Divinium di Sheriza (/viewuser.php?uid=157373)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Paradisium ***
Capitolo 2: *** L'arena della luce ***
Capitolo 3: *** Demoni ***
Capitolo 4: *** Venezia e i suoi guardiani ***
Capitolo 5: *** Diafane ***
Capitolo 6: *** Teriremo ***
Capitolo 7: *** La fuga ***
Capitolo 8: *** Il profumo della vaniglia ***
Capitolo 9: *** Trinità ***
Capitolo 10: *** I segreti di Londra ***
Capitolo 11: *** La mia dolce caduta ***
Capitolo 1 *** Il Paradisium ***
Capitolo I
Il Paradisium
I riflessi
della luna serpeggiavano tra gli edifici, creando a terra numerosi
giochi di luce. Blueville era semplicemente un sogno, gli edifici
fatti in zaffiro, la popolazione unicamente femminile, odore di dolci
e pane a qualunque ora del giorno e della notte, feste su
feste...eppure mancava qualcosa.
Sharon guardava
il cielo stellato sdraiata sul tetto di casa sua, ma non era solo il
cielo ad attirare la sua attenzione, erano anche le luci di Rhapsody.
Rhapsody era
una città, era la città in cui Sharon avrebbe voluto
vivere, crescere, combattere, il suo sogno più grande era
quello di frequentare il Paradisium, una “scuola” per
imparare le arti del combattimento e sviluppare doti nascoste da
usare poi per difendere il mondo dei Nephilim.
Ma il suo sogno
non si poteva avverare, nonostante lei fosse una Nephilim l'ingresso
alla città di Rhapsody era severamente vietato alle donne.
“Sharon
sei qui sopra?”.
Una voce dolce
accarezzò l'orecchio di Sharon, facendola risvegliare dai suoi
sogni.
“Lara, mi
cercavi?” disse dolcemente la ragazza mettendosi a sedere e
invitando l'amica a sedersi affianco a lei.
Lara era la
migliore amica di Sharon, l'unica che forse la capiva davvero. Era
una ragazza alta sul metro e settanta, lunghi capelli rossi e morbidi
le ricoprivano la testa per poi ricaderle sul volto e sulle spalle,
occhi blu come il mare, la pelle chiarissima era punteggiata da
piccole lentiggini che le davano un leggero rossore sulle guance.
“Volevo
stare un po' con te, posso?” chiese la ragazza in tono dolce
mentre si avvicinava a Sharon e le si sedeva accanto.
“Vuoi
parlarmi di Rhapsody, vero? Quello che ti ho detto insomma ti
ha...disturbato?” chiese Sharon quasi riluttante a pronunciare
quelle parole.
Lara esitò
un momento prima di rispondere, si guardò le mani affusolate
stringere la maglietta poi il suo sguardo si spostò su Sharon
che la guardava con i suoi grandi occhi verde chiaro misto a un
azzurro leggero.
“Non puoi
andare a Rhapsody...” iniziò Lara, ma a metà
frase un nodo alla gola le impedì di andare avanti e le
lacrime cominciarono a rigarle il volto poi singhiozzando cercò
di continuare “Lo sai anche tu che sei ci andrai, non tornerai
mai più indietro”.
Sharon allungò
una mano per cercare di accarezzare l'amica ma si ritrasse prima di
poterlo fare. Infondo Lara non aveva tutti i torti, andare in quella
città senza permesso della Corte Elie era come andare al
patibolo.
“Lo so, è
una pazzia me ne rendo conto. Una volta lì però, potrò
avere una possibilità...anche se mi dovesse andare male non ho
nulla da perdere” il tono di Sharon tremava e le sue mani
anche, l'unica cosa che le riusciva era guardare l'amica piangere.
“Non hai
nulla da perdere!? E io? Hai mai pensato a come starei senza di te!?”
gridò improvvisamente Lara buttandosi sopra Sharon e
cominciando a tirarle pugni sul petto.
Il suo corpo
era caldo e tremava nelle sue braccia mentre la luna le illuminava
debolmente.
“Hai
ragione scusami...ma tu sai meglio di me che devo farlo” Sharon
distolse lo sguardo da Lara e lo rivolse al di là delle luci
di Blueville per intravedere ancora il Paradisium, o meglio la vetta
illuminata.
Ci fu un lungo
attimo di silenzio poi Lara alzandosi sorrise debolmente e iniziò
a parlare asciugandosi le lacrime.
“Lo
sapevo, non hai cambiato idea. Almeno lascia che ti aiuti a
raggiungere il tuo scopo”.
“Cosa
intendi fare?” chiese incuriosita Sharon fissando il suo
sguardo in quello della ragazza.
“Scendi e
vai in camera tua, prepara le tue cose e quando hai finito torna qui.
Ho una sorpresa per te”.
La ragazza non
se lo fece ripetere due volte e dopo pochi minuti era di nuovo sul
tetto con una valigia e un cappotto nero in mano, Lara era seduta sul
cornicione e guardava il vuoto che presto si riempì della
sagoma di Sharon.
“I tuoi
genitori sarebbero fieri di te...anzi in preda all'ansia” un
sorriso si dipinse sul volto di Lara, un sorriso sincero.
Sharon aveva
perso i genitori all'età di tredici anni in un raid e adesso
che ne aveva diciotto il ricordo era ancora vivido e il dolore sempre
presente, l'unico parente che le era rimasto era uno zio nella città
di Peck che si era preso cura di lei per soli tre anni imparandole le
tecniche di combattimento basilari, poi venne ucciso anche lui.
“Essere
dei Nephilim comporta delle scelte, molte delle quali fatali”
sussurrò piano Sharon avvicinandosi all'amica.
“Tieni”
Lara le stava porgendo un sacchetto di seta e una lettera rilegata
poi sorridendo aggiunse “Sono il mio regalo per te, buon
compleanno Sharon Clair”.
Sharon sorrise
e prese il sacchetto e la lettera ma prima che potesse aprire
quest'ultima, Lara la fermò.
“No,
aspetta! La lettera, aprila solo quando io non sarò con te”
disse con un tono tremolante e incerto la ragazza coprendosi le
guance rosse.
“Come
vuoi, e il sacchetto?”.
“Aprilo”.
Sharon aprì
il sacchetto e quando ne cacciò il contenuto per poco non urlò
di gioia, una pietra verdastra e dalla forma squadrata scintillava
debolmente nelle sue mani.
“Una
pietra incantata! Come hai fatto ad ottenerla?! Solo le fate ne
possiedono una” senza accorgersene Sharon stava gridando mentre
guardava ancora la pietra nelle sua mani, incredula.
“Segreto”
bisbigliò Lara soffocando una risata.
“Tu lo
sai che queste pietre ti permettono di esaudire un desiderio...vero?”
chiese Sharon guardando Lara con espressione incuriosita.
“Certo,
sapevo che non avresti mai abbandonato la tua scelta, così ti
ho semplificato le cose. Con questa potrai ritrovarti direttamente
dentro Rhapsody, senza attraversare tutta Blueville e il bosco che
separa le due città” spiegò in tono trionfante
Lara mentre si alzava e stringeva Sharon in un abbraccio caloroso.
“Non so
come ringraziarti”.
“Lo sai
come puoi ringraziarmi? Vai a Rhapsody e fai in modo che la Corte ti
faccia restare, altrimenti non tornare” il tono di Lara era
fermo e deciso come i suoi occhi fissi in quelli dell'amica.
Dopo che Sharon
ebbe abbracciato e salutato Lara si allontanò un po' da lei e
prese la pietra in una mano, alzandola al cielo.
Desidero
andare a Rhapsody, al Paradisium. Lo desidero con tutto il mio cuore.
Un
alone bianco avvolse la ragazza e una specie di fenice con le ali
spalancate apparve dietro di lei sollevandola da terra sotto gli
occhi increduli di Lara.
Sharon
poteva sentire l'aria che si spostava sotto il battito delle ali
della fenice, mentre la figura di Lara si allontanava, piccola e
fragile com'era nel buio della notte.
Quando
Sharon si risvegliò era riversa a terra, sul marmo ghiacciato.
Un dolore acuto le proveniva dal ginocchio destro. Cercò di
mettersi in piedi ma quando ci provò una fitta lancinante le
percosse la schiena facendola ricadere a terra, notando una leggera
chiazza di sangue sotto il ginocchio.
Girò
lentamente la testa, cercando di non urlare dal dolore e si guardò
intorno. Non poteva dire dove si trovava, forse la pietra l'aveva
portata davvero a Rhapsody o forse l'aveva lasciata in qualche città
sperduta, non c'era mai da fidarsi con i congegni delle fate.
La
sua valigia e il suo cappotto erano buttati a qualche metro di
distanza da lei, che in quel momento e nelle sue condizioni
sembravano chilometri. La città che la circondava era come
Blueville, solo che gli edifici non erano in zaffiro, erano di un
materiale che Sharon non riusciva a decifrare tutto bianco con
qualche sprazzo di oro.
Alzò
di più lo sguardo scoprendo la struttura che aveva davanti, il
fiato le si smorzò in gola per lo stupore.
Una
torre di cristallo si ergeva al centro di tutta la struttura e da
essa partivano scale (sempre di cristallo) che si andavano ad unire
con i vari edifici vicini. Quattro edifici ai lati della torre
completamente bianchi si andavano espandendo in sinuose curve e
rientranze, i cornicioni delle finestre in stile gotico erano d'oro e
a circondare gli edifici c'era un prato all'italiana, perfettamente
curato e illuminato da dei lampioni che buttavano una luce argentata
sulla stradina di ghiaia e sui cespugli. Sharon restò per un
momento a contemplare la bellezza di quel luogo, mai si sarebbe
aspettata che un edificio potesse essere così bello.
La
ragazza strisciò verso le sue cose ancora distanti e si mise
il cappotto addosso poi prese la valigia e si avvicinò
all'enorme cancello che sembrava fatto in oro. Una scritta in latino
serpeggiava al lato del cancello. Paradisium.
E' davvero
il paradiso questo.
Sharon
nonostante fosse una Nephilim, non aveva mai creduto in un paradiso,
né in un inferno, né in un esistenza di un Dio.
Sono
veramente a Rhapsody...
Un
dolore indescrivibile alla nuca la fece girare di scatto, e quando si
girò vide un ragazzo che la guardava con un aria sorpresa
quanto disgustata in volto.
Il
cuore di Sharon ebbe una fitta e il terrore la pervase, il ragazzo
torreggiava davanti a lei con un pugnale in mano, i riflessi della
luna facevano sembrare i suoi capelli oro e i suoi occhi verdi freddi
e senza vita.
“Cosa
diavolo ci fa una ragazzina al Paradisium?” il tono del ragazzo
era freddo e tagliente e da come parlava sembrava non provare nessuna
emozione, il che fece gelare il sangue nelle vene di Sharon.
La
ragazza non riuscì a spiccicare parola, un nodo alla gola le
impediva anche di respirare.
“Ti
ho chiesto, cosa ci fai qui” il ragazzo adesso sembrava
leggermente alterato.
Sharon
fece per parlare ma si fermò, che cosa doveva dire? Per quale
motivo si trovava lì? Non lo sapeva nemmeno lei in fondo era un
desiderio, un istinto.
Il
ragazzo si inginocchiò e si ritrovò alla stessa altezza
di Sharon, solo che lui le stava puntando un pugnale alla gola.
“Te
lo ripeto per l'ultima volta, umana. Cosa ci fai qui?” il suo
tono tagliente era ormai diventato insopportabile.
“Umana?”
ripeté Sharon con una punta
di incredulità nella voce, poi continuò “Io non
sono umana. Sono una Nephilim”.
Il
ragazzo fece una smorfia divertita e per poco non scoppiò a
ridere, ma si trattenne e spostò il pugnale più vicino
al collo di lei, giusto per accarezzarne la pelle bianca.
“Non
sembri una Nephilim. Quelle poche che ho visto erano magnifiche, tu
non sembri nemmeno paragonabile a loro, e non ti sto facendo un
complimento sia chiaro.”.
Sharon
si sentì ribollire il sangue per la rabbia, non sarà
stata certo una modella ma non era nemmeno una ragazza brutta.
“Cos'è
ragazzino hai problemi a relazionarti con le donne?” la voce
della ragazza era tagliente e questo le provoco una piccola punta di
sicurezza.
“E'
proprio questo il problema, sei una donna. Non dovresti stare qui, se
non te ne vai immediatamente chiamerò la Corte Elie e poi
saranno guai per te”.
“Toglimi
quel pugnale dal collo” bisbigliò Sharon infastidita.
“Non
prendo ordini da una donna”.
Con
un rapido movimento del braccio, Sharon fece cadere il pugnale a
terra nonostante gli costò uno sforzo incredibile.
“Io
non vado da nessuna parte, e non prendo ordini da te” mormorò
la ragazza scostandosi un ciuffo di capelli biondo cenere che le
copriva gli occhi.
“Come
vuoi, vado a chiamare la Corte. Sarebbe inutile dirti di rimanere
qui, tanto non puoi muoverti con quella caviglia rotta” disse
con un leggero divertimento nella voce il ragazzo mentre spariva nel
cancello dorato.
Sharon provò
ripetute volte ad alzarsi o a strisciare verso un riparo ma la sua
caviglia gli e lo impediva, anche solo un movimento la faceva
piangere di dolore.
Restò
ferma aspettando la Corte, giocando pigramente con la punta del suo
cappotto, mentre il cuore le martellava in petto.
Dopo una
ventina di minuti, Sharon alzò gli occhi verso il Paradisium e
vide avvicinarsi a lei quattro sagome. La sagoma che guidava il
gruppo portava un lungo mantello blu notte lucido con un cappuccio
abbassato sul viso facendo intravedere solo il pizzetto biondo e le
labbra piegate in una smorfia di disappunto, due figure in quelle che
sembravano armature con in mano una alabarda lo fiancheggiavano
tenendo lo sguardo dritto. E per ultimo c'era il ragazzo che aveva
incontrato prima e col quale aveva avuto un piacevole chiacchierata.
Appena il
gruppo la raggiunse, i due uomini con in mano le alabarde gliele
puntarono addosso intimandole di non muoversi.
“Come
posso muovermi se ho la caviglia rotta, geni?” disse
infastidita Sharon mentre guardava ostile il ragazzo che sembrava non
notarla.
“Taci”
disse in tono limpido l'uomo incappucciato, la sua voce era rauca ma
potente oltre che molto autoritaria.
Fece un gesto
con le mani e i due individui con le armi le abbassarono, mettendosi
di nuovo ai fianchi dell'uomo.
“Come ti
chiami?” chiese l'uomo con un tono più docile.
“Sharon
Clair, e faccio parte della Contea di Jevith...vengo da Blueville”
mormorò piano la ragazza mentre fissava l'uomo incappucciato.
“Clair,
sei la figlia di Jeremy quindi. E cosa fai tu qui?”
il suo tono era improvvisamente tornato freddo e gelido.
“Desidero
frequentare il Paradisium, ecco perché sono qui.”.
Ci
fu un lungo momento di silenzio e i due uomini con le armi in mano
sgranarono gli occhi e soffocarono una risata, mentre l'uomo
incappucciato fece diventare le sue labbra una linea sottile.
“E'
inconcepibile una cosa del genere! Hai infranto le regole della
Corte, per questo verrai esiliata nel mondo degli umani!” gridò
l'uomo stringendo così tanto i pugni lungo i fianchi da far
diventare le nocche bianche, poi come se tutta la rabbia di quel
momento fosse sparita aggiunse “Ti guariremo la caviglia, e poi
questa notte stessa verrai portata nel mondo degli umani. E' uno
scandalo che una ragazzina voglia frequentare il Paradisium!”.
L'uomo
incappucciato si inginocchiò e passò una mano davanti
al viso di Sharon che ebbe un giramento di testa così forte
che la fece svenire, ancora.
Un
forte profumo di cannella fece risvegliare Sharon, era distesa su un
lettino dalle coperte azzurre con le cuciture argentate, davanti a
lei un ragazzo stava leggendo un libro.
Era
moro e aveva gli occhi socchiusi, come chi si sta per addormentare
dalla noia, la sua pelle era abbronzata e luminosa e attraverso la
leggera camicia bianca che portava si potevano intravedere i
pettorali scolpiti.
“Buongiorno”
sussurrò il ragazzo sbadigliando, senza sollevare gli occhi
per vedere se lei era sveglia o meno.
“Sono
in un ospedale umano?” chiese Sharon facendo finta di non aver
sentito il ragazzo.
“Per
fortuna no, sei ancora al Paradisium. Non ti hanno potuto mandare via
perché dormivi come un ghiro, comunque spero che tu sappia
lavare, mi hai sbavato l'intero cuscino” disse in tono morbido
e avvolgente il ragazzo che aveva finalmente alzato gli occhi
rivelandoli dorati.
Sharon
guardò il cuscino, era veramente sbavato, sentì il
sangue fluirle sulle guance e abbassò lo sguardo.
“Sei
sicura di essere una ragazza? Le ragazze non sbavano in quel modo”.
Il
ragazzo della sera prima era sulla porta con un sorrisino accennato
mentre si dirigeva verso l'altro ragazzo seduto.
“Daniel,
smettila di essere cosi poco...galante” disse piano il ragazzo
seduto, scostandosi un ciuffo di capelli dagli occhi.
Il ragazzo che
l'aveva aggredita si chiamava Daniel e visto ora alla luce, la sua
bellezza era da mozzare il fiato, ma anche il ragazzo seduto non
sfigurava affianco a lui.
“Uh, ma
allora i tuoi capelli sono biondi e non grigi” disse divertito
Daniel.
Sharon scorse
la sua figura allo specchio, i lunghi capelli biondo cenere di solito
pieni di boccoli erano ora arruffati e appiccicati alla nuca dal
sudore, i suoi occhi sul verde che tendeva all'azzurro erano
assonnati e gli abiti della sera prima erano spariti e lasciavano
spazio a una camicia da notte azzurra che le arrivava a metà
coscia, la ragazza trasalì e un brivido la percosse.
“Chi mi
ha cambiata!?” gridò imbarazzata Sharon coprendosi le
gambe nude con la coperta.
“Io,
perché ti crea problemi?” rispose Daniel guardandola di
sottecchi.
“Se mi
crea problemi!? Sei un ragazzo!” esclamò la ragazza
lanciando al ragazzo la sveglia affianco al letto.
“Non vedo
ancora quale sia il problema, tu lo vedi Artes?” disse
tranquillamente Daniel evitando la sveglia e rivolgendosi al ragazzo
seduto che osservava la scena con vivo divertimento.
“Sinceramente,
preferirei restare fuori da questa situazione, sai non voglio una
sveglia in faccia” rispose Artes con un tono tranquillo e
pacato.
Un bussare
insistente alla porta fece zittire i tre ragazzi che si girarono a
guardare cinque uomini incappucciati entrare nella stanza e fermarsi
a metà di essa, uno di loro aveva una specie di falce in mano
e questo ricordava a Sharon le raffigurazioni pittoresche della
morte.
“Alzati,
Sharon Clair” ordinò l'uomo incappucciato con la falce.
La ragazza fece
come le fu detto e si alzò, notando con piacere che la sua
caviglia non era più rotta.
Mi
uccideranno? Mi sembra esagerato per aver infranto delle regole e
aver sbavato su un cuscino.
L'uomo
le lanciò con forza la falce, aspettandosi che Sharon si
spostasse per evitarla, ma la ragazza non si spostò di un
centimetro e con grazia e agilità afferrò la falce
facendola girare intorno alla sua figura snella per poi piantarla nel
parquet della stanza.
“Cosa
significa questo?” tuonò l'uomo che le aveva lanciato
l'arma.
“Se
non lo sa lei, come posso saperlo io?” ribatté Sharon
soddisfatta di quella ''esibizione''.
“Chi
ti ha insegnato questo?” chiese gentilmente l'uomo con il
pizzetto biondo e la bocca leggermente curvata in su, in un sorriso.
“Mio
zio, venuto a mancare qualche anno fa. Viveva nella città di
Peck” rispose la ragazza facendo finta di non avvertire la
piccola fitta al cuore, che le era venuta ripensando allo zio.
“Maicol
Clair, c'era da aspettarselo da una stirpe di Nephilim agguerriti
come loro. Desideri veramente restare al Paradisium e frequentarlo?”
chiese beffardamente un incappucciato restato in silenzio fino ad
allora.
“Si,
lo voglio” rispose secca Sharon fissando gli uomini.
“Allora
dovrai superare una piccola prova, dovrai combattere contro il qui
presente Daniel e sconfiggerlo, solo allora ti accoglieremo nella
nostra città e
scuola” sentenziò l'uomo col pizzetto biondo.
Un
leggero sorriso si dipinse sul volto di Sharon e dopo qualche secondo
di silenzio rispose “Ci sto”.
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Capitolo 2 *** L'arena della luce ***
Capitolo II
L'arena della luce
Sharon era seduta sul letto
e guardava le coperte con aria annoiata ripensando a quello che era
successo poche ore prima proprio lì, in quella camera.
Dopo che la Corte fu uscita
dalla stanza, Daniel aveva sbottato gridando che non potevano farlo
combattere contro una ragazzina che a mala pena sapeva usare un arma,
in più lei sentitasi offesa gli aveva gridato e tirato contro
la falce. A calmare i bollenti spiriti era stato Artes, che aveva
portato via Daniel.
E' la mia occasione
questa.
Si alzò
dal letto con un balzo e si diresse verso la finestra, si affacciò
fuori sentendo sulla pelle il calore del sole e si godette lo
spettacolo che le si apriva davanti.
Casette
piccole e bianche costellavano la città, boschetti verdi e
rigogliosi separavano Blueville da Rhapsody, e quando Sharon pensava
a Blueville le veniva automaticamente in mente Lara.
Lara...La sua lettera!
La
ragazza improvvisamente piombò nel panico e cominciò a
rovistare nel suo cappotto, nella valigia, ma della lettera che le
aveva dato Lara non c'era traccia.
Dove l'ho messa...i
pantaloni! Dove sono i pantaloni?!
Rivoltò
l'intera stanza, ma dei suoi vecchi vestiti nemmeno l'ombra.
“Daniel
sa dove sono!” esclamò Sharon entusiasta, ma subito il
suo entusiasmo svanì, dopo il suo comportamento come poteva
sperare che l'aiutasse a ritrovare una stupidissima lettera?
Si
risedette sul letto e cominciò a tirare testate al muro solo
per farsi male, aveva perso la lettera della sua migliore amica e non
se ne era manco accorta.
D'un
tratto la porta si spalancò ed entrò Daniel leggermente
alterato.
“La
vuoi smettere? Mi hai fatto cadere mezza mensola!” sbottò
indicando il muro e la testa di lei.
“Ma...perché
tu sei nella stanza affianco?” chiese sorpresa Sharon
imbambolata.
“Certo!
Sono dormitori quelli in cui ti trovi, mica stanze per i rinnegati!”
disse in tono molto più calmo Daniel, che si era appoggiato
alla porta con aria noncurante.
“Senti,
devo chiederti una cosa” bisbigliò Sharon stringendosi
le ginocchia al petto, nonostante fosse riluttante a chiederglielo,
quella lettera era troppo importante per lei.
Il
ragazzo non rispose si limitò a guardarla con un sopracciglio
sollevato e un aria incuriosita.
“Ecco,
dove hai messo i miei vestiti?” mormorò la ragazza
guardandolo in tutta la sua bellezza.
“Li
ho bruciati” rispose secco lui, scrollandosi di dosso un po' di
polvere.
“COSA
HAI FATTO TU?!” gridò Sharon saltando giù dal
letto e annullando la distanza che li separava.
“Perché?
Erano così inutili, e poi ti dona la camicia da notte”
sussurrò ridacchiando lui guardandola dalla testa ai piedi.
“Giuro
che se non ti ammazzo ora, lo farò quando combatteremo!”
grugnì lei stringendo i pugni così forte da lasciarsi
le mezze lune delle unghie sul palmo.
Daniel
richiuse in un unico movimento la porta alle sue spalle, e si
avvicinò così tanto a Sharon che lei dovette
indietreggiare andando a sbattere contro una scrivania di legno.
“Sei
piccola lo sai?” sussurrò lui all'orecchio della
ragazza.
“Scu-scusami
se non sono un metro e ottanta” balbettò Sharon, non era
mai stata così vicina a un ragazzo prima d'allora.
“Sarai
un metro e sessanta, anche di meno. Vedi? Sono già superiore a
te in altezza, immagina in combattimento” mormorò lui
con una voce dolce e suadente che fece arrossire la ragazza.
“Ma
per favore, sei bravo solo a parole” ribatté lei ostile.
“Sono
il migliore di questo istituto, non ti vogliono qui, perciò
hanno organizzato questa pagliacciata, ma tranquilla sarò
clemente con te” disse piano Daniel accarezzandole dolcemente
la guancia con un dito per poi finire tra i capelli di Sharon.
“Non
ti gasare, ragazzino. Anche se sono solo una ragazza, sono forte”.
Daniel
accennò un sorriso, poi con un veloce movimento delle mani
afferrò i polsi di Sharon così forte da farle male.
“Io
non penso”.
Erano
praticamente appiccicati uno all'altra, lei poteva sentire il respiro
di lui, calmo, troppo calmo e regolare mentre il suo era accelerato.
“E
lasciami!” sbottò Sharon cercando di sottrarsi da quella
presa, senza riuscirci.
In
quell'istante entrò nella stanza Artes, che rimase per un po'
sulla porta, stordito da quella scena.
“A-Artes!
Non pensare male! Questa specie di ragazzo mi è saltato
addosso, menomale che sei arrivato tu!” balbettò Sharon
improvvisamente nervosa.
Daniel
la guardò leggermente deluso, ma subito quella sensazione
sparì.
“Eh,
forse ho interrotto qualcosa?” mormorò evidentemente a
disagio Artes.
“No,
ovvio che no! Entra pure, Daniel se ne stava andando” disse
Sharon lanciando un occhiataccia a Daniel che, senza dire una parola
superò Artes e sparì dietro la porta.
“Credo
fosse leggermente alterato, tu che dici?” mormorò il
ragazzo seguendo con lo sguardo Daniel prima che la porta gli si
chiuse dietro le spalle.
“Qui,
dovrei essere io quella alterata...”.
“Cosa
succede?” chiese il ragazzo con tono dolce mentre poggiava una
mano sulla spalla di Sharon, guardandola con aria preoccupata.
“Daniel
mi ha bruciato i vestiti, e dentro di essi c'era una lettera molto
importante per me”.
Il viso
di Artes si illuminò di una luce intensa e un sorriso gli si
dipinse sul volto, un sorriso che non gli aveva mai visto fare.
“Qualcosa
non va? Ti diverte questo?” chiese Sharon guardandolo male.
“Assolutamente
no, e che...credo di avere quello che cerchi. Ho visto Daniel che
bruciava i tuoi vestiti e prima di farli buttare nella fornace ho
controllato le tasche, trovandoci questa”.
Il
ragazzo le stava porgendo una busta rilegata, esattamente quella che
le aveva dato Lara, e cosa più importante era ancora chiusa.
Sharon
ebbe un sussulto di gioia, prese la lettera dalle mani di Artes
stringendola al petto e per poco non si mise a piangere dalla
felicità.
