Perle di Ricordi

di FairySweet
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Anche i ricordi fanno Rumore ***
Capitolo 2: *** Pochi Secondi ***
Capitolo 3: *** Diamanti e Respiri ***
Capitolo 4: *** Angelo dei Fiori ***
Capitolo 5: *** Nastro di Seta ***
Capitolo 6: *** Fragile come Vetro ***
Capitolo 7: *** Senza Fiato ***
Capitolo 8: *** Ascolta ***
Capitolo 9: *** Sospeso nel Tempo ***
Capitolo 10: *** La pioggia laverà via il Dolore ***
Capitolo 11: *** Perché? ***
Capitolo 12: *** Tempo ***
Capitolo 13: *** Pura come il Sole ***
Capitolo 14: *** Solo una Domanda ***
Capitolo 15: *** Profumo ***
Capitolo 16: *** Bacio Silenzioso ***
Capitolo 17: *** Ricordi lontani ***
Capitolo 18: *** "Come reagite alle Sorprese?" ***
Capitolo 19: *** Solo ***
Capitolo 20: *** Grazie ***
Capitolo 21: *** Solo se lei Vorrà ***
Capitolo 22: *** Respiro ***
Capitolo 23: *** In questa vita o nell'Altra ***
Capitolo 24: *** Ricordi ancora come si Danza? ***
Capitolo 25: *** Campo di Grano ***
Capitolo 26: *** Voi non Capite ***
Capitolo 27: *** Tu sei troppo Amore ***
Capitolo 28: *** Respiro di Vita ***



Capitolo 1
*** Anche i ricordi fanno Rumore ***


                                 Anche i ricordi fanno Rumore




Cos'è un ricordo? Cos'è un sorriso? Un'attimo intrappolato nelle perle dell'anima, un sospiro di felicità che persino ora non le dava tregua.

Per tutta la sua vita aveva amato incondizionatamente sé stessa e un mondo a cui apparteneva con ogni fibra del suo essere e poi, poi era successo qualcosa, un uomo venuto da lontano si era portato via il suo cuore nascondendolo nella tenerezza di un sorriso, di uno sguardo rubato in mezzo alla folla.
Un uomo che allora era anche ragazzo, più grande di lei, più innamorato del mondo e con idee diverse dalle sue.
Lui si era permesso di sfiorare la sua pelle, di lasciare un bacio delicato sulla sua mano mentre quegli occhi di cielo la incatenavano all'anima.
Ne era stata felice, si era lasciata cullare da quel sogno che sembrava diventare ogni giorno più reale ma quell'uomo si era preso una parte di lei, la cosa più preziosa che possedeva: la sua intima e tenera voglia d'amare.
Non era certa che lui avesse capito l'importanza di quel gesto, di quel dono immenso che nessuno al mondo aveva mai ricevuto, nemmeno suo marito.
Era giovane, troppo giovane per capire che gli uomini sono deboli, volubili, cambiano con una velocità impressionante innamorandosi ogni volta di un paio di occhi diversi così, lui se ne era andato, aveva scelto un'altra, una persona che con lei e con il suo mondo, con il loro mondo, non c'entrava assolutamente niente.
Era andato via e assieme a quella delusione si era portato via i suoi sorrisi, la sua dannata voglia di scoprire quanto bello può essere amare, lasciarsi cullare da un sospiro comune che lega i sentimenti e costringe la follia al silenzio.
L'aveva costretta ad odiarlo, a reprimere quell'amore folle e violento che bruciava nel suo giovane petto.
Era cresciuta, era diventata una splendida donna, bella, delicata ma con una forza che poche dame di quel mondo possedevano.
Si era sposata, aveva una figlia, l'unica ragione della sua vita eppure, era bastato uno sguardo, un battito di ciglia, un ricordo dagli occhi azzurri come il cielo per sconvolgere di nuovo tutto il suo mondo.
Non importava quanta forza mettesse nella lontananza, quei due cuori così simili uno all'altra, urlavano i propri nomi nel buio di quel mondo tirandoli violentemente uno verso l'altro.
Amore, gelosia, rabbia, dolcezza, sentimenti che in quei mesi lunghi e dolorosi li avevano travolti con la violenza di un uragano lasciandoli storditi, soli, in balia di scelte che non avevano nemmeno il nome di certezze.
Aveva sbagliato, aveva sbagliato con lui, con il loro amore, aveva sbagliato ad allontanarlo ma in fondo, l'unica colpa che aveva era quella di amare troppo.
Amava con tutta sé stessa, con ogni cellula del suo corpo restando senza difese, senza nemmeno uno stupido muro a separarla dalla cattiveria del mondo e delle persone e così, quando provava a respirare di nuovo, qualcuno si divertiva per l'ennesima volta a giocare con lei ricacciandola in quel mare infinito di emozioni che nemmeno riusciva a districare.
Ma ora che importanza aveva? Perc chi avrebbe lottato? Per cosa? Non aveva voglia di rialzarsi, non di nuovo, non per quell'uomo che negli ultimi giorni l'aveva allontanata faticando perfino a guardarla negli occhi. C'era solo quel debole sorriso sulle labbra mentre nelle orecchie rimbombava ancora il tuono violento dello sparo ...


 

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Capitolo 2
*** Pochi Secondi ***


                                                                Pochi Secondi 





Forse non era poi tanto male chiudere gli occhi, forse, quella pace infinita che regnava nella sua anima le faceva bene, forse era davvero morta.
Già, ma allora come si spiegava quelle immagini davanti agli occhi? Un giardino enorme pieno di sole, di luce, fontana di marmo bianco che gorgogliava allegra spingendo l'acqua verso il cielo e una giovane donna, una ragazza spensierata che si divertiva a intingervi la mano giocando con le increspature.
Conosceva bene quella ragazza, conosceva bene il modo che aveva di osservare le cose perché era lei quella ragazza.
Giovane e bella, con la pelle chiara profumata di pesca e i capelli raccolti dietro alla nuca, non tutti, non ordinati come quelli che avrebbe voluto sua madre ma ribelli come in fondo era il suo spirito.
Quel bel castano scuro risplendeva sotto i raggi del sole cambiando colore, assomigliando di tanto in tanto al grano o al rame.
Aveva un bel vestito azzurro che stringeva dolcemente un corpo delicato non ancora splendente di passione ma nemmeno più bambino.
Socchiuse gli occhi osservando incuriosita quel ricordo che di colpo era apparso davanti ai suoi occhi.
Sorrise pensando che non sarebbe stato tanto male tornare a quei tempi, quando tutto era spensierato e l'amore sembrava un miraggio, qualcosa di magico che i libri dipingevano come una fiaba.
E poi, lì, accanto al labirinto verde un ragazzo, un giovane alto dai capelli scuri così simile a lei da intenerirla. Un fratello che aveva amato alla follia e che un destino troppo violento si era portato lontano … “Lo sai che nostra madre ti sta cercando?” “Credevo sapesse dove trovarmi” “Credevo sapessi come evitare nostra madre” sussurrò divertito avvicinandosi a lei “Non sto evitando nostra madre” “Non sai dire le bugie sorellina” le sfiorò il collo facendole il solletico “Sto semplicemente ascoltando l'acqua” “Lo sai che questo non le piace” “A lei non piace mai niente di diverso dalla grazia, dal galateo e dal ricamo” “Sei una donna” esclamò divertito sedendosi di fronta a lei “In cosa dovresti applicarti? Nell'arte della spada?” ma lo sguardo severo sul viso della ragazza lo costrinse a sospirare “Anna, questo è il tuo posto, questa splendida donna che ho davanti un giorno sarà un'elegante contessa …” le sfiorò il viso con una tenerezza infinita “ … avrai un marito che ti ama e un figlio stupendo, tanti figli e un palazzo enorme dove potrai dare ricevimenti e conoscere nuove persone. Il tuo salotto sarà il più frequentato del mondo perché sarai tu il centro di quel mondo” “Come lo sai?” “Cosa?” domandò giocherellando con la sua mano “Come sai che diventerò tutto questo?” “Perché sono tuo fratello e ti conosco. So quello che hai dentro sorellina. È vero, a volte nostra madre esagera un po' ma lo fa per te, per il tuo futuro” “Lo so” sussurrò abbassando qualche secondo lo sguardo “E allora? Perché sei qui con questo faccino triste?” “Perché a volte vorrei essere libera di immaginare il mio futuro” “E com'è il tuo futuro?” domandò divertito “Allegro, pieno di persone magari anche un po' noioso ma tranquillo e sicuro. Non voglio dover preparare il mio matrimonio già ora” “Ma che … e questo chi te l'ha raccontato?” “Conosci le regole dell'aristocrazia? A volte dubito che tu sia davvero figlio di conti” “Si? Allora a questo porremo rimedio” “Ma di cosa …” uno schizzò d'acqua arrivò sul suo viso scatenando in lei un enorme sorriso “Sei diventato pazzo? Lo sai che nostra madre ha …” “E tu da quando ascolti così assiduamente nostra madre?” un altro schizzo d'acqua, un'altra risata. Si alzò in piedi immergendo le mani nell'acqua fresca “Ehi, io sono il conte Fabrizio Ristori, il primogenito di una facoltosa famiglia che diventerà conte” “Oh …” sussurrò divertita “ … allora conte, se fossi in lei starei molto attento alla pioggia” “In estate?” ribatté ironico sfiorando l'acqua con le dita “Non c'è una nuvola in cielo” “Non ha mai sentito parlare dei temporali estivi?” “No, non direi contessa” “Oh, mi rammarico per lei signore, discende da una si tale famiglia e non comprende quanto volubile può essere il tempo?” sollevò le mani di colpo lanciando verso il cielo gocce di luce pura, il ragazzo sorrise nascondendosi dietro a qualcosa di invisibile ma la sua bella sorella aveva già i capelli imperlati di acqua fresca e sapeva che non si sarebbe mai fermata perché una sfida del genere non poteva essere ritirata.
Ricordava bene quel pomeriggio, i giochi nell'acqua, lo sguardo severo di sua madre che chiedeva insistementemente di chi fosse la colpa, chi fosse il responsabile di quei capelli così fradici e fuori posto e ricordava lo sguardo di suo fratello, colpevole e divertito assieme che si asciugava il viso ridacchiando.
Era uno dei suoi ricordi preferiti, uno di quelli che custodiva gelosamente e che non aveva mai raccontato a nessuno perché nessuno aveva il diritto di intromettersi nei suoi sentimenti e poi una nebbia leggera, le immagini sfocate e di nuovo quel giardino.
Lo stesso giardino, con la stessa fontana forse solo più silenziosa perchè quella giornata d'autunno colorava tutto di dolcezza dalle tinte tristi e malinconiche.
C'era profumo di pioggia nell'aria e il canto lontano degli uccelli colorava quella mattinata fresca accompagnando i pensieri oltre il limite del possibile.
Era tutto uguale a prima, la casa, il bel giardino maniacalmente curato e quel labirinto verde dalle tinte più sbiadite, colpa dell'autunno forse o magari, era solo colpa sua perché ricordare qualcosa che per così tanto tempo era rimasta chiusa a chiave dentro di sé richiedeva uno sforzo non indifferente.
Davanti alla fontana c'era la stessa ragazza, la stessa bellissima ragazza ora anche donna. Le linee delicate del viso si erano fatte ancora più belle, il colore dei capelli era vivo e brillante e piccoli fiori argento facevano capolino di tanto in tanto impedendo a quelle ciocche ribelli di scappare.
Il corpo era slanciato, le curve del seno più evidenti e le labbra rosee e terribilmente invitanti erano schiuse sotto il tocco di quel vento leggerissimo.
Sorrise studiando l'immagine di quella ragazza dallo sguardo malinconico concentrata su qualcosa di invisibile davanti a sé.
Le dita giocavano con qualcosa, forse un fiore, unico superstite di quell'autunno rigido o forse una di quelle belle foglie dai colori pallidi che sembravano cadere come neve sui prati “Mi chiedevo quando avrei potuto incontrarvi” si voltò di colpo trattenendo il fiato, l'uomo sorrise avvicinandosi di qualche passo “Perdonatemi, non era mia intenzione spaventarvi” “Non … non mi avete spaventato” “Cosa fate qui fuori? C'è troppo vento per voi” ma lei sorrise giocando con quel piccolo fiore rosa“Pensavo” “Erano pensieri belli?” “Erano frivolezze” concluse allegra, il mantello color del bronzo scivolò dolcemente di lato scoprendole il collo e costringendo quegli occhi di ghiaccio a vagare su quella seta preziosa salendo fino al suo viso“Anche le frivolezze possono essere piacevoli” “Voi chi siete?” lo vide sorridere allungando una mano verso di lei.
Le dita si strinsero attorno alle sue e un piccolo brivido scivolò via salendo fino alle spalle mentre quegli occhi di ghiaccio si riempivano di lei “Voi siete la contessa Ristori non è vero?” “Anna” sussurrò divertita, un lieve rossore colorò le guance rendendola ai suoi occhi ancora più bella “Anna, è un bel nome, degno della vostra persona” “Perché siete …” “Qui fuori?” concluse sorridente “Vostra madre vi nasconde come un gioiello Anna. Ho sentito parlare di voi ma ogni volta che provavo ad immaginare la vostra persona mancava qualcosa. La realtà ha aggiunto quella pennellata di dolcezza che a me mancava. Siete più bella di quello che immaginavo” “E questo è un male?” sussurrò socchiudendo gli occhi “No, direi che non lo è contessa. Ma devo ammettere, che mi aspettavo una donna diversa” “Mi dispiace avervi deluso, non era mia intenzione” esclamò ironica abbassando qualche secondo lo sguardo “Aspettavo di avere davanti agli occhi un'altra donna è vero ma …” si avvicinò di un passo ancora inchiodando gli occhi ai suoi “ … questo non vuol dire che la realtà sia così brutta anzi, a mio parere siete la donna più bella che mi abbia mai guardato” “Di solito non guardate negli occhi le persone?” “Di solito le belle donne come voi sono sommesse e composte, avvinghiate ad un galateo che le dipinge innocenti e delicate ma voi …” si fermò qualche secondo riprendendo fiato “ … voi non avete paura di guardarmi e questo è un piacevole diversivo alla vita di tutti i giorni” “Non vi piace la vostra vita?” “Non mi piace la falsità delle persone” un altro leggerissimo rivolo d'aria le sfiorò il viso giocando con quei dolci fili d'ebano che sfuggivano alle forcine.
La mano del giovane si mosse da sola, quasi come se fosse animata da qualcosa di più forte che semplice curiosità, qualcosa che lo spingeva a toccarla, a sfiorare quella pelle di seta solo per il piacere di sentirne il profumo.
Le scostò dagli occhi i capelli perdendosi nella dolcezza del suo sguardo “Ve l'ha mai detto nessuno che avete degli occhi stupendi?” “Nessuno gioca con le contesse” “Siete una preda troppo difficile?” “Sono una preda con un cervello. Agli uomini questo non piace” “E perché mai? Una donna in grado di pensare è un bottino ambito” la vide sorridere colorando lo sguardo di fierezza “Io non sono un bottino né un premio da vincere” “Credete sia qui per questo?” una voce lontana spaccò il silenzio costringendola a sobbalzare “Perché siete qui?” “Non lo sapete?” ma l'espressione confusa sul suo viso era tenera e difficile da cancellare dalla testa perché quel viso d'angelo entrava violentemente nel cuore “Mio padre è un ottimo amico di vostra madre” “Lo so” esclamò divertita “Lo sapete?” “Secondo voi perché le donne con un cervello spaventano gli uomini?” allungò dolcemente una mano verso di lui lasciandolo senza fiato “ È stato un piacere conoscervi Antonio” le labbra si posarono sulla pelle del dorso costringendola a sorridere. Solo pochi secondi, pochi stupidi e lunghissimi secondi prima di vederla correre via come un fantasma, un'apparizione venuta dal nulla. Scappò via lasciandolo solo a fissare il vuoto un bacio rubato, un bacio innocente che si era preso la libertà di unire due mani.
Il loro primo incontro e la curiosità di scoprire chi fosse e perché fosse lì, accanto a lei, così perso in lei da renderla orgogliosa di quella curiosità forse un po' frivola e figlia di una giovinezza che ora più che mai le mancava da morire.

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Capitolo 3
*** Diamanti e Respiri ***


                                                     Diamanti e Respiri




 “Non ti va di mangiare qualcosa?” ma lui non rispose, restò immobile con gli occhi persi su quel viso dall'incarnato pallido, così tenue da sembrare ultraterreno “Hai bisogno di riposare un po'” “Sto bene” sussurrò cercando gli occhi della giovane accanto a lui “Sto bene, non devi preoccuparti per me” “Sei stanco” “No, non sarò stanco fino a quando lei non aprirà gli occhi” “Vedrai che si sveglierà presto” ma poteva sentire l'esitazione della giovane perfino così.
Provava a regalargli speranza ma non ne aveva nemmeno per sé come poteva pretendere di donarla a lui? Sospirò tornando a concentrare la propria attenzione su quel corpo addormentato che si abbandonava alla notte.
Cercava qualcosa, un tremito, un battito di ciglia, qualsiasi movimento anche lieve ma che potesse comunque dirgli: eccola, è lì, davanti a te, è viva e si riprenderà presto.
La porta si aprì lentamente e Amelia fece capolino sorridendo.
Reggeva tra le mani un catino pieno d'acqua e un panno di lino chiaro e profumato “Ecco l'acqua dottore” annuì leggermente alzandosi in piedi “Elisa, dovresti andare a controllare Agnese, credo che si stia svegliando e c'è Giannina con lei ma non ha dormito molto bene” la giovane sorrise annunedo appena e congedandosi amabilmente li lasciò soli.
Uno dopo l'altro i lacci di seta della veste vennero sciolti e la pelle candida si illuminò di tenui colori caldi, gli stessi che spargeva la candela lì accanto “Povera la mia bambina” sussurrò Amelia sfiorandola “Quell'uomo è un mostro, ma non devi avere paura, tutto andrà bene, c'è il dottore qui, tutto andrà bene” “Ho paura che sia colpa del dottore se lei ora è ridotta così” “Non vi date colpe signore, voi non ne avete” ma le parole di Amelia scivolavano via lasciando solo l'amaro di un pensiero senza senso.
Continuava a sfiorare quel corpo di fata con il panno fresco e inconsciamente, nell'intimo del proprio cuore sperava che quel lievissimo refrigerio la costringesse ad aprire gli occhi e come se niente fosse accaduto, un bel sorriso le avrebbe colorato le labbra, lo stesso che tormentava il suo cuore ogni volta che al mattino il sole le sfiorava gli occhi.
Ma sulla spalla, appena sotto la clavicola, un segno così freddo da farlo impallidire perché lì, pericolosamente vicino al cuore c'era una cicatrice che non sarebbe mai guaruta.
Era riuscito a bloccare l'emorragia ma non aveva la minima idea di quello che sarebbe accaduto perché fino a quando lei non avesse deciso di aprire gli occhi, le loro uniche speranze erano affidate alle preghiere.
“Non c'è segno di infezione, va bene, così va bene Anna” sussurrò sfiorandole le labbra con le dita “Vado a prendere altra acqua dottore” un debole cenno d'assenso poi il rumore della porta dietro di sé e solo il silenzio “Non puoi andare via” sussurrò avvicinandosi a lei, le labbra così vicine da potersi quasi sfiorare “Non puoi lasciarmi da solo amore mio” la candela lì accanto si spense lasciando solo una debolissima scia di fumo “Non preoccuparti, è solo il temporale” si avvicinò alla finestra inspirando a fondo il profumo della pioggia “Profuma amore mio, profuma proprio come quella mattina in giardino, lo stesso profumo, la stessa dolcezza” si voltò verso il letto sorridendo “E tu sei la stessa ragazza che quella mattina ha incatenato il mio cuore all'amore” ma da quel corpo inerme non arrivò nessuna risposta.
Chiuse qualche secondo gli occhi sospirando, tirò le tende chiudendo fuori da quella stanza ogni nota profumata di ricordo e senza aggiungere una parola, tornò accanto a lei coprendola “Andrà tutto bene vedrai …” spostò il catino d'acqua sedendosi sulla poltroncina accanto al letto “ … andrà tutto bene” gli occhi persi in lei, in quel profilo perfetto che la natura aveva creato con diamanti e respiro.



Perché farlo? Perché aprire il cuore a quello sparo violento? In fondo la risposta era semplice, era lì, impressa a fuoco nel suo cuore.
Era innamorata, era innamorata alla follia di un uomo che nonostante gli sforzi, non era riuscita a cancellare dalla mente.
E ora, in quel ricordo, in quel salotto festoso e pieno di persone rivedeva quell'amore in boccio che un fiore appena nato si apriva lentamente rivelando i suoi petali.
Era la mattina del compleanno di sua madre, ricordava bene quel giorno, suo fratello era partito con l'esercito e la casa sembrava più silenziosa che mai.
Sua madre amava quei piccoli festini perché in qualche modo le consentiva di dimenticare quel figli o che arruolato nell'esercito era lontano e forse, incontrare gente nuova faceva bene ad entrambe.
Ma ricordava anche che quella mattina c'era qualcosa di diverso nell'aria, qualcosa che la rendeva inquieta e divertita allo stesso tempo.
Ferma accanto alla finestra, con un bellissimo vestito rosso che costringeva l'incarnato a risplendere ancora di più poi quel sorriso enorme sul viso mentre quegli occhi azzurri le regalavano un bacio leggero “Credevo che vi avrei trovato in giardino” “Perché mai? La festa è qui” “Ma la tua mente non è qui” “Solo perché ti ho permesso di darmi del tu …” sussurrò divertita nascondendosi dietro al ventaglio “ … non vuol dire che puoi prendermi in giro” “Non lo faccio, sono solo estremamente incantato dalla tua bellezza” “Questo l'hai già detto” sussurrò ironica ma quelle parole che le accarezzavano l'anima erano dolcissime e le amava da impazzire “Cosa ne direbbe la contessa se la invitassi ad un pic nic all'aria aperta?” “La contessa sarebbe felice di accettarlo dottore” “Non sono ancora dottore” “Lo sarai presto” poi quella voce alle sue spalle e lo sguardo severo di sua madre “Come state dottor Ceppi?” “Meravigliosamente contessa” sussurrò baciando la mano della donna “Si offende se le faccio un complimento?” “I complimenti non sono mai offensivi dottore” “Lei è più bella che mai” la donna sorrise appena concentrando lo sguardo sulla figlia “Anna ti dispiace intrattenere gli ospiti al posto mio, ho bisogno di un po' di tregua dai discorsi del duca” “Si madre” gli occhi si sfiorarono appena costringendolo a sorridere “Dottore io provo una simpatia nei suoi confronti. Lei è un brav'uomo. È colto, figlio di una famiglia nobile e molto elegante” “La ringrazio signora” “Ma quello che non ammetto è che mia figlia venga usata per puro divertimento” “Forse vi ingannate contessa, io non …” “Io so che vi divertite a giocare con quella servetta di dubbie origini. Se non sbaglio si chiama Lucia” lo vide annuire leggermente abbassando qualche secondo lo sguardo “Mia figlia è innamorata dottore, è innamorata di voi. Credevo non sarebbe mai accaduto o meglio, credevo che prima o poi le passasse perché non è con voi che immagino il suo futuro” “L'amore andrebbe lasciato libero di scegliere” “E cosa sceglierebbe per voi?” domandò gelida “Una giovane dama bella ed elegante che conosce le buone maniere e l'arte o una serva!” “Con il vostro permesso signora contessa …” si avvicinò di più alla donna cercando il suo sguardo “ … non credo che vostra figlia sogni quella vita” “Mia figlia non può permettersi di sognare niente dottore. Sono sua madre, le scelte che la riguardano sono fatte solo per pensare al suo bene” “Ed è per il suo bene che la costringete a frequentare i salotti degli uomini più ricchi della città?” “Mia figlia non si oppone, perché dovreste farlo voi?” “Perché sono affezionato a sua figlia” “Non ammetto cose del genere” “Non voglio giocare con lei, non mi permetterei mai contessa” la donna sospirò chiudendo di colpo il ventaglio “Giuratemi che mia figlia non finirà scottata da qualcosa che non può controllare. Giuratemi che apparterrete solo a lei e vi darò il permesso di sposarla” ma lui non rispose, si limitò a trattenere il fiato restando incatenato a terra dalle parole di una donna che era a tutti gli effetti anche madre “Vedete? È proprio di questo che stavo parlando. Smettetela di giocare e rivelate a mia figlia i vostri sentimenti e lasciatela libera di vivere la sua vita”un lieve cenno della testa per congedarsi da lui e la consapevolezza di dover fare una scelta, qualcosa di violento che si era intromesso tra loro.
Perché lo ricordava? Perché aveva sentito ogni parola di quel maledetto discorso, ogni accento, ogni pausa, ogni dannato sospiro.
Immobile accanto al divanetto, con gli occhi inchiodati a loro e la rabbia che lentamente portava via pensieri e parole perché per tutto quel tempo aveva immaginato un bel futuro, un uomo elegante e raffinato, un medico che l'avrebbe protetta sempre, contro tutti e tutto.


 

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Capitolo 4
*** Angelo dei Fiori ***


                                                   Angelo dei Fiori




Non era certa di ricordare quel campo di grano, o forse, non era certa di volerlo ricordare. Sapeva che quell'immagine sfocata faceva male, sapeva che le scelte della sua giovinezza continuavano a massacrarle il cuore perfino da lì.
Aveva sentito sua madre, conosceva a memoria quel discorso, ogni virgola, ogni sospiro eppure, nell'ingenuità di quell'amore ancora così fresco, aveva scelto di non ascoltare quella piccola vocina che dentro di lei continuava ad urlare: è sbagliato Anna, lui ti farà del male.
Non correre Anna” “Perché?” domandò divertita voltandosi leggermente indietro “Non riuscite a prendermi?” la risata cristallina della giovane salì fino al cielo colorando quella tiepida mattina estiva di dolcezza.
Correva come una bambina in quel campo di grano sfiorando le spighe con la punta delle dita. Aveva i capelli sciolti sulle spalle, tenuti insieme da un semplicissimo diadema che dietro alla testa ne intrecciava poche semplici ciocche e quel vestito, quel vestito che tanto amava, semplice, azzurro come il cielo con ricami rosa che si univano formando piccoli fiorellini delicati e luminosi.
Non le importava niente dell'etichetta, niente galateo, niente salotti eleganti, solo un campo di grano colorato di tanto in tanto da papaveri rosso fuoco e quell'angelo dalle fattezze delicate che vi correva in mezzo.
La chiamava sempre così, il mio piccolo angelo dei fiori, era dolce, delicato, apriva brecce nel suo cuore perché sentirsi amata era una sensazione nuova e quell'attimo di tenerezza bastava a farla sorridere “Andiamo dottore, se non corri più veloce come pretendi di prendermi? Spero che per i tuoi pazienti correrai più veloce di una lumaca” ma le braccia del ragazzo si strinsero attorno a lei costringendola a sorridere “Sei veloce lo sai?” “Davvero?” sussurrò divertita voltandosi verso di lui.
Aveva il viso arrossato e gli occhi pieni di vita, le sfiorò il collo giocando con i capelli scuri “Sei così bella” “Me lo ripeti continuamente” “Perché ogni volta che ti vedo non riesco ad immaginare come ho fatto a vivere fino ad oggi senza di te” un bacio leggero, delicato.
Le labbra si sfiorarono dolcemente mentre le mani di quel ricordo la stringevano violentemente a sé. Sentiva i suoi respiri, il movimento del petto contro il suo e le sue mani sulla schiena “Sei bellissima angelo mio” un altro sorriso, un altro bacio, un altro attimo di giovinezza che si portava via con sé un piccolo frammento di Anna.
Per quello non amava ricordare quel campo di grano, perché lì, per la prima volta, le sue labbra avevano sfiorato la dolcezza e da quel giorno, ogni attimo che viveva era per lui, ogni sorriso, ogni bacio dato ad un sogno.
Ma quando si è giovani tutto sembra più semplice, privo di cattiveria di quell'artefatto piano che tutti chiamano destino.


“Come sta?” “Come un'ora fa” mormorò sfinito “La febbre non scende e lei non ha nessuna intenzione di aprire gli occhi” la ragazza sospirò posando una mano sulla sua “Cosa possiamo fare?” “Pregare Elisa, perché a questo punto la mia medicina non può più aiutarla e se lei dovesse...” un singhiozzo ruppe il respiro costringendolo a trattenere il resto di quella frase “Non morirà. È forte Antonio! Lei è forte!” esclamò decisa inginocchioandosi davanti a lui “Questa volta non sarà diverso, aprirà gli occhi e la vedrai di nuovo sorridere” “È stata colpa mia” “Cosa?” “Se non avessi … perché è … ” “Perché ti ama” sussurrò sfiorandogli teneramente il viso, lo sentì tremare leggermente alzandosi in piedi “Non era così che immaginavo il nostro futuro” si avvicinò alla finestra perdendosi sul giardino scuro di notte “Una bella casa, Emilia che le chiede il permesso di incontrare qualche ragazzotto un po' troppo esuberante, magari all'inizio le avrebbe detto di no ma poi, dopo qualche ora avrebbe autorizzato quella piccola e innocente follia e io sarei stato sveglio per ore ad aspettare il suo ritorno” sorrise all'immagine di un futuro che si dipingeva lentamente davanti ai suoi occhi “Immaginavo un bel salotto profumato di pesca e con i cuscini sparsi sul pavimento dove un piccolo bambino impara a camminare e magari un cane ma non questo, non così” l'altra sospirò intingendo nuovamente il panno nell'acqua fresca “Se la febbre non scende rischia di morire e non sono preparato a questo” “Non devi pensarlo” “Non sono preparato, non così, non ora Elisa. Non posso perderla” “Non la perderai” gli occhi fusi l'uno nell'altra mentre solo il silenzio giocava con loro.

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Capitolo 5
*** Nastro di Seta ***


                                                      Nastro di Seta




Alzerai mai gli occhi da quel libro?” sorrise divertita girando un'altra pagina “Solo quando la smetterai di contare i minuti dottore” “Tu leggi troppo” “E tu giochi con la mia pazienza” ma quel bel sorriso era troppo invitante per renderlo indisposto o arrabbiato.
Un pomeriggio d'inverno, la neve fuori dalle finestre e il profumo del legno di cedro che scoppiettava nel camino.
Non ricordava più nemmeno quante volte era accaduto, quante volte era rimasta sola con lui ad ascoltare lo scoppiettio del fuoco parlando, ridendo, sfiorandosi dolcemente con gli occhi.
Nell'angolo del salotto una ragazza giovane, elegante, le sue mani sfioravano le corde dell'arpa giocando con la musica “Hai finito i tuoi studi?” “Manca poco ormai” “Tuo padre è molto orgoglioso di te lo sai? Non fa altro che parlare del tuo futuro radioso con mia madre e …” “Il suo futuro radioso resterà un'utopia Anna” chiuse il libro concentrando lo sguardo su di lui “Non voglio servire un re e un'aristocrazia che lascia morire la povera gente” “Sei nato in una famiglia nobile, non puoi rifiutare il tuo retaggio” “Davvero?” ma l'espressione sul viso della giovane lo fece sorridere “Non sono discorsi da affrontare ora” “No? Perché vedi, mia madre è convinta che tu … insomma … che …” “Cosa?” trattenne il respiro nascondendosi dietro ad un bellissimo sorriso “Niente, niente, solo sciocchezze” “Sei sicura?” annuì dolcemente giocando con il bordo della copertina “Si, solo sciocchezze che questa neve candida crea dal nulla” ma non c'era niente di sciocco in quei pensieri.
Per mesi interi aveva costretto i dubbi a nascondersi nell'angolo più buio dell'anima perché restare assieme a lui era l'unica cosa che le interessava ma chissà come, ogni volta che lo guardava negli occhi, ogni volta che quell'azzurro violento si perdeva in lei quei dubbi si affacciavano lentamente chiedendo risposte che il suo giovane cuore aveva paura di scoprire.
Non aveva mai passato tanto tempo a ricordare, quando lui se ne era andato aveva giurato al mondo intero che nessuno le avrebbe più fatto del male così.
Nemmeno suo marito conosceva la donna meravigliosa che era custodita dentro quella corazza spessa e a tratti gelida.
Per sé stessa, per la sua bambina, per le loro vite era diventata qualcosa di diverso, qualcosa di lontano dall'immagine di quella ragazza gioiosa che correva libera in un campo di grano.




