I’m in love with Lou, and all his little things.

di Liz_H
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tearing me apart ***
Capitolo 2: *** Half a heart without you ***
Capitolo 3: *** Coming back ***
Capitolo 4: *** Back for you ***
Capitolo 5: *** Moment in time ***
Capitolo 6: *** Memories ***
Capitolo 7: *** Closer ***
Capitolo 8: *** Strong ***
Capitolo 9: *** Still the one ***
Capitolo 10: *** Better than words ***
Capitolo 11: *** Irresistible ***
Capitolo 12: *** Live while we’re young ***
Capitolo 13: *** I was so stupid for letting you go ***
Capitolo 14: *** Something great ***
Capitolo 15: *** Story of My Life ***
Capitolo 16: *** Through the dark ***
Capitolo 17: *** Over again ***
Capitolo 18: *** Don’t let me go ***



Capitolo 1
*** Tearing me apart ***


Tearing me apart

22 luglio 2018

Quando avevo sedici anni, pensavo che tutto, col passare del tempo, si sarebbe sistemato. A ventiquattro anni, ancora non sono riuscito a sistemare un bel niente.

Faceva male guardarlo e fare finta di non essere follemente innamorato di lui. Tenemmo la nostra relazione segreta durante X Factor perché ci era stato detto di fare così. E quando il presentatore annunciò che eravamo arrivati terzi, che eravamo fuori, un po' ovviamente mi rattristai. Ma la gioia di poter dire a tutti che io e Lou stavamo insieme cancellò quella tristezza.

Louis voleva aspettare prima di dirlo a tutti; è sempre stato molto insicuro, anche se non si direbbe.

E aspettammo. Io aspettai. Ma poi firmammo quel contratto discografico e tutto cambiò.

Col passare del tempo ci imposero di uscire con delle ragazze. I paparazzi ci fotografavano, ed era così che secondo loro doveva andare.

Ma nonostante ci impedissero di essere noi stessi sotto gli occhi di chiunque, noi continuavamo a vederci al riparo da sguardi indiscreti. Abitavamo insieme. Nessuno ci avrebbe mai separati. Era questo che ci ripetevamo insistentemente sotto le coperte, abbracciati, il suo fiato caldo sul mio collo, ricordandomi che lui sarebbe sempre stato lì per me.

E quando mi dichiarai cantando "I'm in love with Lou and all his little things" e sorridendogli mentre lui spalancava gli occhi, sbigottito, e quando lui, dopo il concerto, mi bisbigliò all'orecchio: "ti amo anch'io, stupido" credetti che davvero niente avrebbe potuto dividerci.

Ma Louis divenne sempre più distante con l'andare degli anni. Fino a quando, qualche mese fa, mi disse che era stanco di tutto questo. Di nascondersi. Voleva rifarsi una vita. Senza di me.

Quando me ne parlò, tutto quello che feci fu stare lì, ad ascoltarlo, in piedi, come un idiota.

E quando se ne andò io non lo seguii. Non feci niente. Semplicemente, mi rintanai nella mia casa di Los Angeles, e non ricevetti alcun contatto umano a parte quello della governante, che provvedeva a fare la spesa e ordinare la casa.

Va avanti così da troppo. Mi sembra di morire.

E il nuovo tour comincerà tra pochissimo. Esattamente 67 giorni. Non vedo Louis da un sacco di tempo – da quando ha rotto con me – e non posso fare a meno di contare i giorni che mi separano dall'incontrarlo di nuovo, dall'incrociare i suoi occhi di cui mi sono innamorato tempo fa.

Passo le giornate seduto davanti alla televisione senza prestare alcuna attenzione a quello che dicono gli attori, con un chiodo fisso nella mente: Lou mi ha dimenticato? Gli manco? Non mi vuole vedere mai più? Lascerà i One Direction così da non dovermi incontrare mai più?

Mi sto consumando mentre penso a lui, scrivo canzoni che lo riguardano senza avere il coraggio di cantarle, e tengo questo stupido diario che non serve a niente, solo per sfogarmi e parlare dei miei stupidi sentimenti.

So solo che senza Louis sto cadendo in pezzi.

Non so quanto potrò resistere ancora.

67 giorni sembrano un'eternità.

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Capitolo 2
*** Half a heart without you ***


Questo è il CAPITOLO DUE. Per cominciare a leggere dal capitolo 1, cliccare sulle frecce ai lati del nome del capitolo, accanto alla sezione "CAPITOLI".

***
Half a heart without you

26 settembre 2018

«Non posso più farlo. Non posso. Capisci?»

La voce di Louis si ruppe sull'ultima parola. Sapevo che si stava maledicendo per non essere riuscito a finire la frase senza farmi capire che stava soffrendo. Ma io l'avrei capito comunque. Le nostre anime erano legate da tempo; era come se, ormai, si fossero fuse in una sola. Nel mio corpo c'era una metà di quell'anima, e solo stando insieme a Louis riuscivo ad essere completo, perché l'altra metà era in lui.

Louis aveva gli occhi incollati al pavimento. I capelli gli ricadevano sul viso in modo che io non potessi vedere la sua espressione. Sapevo che l'aveva fatto apposta: non voleva che leggessi qualunque sentimento si stesse agitando nei suoi occhi, così trasparenti da lasciar trapelare ogni emozione.

«C-cosa, non puoi fare?» chiesi esitante. Sapevo la risposta. Sapevo che quel momento sarebbe arrivato.

Lo sapevo da tempo, e avevo cercato di prepararmi emotivamente. Ma ogni mio sforzo è vano, quando si tratta di Louis. Non riesco a comportarmi come vorrei, o come pianifico, con lui.

Volevo solo scappare, in quel momento. Non volevo sentire quello che sapevo avrebbe detto.

E poi, lo disse. «Non posso più stare con te.»

Fu un colpo al petto. Fisicamente. Come se qualcuno mi avesse trafitto il cuore con un pugnale.

Sentii la mia voce uscire come in un sogno. Era tardi, forse era passata la mezzanotte, e non potevo concentrarmi. Soprattutto non dopo le parole che avevo sempre saputo sarei stato terrorizzato a sentire, le parole che mi aveva appena detto. «Cosa stai dicendo?» balbettai.

Louis finalmente alzò gli occhi e incrociò i miei. Esprimevano dolore, tristezza, ma, soprattutto e sorprendentemente, determinazione… erabbia. Non avevo mai visto così tanta rabbia in quegli occhi blu.

«Harry.» La sua voce decisa mi fece sobbalzare, spaventato.

La mia voce cercò di supplicarlo. «Louis.» Quel sussurro stentato era ciò a cui mi aggrappavo, sperando che avrebbe capito.

Capito che lo amavo.

Che non avrei mai potuto allontanarmi da lui.

Quando lui non c'era, un dolore fisico mi scavava il petto.

Un muscolo della sua mascella contratta guizzò, ma quella fu l'unica reazione che ottenni.

«No, Harry.» Scosse lentamente, quasi impercettibilmente, la testa.

Stava per piangere. Lo sapevo io, e lo sapeva lui. Per questo si girò, senza una parola, e se ne andò senza guardarsi indietro.

 

Apro gli occhi di scatto e mi metto a sedere sul letto.

Mi passo le mani tra i capelli: sono bagnati di sudore e appiccicati alla testa. Li lego in un codino e scendo dal letto, scappando dal groviglio di lenzuola e di ricordi dolorosi.

Quel sogno, quel ricordo, mi perseguita da mesi. Dal momento in cui avvenne: dal momento in cui Louis uscì dalla mia vita. O almeno fisicamente. Perché, dentro di me, nella mia pelle, nel mio cuore, lui è ancora lì. E non ha intenzione di andarsene.

Mentre mi faccio una doccia per schiarirmi i pensieri e lasciare che l'acqua sciacqui il dolore e lo spavento che quel sogno ha sempre portato con sé, mi rendo conto che oggi è il 26 settembre.

Che domani è il 27. Che domani inizia il tour.

Che domani rivedrò Louis.

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Capitolo 3
*** Coming back ***


Questo è il CAPITOLO TRE. Per cominciare a leggere dal capitolo 1, cliccare sulle frecce ai lati del nome del capitolo, accanto alla sezione "CAPITOLI".

***
Coming back

27 settembre 2018

La sveglia mi esplode nel cervello.

Appena apro gli occhi, so che il giorno è arrivato. A dir la verità, non ho fatto altro che aspettare questo giorno per mesi.

E, solo ora, mi rendo conto che non sono pronto.

Come farò a guardarlo di nuovo? A parlargli di nuovo, come se tra noi non fosse mai successo niente? Come se non sapessimo che lui è l'amore della mia vita, e viceversa?

Un sacco di domande mi frullano per la testa. Non posso scriverle tutte perché ci metterei troppo, e devo prepararmi.

Da oggi inizia l'inferno, di nuovo. E sarà finito tra dieci mesi. E se consideravo 67 giorni un'eternità, si può solo immaginare come consideri dieci mesi.

Dieci mesi accanto a Louis, in cui non potrò toccarlo, o baciarlo. In cui dovrò fare finta che sia tutto apposto, anche se non lo è.

Scaccio i pensieri – o, almeno, cerco di farlo – e, come se qualcuno stesse muovendo i fili e io fossi una marionetta, mi ritrovo pulito, la lunga barba rasata per la prima volta dopo tanto tempo, i capelli pettinati e legati ordinatamente.

Il riflesso che lo specchio mi manda è quello di un estraneo. Per tutta l'estate sono rimasto a casa, senza preoccuparmi del mio aspetto. Ho sempre tenuto molto all'igiene e mi piaceva prendermi cura di me stesso. Ma quando Louis se n'è andato, mi sono reso conto che tutto quello lo facevo per lui. Non per me. Io non sono nulla senza di lui.

«Signor Styles, è pronto?» chiede la governante, Linda, nel suo inglese stentato.

Lanciando un'ultimo sguardo perplesso allo specchio, senza molta convinzione rispondo: «Sì.» Poi penso che mi servirà un atteggiamento diverso se voglio sopravvivere ai dieci mesi che mi aspettano. Lo sguardo verde e determinato negli occhi dell'estraneo nello specchio mi convince riformulare la risposta. «Sì, Linda. Sono pronto.»

Lei mi guarda sorridendo appena. Sa quello che ho passato quest'estate. Sa che sono sopravvissuto a malapena, e per miracolo. Sa che l'aspetto che ho ora non significa niente: dentro sono ancora un relitto, e un rasoio e un elastico per capelli non possono aggiustare tutto.

Ricambio debolmente il sorriso incurvando un angolo della bocca.

Mi ritrovo davanti alla porta di casa. Non so come ho trovato la forza di arrivare fin lì.

Linda è accanto a me, come sempre. Sa che non ce la faccio ad aprire la porta. Sto sudando freddo e non riesco ad allungare la mano per aprirla. Ma lei non ha intenzione di muoversi. Ha ragione. È una cosa che devo fare da solo.

Sospiro, mormoro un «al diavolo» e apro la porta.

Una folata di vento mi investe. Saranno almeno tre mesi che non supero quella soglia. Ma ora lo faccio. Prima un passo, poi un altro. Non so da dove arrivi tutto questo coraggio, ma spero che non svanisca perché ne avrò un disperato bisogno nei mesi che arriveranno.

Mi giro per cercare l'approvazione di Linda. È come una seconda madre per me, e mi ha insegnato molto, anche se non parla molto. Senza di lei, non so come avrei fatto.

Lei sta annuendo con approvazione. «Stia attento, signor Styles.»

Capisco perfettamente quello che vuole dire. «Grazie» dico spontaneamente. Torno indietro, ma non perché ho paura di quello che mi aspetta, o perché voglio scappare. Torno indietro per abbracciare Linda. Mi devo piegare perché lei è bassa e stringo delicatamente il suo corpo grassoccio e morbido e accogliente. Quando ci separiamo, lei sorride. Un sorriso vero, che le sottolinea una miriade di rughe d'espressione intorno agli occhi.

Poi mi giro e comincio a camminare. Non mi fermo. Continuo, e non mi guardo indietro.

Inspiro profondamente ed esco dal mio rifugio. È il momento di affrontare ciò che mi aspetta.

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Capitolo 4
*** Back for you ***


Questo è il CAPITOLO QUATTRO. Per cominciare a leggere dal capitolo 1, cliccare sulle frecce ai lati del nome del capitolo, accanto alla sezione "CAPITOLI".

***
Back for you

27 settembre 2018

Mi trovo sul sedile posteriore di una macchina che mi porterà dove voglio e non voglio andare.

Sento, vedo e percepisco tutto ciò che accade intorno a me come se fossi sott'acqua: è tutto così ovattato, così privo di suono. È come se avessi le orecchie tappate e davanti ai miei occhi ci fosse una patina lattiginosa che mi protegge dal mondo esterno.

Non sapendo come ci sono arrivato, mi trovo sull'aereo per Londra. All'improvviso una sensazione di panico si espande nel mio petto: mi sto avvicinando a Louis. Ogni secondo che passa sono più vicino a lui.

Senza rendermene conto, sono piegato su me stesso con gli occhi serrati. Del sudore sta cominciando ad imperlare la fronte. Me ne accorgo quando qualcuno tocca la mia spalla e mi chiede: «Ehi, stai bene?»

Cercando di ricompormi, mi raddrizzo e faccio per passarmi una mano tra i capelli – poi mi ricordo che sono legati.

Accanto a me non c'è un'hostess, come mi aspettavo. C'è una ragazza dagli occhi scuri e sinceramente preoccupati che mi guarda, aspettando una risposta.

«S-sì, sto bene.» Il mio tono di voce non è affatto convincente, infatti lei alza un sopracciglio e dice: «Non sembra.»

Senza chiedermi se può, si siede accanto a me. Be', non mi dà fastidio: ora come ora ho proprio bisogno di un qualsiasi contatto umano.

«Sei Harry Styles, vero?»

Mi guardo intorno, sperando che nessuno l'abbia sentita. Non sono pronto a questo, non sono pronto ad essere di nuovo Harry Styles.

«Siamo in prima classe, a chi vuoi che importi chi sei?» Un angolo della sua bocca si incurva in un sorriso… beffardo?

Cerco di ignorarlo. «Sì, hai ragione. Scusa.» Le lancio uno sguardo di sottecchi e vedo che stavolta il suo sorriso è un sorriso divertito.

«Cosa? Che c'è?» chiedo, sperando di non avere nulla tra i denti.

Lei si gira verso di me. «Tu sai chi sono?» domanda, inclinando leggermente la testa di lato.

Ora che ci penso, potrei averla già vista da qualche parte, solo che non mi ricordo dove. «Sei un'attrice?»

Ride. «Non è a quello che mi riferivo.» Poi si fa seria. «Non voglio che mi odi, Harry. Mi prometti che non mi odierai?»

Un po' perplesso dalla sua richiesta, balbetto un «certo». Perché mai dovrei odiarla?

«Bene. Ti sta bene se resto seduta qui? Non sopporto gli sguardi di superiorità di quegli snob là davanti» aggiunge sottovoce.

La capisco. «Certo.»

«Okay.» Dopodiché si siede per bene e guarda davanti a sé. Poi chiude gli occhi e non si muove per il resto del volo: almeno 15 ore.

Arrivati all'aeroporto, appena mi dirigo verso l'uscita trovo alcuni agenti della Modest. Be', c'era da aspettarselo.

D'un tratto mi sento come se stessi per svenire. Mi sento come se fossi in gabbia, una gabbia che si stringe sempre di più fino a stringermi così tanto da non riuscire a respirare.

I loro sguardi mi intercettano, quindi si dirigono verso di me, insieme ad alcune guardie del corpo, che mi circondano in un attimo.

«Avevo detto niente guardie del corpo» sussurro a nessuno in particolare.

«Già, l'avevo detto anch'io» borbotta una voce conosciuta dietro di me. Mi volto e con sorpresa constato che la voce appartiene alla ragazza dell'aereo. Mi rivolge un sorriso come di scuse. Le lancio uno sguardo interrogativo, ma lei mi fa capire che mi spiegherà più tardi.

I flash di qualche macchina fotografica mi accecano per un istante. Sono completamente preso alla sprovvista dai paparazzi. Non ci avevo proprio pensato.

«Sorridi, Harry» dice un agente. «E saluta.»

Qualche altro lampo di luce bianca mi prende di sorpresa, ma poi mi ricordo che io sono Harry Styles e che, a causa del contratto, devo fare come mi è stato detto. E così lo faccio. Ecco chi sono adesso: di nuovo una marionetta nelle mani del mondo dello spettacolo.

Una macchina ci aspetta fuori dall'aeroporto. Prima di lasciarmi entrare in macchina, gli agenti mi bloccano. «Tienila per mano» dice uno di loro.

«Cosa?» chiedo.

«Ci sono dei paparazzi proprio dietro di te. Non poteva andarci meglio» risponde con un sorriso freddo. «Tienila per mano.»

«Perché?» Sono davvero confuso, adesso.

«Lei è la tua nuova… copertura» sussurrò un altro agente, alzando le sopracciglia per farmi intendere ciò che voleva dire.

«Oh.»

La ragazza mi lanciò uno sguardo di scuse. Potevo percepire la sua muta domanda ondeggiare nell'aria: "Hai promesso che non mi odierai, ti ricordi?"

La rabbia mi sta accecando. Non è una rabbia rivolta a lei, o agli agenti, o al mondo intero.

È una rabbia rivolta a me. Se non fossi mai andato ad X Factor, se non avessi mai voluto diventare qualcuno, mi sarei risparmiato un cuore calpestato e spezzato e lo stress che questa situazione mi causa da anni.

Non mi muovo. La ragazza mi guarda comprensiva e sorride, a beneficio dei paparazzi. «Non deve farlo per forza, se non vuole.»

«Ma…» prova ad obiettare un agente.

Lei gli lancia uno sguardo inceneritore e quello chiude la bocca immediatamente.

Ci fanno salire in macchina. Fanno entrare la ragazza con me; finalmente la macchina si mette in moto e ci allontaniamo dai flash indiscreti delle macchine fotografiche che ho sempre odiato così tanto.

Dopo qualche minuto, lei gira il viso verso di me. «Mi dispiace. Non voglio che mi odi.»

«Non ti odio» le assicuro. Cerco di sorriderle, ma – ne sono sicuro – ne è uscita una smorfia. «Quindi, uhm» balbetto «come ti chiami?»

Lei sorride – immagino perché finalmente ho deciso di parlarle. «Liz. Liz Hastings. Be', in realtà Elizabeth, ma preferisco Liz.»

Annuisco. Non so più cosa dire, e non penso di riuscire a sostenere un silenzio imbarazzato fino a che non arriviamo a destinazione. Non so nemmeno quale sia, la destinazione.

Ma ci pensa lei a rompere il silenzio. «Ti chiederai perché sono in macchina con te.» Annuisco di nuovo, anche se in realtà non ci avevo pensato. Lei sospira. «Devono fotografarci insieme. Ascolta, nemmeno io voglio essere forzata a fare finta di stare con qualcuno. So che odi tutto questo – si legge nei tuoi occhi – ma io non voglio costringerti a fare niente che non vuoi fare. Okay?»

«Grazie. Ma non sei tu a costringermi, perciò non ti devi scusare.»

Passa un altro momento di silenzio. Poi lei, d'un tratto, mi chiede: «Come ti senti?»

Aggrotto le sopracciglia. «Cosa? In che senso?»

«Come ti senti. Stai per… incontrarlo di nuovo.» La guardo, confuso. Come fa a saperlo? «Scusa. Domanda indiscreta.» Si preme i due indici sulla bocca per formare una x. Poi dice qualcosa, ma non riesco a capirla perché ha le labbra serrate.

«Cosa?» rido.

«Non parlo più!» Poi sbarra gli occhi e mi guarda con un'espressione di scuse. «Ops.»

Rido ancora. È la prima volta da quella sera. Le sorrido riconoscente, e lei non capisce il perché. Ma va bene così. Comincio a pensare che forse non sarà un totale inferno.

E poi la macchina si ferma. Scendiamo e ci scortano in un qualche palazzo in cui non sono mai stato prima.

Mentre gli agenti blaterano istruzioni su dove e quando dovremo essere visti e fotografati io e Liz, lei alza gli occhi al cielo in un modo così buffo che devo mordermi la mano per non scoppiare a ridere.

Ma il mio umore cambia subito quando un altro agente apre una porta e dice: «I tuoi colleghi ti stanno aspettando. Manchi solo tu.»

Un senso di panico si irradia nel mio cuore. Sento una mano sulla spalla e so che è quella di Liz, che cerca di aiutarmi. Mi giro verso di lei e vedo che mi sorride. «Puoi farcela» sussurra in modo da non farsi sentire dagli agenti. «Vai. Ci vediamo dopo.» Mi chiedo come faccia a sapere come mi sento, ma lascio perdere. Glielo chiederò dopo.

Raddrizzo le spalle, e seguo l'agente nella stanza, dove so che Louis mi aspetta.

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Capitolo 5
*** Moment in time ***


Questo è il CAPITOLO CINQUE. Per cominciare a leggere dal capitolo 1, cliccare sulle frecce ai lati del nome del capitolo, accanto alla sezione "CAPITOLI".

***
Moment in time

27 settembre 2018

Entro nella stanza, gli occhi chiusi. Prendo un respiro profondo. So che il momento è arrivato. È il momento di affrontarlo, è il momento di aprire gli occhi. E lo faccio.

Vedo Niall, intento ad accordare la sua chitarra. Vedo Liam, che parla con Zayn.

Con sollievo e smarrimento, non vedo Louis.

Niall è il primo ad accorgersi che sono arrivato. Poggia la chitarra e mi abbraccia sorridendo. «Non ti sei fatto sentire per tutta l'estate! Che fine avevi fatto?» Liam e Zayn mi vedono e vengono a salutarmi sorridendo.

Quando notano che non ricambio i loro sorrisi, smettono di farlo. «Che succede, Harry?» chiede Liam.

«Sembri tesissimo» constata Zayn.

Sento la porta che si apre alle mie spalle. Mi giro, e so che è lui. Lo sento nel profondo del cuore.

I suoi occhi blu esprimono uno sguardo scioccato. Le sue labbra si socchiudono dalla sorpresa. È come se questo momento si fosse congelato, un attimo tramutato in un cristallo. Un momento in cui ci siamo solo io e lui.

Smetto di respirare. Voglio annientare la distanza che c'è tra di noi; voglio correre da lui, voglio stringerlo, voglio sentire il suo profumo. Voglio che lui me lo lasci fare.

Ma le mie gambe sembrano essersi tramutate in blocchi di piombo. Rimango perfettamente immobile.

«Ragazzi…?» La voce di Zayn mi riporta al presente. Ma non stacco gli occhi da Louis. Non posso, fisicamente. Sono intento a cercare ed osservare ogni suo più piccolo cambiamento: la pelle più scura dopo l'estate, i capelli leggermente più chiari e più corti, i muscoli più definiti.

E lui non può smettere di guardare me. So che sta analizzando me come sto facendo io con lui.

«Sì, Zayn?» dice Louis con una voce fredda che non gli appartiene, senza smettere di fissarmi.

«Che succede?» sussurra Liam dietro di me.

Louis apre la bocca per parlare, ma poi si blocca. Scuote la testa, guarda per terra, poi guarda me. Infine, si gira e se ne va, sbattendosi la porta alle spalle.

Non so cosa fare. Non so come reagire. Dovrei seguirlo? No, certo che no. Peggiorerei solo le cose.

Tuttavia, non capisco. È arrabbiato con me? Si aspettava che non arrivassi? Pensava che non ce l'avrei fatta? Sono più confuso che mai. Tutto quello che so è che la ferita al cuore che ho impiegato tutta l'estate a far smettere di sanguinare si è aperta di nuovo. E stavolta non ho davvero idea di come curarla.

Basta la presenza di Louis a rendermi vulnerabile. Basta la sua voce a disarmarmi completamente. Non posso stare accanto a lui per dei mesi. Non posso.

Ma non posso nemmeno stare lontano da lui. L'amore funziona così. Sia che stai vicino alla persona che ami, sia che le stai lontano, fa male e continua a fare male. Per sempre, forse.

Ma non può andare avanti così. È chiaro che io ho bisogno di lui. Ed è chiaro che lui non riesce a… be', non lo so. Ma nemmeno lui sta bene. Non è andato avanti con la sua vita da quando mi ha lasciato. Gliel'ho letto in quegli occhi freddi e sofferenti.

Mi giro a guardare Niall, Liam e Zayn. «Mi dispiace, ragazzi.»

Liam scuote la testa, dispiaciuto. «No. Dispiace a noi.»

«Non lo sapevamo» interviene Niall. «Louis non ce l'ha detto.»

«Ho bisogno di un po' d'aria» dico. Senza aspettare una risposta – che sapevo non sarebbe arrivata – corro via dalla camera. Corro e corro, e con sollievo e sorpresa non incontro nessuno disposto a fermarmi. E poi mi trovo per le strade di Londra, da solo e smarrito, per la prima volta dopo tanto tempo in giro senza alcuna guardia del corpo. Quasi… libero. Quasi. Non sarò mai davvero libero, lo so.

E so anche un'altra cosa. Devo riavere Louis. Lo voglio indietro. E lo riavrò. Riuscirò a sopravvivere al dolore, gli dimostrerò che io e lui non possiamo vivere l'uno senza l'altro. Devo tenere duro perché devo aiutarlo.

Non ho idea di come farò. Ma lo farò. Per me, e per lui. Perché lo amo e non smetterò mai di amarlo.

Mai.

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Capitolo 6
*** Memories ***


Questo è il CAPITOLO SEI. Per cominciare a leggere dal capitolo 1, cliccare sulle frecce ai lati del nome del capitolo, accanto alla sezione "CAPITOLI".

***
Memories

27 settembre 2018

Non vedo Louis da quando se n'è andato sbattendosi la porta alle spalle.

Cerco di non pensare a lui, ma la verità è che anche quando cerco di riflettere su qualcos'altro, l'"argomento Louis" è sempre lì, sotto la coltre di pensieri che cercano di soffocarlo.

Vago per Londra da ore. Qualcuno ha dato segno di riconoscermi anche se indosso gli occhiali da sole e ho il cappuccio della felpa alzato, e non appena me ne sono accorto sono corso via nella direzione opposta.

C'è sempre stato un posto a Londra in cui mi piace rifugiarmi. Niente di speciale: un albero a Hyde Park. Ma nei momenti in cui sto male per qualcosa ho semplicemente bisogno di andare lì.

Ma forse non dovrei andarci, non ora. Quell'albero l'ho "scoperto" con Louis.

 

«Harry! Fermati!» urlò Louis dietro di me, alternando le parole alle risate.

Girai la testa appena, ansimante, ma continuai a correre. «Sei lento! E vuoi fare il calciatore?»

Indignato, Louis accelerò. Capii che mi aveva afferrato il piede un momento prima di cadere a faccia in giù sul prato.

Louis cominciò a ridere fortissimo e fece cominciare a ridere anche me, la voce soffocata dall'erba.

Mi girai supino – o almeno cercai di farlo: Louis era caduto sopra di me e non riusciva ad alzarsi o a fare qualsiasi cosa che non fosse ridere.

«Louis!» urlai. «Alzati!» Lui rise ancora più forte. Poi, invece di alzarsi, si avvicinò ancora di più e mi inchiodò le braccia a terra, in modo da tenermi fermo, il suo viso a pochi centimetri dal mio. I suoi occhi blu assumevano una tonalità particolare quando il sole li illuminava. In quel momento, i raggi che trapelavano dalle foglie degli alberi glieli investiva, rendendogli impossibile vedere senza socchiudere gli occhi.

«Sai una cosa, Harry?» sussurrò, il suo fiato sulla mia bocca.

Ero completamente intontito. «C-cosa?» Ero così consapevole della sua bocca a pochi sospiri di distanza.

Si avvicinò ancora di più, e io pensai di stare per esplodere. «Non ci vede nessuno. Siamo ben nascosti dietro quegli alberi» disse, alzando un momento la testa per guardarli. Tornò subito alla posizione precedente.

«Louis…» mormorai, ammirando il suo viso.

E poi le nostre labbra si toccarono. Quello era tutto di cui avevo bisogno. Quella era la mia droga personale. Non potevo vivere senza.

«Louis» ripetei contro la sua bocca.

Lui emise un lamento. «Oh, stai zitto, Harry. Non vedi che sono impegnato?» E riprese a baciarmi. 

«Lou…» biascicai dopo qualche minuto. Dovevo chiedergli una cosa.

Sospirò, esasperato, e si stese accanto a me. Già mi mancava il suo calore, anche se mi stava così vicino. Bastavano pochi centimetri di distanza a farmi sentire la sua mancanza.

Mi prese la mano e le nostre dita si intrecciarono. Ogni dito trovava il posto perfetto per inserirsi: sembrava che la sua mano fosse fatta apposta per tenere la mia. Probabilmente è così.

«Louis.» Girò la testa verso di me. Quanto amavo quel viso. «E se scoprissero che ci vediamo ancora?»

Prima di rispondere, si alzò e si sistemò in modo da appoggiare la guancia sulla mano, il gomito sull'erba. «Non lo so, Harry.» Adoravo il modo in cui pronunciava il mio nome. Si strinse nelle spalle. «Probabilmente già lo sanno.»

«Cosa?» Mi misi nella sua stessa posizione, con la testa appoggiata sulle nocche.

Sorrise amaramente, guardando a terra. «A loro non importa se stiamo o non stiamo insieme. A loro importa ciò che la gente vede, ciò che la gente pensa. Se facciamo finta di non stare insieme, a loro va bene così.» Poi fece un sorriso beffardo, provocatorio. «E poi, dai, Harry.» Alzò un sopracciglio. «Chi è che ci conosce e che non capirebbe che stiamo insieme?»

Sorrisi. Aveva ragione. Di sicuro lo sapevano tutti quelli che conoscevamo… soprattutto Niall. Solo ora capivo cosa voleva dire con le occhiate ammiccanti e i risolini quando sorprendeva me e Louis insieme, anche se non eravamo in… posizioni compromettenti.

D'un tratto Louis si mise in piedi e costrinse me a fare lo stesso, tirandomi su per un braccio. Mi alzai controvoglia. Mi trascinò fino a uno degli alberi che prima ci avevano permesso di non essere visti. Ci sedemmo sotto quell'albero, le nostre dita ancora intrecciate.

«Louis» sospirai. «Ho paura.»

