Il cuore di Kate di germangirl (/viewuser.php?uid=228131)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 1 - SEI ANNI FA ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 2 - CINQUE ANNI FA ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 3 - QUATTRO ANNI FA ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 4 - TRE ANNI FA ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 5 - DUE ANNI FA ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 6 - L'ANNO SCORSO ***
Capitolo 8: *** EPILOGO - ADESSO ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
PROLOGO
Sto per
affrontare una delle
esperienze più sconvolgenti nella vita di un essere umano e
credo che sia
giunto il momento di raccontarvi gli eventi che ci hanno condotto fino
qui e di
farlo dal mio personalissimo punto di vista, considerato che io ne sono
uno dei
protagonisti principali.
Oh, scusate la
maleducazione, non
mi sono ancora presentato, ma rimedio subito.
Sono il cuore di
Katherine
Houghton Beckett.
Non pensiate che
il mio sia un
ruolo semplice, tutt’altro. Per il lavoro che fa, nelle vene
di Kate scorre
spesso una quantità notevole di adrenalina, che costringe
tutto il sistema
cardiovascolare a un super lavoro. Tachicardia, infatti, è
il mio secondo nome.
Senza considerare che il detective Beckett si è beccata un
proiettile in pieno
petto, che è arrivato a un tanto così da me. E
nonostante io abbia combattuto
con tutte le mie forze, sono dovuto soccombere alla gravità
della situazione e
ho smesso di battere.
Fortunatamente i
medici
dell’ospedale sono riusciti a farmi ripartire.
Mi hanno ripreso
per i capelli.
Oh, ok, lo so,
un cuore non ha i
capelli, ma spero che mi perdonerete se userò un linguaggio
metaforico. Del
resto, tecnicamente, un cuore non ha né voce né
la capacità di scrivere, eppure
voi mi state leggendo ed ascoltando, quindi confido nella vostra
apertura
mentale.
Dicevo che i
medici sono riusciti
a ripristinare il mio battito.
Un miracolo.
Le loro mani
erano guidate da un
angelo, su questo non ho dubbi. Ho la ferma convinzione che un angelo
vegli su
Kate (e su di me) da molto tempo. E quell’angelo risponde al
nome di Johanna
Beckett.
Sapete, quando
Johanna se n’è
andata, il dolore è stato così forte che Kate ha
trovato un unico modo per
difendersi.
Si è
affidata all’inquilino dell’ultimo
piano, quello che sta all’attico.
No, non mi
riferisco a Richard
Castle (magari… ma di lui vi racconterò
più avanti).
Intendo il
cervello.
E
così il raziocinio ha preso il
sopravvento e ha costruito intorno a me un muro tanto alto e spesso
che, al
confronto, la muraglia cinese è un marciapiede, anzi, una
siepe, e pure un po’ spelacchiata.
Credetemi, la
capisco, povera
Kate.
Doveva trovare
il modo per
difendere sé stessa e me da un dolore così forte
che nemmeno l’impatto con il proiettile
è riuscito a superare. Avevamo entrambi bisogno di tempo
affinché quella ferita
smettesse di sanguinare copiosamente e si rimarginasse. Per questa
ragione ha
tirato su una fortezza inespugnabile, pietra su pietra, mattone dopo
mattone. Un
sistema difensivo che potrebbe gareggiare con Fort Knox, senza ombra di
dubbio.
Oh, ha lasciato qualche feritoia in quel muro, delle aperture strette e
anguste, ma grazie a loro piano piano si sono fatti strada dei rapporti
di
amicizia solidi: quello che ci lega a Lanie, Javier e Ryan, per
esempio. Oltre
all’amore sconfinato che proviamo per papà Jim.
Finché
non è arrivato lui, l’inquilino
del loft.
E sì,
ora mi riferisco proprio
allo scrittore.
Da quando lui
è entrato nella vita
di Kate, le mie giornate sono state una continua battaglia con il
cervello. Mi
pare di essere costantemente in trincea, con tanto di elmetto di
metallo ben
calcato sulla testa. Se il detective Beckett combatte ogni giorno
contro i
criminali, io lo faccio contro il raziocinio.
E’
stata una lotta durissima,
credetemi. Sfiancante. E a volte continua ad esserlo tuttora, dopo
tanto tempo.
Ma ritengo di
aver riportato
diverse vittorie importanti. Vedete, Katherine è una delle
migliori detective
del NYPD non solo perché è una donna estremamente
intelligente – glielo devo
proprio riconoscere, l’inquilino dell’ultimo piano
funziona davvero bene – ma
soprattutto perché ci sono io. Senza falsa modestia.
E’ grazie a me, ovvero al
suo gran cuore, che riesce a dimostrare una profonda empatia nei
confronti dei
familiari delle vittime e quindi a portare loro un minimo di conforto,
oltre
che impegnarsi fino in fondo per trovare giustizia per chi non
c’è più e per
chi è sopravvissuto. Lo fa perché sa bene cosa
vuol dire trovarsi nella loro
situazione, purtroppo.
Se avrete voglia
di seguirmi in
questo breve viaggio nel tempo, vi racconterò gli ultimi sei
anni dalla mia
personalissima prospettiva: il punto di vista del cuore di Kate.
Nota
dell’autrice
L’idea
di questa storia ha cominciato a gironzolarmi nella testa mesi fa
mentre ero impegnata con la mia seconda FF di JAG. Ne ho parlato con il
mio
angelo custode e lei ne è stata subito entusiasta, tanto da
regalarmi questo
fantastico banner (è una persona meravigliosa, vero? *___*).
Ho cominciato a scrivere,
poi però sono stata “rapita” da
thatswhatfriendsarefor e così è rimasta
lì,
parcheggiata in una cartella del mio computer.
Ora
che l’OCD in qualche modo è… sotto
controllo (nel senso che la
stesura è completa, non che la psicosi sia passata,
né alla sottoscritta né
alla squilibrata dell’omonima storia), ve la propongo.
Spero
che sia di vostro gradimento. Intanto vi ringrazio per avermi
dedicato il vostro tempo ed essere arrivati fino qui.
Un
abbraccio,
Deb
|
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Capitolo 2 *** CAPITOLO 1 - SEI ANNI FA ***
CAPITOLO
1 – SEI ANNI FA
Se
avrete voglia di seguirmi in questo breve viaggio nel tempo, vi
racconterò gli ultimi sei anni dalla mia personalissima
prospettiva: il punto
di vista del cuore di Kate.
Tutto
è cominciato con il
ritrovamento di un cadavere che sembrava la trasposizione di una scena
descritta in un libro di Richard Castle, famoso scrittore di gialli,
amatissimo
da Kate tanto che ne possiede tutte le opere.
Un tipo
bizzarro, va detto.
Fuori del
comune, senza ombra di
dubbio.
Presuntuoso,
logorroico e
infantile: un adolescente nascosto nel corpo di un quarantenne. Un
quarantenne
affascinante, per la precisione.
Infatti, appena
gli occhi di Kate
si sono posati su di lui, al party per il lancio del suo ultimo libro
della
saga di Derrick Storm, io mi sono messo a battere più
rapidamente, il sangue ha
cominciato a fluire nelle vene in quantità maggiore e il
cervello ha fatto una
discreta fatica a far mantenere a Kate il suo aplomb da detective
cazzuta.
Oh, scusate, mi
è scappato.
Intendevo dire risoluta.
Sapete, non
è facile per una donna
fare questo lavoro e l’unico modo è non perdere
mai il controllo della
situazione, in nessun caso. A prescindere da chi hai di fronte. Anche
se ti
appare davanti il tuo idolo, lo scrittore che adori da sempre e che ti
ha
accompagnato negli anni più bui, regalandoti degli spiragli
di luce. Non puoi
seguire il tuo cuore, ovvero il sottoscritto, che ti direbbe di
gettarti ai
suoi piedi e implorare un autografo, confessandogli quanto lui sia
stato vitale per te.
Nossignore.
Devi comportarti
come se nulla
fosse e, in generale, impegnarti il doppio di quanto farebbe un uomo. O
tre
volte tanto, e senza che nessuno riconosca pienamente il tuo valore.
Scusate lo
sproloquio, ma su questo argomento sono particolarmente suscettibile.
Comunque, Rick
Castle ci ha subito
provato con Kate, del resto è una gran bella donna e non
passa di certo
inosservata, ma il cervello lo ha immediatamente bollato come
“individuo
sgradito – tenersi alla larga”, nemmeno fosse
altamente radioattivo, e ha
aggiunto all’istante uno strato di mattoni al muro, tanto per
essere sicuri che
fosse davvero invalicabile. Per non correre rischi, insomma.
Naturalmente
l’inquilino
dell’attico non poteva sapere che l’inquilino del
loft avrebbe addirittura
scelto Kate come sua musa ispiratrice e la cosa mi ha riempito di gioia
e
orgoglio. Sentimenti che il suddetto cervello ha voluto ignorare a
oltranza,
negando persino l’evidenza. Ma gli occhi – che sono
dalla mia parte,
ringraziando il cielo – si sono incatenati più di
una volta a quelli di oceano
e di cielo dello scrittore, scrutandogli l’anima e
ritrovandovi un essere assai
più profondo e tormentato dell’individuo sbruffone
e superficiale che voleva
apparire. Non solo. I suddetti occhi si sono posati più di
una volta sulle
labbra e sul fisico dello scrittore, in particolare sul suo delizioso
didietro,
e hanno apprezzato la visuale. Oh, eccome se lo hanno fatto!
Ma torniamo a
noi.
Castle ha
cominciato a seguire
Kate al lavoro come la sua ombra, rivelandosi una fonte interessante di
teorie,
spesso completamente folli, a volte assolutamente geniali per la
risoluzione dei
casi. Ma l’aspetto principale è che la sua
presenza si è trasformata in una
sorgente continua di leggerezza nel mondo di Kate, così
difficile e duro. Ci ha
fatto tornare il sorriso, la voglia di scherzare, la
capacità di prendersi un
po’ meno sul serio. Ci ha fatto riscoprire la fiducia nel
lato magico
dell’esistenza, quella che avevamo da bambini e che era
andata perduta. Anche
se nella maggior parte dei casi si comportava come un ragazzino viziato
e
strafottente, a volte i suoi occhi hanno espresso una bontà
e una tenerezza che
a me non sono certo passate inosservate.
E sappiate che
io sono un attento
osservatore.
Inutile dirvi
quanto io abbia
dovuto combattere con il cervello, che continuava a volerlo tenere a
distanza
di sicurezza. In realtà, però, lo scrittore si
è dimostrato una sfida anche per
il raziocinio di Kate, grazie alla sua capacità di pensare
al di fuori degli
schemi, rivelandosi sorprendentemente utile.
Ma non
è stato sempre rose e
fiori.
Castle
è andato a toccare un tasto
estremamente dolente. Spinto dalla sua curiosità patologica
e dal suo bisogno
di fornire un passato alla sua Nikki Heat, ha sollevato il coperchio
del vaso
di Pandora: ha messo le mani sui documenti dell’omicidio di
Johanna. E questo
ha riaperto la vecchia ferita che ha ripreso a sanguinare copiosamente.