C'era una cosa che per tutto quel tempo era rimasta al sicuro dentro di lei, era qualcosa di piccolo e forse futile agli occhi della gente ma per lei era qualcosa di speciale: un nastrino d'argento.
Un piccolissimo nastro d'argento che profumava di buono, era il nastrino che teneva ancorato ad un cuscino di seta un anello d'oro.
Era un gioiello stupendo, diverso da quegli enormi anelli che costringevano la mano ad uno sforzo enorme, diverso dalla moda di quel tempo.
Era sottile e delicato con un bel diamante incastonato tra fili perfetti. Una notte di primavera, la luna alta nel cielo e un buon profumo di fiori nell'aria.
Erano stati a teatro e ora, da quell'immagine sfocata ricorstruiva lentamente ogni forma, ogni linea.
Il giardino era tranquillo e sereno, si sentiva di tanto in tanto il verso di qualche civetta e le fiaccole illuminavano dolcemente la strada.
Ricordava la sua mano stretta attorno ai suoi fianchi, il suo sorriso, il profumo della sua pelle. Ricordava un bacio delicato, le sue labbra, quei respiri accelerati che chiedevano di più ma un'etichetta severa li costringeva a rallentare soffocando la passione, impedendo all'anima di correre a perdifiato.
Era quello il suo amore, qualcosa di diverso dal resto del mondo, qualcosa che poteva bruciare più del fuoco vivo concedendole tutta la bellezza dell'universo.
Se qualcuno le avesse raccontato la verità, se le avessero predetto il futuro durante quegli anni probabilmente si sarebbe messa a ridere ripetendo a sé stessa che ogni cosa a questo mondo poteva essere cambiata ma la vita, la stessa vita che amava alla follia l'aveva punita.
Le aveva insegnato qualcosa di terribile e lo aveva fatto nel modo più violento di tutti.
Così ora, si ritrovava lì ad osservare quella giovane donna che senza paura alcuna si innamorava sempre di più … “Ti amo” sussurrò staccandosi dolcemente da lei “Ti amo Anna, sei il mio angelo e non posso vivere senza di te” “Antonio, forse è … forse non dovremo correre così” chiuse gli occhi posando la fronte contro la sua.
Sentiva le sue mani strette con forza attorno ai suoi fianchi, sentiva il loro calore da sopra il tessuto dell'abito e immaginava come sarebbe stato sentirle sulla pelle, giocarvi e lasciarsi intrappolare in un bacio violento.
Perché?” sussurrò stringendola più forte “Perché ti ho detto che ti amo?” “Perché non sai cosa vuoi dalla tua vita Antonio” lo sentì tremare leggermente staccandosi da lei “Che cosa?” “Non sai quello che vuoi, non vuoi prestare i tuoi servigi ai nobili, non vuoi vivere come loro ma sei uno di loro. Mi ripeti continuamente che mi ami, che sono la tua vita ma non è per me quello sguardo malinconico e sognante che ti vela gli occhi” “Sei impazzita?” “Sogni di scappare, di vivere la tua vita come una persona normale perché è della vita che sei innamorato e lo rispetto ma cosa dovrei fare io?” “Ma dove hai … chi ti ha detto cose del genere?” abbassò lo sguardo qualche secondo sospirando “Io non posso scappare, non posso abbandonare la mia famiglia e non voglio farlo. Rispetto le tue scelte amore mio e sono così felice per te ma non … io non sono come te, a me piace la mia vita” “Ti ho mai costretto a cambiarla?” “Lo faresti?” domandò tornando a fissare i suoi occhi “Mi chiederesti mai di essere diversa da quello che sono?” “Tu sei perfetta così come sei Anna, non voglio cambiarti, non voglio averti diversa né mai ci ho pensato” “Io non sono come te” sussurrò scuotendo dolcemente la testa “Per questo non sei felice” “C'è qualcosa che non mi hai detto?” domandò confuso passandosi una mano tra i capelli “Qualcosa che è successo e che ti ha sconvolta così?” “No, niente di …” “E allora mi spieghi da dove sono usciti questi pensieri?” “Antonio non …” “Vuoi sapere se ti vorrei diversa? No! Sei bellissima e dolce e delicata ma custodisci dentro qualcosa di speciale. A te non servono eleganti salotti né milioni di candele per ballare perché la luna è l'unica luce di cui hai bisogno. Ami incondizionatamente Anna, ami il mondo, la vita e so quanto vorresti scappare da qui per qualche ora solo per …” “A me piace la mia vita” “O ti piace ripetere a te stessa che sia così?” alzò gli occhi al cielo allontanandosi da lui di qualche passo “Ti piacerà anche quando tua madre sceglierà per te un marito? Quando dovrai cambiare casa, vita, sentimenti solo perché queste dannate regole ti impongono di …” “Per questo dovrei sposarti?” si bloccò di colpo sconvolto dalla violenza di quelle parole “Perché in questo modo non dovrei cambiare la mia vita” “Perché saresti libera di viverla come vuoi” “O forse perché i sensi di colpa smetterebbero di tormentarti?” “Ma di che …” “È una bella ragazza, l'ho vista ieri pomeriggio. Non è aristocratica ma è bella, perfino dolce” “Anna …” “Non sono arrabbiata con te. Non sono arrabbiata Antonio ma ti prego, dimmi la verità, fammelo sentire dalle tue labbra e giuro su quanto ho di più caro al mondo che ti lascerò libero, che ti lascerò a lei e che sarò felice per te ma ti prego …” riprese fiato cercando di calmare un respiro troppo accelerato “ … non farmi innamorare così tanto perché se poi vai via, se mi abbandoni io non …” “Non vado da nessuna parte” sussurrò sfiorandole il viso “Non ti lascio sola, non ti lascio Anna” la strinse tra le braccia nascondendola al mondo, perfino a sé stesso.
Non era di lei che si era innamorato, non più ormai e nonostante tutto, quella tenue speranza restava inchiodata dentro al cuore.
La speranza di averlo accanto, di avere una famiglia con lui, una vita, magari dei bambini.
La speranza di crescere con l'uomo che ora stava velocemente diventando qualcuno nei suoi pensieri ma quella speranza faticava a restare in vita.
Massacrata e distrutta da una realtà che già conosceva ma che tentava continuamente di cambiare perché la giovinezza e la follia camminano per mano lungo lo stesso sentiero dove amore e delusione aspettano impazienti.

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Capitolo 6
*** Fragile come Vetro ***


                                              Fragile come Vetro 





Sospiri, attimi lontani nel tempo, un corpo d'angelo disteso in quel letto, inerme, solo, scosso dai brividi della febbre e così fragile da sembrare di vetro.
Eppure quel corpo era lo stesso che anni prima gli aveva tolto il respiro. La sua pelle, il profumo delicato che si spandeva tutt'attorno a lei quando lentamente le sfilava il vestito di dosso.
Quante volte aveva giocato con quella seta preziosa, quante volte ne aveva assaggiato la dolcezza come se d'improvviso il mondo gli avesse insegnato a mangiare di nuovo, a sazziarsi di lei perché solo lei poteva rallentare i battiti del suo cuore.
Amava da morire i suoi capelli, riccioli d'ebano che si intrecciavano alle dita, morbidi e setosi, profumati di gelsomino e pesca e poi le sue labbra, il suo respiro, le linee delicate di un corpo che si concedeva a lui ogni notte diventando tutt'uno, regalandogli respiri spezzati, tremiti, sorrisi nascosti.
Nel silenzio profondo di quelle notti lontane c'erano solo i suoi sospiri, un canto che cullava i pensieri e lo costringeva a trattenere il fiato perché inciso a fuoco nella memoria c'era il suo viso, le labbra leggermente schiuse mentre inarcava la schiena, perfino ora poteva sentirlo, sentiva il suo seno schiacciato con forza contro il torace e le sue gambe avvolte attorno ai fianchi, gambe perfette che un vestito a volte troppo pesante aveva il compito di nascondere.
Sentiva il suo profumo, le sue mani che si stringevano più forte sulla sua schiena incatenandolo a lei, improgionandolo in qualcosa che nemmeno poteva controllare.
Sorrise passandosi una mano in viso, era chiuso in quella stanza da giorni ormai e sapeva bene che quel tremito leggero sempre presente non era sintomo di guarigione.
Non sapeva come né perché ma aveva visto tanti pazienti andarsene per cause sconosciute e pregava il cielo che lei non fosse una fra tanti.
Se davvero lassù c'era un Dio allora l'avrebbe salvata, le avrebbe concesso una seconda occasione perché lei meritava una seconda occasione.
Si avvicinò alla finestra respirando lentamente, permettendo al profumo della pioggia di entrare in ogni cellula del proprio corpo “Secondo te è giusto?” “Che cosa?” “Affidare tutta la propria esistenza, il proprio essere ad un'altra persona” sorrise appena al suono dolce di quelle parole, un ricordo che veniva a galla ogni volta che il profumo della pioggia si posava su di lui.
Ricordava bene quell'attimo prezioso, c'era odore di temporali nell'aria, la finestra era aperta e le tende si muovevano placide sotto il tocco leggero di una brezza lontana.
Era una bellissima sera d'estate e la stringeva tra le braccia, giocava con la sua pelle disegnandovi linee delicate, quella cascata di boccoli era sparsa sul suo petto mentre le braccia avvolgevano un corpo nudo sdraiato su di lui, la schiena posata al suo torace e le gambe dolcemente accavallate una all'altra.
C'era solo un lenzuolo di seta a coprirla, come un drappeggio prezioso ne sfiorava le curve lasciando intravedere di tanto in tanto un lembo di pelle “Credi sia giusto?” “Dipende, ti fidi della persona a cui doni te stessa? Sei sicura che non ti farà mai del male?” rise divertita stringendo più forte le mani attorno alle sue, un intreccio leggero che si posava sul suo ventre proprio lì, proprio dove un giorno immaginava una culla di vita “Hai intenzione di farmi del male?” “Non ti farei mai del male” un sospiro leggero, movimenti così impercettibili da sembrare solo sogno e poi i suoi occhi, grandi e profondi che cercavano i suoi “Se fossi io quella persona ti terrei al sicuro. Come un tesoro prezioso che nessuno ha il permesso di sfiorare resteresti lontana dalla cattiveria del mondo. Ti amerei tutta la vita e anche di più” “Non dovresti” “No?” sussurrò divertito sfiorandole il collo con le labbra “E perché mai?” “Perché mi distruggeresti” “Davvero?” “Si impara a diventare grandi, si lotta per diventare grandi e questa vita a volte troppo difficile forgia il carattere e tempra il cuore. Se mi nascondessi sotto una campana di vetro, come potrei camminare per il mondo?” “Non saresti mai sola, cammineresti assieme a me” “E se te ne andassi?” un lungo secondo di silenzio colorò i respiri paralizzandoli in qualcosa di magico “Se te ne andassi via Antonio. Cosa accadrebbe allora?” “Non andrò mai via” “Cadrei al suolo” sussurrò perdendosi con lo sguardo sul gioco tremante della fiamma “Cadrei al suolo e mi spaccherei in mille pezzi proprio come una goccia di cristallo” “Ogni cosa può essere aggiustata angelo mio. Se dovesse mai accadere sono sicuro che riuscirai a mettere assieme ogni scheggia di quel cristallo” “Ma quanto male farebbe? Quanto dolore solo per …” “Ehi” sussurrò voltando dolcemente il viso della giovane verso di sé “Questi sono solo brutti pensieri. Non permettere ai brutti pensieri di invadere la notte amore mio perché la notte è fatta per i sogni” “Anche l'amore è un sogno. Sognare non è altro che rifugiarsi in qualcosa di meglio che la realtà perché spesso, la realtà è così volubile da sconvolgere i piani della vita” ...ricordava ogni parola, ogni gesto.
Quella paura ingenua e tenera che colorava la voce di una giovane donna, la paura di perderlo, la certezza di averlo perso e lui, lui che non riusciva nemmeno a scegliere, lui che la costringeva a credere in qualcosa di cui non era nemmeno sicuro.
Perché illuderla così? Perché lasciarla sospesa nel dubbio? Forse, era colpa sua, forse lei era troppo bella, troppo perfetta per lui, forse non era questo che cercava, forse aveva paura della perfezione.
Qualunque cosa fosse, l'aveva portato a perderla e ora, dopo vent'anni quella perfezione era ancora lì, ad osservarlo da un letto candido e urlandogli contro la propria rabbia.
È difficile immaginare la perfezione più perfetta di quanto non sia già eppure lei lo era, lei così bella anche in quel maledetto letto, così danntamente serena da sembrare addormentata.
Proprio come ogni mattina, quando con il sole in viso si voltava verso di lui e lo abbracciava.
“Domani andrà meglio” prese dal catino il panno fresco fiorandole una spalla, il braccio e poi il collo “Domani tutto sarà passato, la febbre, la stanchezza, allora … allora aprirai gli occhi e tutto andrà bene” un laccio dopo l'altro sfilava la veste candida per poterle donare un po' di refrigerio “Ora devo girarti amore mio, prometto che non ti farò del male ma ho bisogno di controllare anche l'altro lato della ferita” posò una mano sotto la spalla della giovane e l'altra sul suo seno voltandola dolcemente di lato “È arrossata” sussurrò sfiorandone i bordi “Cosa c'è che non va?” con la mano libera le sfiorò il collo spostando dolcemente di lato i capelli mentre con l'altra apriva un boccetto di vetro “Brucia, probabilmente se fossi sveglia ti arrabbieresti con me per essere così poco delicato”.
Sotto le dita la pelle fresca scorreva come acqua pura e il suo respiro lento e regolare gli restituiva un attimo di tranquillità perché fino a quando avesse continuato a respirare tutto sarebbe andato per il meglio.
“C'è qualcosa che non va Anna ma io non posso più aiutarti. Devi svegliarti da sola” lasciò scivolare la mano sempre più in basso permettendole di scivolarvi sopra fino ad incontrare il materasso “Ecco” sussurrò tirando il lenzuolo fino al seno “Ora dobbiamo solo …” ma trattenne il respiro perché per qualche secondo, quegli occhi che amava da impazzire l'avevano fissato “Anna sei … sei sveglia?” ma quei pochi secondi di speranza erano spariti di colpo lasciando al proprio posto di nuovo la stessa immagine “Anna ti prego, apri gli occhi, fallo ancora” mormorò sfiorandole il viso con le labbra “Anna” ma c'era solo silenzio e niente di più.




Non aveva idea di come aiutarla, non sapeva cosa fare e per la prima volta nella sua vita, quella sensazione di impotenza accentuava ogni minuto di più il dolore per una perdita che sembrava sempre più vicina.
Continuava a restare lì, accanto a quel letto a parlare con lei nella speranza che quei sospiri, quei lamenti sommessi diventassero parole ma tutto quello che otteneva erano flebili respiri che si indebolivano ogni ora che passava.
Non voleva perderla, non poteva perderla perché aveva bisogno di lei, aveva bisogno di respirarla, di viverla, di amarla perché senza di lei la sua vita non esisteva.
Dottore” “Conte Ristori” “Vi porgo le mie congratulazioni per la recente laurea in medicina” “vi ringrazio Fabrizio” … un debole sorriso gli colorò le labbra perché il silenzio era complice di quei maledetti attimi di esitazione, di quei ricordi che uscivano dal nulla invadendo i pensieri … “Allora, come va la vostra vita nell'esercito” “Oh non me ne lamento anzi, direi che a tutto questo preferisco le armi” mormorò divertito osservando il giardino.
C'erano persone ovunque ed eleganti svolazzi di cappellini e gonne colorate che profumavano di allegria “Mia madre a volte si diverte a giocare con dame e cavalieri, è convinta di governare il mondo” “Credo sia solo un po' di innocente allegria, a volte fa bene” “Antonio ...” mormorò divertito prendendo un calice dal vassoio del paggio “ … se voi credete che mia madre sia un'ingenua avete sbagliato i vostri calcoli. Sta giocando con queste persone come si gioca con i burattini” “Posso chiedevi il motivo?” “Mia sorella” tremò leggermente sconvolto da quelle due parole “Vostra …” “Mia sorella, quella ragazza bellissima che gioca con il duca laggiù” seguì il suo sguardo fino ad incontrare una giovane donna dall'aria spensierata.
I capelli raccolti dove un fermaglio d'argento permetteva ad un delicato intreccio di scivolare sul lato sinistro della spalla.
Aveva indossato un vestito azzurro come il cielo, diverso da quelli che la moda costringeva a portare.
Le spalle erano leggermente scoperte e sotto al seno una sottilissima cintura di seta stringeva dolcemente la stoffa rivelando la vita sottile “Allora non vi siete scordato di lei” “Come potrei?” sussurrò stringendo più forte il calice tra le mani “Vostra sorella è così … così bella” “Bella e preziosa Antonio, soprattutto per me” gli sguardi si sfiorarono qualche secondo rafforzando la serietà di quell'attimo “Voi state giocando con lei” “Non siate sciocco” “Al contrario caro amico, voi giocate con lei come lei ora gioca con il giovane duca Rinaldi. Si diverte a tentarlo, lo incanta con quegli occhi stupendi che la natura le ha donato e poi se ne va lasciandolo solo. Voi fate la stessa cosa …” lasciò il bicchiere vuoto tra le mani di un paggio concentrando lo sguardo su di lui “... giocate con lei, la fate sentire amata, terribilmente amata e lei si lascia cullare dalle vostre parole perché è così tenera e ingenua da non conoscere la cattiveria del mondo ma io la conosco Antonio, io conosco quello che c'è là fuori e la mia sorellina non è pronta per questo” “Non è più una bambina” “Non è pronta per il dolore che l'abbandono reca Antonio. Voi siete la persona che lei ha scelto, è innamorata di voi ma voi … voi avete la testa da un'altra parte caro dottore” tornò a fissare la sorella sorridendo di quella smorfia leggera dipinta sul suo viso “A volte capita, è normale innamorarsi ma vedete, in questo momento, la mia bellissima sorella è convinta di avere qualcuno affianco e se non è questo che volete essere per lei allora ditele la verità. Vi prego di farlo subito Antonio perché se aspettate ancora, sarà più difficle per entrambi e non voglio passare anni ad asciugare quelle lacrime” … un discorso sbiadito dal tempo che non aveva mai dimenticato, qualcosa di profondo e intimo che l'anima si portava via.
Sorrise soffermandosi qualche secondo su di lei, sui movimenti leggeri delle sue labbra, del suo collo “Tuo fratello aveva ragione Anna, non ho mai capito cosa avessi dentro, non l'ho mai fatto” un sospiro, un tremito leggero più forte degli altri “Era un si?” sussurrò divertito “Mi hai dato ragione?” le sfiorò il viso seguendone i lineamenti “Davvero amore mio? Non mi hai mai regalato nemmeno il pensiero di aver ragione e lo fai ora? Quando non posso nemmeno …” gli occhi della giovane si schiusero appena costringendolo a respirare più forte ma non una sola parola uscì dalle labbra.
A che scopo chiamarla? Se questo era come le altre volte allora lei avrebbe richiuso gli occhi e si sarebbe addormentata di nuovo e pronunciare il suo nome non faceva altro che aumentare quella maledetta distanza.
Restò immobile qualche secondo con il terrore perfino di respirare poi di nuovo più niente, un paio d'occhi che troppo stanchi perfino per muoversi, restavano chiusi e lontani da lui “Per un secondo mi hai fatto spaventare lo sai? Credevo che ti saresti svegliata …” lasciò andare la mano nel vuoto tornando ad accomodarsi sulla poltrona “ … vorrà dire che staremo una notte ancora qui assieme” il silenzio si prese i pensieri e uno dopo l'altro, i problemi sembravano scivolare via dalla mente.


 

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Capitolo 7
*** Senza Fiato ***



                                                   Senza Fiato





Un pezzo alla volta, come un racconto lontano nel tempo la sua vita tornava a galla lasciandola senza fiato.
I giorni passati lontano da casa, la consapevolezza che il suo amore si stava lentamente spegnendo perché quell'uomo così perfetto non aveva più interesse per lei, per la sua maledetta voglia di vita.
Un salotto elegante, raffinato, un uomo e una donna che parlavano, urlavano e cercavano di trovare una soluzione a qualcosa che in realtà di soluzioni non ne aveva.
Non è così?” “Anna …” “No!” sfilò la mano dalla sua allontandosi “Quando vi ho detto che non ero un gioco o un premio da vincere è a questo che mi riferivo!” “Non ho mai pensato che voi siate un gioco” “È vero?” si bloccò di colpo paralizzato dalla violenza di quello sguardo che fino ad ora gli aveva regalato solo sorrisi e amore “Guardami negli occhi e giurami che non è importante, che non sei innamorato di lei” quel passaggio violento dal voi al tu era bastato a cancellare la distanza tra loro, le sfiorò un braccio costringendola a respirare“Vuoi ascoltarmi per un attimo?” “E per quale motivo? Per farmi prendere in giro di nuovo?” “Oh andiamo!” esclamò stringendo la sua mano ma la sentì tremare così forte da costringere le dita a lasciare la presa “Solo perché qualcuno è riuscito ad aprirsi un varco nei miei pensieri non vuol dire che debba essere il mio domani” “Sai cosa accade quando questo qualcuno entra nella tua testa?” domandò tremante “Non è un capriccio né una frivolezza. È qualcosa di più grande, qualcosa che non ti lascia più e … lei è … te l'ho chiesto tane volte, così tante da perderne il conto ormai ma tu hai … mi hai sempre detto che eri felice così, che mi amavi e ...” ma le mani strette con forza attorno alle sue spalle la costrinsero ad alzare lo sguardo “Non ho mai voluto giocare Anna, non sei un gioco per me” “Sono un diversivo?” “Smettila” “Cosa sono Antonio!” urlò liberandosi dalla sua presa, piangeva, tremava, cercava di sorridere ma quel peso troppo grande le era crollato addosso con la velocità di un macigno costringendola ad uno sforzo immenso.
Sono un premio? Qualcosa da sfoggiare davanti agli amici?” “Anna non …” “Sono un gioco che tiene occupata la tua mente durante le ore di riposo? Chi sono!” ma lui sospirò scuotendo leggermente la testa “Guardami negli occhi e giurami che non sono questo, giurami che … che sono importante per te come tu lo sei diventato per me” ma sebbene i suoi occhi fossero incatenati a lei dalle labbra nessuna parola sfioròl'aria.
Inspirò a fondo cercando di ritrovare quella calma pacata che sua madre le aveva sempre imposto ma stava piangendo, piangeva come una bambina e trattenere i singhiozzi sembrava più doloroso che mai “Mi dispiace avervi disturbato dottore. Siete libero di tornare alle vostre attività” “Anna ti prego” “Resterò qui ancora per qualche tempo e poi andrò a ...” “Vuoi lasciarmi?” domandò confuso avvicinandosi a lei “Vuoi lasciarmi?” “Perché? Voi come lo chiamate? Scappare?” “Anna ti prego, se mi lasci parlare posso …” “Non sono più una bambina, non sono più quella ragazza che hai incontrato tanto tempo fa nel giardino di casa” “Credi che mi sia innamorato oggi di te? Anna io mi sono perso in te dalla prima volta che i tuoi occhi hanno sfiorato i miei” “E allora perché scappi?” un'altra lascrima scvilò via dagli occhi lasciandola tremante e confusa “Perché non riesci a … io ti amo, ti amo davvero ma tu non … non sai cosa vuoi e se non sono io la tua scelta allora non … non ha senso, questi due anni assieme non hanno avuto alcun …” “Ti amo” esclamò stringendole il viso tra le mani “Mi hai sentito? Ti amo, ti amo e non posso cambiarlo” “E allora perché non mi guardi nemmeno negli occhi?” tremò leggermente riportato alla realtà da quella nuova rivelazione.
Le aveva detto che l'amava, l'aveva fatto ma non la guardava, non era nei suoi occhi che si specchiava ma nel vuoto oltre le sue spalle.
Si congedò da lui impedendogli perfino di parlare, un lieve cenno della testa per poter scappare di lì con il cuore a pezzi e le lacrime ancora in viso.
Quell'attimo violento era riuscito a romperla, aveva incrinato il suo giovane cuore aprendo un varco in lei, come quando da bambini usavano un sassolino per colpire un calice di vetro facendo a gara per vedere chi dei due avrebbe costretto il sasso ad entrarvi.
Ogni volta che colpivano il vetro una piccola linea intaccava il calice facendoli sorridere perché la maggior parte delle volte assumeva la forma di un fulmine.
Era quello che accadeva nel suo cuore, una gara tra loro per riuscire a capire chi per primo avrebbe ceduto ma quei colpi violenti scagliati contro al suo cuore ne incrinavano la dolcezza.
Una piccola frattura che avrebbe permesso alla vita di giocare con lei.


“Non si spiano i discorsi degli adulti” sua madre le ripeteva sempre quelle parole da bambina, quando incuriosita e divertita dal poter infrangere le regole, sgattaiolava fuori dal letto e restava per ore a guardare attraverso la fessura di una porta i suoi genitori che parlavano, che danzavano “Non si spiano i discorsi degli adulti, non è educato Anna” ma quegli occhi di madre innamorati dei propri figli non erano severi né infastiditi.
Ricordava il sorriso di sua madre, il profumo buono che le invadeva il respiro ogni volta che l'abbracciava.
Per tutta la vita aveva portato dentro di sé quell'insegnamento, una regola infantile e forse sciocca ma quante volte vi aveva disobbedito? Quell'immagine che ora aveva davanti agli occhi era una di quelle volte.
Una donna delusa e arrabbiata con il mondo nascosta tra le tende che spiava il discorso di due giovani sotto quel bel balcone di marmo bianco … “Per favore Fabrizio, ho bisogno di parlare con lei e voi siete l'unico che può aiutarmi a …” “Perché dovrei farlo? Vi avevo detto che sarebbe finita così” esclamò gelido lasciando tra le mani di Angelo il cappello “Non l'avevo fatto forse?” “Non volevo ferirla né farla arrabbiare. Ho bisogno di parlare con vostra sorella e non … ho bisogno di spiegarle perché” “Non vuole parlare con voi, non vuole vedervi e non sarò io a convincerla del contrario” “Lei non è …” “È qui!” esclamò posandogli una mano sul petto “Si è rotto qualcosa qui Antonio” trattenne il respiro seguendo il battito violento del cuore “Il suo amore per voi è andato in mille pezzi. Non riesce a darsi pace e non capisce perché sia successo” “Perché credete che sia qui? Per discutere con voi di quella battuta di caccia?” “Avete scelto una serva, la vostra famiglia è sconvolta, vostro padre non riesce più a parlare con voi perché rifiutate qualisasi contatto. Vi occupate dei poveri e credetemi, io ho grande rispetto per quello che fate, siete un brav'uomo. Con sani principi e molto intelligente. Apparentemente senza senno perché voltare le spalle al proprio mondo è da stupidi e ferire la propria famiglia non è da meno ma …” si fermò qualche secondo lasciando scivolare la mano nel vuoto “ … non siete comunque all'altezza di mia sorella” “Lei era importante per me Fabrizio, amavo vostra sorella e …” “Appunto” esclamò piantando gli occhi nei suoi “Amavate. Continuate ad amarla nei ricordi perché costringerla a vedervi ora la farà solo arrabbiare di più. Anna partirà per Torino tra qualche giorno assieme a mia madre. Resteranno là per qualche mese, approfittate di questo tempo per dimenticarla” si congedò da lui senza nemmeno dargli il tempo di rispondere e in quell'attimo, in quel preciso secondo qualcosa lo costrinse ad alzare gli occhi verso quel balcone … uno sguardo carico di passione, di vita, di amore, uno sguardo che non aveva mai dimenticato perché poteva ancora leggere nei suoi occhi le tracce di qualcosa che per tutto quel tempo era stata la sua aria e lei? Lei era rimasta immobile colorando lo sguardo di gelo e senza un parola, si allontanò dalla finestra lasciando solo un muro di stoffa tra quei due cuori che mai si sarebbero dimenticati.


 

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Capitolo 8
*** Ascolta ***


                                                          Ascolta




Sospesa nel silenzio della sua vita ascoltava la poesia del nulla cercando di capire se tornare indietro era realmente la cosa che più preferiva al mondo.
In fondo, restare lì a fissare i propri ricordi non era un gran dispiacere.
Una chiesa enorme, addobbata a festa e un uomo ad aspettarla accanto all'altare, più grande di lei, molto più grande di lei ma elegante e con un bel sorriso che a quel tempo era riuscito a convincerla.
Non aveva scelto di amare quell'uomo per tutta la vita ma avere accanto qualcuno aiutava il suo giovane cuore a sopportare quei battiti violenti allontanando la delusione.
Ricordava quegli attimi con precisione e piacere, per la ragazza di quel tempo tutto era una festa, tutto era colorato e pieno di passione.
Sua madre che sorrideva orgogliosa accanto a lei, le parole del vescovo e un anello attorno al suo dito che l'avrebbe unita per sempre ad un'altra vita e là, in fondo alla chiesa il suo ricordo, due occhi chiari che pieni di rabbia fissavano il suo viso.
Era immobile accanto alla porta con la mano stretta attorno a quella di una giovane ragazza completamente spaesata.
Era lì per lei, per guardarla, per mostrarle che la sua vita poteva andare avanti anche senza di lei, anche senza il suo sorriso ma a lei cosa importava? Ricordava quell'attimo come se lo rivivesse ogni giorno.
Strinse la mano attorno a quella del marito e senza riflettere, si lasciò cullare dalle sue braccia posando un bacio leggero sulle sue labbra ma quel bacio, quell'attimo di tenero amore tra sposi non era dettato dall'amore perché per quei cinque secondi, gli occhi erano rimasti inchiodati ai suoi.
Lo vide trasalire, indietreggiare di un passo e senza dire una parola allontanarsi da lei assieme a quella ragazza lasciando solo un'enorme sorriso sulle sue labbra perché non era lei ad uscirne distrutta, non quella volta.