«Anch'io» rispose subito. Poi si girò verso di me, piantando i suoi occhi nei miei. «Ascoltami, Harry. Io e te non ci separeremo mai. Siamo troppo legati per poterci separare. E… sai una cosa? Quest'albero» e diede una pacca alla corteccia «è testimone di quello che ho appena detto.»

Allora lo guardai un po' perplesso e risi, bisbigliando: «Sei totalmente pazzo», ma adesso capisco ciò che voleva dire.

«Lo so. È per questo che ti piaccio.» Lo disse con un sorriso irresistibile, e come se fosse un dato di fatto, alzando le spalle.

«E tu che ne sai?» mormorai, inclinandomi verso di lui.

Anche lui si avvicinò si più. «Lo so e basta.»

Risi e mi sporsi per baciarlo.

Quell'albero fu testimone dei mille baci che ci scambiammo lì, delle promesse, del nostro amore; di tutto quello che io e Louis eravamo e che saremmo sempre stati.

 

Oggi piove e l'atmosfera non è affatto come era quella volta, ma, sotto il ticchettio della pioggia, riesco quasi a sentire la sua voce sussurrarmi parole dolci all'orecchio.

Rimango davanti a quell'albero nel mio impermeabile nero, come se stessi assistendo ad un funerale. La pioggia si intrufola tra i miei capelli, mi scende lungo il collo e la schiena.

Mi avvicino di più e mi siedo esattamente dove, anni fa, Louis ha nominato quest'albero nostro testimone.

Sento il telefono vibrare nella tasca dell'impermeabile. Lo tiro fuori e vedo che sul display appare un numero sconosciuto. Sarà uno degli agenti della Modest: si staranno chiedendo dove sono finito. Infatti è così. Aggiunge anche che l'incontro con Liz è stato annullato a causa della pioggia: le foto devono essere in HD e, dato che saranno le prime foto con lei, dovranno essere perfette.

Gli assicuro che sto già tornando e che sarò lì tra meno di mezz'ora.

Volto le spalle all'albero e mi incammino. Per un momento, solo un istante, sono sicuro di sentire la risata di Louis. E fa male. Fa malissimo.

Accelero il passo.

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Capitolo 7
*** Closer ***


Questo è il CAPITOLO SETTE. Per cominciare a leggere dal capitolo 1, cliccare sulle frecce ai lati del nome del capitolo, accanto alla sezione "CAPITOLI".

***
Closer

28 settembre 2018

Quando ieri sono tornato da Hyde Park, Louis non era da nessuna parte. Non aveva intenzione di farsi vedere. O di vedermi.

Mi sveglio presto perché la Modest ha bisogno di quelle foto, subito.

Liz alloggia al mio stesso albergo: ci è stato detto di incontrarci nella hall e di uscire insieme, mano nella mano. Poi andremo ad un bar qui vicino e sorrideremo, facendo finta di essere contenti, mentre verremo fotografati. So già che non riuscirò mai a sembrare anche solo vagamente di buon umore.

Incontro Liz. Lei è seduta su un divano, davanti ad un tavolino, col telefono tra le mani e gli auricolari nelle orecchie. Quando mi vede arrivare se li toglie e mi fa segno di sedermi accanto a lei. Lo faccio.

«Come stai?» chiede sorridendo.

Evito di rispondere. «Ci aspettano al bar per le 10…»

«Lo so, Harry. Ma li odio e voglio farli aspettare.» Mi fa l'occhiolino.

Le sorrido debolmente. «Perché li odi?»

Lei sembra sorpresa. «Scherzi? Mi stanno rendendo la vita un inferno.» Aggrotta le sopracciglia. «Penso che tu possa capirmi.»

«Già.» Posso capirla eccome.

Mi lancia un'occhiata di sottecchi, poi sospira. «Mi sento malissimo, Harry. Mi sento come se ti stessi usando» ammette.

«Be', probabilmente sto usando più io te che tu me.» Mi stringo nelle spalle e le lancio un'occhiata. Sta fissando il pavimento, persa nei suoi pensieri.

«Non credo» obietta, con un tono di voce cupo e assorto.

Non capisco cosa voglia dire, ma mi rendo conto dal suo sguardo assente che non è il momento più adatto per chiederglielo.

Alla fine decidiamo di uscire, con una buona mezz'ora di ritardo. Faccio per prenderle la mano.

«Sei sicuro?» chiede. «Sei sicuro di essere pronto per questo?»

«Sì… credo di sì.» Analizzo la sua espressione. C'è qualcosa che non va. «Stai bene?»

Scuote la testa. «No. Non proprio.» Poi alza lo sguardo e prova a sorridermi. «Perché… io non sono pronta per questo. Ma dobbiamo farlo. Perciò… facciamolo.» Sembra che stia parlando più a se stessa che a me. Sta convincendo se stessa. Trae un profondo respiro. «Okay. Okay. Andiamo.»

Stringe la mano che le offro e usciamo dall'hotel. Voglio saperne di più, su di lei. Forse avrei dovuto cercare il suo nome su internet. Sono certo di averla vista da qualche parte, e anche di recente, ma non riesco a ricordare dove.

Ma, più di tutto, voglio sapere perché si trova qui con me, adesso. Perché la Modest l'ha "assegnata" a me? Perché lei? Da come si comporta, sembra che per lei sia più difficile di quanto lo sia per me. Forse è una cosa a doppio senso. Forse anche io sono la sua…copertura. Forse anche lei è innamorata di qualcuno che la Modest non approva.

Già appena usciti dall'albergo, riesco a vedere qualche macchina fotografica in agguato. So che il mio viso non appare esattamente come il ritratto della felicità, ma cerco di fare del mio meglio. Perché adesso so che probabilmente queste foto servono anche come copertura per Liz. Perciò cerco di farlo almeno per lei.

Arriviamo al bar che ci è stato indicato. Ci avranno scattato un migliaio di foto come minimo. Ma il peggio deve ancora arrivare, lo so. Questa non è la prima volta che devo fare una cosa del genere.

«Stai bene?» chiedo a Liz. È così bianca che sembra sul punto di svenire.

Lei annuisce. «Sto bene. Davvero.» Non è per niente convincente. Decido di dare un po' di spettacolo ai fotografi tirando indietro la sedia per fare accomodare Liz. Forse se gli do più velocemente ciò che vogliono, non avranno bisogno di restare tutto il tempo per scattare altre foto.

Liz mi sorride e si siede.

«È la prima volta, per te?» le chiedo dopo aver ordinato la colazione alla cameriera.

«La prima volta di cosa?»

«Che ti chiedono di uscire per farti fotografare con qualcuno» chiarisco.

Fa una smorfia. «Si nota così tanto?»

Ridacchio. «Solo un po'.» Anche lei ride. «Quindi… sei americana?» Aveva un accento curioso. Non del tutto americano, ma quasi per niente britannico.

«A dir la verità, sono italiana. A diciotto anni mi sono trasferita a New York per studiare… Ma soprattutto per Broadway.»

«Hai avuto successo?» domando. «A Broadway?»

Ride. «Assolutamente no! Mi hanno detto che la mia voce non riesce a riempire metà teatro.»

«Mi dispiace. È una cosa orribile da dire.» Se l'avessero detto a me, il mio morale sarebbe stato a terra e difficilmente avrei fatto una qualsiasi altra audizione.

Fa un gesto con la mano per liquidare la faccenda. «Va bene così. Senza quell'esperienza a Broadway, adesso non sarei dove sono ora. Un produttore discografico mi ha sentito cantare e mi ha detto che avevo del talento. Mi ha fatto fare un'altra audizione, ma per la sua casa discografica, e ci sono andata con la mia band.» Sorride al ricordo. «Il nostro stile gli è piaciuto molto e poco dopo abbiamo inciso il nostro primo album. E poi, sono anche un'attrice. Quello è stato il mio sogno da quando avevo 13 anni.»

«Sei fortunata. Non a tutti capitano delle occasioni del genere.»

Sento il mio telefono vibrare. Anche la suoneria dei messaggi di Liz squilla. «"Non è abbastanza"» legge. Il mio messaggio dice lo stesso.

Lei mi guarda indignata. «Stiamo ridendo e scherzando! Cosa si aspettano?»

«Uhm…» È il caso di dirglielo?

Mi lancia uno sguardo inquisitore. «Cosa?» Mi lancia un pezzetto di cibo dal suo piatto, che la cameriera ha portato qualche minuto fa. «Parla, Styles.»

Soffoco una risata e le lancio uno sguardo d'intesa. Poi indico i fotografi, e dopo il suo piatto.

Lei capisce: sbarra gli occhi e ride. «Lo vuoi davvero f…?»

Ma non riesce a finire la frase: le ho appena lanciato un pezzo di frittata tra i capelli.

«Tu. Non. Lo. Hai. Appena. Fatto!» Si finge arrabbiata, ma è minacciosa come un orsetto di peluche. Prende una manciata di fagioli e me li lancia dritti in faccia.

E così comincia la guerra. Cinque minuti più tardi, abbiamo pezzetti di cibo impigliati tra i capelli e tra i vestiti, e non riusciamo a smettere di ridere.

«Forse è meglio pagare e andare, prima che si accorgano di quello che abbiamo combinato» suggerisco.

«Sì. Decisamente» concorda.

Così, meno di un minuto dopo ce ne andiamo. Camminiamo, ma senza tenerci per mano – siamo sicuri che i fotografi ormai se ne siano andati. La Modest non può permettergli di pubblicare quelle foto.

Continuiamo a ridere e scherzare per tutta la strada, e so che potremmo sembrare due bambini, ma questi sono i primi momenti in cui riesco a pensare a qualcosa che non sia Louis dopo mesi. A dir la verità, non sto proprio pensando a niente. Mi sento leggero e mi sto divertendo. Liz è uno spasso, e sono sicuro che diventeremo amici.

«La Modest sarà così incazzata dopo questo!» ride lei.

«Liz… posso chiederti una cosa?» le domando di punto in bianco.

Sorride. «Sì, certo.»

Apro la bocca e ci metto un po' a formulare la domanda. «Perché tu? Perché hanno scelto te?»

Il suo sorriso scompare e mi sento in colpa. Non avevo intenzione di turbarla.

Si stringe nelle spalle. «Tu avevi bisogno di una ragazza. Io di un ragazzo. E… eccoci qua.»

«Sì, ma…»

«È che…» Mi interrompe, ma non sa come continuare. Sa già che domanda avevo intenzione di farle – è un tipo sveglio. Ma non sa come rispondere. Forse non vuole, e sto per dirle che non deve, quando continua. «Sono innamorata di una ragazza. L'altra cantante della mia band. E secondo loro si vedeva troppo. Twitter era un delirio, e…» Sospira. «Hanno "sistemato" anche lei. Non la vedo da quasi due mesi. Mi manca da morire.» Si stringe nelle spalle.

«Mi dispiace.» È l'unica cosa che riesco a dire.

Si tasta la regione sotto gli occhi, per trattenere le lacrime. «Lo so, Harry. Lo so. La tua situazione dura da più tempo e non so come tu abbia fatto a sopravvivere.» Cerca di sorridere.

Nel frattempo siamo tornati in albergo. Cerco di sdrammatizzare un po' la situazione, per tirarle su il morale, cambiando tono di voce. «È stato uno spasso. Grazie, ne avevo bisogno.»

«Grazie a te.» Sorride. Sono contento di essere riuscito a farla sorridere. «Ci vediamo domani.»

Fermo davanti alla mia stanza, cerco la chiave della porta nelle tasche dei pantaloni, quando mi accorgo che è socchiusa. La apro lentamente e riconosco subito la figura seduta sul letto. Quando gira la testa verso di me e i suoi occhi blu incrociano i miei, ho la conferma che è proprio lui.

«Louis?»

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Capitolo 8
*** Strong ***


Questo è il CAPITOLO OTTO. Per cominciare a leggere dal capitolo 1, cliccare sulle frecce ai lati del nome del capitolo, accanto alla sezione "CAPITOLI".

***
Strong

28 settembre 2018

«Louis?»

È completamente preso alla sprovvista, ma cerca di non darlo a vedere – invano. So ogni più piccola cosa di lui, e, la maggior parte delle volte, riesco a capire i suoi sentimenti.

Si alza dal letto e si mette in piedi, frontalmente rispetto a me. «Harry.» Il solo sentire pronunciare il mio nome da quella voce, da Louis, mi disarma completamente. Tutte le mie difese cadono. Succede ogni volta che sono con lui.

Non riesce a guardarmi negli occhi, o forse non vuole. Fissa un punto indefinito appena sopra la mia spalla.

«Credo che abbiamo bisogno di parlare» esordisce. Già solo dire quelle parole è molto difficile per lui, lo vedo. Ma per me è persino più difficile sentirle. Louis, il mio Louis, così distante. Un'ondata di ricordi mi investe: ricordi di me e lui, abbracciati sotto le coperte, che ci tenevamo così stretti perché eravamo terrorizzati che qualcuno potesse separarci. Ricordi dei «ti amo» sussurrati, delle promesse che ci scambiavamo…

Ma non è il momento di pensare a queste cose. Non posso permettermi di farlo, o crollerei da un momento all'altro.

«Sono giunto alla conclusione che…» Louis non vorrebbe interrompersi. Non gli succede mai, ma ora come ora non riesce a continuare. Sono certo che si sia ripetuto il discorso un migliaio di volte e che nella sua mente fosse perfetto. Ma è difficile dirlo. E, d'un tratto, so che le parole che seguiranno saranno dure. Saranno quasi impossibili da gestire. Cerco di prepararmi emotivamente, ma ogni tentativo sarà inutile, lo so.

«Sono giunto alla conclusione che non dovremmo più parlarci. È finita, Harry, e sembra che tu non lo abbia capito, dal modo in cui ti comporti.» La sua voce è così fredda. Non è la sua. Parla in un modo troppo formale, come se ormai io e lui non fossimo altro che colleghi.

Mi sta facendo a pezzi. Le sue parole, il suo tono… mi sta facendo a pezzi.

Non so come, riesco a trovare abbastanza forza per rispondere. «Sei tu quello che è scappato non appena mi ha visto, ieri» sussurro con poca convinzione. Perché, anche se quello che ho detto è vero, so che anche quello che ha detto Louis lo è. No, non ho capito che è finita. E non voglio capirlo. Perché non può essere finita.

Louis scuote la testa. «Hai idea di quanto sia difficile per me? Non avrei mai voluto dirti quelle cose, Harry! Ma ho dovuto. Perché è meglio così, sia per te che per me.»

«Non è meglio!» Ora sto urlando. «Non è affatto meglio! Tu non sai cosa ho passato! Non riesco a stare senza di te!» Mi fermo per riprendere fiato. Lui sembra scioccato. So di aver appena commesso un errore ad espormi così tanto. Louis ovviamente sapeva già le cose che ho appena gridato, ma dirle ad alta voce le rende più vere, e più importanti.

Tuttavia, non riesco a smettere di parlare. Non posso. Devo dirgli quelle cose che mi sono tenuto dentro da quando ha provato ad uscire dalla mia vita, i sentimenti che ho cercato di reprimere per tutto il periodo infernale che ho passato dopo che se n'è andato.

«È solo che…» sussurro, senza fiato. «Ti amo, Louis. Non posso smettere.»

La sorta di scudo che si è costruito attorno per far scivolare via le parole che gli ho detto o che gli dirò si frantuma, e riesco a vedere il vero Louis. Il mio Louis.

I suoi occhi si inumidiscono. E finalmente trova il coraggio per guardarmi in faccia. «Be', forse dovresti provarci» mormora con voce rotta. Poi, prima che una sola goccia di dolore possa sfuggire ai suoi occhi, si muove verso la porta per andarsene.

Quando mi passa accanto, lo fermo prendendogli il braccio. D'un tratto si nostri visi sono a pochi centimetri l'uno dall'altro.

«Dimmi che mi hai dimenticato» bisbiglio, «e non ti cercherò più.» Il fatto che siamo così vicini, che stiamo respirando uno l'aria dell'altro, mi manda su di giri.

I suoi occhi scrutano i miei, e io faccio lo stesso con i suoi. Quelli non sono cambiati. Sono gli occhi di cui mi sono innamorato, gli occhi che esprimevano tutto l'amore del mondo, l'amore che lui provava per me. E io mi ero sempre sentito così felice che una persona fantastica come lui mi amasse.

Ma adesso quasi non riesco a leggerli. Tutte le sensazioni che prova in questo momento sono celate dietro un velo di profonda sofferenza.

Una singola lacrima gli solca la guancia. «Forse…» Si schiarisce la voce. «Forse anche io dovrei provarci.» Detto questo se ne va, lasciandomi solo nella stanza.

Un peso mi grava sulle spalle. Sono sopraffatto dalle emozioni, e ho bisogno di liberarmene.

Ho passato così tanto tempo a scappare dai miei sentimenti, a fuggire dal passato, che adesso non so più dove andare, o cosa fare.

Tutto ciò che so è che ho bisogno di Louis. Ne ho bisogno come non mai. Pochi secondi fa, era così vicino, ma così lontano. Anche se i nostri sguardi erano allacciati, riuscivo a percepire il vuoto tra me e lui. Voglio annientare quel vuoto, voglio il mio Lou indietro. Lo voglio indietro così tremendamente che questo desiderio fa persino più male di tutto quello che ho passato negli ultimi mesi. La sofferenza che ho sentito fino ad adesso è apatia al confronto di quello che sto provando in questo istante. Ma va bene così. Il dolore è una cosa giusta. Riesce a farmi capire che rimarrò in questo stato per sempre, se non mi decido a fare qualcosa.

*

Scendo le scale e torno nella hall, dopo essermi fatto una doccia per ripulirmi dai residui della colazione di questa mattina.

Non so dove andrò; le prove del tour cominciano tra qualche ora: ho ancora un po' di tempo libero e non voglio passarlo in albergo. Voglio distrarmi.

Ma alla fine finisco per pensare a Louis: è costantemente nella mia testa. Non riesco a smettere nemmeno se ci provo; ogni cosa che vedo mi ricorda la particolare sfumatura azzurra dei suoi occhi, o il modo in cui sorride, o la dolcezza della sua voce.

D'un tratto sento che qualcuno mi tocca la spalla. Senza essermene accorto, ho camminato fuori dall'hotel e adesso sono seduto su una panchina poco lontano, fissando il marciapiede.

Mi riprendo e mi guardo intorno, cercando chi mi ha appena riportato al presente. Un paio di occhi nocciola mi scrutano, preoccupati.

«Harry? Stai bene?» domanda Liz. «Ti ho chiamato un paio di volte, ma eri completamente preso dai tuoi pensieri.»

Scuoto la testa e mi stropiccio gli occhi. «Sto bene.» Non è vero, penso subito dopo.

Lei si siede accanto a me, mettendomi una mano sulla spalla, sempre più preoccupata. «Harry?» chiede ancora.

«Sto bene» ripeto. «Sto bene.»

«Non hai l'aspetto di uno che sta bene» mi fa notare.

«È solo che…» Di solito non mi confido con persone che conosco appena, ma la verità è che ho davvero bisogno di parlare. Scrivere su questo diario tutti i miei sentimenti mi aiuta, ma quello di cui ho bisogno adesso è qualcuno che mi possa rispondere, qualcuno che possa capirmi, che mi ascolti. E poi, Liz non mi sembra il tipo che va a spifferare i segreti altrui. So che non dovrei, perché la conosco da pochissimo, ma sento che posso fidarmi di lei. Perciò, butto fuori un fiume di parole, arginate da fin troppo tempo.

«Non posso continuare così. Ho bisogno di lui. Lui è la mia aria, e mi sento come se fossi rimasto in apnea per mesi. Lui è tutto quello di cui ho bisogno, è l'amore della mia vita, e lo sento così lontano, così maledettamente lontano! Quando sono con lui sto male, ma quando lui non c'è sto peggio! E non so cosa fare. Non vuole tornare con me, vuole dimenticarmi. E io non ci riesco, o forse non ci ho mai provato… Non voglio dimenticarlo. Non potrei, lo so. Come farei? Tornerei a vivere una vita a metà, la vita che vivevo quando non l'avevo ancora incontrato? Non posso. Non sono niente senza di lui. Lui è il mio tutto, e… sono terrorizzato che lui possa davvero andare avanti. Perché so che finora non l'ha fatto, l'ho capito quando l'ho guardato negli occhi. Spero che non lo faccia mai, e che si accorga che siamo fatti per stare insieme, e che…» Ma devo fermarmi. Mi manca il fiato, mi sento come se qualcuno mi avesse appena tirato un pugno nello stomaco. Le lacrime cominciano a scorrere. Le emozioni sono così forti, troppo forti. Impossibili da gestire. Sento come un'esplosione nel petto che mi scombussola la testa, fa scontrare i pensieri l'uno con l'altro, creando un frastuono che mi confonde ancora di più.

«Harry.» La voce di Liz mi riporta al presente, ancora una volta. La sua stretta sulla mia spalla aumenta, come se stesse tentando di riportarmi a galla da un mare di dolore.

Quando la guardo, la sua espressione è dura. «Harry» ripete. «Alzati in piedi. Adesso.»

Mi stropiccio gli occhi bagnati. «Non posso. Non posso» sussurro disperato; sento una nota di follia nella mia stessa voce.

«Harry. Alzati. Adesso.» La sua voce non ammette repliche.

Sorprendentemente, riesco a reggermi in piedi. Le mie braccia sono abbandonate lungo i fianchi, lo sguardo perso nel vuoto.

Mi prende per le spalle, forte. «Harry, guardami negli occhi.» Lo faccio. Leggo nelle sue iridi nocciola una determinazione sorprendente. «Tu ami Louis. Giusto?»

«S-sì, certo» rispondo, sapendo che questa stupida risposta non esprime minimamente ciò che intendo dire.

«Bene. Se lo ami, devi essere forte. Mi capisci?»

«Sì.» Annuisco per sottolineare la mia risposta.

«Allora smettila di piangere come una bambinetta.» Stringe ancora di più la presa sulle mie spalle. «Lo rivuoi indietro. Pensi di riuscirci con questo atteggiamento?»

Scuoto lentamente la testa.

«Tira fuori le palle, Styles. Fagli vedere di cosa sei capace. Piangerti addosso non ti servirà mai a nulla, nella vita.» Il suo tono duro e autorevole mi sorprende, ma so che ha ragione. Annuisco, con sempre più convinzione. Anche lei annuisce. «Bene. E allora vattelo a riprendere.» La sua voce si addolcisce. «Perché lui è tuo, Harry. Devi solo riportarlo da te. È perso, e non saprà di aver così tanto bisogno di te finché non glielo farai notare.»

Rifletto sulle sue parole. «Hai ragione» provo a dire, ma dalla mia bocca esce solo un rantolo. Perciò lo ripeto, più forte e con più determinazione. «Hai ragione.»

Non posso continuare a vivere così. L'unico modo per riaverlo indietro è essere forte. Rimango qualche minuto fermo, in piedi davanti a Liz, che resta perfettamente immobile, aspettando che mi riprenda. Le sono grato per questo.

Riesco quasi a sentire il cambiamento che sta accadendo in me, come un serpente che cambia la pelle, o una farfalla che esce dal bozzolo, completamente diversa da com'era prima. Il motivo principale per cui anni fa mi sono fatto tatuare l'enorme farfalla che ho sotto il petto è proprio questo. Ho sempre sperato di uscire dal mio bozzolo e diventare qualcosa di più, qualcosa di migliore. Ma non ho mai sentito, dentro di me, un cambiamento come questo, finora.

Mi riprendo e alzo lo sguardo. «Grazie» ansimo, sopraffatto. Come al solito, le parole che dico non riescono ad esprimere tutto ciò che sento. Le sono davvero riconoscente.

Lei fa un gesto con la mano per liquidare le mie scuse. «Sciocchezze» si schermisce con tono leggero. «E poi, mi piace urlarti contro. Mi sa che ho un nuovo hobby.»

Riesco persino a ridere, e spontaneamente. Anche lei ride. Quando smettiamo, mi dà una pacca sulla spalla e guarda l'ora sul suo orologio. «Porca miseria. A che ora iniziano le prove per il tour?»

«All'una» rispondo.

Sbarra gli occhi, ricontrollando l'ora. «Oh, porca… porca miseria.» Mi guarda. «Sarà meglio che diventi immediatamente più emotivamente forte, non hai più tempo per prepararti ad affrontare Louis. E sarà anche meglio che cominci a correre.»

«Cosa? Perché?» Mi mostra l'ora. «Oh, merda.»

*

Corriamo per tutta Londra come dei pazzi. Non c'è tempo di prendere la metro, e il palazzo in cui dovevo trovarmi come minimo un'ora fa dista una mezz'ora. La gente ci fissa, scandalizzata, e qualcuno mi riconosce e urla il mio nome, ma sono così in ritardo che quasi non ci faccio caso.

Liz viene con me perché lei si è offerta di accompagnarmi. E poi, ho davvero bisogno di lei, ora come ora. Sembra essere riuscita a capire tutto di me in due giorni che ci conosciamo, e, sebbene questo mi spaventi un po', so che se prima non mi avesse sgridato starei ancora in uno stato pietoso.

Arriviamo ansimanti davanti all'edificio.

«Be'» boccheggia, «noi ci salutiamo qui.» Con le mani strette sulle ginocchia per riprendere fiato dopo la corsa, alza il viso e mi sorride. «Forza, ce la puoi fare.»

Scuoto la testa. «Oh, no. Tu vieni con me.» Apre la bocca per parlare, ma io la zittisco. «Lo so, è una cosa che devo fare da solo. E la farò da solo. Ma adesso… ho davvero bisogno che tu venga lì dentro con me.» Mi costa molto dire queste parole. Scrollo le spalle, come per alleggerire il significato di ciò che ho appena detto. «E poi, non ti ho ancora presentato agli altri.»

Emette un lamento, alzandosi in posizione eretta. «Louis mi odierà.»

Sorrido al pensiero di ingelosirlo, anche se tra me e Liz non c'è niente. «Forse non è un male» ghigno. Lei afferra subito quello che voglio dire.

«Ora sì che capisci come si gioca, Styles.» Mi batte il cinque, ed entriamo nel palazzo.

*

Sono qui da ore, e non ne posso più. Non ce la farò mai a tenere duro per un'altra settimana di sole prove. Almeno durante i concerti mi diverto, mentre le prove sono estremamente noiose. Il coreografo ci fa fare le solite mosse assurde, ci dice dove andare e cosa fare. Sbuffa in continuazione e mi riprende almeno ogni minuto, rimproverandomi per la mia goffaggine. Lo sto odiando.

E stare sullo stesso palco con Louis, che mi ignora spudoratamente, peggiora le cose. Ma siamo tutti così impegnati ad imparare i passi che, dopotutto, non è così difficile stargli così vicino, perché nella mia testa ci sono solo passi da imparare e parole da cantare.

Dopo le prime ore dedicate ad imparare la coreografia, cominciamo a cantare le canzoni scritte sulla scaletta, che è stata preparata nei giorni precedenti al mio arrivo a Londra. La musica è l'unica cosa impeccabile, mentre le mosse devono ancora essere perfezionate. Io e Niall non facciamo altro che scontrarci tra di noi e con gli altri. Faccio attenzione ad evitare Louis, per non finirgli addosso.

Liz rimane per tutto il tempo,  e di tanto in tanto ci porta qualcosa dalla macchinetta delle bevande che si trova qui fuori. Liam le va a genio, e la cosa è reciproca.   Zayn è un po' diffidente, ma d'altronde lo è con tutte le persone che conosce poco. Niall mi ha detto appena dopo aver scambiato un paio di battute con lei – ed essersi fatto un sacco di risate – che gli sembra fantastica.

Come previsto, Louis la odia. Quando l'ho presentata ai ragazzi, Zayn, Liam e Niall l'hanno salutata, mentre Louis è rimasto perfettamente immobile, come una statua di pietra. Io e Liz ci siamo scambiati un veloce sguardo d'intesa, mentre lui si girava e se ne andava, andando a sedersi su una sedia ad un lato del palco. Non l'ha degnata di uno sguardo per tutto questo tempo. E, sinceramente, ne sono davvero felice. Significa che è geloso. E se è così geloso, significa che averlo indietro sarà più facile di quanto pensassi. Almeno, lo spero. So che sarà difficile, ma lui è mio e io sono suo. Cosa c'è di più importante di questo?

Quando siamo stremati e non riusciamo più a muoverci – letteralmente – il coreografo ci concede una pausa.

«Come va?» mi chiede Liz quando la raggiungo, indicando Louis col mento.

Apro la bocca per rispondere, ma la suoneria del suo telefono improvvisamente squilla e il viso le si illumina quando legge il nome sul display. Mi guarda. «È Caitlin, la mia ragazza. Devo rispondere, ma… tu tieni duro, okay?» Aspetta un mio cenno del capo e mi lancia uno sguardo d'intesa prima di rispondere all'iPhone e uscire dalla stanza.

Anche il coreografo se ne va, annunciando che tra venti minuti riprenderemo le prove. Appena chiude la porta, Zayn gli indirizza un dito medio alzato, che ci fa ridacchiare.

«Ragazzi, mi dite che fine avevate fatto?» dice Niall. «Non ho sentito la maggior parte di voi per tutta l'estate.»

«Mi ero quasi dimenticato che sei e rimani sempre la stessa femminuccia» replica Zayn dandogli un pugno amichevole sulla spalla. Lui gli dà una spinta in tutta risposta, che Zayn quasi non nota.

Sembra che le cose siano sempre le stesse, tra di noi. Eppure non lo sono. Io e Louis parliamo poco e solo quando veniamo interpellati. Mentre gli altri chiacchierano di come abbiano passato i mesi precedenti, io continuo a pensare a Louis. Non riesco a smettere. Mi accorgo che lo sto fissando con la bocca socchiusa – sì, come un idiota – quando il suo sguardo incontra il mio, che distolgo subito. Sento le guance arrossire e cerco disperatamente di farle smettere, senza alcun risultato. Niall, accanto a me, soffoca una risata, notando la mia espressione. Lui capisce sempre tutto quello che succede tra me e Louis. Gli rifilo una discreta gomitata nelle costole per farlo stare zitto, mentre gli altri continuano a parlare, ignari – anche se sono piuttosto sicuro che Louis abbia capito cosa sta succedendo e abbia semplicemente deciso di ignorarci.

