Una serie di (s)fortunati eventi 2

di Viki_chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Evento #1: Nuova vita, nuovo lavoro, vecchia Anna ***
Capitolo 2: *** Evento #2: Cambi di programma, una faccia conosciuta e il ritorno di Anna-chan ***
Capitolo 3: *** Evento #3: amiche deluse, telefonate inaspettate e cosmetici; ***
Capitolo 4: *** Evento #4: pensieri umani, pennarelli scarichi e messaggi cifrati ***
Capitolo 5: *** Evento #5: yakitori francesi, hotel blindati e il libro ***
Capitolo 6: *** Evento #6: le stesse parole, il silenzio e la crisi ***
Capitolo 7: *** Evento #7: l'uomo alla porta, luci drammatiche e accordi disattesi ***
Capitolo 8: *** Evento #8: Gimpo, le fan e la colazione per due ***
Capitolo 9: *** Evento #9: Provocazioni, Kim Camille e il sorriso di Ryeowook ***
Capitolo 10: *** Evento #10: lo schedule, la Kyobo e l'evento dell'anno ***
Capitolo 11: *** Evento #11: la sposa, i manager e la fine della discussione ***
Capitolo 12: *** Evento #12: l'appartamento, lo sguardo di Siwon e il ritorno ***
Capitolo 13: *** Evento #13: Il volo, il Capitol e la tenda bianca ***



Capitolo 1
*** Evento #1: Nuova vita, nuovo lavoro, vecchia Anna ***


Riassunto delle puntate precedenti (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2412974&i=1):

Anna-chan è una ragazza italiana che vive a Tokyo. Quando le scade il visto, su consiglio dell'amica Ayane, decide di andare in Corea per richiederne uno nuovo. Le sue prime ore in terra coreana sono complicate: cacciata da un ristorante italiano, trova rifugio in una guesthouse catapecchia. E' ancora Ayane - l'unica persona che sa della sua fuga dal Giappone - a consigliarle di andare alla SM Entertainment, l'unica azienda coreana di cui entrambe conoscono l'indirizzo. Anna, fan da sempre dei Super Junior, si presenta al grattacielo e, con uno stratagemma, riesce ad entrare. Presa dal panico, viene salvata dal signor Freddi, venuto in Corea per montare un set per un video musicale. Anna viene presentata a Mr Park, manager dei Super Junior, come fotografa di talento. Una serie di (s)fortunati eventi la portano poi a conoscere il gruppo, a lavorare per loro e a conoscere le persone dietro alla patina scintillante di idol di successo.
Durante questo periodo Anna dimentica la sua situazione: senza soldi e con un'identità falsa, Anna deve scegliere che strada prendere per salvaguardare il suo futuro. Messa davanti alla realtà, è costretta ad accettare di tornare in Italia con il signor Freddi.
All'aeroporto di Incheon, però, scopre che il signor Park ha preparato una nuova vita per lei, a Tokyo, lontana dai Super Junior ma vicina alla sua vecchia vita.

 

Una Serie di (s)fortunati eventi 2 



Evento #1



Aoyama, 4 settembre 2013


Ci sono delle volte in cui ciò che ho vissuto pochi mesi fa mi sembra solo un sogno.
Le persone che ho conosciuto, gli eventi che mi hanno travolta, le foto che ho scattato.
Ci sono delle volte in cui non ricordo di essere stata davvero a Seoul.
Mi chiedo se ciò che talvolta mi torna alla mente non sia solo frutto della mia immaginazione.
La primavera a Seoul” leggo a voce bassa, avvicinando alla bocca un po' di ramen bollente.
Sto diventando spedita, dopo cinque mesi di studio intensivo, l'hangul non è più così difficile da capire.
Alzo lo sguardo, fuori dal kombini in cui mi sono rifugiata dopo il corso di coreano, una coppia di giovani giapponesi passeggia mano per la mano.
Camminano lentamente e si godono la brezza fresca.
Matsu-kun mi invita a passeggiare ogni giorno.
Ayane-chan mi spinge ad accettare ogni qualvolta le arriva voce del mio ennesimo rifiuto.
Sospiro, abbasso di nuovo lo sguardo sul libro.
La primavera a Seoul dona di nuovo luce e colore alla città. Sul fiume Han le famiglie...
Il mio telefono inizia a vibrare.
Mi muovo di scatto e le bacchette cadono su libro macchiandolo.
Impreco in silenzio, in italiano.
Moshi-moshi?
“Anna, sono io” dice una voce femminile dall'altro capo della cornetta. “Abbiamo modificato il piano per le riprese del nuovo spot di Sakura.”
“Domani mattina controllerò le modifiche sul planning, grazie” commento abbassando le bacchette.
“No, Anna. Le riprese si faranno stasera, al Ueno Park, davanti al Museo Nazionale” dice la signora Nakamura in tono sbrigativo. “Lei sta arrivando, vorrei che tu fossi lì ad accoglierla.”
“Sono ad Aoyama ora, se prendo la metro sarò lì tra meno di mezz'ora” rispondo scattando in piedi.
“Manderò Bon Ha sul set con le modifiche alla sceneggiatura.”
“Modifiche?”
“Lo sponsor ha cambiato le carte in tavola” commenta con un tono così piatto da suonare forzato. “Fate del vostro meglio per non sembrare impreparate.”
Riattacco, butto i miei appunti in borsa e corro fuori.


Da quando sono tornata da Seoul lavoro alla Young Advertising, un'azienda di pubblicità.
La signora Nakamura mi chiama Direttore della Fotografia, ma in realtà non so nemmeno io che lavoro faccio di preciso.
Sto sul set, faccio da tramite tra il cast e la troupe, organizzo le riprese, talvolta scelgo gli abiti giusti.
Sono una segretaria con più poteri decisionali del normale, forse.
La squadra di produzione con cui lavoro di solito conta circa trenta membri.
Quando arrivo sul set, allestito nel piazzale d'ingresso del museo nazionale accanto a Ueno Park, mancano all'appello almeno una decina di persone.
Mi avvicino al tavolo che ci fa da sala riunioni nelle riprese esterne e vi trovo Harry Thompson, uno dei registi della Young Advertising, intento a dare gli ultimi compiti a parte della troupe.
“Ho bisogno che tutto sia pronto il prima possibile” gli sento dire. “So quanto è fastidioso dover adattarsi ad un set montato da altri, ma fate in modo di mettervi comodi e fare come al solito il vostro meglio.”
I tecnici davanti a Harry fanno un mezzo inchino e si disperdono nel piazzale, rimettendosi subito al lavoro.
“Anna” mi saluta notando il mio arrivo, in modo informale.
Dio benedica l'America, penso. “Grazie al cielo sei arrivata.”
“Cosa è successo?”
“Cosa non è successo, vorrai dire” commenta lui scuotendo la testa. “Hai presente il nostro piano di produzione interno, giorno, madre e figlia? E' diventato esterno, notte, lei, lui e l'altra. Un disastro.”
Harry sbuffa, poi mi passa un copione coperto da post it. “Io non so come hanno fatto a convincere la Nakamura a stravolgere ogni cosa, ma qui devono esserci di mezzo dei pezzi grossi.”
Annuisco, poi mi volto verso il set.
“Da quanto siete qui?” chiedo notando che è praticamente pronto.
“Mezz'ora circa. Lo sponsor ha mandato una squadra di operai a montare il set al posto nostro, mentre il loro agente trattava con la Nakamura. Sapevano che non avremmo potuto dire di no.” risponde. “Ecco che arriva Bon Ha.”
Bon Ha è una ragazza di un paio d'anni più piccola di me, con lunghi capelli neri e gli occhi a mandorla. E' una studentessa coreana, venuta a fare uno stage alla Y.Ad., sperando di diventare una marketing planner.
E' simpatica, spigliata. La signora Nakamura la chiama “la mia assistente”. Ed è una brava assistente, anche se non mi piace definirla così.
“E' arrivata Sakura, è al trucco” mi dice con il suo perfetto giapponese accademico, così diverso dal mio, migliorato e smussato dal lungo periodo trascorso a Tokyo.
Harry ci guarda un istante, poi prende alcuni appunti dal tavolo e scuote la testa.
“Di quanto tempo avete bisogno per essere pronti a girare?” gli chiedo.
“Tutto quello che riesci a darmi, Anna” risponde con un mezzo sorriso. “La troupe è dimezzata: ho dovuto mandare a casa alcuni dei ragazzi. Un turno di venti ore è disumano.”
Sospiro e mi volto verso le persone rimaste.
Molti dei volti che vedo sono gli stessi che erano con me questa mattina all'alba per un servizio fotografico a Harakuju.
“Devo andare da Sakura. Facciamo del nostro meglio per finire il prima possibile, ok?”
Harry annuisce e, dopo aver fatto un cenno anche verso a Bon Ha, si incammina verso le telecamere.
“Allora, la nostra attrice è pronta?” chiedo a Bon Ha.
“Si da un sacco di arie” borbotta lei in coreano.
E' il nostro linguaggio segreto.
Commenti, reazioni vietate, battute.
Io e Bon Ha parliamo in coreano da quando è arrivata, un paio di settimane fa, dopo che mi ha scoperto studiare nei ritagli di tempo libero. Lei è la persona più entusiasta dei risultati del mio corso intensivo.
La guardo, sorrido, poi procedo verso il camper trasformato nel camerino di Sakura, nuova stella dei dorama giapponesi nonché la testimonial di punta del profumo di cui stiamo per girare la pubblicità.
Il manager dell'attrice è un uomo basso e tarchiato, così diverso dall'unico manager che ricordo con tenerezza, mister Park.
“E' già arrivato il cappuccino che Sakura ha chiesto?”
“Io non sono una runner” commento porgendogli la mano. “Sono Anna, la direttrice della fotografia di questo set e lei è Bon Ha, la mia assistente.”
L'uomo mi stringe la mano ma non si scusa.
Sono troppo giovane, troppo donna, troppo occidentale per avere un ruolo di rilievo nella produzione.
Tipico.
Continuo a sorridere e guardo alle sue spalle, cercando di scorgere la star dentro al camper.
“Fra quanto sarà pronta?” chiedo.
“Il suo partner non è ancora arrivato e voi fate fretta a Sakura?”
L'uomo fa un mezzo sorriso e borbotta qualcosa.
“Sono in contatto con il suo manager, mi ha assicurato che saranno qui a minuti” mento, un piede già voltato verso la regia. “Il cappuccino di Sakura arriverà a momenti, prendetevi tutto il tempo di cui avete bisogno”
L'uomo annuisce e torna verso il camper.
“Te l'avevo detto” commenta Bon Ha ancora in coreano. “Intrattabili.”
“Cosa sai del suo partner?”
“La signora Nakamura non mi ha voluto dire niente” risponde sospirando.
“Mi occupo io di questo. Tu vai a controllare se Harry ha bisogno di una mano” dico alzando il braccio in direzione di Kato, il tuttofare del set. Mentre Bon Ha parte in missione, il ragazzo mi si avvicina con un bicchiere di Starbucks in mano.
“Dimmi che hai qualche buona notizia per me.”
Kato sorride: oltre che a essere il tuttofare più svelto e efficiente del mondo, ha la peculiare caratteristica di sentire ogni discorso e notare ogni particolare del set.
“Hanno modificato il plot circa due ore fa, ma l'ufficialità è arrivata almeno un'ora dopo. L'attore è arrivato. Pare che non abbia ricevuto la sceneggiatura, però” dice. “Arriva direttamente dall'aeroporto. E' coreano, giovane, pare sia così famoso che hanno dovuto tenere il suo programma nascosto praticamente a tutti, per non rischiare un'invasione di fan.”
“Con chi è venuto?”
“Un manager e un truccatore personale. E' già al make up. Appartiene a una di quelle organizzazioni a cui la Y.Ad. non può dire di no.”
“Lo avevo sospettato” commento. “Quello è il cappuccino per Sakura?”
Kato annuisce.
“Allora vai da lei e cerca di non far innervosire il suo manager. Grazie mille, non sai quanto tu mi sia utile.”
Il ragazzo mi sorride e a passo spedito raggiunge il camper di Sakura. Dall'altro lato del set, noto una grande auto scura che prima non c'era.
Prima che io possa far altro, Bon Ha mi viene incontro, trafelata.
“Il nostro lui è arrivato” prende un respiro profondo. “Non sa assolutamente cosa deve fare.”
“Portagli questa” le dico porgendole la mia sceneggiatura. “Lo hai visto? E' davvero così famoso?”
Bon Ha annuisce e si massaggia le costole.
“Ci mancava un'altra celebrità” commento a voce bassa.
“Il suo manager mi ha spedito a cercare qualcuno che gli spieghi in dettaglio il copione.”
“Il copione? Ma se non deve nemmeno parlare!” esclamo sfogliando i fogli che Bon Ha si è rifiutata di prendere. “Questi attori mi faranno impazzire.”
“Non è stato lui a chiederlo, ma quel manager...” commenta lei facendosi piccola piccola. “E' terribile. Mi ha trattata come una bambina” aggiunge in coreano.
“Allora andiamoci insieme, mi farai da interprete. Lasciami cinque minuti per leggermi questa cosa” dico iniziando a camminare verso il tavolo. “Poi vedremo di affrontare questo manager.”
Bon Ha annuisce e, senza aggiungere altro, mi lascia sola con il copione.

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Capitolo 2
*** Evento #2: Cambi di programma, una faccia conosciuta e il ritorno di Anna-chan ***


Riassunto delle puntate precedenti (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2412974&i=1):

Anna-chan è una ragazza italiana che vive a Tokyo. Quando le scade il visto, su consiglio dell'amica Ayane, decide di andare in Corea per richiederne uno nuovo. Le sue prime ore in terra coreana sono complicate: cacciata da un ristorante italiano, trova rifugio in una guesthouse catapecchia. E' ancora Ayane - l'unica persona che sa della sua fuga dal Giappone - a consigliarle di andare alla SM Entertainment, l'unica azienda coreana di cui entrambe conoscono l'indirizzo. Anna, fan da sempre dei Super Junior, si presenta al grattacielo e, con uno stratagemma, riesce ad entrare. Presa dal panico, viene salvata dal signor Freddi, venuto in Corea per montare un set per un video musicale. Anna viene presentata a Mr Park, manager dei Super Junior, come fotografa di talento. Una serie di (s)fortunati eventi la portano poi a conoscere il gruppo, a lavorare per loro e a conoscere le persone dietro alla patina scintillante di idol di successo.
Durante questo periodo Anna dimentica la sua situazione: senza soldi e con un'identità falsa, Anna deve scegliere che strada prendere per salvaguardare il suo futuro. Messa davanti alla realtà, è costretta ad accettare di tornare in Italia con il signor Freddi.
All'aeroporto di Incheon, però, scopre che il signor Park ha preparato una nuova vita per lei, a Tokyo, lontana dai Super Junior ma vicina alla sua vecchia vita.

