che vai di bello? >> le chiedo, ignorando la sua probabile riluttanza, camminandole accanto.
 
<< Perché mi segui? >> domanda di rimando, lanciandomi un’occhiata furtiva mentre prosegue.
 
<< Guardati intorno. La città è deserta. Sono un insonne. Tanto quanto te. Magari possiamo farci compagnia >> la butto lì, in una mezza proposta.
 
<< Apprezzo le tue premure ma non ho bisogno di compagnia >> e continua a fissare la strada, evitando ogni contatto visivo.
 
Vuole fare la difficile. So, però, che non durerà. Se la conosco abbastanza, devo solo trovare la frase giusta a farla scattare. Non riesce a rinunciare ad una buona frecciatina.
 
<< Ma io sì >> e, nel momento in cui lo ammetto, inizio a camminarle accanto come un granchio pur di poterla ammirare e fare in modo che lei sia portata a fare lo stesso.
 
Un sorrisino fa capolino sulle sue labbra. Ci sto riuscendo. Sto abbattendo piano piano le mura che ha innalzato.
 
Rallenta impercettibilmente. << E cosa pensi di fare? >> mi chiede, tornando un tantino insolente.
 
<< A questo punto avresti dovuto offrirti >> replico.
 
<< E questo perché? >> mi guarda con un sorriso, senza nascondere le due cose.
 
<< Ma come perché? Per il discorso che ti ho fatto prima >>
 
Assume un’espressione interrogativa, in una tacita richiesta di chiarimenti.
 
<< Devo dire che la tua memoria fa schifo >> la prendo in giro. << Siamo gli unici in giro a quest’ora quindi dovremmo allearci >> riprendo.
 
Fa un cenno d’assenso, volutamente poco convinto. Ormai è del tutto ferma sul marciapiede. Ed io, accanto a lei.
 
<< Dai, non farti pregare. Ci sarà un motivo se ci siamo incontrati, no? >> chiedo, col migliore dei sorrisi.
 
<< Che ho una calamita potente? >> domanda seria, poi si lascia contagiare dalla mia espressione e sorride.
 
E se fosse davvero così? E se lei fosse la calamita ed io il ferro? E se fossimo destinati ad attrarci e, quindi, a ricongiungerci?  
 
<< Spero non funzioni con qualcun altro >> sussurro.
 
<< Cosa? >>
 
<< Sei anche sorda, complimenti >> la prendo in giro, sollevato all’idea non mi abbia sentito.
 
Devo controllare di più la mia boccaccia.
 
Mi dà uno schiaffetto sul braccio mettendo su una finta espressione offesa. Sono estremamente sorpreso. E’ il primo contatto fisico tra noi per suo volere.
 
Le sorrido, chiaramente divertito. << E questo dovrebbe essere il tuo colpo migliore? >>
 
Sgrana gli occhi, aprendo la bocca per replicare. Invece di farlo, però, mi dà un secondo schiaffetto. Più delicato del primo anche se, dalla sua espressione, intuisco avesse tutt’altra intenzione.
 
<< Spero tu non faccia sport. Sei pessima >> continuo, sperando posi nuovamente la sua mano su di me.
 
<< E’ per questo che vuoi ti faccia compagnia? Per dirmi quanto faccio schifo? >> domanda, con gli angoli della bocca pronti a sorridere.
 
<< Mi hai scoperto >>
 
Scuote la testa come se avesse davanti un caso irrecuperabile e riprende a camminare. Stavolta, però, non sembra farlo per liberarsi di me, anzi. E’ come se volesse la seguissi. Ed è, ovviamente, quello che faccio.
 
<< Hai pensato a dove portarmi? >> insisto.
 
<< Non ho detto che ti avrei fatto compagnia >> mi ricorda con un sorrisino.
 
E’ più che evidente che la mia presenza non le dispiaccia.
 
<< Nemmeno che non l’avresti fatto >> le faccio notare.
 
Non sono il tipo di persona che accetta un “no” o che si arrende di fronte ad esso. Dovrebbe averlo capito.
 
Tace per qualche istante. Continuo ad imitare un granchio al suo fianco. E’ diventata un’andatura comoda, ormai.
 
Si lascia andare ad un sospiro. << Se accetto, smetterai di tormentarmi? >>
 
Lancio un urletto nella mia testa. Quanto vorrei poterlo esternare! No. Devo essere cool e controllato.
 
<< Ti va di fare colazione? >> propongo, sicuro di me.
 
<< Stavo proprio andando da Starbucks >>
 
<< Pensavo fosse lì dietro >> commento, indicando col pollice alle mie spalle.
 
Scuote la testa. << Si è trasferito da questa parte. C’era il cartello >> mi spiega.
 
Mi stringo nelle spalle. << Okay >> risulto incerto.  
 
<< Non sto cercando di portarti in una strada isolata per stuprarti, tranquillo >> sentenzia, come se avessi pensato a questa possibilità.
 
Scoppio a ridere. << Con la forza che ti ritrovi in quelle mani, non riusciresti a sfilarmi nemmeno la maglia contro la mia volontà >>
 
Mi fa il verso. E’ adorabile.
 
<< Ma, siccome sono un gentiluomo in tutto e per tutto, la sfilerei da solo e ti lascerei continuare >> scherzo.
 
Non so in che cavolo di conversazione io mi stia cacciando. Spero non reagisca troppo male.
 
Sorride. << A questo punto devo pensare che vorresti ti stuprassi? >>
 
Mi stringo nelle spalle, cercando di non dare a vedere quanto io sia attratto da lei. << Sto solo dicendo che sarei di aiuto >>
 
Scuote la testa divertita e si ferma all’improvviso. La imito, cercando di comprenderne il motivo, quando mi rendo conto siamo ormai davanti all’ingresso dello Starbucks. E, con mia piacevole sorpresa, è aperto già alle 05:30 circa del mattino.  
 
Mi avvicino alla porta e la apro per lei. << Dopo di te >>
 
Mi lancia una finta occhiata sospettosa. Senza aggiungere altro, entra. Di sottecchi vedo le sue mani muoversi per adagiarsi sul fondoschiena. Se lo sta coprendo. Non vuole che le fissi il sedere? Sorrido. Ora credo di capire perché ieri sera non ha voluto precedermi per andare in bagno. Mi chiedo solo perché adesso, invece, non abbia protestato.
 
La seguo e lascio che la porta a battenti si richiuda da sola.
 
<< Cosa preferisci? >> domando lieve dopo averla affiancata davanti al tabellone.
 
<< Hai idea di come sia il “Caramel doubleshot iced shaken espresso”? >> sussurra.
 
Sobbalzo appena alla menzione di quella bevanda: il mio sogno. Sembra quasi che le parti si siano invertite.
 
<< Non lo prenderei. Una mia amica una volta ha detto fosse disgustoso >> e mi lascio andare ad un sorrisino.
 
<< Mi conviene fidarmi – commenta distratta dal menu- Tu cosa prendi? >> chiede, come se volesse regolarsi di conseguenza.
 
<< Pensavo ad un milkshake e un muffin. Ho un po’ fame >> mi accarezzo lo stomaco.
 
Annuisce. << Ci sto >>
 
<< Anche tu? >> mi accerto.
 
<< Sembra una buona idea >> constata.
 
Sorrido. << Vuoi prendere posto? >>
 
<< Pensi tu alle ordinazioni? >> si informa.
 
Faccio un cenno d’assenso. Si allontana per scegliere uno dei tavolini posizionati alle mie spalle. Mi avvicino al commesso.
 
<< Buongiorno >> gli rivolgo.
 
Ho quasi il timore non parli la mia lingua e Char sia costretta ad aiutarmi. Sempre se questo tipo parli tedesco.
 
<< Buongiorno a lei >> ricambia con un sorriso gentile.
 
Gli elenco l’ordinazione e, dopo avergli lasciato il mio vero nome da segnare sui bicchieri, mi volto per scoprire cosa abbia scelto Charlotte.
 
La vedo venirmi in contro poco convinta.
 
Ci ha ripensato? Non vuole fare colazione con me?
 
Inarco un sopracciglio. << Cosa c’è? >> aggiungo.
 
<< E se andassimo fuori? >> propone.
 
Mi lascio andare ad un sospiro di sollievo. Dovrei smetterla di pensare al “peggio”. << Non ci sono tavolini >> noto.
 
<< C’è un posto carino da dove stavo venendo >>
 
<< Se non è troppo lontano… >> inizio, lasciandole intendere cosa voglia dire.
 
Per un secondo ho l’impressione di essere il suo ragazzo; ho l’impressione che questa sia una tipica mattina in cui ci svegliamo presto per evitare i flash e ci fondiamo a fare colazione dopo aver fatto l’amore.
 
Stiamo facendo cose normali ma, al contempo, intime per due semplici estranei quali, relativamente, dovremmo essere.
 
Scuote la testa. << A meno che tu non sia un pigrone. In quel caso, sono chilometri >> aggiunge, recuperando la sua voglia di scherzare.    
 
Guardandola negli occhi, ammirando quel sorriso, provo il gran desiderio di trascorrere il resto della mia vita in sua compagnia; di fare in modo che quello che stavo immaginando prima che rispondesse, diventi reale.  
 
<< Potresti dovermi trascinare >> scherzo, concedendomi qualche smorfia contrariata con la bocca.
 
 << Con queste mani prive di forza? >> chiede, provando a farmi sentire colpevole per quanto affermato prima.
 
Non ho intenzione di dargliela vinta. Non dirò avessi torto. E’ troppo divertente stuzzicarla. << Immagino farei prima ad usare la lingua >>
 
Ruota gli occhi, visibilmente divertita. Mi piace farle quest’effetto. O qualsiasi altro. Adoro l’idea di avere un minimo impatto sulle sue espressioni facciali. Non le sono indifferente.
 
 
 
 
 
Due minuti dopo, siamo fuori. Lei regge il suo bicchiere di plastica nella sinistra. Io l’affianco, portando il sacchetto con i muffin e la mia bevanda nella destra. 

<< Sei sicura non sia un posto malfamato? >> riprendo il discorso, in attesa di arrivare.
 
Ferma la cannuccia tra i denti e mi lancia un’occhiata. << Vorresti lo fosse, eh? >> c’è un po’ di malizia nel suo tono.
 
<< Voglio solo arrivare preparato >> mi difendo con un risolino.    
 
<< Harry! Harry! >> la voce di Niall risuona nell’aria.
 
Oh, andiamo! Un altro sogno? Qualcuno si sta divertendo a giocare con i miei sentimenti. Sbuffo, seccato. Da un momento all’altro, mi sveglierò e mi troverò davanti il faccione di Niall. Cavolo.
 
Chiudo gli occhi per prepararmi psicologicamente alla sparizione di Charlotte.
 
<< Harry! Harry! >> continua, ancora.
 
Spalanco le palpebre. Non è cambiato nulla. Char è ancora qui ed io reggo ancora la colazione appena acquistata. Eppure, la voce continua a martellare.
 
 
 
 
 
 
 
 
SPAZIO AUTRICE: Buongiorno! Questo capitolo è, praticamente, il nulla e so perfettamente che avrei potuto risparmiarmelo ma è venuto fuori (in due ore) e non ho saputo dirgli di no. 
Nel caso in cui non vi dovesse piacere o sembrare adatto alla storia (o altro), lo sapete: una parola e elimino. Riscrivo altro, boh. 
 
 Piccole comunicazioni/domande: 
1. Siete taaaanto belli!;
2. Le votazioni tra pagina/profilo fake sono ancora aperte e vi aspettano;
3. Mi piacerebbe fare ogni settimana (non inizierò a pubblicare una volta alla settimana, don't worry) una piccola parentesi "pubblicità", se vi va l'idea, ovviamente. (Così, magari, se siamo in cerca di nuove fanfiction valide, ci risulta più facile trovarne);   
4. Come pronunciate i nomi: "Charlotte"? "Char"? "Lotte"? (All'inglese, alla francese o alla tedesca?); 
5. Non lo so;
6. Vorrei saperlo;
7. Ho sonnooo ><;
8. Seriamente, sto cercando di pubblicare molto in fretta perché quando inizierà l'università dubito avrò tempo di scrivere e postare così spesso. Spero vi faccia piacere lol
 
 
Grazie a tutti per aver recensito, inserito la storia tra le seguite/preferite/ricordate, per aver fatto crescere così tanto le visite in poco tempo e per avermi inserito tra i vostri autori preferiti. (Sto ancora fangirlando per questo **)
[AGGIORNAMENTO: Ho creato una pagina per la storia, qui il link: https://www.facebook.com/herefpwtp?ref=hl ]
Buona Domenica a tutti! 
A presto :) x

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Capitolo 16
*** Bench. ***


 
Bench. 
Cosa sta succedendo?
 
Mi guardo rapidamente intorno. Non c’è nessuna testa bionda nei dintorni. Non c’è nessuno.
 
<< Credo che il tuo cellulare stia suonando >> mi rivolge Char, indicando con l’indice la tasca dei miei jeans e rinsavisco dal mio stato confusionale.
 
Di scatto porto la mano sul telefono e lo estraggo. La voce che invoca il mio nome si fa più forte. Proviene davvero dal cellulare. Lancio un’occhiata al display: è la sveglia; che suona a ritmo di “Harry! Harry!”.
 
La spengo facendo scorrere il pollice sullo schermo e scoppio a ridere. Quell’idiota ha cambiato la suoneria della mia sveglia con la sua voce. Dove lo trovo un altro così?
 
<< Cosa c’è? >> chiede, curiosa sbirciando il display.
 
Mi calmo e ripongo il cellulare in tasca. << Niall, hai presente? –aspetto che annuisca- Ha dato un tocco personale alla mia sveglia >>
 
Sorride. << Avresti dovuto svegliarti adesso? >> risuona un po’ sorpresa.
 
<< No. Ha anche cambiato l’ora a suo piacimento >>
 
<< Alquanto crudele >> commenta con un sorrisino.
 
Mi stringo nelle spalle. << Credo di potergliela perdonare >>
 
<< Dev’essere proprio un amico eccezionale, allora >> constata e riprende a bere.
 
Annuisco.
 
La osservo. Ha un’espressione così serena e rilassata. Non ho la minima idea di dove mi stia portando ma mi sto lasciando condurre. Tutto sembra così naturale al suo fianco.
 
Inizio a bere a mia volta. Passiamo qualche secondo in silenzio. Non è affatto imbarazzante o pesante, anzi. Mi sento bene.
 
<< Siamo quasi arrivati >> annuncia dopo poco.
 
Annuisco rumorosamente per non lasciare la cannuccia. Cerco di tenere gli occhi sulla strada per quanto possibile, limitandomi a qualche occhiata di sottecchi. Le cose vanno così bene adesso che non vorrei rovinare tutto facendo quello “strano”.
 
<< Sbaglio o stai diventando poco loquace? >> mi punzecchia.
 
Le manca il suono della mia voce nelle orecchie? O le mie battutine? Immagino non possa stare senza di me, a questo punto. Sorrido. Sto decisamente esagerando.
 
<< Pensavo potesse far piacere alle tue orecchie >> rispondo a tono.
 
<< Dopo ieri sera, possono sopportare tutto >> ribatte.

<< Ti riferisci a prima o dopo esser entrata nel backstage? >> domando con un sorrisino sbilenco.
 
<< Io mi riferivo a prima ma, se la metti in questi termini, anche dopo non hanno avuto vita facile >> pronuncia guardandomi con un sorrisino colpevole, consapevole che la sua affermazione possa offendermi.
 
Fingo di farlo, sgranando gli occhi. Si concede un risolino. Potrei sposare il suo sorriso. E le sue labbra. E le sue espressioni. E i suoi occhi. E la sua voce. E lei. All’istante.
 
<< Spero tu non ti sia offeso >> continua, di proposito.
 
<< No, perché avrei dovuto? Ho solo offerto la colazione ad un’estranea che mi ritiene colpevole della tortura subita dalle sue orecchie >> pronuncio, cercando di apparire serio.
 
<< Non sono un’estranea! >> esclama, sconvolta.
 
Rischia di far crollare la mia finta serietà.
 
<< Oh, come ci si sente? >> e le faccio il verso.
 
Quanto sono infantile! Credo proprio di aver rovinato l’opinione che aveva di me. Se ne aveva una, almeno.
 
Raggiunge una panchina e si accomoda.
 
E’ questo il posto di cui parlava? Mi guardo intorno, costringendomi ad osservare qualcosa che non sia Char, e mi rendo conto non sia niente male. Un paio di panchine, degli alberi a fare ombra nei punti giusti –anche se a quest’ora non serve- e un laghetto a pochi passi.
 
<< Sai, Julia è molto più matura di te >> nota, divertita.
 
Mi sembra un buon argomento di conversazione. Magari c’è la possibilità che parlando della bambina io possa scoprire qualcosa in più sul suo conto. O, almeno, lo spero.
 
<< Quanti anni ha? >> e la imito poggiando la busta di carta tra noi.
 
<< Quasi sei >> risponde guardando davanti a sé e, non so perché, mi sembra di udire una punta d’orgoglio nel tono.
 
<< E’ tua…sorella? >> mi decido a chiedere.
 
So che è la sua babysitter ma per il sogno. Non gliel’ho mai sentito dire nella vita reale. Non che gliel’abbia chiesto, comunque.
 
Scuote la testa. << Sono la sua…tata, ecco >>
 
<< Vivi con lei e cose simili? >> mi accerto.
 
Annuisce. << E’ solo un mese ma mi sembra molto di più >> e si apre ad un sorriso luminoso.
 
Sto per replicare quando si volta di scatto a guardarmi e i suoi occhioni mi paralizzano. Quanto può essere bella a quest’ora?
 
<< Perché tutto questo interesse per lei? Non sarai mica un pedofilo? >> pronuncia la seconda frase con un risolino.
 
Ecco che torna all’attacco.
 
<< Ho gusti un po’ diversi >> rispondo, cercando di non sbilanciarmi troppo ma, al tempo stesso, di farle capire io stia flirtando con lei. Se non fosse già chiaro di per sé, ovviamente.
 
<< Oh, ad esempio? >> si informa.
 
Non c’è ironia nel suo tono o malizia nella sua espressione. Sembra sinceramente interessata.
 
Cosa le dico adesso? Qualsiasi risposta mi viene in mente, sembra portarmi ad espormi troppo e non mi sento ancora in grado. Non sono ancora sicuro che lei non scapperebbe via o non mi riderebbe in piena faccia dopo averlo capito.
 
Decido di usare la sua stessa carta. << Perché lo chiedi, ti interesso? >> pianto un sorriso insolente sul viso e la fisso intensamente, sfacciato.
 
Sembra arrossire. Sostiene a malapena il mio sguardo. Abbassa gli occhi. Sbatte le palpebre più volte. Mi sto innamorando delle sue reazioni, di ogni piccola cosa la riguardi.
 
<< N-no >> balbetta, appena udibile.
 
<< Non mi sembri molto sicura >> e, cogliendo l’occasione al volo, mi sporgo per metterla maggiormente a disagio.
 
Sono a una decina di centimetri dal suo profilo e, adesso, sono io ad essere a disagio. Provo il forte impulso di baciarle il collo in tutta la sua lunghezza. Forse dovrei ritrarmi prima di fare sciocchezze.
 
<< Lo sono >> afferma ma sembra forzato.
 
E’ surreale. Non può essere. Mi rifiuto di credere io stia davvero vivendo questo momento. L’ho messa in imbarazzo insinuando io le interessi. Quindi è così, no? Le interesso?
 
<< Oh, se lo dici tu >> e mi allontano con un risolino, per il bene di entrambi.
 
Decido di aprire la busta e sbirciare i muffin per distrarmi dall’istinto di volerla baciare. Giocherello con la carta, lanciandole sguardi di sottecchi.
 
Mi sembra stia ancora cercando di riprendersi dalle mie insinuazioni. E’ così divertente. Potrei decisamente sguazzare in questo momento.
 
Il mio stomaco brontola, ricordandomi di passare ai fatti.
 
<< Vuoi scegliere il tuo o posso prenderne uno a caso? >> le domando, riferendomi al cibo.
 
Non risponde. E so anche perché. Faccio finta di niente. Ho bisogno di ingoiare almeno un boccone.

<< Okay, prendo a caso >> concludo.
 
Allungo la mano e porto alla bocca il dolcetto. Do un piccolo morso. Mastico e ingoio rapidamente. Mi sembra già di sentirmi meglio. Riprendo a guardarla.
 
 << Perché non mi credi? >> ritrova la voglia di parlare, tornando a rivolgermi lo sguardo.
 
<< Abbiamo avuto un figlio insieme, Char >> preferisco dire, nonostante suoni strano.
 
<< O una figlia >> mi corregge a denti stretti.
 
Alzo gli occhi al cielo, fingendomi seccato da quella precisazione.
 
<< E non chiamarmi Char >> aggiunge, passando per una bambina dispettosa.
 
So che non le dà realmente fastidio. Lo intuisco dal modo in cui sorride sotto i baffi.
 
<< O una figlia, Char >> ripeto, insistendo con il mio personale soprannome.
 
Lotte non le si addice alle mie orecchie. Non quanto Char, almeno.
 
Sorride, quasi consapevole non riuscirà a farmi cambiare idea.
 
<< Posso? >> cambia discorso, indicando la busta.
 
Annuisco e torno a cibarmi cercando di apparire meno affamato di quanto io realmente sia.
 
Con una delicatezza incredibile fa scivolare il braccio nella busta. Ne tocca a stento le pareti. Afferra il muffin e lo solleva lentamente. Mi sorprendo. Di solito la lentezza mi irrita ma la sua no, anzi. Mi piace. E’ così strano.
 
<< Buon appetito >> pronuncio al primo morso che dà.
 
Un lieve cenno del capo. Credo che sia il suo modo di ringraziarmi. Le sorrido.
 
<< Devo ancora pagarti la mia parte >> le sovviene.
 
Avrebbe dovuto dimenticarsene. Non esiste che la lasci pagare.
 
<< Non ce n’è bisogno >> le assicuro dopo aver ingoiato il mio ultimo boccone.
 
<< No, davvero. Mi dici quant’è? >> insiste.
 
Non riuscendo a dirle di no, opto per qualcosa che ci vada molto vicino: rimandare.
 
<< Finisci pure, tranquilla >>
 
<< Va bene >> e riprende a masticare.
 
Sposto lo sguardo sul laghetto. Infonde un profondo senso di pace. O è lei?
 
 
 
 
 
<< Ho finito! >> esclama qualche minuto dopo, come una bimba.
 
Le sorrido, proprio come farei a qualcuno di quell’età.
 
<< Lascia che ti applauda >> la prendo in giro e compio quel gesto come fossi un mimo.
 
Mi lancia una finta occhiataccia, poi sorride. << Allora? >>
 
Non esiste che le dica il prezzo. Se lo può scordare.
 
Sobbalza. Porta la mano alle tasche ed estrae il cellulare. Sembra quasi impallidire dopo aver letto qualsiasi cosa ci sia sul display.
 
<< Devo andare >> afferma decisa e scatta in piedi.
 
La guardo, in cerca di una spiegazione.
 
<< Tra dieci minuti i genitori di Julia si sveglieranno. Devono trovarmi in camera >>
 
<< Ti accompagno >>
 
Scuote la testa. Immagino non mi voglia con lei e, stavolta, non posso forzare le cose. Devo rispettare la sua volontà. Cavolo.
 
<< Beh, è stato un bell’appuntamento >> commento e mi alzo appallottolando la busta di carta.
 
Mi guarda traverso. << Non era un appuntamento >>
 
<< Avrebbe potuto esserlo, se me l’avessi concesso >>
 
<< Ma non l’ho fatto, vero? >> chiede, fingendosi svampita.
 
L’imbarazzo è durato decisamente troppo poco. Il tempo di masticare un muffin.
 
<< Potresti, adesso >> insinuo.
 
<< Non saprei, lascia che ci pensi >> afferma passandosi una mano sul mento, dilettandosi a passare per quella difficile.
 
<< Oh, so che vuoi rivedermi >> di conseguenza, torno sfacciato.
 
Sorride furbetta e si allontana, rapidamente.
 
Resto a guardarla, senza sapere cosa fare, cosa sta succedendo.  
 
<< Char >> la richiamo.
 
<< Dovresti chiedermelo >> urla senza voltarsi o smettere di camminare.
 
<< Mi concedi un appuntamento? >> la imito, a pieni polmoni.
 
Si ferma. Mi osserva. Da questa distanza mi sembra di vedere un’espressione soddisfatta invaderle il viso. Come se sapesse di avermi in pugno.
 
Sto sudando freddo in attesa del rifiuto. Ho la sensazione che non manchi molto.
 
Inclina la testa e rimane in quella posizione per qualche istante.
 
Spero di aver un bell’aspetto dal momento che non sembra intenzionata a staccarmi gli occhi di dosso.   
 
<< Solo se mi trovi! >> replica in un risolino.
 
La imito, sollevato non sia stato un “no” ad uscire da quelle labbra. Si sofferma su di me ancora un istante, poi si volta. Riprende per la sua strada.
 
“Solo se mi trovi” ripeto nella mia mente con la sua voce.  Non ha la minima idea io non abbia altro scopo nella mia vita, adesso.
 
La guardo allontanarsi e divenire sempre più minuscola all’orizzonte.
 
Non riesco ancora a crederci. Solo due minuti fa era seduta accanto a me. Come sopravvivrò fino al prossimo incontro?  
 












SPAZIO AUTRICE: Heey! (Saluto molto neutrale lol) Ho scritto questo capitolo aspettando i VMA quindi è quello che è. I'm soooo sorry. Way too sorry. 
Fatemi sapere le vostri opinioni, sapete perché :')


Prima dell'angolo pubblicità (che inizio oggi essendo ufficialmente lunedì), vorrei fare una breve comunicazione. 
Nello scorso "spazio autrice" ho comunicato la creazione della pagina. Ci tenevo a dire che d'ora in poi avviserò lì di aver pubblicato e non più per messaggio privato (cosa che facevo con alcune persone). Non me ne vogliate ma altrimenti cosa l'ho creata a fare la pagina? 
Per favore, passate a mettere "Mi piace" se volete essere "aggiornati". ( Vi lascio il link: https://www.facebook.com/herefpwtp?ref=hl )






Finalmente, il mio angolo preferito, yaay. 
Per la prima settimana vorrei pubblicizzare in maniera ufficiale (?) la storia di hoodsvoice :)
"If we could only have this life for one more day". Io la adoro e dovreste farlo anche voi. 
No, non so fare la bulla ma mi piacerebbe passaste a dare un'occhiata. (qui il link: http://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2717153&i=1 )


Per oggi è tutto. Spero di tornare presto
Vi voglio bene! :) x

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Capitolo 17
*** Countdown. ***


Countdown. 

La lista si apre, riempiendo l’intero schermo del pc. Di nuovo. E’ giunto il momento di studiarla. Lancio un’occhiata all’orario in basso a destra.
 
Sono passati 28 giorni, 10 ore, 22 minuti e 18 secondi da quella frase. Non che io stia continuamente lì a controllare l’orologio, eh. No, affatto. Non ho nemmeno impostato un countdown sul telefono per verificare quanto manchi ai primi giorni liberi. Né lo controllo con una regolarità di tre minuti. No. Non sono per niente quel tipo di persona.
 
Chi voglio prendere in giro? Mi sembra di impazzire. Sono stati i 28 giorni, 10 ore, 22 minuti e ormai 56 secondi più duri di tutta la mia vita.
 
Non ho fatto altro che volare da una città all’altra, rilasciare interviste in cui cercavo di apparire spigliato e interessato, esibirmi di fronte a folle che non avevano il suo viso.
 
Non penso ad altro. Quel sorriso. Non riesco a carburare. Mi sta lentamente devastando.
 
La foto che ho è decisamente obsoleta. Avrei dovuto scattargliene una a sua insaputa per poterla ammirare ogni volta ne avessi avuto bisogno. Per tamponare alla meglio la sua assenza. Come adesso.

Il problema è che, ovviamente, non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso. O non avevo con me il cellulare. O non mi importava di averlo dietro. O non pensavo che mi sarebbe mancata così tanto.
 
Perché non posso averla intorno? Mi accontenterei anche di essere preso in giro tutto il tempo. Accontentarmi? Ma che dico! Quello sarebbe il Paradiso, altro che contentino.
 
 
<< Harry >> mi richiama Niall lieve.
 
<< Eh? >> gli rivolgo, lasciando da parte per qualche secondo i miei pensieri.
 
<< Vuoi andare davvero a bussare a tutte quelle case? >>
 
Annuisco. << Sto giusto ricontrollando tutti gli indirizzi per preparare una piantina >>
 
<< E’ un po’ folle >>
 
Sembra si stia rivolgendo ad un bambino. Sembra mi stia dicendo di no. Come se non volesse seguirmi. Il punto è che non gli ho mai chiesto di venire a Berlino con me e mai lo farei. Non sono il tipo che pretende una mano.
 
 << Amico, preparane due. Ti seguo >>
 
Liam? Mi volto. E’ in piedi alle mie spalle e, sicuramente, ha sbirciato la lista.
 
<< Cosa? >> chiedo, incerto di aver compreso.
 
<< Vengo anch’io >> ripete, deciso, quasi a voler far dispetto a Niall.
 
Gli lancia un’occhiata di fuoco. Non ne capisco il motivo.
 
<< Non guardarmi così. Sto solo dicendo la verità. E’ folle, ammettilo >> protesta il biondino, gesticolando appena.
 
<< L’amore è folle e sai perfettamente quanto Harry sia innamorato di Charlotte >>
 
Sposto il mio sguardo su Niall per osservare la sua reazione.  
 
<< Non sto dicendo che Harry non sia innamorato, solo che, oggettivamente, andare a bussare a casa di una trentina di famiglie è un tantino folle >> risponde.  
 
Parlano come se non fossi nemmeno qui. Ed è leggermente inquietante il modo in cui somiglino a una coppia di genitori. Dovrebbero smetterla.
 
<< La cosa folle è che ci siano così tante persone con quel cognome a Berlino >> esclama, cercando di far sorridere entrambi.
 
Con me, almeno, riesce nel suo intento. << Sembra sia uno dei cognomi tedeschi più diffusi >>
 
Niall sbuffa. << Non vi sopporto. Quando voglio litigare, non mi appoggiate mai >> si finge serio per qualche istante poi sorride.
 
Ricambio.
 
<< Allora, due o tre piantine? >> taglia corto Liam.
 
Cala il silenzio. Guardo l’espressione dura di Liam. Ha gli occhi fissi su Niall. Mi volto su quest’ultimo. Ha gli occhi che vagano. Sembra valutare la cosa. E’ snervante.
 
Sospira. << Tre >>
 
Liam esulta, come suo solito, perforandomi un timpano. Vorrei lanciargli un’occhiataccia piena di rimprovero ma penso a quello che ha appena fatto e mi limito a strofinarmi l’orecchio dolorante senza fiatare.
 
<< Ora posso andare ad allenarmi >> annuncia e ci lascia nel bus da soli.
 
Riesco a stento a credere a quello che ha appena fatto. Sbatto le palpebre più volte per accertarmi di trovarmi nella vita vera. Incrocio lo sguardo di Niall.
 
<< Vuoi che ti dia una mano? >>
 
<< Credi ci sia una stampante da qualche parte? >> chiedo di rimando.
 
<< Se non sbaglio, Julian ne ha una o, almeno, ne stava usando una l’altro giorno >>
 
 << Sai dove posso trovarlo? >>
 
<< Dovrebbe essere con Louis a registrare qualcosa >>
 
Faccio un cenno d’assenso col capo e mi alzo, lasciando il pc acceso sul tavolino. << Vado a cercarlo >>
 
 Si alza di scatto e mi si para davanti. << Lascia, faccio io >>
 
Sorpreso, non rispondo e lo guardo allontanarsi. Torno a sedermi dietro lo schermo del pc e leggo la lista con attenzione, per la prima volta. Mi soffermo sui nomi del capofamiglia e delle strade in cui risiedono senza sapere quanto queste siano effettivamente distanti l’una dall’altra.
 
Non sarà facile considerato l’elevato numero di abitazioni da “controllare” rispetto a quello esiguo dei giorni liberi. Solo tre. 72 misere ore prima di prendere un volo per l’Australia e ricominciare il tour. Devo assolutamente concludere qualcosa prima di star via per altri quindici giorni.
 
Fortunatamente Liam e Niall si sono offerti di seguirmi in quest’impresa e, anche se sono riluttante all’idea, potremo dividerci le zone e trovarla più in fretta. Prima che il tempo scada.
 
Dannato tempo. Quasi si ferma quando non sono con lei, impedendomi di raggiungerla, amplificando il mio malessere e, invece, scorre sempre troppo in fretta quando sono in sua compagnia. Mi riporta bruscamente alla mia vita frenetica e solitaria quando quello che voglio è qualcuno da stringere, qualcuno che mi sorregga, non nel senso morboso del termine. Voglio solo qualcuno con cui passare il resto della mia vita in modo sereno, sentendomi a casa. Charlotte è decisamente il mio “qualcuno”.
  
 
 
 
 
 
 
 
 
Sono nel bus. Da solo. Al buio. I ragazzi sono andati a divertirsi in un locale. Io ho preferito declinare. Non sono in vena di “festeggiamenti”, drink e musica a tutto volume. Ho usato la vecchia scusa della stanchezza. Ci hanno creduto o, almeno, non hanno insistito come loro solito. Forse hanno intuito avessi bisogno di tempo per me. Forse erano semplicemente poco favorevoli ad avere un guastafeste tra i piedi.  
 
Sono disteso sul mio letto. Fisso il soffitto fin troppo basso. Per la prima volta questa mia sistemazione mi appare opprimente. Vorrei avere sonno per davvero. Dormendo sentirei meno la sua mancanza. Magari adesso sarei in procinto di sognarla. E, invece, no.
 
Ho la sua foto sotto il cuscino e stringo due pezzi di carta nella mano sinistra. Simboleggiano la mia felicità in un futuro molto prossimo. Aumento la presa sul cellulare, nell’altra mano, e lo porto all’altezza del mio viso.
 
Lo sblocco. Controllo il countdown per l’ennesima volta.
 
23 ore e sarò in volo per Berlino. Sorrido.
 
Sono pronto per il mio appuntamento. Sono pronto per la fine di quella che è, ormai, la mia tortura personale.        
 
 
 
 
 










SPAZIO AUTRICE: Heeey! (Ormai è il mio saluto per evitare che scopriate quanto sono notturna lol)  Mi dispiace tantissimo per questo capitolo. E' il peggiore che io abbia mai scritto, probabilmente, e il più corto. 
Non so fare di meglio a quest'ora o nei prossimi giorni o in un'altra vita. Consideriamolo solo come un capitolo cuscinetto tra un'avventura e un'altra di Harry versione Dora l'esploratrice (con un po' di cervello in più). 
Ovviamente se non degnerete nemmeno di un commento questa cacchetta, lo capirò. Possiamo ignorarla collettivamente. 
Vi prometto che i prossimi saranno migliori :) (Per modo di dire...ricordatevi chi li scrive ^^") 


Buon proseguimento di giornata!
A presto :) x

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Capitolo 18
*** Tic Tac. ***


Tic Tac.

Piego un’altra t-shirt e la infilo nel borsone. Sono così teso. Mancano poche ore e spero andrà tutto bene.
 
Ho un po’ di timore verremo scoperti mentre gironzoliamo per la città. Non voglio essere inseguito, fermato o quant’altro. Non ho tempo da perdere. Adoro le persone e, generalmente, non ho problemi a sostare per quattro chiacchiere. Le cose cambiano, però, essendo in cerca della mia “persona”.
 
Soprattutto, poi, non voglio si parli di me in questo momento. Dio solo sa quanti tweet potrebbero scrivere e quante supposizioni potrebbero fare se solo ci vedessero. Il tutto, poi, diventerebbe cibo per i mass media che lo trasformerebbero in un enorme pettegolezzo.
 
Se Charlotte leggesse o trovasse la notizia? Apparirei così patetico. Okay, forse non patetico perché, in fin dei conti, è stata lei a dirmi “Solo se mi trovi!” quando le ho chiesto un appuntamento quindi dovrebbe aspettarsi che io l’abbia presa in parola e sia partito alla sua ricerca. Potrei essere preso per un romantico, magari?
 
Fatto sta che bisogna essere cauti e non so se girare senza guardie del corpo lo sia. Non ho ancora ragionato bene sulla cosa. Non riesco a far funzionare il cervello nell’ultimo periodo e questo è più che evidente a chiunque mi sia intorno. Ed è per questo motivo che attendo il ritorno di Liam dagli allenamenti quotidiani.
 
Lui avrà sicuramente la risposta per la questione “security”. Io ho pensato agli spostamenti da effettuare e credo sia anche troppo considerate le mie attuali condizioni.
 
Chiederei a Niall, approfittando della sua presenza, ma è seduto al tavolino intento a perdere tempo al pc invece di preparare la sua roba. Non che la cosa non mi dia fastidio, ovviamente.
 
Prendo un paio di jeans e lo esamino. Mi sembra di non averlo ancora indossato dall’ultima lavatrice quindi è pulito. Lo piego e lo infilo col resto dei miei indumenti.
 
Niall scoppia in una risata tanto fragorosa quanto irritante facendomi sobbalzare. Lancio un’occhiataccia dalla sua parte, nonostante non possa vedermi. Non so perché ma ho la sensazione di sembrare un toro imbufalito in questo preciso istante.
 
Ride come un matto e immagino come appaia. Lo conosco abbastanza da sapere che in questi casi è sdraiato o intento a rotolarsi sul pavimento, con la bocca spalancata, le guance in fiamme e le mani sulla pancia.
 
Solitamente sentirlo ridere in questo modo mi contagia, spingendomi quantomeno a sorridere. Oggi, no.
 
Sono davvero nervoso.
 
<< Oddio Harry! –soffoca una risata- Devi assolutamente vedere questo video! >> esclama.
 
<< Non sono affatto in vena >> gli urlo dalla mia posizione.
 
Prendo qualche altro capo d’abbigliamento a caso e lo infilo alla meglio insieme al resto.
 
<< No, davvero. Corri! >> continua e torna a ridere come solo lui sa fare.
 
<< Niall >> lo rimprovero.
 
<< E’ meraviglioso! Me l’ha mandato Greg. C’è questa tipa che praticamente… >>
 
Lo interrompo. << Non mi frega niente >> tuono.
 
Smette di ridere di botto. << Perché sei così acido? >>
 
<< Ho i nervi a fior di pelle e tu stai lì a guardare video cretini invece di prepararti, che dici? >> esterno, più irritato di quanto vorrei dare a vedere.
 
<< Sicuro che Julian non ti abbia contagiato con i suoi ormoni da menopausa? >> mi prende in giro.
 
Ora dovrei essere io a lamentarmi di non avere il suo appoggio quando voglio litigare. Non che ne abbia davvero intenzione ma, se così fosse stato, non mi avrebbe per niente dato corda.
 
Gli faccio il verso. Chiudo la cerniera del borsone.
 
<< Perché hai i nervi a fior di pelle? >> domanda poi, premuroso.
 
La sua voce è così vicina. Mi volto. E’ a qualche passo da me, appoggiato a quello che dovrebbe essere uno stipite.
 
<< Ho paura che ci troveranno e non ci lasceranno fare quello che dobbiamo fare >> ammetto.
 
<< Possiamo pensare ad un diversivo >>
 
<< E non so se andare da soli sia una buona idea >> continuo.
 
<< Ne parleremo con Paul. In fondo lui sa tutto >>
 
<< E, ad essere onesto, non so come presentarmi davanti a tutte quelle case. Cosa mi invento? >>
 
<< Pensa a cosa dovremmo inventarci io e Liam, allora >> accenna un sorriso.
 
Non avevo visto la faccenda dal loro punto di vista. Se per me, che sono il diretto interessato, è assurdo bussare a quelle porte e chiedere di Charlotte, per loro è dieci volte peggio. Loro andrebbero lì in mia vece. Come le spiegherebbero la cosa dopo averla trovata?
 
Una parte di me spera che quell’onore tocchi a me.
 
Ricambio il sorrisino. << Mi dispiace >>
 
<< Però abbiamo qualche ora di volo per pensarci, non trovi? >> mi ricorda.
 
Annuisco. Ora sembra tutto più facile, tranquillo, fattibile. Mi sento sollevato anche se, sulla carta, nulla è cambiato.
 
<< Grazie >> sussurro, imbarazzato per essermela presa così tanto. << Ho solo scaricato la mia frustrazione su di te prima >> aggiungo, in un tentativo di scuse.
 
Si stringe nelle spalle. << Pronto per il video? >>
 
<< Conservalo per un’altra volta. Vorrei andare a prendere una boccata d’aria >>
 
Annuisce. Mi incammino per uscire dal tour bus. Quando gli sono accanto, mi dà una lieve pacca sulla spalla e si appiattisce maggiormente contro la parete per farmi passare anche se non ce n’è bisogno.
 
<< Ci vediamo direttamente al sound check? >> chiedo, bloccandomi sul primo scalino.
 
Ruota il capo per incontrare il mio viso. << Penso di sì >>
   
<< Chiudo? >> indico il portellone.
 
<< No, tranquillo >>
 
Mi congedo con un cenno del capo.
 
Cercando di non essere visto dalle fans accampate, vado sul retro di uno dei camioncini e recupero la mia bici. Ho proprio bisogno di farmi un giro. Anche se si tratta di un’area limitata.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Prendo un profondo respiro e ripeto il discorso nella mia testa per l’ennesima volta. Nonostante sia la terza casa della giornata, sono nervoso come se si trattasse della prima. In effetti, è anche plausibile dal momento che ogni casa cela persone nuove a cui approcciarmi.
 
Non si può mai sapere come reagiranno o se, trattandosi della casa giusta, sarò io quello ad avere un mancamento.
 
Suono il campanello.
 
Una donna sulla quarantina apre. La studio velocemente. Lunghi capelli biondo cenere. Occhi verdi. Viso ovale. Altezza media. Fisico asciutto. Mi chiedo se possa somigliare a Julia ma, ormai, ricordo vagamente le caratteristiche fisiche della bambina per poter fare un paragone.
 
<< Hallo >> pronuncia, stranita dalla mia presenza.
 
Spero non mi conosca per via di una qualche figlia adolescente in piena tempesta ormonale.
 
<< Buonasera signora, la disturbo? >> chiedo, pregando che anche lei parli la mia lingua.
 
Sarebbe la prima a non farlo se dovesse rispondermi in tedesco.
 
Scuote la testa.
 
<< So che può sembrare assurdo ma sto cercando una persona >> faccio una pausa per studiare la sua reazione.
 
Sembra attenta e interessata. Ottimo punto a mio favore.
 
<< Tutto quello che so è che lavora presso una famiglia Weber a Berlino e lei saprà meglio di me quante famiglie con questo cognome ci sono in città >> continuo, impedendo alla disperazione di esporsi attraverso la mia voce.
 
Annuisce. << Qui non c’è nessuno, però >>
 
<< Nessuna Au Pair Mädchen? >> insisto.
 
Scuote la testa.
 
<< Okay, la ringrazio per la collaborazione. Mi scusi per il disturbo >> e chino leggermente il capo.
 
<< Tranquillo >> mi sorride gentile. << Auf Wiederseh’n >> aggiunge.
 
Lancio un sorriso mesto e indietreggio. La guardo chiudere la porta e mi volto. Cammino lungo il vialetto ed esco ufficialmente dalla proprietà.
 
Una casa in meno equivale ad una speranza infranta in più. Mi resta solo un’altra abitazione poco distante, oggi.
 
Prendo il cellulare. Illumino il display. 18:47.
 
Mi chiedo che esito abbiano avuto gli altri. Sono passate appena quattro ore e mezza dal pranzo. Abbiamo discusso a lungo delle persone che abbiamo avuto modo di incontrare e di come ci è sembrata la città.
 
Ho rivelato con profondo dispiacere di non aver avuto la mia solita sensazione bussando a quelle porte o suonando a quei campanelli in mattinata. Loro hanno cercato di sollevarmi il morale, per il secondo giorno di fila. E’ stato strano. E confortante.
 
Forse potrei chiamare uno dei due ma ho quasi il timore di interrompere i loro discorsi ai padroni di casa. Decido di attendere si facciano vivi loro.
 
Le mie mani, istintivamente, scorrono nel menu in cerca del countdown che, ormai, è impostato per l’imminente partenza. Poco meno di 28 ore.
 
Tic, tac.    






















SPAZIO AUTRICE: Hiiiya! Sono tornata dopo un tragico giorno d'assenza. Vorrei scusarmi. Il punto è che non riuscivo a scrivere. Il precedente capitolo mi sembrava così brutto da non avere il coraggio di riproporvi qualcosa di simile con il successivo (questo, appunto). 
E' una cosa che, però, mi sono costretta a fare per il bene della storia in generale. Se non pubblicassi i capitoli cuscinetto penosi, non potremmo arrivare alle "parti belle", no?
Almeno questa è l'ottica con cui sto cercando di vedere la cosa. 
Se volete recensire, fatelo. Non sentitevi obbligati solo perché vi siete affezionati alla storia (?). 






Avrei delle domande da farvi riguardo la storia. Vorrei davvero il vostro parere (in quanto serve alla creazione della ff stessa) ma, per evitare che questi "spazio autrice" siano chilometrici, ho deciso d'ora in poi di farlo in pagina. [ link: https://www.facebook.com/herefpwtp?ref=hl ] Per questo è importante per me che passiate e siate attivi. (Non ve lo chiederei altrimenti).
Avrei anche delle foto da postare per mostrarvi la coroncina di Charlotte a cui Harry si riferisce nel primo capitolo e l'outfit (sempre di Char) del concerto su cui il nostro protagonista versa il succo d'arancia. 
Se siete interessati a questi contenuti extra (?), passate :)
Altrimenti, avrò creato la pagina per nulla e va bene così, insomma lol




Credo di aver finito. Spero di riuscire a postare altro presto. Alla prossima, vi voglio bene :) x

Ps. Tenete a mente questo capitolo per il futuro ;)

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Capitolo 19
*** Fourth house. ***


Fourth house. 

Guardo il sole sorgere dalla finestra della nostra camera, seduto su una poltroncina. Silenzio assoluto. Eccezion fatta per i brevi istanti in cui Niall emette qualche suono nel sonno.
 
Tutto questa tranquillità contrasta la mia ansia interiore. Ormai è il terzo giorno e mancano appena una decina di case. Quattro, per me.
 
In quale di quelle si nasconde? Sarà la prima? La terza? Toccherà a Liam o Niall scovarla? O dovrò aspettare fino all’ultimo?
 
Se così fosse, poi, sarebbe una vittoria amara. Trovarla solo per dirle “ciao”. Al massimo potrei passare un paio d’ore in sua compagnia nel caso in cui fosse presto e lei mi concedesse il suo tempo. In teoria, dovrebbe badare a Julia.
 
Perché dev’essere l’ultima? Ho la sensazione che ci siano delle forze oscure che stiano tramando alle mie spalle, impedendomi di stare con lei.
 
Vogliono che io la veda una volta all’anno, per caso? Era okay quando non avevo idea di cosa mi stessi perdendo; di quando non conoscevo il suono melodioso della sua voce pronunciare il mio nome. Adesso, però, è incredibilmente straziante.
 
Le sono stato distante per un mese. Un lungo, interminabile, distruttivo mese. Non ne sopporterei altri undici. Non di questa intensità. Non ora che so dove cercarla e posso farlo accadere.
 
L’alba è un fenomeno così bello. Toglie il fiato. Proprio come il suo sorriso.
 
Sospiro. Non riesco a fare a meno di paragonare tutto a lei; di scrivere frasi sdolcinate per lei. Sto diventando un tantino patetico. Disperato a livelli estremi, aggiungerei.
 
Lancio un’occhiata a Niall e Liam ancora a letto. Chissà  come fanno a sopportarmi. Chissà cosa li spinge ad aiutarmi. Devono essere quasi più folli di me a “combattere” per una causa che non li riguarda in prima persona. Forse, però, è solo quello che fanno gli amici. Quelli veri, almeno.
 
Ed io sono fortunato perché so quanto Liam, Niall, Louis e Zayn siano veri. Anche se questi ultimi non sono con noi. Ovviamente non hanno potuto fare altrimenti.
 
Il cellulare vibra nella mia tasca. Lo afferro al volo. E’ un messaggio di Louis. Così presto? E’ strano. Forse è arrivato in ritardo di qualche ora per via delle compagnie telefoniche.
 
Lo apro e mi rendo conto che l’orario corrisponde a quello attuale. Non ci sono errori. Mi chiede come stiano andando le cose perché non riesce a dormire visto che è in pensiero per noi. Sorrido. Scrivo velocemente una risposta e quasi lo obbligo a chiudere gli occhi e ad occuparsi di “noi” in un secondo momento.
 
Deve dormire, a differenza mia. Non so nemmeno da quanto tempo sono sveglio. Forse, non ho proprio chiuso occhio. Non riesco a ricordarlo.
 
Ripongo il telefono senza sapere cosa fare. E’ troppo presto per buttarli giù dal letto e, anche volendo, per riprendere le ricerche da solo.
 
Mi alzo e, trascinando i piedi, mi butto a peso morto sul letto, facendo attenzione a non far troppo rumore. Fisso il soffitto con i piedi che penzolano e le mani intrecciate sulla pancia.
 
 
 
 
 
 
 
<< Buongiorno >> la voce impastata di Niall mi fa sobbalzare.
 
Giro il viso dalla sua parte. << Buongiorno >> ricambio, squillante.
 
Ha un occhio aperto appena e l’altro ancora affondato nel cuscino. Credo non sia un risveglio facile per lui.
 
<< Sei sveglio da molto? >> si informa.
 
Mi stringo nelle spalle. << Dipende da che ore sono >>
 
<< Liam? >>
 
<< Nel suo letto >> torno a fissare il soffitto.
 
Di sottecchi lo vedo girarsi goffamente sull’altro fianco per trovarsi faccia a faccia con Liam.
 
<< Mi chiedo come mai non sia già in giro per la stanza a saltellare e ad urlarci di sbrigarci >> commenta.
 
<< Forse è stanco >> constato.
 
<< E tu? >> mi chiede, mettendosi a sedere.
 
La domanda è più premurosa e profonda di quanto appare. Lo so, perché lo conosco.
 
<< Sto cominciando a perdere la speranza >> ammetto.
 
<< Non puoi dirmi una cosa del genere appena sveglio, mi rovini l’umore >> bofonchia Liam.
 
La cosa mi sorprende. << E’ sveglio? >> sussurro a Niall, guardandolo dal basso.
 
Il biondino, per tutta risposta, posa lo sguardo sull’amico.
 
<< Sì che sono sveglio e, tra l’altro, ti sento >> risponde.
 
<< Scusa >> pronuncio a voce alta.
 
Grugnisce e immagino stia cercando di svegliarsi del tutto. E’ una versione di Liam che mi era mancata negli ultimi tempi.
 
<< Che ore sono? >> chiede poi.
 
<< Ora di fare colazione. Il mio stomaco reclama >> risponde Niall.
 
Sorrido per il tono che ha usato.  
 
<< Okay, mi vesto >> dichiara Liam.
 
Per la prima volta da quando ha aperto bocca, decido di alzare un po’ la testa per poterlo vedere. In fondo, è strano conversare con qualcuno senza guardarlo.
 
Si è alzato e si dirige verso il bagno. Lo osservo aprire la porta e sparire all’interno. Nessun rumore. Deve averla lasciata aperta. Come sempre.
 
<< Immagino di dovermi dare una mossa anch’io >> proferisce Niall tra sé e sé guardandosi intorno.
 
<< Andiamo giù o fuori? >> domando, ributtandomi giù.  
 
Non che la cosa mi importi, è solo per fare conversazione. Solo per non sentire il rumore dei miei pensieri autodistruttivi.
 
Intreccio le mani dietro la nuca.
 
<< Per me è uguale… Niall? >> chiede Liam, dal bagno.
 
<< Possiamo fare anche entrambi, se preferite >> scherza e si alza in piedi sul letto, liberandosi nel suo personale modo delle coperte.
 
Raggiunge Liam e immagino solo come possano gestire la condivisione del bagno. Non è facile per nessuno dei due, conoscendoli. Hanno entrambi bisogno di molto spazio e non accettano compromessi. Ecco perché, quando siamo in tour, sono io a condividere. Mi adatto facilmente agli altri. Già. Forse, a dirla così è un po’ triste.  
 
Resto ad ascoltare i due aprire e chiudere l’acqua, spazzolare denti, usare sciacquone e quant’altro per quella che mi sembra un’eternità.
 
Mi manca così tanto. Avrei dovuto dormire. Solo per poterla sognare accanto a me.
 
<< Ah, adesso mi spieghi cosa c’è che non va >> pronuncia Liam.
 
Sento la sua voce più vicina. Alzo lo sguardo. E’ uscito dal bagno e si sta avvicinando alla valigia con la sua roba sdraiata sulla moquette.  
 
<< Non te ne fai scappare una, eh? >> scherzo.
 
Mi guarda con finto rimprovero per aver raggirato la sua richiesta di chiarimenti. Accenno un sorriso.
 
<< Abbiamo controllato venti case, ormai. Non ho la mia  solita sensazione. Ho solo l’impressione di essere nel posto sbagliato >> esterno, evitando di guardarlo.
 
<< Infatti non è qui che dobbiamo cercare oggi >> risponde, cercando di sollevarmi il morale.
 
<< E se non fosse in nessuna delle dieci case di oggi? E se dovessimo partire senza aver concluso nulla? >>
 
Il soffitto non è mai stato così interessante.
 
<< Harry… >> inizia  e sembra in difficoltà.
 