“Ricordi il campo di grano con i papaveri ?” strinse più forte la mano attorno alla sua sorridendo “Ricordi quante volte ci sei corsa in mezzo per evitare che ti prendessi?” dopo ogni domanda aspettava qualche secondo come se una risposta silenziosa potesse raggiungere il suo cuore dal niente “E ricordi come ti chiamavo?” mormorò appoggiandosi allo schienale della poltrona “Il mio angelo dei fiori. Il mio meraviglioso angelo che ha la pelle dello stesso colore delle rose e che adora ridere a giocare” disegnava sulla sua pelle tenerissimi cerchi invisibili ricordando parole dolci e delicate “Amavi quel campo di grano. Dicevi che era come guardare l'oro di Dio. Come se si fosse divertito a riversare sulla terra distese immense di oro solo per permettere agli uomini di giocarci e io … io restavo incantato dalla semplicità della tua vita amore mio. Eri così spensierata, così dolce e ingenua. Passavo minuti interi ad osservarti, cercavo di imprimermi a fuoco nella memoria il movimento leggero della tua mano che sfiorava le spighe dorate e il suono della tua risata che sembrava colorare il cielo e la terra. Eri così bella ” sfiorò con lo sguardo i lineamenti delicati della ragazza sorridendo “Sei così bella, sei troppo bella per me e per qualche ragione che ignoro, nostro Signore ti ha donato a me per la seconda volta e gli sarò grato in eterno per questo ma vedi …” si alzò in piedi avvicinandosi ancora di più al letto “ … io non sono uno spirito celeste, non sono accolto nella grazia di Dio, sono un semplice essere umano che ama e che ha bisogno di essere amato e tu sei la persona che ho scelto Anna e ti chiedo scusa, ti chiedo scusa amore mio per essere stato così maledettamente testardo, per averti ferito e allontanato. Ho bisogno di te, ho bisogno del tuo sorriso, del tuo amore, per questo devi aprire gli occhi” le sfiorò il volto scendendo fino al collo, scottava, tremava per la febbre ma i suoi occhi restavano chiusi, lontano da lui, lontano da loro.
Scosse leggermnete la testa sedendosi sul bordo del letto accanto a lei, le mani nell'acqua fresca dove un panno pulito aveva iniziato la sua lunga nottata.
Per tutta la vita aveva cercato nella sua medicina risposte e certezze ma ora, la sua medicina sembrava inutile e senza senso, qualcosa di lontano e futile che per tutta la vita si era preso gioco di lui lasciando fuori dal suo cuore ogni possibilità di sentimento.
Posò il panno sulla sua fronte mentre la mano libera giocava con quei ricci d'ebano che ogni notte lo facevano impazzire “Riesci a sentirmi amore mio?” un debolissimo sorriso sulle labbra per convincerlo a respirare “Devi continuare a lottare, devi farlo per Emilia, perché sta arrivando e vorrà vedere la sua mamma, capisci quindi che non puoi andartene, non puoi lasciarci soli” la porta si aprì lentamente costringendo lo sguardo a cercare nella penombra qualcuno “Antonio?” sorrise allungando una mano verso quella giovane ragazza spaventata e confusa.
“Come sta?” strinse la mano attorno alla sua tirandola tra le braccia “Com'è andato il tuo viaggio? Stai bene?” “Ho solo paura, voglio solo che mia madre sia …” “Ehi” sussurrò sfiorandole il viso “Non abbiamo smesso di lottare d'accordo?” “Mamma?” sussurrò tremante sfiorandole una mano “Mamma riesci a sentirmi? Sono Emilia mamma” ma il silenzio si portava via ogni parola “Perché non si sveglia?” “Non lo so” “Ma la tua medicina può aiutarla non è vero? Riuscirai a salvarla?” “La febbre non scende. La mia medicina può aiutarla a stare meglio, ho arrestato l'emorragia ma non posso decidere quando svegliarla o come, tua madre deve trovare la forza di reagire a tutto questo perché io non posso più aiutarla” la giovane trattenne il fiato stringendo più forte la sua mano “Emilia, ehi …” le sfiorò il volto costringendola a guardarlo negli occhi “ … andrà tutto bene, tua madre si sveglierà a tutto tornerà ad essere uguale a sempre” “Promettetemelo?” come sua madre anche lei era una maga nell'arte del discorso.
Cambiava la cadenza delle parole, il tu e il voi, il modo di osservare, di parlare, quella postura figlia di mesi di studio era fatta apposta per lei, per aiutarla a colpire quell'uomo già debole e sfinito e che ora, aveva tra le mani la vita di sua madre.
Non le importava niente del loro amore, non le importava di chi fosse la colpa né di chi fosse il merito per averla tenuta in vita, tutto quello che voleva era vedere sua madre sorridere di nuovo “Promettetemi che la farete sorridere di nuovo” annuì leggermente sospirando “Te lo prometto” un altro sguardo, leggero, forte, pieno di paura abilmente mascherata.

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Capitolo 9
*** Sospeso nel Tempo ***


                                                      Sospeso nel Tempo 




Sono qui per vedere la contessa Ristori” l'espressione cunfusa sul viso del paggio lo costrinse ad usare quel nome che tanto odiava “Perdonatemi, intendevo dire la marchesa Radicati” “Mi dispiace, la marchesa in questo momento sta riposando” “Potete avvertirla del mio …” “Mi rincresce signore ma il marchese ha dato direttive precise. La marchesa ha bisogno di riposare” ma trattenne il fiato quando quell'angelo passò alle spalle dell'uomo “Anna” si voltò lentamente, quasi come se in realtà camminasse su di una soffice nuvola e non sulla terra “ E voi cosa fate qui?” sussurrò portandosi una mano al ventre “Siete a Torino” “Avevo bisogno di parlare con voi?” “Signora marchesa, non credo che nelle vostre condizioni sia utile restare in piedi per troppo tempo” “Mio marito vi ha di nuovo ordinato di seguirmi?” l'altro sorrise annuendo appena “Allora dite a mio marito che sto riposando” “L'ultima volta che l'ho fatto signora ha sorriso e mi ha pregato di dirvi di scendere dal cavallo prima che vi trovasse lui altrimenti vi avrebbe legata al letto” un debole sorriso le colorò il volto rendendola ancora più bella “Non ci sono cavalli nel mio salotto, potete dire a mio marito che sto amabilmente leggendo” il servo si congedò elegantemente lasciandoli soli in quel salotto silenzioso.
Perché siete a …” “Sei sposata” sorrise annuendo leggermetne come se quella potesse essere la risposta più semplice del mondo “Perché non mi hai …” “E da quando avete bisogno del mio permesso per sapere le cose? Sono una donna sposata da anni ormai, mio marito è un uomo per bene, la scelta migliore che potessi fare” “Voi o vostra madre?” sospirò abbassando qualche secondo lo sguardo, conosceva bene quegli occhi, parlava con lui come se davanti avesse un perfetto estraneo ma riusciva a sentire il suo dolore perfino così “So che siete diventato un eccellente medico, vi porgo le mie congratulazioni per questo, era una cosa a cui tenevate tanto” “Mi dai del voi? Davvero?” “Cosa vi aspettate dopo tutto questo tempo?” esclamò gelida piantando gli occhi nei suoi “Perché l'hai sposato? Perché non … è più grande di te Anna, è diverso da te e non …” “Avete perso il diritto di intromettervi nella mia vita il giorno in cui avete scelto quella donna! Le scelte che faccio e quello che sono non vi riguardano più” “Stai scherzando vero?” sussurrò avvicinandosi a lei ma la vide sorridere, indietreggiare di colpo impedendogli qualsiasi appiglio.
La mano destra giocava con il ciondolo della collana mentre lo sguardo restava inchiodato a lui.
Quegli occhi scuri e profondi che per anni aveva amato ora erano pieni di odio e di rabbia, era bella, bella come sempre se non di più.
Con i capelli raccolti e quell'unico intreccio che si posava sulla spalla destra, il colore scuro del vestito donava al suo incarnato una luce più preziosa, un capolavoro di sartoria che rendeva tutto più lumonoso che mai ma non era quello che lo incantava.
Quella bellezza appena sbocciata era più forte che mai e la causa riposava al sicuro nel suo ventre.
Era talmente concentrato su di lei, sui suoi occhi da non accorgersi che appena sotto al seno il vestito si allargava dolcemente concedendole di respirare.
Niente corpetti eccessivamente stretti né tessuti pesanti, un vestito semplice, che la lasciava libera di camminare e di muoversi senza costringere quella piccola vita a sacrifici troppo grandi e che lasciava intravedere le linee delicate di un corpo perfetto “Sei … tu sei …” ma lei sorrise accarezzando quella curva leggera che diventava via via più visibile “Diventerò madre, avrò un figlio e mio marito un erede. Perché siete venuto fin qui?” “Non lo sapete?” “Non voglio saperlo” concluse sollevando leggermente le spalle “Non voglio conoscere il vostro presente né distruggere il mio quindi, ve lo chiedo per favore, lasciatemi sola” “Anna ti prego” “Arrivederci dottore, vivete la vostra vita come più vi piace, Francesco vi accompagnerà all'uscita” il servo si avvicnò a lui annuendo al cenno della dama “Per quanto vi possa sembrare strano, è stato un piacere rivedervi” “Sappi che la scusa della lettura non ha sortito l'effetto desiderato” gli occhi si concentrarono di colpo su quell'uomo apparso dal nulla che ora le sfiorava il viso con la mano “Continui a disobbedire Anna” “E tu ad ascoltare troppo i dottori” rispose divertita stringendosi nelle spalle “Secondo loro non dovrei fare niente tutto il giorno” “Stai facendo la cosa più importante di tutte” “Alvise, posso presentarti il dottor Antonio Ceppi?” l'uomo inclinò leggermente la testa verso di lui sorridendo “Dottore, è un piacere conoscervi, mia moglie mi ha parlato di voi” “Spero siano stati bei discorsi” “Non sono mai stati brutti” asserì divertito “Ditele anche voi che correre tutto il giorno non fa bene alla creatura che ha in grembo” “Vi sentite bene?” domandò sfiorandole il viso con gli occhi “Niente giramenti di testa o …” “Sto bene dottore” “Allora no, non credo ci sia niente di male nelle passeggiate o nelle letture all'aria aperta” “Avete sentito?” mormorò ironica voltandosi verso il marito “Perdonatemi dottore se dubito del vostro parere ma c'è mio figlio qui dentro” posò la mano sul ventre della ragazza costringendola a sorridere, la stoffa si tese lentamente rivelando un ventre addolcito da quella linea delicata che diventava sempre più evidente “Vi capisco marchese, se fosse mio figlio sarei preoccupato anche io” “Avete sentito?” ribatté divertito voltandosi verso di lei ma gli occhi della ragazza erano inchiodati ai suoi, lontani da suo marito e così carichi di rabbia da sembrare due lame taglienti “Dottore, volete restare a cena con noi?” “No, vi ringrazio marchese ma non credo sia …” “Oh sciocchezze, insisto” “Mi rincresce declinare il vostro invito signore ma ho dei pazienti da visitare” “Di fronte a tanto amore per la propria professione come si può obbiettare?” domandò gelida prendendo a braccetto il marito “Buona vita dottore”si svegliò di colpo passandosi una mano in viso.
Quello stupido sogno tornava ogni notte da qualche giorno lasciandolo senza forze.
Aveva rinunciato a lei tanti anni fa, alla sua felicità, alla sua vita per qualcosa in cui credeva, per gli ideali che amava e per una donna che era stata la sua vita per anni.
Non rimpiangeva niente del suo passato, amava ogni cosa della sua vita e poterla riavere per la seconda volta era stato un dono immenso, ma quanto di lei si era perso in vent'anni? Quanti sorrisi? Quanti attimi di gioia? La sua dolcezza mentre scopriva l'amore per un figlio, essere accanto a lei mentre la natura seguiva il naturale corso dell'esistenza regalandole un piccolo tremante di passione e poi i suoi primi passi, la prima parola, il sorriso orgoglioso di sua madre.
Quante volte aveva immaginato quegli anni, l'aveva immaginata correre di nuovo in quel prato dorato stringendo per mano Emilia, l'aveva immaginata ridere di una giornata nuvolosa dipinta dall'arcobaleno.
Quante volte si era chiesto se fosse cambiata, se quella bellezza che ricordava si fosse accentuata e rivederla, incontrarla di nuovo in casa del conte, incontrare di nuovo i suoi occhi era stata una pugnalata violenta in pieno petto.
Quella bellezza era ancora lì, più forte di prima, più luminosa di prima perchè ora quella giovane donna era diventata reale, una donna stupenda che conosceva la vita, giocava con le persone usando quel fascino maledetto che vent'anni prima iniziava il suo traballante cammino rifugiandosi dentro di lei, nei suoi occhi, nel suo cuore.
Un fascino acerbo e insicuro che gli anni avevano forgiato trasformandola in qualcosa di stupendo.
Lo vedeva nei suoi occhi, lo sentiva nella sua voce, nei movimenti delle mani o in quel modo di muovere le spalle che tanto lo faceva impazzire.
Le sfiorò il viso sospirando, tre giorni passati a parlare con il vuoto, con qualcuno che di lui non aveva alcuna considerazione “Ti chiedo scusa amore mio” mormorò divertito baciandola “Mi sono addormentato per qualche ora ma ti prometto che non accadrà più” sorrise cercando con gli occhi il chiarore dell'alba “Sta sorgendo il sole” tirò leggermente le tende e un rivolo di luce le sfiorò il volto “Lo sai, ieri Agnese ha raccolto i fiori in giardino e ha guardato sua madre dicendo: questi sono per la zia, così sente il loro profumo e si sveglia” quei fiori erano lì, accanto al letto con un bel fiocco color lavanda a tenerli uniti.
Aveva passato tutta la notte a lottare con quella febbre maledetta che si portava via il suo riposo, andava e veniva come quei temporali estivi che scaricavano ondate d'acqua per poi lasciare il sole in cinque minuti.
La ferita era pulita ma quella febbre, quel continuo sali e scendi di temperatura non le faceva bene, ne aveva visti tanti così, troppi per non rendersi conto che la morte era il prossimo passo.
“Ho lasciato i fiori accanto al letto angelo mio, così puoi sentirne il profumo e forse chissà, la piccola Agnese ha ragione, forse con il loro profumo ti sveglierai” le sfiorò la fronte con labbra sospirando “Elisa seguirà Emila nei suoi studi per tutto il tempo che resterà a Torino ma le ho fatto una promessa Anna. Le ho promesso che sua madre avrebbe aperto gli occhi di nuovo …” sorrise giocando con la sua mano “ … non puoi farmi rinunciare a quella promessa, devi aiutarmi a mantenerla Anna, ti prego, aiutami a mantenerla” “Posso?” si voltò di colpo incontrando gli occhi di Angelo “Mi dispiace disturbarvi ma c'è il signor Bennac di là e vorrebbe parlare con voi” “Non ci sono per nessuno Angelo” “Gliel'ho detto ma lui insiste per vedervi” lasciò andare la mano della donna sospirando “Chiama Amelia, voglio che qualcuno resti in questa camera assieme a lei” “Si signore” oltrepassò il giovane maledicendosi per aver accettato quell'incontro che ora non aveva senso.
Pochi metri fino alla biblioteca e poi il viso dell'uomo davanti a sé “Mi rincresce interrompervi in questo momento dottore” “Non ho ne il tempo né la voglia di chiacchierare di faccezie signore, come sapete la marchesa Anna non sta bene e ...” “Le hanno sparato” sussurrò socchiudendo gli occhi “Vi prego, ditemi che è solo una sciocca voce messa in giro da persone molto annoiate” ma il silenzio gelido bastò a farlo tremare.
Si portò una mano alle labbra chiudendo qualche secondo gli occhi “Come sta?” “Lei ha … è addormentata” “Addormentata?” annuì appena stringendo più forte lo schienale della sedia di fronte a sé “Ha perso molto sangue, forse troppo e in molti dei miei pazienti ho visto gli stessi sintomi. Un sonno molto prolungato che se non interrotto porta alla morte” “Non … non può essere vero. Come … come si …” “Quando si presenta questa condizione il paziente non riesce a mangiare, non può bere né …” ma si bloccò di colpo ascoltando il cuore, quella voce violenta che gli urlava: Smettila, smettila di pensare alla morte perché lei non morirà.
“Tutto quello che possiamo fare è aspettare che si svegli” mormorò infine “Sentite io … io sono venuto fino a qui per divri che non intendo riscuotere il mio debito, non più ormai. L'accordo sottoscritto dalla contessa Ristori non è più nemmeno nei miei pensieri” “Signore, lei conosce bene la contessa, non si tirerà indietro, arriverà fino in fondo per onorare la parola data” “In questo momento, avete altre piorita” “Dottore?” si voltò di colpo incontrando il viso di Angelo “Mi dispiace interrompervi signore ma la marchesa sta tremando” “Lo so, è la febbre e …” “No signore, questa non è febbre” “Ma che …” “Trema più forte signore”.
Corse fuori dalla stanza incurante dell'ospite o delle buone maniere, gli era bastato sentire quelle urla dal fondo del corridoio per lasciare tutto in sospeso.
C'era troppa gente in quella stanza, troppe persone attorno allo stesso letto “Cos'è successo?” “Sta tremando” esclamò terrorizzata Amelia stringendo più forte la testa tra le mani “Ha iniziato poco fa e …” “D'accordo” sussurrò posando entrambe le mani su quel corpo gelido dove le convulsioni giocavano a nascondino “Va bene, ce la faremo … Angelo corri in cucina, prendete acqua calda e panni puliti, tanti panni” Amelia ripeteva una dopo l'altra quelle parole imprimendo ordini ben precisi che la servitù prendeva al volo “Anna” sussurrò posando una mano sul suo viso, le dita si persero in quei boccoli profumati mentre sotto la mano sentiva quei tremiti violenti sempre più forti “Anna, lo so che mi senti, so che mi senti perciò ora … ora devi aprire gli occhi” “Ecco l'acqua” “Qualcuno vada a chiamare la contessa” “Amore mio … Anna!” trattenne il fiato quando quegli occhi stanchi e deboli si aprirono leggermente perdendosi qualche secondo nei suoi.
Uno sguardo stanco e pieno di dolore, qualcosa che non aveva mai visto in lei e che lo spaventava da morire perché quelli erano gli occhi di tutti pazienti che fino ad ora non era riuscito a salvare.
Stanchi, lontani, pieni di malinconia e rabbia. Eppure, in quel groviglio di sentimenti ne leggeva uno, tenue, lontano, soffocato dal tremito del suo giovane corpo.
Una luce debole che profumava d'amore perché lì, dipinto nel suo sguardo c'era anche quello “Sei sveglia?”sussurrò tremante, Amelia si voltò di colpo verso di lui seguita da tutti gli altri “Guardami … amore mio guardami!” un battito delicato di ciglia, leggero, impercettibile “Anna guardami!” esclamò stringendo più forte la mano attorno ai suoi capelli, un altro battito, di nuovo quello sguardo debole e confuso e poi più niente.

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Capitolo 10
*** La pioggia laverà via il Dolore ***


                                La pioggia laverà via il Dolore





Rumore di temporali, tuoni lontani che invadevano i pensieri e cancellavano pezzo dopo pezzo le immagini che seguitavano davanti a lei.
Chiuse gli occhi cercando di respirare ma si trovò di nuovo catapultata in quel giardino, davanti alla stessa fontana più grigia, più stanca, diversa eppure uguale a quella che custodiva nella memoria e lì davanti, seduto sul bordo con la mano immersa nell'acqua fresca, c'era quell'uomo che per tutta la vita era stato il suo unico vero grande amore.
Suo fratello, il suo adorato fratello che ogni notte le tornava in sogno e che ogni notte le sorrideva “Fabrizio?” lo sentì ridere, un battito di ciglia e di nuovo i suoi occhi pieni di lei.
Lo vide annuire leggermente alzandosi in piedi, la divisa dell'esercito lo rendeva in qualche modo perfino più bello di quanto ricordasse ma non era questo che le rubava le lacrime quanto la voglia folle di abbracciarlo.
Corse verso di lui a perdifiato, come una bambina che incurante delle raccomandazioni, corre a perdifiato tra le braccia del padre.
Non riusciva a pensare, a malapena respirava, gli occhi chiusi pieni di lacrime e solo l'aria gelida sul viso fino a lui, fino a quelle braccia forti che la strinsero violentemente a sé nascondendola dal dolore.
“Non piangere Anna, sono qui ora” sussurrò sfiorandole il collo con le labbra “Sono qui per te sorellina” ma lei non rispose, persa in lui, singhiozzante e debole, troppo debole per lottare di nuovo con la volontà “Ehi” mormorò divertito staccandola dolcemente da sé “Lo sai che sei più bella di quanto ricordavo?” posò la fronte sulla sua sorridendole “Dico davvero, sei un angelo sorella mia” “Smettila” “Non racconto mai bugie, ricordi?” sollevò una mano sfiorandole il viso “Lo so che hai paura, so che tutto questo è difficile” “Perché sono … dove …” “Perché devi scegliere sorellina” lo sguardo confuso sul volto della giovane lo fece sorridere.
Le sfiorò il viso asciugando quelle lacrime insolenti che si rifiutavano di obbedire alla volontà “Devi scegliere Anna” “Ma come …” “Vuoi restare accanto a lui accettando un futuro pieno di dubbi e incertezze o vuoi restare qui assieme a me?” “Non posso” sussurrò tremante “Emilia è … è ancora così giovane” “Emilia è uguale a te Anna” esclamò orgoglioso “Bella quanto te, forte quanto te e ostinata, innamorata della vita ma vedi …” si fermò qualche secondo giocando con i capelli della sorella “ … sei riuscita ad insegnarle la vita molto meglio di quanto nostra madre non abbia fatto con noi. Emilia non ha bisogno di qualcuno accanto per capire com'è il mondo, niente paggi, niente istitutori privati perché fino ad ora l'hai costretta a diventare grande contando solo ed esclusivamente su sé stessa” “Ho sbagliato con lei” “E perché?” “Perché io non amavo il ricamo né tanto meno le costrizioni del nostro galateo ma ho preteso che mia figlia le amasse. In questo non sono diversa da nostra madre” “Le hai insegnato che per vivere in questo mondo bisogna riuscire a convivere con le sue regole. Tua figlia è nobile, è in grado di sostenere un discorso perfettamente corretto in due lingue Anna. Cosa c'è di sbagliato in questo? Smettila di darti colpe sciocche. L'unica colpa che hai è quella di amare troppo sorellina” “È la mia bambina” mormorò tremante ma la mano del fratello si chiuse con forza attorno alla sua riportandola alla realtà “Fabrizio lei è … tutto quello che ho fatto è stato per lei. I sacrifici, le lotte, i pianti e le gioie. Emilia è il mio cuore, è una parte di me e …” “E non puoi piegarti di nuovo Anna perché questa volta ti spezzerai. Perché ti ostini a restare inchiodata là? Perché vuoi soffrire?” “Perché è mia figlia!” urlò ritirando violentemente la mano “Tu sei padre Fabrizio, Agnese è la tua bambina e dimmi, è stato così facile abbandonarla?” per qualche secondo, vide negli occhi di suo fratello un velo pesante, lontano, qualcosa che sapeva di dolore abilmente celato “Io non … non ho scelto di andare via. Mi hanno assassinato Anna e non ho potuto impedirlo. Mi chiedi se mi manca? Si, mia figlia mi manca ogni ora di ogni giorno e non c'è attimo in cui vorrei stringerla e non lasciarla mai andare ma tu …” si avvicinò a lei sospirando “ … tu puoi scegliere Anna. Puoi scegliere e sarebbe da sciocchi rinunciarvi per capriccio” “Mia figlia non è un capriccio” “Non ho mai pensato che lo fosse” il vento gelido le sfiorò la pelle, sollevò una mano davanti al volto sfregando le dita una con l'altra “Non senti freddo” lo sguardo si concentrò sul volto di Fabrizio, sorrideva, era tranquillo e per niente sconvolto da quella nuova sensazione “Non c'è freddo, non c'è fame, non c'è dolore Anna. Perché resti attaccata alla vita? Per lui?” d'improvviso nella sua voce ricomparve tutta la rabbia e l'odio che per anni aveva celato “Per lui scegli di soffrire? Ti ha abbandonata! Ti ha usata per giocare e poi ti ha buttata via come si butta via un vestito usato! Lui non ti merita, lui non è alla tua altezza e non lo sarà mai” “Pensavo, che se fossi riuscita a perdonarlo io potevi farlo anche tu” sussurrò divertita stringendosi nelle spalle “Non è divertente” “No? Oh andiamo!” “Non è divertente Anna!” “Non è la tua vita!” un debole sorriso gli colorò le labbra “Che c'è?” “Non è la prima volta che me lo dici” “Ma che …” “Quando eravamo ragazzi me lo ripetevi continuamente. Dicevi che dovevo smetterla di preoccuparmi per te perché eri grande abbastanza per prendere le decisioni da sola, che era la tua vita e che io sarei dovuto restarne fuori” la vide sorridere, giocare con il ciondolo della collana, lo stesso gesto che faceva quando qualcosa la divertiva o la innervosiva “Ti arrabbiavi così tanto con me da restare muta per giorni interi. Nostra madre non sapeva più cosa fare, credeva che il demonio si fosse impossesato di te” “E chi fu a darle questa stupenda idea?” sbottò ironica spingendolo dolcemente di lato “Io le dissi solo che il non parlare, l'ostinarsi a non mangiare erano brutti segni” “Ha chiamato un cardinale Fabrizio! Avevo sette anni e mi ha costretta a ripetere il rosario ottanta volte per essere sicura di non avere il demonio in casa!” Fabrizio scoppiò a ridere sedendosi di nuovo sul bordo della fontana “Mi dispiace, davvero Anna, mi dispiace ma pensavo che non avrebbe creduto ad una piccola e innocente bugia” “Oh per l'amor di Dio” “E ricordi papà? Ricordi il suo sigaro dopo cena? E il suo profumo?” “Ero talmente innamorata di quel profumo” allungò una mano verso di lei sorridendo, le dita si strinsero attorno alle sue lasciandosi tirare dolcemente sul marmo fresco “L'hai usato per farti il bagno sorellina. Volevi scoprire se fare il bagno con il profumo di papà ti avrebbe trasformato in lui” “Amelia dovette lavarmi dodici volte per riuscire ad eliminarne ogni traccia” “Eri così piccola” sussurrò seguendo con un dito i lienamenti del suo volto “Eri la mia sorellina, avevo promesso a nostro padre che sarei stato un buon fratello maggiore, che ti avrei difeso da ogni cosa perfino da Dio se avesse osato farti del male. Lo sai cos'è cambiato da allora?” “Cosa?” “Niente” mormorò dolcemente “Non è cambiato niente Anna. Sei sempre la mia sorellina e voglio sempre difenderti dal mondo” “Non puoi più farlo” “E credi che ci sia mai riuscito?” ribatté incredulo “Non hai mai avuto bisogno della mia protezione. Eri ostinata e testarda e in grado di difenderti da sola ma ogni volta io ero lì, a guardarti da lontano, a tentare di capire se quello sguardo triste era un battito di cuore o una richiesta d'aiuto” “Ho smesso di chiedere aiuto Fabrizio” “Lo so” “Ho smesso da quando quel mondo è andato in frantumi” “Lo so” mormorò stringendola tra le braccia “Per questo devi scegliere amore mio. Per questo non posso lasciarti andare. Perchè se scegli lui non avrai quel mondo né il suo ricordo. Se scegli lui passerai una bella vita, serena e tranquilla ma sempre invasa da quel passato che ormai non vuoi più” “E se resto qui?” domandò più a sé stessa che a lui “Cosa accade se resto qui?” “Avrai di nuovo quel mondo, avrai me e una vita fatta di ricordi” “Ma non avrò mia figlia” “Tua figlia resterà per sempre qui dentro” posò una mano sul petto della sorella sorridendo “La sentirai qui dentro Anna, resterà per sempre con te. Non devi avere paura, nessuno la lascerà sola, Elisa si prenderà cura di lei e avrà Martino e Amelia e suor Margherita” “Ma non avrà più sua madre” un leggerissimo attimo di silenzio colorò i loro respiri rendendo il mondo lì attorno più delicato e sbiadito “Avrà i tuoi insegnamenti nel cuore Anna e il tuo viso lo vedrà ogni volta quando si guarderà allo specchio perché c'è talmente tanto di te in lei da farmi tenerezza. Se è per lei che continui a restare sospesa a metà sorellina credimi, avrà una bella vita ma …” si fermò qualche secondo studiando il volto della ragazza “ … se è per qualcun'altro allora stai perdendo tempo” “Lo amo” mormorò tra le lacrime “E lui? Lui ti ama Anna?” “Lo sento” sussurrò stringendosi nelle braccia “Lo sento nel cuore, lo sento vicino, sento le sue mani sulla pelle e …” “E ha aspettato di perderti per scoprirlo!” sbottò l'altro alzandosi di scatto.
Era nervoso e arrabbiato, camminava avanti e indietro ridendo di quel sentimento che ora sembrava tanto stupido “Ha aspettato vent'anni Anna! Vent'anni! Ti ha quasi perso e per cosa? Per scoprire che è innamorato di te?” “Le persone hanno bisogno di tempo, non tutti siamo uguali e …” “A cosa diavolo pensavi?” trattenne il fiato inchiodata a terra dallo sguardo del fratello “A che diavolo pensavi quando sei corsa davanti a lui! Ti hanno sparato angelo mio e ora sei qui, a parlare con un fantasma, tua figlia è lontano da te e continui a ripetermi che lo ami!” “Ma che …” “Sei corsa da lui per impedirgli di fare sciocchezze e a cosa è servito? Sei quasi morta per lui e a cosa è servito!” si alzò lentamente cercando di non scoppiare a piangere per l'ennesima volta ma sapeva bene che nelle parole di suo fratello, era racchiusa tutta la verità di quegli anni lontani.
“Non ti merita Anna, non ti ha mai meritato. Non meritava i tuoi sorrisi, i tuoi baci, il tuo sguardo innamorato. Quell'uomo ti ha rubato l'innocenza di quell'età, il dolce piacere di scoprire la vita con la spensierata allegria della giovinezza. Ha scelto un'altra donna, ti ha abbandonato e non hai idea del dolore che ho provato nel vederti così triste e abbattuta e della voglia che ho di prenderlo a cazzotti” “Non è una tua scelta” “Non importa!” esclamò afferrandola per le spalle “Ti ha fatto del male, ti ha fatto un male atroce sorellina e tu continui a difenderlo” “Perché lo amo” mormorò tremante mentre le lacrime riprendevano quella corsa feroce sulla sua pelle.
Piangeva incurante della verità mentre dal cielo, lacrime fresche scendevano sfiorando la pelle di entrambi “Quando la smetterai di pensare agli altri?” “Non posso” “Devi pensare a te vita mia, devi pensare alla tua serenità, a quello che vuoi tu e non preoccuparti degli altri” “Se me ne vado, se resto qui con te loro non sarebbero mai felici” “Tutti tornano ad essere sereni, serve solo del tempo” “Me lo prometti?” gli occhi dell'uomo si piegarono in un dolcissimo sorriso “Ti prometto che non soffrirai più, che tutto andrà bene, che la tua bambina starà bene” ma lei sospirò scuotendo dolcemente la testa “Non sono pronta a lasciarla, non riesco a …” “Respira” sussurrò stringendola tra le braccia “Non hai bisogno di farlo ora, non così” chiuse gli occhi lasciandosi cullare dal respiro del fratello mentre la pioggia lavava via ogni preoccupazione.

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Capitolo 11
*** Perché? ***


                                                             Perché?