 

 

Una serie di (s)fortunati eventi 2

Evento #2




E' sera, all'uscita di un'elegante festa.
Dal palazzo alle spalle della coppia si sentono in sottofondo le note aggraziate di un pianoforte.
Lui e lei scendono gli scalini che li separano dalla loro auto, su cui l'autista li attende a motore spento.
Lui è un galantuomo, apre la portiera a lei, le sorride, la fa accomodare.
Poi c'è l'altra, sulle scale.
Ha sul volto l'espressione furba di chi non si è mai lasciato scappare la coppia. Un istante dopo che lui chiude la portiera della sua accompagnatrice, l'altra si spruzza qualche goccia di profumo sul collo.
L'effetto è immediato.
Lui ne è attratto all'istante. Dapprima annusa l'aria, confuso.
Poi la vede, l'altra.
Ad attenderlo in cima alla scala.
Si rivolge alla telecamera, con sguardo sognante.
E la raggiunge.

E' ingiusto” borbotto, in coreano, chiudendo la sceneggiatura. Alle mie spalle, Bon Ha ridacchia.
“La nuova sceneggiatura è veramente ingiusta.”
Lei alza le spalle, ma non può aggiungere niente.
Siamo davanti all'auto nera del nostro attore e, a un paio di metri da noi, il suo manager ci sta già squadrando dalla testa ai piedi.
“Buonasera, sono Anna della Young Advertising. Sono qui per spiegare la sceneggiatura al protagonista” dico in giapponese facendo un inchino molto profondo.
Quando mi rialzo, il manager mi sta ancora guardando con uno sguardo truce.
“Non parla in coreano?” chiede a Bon Ha.
“No” risponde lei. “Farò io da interprete. Sono Choi Bon Ha, la sua assistente.”
L'uomo annuisce e si avvicina all'auto, dando un paio di colpi al vetro.
Quando la portiera si apre, trattengo il respiro.
Io e la persona appena scesa ci guardiamo, ci riconosciamo, abbassiamo lo sguardo.
“Sono Anna della Y.Ad, molto piacere” dico inchinandomi.
Accanto a me, Bon Ha traduce le mie parole trattenendo a stento l'emozione.
“Cho Kyuhyun, piacere mio.”
Lo guardo, faccio un mezzo sorriso.
Non ho bisogno che Bon Ha traduca.
Vorrei potergli dire qualcosa.
Ti sei tinto di nuovo i capelli.
Sei dimagrito.
Stai bene, sei bello come al solito.
Mi sei mancato, mi siete mancati tutti.
E invece gli porgo la sceneggiatura e seguo il muto invito del suo manager a sedermi su una delle sedie pieghevoli che hanno preparato per noi. L'uomo si mette in piedi, alle spalle di Kyuhyun, più inquietante di una guardia del corpo.
Lascio il tempo a Kyuhyun di leggere le poche pagine del documento, lo guardo annuire e passare un dito su alcune parole, quasi a sottolinearle.
Quando ho di nuovo la sua attenzione gli racconto la storia del marchio che mi ero preparata per le riprese di Sakura e cerco di fargli capire il copione che ha davanti. Accanto a me, Bon Ha traduce velocemente con voce testardamente distaccata.
“Se hai qualche domanda, sono qui per chiarire ogni tuo dubbio” dico in giapponese. Saprei dirlo anche in coreano, ma avere una barriera linguistica tra me e lui mi aiuta a non pensare ai ricordi.
Kyuhyun rilegge una parte del copione e poi si rivolge a Bon Ha.
“Chiede come fa a sentire il profumo da così lontano” mi riferisce lei.
“E' solo una rappresentazione dell'intensità e del fascino della fragranza” rispondo.
“Posso sentirlo? Ho bisogno di sentire quel profumo” dice in giapponese ancora prima che Bon Ha abbia finito di tradurre per lui.
Il suo manager sembra piuttosto infastidito da questa cosa.
“Bon Ha, puoi andare a cercare un flacone di Eternity per il signor Cho?” chiedo.
Lei scatta in piedi e, dopo aver fatto mezzo inchino, mi lascia sola.
“Aspetta che torni la ragazza” commenta il manager, in coreano. Kyuhyun annuisce e si rimette a leggere.
Ho da fare.
Ho davvero mille cose a cui pensare prima che si possa cominciare a girare.
Devo cercare di capire come far passare Tanada-san, la nostra comparsa quarantenne, per l'accompagnatrice di un ragazzo come Kyuhyun.
Doveva essere la madre di Sakura, ora è diventata la sua rivale in amore.
Dovrei fare mille cose, eppure sono bloccata su questa sedia, ad aspettare.
“Parlo un po' di coreano, se è questo il problema. Temo che non sarò molto formale, però” dico con voce ferma, cercando di ignorare tutti i dubbi che mi assalgono.
Kyuhyun si volta verso il manager.
L'uomo muove la testa impercettibilmente.
“Sakura è già arrivata?” mi chiede Kyuhyun.
Parla lentamente e scandisce bene ogni parola.
Sorrido.
“Si sta preparando. Se tutto va secondo i piani, gireremo tra poco” rispondo.
“Farò del mio meglio” commenta lui sicuro.
Annuisco e abbasso lo sguardo. Dopo qualche secondo mi alzo e mi schiarisco la voce.
“Se non avete altro da dirmi, vado a controllare che tutto proceda per il meglio.”
Anche Kyuhyun si alza e mi fa un inchino.
“Grazie”
Rispondo al suo inchino e mi allontano più velocemente che posso.



“Quel ragazzo è strano” commenta qualche minuto dopo Bon Ha, avvicinandosi all'angolo dietro alla regia in cui mi sono rintanata. “Cioè, è un idol. Ed è quasi un quarto d'ora che annusa quel profumo.”
“Si sta concentrando” dico senza alzare lo sguardo dalla tabella delle scene da girare. “Dovremmo riprendere Tanada-san solo di spalle” aggiungo a voce più alta.
Qualche passo più avanti, Harry alza un pollice senza togliere lo sguardo dallo schermo, su cui uno degli assistenti sta facendo una prova video.
“Kyuhyun dei Super Junior” soffia Bon Ha, sospirando.
Non aggiunge altro, ma posso intuire a cosa sta pensando.
E' emozionata, continua a muoversi.
Avanti e indietro dalla zona dei camerini al set.
Prende dei respiri profondi.
Chiede informazioni a Kato, poi si chiude in un silenzio pensoso.
“Bon Ha” la chiamo quando la vedo totalmente persa nel suoi pensieri. “Avverti gli attori, fra cinque minuti si gira.”
“Kyuhyun è arrivato” commenta mostrandomi la nuova immagine sullo schermo.
Lui è là, ad annusarsi il dorso della mano.
E' buffo e in qualche modo affascinante.
Per qualche secondo i suoi occhi saettano sulla telecamera, poi guardano lontano.
Tanada-san entra in scena e gli si presenta sorridendo.
E' una donna molto bella, una delle comparse più richieste del settore.
Nessuno conosce il suo nome, ma tutti, almeno una volta al giorno, vedono il suo viso in televisione o su qualche cartello pubblicitario in giro per la città.
Kyuhyun, incalzato da un membro della troupe, la prende timidamente a braccetto.
Stanno prendendo le misure.
Qualche metro più vicina a me, come se fosse già entrata nella parte, Sakura guarda la scena con le braccia conserte. Si sta mordicchiando nervosamente il labbro inferiore.
“Stai tranquilla, Kyuhyun è un ragazzo molto educato, ti metterà subito a tuo agio” le sussurro avvicinandomi a lei.
Sakura mi guarda di traverso.
“Che ne sai tu? Lo conosci per caso?”
Mi parla senza onorifici e questa cosa mi innervosisce.
“No” rispondo cercando di rimanere calma. “Ma guarda cosa sta facendo con Tanada-san.”
Sakura alza le spalle e continua a guardarlo.
Alla fine, forse sentendo i nostri occhi su di lui, Kyuhyun si congeda dagli assistenti e da Tanada-san e si avvicina.
“Tu devi essere Kato Sakura, non è vero? Sono Kyuhyun, il tuo partner per stasera” dice in giapponese.
Lei fa un mezzo sorriso.
“Sì, molto piacere” riesce solo a dire. La sua voce trema e, per la prima volta, vedo in lei quello che è: una ragazzina.
Sakura è su ogni giornale del paese, protagonista del dorama più visto in Giappone, ma deve avere meno di vent'anni. Forse in camera sua ha un poster dei Super Junior simile a quello che avevo io nella mia, prima di conoscerli.
Prima di cercare di dimenticare.
“Sono sicuro che andrà tutto bene. Cerchiamo di fare del nostro meglio e di non deludere il regista e Anna-chan.”
Mi volto verso Kyuhyun e mi chiedo se mi abbia davvero chiamata così.
La risposta la trovo sul volto di Sakura.
E' confusa dalla confidenza che lui mi ha dato.
“Credo che ora sia meglio che andiate sul set” commento sbrigativa, cercando di far finta di niente.
Kyuhyun intercetta la mia occhiataccia e abbassa lo sguardo poi sorride a Sakura in un modo così dolce che probabilmente le ha fatto dimenticare la scena di qualche istante prima.
Anna-chan è davvero esistita, allora.
Mentre cerco di riprendere il controllo, Harry si alza in piedi e con il megafono annuncia l'inizio delle riprese.

 

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Capitolo 3
*** Evento #3: amiche deluse, telefonate inaspettate e cosmetici; ***


Mi scuso per la formattazione diversa, ma il mio computer ha deciso di non collaborare! Vedrò di sistemarla il prima possibile!
 


Una Serie di (S)fortunati Eventi

Evento #3






Le riprese sono durate fino a notte inoltrata.
Quando sono arrivata nel mio appartamento erano le quattro.
Mi sono buttata a letto vestita e ho chiuso gli occhi per quello che mi è sembrato solo un istante.
Poi è suonata la sveglia.
Erano già le sette.
Mi sono alzata e ho guardato il cellulare.

Hai la mattinata libera, ci vediamo alle 14.

Mina-chan, la segretaria della signora Nakamura, mi aveva scritto pochi minuti prima.
Ormai ero sveglia, così ho chiamato Ayane e l'ho invitata a una calorica colazione allo Starbucks davanti alla sua università.
Mi sono pentita di non essere rimasta a letto cinque minuti dopo essermi buttata nel traffico di Tokyo. Quando alla fine arrivo al café, mi compro un caramel macchiato grande come un secchiello da mare.
Ayane-chan mi si siede difronte una decina di minuti dopo, litigando con un paio di borse di un noto marchio di cosmetici.
“Buongiorno” dico facendole alzare lo sguardo. “Fatto compere?”
“L'ho fatto per il fan sign di sabato” risponde lei soprappensiero, controllando il cellulare. “Tu sia chi è questa?”
Mi passa il telefono e, appena vista l'immagine mi lascio scappare un sospiro.
“Sakura, la protagonista di Autumn Sonata. Ieri sera hanno girato uno spot insieme” rispondo scuotendo la testa.
“Come fai a saperlo?”
“Ero lì con loro, è una cosa che gestisce la Y.Ad” dico con noncuranza. “La smetterai mai di comportarti come una fidanzata gelosa con i Super Junior? Non hai più quindici anni.”
Ayane si riprende il telefono e per qualche istante contempla la selca di Kyuhyun e Sakura che lei ha postato sul suo profilo, poi mi guarda e spalanca gli occhi.
“Tu hai incontrato Kyuhyun? L'hai visto da vicino?”
“Mh”
“E come è stato?” chiede sporgendosi verso di me. Il suo americano si inclina pericolosamente e solo un mio gesto istintivo ci salva da una cascata di caffè.
“Ho lavorato fino a notte fonda” commento dopo averle tirato un'occhiataccia. “Lui ha fatto il suo lavoro e se n'è andato.”
“E com'è lui? Bello?”
“Anche tu l'hai visto, al Dome. E' così.”
“Mh” commenta lei poco convinta. “Avresti dovuto dirmelo, sarei venuta a farti da assistente.”
“Ho saputo della sua presenza solo quando mi sono trovata sul posto, ieri sera. E sai che io ho già un'assistente. Per me è solo lavoro, a prescindere di chi si tratti.”
“Da quando sei stata in Corea sei cambiata. Tu... Kyuhyun. Era Kyuhyun, non era solo lavoro. Tu amavi i Super Junior” dice con un tono così poco giapponese da spaventarmi. “Da quando sei tornata sei sempre triste. Non esci mai, hai sempre quell'espressione così malinconica. Cos'è successo in Corea?”
Alzo lo sguardo dal mio caramel macchiato e osservo il volto imbronciato della mia amica.
Non so che cosa dirle.
Vorrei spiegarle che non amo più i Super Junior-idol perché sto cercando di dimenticare i Super Junior-ragazzi che ho conosciuto.
Apro la bocca, tentando di farmi venire in mente qualche scusa.
Il suono del mio cellulare sembra il canto di un angelo.
“E' il lavoro” mento indicando il display, che in realtà mi mostra un numero che non conosco.
Mi allontano dal tavolo e esco dal locale.
Moshi, mosh..
“Anna?”
“Sono io” dico.“Con chi parlo?”
“Anna, sono John Park della SM, puoi parlare in inglese?”
John Park.
Lui.
Il manager.
“Anna?” chiede ancora la voce dall'altra parte della cornetta.
E non mi chiama Anna, ma piuttosto Hannah.
Non ricordavo la sua voce.
“Sì, sono qui. Mister Park, tutto bene?”
“Si, certo. Per un istante ho creduto che mi avessero dato il numero sbagliato. Come stai?”
“Io sto bene” rispondo. La verità è che non so se saltellare di gioia o piangere dalla disperazione.
Alla fine taccio e aspetto.
“Hannah, Kyuhyun mi ha detto che ti ha incontrato ieri.”
“E' stato del tutto casuale” dico di getto. Le parole mi si incastrano una dietro l'altra e probabilmente Park non ha capito nulla. “I was there for work” dico più lentamente.
“Lo so, lo so. Va tutto bene. Io ti ho solo chiamata per dirti che i ragazzi sono in Giappone per un paio di giorni e sabato terranno un fan sign in una profumeria di Shin-Okubo. Ci saranno Ryeowook, Kyuhyun e Sungmin.”
Mister Park tace, e io con lui. Questo spiega le borse colme di cosmetici di Ayane, per lo meno.
Tutto il resto però non ha alcun senso.
“Io non so cosa dire” dico.
Il signor Park dall'altro lato della cornetta fa un suono strano. Una sorta di risata smorzata.
“Dovresti andarci. Al fan sign.”
“Devo fare delle foto?” chiedo.
“No.”
Parla chiaro, signor Park, ti prego.
“Io non...”
“Non ho niente da farti fare, purtroppo” dice dopo un po'. “Ma dovresti andarci, da fan. Loro mi chiedono di te, a volte. Credevano che dopo il Dome tu fossi tornata in Italia e invece... Io credo che potrebbe far piacere a Ryeowook.”
Taccio.
Il signor Park ricomincia a parlare, ma non riesco più ad ascoltarlo.
C'è una scatola, ben nascosta sotto al mio letto, in cui tengo una delle cose più pericolose che posseggo.
Una foto in cui io e Ryeowook ci abbracciamo.
In quei pochi giorni a Seoul, credo fossimo diventati quasi amici.
E lui mi manca.
“Credo che tu debba spendere 12.000 yen per avere il pass per gli autografi” gli sento dire ad un certo punto. “E' inutile dirti che dovrai far finta di essere una semplice fan, lo sai questo?”
“Sì.”
“E' stato un rischio per me dirti questa cosa e me ne prendo ogni responsabilità. Dopo aver accettato, però, tutto ciò che farai ricadrà anche sulla tua vita. Noi abbiamo un fatto un patto, ricordi?”
“Non ho intenzione di rischiare il mio posto di lavoro per un fansign, se è questo che teme” dico con un tono un po' troppo duro. “Sorry.
Il signor Park tace qualche secondo, poi sento il suono di un altro telefono alle sue spalle.
“Allora ci andrai?” chiede.
“Mister Park.”
“Dimmi Hannah.”
“Che cosa le ha detto di preciso Kyuhyun?”
Il manager tace, si schiarisce la voce.
“Lui è convinto che ci serva ancora una fotografa. Che tu ci serva ancora” risponde . “Almeno pensaci.”


