una porta sull'eternità

di NightFury99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 3 ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 4 ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 5 ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


~~CAPITOLO 1
Romania. Un mondo stupendo e misterioso. Patria di molte leggende che venivano raccontate di generazione in generazione. Ma non tutte sono solo storie.
Era appena spuntata l'alba ed io ero ancora stesa sotto le coperte del mio letto. Aprii a fatica le palpebre: Il trasloco è stato faticoso. Ieri con la mia famiglia sono partita da una piccola casa di campagna poco fuori Liverpool, in Inghilterra, e sono venuta qui, in Romania, dopo aver ricevuto una strana lettera che ci invitava a venire qui per prenderci cura del castello che mio nonno mi aveva lasciato in eredità. Sì avete capito bene: ho un castello, neanche a farlo apposta.
Aprendo bene gli occhi vedo tutti gli scatoloni ammucchiati uno sull'altro e pieni delle mie cianfrusaglie. I sedetti sul letto e sospirai perché sapevo che mi stava aspettando una giornata faticosa: dovevo comprare le cose per la scuola perché l’indomani avrei cominciato un nuovo corso di studi, dovevo aiutare la mia mamma a fare la spesa in paese ed infine allenarmi per la gara di equitazione che si sarebbe tenuta proprio qui, in Romania.

La mia stanza era molto più grande di quella che avevo nella mia vecchia casa: in ogni camera da letto vi era un letto matrimoniale, decorato con un baldacchino, la cui stoffa rossa, nera e dorata cadeva dolcemente lungo delle bellissime colonne in legno, lavorato con magnifici bassorilievi, che lo sorreggevano. Il letto aveva le lenzuola del medesimo colore e sullo schienale tre grandi cuscini ricamati.
Il letto era tra due bellissimi comodini, con una struttura a semicerchio, neri con striature d’oro che ne delineavano i contorni. Dalla parte opposta della stanza vi era un grande sofà, che dava del spalle a due grandi portefinestre, vecchio stile che faceva pandan con le due poltrone rivolte verso un tavolino in legno di noce, tutto posto sopra un tappeto un po’ impolverato. Al di sopra vi era appoggiato un centrino bianco finemente lavorato che faceva da appoggio ad un vaso antico, dipinto con disegni di volatili orientali. Scorrendo gli occhi lungo la parete, vedevo le tende magenta che erano ancora tirate ma che lasciavano intravedere la luce mattutina.
A destra, una grande scrivania in legno scuro, rivolta verso il muro, metteva in risalto un grande ritratto, probabilmente di qualche mio antenato. Tutte e quattro le pareti erano disseminate di quadri che ritraevano qualche attimo del giorno, la gente in paese e…animali. Solo che quelli disegnati erano unicamente lupi. Lupi che correvano su distese bianche. Lupi che ciacciano. Lupi che dormono. Insomma…leggermente inquietante.
Su quel legno scuro avevo appoggiato, la sera prima di andare a dormire, delle fotografie dei miei genitori e qualche trofeo vinto nelle gare a cui avevo partecipato quando ero più piccola.

Mi piace molto l'equitazione. Ho vinto molti trofei insieme al mio adorato cavallo, Mistery. Perché questo nome? Fin da quando l'ho avuta è sempre stata una puledra attiva ma molto riservata, che non ama stare in mezzo alla gente e che ama la tranquillità della vita di campagna. Nonostante questo è un po' competitiva ma va bene così perché, insieme alla sua determinazione, ne fanno un cavallo magnifico. Ha un grande spirito di squadra e non mi ha mai delusa: sono fiera di lei.

Mi vestii in fretta, prendendo dal mio nuovo ed enorme armadio, a destra della scrivania, dei pantaloni bianchi che mi arrivavano sotto il ginocchio e una maglietta a maniche corte, lasciando la mia vestaglia da notte sul letto ed il mio pigiama tutto arrotolato. Dopo essere uscita dalla mia stanza, percorsi il lungo corridoio che raccoglieva tutte le camere da letto ed i vari bagni. Le pareti, esattamente come quelle della mia stanza, erano totalmente ricoperte da ritratti: cominciavano a diventare un po’ asfissianti perché la bellezza di un quadro si nota solo quando è messo a confronto con altri, ma non in modo esagerato.
Scesi di corsa dallo scalone, anch’esso in legno, le cui scale coperte in parte da un tappeto marrone e rosso che le percorreva interamente, fino ad arrivare al portone principale. Il corrimano era freddo e, quando ci misi una mano sopra, un brivido mi percorse lungo tutto il braccio. Era un legno così consistente, ma anche morbido e piacevole al tatto. Stavo per afferrare il pomello della porta ma qualcosa mi afferrò da dietro: era mia madre.

"Miriam? Dove credi di andare? Lo sai che devi mettere in ordine la tua stanza perché scommetto che ieri, dopo il viaggio in aereo e la tratta per arrivare qui, hai tolto dagli scatoloni le fotografie e poi ti sei stesa sul letto. Ho indovinato?” mi disse in modo sarcastico
Mia madre era una donna alta e slanciata con un fisico da far invidia ad una modella. I suoi corti capelli castano chiari, come i miei, le cadevano sulle spalle e le davano un aspetto da vera signora. Però alcune vote penso che non sia umana perché indovina ogni cosa che faccio. Va bene che sono prevedibile(abbastanza) e che mi conosce da quando sono nata però è inquietante.
“Vai di sopra e svuota gli scatoloni e poi portali davanti casa. Intesi, signorina?"
"Dai cara lasciala in pace, ha 14 anni. Deve imparare a gestire le sue cose. Se vuole prima stare con Mistery lasciala fare" cominciò mio padre, sbucando dietro la porta della sala da pranzo. Anche mio padre era alto, poco più di mia madre. Aveva capelli neri che, vicino alle orecchie, creavano dei ricciolini. 
"Basta solo che si ricordi dopo la passeggiata. Vero, Miriam?" concluse voltandosi verso di me e guardandomi serio con i suoi occhi grigio scuro. Era sempre stato, anche dai racconti dei miei nonni, uno di poche parole, ma incisive. Mi era sempre stato detto che basta una parola per indicare una sola frase: impossibile ma vero. La gente odierna crea frasi molto lunghe, pieni di giri di parole, che non arrivano mai al punto. Lui no, non era così.
"Sì papà. Voglio solo andare da Mistery per lavarla, darle da mangiare e prepararla. Poi torno per fare colazione con voi" dissi mentre afferravo frettolosamente la mia felpa che avevo lasciato su uno dei due appendiabiti vicino al portone.