Gli lancio un’occhiata veloce. Non credo sappia cosa replicare. Mi dispiace vederlo in questo modo. Non vorrei metterlo in questa posizione. Cerco solo di esternare cosa provo.
 
Niall lo affianca, gli dà un colpetto sulla spalla e mormora: << Ci penso io >>
 
Osservo il loro scambio di interazioni. Liam annuisce. Mi sento strano. Mi fanno sentire come un bambino. Malato. Qualcuno da passarsi come una patata bollente. In senso positivo, però. Sono eccessivamente premurosi. Non ho ancora capito se la cosa mi dispiace o meno.
 
Niall si avvicina e si siede sul letto accanto a me. Certo stia per dirmi qualcosa, libero le mani e le porto lungo il busto. Mi sollevo sui gomiti e lo guardo, in attesa.
 
<< Ricordi quello che ti ho detto l’anno scorso? >> chiede.
 
Inarco un sopracciglio. E’ un po’ vago.
 
<< Dopo il concerto di Parigi >> precisa.
 
Sembra un colpo basso. Toccare i ricordi che custodisco più gelosamente degli altri.
 
Annuisco. << Mi hai detto che l’avrei rivista >>
 
<< E che le avresti parlato >> mi ricorda.
 
Ho un lieve sussulto. A pensarci adesso è assurdo come le sue parole si siano effettivamente avverate.
 
Annuisco. << Ed è successo >>
 
<< Già. Ti avevo anche assicurato saremmo andati anche in campo al mondo se fosse stato necessario >>
 
Non so esattamente cosa rispondere. Qual è il punto di questa conversazione? Vuole arrivare da qualche parte o vuole solo farmi notare di aver fatto passi avanti rispetto alla scorsa volta?
 
<< E’ quello che stiamo facendo adesso. Possiamo essere solo agli inizi o già alla fine ma, quello che posso assicurarti, è che ne varrà la pena >> continua.
 
Rimango a fissarlo quasi estasiato.
 
<< Questo mondo non ha abbastanza potere per tenervi lontani >> aggiunge Liam.
 
La sua frase mi colpisce. Mi ricorda la mia metafora sulla calamita e il ferro. E’ molto dolce.
 
<< Mi farete arrossire >> commento, cercando di rendere il momento meno smielato.
 
Non so perché ma oggi mi imbarazza la sola idea.
 
 
   
 
 
 
 
 
 
Sono a dieci metri dall’ultima casa. Devo imboccare l’ennesimo vialetto. Sono più nervoso che mai. La mia ultima speranza è riposta in quello che si cela oltre quella porta.
 
Il telefono prende a strombazzare nella tasca. Perché ho voluto mettere la suoneria? Prima di ignorarlo, ricordo potrebbe trattarsi di Liam o Niall. Persone con delle risposte.
 
Rispondo senza controllare.
 
<< Hey >> si sente quanto io sia teso.
 
<< Brutte notizie >> afferma semplicemente Liam, dispiaciuto.
 
Stranamente, non mi aspettavo diversamente. << Okay >> rispondo.
 
<< Quanto ti manca? >> chiede Niall.
 
Deduco io sia in vivavoce o che si stiano passando il cellulare per avere ognuno la propria porzione.
 
<< Ultima casa, amico >>
 
<< Oh-oh. Non è una buona cosa >> commenta Liam.
 
<< No, non lo è >> concorda Niall.
 
<< Perché? >> domando, stranito.
 
<< Hai detto “amico”. Ti esce solo quando sei tremendamente nervoso >> mi fa notare.
 
<< Non rovinare tutto >> aggiunge l’altro.
 
Alzo gli occhi al cielo. << Oh, come se dipendesse da me! >>
 
Bisbigliano tra loro. Non riesco a capire una parola. Prima che possa chiedere cosa succede, mi liquidano.
 
Adesso ci sono solo io. E questo vialetto. Prendo un bel respiro e lo percorro, nonostante sembri infinito.
 
Busso alla porta e resto in attesa. Comincio a contare i secondi. Tre, quattro, cinque. Avrò bussato per bene? Sette, otto, nove.
 
La porta si apre parzialmente. Una donna. Dall’abbigliamento sembra una domestica o qualcosa di simile.
 
<< Guten Abend >> pronuncia, quasi curiosa.
 
Il nervosismo si affievolisce. Lascia posto ad altro. Una strana sensazione mi attraversa, adesso. << Posso rubarle un minuto? >> chiedo.
 
Annuisce e spalanca la porta. Riesco ad ammirare il lungo corridoio alle sue spalle.
 
<< Famiglia Weber, giusto? >> chiedo, per trovare un giusto appiglio.
 
<< Sì, ma i signori non sono in casa >>
 
Scuoto la testa. << Sto cercando una persona, una ragazza… >> mi blocco.
 
Una bambina bionda appare dietro la donna e si dirige verso il fondo del corridoio.       
 
  












SPAZIO AUTRICE: Heey! E' piuttosto tardi ma ho appena finito di scrivere il capitolo e, come sempre, ho deciso di postarlo immediatamente :)
Non voglio dire nulla al riguardo, lascio a voi i commenti. Spero solo che sia migliore dei precedenti e che, in qualche modo, possa piacervi.
 
Se dovessero mancare delle "a", fatemelo notare. La tastiera ha iniziato a fare un po' di capricci oggi quindi potrei averne saltate alcune e non voglio, ovviamente. 


Per tutto il resto, se siete interessati a rimanere aggiornati (?), se volete vedere le foto che riguardano la storia e cose del genere, passate in pagina :)
Vi voglio bene :) x

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Capitolo 20
*** Suitcases. ***


Suitcases. 

<< Una ragazza…? >> mi chiede, distraendomi.
 
<< Sì, Charlotte >> pronuncio, passando freneticamente lo sguardo da lei alla bambina.
 
Si intravede dalla mia posizione e aspetto con ansia si volti.
 
<< Charlotte? >> domanda, stranita.
 
Che c’è che non va nel suo nome? Mi ricordo di Julia. Forse la chiamano semplicemente “Lotte” qui.
 
<< Lotte >> riprovo.
 
La bambina si volta; nello stesso istante in cui la donna scuote la testa dispiaciuta. Non è Julia. E qui non c’è Charlotte.
 
Sento il dolore smuovermi le viscere. Vuole uscire. Devo andare via. Devo allontanarmi.
 
<< Mi dispiace di averla disturbata >> farfuglio e, dimenticandomi delle buone maniere che mi contraddistinguono, torno da dove sono venuto senza aggiungere altro.
 
Corro. Più veloce che posso. Quasi rischio di travolgere qualcuno. So che dovrebbe importarmi ma non è così. Non adesso.
 
Sono distrutto. Cosa sto facendo? E’ così assurdo. Vorrei poter pensare. Pensare a qualsiasi cosa che non abbia a che fare con questo dolore. Fa male. Nel petto.
 
Voglio solo urlare. Spaccare qualcosa. Perché non è dove pensavo fosse?
 
Tre giorni buttati all’aria per cercarla in una città in cui non vive. Tre giorni seguendo informazioni lanciate in un sogno senza sentire nulla dentro di me.
 
Può aver funzionato in maniera surreale per i loro nomi e per i loro posti al concerto, ma perché ho creduto con tanta ingenuità potesse essere tutto vero?
 
I polpacci iniziano a bruciare in maniera allucinante. Devo fermarmi. Voglio solo piangere. Mi sento frustrato. E deluso. E disperato. Desidero andare via, con tutto me stesso. Andarmene e non pensare più a lei.
 
Mi fa troppo male. Mi sfinisce. Mi spolpa vivo. Ed io non sono un qualsiasi agrume. Sono una persona. Ho un cuore e voglio che continui a battere. Cosa mi ero messo in testa venendo qui?
 
Credevo che l’avrei trovata, che avremmo avuto un appuntamento e che lei si sarebbe innamorata di me? Non si tratta certo di una fiaba. Tantomeno di uno dei soliti cliché.
 
Forse Zayn e Louis avevano ragione a diffidare. Forse facevo bene a tenere tutti all’oscuro della faccenda. Li ho spinti in qualcosa di insensato. Mi sono spinto in qualcosa di insensato.
 
Dove avevo la testa?
 
Rallento gradualmente. Finisco col camminare in una zona della città che non conosco. Anche se non è difficile che sia così visto che non sono di Berlino. Nessuno lo è. Tantomeno lei.
 
Mi sento uno stupido. Un emerito cretino. Ho fatto tutto questo per cosa? Per avere il cuore a pezzi?
 
Dov’è il potere della calamita quando serve? Non sono più il ferro, forse? Magari, non lo sono mai stato. Me ne sono convinto nell’ultimo mese erroneamente. Ho viaggiato di fantasia.
 
Calcio un sassolino sul ciglio della strada. Non sono abbastanza soddisfatto. Ho ancora così tanta frustrazione mista a rabbia da rilasciare.
 
Rimango fermo. Lascio che le persone mi circondino, mi sorpassino, mi spingano quasi. Non faccio nulla. Non riesco a pensare. Mi sento solo vuoto. Non ho uno scopo adesso. Non so cosa fare della mia vita se non posso trascorrerla con lei; se non posso avere almeno un altro giorno per starle accanto.
 
Cosa me ne faccio dei concerti, dell’Australia, del mondo? Cosa me ne faccio se non hanno le sue braccia, i suoi occhioni e il suo sorriso? Cosa me ne faccio se non si imbarazzano quando insinuo provino interesse per me?
 
Tutto ciò che voglio non è qui. Non lo è adesso. E, probabilmente, non lo è mai stato.
 
La vibrazione si fa strada nella mia tasca. La suoneria esplode dopo poco. Non credo di essere pronto per alzare la cornetta. Non so se voglio avere contatti umani al momento. Voglio dire, sono tra le persone solo perché queste mi camminano intorno, non perché io abbia scelto di essere in loro compagnia.
 
Non so se voglio prendere un aereo e raggiungere Sydney per rivedere gli altri mostrare una sorta di compassione nei miei confronti.
 
E se restassi qui? No. E’ stupido se lei non c’è. Potrei fuggire. Non farmi più trovare. Tornare a casa. Da mia madre. Pregare lei e Gemma affinché mi nascondano.
 
Scuoto la testa. Sto decisamente esagerando. Sono un adulto. Posso affrontare la cosa. Posso affrontare il fatto che lei non sia dove l’ho cercata per giorni. E posso affrontare gli sguardi degli altri quando sapranno del mio viaggio a vuoto.
 
E questo, ovviamente, sarà possibile perché so che non è finita qui. Per me, per lei, per creare un noi. Non ho affatto intenzione di arrendermi. La troverò, fosse l’ultima cosa che faccio. Dovessi davvero metterci undici mesi. O tutta la vita.
 
Devo rispondere. Quando afferro il cellulare mi sorprendo dell’insistenza di Liam. Probabilmente è preoccupato.
 
<< Hey >> pronuncio, cercando di assumere un tono neutro.
 
<< Hey –ripete- come…va? >> chiede, tentennando sulla scelta del tempo verbale.
 
E’ sempre così cauto. E, in casi come questi, è l’ideale. Vorrei condividere con lui quello che è accaduto, quello che sto provando ma non riesco. E’ una calamità naturale. Indescrivibile. Funesta. Non so trovare le parole. Non sono mai stato bravo in queste cose.  
 
<< Chiamo un taxi e ci vediamo in aeroporto, okay? >> la mia voce risulta rotta.
 
Avrà capito? Prima che possa rendermene conto, delle lacrime mi sfiorano il labbro superiore, insinuandosi nella mia bocca.
 
Liam sospira, rattristato. << Ti chiudiamo le valige e siamo lì >>
 
Ha capito.  
 
 













SPAZIO AUTRICE: NON. ODIATEMI. NO. NON. LO. FATE. NE. VA. DEL. VOSTRO. FEGATO. 
No, okay. Avete tutto il diritto di avercela con me: per aver scritto il capitolo una schifezza, perché è eccessivamente corto e, forse, (ma solo forse, eh) per la bimba bionda che non era Julia.
Vi assicuro, però, (se questo potesse servire ad avere il vostro perdono o riconquistare la vostra fiducia) che prevedo altri momenti Carry. VERI. Niente sogni. Davvero. 


Lasciate un commentino, magari? *occhioni dolci* (Anche per prendermi a parole, si intende. E' un qualcosa che mi aspetto minimo da un paio di voi. Prima tra tutte hoodsvoice :') )




Tralasciando...sapete che giorno della settimana è? Il giorno dell'angolo pubblicità, yaaay. (Credo dovrei farne anche un altro per i ringraziamenti tbh)


Questa settimana vorrei consigliarvi "Let Yourself Fall (traduzione)" di mydreamisyou3 [link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2770350&i=1 ]. La storia è incentrata su Liam, solo per farvelo sapere :)


Spero di tornare con un capitolo più lungo e carino a breve. Vi voglio bene :) x
Ps. Vi ricordo, ancora una volta, di passare in pagina per i contenuti "extra" che non posterò qui. A breve ce ne saranno altri oltre alla coroncina e all'outfit di Char :)
 

 

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Capitolo 21
*** Youtube. ***


Youtube

Il buio non è mai stato così confortante. Adoro poter chiudere le tendine e creare quest’atmosfera anche se fuori è appena pomeriggio. Adoro sparire e annullare tutto. Nell’unico modo che conosco.
 
Saranno passati 8, forse 10 giorni. Non ne sono del tutto certo dal momento che non è quello che conta per me. Le mie condizioni non sono migliorate. Non credo di essermi ancora ripreso nonostante io stia sempre a sforzarmi quando i ragazzi sono nei paraggi.
 
Mi contengo perché devo loro molto e, allo stesso tempo, non voglio che mi vedano vulnerabile. Mi conoscono da anni, abbiamo condiviso così tanto e ho anche pianto più volte in loro presenza ma mai e dico mai per un motivo simile.
 
So che potrebbero capire e mi sosterrebbero ma sono io a non volere che entrino in questa mia sfera emotiva. Non interamente, almeno.
 
Charlotte è qualcosa che non voglio condividere con anima viva. Per quanto io di lei sappia poco e niente risulta comunque essere il mio tutto. Il mio tesoro da custodire gelosamente nonostante io non vi abbia libero accesso.
 
Sospiro. Mi passo una mano tra i capelli. La lascio lì. I pensieri tornano ad impossessarsi interamente di me.
 
Nessuno di loro esclude una ragazza rossiccia di diciannove anni con un sorriso da far invidia al sole. C’è sempre. Peccato che non lo sia fisicamente.
 
 
 
 
<< Harry! Sei qui? >>
 
Mi sveglio di soprassalto. Non mi ero nemmeno reso conto di avere le palpebre pesanti o di essere in procinto di addormentarmi.
 
<< Eh? >> chiedo, per rendere chiara la mia posizione nonostante io non abbia capito chi mi stia cercando.
 
<< Sei sul letto? >> Zayn.
 
<< Ehm…sì >> farfuglio, iniziando a mettere a fuoco.
 
Mi passo le mani sul volto per rimuovere i segni della mia dormita imprevista. Successivamente mi giro sul fianco, dando le spalle alla parete.
 
<< Sto per aprire la tendina >> mi avverte e la sua voce è a pochi centimetri da me.
 
Da questo deduco non menta. Non mi spiego, però, perché descriva le sue azioni prima di compierle. Non rispondo. Non ha certo bisogno del permesso per farlo.
 
In men che non si dica la luce mi inonda, scacciando le tenebre che avevo personalmente allestito per un altro dei miei momenti di autocommiserazione. Zayn è in piedi e mi scruta con i suoi occhi scuri. Cerco di decifrare il suo umore dall’espressione del suo viso ma non mi riesce. E’ alquanto impassibile quando non proferisce parola. Nasconde bene qualsiasi cosa.
 
Vorrei poter essere come lui. Spero che la mia faccia non mi tradisca, adesso.
 
<< Stavi dormendo? >>
 
Annuisco finendo così con lo strofinarmi sul cuscino.
 
<< Adesso non più, però, no? >>
 
<< Adesso non più >> concordo. << Cosa c’è? >> domando, notando non aggiunga altro.
 
<< Julian ti vuole per registrare >>
 
Mi lascio andare ad un grugnito. L’ultima cosa che voglio è alzarmi da qui e andare a chiudermi in una sala di registrazione improvvisata con qualcuno che mi martella nelle orecchie affinché io ripeta la stessa parte fino allo stremo.
 
<< So che non ti va >> riprende la parola.
 
Bene. Almeno so lanciare ancora qualche segnale adeguato. Continuo a tenere lo sguardo fisso.
 
<< Ed è per questo che ci siamo messi d’accordo per evitartelo >>
 
Sgrano gli occhi. Cosa? Devo aver capito male. Non possono davvero essersi alleati per farmi saltare una registrazione. Va contro tutte le regole che ci siamo autoimposti.
 
<< Ovviamente la cosa ha un prezzo >> pronuncia con un sorriso poco rassicurante.
 
Sapevo ci sarebbero state delle conseguenze. Non potevano certo architettare la cosa senza aspettarsi nulla in cambio.
 
Sospiro. Sono pronto a sentire le condizioni. << Spara >>
 
<< Ti fai una doccia, ti cambi e vieni con me e Liam >>
 
Non sembra male. Però manca la cosa più importante. << Dove? >>
 
<< Prima preparati e poi te lo dico >>
 
Sbuffo. Non sono esattamente sicuro di voler andare. Potrebbe essere una trappola. Cosa mi dice che non mi abbiano allontanato dalle registrazioni per combinarmi di peggio?
 
<< Fidati di me >> le sue labbra si aprono in un sorriso caldo e rassicurante.
 
Fregato. Non so dirgli di no quando fa così. Probabilmente l’ha fatto di proposito. Considero rapidamente la faccenda. Non può andarmi peggio di stare chiuso per ore in compagnia di Julian. E c’è Liam.
 
<< Va bene >> rispondo, seccato. Non che lo sia davvero, voglio solo fare il difficile.
 
<< Ti aspetto qui fuori. Non metterci troppo >> mi raccomanda dandomi un’amorevole pacca sulla gamba.
 
Si scosta e, prima che possa rispondergli, mi abbandona. Mi fiondo giù dal letto. Entusiasmo zero. Controllo il cellulare. Sono quasi le cinque. Pensavo di aver dormito molto di più.
 
Senza volerlo, le mie dita raggiungono il countdown e lo aprono. “+10”. Maledetto Iphone.  
 
Preso da un moto di stizza al ricordo di quanto accaduto, lo elimino. Voglio solo lasciarmi quell’avventura penosa alle spalle.
 
Lascio il telefono sulla prima superficie piana e non bagnata che trovo e vado a farmi una doccia.
 
Indosso i primi indumenti puliti che trovo, rigorosamente neri, e, dopo aver recuperato i miei effetti personali, esco dal tour bus.
 
Mi guardo intorno. Nessuna traccia di Zayn. Urlo un paio di volte il suo nome ma la situazione non cambia. Chissà dove sarà andato a cacciarsi.
 
Forse mi converrebbe chiamarlo. Prima che possa afferrare l’oggetto, vedo di sottecchi una macchia di colore con i suoi tatuaggi alla mia sinistra.
 
<< Zayn? >> chiamo, ancora.
 
Sento l’attrito delle sue sneakers contro il cemento. Torna indietro.
 
<< Ce l’hai fatta! >> esclama con una punta di rimprovero nel tono.
 
<< Non ci ho messo molto >> mi giustifico, poco sicuro sia realmente così.
 
Non ho affatto tenuto d’occhio l’orologio.
 
Si stringe nelle spalle. << Sarà che il tempo qua fuori sembrava non passare mai >> commenta.
 
<< Come avete convinto Julian? >> mi ricordo di chiedere.
 
<< Niall e Louis si sono sacrificati per te >>
 
Non riesco a crederci. E’ una delle cose più dolci che abbiano mai fatto per me.
 
<< Sono in debito con loro >> bisbiglio tra me e me.
 
<< Credo non te lo faranno pesare >>
 
Mi sorprendo mi abbia sentito. Probabilmente non sono un granché con i bisbigli. Mi guardo nuovamente intorno. << Liam? >>
 
<< Sta arrivando >>
 
<< Mentre attendiamo, puoi dirmi dove avete intenzione di portarmi? >>
 
Scuote la testa. << Non se ne parla >> aggiunge.
 
Alzo gli occhi al cielo. Non sopporto quando porta avanti la carta del misterioso. << Saremo di ritorno per il soundcheck? >>
 
Non so nemmeno perché io lo stia chiedendo. Non sono quello che ha paura di mettersi nei guai se salta uno stupido soundcheck.
 
<< Da quando in qua ti importa così tanto? >> domanda sinceramente supito.
 
Ecco. Mi conosce anche lui.
 
Mi stringo nelle spalle. << Non so nemmeno come mi è venuta questa stronzata >> ammetto.
 
Scoppia a ridere. << Ora sì che ti riconosco >>
 
Liam ci raggiunge sbucando dal nulla. << Andiamo? >>
 
Annuiamo entrambi. Stranamente non sono preoccupato della destinazione. Non mi importa dove andremo. Comincio a sentirmi meno depresso in loro compagnia e questo mi basta.
 
Saliamo in macchina e veniamo scortati da Paul, nostro complice per l’occasione.
 
<< Gli hai detto dove andiamo? >> chiede Liam rivolgendosi a Zayn.
 
Questi scuote la testa. << Pensavo di lasciarti al tuo discorso >>
 
Discorso? Di cosa stanno parlando? Che senso ha?
 
Entrambi si voltano dalla mia parte. Sembrano essersi ricordati della mia presenza. Quale onore.
 
<< Abbiamo pensato di passare il pomeriggio a scalare lo Story Bridge >> dichiara, senza alcun preambolo, Liam.
 
<< Scalare?! Un ponte?! >> chiedo con una vocetta stridula involontaria.
 
Non può essere vero. Mi stanno prendendo sicuramente in giro.
 
<< Giusto per avere una buona visuale della città >> commenta con sufficienza.
 
Come se trovarsi su un ponte a decine e decine di metri d’altezza fosse una cosa di poco conto: quasi come giocare a pallone.
 
<< Dicono che Brisbane sia fantastica in questo periodo dell’anno e, siccome non avremo tempo per visitarla in toto, usiamo un escamotage >> aggiunge Zayn.
 
Intuisco siano seri e che io sia, inevitabilmente, fregato. 
 
<< Toglietevi dalla testa che io salga su quel ponte. Sapete perfettamente che ho paura delle altezze! >> sbotto.
   
<< E così anche io ma è sicuro >> mi rassicura Zayn.
 
<< L’abbiamo già fatto per il video di “Midnight Memories”. Non sarà molto diverso >> si intromette Liam.
 
<< Togli le telecamere, il freddo e la notte >> precisa l’altro.
 
Non sopporto il modo in cui si danno man forte l’uno con l’altro mentre mi trascinano letteralmente in questa pazzia.
 
<< Perché siete convinti che vorrei rivivere l’esperienza? >>
 
<< Non hai altra scelta. Hai accettato quando hai preferito noi a Julian >>
 
Non potevo certo immaginare che mi avrebbero costretto a rischiare un infarto. Perché non voglio fare il mio dovere? Quasi mi manca quella stanza sigillata piena di microfoni, leggii e materassi per isolare il suono.
 
<< Mi avete incastrato >> protesto, sperando che la cosa possa sciogliermi da ogni vincolo indesiderato.
 
<< Ormai è andata >> pronuncia Liam soddisfatto.
 
Lo incenerisco con lo sguardo. Ha ragione, però. Ormai è andata. Sono qui in loro compagnia. Non posso certo lanciarmi da un auto in corsa. Non ho uno stuntman e non mi trovo in un film d’azione. L’unica azione che ho compiuto oggi è stata pensare. Oltre a ricordarmi di respirare, ovviamente.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Siamo a troppi metri da terra per i miei gusti e sono grato che nessuno dei due abbia voluto dirmi quanti siano con esattezza. Venire a conoscenza della cifra avrebbe influito in maniera negativa sulla mia psiche facilmente suggestionabile.
 
Camminiamo ancora per un breve tratto, scortati dalla guida. Mi chiedo quale persona di buon senso vorrebbe un lavoro del genere.
 
Tengo il passo cercando di non andare addosso a Liam o di intralciare il ritmo di Zayn, alle mie spalle.
 
<< Harry, ci sei? >> urla controvento.
 
Non rispondo immediatamente.
 
<< Lo tengo d’occhio io, ti ho detto >> lo imita Zayn. Dal tono intuisco sia seccato per i continui controlli di Liam.
 
<< Okay >> mormora, quasi mortificato.
 
Guardo il panorama lungo tutto il tragitto. Nonostante sia pomeriggio e non ci siano le luci a rendere il tutto più magico, la vista è spettacolare. Sono quasi felice di averli seguiti e aver dato loro l’opportunità di regalarmi questo pomeriggio. Dubito, però, che lo ammetterei così facilmente.
 
Il tempo di raggiungere uno dei punti più alti del ponte, e la guida ci lascia da soli come richiesto dai miei due amici.
 
Aggrotto la fronte quando i loro sguardi convergono su di me.
 
<< Allora, cosa te ne pare? >> mi chiedono più o meno all’unisono.
 
Sono quasi spaventato dalla loro telepatia. Passano decisamente troppo tempo insieme.
 
<< E’ carino >> proferisco, filtrando i miei veri pensieri.
 
<< Carino? >> mi fa eco Liam, quasi offeso dal mio utilizzo di quell’aggettivo.
 
Questo posto mi piace sempre di più ad ogni secondo che passa. Annuisco, cercando di rimanere indifferente.
 
<< Okay, carino >> ripete, fingendo di crederci.
 
<< Perché l’avete mandato via? >> domando indicando col pollice il tratto da cui siamo venuti.
 
<< Volevamo stare un po’ da soli. Solo noi tre >> interviene Zayn.
 
<< Ditemi che non dev’essere una cosa romantica >> fingo di supplicarli.
 
Sorridono. Zayn scuote la testa. Immagino valga anche per Liam.
 
<< Sei ancora spaventato all’idea di trovarti qui? >> si informa Liam.
 
Ci penso un secondo. Adoro essere qui. Mi sento leggero, quasi in grado di spiccare il volo.
 
<< No >> ammetto.
 
Sorride amorevole. Quasi mi preoccupa. << Ecco qua >> afferma come se stesse rivelando un’enorme verità.
 
Lo guardo interrogativo.
 
<< Harry, io e Zayn abbiamo organizzato tutto questo per un motivo ben preciso >> inizia.
 
<< Che non è quello di inscenare la tua morte >> scherza l’altro.
 
Sorrido, lasciandomi distrarre per qualche secondo.
 
<< Le cose negli ultimi giorni non sono state facili e sappiamo quanto tu stia male anche se cerchi di fingere il contrario. Non sei più sorridente, spensierato come una volta. Non stiamo dicendo che Charlotte sia un brutto acquisto per te, non fraintenderci >> fa una pausa.
 
Cerco di assorbire tutto quello che sta dicendo, concentrandomi sul significato profondo di ogni singola frase.
 
<< E’ solo che da quando non sei riuscito a trovarla sei spento e non è quello che vogliamo per te. Nessuno di noi >> aggiunge Zayn.
 
<< Sappiamo perfettamente che adesso hai paura. Non sai se sei pronto a trovarla o meno. Non sai se accadrà e stai lasciando che questo ti freni >>
 
Parola dopo parola, la mia maschera crolla. Sono meravigliato di quanto bene mi conoscano. Hanno decifrato il mio animo. Mi sento messo a nudo. Non è così male come pensavo. Mi sento compreso. Anche supportato.
 
<< Anche l’altezza è qualcosa che temi, eppure guardati. Sei qui. In cima ad un ponte in una città di cui sai a malapena il nome. Hai superato la paura. Non ti senti alla grande? >> mi chiede con un enorme sorriso.
 
Non posso fare a meno di ricambiare.  << Mi sento decisamente alla grande. Quassù è bellissimo >> e l’entusiasmo mi invade.
 
<< Se sei riuscito a fare questo, non devi aver paura di nient’altro. Puoi fare tutto, se ti impegni e ti concedi fiducia >> mi incoraggia Zayn.
 
In me cresce la consapevolezza abbiano ragione. Amare non mi spaventa. Trovarla è decisamente la cosa giusta. Senza timore di metterci troppo. Senza dubbi a tormentarmi.
 
<< Guardati intorno >> prosegue Liam stendendo la mano verso l’orizzonte.
 
Obbedisco. Per la seconda volta rimango estasiato dal panorama. Mi sento piccolo ma, allo stesso tempo, invincibile.
 
<< Questa città è enorme eppure può essere vista per intero stando in un solo punto. Non ti sfugge nulla, nemmeno una singola zolla di terra. Cosa credi significhi? >> mi domanda.
 
Nonostante la buona volontà, non riesco a capirlo. Scuoto la testa dispiaciuto. Attendo mi spieghi il suo punto di vista.
 
<< Il mondo può anche sembrarti sconfinato, pieno di nascondigli in cui perdersi ma è solo terra. Non c’è niente che tu non possa vedere. Non c’è niente che ti possa sfuggire. La distanza non conta. Non esiste. E’ solo un ostacolo mentale. Charlotte è vicina. Lo è sempre >>
 
<< Devi solo vederla in questo modo. Pensare positivo >> aggiunge Zayn.
 
Sorrido. Non smetterò mai di essere grato per averli nella mia vita.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Esco dalla doccia ancora bagnato e con un enorme sorriso sul viso. Sincero. Sono entusiasta. Per lo show conclusosi da poco; per il pomeriggio con Liam e Zayn; per la nuova prospettiva che ho deciso di utilizzare.
 
Raggiungo Niall buttato sul divanetto col cellulare tra le mani. Alza lo sguardo quando si accorge della mia presenza.
 
<< Di buon umore? >> domanda, radioso.
 
Annuisco. << Tutto merito di quelle due canaglie >> aggiungo senza perdere il sorriso.
 
<< Cos’avete fatto? >> si informa.
 
Scuoto la testa. Mi guarda interrogativo.
 
<< Sai cosa, Niall? Voglio proprio vedere quel video >> cambio discorso.
 
Alza un sopracciglio, probabilmente stranito dalla mia decisione. << Lascia che accenda il pc >> risponde, però, mettendosi composto e raggiungendo l’oggetto sul tavolino.
 
<< Vado a mettere qualcosa e torno >>
 
<< Okay >> risponde senza degnarmi di uno sguardo.
 
Infilo un paio di boxer puliti. Strofino ulteriormente i capelli umidi. Una volta fatto, lancio, come sempre, l’asciugamano in bagno rimanendo sulla soglia.
 
<< Ci sei? >> urla.
 
<< Eccomi >> e mi ritrovo alle sue spalle.
 
Mi lancia un’occhiata e scala affinché ci sia possibile dividere lo schermo. Mi siedo accanto a lui e attendo che faccia partire il filmato.
 
Preme play e la prima scena prende forma sotto i nostri occhi. A tre secondi, però, si blocca. Niall sbuffa, infastidito. Sorrido, divertito dalla sua reazione.
 
I miei occhi cadono distrattamente sulla colonna presente sulla destra: i suggerimenti di youtube. Mi paralizzo. Non ci posso credere.  
  
 






SPAZIO AUTRICE: Heey! Sono tornata per farmi perdonare anche se non credo di esserci riuscita con questo capitolo. E' scritto leggermente con i piedi e non è proprio come avrei voluto fosse ma non riuscivo ad aspettare. Voglio solo arrivare avanti e avanti e avanti. Immagino capiate il perché. 
Spero sarete clementi nei miei confronti >< ricordatevi che vi voglio bene e so fare i Waffeln. (I miei tentativi di corruzione sono patetici ma non ho molto altro lol) 


Comunque non credo di riuscire a finire entro i 30 capitoli. Ops. E' un problema? Ditemi di no, vi prego. Non voglio dover tagliare le cose a cui ho pensato o affrettare l'intera storia rendendola inverosimile. 


Ricordatevi della pagina ma, cosa ancora più importante, ricordatevi di sorridere oggi :)
Spero trascorriate una bella giornata! 
A presto :) x

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Capitolo 22
*** Link. ***


Link. 

Il terzo video. Quella è Charlotte. Ho quasi paura di non riuscire a respirare. Ho le trabecole?
 
<< N-Niall >> balbetto, senza sbattere le palpebre.
 
<< Sì, lo so che vuoi vederlo ma la connessione è lenta >> risponde ancora seccato.
 
Non deve essersi accorto di me.
 
<< No, non è questo >> pronuncio quasi in un sussurro.
 
<< Harry, stai bene? >> domanda e, di sottecchi, lo vedo voltarsi dalla mia parte alla fine della frase.
 
Scuoto la testa.  Il suo sguardo segue il mio e si ferma sulla parte destra dello schermo.
 
<< Dimmi che non la vedo solo io >> quasi lo supplico.
 
<< Non è Charlotte? >> mi chiede, imitando un perfetto svampito.
 
Alle sue parole ho la certezza che non sia solo nella mia testa. Non è solo il desiderio di volerla al mio fianco a farmela vedere anche dove non c’è.
 
<< Aprilo! >> esclamo.
 
<< Okay ma non ti prometto niente visto che la connessione internet impiega una vita >>
 
Non mi interessa. Posso passare anche tutta la notte davanti al pc purché io riesca a vedere questo video in maniera integrale.
 
Annuisco. Resto a fissare la mia piccola porzione di felicità finché il cursore non si avvicina e la seleziona cambiando la schermata.
 
Il display è interamente nero. Niall lo mette in pausa affinché possa caricarsi in maniera adeguata. Frettolosamente i miei occhi corrono nella parte sottostante. Ho bisogno di trovare informazioni.
 
Il nome del canale è “itschar”.  Sono certo sia lei nonostante mi sembri strano. Mi ha quasi rimproverato quando l’ho chiamata “Char” l’ultima volta, però è lo stesso nickname che ha usato per lei. Che senso ha?
 
Il video risale a due anni prima. Così tanto tempo fa?
 
<< Niall, entra nel canale >> gli ordino.
 
Mi rivolge un’occhiata stranita ma non obietta. Apre la pagina ed i miei occhi vagano in cerca di risposte.
 
<< Posso fare io? >> chiedo impaziente, riferendomi al controllo del mouse.
 
Annuisce quasi ossequioso. Dovrei preoccuparmene ma non è il momento. Spinge leggermente il pc dalla mia parte e si sposta di qualche centimetro per darmi altro spazio.
 
<< Grazie >> e inizio a smanettare.
 
L’ultimo video, a quanto pare, risulta essere proprio quello che ci era capitato tra i suggerimenti. Non ne ha fatti altri in seguito.
 
Non so quanto possano essere d’aiuto a questo punto ma, se non dovessero contenere informazioni utili, almeno avrò qualcosa da guardare fino al nostro prossimo incontro. Qualcosa in cui lei è viva ed è sé stessa. O, almeno, credo.
 
Ci sono solo altri cinque video. Deve aver aperto il canale e ben presto deciso non facesse per lei. L’ha letteralmente lasciato a sé stesso.
 
Osservo i titoli a cui prima non ho badato. Hanno tutti a che fare con make-up e abbigliamento.
 
Quindi è questo che faceva. Aveva una sorta di blog interattivo sullo stile. Mi sembra strano pensare a lei in questo modo. Soprattutto dopo averla vista struccata. Non che non fosse bellissima. Solo che una patita di make-up, solitamente, ne fa utilizzo in prima persona e su di lei non ce n’era la minima traccia.
 
<< Vuoi che ti lasci da solo? >>
 
Scuoto la testa. << Mi farebbe piacere restassi >> affermo. << Solo se vuoi, ovviamente >> aggiungo guardandolo.
 
Mi sorride. << Certo >> esclama.
 
Ricambio. Questa giornata ha preso una piega fantastica a partire dalle cinque del pomeriggio. Quasi vorrei cancellare tutto quello è successo prima di quel momento.
 
<< Allora cos’hai scoperto? >> domanda.
 
<< Per adesso non molto. Stavo solo notando che l’ultimo video è stato caricato due anni fa >>
 
<< Nient’altro dopo? >>
 
Scuoto la testa. Torno a fissare la data. Risale a qualche mese prima del “nostro incontro” a Londra.  
 
Tutto quello che c’è su questo canale, immortalato per sempre in una pellicola digitale e accessibile a tutti, è accaduto prima che le nostre vite si scontrassero di nuovo. C’è un pezzo di quello che ho perso.
 
<< Tra l’altro ha smesso un paio di mesi prima che la vedessi a Londra >> lo informo.
 
<< Ricordi la data? >> domanda sorpreso.
 
<< Solo il mese e l’anno >>
 
Continuo a smanettare, cercando di scoprire altro. Mi imbatto nella descrizione del canale da lei scritta. Leggo ad alta voce.
 
<< “Hey, it’s Charlotte here. I’m just a school girl who loves filming tutorial and has a huge obsession with outfits, make-up and tattoos. If you feel me, subscribe” >>
 
Niall si sporge per sbirciare. << Tatuaggi? >> chiede stranito.
 
Mi stringo nelle spalle. << E’ quello che c’è scritto >>
 
<< Magari ne ha qualcuno nascosto >> pronuncia allusivo.
 
<< Niall! >> lo rimprovero. Non mi piace l’idea che faccia allusioni alle parti intime di Charlotte. O che alluda a lei e basta.
 
Ride. << Scherzavo. Non credo non ti piacerebbe se così fosse, però >> si alza.
 
<< Dove vai? >>
 
<< Prendo da bere. Tu vuoi qualcosa? >>
 
<< Succo, per favore >>
 
<< Non sarai un po’ troppo nostalgico? >> mi prende in giro.
 
Aggrotto la fronte. Non capisco di cosa stia parlando.
 
<< A chiedere del succo >> mi spiega.
 
Collego i fili nella mia mente. Il succo è stato l’elemento chiave della conoscenza con Charlotte più o meno quaranta giorni fa.
 
Sorrido scuotendo lievemente la testa. Senza attendere ulteriormente, si reca al mini frigo quasi all’entrata e recupera due bottigline.
 
Me ne tende una quando mi ha quasi raggiunto. La afferro e la apro. Per qualche minuto ignoro il sacro Graal che ho davanti.
 
Bevo una lunga sorsata. Niall, accanto a me, mi imita. Chiudo la bottiglina una volta finito e l’appoggio sul tavolino, alla destra del pc.
 
Torno a smanettare, deciso a visionare almeno uno dei video. Seleziono l’ultimo e lo metto a caricare.
 
<< Ti va di giocare a carte nel frattempo? >> gli chiedo, alludendo alla lentezza della connessione.
 
Scuote la testa. << E se chiamassimo gli altri per informarli? >>
 
<< Non mi sembra il caso di disturbarli >>
 
<< Vorranno sicuramente saperlo >> insiste.
 
<< Okay, ma vai tu >> pronuncio, sperando che la sua pigrizia interferisca e lo porti a ripensarci. Magari concedendomi una partita.
 
<< Va bene >> si alza.
 
Non ha funzionato. Non riesco a manipolarlo a dovere. Eppure sono passati quattro anni. Sono proprio una frana.
 
Raggiunge a passi svelti gli scalini e, rapidamente, li scende lasciandomi solo.
 
Non sapendo cosa fare, torno a fissare il video. Nessun miglioramento. Tutto nero e il caricamento non procede minimamente. Annoiato, leggo la breve descrizione sottostante. Ha usato nuovamente l’inglese. Ringrazia tutte le persone che la stanno seguendo assiduamente e spiega di avere dei problemi personali per cui non sa quando potrà postare ancora.
 
Chissà cos’era. Riguardava la sua salute? L’andamento a scuola, magari? Sono tremendamente curioso ma spero con tutto me stesso che, qualsiasi cosa fosse, si sia ormai risolta.  
 
Clicco per caso su “Mostra altro”. C’è il suo contatto Instagram allegato. Sobbalzo. Non può essere vero. Apro il link.
 
Chiudo gli occhi, quasi per scaramanzia, mentre attendo si carichi.
 
Spero con tutto me stesso che questo sia ancora attivo. Magari dalle foto potrei capire dove si trovi.
 
Sbircio appena dall’occhio destro per vedere a che punto sia. Ha caricato la pagina. Spalanco entrambi.

L’account è privato.         










SPAZIO AUTRICE: Heey! Sono le due e tutto va bene (?)
Sono già tornata. Siete contente? Onestamente, stavo pensando che non dovrei pubblicare un capitolo al giorno. 
Magari dovrei iniziare con tre alla settimana, che dite? Ho l'impressione che con il ritmo attuale dei lettori finiscano per avere molto "materiale" arretrato e vorrei dare a tutti il tempo di leggere prima di andare avanti. Mi fate sapere?


Passando al capitolo, non è proprio il massimo. E' corto. La durata della scena è breve e boh, non c'è una cosa che vada bene. Faccio sempre così, oh. 
Spero mi riempiate di pareri (ovviamente anche negativi!), ne ho tremendamente bisogno ><
Okay, ora mi ritiro nella mia caverna per riprendere le puntate di "2 broke girls". 
A presto, vi voglio bene :) x

Ps. Spero che adesso vi sia chiaro perché alla fine del capitolo "Tic tac" vi avevo detto di tenerne bene a mente il contenuto. Non era certo per la signora con cui parla Harry ;) Pps. In pagina c'è un piccolo "#BehindTheScenes #TheMaking" se siete curiosi :)

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Capitolo 23
*** ATM. ***


ATM

Questa ragazza si fa proprio desiderare. Non capisco perché debba avere un profilo privato. Giusto per farmi ammattire, immagino.
 
Nel caso in cui lo stia ancora utilizzando, però, basterebbe mandarle la richiesta per risolvere le cose. La accetterebbe e potrei spiarla. A dirla così, risulto inquietante persino a me stesso.
 
<< Hey >> esclama Louis, entrando per primo nel bus.
 
Sussulto appena. << Hey >> rispondo, neutro.
 
<< Gli altri stanno arrivando >> pronuncia indicando alle sue spalle.
 
Annuisco di fronte all’ovvio. << Come mai li hai preceduti? >>
 
Si stringe nelle spalle. << Avevo voglia di correre >>
 
Me lo immagino mentre corre come un bambino. Sorrido.
 
Si siede di fronte a me. << Allora, grandi novità? >>
 
Scuoto la testa. << Niente di così grandioso >>
 
<< Non sembrava da come ne parlava Niall >>
 
<< Non so comunque dove si trova. Quello sì che sarebbe stato importante. Ecco perché il resto non conta >> commento con sufficienza.
 
Fa una leggera smorfia con le labbra per concordare.
 
<< Non spingere! >> pronuncia Zayn all’esterno.
 
Credo si trovi a pochi passi dal portellone.
 
<< Ti spingo perché sei di una lentezza incredibile >> risponde seccato Liam.
 
Ridacchio. Me l’aspettavo. E’ sempre entusiasta. Quasi mi dispiace lo sia adesso visto che non c’è molto per cui esaltarsi. Non ancora, almeno.
 
<< Louis è già dentro di sicuro >> aggiunge Niall.
 
<< Sì, sono qui! >> urla per tutta risposta, perforandomi quasi un timpano.
 
In questa band hanno tutti voci squillanti. Fin troppo.
 
<< Visto? >> sembra quasi ci sia del rimprovero nella sua voce.
 
Povero Zayn.
 
Qualche istante dopo entrano a loro volta in fila indiana. Zayn, il primo, è piuttosto addormentato e credo si regga a malapena sulle gambe. Liam, parzialmente coperto, mi lancia uno sguardo esaltato. Tutto di lui è esaltato. Non so come ci riesca.
 
<< Hey, mi dispiace che Niall vi abbia chiamato per nulla >> affermo immediatamente.
 
<< Come per nulla? Hai o non hai delle grandi novità? >> chiede Niall.
 
<< Dal mio punto di vista non lo sono >>
 
<< Preferisco fidarmi di Niall >> risponde Liam e, con gentilezza, conduce Zayn fino a Louis.
 
Mi stringo nelle spalle. Se non posso far cambiare loro idea, è inutile continuare a sminuire quello che è appena successo.
 
Louis prende quasi in consegna Zayn e lo aiuta a sedersi accanto a sé, scalando per permettere anche a Liam e Niall di fare lo stesso.
 
Una volta seduti, mi guardano per avere delle delucidazioni. Mi sembra di dover tenere un discorso davanti a un’enorme platea. Una più severa di quella presente ai nostri concerti.
 
Lancio un’occhiata a Zayn. I suoi occhi sono due fessure e dubito che riesca a vedere qualcosa.
 
<< Siete sicuri sia vivo? >> scherzo, indicandolo.
 
Louis sorride mentre Liam rotea gli occhi. Deduco sia impaziente.
 
<< Muoviti a parlare >> mi sprona, fingendosi minaccioso dimostrandomi quanto io abbia ragione.
 
 << Mi preoccupo solo per un amico >> continuo con un sorrisino.
 
Non so perché ma mi diverte l’idea di tentennare e farlo innervosire.
 
Mi incenerisce con lo sguardo e mi sorprendo di come Louis e Niall non stiano parlando, urlando o quant’altro.
 
Mi arrendo. << Okay, parlo >>
 
<< Ti ringrazio >> commenta leggermente sarcastico.
 
<< Volevo vedere il video che Niall ha ricevuto da Greg e, tra i suggerimenti, è uscito un video con Charlotte >> sintetizzo.
 
Aggrotta la fronte. << Cosa vuol dire “un video con Charlotte”? >>
 
<< Cosa può voler dire, secondo te? >> interviene Louis, spazientito.
 
<< Perché dovete sempre iniziare battibecchi ogni volta che si tratta di Char? >> chiedo.
 
Louis e Liam si scambiano delle occhiatacce. Sembrano due fratelli in procinto di litigare. In momenti come questi mi manca Gemma. Non litigo con nessuno come faccio con lei.
 
<< Vai avanti >> mi suggerisce Niall.
 
Annuisco. << Ho aperto il canale e ho scoperto abbia postato sei video. Il più recente risale, però, a due anni fa. Ha smesso qualche mese prima che la incrociassi a Londra. Nella descrizione spiega che non saprà quando tornerà a postare perché ha dei problemi personali e… >> faccio una pausa.
 
Vorrei far risultare il seguito come una notizia incredibile. Almeno per cercare di essere all’altezza delle loro aspettative. Tutta colpa di Niall. E’ alleato e nemico allo stesso tempo.
 
<< …c’era il link del suo account instagram >> provo a mettere su un’espressione emozionata ma mi sento solo ridicolo.
 
<< Questa mi era nuova >> commenta Niall.
 
<< Beh, non c’eri >> gli ricordo.
 
<< Sei entrato? >> si interessa Liam, quasi saltando sul posto.
 
<< Immagino tu abbia salvato già tutte le foto >> insinua Louis.
 
Scuoto la testa. I due si stupiscono in contemporanea.
 
 << L’account è privato >> affermo, con una lieve inflessione triste.
 
<< E ti fermi qui? >> si stupisce Niall. << Dopo tutto quello che hai trovato stasera, vuoi fermarti ad un “privato”? >> incara la dose.
 
So che ha ragione. Non avevo intenzione di starmene con le mani in mano ma, prima che riuscissi a pensare in maniera lucida, sono arrivati per avere delle spiegazioni ed io non ho più avuto del tempo per me.
 
<< Non ho detto che mi fermo qui. Non sono così…non sono così e basta. Siete arrivati prima che potessi decidere cosa fare >> ammetto.
 
Zayn si lascia andare a piccoli gemiti di protesta. La cosa mi distrae. Poso il mio sguardo su di lui, tralasciando per un attimo la faccenda. Mi chiedo cosa l’abbia spinto a “pronunciarsi” proprio adesso. I miei occhi seguono le sue mani intente a respingere l’aria. Sono dirette verso il gomito di Louis. Probabilmente, quest’ultimo ha provato, inutilmente, a tenerlo tra noi.  
 
<< Forse dovresti accompagnarlo al pullman >> gli suggerisco.
 
I ragazzi, Louis per primo, si accigliano. Avranno pensato che io non voglia uno dei due o entrambi qui?
 
<< E’ tardi ed è stanchissimo. Non mi sembra il caso di tenerlo qui contro la sua volontà. Possiamo sempre parlarne domani >> mi giustifico.
   
Louis si stringe nelle spalle. << Sicuro che puoi cavartela da solo? >> chiede con un sorrisino. E’ ovvio mi stia prendendo in giro.
 
<< Se dovessimo decidere qualcosa, mi accerterò di mandarti un messaggio >> risponde Liam, per me.
 
Non so perché ma ho l’impressione che lui voglia davvero andare fino in fondo. Preparare una sorta di piano e cose di questo tipo. Probabilmente desidera solo sentirsi una spia per qualche ora.
 
Niall mi lancia un’occhiata come ad accertarsi io sia d’accordo con la frase appena pronunciata da Liam. Annuisco appena. Sposto lo sguardo su Louis.
 
<< O puoi tornare dopo averlo messo a letto e ti aspettiamo qui >> dono un’altra opzione.
  
Scuote la testa. << Non che io non voglia lasciarlo solo, è che sono stanco anch’io e non riesco a fare avanti e indietro. Preferisco l’idea del messaggio se arrivate ad altro mentre sono ancora sveglio >>
 
Niall e Liam, in contemporanea, si alzano per far loro spazio e permettere ad entrambi di tornare nel loro regno.
 
Non senza proteste, Zayn lascia il bus e cala il silenzio.
 
Sono nuovamente da solo con Niall e Liam. Ormai essere in loro compagnia è usuale ma, allo stesso tempo, diventa sempre strano.
 
<< Allora, cosa aspetti? >> spezza il silenzio il biondino.
 
Lo guardo stranito. Cosa intende?
 
Torna a sedersi. Sceglie volutamente di posizionarsi all’interno in modo che Liam possa imitarlo.
 
<< Per il profilo instagram. Hai intenzione di mandarle questa richiesta o no? >> chiarisce.
 
Fisso i miei occhi nei suoi per qualche istante. Il tempo necessario a capire faccia sul serio.
 
<< Credo ci sia qualcosa di sbagliato in te >> rispondo, cercando di trattenere un risolino.
 
Non riesco mai ad apparire serio quando si tratta di prenderlo in giro.
 
<< Perché? >> protesta.
 
Liam osserva tutta la scena, passando gli occhi da me a Niall come si trovasse davanti ad una pallina in una partita di ping-pong.
 
<< Come perché? Hai presente dove finirei se solo lo facessi? >> gli ricordo.
 
Le mie domande retoriche sembrano zittirlo e questo mi dà qualche secondo per riflettere senza avere voci a farmi pressioni. Io, come Harry Styles dei One Direction, non posso mandarle una richiesta.
 
Nel caso in cui il profilo dovesse essere ancora attivo e lei, per questo, dovesse accettare, capirebbe perfettamente sia io. Saprebbe che l’ho cercata e stranamente, a suo avviso, trovata. Intuirebbe io voglia spiarla o chissà cosa per ottenere il mio appuntamento. Oppure potrebbe semplicemente considerarmi troppo invasivo. Sono rischi che non voglio correre. Impressioni che non voglio dare se non riesco a contemplare la sua reazione.  
 
Come se non bastasse, mentre nel mio mondo lei accetta e mi vede come un possibile stalker alle prese con la pianificazione di un nuovo omicidio, le fans e i media vedrebbero me seguire una ragazza e se ne chiederebbero il motivo.
 
Ancora una volta, Char non è una persona che voglio dividere con anima viva né, tantomeno, dare in pasto ad estranei che non hanno difficoltà a diventare crudeli.
 
Non è da escludere, però, la possibilità che vedendo il mio nome, potrebbe scegliere volutamente di ignorarmi. Giusto per tenermi sulle spine. Per non rendermi la vita facile. Come se quarantuno giorni non fossero una tortura sufficiente.
 
Dev’esserci un modo per farlo che tenga lontano persone esterne alla faccenda e, allo stesso tempo, mi permetta di restare anonimo.
 
<< Crea un account fake >> esclama Liam, d’un tratto.
 
Mi illumino. E’ esattamente la risposta alle mie esigenze. Quello a cui stavo cercando disperatamente di arrivare. Fortunatamente ho amici più svegli di me. A volte.
 
<< E’ un’idea fantastica! >> lo imito.
 
<< Adesso? >> si accerta Niall.
 
Annuisco. << Inizio subito così, magari, per domani mattina riesco a risultare un account fake credibile >> afferro il cellulare e inizio a smanettare.
 
<< Hai già salvato il suo nick? >> chiede Liam, girando il pc dalla sua parte.
 
<< No. Non toccare per favore >> lo prego mentre apro il memo per appuntarmi il nome.
 
Lascia cadere immediatamente le dita e si allontana di qualche centimetro dall’apparecchio. E’ una cosa dolce, stranamente. Forse, da un po’ di tempo a questa parte, trovo tutto dolce.
 
Segno rapidamente quelle sette lettere, come se avessi paura potessero sbiadire dallo schermo del pc se solo esitassi ancora.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
<< Il mio microfono è un po’ basso >> urlo al tecnico del suono.
 
Questo alza di scatto la testa dalla mia parte. Soppesa quanto detto, come se gli ci volesse del tempo per metabolizzare le frasi che gli vengono rivolte. Rimedia al piccolo inconveniente e alza il pollice per darmi il suo okay.
 
Annuisco, cercando di dimostrarmi riconoscente per il lavoro che svolge. Non che non lo sia, ovviamente. E’ solo che vorrei finire questo sound check anche se non è nemmeno iniziato. Non riesco a pensare ad altro che alla richiesta. L’ho inviata quattro giorni fa e non è successo nulla.
 
Domani sarò libero per due settimane e devo sapere dove andare. Dove andare a cercarla, di nuovo. Spero con tutto me stesso che quell’account sia attivo e contenga delle risposte valide.
 
Non vorrei aver penato per altri quattro giorni per nulla.
 