Non avrebbe
dovuto farlo.
Non erano affari
suoi.
Ci siamo sentiti
violati.
Quello era il
dramma mio e di Kate
e nessuno aveva il diritto di entrarci. Nessuno.
La rabbia è salita dal profondo delle viscere e ci ha
sconquassato, tanto che
abbiamo fatto fatica a perdonarglielo. Ci avevamo messo anni di analisi
per
ritrovare un minimo di equilibrio, per tenere sotto il livello di
guardia
quella sofferenza atroce che avevamo provato sin da quando avevamo
saputo della
morte di mamma e di come era morta.
Quando Beckett era entrata in polizia, avevamo dedicato ogni minuto
libero a
studiare le prove, analizzare il fascicolo, sviscerare parola per
parola le
annotazioni dei detective che avevano indagato
sull’assassinio efferato di Johanna.
Ci eravamo
macerati, sia io che il
cervello.
Consumati fino
all’ultima fibra.
Poi, con il
tempo, quella furia si
era in qualche modo calmata, anche se io, nel mio punto più
recondito,
conservavo un senso di fallimento totale. Dovevamo rendere giustizia a
mamma e
non ci eravamo riusciti.
E chi era questo
sbruffone
irrispettoso per andare a frugare nel nostro dolore?
Chi gli aveva
dato il diritto?
Però
alla fine Kate è una donna
d’oro. Anzi, io sono un cuore d’oro.
Castle ha capito
di avere
sbagliato e si è scusato. Ed era sinceramente dispiaciuto,
gliel’ho letto negli
occhi e nel cuore, tanto che non abbiamo potuto evitare di accoglierlo
nuovamente al distretto a braccia aperte. Ed è stato meglio
così. Ma di questo
vi racconterò prossimamente.
Nota
dell’autrice
Il
cuore di Kate è partito dall’inizio, ricordando
come tutto è
cominciato e come sono stati i primi mesi di Castle al distretto.
L’accoglienza
calorosa che avete riservato al prologo ha riempito il MIO
cuore!
Vi
ringrazio davvero per il tempo che mi avete dedicato e per avermi
seguito fino qui.
Al
prossimo capitolo,
Deb
|
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Capitolo 3 *** CAPITOLO 2 - CINQUE ANNI FA ***
CAPITOLO
2 – CINQUE ANNI FA
Però
alla fine Kate è una donna d’oro. Anzi, io sono un
cuore d’oro.
Lui
ha capito di avere sbagliato e si è scusato. Ed era
sinceramente
dispiaciuto, glielo si leggeva negli occhi e nel cuore, tanto che non
abbiamo
potuto evitare di accoglierlo nuovamente al distretto a braccia aperte.
Ed è
stato meglio così. Ma di questo vi racconterò
prossimamente.
Il secondo anno
della
collaborazione con Rick ci ha permesso di accorgerci che, al di
là dell’immagine
di adolescente mai uscito dalla fase puberale, tutto ormoni in
subbuglio e
videogames, in realtà si nasconde un bravo papà,
che è riuscito a costruire un
rapporto splendido con sua figlia. Anche Alexis e Martha hanno usato
una delle
feritoie del muro per farsi spazio in me e ho cominciato a nutrire un
sentimento molto profondo per entrambe. Le trovo assolutamente
deliziose, non
siete d’accordo con me? Martha, in particolare, ha un modo di
comportarsi così
sopra le righe che mi fa stare bene. E’ una mamma fuori dagli
schemi, ma sa
bene cosa vuol dire amare un figlio e crescerlo da sola. E Alexis, beh,
lei
ormai è una giovane donna strepitosa, ma quando
l’abbiamo incontrata era una
ragazzina legatissima al padre, dotata di un’intelligenza
decisamente superiore
alla media e di un cuore generoso. Impossibile non provare affetto per
lei.
Devo ammettere
che, con il passare
del tempo, il muro che mi circondava ha iniziato a perdere qualche
mattone, a
sgretolarsi in più punti. Ha ricevuto varie picconate da
tante piccole cose: il
dono della macchinetta per il caffè per il distretto, la
tenerezza di Castle
nei confronti della sua pumpkin, la
sua offerta di usare i propri soldi per ottenere informazioni che ci
avrebbero
aiutato a trovare l’assassino di Johanna. Era come se lo
scrittore si fosse
munito di uno strumento magico con il quale aveva cominciato a
scalfire, a grattare
via uno strato dopo l’altro della muraglia, scavando persino
con le unghie,
togliendo a mani nude una pietra qui, un mattone là, finendo
così con
l’indebolire la struttura di cemento armato.
Poi è
arrivata una bordata più
potente: l’apparizione di Kyra Blaine. La ricordo ancora come
se fosse ieri.
Ebbene
sì, io in persona, nella
mia qualità di cuore di Katherine Houghton Beckett, dichiaro
solennemente di
essere stato geloso di Kyra. Amen.
Più
di lei che delle due ex signore
Castle, ve lo confesso.
Non che quelle
due mi siano
indifferenti, intendiamoci.
Gina ne
è anche l’editrice, quindi
lo frequenta regolarmente per lavoro. Come dire, tocca farsene una
ragione. Anche
se lei ci ha fatto prendere un altro bel colpo, ma ve ne
parlerò più avanti.
Quando abbiamo
incontrato Meredith
per la prima volta, conoscevamo Castle da troppo poco tempo per avere
un
qualsiasi tipo di reazione. Anzi, dovremmo addirittura esserle
riconoscente
visto che ci ha persino aiutato a risolvere un caso. La seconda volta
è stata
tutta un’altra faccenda, indubbiamente, ma siate pazienti,
verrà anche il
momento di raccontarvi quell’episodio.
La graziosa
signorina Blaine,
invece, con la sua minuta avvenenza, con la sua dolcezza disarmante e
la sua
perspicacia (le è bastata un’occhiata per capire
subito come stavano le cose,
senza tanti preamboli) ci ha lasciato tutt’altro che
imperturbati.
Rick le aveva
dedicato persino un
libro, che diamine!
E sono stati
insieme per tre anni,
al college, quando lui non era ancora così famoso: a
differenza delle due ex
signore Castle, infatti, lei era innamorata dell’uomo, non
dello scrittore.
E si sono pure
baciati su un
terrazzo, al chiaro di luna, nel posto speciale della loro storia
d’amore, quando
lei stava per sposare un altro, era praticamente a un passo
dall’altare!
Ma insomma!
Naturalmente il
cervello ha negato
fino alla noia che Kate fosse gelosa, sentimento di cui persino Lanie
si era
accorta, tanto che il suddetto cervello ha subito dato la colpa ai
troppi
fluidi inalati in obitorio dalla dottoressa Parish.
L’inquilino dell’attico
trova sempre una spiegazione razionale per tutto quello che succede. Ha
un
talento straordinario in questo senso, mannaggia a lui.
Ah, Lanie, che
donna fantastica! Lei
è sempre dalla mia parte.
La adoro, sapete?
E’
quella che mette regolarmente
in scacco il raziocinio di Kate. Quanto mi piace questa sua
capacità! Non solo.
Per esempio, è quella che ci ha procurato il numero di
telefono di un pompiere
con cui uscire. Bel ragazzo, indubbiamente, ma… non
è Rick. E il cervello, a
questo proposito, non ha avuto nulla da commentare. Infatti,
l’affascinante
vigile del fuoco, non a caso ritratto sul calendario al mese di luglio
(ed è
cosa universalmente nota che per i mesi estivi scelgano i
più fighi!), è stato piantato
al ristorante con la scusa di un importantissimo caso da risolvere, e
bye bye
baby.
Perdonatemi, ho
divagato di nuovo.
Stavamo parlando delle picconate ricevute dal muro.
Un altro strato
di mattoni è
crollato quando un simpatico serial killer ce l’aveva con
l’alter ego di Kate,
Nikki Heat, e ha pensato bene di uccidere alcune donne e di far saltare
in aria
l’appartamento di Beckett. Davvero un tipo carino questo
Scott Dunn, non vi
pare? Uno di quelli che, se si è fortunati, si
può annoverare nella cerchia
degli amici più intimi. Comunque, Castle dapprima ha provato
a proteggerci,
presentandosi alla porta di casa armato di una bottiglia di Chateauneuf
du Pape
(proposta di fronte alla quale il cervello ha sollevato un
sopracciglio,
praticamente disgustato), poi ci ha accolto nel suo loft dove ci sono
persone
che ci vogliono bene. L’inquilino dell’ultimo piano
ha negato fino alla morte quanto
quel gesto ci abbia riempito di gioia, ma io posso confessarvi che ne
sono
stato proprio felice. Ho sentito che eravamo in famiglia.
E’ una
bella sensazione, sapete?
Naturalmente il
rapporto con
Castle stava diventando troppo personale (e palese: se
n’è accorta sin dalla
prima occhiata anche l’agente speciale Jordan Shaw, e non
certo perché è un
profiler dell’FBI!), così il cervello ha pensato
bene di adottare una strategia
di difesa ed è proprio in questo modo che è
cominciata la storia con Demming.
Tom è un bell’uomo, sportivo, affascinante,
intrigante, ed è stato facile
gettarsi fra le sue braccia. Anche se, detto fra noi, io non sono mai
stato
coinvolto. Diciamo che ho seguito la corrente, ecco, ma il mio impegno
in
merito è stato davvero minimo. Infatti, la storia ha avuto
durata breve e ho
approfittato di un attimo di distrazione dell’inquilino
dell’attico per
spingere Kate ad accettare l’invito che Rick le aveva fatto:
raggiungerlo negli
Hamptons per l’estate.
Non vedevamo
l’ora di dirglielo,
battevo all’impazzata nel petto di Kate tanto che temevo che
sarei schizzato
fuori dalla cassa toracica!
Peccato per la
totale mancanza di
tempismo: Castle si è presentato avvinghiato, anzi attorcigliato alla sua ex seconda moglie,
con la quale aveva
ricominciato a vedersi, e i miei sogni si sono infranti. Ecco cosa
intendevo
quando vi ho accennato al colpo che ci aveva fatto prendere Gina.
L’arpia se
l’era ripreso e lui ci era caduto con tutte le scarpe, quel
tontolone.
Tutte le mie
speranze sono crollate
rovinosamente a terra. See
you in the fall,
ha detto. E arrivederci.
Non vi dico che
ramanzina mi ha
fatto il cervello! Mi bruciano ancora le orecchie al ricordo.
Appena Rick e
Gina ci hanno
voltato le spalle, l’inquilino dell’ultimo piano si
è presentato con cazzuola, cemento
a presa rapida e mattoni e ha immediatamente ricostruito due strati del
muro,
ben solidi, assicurandosi che non ci fossero nemmeno gli spifferi,
così – alla
fine – avrei imparato la lezione.
E siamo
ripiombati nelle vecchie
abitudini.
Nota
dell’autrice
Un
capitolo dedicato al secondo anno della collaborazione di Rick con il
Dodicesimo: il cuore di Kate spinge sempre di più verso lo
scrittore
(CuoricinoCaskettShipper, come dice Etta Saetta!), ma per ora il
cervello non ha
alcuna intenzione di mollare, anche se il muro comincia inevitabilmente
a
sgretolarsi.