NB. Questa storia la dedico a Marina Swift, che mi ha ispirato a scrivere una storia su una grande amicizia.  Grazie Marina e spero che tutti voi che leggerete avrete voglia di dirmi cosa ne pensate (buono o cattivo che sia). Un bacio a tutti ^.^

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2
Il sole era a metà tra il mezzogiorno e l’alba. La sua luce era intensa, per essere solo settembre, e calda; il cielo era di un azzurro chiaro con qualche nuvola bianca che viaggiava solitaria. Feci un respiro profondo ed aprii lentamente le braccia: mi sentivo così libera e respirare quest’aria così pulita mi riempiva di gioia. Una dolce brezza sfiorava le mie guance rosee e mi portava un dolce profumo di pane appena cotto nel forno a legna del paese che mi fece brontolare la pancia. È vero che avevo fame però al momento dovevo svolgere quello che mi ero predisposta per il giorno.
Avevo imboccato una stradina stretta che portava al giardino, subito a sinistra. Il suo ingresso sembrava farti entrare in un mondo totalmente nuovo e magico: le due piante appena all’inizio, poco prima dei tre gradini di marmo grigio che facevano da unione tra il sentiero ed il piazzale davanti al castello, avevano la forma di due grandi fenicotteri. Il sentiero era totalmente sgombro da foglie o da erba e perfettamente tenuto. I suoi riflessi al sole mattutino facevano brillare delle piccole pietruzze incastonate che sembravano illuminare il sentiero, come in una favola. Mi sdraiai sull’erba che lo costeggiava e mossi lentamente le braccia dai miei fianchi a fin sopra il mio capo, strusciandole dolcemente su quel morbido e fresco tappeto bagnato dalla rugiada notturna. Mi sentivo…libera. Come un’aquila che vola nei cieli tranquilla. Come una bellissima orca che solca le onde degli oceani. Come un cavallo selvaggio che corre libero e sereno nelle grandi distese erbose dell’America del Sud…

All'improvviso sentii un nitrito e pensai che si era fatto tardi e che Mistery avesse fame. Corro verso le scuderie, poste alla fine di quel magnifico giardino, ma non la trovai. Erano grandi, più di quanto mi aspettassi: comprendevano ben dieci box, completi di coperte finemente lavorate e decorate, con ricamato lo stemma della nostra famiglia…ancora un lupo. Questa volta ululava alla luna. Ogni stalla era fornita di ogni accessorio per la cura, per la pulizia del luogo stesso, perfettamente curato e pulito. In parte la cosa mi stupii ma ormai mi ero abituata alla loro presenza nel castello intorno a me.
Mi cominciai a preoccupare e la chiamai, non ricevendo alcuna risposta. Cominciai a cercarla nei dintorni, uscendo persino dal muro di cinta, ma senza successo.
“MISTERY!!!!...” Ecco una risposta…un nitrito. Ero disperata ma seguendo il suo verso attraversai tutto il giardino tornando quasi all’ingresso dove il nitrito si faceva sempre più forte. Attraversai di corsa il piazzale, davanti al portone principale, facendo una frenata brusca.
“MISTERY!!!!...” La chiamai nuovamente e lei mi rispose.
Nella parte sinistra del castello trovava posto un giardino delle dimensioni quasi uguali al precedente. Come prima, tre scalini univano la piazza al sentiero. Questa volta però al centro vi era una piccola fontana circolare che aveva un bellissimo cervo di pietra, costruito su un basamento di pietra al centro, dal cui muso fuoriusciva un elegante zampillo d’acqua purissima. Solo che nella vasca non c’era solo acqua…
"Mistery! Ma come sei finita lì? Mamma!!!!! Papà!!!!!" gridai mentre le prendevo il muso e tentavo di tranquillizzarla. Mi guardò rasserenata con quei suoi grandi occhi verde smeraldo, che risplendevano alla luce con mille colori diversi.
Da quando era solo una piccola puledra, solo con me si sentiva tranquilla e riusciva a rimanere calma in qualunque situazione. Questo mi faceva sempre sentire bene perché è questo quello che serve: una grande amicizia, basata su fiducia reciproca.
“Va tutto bene piccola. Ti tirerò fuori al più presto ma rimani calma: ci sono qui io con te”
“Miriam!!” una voce femminile mi chiamò da dietro
“Mamma!” dissi fiondandomi nelle sue braccia
“Va tutto bene tesoro ma prima chiamiamo i soccorsi, prima questa combina guai esce da lì”
“Vado!” risposi prontamente
 Dopo due ore di attesa in cui il mio cuore era impazzito e la mia speranza era quasi spenta l'elicottero, che era venuto in nostro soccorso, riuscì a portare Mistery sul prato senza farle male. Subito dopo un veterinario la visitò per accertarsi di cosa era successo.
"Tesoro” cominciò mia madre con uno sguardo triste “temo che non potrai cavalcarla per un po'. Il veterinario ha detto che si è slogata la rotula. Non può camminare"
 "Ma tra due mesi c'è una gara a cui avrei voluto tanto partecipare!" dissi con una faccia in lacrime mentre accarezzavo il muso della creatura senza la quale non avrei saputo sopravvivere senza.
 "Sarà per un'altra volta, non puoi farci niente. Lasciala riposare: adesso la portiamo nelle scuderie. Tu intanto vai in camera e metti a posto le tue cose. Ricorda che domani comincia la scuola e tu non hai ancora neanche un libro. Dobbiamo andare in paese a fare spese."
 "Ok mamma. Vado" dissi triste e mi avviai triste verso il portone guardando dietro di me, prima di entrare, vedendo quella scena che mi aveva reso la ragazza più fortunata del mondo perché non si fosse procurata niente di grave ma anche la più triste visto che non avrei potuto partecipare alla gara. Cose che capitano e mi misi il cuore in pace, pensando che avrei avuto più tempo da dedicare alla scuola, senza troppe distrazioni.