Riprovo un pezzo di “Little things” di cui non sono molto sicuro approfittando del nuovo volume. Sembra andare. Non la canzone, però. E’ solo un mio problema?
 
Mi volto a guardare gli altri. Zayn sta armeggiando con gli auricolari mentre Niall lo punzecchia per scherzo. Liam viene dalla nostra parte col suo microfono appena controllato per l’ennesima volta. Louis…dov’è Louis?
 
<< Louis? >> chiedo a nessuno in particolare, esternando la mia curiosità.
 
<< Eccolo >> pronuncia Liam, indicando con un cenno alle mie spalle.
 
Lancio un’occhiata di sottecchi. << Pensavo ti fossi perso >> scherzo.
 
Sorride. << Hai lasciato il telefono in bagno >> pronuncia porgendomelo.
 
Lo afferro stranito si sia premurato di riportarmelo quando vige la regola per cui non è consentito l’utilizzo di apparecchi elettronici durante le prove e, ovviamente, sul palco.
 
<< Credo ci sia qualcosa di interessante >> aggiunge facendomi l’occhiolino.
 
Mi sorpassa prima che possa chiedergli a cosa si riferisca. Sblocco il cellulare e scorro tra la lista di notifiche che mi ritrovo ad avere. I miei occhi cadono quasi immediatamente sul simbolo di instagram.
 
Il cuore prende a battermi all’impazzata nel petto. Il suo nome. Ha accettato la richiesta.
 
Freneticamente clicco e apro il suo profilo.
 
 
 
“Charlotte Schäfer.
19. Obsessed with Julia.
In Frankfurt atm.”








SPAZIO AUTRICE: Avevo scritto un papiro di spiegazioni e ringraziamenti ma efp non l'ha salvato. Che burlone. Sto crollando per rifare tutto di nuovo, adesso. Pubblico adesso e domani, a mente fresca, riscriverò tutto in pagina. (Nonostante lì leggeranno in dieci appena). 
Spero mi farete sapere. So che il capitolo non dice niente di esaltante ed è un po' (notare l'eufemismo) pesante. Abbiate pietà. Segna l'inizio di tante belle cose. Credo. 
Vi aspetto in pagina, a presto :) vi voglio bene x

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Capitolo 24
*** Goethe. ***


Goethe. 

Francoforte. Adesso so dove cercarla. Posso partire stasera, dopo lo show. Considerate le ore di volo arriverò lì in piena notte ma non è un problema. Vorrà dire che di prima mattina sarò già relativamente in piedi per farmi un giro.
 
Devo preparare un bel po’ di cose. Posso farcela. Non mi sembra vero.
 
<< Harry? >>
 
<< Aspetta >> sento Louis rivolgergli.
 
Scuoto la testa, come ad uscire dalla mia nuvoletta e mi giro. Presto loro attenzione.
 
<< Sì? >> chiedo a Liam.
 
<< Vieni a…? >> si accorge del cellulare tra le mie mani e si blocca nel bel mezzo della frase.
 
Mi scruta poi guarda Louis, quasi convinto ci sia qualcosa di cui solo noi due siamo a conoscenza. E in effetti è così. 
 
<< Cosa succede? >> aggiunge.
 
<< H-ha accettato >> balbetto ancora incredulo. Non mi sembra vero di poterlo dire ad alta voce.
 
Non è tanto il fatto che dopo quattro giorni di attesa io abbia constatato usi ancora instagram, più che altro è la scoperta della sua posizione a rendere tutto così incredibile.
 
<< La richiesta? >>
 
Annuisco.
 
<< E’ meraviglioso! >> esclama e si avvicina per sbirciare.
 
Inclino leggermente il cellulare per permettergli di vedere meglio.
 
<< Scorri, no? >> chiede, ricordandomi della presenza delle foto: il motivo principale per cui ho creato un account fake in cui fingo di essere una ragazza.
 
Obbedisco senza rispondere. L’ultima foto è di Julia. La apro, sperando di notare qualche particolare nello sfondo ma non vi è altro che un muro di un marroncino chiaro.
 
Passo alla successiva. Ancora Julia. Così anche le due che seguono. Credo non abbia mentito scrivendo “Obsessed with Julia” nella sua descrizione.
 
<< Adesso abbiamo perso anche Liam >> commenta Zayn.
 
<< Un po’ di pazienza >> gli richiede Louis.
 
<< Mi dite cosa sta succedendo? >> interviene Niall.
 
<< Forse dovrei controllare dopo >> sussurro prontamente a Liam.
 
Questi annuisce e mi dà una pacca sulla spalla. << Dobbiamo preparare un altro piano >> aggiunge mentre accorcia le distanze con gli altri.
 
Dobbiamo? Ha intenzione di venire di nuovo? Scuoto la testa, rimandando a dopo eventuali commenti e idee. Bisogna finire questo sound check.
 
 
 
 
 
 
 
 
Poso il microfono sul suo ripiano e recupero il cellulare dalla tasca posteriore dei jeans. Mi allontano lentamente mentre inizio a smanettare per riaprire instagram. Non avendo abbastanza tempo per fare una seconda lista di famiglie Weber presente in città, devo basarmi sulle foto postate da Charlotte per capire con esattezza dove si trovi. Sperando ci siano foto precise.
 
Supero le foto che ritraggono Julia e arrivo a quelli che mi sembrano indizi concreti. Decido di scorrere in fondo per seguire un certo filo logico.
 
La prima foto postata su questo social risale a nove settimane fa. Sembra essere il Colosseo di Roma. O sbaglio? Ci sono stato così tanto tempo fa che non è facile per me mettere bene a fuoco.
 
La descrizione riporta “Leaving you for the best”.
 
E partita da lì, quindi? Abitava lì? E’ sempre stata dove l’ho “conosciuta”?
 
Procedo. Una foto del cielo, ripresa dall’alto. Dev’essere stata sicuramente scattata mentre era in volo. “Love being this high
 
Sorrido. Non so perché. Forse è quel “Love”. Sapere che c’è qualcosa che ama. Oppure venire a conoscenza di ciò che ama.
 
La foto di due statue di argilla? Mattoni? I materiali non sono mai stati il mio forte. Sono parecchio ingrandite quindi non riesco a vedere dove siano situate ma non sembra una piazza o qualcosa di simile. Intravedo delle tubature. Ma certo, è un palazzo. “Already met new friends
 
Sorrido di nuovo. Non avevo dubbi sul suo umorismo. Peccato che la foto non sia abbastanza d’aiuto.
 
Una sorta di inquadratura su degli edifici circondati da un paio di alberi smorti. Sembra tutto molto antico e solenne. E’ forse una chiesa? Davanti c’è uno spiazzale con quelli che sembrano reperti. Pietre antiche. Se riuscissi ad intravedere il nome della strada o della zona, magari sarebbe diverso. “They showed me around
 
Probabilmente il suo profilo è la cosa più buffa che abbia mai visto appartenerle. Mi sembra quasi di violare la sua persona. Devo scacciare l’idea. Lei ha accettato la richiesta quindi non ha problemi ad essere “osservata”. Non c’entra nulla il fatto che sia convinta io sia una ragazza.
 
Un primo piano su uno degli alberi. C’è qualcosa che pende dai rami ma non riesco a distinguere. Le foto sono sfocate. Non sembra essere un genio con la messa a fuoco o ha a disposizione una fotocamera scadente. “They even bought me new shoes
 
Devo dedurre siano scarpe quelle? Che assurdità.
 
<< Harry? >> Liam.
 
Alzo lo sguardo. Sono ancora nel backstage. Ed io che ero convinto di averne fatta di strada. Sono un po’ rincretinito. Le foto mi hanno leggermente stregato.
 
<< Liam >> ripeto, lanciandogli un’occhiata distratta.
 
<< Allora? >>
 
Di sottecchi lo vedo raggiungermi.
 
<< Sto controllando >> commento con sufficienza.
 
Non che non apprezzi l’interessamento di Liam o la sua compagnia in generale, è solo che voglio passare del tempo da solo “con Charlotte”. Voglio farmi un’idea di dove cercarla.
 
<< Qualcosa di interessante? >>
 
Scuoto la testa. << Per adesso niente di rilevante >>
 
<< Cosa succede? >> urla Niall dalla sua posizione.
 
Vorrei evitare di creare scompiglio ma Liam risponde per me. << Venite >>
 
Sbuffo mentalmente. Mi impongo di rimanere concentrato e grato. Non sarei a questo punto senza il loro supporto. E senza il video di Greg. Dovrei mandargli dei fiori. O qualche regalo per Theo.
 
Mi circondano e iniziano a sbirciare quasi a turno.
 
<< Ha accettato e sto controllando le foto. Mi serve qualcosa di utile >> spiego brevemente sperando che possa servire a concedermi un po’ d’aria.
 
<< Accendo il pc >> si precipita Niall, fiondandosi letteralmente nella stanza adiacente.
 
Guardo la sua scia stranito. << Cosa…? >> inizio, tra me e me incerto di voler porre una vera e propria domanda a qualcuno.
 
<< E’ un’ottima idea. Ti seguo! >> esclama Louis e lo raggiunge in un secondo.
 
Sono dei corridori e io non ne ero al corrente?
 
<< Voi due? >> chiedo a Liam e Zayn, quasi stupito non si siano mossi o accennino a farlo.
 
Zayn si stringe nelle spalle. << Cosa dovrei fare? >>
 
<< Era per dire >> ammetto.
 
<< Dai, prepariamo un piano >> mi incita Liam con un piccolo colpetto al gomito.
 
Mi convinco a seguire gli altri nei camerini. E’ così strano farlo in cinque. Tutti che collaborano e si ingegnano per me. Mi fa sentire importante. Forse un po’ troppo. E a disagio. Appena un po’.
 
Mi siedo su una poltrona a caso. Liam e Zayn si accomodano sul divano di pelle nero posto davanti a me. E’ orientato verso il tavolino a cui Niall e Louis si sono appoggiati per le loro ricerche al pc. Nonostante io non capisca che tipo di ricerche possano attuare senza informazioni.  
 
<< Tu dici cosa trovi e noi lo cerchiamo >> proferisce Niall guardandomi esaltato.
 
Ora è tutto più chiaro.
 
Annuisco rumorosamente. Torno a controllare le foto.
 
La successiva ritrae un murales. Il muro non sembra molto alto. Vi è un’aquila grigia circondata dai colori bianco, rosso e azzurro chiaro. La scritta “Frankfurt” si estende al centro dell’animale. Sembra un indizio valido. Magari è un qualcosa di ufficiale. “Guess I’m home now”  
 
Mi fa sorridere la sua frase. Sembra sia felice di trovarsi lì. Forse non desiderava altro. Ed io non desidero altro che trovare lei. Formiamo una buona squadra, immagino.
 
<< Forse c’è qualcosa! >> esclamo.
 
<< Cosa? >>
 
Porgo il telefono a Niall. Scruta la foto per qualche istante. << Non so quanto sia facile ma possiamo provare >> pronuncia infine.
 
Prende a digitare qualcosa al pc. Nel frattempo, mostro agli altri la foto per renderli ugualmente partecipi.
 
<< Ehm…ci sono vari link >> dichiara con gli occhi fissi sul display.
 
<< Prova a fare una ricerca per immagini >> suggerisce Louis.
 
Il biondino annuisce e torna a smanettare. << Okay, ho trovato la stessa foto su internet. L’angolazione è diversa ma c’è >>
 
<< Questo vuol dire che è stata sicuramente lei a scattarla, senza prenderla da google >> nota Zayn.
 
<< Ottima deduzione >> commenta Liam.
 
Chissà perché non mi aspettavo diversamente. E’ sempre lì a complimentarsi per qualsiasi cosa. Lui sì che conosce il significato del verbo “supportare”.
 
<< C’è una minima possibilità di ricavarne un indirizzo? >> chiedo, speranzoso.
 
Scuote la testa. << Nulla. Pare che murales del genere siano molto diffusi >> risponde dispiaciuto.
 
Bene. Non ho nulla tra le mani. Magari potrei chiedergli di cercare le chiese o i monumenti della città. Qualcuno potrebbe essere quello presente in una delle prime foto. Dal nome si potrebbe trovare un indirizzo. Almeno capirei l’area di ricerca.
 
<< Prova a cercare le Chiese >> richiedo, esternando la mia ipotesi.
 
Aggrotta la fronte. << Le Chiese? >>
 
 << Ascoltalo e basta >> interviene Louis prima che possa annuire.
 
In questa band parlano tutti per me. E’ strano.
 
<< Va bene. Cerco le Chiese in città >> afferma con un sospiro rassegnato.
 
<< Hai rinunciato a cercare le famiglie? >> mi chiede Liam.
 
Credo sia solo un modo per riempire il silenzio. Non è un problema, però. E’ una domanda legittima. E ha bisogno di una spiegazione.
 
<< Ci metterei troppo e, in tutta onestà, non ho voglia di andare a bussare ad altre case sperando che i proprietari non mi prendano per pazzo o vadano a dirlo in giro >>
 
<< Avendo dei luoghi di riferimento è fattibile stavolta >> commenta Zayn.
 
<< La scorsa volta non potevi >> aggiunge Louis.
 
<< Lei non era nemmeno lì >> ricorda Liam.
 
<< Già >> è tutto quello che riesco a dire. Non ho ancora superato quella parte della ricerca.
 
<< Il primo risultato su Google Maps è “Paulskirche” >> annuncia Niall.
 
Non sono totalmente sicuro che la sua pronuncia sia corretta ma non ha importanza.
 
<< Ma, ovviamente, ce ne sono tantissime in città >> continua.
 
Decido di alzarmi dal mio posto. Ho bisogno di vedere la foto. Magari riesco a distinguerla. Mi siedo accanto a lui.
 
<< Fa’ vedere >> richiedo.
 
Clicca sul nome e due foto in miniatura appaiono. Cerco di aguzzare la vista e paragonarle a quella sul suo profilo. Le angolazioni sono diverse. Gli elementi visibili, anche. Non aiuta affatto.
 
<< Non ce ne sono altre? >> domando, ancora.
 
Forse pretendo troppo da questo povero ragazzo.
 
<< Credo di sì, aspetta >> e me le mostra.
 
Osservo. Non mi ricordano nulla. Scuoto la testa sotto il suo sguardo vigile una foto dopo l’altra.
 
<< Okay, magari è un’altra >> afferma e torna indietro per scorrere l’elenco.
 
<< Posso? >> mi chiede nel frattempo Louis, indicando il cellulare.
 
Vuole sbirciare il suo instagram? Sono così tentato all’idea di dire “no”. Io e la mia maledetta gelosia. Non posso farlo. Non sarebbe carino e, tra le tante cose, dieci occhi sono meglio di due.
 
Annuisco, nascondendo la mia iniziale riluttanza, e glielo passo facendolo scivolare sul tavolino.
 
Seguo tutti i suoi movimenti. Quasi ad accertarmi faccia buon uso della mia concessione. Sto diventando uno psicopatico.
 
Sposto lo sguardo su Liam e Zayn. Stanno parlottando tra loro.
 
<< Venite qui >> chiede loro Louis.
 
Non che abbia trovato qualcosa di interessante, vuole solo costringerli a partecipare. Lo conosciamo tutti.
 
Liam si alza per primo, aprendo la strada. Recupera una delle sedie lasciate a caso nella stanza e la avvicina al tavolino. Invece di sedersi, ripete quell’azione e invita Zayn ad accomodarsi. Diventa sempre più premuroso.
 
<< Una cattedrale, “Haus am Dom” dovrebbe essere una Chiesa? >> chiede.
 
Mi volto di scatto dalla sua parte. << Lo chiedi a me? >>
 
<< Era una domanda retorica. Non credo tu possa saperlo >> sorride.
 
Apre altre foto. Scuoto la testa ogni volta.  Andiamo avanti per quella che mi sembra un’eternità.
 
<< E’ più difficile di quanto pensassi >> ammetto.
 
Nessuna di quelle immagini è presa dallo stesso punto di vista di quella scattata da Charlotte. Probabilmente, a questo punto, non si tratta nemmeno di una Chiesa.
 
<< Non puoi arrenderti adesso. Ne mancano ancora un paio. Magari la troviamo >> mi sprona.
 
Mi stravacco sulla sedia. Sono mentalmente esausto e sento di star sbagliando qualcosa.
 
<< Dubito >> bisbiglio.
 
<< Perché non ci sono foto precedenti? >> domanda Liam.
 
Lancio loro un’occhiata. Stanno commentando il profilo. Zayn, al centro, tiene il telefono adesso.
 
<< Eh? >> intervengo, scattando a sedere.
 
<< Non ci sono altri post prima di questa foto del Colosseo >> ripete Liam per me.
 
Non capisco quale sia il problema. Inarco un sopracciglio.
 
<< Hai trovato il link in un video di due anni fa e allora perché non ci sono foto di due anni fa? >> incalza Louis.
 
Hanno ragione. Non ci avevo minimamente pensato. Non avevo dato peso alla faccenda. Dov’è la mia testa? Solitamente sono più riflessivo.
 
<< No-non lo so >> balbetto, come se toccasse a me dare una spiegazione logica.
 
Zayn continua ad osservare il display senza degnarsi di far parte della conversazione.
 
<< Certo. Pensavamo solo sia strano >> commenta Liam.
 
<< Niall, basta con le Chiese! >> esclama Zayn alzando di scatto lo sguardo.
 
Osservo la sua espressione stranito. Di sottecchi vedo Niall fare lo stesso. Tutti gli sguardi convergono su di lui, in attesa che si spieghi.
 
<< Cerca qualcosa che abbia a che fare con Goethe >> continua, lasciando tutti fuori dalla sua scoperta. O qualsiasi cosa sia.








SPAZIO AUTRICE: Buonasera bella gente! Mi dispiace tantissimo di avervi fatto attendere solo per servirvi questa schifezza. Trovavo solo fosse necessario farvi seguire i progressi (?) del gruppo di detective. Nel caso in cui doveste esserne delusi, avete sempre "Fireproof" con cui consolarvi, no? (Non trovate sia un modo fantastico di iniziare la settimana? Ahhh).  


Se ci ho messo così tanto è perché, ovviamente, quello che ho scritto in questo capitolo non è pura finzione. (Intendo per i luoghi). Ho davvero fatto le stesse ricerche dei ragazzi nonostante io sia stata a Frankfurt di persona. Ho cercato di rendere il tutto un po' più realistico. (Questo vuol dire che sono stata quasi due ore su Google Maps a fare avanti e indietro e, quindi, se vi dovesse venire in mente di fare delle ricerche, trovereste le stesse identiche cose lol)


Ovviamente fatemi sapere le vostre opinioni, ci tengo tantissimo e lo sapete. 




Essendo il primo capitolo della settimana, abbiamo l'angolo pubblicità, yaay. 
Questa volta voglio proporvi una ff sui 5SOS che mi piace tantissimo. "Take me to Glastonbury" di ohwowlovely [link: http://www.efpfanfic.net/viewstoryv.php?sid=2688971 ] Per me è difficilissimo trovarne su di loro che siano così valide. Spero farete un salto :)


A presto :) x
 Ps. In pagina ci sono dei "contenuti extra"! (Le foto del profilo IG di Charlotte e, magari, anche quella che spinge Zayn ad esclamare quella frase alla fine)

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Capitolo 25
*** Weber. ***


Weber. 

<< Sarebbe carino se tu potessi renderci partecipi >> gli faccio notare, stranamente irritato.
 
Ignora la mia richiesta. Sono quasi certo sia per scelta. Louis e Liam, intanto, sbirciano. Niall prende a digitare senza batter ciglio.
 
Decido di rinunciare e di seguire le ricerche del biondino al mio fianco. Alcuni suggerimenti appaiono. Provo a sbirciare ma i caratteri sono troppo piccoli affinché io possa distinguere.
 
<< Okay, nelle vicinanze di Paulskirche mi dà “Goethestraße” >> inizia e lancia un’occhiata ai tre per esaminare le loro reazioni.
 
Zayn scuote la testa. Gli altri due continuano a tenere lo sguardo fisso su chissà cosa intrappolato in quel display. Come vorrei stringere il mio cellulare.
 
<< Perché nelle vicinanze di Paulskirche? >> domanda Louis, dubbioso.
 
Niall si stringe nelle spalle. << Sono tornato indietro a caso e questo è il risultato che mi si è parato davanti. Non avevo voglia di cancellare tutto >> spiega semplicemente.
 
<< Ah, pensavo ci fosse un motivo preciso >>
 
Scuote la testa. Torna a leggere. << “Goetheplatz”? >>
 
<< No >> pronuncia deciso, Zayn.
 
<< C’è un nome che non so nemmeno pronunciare e poi “Goethehaus” >>
 
Sobbalza. << Come hai detto? >>
 
<< “Goethehaus” >> ripete, stranito.
 
<< Forse è questo >> commenta Liam.
 
Louis gli lancia un’occhiata e annuisce. Non sopporto essere all’oscuro di certe cose. Non quando queste riguardano Char.
 
<< Apri il risultato >> lo incita.
 
Obbedisce ed apre una delle quarantasei foto presenti. Con esattezza, la prima.
 
Osservo a mia volta, sempre più confuso. Un palazzo a due piani con adorabili piante alle finestre. Almeno al piano terra.
 
Aggrotto la fronte. Cosa dovrebbe essere?
 
Niall gira il pc dalla loro parte.
 
Scruto le reazioni dei ragazzi. Zayn riduce gli occhi a due fessure per studiare la foto. Lancia un’occhiata al cellulare e poi torna sul pc.
 
<< Sembra lo stesso, non trovate? >> chiede in conferma ai due colleghi.
 
Liam annuisce. << Vai avanti, per favore >>
 
Prima che il biondino possa agire, Louis si allunga e passa le dita sul mouse. Immagino se ne stia occupando di persona.
 
<< Eccolo! >> esclamano quasi in coro.
 
“Eccolo” cosa? Perché non mi fanno capire? Cosa stavano cercando? Cos’hanno trovato?
 
<< Cosa? Posso capire di cosa state parlando? >> domando, esasperato.
 
<< Non ci sono dubbi >> sussurra Zayn, senza smettere di ignorarmi.
 
<< E’ identico >> concorda Liam.
 
<< Ma cosa? >> quasi sbotto.
 
Me ne pento immediatamente. Zayn fa scivolare il telefono sul tavolino, come ho fatto in precedenza. Lo recupero, cercando di contenere un’azione disperata. Non voglio mostrare quanto l’assenza di quell’oggetto tra le mani mi abbia destabilizzato.
 
Controllo la foto che ha aperto.  Sgrano gli occhi. E’ la stessa presente sul pc. “Mom, look who I’ve got in my neighbourhood! #Goethe
 
<< E’ quello che credo che sia? >> pronuncio, allibito.
 
Poso il mio sguardo su di loro. Annuiscono a turno. E’ assurdo.
 
<< Credete fosse onesta? >> continuo, riferendomi alla didascalia.
 
Non so cosa stia succedendo. Non riesco a pensare in maniera appropriata. Non posso aver trovato il suo quartiere. Non può avermi servito il tutto su un vassoio d’argento. E’ folle.
 
<< Vale la pena provare >> risponde Louis.
 
<< Se ha fatto queste foto vuol dire che, come minimo, c’è stata >> aggiunge Zayn.
 
<< E, se non dovesse essere più lì, potresti trovare indizi sulla sua posizione attuale, no? >> si inserisce Liam.
 
Non ha tutti i torti. Annuisco, convinto.
 
<< Prenoto nell’albergo più vicino? >> si informa Niall.
 
Gli lancio un’occhiata. Come fa ad avere sempre il piano giusto, le idee chiare? E’ sorprendente.
 
<< Mhm, sì >> balbetto.
 
<< Il più vicino è “Steigeberger Frankfurter Hof” >> legge, nonostante sia inutile.
 
Non è certo il nome ad interessarmi. Non so cosa farmene. Quello che conta è che sia vicino. A lei.
 
<< Prenoto per…? >> domanda, in attesa di vedere chi si farà avanti.
 
<< Solo per me >> esclamo, coprendo qualsiasi possibile altra risposta.
 
Non voglio nessun altro. Non perché sia egoista o chissà cos’altro. Adoro passare del tempo in loro compagnia e credo ne siano al corrente ma non voglio assolutamente costringerli oltre. Hanno quindici giorni e non vorrei li sprecassero per me invece di tornare dalle proprie famiglie. So che sentono la loro mancanza e li rivorrebbero a casa.
 
Immagino sia lo stesso per mia madre ma mi farò vivo presto e capirà.
 
<< Perché? >> si sorprende, Liam.
 
<< Devo anche stare qui a spiegarvelo? >> pronuncio con un mezzo sorrisino.
 
<< Direi di sì >> sbotta Niall, quasi offeso.
 
<< Non voglio sentirmi in colpa. Vi sto sottraendo già abbastanza tempo ed energie e so che mancate da morire alle vostre famiglie >>
 
<< Se è per questo anche tu manchi ai tuoi eppure te ne vai a Francoforte invece di passare a trovarli >> mi fa notare Zayn.
 
Ci mancava solo lui e la sua protesta. Come se non bastasse la riluttanza di Liam e Niall. 
 
<< Si dal caso che questa sia una questione personale >> rispondo senza riflettere.
 
<< Vuoi dire che noi non c’entriamo nulla? >> interviene Louis.
 
La discussione sta prendendo una piega che non mi piace affatto. Mi affretto ad aggiustare il tiro.
 
<< Non fraintendetemi. Non iniziamo. Voglio solo essere sicuro che nessuno…sprechi tempo. Sapete che non mi piace essere il colpevole. Vorrei solo non sentirmi in colpa all’idea >> credo di averli confusi ancora di più.
 
<< Prenota anche per me >> prende la parola Zayn, ignorando bellamente tutto quello che ho detto.
 
Sbuffo mentalmente. E’ sempre così deciso a fare a modo suo. Quando è sveglio, almeno.
 
Niall obbedisce. Non c’è nulla che possa fare per evitare tutte queste manovre. E’ inutile obiettare.
 
 
 
 
     
 
 
 
 
<< Devi ancora spiegarmi perché vuoi venire >> gli rivolgo distrattamente, mettendo il borsone nel portapacchi del nostro jet.
 
<< Credo di portare più fortuna di Liam e Niall messi insieme >> risponde senza un accenno di sorriso sul viso, riferendosi al viaggio a Berlino.
 
Nonostante questo, so stia scherzando. E’ una delle poche certezze che ho quando si tratta di decifrare le sue espressioni.
 
<< Ah, me lo auguro per te. Se così non fosse, ti rispedirei a casa >> pronuncio con un risolino prendendo in consegna il suo zaino per sistemarlo accanto al mio bagaglio.
 
<< Accorceresti i tempi >> scherza.
 
Annuisco, senza sapere cos’altro aggiungere. Si siede al suo solito posto.
 
<< Ti dispiace metterti lì? >> mi chiede poi, indicando i sedili dal lato opposto.
 
Immagino voglia sdraiarsi per dormire senza avermi intorno.
 
<< No, figurati >> sorrido gentilmente e mi accomodo.  
 
Scruto il cielo notturno per un paio d’ore, ascoltando musica più o meno strappalacrime. Mi addormento senza nemmeno rendermene conto.
 
 
 
 
 
 
 
Arriviamo dopo estenuanti ore di volo. Il personale dell’hotel è stato preventivamente avvisato del nostro arrivo. Dopo aver richiesto la massima privacy, ci siamo accertati potessero avere un occhio di riguardo permettendoci di registrarci in piena notte.
 
Saliamo nella nostra camera doppia, buttiamo le valigie alla meglio sulla moquette e, nonostante non fosse previsto, crolliamo come due pere cotte.
 
 
 
 
Apro gli occhi di scatto. Credo sia colpa del Jet Leg. O dell’ansia. Dalle tendine riescono ad insinuarsi dei tiepidi raggi di sole.
 
Allungo la mano in cerca del cellulare. Ho bisogno di sapere che ora sia. Sobbalzo quando mi rendo conto sia ormai passato mezzogiorno.
 
Sveglio Zayn, non senza fatica, e scendiamo a pranzo. Non che avessi fame ma non posso sottrarmi ad un pasto. Ho bisogno di energie per le mie ricerche. Ancor di più, ne ha bisogno Zayn per rimanere attivo.
 
Torniamo al piano di sopra per darci una rinfrescata e, dopo esserci cambiati, andiamo ad ispezionare la zona.
 
Percorriamo il tratto fino alla strada che abbiamo come unico riferimento. Passiamo in quella zona della città quasi tre ore, andando avanti e indietro, cercando persone che possano essere lei.
 
<< Forse dovremmo controllare i nomi sulle porte e sui citofoni >> propone Zayn, infilando le mani nelle tasche dei jeans.
 
<< E’ la cosa più sensata >> ammetto, rendendomi conto fosse la prima cosa da fare.
 
Sono esausto ma un ultimo giro con questo piano è qualcosa che non posso negare. Né a me stesso, né a Zayn dopo tutta la strada che abbiamo fatto.
 
<< Ci dividiamo? >> domando.
 
Lui annuisce. Attraverso la strada, decidendo di controllare il lato destro.
 
Con discrezione mi avvicino ad ogni citofono, portone o qualsiasi cosa sia e prendo mentalmente nota dei cognomi. Alla quinta casa, noto, di sottecchi, uno strano movimento alla mia sinistra.
 
Sento l’irrefrenabile bisogno di voltarmi, di correre da quella parte. Giro immediatamente la testa, rispondendo al primo dei miei bisogni.
 
Una figura esile scompare dalla mia vista, entrando nel cancelletto della casa accanto. Era una ragazza. Sento qualcosa crescermi dentro. Una strana sensazione di calore. Sono quasi paralizzato. So, però, di dover correre. Devo raggiungere quella scia invisibile. Devo accertarmi si tratti di ciò che penso. Di chi penso.
 
Affretto il passo. Lancio un’occhiata all’interno. La porta d’ingresso si sta chiudendo con un leggero tonfo. Non c’è traccia della ragazza.
 
I miei occhi cadono sulla buca delle lettere. “Weber”.     








SPAZIO AUTRICE: Buonasera! Sono oltremodo dispiaciuta per questo capitolo. E' la cosa peggiore che io abbia mai fatto. E' spezzettato e corto. Provate a chiudere un occhio. (Ditemelo pure ma con dolcezza lol)
Fatemi sapere cosa ne pensate, sempre e comunque. Il prossimo capitolo dovrebbe essere migliore (almeno credo) e quindi dovrei essere in grado di farmi perdonare.


Adesso, essendo il secondo capitolo della settimana, è il momento dei ringraziamenti :)
(Se non avete  voglia di leggere il mio papiro supermega preparato, potete anche fermarvi qui) 


 E’ da un po’ che non vi ringrazio alla fine di un capitolo e questo non è assolutamente dovuto alla mia ingratitudine. (Vi sono davvero riconoscente!) Il motivo principale è il mio desiderio di scrivere un ringraziamento appropriato, ovvero ad personam.
E’ una cosa che richiede un po’ più di tempo perché bisogna andare a contare un paio di cose, fare una lista e così via.
Mi sono munita di carta e penna (alla vecchia maniera) e ho riportato tutto. Ovviamente nel trascrivere, potrei aver fatto degli errori. Se così fosse, non esitate a farmelo notare.
Inizio nell’ordine scelto da efp, onde evitare confusione da parte mia.
Vorrei ringraziare, quindi, le seguenti persone:
 
-Chi ha aggiunto la storia alle preferite:
debbystyles (grazie anche per avermi inserito tra i tuoi autori preferiti, aww)
Emma290614 (siamo andate allo stesso concerto!)
Fraspoons_
haroldslipsirresistible
Hugmearetender
itsjustelena_
JamieCBower
LoveLostFaithDream (grazie anche per le nove recensioni)
Love_boo (grazie anche per le sedici recensioni e per avermi inserito tra i tuoi autori preferiti, aww)
ohwowlovely (grazie anche per le cinque recensioni)
payphoran
Saragamerro
secretly245 (grazie anche per le tre recensioni)
summer_love93 (grazie anche per avermi inserito tra i tuoi autori preferiti, aww)
You and I_
_Freyja_  
 
 
 
-Chi ha aggiunto la storia alle ricordate:
amamiperquelchesono
Delisabri
Hugmearetender
letters
MarizaRojas71
Saragamerro
sce_directioner
teenage_dirtbag
Weneedyou
 
 
-Chi ha aggiunto la storia alle seguite:
AmaZa1n
Bekii96 (grazie anche per la recensione)
CoolIrresistible1D
Dreamy99
giada cattaneo (grazie anche per avermi inserito tra i tuoi autori preferiti, aww)
giuletta98
hoodsvoice (grazie anche per le quattordici recensioni)
Hugmearetender
Ibivale
ilnostropiccolosegreto
isiemete (grazie anche per le due recensioni)
JadeGJade (grazie anche per le sette recensioni)
july2319
justdream
Ludovica999
Malik_is_my_hero27
Mrs Grey_Ale
mydreamisyou3 (grazie anche per le ventuno recensioni)
nialllove
noe99s
NYapple
OneWhiteRogue (grazie anche per le quattro recensioni)
One_Dreamer
poisonrainbow
Saragamerro
sce_directioner
Totta96 (grazie anche per le undici recensioni)
WikiJoe
Zola_Vi (grazie anche per le tre recensioni)
_Freyja_
_spencer_
 
 
-Chi mi ha inserito tra gli autori preferiti (aww):
BillsMiaKaulitz
Helen_Len
PervincaGranger7
E le altre quattro ragazze che ho già ringraziato in alto :)
 
 
-Chi ha recensito la storia:
Jubel (ben ventuno recensioni!)
SexyLovato (nove recensioni!)
Itsallforzayn (quattro recensioni!)
spongieluke (due recensioni!)
cliffection (due recensioni!)
Underline
riveraslegs
samemistakex
Mildacid
idie4luke
alissmissfit
Out_Ofocus
winchestersimpala
x_harrysdimples
pretendoniall
yourwendy
xniallspotato
giulia33
thenastygal
1DalIlaria
Styles_99
Backforlou
 
 
-Chi ha deciso di spontanea volontà di passare in pagina e mettere "Mi piace". Non posso vedere tutti i vostri nomi per ringraziarvi ad personam ma, anche se potessi, non lo farei. Un conto è usare i vostri nick, un altro è pubblicare nomi e cognomi. Non mi sento a mio agio con la cosa e non credo sia appropriato in quanto a privacy


-Per ultimo ma non meno importante, chi legge la storia in maniera anonima. Non posso sentire la vostra “voce” (e, ovviamente, mi dispiace) ma so che ci siete e sono grata per questo.
 
 
Un ringraziamento speciale a summer_love93. Lei sa perché <3 (Ps. Mantieni il segreto lol)
 




 

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Capitolo 26
*** Charlotte. ***


Charlotte. 

Non so cosa fare. I miei riflessi sembrano non funzionare. Continuo a fissare le lettere che formano quel cognome ad occhi sgranati. Non posso aver trovato casa sua. La casa che la sta ospitando, almeno.
 
Ho bisogno di una mano. Dove sono Niall e Liam quando servono? Poi ricordo, non sono da solo. Ho Zayn. Mi volto di scatto, cercandolo con lo sguardo dal lato opposto della strada. Non riesco a distinguere la sua figura.
 
Possibile sia già finito all’altra estremità? Nel dubbio, compongo velocemente il suo numero. Ho bisogno mi raggiunga. Lui saprà cosa fare. Ho bisogno di sentirmi dire cosa devo fare.
 
Mi aggrappo ad ogni squillo. Sono disperato. Risponde al quarto.
 
<< Harry? >> è stranito.
 
In effetti ne ha tutti i motivi. Perché dovrei chiamarlo se siamo nella stessa strada e ci siamo divisi appena cinque/sei case fa?
 
<< Dove sei? Non ti vedo >> chiedo, senza troppe premesse.
 
<< Sono a metà strada, perché? >> risponde, senza mutare tono.
 
<< Torna indietro. Ho urgente bisogno di te >> affermo tutto d’un fiato.
 
<< E’ successo qualcosa? >> riesco a distinguere chiaramente la preoccupazione nella sua voce.
 
Sento dei passi in sottofondo. Si sta affrettando. Ancora prima che gli risponda. E’ un ragazzo d’oro.
 
<< Credo di averla trovata >> pronuncio semplicemente, consapevole non ci sia nient’altro da aggiungere che abbia altrettanto valore.
 
<< Charlotte? >> domanda col fiatone.
 
<< Charlotte >> ripeto e scruto all’orizzonte.
 
Quando mi sembra di scorgerlo, attacco. Mi rendo conto stia fissando il cellulare. Non deve aver capito che ho messo giù volontariamente. In un secondo momento, prende a guardarsi intorno. Alzo la mano affinché mi noti tra le auto parcheggiate.
 
I suoi occhi mi trovano. Mi fa un cenno col capo. Controlla la strada un paio di volte e attraversa.
 
A destinazione, si piega in due e prende dei bei respiri con le mani sulle ginocchia. Sembra stremato. Credo siano le conseguenze dell’aver saltato gli allenamenti così tante volte.
 
Gli lascio il suo tempo, contando mentalmente fino a cinque. Non si rialza, né riesce a regolare il respiro. Mi preoccupo.
 
Gli poggio una mano sulla schiena e mi piego per poter scrutare il suo viso. << Tutto okay? >>
 
Annuisce. << Un secondo >> aggiunge e sembra vada meglio.
 
Si alza lentamente  e porta le mani ai fianchi. Sospira un’ultima volta. Resto a guardarlo.
 
<< Scusa >> pronuncia, probabilmente alludendo all’attesa.
 
Mi stringo nelle spalle.
 
 << Dimmi pure >> continua.
 
Non so cos’altro potrei dirgli. Non so come potrei spiegare l’accaduto. Mi limito ad indicargli col pollice la buca delle lettere alle mie spalle.
 
Si avvicina e la scruta. << Weber >> mormora, leggendo.
 
Annuisco rumorosamente. Il nervosismo riprende il sopravvento. L’attesa è snervante. Non sapere cosa fare, lo è. Più di qualsiasi altra cosa.
 
<< Cosa faccio adesso, Zayn? Cosa? >> esterno.
 
Si volta dalla mia parte. << E’ tutto quello che hai? >>
 
E’ troppo tranquillo. Non credo capisca. Al solito.
 
Mi limito ad annuire.

<< Hai detto anche tu che “Weber” è un cognome molto diffuso in Germania >> mi ricorda.
 
<< Ho visto una ragazza entrare lì dentro >> pronuncio d’un fiato.
 
Alza un sopracciglio, attendendo che io prosegua. E’ quasi gratificante.  
 
 << Di sfuggita, ma non importa. Sono sicuro sia lei. Ne sono sicuro >>
 
<< Come…? >> lascia la domanda in sospeso ma posso intuire cosa intenda.
 
<< L’ho sentito e basta >>
 
Sto apparendo nuovamente folle. Me ne rendo conto. Ho solo bisogno del suo supporto ma, soprattutto, dei suoi consigli perché adesso come adesso potrei combinare guai ed è l’ultima cosa che voglio.
 
Sono arrivato a questo punto cercando di essere controllato e procedendo per gradi. Deve continuare così. Con il loro aiuto.
 
Mi scruta, soppesando le mie parole, quasi valutando i pro e i contro. La sua espressione è abbastanza tirata. Non è positivo. Per niente.
 
<< Credo di dovermi fidare dei tuoi sensi di ragno >> commenta e sorride appena.
 
Mi sento immediatamente sollevato. Possiamo passare al punto successivo: il “come”.
 
<< Okay, cosa faccio? >> domando a bruciapelo.
 
<< Prima di tutto, andiamo via di qui >>
 
Lo guardo stranito. Non faccio in tempo nemmeno a replicare che mi trascina via afferrandomi per la t-shirt. Si ferma solo una cinquantina di metri più avanti.
 
<< Cosa? >> quasi sbotto quando mi lascia andare.
 
<< Non potevamo certo rimanere fuori casa sua! Cosa sarebbe accaduto se fosse uscita di nuovo? >>
 
Questa è un’ottima domanda. Peccato che sia incapace di pormele da solo.
 
<< E’ solo che…non riesco più a starle lontano e se so che è lì… >> inizio, disperato.
 
<< Lo capisco. Non credere voglia tenerti lontano da lei. Semplicemente non puoi farti trovare lì fuori, né puoi rischiare di essere visto mentre passa davanti ad una finestra. Passeresti per uno stalker >>
 
<< Che è quello che sono >> noto, ripensando solo all’ultimo mese e mezzo.
 
<< E questo deve rimanere tra noi, ovviamente >>
 
<< Ovviamente >> ripeto, sperando possa dirmi altro; illuminandomi sulla mia situazione.
 
<< C’è una sola cosa da fare, adesso >> annuncia.
 
<< Cosa? >> potrei impazzire se non ottengo una risposta in fretta.
 
<< Chiamare Liam >> e afferra il cellulare.
 
Non ci credo. Non può davvero richiedere l’aiuto del pubblico. Non è mica un gioco a premi su una rete nazionale.
 
<< Fidati >> continua.
 
Il mio sguardo dev’essere eccessivamente eloquente in questo momento. Almeno so ancora trasmettere qualcosa.
 
<< Posso fare altrimenti? >> la mia domanda sarcastica lo fa sorridere, contrariamente alle mie aspettative.
 
Compone il numero e, prima che possa rendermene conto, è lì, di spalle, che si confessa con l’amico, lasciandomi fuori dalla faccenda. Rimangono attaccati l’uno all’altro per quella che mi sembra un’eternità.
 
Non posso aspettare. Charlotte è solo a cinquanta metri da me. Ed ho solo quattordici giorni. Solo quattordici giorni per far in modo che si innamori di me. Già. Nel profondo è quello che spero. Per questo ogni secondo ha la sua importanza.
 
Mi piazzo davanti a lui. Obbligandolo a ricordarsi della mia presenza. Sembra quasi infastidito dal mio gesto. Sono bastati alcuni minuti a telefono per fargli dimenticare tutto?
 
Gli mimo delle forbici per intimargli di staccare e prestarmi attenzione. Alza gli occhi al cielo e continua a conversare. Di tutt’altro.
 
Cosa ne ha fatto del mio amico? Quello che cerca di pianificare qualcosa con me e per me? Non reggo. Sono estremamente tentato di fargli saltare quel cellulare in aria. Devo controllarmi. Devo placare i nervi.
 
Gli do le spalle, per prendermi un momento. Inspiro ed espiro più volte ad occhi chiusi. Ho bisogno di rilassarmi.
 
Li riapro lentamente quando mi sembra che le cose stiano andando meglio dentro di me. Ci sono delle persone che potrebbero avermi visto. Non dovrei aver dato fin troppo spettacolo, no?
 
Non sono più in me. Perché penso a loro? Devo concentrarmi. Devo pensare in maniera lucida. E’ evidente che Zayn non sarà d’aiuto. Non in questa parte di vita, almeno.
 
Dirigo lo sguardo verso quella che riconosco come casa sua. E’ davvero così vicina? Mi sembra impossibile.
 
Tra la gente che si dirige più o meno frettolosamente da una parte all’altra della strada, mi sembra di intravedere una nuova figura unirsi alla massa. Più o meno all’altezza del cancello di casa Weber.
 
E’ di spalle. Aguzzo la vista. Potrebbe essere lei? Il cuore prende a battermi all’impazzata quando realizzo il fisico ed i capelli rossicci corrispondano.
 
Dove sta andando? Non deve sfuggirmi. Potrei creare una “fortuita” coincidenza.
 
Senza rendermene conto, la sto già seguendo. A passo svelto. Tengo una distanza di sicurezza e mi assicuro di non perderla mai di vista.
 
 
 
Svoltato l’angolo per l’ennesima volta, mi trovo davanti ad un imponente edificio. Non ci metto molto a distinguere sia una scuola. Ci sono bambini finalmente liberi che corrono verso i genitori in attesa.
 
E’ venuta a prendere Julia? Controllo il cellulare. Sono le cinque in punto. Quindi ogni giorno lei viene a prenderla a quest’ora.
 
Potrei sfruttare questa informazione. Immagino tutte le possibili scene. Io che fingo di scontrarmi con lei mentre ritorna a casa; io che l’attendo fuori scuola e, per puro caso, mi scontro con lei.
 
La mia tattica sembra essere “scontarmi con lei”. Vedo questa scena ovunque. Sono patetico. E ripetitivo.
 
Non va bene. Non posso semplicemente andarle addosso. Non ci vedo nulla di buono. Tutto quello che nascerebbe da quella situazione non mi piace. Non sarebbe tranquillo. E lei non sarebbe sola.
 
E ho bisogno di entrambe le cose. Devo pensare ad altro. Ed in fretta.
 
Sta venendo dalla mia parte. Devo far in modo che non mi veda. Devo allontanarmi. I miei piedi non collaborano.
 
I suoi occhi sono su Julia ma non ci metterà molto a controllare la strada davanti a sé e, quando lo farà, si accorgerà di me in maniera inevitabile.
 
Mi volto e prendo a camminare frettolosamente verso il punto di partenza. Se precedo entrambe, potrò evitare di essere scoperto e allo stesso tempo, utilizzare il mio vantaggio per poter spiare le loro mosse, sapere che luoghi frequentano dopo scuola, se ne frequentano. O, semplicemente, cercare di memorizzare i loro orari.
 
 
 
Sento la loro presenza alle mie spalle, nonostante sia a debita distanza. Mi sembra quasi di distinguere le loro voci. Probabilmente le sto solo immaginando, spinto dal desiderio di sentirle davvero.
 
 << Und wie war er? Freundlich oder…? >> Charlotte.
 
Non sto sognando. E’ la sua voce. Il suo accento. Ed è tutto estremamente vicino. Non può essere. Ero convinto di averla distanziata quanto necessario.
 
Adesso cosa faccio? Accelero?
 
Il telefono inizia a strombazzarmi nella tasca a ritmo di “Harry! Harry!”. Niall non si è limitato alla sveglia. Mi paralizzo. Spero non abbia sentito.
 
Lo recupero più in fretta che posso senza rallentare. Lo avvolgo con entrambe le mani per farlo tacere mentre cerco di capire chi mi stia chiamando. Zayn.
 
Sapevo non avrei dovuto lasciarlo senza spiegare. In realtà, sapevo anche non sarebbe stata una buona idea farlo venire con me. Sto rischiando grosso. Tutto per colpa sua.
 
Non posso rispondere perché sentirebbe la mia voce, né posso lasciare che il telefono continui a strombazzare il mio nome. Istintivamente rifiuto la chiamata. Le dita scorrono frenetiche fino a togliere il volume.
 
Adesso dovrei essere al sicuro. Mancano solo tre o quattro case affinché lei e la piccola mi abbandonino. Sarò libero di studiare un piano per un incontro “casuale” perfetto.
 
Il telefono vibra solleticandomi il palmo della mano. Lancio un’occhiata distratta: ancora Zayn. Non si arrende. Adesso che non ho la suoneria, però, non è un problema.
 
Prendo un bel respiro e continuo, cercando di tenere un’andatura normale. Sapere di avere i suoi occhi su di me non aiuta. Minimamente.
 
Vedo Zayn. Non è più dove l’avevo lasciato. Solo ad un paio di case di distanza da quella di Charlotte. Dannazione. Mi vede.
 
Stringo gli occhi, pensando al peggio. Ora urlerà il mio nome e renderà vani i miei sforzi. Me lo sento. E’ questione di secondi.
 
Le loro voci alle mie spalle sono così limpide. Non capisco nulla ma starei ad ascoltarla dialogare per ore. Nonostante il panico attuale. 
 
Zayn comincia a venire dalla mia parte. Prego possa trattenersi un altro paio di minuti dall’aprire bocca. Mancano meno di cinque metri al cancello.
 
Affretta il passo. Potrebbe accorciare le distanze prima del previsto. Potrebbe parlare prima del previsto.
 
Non va. Non è così che deve andare. Posso impedirlo, vero?
 
Non vorrei lasciarla adesso, ma devo. Decido di scattare in avanti, facendo in modo che l’incontro avvenga a metà strada.
 
Punto i miei occhi su di lui. Mi rivolge un sorriso, adesso. Non deve azzardarsi a modificare l’apertura della sua bocca. Non deve. Non può.
 
Le loro voci si affievoliscono alle mie spalle. Sento il cancello scattare e richiudersi. Sono davanti a Zayn. Dalla sua espressione sembra in procinto di parlare. Gli tappo la bocca.
 
<< Non ti azzardare >> sussurro tra i denti.
 
Aggrotta la fronte. Spero di non sembrare un serial killer. Mi conosce troppo bene per vedermi in quel modo. Sa che sono pessimo.
 
Conto fino a dieci. Credo sia ormai dentro. Lontana da me e dal possibile primo incontro errato.
 
<< E’ ancora dietro di me? >> mi accerto.
 
Lancia un’occhiata oltre le mie spalle. Scuote la testa. Lo lascio andare con un sospiro di sollievo.
 
<< Se non ti conoscessi bene, avrei pensato stessi per sgozzarmi e mettere fine alla mia vita >> commenta con un mezzo sorriso.
 
<< Tu avresti potuto mettere fine alla mia vita >>
 
Si acciglia. << Eh? >>
 
<< Stavo seminando Charlotte >>
 
La sua espressione è confusa. << Pensavo che…non dovevi pedinarla? >>
 
<< Ed è quello che ho fatto mentre perdevi tempo con Liam >> pronuncio l’ultima parte della frase con un lieve rimprovero nel tono.
 
Vorrei farglielo pesare ma, in fin dei conti, non riesco. Non sono esattamente quel tipo di persona.
 
<< Oh >> emette, appena.
 
<< Spero che lui almeno avesse un buon piano >>
 
Scrolla le spalle. << Mi ha solo detto di controllare i suoi spostamenti a debita distanza >>
 
<< Quindi appostamenti? >>
 
<< Già >>
 
Ne sono un po’ deluso. Mi aspettavo diversamente da Liam. Che se ne uscisse con qualcosa a cui non avessi già pensato io, almeno.
 
<< Direi che dobbiamo arrenderci >> affermo, alludendo all’attuazione del “piano”.
 
A pensarci in maniera adeguata, mi sento talmente ridicolo. Sono nella stessa città della ragazza di cui sono –innamorato?- innamorato, direi e giro come un’anima in pena nel suo quartiere sperando abbia qualche abitudine che la spinga da sola in qualche luogo tranquillo. Cosicché io possa spuntare dal nulla.
 
Dovrebbero inventare dei nuovi aggettivi appositamente per me.
 
<< Intanto mi spieghi quello che è successo >> e indietreggia.
 
Ne intuisco il motivo e lo seguo, tornando dove l’ho abbandonato poco prima per inseguire Char.
 
<< E’ una lunga storia >>
 
<< Abbiamo tempo, no? >> mi ricorda.
 
<< Quanto hai intenzione di rimanere? >>
 
<< Non dovrei chiedertelo io? >>
 
Non ha tutti i torti. Sorrido appena. << Non lo so >> pronuncio, rispondendo alla mia stessa domanda.
 
<< Appena riesci a parlarle, sparisco >> cambia discorso, all’improvviso.
 
<< Gradiremmo un po’ di privacy dopo tutto questo tempo >> scherzo.
 
<< No, intendevo dal Paese. Torno a casa mia >>
 
<< Oh >> faccio una pausa. << Almeno non mi sentirò in colpa per averti tenuto lontano dai tuoi >>
 
<< E dalle mie sorelle >>
 
<< Anche da loro >> concordo.
 
Usciamo dalla strada, raggiungendo il punto in cui questa converge in un piccolo spiazzale. Mi appoggio ad un muretto, ignorando le panchine poco più indietro. Zayn mi imita quasi immediatamente. Sfila il pacchetto di sigarette dalla tasca posteriore dei jeans e se ne accende una.
 
E’ da quando siamo partiti che non fumava. Un vero record.
 
<< Allora, dicevamo? >> interrompe il silenzio.
 
Lo guardo interrogativo. Non capisco a cosa si riferisca con esattezza.
 
<< Cosa è successo >> specifica, facendo un altro tiro.
 
<< Ah! >> annuisco.
 
Prendo a raccontargli di come una sorta di inseguimento sia divenuto una fuga con tanto di terrore all’idea di essere scoperto per colpa sua e, indirettamente, di Niall. Ride quando concludo.
 
<< Scusa, non credevo di danneggiarti tanto >> soffia il fumo dalla bocca.
 
<< Non è successo niente, per fortuna >>
 
Rimaniamo in silenzio per un po’. Non so quanto con esattezza, né mi importa.
 
<< Ah, Liam ha notato una cosa >> esterna, all’improvviso.
 
<< Cosa? >>
 
<< Il link che hai trovato nel video ha un nome diverso da quello attuale >>
 
<< Che? >>
 
Alza gli occhi al cielo, quasi irritato. Non è colpa mia se non sa spiegarsi.
 
<< Il link che hai trovato nel video, hai presente? –aspetta io annuisca e procede- lì c’è scritto “itschar”, lo stesso nome del canale youtube… >>
 
<< Mentre quello che si legge adesso è “itslots”! >> finisco per lui.
 
Annuisce quasi soddisfatto io ci sia arrivato.
 
<< Quindi sei del parere abbia cambiato nome ed eliminato le foto che aveva postato prima? >> domando.
 
<< Potrebbe essere >> e butta a terra il mozzicone.
 
<< Sei un incivile >> commento, senza riuscire a trattenere un risolino.
 
Lo contagio. << Potremmo andare a mangiare un boccone lì, più tardi >> indica una piccola locanda molto caratteristica posta in diagonale, dall’altro lato della strada.
 
Ha alcuni tavoli visibili dall’esterno, essendo davanti a delle enormi vetrate. Sembra carino.
 
<< Va bene >> accetto.
 