Mi sono preoccupato di come avrei dovuto comportarmi nei confronti di Louis, ma lui pare non essersi proprio posto il problema. Sembra che la soluzione che ha trovato sia non-comportarsi. Ovvero ignorarmi per tutto il tempo.

Non so cosa succederà nei giorni che arriveranno. Secondo Louis, non accadrà proprio nulla. Ma un piano sta già prendendo forma nella mia mente.

Non la scamperai, Louis Tomlinson. Tu sei mio, e io te lo dimostrerò.

***

Angolo dell'autrice ≈

Okay, lo so, questo capitolo è lunghissimo e ci ho messo ore a scriverlo – davvero. Qualcuno di voi mi ha fatto notare che i capitoli che ho pubblicato in precedenza potrebbero essere più lunghi, così ho provato a seguire i vostri consigli, ma… mi sono lasciata un po' prendere la mano xD

Perdonate eventuali errori di battitura, ma non ho riletto ciò che ho scritto – ogni volta che ricontrollo finisco per correggere tutto.

Se vi va lasciate una recensione, mi farebbe molto piacere!

Detto questo, al prossimo capitolo! Baci :3

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Capitolo 9
*** Still the one ***


Questo è il CAPITOLO NOVE. Per cominciare a leggere dal capitolo 1, cliccare sulle frecce ai lati del nome del capitolo, accanto alla sezione "CAPITOLI".

***
Still the one

29 settembre 2018

La suoneria del telefono squilla insistentemente e mi sveglia.

Mi lamento con un «no» biascicato e caccio la testa sotto il cuscino. Non mi va proprio di affrontare una nuova giornata.

Ma l'iPhone continua a suonare senza tregua, così alla fine rispondo, col broncio. «Pronto?» quasi ringhio.

La voce di Liz è parecchio alterata. «Apri la porta. Sto arrivando.»

«Cosa?» farfuglio, ancora intontito dal sonno.

«Tra meno di un minuto sentirai bussare alla porta. Ti conviene aprirla o mi toccherà sfondarla.»

Mi alzo a sedere in fretta, realizzando che non ho molto tempo per farmi trovare con un aspetto decente. «Perché? Che è successo?» Mentre parla, mi infilo dei pantaloni e una maglietta a caso, mi sciacquo il viso e mi lego i capelli.

«Oh, lo vedrai adesso» sibila.

Sento bussare alla porta e mi precipito ad aprirla. Liz entra come un tornado, furiosa. Mi porge il suo iPad per farmi leggere quello che c'è scritto.

Scorro i titoli degli articoli. “La nuova fiamma di Harry Styles”, “Liz Hastings trova degno compagno”, “La nuova coppia da un milione di dollari”… Il tutto accompagnato dalle foto in cui ridevamo e scherzavamo al tavolo del bar di ieri.

Liz mi fa cenno di aprire uno degli innumerevoli articoli appena usciti. Comincio a leggerlo.

“Pare che l'attrice e cantante statunitense Liz Hastings sia riuscita a conquistare il cuore della pop star Harry Styles, membro della boy band di fama mondiale, i One Direction.

Fotografati durante una "guerra con la colazione", a dir la verità piuttosto infantile, ma spontanea – accanto si vede una foto in cui io e Liz ci tiriamo del cibo in faccia a vicenda –, le due star non si accorgono dei paparazzi.

Le foto della nuova coppia spopolano su Twitter, Facebook e altri importanti social network. Sembra che alla maggior parte dei fan la notizia sia ben gradita: trovano che i due stiano molto bene insieme e pare che non vedano l'ora di incontrare entrambi ai concerti dei One Direction, il cui tour inizia il 6 settembre. Infatti, l'informazione che la girl band a cui appartiene la statunitense Liz Hastings, le Open Your Wings, aprirà i loro concerti per l'intero tour, è stata divulgata ieri, da una fonte sicura.”

Smetto di leggere perché non capisco. Hanno fatto pubblicare quelle foto? E non è stato uno scandalo? Che diavolo passa per la testa della Modest?

«Non ci credo» dico con voce cupa.

«Vero? È incredibile.» Sbuffa. «Io sono italiana, non statunitense! Dovrebbero informarsi, prima di pubblicare roba del genere.»

Il suo spirito, che a quanto pare non scompare nemmeno in momenti come questo, mi fa scoppiare a ridere. Anche lei ride, ma torna subito seria. Scuote la testa. «E poi, da dove arriva la notizia che apriremo i vostri concerti? Gli altri membri della mia band sono a New York. E nessuno ci ha avvertite.»

«Probabilmente è un'altra brillante idea della Modest» suppongo, scorrendo le foto che sono state scattate ieri.

«Be', dovranno sentirmi, quelli. Devo recitare per un film qui, in Inghilterra, quest'anno. È per questo che ho accettato di venire. Non posso mancare alla riprese perché devo andare in tour. Senza offesa per i vostri concerti, sia chiaro.» Sospira pesantemente. «Non so proprio come fai a sopportare tutto questo da anni. Io già sto per crollare.»

«Forse un lato positivo c'è» borbotto, quasi tra me e me.

Lei capisce subito quello che voglio dire. «Louis» ghigna. «Mi starà odiando così tanto, adesso.»

Qualcuno bussa alla porta della camera, e io apro senza chiedere chi ci sia dall'altra parte.

È un agente della Modest. Prendo seriamente in considerazione l'idea di chiudergli la porta in faccia. «Contavo di trovare tutti e due» comincia con tono formale senza entrare. «Liz, il resto della tua band arriverà domani mattina. Come avrai capito» indica col mento l'iPad aperto sulla pagina delle news «aprirete i concerti dei One Direction durante il tour.»

«Ho altri programmi per quest'anno» interviene lei. «Devo recitare per un film, non posso andare in tour.»

«I tuoi piani sembrano appena essere cambiati. La notizia è già stata data, ormai.» Detto questo, ci augura una buona giornata e mi suggerisce di arrivare puntuale alle prove, oggi, poi se ne va. Gli sbatto la porta alle spalle.

C'è un momento di silenzio.

Liz digrigna i denti. «Li odio.»

*

Oggi Liz non viene con me alle prove: ha detto che è occupata, e che stavolta devo farlo da solo.

Quando arrivo, con soli cinque minuti di ritardo – un record, per i miei standard – i ragazzi sono già stati avvertiti che le Open Your Wings apriranno i nostri concerti. Non è un problema per Liam, Zayn e Niall, ovviamente. È Louis che mi guarda con un'espressione indecifrabile appena entro. È Louis che per tutta la durata delle prove non apre bocca, e se parla è per rispondere bruscamente ad una domanda, o per mandare al diavolo il coreografo quando lo riprende.

«Hai già dimenticato tutte le mosse, Tomlinson?» lo rimprovera. «Stai rendendo difficile il mio lavoro.»

Louis esplode e ringhia: «Non sono io quello che dimentica in fretta.» Mi lancia uno sguardo infuocato ed esce dalla stanza sbattendosi la porta alle spalle.

Dopo un attimo di perplessità, sorrido tra me e me. Louis è geloso. Terribilmente geloso.

Mi rendo conto che probabilmente dovrei seguirlo. Un cenno di Niall mi convince. Esco frettolosamente dalla camera, sentendo i passi di Louis rimbombare nei corridoi. Urlo il suo nome, ma non ha intenzione di fermarsi. Dato che ho le gambe più lunghe delle sue, lo raggiungo in poco tempo. Quando lo prendo per un braccio, lui si gira per affrontarmi, rosso in viso.

«Che vuoi, Harry?» Sostiene il mio sguardo e, vedendo che non rispondo, si libera dalla mia stretta e prova ad andarsene, ma io gli afferro la mano e lo tiro verso di me. All'improvviso il suo viso è così vicino al mio che i nostri nasi si sfiorano appena. Lo sguardo mi cade sulle sue labbra.

Sento il suo respiro affannoso sul mio volto. «Cosa c'è che non va, Louis?» sussurro, provocante, riprendendomi e tornando a guardare i suoi occhi.

Lui smette di fare resistenza e lascia che gli tenga la mano, mentre mi perdo nell'infinito azzurro delle sue iridi, e lui si perde nelle mie. Non so per quanto restiamo fermi così, e sinceramente non mi interessa. Tutto quello che il mio corpo mi urla di fare è di avvicinarmi ancora un po' e baciarlo, perché è la cosa che voglio di più al mondo. Ma non lo faccio, perché ho paura che lui si ritragga e se ne vada.

«Non…» Louis sta trattenendo il respiro. Lo guardo intensamente e gli faccio cenno col mento di andare avanti. «Non c'è niente che non va.»

«Bene.» Gli lascio andare la mano, e lui fa un piccolo passo indietro, agitato. «Allora possiamo tornare alle prove. Giusto?» domando, con voce suadente.

I suoi occhi sfuggono ai miei. Inclina leggermente la testa verso il pavimento e annuisce velocemente. «Giusto.» Prova a nasconderlo, ma vedo le sue guance arrossire e dentro di me gioisco.

Mi avvicino di nuovo e gli sussurro maliziosamente all'orecchio: «Allora sarà meglio andare. Non vogliamo farli aspettare.» Poi lo guardo negli occhi, con tutta la dolcezza del mondo.

Louis è totalmente sconvolto dal mio comportamento. Quasi riesco a percepire il brivido che lo attraversa.

Soddisfatto, lo supero e mi dirigo verso la stanza delle prove, contento di essere riuscito ad agitarlo così tanto. A quanto pare, ho ancora un certo ascendente su di lui.

*

«Non ci credo. Non. Ci. Credo» sillaba Liz. «L'hai provocato sfacciatamente e poi te ne sei semplicemente andato

«Shhh!» la zittisco. Sta parlando a voce troppo alta, e non voglio che qualcuno ci senta. Però annuisco in risposta, fiero di me stesso e leggermente imbarazzato.

Ci troviamo seduti ad un ristorante all'aperto: la Modest vuole altre foto e noi siamo costretti a fargliele avere.

«E bravo il mio Styles» ride Liz. «Tu sì che sai come si fa.»

Cerco di cambiare discorso. «Così, la tua ragazza arriva domani.»

Sorride, con la testa – e probabilmente anche il cuore – a miglia di distanza. «Sì» sospira, felice. Un lieve rossore le appare sulle guance.

«Da quanto state insieme?»

«Quasi otto mesi» risponde. Poi assume un'espressione corrucciata. «Non riuscirò a passare molto tempo con lei» si rende conto. «Quando ci hanno detto che dovevamo smettere di stare insieme, loro non erano tra i piedi, ed era facile continuare a farlo. Ma adesso… sinceramente, non so cosa succederà. La metà delle cose che faccio sono a causa della Modest.»

Sospiro, cupo. «Lo so. Ma col tempo ci si abitua.»

«Non so se voglio abituarmi.» Ha uno strano tono di voce. Non capisco cosa intenda.

«In che senso?» chiedo.

Fa un gesto con la mano. «Lascia stare.» Cambia discorso – noto che è davvero brava a sviare le conversazioni che non vuole affrontare – e continuiamo a parlare del più e del meno.

«… E Liam non fa altro che parlare di te» concludo, rispondendo alla domanda che mi ha chiesto su cosa pensino i ragazzi di lei.

Sorride imbarazzata. «Davvero?» chiede timidamente.

Annuisco.

«Comunque, vi hanno detto che domani pomeriggio proveremo con voi?»

«Uh, sì» rispondo.

Sorride. «Bene. Che hai in mente?»

Non capisco. «Cosa?»

Alza gli occhi al cielo, divertita. «Con Louis. Che hai in mente?»

Esito. «Non lo so. Non ci ho pensato.»

«Ti rendi conto che è un'occasione da non perdere, vero?» ghigna ammiccando.

«Oh, assolutamente sì.» Sorrido, pensando alla faccia che ha fatto Louis qualche ora fa quando mi sono comportato in modo così sfacciato con lui. I giorni che arriveranno saranno divertenti a dir poco.

«Sai in che hotel alloggia Louis?» chiede d'un tratto Liz.

Ci devo pensare un momento. «Sì, me l'ha detto Niall» replico. «Perché?»

«Mi è appena venuta un'idea. Quella giacca ti sta piccola.»

*

Busso alla porta della camera numero 108, dove la donna alla reception mi ha detto di andare. Aspetto, ma nessuno viene ad aprire, così penso che potrebbe essere in giro, in qualche locale. Il pensiero mi turba, e cerco di scacciarlo, ma è inutile: continuo a rifletterci e più lo faccio più ho paura che sia vero.

Sto per lasciare perdere ed andarmene, rassegnato, quando la porta si apre.

Gli occhi azzurro oceano di Louis si sgranano quando mi vede. Mille domande li attraversano, e riesco a leggere nel suo sguardo quella più importante: "Che diavolo ci fa Harry qui?" Se non lo conoscessi, direi che è perfettamente calmo: non muove un muscolo in tutto il corpo. Ma io so che è agitato, quasi scioccato. Ho imparato a capire che per sapere cosa prova Louis non bisogna guardare da nessun'altra parte che non siano i suoi occhi.

Sfodero un sorriso sicuro e allo stesso tempo estremamente sfacciato. «Ciao, Louis» dico con la voce più dolce e tranquilla che riesco ad ostentare.

Lui cerca di darsi un contegno, anche se ormai è tardi. Ho già letto la confusione e lo smarrimento nei suoi occhi: sentimenti che prova a nascondermi, fallendo miseramente nel tentativo. «Harry» mi saluta, cercando di comportarsi freddamente, non riuscendo nemmeno in questo.

Scopro i denti, cercando di mostrare un sorriso angelico ed innocente. Louis si guarda intorno senza muovere la testa, come per cercare una via di fuga. Spera che io interpreti male quello sguardo, infatti dice: «Non c'è la tua nuova ragazza con te?»

Continuo a sorridere. «No.»

«Ah.» Louis è molto a disagio. Rimango lì, davanti alla porta, con le mani dietro la schiena, leggermente inclinato in avanti, con lo sguardo più dolce che riesco a produrre. So che lo adora. «Cos…» Si schiarisce la voce. «Cosa posso fare per te, Harry?»

«Oh» dico, fingendo di aver dimenticato il "vero" motivo per cui sono qui. «Oggi hai dimenticato la tua giacca alle prove.» Gliela porgo.

Lui guarda prima me, poi la giacca, poi di nuovo me. «Questa non è mia.»

«Come no?» Spalanco gli occhi, simulando sorpresa. «Deve essere tua.» Mi avvicino e mi metto alle sue spalle. Lui rimane completamente immobile, proprio come una statua. Apro la giacca e gliela infilo, prima una manica e poi l'altra. Louis non si muove, è come paralizzato. Quando ho finito, torno davanti a lui e gliela chiudo, i nostri nasi che si sfiorano. Louis ha gli occhi spalancati.

«Vedi?» Il mio viso è vicinissimo al suo. «Ti sta benissimo» dico, anche se non guardo nemmeno la giacca. Sono concentrato a scrutare i suoi occhi: non mi stancherò mai di guardare quelle mille sfumature di blu che si intrecciano tra di loro nelle sue iridi.

Rimango così incantato che a malapena riesco a trattenere un sussulto, quando Louis parla. «Non… non è la mia giacca» sussurra con voce roca, senza distogliere lo sguardo.

Lo prendo dolcemente per le spalle. «Ma ti sta bene. Dovresti tenerla.» Sorrido scoprendo i denti, poi mi giro e me ne vado, lasciandolo lì, in piedi, con la mia giacca addosso. Sono contento che abbia qualcosa di mio, e spero che lo sia anche lui.

Mi allontano, con un sorriso sempre più grande. Sembra proprio che io ancora riesca a mandare in tilt il cervello di Louis.

***

Angolo dell'autrice ≈

Ehi! Mi sono divertita a scrivere questo capitolo, spero che vi piacerà :)

Grazie a tutti per le recensioni, i complimenti, i consigli e i commenti, siete i migliori!

Metterò il prossimo capitolo il prima possibile.

Se vi va recensite, che mi fa piacere! Baci, alla prossima :3

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Capitolo 10
*** Better than words ***


Questo è il CAPITOLO DIECI. Per cominciare a leggere dal capitolo 1, cliccare sulle frecce ai lati del nome del capitolo, accanto alla sezione "CAPITOLI".

***
Better than words

30 settembre 2018

Oggi le prove sono state anticipate alla mattina, perché il pomeriggio ci saranno anche le Open Your Wings. Liz è su di giri perché la sua ragazza arriverà oggi pomeriggio, e l'ho vista solo cinque minuti stamattina. Le ho raccontato che ieri sera ho seguito il suo consiglio e cosa ho fatto quando sono andato da Louis. «Era letteralmente paralizzato.»

«Ci credo!» ha esclamato, ridendo. «Se continui così, non ci vorrà molto prima che cada ai tuoi piedi.» Spero che sia così.

Oggi, durante le prove dei One Direction, Louis quasi non mi guarda, e quando lo sorprendo a farlo arrossisce violentemente e volge gli occhi da un'altra parte.

Io invece non faccio altro che tenere lo sguardo su di lui. Non riesco a smettere, anche se vorrei. Solo ora mi rendo conto di quanto mi sia mancata la sua camminata, o il modo in cui si sistema i capelli, e – soprattutto – i sui occhi, così espressivi e trasparenti. Queste e un milione di altre piccole cose che fanno di Louis ciò che è.

«Amico!» Niall mi rifila una gomitata nelle costole. Non riesce a trattenere una risata.

Torno improvvisamente con i piedi per terra. Mi rendo conto di star fissando Louis da troppo tempo: come al solito, mi sono incantato. «Uhm, cosa c'è?»

Sembra proprio che il coreografo mi abbia chiesto più volte che diavolo stia facendo qui impalato invece di provare. Sbuffa rumorosamente. «State rendendo difficile il mio lavoro.» Deve essere la sua frase preferita, perché non fa che ripeterla.

Io e Niall ci scambiamo uno sguardo e soffochiamo una risata.

*

Quando torniamo per continuare le prove dopo pranzo, Louis non è ancora qui. Mi preoccupo un po' perché non è da lui arrivare in ritardo. Ogni volta che la porta si apre la mia testa scatta per vedere chi sia appena entrato, ma finora nessuna traccia di Louis. Zayn prova a chiamarlo, però parte subito la segreteria telefonica.

Sto cominciando a preoccuparmi seriamente, quando, finalmente, entra scusandosi per il ritardo.

«Quella è… la giacca di Harry?» chiede Liam, tra il perplesso e il divertito. Mi lancia delle occhiate eloquenti.

Ma io sono troppo occupato ad osservare Louis, piacevolmente sorpreso.

«Sono tornato in hotel a prenderla perché sentivo freddo» spiega Louis con una voce da finto innocente. È la scusa più patetica che esista: nonostante siamo a Londra, oggi si sta bene con una maglietta a maniche corte. Anche se so che Louis è un tipo freddoloso, la spiegazione più plausibile per cui si è messo la giacca è che anche lui voglia cominciare a torturare me. Infatti, mi rivolge un sorriso sfacciato, e io, senza farmi intimidire dal suo comportamento, in tutta risposta gli mostro il pollice alzato, quasi ridacchiando.

Questo mi ricorda i vecchi tempi. Se ci avessi riflettuto qualche giorno fa, mi sarei sentito morire e la ferita nel petto si sarebbe riaperta immediatamente. Avrei di sicuro pensato che non saremmo mai riusciti a tornare come prima. Invece, adesso, sento che il legame che io e Louis abbiamo non è mai del tutto svanito. E sono certo che non scomparirà mai. La nostra connessione è troppo forte per spezzarsi.

«Ripensandoci, sto morendo di caldo.» Louis si toglie la giacca, e io spalanco gli occhi. Indossa una maglietta attillata che gli mette in mostra i muscoli, più scolpiti di quanto non fossero prima dell'estate. Ha deciso di vendicarsi per bene.

Viene verso di me e si siede non troppo vicino, ma nemmeno troppo lontano da dove sto io. «C'è qualcosa che non va, Harry?» mi chiede, scrutando la mia espressione e fingendo di essere realmente preoccupato. So che dentro di sé sta gioendo e che si sta trattenendo con tutte le sue forze dal ghignare. Si sta comportando esattamente come ho fatto io ieri.

Scuoto la testa. Sento che sto arrossendo, così, a malincuore, mi volto dall'altra parte per nasconderlo. «No, tutto bene» gli assicuro.

«Bene» dice con un sorriso palesemente soddisfatto. «Allora, cominciamo?»

*

L'umore di Louis resta invariato finché non ci raggiungono le Open Your Wings. Subito si incupisce, ma cerca di non darlo a vedere.

Liz è al settimo cielo. Quando arriva, accanto a lei c'è una ragazza vestita interamente di nero, dai grandi occhi azzurri truccati pesantemente e dai capelli corti e nerissimi, quasi sicuramente tinti, e si tengono per mano. Liz mi saluta spontaneamente con un abbraccio, per poi tornare ad intrecciare le dita con quelle della sua ragazza. «Lei è Caitlin» ce la presenta, quasi saltellando per la felicità di essere di nuovo con lei. Sinceramente, non leggo la stessa contentezza negli occhi di Caitlin, ma d'altronde non la conosco: magari non le piace mostrare i suoi sentimenti in pubblico.

Dietro c'è un'altra ragazza, probabilmente più grande di loro, che stringe delle bacchette per batteria; vicino a lei, forse della sua stessa età, una cascata di capelli castani incornicia il viso dell'ultima componente della band. Si presentano come Abby e Camille.

Noto che Louis saluta tutti educatamente, fatta eccezione per Liz, che ignora completamente, come se non esistesse nemmeno. Io e lei ci scambiamo uno sguardo divertito.

Le prove iniziano quasi subito. Abbiamo un sacco da fare perché è stato deciso tardi che loro apriranno i nostri concerti, così dobbiamo lavorare a lungo e duramente.

Le Open Your Wings possiedono una rara vitalità. Ognuna di loro brilla di luce propria, e questo fa in modo che le esibizioni siano un'esplosione di energia. Liz ha una voce molto diversa quando canta, ed ha un'estensione vocale piuttosto ampia. È di gran lunga la più brava del gruppo. Caitlin è la seconda voce, mentre Abby e Camille intervengono solo nel coro. La prima suona la batteria e la seconda sia la chitarra elettrica che quella acustica.

Quando finiscono di esibirsi col brano rock che hanno deciso di cantare come prima canzone ai concerti, io, Liam, Niall e Zayn ci alziamo applaudendo e urlando complimenti. Qualcuno addirittura fischia.

Louis rimane seduto, impassibile, ed applaudisce svogliatamente, come se stesse pensando: "Sì, ma non era niente di che."

Intercetto lo sguardo di Liz, che lo sta studiando. Poi volge gli occhi verso di me, come a dire: "Forza, fai qualcosa."

Così, sorridendo a Louis, che risponde con un'espressione confusa non capendo cosa il mio ghigno significhi, salgo sul palco e abbraccio Liz. Scorgendo un'espressione furente nei suoi profondi occhi azzurro oceano, la stringo più forte e la alzo da terra, facendola roteare in tondo. Lei ride e sussurra, in modo da non farsi sentire da nessun altro: «Sei proprio un sadico.»

Guardando il viso di Louis, rispondo, anche io sottovoce: «Oh, sì. Sono proprio un sadico.»

Torno a sedermi accanto a lui, più vicino di prima, rilassato e sorridente. Mi guarda incredulo, poi si ricompone e si gira dall'altra parte, ignorandomi completamente.

Le Open Your Wings ci fanno sentire qualche altro brano e le aiutiamo a decidere quali canzoni sia meglio cantare all'apertura dei concerti e in che ordine. Louis si comporta come se fosse da solo nella stanza, non aprendo bocca e voltandosi dalla parte opposta quando qualcuno gli domanda qualcosa.

Ci viene concessa una pausa, in cui conosciamo meglio le ragazze. Abby e Camille hanno dei ragazzi a New York, il che delude le aspettative di Zayn e Niall.

Liam ha rotto da poco con la sua ultima ragazza, perciò pare che non sia interessato a nessuna ultimamente; Zayn ha appena divorziato da Perrie, e sebbene sia rimasto ferito dopo la separazione, sta cercando di rifarsi e di sanare le ferite, mentre Niall non è in cerca una storia seria e vive di avventure.

Louis, ovviamente, non prova nemmeno a fare conversazione. È come se avesse dei tappi nelle orecchie. Le ragazze – a parte Liz – lo guardano scettiche, non capendo perché si comporti così.

Riprendiamo le prove dopo la breve pausa, ma siamo tutti troppo stanchi e decidiamo di lasciare perdere per oggi e continuare domani. La proposta delle ragazze di andare a cenare tutti insieme ad un ristorante qui vicino viene accolta con entusiasmo. Lasciamo la stanza e ci avviamo per i corridoi. La sicurezza comincia a circondare i primi che escono: essendo così tanti, passare inosservati è pressoché impossibile. Sto per raggiungere gli altri fuori dal corridoio che sbocca nella sala principale dell'edificio, dove si trova l'uscita, quando una mano mi afferra il polso. Voltandomi, noto con sorpresa che è Louis. Ora sono usciti tutti dal palazzo a parte me e lui. Giro un momento la testa nella direzione degli altri; uno sguardo comprensivo di Liz mi fa capire che avvertirà il gruppo che noi arriveremo più tardi.

Torno a guardare Louis, che indietreggia per parlare in privato, lontano da occhi e orecchie indiscrete. Quando siamo lontani dall'entrata e siamo sicuri che il corridoio sia deserto fatta eccezione per noi due, Louis mi lascia andare e si decide a parlare. Mi lancia un'occhiata, triste e allo stesso tempo furente. «Perché mi stai facendo questo, Harry?»

Ricambio lo sguardo, senza capire.

Sospira, frustrato. «Lascia stare. Non avrei dovuto fermarti. La tua ragazza ti starà aspettando.» L'ultima frase è un ringhio. Prova ad allontanarsi, ma io lo blocco.

«Cosa c'è che non va, Lou?» Chiamarlo così mi viene spontaneo, e non mi pento di averlo fatto.

Sbuffa. «Tutto non va» risponde sinceramente. Scuote la testa, amareggiato. «Mi dispiace. Non avrei dovuto fermarti» ripete. «Scusami.»

Fa per andarsene, ma lo trattengo ancora una volta. «Louis» sussurro. Non vorrei mai ferirlo, e spero che non sia troppo tardi.

Lui mi guarda intensamente negli occhi, e io mi perdo ancora una volta nei suoi. Non posso farne a meno. È impossibile sfuggire alla tempesta di mille sfumature di blu che sono le sue iridi.

«Louis» ripeto, sottovoce, completamente perso nel suo sguardo azzurro. Mi sento vulnerabile, e ho paura che possa leggere tutti i miei pensieri, tutti i miei sentimenti. Ci riesce sempre, e probabilmente questa volta non fa eccezione. Mi accorgo di non stare nemmeno provando a nascondergli le mie emozioni, e non ho intenzione di cominciare ora. Per far sì che lui si apra con me, devo farlo anche io con lui.

«Harry» mormora. Un bisbiglio che significa più di mille parole, un miscuglio di infinita dolcezza, desiderio, tenerezza, urgenza, passione… e amore. Tanto, tantissimo amore.

So che non dovrei. Sarei uno stupido, ma… Louis è qui, adesso, e io sono proprio davanti a lui, e voglio farlo.

Anche Louis pare rifletterci, ma non riesco a scorgere quale sia la sua decisione, nascosta dal fitto velo di pensieri che turbina nei suoi occhi tempestosi.

Ogni singola fibra del mio corpo, tutta la mia anima e tutto il mio cuore e tutto ciò che sono e che sono sempre stato e che sempre sarò mi urlano insistentemente e incessantemente di farlo.

Così, come di comune accordo, come se fossimo due calamite tenute separate con la forza per un periodo eccessivamente lungo, i nostri corpi si protendono di scatto l'uno verso l'altro, perché è tanto, troppo tempo che aspettiamo di farlo, per orgoglio o perché abbiamo sofferto così tanto da non riuscire nemmeno più a respirare. Ma Louis è il mio respiro, Louis è la mia vita, il mio passato, presente e futuro; è entrato così a fondo nella mia anima che sarà impossibile per lui andarsene, e io comunque non glielo permetterei. Louis è nella mia pelle, nel mio cuore, nel mio cervello; Louis è la ragione per cui ogni giorno mi sveglio e decido di andare avanti, ed è solo per lui che affronto il mondo di crudeltà e dolore che il destino mi ha assegnato. Perché Louis è il mio amore e la mia sofferenza; Louis è nelle cose che vedo e nell'aria che respiro, nei miei tatuaggi, in ogni cosa che dico e in ogni cosa che faccio. Louis è entrato permanentemente nel mio corpo e nel mio spirito, e non mi lascerà mai.

Louis è Louis, ed è il mio tutto.

Dopo un'attesa che è durata un'eternità, le nostre labbra riescono finalmente a trovarsi.

Prima è un bacio insicuro e tremendamente dolce; il bacio di chi si ritrova dopo un'infinità di tempo passato a vagare senza meta, in cerca dell'altra metà della sua anima. E io l'ho appena ricongiunta alla mia metà lacerata. Ci vorrà del tempo per ricucirla completamente, perché il dolore non termina tutto in un istante, ma sono certo che alla fine sarà risanata perfettamente. Perché se c'è Louis con me, tutte le mie ferite, superficiali o profonde, possono guarire.

Il bacio si tramuta in una passione ardente, un desiderio sepolto da troppo tempo sotto uno spesso velo di sofferenza. Louis mi stringe tra le sue braccia muscolose mentre io passo freneticamente le dita tra i suoi capelli sottili, sul suo collo, sulle sue spalle. Mi è mancato così tanto; tutto ciò di cui ho bisogno è lui, lui e solo lui, per sempre.

Mi sento come se fossimo un solo uomo, un solo corpo; non esistiamo più io e Louis: siamo fusi in un'unica entità, un'unica anima, un'unica mente. Tutto ciò che voglio, penso e sono è Louis, e viceversa.

Quello che desidero di più al mondo è che questa sensazione non finisca mai, perché non potrei sopportare di tornare ad una vita in cui Louis non può essere sempre con me, in cui non possiamo sentirci sempre così, in cui dobbiamo nasconderci per poter stare insieme. Tutto questo mi sembra così stupido, ora come ora: quando due persone si amano così tanto, non dovrebbero esserci ostacoli. Com'è possibile che esista gente pronta a dire: "No, voi non potete stare insieme" quando il nostro amore è così profondo da poter sorvolare ogni difficoltà?