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 3 ***


~~CAPITOLO 3
La mia stanza era in ordine dopo un'ora e mezza che svuotavo scatoloni. Sulle mensole sopra la mia scrivania avevo riposto tutti i miei trofei e le foto con i miei genitori dopo le gare. Mi vennero in mente molti ricordi. Sul mio comodino avevo messo la mia adorata sveglia a forma di ferro di cavallo. Sì, mi piacciono molto i cavalli. Ormai la stanza era finita. Mi preparai per uscire.
"Mamma, sono pronta. Possiamo uscire"
"Arrivo. Prendo le buste della spesa"
"Le serve qualcosa signorina?" Mi disse una voce alle mie spalle che mi fece sobbalzare. Era Jennifer, la domestica del castello
"No grazie. Sei gentile ad avermelo chiesto"
"È il mio lavoro, signorina. Volete che vi accompagni in paese?"
"Un po' d'aiuto fa sempre piacere. Tu
abiti qui da molto tempo. Sicuramente saprai i posti migliori dove comprare le cose"
"Sì signorina"
"Eccomi. Possiamo andare. Jennifer, viene anche lei?"
"Sì signora. Vengo per dare una mano"
"Molto bene. Andiamo"
Il paese, Dirkensnof, è pieno di vita. È rimasto uguale nel passare degli anni. Sembrava proprio di tornare indietro nel tempo. Le case erano ancora in legno, decorate da parti più scure che percorrevano le case disegnando motivi di alberi, foglie e fiori. Questi ultimi decoravano tutti i balconi e l'edera decorava molte pareti. Qualche volta come una grande coperta verdognola, altre volte pendeva dai balconi fino a terra.
Le vie erano strette ed il pavimento era in pietra. Al centro del piccolo paese vi era una grande piazza. Quel giorno era occupata dal mercato. Pieno di colori e molto utile, non avevo mai avuto l'opportunità di vederne uno. Liverpool è una città molto grande e la gente preferisce andare al supermercato, è più veloce e pratico. Penso che mi divertirò a fare spese.
"Allora ci serve...del latte, dell'insalata, alcuni pomodori e dieci carote. Direi che se ci dividiamo facciamo prima. Jennifer, lei può andare a prendere il latte. Tu, Miriam, vieni con me a prendere laa verdura. Muoviamoci. È quasi ora di pranzo" disse mia madre
"Vado signora" rispose Jennifer
Mentre lei si allontanava, noi ci dirigemmo verso il banco delle verdure
 

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Capitolo 4
*** CAPITOLO 4 ***


~~CAPITOLO 4
Il bancone delle verdure era pieno di colori: dal giallo del peperone al viola delle melanzane. Una grande insalata di colori insomma.
Dopo aver fatto compere ci ritrovammo, come prestabilito, dopo mezz'ora. Durante la strada per tornare al castello, prima di lasciare il paese, notai un negozio che vendeva attrezzature per l'equitazione.
"Mamma, posso andare a vedere?" dissi indicando il posto
"Ok. So quanto ami andare a cavallo. Ti aspettiamo qui. Fai in fretta però"
"Sì.  Non ci metterò molto" dissi mentre correvo verso il negozietto
Arrivata, aprì la porta.
"Buongiorno" dissi
"Ciao" mi rispose una voce che proveniva da dietro un grande bancone
"Sono qui solo per dare un'occhiata..."
Non feci in tempo a terminare la frase perché un ragazzo mi apparì di fronte.  Rimasi folgorata.
La prima cosa che notai erano gli occhi: erano blu come l'oceano con qualche sfumatura di bianco. Sembrava la schiuma del mare quando le onde sbattono sul bagnasciuga. Il suo sorriso lasciava intravedere i suoi denti bianchissimi e perfettamente allineati. I suoi capelli erano castani, schiariti da qualche ciocca più chiara tendente al biondo. Era alto e magro ma, allo stesso tempo, robusto. La prima cosa che si vedeva chiaramente, da lontano, è la sua pelle bianca, quasi come il latte.
"C-ciao" dissi fissando il suo viso
"Hei. Ciao. Io sono Kevin"
"I-io s-sono M-Miriam. P-piacere di c-conoscerti" dissi tremando come una foglia
"Ti senti bene?"
"S-si..."
"Bene...volevi vedere qualcosa?"
"Eh?..." dissi ancora intontita" Ah sì. Giusto. Volevo solo dare un'occhiata in giro"
"Per caso hai un cavallo?" mi chiese
"Sì. Si chiama Mistery. Purtroppo questa mattina è caduta nella fontana che si trova nel giardino e si è slogata la rotula. Non potrà camminare per un po'."
"Cavolo. Mi dispiace. Volevo chiederti se potevi venire con me a fare una passeggiata..."
'Come?!?! Voleva invitarmi...? Con lui...?' pensai tra me e me
"Vorrà dire che mi permetterai di offrirti una cena"
"Wow. Mi cogli impreparata Kevin.
Accetto volentieri. Grazie"
"Allora facciamo questa sera alle 8? Passo a prenderti. Dove abiti?"
"Nel vecchio castello appena fuori Dirkensnof"
"Quindi tu sei la famosa erede del grande castello? Non avrei mai pensato di poterti conoscere. In ogni caso vorrei conoscere anche Mistery"
"Penso che ne sarà contenta" dissi sorridendo
Ci salutammo ed io uscii dal negozio.
"Miriam! Finalmente! Ma che cosa hai fatto là dentro?" mi chiese mia madre
"Ho conosciuto il ragazzo che lavora lì. Si chiama Kevin. È tanto ma tanto carino" dissi ripensando a lui
"C'è per caso qualcosa che vorresti dirmi?" mi chiese curiosa
"Sì... ecco... mi ha chiesto se...potevo uscire con lui...questa sera..." dissi facendomi piccola piccola
"Certo. Perché no? Almeno frequenti qualcuno della tua età. Ma ricorda di tornare a casa presto. Domani devi andare a scuola"
'Sì. Evvai' pensai con un'espressione felice sul visto
"Adesso andiamo. Io e Jennifer dobbiamo cucinare mentre tu devi occuparti di Mistery"
 