Grazie
per l’affetto con cui avete accolto la storia e per aver
letto
anche questo!
Al
prossimo capitolo,
Deb
|
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Capitolo 4 *** CAPITOLO 3 - QUATTRO ANNI FA ***
CAPITOLO
3 – QUATTRO ANNI FA
Appena
Rick e Gina ci hanno voltato le spalle, l’inquilino
dell’ultimo
piano si è presentato con cazzuola, cemento a presa rapida e
mattoni e ha
immediatamente ricostruito due strati del muro, ben solidi,
assicurandosi che
non ci fossero nemmeno gli spifferi, così – alla
fine – avrei imparato la
lezione.
E
siamo ripiombati nelle vecchie abitudini.
E’
sparito per l’intera estate,
senza mai farsi vivo, nemmeno con una telefonata.
Il cervello
insisteva nel dirmi
che ero uno sciocco ad aver persino ipotizzato
di accettare il suo invito e che i fatti ancora una volta gli
dimostravano quanto
LUI avesse ragione.
Lui, il
razionale.
Ma io continuavo
a sentirne la
mancanza.
Gli occhi,
sempre miei alleati, si
posavano con nostalgia sulla sua sedia vuota al distretto, sulla quale
aveva
trascorso ore e ore, anche solo a fare partite interminabili di Angry birds, o a infastidire
l’inquilino
dell’ultimo piano con le sue teorie astruse che spesso
coinvolgevano complotti
di mafia, spie e alieni.
Per mesi nessuna
notizia.
Finché
non lo abbiamo beccato
accanto a un cadavere, in una situazione alquanto compromettente.
E’
stato un segno dell’universo. E
io – proprio come lo scrittore – rispetto
l’universo. Vedete quante cose
abbiamo in comune? Comunque, non sto a tediarvi sullo stratagemma che
abbiamo
utilizzato per accoglierlo di nuovo al distretto, ma alla fine
così è stato e
Rick ha ripreso il suo posto, sulla sedia accanto alla scrivania di
Beckett.
Sapete,
l’universo ci ha parlato
anche attraverso una medium. Ora questo lo so che sembra strano, ed
è una cosa
che abbiamo scoperto solo in seguito, ma la medium ha detto che un
Alexander ci
avrebbe salvato la vita. Ed è stata profetica.
Perché un Alexander ci ha
davvero salvato la vita, in senso fisico e, più che altro,
metaforico. Ci ha
dato la forza di continuare a lottare anche quando tutto sembrava
perduto. Ma
di questo vi racconterò più avanti.
Ah, ho
dimenticato di parlarvi di
Josh. Strano non averlo ancora menzionato, ma evidentemente i ricordi
seguono
una linea del tempo tutta loro, dando priorità a certi
eventi e sorvolando su
altri. Comunque, rimedio subito. Il dottor Joshua Davidson è
un importante
cardiochirurgo, impegnato a salvare il mondo con Medici senza Frontiere.
Iniziativa
lodevole,
indubbiamente.
Peccato che sia
incompatibile con
qualsiasi tipo di relazione sentimentale.
Sapete, avevo in
qualche modo
messo una pietra sopra i miei sentimenti nei confronti dello scrittore,
visto
che lui sembrava felice con la sua seconda ex moglie – anche
se le minestre
riscaldate non mi piacciono… oh, scusate il commento acido,
mi è proprio
scappato. Aspettate che mi schiarisco la voce e mi ricompongo. Dunque,
vi stavo
raccontando di Motorcycle Boy: il
dottor Davidson è un tipo affascinante, con il suo look da
bel tenebroso, capelli
scuri, sguardo intenso, un lavoro impegnativo, una
personalità interessante,
una moto potente. Insomma, bisognerebbe essere ciechi per non
apprezzarlo, non
credete? Comunque, l’abbiamo frequentato a lungo e, anche se
non è stato un
rapporto sempre semplice, abbiamo fatto di tutto per salvarlo.
Finché non è
giunto alla sua naturale conclusione, dopo un evento molto traumatico.
Va detto che una
discreta scossa a
quella relazione gliel’aveva data anche la lettura di una
corrispondenza
epistolare fra un detenuto e la sua amata. Il modo in cui Rick aveva
letto
quelle lettere, quel “ti amo”, pronunciato
guardando dritto negli occhi di
Kate, con cui come sapete ho un collegamento diretto, mi era arrivato
forte e
chiaro e mi aveva fatto accelerare i battiti, tanto che – ne
sono sicuro – le
pupille di Kate si erano dilatate e sulle sue labbra era comparso un
sorrisino
timido. Effetti che il cervello ha immediatamente annullato con una
bordata di
razionalità che ha stroncato ogni romanticismo sul nascere.
Sapete, io mi
sono dato una
spiegazione per il comportamento del cervello di Kate. Era terrorizzato
di
fronte a un sentimento nascente mai provato prima. E le cose nuove, si
sa, sono
sconosciute. E l’ignoto spaventa. Oltre al fatto che se ci si
mette nelle mani
di un’altra persona, si corre il rischio di essere delusi o
abbandonati da lei.
Così, l’unica cosa da fare era mantenere le
distanze, in modo da gestire meglio
la situazione.
Tutto questo in
teoria, perché in
pratica in quei mesi anche le mani di Kate sono passate, piano piano,
dalla mia
parte. Per esempio quando è ricomparso Jerry Tyson, meglio
noto come 3XK, un altro
simpatico personaggio che ha l’abitudine di uccidere tre
donne bionde in una
settimana e che se l’è presa con Rick. Sapete,
è riuscito a stendere Ryan e ha
legato Castle a una sedia, lasciandolo in vita per una sorta di sfida.
Quando
siamo entrati nella camera di quel maledetto motel, battevo
all’impazzata per
il terrore di non arrivare in tempo.
Di non trovarlo
vivo.
Non ce
l’avrei fatta a
sopravvivere.
E invece era
ancora lì, sotto
shock, sorpreso per non essere stato ucciso. Dopo averlo liberato ed
essersi
presa cura di Kevin, Kate lo ha raggiunto a bordo piscina, gli si
è seduta
accanto e gli ha preso una mano. Fosse stato per me, io lo avrei
abbracciato strettissimo
appena messo piede in quel motel, dicendogli apertamente quanto ci
eravamo
angosciati per lui. Ma tant’è, non si
può aver tutto dalla vita. E a volte
bisogna accontentarsi dei piccoli gesti, che possono essere molto
più eloquenti
delle parole.
Un altro momento
in cui le mani
hanno deciso di seguire me anziché l’inquilino
dell’attico è stato quando
Castle ha salvato New York dall’esplosione di una bomba
sporca. Mi sembra di
avervi già detto quanto sia difficile il mio ruolo, con
tutta l’adrenalina che
scorre nelle vene di Kate. Ecco, vi lascio solo immaginare quanta ce ne
fosse
in circolo in quella situazione! E non vi dico a che livello era
arrivata la
tachicardia! Comunque, subito prima di tentare il tutto per tutto, una
mano di
Kate si è stretta a quella di Rick. E poi siamo volati
l’una nelle braccia dell’altro
per festeggiare!
Non era mica la
prima volta,
sapete. Era già successo di abbracciarci.
L’inquilino dell’ultimo piano,
naturalmente, sostiene che lo avessimo fatto solo per evitare
l’assideramento in
quella maledetta cella frigorifera, secondo un principio della
termodinamica.
Lui e la sua razionalità… Ha una spiegazione
logica per qualsiasi evento, come
se i sentimenti non fossero mai coinvolti. Comunque, sì,
abbiamo rischiato
anche di finire congelati: non ci siamo fatti mancare proprio nulla. In
quell’occasione ero convinto che non saremmo sopravvissuti e
infatti, visto che
il sangue fluiva a rilento verso il cervello, rendendolo poco reattivo,
avevo
provato a far confessare – finalmente – a Kate
ciò che provava per Rick.
Purtroppo, però, ci sono venute meno le forze ed
è rimasta solo l’intenzione.
Poi tutto si è fatto nero, e io a malapena sono riuscito a
mantenere un battito
flebile, grazie alla vicinanza del corpo di Rick.
Va detto che
sono un cuore forte,
guardate quante me ne sono capitate ed eccomi ancora qui,
più o meno sano e
salvo. Non vi crediate che sia facile sopravvivere con uno stile di
vita tanto
stressante. Mi meriterei quasi una medaglia...
Ma torniamo a
noi.
Anche le labbra
di Kate ci sono
state di grande, grandissimo supporto. L’inquilino
dell’ultimo piano continua a
ripetere, quasi come se fosse un mantra, che si è trattato
di un bacio sotto
copertura, nient’altro. Tzè, ma se nemmeno lui ci
crede! Io, invece, l’ho
vissuto in tutta la sua intensità e autenticità
come un signor bacio.
Potente.
Imprevisto.
Appassionato.
Quasi
intossicante.
Un incontro di
due anime e di due
corpi. Forse più erotico di un rapporto sessuale.
Conclusosi con
un calcio ben
assestato a una guardia, che non è certo il massimo del
romanticismo, ma credetemi,
era un bacio indiscutibilmente vero, altro che una manovra diversiva
per
distrarre quel bestione. Io battevo fortissimo e non solo per
l’adrenalina
dovuta alla situazione di pericolo e alla preoccupazione per la sorte
di Kevin
e Javier. Non fraintendetemi, c’era anche
l’angoscia per loro. Ma, a
prescindere da quanto afferma l’inquilino
dell’attico, è per le sensazioni
scaturite da quel bacio che Kate si è ritrovata gemente,
ansimante e accaldata.
E poi
c’è stata una parola che ha
detto Rick e che io conservo ancora nella parte più profonda
del mio essere. Always. Una parola
che ha assunto
un’altra connotazione, che va ben oltre il suo significato
semantico.
Come se il cuore
di Castle si
fosse rivolto direttamente a me, senza intermediari.
Come se avesse
trovato il codice
segreto per aprirsi un varco ed arrivare a me.
E il muro ha
perso un paio di file
di mattoni.
E la breccia ha
continuato ad
allargarsi ogni volta che quella parola veniva pronunciata.
Però,
sapete, non è stato il bacio
ad assestare il colpo più potente contro la muraglia cinese.
Ci ha pensato
l’istituzione di una borsa di studio in memoria di Johanna
Beckett. Vedete, un
gesto di tale generosità non può lasciare
indifferenti. Anche il cervello ne è
rimasto colpito. E qualche masso è scivolato a valle,
creando una profonda
falla nella fortezza.
Poi è
successa una cosa
gravissima. Abbiamo scoperto che Montgomery, che per noi era stato come
un
secondo padre, era coinvolto in una bruttissima storia di corruzione
legata
all’assassinio di mamma. Per proteggere Kate fino in fondo ci
ha rimesso la
vita. Però avevamo smosso troppo le acque, così,
al funerale di Roy, un
cecchino ha centrato Kate in pieno petto. Il proiettile è
arrivato vicinissimo
a me.
Mi sono
spaventato a morte.
