Orfanotrofio

di Asia_Mofos
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno. ***
Capitolo 3: *** Capitolo due. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Prologo.

Il tempo non era dei migliori in quel giorno, tuonava da diverse settimane oramai, ma la famiglia Knowls decise di andare a cena fuori. Chi immaginava che di li a poco sarebbe successa una catastrofe?
Il Sig. Knowls era un uomo sulla trentina, con un viso molto buffo. Portava dei baffi alla Capitan Uncino che gli facevano risaltare il naso all'insù, aveva gli occhi color blu notte ed erano capace di ucciderti con un solo sguardo ma anche di riempirti d'amore. La Sig.ra Knowls era una donna sulla trentina anch'essa, ma sembrava piu giovane rispetto al marito. Portava sempre i capelli rossicci legati in un elegante chignon, si truccava poco e portava dei vestiti molto eleganti. A primo impatto si direbbe che fossero di nobili origini, ma in realtà provenivano dal Texas. La loro primogenita, Mary-Elizabeth, aveva appena compiuto un anno, mentre la seconda figlia era nata da pochi mesi. Quel giorno erano vestiti tutti in modo elegante, non c'era un perché, ma il Sig. Knowls decise di portare la famiglia in un ristorate di lusso.

Era il 31 Ottobre del 1996, il cielo era scuro e ricoperto da fitte nuvole che lasciavano ricadere al suolo delle dolci gocce d'acqua. La Citroën C1 sfrecciava a tutta velocità sulla strada oramai bagnata.

<< Tesoro, non credi sia il caso di rallentare? >>
La Sig.ra Knowls era in evidente agonia, sia per lei che per le figlie. Non aveva mai amato la velocità come faceva il marito, per questo si trasferì in Texas, a causa di milioni cartelli stradali che ti obbligavano a rallentare: "Attraversamento cervi" oppure "Scuola" o ancora "Pericolo di buche".

<< Okay tesoro, come vuoi tu >>
Le sorrise dolcemente e rallentò un poco. La strada era deserta, vista dall'alto si può descrivere come una lunga linea dritta che non ha mai fine. In compenso il panorama era bellissimo, ai lati della strada c'erano dei campi immensi e ricoperti di verde, la Sig.ra Knowls sospirò e si voltò a guardare entrambe le bambine nei sedili posteriori. Sia Mary-Elizabeth che Evanna avevano il proprio passeggino, entrambe portavano un delizioso vestito fatto a mano e ricamato con merletti e paiuzze.

<< Amori della mamma, papà ci sta portando in Houston, al ristorante Ouisie's Table. Dicono che si mangia bene li >>
Abbazzò un dolce sorriso, uno di quelli che solo la propria mamma sa fare. Il Sig. Knowls si voltò anch'esso e annuì alle sue bambine. Non c'era mai stata una famiglia cosi unita, mai. I Sig.ri Knowls si erano conosciuti al liceo e per loro fu amore a prima vista, si sposarono dopo 12 anni di fidanzamento e Mary-Elizabeth nacque qualche anno dopo. Nessuno dei due coniugi sapeva cosa stava per succedere, nessuno dei due si era reso conto del cartello con su scritto "attraversamento cervi", quando il Sig. Knowls si voltò nuovamente verso la strada qualcosa gli sfrecciò davanti all'auto e, sterzando, andò rovinosamente a sbattere contro un albero.
Il tempo sembrava non passare mai, ogni minuto era prezioso. L'unica che riuscì a chiamare l'ambulanza fu la Sig.ra Knowls, arrivarono dopo circa un ora e, nel disastro, l'unica che riuscirono a salvare fu la piccola Mary-Elizabeth. Il Sig. Knowls e la Sig.ra Knowls morirono dissanguati mentre aspettavano l'ambulanza, i dottori esaminarono il corpo e trovarono schegge di vetro fin dentro gli organi vitali. La piccola Evanna morì sul colpo, essendo ancora troppo fragile, nel momento del botto, sbattè la testa contro il vetro, rompendo cosi la scatola cranica. L'unica che riuscì a difendersi dal colpo fu Mary-Elizabeth, i medici riuscirono a portarla all'ospedale in tempo. Aveva tagli sulla fronte, sul sopracciglio e sulle labbra, rischiò di morire come i genitori ma andò tutto bene.
Il dott.re incaricato di lei si chiamava Markus Dombres, originario del Messico, toccò a lui scoprire se la bambina aveva dei nonni o degli zii. Passò le notti senza chiudere occhio, cercò sull'elenco telefonico se c'erano dei Knowls in Texas, ma niente. Il tempo passava e Mary-Elizabeth cresceva in ospedale, facendo amicizia con i bambini che venivano curati in quella clinica e giocava con le dottoresse. Veniva cullata e viziata da tutti, molti credevano che sarebbe rimasta li per sempre dato che non si rintracciava la sua famiglia.
Ma il Sig. Dombres, dopo una lunga riflessione, decise di portarla in un orfanotrofio, essendo ancora piccola l'avrebbero adottata subito, e invece... Il Sig. Dombres viveva in un paesino chiamato Union in Kentucky, si prese una settimana di pausa dal lavoro e portò la piccola Mary all'orfanotrofio di Los Angeles. Presero l'aereo e, dopo un giorno, arrivarono a destinazione. A prima vista quel posto sembrava un castello, la casa era alta e il tetto era fatto a punta e arrugginito. Come anche le porte, il cancello e le finestre. Dombres sospirò rumorosamente per darsi la forza e, con un rapido gesto della mano, suonò al campanello. Teneva la bambina in braccio,questa portava un paio di pantaloni e una felpa da maschio che le aveva portato un'infermiera dell'ospedale. Il tempo a Los Angeles era migliore di quello a Union, lì ogni tanto batte il sole, ma c'e comunque molto vento.


<< Chi è? >>
Una voce roca e tagliente usci dal citofono. Markus deglutì e, infine, rispose.