“Grazie,
grazie mille!” gridò Sharon saltando al collo di Artes,
chiaramente sorpreso da quel gesto improvviso.
Era
rigido come un palo di legno e quando la ragazza si staccò da
lui era rosso in viso, Sharon soffocò una risata e poggiò
la lettera sulla scrivania.
“Sono
venuto per dirti anche altre cose...” disse in tono preoccupato
il ragazzo guardandosi le punte dei piedi.
“Davvero
e cosa? E perché porti quella specie di tunica?” chiese
Sharon indicando la veste di Artes.
Era la
prima volta che Sharon vedeva un abito del genere, era come i vestiti
degli angeli nelle raffigurazioni, con una fascia che gli copriva
metà petto, lasciando l'altra metà nuda e dei pantaloni
larghi e a palloncino che terminavano in degli stivaloni che gli
arrivavano al ginocchio. Tutto rigorosamente bianco e dorato.
“E'
la divisa dei Nephilim della guarigione” disse lui accennando
un sorriso.
“Scusa?”.
“Esistono
due categorie di Nephilim, i guerrieri e i guaritori. Io faccio parte
dei guaritori, usiamo poteri magici per curare i nostri compagni da
una ferita di guerra o da una malattia, in modo da durare di
più...siamo fondamentali. Poi ci sono i tipi come Daniel, che
sono Nephilim guerrieri, ovvero che usano le armi e combattono corpo
a corpo con il nemico” spiegò Artes poggiando un grosso
libro nero a terra.
“Ah...non
lo sapevo. E per caso tu sai com'è Daniel in combattimento?”
chiese Sharon con un improvvisa voglia di non dover combattere con
Daniel.
“E'
di questo che ti ero venuto a parlare, Sharon...Daniel è uno
dei più feroci Nephilim guerrieri, oltre ad essere un ragazzo
molto scontroso. Il fatto che la Corte ti abbia detto di sconfiggerlo
è praticamente impossibile, nemmeno tutta la scuola contro di
lui vincerebbe. In più è stato fissato per domani
l'incontro e tu non penso hai l'allenamento che ha lui nel
combattimento” disse preoccupato Artes, prendendo le mani di
Sharon che aveva cominciato a tremare.
“Sono
morta, sono finita...Lo hanno fatto apposta! Per vedermi umiliata, ma
non sarà così” disse lei riprendendosi le mani e
andando verso la finestra.
“Sharon...è
meglio che te ne vai...” sussurrò il ragazzo.
“Anche
tu mi vuoi fuori di qui?! Non ho bisogno del vostro incoraggiamento,
adesso vattene voglio restare sola. VIA!”.
Artes la
guardò per qualche istante, poi silenziosamente uscì
dalla stanza richiudendosi la porta alle spalle con violenza.
Sharon sferrò un
pugno contro la parete, creando una piccola rientranza, mentre la
rabbia le cresceva in petto come un fiore. Si avvicinò alla
scrivania cercando di calmarsi e prese la lettera di Lara,
rigirandosela tra le mani, cosa aspettava a leggerla? Un invito?
Eppure non riusciva ad
aprire la lettera, Lara le aveva detto di leggerla quando lei non ci
fosse stata, ma lei c'era, lei era sempre con Sharon.
La leggerò quando
sarò più calma e rilassata, per ora la terrò al
sicuro da qualche parte.
Si
guardò un po' intorno scrutando la stanza in cui si trovava,
era forse la prima volta che si accorgeva dell'arredamento. Il letto
su cui aveva passato la maggior parte del tempo era al centro della
stanza, affianco ad esso c'era un comodino fatto in legno con sopra
svariati oggetti, di fronte al letto c'era la scrivania in legno e
una sedia. Le pareti bianche avevano delle scritte in latino dorate,
così sottili e consumate dal tempo che ormai erano
indecifrabili.
Tutto
sommato era una stanza semplice, Sharon si avvicinò alla
scrivania, aprì il cassetto e ripose la lettera accuratamente.
E ora, che faccio?
Si
ributtò sul letto annoiata, ma quando lo fece un rumore
metallico la fece sobbalzare. Si sporse dal letto e scrutò al
di sotto di esso e quello che vi trovò fu quasi assurdo, sotto
il suo letto non c'era soltanto la rete, ma anche una vasta gamma di
coltelli e spade.
“Assurdo,
qui le tengono le armi?”.
Sharon
afferrò due pugnali dalle lame zigzagate e cominciò a
muoverli agilmente, sull'elsa d'oro di un pugnale c'erano incise
delle lettere. Anti daemonium.
“Anti-demone”
sussurrò Sharon incantata da quella scritta.
Prese un
altro pugnale ma questa volta sull'elsa non c'era scritto niente.
Analizzò
attentamente ogni singola arma, e alla fine decise di utilizzare i
pugnali senza scritte. Si allenò tutto il giorno, arrivando
alla sera completamente esausta. Aveva ripassato tutto quello che suo
zio le aveva potuto insegnare, ma quando le sarebbe servito contro
Daniel?
Mentre
pensieri di ogni tipo affollavano la sua mente, i suoi occhi si
chiusero e dietro le palpebre si formò l'immagine di Artes,
della sua espressione mentre gli diceva quello che l'aspettava.
Quando
Sharon si risvegliò era accucciata sul pavimento in un
angolino, con una coperta addosso e con le armi del giorno prima
sparite.
Chi mi ha coperta e mi ha
messo apposto le armi?
Si alzò
lentamente, mentre brividi di freddo la percorrevano e si diresse
verso la porta, quando uscì si trovò Artes davanti che
stava per bussare.
“Buongiorno!”
sussurrò sorridendo lui.
“Buongiorno...ehm
sei stato tu a coprirmi stanotte?” chiese improvvisamente
Sharon guardandolo con occhi assonnati.
“No,
perché?”.
“Oh,
forse mi sono presa la coperta da sola e non me lo ricordo...”
sussurrò la ragazza cercando di ricordare, ma senza successo.
“Non
ti sto seguendo” ammise Artes.
“Niente,
lascia stare. Piuttosto mi sai dire dove posso fare una doccia? Sono
due giorni che sono chiusa in quella camera”.
“Ecco,
e vedi di restarci. La Corte non vuole che si veda una ragazza
passeggiare per i corridoi dell'edificio prima di oggi pomeriggio”.
“Ma
io voglio farmi una doccia!” si lamentò Sharon sbattendo
i piedi a terra come una bambina.
“E
va bene, basta mi arrendo. Mettiti questo mantello e seguimi, penso
che tu voglia anche mangiare...”.
“Ovvio,
non mangio da un giorno” rispose secca Sharon indossando un
vecchio mantello consumato nero.
La
ragazza seguì Artes per una serie di corridoi a spirale e dopo
svariate scale giunsero in una stanza completamente piastrellata e
pulita, delle docce erano disposte in fila dietro dei separé
azzurrini.
“Fatti
pure la doccia, a quest'ora non viene nessuno. Per quanto riguarda il
mangiare te lo vado a prendere e te lo porto in camera, poi ti vengo
a riprendere e vedi di non fare casini. Non parlare con nessuno e
quando esci metti sempre il mantello. Intesi?” disse Artes in
un tono quasi paterno.
“Si”
sbuffò Sharon dirigendosi verso la doccia più nascosta
di quella stanza.
Dopo che
Artes se ne fu andato, Sharon entrò nella doccia felice di
sentire l'acqua bollente sfiorarle la pelle. Dopo aver finito, si
rimise il mantello e restò ad aspettare il ritorno di Artes.
Una
ventina di minuti dopo era di ritorno e dopo averla accompagnata
nella sua stanza e averle consegnato i vestiti che avrebbe dovuto
indossare per il combattimento, sparì nel nulla. Sharon mangiò
avidamente ciò che Artes le aveva portato e dopo aver finito
prese i vestiti dal suo letto e li scrutò. Erano completamente
neri con le cuciture o i bottoni dorati. Il di sopra era formato da
una maglietta aderente nera senza spalline, un giubbotto pesante
pieno di tasche e cerniere, un pantalone aderente con delle
placchette d'acciaio ai lati, stivali che le arrivavano fino al
ginocchio e dei guanti felpati senza dita che aderivano anche nel più
piccolo punto alla mano.
I lunghi
capelli biondi raccolti in una coda, la pelle diafana e i suoi occhi
erano un contrasto abbastanza forte con il nero dei vestiti, che
tutto sommato le donavano.
“Sharon
Clair” tuonò una voce.
Sharon
si girò di scatto e si ritrovò davanti l'uomo
incappucciato col pizzetto biondo che l'aveva accolta la sera che era
arrivata a Rhapsody, la ragazza restò in silenzio a guardarlo
cercando di capire come aveva fatto ad entrare senza fare il minimo
rumore.
“Sei
pregata di seguirmi, la tua prova sta per avere inizio” disse
in tono freddo l'uomo girandosi e avviandosi per il corridoio, senza
curarsi del fatto che Sharon non lo stesse seguendo.
La ragazza come risvegliata
da un sogno si affrettò a raggiungere l'uomo e gli si mise
dietro, ascoltando il rumore dei suoi stivali sul pavimento di marmo
bianco striato di nero.
Attraversarono l'intera
struttura e arrivarono nel cortile, la ragazza nonostante lo avesse
già visto di notte restò stupita nel vedere che alla
luce del sole, le foglie sembravano brillare.
Passarono davanti una
fontana e seguirono la stradina di ghiaia fino ad arrivare a un
enorme edificio, entrarono e Sharon constatò che era una
specie di arena.
Gli spalti tutt'intorno
erano pieni di ragazzi che ridevano e scherzavano, al centro della
struttura c'era una lastra di granito rettangolare sul quale c'era un
ragazzo in abiti uguali ai suoi, esattamente sotto la lastra di
granito posta un po' più in alto rispetto il livello del
pavimento c'erano altri spalti, occupati solo dagli uomini
incappucciati.
“Benvenuta nell'arena
della luce, cammina fino al palco” sussurrò
l'incappucciato recandosi dai suoi compagni.
Sharon si sentiva girare la
testa e le gambe le tremavano, avrebbe dovuto sfidare Daniel davanti
tutta quella gente?
“Mi aspettavo qualcosa
di più...piccolo” sussurrò Sharon muovendo dei
passi con riluttanza.
Senza sapere come, la
ragazza riuscì ad arrivare fino alla lastra dove un uomo in
armatura gli stava porgendo una falce.
“Devo combattere con
questa?” chiese allibita Sharon.
Non aveva mai considerato la
falce come una vera e propria arma da combattimento, l'aveva sempre
vista come abbellimento, l'uomo la guardò inespressivo e non
disse niente si limitò a spingerla sulla lastra ed ad
allontanarsi.
Daniel era già lì
fermo con una spada in mano, era seduto e in quei vestiti i muscoli
gli risaltavano, i capelli biondi selvaggi di come chi si è
appena svegliato, gli occhi divertiti ma attenti sulla figura di
Sharon.
“Devo ammettere che,
almeno le armature dei Nephilim ti stanno bene” gridò
Daniel per farsi sentire dalla ragazza, che si trovava all'altro capo
della lastra rispetto a lui.
Sharon strinse i pugni e i
denti e si avvicinò un po' di più, poi un suono acuto
fece finire di chiacchierare i ragazzi sugli spalti e il silenzio
regnò, spezzato solo dal parlare di un incappucciato.
“Sta per avere inizio
la prova di questa ragazza. Se sconfiggerà Daniel Hareal potrà
entrare al Paradisium, in caso contrario sarà bandita per
sempre dalla Contea di Jevith” gridò l'uomo col pizzo
biondo.
Un brusio attraversò
la folla, ma subito fu messo a tacere.
“Che la prova abbia
inizio”.
Un altra volta il suo acuto
risuonò nella testa di Sharon, e pochi secondi dopo si ritrovò
a respingere un attacco di Daniel.
Il ragazzo aveva fatto un
salto incredibile e si era fiondato su Sharon con la spada sguainata,
era una spada che sembrava fatta d'argento, la lama sottile e
affilata risplendeva sotto il sole del pomeriggio.
“Buona difesa, almeno”
sussurrò Daniel arretrando e preparandosi a un nuovo attacco.
Sharon non rispose, si
limitò a grugnire ed evitò un altro attacco rispondendo
con una falciata andata a vuoto. La lama seghettata della falce
fendette l'aria con forza e terminò per terra, creando un buco
dov'era atterrata.
Quest'arma non è
legata a me, non la riesco a controllare come si deve.
“Però
io sono in netto svantaggio, la mia arma non è legata a me.
Mentre la tua si” gridò Sharon, tirando fuori la falce
dal granito e mettendosi in posizione di difesa.
“Guarda
che anche tu puoi legare quella falce a te, e solo che non te lo
hanno mai insegnato” sussurrò Daniel quanto bastava per
farsi sentire dalla ragazza.
Un
ondata di rabbia percosse Sharon, che si lanciò contro Daniel
che all'ultimo secondo aveva parato una falciata che gli aveva
tagliato di striscio il braccio destro, ma comunque la forza di
quella botta fece perdere l'equilibrio al ragazzo che cadde
portandosi dietro la ragazza.
Un suono
che Sharon non riuscì ad identificare attraversò gli
spalti, era completamente sopra Daniel, ne riusciva a sentire il
respiro affannato, il cuore battere e riusciva a vedere anche la sua
bocca curvata in un sorriso.
Il
ragazzo si alzò di scatto con forza, spingendo Sharon a terra
e una volta in piedi puntò l'arma sul viso di lei intimandole
qualcosa.
“Basta
così” disse in tono soddisfatto una voce proveniente
dagli spalti della Corte.
Daniel
con un rapido movimento della mano rimise la spada nella cintura che
portava alla vita e poi guardò la ragazza ancora a terra, con
uno sguardo soddisfatto.
“Ragazzina,
non mi sono nemmeno impegnato per batterti” bisbigliò
lui.
Sharon
strinse i pugni così forte da ferirsi con le unghie, si era
fatta battere e in un modo così banale.
La Corte
si alzò e si diresse verso la lastra di granito, una volta su
di essa si abbassarono il cappuccio e la ragazza dovette trattenere
un urlo. Gli occhi degli uomini erano completamente rossi e l'unica
cosa che spezzava quel rosso era una pupilla verticale nera, non
avevano nemmeno l'iride.
“La
Corte Elie ha preso una decisione. Sharon Clair, alzati”.
La
ragazza riluttante si alzò, e non avendo il coraggio di
guardare negli occhi quegli uomini puntò il suo sguardo sulle
punte dei suoi stivali.
“Sei
stata battuta” tuonò l'uomo col pizzetto biondo poi
facendo un passo avanti continuò “Per questo dovresti
essere esiliata”.
Sharon
ebbe una fitta al cuore così forte che le fece girare la
testa, aveva cominciato a vedere il pavimento ruotarle sotto i piedi.
“Nonostante
questo però” aggiunse un altro, facendo fermare i
giramenti di testa di Sharon, “Hai dimostrato grande impegno,
hai affrontato lo stesso la tua sfida anche sapendo che saresti
andata in contro a una sconfitta certa”.
Sharon
alzò lo sguardo incredula, gli aveva veramente detto quelle
cose?
“Sharon
Clair, sei ammessa al Paradisium. Come alunna di questo istituto
adesso avrai il compito di rispettare le regole, allenarti e
combattere per proteggere la tua patria da chiunque osi minacciarne
la pace” disse in tono autoritario l'uomo.
Ma
Sharon non lo sentiva più, si era fermata alla parte
dell'ammissione e i giramenti erano tornati più forti di prima
accompagnati da una moltitudine di pensieri.
“Faccio
parte del Paradisium” sussurrò piano.
Una mano
le si poggiò sulla spalla, e quando la ragazza si girò
vi trovò Artes che le sorrideva.
“Congratulazioni”
sussurrò sbuffando Daniel, mentre dagli spalti partivano urla
di gioia e applausi.
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Capitolo 3 *** Demoni ***
Capitolo III
Demoni
Ormai era da una settimana
che Sharon frequentava il Paradisium, e le cose erano state piuttosto
difficili per lei essendo una ragazza. Quando passeggiava per la
scuola i ragazzi non facevano altro che stuzzicarla o provarci, i
maestri delle Arti del combattimento la sminuivano sempre e non
concepivano come una ragazza potesse combattere al posto di curare.
L'unico che sembrava disponibile e sempre presente per lei era Artes
che, purtroppo si trovava dall'altra parte dell'istituto essendo un
guaritore e tutto il tempo delle lezioni Sharon lo passava con
Daniel.
“Hey, smettila di
sognare a occhi aperti e stai in guardia!” gridò una
voce.
Davanti alla ragazza c'era
un signore anziano, con una barba incolta grigia che gli macchiava il
mento, due occhi violacei attenti e vigili, la bocca era una linea
sottile e le rughe accentuate lo facevano somigliare a una tartaruga.
In mano aveva una grossa ascia e la stava puntando verso Sharon, con
un espressione corrucciata in viso.
“Non pensare che
siccome sei una ragazza, hai più privilegi rispetto loro”
borbottò l'anziano, indicando con la testa dei ragazzi dietro
di lui.
“Mi scusi, mi ero
distratta...” sussurrò Sharon abbassando lo sguardo.
“Niente scuse. Per
punizione resterai fino questa sera ad allenarti, e non ti azzardare
a lasciare questa palestra o ti caccio!”.
L'uomo si allontanò
velocemente e tornò ad allenare gli altri, ignorandola.
“E nemmeno stasera si
mangia...” sussurrò la ragazza prendendo una spada dal
muro.
“Se ti preoccupa
questo, beh complimenti” mormorò Daniel all'orecchio di
lei.
Sharon si girò di
scatto lasciando cadere la spada col cuore in gola, ritrovandosi
Daniel davanti con un sorriso da orecchio a orecchio.
“Diamine...mi hai
fatto prendere un infarto!” sbottò la ragazza
riprendendo la spada da terra.
“Se vuoi, posso
restare stasera a farti compagnia” disse in tono dolce Daniel.
“No grazie, preferisco
digiunare per mesi piuttosto che stare con te” rispose
velocemente Sharon cercando di avvicinarsi al gruppo per ascoltare la
lezione.
“Come vuoi”
disse Daniel facendo spallucce, poi si avvicinò a un ragazzo e
con un rapido movimento del polso fece ruotare la spada che aveva in
mano attorno la vita del ragazzo che lanciò un urlo acuto.
“DANIEL!” gridò
l'anziano con le vene che gli pulsavano sotto il collo.
Il ragazzo aveva la
maglietta tagliata e i pantaloni completamente a terra, era rimasto
in mutande, per il resto non aveva ferite.
“Dica” disse in
tono beffardo il ragazzo che guardava il vecchio avvicinarsi con aria
minacciosa.
“Sempre a fare guai,
eh?! Ma adesso ti faccio vedere io! Questa sera anche tu resterai qui
ad allenarti, però fino a domani mattina!” gridò
l'anziano rosso in viso per la rabbia.
“Che paura...”
ridacchiò Daniel, provocando un attacco omicida all'uomo.
Sharon restò a bocca
aperta soffocando una risata di quelle grasse, mentre cercava di
tenersi il più possibile seria. Il ragazzo rimasto in mutande
si allontanò in fretta uscendo dalla palestra, e ridendo
Daniel si riavvicinò a Sharon.
“Peccato, passeremo la
serata ad allenarci insieme” sussurrò
il ragazzo con un sorrisino accennato.
“Sei
la persona più irritante che io abbia mai conosciuto!”.
“E
anche la più seducente e attraente, non è vero?”.
“Ma
smettila, sei ridicolo” disse la ragazza distogliendo lo
sguardo da Daniel per posarlo sulla figura di Artes.
Il
ragazzo fece un cenno di saluto con la mano, e subito Sharon gli
corse incontro.
Era
sulla porta della palestra ed era impossibile non notarlo con quella
sua tunica bianca e dorata, i capelli castani e ricci che gli
ricadevano sul viso bianco coprendogli gli occhi color oro.
“Artes!
Hai finito le lezioni?” chiese Sharon saltandogli addosso.
“Si,
ho finito qualche minuto fa e sono corso qui. Allora come procede?”.
“Sono
di nuovo in punizione, dovrò allenarmi fino a stasera...bello,
no?” ridacchiò Sharon grattandosi la testa.
“Ancora?
Smettila di combinare guai o distrarti, se continui così ti
cacceranno...dopo tutto quello che hai passato per entrare non vorrai
buttare così quest'occasione” sbuffò il ragazzo.
“Si,
hai ragione...scusa, torno ad allenarmi” mormorò la
ragazza abbassando lo sguardo e rigirandosi per tornare nel gruppo.
Girandosi
Sharon, vide Daniel che la guardava con un aria infastidita in volto
e allo stesso tempo disgustata, poi il suo sguardo si trasformò
in indifferenza e quando ebbe raggiunto il gruppo e si girò
per vedere se Artes era ancora sulla porta, provò una piccola
fitta di delusione quando vide che la porta era completamente vuota.
La
lezione era ormai finita e il tramonto bussava alle porte di
Rhapsody, mentre raggi di luce arancione penetravano dalle finestre
della palestra. Da quando Daniel aveva visto Artes, non aveva più
rivolto la minima parola a Sharon, ma se ne era stato tutto il tempo
in disparte ad allenarsi con una spada.
Ma che gli prende...
D'un
tratto la spada che Daniel stava maneggiando fu a un soffio dal viso
di Sharon.
“Ma
che diavolo fai...” mormorò la ragazza con un fil di
voce rotto dal terrore.
“Rispondimi
sinceramente, ti piace Artes?” sibilò tra i denti
Daniel.
Il
ragazzo adesso si trovava difronte alla ragazza con la spada ferma
nel pugno.
“Ma
sei impazzito?! Ti sembra questo il modo di chiedermelo?”.
“Era
per vedere se avevi i riflessi pronti” disse lui abbassando
l'arma e mettendola nel fodero che aveva sulla schiena.
“Bene...”.
“Allora,
ti piace Artes?” richiese Daniel con una punta di impazienza
nella voce.
“Ma
perché ti interessa...no, cioè è un bel ragazzo
ma non penso che...”.
Prima
che Sharon potesse finire la frase una campana cominciò a
risuonare per l'edificio. Prima lentamente quasi come un rintocco,
poi sempre più forte fino a quando il rumore non cominciò
a dare alla testa.
“Cosa
diavolo è?!” gridò Sharon cercando di farsi
sentire da Daniel, mentre si copriva le orecchie cercando di
attenuare il suono.
“E'
un allarme. E' successo qualcosa di grave, seguimi”.
Daniel
si precipitò fuori dalla palestra a una velocità
impressionante seguito da Sharon.
“Cosa
potrebbe essere successo?” ansimò la ragazza che
riusciva a stare al passo del ragazzo nonostante un po' di fatica.
“Un
attacco dall'esterno forse...non ne ho idea, negli ultimi vent'anni
non è mai suonato l'allarme”.
“E
tu che ne sai?”.
“Me
lo hanno detto”.
I due
ragazzi raggiunsero il cortile dell'istituto e vi trovarono tutti i
ragazzi del Paradisium e davanti ad essi la Corte Elie, erano tutti
accerchiati intorno a qualcosa. Quando Sharon si avvicinò
dovette trattenere un grido, un incappucciato era riverso a terra in
un lago di sangue e con il volto completamente sfregiato e il corpo
mutilato. L'unica cosa che la ragazza riusciva a distinguere in
quello spettacolo era il pizzetto biondo sul mento.
“Oddio
no...” sussurrò Sharon indietreggiando.
“Non
guardare è uno spettacolo raccapricciante” disse Artes,
che era appena spuntato dal nulla e cercava di abbracciare Sharon.
“Lasciala
stare, è una Nephilim guerriera adesso...si deve abituare a
questi spettacoli” ringhiò Daniel.
Sharon
evitò l'abbraccio di Artes e si avvicinò un po' di più
alla Corte per cercare di capire quello che dicevano.
“E'
l'opera di un demone...e se ne è penetrato uno e probabile che
c'è ne siano altri..”.
Richiamando
l'attenzione dei ragazzi, la Corte si abbassò i cappucci
rivelando ancora una volta gli occhi completamente rossi che adesso
ardevano nel buio della notte.
“L'opera
di questo scempio sono i demoni” disse un incappucciato, mentre
un sussulto attraversò la folla, poi l'uomo continuò
“Prendete le vostre armi, e andate di pattuglia per Rhapsody. I
demoni potrebbero essere penetrati tra le mura della città!”.
In un
secondo tutti i ragazzi di dispersero, chi aveva già le armi
in mano attraversò il cancello e cominciò a girare per
la città, chi invece era senz'armi tornava dentro a prenderle.
Sharon senza considerare Daniel gli prese la spada dalla fodera che
aveva sulla schiena e sparì dietro il cancello.
Rhapsody
era deserta, per le strade si vedevano solo i Nephilim con le armi
sguainate che brillavano alle deboli luci argentate della città.
Sharon teneva la spada
stretta tra le mani e camminava per una stradina buia e isolata in
cui nessuno era andato fin'ora, la presa sulla spada si strinse
quando qualcosa luccicò infondo alla strada.
“Chi è lì?
In nome della Corte fatti riconoscere” gridò la ragazza
avvicinandosi lentamente e notando una figura alla fine della strada,
era un vicolo cieco e quella figura non era esattamente quello che si
può definire umano. Un ragazzo era davanti al muro in cui
terminava la strada, dalla sua schiena uscivano delle grandi ali,
erano quasi il triplo del ragazzo e ricoprivano l'intero muro. Sharon
restò un momento perplessa e scossa da quella vista, i raggi
della luna che gli cadevano addosso mostravano un ragazzo dal volto
pallido e spigoloso, capelli rossicci e labbra rosse, i suoi occhi e
le sue ali erano nere come pece, le ali verso le punte si schiarivano
per diventare violacee.
Un angelo?
Il
ragazzo era un misto di perfezione raccapricciante, il corpo
perfettamente scolpito si intravedeva dalla sottile e leggera veste
nera che indossava.
“Che
diavolo sei...” sussurrò Sharon attratta da quell'uomo
come una falena è attratta dalla luce.
Il
ragazzo non parlò ne si mosse, restò in silenzio a
guardare la ragazza avvicinarsi piano e un leggero sorriso gli si
dipinse in volto.
E'
possibile che sia un angelo? No, è impossibile..ma è
così bello...voglio sfiorarlo solo per rendermi conto che è
vero
Le ali del ragazzo ebbero un guizzo e un leggero vento sfiorò
la pelle di Sharon, mentre la mano di lui si allungava a prendere la
vita di lei. Erano così vicini, ci mancava pochissimo e lei
era quasi tra le sue braccia, ma proprio in quel momento una spada
sorpassò la testa della ragazza andandosi a conficcare nel
cuore del ragazzo.
“SHARON!”
gridò Daniel, che era esattamente dietro di lei, “Allontanati,
ora!” aggiunse mettendosi tra lei e lui.
“Cosa
succede, perché lo hai colpito?! E' come noi!” gridò
Sharon che non riusciva più a capire cosa stesse succedendo.
“Ma
non lo capisci?! E' un demone!”.
Daniel si affrettò a riprendere la spada dal petto del demone
e infierì ancora una volta, il ragazzo non emise alcun grido,
si limitò a sbattere le ali.
