Blind date

di PixieHoran_
(/viewuser.php?uid=183347)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue. ***
Capitolo 2: *** Chapter one. ***
Capitolo 3: *** Chapter two. ***



Capitolo 1
*** Prologue. ***


Blind date

 

 

<< Val, la direttrice ti vuole in ufficio >> proferì la mia collega cercando di raddrizzare con il ginocchio un’altissima pila di vestiti da sistemare negli scaffali.

Deglutii.

Che avevo fatto adesso?

Provai a ricordare l’avvenimento spiacevole più recente, ma non ne trovai; l’ultimo risaliva all’inizio della mia carriera quando avevo urlato contro una ragazza che mi aveva fatto perdere mezz’ora per scegliere uno stupido vestito da cocktail.

<< Arrivo Mel, dammi il tempo di finire con questa cliente >> risposi spostando un paio di pantaloni maculati da un braccio all’altro.

<< Ok! >>

Melanie Jackson, dipendente senior nonché una delle ventordici nipoti del mio datore di lavoro, sparì dal mio campo visivo.

Sbuffai sonorosamente, appoggiandomi al camerino.

<< Signorina, le stanno stretti quei pantaloni? >> chiesi nel modo più educato possibile, mentre reprimevo l’impulso di staccarle le extension biondo platino ad una ad una.

<< Un pochino >>

Certo. Allora la prossima volta evita di prendere la xxs

<< Oh! >> feci fintamente.

<< Mi dispiace ma quello era l’ultimo paio >>

MUAHAHAHAHA

<< Adesso mi scusi ma hanno chiesto di me. La lascio alla mia collega >> dissi consegnandole molto delicatamente i pantaloni che nel frattempo avevano fatto le ragnatele fra le mie braccia.

<< Ok, arrivederci >> squittì quella alle mie spalle.

Macché, a mai più rivederci!

<< Rose? Puoi occuparti di quella ragazza per favore? Mi ha chiamata la Jackson >> dissi tutto d’un fiato.

<< Mmh? Certo certo >>

Rosalie Dawson viveva in un mondo tutto suo. Era dolce, gentile, ottima ascoltatrice ma aveva sempre la testa fra le nuvole.

La ringraziai e mi diressi a passo spedito verso l’ufficio della direttrice.

Da qualche mese ormai, lavoravo nel più grande centro commerciale di Londra. Ogni giorno, a qualsiasi ora c’era il pienone e ammetto che in 9 mesi non l’avevo ancora girato tutto, solo 2/4.

La Jackson era la proprietaria di tutte le catene d’abbigliamento della città. Faceva parte delle 50 persone più ricche al mondo quindi poteva benissimo permettersi di avere le mani bucate. Vestiva esclusivamente marcata e secondo me usava anche le banconote al posto della carta igienica.

Arrivata davanti il suo ufficio, il cuore mi batteva all’impazzata.

Bussai un paio di volte fin quando non sentii un flebile ‘avanti’

<< Mi ha chiamato signora Jackson? >> domandai, chiudendo la porta alle mie spalle.

<< Si, signorina Tomlinson. Si accomodi >>

Cazzo, quanto è inquietante quella donna.

Obbedii sedendomi di fronte a lei. Accavallai le gambe.

Si schiarì la voce mentre io mi torturavo le mani.

<< L’ho chiamata per parlare del suo rendimento nel lavoro >>

Annuii cercando di non far trapelare alcuna emozione, anche se sudavo freddo.

<< Le faccio i miei complimenti >>

Che?

Silenzio tombale.

Dovevo essere rimasta visibilmente sotto shock perché la donna continuò.

<< Melanie mi ha parlato di come ha sventato eccellentemente una lite fra due clienti che reclamavano la proprietà di uno stesso capo d’abbigliamento, alla svendita promozionale >> spiegò con tono ovvio.

Are you fucking kidding me?

<< Complimenti >> continuava a ripetere. Mi porse la mano che prontamente strinsi. Sorridevo fintamente, come se sapessi di cosa stava parlando. In realtà non era mai successa una cosa del genere e avevo benissimo capito che Melanie l’aveva fatto solo perché voleva qualcosa da me, ma cosa?

<< Grazie… >>

Aspettai che il mio capo si ritrasse la mano, poi mi spostai una ciocca ribelle dietro l’orecchio.

<< Perciò…si merita un aumento. Lo consideri pure…un segno della mia gratitudine >>

Oh, questa si prospetta la giornata più bella della mia vita!

 

Quando uscii di lì (cercando di non saltellare dalla felicità) mi diressi direttamente al Burger King per mangiare un panino al volo e ritornare a lavorare. Oggi avevo orario continuato il che significava autodistruzione. Presi il numero e attesi il mio turno sedendomi su una sedia che si era appena liberata. Mi mancava quasi l’aria, tanto era affollato quel posto. Cercai di distrarmi, canticchiando una canzone dei Coldplay di cui non ricordavo neanche il nome.

Non riuscivo però a non pensare al gesto di Melanie. Mi aveva corrotto chiedendo a sua nonna di darmi un aumento? Dovevo assolutamente parlarle.

A distrarmi dai miei pensieri fu la vibrazione del cellulare. Lo sentii solo perché si trovava nella tasca dei miei pantaloni. Generalmente io non sento mai il telefono suonare, anche se esso si trova fra le mie mani.

Lessi l’sms e sbuffai, alzando gli occhi al cielo. Era Zayn, il mio ultimo ex. Non si rassegnava al fatto di essere stato lasciato. Che palle, questi giovani d’oggi.