<< Sono Markus Dombres, un dottore di Union. Pochi mesi fa ci fu un incidente a Houston in Texas e l'unica a sopravvivere è stata una bambina di un anno e mezzo. Non ha più la famiglia e ho pensato che la cosa giusta da fare sia portala in un orfanotrofio. >>
Nessuna voce arrivò dal citofono ma, in compenso si apri il cancello. Mente Markus camminava si domandò se stesse facendo la cosa giusta, se sarebbe stato meglio che l'adottasse lui. Ma la sua vita era troppo movimentata, essendo un medico di fama internazionale veniva chiamato in tutti gli ospedali degli Stati Uniti per operazioni di massima importanza, come avrebbe vissuto una bambina in queste condizioni?
Scosse la testa per cacciare via quei pensieri inutili, ormai il danno era fatto. Il portone si aprì e ne usci fuori una donna minuta, alta piu o meno un metro e settanta. Avrà avuto piu di sessant'anni perché il suo volto era rigato da rughe profonde e intense, quella donna era il ritratto della crudeltà e si vedeva. Portava i capelli grigi tirati indietro in uno chignon mostruosamente perfetto, gli occhiali le ricadevano sul naso all'insù e la bocca era storta in un ghigno malefico. Una donna stupenda insomma! Prima di parlare si sistemò il vestito nero che le arrivava fino al ginocchio.


<< Allora, vediamo.. È questa la bambina di cui mi parlavate? >>

<< Si signora, è lei >>

<< Bene, dovreste entrare e firmare dei documenti, dopo potrà lasciare qua il frugoletto >>

Abbozzò un sorriso e, invitando ad entrare i due ospiti, chiuse la porta alle loro spalle. L'ingresso, come tutta la casa, era buio e freddo. Non c'era luce e i riscaldamenti non erano accesi, la stanza era quadrata e, difronte al portone c'era una scala e una porta con su scritto "Ufficio".

<< Seguitemi, prego >>
Li portò nella stanza accanto alle scale e, senza far accomodare Dombres, gli porse di fretta e furia il modulo di iscrizione per Mary.

<< Compili tutto. Nel frattempo le spiego come funziona da noi: i bambini rimarranno qui dentro finche una famiglia non decide di adottarli oppure finche non avranno compiuto 18 anni. In quel momento potranno decidere se rimanere e fare i bidelli, gli insegnati oppure se andare via. Dal lunedì al venerdi ci si sveglia alle 6 e fino a mezzogiorno si studia, 30 minuti per il pranzo, poi preghiere pomeridiane e ad ognuno viene assegnato un compito da svolgere. Semplice. >>
La mummia ci mise ben 40 minuti per spiegargli tutto, aveva una parlantina lenta e agonizzante che, molto probabilmente, dava fastidio a tutti.

<< Bene, fatto. Dove porterete adesso Mary? >>

<< Sono le 12.50 caro, ora si pranza>>

Detto questo lo fece alzare e prese in mano la bambina che, staccatasi da Dombres, iniziò a piangere.

<< Stai zitta >>
Disse sotto voce la Preside e strattonò con forza il braccio della bambina. Appena Markus si voltò per salutare la bambina la Preside abbozzò un sorriso facendo finta di niente.

<< Hey piccola, non ti dimenticare di me eh! >>
Le diede un leggero bacio sulla fronte e usci dall'orfanotrofio come usci per sempre dalla sua vita.








Spazio dell'autrice:
Salve a tutti! Questo è un piccolissimo prologo creato solo per far capire com'è finita in orfanotrofio la protagonista di questa fanfiction.
Di solito non pubblico mai quello che scrivo ma adoro farlo, quindi accetterò qualunque consiglio vogliate darmi. E' la prima storia che pubblico in assoluto, quindi siate clementi.
Detto questo ringrazio chi recensirà e chi no.
Pubblicherò uno o due capitoli alla settimana, quindi.... Alla prossima!

Asia.

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Capitolo 2
*** Capitolo uno. ***