Il bacio finisce fin troppo presto, ma la verità è che non ne avrei comunque mai avuto abbastanza. Non ne avrò mai abbastanza, di Louis. Ci separiamo a malincuore, senza fiato. I nostri sguardi si legano, verde e azzurro, e ciò che dicono vale più di mille parole. E sono meglio di mille parole, perché esprimono ciò che dei semplici termini non riuscirebbero mai a spiegare.

Scombussolati, non riusciamo ad emettere alcun suono. Semplicemente, rimaniamo fermi, in mezzo al corridoio, col fiato grosso, a guardarci negli occhi, scambiandoci emozioni e sensazioni e sentimenti, sapendo che l'uno capirà l'altro. Perché è sempre stato così, lo è ancora e lo sarà sempre. Perché io amo Louis e lui ama me, e niente si potrà mai mettere tra di noi, niente che non potrà essere annientato dal nostro amore.

***

Angolo dell'autrice ≈

Questo capitolo è stato impegnativo. Ci ho messo tutta me stessa; ho dovuto scavare nella mia anima per trovare i sentimenti che ho cercato di rendere nella storia. Spero di essere riuscita a farlo, spero di non essere stata troppo sdolcinata!

Spero anche che vi piacerà come capitolo, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate lasciandomi una recensione :)

Detto questo, spero di riuscire a pubblicare il prossimo capitolo entro domani. Baci :3

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Capitolo 11
*** Irresistible ***


Questo è il CAPITOLO UNDICI. Per cominciare a leggere dal capitolo 1, cliccare sulle frecce ai lati del nome del capitolo, accanto alla sezione "CAPITOLI".

***
Irresistible

6 ottobre 2018

Apro gli occhi mentre la sveglia strilla che è ora di alzarmi.

È passata una settimana dal bacio con Louis. Ciò che accadde il giorno seguente mi torna alla mente in un istante.

 

«Harry» disse Louis, prendendomi per un braccio per bloccarmi. Le prove per quel giorno erano appena finite, e per tutto il tempo non avevo fatto altro che guardare di sottecchi nella direzione di Louis. Tutto ciò che mi serviva era un'indizio per capire che sentimenti stesse provando. Volevo sapere se si fosse pentito del bacio della sera prima, se avessi tirato troppo la corda. Avevo passato delle ore infernali cercando di carpire i pensieri di Louis, invano.

E adesso, lui si trovava proprio di fronte a me. Quasi tremavo dalla paura che potesse dirmi che quel bacio era stato uno sbaglio. Passarono dei momenti interminabili, per me di puro terrore, prima che aprisse bocca di nuovo.

«Harry» ripeté, con la sua voce incredibilmente dolce. «Posso parlarti?»

Il solo fissare i suoi occhi, così puri e trasparenti, mi fece rizzare i capelli sulla nuca. «Sì, certo» balbettai, schiavo del suo sguardo.

Louis sorrise appena e si sedette su un divano, facendomi segno di raggiungerlo. Mi accomodai accanto a lui, in attesa.

Per un momento che mi parve un'eternità, rimanemmo immobili, lui che guardava davanti a sé, io che scrutavo il suo viso. Alla fine i suoi occhi incrociarono i miei. «Sono confuso, Harry.»

Cominciai a tremare, ma cercai di non darlo a vedere. «Sei confuso… in che senso sei confuso?»

Sospirò profondamente. «Io non…» Si bloccò. Emise un verso di frustrazione: odia lasciare le frasi a metà, o non finirle. «Non voglio soffrire di nuovo. Lo sai che ho sofferto davvero tanto.» Mi guardò intensamente, e mi prese una mano, tenendola tra le sue. Il gesto mi fece venire i brividi. Ogni tocco di Louis è una scossa, per me. «Mi dispiace di essermi comportato così male nei tuoi confronti. Non vederti per tutta l'estate mi ha fatto così male che pensavo che alla fine il dolore sarebbe passato, che si sarebbe alleviato almeno un po'. E invece no. Pensavo che fosse la cosa migliore per tutti e due passare del tempo separati, ma si è rivelata la peggiore.» Continuò a fissarmi negli occhi, e io cercai di ricambiare lo sguardo, sforzandomi di trattenere le lacrime.

«Ti perdonerò sempre tutto» mormorai con voce roca. Ed è la verità.

«Lo sai che ti amo» sussurrò dopo un momento. «Lo sai, vero, Haz?»

Le sue parole mi scaldarono il cuore, e l'uso del vecchio soprannome mi riportò per un istante a quando avevamo sedici anni, quando pensavamo che tutto sarebbe stato più facile col passare del tempo… che tutto questo non sarebbe andato avanti così a lungo.

Annuii, perché se c'era una cosa che sapevo, era quella. «Ti amo anch'io» fu l'unica cosa che riuscii a dire, con voce rotta.

Sorrise brevemente e strinse la presa sulla mia mano. «So che hai sofferto molto anche tu. Ma tu sei più bravo di me a sopportare il dolore. Ti amo tantissimo, e tutto ciò che voglio è tornare con te. Ma… non sono sicuro di riuscire a sopravvivere se, per un qualunque motivo, dovessi allontanarmi di nuovo da te.»

Continuai ad annuire, con lo sguardo abbassato. Era l'unica cosa che riuscissi a fare.

«Harry.» Mille brividi percorsero la mia schiena al suono della sua voce dolce che pronunciava il mio nome. «Harry, guardami. Ti prego, guardami.»

Alzai lo sguardo proprio mentre una lacrima mi solcava una guancia. «Sì, Lou?»

Mi mise una dito sotto il mento per tenermi il viso alzato, ancora stringendo con l'altra mano la mia. «Ti amo, Harry. E probabilmente non smetterò mai. Questo lo devi sapere.» Fece una pausa, per essere certo che io avessi assorbito il messaggio. Annuii per confermarglielo, e solo allora lui andò avanti. «Ma… ho bisogno di tempo pensare. Te l'ho detto, sono estremamente confuso.» La sua voce si incrinò. «Harry, guardami. Hai gli occhi così vacui. Per favore, guardamiTi prego

Allontanai la sua mano dal mio viso e mi liberai dalla stretta dell'altra. «Non posso, Louis. Non posso. Fa… fa così male.» La voce mi tremava in modo incontrollabile. Tirai su col naso e mi asciugai la guancia con la manica.

La tenera stretta della sua mano sulla mia spalla mi calmò un po'. Restammo in silenzio per qualche minuto; con tutta la pazienza e la dolcezza del mondo, Louis aspettò che mi riprendessi.

«Okay» boccheggiai alla fine, a corto di fiato. «Okay. Va bene. Hai tutto il tempo che vuoi. Tanto sai che io ti aspetterò sempre.» Le parole uscirono come una valanga dalla mia bocca, l'una accatastata sull'altra. Non ero sicuro che avesse capito ciò che avevo detto, perché alle mie orecchie sembrava solo un piagnucolio incomprensibile.

Ma Louis mi sorrise, annuendo, e quindi tutto andava bene. Perché quando Louis sorride, fa sorridere anche me, e quando succede sento come una pace irradiarsi dal cuore a tutto il corpo. Ero, e sono convinto, che il sorriso di Louis sia la cosa più bella del mondo, un qualcosa che riesce ad illuminare l'ambiente circostante in un battito di ciglia. Non importa dove si trovi; ci riuscirebbe ovunque.

In quel momento pensai che se Louis mi chiedesse di passare il resto della nostra vita nel posto più orribile del mondo, io accetterei. Lo farei perché se ci fosse Louis con me, per me diventerebbe il luogo più bello e accogliente. Perché Lou è il mio porto sicuro, è la mia bussola e io sono la sua nave. Louis è casa.

*

Louis non mi parla da una settimana, però si comporta in maniera normale con me. Non mi ignora ma non sta troppo tempo vicino me, né si sofferma sul mio viso troppo a lungo quando i nostri sguardi si incontrano.

È come se fossimo semplicemente amici – cosa che non siamo mai stati –, solo senza scambiarci una parola. Non lo siamo mai stati perché tra di noi c'è sempre stata quella scintilla, quell'innegabile energia: un qualcosa di più grande e profondo di una semplice amicizia.

Sto odiando tutto questo. Come fa Louis a comportarsi così? Come fa ad ignorarmi, quando io non voglio fare altro che stare accanto a lui, tenergli la mano, accarezzargli i capelli, appoggiare la testa sulla sua spalla?

Oggi il tour inizia ufficialmente. Stasera daremo il primo concerto al Wembley Stadium, qui a Londra. Si ripeterà anche domani sera, nello stesso posto. Ormai abbiamo imparato bene le mosse e le canzoni sono impeccabili. Le Open Your Wings sono eccitatissime per stasera: è il loro primo concerto con così tanta gente. Mentre camminiamo per strada mano nella mano – a beneficio dei fotografi – Liz mi confessa che è terrorizzata. «La notte non riesco a dormire e se lo faccio ho gli incubi di gente che mi tira dei pomodori in faccia mentre cerco di cantare senza che dalla bocca mi esca alcun suono.» Rido a quelle parole e per il tono di voce che usa per pronunciarle, ma cerco di tirarle su il morale, confessandole che anche io al mio primo live ero spaventatissimo, ma che poi è andato tutto bene e che mi sono divertito nonostante fossi così teso. Il suo viso rimane una maschera di nervosismo, quindi cerca di cambiare discorso. «E… come va con Louis?»

Scuoto la testa. «Non lo so. Non mi parla da quando ha detto che gli serviva del tempo per pensare.» Sospiro, sconfortato. «L'attesa mi uccide. E la cosa peggiore è che non so quanto tempo gli serva. Forse non lo sa neanche lui. Non ho idea di quanto durerà ancora quest'inferno.»

Lei annuisce, comprensiva. «Vedrai che andrà tutto bene» dice dolcemente. «Si renderà conto che non può stare senza di te.»

Cerco di ricambiare il suo sorriso, ma sono sicuro che mi sia uscita una patetica smorfia. «Lo spero.»

So che le sue parole sono sincere e vengono dal profondo del suo cuore. Infatti quando, una settimana fa, l'ho chiamata per dirle del bacio – avevo assolutamente bisogno di dirlo a qualcuno, mi sentivo come se stessi per scoppiare – ha lasciato la sua ragazza in una camera d'albergo per venire da me, per sapere cosa fosse successo. Forse l'ha fatto perché il mio tono era supplicante, o perché si trattava di un argomento delicato e di assoluta importanza per me, fatto sta che ha smesso di fare qualunque cosa stesse facendo ed è corsa da me per sentire ciò che avevo da dire. Quando le ho chiesto se a Caitlin stava bene, lei mi ha detto semplicemente: «Capirà. Questo è più importante.»

Sebbene la conosca da poco tempo, Liz sta diventando una persona importante per me. Mette gli amici prima di tutto, e il fatto che sia venuta da me invece di stare con la sua ragazza ne è la prova. Preferisco che sia lei la mia "copertura" invece di una qualche insopportabile modella che lo farebbe solo per fama – di gran lunga. Passare del tempo con lei è piacevole, e posso spiegarle i miei sentimenti e i miei dubbi senza che mi giudichi.

Mi assicura ancora una volta che è certa che si sistemerà tutto tra me e Louis, e io cerco di crederle.

*

Mancano pochi minuti all'inizio del concerto.

I parrucchieri e i make-up artist hanno finito di prepararci da un po', e la folla urlante che sento dal mio posto dietro le quinte mi riscalda il cuore e allo stesso tempo mi agita, come succede ogni volta.

Liz saltella sul posto con gli occhi chiusi, nervosa come non l'ho mai vista. «Non ce la posso fare. Ce la posso fare. No, non ci riuscirò mai!» la sento sussurrare tra sé quando mi avvicino.

«Ehi» le dico, e lei sobbalza e lancia un gridolino. «Respira» le consiglio, ridendo.

Ma è come se non mi sentisse nemmeno. Comincia a parlare a raffica e senza interruzioni. «Oddio, mi sento morire. Sono sicura di stare per svenire. C'è troppa gente là fuori, chissà cosa si aspettano! Non sarò mai all'altezza delle loro aspettative. E guarda che cavolo mi hanno combinato alla faccia! Sembro un clown con tutto questo trucco! Mi odieranno. Mi odieranno e mi lanceranno pomodori e uova e tutto quello che gli capita tra le mani.»

«Calmati.» Le sorrido. «Sarai fantastica. Non pensare tanto a quanta gente c'è là fuori, pensa solo alla musica.»

Lei prende un respiro profondo e mi guarda, con un'espressione preoccupata, ma meno di prima. «Grazie, Harry.»

Caitlin la raggiunge. Il suo trucco è, se possibile, persino più pesante del solito e quello di Liz non è niente al confronto. Indossa dei pantaloni attillati neri di pelle e una giacca senza maniche dello stesso colore e materiale; le borchie sono praticamente ovunque. Ha un ciuffo di capelli viola e dei tacchi a spillo vertiginosi.

La sua ragazza la rassicura, e io mi allontano per non essere di troppo. Quando è il momento di esibirsi, Liz mi guarda in cerca di ulteriore conforto. Io le sorrido e le mostro entrambi i pollici alzati, e lei sorride di rimando, infilandosi gli auricolari. Appena prima di fare il suo ingresso sul palco, corre verso di me e mi dà un abbraccio, poi prende la rincorsa e si getta a capofitto nelle note della prima canzone, salutando la folla delirante.

Sento lo sguardo di Louis addosso. Quando mi giro verso di lui, immediatamente volge gli occhi da un'altra parte. Sono segretamente contento che, quando crede che io non lo veda, si ferma a guardarmi. Mi accorgo anche dello sguardo di Liam, ma non capisco cosa significhi.

Quando le Open Your Wings finiscono le loro performance e si ritirano, spumeggiando felicità da tutti i pori e facendo commenti emozionati sull'esperienza che hanno appena avuto, è il nostro turno.

Le urla del pubblico esplodono appena ci vede; mi ero dimenticato di quanto significhino per me quelle grida, quei cartelloni, e, soprattutto, le magliette e le scritte riguardante l'argomento "Larry Stylinson". Sorrido più ampiamente quando il mio sguardo le individua.

Da quel momento in poi ho solo ricordi confusi, come se mi trovassi dentro una bolla e il mondo fuori fosse un mare di colori e urla e movimento. Saluto i fan, mi diverto e faccio tutto ciò che ho sempre fatto agli altri concerti, ma a parte questo quasi non ricordo niente di questa sera.

Mi ricordo di quando Louis mi guarda durante una canzone che, prima che decidesse di lasciarmi, avevamo scritto insieme. Solo io e lui. Ufficialmente non appare così – sono citati anche altri autori – ma a noi andava bene. E forse per lui continua ad andare bene, ma io sto cominciando a cambiare idea.

Il suo sguardo, ora come ora, dice più di mille parole. Probabilmente Louis non vorrebbe lasciarsele sfuggire, ma i suoi occhi sono così espressivi che è impossibile per lui trattenerle. Esprimono amore e sofferenza, e una punta di felicità – forse nel ricordare i momenti passati insieme a scriverla. Niall coglie il nostro muto scambio e lo vedo sorridere con la coda dell'occhio.

Mi ricordo anche quando, invece di sedersi tra Liam e Zayn durante un band talk, si mette accanto a me. Incurva un angolo della bocca, leggermente imbarazzato, e  io, piacevolmente sorpreso, gli sorrido di rimando, tuffandomi nel blu dei suoi occhi.

E quando posa la sua mano sulla mia, senza farlo vedere, un brivido mi percorre la schiena. Quel contatto per me è tutto, ma non so cosa stia a significare per lui. Non aveva deciso di aspettare, per pensare?

Il concerto finisce in un lampo, come un sogno. Quando ce ne andiamo, Louis si siede accanto a me nella macchina che deve scortarci in albergo. I finestrini sono oscurati, perciò ci viene permesso di entrare insieme nell'auto. Quando siamo dentro, ogni rumore cessa e nelle orecchie sento solo un fischio continuo in sottofondo. Il pannello per la privacy ci separa dall'autista; siamo solo io e lui.

«Lo so. Non mi sto comportando proprio come se volessi dimenticarti» ammette Louis prima che io possa dire qualsiasi cosa.

Gli sorrido, sentendomi un sedicenne di nuovo nel perdermi nei suoi occhi, nel provare tutte queste emozioni. «Va bene, Lou. Non c'è problema.»

Esita prima di parlare. «Harry, vederti là, sul palco, è stato… devastante.» Sospira profondamente. «Mi sono accorto che, anche se volessi, non potrei stare lontano da te. Devo ancora pensarci, però…»

Mi sembra di stare sognando, e in questo momento penso che forse è così. Non riesco a credere a quello che mi sta dicendo. Mi sento come intontito, stupido. Faccio fatica a capire le parole che paiono uscire dalla sua bocca al rallentatore. Mi sento come se fossi ubriaco. Ubriaco di Louis.

Vedo le sue labbra muoversi ma non sento alcun suono. Continuo a fissarle per un tempo indeterminato, finché lui non mi chiede: «Harry? Mi stai ascoltando?» Mi getto sulla sua bocca senza più esitazioni. Ho bisogno di lui, come ho bisogno dell'aria che respiro.

All'inizio Louis si irrigidisce, sorpreso, ma poi ricambia dolcemente il bacio. Sentiamo la macchina fermarsi e appena prima che qualcuno apra lo sportello ci separiamo con versi di disapprovazione.

«Io… io scendo qui» sussurro con voce roca. Posso solo immaginare il mio aspetto: capelli scompigliati, occhi lucidi, guance arrossate. Cerco di tenere lo sguardo basso in modo che non se ne accorga nessuno, mentre Louis ridacchia. Non mi stancherò mai di sentire la sua risata. «C-ci vediamo domani» balbetto e lui alza una mano in segno di saluto.

Vedo la macchina allontanarsi, circondata da moto per la sorveglianza, mentre le guardie del corpo mi scortano in hotel.

L'aria fredda mi punge il viso, facendomi riprendere dai precedenti momenti di stordimento. Immediatamente, realizzo ciò che è appena successo, e mi volto un'ultima volta per guardare l'auto sparire dietro una curva.

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Capitolo 12
*** Live while we’re young ***


Questo è il CAPITOLO DODICI. Per cominciare a leggere dal capitolo 1, cliccare sulle frecce ai lati del nome del capitolo, accanto alla sezione "CAPITOLI".

***
Live while we're young

20 dicembre 2018

Le settimane passano in fretta. Sto ricominciando ad abituarmi allo stile di vita frenetico che si adotta quando si gira per il mondo e bisogna stare in una città diversa quasi ogni giorno. Questo accade ogni volta che vado in tour, ed è parecchio stressante, ma almeno ho Niall, Liam, Zayn, e ultimamente anche Liz, a tirarmi su il morale.

E, soprattutto, ho Louis. Louis è una presenza costante; non gli permetto di stare lontano da me per un tempo troppo lungo, e passiamo dei momenti insieme, al riparo da sguardi indiscreti, appena possiamo. Non lo abbiamo ancora detto a nessuno, nemmeno agli altri ragazzi, perché tecnicamente Louis non ha ancora deciso se riprendere da dove ci siamo interrotti o meno. Ma, mentre ci pensa, non è un problema per lui trascorrere il suo tempo insieme a me non appena ne ha l'opportunità. E di certo non è un problema per me. I suoi sorrisi illuminano le mie giornate, e rendono il tutto più facile. Mi sembra di rivivere quel periodo felice della mia vita durante X Factor in cui io e Louis stavamo praticamente sempre insieme. L'unica differenza è che ora ci nascondiamo persino da alcuni dei nostri amici più cari, proprio sotto i loro occhi. Non so se Liam, Zayn o Niall ne siano accorti o meno, ma gli sono grato se lo sanno e hanno deciso di tenere la bocca chiusa. Sono a conoscenza di ciò che abbiamo passato e non sarebbe difficile credere che abbiano deciso di non dire niente per non ferirci e lasciare che elaboriamo il tutto da soli.

Tra Inghilterra, Galles, Scozia, Irlanda, Danimarca, Francia e Spagna non abbiamo avuto una sosta più lunga di quarantott'ore da un concerto all'altro. Ma adesso, durante il periodo natalizio, possiamo concederci una pausa. Andrò a trovare la mia famiglia per Natale e Capodanno, ma poi dovrò tornare subito per riprendere il tour. Da una parte, sono ovviamente contento di rivedere Gemma, mia madre e suo marito. Ma dall'altra, non vedrò Louis per un po'. Come farò a sopportarlo? Dopo quest'estate, non so se riuscirò mai a separarmi da lui per più di due, o tre giorni. Cadrei in pezzi. Già dopo i concerti, quando torniamo all'hotel e dobbiamo dividerci comincia a mancarmi non appena, dopo avergli dato il bacio della buonanotte, la porta della camera si chiude tra di noi.

Mancano pochi giorni alla partenza. Zayn se ne è già andato qualche giorno fa, così come Abby e Camille. Liam doveva partire con lui, ma ha deciso di rimandare, non so il perché. Io, Louis, Niall, Liam, Liz e Caitlin partiremo tutti alla stessa ora, ma in direzioni diverse. I primi quattro di noi andranno in Inghilterra, mentre Liz e Caitlin passeranno le vacanze insieme a New York.

E col Natale, si avvicina anche il compleanno di Louis. Voglio fare qualcosa di speciale per lui, qualcosa di molto speciale. Ma, dato che partiremo il 22 dicembre, non so davvero cosa fare. Il suo compleanno è il 24 e io dovrei essere a casa di mia madre per quella data. Ma mi farò venire in mente qualcosa. Non c'è verso che io non veda Louis il giorno del suo compleanno.

Comunque, i giorni prima della partenza io e Louis non riusciamo a stare separati; l'uno cerca l'altro in ogni momento, sapendo che dovremo dividerci presto, e la maggior parte delle volte finiamo a baciarci in uno sgabuzzino.

Come adesso. In questo momento, Louis mi ha appena spinto una stanza piuttosto angusta, un ripostiglio per scope, stracci e cose del genere. Ci troviamo in un edificio dove pochi minuti fa siamo riusciti a sopravvivere ad un'intervista. Niall e Liam sono da qualche parte, e sinceramente ora non mi interessa dove. So solo che Louis è qui, con me, ed è l'unica cosa che mi importa in questo momento.

Si chiude la porta alle spalle e mi spinge verso il muro. Mi prende dolcemente il viso tra le mani e mi guarda ardentemente negli occhi, nella penombra causata dall'unica, piccola finestra presente nella camera. Adoro tuffarmi nei i suoi occhi blu. Potrei passare una vita intera a scrutarli e non ne avrei abbastanza.

Louis preme le sue labbra sulle mie, e io mi sento come un cubetto di ghiaccio in una giornata estiva. Allo stesso tempo sono acceso da una passione intensa, da un'energia che corre nelle mie vene mentre Louis mi spinge ancora di più verso la parete, intrappolandomi col suo corpo. Sento il suo bacino spingere contro il mio, e mi rendo conto che voglio di più. Che lo voglio qui, adesso.

Louis mi lascia dei baci infuocati sul collo, e comincia a sbottonarmi la camicia lentamente, lasciando piccoli, invisibili segni incandescenti dove le sue dita toccano la mia pelle. Sussurro il suo nome mentre bacia gli uccellini tatuati che rappresentano me e lui, e poi, più in basso, la farfalla.

Ribalto la situazione e lo metto con le spalle al muro, sfilandogli la maglietta con un grugnito che lo fa ridere. Potrei sentire quella risata per ore. Per tutta la vita.

Prendo a baciarlo quasi selvaggiamente, e volendo annientare completamente le distanze tra di noi, lo stringo così forte da far aderire il suo corpo al mio. I nostri corpi si incastrano come un puzzle costituito solo da due pezzi.

Le unghie di Louis mi graffiano la schiena. Cerco di non urlare, perché qualcuno potrebbe sentirci; gemo, la mia bocca contro la sua.

«Ti amo, Harry» ansima sulle le mie labbra. Le sue parole mi scaldano il cuore, che già batte all'impazzata.

«Anche io ti amo, Louis» rispondo con voce roca, armeggiando con la sua cintura.

Solo sul punto di strappargli i pantaloni di dosso – letteralmente – quando il telefono di di Louis comincia a squillare. Il un primo momento lo ignoriamo del tutto, ma continua a suonare insistentemente, distraendoci.

«Rispondi» dico infine, allontanandomi il minimo necessario dalle sue labbra. Voglio godermi il calore di Louis, finché posso. «Se proprio devi» aggiungo cercando di apparire sexy. Quando lui ride, so di aver fallito nel tentativo – come sempre. Una delle innumerevoli altre volte in cui ci avevo provato, tempo fa, Louis aveva sorriso e detto: «Harry, con questi occhioni verdi, le fossette e le labbra rosse da bambolotto» – e mi aveva preso per le guance, stringendole delicatamente e accarezzandole con i pollici, mentre io mettevo su un'espressione imbronciata – «non riuscirai a sembrare sexy, a nessuno.» Avrei voluto protestare, ma lui mi aveva zittito con un bacio. Uno dei baci più dolci che avessi mai ricevuto.

Louis guarda la schermata del telefono, controvoglia. «È solo Niall» mi assicura, spegnendolo e buttandolo in un angolo. Subito riprendiamo a baciarci, ma dopo un momento è il mio iPhone ad interromperci. Con un gemito frustrato mi separo ancora una volta dalle morbide labbra di Louis. Guardo il display: è di nuovo l'irlandese. Rifiuto la chiamata e faccio per gettarmi di nuovo sulla bocca di Louis, quando il telefono riprende a squillare – stavolta è Liam. Mi viene voglia di ridurlo in pezzi.

«Magari è importante» suggerisce Louis. Mi prende dolcemente il telefono dalla mano e risponde. «Sì?» La sua espressione cambia in quella di chi sa di aver appena commesso un errore madornale, mentre Liam gli dice qualcosa che non posso sentire. «No, Harry non è con me» dice, come se fosse la cosa più ridicola del mondo, ma non è per niente convincente. Mi avvicino e comincio a lasciargli dei baci sul collo, rendendogli praticamente impossibile parlare con un tono di voce normale. «Sì, lo so che è il suo telefono» risponde a fatica. A voce bassa, aggiunge: «Sei uno stronzo, Harry.»

Rido piano contro la sua pelle. «Ti amo anch'io.»

Facendo finta di essere infastidito, mi allontana con una spinta, ma vedo che sorride nella penombra. «Lo so, dobbiamo esserceli scambiati per sbaglio.» Sbuffa, stanco di rispondere alle domande di Liam, ma soprattutto di inventate scuse – anche perché non è molto bravo a farlo. «Lo so che sono di due colori diversi» quasi ringhia. Emetto un'altra risatina, cercando di tenere la voce bassa per non farmi sentire dall'altro capo del telefono. «Che vuoi, Liam?» cambia discorso. Louis ascolta imbronciato ciò che ha da dire ed interrompe la comunicazione senza nemmeno avvertirlo, seccato. «Ci stanno cercando» spiega. «Sono preoccupati perché non ci trovano da nessuna parte.» Alza gli occhi al cielo. «Sarà meglio andare» conclude, anche se una sua occhiata dice di volere l'opposto.

Con uno sguardo di disapprovazione che lo fa ridere, mi riabbottono la camicia, mentre lui si rimette la maglietta e si riallaccia i pantaloni. «Vai prima tu» gli dico. «Io vi raggiungo tra qualche minuto.»

Louis annuisce e fa per aprire la porta ed andarsene, ma prima di farlo si gira e mi schiocca un leggero bacio sulle labbra.

Rimango nella stanzetta, da solo e al buio, con un sorriso ebete dipinto in viso.

*

Prima che comincino le vacanze la Modest ha bisogno di altre foto, così io e Liz saremo costretti a camminare per le strade di Barcellona mano nella mano. Sto andando a prenderla all'hotel, e mentre lo faccio penso che sto cominciando a scocciarmi di tutto questo; non perché mi dispiaccia passare del tempo con lei, ma perché non voglio più fingere che lei sia per me qualcosa di più di un'amica. È da un sacco di tempo che lo penso, ma soprattutto ora mi rendo conto che tutto questo sta dirottando e modellando completamente le nostre vite. Innanzitutto, se avessimo avuto il coraggio di opporci prima, Louis non avrebbe mai rotto con me, e ora staremmo felicemente insieme, e il mondo potrebbe vederci semplicemente per quello che siamo: due persone che si amano. Potremmo tenerci per mano sotto gli sguardi di tutti. Potrei stringerlo a me in pubblico, potrei…

Ma Louis disse anni fa, durante X Factor, che non era pronto. Anche se ormai tutti avevano capito che stavamo insieme, disse che voleva aspettare a dichiararlo, perché all'epoca doveva ancora parlarne con la sua famiglia. E dopo aver perso a X Factor, pensai che avremmo potuto dirlo a tutti. Louis era d'accordo. Ma poi firmammo quel contratto, e tutto cambiò. Venimmo separati senza alcuno scrupolo; le uscite insieme diminuirono sempre di più e durante le interviste o davanti alle telecamere dovevamo stare distanti l'uno dall'altro. E poi obbligarono Louis ad uscire con una ragazza, e invitarono me a fare lo stesso. Dissero che dovevano coprire l'essere gay di Louis, ma che io essendo bisessuale potevo scegliere le ragazze con cui uscire – l'unica scelta che abbia avuto negli ultimi anni, a parte quella nel vestirmi – sperando di farmi dimenticare Louis. Da una parte, anche io speravo di riuscire a dimenticarlo: quella relazione segreta mi uccideva dentro, e mi faceva soffrire incredibilmente.

Ma nessuna ragazza o ragazzo riusciva a rimpiazzare Louis. Ci provai. Ci provai con alcune delle ragazze più belle che abbia mai conosciuto, ma Louis restava sempre lì, sigillato nel mio cuore. Nessuna persona riusciva ad accelerare le mie pulsazioni, non come faceva – e fa – lui. Così lasciai perdere, ed ora mi ritrovo ad avere una copertura.

La "ragazza" di Louis rimase con lui per anni, finché lui non si stancò di lei e di esibirsi in finti sorrisi di fronte alle telecamere, e dichiarò a dei giornalisti che si erano lasciati, con grande disappunto della Modest. Ma lasciarono correre, chissà perché.