Sharon non sapeva se gridare o chiedere aiuto, com'era possibile che
un demone fosse così bello? Lei se li aspettava brutti e con
forme di animali putrefatti, non come loro.
Il demone cominciò a sbattere le ali sempre più forte,
fino a quando non prese praticamente il volo e uscì dalla
stradina attirando l'attenzione di tutti i Nephilim e della Corte.
“Daemonium!”
gridarono alcuni, e una saetta bianca trafisse per la terza volta il
demone che sparì nel nulla.
L'allarme cominciò a risuonare questa volta più forte
che mai, e tutti i Nephilim in ronda ritornarono al Paradisium di
corsa, mentre gli abitanti di Rhapsody svegliati da quel trambusto
uscivano dalle loro case in preda al terrore.
“Vieni,
cammina. Dobbiamo tornare immediatamente al Paradisium” disse
Daniel aiutando Sharon a camminare.
In quel momento un incappucciato si affacciò al vicolo notando
i due ragazzi, aveva ancora il cappuccio abbassato e la sua
espressione era raccapricciante, non solo i suoi occhi gli davano
quel qualcosa di demoniaco, ma la sua bocca curvata in un ringhio
fece sobbalzare Sharon.
“Voi
due, immediatamente all'istituto”.
Senza fiatare i due ragazzi corsero al Paradisium, e quando vi
arrivarono erano tutti nell'edificio, compresi gli abitanti di
Rhapsody.
“C'era
un demone, avete visto?”.
“Non
siamo più al sicuro!”.
“Mio
figlio non resterà più in questa città! I
Nephilim non sono affidabili!”.
Gente che urlava ovunque, altri che prendevano le loro cose dai
dormitori e uscivano di gran fretta.
“Mio
dio...” sussurrò la ragazza restando dietro Daniel.
“Adesso
mezza Rhapsody se ne andrà, dopo aver visto quel demone
nessuno vorrà restare” mormorò il ragazzo
avanzando e facendosi spazio tra la folla.
In mezzo alla sala c'era la Corte Elie, avevano di nuovo i cappucci
alzati e il viso coperto e parlavano tra di loro con fare losco,
quando Sharon gli passò affianco una mano la afferrò
per il braccio tirandola all'indietro.
“Silenzio
per favore!” gridò uno della Corte.
“Mi
lasci, cosa vuole da me?” chiese Sharon cercando di liberarsi
dalla presa dell'incappucciato.
“Questa
sera, uno della Corte è morto per colpa di un demone, e poco
fa ne abbiamo constato la presenza. Nonostante lo abbiamo rispedito
nella sua dimensione ce ne potrebbero essere altri insediati nella
Contea, e noi pensiamo che a farli entrare a Rhapsody sia stata
questa ragazza” gridò l'uomo stringendo la presa sulla
ragazza allibita.
“Cosa?!
Ma siete impazziti? Il demone la voleva uccidere, l'ho salvata io!”
gridò Daniel facendosi spazio tra la folla per arrivare fino a
Sharon.
“Vi
state sbagliando! Non avevo nemmeno idea di come fosse un demone
fin'ora!” ribatté la ragazza shockata.
“Stai
zitta, donna.” sibilò una voce proveniente dalla folla.
“E'
stato un errore ammetterti, ci vuoi fare fuori tutti!” gridò
un altro.
“Adesso
basta!” gridò Artes uscendo da dietro Daniel.
“Artes
Migliec, Daniel Hareal, come mai vi sta tanto a cuore la sorte di
questa traditrice?” chiese un incappucciato.
“Non
è una traditrice, ho visto quello che è successo e non
è possibile che sia stata lei a evocare quel demone. L'abbiamo
tenuta sotto controllo per tutto il tempo, e poi non ne sarebbe
capace. Evocare un demone significa avere una conoscenza e esperienza
del settore molto alta, e lei a malapena riesce a maneggiare un arma”
disse Daniel.
Sharon cercò di ribattere, ma un occhiata omicida di Artes la
fece zittire.
“Stai
forse contraddicendo la Corte, Daniel?”.
“Si”
rispose il ragazzo guardando quelle figure losche.
“Attento,
a fare il ribelle si pagano conseguenze molto amare. Tu, Clair,
verrai esiliata per sempre dalla Contea di Jevith e da tutte le sue
città, se metterai piede qui senza permesso verrai spedita
nelle celle del Paradisium e lì marcirai per il resto della
tua vita” sentenziò l'uomo che la teneva stretta per un
braccio.
Quelle parole furono come una coltellata per la ragazza che si sentì
mancare, per un momento desiderò svenire per far smettere
quella sensazione di angoscia e terrore che le stava crescendo nel
petto, ma purtroppo era sveglia e cosciente più che mai.
“Non
potete farlo! Non avete prove!” gridò Artes, il suo viso
era ancora più pallido del solito, sembrava che il sangue gli
era completamente defluito dalle vene.
“Ammettete
che la state usando come capro espiatorio per la vostra
incompetenza!” gridò furioso Daniel che si era
avvicinato pericolosamente.
La folla che assisteva alla scena era praticamente pietrificata e
Sharon tremava come una foglia.
“Ormai
la decisione è presa, Sharon Clair lascerà il
Paradisium questa sera stessa”.
Daniel strinse i pugni così forte da lasciarsi i solchi sui
palmi delle mani e Artes sembrò quasi sul punto di esplodere,
l'incappucciato lasciò la presa su Sharon che fu ripresa a
volo da Daniel, sul suo braccio c'erano le impronta delle dita
dell'uomo ben visibili come delle ferite.
Quando la Corte sparì dietro una porta, la folla cominciò
a disperdersi lasciando al centro solo i tre ragazzi ancora scossi.
“Bene,
è stato bello conoscervi...” sussurrò con un fil
di voce Sharon, cercando di allontanarsi da Daniel.
“Non
ci posso credere...” sbottò Artes, i suoi occhi erano
due flessure e la sua mascella era rigida.
“Non
preoccupatevi, sono solo una ragazza che sta per essere esiliata. La
vostra vita non cambierà, magari la mia si...”.
“Dillo
ancora e giuro che ti schiaffeggio” mormorò Daniel
stringendo i denti.
“Scusate...vado
a preparare le mie cose...” detto questo Sharon corse verso un
corridoio il più velocemente possibile mentre le lacrime
cominciavano a bagnarle il viso.
E'
finita, per sempre. Addio Paradisium, addio a tutto quello che ho...
Una volta nella sua camera, la ragazza preparò il più
lentamente possibile le sue cose dentro la stessa valigia in cui
aveva iniziato la sua avventura qualche giorno prima. Uscendo dalla
camera si girò più volte per guardare l'ultima volta la
stanza, il panorama, le scritte in latino che non avrebbe più
rivisto, mai più. Nella mano destra stringeva la lettere di
Lara, l'unica cosa che le dava la forza di camminare verso la sala
della Corte.
Quando arrivò davanti le porte in legno della sala, che
raffiguravano due angeli vi trovò Daniel e Artes ad
aspettarla.
“Cosa
ci fate qui...” sussurrò Sharon con gli occhi rossi e
gonfi dal pianto.
“Non
meriti questo...” ringhiò Artes.
“Fa
niente, è destino. Venitemi a trovare qualche volta, se
possibile mi farò esiliare a Venezia, almeno visiterò
una città che ho sempre voluto vedere...” mormorò
Sharon accennando un sorriso forzato.
Daniel non parlò, ma nei suoi occhi un guizzo di rabbia si
accese e dopo aver tirato un calcio alle porte in legno sparì
in un corridoio buio.
“Perdonalo...non
è abituato a queste cose...” disse Artes guardando la
porta che tremava.
“Fa
niente, salutalo da parte mia...ciao Artes è stato bello
conoscerti”.
Sharon bussò alla porta e questa le si aprì sotto gli
occhi facendola entrare nella stanza che sembrava una reggia.
Il pavimento era tutto dorato, un allegro fuoco crepitava in un
camino con tre poltrone rosse in stile vittoriano davanti, delle
porte-finestre erano coperte da enormi tende rosse riprese ai lati,
infine un po' più nascosto c'era una specie di specchio in una
cornice d'oro.
La Corte era davanti allo specchio e guardava la ragazza.
“Dove
desideri essere esiliata?” chiese uno.
“Venezia,
Italia” rispose Sharon.
“Bene,
avvicinati”.
Quando Sharon si avvicinò notò che lo specchio faceva
intravedere un ponte sopra un fiume, nel fiume una gondola. Allungò
una mano per cercare di toccare la gondola e un istante dopo fu
risucchiata da esso.
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Capitolo 4 *** Venezia e i suoi guardiani ***
Capitolo IV
Venezia e i suoi guardiani
Al calar della notte Sharon
arrivò attraverso il portale aperto dalla Corte a Venezia, ad
aspettarla in un piccolo vicolo c'era una giovane donna. I capelli
rosso fuoco facevano contrasto con la tunica bianca che portava, sul
viso spruzzato di lentiggini un sorriso mostrava i denti
bianchissimi.
E' maledettamente uguale
a Lara.
“Sharon,
ti aspettavo. Io mi chiamo Ophelia, sono una dei tanti guardiani di
Venezia.” disse la donna con un tono dolce e morbido come una
carezza.
“Guardiani
di Venezia?” ripeté Sharon senza capire.
“Avremo
tempo per parlare e spiegarti, adesso però sei pregata di
seguirmi.”.
La donna
cominciò a camminare tra i vicoli più bui e stretti,
come per evitare la folla che passeggiava e ammirava le gondole nel
Canal Grande illuminato dai lampioni.
Per
quanto Sharon non lo credeva possibile quel posto era magnifico, più
bello di Blueville.
“Siamo
arrivate, entra veloce prima che ci notino” sussurrò
Ophelia all'orecchio della ragazza.
Sharon
si affrettò ad entrare in quella che sembrava una piccola
casetta abbandonata, seguita a ruota da Ophelia.
Dentro
la casetta era calda e accogliente, una carta da parati gialla
spiccava all'ingresso con un vivace appendi abiti verde, un corridoio
abbastanza stretto portava alla sala da pranzo semplice con un tavolo
e quattro sedie, oltre la sala da pranzo c'era una cucina tutta
bianca con qualche spruzzo di colore qua e la e attraversando un
altro corridoio si trovavano tre camere da letto. Una era
matrimoniale bianca e nera, le altre due erano singole ed erano
completamente arancioni.
“Dormirai
in una delle due stanzette, scegli pure quella che vuoi” disse
Ophelia togliendosi la tunica e correndo in cucina.
Aveva un
corpo scolpito, era magra e slanciata, le gambe chilometriche e il
busto stretto, era chiaramente una Nephilim al cento per cento.
“Come
sapevi che stavo per arrivare?” chiese Sharon togliendosi il
cappotto e appendendolo all'appendi abiti all'ingresso.
“Mi
ha avvertito Daniel, mi ha detto che una ragazza stava per essere
esiliata a Venezia e che io me ne dovevo prendere cura, allora
signorina cos'hai combinato per essere stata esiliata?” disse
in tono arrabbiato e divertito la donna che aveva afferrato una
pentola e la stava riempiendo d'acqua.
Sharon
la guardò per un attimo perplessa e dopo averle raccontato
tutta la storia la donna sembrava davvero stordita e confusa.
“Mi
stai dicendo che la Corte ti ha ammesso al Paradisium? E' assurdo! La
cosa più assurda è l'invasione dei demoni...uccidere
addirittura Saaron. Perché noi guardiani non siamo stati
avvisati?” sbottò Ophelia alzandosi e giocando
nervosamente con il mestolo di legno che aveva in mano.
“Saaron
sarebbe l'incappucciato dal pizzetto biondo? E' stato lui che mi ha
trovato la sera davanti la scuola...” mormorò la
ragazza.
“Si
è lui, senti il demone che hai visto...descrivimelo nei minimi
particolari”.
“Era
come noi. Era alto,
aveva un corpo scolpito e indossava una tunica nera, il suo
viso...era pallido e spigoloso, i suoi capelli erano rossi e aveva
gli occhi neri, voraci e neri” Sharon si fermò un attimo
per prendere fiato, quel ragazzo era ancora lì impresso nella
sua mente come un marchio fatto a fuoco, poi continuò “Ma
quello che mi ha colpito erano le sue ali così grandi, così
nere...verso le punte si schiarivano e diventavano viola. Erano
stupende”.
Appena
la ragazza ebbe finito di parlare notò che Ophelia era
scandalizzata, era come se qualcosa le avesse tolto il fiato e il suo
viso era diventato bianco come un cencio.
“Sharon...”
sussurrò Ophelia nel panico più totale.
“Ophelia,
che ti succede?!”.
“Il
demone che hai visto...non era un demone qualsiasi...hai visto Bael,
è un demone potentissimo a capo di sessantasei legioni di
demoni. E' stata una vera invasione se c'era lui c'erano anche i suoi
seguaci ecco perché tutto questo allarme” cercò
di spiegare Ophelia nel panico più totale.
“Come
fai a sapere tutte queste cose e come mai sei così sicura che
sia lui?”.
“Il
mio nome completo è Ophelia Hareal, sono la madre di Daniel e
facevo parte di una squadra speciale a servizio della Corte. In
questa squadra c'erano pure tua madre e tuo padre, Sharon il raid
andò male non perché ci fu un organizzazione scadente
ma perché era contro Bael e le sue legioni.” la voce
della donna era rotta dal pianto e il suo sguardo era fisso in quello
della ragazza incredula.
“Stai
scherzando vero? Mi stai prendendo in giro?”.
Ophelia
scosse la testa e si sollevo la manica della maglietta che portava
fino a scoprire l'avambraccio, c'era come un tatuaggio dorato leggero
sulla pelle un piccolo esagono con dentro dei cerchi concentrici.
“Cos'è?”
chiese fredda Sharon allontanandosi.
“E'
un simbolo di riconoscimento, altrimenti chiamato Chiave.
Serve per identificare i vari
Nephilim e le loro appartenenze. Ogni Nephilim guerriero o guaritore
ne ha uno”.
“I
miei genitori quale avevano?”.
“Tua
madre aveva la stessa mia chiave,
dei Nephilim guaritori mentre tuo padre quello dei guerrieri. Erano
una coppia, quasi tutte le Nephilim donne erano guaritrici al mio
tempo, era l'unica Arte che non si imparava...era un dono, era un
modo per dire ''anche se donne possiamo essere fondamentali'',
capisci?” spiegò Ophelia con un leggero sorriso stampato
sul volto rigato dalle lacrime.
“Non
ne sapevo niente di questa storia...e perché eravate in un
raid contro Bael? E perché sei finita qui...a fare la
guardiana? Di cosa poi!” gridò Sharon pervasa da un
forte senso di rabbia.
“Bael
si presenta sotto forma di una creatura a tre teste...quelle di un
rospo, un umano e un gatto. Un giorno nella cittadina di Blueville
una donna fu attaccata da un demone a tre teste, subito scattò
l'allarme e dopo aver radunato guaritrici e guerrieri pronti per
affrontarlo ci ritrovammo a combattere contro sessantasei legioni
capitanate da Bael. Ma lui non era come descritto nell'Antico
Testamento e dalla donna, era come noi dalla
bellezza devastante, proprio come lo hai descritto tu. Ma ovviamente
era tutta un'illusione. Ci fu un massacro di demoni e Nephilim ma
alla fine perdemmo, il disonore dei reduci fu così grande che
decidemmo di andarcene dalla Contea di Jevith e di diventare
guardiani dei portali.”.
Ophelia
sembrava improvvisamente esausta, rivangare il passato era stato così
doloroso?
“Che
portali?” chiese Sharon.
“Dei
portali che portano in una dimensione parallela. Nel quale demoni e
Nephilim sono in continua battaglia per mantenere l'equilibrio. Ma
adesso basta, niente più domande, niente più
spiegazioni!”.
Sharon
restò zitta e si diresse verso la sua camera, dove continuò
a elaborare il racconto di Ophelia.
Ma se quello che
veramente ho visto era Bael, dove erano le sue legioni? E perché
si è mostrato proprio a me?
Sharon
entrò nella stanza e guardò oltre la finestra, un grido
acuto uscì dalla sua gola. Urlò così forte che
quando smise le faceva addirittura male.
“SHARON!”
Ophelia entrò velocissima in camera e cominciò a
cercare la ragazza che si era rannicchiata in un angolino della
stanza.
“Lui...lui
era qui...” mormorò la ragazza mentre si reggeva la
testa.
“Chi
era qui?!” gridò la donna nel panico.
“Bael”.
Ophelia
si girò verso la finestra che Sharon stava indicando e vide
un'impronta bruciata sul vetro, era una specie di mano umana che
l'aveva sciolta.
“Oh
mio dio...è veramente stato qui. Sharon, presto alzati
dobbiamo andarcene immediatamente!”.
“Dove
dobbiamo andare?”.
“A
controllare il portale presente qui, dev'essere successo qualcosa di
grave”.
Dopo
essersi messa il cappotto Sharon uscì all'aria fredda e
pungente della sera e camminando tra i vicoli si ritrovarono davanti
una chiesa, la basilica di San Marco.
“Ophelia...li
vedo” sussurrò Sharon cercando la protezione della
donna.
“Ignorali,
fai finta di non vederli. Più avrai paura e più loro si
avvicineranno”.
“Ma
io non ho paura, e solo che...”.
La donna
si girò cercando di intravedere alla luce dei lampioni il viso
di Sharon, poi con voce insistente disse “Solo che cosa?”.
“Ci
sono anche i miei genitori con loro e mi dicono di unirmi a loro”.
Ophelia
prese velocemente la mano della ragazza e dopo alcuni secondi erano
nella basilica, una grossa croce d'oro massiccio pendeva dalla cupola
fino ad arrivare a pochi metri da terra.
“Non
credere mai a quello che vedi, i demoni sono ingannatori
professionisti. Qui non potranno raggiungerci. Ora ferma qui”
disse la donna avanzando verso la croce.
La
basilica era vuota e l'eco dei tacchi di Ophelia creavano una specie
di melodia, a un tratto da dietro un arco uscì un uomo,
portava la stessa tunica della donna solo che era insanguinata.
Ophelia si gettò immediatamente verso il compagno cercando di
bloccare il sangue che continuava a uscire, Sharon si avvicinò
in fretta e prese il posto della donna mentre quest'ultima correva
sotto la croce.
“Ostium
apertum est, in nomine comitatum de Jevith lubeo clauso ostio!”
gridò Ophelia alzando le mani verso la croce che si stava
illuminando debolmente.
“Vai
Oph, richiudi il portale e trova Bael” mormorò il
vecchio sputando sangue mentre tossiva.
“Chi
ha aperto il portale?” chiese Sharon.
“E'
stata lei...colei che non si può nominare, la maledetta”.
Dopo che
la luce fu del tutto sparita Ophelia cadde a terra esausta e l'uomo
nelle mani di Sharon lentamente smetteva di respirare.
“Ophelia!
Ophelia che ti succede? Aiuto, quest'uomo sta morendo!” gridò
la ragazza in preda alla disperazione cercando di strisciare verso la
donna a terra.
“Scusa
Sharon, sono esausta non riesco a guarirlo, perdonami Ed...”.
Dette
quelle parole la donna sveni e l'uomo tra le mani di Sharon fece
l'ultimo respiro e morì.
Aiuto...aiutatemi cosa
devo fare...Ophelia cosa devo fare...
Un
rumore sordo e le porte della basilica si aprirono lasciando
intravedere la sagoma di un ragazzo correre verso il corpo della
donna, un ragazzo famigliare, i suoi capelli castani in dolci
riccioli che ricadevano sul volto, la pelle abbronzata e luminosa.
“Artes!”
gridò la ragazza con un improvvisa ondata di sollievo.
Il
ragazzo la guardò giusto per un secondo sorridendole poi si
riconcentrò sulla donna, intanto delle mani forti ma delicate
la stavano prendendo in braccio sollevandola da quel corpo
insanguinato.
“Daniel...”
mormorò Sharon incredula.
“Ovunque
vai combini solo guai, fatti benedire” disse in tono serio ma
dolce il ragazzo che la teneva stretta al suo petto.
“Daniel,
tua madre sta bene ha solo usato tutta la sua forza per richiudere il
portale e mandare l'allarme...deve riposare” disse Artes
prendendo Ophelia in braccio.
“Bene,
riportiamole a casa. Tra poco qui arriveranno le guardie mandate
dalla Contea”.
“Cosa
succede? Perché siete qui?” chiese stordita Sharon.
“Mia
madre ha lanciato un allarme e siamo corsi subito qui attraverso un
portale, le apparizioni dei demoni sono diventate sempre più
frequenti a Rhapsody anche dopo che te ne sei andata e poi sappiamo
che abbiamo visto Bael quella sera” spiegò Daniel mentre
con agilità evitava ogni singola persona che poteva vederli.
“L'ho
rivisto poco fa, mi spiava dalla finestra e poi mi ha seguito fino
alla basilica..” disse con un fil di voce la ragazza.
“Stai
dicendo la verità?!” disse incredulo Artes.
“Si,
credo voglia qualcosa da me”.
“Vuole
sicuramente qualcosa da te se ti ha seguito fino a qui, dobbiamo
avvisare immediatamente la Contea” sbottò Daniel.
Arrivati
a casa di Ophelia i due ragazzi la misero a letto e Sharon andò
a fare una doccia.
“Cosa
ne pensi?” disse Daniel.
“Non
ne ho idea...Bael è un demone superiore a capo di sessantasei
legioni e già lo hanno affrontato in passato, se sta veramente
seguendo Sharon allora la cosa è grave. E' in pericolo in ogni
momento. Soprattutto dopo che qualcuno ha aperto il portale”
rispose Artes in tono serio.
“Ho
paura che le sia successo qualcosa e da mezz'ora che è sotto
la doccia” disse nervosamente Daniel alzandosi e andando verso
il bagno, ma prima che potesse girare l'angolo Sharon era li con i
capelli bagnati che lo guardava.
“Ah
eccoti. Stavi origliando?” mormorò seccato il ragazzo.
“Ho
sentito solo l'ultima parte della conversazione, chi ha aperto il
portale secondo voi?”.
“Non
ne abbiamo idea, stiamo anche cercando di contattare la Contea ma
sembra non esserci nessun contatto, cosa alquanto strana”
ammise Artes.
“Penso
che sia successo qualcosa...sta succedendo qualcosa di strano qui,
anzi no ovunque” sussurrò Daniel.
“Sentite,
prima che quell'uomo morisse...gli avevo chiesto chi avesse aperto il
portale e le sue parole sono state “E' stata la
maledetta, è stata colei che non si può nominare”.
Voi a chi pensate si stesse
riferendo?” chiese timidamente Sharon avanzando verso il tavolo
su cui era seduto Artes.
Daniel
lanciò una veloce occhiata al compagno e subito raggiunse i
due ragazzi sul tavolo, evidentemente preoccupato.
“Non
ne ho la minima idea, ma se ha detto così vuol dire che è
stata una donna, sennò avrebbe detto colui o lui” disse
pensieroso Daniel.
“La
Contea non è più raggiungibile, credo sia successo
qualcosa. Daniel, apro un portale e vado a controllare tu resta qui
con tua madre e Sharon”.
“Vuoi
andare da solo? Ma lo sai che è pericoloso, non ci pensare
nemmeno io vengo con te!”.
“E
se dovesse tornare Bael? Cosa potrebbe fare Sharon contro un demone
di quella portata?” sbottò Artes in modo evidentemente
preoccupato.
“Si
hai ragione ma...okay, ma almeno fammi sapere cosa succede” si
arrese Daniel.
Sharon
li guardava di sottecchi e non capiva come potessero essere così
tranquilli in una situazione del genere, intanto Artes era sparito
dietro l'angolo della cucina.
“E'
andato ad aprire il portale?” chiese Sharon scostandosi un
ciuffo di capelli bagnati dal viso.
“Si,
tra poco ci sarà una leggera scossa quindi sta tranquilla è
normale” sbuffò il ragazzo sorridendo.
“Scossa?”
ripeté la ragazza allarmandosi.
I
bicchieri posti sul tavolo cominciarono a tremare e le sedie caddero
a terra, una tremenda scossa di terremoto stava facendo tremare
tutto, Sharon cercava di tenersi al tavolo per non cadere mentre
Daniel era tranquillamente in piedi a guardare divertito la ragazza.
“Potresti
anche aiutarmi!” gridò Sharon cercando un appiglio con
le mani.
“Dai
tranquilla, sei una Nephilim guerriera possibile che non riesci a
stare in piedi? Fai proprio pena” ridacchiò il ragazzo.
“Oddio
cado!”.
La
ragazza non fece in tempo a finire la frase che si ritrovò sul
pavimento con addosso Daniel che aveva cercato di riprenderla invano,
i loro visi erano a un soffio di distanza e le braccia di lui
formavano una specie di gabbia in cui Sharon era bloccata.
“Nel
riprendere una ragazza che sta cadendo non sei molto allenato...”
disse in tono sarcastico la ragazza cercando di non scoppiare a
ridere.
“E
chi ti dice che io non l'abbia fatto apposta?” sussurrò
con voce seducente lui.
“Perché
sarebbe da maniaci cadere addosso a una ragazza”.
“E
che ne sai che io non sia un maniaco?”.
“Cosa
stai insinuando...” mormorò piano Sharon cercando di
fare distanza tra i due visi.
“Potrei
benissimo baciarti da qui o farti quello che voglio. Potrei avere
anche una mente perversa, chi lo sa” bisbigliò lui che
cercava di avvicinarsi il più lentamente possibile alle labbra
di lei.
“Che
succede? Perché sto sprofondando!?” gridò Sharon
improvvisamente nel panico più totale, sotto di lei non c'era
più il pavimento a quadri della casa di Ophelia ma un buco
nero da cui uscivano delle mani affilate che cercavano di afferrarla.
“Stai
ferma, non muoverti!” gridò Daniel cacciando dalla
cintura che aveva alla vita un pugnale dall'elsa d'oro.
“Mi
stanno trascinando giù, aiuto!” cercò di dire
Sharon mentre una mano le aveva afferrato la gola così forte
che le impediva di parlare.
Daniel
cominciò a pugnalare le varie mani che uscivano dal suolo
senza però ottenere grandi risultati anzi, più le
feriva e più diventavano forti.
“Sharon
al mio via tirati in avanti!” gridò Daniel afferrando
una sedia.
“Ci
provo”.
Le mani
erano così forti da lasciare dei solchi rossicci sulla pelle
della ragazza e una voce inquietante cominciava a riecheggiare
nell'aria, Daniel si avvicino pericolosamente al buco nero con la
sedia alta sulla sua testa.
“Vai,
tirati!”.
Sharon
afferrò la caviglia di Daniel e cercò di tirarsi via da
quelle prese infernali, appena ci riuscì il ragazzo lanciò
la sedia a quei demoni che subito l'afferrarono e la trascinarono giù
facendo così richiudere il portale.
“Che
cos'erano...cos'erano...” balbettò Sharon avvinghiandosi
a Daniel.
“Credo
erano dei demoni a servizio di Bael. La cosa si fa seria molto seria,
Bael come tutti i demoni è al servizio di Lucifero e questo è
preoccupante, cosa vogliono da te? Ormai è chiaro che sei tu
la loro preda”.
“Non
lo so! Mi perseguitano da quella notte, io non ho fatto niente!”
disse scoppiando in lacrime la ragazza, essere la preda di un demone
così potente non era solo terrorizzante ma anche distruttivo
emotivamente.