Primo capitolo

Stava per succedere di nuovo. Era la terza volta, in una settimana, che venivo frustata. Era la punizione che si usava piu spesso nell'orfanotrofio. È normale? No. La Mummia (cosi la chiamano tutti) si passava con noncuranza la frusta fra le mani, si vedeva lontano chilometri che fremeva dalla voglia. La vecchia direttrice si stava incamminando verso di me, io tenevo ancora il piatto in mano e mi guardavo intorno spaventata. Avevo osato chiedere il bis in mensa, non l'avevo fatto apposta in realtà, non ero cosi scema da farmi frustare a caso. Era il nostro gioco, il gioco di noi orfani: pescavamo, da dentro un sacco, un filo di stoffa ciascuno. Chi prendeva il filo piu corto doveva far indispettire la Mummia. Ovviamente, con la sfortuna che mi perseguita, toccò a me tre giorni su cinque. Avevo la schiena coperta da fasciature da settimane oramai, ma fra due giorni è il mio compleanno quindi ho deciso che me ne andrò da lì. Non ho mai visto Los Angeles ma alcuni compagni mi raccontano come sia vivere la fuori, e io non sogno altro. SCIAK. Sento la Mummia che frusta il pavimento, lo faceva apposta per mettermi paura. Ancora non riesco a capire perché nessuno la denuncia, questo è maltrattamento di minori! Ma, adesso che ci penso, nessuno la denuncia perché non c'e nessuno che può farlo, nessuno di noi ragazzini ha dei genitori, siamo tutti orfani.
<< Signorina Knowls, appoggi il piatto sul tavolo alla sua destra per favore >>
Eccolo, stava per succedere, lo capivo dal suo modo di parlare. Usava quel tono irritante, lento e pesante solo quando stava per scoccare la frusta. Arrivarono delle bidelle e mi tolsero i vestiti, ero li davanti a tutti ed ero seminuda. Ma non era quello che mi dava fastidio, non era la mia intimità ad essere stata violata, ma il mio orgoglio. Le vecchiette mi guardarono e nei loro occhi vedevo.. Rammarico? Tristezza? Non lo so, non mi concentrai piu di tanto su questo,perché la prima frustata mi arrivò sulla schiena. Dallo spavento mi aggrappai al bancone ricoperto di cibo che avevo avanti, i miei compagno mi guardavano, ma nei loro occhi non leggevo alcuna emozione. Avevano semplicemente pietà, ognuno di noi, almeno una volta, ha assaggiato l'ira della Mummia. Un'altra frustata arrivò e, in quel momento, riuscì a concentrarmi solo alla sensazione di caldo che sentivo sulla schiena. Probabilmente era sangue. Mancavano solo due giorni e sarebbe finito tutto, avrei avuto una vita normale, con una casa normale e una famiglia normale. La terza e ultima frustata arrivò silenziosa e in quel momento fu tutto nero. Quando aprii gli occhi mi ritrovai nel mio letto, era caldo e accogliente. Accanto a me non c'era nessuno, ovviamente a nessuno importava di me, non avevo stretto amicizia con nessuno in questi 17 anni. Mi alzai dal letto e senti subito una scossa alla schiena, segno che le ferite erano ancora fresche. Andai nel bagno e, dopo essermi lavata, contemplai un pò la mia immagine allo specchio. Ero messa davvero male: due occhi verdi smeraldo mi fissavano scrupolosamente, i miei capelli corvini, essendo corti, puntavano verso l'alto, le lentiggini coprivano tutto il viso e le labbra tendevano sul violaceo. Sembravo quasi una ragazza, se non si notava che pesavo 4-5 chili in meno rispetto al peso forma, che avevo sbucciature e ferite ovunque e che le mie mani sembravano quelle di un lottatore di wrestling. Sospirai e, uscendo dal bagno, andai nella mensa per gustarmi quello schifo di colazione, mancava solo un giorno e sarei potuta uscire da li, mancava poco. Mentre scendevo le scale mi resi conto che non c'era un minimo rumore, non c'era nessuno nei paraggi e questa cosa mi inquietava alquanto. Agrottai la fronte sospettosa e, quando apri la porta della mensa, mi prese quasi un accidente. Erano tutti li. Bidelli, compagni, insegnanti e sopratutto La Mummia. Non capivo cosa stava succedendo, ma quando alzai gli occhi e lessi su uno striscione "Buon compleanno Mary-Elizabeth" mi resi conto che era il mio compleanno, avevo dormito per due giorni consecutivi. Non ci pensai due secondi e corsi subito nel dormitorio, avevo preparato la valigia da giorni e ora era il momento giusto per usarla. Non volevo essere scortese, quindi, dopo essermi messa qualcosa di decente addosso, andai a salutare tutte quelle persone in mensa. Rimasi scioccata quando notai che qualche professore stava piangendo, forse speravano che sarei rimasta con loro. I miei compagni non mi degnarono di uno sguardo, a loro non importava niente, però non salutai la Mummia, dopo tutto quello che mi aveva fatto sarei stata capace di sputarle in un occhio. Le passai accanto senza degnarla di uno sguardo e mi fermai davanti al portone, un altro passo e la mia vita sarebbe cambiata per sempre. Solo che c'erano dei problemi che andavano risolti subito: Dove avrei dormito? Sospirai e iniziai a pensare a cosa avevo messo in valigia: qualche vestito bucato, mutande e calzini, spazzolino, dentifricio, libri e circa 1000 dollari. Non sapevo da dove fossero usciti, ma la Mummia mi disse che mi erano arrivati da qualcuno in regalo. Almeno avrei potuto affittare una casa. Mi guardai intorno per un'ultima volta e aprì il portone. Il sole mi accecò quasi subito, ma non m'importava. Respirai a pieni polmoni quell'aria sporca e rarefatta di Los Angeles, usci dal cancello e mi guardai intorno spaesata. Non sapevo da dove iniziare a cercare una casa e un lavoro, so perfettamente che non ci vogliono due secondi, ma non posso dormire per strada. Sospirai e iniziai a camminare a vuoto, magari prima o poi avrei trovato un Hotel oppure una casa in affitto. Los Angeles è davvero bella, i grattacieli sono altissimi, ci sono pub e ristoranti dappertutto e le persone non fanno caso a te quando gli passi accanto. Era perfetta nella sua imperfezione. Entrai nel primo Motel e mi diressi alla reseption, magari avevano una stanza libera.
<< Scusi! >> dissi alla reseptionist, questa mi guardò come se fossi un rospo schifoso e, masticando, mi disse
<< Che vuoi? >>
<< Avete una stanza per me? >> mi guardai intorno pensando che, se il costo per una notte era maggiore di 1000 dollari, sarei dovuta scappare prima che il mostro che avevo davanti mi mangiasse.
<< Mh mh, sono 150 dollari a notte. Quante notti? >> per la prima volta la guardai negli occhi e, sorridendole, le dissi
<< Una sola, senta.. Io avrei bisogno di un favore, sa se nei paraggi ci sono case in affitto? >>
<< Mh mh, cerco su internet. >> detto questo si mise a smanettare e neanche due minuti dopo mi passò un foglio con degli indirizzi.
<< Queste sono le case piu belle in affitto, buona fortuna. Ora sgancia 150 dollari >> sorrido, ma non perché quella tipa inquietante mi ha aiutata. Ma perché domani mattina, probabilmente, avrò una casa tutta mia. La stanza che mi è stata assegnata è a dir poco orrida. Il letto è una brandina, il bagno perde acqua e, qualche volta, escono fuori degli scarafaggi dal cesso. Stupendo, ora mi restano solo 850 dollari per poter affittare casa, molto probabilmente verrò cacciata il secondo mese. Sospiro e butto la valigia in un angolo della stanza, chiudo la porta del bagno e mi siedo sul letto. Controllo l'orologio e noto che é ancora presto: 11.50. Mi alzo di botto e prendo il foglio con gli indirizzi e i numeri di telefono dei vari proprietari delle case, mi guardo intorno e prendo il telefono che trovo sul comodino. Compongo il numero del primo venditore
<< Pronto? >>
<< Pronto! Salve! Mi chiamo Mary Elizabeth, mi chiedevo se la casa che aveva messo in affitto fosse stata già presa >> incrociai le dita e aspettai che il tipo dall'altro lato del telefono mi rispondesse
. << Non ancora, è interessata?>>
<< Si, ma vorrei farle due domande: Quant'è l'affitto? Com'è la casa? >> sospirai e iniziai a tamburellare le dita sul comodino, come un tick nervoso.
<< Allora.. Al mese sono 1200 dollari... >> non gli ho dato neanche il tempo di finire che attaccai subito la cornetta. Fu cosi con altri 3 o 4 venditori, uno aveva solo una stanza, un'altro aveva il problema dei ragni, un'altro il prezzo era troppo alto e altri avevano già affittato. Me ne mancavano solo 2: digitai il numero del penultimo e aspettai che rispondesse.