Non potrò mai perdonare loro tutto questo. Non potrò mai cancellare tutto il dolore che mi hanno causato. Ma, soprattutto, la sofferenza di Louis non ci sarebbe mai stata. È questo quello che non perdonerò mai alla Modest. Louis è per me la persona più importante che esista al mondo, ed ogni suo più piccolo briciolo di dolore è per me una pugnalata nello stomaco.

Il problema è che vorrei urlarlo al mondo. Vorrei gridare per le strade: «SONO INNAMORATO DI LOUIS WILLIAM TOMLINSON!» e non mi importerebbe di essere considerato pazzo. Sono stanco di tutto questo, sono stanco dei giochetti di potere con cui la Modest ci tiene in pugno.

Ma per ora non posso fare niente. Sono completamente impotente, come lo ero otto anni fa. E odio tutto questo.

I miei pensieri si fermano quando arrivo davanti alla porta della camera di Liz. Busso e aspetto qualche secondo ma non nessuno viene ad aprire, così ripeto l'azione, ma sembra proprio che la stanza sia vuota. La chiamo al telefono, e risponde solo quando sto per riattaccare. Sospiro, sollevato. «Ehi.»

La sento tirare su col naso. «Ciao, Harry» dice cercando di non far tremare la voce – e non riuscendoci.

«Stai bene?» chiedo, preoccupato. «Dove sei? Abbiamo le foto, oggi.»

Lei sembra confusa. «Cosa?» Resta un momento in silenzio. «Oh, le foto. Scusami, mi sono completamente dimenticata» risponde con voce incrinata. È evidente dal suo tono che sta piangendo, o che lo ha fatto prima che la chiamassi.

«Liz? Che succede?»

Si prende un po' di tempo per rispondere, e io aspetto, perché so che farebbe lo stesso per me. Sento un respiro profondo dall'altro capo del telefono. «Se n'è andata.»

«Cosa? Chi?»

Sospira di nuovo. «Caitlin. Se n'è andata. Non so dove, non c'è scritto sul biglietto che mi ha lasciato. Ma se n'è andata.» Sento dalla sua voce che sta davvero, davvero male.

Sento dei clacson suonare dall'altro capo del telefono. «Dove sei? Vengo a prenderti.»

«Non importa. Lascia stare, hai già abbastanza problemi. Sto bene, davvero.» Ma il suo tono fa a botte con le sue parole. Cerco di protestare, ma lei mi interrompe. «Senti, prenditi una giornata libera. Stai con Louis – non lo so. Ho bisogno di rimanere sola per un po'.»

«Okay.» Vorrei davvero fare qualcosa per lei, vorrei aiutarla, perché so che lei lo farebbe per me. Il massimo che riesco a fare è dirle: «Starai bene. Anzi, sai cosa? Stasera usciamo. Hai bisogno di smettere di pensare a lei almeno per una sera. Invito anche i ragazzi, e andiamo a divertirci in qualche locale.» Cerco di scacciarmi dalla testa l'immagine di Louis che balla con me in pista. «Per una notte, ce ne freghiamo. Dei giornalisti, dei paparazzi, della Modest… di tutto.» Penso che forse dopotutto non lo sto facendo per lei, ma per me. Perché, lo so, ne ho bisogno.

«Ci penserò» risponde semplicemente. «Grazie, Harry.»

*

Passo il pomeriggio con Niall e Liam. Non so dove si sia cacciato Louis, perché non risponde ai miei messaggi.

Ho dovuto a Liam e Niall di Liz, perché dovevo giustificare il mio essere con loro e non a "posare" per le foto che avrebbero dovuto finire in rete entro domani.

Quando glielo spiego, Niall smette di sgranocchiare le sue patatine – segno che è davvero sbalordito. «Cosa? E la Modest non se la prende che non siete lì?»

«Hanno già rimandato in passato, non dovrebbe essere un problema per loro rifarlo» risponde Liam al mio posto. Lo ringrazio con lo sguardo. «E lei come sta? L'hai vista?»

«No. Non ha voluto.» Spiego ai ragazzi la mia idea per stasera.

Un sorriso gigantesco illumina il viso di Niall. «Sì! Ne abbiamo proprio bisogno. Sono stressato» dice con la bocca piena facendo un gesto melodrammatico, e toccandosi la fronte col dorso della mano in un modo così buffo che io e Liam scoppiamo a ridere. Dopo qualche secondo si unisce anche Niall, e mi viene in mente che è da tanto che di momenti così spontanei tra noi ultimamente non ce ne sono stati molti.

Liam sembra intercettare i miei pensieri. «Ultimamente non usciamo molto insieme, eh? Solo per lavoro. È solo un peccato che non ci sarà Zayn stasera. Ma rimedieremo.» Mi rendo conto che ciò che dice è vero. A parte i concerti, non facciamo molte uscite. È incredibile che nessuno di noi, finora, si sia accorto che i rapporti tra di noi – a parte quelli tra colleghi – si stanno lentamente sgretolando. Come uno scoglio colpito insistentemente dalle onde del mare. Non si vede a occhio, ma la roccia si sta lentamente sbriciolando. Ovviamente, non è che non siamo più legati, solo… non come prima. Mi viene voglia di rimediare immediatamente. La prospettiva che tra qualche anno potrei aver perso la loro amicizia è terrificante. Questi ragazzi sono tutto per me – insieme a Louis e alla mia famiglia.

Niall continua a parlare, la bocca piena di patatine. «Già, peccato che non ci sia Zayn.» Alza le spalle. «Se la starà spassando con qualche ragazza a quest'ora» dice con l'aria di chi vorrebbe essere al suo posto, le parole quasi incomprensibili dato che ha un gran numero di patatine ficcate in bocca.

Liam coglie l'attimo. «Già, almeno lui ci riesce a resistere al buffet quando sta con una ragazza» ricorda a Niall una storia di qualche anno fa. Lei – non ricordo il suo nome, è solo una delle tante avventure di Niall – se n'era andata indignata rovesciandogli un bicchiere d'aranciata in testa quando lui l'aveva ignorata per vincere una scommessa con Louis su quante ciliegie riuscivano ad entrargli in bocca di seguito. Mi ricordo che all'epoca ridemmo tutti di gusto quando Niall, sorpreso dal liquido che gli colava in testa, aveva sputato tutte le ciliegie di botto, ed eravamo letteralmente piegati in due dalle risate quando una di quelle era finita dritta nell'occhio di un cameriere che passava con un vassoio in mano.

L'espressione di Niall si imbroncia. «Ai itto, Iam» blatera con la bocca ancora piena. Scoppiamo a ridere di nuovo, sentendoci più vicini di quanto non siamo stati per tanto, troppo tempo.

*

La sera, quando passiamo a prendere Liz, lei sembra stare bene. Ma io, più di tutti, so che quello che ha lei stampato in faccia non è un vero sorriso – io e Louis ne abbiamo esibiti pure troppi, di falsi sorrisi, negli ultimi otto anni.

Sgattaioliamo fuori dall'albergo da un'altra uscita in modo da non farci vedere dalla sicurezza. L'adrenalina mi scorre nelle vene quando siamo fuori dall'hotel senza essere visti. Mi ero dimenticato di come ci si sente ad agire spontaneamente, a disobbedire. È una bella sensazione.

Io, Liam, Niall e Liz siamo "camuffati". Indossiamo sciarpe e cappelli e abbiamo i cappucci alzati in modo da non farci riconoscere, quindi dovrebbe andare tutto bene.

Louis ancora non risponde ai messaggi e mi sto preoccupando. Mentre Liam e Liz sono qualche metro dietro di noi a parlare, chiedo a Niall, il più disinvoltamente possibile, come se fosse solo una curiosità, se oggi l'abbia sentito. Lui mi dice che Louis l'ha chiamato qualche minuto fa dalla sua camera, dicendogli che non trovava più il suo telefono. È come se un peso si fosse appena sollevato dal mio cuore. «Gli ho detto dove stavamo andando e lui ha promesso che ci raggiungerà tra poco.» Qualcosa si accende dentro di me. Succede ogni volta che so che vedrò Louis.

Entriamo nel locale. È davvero affollato, e non ci nota nessuno, né tantomeno ci riconoscono: è buio e con le luci da discoteca è praticamente impossibile farlo. Tantissime persone ballano al ritmo della musica, controllata da un DJ dall'altra parte del locale. Prendiamo da bere – Liam, che mi dimentico sempre essere astemio, prende qualcosa di analcolico – e ci sediamo ad un tavolo in un angolo, per non dare nell'occhio.

«È così strano essere liberi!» esclama Niall, che sta già sgranocchiando qualcosa. «È come se non avessi un solo pensiero per la testa.»

«Hai ragione. È come se non ci controllasse nessuno, per una volta.» Riconosco immediatamente la sua voce dolce, che sovrasta la musica. Mi volto di scatto verso di lui, mentre si siede accanto a me con un drink in mano.

«Louis! Ce l'hai fatta!» praticamente urla Niall, già un po' brillo.

Restiamo seduti al tavolo per un po', ordinando un secondo e poi un terzo giro di bibite. Poi Liam dice qualcosa a Liz, ma non riesco a capire cosa a causa della musica troppo alta. Lei scrolla le spalle e annuisce alle sue parole. I due si alzano e ci fanno cenno che stanno andando a ballare.

Noialtri rimaniamo al tavolo, finché Niall non abborda una ragazza e scompaiono tra la folla. A questo punto Louis si china verso di me e, mentre il suo fiato caldo mi sfiora il collo mentre parla, mi si rizzano i peli sulla nuca. «Balli con me?» mi sussurra all'orecchio. Il suo alito sa di alcol.

Non me lo faccio ripetere due volte e mi lascio trascinare nel mare di gente dalla sua mano, così piccola ma incredibilmente forte, con la testa libera da ogni pensiero – effetto dei drink.

Ondeggiando a ritmo e non sapendo bene cosa dire, alla fine opto per un: «Ti ho scritto oggi, ma non mi hai risposto.» L'alcol accentua la nota di indignazione presente nella mia voce, che non riesco a nascondere.

Lui si avvicina e mi prende per un fianco, alzandosi sulle punte per farsi sentire sopra la musica. «Pensavo sapessi che l'avevo lasciato inquello stanzino.» Aspetta una mia reazione con uno sguardo così assolutamente… sexy, che mi viene voglia di baciarlo selvaggiamente proprio qui, in mezzo a tutta questa gente.

Ma, dopotutto, cos'è che mi blocca? Non ci sono fotografi, né giornalisti, né la Modest. Voglio vivere finché sono giovane. E poi, questa doveva essere una serata in cui scacciamo dalla mente tutte le preoccupazioni e, semplicemente, siamo noi stessi.

Forse è a causa dell'alcol che mi vengono questi pensieri – anzi, quasi sicuramente è così – ma, stavolta, niente mi ferma dal chinarmi e stringerlo forte tra le braccia. Louis capisce ciò che voglio fare un secondo prima che lo baci. E d'un tratto la folla sparisce, e la musica non c'è più. Nelle mie orecchie, solo un silenzio pacifico e il battito accelerato del mio cuore. Possibile che, a ventiquattro anni, Louis Tomlinson riesca a farmi sentire come se fossi di nuovo un sedicenne? Dopo otto anni, ogni bacio sembra ancora essere il primo.

Louis ricambia e, fregandocene della folla, continuiamo a baciarci, sapendo che questo è il nostro primo bacio in pubblico – anche se probabilmente nessuno lo starà notando, troppo presi da se stessi – e non volendo interromperlo, mai, mai, mai.

Spero solo che, un giorno non troppo lontano, ci saranno altri baci come questo. Un giorno in cui potremo esprimere ciò che siamo senza dover stare nascosti.

Un giorno in cui io e Louis potremo tenerci per mano per la strada, senza che nessuno ce lo vieti.

***

Angolo dell'autrice ≈

Scusatemi se pubblico questo capitolo con un giorno di ritardo ma essendo sabato ieri sono stata fuori praticamente tutto il giorno e non ne ho avuto il tempo!

Spero che questo capitolo vi piaccia, mi sono divertita a scriverlo xD

Come al solito, se volete lasciare commenti o consigli in una recensione ne sarei davvero felice. Mi è dispiaciuto che l'ultimo capitolo che ho pubblicato non sia piaciuto quanto gli altri, spero di essermi fatta perdonare con questo, fatemi sapere!:))

Detto questo, vi saluto, al prossimo capitolo! :3

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Capitolo 13
*** I was so stupid for letting you go ***


Questo è il CAPITOLO TREDICI. Per cominciare a leggere dal capitolo 1, cliccare sulle frecce ai lati del nome del capitolo, accanto alla sezione "CAPITOLI".

***

Louis

I was so stupid for letting you go

24 dicembre 2018

Cammino a testa bassa per le strade innevate di Doncaster. È la vigilia di Natale e per strada non c'è praticamente nessuno.

Nessuno a parte me. Sebbene non sembri, quando non sono dell'umore giusto tendo ad essere un po' solitario. Mi piace passare il giorno del mio compleanno con le persone che amo, ma non ce l'ho proprio fatta a rimanere a casa, oggi. Questo perché nella mia mente ho un solo pensiero, un chiodo fisso.

Harry.

Non una chiamata, non un messaggio, niente di niente. Forse si è arrabbiato perché non gli ho ancora dato una risposta definitiva e ha deciso di ignorarmi completamente.

Il peggio di tutto questo è che io voglio tornare con Harry, più di ogni altra cosa. Ma il problema è che ho paura del dolore. Ne ho sempre avuto troppa paura. Quando l'ho lasciato prima dell'estate, l'ho fatto sapendo che il mio cuore si sarebbe spezzato. E nei mesi successivi alla rottura era semplicemente ridotto in mille pezzi. Harry sta facendo un lavoro straordinario nel rincollarne i cocci, ma è un'impresa molto più difficile di quanto non sembri.

Avevo pensato bene a cosa dire a Harry e se dirglielo. Ci avevo pensato per molto tempo, ma ogni volta mi bloccavo perché i suoi occhi verdi mi inghiottivano e io non riuscivo a fare altro che non fosse baciare quelle sue labbra piene e rosee, o ad incantarmi nell'osservare quel suo viso così perfetto, le fossette, i ricci, ogni più piccolo dettaglio del suo volto.

Alla fine, però, sono riuscito a fare quello che pensavo di dover fare. L'ho lasciato perché volevo che lui si godesse la vita. Perché, potevo vederlo, Harry soffriva quanto e forse più di me del fatto che dovessimo nasconderci. Magari sarebbe riuscito a trovare una ragazza se io non fossi stato insieme a lui, magari mi avrebbe dimenticato. Questo era quello che pensavo, quello che speravo per lui. Dicono che se ami davvero una persona, allora il tuo desiderio più grande è che sia felice, con o senza di te. Sapevo che Harry con me non poteva essere pienamente felice, così ho fatto la cosa che a me sembrava più sensata in quel momento.

Ma so che è stato un errore lasciarlo. Ho finito per far soffrire di più tutti e due. E forse sono solo egoista, ma io voglio che Harry sia felice con meQuesto è il mio desiderio più grande.

Almeno adesso so che non posso vivere senza di lui. Lo sospettavo già da tempo, ma solo negli ultimi mesi ne ho avuta la conferma. Non avrei mai dovuto sottovalutare il mio amore per Harry o il dolore che avrei provato se l'avessi lasciato. Perché quel dolore mi ha ridotto ad essere l'ombra di ciò che ero una volta. Non so se ci sia un limite per quanto una persona possa amarne un'altra, ma sembra che l'amore che provo per Harry non diminuisca mai, anzi cresca ogni giorno di più.

Mi siedo sul ciglio della strada e mi accendo una sigaretta. Il terreno è soffice a causa della neve. Ogni anno mi sorprendo di quanto mi sia mancata la mia città. Facendo scorrere lo sguardo sui palazzi, sui parchi, sulle strade che hanno fatto da scenario per la mia infanzia, il senso di nostalgia che provo pensando a casa si accentua.

Tiro il telefono fuori dalla tasca. Ne ho comprato uno nuovo dopo aver perso – o meglio, abbandonato in uno squallido stanzino per le scope in Spagna – l'altro. Controllo la schermata di blocco – un'abitudine che si è accentuata negli ultimi due giorni. Ho dato il mio nuovo numero a Harry prima che lui partisse per Holmes Chapel, ma non ricevo alcuna notizia da lui da quando ci siamo divisi.

Mi manca da morire, e ho paura di scoprire il perché del suo comportamento. Mi sento un'idiota dopo avergli mandato almeno tremila messaggi, a nessuno dei quali ho ricevuto risposta.

All'improvviso la schermata si illumina. Mi si stringe il cuore, sperando che sia Harry.

Ma è solo Lottie. Rispondo, con tono deluso. «Louis, dove diavolo sei? Ti starai congelando.» Le dico che sto già tornando e mi alzo, dirigendomi verso casa.

Quando entro mi rendo conto di quanto faccia freddo fuori. Sento gli sguardi dei membri della mia famiglia addosso ma non li ricambio; mi dirigo a testa bassa verso la mia camera e chiudo la porta e gli occhi, sedendomi per terra. Tiro di nuovo fuori il telefono dalla tasca, ma nessuno mi ha mandato messaggi o mi ha chiamato.

«Dove sei, Harry?» sussurro.

«Proprio qui» risponde inaspettatamente una profonda voce roca.

Sobbalzo, preso completamente in contropiede. Il cuore comincia a battermi all'impazzata. All'inizio sono sicuro sia un'allucinazione, perché non è possibile che Harry sia qui.

Ma invece lo è. Seduto appena sul mio letto, non potrebbe essere più reale di così. Non potrei mai immaginare qualcosa di così perfetto.

Mi sorride facendo spuntare le sue adorabili fossette e mi guarda con quei bellissimi occhi verdi di cui mi sono innamorato anni fa.

«H-Harry?» balbetto, incredulo. «Che diavolo ci f–»

«Non potevo perdermi il tuo compleanno» risponde semplicemente.

Cerco di trovare una spiegazione razionale per cui non dovrebbe essere qui. Una parte di me ancora crede che sia un'allucinazione. «M-ma è la vigilia di Natale, e…» Mi do mentalmente una sberla. Devo smetterla di balbettare come un idiota. «Non dovresti essere a Holmes Chapel?»

Scuote la testa, con quel suo sorriso adorabile ancora dipinto in volto. «Dovrei essere dove sei tu» risponde con una dolcezza infinita. «Mia madre e Gemma hanno capito. Ho già passato del tempo con loro, e le rivedrò da dopodomani fino a Capodanno, comunque. Gemma passerà il Natale con i suoi amici e mia madre inviterà della gente a casa.»

«Ma…» Mi schiarisco la voce. «Ma… perché…?»

«Quante domande, Tomlinson» sbuffa Harry senza smettere di sorridere, alzandosi dal letto e accucciandosi accanto a me, con la schiena contro la porta. Mi guarda intensamente negli occhi. «Non sei felice che io sia qui?»

Mi accorgo dell'espressione confusa e disorientata che devo avere, così mi alzo e faccio per spolverarmi i pantaloni – già perfettamente puliti. «Avresti potuto chiamare.»

«Lo so. Ma volevo farti una sorpresa.» Alza le spalle, sorridendo. «Non sei contento?»

«Avresti potuto chiamare» ripeto come un disco rotto. Mi rendo conto di essere davvero ferito.

Il suo sorriso scompare in un attimo. «Louis» sussurra dolcemente mentre mi si avvicina, sinceramente preoccupato, prendendomi per le spalle. «Mi dispiace, hai ragione. Dovevo chiamarti.»

Affogo nei suoi occhi verdi, che d'inverno diventano più chiari. Mi sono mancati così tanto. La mia testa si svuota e tutto ciò che riesco a dire è: «Sì.»

Harry non capisce ciò che voglio dire e chiede, a voce bassa: «Cosa?»

«Sì, sono felice che tu sia qui» sottolineo.

Harry mi regala un enorme sorriso, che illumina il suo volto e tutto lo spazio circostante. Non mi stancherò mai di vederlo sorridere, è un vero e proprio spettacolo.

*

Sebbene avessi ordinato «niente torta», come al solito la mia famiglia non mi ha dato retta, così che devo rimanere fermo come un idiota a fissare le candeline mentre tutti cantano "Tanti auguri a te". Ho ventisette anni, cazzo, non due. Se avessi voluto una maledetta festa, l'avrei data.

Harry mi guarda di sottecchi, intercettando i miei pensieri e mi stringe la mano senza farsi vedere, sapendo che tutto quello che voglio in questo momento è buttarmi giù da un burrone.

Ma mi fa bene averlo qui. La sua presenza riesce a calmarmi ovunque siamo, indipendentemente dalla situazione o da con chi siamo. L'importante è che lui sia con me e io sia con lui.

Dopo aver cenato ognuno si dirige nella propria camera, tranne me e Harry, che restiamo seduti sul divano a parlare del più e del meno. È strano tornare ad essere così vicini. Negli ultimi mesi è stato tutto o nero o bianco: o io e Harry ci ignoravamo spudoratamente – o meglio, io, stupidamente, ignoravo lui – o ci baciavamo in un qualunque stanzino… soprattutto quest'ultima cosa. Invece, adesso, è come se fossimo tornati a quel periodo prima dell'estate. Prima che compiessi l'errore di lasciarlo andare. Non avrei mai dovuto farlo, sono stato così stupido, accecato dal dolore. Io e Harry abbiamo sempre parlato di tutto, non ci sono mai stati segreti tra noi. Ora sento che riusciamo a faro di nuovo, e non potrei essere più felice – anche se è un po' strano chiacchierare di cose stupide, perché tutto quello che voglio adesso è gettarmi sulle sue labbra e sentire il suo calore. Così cerco di restare concentrato sulla conversazione, ma a volte mi incanto a fissare la sua bocca, o le sue fossette, o i suoi occhi… e quando succede lui mi riporta alla realtà schioccando le dita davanti al mio viso, ridacchiando.

Harry mi sta raccontando del suo viaggio per arrivare fin qui, ma poi si interrompe nel bel mezzo di una frase. Le sue guance si tingono di un rosso leggermente più chiaro delle sue labbra, facendo risaltare gli occhi verdi. Adoro quando succede. «Ti, ehm, ti ho preso qualcosa per il tuo compleanno.»

Stavolta è il mio turno di arrossire. «Cosa? Harry…»

«Lo so, ogni anno dici che non devo.» Sorride.

Ho la netta sensazione di essere rosso come un peperone, soprattutto perché lui ride piano mentre mi guarda in faccia.

L'espressione di Harry perde lentamente il sorriso, mentre mi guarda negli occhi e si avvicina piano a me, continuando a fissarmi come se volesse imprimersi ogni più piccolo dettaglio del mio viso nel cervello. «Immagino» sussurra con voce assorta, «immagino che possa aspettare.»

Mi sento come in apnea, ma non ho voglia di tornare in superficie. «Immagino di sì.» Le figure attorno al viso di Harry si sfocano, nelle orecchie ho un continuo – ma basso – ronzio. Non riesco a vedere niente che non sia lui, e non voglio farlo.

E poi anche io mi sporgo verso di lui, e le nostre labbra si toccano. Sento la morbidezza delle sue, la dolcezza del bacio, sento tutte le sensazioni a cui sarei stato pronto a rinunciare solo per Harry. Mi faceva male pensare che potesse trovare le stesse emozioni che io provo per lui in una qualche ragazza, ma il mio amore per lui è così grande che non vorrei mai fare assolutamente nulla che non lo faccia stare bene. E ho fallito miseramente. Lasciandolo non ho fatto altro che ferirlo incredibilmente.

Ma adesso sento il calore delle sue labbra, la sua mano ad accarezzarmi i capelli, la dolcezza dei suoi movimenti. No, non potrei mai separarmi da lui di nuovo. Perché mi rendo conto di quanto io abbia bisogno di lui. Da una parte odio ammetterlo, perché mi piace pensare di essere indipendente e di non aver bisogno di nessuno. Ma dall'altra so che è vero. Perché senza Harry non sono niente. È entrato nella mia vita e nella mia pelle, e, nemmeno volendo, potrei farlo uscire.

Una lacrima mi sfugge, rigandomi la guancia. Harry se ne accorge e si stacca dolcemente da me, ma senza allontanarsi troppo, in modo da riuscire a fissare nei miei occhi. Le sue iridi verdi sono come casa, per me. Dal momento in cui mi innamorai di Harry, seppi che non avrei mai potuto trovare qualcun altro che mi desse quella sensazione di calore, di amore, e di casa. Perché quando si girava verso di me, i suoi occhi brillavano e mi regalavano una sensazione incredibile. Era come se io fossi tutto ciò che contasse per lui, come se io fossi una persona speciale. Non mi ero mai sentito così. E il meglio di tutto questo è che, dopo otto anni, provo ancora queste sensazioni come se fosse la prima volta. Solo che sono stato costretto a nasconderle davanti alle telecamere, quando volevo urlarle al mondo. E questo mi ha fatto e continua a farmi terribilmente male.

Harry mi guarda ardentemente negli occhi. «Perché piangi, Lou?» mormora, preoccupato. La sua voce è come una melodia alle mie orecchie, una melodia bassa e dolce.

«Perché sono felice» bisbiglio con voce sconnessa.

Harry mi regala un sorriso, uno dei suoi bellissimi sorrisi che ti fanno sentire come se fossi l'unica persona al mondo che gli importi. I suoi occhi verdi luccicano di lacrime. «Anche io sono felice.» Sento il suo respiro caldo sulle labbra, e sono convinto di essere la persona più piena d'amore del mondo. Mi sento come se stessi per esplodere.

«Credo sia il momento di darti il tuo regalo» decreta Harry tirandosi indietro per estrarre una scatoletta dalla tasca. Strabuzzo gli occhi, sperando che non sia ciò che penso.

Harry emette una risatina, facendo spuntare le fossette ancora una volta. «Non ti sto chiedendo di sposarmi, Lou.»

Rido anche io, piano, tirando un muto sospiro di sollievo. So che se me lo chiedesse, io gli direi di sì, gettandomi tra le sue braccia. Il problema sarebbe solo che ho sempre voluto chiederlo io a lui. E se – quando, sussurra una vocina speranzosa proveniente dal mio cuore – decideremo di sposarci, sarà perché io glielo avrò chiesto nel bel mezzo di una piazza pubblica, in modo che chiunque avrà potuto vedere il nostro amore, tenuto nascosto per troppi anni.

«Ti sto chiedendo di farmi una promessa, però.» La voce di Harry è estremamente seria, e io cerco di concentrarmi sulle sue parole, e non sulla sua bocca o sui suoi occhi o su…

Louis, smettila, mi ordina la mia parte razionale.

«Ho bisogno che mi prometti…» comincia Harry aprendo la scatoletta di Cartier e rivelando un anello argentato infilato in una delicata catenina dorata – sa che non porto gli anelli, ma non sa che per lui ovviamente lo farei – e prendendolo in mano, mostrandomi le scritteLouis&Harry incise nell'interno. «Ho bisogno che mi prometti che lo porterai finché mi amerai.»

La dovrò portare per sempre?, penso con un sorriso.

Ciò che dice dopo mi turba, però. «Se un giorno non mi amerai più…» – si schiarisce la voce – «… allora non dovrai fare altro che togliertelo. Così non dovrai farmi il discorso imbarazzante, e…»

«Oh, stai zitto, Harry» lo interrompo mettendogli una mano sulla nuca e baciandolo dolcemente. Lui si rilassa contro le mie labbra e ricambia il bacio. Poi mi separo da lui e lo guardo negli occhi. «Ho fatto un errore gigantesco a lasciarti. Pensavo… pensavo di farti un favore. Ma non ho fatto altro che ferire più profondamente sia te che me. E ti chiedo scusa. E ti prego di perdonarmi.» Pronuncio ogni frase lentamente e separatamente, sperando che assorba totalmente il messaggio. «E ti amo» sospiro. «E ti amerò per sempre, e per questo non mi toglierò mai questo anello.»

Le iridi di Harry sono un miscuglio di verde prato, amore e turbamento, gioia e sofferenza. «Lo spero.»

«Harry.» Gli prendo il viso con entrambe le mani. «Harry, non potrei perderti di nuovo. Te l'ho detto, ne morirei. Dimmi che lo capisci. Dimmi che sai che non ti lascerò mai più a meno che sia tu a volerlo.»

Alza gli occhi al cielo, per poi riportarli nei miei. «Sai che non succederà mai.»

Mi allaccia la catenina al collo. «E ne sono felice» sussurro, abbracciandolo come se ne dipendesse la mia vita. Perché è così.

Sento i ricci di Harry sotto il mento e sul collo, dove la sua testa si inserisce perfettamente. Ci incastriamo come i pezzi di un puzzle; sembriamo fatti apposta per stare insieme – lo siamo.

«Ti amo.» Due parole, due semplici parole, riescono a scaldarmi il cuore e a farmelo battere velocissimo.

Le lacrime rotolano sule mie guance. «Mi dispiace, Harry. Mi dispiace così tanto.» Ora sto singhiozzando rumorosamente.

Harry si tira su e mi asciuga il viso con i suoi pollici. «Lo so, lo so. E ti perdono. Hai fatto ciò che ti sembrava più giusto.»

Lo guardo intensamente negli occhi, qualche lacrima che ancora sfugge al mio controllo. «È… è tardi. Sarà meglio andare a dormire.»

Harry sembra leggermente sorpreso dalle mie parole, ma annuisce. «Sì. Sì, certo.»

Ci dirigiamo verso il corridoio dove ci sono le camere da letto; io mi fermo davanti alla mia e apro la porta, guardandomi indietro aspettandomi di vedere Harry andare verso la stanza degli ospiti.

Invece i suoi occhi verdi sono incollati nei miei e mi scrutano come volessero annegarvi. Mi giro e, proprio come se non potessimo trattenerci – perché è così – ci uniamo in un bacio quasi incasinato, maldestro, perché abbiamo così bisogno l'uno dell'altro.

Incespichiamo – senza però separarci – nella mia camera e chiudiamo piano la porta. È come se volessimo divorarci a vicenda, però piano, adagio. Come se volessimo farlo lentamente, per gustare appieno l'altro.

Spingo Harry verso il letto e mi metto a cavalcioni sopra di lui, baciandolo dolcemente, in contrasto con la passione che mi esplode nel petto. Harry è sempre stato, per me, come una creatura di porcellana e l'ho sempre trattato come tale. Forse è per la sua pelle chiara in contrapposizione con le labbra scure, forse perché i suoi occhi verde chiaro mi esprimono infinita delicatezza, o forse è il suo modo di essere che mi fa pensare a lui come se fosse una perfetta scultura di fragile vetro.