Risposi annoiata, schiacciando velocemente i tasti sul mio cellulare -un Black Berry nero nuovo fiammante-.

‘Zayn, ti ho detto che è finita. Sei stato un bellissimo capitolo nella storia della mia vita ma ormai non c’è più niente fra me e te. Dimenticami come ho fatto io. Addio.

Val’

<< Numero 45? E’ qui? >> mi richiamò una voce maschile al microfono. Era un ragazzo, e che ragazzo.

Alleluia! Finalmente toccava a me.

<< Sisi, eccomi. >> esclamai avanzando a gomitate verso il bancone.

<< Vorrei un panino con prosciutto e mozzarella >>

 

<< Rose, hai visto Melanie? >> chiesi cercando di calmare il fiatone. Dopo la mia pausa pranzo di appena 10 minuti mi ero fatta tutta la strada di corsa ed ero in principio di avere un infarto.

<< Eh? Ah, emmh.. È appena andata via.. >> farfugliò.

Merda! E adesso?

A Mel partiva la settimana di ferie e io non avevo il suo numero! Pazienza.

Mandai un sms a mio fratello Louis in cui gli chiedevo -se fosse stato in casa- di registrarmi Teen Wolf e fu lì che mi venne un flash. Che potesse entrarci Lou in tutta questa strana faccenda? Che Mel si fosse presa una cotta per lui? Naaah.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  

Salveee! Come state? Vi presento il prologo della mia seconda storia intitolata ‘Blind date’ ossia appuntamento al buio. Vi incuriosisce il titolo o l’introduzione? Fatemi sapere con qualche recensione cosa ne pensate e se volete che io continui. Più avanti vi mostrerò la foto di Valerie, quando la chiavetta prenderà meglio çç

-Debora 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Chapter one. ***



Lou, svegliati che è tardi!” gli scossi ripetutamente la spalla per almeno due minuti buoni ma non riuscii a far uscire mio fratello da quello stato comatoso in qui si trovava.
Lo richiamai per altre tre volte ancora, a voce più alta. Lo vidi accigliarsi prima che la sua faccia da schiaffi sparisse sotto il cuscino.
Allora presi l’estremità del piumone e lo tirai via lasciandolo completamente scoperto: indossava un paio di boxer ed una T-shirt grigia.
Ero certamente abituata a vederlo andare in giro per casa in questo modo ma non finivo mai di stupirmi di quanto fosse ben piazzato il mio omaccione. Per non parlare di quel suo fondoschiena disegnato col compasso…
E puntualmente mi dovevo imporre di scacciare quei pensieri poco casti che nascevano, ricordandomi che quello che faceva bella mostra del suo fisico era solo mio fratello.
Stanca della sua perseveranza e del fatto che mi stesse semplicemente ignorando -e io odiavo essere ignorata- cominciai a tirare il cuscino che ricopriva la sua testa. Non ci riuscii data la pressione che vi esercitava con entrambe le mani così dovetti rassegnarmi. “Sai che ti dico? Stai pure a poltrire qui. Farai l’ennesima assenza a scuola” e così dicendo uscii dalla stanza dirigendomi in cucina.
 Guardai i cornetti caldi che se ne stavano tranquilli sul loro bel vassoio ignari della fine che avrebbero fatto di lì a poco.
Li compravo la mattina presto, vestendomi alla meglio e catapultandomi dall’unico Starbucks distante solo due marciapiedi dalla casa che condividevo con mio fratello da circa un anno ormai.
Mi appoggiai al marmo della cucina, e prendendone uno al cioccolato con sopra scaglie del medesimo gusto, lo addentai lasciando che il dolce sapore entrasse in contatto con le mie papille gustative. Chiusi gli occhi, in ecstasy non accogendomi di un Lou che faceva il suo ingresso nella stanza, intento a stropicciarsi l’occhio destro.
La pianti di fare l’amore con quel cornetto?” esclamò con nonchalance mentre si stiracchiava.
Scoperta sul fatto, aprii gli occhi di scatto e mi diedi un minimo di contegno. Ormai non arrossivo più per le battute imbarazzanti di quel coglionazzo e avevo imparato a rispondergli per le righe. Me ne uscii citando la frase di una famosa pubblicità: “Fai l’amore con il sapore
Entrambi scoppiammo a ridere però, io, ricordandomi di quanto mi avesse fatto disperare per alzarsi dal letto, tornai seria.
Senti. La prossima volta che hai intenzione di farmi sgolare, non chiedermi di venirti a svegliare” lo ammonii prima di bere un sorso di latte direttamente dalla confezione.
Quante volte ti ho detto che devi bere dal bicchiere!” mi rimbeccò togliendomelo dalle mani. Di tutta risposta gli feci una linguaccia che Lou prontamente ignorò.
Me l’hai preso quello con la marmellata?” chiese poi, rovistando nel sacchetto. “Non lo so. Vedi se c’è” mentii mentre nascondevo un sorriso divertito.
Louis, quando si ritrovò il suo croissant fra le mani, lo guardò, quasi fosse un miraggio e con un morso ne divorò quasi la metà. Io nel frattempo avevo finito il mio.
Non si ringrazia la sorellina?” lo rimproverai incrociando le braccia sotto il seno. Il castano mi rivolse il suo più bel sorriso assonnato seguito da un bacio sulla guancia prima di spostare indietro la sedia per sedersi.
Sorrisi di rimando mentre annunciavo che sarei andata a vestirmi.
Amavo la monotonia di tutti i giorni ma soprattutto amavo mio fratello. Non osavo immaginare la mia vita senza di lui.