<< Pronto? >>
<< Pronto! Salve, sono Mary Elizabeth, volevo sapere se per caso lei aveva già affittato casa .. >> guardai l'orologio, erano le 13,20.
<< No, perché? >>
<< Sono interessata, volevo sapere il prezzo e com'era fatta >> ripensai a quello che avevo detto e optai per aggiungere
<< Per favore >>non volevo sembrare troppo sgarbata.
<< Certo, sono 300 dollari al mese. La villa ha un giardino, 3 camere da letto, una cucina, 2 bagni, un soggiorno e un balcone. >> Rimasi scioccata, aveva tutte quelle stanze e costava cosi poco.. Qualcosa mi puzzava..
<< Se è cosi spaziosa come mai sta a soli 300 dollari al mese? >> non volevo sembrare invadente,ma non volevo avere topi fra i piedi.
<< Diciamo che i vicini sono scorbutici, e la maggior parte sono vecchietti. Allora le interessa ?>> non ci pensai piu di tanto << si, possiamo darci appuntamento per vederla? >>
<< si, quando? >>
<< verso le.... >> guardai l'orologio << verso le 15? Le andrebbe bene? >> incrociai le dita speranzosa, volevo davvero avere una casa mia, poi se l'avessi presa subito mi sarei fatta ridare i 150 dollari e avrei dormito direttamente li.
<< Perfetto, l'indirizzo ce l'ha. Ci vediamo li. Arrivederci >> attaccò senza aspettare la mia risposta. Erano le 14.01, optai per uscire dal Motel e di pranzare fuori, poi avrei preso un taxi per andare e tornare. Sospirai e aprì la valigia, tirai fuori un paio di jeans scuri e una maglietta a maniche lunghe viola, non era uno dei miei colori preferiti, ma era l'unica maglietta decente che avevo. Per essere il 21 Ottobre faceva davvero freddo, dopo essermi vestita mi infilai il giubbotto verde militare che mi arrivava fino ai piedi e usci dalla mia stanza. Per il corridoio c'era un puzzo rivoltante, sapeva di fogna e di chiuso, allungai il passo è usci da quel posto. Lasciai la valigia sotto al letto e mi portai dietro solo il portafoglio e il biglietto con l'indirizzo della villa. Mi guardai intorno e allungai la mano per far fermare qualcuno. Si fermò davanti a me un ragazzo sulla ventina che portava un casco nero lucido, stava in equilibrio su una moto altrettanto nera e lucida, si tolse il casco e mi sorrise.
<< Serve una mano? >> era davvero un ragazzo carino. Portava i capelli castani all'indietro e i suoi occhietti verdi mi scrutavano divertiti.
<<< Si, sai dove si trova una pizzeria?>> abbozzai un sorriso, in effetti mi vergognavo un pò, ma cercai di far finta di niente.
<< Si, vedi questa strada? >> con il dito mi indica la fine della strada
<< alla fine della via c'e una pizzeria buonissima, ti accompagno ? >>> sorrise e mi porse il suo casco. Io, in risposta, mi passai una mano fra i capelli corti, portandomeli indietro. In effetti avevamo quasi lo stesso taglio di capelli.
<< Non so, mi hanno sempre detto che non devo salire in macchina con degli sconosciuti >> dissi alzando le spalle a mò di scusa.
<< Infatti questa è una moto! Insisto, è solo la fine della via, non l'altra parte di Los Angeles >> allungò ancora di più il braccio, immaginai che da un momento all'altro si sarebbe staccato.
<< ... Comunque piacere Elis >> presi il casco e gli strinsi la mano, lui ricambiò e mi sorrise. Aveva davvero un bel sorriso. << Josh.. Elis è il diminutivo di... >>> Misi il casco e notai che mi stava grande, questo Josh aveva la testa gigantesca, lo scrutai per bene. Non aveva la testa cosi grande, anzi... Aveva delle lentiggini accennate sul naso, davvero adorabile. Il gancio del casco fece click e montai sulla moto,dietro di lui.
<< Mary-Elizabeth >> appena misi il sedere sulla sella Josh partì, andò piano perché si rese conto che non mi reggevo da nessuna parte, non volevo aggrapparmi a lui. Però mi piaceva davvero la moto, avevo il vento nel capelli e tutto intorno a me andava veloce. Ma durò pochissimo, la pizzeria era troppo vicina. Scesi dalla moto e gli sorrisi. << Grazie per il passaggio >> stavo per andarmene ma..
<< Hey... Elis, hai ancora il casco! >> mi toccai la testa e la mano tastò qualcosa di duro, si avevo ancora il casco.
<< Oh giusto! Scusa.. Potresti.. >> darmi una mano! Non riesco a sfilarmi questo affare! << Certo >> si vedeva perfettamente che stava cercando di trattenersi per non ridermi in faccia. Mi avvicinai a lui con il viso per permettergli di togliermi il casco, e con un rapido gesto fece click. Mi sistemai velocemente i capelli per non averli spiattellati in testa e gli sorrisi.
<< Grazie eh, ci si vede >> Mi girai ed entrai nella pizzeria, guardai l'orologio ed erano le 14.45. Avevo solo 10 minuti per pranzare quindi ordinai una pizza margherita e me la ingurgitai in meno di 7 minuti, sospirai esasperata. Il tempo non voleva proprio passare! Mi alzai e, ringraziando, esco dalla pizzeria. Fermo con un gesto della mano il taxi che mi stava passando davanti, salgo in macchina e dico al conducente la via. Abbasso il finestrino e inizio a contemplare Los Angeles, la mia attenzione fu catturata da un parco giochi , allungai il collo per vedere meglio ma sentì un dolore forte alla schiena. Mi ero quasi dimenticata delle ferite, non avevo ancora cambiato le bende. Sospirai e bussai al finestrino che separava passeggiare e conduce te.
<< Scusi, quanto manca ? >>
<< Altri 10 minuti>> guardai l'orologio, erano le 15.05, ero in ritardo. Sospirai sperando che il venditore non se ne andasse prima del dovuto, desideravo davvero avere una casa per me. Oggi è il 21 Ottobre, è il mio compleanno e non l'ho ancora festeggiato, all'orfanotrofio non lo festeggiavamo mai, quindi non so bene cosa significa festeggiare un compleanno. Sbadigliai e appoggiai la testa sulla porta,la macchina si fermò bruscamente davanti a una villa enorme. Spalancai gli occhi sperando che quella casa fosse la mia.
<< Sono 50 dollari >>
<< Mhmh>> allungai una banconota da 50 e scesi velocemente dalla macchina. La villa aveva due piani e un enorme giardino, mi guardai intorno e quasi mi prese un colpo quando un uomo sulla quarantina mi si mise davanti al viso.
<< Lei è la signorina Knowls? >>
<< Si, lei è il venditore? >>
<< Si, iniziamo subito il giro turistico che ho da fare. >> apri il cancello di legno e mi fece cenno di seguirlo, il giardino era ben curato e c'erano fiori dappertutto. La casa era dipinta di bianco e di beige, le finestre erano tutte chiuse, da fuori sembrava un manicomio. Il tizio tirò fuori un mazzo di chiavi e apri la porta di casa, il salone era grande: c'erano due divani, una Tv, una libreria, un tavolo e delle scale a chiocciola. Per poco non mi prendeva un infarto, nella mente pensavo che quella casa era già mia.
<< Di qua c'e la cucina.. >> questa era piu piccola, ma a me bastava che ci fosse un frigorifero e un lavandino per lavare i piatti, ma non era cosi male, i mobili erano di legno antico. Passabile. Il tizio mi trascinò su per le scale, il corridoio era lungo e pieno di stanza chiuse. Quella al centro era il bagno, grande e bianco. C'era la vasca da bagno, buono. Le due stanze sulla destra erano vuote, non c'era molto da vedere, la parete era colorata di beige, non mi dispiaceva quel colore. Mi trasmetteva pace e serenità. L'altra stanza sulla sinistra era grande quasi quanto il salone, questa aveva già i mobili. Il letto era a due piazze e le coperte avevano uno strato di polvere alto quando me, accanto al letto c'era una finestra-porta che si apre su un balcone altrettanto grande. Nella stanza c'era una libreria e un comodino, per il resto era spoglia, ma va bene cosi. Le pareti sono bianche e sembrano state dipinte da poco.
<< Allora? >> il venditore mi guarda e alza le sopracciglia speranzoso.
<< La prendo, sono 300 il primo mese, giusto?>>
<< Si >> mi dice poco concentrato perché stava tirando fuori dalla borsa i documenti
<< firmi qui >> Presi la penna e firmai
<< Allora tenga, le do i primi due mesi >> gli passai 600 dollari e, cercando di non essere scortese, lo cacciai fuori di casa.
<< Ah! >> apri la porta e gli corsi incontro << le chiavi >> lui sorrise per la prima volta e me le diede.
<< Si é appena trasferita eh? >>
<< Già! >> abbozzai un sorriso e rientrai in casa, la mia nuova casa.