Ma probabilmente è perché sono semplicemente innamorato di lui. L'amore è così semplice e così complicato, allo stesso tempo.

La felpa e la maglietta di Harry volano via e vanno a posarsi da qualche parte sul pavimento, così come le mie. Bacio ogni centimetro disponibile della sua pelle chiara, con estrema dolcezza, per poi tornare a farlo con le sue labbra, così piene e morbide.

Rotoliamo tra le lenzuola, il suo corpo accanto al mio, il suo calore che diventa il mio e il mio che diventa il suo. E i baci, l'amore, le carezze che ci scambiamo sembrano non finire mai. E vorrei che non finissero mai.

«Di certo è meglio farlo qui che in uno stupido sgabuzzino in giro per il mondo» sussurro contro la guancia di Harry, ansimante. Sento la risata emanata dal suo petto sul mio.

«Ti amo, Louis.» I suoi occhi sono così dolci e trasparenti che mi fanno venire brividi lungo tutta la schiena.

«Ti amo, Harry.»

***

Angolo dell'autrice ≈

Come sempre, spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Ultimamente sto cercando di farli più lunghi, così mi ci vuole più tempo per scriverli, perciò credo che d'ora in poi non li metterò più tutti i giorni ma un giorno sì e uno no.

Coomunque, spero di essere riuscita a rendere i sentimenti di Louis. Ho voluto scrivere questo capitolo dal suo punto di vista perché è sul suo compleanno, perché voglio far vedere come lui vede Harry e perché voglio giustificare le sue azioni, soprattutto quando ha lasciato Harry. Volevo fare capire ad alcune di voi che non è che mi stia "antipatico", o che lo sia – assolutamente! – ma che lo ha fatto perché ama Harry così tanto da volere il meglio per lui.

Come al solito ho cercato di incanalare nei Larry le sensazioni che provo io e che credo provino anche loro quando sono con la persona che amo, e come mi sento in alcuni frangenti.

E niente, probabilmente metterò il prossimo capitolo dopodomani, ma può essere che lo metta anche domani sera – non lo so, dipende dai miei impegni.

Se vi va lasciate una recensione – mi farebbe molto piacere! – e sempre se volete mettete la storia tra le seguite, preferite, ricordate, fate un po' voi xD

Ci vediamo al prossimo capitolo! Baci :3

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Capitolo 14
*** Something great ***


Questo è il CAPITOLO QUATTORDICI. Per cominciare a leggere dal capitolo 1, cliccare sulle frecce ai lati del nome del capitolo, accanto alla sezione "CAPITOLI".

***
Something great

3 gennaio 2019

Non mi scorderò mai l'espressione di Louis quando si è accorto, il giorno del suo compleanno, che io ero nella sua camera ad aspettarlo. I suoi occhi azzurri si sono spalancati, increduli, e sorpresi di trovarmi lì. Ma l'ho detto a me stesso, l'ho detto a Louis e lo ripeto ora: non c'è verso che io non fossi con lui il giorno del suo compleanno, e non c'è verso che non sarò al suo fianco ogni 24 dicembre – e non solo, spero – della sua vita.

Il giorno dopo, stare con lui a Natale è stato bellissimo. Non ci sono altre parole per descriverlo. Abbandonerei tutto in un istante se solo potessi tornare a quei momenti, tra le sue braccia, sul divano di casa sua accanto all'albero.

E, a Capodanno, nonostante avrei voluto essere con lui, non ho potuto. Invece, sono stato ad una stupida festa con dei miei amici. Ho chiamato Louis qualche secondo prima della mezzanotte, e siamo stati al telefono insieme mentre diventava il 2019 e, a chilometri di distanza, stavamo guardando lo stesso cielo; la stessa luna, le stesse stelle. Questo mi ha fatto pensare che, dopotutto, forse non eravamo così lontani come credevamo.

Ieri siamo atterrati in Germania; il concerto sarà stasera a Berlino. Io e Louis, a causa delle telecamere, abbiamo cercato di contenere il nostro entusiasmo nel rivederci quando ci siamo incontrati all'aeroporto, anche se non credo di essere riuscito a dissimularlo più di tanto: gli sono praticamente saltato addosso, abbracciandolo stretto – un secondo dopo ci hanno detto di separarci, e comunque i paparazzi sono stati pagati per cancellare quelle foto. Ma, una volta arrivati all'hotel, nessuno ci poteva vedere o fotografare, così siamo stati liberi di esprimere tutta la nostra felicità.

Le carezze che le sue mani mi hanno regalato per tutti questi anni mi svegliano dolcemente.

«Lou?» biascico, la voce impastata dal sonno. Sento il suo cuore battere sotto il mio orecchio, appoggiato al suo petto. Alzo gli occhi e incontro i suoi, così tremendamente azzurri e bellissimi. Lui è qui, accanto a me – lo è sempre. Sorrido, felice di vederlo.

«Buongiorno» sussurra. Ricambia il mio sorriso e la stanza si illumina. Un buon inizio di giornata.

La sua espressione torna seria, e io so che sta per dire qualcosa di importante. Ho paura, ma non lo fermo. «Ultimamente… Ho pensato» sospira Louis.

«Strano» mi scappa. Lui mi dà uno scappellotto e io rido, contagiandolo dopo qualche secondo.

«Stavo dicendo» riprende Louis schiarendosi la voce, sul volto ancora l'ombra di un sorriso, che sparisce lentamente mentre parla, «ho pensato a noi. Molto – moltissimo.»

Lo guardo, non riuscendo ad interpretare dal suo sguardo se voglia darmi una buona o una brutta notizia. Non riesco a parlare.

Louis va avanti. «Sono giunto alla conclusione che… be', ci sono giunto da un po' di tempo, ormai…» Trattengo il respiro, aspettando le sue prossime parole. «Sono giunto alla conclusione che non posso vivere senza di te.»

Giro la testa da un'altra parte per non fargli scorgere il sollievo nei miei occhi, sorridendo soddisfatto e imbarazzato. Louis non può vivere senza di me. L'ha davvero detto. La consapevolezza che Louis ha appena pronunciato queste parole mi scalda il cuore e mi agita dentro, ma positivamente. Di solito non dice cose sdolcinate come questa; non è bravo a tenere discorsi su questo argomento e la maggior parte delle volte li comincia ma non li finisce perché si blocca a metà strada.

«Non riuscirò mai a farmi perdonare per quello che ti ho fatto, vero?» chiede, con un'espressione triste.

Voglio cancellarla dal suo volto non appena la vedo. «Louis» esclamo con tono di rimprovero. «Louis, non devi farti perdonare. Ti perdonerò sempre.»

Lui esibisce un sorriso tirato. «È questo il problema, Harry. Sei troppo buono con me.»

Mi sistemo meglio sul letto e lo guardo dritto negli occhi. «Non è un problema. Lo faccio perché ti amo.» Prima che possa fare o dire qualsiasi altra cosa, lo zittisco premendo le labbra sulle sue. Ogni bacio che ci scambiamo ha un effetto completamente disarmante su di me, e allo stesso tempo mi dà un'energia incredibile ogni volta.

«Ti amo, Harry. E non posso stare senza di te.» So che gli costa molto esporre i suoi sentimenti in questo modo. Si tocca l'anello che ha appeso al collo, quello che gli ho regalato io, che mi ha confessato non togliersi mai, nemmeno quando si fa la doccia. «Perciò sì, voglio tornare con te. E voglio restarci per sempre.»

Sì, davvero un buon inizio di giornata.

*

La Modest è certa che io e Louis non stiamo più insieme da tempo, ormai. Così credono anche Liam, Zayn e Niall. Io e Louis non siamo sicuri di dirlo ai nostri amici, ma quello che sappiamo è che dobbiamo fare in modo che la Modest non ne venga a conoscenza finché non capiamo cosa fare con tutta questa situazione. Non commetteremo l'errore di farglielo scoprire di nuovo, o ci separeranno duramente, come hanno già fatto. Ultimamente non ci sono stati dati molti "ordini" sul come comportarci l'uno con l'altro davanti alle telecamere, e siamo anche più liberi. Anche se non potremo mai esserlo del tutto, non finché siamo legati a quel contratto.

Come al solito, la Modest ha bisogno di altre foto di me con Liz. Non capisco per quale ragione, perché hanno già modificato e messo in rete fotomontaggi di noi due che stiamo insieme a Natale e Capodanno. Però non discuto, perché se c'è una cosa che ho imparato in questi anni oltre all'amare Louis, è che non bisogna provare a mettersi contro chi ti tiene in pugno. Perché riusciranno sempre a ferirti, in un modo o nell'altro.

Dopotutto, non mi dispiace stare un po' con Liz. È da tanto che non ci vediamo; ci siamo chiamati a vicenda durante la pausa dal tour per augurarci buone feste, ma non abbiamo mai parlato seriamente.

Lei mi saluta affettuosamente abbracciandomi, e decidiamo di ficcare le mani in tasca piuttosto che tenercele a vicenda, perché fa freddo e, soprattutto, perché non vogliamo dare loro troppa soddisfazione.

Alla fine entriamo in un bar perché si gela. I fotografi aspettano fuori ma continuano a scattare foto, insistentemente e ininterrottamente. Io e Liz lanciamo uno sguardo assassino in sincronia, notandolo ci battiamo il cinque e scoppiamo a ridere.

Chiacchieriamo delle nostre vacanze. «E quindi, alla fine sei andata lo stesso a New York?»

Lei sospira, sognante. «Devi sapere che New York è il massimo a Natale e di inverno in generale. Ma… no, quest'anno non sono andata lì. Per via di Caitlin, sai. Troppi ricordi.»

Capisco perfettamente. «E allora dove sei andata?»

Arrossisce violentemente. Non l'ho mai vista così agitata, nemmeno il giorno in cui Caitlin l'ha lasciata. «A Londra» squittisce, evitando di incrociare il mio sguardo e cercando di dissimulare il suo imbarazzo sistemandosi la coda di cavallo. «Di inverno mi si gonfiano tutti i capelli, li odio così ricci… Succede anche a te?» cerca di cambiare discorso.

Ma io non ne ho alcuna intenzione. «Cos'è che non mi stai dicendo?» sogghigno. «Con chi sei stata?» Intuisco di aver fatto la domanda giusta quando spalanca gli occhi e le sue guance si tingono di un rosso ancora più scuro.

«Ehm… nessuno. Tutta sola» mente. «Completamente sola. Eh, ma che ci vuoi fare,  sono un tipo solitario!» È una pessima bugiarda. Decido di lasciare perdere, perché vedo che non è intenzionata a darmi chiarimenti. «E… e tu? Mi hai detto che sei stato con Louis il giorno del suo compleanno. Che cosa dolce» commenta con un sospiro e un sorriso sincero.

È il mio turno di arrossire. «Be', è stato… bellissimo.» Mi rendo conto che Liz è l'unica a sapere di me e Louis. «Mi devi fare un favore» dico, d'un tratto nervoso. Lei annuisce. «Non devi dire a nessuno di me e lui. Okay? A nessuno.»

«Certo, lo so.» Sorride, rassicurante. «Non potrei mai.»

«Grazie.» Mi rendo conto di doverle un po' più di questa stupida parola. Le devo un milione di "grazie". Non sono mai riuscito a dirglieli in precedenza, e ora ne ho l'occasione. «Grazie per ascoltarmi sempre. Per non essere esasperata del fatto che parlo praticamente solo di Louis. Per darmi consigli. E… soprattutto per quella volta che mi hai dato coraggio di affrontare Louis, dopo nemmeno due giorni che mi avevi incontrato per la prima volta.»

Lei sorride scoprendo i denti, felice delle mie parole e commossa. «È questo che fanno gli amici. E tu sei uno dei miei amici più cari, adesso.»

Per me è lo stesso. «Ma quando hai deciso di aiutarmi non mi conoscevi nemmeno. E ti ringrazio per averlo fatto.»

Sorride ancora, leggermente imbarazzata dalle mie parole. Immagino non riceva complimenti del genere molto spesso. «Qual è il problema?»

Ha gli occhi lucidi, ma cerca di non darlo a vedere. «Nessuno. Va tutto bene. Grazie, Harry. Anche tu mi hai aiutato molto ultimamente.»

«Solo perché sapevo che tu avresti fatto lo stesso per me» mi schermisco.

Scuote la testa con forza. «No. Tu sei una persona speciale, Harry.»

Non so se ha ragione a pensarla così. Dopotutto sono solo un ragazzo come tanti, un comune essere umano. Non sono perfetto e sono certo di non essere speciale – ci sono così tante persone fantastiche che conosco, sicuramente migliori di me. Questo è quello che ho sempre pensato.

«Dico davvero» rimarca lei, scrutando l'espressione nei miei occhi.

Cerco di sorridere, ma alla fine il suo sguardo determinato tira fuori la verità dalle mie labbra: «Sinceramente, non mi sento speciale.»

«Lo so. Ma la cosa più speciale di te è che credi davvero di non esserlo.» Sorride come se fosse un passo avanti a me in tutto. Probabilmente sa più cose lei di me di quanto non faccia io – e più io di lei di quante non faccia lei. So che è strano, ma anche se ci conosciamo solo da pochi mesi sento questa sorta di connessione con lei. Come se avessimo dovuto incontrarci e diventare amici, ed essere l'uno la spalla dell'altra. È una bella sensazione, che non ho mai sentito con nessuno se non con Louis, Niall, Liam e Zayn. Forse è perché mi sono accanto, e capiscono ciò che si prova ad andare in giro per il mondo, lontano dai tuoi amici e dalla tua famiglia, per mesi.

So che la mia amicizia con i ragazzi non finirà mai, so che è sterminata e che l'affetto che provo per loro non lo proverò mai per nessun altro, ma con Liz sento un legame speciale – ma ovviamente meno profondo di quello con Louis. Perché lei è praticamente nella mia stessa identica situazione. Anche lei, come me, era ed è costretta a nascondere i suoi sentimenti per chi ama, o il suo orientamento sessuale, solo perché ad alcuni non sta bene. Per questo è lei l'unica persona, a parte Louis, che possa capire i miei sentimenti, la rabbia che mi divora l'anima ogni giorno, la sofferenza che si insidia nelle viscere del mio essere. Con lei posso parlarne. Sento che mi capisce, e so che avrò molte difficoltà a trovare una persona come lei. Già quando ho conosciuto Louis, pensavo di non trovare mai nessuno che mi capisse nel modo in cui mi capisce lui.

Liz mi scuote una mano davanti al viso perché mi sono perso nei miei pensieri – mi succede almeno due volte al giorno, e lo detesto. Decidiamo di tornare, perché ci siamo stufati dei fotografi che ci seguono e scattano foto come fossimo degli animali rari. Mi hanno sempre infastidito.

Entriamo nella macchina che ci aspetta e ci dirigiamo direttamente alla O2 World, l'arena dove si terrà il concerto di stasera. Prima di ogni spettacolo dobbiamo sempre provare, il che è un po' sconcertante quando dobbiamo farlo per giorni di seguito, perché tanto la scaletta e le mosse e tutto il resto sono sempre uguali.

Quando arriviamo, notiamo che sono già tutti qui. Vado a sedermi disinvolto accanto a Louis, che mi sorride con gli occhi e mi stringe dolcemente la mano senza farsi vedere, mentre l'atmosfera si fa tesa a causa degli sguardi tra Liz e Caitlin. Sanno tutti cos'è successo tra loro, quindi tutti notano le occhiate che si scambiano. Liz a malapena riesce a guardarla, ferma e in piedi, quasi incapace di muoversi, mentre Caitlin la fissa tutto il tempo e quando i loro sguardi si incrociano volge gli occhi da un'altra parte, con aria di superiorità.

Liam rompe il ghiaccio andando a salutare Liz, che gli risponde con un sorriso spontaneo che le illumina il viso. Lancia un'ultima occhiata a Caitlin, che ha un'espressione imperscrutabile, poi rivolge completamente la sua attenzione a Liam e comincia a chiacchierare animatamente con lui, facendosi scivolare via il turbamento dal viso. Ho notato che ultimamente quei due vanno molto d'accordo.

Le prove cominciano con le Open Your Wings. Liz non canta bene come al solito e lancia occhiate di sottecchi a Caitlin, che la ignora completamente. Durante una canzone che deve avere avuto un qualche significato per loro, Liz si interrompe a metà verso e si scusa, con voce roca, dicendo di dover andare al bagno a rinfrescarsi perché non si sente bene. Caitlin la guarda allontanarsi, impassibile, con aria quasi annoiata. Faccio per alzarmi e seguirla, ma Liam mi blocca prendendomi per un braccio, mormorando: «Ci penso io.» Sconcertato, mi rimetto a sedere.

Quando tornano, qualche minuto dopo, le prove riprendono. Liz sembra sentirsi meglio e decide di ignorare Caitlin, che ora la guarda con un cipiglio leggero. Il loro gruppo finisce e quindi tocca a noi, ma Louis dice di dover uscire a fare una chiamata, facendomi scivolare il suo telefono nella tasca. Lo guardo allontanarsi, e quando è uscito esclamo: «Ha dimenticato il telefono qui! Glielo porto.» Tutti mi guardano con una strana espressione in volto, tutti tranne Liz, che ha afferrato e trattiene a stento una risata, una mano premuta sulla bocca. Sono un pessimo bugiardo, così, evitando gli sguardi dei presenti, praticamente corro verso l'uscita.

Louis è fuori ad aspettarmi. Appena mi vede mi prende per il colletto della camicia, trascinandomi in un angolo buio. Non sono sicuro che non ci sia nessuno qui intorno, anzi, dovrebbe esserci la sicurezza, perciò sono piuttosto guardingo. Ma presto mi lascio andare, mentre i baci di Louis mi spingono verso il muro e poi in una saletta con vari strumenti, tra cui un enorme pianoforte a coda e vari violoncelli e contrabbassi appoggiati al muro.

D'un tratto sentiamo un rumore di passi avvicinarsi. All'inizio non ce ne accorgiamo, ma poi lo notiamo e ci separiamo, in ascolto. Una morsa di ghiaccio mi stringe lo stomaco, impedendomi di respirare. E se qualcuno ci avesse sentiti? E se sapessero? Finirebbe tutto di nuovo? Non potrei sopportarlo, non di nuovo.

Louis si avvicina all'uscita della stanza e alla porta nella speranza d riuscire a vedere qualcosa, quando questa si spalanca.

Per un attimo il mio cuore si ferma, e nelle mie orecchie c'è solo un fischio continuo.

Una testa bionda si guarda intorno e si sente una risata, una risata familiare e  così divertente da far venire voglia di ridere a chi la ascolta. Eppure io e Louis restiamo perfettamente immobili.

«Lo sapevo!» esclama Niall. «Lo sapevo!» Scruta i nostri visi arrossati, che sicuramente appaiono con gli occhi lucidi e i capelli scompigliati.

Presto mi unisco anche io alla risata, guardandomi i piedi e arrossendo.

«Stai zitto, Niall» sussurra Louis, imbarazzato e divertito allo stesso tempo.

«Ve l'avremmo detto» intervengo, facendo ridere l'irlandese ancora di più.

Presto arrivano anche Zayn e Liam, attirati dalle nostre voci. I ragazzi all'inizio non capiscono cosa succeda, poi Niall esclama: «Li ho beccati mentre se la facevano!» e i loro volti si illuminano, irradiando pura felicità per noi.

Liam sospira, sollevato. «Era ora che tornaste insieme. Non vi si può vedere separati.» Ci rivolge uno dei suoi sorrisi gentili.

«Macché separati» interviene Zayn. «Probabilmente se la fanno da mesi di nascosto e non ci hanno detto che sono tornati insieme!»

Louis gli ordina di abbassare la voce, velenoso, perché qualcuno potrebbe sentirlo. Tuttavia io e lui arrossiamo alle parole del moro, sapendo che le cose stanno proprio come ha detto.

«Ve l'avremmo detto» ripeto, gli occhi a fissare il pavimento. Sento di avere il viso così rosso che la mia testa potrebbe cominciare a fumare da un momento all'altro.

«Finalmente!» esclama felice Niall. «I Larry Stylinson sono tornati! Yay!»

Louis abbandona il suo cipiglio severo e ostile nei confronti di Niall e si arrende ad un'espressione serena e tranquilla, seppure con una punta di turbamento. «Sì» sospira, sorridente. «I Larry Stylinson sono tornati.» Si gira verso di me e mi sorride, un sorriso che mi scalda il cuore nel profondo.

Annuisco, ricambiando il suo sorriso, pieno d'amore.

I Larry sono tornati.

***

Angolo dell'autrice ≈

Mi dispiace se ho pubblicato questo capitolo con un giorno di ritardo, ma non ho avuto tempo per scriverlo prima. Credo che d'ora in poi pubblicherò a giorni alterni, forse con qualche eccezione in cui pubblicherò due giorni di seguito, non so. 

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, sinceramente non penso sia un granché ma conto di fare di meglio la prossima volta :)

Come al solito cercherò di pubblicare il prossimo al più presto e se volete lasciare una recensione mi farebbe molto piacere!:) Se vi va inserite la storia tra le preferite, le seguite o le ricordate! ;)

Detto questo ci vediamo alla prossima, kiss :* :3

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Capitolo 15
*** Story of My Life ***


Questo è il CAPITOLO QUINDICI. Per cominciare a leggere dal capitolo 1, cliccare sulle frecce ai lati del nome del capitolo, accanto alla sezione "CAPITOLI".

***
Story of My Life

25 gennaio 2019

È passato più tempo di quanto credessimo senza che la Modest si accorgesse che io e Louis siamo tornati insieme. Ci aspettavamo che lo scoprissero nemmeno una settimana dopo, date le occhiate di Niall – anche di Liam e Zayn, ma soprattutto di Niall.

Ero sicuro che lo avessero scoperto quando ho dovuto incontrare uno dei manager più importanti, che poi voleva solo dare più prove della mia relazione con Liz. «Dovete baciarvi in pubblico, ogni tanto! Se non lo fate, la gente continuerà a pensare che siate solo amici.»

Liz ha provato a ribattere, ma alla fine ha dovuto sottostare al loro volere. È sempre stato così, con loro. Mi ricordo di quando Louis aveva provato a protestare, quando si era stufato di fingere di stare con Eleanor, il nome con cui avevano chiamato la sua copertura, che poi aveva "tenuto" fino al 2016. Alla fine ha fatto tutto da solo: ha semplicemente dichiarato che non stavano più insieme.

Prima di quelle foto, decido di passare del tempo con Louis. Non gli sono mai piaciute queste cose: anche se sa che tra me e Liz non c'è assolutamente niente se non amicizia, è comunque geloso. Ma lo posso capire; era lo stesso per me quando lui doveva uscire con quella Eleanor. La gelosia non era tanto per i sentimenti che avevo costantemente paura Louis provasse nei confronti di quella ragazza – che non sono mai stati più di semplice indifferenza, mi ha assicurato –, ma per il fatto che loro potevano uscire in pubblico, mano nella mano, sotto gli sguardi di tutti, davanti agli obbiettivi delle macchine fotografiche, senza doversi nascondere. E anche se so che il loro rapporto non è mai stato altro se non una relazione di lavoro, so anche che quando uscivano le foto di loro due o sapevo che stavano insieme, il dolore mi rodeva l'anima e finivo in un pub a ubriacarmi. Tutte le volte.

E ora che la copertura ce l'ho io, so che Louis prova le stesse cose che provavo io quando lo vedevo con Eleanor. Tra tutti i sentimenti, so che prevale un acuto, sordo, insopportabile dolore. Perché non c'è niente di peggio che vedere la persona che si ama con qualcun altro.

Nessuno può scoprire di noi, ed ora è più difficile nasconderci di quando anche la Modest sapeva che stavamo insieme, perché dobbiamo fingere anche davanti a loro. Di solito passo del tempo con Louis nelle pause durante le prove, o la notte, quando nessuno ci vede.

Quando siamo con i ragazzi non c'è problema, non dobbiamo nasconderci e possiamo tenere la mano l'uno dell'altro, o stare vicini. Sono tutte cose che facevamo anche in passato e che facevano sorridere Niall, e ora sembra proprio di essere tornati ad essere dei ragazzini perché la situazione è esattamente quella di allora, con l'eccezione che adesso la Modest non lo sa e dobbiamo contenerci, ma possiamo anche essere più liberi. Per esempio, durante le interviste possiamo sederci vicini. Quando lo facciamo, sembra che i manager vogliano dire qualcosa, ma poi si ricordano che "non stiamo più insieme" e alla fine non dicono niente. Ed è bello sapere che l'uno tiene la mano dell'altro – seppure dietro di noi, in modo che nessuno le veda – mentre ci fanno delle domande a cui per noi è difficile rispondere. Come quella volta che mi è stato chiesto di Liz. Ho dovuto sorridere e, dato che non sono per niente bravo a mentire, ho risposto – la mano di Louis che stringeva la mia, dandomi forza – che non ne volevo parlare. È così che evito le domande scomode: dicendo che non ne voglio parlare. Ma non posso continuare così. Un giorno parlerò. Un giorno tutto il mondo sentirà la mia voce, soppressa da troppo tempo. Un giorno tutti sapranno di me e Louis, dell'inferno che stiamo passando da ormai nove anni.

Quando raggiungo Louis nella sua camera d'albergo, mi sembra un po' nervoso. Mi fa entrare ma non si ferma a darmi un bacio, come fa di solito; si gira immediatamente e si siede sul letto. Dai suoi scatti quando si muove, dalla sua postura e dai suoi occhi capisco che è arrabbiato. Molto, molto arrabbiato.

Riconosco subito quel tipo di rabbia. È la rabbia di chi urla la sua frustrazione con la bocca chiusa, sapendo di non poter fare niente per cambiare il presente. La rabbia che io provo ogni giorno, che si annida negli angoli più bui del mio essere, ma restando sempre lì, senza mai sparire del tutto.

«Non posso continuare così.» Louis mi guarda accigliato. I suoi occhi azzurri sono così burrascosi che sembrano liberare lampi. «Non posso vederti con lei. E la parte peggiore è che non riesco ad odiarla.»

Anche se so che le mie parole non riusciranno a confortarlo, provo a calmarlo. «Sai che non c'è niente tra di noi.» Gli sorrido dolcemente, avvicinandomi e sedendomi accanto a lui su letto. Stringo la sua mano. «Amo solo te.»

Scuote lentamente la testa. «Fa male lo stesso.»

Sospiro profondamente. «Lo so. Ci sono passato anch'io, ricordi?»

Il senso di colpa si insinua nelle sfumature azzurre dei suoi occhi. Annuisce appena. «Mi dispiace» sussurra a malapena, così piano che quasi non riesco a sentirlo.

Fisso le nostre dita intrecciate. «Non è colpa tua. Non è colpa di nessuno di noi.»

«No, Harry… è colpa mia. Perché se avessimo deciso di dirlo subito dopo X Factor, prima di firmare quel maledetto contratto, ora non ci troveremmo in questa situazione.»

Mi fa fisicamente male vederlo così triste e abbattuto. «Lou, non è colpa tua.» Cerco di dire queste parole con un tono che non ammette repliche. «È colpa loro.»

I suoi occhi si stanno inumidendo. Ti prego, no. Non posso sopportare di vederlo piangere. È troppo… fa male vederlo soffrire. «È facile dare la colpa di tutto a loro, anche se tutti e due sappiamo che se io non fossi stato così maledettamente indeciso e se avessi parlato prima adesso potremmo anche essere sposati. Potremmo essere una famiglia. Ci hai mai pensato?»

Non rispondo. Certo che ci ho pensato, e mi dispiace che non siamo ancora una famiglia. Ma non mi importa, avremo tempo per quello quando ci libereremo di tutto questo. «L'unica cosa che so è che ti amo. E mi basta questo.»

Louis si alza di scatto. «Tu ti accontenti, Harry. Io voglio di più.» È rosso in viso e i suoi occhi lampeggiano di rabbia. «Non voglio più nascondermi.»

Ho un flashback. Gli feci questo stesso discorso che lui sta facendo ora a me anni fa. Avevamo appena firmato il contratto con la Modest, e proprio quando avevamo deciso di fare coming-out ci avvertirono che non potevamo. Diedi di matto – letteralmente. Durante le interviste, mentre Louis affermava di avere una ragazza io lo correggevo con "ragazzo", cercavo sempre di stare vicino a lui, facevo affermazioni scomode per la Modest, e quando una ragazza mi chiede se io stessi insieme a Louis, io annuii e le dissi di sì, sorridendo. Così iniziarono a dividerci, a tenerci lontani. Ad un certo punto non gli andava più bene che vivessimo insieme, così ci separarono. Nel 2014, Louis stava così male da essere dimagrito parecchio, non sorrideva nemmeno ai concerti, e quasi non mi parlava più. Era solo un burattino e io stavo morendo dentro per lui. Ma dopo per fortuna si è ripreso. Perché riusciremo sempre a stare meglio se con l'uno c'è l'altro.

«Non voglio più nascondermi» ripete Louis, sopraffatto dalle emozioni. Mi guarda per un lunghissimo istante, poi se ne va sbattendosi la porta alle spalle.

*

«È comprensibile» commenta Liz quando le parlo del comportamento di Louis di poco fa. «Lo capisco.»

Anche io lo capisco. Ma allora perché ci sto così male? E, soprattutto, Louis si era sentito come mi sento io ora quando gli avevo parlato io in quel modo, anni fa? Non potrei mai perdonarmi di averlo ferito come lo sono io adesso. «Mi sento come se non fossi abbastanza. Come se dovessi fare qualcosa di più» confesso.

«Lo so» ammette. «Mi sono sentita così con Caitlin, poco prima che se ne andasse. Ma per voi è diverso. Basta guardarvi: non riuscirete mai a separarvi, vi amate troppo. È evidente a chiunque.»

«Perché Caitlin ti ha lasciata?» Le parole mi sfuggono dalla bocca; non avrei voluto farle una domanda così indiscreta e diretta, ma voglio davvero saperlo e non sono riuscito a trattenermi.

Si stringe nelle spalle e fa un respiro profondo. «Be'… non l'ha esattamente detto, ma sono sicura che secondo lei non valeva la pena di nascondersi… non per me. Tenevo più io a lei che lei a me.» Scuote la testa, piano. «Ha detto che sarebbe stato meglio per tutte e due dimenticare e trovarci un ragazzo. Non so come farà, perché a lei non piacciono i ragazzi, solo le ragazze. Vuole ricominciare a mentire a se stessa.»