Sentivo la vita
che se ne andava,
che scivolava via con il sangue caldo che impregnava il terreno freddo
del
cimitero.
Ed una cosa sola
mi ha permesso di
continuare a combattere. Nonostante la brutta litigata del giorno
prima, Rick
si è buttato su Kate, per farle scudo con il suo stesso
corpo. “Stay with me, I love you”,
ci ha detto.
E io
l’ho ascoltato.
O almeno ci ho
provato.
Nota
dell’autrice
Durante
il terzo anno di Rick al distretto, anche le mani di Kate passano
dalla parte del suo cuore. Per non parlare delle labbra… ah,
quel bacio è stato
davvero sconvolgente, per tutti i sensi!
Grazie
a tutti voi per l’affetto con cui continuate a seguire questa
storia e grazie in particolare a Reb per il banner,
un’inattesa e gradita
sorpresa :-*
A
presto,
Deb
|
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Capitolo 5 *** CAPITOLO 4 - TRE ANNI FA ***
CAPITOLO
4 – TRE ANNI FA
Ma
una cosa sola mi ha permesso di continuare a combattere. Nonostante
la brutta litigata del giorno prima, Rick si è buttato su
Kate, per proteggerla
con il suo stesso corpo. “Stay with me, I love
you”.
E
io l’ho ascoltato.
O
almeno ci ho provato.
Questa volta
siamo stati noi a
sparire per tre mesi. Sapete, io avevo sentito la dichiarazione
d’amore di
Rick, in tutta la sua intensità, con tutto il trasporto e la
profonda verità
che essa racchiudeva.
Proprio quelle
parole mi avevano
dato la forza per lottare fino in fondo.
Era come se
quelle dichiarazioni
imploranti non avessero permesso alla morte di trascinarci con
sé.
A parlare era un
uomo innamorato.
Un uomo straordinario che non aveva esitato a buttarsi su Kate per
proteggerla,
mettendo sé stesso in pericolo. Eppure il cervello le ha
sepolte sotto una
spessa lastra di marmo, decidendo di mentire a tutti, Rick compreso.
Per difendersi,
povera stella.
Perché
era terrorizzato
dall’intensità sconvolgente di quel sentimento e
dalle pesanti controindicazioni
di Richard Castle. Pensateci: un personaggio pubblico, sempre sotto i
riflettori, due ex mogli alquanto ingombranti, una lunga carriera da
playboy
incallito, orge di fan adoranti ai suoi piedi, che lo supplicavano di
lasciare
loro un autografo sul seno… come poteva fare sul serio con
Kate? Come era
possibile fidarsi di lui? Come si poteva anche solo immaginare che Kate
non
fosse una delle tante? Questo continuava a ripetere il cervello, che da
tempo nelle
relazioni aveva adottato la tecnica del “lascio un piede
fuori dalla porta,
così posso fuggire rapidamente”. Perché
affezionarsi alle persone comporta un
altissimo rischio di rimanere delusi o essere abbandonati, ergo di
soffrire.
Quindi meglio mantenere un dignitoso distacco.
Però
l’inquilino dell’ultimo piano
non ha fatto i conti con me. Io quel “ti amo”
l’ho udito bene e l’ho conservato
nel punto più profondo del mio essere.
Certo, il trauma
è stato notevole
e avevamo davvero bisogno di riposo e quiete per riprenderci,
così siamo scappati
nella baita di papà, allontanandoci da ogni fonte di stress.
Josh compreso.
Da lui ci siamo
allontanati in modo
definitivo, mettiamola così.
Comunque, in
barba a quanto dice il
cervello, la medium aveva ragione. Alexander ci aveva salvato.
Perché il
secondo nome di Rick è proprio Alexander! Vi sembra una
coincidenza? A me per
nulla. Vedete che l’Universo non sbaglia mai?
Ma torniamo a
noi.
In quel periodo
abbiamo cominciato
ad andare dal dottor Burke. All’inizio era per pura prassi:
dopo un evento
tanto traumatico come il nostro ferimento, il regolamento del NYPD
prevede che prima
di rientrare in servizio si superi una valutazione psicologica. In fin
dei
conti, per lavoro Kate maneggia una pistola e sarebbe opportuno che
fosse quanto
meno psicologicamente stabile, ché di squilibrati armati ce
n’è già pieno il
mondo. Così l’inquilino dell’ultimo
piano ha ideato un piano a prova di bomba.
Oddio, sulle
bombe non sarebbe
proprio il caso di scherzare, ma non precorriamo i tempi.
Dunque, vi
dicevo che il supereroe
dell’attico ha studiato una strategia inattaccabile: dire
allo strizzacervelli esattamente
quello che lo strizzacervelli voleva sentirsi dire, ottenere il pezzo
di carta
rapidamente e tornare al lavoro. Geniale, non vi pare? Così
si è preparato la
lezioncina a memoria e gliel’ha diligentemente ripetuta al
medico,
propinandogli la balla che non ricordava nulla del ferimento. Cosa che,
peraltro,
succede spesso: il cervello rimuove ricordi che sono particolarmente
dolorosi
come una forma di difesa.
Peccato che non
fosse per nulla vero.
Peccato poi che
tutta questa forza
apparente nascondesse una fragilità abissale.
Sapete, il
disturbo post traumatico
da stress non è mica una sciocchezza. Ne ho sofferto io e ne
ha sofferto anche
lui, il cervello. Ma abbiamo trovato aiuto e sostegno non solo nei
nostri amici,
per esempio in Javier che aveva vissuto un’esperienza simile,
anche se non così
grave, ma soprattutto in lui, nel dottor Carver Burke. Per fortuna
abbiamo
deciso di ritornare da lui anche dopo aver ottenuto il nulla osta per
riprendere servizio. Adoro questo medico perché ha la
straordinaria capacità di
porre delle domande chiare, apparentemente banali, dirette, senza
troppi giri
di parole, che danno scacco matto al cervello. E questo mi rende la
vita molto,
molto più semplice!
Vi confesso che
quel periodo è
stato uno dei più faticosi per me. Ci sono stati tanti
eventi che mi hanno
messo a dura prova e nei quali la lotta con l’inquilino
dell’ultimo piano si è
fatta sempre più cruenta. Prendete l’episodio alla
banca. Come vi sareste
sentiti sapendo che l’uomo più importante della
vostra vita è nelle mani di un sequestratore
che ha un potente esplosivo fra le mani e niente da perdere?
Senza
considerare che a quell’uomo
non avevate ancora confessato i vostri sentimenti.
Senza
considerare che dentro quella
banca non c’era solo lui.
C’era
anche Martha.
E fuori dalla
banca non c’era solo
Kate.
C’era
anche Alexis.
Che rischiava di
perdere tutta la
sua famiglia. Meredith, infatti, è una specie di optional,
fantastica quando si
tratta di fare shopping ma assolutamente inaffidabile per tutto il
resto… ops,
scusate, sono stato troppo diretto? Chiedo perdono, però non
posso evitare di
essere sincero, è nella mia natura.
Ma torniamo a
ciò che è successo
in quella maledetta banca.
Diciamo che in
quel caso ho
cercato di affidarmi all’inquilino dell’ultimo
piano e alla sua lucidità,
perché temo che il mio battito accelerato mi avrebbe spinto
semplicemente a
mettere a repentaglio la vita di Kate, spalancare quella porta e
andarmi a
prendere il protagonista dei miei sogni, in barba ai sequestratori e al
C4.
Poi,
improvvisamente, c’è stato
quel boato.
Vi giuro che ho
creduto di non
farcela quando l’ho udito. Pensavo che avrei smesso di
funzionare. Mi sono
maledetto per tutte le volte che non sono riuscito a portare il
cervello dalla
mia parte. Battevo all’impazzata quando siamo entrati
gridando il suo nome. Appena
gli occhi lo hanno avvistato, nell’aria ancora fumosa per
l’esplosione, ho
ricominciato a vivere. Dovevo essere ancora stordito per la paura di
averlo
perduto per sempre perché non sono riuscito a infondere
abbastanza forza alla
mano per accarezzargli il volto, così che si è
fermata al colletto della sua
camicia. Il cervello, ancora una volta, aveva preso il sopravvento e ci
aveva frenato
dall’esporci troppo. Però l’inquilino
dell’ultimo piano non è stato in grado di
impedire al volto di Kate di aprirsi in un sorriso meraviglioso. Un
sorriso
silenzioso che gridava a gran voce quanto fossimo felici per aver
ritrovato
Rick sano e salvo.
Qualche tempo
dopo c’è stato il
matrimonio di Kevin con la sua Jenny. Ho perso un battito quando ho
saputo che
Rick non si sarebbe presentato da solo – ricordo che
c’è andato persino il
caffè di traverso! – ma l’arcano
è stato presto svelato: la misteriosa donna di
Castle non era nient’altro che la sua adorata Alexis, la
quale poi gli ha dato
buca all’ultimo minuto e ciò ci ha permesso di
essere l’uno l’accompagnatore
dell’altra. Sapete, percorrere la navata della chiesa al suo
braccio, come “il
più uno” di Richard Castle è stata una
straordinaria sensazione. Ho sentito le
farfalle nello stomaco. Penso che avrei provato la stessa cosa se
fossimo
andati al ballo di fine anno del liceo, ma a quel tempo eravamo in un
periodo
troppo ribelle per adattarci a un evento tanto convenzionale e
così ce lo siamo
perso. Tant’è, abbiamo rimediato qualche anno
più tardi.
Ma non
distraiamoci.
In quel periodo
due persone hanno
minato fortemente la mia stabilità: Sophia Turner e Ethan
Slaughter. La prima è
una ex musa di Castle, nonché una sua ex in senso
lato… ma se fosse solo quello
ci sarei anche passato sopra: ha avuto tante donne, una più
una meno... Invece il
fatto che lui l’avesse seguita per oltre un anno per prendere
spunto da lei per
il personaggio di Clara Strike, un’agente della CIA in un
libro di Derrick
Storm… beh, ci ha fatto ingelosire. Perché,
inutile nasconderlo, ci avrebbe
fatto piacere essere l’unica musa di Castle, e non certo solo
un membro di una specie
di harem e per giunta parecchio affollato. Senza considerare che Sophia
è una
donna affascinante, molto bella e decisamente molto, molto pericolosa.
Ma alla
fine il problema è stato risolto alla radice
perché lei è stata uccisa.
Ethan Slaughter,
invece, è
un’emerita testa di … (lascio a voi completare la
definizione, che siete gente
sveglia e tanto ci siamo capiti). Insomma, Castle ha deciso di seguire
questo
sbruffone come nuova fonte di ispirazione per un personaggio da
inserire nella
serie di Nikki Heat. Un individuo spregevole, con un’etica
del lavoro a dir
poco discutibile, che ci ha fatto preoccupare tantissimo visto che ha
messo in
pericolo Rick. E sull’argomento io almeno sono molto
sensibile: Castle non si
tocca. Ringraziando il cielo, l’interesse per Slaughter
è stato di breve durata
e non ha avuto conseguenze letali.