Angolo autrice:
Salve a tutti con questo nuovo capitolo, Josh è spuntato per due secondi. Ma prima o poi la nostra protagonista riuscirà a incontrarlo di nuovo. Nascerà l'amore fra loro oppure saranno solo amici? Chi lo sa? Io u.u
Ho faticato molto per trovare la foto che corrisponde alla descrizione della nostra protagonista, ma è proprio lei identica.


https://www.google.it/search?q=ragazza+capelli+corti+neri&newwindow=1&client=firefox-a&hs=aF5&rls=org.mozilla:it:official&channel=fflb&tbm=isch&tbo=u&source=univ&sa=X&ei=genOU_jnKOnS4QTuiYCoBw&ved=0CCEQsAQ#facrc=_&imgdii=_&imgrc=W5M2UJw5Y-OTGM%253A%3B8GWnXhlF-WS2GM%3Bhttp%253A%252F%252Fwondir.it%252Fwp-content%252Fuploads%252F2011%252F04%252Ftagli-capelli-corti2.jpg%3Bhttp%253A%252F%252Fforum.donnamoderna.com%252Fbellezza-capelli-f301%252Ftagli-per-capelli-corti-t1896101%252F%3B386%3B390

Comunque ringrazio la ragazza che mi ha recensito e spero che qualcun'altro mi recensisca prima o poi.
mi dispiace per gli errori vari ed eventuali, rimedierò subito, ho pubblicato la storia dal telefono, non è proprio il massimo Alla prossima settimana,
Asia_Mofos!

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Capitolo 3
*** Capitolo due. ***


CAPITOLO DUE.


Rientrai in casa e mi guardai intorno, sbuffai rumorosamente quando notai che la polvere si stava trasformando in un mostro piu alto di me. Mi tirai su le maniche e decisi di mettermi a lavoro per rendere piu accogliente casa. Andai a cercare nelle mensole qualche prodotto anti-polvere e lo trovai nel reparto cucina. Nel frattempo mi organizzo mentalmente la giornata: appena finisco di spolverare e lavare casa passo al Motel e prendo la valigia, la porto qua e dopo vado a fare la spesa. Devo ancora decidere se dormire li oppure no, 150 dollari mi farebbero comodo ma la camera da letto non è ancora utilizzabile. Devo cambiare le lenzuola perché non penso sia molto igienico dormirci sopra, chissà da quanto tempo stanno là. Mentre penso mi guardo intorno e noto che ho pulito già tutto il salone, la cucina e il primo bagno. Sospiro e guardo l'orologio: sono le 18.46, cosi opto per andare al Motel. Appoggio l'anti-polvere nella mensola, mi dirigo verso la porta e prendo la chiave che ho lasciato sul divano. Sbadiglio rumorosamente e, quando apro la porta, faccio un salto per lo spavento. Davanti a me c'e un ragazzo sui 19 anni che tiene il braccio alzato, come se l'avessi sorpreso proprio quando stava per bussare.