Dovrei andare via” sussurrò divertita “Dovrei andarmene e lasciarti qui da solo” si voltò verso il letto incontrando gli occhi dell'uomo.
Era immobile su quella poltrona, gli occhi persi sulle pagine di un libro mentre di tanto in tanto, lo sguardo si sollevava per controllarla.
Era strano, a tratti perfino divertente, vedere il proprio corpo da fuori era qualcosa che non tutti potevano provare e in qualche modo ne era lusingata “In fondo, tu hai fatto la stessa cosa per anni no? Sei scappato lasciandomi da sola. Come può essere diverso questa volta?” si sfiorò il collo sorridendo “Mi hai fatto del male Antonio, mi hai fatto più male di quanto la vita avesse programmato per me e non è il dolore che mantiene viva questa rabbia ma il senso di colpa” si avvicinò lentamente al letto, gli occhi persi sul proprio corpo così pallido, così debole e tremante “Sono arrabbiata con me stessa perché te l'ho lasciato fare. Ti ho permesso di giocare con me e non l'ho fatto una sola volta ma dieci, cento … ormai non lo ricordo nemmeno più. Perché ora dovrei restare accanto a te? Perché dovrei concederti di nuovo il mio amore?” posò entrambe le mani sul materasso inclinandosi leggermente in avanti, i capelli sciolti sfiorarono il lenzuolo candido proprio lì, proprio sulla sua mano “Hai paura” sussurrò studiando il viso dell'uomo “Hai paura di perdermi perché i sensi di colpa ti mangerebbero vivo. La notte è buia e spaventosa amore mio, quando si è da soli la solitudine fa male e allora, nasce quella vocina dentro che ripete: Oh se solo le avessi parlato, se solo le avessi detto quanto la amo, se solo le avessi spiegato che il mio passato con Lucia è un capitolo chiuso” si alzò di scatto ridendo come se d'improvviso lui potesse risponderle, come uno di quei tanti litigi che le avevano tolto sempre più luce “Non l'hai mai fatto! Sei tornato indietro e mi hai detto che mi ami, di nuovo e io … io ti ho creduto! Mi hai nascosto il tuo vero cuore amore mio e ora come dovrei … perché dovrei?” passeggiava per la stanza parlando con il silenzio, con qualcosa di inesistente come ormai lo era lei “Forse Fabrizio ha ragione, forse non mi meriti” “Parli da sola?” si voltò di scatto incontrando gli occhi del fratello “Per questo nostra madre ha chiamato un cardinale, parlare da soli è sintomo di pazzia” “Ci vedi il demonio anche qui?” ma lui non rispose, si limitò a sorridere avvicinandosi al letto.
Gli occhi persi sul suo corpo, sul suo viso e su quel tremito leggero che ne scuoteva leggermente la quiete “Non avrei mai voluto vederti così …” “Non devi farlo” “ … sei così …” “Pallida?” “ … stai morendo” gli occhi si incontrarono qualche secondo rafforzando quella consapevolezza che ormai era già dentro di lei “Perché non …” “Hai scelto?” scosse leggermente la testa giocando con una ciocca di capelli “Fino a che non avrai fatto la tua scelta niente di tutto questo finirà” “Puoi scegliere per me?” “Cosa?” domandò stupito voltandosi di nuovo verso di lei “Non ci riesco, non posso farlo da sola” “Mi stai chiedendo aiuto?” abbassò lo sguardo sorridendo ma la mano del fratello le sfiorò il viso costringendola ad alzare lo sguardo “Non mi chiedi mai aiuto” “Ho paura” “Lo so” sentì le mani scendere sulle sue spalle e poi sulla schiena.
Incatenata in quell'abbraccio che tanto le era mancato spiava quella scena da sopra la sua spalla.
Un uomo innamorato, confuso, indeciso che la sfiorava con lo sguardo, carezze silenziose e cariche di arrendevole dolore che le sfioravano la pelle come se fosse un ninnolo prezioso, un delicato oggetto di cristallo pronto a rompersi in mille pezzi.
Fa male” sussurrò stringendosi più forte a lui “Lasciare le persone che ami fa sempre male” “No” chiuse gli occhi voltando il viso dall'altro lato, lontano da lui, lontano dal suo amore “Non è … il cuore fa male” “Lo so” sussurrò rafforzando quell'abbraccio profumato di sicurezza.
La mano era persa tra i suoi capelli, intrecciata a quei fili di seta scura che fin da piccola aveva sempre avuto mentre quell'amore infantile legava il respiro di due cuori così simili l'uno all'altro da urlarlo al mondo.
L'amore fraterno, l'amore puro e delicato che in quel mondo era l'unico appiglio che poteva aiutarla, quell'abbraccio forte e sicuro la teneva a galla impedendole di affogare nell'abisso dei pensieri che l'anima non riusciva a placare.
Un abisso scuro e profondo da cui l'avrebbe sempre protetta, perfino dal cielo “Non puoi sopportare altro amore mio. Non puoi costringerti a questo sforzo perché se torni da lui, se gli permetti di entrare di nuovo in te e poi se ne va non ti rialzi più Anna e non posso vederlo di nuovo. Non ora” “È stato la mia vita Fabrizio. L'unico pensiero fisso al mattino, alla sera, ho dormito nello stesso letto con lui, ho condiviso emozioni, pensieri e non … lasciarlo andare non è più così semplice” “Cos'hai da perdere? Altra sofferenza? Altro dolore?” quel cuore che ormai non sentiva più nel petto accelerò di colpo “Ti sento sorellina, sei spaventata e confusa. Emilia diventerà grande e diventerà qualcosa di …” “Emilia starà bene” la staccò dolcemente da sé scostandole dagli occhi i capelli “Lo sai che ti voglio bene non è vero?” “Sono tua sorella, perché dovrebbe essere diverso?” “Perché sei l'unica donna dopo nostra madre, ad aver accesso ai miei segreti Anna, sei la mia sorellina” le sfiorò il viso seguendo i lineamenti fino al collo “Ti voglio bene”.

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Capitolo 12
*** Tempo ***


                                                        Tempo





“Un fiore”Cosa?” domandò confusa sedendosi sul bordo del letto “La seconda parola che hai detto da piccola è stato fiore” “Non saprei, non ho memoria di quei tempi” “Ma io sì” mormorò divertito sedendole accanto “Eravamo in giardino, nostra madre stava ricamando e tu eri seduta all'ombra sull'erba. Era una bella giornata, il sole era caldo e piacevole e i fiori avevano appena iniziato la loro danza colorata. Ricordo di averti vista sorridere, battere le manine divertita dal volo di una farfalla …” sorrise scuotendo leggermente la testa “ … avevi compiuto un'anno da qualche mese ormai e ricordo che quel pomeriggio tutto sembrava più luminoso. Posasti entrambe le manine sull'erba e ridendo ti voltasti a pancia in giù perdendoti con lo sguardo sul movimento leggero di quei fili verdi: Anna, guarda cos'ho per te?” si voltò verso il fratello incuriosita da quella domanda nata dal nulla ma lui scoppiò a ridere sfiorandole il viso “Sollevasti gli occhi e incontrasti il mio viso, avevo tra le mani una rosa, una di quelle che mamma adorava tanto. Amelia l'aveva recisa per me togliendovi ogni spina. Ero certo che quel fiore ti piacesse perché era semplice e puro com'eri tu sorellina mia. Ricordo di averti vista ridere, allungasti una manina verso di me stringendo le dita attorno alle mie …” strinse la mano attorno alla sua giocando con le sue dita esattamente come quel ricordo, come quel bambino allegro e pieno di vita che aiutava la sua sorellina ad alzarsi in piedi “ … e ti mettesti in piedi. Eri così traballante e piccola da farmi tenerezza. Ti strinsi più forte con la mano libera aiutandoti a trovare l'equilibrio: Vedi Anna, questa rosa è un fiore, è un fiore bello come sei tu. E tu? Tu mi sorridesti e con semplicità ripetesti fiore” sorrise appena inclinando la testa di lato, incantata da quelle scene così lontane nel tempo da sembrare perfino irreali “Eri così piccola e indifesa Anna. Quando papà è morto ho giurato che ti avrei tenuta al sicuro, che saresti stata bene, che nessuno ti avrebbe fatto del male e invece …” lo sguardo si spostò lentamente su quel corpo pallido che respirava a fatica “ … e invece ti ho lasciato da sola” “Non l'hai fatto” “No?” ribatté ironico “Non saresti mai finita in questo letto se fossi stato ancora con te. Non ti avrei permesso di soffrire così e non avrei permesso a lui di farti del male” “Non me ne ha fatto” “Anna” “Non così tanto. Lo sai, a volte mi sento perfino in dovere di ringraziarlo” esclamò divertita stringendosi leggermente nelle spalle “Se non mi avesse costretto ad usare ogni briciolo di forza non sarei mai diventata quello che sono ora” “Un corpo in fin di vita?” “Una donna” Fabrizio sbuffò lasciando scivolare la mano nel vuoto ma quella di Anna si strinse con forza attorno al suo polso costringendo gli occhi ad incatenarsi “Sono una donna Fabrizio, sono una donna che sa amare, che ha conosciuto la vita e che ha imparato a lottarvi contro. Sono una donna che è anche madre e che per sua figlia ha fatto milioni di sacrifici. Sono diventata grande, non hai bisogno di proteggermi” “Tu non capisci vero?” “Io non …” “Sarai sempre quella bambina per me! Sarai sempre così piccola e sorridente, sarai sempre così dolce e piena di vita! Non è una cosa che cambia con il tempo, non puoi cancellarlo. Mi scorri nelle vene Anna e vederti piangere, vederti soffrire per qualcuno che non ti merita mi massacra dentro!” si alzò di scatto passeggiando nervosamente attorno al letto “Non è un medico? Non dovrebbe forse trovare una cura per lo stato in cui ti trovi?” “Ci sono cose che non si possono spiegare Fabrizio, forse questa è una di ..” “Cosa? Una di quelle situazioni particolari dove ci si affida solo alla preghiera? Oh per favore!” inspirò a fondo alzandosi in piedi.
Cercava di calmarlo ma non riusciva nemmeno a calmare sé stessa, non riusciva a capire cosa stesse accadendo, come mai si ritrovasse lì, attaccata ad un corpo che ormai era a malapena vita con il fantasma di suo fratello attorno “Magari questa è solo una scusa” “Una … una scusa?” ripeté confusa ma lui sorrise “Se muori avrà un motivo per piangere e i sensi di colpa finiranno cancellati dal tempo ma se resti in vita. Se riapri gli occhi allora quei sensi di colpa lo mangeranno vivo perché è colpa sua Anna, lui ti ha costretto a scelte più grandi di te, lui ti ha ferito e umiliato e lui è tornato indietro come un cane bastonato a cercare il tuo amore” “Lui è il mio amore” “Tu sei troppo buona Anna! Non puoi comportarti così, non ancora, non con lui. Te l'ho già detto una volta e te lo ripeto: se questa volta ti pieghi ti spezzerai” “E cosa cambierebbe?” trattenne il fiato sconvolto dalla forza di quegli occhi.
Era diventata grande, era diventato quelcosa di meraviglioso ma per quanti sforzi facesse, davanti agli occhi aveva ancora quella bambina stupenda che rideva sdraiata nell'erba “Se resto con te piangerà, se torno indietro piangerà. Cosa cambierebbe?” “Se resti con me piangerà ma il tempo se ne prenderà cura. Se torni indietro piangerà per sempre Anna perché la cicatrice che hai nel cuore non smetterà mai di sanguinare e l'unico colpevole è lui. Vuoi davvero passare la tua vita così?” “Voglio solo un po' di tempo per …” “Per farti prendere in giro di nuovo?” “... se restare con te è la cosa migliore per lui allora, allora ho solo … ho bisogno di un po' di tempo per dirgli addio”.

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Capitolo 13
*** Pura come il Sole ***


                                                    Pura come il Sole 




“Cosa stai pensando?” sussurrò a pochi centimetri dalle sue labbra “Cosa sogni amore mio?” posò la fronte sulla sua sospirando “Ti porterei lontano Anna, lontano da tutti, da tutto il dolore. In un posto dove le stelle brillano così forte da fare male agli occhi. Vorrei vederti sorridere di nuovo amore mio mentre conti le stelle nella notte mentre il cielo riposa. Vorrei stringerti tra le braccia senza la paura di romperti, senza il terrore che tu smetta di respirare” un debolissimo sorriso gli colorò le labbra mentre uno sprazzo di passato tornava a galla.
Una ragazza sorridente che spiava il cielo notturno pieno di stelle. Era giovane e bella, con la pelle di pesca e gli occhi pieni di speranza.
Restava immobile accanto a lui con le labbra schiuse e lo sguardo fisso su quel cielo trapunto di diamanti sorridendo di tanto in tanto, stringendosi a lui mentre il suo giovane cuore chiedeva ancora più vita.
“Mi sono sempre chiesto cosa ci trovassi di speciale in quel cielo. Perché quelle stelle ti attiravano così tanto … ricordi cosa mi rispondesti?” le sfiorò le labbra con un dito seguendone i contorni “Lassù sono custoditi i sogni” lasciò cadere nel silenzio quella frase carica di passato ma nessuna risposta arrivò da quel corpo freddo e lontano.
Tirò più su la coperta nascondendola dal gelo di quel dolore che sembrava sempre più vicino. La teneva al caldo come se d'improvviso quel tepore delicato ne riscaldasse la carne, il cuore costringendola a vivere.
L'avrebbe fatto, l'avrebbe costretta in ogni modo a restare lì, aggrappata alla vita per lottare, per vivere, per meritare quella felicità che troppe volte gli aveva portato via.
Non gli importava niente del passato, del futuro, voleva solo rivedere il suo sorriso, i suoi occhi carichi di dolcezza e poco importava quello che lei avrebbe scelto.
Per tutta la sua vita, aveva dedicato anima e corpo alla medicina, a quella stessa scienza che ora sembrava così inutile.
Aveva sacrificato la sua famiglia, il suo titolo, il suo amore e solo per quegli ideali che ancora bruciavano dentro di lui ma ora, davanti a lei, davanti a quel respiro quasi impercettibile tutto si sgretolava.
Come un castello costruito sulla sabbia, troppo vicino all'acqua per resistere così le sue certezze crollavano una dopo l'altra lasciando solo dubbi e paure dietro di sé.
Non era riuscito ad amarla come meritava, non l'aveva protetta, non era in grado di guarirla e prendersela con quel Dio a cui troppe volte aveva affidato l'anima dei propri pazienti, sembrava l'unica cosa in grado di dargli pace.
Non gli importava quello che sarebbe successo, se fosse scappata lontano da lui, se avesse deciso di amarlo di nuovo, se il suo cuore non avesse mai più scelto di battere solo per loro, non gli importava niente, voleva solo rivederla, sentire di nuovo la sua voce, vederla camminare, correre, giocare di nuovo con la luce del sole perché Anna era la luce del sole.


Non cambierà” “Non puoi saperlo” “E tu perché ne sei così convinta?” sbottò ironico piantando gli occhi nei suoi “Perché ha paura di perdermi” “Se è per questo, beh, non credo abbia mai avuto paura di perderti” esclamò infastidito tornando a fissare l'uomo “Non è giusto e tu lo sai” “La vita non è mai giusta! Credi che il mio sogno fosse finire in quel letto? Credi che se avessi avuto la facoltà di decidere del mio futuro ora sarei qui? In questa stanza?” “Ti sei lanciata davanti a lui Anna, hai offerto il tuo cuore ad un proiettile e per cosa? Per lui?” “Perché sei tanto arrabbiato?” si bloccò di colpo sconvolto da quella domanda nata dal nulla “Perché?” “Anna non …” “Andavi più che d'accordo con lui, eravate buoni amici e ora, d'improvviso è diventato un mostro. Perché?” “Ricordi le favole che ti raccontavo?” “Quelle per cui non dormivo la notte?” ribatté gelida perdendosi con lo sguardo oltre il vetro della finestra “Ricordi quei mostri orrendi?” un debole si uscì dalle labbra costringendolo a continuare “E ricordi da cosa erano mascherati?” “Da angelli” “Esatto” sussurrò avvicinandosi a lei “Le persone non riesci mai a conoscerle fino in fondo Anna. Sono passati vent'anni. Tu sei diventata una donna stupenda e lui è un uomo ormai. Siete diversi, troppo diversi per restare assieme” “Questa continua a non essere la tua vita Fabrizio!” “Ma tu continui ad essere mia sorella” esclamò afferrandola per le spalle “Qui o in un'altra vita resti mia sorella. Ammiro la sua dedizione alla scienza, davvero Anna, è così, ma non riesco e non posso perdonare quelle lacrime!” “Quali …” la mano si posò sulla sua guancia cancellando due perle gelide di egual tenerezza “Queste lacrime Anna. Queste lacrime violente che non ti hanno mai lasciato, che ti hanno costretto a soffrire per qualcun'altro” “Sono innamorata di lui, lo amo Fabrizio, lo amo davvero e non è così facile staccarsi da …” “Da un sogno?” “Anche i sogni a volte si realizzano” “A volte diventando incubi” “Altre semplici traguardi” “E dimmi …” mormorò allontanandosi leggermente da lei “ … essere abbandonata per una serva come lo chiami? Affrontare la solitudine cos'è? Essere lasciate di colpo da un uomo che giura di amarti e poi in carcere decide che la vita, la vita con te non ha più senso come lo chiami!” la vide tremare leggermente stringendosi nelle spalle “Credi che mi diverta Anna? Credi che voglia ferirti ricordandoti il passato? Non voglio vederti piangere di nuovo per lui e se resti qui, se resti con lui ...” “E se non restassi con lui?” “Cosa?” “Se me ne andassi via, lontano da lui? Cosa accadrebbe allora?” restò qualche secondo immobile a studiare il volto della sorella, negli occhi c'era la stessa aria furbetta e birichina che da piccola le colorava il sorriso “Davvero?” domandò divertito “Credi che nascondere una bugia dietro a quello sguardo triste e solo riesca ad ingannarmi?” “Oh andiamo!” sbottò alzando gli occhi al cielo “Non ci riuscivi da piccola e non ci riuscirai ora. Devi fare la tua scelta sorellina e devi farla ora perché non hai più tempo” seguì lo sguardo del fratello fino al letto, fino a quel corpo pallido e ormai perfino irreale.
Un passo, un altro ancora fino a quell'uomo ormai arreso e solo che le stringeva la mano.
Seduto sul bordo del letto cercava di trattenere le lacrime ma gli occhi arrossati erano custodi di pianti lunghi e dolorosi che per ore lo avevano massacrato lasciandolo solo e indifeso.
Le sfiorava il viso con la mano libera sorridendo di tanto in tanto, come se quegli occhi troppo a lungo chiusi si aprissero dolcemente sotto i raggi del sole “Credi che soffrirà? Se me ne vado, soffrirà?” si voltò verso il fratello cercando il suo viso ma non c'era nessuno nella stanza.
Era sola, sola con sé stessa e con lo stesso uomo che per anni aveva invaso i suoi sogni.

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Capitolo 14
*** Solo una Domanda ***


                                                 Solo una Domanda





 " Chissà cosa si prova" “Fa male” sussurrò sollevando lo sguardo. Antonio era seduto accanto a lei, giocava con la sua mano disegnandovi linee delicate con le dita e di tanto in tanto, cercava con gli occhi i suoi immaginandone di nuovo la dolcezza “Non dovresti soffrire così” “Dovevi pensarci vent'anni fa amore mio. Hai aspettato di perdermi per aprirmi il tuo cuore” “L'ho visto tante volte Anna, l'ho visto nei miei pazienti, nei loro volti …” scosse leggermente la testa ritraendo la mano “ … erano sereni e rilassati, come se d'improvviso la pace fosse entrata nei loro cuori” “Fa male Antonio, fa un male atroce e nessuno ha idea di quello che voglia dire. Sacrificarsi per qualcosa, qualcuno che amo da morire ma che non riesce a volermi solo per sé” “Ti amo” “Davvero?” sussurrò posando le mani sul materasso, proprio lì, proprio accanto alle sue “Mi ami davvero oppure sogni di amarmi?” “Ti amo da morire Anna” “Ami qualcosa, qualcuno, forse un sogno, forse un'immagine del passato che non mi appartiene più” “Vorrei vederti di nuovo sorridere e non mi importa quello che accadrà, devi solo aprire gli occhi” “Non ti importa?” domandò confusa inclinandosi leggermente in avanti, il viso a pochi centimetri dal suo mentre sotto di lei un corpo freddo riposava tremante “Che vuol dire? Dovrebbe essere l'unico tuo pensiero, dovresti volermi accanto a te perché non mi sono gettata su quella pallottola per scappare via Antonio!” ma quegli occhi di cielo che tanto amava trapassavano da parte a parte il suo viso fissando l'aria “Oddio” sbottò ironica allontanandosi nervosamente dal letto “Per chi sto morendo? Perché! Credevo di meritare almeno un pensiero sincero Antonio! Credevo di … e invece sei … sei lì che a guardarmi e non sai … non sai cosa vuoi!” camminava per la stanza parlando con il cielo, con il niente, probabilmente, se avesse potuto vederla le sarebbe corso dietro tentando di calmarla, di fermare quello scatto nervoso che non le permetteva di stare ferma “Cosa devo fare Anna? Cosa devo fare per riavere il tuo sorriso?” “Chiedimi di restare” mormorò voltandosi di nuovo verso di lui “Chiedimi di restare con te, assieme a te, chiedimi di diventare tua moglie e giurami che quel passato che tanto ti tormenta sparirà, che sarai sempre qui per me” era così vicina a lui da sentire perfino il battito del suo cuore, i suoi respiri.
Posò una mano sulla sua spalla sorridendo, lo sentì tremare sotto le dita stringendosi nelle spalle “Sono solo un brivido di freddo per te?” domandò più a sé stessa che a lui “Chiedimelo Antonio, chiedimi di restare con te” lo vide sospirare, scuotere leggermnte la testa e alzarsi in piedi “Così scappi?” domandò confusa ma quell'uomo testardo e confuso le passò attraverso uscendo dalla porta.
Restò immobile qualche secondo cercando di respirare, di allontanare quel dolore violento che si portava via un cuore che nemmneno aveva più.
Ci mise pochi secondi a corrergli dietro e ancora meno per capire a cosa stesse pensando “Signore?” “Fate portare dell'acqua fresca nella stanza della marchesa e una coperta pulita” la serva si inchinò leggermente lasciando la sala mentre Elisa, seduta sul divanetto accanto alla libreria, fingeva di leggere qualcosa, qualcosa di lontano e confuso che si appannava sotto le lacrime “Elisa non …” “Non posso Antonio, non posso dirle addio” “Non posso aiutarla in nessun modo” sussurrò sedendosi accanto a lei, gli occhi ancora arrossati e il viso distrutto da quei giorni lunghi e dolorosi “Non posso aiutarla in nessun modo, deve trovare in sé stessa la voglia di vivere e se non … se non lo fa allora …” il libro cadde al suolo costringendolo a sussultare “Dovremo iniziare a …” “No!” esclamò gelida piantando gli occhi nei suoi “No, no mi rifiuto di …” “Credi sia quello che voglio?” ribatté alzandosi di scatto “Credi sia quello che … non era questo! Non così! Era il mio amore, la mia donna, il mio stupendo angelo” “Non lo sono più?” sussurrò confusa ma Antonio sospirò mentre le mani di Elisa lo afferravano per le spalle costringendolo a respirare “Non è morta!” “Non può resistere oltre, nom ce la fa più e io non posso restare altro tempo in quella stanza perché se lei … se muore allora si porterà via con sé anche il mio cuore ...” “Non sono così egoista amore mio, non voglio privarti del cuore, non voglio farti soffrire” “ … e morirò con lei. Morirò con lei Elisa perché lei è il mio angelo” “Non riesci a dirlo vero? È tanto difficile? Anna, voglio che tu riapra gli occhi per me, perché ti voglio assieme a me, perché voglio vivere la mia vita con te. Perché non riesci a dirlo?” Elisa sorrise abbracciandolo “L'hai sempre fatto, mi davi per scontata, credevi di avere in me una via d'uscita ma questa volta amore mio, non ci sono scorciatoie né scuse, chiedimi di restare ma fallo con il cuore e non … non per il piacere di cancellare il senso di colpa” ma lui nemmeno più respirava, le lacrime gelide si portavano via ogni pensiero costringendolo a singhiozzare come un bambino.

 

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Capitolo 15
*** Profumo ***


                                                            Profumo 




Era seduto lì fuori, sotto a quel gazebo a spiare il cielo che si colorava a tratti di rosa e arancione “Perché sei qui fuori?” sussurrò confusa passeggiandogli davanti, sentiva il vento sulla pelle fresca, la vestaglia chiara scivolava sulle spalle lasciandole dolcemente scoperte, i capelli sciolti si muovevano dolcemente sotto quel tocco delicato.
Perché non sei a salvare vite Antonio?” si inginocchiò di fronte a lui stringendosi dolcemente nelle spalle “Non c'è niente che tu possa fare qui. Non puoi salvarmi perché non riesci a dire che ti dispiace, che mi vuoi per te, che mi ami davvero e che mi hai sempre voluta solo per te” gli occhi persi nei suoi, così puri, così stanchi.
Era così vicina a lui da poterlo quasi sfiorare e probabilmente, se avesse potuto vederla le avrebbe sorriso e l'avrebbe stretta tra le braccia sollevandola da terra “Credevi che tutto sarebbe stato facile? Che riavermi indietro, riavermi di nuovo sarebbe stata la cosa più semplice del mondo? Non è così amore mio, non è così” lo vide sospirare, abbandonare le braccia sul grembo mentre milioni di pensieri scorrevano dentro e fuori di lui.
Era strano, a tratti perfino divertente osservarlo, cercare di capire cosa pensasse, cosa volesse dalla vita perché per la prima volta da anni, le sue emozioni erano lì, pure, genuine, dipinte sul viso e non nascoste dietro a sorrisi falsi e ingannatori.
Era stanca di correre dietro ad un utopia, sposarsi con lui, con l'uomo che avea sempre amato, diventare di nuovo una moglie, una madre, una donna.
Era davvero quello che voleva? Era quello che sognava per sé stessa? Non era sicura di volere indietro quella vita, quegli anni di ricordi che troppe volte l'avevano uccisa “Lo sia perché non riesci più ad entrare nella mia stanza?” domandò divertita giocherellando con i capelli “Perché se smetto di respirare davanti a te, se scelgo questa vita tu non riuscirai più a restare solo. Io ero sempre lì amore mio, ogni volta che tornavi a casa, ogni volta che ti arrabbiavi, che sorridevi o piangevi. Ero lì perfino vetn'anni fa ma tu … tu hai scelto un'altra vita. Va bene così, non sono arrabbiata con te, non più ormai ma non voglio nemmeno tornare indietro e finire per assomigliare a un ninnolo di cristallo prezioso che tieni lontano dalla luce e dall'aria per paura che si rompa. Non sono così Antonio” una voce dal nulla interruppe quel discorso costringendola a sorridere “Antonio?” non rispose, non si mosse nemmeno “No bambina mia, in questo momento ha bisogno di pensare” “Antonio?” ripeté Emila sfiorandogli una spalla, lo vide sorridere appena, gli occhi si concentrarono sul viso della giovane ragazza “Sai non … non credo di poter mantenere quella promessa” “Cosa?” “Non credo di riuscire a …” “La mamma non è volata tra gli angeli. Non pensare al male perché ora il male non esiste nemmeno” ma in quella giovane voce era racchiusa una paura tremenda “Lei non vorrebbe le lacrime” “Lei non meritava tutto questo” “Vuoi prendertela con il destino crudele?” “Solo con me stesso” Emilia socchiuse gli occhi sedendosi accanto a lui “Perché? Perché è colpa tua?” “Non farlo amore mio, non raccontarle la verità perché la mia bambina non merita di soffrire. Non per qualcosa di cui abbiamo colpa solo io e te” lo vide sorridere, inspirare a fondo scuotendo la testa “Scusa, pensavo ad alta voce” “Perché sei qui fuori? Perché non sei accanto alla mamma?” “Perché ho bisogno di pensare” “Dovrebbe essere lei il tuo unico pensiero” “Lei è stato il mio unico pensiero per quattro giorni Emilia. Non posso costringermi di nuovo a restare accanto a lei” “Non c'è niente che possiamo fare?” “Solo aiutarla a bere” Emilia abbassò qualche secondo lo sguardo sospirando “Non essere triste amore mio, vedrai che andrà tutto bene. Quando sarai più grande capirai Emilia e allora tutto avrà un senso” la mano dell'uomo si strinse dolcemente attorno a quella della ragazza costringendola a sorridere appena “Mi dispiace Emilia, credimi, mi dispiace davvero. Se tua madre …” “No” mormorò la giovane sfilando la mano “No” si alzò di scattò allontanandosi da quel gazebo “Non puoi farlo Antonio, non così. Spiegarle la morte vuol dire accettarla. Ti aspetti davvero che io me ne vada? Forse dovrei essere così egoista da farlo perché per una volta penserei a me stessa. Alla mia tranquillità” si alzò in piedi sospirando e senza dire più una parola, si allontanò da lui lasciandolo solo.




Era rimasta ore a fissare quel corpo, il proprio corpo, ne studiava i lineamenti come se d'improvviso fosse diventato un'estraneo.
Qualcuno di lontano e irriconoscibile e non sé stessa. La pelle chiara, troppo chiara per sembrare vera e poi i capelli sciolti, boccoli scuri che risaltavano sul cuscino candido e quell'uomo addormentato affianco a lui.
La testa posata sul materasso e la mano stretta alla sua “Perché hai aspettato così tanto” sussurò sedendosi sul letto accanto a lui “Perché ci hai messo così tanto?” gli sfiorò il viso sorridendo ma sotto le dita c'era solo aria e non quella pelle che aveva sempre amato”Se fossi venuto da me prima forse tutto questo non sarebbe successo, forse Emilia sarebbe stata tua, forse avremo avuto una casa bella e piena di gioia, forse …” si fermò qualche secondo mentre un debole sorriso si prendeva le labbra “ … forse sarebbe stato diverso ma così, cos'hai risolto amore mio? Mi stai perdendo ma questo lo sai già. Forse in cuor tuo è quello che speri perché perdermi ti da una scusa per poter piangere la mia assenza ma se mi sveglio, se mi alzo da questo letto sarai costretto a fare i conti con quella cicatrice per tutto il resto della tua vita” fece un bel respiro alzandosi.
C'era profumo di mughetti e di rose, un buon profumo che quei fiori sul comodino lì accanto spargevano irrequieti “Se me ne vado riuscirai a convivere con la mia assenza? Se resto puoi giurarmi che quel passato, quel dolore immenso non intaccherà il nostro futuro?” si strinse nelle spalle nascondendo con il tessuto leggero della veste sé stessa al mondo “Non posso spezzarmi di nuovo amore mio, non posso farlo perché questa volta non mi rialzerei più. Non posso lasciarti giocare di nuovo con me” inspirò a fondo posando entrambe le mani sul davanzale della finestra.
Il tramonto si portava via quel sole stanco offrendogli una culla rassicurante e silenziosa. Il cinguettio dei passeri si perdeva nel rosso del cielo mentre da lontano le civette iniziavano il loro canto.
Amava il tramonto, amava osservare le tinte delicate del cielo perché in quei colori trovava pace e serenità.
Scegliere, una scelta, è questa la vita, una scelta continua, scegliere tra la vita e la morte, tra l'amore e la solitudine, scegliere qualcuno che in realtà si rivela diverso.
Era stanca di scegliere, stanca di soffrire per qualcosa in cui più nemmeno credeva. Non voleva vivere, non voleva morire.
Tutto quello che chiedeva era restare così, sospesa nel tempo a sfiorare con le mani i ricordi, ricordi dolci e preziosi che le mostravano di nuovo quanta forza era racchiusa dentro di lei.
Come avrebbe desiderato tornare ad essere quella ragazza spensierata, la stessa che giorno dopo giorno scopriva la meraviglia racchiusa nella creazione di Dio ma non era quello il suo futuro.
Per cosa aveva lottato tutti questi anni? Per finire stesa in un letto con una proiettile piantato nel corpo? Per un amore in cui forse nemmeno credeva più? Eppure, era proprio per quell'amore che si era gettata davanti a lui, che aveva corso come una disperata incurante del pericolo, della sua vita, di ogni dannata cosa.
Ma ora, ora che importanza aveva? Era immobile in quella stanza con le spalle completamente nude e una veste leggerissima di seta chiara che le avvolgeva il corpo liberandona dalla costrizione di quei pesanti vestiti.
Mi dispiace amore mio” la braccia cadderò lungo i fianchi mentre lentamente passava accanto a lui “Non era questo che … non così” lo vide sospirare, alzare il viso svegliandosi per quel tremito troppo forte “Anna?” “Ti amo” sussurrò fermandosi qualche secondo affianco a lui “Ti amo da morire Antonio ma non sono … non posso sopportarlo di nuovo” un passo, un altro ancora fino alla porta.
Posò una mano sullo stipite incapace di oltrepassare quella soglia maledetta che sembrava incatenarla lì.
Fece un bel respiro chiudendo qualche secondo gli occhi, non aveva un cuore nel petto che battesse all'impazzata né più un respiro violento che scuoteva i pensieri ma aveva ancora lacrime, aveva dolore e passione.
C'era di nuovo quella voce dentro di lei, qualcosa di profondo che le ripeteva “Non andare via, voltati e guardalo, fallo di nuovo, per l'ultima volta” sorrise appena voltandosi verso di lui.
Restava così, appoggiata allo stipite della porta ad osservare un uomo disperato che stringeva con forza il suo corpo.
Urlava, piangeva, malediceva il cielo tentando di riportarla indietro, le mani strette così forte attorno a lei, al suo fragile corpo e il viso nascosto nell'incavo del suo collo.
La stringeva come una bambina, come un ninnolo prezioso che il mondo non doveva avere e a nulla valevano i tentativi disperati delle persone lì dentro perché allontanarlo da lei significava ucciderlo.
Sorrise scostandosi dagli occhi una ciocca leggera di capelli, due mani forti le cinsero i fianchi “Starai bene sorellina” sussurrò Fabrizio a pochi centimetri dal suo orecchio.
Annuì leggermente inclinando leggermente la testa indietro fino ad incontrare la spalla dell'uomo “Ti prometto che non soffrirai più”.
Era quella la vita che aveva scelto? Era quella la sua scelta? Scappare lontano da lui? Dal loro amore violento? Forse sarebbe stato più semplice, forse, in quel modo avrebbe rincorso le nuvole e giocato con i pensieri perché lei di colpe non ne aveva.
Non era stata lei a scegliere di soffrire in quel modo, non era stata lei.