Quando rientro nel café, Ayane sta annusando una confezione di crema per il viso.
“12.000 yen di creme?” chiedo.
Lei annuisce appena, è ancora arrabbiata.
“Fra quanto inizia la tua lezione?”
“Un'ora.”
“Vuoi accompagnarmi a Shin-Okubo? Devo prendere il biglietto prima di essere costretta a comprare i fondi di magazzino.”
Ayane alza lo sguardo sorpresa, poi con un gesto rapido chiude la crema e la ributta in borsa.
La guardo un istante, poi prendo la mia borsa e sorrido.
“Mi dispiace tanto per non averti detto di Kyuhyun.”
“L'importante è che tu sia rinsavita.”



 

 

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Capitolo 4
*** Evento #4: pensieri umani, pennarelli scarichi e messaggi cifrati ***


Ancora questa strana formattazione! Mi scuso ancora!
 


Una Serie di (S)fortunati Eventi

Evento #4






In breve è andata così.
Sono arrivata in Corea, ho lavorato qualche giorno per la SM e sono tornata in Giappone.
Non c'è molto da dire o da pensare.
La mia vita non può essere cambiata in così tempo.
Io stessa non posso aver permesso a pochi momenti di trasformarmi completamente.
Eppure sono qui, a guardarmi nel riflesso di una vetrina, in silenzio, da una decina di minuti.
Ho in mano il mio biglietto, la chiave d'accesso a uno degli eventi più attesi per le Elf giapponesi.
Me lo sono guadagnato comprando cinque set di bagnoschiuma e profumo alla rosa, praticamente l'unica cosa rimasta nel negozio al momento del mio arrivo, quella mattina di qualche giorno prima.
Mi guardo allo specchio e vedo Anna.
Ormai non mi chiamo nemmeno io con il mio vero nome.
Vedo una ragazza ben vestita e truccata, come se dovesse andare ad un appuntamento.
Mi sistemo meglio la frangia, osservo il mio riflesso.
Mi odio un po'.
Era così bello quando questo era per me normale.
Fare la fan, pensare ai Super Junior e cantare le loro canzoni.
Era così bello quando non li conoscevo davvero.
Quando non avevo mangiato con loro, parlato dei loro progetti, quando non sapevo cosa si provava a stare tra le loro braccia.
Quando Ayane-chan mi raggiunge, fingo di essere arrivata anche io pochi istanti prima.
Fingo di non aver pensato fino all'ultimo di tagliare la corda.
Il fansign inizierà tra un paio d'ore, ma appena ci avviciniamo a SkinGarden, il negozio di cosmetici di Shin-Okubo, ci accorgiamo di essere già in ritardo.
“Ho letto su internet che hanno staccato duecento biglietti” commenta Ayane indicandomi la lunga coda di ragazze sistemate all'interno di un quadrato fatto di transenne.
Al di fuori, le fan meno fortunate si stanno già accalcando.
“Come funziona?” le chiedo.
Lei è stata più o meno ovunque e ha almeno due autografi per ogni membro. Vorrei chiederle perché continua a spendere soldi e tempo per questo, ma ho paura di rovinare l'equilibrio precario che ho creato decidendo di venire qui con lei.
Ayane mi prende a braccetto e mi porta davanti al tavolo all'inizio della fila, dove ci viene chiesto il biglietto, un documento d'identità e di mostrare i regali che abbiamo portato ai ragazzi.
“Regali?” chiedo alla ragazza al banco.
Presents” mi risponde lei in inglese. Sono occidentale, probabilmente pensa che io non abbia capito. In realtà sono spiazzata.
Ayane mostra alla ragazza tre pacchetti che non avevo notato.
“Sono tre libri” dice.
“Libri?”
“Libri” ribadisce lei e con facilità apre uno dei regali e mostra alla ragazza una piccola parte del libro. La ragazza fa un mezzo sorriso e le fa cenno di chiuderlo e di aprire gli altri.
Dopo che il controllo è concluso, le due si voltano verso di me.
“Non ho niente per loro” sussurro, sentendomi quasi in colpa. La commessa annuisce e ci chiede di porgerle le mani, su scrive con un pennarello nero 156 e 157.
La ringraziamo e raggiungiamo le altre ragazze in fila.
Tutto ciò che succede dopo, è una lunga attesa.
Quando alla fine una delle auto scure della SM arriva davanti alla profumeria, le fan in attesa impazziscono.
Le ragazze fuori dalle transenne iniziano a scattare foto, ma anche io, che sono in una posizione privilegiata rispetto alla loro, riesco a intravedere solo i capelli dei ragazzi, che vengono accompagnati da alte guardie all'interno del negozio.
Ayane si mette in punta di piedi e scuote la testa.
“Centocinquantacinque persone e potremo vederli bene” commento guardandomi intorno.
Tutte le ragazze portano grandi borse colme di regali. “Perché non ci ho pensato?”
Ayane mi guarda e sorride.
“Sei stata di ghiaccio fino ad adesso, è un bene che tu sia un po' agitata. Sei umana” risponde dandomi una gomitata. “Io non credo che i ragazzi si offenderanno. Sanno che per tutte noi è un grande sforzo essere qui.”
Annuisco e, mentre la coda inizia a scorrere lentamente, mi sento più umana che mai.




Come previsto, centoquarantacinque persone dopo due commesse ci forniscono il poster da farci autografare. Dodicimila yen per un piccolo cartellone con le facce dei Super Junior M, testimonial di Tony Moly. Lo guardo poi, incalzata dalla commessa, varco finalmente la porta dello SkinGarden.
I ragazzi sono seduti dietro a un tavolo alla fine del negozio. Dietro a ognuno di loro c'è un uomo dallo sguardo truce.
Le fan si avvicinano e passano prima di Kyuhyun, poi da Sungmin e infine da Ryeowook.
I ragazzi prendono i regali, ringraziano, firmano i poster, stringono mani, sorridono.
Poi a testa bassa ripetono tutto con la fan successiva.
Quando tocca ad Ayane, mi accorgo che le mie mani tremano.
“Portati più avanti” mi dice la commessa.
Annuisco e faccio i dieci passi che mi separano da Kyuhyun.
Lui mi riconosce e mi fa cenno di sedermi davanti a lui.
“Ciao”
“Io non ho regali da darti” commento abbassando lo sguardo. “Mi dispiace”
“Non importa. Dammi il poster” mi incita.
Glielo porgo e alzo lo sguardo.
“Come ti chiami?” chiede.
“Anna”
“E' un bel nome.”
“Grazie. Stai bene Kyuhyun?”
“Benissimo, grazie” risponde alzando lo sguardo sorridendo. “Ecco fatto.”
Mi volto verso Ayane, mano nella mano con Sungmin.
“Devo andare?”
“Penso di sì.”
“Grazie mille per quello che hai fatto” dico. L'uomo alle sue spalle si muove appena.
“E' solo una firma, niente di che.”
Detto questo, Kyuhyun mi porge una mano. La stringo, lo guardo.
Sono confusa. Sapevo che sarebbe stato difficile, ma averlo davanti e non potergli dire nulla è una prova di coraggio estrema.
Ayane si attarda con Sungmin, il suo preferito da sempre, e l'uomo dietro alle sue spalle la rimprovera. Sungmin alza le spalle e regala ad Ayane un ultimo caldo sorriso.
Con lo stesso sorriso mi accoglie.
Quando mi riconosce, però, i suoi occhi si spalancano.
Il suo sorriso si inclina.
“Tu sei...”
“Anna” lo interrompo frettolosamente.
“Certo! E' un piacere conoscerti” risponde tornato nel suo ruolo. “Io sono Sungmin.”
“Già.”
“Stai bene Anna?” chiede iniziando ad autografare il poster.
“Sto bene, grazie. Il Giappone è molto bello, vero?”
“Bellissimo. Tu vivi qui?”
Alzo lo sguardo verso il suo controllore e l'uomo non fa una piega. Non so cosa posso e cosa non posso dire.
“Sì, ma sono italiana.”
“Viva l'Italia” dice lui, porgendomi una mano. “Continua ad ascoltare i Super Junior.”
Annuisco, poi gliela stringo.
Lui sorride e muove la testa verso Ryeowook.
Mi alzo, guardo Ayane annuire all'ultimo suo saluto e la seguo con lo sguardo verso l'uscita del negozio.
“Anna-chan” sussurra Ryeowook facendomi un cenno. “Siediti.”
Lo guardo, poi la mia attenzione si sposta sull'uomo alle sue spalle. Sembra tranquillo.
“Come fai a sapere come mi chiamo?” chiedo circospetta.
“Sungmin l'ha scritto qui” risponde indicando il poster che gli è stato passato. Il suo dito trema.
Mi siedo di fronte a lui, lo guardo.
“Mi sei mancato” dico ignorando tutto, concentrandomi solo sul suo sguardo perso quasi come il mio.
Ryeowook sorride.
“E' un po' che non ci vediamo. E' un po' che non veniamo in Giappone” commenta facendo uno strano movimento con la mano. “Il mio pennarello non funziona più.”
L'uomo dietro di lui lo prende e si volta a cercarne un altro. Ryeowook usa quel tempo per prendermi entrambe le mani.
“Anche se è passato molto tempo non ti sei dimenticata di noi, vero?” chiede mettendo un mezzo broncio, muovendo i nostri palmi uniti. “Cercheremo di non farti più aspettare, ok?”
Prima che io possa dire qualcosa, l'uomo torna e gli porge un pennarello nuovo. Ryeowook scioglie la stretta con le mie mani, lo prende e lo ringrazia con un mezzo inchino.
“Sei qui, ora” commento mentre lui scrive. “Sono felice così.”
“Pagina 145” dice lui e mi porge il poster già arrotolato.
“Cosa?”
L'uomo alle spalle di Ryeowook mi fa cenno di alzarmi.
“Anna-chan, stai bene vero?” chiede con un mezzo sorriso.
Annuisco, il labbro inferiore mi trema in modo incontrollabile.
Ryeowook sorride, poi abbassa lo sguardo.
Non ho altro tempo. Mi alzo, faccio un inchino e me ne vado.




“Cos'è questo?” mi chiede mezz'ora dopo Ayane guardando il mio poster.
In stato catatonico, l'ho seguita all'interno di un café poco lontano dallo SkinGarden.
“Di cosa stai parlando?”
“Ryeowook, ti ha scritto qualcosa. Guarda.”
Ayane mi porge il poster e io mi trovo a guardarlo per la prima volta.
I ragazzi sorridono tutti con uno sguardo furbo. Sono belli e costruiti.
Sono i Super Junior.
“Lì, in alto” mi incalza lei.
Seguo il suo dito e trovo la firma di Ryeowook.
Super Junior Photobook” leggo. “Super Junior Photobook?
“E' il titolo del libro che mi hai spedito dalla Corea, ricordi? Ho letto su internet che ha avuto un grandissimo successo. Perché te l'ha scritto?”
Riguardo la firma e subito mi vengono in mente le parole che Ryeowook mi ha detto.
Pagina 145.
“Stasera usciamo?” chiedo di getto ad Ayane.
“Credo che gli altri si vedano al French Yakitori.”
“Potresti portarmi il libro? Sono curiosa di vederlo” dico continuando a guardare le parole scritte da Ryeowook.
“Davvero? E' mesi che ti dico di guardarlo!” commenta lei sorpresa, sospirando. “E' proprio vero che il primo fansign non si scorda mai.”
La mia vita non può essere cambiata in così tempo.
Io stessa non posso aver permesso a pochi momenti di trasformarmi completamente.
Eppure quel numero risveglia in me sentimenti che ho faticato tanto a sopire.


 

 

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Capitolo 5
*** Evento #5: yakitori francesi, hotel blindati e il libro ***


Una Serie di (S)fortunati Eventi

Evento #5




Vorrei poter dire che ho mantenuto la calma.
Vorrei poter dire che sono riuscita ad intrattenere con Ayane un'altra conversazione che può essere definita tale.
E invece, l'autografo di Ryeowook e quelle cifre mi hanno sconvolta.
Fortunatamente, anche Ayane ha avuto la testa da tutt'altra parte per tutta la giornata e si è accontentata di qualche mio mugugno distratto.
Al tramonto, sono tornata a casa e ho cercato disperatamente una copia del libro su internet, invano.
La versione giapponese di Super Junior Photobook non è ancora stata pubblicata e anche della versione coreana si trovano solo alcuni inutili stralci.
Pagina 145.
Mi chiedo come Ryeowook si sia ricordato quel numero in particolare, cosa ha attirato la sua attenzione.
Cosa deve attirare la mia.
Quando Matsu-kun mi chiama per confermarmi l'appuntamento al solito izakaya, non posso fare a meno di scrivere a Ayane di ricordarsi il libro.
Poco dopo esco di casa e cerco di pensare ad altro.