«Vuole che tu sia felice.» Non so perché io stia difendendo Caitlin, dopotutto l'ho odiata dopo che ha lasciato Liz per mezzo di uno stupido foglio di carta.

Sbuffa, facendo una risatina isterica. «Questo è il problema! Io ero felice. Così felice. Era lei a non esserlo. Non abbiamo nemmeno parlato della rottura. È stato tutto talmente inaspettato. È semplicemente… scappata.»

«Mi dispiace davvero tanto.» So cosa si prova quando si viene lasciati, anche se a dir la verità quando Louis se n'era andato avevamo già discusso un milione di volte su quell'argomento, perciò la cosa non era stata totalmente inaspettata. Certo, era stata comunque assolutamente devastante. Ma se mi avesse lasciato un paio di righe dopo tutto ciò che abbiamo passato insieme, come ha fatto Caitlin con Liz, ci sarei rimasto mille volte peggio.

«Adesso va tutto bene. Liam mi sta aiutando molto.» Sorride mentre pensa a lui, e un lieve rossore le tinge le guance. Lo stesso rossore di quando mi ha detto…

«Aspetta un secondo.» Cerco di ragionare. «Hai passato le vacanze con lui?»

Spalanca gli occhi e apre la bocca per parlare, ma rimane senza parole. «È solo che… ehm, è davvero un ottimo amico e…»

Capisco che è sicuramente più di un amico dalla sua espressione. «State insieme?»

«Cosa?! No!» Riprende aria, perché ha smesso di respirare. «No» dice con un'espressione delusa. «No.»

Riconosco nei suoi occhi gli stessi sentimenti che provavo io quando mi chiedevano sei io e Louis stessimo insieme, durante X Factor. Eccitazione, delusione, turbamento. Perché volevo così tanto che fosse vero. Volevo così tanto stare con Louis, ma lui non si decideva. Sapevo che provava quello che provavo io, ma non era ancora pronto. E dopo, quando si è deciso, avevamo già firmato quell'orribile contratto.

Così il nostro amore è stato sempre nascosto, agli occhi del mondo.

Spero solo che tutto questo possa cambiare.

*

Stasera abbiamo il nostro ultimo concerto in Belgio per questo tour; domani mattina presto partiremo per l'Olanda.

Come al solito le prove durano tutto il pomeriggio fino all'inizio del concerto. Appena prima che inizi lo spettacolo – come sempre riusciamo a sentire le urla delle fan da dietro le quinte mentre si esibiscono le Open Your Wings – Louis decide di rivolgermi la parola. Non abbiamo parlato davvero dopo quello che mi ha detto stamattina, ma mi è comunque stato vicino come sempre. Le sue dita intrecciate alle mie, la sua mano sulla mia spalla, la mia testa appoggiata a lui.

Prima di parlarmi mi prende per mano e mi trascina in un angolo, lontano dagli altri, dove nessuno ci può vedere. «Mi dispiace per quello che ho detto prima. È solo che… sono così geloso.»

Cerco di sorridergli, rassicurante. «Non ti preoccupare.»

Louis avvicina le sue labbra alle mie alzandosi in punta di piedi.

Poi succede tutto troppo velocemente. Sentiamo una voce urlare che stiamo per entrare. Sentiamo qualcun'altra che chiama i nostri nomi. E poi dei passi che si avvicinano troppo in fretta.

Io e Louis ci separiamo, ma troppo lentamente. La manager ci guarda con uno sguardo sospettoso. «Che state facendo?»

Rimango immobile, non sapendo cosa dire. Per fortuna, ci pensa Louis. «Volevo dirgli una cosa, ma di là non riusciva a sentirmi bene.»

Lei alza un sopracciglio, non credendo ad una sola parola. «Sapete di avere un contratto.»

«Non stiamo insieme!» esclama Louis. «Ci siamo lasciati mesi fa. Vogliamo solo provare a… ad essere amici di nuovo.»

«Sapete bene che questa vostra "amicizia" sembrerà molto di più. State lontani dove c'è pericolo che prendano foto o video. Non mi interessa cosa fate quando siete a casa, o quando non c'è nessuno. L'importante è che stiate divisi quando siete in tour. Chiaro?»

«Sì.» Il mio tono è sottomesso, mi sento un ragazzino sgridato dalla maestra.

Louis invece non risponde. Rimane semplicemente a fissare la donna con gli occhi pieni di puro odio.

Lei gira i tacchi e se ne va, voltandosi un'ultima volta per avvertirci che è ora di iniziare il concerto.

All'inizio sono piuttosto depresso, non mi comporto come faccio di solito, non sorrido nemmeno un po' durante le prime canzoni.

Poi dobbiamo cantarne una che cantiamo da anni, che i fan si aspettano di sentire ad ogni concerto: Story of My Life.

Canto le mie parti senza avere il coraggio di volgere lo sguardo verso Louis. Ma alla fine i miei occhi incontrano i suoi, un secondo prima che arrivi la strofa che deve cantare. Leggo nel suo viso una determinazione che non ho mai visto prima, e capisco cosa sta per fare.

 

And I'll be gone, gone tonight

 

Louis mi fissa per tutto il tempo, come se mi stesse dedicando la canzone. Tutti lo capiscono.

 

The fire inside my chest is burning bright

 

Okay, forse vuole solo cambiare una piccola parte del testo, forse non combinerà un disastro, forse non è così arrabbiato e la sua è solo una piccola frecciatina nei confronti dei manager…

 

The love I feel for you will never die

 

Mi immobilizzo, terrorizzato da quello che farà la Modest finito il concerto. Ma poi penso che quello che sta facendo Louis è una cosa bellissima, anche se terrificante. Tanto vale che me la goda. Voglio proprio sapere cosa si è inventato per il prossimo verso.

 

You're mine, Harry Styles.

 

Spalanco gli occhi, non sapendo se sorridere o no. Vorrei farlo. Vedo la mia espressione sul grande schermo un secondo prima che cambi soggetto. Il mio viso mostra sorpresa, incredulità, felicità… e soprattutto, amore. Un amore così immenso che non ho mai pensato il mio volto potesse mostrare.

Niall, Liam e Zayn ci guardano con tanto d'occhi. Niall è così sconvolto che non riesce nemmeno a ridere, anche se il suo sorriso è così grande da illuminare l'intera arena. Liam ci guarda con un sorrisetto compiaciuto, guardando ora me ora Louis. Zayn scuote la testa sorridendo, come a dire: "Non ci posso credere, l'ha fatto davvero."

La canzone continua e io mi porto il microfono davanti alla bocca per cantare il ritornello ormai come un automa, senza spostare gli occhi da Louis, che mi guarda con un sorriso gigantesco. Interrompe il nostro contatto visivo solo per rivolgersi ai manager, dietro le quinte, facendogli un gestaccio e sorridendo come un angioletto. Da qui non riesco a vedere la loro reazione, ma immagino siano indignati.

Louis torna a guardarmi. I suoi occhi sono la cosa più bella che abbia mai visto, e lui è la cosa più meravigliosa che mi sia mai potuta capitare.

Corre verso di me e io a stento riesco a camminare verso di lui. Mi mette una mano attorno alla vita e lo faccio anche io con lui. Camminiamo sul palco salutando le fan, che urlano come se ne dipendesse la loro vita, sventolando in aria enormi cartelloni con scritto "LARRY IS THE WAY!". Una ragazza coi ricci biondi, non so come, sovrasta tutti i rumori gridando a squarciagola: «Sapevo che era reale!» Mi fanno male le guance tanto sto sorridendo. 

Non ho idea di cosa io stia facendo, ma sto adorando tutto questo.
Capisco che quindi, è questo che si prova a stare insieme alla persona che si ama in pubblico. La Modest pensa che sarebbe un disastro se tutti venissero a sapere di me e Louis, e finora abbiamo creduto loro.

E invece non è così. Le persone urlano «Larry Stylinson! Larry Stylinson!» felici. Alcune ragazze sono scosse da singhiozzi isterici alternati a risate altrettanto isteriche.

Potrei – voglio – abituarmi a questa sensazione. Voglio tenere la mano di Louis per le strade, voglio essere fotografato con lui, voglio finire su tutti i giornali.

Voglio amarlo di fronte al mondo intero. E, in questo momento, giuro a me stesso che lo farò.

Presto.

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Capitolo 16
*** Through the dark ***


Questo è il CAPITOLO SEDICI. Per cominciare a leggere dal capitolo 1, cliccare sulle frecce ai lati del nome del capitolo, accanto alla sezione "CAPITOLI".

***
Through the dark

26 gennaio 2019

Mi sveglio sorridendo. Non so se appena apro gli occhi le labbra mi si incurvano o se ho avuto il sorriso per tutta la notte, ma una cosa la so: la felicità mi esplode nel petto; è come se non potessi più contenerla e potessi scoppiare da un momento all'altro.

Non so nemmeno se ho pensato tutta la notte a ieri sera, ma so che ci sto pensando adesso col cuore colmo di amore ed eccitazione.

Louis ha praticamente fatto coming-out davanti al mondo intero. La Modest non potrà fare niente per impedire ai video che i fan di ieri hanno preso durante il concerto; non potranno mai cancellarli tutti da internet. Ormai non siamo più in loro potere.

Devo prendere l'aereo con gli altri alle nove, così mi alzo e mi preparo a scendere. Quando sono pronto, li incontro della hall dell'albergo. Liam, Niall e Zayn mi regalano degli ampi sorrisi. Sanno da quanto tempo aspettiamo questo momento, e sono davvero contenti per noi.

Quando il mio sguardo incontra quello di Louis e lui mi mostra un sorriso smagliante, è come se il mondo scomparisse. Come se non esistesse più niente, solo lui e il suo sguardo blu.

Gli getto le braccia al collo e lui mi stringe così forte da togliermi il fiato. I manager intorno a noi ci lanciano occhiate gelide e ostili, ma non dicono niente. Ormai non possono fare più nulla per separarci.

Durante tutto il viaggio in aereo, gli agenti non ci rivolgono una sola parola. Ci guardano in modo persino più freddo del solito, e ci lanciano occhiate come a dire "ora vi divertite, ma non sapete cosa vi aspetta". Ma i loro sguardi non mi spaventano. Perché adesso il mondo intero sa di noi. Adesso nessuno ci fermerà, mai più.

Io e Louis siamo liberi di sederci l'uno accanto all'altro; io appoggio la testa sulla sua spalla, lui mi prende la mano tra le sue. Nessuno dice niente. Nessuno ci blocca. È strano, ma è una bella sensazione. Mi sento libero. Libero di amare.

Arrivati ad Amsterdam ci dirigiamo subito verso la Ziggo Arena, dove si terrà il concerto di stasera. Prima di lasciarci andare insieme agli altri per fare le prove, una manager ferma me e Louis. Subito lui si irrigidisce accanto a me, sento la sua mano stringere forte la mia. Raggelo, invaso da un senso di panico.

Lei ci dice che dobbiamo seguirla per incontrare qualcuno. Cerco conforto negli occhi di Louis, ma anche i suoi esprimono smarrimento e timore.

La donna apre una porta e ci fa entrare, poi ce la chiude alle spalle. È uno studio, e penso subito che è strano che ci sia uno studio del genere in uno stadio dove si tengono dei concerti.

È una stanza piccola, al centro c'è un'enorme scrivania in legno massiccio, dietro alla quale è seduto un uomo, il cui viso riconoscerei ovunque ed in ogni momento.

È il direttore della Modest Management. I suoi occhi di ghiaccio sono rimasti gli stessi, uguali a com'erano nove anni fa. Noto che le rughe d'espressione sul suo viso si sono evidenziate, ma a parte questo non trovo cambiamenti nel suo volto. Ai lati della scrivania ci sono due uomini, sicuramente le sue guardie del corpo.

Mi ricordo dell'ultima volta che l'ho visto: stavo firmando un contratto con l'agenzia che avrebbe distrutto il mio futuro.

Ci sorride cordiale, un sorriso che non raggiunge i suoi occhi. «Mr Tomlinson, Mr Styles.» Si alza e ci offre la mano da stringere. Io lo faccio un po' incerto, mentre Louis lascia penzolare le braccia lungo il corpo, inchiodando l'uomo sul posto con uno sguardo freddo.

Lui ritira la mano, com un'espressione che dice: "Certo, me l'aspettavo." Scrolla le spalle e si accomoda sulla sua poltrona. «Prego, sedetevi.»

Ci sistemiamo sulle sedie poste di fronte alla scrivania – devo lanciare uno sguardo a Louis per convincerlo a farlo, perché all'inizio non ne ha alcuna intenzione.

L'uomo alterna lo sguardo da me a Louis. Alla fine parla. «Ve lo dico senza tanti preamboli: sapete entrambi il motivo per cui ci troviamo qui in questo momento.»

Io e Louis cerchiamo rifugio l'uno negli occhi dell'altro. Trovo la sua mano e lui intreccia le dita alle mie.

«Sapete di avere un contratto.» La sua voce è così fredda da farmi scendere dei brividi ghiacciati lungo la schiena. «Quello che è successo ieri lo infrange. Sapete a cosa andate incontro?» chiede con voce calma. Io e Louis non abbiamo intenzione di fiatare, e lui lo sa, così continua. «Potrei portarvi in tribunale. Sapete a quanto ammonta la cifra che dovrete pagare se perderete – quando perderete – la causa?»

«Non ci interessa. Pagheremo.» La voce di Louis, fredda come l'ho sentita pochissime volte da quando lo conosco, interrompe il silenzio teso che segue.

«Non è questo il punto. Io non ho intenzione di farvi causa. Avete un contratto, non potete legalmente romperlo. Dovrete aspettare che scada per poter fare ciò che volete. Fino a quel momento, dovete rispettarlo.»

«Sono pronto a fare qualsiasi cosa per romperlo prima del tempo. Non mi importa quanto dovremo pagare, non mi importa. Chiamerò i miei avvocati. Chiamerò chiunque potrò chiamare e ci libereremo di voi.» Quella che sento nelle orecchie non sembra la mia voce, sembra quella di un estraneo. Un estraneo che si è alzato ribaltando la sedia per terra, parlando con un tono alterato dalla rabbia.

«Mt Styles. Si sieda.» Il tono dell'uomo è perentorio.

Obbedisco, anche se non so perché. Louis mi lancia un'occhiata ammirata, sorridendomi appena e stringendomi la mano.

Forse la mia minaccia ha sortito qualche effetto, perché l'uomo abbassa i toni e smette di parlarci come se fossimo dei bambini. «Un avvocato potrebbe fare ben poco contro il contratto di ferro che avete firmato.» La sua voce vacilla e capisco che non ne è totalmente sicuro, perciò non perdo la speranza. «Dovete capire che quello che facciamo è per il vostro bene, per il bene della band.» Io e Louis ci scambiamo uno sguardo identico in tutto e per tutto: sappiamo che ciò che dice non è vero – che in realtà, l'unico bene per cui operano è quello dell'agenzia. Ma non possiamo obiettare, non ora, perciò restiamo in silenzio. Un silenzio lungo anni.

I minuti che seguono sono un'agonia. Vengono ripetute le stesse cose che ci sono state dette per anni: «Non vi sederete vicini durante le interviste. Non interagirete in alcun modo durante i concerti. Non metterete immagini, video o post su Twitter, Instagram o qualsiasi altro social network che non siano prima approvati dall'agenzia.» Queste e un milione di altre "restrizioni", come le chiamano loro.

Poi parla di come sono stati prontamente fatti uscire fotomontaggi di me e Liz che ci baciamo, dicendomi però di aver bisogno di foto vere entro domani. Ci informa anche che andremo oggi stesso a delle interviste per smentire le voci che girano di ieri sera. Anche se non so come faremo a farlo, per due motivi. Il primo è che non si può negare l'evidenza. Ieri sera è successo quello che è successo, e le parole non potranno cancellare i fatti. La gente non è stupida, e capirà. Capirà tutto.

Il secondo motivo è che non so come farò a mentire di nuovo. Non so come riuscirò a farmi uscire quelle parole di bocca, non so come avrò il coraggio di negare quello che ho sempre voluto urlare al mondo, quello che sol pochi minuti fa ero sicuro di poter finalmente dire a tutti.

E alla fine mi trovo nel bel mezzo di un'intervista come se fosse un sogno. Non ho idea di come sia arrivato fin qui.

«Harry? Harry?» La giornalista mi richiama al presente. «Hai sentito cosa ti ho chiesto?»

«Uh?» balbetto, spaesato. È come se il mondo fosse solo un mare di suoni e colori che si mischiano fino a creare una cappa uniforme di realtà e immaginazione attorno a me. Non capisco più niente, non sento più niente. Eravamo così vicini. Così vicini a poterlo dire a tutti.

L'intervistatrice mi guarda con un sorriso di scherno, totalmente a beneficio delle telecamere. La maggior parte delle giornaliste ci detesta. Ovviamente non lo danno a vedere in televisione o alla radio, ma posso leggerlo nei loro occhi. Ci odiano perché non prestiamo mai attenzione alle loro domande, perché diamo sempre mezze risposte. Be', potrebbero anche provare a capirci: siamo in un tour mondiale senza una sosta più lunga di due giorni, dieci mesi su dodici. Ovvio che non abbiamo voglia di rispondere a delle stupide domande, tutte uguali tra loro.

«Ti ho chiesto: cos'è successo ieri sera, al concerto di Antwerp? I social network sono impazziti, le visualizzazioni dei video postati dai fan sono salite alle stelle, su Youtube.»

Fingo di non capire, come mi è stato detto di fare. «Cosa? Perché? È stato un concerto come gli altri.»

«Louis si è praticamente dichiarato. Potete confermare il rumor che state insieme?»

«No, no. Devono averci frainteso. Non… non c'è niente tra noi.» Mentre parlo guardo intensamente Louis negli occhi, che sostiene il mio sguardo con un misto di amore e sofferenza. Il suo sguardo dice: "Tieni duro." E io ci provo. Per lui.

La giornalista si rivolge poi a lui, chiedendogli cosa intendeva con quel "The love I feel for you will never die, I love you Harry Styles."

E Louis, che è sempre stato un attore migliore di me, risponde in modo impeccabile alla domanda, senza balbettare né guardare da un'altra parte per nascondere i suoi veri sentimenti. «Harry è il mio migliore amico, niente di più. Abbiamo litigato e volevo farmi perdonare. Era anche una sorta di scherzo, volevo farlo ridere. Voglio dire, non è che io e Harry stiamo insieme. Assolutamente no» conclude ridendo, come se fosse assurdo anche solo pensarlo. Fa male, malissimo, sentirlo pronunciare queste parole così facilmente. Anche se so che pensa il contrario di quello che dice, sento le crepe nel mio cuore farsi più profonde.

«Assolutamente no» confermo con voce più roca del solito, tentando di esibire un sorriso. Tutto quello che riesco a fare è una strana smorfia.

Mi accorgo di aver avuto un altro blackout quando mi trovo per strada mano nella mano con Liz.

«Hanno parlato anche a me, oggi.»

Mi volto verso di lei, sorpreso. Siamo rimasti in silenzio per tutto il tempo, ognuno perso nei suoi pensieri. Non mi aspettavo che dicesse qualcosa.

«Perché? Non stai più con Caitlin.»

Deglutisce. «Non gli importa. Mi hanno detto che devo comunque rimanere con te, e…» Gli occhi cominciano a luccicarle di lacrime. Non l'ho mai vista piangere, e distolgo lo sguardo, cercando di essere il più discreto possibile. «Be'…» La voce le trema così tanto. «Ieri Liam mi ha baciata, per la prima volta, quando io e le ragazze abbiamo finito di esibirci. Mi ha baciata davanti a tutti, davanti ai manager. Che hanno subito detto che non potevamo farlo mai più, non davanti a così tanta gente. Che…» La sua voce si spezza e lei viene scossa da un singhiozzo silenzioso. Le metto un braccio attorno alle spalle per consolarla, perché so esattamente come si sente. Come se ti avessero tolto il terreno da sotto i piedi senza alcun preavviso. Questa è la sensazione che ho provato anni fa quando ci è stato detto per la prima volta che io e Louis non potevamo stare insieme, e me la ricordo come se fosse stato solo ieri. «Che non posso stare con lui perché sto con te, in teoria.» Tira su col naso. Il verde presente nei suoi occhi è messo in risalto dal rosso causato dal pianto. «Non… non pensavo che sarebbe stato così.» Scuote il capo, mesta. «Che fosse così difficile.»

«Col tempo migliora» cerco di consolarla, anche se so che non è vero. Ogni giorno che passa, il dolore è più forte. Ma tento di tirarla un po' su di morale, perché se lo merita.

«Non penso che vogliano fotografarci in questo stato» sussurra con una risatina forzata. «Oddio, devo essere un disastro» dice, asciugandosi le lacrime con la manica del cappotto.

I nostri telefoni squillano all'unisono. I messaggi che ci arrivano sono identici, e dicono di volere subito un bacio. Anzi, più baci possibile.

Una volta che il rossore se ne è completamente andato dal suo viso – non so come abbia fatto a farlo sparire così in fretta – decidiamo che è il momento di farlo. Così avviciniamo le labbra, lentamente, ma scoppiamo a ridere quando stiamo a soli pochi centimetri di distanza.

«Non posso, non posso!» ride, allontanandosi. «È come se mi obbligassero a baciare il mio cane.»

«Mi stai dando del cane?» la prendo in giro. «Ti faccio davvero così schifo?»

Lei ride ancora più forte. «Intendevo… è troppo strano.»

«Già. Ma dobbiamo farlo» obietto.

«Ma non vogliamo.»

«No, non vogliamo» assento.

Altri messaggi fanno squillare i nostri telefoni. "Adesso."

Scrolliamo le spalle, alzando gli occhi al cielo, e ci avviciniamo di nuovo. Le nostre labbra alla fine si toccano e provo una sensazione stranissima. Come se stessi baciando mia madre, o Gemma. È innaturale, e così strano.

Restiamo così per qualche secondo e alla fine ci allontaniamo, con delle espressioni sconcertate in volto.

«È stato…» inizia con una smorfia.

«… orribile» concludo per lei.

«Già» conferma, con l'espressione disgustata che devo avere anche io in viso. «Come se stessi baciando mio fratello. Be', non ho un fratello, ma…»

Annuisco, ridendo. «Sì, per me è stato lo stesso. Pensavo mi piacessero anche le ragazze. Si vede che sono gay.»

Mi guarda con l'espressione di chi la sa lunga. «Ma ti prego, chi vuoi prendere in giro? Tu non sei né gay, né etero, né bisex.»  Si gode la mia espressione smarrita per un momento. «Sei… Louisessuale.» Rimane sconcertata per un momento dalle sue stesse parole, poi scrolla le spalle e sorride. «Sì. Louisessuale.»

Sorrido perché so che è vero. Non proverò mai per nessuno nell'intero universo quello che provo per Louis. Lui è l'unico con cui potrò mai stare.

E glielo dico, mentre, nel buio della sua stanza d'albergo, dopo il concerto, sento il suo respiro sincronizzato al mio sotto l'orecchio, e il battito del suo cuore regolare. Mi sento in pace con me stesso, quando sono con lui.

«Harry» sussurra la sua voce dolce contro i miei capelli. «Sai una cosa?»

«Cosa?» mormoro, stringendolo di più.

Lui prende ad accarezzarmi i ricci. «Non possono toglierci quello che abbiamo. Non ci riusciranno mai. Vero?»

«Mai.» Sorrido, felice che lui la pensi come me. «Non possono. Nessuno può.»

Perché è così. Sia io che Louis sappiamo che, se siamo insieme – e lo saremo per sempre, questo è poco ma sicuro – potremo sopportare ogni cosa. Troveremo sempre un modo per superare tutto, io e lui. Sempre.

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Capitolo 17
*** Over again ***


Questo è il CAPITOLO DICIASSETTE. Per cominciare a leggere dal capitolo 1, cliccare sulle frecce ai lati del nome del capitolo, accanto alla sezione "CAPITOLI".

***
Over again

3 marzo 2019

I giorni scorrono velocemente e lentamente al tempo stesso. Mi sembrano momenti infiniti quelli che passo rintanato nelle camere d'albergo che mi assegnano a piangere, da solo. Quando c'è Louis con me, però, non posso farlo. Perché  so che crollerebbe di nuovo. L'ultima volta, è a malapena riuscito a sopravvivere – non riuscirebbe a sopportare quello che ha passato cinque anni fa un'altra volta: lo ucciderebbe.

Vengo invaso da ricordi del passato, ricordi risalenti a quelli che mi sembrano secoli fa, ma ancora impressi nella mente come se li stessi vivendo ora. Fatti che mi hanno irrimediabilmente segnato, lasciando le cicatrici direttamente sul mio cuore.

Mi ricordo tutto di quei mesi infernali.

I giorni passati a piangersi addosso, senza riuscire a dissimulare le lacrime nemmeno in pubblico.

Il dolore che cresceva ogni giorno di più, divorandoci l'anima direttamente da dentro.

La droga che secondo lui lo avrebbe aiutato a far passare il dolore, che io lo pregai di non prendere mai più, e le litigate che seguirono.

Il biglietto che trovai sul comodino quando una mattina mi svegliai e lui non era accanto a me. Quelle che avevo il terrore potessero essere le sue ultime parole per me.

L'ira, la disperazione, la confusione e la determinazione si mescolavano nel mio petto mentre correvo più veloce di quanto avessi mai pensato di poter correre.

Il terrore di arrivare troppo tardi. La porta chiusa a chiave che sfondai senza esitare.

Gli occhi di Louis invasi dalla rabbia, dall'impotenza, dalla tristezza. E, alla fine, dalla decisione. Il suo sguardo che incontrava il mio, le lacrime nei suoi occhi. Le pasticche nelle sue mani.

Riuscii a fermarlo appena prima che le ingoiasse. Pochi minuti dopo stava singhiozzando incontrollatamente, aggrappato a me come se ne dipendesse la sua vita – ed era così.

Sono rimasto profondamente scosso da quel suo comportamento. Non mancai di urlargli contro, spaventato e scioccato, che era un egoista. «Non pensi a me? Non hai pensato a me?! Come avrei fatto ad andare avanti senza di te? COME? Dici che mi ami, ma se mi avessi lasciato soffrire così avrei preferito morire!» E poi scoppiai a piangere, sconvolto. Ricordo che mi sentii come se mi si stesse sollevando un peso dal petto. Le lacrime erano come macigni di cui finalmente mi ero liberato.

Louis pensa che io sia più bravo a sopportare il dolore di quanto lo sia lui. La verità è che io non ne sono capace, per questo tengo tutto dentro e mi comporto come se andasse tutto bene. Perché non riesco a sopportare tutto questo. Perché devo ignorarlo, o almeno provarci. Perché non saprei come andare avanti altrimenti.

E adesso io sto rivivendo tutto questo di nuovo. Ma non posso sfogarmi con Louis, o starà male di nuovo, e io starò mille volte peggio di lui perché lo amo mille volte più di quanto lui ami se stesso. Perciò devo soffocare tutti questi sentimenti nel mio petto, sperando che non esplodano.

Ogni giorno è un pugno dritto nello stomaco, che mi lascia senza fiato. So che per Louis è lo stesso, ma non riesco a capire esattamente cosa provi, perché non ne parliamo. Prego ogni giorno che non peggiori di nuovo, che non finisca per ridursi un'altra volta alla pallida ombra di se stesso.

Andiamo avanti solo perché ci stiamo vicini. Non saprei proprio come fare se lui non ci fosse, se non ci permettessero di stare insieme anche quando non ci sono telecamere in vista, perché senza di lui non sarei niente. Non riuscirei a vivere, non più. Non che questo sia vivere, certo.

Negli ultimi mesi, in cui abbiamo finito le tappe del tour in Europa e in Asia, sono successe molte cose, a quella che mi è sembrata una velocità incredibile. Sempre più uscite con Liz – anche lei non è lontana dal crollare –, sempre più foto di noi su internet, e quando non bastano la Modest provvede a mettere insieme dei fotomontaggi. Ho provato più volte a "smentire" le foto che uscivano con dei tweet di cui spero si sia capito il vero significato, ma che venivano cancellati pochi minuti dopo essere pubblicati. In compenso, su internet regna il caos più totale. Non so bene i dettagli, ma il fatto che la Modest lavori costantemente per farmi sembrare felice, sorridente e sempre accanto a Liz dovrà pur significare qualcosa.

A proposito di lei, devo vederla oggi per delle altre foto. È stressante come cosa, perché non abbiamo praticamente più tempo per noi stessi o per stare con chi vogliamo: tra concerti, prove, uscite, fotografi, interviste e incontri con i manager non abbiamo un attimo di pausa.

Quando vedo Liz, noto che è come se i suoi occhi si fossero spenti. Sta così da settimane, ormai. Mi ricordo di quando l'ho conosciuta: aveva lo sguardo brillante, il sorriso che spuntava fuori in continuazione, un'allegria ed un'energia innate. E ora la Modest le ha tolto tutto. Come ha fatto con me.

Liz è cambiata così tanto in pochi mesi; d'un tratto mi chiedo quanto sia cambiato io in nove anni. Assurdamente, è la prima volta che ci penso. Come mai? Probabilmente, non mi sono mai nemmeno accorto del mio cambiamento. Ora che rifletto, è possibile che ogni giorno io cambi di più. Vedo le foto di quando avevo sedici, diciotto, ventidue anni. Il mio sorriso da spontaneo diventava sempre più finto, fino a sparire quasi del tutto. Di certo non è questo che volevo diventare quando ho firmato quel contratto. E sono stato così stupido da farlo per tre volte, solo perché non volevo lasciare i One Direction, solo perché non volevo deludere nessuno. Ma una band non può durare per sempre, e prima o poi mi prenderò la mia libertà.

«Harry? Harry?» Liz mi sventola una mano davanti agli occhi. Mi sono fermato a pensare, di nuovo. Devo proprio smetterla di impallarmi così, odio quando succede.

«Scusa.»

«Non fa niente. Andiamo?» Cerca di imitare un sorriso, fallendo nel tentativo.

E d'un tratto sono così arrabbiato, così arrabbiato che ci stiano portando tutto via, così arrabbiato che siamo costretti a diventare l'ombra di ciò che eravamo una volta solo perché la Modest vuole così. Ho bisogno di fare qualcosa. Ho bisogno di fare quello che non faccio da troppo tempo, quello di cui ho bisogno quando sono sotto stress.