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Capitolo 5
*** CAPITOLO 5 ***


~CAPITOLO 5
Mentre aiutavo Mistery mangiare qualcosa ed a darle i medicinali, ripensavo a Kevin. Mi ritornarono in mente le sue parole 'non avrei mai pensato di poterti conoscere'. Doveva essere importante la nostra famiglia oppure mi stava solo prendendo un po' in giro. Non mi pareva il tipo che fa queste cose. Guardo il mio orologio. Erano le sette in punto. Mancava solo un'ora al mio appuntamento. Dovevo ancora decidere cosa mettere. Lasciai Mistery che, intanto, si era addormentata e corsi in camera mia a prepararmi.
Un'ora dopo...
"Buonasera. Lei deve essere la madre di Miriam" disse Kevin, dopo che mia madre aveva aperto la porta
"Tu devi essere Kevin. Aspetta qui. Chiamo Miriam. Accomodati se vuoi"
"No. La ringrazio. Non vorrei creare disturbo"
'Però. Che bravo ed educato ragazzo. Miriam, questa volta, ha scelto bene' pensò mia madre
Eh sì. Avevo già avuto un ragazzo. Si chiamava Colin. La prima volta che l'ho presentato ai miei, due anni fa, per poco mia madre non mi ha cacciata di casa. Non so perché ma, quella sera, aveva avuto un orribile comportamento davanti ai miei. Così l'ho lasciato. Mi si è spezzato il cuore ma non potevo avere un ragazzo come quello. Un anno dopo, mio padre, poliziotto pluridecorato della polizia di Liverpool, l'aveva arrestato perché aveva tentato di rapinare un'anziana signora. Ogni volta che me lo ricorda sono sbalordita e mi chiedo, tutte le volte, come ho fatto a stare con uno come quello.
Tornando a noi, scesi dallo scalone ed arrivai correndo da Kevin. Alla fine delle scale inciampai nel tappeto. Per mia fortuna mi prese ed io sprofondai sul petto del mio "salvatore".
"Un po' maledestra" disse sorridendo
Io non feci molto caso a ciò che mi aveva appena detto. Stavo ascoltando il battito del suo cuore. Lo spavento che mi ero presa venne scacciato da quel battito.
"È tutto a posto? Miriam?" mi chiese mia madre preoccupata
"Sì. Sto bene. Grazie Kevin"
"Tranquilla. L'importante è che tu non ti sia fatta male"
'Che tenero. È quello giusto" pensai
"Bene" riprese "direi che è ora di andare. Sono già le otto e un quarto. Ho prenotato il tavolo per le e mezza. Dobbiamo muoverci sennò arriviamo in ritardo"
"Ok. Andiamo" dissi e Kevin mi prese la mano.
Ci avviammo, camminando al tramonto di quel sole che, oggi, aveva visto nascere un nuovo amore.
 

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Capitolo 6
*** CAPITOLO 6 ***


~CAPITOLO 6
Era una bella serata. Non avrei mai pensato che un paese come questo potesse essere così attivo la notte. Ero abituata alle luci di Liverpool, ma qui mi sembrava di essere sulla Luna. Sulla Luna con un ragazzo meraviglioso, i cui occhi brillavano ogni volta che mi guardava.
"Eccoci. Questo è il ristorante che ho prenotato. Lo gestiscono i miei genitori. Entriamo" disse Kevin
"La locanda del Vampiro. Bel nome"
"Grazie. È da molte generazioni che questo locale va avanti" mi rispose
Dopo un'ottima cena, romantica...
"Miriam?"
"Sì? Che cosa c'è?"
"Vorrei che i miei genitori ti potessero conoscere...se per te va bene"
"Certo. Con molto piacere" dissi sorridendo
"Aspettami qui"
Mentre lo aspettavo guardavo la luna. Era piena. Con la sua luce intensa illuminava tutt'intorno. Era il 14 settembre. Dava all'atmosfera una sensazione rilassante e silenziosa, nonostante tutti i rumori dei festeggiamenti. Sì. Avete capito bene. Ogni volta che c'è la luna piena, la gente del paese, festeggia la leggenda del lupo mannaro che viene considerato il protettore del paese. Sentii delle voci provenire dall' interno del ristorante.
"Come?!!? Kevin hai disonorato la tua razza! Ti sei innamorato di un'..." disse una voce che venne però interrotta alla fine della frase. Cosa avrà voluto dire?
"Eccomi Miriam" disse Kevin "questi sono i miei genitori. Questo è mio padre, Shawn, e questa mia madre, Michel"
Anche loro, come Kevin, avevano la pelle bianco latte, ma i capelli di entrambi erano color rame e gli occhi rosso fuoco. Sì, un po' inquietanti ma pur sempre i suoi genitori. "È un grande piacere conoscervi. Io sono Miriam. Sono l'erede del grande castello di Dirkensnof"
Appena finii la frase, mi accorsi che i due adulti mi guardavano stupiti.
"Quindi voi siete l'erede..." disse il padre
 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