Ritrovandomi di fronte all’armadio, sospirai. Certe volte mi sarebbe piaciuto -e anche tanto- andare a lavoro vestita con i leggins o magari con i tacchi, ma ognuna delle dipendenti doveva indossare la stessa divisa fatta di blu jeans, maglietta nera con il marchio del negozio e scarpe di ginnastica.
Avrei senz’altro potuto vestirmi a mio piacimento ma poi mi sarei dovuta cambiare all’inizio e alla fine del turno di lavoro, e questo mi annoiava troppo.
Mi diressi in bagno, afferrando spazzolino e dentifricio. Lo aprii spremendo il tubetto fino a far uscire tutto quello che ne era rimasto. Louis non si degnava mai di buttarlo nella spazzatura tutte le volte che terminava, lo lasciava sempre per trofeo. E anche se certe volte mi faceva impazzire, avevo imparato a sopportare gran parte dei suoi difetti.
Bello scambio: lui si era preso me -perfetta in ogni cosa- mentre io mi ero dovuta accontentare!
Si certo, perfetta in ogni cosa, guarda..
Zitta tu!
Troppo distratta dai miei pensieri senza un filo logico, agguantai il giubbetto nero dall’attaccapanni rischiando per un attimo di farmi cadere l’intera bastoniera addosso.
Lo trattenni con l’altra mano, sospirando ad occhi chiusi e ringraziando il cielo per i riflessi pronti che non avevo di certo ereditato dalla mia famiglia. Grazie a questi-  pensai -ho evitato di morire, spesse volte.
Lo indossai mentre lanciavo un’occhiata all’orologio: 08.01. Sempre puntuale. Presi anche un berretto di lana e la borsa, rigorosamente a tracolla perché non mi creasse disturbo o fastidio, e feci il giro delle stanze per cercare Lou.
Lo chiamai a voce alta, sentendomi rispondere “Am, in bagno!”
Potei sentire la chiave girare nella toppa e il cigolio della porta aprirsi.
 ‘Am’, diminutivo di Amber, era il soprannome che mi era stato affibbiato dallo stesso Louis fin da quando eravamo bambini. Io invece -se pur di rado- solevo chiamarlo ‘Will’. Nessuno ci aveva mai presi in giro o criticato per questo, erano a conoscenza del bellissimo rapporto che ci legava.
Anche perché se ci avessero provato, anche solo minimamente ad aprire bocca se la sarebbero dovuta vedere con ‘Val la furiosa’
Esattamente. No, aspé…dai cazzo non posso battibeccare con questa insulsa vocina!
Insulsa a chi?
STAI ZITTA!


Lo trovai in bagno intento a sistemarsi i capelli, aveva solo un asciugamano alla vita.
Cazzo, questo ragazzo mi provoca.
Mi appoggiai alla porta, ammirandolo in tutta la sua bellezza. Rimasi così per qualche minuto, poi i nostri occhi si incontrarono attraverso lo specchio. Sorridemmo.
Avanzai verso di lui, affiancandolo. Lou si abbassò leggermente, porgendomi la sua guancia morbida se pur con un accento di barbetta ribelle. Vi poggiai le labbra per lasciargli un semplice, casto, dolce bacio.
Ogni mattina da 10 anni, prima di uscire di casa, dovevamo salutarci con un bacio o magari con un abbraccio. Era un’abitudine che entrambi cercavamo di portare avanti giorno per giorno…una nostra piccola dimostrazione d’affetto, ecco.
Quando mi staccai, sentendone lo schiocco, gli sorrisi e mi congedai con un “A stasera Wil, buona scuola!” e senza attendere una risposta uscii di casa.


Chiusi la porta e mi ci fermai davanti, al centro esatto del marciapiede, per cercare la sciarpa che, molto probabilmente avrebbe dovuto trovarsi all’interno della borsa stessa.
Certe volte essere pigri per spostare un oggetto significava ritrovarlo facilmente nel punto esatto dove lo avevi lasciato; ed era bello non doverlo andare a cercare.
Sorrisi soddisfatta quando mi capitò fra le mani. La piegai in due e la allacciai al collo procedendo a passo spedito verso la fermata dell’autobus. Fortunatamente ce n’era uno che passava di lì in tempo per farmi arrivare al lavoro…a volte anche in anticipo. Era lontana solo un paio di isolati.
Ed io preferivo non prendere la macchina, a volte. Trovare un parcheggio era un miracolo.