La mia compagnia di amici è ben assortita.
Ci sono io, occidentale, bionda, 168 centimetri scarsi, con un nome falso e un castello di bugie costruito su fondamenta di sabbia.
Poi c'è Ayane, giapponese, di una bellezza che in madrepatria considerano anonima ma che io invidio da sempre, studentessa mediocre alla facoltà di economia.
Matsu-kun, che è troppo impegnato a studiare regia per accorgersi di avere vent'anni e di essere un bel tipo. E' una di quelle persone che può parlare per ore di cinema muto francese in un modo così appassionante da non annoiarti mai. Uscivamo insieme, prima che io partissi per la Corea.
Poi c'è Toshi. Ventiduenne commesso in un negozio di informatica, Toshi è basso e un po' paffuto per i canoni occidentali, in evidente sovrappeso per quelli giapponesi. Toshi è simpatico e sempre allegro, adoro stare in sua compagnia.
E infine c'è Nana-chan.
Nana-chan è una modella. Alta quasi una decina di centimetri più di me, Nana è figlia di un francese e di una giapponese. Un mix perfetto. Madre natura le ha regalato un paio di occhi a mandorla, un fisico mozzafiato e un sorriso invidiabile. Potrebbe entrare nel mondo dello spettacolo ma, cito sue testuali parole “è una delle poche persone orientali a non aver voglia di far niente”.
Il nostro gruppo si ritrova quasi sempre al The French Yakitori, un izakaya gestito da un francese – che a Nana ricorda suo padre – situato davanti all'hotel in cui Nana lavora come hostess, il Capitol.
Quando arrivo nella solita stanzetta che François, il proprietario, ci riserva, dentro ci trovo solo Matsu-kun e Toshi, chini su una rivista di computer.
“Ehi, Bibi, finalmente sei arrivata!”
“Anna, ora è Anna” lo corregge François, appoggiando una bottiglia di sake e gli yakitori appena fatti. “Bisogna rispettare i nomi d'arte. E il soprannome Bibi è così infantile.”
“Nome d'arte?” chiede confuso Matsu-kun. Toshi ha già la bocca piena ma borbotta una frase di consenso.
François alza le spalle e ci lascia soli.
Mi accomodo accanto a Matsu-kun e lui sorride. Ha studiato tanto e ha due profonde occhiaie, ma quando mi sorride c'è sempre qualcosa nel mio stomaco che si muove.
E' quella cosa che mi aveva convinta a mettermi con lui.
“Guardate cosa ho trovato qui fuori. Un cucciolo abbandonato” dice Ayane entrando mano nella mano con Nana, che in effetti ha una faccia piuttosto abbattuta.
“Cosa ti è successo?” le chiede Toshi facendole segno di sedersi.
Lei sospira e si abbandona teatralmente accanto a lui, che le schiocca un bacio sulla fronte.
“Lo sapete perché ho accettato di lavorare al Capitol?”
“Ti pagano il quadruplo di me e lavori un terzo?” chiede Toshi giocando con i suoi capelli.
“Così tua madre non ti iscrive più ai casting per modelle?” provo io.
“Questa è bella, però no” commenta lei. “Perché dal mio hotel passano un sacco di idol e di star americane. Prima o poi uno di loro mi noterà e mi chiederà di uscire.”
“E' una cosa molto carina da dire davanti al tuo ragazzo” dice Toshi sorridendo. Lui conosce Nana meglio di chiunque altro. E nonostante questo sta con lei da una vita.
“Sai che non succederà mai. E da stasera lo so anche io. Ne ho le prove.”
Nana versa a tutti un bicchiere di sake e attende che Ayane lo versi a lei.
E' sconvolta, ma non così tanto da non rispettare l'etichetta.
“Cos'è successo di così eclatante?” chiede Matsu-kun.
“Super Junior. Da noi. Vietato l'accesso a tutto il loro piano alle donne” scandisce Nana passandosi una mano davanti alla fronte. “La vita è così ingiusta.”
Credevo che Ayane sapesse il motivo della tristezza di Nana, ma il suo volto esprime sorpresa.
Io mi irrigidisco e Matsu-kun lo nota.
Matsu-kun nota sempre tutto, come se mi osservasse sempre con la coda nell'occhio.
“Loro sono nel tuo hotel?” chiede Ayane incredula.
Nana-chan annuisce e batte il suo bicchierino sul tavolo.
La più veloce a rabboccarle il bicchiere sono io.
“Da ieri. Non ci sono tutti, no. Solo alcuni. Ma sono loro.”
“Oggi siamo state al loro fansign” le dice Ayane, con l'entusiasmo un po' smorzato. “A proposito, devo darti...” le tiro un'occhiataccia e lei capisce che non è il momento. “...ma tu non li hai ancora incontrati, all'hotel?”
“No. Ieri ho visto un gomito di Ryeowook e la schiena di Kyuhyun. E stasera sono sono ancora rientrati.”
Io e Ayane annuiamo.
“Io non riesco a capire che cosa ci trovate in loro. Sono ragazzi. Come Matsu, o come me” commenta Toshi, guadagnandosi uno sguardo scettico da parte di tutti, compreso quello di Matsu-kun. “Io non penso loro facciano una vita meravigliosa. Voglio dire, sempre in giro...”
Toshi continua a parlare, ma io non riesco a stare attenta.
Mi perdo di nuovo nei ricordi.
Di nuovo, mi chiedo che cosa ci sia di tanto importante a pagina 145 di quel libro.
Il libro che, ne sono certa, contiene anche delle foto che ho scattato io.
Quando torno ad ascoltare gli altri, l'argomento è virato sull'organizzazione di un weekend fuoriporta, prima dell'arrivo della stagione fredda.
“Cosa ne pensi?” mi chiede Ayane sorridendo.
“Io in teoria sono libera dal venerdì sera. Salvo qualche celebrità che decide di cambiare i suoi piani all'ultimo momento” dice la mia bocca, totalmente scollegata dal cervello.
“Non ti lamentare. So che l'altra sera eri sul set di Kyu” commenta Nana.
Spalanco gli occhi.
“Siamo tornati a parlare di Super Junior?” chiede conferma Toshi. “Sono più presenti loro nella mia vita che i miei genitori.”
“Come fai a saperlo?” chiedo.
“Conosco i loro programmi. E Ayane mi ha spifferato tutto.”
Le guardo entrambe poi finisco mi faccio versare un altro bicchiere di sake e lo bevo tutto d'un fiato.
Matsu-kun mi guarda, poi si volta verso le altre due.
“Possiamo smetterla con questa storia?” chiede serio. “Dobbiamo organizzare la nostra vita intorno a un branco di cantanti? Chi siamo, i loro manager?”
Nessuno risponde, il suo tono ha calmato gli animi.
Con una battuta, Toshi alleggerisce l'atmosfera, ma ormai nessuno ha più voglia di organizzare.
Siamo tutti stanchi e pensierosi.
Poco dopo, fuori dal locale, Ayane mi consegna il libro davanti allo sguardo truce di Matzu-kun.
“E' per lavoro” mento. Ayane mi tiene la parte annuendo vistosamente.
Li saluto e prendo la strada di casa, sforzandomi di non toccare il libro prima di essere tornata nel mio appartamento.

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Capitolo 6
*** Evento #6: le stesse parole, il silenzio e la crisi ***


Una Serie di (S)fortunati Eventi

Evento #6


 

Sono rientrata, mi sono struccata, ho controllato dei documenti che mi sono portata a casa dall'ufficio. Ho fatto tutte queste cose promettendomi di stare calma, ma alla fine mi sono buttata sul letto e ho preso Super Junior Photobook tra le mani.
E' un libro alto più o meno tre centimetri, con una bella copertina rigida.
E' scritto in hangul.
Da quando ho iniziato il corso di coreano, Ayane mi ha chiesto tante volte di tradurlo per lei.
Scuse su scuse, ho sempre rifiutato.
La verità è che ho paura.
Ho tanta tanta paura, quando penso a loro.
Ho paura di non tornare più indietro, di dover rivivere di nuovo i bei ricordi.
Rendendomi conto di quello che sono davvero, ricordi.
Passato.
Ho paura.
La copertina è facile da guardare.
E' un'immagine dei Super Junior, gli idol.
Va bene.
Sfoglio alcune pagine e, a pagina 15, trovo la mia prima foto.
E' Donghae.
Potrei dire il giorno, l'ora e il minuto preciso in cui ho scattato quella foto.
Donghae sta ripassando il testo di Go nei camerini del grande hangar dove è stato girato il video di quella canzone.
Guardo la foto e la accarezzo, poi non resisto.
Scatto a pagina 145.
Dovevo immaginarmelo, credo.
La maggior parte delle due pagine in cui mi trovo è occupata da una grande tavolata.
Ci sono quasi tutti.
Sorridono.
C'è un posto apparecchiato, a capotavola, vuoto.
Il mio posto.
Il titolo di quelle due pagine è The big family, in inglese.
Quella è una mia foto, l'ho scattata durante la nostra cena italiana.
Sul tavolo vedo avanzi di cibo.
Una bottiglia di vino che Yesung ha allontanato da Kyuhyun dopo l'ennesimo brindisi.
Intorno alla foto, i ragazzi hanno scritto dei messaggi per le fan.
Vengo attirata da una delle più lunghe, quella scritta da Siwon.
Alle nostre Elf,
Anche quando ci riposiamo, pensiamo a voi. Dopo un tour e tanti fan meeting, ci ritroviamo al dormitorio e ci raccontiamo la nostra giornata. Anche se siamo separati, siamo una grande famiglia.
Anche quando siamo lontani da voi, la vostra presenza non ci abbandona mai.

Sostenete sempre i Super Junior.
Siwon

Prendo un respiro profondo, leggere il coreano non è per niente facile.
Siwon ha scritto delle belle parole, tipiche parole da idol a fan.
Non sono un messaggio per me, sicuramente.
Torno a guardare l'immagine solo un istante, poi cerco il messaggio di Ryeowook.
Il messaggio di Ryeowook è più breve.
Alle Elf,
Vorrei essere con ognuna di voi. Vorrei potervi dire “Fatti sentire. Sempre, ad ogni ora. Non pensare al fuso orario. Se vuoi parlare con me, farò in modo di esserci”.
Siamo una grande famiglia unita, vero?

Le mani mi tremano, mi guardo intorno come se Ryeowook avesse sussurrato quelle parole al mio orecchio.
Riguardo quella foto e so che quelle sono le parole che lui voleva che leggesse.
Avevo scattato io quella foto, avevo pronunciato io quelle parole.
Il giorno del mio addio a Seoul.
Le avevo disattese.
Su ordine del signor Park avevo cancellato il contatto dei ragazzi, per proteggere me stessa avevo fatto di più: li avevo cancellati dalla mia vita.
Via le canzoni, i poster, gli articoli di giornale ritagliati con cura.
Poi tutto era tornato indietro.
Avevo rivisto Kyuhyun, avevo capito che stare ai giochi della SM avrebbe comportato avere sempre un legame con loro.
Sottile, quasi invisibile.
Non riesco a spiegarmi da dove viene tutta quella rabbia, ma mi viene voglia di chiamare il signor Park e rovesciare addosso a lui la mia frustrazione.
Chiedergli perchè mi ha trasformata in questo modo, perchè pochi giorni in Corea hanno ucciso Bibi e fatto nascere Anna.
E i suoi sogni.
E le sue ambizioni.
Vorrei dire al signor Park che io non sono una fotografa e non volevo esserlo. Ma ora sono così innamorata del mio lavoro che talvolta mi dimentico che sia tutto precario.
Che basta un mio errore perché il castello si sgretoli.
Perché io rompa il patto e venga rimandata in Italia.
Sono confusa, arrabbiata, stanca.
Chiudo Super Junior Photobook e prendo un respiro profondo.
Mi sdraio sul letto a braccia e gambe aperte, mi muovo come se stessi facendo un angelo nella neve.
Un tonfo mi avvisa che il libro è caduto a terra.
Lo ignoro.
Ripenso alle parole di Ryeowook, alle mie parole.
Quella sera di qualche mese prima, nell'andare via dal dormitorio, gli avevo promesso che sarei sempre stata disponibile per lui. Quelle parole, per qualche strano motivo, gli erano rimaste in testa.
Tanto da farle scrivere in quel libro.
Vorrei ringraziarlo, spiegargli perché sono scomparsa.
Chiedergli scusa.
Chiedergli spiegazioni.
L'unica soluzione, la più ovvia, è quella di incontrarlo di nuovo.
Mi alzo, prendo il portatile e lo accendo.
Mentre si carica, riprendo il Super Junior Photobook da terra e lo appoggio accanto a me.
Il computer richiede la mia attenzione emettendo uno strano suono.
Una richiesta di contatto sul Skype.
Non ci credo.
Accetto subito e, senza pensarci, videochiamo.
Yeoboseyo?” dice la voce dall'altra parte qualche secondo dopo. Non ha attivato la webcam.
“Ryeowook?”
“No.” dice la voce, poi tace.
Non ha attivato la webcam e questo mi mette a disagio.
Io contro un avatar immobile.
Un panda che dorme disegnato nella maniera più cicciosa possibile.
1642 è il contatto che mi ha cercata.
Deve essere lui.
Eppure dall'altra parte non c'è la voce allegra di Ryeowook, ma un silenzio denso.
“Io non...” dico in italiano, poi in giapponese. Prendo un respiro profondo. “Con chi sto parlando?” chiedo in coreano.
La voce tace.
“Ryeowook ti ha cercata” commenta in inglese la voce. “Lo sapevo l'avrebbe fatto.”
Il tono in cui lo dice è piuttosto rassegnato.
“Non avrei dovuto andare al fansign, credo” dico alla voce.
“Lo so. Non è colpa tua, Anna. Il nostro lavoro...”
“Siwon?” chiedo interrompendolo. “Sei tu, vero?”
La voce tace.
“Scusa. Io...”
“Anna. Non dovevi accettare questo contatto” prosegue la voce, sempre in inglese. “Non devi dare seguito ai capricci di Ryeowook.”
Questa volta tocca a me tacere.
Faccio davvero fatica a non arrabbiarmi. Stringo le labbra e scuoto la testa.
“Non sono in Giappone, io. Raggiungerò gli altri domani. Devo dire qualcosa a Ryeowook?”
“Digli che...”
Taccio.
Chiudo gli occhi, prendo un respiro profondo. So che non dovrei lasciarle scendere, ma le lacrime mi rigano il viso. Mi ricordo troppo tardi che il mio interlocutore mi vede.
“Non dirgli niente. Io non avrei dovuto accettare il contatto. Hai ragione, Siwon.”
Abbasso lo sguardo e, quando lo alzo, sullo schermo vedo il suo volto.
Siwon indossa un paio di occhiali di corno dalla montatura rotonda.
“Non volevo farti piangere” commenta facendo un mezzo sorriso.
“Sono io che mi faccio piangere, non è colpa tua” dico, emettendo un suono a metà tra un gemito e una risatina. “Questa situazione è complicata.”
Siwon annuisce.
“Come hai fatto a riconoscermi?”
“Dal tuo silenzio, dalla tua cadenza. Dal modo in cui dici “il nostro lavoro”. E' così...” cerco le parole giuste, ma al momento sono davvero confusa. “E' così da te.”
Siwon fa un mezzo sorriso e guarda fisso in camera.
Mi asciugo le guance e sorrido di rimando.
“Devo andare, ora. Mi prometti di cancellare questo contatto, again?” dice sottolineando l'ultima parola. “Fallo per te stessa.”
“Sì. Buona notte.”
“Buona notte, Anna.”
La conversazione si chiude e io, distrutta, mi lascio cadere sui cuscini.