<< Ciao! Tu sei la nuova vicina, vero? Io sono Connor, abito nella casa accanto con mio fratello. >> detto questo mi fa un sorriso dolce, come se fosse felice di avere una nuova vicina.

<< Ciao, io sono Mary-Elizabeth >> abbozzo un sorriso che assomiglia piu a una smorfia, perché lui mi guarda con gli occhi semichiusi come per studiare i miei movimenti. Chiudo la porta alle mie spalle e lo guardo.

<< Scusa, adesso casa non è presentabile. Il venditore non mi aveva detto che era sporca, forse verrò a vivere qui domani >> mi incammino verso il cancello e mi guardo intorno imbarazzata.

<< Beh, quando verrai a vivere qui facci un fischio. Magari ceniamo insieme un giorno, tanto per conoscerci meglio. Qui intorno ci sono tutti vecchietti dai 50 anni in su, è una noia mortale. >> ride e mi stringe in un abbraccio.

<< Ci si vede >> mi dice e se ne va verso casa sua che, a prima vista, è davvero bella e moderna. Chissà come fanno due ragazzi a mantenersi da soli, faccio spallucce e cerco un taxi. Dopo mezz'ora buona riesco ad arrivare a quel Motel, decido di dormire li perché, il giorno dopo, sarei andata a fare compere per la casa. Quando entro nella reception faccio un cenno alla receptionist e salgo in camera mia, per poco non mi prende un colpo, mi ero completamente dimenticata come fosse orrenda e sporca la stanza. Sospiro e mi siedo sulla valigia, guardo l'orologio: 19.38. Cosa faccio? Vado a fare compere subito e vado via oppure mi godo un pò di riposo? Non lo so, ma per ora ho bisogno di cambiarmi la fasciatura, le cicatrici mi fanno ancora male e ho paura che ci metteranno un pò prima di chiudersi. Apro la valigia e prendo delle nuove bende, vado in bagno e mi tolgo la maglietta. Un brivido mi attraversa la schiena e mi guardo allo specchio, riesco a vedere solo delle strisce di sangue. Sospiro e inizio a togliermi le bende, ripensando a tutto quello che ho dovuto subire in quel maledetto posto. Con la mente ritorno ai miei 10 anni, a quell'epoca non mi frustavano, ma mi picchiavano. La prima volta che lo fecero avevo fatto cadere un vaso per terra, non ricordo come successe ma ricordo la sensazione che ho provato. La Mummia mi prese per il braccio e mi trascinò fino al salone dove, sedendosi, iniziò a sculacciarmi con un libro. Non mi fece molto male, ma avevo paura e lo dimostravo urlando, urlavo e mi dimenavo come una pazza. Per giorni rimasi chiusa in bagno, avevo paura persino della mia ombra, non parlavo piu. Avevo paura che se avessi aperto bocca mi avrebbero picchiata di nuovo, e non volevo. Con il passare del tempo le cose non migliorarono, piu crescevo e piu le torture peggioravano e questo ci rendeva tutti nervosi. Eravamo tutti delle pedine, zombie che camminavano a testa bassa. Io continuai a non proferire parola, alcuni insegnanti credevano che fossi diventata muta ma, di notte, parlavo con la mia vicina di letto. Lei era l'unica con cui riuscivo a parlare, era di un paio di anni piu piccola di me, ma avevamo subito le stesse cose. Non la consideravo un'amica, ma una confidente. Il nostro rapporto si limitava solo a quello. Scuoto la testa per scacciare via quei ricordi e inizio a fasciarmi, nel frattempo decido di non uscire per cena e opto per rimanere in stanza a riposarmi. Prendo dalla valigia il pigiama e, quando ho finito di vestirmi, mi siedo sulla valigia e mi addormento. Apro un occhio e sbadiglio, mi stiracchio e mi giro dall'altra parte. La mia mente inizia a capire in quale posizione mi ritrovo, sono sdraiata per terra e la testa è appoggiata sulla valigia, sono ranicchiata e infreddolita. Sbadiglio di nuovo e guardo l'orologio: 9.05. Sospiro e mi strofino gli occhi, mi concedo altri 10 minuti perché sono sicura che sarà una giornata lunga e faticosa. Quando decido che é il momento di alzarsi, sospiro e mi tiro su. Mi guardo intorno intontita e vado ad aprire la finestra: piove. Sbuffo e vado a prepararmi per uscire, finisco in mezz'ora e cosi mi concedo 2 minuti per guardarmi allo specchio: indosso un paio di jeans chiari, una felpa rosa in contrasto con i capelli corvini e delle scarpe da ginnastica. Il mio viso è pulito, non mi sono messa neanche un filo di trucco, penso di essere carina anche cosi al naturale. Le lentiggini mi coprono le guance e le labbra sono scure e carnose, i capelli sono lasciati ribelli e mi ricadono sugli occhi a mò di frangetta. Sospiro e vado a prendere il giubbotto verde militare che si trova sulla valigia, lo indosso e mi guardo intorno. Non credo di aver dimenticato niente, le chiavi di casa ce l'ho, i soldi anche, la valigia idem e io sono qua. Sono pronta per andare. Mi chiudo la porta alla spalle e il puzzo di marcio nel corridoio mi assale, cammino velocemente e saluto con un cenno la receptionist. Ora devo solo portare la valigia a casa e poi posso iniziare a fare compere, solo che non posso spendere i soldi per il taxi, di nuovo. Sbuffo e mi guardo intorno, posso rubare la bicicletta a un bambino oppure dovrò prendere l'autobus. Sto per incamminarmi verso la fermata quando sento un clacson e, voltandomi, noto una macchina nera parcheggia accanto a me.