Per fortuna
c’è Lanie. Vi avevo
già detto quanto la adoro, vero? Beh, in quel periodo
– non so come, forse l’ho
preso per sfinimento – sono riuscito a convincere
l’inquilino dell’ultimo piano
a confidare finalmente a lei cosa proviamo per Rick. Naturalmente la
dottoressa
Parish non è certo rimasta sorpresa di fronte alla
rivelazione del grande
segreto (anzi, diciamo che lei era stata la prima a capire come stavano
le
cose, anche in tempi non sospetti). Comunque, ci ha spinto a parlare
con il
diretto interessato, che – guarda un po’
– il giorno dopo si è presentato
accompagnato da una sventola di hostess, cui aveva persino affidato la
sua preziosa
Ferrari, e così il momento magico è finito ancora
prima di cominciare.
E’
stata l’ennesima dimostrazione
che il nostro tempismo – almeno in quel periodo –
era davvero da guinness dei
primati.
Abbiamo
rischiato di perdere
definitivamente Castle in una occasione. Vedete, quando si tratta della
storia
di mamma, l’inquilino dell’ultimo piano perde ogni
lucidità e io gli vado
dietro. Ci gettiamo a capofitto negli eventi, senza pensare al
pericolo, senza
prendere in considerazione le eventuali conseguenze, per sé
e per gli altri. In
breve, Rick ci ha svelato di essere stato contattato da un misterioso
amico di
Montgomery e di aver fatto una specie di patto per tenerci al sicuro,
per
proteggerci.
Il cervello di
Kate non ci ha
visto più.
Si è
sentito nuovamente tradito:
Castle aveva un’informazione che ci avrebbe permesso di dare
una svolta alle
indagini sull’assassinio di Johanna e non ci aveva detto
niente? Per tutto quel
tempo ci aveva considerato una donnicciola debole e bisognosa di
protezione?
Come aveva potuto farlo? Si trattava della nostra vita, non della sua.
E lui ha
pure confessato il motivo per cui lo aveva fatto: perché ci
amava. Come noi
sapevamo già da tempo. Ebbene sì, Rick aveva
scoperto che noi gli avevamo
mentito, che ricordavamo tutto del ferimento. A quella rivelazione io
ho
vacillato, ma il cervello non ha sentito ragioni. Lo ha letteralmente silurato. Si è imbarcato nella
sua
personale crociata contro coloro che avevano assassinato mamma e, come
un
carrarmato, è passato su di me, su quello che provo, sulle
parole che avevo
udito al cimitero e che Rick aveva ripetuto, sullo sguardo affranto di
Castle.
Dio, i suoi occhi… così colmi di lacrime per il
dolore di essere stato
rifiutato, per la preoccupazione che provava nei confronti di Kate e
della sua
missione suicida. Un oceano in tempesta che non dimenticherò
mai.
Poi
l’adrenalina ha cominciato a
scorrere nuovamente a fiotti nelle vene e ci abbiamo quasi rimesso le
penne
durante lo scontro con Maddox. E quando eravamo lì, appesi
solo con le fragili
dita a un cornicione, penzolanti nel vuoto sul caos di Manhattan, il
cervello
ha dichiarato la sconfitta e un solo nome si è formato sulle
nostre labbra:
Castle.
Peccato che lui
non ci fosse.
Peccato che lui
si fosse arreso.
Abbiamo avuto la
peggio contro
Maddox. Non ci siamo sfracellati al suolo solo perché Ryan
ci ha afferrato
all’ultimissimo momento. Siamo stati espulsi dal distretto e,
più che altro,
abbiamo perso il nostro partner.
C’era
un unico posto dove potevamo
andare. Alle altalene.
Sembra strano
che un gioco per
bambini sia così importante anche per degli adulti, vero? Ma
è stato proprio lì
che abbiamo fatto pace con Rick dopo la fuga dell’estate
precedente. Quel luogo
era speciale. Rappresentava un nuovo inizio. Ed era proprio di un nuovo
inizio che
avevamo bisogno in quel momento.
Lì,
sotto la pioggia, ho fatto una
lunghissima chiacchierata con l’inquilino
dell’ultimo piano. Non era più il
momento di essere dissociati. Quella profonda discussione è
culminata in una
decisione fondamentale: c’era una sola, unica, indispensabile
cosa che
volevamo. Rick Castle. Punto.
Lo abbiamo
chiamato al cellulare e
ha rifiutato la chiamata. Comprensibile. Anche Kate lo aveva respinto
giusto
poche ore prima.
Allora non ci
è rimasto altro da
fare.
Lasciare tutto e
presentarsi da
lui.
Mettere la
nostra fragile anima
nelle sue mani.
Dichiarargli
finalmente che
volevamo solo lui.
E
così è stato.
Battevo
così forte che pensavo che
le costole di Kate non sarebbero riuscite a contenermi.
Ci siamo
presentati alla sua porta,
fradici fino al midollo, e gli abbiamo confessato che Maddox se
n’era andato e
che non ci interessava più, perché
l’unica cosa a cui pensavamo era Rick.
Un tuono ha
sottolineato questa
confessione.
Poi la passione
ha preso il
sopravvento. Finalmente, mi viene
da
aggiungere.
Per la prima
volta, tutte le fibre
del corpo di Kate sono passate dalla mia parte. Tutte le terminazioni
nervose
hanno disconnesso completamente il cervello e si sono concentrate su di
me. Mi
sono ritrovato a dondolare come se fossi su un’altalena
spinta con forza verso
il cielo, pronto ad afferrare le stelle.
E quando Castle
ha posato la sua
mano sulla cicatrice circolare, quella fra i seni, io ho sentito tutta
l’intensità del suo amore.
Nota
dell’autrice
Un
capitolo inevitabilmente un po’ più lungo per
raccontare il quarto
anno di Rick e Kate: il Cuore si riprende dallo shock del ferimento al
funerale
di Montgomery e porta avanti la sua battaglia con il Cervello. E
finalmente la
lotta dà buoni frutti: l’inquilino
dell’ultimo piano capitola e tutto il corpo
di Kate si schiera dalla parte del Cuore.
Grazie
ancora per il tempo che mi avete regalato seguendomi fino qui: il
vostro affetto è arrivato forte e chiaro!
Al
prossimo,
Deb
|
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Capitolo 6 *** CAPITOLO 5 - DUE ANNI FA ***
CAPITOLO
5 – DUE ANNI FA
Per
la prima volta, tutte le fibre del corpo di Kate sono passate dalla
mia parte. Tutte le terminazioni nervose hanno disconnesso
completamente il
cervello e si sono concentrate su di me. Mi sono ritrovato a dondolare
come se fossi
su un’altalena spinta con forza verso il cielo, pronto ad
afferrare le stelle.
E
quando Castle ha posato la sua mano sulla cicatrice circolare, quella
fra i seni, io ho sentito tutta l’intensità del
suo amore.
Tutto
è cominciato nel modo
migliore. E’ stata una notte fantastica, la prima di una
lunga serie, in cui
abbiamo davvero toccato il cielo con un dito. Mi sembrava di ballare la
tarantella all’interno della cassa toracica! Ah, una
tachicardia decisamente molto,
molto piacevole. Neanche a dirlo, il cervello si è fatto
subito un loop mentale
sull’essere stata o meno all’altezza delle
innumerevoli altre donne di Rick,
comprese le super top model, ma il diretto interessato ci ha
rassicurato di
aver gradito. E nemmeno poco.
L’aver
– finalmente – dato una
svolta al rapporto con Castle mi ha riempito di una serenità
mai provata fino a
quel momento, con nessuno dei precedenti uomini frequentati da Kate.
Certo,
ancora una volta abbiamo rischiato di morire a causa degli assassini di
Johanna, ma tutto sommato siamo stati fortunati. Abbiamo sfruttato la
punizione
di Beckett, che era stata allontanata dal distretto in seguito al suo
comportamento irresponsabile con Maddox, trascorrendo quelle settimane
in
segretissima e piacevolissima compagnia di Rick. Dopo essere stato
sconfitto su
tutta la linea, non sapendo più a cosa appigliarsi il
cervello ha tirato fuori
le regole del NYPD che impediscono relazioni fra colleghi. Quindi
l’unica
scelta è stata quella di pretendere che non fosse successo
nulla. Far finta di
essere entrambi ancora single quando eravamo in pubblico.
E che ci vuole?
Nulla, se non
fosse che Richard Castle
è uno scrittore famoso e affascinante, praticamente
irresistibile per buona
parte del genere femminile.
Insomma, per
farla breve, quel
tontolone è uscito con una signorina di facili costumi.
Anzi, sarebbe meglio
dire IN costume. Infatti, è proprio così che
l’abbiamo trovata: coperta – si fa
per dire – da uno striminzito bikini rosa fucsia che si
strusciava su Rick
sdraiati sul divano del loft. Ma vi sembra normale?
Ci sono rimasto
malissimo.
Quell’emerito
testone ha gettato
alle ortiche la piena fiducia che avevo in lui.
Infatti, il
cervello ne ha subito
approfittato per rifilarci la solita ramanzina, ricordandoci il suo
passato da
playboy, il suo comportamento da adolescente, la sua
superficialità, insomma
tutti i motivi per cui Kate lo aveva tenuto a debita distanza
all’inizio.
Perché,
diciamocelo, l’inquilino
dell’ultimo piano ha cominciato a elucubrare le sue pensate
razionali anche
stimolato dal caso che stavamo seguendo, in cui due persone che
lavoravano
insieme avevano una relazione, inizialmente tenuta segreta, che poi era
scoppiata come una bolla di sapone. Una situazione che conoscevamo
bene,
insomma.
Ma Castle ha
saputo usare le
parole giuste: innanzitutto, ha ricordato all’inquilino
dell’attico che uno dei
protagonisti del caso era un bugiardo patentato, per cui tutto
ciò che diceva
doveva essere preso con estrema cautela. E, più che altro,
ha ammesso che non
poteva assicurarci che le cose sarebbero state sempre meravigliose, ma
l’unica
opzione era continuare a vivere questa storia giorno per giorno,
assaporandola
piano piano.
E
così l’avventura è andata
avanti, sempre come relazione clandestina, senza che nessuno lo
sapesse, almeno
al Dodicesimo – Martha, infatti, ci aveva beccato subito e
Alexis ne era stata
informata poco dopo. Ma non avete idea di quanto sia stato difficile
resistere
alla tentazione di mangiarsi lo scrittore di baci, ogni volta che era a
portata
di labbra. O quando arrivavamo insieme alla soluzione di un caso, con
il solito
modo di finirsi le frasi a vicenda, quasi che l’inquilino
dell’ultimo piano e
l’inquilino del loft ragionassero davvero
all’unisono.
Vi ho
già detto che Castle è uno
che pensa al di fuori degli schemi, no? Ebbene, per risolvere la
questione dei
mancati baci ha escogitato un nuovo modo di stringersi la mano. Un
gesto
apparentemente formale e distaccato che racchiudeva tutto un altro
significato.
Ah, che uomo fantastico! Mai avuto un battito tanto accelerato come
quando la
mano grande di Rick si chiudeva intorno a quella piccola e delicata di
Kate!