~~CAPITOLO 7  
Quella mattina mi alzai di buon'ora. Era il mio primo giorno di scuola. Mi svegliai di colpo. Avevo avuto un incubo. Il giorno del mio compleanno, tra un mese esatto, ci sarebbe stata la luna piena ed io mi sarei trasformata in un lupo mannaro. Quello raccontato nelle leggende. Ma, quello stesso giorno, un vampiro (di cui non mi ricordo la faccia) avrebbe cercato di prendere il controllo della Terra ed era mio compito fermarlo. Per fortuna era solo un sogno. Mi ricordai della sera precedente. È stata bellissima e Kevin è così dolce. Ma ora dovevo pensare a fare lo zaino ed a prepararmi. Indossai la divisa per la scuola. La gonna era blu con un orlo rosso alla fine. Sotto una giacca, senza maniche, blu a righe rosse verticali, avevo una camicina bianca abbottonata. Mi piaceva molto. Mi feci una treccia ed uscii di casa addentando un biscotto al cioccolato. Andai da Mistery per salutarla e corsi davanti casa dove mio padre mi aspettava con la macchina.
 "Sbrigato o arriverai in ritardo"
"Arrivo"
La strada per arrivare a scuola dura solo dieci minuti. Dobbiamo passare attraverso un bosco. Una volta arrivati, il cuore mi batteva forte, ero molto emozionata. L'atrio della scuola brulicava di studenti, grandi e piccoli, che, guardando la bacheca, cercavano le loro aule. Mi avvicinai anch'io.
 'Dunque...M...m...eccomi!' pensai.
Ero nella classe 1L.p.3. Chissà cosa voleva dire. La cercai ma senza successo. Ero molto in anticipo. Mancavano venti minuti all'inizio della lezione. Ad un certo punto mi vidi costretta a chiedere informazioni.
 "Hei scusami" dissi rivolgendomi ad una ragazza nel corridoio "mi sai dire dove si trova l'aula 1L.p.3?"
All'inizio non rispose. Mi guardò come se fossi venuta da un altro pianeta. Alla fine mi rispose.
 "Quell'aula si trova al terzo piano. Quella 'p' sta per 'piano'. La 'L', invece, vuol dire in fondo al corridoio, all'inizio o in mezzo. Questo lo scoprirai quando sarai davanti al corridoio. Lì è appeso un foglio. Basta che lo consulti"
 "Sei gentile. Grazie" risposi
Feci come mi era stato spiegato. La mia aula era la prima del lungo corridoio del terzo piano. Entrai. C'era solo una ragazza, seduta a leggere un libro. Non mi notò neanche.
 "Hei ciao. Sono Miriam"
La ragazza solo in quel momento si accorse di me. Era alta più o meno come me. Aveva capelli biondi, occhi grigi ed un fisico invidiabile.
"Piacere. Alexia. Sono arrivata molto in anticipo quindi ne ho approfittato per passare dalla biblioteca della scuola e prendere un libro. Era così interessante che non mi sono accorta che eri entrata"
 "Fa niente. Che libro è?"
"A caccia di leggende. Parla di tutte quante le leggende di Dirkensnof. Io sono appassionata di queste cose. A casa ho un'intera libreria su questi argomenti" disse ed i suoi occhi luccicavano. Doveva essere fiera della sua 'collezione'.
 "Io amo l'equitazione. Volevo partecipare alla gara che si terrà qui a Novembre ma la mia puledra Mistery si è fatta male e..."
"Oh povera. Mi dispiace un sacco"
"Sei gentile"
Dietro di me, intanto, era entrato un gruppo di ragazzi.
 "Che cosa abbiamo qui?" disse uno dei cinque "che sventole! Penso che il liceo non sarà male con ragazze così"
"Hei bello. Vacci piano. Una delle due è la mia ragazza" disse una voce da fuori. Entrò nell'aula guardando fisso il ragazzo del gruppo che aveva parlato. Era Kevin.
 "Frequenti anche tu questa classe?" domandai stupita
Intanto Alexia, alle mie spalle, stava guardando Kevin con aria interessata. Me ne accorsi subito.
"Anche se ti conosco da poco posso dirti 'non ci pensare neanche'?"
 "No. Non puoi"
"Ok. NON CI PENSARE NEANCHE" urlai
"Ok rilassati. Ho afferrato il concetto"
"Brava"
A proposito. Vi presento i ragazzi del gruppo. Lucas(quello che ha parlato), Michael, Judes, Disio e Max.
 Le aule della nuova scuola erano solo per dieci studenti. È per questo che le aule arrivano alla 'S'. Mancavano due studenti.
Drinnnnn
'La campana è suonata. Inizia una nuova avventura' pensai sorridendo
 I banchi erano due da tre banchi ciascuno e due da due banchi ciascuno. Io avevo Alexia e Kevin vicino a me. Volevo conoscerla meglio. Penso che saremmo diventate ottime amiche. Era un presentimento. I miei presentimenti si avverano sempre.
 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