<< Hey vicina, ti serve uno strappo a casa? >> agrotto le sopracciglia, quella voce l'avevo già sentita, ma non riuscivo a mettere a fuoco chi fosse.

<< Il gatto ti ha mangiato la lingua? >> finalmente lo vedo,Connor. Sorride e mi fa cenno di entrare, è capitato a fagiolo.

<< Si, scusa! Mi servirebbe in effetti, sono a piedi. Come mai stai in giro cosi presto? >> salgo sui sedili posteriori e appoggio la valigia per terra.

<< Ho dovuto accompagnare mio fratello ad un appuntamento. Comunque potevi anche metterti davanti, cosi mi sento un tassista >> ride e mi guarda dal finestrino, ho notato che non ha voluto specificare che appuntamento aveva il fratello, cosi indago.

<< Tuo fratello come si chiama? >> mi affaccio in mezzo ai sedili e lo guardo concentrarsi sulla strada.

<< Josh, lui ha qualche anno in più di me. Strano che non hai sentito parlare di lui, è un tipo importante >> Josh? Non credo di conoscere un Josh famoso. All'orfanotrofio non ci facevano fare niente, quindi questo tipo poteva essere un giocatore professionista di tennis e io non lo sapevo.

<< Mh... Josh come? >>

<< Hutcherson >> Hutcherson, no. Non avevo mai sentito parlare di lui.

<< Mai sentito, mi dispiace. Sono cresciuta un pò disagiata, diciamo che ho vissuto in un palazzo di vetro >> non volevo parlare del mio passato, non ora.

<< Okay. Senti, sta sera ti va di venire a cena da noi? È da tanto che non abbiamo una vicina di casa senza rughe e poi avrai la possibilità di conoscere mio fratello. Fra qualche mese partirà. >> accosta la macchina, segno che siamo arrivati. Difatti appena mi giro trovo come sfondo la mia bella casetta, lo guardo e sorrido.

<< Beh, non mi dispiacerebbe. Però prima parlane con lui, okay? Non vorrei essere di troppo. Comunque grazie per l'invito e per il passaggio >> gli dò una pacca sulla spalla e, prendendo la valigia, scendo dalla macchina. Lo saluto con la mano e mi incammino verso casa mia, quando apro la porta sento odore di pulito e di fresco, avevo dimenticato le finestre aperte. Sbuffo e chiudo la porta alle mie spalle, butto la valigia per terra e l'apro. Tiro fuori tutti i soldi che mi erano rimasti, circa 800 dollari ed esco nuovamente di casa. Decido di farmi una passeggiata alla ricerca di qualche negozio che mi possa servire, in questo momento necessito di lenzuola nuove e di cibo. Per il resto ho tutto. Devo anche decidere cosa farne delle due stanze vuote, ma una diventerà la mia stanza per i graffiti. La passeggiata dura all'incirca 2 ore ma, alla fine, ho comprato tutto. Mi restano solo 300 dollari, ho comprato svariate lenzuola beige, ho fatto la spesa e ho comprato qualche bomboletta per i graffiti. Quando torno a casa sono le 12,30 e metto apposto tutto, il frigorifero è pieno zeppo di cibo e l'unica pecca è il fatto che non si accende la luce all'interno. Sospiro e corro nella mia cameretta, metto le lenzuola pulite e le altre le metto a lavare, ora è a tutti gli effetti casa mia. Sorrido felice e vado verso la finestra-porta,la spalanco e vado sul balcone. Come vista ho la villa degli Hutcherson, piu precisamente ho una camera da letto degli Hutcherson. Ritorno dentro e agrotto la fronte, magari potrei invitarli qui per cena, per battezzare la nuova casa. Esco di casa e suono al campanello dei miei vicini, ovviamente mi apre Connor.

<< Hey, c'hai ripensato? >> mi guarda e ride, con il braccio si appoggia allo stipite della porta, che posa da macho!

<< In realtà volevo invitare te e tuo fratello a casa mia per cena, magari potevamo battezzare la nuova casa. Penso a tutto io, devi dire solo di si >> sorrido e lo guardo con un sopracciglio alzato a mò di attesa. Lui in tutta risposta guarda dietro di me e alza un braccio per salutare qualcuno.

<< Perché non glielo chiedi tu? >> Mi volto e mi ritrovo un Dio in nero su una moto altrettanto nera. Il ragazzo si toglie il casco e si passa una mano fra i capelli biondi, fa un cenno al fratello e mi sorride. Porta un giubbotto di pelle nera e i jeans neri stretti, scende dalla moto e mi viene incontro.

<< Ciao, sono Josh. Tu sei la vicina, giusto? >> mi porge la mano e io sono piu che felice di stringergliela. Ha un sorriso bellissimo, i suoi occhi verdi sono fissi su di me e questa cosa mi mette in agitazione.

<< Giusto, Mary-Elizabeth. Piacere. Ero passata solo per sapere se volevate venire a cena da me, per conoscerci meglio. >> distolgo velocemente lo sguardo da lui e sorrido a Connor.

<< Certo che veniamo >> mi sorride e mi da una pacca sulla spalla << eh Connie abbiamo la cena programmata allora! >> Josh ride e da una spallata scherzosa al fratello minore, questo,in tutta risposta, gli si butta addosso facendolo cadere a terra. Non so perché, ma mi tornò in mente un flashback con la Mummia, cosi sorrisi debolmente a entrambi e mi voltai verso il cancello.

<< Alle 19 allora >> non aspetto neanche un loro saluto, cammino a testa bassa fino a casa mia e aspetto che quei ricordi passino. Quando mi sveglio mi accorgo di essere sdraiata sul divano, con il piumone che mi copre la faccia. Non sento neanche un rumore, segno che ha smesso di piovere, alzo il braccio e controllo l'ora: 18,02. Faccio un balzo e mi alzo in piedi, i miei vicini di casa saranno qui fra un'ora e io non ho ancora preparato niente. Corro verso la cucina e apro il frigorifero, ora che ci penso non ho mai cucinato qualcosa. Apro il frizer e prendo la scatola delle pizze surgelate, che sono tutto tranne che surgelate. Le metto nel forno e aspetto che cuociano, nel frattempo apparecchio la tavola. Prima di mettere i piatti e i bicchieri in tavola gli do una lavata perché c'e polvere anche li, quando è tutto pronto spengo il forno e lascio le pizze li dentro al calduccio. Salgo in camera mia e apro la valigia, non ci sono molti vestiti decenti, ma quelli messi meglio erano un paio di jeans strappati al ginocchio e un maglione di lana in stile natalizio. Li indosso e vado a darmi una sciacquata al viso, dieci minuti dopo sento suonare il campanello. Apro la porta e...