Poi è
tornato a trovarci un amico
di vecchia data di Rick, Jerry Tyson. Ricordate quello che uccideva tre
donne
per volta? Esatto, proprio lui: 3XK, il triplo omicida. Insomma, ha
fatto sì
che Castle venisse accusato di un omicidio a sfondo rituale,
predisponendo in
modo accurato tutti gli indizi così che portassero
indiscutibilmente a lui. Il
cervello all’inizio ha anche dubitato della sua effettiva
colpevolezza, ma io
no, mai.
Oh, vederlo
rinchiuso in quella
cella mi ha spezzato in due. Sembrava un bambino spaventato, conscio
del fatto
che tutto fosse contro di lui, consapevole di non essere difendibile.
La lotta con il
raziocinio ha sfiancato
Kate che si è sfogata con Lanie, confessandole apertamente
di aver iniziato la
storia con Rick. E la dottoressa Parish si è comportata da
amica. Ha chiesto a
Beckett se fosse sicura dell’innocenza di Castle e ci
è stata comunque accanto,
nonostante i suoi dubbi. Poi le cose si sono aggiustate, grazie anche a
qualche
amico importante di Rick che gli doveva un favore e lo ha liberato al
momento
giusto, impedendo così che il piano di Tyson lo portasse
alla morte. Ma ancora
una volta la mia tempra è stata messa decisamente a dura
prova.
Comunque, la
relazione è andata
avanti e siamo arrivati a Natale. Il primo Natale da coppia. Vedete,
dall’assassinio
di Johanna questa festa per noi (e naturalmente anche per
papà) è diventata un
momento di grande sofferenza. Lo so che pare una contraddizione: in fin
dei
conti, quello è il periodo dell’anno
più amato da tutti, grandi e piccini. Ma
se ci pensate bene capirete perché per noi è
diverso. Mamma è stata uccisa il 9
gennaio e la casa era ancora addobbata a festa. Un contrasto
più stridente è
inimmaginabile. Quindi, da quando siamo entrati in polizia,
l’unico modo per
sopravvivere al dolore del ricordo era di non festeggiare
più il Natale ma di
trascorrerlo lavorando, offrendoci volontari per coprire quel turno e
dando
così l’opportunità a qualcun altro di
passare la festa con la propria famiglia,
mentre noi vegliavamo sull’incolumità di tutti
così che nessun altro soffrisse
come noi. E volevamo fare lo stesso anche quell’anno. Questa
decisione, però, si
è scontrata con Rick, anche detto “lo spirito del
Natale fatto persona”: basta
vedere la sobrietà con cui aveva decorato il loft. Ma alla
fine sia io che il
cervello abbiamo compreso che era il momento di dare inizio a nuove
tradizioni.
E la cosa fantastica è che anche lo scrittore ha avuto lo
stesso pensiero, così
ce lo siamo trovati sulla porta del suo appartamento che stava uscendo
per
venire al distretto quando siamo arrivati da lui per trascorrere almeno
qualche
ora insieme.
E’ un
uomo meraviglioso, Richard
Castle, sapete?
Oh, non crediate
che sia sempre
perfetto. Anzi, quando ci si mette è capacissimo di
commettere errori
grossolani. Prendete la faccenda di Meredith, per esempio. Questo
è un chiaro
esempio di come gestire una situazione delicata nel modo più
sbagliato. Per
farla breve, vi dirò che la povera Alexis si è
ammalata di mononucleosi e la
sua affettuosa mammina ha pensato bene di presentarsi al loft per
prendersi
cura di lei. Mentre anche Kate si era momentaneamente trasferita a casa
di Rick
perché il suo appartamento era inagibile. Insomma, cosa ha
fatto Castle? Ha
accolto tutti nella sua spaziosa dimora, che dunque contava:
1)
Uno scrittore
2)
Tre teste rosse
3)
Una detective
Pessima, pessima
combinazione.
Vi dico solo che
Meredith ha
pensato bene di mettersi a girare in mutande (sì, avete
letto bene, proprio in
mutande!) e a preparare deliziosi caffè per il suo ex
marito, sfoggiando
segreti culinari molto apprezzati da Rick. Davanti a
un’incredula Kate.
Inutile
raccontarvi quanto questa
cosa abbia fatto adirare sia me che il cervello. Sissignore, sulla
questione
Meredith eravamo entrambi – stranamente –
d’accordo. Il signor Castle aveva
sbagliato, senza possibilità di appello. Comunque, in
qualsiasi battaglia è importante
conoscere bene il nemico, così abbiamo accettato
l’invito a cena della prima ex
signora Castle e vi confesso che è stata una serata leggera
e divertente, in
cui abbiamo riso alle spalle dello scrittore, prendendolo ampiamente in
giro
come si meritava. Fortunatamente, visto che prendersi cura di Alexis
era
un’attività noiosa, in quanto la ragazzina
trascorreva la maggior parte del
tempo dormendo, la rossa numero 2 (la numero 1 è sempre
Martha, non si discute)
ha deciso di andare a Parigi a fare shopping e tanti saluti. Cuore di
mamma…
Sapete, anche se
l’episodio con
Meredith mi ha fatto innervosire, specialmente per una sua frase
apparentemente
innocua che ci aveva dato da pensare, non era niente in confronto a due
eventi
che mi hanno davvero messo a dura prova. Il primo è stato
l’incontro con il
senatore Bracken. Già, proprio quell’emerito
figlio di… (e anche qui ci siamo
capiti) che aveva ordinato l’uccisione di Johanna. Il destino
a volte è davvero
crudele, perché a Kate è toccato proteggere il
mandante dell’omicidio di sua
madre da una serie di attentati. Non so ancora dove io e il cervello
abbiamo
trovato la forza per trattenerci dall’essere noi stessi a
premere il grilletto
dell’arma usata dal killer che ce l’aveva con il
Senatore. Solo il profondo
senso di giustizia che guida le azioni di Beckett lo ha salvato dalla
nostra
rabbia.
Ma il dolore
più grande l’ho
provato quando Alexis è stata rapita. Mi sono quasi fermato
quando gli occhi mi
hanno trasmesso l’immagine di tutto quel sangue nel furgone.
E quando Rick è
arrivato e ha chiesto a Kate se Alexis, la sua bambina,
l’amore più grande
della sua vita era morta lì dentro io ho creduto di non
farcela. Perché la sua
sofferenza è arrivata immediata a me ed era come se la
provassi io stesso. Va
detto che il sistema cardiovascolare del detective Beckett è
davvero solido,
considerate tutte le emozioni che abbiamo incontrato. Tornando alla
storia di
Alexis, abbiamo promesso a Rick che avremmo seguito ogni traccia per
restituirgli la sua pumpkin, ma
alla
fine – tanto per cambiare – ha fatto di testa sua e
se l’è andata a riprendere
a Parigi. Dove ha conosciuto suo padre, che è una spia. Ma
questa è un’altra faccenda.
Per un
po’ le cose sono andate
avanti in modo tranquillo, per quanto si possa parlare di
tranquillità
lavorando come detective della omicidi del NYPD. In quel periodo,
grazie a una
collaborazione stretta con il cervello, con il quale avevo sepolto
l’ascia di
guerra, e facendoci aiutare da amici e familiari, abbiamo giocato un
bello
scherzo a Rick e gli abbiamo organizzato una festa a sorpresa per il
suo
compleanno. Mi sono divertito tantissimo!
Però,
naturalmente, la quiete è
durata poco. Per farla breve, nel corso di un’indagine, Kate
è finita su una
bomba a orologeria. Come se non fosse bastata la preoccupazione provata
durante
l’episodio della banca dell’anno precedente, ecco
che ci siamo trovati in
un’altra situazione ad alto tasso adrenalinico. Il tempo
passava e, insieme al
cervello abbiamo ripercorso tutti i ricordi di questa lunga,
meravigliosa,
appassionata storia d’amore. E finalmente sono riuscito a far
crollare l’ultima
barriera: Kate ha detto chiaro e tondo al suo Rick che lo ama. Certo
che c’è
voluto di trovarsi a un passo dalla fine per poterlo fare…
Comunque, ci sono
riuscito. Poi mi sono quasi straziato quando abbiamo chiamato Jim e lui
non ha
risposto al cellulare. Abbiamo dovuto congedarci da papà con
un misero
messaggio in segreteria. Mi viene un groppo in gola ancora oggi solo a
pensarci. Ma in qualche modo eravamo pronti ad affidarci al destino,
quando
ecco che Rick è ritornato con due caffè, deciso a
non lasciarci da soli in
quella situazione. Pronto a sacrificarsi insieme a noi. Come si fa a
non amare
un uomo del genere? Lo ha detto persino la Gates! Infatti, ragionando
in tandem
come spesso fanno, l’inquilino del loft e quello
dell’attico hanno scoperto la
password per disinnescare la bomba giusto un millisecondo prima che
questa
scoppiasse. E anche questa è andata.
Tutto sembrava
procedere per il
meglio, visto che anche il Capitano aveva in qualche modo dato la sua
benedizione alla nostra storia, quand’ecco che un altro
terremoto si è
scatenato su di noi. Il detective Beckett ha ricevuto
un’offerta di lavoro a
Washington, direttamente all’FBI. Vedete, pensavo che i
rapporti con
l’inquilino dell’ultimo piano fossero migliorati.
Ero convinto che Kate avesse finalmente
optato per affidarsi a me, e invece tutto è andato in
malora. Testarda come al
solito e con il supporto incondizionato di quello che sta
all’attico, ha deciso
di fare il colloquio senza dire niente a Rick, il quale è
venuto a saperlo solo
perché la carta di imbarco è scivolata
inavvertitamente dalla tasca della giacca
di Beckett. E naturalmente Castle non l’ha presa bene: se
n’è andato
dall’appartamento e ci ha lasciato lì a preparare
una cena che nessuno avrebbe
mangiato.
Kate ne aveva
parlato con Jim, ma aveva
tenuto Rick fuori dalla porta.
Lui, che aveva
cercato di farsi
spazio in me, nel cuore di Kate, con le unghie e con i denti.
Lui, che aveva
demolito il muro, lui
che lo aveva sbriciolato mattone dopo mattone, pietra dopo pietra.
Oh, quanto mi
sono arrabbiato con
il cervello!
Ogni fibra del
mio essere era
davvero furiosa con lui, credetemi.
Durante le
chiacchierate con Jim e
con Lanie, l’inquilino dell’attico ha tirato fuori
tutto il repertorio: stiamo
insieme ma non parliamo mai del nostro futuro, è stato bello
rincorrersi per
anni, ma forse era proprio quello che ci divertiva, proveniamo da
ambienti
diversi, bla bla bla. Insomma, il cervello ha preso la decisione di
dare
priorità alla carriera, cosa che non ha per niente sorpreso
papà. Rifugiarsi
nel lavoro era una caratteristica intrinseca della sua Katie. E anche
in questo
caso non si è smentita. Insomma, con questo sentimento ci
siamo avviati alle
altalene – sempre le solite –, dove Castle ci stava
aspettando.
Mi sentivo
così colmo di
tristezza: ero stato nuovamente sconfitto dal cervello. I miei
sentimenti non
erano stati presi minimamente in considerazione.