Subito dopo aver messo piede in quel sudicio mezzo pubblico, mi guardai intorno: i posti erano quasi tutti occupati dai soliti studenti o da gente che andava a lavorare.
Gran parte di quelle facce le vedevo spesso, spessissimo. Regalai loro un sorriso e mi accomodai su un sedile accanto a un giovane con uno zaino abbandonato per terra, in mezzo ai piedi.
Non badai a guardarlo in viso, non che mi interessasse. Gli altri due posti liberi erano troppo lontani da me e la mia filosofia era ‘meno mi muovo più forze risparmio’
Poggiai il dorso della mano destra sotto il naso, rendendomi conto di quanto fosse gelato.
Mi strinsi leggermente nelle spalle mentre infilavo le mani nella borsa a rovistare fra le varie cianfrusaglie.
Dopo aver cercato abbastanza a lungo per un’ impaziente come me, ritrovai il mio fedele iPod, indossai le cuffiette e lo accesi lasciando scorrere i brani della playlist.
Lasciai che la voce di Rihanna mi inebriasse le orecchie. Chiusi gli occhi e mi rilassai non sentendo più neanche il rumore della strada o il chiacchiericcio dei passeggeri.
So shine bright tonight you and I we’re beautiful like diamonds in the sky’
Mi sentii picchiettare su una spalla e mi destai, come quando ti accorgi di esserti addormentato e non sai neanche come.
Mi tolsi una cuffietta e mi voltai verso colui o colei che mi aveva richiamata in vita dall’Ade.
Probabilmente era l’autista che mi avvertiva di essere arrivati a destinazione già da un bel pezzo.
Ma non incontrai gli occhi di quell’uomo. Piombai invece in un paio di occhi marroni sconosciuti ma allo stesso tempo dannatamente familiari che mi sorridevano e mi illuminavano più dello stesso sorriso che mi stava offrendo.
Ciao!” Mi sentii investita da tutto quell’entusiasmo improvviso e questo mi innervosì parecchio…ceh MI SONO APPENA SVEGLIATA, PORCA MISERIA.
Ci conosciamo?” Ecco la prova tangibile di quanto io possa essere stronza e insopportabile e INTRATTABILE, soprattutto dopo un malo risveglio come quello.
Il sorriso sulle labbra gli era morto all’istante. E subito dopo mi sentii quasi in colpa, quasi.
Si…quel sabato…la festa da George…quella notte…” L’avevo messo in difficoltà. Val-‘Sconosciuto’ 1-0, palla al centro.
Corrugai la fronte, sforzandomi di ricordare, e ce la misi davvero tutta. Quelli che ne uscirono fuori furono una serie di ricordi sfogati, delle scene che si susseguivano al rallenty.
Le sue mani sul mio corpo, i suoi baci ad infuocarmi la pelle, il mio respiro affannato e i nostri corpi fusi in uno.
Ehi ehi, niente fraintendimenti! Questa era la terza volta che facevo una cosa del genere in quasi vent’anni di vita, un po’ di divertimento ci stava!
NON sono una poco di buono e NON apro le gambe al primo che ci prova con me, tanto per chiarire.
Purtroppo mi piaceva bere, e ubriacarmi ogni tanto…
Avevo ripetuto tante volte il suo nome, quando mi aveva portata all’apice del piacere, e adesso nemmeno lo ricordavo…Loui..Lau..Liam? Si, forse si chiamava così.
Liam, giusto?” Lo indicai distrattamente mentre spegnevo la mia adorata fonte di musica riponendola nella borsa.
Il suo viso si illuminò. “Esattamente
Gli sorrisi, diciamo per compassione…mi faceva tenerezza in quel momento. “Grazie della serata
Ecco, l’ho detto. Ora girati dall’altro lato e non mi guardare più in faccia, cazzo!
Bisogna rifarla assolutamente!” Concordò estasiato.
Inarcai un sopracciglio senza che mi vedesse.
Si si, certo, guarda. Appena esco di qui ti assalgo, ora -ahimé- devo trattenermi perché siamo in pubblico e sarebbe davvero troppo imbarazzante…
Già
Per i restanti 3 minuti scarsi di viaggio, avevo ignorato quel Liam e lui non aveva nemmeno più osato guardarmi.
Mi sentii stranamente soddisfatta.


Quando il bus si fermò mi catapultai giù insieme alle altre 60 -o forse più- persone che si ammassavano per scendere il prima possibile.
Riuscii a scansare una gomitata in pieno fianco, imprecando a denti stretti contro qualcuno che non se ne era nemmeno reso conto.
Prima di uscire cercai di scorgere la testa di quel ragazzo fra tutte le altre, ma non riuscii a trovarlo.


Una volta dentro il centro commerciale, nella mia avanzata, mi guardai intorno: era pressoché deserto se non fosse stato per qualche dipendente che si rilassava al bar o girava per i vari negozi.
Ciao!” qualcuno mi salutò.
Ah, ciao Sarah."
Salii sulle scale mobili e aspettai di raggiungere il secondo piano; ne approfittai per guardarmi intorno nella mia salita. C’era un negozio che offriva il 70% di sconto; con un moto di felicità mi ripromisi di farci un salto il prima possibile. Magari trascinandomi dietro Niall e divertendomi con Zoe nel vederlo soffrire.
Zoe e Niall erano i miei due migliori amici, che si erano pure messi insieme da poco. Da tanto non uscivamo insieme, causa impegni di qualsiasi tipo che non riuscivamo a conciliare.