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Capitolo 16
*** Bacio Silenzioso ***


                                                     Bacio Silenzioso




Il vento sfiorò le tende permettendo ai teneri raggi del sole di accarezzarle il viso. Sorrise portandosi le mani davanti agli occhi, stretta nella tenerezza di quell'abbraccio delicato che tutta la notte l'aveva cullata “Perché sei già sveglia?” “Il sole è sorto” “Dovresti riposare di più” “Ancora?” domandò divertita voltandosi verso l'uomo “Dobbiamo superarlo, per il bene di tutti e due dobbiamo farlo. È successo quattro anni fa amore mio” “Quattro anni fa avrei potuto perderti e non sarei l'uomo felice che sono oggi” sorrise appena sfiorandole il viso “Non sarei così pieno di vita, non sarei così …” la porta si aprì lentamente costringendoli a sorridere, un piccolo bambino di due anni appena corse dentro alla stanza ridendo come un matto.
Incurante dell'essere completamente nudo, incurante del momento e di quell'attimo di tenerezza se ne stava aggrappato al copriletto di seta cercando di arrampicarsi sul materasso “E tu? Da dove sbuchi?” domandò stupito “Perché sei nudo?” una vecchia serva dall'aria divertita si affacciò leggermente alla porta sorrideno “Mi dispiace davvero signore, è scappato via mentre stavo per fargli il bagnetto” “Scappi da Maria?” il bambino nascose il volto sul materasso ridendo ma lui non si preoccupò poi molto di quella situazione strana.
Anna al suo fianco sorrideva intenerita dall'espressione sul viso dell'uomo, dal suo modo di guardare quel piccolo cuore “Sei diventato così veloce?” domandò divertito, il piccolo scoppiò a ridere aggrappandosi alle mani del padre.
Aveva il viso leggermente arrossato, due occhi azzurri come il cielo grandi e profondi e i capelli di un bel castano chiaro “Sta crescendo così in fretta” lo sollevò da terra posandolo sul letto tra loro “Diventerai grande anche tu, non è vero?” sussurrò sfiorandogli la testolina “Diventerai grande e imparerai ad andare a cavallo, a tirare di scherma e ...” “E sua madre non sarebbe contenta di vederlo giocare con lame appuntite” “Anna Ristori, è paura quella che leggo nei vostri occhi?” “Voi credete?” “Io credo …” le sfiorò il collo scostandole dalla pelle quei capelli così lunghi e belli da farlo impazzire “ … che voi siate tremendamente bella, troppo bella per un uomo come me e credo anche che nostro figlio sia il bambino più bello del mondo e che vivrà felice” le sfiorò le labbra, un bacio delicato e leggero che la costrinse a sorridere ma le mani del piccolo si posarono sul viso del padre allontanandolo leggermente da lei “Ehi ehi, io e la mamma abbiamo tutto il diritto di passare del tempo soli chiaro?” “Mamma” “Si, la mamma che purtroppo per il mondo è così speciale” lo prese in braccio alzandosi dal letto “Andiamo a fare il bagnetto amore mio. Lasciamo la mamma al suo riposo” “La mamma sta bene” ribatté divertita alzandosi dal letto. Il lenzuolo stretto attorno a quel corpo di fate non faceva altro che spingerlo ad amarla di più.
Lei era il sole e lui uno stupido pianeta che le orbitava attorno senza tregua. Lei aveva restituito al suo cuore troppo indurito dal tempo una ragione per vivere.
Lei così bella e testarda, così dannatamente innamorata della vita, del suo mondo “Quattro anni fa sarei morto con te se avessi chiuso gli occhi” ma lei sospirò stringendosi dolcemente nelle spalle “Quattro anni fa nemmeno mi conoscevi” “Lo so” le fece l'occhiolino stringendo più forte il figlio “Ma sono grato a Dio per averti incontrata” un altro sorriso, l'ennesimo di quella mattina piena di luce “Andiamo ora, lasciamo che la mamma si prepari” “Mamma amo” “Anche io angelo mio” si portò la mano alle labbra schioccando un bacio silenzioso.
Un bacio silenzioso, qualcosa di nuovo che quattro anni prima non aveva mai nemmeno immaginato.
Quattro anni di silenzio, di rabbia, di paura, e poi di nuovo l'amore, di nuovo amore, di nuovo sorrisi perché l'amore vero, quello che le aveva bruciato l'anima era scappato lontano da lei troppo spaventato e triste per accorgersi che in realtà, quel tremito più forte, quel respiro appena accennato era l'unico modo per ritornare a vivere.

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Capitolo 17
*** Ricordi lontani ***


                                               Ricordi Lontani 





Quattro anni fa potevo perderti” glielo ripeteva sempre, ogni volta che quel velo di malinconia le colorava lo sguardo lui sorrideva e ripeteva “Potevo perderti e non sarei mai stato l'uomo che sono ora” ma l'uomo che era ora non era lo stesso che per anni aveva avuto al suo fianco.
Si era svegliata per lui, aveva costretto anima e cuore ad uno sforzo immenso e lui? Lui era scappato, se ne era andato terrorizzato dalla sua morte, terrorizzato da una vita senza di lei eppure lei era lì.
Ricordava quegli attimi, incisi a fuoco nel proprio cuore apparivano ogni volta che chiudeva gli occhi.
Aveva costretto il cuore a battere di nuovo, aveva aperto gli occhi e un dolore violento era salito fino al cervello costringendola a trattenere il fiato ma non c'era lui accanto al letto, erano di Elisa gli occhi pieni di lacrime che le sorridevano, erano di Amelia le mani che le sfioravano i capelli e di Angelo la voce che urlava “Chiamate il dottore”.
Era rimasta un giorno intero immobile in quel letto con lo sguardo perso sul cielo, sulla corsa delicata dei passeri mentre la voce di suo fratello le massacrava i sogni “Ti avevo detto che sarebbe accaduto di nuovo! Perché devi soffrire così sorellina? Perché diavolo non puoi semplicemene pensare a te stessa per una volta!” .
L'aveva fatto, per egoismo o per amore si era svegliata ma non c'era più lui accanto al suo letto, non c'era più il suo sorriso, il suo respiro.
Poteva comprenderlo e perdonarlo perché per quanto si sforzasse di odiarlo, dentro di lei la coscienza urlava: non è colpa sua, credeva di averti perso.
Giorni lunghi come anni interi per imparare a camminare di nuovo perché sei giorni di pura immobilità le avevano tolto ogni forza e poi mangiare di nuovo, respirare, costringere il cuore a battere nonostante quella ferita sanguinante che urlava di dolore.
Si era rialzata, per l'ennesima volta l'aveva fatto da sola e quella vita tanto lontana era diventata realtà.
A volte, c'è qualcosa di magico nel mondo, qualcosa che non aspetta la guarigione, qualcosa di potente e delicato assieme.
Quel qualcosa l'aveva portata ad incontrare due occhi azzurri come il cielo così diversi da quelli che per anni erano rimasti dentro di lei … “Scusatemi” sollevò lo sguardo dalle rose incontrando il viso di un uomo elegante, alto, molto più alto di lei con due occhi azzurri come il cielo e i capelli castani così chiari da sembrare oro “Cercavo la contessa Ristori” “Siete un suo amico?” “Sono interessato a comprare parte della vostra produzione di vino” ma il suo sguardo non si staccava un secondo da lei “Vi ha mai detto nessuno che avete due occhi meravigliosi?” “Sì, ma è successo tanto tempo fa” sussurrò abbassando qualche secondo lo sguardo “Io ve lo ripeterei ogni giorno della mia vita” un debole sorriso le colorò le labbra costirngendolo a trattenere il fiato “Posso chiedevi il vostro nome?” “Anna, solo Anna” prese la mano tra le sue baciandola dolcemente “È un piacere conoscervi “Solo Anna” potete chiamarmi “Solo Gregorio” se vi fa piacere” ma lei sorrise ritirando lentamente la mano mentre gli occhi restavano inchiodati ai suoi, così persi uno nell'altro da fare quasi male “Correte “solo Gregorio” perché ho idea che la contessa tra qualche ora uscirà a cavallo” “Vi troverò qui al mio ritorno?” “Il futuro è incerto, voi che dite?” staccò dal cespuglio una rosa bianca come il latte e sorridendo la posò tra i suoi capelli sfiorandole il viso “Credo che voi siate parte di quel futuro incerto … aveva imparato ad amare di nuovo, un amore giovane e fresco, diverso da quello violento che di notte le uccideva i sogni ma così puro da lenire la delusione e il male.
Tre mesi appena di sorrisi, giochi, parole sussurrate e poi un matrimonio che le aveva restituito la gioia, un nuovo titolo nobiliare, una famiglia antica quanto la monarchia stessa, una casa stupenda e un figlio nato dalla dolcezza di quel nuovo battito e poi d'improvviso, quella voglia folle di tornare ad essere la stessa donna di vent'anni prima.
Sorrise seguendo l'immagine che lo specchio rimandava.
Una donna sorridente, con la pelle di pesca e i capelli così lunghi da sfiorarle l'incavo della schiena, sciolti, incuranti del vento o del sole e tenuti assieme da un fermaglio d'argento che donava una luce preziosa a quel viso già di per sé luminoso.
Le spalle erano scoperte e il taglio del vestito copriva per metà il seno, rosa chiaro con sfumature di bianco, una stoffa meravigliosa che poche dame potevano permettersi ma che per lei, per il suo sorriso, suo marito faceva arrivare da molto lontano.
Scendeva sul suo corpo seguendone le linee delicate, niente corpetti troppo stretti, niente gonne piene e pesanti, solo una stoffa leggera che si divertitva a giocare con lei e nient'altro.
Sfiorò con le dita il collo scendendo fino alla spalla sinistra dove quella cicatrice leggera faceva ancora un male atroce ma le manine di suo figlio aggrappate alle sue gambe la costrinsero a sorridere distogliendo l'attenzione dai ricordi “Mamma” “Ciao angelo mio, ha dormito bene?” il piccolo si strofinò gli occhi stringendosi più forte a lei “Hai ancora sonno” sussurrò prendendolo in braccio “Vieni, andiamo a riposare in giardino” la testa del bambino si posò sulla sua spalla mentre le mani si stringevano a lei, così, stretta in un abbraccio che profumava di dolcezza.


“Sei sicura?” Emilia sorrise alzando divertita gli occhi al cielo “Perché se non ti senti …” “È mio fratello. Secondo voi è un ingombro per me?” “Quante volte ti ho detto che non voglio il voi da te?” “Padre se …” “Papà” puntualizzò stringendo più forte il bambino tra le braccia “Papà, non è un problema davvero. Avrà mia cugina Agnese per giocare e io sarò lì assieme a lui” “Solo per un giorno Emilia, te lo prometto” “Potrebbero essere anche settimane o mesi, non cambierebbe niente” le sorrise mentre dietro di loro la carrozza veniva preparata “Io e tua madre vi raggiungeremo domani sera” “D'accordo” mormorò divertita prendendo tra le braccia il fratellino “Io e te ci divertiremo un po' senza mamma e papà” un bel sorriso si colorò sul volto del bambino rivelando tre dentini bianchi come perle “È tutto pronto” sussurrò Anna sfiorando la schiena del figlio “Elisa vi aspetterà a Rivombrosa e io vi raggiungerò presto assieme a vostro padre” l'uomo annuì deciso aprendo la porta della carrozza “Ci vediamo presto angeli miei” sussurrò baciando la fronte di Emila “Se succede qualsiasi cosa scrivici e …” “Papà?” “Cosa?” “Smettila di preoccuparti” “Giusto” l'aiutò a salire sospirando.
“Come affronterai il suo matrimonio?” “Non si sposerà” “Davvero?” annuì deciso stringendola a sé “Non si sposerà mai perché altrimenti diventeri pazzo amore mio” “Beh, il duca Fermi è piuttosto interessato a lei” “Sono solo innocenti cotte di gioventù” restarono immobili a seguire la corsa della carrozza lungo il viale mentre due uomini a cavallo la seguivano “Resteranno innocenti cotte di gioventù” “Amore mio, sono stata giovane anche io e ho …” ma lui sorrise stringendola più forte “Se la tua frase termina con: mi sono innamorata di un uomo meraviglioso risparmiamelo” “Sei davvero permaloso” “Sono innamorato di mia figlia e non voglio che il primo fringuello venuto da lontano se la porti via perchè incendiato da amore innocente” le dita si strinsero attorno alla sua mano tirandolo leggermente in avanti “Andiamo duca, ha degli affari da discutere con il prefetto” “Ma non è …” “Ti aspetta nello studio da venti minuti” “E quando aspettavi a dirmelo?” si strinse dolcemente nelle spalle allontanandosi divertita da lui ma lui così innamorato, non poteva fare altro che sorridere perché quella donna volubile e bella era tutta la sua vita.

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Capitolo 18
*** "Come reagite alle Sorprese?" ***


                                "Come reagite alle Sorprese?"





Tornare in quella casa, in quel giardino dove da bambina aveva incontrato per la prima volta Martino era in qualche modo rassicurante.
Ricordava i giochi con lui, con suo zio che nonostante il tempo trascorso le mancava da morire.
Strinse più forte la tazza tra le mani sorridendo mentre il fratello cercava di tanto in tanto il suo viso “Duchessa?” si voltò leggermente di lato incontrando Amelia “C'è una … una visita per lei” “Per me?” domandò confusa posando la tazza sul tavolino di fronte a sé “Mio padre?” “No signorina, è …” trattenne il fiato quando alle spalle della donna apparve quella figura ormai tanto lontana nel tempo.
Cercò con lo sguardo suo fratello pregando il cielo che se ne restasse buono a giocare assieme ad Agnese.
Fece un bel respiro e con un lieve cenno della testa autorizzò quella visita che non avrebbe mai voluto “Emilia?” “Cosa ci fate voi qui?” ribatté gelida cercando di respirare il più normale possibile “Sono tornato ieri per risolvere alcune cose e ripartirò tra qualche giorno. Volevo solo salutare Elisa e parlare con te e …” “Ora che mi avete visto potete anche proseguire il vostro viaggio” “Sei cresciuta” sussurrò avvicinandosi a lei “Sei così uguale a … sei diventata bellissima piccola mia” “Antonio …” iniziò gelida alzandosi in piedi “ … sono passati quattro anni. Quattro anni di silenzi e di assenza. Sono diventata grande e ora cosa vi aspettate da me? Cosa volete!” “Sei davvero tanto arrabbiata con me?” “Voi eravate quanto di più simile ad un padre io avessi mai avuto e siete scappato!” “Non comprendi il perchè?” sussurrò abbassando qualche secondo lo sguardo “Sei così giovane Emilia, non conosci ancora il dolore che porta l'assenza di qualcuno che ami così profondamente da non riuscire nemmeno a respirare” “Per questo siete scappato? Per mia madre?” “Per il suo ricordo Emilia!” esclamò stirngendola per le spalle ma la giovane sospirò allontanandosi di colpo “Io mi ricordo Antonio, ricordo le vostre urla, il vostro pianto e ricordo di avervi visto scappare fuori da quella stanza pochi minuti dopo la … siete scappato da lei perché il dolore era troppo violento ma non avete mai nemmeno pensato per un secondo a me! Mi avete lasciata sola, siete andato via lasciandomi senza padre ma mia madre era…” “Emilia!” chiuse gli occhi qualche secondo trattenendo il fiato “Emilia … Guarda!” sentì le manine del fratello aggrappate a lei.
Inspirò a fondo dipingendosi in viso un sorriso quanto meno credibile “Cos'hai trovato?” “È per mamma” reggeva tra le mani un giglio candido come la neve “Sono sicura che le piacerà molto lo sai?” gli sfiorò la testolina incurante di quell'uomo, del suo respiro accelerato e costante “Emilia lui è …” “Come vedete, sono cresciuta bene anche senza di voi” “Hai un figlio?” gli occhi del piccolo si inchiodarono ai suoi togliendogli il fiato.
Era così uguale a lei da farlo tremare perché quella somiglianza così pericolosa stava lentamente entrando nel cuore “Se non avete altro da dirmi …” prese in braccio il fratello lasciando tra le mani del paggio il giglio appena reciso “ … potete congedarvi dalla mia presenza” “Se hai un figlio e ti serve aiuto io sono … Senti, lo so che è tardi e che ti ho fatto del male ma non puoi affrontare queste cose da sola. Ho una bella casa Emilia, Genova è una città stupenda e mia moglie è ...” “Siete sposato?” domandò confusa piantando gli occhi nei suoi “No, non acora per lo meno” “Così dimenticate mia madre? Sposandovi?” ma lui sorrise appena sospirando “Non posso dimenticare tua madre, non potrò mai dimenticarla ma Ludovica mi aiuta a lenire questo dolore” “Come reagite alle sorprese Antonio?” “Alle sorprese?” annuì gelida stirngendo più forte il piccolo.
Cosa le importava della verità? Cosa le importava di lui? Era arrabbiata con quell'uomo così arrogante da tornare indietro dopo anni interi per cercare il suo perdono.
Perché avrebbe dovuto perdonarlo? Per quale motivo doveva parlare con lui? Voleva solo vederlo soffrire perché per tutto quel tempo, aveva visto sua madre piangere e nascondere le lacrime dietro a sorrisi falsi e bugiardi “Edoardo è mio fratello” lo vide tremare violentemente portandosi una mano alle labbra “Tuo … tuo” “Sorpresa” esclamò tagliente nascondendogli anche solo il piacere di studiare quel volto fresco e giovane “Se non avete più niente da dirmi dottore, potete anche andarvene, sono cresciuta bene senza di voi e continuerò a farlo. Dedicatevi alla vostra vita e lasciate in pace la nostra” un lieve cenno della testa bastò a congedare la servitù “Come vedete, nessuno qui ha più bisogno di voi” sfiorò la testa del fratello con le labbra e senza aggiungere una parola si allontanò da lui nascondendogli il futuro.

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Capitolo 19
*** Solo ***


                                                               Solo 




Una bella mattina fresca, profumo di fiori nell'aria e quella festa ormai incombente che rendeva tutto più colorato.
Il grande parco della tenuta era pieno di bambini che correvano traballanti sull'erba ridendo e giocando.
Aveva scelto quella casa per il compleanno di suo figlio, quella casa dove lei e suo fratello erano cresciuti assieme,
C'erano menestrelli ovunque e giovani incantatori che rendevano favole lontane divertenti giochi per i loro piccoli umani.
La manina del figlioletto si strinse dolcemente attorno alla sua costringendola sorridere “Sei pronto per la festa angelo mio?” “Mamma” “Che c'è?” sussurrò sfiorando quei ricci dorati che giocavano con la luce del sole “Papà?” ma gli occhi azzurro cielo si illuminarono di colpo quando un uomo a cavallo entrò dal grande cacello sollevando una mano verso di lui “Papà ha mantenuto la sua promessa. È arrivato in tempo” restò immobile ad osservare la corsa del cavallo fino a quando, due braccia grandi e forti non si strinsero attorno a lei.
Sorrise mentre le labbra di suo marito si posavano sul collo. Sentiva il respiro accelerato, lo sentiva sul seno, sul ventre “Ciao amore mio” “Avete mantenuto la vostra promessa duca” “Oggi è il compleanno di mio figlio” lo prese in braccio sospirando “Sei terribilmente bella amore mio” “Davvero?” ribatté divertita posando le mani sui fianchi.
Il tessuto leggero dell'abito era fatto apposta per lei, delicato, color del cielo e con leggerissimi ricami neri.
Le spalle erano leggermente scoperte e appena sotto al seno, una cintura ricamata fermava il tessuto scendendo dolcemente.
Seguiva le linee del suo corpo senza costringere nessun tipo di cambiamento ma in fondo, quel corpo d'angelo in cosa sarebbe potuto essere diverso? Bello e seducente, pieno di passione e di respiri, un corpo che amava da impazzire perché era solo suo, perché era il suo gioiello prezioso “Emilia?” “Ti sta aspettando sotto al gazebo assieme a Martino” “Andiamo?” la prese per mano tirandola leggemente in avanti.
Era una bella giornata, troppo bella per lasciarsi prendere dalla tristezza.
Aveva passato ore a ridere, a giocare, a seguire la corsa allegra di suo figlio che con occhi sognanti scopriva il mondo “Vuoi fare una gara?” “Sei impazzito?” ma l'uomo sorrise tirandola dolcemente in avanti “Oh adiamo, io ho un cavallo, tu hai un cavallo, chi credi arriverà per primo al borgo?” “Non credete sia pericoloso sfidare vostra moglie?” “Io credo …” ad un lieve cenno della mano due stallieri condussero accanto a loro meravigliosi animali dal manto ambrato “ … che mia moglie sappia cavalcare meglio di me” ma lei sorrise stringendo le mani attorno alla criniera dell'animale e senza nemmeno aggiungere una parola montò in sella partendo al galoppo “Dio quanto la amo” esclamò divertito salendo a cavallo.


Perché diavolo era ancora lì? Eppure Emilia era stata chiara con lui: vattene, vai via e non tornare più.
Eppure, nonostante quegli avvertimenti, restare inchiodato accanto a quel cancello per spiare quella festa preziosa era l'unica cosa che riusciva a fare.
Vedeva Emilia, la vedeva sorridere mentre un giovane dall'aria piuttosto soddisfatta le raccontava chissà quali storie.
Il suo sorriso, quel fascino ancora acerbo che iniziava a camminare assieme a lei perché nei suoi occhi, nei suoi gesti, c'era la stessa passione che anni prima l'aveva incantato rubandogli il cuore e poi quel bambino.
Quel piccolo umano così bello e perfetto che giocava, rideva, respirava. Un bambino figlio del nulla, spuntato fuori all'improvviso e buttato lì, per ferirlo, per massacrarlo nell'anima perché era a quello che l'aveva destinato Emilia.
Sorrise mentre il piccolo sollevava il viso verso di lei, una carezza leggera tra quei boccoli dorati e poi quella parola insistente: mamma.
Una semplice parola, una sola stuipida parola che gli sconvolgeva l'anima perché in fondo, racchiudeva l'essenza della vita stessa.
Strinse più forte le redini del cavallo sospirando mentre un grido di gioia saliva dalla festa, un grido diverso, pieno di amore e allegria.
Il piccolo correva o almeno ci provava, la manina stretta a quella di Emilia mentre gli occhi erano inchiodati a qualcosa, qualcuno che correva a cavallo.
Un sogno, un ricordo lontano, una giovane donna con i capelli sciolti sulle spalle, tenuti assieme solo da un dolcissimo fermaglio d'argento.
Il volto arrossato da quella corsa folle e gli occhi pieni di vita, la stessa donna che quel giorno di vent'anni prima si era portata via il suo cuore.
Si portò una mano alle labbra sospirando “Oddio” il cuore schizzava nel petto impedendogli perfino di pensare “Oddio” voleva scappare, correre via da quel posto che tanto lo faceva soffrire ma più ci provava e più il cervello rifiutava di seguire i suoi ordini.
La vide spronare l'animale correndo più veloce mentre alle sue spalle un uomo sorridente tentava di raggiungerla.
Era bella, bella come il sole, come quella brezza leggera che trasportava con sé il profumo della primavera.
Seguì quella corsa folle senza respirare, senza riuscire nemmeno a pensare.
Pochi metri fino alla fontana poi quella frenata violenta e uno scoppio di risate. La vide scendere da cavallo correndo verso il bambino ma le braccia dell'uomo la sollevarono da terra costringendola a ridere “Avete perso duca” escalmò divertita “Voi avete barato duchessa” “Voi siete troppo ligio alle regole” le labbra si posarono sul suo collo mentre le mani strette con forza sul suo ventre la tenevano inchiodata a sé “Se continuate a giocare così prima o poi perderete e quando accadrà sarò lì a prendervi in giro” “E riuscirete a prendermi?” “Ma che …” scivolò via dalle sue braccia riprendendo la corsa folle verso quel piccolo con gli occhi pieni di lei.
La vide sorridere mentre cadeva in ginocchio davanti a lui stringendolo tra le braccia e poi Emila a pochi passi da lei, così serena e tranquilla, divertita da quello scoppio improvviso di semplicità mentre quell'uomo venuto dal nulla le cingeva le spalle con un braccio.
Era così vicina a lui da poterla sentire, da poterla quasi toccare.
Per cosa aveva pianto? Perché aveva maledetto il cielo? Tutti quegli anni passati ad arrabbiarsi, ad urlare nel cuore della notte perché i suoi occhi tornavano a galla.
Si era arrabiato con lei per averlo abbandonato, per essere morta e a cosa era servito? Aveva scelto un'altra donna per lenire quella perdita violenta e a cosa era servito! Una lacrima gelida scivolò via dagli occhi bloccando quell'attimo prezioso.
Velocemente, quasi senza accorgersene, inchiodava alla memoria quella risata cristallina, quel volto luminoso e perfetto.
L'avrebbe stretta tra le braccia impedendole perfino di respirare, l'avrebbe fatto davvero ma con quale forza? Con che amore? Un'altra lacrima cadde nel vuoto, un'altra e un'altra ancora, strinse più forte le redini spronando l'animale.
Allontanarsi da lei, da quel mondo perfetto che era riuscita a ricreare perché ora, in quell'attimo di dolore violento, aveva bisogno solo di restare solo.

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Capitolo 20
*** Grazie ***


                                                           Grazie 





"Non mi piace” “Non deve piacere a te” “Non è quello giusto per lei” “È il primo amore” sussurrò divertita chiudendo il libro “Non c'è niente di male nel primo amore. Sono parole innocenti, sorrisi e sguardi” “Anna …” si sedette di fronte a lei sospirando “ … posso assicurarti che il primo amore è vissuto in modo completamente diverso da uomini e donne” “Davvero?” domandò divertita socchiudendo gli occhi “E in cosa è diverso?” “Davvero vuoi che te lo dica?” Amelia posò sul tavolino un vassoio pieno di biscotti e dolcetti colorati “Ti dispiace passare in camera di Edoardo? Vorrei solo essere sicura che non stia smontando le tende per cercare il tesoro che vi dovrebbe essere nascosto dietro” “Ehi” puntualizzò divertito “Io gli ho solo raccontato una favola amore mio” ma Amelia sorrise scuotendo leggermente la testa “L'ho lasciato due minuti fa duchessa, dormiva sereno” “D'accordo” la donna si congedò rispettosamente da loro lasciandoli soli per l'ennesima volta “Quando dovrebbe incontrarlo?” “L'ha già incontrato. Ieri alla festa per …” “Lo so” mormorò ironico sorseggiando il té “Non riesci ad accettarlo?” “Non ho potuto impedirlo Anna” “Vuoi chiuderla a chiave in camera sua fino a quando non diventerà vecchia?” “Posso farlo?” ma lei sorrise “Non ammetto che giovani galletti giochino con mia figlia amore mio. Lei è così giovane e pura e bella, cosa accadrebbe se uno di loro la insozzasse con stupidi pensieri?” “Stupidi pensieri?” “Sono stato uno di quei galletti Anna, e la prima cosa a cui pensavo quando guardavo una giovane non era la profondità della sua anima” scoppiò a ridere divertita da quell'affetto così paterno che usciva fuori ogni volta che parlavano di Emilia.
Lui non era suo padre, non l'aveva costruita dal nulla ma era il suo papà, la persona da cui andava quando lei non poteva rispondere a quel battito di cuore troppo forte.
Quando l'amore acerbo si era preso ogni loro sospiro l'unica paura che costringeva la mente a lavorare giorno e notte era Emila.
Per giorni si era chiesta: E se lui non è quello giusto? Se non decidesse di amarla come una figlia?.
Domande che per notti intere si erano insinuate nei pensieri ma che subito, erano state cancellate da quel sorriso venuto dal nulla.
Gregorio amava la sua bambina più di quanto Alvise non avesse mai fatto. Era un padre meraviglioso, un marito così perfetto da sembrare quasi irreale eppure era vero, era lì, accanto a lei che sorseggiava il suo té preoccupandosi di quei ragazzi un po' troppo estroversi.
Perfino durante le lunghe notti invernali, quando gli affari della sua imponente famiglia richiedevano lo strappavano al calore di casa era lì assieme a lei.
Lo sentiva accanto, sentiva il suo sorriso, i suoi baci, i suoi passi nel corridoio.
Lui era il suo futuro, l'uomo che libero da ideali folli e inutili le permetteva di vivere la vita come più le piaceva.
Assieme a lui aveva imparato ad amare di nuovo e il frutto di quell'amore riposava sereno nella camera lì accanto.
“Facciamo un accordo amore mio …” tremò leggermente riportata alla realtà dalla voce dell'uomo
“ … io le concedo di vedere quel giovane ma si incontreranno a casa nostra, dove posso controllarlo” “Si sentirà oppressa” “Protetta” puntualizzò sollevando appena un dito “Protetta Anna, perché se pensa di girovagare per il mondo tornando a casa un giorno dicendo “Padre, ti presento mio marito” ha sbagliato i suoi calcoli ” la porta si aprì dolcemente e il viso di Elisa apparve radioso tra loro “La mia contessa preferita” esclamò divertito alzandosi, la mano dolcemente tesa verso di lei e un bacio leggero sulla pelle fresca “Come stai? Com'è stato il tuo viaggio?” “Ho perso la festa di mio nipote” mormorò indispettita sedendosi accanto a lei “Ma sono contenta che abbiate usato il parco della tenuta. Fabrizio ne sarebbe stato molto contento” “Spero davvero che sia così” “Allora ...” sussurrò divertita stringendo le mani della cognata “ … che notivà ci sono?” “Mio marito sta studiando il modo di rinchiudere Emilia in casa fino a quando non sarà vecchia” “Si sentirà oppressa e scapperà” “Perché pensate tutte la stessa cosa?” “Perché siamo state anche noi giovani ragazzine innamorate” “Oh no Elisa, lui crede che la parola più giusta sia: protetta” l'uomo al suo fianco annuì orgoglioso camminando avanti a indietro per il salotto “Anna, lo so di chiederti molto ma potreste fermarvi qui per qualche giorno ancora?” “È successo qualcosa?” “Putroppo i miei mezzadri hanno qualche problema di salute. Il dottor Raimondi li cura in modo eccellente ma devo andare a Torino per chiedere udienza dal re. Abbiamo bisogno di più tempo per il raccolto e …” “Quanti soldi ti occorrono?” domandò Gregorio tornando a sedersi davanti a lei “Non posso accettare niente da …” “Sei o non sei la moglie di Fabrizio? Questo ti rende parte della famiglia di Anna e per estensione sei la mia famiglia Elisa. Credi davvero che un nome importante come il mio serva solo a fare bella figura a corte?” le sorrise annuendo leggermente “Non preoccuparti del denaro, a quello ci penso io e quando sarai a Torino, usa il mio nome per farti ammettere alla presenza del re e se non funzionerà, partirò per Torino domani stesso” “Sei sempre così buono con noi” Anna sorrise sfiorandogli il viso “Non preoccuparti per Rivombrosa, resteremo qui tutto il tempo che ti occorre” fece un bel respiro appoggiandosi dolcemente allo schienale del divanetto.
Gli occhi di Gregorio incollati ai suoi nel tentativo di capire se quell'attimo di debolezza fosse legato alla stanchezza o a qualcosa che non gli aveva detto “Anna?” lo sguardo si concentrò dolcemente su di lui “Va tutto bene?” “Stavo pensando” “Pensando?” “Pensavo che Emilia dovrà incontrare qui il giovane Fermi” ma l'altro sospirò alzando gli occhi al cielo “E il mio bellissimo nipotino come sta?” “Dorme, o almeno, è quello che crede Amelia perché sono abbastanza certa che tra qualche minuto me lo troverò qui davanti” Gregorio annuì appena alzandosi in piedi.
Un passo, un altro ancora fino alla porta chiusa “Sai Anna …” sussurrò divertito posando una mano sulla maniglia
“ … se provi a contare fino a tre apparirà un bambino davanti a noi” Elisa sorrise portandosi una mano alle labbra “Uno … due …” spinse dolcemente la porta, Edoardo scoppiò a ridere mentre le braccia del padre lo sollevavano da terra “Piccola peste, cosa ci fai fuori dal letto?” “Voglio la mamma” “Se non riposi mai come puoi giocare?” “Vuole vedere la zia non è vero?” esclamò divertita Elisa tendendo le mani verso di lui, il piccolo sorrise lasciandosi cullare da quell'abbraccio che conosceva bene e che tanto amava “Lo sai che sei diventato più grande?” Gregorio sorrise orgoglioso sedendosi accanto alla moglie, la mano stretta alla sua e gli occhi inchiodati a lei “Grazie” “Per cosa?” “Per avermi regalato il suo sorriso” le sfiorò le labbra sorridendo mentre quel legame che dentro di loro era fuoco vivo diventava sempre più forte.