Ero convinto che
Rick non ce
l’avrebbe mai perdonata, che quello sarebbe stato un addio. E
invece, Richard
Edgar Alexander Rodgers Castle, ancora una volta, ci ha spiazzato. Si
è messo
in ginocchio e ha chiesto a Katherine Houghton Beckett di sposarlo!
Nota
dell’autrice
Nonostante
la storia con l’inquilino del loft abbia finalmente preso la
giusta direzione, le cose non sono mai semplici per il povero Cuore e
ogni
tanto il cervello tenta di riprendere il sopravvento… con i
risultati che ben
conosciamo!
Non
so davvero come ringraziarvi per l’affetto con cui state
seguendo
questa storia!
Al
prossimo capitolo,
Deb
|
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Capitolo 7 *** CAPITOLO 6 - L'ANNO SCORSO ***
CAPITOLO
6 – L’ANNO SCORSO
Ero
convinto che quello sarebbe stato un addio. E invece, Richard Edgar
Alexander Rodgers Castle ci ha spiazzato. Si è messo in
ginocchio e ha chiesto
a Katherine Houghton Beckett di sposarlo!
L’espressione
sul volto di Rick
non lasciava presagire nulla di buono e invece oh
my God ha chiesto a Kate di diventare sua moglie. Non
riuscivo a
crederci. Non pensavo che avrei mai vissuto tanto a lungo da assistere
a questo
momento e invece l’inquilino del loft ce l’aveva
fatta! Battevo come un
tamburo, rimbalzando contro le costole. Sembrava quasi che Kate avesse
un
temporale dentro di sé, con tuoni, fulmini e saette!
Quella proposta
è stata l’ennesima
bordata al raziocinio di Kate, tanto che il cervello lì per
lì ha reagito
balbettando e non riuscendo a mettere in fila tre parole di senso
compiuto. Una
scena esilarante, vista dall’esterno. Anzi, vista anche dal
mio interno!
Appena
l’inquilino dell’ultimo
piano si è ripreso, però, Kate ci ha tenuto
subito a specificare che aveva
ottenuto il posto a Washington e che quella era la grande occasione per
lei e
non vi avrebbe rinunciato. Ma lo scrittore è stato
strepitoso. Ha usato le
parole giuste – e di che mi stupisco? Lui con le parole ci
lavora! Comunque, ha
detto che non aveva chiesto a Kate di sposarla per incatenarla a New
York. No,
lui glielo aveva chiesto perché non riusciva a immaginarsi
la propria vita
senza di lei. E a quel punto il cervello di Katherine Houghton Beckett
e io
siamo capitolati su tutta la linea e non abbiamo potuto fare altro che
accettare con gioia di diventare la moglie di Richard Edgar Alexander
Rodgers
Castle e di indossare lo splendido anello che lo scrittore aveva messo
all’anulare di Kate.
Insomma, abbiamo
iniziato a
lavorare a Washington con i federali e la storia con Rick è
andata avanti con
qualche difficoltà, come spesso capita con le relazioni a
distanza: lunghe
telefonate, appuntamenti rimandati all’ultimo minuto per
problemi di lavoro,
videochiamate maliziose e tutto il resto. Finché Rick non ha
fatto
un’improvvisata a Kate, aspettandola
nell’appartamento di DC. Una sorpresa
davvero gradita, come abbiamo avuto modo di dimostrargli di persona. Se
non
fosse che, tanto per cambiare, Castle non si è trattenuto
dal ficcare il naso
in una storia altamente confidenziale. E visto che siete gente sveglia,
so che
questo suo comportamento non vi ha certo sorpreso, vero? Ma questa
volta le
conseguenze sono state quasi fatali. Trovandosi nel posto sbagliato e
al momento
sbagliato, Rick ha inalato una tossina che lo ha portato a un passo
dalla
morte.
Non vi dico cosa
ho provato appena
l’ho saputo.
Mi sono sentito
in colpa – per
l’ennesima volta – per aver messo in pericolo la
vita dell’uomo più
straordinario al mondo.
Per aver quasi
privato Martha di un
figlio e Alexis di un padre.
Un po’
come era successo con la
rapina in banca, ma in quel caso non era direttamente
responsabilità di Kate.
Per fortuna, in modo rocambolesco siamo riusciti ad arrivare
all’antidoto appena
in tempo per salvarlo. Ma vederlo pallido e debole in quel letto,
inerme, indifeso
come un bambino, è stato come ricevere una pugnalata in
pieno petto. Però,
ancora una volta, l’inquilino del loft ha saputo utilizzare
le parole giuste
per confortarci: a volte le cose più difficili nella vita
sono quelle che vale
più la pena fare. Ed è bastata questa frase per
tranquillizzare il mio battito
accelerato e farmi sopraffare dall’ennesima, straripante
ondata di amore per
lui.
Sapete, lavorare
a Washington si è
rivelato più complicato di quanto l’inquilino
dell’attico pensasse. E non
perché l’incarico in sé fosse
più difficile rispetto a New York, ma per le
implicazioni. Lì tutto non è bianco o nero.
Lì ci sono situazioni particolari
che cozzano con il senso del dovere e della giustizia che ha sempre
contraddistinto Beckett. Mi viene in mente un libro letto ai tempi
della
scuola, in cui l’autore, George Orwell, diceva che tutti gli
uomini sono
uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri. Ecco, a
Washington molti uomini sono
decisamente molto più uguali degli altri. E in un mondo
simile Kate non poteva
resistere. Infatti ha commesso – volutamente – un
passo falso, fornendo alla
stampa le informazioni per smascherare un intoccabile che aveva legami
con la
criminalità organizzata russa. E più che altro
per liberare una ragazza da
certi legami familiari fin troppo stretti, mettiamola così.
Perché ciò che da
sempre conta per noi è onorare le vittime, in barba ai
giochetti dei federali e
dei politici. E questo ci è costato il posto
all’FBI.
Così
ci siamo ritrovati, di punto
in bianco, e per la prima volta da secoli, senza nulla da fare. Certo,
c’era il
matrimonio da organizzare, ma voi ce la vedete Kate Beckett a
trascorrere le
giornate sfogliando riviste di abiti da sposa e allestimenti per il
ricevimento? No, infatti, nemmeno io. Né io né il
cervello sapevamo più cosa
inventarci. Per fortuna, lassù qualcuno ci ama (e mi
riferisco al nostro ben
noto angelo custode!) e ha fatto sì che il blocco delle
assunzioni all’NYPD
potesse essere aggirato, così che abbiamo ripreso il posto
alla nostra amatissima
scrivania al Dodicesimo, riportando i preziosi elefantini e tutte le
nostre
cose lì dove dovevano stare, con buona pace di Frank
Sullivan e del suo
disordine.
Ora
però c’era un problema più
serio da affrontare: Alexis.
Sapete, lei e
suo padre hanno
sempre avuto un rapporto splendido, un legame invidiabile da cui, in
qualche
modo, ci siamo sempre sentiti esclusi. La piccola rossa ha un posto
speciale in
me, non lo nego, ma non era facile trovare il giusto equilibrio in una
situazione che di equilibrato non aveva nulla. Alexis stava crescendo e
aveva
bisogno dei suoi spazi. Un concetto che papà orso non
riusciva ad accettare pienamente.
Senza contare Pi
e le sue
improbabili bistecche di papaya.
Senza
considerare che il rapporto
fra padre e figlia era minacciato anche dalla nostra presenza. Eh
sì, ci siamo
sentiti in colpa anche in quel caso (strano, vero?). Ma fortunatamente
tutto si
è aggiustato: una bella chiacchierata a cuore aperto
– passatemi la metafora –
con quella giovane donna dai capelli rossi ha permesso di appianare
qualsiasi
contrasto.
Avere una
famiglia non è una cosa
semplice. Non lo è quando ti inserisci in un legame
già consolidato, né
tantomeno quando un esserino minuscolo incrocia la tua esistenza. Vi
confesso
che io ho sempre adorato i bambini: il loro profumo di latte e
borotalco, le
loro smorfiette, quel modo particolare che hanno di fissarti negli
occhi. Ma
l’inquilino dell’ultimo piano sostiene che Kate non
sia una baby person. Lo fa con una
tale forza
che alla fine Kate stessa se ne è convinta. Invece i fatti
hanno dimostrato,
ancora una volta, che io avevo ragione. Mi riferisco alla storia di
Benny,
pardon… Cosmo. Il razionale ha tirato fuori la scusa che non
ci si può
affezionare a un neonato sapendo che poi verrà affidato a
qualcun altro. Però
poi il baby whisperer ha suggerito
di
portare Cosmo al loft per prendersi cura di lui ed è emerso
che la detective
Beckett è deliziosa con un cucciolo in braccio. Specialmente
quando se ne può
occupare insieme a quel Ruggedly Handsome
Dad. Vederlo gironzolare per casa con quel bambino e
osservare la
delicatezza e la tenerezza con cui si prendeva cura di lui mi ha
riempito di
una sensazione meravigliosa: la consapevolezza che solo lui poteva
essere il
padre di tutti i figli che avremmo avuto. Certo, sui nomi da dare ai
suddetti
figli c’era ancora molto da lavorare, ma su chi ne sarebbe
stato il papà non
c’era alcun dubbio.
A proposito di
bambini, c’è
mancato un pelo che Sarah Grace Ryan venisse al mondo senza conoscere
suo
padre. Sapete, durante un’indagine Kevin e Javier sono finiti
in un edificio in
cui poi è scoppiato un incendio. Sembrava non ci fosse modo
di tirarli fuori e
io battevo all’impazzata, cercando di far affluire
più sangue possibile
all’inquilino dell’attico così che
riuscisse a trovare una soluzione per
salvare la vita dei nostri amici. Anche se non sempre siamo andati
d’amore e
d’accordo, so che il cervello di Kate sa lavorare bene e
l’unico contributo che
potevo fornirgli io era quello di mantenerlo ben ossigenato. Comunque,
vi ho
già detto che Ryan ed Esposito hanno un posto speciale in me
e quella volta ho
davvero temuto di perdere entrambi. Sarebbe stato come veder morire dei
fratelli. Avevamo già perso una madre e non avevamo alcuna
intenzione di dire
addio ad altri membri della famiglia. Quando li abbiamo visti uscire da
quell’inferno, accompagnati dai vigili del fuoco, ho provato
una sensazione di
sollievo tale che gli occhi di Kate si sono inumiditi, e non certo per
colpa
del fumo. Ma mi sono riempito di gioia vera quando finalmente la
famiglia Ryan
si è riunita a bordo di quell’ambulanza. Insomma,
anche in questo caso vi
lascio immaginare la quantità di adrenalina che scorreva
nelle vene di Kate.
In tutto questo,
non
dimentichiamoci che dovevamo organizzare il matrimonio. Ebbene, il
primo abito
da sposa ci è stato gentilmente donato da Matilda King, una
vecchia conoscenza
risalente al brevissimo periodo in cui Kate ha fatto la modella.
Quando gli occhi
mi hanno mostrato
lo specchio che rifletteva l’immagine di Kate che indossava
quel vestito bianco,
ho provato una fitta dolorosa.