Camminai lungo il piano, fermandomi di tanto in tanto ad ammirare i manichini tutti agghindati con i migliori capi d’abbigliamento.
Da lontano scorsi una figura appoggiata al muro, proprio accanto al ‘mio’ negozio.
Si trattava di un uomo, questo era sicuro. Aveva il viso coperto da un cappuccio blu, una mano nella tasca dei pantaloni mentre nell’altra stringeva il cellulare.
Mi fermai di scatto appurando che si potesse trattare di…Mark. E cominciai involontariamente a tremare, le gambe molli come gelatina, i battiti accelerati, la fronte imperlata di sudore freddo: paura. Semplice e pura paura.
Ebbi la voglia di scappare a gambe levate ma non potevo, sarei arrivata tardi a lavoro…e non era proprio il caso di perdere quell’aumento che non avevo ancora percepito, tra l’altro…
Perciò mi feci forza e ripresi a camminare, con un’andatura più lenta e -di certo- meno disinvolta.
Man mano che mi avvicinavo, la fitta allo stomaco che stavo provando diventava sempre più forte, quasi soffocante.
Vi starete chiedendo: ‘Chi cazzo è questo Mark?’
Bene. Mark era un mio ex, quello pazzo e violento. Quello che avevo immediatamente mollato quando si era mostrato improvvisamente possessivo e geloso sopra ogni livello, quello che mi seguiva a distanza in qualunque posto io andassi. Quello che mi chiamava continuamente o mi inviava messaggi deliranti, lo stesso Mark che mi aveva quasi violentato trascinandomi in una stradina appartata del centro cittadino…quello che ghignava mentre mio fratello lo prendeva a pugni in faccia….quel bastardo che aveva sbattuto la porta di casa sussurrando un ‘Non finisce qui, mia cara’ che purtroppo avevo sentito solo io. Non avevo rivelato nulla di quello che mi stava facendo a Lou per non farlo preoccupare ulteriormente, doveva affrontare gli esami ed era già abbastanza stressato per questo.
E poi…sono sempre stata troppo orgogliosa e ‘indistruttibile’ per ammettere che avevo un disperato bisogno d’aiuto.
Mio fratello aveva notato un mio notevole cambiamento in quel periodo, esattamente 3 anni fa, quando ero ancora una stupida minorenne inesperta: non toccavo più cibo, ero dimagrita talmente tanto che mi si vedevano le ossa. Fui anche capace di sfiorare l’anoressia…mi facevo perfino schifo da sola a guardare il mio riflesso scarno e i miei occhi contornati da profonde occhiaie violacee allo specchio.
Mi ero chiusa in casa, convinta che solo lì potessi stare al sicuro; mi facevo venire le crisi di nervi anche se solo mi si diceva di metter qualcosa sotto i denti, piangevo e urlavo come un’ossessa senza che nessuno potesse farmi calmare; nemmeno Lou ci riusciva più dopo un certo punto. Poveretto…quante notti insonni gli avevo fatto passare perché facevo dei brutti sogni.
Mi svegliavo sudata e ansante nel cuore della notte e urlavo, urlavo a pieni polmoni, senza preoccuparmi di nessuno.
Era come se il mio corpo e la mia testa non rispondessero più ai miei comandi. MAI gli avevo rivelato nulla, però.
Fino a una di quelle che erano ormai giornate abituali. 
Al suo ‘Ti prego Am, soffro a vederti così senza poter far nulla’ sussurrato una notte mentre si passava una mano sul viso, stanco, dopo essere accorso nel mio letto a convincermi che si trattasse solo di un incubo, cedetti e gli raccontai ogni cosa.
Fra singhiozzi strazianti e spasmi che facevano sussultare quel corpo diventato ormai così esile…parlai.
Sputai fuori ogni cosa, sentendo il peso sul mio stomaco alleviarsi ad ogni parola che usciva dalle labbra. Non potevo nascondergli ancora questa faccenda, ormai aveva visto quanto non stessi bene, mi vedeva peggiorare e degenerare lentamente, avere reazioni da pazza isterica di punto in bianco e poi si sentiva rispondere ‘Non ho niente.’
Solo Zoe era a conoscenza della situazione che vivevo, ma le avevo fatto giurare di stare zitta, anche se lei ogni giorno mi incitava a parlare con Lou e, come al solito, finivamo per litigare perché non potevo neanche più sfogarmi con lei senza che non andasse a parare su mio fratello.
Mi stavo distruggendo la vita con le mie stesse mani.
Fortunatamente grazie a Wil, a Zoe e allo psicologo, tutti i tasselli del mio puzzle si erano rimessi ognuno al proprio posto e di…Mark nemmeno l’ombra. Ritornai ad essere la ragazza solare di sempre, quella che sprizza vitalità da ogni poro.
Si, quella Valerie stava ricomparendo più velocemente di quanto tutti -perfino me stessa- si aspettassero.
E quella brutta esperienza mi aveva resa ancora più forte. Da allora mi costruii un guscio di protezione e divenni la classica ‘mangia uomini’ che tutti consideravano e considerano stronza, senza cuore o peggio ancora puttana.
E dire che a quel bastardo avevo donato tutto…perfino la mia purezza, la mia verginità.  Però preferisco essere considerata quella che non sono pur di non raccontare nulla di quello che mi accadde, del mio periodo buio.
Non deve saperlo nessuno: nemmeno i miei genitori, nemmeno Niall.
Passai davanti a quel ragazzo senza degnarlo di uno sguardo, sperando che, di chiunque si trattasse, non stesse aspettando proprio me.
Perché non poteva trattarsi di Mark, erano passati 3 anni, cazzo!
Si deve essere rassegnato ormai…
Stavo per tirare un sospiro di sollievo dopo averlo superato, bramando di potermi trovare fra quelle quattro mura accoglienti e familiari del negozio in cui lavoravo, in cui potevo buttarmi addosso a qualcuno con la scusa di ‘un po’ d’affetto’ ma non potei: mi sentii tirata violentemente per un polso e mi trovai contro il petto di quel qualcuno.
Provai a urlare ma due braccia mi stringevano fortissimo impedendomi quasi di respirare.
Cominciai a tremare come una foglia.
Quello non mi sembrava lui, non era il suo corpo, non erano i suoi muscoli. Non riconoscevo nemmeno il suo profumo…o forse il mio subconscio, così preso dal volerlo dimenticare ci era riuscito talmente tanto bene che, se ce l’avessi avuto davanti, non l’avrei neanche riconosciuto.
Non riuscivo a muovermi, ero paralizzata e il mio corpo non rispondeva: déjà vu.
Una lacrima calda e amara seguita da un singhiozzo strozzato, mi rigò la guancia depositandosi sul suo petto.
Due mani mi si posarono sulle braccia e fui allontanata all’istante.
Non stavo capendo più nulla.
Nello stesso tempo che alzai il viso, lui lo abbassò, ma con mio grande stupore non incontrai i suoi occhi verdi, bensì…








Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Chapter two. ***


<<Niall!>> non riesco a trattenere le lacrime accumulatesi per lo spavento e comincio a piangere convulsamente. Di slancio mi aggrappo al suo corpo stringendolo talmente forte da farlo quasi soffocare.