 



 

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Capitolo 7
*** Evento #7: l'uomo alla porta, luci drammatiche e accordi disattesi ***


E' stato un brutto periodo per la tecnologia di casa Vik. Mi scuso per il ritardo nella pubblicazione di questo capitolo di passaggio. 

Dal prossimo - mi impegnerò a riprendere la regolare pubblicazione - ne vedremo delle belle!!!



Una Serie di (S)fortunati Eventi

Evento #7


 

Io non piango mai.
E' così, non lo faccio.
Però molto spesso mi trovo sul punto di farlo. Sento gli occhi gonfiarsi di lacrime, il nodo alla gola, la voce che trema.
Ma le lacrime no.
Non escono mai.
Ho capito di essere ufficialmente nei guai con me stessa quando ho permesso che Siwon vedesse le mie lacrime e, subito dopo, quando ho lasciato che queste mi bagnassero il viso per tutta la notte.
Ho capito di essere ufficialmente nei guai con il resto del mondo la mattina seguente.
Il campanello è suonato all'improvviso.
Non ho avuto tempo di pensare.
Sono scattata in piedi e ho aperto la porta.
Di fronte a me ho trovato un uomo.
John Park.
Sapevo che sarebbe successo.
E' strano come persone come me, che hanno bisogno di avere sempre la situazione sotto controllo, dimentichino i dettagli più rilevanti.
La SM è ovunque, nella mia vita.
Eppure non credevo che tutto potesse avvenire in modo così rapido.
Sono passate pochissime ore dal mia conversazione con Siwon, eppure John Park è già fuori dalla mia porta.
Ho infranto il nostro patto, dovevo aspettarmelo.
“Lei è qui” dico dopo qualche istante di silenzio, per rendere la situazione più reale.
“Dobbiamo parlare. Ti aspetto qui fuori.”
“Io...”
“Dopo” mi interrompe. “Posso chiederti di fare in fretta? Non abbiamo molto tempo.”
Lo guardo un istante, poi con un cenno impercettibile mi invita a rientrare.
Come una marionetta, faccio un passo indietro e chiudo la porta.
John Park.
Prendo un respiro profondo e mi fiondo in camera.
Mi sono preparata in tempo record e, quando ho aperto di nuovo la porta, il manager era al telefono.
Ha impiegato solo un istante a congedare il suo interlocutore e a tornare a guardarmi.
“Anna.”
“E' tutta colpa mia” dico di getto, ancora vicino alla porta.
John Park annuisce.
“Dobbiamo andare alla Young Advertising” commenta poi. “Hai con te tutto ciò che ti serve?”
“Credo di si” rispondo guardando la mia borsa a tracolla, sempre piena all'inverosimile.
Penso al mio passaporto nascosto nel cassetto dove tengo la biancheria intima e spero che non stia parlando di quello.
Mi rispedirà in Italia, penso.
Il signor Park sorride e mi volta le spalle.
“C'è un taxi qui sotto che ti aspetta. Ci vediamo tra poco.”
Il manager inizia a camminare e io, pietrificata, aspetto che scompaia dal pianerottolo per dare un senso a cosa è successo.



L'edificio che ospita la Young Advertising è una costruzione iperfuturista, fatta in legno e vetro, riconoscibile in mezzo ai palazzi delle grandi multinazionali a Shinjuku. La Y.Ad occupa il quindicesimo e il sedicesimo piano. Quando il taxi mi lascia avanti all'ingresso, trovo la reception vuota.
Per qualcuno è davvero domenica.
Durante il tratto che mi separa dall'ingresso vero e proprio dell'azienda, rivivo le ultime ore.
Ripenso a Ryeowook e a Siwon.
Alle foto e a quanto tutto sia cambiato in fretta.
Quanto grave sia stato il mio errore? Tanto da aver portato il signor Park in Giappone.
Superate le porte scorrevoli, prendo un respiro profondo.
Dal grande open space diviso in cubicoli arrivano solo i bassi ronzii dei computer accesi.
L'ufficio è deserto.
Passo dalla mia scrivania, guardo l'organizzato disordine che la abita, i mille post it, alcuni fotogrammi dello spot di Kyuhyun e Sakura.
“Allora sei davvero qui.”
Mi giro di scatto e, alle mie spalle, Harry mi sorride.
Ha la barba più incolta del solito e sembra che non dorma da giorni.
“Già. E tu da dove vieni?”
“Sono appena tornato da Osaka. Adesso posso andare a dormire, finalmente” risponde stiracchiandosi. “La Nakamura ti cerca. Gli ho detto che non saresti venuta ma lei era convinta che tu fossi qui.”
“Già. Era sola?”
“No, era con un pezzo pezzo grosso di qualche... ehi, ma perché tutti sapete tutto e io non so mai niente?” chiede e fa un mezzo sorriso.
Cerco di sorridere a mia volta ma tutto ciò che riesco a produrre è una smorfia.
“Non preoccuparti, non è qui per noi. Il video è stato accettato da tutte le compagnie. Sarà qui per Hiroshi.”
“Hiroshi?” chiedo curiosa.
“La SM lo ha appeso a un muro per il photoshoot del loro idol e la giapponesina agitata – risponde sorridendo – hanno detto che dovevano cercare dei provini migliori e che era tutto da rifare.”
“E lui che ha fatto?”
“Ha ripreso le mille foto scattate e ha passato tutta notte su un camper a guardarle. Era con me a Osaka, ora credo che sia morto da qualche parte in sala stampa.”
Annuisco, poi mi volto verso il corridoio.
“Devo andare, adesso” borbotto buttando in borsa dei fogli a caso.
Harry mi fa passare muovendo teatralmente le braccia. Gli sorrido e mi dirigo a passo svelto verso l'ufficio della Nakamura.
Busso.
La voce del mio capo mi invita ad entrare.
John Park è già seduto con lei, mi fanno un inchino.
“Le nuove foto sono pronte?” chiede il manager appena mi sono accomodata accanto a lui. La signora Nakamura gli porge una busta bianca, che lui prontamente gira verso di me.
“Voglio che sia Anna a vederle per prima, se non è un problema.”
“Assolutamente” commenta la signora Nakamura con il suo inglese accentato alla giapponese.
Park mi sta mettendo alla prova.
E' questa l'unica cosa che riesco a pensare mentre estraggo le foto fresche di stampa dalla busta.
Sono poche, forse troppo.
“Prenditi tutto il tempo che vuoi” dice il signor Park.
Il suo tono sembra quasi ironico.
Annuisco e mi metto a osservarle con cura.
Mi concentro su ogni dettaglio, ogni sguardo e ogni movimento di Kyuhyun e Sakura.
Già dalle prime foto mi rendo conto che Hiroshi non conosce la SM.
Kyuhyun non è un uomo e lui e Sakura si sfiorano troppo poco.
Io non sono una fotografa, non sono nulla.
Sono solo una ragazza a cui è stata data un'opportunità.
E Hiroshi è molto bravo nel suo lavoro, ma dei provini che ha scelto, salverei meno della metà delle foto.
Fuori dal mio mondo, la signora Nakamura e mister Park stanno parlando in modo cordiale.
“Ho finito” annuncio dopo qualche minuto appoggiando i due gruppi di foto sulla scrivania.
Il signor Park prende le foto che ho salvato e le guarda a sua volta.
Non ha bisogno di chiedere quali sono tra le due pile.
Park lo sa. E' un passo avanti a tutto e non so dove finirà tutto questo spettacolo.
Dopo qualche secondo, la signora Nakamura si sporge e prende le foto scartate, sfogliandole a sua volta.
“Il responsabile del servizio fotografico si scusa per aver disatteso le vostre aspettative la prima volta. Il photoshoot è stato breve e intensissimo e i provini da visionare erano molti.”
“Non ne dubito. Comunque, Anna, hai qualcosa da dire?”
I due mi guardano.
Mi passo una mano davanti alle labbra e annuisco.
“Penso che questa freddezza possa essere corretta con delle luci drammatiche” dico cercando di sembrare professionale. “Montare uno spot è più facile di scegliere alcune foto, credo. Hiroshi non conosce il soggetto, il carattere di Kyuhyun. Lui è di un'eleganza rara, bisogna solo metterlo a suo agio.”
La signora Nakamura mi guarda e annuisce.
Ho come la sensazione che temesse che io infangassi il nome della Y. Ad.
Noi occidentali siamo sempre considerati delle mine vaganti.
Sono stata piuttosto politica, tutto sommato.
Il signor Park sfoglia una seconda volta le foto che ho scelto e annuisce.
“E' questo di cui stavo parlando prima, signora Nakamura. E' per questo motivo che credo che Anna non possa più lavorare per lei.”
Mi volto di scatto verso il signor Park e poi verso la Nakamura.
Anche se si sta impegnando, la donna non riesce a nascondere l'espressione di sorpresa che traspare sul suo volto.
Lo sapevo di essere nei guai, eppure le parole del signor Park mi hanno colpito come un pugno nello stomaco.
“No” dico a voce bassa. “No.”
“Anna è una ragazza qualificata, nessuno sa della sua storia” commenta la signora Nakamura. “Ha mantenuto la sobrietà che le era stata chiesta. Avevamo un accordo.”
Se anche lei si è schierata apertamente dalla mia parte, vuol dire che è finita.
John Park mi guarda e annuisce.
“A quanto pare gli accordi possono essere spezzati” commenta lui, voltandosi verso di me con uno sguardo impossibile da fraintendere.
“Signor Park, io... Ho sbagliato. Non...”
“Non lavorerai più alla Y.Ad, Anna” ribadisce lui. “Tu conosci i ragazzi, tu li esalti. Devo chiederti di tornare in Corea con me.”


 

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Capitolo 8
*** Evento #8: Gimpo, le fan e la colazione per due ***



Una Serie di (S)fortunati Eventi

Evento #8


 


Informiamo i gentili viaggiatori che siamo in arrivo all'aeroporto di Gimpo.
A Seoul sono le ore 7:05 e la temperatura è di 17 gradi centigradi. Vi ringraziamo per aver viaggiato con Korean Air e vi preghiamo di...


Apro gli occhi, me li strofino.
Il volo è durato solo un paio d'ore, ma sono comunque stata in grado di addormentarmi.
Meglio, penso.
Io odio volare.
Per lo meno sono sola, quindi posso lasciare che il mio volto tradisca qualche smorfia di terrore.
Il signor Park mi ha fatta accompagnare all'aeroporto da uno degli uomini della SM.
Silenzioso e efficiente, l'uomo mi è stato accanto affinché io superassi la barriera senza problemi.
O senza scappare.
L'aereo richiede insistentemente la mia attenzione: il carrello si abbassa e iniziamo a scendere di quota. Passano alcuni interminabili secondi e l'aereo tocca terra con un paio di contraccolpi calcolati. Il rumore dell'aria frustata dalle grandi ali del velivolo mi riempie le orecchie per qualche istante.
Poi il vociare di cento persone mi avverte che sono ancora viva.
Io odio volare.



Entrare in Corea è sempre complicato.
E' ancora più complicato quando non sai cosa succederà di te quando uscirai dall'aeroporto.
Ci sono controlli per ogni cosa, foglietti da compilare.
Anche ora che capisco un po' il coreano, tutti questi passaggi mi confondono.
Da quando abbiamo lasciato la Young Advertising insieme, il signor Park non ha fatto altro che parlarmi e farmi raccomandazioni di ogni genere. Io, tra la preparazione della valigia, le telefonate agli amici e l'ennesima svolta della mia vita, ho assorbito metà delle cose che mi ha detto.
Di due cose sono certa: la prima è che qualcuno mi aspetta all'uscita 2 dell'aeroporto e quello stesso qualcuno mi porterà da qualche parte.
La seconda è che Park mi ha voluto di nuovo in Corea per un motivo ben preciso: accompagnare i ragazzi durante la promozione di Super Junior Photobook.
Poi vedremo, ha aggiunto prima di lasciarmi con l'uomo che mi ha portato al Narita airport.
Poi vedremo.
Dopo aver impiegato più o meno un'ora a sbrigare tutte le pratiche burocratiche, supero le porte scorrevoli dell'uscita due.
Separate dai viaggiatori da un corrimano di metallo, ci sono una ventina di persone. Donne, uomini, bambini nel passeggino. Aspettano i loro cari.
In un angolo, lontano dal resto del gruppo, vedo un uomo con un completo scuro. Ha in mano un cartello con il mio nome.
Mi avvicino, gli sorrido.
“Buongiorno” gli dico in coreano.
L'uomo fa un mezzo inchino.
Trorrey” mi dice indicando il mio bagaglio. “Give me.”
“Capisco il coreano, adesso. Non come l'ultima volta” gli dico. “Ho studiato.”
L'uomo mi guarda un istante, sorpreso, poi annuisce e mi prende dalle mani la valigia e si incammina.
Gli sto un passo dietro, sorridendo.
E' lo stesso autista dell'altra volta.
Lo stesso che ogni giorno portava il suo taxi puntuale sotto il Fraser Place, l'hotel in cui ho alloggiato qualche mese fa.
Mentre l'uomo mi accompagna in una di quelle grandi auto nere con i vetri oscurati, non posso non pensare che il signor Park stia cercando in qualche modo di farmi sentire a casa.
“Ha qualcosa di importante in questa valigia?” chiede l'autista quando siamo arrivati al parcheggio. “Qualcosa che le può servire nelle prossime ore?”
“Tutto?” chiedo confusa.
“Il trolley verrà portato al suo alloggio, lei invece alla SM, signorina” dice l'uomo lentamente.
“Devo solo prendere una cosa” rispondo.
L'uomo annuisce e mi lascia sola. Apro la valigia e infilo il beauty case nella borsa, poi chiudo il baule e mi siedo sul sedile del passeggero.
L'auto parte e, facendosi strada tra i taxi di Gimpo, passa davanti a un gruppo di ragazzine con dei cartelloni in mano. Vedendo la mia auto, si voltano tutte curiose.
Sono davvero tornata in Corea.