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Capitolo 21
*** Solo se lei Vorrà ***


                                                       Solo se lei Vorrà 





“Siete ancora qui?” domandò confusa indietreggiando di un passo “Perché? Perché non …” “Emilia io ho bisogno di sapere” “Cosa? Perché!” ma l'aria fresca della sera non faceva altro che aumentare quei brividi leggeri lungo la schiena.
“Lei è … Anna è viva e …” “Mia madre è viva Antonio. Ha lottato per essere ancora quella di sempre. È viva ma non grazie a te” “Tu non puoi nemmeno immaginare cosa sto … perché lei …” si passò una mano in viso sospirando “Lei è la mia vita Emilia, tu e tua madre siete …” “Siamo il passato. Siamo il passato dottore, lasciateci nel passato perché se vi ostinate a giocare con il presente lei soffrirà e io me la prenderò con voi” “Tu non …” “Emilia!” si voltò di scatto incontrando gli occhi di suo padre “Che ci fai qui fuori?” “Mi diapice padre, Amelia mi aveva chiesto di raggiungere il cortile perché avevo una visita e …” “C'è troppo freddo per te angelo mio. Torna in casa” “Ma padre non …” “Fino a quando vivrai assieme a me tesoro mio seguirai le mie regole” “Il conte Fermi è una vostra regola?” “No” puntualizzò sfiorandole il viso “Lui è un mio divieto” “Ma davvero?” “Ora torna in casa. Potrai riceve tutte le visite che vuoi domani, non voglio che tua madre si preoccupi” un debole cenno della testa come risposta e poi solo il silenzio, un silenzio gelido che in qualche modo spaccava la distanza tra loro.
“Mi dispiace credetemi, io sono …” “So chi siete” sussurrò avvicinandosi leggermente a lui “Mia figlia non ha segreti per me dottore” “Credetemi, l'ultima cosa che vorrei fare in questo momento è ferire Emilia o …” ma per quanti sforzi facesse, quel nome restava inchiodato dentro al cuore “Io nutro un profondo rispetto per voi Antonio. Mia moglie mi ha raccontato grandi cose su di voi, sulla vostra professione e sulla dedizione che mettete nel curare la gente ma legato al rispetto, c'è un odio profondo che non mi lascia dormire la notte” “Siamo in due allora” “Sapete …” sussurrò guardingo “ … quando ho incontrato la mia bellissima sposa per la prima volta beh, mi sono sentito rinascere. Vengo da una famiglia nobile Antonio, una famiglia antica quanto la monarchia. Gregorio Amedeo Riccardo Visconti. È un nome impegnativo sapete? Tutto questo tempo passato a rincorrere il successo mi ha congelato dentro. Non volevo una famiglia, una sposa, una vita come questa perché mio padre mi aveva preparato a reggere da solo il peso del domani ma gli occhi di Anna …” sorrise appena mentre l'uomo di fronte a sé tratteneva il fiato “ … hanno sciolto quella corazza di ghiaccio troppo spessa. Conosco il suo passato dottore, ho conosciuto l'intensità del suo amore per voi e vi sono grato per averla salvata perché se oggi sono un uomo migliore è per merito suo. Lei mi ha regalato un futuro in cui credere, un figlio stupendo che giorno dopo giorno mi rende orgoglioso e una figlia così bella da togliermi il fiato” piantò gli occhi nei suoi sorridendo “A me non interessa il vostro passato assieme, siete stato importante per lei, così importante che a volte la malinconia le vela gli occhi. Se la mia sposa vorrà potrete vederla, potrete parlarle ma dottore …” si fermò qualche secondo riprendendo fiato “ … per il bene di Anna vi prego di non giocare più con lei. Emilia non le ha detto di avervi incontrato nel parco né che abbiate visto Edoardo perché sarebbe un dolore troppo grande sapere di non avervelo potuto impedire” “Credete davvero che voglia farla soffrire?” “Credo che siate innamorato di lei al punto che, se ve lo chiedesse, lascereste la vostra futura sposa per tornare qui ma questo non posso lasciarvelo fare dottore. Mia moglie è la mia vita, i miei figli sono quanto di più importante ho al mondo e se per difenderli devo arrivare alle minacce allora lo farò” “Vi prego” sussurrò passandosi una mano in viso “Vi prego io ho solo … ho solo bisogno di vederla, di vederla respirare. Ho bisogno di sentire di nuovo la sua voce e la sua risata perché fino ad ora, ho creduto di avere un angelo lassù che guidava ogni mio passo! Quando qualcosa andava male, quando mi sentivo solo alzavo gli occhi al cielo e pregavo affinché lei mi restasse vicino ma lei era … Voi non potete nemmeno immaginare cosa si provi a perdere di colpo il proprio cuore e scoprire dopo quattro anni che quel cuore batte ancora” “No Antonio” mormorò sereno “Credetemi, io so cosa si prova a perdere qualcuno di veramente importante, l'ho lasciata un giorno solo, uno e mi è sembrata un'eternità. Posso comprendere il vostro dolore ma non vi perdono per il male che le avete fatto. Come vedete sono una persona ragionevole, lascio alla mia sposa il piacere di scoprire che voi siate qui con i tempi che lei vorrà ma non voglio mai più entrare in camera di mia figlia e trovarla in lacrime per colpa vostra” un ultimo sguardo violento e poi solo le sue spalle e la consapevolezza di averla lasciata nelle mani di qualcuno che non l'avrebbe mai abbandonata.

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Capitolo 22
*** Respiro ***


                                                         Senza Fiato




 “Lui è … è qui?” “Anna” la strinse per le spalle costringendola a respirare “Ehi, ti ho raccontato la verità ma tu hai promesso che avresti continuato a respirare d'accordo?” la strinse più forte sollevandole il viso “Perché è qui?” “Non lo so amore mio. È così fragile e confuso” “Ha visto mio figlio Gregorio e non … non sono …” “Non sei cosa?” esclamò piantando gli occhi nei suoi “Abbastanza forte per affrontarlo?” la sentì tremare così forte da costringerlo a sussultare “Anna sei la stessa donna che ha preso quel colpo di pistola in petto per un amore in cui credeva. Credi davvero di non essere forte? Mi hai costretto ad amare, mi hai mostrato che al mondo non tutto è fatto per essere sfruttato e conquistato. Mi hai regalato una famiglia, mi hai cambiato lentamente e quasi senza accorgermene sono diventato un altro uomo, migliore. Pensi davvero che non sia stata la tua forza amore mio?” “Lui è il mio passato Gregorio. È l'amore violento che mi ha sconvolto l'anima per anni interi. Ogni volta che lo vedo quell'amore torna a galla e non so come ricacciarlo in fondo all'anima” gli occhi dell'uomo si riempirono di tenerezza “Anna io sono terrorizzato quanto te” lo sguardo confuso della donna lo costrinse a sorridere “Tu sei la mia vita, sei la ragione per cui al mattino apro gli occhi e quella per cui la sera corro a casa. Sei l'aria che respiro Anna e so che rivederlo, parlare di nuovo con lui ti allontanerà da me” “Cosa?” “Lo farà perché quell'uomo è lo stesso per cui la notte resti sveglia ad odiare i ricordi, a tentare di farli a pezzi. Ti conosco amore mio, ti conosco così bene da capire quando c'è qualcosa che non va e sono consapevole dell'affetto che vi lega” “Non andrò da nessuna parte” “Anna tu …” “No, ehi!” strinse il viso dell'uomo tra le mani posando la fronte sulla sua “Non vado da nessuna parte amore mio. Non ti lascio per quel ricordo, non cambio la mia vita per lui, non di nuovo. Lo amerò sempre perché è stato il primo amore, quello che mi ha costretto a crescere ma tu …” un leggerissimo sorriso le colorò le labbra mentre si staccava dolcemente da lui, le labbra così vicine da potersi quasi sfiorare e gli occhi persi in quell'azzurro violento che per quattro anni l'aveva salvata “ … tu sei il padre di mio figlio. Sei l'uomo che mi ha risollevato da terra quando ero sola e distrutta. Credi di non essere importante per me? Credi che rivederlo mi farà scappare via abbandonandoti qui?” “Non voglio vederti piangere Anna, non voglio vederti soffrire per qualcosa contro cui non posso lottare” “Vuoi nascondermi al mondo?” conosceva bene quella domanda, conosceva il volto del ricordo a cui l'aveva fatta vent'anni prima ma Gregorio non era Antonio.
Lo vide sorridere mentre le labbra si posavano dolcemente sulle sue “Vorrei tenerti al sicuro amore mio, lontana dal male e dal dolore ma non voglio nasconderti al mondo perché non è giusto. Voglio che tu sia libera di decidere quello che vuoi, voglio vederti urlare o ridere o scegliere se rivedere di nuovo il suo viso e voglio che sia tu e tu sola a deciderlo, perché nasconderti al mondo non farebbe altro che indebolirti ma mi devi fare una promessa Anna” riprese fiato cercando il suo sguardo “Mi devi promettere che se quell'amore torna a bruciarti il cuore sarai sincera con me perché pensare di perderti è un dolore troppo immenso e …” “Te lo prometto” sussurrò stringendosi leggermente nelle spalle “E ti prometto anche che quando Edoardo incontrerà l'amore della sua vita faremo una grande festa. Ti prometto che invecchieremo assieme, che viaggeremo e che ti amerò ogni giorno della mia vita” le mani dell'uomo si strinsero attorno ai fianchi sottili tirandola in avanti.
Un bacio violento, dolce, pieno di amore che non le dava modo di respirare.
Sentiva il suo respiro accelerato sul seno, le sue mani che velocemente sfilavano i laccetti del corpetto cercando la pelle nuda della schiena.
Non sarebbe andata da nessuna parte, non avrebbe lasciato suo marito perché suo marito le aveva dato la forza per continuare a vivere.
Si aggrappò a lui nascondendosi nel suo abbraccio, stretta così forte a lui da sembrare un corpo solo, un respiro solo “Dio quanto sei bella” sussurrò scostandole i capelli dal collo, sentiva le sue labbra sulla spalla scendere dolcemene fino al seno.
Era più alto di lei, infinitamente più forte di lei, con le spalle larghe e forti e la pelle profumata di buono, profumata di lei perché solo lei poteva avere quel corpo meraviglioso.
Gregorio l'aveva risollevata da terra, l'aveva costretta a brillare diventando di nuovo quella giovane donna innamorata del mondo, per questo e per quell'amore sempre più forte che li legava assieme, non sarebbe mai scappata, non l'avrebbe mai lasciato né visto piangere.


Immobile, persa nel calore di quell'abbraccio che per anni interi aveva sognato al suo fianco. Sorrise aprendo dolcemente gli occhi, la fronte posata a quella del marito, le sue mani strette a lei, inchiodate ai suoi fianchi.
La teneva così vicino da respirare nei suoi respiri, ogni notte si addormentavano così e ogni mattina, la sua mano cercava nella distanza del letto il corpo di sua moglie tirandolo di nuovo così vicino da farla sorridere.
Era persa in lui, in quei lineamenti induriti dal tempo ma così belli, persa in quel corpo molto più grande di lei, nelle sue spalle forti e muscolose, così forti da sorreggere il peso dei suoi maledetti ricordi senza emettere un fiato, senza mai rinfacciarle niente.
Gli sfiorò il viso seguendone i lineamenti fino al collo, i lunghi capelli castani intrecciati tra le dita e quel buon profumo ad inebriarle i sensi … “Perché sorridi?” “Non posso sorridere?” domandò divertita giocando con il suo sguardo. C'era un bel sole caldo e un cielo azzurro come gli occhi di suo marito, come quel profondo blu che le toglieva il fiato ogni volta che vi si perdeva “Amo il tuo sorriso Anna, ma quando sorridi così c'è qualcosa che non mi hai detto, qualcosa che ti diverte e che io non so” “Hai ragione” “Aspetta …” le sollevò il volto studiandone l'espressione “... mi hai dato ragione?” “Non posso farlo” “Dev'essere qualcosa di meraviglioso allora” “Magari è qualcuno di meraviglioso” “Allora vorrei proprio conoscerlo amore mio” “Puoi aspettare nove mesi?” lo sguardo confuso del marito la costrinse a sorridere “Nove mesi? Perché dovrei …” ma quell'improvvisa consapevolezza che cresceva nel cuore lo costrinse a sorridere assieme a lei “ … Anna tu sei …” “Sono incinta” “Oddio” la strinse tra le braccia sollevandola da terra.
Una risata cristallina, le sue labbra sul collo, sul volto e quegli occhi pieni di lacrime che si incatenvano al cuore “Il mio piccolo tesoro” sussurrò posando una mano sul ventre della donna “Sei il mio piccolo tesoro” …
ricordava ogni attimo di quei nove mesi.
Le lacrime di Gregorio quando in quel giorno assolato e profumato gli aveva svelato il suo piccolo segreto e le attenzioni speciali che le regalava.
E poi, poi c'era quel ricordo che amava da impazzire e non avrebbe mai dimenticato … faceva male, un male atroce che saliva fino al cervello. Aveva già passato quei momenti, con Emilia, con quella notte lunga e senza fine ma questa volta, questo dolore era diverso dagli altri.
Strinse più forte il lenzuolo tra le dita seguendo la voce del dottore “Va bene duchessa, siete davvero molto brava. Ancora un po' e avrete il vostro bambino. Portatemi altra acqua calda e dei panni puliti, dobbiamo coprire per bene questo piccoletto quando sarà nato” di nuovo una contrazione, di nuovo il respiro tagliato a metà poi la voce di suo marito oltre la porta “Siete impazzito per caso?” “Sta bene?” “Duca, se non andate via da qui dimentico di essere una serva e vi prendo a calci” “Ma che …” “Amate vostra moglie?” “Stai scherzando?” “Se l'amate vi prego allora di non entrare qui dentro” sorrise appena mentre un'altra contrazione le spezzava il respiro.
Sapere di averlo lì, così vicino, così preoccupato per lei le dava una forza impressionante perché perfino ora, mentre urlava dal dolore cercando di non piangere suo marito era lì. Pochi minuti ancora e quel pianto leggero e violento che ruppe l'aria costringendola a ricadere dolcemente sul materasso. Un sorriso, un bacio sul viso e quell'uomo grande e grosso con un corpicino tremante tra le braccia che si stringeva a lui, che cercava nel suo calore sicurezza e protezione “È bellissimo” sussurrò baciandola di nuovo “Anna è bellissimo” “Si?” mormorò sfinita prendendo tra le braccia il figlio “Guardalo, è perfetto, è perfetto e sono così … sono così maledettamente orgoglioso di lui e …” le sfiorò le labbra per l'ennesima volta cercando di non piangere ma quegli occhi di cielo pieni di emozione erano pieni di una tenerezza infinita “Mi hai fatto un regalo immenso amore mio” gli occhi inchiodati ai suoi e la mano posata sulla schiena del piccolo “Mi hai regalato il futuro” … mi hai regalato il futuro. Glielo ripeteva sempre, ogni volta che la vedeva triste o pensierosa le ripeteva quelle semplici parole.
Ricordava le notti passate ad osservare un uomo innamorato che camminava avanti e indietro per il salotto con il figlio tra le braccia cercando di farlo riaddormetare.
Ricordava il suo sorriso quando le manine di quella piccola vita si stringevano alle sue dita e quell'espressione stupita e piena d'orgoglio quando lo vide muovere i primi passi.
Edoardo come suo padre, come quell'uomo fiero e testardo che l'aveva accolta nella sua famiglia come una figlia, Fabrizio come quel fratello che la vita aveva deciso di strapparle troppo presto e Ludovico come una madre persa troppo presto, una ferita sanguinante nel cuore di suo marito che tornava ad aprirsi ogni volta che suo figlio urlava mamma.
Non le era mai interessato niente dei titoli nobiliari, non le importava sposare un conte, un marchese o un visconte ma aveva scelto un duca, un uomo dai forti principi che non ammetteva in alcun modo la vigliaccheria e che rifuggiva ad ogni principio di slealtà e paura.
Sarebbe rimasta così in eterno perché tra le braccia di suo marito nessuno al mondo avrebbe potuto ferirla, nemmeno quel ricordo dagli occhi di ghiaccio che si divertiva a giocare con la sua nuova vita ma questa volta no, non gli avrebbe permesso di scappare di nuovo perché se voleva la libertà di vivere, se voleva lasciarla andare allora doveva spiegarle perché diavolo era scappato quattro anni prima.
Le labbra si posarono dolcemente su quelle dell'uomo, sentì le sue braccia stringersi più forte attorno a lei mentre gli occhi si schiudevano dolcemente sorridendo “Mi spiate mentre dormo?” “Siete così bello duca” “Dovreste dormire, tenere lontano i brutti pensieri è compito mio” “Hai tenuto lontano vent'anni di vuoto Gregorio, li hai costretti ad indietreggiare lasciando spazio all'amore, hai svolto egregiamente il tuo dovere” un altro bacio, un altro sospiro rubato “Ora dormi amore mio, la notte è ancora lunga” chiuse gli occhi lasciandosi cullare dal respiro di suo marito e senza nemmeno accorgersene, dentro di lei qualcosa nasceva più forte della paura, del passato, qualcosa che le avrebbe regalato un futuro meraviglioso.


 

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Capitolo 23
*** In questa vita o nell'Altra ***


                                       In Questa vita o nell'Altra




Sapeva che sarebbe accaduto, in questa vita o nell'altra l'avrebbe rivista perché dopo quattro anni di sospiri e pianti, scoprire che il suo cuore batteva ancora l'aveva costretto a restare inchiodato lì.
Per tre giorni sempre la stessa storia, arrivava fino al cancello, abbastanza vicino per poterla vedere, per poter ascoltare la sua voce ma così lontano da sembrare un fantasma, qualcosa di irreale che non le avrebbe mai e poi mai fatto del male.
Restava immobile a cercarla con lo sguardo per ore intere e poco importava l'ora del giorno, il sole o il vento perché in fondo, sapere di averla così vicino l'aiutava a respirare.
C'era profumo di spezie nell'aria, come se il sole divertito da quella giornata così strana, avesse deciso di colorare l'aria con note delicate che sapevano di cannella o di menta.
Sorrise divertito dalla corsa di quel bambino che senza curarsi delle raccomandazioni del padre, giocava con un bastone decorato da nastri colorati.
Lo teneva sollevato sulla testa ridendo dei disegni che quei nastrini completavano nell'aria mentre Amelia alle sue spalle rideva ricamando qualcosa.
Un gioco infantile, qualcosa che ormai ricordava a malapena ma quanto gli sarebbe piaciuto essere quel padre? Restare lì, seduto a sorridere, a battere le mani assieme a lui, a guardare con occhi sognanti il proprio futuro.
Sarebbe rimasto sveglio la notte ad ascoltare il respiro di suo figlio, come un padre innamorato che preoccupato dei suoi sogni, perdeva il sonno per accertarsi che niente e nessuno toccasse il suo piccolo gioiello e ogni giorno, quando il sole cancellava le paure della notte sarebbe stato lì, accanto a quella culla aspettando di vedere i suoi occhi, quegli occhi stupendi che sarebbero stati identici a quelli di sua madre. Gli stessi occhi, lo stesso sorriso, lo stesso battito violento che viveva nel cuore di quella donna stupenda.
Un figlio, una vita nuova, un pezzo di cuore che cammina per il mondo, era questo un padre, un pezzo di cuore nel corpo di un bambino.
Lo leggeva nello sguardo di Gregorio, in quei gesti lenti e delicati, nelle carezze di sguardi che costringevano il figlio a scoprire la vita.
Sorrise mentre le braccia del padre lo sollevavano verso il cielo, mentre quelle parole lo costringevano a sorridere, mentre tutto attorno a lui diventava nient'altro che un incubo.
Scosse leggermente la testa divertito da quei pensieri folli ma quella vocina allegra e divertita gli tolse il respiro per l'ennesima volta. “Mamma, mamma! È tornata la mia mamma!” seguì la sua corsa fino alle braccia di una donna stupenda appena scesa da una carrozza riccamente rifinita.
Aveva i capelli sollevati con tenere ciocche che scivolavano sulle spalle, un vestito color di rosa così leggero e delicato da sembrare quasi sogno.
Il ricamo delicato che partiva dal seno si perdeva nella gonna dell'abito così diversa da quelle dell'epoca ma tanto bella da renderla una perla.
La vide sorridere, sollevare il figlio da terra mentre un padre innamorato si avvicinava a loro stringendo tra le mani il gioco colorato.
Edoardo Fabrizio Ludovico Visconti, un nome lungo, un nome che aveva spiato nei regisrti notarili del prefetto Terrazzani perché avere la certezza che non fosse solo un sogno, aiutava il suo cervello ad accettare quella situazione tanto strana.
Un nome complicato e difficile per un bambino tanto bello ma suo padre era figlio di un'aristocrazia antica più della monarchia stessa, una famiglia che l'aveva indurito costringendolo a crescere come l'etichetta imponeva ma Anna aveva cambiato la sua vita.
Anna cambiava sempre la vita di tutti perché nel suo respiro, nel suo sguardo c'era tutta la forza della vita stessa, una forza che da più di vent'anni era assopita dentro di lei.
L'aveva cambiato, gli aveva regalato un futuro, un figlio per cui vivere, per cui alzarsi al mattino e tornare a casa la sera.
Un figlio che fin dal concepimento, sarebbe stato destinato a reggere il futuro di quella famiglia, di quel nome ingombrante.
Quel bambino che per tre giorni interi aveva spiato ora se ne stava aggrappato alla sua mamma, la sua stupenda mamma che rideva, che lo baciava senza curarsi delle persone lì attorno.
Sorrise divertito da quella scena tanto dolce e bella ma la presenza di quell'uomo lì accanto disturbava in qualche modo ogni suo dannato sogno.
Posò la mano sulla colonna di pietra lì affianco sospirando. Sarebbe corso ad abbracciarla, l'avrebbe fatto davvero ma c'era qualcosa dentro che lo costringeva a restare lì, immobile, paralizzato tra sogno e realtà mentre quella donna stupenda gli sbatteva in faccia la sua nuova vita.




 

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Capitolo 24
*** Ricordi ancora come si Danza? ***


                               Ricordi ancora come si Danza?




“Smettila di spiarli” “Non li sto spiando, li sto solo guidando verso la giusta direzione” ma lei ridacchiò divertita nascondendosi dietro al calice di cristallo “Sei geloso amore mio?” “Di mia figlia? Fammici pensare …” le cinse le spalle con un braccio sfiorandole le labbra in un bacio leggero “ … sì. Sono geloso di mia figlia ma lo sono di più della sua mamma” “Perché dovresti? La sua mamma non ha altri interessi” la risata della giovane a pochi metri da loro attirò di nuovo l'attenzione dell'uomo “Non ti sembra un po' troppo vicino?” “Forse dovresti parlare con lui non credi?” “Hai finito di prendermi in giro?” ribatté divertito ma lei sorrise giocherellando con la collana “Duchessa Visconti, posso avere l'onore di aprire le danze con voi?” lo sguardo di Gregorio si colorò di tenerezza mentre la mano della moglie si stringeva dolcemente a quella del nipote.
Posò il calice sul vassoio del paggio avvicinandosi alla finestra, spiava il paesaggio oltre i vetri, il colore delicato dei riflessi sull'acqua, le fiaccole che illuminavano il viale e le persone che vi passeggiavano in mezzo divertite da qualcosa, qualcuno.
“Hai finito di spiarci?” sorrise senza nemmeno voltarsi verso la giovane “Hai trovato qualche difetto in lui?” “Tutto” la mano della ragazza si strinse alla sua costringendolo a cercare il suo sguardo.
Era sorridente e divertita da quella festa organizzata solo per lei “Il tuo tutto comprende anche il suo carattere?” “Il mio tutto vuol dire tutto Emilia” “Oppure, il tuo tutto si aggrappa alla paura che possa toccarmi” ma lui tossicchiò colorando lo sguardo di fierezza “Immaginare mia figlia in determinate “situazioni” non mi fa bene Emilia, né a me né ai miei sogni notturni che si trasformerebbero inevitabilmente in incubi” “Ti voglio bene papà” “Emilia …” “Ti voglio bene perché sei così buono con me, perché mi hai permesso di avere un padre che non ho mai nemmeno immaginato di poter conoscere” abbassò qualche secondo lo sguardo sospirando “Mio padre era un uomo così arrabbiato con il mondo e con sé stesso, era così cattivo e lontano da noi ma tu …” riprese fiato sorridendo appena “ … tu sei quello che ho sempre sognato per mia madre, per me. Mi hai regalato una vita, hai regalato a mia madre un nuovo amore, una certezza che le permette di sorridere come una volta. Le hai regalato un futuro e non sono arrabbiata con te per la tua gelosia né per i tuoi continui rimproveri” “Sei uguale a tua madre” sussurrò stringendola tra le braccia “Riesci a farmi sentire in colpa perfino con lo sguardo” “Sono sincera padre” sussurrò nascondendosi nel suo abbraccio “Lo so” lo sguardo di Anna si inchiodò al suo, carico di dolcezza, di commozione e amore “Ma sappi che questo scoppio di tenerezza non mi impedirà di parlare con quel ragazzotto” “Lo so” esclamò divertita staccandosi appena da lui “Ma avrai tempo per farlo, ora cosa ne dite di ballare con me?” “Una danza con mia figlia? Come posso rifiutarlo?” la prese per mano tirandola dolcemente in avanti.
Risate perse tra la musica, giochi, danze, un affetto leggero che volava nell'aria colorando tutto di tenerezza.


“Cosa pensate di mia figlia?” “Oh io la trovo un angelo. È bella, intelligente, piena di interessi” annuì orgoglioso studiando il viso del giovane accanto a sé “Vostra figlia rende i miei pensieri pieni di speranze” “Speranze per il futuro?” “Perché no” ribatté divertito sorseggiando il suo vino “Voi cosa pensate di vostra figlia?” “Conte Fermi, ci terrei a chiarire con voi alcune cose” “Sono ben felice di rispondere ad ogni vostra domanda duca” l'altro annuì appena inchiodando gli occhi ai suoi “Mia moglie mi ha regalato una nuova vita. Voi certamente conoscete la mia famiglia” “Sono orglioso di poter dire che mio padre è buon amico di vostro fratello e mi ritengo onorato di ciò” “Vedete, da tempo ormai mi ero arreso all'idea di finire la mia vita tra affari e denaro, Anna ha cancellato quel possibile futuro regalandomi una nuova vita. Emilia era una giovane ragazzina, piena di gioia e con tanta voglia di scoprire la vita ma dietro a quel sorriso, c'erano anni di solitudine e un padre che le aveva tolto di colpo la voglia di vivere la sua infanzia costringendola a preoccuparsi costantemente per sua madre, per il suo sorriso e la sua vita. Ho imparato da lei l'arte del gioco, ho imparato a ridere di nuovo. Non c'è bisogno di dirvi quanto lei sia importante per me. Quanto sia innamorato della mia bambina perché mi è stata regalata, perché non l'ho fatta dal niente ma l'ho accolta nella mia vita a braccia aperte” il giovane sorrise annuendo appena “Sapete conte, io sono ben felice di accordarvi del tempo con Emilia, sono felice di vederla sorridere e sono felice che passi del tempo con la persona che scatena quei sorrisi belli come il sole ma voglio essere chiaro con voi …” colorò lo sguardo di fierezza sorridendo appena “ … se le vostre attenzioni si dovessere in alcun modo spostare verso frutti proibiti potete cercare rifugio in un'altra nazione perché vi verrò a cercare ovunque” “Credete davvero che vostra figlia sia un gioco per me?” “Sono stato giovane anche io conte” “Non ho nessuna intenzione di disonorare vostra figlia né di giocare con lei. Emilia sta diventando importante per me” “Non voglio vederla piangere conte, non per qualcosa che non sia la normale crescita del suo cuore. Sono consapevole che la vita riserva delusioni a tutti, le delusioni e le botte aiutano a crescere e non ho alcuna intenzione di proteggere Emilia da queste cose perché altrimenti, non diventerebbe mai adulta” “Siete un buon padre duca, credetemi, siete davvero un ottimo padre” “Sono suo padre conte, mi preoccupo per lei e ve lo ripeto ancora, se mia figlia corresse da me chiedendomi aiuto io vi giuro che vi darò la caccia, vi stanerò come un cane stana il fagiano per il suo padrone e non vi darò pace fino a quando il sorriso tornerà nel cuore della mia bambina” “Uao” mormorò tremante il giovane “Stai terrorizzando i bambini amore mio” lo sguardo cambiò di colpo colorandosi di allegria.
L'uomo fiero e gelido di pochi secondi prima era sparito, cancellato dal sorriso di una donna che sapeva rubargli perfino l'anima “Lascia che il giovane conte si goda la festa” “Oh non vi preoccupate” mormorò l'altro inchinandosi leggermente verso di lei “Vostro marito stava solo chiacchierando con me. Chiacchiere amichevoli che mi tenevano compagnia” “Non siete bravo a dire le bugie Federico. Dovreste imparare da Emilia, lei è piuttosto brava a sviare i discorsi” “Vostra figlia è più brava di me in molte cose” ma si bloccò di colpo quando gli occhi di Gregorio si inchiodarono al suo viso “Cose molto comuni, il ricamo, la voglia di leggere, la danza” “Vi siete salvato per poco conte” “Potete chiamarmi Federico se vi fa piacere” “Non credo sia opportuno” “Perdonatelo” mormorò divertita Anna “Mio marito perde la ragione quando parla dei figli” “L'unica per cui perdo la ragione sei tu amore mio” sussurrò sfiorandole il viso “Che ne dite allora di danzare con me? Siete ancora capace?” gli fece l'occhiolino trascinandolo lentamente verso il centro della sala “Sei stato bravo lo sai?” “Davvero?” “Credevo di doverti staccare da lui chiedendo aiuto ad un medico per rianimarlo” la mano scivolò sulla sua schiena seguendo la linea delicata del suo corpo, la tirò in avanti stringendola più forte a sé e con il sorriso sulle labbra, seguì la musica perdendosi nel suo sguardo.