Continuiamo a conversare con delle pause. Lui fuma, ogni tanto. Teniamo d’occhio la strada. Non è facile osservare la casa, nello specifico. Non so nemmeno perché siamo qui visto che non è proprio un ottimo posto.
 
Verso le otto, lo stomaco di Zayn inizia a brontolare e mi costringe a lasciare la postazione per andare a mangiare nell’edificio da lui proposto.
 
 
 
 
 
<< Non è strano che nessuno abbia fatto caso a noi in tre ore? >> gli rivolgo, buttando giù un altro pezzo di carne.
 
<< Ci stavo pensando anch’io. Siamo senza guardie del corpo, fermi nella stessa zona per ore e nessuno ci ha detto nulla >>
 
<< Sarà tutta quella sicurezza ad attirare fans? >> scherzo.
 
Sorride. << Dovremmo goderci questi momenti finché durano >> constata.
 
Sono perfettamente d’accordo. Non capita spesso quando siamo fuori casa. Non capita spesso e basta, in realtà. Voglio godermi questa cena con uno dei miei migliori amici, in questa locanda. Abbiamo anche una buona vista dello spiazzale da qui.
 
Mi verso un bicchiere d’acqua e sento l’impulso di lanciare un’occhiata all’esterno. E’ il segnale? Aguzzo la vista. Potrebbe esserlo.
 
C’è un discreto movimento. Vari gruppi di giovani e meno giovani. Io non cerco gruppi, però. Cerco una sola ragazza. La mia “persona”.
 
La vedo. Sulla panchina. E’ lei.  Illuminata dal lampione sulla sua testa. Mi sembra brilli più di una stella. E’ china su qualcosa. Un libro? Sta leggendo, per caso?
 
<< Cosa combini? >> mi rimprovera Zayn.
 
Sbatto le palpebre più volte e torno con la mente al mio tavolo. Ho versato l’acqua nel bicchiere fino all’orlo ed oltre, inzuppando la tovaglia. Mi blocco, poggiando di scatto la brocca sulla superficie.
 
Cos’ho combinato? Ricordo. E’ stato per lei.
 
<< E’ lì fuori >> e scatto in piedi.
 
Guarda alle proprie spalle. Non credo la trovi. << Vai >> mi incita e quasi mi spinge fuori.
 
<< Ci pensi tu? >> chiedo, mentre mi sospinge.
 
<< Come se avesse importanza >> ridacchia.
 
Ha ragione. Non ne ha. Non quanto la presenza di Charlotte nello spiazzale, almeno.








SPAZIO AUTRICE: Buonasera! Ecco a voi il terzo capitolo della settimana. 
Ho un piccolo discorso da fare al riguardo e spero avrete la bontà di leggere i punti in cui ho deciso di suddividerlo, per convenienza: 
-Ho provato a scrivere un capitolo un po' più lungo ma credo sia stato inutile perché fa pietà comunque. E' tipo scritto con i piedi, se non peggio. Cosa c'è di peggio dei piedi? Ditemelo voi.   
-La locanda, contrariamente agli altri luoghi, non esiste. Finora ho sfruttato cose reali (che ho visto o in cui sono stata) ma con questa "cena" non l'ho fatto. Non c'è un motivo particolare. Volevo solo ci fosse una locanda quindi l'ho inventato. (Andando ad usare google maps, dunque, non la troverete). 
-Per ultimo, oggi ho scritto il prologo e il primo capitolo di "Him" ed ero così tentata di pubblicare. Mi sono dovuta trattenere per farlo. (Un altro motivo per cui QUESTO capitolo fa pietà!) Alla fine, però, ho deciso di far scegliere a voi. Volete che io pubblichi anche la storia dal punto di vista di Charlotte o no? 
Prima di rispondere sappiate che, dovendo scrivere e pubblicare anche questa ff (terza storia all'attivo), inizierei a postare "Her" settimanalmente e non più tre volte alla settimana. 


Credo di aver concluso. Per qualsiasi dubbio, domanda, richiesta e quant'altro, sapete dove trovarmi :)
Ci "vediamo" la prossima settimana. Buonanotte e buon ritorno a scuola a chiunque sia coinvolto in questa orribile pratica. (Pagherei per riprendere il liceo lol) 
Vi voglio bene :) x

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Capitolo 27
*** Italian & French. ***


Italian & French. 

La porta si chiude alle mie spalle con un leggero fruscio di campanelle. Sono solo, adesso. Non c’è più un edificio a dividerci. Solo dei metri. Approssimativamente venti.
 
Mi avvicino a passo svelto. Impaziente di arrivare. Ho bisogno dei suoi occhi nei miei; di essere guardato come solo lei riesce. Mi è mancata la sua voce. Così tanto. Sono nervoso ed entusiasta allo stesso tempo. E’ così strano. Surreale, oserei dire.
 
Più la distanza diminuisce e più rallento. Non voglio che, udendo i miei passi svelti, possa alzare la testa dal libro prima che possa sedermi al suo fianco e “sorprenderla”. E, ad essere del tutto onesto, ho bisogno di qualche altro secondo per calmarmi. Devo apparire cool: caratteristica che mi appartiene sempre meno con il passare del tempo.
 
Sono ad un metro appena dalla sua figura. E’ china su un libro, come mi era sembrato dalla locanda. Non riesco a distinguere cosa sia per la posizione della copertina e la luce nient’affatto mia alleata. Poco importa. Lo scoprirò, poi. Non è nei miei progetti, adesso.
 
Il fatto che il lampione sia posizionato sulla sua testa è una grande fortuna. La illumina in modo tale che io possa ammirarla in tutta la sua naturale bellezza e, allo stesso tempo, evita che io proietti la mia ombra su di lei, disturbandola.
 
Starei a fissarla per ore. A cercare di imprimere la sua immagine a fuoco nel mio cervello. Più la guardo e più credo che l’unica invenzione utile a questo mondo sarebbe la capacità di scattare foto con gli occhi e archiviarle nel proprio cervello. Altro che nuovi Iphone!
 
E’ assurdo. E’ così presa che non si è accorta minimamente di una persona all’in piedi al suo fianco. Ora sono anche preoccupato. E’ un’incosciente! Se questa figura non fossi io ma qualcuno deciso a farle del male? Non dovrebbe fidarsi così tanto. Non dovrebbe perdersi nella lettura. Non che non la capisca ma è pericoloso. Non voglio che le accada nulla.
 
Mi accomodo lentamente accanto a lei, anche se essere cauti risulta eccessivo vista la sua inesistente tendenza a relazionare col mondo circostante.
 
Ho bisogno che mi noti in qualche modo. Qual è il modo più semplice ed efficace che non darebbe una strana idea sul mio conto? Immagino sia chiedere troppo. Solo il fatto di essere qui dona strane idee sul mio conto. Sono innamorato, no? Quindi tutto questo è normale in qualche zona remota del mondo. Magari riesco a fare in modo sia dello stesso avviso. Prima dovrei parlarle, però.
 
Mi sporgo per sbirciare il libro. Iniziare con un commento sull’autore o sulla storia potrebbe essere un buon inizio. Sorprendente, quasi. Peccato io non riesca a ricavarne nulla. E’ scritto in piccolo e la copertina scura non mi permette di distinguere.
 
Rabbrividisce.
 
<< Hai freddo? >> le chiedo, senza riuscire a controllarmi. La mia apprensione ha avuto il sopravvento.
 
Alza di scatto lo sguardo e punta i suoi occhi nei miei. Credo che il mio cuore abbia saltato un battito. O un paio. Proprio quello di cui avevo bisogno per morire giovane.
 
Sembra sorpresa. Probabilmente non si aspettava di vedermi. In tutta onestà, nemmeno io ero così convinto sarebbe stata la volta buona, eppure dividiamo una panchina.
 
<< Sei tornato per offrirmi tutto il tuo armadio? >> pronuncia con una dolce inflessione sarcastica.
 
Vorrei scoppiare a ridere: per averla trovata; per essere ancora “vittima” del suo sarcasmo; ma mi trattengo. Anche se non credo durerà molto.
 
<< Non credo ti calzerebbe >> cerco di mantenere la sua stessa linea. << Sai, per i colori pastello… >> trattengo un risolino, sperando noti l’allusione alla nostra conversazione nel bagno.
 
<< I tuoi occhi non sono così fantastici >> commenta con sufficienza.
 
La ricorda! Se sapessi farlo, mi cimenterei in un paio di capriole. Proprio qui, davanti a lei. No, forse no. Ho un’immagine da mantenere. Una specie, almeno.
 
<< I colori che li mettono in risalto non la pensano allo stesso modo >> scherzo.
 
Scuote impercettibilmente il capo, alza gli occhi al cielo e poi torna al suo libro. Sta provando ad ignorarmi? E’ così adorabile.
 
A costo di sembrare petulante ed insistente, non credo smetterò di darle fastidio. Prima che possa aprire nuovamente bocca, un telefono prende a squillare. Si blocca di colpo.
 
Infila il segnalibro tra le pagine che sta leggendo. << Ti dispiace? >> mi chiede, porgendomi il libro affinché glielo tenga.
 
Scuoto la testa e lo prendo in custodia mentre fruga nella borsa dall’altro lato, di cui non mi ero accorto. Recupera il cellulare e, dopo aver controllato il nome sul display, i suoi occhi prendono a brillare mentre le sue labbra si aprono in un sorriso.
 
Wow. E’ bellissima. Non credo di averla mai vista così nei confronti di qualcosa. Non che io l’abbia vista in molti frangenti. Conosco appena tre versioni di questa ragazza e nessuna di quelle ha a che fare con ciò che sto gelosamente osservando.
 
Vorrei farle esattamente lo stesso effetto. Ci riuscirò mai?
 
<< Nonna! >> esclama. E’ italiano?
 
Dopo una leggera pausa, prosegue. << Certo! >> credo sia decisamente italiano.
 
Non smette di stupirmi. Parla tedesco, inglese e italiano. Resto in ascolto nonostante, come per il tedesco, riesca a capire solo una parola ogni tanto.
 
E’ incredibile come non abbia un accento inglese o tedesco mentre parli. Sembra quasi sia nata per parlare ogni lingua esistente in maniera estremamente corretta: come fosse una nativa.
 
Mi ricordo del libro che sto reggendo e lancio, finalmente, un’occhiata alla copertina per soddisfare la mia curiosità. “Le petit prince” di Antoine de Saint-Exupéry. Francese? Apro in corrispondenza del segnalibro e leggo qualche parola. E’ proprio francese.
 
Questa ragazza parla fluentemente tedesco, inglese (con un accento che non ho ancora decifrato), italiano e legge in francese. Tutto in uno. E’ straordinaria.
 
<< Sì, è arrivato >> afferma e in ogni parola c’è un piccolo sentore di felicità.
 
Potrei vivere di questo per sempre. La osservo avidamente. La osserverei per tutta la vita. Non mi importerebbe di quanto patetico, imbranato o maniaco potrei sembrare.
 
<< Va bene. Ci sentiamo domani. Buonanotte >> pronuncia con la voce più morbida io abbia mai sentito.
 
Sono quasi tentato di sposare le sue corde vocali.
 
Attacca e ripone il cellulare con cura.
 
<< Mi nascondi altro? >> le chiedo.
 
Sussulta appena. Come se si fosse dimenticata della mia presenza e la mia voce gliel’avesse ricordato. Quasi a dimostrarlo, mi lancia un’occhiata sorpresa.
 
Attendo che dica qualcosa.
 
<< Harry? >> esterna il suo stupore.
 
<< Ciao, Char >> ripeto, modificando di poco l’intonazione.
 
<< Non chiamarmi Char >> mi ricorda. Mi era mancato il suo finto divieto.
 
<< Sei un po’ ripetitiva >> la prendo in giro.
 
Sgrana gli occhi, indossando una finta espressione offesa. Mi dà un piccolo schiaffo sul braccio. Mi era mancato il suo tocco delicato.
 
<< E fai ancora schifo >> continuo con un risolino.
 
Mi lancia un’occhiata truce. << Cosa ci fai qui? >>
  
Non sono ancora pronto per questa domanda. A dimostrazione, cambio discorso di scatto. << Avrei potuto essere un maniaco >> alludo alla mia precedente preoccupazione.
 
Mi scocca il suo tipico sguardo eloquente. << Perché, non è il tuo secondo nome? >>
 
<< Solo il mio lavoro part-time >> commento con un mezzo sorriso.
 
Voglio solo godermi la sua compagnia. Voglio solo scoprire chi è davvero questa ragazza.
 
<< Guadagni bene? Potrei farci un pensierino >>
 
<< Non potresti >> rispondo secco.
 
Mi guarda interrogativa, aspettando che mi spieghi. Non la faccio attendere oltre.
 
<< Ci sono dei requisiti minimi previsti >>
 
Trattiene un risolino. << Oh, del tipo? >>
 
Prendo a guardare davanti a me. Lascio andare il libro in grembo. << Tanto per iniziare…una certa dose di forza >> conto sulle dita della mano destra.
 
Di sottecchi cerco di controllare la sua reazione. La bocca spalancata tra il “finto offesa” e “chiaramente divertita”. Mi volto dalla sua parte. Non esiste che io perda occasione di memorizzare quest’espressione.
 
<< Diciamocelo, in caso di stupro dovrei fare tutto io >> continuo, alludendo all’ultima volta.
 
<< Non sembrava ti dispiacesse la scorsa volta >> mi fa notare con una lieve malizia.
 
<< Puoi biasimarmi? >>
 
Scoppia a ridere. E’ stata la mia espressione? Il mio tono di voce? Io? Se capissi cosa la fa scattare in questo modo, lo userei di continuo. La sua risata è uno dei miei suoni preferiti.
 
Dopo essersi calmata, riprende la parola. << Attendo gli altri requisiti >>
 
<< Oh, certo. Dovresti essere una tipa misteriosa dal passato tormentato >>
 
Diventa seria di colpo. << Non mi conosci allora >>
 
Inarco un sopracciglio. Cosa le succede? Cosa sta insinuando?
 
<< Eh? >> mi sfugge.
 
Non ha molto senso, me ne rendo conto. Il punto è che non riesco a controllare la mia bocca. Mi fissa intensamente per qualche istante. Ho l’impressione stia per dirmi qualcosa di estremamente vitale. Come sempre, però, ho la sensazione devierà la conversazione.
 
<< Potrei ucciderti mentre svolti l’angolo >> riprende con un sorrisino.
 
<< Una nuova versione di “Jack lo Squartatore”, mi complimento >> e mimo un elogio con la mano.
 
<< Con la differenza che non sei una prostituta >> scherza.
 
<< Sarei una grandiosa prostituta da vicolo >> affermo con una punta d’orgoglio.
 
Sorride. << Non mi hai detto cosa ci fai qui >> mi ricorda.
 
Non credo ci sia modo di raggirarla. Devo arrendermi. Ho evitato la domanda per un tempo straordinariamente sorprendente. Mi sorge un dubbio: è solo curiosa o vuole sentirsi dire che sono qui per lei? Credo sia la seconda.
 
<< Mi trovavo da queste parti… >> inizio.
 
<< Ma dai >> commenta, sarcastica.
 
<< …e ho pensato di fare un salto per concederti quel famoso appuntamento >> cerco di apparire serio ma un sorriso sghembo si piazza sul mio viso, tradendomi.
 
Apre appena la bocca. Un impercettibile soffio d’aria l’attraversa. E’ rimasta senza parole? Non può essere. Sono sicuro che in quella testolina ci sia più di un modo per controbattere.
 
<< Ti sei dato tutta questa pena per me >> fa una pausa. << Inutilmente >> aggiunge, piuttosto seria.
 
Ha cambiato idea? La scorsa volta, quando ha pronunciato la fatidica frase che mi ha portato qui, sembrava più che propensa a rivedermi. Era solo un modo per prendermi in giro? Per non dirmi un secco “no”? Anche se, in tutta onestà, dubito sia il tipo di persona che si farebbe problemi a rifiutare qualcosa o qualcuno. O me.
 
Forse mi sta solo mettendo alla prova. Che sia o meno così, non mi arrendo adesso. E perché dovrei?
 
<< Allora, ti va bene domani sera? >> ignoro il suo “rifiuto”.
 
<< Sei sempre stato un tipo insistente? >>
 
<< Nah. Credo sia arrivato con la pubertà >> ironizzo.
 
Sorride sotto i baffi. Il telefono riprende a suonare. Non è la stessa suoneria di prima. Deduco non sia una chiamata. A meno che non abbia impostato diverse armonie in base alla persona.
 
Sobbalza. Lo afferra dopo aver messo sottosopra la borsa. Passa il dito sullo schermo e il telefono smette di strombazzare. << Non posso >> conclude.
 
Recupera il libro dal mio grembo, frettolosa. << Grazie >> mormora e si alza di scatto.
 
<< Cosa c’è? >> domando imitandola.
 
<< Devo andare a prendere Julia e metterla a letto >> risponde mentre infila il libro e il cellulare nella borsa.
 
Controlla la panchina. Si sta accertando di non aver lasciato nulla?
 
<< Parlavo di domani sera >>
 
<< Ho Julia >> ripete.
 
Non riesco a capire se sia una scusa o stia cercando di mettermi alla prova. E’ troppo sfuggente per essere decifrata.
 
<< Per… >> inizio con un filo di voce ma la mia supplica muore in gola quando prende ad allontanarsi a passo svelto.
 
Dovrei seguirla? Credo di non dover insistere o mendicare per stare con lei. Non posso forzarla se non vuole. Sarebbe sbagliato.
 
Percorre una decina di metri. Resto a guardarla. Cosa si fa in questi casi? Si guarda semplicemente la propria “persona” andare via senza sapere se ci sarà un’altra occasione?
 
Si ferma di scatto. Si volta e i suoi occhi cadono decisi su di me.
 
<< Julia è a scuola dalle 8:30 alle 17:00 >> pronuncia a voce alta, affinché possa sentirla.
 
Cosa? Non capisco perché me lo stia dicendo. Resto a guardarla interdetto.
 
<< Tutti i giorni >> aggiunge con un enorme sorriso.
 
Mi sciolgo. Ricambio. E’ tutto chiaro, adesso.
 
     
 






SPAZIO AUTRICE: Buonasera! Vado di fretta per questo non mi tratterrò molto. Spero che il capitolo possa essere quantomeno soddisfacente. In caso contrario, una parola e lo riscrivo (non immediatamente perché non ho molto tempo domani). 
Nel prossimo capitolo farò l'angolo pubblicità, promesso :)
A presto :) x

 
       

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Capitolo 28
*** 13:38 ***


13:38.

Stranamente, appena Char scompare all’orizzonte lasciando a crogiolarmi nella mia gioia, Zayn mi raggiunge protestando per la brevità dell’avvenimento.
 
<< Mi dispiace di averti lasciato da solo >> commento, ignorandolo.
 
<< Ti prego dimmi che non l’hai spaventata. Il vostro “momento” –mima delle virgolette a mezz’aria- non è durato molto >>
 
<< Mi hai preso per una trappola per animali? –esterno del sarcasmo. Colpa di Charlotte- Ti assicuro che è stato abbastanza concentrato >>
 
Mi fa un cenno col capo affinché io prenda a camminare al suo fianco, diretto in hotel. Mi sembra assurdo che alle dieci di sera voglia già rinchiudersi in quattro mura così estranee. Avrà sonno?
 
Lo assecondo. Non si può mai sapere con lui. Sfila un’altra sigaretta dal pacchetto e se l’accende lasciandomi in silenzio. Certo, potrei prendere la parola ma ho quasi il bisogno di ricevere una risposta e non sentirmi come se stessi sostenendo un qualche assurdo monologo.
 
Ho già una reputazione da stalker, non vorrei anche quella di malato mentale. Non che le due cose non possano coesistere. Me ne rendo conto.
 
<< Non voglio dire nulla >> esordisce.
 
Inarco un sopracciglio ma non aggiungo altro. Sono sicuro non abbia finito. Fa un tiro e allontana la sigaretta dalla bocca tenendola tra pollice, indice e medio. Lascia andare parte del fumo.
 
<< Non possiamo fare commenti a caldo >> continua. << Ovviamente voglio sapere cos’è successo. Dev’essere valsa la pena di mangiare da solo! >>
 
Le mie labbra si incurvano in un mezzo sorriso. << Ne è valsa la pena >> dico semplicemente.
 
<< No, stop. –gesticola con la mano impegnata a reggere la sigaretta- Adesso parliamo d’altro. Lasciamo questa conversazione per la nostra camera d’albergo >>
 
Forse non si rende conto di quanto suoni perverso. O, almeno, inquietante. Dovrei farglielo notare.
 
<< Spero la intendessi diversamente >> ironizzo.
 
Mi lancia un’occhiata veloce di sottecchi. << Quella ragazza ti rende abbastanza perverso >> scherza e riporta la sigaretta tra le labbra, lasciandola lì, quasi a sostenersi da sola.
 
<< Mi conosci da quattro anni. Lo ero anche prima di parlarle stasera. O qualsiasi altra sera >> mi difendo.
 
Sorride quasi divertito. Gli sembra mi stia arrampicando sugli specchi? Non so perché ma è il tipo di sorriso che mi rivolge quando mi cimento in una cosa del genere. Strano me lo stia rivolgendo adesso.
 
Sono uno psicopatico con manie di persecuzione che finge il contrario, non un arrampicatore di superfici riflettenti.
 
 
 
 
Il resto del tragitto verso il nostro rifugio temporaneo è tranquillo. Non ci sono più riferimenti a Charlotte o alla porzione di serata con lei trascorsa. Ci limitiamo a commenti sul clima, su come ci appare la città e cose sentite e risentite fino alla nausea.
 
Mentre varchiamo la porta dell’albergo, mi chiedo cosa stiano facendo gli altri. Louis, Liam, Niall ma anche Calum, Michael, Luke, Ashton e tutta la crew.
 
E’ strano non averli intorno.
 
<< Tutto okay? >> Zayn interrompe i miei pensieri.
 
Realizzo di averlo seguito nell’ascensore solo in quel momento. Annuisco.
 
<< Mi chiedevo solo cosa facessero gli altri >> e metto su un mesto sorriso.
 
Non sembra credermi. Preme il pulsante corrispondente al nostro piano e dà l’impressione di aver lasciato perdere. Bene.
 
<< Il solito >> risponde con sufficienza a scoppio ritardato.
 
Annuisco rumorosamente. Non saprei cosa aggiungere e non sembra desideroso di portare avanti l’argomento. Magari anche lui, come me, non sa cos’altro rimane da dire.
 
Una volta raggiunto il piano, sono il primo a catapultarmi fuori da quella scatola di metallo. Zayn mi segue con la sua andatura rilassata. Non me ne sorprendo nemmeno per un istante. Rimango impalato davanti alla porta quando mi rendo conto sia lui ad avere in custodia la chiave elettronica. Attendo apra per fiondarmi sul letto.
 
Ho bisogno di realizzare un paio di cose e sdraiarmi, di solito, mi è di grande aiuto.
 
Mi affianca e lascia scorrere quel rettangolo plastificato nella serratura. Abbasso la maniglia ed entro.
 
<< Magari vuoi farti una doccia prima? >> mi domanda, alle mie spalle.
 
Lo trovo strano ma considero comunque l’idea. Sembra valida. Annuisco rumorosamente. Rinfrescarmi mi farà bene ed equivarrà a dieci minuti passati sul letto a fissare il soffitto.
 
<< Cercherò di fare in fretta >> aggiungo, non so nemmeno perché.
 
Sarà che mi preoccupo sempre, avendo paura di limitare le libertà altrui imponendo eccessivamente la mia.
  
<< Tranquillo >> mormora e si dirige ai piedi del letto per sfilarsi le scarpe.  
 
Resto incantato qualche secondo poi rivengo e mi dirigo in bagno. Mi svesto con lentezza e mi infilo nella doccia. Lascio scorrere l’acqua abbandonandomi ai pensieri più disparati.
 
Lei fa parte di ognuno di essi. Come potrebbe essere altrimenti?
 
Esco dalla doccia completamente rilassato. La stanchezza comincia a farsi sentire e vorrei solo andare a dormire. Così sarei in piedi di buon ora per vedere Charlotte. Mi sembra il piano più logico io abbia mai escogitato.
 
Mi asciugo cercando di darmi una mossa. Infilo i boxer e, lasciando tutto in disordine, esco.
 
<< Manca poco, credo >> sento Zayn sussurrare.
 
Parla da solo? Ha già raggiunto la pazzia? E’ per questo che ha voluto seguirmi, perché ormai è più stralunato di me?
 
Sento altre voci in risposta. Sto immaginando tutto? Resto in ascolto ma non riesco a distinguere. Sono fin troppo esausto.
 
Mi dirigo dalla sua parte e riesco finalmente ad avere un quadro della faccenda. Sta effettuando una chiamata e, dal modo in cui regge il telefono, deduco sia una videochiamata.  
 
<< Hey >> biascico.
 
Si alza di scatto. << Finalmente! >> esclama.
 
Gli rivolgo un’occhiata interdetta. << Dovevi usare il bagno? >>
 
Scuote la testa. << Vieni qui. Liam e Niall vogliono sapere cos’è successo >>
 
Mi sento un tantino incastrato. Soprattutto adesso che sono esausto e voglio solo crollare nell’ennesimo letto non mio.
 
<< Anche tu, immagino >> commento, rivolgendomi all’organizzatore di questa versione maschile di un incontro tra comare.
 
<< Perché credi ti abbia detto di parlarne in albergo? >> mi fa notare.
 
Avrei dovuto prevederlo. Zayn è intelligente. Ha sempre un piano. O un modo per incastrare un povero ragazzo incapace di intendere e di volere per vari motivi.
 
<< E Louis? >>
 
Mima affinché lo affianchi. << Non è raggiungibile. Loro, invece, sono insieme >>
 
Come se non bastasse anche gli altri due iniziano a protestare. Mi arrendo e mi arrampico sul letto, raggiungendolo a gattoni.
 
Lancio un’occhiata al display e li saluto con un lieve cenno del capo.
 
<< Ci hai fatto attendere una vita >> si lamenta Liam.
 
Chissà perché ma me l’aspettavo. Sbuffo.
 
<< Ancora sconvolto? >> chiede Niall.
 
<< No, non proprio >> mi limito a dire.
 
Mi lanciano cenni del capo quasi a chiedermi di saltare questa parte e arrivare al sodo. Vorrei poter fare lo stesso: saltare questa conversazione e arrivare direttamente a domattina. Purtroppo, però, non posso. E, in fondo, glielo devo.
 
Prendo a raccontare del modo in cui mi sono avvicinato alla panchina e delle prime parole che le ho rivolto; accenno anche alle sue risposte sfacciate o sarcastiche fino a menzionare la chiamata.
 
<< In italiano? >> chiede Zayn piacevolmente sorpreso.
 
Annuisco.
 
<< Hai capito di cosa parlasse? >> domanda Niall.
 
<< O con chi >> aggiunge Liam, quasi a volerlo correggere.
 
Scuoto la testa. << Ho sentito solo qualche parola e non so se hanno connessione l’una con l’altra >> ammetto.
 
<< Cioè? >> Zayn è spazientito dalla mia titubanza involontaria.
 
Non do peso alla cosa. <<“Nonna”, “va bene” e “buonanotte”. E’ tutto quello che ricordo >>
 
<< Parlava di sua nonna? >> domanda Liam, aggrottando la fronte e finendo col socchiudere un occhio, come solo lui fa.
 
Mi stringo nelle spalle. << E’ la prima parola che ha detto quindi ho pensato fosse lei dall’altro lato >>
 
<< E le parlava in italiano >> ripete Niall.
 
Come se non fosse stato già detto. Annuisco, fingendo che il suo essere così ripetitivo non mi infastidisca vista la stanchezza.
 
<< Quindi la nonna è italiana e abita in Italia >> interviene Liam.
 
Non capisco la loro necessità di ridursi a “Capitan Ovvio” stasera. Resto a contemplare i loro discorsi con un’espressione interdetta mista ad esausta. Devo davvero trattenermi per tenere gli occhi aperti.  
 
<< La foto del Colosseo sul suo profilo Instagram! >> esclama Zayn.
 
Non capisco cosa stia dicendo. Cosa c’entra? << Eh? >> mi lascio sfuggire.
 
Si lanciano occhiate d’intesa. Sono sulla stessa lunghezza d’onda. Se sapessi quale, mi sintonizzerei ma immagino non funzioni come con le stazioni radio. Sono troppo assonnato per avere dei pensieri normali, figurarsi una conversazione con tre persone come loro.
 
<< La foto del Colosseo. Faceva intuire fosse partita da lì prima di arrivare in Germania, no? >> mi rivolge Niall.
 
Immagino stia provando a spiegarmi ciò che non sono riuscito ad afferrare. Deduco, inoltre, sia lui a farlo perché gli altri non sarebbero così delicati con me. Ringrazio mentalmente l’esistenza di questo biondino.
 
<< Sì >> pronuncio, cercando di mostrare buona volontà.
 
<< Magari ci vive la nonna e lei ha fatto lo stesso fino a poco fa >>
 
Non avevo pensato alla cosa. Non avevo minimamente provato a far incastrare tra loro i pezzi del puzzle. Sta divenendo un rompicapo.
 
<< State dicendo sia italiana? >> chiedo.
 
Liam si stringe nelle spalle. << Non è detto. Avendo un cognome tedesco e un nome non italiano non è così ovvio ma potrebbe. Potrebbe essere italiana e avere dei genitori con gusti atipici >>
 
<< Rimane un bel mistero >> commenta Zayn.
 
Non sono molto a mio agio con questa cosa. La gelosia sta prendendo il sopravvento. Devo cercare di limitarmi. Devo ricordare siano miei amici e non abbiano alcun interesse nei confronti della “mia” Char.
 
<< Fatto sta che adesso è a Frankfurt >> concludo.
 
Zayn, al mio fianco, alza gli occhi al cielo. Mi chiedono di proseguire. Non me lo faccio ripetere due volte. Prima arriva alla fine, prima potrò andare a riposare così da sognarla e far arrivare in un baleno il mattino per avere la sua compagnia. Che vita infelice quando lei non è nei paraggi.
 
Ricordo di menzionare il libro in francese e, di nuovo, altro stallo. Mi pento quasi di averlo fatto.
 
<< Almeno siamo sicuri parlasse francese quando è stata al concerto l’anno scorso >> constata Liam.
 
E’ sempre in prima linea quando si tratta di deduzioni. Ha uno strano sorrisino compiaciuto sul viso. Immagino che fare il detective lo esalti.  Dovrebbe trovarsi un hobby simile.
 
Riprendo a raccontare, cercando di non tralasciare nulla. Non credo me lo perdonerebbero se venissero a saperlo.
 
Accenno alle frecciatine trascinate dalla precedente conversazione e alle sue risposte sagaci, il suo spirito quasi ribelle. Più ne parlo e più divento geloso di quelli che sono già ricordi. Capisco, così, lei sia decisamente il mio “qualcuno”. Nonostante sappia così poco sul suo conto.
 
Quando esterno la faccenda del maniaco e la sua espressione improvvisamente seria alla menzione del “tipa misteriosa dal passato tormentato”, mi chiedono di fermarmi.
 
Immagino vogliano analizzare la cosa. Prendono a dedurre e ad interrogarsi a vicenda ma io sono più tra le braccia di Morfeo che con loro per seguire.
 
Le palpebre diventano sempre più pesanti e le loro voci mi giungono ovattate.
 
 
 
 
 
Apro gli occhi e mi sorprendo fossero chiusi. Mi sono addormentato? Per quanto? Cerco di mettere a fuoco e realizzo il sole sia alto nel cielo.
 
Sobbalzo. Che ore sono? Colpisco qualcosa. Abbasso lo sguardo: Zayn. Mi dispiace. Accarezzo il punto con delicatezza, quasi a scusarmi, nonostante sembra non se ne sia minimamente accorto.
 
Cerco il cellulare ma non lo trovo. Sono ancora vestito ma il telefono non è nelle tasche o sul comodino. Corro in bagno e lo trovo lì, sulla mensola del lavandino.
 
Accendo il display: 13:38. Cavolo.








SPAZIO AUTRICE: Buonasera! Come state? Spero bene. Io mi sto riprendendo adesso dalla giornata del 16 in giro per Napoli. Quella città mi ammazza ogni volta. Non immagino il mese prossimo, ahh. 
Scusate per avervi annoiato con la mia vita privata ma, in teoria, c'entra con quello che voglio dirvi: scuse. Sì, vorrei scusarmi per il capitolo. E' corto, brutto, scritto male, pieno di frustrazione e chissà cos'altro. 
Avrei voluto scrivere (e pubblicare) prima e meglio ma Martedì sono stata nella grande metropoli (?) per un incontro informativo e, passato il momento, mi sono scoperta incredibilmente dolorante. (Credo sia anche colpa dei reumi ma dettagli lol) Non riuscivo a muovermi e questo influisce sempre sul mio umore. Anche oggi ero e sono particolarmente scazzata, celatamente nervosa e ho scritto comunque. 
L'ho fatto solo perché eravamo rimasti d'accordo per i tre capitoli alla settimana e non volevo che il terzo saltasse o il secondo andasse ad accavallarsi  all'ultimo. 
Tutto questo "papiello" per dirvi che se vi fa schifo lo capisco e se volete che lo elimini e riscriva sarei più che d'accordo. (Una sola parola e agisco, insomma)


Detto questo, vorrei parlare della pubblicazione in generale. Stavo pensando, siccome adesso la scuola è iniziata e con il passare dei giorni/mesi avrete (e avrò) meno tempo da passare su efp, che ne dite di passare ad un nuovo metodo? Pubblicherei dopo un certo numero di recensioni così da essere sicura che tutti (o almeno la maggior parte di) quelli che commentano, abbiano avuto modo di passare. Vi andrebbe bene? Non vorrei rimanere senza di voi. <3 


Per finire, eccoci all'angolo pubblicità della settimana (rimandato ad oggi per cause di forza maggiore). Vorrei fare uno shout out a "Cappuccetto rosso sangue" di Underline. [link qui: http://www.efpfanfic.net/viewstoryv.php?sid=1822754 ]. Spero possa piacervi. (Io non l'ho ancora finita purtroppo) 


Credo di aver detto tutto. Nel caso in cui avessi dimenticato qualcosa, lo scriverò in pagina e lo ripeterò nel prossimo "spazio autrice" con un po' di fortuna. Se avete qualcosa da comunicarmi, sapete dove trovarmi. 
Buon proseguimento di serata. Vi voglio bene :) x

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Capitolo 29
*** 14:10. ***


14:10.

Cavolo. Cavolo. Ancora cavolo.
 
Ho perso la maggior parte del tempo a mia disposizione per stare con lei. E adesso? Cosa faccio? Che mi invento?
 
E se mi avesse aspettato? Se io l’avessi delusa? Se questa mia dormita mi fosse costata più di quanto credo? No, devo pensare positivo. E lucidamente. Soprattutto la seconda.
 
Devo andare da lei. Non so dove ma devo andare.
 
Mi lancio un’occhiata allo specchio. Non sembro appena sveglio.
 
A tempo di record mi sciacquo il viso, lavo i denti e metto un po’ di profumo. Corro in camera, sfilo la t-shirt con cui ho dormito e ne prendo un’altra a caso. Infilo gli stivaletti, recupero gli effetti personali e mi catapulto fuori dalla stanza senza avvisare Zayn.
 
Non credo riuscirei a svegliarlo comunque per farglielo sapere.
 
Nell’ascensore gli scrivo un messaggio e, una volta fuori l’hotel, lo invio. Giusto per evitare combini danni, interferendo.
 
Ho sudato freddo ieri pomeriggio e non vorrei si ripetesse.
 
Affretto il passo e mi rendo conto di essere diretto a casa sua solo quando ci arrivo davanti. Mi blocco e sono tentato di entrare. 
 
Il punto è che anche se lei fosse in casa, non posso farlo; non deve sapere che conosco la sua abitazione. O quella della famiglia che la ospita da due mesi. Che è più o meno lo stesso.
 
Cos’altro mi resta? La scuola? Posso andare ad aspettare lì fino alle cinque, no? Sarebbe un po’ folle ma è l’unica certezza che mi rimane. L’ha detto lei. Julia è a scuola dalle 8:30 alle 17:00.
 
Almeno so dove trovarla due volte al giorno senza sembrare uno schizzato.
 
Mi incammino verso la scuola e, in men che non si dica, sono davanti all’edificio. Sembro avere le ali ai piedi. O è l’adrenalina. Non guasterebbe oggi.
 
Mi aiuterebbe a fare le cose in fretta. E meglio. Senza paura. Ormai un giorno è andato. Questo è a metà e me ne restano altri tredici appena. Devo concludere qualcosa. Almeno andare oltre una conversazione di una ventina di minuti scarsi su una panchina.
 
Guardo le pareti, le finestre. Tutto tace, eccezione dell’immenso orologio in alto. Non l’avevo notato ieri. Beh, ero impegnato in altro.
 
Segna le 14:07. Fantastico. Non sono più tre ore. Solo due e cinquantatré minuti. Roba da niente.
 
Inizio a camminare in circolo, frenetico. Non riesco a fermarmi. Il tempo scorre. Sento la consapevolezza inondarmi. Non posso lasciare che mi sfugga come sabbia tra le dita. Sarebbe folle. Uno spreco.
 
Vorrei lanciare un urlo frustrato. Per evitarlo mi porto le mani alle tempie e mi volto dando le spalle alla scuola. Procedo con i miei esercizi di respirazione per calmarmi. Non ho alcun motivo per arrabbiarmi nei confronti del tempo. “Lui” fa solo ciò che deve. Nonostante sia una semplice convenzione dell’uomo.
 
La colpa è solo mia. Sono stato io a non essermi svegliato in tempo. Chiudo gli occhi. Inspiro.
 
Se non l’ho fatto è perché non avevo impostato una sveglia. Espiro.
 
I ragazzi mi hanno distratto dall’obiettivo con le loro chiacchiere. Non che fossero del tutto inutili ma non ho concluso molto. Inspiro.
 
E, comunque, possiamo supporre quanto vogliamo ma solo Charlotte potrà avere l’ultima parola. Quanto mi manca. Espiro.
 
Credo vada meglio. Posso anche fermarmi.  
 
<< Harry? >> la sua voce stranita mi raggiunge.
 
Fantastico. Adesso la sento addirittura chiamarmi. Sono proprio bisognoso di sentirla parlare. In effetti, potrei morire per il modo in cui pronuncia il mio nome.
 
Apro gli occhi. Mi ritrovo circondato da persone appena uscite da scuola. Tutte ragazze troppo cresciute per essere alunne delle elementari come Julia. Strano. Ed è ancor più strano come io non mi sia reso conto di non essere solo; non ho sentito i loro passi. Ero troppo concentrato sulla mia respirazione, evidentemente.
 
<< Harry, sei tu? >> ancora più stranita. Proviene dalle mie spalle.
 
E’ così vivida. Mi giro di scatto.
 
<< Char?! >> suono più stupito io. E lo sono. Non credevo di vederla fino alle cinque. Non può essere già ora. Eppure è qui davanti a me.
 
Lancio un’occhiata all’orologio oltre le sue spalle. 14:10.
 
C’è qualcosa che non va. Conti che non tornano.
 
<< Avrei dovuto farmi gli affari miei >> borbotta.
 
Immagino sia per il modo in cui l’ho chiamata. Non le va proprio giù. Eppure lo usava anche lei per il suo canale. E per il suo profilo instagram. Prima di cambiarlo, almeno. Preferisce davvero così tanto Lotte? Non mi interessa. Non mi rassegno. Per me sarà sempre Char. Per il sogno.
 
Sorrido. Resta a fissarmi. Sembra quasi si aspetti io risponda o faccia qualcosa. Dovrei scusarmi per non essere passato stamattina? Forse sì. Apro la bocca. In teoria, però, non mi aveva detto chiaramente di presentarmi. Potrebbe pensare io non volessi altro. La richiudo. Farei meglio a tacere. Almeno sulla faccenda, s’intende.
 
Una ragazza la richiama in saluto e lei, quasi sorpresa del gesto, sobbalza appena e ricambia con un’espressione leggermente stranita. Non credo si parlino molto, a questo punto. Forse non si parlano affatto.
 
Magari non è una delle sue amiche. Aspetta. Lei ha delle amiche? Posa nuovamente i suoi occhi su di me. E’ un buon momento per esternare la mia curiosità.
 
<< Una tua amica? >> e indico la ragazza ormai oltre le mie spalle.
 
Mi fissa evitando di rispondere in maniera affermativa o negativa. Bel rompicapo. Il suo silenzio, però, non mi mette più a disagio. Ci sto quasi facendo l’abitudine. Mi sento quasi coccolato.  
 
<< Pensavo che la tua zona da maniaco fosse nello spiazzale >> e un lieve sorriso le attraversa le labbra.
 
Lo sapevo. Perché avrebbe dovuto rispondermi? Non lo fa mai. Quasi mai.
 
Se voglio che le cose cambino, però, devo trovare una risposta adatta. Adesso. Niente esitazioni. Devo tornare il ragazzo un po’ spavaldo e sicuro di sé che sono quando lei mi è accanto e mi provoca.
 
<< Oh, quello di sera. Con la luce del sole cambio mestiere >>
 
<< Prostituta da vicolo? >> chiede prontamente.
 
Strizzo gli occhi, fingendo di rifletterci. << Non esattamente >>
 
<< Allora non mi interessa >> e sorride.
 
Ricambio. E’ così dolce. Più di “dolce”. Cosa c’è dopo quest’aggettivo? Non mi sovviene ma, qualsiasi cosa sia, le appartiene.
 
I miei occhi cadono sulle sue braccia. Avvolgono dei libri che sorregge all’altezza dello stomaco. A cosa le servono? Scuola?
 
<< A cosa ti servono? >> le chiedo, esternando tutta la mia curiosità.
 
Me ne pento immediatamente. Mossa sbagliata. Sono eccessivamente invadente.
 
<< Li porto dietro nel caso in cui incontrassi dei maniaci. Sono la mia arma di difesa >> scherza.
 
<< Fortuna che ho cambiato lavoro >> la imito.
 
<< Seguo un corso di lingua >>
 
Connetto. E’ strano che parli di sua spontanea volontà di cose che non riguardano me. O velati insulti alla mia persona. Strano che decida di rispondere ad una domanda posta in precedenza quando avrebbe potuto evitarla senza problemi. Mi piace. Non voglio che smetta.
 
Magari se prendo a farle delle domande caute, ho qualche speranza.
 
<< Come mai? >>
 
<< E’ previsto nell’esperienza da Au Pair. Non ne ho davvero bisogno, ci vengo solo per passare il tempo >>
 
Questa frase nasconde più di quanto dovrebbe. “Passare il tempo”. Quindi non sa cosa fare. Si sente sola? Vive in completa solitudine quando Julia non c’è.
 
Tra l’altro, mi sento parecchio in colpa. Se mi fossi svegliato, sarei rimasto personalmente con lei invece di “costringerla” a presentarsi qui. Se non conoscessi quel tono, poi, oserei dire si trattasse di una frecciatina.
 
<< Beh, è il tuo giorno fortunato. Pare proprio che il mio nuovo lavoro coincida con i tuoi bisogni >> inizio, con una punta di entusiasmo nel tono.
 
Un’espressione interrogativa le attraversa il viso.
 
<< Oggi sono un accompagnatore >> aggiungo.
 
Due secondi di totale assenza poi scoppia a ridere. Cosa? Cos’ho fatto? E’ così bella. La sua risata è melodiosa. Non so cosa l’ha innescata ma vorrei potesse non finire mai.
 
<< Adesso capisco perché ci sono andata vicino dicendo “prostituta da vicolo” >> commenta, placandosi. << Non capisco perché dovrebbe tornarmi utile >> aggiunge.
 
<< Possiamo passare del tempo insieme >>
 
<< Preferisco tenerlo per me >>
 
Non è adorabile quando fa la sostenuta?
 
<< Non senza un buon motivo >> fingo di protestare.
 
<< Non credo farebbe bene alla mia reputazione andare in giro con un accompagnatore >>
 
Al solito. Vuole mettermi alla prova? E così sia. Non ho mai fallito e non ho intenzione di iniziare adesso. Dovrebbe imparare.
 
<< Non voglio portarti in giro >>
 
Aggrotta la fronte. Immagino di averla confusa. E’ un vero record.
 
<< Ti va di andare a pranzo insieme? >> propongo.
 
Uno, due, tre. La sua espressione non muta. Non è un buon segno. Prego con tutto me stesso.  Quattro, cinque, sei. Quanto dovrò attendere? Se vuole dirmi di no, dovrebbe farlo in fretta. Sette, otto, nove, dieci. La sua bocca si apre. Ci siamo.
 
Le fisso le labbra più intensamente di quanto io abbia mai fatto. Voglio essere consapevole della risposta servendomi del labiale, qualche frazione prima che le corde vocali si mettano in moto.
 
Si appiattiscono. Come se stesse per dire “Sì”. Il suono, però, non corrisponde: << Ho già cucinato >> mi sorpassa.
 
Non esiste. Questo giochetto è vecchio come il mondo. Lo vedo. E’ tutta scena. Si trattiene. Mi respinge. Non ne capisco il motivo ma non glielo permetterò. Non dopo tutta la fatica che ho fatto per ritrovarla.
 
Le afferro il polso con delicatezza. Sussulta sotto il mio tocco. Si volta.
 
Mi sembra strano non se l’aspettasse. Avrebbe dovuto. Decisamente.
 
<< Se non fosse per i tuoi occhi, penserei seriamente tu voglia uccidermi >> commenta, finendo con l’accennare un sorriso sul finale.
 
Inarco un sopracciglio. Di cosa sta parlando? I miei occhi? Cos’hanno? Sarà ancora la questione dei “colori pastello” del bagno? Probabile. Provo con quella.
 
<< Sono i colori pastello >>
 
Scuote la testa, come a volermi correggere ma non lo fa. << Va bene >>
 
Sono stranito. << Va bene? >>
 
<< Va bene >> ripete.
 
Non capisco cosa “va bene”. Sono quasi sicuro che se ripetessi la domanda, andremmo avanti all’infinito. Non voglio ammattire. Non a vent’anni, almeno.
 
<< Cosa? >> riformulo la domanda.
 
<< Andiamo a pranzo insieme >>
 
Sgrano gli occhi. L’ha detto sul serio? Le parole sono davvero uscite dalla sua bocca? Non l’ho immaginato, vero? Ripeto la frase nella mia testa. “Andiamo a pranzo insieme”. L’ha detto!
 
Mentalmente mi concedo un urlo. E una capriola. Nonostante il risveglio pessimo, sembra essere diventata la giornata migliore per essere in sua compagnia.
 
Magari, dopotutto, è successo per una ragione. No?
 
<< Sapevo non avresti potuto fare a meno della mia compagnia >> scherzo.
 
<< Non ti esaltare >> risponde secca cercando, inutilmente, di smorzare il mio entusiasmo.
 
Lentamente le lascio andare il polso. Non vorrei ma mi sembra la cosa giusta: quello che lei vorrebbe facessi.
 
<< Avresti potuto vendicarti con un altro succo di frutta se ti avessi rifiutato. Ho preferito evitare >> aggiunge, sorridendo.
 
<< Non credo >> commento.
 
<< Io credo di sì >> insiste.
 
<< No, non credo tu voglia solo per evitare una vendetta da parte mia >> pronuncio, con un sorriso insolente.
 
Tace. L’ho spiazzata? Sorride appena. Quasi imbarazzata. Ho colto nel segno? Qualsiasi cosa sia, sento stranamente l’impulso di infierire.
 
<< Ti interesso >> affermo, senza più alcun timore.
 
E’ assurdo come la paura di dire cose sbagliate vada e venga.
 
Apre la bocca, chiaramente a disagio. Vuole difendersi? Obiettare? Non vedo l’ora di sapere cosa si inventerà. Attendo, paziente.










SPAZIO AUTRICE: Buonasera! Come state? Come procede la scuola/università? Per quanto mi riguarda non ho ancora iniziato e mi sembra così strano. Nonostante questo, però, sono indaffarata con le scartoffie e le ultime cose (tant'è che oggi sono stata a Napoli e lo stesso mi toccherà domani e dopodomani). 
Ve lo sto dicendo non (solo) per annoiarvi ma anche per spiegarvi che, se non mi sono fatta viva prima e ho lasciato che il terzo capitolo saltasse la scorsa settimana, è perché non ho avuto un attimo. Cercherò di fare il possibile affinché questi sette giorni siano diversi. Spero tanto nella vostra comprensione. 
Soprattutto anche nei confronti della QUALITA' dei capitoli perché, come avrete notato, questo fa leggermente pena. Corto, noioso e bla bla bla. Non voglio ripetere l'ovvio, ormai sapete.  [Come sempre potete richiedere un'eliminazione all'istante]. Fatemi notare qualsiasi cosa, ne ho bisogno. Anche per la mia autostima ahah 


Mhm...non credo di avere altro da farvi sapere. In caso contrario, scriverò in pagina sperando che qualcuno possa leggere. 


Siccome è lunedì c'è l'angolo pubblicità, yaay. Il punto è che ho "finito" i suggerimenti perché non sto leggendo altro. Nel prossimo capitolo vi fornirò qualcosa o cambierò angolo (?). 
A presto :) Vi voglio bene x

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Capitolo 30
*** Thirteen. ***


Thirteen. 

<< …come dicevo, ho già cucinato >> esordisce e mi dà le spalle.
 
Sapevo di essermi spinto troppo oltre e che, in qualche modo, me l’avrebbe fatta pagare. Mi ha totalmente in pugno ed è frustrante. Stranamente sento che non vorrei nessun altro al suo posto. Ne vale la pena.
 
<< Posso farti una domanda? >> esterno, serio. Quasi trattengo il fiato.
 
<< Oltre questa, intendi? >> sono quasi sicuro stia sorridendo.
 
La affianco. Perché sono egoista. Ho bisogno di ammirare il suo viso. Potrei morire senza la sua dolce visione, oggi. O qualsiasi altro giorno della mia vita.
 
<< Oltre questa >> ripeto.
 
Annuisce rumorosamente, lanciandomi un’occhiata veloce.
 
Vorrei tanto chiederle cosa l’ha spinta ad accettare quasi subito, cambiando idea senza che insistessi come mio solito. Vorrei farlo ma mi blocco. Esito più del dovuto.
 
Se ne accorge perché mi rivolge le sue attenzioni. << Allora? >> mi chiede, quasi accigliandosi.
 
Scuoto la testa, quasi a dismettere l’argomento. 
 
<< Sicuro? >>
 
Riesco a malapena ad annuire.
 
<< Certo che sei strano >> commenta.
 
Non credo sia un modo per deridermi. Tantomeno una frecciatina. Sta solo costatando l’ovvio. Sono strano. Soprattutto quando le sono intorno. Non è assurdo che ci siano momenti in cui io sia eternamente dubbioso e altri in cui io sia spavaldo?
 
Non posso essere una sola persona? Non posso avere una sola reazione alla sua vicinanza? Evidentemente no.
 
Mi ricordo abbia declinato nuovamente l’invito. Devo capire se stesse scherzando o sia ancora fermamente convinta della cosa; pronta a lasciarmi qui in solitudine.
 
<< Quindi torni a casa… >> la butto lì, quasi calciando l’aria.
 
I suoi occhi prendono a guizzare da destra a sinistra per scrutare i miei da cima a fondo. Piccoli brividi mi percorrono la spina dorsale. Solo questa donna riesce a rendermi un emerito deficiente semplicemente respirandomi accanto.
 
Le sue labbra si incurvano in un sorriso trattenuto a stento. << Non a stomaco vuoto >> afferma.
 
Qualcosa dentro di me svanisce. Mi sento più leggero. Ed è una sensazione fantastica. Ricambio il sorriso.
 
<< Non mi dispiace la tua compagnia >> aggiunge, come fosse la cosa più naturale di questo mondo.
 
Mi spiazza. Non me l’aspettavo. E’ una cosa che non credevo le avrei mai sentito dire. Credo che dietro le frecciatine e il sarcasmo, ci sia fin troppo onestà. Potrei abituarmici.
 
Mi fissa, studiando la mia espressione. Potrebbe capire cosa sto pensando? Vuole una risposta. Gliela devo. Cosa le dico? Non voglio sembrare eccessivamente coinvolto. Devo scherzarci su?
 
<< Ecco perché sono il migliore nel mio campo >> scherzo.
 
Sorride. Sembra genuinamente divertita. << La modestia è un’altra delle tue caratteristiche, vedo >> prende a camminare e la seguo.
  
Mi stringo nelle spalle. << Ad ognuno il suo >>
 
<< Non credi dovrei essere io a giudicare? >> riconosco un pizzico di malizia nel suo tono.
 
Mi piace la direzione che questa conversazione sta prendendo. Con un po’ di fortuna posso “manipolarla” affinché agisca come desidero credendo sia una sua scelta. Devo solo gettare l’esca e sperare che abbocchi.
 
<< Per farlo dovresti passare molto più di un solo pasto con me >>
 
Sogghigna. Credo abbia intuito dove io voglia andare a parare. In fondo, è palese. << Se passi il turno… >> insinua.
 
 
Nonostante la frase non sia completa, lo riconosco come il suo modo di dirmi “sì” senza sbilanciarsi troppo. Pertanto credo che questa parte della conversazione sia andata. Possiamo andare avanti, no? Ho ancora tanto altro che vorrei sapere. E credo ne sia ormai consapevole. Non sono mai stanco di lei. Probabilmente non lo sarò mai.
 
<< Se passo il turno >> ripeto, a dimostrazione della mia completa accondiscendenza.
 
Camminiamo senza parlare per un po’. Non è male. Non più, almeno. Mi infonde quasi un senso di pace. Ne avrei bisogno quando sono agitato per uno show o qualcosa del genere. Dovrebbe restare sempre al mio fianco. Vorrei poterlo fare.
 