“Loro
vogliono qualcosa che tu solo hai, solo in un altro caso si sono
comportati così” bisbigliò il ragazzo pensieroso.
“Che
altro caso?” chiese Sharon.
“Quello
di tua madre, Bael perseguitava tua madre perché voleva
qualcosa da lei. Quel qualcosa nessuno sa cos'era, sta di fatto che i
demoni non ebbero mai quello che cercavano perché non lo aveva
più tua madre. Probabilmente quel qualcosa lo ha dato a
qualcun'altra prima di partire per il raid. A te, ecco perché
ti stanno inseguendo.” disse in tono preoccupante e freddo
Daniel che guardava la ragazza incredula sul pavimento, poi aggiunse
“Devi avere un qualcosa di così potente da attirare
l'attenzione di uno dei sette principi dell'inferno, se fossi in te
comincerei a preoccuparmi seriamente”.
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Capitolo 5 *** Diafane ***
Capitolo V
Diafane
Il ticchettio dell'acqua che
gocciolava nel lavandino della cucina era l'unico suono che spezzava
il silenzio che regnava in casa di Ophelia.
“Quando tornerà
Artes secondo te?” chiese debolmente Sharon con voce e occhi
assonnati.
Daniel ebbe un guizzo e
senza rispondere si avviò verso la camera della madre,
ignorando completamente la ragazza che lo guardava.
“Sto parlando con te!”
gridò Sharon raggiungendo il ragazzo e strattonandolo per la
maglietta.
“Smettila”
sussurrò piano lui.
“Che hai? Di botto ti
sei completamente depresso...” chiese titubante Sharon che
teneva ancora stretta nel pugno la maglietta.
Daniel fece un rapido
movimento con il quale si liberò dalla presa della ragazza e
con uno spintone la fece finire in una delle due camere arancioni,
esattamente davanti alla camera di Ophelia.
“Ma sei impazzito?!
Sei schizzato!” protestò Sharon cercando di uscire.
“L'hai voluto tu,
resterai qui chiusa a chiave finché non cambi atteggiamento”
disse in tono freddo e tagliente il ragazzo richiudendo la porta.
“Ma non ci pensare
nemmeno!” ribatté Sharon afferrando la maniglia e
tirando con tutta la forza che aveva per contrastare quella di
Daniel.
“Non provocarmi, so
che mi vorresti avere tutto per te in quella stanza ma non posso”
disse ridacchiando lui.
“Ma chi ti vuole!”.
“Se insisti vengo”
mormorò Daniel prima di lasciare andare la presa sulla porta
facendola aprire di scatto, buttando Sharon a terra.
“Basta ci rinuncio,
sei impossibile” sbottò Sharon massaggiandosi la
schiena.
“Sei abbastanza
tranquilla e allegra dopo tutto quello che è successo,
complimenti” disse lui avvicinandosi alla ragazza a terra e
aggiungendo “Dai alzati, non vorrei avere più problemi
con il pavimento...che ne dici se questa volta usiamo il letto?”.
“Sei un maniaco
pervertito! Mai incontrato un Nephilim come te”.
“Lo so, sono unico”.
Sharon dovette trattenersi
dall'insultarlo e nonostante fosse riluttante accettò l'aiuto
del compagno ad alzarsi, finendo così nel suo abbraccio.
“Ci avrei giurato”
sussurrò debolmente lei mentre i morbidi capelli di lui le
solleticavano il volto.
“Cosa avresti
giurato?” bisbigliò lui con voce suadente e dolce
all'orecchio della ragazza che era diventata rigida come un palo.
La porta alle loro spalle si
era richiusa a causa del vento e adesso si ritrovavano soli in una
stanza a un soffio di distanza, lei ne poteva sentire l'odore della
pelle e dei capelli, un odore che la faceva viaggiare con la mente,
vaniglia.
“Niente...”.
Un flash attraverso la mente
di Sharon, anche al Paradisium erano finiti in una situazione simile
e un tonfo al cuore la fece trasalire.
“Profumi di
cioccolata...” mormorò Daniel appoggiando le labbra sul
collo di lei a facendole camminare lentamente verso la bocca.
“Fermati...per favore
fermo...”.
Sharon cercava di
allontanare Daniel in tutti i modi possibili, ma la forza con cui la
teneva lui abbracciata era impossibile da contrastare.
“Perché dovrei
fermarmi?” bisbigliò lui sempre più vicino alle
labbra della ragazza.
Le loro labbra ormai si
stavano sfiorando debolmente e la presa su di lei aumentava, era una
presa forte e delicata, le mani di Daniel si spostarono dalle spalle
alla schiena e un brivido percosse Sharon che la fece trasalire e di
istinto spostò le mani sulla nuca del ragazzo finendo nei
capelli.
La ragazza per un momento si
sentì svenire e perse l'equilibrio quando le sue labbra si
schiusero sotto la pressione di quelle del ragazzo e quel bacio
divenne più passionale, cadendo così sul letto e
portandosi dietro Daniel.
“No, aspetta...fermo”
sussurrò Sharon scostandosi leggermente.
Ci fu un leggero minuto di
silenzio e poi un rumore sordo di vetri mandati in frantumi nella
camera difronte, Sharon e Daniel uscirono subito dalla stanza e
corsero in quella di Ophelia, la donna era sdraiata per terra
agonizzante e una specie di bambina le aleggiava intorno.
“Mindus, cosa fai
qui?!” gridò Daniel evidentemente sorpreso e alterato.
“Oh, Nephilim. Ma che
piacere vederti di nuovo” disse la bambina con voce inquietante
e sottile.
Era alta più o meno
un metro e venti e i piedi non toccavano terra, i suoi capelli erano
di un verde sbiadito ripresi in due treccine che le arrivavano fino
alla vita, gli occhi completamente neri, la pelle che le tendeva sul
rossiccio la faceva sembrare molto accaldata ed era coperta solo da
una specie di body verde. Sharon aveva visto solo una volta una
creatura del genere, quando era piccola e si trovava nei boschi che
separavano Blueville da Peck, quella strana bambina in realtà
era una fata.
“Cosa ci fa una fata
come te qui?” disse il ragazzo avvicinandosi al corpo della
madre e prendendolo in braccio.
“La Contea è
sotto attacco, tutti i portali e le vie di comunicazione con essa
sono state interrotte. Hanno evacuato tutti, tranne Nephilim
guerrieri e guaritori presenti al momento dell'attacco” disse
in tono divertito la creatura che si spostò vicino ai piedi
del letto.
“Sotto attacco?”
ripeté incredulo Daniel.
“Si, alle prime luci
della sera cinque legioni di demoni hanno invaso le città
della Contea creando il caos più totale” spiegò
con voce fredda e noncurante la fata.
Daniel lanciò una
veloce occhiata a Sharon che era rimasta immobile sulla porta,
incredula.
“Quindi Artes adesso
sta combattendo...” sussurrò piano Sharon che si dovette
appoggiare allo stipite della porta per non cadere, si sentiva le
gambe molli come gelatina.
“Non c'è
proprio nessun modo per arrivare alla Contea?” chiese Daniel
adagiando la madre nel letto.
“No, siamo tutti
bloccati qui. Credo che ci sarà presto un invasione anche su
questo mondo.”.
“Cosa te lo fa
pensare, Mindus?” disse Daniel calcando il tono sul nome della
fata.
“Oh beh, i portali si
stanno aprendo e nessuno sa chi sia a farlo, i demoni sono liberi di
entrare e uscire a loro piacimento...” ridacchiò Mindus
lasciandosi cadere su una sedia all'angolo della stanza.
“Il guardiano che è
morto mi ha detto che è stata una donna, chi potrebbe essere?”
chiese Sharon avanzando un po' nella stanza.
“Donne?” ripeté
la fata alzando un sopracciglio “Non ci sono donne capaci di
aprire portali potenti come quelli, nessuno avrebbe una tale forza. E
poi le uniche donne che possono avvicinarsi ai portali sono le
guardiane e ne esistono solo due, Ophelia e Tonac gli altri sono
tutti uomini.
“Ma quel guardiano...”
cercò di dire Sharon ma subito fu interrotta dalla fata.
“Ma niente, devi aver
sentito male. E' impossibile e basta” sbottò Mindus.
“Voi fate dovete
sempre aver ragione!” aggiunse Daniel.
“Piuttosto chi è
questa tizia? Non l'ho mai vista in vita mia”.
“E' una Nephilim
guerriera” disse il ragazzo con tono strafottente.
La fata lo guardò per
un momento a bocca aperta poi scoppiò in una fragorosa risata,
e alzandosi dalla sedia si avvicinò a Sharon osservandola come
se fosse un alieno.
“Che presa in giro è
questa, Daniel?” ridacchiò Mindus guardandolo
intensamente.
“Nessuna presa in
giro, fata” sbottò Sharon guardandola ostile.
Mindus si girò
leggermente verso la ragazza e dopo aver sorriso debolmente cominciò
a creare delle saette tra le mani, che lanciò su Sharon a
tutta velocità. Prima che queste potessero raggiungerla,
Daniel si mise davanti alla ragazza respingendole con un'arma
completamente bianca e sfavillante, sembrava una spada con due ali di
angelo chiuse ai lati che formavano la lama.
“Uh la la, che bella
diafana” sussurrò Mindus incantata dall'arma che Daniel
stava maneggiando.
“Smettila di usare i
tuoi poteri senza motivo o ti anniento” minacciò il
ragazzo con tono freddo e inquietante.
“A quanto pare siamo
parecchio alterati oggi, va bene sparisco. Ma ricorda che mi rivedrai
presto” disse la fata prima di sparire nel nulla.
“Diafana? Mindus?
Cos'è successo, non ho capito molto...” chiese Sharon
avvicinandosi al ragazzo che era diventato abbastanza pallido.
“Mindus è una
delle principesse delle fate, una creatura che ama prendersi gioco
degli altri e che si crede superiore a tutto e tutti. La conosco
grazie ad un allenamento nei boschi della Contea, dove voleva
raggirarmi. Ma ovviamente io sono più furbo e più forte
di lei” spiego il ragazzo sedendosi a terra e lasciando quella
specie di spada sul pavimento.
“Ah...e cosa intendeva
per ''diafana''?”.
“Non sai cosa sono le
diafane?” chiese il ragazzo sollevando un sopracciglio e
guardandola stupito.
“No, mai sentite
nominare...” ammise Sharon sedendosi affianco al ragazzo.
“Le diafane sono le
armi dei Nephilim, qui nel mondo degli umani verrebbero chiamate armi
bianche...da noi invece si chiamano diafane. Sono armi speciali
create apposta per i Nephilim guerrieri e ognuno ha la propria sempre
con se, anche tu c'è l'hai probabilmente, dovresti solo
scoprire come evocarla. Nessuna diafana è uguale ad un altra e
hanno tutte poteri diversi, per esempio ecco la mia” Daniel
sollevò la spada da terra e tenendola tra le mani la mostrò
a Sharon che era rimasta incantata dal suo splendore.
“E' bellissima...”
sussurrò la ragazza rapita.
Daniel non riuscì a
nascondere un sorriso e un improvvisa tenerezza nei confronti di
Sharon, sembrava una bambina difronte le giostre del Luna Park.
“Come si evocano?”
chiese Sharon euforica.
“Non posso saperlo,
devi scoprirlo tu come evocarla. Te l'ho già detto sono tutte
diverse, la evocherai quando sarà il momento”.
“Appena Mindus è
andata via eri pallido...come mai?”.
“Le diafane assorbono
tanta energia, ma il loro potere è semplicemente fantastico”.
“Va bene, ho capito.
Posso farti un altra domanda?”.
“No, basta. Non vedi
che sono esausto? Portami a letto, donna” sbottò in tono
ironico Daniel che si era sporto verso Sharon con l'aria da cucciolo.
“Ma...ma non ci penso
nemmeno per sogno!”.
“Ssh, lo senti questo
rumore?” sussurrò piano il ragazzo alzandosi
silenziosamente e afferrando la diafana.
“Cos'è secondo
te?”.
“Non ne ho idea, viene
della cucina...credo ci sia qualcuno in casa, aspetta qui vado a
controllare” bisbigliò il ragazzo prima di avviarsi
verso il corridoio.
Sharon si guardò
attorno e poi notando che Ophelia si stava lamentando le corse
a fianco, i suoi occhi erano rossi ed era agitata.
“Ophelia che ti
succede?” chiese nel panico Sharon che afferrò veloce la
mano della donna.
“Scappate tu...e
Daniel...stanno arrivando” balbettò Ophelia stringendo
la mano della ragazza il più forte possibile.
Un rumore di piatti rotti
arrivò dalla cucina e Sharon corse subito alla porta per
cercare di scorgere cosa stesse succedendo, si avvicinò
silenziosamente all'angolo e sporse un po' la testa e vide Daniel
eliminare una specie di gelatina gigante rossa. La sua diafana
splendeva più di prima nonostante fosse ricoperta di un
liquido verdastro.
“Cos'era?”
chiese la ragazza uscendo dall'angolo e avvicinandosi al ragazzo.
“Un atarox, un demone
spia sotto il comando di Abaddon...” spiegò Daniel.
“Abaddon? Il demone
della distruzione...” sussurrò Sharon prima di essere
presa alle spalle da qualcosa di viscido e appiccicoso.
Una lunga lama affilata le
sfiorava il collo e una mano squamosa e putrefatta la reggeva, Sharon
ebbe dei conati di vomito e vide la faccia di Daniel diventare una
maschera di paura.
Con un veloce movimento del
busto la ragazza riuscì a sottrarsi dalla presa della creatura
e a disarmarla e quando raggiunse Daniel capì perché
era sbiancato, dietro quella creatura viscida e putrefatta c'era
Ophelia completamente fuori di sé, aveva gli occhi rossi e la pelle
violacea.
“Ophelia, che
succede?!” gridò la ragazza cercando di avvicinarsi alla
donna senza farsi riprendere dalla creatura.
“Ferma Sharon! Quella
non è mia madre, è posseduta!” gridò
Daniel muovendo alcuni passi in avanti.
La donna fece un breve
sorriso e poi con velocità sovrumana raggiunse Sharon.
“Assalto di luce!”.
Un'improvvisa ondata di luce
illuminò la cucina accecando tutti e quando tornò tutta
alla normalità Ophelia non c'era più, al suo posto
c'erano delle bruciature sulle pareti e chiazze di sangue sul
pavimento.
“Dannazione, sono
scappati!” sbottò Mindus che stava fluttuando a
mezz'aria.
“Mindus...mi hai
salvata grazie...” sussurrò abbassando lo sguardo
Sharon.
“Non pensare che l'ho
fatto per te, piuttosto Ophelia dov'è?” chiese con voce
stizzita la fata che guardava dritto in direzione di Daniel.
“Se la sono presa
ovviamente, vogliono che li cerchiamo”.
“Mi...mi dispiace...”
sussurrò Sharon con improvvisi sensi di colpa.
“Fai bene a
dispiacerti! E' tutta colpa tua se ci troviamo in questo guaio, se ti
fossi fatta gli affaracci tuoi tutto questo non sarebbe successo!
Adesso Daniel e Ophelia sono in pericolo come tutto il mondo, è
tutto per un inutile ragazzina del...” gridò Mindus
infuriata, ma prima che potesse finire la frase Daniel le puntò
la diafana contro.
“Non mi importa se ci
hai salvato, se non la finisci immediatamente giuro che ti infilzo”
intimò il ragazzo.
Il suo sguardo era diverso,
era sempre stato freddo e noncurante ma questa volta c'era qualcosa
in più che lo rendeva agghiacciante, il verde in quel momento
sembrava grigio.
“Daniel ma cosa ti
prende? Hai ricevuto per caso una botta in testa?” balbettò
preoccupata Mindus.
“Sei tu che mi irriti,
sei pregata di sparire se devi stare qui solo per accusare”.
Per quanto Daniel stesse
cercando di non far sentire Sharon colpevole era la verità,
era lei la causa di tutti quei problemi che non sapeva risolvere.
Silenziosamente la ragazza si avvicinò alla porta, e
approfittando di quel momento di distrazione dei ragazzi uscì
in fretta.
La pioggia fredda le bagnava
il viso e i vestiti, non sapeva dove andare né cosa fare,
sapeva solo che si doveva allontanare il più possibile da
Daniel e gli altri.
Mentre correva tra la folla
vide un ragazzo, era identico ad Artes il cuore le volò il
gola, cosa ci faceva lì?
“Artes!” gridò
Sharon cercando di farsi sentire dal ragazzo.
Aspetta cosa sto facendo?
Non può essere Artes lui si trova alla Contea...e se anche
fosse lui non posso andare lo metterei nei guai come ho fatto con
Ophelia e Daniel.
La ragazza si girò
lentamente e ricominciò a camminare tra la gente, cercando di
essere il più possibile invisibile. La pioggia che la bagnava
sembrava ghiaccio sulla sua pelle, ad un certo punto una mano calda e
gentile ma allo stesso tempo forte la prese per un braccio facendola
girare su se stessa.
“Daniel...”
sussurrò piano Sharon incredula, gli occhi del ragazzo erano
preoccupati ma allo stesso tempo terrorizzati.
“Non farlo mai più”
mormorò il ragazzo prendendola e stringendola in un abbraccio
mozzafiato.
“Scusa, ho dovuto...”.
“Zitta!” gridò
lui attirando gli sguardi dei passanti “Tu non devi niente, tu
devi solo restarmi vicina, non dar conto a Mindus!”.
Sharon sentì ancora
quella sensazione di svenimento e il suo cuore ebbe un balzo, le sue
braccia si allacciarono dietro la schiena del ragazzo mentre la
pioggia li bagnava, i passanti che prima li guardavano incuriositi
ora erano fermi a contemplare la scena.
“Non lo faccio più,
promesso” bisbigliò Sharon affondando la testa del petto
di lui.
Daniel non rispose, si
limitò a stringerla ancora più forte, un abbraccio che
non aveva mai dato a nessun'altra e che non si sapeva spiegare
nemmeno lui.
“Stiamo attirando
parecchi sguardi” ridacchiò lui abbassando la testa
verso quella della ragazza, “Perché non gli diamo un bel
spettacolino?”.
“Non ci posso credere!
Maniaco come sempre!” ribatté Sharon cercando di
soffocare una risata.
Daniel si scostò
lentamente dalla ragazza e le fece cenno di seguirlo, passando in
mezzo alla folla che li guardava ancora.
“Che succede?”
chiese Sharon.
“Sento qualcosa
provenire da qui”.
I due ragazzi erano arrivati
in un vicolo davanti una porta in legno consumato e putrefatto,
serrata da lucchetti e catene di ferro, Daniel evitando le
pozzanghere formatesi si avvicinò e cercò di abbattere
le catene della porta per poter entrare.
“Sono catene magiche”
sussurrò tra i denti il ragazzo.
“Catene magiche?”
ripeté Sharon.
“Si, è un
incantesimo...da quanto riesco a vedere è stato fatto da un
folletto”.
“Folletti? Allora è
un incantesimo banale!”.
“Scherzi vero?”
chiese Daniel girandosi verso la ragazza con uno sguardo stupefatto.
“Mi vuoi forse dire
che non è così?”.
“I folletti possono
essere all'apparenza piccoli, innocui e burloni, ma non sono niente
di tutto questo. La loro magia dopo quella delle fate è la più
forte ed è quasi impossibile rompere un incantesimo fatto da
loro se non hai le conoscenze e la pratica” spiegò
Daniel avvicinando la mano alle catene.
“Non lo sapevo, e tu
le hai queste conoscenze?” chiese la ragazza avvicinandosi alla
porta e guardandola più da vicino.
“Si, ma non sarà
comunque facile. E' un incantesimo molto forte, chiunque l'abbia
fatto doveva nascondere qualcosa di grosso”.
“Giusta intuizione
ragazzo, è per questo che vi impedirò di entrare”.
Un uomo piccolo e minuto,
dalla lunga barba bianca e i capelli altrettanto colorati, dagli
occhi come ghiaccio li guardava e sorrideva, mostrando i denti
bianchissimi.
“Etroit, cosa...cosa
ci fai qui?” bisbigliò piano Sharon, che con occhi
increduli guardava il piccolo uomo.
Il folletto ebbe un attimo
di esitazione e la sua bocca si curvò in una smorfia di
dispiacere poi come se niente fosse rispose ''Potrei farti la stessa
domanda io”.
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Capitolo 6 *** Teriremo ***
Capitolo VI
Teriremo
Il folletto saltellava su un
piede in una pozzanghera quasi fosse divertente e guardava la ragazza
con vivo interesse. Daniel evocò velocemente la diafana e si
posizionò davanti Sharon, che aveva avanzato di qualche passo.
“Daniel, tranquillo...
Va tutto bene” sussurrò la ragazza mettendo la mano
sopra la spalla del ragazzo.
“No, non va niente
bene. Come lo conosci?” chiese Daniel stringendo la presa sulla
diafana.
Il folletto dopo un piccolo
balzo atterrò pesantemente su due piedi facendo diventare la
pozzanghera ghiaccio e sogghignando si toccò la lunga barba,
poi il suo volto diventò serio, freddo.
“Io sono Etroit, la
conosco grazie ai suoi allenamenti nel bosco di Peck. Questa
sprovveduta un giorno si è fatta quasi ammazzare da una fata e
io ovviamente l'ho dovuta salvare, era solo una bambina e la mia
etica mi impedisce di lasciar morire le mocciose” disse in tono
di scherno il piccolo uomo che si stava dondolando sul ghiaccio, “Io
abbasserei l'arma se fossi in te!”.
“Daniel fa come ti
dice, è buono” lo pregò Sharon.
“Eh? Io non prendo
ordini né da te né da questo folletto, cosa c'è
dietro queste catene?” chiese Daniel abbastanza infastidito.
“Perché mai
dovrei dirtelo? Sei solo un piccolo Nephilim arrogante e presuntuoso,
non ne vedo proprio il motivo. Non capisco come la mia piccola Sharon
possa andare in giro con un tizio come te...” sbottò
Etroit.
“Piccola Sharon?”
ripeté confusa la ragazza che aveva sbarrato gli occhi.
“Oh ti da per caso
fastidio? Lo dovevo immaginare ormai non sei più la bambina
che eri una volta... Ricordo ancora il tuo fantastico thé
verde...” mormorò nostalgico il folletto.
“Ehi basta, evitiamo
questi sentimentalismi. Mi fate salire il diabete” disse Daniel
alzando l'arma e puntandola verso la porta.
“Come mai tutto questo
interesse per il suo contenuto Nephilim?” disse in tono
divertito Etroit che era tornato alla sua compostezza.
“Sai com'è, amo
scoprire cose nuove”.
“Lì è
rinchiusa una persona molto cattiva e potente. Ti va bene cosi?”.
“Interessante, ma non
ha senso. Rinchiudere un cattivone nel mezzo di una città così
visitata e poi in un posto raggiungibile da tutti” rispose
Daniel abbassando l'arma.
“Appunto perché
è sotto gli occhi di tutti è il miglior nascondiglio
che si possa pensare. Sharon tu lo saprai bene vero? Ti ho insegnato
queste cose una volta.”.
“Me le ha insegnate
mio zio, non tu.” rispose improvvisamente fredda e distaccata
la ragazza.
“Cos'hai? Sembri così
triste e io non voglio che tu lo sia... E' forse questo ragazzo che
ti rende così? Se vuoi lo castigo per te.” mormorò
in tono minaccioso il folletto che aveva assunto uno sguardo
spregevole, i suoi occhi brillavano e la sua bocca sorrideva in un
ghigno spaventoso.
“Non provare a
sfiorarlo” disse Sharon superando Daniel e avvicinandosi al
folletto con fare minaccioso.
“Che ti prende?”
bisbigliò Daniel che era rimasto fermo a guardare la scena.
“Ah, è successo
ancora. Dovrò proteggere meglio quel farabutto! Teriremo
smettila immediatamente!” gridò Etroit sbattendo i piedi
a terra e allontanandosi dalla ragazza.
“Teriremo?!”
chiese preoccupato Daniel.
“E va bene! Penso che
ormai l'avrai capito che dietro quella porta c'è il mago
esiliato dalla Contea! Sta esercitando un incantesimo sulla mia
piccola Sharon! Me la pagherà!” balbettò il
folletto agitando le mani.
Un forte tonfo si avvertì
dall'altro lato della porta e poi una polvere rossastra cominciò
ad avvolgere il corpo di Sharon, facendolo sparire lentamente.
“Che diavolo sta
succedendo?!” gridò Daniel cercando di afferrare il
corpo della ragazza.
“Oh per tutti i
folletti, cambio di programma. Se prima non dovevi entrare adesso sei
obbligato, andiamo a riprenderla.” si affrettò a dire
Etroit.
“E' in pericolo,
perché queste catene non bloccano la magia di quel mago?!”
sbottò il ragazzo.
“Tranquillo, non può
succederle niente di male. Magari qualche graffio, alla fine è
un brav'uomo!” disse in tono pacato il folletto.
“Mi stai prendendo in
giro? E' per questo che lo tieni chiuso in una stanza con catene
magiche e incantesimi di vario tipo?!”.
“Dettagli Nephilim,
solamente dettagli.”.
“Te li faccio vedere
io i dettagli se non ti muovi immediatamente ad aprire questa porta!
Userò la tua piccola testa come pallina da tennis se le
succede qualcosa.” disse in tono minaccioso Daniel.
“Non serve agitarsi
così tanto! Starà bene...” mormorò
intimidito il folletto cominciando a rompere le catene e gli
incantesimi.
Intanto Sharon si era
ritrovata in un luogo completamente al buio e con un odore di
mirtillo, l'unica fonte di luce erano delle candele sparse qua e là.
Davanti a lei c'era una sagoma slanciata e snella, dai lineamenti si
poteva intravedere un corpo muscoloso e giovane, nelle mani dell'uomo
un asticella luminosa.
“E' da tanto che non
vedevo una Nephilim così bella” disse la sagoma con voce
profonda ma dolce.
“La-La ringrazio...”
balbettò Sharon.
“Sarai perfetta per i
miei esperimenti.”.
“Esperimenti?! Ma non
ci pensi nemmeno!” gridò la ragazza indietreggiando e
andando a sbattere contro qualcosa di viscido.
Potrebbe essere un demone
spia?! Sono nei guai...
Delle
luci soffuse di lampade si accesero illuminando lo spazio in cui la
ragazza si trovava, una stanza accogliente e colorata. L'uomo davanti
a lei la guardava affascinato, era un ragazzo più o meno di
ventiquattro anni, capelli neri tirati indietro, occhi verdi come
l'erba del mattino bagnata dalla rugiada e carnagione mulatta.
“Teriremo...”
sussurrò Sharon rapita.
Il
ragazzo si avvicinò a Sharon e dopo averle preso la mano e
avergliela baciata la alzò delicatamente.
“Ti
sei sporcata tutta, non dovevi appoggiarti su Virox.” disse in
tono divertito.
Sharon
girò leggermente la testa per vedere su cosa si era appoggiata
e vide un corpo gelatinoso che si muoveva e si rigirava.
“Ma
che schifo...”.
“Togliti
la maglietta e pulisciti, te ne presto una io.”.