~~CAPITOLO 8 
Dopo la scuola, Alexia mi invitò da lei a mangiare mentre, con Kevin, mi sarei vista più tardi in paese.
"Sei nuova del luogo quindi"
"Sì, esatto. Sono arrivata due giorni fa con i miei genitori da Liverpool"
"Wow" disse estasiata "un giorno vorrei vederla"
"Ed io ti farò da guida"
"Promesso?"
"Promesso"
Scoppiammo a ridere. Era simpatica. Mi trovavo bene con lei. Una ragazza con qualche rotella fuori posto. Ma chi non le ha?
"Eccoci. Questa è casa mia" disse sorridendo
Era un cottage i  mezzo alla campagna. Molto carino e ben decorato. I balconi erano come quelli in paese, solo più grandi. Nel giardino, che percorreva tutta la casa, c'erano piccoli laghetti e ranocchie dolcissime che saltellavano di qua e di là. Come decorazione  avevano fenicotteri finti e cespugli sagomati come quelli nel giardino d castello. Qui rappresentavano prevalentemente cuori e stelle. Oh sì. Anche una luna. Ai lati della porticina c'erano due panche in pietra che scintillavano con la luce del sole. Sul retro vi era una piccola piscina, un dondolo ed un'altalena.
"Allora? Che ne dici?"
"È molto bello. Chi l'ha decorato ha un gran gusto per il design"
Mi guardò con un'aria interrogativa, come per dire 'cosa?'.
"Volevo dire che è stata decorata proprio bene"
"Ah. Adesso ho capito. Grazie!"
Mi sembrava infatti che non avesse capito quello che lei chiama 'linguaggio cittadino'. Entrammo. Dopo un buon pranzetto, preparato dalla mamma di Alexia, Susanne, ci ritirammo in camera. Era vero. Aveva
un'enorme libreria contenente libri di ogni genere sulle leggende. Mi misi a sfogliarne qualcuno. Erano molto interessanti ma, non so perché, solo uno mi attraeva: quello sui lupi mannari. Alexia, intanto continuò a leggere il libro della biblioteca della scuola. Dopo circa tre ore di intensa lettura, la mamma di Alexia, ci portò la merenda.
"Senti Miriam..." cominciò
"Si Ale?" dissi alzando gli occhi dal libro
"Ho visto che stai leggendo il manuale sulla vita del lupo mannaro. Quando ti ho chiesto che libro leggere sei andata dritta dritta su quello. Non sarà che sei uno di loro?"
"Ma che cosa ti salta in mente??" esclamai facendola sobbalzare "ho preso questo libro solo perché mi sembrava incessante! Ma ora che mi ci fai pensare...sono stata quasi attratta da questo libro. Non so. Forse ha qualcosa di speciale"
"Quel libro dice anche come riconoscerli. Hanno doti particolari. Un olfatto sensibile, grande agilità quando camminano, riflessi pronti e..." si interruppe
"Cosa? E...cosa?" chiesi curiosa
"Hanno una gran voglia di carne. Di qualunque genere, eccetto quella umana. Forse perché sono per metà umani. In questo caso sarebbe un caso di cannibalismo. Comunque non ne sono sicura. Non esistono molti libri che parlano della loro nutrizione, poiché avviene prevalentemente di notte"
"Interessante...cioè...volevo dire...sei una grande esperta di queste cose"
"Grazie" rispose guardandomi contenta
"È tardi. Devo andare. Ci vediamo domani a scuola, ok?"
"Certo. A domani" e sorrise.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