Io ricordo tutto, alla perfezione.
Ricordo la paura di essere sola in un luogo sconosciuto, l'essere trattata come una straniera, il dormire in una guest house malridotta.
Lo ricordo come se fosse ieri.
Ricordo anche l'ansia di entrare alla SM per la prima volta, da impostora.
E invece ora sono qui, su un'auto che cerca di farsi strada tra le fan che sperano che su di essa ci sia uno dei loro idol.
“La guarderanno” commenta l'autista. “Lei guardi avanti e entri. Appena vedranno che non è una di loro si sposteranno.”
Ricordo tutte le sensazioni con la stessa intensità, perché nonostante io non abbia più paura di essere cacciata, sono consapevole di non essere una di loro.
Di dovermi confrontare ancora una volta con qualcosa di veramente troppo grande per me.
“Lei non scende?” chiedo quando l'auto riesce a fermarsi nel piccolo piazzale davanti al grattacielo della SM.
“Scatti verso la porta e non si volti a guardare le fan” dice prima di premere un pulsante e disattivare il blocco delle portiere.
Le ragazze ci hanno circondato.
Apro la portiera di qualche centimetro e lascio che una ragazzina dai folti capelli a caschetto mi guardi in faccia.
Che veda che io non sono ciò che vuole.
Scatto in avanti, sento qualche mugugno deluso, ma non mi volto.
Una ragazza più coraggiosa delle altre mi chiede chi sono.
Prendo un respiro profondo, cammino a testa bassa, tenendo la borsa stracolma davanti al petto.
Mi faccio strada tra una quindicina di fan, pesto un paio di piedi e mi scuso senza guardare.
Supero le porte e faccio la conta dei danni.
Sono ancora viva.
Il chiacchiericcio delle fan viene annullato dalla chiusura delle porte.
La donna dietro al bancone mi guarda e sorride.
“Lei deve essere Anna” dice in inglese. “Si avvicini.”
La guardo qualche secondo, poi faccio come dice.
La signora appoggia sul bancone una tessera magnetica legata a un cordino rosa.
“Questo è il suo badge per potersi muovere con più tranquillità nell'edificio senza fastidiosi controlli. Lo tenga sempre al collo. La riunione non inizierà prima delle dodici e si trova al quattordicesimo piano porta 14-H, visto che è ancora molto presto, il signor Park le ha fatto preparare la sala relax al ventesimo piano...”
Alzo la mano, in segno di resa. La signora si zittisce.
“Mi scusi, potrebbe ripetere?” chiedo abbassando lo sguardo. “Sono piuttosto confusa.”
La signora fa un mezzo sorriso.
“E' sempre così, qui fuori” commenta. “Impareranno a conoscerti e a lasciarti in pace.”
Le sorrido e prendo dalla borsa il mio blocco per appunti e una penna.
“Riunione alle 12 al quattordicesimo piano” dico scrivendo.
“Porta 14-H” aggiunge lei. “Ora può andare in sala relax al ventesimo piano."
Annuisco, la ringrazio e mi sposto davanti a uno degli ascensori.
Durante la prima visita alla SM ricordo che il viaggio in ascensore mi costrinse a pensare a cosa stavo facendo, ai rischi inutili che stavo correndo addentrandomi in uno dei grattaceli più sorvegliati della città.
Oggi sono troppo stanca e snervata per cercare di dare un senso a tutto e, arrivata al ventesimo piano, per inerzia mi dirigo verso la sala relax, indicata da una targhetta argentata. Dall'ascensore percorro un lungo corridoio su cui si aprono una mezza dozzina di porte chiuse.
Cammino lentamente: alle pareti ci sono alcuni poster promozionali. Sorrido pensando al Leeteuk appeso davanti all'ufficio del signor Park e, alla fine, trovo ciò che sto cercando.
La sala relax è una stanza quadrata, alla fine del corridoio. La parete d'ingresso è tutta fatta a vetri, così posso vedere subito al suo interno.
Un paio di divani, un grande schermo spento, un computer e una libreria.
Minimale e asettica.
Entro e mi avvicino a uno dei divani, quello che da le spalle alla porta. Sul tavolino che li divide, mister Park ha fatto preparare tanto cibo da sfamare un esercito.
La riunione è alle 12, mangia e riposati dice il biglietto appoggiato su uno degli scaldavivande.
Le due iniziali di John Park, scritte con una penna nera molto appuntita, sembrano incisioni.



Quando sono arrivata nella stanza erano le 9:30.
Ho mangiato, bevuto un paio di tazze di caffé e ho sfruttato il bagno per darmi una sistemata.
Tutto questo mi ha fatto arrivare alle 10:30.
Da lì in poi, ho controllato l'orologio ogni cinque minuti, passeggiando per tutto il perimetro della stanza, sfogliando qualche rivista. Di tanto in tanto, con la coda dell'occhio ho visto delle persone passare dal corridoio, ma ogni volta ho preferito non voltarmi.
Mi sento osservata, qui dentro.
Alle 10:57 prendo il mio libro di coreano e il mio blocco per gli appunti.
Devo studiare, se voglio capire cosa mi succede intorno.
So che le persone che si rivolgono a me fanno attenzione a come parlano, ma sono altrettanto sicura che la verità è nelle parole che i membri della SM si dicono tra loro.
Lavorando alla Y.Ad. ho imparato a non fidarmi della SM entertainment, dei suoi manager, delle sue regole non-scritte, dei “va bene” che significano quasi sempre l'esatto opposto.
Apro il libro e inizio a fare qualche esercizio di grammatica, a leggere qualche frase.
Quando guardo di nuovo l'orologio sono le 11.21.
Mi alzo e mi stiracchio.
“Anna-chan? You?
Mi volto.
“Donghae” sussurro.
You real.
Ci guardiamo per qualche secondo e ho un istante di vuoto.
Donghae sorride e fa un mezzo inchino.
You, Korea?
“P-puoi...” mi porto una mando davanti alla bocca e prendo un respiro profondo. “Puoi parlarmi in coreano, se vuoi.”
“Davvero?” chiede sorpreso.
Annuisco.
Silenzio.
“Cosa ci fai qui?”
“Non credo di potertelo dire, non ancora” rispondo ricordando vagamente una delle tante raccomandazioni del signor Park. “Tu?”
“Eravamo in Giappone. Stavi...”
“Studiando coreano.”
Donghae annuisce.
Ci guardiamo ancora. Nonostante ora parliamo la stessa lingua, non abbiamo comunque nulla da dirci.
Mi volto verso il tavolino e cerco un argomento di conversazione.
“Hai fame?” chiedo. “C'è molto da mangiare, qui.”
Donghae allunga il collo e cerca di vedere al di là del divano, poi appoggia a terra il borsone che ha a tracolla e si avvicina.
“Non mangi tu?”
“Ho già mangiato prima. Accomodati” dico indicando il divano accanto a me.
“Grazie.”
In silenzio, Donghae apre gli scalda vivande a testa bassa. Istintivamente, gli riempio un bicchiere di caffé e glielo metto di fronte. Quel gesto gli fa alzare la testa. Mi guarda, fa un mezzo sorriso.
“Grazie” ripete di nuovo.
Annuisco.
So quanto può essere inquietante mangiare con una persona che ti fissa in silenzio, l'ho provato poche ore fa con il signor Park, così, appurato che Donghae non ha intenzione di dire altro, riprendo il mio libro e il block notes e continuo a esercitarmi.
Donghae mangia a testa bassa e io, di tanto in tanto, do una sbirciata alle sue mosse.
Si è servito un piatto di riso e uova strapazzate e pesce alla griglia.
“E' ancora caldo?” chiedo.
“E' tutto molto buono, grazie.”
“Mmh.”
“Come sta Anna-chan?”
“Bene” rispondo di getto. “Donghae?”
“Sempre bene. Cosa stai studiando?” chiede pulendosi le mani in una delle salviettine da servizio.
“Esercizi di grammatica. Il coreano non è facile.”
“Riusciamo a parlare, però. Ci capiamo” commenta facendomi cenno di passargli il libro.
Donghae lo sfoglia e annuisce, poi prende il block notes dal tavolo e legge alcune frasi a mezza voce.
“Sei quasi alla fine del libro. Da quando stai studiando?”
“Mi manca un mese per finire il primo corso, ma non credo che riuscirò a frequentare fino alla fine, ormai.”
“Rimarrai molto in Corea?”
“Non lo so” rispondo abbassando lo sguardo.
“Non puoi dirmelo?”
“No, non lo so davvero” ribadisco con un mezzo sorriso.
Donghae non commenta e continua ad osservare il mio libro, poi il suo orologio da polso emette un suono.
Entrambi alziamo lo sguardo e ci guardiamo.
“E' mezzogiorno” borbotta scuotendo il polso in modo che l'orologio scenda verso la manica della felpa che indossa.
“Cosa?”
“Mezzogiorno. Hour, one two.”
“Io...” dico scattando in piedi.
Dico una parolaccia in italiano, poi mi copro la bocca.
“Mi dispiace” gli dico prendendo la borsa e scappando fuori.
Sono in ritardo alla mia prima riunione.
Perfetto.


 

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Capitolo 9
*** Evento #9: Provocazioni, Kim Camille e il sorriso di Ryeowook ***



Una Serie di (S)fortunati Eventi

Evento #9


 



Quattordici-H.
Scatto fuori dall'ascensore ancora prima che le porte si siano aperte del tutto e mi fiondo nel corridoio.
“14-H” mi dico ad alta voce.
Cammino in fretta, quasi corro.
Il quattordicesimo piano non è come quello che ho appena lasciato, ci sono meno porte.
Il corridoio fa una curva a gomito e, appena giro l'angolo, ne vedo una aperta a qualche passo da me.
14-H.
Prendo un respiro e sento il cuore battermi in gola.
Appena varco la soglia, una decina di uomini in abito elegante si voltano a guardarmi.
“Anna” dice il signor Park, seduto a uno dei lati più corti del tavolo ovale al centro della stanza. “MinHee, puoi far accomodare Anna?”
Una ragazza in tailleur mi fa un mezzo inchino e mi indica una sedia in mezzo a due uomini, uno dei quali vestito in modo più casual degli altri.
Sul tavolo, davanti a me, c'è un bicchiere vuoto e una bottiglia di acqua. Quando rialzo lo sguardo, il signor Park sta parlando con l'uomo seduto accanto a lui.
L'orologio digitale appeso al muro alle loro spalle segna cinque minuti a mezzogiorno.
Quello di Donghae deve essere in avanti di almeno dieci minuti, penso.
Rimango immobile finché una donna entra e chiude la porta alle sue spalle. Quel gesto zittisce l'intera stanza e gli sguardi si concentrano sull'uomo accanto al signor Park.
“Ora che ci siamo tutti, possiamo iniziare” esordisce l'uomo.
Nel suo discorso, in un coreano troppo veloce e cadenzato perché io riesca a capire tutto, l'uomo parla dei ragazzi. Di tanto in tanto interpella qualche altro partecipante, che dice semplicemente qualche parola come “Pechino alle sette” o “Non è ancora stabilito” o “Sa già tutto”.
Gli uomini più attivi sono quello vestito in modo casual – che credo di aver già visto da qualche parte – e l'uomo di fronte a me, che invece ho la certezza di avere già incontrato.
E' il manager che ha accompagnato Kyuhyun sul set di Eternity.
“Adesso parliamo della promozione di Super Junior Photobook. Seduta al nostro tavolo c'è Anna, la fotografa a cui dobbiamo parte del nostro successo” sento dire al signor Park ad un certo punto.
Senza pensarci, scatto in piedi e faccio un profondo inchino.
Il silenzio cala sulla stanza.
L'uomo davanti a me alza gli occhi al cielo.
Mi risiedo e guardo il signor Park.
Sento le guance andarmi a fuoco.
“Parlerò in coreano molto lentamente, in modo che Anna possa capire” dice subito dopo. “Lei seguirà i ragazzi nelle due date di Seoul e in Giappone. Curerà la parte fotografica e gestirà questi eventi.”
“Per questo non ci siamo noi manager?” chiede l'uomo vestito in modo casual. “Sono Kim Jung Hoon, mi scuso per non essermi presentato, Anna.”
“Molto piacere” rispondo.
“Certo che sì. Anna avrà un ruolo più informale. Non l'ho presa per la sua efficienza, ma perché i ragazzi hanno dimostrato di essere molto più naturali quando lei c'è. Ne abbiamo già parlato in merito alla scelta delle foto per il Photobook.”
“Quanti anni hai Anna?” commenta l'uomo di fronte a me.
Quanti anni ha Anna?
“Ventidue” rispondo. Il primo numero che mi viene in mente.
L'uomo mi guarda come se avessi appena detto di essere dalla sua parte.
“La Y.Ad ha fatto delle scelte piuttosto pericolose, in passato. Chi ha curato il servizio di Eternity non è ancora stato in grado di fornirci delle foto di un livello sufficiente.”
Alcuni uomini commentano a bassa voce.
Sembrano d'accordo.
Il signor Park aspetta che tutti si ricompongano prima di parlare. In quei secondi di attesa, il suo sguardo passa in rassegna il tavolo indugiando qualche istante in più su di me.
“Le avremo entro stasera. Anna si occuperà di guardare tutti i provini del photoshoot e di scegliere le foto giuste” commenta il signor Park. “Detto questo, alle 22 andremo a fare l'ultimo sopralluogo alla libreria. Avete i programmi dei ragazzi, li voglio domani alle 14 alla Kyobo. Se non avete altro da aggiungere, abbiamo tutti molto da fare.”
Lo scorrere delle sedie sul pavimento riempie la stanza per qualche secondo poi, uno a uno, i presenti si dirigono verso l'uscita.
“Anna, mi puoi precedere nel mio ufficio? Ricordi dov'è?” mi chiede il signor Park mentre mi sto alzando. Accanto a lui, l'uomo che ha parlato per tutta la riunione mi osserva.
“Ventiquattresimo piano” rispondo.
Come dimenticare.
“Arrivo subito.”
Annuisco, faccio un mezzo inchino al suo interlocutore e esco.