“No,
fa niente è solo gelatina alla fine. Piuttosto cosa ci faccio
qui? E che ci fai tu qua?” chiese Sharon cercando di non
pensare a quella gelatina verde.
“Quella
gelatina è una
guardia, quello che hai addosso è veleno. Ti consiglio di
togliertelo. Comunque volevo divertirmi un po', quello stupido
folletto mi tiene imprigionato qui e così a volte gli faccio
qualche scherzetto.”.
“Ve-veleno?!”
gridò Sharon togliendosi il più velocemente possibile
la maglietta.
“Interessante...”
mormorò il ragazzo portando alla ragazza una maglietta enorme.
“Ah!
Mi brucia da morire la schiena!”.
“Il
veleno ti deve aver trapassato la maglietta, te l'avevo detto di
togliertela subito. Vieni, ti devo fare una medicazione” sbuffò
Teriremo.
Il
ragazzo la prese dalla vita e la girò di spalle, la schiena di
Sharon era completamente arrossata e il veleno della gelatina le
stava lentamente penetrando nella pelle.
Mi sento vulnerabile...
E' la prima volta che mi ritrovo con un ragazzo in reggiseno ed è
imbarazzante...
Le mani
del mago si poggiarono delicatamente sulla schiena di Sharon e una
luce blu accompagnata da un piacevole sensazione di freddo percosse
la ragazza, che cominciava a sentirsi meglio.
“Come
ti sei procurata queste ferite?” sussurrò Teriremo
ancora preso dalla medicazione.
“Che
ferite?” chiese allarmata Sharon.
“Questi
due solchi che hai sulla schiena, non sono normali... Forse è
successo da piccola e non te lo ricordi”.
“Non
li ho mai avuti prima d'ora...”.
“Allora
potrebbe esser stato un effetto collaterale del veleno, mi
dispiace.”.
“Colpa
mia” ammise ridacchiando la ragazza.
La luce
bluastra era sparita e anche la piacevole sensazione di freddo, ma le
mani del ragazzo erano ancora poggiate su di lei e camminavano verso
la sua vita.
“Che fai?”
chiese imbarazzata la ragazza cercando di allontanarlo.
“Sono sempre solo, è
raro avere visite... E di tutte quelle che ho ricevuto tu sei quella
più bella fin'ora.” disse in tono dolce e malinconico il
ragazzo che la stava abbracciando.
“Fammi rimettere la
maglia.”.
“No, sei bellissima
così.” sussurrò piano lui.
In quel momento un suono
sordo provenne dalla porta, era stata buttata giù e sull'orlo
c'era Daniel pietrificato dalla scena che gli si era presentata
davanti agli occhi mentre Etroit era infuriato.
“Buonasera”
disse in tono morbido Teriremo appoggiando la testa tra i capelli
della ragazza.
Daniel ebbe un guizzo di
rabbia e con un rapido movimento si ritrovò con la diafana
puntata sul mago, dritta sul collo di lui.
“Cosa c'è
Nephilim, arrabbiato?”.
“Daniel...”
sussurrò Sharon staccandosi da Teriremo e allontanandosi,
indossando la maglietta che il ragazzo le aveva portato.
“Cosa le hai fatto?”
sussurrò tra i denti in tono minaccioso Daniel.
“L'ho guarita”
disse in tono di scherno il mago smaterializzandosi e ricomparendo
dietro Sharon.
“TERIREMO!”
gridò il folletto su tutte le furie, “Non azzardarti a
toccare la mia piccola Sharon!”.
“Suvvia, è così
bella come si fa a non volerla?”.
“Attento mago
esiliato, potresti farti molto male” intimò Daniel.
“Inutili Nephilim, non
siete mai serviti a niente” disse Teriremo muovendo la mano e
facendo richiudere la porta, “Gradite del thé?”.
“Sharon, vieni dietro
di me.” ordinò Daniel in tono freddo.
La ragazza fece come le fu
detto, lo sguardo del ragazzo era completamente distaccato e schivo.
“Uh! Ottima idea, io
ne prendo volentieri una tazza! Gentile come sempre!” disse
Etroit accomodandosi su una poltroncina davanti un tavolino in vetro
pieno di candele profumate e bacchette luminose.
“Ma che problemi ha?!”
sbottò Daniel guardando il folletto.
“Avanti venite a
sedervi anche voi! Tra poco vi sarà servito il thé,
come lo fa lui non lo fa nessuno!”.
Sharon lanciò un
occhiata divertita al ragazzo e poi anche lei si sedette, seguita a
ruota da Daniel.
“Tutto questo mi
sembra una buffonata” ammise Daniel tenendo sempre stretta
l'arma tra le mani.
“Cosa sono queste?”
chiese Sharon indicando le bacchette.
“Normalissime
bacchette magiche, servono per concentrare un incantesimo in un punto
preciso, per questo sono bastoncini finissimi a punta” spiegò
Etroit agitandone una.
“Capisco...
Interessante. Perché Teriremo è stato esiliato? Non mi
sembra pericoloso, un po' malato e maniaco va bene...”.
“Perché ha
usato la magia in modo improprio. Ha attaccato dei Nephilim guaritori
durante una battaglia contro Lucifus, un demone minore che voleva
invadere la cittadina di Peck.” rispose Daniel.
“E perché lo ha
fatto? Ci sarà stato un motivo e tu perché lo tieni
imprigionato qui?!”.
“Con calma piccola
Sharon, lo tengo qui appunto perché è un maniaco
malato” ridacchiò il folletto evitando la domanda della
ragazza.
“In verità,
l'ho fatto perché quei Nephilim erano tornati al loro stadio
iniziale.” disse serio e preoccupato Teriremo che portava in
mano un vassoio pieno di tazze vuote e una caraffa di porcellana
piena di thé.
“Teriremo, sai che non
ti è permesso parlare di questo!” gridò
improvvisamente agitato Etroit.
“Al loro stadio
iniziale?” chiesero Sharon e Daniel.
“Si, non ne sapete
niente eh? La Corte Elie ha seppellito tutto, come d'altronde la
Chiesa ha fatto nel mondo degli umani” ridacchiò il
mago.
“Teriremo, basta!”.
“Che c'è
Etroit? Hai paura che lo vengano a sapere?”.
“Sapere cosa?”
chiese Sharon con voce insistente.
“Il motivo per cui
Bael e gli altri demoni ti danno la caccia, il motivo per cui le
donne non sono ammesse al Paradisium e molte altre cose scottanti”
disse in tono provocatorio il ragazzo che stava versando il thé
bollente nelle varie tazze colorate.
“Come lo sai? Dico che
mi danno la caccia... Tutte queste cose, come le sai?” chiese
Sharon diventata nervosa.
“Le notizie corrono
veloci, soprattutto se si tratta di demoni superiori e servi diretti
di Lucifero. Pensi che tutto quello che sta succedendo non sia
collegato? L'invasione alla Contea, la caccia che ti danno i demoni,
l'apertura dei portali, gli spiegamenti delle legioni demoniache
pensi che sono tutti fatti a sé? In realtà sono tutti
collegati da un piccolo filo invisibile.” spiegò
Teriremo e poi avvicinandosi di più a Sharon fino a sfiorarle
l'orecchio le sussurrò ''Tu.''.
Sharon fece uno scatto in
avanti e si allontanò velocemente dal tavolino, prendendosi la
testa tra le mani e appoggiandosi al muro.
“Ora basta Teriremo!
Se non la finisci immediatamente ti folgoro!” minacciò
Etroit in evidente stato di agitazione.
Daniel si alzò in
piedi e afferrò Teriremo per la maglietta strattonandolo con
forza.
“No, adesso tu ci dici
tutto quello che sai, altrimenti ti uccido io.”.
“Io sono quello che sa
meno di tutti, prova a chiedere a questo folletto se sa qualcosa”
sghignazzò il ragazzo.
Daniel fulminò con lo
sguardo Etroit che stava borbottando qualcosa in una lingua
sconosciuta.
“Sharon, io so solo
che quello che sta scatenando tutto questo è il risveglio di
una creatura che vuole una cosa, una cosa che tu possiedi e che ti è
stata donata da tua madre prima di morire. Questa creatura ha
aumentato la forza demoniaca dei demoni e li ha resi molto più
potenti” disse Teriremo.
“Una creatura?”
chiese Sharon avvicinandosi.
“Si, demoniaca si
intende. Non posso dirti altro, ma ascoltami bene. Questa creatura è
pericolosa non solo perché rende i demoni più forti ma
anche perché è in grado di convertire i Nephilim, farli
tornare al loro status iniziale, a quello che erano prima di
diventare quello che sono ora.” spiegò il mago
preoccupato e agitato.
“Cos'è questo
status iniziale?! Spiegati ti prego, è da prima che ne parli.
Cos'eravamo prima?”
supplicò Sharon.
“Devi
scoprirlo da sola, mi spiace.”.
“E
come posso fare?!”.
“Devi
trovare il Divinium se vuoi scoprire tutto...” rispose Etroit
che era diventato di un colorito verdastro.
“Il
Divinium? Cos'è?” chiese Daniel.
“Nessuno
sa cos'è, si pensa sia un libro o un manoscritto. Qualsiasi
cosa sia è tenuto in un luogo segretissimo, essendo il mondo
degli umani più vasto si pensa sia nascosto qui, ma nessuno lo
ha mai trovato.” disse Teriremo.
“E
cosa ci faccio dopo che l'ho trovato?” chiese Sharon.
“Il
Divinium possiede tutta la conoscenza, tutti i segreti che non
possono essere rivelati. Tra cui il perché sei perseguitata
dai demoni”.
“E
tu come fai a sapere tutte queste cose, mago?” chiese in tono
minaccioso Daniel.
“Ti
sei risposto da solo, sono un mago. La magia mi permette di vedere e
sapere, per questo siamo superiori a voi Nephilim.”.
“Intanto
a questi Nephilim hai
detto tutto, e sempre questi Nephilim potrebbero farti fuori in pochi
secondi” sussurrò Daniel.
“Basta,
fermo. E' inutile dirgli questo, ci è stato d'aiuto”
disse Sharon.
“Lo
sapevo che tu saresti stata più gentile, piccola” disse
in tono seducente il mago prendendo tra le dita il volto di Sharon e
seguendone i contorni.
“Andate
immediatamente via di qui!” gridò Etroit che era stato
zitto e fermo a guardare lo svolgersi degli eventi.
“Cosa
succede?” chiese Sharon nel panico.
“Stanno
arrivando delle guardie, devono aver avvertito le catene e gli
incantesimi spezzarsi. Presto Teriremo, falli sparire!” si
affrettò a dire Etroit.
“Bene,
è stato un piacere conoscerti Sharon non posso dire la stessa
cosa per il tuo amico. Sono sicuro che ci rincontreremo ma fino ad
allora voi non mi avete mai visto, non mi avete mai parlato e non mi
avete mai conosciuto. Ciao ciao!”.
Dopo
aver finito di parlare Teriremo fece alcuni gesti con le mani e i due
ragazzi si dileguarono, la loro vista diventò nera e quando si
risvegliarono erano di nuovo abbracciati in mezzo alla folla che li
guardava. Erano tornati indietro nel tempo.
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Capitolo 7 *** La fuga ***
Capitolo VII
La fuga
L'abbraccio di Daniel si
sciolse e Sharon sentì una lama trafiggerle il petto, i
passanti che li stavano osservando ricominciarono a camminare
distogliendo lo sguardo.
“Siamo tornati
indietro nel tempo” sussurrò la ragazza.
“A quanto pare...”.
Daniel si guardò
intorno e con profondo stupore notò che il vicolo per recarsi
da Teriremo era sparito, non era più visibile a occhio nudo,
probabilmente per evitare il loro ritorno da lui aveva alzato delle
barriere Anti-Nephilim.
“Seguimi, è
meglio rifugiarsi nell'Altair di Venezia.” disse Daniel
afferrando Sharon per un braccio e trascinandola verso la costa sud
dell'isola.
“Altair di Venezia?
Pensavo fosse solo una leggenda, dove si trova?” chiese
euforica la ragazza.
“Come mai tutto questo
entusiasmo? Comunque mi sembra ovvio che esista, c'è né
uno in ogni città che possiede dei portali... In questo caso è
l'isola di Poveglia.”.
“Po-Poveglia?”
balbettò Sharon diventando improvvisamente rigida come un
pezzo di legno.
“Si, perché?
C'è qualcosa che non va?” chiese incuriosito il ragazzo.
“Beh no ecco... E che
ho sentito delle storie su quell'isola che è infestata dai
fantasmi ed è pericolosa quindi...” mormorò
Sharon abbassando la testa e guardandosi i piedi.
“Mi stai prendendo in
giro vero? Non mi dirai che credi nei fantasmi e che hai paura?”
ridacchiò Daniel che non riusciva a rimanere serio, “Sei
una Nephilim guerriera, combatti contro i demoni e hai paura di cose
che non esistono?”.
“Che ne sai che non
esistono?! Se esistono i demoni possono esistere anche i fantasmi!”
ribatté Sharon offesa.
“No, non esistono. E'
solo un modo per tener alla larga i ficcanaso dall'Altair, non vorrai
mica che dei semplicissimi umani trovino il rifugio dei Nephilim?”
disse ridendo Daniel e continuando a trascinare la ragazza.
“Sarà... E come
ci arriviamo?”.
“Con una barca mi
sembra ovvio, guarda lì, ecco chi ci accompagnerà”.
In lontananza si poteva
intravedere una sagoma su una piccola barca che stava fumando un
sigaro, il fumo creava un'aura spettrale intorno all'uomo che
sembrava vecchio e affaticato.
“Fonte, eccoci!”
gridò Daniel all'uomo che si girò di scatto e mostrò
un sorriso splendente.
“Daniel finalmente sei
arrivato e da ore che ti aspetto, forza salta su che presto sarà
notte e poi si attiveranno le protezioni dell'isola... Oh vedo che
hai ospiti...” disse con voce noncurante il vecchio.
“Tranquillo, anche lei
è una Nephilim. Forza muoviamoci”.
I due ragazzi salirono sulla
barca fatta con un materiale simile al legno ma più resistente
e subito Fonte cominciò a remare con forza sovrumana, quasi
demoniaca. Il suo aspetto non era poi tanto diverso, occhi rossi e
incerchiati di nero, capelli grigi con qualche ciocca bianca, pelle
rossiccia e sguardo maligno e spento.
“Pochi secondi e
saremo arrivati” bisbigliò l'uomo.
“Come?! Di già?
Ma se giusto ora siamo partiti...” chiese Sharon girandosi a
guardare Poveglia.
“Che si aspettava
signorina? Un giro panoramico della laguna?” disse
sarcasticamente Fonte.
“Arrivati” disse
Daniel alzandosi e saltando sull'isola seguito a ruota da Sharon.
“Grazie per averci
portato allora...” disse Sharon girandosi, ma quando lo fece di
Fonte non c'era più traccia, né di lui né della
sua barca “Ma cosa diavolo...”.
“Non l'hai ancora
capito? Fonte è un vampiro, ecco perché ci siamo fatti
il tratto di laguna così velocemente” spiegò
Daniel ammirando l'isola deserta.
“Ecco perché
era così inquietante. Ma comunque questo posto non è da
meno!” mormorò Sharon indietreggiando di qualche passo.
“Veloce, seguimi e
stammi sempre vicina. Tra pochi minuti attiveranno le protezioni e
poi sarà impossibile trovare l'Altair” disse il ragazzo
cominciando a camminare nel buio.
“Posso prenderti la
mano? Ho paura di perdermi” chiese Sharon improvvisamente
arrossita.
“Se ti senti più
sicura...”.
Daniel schioccò le
dita e dal centro della sua mano uscì una luce rossa e azzurra
che illuminava il terreno e si avvicinò a una struttura
abbandonata.
“Un campanile qui?”
notò Sharon.
“E' l'entrata del
rifugio, guarda c'è il simbolo dei Nephilim guerrieri e
guaritori qui”.
Sharon si sporse per vedere
i due simboli, uno era uguale a quello che Ophelia le aveva mostrato
la sera del suo arrivo a Venezia, l'altro era un simbolo sinuoso una
specie di fenice con le ali spiegate dal quale uscivano delle fiamme
azzurre e bianche.
Daniel poggiò la mano
sul simbolo della fenice e poco dopo il muro del campanile cominciò
a spostarsi rivelando una porta dorata e piena di scritte in latino.
“Prima le signorine”
ridacchio Daniel facendo l'occhiolino alla ragazza che si affrettò
ad entrare seguita dal ragazzo.
Una volta dentro, la porta
alle loro spalle si richiuse e sparì nel giro di pochi secondi
lasciando spazio a un lungo corridoio illuminato da delle torce.
“Prendine una e
andiamo” disse Daniel indicando le torce accese al muro.
Camminarono per qualche
minuto e alla fine del corridoio videro una specie di cattedrale, era
semplicemente mozzafiato, il soffitto era completamente ricoperto di
affreschi che ritraevano angeli, Nephilim e demoni, svariati oggetti
e decorazioni in oro erano sparsi qua e la, sedie e tavolini in legno
erano pieni di ragazzi intenti a divertirsi e a parlare, un caminetto
gigante ospitava del fuoco crepitante e l'atmosfera che si respirava
era come quella di una grande festa.
“Resteremo qui finché
non ci organizzeremo, va bene?” chiede dolcemente Daniel.
“Va benissimo, tutte
quelle persone sono Nephilim?”. “Ovvio, ma nessuno è
bello come me”.
“Narcisista”
ridacchiò Sharon prima di scendere gli scalini di marmo e oro
che la separavano dal resto dei ragazzi.
Nonostante la grande
presenza di rumore e di ragazzi Sharon non passò inosservata,
infatti appena fece il primo scalino calò il silenzio e tutti
gli occhi si puntarono su di lei.
“Una
donna...” gridò qualcuno.
“E'
bellissima, ma è una Nephilim?” gridò qualcun
altro.
Daniel
fece uno scatto in avanti e si affiancò subito a Sharon che
con suo grande stupore si accorse che in quel luogo non era presente
nemmeno una ragazza.
“Non
andare mai in giro da sola, questi ragazzi potrebbero essere dei
malati pervertiti come Teriremo e non ho voglia di ammazzarli tutti
in questo momento, sono stanco” bisbigliò con un fil di
voce il ragazzo abbastanza stizzito da quei sguardi.
“Si
infatti, me ne ricorderò.” disse Sharon rallentando il
passo e buttandosi indietro i lunghi capelli biondi.
Tra la
folla di ragazzi che la stavano osservando uno in particolare colpì
Sharon, l'intensità di quello sguardo l'aveva rapita, il
ragazzo aveva i capelli così biondi che sembravano quasi
bianchi e i suoi occhi erano delle gemme blu acceso.
“Lo
conosci?” chiese improvvisamente Daniel facendo cenno con la
testa verso il ragazzo.
“No
no” si affrettò a dire Sharon.
“Sei
sicura? Vi guardate come se foste fidanzati” mormorò il
ragazzo a bassa voce.
“Ma
che dici!” obiettò la ragazza prima di scendere di corsa
le scale.
Una volta arrivata in fondo
alla scala Daniel prese la mano di Sharon e la trascinò dietro
delle tendine di seta azzurra, facendola inciampare più volte
nei tappeti rossi disposti a terra.
“Adesso devo andare a
parlare con il rettore di questo Altair, quindi vedi di restare ferma
qui” tagliò corto Daniel.
“Scusa non posso
venire con te?” chiese Sharon fermandolo.
“No, non sarebbe
opportuno presentarsi con te. Ricorda sempre che ancora accettano le
ragazze” disse Daniel prima di sparire dietro una porta con su
scritto ''Altair rector''.
“Facile
parlare così!” sbottò Sharon scostando le tendine
e cercando con lo sguardo il ragazzo di prima.
“Disubbidisci
agli ordini?”.
“Ah!
Dani-”.
Prima di
finire la frase la ragazza si accorse che la voce non era quella di
Daniel e girandosi lentamente vide il ragazzo di prima, che la
guardava con un mezzo sorrisino stampato in faccia.
“Cosa
ci fai qui?” chiese Sharon allibita, “Poco fa non c'era
nessuno.”.
“Diciamo
che sono veloce, come mai mi cercavi?” chiese in tono gentile
il ragazzo avvicinandosi alla tendina e richiudendola.
“Come
sai che ti cercavo?!” ribatté la ragazza arrossendo come
un pomodoro.
“Me
lo hai appena detto tu” rispose con un sorriso sincero poi
aggiunse “Comunque piacere, io sono Kuno”.
“Oh...
Si scusa, non mi sono presentata io sono Sharon”.
“Cosa
ci fai qui?”.
“E'
una lunga storia...”.
“Abbiamo
tutto il tempo di questo mondo, ti va di raccontarmela?” disse
il ragazzo tendendo la mano verso la ragazza.
“Ma
Daniel...” sussurrò Sharon guardando prima la mano di
Kuno e poi guardando la porta in cui Daniel era sparito.
“Non
credo si arrabbierà, sei in buone mani e poi resteremo nei
paraggi”.
“Perché
dove vuoi portarmi?”.
“In
un posto speciale, rimarrai a bocca aperta credimi” disse Kuno
prima di avviarsi verso una scala a chiocciola nascosta dietro un
angolo.
“A-Aspettami!
Non lasciarmi sola...” gridò Sharon correndo dietro al
ragazzo.
Le scale
a chiocciola si andavano estendendo verso l'alto e guardando in su si
poteva intravedere una porticina dal quale i raggi della luna
entravano, creando l'unica fonte di luce.
“Ma
siamo sul campanile da cui siamo entrati...” notò Sharon
una volta arrivata in cima.
“Si
e adesso guarda verso Venezia, la vista non è magnifica?”
disse dolcemente il ragazzo.
“Hai
ragione, è davvero bellissima... Poi la luna piena che crea
quei riflessi nell'acqua, la calma e l'odore di mare che si può
sentire è meraviglioso!” mormorò rapita la
ragazza fissando lo sguardo sulla laguna illuminata di mille colori.
“Allora
cosa ti porta all'Altair? Con quel Nephilim poi”.
“Anche
io sono una Nephilim come voi, e sono una guerriera o meglio... Ho
frequentato, anche se per poco il Paradisium” spiegò
Sharon fiera di sé.
“Ti
hanno accettato?! Allora era vera la storia che una ragazza era
entrata al Paradisium! Ecco perché sta succedendo questo
casino” disse ridacchiando Kuno.
Sharon
si zittì improvvisamente e abbassò lo sguardo, anche
chi non la conosceva sapeva quasi tutto di lei.
“Oh
scusa, lo dicevo per scherzare non perché lo penso...”
disse il ragazzo in tono dispiaciuto.
“Tranquillo,
tanto so che è la verità... Piuttosto volevi sapere la
mia storia? Beh mi sembra che già la sai...” mormorò
Sharon giocando nervosamente con le mani.
“Scappi
dai demoni?” domandò improvvisamente Kuno guardandola
negli occhi.
“Si
e da poche ore sono anche alla ricerca di un oggetto che mi
permetterà di capire cosa sta succedendo”.
“Che
oggetto?” chiese incuriosito il ragazzo.
“Il
Divinium” rispose Sharon lasciandosi scappare una piccola nota
di disappunto per averlo detto.
“Mi
prendi in giro? Perché cercheresti il Santo Graal?”
ribatté improvvisamente alterato il ragazzo.
“Infatti
ho detto Divinium, non Santo Graal!” gridò infastidita
Sharon.
“Divinium
è un altro modo, usato solitamente dai maghi, per intendere il
Graal! A che ti serve? E come intendi trovarlo? Per millenni
gente e cavalieri di tutto il mondo hanno investito le loro vite a
cercarlo senza mai trovarlo e adesso? Tu, una Nephilim donna per lo
più vorresti trovarlo?” disse in tono troppo serio Kuno.
“HEI!
Ma che problemi hai contro le donne? Non importa quanta gente ci
abbia provato! Non significa niente, se esiste sarà li fuori
da qualche parte e io lo troverò!” gridò la
ragazza andata su tutte le furie.
“Hai
detto bene, SE esiste. Vedi nessuno sa veramente se sia mai esistito,
e poi girano così tante storie sul suo conto” disse Kuno
in tono più calmo come se gli avessero iniettato una dose di
morfina.
“Io
sapevo solo una storia, che il Sacro Graal era il calice in cui Gesù
verso il suo sangue e lo diede hai dodici apostoli nell'ultima
cena...” disse Sharon timidamente.
“Ce
ne sono molte altre, alcuni pensano che sia un talismano
delle divinità celtiche, altri pensano che sia una medicina,
altri che non esista. Ma sai qual'è la più
accreditata?” disse con grande entusiasmo Kuno.
“Quella
che ho detto io?” disse sarcasticamente Sharon.
“No,
quella secondo il quale durante lo scontro tra gli angeli del bene e
del male, una pietra si staccò dalla corona di Lucifero e
cadde sulla Terra, una pietra piena di sapienza, una sapienza sia
divina che diabolica” spiegò Kuno incantato.
A quelle
parole un flashback attraversò la mente di Sharon, le parole
di Teriremo.
“Il
Divinium possiede tutta la conoscenza, tutti i segreti che non
possono essere rivelati.”
“Questo
cambia tutto...” sussurrò Sharon presa dai suoi
pensieri.
“Cosa
cambia? E' solo una storia...”.
“E
se il Graal fosse veramente una pietra? Se gli umani non riescono a
trovarla appunto perché loro pensano sia una coppa?!”.
“E'
molto probabile... Ma per loro che non credono in noi, nel bene e nel
male... Penso sia molto difficile credere in una storia come questa”.
“Io
non li capisco però... C'è gente che crede in Dio, ma
non crede negli angeli, né in Lucifero, né in noi”
disse Sharon.
“E
perché tu in cosa credi?”.
“Io?
In niente” disse ridacchiando lei.
“Ma
come in niente! Sei una Nephilim nel tuo sangue scorre anche sangue
di angelo... Questa è bella”.
“Sono
strana si lo so... Ma non ne ho mai visto uno, ho visto solo demoni
ma mai un angelo che ci aiutasse, in effetti è strano credo
nei demoni perché li ho visti ma non negli angeli...”.
“Vedi?
Infondo non hai una mentalità diversa dagli umani, credi solo
in quello che vedi”.
“E
perché allora loro credono in Dio anche se non lo hanno mai
visto?” chiese Sharon con una punta di insolenza nella voce.
“Basta
con questi discorsi, ho la mente intrecciata adesso. Comunque se vuoi
un consiglio lascia perdere questa storia e fatti gli affari tuoi, in
un modo o nell'altro questa situazione si risolverà vedrai”
disse infine Kuno prima di lasciarsi andare per terra.
“Stai
bene?” chiese Sharon preoccupata.
“Mi
hai fatto venire solo il mal di testa, tranquilla”.
“Sei
tu che hai voluto parlare con me, non il contrario ricordalo”
ribatté Sharon fingendosi offesa.
Ci
fu un minuto di silenzio e poi un rumore tenue attirò
l'attenzione della ragazza, dalle scale del campanile provenne una
specie di singhiozzo subito accompagnato da un rumore di passi che
correvano giù.
Un
brivido attraversò la schiena di Sharon che subito si tirò
indietro e si portò le mani alle orecchie.
“So-Sono
i fantasmi?” chiese piagnucolando.