~~CAPITOLO 9
Nei giorni precedenti al mio compleanno, la temperatura calò bruscamente. Erano solo i mesi di settembre ed ottobre.
'A dicembre cosa avremmo fatto se adesso indossiamo il cappotto?' pensai mentre mi riscaldavo le mani sul fuoco della sala da pranzo.
Era passato un mese da quando avevo iniziato la mia vita qui. Era il 12 ottobre. La scuola era fantastica e andavo molto d'accordo con i miei compagni (soprattutto con Kevin). Mancavano solo 19 giorni al mio quindicesimo compleanno. Sì. Sono nata ad halloween. Quest'anno vorrei travestirmi da lupo mannaro. Da quando sono arrivata qui non ho fatto altro che pensare a quelle leggende, a fare dei sogni in cui io ero una di loro. I giorni più strani della mia vita, insomma. A scuola, per il momento, avevo ottimi voti. Ad arte e matematica avevo otto, in storia e geografia nove, in grammatica otto. Nei giorni in cui avevo pochi compiti passavo le giornate con Kevin ed Alexia esplorando il castello. Un pomeriggio, mentre eravamo nel salone, Alexia afferò un libro dalla libreria di mio nonno. Non riusciva a prenderlo. Ad un certo punto il libro uscì leggermente dallo scaffale e la libreria ruotò su se stessa. Avevamo tutti e tre gli occhi spalancati. Io entrai per prima. La stanza oltre la libreria enorme. Era una specie di laboratorio, segreto o delle 'pazzie'.
C'erano molti tavoli con sopra fialette di liquidi di ogni colore, scaffali pieni di libri intrisi di polvere e campioni di sangue e DNA di animali.
"Cosa state facendo?" esclamò una voce alle nostre spalle
"Jennifer! È stato un incidente! Alexia ha tirato un libro e...."
"E la libreria è ruotata su se stessa" aggiunse Alexia
"Non posso più nascondere questo posto. È ora che vi spieghi, signorina Miriam, cosa è successo veramente a vostro nonno" disse guardando a terra.
Fin dai primi anni del secolo scorso, si narrava di un uomo riservato, non molto sociale e abbastanza irascibile che scompariva sempre durante le notti di luna piena. Alcuni anziani del villaggio credevano nell'esistenza di qualcosa di sovrannaturale che circondava lui ed il suo castello, particolarmente in quelle notti. Vi era un'atmosfera lugubre, aggravata dalla presenza di una fitta nebbia e da un sottofondo di ululati dei lupi che abitavano nei boschi vicini.
La notte in cui mio nonno perse la vita fu per una buona, anzi, ottima causa. Se vi dicessi che lottò contro una enorme schiera di vampiri (troppo convinti per i miei gusti) non mi credereste mai ma andò proprio così. Stremato dal grande sforzo che aveva compiuto, morì. Quando, però, la gente del villaggio trovò il suo corpo, furono colpiti da ciò che avevano davanti: un lupo di almeno due metri, il doppio di uno normale, che aveva le zampe posteriori molto lunghe e poco pelo su queste ultime. Nonostante questo aspetto rivoltante, lo portarono nell'unica erboristeria del paese per rimetterlo in sesto con erbe particolari. Dopo qualche ora dal ritrovamento, quel "lupo" cambiò totalmente aspetto e si trasformò in mio nonno, nudo, ma mio nonno.
Nonostante le cure non si riprese ma venne comunque eletto protettore del paese. Ogni anno, in suo onore, viene allestita una grande festa con canti e balli mentre si aspetta la mezza notte, quando, sempre secondo la leggenda, doveva apparire il suo fantasma che, ululando alla luna piena, rinnovava lo spirito del paese e la sua protezione da tutto ciò che è malvagio o impuro.Così nacque la leggenda dei lupi mannari. Mio nonno era un uomo molto speciale perché aveva salvato l'intera umanità con la sua morte. Per darmi una spiegazione più chiara, Jennifer, accompagnò i miei amici ed io alla tomba del nonno. "Ecco" cominciò col suo accento rumeno "questo è il luogo dove vostro nonno se n'è andato" "Cos'è quella scritta?" chiesi "Quale scritta?" mi chiesero gli altri "Io non la vedo. Ho dimenticato gli occhiali al castello" disse Jennifer "Ragazzi. Posso chiedervi di lasciarci soli? Devo raccontare alla signorina una storia che viene tramandata da molto. Purtroppo è segreta. Solo gli eredi possono conoscerla" "Ok. Ci vediamo domani." Dissero in coro, camminando verso l'uscita del cimitero.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


~~CAPITOLO 10
Quella notte ripensai parecchio al racconto di Jennifer. Non osai chiedere, né lei mi disse qualcosa, riguardo la scritta sulla tomba di mio nonno. "Il mistero della mia sparizione lega la storia". Queste parole continuavano a frullarmi in testa, senza che io ne riuscissi a capire il messaggio. Non mi era mai capitato di sentirmi così....così...così tesa. Neanche prima di una verifica. Sentivo l'esigenza di avere una spiegazione, chiara, reale. Decisi di prendere una boccata d'aria anche se erano da poco passate le due di notte. Una volta fuori, mi sedetti su una panca in pietra accanto alla porta principale. Dopo una decina di minuti, sentii come qualcosa che attirava il mio sguardo verso il bosco e da cui non riuscivo a distogliere lo sguardo. Come un magnete attrae cose a sé, il bosco mi chiamava, mi voleva ma non riuscivo a muovermi essendo infreddolita. Dopo una brezza leggera che scostò le foglie degli alberi di fronte a me. Non avrebbe dovuto farlo perché, per un massimo di due secondi, vidi due occhi gialli che mi fissavano intensamente. Occhi come quelli dei gatti, per essere chiari. Dal cespuglio accanto ad un albero balzò fuori una creatura orribile, di enormi dimensioni, pelosa dalla testa ai piedi. Per un attimo si fermò davanti a me guardandomi dritta negli occhi con squardo impaurito. Sentii come bisbiglio nelle mie orechie, una voce che chiedeva aiuto..."Miriam, la prescelta, aiutaci....".
Poi ritornò, a grandi balzi, nella foresta.
La mattina successiva, mi svegliarono i primi raggi di Ottobre. Per fortuna era domenica e non dovevo andare a scuola: ero stanca ed ancora sconvolta dall'incontro della notte scorsa. Cosa aveva voluto dire quella creatura con la sua apparizione? E poi...la prescelta? Io? Probabilmente mi aveva scambiata per qualcun altro. Sicuramente.
Scesi per lo scalone e mi diressi verso la sala da pranzo dove, con mia sorpresa, trovai mio padre e mia madre intenti a discutere e Jennifer che serviva la colazione.
"Spero che non lo venga mai a sapere..."
"Ma perché proprio lei ha questo destino..?"
Queste erano le uniche frasi che sono riuscita a comprendere.
"Mamma, papà, che succede? Siete molto tesi..." bisbigliai
"Sappiamo della storia di tuo nonno. Ma soprattutto che tu la sai. Non sarebbe mai dovuto succedere"
"Mamma non incolpare Jennifer. Le ho chiesto io di raccontarmela dopo aver visto quella strana scritta..." non riuscii neanche a finire la frase
"Frase? Quale frase? " disse mio padre, come con uno sguardo impaurito
"Sulla tomba del nonno...al cimitero .una scritta in oro"
"Faccela vedere. Subito" trillò mia madre
Presa la macchina, corremmo a grande velocità ed arrivamo là in meno di un quarto d'ora.
"Dov'è?"
"Da questa parte. Ma state calmi. Sembra che abbiate visto un fantasma..."
"Non scherzare Miriam"
"Va bene, va bene. Eccola. La vedete? Quella in alto, prima del coperchio. In oro"
"Ma quale scritta?" urlò mio padre, guardandomi
"Quella! Non la vedete?"dissi. Cominciavo a diventare nervosa
"Signori, se posso intromettermi.."
"Cosa vuoi dirci?"
"Venite con me. Le devo chiedere di non seguirci signorina Miriam"
"Aspetto qui"
L'ultima cosa che vidi furono tre ombre che si allontanavano nella nebbia.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