La mia reazione lo stupisce tanto da ammutolirlo; e solo quando stavo incominciando a riprendermi mi chiede che cos’è successo.

<<Mi hai fatto prendere un grosso spavento! Idiota!>> quasi urlo con la voce rotta e lui scoppia a ridere, felice di rivedere la classica Val, quella che non ci pensa due volte a mandarti a quel paese.

Mi prende il viso fra le mani e bacia entrambe le mie guance bagnate dalle lacrime. <<Sicura che è stato solo per lo spavento?>>

Diglielo.

Diglielo.

<<…si…solo per questo..

>>

Abbassa lo sguardo. <<Ok scusa allora>>

<<Tranquillo cucciolo>> gli scompiglio i capelli con una mano con fare giocoso mentre con un fazzoletto mi soffio forte il naso.

Prima ancora di rendermene conto sono a braccetto con lui che mi trascina nella direzione opposta.

<<Andiamo! Starbucks ci aspetta!>>

Rido di gusto gettando la testa all’indietro. Quanto mi mancava uscire con lui!

<<Niall mi piacerebbe tantissimo ma devo lavorare..>>

<<Non oggi>> ribatte continuando a saltellare.

Mi fermo. <<Come sarebbe a dire “non oggi?”>> chiedo confusa.

<<Ho parlato con Melanie e per oggi sei libera>>
Assurdo! Come l’ha convinta?

Resto a bocca aperta dallo stupore. Troppe emozioni intense e contrastanti di prima mattina..

 

<<Un cappuccino e un cornetto al cioccolato>>

<<E per lei signorina?>>

<<Una cioccolata calda, grazie>>

sorrido al cameriere e tiro fuori il cellulare; poi mi rivolgo al ragazzo che ho di fronte.

<<Come mai questa..sorpresa?>>

domando con sincera curiosità.

<<Avevo bisogno di passare una mattinata con te, come facevamo ai vecchi tempi>>

<<Potevi dirmelo! Non mi sarei messa la divisa!>>

sono super indignata.

Scoppia a ridere. <<Faremo una capatina in qualche negozio allora>>

Mi brillano gli occhi. Shopping! L’ultima volta che sono andata a fare compere è stato per il matrimonio di una parente che nemmeno conoscevo, con mia madre che mi faceva rimettere a posto qualsiasi vestito leggermente più scollato o più corto della lunghezza che arriva fino al ginocchio.

 

In quell’esatto istante arriva il ragazzo con le nostre ordinazioni. Aspettiamo che posasse le nostre cose e se ne andasse ammiccando nella mia direzione -secondo Niall- e cominciamo a parlare di tutto quello che si è perso ognuno della vita dell’altro.

 

 

<<Perché Zoe non è venuta?>>

<<Il suo capo non è facilmente corruttibile come il tuo..>>

si incupisce ma io faccio finta di non notarlo. Sono brava in queste cose.

<<Mi dici come hai fatto a corrompere l“incorruttibile” Melanie?>>

chiedo mimando le virgolette con le mani. Mi giro e rigiro davanti allo specchio del negozio e accarezzando il tessuto soffice della maglietta.

<<Segreti del maestro…>>

ridacchia <<comunque stai benissimo Val>>

<<Grazie patato ma sbrighiamoci e andiamo via da questo centro commerciale..Mel potrebbe scoprirci>>

<<E che ha? Mica siamo nel suo negozio>>

<<No, ma nel centro commerciale della sua famiglia..meglio non rischiare>>

ribatto.

Rientro nel camerino e mi rimetto le mie amate air force bianche. Mi lascio addosso i vestiti che ho scelto: un paio di jeans chiari e una camicia bianca semi-trasparente. (Tanto erano già stati passati alla cassa, dovevo solo pagarli)

Scosto le classiche tende blu e cerco Niall che non è da nessuna parte. Quando mi avvicino all’uscita noto che è lì con il portafogli in mano.

<<Niall non dirmi che hai già pagato>>

 

<<Ok non te lo dico…>> al mio sguardo storto continua <<oggi sarai la mia ospite e non accetto un no come risposta>>

Mi sorride ed io lo abbraccio ben attenta a non far cadere il sacchetto con la mia divisa dentro. <<Grazie del super regalo allora>>.

 

Siamo arrivati davanti casa, Niall mi ha accompagnato con la sua macchina nuova fiammante. Non chiedetemi il nome della macchina perché non lo so…

Erano circa le 11…presto!

Apro lo sportello.

<<Scendi? Ti offro qualcosa>>

propongo. <<E se siamo fortunati c’è anche Lou>> aggiungo speranzosa.

<<Mmh..va bene!>>

Parcheggia l’auto mentre io mi incammino fino alla porta, poso le buste per terra e cerco le chiavi nella borsa, e le cerco, e le cerco…

Suono il campanello sperando che Louis sia in casa e per una volta possa essermi utile. Nel frattempo Niall mi affianca.