Kuno
la guardò per un po' cercando di trattenere una risata poi si
avvicinò alle scale e scoppiò a ridere.
“Non
sono i fantasmi, è solo Daniel”.
“Daniel?”
ripeté ancora più spaventata di prima.
Mi
ucciderà per avergli disubbidito, non voglio diventare un
fantasma!
Alzandosi
lentamente Sharon si avvicinò alle scale e vide qualcun altro
insieme a Daniel, capelli ricci, tunica bianca.
“ARTES!”
gridò sorpresa Sharon.
“Buonasera
signorina” disse con un fil di voce il ragazzo.
“Ma
cos'hai?! Sei pallido e hai una voce agghiacciante” disse
cercando di avvicinarsi la ragazza.
“Niente
sto bene” rispose freddo e distante Artes.
“Sharon,
noi scendiamo. Quando avrai finito con la tua nuova conoscenza se ti
va raggiungici, altrimenti fa niente” disse Daniel con voce
fredda e più ferma che mai.
Quelle
parole furono come una pugnalata per Sharon, erano così
arrabbiati con lei?
“No,
aspetta... Posso spiegarti perché ti ho disubbidito...”
cercò di giustificarsi lei.
“Non
importa, sei liberissima di fare quello che ti pare. Non sei una
bambina di otto anni e io non sono il tuo baby-sitter” mormorò
Daniel.
Ancora
prima che Sharon potesse rispondere i due ragazzi scesero le scale e
sparirono nel buio.
E
adesso?
P.s
Grazie a tutti se siete arrivati a leggere la fine del settimo
capitolo e avete intenzione di continuare la lettura! Vorrei scusarmi
per non aver aggiornato ma non ne ho avuto proprio il tempo... Mi
impegnerò per aggiornare puntualmente! Scusate ancora. Se
volete lasciate una recensione, la gradirei molto! Baci a tutti :)
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Capitolo 8 *** Il profumo della vaniglia ***
Capitolo VIII
Il profumo della vaniglia
Nemmeno il tempo di riuscire
a pensare, che Sharon si stava precipitando giù per le scale,
rincorrendo Artes e Daniel.
Non dovevo disubbidire,
chissà cosa pensano...
Le
figure dei due ragazzi, la loro espressione di qualche secondo prima
era ancora davanti gli occhi di Sharon e le faceva male.
“Fermatevi!”
gridò la ragazza cercando di attirare l'attenzione dei due
ragazzi che la precedevano di qualche metro, il loro passo era lento
come se la stessero aspettando. Daniel si girò leggermente
per lanciarle un occhiata assassina e poi come nulla fosse ricominciò
a camminare, Artes invece procedeva dritto.
“Ti
sei fatta male?” disse con voce dolce e gentile Kuno che stava
aiutando Sharon a rialzarsi da terra.
“Si...
Mentre correvo non mi sono accorta della presenza di uno scalino e
sono caduta” cercò di giustificarsi la ragazza cercando
di restare in piedi.
“Sei
sicura di stare bene? Ti sanguina il ginocchio e hai la caviglia
arrossata...” fece notare Kuno.
“Ci
penso io...” sussurrò piano Artes avvicinandosi
lentamente a Sharon.
Il suo
passo era lento e allo stesso tempo sembrava dolorante ma non solo
fisicamente, anche mentalmente, sembrava assente e disturbato da
qualcosa.
Le sue
mani fredde ma morbide sfiorarono il ginocchio di Sharon e una luce
dorata le pizzicò la pelle, poi sempre quel pizzicore le scese
fino alla caviglia e una ventata di aria calda la pervase.
“Ecco
fatto, stai bene ora?” chiese Artes quasi non interessato alla
risposta scontata.
“Si,
grazie... Artes quando sei tornato?” chiese velocemente la
ragazza con la paura che potesse andare di nuovo via.
“Qualche
ora prima di voi, perché?”.
“Sapevo
che i portali erano stati tutti bloccati, ed ero in pensiero per
te... E poi sei strano, sembri non provare più emozioni”
sussurrò timidamente Sharon avvicinandosi. “Addirittura
senza emozioni? Non sono mica un mostro, sono solo stanco infatti
adesso andrò a dormire, buonanotte. Anche a te, Kuno.”
bisbigliò il ragazzo calcando in tono irritato il nome del
Nephilim.
“A-aspetta!
Non puoi andartene così, perché non rispondi?”.
“Basta
Sharon, è stanco lascialo andare” disse Daniel.
“Ma
che vi prende?! Non potete esservela presa perché non sono
stata ferma ad aspettare! E anche se è così mi sembra
che state esagerando...”.
“Mi
fai proprio odiare il giorno in cui... Ah, lasciamo stare. Ti porto
nella tua stanza, così magari dormi e ti stai zitta”.
Daniel
avanzò verso Sharon ma prima di poterla prendere Kuno si mise
tra loro due, con una grazia e un agilità degne di un felino.
“Lascia
che l'accompagni io alla sua stanza, sei stanco. Non vorrai mica
stancarti ulteriormente?” chiese in tono sarcastico il ragazzo.
“Hei,
aspetta chi vi ha detto che mi dovete accompagnare in camera? Ditemi
dov'è che ci vado da sola e la finiamo qui...” si
intromise Sharon.
“Non
ci pensare nemmeno, o ci vieni con me oppure niente” bisbigliò
tra i denti Daniel.
“Cos'è
hai paura che la tua dolce bambina si faccia male?”.
“Qui
l'unico che si farà male sei tu, togliti” il tono di
Daniel era rotto da una punta di disprezzo.
“Hai
proprio voglia di litigare tu, eh” notò con piacere Kuno
che sembrava non voler altro.
“Ma
perché vi dovete comportare come dei bambini? Basta, io vado
da sola” sbottò Sharon seguendo la strada che aveva
visto percorrere ad Artes.
Prima
che uno dei due ragazzi potesse obbiettare, Sharon era già
sparita nel buio della struttura. Gli Altair erano destinati a
ospitare Nephilim di passaggio e quindi erano strutturalmente grandi
e dispersivi.
Ah, e adesso dove devo
andare? Sinistra o destra?
Dopo
aver percorso un corridoio completamente al buio, aver salito scale a
chiocciola ed essere entrata in porte a caso, Sharon non sapeva più
a che piano, ala dell'edificio si trovava.
“C'è
nessuno?” gridò moderandosi.
Dei
passi leggeri cominciarono ad avvicinarsi a lei diventando sempre più
pesanti, come di qualcuno che stava correndo. All'improvviso qualcuno
le saltò addosso facendola cadere a terra con violenza, il
cuore di Sharon si bloccò per qualche istante e poi ricominciò
a battere al doppio della velocità.
“Lasciami!
Chiunque tu sia!” gridò con tutta la voce che aveva in
gola la ragazza cominciando ad agitarsi e cercando di divincolarsi.
“Stai
zitta! O ci troveranno, forza entra in questa stanza” bisbigliò
Daniel trascinando Sharon in una stanza e chiudendo la porta
delicatamente.
“Ma
sei impazzito?! Saltarmi così all'improvviso addosso, pensavo
eri un maniaco stupratore! La prossima volta dimmi che sei tu, anzi
no la prossima volta ti uccido! Non ci dev'essere una prossima volta,
sono quasi morta d'infarto!” gridò furibonda ma allo
stesso tempo sollevata la ragazza che si stava stringendo il petto
cercando di calmare il battito accelerato del suo cuore.
“Quale
parte del stai zitta non ti è chiaro? Ti hanno vista camminare
per i corridoi e adesso c'è una ricerca in corso da parte dei
maniaci, ti ho detto di non andare da sola per l'Altair e tu che
fai?” sussurrò con tono arrabbiato Daniel che si era
appoggiato alla porta.
“Non
amo seguire gli ordini... Scusa mi dispiace per prima...”.
“Tranquilla,
non mi devi nessuna spiegazione. Infondo fai quello che vuoi...
Comunque quel tipo, Kuno, non fidarti di lui non mi piace come
persona e sinceramente credo sia un maniaco”.
“Mi
ha detto delle cose interessanti riguardo il Divinium, che in realtà
è un altro modo per usar dir-” prima che Sharon potesse
finire la frase Daniel le scivolò vicino e le tappò la
bocca con una mano.
Nonostante
la velocità del gesto il toccò fu leggero e delicato,
come una farfalla che si posa su un braccio, quasi assente.
“Ssh,
senti i passi? Stanno girando... Maledetti depravati” bisbigliò
irritato Daniel.
Nonostante
fosse tutto buio Sharon riusciva a vedere gli occhi del ragazzo che
brillavano nel buio, come quelli di un gatto, ed era sicura che anche
Daniel riuscisse a vedere i suoi.
“Resti
qui con me?” mormorò Sharon all'orecchio di Daniel.
Il
ragazzo ebbe un sussulto e la ragazza sentì chiaramente il suo
corpo irrigidirsi improvvisamente, dopo qualche minuto di silenzio
fece una leggera risata e acconsentì.
“Allora
cosa mi stavi dicendo? Ormai sono passati oltre, non credo
ripasseranno” disse Daniel allontanandosi dalla ragazza e
accendendo delle candele per illuminare la stanza.
“Kuno,
mi ha detto che il Divinium è un altro modo per identificare
il Santo Graal”.
“Si,
lo so. Ne stavo parlando prima con il rettore dell'Altair, so
benissimo quello che Kuno ti ha detto” disse tagliando corto
Daniel che si era buttato su un letto di peso, sfondandolo quasi.
“Ah,
beh allora se lo sai non c'è bisogna che te lo ripeta...”.
“Pensa
prima di parlare”.
“Cosa
c'entra questo?”.
“Niente,
ti davo un consiglio. Allora vuoi dormire?”.
“Ma
c'è solo un letto qui, come facciamo scusa? E' pure abbastanza
piccolo e non ci si entra in due” notò con dispiacere la
ragazza.
“Come
non ci si entra in due? Basta che ci stringiamo l'uno all'altra e ci
stiamo anche larghi” ridacchiò Daniel.
“Ma
non dire cavolate” balbettò Sharon arrossendo.
Il
ragazzo scese dal letto e si avvicinò a lei prendendole
delicatamente la mano e tirandola a sé, i loro sguardi si
incrociarono e quel contatto fu più forte di qualsiasi
contatto fisico.
“Cosa
desideri di più? Sei in una stanza da sola con me, al lume di
candela e con un letto solo” disse Daniel cercando di
trattenersi dal stringere con tutta la sua forza Sharon.
“Per
favore, non è che stare sola con te mi entusiasma...”.
“E
allora perché si sente il tuo cuore battere come un martello?”
sussurrò dolcemente lui all'orecchio di lei.
Sharon
non rispose e abbassò la testa, nonostante non riuscisse a
vedersi i piedi era sempre migliore del guardare Daniel negli occhi e
provare sentimenti contrastanti nei suoi confronti.
La mano
del ragazzo scivolò nei capelli di lei e piano seguì il
contorno del suo viso fino ad arrivare al mento, Sharon alzò
la testa e si ritrovò con il viso di Daniel a pochi centimetri
di distanza che sorrideva.
“Domani
mattina ti sveglierò con un bacio, proprio come una
principessa va bene?”.
“Perché
aspettare fino a domani mattina?” borbottò con un fil di
voce Sharon rapita dallo sguardo magnetico e dalle perfette labbra
rosse del ragazzo.
“Come...?
Ho sentito bene?”.
“Non
lo so, interpreta tu le parole...”.
Daniel
ebbe un momento di esitazione e con riluttanza si allontanò da
Sharon andando verso il letto, poi sedendoci sopra fece cenno con la
mano di raggiungerlo.
“Allora
siccome c'è un solo letto e probabilmente dormiresti scomoda,
io dormirò qui vicino sul tappeto, nel caso dovesse entrare
qualcuno almeno ti difenderò”.
Ma cosa ha capito?
“Non
mi importa se dormo scomoda, dormiamo insieme... Non mi crea
problemi”.
Un
sorriso sincero si dipinse sul viso di Daniel ma subito fu nascosto.
“Se
proprio vuoi, va bene. Basta che non sbavi come hai fatto al
Paradisium”.
“Ancora
con questa storia? Sono passati mesi e poi è stata una
casualità!” disse fingendosi offesa Sharon incrociando
le braccia e gonfiando le guance.
“Si
si, casualità. Produci più bava tu che una lumaca”
disse ridendo Daniel.
“Mi
piaci quando ridi” disse improvvisamente Sharon accarezzando la
guancia del ragazzo.
“Questa
sera sei particolarmente dolce? La mancanza di sonno ti rende così?”.
“Forse”.
“Bene
allora dormiamo, così domani mattina potrò svegliarti
con un bacio e poi tu, tornata acida come al solito mi griderai
contro e non mi parlerai più”.
“Non
ti va mai bene niente insomma!”.
I due
ragazzi si stesero sul letto e nel giro di pochi minuti caddero in un
sonno dolce e profondo.
La
mattina seguente al risveglio Sharon notò che era rimasta sola
nel letto, Daniel era sparito.
Alla fine non mi ha
svegliato con un bacio come promesso... Ovviamente, perché
avrebbe dovuto?
Si alzò
e si stropicciò gli occhi, notando un sapore di vaniglia sulle
labbra.
Ma è vaniglia...
Daniel profuma di vaniglia, quindi lui...
Un
sorriso si aprì sul volto di Sharon e subito il suo primo
pensiero fu quello di trovare Daniel, uscì dalla stanza e
cominciò a girare per l'Altair. I raggi del sole illuminavano
ogni angolo più nascosto creando un atmosfera accogliente.
“Sharon
che ci fai qui?”.
Artes
era dietro la ragazza e la guardava con aria incuriosita, rispetto la
sera prima stava molto meglio, il biancore era sparito e sembrava
molto più energico e attivo.
“Mi
sono persa, non riesco a trovare la sala comune” rispose la
ragazza leggermente a disagio.
“Vieni
allora, altrimenti finirai col perderti”.
“Oh,
grazie mille...”.
Per
quasi tutta la strada i due ragazzi restarono in silenzio, era come
se Artes cercasse di mettere delle distanze da Sharon, perché?
Cosa aveva fatto di male?
“Allora
come hai fatto a tornare?” chiese timorosa Sharon.
“Scusa,
preferirei non parlarne adesso. Magari dopo ti racconto”
rispose frettolosamente il ragazzo.
“Va
bene, scusami... Non voglio essere invadente”.
“Tranquilla,
è normale essere curiosi”.
“Beh,
si hai ragione ma non bisogna mai esagerare...”.
“Bene
siamo arrivati, cerchi qualcuno in particolare?”.
Sharon diede un occhiata
veloce ai ragazzi seduti ai tavoli e notando che Daniel era assente
fece cenno di no con la testa.
“Bene, allora io avrei
da fare adesso. Posso lasciarti qui o hai paura?” chiese Artes.
“No vai tranquillo, me
la cavo”.
Artes rivolse un piccolo
sorriso a Sharon e poi si affrettò a recarsi dal rettore
dell'Altair, il ragazzo portava in mano un grosso libro pieno di
carte e bigliettini.
Chissà perché
è così strano...
“Sharon?
Ieri sera sei sparita...”.
La voce
di Kuno fece trasalire la ragazza che dovette trattenere un urlo,
lentamente si girò e vide il ragazzo davanti a lei con
l'espressione di chi ha passato una notte in bianco.
“Kuno...
come sei pallido...” fece notare Sharon cercando di sviare il
discorso della sera prima.
“Non
ho dormito molto questa notte, ero in pensiero per te...” disse
sbadigliando il ragazzo.
“Oh
mi dispiace”.
Kuno
fece alcuni passi in avanti per avvicinarsi di più alla
ragazza, ma fu preso di sorpresa da una sirena che aveva cominciato a
suonare, era quasi uguale a quella che Sharon aveva sentito quella
notte al Paradisium.
“Che
succede?! Perché questa sirena?” gridò Sharon per
farsi sentire.
“Invasione,
è in atto un invasione!” gridò un ragazzo nel
panico più totale mentre cercava riparo in angusti spazi bui.
Improvvisamente
l'intero Altair cominciò a tremare come se ci fosse un
terremoto e tutti i Nephilim presenti nella sala comune cominciarono
ad invocare le loro diafane, era uno spettacolo stupendo armi
scintillanti e perfette che emanavano un bagliore accecante e
colorato, creando giochi di luce sugli angoli della sala.
Kuno
anche aveva invocato la sua diafana, un perfetto arco fatto in
cristallo che emanava una luce bluastra che lo rendeva serio e
minaccioso, le sue dita erano tese sulla corda e pronte a scoccare
frecce dorate che magicamente apparivano sul suo arco già in
posizione.
“Dov'è
la tua diafana Sharon?” chiese il ragazzo non degnandola di uno
sguardo.
“Ecco...
Non ho ancora imparato ad evocarla...” ammise Sharon cercando
di nascondere la sua vergogna.
“Come?!”.
“Sharon!”
gridò una voce da lontano.
Daniel e
Artes stavano correndo verso di lei muniti dalla testa ai piedi di
armi e coltelli, con un espressione sul viso tra l'incredulo e
l'orrore.
“Ma
che sta succedendo...” chiese con un fil di voce la ragazza che
non voleva sapere la risposta.
“E'
tornato Bael... si trova esattamente fuori l'Altair con una legione
intera di demoni e creature infernali. Dobbiamo scappare di qua
mentre i Nephilim tengono occupati i demoni” spiegò in
fretta e furia Daniel cominciando a prendere tutto ciò che
trovava che gli poteva tornare utile.
“Cosa?!
Per colpa mia loro devono affrontare una legione intera di demoni?
Non se ne parla!”.
“Non
fare l'eroina, sai benissimo che Bael sta puntando a te, loro non li
guarderà nemmeno... Se resti sarai solo un peso...”
rispose Artes con tono autoritario.
“Sharon,
vai con loro e mettiti al sicuro. Noi siamo Nephilim addestrati per
combattere quindi non ci faremo battere così facilmente”
aggiunse Kuno prima di correre verso gli altri ragazzi.
Daniel
prese al volo Sharon e cominciò a correre verso le scale per
il campanile, un odore di zolfo e bruciato rendeva l'aria
irrespirabile e la ragazza dovette trattenere i conati di vomito.
Il suo
cuore era un martello e le sue gambe non rispondevano ai suoi ordini,
voleva fermarsi, capire quello che stava succedendo ma non ci
riusciva, l'unica cosa che riusciva a fare era correre su per quelle
scale che le sembravano infinite e putride.
“Artes
inizia con l'incantesimo del teletrasporto” gridò
Daniel.
Il
ragazzo cominciò a sussurrare parole in latino e una volta
arrivati in cima iniziò a muovere sinuosamente le mani e le
braccia, Sharon invece cercava di scrutare l'orizzonte e quello che
vide la fece rabbrividire.
Le acque
della laguna non erano più blu, ma erano diventate di un verde
petrolio scuro quasi nero, demoni di tutte le forme, dimensioni e
aspetti infestavano il cielo, la terra e le acque creando delle
chiazze rosso fuoco, l'unica cosa che si distingueva da quel bordello
era un ragazzo, bellissimo a mezz'aria con le ali nere e viola
spalancate che venivano arse da un fuoco rossastro, la leggera tunica
nera che veniva spostata dal vento e poi una spada completamente
viola che emanava un aura intrisa di male e oscurità.
“E'
lì... In tutta la sua bellezza” disse Sharon senza
accorgersene.
D'un
tratto la figura di Bael era sparita, in pochi secondi senza lasciare
traccia.
“Artes!
Quanto ci vuole ancora?!” gridò Daniel impaziente e
sempre più agitato.
Solo una
leggera brezza poteva prevedere quello che stava per succedere, Bael
arrivando alle spalle dei ragazzi prese la vita di Sharon e con un
battito di ali la portò fuori dal campanile strappandola dalle
mani di Daniel, nemmeno un secondo dopo stava rovinosamente cadendo
nel vuoto, tra i demoni affamati e voraci.
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Capitolo 9 *** Trinità ***
Capitolo IX
Trinità
Nessun rumore, nessun tonfo,
nessuna caduta. Il silenzio pesante prima dell'impatto al suolo fece
come risvegliare Sharon da quello che sembrava un incubo troppo
realistico, un secondo ancora prima di cadere tra i demoni affamati e
feroci.
“SHARON!” gridò
Daniel affacciandosi dal campanile con gli occhi quasi fuori dalle
orbite e la faccia cadaverica.
In quel momento come una
scintilla che provoca un incendio, la ragazza cominciò ad
emanare una luce bianca così intensa quasi da accecare tutta
la popolazione dell'Altair che stava guardando la scena dalle torri
difensive.
Bael con un battito di ali
cercò di scansarsi da quel bagliore, mentre Daniel guardava la
scena con un profondo senso di agonia e terrore, i demoni che stavano
circondando l'Altair cominciarono a dissolversi come ombre fino a
lasciare solo il demone a mezz'aria ancora con ancora la spada
stretta in pugno.
Sharon era a pochi
centimetri da terra e fluttuava nell'aria avvolta da una barriera
luminosa, ma non era la barriera a essere così accecante, ma
l'arma che stava reggendo.
Un arma sottile e lunga come
un bastone, alle due estremità due lame lunghissime e
affilatissime, una zigzagata e l'altra liscia e luccicante,
assomigliava ad una falce particolare ma Sharon sapeva benissimo che
quella non era una falce, ma la sua diafana. Al
centro dell'arma dove c'era l'impugnatura c'erano tre pietre
incastonate, un rubino rosso vivo con incisa sopra una lettera ''H''
molto più grande delle altre due pietre e sistemata al centro,
sopra un topazio azzurro con incisa un'altra lettera ''E'' e infine
uno smeraldo verde con incisa una ''S''.
Tutti i
presenti guardavano immobili e a bocca aperta la scena davanti ai
loro occhi, tutti eccetto Daniel che cercò di raggiungere
Sharon, ma gli fu impedito da Bael che aveva innalzato un muro
invisibile tra lui, la ragazza e il resto dei Nephilim.
Il
demone si avvicinò un po' di più a Sharon e socchiuse
le labbra come chi sta per dire qualcosa, ma dalla sua bocca non uscì
nessun rumore.
“Bael,
perché mi perseguiti?” gridò a gran voce la
ragazza che stava guardando il demone dritto negli occhi.
Nessuna
risposta da parte sua, alzò solo l'arma al cielo e poi la mise
davanti a lui, adesso sprigionava più malvagità che mai
e anche la diafana di Sharon si cominciò a illuminare sempre
di più.
Sharon
aveva capito cosa doveva fare e cosa voleva Bael, il combattimento.
Un salto solo e Sharon si
ritrovò all'altezza del demone sospesa nell'aria, quando la
sua diafana colpì la spada di Bael scatenando un rumore e un
luce mai vista prima.
Il demone accecato si spostò
di fianco alla ragazza e tagliò l'aria con un solo colpo per
poi finire parato all'ultimo momento, Sharon non si sapeva spiegare
come riuscisse a tenere testa a Bael ma soprattutto come riuscisse a
volare come lui.
“Ali”.
Una voce
macabra risuonò nella testa di Sharon e questo le fece
abbassare la guardia per qualche secondo, giusto il tempo di ricevere
un taglio sull'occhio dalla lama del demone.
Il
sangue della ragazza cominciò a colarle sul viso, la vista
appannata e il dolore non le permettevano di riuscire a bloccare gli
attacchi di Bael che ne approfittò per infierire ancora.
“Sei
stato tu a parlarmi?!” gridò Sharon cercando di
allontanarsi dalla lama.
Il
demone fece un ghigno malvagio, alzò la spada e nel giro di un
secondo la grossa e pesante arma era sulla testa di Sharon, bloccata
dalla sua diafana che nel giro di pochi secondi si spezzò
esattamente sulla metà.
“Come
si è potuta spezzare?!” chiese nel panico più
totale Daniel che non riusciva a distogliere lo sguardo da quello che
stava succedendo.
Sharon
aprì lentamente l'occhio ferito e cercò di togliersi il
sangue dal viso, prese in mano le due metà della sua diafana e
le impugnò come dei pugnali.
“Non
è finita qui, Bael.” sussurrò con tono minaccioso
Sharon che si lanciò sul demone lanciando la lama zigzagata.
La lama
colpì il bersaglio affondando nella carne del petto del demone
e facendogli perdere quota, le grandi ali violacee smisero di battere
per qualche secondo prima di ricominciare più possenti di
prima.
Un
rivolo di sangue cominciò ad uscire dalla bocca di Bael e da
dove la lama era piantata, ma questo non gli impedì di
contrattaccare.
Sharon
con un gesto della mano richiamò l'arma a sé e quando
uscì dal corpo del demone la lama era completamente pulita e
splendente.
“Ma
che... Questo non ha senso...” notò Sharon inorridita.
La
diafana della ragazza cominciò a splendere e a fremere nelle
sue mani, le due metà si stavano attirando come due calamite e
la loro forza sembrava aumentare, istintivamente Sharon le avvicinò
e queste si unirono un'altra volta in una singola arma, questa volta
era una spada grande quanto quella del demone ma bianca e azzurra e
l'aura che mandava infondeva forza e coraggio.
Bael
sembrò quasi spaventato da quello che aveva appena visto, il
suo volto era diventato una maschera di dolore e paura vera.
Le
pietre cominciarono a splendere e a riscaldarsi e la presa sull'elsa
della spada diventò quasi impossibile.
“Ora
va meglio” mormorò tra i denti Sharon più
motivata che mai.
Il primo
colpo di Sharon andò a vuoto, il secondo colpì il
demone di striscio mentre il terzo lo prese di nuovo nella ferita al
cuore e il demone un'altra volta perse quota quasi stremato.
Bisogna colpire i demoni
tre volte al cuore per poterli battere, mi manca l'ultima.
Sharon
fece un altro salto e si alzò sempre di più, fece
trasformare la sua diafana riportandola allo stadio originale e
cominciò la caduta sul demone esausto e inerme, una sola
falciata bastò per far gemere Bael e farlo accartocciare su sé
stesso.
“E'
morto adesso, non mi infastidirà mai più!” gridò
Sharon girandosi verso il demone, ma quando lo fece se lo ritrovò
a un centimetro dal viso, completamente insanguinato e con gli occhi
e la bocca sgranati in un espressione piena di odio e risentimento.
“Pensi di avermi
ucciso? Ti sbagli. Io non sono Bael, ma una sua copia, adesso lui
saprà chi sei veramente e poi ti verrà a prendere per
non farti mai più rivedere la luce di questo mondo!” .
La voce risuonò così forte nella testa di Sharon che la
fece precipitare al suolo svenuta, mentre il demone esplose in un
fascio di luce nero lasciando solo il ricordo di quello che era
appena successo.
“SHARON!”
gridò Daniel prima di lanciarsi giù dal campanile.
Atterrò sui piedi, slogandosi quasi una caviglia e corse
immediatamente al corpo della ragazza rivolto a terra, seguito a
ruota da Artes e Kuno.
La diafana della ragazza era ancora a mezz'aria e trasformandosi di
nuovo in due pugnali si appoggiarono delicatamente sulla sua schiena
per poi sparire.
“Rispondimi!
Svegliati! Artes, sta bene vero?!” gridò nel panico
Daniel prendendo la testa di Sharon tra le mani e stringendola a sé.
Artes le mise una mano sul viso e poco dopo fece un cenno di okay a
Daniel, che quasi scoppiò a piangere dalla felicità.