Svoltiamo l’angolo e ci ritroviamo nella “sua” strada. Immagino siamo diretti allo spiazzale sul fondo. Non male come zona per andare a pranzo. Sarebbe comico se optasse per la locanda in cui cenavo ieri sera prima di vederla.
 
Un sorrisino si piazza sul mio viso. Me ne rendo conto solo quando mi rivolge un’occhiata e ricambia. Non so esattamente a cosa sia dovuto. Dev’essere necessariamente per la sua presenza. Per la piacevole sensazione di completezza che mi attraversa. 
 
 << Ti dispiace se passo da casa? Non ho voglia di portarmi dietro questi libri e abito a due passi >> pronuncia candidamente.
 
Ho quasi l’impressione di vedere una nuvoletta intorno al suo viso, leggiadria nei suoi movimenti. Sono finito in una fiaba della Disney o è la fame a farmi quest’effetto? Non so in cosa sperare con esattezza.
 
Non mi sembra possibile possa pronunciare una o più frasi di seguito senza frecciatine o sarcasmo. Non saprei spiegare cosa sta accadendo. E’ così assurdo. E’ pronta a lasciarsi andare? Sarebbe meraviglioso se fosse così. Sarebbe l’inizio di tutto.
 
Ho davvero una speranza con lei? Potrebbe innamorarsi di me in tredici giorni o poco meno?
 
<< Hai davvero intenzione di deporre le tue armi? >> la prendo in giro.
 
Posa qualche istante i suoi occhioni su di me. Sento il suo sguardo penetrarmi. Evito di guardarla a mia volta. Ho l’impressione non potrei reggere stavolta. Di sottecchi la vedo scuotere lievemente il capo come intenerita.
 
<< Posso sempre mordere >> mi imita.
 
<< Oh, se i tuoi morsi sono come i tuoi schiaffi, sei nei guai >> continuo, estremamente divertito.
 
Spalanca la bocca, offesa. Solleva i libri e mi colpisce, inaspettatamente, sul braccio. E’ un vero peccato. Desideravo davvero potesse sfiorarmi con le sue morbide mani.
 
Non posso negare che mi abbia fatto un po’ male. Capisco perché abbia scelto i libri come armi.
 
Mi strofino il punto dolente con la mano opposta. << Pensavo fossero solo per i maniaci >> fingo di protestare.
 
Mi scocca un’occhiata soddisfatta. << Magari adesso la finirai con questa storia >>
 
<< Le tue mani continueranno a fare schifo >> pronuncio con una vocetta alterata.
 
Ecco che ritorna il mio lato infantile. Segretamente spero che non le dispiaccia avere a che fare con questo lato del mio carattere. O con qualsiasi altro in generale.
 
Mi rivolge un’espressione minacciosa mentre solleva nuovamente i libri per simulare un secondo attacco. Porto le mani in avanti a comunicarle io ne abbia avuto abbastanza.
 
Si ferma di blocco. Mi acciglio, chiedendomene il motivo. I suoi occhi si posano alle mie spalle. Lancio un’occhiata. Mi rendo conto siamo arrivati fuori casa sua.
 
Ero così preso da lei da non essermene nemmeno reso conto. Tutto passa in secondo piano quando sono al suo fianco.
 
<< Aspettami qui. Non ci metterò molto >> mi intima con un sorriso gentile.
 
Sembra quasi che la nostra piccola lotta di qualche secondo fa non ci sia mai stata. Riesce ad essere così sorprendentemente versatile. E’ così tante persone allo stesso tempo.
 
<< Va bene >> affermo, nonostante non mi piaccia l’idea di rimanere all’esterno.
 
Mi sorpassa e, in men che non si dica, sparisce dietro la porta.    
 
Avrei preferito mi invitasse ad entrare. Forse non è ancora pronta. Ricordo a me stesso sia decisamente presto. I suoi tempi sono quelli di una persona normale. I miei no. Lei non mi conosce nel modo in cui sento di conoscerla. Lei non mi ha cercato nel modo in cui ho fatto io. Devo tenerlo a mente. Sempre.
 
Mi appoggio al muretto per non rimanere impalato nel bel mezzo del marciapiede. Do le spalle all’ingresso e contemplo gli edifici circostanti sperando non sia una di quelle ragazze che adorano farsi attendere.
 
Magari potrei contare per ammazzare il tempo. Credo di aver finito i pascoli, però. Potrei iniziare con i pinguini o qualche altro animale insolito. Scuoto la testa. Devo rimanere concentrato. Non posso permettermi di apparire come uno schizzato, soprattutto quando sarà di ritorno. Manderei tutto all’aria. Tutto.
 
Il cigolio del cancello mi fa sobbalzare, riportandomi alla realtà. Mi volto dalla sua parte.
 
<< Andiamo? >> domanda.
 
Annuisco e mi stacco dal muretto, seguendola col sorriso. Non so dove stiamo andando ma non mi importa fintanto che siamo insieme.  
 
<< Non manca molto >> mi informa una volta nello spiazzale.
 
<< Dov’è? >> le chiedo.
 
Più che altro è per intavolare una conversazione. Anche una bettola mi andrebbe bene.
 
<< Lì >> ed indica la locanda.
 
Lo sapevo. Le cose sono davvero comiche. Sorrido.
 
<< Come mai quello? >> domando, curioso.
 
Si stringe nelle spalle. << E’ l’unico posto in cui mi lasciano mettere del veleno nel cibo >> pronuncia seria, alludendo al mio omicidio.
 
Scoppio a ridere per la sua teatralità. << Posso sempre digiunare >> ribatto.
 
<< Beh, a lungo andare moriresti comunque, no? >> e trattiene un risolino.
 
<< Ho una scorta di merendine in albergo >> le faccio la linguaccia.
 
Rotea gli occhi senza, però, riuscire a trattenere un sorrisino. Sarebbe fantastico se l’avessi conquistata così, se fosse cotta di me. Se accadesse ad ogni sorriso immagino sarebbe innamorata di me dalla mattina del concerto. E non può essere.
 
<< Quanto resterai? >> cambia discorso, cogliendomi alla sprovvista.
 
Perché vuole saperlo? Le interessa? Vuole regolarsi per quanto tempo mi avrà intorno? Lo chiederei anch’io se fosse lei quella di passaggio. Non credo di essere pronto a darle una risposta. Non che sia un segreto di stato, è solo che spero di capire il motivo dietro la sua curiosità.
 
<< Vuoi me ne vada? >>
 
Scuote la testa. << Volevo capire per quanto tempo devo nascondermi >> scherza.
 
<< So dove abiti >> le ricordo.
 
<< Non ti farei entrare >>
 
<< Julia sì >>
 
Mi fa il verso mentre spinge la porta per entrare. Sorrido e l’aiuto a tenerla aperta senza che se ne renda conto. La forza nelle sue mani fa pietà ma non voglio infierire troppo.
 
Mi è chiaro non voglia sbilanciarsi troppo, come sempre. Chissà perché, poi. Sono qui solo per lei, dovrebbe intuire di non correre il rischio di non essere ricambiata.
 
<< Altri tredici giorni >> le faccio sapere, tornando serio.
 
<< Sei qui per lavoro? >> domanda mentre segue un cameriere venutoci in contro per indicarci un tavolo.
 
<< No >> rispondo secco. “Solo per te” aggiungo nella mia testa.
 
Annuisce rumorosamente. Sembra le basti.
 
 
 
 
 
Attendiamo di essere serviti in un silenzio quasi solenne.
 
<< Non ho amici >> afferma, tutto d’un fiato.
 
Sussulto. Incrocio il suo sguardo. Si sta riferendo alla domanda che le ho fatto fuori scuola? Adesso? E’ insolito.
 
<< Nessuno? >>
 
<< Nessuno >> ripete con leggerezza.
 
Mi sembra assurdo. Chi non vorrebbe averla come amica? Io. Ma questo è un discorso a parte. Se non fossi innamorato di lei, lo vorrei davvero.
 
<< Perché? >> chiedo, genuinamente interessato.
 
<< Lo preferisco >> si limita a dire.
 
Assumo un’espressione stranita. Chi mai preferirebbe la solitudine? << Non capisco >> mormoro.
 
Scrolla le spalle. << Non voglio legami >> la decisione è ben udibile nel suo tono.
 
<< Non vuoi legami >> ripeto, scandendo ogni parola, incerto di aver capito bene; incerto il tutto abbia una propria logica.
 
Annuisce. << Tu sei la prima persona oltre la famiglia di Julia e la mia, che vedo più di una volta di mia spontanea volontà >>
 
<< Dovrei sentirmi onorato? >> domando, incredibilmente serio.
 
Spero capisca io non la stia prendendo in giro, né atteggiandomi a spavaldo. Voglio davvero sapere se la reputa una cosa speciale. Anche se, a sentirla parlare così, dovrebbe esserlo.
 
<< Decisamente >> risponde, allo stesso modo.
 
Quindi? Cosa vuol dire esattamente? Posso lanciare un urlo di gioia?   
 








SPAZIO AUTRICE: Buonasera! Come state? Spero che la scuola/università non sia eccessivamente stressante. Ci tengo alla vostra sanità mentale ahah
Mi dispiace di aver pubblicato così "tardi". Spero di riuscire a non saltare il terzo capitolo questa settimana. Questo, come tutti i precedenti, non mi piace per tutte le buone ragioni del mondo. Ovviamente, sta a voi l'ultima parola quindi attendo (?). 


Sto parlando come un libro stracciato, il che è triste, ma ho un po' sonno e mi sento parecchio frustrata as usual. Mi conviene andare. 
In ultimo, però, devo farvi una domanda: 
Ed Sheeran o i The 1975? :)


A presto :) x


 

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Capitolo 31
*** Knock knock. ***


Knock knock. 

<< E’ la prima volta che sei così onesta con me >> constato ad alta voce.
 
Stranamente, non mi spaventa l’idea che sappia quanto io l’apprezzi o sia alla ricerca di chiarezza.
 
<< Vuoi che sia onesta? >> mi domanda.
 
Non mi dispiacciono le frecciatine o il sarcasmo che la caratterizzano ma se alternasse il tutto ad un po’ di “ti dico cosa penso davvero” non mi offenderei.
 
<< Mhm >> mi esce semplicemente.
 
Sorride appena. Mi sembra un buon segnale. Magari stiamo dando inizio ad una nuova fase? Sarebbe fantastico. Attendo dia forma ai suoi pensieri.
 
<< Il fatto che tu non abbia nemmeno un accenno di barba mi fa sentire l’uomo della situazione >> pronuncia incurvando appena l’angolo della bocca.
 
Rido di gusto. << Vuoi che ti presti il mio nome? >>
 
<< Per quello posso fare da me >>
 
La fisso interrogativo. Mi auguro voglia spiegarsi meglio.
 
<< Basta passare da “Lotte” a “Charlie” >> proferisce, illuminandomi.
 
Le pensa davvero tutte. Io non ci sarei mai arrivato. E’ chiaro, poi, chi sia il genio qui. E non ha certo i miei connotati.
 
<< Continuerò a preferire “Char” >>
 
Rotea gli occhi, leggermente infastidita. Accade ogni qualvolta io la chiami “Char”. Devo ancora capire cos’ha di sbagliato questo soprannome. Perché, se lo usava anche lei? Tra l’altro ha una sua melodia.
 
<< Lotte >> mi corregge a denti stretti.
 
<< Non è quello che ho detto >> insisto, con fare dispettoso.
 
<< Cosa ti costa chiamarmi Lotte come il resto del mondo? >> quasi sbotta.
 
Sto andando decisamente oltre. Sto giocando con la sua pazienza. Le cose potrebbero degenerare se non fermate in tempo. Non voglio che si ripeta la scena “finale” del bagno. Nonostante io non ne trovi il senso, non deve chiudersi a riccio. Non adesso che ha quasi promesso di essere onesta con me.
 
L’ha detto lei. Sono l’unica persona oltre la sua famiglia e quella di Julia che vede più di una volta di sua spontanea volontà. Non posso permettere che le cose cambino. Ci sono così vicino.
 
<< Intendi Julia? >> provo a sdrammatizzare ricordandomi della prima frase del suo profilo instagram con un sorrisino sulle labbra, sperando che questo la contagi.
 
<< Questo look trasandato ti rende uno strano hipster >> cambia discorso.
 
Intuisco non se la sia presa in maniera irreversibile. Sono una persona fortunata, immagino.
 
<< Magari non così onesta >> scherzo.
 
Si finge offesa girando il viso dall’altro lato: << Non apprezzi mai niente >> pronuncia, calandosi nella parte.
 
<< “Mai” è un avverbio di tempo un po’ forte >> le faccio notare.
 
Apprezzo molte più cose di quanto creda possibile.
 
Torna a guardarmi un tantino sorpresa. << Da quando in qua ti cimenti in analisi logiche durante i pasti? >> sorride.
  
 << Da quando insinui cose poco veritiere sul mio conto >>
 
<< Non mi stupirei se avessi avuto il massimo dei voti in inglese >> commenta.
 
<< Cosa c’è, vuoi sapere se stai frequentando un secchione? >> pronuncio con un sorrisino spavaldo.
 
Vorrei tanto spiazzarla. Sarebbe divertente. E anche soddisfacente. Per il mio ego, s’intende.
Sussulta. Apre bocca per protestare ma non esce alcun suono. E’ senza parole. Potrei commuovermi. Non che la cosa sia rara, anzi, ma adoro quando succede. Mi fa ben sperare.
 
<< Niente legami, lancia succhi a tradimento >> mi ricorda con un lieve rimprovero nel tono.
 
<< Sono comunque l’unica persona che hai visto più di una volta di tua spontanea volontà, no? >> accenno. << E “lancia succhi a tradimento” non è solo riduttivo ma anche offensivo >> aggiungo, fingendomi infastidito dal ritorno del mio primo soprannome.
 
Rotea gli occhi. << Non avrei dovuto dirtelo. Adesso appenderai degli striscioni per tutta Francoforte per vantartene >> commenta.
 
<< E’ un ottimo spunto! >> improvviso uno strano entusiasmo per farle credere io possa effettivamente sviluppare l’idea appena suggeritami.
 
Mi fulmina con lo sguardo. Ho quasi paura di quello che potrebbe farmi se solo m’azzardassi. Non che abbia paura delle sue mani o dei suoi morsi. O dei suoi libri. Mi spaventa maggiormente il silenzio. Se c’è qualcosa che non voglio ricevere è il silenzio assordante. Ben diverso da quello pacifico e sereno che abbiamo condiviso lungo la strada o poco fa.
 
<< E, per la cronaca, se avessi qualità differenti dal lanciare succhi di frutta su canotte, apparire all’improvviso su delle panchine in città a te sconosciute e fingere di essere un accompagnatore provetto, ti chiamerei in un altro modo >> torna al discorso di prima, piuttosto seria. << Forse >> aggiunge, senza riuscire a nascondere un risolino.
 
So che vorrebbe fare la dura. O non concedermi alcuna soddisfazione, ma non è così brava come vorrebbe farmi credere. O come vorrebbe essere. Anche se non mi è chiaro il motivo. In realtà, molte cose non mi sono chiare sul suo conto. E non sopporto essere ancora all’oscuro. Brancolare nel buio in cerca di risposte non è divertente.
 
Intrigante, forse, ma nient’affatto divertente.
 
<< Non puoi dire nulla sulle mie qualità di accompagnatore >> protesto, puntandole un dito contro per simulare una minaccia.
 
<< Questo perché sei convinto di meritare più di un pasto? >> mi chiede, sfrontata.
 
<< Sono convinto di non dover aver problemi a passare il turno >> rispondo.
  
Solleva gli occhi, accarezzandosi il mento tra pollice e indice e finge di pensare alla remota possibilità di darmi retta. Dapprima è seria poi un sorrisino solca il suo viso, rendendola una visione ancor più celestiale ai miei occhi.
 
Ho la certezza non stia per fare sul serio. Come sempre, d’altronde.
 
Intuisco stia per rispondermi dal modo in cui prende fiato. Mi ricorda una bambina, ogni tanto. E’ incredibilmente dolce. Quasi da diabete.
 
L’arrivo del cameriere la blocca. Rimanda tutto per concentrarsi su quest’omone dai tratti prettamente tedeschi che si sporge per deporre con cautela i piatti sul tavolo.
 
La osservo. I suoi occhi seguono i movimenti del ragazzo come se fosse in piena contemplazione. Sembra incantata e senza fiato.
 
Questi, quasi a rendersene conto, le rivolge un sorriso appena accennato. Ricambia, dandomi l’idea sia imbarazzata.
 
Sento qualcosa bollirmi dentro. Sono geloso. Tremendamente geloso. Questo non dovrebbe accadere. Lui non dovrebbe esserci. Lei non dovrebbe degnarlo di uno sguardo. Non sono certo destinati a stare insieme. Non sono l’uno il grande amore dell’altra.
 
Non si appartengono affatto. Non come io le appartengo.
 
Ma chi prendo in giro? A stento sa della mia esistenza. Non gliene frega niente di me. E non posso pretendere sia diversamente. Non posso davvero credere di piombare nella sua vita e trovarla “libera”, senza alcun interesse per l’altro sesso, pronta ad amarmi follemente.
 
Non posso pretenderlo ma non riesco a fare a meno di sperare sia così. Con tutto me stesso.
 
Le sta parlando. Non capisco nulla ma il modo in cui le si rivolge parla chiaro. Il tono basso e suadente. Sono in un’altra realtà: una in cui ci sono solo loro e il resto non esiste.
 
Ogni singolo organo prende a cedere. Sento il dolore espandersi dentro e fuori la mia persona. E, stranamente, con la consapevolezza dell’impossibilità di tutto quello che spero che cresce dentro di me, voglio solo piangere.
 
Gli angoli degli occhi prendono a pizzicarmi. Sento le lacrime così vicine. Sbatto le palpebre ripetutamente, sperando possa essere d’aiuto. Non mi sembra di migliorare affatto.
 
Sta scuotendo dolcemente la testa. I capelli che ondeggiano a ritmo. << Danke >> sussurra.
 
E’ l’ultima goccia. Sto per esplodere. Non posso farlo qui. Non davanti a lei.
 
Mi alzo di scatto, strisciando la sedia sul pavimento, e, prima che i loro occhi possano convergere su di me, mi allontano, dirigendomi verso la porta. Del bagno.
 
Me la chiudo alle spalle con un sonoro tonfo. Mi piazzo, da debita distanza, davanti ad uno degli specchi sulla destra.
 
Sbatto le palpebre più volte. Ad ogni respiro, muovo un passo incerto verso il lavandino, per avvicinarmi a me. Il mio riflesso.
 
Le lacrime che mi rigano il viso brillano alla luce. Come il suo sorriso. Quello che, però, non ha rivolto a me.
 
Ammiro i miei occhi. Sono devastato. Sembro spento. Rassegnato.
 
Non posso essere così. Non può funzionare in questo modo. Cosa faccio? Cosa sto combinando?
 
Ne vale davvero la pena? Viaggiare di filato dall’Australia per una ragazza? Mollare parenti ed amici per questo? Per una persona che non prova alcuna affezione nei miei confronti?
 
Sono arrivato qui convinto di poter costruire qualcosa. Ma è così? E’ possibile o è solo nella mia testa? Uno stupido desiderio che non ha né capo né coda.
 
Per trovarsi in una relazione, bisogna essere in due. Non solo io. E, diciamoci la verità, sono solo io.
 
Sono solo io. E cosa resto a fare qui? Devo andarmene. Raggiungo Zayn, facciamo i bagagli e partiamo. In serata potremmo essere d’arrivo a Londra. Lui tornerebbe dalla sua famiglia e io, facendo lo stesso, mi lascerei la faccenda alle spalle. Definitivamente.
 
Bussano alla porta. Sobbalzo, colto alla sprovvista. Ed è anche opportuno. Chi mai busserebbe alla porta d’ingresso di un bagno?
 
<< Harry? >>
 
Sgrano gli occhi. E’ lei?
 
<< Sei lì? >> chiede ancora.
 
E’ lei. Mi ha seguito. Perché?








SPAZIO AUTRICE: Parliamo. Mi dispiace in maniera inverosimile di essere mancata così tanto. Non avevo nessuno stimolo. Non avevo la forza di scrivere e questo capitolo ne è, purtroppo, la dimostrazione. E' corto, osceno e via di seguito. Non ho scusanti. Avrei dovuto presentarmi con qualcosa di meglio, me ne rendo conto, ma è un po' tragica. Questa parte della storia è un po' critica per me (non essendo una scrittrice capace) quindi cerco di essere cauta e andarci con i piedi di piombo ma, forse, sta diventando troppo noioso. 
Cosa ne pensate? Sul serio, ovviamente. Siate onesti e brutali, ne ho bisogno. Ritenete che la storia sia in stallo, faccia pena, sia ripetitiva?
Ho davvero bisogno di voi.  


Per il resto, non saprei cosa dire. Sono usciti gli orari dei miei corsi all'Università (inizio il 6) e prospetto difficoltà indicibili per la storia. Forse dovrei passare ad una/due volte alla settimana in maniera definitiva. 
Spero non vi dispiaccia ><


Inoltre, se c'è qualcuno che vuole essere avvisato dell'aggiornamento per messaggio privato in casella, si faccia avanti. Ho perso i nick di chi me l'aveva chiesto. (Al solito ><)


Confido in voi. Sarà meglio che vada, adesso. A presto :) x
Ps. Grazie a tutti per le recensioni, i complimenti e aver inserito la storia tra le preferite/ricordate/seguite. Siete la cosa più bella di questo mondo! <3

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Capitolo 32
*** The exit door. ***


The exit door. 
  
I miei occhi si fissano sul legno della porta.
 
Non ha intuito quello che mi succede, vero? Spero con tutto me stesso non sia così. Sarebbe umiliante.
 
<< Harry? >> chiama ancora.
 
Sbaglio o c’è una punta di disperazione nella sua voce?
 
Mi asciugo le lacrime col palmo della mano e tiro su col naso. Posso mascherare tutto. Posso inventarmi qualcosa. Se è venuta a cercarmi dev’esserci un motivo. Uno che potrebbe farmi ben sperare, no?
 
Rivolgo un’occhiata veloce al mio riflesso. I miei occhi potrebbero tradirmi. Dannati.
 
<< Se non rispondi entro trenta secondi, entro >> minaccia.
 
Comincio ad andare nel panico. Devo risponderle per guadagnare tempo. C’è solo un piccolo problema: la mia voce.
 
Si incrinerà o uscirà tremolante, ne sono sicuro. Mi tradirebbe ancor prima degli occhi.
 
<< Faccio sul serio >> continua.
 
Se non fosse per il mio stato attuale, la troverei adorabile. Mi schiarisco la gola. Posso farcela. Sussurro parole a caso per verificare come suoni. Come un sound check, più o meno.
 
Non sembra malaccio. Posso andare in scena.
 
<< Non è che è una scusa per avere una foto di me in mutande? >> scherzo, urlando quanto basti affinché mi senta. Solo lei.
 
Non credo ci sia qualcun altro nei bagni perché, nonostante io non abbia controllato, nel breve periodo che ho passato qui dentro nessuno è uscito dalle porte alle mie spalle né tantomeno ho sentito sciacquoni intonare l’Alleluia.
 
<< Non è che ti piacerebbe essere visto in mutande? >> cambia la frase enfatizzando in maniera appropriata le parole “essere visto”.
 
Non è del tutto errato. Solo che non è questo il momento. Anche se non sono davvero in mutande. E’ solo la prima cosa che mi è venuta per prendere tempo.
 
Apro il rubinetto e lascio scorrere un po’ d’acqua. Se provassi a passarmela sul viso, magari, potrebbe apportare qualche miglioria al mio aspetto.
 
Credo valga la pena provare.
 
<< Fino a prova contraria, sei tu quella fuori la porta del bagno degli uomini >> la punzecchio.
 
Tace. Qualcosa mi dice che ho colpito e affondato. Una parte di me spera abbia la sua solita espressione spiazzata. La bocca aperta, nel vano tentativo di replicare e rimettermi al mio posto. Vorrei poterla vedere. Mi basterebbe uscire.
 
Passo le dita sotto l’acqua fresca. Le porto lentamente alle palpebre e massaggio.
 
<< Credevo non ti sentissi bene >> pronuncia e sembra le costi fatica farlo.
 
Chiudo il rubinetto di scatto quando realizzo il messaggio nascosto dietro le sue parole. Si è preoccupata per me. Non sbaglio, vero?
 
Ho bisogno di vedere i suoi occhi. Adesso. Chi se ne frega dei miei e di come appaiono.
 
Abbasso la maniglia e apro la porta di scatto. Prima che possa rendermene conto, è tra le mie braccia.
 
E’ scivolata? Era incollata alla superficie più imprevedibile della struttura? Qualsiasi cosa sia accaduto, è una sensazione così bella. Vorrei potesse durare a lungo ma, ovviamente, so già che non sarà così.
 
Nel giro di due secondi si metterà in piedi e si comporterà come se potesse vivere egregiamente da sola. Dopo le parole di poco fa, però, dubito sia così indipendente come vuole farmi credere. O come vuole autoconvincersi di essere.
 
Stranamente non si sposta. Resta con la sua testa poggiata al mio petto come se fosse la cosa più naturale di questo mondo. Per me, in realtà, lo è. Il suo calore a contatto col mio corpo mi fa sentire completo.
 
Va oltre qualsiasi aspettativa. Immaginavo sarebbe stato “giusto” ma non così.
 
<< Stai bene? >> mi ricordo di chiederle.
 
Il suo capo inizia a muoversi, come se stesse prendendo consapevolezza della situazione solo adesso. Si scosta, alzando gli occhi per osservarmi.
 
<< Mhm >> annuisce.
 
Le sorrido. Credo sia la gioia di averla ancora così vicina, di non vederla spingersi via, di non averla ritrovata a parlare con il cameriere al mio ritorno.
 
Se lei non fosse venuta qui a cercarmi, sarei tornato? Non lo so. Dubito.
 
<< Tu? >> chiede con una leggerezza nel tono che mi incanta.
 
Ricordo di dover mentire. In fretta. Qualcosa di plausibile che potrebbe spiegare quella fuga improvvisa senza finire nell’imbarazzante.
 
<< Ho solo avuto un lieve attacco d’asma >> mi esce prima che riesca a collegare il cervello con le corde vocali.
 
<< Asma?! >> getta la testa all’indietro, porta le mani chiuse a pugno sul mio petto e prende ad esaminarmi con incredibile attenzione, preoccupata.
 
Sorrido. E’ una reazione incredibilmente dolce. Mi sento amato, nonostante abbia pronunciato una semplice parola.   
 
<< Sto bene >> affermo, cercando di essere convincente.
 
Mi auguro non faccia domande. Non so praticamente nulla al riguardo. Tantomeno ricordo parecchio di quello che accadeva a Niall.
 
<< Sei ancora dell’idea di voler pranzare? Se non ti senti bene ti accompagno all’hotel >> pronuncia tutto d’un fiato, il terrore nella sua voce.
 
La situazione sta degenerando. Potrebbe venirle un attacco di panico se non mi affretto a tranquillizzarla.
 
<< Per quanto questo sia un evidente segnale di fuga, ti concederò l’onore della mia presenza >> oso dire e un sorriso spavaldo si piazza sul mio viso.
 
Si immobilizza, quasi a soppesare quanto ho appena detto. La sua espressione seria muta in pochi secondi. Aggrotta la fronte e spalanca la bocca. Usa le mani, ancora poggiate sul mio petto, per darmi due colpetti. Immagino avesse intenzione di punirmi.
 
<< Cosa c’è? Non sei contenta? >> le chiedo, insistendo. Prendendomi un po’ gioco di lei.
 
Si allontana del tutto da me. Mi manca già il suo calore. Mi sento così nudo, adesso.
 
<< Ti stai approfittando di me >> si finge offesa.
 
Questo non mi impedisce di continuare. << Stai perdendo un po’ della tua elasticità o sbaglio? >>
 
Alza gli occhi al cielo e si volta di scatto. << Ti aspetto al tavolo >>  e si allontana.
 
Ridacchio. Sa essere così infantile e divertente. E’ quasi un piacere stare lì a lanciarle frecciatine. Mi fa quasi dimenticare possa avere qualcun altro a ronzarle intorno.
 
Devo pensare positivo. Lei è qui con me, no? E’ venuta a cercare me, non ha inseguito il cameriere. Dannato cameriere.
 
La seguo.
 
Mi siedo al mio posto e mi concedo un secondo per riprendere fiato dalla sua visione. Mi fa sempre questo effetto rivederla, che siano passati giorni o pochi istanti dall’ultima volta.
 
Il mio sguardo cade poi sul suo piatto. Ancora intatto.
 
<< Perché non hai iniziato? >> domando, stranito.
 
<< Senza di te? >> chiede sconvolta.
 
Fa sembrare quasi inconcepibile la sola idea. E’ tenero. Potrei vivere di questi istanti per sempre.
 
<< Cosa ti prende? >> mi esce, senza che lo abbia pianificato.
 
Spero di non essere sembrato poco delicato. Le museruole non sono mai nei paraggi quando servono.
 
Mi rivolge uno sguardo interrogativo, inclinando appena la testa. Immagino si chieda cosa volessi dire. Me lo chiedo anch’io. E’ tutto così perfetto, perché voglio rovinare il momento parlando troppo?
 
<< Cioè, sai…ti preoccupi e mi aspetti… >> balbetto, cercando di formulare in maniera cauta il mio pensiero.
 
<< Parlavamo di onestà… >> e lascia intendere il seguito.
 
Non posso credere ci sia voluto così poco. Solo chiederglielo? Mi sembra assurdo. Cosa è scattato in lei? Non può essere solo stata la mia richiesta. Non esiste.
 
<< Oh, grazie >> farfuglio. Incerto del motivo per cui io la stia effettivamente ringraziando.
 
Sorride e prende a mangiare rivolgendomi un’occhiata in cui mi invita chiaramente ad imitarla. Ricambio e obbedisco. Per un po’ non parliamo. E, come sempre, è piacevole.
 
 
 
 
<< Cosa ti porta qui se non il lavoro? >> domanda dopo essersi passata il tovagliolo sulle labbra, nonostante non fosse affatto sporca.
 
Cavolo. Cavolo. Pensavo che la questione fosse archiviata, perché mi sta facendo questo? Esito. Dovrei trovare un'altra scusa come per la mia fuga in bagno o dirle la verità? Non che io non l’abbia accennato scherzosamente sulla panchina ieri sera. Adesso, però, sarebbe un tantino diverso.
 
<< Onesto o smetterò di esserlo io >> mi minaccia, provando a lanciarmi uno sguardo truce.
 
Onesto. Non posso sottrarmi, a quanto pare. << Tu >> affermo semplicemente, sostenendo il suo sguardo.
 
Non mi spaventa la sua reazione, no? Cos’ho da perdere? A parte il muscolo che mi tiene in vita, s’intende.
 
<< Io? >> chiede lieve. Appare sinceramente incredula.
 
<< Sentivo il bisogno di concederti quel famoso appuntamento, ricordi? >> scherzo.
 
Scuote la testa, come se faticasse a credermi. Non vedo altra soluzione.
 
<< C’è qualcosa in te che non riesco ad ignorare >> pronuncio, serio.
 
Sgrana gli occhi e lascia cadere la forchetta nel piatto. Potrei essermi spinto troppo oltre. Forse non era questo il momento. Trattengo il fiato sperando si decida a dire o fare qualsiasi cosa. Deve salvarmi da questa agonia. Un altro secondo e potrei morire.
 
Si alza di scatto e fugge via. Fisso la sua scia paralizzato. Non so cosa fare. Vorrei seguirla ma non riesco. E, in tutta onestà, che senso avrebbe? E’ scappata. Di certo non per tornare. Non per avermi intorno.
 
Devo tornare a casa.    






SPAZIO AUTRICE: Buonasera! Mi dispiace per l'attesa e per la qualità del capitolo. Sembra quasi io vi stia trascinando nel mondo dell'Orientale con me, oh. (Per chi non lo sapesse [e credo tutti] è il nome della mia università in cui l'attesa è incredibilmente estenuante e il prodotto di essa non è proporzionato allo sforzo).
Cercherò di combinare qualcosa di buono nel weekend (magari riscrivere questo, tanto per iniziare. Non mi sono impegnata affatto e si vede!)
Vi chiedo solo un po' di pazienza perché, avendo appena iniziato i corsi, devo ancora stabilizzarmi e ritagliarmi degli spazi liberi da dedicare a questa storia e a voi. Ho "grandi" idee e non vorrei sacrificarle per fare le cose in maniera frettolosa :c


Fatemi sapere cosa ne pensate, se potete/volete. Non mi aspetto molto visto com'è uscito, in tutta onestà.  


Sarà meglio che vada, mi sto troppo vergognando >< 
Ps. Se c'è qualcuno di voi di Napoli a cui piacerebbe incontrarmi (come piacerebbe a me), si facesse avanti. Almeno mi rallegrereste le giornate :) x

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Capitolo 33
*** Runaway. ***


Runaway. 

Rimango a fissare il suo piatto, quella forchetta, per un tempo interminabile. Immagino la mia espressione vuota ed i miei occhi vitrei spaventare i clienti e preoccupare il personale quando una cameriera mi si avvicina.
 
Mi rivolge qualche parola in tedesco. Non lo capisco. E’ inutile ci provi. L’unica persona per la quale mi sforzerei mi ha abbandonato, facendomi capire quale ruolo rivestissi nella sua vita: nessuno.
 
Scuoto la testa e, con un mesto sorriso, cerco di comunicare la mia mancata possibilità di comprendere.
 
Prosegue con altre frasi. Non ci arriva? Non la capisco. Che senso ha continuare? Dovrei pormi la stessa domanda. Anche se ho già trovato la mia risposta. Casa. Niente più Charlotte. Niente più illusioni. In fondo non è altro che una ragazza capitata per caso nello sfondo di una mia foto.
 
Averla rincontrata tre volte negli ultimi tre anni non vuol dire niente. Solo coincidenze. Devo farmene una ragione. Non eravamo destinati quando il suo viso è stato impresso per sempre alle mie spalle, né quando cantava a squarciagola le nostre canzoni. Non lo siamo nemmeno, soprattutto adesso che mi ha sbattuto la porta in faccia.
 
Il suo “ Tu sei l’unica persona oltre la famiglia di Julia e la mia che vedo più di una volta di mia spontanea volontà” non deve valere poi così tanto. Non nel modo in cui avrei sperato. Perché, se così fosse stato, sarebbe rimasta. Magari sarebbe arrossita e avrebbe lanciato una delle sue osservazioni pungenti o qualsivoglia frase, pur di rigirare la questione.
 
Ma non l’ha fatto.
 
<< Parlo solo inglese, mi dispiace >> esordisco, interrompendola, appena mi rendo conto stia ancora parlando.
 
<< Oh. Non l’avevo capito >> bisbiglia in un inglese nient’affatto incerto.
 
Sono sollevato che ci siano persone bilingue in questo posto. Almeno potrà dirmi quello che desiderava e andare via. Non voglio essere cattivo ma ho bisogno di restare da solo.
 
Una sconosciuta non è proprio la compagnia ideale.
 
Le lancio un flebile sorriso e, con un cenno del capo appena percettibile, la invito a proseguire.
 
<< Mi chiedevo se fossi tu quello in compagnia di Charlotte >> obbedisce, indiscreta.
 
La frase mi lascia un tantino sconcertato. La conosce? In che rapporti è con lei? Dal momento che Charlotte ha detto di non volere legami, mi riesce difficile credere siano amiche. E, tra l’altro, cosa le importa se eravamo insieme?
 
Ormai non fa testo. Non è successo niente. Mai accadrà. Non voglio nemmeno più sentirla nominare.
 
<< Sono da solo, come vedi >> le rispondo, più brusco di quanto intenda.
 
Lancia un’occhiata al piatto con i rimasugli e so che ha intuito la mia bugia. Mi rivolge uno sguardo diffidente. Non devo dar conto a lei di ciò che accade nella mia vita.
 
<< Puoi portarmi il conto, per favore? >> la anticipo.
 
Come se fosse delusa dal mio comportamento, annuisce e si allontana.
 
Estraggo il cellulare dalla tasca e, con mia grande sorpresa, trovo un messaggio di Gemma. Probabilmente sente la mia mancanza o è furiosa perché le è giunta voce io sia in pausa ma non ne abbia approfittato per passare da casa. Beh, sarà felice di sapere sarò di ritorno a breve.
 
Apro e leggo per rendermi conto sia a conoscenza di tutto. Sgrano gli occhi. Come ha fatto?
 
L’ho tenuta fuori dalla vicenda da quando l’ho vista…da Stoccolma. Non per mia volontà, in realtà. Solo per mancanza di tempo. Non che non ne avessi a sufficienza per alzare la cornetta e fare una telefonata o scrivere due righe e inviarle anche alle quattro del mattino. Semplicemente avevo la testa impegnata con altro.
 
Altro che, adesso, preferirei dimenticare. A questo punto, poi, mi dispiace che chiunque gliel’abbia detto, l’abbia illusa di grandi cose.
 
Non c’è nulla tra me e… solo sabbia. Solo polvere. Solo autoillusione. Solo io.
 
<< Ecco a te >> lo poggia sul tavolo, proprio sotto i miei occhi e attende, come una presenza inquietante.
 
Controllo la cifra in maniera distratta, recupero il portafogli e lascio una mancia più che giusta per il servizio.
 
Dopo averle assicurato di non volere il resto, mi alzo e  mi dirigo all’uscita. Resto qualche istante a contemplare la panchina mentre una forte sensazione di nostalgia viene sostituita da un dolore alla bocca dello stomaco.
 
Devo essere realista. E forte. Soprattutto la seconda. Non ho motivo per restare. Nonostante vorrei fosse diversamente. Autoconvincermi non mi porterà da nessuna parte se non nella città dei cuori infranti.
 
Ed io non potrei reggerlo. Per quanto assurdo possa sembrare lei ha “già” questo tipo di potere. E devo toglierglielo.
 
Cammino a passo svelto e il capo chino in direzione dell’hotel. Stavolta non è come a Berlino, quando l’ultima casa ha bruciato tutte le mie possibilità. No. Lì avevo solo bisogno di una nuova speranza, un nuovo luogo, una sorta di nuovo inizio. Adesso, invece, ho solo bisogno di arrivare alla fine. Accettare che gli ultimi anni sono stati una follia.
 
Cercare una ragazza capitata per caso in una foto. Chi altro l’avrebbe mai fatto? Che cretino.  
 
Saluto l’usciere e il personale alla reception con un sorriso abbozzato e entro di filato nell’ascensore.
 
Raggiungo il piano e, davanti alla camera, fisso il numero dorato. A mai più rivederci, mio caro.
 
Busso. Preferisco che venga ad aprirmi piuttosto che recuperare la mia chiave elettronica dalla tasca. Non so perché. Sento di star lentamente appassendo. Come un fiore lasciato al sole cocente per giorni.
 
<< Chi è? >> chiede, la sua voce poco distante dalla porta.
 
<< Sono io. Aprimi >>
 
<< Non potevi portarti la chiave? >> domanda quasi seccato, spalancando la porta.
 
Entro e lo sorpasso, lasciando che sia lui a richiudere. Mi stendo sul letto, a pancia in su. Fisso il soffitto. Di sottecchi lo vedo avvicinarsi. Mi accorgo solo in questo momento sia vestito.
 
<< Cosa ci fai già qui? Pensavo dovessi aspettare le cinque o una cosa del genere >> commenta.
 
Scuoto la testa. Non vale la pena mettere in moto le mie corde vocali per questo.
 
<< “No” cosa? >> continua stranito e si mette a sedere a pochi centimetri da me. 
 
E’ un po’ troppo vicino per i miei gusti ma non protesto. << Lascia stare >> mi limito a esternare.
 
<< Cosa cavolo ti succede? >> sbotta spazientito.
 
E, nonostante tutto, non posso dargli torto. Mi sto comportando da vero cretino. Togliendo la parola a lui che non c’entra assolutamente nulla con quello che è successo.
 
<< Scusa >> sussurro, pentito.
 
Annuisce, come se avesse accettato le mie scuse e attende che io vada avanti. Glielo devo. Cosa mi costa in fondo mettere tutto in un discorso coerente e renderlo partecipe?
 
Apro la bocca. Cerco le parole giuste con cui iniziare. Nulla mi sembra avere senso. << Voglio solo tornare a casa >> mi esce, più frustrato di quanto vorrei apparire.
 
<< Eh? >> la sorpresa nel suo tono.
 
Lo credo bene. Si è perso giusto un paio di passaggi.
 
<< Non c’è speranza che accada qualcosa tra me e Charlotte. Lei non mi vuole >> proferisco tutto d’un fiato.
 
Gli occhi di Zayn sono puntati su di me. Li sento. Bruciano come fuoco. Mi sembra quasi di essere passato in rassegna, il che è assurdo: lui è mio amico.
 
<< Parti dall’inizio >> mi rivolge, lieve.
 
Ecco che mi sembra di avere a che fare con una seduta dallo psicoterapeuta. Posso sottrarmi? Non credo. Dov’è Niall quando serve? Lui mi avrebbe semplicemente dato retta. Credo.
 
Sbuffo appena. Zayn non fa una piega.
 
<< Mi sono svegliato tardissimo e sono corso in strada. Sono arrivato davanti scuola di Julia e dopo cinque minuti che ero lì, lei è uscita. Stava facendo un corso di lingua previsto nella sua esperienza da Au Pair. Parola tira parola e l’ho convinta a venire a pranzo con me. Non chiedermi come >> mi fermo.
 
Di sottecchi esamino una possibile reazione ma, come sempre, è impassibile. Attende. Anticipo qualsiasi sua richiesta di proseguire e torno a spiegare in parole povere quello che è successo.
 
<< Mi ha chiesto di passare da casa sua per posare i libri. L’ho aspettata fuori e poi siamo andati. Ironia della sorte, ha scelto lo stesso posto in cui abbiamo cenato io e te ieri sera –accenno un sorrisino- Abbiamo parlato del più e del meno. Al solito, con le nostre frecciatine e se n’è uscita con “non voglio legami” >> spiego.
 
Ingoio la saliva e continuo, con la consapevolezza di essere ascoltato: << Quando ho provato ad avere spiegazioni, mi ha detto “Tu sei la prima persona oltre la famiglia di Julia e la mia, che vedo più di una volta di mia spontanea volontà” >> mi blocco, ripensando a quanto suonassero perfette quelle parole dette da lei.
 
Tanto perfette quanto illusorie.
 
<< E non dovresti già essere lì a scegliere le fedi? >> mi prende in giro.
 
Lo incenerisco con lo sguardo. << Non è divertente >>
 
Il sorrisino apparso sulle sue labbra scompare. << Immagino ci sia dell’altro >> constata.
 
<< Già >> affermo, brusco.
 
<< Scusa >> sussurra.
 
Mi rendo conto di star esagerando e cerco di darmi un contegno. Devo ricordare a me stesso, ancora una volta, lui non c’entri niente. Non sa niente perché non l’ho ancora messo al corrente quindi è ovvio che si ritenga in grado di poterci scherzare su.
 
<< Andava tutto alla grande finché non è arrivato il cameriere a portare le nostre ordinazioni. Ha iniziato a parlarle e lei non aveva occhi che per lui. Sembrava flirtassero. E, non lo so, in quel momento mi sono sentito morire. Stavo per scoppiare in lacrime davanti a lei e non era solo gelosia. Voglio dire, mi ha assalito la consapevolezza che il fatto che non voglia legami non voglia dire automaticamente che io possa essere quello che arriva e le fa cambiare idea. Ti pare? E se avesse qualcun altro? >>
 
<< Cos’hai fatto, allora? >>
 
<< La cosa che mi è sembrata più logica: scappare in bagno. Mi sono rifugiato lì. Nemmeno cinque minuti ed è venuta a bussare alla porta >>
 
Come vorrei tornare a quel momento. Quando mi sono sentito amato. Sarebbe troppo da chiedere? Potrei stringerla di nuovo, una volta aperto la porta di scatto e, tornati al tavolo, potrei tapparmi la bocca ed evitare che scappi. Ma non c’è il rewind nella vita vera.
 
<< Sembra abbastanza fantastico >>
 
Annuisco rumorosamente. << Ma non è durato, ecco >> commento, con un groppo in gola.
 
<< Perché? >>
 
Mi stringo nelle spalle. Se sapessi esattamente cosa è andato storto tra noi, quali segnali ho mal interpretato, adesso non mi troverei in questa situazione.
 
<< Siamo arrivati ad un punto in cui aveva promesso di essere onesta, qualsiasi cosa le avessi chiesto. La condizione è che avrei dovuto fare lo stesso così quando mi ha chiesto cosa mi portasse qui per tredici giorni se non il lavoro, le ho detto “Tu” e, quando non mi ha creduto, ho continuato con un elegantissimo “C’è qualcosa in te che non riesco ad ignorare” >> affermo con della particolare ironia nell’ultima parte della frase.
 
<< Cosa c’è di male? >>
 
<< So solo che ha fatto cadere la forchetta nel piatto e un secondo dopo avevo di fronte una sedia vuota >> concludo, così, il mio doloroso resoconto.
 
Spero di non dover più rivangare questa storia in futuro. Mi fa tremendamente male.
 
<< E…? >>
 
Lo guardo per la seconda volta da quando la conversazione è iniziata, incerto di sapere cosa gli manchi per avere un quadro completo della situazione. << Questo è quanto >>
 
<< Ed è per questo che vuoi tornare a casa? Perché è andata via quando hai provato ad accennarle una mezza cosa? >> è più incredulo di quanto mi sarei aspettato.
 
Come se quello strano fossi io.
 
<< Ovviamente! >> esclamo.
 
Quasi mi incenerisce. << E questa è tutta la tua volontà? >> mi rimprovera.
 
Lo guardo ad occhi sgranati, incapace di replicare. Mi sembra assurdo risultare dalla parte del “torto” ed essere attaccato.
 
<< Cosa? >> mi esce, soffocato.
 
<< Ti dai per vinto solo per questo? E’ stupido! >> esclama.
 
<< Stupido? >> chiedo, poco convinto sia l’aggettivo corretto.
 
<< Sì, stupido >> ripete. << Hai fatto tutto questo, anni di ricerche, per cosa? Per fermarti ad una fuga? >> continua, con foga.
 
Credo non riesca proprio a capacitarsene. Ma deve. Ormai ho deciso. Anche se non ho avuto molte altre opzioni.
 
<< Pensaci. Perché avrebbe dovuto scappare? >> domando, non solo per far in modo che muti la sua posizione.
 
Si stringe nelle spalle. << Perché non l’hai seguita per chiederglielo? >>
 
<< Che senso avrebbe avuto? >> ribatto.
 
<< Se te lo stai chiedendo, allora avrebbe avuto senso. Non ti ha detto “No”, Harry >>
 
Non capisco cosa intenda con esattezza. Mi sembra eccessivamente contorto per le mie capacità attuali. << “No”? >>
 
Annuisce. << Non ti ha detto di andartene a quel paese, né di lasciarla in pace, mi pare >> aggiunge col tono di chi la sa lunga.
 
Mi inquieta e mi incuriosisce allo stesso tempo. Cosa sa più di me? Ma poi, voglio davvero saperlo? Mi renderebbe felice? Voglio restare su quest’argomento così…difficile? No. Non voglio. Voglio solo tornare a casa.
 
<< Sai, cosa? Non mi interessa. Voglio tornare a casa. Non c’è più nulla qui per me >> e giro il viso affinché non veda le lacrime pizzicarmi gli occhi con la crescente consapevolezza di aver perso parte del mio muscolo e del mio mondo.
 
<< Non puoi >> protesta, alterandosi.
 
Sussulto. Non mi sarei aspettato una simile reazione. Non da un tipo calmo e controllato come Zayn.
 
Istintivamente, mi metto a sedere per averlo alla mia altezza e trattengo il pianto, trasformandolo in altro.
 
<< Perché? >> alzo il volume a mia volta.
 
Non sono realmente arrabbiato ma è una reazione spontanea al suo comportamento. Quando qualcuno urla, devo urlare più forte. Per essere preso in considerazione, immagino.
 
<< Non ti ho accompagnato per vederti fare stronzate del genere! Liam, Niall e Louis si fidano di me >>
 
Mi alzo di scatto. Le sue parole mi hanno decisamente infiammato.
 
<< Cosa vuol dire? Sono un gioco per te? Sono la barzelletta della band? E’ questo? Sono solo un “vediamo di farlo concludere”? >>
 
Sgrana gli occhi. Intuisco voglia replicare ma non glielo permetto. Subito prendo a riversare i miei pensieri come un fiume in piena. Devo prima liberarmi di ciò che mi attanaglia la mente.
 
<< Sarei il bambino a cui fare baby-sitting? Stiamo parlando di sentimenti, Zayn. I miei! >> sottolineo. << Ti rendi conto cos’ha significato per me vederla andare via in quel modo, mentre cercavo di mettermi in gioco interamente? >> e, prima che possa finire la frase, sono in lacrime.
 
L’espressione che gli attraversa il viso è palese. Non si aspettava tutto questo. E come avrebbe potuto? Non credo che capisca a pieno quanto ci sono dentro. Forse, adesso, ne ha colto uno spiraglio.
 
Non voglio continuare a dar spettacolo. Faccio del mio meglio affinché le mie guance non si righino ulteriormente.
 
<< Lei non… >> inizia, in un sussurro incerto.
 
Sta provando a difenderla? Davvero? Invece di essere dalla mia parte? Non posso reggere anche questo.
 
Lo fulmino. Richiude la bocca, rimangiandosi qualsiasi discorso fosse in procinto di tenere. Mi sento sollevato. Le lacrime prendono ad annebbiarmi la vista, rendendo vano il mio stupido tentativo di apparire controllato.
 
Silenzio. Tacciamo entrambi. Ed è scomodo. Mi sento a disagio. E sofferente.
 
<< Vuoi davvero andare a casa? >> domanda, deciso.
 
Vorrei rispondergli ma ho paura della mia voce. E’ sicuramente pronta ad incrinarsi. Mi limito ad annuire.       
 
Ripete il mio gesto, lieve. << Mi sono accordato con Paul per domani verso mezzogiorno mentre non c’eri >> mi svela e so che la sua frase vuol dire molto di più.
 
Non cercherà di ostacolarmi, né di farmi cambiare idea. Mi supporterà. E, magari, riuscirò a guarire dalle mie illusioni. Perché, se c’è qualcuno da incolpare, quello sono io.
 
   
  
 
 SPAZIO AUTRICE: Buonasera e buon inizio settimana a tutti! Per prima cosa vorrei scusarmi, come sempre, per il ritardo. Per chi ha messo "Mi piace" alla pagina creata appositamente per la ff, conosce già le mie motivazioni e quanto dispiaciuta fossi di non poter andare avanti. Ho avuto delle giornate un po' piene e, manco a farlo di proposito, quando mi sono liberata, il mio pc è andato in crash e ho dovuto portarlo in assistenza. Sono riuscita a riaverlo sabato mattina e ho provato a fare qualcosa ma non è stato facile. 
In tutta onestà, non speravo nemmeno di farcela per stasera. Alla fine, però, siccome mi sono fatta male al piede tornando dall'Università, ho deciso di non uscire e dedicarmi ad un'altra cacchetta. (Perché è quello che è, hands down). 
Quindi, eccovi serviti (?). 
So che questa parte è inutile, noiosa e avrei potuto tagliarla ma la consideravo (in un certo senso) vitale. Spero possiate "passarci su" e continuare a volermi bene. Prometto che il prossimo capitolo sarà più avvincente. Ne ho già scritta buona parte a mano quindi devo solo ricopiare ed integrare con quello che mi circola adesso nel cervello. Forse (e dico FORSE!) Mercoledì potrei pubblicare di nuovo visto che, solo per questa settimana, è un giorno libero.  


Ora, angolo domande vitali: 
- Come vi sentite all'idea di Harry che molla tutto e torna a casa rinunciando a Char? 
- E se questo volesse dire la fine imminente della storia? 


Adorerei avere taaante risposte. (Non vi chiedo di recensire, se non volete, sia chiaro!) Passate in pagina e lasciatemi un messaggio privato. O scrivetemi in casella o su qualsiasi social network vi sia più comodo. Fate come volete, l'importante è che io abbia più "voci" del solito.


Penso che sia finalmente giunto il momento dei saluti. Mi sento tanto una cretina, adesso ahah
Buon proseguimento di serata! A presto :) x


Ps. Sappiate tutti che siamo osservati da quella lettrice silenziosa di mia cugina che ieri, onorandomi della sua presenza (aww), mi ha confessato non solo di star continuando la lettura ma di aver addirittura salvato il link così da poter "arrivare" prima. E' così lusinghiero. E inquietante lol
(Sei una spiona! Ma ti voglio bene x)


 

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Capitolo 34
*** Starry eyes. ***


Starry eyes. 

Mi sveglio. Il sole filtra debolmente dalle tende accarezzandomi il viso. C’è qualcosa di strano nell’aria. Mi è chiaro non appena prendo il mio primo respiro consapevole.
 
 
Qualcosa non va. Ma cosa?
 
Mi sgranchisco le braccia e stropiccio gli occhi mentre, lentamente, mi metto a sedere. Do un’occhiata alla camera. C’è uno strano silenzio. E uno strano ordine. Sembra più vuota.
 
I miei occhi cadono sui bagagli distesi sul pavimento. Realizzo ci sia solo il mio. E quello di Zayn? Dove l’avrà messo?
 
Passo al suo letto. Disfatto ma lui non c’è. Dove si è cacciato? E che ore sono?
 
Tasto il comodino in cerca dell’Iphone mentre ancora fisso il luogo in cui ha dormito. Una volta preso, lo porto davanti al mio viso e lo sblocco.
 