<<Mantieni il dito sul campanello finché si rompe>>

<<Ok>>

obbedisce ghignando. Sto impazzendo. Dove cacchio sono finite le chiavi?!

Dopo due minuti apre un Louis tranquillo e rilassato -che fischietta pure- con solo un asciugamano alla vita e il mio mazzo di chiavi in una mano.

Da notare che mio fratello gira per casa sempre mezzo nudo…

<<Che fai non ci senti?>>

lo aggredisco.

<<Ero sotto la doccia!>>

<<Sisi certo>>

bofonchio abbandonando le buste sul tavolo e correndo in bagno mentre sento l’eco di varie esclamazioni del tipo ‘Bro da quanto tempo!’ e rumorose pacche sulla spalla.

[…]

Finalmente! Mi scappava troppo la pipì…

 

 

Scendo le scale saltellando felice mentre penso già alla prima occasione in cui poter indossare la mia nuova mise…mi dirigo tranquillamente in cucina a prendere qualche drink ma trovo Lou e Niall con la faccia spiaccicata alla finestra. Lou si è già vestito: indossa un paio di jeans e una maglietta bianca e blu con le righe, la sua fissazione per le righe risale a quando aveva 6 anni, e dubito che non prosegua ancora e ancora per chissà quanti anni.

Li imito piazzandomi in mezzo e separandoli l’uno dall’altro. <<Cosa guardate?>> chiedo sussurrando, come se qualche altro all’infuori dei due potesse sentirmi.

<<Hanno comprato la casa qui di fronte>> risponde mio fratello senza degnarmi di uno sguardo.

<<Che bello! Così avrò di nuovo compagnia dalla mia cameretta! Era da anni che questa casa era in vendita>>

Vedo Niall assumere un’espressione perplessa così gli spiego che la mia camera si affaccia sulla camera della casa di fronte, cosa che lo lascia molto più che sorpreso.

<<Così se il tuo prossimo vicino fa cose strane la notte lo vedi?>> entrambi scoppiano a ridere come due matti ma a me personalmente la battuta è sembrata molto squallida…

<<Certo ma anche lui può vedere me…>> insinuo maliziosa gustandomi le facce scioccate dei due e il loro restare senza parole…che goduria!

Mi dirigo in frigo e in dispensa tirando fuori il necessario per un buon -non salutare- brunch: uova, pancetta, wurstel.

<<Cosa gradiscono i signori?>>

<<Due uova strapazzate, per favore>> ordina Louis.

Sposto lo sguardo su Niall. <<E per lei?>>

<<Niente, grazie>> risponde imbarazzato.

<<Andiamo bro’, conosciamo il tuo appetito..>>

<<Infatti, non vergognarti con noi>> continuo. Sospira. <<Un uovo strapazzato e un po’ di pancetta>>

[…]

<<Mmh, mai mangiato un brunch così buono>>

<<Oh..troppo gentile..!>> arrossisco lievemente.

<<Okay, devo confessarti il perché di questa mia trovata un po’ bizzarra..>>. Riceve subito l’attenzione mia e di mio fratello. <<Volevo festeggiare il nostro primo incontro. Ci siamo conosciuti esattamente 7 anni fa>> Non se la prende per il fatto che me ne ero completamente dimenticata, mi conosce bene e ormai sa che la mia memoria fa cilecca, quasi non mi ricordo che mangio a pranzo..

<<Speriamo che non valga la storia della crisi del settimo anno..>> bofonchia Lou.

Gli mollo una gomitata sulla costola

<<Ahio!>> si lamenta accarezzandosi la parte colpita. Mi alzo e mi butto fra le braccia di Niall stringendolo fortissimo.

Lui è un componente fondamentale della mia vita, non so come avrei fatto senza di lui in molti momenti, e chissà se ci fossimo conosciuti se lui non fosse venuto a cantare le canzoncine di natale davanti alla mia porta e io non avessi invitato lui e tutta la sua allegra compagnia a riscaldarsi con una bella tazza di cioccolata fumante..

Ricambia l’abbraccio stringendomi -se possibile- ancor di più ed io, dopo tanto tempo mi sento protetta, mi sento a casa come non lo ero da tanto perché non riesco a trovare qualcosa minimamente paragonabile alla sensazione di tranquillità che mi avvolge quando sono tra le sue braccia.

Un finto colpo di tosse ci riporta alla realtà facendoci separare l’uno dall’altro, è Louis che si schiarisce la gola attirando la nostra attenzione su di sé; i nostri occhi lo fissano curiosi.

<<Non vorrei interrompere il momento ma credo sia arrivato il momento per me di andare, Beth mi sta aspettando>>

Chi è Beth?

Pensavo di non aver dato voce ai miei pensieri ma, come al solito, non riesco a tener chiusa la mia boccaccia perché già quelle parole sono state elaborate dal cervello del moro mentre cerca la risposta giusta da darmi. Vedo uno strano lampo attraversargli lo sguardo e un sorrisino d’ammirazione formarsi sulle sua labbra sottili, e non c’è stato bisogno di altro per capire, la sua reazione dice già tutto. Quando apre finalmente la bocca lo zittisco con un gesto della mano e uno sguardo di chi la sa lunga.

<<Non c’è bisogno che tu mi risponda, già ho capito tutto..solo da quanto tempo va avanti, fratellone?>> chiedo senza riuscire a trattenere un sorriso divertito e allo stesso tempo felice.

<<Da quasi 3 mesi>> confessa grattandosi la nuca imbarazzato.

Wo wo!! Allora la cosa è davvero seria! 1 mese è già troppo per i suoi standard ma..3 mesi..