“Brava
Sharon, sei stata magnifica...” sussurrò Kuno rimasto
fermo in piedi a guardare la scena, come il resto dell'Altair.
“Portatela
immediatamente dentro, voi due invece” disse una voce
autoritaria e profonda rivolgendosi ad Artes e Daniel, “Nel mio
ufficio, subito.”.
Un signore anziano sulla ottantina dalla lunga barba nera e gli occhi
azzurri stava scrutando i ragazzi, evidentemente scossi e provati.
La sua bocca si curvò in un'espressione di preoccupazione e
facendosi largo tra i Nephilim corse subito dentro l'Altair.
“Daniel
hai sentito? Il rettore ci vuole da lui, adesso” disse Artes,
sperando che l'amico avrebbe capito.
“Non
se ne parla, prima accompagno Sharon in una camera a riposare e solo
dopo andrò
dal rettore. Niente ha la precedenza su di lei, niente.”.
Appena finito di parlare Daniel sollevò da terra il corpo di
Sharon e la guardò così intensamente da sembrare
ipnotizzato, il sangue secco lungo la ferita sull'occhio sembrava
quasi un fiore che si era poggiato su di lei, i capelli arruffati e
appiccicati al volto la incorniciavano come una cornice d'oro su un
quadro di grandissima importanza, in qualsiasi condizione Sharon era
perfetta.
Il ragazzo si lasciò sfuggire un sorriso e con molta calma e
dolcezza la portò dentro l'Altair.
“Siete
sicuro!?”.
“Purtroppo
si, le ho viste bene quelle pietre. Forse è questo che vuole
Bael, ma non ne capisco il motivo! L'Honorius Elitè ormai non
esiste più da milioni di anni, e ritrovare un arma così
nelle sue mani è abbastanza sospetto. Le armi sacre di quel
battaglione sono andate tutte perdute, possederne ancora una, essere
la diafana di una Nephilim può significare solo una cosa”.
“Che
questa Nephilim ne faccia parte a tutti gli effetti... Ma ripeto è
impossibile!”.
“Infatti
è impossibile, perché starebbe a significare che non è
nemmeno una Nephilim.”.
“Ragazzi
miei, non possiamo fare niente. Quella ragazza fino a prova contraria
è uscita dal nulla, so che ci siete affezionati ma questo è
strano, non credete?” la voce del rettore era sospinta da una
leggera preoccupazione.
“Terremo
d'occhio noi Sharon! Non la lasceremo mai un attimo da sola”
disse Daniel sbattendo i pugni sul tavolo.
“Okay,
ma sappi che da adesso le cose cominceranno davvero a farsi dure. Ora
che Bael ha visto quella diafana cercherà in tutti i modi di
avvicinarsi sempre di più a lei, fino a quando non l'avrà
in pugno” disse in tono serio l'anziano che si era alzato in
piedi puntando il suo bastone al suolo.
“Una
cosa non capisco” cominciò Artes pensieroso e battendo
l'indice sul tavolo davanti a sé con lo sguardo perso, “La
diafana di Sharon, come tutti abbiamo visto, si è trasformata
tre volte, anche se è un arma sacra non può
trasformarsi... E' pur sempre una diafana”.
“Hai
ragione, ma è proprio questo l'incredibile. Quella è la
Trinità, l'arma che secondo la leggenda sia appartenuta a
colui che adesso è il sovrano dei demoni, Lucifero”
disse in torno animato il rettore lasciandosi cadere disperato sulla
sedia.
“Lucifero
possedeva la Trinità?” chiesero stupiti i due ragazzi.
“Si,
come sapete Lui
era
il preferito, il più bello, intelligente e aggraziato di tutti
e per questo gli era stata affidata l'arma più potente di
tutte... La stessa diafana del Creatore, fatta di essenza pura e
divina” spiegò incantato l'anziano, ma subito il suo
tono tornò greve, “Quell'arma così pura, alla
ribellione di Lucifero andò perduta perché in Lui
non
più sentimenti buoni risiedevano, ma solo sentimenti bruti di
distruzione e dominio”.
“Il
mistero è ancora più fitto adesso...” sussurrò
preoccupato Daniel.
“Sarà
meglio che Artes faccia una ricerca negli archivi sacri a Londra,
intanto portate con voi Sharon. Scrutatela, analizzatela e cercate di
capire chi è veramente. Artes, Daniel il permesso di entrare
negli archivi sacri vi verrà concesso da Judith. Appena Sharon
sarà in grado di viaggiare partirete subito alla volta di
Londra, una volta lì saprete cosa fare. Ora potete congedarvi
e ricordate le mie parole”.
Il buio della camera era agghiacciante, nonostante ci fosse il sole
sembrava notte inoltrata. Dalle finestre Sharon intravide un leggero
fascio di luce, ma subito sparì, si toccò delicatamente
l'occhio e notò che la cicatrice che le aveva fatto il demone
era ancora lì, dolorosa e profonda.
Non
è stato un sogno.
Il corpo le doleva e la schiena le bruciava, alzandosi lentamente si
mise a sedere sul bordo del letto cercando con le mani qualche
candela da poter accendere.
Una scintilla e la candela si accese emanando un caldo e tenue
bagliore che rincuorò Sharon, si avvicinò allo specchio
illuminandolo e si scrutò un po', i capelli erano sporchi di
sangue secco e appiccicati al collo dal sudore, il labbro rotto e
gonfio, l'occhio leggermente gonfio e socchiuso e sul resto del corpo
varie ferite simili a quelle sul viso.
Sono
davvero impresentabile, sono ridotta malissimo.
“Sharon
possiamo entrare?”.
Daniel e Artes stavano bussando alla porta della stanza e prima di
ricevere una risposta entrarono nella stanza illuminandola
completamente.
“Oh
sei sveglia” notò sorpreso Artes, guardandola
leggermente pensieroso.
“Ehm,
ciao” rispose Sharon.
“Accidenti,
sei proprio ridotta male...” disse Daniel.
“Infatti,
Artes... Puoi fare niente per queste ferite? Almeno quella
sull'occhio, mi brucia e mi fa male anche solo tenerlo socchiuso”.
“Mi
dispiace ma per ferite di quel genere non posso fare niente, essendo
di essenza malvagia pura sono invulnerabili. Spariranno col tempo,
spero”.
“Oh
perfetto, deturpata a vita” disse sarcasticamente Sharon
poggiando la candela sul comodino e buttandosi sul letto.
“Però
potrei curarti le altre che non ti ha fatto il demone”.
“Almeno,
sempre meglio di niente”.
“Vedi
il lato positivo, adesso sembri una guerriera e in più hai la
tua diafana” disse Daniel mostrando un sorriso poco
convincente.
“Molto
simpatico, Artes mi puoi vedere cos'ho dietro la schiena? Non ci ho
mai sbattuto eppure mi fa troppo male!”.
Con un tocco leggero e delicato Artes alzò la maglia di Sharon
e all'improvviso si bloccò, girandosi verso Daniel
sconcertato.
“Daniel...”
sussurrò Artes ancora sorpreso.
“Ho
visto” rispose secco il ragazzo incrociando le braccia al
petto.
“Eh?!
Cosa sono questi toni?! Cos'ho?” chiese nel panico Sharon.
“Ci
sono come due bruciature sulle scapole e in mezzo c'è una
specie di marchio, sembra impresso con il fuoco” spiegò
Artes alzando di più la maglia.
“Che
marchio è?”.
“Sembra
il marchio dei Nephilim guaritori e guerrieri messi insieme con due
ali che lo avvolgono ai lati e una corona sopra al marchio...”.
“Mai
visto niente del genere, né su Nephilim, né su libri o
scritture” disse Daniel.
“E'
meglio se lo facciamo vedere al rettore” propose Artes.
“No,
per ora è meglio di no.”.
“Adesso
basta” sbottò Sharon abbassandosi la maglia e saltando
giù dal letto, “Mi sono abbastanza ripresa, grazie
Artes. Per quanto riguarda quel marchio e quelle ferite sarà
dovuto alle diafane, dalla schiena mi sono uscite in fondo”.
“Si,
sicuramente sarà per questo” disse Daniel lanciando un
occhiata fulminante ad Artes.
“Eh,
si sarà per quello. Comunque Sharon siamo venuti qui per dirti
che partiremo per l'Altair di Londra. Restare qui ormai è
pericoloso” disse in fretta Artes.
“Londra?!
Seriamente? E quando?!” chiese entusiasta Sharon.
“Quando
ti sarai rimessa un po'”.
“Ma
io sto già bene! Per me possiamo partire anche adesso!”.
“Meglio
aspettare un altro giorno... Non credi? Almeno per rimetterti in
forze!”.
“E
va bene, allora fatemi sapere quando avete intenzione di partire. Io
credo che resterò in camera per tutto il giorno” sospirò
la ragazza.
“Come
desideri, allora dopo ti mando Daniel e ti facciamo sapere”.
“Perfetto,
allora a dopo...”.
I due ragazzi uscirono dalla stanza lasciando Sharon sola a pensare a
tutto quello che era successo in quella giornata.
Il
demone mi ha parlato due volte, la prima volta ha detto ''Ali'' e la
seconda volta mi ha detto che lui non era Bael e che presto quello
vero mi sarebbe venuto a prendere ora che sa chi sono... Ma è
questo il problema, chi sono? Non mi basta sapere il mio cognome o
nome, voglio sapere proprio le mie origini. Non ho mai conosciuto
nonni o altro, solo i miei genitori e mio zio e anche per breve
tempo, non mi sento di appartenere ad una famiglia.
“Aspetta
un momento, non riesco a ricordare come ho evocato le mie
diafane...”.
E
poi, come facevo a fluttuare in aria?! Era come se avessi veramente
delle ali, ma in realtà non c'era niente. Oppure era un potere
delle mie diafane... proverò a rievocarle, devo riuscirci se
già ci sono riuscita una volta.
Sharon si sedette sul letto e alzò il viso al soffitto, chiuse
lentamente gli occhi e cominciò a sentire il silenzio che le
regnava intorno entrarle dentro, era un silenzio che lei già
conosceva, il vuoto che viene colmato da una strana energia. I piedi
e le mani le cominciarono a pizzicare e una sensazione di potere e
forza cominciò a riempire il petto di Sharon, sembrava quasi
una forza che la spingeva a sollevarsi.
C'è
un qualcosa che mi chiede di uscire, è dentro il mio corpo e
vuole essere liberata. Ho paura a farlo ma sento come se questa cosa
mi domina, sento che è la mia vera essenza, ma perché
sento questo bisogno di farle prendere il mio posto?
Il bruciore alle spalle cominciò ad aumentare fino a diventare
insopportabile, ma Sharon non si voleva fermare, sentiva che tutto
questo la stava rinforzando.
Se
questa cosa vuole uscire, io la farò uscire. Diventerà
da oggi in poi parte di me, anche se in fondo lo è sempre
stata.
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Capitolo 10 *** I segreti di Londra ***
Capitolo X
I segreti di Londra
Il portale aperto da Artes
nella camera di Sharon mostrava uno scorcio della Londra caotica ed
esuberante, un paesaggio pieno di macchine, luci, autobus e con un
tempo perennemente nuvoloso.
“Sei pronta?”
chiese dolcemente Daniel avvicinandosi alla ragazza che teneva salda
la valigia con cui aveva iniziato tutto il suo viaggio.
“Certo” rispose
secca Sharon fissando lo sguardo sul portale.
La ferita all'occhio andava
decisamente meglio, ora riusciva a tenerlo aperto senza provare
dolore o altro ma comunque la cicatrice era rimasta ben visibile.
“Allora andiamo”
disse Artes prima di sparire nella luce del portale seguito da Daniel
e infine Sharon.
La ragazza appena varcata la
soglia cominciò ad avvertire una sorta di forza che sembrava
trattenerla distante dai ragazzi, qualcosa che sembrava tenerla dalle
spalle.
“Daniel, Artes!
Aspettatemi non riesco a raggiungervi!” gridò Sharon
notando però che la sua voce era bassissima, quasi un
sussurro.
Mi sento male, come se mi
stessero risucchiando l'anima.
La
facciata sul cemento la fece tornare in sé, dolorante e
nauseata.
“Ma
allora provi piacere a farti del male” ridacchiò Daniel
aiutando Sharon ad alzarsi.
“Non
è colpa mia, mi sono sentita male nel portale. Era come se
qualcosa mi trattenesse...” si giustificò Sharon.
“E'
normale, il portale può fare quest'effetto a volte. Non sei
abituata poi a viaggiare così no?” spiegò Artes.
“In
effetti si...”.
Sharon
spostò lo sguardo dai ragazzi all'imponente struttura che si
ergeva alle loro spalle e la ragazza riconobbe subito l'Elizabeth
Tower (o meglio conosciuta come Big Ben) e il palazzo di Westminster.
“Oh
dio, è gigante... Veramente è enorme!” notò
la ragazza stupita a bocca aperta.
“Hai
visto? E non lo crederai mai, ma è questo l'Altair di Londra!”
disse euforico Artes con un sorriso fiero e orgoglioso.
“Ma
non è la sede del Parlamento inglese questa? E poi perché
nessuno ci nota?” chiese Sharon confusa e dubbiosa.
“Sei
a Londra, non a Venezia! Qui puoi andare in giro anche in mutande e
nessuno ti dice niente, e poi si è la sede del Parlamento ma
tu lo sai che noi Nephilim abbiamo la magia dalla nostra parte, no?”
disse Artes.
“Ah
credo di aver capito quello che vuoi dire..”.
“Forza,
andiamo! Non vedo l'ora di entrare negli archivi sa..” Artes fu
interrotto da un improvviso calcio di Daniel, che con un'occhiata
fulminea fece zittire il ragazzo.
“Archivi?”
chiese Sharon.
“Eh,
vedi lui è un guaritore per questo deve stare sempre sui libri
a studiare nuove medicazioni... Non finirà mai di imparare è
un topo di biblioteca” ridacchiò nervoso Daniel che
cominciò a camminare verso il palazzo.
Una volta entrati due enormi
guardie, con tanto di mitraglietta, fermarono i ragazzi.
“Dove pensate di
andare? E' proibito entrare qui senza un'autorizzazione o un mandato”
tuonò uno dei due.
Artes e Daniel si lanciarono
una veloce occhiata e dopo qualche secondo le guardie erano riverse a
terra svenute.
“Dobbiamo raggiungere
il seminterrato, seguitemi”.
Daniel e Sharon seguirono
Artes in un ascensore buio e apparentemente in disuso, scendendo
lentamente in uno spazio privo di luce e arredamento. Arrivarono
davanti un muro di mattoni al centro della stanza, quest'ultimo non
separava né divideva niente era posto lì al centro
della stanza completamente inutile e impolverato.
I due ragazzi si
avvicinarono al muro e poggiarono una mano su dei simboli scavati nel
mattone, che lentamente si illuminarono facendo sparire l'ostacolo e
lasciando al suo posto una porta luminosa.
“Sharon entra prima
tu” disse velocemente Daniel prendendo la ragazza e
sospingendola verso la porta.
Appena la ragazza toccò
la superficie di quel portale una scossa elettrica la fece
allontanare e un bruciore sulla schiena la pervase.
“Che sta succedendo?!”
chiese Artes sorpreso.
“La schiena... Mi
brucia...” balbettò Sharon portandosi le mani sulle
spalle e accucciandosi a terra dolorante.
Daniel non ci pensò
due volte ad alzare la maglietta della ragazza, quando lo fece vide
che lo strano marchio che aveva Sharon sulla schiena era diventato
con i bordi neri e rossi e sembrava come pulsare.
“Credo che sia per
questo che non ti ha lasciato passare” sussurrò Daniel
passandoci una mano sopra e constatando che era caldo.
“Ma eppure ha già
preso altri portali per uscire ed entrare e non ha mai subito
quest'effetto!” rifletté Artes.
“Probabilmente questo
deve avere un grado maggiore di protezione, che fa passare solo
Nephilim guaritori e guerrieri marchiati” disse Daniel
prendendo Sharon in braccio e sollevandola da terra.
“Cosa vuoi fare?”
chiese dubbioso il ragazzo.
“Se fa entrare solo i
Nephilim marchiati, allora io dovrei entrare anche con Sharon in
mano” disse il ragazzo prima di buttarsi e sparire dietro la
luce.
“Bell'idea”
sussurrò Artes attraversando e richiudendo il portale.
L'Altair sotto il palazzo di
Westminster era illuminato
sporadicamente da luci fioche e giallastre che facevano intravedere
un muro fatto in mattoni porosi, l'aria che si respirava era viziata
e pesante come di un luogo chiuso da secoli. Daniel poggiò
Sharon a terra che perdendo l'equilibrio si dovette sostenere sul
muro che si sbriciolò al suo tocco, lasciandole la mano rossa
e segnata dai pezzetti sbriciolati del mattone.
“Sembra
pericolante questo luogo” sussurrò Sharon chiaramente
stanca e spossata.
“E'
fatto apposta. Vedrai che ti ricrederai tra poco” disse Artes
seguendo un percorso completamente al buio.
Scesero
delle scale e attraversarono una porta in stile gotico, con due
angeli con le spade sguainate ai lati e si ritrovarono in quello che
era la sala comune del vero Altair di Londra. Un enorme stanzone,
lungo addirittura chilometri si apriva alla vista dei ragazzi, anche
questo Altair era una specie di chiesa tutta fatta in stile gotico.
Le
statue di marmo rappresentanti angeli e santi erano messe in quasi
tutti gli angoli, dal soffitto pendevano dei candelabri che emanavano
una luce opaca e misteriosa, sedie quasi simili a troni gotici erano
sparpagliate per la stanza e le pareti non erano più fatte di
mattoni, ma di dipinti antichi e un po' scrostati dal tempo. La
stanza era apparentemente vuota e le uniche persone presenti erano
proprio loro tre, che con cautela cominciarono ad avanzare
nell'Altair.
“Benvenuti,
ero stato avvisato di questa visita dal rettore di Venezia. So i
motivi di tale visita, quindi siete pregati di seguirmi.” una
voce parlò.
I
ragazzi si girarono trovando un ragazzo alto e dalla pelle così
scura che se non avesse portato una tunica bianca sarebbe stato
invisibile con quella oscurità.
“Piacere,
io sono Judith. Sono il rettore di questo Altair” il ragazzo
aveva una voce profonda e autoritaria ma non mostrava più di
vent'anni, principalmente rivolse il suo sguardo ad Artes e Daniel
ignorando quasi Sharon.
Artes
ebbe un sussulto e ricambiò il benvenuto dell'uomo con un
sorriso, mentre Daniel corrucciò la fronte in segno di
allerta.
Quasi
come se fosse apparsa improvvisamente, Judith lanciò
un'occhiata fulminea e piena di ribrezzo a Sharon che sentì un
brivido attraversarle la schiena e notò che quell'occhiata era
per la sua cicatrice sul volto.
“Tu
sei Sharon, benvenuta anche a te” disse in tono molto più
freddo e cinico.
“Lieta che si sia
accorto della mia presenza, non capita tutti i giorni” disse
sarcasticamente Sharon.
I tre ragazzi la guardarono
strizzando leggermente gli occhi e facendo finta di niente.
“Sharon che hai? Di
solito non usi questo tono con nessuno” sussurrò Daniel
avvicinandosi cautamente a Sharon.
“Che dirti, forse sono
cambiata”, disse conclusiva e seccata la ragazza.
Judith restò a
guardarla per qualche secondo con un sorriso accennato ai lati della
bocca, poi si cominciò ad incamminare verso un sottopassaggio
ombroso e polveroso.
Artes si irrigidì
improvvisamente capendo che Judith li stava portando direttamente
all'archivio sacro.
“Judith, credo sia
meglio se prima ci assegni delle camere... Sai non credo di voler
incominciare a studiare da
adesso...” disse in tono abbastanza nervoso il ragazzo.
Il
Nephilim che stava conducendo i ragazzi si girò a malapena a
guardarli e con un sospirò fece cenno con la mano di seguirlo.
“Come
desiderate, però mi è stato dato un ordine. La ragazza
dovrà essere messa in una delle camere più sicure ed
internate dell'Altair”.
“E
dove sarebbe questa stanza, Neph?” sibilò Sharon quasi
riluttante alla vista di Judith.
“Sharon!”
gridarono Daniel e Artes facendo notare alla ragazza la gravità
di quello che aveva detto.
Nel
mondo dei Nephilim, essere soprannominati ''Neph'' era un chiaro
segno di mancanza di rispetto, molte volte questo termine era usato
dai demoni per prendersi gioco delle stesse persone e condurle
all'odio.
“Fa
niente, probabilmente manco lo sapeva e non l'ha fatto apposta”
disse frettolosamente Judith.
Camminarono
in un silenzio quasi sacro fino a raggiungere una torre percorsa da
più di dieci rampe di scale.
“La camera di Sharon
si trova alla fine di questa torre, oltre ad avere un dispositivo di
sicurezza in cima per evitare possibili inconvenienti l'entrata alla
base delle scale sarà controllata ventiquattro ore su
ventiquattro da un Nephilim guerriero” spiegò Judith
cominciando a fare le rampe di scale.
Raggiunsero lentamente la
cima dove una porta di legno blindata faceva da padrona, il luogo era
abbastanza impolverato e malconcio ma sembrava sicuro.
Artes invitò Sharon a
sistemarsi e a riposare già da subito in modo da poter star
tranquillo e la ragazza anche se leggermente dubbiosa accettò
senza proferire parola. Salutò con un cenno di mano i ragazzi
e poi aprì la grossa porta di legno richiudendosela alle
spalle con un tonfo che rimbombò per le scale, la stanza in
cui era appena entrata era spoglia e grigia. L'unico mobile che non
era grigio, pensò Sharon, era un letto a baldacchino dorato ma
così consumato dal tempo che il colore che gli avrebbe dato si
sarebbe aggirato intorno al beige più sbiadito, oltre al letto
nella stanza c'erano una scrivania e un armadio a muro tutti e due
grigi.
Poggiò la pesante
valigia a terra scordandosi quasi di averla ancora in mano e si buttò
sul letto sfinita, pochi secondi dopo già dormiva
profondamente.
Artes e Daniel dopo che
Sharon fu entrata nella stanza si lanciarono un'occhiata e chiesero
gentilmente a Judith di accompagnarli negli archivi il più
velocemente possibile.
“Siete abbastanza
impazienti o sbaglio?” chiese il giovane che li stava scortando
nei sottopassaggi dell'Altair andando sempre più giù.
“Penso che ti avranno
detto il motivo per cui dobbiamo consultare quei libri..” disse
con voce ferma Daniel che accelerava il passo per restare nel gruppo.
“Non sono solo libri”,
lo riprese Judith stizzito, “Io li preferisco definire
pergamene foderate”.
Daniel
guardò con fare dubbioso Artes che ricambiò con una
risatina.
Dopo
quasi dieci minuti di camminata dalla stanza di Sharon arrivarono
finalmente davanti a un portone d'acciaio massiccio e protetto da una
guardia armata.
“E'
la prima cosa che non sia in legno che vedo” disse
sarcasticamente Daniel mettendo le mani nelle tasche dei jeans.
Artes e
Judith fecero finta di non sentirlo poi quest'ultimo allungò
una mano verso la guardia che si spostò immediatamente
lasciando passare i tre ragazzi. Appena sopra il pomello della porta
c'era una specie di incavo che ricordava una nota di violino e quando
Judith vi poggiò sopra la collana che aveva al petto un tonfo
rimbombò nell'aria, alzando un polverone unico.
“Prego,
siete i benvenuti negli archivi sacri” disse il Nephilim
spostandosi a un lato e lasciando passare i due ragazzi che
scivolarono silenziosamente all'interno.
La
stanza che avevano di fronte era piena di scaffali in legno polverosi
che saranno stati alti come minimo cinque metri l'uno, erano disposti
uno di fronte all'altro formando file orizzontali e verticali quasi
infinite. C'era una piccola finestra a un angolo della stanza, anche
quella impolverata e chiusa da chissà quanto tempo, due
tavolini di legno davanti agli scaffali facevano intravedere
l'antichità di quel posto ormai corroso dal tempo e dalla
polvere. Appena entrarono di più vennero invasi da un'aria
viziata e pesante di polvere e legno marcio che fece venire dei
conati di vomito ad Artes, che si trattenne.
“Vi
lascio ai vostri”, Judith fece una pausa quasi pensieroso, poi
schifato disse “libri” e uscì dalla stanza
socchiudendo l'enorme porta in acciaio.
Su ogni
scaffale c'era un cartello ingiallito dal tempo che indicava i vari
argomenti dei libri in esso.
“Quindi
che dobbiamo cercare? Trinità?” chiese Artes guardando
gli scaffali e mettendosi una mano tra i capelli già
esasperato.
“Credo
proprio di sì” sussurrò Daniel alzando la testa,
“Credo che dobbiamo concentrarci anche sull'Honorius Elité
e su Lui nei tempi
angelici... Sicuramente ci sarà qualcosa”.
“Bene
allora, possiamo iniziare tu cerca l'Honorius Elitè io
cercherò la Trinità” disse Artes prima di sparire
tra il buio e la polvere degli scaffali.
Quando
Sharon si risvegliò era notte inoltrata, la luna era alta in
cielo e i suoi raggi penetravano dalla finestra delicati e luminosi.
Si alzò e si mise un vestito bianco attillato di seta che le
arrivava fino a metà coscia (tecnicamente quello era il suo
pigiama) e si affacciò dalla finestra della torre. La vista su
Londra era fantastica, era come stare sospesa su una coperta di luci
colorate, con il rumore delle macchine e di una città che non
dormiva mai. A risvegliarla da quel panorama fu un bussare insistente
sopra la porta in legno, Sharon vi si avvicinò e dopo aver
tirato con forza la porta scoprì che sull'orlo non c'era
nessuno. Sporse la testa fuori e notò una lucina rosa per le
scale che sembrava chiamarla, era la prima lucina rosa che vedeva di
solito erano sempre azzurre, bianche e dorate. Uscì furtiva a
piedi nudi dalla stanza richiudendo silenziosamente la porta alle sue
spalle e poi cominciò a seguire la luce che aveva cominciato a
muoversi.
“Hai trovato niente?”
chiese Daniel sentendo la propria voce risuonare nella stanza.
“A parte un libro
abbastanza rovinato che parla dell'Honorius Elité niente, tu
sei stato più fortunato?” sospirò Artes
poggiandosi sul tavolo.
“Gli unici libri che
parlavano di Trinità erano quelli della Sacra Trinità,
niente diafane o armi divine”
rispose Daniel facendo spallucce e buttando un libro in un ammasso di
libri accatastati in un angolo.
“Beh
intanto senti che dice questo libro sull'Honorius Elite:
L'Honorius Elité
era formato dagli angeli più belli e potenti di Dio, il loro
potere era così grande che potevano portare l'Apocalisse sulla
Terra, ma non era abbastanza per loro. Dio forgiò per loro
delle armi epiche, sacre. Ogni arma aveva un potere specifico, ma ce
n'era una in particolare forgiata dal Padre, dal Figlio e dallo
Spirito Santo che era così potente da poter rovesciare il
Paradiso” Artes fece un
profondo respiro e guardò Daniel, “Sta parlando della
Trinità”.