Quell'uomo mi stava provocando?
Questo è ciò che penso quando MinHee, la giovane segretaria del signor Park, mi accompagna dalla sala riunioni al suo ufficio.
Kwang, il manager di Kyuhyun, si è rivolto a me sprezzante. Capisco la differenza d'età – che ora lui può anche quantificare perfettamente – ma il tono con cui mi ha parlato non mi è piaciuto.
Inoltre, io non sono la Y.Ad.
E nemmeno Hiroshi.
Non ho scelto io quelle maledette foto.

“Mentre il signor Park arriva, tu accomodati.”
MinHee sembra avere pochi anni in più di me, eppure ho notato che il signor Park le porta un grande rispetto. Mi guarda sedermi, poi appoggia un paio di cartellette sulla scrivania.
L'ufficio è ancora lo stesso. Stessa scrivania, stessa poltrona, stessa finestra da cui si può vedere il cielo sopra a Seoul nei momenti di tensione o sconforto.
Oggi il cielo è terso, così diverso dalle pesanti nuvole invernali di qualche mese fa.
“Vado a prendere le tue cose e arrivo” mi dice prima di uscire.
Il signor Park entra poco dopo sorridendo.
“Sono davvero molto felice di averti riportato in Corea, Anna” commenta sistemandosi sulla comoda sedia in pelle davanti a me. “Ora però dobbiamo parlare di lavoro.”
Annuisco, poi mi metto dritta sulla sedia, quasi sull'attenti.
“Come hai sentito durante la riunione, la questione Eternity non è ancora finita. Anche la seconda serie di foto scelte dal collaboratore della Y.Ad non sono piaciute al Manager Kwang e alla SM. Come puoi immaginare Kyuhyun non ha tempo di tornare in Giappone a farsi fotografare, quindi oggi ho bisogno che tu riesca a trovare almeno venti foto da sottoporre di nuovo ai miei colleghi” dice premendo poi il pulsante dell'interfono installato sulla sua scrivania. “MinHee, puoi portarmi quello che ti ho chiesto di preparare? Dicevo... trova queste venti foto. Ne abbiamo bisogno entro stasera, la campagna di Eternity deve partire al più presto sia in Giappone che in Corea. Sakura deve diventare un volto conosciuto anche qui.”
“Ma Sakura...”
La mia domanda rimane a metà. MinHee entra e porta al signor Park una scatola e dei documenti.
Il signor Park la congeda, dà un occhiata ai documenti e torna a guardami.
“Ho bisogno del tuo impegno e del tuo lavoro al 100%” dice in inglese, forse per essere ancora più chiaro. “Quindi non farti problemi a chiedere strumenti, informazioni, chiarimenti. Detto questo, ho qui il necessario per cominciare.”
Annuisco, poi lo vedo aprire la scatola.
Il primo oggetto che mi porge è badge simile a quello che ho già al collo.
“E' diverso” commenta lui vedendo la mia mano scattare sul mio petto. “Questo badge magnetico è la chiave dell'ufficio che ti abbiamo messo a disposizione, al ventesimo piano. Ora, parlando di questo, ho bisogno di sapere cosa ti serve. Ho già fatto predisporre un collegamento con la Y.Ad e...”
“Bon Ha” dico di getto. Il signor Park mi guarda un istante, interrogativo.
“Bon Ha?”
“La mia assistente. Non ha senso che io parli con Hiroshi, ha già visto troppe volte le foto. Ho solo bisogno di qualcuno che mi faciliti il lavoro” commento lasciando che la bocca esponga i miei pensieri senza filtro.
Il signor Park annuisce, poi appoggia il badge sulla scrivania. Prima di prenderlo aspetto la sua mossa successiva.
“La seconda cosa di cui hai bisogno è un posto dove dormire” dice estraendo una chiave magnetica con un portachiavi con il logo della SM inciso. “Ho chiesto a MinHee di trovarti un appartamento tra quelli che abbiamo a disposizione, spero che la sua scelta ti piaccia. Chiederò a uno dei nostri assistenti di accompagnarti lì più tardi. La tua valigia è già stata trasferita.”
Annuisco e, di nuovo, lascio che il manager appoggi le chiavi della mia nuova casa sul tavolo.
Tutto questo non può essere reale, mi dico mentre l'uomo estrae dalla scatola un cellulare e mette il contenitore da parte.
“Questa è la tua nuova linea” mi dice mostrandomi il telefono, delle dimensioni standard coreane, ovvero il doppio del mio vecchio iPhone. “E' un numero strettamente riservato e per questo ti invito a usarlo solo per persone collegate con la SM. Ti abbiamo salvato già delle scelte rapide” dice premendo qualcosa sullo schermo e voltandolo verso di me. Il tastierino numerico sul touch screen è corredato da dei nomi.
Sotto al numero uno c'è la segreteria telefonica.
Al due, “Autista Kang”.
Al tre, “Segretaria MinHee”.
Al quattro, “Mister Park”.
Al quinto...
“Chi è Kim Camille?” chiedo leggendo il nome sotto al numero corrispondente.
Il signor Park volta il telefono verso di lui e lo appoggia sul tavolo. Da come cambia postura, ho come la sensazione che mi stia per dire qualcosa di importante.
“Camille sarà nel periodo che trascorrerai con noi una sorta di angelo custode, per te” dice con un tono quasi solenne, come se stesse parlando davvero di una creatura ultraterrena. “Lei e i suoi collaboratori si occupano di uno dei settori più importanti della SM: il rapporto tra i nostri artisti e il pubblico. Camille ogni giorno tiene sotto controllo siti, riviste, blog, social network di tutto il mondo, cercando di evitare fughe di notizie o articoli spiacevoli.”
Il signor Park tace e mi guarda. Non so che reazione si aspetti da me, ma per me questa è tutt'altro che una sorpresa. La SM è una delle etichette più importanti in Corea del Sud e, sicuramente, quella più discussa, soprattutto per come tiene al guinzaglio i suoi sottoposti. E' ovvio che ci tenga a mantenere la sua immagine più pulita possibile.
“L'opinione pubblica ha delle idee molto discordanti su di noi” continua il signor Park, come se mi leggesse nel pensiero. “Di conseguenza Camille ha un ruolo fondamentale. E' lei che misura la temperatura dei fan, studia i gusti del pubblico, filtra le richieste di centinaia di giornalisti che ogni giorno vorrebbero parlare o fotografare i nostri ragazzi. Lo puoi immaginare, tutti vorrebbero un pezzo dei nostri idol e più le foto sono inedite o rubate, più il mercato le paga.”
Di nuovo, il signor Park fa una pausa.
Non so se vuole che dica qualcosa, ma io faccio davvero fatica a tenere a freno la lingua.
“Camille Kim dovrà valutare anche il mio lavoro?” chiedo.
“No. Nel periodo in cui tu lavorerai con noi, Camille terrà sotto controllo le voci sul tuo conto.”
Quasi cado dalla sedia. Guardo il signor Park e, nel modo più tranquillo che posso, mi protendo verso di lui. Questo non aiuta la mia stabilità e le mie ginocchia battono dolorosamente su una delle gambe della scrivania.
“Tranquilla, Anna” commenta lui facendo un mezzo sorriso. “E' una prassi. Questo tuo lavorare con i ragazzi, in questo periodo, ti farà partecipare ad alcuni eventi pubblici. Il solo fatto che tu lavori qui alla SM... hai visto anche tu, le fan qui fuori” dice indicando un punto imprecisato fuori dalla finestra. “Il solo fatto che loro ti vedano entrare e uscire da qui... desterà curiosità. Sei giovane, occidentale, di bell'aspetto. Si chiederanno chi sei.”
Vorrei sentirmi lusingata dalle parole che il signor Park ha usato per me, ma non sono in grado di provare niente, al momento. Sono solo attonita.
“Camille Kim terrà sotto controllo ciò che l'opinione pubblica dice... di me?” chiedo. Vorrei sembrare meno sorpresa e diffidente, ma il tono con cui faccio la domanda è quasi maleducato.
Abbasso la testa e taccio.
“Può sembrare surreale, Anna, ma è così. Non pretendo che tu capisca e, credimi, tutto questo è fatto solo ed esclusivamente come precauzione, ma lo show business è un mondo che non permette di avere segreti. Per certi versi, è come se i nostri ragazzi andassero sempre in giro nudi” dice annuendo alle sue stesse parole.
Mi mordo un labbro. Sono felice di essere tornata a Seoul, lo sono davvero.
Ma l'idea di andare in giro nuda – anche se solo in senso figurato – è una cosa che non mi piace per niente.
“Non c'è un modo per evitare tutto questo?”
“Se ci fosse, Anna, credo che gli idol non esisterebbero. Tutti noi, in questo palazzo, dovremmo trovarci un altro lavoro, non solo Camille. Ad ogni modo, lei non ti disturberà mai, salvo casi eccezionali. Come puoi immaginare il controllo della tua immagine è una missione a basso profilo per Camille e il suo staff, per questo ti invito a segnalarle ogni cosa strana che ti accade intorno: qualche giornalista che ti si avvicina, qualche fotografo appostato nei luoghi che frequenti... è importante che tu la riferisca a lei. Ecco perché è al quinto posto della tua rubrica.”
Alzo di nuovo lo sguardo e lascio che il signor Park mi metta il mio nuovo cellulare tra le mani.
Non so cosa dire, troppi pensieri cercano di farsi spazio nella mia mente, così taccio.
Il signor Park annuisce di nuovo, poi il suono dell'interfono spezza l'atmosfera pesante che si è creata tra noi.
“Manager Sung Woo è arrivato” dice MinHee non appena l'uomo pigia il pulsante.
“Perfetto” commenta lui. “Anna, mi dispiace molto, ma temo che il nostro tempo sia finito. Io sarò in ufficio fino alle 21, poi ho una cena di lavoro. Per il resto dei tuoi compiti, ho fatto preparare nel tuo ufficio uno schedule dettagliato” dice alzandosi.
Faccio lo stesso, mettendo in una tasca della borsa il mio nuovo cellulare e raccogliendo dalla scrivania le altre cose che mi ha consegnato.
“La ringrazio” dico mentre mi fa cenno di precederlo.
Non so spiegarmi perché, ma ce l'ho con lui.
Mi sento in qualche modo tradita.
Varco la soglia della porta a testa bassa, in silenzio.
Sento delle voci provenire dal corridoio degli ascensori, ma non ho tempo di alzare lo sguardo.
Le braccia sono già lì, intorno alle mie.
La velocità con cui mi stringono è tale che il mio viso va a sbattere contro l'esile petto del loro proprietario.
“Anna-chan” lo sento borbottare nel mio orecchio sinistro. “Anna-chan.”
Sbuffo e sorrido.
“Mi stai mettendo in imbarazzo, Ryeowook.” commento dopo essermi fatta coccolare per qualche secondo.
“Anna-chan. Mi sei mancata così tanto” dice lui ignorando ogni mio tentativo di liberare la presa.
E' davvero magro, ma non è per niente debole.
“Anche tu” sussurro. “Ora puoi lasciarmi?”
Ryeowook cede e si allontana un passo. Solo in quel momento vedo che, oltre al signor Park, anche un altro uomo ha assistito alla scena.
“Ryeowook” lo riprende il signor Park. “Cosa ci fai qui?”
“Sono venuto per Anna-chan!” commenta lui come se fosse la risposta più ovvia del mondo.
Non riesco a nascondere un sorriso.
“Non hai nulla da fare prima del servizio fotografico? Mangiare, dormire?”
Anche il signor Park fatica a stare serio.
E' impossibile non farsi contagiare dal buonumore di Ryeowook.
Il suo sorriso, in effetti, sembra illuminare tutto il corridoio.
“Ho tempo, tanto tempo!” esclama lui. “Posso fare moltissime cose. Cosa sta facendo Anna-chan?”
“Sto andando nel mio ufficio a lavorare” rispondo io, cercando di mantenere la poca professionalità che mi è rimasta.
Non faccio in tempo a finire la frase che Ryeowook mi ha già preso a braccetto.
“Accompagno Anna-chan nel suo ufficio, poi vedrò.”
Detto questo, vengo letteralmente trascinata verso gli ascensori.
“Ricordati di mangiare qualcosa!” urla l'uomo che lo accompagnava un istante prima che le porte dell'ascensore si chiudano.
Lui non risponde.
Alza le spalle e preme il tasto numero venti.
“Andiamo.”


 

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Capitolo 10
*** Evento #10: lo schedule, la Kyobo e l'evento dell'anno ***



Una Serie di (S)fortunati Eventi

Evento #10


 



L'ascensore impiega circa un minuto a scendere al ventesimo piano.
Durante il breve viaggio, Ryeowook si volta verso di me un paio di volte, dispensandomi caldi sorrisi.
Io non so cosa dire.
So quello che c'era tra di noi, prima.
So che, per quanto possibile, si era creato tra di noi un legame particolare.
Impossibile da immaginare dall'esterno, da dietro quel muro che divide le fan e dai loro idoli.
Un segnale acustico ci informa che siamo arrivati.
Ryeowook mi precede nel corridoio.
“Sai dov'è il mio ufficio?” gli chiedo in coreano.
“John non ti ha dato una tessera magnetica? Dovrebbe esserci scritto qualcosa.”
Annuisco e mi metto a frugare nella borsa.
Solo in quel momento mi accorgo che sembra più vuota.
“Il mio libro” commento a mezza voce fermandomi davanti al vetro della sala relax.
“Cosa?”
“Ho lasciato il mio libro qui dentro” dico aprendo la porta.
La stanza è deserta.
Ryeowook si ferma all'ingresso mentre mi avvicino ai divani.
Donghae se n'è già andato e qualcuno ha sparecchiato.
Del mio libro di coreano e del mio bloc notes non c'è traccia.
“Non è qui?” chiede lui mettendosi in punta di piedi, proprio come ha fatto Donghae un paio di ore fa.
“Ho fatto colazione qui, poi è arrivato Donghae e... Forse l'ha preso lui.”
“Donghae è già in Corea?” chiede Ryeowook, sorpreso.
Annuisco, poi prendo dalla borsa il badge che mi ha consegnato il signor Park.
“Qui dice venti quattordici” dico in giapponese indicando le cifre scritte sotto al mio nome. “Perché dovete codificare tutto? Non potete semplicemente dare un nome alle stanze?”
“In questo palazzo ci sono mille porte, Anna-chan” commenta sorridendo. “Andiamo a vedere il tuo nuovo ufficio?”
Annuisco ed esco dalla sala relax.