«No.»

Lei mi guarda alzando un sopracciglio, divertita. «Cosa?»

«No. Mi accompagni da una parte?»

Scrolla le spalle. «Certo.»

*

Di solito vado sempre nello stesso posto quando devo farmi un tatuaggio, ma ne ho bisogno ora e non posso aspettare di tornare in America. Mi è bastato fare un paio di chiamate perché mi indicassero un bravo tatuatore qui, a Melbourne. Ed è da lui che stiamo andando io e Liz. Per fortuna l'indirizzo non è lontano, e ci arriviamo con un taxi. Quando ci siamo allontanati, i fotografi ci sono rimasti di sasso, e abbiamo sorriso soddisfatti delle loro facce.

Entriamo nello studio e incontriamo il tatuatore. Dice che non ha tempo per farmi il tatuaggio ora, ma quando gli offro dei soldi in più annuisce volentieri.

Prepara tutto il necessario per il tatuaggio, poi mi chiede come lo voglio. Non ci ho pensato, ma ora che sono qui e che sta per farmelo, so esattamente cosa voglio.

«Delle ali, sulla schiena.» dico con voce ferma. «Chiuse*

«Chiuse?» chiede Liz, accanto a me. Anche il tatuatore mi guarda con le sopracciglia leggermente aggrottate, aspettando la risposta.

«Sì, chiuse. Dovrò essere io a riuscire ad aprirle.» Liz sorride alla mia risposta, e riesco a scorgere un lampo di comprensione e tenerezza nei suoi occhi, il tatuatore  invece aggrotta ancora di più le sopracciglia.

«Hai un disegno?» chiede.

«No. Come verranno, verranno. Non mi importa» sussurro. Ma ne ho bisogno, è il pensiero che non esprimo. Ne ho assolutamente bisogno.

*

La Rod Laver Arena di Melbourne è davvero enorme. Ogni volta che torno qui mi sento perso, ogni volta che mi trovo in uno stadio enorme come questo provo questa sensazione. Ho sempre paura di non riuscire a farcela, anche se di solito questo timore viene dissipato dai fan durante il concerto. Ma resta sempre lì, sotto la pelle, pronto a riemergere.

Louis non è ancora arrivato. Ultimamente salta le prove, e si presenta nel luogo dove si deve tenere il concerto solo un'ora prima. Sta male, e ho paura che peggiori di nuovo. Che provi a farlo di nuovo.

Ma ora mancano pochi minuti, e lui ancora non è qui. Sono sempre in ansia quando lui non c'è, perché da quando ha tentato di togliersi la vita, anni fa, ho sempre paura che possa provarci di nuovo. Ho paura quando lui non è con me, e in questo momento il terrore mi attanaglia le viscere. Di solito risponde ai miei messaggi, di solito mi chiama per dirmi se sta arrivando.

Oggi invece non mi ha contattato in alcun modo, non ha risposto al telefono. Stamattina, quando mi sono svegliato, non era accanto a me. Mi ha lasciato un biglietto, e quando l'ho visto ho pensato al peggio. Ma c'era solo scritto che ha dovuto uscire presto e che non voleva svegliarmi.

Ma adesso non so che pensare. Dov'è finito?

Proprio mentre sto per urlare la mia frustrazione, Louis fa la sua entrata in scena. Ha gli occhi cerchiati di rosso, che ormai sono sempre più frequenti, il viso smunto e delle occhiaie profonde. I make-up artist lo prendono immediatamente da parte e lo rimproverano per essere arrivato così tardi, truccandolo il più velocemente possibile.

Louis non mi guarda nemmeno. I suoi occhi sono tristi e abbattuti, e non apre bocca per parlare con nessuno. È come se volesse affogare nel suo stesso dolore. Il terrore che possa arrivare a fare le cose che ha fatto quando è stato male in questo stesso modo, anni fa, mi stringe lo stomaco in una morsa.

Il concerto inizia troppo presto, e Louis non ha ancora aperto bocca. Come farà a cantare o a parlare durante il band talk se ora non riesce ad articolare una sola parola?

Dopo che entriamo e cantiamo le canzoni d'apertura del concerto, con sorpresa di tutti noi Louis annuncia al pubblico che, poiché ha mal di gola, non potrà cantare molto stasera, e che noi lo sostituiremo. Detto questo, abbassa gli occhi a terra e affoga di nuovo nel dolore.

Questo concerto sembra durare secoli. Quando finalmente finisce ed usciamo salutando i fan, Louis sale nella prima macchina disponibile, da solo, velocemente, in modo che nessuno lo possa fermare. Ha lo sguardo a terra, e se ne va senza fermarsi per il backstage. Resto per qualche minuto, ma con la mente sto da tutt'altra parte. Così, decido di andare anche io dopo aver firmato un paio di autografi e fatto delle foto. Quello immortalato da cellulari e macchinette fotografiche deve sembrare più una smorfia che un sorriso.

Prendo anche io una delle auto che avrebbero dovuto portarci all'albergo più tardi, e convinco l'autista con una generosa mancia ad andare il più veloce possibile, e a saltare i semafori.

Salgo di corsa le scale senza aspettare l'ascensore, saltando gli scalini a due a due. Ho sempre una copia della chiave della camera di Louis, come lui ha la copia della mia, perché, in qualsiasi hotel siamo, abbiamo bisogno di trovarci l'uno nelle braccia dell'altro almeno durante la notte. Proprio come si ha bisogno di respirare: Louis è l'unico ossigeno di cui io abbia bisogno, di cui potrò mai avere bisogno.

Così tiro fuori la chiave per aprire la porta della stanza, ed entro senza chiedere il permesso. Spingo delicatamente la porta, addentrandomi nella camera senza farmi sentire, come se fosse un posto ostile e potesse spuntare un mostro da un momento all'altro.

Sebbene alloggiamo in quest'albergo da nemmeno ventiquattr'ore, la stanza è un macello. Vestiti sparsi ovunque, la valigia aperta e rovesciata per terra, lattine di birra vuote e accartocciate sul pavimento, e…

No. Non di nuovo.

Corro verso il bagno, capendo tutto e sperando disperatamente di sbagliarmi. Apro la porta facendola sbattere contro il muro.

«Louis» sussurro appena.

Lui riesce a sentirmi sebbene fatichi io stesso a farlo. Alza gli occhi azzurri, colpevoli, mortificati, terrorizzati. Ha il viso rosso rigato di lacrime di rabbia, una vena che gli pulsa sul collo.

Si regge al lavandino con entrambe le mani, con forza, come se dovesse assolutamente tenerlo fermo, una bustina aperta e della polvere bianca sparsa sul piano.

Lo guardo di nuovo, sconvolto. Scuoto la testa, non sapendo cosa fare, ancora sperando che tutto questo non sia come sembri, che non siamo tornati di nuovo a quel punto, che sto commettendo un errore a pensare che…

La scena che mi si para davanti è inconcepibile. Non può esserci cascato di nuovo… non può. Pensavo l'avessimo superato del tutto, pensavo…

Louis sembra leggermi la mente. «Non sono forte quanto te, Harry» sussurra a fatica, con una voce roca che non riconosco. È come se stesse parlando un'altra persona, come se fossimo tornati indietro di cinque anni. La sua bocca si muove ma escono parole che non capisco. Parole che non voglio capire. «Non ce la faccio. Non ce la faccio più.» Sembra che per lui pronunciare ogni parola sia uno sforzo indicibile, un'impresa quasi impossibile.

Rimango perfettamente immobile, lo sguardo che corre dalla cocaina sparsa sul piano del lavandino al viso di Louis.

So che dovrei correre da lui e dirgli qualcosa. Come ce la faremo di nuovo, come lo aiuterò a superare tutto questo un'altra volta. Ma, per qualche motivo, non riesco a muovermi.

«Harry» dice con questo sussurro che non è la sua voce. Non può esserlo. Louis non mi farebbe questo di nuovo. Non può, non… 

Scioccato, con gli occhi spalancati e pieni di lacrime, finalmente riesco a muovermi. Lo sguardo di Louis mi sta supplicando di non farlo, di non andarmene.

Ma io non posso restare. Non posso. Non ce la faccio, non di nuovo. Ricordi di psicologi, di medici, del centro di recupero…

Scuoto la testa piano, piangendo in silenzio. I suoi occhi sono colpiti dal dolore, dal rimpianto e dalla frustrazione.

Ma non riescono a farmi cambiare idea.

«Mi-mi dispiace. Non posso, non di nuovo.» La voce mi esce in un mormorio roco che io stesso quasi non riesco a comprendere.

E poi, semplicemente, me ne vado. Ma i frammenti del mio cuore spezzato rimangono sul pavimento di quel bagno, perché il mio cuore è sempre stato dove è Louis, nel bene e nel male. Devo solo trovare il coraggio di tornare a riprendermelo.

Ma tutto quello che voglio in questo momento è solo allontanarmi.

 

***

 

*Ho preso spunto dalle Cronache del Mondo Emerso, in cui la protagonista si fa tatuare delle ali di drago chiuse sulla schiena.

***

Angolo dell'autrice ≈

Ok, lo so, sono in ritardo col capitolo. Ci ho messo un sacco a scriverlo perché non ho avuto tempo, ed è uscito una merdina. Eh vabbè, i prossimi saranno meglio, lo prometto!

Scusatemi se sono stata così assente, mi dispiace tanto!

Cooomunque, spero di aggiornare presto, anche se non lo so… potrei anche mettere il prossimo capitolo solo la prossima settimana :/

Spero che continuiate a seguire la storia nonostante questo capitolo orrendo a dir poco, magari lasciate qualche recensione o mettete la storia tra le seguite, preferite, ricordate, fate come volete ahah xD mi farebbe piacere :)

E niente, al prossimo capitolo, bye! :*

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Capitolo 18
*** Don’t let me go ***


Questo è il CAPITOLO DICIOTTO. Per cominciare a leggere dal capitolo 1, cliccare sulle frecce ai lati del nome del capitolo, accanto alla sezione "CAPITOLI".

***
Don't let me go

4 marzo 2019

Apro gli occhi. Questa è la prima mattina da mesi che mi sveglio e non sento il respiro di Louis accanto a me. Con una stretta al cuore, mi ricordo il perché.

Cerco di rielaborare quello che è successo ieri sera, cerco di assorbire il tutto.

Ma poi il dolore si fa sentire. Forte, duro, senza pietà, si agita nel mio petto come qualcosa di vivo, come un essere deciso a sbranarmi da dentro con i suoi denti aguzzi. È un dolore puramente fisico, che mi fa piegare in due, che mi lascia senza fiato, boccheggiante.

Per dei secondi di genuino terrore la vista mi si oscura e mi premo una mano sul petto, cercando di riprendermi.

Ansimando, mi passo una mano tra i capelli appiccicati alla fronte sudata. Rimango seduto sul letto per un po', tentando di riportare il cuore a battere regolarmente. Non so per quanto resto così, ma finalmente mi riprendo, spaventato a morte da quello che è appena successo. Allora è vero che il dolore può uccidere… Non mi era mai capitato prima, non mi ero mai sentito così debole, così impotente riguardo al mio stesso corpo.

Sul telefono non ho chiamate perse; me lo aspettavo. Louis deve stare così male, deve sentirsi così in colpa che ha paura di chiamarmi. Ha paura che possa non perdonarlo più. E forse fa bene.

Sinceramente, non ho più la minima idea di cosa io debba fare. Anche se vorrei, non posso dirgli che lo capisco, che mi dispiace per come ho reagito, che non avrei dovuto andarmene e lasciarlo lì da solo. Non posso perché sarebbe troppo facile per lui; perché poi lo rifarebbe, e ancora e ancora, e io non potrei sopportarlo. Non posso sopportare che Louis si faccia male da solo, e non se ne renda nemmeno conto, usando come scusa il fatto che soffra troppo e che abbia bisogno di quelle droghe.

L'ho sopportato tempo fa, e una parte di me è morta in quel periodo. E adesso non posso farlo di nuovo, perché mi distruggerebbe completamente.

E pensare che tutto questo dolore, quest'intera situazione, sono causati da uno stupido contratto.

Da quando ho firmato per la prima volta quel pezzo di carta, mi sembra di vivere ogni giorno della mia vita con le mani legate insieme da corde troppo spesse e una benda legata sugli occhi, spinto sulla schiena da mani rudi che mi dicono dove devo andare, senza curarsi del fatto che potrei inciampare o farmi male in qualche modo. E sono anni che voglio cambiare questa situazione, ma non posso. E questo mi fa impazzire.

Mi preparo per uscire ed andare a prendere l'auto che mi porterà nel luogo dove si terrà il concerto di stasera – di nuovo alla Rod Laver Arena – quando mi rendo conto di non avere la minima voglia di farlo.

Se Louis può saltare le prove, perché io no? Subito dopo aver pensato questa frase mi rimprovero mentalmente, dandomi del bambino. Ma non ho intenzione di vedere nessuno, non oggi.

Perché quando guardo nello specchio del bagno, vedo una persona che non conosco. Una persona che riesco a stento a credere di essere io, che l'Harry sedicenne si sarebbe spaventato a riconoscere.

Delle profonde occhiaie cerchiano gli occhi del ragazzo nel riflesso. Le sue labbra sono piegate all'ingiù, un accenno di barba scurisce la mascella serrata.

Ma ciò che si nota di più sono gli occhi. Verdi, cupi, devastati, oppressi da una sofferenza che sembra eterna. Come un campo di battaglia ormai raso al suolo, dove le tracce del dolore subìto rimarranno per sempre.

Quegli occhi mi spaventano, un momento prima di ricordarmi che sono i miei. Come ho potuto ridurmi in questo stato? Come ho fatto? Sono un relitto, me ne rendo conto ogni giorno e non faccio comunque nulla di significativo per cambiarlo. Mi limito ad accettare il dolore a braccia aperte, sapendo che rimarrò senza fiato quando mi raggiungerà.

D'un tratto sento l'urgenza di uscire da qui; mi sento soffocare. Non conosco Melbourne, e non so dove andare, ma quando mi trovo per strada, con gli occhiali da sole e il cappello a coprirmi il viso per non farmi riconoscere, mi rendo conto di non avere bisogno di una meta. Posso semplicemente vagare per le strade di questa città sconosciuta, esattamente come vago nei meandri della mia vita, senza un punto fisso, senza sapere niente, i fili dei burattinai che mi tengono in pugno a muovermi contro la mia volontà. Una vita in cui, fino a ieri, l'unica certezza era Louis. Ma ora non ne sono più tanto convinto.

Non so come, finisco in un bar. Non ho fatto caso a dove stessi andando, e sono quasi sicuro di essermi perso. Ordino qualcosa da bere, senza farci molto caso, e mi siedo ad un tavolino in un angolo, il cappello calato il più possibile. Spero con tutto il cuore che nessuno mi riconosca, perché crollerei. E poi, non ho nemmeno le guardie del corpo con me – pensano che stia ancora in albergo – perciò se dovessi fuggire dalle fan scatenate sarebbe molto più difficile, anche perché ora come ora non sento la forza per fare nulla, figuriamoci correre via.

Voglio solo diventare un tutt'uno con la sedia, sprofondare nel legno. Forse lì troverei pace. Forse lì non sentirei più tutto questo dolore.

Delle note familiari arrivano al mio orecchio e io mi guardo intorno, cercando di capire da dove provenisse il suono.

Your hand fits in mine like it's made just for me.

Non ci posso credere. Le note di una canzone del 2012, che daranno al massimo un paio di volte l'anno, escono dalle casse della televisione sospesa nel locale proprio mentre io sono qui. E poi, quella canzone. Sarebbe stato più logico farne sentire una nuova… perché proprio quella?

Una rabbia cieca contro il dj del canale musicale mi investe mentre i ricordi fluiscono in me come acido, riaprendo tutte le ferite che sto disperatamente cercando di cicatrizzare, anche se, già dall'inizio, sapevo che non ci sarei mai riuscito. E la conferma di quest'affermazione è che basta una stupida canzone a farmi sentire così terribilmente male.

Poi non vedo più niente, solo il passato.

 

Take Me Home Tour.

18 giugno 2013.

Nationwide Arena. Columbus, Ohio, USA.

Little Things.

Era da un po' di tempo che volevo farglielo capire. Be', erano quasi tre anni. Ma tra gli alti e bassi che avevamo avuto, tra la gelosia per altri ragazzi che ci provavano con me o con Louis, le ragazze assegnateci dalla Modest, le fan che ci chiamavano "Larry Stylinson", ogni mossa della nostra vita perfettamente controllata… be', era stato difficile. Nessuno di noi voleva esporsi troppo per poi rimanere scottato.

Ma, proprio quella sera, mi decisi che era passato troppo tempo. Che avrei dovuto farlo prima.

Quasi non riuscivo a respirare per l'ansia, mancavano pochi minuti a Little Things. Ero assolutamente certo di quanto stavo per fare. Era tempo che provavo quel sentimento, l'avevo riconosciuto e l'avevo accolto. Ma, soprattutto, avevo capito che era profondo, e radicato, e che probabilmente non avrei potuto amare mai nessun altro in tutta la mia vita più di quanto amassi Louis Tomlinson.

Ma avevo paura ad aprirmi così tanto. E realizzai che anche lui ne aveva, che avrei dovuto fare io quel passo importante per primo.

E se Louis non mi amava come io amavo lui, se lui non fosse riuscito a dirmi: «Anche io sono innamorato di te», non mi sarebbe importato. Perché tutto quello che volevo fargli sapere era come mi sentissi. Avevo questo assurdo bisogno di dirglielo.

E alla fine, lo feci. O meglio, lo cantai.

All'inizio della frase non ebbi il coraggio di guardare Louis, che se ne stava così sereno seduto sul palco, che di certo non si aspettava quello che stavo per fare.

«And I'm in love with Lou» intonai, un po' insicuro. Mi girai verso di lui sorridendo, anche se ero convinto di non aver detto bene il suo nome, ero convinto che non avrebbe capito ciò che avevo appena detto.

Invece, lui alzò la testa di scatto e si voltò verso di me, intercettando il mio sguardo. La bocca socchiusa per la sorpresa. Gli occhi sgranati che mi chiedevano se fossi serio. Il mio sorriso e il mio sguardo pieno d'amore, rivolto esclusivamente a lui, che glielo confermavano. Tutto questo in quella che mi parve una frazione di secondo.

«And all his little things.» Stavolta marcai bene le parole, pronunciai chiaramente "his", per non lasciare dubbi. Gli occhi di Louis si spalancarono ancora di più. Le fan impazzirono, strillando sempre più forte.

E fu allora che mi resi conto di sentirmi nudo, nudo di fronte a Niall, Liam, Zayn. Al pubblico presente a quel concerto. Al mondo intero.

Ma di loro quasi non mi importava. Perché mi sentivo terribilmente vulnerabile di fronte a Louis, al suo sguardo incredulo. E per la prima volta in quella sera ebbi paura di quello che avrebbe potuto replicare più tardi, di quello che avrebbe potuto rispondermi. Sempre se avesse deciso di farlo.

Ma tutti i miei dubbi vennero spazzati via quando, prima di tornare all'hotel, lui si avvicinò e mi sussurrò all'orecchio: «Ti amo anch'io, stupido.»

E fui la persona più felice del mondo.

 

Mi accorgo di essere piegato in due sul tavolo, le lacrime bollenti che mi bagnano le guance, un dolore insopportabile al centro del petto.

«Signore? Si sente bene?» Il barista, preoccupato, mi si avvicina. Prima che possa fare un altro passo, con tutta la mia forza di volontà mi raddrizzo e borbotto un «sto bene, grazie». Mi alzo in fretta, rischiando di far ribaltare la sedia, ed esco di corsa dal locale.

Sono sconvolto. Perché ho appena realizzato una cosa. Qualcosa che non mi piace, che mi fa sentire infinitamente debole, e incompleto, e triste, e vuoto. Ma non solo. No, perché so che, anche se non c'è, lui è con me. Dentro di me. Sempre.

*

«Liam?» quasi urlo al telefono. «Liam, ci sei?»

«Sì, sì, scusa. Sono dovuto uscire per sentire qualcosa.» La voce gentile di Liam riesce a raggiungermi. «Si può sapere dove diavolo sei? Siamo in tre a fare le prove. Almeno Louis avverte, tu nemmeno quello.»

«Mi dispiace» soffio, sincero. «Volevo sapere…»

«Louis è in hotel» mi interrompe. «Pensavo lo sapessi.»

«Non…» Devo prendere un respiro profondo per riuscire a continuare. «Non mi parla molto, ultimamente.»

«Oh.» Sento dal suo tono di voce che si sta trattenendo dal chiedermi cosa ci sia che non va. Non me lo domanda perché sa che, come sempre, gli risponderei: «Tutto non va.»

«Stasera riesci a venire un paio d'ore prima del concerto?» dice invece.

Esito prima di rispondere. «Certo» sussurro. «Ci vediamo dopo.»

«Harry» esclama prima che io chiuda la chiamata.

«Sì?»

Sospira profondamente. «Mi dispiace. Per tutto.»

«Non è colpa tua.»

«No» conviene lui. «Ma capisco come ti senti. Sono praticamente nella tua stessa situazione. E mi dispiace che tu debba sopportare tutto questo da anni. Io non ce l'avrei mai fatta.»

Le sue parole mi scaldano il cuore. Sono contento e allo stesso tempo terribilmente dispiaciuto che anche lui sia costretto a nascondere il suo amore per qualcuno. Contento perché può capirmi. So che è una felicità egoistica, ma non riesco a soffocarla.

E sono dispiaciuto perché queste cose non dovrebbero succedere, mai, e a nessuno. Perché quando sei innamorato di qualcuno, vuoi urlarlo al mondo. E se non lo puoi fare, se ti viene impedito, come minimo ci si sente male, addolorati, e arrabbiati. Come massimo, si rischia il suicidio, penso con una dolorosa fitta al cuore.

«Grazie, Leeyum» mormoro prima di riattaccare.

*

Con tutto il coraggio che riesco a racimolare, picchietto con le nocche sulla porta della camera di Louis, forse troppo piano. Non apro con la chiave che ho anch'io perché ho paura di trovarlo a fare qualcosa che mi farebbe troppo male vedere. L'immagine di Louis chino sul lavandino, gli occhi rossi e gonfi di lacrime, la mortale polverina bianca sparsa sul piano, mi si presenta bruscamente nella mia testa. Cerco di scacciarla, ma non riesco non tremare.

Aspetto qualche secondo, ma non apre nessuno. Così busso con più energia, cercando di capire da dove arrivi tutta quella forza.

Sento dei passi strascicati dall'altra parte della porta, e il mio cuore salta un battito. O due. O tre.

La porta si apre lentamente. Gli occhi di Louis si sgranano esattamente nel modo in cui si spalancarono quasi sette anni fa, durante Little Things, in Ohio.

Boccheggia, senza emettere alcun suono, senza trovare le parole che vorrebbe rivolgermi.

Ma non c'è bisogno che parli. Leggo tutto nei suoi occhi. Tutta la disperazione che prova, accompagnata  dall'immenso dispiacere, dal dolore… e dall'amore. Quell'amore che sovrasta tutto, che spazza via ogni cosa, che mi investe con tutta la sua potenza.

Anche io rimango senza parole. E restiamo così per secondi, o forse minuti. Che a me sembrano ore, giorni, anni.

«Harry» riesce a mormorare alla fine. Quasi mi spavento; il suo sussurro mi sembra un grido. Un grido di dolore, di sofferenza. Il grido di chi ha bisogno di aiuto, di chi sta cadendo e ha bisogno di una mano che glielo impedisca.

E io gliela porgo. Perché se lui cadesse, cadrei anch'io. «Louis…»

Si fa da parte per lasciarmi entrare nella camera. Ora è pulita, ordinata. Il letto rifatto, il pavimento immacolato, le valigie chiuse anche se partiremo tra una settimana.

Mi siedo sul letto, lui chiude la porta e si avvicina lentamente, come se fossi un animale pericoloso che potrebbe attaccarlo da un momento all'altro. Alla fine, si appoggia sul bordo del letto, non troppo lontano né troppo vicino.

Fissiamo il pavimento davanti a noi per un po', cercando di trovare il coraggio di parlare.

Alla fine, spezzo il silenzio. «Come stai?» chiedo con voce tremante.

Lui si volta verso di me, sorpreso. Tra tutte le cose che avrei potuto dirgli, di certo non si aspettava questa.

«Non lo so» sussurra, poi aggrotta le sopracciglia, come se si stesse rendendo  conto solo ora delle sue stesse parole.

Il silenzio che segue grava su di noi come una cappa di sentimenti mischiati e profondi, i sentimenti che proviamo e che non riusciamo ad esprimere a parole.

«Ho buttato tutto» dice Louis d'un tratto, a voce alta. È come se avesse appena rotto una lastra di ghiaccio, cioè la tensione che si è creata tra di noi in questi minuti.

«Lo so» rispondo, capendo che è così proprio mentre lo dico.

Lou si gira verso di me, ma non mi si avvicina. «No. Non lo sai. Non sai che farei di tutto per te, anche se non ti importasse più niente di me. Anche se non mi amassi. Anche se non volessi vedermi mai più. Io farei di tutto per te.» Le parole escono come un fiume in piena dalla sua bocca, parole arginate da troppo tempo.

Quasi senza che me ne accorga, un angolo della mia bocca si curva in un mezzo sorriso. «Lo so, Lou. E mi importa di te. E ti amo. E voglio vederti tutti i giorni della mia vita, e starti accanto per sempre. Anche se non faresti di tutto per me, anche se non mi amassi nemmeno la metà di quanto ti amo io.» Traggo un sospiro. «Ma è più complicato di così.»

«Lo so!» sbotta. «Perché dev'essere così complicato?» È rosso in viso per l'improvviso scoppio d'ira, respira affannosamente.

Scrollo le spalle, scuotendo la testa. «Non lo so.»

«Perché sei qui?» si azzarda a chiedere dopo un po', quando il suo respiro si regolarizza.

«Non lo so» ripeto. «Volevo vederti.»

«Perché?» Scuote la testa, guardandosi le mani allacciate in grembo e lasciandosi sfuggire una lacrima. «Perché, Harry? Perché?»

Mi avvicino, lo guardo ardentemente negli occhi, posando impulsivamente una mano sulla sua, stringendola. «Perché cosa, Louis?» Lui alza lo sguardo affranto ed incontra il mio. «Perché sono qui? Perché non riesco a lasciarti andare? Perché ho bisogno di te?» Scuoto la testa, storco la mascella. «Non lo so, Lou! Non lo so» urlo esasperato, sentendo le lacrime pizzicare gli occhi. «E mi dispiace, non so mai niente. L'unica cosa che so è che devo stare con te. È l'unica cosa che abbia mai saputo davvero.»

Un'altra lacrima sfugge al suo controllo, ma non cerca di asciugarla. I suoi occhi, devastati dalla sofferenza, sono assolutamente disarmanti. «Perché ti ostini a farti del male?» La sua voce è quasi impercettibile, riesco a sentirla a fatica.

«Perché quando sto con te sto più bene che male. E ne vale la pena.»

Di nuovo, le parole escono dalla sua bocca in un sussurro roco appena udibile. «Se ti amassi davvero, non dovrei lasciartelo fare.»

«Non è vero. Amore è egoismo. È voglia di stare bene. È volere restare con chi si ama per sempre.» Abbasso gli occhi sulle nostre dita intrecciate. «Ed è questo che voglio. Ed è anche quello che vuoi tu» mormoro.

«È questo che mi spaventa. Dopo tutto quello che ti ho fatto…»

Prima che possa continuare, lo metto a tacere premendogli l'indice sulle labbra. «Basta» sussurro ad un palmo dal suo viso. «Tu non mi hai fatto niente. La colpa non è tua. È loro

«È facile dare la colpa agli altri solo per potermi perdonare» sospira amaramente. «Non ti ho cercato. Non ti ho implorato di tornare da me. Sai perché, Harry? Perché ho torto. Perché speravo che tu decidessi di chiuderla per sempre con me.»

E d'un tratto Louis mi appare così fragile, così delicato, come una scultura di vetro soffiato.

Stringo le sue mani più forte. «Non chiuderò mai con te.»

Lui mi guarda negli occhi, e io riesco a scorgere il mio riflesso in quell'infinito azzurro. Riesco a leggere tutto ciò che abbiamo passato: dal'«oops» al «hi», da X Factor ad adesso. Vedo la sofferenza e la felicità, la tensione e l'eccitazione, la pazienza e la tenerezza, e tutte le altre emozioni che abbiamo provato nel corso di questi anni trascorsi insieme mescolate nell'intricato mosaico di ricordi che si intrecciano nei suoi occhi.

E, come il primo giorno, come la prima volta che affogai in quelle iridi così assurdamente azzurre, mi sento a casa. E mi innamoro di lui un'altra volta. Perché mi innamoro di lui ogni giorno di più di quello precedente. Perché io scelgo di amarlo ogni giorno, scelgo lui come la persona con cui voglio trascorrere il resto della vita.

«Non lasciarmi andare» è tutto quello riesco a sussurrare, sopraffatto dai ricordi, dai sentimenti, dall'amore incondizionato che provo per questo ragazzo – per quest'uomo – qui davanti a me.

L'esitazione è completamente sparita dai suoi occhi. «Mai» giura un momento prima di sfiorare le mie labbra con le sue.

***

Angolo dell'autrice ≈

Mi dispiace se ci ho messo così tanto a scrivere questo capitolo, non ho avuto tempo per fare niente ultimamente! Probabilmente aggiornerò circa una volta alla settimana d'ora in poi. Ah, e credo che non aggiornerò affatto per tutto agosto e fino a metà settembre, perché starò in vacanza... tornerò appena potrò.

Allora, innanzitutto volevo fare gli auguri ai ragazzi, che esattamente quattro anni fa sono diventati una band. Sono così orgogliosa di loro, aw. E non dimentichiamoci che è anche l'anniversario dei Larry!**

Pooi, spero che il capitolo vi sia piaciuto, anche se secondo me è stato un po' palloso dato che non è successo molto a parte il dialogo tra Haz e Lou e il flashback di Little Things.

E niente, spero comunque che vi sia piaciuto perché ci tengo molto. Magari lasciate una recensione, mi farebbe davvero molto piacere!

Se vi va mettete la storia tra le seguite, ricordate ecc, vi amerei persino più di quanto non vi ami adesso.

Be', ci vediamo al prossimo aggiornamento! Baci :*

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