Perché
in quello specchio mancava
qualcosa.
Quel vetro non
rifletteva
l’immagine di Johanna, sorridente accanto a sua figlia.
Lei avrebbe
adorato Rick – di
questo sono sicurissimo. Sarebbe stata così fiera di Kate e
del suo fidanzato,
avrebbe partecipato con gioia ai preparativi del matrimonio, alla
scelta dell’abito,
dei fiori e della location, con un entusiasmo paragonabile a quello di
Martha
ma con un approccio un tantino meno… teatrale.
E invece lei non
c’era.
O almeno non era
lì fisicamente, a
sorridere e a commuoversi con gli altri membri della famiglia. A
sostenerci in
quel particolare momento della nostra vita. E la nostalgia per lei ci
ha fatto
vacillare. Ho perso un battito chiedendomi se saremmo mai riusciti ad
affrontare tutto senza averla accanto. Però poi ho ripensato
all’amore che Richard
Castle aveva per noi e non ho più avuto dubbi. Anzi, ho
suggerito a Kate di
anticipare il matrimonio. Perché quando capisci che vuoi
passare il resto della
tua vita con qualcuno, vuoi che il resto della tua vita cominci subito.
Oh, lo
so che questa è una frase da film. Ma se una è
una fan di “Temptation Lane”
potrà anche aver visto più di una volta
“Harry ti presento Sally” tanto da
saperne le battute a memoria, no?
Insomma, le cose
stavano andando
bene: i preparativi procedevano, l’amore che ci lega a Rick
cresceva in modo
esponenziale giorno dopo giorno, il rapporto con Alexis si era
rafforzato,
quando ecco che il destino ci ha fatto incontrare nuovamente una
vecchia
conoscenza. Vulcan Simmons, il signore della droga. Durante
un’operazione
rischiosa in collaborazione con la Narcotici, siamo finiti nelle sue
mani. E la
tortura che ci ha inflitto è stata tale che ho temuto non
avrei retto. Sia io
che il cervello sapevamo che sarebbe stato quasi impossibile
sopravvivere,
quindi c’era un’unica cosa da fare. Dire addio a
Rick. All’amore più grande
della nostra vita. E
l’unico modo per
farlo era lasciargli una lettera. "Babe, it's your letter, and I hope you never have
to read this... that
I can tell you all of these things in person, but if something happens
and I
don't make it, I need you to know that our partnership, our
relationship is the
greatest thing that has ever happened to me. You're an amazing man, and
I love
you with all of my heart. Always.” Per
nostra fortuna, Rick non ha
mai dovuto leggerla, perché Bracken – proprio lui
– ha fatto in modo di
risparmiare la vita di Kate. Come lei lo aveva protetto
l’anno precedente,
quando qualcuno aveva tentato di ucciderlo, adesso era stato il suo
turno di
restituirle il favore. Comunque, vi confesso che l’unica cosa
che ci ha dato il
coraggio di resistere alla tortura è stata pensare a Rick e
al futuro che
volevamo con lui. Proprio come quando il cecchino ha mirato al petto di
Kate,
anche in questo caso è stato l’amore dello
scrittore a mantenerci in vita.
Oltre all’intervento di Bracken.
E
così è tornata l’ossessione per il
senatore.
Quella che ci
aveva consumato nei primi anni dopo la
scomparsa di mamma.
Ma questa volta
sentivamo di essere vicini alla meta.
Naturalmente, le cose si sono complicate, di mezzo
c’è stata una fuga, un
sequestro lampo, un combattimento e ricordi.
Un fiume di
ricordi ha invaso la memoria di Kate.
Ricordi di
Johanna e di Roy Montgomery.
Che era morto
per proteggere Kate e che le aveva fornito la
chiave per risolvere l’omicidio di sua madre sin dal loro
primo incontro. Proprio
i preziosi elefantini che da sempre adornano la scrivania di Beckett
contenevano
la risposta a tutte le nostre domande. Racchiudevano una registrazione
audio: la
prova della corruzione del senatore Bracken che aveva ricattato Raglan,
Montgomery e McAllister. E la dimostrazione definitiva della sua
colpevolezza
in merito all’assassinio di Johanna Beckett.
Quando abbiamo
arrestato quel lurido bastardo… oh, spero che
il linguaggio scurrile non vi abbia offeso, ma comprenderete bene che
di fronte
a lui mi è praticamente impossibile rimanere distaccato e
neutrale. E poi le
persone vanno chiamate con il loro nome e concorderete con me che
William
Bracken rientra di diritto nella categoria dei bastardi, anzi, ne
è l’esponente
di maggior spicco. Ma non distraiamoci. Dicevo, quando abbiamo messo le
manette
a quell’infame ho avuto la sensazione che finalmente mamma
potesse riposare in
pace.
Non solo.
Adesso
finalmente Kate poteva ricominciare a sorridere, vivere
ed essere felice senza sentirsi in colpa.
Pensavo che
ormai niente avrebbe
più impedito a Kate e Rick di stare insieme, di coronare
finalmente il loro
sogno d’amore. Avevamo superato ogni prova, compresa quella
sciocchezza del
primo marito sposato a Las Vegas e che avevamo rimosso da cuore, in cui
in
realtà non è mai stato, e cervello. E invece, le
cose sono andate diversamente.
Il destino,
ancora una volta, ci
ha messo di fronte a un enorme ostacolo: a pochi minuti dal matrimonio,
una telefonata
improvvisa ci ha comunicato una notizia agghiacciante. L’auto
di Rick era in
fiamme in fondo a una scarpata. E io lì ho avuto la
percezione che non sarei
sopravvissuto anche a questo dolore, che mi ha squarciato proprio come
quando
abbiamo saputo di mamma. L’inquilino del loft era da tempo
diventato
proprietario di una parte di me. E senza di lui, quella parte di me
sarebbe
morta e per Kate sarebbe stata la fine. Come qualcuno ha detto, non si
può
vivere con un cuore a metà.
Nota
dell’autrice
Mai
un po’ di pace per questo povero Cuoricino, vero?
Un’altra annata
costellata da episodi rocamboleschi finché a pochi minuti
dall’agognato
matrimonio arriva quella terribile telefonata e il cuore di Kate riceve
l’ennesimo bruttissimo colpo.
E
ora?
Vi
aspetto sabato per l’epilogo della storia e vi ringrazio
ancora una
volta per avermi dedicato il vostro tempo ed essere arrivati fino qui.
A
presto,
Deb
|
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Capitolo 8 *** EPILOGO - ADESSO ***
EPILOGO
– adesso
Il
destino, ancora una volta, ci ha messo di fronte a un enorme
ostacolo: a pochi minuti dal matrimonio, una telefonata improvvisa ci
ha
comunicato una notizia agghiacciante. L’auto di Rick era in
fiamme in fondo a
una scarpata. E io lì ho avuto la percezione che non sarei
sopravvissuto anche
a questo dolore, che mi ha squarciato proprio come quando abbiamo
saputo di
mamma. L’inquilino del loft era da tempo diventato
proprietario di una parte di
me. E senza di lui, quella parte di me sarebbe morta e per Kate sarebbe
stata
la fine. Come
qualcuno ha detto, non si
può vivere con un cuore a metà.
Insomma, questi
sono stati gli
ultimi sei anni della nostra vita. Niente male, vero? Un tantinello
impegnativi, almeno sul mio fronte. Ma sapete una cosa? Se potessi
tornare
indietro, li rivivrei tutti con la stessa forza e intensità
e, tutto sommato,
non cambierei nulla. Perché – modestamente
– hanno dimostrato che il sistema
cardiovascolare del detective Beckett è a prova di ordigno
nucleare. E, più che
altro, perché mi, anzi, ci
hanno
portato dove siamo adesso.
Come vi dicevo
all’inizio di
questa lunga chiacchierata, sto per affrontare un’esperienza
importantissima.
Non vi tedio su cosa sia successo a Rick. Vi dico solo che è
venuto fuori che
non era morto flambé in
quell’auto,
bensì era stato rapito. Non vi racconto come sia stato
liberato né su chi ci
fosse dietro la sua sparizione, ma vi dico solo che alla fine ne
è venuto fuori
sano e salvo. Giusto un po’ ammaccato, povera creatura, anzi,
un po’ ridotto a julienne,
tanto per rimanere in ambito
gastronomico. Indubbiamente, anche in quella situazione è
intervenuto un
angelo, altrimenti certi eventi non sarebbero spiegabili.
Non vi
annoierò raccontandovi di
quanto io abbia sofferto in quel periodo perché a narrare
questa storia ci
hanno già pensato altre persone. Del resto, that’s
what friends are for!
Ma veniamo a noi.
L’esperienza
che stiamo per vivere
è davvero fantastica: per domani è programmato il
parto cesareo di Kate. Fra
meno di 12 ore anche Kate e Rick potranno vedere con i propri occhi il
loro
bambino. Io lo conosco già bene e lo amo con ogni singola
fibra del mio essere.
Sapete, pensavo non fosse possibile provare un sentimento tanto potente
e
immediato. Ero rimasto sorpreso dall’intensità
dell’amore che nutro per il papà
di quell’esserino e invece mi rendo conto che questo legame
è ancora più forte.
Ci ha rivoluzionato l’esistenza sin dal suo concepimento,
avvenuto una domenica
pomeriggio al loft, durante i festeggiamenti privati per
l’ultimo libro
pubblicato dal suo papà, Obsessive
Heat.
Mentre fuori
imperversava un
violento temporale.
Eh
sì, pare che tuoni e fulmini
siano di buon auspicio per questi due! Comunque, il piccolo
è un vero
birichino. Infatti quel birbone non ha avuto alcuna intenzione di
girarsi e se
ne sta comodamente seduto, come se fosse in poltrona. Deve aver
ereditato la
pigrizia da suo padre… Così toccherà
ai medici tirarlo fuori e mostrarlo, in
tutto il suo strillante splendore, a mamma e papà. Mi
immagino già le loro
facce quando lo vedranno: un’ondata inarrestabile di
felicità e di amore smisurato
colmerà me e il cuore di Rick e la sensazione
sarà così intensa che rideremo e
piangeremo tutti insieme.
Sarà
fantastico!
E…
tranquilli: il cucciolo non si
chiamerà Cosmo.
Nota
dell’autrice
Spero
che mi perdonerete se l’epilogo è così
smielato, ma la mia natura
di Pollyanna ha preso inesorabilmente il sopravvento!
Con
le vostre affettuose (e inaspettatamente numerose) recensioni avete
colmato
“il cuore di Deb” di gioia.
Grazie
a chi ha ascoltato il cuore di Kate in silenzio, a chi mi ha
regalato un proprio commento, a chi ha recensito ogni singolo capitolo
accompagnandomi in questo viaggio, a chi ha messo la storia nelle
preferite,
nelle ricordate e nelle seguite.
Reb
non me ne vorrà se in questo epilogo ho ripreso il banner
“originario” della storia: è un modo per
ringraziare in particolare il mio
angelo custode per il suo continuo supporto e per la sua penna verde.
Un
abbraccio a tutti voi,
Deb
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