“Credo
di sì, continua a leggere” disse il ragazzo
avvicinandosi e guardando il libro consumato.
“L'arma fu forgiata
da del metello benedetto e prima si trasformò in una falcem a
due lame, successivamente in kamas e infine nella spada della
giustizia che bruciava di fuoco eterno la Trnità. Il suo
potere fu affidato a quello che per Dio era l'angelo più
fedele e perfetto di tutti, colui adesso conosciuto come Lucifero. Il
potere di quell'arma era così grande che solo un angelo
potente non ne sarebbe morto al tocco, ma quell'arma presto fu
perduta dopo che il conflitto tra bene e male ebbe inizio. L'Honorius
Elité si schierò metà con Lui e metà con
Dio, sciogliendosi per sempre e dando inizio alla battaglia. L'arma
si dice fu persa perché solo sentimenti buoni ne potevano
animare il fuoco che bruciava ma...” Artes
si fermò a leggere e guardò Daniel.
“Perché
ti sei fermato?” chiese Daniel impaziente e con gli occhi fissi
sul ragazzo. “Le pagine dopo sono state macchiate ed è
impossibile leggere oltre... Ma quello che ho letto basta per capire
che Sharon non è quello che dice di essere, non è una
Nephilim...” sussurrò Artes con il cuore che gli
martellava in petto.
“E'
impossibile! Non può essere! Non ha le ali ed è una
donna!” gridò furioso Daniel.
“E'
possibile che nemmeno lei sappia chi è in realtà..”
fece notare il ragazzo prendendo il libro e mettendolo dentro la
borsa con fare furtivo.
“Lo
scoprirò adesso” disse Daniel prima di correre via fuori
dalla stanza.
Sharon uscì
dalla sua torre senza problemi, il Nephilim che doveva fare da
guardia dormiva attaccato al muro russando come un demone.
Continuando a seguire la luce si accorse che si stava dirigendo dalla
parte opposta dell'Altair fino a quando non giunse all'ingresso di
una torre uguale a quella in cui risiedeva, l'unica differenza era un
cancello dorato dove un lucchetto era stato da poco rotto e aperto.
Oltrepassò con cautela il cancello e salì le scale che
l'avrebbero portata in cima, ad aspettarla c'era una grossa porta di
cristallo opaco che brillava debolmente, a quel punto la lucina si
poggiò sul pomello e sparì aprendo la porta. La stanza
che Sharon si ritrovò davanti era completamente spoglia tranne
per un piedistallo al centro di essa, le pareti erano fatte di vetri
e quindi i raggi della luna penetravano illuminando a tratti la
stanza buia.
“Ti
piace?” una voce uscì dall'ombra di un angolo avanzando
lentamente.
“Judith...
Che cosa ci fai qui?” chiese sorpresa Sharon avanzando qualche
passo.
Adesso che era più
vicina al piedistallo poté vedere cosa conteneva, una pietra
rosso sangue appoggiata su un cuscino di seta illuminato dalla luna.
“Potrei
farti la stessa domanda”, avanzò di qualche passo verso
Sharon e si fermò all'altezza della teca, “Ma visto che
sono io che ti ho condotta qui non avrebbe senso, non credi?”.
“E
perché mi volevi qui?”.
“Volevo
mostrarti questo”, disse allungando un dito contro il
piedistallo.
“Perché
mai? Non mi interessano le pietre” disse nervosa la ragazza
cominciando a indietreggiare lentamente.
C'è
qualcosa che non va in lui...
“Non
cercavi il Divinium, Nephilim?” disse in tono macabro il
ragazzo che adesso era sotto la luce della luna, “O preferisci
che ti chiami Arcangelo?”.
“Non
capisco di cosa stai parlando” sussurrò confusa Sharon.
“Avvicinati,
prendi pure la pietra, è tua. Però dopo che l'avrai
presa ti trasformerai in quello che sei veramente”, la voce e
lo sguardo del Nephilim si erano assottigliati.
“Ripeto
non so di cosa stai parlando, ma non prenderò quella pietra mi
dispiace”.
“Ah,
allora lascia che ti convinca io”, la sua voce era malvagia e
quando schioccò le dita dalla porta entrò Daniel
sollevato da terra da una forza invisibile che lo teneva per la gola.
“Se
non la prenderai, lui si farà un volo di più di 30
metri e per uccidere una persona ne bastano solo dieci, allora?”
disse lui con voce impaziente e sbattendo Daniel contro una vetrata
in modo da romperla. I vetri finirono ovunque, scheggiando e ferendo
Daniel che però rimaneva silenzioso e con gli occhi sgranati.
“Non
credo gli farai del male” disse Sharon cercando di avvicinarsi
il più possibile alle vetrate.
“Come
credi, ma sappi che l'hai voluto tu”.
La mano di Judith si
aprì e in quello stesso momento qualsiasi cosa stesse tenendo
Daniel lo lasciò cadere fuori dalla finestra, nel vuoto.
“DANIEL!”
gridò Sharon incredula e senza accorgersene stava già
correndo contro la finestra saltando nel vuoto.
Vide Daniel,
sembrava un angelo senza ali che cadeva dal Paradiso ma prima che
questo pensiero potesse attraversarle la mente era già su di
lui a mezz'aria, pochi metri li separavano dall'asfalto duro. La
faccia di lui si trasformò in incredulità mista a
terrore, erano sospesi in aria abbracciati ma dalla schiena di lei
uscivano delle ali enormi che li ricoprivano per intero, bellissime,
delicate e possenti di un azzurro chiaro che verso le punte si andava
scurendo diventando quasi nero, però erano macchiate di sangue
come lo era quasi tutto il vestito di Sharon.
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Capitolo 11 *** La mia dolce caduta ***
Capitolo XI
La mia dolce caduta
Daniel poteva sentire il
respiro dolorante di Sharon, il suo petto che si alzava e abbassava
lentamente come una marea, il sangue che gli colava dalle scapole per
tutto il corpo e... Il battito d'ali.
“Non ci credo..”
sussurrò quasi a sé stesso lasciando quasi la presa su
di lei.
Lentamente e dolorante
Sharon cominciò a salire di quota lanciando un urlo sommesso a
ogni battito.
Mi fa male tutto, mi
sento lacerata dentro... Ho le ali? Sento qualcosa che si muove e fa
male, Daniel sembra inorridito...
Appena
raggiunsero di nuovo la stanza Sharon crollò sul pavimento
esausta e dolorante, il sangue le cominciò a colare anche sul
viso e lungo le braccia, mentre le mani incontravano schegge di vetro
rotto sul pavimento.
Si
sentiva lo stomaco in subbuglio e le sembrava che un coltello le
avesse scavato nella carne fino a toccarle l'osso e poi lo avessero
rigirato per provocarle fitte di dolore, un conato di vomito le
risalì la gola per fermarsi in bocca.
Daniel
si era allontanato un po' per cercare di mettere a fuoco la
situazione a dir poco surreale, guardava Sharon come se fosse un
alieno e una paura profonda lo pervase ma la scacciò subito.
“Non
è stata la pietra a trasformarti, ma per lo meno ti sei
trasformata” disse facendo un ghigno agghiacciante Judith.
Sharon
era immobile, sentiva il sangue seccarsi sulla pelle e il respiro
bloccarsi quando vide sulla porta Artes che la guardava con gli occhi
sgranati.
Judith
si rintanò nell'ombra e quando ne riuscì non era più
la persona che avevano incontrato all'ingresso dell'Altair, aveva i
capelli scuri come la notte, la pelle bianchissima e gli occhi neri,
completamente neri e delle ali grandi e possenti rosso sangue tanto
che Sharon pensò che anche lui stesse sanguinando.
“Phanterus”
sussurrò Artes avvicinandosi ai ragazzi a terra.
“Tranquilli,
il vero Judith dorme come un bambino sotto la stanza di Sharon”
il ragazzo fece un mezzo sorriso compiaciuto poi sbatté le ali
per creare un po' di vento.
“Perché
sei qui?” chiese Daniel rialzandosi e barcollando un po'.
“Nel
mondo dei demoni girano veloci le storie. Mi è giunta voce che
una Nephilim aveva la Trinità. Sapete
meglio di me la storia di quell'arma e il suo potere, ma una Nephilim
non può tenere un'arma sacra perciò ho voluto
stuzzicarla fino a far rinascere la sua vera indole..”.
Il
demone restava fermo ma sembrava quasi che i raggi della luna
venissero assorbiti dal suo corpo per rilasciare altra oscurità,
o forse era solo la vista di Sharon che si stava appannando sempre di
più.
“E
perché interessa proprio a un demone quell'arma? Ti ricordo
che non sei un angelo, moriresti al suo tocco” sibilò
Daniel.
Phanterus
inarcò un sopracciglio divertito, per quanto malvagio, oscuro
e demone potesse essere la sua bellezza era agghiacciante.
“Ti
ricordo, mezzosangue, che tutti i demoni prima erano gloriosi e forti
angeli del Paradiso. Almeno quelli come me, poi ci sono quelle bestie
immonde che non sono altro che i nostri schiavetti, ma i veri demoni
siamo noi.” gli
occhi del demone brillarono quando ricordò di essere stato un
angelo e il loro nero diventò ancora più scuro.
“La
tua presenza non è gradita, non capisco nemmeno come sei
riuscito ad entrare nell'Altair visto il grado di protezione”
rifletté Artes che aiutò Sharon a sedersi, sebbene la
toccasse a malapena.
“Dopo
che siete entrati voi il portale si è indebolito parecchio
grazie a Sharon e quindi non è riuscito a riconoscere che metà
del sangue che mi scorre nelle vene è corrotto, maligno”
fece una pausa, quasi fiero di quello che era, poi assottigliando lo
sguardo disse, “Come quello suo” e con un dito affusolato
indicò la ragazza pallida e dolorante.
“Ma
per favore smettila” sussurrò Sharon cercando di
rimettersi in piedi nonostante il dolore lancinante, “Come può
il mio sangue esse maligno e corrotto se posso maneggiare la Trinità?
Sono l'equivalente di un angelo in Paradiso, solo che come si usa
dire sono caduta”
“Tu
non sei caduta. Sennò saresti come me, Bael, Lilth e tutti gli
altri demoni, saresti ciò che il cielo odia di più”
il demone si avvicinò di più a Sharon sotto gli occhi
severi dei ragazzi e si lasciò scivolare affianco a lei,
“Secondo te, i Nephilim da dove derivano? Voi che ci date la
caccia, che volete ucciderci, voi che portate rancore per noi adesso
ditemi secondo voi chi vi ha generato?” la sua voce era
suadente quanto terrificante tanto che Sharon ebbe un brivido che
risuonò per le ali.
“Prima
che ti uccida, sparisci” sussurrò Sharon affaticata.
“E'
così che si tratta un tuo pari? Io che potevo dirti tante cose
interessanti, tipo come è morta tua madre...” il suo
sguardo maligno si spostò sui ragazzi in piedi e fermi come
statue e disse “O di come Daniel e Artes provino una forte
attrazione per te”.
A quel
punto era troppo. Daniel invocò la sua diafana in un lasso di
tempo così piccolo che Sharon non lo vide nemmeno e forse
nemmeno il demone. L'arma scintillava tra le sue mani come una stella
e si muoveva veloce e tagliente nell'aria ma Phanterus non sembrava
preoccuparsene.
Dentro
di Sharon una voce stava gridando, la stessa che nell'Altair di
Venezia le chiedeva di uscire fuori, forte, dolce e rabbiosa.
Invoco Trinitatis.
Sharon
capì subito che quello era latino, ma nonostante lei non lo
parlasse sapeva benissimo che significava “Invoca la Trinità”.
Dopo un
profondo respiro si portò al centro della stanza dove Daniel
continuava ad attaccare Phanterus senza avere risultati e invocò
l'arma. Gli occhi del demone si puntarono sulla ragazza, il loro nero
fu illuminato da un fascio di luce accecante e quando la luce sparì
la ragazza aveva in mano la spada.
“Meraviglioso”
sussurrò il demone distraendosi e permettendo a Daniel di
trafiggerlo e spingerlo a terra abbastanza velocemente da saltargli
addosso e bloccarlo con le gambe in vita.
“Muoviti
e ti taglio la gola” sibilò Daniel con un rivolo di
sangue che gli colava sulla fronte.
“Cos'è
ti da fastidio che la guardo, che la desidero?” lo provocò
il demone guardando Sharon e leccandosi il labbro superiore.
Daniel
caricò un pugno e lo sferrò sul labbro del ragazzo
lasciandogli un profondo spacco dal quale usciva del sangue nero e
rosso, il demone in tutta risposta glielo sputò in faccia.
Sharon
si avvicinò al demone e gli puntò la spada sulla gola,
esattamente sotto il mento pizzicandolo con la punta.
“Phanterus
mi dispiace salutarci in questo modo, avrei preferito diversamente ma
sai come vanno queste cose” disse con un accenno di sorriso
Sharon che aveva cominciato a spingere l'arma creando una ferita che
lo fece sanguinare.
“Tranquilla
non ti libererai di me. Non meriti un Nephilim di questo genere,
meriti di meglio. Meriti me” sogghignò il demone
scoppiando poi in una grassa risata.
Daniel
prese la sua diafana e gliela conficcò nel cuore, una, due
volte tanto che la lama ormai era intrisa di sangue nero e viscido,
ma prima che potesse dare l'ultimo colpo Phanterus si liberò e
prima di sparire Sharon gli trafisse la spalla destra con la Trinità,
un colpo tanto forte che lo attraversò.
Sharon lasciò cadere
l'arma che si dissolse tornando da dove era venuta e subito dopo
anche lei seguì l'arma sul pavimento, stava così male
che pensò di stare per morire.
Le ali le fremevano come in
preda a una crisi e lentamente cominciarono ad appiattirsi sulla sua
schiena, diventando quasi due linee sottili azzurre. Daniel buttò
la diafana intrisa di sangue e si precipitò a prendere Sharon
in braccio sporcandole il vestito di altro sangue, era così
lento il suo respiro che per un momento il ragazzo ebbe davvero paura
che Sharon fosse morta.
“Vado a prendere
vestiti nuovi e libri per la medicazione, inoltre cercherò di
contattare la Corte e trovare Judith” disse in modo confuso e
nervoso Artes correndo fuori dalla stanza.
“Ho visto la tua
espressione” sussurrò Sharon aprendo leggermente gli
occhi, “Era piena di terrore, paura... Sono un mostro”.
“Tu
non sei un mostro” mormorò piano Daniel con la voce che
gli tremava, se non avesse avuto la vista appannata Sharon avrebbe
giurato che lui stava piangendo.
“Si”
si limitò a rispondere lei, sentiva il sangue in bocca.
“Sei
la persona più bella che io abbia mai conosciuto, la ragazza
più dolce e testarda” accennò a un sorriso, “Sei
la luce in una vita di oscurità, sei come una droga nelle
vene, almeno nelle mie. Ho sempre voglia di te, di starti vicino,
toccarti, proteggerti fino a pensare di star perdendo la testa...”
ci fu un lungo silenzio nel quale Daniel prese una lunga boccata
d'aria e poi continuò, “Volevo dirtelo in circostanze
migliori e in situazioni più romantiche, ma sento che se
dovessi perderti prima di dirtelo ne morirei”.
Sharon
cominciava ad avere l'udito sempre più basso come se qualcuno
le stesse mettendo delle mani sopra le orecchie.
“Sharon
io mi sto innamorando di te, ogni giorno di più, ogni secondo
sempre più”.
Ma la
ragazza non sentì quell'ultima frase, era già svenuta
facendo cadere la testa di lato e le braccia flosce lungo i fianchi,
Daniel la guardò per un momento e poi la strinse a sé
delicatamente ma con quel dolore e quella forza che si riserva agli
abbracci di addio.
Artes era appoggiato su un
muro davanti la porta della stanza di Sharon, dopo che era tornato
con più di trenta Nephilim alle calcagna inviati dalla Corte
aveva ritrovato la ragazza tra le mani di Daniel completamente in un
lago di sangue mentre lui la guardava come se fosse morta.
Stava ricordando come alla
vista di Sharon i Nephilim lanciarono sguardi stupiti, pieni di
orrore ed emozione, come biasimarli d'altronde ti crescono dicendoti
che gli angeli possono essere solo di sesso maschile e che le donne
sono impure e poi ti trovi davanti ad un angelo donna.
Il
ragazzo sollevò lo sguardo, un via vai di gente saliva e
scendeva dalla torre anche solo per guardare la porta. Judith era
stato ritrovato privo di sensi in fondo alle scale della torre e
adesso era sotto interrogatorio da più di un'ora, da alcuni
membri secondari della Corte.
La
notizia di Sharon aveva sconvolto la Corte più di quanto lui
non si aspettasse e le misure che erano state prese per proteggerla e
guarirla erano a dir poco agghiaccianti, nessun Nephilim di sesso
maschile poteva avvicinarsi a lei, la torre in cui stava doveva
essere tenuta sotto controllo almeno da dieci Nephilim guerrieri sia
fuori che dentro.
“Hey
Artes, tutto bene? Sei leggermente pallido” disse una voce
stanca e sofferente.
Daniel
era comparso affianco a lui e lo stava scrutando con i suoi grandi
occhi verde ghiaccio, erano gonfi e con cerchiature nere, le ferite
stavano cominciando a sparire dopo l'incantesimo che gli aveva fatto
ma sulla sua pelle c'erano ancora molti segni e lividi della
colluttazione.
“Hai
assistito all'interrogatorio di Judith?” chiese lui senza
rispondere alla domanda del compagno.
Daniel
fece un cenno con la testa e si poggiò al muro guardando anche
lui la porta, poi disse “Ha detto di essere stato attaccato
dopo che ci ha lasciato negli archivi, il demone lo ha sorpreso alle
spalle e lo ha messo al tappeto. Poi quando si è risvegliato
ha capito che era successo qualcosa. Lo ha ripetuto per ore ma non
sembra convincere gli inquisitori”.
“E'
successo tutto troppo in fretta non credi? Manco il tempo di scoprire
chi era Sharon che già l'avevano raggiunta e l'avevano
trasformata, se così si può dire” sussurrò
Artes con voce sommessa e chiudendo gli occhi lasciando che la testa
batté sul muro.
“Già,
comunque gli inquisitori vogliono interrogare anche noi, anzi
soprattutto me che ero presente al momento...” Daniel lasciò
che la frase gli morisse in bocca per rivolgere il suo sguardo a tre
figure snelle e longilinee.
Salivano
le scale lentamente e con il volto coperto da un cappuccio, portavano
la stessa tunica di Artes solo che questa era color panna con diverse
cuciture dorate, dal cappuccio si intravedevano delle ciocche di
capelli lunghi.
“Sono
delle guaritrici donna” sussurrò Artes a Daniel per
fargli capire.
“Ma
io pensavo che...”.
“Risalgono
alla battaglia in cui i genitori di Sharon sono morti, perciò
hanno esperienza ed ecco perché esistono. La Corte le avrà
chiamate per curarla”.
Le mani
lungo i fianchi delle donne erano ricoperte di cicatrici e di un
colorito pallidissimo, senza guardarli le tre figure li superarono
entrando lentamente nella stanza.
“Artes
Migliec, Daniel Hareal gli inquisitori vi stanno aspettando”
disse una voce profonda richiamando l'attenzione dei due ragazzi.
Quando
Sharon aprì gli occhi era nella sua stanza in cima alla torre,
sopra di lei tre donne la stavano guardando con profonda ammirazione
ed emozione. Si mise sui gomiti constatando che il dolore lancinante
tra le scapole e la colonna vertebrale era quasi sparito, anche il
sangue era sparito dai suoi vestiti e capelli, ora indossava una
tunica bianca con i bordi e le cuciture in oro che si intonavano ai
suoi capelli tutti boccoli e sciolti che le ricadevano sul viso.
Le tre
donne senza dire una parola si inchinarono vicino al letto abbassando
la testa come in attesa di una punizione e quando Sharon si mise
seduta sentì delle piume solleticarle il braccio e la vita.
“Ehm,
uhm... Che succede?” sussurrò la ragazza ancora
stordita.
“Mia
signora abbiamo l'onore di rivolgerle la parola? L'ira celeste non si
abbatterà su di noi per averle mancato di rispetto?”
disse una donna, dalla voce sembrava molto anziana e quando la guardò
negli occhi vide che era una donna con i capelli raccolti in uno
chignon da cui uscivano parecchi capelli neri striati di bianco ma
non sembrava anziana.
“Certo
che potete parlarmi, non vedo perché tutte queste cerimonie”.
“Ma
lei è una
creatura di Dio, un angelo mandato per salvarci”.
Sharon
si irrigidì immediatamente a quelle parole e cominciò a
ricordare perché si trovava in quella stanza e quelle donne
gli si rivolgevano in quel modo, muovendo lentamente una mano
tremante se la portò dietro la schiena e la poggiò
delicatamente sentendo un osso sottile che formava un arco ricoperto
di piume soffici.
Sono un angelo.
Sharon
sentì come se le avessero tirato un pugno nello stomaco e poi
subito dopo il suo cuore cominciò a battere così forte
da sentirlo nella testa, il sangue le pulsava sotto le vene e un
senso di angoscia la stava invadendo.
“Si
sente bene?” chiese una donna visibilmente preoccupata.
Non
riusciva più a parlare, era come se lentamente stesse
annegando in un mare ghiacciato, cominciò a tremare e non per
il freddo ma per il ricordo di quanto era successo quella notte.
Phanterus, la trasformazione, Daniel che precipitava, Judith che
spariva, la faccia di Artes... Il Divinium.
Senza
accorgersene Sharon era corsa fuori dalla sua stanza, giù per
le scale a una velocità inaudita mentre le tre donne le
gridavano di fermarsi.
Come
poteva fermarsi? Come poteva restare in quella condizione? Artes,
Daniel dov'erano adesso?
Arrivata
in fondo alle scale vide un'orda di Nephilim che la guardavano
attoniti, in meno di qualche secondo però tutti si stavano
inginocchiando davanti a lei abbassando la testa e lasciando tra loro
uno spazio libero in cui lei potesse passare.
Le ali
ebbero un fremito e si sollevarono di poco poi Sharon avanzò
lentamente tra i Nephilim e quando li superò ricominciò
a correre, dove nemmeno lei lo sapeva.
Si fermò
quando vide su una porta la figura snella e muscolosa di Daniel
evidentemente contratta. Lui alzò lo sguardo e restò
impietrito quando vide Sharon, era a piedi nudi con la veste che le
arrivava fino alle ginocchia e le ali che spuntavano dietro le sue
spalle, i capelli dorati sul viso e un'espressione distrutta sul
volto come la sua.
“Daniel...”
sussurrò lei prima di buttarsi nelle sue braccia affondando il
viso nel petto di lui.
Il
ragazzo rimase per un momento fermo come se gli avessero sparato poi
si lasciò andare e le mise le mani lungo i fianchi.
“Non
dovresti essere qui...” borbottò l'altro tenendo le
labbra sui capelli di lei.
“Cosa
sta succedendo? Perché si inchinano tutti... Io non voglio,
voglio...” le lacrime che le rigavano in volto sembravano fuoco
su ghiaccio e la fecero sussultare prima di continuare la frase, “Non
so cosa voglio. Ma di una cosa sono sicura voglio te”.
Daniel
si irrigidì completamente le mani sui fianchi di lei per poco
non caddero, la testa che sembrava girargli come una giostra, si rese
conto che non stava più respirando e quando capì quello
che stava succedendo una mano finì tra i capelli di Sharon
delicata ma forte.
Lei alzò
la testa leggermente e Daniel non riuscì a resistere
all'impulso di baciarla, anche se sapeva che era totalmente sbagliato
quello che desiderava e che stava facendo.
Poggiò
delicatamente le labbra su quelle di lei, morbide e calde, il bacio
fu ricambiato e presto dalla dolcezza passò alla passione, le
mani di lui prima sui capelli adesso erano scese lungo i fianchi e
stringevano come per non farla scappare mentre lei lo tirava verso di
sé incastrandogli le mani dietro la nuca. Il ragazzo si sentì
come se avesse bevuto così tanto da avere le allucinazioni non
riusciva a reggersi in piedi per quanto lui fosse al muro e presto al
suo posto ci fu Sharon, l'aveva sollevata dai fianchi e l'aveva
appoggiata delicatamente contro la parete mentre lei gli stava
annodando le gambe alla vita.
“No...”
ansimò Daniel sulle labbra di lei staccandosi lentamente.
“Perché...”.
“E'
sbagliato, non possiamo farlo, io non posso farlo”
la voce del ragazzo era piena di rabbia e tristezza.
“Cosa
c'è di sbagliato?!” chiese Sharon poggiandogli una mano
sulla guancia sul quale lui si strofinò.
“Sei
un angelo, Sharon. Hai il sangue del Paradiso, sei una creatura pura
e io sono un Nephilim... Metà sangue umano, impuro. Gli angeli
non possono avere relazioni con dei Nephilim...” cercò
di dire, la voce soffocata.
“Io
non sono un angelo! Sono Sharon! E non mi interessa, voglio stare con
te!” gridò l'altra.
“Non
lo capisci? Ti porteranno via”.
“Chi?”.
“La
Corte, probabilmente ti rinchiuderanno nella Contea al Paradisium a
studiarti a fare esperimenti su di te. Io non voglio ma lo faranno,
non lasceranno una angelo donna con
la Trinità andare per il mondo. Devi scappare e per farlo devi
dimenticarti di me, di Artes, del Divinium della ricerca di mia
madre, di tutto” Daniel parlava con un tono di voce tra il
dolce e la paura, cercando di nascondere tutte le altre emozioni e
Sharon notò che ci riusciva abbastanza bene.
“Non
posso nascondermi” rispose lei fredda con un improvvisa rabbia
che le saliva nel petto.
“Si
invece, i demoni ti hanno sempre trovata perché viaggiavi con
noi ma se tu andassi... Vai lontano cerca riparo in una chiesa o da
qualche parte dove né la Corte né i demoni possono
trovarti” la voce di Daniel era ormai un filo di voce.
“Ma io...”.
“Sharon stanno
arrivando, scappa! Artes ti aprirà un portale sulla torre,
VAI!”.
Dal corridoio si
cominciarono a sentire tonfi di passi e il rumore metallico delle
spade che sbattevano tra loro e per un secondo Sharon restò
immobile a guardare Daniel che invocava la sua diafana.
Le stava gridando di
andarsene ma lei non lo riusciva a sentire.
Trinità ti invoco.
La falce
a due lame guizzava di energia nella sua mano e le ali si stavano
aprendo come un ventaglio sulla sua schiena, una scossa di adrenalina
l'attraverso e pochi secondi dopo si stava scagliando contro la folla
di Nephilim per riuscire a scappare.
Gridavano,
cercavano di afferrarla, si dimenavano gli uni sopra gli altri ma lei
era più veloce e con un rapido movimento dell'arma li fece
crollare a terra, le ali che sbattevano frenetiche, così
grandi e possenti da coprire l'intero spazio del corridoio e della
torre in cui Artes la stava aspettando.
“Veloce
attraversalo!” gridò il ragazzo davanti a uno specchio
di cielo notturno.
Sharon
lo guardò il tempo necessario da fargli capire che non sarebbe
finita lì e poi si infranse sulla superficie del portale,
catapultata un'altra volta in un'altra città.
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