 

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Capitolo 25
*** Campo di Grano ***


                                                             Campo di Grano




I raggi del sole erano tiepidi, pieni di dolcezza, di tenerezza, in fondo, era quello il tocco della natura no? Le spighe colorate d'oro si perdevano nella leggerissima brezza del tramonto mentre l'arancio e il rosso del cielo iniziavano a dipingere il manto azzurro del mondo.
Fece un bel respiro tentando di cancellare dal cuore i suoi sorrisi, le sue labbra, quel bambino che tornava a brucargli i sogni ogni notte “Mi hai fatto del male Anna” sussurrò sfiorando con le dita uan spiga di grano “Mi hai fatto più male di quanto immagini perché sei viva amore mio” ma quel profumo leggero gli tolse il fiato paralizzandolo nel niente.
Conosceva bene quel profumo, conosceva bene quel ricordo “Sei viva” “Sei scappato” chiuse gli occhi restando immobile, se si fosse voltato avrebbe incontrato i suoi occhi e non sarebbe più riuscito a cancellarli dall'anima “Perché sei qui?” “Mi domandavo se avreste mai oltrepassato il cancello della mia tenuta o se foste rimasto lì fuori per sempre” “Tu come …” “Mi credete davvero tanto sciocca?” sussurrò avvicinandosi a lui.
Un passo, un altro ancora fino al suo viso, era lì, immobile davanti a lui a pochi metri di distanza così bella, così dannatamente bella da fargli male.
I capelli raccolti dolcemente di lato e la pelle colorata da quel sole beffardo che tardava a nascondersi dietro all'orizzonte.
Come uno spettatore curioso restava lì ad illuminarle il viso, la pelle, la stoffa di quel vestito venuto da molto lontano che non la costringeva a nessuna postura rigida o scomoda.
“Perché siete tornato?” “Per sistemare delle cose. Ho un nuovo ospedale a Genova e qui c'erano molti dei miei scritti” “Solo per questo?” “Come potevo tornare per altro se quell'altro per cui piango la notte era un sogno fino a qualche giorno fa?” la vide sorridere appena inclinando leggermente la testa di lato mentre tra le dita stringeva un fiore rosso rubino “Se non foste scappato quattro anni addietro, forse quel sogno sarebbe stato vostro” “Hai la minima idea di cosa voglia dire perdere l'amore della tua vita?” esclamò gelido “Mi sei morta tra le braccia Anna! Hai chiuso gli occhi incurante del dolore che ti lasciavi dietro! Sei morta, mi hai costretto a morire assieme a te e ora pretendi di essere arrabbiata per questo?” “Io non voglio niente da voi” sussurrò studiando il suo viso “Non voglio più niente da voi dottore perché quattro anni fa, quando la vita mi stava lasciando ho trovato la forza di riaprire gli occhi ma voi non c'eravate! Non eravate accanto a me, non eravate lì a baciarmi, ad abbracciarmi perché gli occhi pieni di lacrime che mi sorridevano erano quelli di mia figlia!” lasciò cadere il fiore riprendendo fiato.
Era arrabbiata, così arrabbiata da costringere il respiro ad un ritmo calmo e regolare ma perfino così riusciva a vederlo.
Lo vedeva nei suoi occhi, nel tremito leggero del collo e nel modo che aveva di torturare con le dita l'anello “Siete scappato senza nemmeno voltarvi indietro! Mi avete lasciata sola e da sola ho trovato la forza di rialzarmi” “Credi davvero che sarei … Anna mi hai distrutto, amarti così tanto mi ha distrutto e ora, ogni volta che ti vedo, che sfioro con lo sguardo il tuo viso o … Davvero non riesci a capirmi? Non era la prima volta che perdevo l'amore della mia vita” ma lei sorrise stringendosi leggermente nelle spalle “Non ero l'amore della vostra vita” “Sei impazzita?” “Voi non avete mai nemmeno …” si bloccò qualche secondo sconvolta dalla violenza dei ricordi che velocemente tornavano a galla
“ … mi sono rialzata, l'ho fatto di nuovo dottore e non c'era la vostra mano a sorreggere i miei passi. Ho incontrato mio marito qualche mese dopo, era così dolce e pieno di attenzioni ma io ero terrorizzata. Avevo paura di essere diversa da quella che ricordavo, avevo paura di non riuscire più ad amare perché per tutto quel tempo non facevo altro che aspettarvi. Aspettavo di nuovo il vostro sorriso, il vostro viso …” lo vide tremare leggermente indietreggiando di un passo “ … vi ho aspettato per mesi interi ma voi non siete mai tornato. Mio marito ha lenito il dolore di quei pianti troppo a lungo soffocati. Era un placebo per la mia anima e credevo sarebbe rimasto questo per sempre ma è accaduto qualcosa, qualcosa dentro di me si è rotto e Gregorio è risucito a rimettere insieme ogni pezzo costringendomi a vivere. Mi sono innamorata di lui, l'ho fatto lentamente, come una bambina che impara a camminare e ha paura di cadere. Ci sono voluti mesi dottore, mesi lunghi e pieni di voi ma alla fine, la sua presenza ha cacciato via la voglia folle di rivedervi” inchiodò gli occhi ai suoi togliendogli il fiato “L'ho sposato, ho detto di si ad un amore fresco e nuovo e ho scoperto che quell'amore, quel nuovo sorriso era chiuso dentro di me da anni interi ormai. Mi ha regalato un figlio che è la mia vita. È un padre meraviglioso e un marito stupendo e sono innamorata di lui, non voglio che il nostro passato entri nel suo cuore perché per me ha sopportato le notti insonni, le paure e gli incubi. Non voglio che voi entriate nella sua vita” “Sei felice?” “Cosa?” sussurrò confusa “Sei felice Anna? Giurami che sei felice perché se fai tutto questo solo per farmi soffrire non …” “Avete perso la capacità di leggermi nel cuore dottore?” ribatté gelida ridendo “Non riuscite a capire quando sono felice e quando no?” “Sei innamorata” sussurrò abbassando qualche secondo lo sguardo “È dipinto nei tuoi occhi Anna, in quella luce che li colora ogni volta che parli di lui, di tuo figlio e della tua vita ma essere felici è ...” “E voi come lo sapete? Siete felice per caso?” ogni risposta era fredda e piena di rabbia, in fondo, come poteva essere diverso? Per quattro anni l'aveva avuta solo nei sogni ingaro del fatto che quel sogno era realtà “No, no io non sono felice” “Dovreste esserlo. Avete una fidanzata, un buon lavoro, una vita nuova” “Non ho te!” esclamò afferrandola per le spalle.
Era così vicino a lei da sentire i suoi respiri sul viso, il tremito violento del suo corpo ma quella distanza violenta che teneva i loro cuori lontani era lì, limpida come quel sole cristallino.
Scivolò via dalle sue mani spingendolo indietro “Non toccatemi, non parlatemi di amore perché voi non sapete cosa sia l'amore!” “Tu sei il mio amore Anna! Tu sei l'amore violento che non mi fa dormire la notte, che torna negli incubi e non mi lascia respirare!” “Se io sono il vostro amore come mai avete paura perfino di guardarmi negli occhi!” sorrise divertita dalle reazioni violente che scatenava in lui “Voi parlate di amore, di incubi e sogni che tolgono il fiato ma non immaginate cosa voglia dire dottore! Se io sono il vostro amore cosa ci fate a Genova? Perché non siete mai tornato qui? Perché non avete mai nemmeno scritto a mia figlia? È questo l'amore? Pensare solo al proprio dolore e chiudere fuori quello degli altri?” “Perché non mi hai mai scritto? Perché in quattro anni non mi hai mai scritto nemmeno una dannata lettera? Credi che sarei rimasto lontano da te? Credi che scoprire di averti ancora mi avrebbe lasciato così …” “Io credo che voi siate così tanto spaventato dalla mia nuova vita da cercare qualsiasi appiglio nel passato” tremava, respirava così veloce da costringere il cuore a galoppare “Credo che siate ancora innamorato di me, così tanto da non riuscire a dormire la notte e credo anche, che l'amore che ci ha legato per anni interi non scomparirà mai ma quell'amore è seppellito sotto quattro anni di sicurezza, di sorrisi e gioia!” “E ti sono bastati quattro anni per cancellarlo dal cuore!” si avvicinò a lui inchiodando gli occhi ai suoi “Voi siete il mio passato, siete un amore violento e forte che massacra l'anima ma non siete più l'uomo che mi fa battere il cuore dottore! Le persone cambiano in quattro anni, cambiano così tanto da far paura, ho scoperto di avere ancora dentro di me quella forza violenta che amavo da impazzire e sì, mi sono bastati quattro anni per imparare a dimenticarvi. È stato faticoso e difficile ma ci sono riuscita” “E allora perché piangi?” “Perché sei così dannatamente stupido da aver aspettato quattro anni per tornare indietro” quel passaggio violento dal voi al tu gli tolse il fiato costringendolo ad allungare una mano verso di lei, verso quelle lacrime che non avrebbe mai voluto vedere ma lei indietreggiò di colpo lasciando solo l'aria tra loro “Hai aspettato quattro anni per dirmi queste cose, per guardarmi negli occhi di nuovo e ora cosa … cosa vuoi da me? Cosa dovrei … io amo mio marito, amo mio figlio e per la sua dolcezza, per l'amore che mi ha regalato in tutto questo tempo non ho intenzione di ferirlo” “Anche se questo vuol dire mentirgli?” lo sguardo della donna si colorò di gelo improvviso.
Lacrime bollenti e odio tutte in un solo sguardo, così forte, così limpido e forte da costringerlo ad indietreggiare “Io non mento a mio marito, non ho segreti per lui, non permetterti mai più di dire una cosa del genere” “Sarà questo che farai? Quando i nostri ricordi torneranno di nuovo a galla sorriderai e bacerai tuo marito provando a dimenticare?” “Voi come fate?” domandò ironica asciugandosi il volto “Come fai a dimenticarli? Abbracci la tua sposa?” “Smettila” “Perché? Perché d'improvviso ti renderai conto che non puoi tornare indietro quando vuoi? Quattro anni, quattro anni così lunghi e mai, mai ho pregato il cielo per rivederti. Mio marito non è qualcosa che puoi usare per ferirmi perché ti giuro su quanto ho di più caro al mondo che ti farò del male!” “Credi di spaventarmi?” sussurrò scuotendo leggermene la testa “Credi che funzioni? Che minacciarmi così mi farà scappare? La paura è altra Anna, non puoi nemmeno immaginare cosa voglia dire piangere ogni notte per un dolore troppo grande da sopportare” “No è vero, ma questo non ti da il diritto di intrometterti nella mia vita. Te l'ho detto e te lo ripeto, hai perso il diritto di preoccuparti per la mia vita quattro anni fa!” “I tuoi occhi non possono raccontare bugie Anna, tuo marito non può ...” “Secondo te come sono venuta qui? Da sola?” “Ma che …” seguì lo sguardo della donna oltre le sue spalle incontrando il viso dell'uomo.
Stringeva con la mano destra le redini dei cavalli mentre il suo sguardo restava inchiodato a lei, così concentrato da sembrare quasi irreale.
Sembrava pronto a salvarla, pronto a correrle incontro se solo lei glielo avesse chiesto “Perché sei venuta qui? Perché con lui?” “Perché non avresti mai oltrepassato la soglia di quel cancello. Perché ho bisogno di dirti addio così, guardandoti negli occhi perché per mesi interi sei tornato nei miei incubi e non puoi farlo, perché non ho bisogno di raccontare una bugia a mio marito per rivederti e per mille altre ragioni!” riprese fiato cercando di calmare quel ritmo troppo veloce che il respiro le imponeva “Ho un figlio e una famiglia, non puoi rovinare anche questo sogno” “Se la tua famiglia è un sogno per te allora amore mio non è la tua famiglia” “Smettila” “Anna...” “Non sono più amore, non sono più la tua vita” “Anna” il respiro tornò regolare di colpo mentre gli occhi si inchiodavano al viso di Gregorio “Basta così amore mio” sussurrò sfiorandole una spalla “Basta, non ti fa bene lo sai” “Devi proprio ricordarmelo?” “Se non lo facessi che marito sconsiderato sarei?” le sorrise cancellando velocemente quell'odio violento che si portava via i suoi occhi “Ora fai un bel respiro” “Duca,che piacere rivederla” “Anche per me” esclamò sorridendo “Mi perdonerete se ho interrotto il vostro amorevole scambio di battute ma vedete, da quando quattro anni fa mia moglie è quasi morta fatica a controllare le emozioni” “Sto bene” ma lo sguardo di Antonio si inchiodò al suo viso “Non è vero amore mio. Quando succede fatichi a respirare, basta così” annuì leggermente prendendo dalle sue mani le redini e senza nemmeno fermarsi a pensare, si voltò dall'altro lato allontanandosi al fianco dell'animale.
“Mi dispiace dottore, avrei voluto lasciarvi il tempo per mangiarvi l'un l'altro prima di fare pace ma la salute di mia moglie è più importante di ogni altra cosa” “Vi capisco” ma lui sorrise “Mi odiate, va bene, è comprensibile. Voi siete medico, cosa mi dite delle palpitazioni?” “Palpitazioni?” annuì appena seguendo con lo sguardo i passi di sua moglie “Sono … sono anomalie nel ritmo del cuore” “Esatto. Vedete, mia moglie non riesce a controllare il respiro quando si arrabbia così tanto. Il nostro medico presume che questo respiro discontinuo venga dall'incidente di quattro anni fa. Non è niente di grave, solo pochi secondi di respiro affannato ma non mi piace mai vederla così” “Lei non … non dovrebbe andare a cavallo” “La conoscete?” domandò divertito “Ascoltate dottore, se vi fa piacere venire a cena da noi per …” “Vostra moglie potrebbe uccidermi con un coltello per la carne duca” “Vorrà dire che vi presterò uno scudo abbastanza resistente” rise a quell'immagine divertente ma l'altro sospirò scuotendo appena la testa “Mi dispiace dover declinare il vostro invito ma io e voi abbiamo qualcosa in comune duca e sono sicuro, che la mia presenza lì non farebbe altro che accentuare quei respiri discontinui e non voglio vederla soffrire” Gregorio sospirò inclinando leggermente la testa verso di lui.
Un saluto leggero prima di salire a cavallo e raggiungere la sua sposa, ferma a pochi metri da loro con le mani strette alle redini dell'animale e il viso ancora arrossato.
La vide sorridere mentre la mano di suo marito le sfiorava il collo poi un bacio leggero e una corsa veloce che allontanava da lui ogni briciolo di lei.


 

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Capitolo 26
*** Voi non Capite ***



                                                       Voi non Capite





“Mi avevi promesso che non ci saresti mai arrivata” sussurrò stringendola più forte tra le braccia “Che avresti controllato te stessa” “Lo so” posò il viso sul petto di suo marito sospirando, sentiva le dita dell'uomo sulla pelle fresca della schiena, lo sentiva giocare con il suo corpo usando una dolcezza infinita “Non mi piace vederti soffrire Anna, non mi piace quando il respiro ti manca e …” “Ehi” sussurrò sollevandosi dolcemente “Sto bene” “Giuramelo” “Parlo, mi muovo, ti prendo in giro” “Oh allora è tutto normale” mormorò divertito scostandole dal collo i capelli “Hai bisogno di riposare amore mio, come pretendi di correre tutto il giorno se la notte non riposi?” “Non è … “ “Perché non dormi? È per lui?” sospirò nascondendosi nel suo abbraccio, in quel calore meraviglioso capace di cacciare via anche gli incubi “Ti sento Anna, ti sento perfino nei sogni. Hai paura, sei terrorizzata da quel passato ma quel passato non toccherà il nostro presente” “Non riesco a chiudere gli occhi, vedo il suo viso, sento la sua risata e quegli occhi che ...” la strinse più forte posando il mento sulla sua testa “Puoi dormire tra le mie braccia amore mio. Puoi prendere la mia tranquillità Anna perché se donarti la mia serenità ti aiuta allora sono la persona più felice del mondo” “Non sei arrabbiato con me?” “No” sussurrò sorridendo “Sono arrabbiato con quell'uomo, sono deluso e amareggiato perché vorrei prenderlo a cazzotti così forte da farlo svenire, perché le notti insonni che passi sono colpa sua e quel respiro troppo veloce anche, ma che marito sarei se non ti lasciassi affrontare queste cose da sola? Hai bisogno di restare sola con i tuoi pensieri per riuscire a vincerli altrimenti quegli incubi non andranno mai via” “Se ne andranno” mormorò sollevando appena il viso verso di lui “Ti prometto che se ne andranno” “Non è un peccato Anna, non sono geloso dei suoi ricordi, mi sono innamorato di una donna stupenda ma quella donna, è nata dalle emozioni, dai sospiri e dalla vita passata. Lui ti ha aiutato a diventare la meraviglia che sei ora, dovrei porgergli la mia gratitudine per questo” “Tu sei troppo buono per me” “E tu dovresti dormire angelo mio, altrimenti domani sarò costretto a legartici a questo letto” “Sono abbastanza sicura che sia colpa tua” “Mia?” domandò confuso voltandosi su un fianco, la mano intrecciata alla sua e gli occhi pieni di tenerezza “Chi mi ha svegliata strappandomi di dosso i vestiti?” “Eri già sveglia” “No” puntualizzò divertita mentre le labbra del marito giocavano con il suo collo “Io stavo provando a dormire” “Ammetterete duchessa che siete troppo bella per un comune mortale. Che dormire con quella veste addosso è pericoloso, soprattutto vicino a me” le sfiorò le labbra sorridendo “Devi proprio partire domani?” “Mio padre ha lasciato un po' di cose in sospeso a Torino, sarà solo per un giorno. Vuoi venire con me?” “E far viaggiare Edoardo?” “E perché no? Le cose che distrugge qui potrà distruggerle anche a Torino e poi …” sorrise baciandola di nuovo “ … il nonno sarà contento di incontrare il nipotino” “Come sta?” “I dottori sono ottimisti, dovrebbe riprendersi bene” “D'accordo” “Cosa?” “Edoardo sarà felice di vedere il nonno” “Ricordi quando ha iniziato a camminare?” scoppiò a ridere divertita mentre le braccia di suo marito la tiravano dolcemente in avanti “Si è aggrappato alle tende del salotto mentre Maria le stava sistemando” “Quando sono tornato a casa la sera ho trovato mio figlio con un bernoccolo enorme sulla fronte e Maria in cucina con un ginocchio gonfio” la tirò verso di sé sollevandola dolcemente.
Amava da morire il corpo di sua moglie, il suo profumo, la dolcezza dei suoi lineamenti. Sentiva il suo seno sul petto, le gambe dolcemente schiuse su di lui e il suo viso posato sulle mani a pochi centimetri dalle labbra.
Sarebbe rimasto così per l'eternità, a guardarla, a spiare ogni più piccola emozione, ogni sentimento “Non immagini nemmeno la paura che ho avuto nel vedere il mio bambino con la fronte ridotta così” “Era solo una caduta amore mio, Emilia correva come una pazza da piccola, è caduta tante di quelle volte che ormai non lo ricordo nemmeno più” “Ero fuori città per affari, avevo lasciato mia moglie e mio figlio sani e sorridenti, sono tornato e ho trovato mia moglie pallida e stanca e mio figlio con la fronte gonfia” “Ero stata a cavallo” sussurrò giocando con una ciocca di capelli “Avevo passato tutta la mattina a cavallo portando con me anche nostro figlio e quando siamo tornati a casa, ha deciso che l'asta della tenda era un gioco entusiasmante e …” “Anna” sussurrò sfiorandole il viso “Sei la cosa più preziosa della mia vita. Non voglio nemmeno immaginare di doverti perdere perché …” “Non mi perderai” “ … perché morirei assieme a te angelo mio” sorrise seguendo con un dito le labbra di suo marito. Non era la prima volta che sentiva quelle parole, non era la prima volta che qualcuno le ripeteva la stessa cosa ma era certa, che dalle labbra di quell'uomo sarebbero uscite solo veritò perché per quattro anni, lui era stato la sua roccia, il suo unico punto di riferimento “Non mi perderai, non andrò da nessuna parte, non ti lascerò in lacrime” “Me lo prometti?” si avvicinò dolcemente al suo viso posando le labbra sulle sue.
Un bacio leggero, delicato, così pieno d'amore da farlo sorridere “Te lo prometto”.


“Vi ringrazio per aver accettato il mio invito” “Come potevo rifiutarlo? Mi avete praticamente costretto” “Che altro modo avevo per poter parlare un po' con voi?” esclamò divertito invitandolo a sedere sul divanetto lì accanto.
Il sole splendeva alto nel cielo e le risate dei bambini accompagnavano quel pomeriggio allegro “Non abbiate il timore di incontrare la mia stupenda sposa, è andata a Torino assieme alla duchessa Martini. Resteranno a palazzo Martini per qualche ora lasciando a noi ometti la possibilità di parlare un po'” “Non vedo cosa ci sia di così …” “Oh andiamo dottore, voi avete un passato con mia moglie. Non voglio sapere niente di voi e non voglio minacciarvi in alcun modo ma vedete, a volte la mia sposa fatica a districare i pensieri” sorrise appena sedendosi accanto a lui.
Un paggio gli porse un bicchiere di vino mentre lo sguardo di Gregorio si perdeva qualche secondo sulla corsa del figlio “Perché siete scappato?” “Cosa?” “Quattro anni fa, perché siete andato via?” “Duca, voi non immaginate nemmeno la fortuna che avete. Non siete stato costretto a vederla ridotta in quelle condizioni, non siete stato costretto ad ascoltare quel respiro flebile che via via diventava sempre più debole. Ho pregato, ho pregato un Dio in cui ho smesso di credere per colpa sua e non sono riuscito a …” si fermò qualche secondo ripendendo fiato “ … non era la prima volta che succedeva. Ho perso mia moglie tanto tempo fa ed è stato orribile, non credevo di riuscire più ad amare ma Anna era lì, era lì il suo sorriso e quella folle voglia di vita che mi lasciava senza fiato, nonostante gli anni passati, nonostante suo marito e la vita folle a cui la costringeva. Vederla così, a metà tra la vita e la morte è stato …” la commozione gli colorò la voce costringendolo a tossicchiare per nasconderla “ … quando ha smesso di respirare, con le mani, ho sentito il cuore che smetteva di battere. In quel momento, in quell'attimo scolpito a fuoco nella memoria ho smesso di respirare assieme a lei. Mi sentivo così stupido e impotente, sono corso fuori da quella stanza con gli occhi pieni di lacrime e il cuore che batteva all'impazzata. Volevo urlare, maledire il mondo, sono scappato da lei chiudendomi nella casa sul lago. Ho spaccato cose, distrutto tutto quello che mi capitava davanti. Ho urlato e pianto ma dentro di me, nasceva violenta la voglia di riaverla, di abbracciarla di nuovo perfino così, fredda e pallida ma la razionalità faceva a pugni con il cuore duca” per qualche secondo gli sguardi si sfiorarono, due azzurri diversi e profondi, due paia di occhi con storie e ricordi alle spalle ma che, in quei pochi secondi, diventarono complici e amici “Il mio cervello continuava a ripetere: Non puoi tornare indietro Antonio perché se la vedi di nuovo non riuscirai più a riprenderti. Ho sbagliato, ho sbagliato e non c'è minuto della giornata che non me lo ripeta ma che altro potevo fare?” “Comprendo il vostro dolore. Posso solo immaginare quello che avete passato” “No signore, voi non avete la minima idea di cosa significhi” “No avete ragione” sorseggiò il suo vino sorridendo “Ora siete tornato, cosa vi costringe a restare?” “Davvero?” “Se vi preoccupate per lei, per la sua vita beh, non ne avete motivo” “Va troppo veloce” “È vero” esclamò divertito “È sempre stata troppo veloce. Anticipa la vita, corre, soffre per cose che non avrebbe mai dovuto conoscere. È stata così veloce da arrivare prima di quel colpo di pistola e …” “Questa è Anna” mormorò appoggiandosi allo schienale “Non potete cambiarla, non potete costringerla ad essere qualcosa di diverso da quello che è. Va veloce perché la vita le ha regalato questa meravigliosa dote, a volte fatico a starle dietro, altre lascio semplicemente che la sua dolcissima follia faccia il suo corso. Non le impedisco di andare a cavallo, non le impongo vestiti pesanti e ingombranti e non le vieto di fare le scelte che vuole” “Siete diverso dagli uomini di questa città duca” “Spero in meglio” “Siete aperto, con una mentalità piuttosto liberale” “A volte questo infastidisce, altre semplicemente crea scompiglio. Quante volte mi sono sentito ripetere dagli amici: attento Gregorio, lasciare a tua moglie troppa libertà è deleterio. Non sei geloso di lei? Perché ti ostini a voler vedere tuo figlio che viene al mondo? Quello è lavoro da donne!” ridacchiò divertito giocherellando con il bicchiere di cristallo “Sono geloso di mia moglie, la trovo una cosa meravigliosa, è bella da togliere il fiato ma resta mia, qui o in un'altra vita resterà mia perché a me ha regalato il suo cuore. La lascio libera di scegliere da sola perché è diritto di ogni essere umano e lei non è diversa dagli altri e mio figlio …” si fermò qualche secondo mentre gli occhi cercavano quel bambino tanto bello che giocava con la cugina “ … io lo trovo il tesoro più prezioso di tutti. Ho passato anni a rincorrere le ricchezze, per mio padre, per la mia famiglia. Ho conquistato traguardi lontani e difficili, ho comprato tenute, castelli, ho tanto denaro da non riuscire mai a contarlo tutto. Avevo una vita, ricchezze, tutte le donne che volevo e credevo di non aver bisogno di nient'altro e poi …” ridacchiò divertito giocherellando con il bicchiere di cristallo “ … poi è arrivata Anna. È stata un uragano nella mia vita, ha sconvolto ogni cosa rovesciando pensieri e certezze e mi ha regalato qualcosa che non era nemmeno nei miei incubi. Un figlio, il suo sorriso, il suo cuore. Voi avete figli?” scosse leggermente la testa fingendo che quel discorso non lo infastidisse “Quando li avrete capirete la bellezza di quello sguardo. Cosa voglia dire vedere sé stessi in due occhi grandi e profondi che guardano il mondo per la prima volta. Non ricordo nemmeno più quante notti ho passato sveglio ad osservarlo. Restavo seduto accanto alla culla incantato da quel sorriso che nel sonno si portava via i suoi sogni. Non ricordo più nemmeno quante volte l'ho cullato evitando alla mia stupenda sposa di alzarsi lasciando la balia al suo riposo. Ora guardatelo ...” seguì lo sguardo dell'uomo fino ai bambini “ … corre, ride, parla. Mi sembra ieri che lo tenevo stretto tentando di farlo camminare, aiutandolo a muovere i primi passi. Ci ho provato tante di quelle volte da perdere il conto. Anna rideva, diceva che i bambini hanno i loro tempi, che non potevo costringerlo a fare niente” Antonio sorrise mentre quel Edoardo si portava via i suoi pensieri “Forse volevo vederlo camminare per avere la certezza che stesse bene, che potesse correre e giocare come tutti gli altri bambini. Era così piccolo” “Questa è una paura immotivata duca. Ogni bambino è diverso” “Questa è una paura naturale. Ogni padre spera che il proprio figlio sia sano e perfetto” “E non è così?” annuì orgoglioso ridendo “Ho lasciato a mio figlio il tempo che voleva senza costringerlo più a niente. Era una mattina d'inverno, sarei partito per Rivombrosa, Elisa aveva bisogno di un aiuto con la tenuta e ho sentito la risata di mio figlio, mi sono voltato incontrando il volto di mia moglie e lui era lì, aggrappato alle gambe di sua madre a pochi passi da me con un sorriso enorme sul viso” quel ricordo era lì, inciso a fuoco nella memoria, nei suoi occhi, nel tremito leggero della voce “Era in piedi e sorrideva, ha lasciato andare le manine dal vestito di sua madre e ha iniziato a camminare verso di me. Traballava e a tratti sembrava pronto a cadere ma quando è arrivato tra le mie mani è stato così … mi sono sentito così orgoglioso di lui” “Siete un buon padre duca” “Voi dite? Non immaginate nemmeno quanto vorrei che tornasse ad essere quel bambino piccolo e indifeso che non sa camminare” “E perché mai?” “Perché non potrebbe mai allontanarsi da me” un debole sorriso colorò le labbra di Antonio perché sarebbe stato così, se quel bambino fosse stato suo sarebbe stato esattemente così.
“Forse questo è un difetto” “Amare un figlio non è mai un difetto” “Amare troppo può essere soffocante Antonio. Non si può costringere nessuno al proprio volere” “Parlate come Anna” “Oh credetemi, lei è l'ultima persona al mondo che potete costringere a fare qualcosa” “Sì, credo di saperlo” scoppiarono a ridere insieme come se quell'attimo trascorso in serenità non fosse solo un confronto tra due passati diversi “Ho provato milioni di volte a farla riposare ma lei ha fatto sempre di testa sua” “Lei non … non riposa?” lo sguardo dell'uomo diventò improvviamente più profondo “Non lo immaginate? È colpa vostra dottore. Siete il suo incubo preferito” “Mi dispiace credetemi, non vorrei mai farla soffrire per qualcosa di così stupido” “Il vostro amore è stato questo? Una cosa stupida?” “Ho sempre avuto il terrore di amarla” gli occhi dell'uomo inchiodati al suo viso erano in grado di leggergli nell'anima costringendolo a parlare, a sviscerare ogni dannato sentimento che fino ad ora aveva chiuso a chiave nel cuore “Avevo il terrore di non riuscire ad amarla come meritava. Le ho fatto del male in passato, averla di nuovo voleva dire riaprire lo scrigno di quei ricordi, farle male per l'ennesima volta e non ero pronto a questo” “Non potete amare a metà Antonio” “Voi non conoscete quel …” “Il vostro passato? Oh per favore! Credete davvero che mia moglie non mi abbia mai raccontato niente?” posò il bicchiere sul vassoio del servo inchiodando gli occhi ai suoi “Voi dite di amarla, di soffrire per lei ma non l'avete mai amata davvero dottore, perché non si feriscono le persone che si amano, non si torturano con sogni e parole, non si costringono a notti senza riposo per ricordi troppo dolorosi. Anna non sarebbe mai scappata, non vi avrebbe mai lasciato, è arrivata prima di quel colpo di pistola perché voleva salvare voi dottore, perché voi eravate l'unico motivo che l'avrebbe mai costretta a rischiare la sua vita, Emilia esclusa certo” sorrise appena continuando “Ha offerto il petto a quel proiettile perché vedervi morire sarebbe stata una tortura violenta. Vi sarebbe bastato aspettare qualche minuto ancora accanto a lei e l'avreste avuta di nuovo tra le braccia. Mi moglie non è arrabbiata con voi per essere uscito da quella stanza, sa bene che un dolore del genere non può essere sopportato, Anna è arrabbiata perché per l'ennesima volta avete seppellito il vostro amore sotto i sensi di colpa, sotto le vostre paure” era talmente concentrato sul volto del medico da non accorgersi delle manine del figlioletto sulle gambe “Papà?” “Scusami angelo mio” mormorò sfiorando la testa del piccolo “Dov'è la mamma?” “Tornerà presto, è andata a Torino assieme alla zia. Tu dovresti essere a fare il riposino ora lo sai?” “No” mormorò increspando appena le labbra, Antonio sorrise scuotendo leggermente la testa.
Quell'espressione era la stessa che colorava il viso di Anna quando qualcosa la infastidiva “Lo sai che non ammetto i capricci. Se la mamma torna e ti trova addormentato mi spieghi chi le darà il suo regalo?” “Ma quando torna?” lo prese in braccio baciandolo “Presto” “E sorriderà?” “Quando?” “Quando vede la sorpresa” “Tu cosa dici?” “Che la mamma è troppo bella per la nostra sorpresa” “Hai ragione vita mia” il piccolo sorrise abbracciando il padre “Vi chiedo scusa per questa piccola interruzione Antonio” mormorò appoggiandosi di nuovo allo schienale ma l'altro sorrise “Vostro figlio ha la precedenza su ogni altra cosa” “Avete ragione” posò le labbra sulla fronte di Edoardo giocando con quei ricci chiari “Ma voglio che sia chiara una cosa” gli occhi di nuovo inchiodati ai suoi “Lascio a mia moglie tutto il tempo che vuole, le permetto di giocare e divertirsi con la rabbia che prova nei vostri confronti ma è stanca dottore. È così stanca che a volte dimentica perfino di mangiare. Se la situazione tra voi non si risolve in pochi giorni allora la risolverò io per voi perché non ammetto che la mia sposa soffra per qualcosa che non riesce a dimenticare” “Lungi da me l'idea di farla soffrire duca. Partirò per Genova questa sera e vostra moglie sarà libera di tornare a respirare” “Voi non capite vero?” strinse più forte il bambino tra le braccia sospirando “Cosa dovrei …” “Vi auguro un buon rientro dottore. Ora se volete scusarmi …” si alzò in piedi mentre il bambino si sfregava gli occhi pieni di sonno “ … mio figlio ha bisogno di riposare. È stato un piacere parlare con voi. Aldo vi accompagnerà alla vostra carrozza. Mi rincresce non potervi accompagnare di persona ma come avete detto, mio figlio ha la precedenza” “Buon pomeriggio duca” un leggero cenno d'assenso prima di vedere un padre innamorato della sua creatura che si allontanava da lui, da quel discorso che in parte era arrivato dritto al cuore.