11:35. Sgrano gli occhi, sobbalzando. Manca pochissimo alla partenza e non mi ha avvisato. Assurdo.
 
Spero abbia una buona scusa. Non accetterei altro.
 
Mi alzo, intenzionato a correre in bagno per lavarmi. Mentre svolto l’angolo, noto un post-it appeso alla porta che collega i due ambienti. Torno indietro e leggo. Magari è il modo di Zayn di darmi indicazioni sulla sua posizione.
 
 
“Sorry, man.
See you soon”
 
 
Che? Cosa? Lo stacco e lo porto più vicino ai miei occhi per essere sicuro di aver letto bene.
 
In un secondo è tutto chiaro. Ecco perché la sua valigia era sparita. E di lui non c’era nemmeno un capello sul cuscino. Se n’è andato. Senza di me. Stento a crederci. Perché avrebbe dovuto? Che razza di amico è?
 
Scendo al piano terra per chiedere informazioni alla reception e, come volevasi dimostrare, ha effettuato il check out alla prime luci dell’alba.
 
Ieri mi ha mentito sull’orario della partenza. Non ha mai davvero voluto lo seguissi. Non voleva andassi via.
 
Prendo il telefono e compongo il suo numero per dirgliene quattro. Ho bisogno di più di un semplice “Sorry, man”. Me lo deve.
 
Parte direttamente la segreteria telefonica. Avrei dovuto immaginarlo. Non solo sparisce ma si comporta anche da codardo.
 
Cosa faccio adesso? Chi chiamo? Come me ne vado?
 
Magari potrei andare a farmi un giro, schiarirmi le idee, andare a comprare un biglietto per il primo volo. In fondo la Germania non è così lontana da casa. E l’aeroporto è facilmente raggiungibile in taxi.
 
Torno in camera per prendere i miei effetti personali ed uscire ma, contrariamente a ciò che mi sono prefissato, rimango disteso sul letto a fissare il soffitto lasciando che il cervello si riempia e si svuoti ad una velocità indicibile.
 
 
 
Quando sbatto le ciglia e prendo consapevolezza di ciò che mi è accaduto, mi rendo conto siano passate ore. Il sole è ormai tramontato lasciando posto al buio della notte. Sono da poco passate le nove di sera.
 
Mi serve un po’ d’aria. Andrò a comprare il biglietto domani.
 
Scendo. Evito qualsiasi essere umano e inizio a vagabondare. I miei piedi e probabilmente il mio subconscio, mi portano nella piazzetta: dove tutto è iniziato l’altro ieri e finito ieri.
 
Meno di ventiquattr’ore. Non è incredibile? Forse un po’ folle. Avrei potuto evitarlo e capirlo da me in anticipo.
 
Mi stringo nelle spalle. Non ha importanza adesso, no? Mi siedo su “la panchina”. Rigido.
 
Osservo l’orizzonte. E’ diverso. Adesso che non l’ho accanto me ne rendo conto. Il buio è più fitto quando sei solo e il tuo cuore è spento. Ho decisamente perso la fiammella.
 
Posso sempre darmi al giardinaggio, no? Sono pur sempre inglese. Oltre ad amare il buon tea delle cinque, siamo conosciuti anche per la cura della vegetazione.
 
Mi ci vedo, in effetti. Sveglia alle cinque del mattino nei giorni liberi, abbigliamento rubato ad un nonnino a caso e utensili alla mano. Sarei capace. Sì, di far morire anche piccole piantine innocenti come ho fatto perire qualsiasi possibilità di diventare più intimo con Charlotte.
 
Tutte stronzate. Non è solo colpa mia. Andando via ha fatto la sua parte. Esattamente il cinquanta percento di “niente”.
 
Avvisto una macchia di colore occupare l’altro estremo. Deduco di non essere più solo ormai. Normalmente sbircerei per avere più o meno un’idea della persona con cui dividere un luogo, un’esperienza o qualsiasi cosa. Stavolta, però, non ne trovo il senso.
 
Spero sia una persona discreta. Non ho voglia di perdermi in chiacchiere.
 
Alzo la testa al cielo, sospirando. Il cielo terso. Le stelle brillanti e festose. Assurdo che io stia guardando questa porzione di cielo. Ora lo so. Più di qualche ora fa.
 
<< Astronomo? >>
 
Conosco questa voce. La amo.
 
Rivolgo un’occhiata alla mia sinistra. Charlotte mi fissa ad occhi spalancati, quasi in trepida attesa. Sto sognando. Lei non mi ha mai guardato in questo modo. E’ così bella. Che diamine!
 
<< Sei il frutto del mio subconscio >> affermo con sufficienza e giro lo sguardo, aspettando sparisca.
 
Di sottecchi constato, con mia grande sorpresa, non ci siano cambiamenti. Aggrotto la fronte e presto di nuovo attenzione a quel miraggio. Prendo ad esaminarla senza accorciare la distanza.
 
Quegli occhi. Quelle labbra. Le sue guance. I suoi capelli. Il suo collo. Quelle mani. Tutto perfettamente identico.
 
Mi sorprendo di quello che il mio subconscio è riuscito a creare. Sembra proprio che, nei momenti passati ad osservarla, io abbia davvero archiviato ogni minimo particolare.
 
Mi rivolge uno sguardo stranito e, allo stesso tempo, sembra quasi volermi incitare.
 
<< So di essere stata poco carina nei tuoi confronti ieri ma da qui a fingere che io sia frutto del tuo subconscio, ce ne vuole >> protesta e, in questo gesto, esplode tutta la sua personalità decisa.
 
Allungo tremolante un dito intenzionato a sfiorarle il braccio. Mi piacerebbe essere “normale” per una buona volta e, invece, ho a che fare con allucinazioni.
 
Tiene su un’espressione seccata. Afferra bruscamente la mia mano e se la porta al viso. Probabilmente decisa a tagliare corto sulla mia necessità di una prova del nove.
 
La sua presa e il suo calore, la morbidezza della sua guancia, la tenerezza di questa posizione. Mi sento completo. Nemmeno la mente più geniale potrebbe inscenare artificialmente qualcosa di simile.
 
E’ lei. Per davvero. Qui. E’ tornata. E sta mantenendo un contatto fisico non indifferente.
 
<< Allora? >> esordisce, spezzando il silenzio.
 
I miei occhi nei suoi. Nonostante la scarsa visibilità, mi sembra di poter ammirare il mio stesso riflesso in quei gioielli. E, benché sia così, fatico a concepirlo. Cosa sta accadendo?
 
<< Allora sei qui >> rispondo in un sussurro appena udibile, esternando la mia incredulità.
 
Annuisce e, compiendo questa semplice azione, finisce con l’accoccolarsi maggiormente nella mia mano. E’ il desiderio di una vita che prende forma.
 
Ricordo, però, non voglia dire niente. Ha detto e fatto molto di più che, alla fine, è risultato essere niente. Niente più illusioni. E, in questo, lei è brava.
 
Mi libero della sua presa e poggio entrambe le mani in grembo. Distolgo lo sguardo nello stesso momento. Credo di averla spiazzata. Ha ancora il braccio sollevato come a sorreggermi. Posso vederlo di sottecchi.
 
Devo dimenticarla. Anche se adesso è proprio a mezzo metro da me.
 
<< Okay, sei qui >> ripeto col tono più neutro io riesca a trovare dentro di me.
 
<< Ti va di parlare? >> mi chiede soave.
 
Non so se si riferisce a quanto accaduto durante il pranzo o, molto semplicemente, a qualcosa di generale. Fatto sta che una sola parola pronunciata dalla sua persona potrebbe stravolgere completamente i miei nuovi propositi. Non posso permetterlo.
 
Mi faccio forza e scuoto la testa.
 
<< Non vuoi…non mi parlerai? >> chiede, finendo col riformulare la domanda.
 
Persisto e ripeto la mia comunicazione non verbale.
 
<< Ma puoi ascoltare >> mi fa notare, lieve.
 
Ascoltare? Assolutamente no. Sarebbe negativo per me. Non è una posizione in cui voglio trovarmi. Qualsiasi cosa abbia da dirmi.
 
<< Parto domattina >> la informo di una mezza verità, sperando che serva ad evitarmi qualsiasi discorso che potrebbe piegarmi.
 
Mi alzo di scatto, come se volessi fuggire, ma resto lì. Credo di voler inconsciamente che reagisca. Mi sembra di vederla sussultare. Con la coda dell’occhio, però, non posso esserne sicuro. Magari è solo ciò che desidero.
 
<< Pensavo restassi altri dodici giorni >> la sua voce è leggermente incrinata.
 
Potrebbe piangere? Vuole farlo? E’ assurdo. Devo andare via adesso. Prima che sia troppo tardi.
 
<< Non ho più un motivo >> pronuncio e, immobile, spero che non le abbia fatto male averlo sentito quanto ha fatto male a me esternarlo.
 
Le si mozza il fiato. Devo dedurre di non averla lasciata del tutto indifferente? Sto ancora pensando a lei. E’ sbagliato.
 
Rimango qui solo perché, dentro di me, voglio che mi chieda di restare, vero? Sono così patetico. Sono sceso a livelli irrecuperabili. E’ ora di smetterla. Non proferirà parola. Non le frega niente se parto. Tanto vale che lo faccia stanotte.
 
Cammino a passi lenti ma decisi. Conto i respiri che prendo lontano da lei e mi travolge la consapevolezza che non sarà facile vivere come se non fosse mai esistita. Come se non l’avessi mai trovata.
 
<< Era di mia sorella! >> urla, tutto d’un fiato.
 
Mi paralizzo. Cerco di decodificare la frase, ponendola in un qualsivoglia contesto. Nulla. Non capisco cos’abbia a che fare con me.
 
Eppure so che una persona come Charlotte usa le parole saggiamente. Non pronuncia mai nulla di superfluo o non inerente.
 
Mi volto piano. Trovo i suoi occhi. Brillano e guizzano più del solito. Saranno le stelle ad aver cambiato postazione?
 
Assumo un’espressione interrogativa. So per certo che il mio futuro dipende da questo momento.
 
<< Ti prego, resta >>
 
Non sono certo di aver udito correttamente, né sono certo l’abbia pronunciato. Non ho visto le sue labbra muoversi.
 
Resto lì. Fermo e ammutolito da tutto ciò che la caratterizza.
 
<< La canotta su cui hai versato il succo… >> pausa. Cerca un’ultima spinta.
 
Passo dalla sua bocca ai suoi occhi, di nuovo. Sono lucidi. Sta lottando con le lacrime. Perché?
 
<< Quella canotta –riprende non senza difficoltà- era di mia sorella >>
 
I suoi occhi si conficcano nei miei come artigli nelle carni. Appare così vulnerabile e fragile.










SPAZIO AUTRICE: Buonasera bella gente! Vi sono mancata? Non credo proprio vista la "rapidità" con cui questo capitolo è arrivato tra voi/noi. 
Spero onestamente sia di vostro gradimento. Ad essere sincera questo mi piaciucchia (?) quindi spero possa essere lo stesso per voi.

Ho una cosa da annunciarvi ma, siccome non sono brava, lo farò nel modo più rapido possibile:  questo è l'ultimo capitolo. Fine. Non c'è altro. 

Sono davvero felicissima di aver vissuto quest'esperienza con voi. Siete stati incredibilmente di supporto e, giorno dopo giorno, siete "cresciuti" con me. E' stato veramente bellissimo e non avrei potuto chiedere di meglio. 
Vi ringrazio di cuore. Alla prossima avventura! :) x








Ps. In realtà ci sarebbe una piccola possibilità che la storia continui ma voglio vedere quanto ci tenete. Commentate (in qualsiasi modo preferiate) e fatevi sentire. 
Nel caso in cui nessuno si farà vivo, sarà davvero l'ultimo capitolo :) 
Buon proseguimento di serata! :) x
 

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Capitolo 35
*** Ready. ***


Ready.

Vederla in questo stato mi devasta. E’ come essere tornati in quel bagno.
 
Il suo pianto per la mia offerta. Il suo “Era di mia sorella”. La canotta che accomuna entrambi gli episodi.
 
Abbassa lo sguardo. Prende a torturarsi le mani.
 
Scatta come una scintilla nella mia testa. Mi ha detto qualcosa di vitale. Ho l’impressione che in queste semplici quanto dolorose frasi mi abbia consegnato tutta sé stessa. Devo solo capire l’anello mancante.
 
Cosa lega i due eventi? Un flash mi invade. Il messaggio lasciato come didascalia del suo ultimo video. I suoi “problemi personali”. E’ questo?
 
Devo scoprirlo. Ma, ancor prima di insistere, ho il forte bisogno di curare il suo cuore. Nonostante abbia distrutto il mio in un nanosecondo, sento non fosse volontario. Non duraturo. E me lo sta mostrando adesso.
 
Mi avvicino e mi piazzo davanti a lei, coprendola col mio corpo da sguardi indiscreti. Nessun altro deve entrare in questo momento. Nessun altro deve assistere al suo essere fragile.
 
Mi piego affinché i nostri volti siano alla stessa altezza. Con gentilezza, passo due dita sotto il suo mento e la guido. I suoi occhi velati di lacrime nei miei. Mi appaiono così smarriti adesso. Istintivamente sposto la mano sulla guancia, quasi a voler ripetere la “prova del nove” di poco fa.
 
<< Stai bene? >> domando, lasciando trasparire tutta la mia preoccupazione.
 
Tace. Attendo annuisca. Non lo fa. Sposta semplicemente il viso affinché possa perdersi, ancora una volta, nel calore della mia mano. Dovrebbe essere un segnale?
 
Una delle sue lacrime mi sfiora il palmo mentre procede a rigarle la parte restante del viso.
 
<< Resta >> mormora.
 
I miei occhi si spalancano per lo stupore. Ho realmente visto le sue labbra muoversi, stavolta. Il mio cuore manca un battito. L’ha detto. Nella vita vera. A me.
 
Vuole che resti. Lo vuole. Al punto da piangere. Al punto da mormorare su una panchina al buio.
 
Non avrei mai voluto arrivare a questo punto ma, forse, era necessario. Per entrambi.
 
Porto la mano sinistra sull’altra guancia con delicatezza. Non riesco a fare altro che aumentare il contatto fisico tra noi. Per rassicurarla. Per proteggerla.
 
<< Resta >> ripete, quasi ad accertarsi io la senta.
 
I suoi occhi si riempiono nuovamente di lacrime. E, stavolta, non sembrano essere per me. E’ come se dopo essere rimasta in apnea a lungo, si concedesse di tornare a respirare.
 
Quanto dolore può sostenere?
 
Sento l’urgenza di baciarla. Farle sapere, così, che sono e sarò qui per lei. Che è al sicuro con me. Che non deve trattenersi. Indugio. Non so se sia giusto. Magari lei non vuole.
 
<< Non ho mai… >> aggiunge con voce rotta.
 
Mi accovaccio in maniera definitiva senza lasciare la presa. L’ascolto, in trepidante attesa di sentire il resto della frase.
 
<< Non ho mai desiderato così tanto che qualcuno restasse nella mia vita prima di conoscerti >> continua, tutto d’un fiato.
 
Abbozzo un sorriso. Man a mano che prendo consapevolezza di quello che mi è stato detto, si allarga. Devo avere un’aria inebetita. Quello che so per certo è che potrei morire, decisamente.
 
<< E questo mi terrorizza >> riprende.
 
Mi spiazza. La osservo stranito. I suoi occhi sono sulle mie labbra. Mi ricordo di non aver ancora proferito parola. Sono così crudele a tenerla all’oscuro di ciò che sta accadendo dentro di me.
 
Non che lei abbia fatto di meglio in precedenza, a quanto pare.
 
<< Di’ qualcosa >> mi supplica.
 
Non riesco più a trattenermi. Le bacio la fronte. Con la stessa dolcezza con cui le avrei baciato la bocca se solo fosse stato il momento. Non c’è altro modo in cui potrei esternare i miei sentimenti.
 
Mi stacco quasi subito, tenendo gli occhi ancora chiusi per qualche secondo. Ho quasi paura di essere schiaffeggiato in pieno viso. Ne varrebbe la pena per la porzione di Paradiso che ho “gustato”.
 
Riapro le palpebre. Mi sorprendo quando noto le sue siano ancora sigillate.
 
La sua espressione è così serena. Come se, con questo gesto di puro amore, avessi alleggerito il peso delle sue sofferenze, delle sue paure.
 
Non riesco a far a meno di sorridere, compiaciuto. Sarebbe fantastico sapere cosa ha significato per lei.
 
<< Voglio mettere a tacere tutte le tue paure >> sussurro.
 
Apre gli occhi come se si stesse svegliando da un meraviglioso sogno. Mi sembra quasi entusiasta. Ne ho la piena conferma quando si concede un enorme sorriso.
 
Le asciugo le lacrime con movimenti circolari delle dita. Porta le sue mani sulle mie e mi ferma. Le circonda e le guida verso il suo grembo. Non vuole che la “ripulisca”?
 
Scuote la testa mentre intreccia le nostre dita. Resto un attimo interdetto.
 
Solleva piano le nostre braccia e guida le mie alla sua destra, lasciandomi intuire cosa voglia: devo sedermi al suo fianco.
 
Le sorrido. A malincuore sciolgo le nostre dita. Obbedisco. Appena mi ritrovo al suo fianco, allunga la mano quasi a chiedermi di ritornare alla precedente posizione. Senza esitare, gliela stringo.
 
<< Ci sono molte cose che non sai di me ed è giunto il momento che tu… >> inizia.
 
Perché adesso? E’ forse convinta che serva a farmi restare? Vuole darmi un motivo? Scuoto la testa con foga. Non deve dirlo se non vuole. Se non è pronta.
 
Mi guarda interrogativa. Immagino non capisca perché io mi stia negando la possibilità di sapere.
 
E, onestamente, è anche assurdo visto quanto io abbia pregato per questo. 
 
<< Non ce n’è bisogno >> affermo, semplicemente.
 
La sua espressione, però, non muta. Magari dovrei aggiungere altro.
 
<< Non devi forzarti se non sei pronta >> riprendo.
 
Mi lancia un sorriso. Uno dei migliori. Di quelli che hanno il potere di farmi sciogliere come neve al sole. Di quelli che mi fanno chiedere cosa fosse la mia vita prima di tanta bellezza.
 
<< Io… >> inizia, tornando stranamente titubante.
 
<< Resto >> affermo, interrompendola per la seconda volta.
 
Mi auguro non se la prenda. Solitamente non sono così restio ad ascoltare, anzi. E’ solo che non voglio si penta di questo momento in futuro.
 
Sgrana gli occhi. << Cosa? >> chiede boccheggiando. 
 
La sua reazione è così adorabile. << Mi sopporteresti un’altra decina di giorni? >> domando con un risolino.
 
Il viso sembra quasi colorirsi e le labbra si dischiudono per mostrare il suo entusiasmo.  
 
<< Non ho tutto questo fegato >> scherza.
 
Sorrido. Si è subito rimessa in carreggiata. Avrei dovuto prevederlo. E’ fatta così.
 
Eppure qualcosa è diverso. Come cambiato. Non è l’inizio del suo solito set di battutine pungenti. E’ nuovo. Ha quasi un altro sapore. Abbasso lo sguardo. Le nostre mani. Mi stringe come se fosse al sicuro.
 
E’…amore? Cerco i suoi occhi per un’ulteriore conferma. Ora lo so. Non mi sta più respingendo. Vuole me. Si fida di me. O, almeno, vuole iniziare a farlo.
 
La spingo appena con la spalla. Ricambia con una risatina squillante.
 
Restiamo in silenzio per un po’. Ad osservare l’orizzonte. Non che ci sia qualcosa di esaltante da guardare. E’ solo così naturale. E in questo momento, con lei, ho l’impressione che il mio cuore abbia trovato la sua metà. E non voglio più andarmene.
 
<< Voglio dirtelo >> pronuncia, interrompendo il silenzio.
 
Sussulto appena. Non mi aspettavo accadesse così presto. Tantomeno pensavo la questione fosse ancora aperta. Soprattutto per lei.
 
Rivolgo il viso dalla sua parte. I suoi occhi non sono su di me. Non ancora, almeno.
 
<< Mhm? >> mi sfugge.
 
Sorride serena. Si prende un altro secondo e ricambia. Sbatte le lunghe ciglia più volte e, onestamente, non so nemmeno perché io ci stia facendo caso. Sarà la luce della luna che le mette in risalto gli occhioni.
 
<< Ricordi in bagno, quando volevi ci conoscessimo? >> domanda.
 
Annuisco. Sono sicuro voglia andare a parare da qualche parte e, in realtà, non è difficile immaginare dove.
 
<< Non ero pronta allora. Adesso lo sono >> afferma e mi sembra di distinguere una punta d’orgoglio nel suo tono.
 
Vorrei conoscere le motivazioni che l’hanno spinta a cambiare idea. Sono così curioso di scoprire cosa sia mutato in lei. Cosa sia mutato tra noi. Deduco, però, non sia il momento.
 
<< Non so cosa dire >> inizio, piacevolmente sorpreso dall’intera situazione.
 
Mi lancia un sorriso. << Sei fortunato. E’ il mio turno >> scherza.
 
Ricambio. Adoro le sue risposte, il suo modo di affrontare una conversazione. Non importa quanto semplice sia.
 
<< La canotta su cui hai versato per sbaglio il succo, come ti ho già detto, era di mia sorella. E’ una delle poche cose che mi rimangono di lei. Non ho altro che un libro, un anello e quell’indumento >> riprende.
 
Le parole riecheggiano nella mia testa. Ci vuole qualche secondo prima che acquistino significato. Sua sorella. La canotta. Una delle poche cose. Un libro. Un anello.
 
<< Lei non…non c’è più? >> domando, leggermente a disagio e, allo stesso tempo, preso alla sprovvista da una simile notizia.
 
Annuisce. Le scruto gli occhi per essere certo che non stia lottando contro le lacrime. Non ve n’è traccia. Al loro posto, però, un velo di tristezza.
 
<< Si è suicidata lo scorso anno. Ed è uno dei motivi per cui sono qui, oggi >>
   
 
 
 
 








SPAZIO AUTRICE: 
Mi dispiace per l'attesa! Ho avuto un po' da fare e, nonostante il capitolo fosse pronto da giorni, non riuscivo a pubblicare. 
Sarò sincera: a me non piace affatto ma, anche volendo, non riesco a scrivere meglio. Sono un po' bloccata, ecco. Ho anche sognato di ricevere taaaaanti commenti negativi e mi sono sentita anche peggio. Quasi in colpa. Sia nei miei confronti, sia nei vostri (in primis) che nei confronti dei protagonisti della storia (anche se non hanno vita propria). 
Per questo semplice motivo vi chiederei di farmi sapere. Non esitate a farmi conoscere le vostre opinioni, stavolta più che mai. 
Vi siete impegnati così tanto affinché continuassi e mi dispiace davvero tanto ricompensarvi in questo modo. (Una sola parola e elimino. Almeno lasciamo che la storia finisca a 34 capitoli). 


Buon proseguimento di giornata. (Se tutto va bene) A presto :) x

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Capitolo 36
*** #2 ***


#2

Lo scorso anno. Ha perso sua sorella. Non so cosa dire. Non ho la minima idea di cosa si provi. Non potrei immaginare la mia vita senza Gemma. Viverla da un giorno all’altro come se non fosse mai stata sangue del mio sangue.
 
Più la guardo e più mi rendo conto di quanto sia forte. Non avrei mai immaginato “nascondesse” questi trascorsi.
 
<< Puoi chiedere o dire qualsiasi cosa tu voglia. Tranquillo >> pronuncia, quasi a leggermi nel pensiero.
 
<< Come…? >> inizio, incapace di formulare il resto della domanda.
 
Si stringe nelle spalle. << E’ una cosa normale. Non credo la tua testa sia vuota adesso >>
 
In effetti non lo è. Si riempie di interrogativi a mano a mano che i secondi passano, addizionandosi l’uno all’altro per formare minuti.
 
La sorella è parte dei “problemi personali” che l’hanno spinta ad allontanarsi dai video su youtube? E’ stata lei a scoprirla? Come si è sentita? Ha superato la cosa? Le manca? Oh, certo che le manca.
 
Come può la sua morte essere una delle ragioni che l’hanno portata in Germania? Quali sono le altre? Perché proprio qui? Perché adesso? Perché Julia e la sua famiglia?
 
Cercava di scappare? Voleva dimenticare? E la sua famiglia? Non si sostengono a vicenda? 
 
I suoi occhi mi incitano a dar voce ai miei pensieri. Non posso indugiare oltre. Devo scegliere saggiamente quale quesito porre.
 
<< Avevi avuto qualche segnale? >> la mia voce è poco più che un sussurro.
 
Mi mordo l’interno della guancia. Perché mi costa così tanta fatica? Non sono io quello a dover parlare affrontando una ferita non ancora rimarginata.
 
Forse è solo più difficile entrare nel dolore di un altro che provarlo sulla propria pelle.
 
<< Che volesse suicidarsi? >> annuisce senza attendere che io confermi.
 
<< Sì? >> domando leggermente stupito.
 
<< La morte di nostra madre l’aveva destabilizzata. Non che avesse lasciato me indifferente, ovvio. Solo che…Sophie era diversa >> spiega.
 
Mi paralizzo. Cosa? Anche sua madre? Quando? Come? Sono così confuso. Così assalito da informazioni completamente nuove.
 
Abbozza un sorriso. << Magari avrei dovuto partire dall’inizio >>
 
<< C’è…altro? >> preso alla sprovvista non riesco a scegliere le parole con cura. Me ne pento immediatamente.
 
Annuisce. Mi fissa per istanti interminabili. Mi scruta. Come se cercasse qualcosa. Ma cosa?
 
<< Forse adesso non sei pronto tu >> mormora e distoglie lo sguardo, lasciando andare le mie mani.
 
Vorrei dirle non sia così ma non riesco. Rimango nel mio silenzio. Cerco di respingere le domande che prendono consistenza nella mia testa. Ho bisogno di pensare lucidamente a cosa dire.
 
Devo dimostrarle che sono all’altezza. Si tratta di questo adesso, no? Essere in grado di sorreggerla come, nelle mie notti solitarie, ho desiderato facesse lei con me.
 
<< Non ho volato dall’Australia per niente >> pronuncio con l’accenno di un sorriso.
 
Stranamente sussulta e si volta a guardarmi. << Australia? >> lo stupore invade la sua voce.
 
Ho l’impressione non credesse di “valere” un volo così lungo. Delle azioni così folli. Eppure questo è solo il minimo che farei per lei.
 
Mi stringo nelle spalle. << Ci avrei messo meno se mi avessi detto dove trovarti >> scherzo, riferendomi a quella mattinata sulla panchina.
 
Incredibile sia passato oltre un mese da quel “solo se mi trovi”. Incredibile sia qui di fronte a me.  
 
<< Perché? >> è tutto quello che riesce a chiedere.
  
<< Cosa? >> domando. Non sono certo di sapere a cosa si riferisca.
 
<< Perché ti sei dato tutta questa pena per me? >>
 
<< Beh, ci tenevo al mio appuntamento >> e trattengo a malapena un risolino.
 
Scuote la testa. Perché? La mia risposta non la soddisfa? Cosa c’è che non va?
 
<< Perché, tra tutte, hai scelto me? >>
 
Avrei dovuto prevedere anche questo. Non si esce mai indenni da una conversazione con la persona che senti di amare. Non si esce mai trovandosi ancora nella propria armatura.
 
Questo è il momento in cui dovrei cercare di spiegarle quanto io sia folle? Parlarle della foto e di tutti questi anni trascorsi nel nulla e poi, improvvisamente, in trepidante attesa di un altro incontro?
 
Come posso mettere in fila, una dopo l’altra, parole che rendano giustizia a lei? A quel che sono io con lei? A quel che ho cominciato a provare prima ancora che i suoi occhi guardassero me?
 
Non credo di esserne in grado. Taccio. Non che sia positivo non pronunciarsi in questo momento. Devo prendere tempo.
 
<< Vuoi che sia sincero? >> le chiedo, semplicemente.
 
Annuisce. << Ti prego – aggiunge- Non riesco davvero a spiegarmi perché dovresti essere qui invece di chissà dove >>
 
Apro la bocca. Posso farlo. Posso dirle tutto adesso. Non aspetta altro.
 
<< C’è qualcosa in te che non riesco ad ignorare. Mi piaci, Char. Mi piaci davvero. E’ successo qualcosa dentro di me quella sera nel backstage >>
 
Non sto del tutto mentendo. Sto solo nascondendo di aver provato qualcosa anche prima. Solo omettendo di aver costruito quel momento o, almeno, di aver provato ad incontrarla.
 
<< Oh, la mia maglia può capirti >> scherza.
 
Alzo gli occhi al cielo, fingendomi seccato della continua frecciatina.  
 
Sorride. << Qualcosa? >> domanda. E’ alla ricerca di ulteriori spiegazioni.
 
Contrariamente ai suoi desideri, non riesco a quantificare quello che è accaduto.
 
 << Uso questa parola in abbondanza, eh? >> non aspetto confermi. << Vorrei essere in grado di dirti molto di più. Tutto quello che so è che vorrei fosse lo stesso per te >>
   
Mi sento così vulnerabile. Ho detto troppo. Avrei potuto evitare quel “vorrei fosse lo stesso per te”. Maledette museruole assenti. Maledetti filtri cervello/bocca inesistenti. E adesso? Scapperà di nuovo nonostante mi abbia da poco chiesto di restare?
 
Cambierà idea e tornerà ad essere sfuggente? Non potrei mai perdonarmelo se si chiudesse nuovamente a riccio tagliandomi fuori. Non sopporterei tornare indietro.
 
<< Posso pensarci? >> scherza con un sorriso enorme.
 
Mi concedo un sospiro di sollievo rendendomi conto, solo in quel momento, di aver trattenuto il fiato. Non è una risposta così brutta, in fin dei conti, anzi. E’ molto più di quanto mi sarei aspettato dalla ragazza conosciuta in quel backstage così riluttante all’idea l’accompagnassi in bagno per rimediare al mio casino.
 
Annuisco, ricambiando.
 
<< Non sei poi così male, Harry >> afferma. La sua voce assume il tono più dolce io le abbia mai udito usare.
 
<< Oh, la ringrazio signorina Char >> la prendo in giro.
 
Mi osserva attentamente per un istante. Ho quasi paura voglia incenerirmi o stia pensando ad un qualsiasi modo per uccidermi e farlo sembrare un suicidio.
 
<< Domani, magari, ti spiegherò perché non voglio essere chiamata in questo modo >> pronuncia, incurvando appena le labbra.
 
Le parole si ripetono nella mia testa. Domani. Mi spiegherà. Sta accadendo davvero?
 
Sì, era ovvio non volesse andassi via ma non mi sarei mai aspettato si offrisse di fare tutto questo. Rivederci, spiegarmi. Aprirsi. Essere sé stessa.
 
Quando stringevo la sua foto per addormentarmi sperando di rivederla, non mi sarei mai immaginato potesse accadere tutto questo.
 
E’ surreale.
 
<< Non so. Potrei avere degli impegni domani >> scherzo, optando per un finto atteggiamento da sostenuto. Quasi a volerne fare una caricatura.
 
La sua bocca si apre in un’espressione di stupore. Adoro vederla così. Mi sfugge un sorriso, andando contro la mia volontà di apparire serio. Ricambia e mi dà una lieve spinta con la spalla.
 
Il contatto con la sua pelle scatena una strana reazione dentro di me. Sento il bisogno di stringerla e non lasciarla più andare; di avere uno di quei momenti di assoluta dolcezza in cui tutto ciò che conta è sentire l’uno il respiro dell’altra.
 
Come se provasse lo stesso, appoggia la sua testa al mio braccio e rimane in un religioso silenzio. Immagino sia persa nei suoi pensieri. Tanto quanto lo sono io.
 
Mi piacerebbe sapere se almeno uno riguarda me. Perché i miei sono tutti incentrati su di lei.    
 
<< Sei un idiota >> commenta, in un sussurro.
 
Non c’è derisione nel suo tono, anzi. Sembra quasi stia elencando una delle mie caratteristiche migliori. E’ così strano. Allo stesso tempo così perfetto.
 
E potrei non sapere nulla d’amore ma, trovandomi qui, so che è lei. L’amore è lei. Non c’è altra certezza.
 
<< Il migliore che tu abbia mai incontrato, oserei dire >> inizio a darmi delle arie.
  
Tentenna. Quasi incerta sulla risposta da darmi. Attendo con impazienza la sua ultima trovata geniale. So che arriverà.
 
<< Mi accompagni a casa? >> domanda, invece.
 










SPAZIO AUTRICE: Buongiorno e buon inizio di weekend a tutti! Come state? Spero di esservi mancata e, allo stesso tempo, di non esservi mancata troppo. (Mi sentirei in colpa per avervi fatto attendere). 
Come qualcuno sa, ho avuto problemi tecnici. Il mio pc è morto per l'ennesima volta e ho dovuto aspettare che mio padre andasse a farlo riparare. E' stato, effettivamente, un mese difficile per me. Avevo questa costante voglia di scrivere al pc ma non potevo farlo. Mi sono data ai testi delle canzoni (?) ma non è stato lo stesso.


Mi dispiace che il capitolo non sia il massimo ma mi impegnerò affinché il prossimo lo sia. (Sempre a mio modo. Ormai sapete.) Mi auguro che, nonostante tutto, vogliate rendermi partecipe delle vostre opinioni. Facendomi sapere, così, cosa dovrei cambiare o cosa posso permettermi di lasciare/ continuare ad adoperare. 


Credo di avere qualche comunicazione da fare. Hold on. (Spero abbiate la pazienza di leggere) 
Come prima cosa vorrei ringraziarvi per la vostra infinita pazienza e il vostro incredibile supporto. Siete la cosa migliore che mi sia mai successa ed è sorprendente entrare ogni volta qui e trovare una recensione in più. (Da parte di una persona che in precedenza non si era espressa rende le cose ancora più eccitanti!)
 Siccome non sono indifferente a tutto questo, anzi, avevo deciso di "premiare" le vostre qualità (?) concedendovi il prologo di "Him". L'ho pubblicato nella pagina dedicata alla storia. Se siete curiosi (per chi non l'avesse letto), lo trovate lì. Dovrete scorrere qualche post ma è abbastanza recente. 


Seconda cosa: pensavo di cancellare la storia e riscriverla (cambiandone anche il titolo). Cosa ne dite?


Confido in vostri pareri (pubblici o privati che siano). Siete il motivo per cui continuo a scrivere nonostante sembri che l'universo non voglia ahah
A presto. Vi voglio bene! :) x

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Capitolo 37
*** Choice. ***


Choice. 

Il nostro dialogo, seppur breve, riprende vita come eco nella mia mente. Più ripenso alla sua persona, al suicidio della sorella, all’accenno della morte della madre e più credo di non poter amare qualcun altro che non sia lei.
 
Non intendo adesso. Quello mi era già chiaro. Parlo di un futuro. Non riesco davvero ad immaginare un singolo giorno della mia vita che non la includa.
 
E’ così assurdo? Non che io sia normale del resto.
 
Per un istante, i miei pensieri convergono sui ragazzi, sulla mia famiglia. Dovrei avvisare tutti. Dovrei ringraziare Zayn.
 
Magari, poi, dovrei anche andare a dormire. Così potrei rivederla. Fuori casa sua. Proprio come ci siamo accordati.
 
Non riesco a credere che questa sia la mia vita adesso. I giorni in cui lei era una sconosciuta da trovare a tutti i costi sembrano così lontani, in questo momento.
 
 
 
 
I miei occhi si spalancano. In men che non si dica, riescono a distinguere con nitidezza il soffitto nonostante l’incredibile buio in cui sono immerso.
 
Immagino sia ancora notte fonda. Non avrò staccato dal mondo reale per molto.
 
Afferro il cellulare sul comodino per accertarmene. 6:45.
 
Mi sbagliavo. Non è così presto. Non vale la pena cercare di dormire ancora un po’. Anche volendo, il sonno mi ha abbandonato del tutto.
 
Resto supino. Intreccio le dita e porto le mani sotto la testa. Fisso la parete che incombe su di me come se fosse un cielo stellato. Come se potessi trovare qualcosa di paragonabile alla bellezza dei suoi occhi.
 
Rivedo la sua figura sorpassarmi fuori quel caffè a Londra. Sento la sensazione di perdita che provai, attraversarmi come se stesse accadendo adesso.
 
Agosto 2012. Quando la scintilla che ardeva dentro di me ha portato all’esplosione di un vero e proprio incendio.
 
Allora non sapevo l’avrei rivista. Tantomeno che l’avrei trovata trasformandomi in un perfetto agente dell’FBI dei poveri.
 
Da quel momento dipende tutto ciò che sento di essere, a due anni di distanza. E se non l’avessi incontrata?
 
E se avessi detto ai ragazzi di preferire un pomeriggio a casa senza paparazzi? Se lei non avesse scelto quel determinato caffè? Dove sarei io adesso?
 
Fantasticherei ancora su quella foto datata? L’avrei buttata o la custodirei gelosamente? Avrei trovato qualcun altro da amare? Il solo pensiero di stringere altre mani, di contemplare un altro viso, di riflettermi in altri occhi mi disgusta.
 
Eppure sarebbe potuto accadere. E io potrei trovarmi in una stanza d’hotel completamente devastato da una notte brava con una donna al mio fianco a cui non sento d’appartenere.
 
Sono stato così fortunato quel giorno. Devo sapere cosa ci facesse lì. Come il destino ha deciso di giocare con noi. Cos’ha permesso che questa vita mi venisse, in qualche modo, riservata.
 
Devo sapere di Parigi. Di quel concerto. Di quella folla che l’ha risucchiata. Del suo continuo apparire in altre nazioni. Perché si sposta così tanto?
 
Ho bisogno di sapere di Roma. Più di tutto. La morte della sorella, a suo dire, è uno dei motivi per cui si trova qui. Qualcosa mi dice che un’altra ragione sia racchiusa in quella città. E’ da lì che fugge. Se mai abbia iniziato in quel frangente.
 
Sono così curioso di conoscerla; di unire tutti i puntini, tutti i pezzi di questo complicato puzzle e capire. Almeno smetterei di sentirmi come un miope privato dei suoi occhiali. La mia vista cesserebbe d’essere così sfocata.
 
Sono consapevole delle perdite che ha subito in passato. Alcune cose hanno preso ad avere senso stanotte. L’episodio della canotta nel bagno. La sua espressione cupa quando accennavo ad un passato tormentato come requisito ideale per impersonare un maniaco.
 
Rimangono, però, così tante domande senza risposta. Una parte di me è sicura lei si prodigherà affinché io sappia tutto. L’altra, invece, non può più attendere.
 
Perché non vuole che la chiami “Char” quando lei stessa promulgava quel soprannome? Da dove proviene quell’accento? Ha lasciato qualcuno a Roma? Quante persone aspettano una sua telefonata e, magari, anche il suo ritorno?
 
Ha altre sorelle, fratelli? Suo padre? Non ha accennato a lui. Non che ce ne sia stato modo, in realtà.
 
Troppe informazioni, poco tempo. Mi lascio andare ad un gridolino frustrato. Porto le mani sul viso. Chiudo gli occhi e resto qualche secondo immobile. E’ la mia soluzione a tutto.
 
 
 
 
Lo strombazzare del mio cellulare a ritmo di “Harry! Harry!” mi fa rinsavire. Non ho ancora cambiato quell’assurda suoneria? Mi sembra strano.
 
Afferro prontamente il telefono. Quasi a voler evitare di disturbare qualcuno nonostante io sia solo. Spengo la sveglia. Sono già le 7:40. Assurdo come il tempo voli.
 
Il fatto che questo sia il mio quarto giorno qui dovrebbe esserne una prova.
 
Mi alzo e, trascinando i piedi, raggiungo il bagno.
 
Ho quasi l’impressione non ci saranno abbastanza ore da vivere, oggi. Mi concedo una doccia e lascio che sia più lunga del solito. Questo non perché io assomigli ad un bambino ricoperto di fango dalla testa ai piedi dopo una giornata passata a giocare in un prato da poco irrigato; più che altro perché sono troppo sovrappensiero per uscire.
 
Cosa accadrà? Quanto è reale tutto questo?
 
A stento mi riconosco. Credo sia l’effetto della sua assenza. Non dovrebbe stare lontano da me così a lungo.   
 
  
 
 
 
Mi torturo le dita mentre il suo “Due minuti” rimbomba nella mia testa. Fisso la porta oltre questo cancello da tempo indefinito. Non è un bene.
 
Magari potrei concentrarmi su altro. Sposto lo sguardo sulle aiuole che costeggiano il vialetto che separa il cancello dall’ingresso principale. Sono davvero ben curate ma, come mio solito, non riesco a distinguere un fiore dall’altro. Ed io che pensavo di darmi al giardinaggio!
 
Pensandoci adesso, in effetti, l’idea di alzarmi presto nei giorni liberi per stare ore a carponi non mi alletta così tanto. Dovevo essere estremamente disperato l’altro giorno. E lo sono anche adesso se è tutto quello a cui riesco a pensare per allentare il nervosismo.
 
All’improvviso tutto diviene buio. Aggrotto la fronte, stranito. Due mani mi coprono gli occhi. E’ un tocco così familiare che il mio sistema nervoso nemmeno si allarma. E’ il suo.
 
<< Chi sono? >> chiede squillante.
 
Le mie labbra si aprono in un sorriso ampio. Sento il bisogno di intrecciare le mie dita alle sue. Senza esitare, poggio i miei palmi sulle sue nocche.
 
<< Char >> sussurro, rendendomi conto solo in quel momento di quanto la mia respirazione sia irregolare.
 
Si lascia andare ad un risolino. << Non ti facevo così intelligente >> mi punzecchia e, per la prima volta, dimentica di rimproverarmi.
 
Le sue mani scrollano le mie prima di distaccarsi dai miei occhi per darmi la possibilità di vedere. Di vederla.  
 
<< Pensavo…-inizio, bloccandomi alla sua vista- io credevo che, cioè, voglio dire… >> annaspo, come un pesciolino estratto dall’acqua e condannato a morte certa.
 
Inclina appena la testa. << Cosa? >> domanda.
 
Osa anche chiedere anche “cosa?” come se non fosse palese.
 
La sua persona ha bloccato il mio già irregolare respiro. La sua persona ha distrutto qualsiasi neurone (se mai ne abbia davvero avuto qualcuno) lasciandomi incapace di funzionare. Sono un ebete.
 
Qui. Davanti a lei. Un completo ebete.
 
Non credo abbia a che fare col vestito che indossa. Né con i colori che risaltano le sue fattezze. E’ tutto in altri luoghi, forse più reconditi o, semplicemente, meno superficiali.
 
E’ quel sorriso. Sono state le sue mani. Non nel preciso istante in cui mi hanno costretto ad una temporanea cecità: immediatamente dopo. Quando ho acquistato consapevolezza che stessero cercando me.
 
Quella pelle. Quelle ossa. Quel cuore. Quella vita. Stavano cercando me. Solo me.
 
Sto esagerando?
 
<< Cosa pensavi? >> insiste, avendo ottenuto solo silenzio.
 
Pensavo? Ah, mi sta chiedendo della frase che ho lasciato a mezz’aria, non del perché io mi sia improvvisamente ammutolito. Avrebbe molto senso. E spiegherebbe la mancanza di malizia nella sua espressione.
 
<< Mhm, forse darti dell’intelligente ha messo sotto pressione il tuo cervello >> pronuncia seria.
 
Sgrano gli occhi. Credo che ad una parte di me fossero mancate queste frecciatine. E, in un secondo, realizzo quanto sia unica. E lo sia sempre stata.
 
<< Non era abituato, vero? >> continua, scoppiando in un risolino.
 
E’ totalmente ignara dei miei pensieri; dell’amore che cerca di mascherarsi, nascondendosi in silenzio.
 
Resto impalato a guardarla. Le mie labbra si aprono in un sorriso al suono della sua dolce e inaspettata risatina.
 
Vorrei dirle tutto. Vorrei essere semplicemente in grado di prenderla per mano e dirle che ho bisogno di lei. Ho bisogno di questo momento come se fosse l’unica aria che potrò mai respirare. E ne ho sempre avuto bisogno.
 
Ma non è ancora il momento. Lei non è innamorata di me.  
 
<< La notte ti rende parecchio crudele >> commento, sperando di innescare la solita reazione a catena.
 
<< Siamo ancora completamenti onesti l’uno con l’altra? >> si accerta.
 
La guardo stranito. Non solo per aver evitato di rispondermi a tono ma, e soprattutto, per aver menzionato l’onestà che ha caratterizzato la nostra ultima conversazione di punto in bianco. Non capisco davvero cosa c’entri con quanto stavo dicendo.  
 
<< Lo vorrei tanto >> mi limito ad esternare con un sorriso sbilenco.
 
Magari avrò le idee chiare in un secondo.
 
Annuisce, come ad assimilare quanto udito, e poi sorride. << A questo proposito…non ho dormito stanotte >>
 
Aggrotto le sopracciglia. << E’ successo qualcosa? >> la preoccupazione è ben udibile nel mio tono.
 
Storce le labbra. Sembra indecisa sulla risposta. << Sì e no >>
 
<< Ti sei sentita male? Problemi con Julia? >> inizio ad elencare tutte le possibilità che mi vengono in mente.
 
Scuote la testa. << Tutto okay >> e sembra desiderosa di lasciar cadere l’argomento.        
 
<< E allora cosa? >> insisto, rischiando di sembrare petulante.
 
Non sono del tutto soddisfatto delle somme che ha tirato. E se il suo “tutto okay” non avesse lo stesso significato che ha per me?
 
<< Tu cosa dicevi prima che ti andasse in pappa il cervello? >> scherza.
 
Immagino non mi dirà nulla se non avrà la sua dose di chiarezza.
 
<< Pensavo solo uscissi dall’ingresso >> indico la porta alle mie spalle.
 
<< Ah >> è la prima cosa che esce dalla sua bocca. << La mia camera è più vicina all’ingresso sul retro quindi sono uscita da lì >> spiega con un estremo candore nel tono.
 
<< Mhm >> prendo nota di questa spiegazione.
 
Cerco di immaginare la sua camera. Lei al suo interno che si prepara per me. Sarà stata percorsa da una leggera scossa di entusiasmo all’idea? Oh, lo spero così tanto.
 
<< Vieni? >>
  
Smetto di sognare ad occhi aperti. << Dove? >>
 
Fa tintinnare delle chiavi appena pescate dalla sua borsa all’altezza del mio mento. << Macchina >>
 
<< Hai una…tu guidi?! >> suono più stranito di quanto sia realmente.
 
Annuisce rumorosamente e mi precede verso il lato della casa da cui è arrivata a sorprendermi. La seguo senza esitare.
 
<< Pensi dovrei fare testamento? >>
 
Nonostante mi dia le spalle, riesco quasi a vederla mentre, infastidita, alza gli occhi al cielo.
 
<< Dipende quanto tieni ai tuoi possedimenti >> mi regge il gioco.
 
I mie possedimenti? La cosa a cui tengo di più non è nemmeno mia. E non è nemmeno una cosa. Ma, ancora una volta, non è il momento di lasciare che la verità venga a galla.
 
<< Posso almeno rivolgere un ultimo saluto al mio cane? >> cerco di fingermi incline alla disperazione mentre l’affianco.
 
Mi rivolge lo sguardo per un istante quando si rende conto della mia presenza. << Credo sia l’ultimo essere vivente a cui mancherai >>
   
<< Tu non lo conosci! >> fingo di protestare, offeso dalla sua constatazione.
 
<< Certo che non lo conosco >> afferma semplicemente aprendo manualmente il garage.
 
<< Nemmeno io >> e mi stringo nelle spalle, abbandonando il personaggio appena creato.
 
<< Che? >> posso leggerle la confusione negli occhi.
 
O, almeno, vorrei poterlo fare. Deduco, però, che la confusione sia l’unico stato d’animo che può accordarsi ad un “che?” pronunciato in quel modo.
 
E’ vicino all’auto, adesso. La osservo a qualche passo di distanza. << Non ho un cane >> continuo, stringendomi nelle spalle per la seconda volta.
 
Sorride e scuote appena il capo. Mi guarda come se fossi un caso perso. Uno adorabile, però. E non posso negare mi piaccia.
 
<< Ci sono altre verità shock che vorresti condividere? >> mi prende in giro.
 
Annuisco. Mi fa cenno di procedere, tutt’orecchi, nonostante abbia aperto la portiera.
 
<< Potrei avere paura di morire >> proferisco serio, intenzionato a lanciarle una frecciatina non indifferente.
 
<< Sai, credo arrivi un momento nella vita di un “uomo” –mima delle virgolette- in cui è costretto a scegliere tra la vita e un primo appuntamento >> sembra più seria e composta di me.
 
In un battito di ciglia, prima che io abbia compreso il messaggio lasciatomi tra le righe, sale in macchina. La guardo regolare lo specchietto. “Primo appuntamento” riecheggia nella mia mente.
 
L’ha inteso sul serio? Dev’essere per forza così. Siamo nella “fase onesta”.
 
Senza pensarci due volte salgo accanto a lei. La vedo accennare un sorriso mentre mette in moto l’auto.
 
<< Stavo per darti altri due secondi prima di… >> non finisce volutamente la frase.
 
Posso immaginare cosa volesse dire. << Qual è stata la scelta di quell’uomo? >> domando, alludendo scherzosamente alla sua strana spiegazione.
 
Si stringe nelle spalle. << So solo che mi piace la tua >> sussurra.          










SPAZIO AUTRICE: Qual è il saluto adatto ad una criminale come me? Mi vergogno così tanto a "tornare" adesso. Sento di avere la coscienza sporca per essere mancata per oltre un mese. 
Effettivamente potrei spiegarvi, ma ne avete davvero bisogno? Voglio dire, credo sia inutile stare qui ad annoiarvi con la storia della mia vita quando è quella di Harry e Char che vi importa davvero. (Nel senso buono, non vi sto dando dei "menefreghisti"!).
Non avrei voluto tenervi lontano da loro per così tanto, è solo che (avevo detto non l'avrei fatto ma tendo a mentire lol) non avevo ispirazione. Fino al 28 Novembre (data in cui, a quanto pare, ho pubblicato il capitolo precedente) riuscivo a scrivere in un paio d'ore ascoltando per intero "The 1975" (album omonimo dei "The 1975", appunto) poi "1989" e "FOUR" sono usciti e non è stato più lo stesso. (So che sono usciti prima del 28 ma mi hanno "danneggiato" dopo).
In breve, sono tanto dispiaciuta e non mi aspetto che questo schifo piaccia e/o che adesso ci sia lo stesso numero di persone che erano solite bazzicare e lasciare recensioni. Ad essere sincera, mi aspetto un'enorme balla di fieno che mi porterà a rinunciare a questa storia. Ed è solo colpa mia ><


Tirando le somme, credo sia chiaro che scriverò solo se "vedrò" qualcuno. Se tutti mi hanno abbandonato, che senso ha scrivere la storia quando nella mia testa ho vissuto tutto dieci volte manco fosse un flashback?


Se qualcuno si è preso la briga di arrivare fin qui, vorrei solo dire "grazie di cuore". E' molto importante per me. Lo è sempre stato :) x
Ps. Buon anno a tutti! Vi auguro possa riservarvi tanti momenti degni d'essere vissuti e possa condurvi sempre più vicino alla persona che siete destinati ad essere :)
(Perdonate la resa italiana pessima ma, a quest'ora, il mio cervello parla solo inglese e sto traducendo praticamente tutto. Male.) 
Pps. Ci sono miliardi di cose che vorrei dire ma taccio perché, appunto, non sono sicura ci sia ancora qualcuno qui per me. 
Hopefully, I'll see you soon. In case I won't, it was amazing to be part of this. You were one of the things I was the most grateful for when the 2014 came to an end. Lots of love x

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Capitolo 38
*** #3 ***


#3
 
Parcheggia con una maestria che non le avrei mai associato e, dopo aver spento l’auto, mi rivolge una strana occhiata.
 
Non capisco se sia soddisfatta per come ha guidato, per aver scelto la destinazione o per aver accennato alla faccenda “appuntamento”.
 
<< Cosa? >> le domando, curioso.
 
Prende a fissarmi intensamente. I suoi occhioni brillanti scrutano i miei. Spero di avere un bell’aspetto. La sua presenza mi rende un tale idiota.
 
<< Quanto sei a tuo agio con tulle, unicorni e porporina? >> cambia argomento con un sorrisino di derisione.
 
Mi spiazza. Dove mi ha portato? Non è facile decifrare quello che faremo da un parcheggio sotterraneo. Probabilmente avrei dovuto prestare attenzione a ciò che ci circondava o, in generale, al percorso. Il problema è che non riuscivo a toglierle gli occhi di dosso.
 
Non ho mai avuto occasione di osservarla immersa in qualche attività prima di adesso e non potevo prestare attenzione a qualcosa di irrilevante come il paesaggio avendo un simile dono al mio fianco.
 
Cosa dovrei risponderle adesso? Ho quasi l’impressione di potermi mettere nei guai con la frase sbagliata.
 
Mi strofino il retro del collo. << Ehm… >> inizio, incerto.
 
La sua espressione seria contrasta la disperazione che caratterizza il mio viso.
 
<< Questa domanda è davvero rilevante? >> continuo.
 
Scoppia a ridere, chinando il capo. Sgrano gli occhi, allibito sia potuto succedere per una domanda simile.
 
Ero così buffo? Ho davvero il potere di farla ridere? Mi abituerò mai?
 
La sua risata fragorosa mi contagia. Le mie labbra si allargano in un sorriso.
 