<< Ciao! Guarda cosa abbiamo portato! >> Connor mi mostra il vino rosso e io rido di gusto, sarà proprio un'ottima serata. Josh sbuca da dietro il fratello e mi stringe la mano per salutarmi. Li guardo e noto che sono vestiti entrambi in modi bizzarri: Connor indossa una camicia viola con un maglioncino rosa e dei jeans chiari. Josh, invece, indossa una felpa verde militare e dei jeans scuri, ma la cosa più bella che ha è quel sorriso stampato sulla faccia.

<< Eccoci qui, possiamo entrare? >> alza un sopracciglio e mi guarda, non mi ero resta conto di essermi incantata.

<< Oh si, scusate. Vi avverto, non aspettatevi una cena lussuosa. Non so cucinare, quindi potete accontentarvi della pizza? >> li faccio accomodare e si guardano intorno,Connor mi passa il vino e lo porto in frigo.

<< Certo! La pizza vince sempre! >> Josh ride e fa cenno al fratello do stargli accanto, forse era nervoso anche lui.

<< Perfetto.. Allora.. Iniziamo? >> indico il tavolo al centro del salone.

<< Mhmh! >> Connor si avvicina al tavolo e si mette accanto al fratello, lasciandomi cosi il posto difronte a Josh. Io vado ad aprire il vino e lo porto a tavola.

<< Buon appetito >> detto questo mi verso un pò di quel liquido rosso nel bicchiere.

<< Allora Mary, cosa fai nella vita? Come mai sei qui a Los Angeles? >> Josh mi guarda negli occhi, si vede che è interessato, il fratellino, invece, è concentrato a mangiare la pizza. Sorrido e inizio a raccontare la mia storia, di come sono finita all'orfanotrofio e di come ci trattavano lì. Parlo del fatto che non ho un lavoro e che dovrei cercalo a giorni, i fratelli Hutcherson mi guardano come se fossi un alieno, ma non in senso negativo ma in positivo.

<< Wow, non so come hai fatto a sopportare tutte quelle cose >> Connor mi sorride per incoraggiarmi e io ricambio, mi stava simpatico quel tipo, e poi aveva la mia età. Josh, invece, dovrebbe avere sulla ventina.

<< Già >> abbozzo un sorriso a entrambi e mi verso un altro pò di vino nel bicchiere. La bottiglia è quasi finita quando Josh e Connor si mettono a raccontare della loro vita, un pò per l'eccitazione e un pò a causa dell'alcool che hanno in corpo. Mi parlano di come sono finiti li a Los Angeles, a quanto pare prima vivevano a Union, in Kentucky. Connor è una specie di genio del male, ha vinto un premio per una cosa sulla fame del mondo, non ho capito bene cosa. Josh, da quello che ho capito, sta cercando di seguire il suo sogno di fare l'attore. Ce lo vedo a fare l'attore, è un bel ragazzo e poi ha un sorriso stupendo. Ha anche detto di aver fondato un'associazione pro matrimonio gay, questo mi ha sorpreso veramente perché non immaginavo che un ragazzo cosi giovane avesse questi pensieri.

<< Un giorno voglio vedere uno dei tuoi film >> gli sorrido e guardo l'orologio: 23,07. Avevamo finito di mangiare da un pezzo e ora stavamo tutti sul divano, Connor piu che altro era sdraiato sul divano, non regge molto bene l'alcool a quanto pare. Io e Josh, invece, parlavamo del piu e del meno.

<< Ci sto, ma non vederlo con me. Rovinerei tutto il momento, odio guardarmi mentre recito, trovo molte imperfezioni. >> sbadiglio e abbozzo un sorriso.

<< Ci sto, cosi posso prenderti in giro quanto voglio >> rido e gli do un leggero colpetto sul braccio. Lui mi guarda e inumidisce le labbra.

<< Ti va se ci scambiamo i numeri di telefono? >>

<< In realtà io non ho un telefono, mi dispiace! >>

<< Quindi se voglio chiederti un secondo appuntamento, senza mio fratello, devo spedirti una cartolina? >> mi sorride e si alza in piedi, si sgranchisce e va a svegliare il fratello.

<< Forse >> rido e lo aiuto ad alzare Connor, non lo farò bere mai piu. Li accompagno alla porta e mi giro verso Josh.

<< Beh, è stato divertente >>

<< Già >> tiene lo sguardo fisso sul pavimento, sembra che vuole aggiungere qualcosa, ma niente.

<< Allora io vado, ci vediamo Vicina >> sorride e si trascina dietro il fratello.

<< Ci vediamo, ricordati la cartolina! >> sto per chiudere la porta, ma Josh, che si è fermato al cancello mi fa un fischio.

<< Se io ora porto mio fratello a casa.. Ti andrebbe di prendere un gelato insieme? >>

<< Adesso? Ma ci sono gelaterie aperte? >> era la mezzanotte spaccata, ma con lui sarei andata ovunque a qualsiasi ora.

<< Certo. Ti porto alla mia gelateria preferita, offro io! >>

<< Ci sto! A dopo >>

<< A dopo >> detto questo si incammina zoppicante verso casa sua.







Angolo dell'autrice:
Eccomi qui, di nuovo, con un capitolo. E' corto anche questo, ma non avevo idee. Dal prossimo capitolo inizierà a succedere qualcosa, poi farò anche alcuni capitoli dal punto di vista di Joshua mlmlml. Comunque ringrazio le persone che mi hanno recensita, quelle che leggono e basta e quelle che mi mettono fra le storie seguite. Grazie mille a tutti e alla prossima!

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