 

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Capitolo 27
*** Tu sei troppo Amore ***


                                               Tu sei troppo Amore





 “Perché sei qui?” sorrise voltandosi verso il marito “Sei impazzito per caso?” ma lui sospirò scuotendo leggermente la testa “Sta partendo per Genova” “Oh per favore” “Anna, se non lo saluti ora tornerà a massacrarti i sogni ogni notte” “Mi stai … mi stai spingendo tra le sue braccia?” “No amore mio” sussurrò sfiorandole il viso ma lei indietreggiò di colpo socchiudendo gli occhi “Io ti amo, perché mi spingi verso di lui?” “Perché sei mia moglie, perché non voglio vederti soffrire, perché …” “Sei stanco di me?” “Sei impazzita?” “Gregorio non … non ho bisogno di rivederlo, non di nuovo” “Amore mio, hai bisogno di lui più di quanto immagini” “Smettila” “Non voglio allontanarti, non voglio perderti, non voglio vederti piangere e …” “Spingermi verso di lui non mi aiuta a trattenere le lacrime! Spingermi verso di lui non mi rende felice né tanto meno mi allontanerà da te” “Ma ti costringerà ad urlare Anna” “Ma che …” “Quel dolore violento che ti porti dentro è rimasto lì assopito per anni. L'hai costretto in fondo all'anima per evitare di affrontarlo e l'hai nascosto al mondo, perfno a me ma ora …” riprese fiato abbassando qualche secondo lo sguardo “ … ora è pronto ad esplodere. Vorrei evitarti tutto questo, vorrei solo tenerti al sicuro, lontano dal dolore, vorrei combattere al posto tuo ma non posso perché questo non è un passato che appartiene a me. Vai a parlare con lui” “Non posso farlo” “Anna non …” “No ehi!” lo strinse dolcemente per le spalle costringendolo a respirare “Non ti lascio, non lo faccio per lui, per quei ricordi, non ti lascio per …” “Non ti chiedo di lasciarmi, Anna, perderti è l'ultima cosa che vorrei ma so anche che averti così triste e arrabbiata non è … questa non è la ragazza innamorata della vita che mi ha rubato il cuore” “Ti prego …” sussurrò tremante “ … ti prego non allontanarmi da te” “Lo faccio per te angelo mio, sarà solo qualche ora, ti aspetterò qui, con un libro in mano e una tazza di cioccolata. Edoardo sarà sul tappeto a giocare con il suo cavallino e gli leggerò un bellissimo libro prima di metterlo a letto e ti prometto …” sorrise seguendo con un dito la linea delicata delle sue labbra “ … che non resterà alzato ad aspettarti, non fino a tardi. Non ti allontano da me, sentirai il mio calore anche così distante perché non smetterò di amarti né ora né mai Anna ma per il tuo bene, per il nostro bambino ti permetto di scegliere, di rivederlo e sarai tu a decidere se questa è l'ultima volta o no” un bacio delicato, il suo sapore, la dolcezza di quel regalo immenso che nessuno le aveva mai fatto “Coraggio, vai” “Non ci metterò molto” lo vide sorridere mentre la sua mano sulla pelle delicata del collo sembrava infonderle tutto il calore del mondo “Mi avete fatto una promessa duca, mi avete promesso che sarete qui ad aspettarmi” “Sono mai venuto meno ad una promessa?” “Non iniziate ora vi prego” un altro bacio, più tenero, più dolce di prima.
Sarebbe rimasto a baciarlo per l'eternità ma l'aria fresca interruppe quel tocco delicato “Andate duchessa altrimenti vi giuro che questi vestiti verranno strappati dal vostro bellissimo corpo” la vide sorridere, stringersi dolcemente nelle spalle mentre lentamente si allontanava da lui.
Sentiva i suoi passi lungo il corridoio, il silenzio che riempiva di colpo la stanza attorno a lui lasciandolo stordito e confuso.
L'amava così tanto da spingerla verso il passato perché se non avesse affrontato quel passato sarebbe impazzita cercando di nasconderlo.
Fece un bel respiro cacciando via dalla testa ogni brutto pensiero poi la vocina di suo figlio e il suo meraviglioso sorriso “Papà, puoi leggermi una favola?” “Certo angelo mio …” lo prese in braccio avvicinandosi alla libreria “ … ora leggiamo un racconto stupendo” “Non devo andare a dormire vero?” “Lo sai” mormorò divertito sedendosi sulla poltrona con il piccolo sulle gambe “Tu e tua madre prima o poi finirete per svenirci sul letto” “Perché?” “Perché sarete troppo stanchi per fare altro angelo mio” “Ed è un male?” “A volte il papà non riesce a starvi dietro, andate troppo veloci per lui” “Posso smettere di correre papà, così riesci a camminare con me” scoppiò a ridere da quel tocco di ingenuità che alleggeriva i pensieri.
Strinse più forte il figlio tra le braccia iniziando a leggere, il profumo del suo bambino entrò nel cuore rallentandone la corsa, addolcendo le preoccupazioni e la paura perché quel piccolo corpicino abbracciato a lui era la sua scommessa per il futuro, qualsiasi esso sarebbe stato.


“Scappi?” si voltò di colpo incontrando gli occhi della ragazza “Cosa ci fai qui? È tardi, dovresti essere a casa tua e …” “Mio marito è preoccupato per me” “Non riposi abbastanza” mormorò chiudendo di colpo la porta della carrozza “Dovresti rallentare un po', concederti del riposo e dormire di più” “Ha paura che saperti lontano mi farà crollare di nuovo” “Ed è così?” domandò ironico ma lei sorrise stringendosi leggermente nelle spalle “Non lo so” “Anna se la mia presenza ti ha sconvolto mi dispiace, non era mi intenzione e …” “Stai scherzando? Come potresti sconvolgermi dopo avermi lasciato per l'ennesima volta?” “Non sei divertente” “Non volevo esserlo” sbottò gelida avvicinandosi di un passo “Come sei arrivata qui?” “So cavalcare ricordi?” “Già” sussurrò sorridendo “Se vent'anni fa ti avessi chiesto di andare a cavallo mi avresti preso a schiaffi dicendo che una dama non sale a cavallo” “Le persone cambiano” “Eri la stessa meravigliosa donna che sei ora. Saresti andata a cavallo anche allora ma l'etichetta, tua madre, la posizione che richiedeva la tua famiglia te lo impedivano” sospirò studiando il suo viso. La luce delicata delle fiaccole coloravano dolcemente la sua pelle rendendola più rosa, più dolce e delicata.
I capelli erano raccolti, leggermente scompigliati da quella corsa a cavallo ma tanto lunghi e tanto profumati da inebriargli i sensi.
Aveva le guance leggermente arrossate e un bel vestito rosso che le fasciava il corpo mentre un mantello color del bronzo nascondeva la linea delicata delle spalle “Non dovresti cavalcare da sola, è notte e ci sono in giro persone poco raccomandabili” “E secondo te quell'angelo custode nascosto dietro alla siepe è qui per gioco?” spostò lo sguardo oltre le spalle della donna, nascosto dietro agli alberi c'era un uomo.
Alto e forte, con il corpo coperto da un lungo mantello scuro e gli occhi fissi su di loro “Credevi davvero che mio marito mi lasciasse cavalcare tutta sola?” “Non ti piacciono le costrizioni Anna, quell'uomo non è una tua scelta” “Lo so” sussurrò divertita giocando con una ciocca di capelli “Ma Gregorio è più tranquillo sapendomi scortata. Che male c'è nel farlo felice?” “Per questo sei qui? Per sbattermi in faccia la tua felicità?” “Perché parti?” si bloccò di colpo sconvolto da quella domanda uscita dal nulla “Ma che …” “Perché te ne vai ancora?” “Sei sposata” “Non è questo il motivo” gli occhi inchiodati ai suoi e il respiro bloccato in fondo all'anima “Hai una famiglia e un uomo che ti ama” “E tu?” si voltò di colpo tornando a sistemare i finimenti dei cavalli “Tu non mi ami?” “Non ho né la voglia né il tempo di farmi insultare. Sei arrabbiata con me, va bene, lo accetto perché ti fa stare meglio ma non posso più restare qui” “Io non sto bene!” esclamò gelida avvicinandosi a lui.
Era così vicina da sentirne il profumo, se si fosse voltato avrebbe incontrato il suo viso, le labbra a pochi centimetri dalle sue e quegli occhi che amava da morire “Io non sto bene perché torni in ogni mio dannato sogno! Perché quattro anni fa mi hai lasciato e non … perché l'hai fatto!” “Perché credevo di averti perso!” urlò voltandosi di scatto.
Era lì, esattamente dove l'aveva voluta per tutto quel tempo, troppo vicina eppure troppo lontana “Perché era così doloroso da impedirmi perfino di respirare! Credi sia stato semplice? Credi sia stato … tu sei troppo amore per me” “Ma che …” “Sei troppo amore Anna!” esclamò afferrandola per le spalle “La tua voglia di vita è così forte, così luminosa, corri, corri continuamente incurante di quello che ti accade attorno! Ti lanci davanti a pistole cariche, sfidi persone, lotti per …” “Per qualcuno che amo?” “ … il modo in cui ami Anna è così maledettamente forte, così grande e spaventoso da costringermi ad indietreggiare di un passo perché ho paura di perderti! Per quella maledetta voglia che hai di vivere l'amore, di respirarlo, di giocarvi assieme, per la forza che metti nelle parole, negli sguardi, per … maledizione Anna tu mi hai distrutto!” gli occhi erano inchiodati ai suoi, i respiri si sfioravano costringendo il cuore ad un battito troppo forte “Mi hai costretto ad amarti e poi sei morta!” “Non ti ho costretto a niente. Non ho scelto io vent'anni fa, non ho scelto io nemmeno quattro anni fa” “Ti ho spinta davanti a quella pistola?” “Non mi hai lasciato altra scelta! Credevi davvero che sarei rimasta a guardare mentre ti uccidevano?” provò a scivolare via dalle sue mani ma la presa si rafforzò di colpo tirandola in avanti “Non immagini nemmeno per quanto tempo ho pregato per averti così vicino” sentiva la fronte posata contro la sua, le sue mani strette con forza attorno alle sue spalle e il suo respiro sulle labbra “Per quanto tempo ho sognato di baciarti e di giocare di nuovo con i tuoi capelli” sorrise facendo scorrere tra le dita una ciocca di capelli morbida e setosa “Sei così bella” “Stai scappando” tremò leggermente riportato alla realtà dalla sua voce “Stai scappando di nuovo” “Sei felice, hai una famiglia, un marito che ti ama e …” la sentì sospirare, scivolare via da lui senza nemmeno esitare “ … credi sia facile per me? Restare qui a guardarti mentre un altro uomo ti abbraccia e ti bacia, mentre quel sorriso che da anni non vedevo brilla più forte che mai? Credi sia facile restare qui mentre un bambino corre verso di te chiamandoti mamma?” “Niente è facile, la vita è difficile, l'amore è difficile e …” “Giurami che sei felice” “Ma che …” “Guardami negli occhi e giurami che sei felice Anna perché ti sto lasciando andare, ma ho … ho bisogno di sapere che sei felice, che lui ti rende felice” “Perché mi lasci andare?” per la prima volta rivide la sua Anna.
La stessa dolcissima donna che di notte cercava il suo abbraccio, che gli sorrideva incessantemente perché il suo sorriso era aria pura.
La stessa che prendeva a pugni i brutti pensieri restituendogli la pace, la stessa donna che aveva deluso e abbandonato e che un altro aveva raccolto. Gregorio aveva saputo amarla come lui non aveva mai fatto.
L'aveva cullata, tenuta al sicuro, l'aveva costretta a vivere secondo i suoi ritmi assecondando quel cuore che troppo forte batteva per lui.
Non era mai riuscito a capire fino in fondo quanto forte fosse il loro amore, era sempre stato sicuro di averla.
Dopo ogni giornata, dopo ogni paziente che perdeva, dopo ogni litigio o ogni perdita era sicuro che lei fosse lì, a casa ad aspettarlo.
Forse era stato questo il suo errore, darla per scontata, accontentarsi di averla e giocare con l'orgoglio che usciva dal cuore ogni volta che qualcuno gli ricordava quanto fosse bella.
L'aveva persa ma non era colpa di Gregorio né di quella nuova vita.
Aveva perso Anna così tante volte da non ricordarlo nemmeno più e ora, davanti a quegli occhi che imploravano solo sincerità come poteva restare indifferente? L'avrebbe rapita, l'avrebbe portata via nel cuore della notte, lontano da casa, da un presente che odiava da morire ma c'era un uomo innamorato che l'aspettava, c'era una casa sicura e un bambino che ora più che mai avrebbe voluto.
Un figlio tanto a lungo desiderato, immaginato e sognato durante le lunghe notti passate sveglio ad osservarla.
Ne aveva immaginato i lineamenti, il sorriso, la sua gioia mentre lo stringeva tra le braccia, le lunghe notti passate sveglio ad osservarne il sonno per accertarsi che tutto andasse bene, che fosse tranquillo e sereno.
Fece un bel respiro dipingendosi in viso l'indifferenza “Ti lascio andare perché non sei più il mio amore” “Tu non …” “Ho una fidanzata. Sto tornando da lei Anna, tu hai una vita. Non rovinare il tuo futuro per qualcosa che ormai non esiste più” “Guardami” sussurrò cercando di trattenere le lacrime “Guardami negli occhi e ripetilo. Ripetimi che non sono più niente per te, che è tutto passato, che non tornerai più nella mia vita e che non mi lascerai più entrare nei tuoi sogni” inchiodò gli occhi al suo viso annuendo leggermente “No Antonio, devi dirlo, devi parlarmi perché questa volta non ti lascio scappare così” “Non sei più niente Anna ...” fece un bel respiro trattenendo le lacrime mentre il cuore continuava ad urlare: ti amo da morire.
Per il suo bene, per l'amore che bruciava dentro di lui l'avrebbe lasciata andare perché non era in grado di sanare quella ferita violenta, perché c'era qualcuno che aspettava impaziente la sua mamma, perché c'era un uomo così buono di cuore da averla spinta fino a lui costringendola a guardare ngli occhi il passato, solo per lei, per vederla finalmente serena “ … non sei più niente per me. Tra qualche giorno sposerò mia moglie e avremo una bella vita. Il nostro amore? È stata una favola, una bella favola piena di dolcezza e bellezza ma pur sempre una favola” la vide sorridere appena scuotendo leggemente la testa “Mi dispiace averti sconvolto, non era mia intenzione. Vorrei solo vederti felice e se questa vita può darti quello che cerchi, chi sono io per cambiare le cose?” “Sei un bugiardo” sussurrò stringendosi nelle spalle “Anna ti prego, non …” “Fabrizio aveva ragione” “Chi?” scosse leggermente la testa ricacciando via quei ricordi sfocati “Dovresti tornare a casa, tuo marito sarà in pena” “Sarei tornata a casa in ogni caso Antonio” “Lo so” mormorò malinconico “Te l'ho già detto una volta, sei innamorata di lui. È un brav'uomo, merita il tuo amore” ma lei non rispose, si limitò a socchiudere gli occhi sorridendo appena “Addio” sussurrò indietreggiando di un passo ma lui non rispose, restò immobile nel silenzio della notte con le lacrime agli occhi mentre l'amore della sua vita si allontanava da lui.


 

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Capitolo 28
*** Respiro di Vita ***



                                                        Respiro di Vita




Era scappata, scappata lontano da lui, scappata da quei ricordi che ancora facevano male, scappata dalla sua vita, dal suo mondo perché in quel dannato attimo di debolezza, aveva bisogno di respirare, di restare sola e respirare.
Scosse leggermente la testa stringendosi nelle spalle mentre lentamente passeggiava per quella strada sterrata assieme al suo cavallo e a quell'uomo nascosto nell'ombra che non la lasciava un secondo.
Un passo, un altro ancora poi la mano bloccata da qualcosa, qualcuno che non riusciva e non voleva lasciarla andare “Perché sei qui?” “Perché sei … tu sei importante per me” sorrise appena sfilando la mano dalla sua “Non sono più niente ricordi? L'hai detto pochi minuti fa” “Un'ora fa, l'ho detto un'ora fa e mi sento così male da non riuscire a lasciare questo posto” si voltò incontrando i suoi occhi ancora arrossati dal pianto, così stanchi e malinconici da farle male “Anna io ti amo” “Smettila” “Ti amo, ti amo durante il giorno, ti amo quando fingo di essere sereno e distaccato e ti amo quando urlo e maledico il mondo per averti perso. Ti amo da morire e questo non cambia nel tempo …” le sfiorò il viso ma la sentì tremare così forte da costringerlo a ritrarre la mano, quel breve contatto con la sua pelle cancellò di colpo la paura, la rabbia, gli anni passati e il dolore perché lei era viva, era viva e respirava e questo era più importante di ogni altra cosa.
In fondo era quello che aveva desiderato per lei, accanto al suo letto aveva detto “Non importa se andrà via da me, se mi lascerà o resterà con me, voglio solo rivedere il suo sorriso”.
Quel sorriso era lì, davanti a lui, davanti ad un uomo distrutto che non poteva sopportare oltre quella distanza “ … ti amo Anna e non posso cambiarlo” “Non cambio la mia vita per te, non posso … non posso più farlo” “Non ti sto chiedendo niente del genere” “E allora cosa …” “Un abbraccio” “Antonio non …” “Abbracciami Anna, abbracciami come facevi quando tornavo a casa dal lavoro, abbracciami come quella mattina nel campo di grano” si avvicinò a lei di un passo sorridendo “Ho bisogno di sentirti di nuovo per lasciarti andare perché fa male, fa un male atroce” posò le mani sulle sue spalle tirandola dolcemente in avanti.
Un abbraccio delicato, pieno di tenerezza e di quel profumo che velocemente si attaccava all'anima, sentì le sue mani sulla schiena, così strette a lei da impedirle qualsiasi movimento, il suo respiro sul collo e le sue labbra posate sulla pelle nuda delle spalle.
Non era più abituata a quel calore, non era abituata a quell'uomo e alle sue braccia ma non riusciva a muoversi, incatenata lì dal filo dei ricordi che per tutto quel tempo avevano supplicato per poter riaverer almeno un briciolo di quel calore.
Ora era lì, tra le sue braccia, incapace di respirare, di pensare, perfino di parlare ma fece l'unica cosa possibile, sollevò lentamente le braccia stringendole attorno a lui, attorno al suo passato come un addio troppo a lungo trattenuto “Sei viva” sussurrò stringendola più forte “Respiri e sei viva amore mio” nascose il viso nell'incavo del suo collo nascondendola tra le braccia “Non immagini nemmeno cosa voglia dire stringerti di nuovo e … sei viva” “Sono viva” sussurrò sorridendo appena “Sarei stata viva anche quattro anni fa Antonio” “Quattro anni fa non avevo nemmeno la forza di restare accanto a quel letto perché quando hai chiuso gli occhi mi hai ucciso” “Eppure respiro” sussurrò staccandosi dolcemente da lui.
Era così vicina al suo viso da poterlo quasi sfiorare, le labbra a pochi centimetri da lei e quegli occhi inchiodati ai suoi.
Una calamita violenta che toglieva il respiro costringendo il cuore a battere più forte, nascondeva la razionalità e la ragione dando spazio alla follia ma quella follia era pericolosa, così pericolosa da spaventarla perché aveva una nuova vita che amava da morire e un marito che non meritava la sua debolezza.
Voltò dolcemente il viso di lato sciogliendo quel contatto violento e costringendolo ad indietreggiare di un passo “Anna, ti prego non …” “Non tornare da lui?” mormorò tremante “È questo che mi stai chiedendo?” ma il silenzio che riempiva i loro occhi era una risposta più che eloquente “Non puoi chiedermelo, non così, non ora perché è mio marito. Perché mi ama e …” “Io ti amo, io ti conosco Anna, ti conosco da una vita intera” “Eppure mi hai lasciato andare” “Per te!” urlò allargando leggermente le braccia “Per la tua maledetta voglia di vivere, per quell'amore troppo grande e forte! Ho paura, ho sempre avuto paura di amarti perché avevo il terrore che prima o poi ti avrei persa! Che ti avrei vista tra le braccia di un altro e …” “È questo l'amore!” esclamò gelida piantando gli occhi nei suoi “Non puoi pretentedere che tutto sia normale, hai paura quando ami Antonio! Quando ami una persona così profondamente e dolorsamente da non riuscire a respirare hai paura! Perché non riesci a … cosa diavolo ti trattiene” “La tua nuova vita Anna, tuo figlio e quell'uomo innamorato che ti sta aspettando” esclamò avvicinandosi di colpo a lei ma le sue mani posate sul petto lo allontanarono di colpo “Non voglio il tuo amore! Non più Antonio perché ho passato una vita intera ad aspettarti e ora … ora cosa dovrei … scappi, torni indietro, mi ripeti che non sono più niente e poi corri da me urlandomi che mi ami! La sai una cosa?” piantò gli occhi nei suoi colorando lo sguardo di ironia “Sono stanca, stanca di ricordarti, stanca di aspettarti, stanca di averti nei sogni! Il tuo era un addio, un addio timido e indeciso ma ora, ora è forte e chiaro e …” “Fabrizio” “Cosa?” “Hai detto che tuo fratello aveva ragione, ragione riguardo a cosa?” ma lei non rispose, scosse leggermente la testa sospirando “Anna ti prego” “Vattene, vattene via Antonio” “Guardami negli occhi e dimmi che non mi ami, che non provi più niente per me e andrò via amore mio” ma per quanti sforzi facesse, quelle due maledette parole erano lì.
Le sentiva nel respiro, nell'anima, nel battito del cuore, le sentiva la notte e il giorno, le sentiva scorrere nelle vene e la colpa era sua.
Aveva cambiato la propria vita, aveva ritrovato sé stessa e un amore nuovo che le aveva regalato di nuovo la voglia di scoprire il mondo e per questa dolcezza, per Gregorio e per suo figlio avrebbe soffocato quelle due parole con ogni mezzo.
Fece un bel respiro chiudendo qualche secondo gli occhi, un semplice respiro “Non ti amo” sussurrò cercando quell'azzurro cristallino “Non più Antonio, non torno indietro perché se questa volta ti seguo e tu … se te ne vai di nuovo mi spezzerò e non posso farlo, non di nuovo. Non torno indietro perché ho un marito che mi ama e che merita tutto l'amore che posso dargli e perché ho un figlio stupendo” “Non hai mai avuto paura della realtà Anna, ti prego, ti prego non iniziare ora” “Non posso tornare indietro perché …” si fermò qualche secondo riprendendo fiato, cercando un modo per far uscire quelle dannate parole ma non c'era un modo semplice se non la pura verità “ … perché sono incinta” una pugnalata in pieno petto, una botta violenta che gli tolse il respiro laciandolo tramortito. 
Solo in una notte buia e gelida con una donna meravigliosa davanti agli occhi che provava a nascondere quelle dannate lacrime ma che non riusciva nemmeno a nascondere a sé stessa la propria emozione.
Sorrise appena stringendo più forte le redini dell'animale e senza più aggiungere una parola riprese a camminare nascondendo a lui e a sé stessa un dolore immenso.
Non sarebbe mai tornata indietro, non per lui, non per quel dolore violento che scatenava in lei ogni volta che le appariva davanti ma quelle parole, quella confessione tanto a lungo aspettata l'aveva lasciata libera di decidere.
Sarebbe bastato così poco per tornare nel caldo conforto del passato, sarebbe bastato un bacio per sconvolgere di nuovo tutto ma lei non voleva quel bacio, non voleva quel passato perché per colpa di quel passato aveva sofferto, per colpa di quell'indecisione aveva passato notti insonni e non avrebbe più permesso a nessuno di cambiare Anna perché Anna era tornata finalmente libera di respirare, libera di scegliere per sé stessa e questo era più importante di ogni altra cosa.


“Perché è andata via?” “Perché la mamma ha bisogno di parlare con quel signore” “E se poi non torna più?” domandò crucciato giocando con il suo cavallino di legno.
Gregorio sorrise girando un'altra pagina di quel libro antico “Papà, se la mamma non torna?” “La mamma non ti lascerà andare piccolo mio” mormorò sollevando gli occhi dalle parole.
Sorrise osservando l'espressione confusa sul viso del figlioletto.
Se ne stava inginocchiato sul tappeto davanti al fuoco, con la manina destra muoveva il suo cavallino mimandone il rumore con le labbra ma leggeva nei suoi occhi la stanchezza, il sonno e una preoccupazione innocente del tutto autorizzata dalla sua tenera età.
Edoardo era così uguale a lei da costringerlo a respirare, ad ascoltare quel silenzio profondo con orecchie diverse.
Aveva lo stesso modo di inclinare la testa di lato, lo stesso sorriso, lo stesso dannato modo di giocare con l'aria, con il sole e la luna.
Edoardo correva sempre, poco importava se quella corsa folle l'avrebbe fatto cadere, ogni volta era la stessa storia.
Lo vedeva ridere, correre a perdifiato verso qualcosa, qualcuno, scivolava, costringendo quell'istinto paterno che aveva sempre creduto di non avere ad uscire fuori.
Ogni dannata volta provava a raggiungerlo per aiutarlo a risollevarsi da terra, per controllare che stesse bene, che le lacrime non rigassero il suo giovane volto ma ogni volta Edoardo si rialzava, da solo, con le proprie forze e voltandosi verso di lui sorrideva quasi come a volergli dire: non preoccuparti papà, posso farlo da solo.
Quanto era uguale a lei? Quanto di lei c'era in quel piccolo cuore? Anna faceva esattamente la stessa cosa, correva, correva come una pazza verso la vita, verso qualcosa che lui non riusciva mai a raggiungere e quando cadeva, posava entrambe le mani sul terreno rialzandosi da sola.
Quante lacrime, quanti pianti disperati trattenuti dall'orgoglio e quanta sofferenza nasceva in lui ogni volta che lo sguardo sfiorava quelle lacrime.
Avrebbe voluto impedirle, nasconderla al resto del mondo per evitarle la sofferenza e la paura ma quella protezione imposta non le avrebbe mai fatto bene perché lei non amava le imposizioni.
“Papà, che succede se quell'uomo porta la mamma via?” “Papà la andrà a riprendere” “Come i principi a cavallo?” sorrise annuendo leggermente “Come i principi a cavallo” “E se lei non vuole tornare più a casa?” domandò crucciato voltandosi verso di lui “Allora impareremo a fare un nuovo gioco” “Quale?” “Impareremo a vivere un po' qui e un po' con la mamma” “Non mi piace questo gioco” mormorò avvicinandosi al padre “Non voglio vivere un po' qui e un po' con mamma” “Non
preoccuparti angelo mio” mormorò sfiorandogli il viso “Chi è quell'uomo?” “Un amico della mamma. Un amico speciale” “Speciale?” “La mamma l'ha amato tanto in passato. Ora ha bisogno di un po' di tempo per capire cosa vuole dalla sua bellissima vita” Edoardo sorrise posando la manina sulla sua “Andrà bene papà, la mamma sta bene” ma quei passi nel corridoio li conosceva, quel profumo e il sorriso che scatenava in Edoardo .
Vide il volto del suo bambino illuminarsi di colpo “Mamma!” urlò correndole incontro, le manine aggrappate al mantello e il viso sollevato verso di lei “Ciao bambino mio” sussurrò sorridendogli “Sei tornata!” “Non avrei dovuto?” domandò confusa cercando suo marito con lo sguardo ma lui continuava a restare lì, seduto su quella poltrona con gli occhi persi sulle pagine chiare del libro “Perché sei ancora sveglio?” “Papà ha detto che potevo aspettarti” “Edoardo, cosa abbiamo detto sul dormire?” “Ma mamma …” “Niente ma piccolo mio, ora Maria ti accompagna in camera tua” la giovane serva si avvicinò sorridente tendendo la mano al piccolo “Coraggio, vengo a darti il bacio della buona notte tra poco promesso” a malincuore e controvoglia si staccò da lei lasciandosi guidare dalla giovane lungo il corridoio.
“Avete rotto la vostra promessa Duca, mio figlio è ancora sveglio” “Mi dispiace” mormorò chiudendo il libro “Ho provato a convincerlo ma è più simile a voi di quanto immaginate” gli occhi si posarono su di lei, qualche secondo, il battito leggero del cuore “Perché non mi guardi nemmeno?” domandò avvicinandosi leggermente a lui “Perché hai paura di guardarmi?” “Perché ho il terrore di scoprire che sei sparita da qualche parte dietro ai ricordi Anna e se è così, se sei chiusa nei tuoi ricordi allora non voglio saperlo. Voglio continuare a ricordarti come …” ma lei sorrise appena baciandolo.
Le mani strette attorno alle sue spalle, il suo seno sul petto e il ventre schiacciato contro il suo mentre cercava in ogni modo di respirare, di costringere il cuore a battere lentamente perché quel bacio, qual calore improvviso faceva un male atroce “Non vado da nessuna parte” sussurrò staccandosi qualche secondo da lui “Non scappo, non ti lascio per quel ricordo perché quel ricordo ha scelto per tutti e due quattro anni fa e per quanto dolore io provi, la nostra famiglia, quello che abbiamo io e te è qualcosa di speciale, qualcosa che nessuno ci toglierà mai …” sentì le sue mani sulla schiena salire dolcemente fino alle spalle poi quel tocco delicato sul collo e sulle labbra “ … a meno che tu non voglia lasciarmi ti prego, ti prego continua ad amarmi come fai sempre perché ho bisogno di quell'amore, ho bisogno di sapere che sei qui con me anche se non sono più la ragazza di vent'anni fa, anche se quel passato mi ha cambiato” “Anna …” un altro bacio, più leggero, più delicato e tenero “ … ti amerei anche se fossi una serva o una povera pastorella perché non è di un ricordo che mi sono innamorato” “Mi prometti che sarà sempre così? Che non mi lascerai mai, che resterai sempre mio marito e …” “Ti prometto che il nostro mondo sarà perfetto” “A questo proposito” sussurrò divertita sfiorandole il viso “C'è una cosa di cui dobbiamo parlare” “Cos'hai fatto?” domandò confuso studiandone il viso “Perché devo sempre aver …” “Perché quando inizi così le frasi hai combinato qualcosa che non posso controllare sposa mia” “Credo che questo sarà un po' difficile da controllare, certo, fino a quando non imparerà a camminare sarà semplice ma sono sicura che correrai dietro a …” “Sono confuso” “Anche io” mormorò sorridente “Anna, che cos'hai fatto?” “Sono incinta” quelle due parole uscirono di colpo cancellando per qualche secondo il dolore di due parole completamente diverse che le bruciavano dentro.
Gregorio socchiuse gli occhi inclinando leggermente la testa di lato “Mi prendi in giro?” “Dovrei?” “Non lo so, dimmelo tu” ma lei sorrise stringendo la mano attorno alla sua e lentamente, senza fretta alcuna la trascinò sul suo ventre sospirando “C'è un piccolo bambino qui dentro amore mio” “Sei … sei davvero …” “Non sei felice?” domandò confusa ma la risposta arrivò subito.
La strinse tra le braccia sollevandola dolcemente da terra, un bacio, un altro ancora, baci che soffocavano parole, che cancellavano pensieri e uccidevano i ricordi.
Uno dopo l'altro, uno più forte dell'altro, un altro bacio, l'ennesimo che quella notte silenziosa avrebbe accolto perché ora, il loro amore era libero dalle catene del passato e cercava in lui la protezione che più di ogni altra cosa meritava perché era sua, perché aveva scelto lui e l'aveva fatto senza costrizione alcuna, senza imposizioni.
L'avrebbe amata comunque, qui o in un'altra città l'avrebbe amata comunque ma lei era lì, tra le sue braccai con un piccolo cuore custodito dentro e le labbra schiuse sulle sue.

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