<< Dovevi vedere la tua faccia. E’ stato esilarante! >> commenta, tornando a rivolgermi lo sguardo.
 
Aggrotto la fronte. << Non indosserò nessun tutù rosa? >>
 
Scuote la testa mentre cerca di smorzare la risata prendendo dei bei respiri.
 
<< Peccato – commento come se mi dispiacesse- avrei potuto mostrarti il mio fascino con… >>
 
<< Pensavo ne avessimo già parlato. I colori pastello non mettono in risalto i tuoi occhi >> alza gli occhi al cielo, fingendosi seccata.
 
Si slaccia la cintura. << E io non ho alcuna intenzione di vederti indossare una gonna >> continua.      
 
<< In quel bagno non mi sembravi così riluttante >> insinuo.
 
Trattiene un sorriso e scende dall’auto. Rendendomi conto non mi stia aspettando ma, bensì andando via, mi affretto ad imitarla. La raggiungo e, una volta al suo fianco, noto stia sorridendo. Ancora. Per me.
 
<< Quello che è successo in quel bagno rimane in quel bagno, okay? >> mette in scena una minaccia.
 
<< Stai rinnegando Carry in questo modo? Sei senza cuore! >> esclamo, portandomi teatralmente le mani al cuore.
 
Mi guarda di sottecchi e mi dà una lieve spinta con la spalla. << Non mi dimentico di Carry >> afferma.
 
La guardo stranita e, come se sentisse il peso del mio sguardo su di sé, aggiunge: << O di te >> il suo tono è serio.
 
Di me? Cosa dovrebbe voler dire? E’ positivo, vero?
 
<< Di me? >> esterno.
 
Annuisce. << Solo perché tu lo sappia, siamo in un centro commerciale >> sussurra.
 
Ha cambiato argomento. Come suo solito. Le nostre conversazioni seguono sempre i suoi tempi, lasciandomi a brancolare nel buio; lasciandomi morire dalla curiosità.     
 
Non potendo insistere sulla questione “me”, cerco di riportare la conversazione su quell’argomento leggero che tanto la faceva sorridere.
 
<< Ci sono gonne qui. Perché credi che mi sottrarrei dal provarti io abbia ragione? >> scherzo, inclinando appena il capo dalla sua parte.
 
<< Dentro di me spero ancora tu abbia un briciolo di dignità >> ironizza, fermandosi di colpo.
 
 La imito. << Esci con me per la mia dignità? >> mi fingo sconvolto.
 
Mi lancia un’occhiata eloquente, incrociando le braccia al petto. << Mi ricordi perché siamo qui? >>
 
<< Mhm, probabilmente perché vuoi saltarmi addosso >> pronuncio, non riuscendo a trattenere un risolino sul finale.
 
Rotea gli occhi. Non aggiunge altro. Il suo volto si irrigidisce.
 
Ho quasi l’impressione di star facendo qualcosa di sbagliato. Tirare troppo la corda, magari? Essere inopportuno? Forse dovrei cambiare rotta. Magari non è esattamente il tipo di appuntamento che aveva in mente. Magari non le sto offrendo ciò che desidera.
 
Tace, ancora. Questo suo silenzio mi sta torturando. Anche se so quanto sia folle visto non sia successo effettivamente nulla di brutto. Per adesso.
 
<< Come mi hai scoperta? >> esterna, scoppiando a ridere.
 
E’ la frase più bella che avrei mai potuto udire in questo momento. E la sua risata! E’ e sarà sempre il mio suono preferito. Diecimila volte meglio del modo in cui qualsiasi altra persona potrebbe pronunciare il mio nome per offrirmi del cibo.
 
Probabilmente non le sto dando il peggior appuntamento di sempre. Potrebbe addirittura essere il migliore se continuassi ad essere me stesso. In fondo, è me che vuole, no?
 
E’ a me che ha chiesto di restare ieri sera. Ed è per me che è qui. Non per il cameriere della locanda. O per chiunque altro.
 
<< Non è difficile quando hai un corpo come il mio –mi indico con entrambe le mani- Sono i rischi che corro >>
 
Scuote la testa, schioccando divertita la lingua.
 
<< Mamma me l’ha sempre detto: “Figlio mio – modifico la mia voce affinché sia leggermente più acuta - crescendo tante ragazze vorranno sperimentare la lezioncina sulle api con te. Vorranno portarti in posti strani ma tu non devi fidarti di nessuna di loro” >>
 
<< La lezioncina sulle api? >> chiede mordendosi il labbro inferiore per non scoppiare a ridere.
 
Mi stringo nelle spalle. << Mia madre usa un linguaggio accessibile. Ed ero pur sempre un bambino >> mi difendo.
 
A guardarla, così, vestita di tutto punto per me, in un parcheggio sotterraneo, non riesco a non ritenermi la persona più fortunata di questo mondo.
 
Chiude gli occhi e si lascia andare ad un’adorabile risatina.
 
E vorrei baciarla. Vorrei posare le mie labbra sulle sue e mostrarle quanto amore ho da darle. Ma non posso. Devo trattenermi. E’ così difficile.
 
Riapre gli occhi. Questo mi aiuta a distrarmi. << Quante speranze ho di convincerti a non dar ascolto a tua madre? >> domanda.
 
Per un istante potrei giurare sia più di un semplice scherzo. Sembra una richiesta. Assomiglia al suo modo di esporsi senza farlo per davvero. Assomiglia a tutto ciò che amo di lei.
 
<< Mhm, non ho mai davvero ascoltato i suoi discorsi sulle ragazze >> sussurro con un po’ di malizia.
 
Mi guarda desiderosa io continui.
 
<< Se così fosse, non avrei conosciuto te >> proseguo. << E, per la cronaca, non mi lascio trasportare solo chissà dove da chiunque >>
 
Spalanca le palpebre per un istante. Una dimostrazione di stupore?
 
<< Sono grata tu sia un ribelle >> pronuncia quasi imbarazzata.
 
<< Solo per questo? >> insinuo, avvicinandomi al suo viso.
 
Sono a dieci centimetri dalle sue labbra. Il mio desiderio di baciarla si sta ripresentando e non so per quanto riuscirò a dissimulare. Lei, dal canto suo, non sembra fare una piega.
 
<< Dovrebbe esserci altro? >> mi punzecchia sostenendo il mio sguardo. 
 
Non so davvero cosa replicare. Per la prima volta sono in seria difficoltà. Non riesco a pensare correttamente a questa distanza dalla sua persona.
 
Torno alla mia precedente posizione. << Perché un centro commerciale, Char? >> cambio argomento, sperando possa aiutarmi.
 
Abbozza un sorriso e riprende a camminare, lasciandomi indietro.
 
Cos’ho sbagliato adesso? E’ per caso offesa perché, in realtà, desiderava la baciassi e non l’ho fatto? No. Non credo desideri lo stesso. Sarebbe troppo bello.
 
La raggiungo. Ha una strana espressione. << Tutto okay? >> mi accerto.
 
Annuisce ad occhi bassi. Si ferma a pochi passi dalla porta a vetri che dal parcheggio sotterraneo porta all’interno del centro commerciale. Abbastanza distante affinché i sensori non si attivino.
 
Mente. Qualcosa la preoccupa. O la rende incredibilmente nervosa. Lo percepisco dal modo in cui si tormenta l’interno del labbro.
 
<< Puoi dirmi qualsiasi cosa >> mi azzardo a ricordarle.
 
Sobbalza. Mi rivolge lo sguardo e abbozza un sorriso. << E’ quello che sto provando a fare >>
 
Ricambio, sfiorandole appena il braccio.
 
Col capo mi fa segno di proseguire. Senza aggiungere altro, oltrepassiamo la porta e lasciamo che le scale mobili ci conducano al primo piano.
 
Non proferisce parola e mi ferisce vederla così taciturna. Ha un’espressione così triste. Di una sofferenza a cui ci si è aggrappati per troppo. Mi ricorda quel singolare sospiro a cui si era lasciata andare in bagno. Prima di dirmi quanti anni avesse.
 
<< Sembra carino >> commento immediatamente, una volta arrivati in cima.
 
Ho bisogno di mettere in moto una conversazione leggera cosicché possa tornare spensierata. Quell’orribile nuvola nera che la tormenta deve sparire.
 
<< E’ uno dei miei posti preferiti >> ammette.
 
<< Davvero? >> continuo, sperando che il mio sincero interesse nei suoi confronti possa aiutare.
 
<< Ci vengo almeno tre volte al mese >> sorride.
 
<< Deve avere qualcosa di speciale per essersi guadagnato il tuo affetto >> constato.
 
Sembra quasi io stia parlando di una persona. Me ne pento immediatamente.
 
Mi rivolge un’occhiata. Il velo di tristezza sembra essere sparito. << Il secondo piano >>
 
<< Il secondo piano? >> ripeto, stranito.
 
<< Lo capirai quando lo vedrai >> mi assicura. << Ci andiamo più tardi >> prende a camminare.  
 
La seguo, senza curarmi di dove sia diretta. << Quindi ha il tuo affetto >> insinuo ripetendomi, interessato alla faccenda.
 
Mi lancia un’occhiata di traverso e accenna un sorriso. << Dove vuoi andare a parare? >> domanda.
 
Credo di non poterla raggirare. Non che io sia un esperto. Smetto di funzionare solo all’idea che i suoi occhi abbiano scelto di posarsi su di me!
 
<< Mi chiedevo solo quali fossero i requisiti per meritare il tuo affetto >> ammetto, senza ulteriori giri di parole.
 
Non potrò mai essere più a nudo di così. E, onestamente, lei è l’unica per cui varrebbe la pena rischiare il proprio cuore. Ora e sempre.
 
Si stringe nelle spalle. << Non ci ho mai pensato – ammette- Sii solo te stesso >> mi lancia un sorriso sul finire della frase.
 
<< Solo me stesso? >> e, dopo aver esternato quella domanda, mi ritengo un idiota.

 Non è abbastanza palese? Che bisogno ha la mia bocca di farmi passare per un ritardato?
 
<< Hai presente i pregi che non riuscivo a trovare in quel bagno? >>
 
Aggrotto la fronte. Sta davvero per dire qualcosa di carino? Annuisco per permetterle di andare avanti.
 
<< Potrei avere un paio di idee per una lista, adesso >>
 
I miei occhi si spalancano. Questo è il suo modo di dire quanto di più carino ci sia al mondo. E, nonostante il fatto non sia esplicito, lo adoro. Mi intriga, sempre.
 
<< Io…io >> mi blocco di colpo quando mi rendo conto io stia solo balbettando un pronome personale non a caso senza, però, andare avanti.
 
Scoppia a ridere. << Il tuo cervello va in panne per così poco? >>
 
<< Non è poco per me >> sussurro.
 
Trattiene a stento un sorriso compiaciuto. In men che non si dica avvolge la sua mano intorno al mio polso e mi trascina in un negozio.
 
Il suo tocco è, come sempre, capace di causarmi i brividi. La sua scelta di contatto fisico potrebbe commuovermi.
 
 
 
 
 
 
<< Harry? >> mi chiama.
 
Riesco a distinguere l’incertezza nel suo tono. Deve aver aperto le tendine del suo camerino e dev’essersi stranita quando non mi ha visto lì fuori come, invece, le avevo promesso avrei fatto. Non credo sappia che sono proprio nel camerino accanto al suo.
 
<< Un attimo >> pronuncio, rivelando la mia posizione onde evitare vada via.
 
<< Dove sei? >>
 
<< Camerino accanto >> rivelo, avendo quasi finito di vestirmi.
 
<< Non avevo capito volessi provarti qualcosa >> afferma e la sua voce sembra più vicina.
 
Abbasso lo sguardo e scorgo i suoi piedi. E’ davanti e mi aspetta. Non vedo l’ora di vedere la sua faccia.
 
<< E’ stata una cosa improvvisa >> replico. Mi controllo nello specchio. << Tu hai trovato qualcosa? >> domanda, per intrattenerla.
 
<< Sì, un paio di jeans. Volevo mi dessi un parere ma non… >>
 
<< Li hai ancora addosso? >> la interrompo.
 
<< Mhm, sì >> risponde leggermente stranita dalla mia domanda.
 
Apro un piccolo varco per inserire la testa ed ammirarla. E’ bellissima e quel paio di jeans le sta a pennello.
 
<< Wow >> mi lascio sfuggire.
 
Sorride. << Aspetta >> e fa un giro su sé stessa.
 
Credo di non averla mai vista così radiosa in mia presenza. Non che abbiamo trascorso un gran numero di giorni insieme.
 
<< E’ perfetto >> commento inebetito.
 
<< Ricomponi la mascella, Harry >> sussurra con una lieve malizia.
 
Sapevo sarebbe successo. Non sono riuscito a darmi un contegno –e come avrei potuto?- e lei se n’è approfittata. Ho decisamente fatto la figura dell’idiota.
 
Sorride alla mia reazione.
 
Almeno la faccio sorridere. Essendo me stesso. O un idiota. Che non fa alcuna differenza.
 
<< Non puoi dirmi cosa fare >> protesto, fingendomi un bambino nel pieno della sua fase ribelle.
 
Scuote appena la testa con la sua solita espressione da “adorabile caso disperato”. << Hai intenzione di…? >> inizia ma, ancora una volta, decido di interromperla.
 
<< Sai cosa, Char? Quando ti mostrerò il mio corpo, la tua mascella andrà a terra >> e il mio tono è talmente competitivo da spaventare anche me. Per un istante.
 
Allarga le braccia. << Mostrami quello che sai fare >> risponde in finto tono di sfida.
 
Siamo davvero in sintonia.
 
Ritraggo la testa e, dopo aver contato mentalmente fino a tre per creare un po’ di suspense, decido di aprire di scatto la tendina.
 
Gli occhi di Char ci mettono pochi istanti per scrutarmi dalla testa ai piedi, comprendere quello che ho combinato e mandare al cervello un ordine abbastanza semplice: “ridi!”.
 
Prende a ridere così forte da piegarsi in due e indietreggiare.
 
<< Vuoi che faccia anch’io una giravolta così puoi ammirarmi? >> rendo la mia voce un po’ più acuta di proposito.
 
Annuisce mentre, ancora piegata in due, ride senza tregua.
 
<< Ma devi guardarmi altrimenti è inutile! >> le faccio notare.
 
<< Perdonami >> riesce a pronunciare tra una risata e l’altra.
 
Torna in posizione eretta e mi guarda nascondendo la sua voglia di ridere con la mano destra. Con l’altra mi fa segno di procedere.
 
Con espressione altezzosa, procedo nella migliore esibizione che io abbia fatto di uno stupendo abito da sera.
 
<< Come sto? >>
 
<< Divina >> commenta con un risolino.
 
<< Non trovi che la gonna mi fasci un po’ troppo le gambe? Sembrano quelle di un uomo! >> mi fingo inorridito, riproponendo una versione acuta della mia voce.
 
Non riuscendo più a trattenersi, scoppia in una risata fragorosa. Ancor più fragorosa di quella interrotta prima.
 
Vorrei poterla registrare e usare come suoneria. E come sveglia. Sarebbe il modo migliore per aprire gli occhi ogni mattina. Vorrei semplicemente usarla come colonna sonora della mia vita. Non posso?
 
<< Magari con il paio di scarpe giusto ovvierai al problema >> mi regge il gioco.
 
Oltre la sua spalla intravedo una commessa venire dalla nostra parte. Probabilmente è convinta abbiamo bisogno d’aiuto. Quando nota cosa io stia indossando sembra impallidire e torna sui suoi passi.
 
Prendo a ridere. << Non hai idea di cosa è appena successo dietro di te >>
          
<< Cosa? >> si volta di scatto.
 
Mi rivolge il viso quando non trova nulla di rilevante. Inarca appena un sopracciglio per chiedermi spiegazioni.
 
<< Una commessa stava venendo da questa parte. Quando mi ha visto è stato come se avesse visto un fantasma ed è ritornata da dove era venuta >> la informo.
 
Sgrana gli occhi e riprende a ridere. << Io non posso credere che stia accadendo >> commenta.
 
<< Cosa? >> domando.
 
Mi indica. Indica sé stessa e poi l’ambiente circostante. << Tutto questo >> aggiunge.
 
<< Dovevo provarti che sto uno schianto con la gonna. E che i colori pastello risaltano i miei occhi. E dovevo provare a me stesso non uscissi con me per la mia dignità >>
 
Ripete la sua espressione da “adorabile caso disperato” che sto iniziando ad amare e mi spinge dentro il camerino.
 
<< Vuoi saltarmi addosso qui? >> scherzo, alludendo al fatto che, spingendomi, sia entrata a sua volta.
 
Scuote la testa. << Non sono così di classe >>
 
Non posso fare a meno di pensare a quanto sia fantastica. Come ogni volta apra bocca, del resto.
 
<< Cosa insinui? >> decido di intraprendere la parte dell’offeso.
 
<< Uno come te merita posti più…romantici. Tipo dietro un cassonetto >> spiega e non posso non notare l’incredibile dose di malizia che inserisce nel tono pronunciando quella frase.
 
<< Posso esternare una richiesta per quel momento? >>
 
Indietreggia uscendo dal camerino. << Non se si tratta di un cambio di location >>
 
<< Dovrai indossare questi jeans >> e li indico.
 
<< Dovrei saltarti addosso senza che tu possa avere la tua mascella con te? >> mi prende in giro piegandosi in avanti.
 
Il suo viso è eccessivamente vicino al mio. << E’ un rischio che posso correre >> accenno, incredibilmente serio.
 
Sono così concentrato sulla sua bocca. Sul contenermi. C’è troppa tensione tra noi. In senso positivo, intendo. Ho la sensazione che anche lei stia pensando lo stesso. Dal modo in cui fissa le mie labbra incantata.   
 
Sta davvero accadendo? C’è davvero la possibilità che la baci per la prima volta sulla soglia di un camerino?
 
Prima che possa pensare a qualsiasi altra cosa, incurva l’angolo delle labbra in un mezzo sorriso. Come se tramasse qualcosa.
 
Si allontana di scatto e chiude la tendina.
 
<< Cambiati! >> mi intima. << Il secondo piano ci attende >> e so sia divertita per l’intera situazione.
 
Come potrebbe non esserlo? Ha capito di avermi in pugno. Se non l’era chiaro in precedenza, almeno.
 
<< Hai solo paura potrei farti sfigurare >>
 
Non ricevendo alcuna risposta, prendo a liberarmi dall’orribile vestito che ho indossato solo per lei, mandando seriamente a quel paese l’ultimo briciolo di dignità che mi era rimasto.
 
In men che non si dica, ritorno nei miei comodissimi jeans scuri e non potrei esserne più felice.
 
<< Posso chiederti una cosa? >> immagino si stia rivolgendo a me. 
 
 << Se la domanda è “Devo comprare altri jeans così?”, la risposta è un enorme sì >> scherzo.
 
<< Se ne comprassi altri uguali, questi non sarebbero i jeans speciali per lo stupro >> pronuncia assottigliando la voce sul finire della frase affinché sembri una bambina.
 
<< Sono onorato >> rispondo portandomi teatralmente una mano sul cuore, nonostante lei non possa vedermi.
 
<< Passiamo alla domanda? >>
 
Recupero la t-shirt dal gancio. << Non credo di avere altra scelta >> rispondo.
 
Un sorriso mi solca il viso quando i miei occhi si posano sullo specchio. Questo non perché io sia vanitoso ma, più che altro, perché sto ammirando la persona che Charlotte mi ha fatto diventare nel giro di poco tempo: uno disposto a tutto per amore.
 
<< Hai pensato fossi pazza quando ti ho fatto quella scenata in bagno per la maglia? >>
 
Mi acciglio mentre infilo le maniche. << Perché avrei dovuto? >>
 
<< Non lo so >> mi sembra di vederla mentre, timida, scuote appena la testa.
 
<< Ho pensato non fosse una reazione normale ma non ti ho considerata pazza >> spiego, rimettendo l’abito sulla gruccia.
 
Annuisce rumorosamente e immagino stia soppesando le mie parole.
 
Esco dal camerino e mi rendo conto lei stia facendo lo stesso. Il pensiero di essere perfetti l’uno per l’altra perché sincronizzati mi fa sorridere. Non è su questo che si basa una relazione ma resta una cosa carina.
 
<< Vado a posare l’abito e torno >> la informo.
 
<< Non lo prendi? >> mi punzecchia.
 
<< Le mie gambe sono troppo favolose per essere fasciate così male >> cerco di mettere quanto più disprezzo possibile.
 
Sorride.
 
    
 
 
 
Prendiamo le scale mobili e raggiungiamo il secondo piano. Mi si parano davanti agli occhi almeno tre ristoranti nello stesso istante. Do un’occhiata veloce intorno e tutto ciò che vedo è cibo.
 
Ora mi è chiaro perché adori questo piano. Niente è più importante dello stomaco.
 
Sorrido.
 
<< Cosa? >> mi chiede.
 
Sussulto. Mi ha beccato. Mi fissava? Sarebbe carino pensare stesse studiando il mio viso mentre non guardavo.
 
<< Capisco i tuoi criteri >> e mi strofino la pancia.
 
Mi spinge appena. << Non è solo per il cibo >>
 
<< Cos’altro? >> chiedo prontamente, quasi certo l’abbia detto per discolparsi.
 
<< Devi promettermi di non ridere >> e mi ammonisce aggiungendo un’occhiata eloquente.
 
<< Prometto >>
 
<< C’è uno store della Disney >>
 
Un sorrisino sghembo si piazza sul mio viso.
 
<< Non fare così! >> protesta.
 
<< Così come? >> fingo di non saperne nulla.
 
<< Quel sorriso! E’ chiaro cosa voglia dire >>
 
<< Sono solo sorpreso delle tue scelte >> ammetto, prendendomi un po’ gioco di lei.
 
<< Vorrà dire che ci andrò da sola >> mi sorpassa, facendo la difficile.
 
Scuoto la testa. Questo giochetto è qualcosa a cui potrei decisamente abituarmi.
 
La raggiungo e le afferro cautamente il polso. << Non ti libererai di me nemmeno volendo >>
 
<< Non voglio, infatti >> mormora.
 
Sgrano gli occhi. Non può aver detto una cosa simile. << Cosa? >>
 
<< Non ti avrei chiesto di restare, altrimenti >> rincara la dose.
 
Potrei davvero incorniciare questa giornata come la migliore di sempre trascorsa in sua compagnia. Nonostante sia appena ora di pranzo.
 
<< E’ bello tu sia così onesta con me >> commento.
 
Si stringe nelle spalle. << Immagino sia quello di cui abbiamo bisogno, no? >>
 
Annuisco.
 
<< Adesso non facciamo attendere oltre il mio stomaco >> pronuncia, cambiando la piega seria che la nostra conversazione aveva preso.
 
 
 
 
<< Com’è? >> le chiedo indicando con le bacchette un onigiri che lei ha già assaggiato.
 
<< Delizioso >> mi assicura.
 
Fidandomi della sua recensione, decido di assaggiarlo.
 
<< Mio padre mi chiamava Char >> pronuncia tutto d’un fiato.
 
Quasi mi va di traverso il riso dallo spavento. Bevo immediatamente un sorso d’acqua.
 
<< O, almeno, è quello che mi hanno sempre detto i miei nonni >> precisa.  
      










SPAZIO AUTRICE: 
Per quanto possa sembrare surreale, sono tornata. Spero onestamente che non vogliate uccidermi per l'incredibile attesa. 
So di non essere più "puntuale" come agli inizi e ne sono incredibilmente dispiaciuta. Mi auguro solo che questo non influisca in maniera negativa su di voi e che continuiate a leggere.
Ho l'impressione che la storia stia diventando banale e ripetitiva. Vi dispiacerebbe lasciare una recensione o mandare un messaggio (qualsiasi social è ben gradito) per farmi conoscere la vostra opinione?
Servirebbe davvero a spronarmi a continuare >< 
Buon proseguimento di giornata :) x


 

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Capitolo 39
*** Closer. ***


Closer. 

<< I tuoi nonni? >> chiedo incerto e sinceramente stranito.
 
Annuisce. << Loro sono tutto ciò che mi rimane >>
 
<< Quindi tuo padre è…? >> inizio la frase, sperando non si concluda con la notizia di un’altra morte.
 
Cosa potrebbe essere, però, a questo punto?
 
<< Vivo – abbozza un sorriso- Solo non nei miei paraggi >> mi sembra di udire dell’amarezza nel suo tono.
 
 Non so esattamente come reagire. Cosa vuol dire? Cos’ha fatto l’uomo che l’ha messa al mondo?
 
<< Ci ha lasciato quando ero molto piccola. In tutta onestà, non ricordo nemmeno il suo viso. Non sapevo nemmeno quale fosse il suo nome prima che mia nonna me lo dicesse >> continua, rendendomi partecipe della sua vita.
 
<< Com’è possibile? >> domando di getto.
 
Si stringe nelle spalle. << La mia famiglia non segue esattamente gli stereotipi >> intinge il suo California roll nella salsa di soia.
 
<< Sai altro sul suo conto? >>
 
Scuote la testa. << Non da quando mamma si è ammalata, almeno >>
 
Porta tutto alla bocca.
 
<< Non mi è esattamente chiaro >> e noto stia fissando la mia fronte aggrottata.
 
La osservo masticare e attendo finisca per saperne di più.
 
<< Vuoi davvero sapere tutto oggi? >>
 
Dalla domanda intuisco non sia esattamente pronta. Posso capirlo. Non dev’essere facile esternare il proprio passato, specialmente non a qualcuno come me: un ex perfetto sconosciuto.
 
Posso attendere. Posso lasciare che tutte queste informazioni apparentemente disconnesse mi torturino. Posso farlo sapendo che il tempo mi ripagherà di tutto; sapendo che, pian piano, mi sta donando tutta sé stessa.
 
E non potrei desiderare altro.
 
<< Qualcosa sui tuoi nonni, magari? –osservo la reazione che la mia richiesta causa prima di continuare- Sembrano forti >>
 
<< Perché non mangi? Non ti piace? >> cambia argomento.
 
Non sembra in maniera definitiva. Non mi pare l’abbia fatto per evitare del tutto l’argomento. E’ sinceramente interessata al mio appetito.
 
<< Sono molto preso >> ammetto con un sorriso sbilenco.
 
Scuote la testa, divertita. Ha ancora quell’espressione da caso perso che tanto adoro. Vorrei baciarla.
 
Sorride furbetta. << Giusto un accenno >>
 
Le faccio segno di procedere con la mano.
 
Prende la palla al balzo. << Vivono a Roma, in Italia >>
 
<< Assurdo tu creda io non sappia dove sia Roma >> mi fingo offeso per strapparle un sorriso.
 
Vorrei che in futuro non ricordasse questa conversazione come la più ardua della sua vita, né ricordasse me in maniera negativa.
 
Mi sento osservato dagli altri clienti. C’è una strana frenesia tutto intorno. Ho quasi l’impressione mi abbiano scoperto e stiano parlando di lei, di me, di noi.
 
Mi fa il verso. << Qualcuno qui è suscettibile >> punzecchia.
 
Probabilmente sono troppo paranoico. Non devo pensarci. Non quando ho Charlotte con me. Non voglio sprecare nemmeno un istante per focalizzarmi su qualcos’altro.
 
<< E’ una bella città >> affermo, tornando serio.
 
Spero davvero che insinuando una cosa del genere, la spingerò a rivelare altro. Potrebbe accadere? Abboccherà all’amo?
 
<< Per un po’ >> commenta.
 
E con ciò cosa vorrebbe dire? << Mhm? >>
 
<< Ci ho vissuto più o meno sei mesi dopo la morte di Sophie >>
 
Ha decisamente abboccato. Sono entusiasta all’idea di essere riuscito nel mio intento. Allo stesso tempo, però, mi sento un orribile manipolatore.
 
<< E poi cos’è successo? Perché te ne sei andata? >>
 
Mi rendo conto di suonare disperato ma, anche se volessi evitarlo, la disperazione non è così lontana dal mio stato attuale.
 
<< Tocca a me fare le domande adesso >> esordisce e sembra quasi non vedere l’ora di poter invertire i ruoli.
 
Non sono affatto stupito. Considerando il nostro primo incontro, ho scoperto anche abbastanza per una sola mattina.
 
Non obietto. << Mi sembra giusto >>
 
<< Perché ti interessa tanto conoscere tutti i dettagli della mia vita? >>
 
E’ una domanda così semplice eppure la risposta non è così immediata. Ci rifletto un secondo.  << Voglio solo conoscerti meglio, credo. E’ così sbagliato da parte mia? >>
    
Mi fissa per qualche secondo. Dà quasi l’idea di essere intenta a studiare tutti i particolari del mio viso, tutte le mie espressioni, tutti i modi in cui le mie labbra possono inarcarsi. Vuole imparare a decifrarmi?
 
<< Sei onesto? >> la sua voce risuona stranamente limpida, come se la stesse usando per la prima volta.
 
<< Sempre >> proferisco senza nemmeno pensarci su.
 
Me ne pento immediatamente. Non sono onesto. O, almeno, non è quello che sono sempre stato. Mento. Ogni giorno. Specialmente quando fingo di non sapere tutto ciò che ho visto sul suo profilo instagram. Mento quando insinuo questo sia il nostro inizio dal momento che questo è solo il suo inizio.
 
Non sa del mio amore e di come sia nato ancor prima che mi incontrasse per davvero. Le mento ma le assicuro non sia così. Come posso conviverci?
 
<< Parlami della tua famiglia >> mi esorta.
 
<< Mhm, non c’è molto da dire. Siamo la tipica famiglia post-separazione. –mi fermo qualche istante- I miei hanno divorziato quando ero piccolo. Mia madre si è risposata con un uomo adorabile >>
 
<< Vai d’accordo con lui, quindi? >> si informa.
 
Appare davvero interessata a quello che posso aver provato affrontando un simile cambiamento nel mio equilibrio. Potrebbe essere più dolce di così?
 
Annuisco, cercando di non dare a vedere quanto la sua domanda mi abbia allietato. << E’ un tipo apposto e rende felice mia madre. Trovo sia un’ottima qualità >>
 
Riprendo a mangiare, non volendo restare indietro rispetto al suo appetito.
 
<< Tuo padre, invece? >>
   
<< Non pensavo ti interessassero gli uomini così maturi >> la prendo in giro.
 
<< Solo se si tratta di padri sexy >> risponde a tono.
 
Basta a farmi tacere. Non saprei cos’altro aggiungere. Stranamente adoro questa condizione; il fatto che mi lasci senza parole e io non mi senta assolutamente in dovere di trovare altro da dire o da fare.
 
Lancia un’occhiata distratta al display del suo cellulare mentre finisco la mia porzione.
 
Assume un’espressione turbata.
 
<< Qualcosa non va? >> domando, irrompendo nei suoi pensieri.
 
Posa i suoi occhioni brillanti su di me come se si accorgesse della mia persona per la prima volta. Ci vuole qualche istante affinché mi lanci un sorriso. Rimane il più dolce io abbia mai visto possedere ad una donna. Se si escludono mia madre e mia sorella, ovviamente.
 
Piega la testa su un lato e dà una veloce occhiata al mio piatto prima di guardare di nuovo me. << Sembra ti dispiaccia mangiare >> ridacchia.
 
Scuoto la testa. << Non sono abituato >> ammetto.
 
<< A mangiare?! >> chiede tra lo stupita e il divertita.
 
<< Ad arrivare alla fine di un pasto in tua compagnia >>
 
Si rabbuia. Cosa ho fatto? Era davvero necessario glielo ricordassi vista la sua reazione?
 
<< Sono ancora dispiaciuta per l’altro giorno >> ammette. Non credo di averla mai vista così seria.
 
<< E’ tutto okay, scherzavo! >> mi affretto ad assicurarle.
 
 
 
 
 
 
 
In pochi istanti mi rendo conto ci stiano seguendo.  Abbiamo un gruppetto numeroso di ragazze alle calcagna. Non sono sicuro Charlotte abbia notato qualcosa. Credo sia difficile il contrario.
 
Questa situazione inizia a spaventarmi. Sono senza guardie del corpo. Sono da solo con la donna che amo e non so come potrà andare a finire.
 
Continuo a camminare diretto al Disney store facendo finta di nulla. E’ la mossa più saggia? In fondo, è lì che lei vuole andare e ci tengo affinché la giornata sia perfetta.
 
Magari non sarà tragica. Mi fermeranno, chiederanno un autografo, una foto o altro e, una volta soddisfatte, andranno via. Potrà volerci una mezz’ora, magari.
 
E se, invece, non dovessero accontentarsi? E se arrivasse qualcun altro?
 
All’improvviso delle urla isteriche si diffondono alle nostre spalle. Forse è troppo tardi. Ho quasi paura di voltarmi.
 
<< Vieni con me >> esclama, prendendomi per mano e iniziando a correre.
 
Sono troppo frastornato per pensare lucidamente ma ho l’impressione stia accadendo qualcosa di significativo.
 
 
 
In men che non si dica siamo davanti all’auto. Charlotte mi lascia la mano, preme il pulsante per aprire le portiere e si precipita al lato del guidatore.
 
Salgo e, mentre aspetto faccia altrettanto, metto la cintura e controllo la situazione. Mi sembra di scorgere qualche figura che corre dalla nostra parte. E se dovessero seguirci? Metterei Charlotte in una brutta posizione. E non voglio.
 
Mentre questi pensieri prendono ad intrecciarsi nella mia mente, mette in moto e schizza via.
 
Dopo qualche istante di silenzio tombale, scoppia a ridere. Mi volto ad osservarla.
 
<< Cosa c’è? >> chiedo abbassando il volume della voce sul finire della frase.
 
E’ come se, all’ultimo, avessi deciso di non intaccare questo momento per godermi la bellezza di una vita intera che esplode in una semplice risata.
 
<< E’ stato divertente! >> esclama e riprende la sua risata.
 
Sgrano gli occhi. Come può averlo trovato divertente? Chiunque altro si sarebbe spaventato, si sarebbe allontanato, mi avrebbe evitato a vita. Questa dovrebbe essere un’altra prova di quanto lei sia speciale.
 
<< Divertente? >> esterno.
 
<< Non avevo così tanta adrenalina in corpo da…non lo ricordo nemmeno >> ammette con un enorme sorriso: l’ultimo residuo della sua risata.
 
<< Sei assurda >> pronuncio con un risolino.
 
Tace. Aggrotto la fronte. E’ successo qualcosa? Posso averle dato fastidio in qualche modo?
 
<< Dove alloggi? >>
 
<< In hotel >> rispondo immediatamente, nonostante io sia stranito dalla domanda.
 
<< Puoi stare qualche giorno da me >> afferma.
 
Cosa? Non posso averlo udito davvero. Perché dovrebbe volermi da lei?
 
<< Stare da te? >> ripeto, incredulo.
 
<< Passo a prendere la tua roba in serata >> pronuncia seria.
  
Mi spiazza. << Ma… >> inizio.
 
Non so esattamente cosa voglio dire. E’ una protesta o una richiesta di ulteriori spiegazioni?
 
<< Solitamente non sono la tipa che brucia le tappe >> scherza lanciandomi una breve occhiata di sottecchi.
 
         






SPAZIO AUTRICE:
Buonasera a tutti! Mi sono resa conto di essere stata assente per oltre un mese. Sono o non sono la vergogna delle autrici? 
Ad ogni modo, mi auguro che qualcuno stia ancora seguendo e, come me, non veda l'ora si arrivi più avanti e si scopra molto di più su Charlotte e il suo passato. 
A questo proposito, vi chiederei di recensire e/o farmi sapere cosa ne pensate perché avevo pensato ad una cosa: e se bloccassi la pubblicazione per qualche mese? Vi mancherebbe la storia o potreste farcela?


Buon proseguimento di serata! 
A presto :) x

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Capitolo 40
*** Atemzug. ***


Atemzug. 
 

Aspetto ritorni dall’hotel con il mio bagaglio. E’ frustrante non abbia potuto accompagnarla. Per ammazzare il tempo, do un’occhiata in giro.
 
Non mi ha permesso di andare oltre il salone in sua assenza. Me ne chiedo il motivo ma non disobbedisco.
 
Guardo distrattamente i soprammobili sparsi un po’ ovunque. Non c’è niente di particolarmente rilevante. Niente ricorda lei.
 
Mi ricordo di dover chiamare Paul o, comunque, qualcuno della sicurezza. Se voglio restare a Frankfurt e far sì che sia un soggiorno piacevole, ho bisogno di una mano.
 
Compongo il numero e mi accordo sul da farsi. Fortunatamente ha sempre una soluzione per tutto. Promette di essere da me entro una ventina d’ore.
 
Domani, a quest’ora, sarò molto più sollevato.
 
Per adesso, devo cercare di contenere la mia ansia in presenza di Charlotte. Non che sia qui adesso. Ma devo allenarmi per il suo ritorno.
 
 
 
La serratura all’ingresso scatta. Dev’essere tornata.
 
<< Eccomi >> si annuncia.
 
Le vado incontro. Sia per salutarla, sia per toglierle il borsone.
 
Non permette l’aiuti. Imperterrita, lo trasporta fino al salone.
 
<< Sei davvero testarda >> commento, visibilmente contrariato.
 
<< E tu sai essere davvero maschilista >> risponde a tono.
 
Mi acciglio. Come può solo pensarlo? Non ho certo denigrato la sua persona. Volevo solo impedire facesse sforzi inutili per colpa mia.
 
<< Sto scherzando >> aggiunge immediatamente con un risolino.
 
Mi sento stranamente sollevato. Le sorrido.
 
<< E’ andato tutto bene? >> mi accerto.
 
Annuisce. << Non avrebbe potuto essere altrimenti >> nota.
 
<< Non pensavo fossi da sola >> la butto lì.
 
Si stringe nelle spalle. << E’ stata una cosa improvvisa. David e Angela hanno deciso all’ultimo di portare Julia con loro >>
 
Dal modo in cui lo dice sembra più distante di una passeggiata al parco.
 
<< Dove? >>
 
<< A Stoccolma >>
 
Nel suo tono mi sembra di rilevare un “Cos’altro ti aspettavi?”. Mi sento un tantino stupido.
 
<< Oh, giusto >> borbotto. << Pensavo tu fossi strettamente legata a lei >>
 
Aggrotta la fronte. Immagino non abbia compreso il mio riferimento.
 
<< Se sei la sua baby-sitter a tempo pieno, perché non sei con lei a Stoccolma? >> chiedo, cercando di essere più chiaro.
 
Sorride, furbetta. Scuote divertita la testa e, per qualche secondo, posa lo sguardo altrove.  
 
<< Pensavo potresti dormire in camera mia >> cambia discorso.
 
Perché non ha risposto alla mia domanda? Perché dalla sua espressione sembrava dovessi già conoscere la risposta? 
 
Immagino ci torneremo in seguito quindi mi concentro sulla sua ultima frase.
 
In camera sua? Per quanto io ne sia lusingato, non posso certo permettere che avvenga. Non deve sacrificare i suoi spazi. Non quando c’è un divano dall’aspetto abbastanza confortevole in questo salone.
 
<< Posso dormire qui >> e indico alle mie spalle.
 
Inclina il busto per lanciare un’occhiata oltre la mia persona. Forse non ha collegato. Mi sposto appena per permetterle una visuale migliore.
 
<< Non ci posso credere >> afferma e il suo tono è realmente sorpreso.
 
<< Cosa? >>
 
<< Mi sono detta “Niente divano. Trattalo bene, sii ospitale” per tutto il tragitto da qui all’hotel e ritorno. E tu cosa fai? Mandi tutto all’aria! >> gesticola sul finale apparendo sconvolta.
 
Scoppio a ridere. << Mi dispiace >> ammetto ma non riesco a farlo trasparire.
 
<< Avrei dovuto seguire il mio istinto fin dall’inizio >> borbotta e mi dà le spalle.
 
<< Dove vai? >> le urlo dietro.
 
<< A prendermi una pausa da te. Sei stancante >> il sarcasmo è onnipresente.
 
Accenno un sorriso. E’ davvero unica.
 
<< Posso aggregarmi? >> la prendo in giro.
 
Prima che possa rispondere sono già sulla soglia di quella che sembra la sua camera.
 
Attraverso la porta semi-aperta, la vedo alzare gli occhi al cielo divertita e darmi le spalle. Apre il primo cassetto del comò di fronte a lei.
 
Mi appoggio allo stipite. Spingo leggermente la porta per avere una visuale migliore. Incrocio le braccia e lascio che sia semplicemente lei.
 
<< Dovrei cambiarmi >> annuncia, lasciando intendere debba andarmene.
 
Non voglio ancora farlo. Decido di prendere tempo punzecchiandola appena.
 
<< Per andare dove? >> suono abbastanza divertito mentre alludo all’inseguimento.
 
<< Potrei andare ovunque. Non sono bloccata come te >> mi lancia un’occhiata veloce.
 
<< Touché >> mi limito a dire, ammettendo di aver dimenticato non sia legata a me.
 
<< Però, siccome non mi fido, non ti lascerò solo. –mi sorride, lasciandomi intuire scherzi sulla problematica della fiducia- Voglio solo mettermi più comoda >>
 
Comprendo sia il momento di levare temporaneamente le tende. Lascio la stanza senza dire nulla.
 
Torno a guardarmi in giro. Per quanto possano essere interessanti delle pareti, non voglio fare altro che stare con lei.
 
Mentalmente mi auguro si sbrighi. Conoscendomi, potrei diventare talmente disperato da iniziare a contare pomelli o qualsiasi altra stupidaggine nella zona circostante.
   
 
 
 
<< Harry? >> mi richiama.
 
Il mio cuore sprofonda. Senza che me ne renda conto, mi lascio andare ad un sospiro di sollievo. E’ così bello che sia semplicemente “tornata”.
 
<< Sì? >> chiedo e mi avvicino alla stanza in cui l’ho lasciata.
 
E’ sull’uscio, tenendo la porta aperta.
 
<< Come sto? >> chiede, appena i nostri sguardi si incrociano.
 
Percorro il suo corpo in un secondo. Nonostante il suo abbigliamento estremamente semplice –pantaloncini di jeans, maglia a maniche lunghe di un giallo chiaro e converse alte- non riesco a non pensare sia incredibilmente sensuale. E bella. 
 
Non è facile trovare le parole per esternarlo. Non è facile sapendo le userà contro di me. Ancora una volta, non dovrebbe già sapere cosa penso?
 
<< Non immagini la risposta? >> chiedo, con un sorriso sbilenco.   
 
Sorride, colta in flagrante e sposta lo sguardo.
 
<< Ci ho provato >> sussurra.
 
Sento il bisogno di accorciare le distanze e stringerla. La fisso. Non posso ancora. Ma sento che le cose stanno cambiando. Per il meglio.
 
Le sorrido perché nient’altro ha o potrà mai avere importanza.
 
<< Ho chiamato Paul mentre non c’eri >> l’informo, ricordandomene in quell’istante.
 
Appare sorpresa. << Oh. Vai…via? >> chiede con timore.
 
Sgrano gli occhi. Pensa davvero potrei fare una cosa simile?
 
<< Oh, no. No, no, no >> mi affretto a negare. << Mi raggiunge domani così potrà evitare che episodi come quello di oggi si ripetano >> le spiego.
 
<< Ho davvero temuto te ne andassi >> ammette.
 
Il tono che usa ricorda molto una bambina alle prese con la sofferenza degli addii. Mi rattrista.  
 
<< Pensi sconterei la tua pena fino a questo punto? Devi sopportarmi fino alla fine del mio periodo di pausa dal tour >> le ricordo con un’espressione alquanto insolente.
 
Un sorriso enorme le solca le labbra. I suoi occhi brillano. E’ interamente coinvolta.
 
<< Ti va di vedere un film e ordinare la cena? >> propone.
 
<< E’ dolce tu non volessi andassi via >> ignoro la sua domanda, ancora incredulo.
 
Rotea gli occhi. << Harry >> mi ammonisce.
 
Capisco. << Mi sembra una splendida idea >> ammetto, per portare a termine la sua parte di conversazione.
 
Mi lancia un sorrisino soddisfatto. << Vado a prendere i menu >> e sparisce.
 
 
Dopo aver ordinato del cibo da una pizzeria della zona, torniamo in salotto.
 
Charlotte accende la tv e mi fa segno di accomodarmi. Obbedisco non potendo fare molto altro. In fondo, non conosco la casa per prendere iniziative di qualunque tipo.
 
<< Controllo tra i DVD >> annuncia e inizia a frugare nel mobiletto al di sotto della tv.
 
<< Non ti spaventa stare da sola? >> domando, di punto in bianco.
 
<< Perché credi che ti abbia invitato? >> risponde e, nel suo tono, riconosco il suo modo di farmi sentire speciale senza sbilanciarsi troppo.
 
Rifletto un attimo sulla sua frase. Aveva davvero intenzione di farlo dal principio? O, invece, sta solo scherzando e si è offerta di ospitarmi solo dopo aver visto quanto le cose possano essere folli per il componente di una band alquanto conosciuta che decide di gironzolare senza guardie del corpo?
 
<< Sul serio? >> esterno.
 
Si ferma dall’estrarre e impilare DVD sul pavimento e fissa i suoi occhi su di me. Mi fa sentire vivo ogni singola volta.
 
<< In realtà no. Voglio dire…non era previsto che i signori Weber volessero portare Julia. Non questo week-end, almeno >>
 
<< E’ normale si comportino così? >> domando, percependo una strana instabilità.
 
Si stringe nelle spalle. << Lo chiedi alla persona sbagliata >> si rigira.
 
Intuisco il riferimento alla sua famiglia e mi sento un tantino in colpa. Devo aggiustare il tiro. Non è certamente quello che intendevo. O volevo che pensasse. 

<< Intendevo con questi viaggi a Stoccolma >>
 
<< Oh >> pronuncia semplicemente.
 
Si estranea dalla sua attività. << Loro sono semplicemente fatti così, direi. Lavorano lì. Per loro è normale fare avanti e indietro. E’ il motivo principale per cui mi hanno assunta >>
 
Interessato alla faccenda, le mimo di procedere.
 
<< Non so esattamente che lavoro svolgano o perché funzioni così, non mi è stato detto né ho voluto indagare. Continuano a darmi nuovi tempi da imparare e io mi adatto >>
 
Mi acciglio. Ho quasi l’impressione che la conversazione si stia allontanando dal giusto binario. << Cosa intendi? >>
 
<< Appena arrivata, eravamo da sole solo nel weekend. Loro lavoravano qui, da casa. A Luglio, invece, erano qui per la prima metà della settimana e a Stoccolma per la parte restante >>
 
Non prosegue con Agosto e Settembre ma intuisco non ci sia bisogno di spiegare quanto sia folle quest’avanti e indietro. Non è dannoso per Julia?
 
<< Perché non si trasferiscono definitivamente a Stoccolma? Non sarebbe più facile? >>
 
<< Inizialmente pensavano non fosse una buona idea per Julia. Volevano che crescesse dov’era nata, che non dovesse vivere in un paese con una lingua diversa dalla propria. Cose di questo tipo, insomma. All’inizio di Luglio, invece, dicevano di avere delle cose da risolvere in famiglia >>
 
Suona alquanto strano. Hanno problemi con un familiare malato? Qualcuno che non possono lasciare? E perché lasciare che questo li fermi dal cercare casa a Stoccolma?
 
<< E le hanno risolte? >> chiedo, restando sul vago tanto quanto lei.
 
Si stringe nelle spalle. << So solo che dopo essere tornate a casa dal concerto, hanno iniziato a chiedere a Julia cosa ne pensasse della città, dell’idea del trasferimento e via dicendo >>
 
<< Vuoi dire che…? >> inizio, sicuro capirà dove voglio andare a parare.
 
<< Stanno cercando casa lì >>
 
Sgrano gli occhi. Dei brividi mi percorrono la schiena. Non so perché. Mi sento come se mi stessero strappando via dalle mani il mio personale spiraglio di luce.
 
<< Credo sia per questo che hanno voluto Julia questo weekend e non fosse strettamente necessaria la mia presenza >>
 
La cosa non sussiste. Non importa dove abiti Char, no? Ovunque sia, posso permettermi un biglietto aereo per andare a trovarla. Non ho impedimenti d’alcun tipo. Sono indubbiamente fortunato. Quindi devo scacciare dalla testa l’idea che il trasloco sia un male. Non lo è.
 
Saprò sempre dove trovarla.
 
<< Beh, tanto meglio, no? >> il mio tentativo di apparire malizioso si rivela un fallimento.
 
Scoppia a ridermi in faccia. << E’ decisamente il tuo approccio peggiore >> commenta.
 
Mi ferisce giusto un po’ nell’orgoglio. Le faccio il verso.
 
<< Oh, non prendertela. Devi aspettarti osservazioni simili se mi chiedi di essere completamente onesta >> mi fa notare.
 
Ancora una volta, non posso ribattere. Ha ragione su tutta la linea. Come fa ad incartarmi così facilmente? Non capisco se sia lei quella furba o io quello troppo innamorato per avere neuroni funzionanti.
 
<< Hai finito di ricercare? >> cambio argomento, indicando con un cenno del capo i DVD che la circondano in due pile più o meno ordinate.
 
Annuisce e, dopo aver posato l’ultimo, richiude il mobiletto e cambia posizione in modo da non darmi le spalle o mostrarmi solo un profilo.
 
Assorta, prende a controllare il retro delle custodie, una dopo l’altra. Cosa cerca?
 
<< Credo che il titolo sia sul davanti >> pronuncio leggermente più sarcastico di quanto vorrei essere.
 
Non risponde. Non sembra avermi sentito. Cosa la incanta così tanto da farle perdere la possibilità di mandarmi frecciatine?
 
<< Parli ungherese? >> si accerta. Sembra seria.
 
<< Se così fosse, l’avrei usato dal primo secondo >> ridacchio sul finale.
 
Separa cinque o sei DVD dalle due pile, dopo averli ricontrollati. Passa ad altre custodie.
 
<< Francese? >>
 
<< Oui, je suis très bravo en français! >> esclamo, cimentandomi alla meglio.
 
Mi lancia un’occhiata torva. << Nemmeno francese >> sussurra, tornando a separare.
 
Resta con solo due DVD davanti e non riesco a capire se siano quelli ancora da controllare o quelli sopravvissuti alla carneficina. Sono confuso.
 
<< Mi dispiace per te >> annuncia.
 
<< Eh? >>
 
Sparisce in corridoio, diretta chissà dove, per tornare dopo poco con due nuovi DVD tra le mani. Alza le due custodie ai lati della testa.
 
<< Sembra che Julia abbia portato via gli unici DVD che avrebbero potuto permetterti di vedere un film >>
 
Continuo a non capire a cosa si riferisca. Aggrotto la fronte sperando si decida a darmi ulteriori delucidazioni.
 
<< DVD in tedesco con sottotitoli solo in tedesco >> spiega.
 
Scuoto la testa. << Sicura non ci sia altro? >>
 
<< Non per uno che non parla ungherese o francese >>
 
Ora comprendo il perché di quelle domande. Mi pento di non essermi impegnato di più nelle ore di francese.
 
<< Va bene, non importa >> affermo, convinto.
 
Alla fine non sono davvero attirato dal DVD in sé, bensì dalla possibilità di passare la serata con lei. Stando sul divano. Insieme. Accoccolati, magari.
 
La mia fantasia sta correndo un po’ troppo. Mi ammonisco mentalmente. Devo restare concentrato. E comportarmi lucidamente.
 
<< Non potrebbe essere altrimenti >> mi prende in giro, fingendo non avrebbe mai cambiato i suoi piani per me. << Ti lascio scegliere: quale dei due? >> aggiunge, avvicinandoli a turno di qualche centimetro.
 
Poso lo sguardo alla custodia sulla sinistra: “Rubinrot”. Non mi dice nulla. Passo alla destra: “Goethe!”.
 
Mi colpisce. Goethe. La foto. La casa che mi ha permesso di risalire al suo indirizzo. La didascalia. Lo prendo come un segno.
 
Indico la mia scelta. << Vada per “Goethe!” >> aggiungo in contemporanea.
 
<< Stai guadagnando punti, sai? >>
 
Appare incredibilmente seria. Ho l’impressione di averla conquistata. Ma non è ancora abbastanza. Non equivale ancora al modo in cui lei ha conquistato me.
 
 
 
 
 
Guardare un film in una lingua sconosciuta con i sottotitoli nella medesima lingua si presenta più confusionario di quanto mi sarei aspettato.
 
Decido di passare il tempo, senza che lei se ne renda conto, a fissare il suo viso e le sue reazioni alle scene servendomi della penombra.
 
Spero che una di queste immagini rimanga impressa a fuoco nella mia mente. Ne avrò decisamente bisogno quando non sarà più con me. Quando io non sarò più con lei. E’ arduo da accettare. Non devo pensarci adesso. E’ deleterio. 
 
Devo restare concentrato sul momento. E’ tutto ciò che ho e di cui posso inebriarmi. Ed è perfetto. Lei è perfetta.
 
<< Mi ripeti i nomi? >> chiedo, fingendomi partecipe.
 
<< Sshh! >> mi zittisce bonaria.
 
Lascio correre, constatando non mi importasse davvero. Mi ricordo della ciotola con i pop corn e prendo a mangiarne un po’ per noia.
 
<< Ssshh! >> mi zittisce, esaltata.
 
Mi blocco di colpo. Sta davvero zittendo anche il mio masticare?
 
<< Amo questa parte! >> aggiunge in sua difesa.
 
Curioso, mi volto ad osservare cos’abbia di speciale la scena in questione. Non vedo altro che due persone –che presumo siano i protagonisti- in un campo incolto in pendenza.
 
Resto ad osservare e, nonostante la mia ignoranza, i miei occhi non possono fare a meno di concentrarsi sui sottotitoli.
 