~~CAPITOLO 11
Ero sola. In un cimitero.
Non male come situazione, no? Circondata da morti, nebbia e piante losche: che sarà mai? Non peggio di una interrogazione, questo è certo. Se dovessi scegliere...bhe...il cimitero.
La nebbia stava diventando sempre più fitta, a vista d'occhio, quasi a poterla tagliare con un coltello. Per fortuna era mattina, quindi il sole si sarebbe presto alzato.
"Miriam? Sei tu?" sentii una voce chiamarmi
"C-chi parla?"dissi con voce tremante. Mi guardai intorno ma non vidi nessuno. 'Adesso sento addirittura le voci. Andiamo bene...' pensai
"Miriam...Sono tuo nonno....non avere paura"
Se mi fossi vista allo specchio in quel momento sarei svenuta: il mio visto sbiancò di colpo e rimasi immobile come una statua. Non sentii quasi più il battito del mio cuore e pensai che il sangue non mi scorresse più nelle vene.
"Mi parli da morto? Cioè...senza offesa...ma sei morto...come fai a parlarmi?"
"Non ho molto tempo...tu...tu sei la mia erede. Ti chiedo di prendere il mio posto. Di proteggere il nostro paese, come ho fatto io...ti voglio bene. Anche se non ti ho mai conosciuta. In bocca al lupo..."
"Aspetta!....nonno! Ho molte cose da chiederti!...ma perché in questo posto la gente ama gli indovinelli?!?!?!"
"Miriam? Sei tu? Che ci fai qui?"
Sentii una voce e vidi un'ombra avvicinarsi.
"Kevin? Tu che ci fai qui?"
"Sono venuto a trovare mia nonna. È mancata qualche anno fa. Le ero molto affezionato, ma queste cose capitano. Le vengo a fare visita tutte le settimane. Tu invece? Perché sei bianca come il latte? È successo qualcosa?" Aveva ragione. Non mi ero ancora ripresa dallo spavento
"Sono venuta qui di corsa con i miei, che, sinceramente parlando, erano molto più in ansia del solito. Mi hanno trascinata qui, mi hanno chiesto dov'era la tomba di mio nonno e poi se ne sono andati con Jennifer da qualche parte a parlare. Non chiedermi di cosa."
Non sapevo se raccontargli anche il mio incontro della scorsa notte. I brividi mi percorsero lungo la schiena dopo una folata diventi leggermente più fresca. Il sole stava cominciando a sorgere ma si vedevano solo dei piccoli raggi spuntare da dietro il bosco che circondava il cimitero. Mi guardai attorno, quasi facendo finta di niente ma lui se ne accorse.
"Avanti dimmi cosa è successo. Non mi inganni sai? Quando fai quella faccia vuol dire che nascondi qualcosa" disse scrutando il mio viso ed andando ad incrociare i suoi bellissimi occhi con i miei.
"Non posso nasconderti nulla eh? E va bene. Te lo voglio raccontare però non parlarne con Alexia sennò mi fa un interrogatorio approfondito. Di te mi fido. Non ho detto niente ai miei genitori sennò sarebbero morti sul colpo"
"Adesso mi spaventi" disse mentre sgranava gli occhi
Gli raccontai l'accaduto, nei più minimi dettagli, non escludendo la paura che ho provato, ma anche lo stupore. Le sue palpebre si alzavano di qualche millimetro ogni volta che dicevo "mannaro". I suoi occhi sembravano uscire dalle orbite, soprattutto quando gli dissi che mio nonno mi aveva parlato dall’aldilà.
"Mi metti paura con quegli occhi"
"Cosa dovrei fare? Sei sicura che non fosse stato un sogno? Hai mangiato pesante ieri sera?"
"No! Era reale e..."
"I sogni sembrano reali"
Feci una faccia del tipo "ma mi pigli pe’ scema?".
"So io a chi possiamo rivolgerci. Vieni con me".
“Ma cosa….”
Non riuscii neanche a finire la frase poiché mi prese per il polso e mi trascinò via con lui verso l'uscita del cimitero. La sua mano tremava, ma aveva un stretta dolce, come se non volesse costringermi a venire ma sapeva che l'avrei seguito perché mi fidavo di lui. Se però i miei genitori mi fossero venuti a cercare? Non mi importava. D'altronde loro mi avevano trascinato qui contro il mio volere. Ma poi...perché? Ma soprattutto Jennifer avrebbe raccontato loro tutto? Diciamo che non ero al settimo cielo al solo pensare questo quindi non ci feci caso.
Correva, correva come se non ci fosse un domani.
“Ma che ti prende?” chiesi spazientita e con un gesto mi liberai dalla sua morbida mano “In questi giorni non faccio altro che essere presa per un braccio e trascinata chissà dove”
“Non ti fidi di me? Conosco un posto che potrà rispondere ad ogni nostro dubbio” riprese a correre
“Uff…” sospirai “penso che in tutta la mia vita non avrò mai un’altra esperienza come questa” ricominciai a correre dietro a quel ragazzo che sapeva sempre cosa fare, mi voleva bene e che mi avrebbe aiutata. Sempre.
 

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