Ora sono indignata. <<E quando pensavi di dirmelo?!>>

Il suo sguardo si sposta su quello di Niall e sulla mia mano posata -o meglio, ancorata- sulla sua spalla, in cerca di un aiuto da parte sua, ma il biondo scrolla le spalle con un’aria divertita sul suo volto angelico.

<<Non pensavo potesse diventare una cosa importante>> ammette con occhi limpidi, trasparenti. E’ dannatamente sincero.

<<Scusami, sorellina. Prometto che ti racconterò tutto il prima possibile. Non dormirò qui stanotte quindi per farmi perdonare hai il permesso di fare quello che vuoi, anche organizzare una megafesta, solo non combinare casini>> dice tutto d’un fiato lasciandomi un bacio sulla guancia e salutando il biondo con le classiche pacche fraterne sulla schiena. Prima che io e Niall potessimo anche solo formulare un pensiero, lui è già uscito di casa con il suo giubbotto sottobraccio e la sua andatura veloce.

<<Megafesta>> sussurriamo all’unisono scoppiando a ridere subito dopo.

<<Qual miglior modo di festeggiare il nostro anniversario se non quello di organizzare un party casalingo? Il migliore che ci sia mai stato>> parlo a raffica, emozionata solo all’idea.

<<Cominciamo già da subito, creo un invito su facebook e lo mando ai miei 3087 amici, 3089 con gli ultimi due di oggi. E ti conviene fare lo stesso Val>> parla con calma e risolutezza, come se avesse la situazione sotto controllo, cosa che io in questo momento non ho. Ma d’altronde lui c’è abituato con queste cose, io non ho mai organizzato nulla se non qualche festa a sorpresa per i miei amici con un massimo di 50 persone.

Seguo il suo consiglio, prendendo il mio iPhone dalla tasca anteriore dei jeans e imitandolo mentre smanetta con il suo cellulare, identico al mio se non per il colore, che è nero. Ricordo quando li abbiamo comprati insieme quasi un annetto fa, e il mio desiderio di avercelo fra le mani, ne ho sempre desiderato uno.

A differenza sua io non ho tutti questi amici, poiché molti dei miei sono di Doncaster e qui non ho avuto modo di farmene di nuovi. Se ci penso mi intristisco, una delle poche cose che mi è dispiaciuta del trasferimento è stata proprio questa, e il fatto di non aver potuto festeggiare il mio 21esimo compleanno con loro ma solo con mio fratello, Niall e Zoe, che avevo conosciuto da poco -considerando il fatto che ero arrivata a Londra solo da 5 mesi- ma che subito mi erano entrati nel cuore.

<<Fatto?>> Niall e il suo sorriso mi distolgono dai miei ricordi, annuisco e ricambio allo stesso modo.

<<Benissimo, allora si va a comprare l’alcool!>> urla euforico prendendomi per un polso e trascinandomi alla porta dell’ingresso.

<<E per la musica e tutto il resto?>> chiedo mentre chiudo a chiave e per poi riporla con cura dentro la borsa.

Alza un sopracciglio guardandomi beffardo. <<Lascia fare a me>>.

Sospiro mentre scuoto leggermente la testa, rassegnata. L’ultima volta che l’ho lasciato fare è…è…ora che ci penso non l’ho mai lasciato fare, forse è arrivato il momento di fidarmi e dargli una possibilità, dopotutto, se lo merita.

Saliamo in macchina e subito accendo lo stereo sintonizzandomi su tutte le stazioni possibili fino a trovare, finalmente, quella che trasmettesse una canzone decente: Dark Horse di Katy Perry, una delle canzoni che ascolto continuamente in questo periodo. Comincio a canticchiare sotto lo sguardo divertito del ragazzo; non sono intonata, lo ammetto, ma non penso di essere poi così terribile.

It’s in the palm of your hand now baby. It’s a yes or no? No maybe, so just be sure. Before you give it up to me, up to me. Give it up to me.

Aspetto qualche secondo, in attesa della voce della cantante, e ne approfitto anche per riprendere fiato.

So you wanna play with magic? Boy, you should know what you’re falling for. Baby, do you dare to do this? Cause I’m coming at you like a dark horse.

Niall mi imita, muovendo la testa qua e la senza però staccare lo sguardo dalla strada, lui è di certo più intonato di me ma…pazienza..

Are you ready for? Ready for? A perfect storm? Perfect storm? Cause once you’re mine, once you’re mine. There’s no going back.

Durante il ritornello entrambi aumentiamo il tono della voce, dimenandoci e fingendo di avere un microfono fra le mani, quasi urliamo mentre ci guardiamo di sottecchi e ridiamo ognuno dell’altro, di quanto in realtà siamo buffi e, in questo momento, spensierati.

 

 

Scendiamo dalla macchina sorridenti, camminando lentamente verso il centro commerciale, con il suo braccio intorno al mio collo e le mie, di braccia, incrociate sotto il seno.

<<Ci serviranno fiumi di vodka, in tutti i gusti: melone, fragola, pesca, menta e la tua preferita..ciliegia>> mi fa l’occhiolino.

<<Vodka liscia, gin…>> suggerisco, pensierosa.

<<Sarà una delle più belle feste mai viste>> promette prendendo il cellulare con l’altra mano e leggendo quanti avrebbero partecipato, e quanti non.

<<Per ora siamo a 300>> dice rispondendo alla mia muta domanda.

Socchiudo leggermente le labbra lasciandomi sfuggire un fischio. <<Wow>>

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1351789