Lei sviene per aver trattenuto il fiato di proposito. Immagino volesse qualcosa da lui. O, almeno, credo. Lui la soccorre e la fa rinvenire. Parlano altri due secondi.
 
La cosa sembra non essere soddisfacente perché riprende a trattenere il fiato. Lui porta le mani in avanti per chiederle di non farlo, credo.
 
Non mi sembra una parte così entusiasmante. Mi sarei aspettato un bacio. Un gesto d’affetto. Non di certo un tira e molla a discapito dei polmoni di lei.
 
Poso nuovamente lo sguardo su Charlotte. Preferisco il suo profilo in penombra a qualsiasi cosa sia questo film.
 
<< “Es schlug mein Herz geschwind zu Pferde” >> sussurra.
 
Ho la strana sensazione ci sia l’eco. Proviene dalla tv. Mi volto. Il mio sguardo cade repentinamente sui sottotitoli. E’ esattamente la battuta del personaggio maschile.
 
Dev’essere questo il punto clue.
 
<< “Und fort, wild wie ein Held zur Schlacht” >> prosegue incantata, seguendo quello che sembra un monologo.
 
Non riesco a far altro che ammirarla, chiedendomi cosa racchiudano queste parole. Mi direbbero molto sulla personalità di Charlotte.
 
<< “Der Abend wiegte schon die Erde / Und an den Bergen hing die Nacht / Ich sah dich und die milde Freude” >>
 
Alla fine, noi siamo quello che amiamo. E Char non è diversa.
 
<< “Floss aus dem süβen Blick auf mich / Ganz war mein Herz an deiner Seite” >> continua e sembra trattenere il fiato come in attesa del gran finale.
 
Lancio un’occhiata distratta alla tv. Lui non sembra aver finito. Sta facendo una pausa. E lei con lui.
 
Mi piacerebbe riuscire ad incantarla così. Ma, un lato di me, è contento sia questo personaggio a riuscirci così che io possa semplicemente ammirarla senza che lei mi trovi inquietante.
 
Non che non lo sia. Semplicemente non deve pensarlo lei.
 
<< “Und jeder Atemzug für dich” >>  sospira.
 
Quella frase mi colpisce, stranamente. La ripeto a mia volta, senza sapere come ci riesca.
 
Sussulta. Si volta dalla mia parte. << Ha-hai detto qualcosa? >> balbetta, inizialmente incerta.
 
<< Cosa vuol dire? >> chiedo, evitando la domanda.
 
<< “E ogni respiro per te” >>
 
Mi sento mancare il fiato perché, anche se sta semplicemente traducendo su mia richiesta, lo fa sembrare reale. Come se lo intendesse sul serio.
 
<< Solo per te >> sussurro.
 
Mi sembra di vederla arrossire. Ed è come l’inizio di un sogno.






SPAZIO AUTRICE: Buongiorno a tutti voi! Sono immensamente dispiaciuta per il ritardo. Non pubblico da mesi ed è vergognoso (quanto il capitolo con cui ho deciso di tornare, in realtà). 
Ho avuto un po' di problemi tra linea wifi assente, sessione estiva da gestire e mancanza d'ispirazione. Nel complesso spero possiate perdonarmi e, in qualche modo, continuare a seguire la storia. Gradirei davvero tanto poter continuare a leggere i vostri pareri. Mi rendete felice, aw.


Ad ogni modo, se avete domande sulla storia, non esitate a porle. Sono sempre disponibile. (Anche se voleste semplicemente qualcuno con cui parlare) 


Buon proseguimento di giornata :) x


Ps. Avvisatemi nel caso in cui doveste notare errori di qualsiasi tipo. Non ho riletto perché mi vergognavo un po' di questa cacchina >< 

 

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Capitolo 41
*** Lotus flower. ***


Lotus flower. 

Sbadiglia sui titoli di coda. Dev’essere incredibilmente stanca. Nonostante la differenza d’età minima, mi ricorda una bambina. E’ tenera.
 
Si alza per accendere la luce.
 
Rinunciare alla penombra non è facile per i miei occhi. O per me. Mi ero talmente abituato a spiare la sua essenza.
 
Accenna un sorriso. Ricambio senza indugi.
 
E’ una strana situazione. Non mi sento a disagio ma non stiamo parlando. Non so cosa le passi per la testa. Resta il fatto non abbia detto una parola dopo il mio “Solo per te”.
 
Vorrei essere pentito di una simile esclamazione ma, pur volendo, non riesco. Non mi sento più vulnerabile. Devo pensare sia perché adesso siamo onesti l’uno con l’altra? O è perché, a suo modo, si è esposta abbastanza da farmi sentire…non indifferente?
 
<< Ti è piaciuto? >> chiede, tornando a sedersi accanto a me.
 
Mi sembra addirittura si sia avvicinata di qualche centimetro rispetto a prima. Forse mi sto solo impressionando. E’ solo il mio desiderio di vederla compiere altri passi nella mia direzione.
 
<< Da morire >> esclamo, cercando di risultare serio.
 
Spalanca gli occhi. Vedo la sua sorpresa. << Davvero? >>
 
<< Soprattutto la parte in cui la ragazza mi confessava il suo amore >> affermo, fingendomi ancora serio.
 
Scoppia a ridere. << Per questo ha sposato Albert? >>
 
Mi torna alla mente la scena in cui la protagonista femminile esce da una chiesa mano nella mano con un altro uomo rispetto a quello del campo.
 
Annuisco. << Telepaticamente le ho detto di farsi una vita perché sono impegnato >> e un sorriso alquanto insolente si piazza sul mio viso.
 
<< Impegnato? >> la sua espressione è puramente maliziosa.
 
Vuole che lo dica? Vuole che mi sbilanci ancora? Sì. Lo leggo nei suoi occhi.
 
<< A lanciare succhi sulle ragazze-calamita, volare da un continente all’altro a mo’ di stalker. Cose di questo tipo, insomma >> pronuncio, con sufficienza.
 
Scuote la testa divertita. Anche un tantino compiaciuta e lusingata.
 
Mi piace farle quest’effetto.
 
<< E’ un’attività ben retribuita? >> mi prende in giro.
 
Mi stringo nelle spalle. << Non te la consiglierei >> affermo, come se parlassi di una terza persona.
 
La sua espressione interrogativa mi sprona a proseguire con le mie ragioni.  
 
<< Ci ho messo una vita per rivederla >>
 
Inconsciamente non ho messo in parole solo il periodo Luglio-Settembre ma tutti gli anni precedenti a questo piccolo miracolo. Quando era solo una foto da stringere gelosamente. Quando era solo una storia nella mia testa da non divulgare.
 
Le sue labbra si incurvano in un sorriso. Ha uno sguardo davvero amorevole.
 
<< Sei sempre il solito >>
 
Sono inondato dall’impulso di baciarla. All’istante. Non posso. Non adesso. Voglio che sia diverso. Vorrei avere più certezze sulla sua “partecipazione”.
 
Mi piacerebbe lo sentisse a sua volta. Non voglio sia un’esigenza solo mia.
 
Non posso restarle così vicino. Anche se è esattamente quello che ho desiderato dal primo istante. 
 
Mi alzo di scatto. Sussulta. Immagino di averla spaventata con un gesto tanto brusco.  
 
<< Avrei bisogno d’una doccia >>
 
Ci mette qualche secondo a rispondermi. << Oh, sì >>
 
Si alza a sua volta e mi fa strada verso il bagno.
 
<< Gli asciugamani puliti sono nel primo cassetto >> indica, rimanendo sull’uscio.
 
<< Grazie >> mormoro.
 
<< Se dovesse servirti altro, mi trovi in camera >>
 
Cosa? No. Non voglio vada lì. Vorrebbe dire finire la serata. Andrebbe a dormire e io sarei obbligato a fare lo stesso. Perché? Okay, forse è colpa mia.
 
Non avrei dovuto chiedere di fare una doccia così bruscamente. Devo averle dato esattamente la stessa idea che lei ha dato a me dicendo “mi trovi in camera”.
 
Sono un completo idiota. Il punto è che davvero non potevo restarle così accanto ed è l’unica alternativa mi sia venuta in mente. Ci sarà pure un modo per rimediare, no?
 
Non posso dirle “Oh, non mi sembra più una buona idea” e tirarmi indietro. Se le ho detto di voler fare una doccia, devo farla. Troverò qualcosa una volta uscito. Sperando di non trovarla già addormentata.
 
In fondo, però, ha detto “se dovesse servirti altro, mi trovi in camera”. Vuol dire che aspetterà io abbia fatto per accertarsi io non abbia bisogno di qualcosa, no? Vero?
 
Ho bisogno di convincermi sia così. L’idea di essere stato il guastafeste mi torturerebbe.
 
<< Ti ringrazio >> dico semplicemente.
 
Troverò qualcosa. Dovessi passare ogni secondo in questo bagno a pensarci.
 
 
 
Con un asciugamano in vita, mi dirigo in salone per recuperare dell’intimo pulito dal borsone. Con mia grande sorpresa, mi rendo conto non sia lì. Dove potrebbe essere finito?
 
<< Char! >> urlo, richiamandola.
 
Sono certo sia la responsabile. Non risponde. Non deve avermi sentito. Torno indietro.
 
<< Char! >> riprovo a qualche passo dalla sua porta.
 
<< Harry? >> il suo tono è dubbioso.
 
E’ come se non fosse sicura di aver sentito davvero la mia voce, come se volesse accertarsi non si tratti di un’allucinazione acustica.
 
<< Puoi venire un attimo? >> domando, cauto.
 
<< Eccomi! >> esclama in tutta risposta.
 
Sento i suoi passi affrettarsi. Apre la porta e sussulta, trovandomisi di fronte. Forse si aspettava fossi più distante. O vestito.
 
La sua espressione rimane indecifrabile e non si accinge a parlare. Mi vedo costretto a prendere la parola.
 
<< Non trovo la mia roba >> affermo semplicemente.
 
<< Te l’ho-te l’ho portata in camera >> balbetta indicando alle proprie spalle.
 
Sono stranito ma non le chiedo nulla a proposito. << Posso? >> azzardo, riferendomi all’entrare.
 
Annuisce e si sposta, permettendomi il passaggio.
 
Una volta dentro, mi guardo intorno in cerca di dove l’abbia poggiato. Di sottecchi noto lasci la porta semiaperta alle mie spalle.
 
<< Pensavo avessi preso con te il necessario e, come una stupida, ho portato qui il borsone >> spiega, ritrovando la sua parlantina.
 
Risuona un po’ in imbarazzo. Non riesco a far altro che sorriderle. Scosta la sedia dalla scrivania, mostrandomi il mio bagaglio sul pavimento.
 
Mi allungo per prenderlo, superandola. Recupero un paio di boxer e una t-shirt bianca e, a malincuore, mi dirigo alla porta.
 
Devo cambiarmi in bagno.
 
<< Ti va di tornare qui quando hai fatto? >> domanda mentre sono sull’uscio.
 
Sembra le sia costato fatica chiedermelo. Sono estremamente e piacevolmente sorpreso.
 
Mi volto a guardarla. E’ un po’ tesa. Sorride debolmente quando i miei occhi si posano su di lei. Dov’è finita la solita ragazza spavalda e indipendente? Mi piace.
 
Mi limito ad annuirle con un sorriso abbastanza ampio.
 
Come sollevata, ricambia. Come può aver solo pensato che avrei rifiutato una simile proposta? E’ tutto ciò in cui speravo. E non ho dovuto nemmeno inventarmi qualcosa. Ha fatto tutto lei.
 
E’ bastato portasse il mio borsone in camera sua. Lascio la stanza senza indugiare. Chissà perché l’ha spostato poi. Voleva una scusa per non concludere la serata?
 
Immagino rimarrà un mistero finché lei non vorrà altrimenti.
 
Stringendomi nelle spalle, entro in bagno. In un istante, mi libero dell’asciugamano. Indosso i boxer e la t-shirt. Piego per quella che potrebbe essere la prima volta in vita mia un asciugamano ed esco.
 
A pochi passi dalla stanza di Charlotte, noto la porta sia poco meno che appannata. La luce è accesa ma non sento alcun rumore venire dall’interno.
 
Mi avvicino. Dovrei bussare? Entrare e basta? Non so come comportarmi.
 
Magari potrei fare un po’ di rumore e sperare sia lei a venire ad aprire risolvendo, così, i miei dubbi. No, è stupido.
 
Senza esitazione, decido di bussare. Appena le mie nocche toccano la porta la prima volta, risponde.
 
<< Un minuto! >>
 
Perché mi fa aspettare? Che si stia cambiando a sua volta? Credo sarebbe l’unico motivo per cui mi relegherebbe fuori.
 
Nell’attesa, passo il peso da un piede all’altro, mi guardo intorno senza trovare qualcosa di interessante e conto mentalmente quante ore mancano all’arrivo di Paul.
 
Spalanca la porta senza alcun preavviso.
 
Mi fissa. Aggrotta la fronte. Mi indica.<< Quello è il tuo pigiama? >>
 
Ricambio l’occhiata poi guardo me stesso. Cos’ho che non va? << Sì >> rispondo incerto.
 
<< Non lo trovi un po’ inappropriato? >> mi fa notare con un sorrisino.
 
Guardandola meglio mi rendo conto si sia cambiata. Ha una canotta lilla aderente e un paio di pantaloncini della tuta di un grigio chiaro.
 
Come si permette di rivolgermi simili accuse quando lei è da capogiro? Dovrebbe vedere la faccenda dal mio punto di vista.
 
Invece di farle notare quanto sia sexy, decido di punzecchiarla, sperando in una qualche reazione positiva per la mia autostima.
 
<< Hai paura di non riuscire a trattenerti dal saltarmi addosso? >>
     
<< Non è esattamente quello che ho sottinteso rivolgendoti quella domanda? >> ridacchia.
 
Sgrano gli occhi. Non può averlo detto davvero. Non si sbilancia mai così tanto, di solito.
 
<< Non lo trovo un problema >> ammetto con una lieve inflessione maliziosa nel tono.
 
Ridacchia. << Adori torturarmi >> mormora divertita e mi lascia passare.
 
Faccio finta di niente e la seguo. Non saprei come appigliarmi a quest’ultima frase per ricavarne qualcosa di buono. Ho paura di rovinare irreversibilmente il momento.
 
<< Ti stavi cambiando >> affermo constatando l’ovvio.
 
Annuisce rumorosamente. << Mettiti comodo, ho quasi fatto >>
 
Obbedisco e, mentre mi metto a sedere sul letto, noto si avvicini alla scrivania, dandomi le spalle. Non riesco a staccarle gli occhi di dosso. Ha una nuca piuttosto accattivante. Okay, non solo la nuca. Ma cerco di tenere lo sguardo in alto.
 
Allunga una mano ma non riesco a comprendere cosa stia facendo. Qualche istante dopo porta le mani ai suoi capelli, li raccoglie e li solleva in una coda alta. Deve legarli? E’ quello che le mancava?
 
Le piace dormire con i capelli legati? Mi rendo conto siano domande sciocche ma fremo dal desiderio di conoscere ogni piccolo particolare sulla sua persona. E le sue abitudini ne fanno parte.
 
Fa passare l’elastico e lo rigira tre volte. Sistema meglio. Il mio sguardo cade sulla porzione di schiena lasciata scoperta dai capelli. C’è del nero.
 
Sembra una macchia. Assottiglio gli occhi. E’ una scritta? Un tatuaggio!
 
Con la bocca aperta dallo stupore, seguo le sue dita mentre sistemano strategicamente delle forcine. Mi accorgo ci siano altre “macchie” di colore dietro le orecchie.
 
Sono davvero piccole. Altri tatuaggi. Non distinguo di cosa si tratti ma sono sempre più sorpreso di non essermene mai reso conto.
 
Ci ripenso. E’ la prima volta che mi si presenta con i capelli legati. O con la schiena scoperta. Non avrei potuto farci caso neanche volendo: li nascondeva.
 
<< Non pensavo avessi tatuaggi >>
 
Sgrano gli occhi. Non posso averlo detto. Non ero pronto. Come ho formulato una simile constatazione?
 
Sento le sue labbra aprirsi in un sorriso. << Ne ho sei >> afferma.
 
Non credo alle mie orecchie. Pensavo la sua pelle fosse immacolata e, invece, ha ben sei tatuaggi. Ne ho individuati tre. Dove sono gli altri? Che Niall avesse ragione? Non mi dispiacerebbe.
 
Scuoto la testa. Devo calmare i bollenti spiriti.
 
<< Il numero dei tatuaggi non deve mai essere pari >> le faccio notare.
 
Non so nemmeno perché. Vorrei essermi trattenuto. Suono così saccente.
 
Si volta. Si appoggia alla scrivania e mi scruta qualche istante prima di rivolgermi la parola.
 
<< Non ho altro che sento l’urgenza di tatuare. E, nell’attesa qualcos’altro diventi importante a tal punto per me, posso contare sul fatto sembrino cinque >>
 
Non capisco il senso. << Sembrano cinque? >> domando, esternando la mia confusione.
 
Lei annuisce. << Due tatuaggi sono così legati da sembrare uno ma li ho fatti in momenti diversi >>
 
Ora ha un senso. Non so come io abbia fatto a non arrivarci da solo. Forse è solo bello che sia lei ad illuminarmi.
 
<< Oh >> riesco a dire.
         
Sorride. << Mi dispiace di aver portato la tua borsa di qua >> inizia e si sospinge appena dalla scrivania.
 
<< Non è un problema >> proferisco pacato.
 
Si avvicina lentamente a me. << Ti devo una spiegazione >>
 
Alzo un sopracciglio. << C’è una spiegazione? >>
 
Si siede a pochi centimetri da me. Le nostre gambe si sfiorano. Mi piace il contatto con la sua pelle.
 
<< Non voglio tu dorma in salone. Voglio tu dorma qui >> stressa leggermente “qui” per rendere meglio l’idea.
 
<< In camera tua? >>
 
Si limita ad annuire.
 
<< E…? >> inizio.
 
Vorrei chiederle quale sarebbe la sua sistemazione in quel caso, il motivo per cui tiene tanto che io dorma nella sua stanza. Nessuno dei miei interrogativi abbandona la mia mente.
 
<< Con me >>
 
Sto sognando. Sto decisamente immaginando tutto. E’ il mio subconscio ad architettare tutto. Devo essere crollato durante il film. Tutto questo non può essere reale.
 
<< Ti va? >> aggiunge con un filo di voce, vedendo io non reagisca.
 
Non sono ancora sicuro sia reale. In ogni caso, non mi conviene sprecare l’occasione. Il mio subconscio potrebbe donarmi un meraviglioso scenario.
 
Annuisco. << Lo trovo solo strano >> ammetto.
 
<< Perché? >>
 
Mi stringo nelle spalle. Non lo so. Forse perché è troppo bello per essere vero? Forse perché solo un paio di giorni fa ero pronto ad andare via e adesso sto vivendo una fiaba? Il che non è molto mascolino. Ma è un paragone giusto.
 
Non riesco a metterlo in parole. << Non lo so >> ammetto.
 
<< Ti concedo del tempo per conoscermi meglio >> pronuncia con fare furbetto.
 
E’ tornata in sé. Ed è piacevole. Mi piace come alleggerisce la tensione, come colma i silenzi, come riempie i miei vuoti, come lascia che io la ami. Le sorrido.
 
Decido di prendere la palla al balzo. << Posso chiederti qualsiasi cosa, quindi? >>
 
Ci pensa qualche istante. << Va bene. Nessun limite >>
 
Si mette a sedere a gambe incrociate sul letto facendo in modo che abbia di fronte il mio profilo. 
 
Voglio iniziare da qualcosa di soft. E recente. I suoi tatuaggi sembrano essere perfetti per l’occasione. Tra l’altro sono genuinamente interessato a saperne di più.
 
<< I tuoi tatuaggi? >> pronuncio come a chiedere il permesso di addentrarmi nella sua vita.
 
Allarga appena le braccia con un palese entusiasmo nello sguardo. << Cosa vuoi sapere? >>
 
Mi faccio più in dietro col sedere, appoggiandomi con la schiena al muro contro cui si trova il letto, per poterla vedere bene.
 
<< Dove sono gli altri tre >>
 
<< Uno è qui –traccia una linea immaginaria col pollice all’altezza delle costole sul fianco sinistro- gli altri due sulla caviglia >> muove freneticamente il piede sotto il mio sguardo.
 
Aveva i piedi scalzi. I tatuaggi sono sempre stati sotto i miei occhi e non me ne sono reso conto. Adesso muove troppo in fretta affinché io possa capire cosa siano.
 
<< Posso vederli? >>
 
Poggia delicatamente il piede sulla mia coscia. I due tatuaggi le circondano la caviglia come una cavigliera. Sembrano davvero uno solo.
 
Sulla parte destra, quella maggiormente visibile in toto, c’è una piuma. Le abbraccia metà caviglia ed è fatta davvero bene.
 
Mi sporgo per ammirare la parte sinistra. Notandolo, gira il piede per aiutarmi.
 
C’è una scritta che percorre tutto l’altro lato partendo da un’estremità della piuma e finendo all’altra. Provo a leggere. Non riesco.
 
<< Cosa c’è scritto? >>
 
<< “Zo licht als één veertje” >> la sua voce è dolce.
 
Dalla sua espressione sembra quasi si stia inebriando di un ricordo. Mi piacerebbe poterlo ammirare se così fosse.
 
<< Tedesco? >>
 
Scuote la testa con foga. << Potrei offendermi >> finge di ammonirmi ma finisce col sorridere.
 
Ero davvero convinto fosse tedesco. << Non è tedesco? >>
 
<< Olandese >>
 
Conosce anche l’olandese? Ero rimasto alla sua conoscenza del tedesco, dell’italiano, del francese e –fortunatamente per me- dell’inglese.
 
<< Mio nonno è cresciuto nei Paesi Bassi. Quando eravamo piccole, passavamo un mese e mezzo con i nonni in estate >>
 
<< E’ un bel po’ >> mi esce.
 
Sono consapevole d’averla interrotta.
 
<< E’ una situazione complicata –abbozza un sorriso amaro- Mia madre lavorava senza sosta. Noi abbiamo sempre avuto Au Pair che badassero a noi nel periodo scolastico. In estate tornavano nei loro Paesi. Non potendo essere presente, mamma ci mandava da mia zia in Francia per metà dell’estate e dai nonni in Italia per l’altra metà >> spiega.

In un secondo mi sembra di vederla. Piccola. Sola. Girovaga. E’ un’immagine che mi incrina il cuore.
 
<< E’ per questo che conosci le lingue così bene? >> cerco di rendere il discorso più leggero.
 
Annuisce. << Mia madre e mia zia sono cresciute in Italia. Con zia avremmo potuto parlare in italiano ma mio zio e Leah, mia cugina, sono francesi in tutto e per tutto. Se non avessi imparato non avrei potuto comunicare >> sorride sul finale.
 
<< Non mi avevi mai accennato a Leah >>
  
<< E’ una lunga storia ma non si tratta di lei, adesso >> dismette l’argomento.
 
C’è qualcosa di cui non vuole parlare. Non riesco proprio ad immaginare cosa possa essere successo tra loro. Non è questo il momento di scoprirlo.
 
<< Mio nonno ci parlava spesso in olandese. Quando vide la piuma che mi ero tatuata con la nonna, non riuscì a trattenersi dal dirmi questa frase. Fui felice. Quando sono arrivata qui mi mancavano entrambi così tanto e non era facile restare forte senza le loro costanti rassicurazioni. Ho deciso di tatuarmelo come promemoria >> spiega, guardandosi la caviglia.
 
Sono inondato da una serie di informazioni nuove. Ci sono così tante cose che vorrei chiedere. Mentre la guardo, non potendo essere visto se non di sottecchi, non riesco a fare a meno di pensare a quanto questa splendida ragazza abbia un universo dentro.
 
<< Voglio chiederti tante di quelle cose che non so da dove iniziare >> esterno, lasciando che l’eccitazione si impossessi di me.
 
Sorride divertita di un simile interessamento. << Chiedi tutto >>
     
<< Primo: davvero tuo nonno è olandese? Secondo: tua nonna si è tatuata con te? – suono estremamente sorpreso- Terzo: Cosa vuol dire questa frase? >>
 
<< Mio nonno è di origini russe ma la sua famiglia si è trasferita nei Paesi Bassi dopo la guerra. Lui era abbastanza piccolo così ha imparato in fretta l’olandese e, nonostante le insistenze dei genitori, ha dimenticato quel poco di russo che conosceva. La frase vuol dire “Leggera come una piuma”. Non è nulla di particolare.
Mia nonna non si è tatuata con me. Mi ha voluto accompagnare dal tatuatore dopo aver sentito le mie motivazioni >>
 
Fa una pausa. << Soddisfatto? >>
 
Annuisco. Sono soddisfatto ma la mia sete di conoscenza è ancora persistente. Voglio sapere il resto. Gli altri tatuaggi. La sua infanzia. Voglio sapere di sua madre, di Sophie, di suo padre. Di tutte le persone che hanno fatto e fanno parte della sua vita.
 
Prende ad alzarsi la canotta, scoprendosi lentamente lo stomaco. Credo potrei sentirmi male.
 
<< Questo è tedesco >> esclama indicando il tatuaggio.
 
Provo a leggere ma, anche questa volta, senza alcun successo. Le lingue non sono davvero il mio forte.
 
<< E’ una citazione di Goethe >> aggiunge.
 
<< L’adori davvero! >> noto.
 
Abbozza un sorriso. Lascia andare la canotta, le ricade sul corpo, coprendola.
 
<< Mamma lo amava. Il tatuaggio è per lei >>
 
Anche stavolta evita di guardarmi. Abbasso leggermente il capo per riuscire a scrutarle gli occhi ed accertarmi stia bene. Noto un velo di tristezza. I suoi ricordi devono essere dolorosi.
 
<< Non volevo >> sussurro, rendendomi conto di quale sentiero tortuoso io abbia involontariamente intrapreso.
 
Scuote impercettibilmente la testa. <<Das Leben gehört den Lebenden an, und wer lebt, muss auf Wechsel gefasst sein”. La vita appartiene ai vivi e chi vive deve essere pronto al cambiamento. La traduzione non rende, ma…era la citazione di Goethe che mi sembrava più adatta e vera >>
 
Dal suo sguardo volutamente altrove intuisco che il suo universo stia quasi collassando su sé stesso. Vorrei essere capace di rimetterlo insieme.
 
<< Il penultimo è qui >> annuncia, come a voler cambiare argomento di proposito, allungandosi a mostrarmi il retro dell’orecchio sinistro.
 
Sbircio. La macchia di colore assume una forma concreta quando mi rendo conto si tratti di un fiore di loto.
 
<< Come mai le orecchie? >> domando, cercando di distrarla con domande interessate ma leggere.
 
<< Sono i primi due che ho fatto. Mia madre non ne era a conoscenza. Mi avrebbe ucciso se l’avesse saputo quindi mi servivano posti sicuri. Ho dovuto rinunciare ad una distribuzione equa >> abbozza un sorriso.
 
Mi sento sollevato. Forse non è così grave. Forse riesce a spaziare nei suoi ricordi senza morirne ogni volta. Forse.  
 
<< Questo è un matching tattoo con Sophie >> afferma.
 
<< Come avete fatto senza il consenso di vostra madre? >> domando.
 
Non è una domanda poi così interessante ma sono curioso di scavare un po’ nel suo passato e scoprire come aggira i problemi.
 
<< Sophie era fidanzata con un tatuatore. Non è stato difficile chiedergli di chiudere un occhio sul consenso di un adulto >>
 
Prendo nota mentalmente. Sa davvero come sfruttare le risorse umane a propria disposizione. Dovrei preoccuparmi per me stesso? Lascio che i miei occhi indugino qualche secondo in più sulla sua nuca. No. Non dovrei dubitare.
 
<< Dove li avresti fatti se avessi potuto scegliere? >>
 
L’ho chiesto davvero io? Mi sembra assurdo. Non posso essere così risoluto fuori dalla mia testa e in una trance perenne nel mio cervello.
 
<< Probabilmente sulla parte interna del braccio. Adesso, però, amo la loro posizione e non potrei immaginarli da nessun’altra parte >>
 
<< Li avrei notati subito >> commento tra me e me.
 
<< Non sarei apparsa poi così tanto misteriosa >> scherza.
 
<< Sei ancora un mistero >> stresso “ancora” di proposito.
 
Sussulta. Immagino non se l’aspettasse. Anche se dovrebbe visto la sua aura.
 
<< Credi? >> chiede con un particolare candore nel tono.
 
Annuisco, convinto.
 
Distoglie lo sguardo istintivamente. Sembra quasi soppesare le mie parole, lievemente in imbarazzo.
 
Non sembra una cosa positiva. Forse ho sbagliato qualcosa. Il tono? Le parole in sé?
 
<< Non fraintendere >> mi affretto a dirle.
 
Torna a guardarmi.
 
La luce nei suoi occhi. L’intensità con cui brilla di luce propria. Il suo cuore. Sono davvero più di quanto meriti.
 
Attende affinché prosegua. Mi faccio coraggio e, in un fiato, mi espongo per l’ennesima volta. << Sei il primo ed unico mistero che io abbia mai amato >>
 
Potrebbe risultare affrettato. Potrei spaventarla, me ne rendo conto, ma, nel momento in cui le parole prendono vita nell’atmosfera circostante, mi sento più leggero.
 
Un sorriso sbilenco si piazza sul mio viso. I suoi occhi sono su di me, ancora. Non ho paura di essere rifiutato. Non ho paura lei rifugga da me. Non ne ho perché ricordo la panchina. Ricordo le sue lacrime.
 
E mi basta. Mi basta per sentirmi amato.
 
Prima che possa rendermene conto, le sue labbra si sono posate sulla mia guancia. Ed è come sentire il battito d’ali di una farfalla sulla propria pelle.
 
<< Questo per cos’è? >> domando, mostrandomi divertito.
 
Si stringe nelle spalle. << Aggiungo azioni misteriose al mio mistero >>
 
<< Non sarebbe grandioso se lo facessi dopo aver spiegato ogni tatuaggio? >> le faccio notare con una velata malizia.
 
<< Non rovinare il momento, Harry >> mi canzona bonaria.
 
Alzo le mani all’altezza del petto in segno di difesa. << Ci ho provato >>
 
<< Ti farò sapere quando la cosa potrebbe andare a buon fine >> ridacchia.
 
Mi prende in giro? O fa sul serio? Non riesco a decifrarlo. Il suo tono è divertito ma l’espressione sul suo viso sembra intenderlo davvero.
 
Non mi resta che chiedere, immagino. << Sul serio? >>
 
Annuisce. << Potremmo inventarci una parola o un segnale >> propone.
 
Non ho più dubbi. E' seria.

<< Adesso? >> domando.
 
<< Oh, la parola “adesso” va bene >>
 
<< Intendevo… >> protesto.
 
Scuote la testa. << Penso sia perfetta >>
 
Non so cos’altro replicare quindi taccio. Sono investito dalla stranezza, bellezza e concretezza di questo momento.
 
<< E c’è un significato? >> riprendo la parola, tornando ad alludere al fiore di loto.
 
Tiene i suoi occhioni vibranti sul mio viso. Apre la bocca ma non emette un fiato. La richiude.
 
Devo intuire non sia stata una buona mossa?
 
Distoglie lo sguardo. Mi è chiaro. Non avrei dovuto.
 
<< E’ stato arduo essere forte per Sophie >> le esce.
 
La sua voce è incrinata. Sembra sul punto di piangere.
 
Guardo il miracolo che è la sua essenza, rivangare le sofferenze che l’hanno resa chi amo, e non posso non pensare a quanto io sia fortunato. So che non dovrei, visto il momento, ma non riesco a trattenermi dal sentirmi come se mi fosse stato concesso un enorme dono.
 
Un dono che saprò custodire.  
 
Mi limito a spalancare le braccia sperando possa servire. Si fionda per farsi stringere.     
 
Potrei passare la vita così. Legato al suo cuore, sempre.  
 
Il suo respiro inizia a regolarizzarsi. Mi sento così sollevato.
 
Sollevato all’idea si stia calmando. Sollevato –se non addirittura lusingato- per avermi permesso di farmi carico della sua vulnerabilità dopo avermi mostrato i meandri del suo animo.     
 
Non è da tutti. Richiede un’incredibile forza. Un coraggio indescrivibile.
 
<< Sei una persona forte, Lotte >> le sussurro, rendendola partecipe di parte dei miei pensieri.
 
Sembra paralizzarsi sul mio petto. Mi sto impressionando? Dovrei controllare?
 
<< Mi ha-mi hai chiamata Lotte >> pronuncia, incespicando nelle sue stesse parole.
 
Già. Non esattamente da me. Non parte dell’Harry che ha conosciuto finora, almeno. Ma nemmeno lei risulta essere la Charlotte che ho conosciuto dopo anni di incontri concessi dal destino. 
 
Annuisco piano consapevole di star sfiorando, nel mentre, i suoi capelli col mento.
 
Si allontana di qualche centimetro per guardarmi in viso. << Perché? >> 




SPAZIO AUTRICE: Buonasera a tutti! 
Mi sono resa conto -a malincuore- di essere rimasta sola. Non c'è più nessuno a seguire la storia su questa piattaforma. La cosa mi rende triste. (So sia colpa mia) Al punto da aver pensato di non continuare ma, qualche giorno fa, ci ho ripensato. 
Ho iniziato questa storia oltre un anno fa e ho ricevuto davvero tanto supporto (finché non ho rovinato tutto), molto più di quanto mi sarei aspettata e ne sono estremamente grata. 
Per questo motivo, nei confronti di chi era solito usare qualche minuto (o più) del proprio tempo per me, nei confronti della storia e di me stessa, sento di dover andare avanti nonostante le attuali circostanze. 
A presto col prossimo :) x

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Capitolo 42
*** Paul. ***


 
Paul. 

 
Apro lentamente gli occhi. Cerco di mettere a fuoco. E’ buio. Quanto avrò dormito?
 
Mentre inizio a respirare consapevolmente, prendo a sentire il mio corpo.
 
I miei piedi spuntano dal lenzuolo. Li muovo. Sono gelati.
 
Non riesco a muovere la parte sinistra del mio torso. Mi sembra sia bloccato. Guardo da quella parte. Charlotte. E’ addormentata su di me.
 
Ha un’espressione così serena. Starei ad ammirarla tutta la notte. E tutto il giorno. E tutta la vita. Non mi frega niente se non riesco più a sentirmi la spalla, il braccio e metà torace.
 
Questo momento significa tutto per me, che lei ne sia consapevole o meno.
 
Una ciocca di capelli sembra prossima a ricaderle sul naso. Con delicatezza la scosto, portandogliela dietro l’orecchio.
 
L’ultima cosa che vorrei è svegliarla. Non sopporterei l’idea di perdere questa visione; di non sentirmi più incaricato alla sua protezione; di non sentirmi più  scelto.
 
E, ovviamente, non sopporterei le conseguenze. Non immagino come potrebbe reagire una volta svegliata nel cuore della notte.
 
Continuo a contemplare il suo viso. Sta sognando? La sua mente è sgombra? Come vorrei poterlo sapere!
 
Con la mano libera –anche se goffamente- prendo ad accarezzarle la testa. Non riesco a trattenermi.
 
Non riesco a smettere di pensare sia un miracolo. Sono così fortunato. Sono innamorato oltre ogni comprensione. Così tanto da bastare per entrambi.
 
Mi chino appena per baciarle la fronte. Un bacio leggero, poco più di uno sfioramento di pelle, ma riempie il mio cuore come niente prima d’ora.
 
Si smuove appena. D’oh. Forse ho esagerato.
 
Si accoccola contro la mia pelle e tace. Tutto calmo.
 
Tiro un sospiro di sollievo. Muovendosi ha anche liberato parte del mio braccio.
 
E’ intorpidito. Lo muovo appena, facendo ben attenzione a non urtarla per errore.
 
Prendo ad accarezzarle i capelli a ritmo regolare con l’arto da poco riacquistato e fisso il soffitto.
 
Non sono più assonnato. Non penso di tornare a dormire. Non mi importa. Sono in un’ottima posizione per preferire il sonno. Potrò dormire domani sera. Dopodomani sera. E i giorni ancora successivi.
 
Adesso, come prima sera insieme, voglio godermi lei.  
 
<< Harry >> sussurra.
 
Spalanco gli occhi. Si è svegliata?
 
Abbasso lo sguardo su di lei. I suoi occhi sono chiusi. Il suo respiro è lento e regolare come poco prima. Non dice altro.
 
<< Charlotte? >> bisbiglio, per accertarmene.
 
Non risponde. Dorme. Ha detto il mio nome nel sonno?
 
Mi sta sognando? E’ una specie di sonnambula? No. I sonnambuli dovrebbero fare intere attività mentre dormono. Lei, invece, ha solo sussurrato il mio nome.
 
L’ha fatto, vero? Non mi sono impressionato, no?
 
Sarebbe un po’ improbabile inventarsi qualche rumore nel bel mezzo del silenzio più assoluto.
 
La ammiro per qualche altro secondo prima di spostare nuovamente gli occhi sul soffitto.
 
Questa è la vita che ho sempre sognato. Il momento che ho agognato per anni. Sarà arduo farsi bastare i giorni che mi rimangono.
 
Cosa accadrà una volta ripreso il tour? Quando la rivedrò? Che futuro potremmo avere? Stoccolma è più vicina rispetto a Londra? Scuoto la testa, come a scrollarmi i pensieri di dosso.
 
Che me lo chiedo a fare? Sono pessimo in geografia. E, ancor di più, a poco serve pensarci adesso. Non c’è alcuna fretta. Andrà tutto per il meglio, fintanto che lei farà la sua parte.
 
<< Harry >> pronuncia, stavolta più decisa.
 
C’è qualcosa di strano nel modo in cui mi chiama. Cosa sta succedendo nella sua testa? Dovrei svegliarla?
 
<< Char? >> mi sfugge. Me ne pento immediatamente.
 
Forse non mi ha sentito. Bene. Devo controllarmi meglio.
 
La sua fronte è aggrottata. Un altro segnale e la sveglio. Deciso.
 
Apre gli occhi sotto il mio sguardo vigile. Mi ha preceduta.
 
Sembra sollevata alla mia vista. << Harry >> ripete.
 
Immagino nella sua visione delle cose sia la prima volta che chiama il mio nome.
 
<< Charlotte? >> pronuncio, in tono rassicurante.
 
<< Penso di… >> inizia, titubante.
 
<< Cosa c’è? Va tutto bene? >> domando preoccupato, chinandomi verso di lei.
 
Non so perché ho quest’istinto. E’ come se credessi che avvicinarmi possa farla sentire più protetta.
 
Lei si allunga verso di me accorciando le distanze a sua volta.
 
Fisso i suoi occhi. Le sue iridi brillano anche nella penombra. Il modo in cui mi guarda mi toglie il fiato.
 
Sembra così presa. Tutto il resto non ha importanza. Non che ci sia altro in giro ad avere rilievo. O che ne avrebbe in sua presenza.
 
Voglio baciarla. Più di quanto abbia mai voluto da quando ci siamo incontrati in quel backstage.
 
I suoi occhi si posano sulle mie labbra.
 
In un istante mi è chiaro. Sta pensando lo stesso. Vuole lo stesso.
 
Dovrei farlo? E’ il momento perfetto? L’atmosfera è all’apice delle sue possibilità?
 
No, decisamente no. Potrei fare molto di meglio. Potrei regalarle la serata migliore della sua vita prima di un fatidico bacio.
 
<< Stai bene? >> ripeto, in mancanza di una sua risposta, per colmare il silenzio dovuto ai miei pensieri.
 
<< Adesso >> afferma, convinta.
 
Connetto. Non sta rispondendo alla mia domanda. E’ il segnale.
 
Un sorriso compiaciuto si piazza sul mio viso prima di annullare ogni distanza tra le nostre bocche.
 
Il primo bacio supera ogni mia aspettativa. Non mi sento rinascere, no. Mi sento come se non avessi mai vissuto prima di adesso.
 
Tutti gli anni d’attesa, tutte le apparizioni da toccata e fuga, tutte le ricerche degli ultimi mesi, le mie speranze. Ne è valsa la pena.
 
Schiude appena le labbra ed insinuo la lingua, lasciando che sia l’istinto a guidarmi. Lei asseconda i miei movimenti.
 
Porto la mano destra sul suo collo, tenendo il pollice sulla sua mascella.
 
La amo. La bacio e non posso fare a meno di amarla.
 
Sorride contro le mia labbra. Sento sia felice. Il mio cuore è talmente leggero. Le sorrido anch’io.
 
Mi bacia a fior di labbra. Una, due, tre volte. Le sorrido ogni volta.
 
Ci stacchiamo quasi in contemporanea. Apro gli occhi. I suoi sono ancora chiusi. Poggio la mia fronte alla sua.
 
Non realizzo ancora. Non può essere successo.
 
Le sue palpebre si aprono con un dolcissimo sfarfallio di ciglia. E’ talmente bella, è talmente mia che potrei morirne.
 
<< Non so nemmeno perché ho aspettato così tanto >> scherza.
 
Non so cosa dirle. Sono troppo sopraffatto per vantarmi, punzecchiarla o semplicemente complimentarmi in maniera scherzosa per le sue labbra.
 
Il collo prende a farmi male così torno a stendermi, sperando lei possa accoccolarsi nuovamente a me.
 
<< Non dici nulla? >> domanda con un risolino guardandomi dall’alto in basso.
 
Distolgo momentaneamente lo sguardo. << Sto ancora elaborando >> ammetto.
 
Mi sembra di suonare un tantino sfigato ma non mi importa. Sono onesto.
 
Ridacchia. Prende il mio braccio destro, lo allarga e si accoccola contro il mio petto, usando il mio arto come protezione.
 
<< Non mi hai detto se è tutto okay >> la butto lì, ricordandomene.
 
Fissa il soffitto. << Come mai eri sveglio? >> cambia argomento.
 
Mi arrendo. << Nessun motivo in particolare. Mi sono svegliato e non riuscivo a prendere sonno >>
 
<< Una vera fortuna per me >> commenta.
 
Cosa intende? Si riferisce al bacio? O, forse, al fatto fossi disponibile per assicurarmi stesse bene?
 
<< Hai chiamato il mio nome un paio di volte prima di svegliarti >> le dico, trovando sia l’unico modo per tornare sull’argomento e avere dei chiarimenti.
 
La sento sussultare sotto il mio tocco. << Ho fatto un brutto sogno >> ammette.
 
<< Vuoi parlarne? >>
 
Scuote la testa, solleticandomi il petto.

 << Sei sicura? >> domando, ancora.
 
Non sono pronto a lasciar andare la cosa tanto facilmente.
 
<< C’eri al mio risveglio. Che importanza ha cos’è successo mentre dormivo? >>
 
<< Non hai tutti i torti –ammetto- Se volessi parlarne, però, sono qui >>
 
Tace.
 
La guardo. E’ assorta nei suoi pensieri.
 
<< Credo di capire cosa intendesse Goethe con “Und jeder Atemzug für dich” >> proferisce.
 
Rifletto. E’ la frase che ho ripetuto verso la fine del film. Quella che le dedicherei fino a non avere più aria nei polmoni.
 
<< Cosa? >> chiedo, stranito.
 
<< Mi fido di te, Harry >> sussurra, seria.
 
Si sente lo intenda davvero.
 
Le bacio la testa mosso da un moto d’amore.
       
Si gira, rimettendosi sul fianco. Allunga il braccio sinistro abbracciando il mio addome.
 
<< Davvero? >> è tutto ciò che riesco a dire, nonostante suoni stupido.
 
Annuisce lentamente contro la mia pelle.
 
 
   
   
 
 
Mi sveglio al suono del mio cellulare. Ho il sonno leggero ultimamente. Controllo a tastoni il comodino fino ad afferrarlo.
 
Il display mostra il nome di Paul. Dev’essere arrivato in zona.
 
<< Pronto >> sussurro per non disturbare la mia bella addormentata.
 
<< Sono fuori l’indirizzo che mi hai dato ieri. Mi apri? >> pronuncia deciso.
 
Il suo tempismo mi disturba e mi fa sentire sollevato allo stesso tempo. Tipico.
 
<< Mhm, sì >> rispondo e metto giù.
 
Controvoglia, mi alzo e, sfilandomi lentamente dal corpo della mia amata, vado alla porta.
 
Apro e lo scorgo al cancello.
 
Non essendo esattamente presentabile per l’esterno, corro da lui, apro e, come un fulmine, torno indietro, senza attendere nemmeno che entri.
 
Mi segue.
 
<< Vestiti >> mi rivolge raggiungendo la soglia.
 
<< Buongiorno anche a te, Paul >> commento sarcastico e mi scosto per farlo entrare.
 
Mi asseconda. << Buongiorno, Harry. Andresti cortesemente a vestirti? >>
 
Gli rivolgo un’occhiata mentre chiudo la porta alle sue spalle. << Cos’è tutta questa fretta? >>
 
Si stringe nelle spalle. << E’ solo che, nonostante gli anni, non risulti mai una bella visione in boxer >> mi prende in giro.
 
Colpito e affondato. Sorrido per dargliene atto. 
 
<< Dov’è la tua ragazza? >> chiede. Il volume della sua voce fin troppo alto.
 
<< Sshh! >> lo rimprovero portandomi l’indice alle labbra.
 
Mi guarda confuso.
 
<< Sta ancora dormendo di là >>
 
<< Mi sarebbe piaciuto conoscerla >>
 
<< L’hai già conosciuta >> gli faccio notare, leggermente seccato non se ne ricordi.   
 
<< Intendevo adesso, dopo che l’hai rovinata >>
 
Lo fulmino con lo sguardo. E’ una cosa così cattiva da dire.
 
<< Vai a vestirti, dai >> ripete.
 
E’ talmente assillante che decido di assecondarlo. Torno in camera e, in punta di piedi mantenendo un silenzio religioso, recupero il mio borsone.
 
Considero che portarlo in salotto e scegliere degli abiti da indossare lì causerebbe meno rumore.
 
Scelgo un paio di jeans neri, i primi impilati, e una t-shirt grigio chiara, usando sempre lo stesso criterio.
 
<< Va meglio, adesso? >> domando, chiudendo il borsone sotto il suo sguardo vigile.
 
<< Le scarpe >>
 
<< Ma sono in casa! >> protesto.
 
<< Volevo andare a mangiare qualcosa, tutto qua >> proferisce, strofinandosi la pancia in modo abbastanza infantile.
 
<< Non hai fatto colazione? >> chiedo, sorpreso.
 
Scuote la testa.
 
Non è il tipo da evitare la colazione prima di uscire da casa. Immagino non abbia potuto attenersi alle sue regole mentre era in volo. Potrei offrirgli qualcosa qui ma, oltre a non sapere cosa c’è, non mi sento a mio agio all’idea di comportarmi da padrone di casa.
 
<< Vado a svegliare Charlotte e andiamo tutti insieme! >> annuncio, avviandomi verso la sua stanza.
 
<< No! >> protesta.
 
Mi fermo di scatto e mi volto a guardarlo.
 
<< Lasciala dormire, poverina. Andiamo solo noi >>
 
Nonostante io non voglia starle lontano, constato non sia del tutto una cattiva idea. In fondo, dopo il brutto sogno di stanotte –di cui non ha voluto parlarmi- potrebbe aver bisogno di un paio d’ore in più.
 
<< Oh, va bene >> esterno la mia approvazione.
 
Mi dirigo alla porta.
 
<< Perché non prendi il tuo borsone? Sistemiamo anche la faccenda dell’hotel al ritorno >>
 
Lo guardo titubante. Quanto ci metteremmo? Non vorrei si svegliasse da sola.
 
<< Sarà veloce, non se ne accorgerà nemmeno >> afferma, quasi a leggermi nella mente.
 
Annuisco. Torno indietro, afferro il borsone e lo affianco.
 
<< Andiamo? >> chiedo, più per sollecitarlo che per assicurarmene.
 
Chiudo la porta di casa dopo il nostro passaggio. Raggiungiamo il cancello, conversando del più e del meno.
 
Sale in auto, precedendomi. Controllo il cancello sia ben chiuso e mi accomodo sul sedile del passeggero buttando il borsone sul retro.
 
<< Cos’hanno detto i piani alti della faccenda? >> chiedo, infilandomi la cintura.
 
Mette in moto. << Non sono stati entusiasti, anzi >> storce le labbra.
 
Si immette in strada.
 
<< Eppure non hanno preso provvedimenti >> noto.
 
Se la mia “bravata” si fosse fatta notare, avrebbero dovuto mandarmi una mail d’ammonimento o simili.
 
Controllo il cellulare. Magari mi è arrivata e non mi sono accorto di nulla.
 
Scorro tutte le mail. Entro nella sezione “spam”, “in arrivo”. Niente di niente.
 
Mi stringo nelle spalle. Mi rendo conto Paul non mi abbia ancora risposto. E’ strano da parte sua non proferire parola. Soprattutto in queste circostanze.
 
Alzo lo sguardo dal cellulare e, invece di guardare lui, lo poso sulla strada.
 
Non mi sembra di riconoscere la zona. Sorpassiamo un cartello che riporta il simbolo di un aereo proprio nella direzione in cui stiamo andando.
 
<< Paul…? >> inizio, interrogativo.
 
<< Mi dispiace >> sussurra.
 
Se il mio cuore fosse collegato ad un macchinario, adesso quest’ultimo mostrerebbe un arresto del battito cardiaco.
 
 
THE END
 
  

SPAZIO AUTRICE: Buona Domenica! Sono tornata e, come avrete notato, si tratta di un capitolo molto particolare: l’ultimo.
Sarò onesta con voi, non è il modo in cui avevo pianificato inizialmente di far andare le cose. Se avessi lasciato quella versione, non avrei mai continuato a pubblicare perché non riuscivo più a scrivere. Questo finale per quanto *aggiungete voi un aggettivo*, mi fa sentire molto meglio.
Mi auguro possa piacervi, davvero. In caso contrario, fatemi sapere :)
 
Vi comunico che c’è una piccola possibilità io scriva un sequel! Ho già pensato al titolo. Devo solo studiare bene come impostare la narrazione e, cosa più importante, devo capire se qualcuno desidera che io dia un seguito a tutto questo. Fatevi sentire!
 
Vorrei ringraziarvi infinitamente per il supporto che mi avete dimostrato nel corso di questi quindici mesi (se non erro). Ultimamente la storia ha perso lettori (per colpa mia, ovviamente) ma sono grata per le 250 recensioni, per tutte le visualizzazioni ai capitoli e molto altro. [Da qui in poi ci saranno solo liste di nomi. Se non siete interessati potete anche non continuare].

- Grazie per aver inserito la storia tra le preferite a (l’ordine è quello della piattaforma, non ci sono assolutamente preferenze):

alessia_jawaad
aurobarbablu
Bea_PayneLove
CatherineSky
chiaretta_directioner
daria84
debbystyles
Emma290614
Fanculo sono un unicorno
forever_directioners
Fraspoons_
haroldslipsirresistible
harryliamlouisniallzayn
itsjustelena_
JamieCBower
Larryssmiles
LoveLostFaithDream
m12
Mrs Grey_Ale
Ness13_
Niall is my prince
Nicole998 
ohwowlovely
payphoran
Saragamerro
summer_love93
sweet_life74
Zikiki98
_Freyja_
_haroldsperfume_
_spencer_
___78
 
- Grazie per aver inserito la storia tra le ricordate a:

amamiperquelchesono
aurobarbablu
carlsd12
Delisabri
iCreddie
MarizaRojas71
namelessjuls
Saragamerro
Sara___07
sce_directioner
teenage_dirtbag

Weneedyou
 
Grazie per aver inserito la storia tra le seguite a (Oddio, quanti siete!):

AmaZa1n
Bekii96
blediona
clo85
Dreamy99
Gaia_bieber
giada cattaneo
giulietta98
Ibivale
IdolsFreeHugs
Ihavegotadream
iliveinmusic8 
ilnostropiccolosegreto
insiemete
justdream
lallala99
lily_lucygatto00
Loveisallaround
Ludovica999
Malik_is_my_hero27
Mrs Grey_Ale
mydreamisyou3
nialllove
noe99s
N_Z_L_L_H
ohwowlovely
OneWhiteRogue
One_Dreamer
poisonrainbow
Saragamerro
sce_directioner
Sili93
Totta96
Vogliadimare
Weneedyou
WikiJoe
Wonderful_me
Zola_Vi
_haroldsperfume_
_kikka1D_
_spencer_    


- ​​Grazie per le recensioni a (seguo l’ordine della piattaforma, non avendo esattamente tempo per elencarvi dal “maggior recensore” al “minor recensore”. Tra parentesi, inoltre, il numero preciso di recensioni):

Ver TomlinsonKIrons

jawaadsmylife
_spencer_ (4)
iliveinmusic8 (4)
sweet_life74 (7)
mydreamisyou3 (36)
ohwowlovely (18)
sce_directioner
mary_cyrus
aurobarbablu
blediona (3)
alwaysursluke
niallsvojce_
Vogliadimare (13)
Nicole998 (2)
Ludovica999
Saragamerro
namelessjuls (30)
Mad Girl (2)
lallala99
ciambellouis
Itsallforzayn (9)
Larryssmiles (22)
Totta96 (15)
Out_Ofocus (2)
Lost in Harrys soul
summer_love93
backforlou (3)
SexyLovato (25)
LoveLostFaithDream (10)
cliffection (2)
Styles_99
1DalIlaria
Zola_Vi (3)
irreplacehood
giulia33
xniallspotato
secretly245 (3)
vivereneilibri
pretendoniall
x_harrysdimples
OneWhiteRogue (4)
winchestersimpala
alissmissfit
Bekii96
Insiemete (2)
spongieluke (2)
idie4luke
Mildacid   
samemistakex
riveraslegs
Underline
 


 

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