Una grande scrivania in vetro, una libreria, un armadio e una cassettiera porta documenti.
Il mio ufficio è più grande di quello del signor Park, ma molto meno vissuto.
La stanza sembra stata riadattata per l'occasione, tanto che, in un angolo, ci sono degli scatoloni semichiusi.
“Sei mai stato qui?” chiedo in coreano a Ryeowook appoggiando la mia borsa sulla scrivania.
Lui scuote la testa, poi armeggia con un telecomando che automaticamente alza la pesante tenda che copre le finestre.
Ora ho il mio angolo di cielo personale anche io.
“Cosa devi fare oggi?” chiede lui in giapponese.
“Devo finire un lavoro che la SM ha commissionato per l'azienda per cui lavoro in Giappone.”
“E poi?” chiede continuando ad aprire cassetti e a sbirciare in giro. “Ah, eccolo!”
Mi volto verso di lui, concentrato su un figlio di carta.
“Cos'è?”
“E' il tuo schedule, ogni membro dei Super Junior ce l'ha... e anche gli altri” dice avvicinandosi per mostrarmelo. “Qui ci sono tutti i tuoi impegni divisi per orari e giorni della settimana.”
“Come a scuola” commento. In effetti, quel foglio ha l'aspetto di uno di quegli schemi che tenevo appesi nell'anta interna del mio armadio, in Italia. Quello che cambia è la quantità di appuntamenti, il doppio o il triplo rispetto alle materie scolastiche.
Servizi fotografici in notturna, programmi radiofonici, eventi...
“Avrò una settimana piuttosto impegnata” commento facendo un mezzo sorriso.
“E dopo questa settimana, te ne andrai?”
“Non lo so.”
Wook mi guarda, poi estrae il cellulare dalla tasca e fa una foto al mio foglio.
“Così saprò sempre dove sei” commenta alzando le spalle.
Il mio schedule è pieno di appuntamenti e luoghi e nomi, ma non voglio pensarci ora.
“Penso che sia meglio che mi metta al lavoro” dico. “Non voglio sembrare pigra il mio primo giorno di lavoro.”
Wook annuisce, poi fa il giro della scrivania e attraversa la stanza.
“Fai del tuo meglio, oggi!” esclama. “Ci vediamo presto.”
“Mi sei mancato, lo sai?” dico mentre apre la porta.
“Non ho mai smesso di sperare che Anna-chan tornasse qui.”
Ryeowook esce.
Rimasta sola, non posso fare a meno di pensare a quanto io sia d'accordo con lui.


Vorrei poter lavorare serenamente.
Invece, appena Bon Ha appare in uno dei due schermi sulla mia scrivania, devo parlare.
“Cosa ti hanno detto?” le chiedo prima di cadere in tentazione.
Bon Ha mi guarda e scuote la testa.
“Mi hanno solo spiegato che avevi bisogno di me e mi hanno montato questa postazione” dice voltando il portatile verso un grande schermo, su cui vedo già le foto che dobbiamo valutare. “Mi hanno detto che sei alla SM. Ma sei davvero lì?”
Annuisco e alzo il mio badge.
Il suo volto parla più di mille parole. Mi guarda, sorride, scuote la testa.
“Bon Ha” la chiamo.
Lei ridacchia.
“La SM?”
“Sì, e dobbiamo scegliere le foto di Kyuhyun e Sakura.”
“Ti hanno spedita in Corea per questo?” chiede voltandosi verso l'altro schermo.
“Ricordi Super Junior Photobook?”
Bon Ha annuisce senza guardarmi.
“Ho scattato io parte di quelle foto.”
E' come se succedesse tutto a rallentatore.
Bon Ha si volta lentamente.
“Beh, lavorando alla Young...”
“No, Bon Ha. Io lavoro... lavoravo... Io ho scattato quelle foto prima di lavorare alla Y.Ad.”
Bon Ha si sporge verso lo schermo. “Sono state quelle foto a farmi guadagnare un posto di lavoro, li a Tokyo.”
Lentamente, riavvolgo la matassa dei ricordi.
Parto dal principio, dall'aeroporto, il signor Freddi.
Parlo della SM, cercando di raccontarle poco dei ragazzi e nulla delle mie bugie.
Perché fa male e perché non so se posso davvero dire tutto a Bon Ha.
Mentre le parlo, trovo le risposte che credevo di aver dimenticato.
Anche se non ne parlo apertamente, ricordo cosa c'era tra me e Ryeowook.
Sono tanti piccoli particolari, come quella volta che ha incolpato Siwon per non farmi riprendere dal signor Park, o quando mi ha preparato una torta alla panna montata.
“Perchè ti hanno chiesto di tornare?” chiede Bon Ha quando capisco che non posso dirle altro, perché sono arrivata alla parte del racconto in cui vado a cena nel dormitorio dei ragazzi.
“Perchè il libro è stato un grande successo” rispondo di getto.
“Ma il libro è fatto, quindi... Ne vogliono fare un altro?”
Non lo so.
“Non lo so, Bon Ha.”
Quante volte ho detto questa frase, in queste poche ore in Corea?
Bon Ha mi guarda, fa un mezzo sorriso.
Non sembra più sconvolta, né divertita.
Sembra quasi dispiaciuta.
“Non deve essere facile” commenta.
“E' per quello che ho chiesto di te.”
Entrambe stiamo qualche istante in silenzio.
Dopo aver parlato con Bon Ha, mi sento un po' meglio.
Insieme, lavoriamo senza sosta finché il mio angolo di cielo cambia colore.
Non sono uscita dall'ufficio per tutto il pomeriggio.
Un paio di volte MinHee mi ha chiamata per darmi degli aggiornamenti.
Il più importante è che il mio appartamento non è pronto, e quindi stanotte dormirò ancora al Fraser Place.
“Quell'hotel è bellissimo” commenta Bon Ha quando le riferisco il messaggio.
“Lo so, ho vissuto lì l'ultima volta”
“Quante cose non sappiamo di te, qui in Giappone?” mi chiede lei facendo un mezzo sorriso.
Sorride ma è seria.
E seriamente mi ha aiutata tutto il giorno a trovare e modificare le foto.
Alla fine ho inviato i venti provini alla mail che mi ha riferito MinHee e ho salutato Bon Ha.
Guardo un'ultima volta l'orologio e scopro che sono già le nove.
Mi stiracchio ed esco.



“Pronto?”
Miss Anna, questa è la sveglia. La colazione le verrà servita in camera. La sua auto la aspetta alle undici e trenta all'ingresso.
Allora è così che mi sentivo.
Felice, coccolata, calda.
Apro le braccia e sento di non riuscire ad occupare nemmeno la metà del grande letto della mia stanza. Mi stiracchio, alzo e abbasso le gambe, lasciando che l'aria mi accarezzi le cosce.
Dovrebbe essere sempre così.
Nessuna paranoia, nessuna ansia.
Questa nuova opportunità dovrebbe essere solo un grande letto con lenzuola profumate alla lavanda.
Prendo dei respiri profondi, mi rigiro un po', poi mi alzo.
In meno di un'ora sono seduta sul sedile posteriore della grande auto dell'autista Kang.
Ho dormito una decina di ore, cosa che non succedeva da molto tempo, per questo faccio un po' fatica a svegliarmi completamente.
Ho gli occhi un po' gonfi, ma mi sento molto meglio di ieri.
L'auto si fa strada tra il traffico di Seoul e in meno di mezz'ora siamo a Gwanghwamun. La piazza è piena di vita: pedoni, auto, biciclette e taxi percorrono le due strade che scorrono parallele, divise dalla grande statua di re Sejong.
Ho visto queste cose solo sui miei libri di coreano e, passandoci accanto, non posso non promettermi di visitare la città prima di andarmene di nuovo.
“Siamo arrivati” borbotta l'autista in tono burbero. Vedo i suoi occhi saettare un istante sullo specchietto retrovisore per cercarmi. “C'è già molta gente.”
Ero troppo persa nei miei pensieri per notare la folla intorno a noi.
La Kyobo, la libreria più grande di Seoul, occupa il primo piano di un grattacelo altissimo. Ho letto su internet che l'ingresso è sotto al livello della strada, ma dalla nostra posizione non posso vederlo.
Il signor Kang si ferma accanto a delle transenne e attira l'attenzione di un uomo in completo elegante.
“E' la fotografa” dice all'uomo, che annuisce e indica il lato dell'edificio che abbiamo appena superato.
“Entrate da dietro, il manager Cha vi aspetta.”
L'autista Kang annuisce, poi mette la retromarcia e torna indietro, avvicinandosi pericolosamente alle transenne, al di là delle quali vedo già alcune ragazze in attesa.
L'auto deve percorrere alcuni metri a passo d'uomo prima di trovare un'ampia scalinata.
“Scenda qui, qualcuno verrà a prenderla” dice l'uomo. “L'ingresso è quello con le porte scorrevoli.”
“Grazie, signor Kang.”
“Mi chiami quando avrà finito. E corra dentro.”
Annuisco e apro la portiera.
Non appena lo faccio, all'inizio della strada sento un paio di urla.
Mancano ancora un paio d'ore, eppure li stanno già aspettando.
Ascolto il consiglio dell'autista Kang e scappo letteralmente dall'auto.
Salgo gli scalini in fretta e supero le porte scorrevoli.
“E' già arrivata, Miss Anna” dice un uomo appena entro. Lo riconosco, era è presente alla riunione di ieri. “Sono Cha Kyung Hee, direttore di questo evento.”
“Buongiorno” dico. “Stavo correndo perché...”
“Le fan, capisco. Ma abbiamo transennato la zona, quindi...”
“Volevo solo che mi vedessero il meno possibile” commento.
L'uomo sorride, poi mi fa cenno di seguirlo.
Superiamo quella che sembra la zona riservata al personale della libreria e ci troviamo nel negozio vero e proprio.
Immenso, luminoso, fantastico.
La Kyobo è il paradiso di ogni lettore.
Angoli lettura, scaffali e scaffali di libri, profumo di carta.
“Qui è dove si terrà l'evento. Abbiamo già preparato tutto” dice indicando un lungo tavolo sistemato davanti all'angolo dedicato alla musica.
Sul tavolo ci sono i nomi dei ragazzi scritti in caratteri latini con una bella grafia.
Intorno a noi, mezza dozzina di ragazze in tailleur si muovono senza sosta, come api operaie.
Il rumore dei tacchi delle loro scarpe rimbomba nella libreria deserta. Al lato opposto rispetto a dove ci troviamo, un paio di cameraman sta riprendendo qualcuno che non riesco a vedere.
“Ti accompagno dai ragazzi, così puoi già iniziare a scattare le tue foto” mi dice il direttore Cha, invertendo i segnaposto di Sungmin e Eunhyuk.
“I ragazzi sono già qui?” chiedo, rimpiangendo ancora una volta di aver dimenticato l'orologio in Giappone.
“Sì, dovevano girare con la troupe televisiva, diciamo che c'è stato un cambio di programma. Hai pranzato?”
“No, ma non importa.”
“Farò portare qualcosa anche per te” dice allontanandosi dal tavolo per avvicinarsi all'ingresso dello spazio dedicato alla musica, separato dal resto da spessi muri di prefabbricato scuro.
Hot Tracks, questo il nome del reparto, sembra un negozio di dischi all'occidentale: schermi piatti, vinili, poster. L'unica differenza è che il reparto novità è quasi tutto dedicato alla k-music.
Non ho tempo di vedere molto, il direttore Cha supera in fretta la prima zona del negozio e entra in una parte più interna, dedicata ai gruppo rock occidentali. Su uno schermo sta passando un vecchio video dei Green Day.
Camuffata da un grande poster dei Jay Park c'è una porta.
“Tornerò tra una decina di minuti” dice il direttore Cha prima di bussare.
Come al solito, trattengo il respiro.
E' così, è una sensazione che non passerà mai.
Abbasso la maniglia e entro.
I ragazzi sono quasi tutti lì, seduti.
I loro sguardi sono tutti puntati su di me.
Sembrano sollevati.
“Buongiorno a tutti” dico facendo un mezzo inchino.
“E tu chi sei?” chiede qualcuno alla mia destra.
Heechul.
Non ho mai visto Heechul dal vivo.
Ora è qui, accanto a me.
Capelli di un rosso scuro, particolare.
Occhi vispi e sorrisetto furbo.
Le sue labbra sono più carnose di come le immaginavo.
“Sono Anna” dico voltandomi verso di lui. “Molto piacere.”
“Mi avevano detto che eri carina, Anna, ma si sbagliavano. Sei bellissima. In Corea non le fanno di così bionde” commenta ridacchiando.
Mi sento le guance bollenti. Per dimenticare l'imbarazzo mi guardo intorno, ma oltre a sedie vuote e una scrivania, la stanza ha un non so che di asettico.
“Non mettere in imbarazzo Anna-chan” dice Ryeowook dopo un tempo che mi sembra lunghissimo. “Vieni qui, siediti accanto a me e non ascoltare Heechul, fa sempre così con le ragazze.”
Heechul alza lo sguardo e sbuffa, poi estrae dalla tasca dei pantaloni il cellulare e non ci presta più attenzione.
Dopo qualche secondo di attesa, mi metto acanto a Ryeowook e estraggo la macchina fotografica dalla borsa.
“Anna-chan sta bene?” mi chiede Sungmin, seduto a un paio di sedie di distanza.
“Sì, tu?”
“Sto bene” dice facendo un mezzo sorriso.
Il suo sguardo si sposta da me a Eunhyuk, seduto dall'altro lato della stanza, serio.
I nostri occhi si incontrano solo un istante.
Sembra furioso.
“Sei qui anche tu per l'evento dell'anno?” mi chiede in coreano.
La mano di Ryeowook scatta sul mio braccio.
“Io posso stare solo nel backstage” rispondo facendogli un sorriso.
“Così te lo perderai, che peccato.”
“Eunhyuk” lo ammonisce Kyuhyun, rimasto in silenzio fino ad ora.
“Io non...”
“Il matrimonio di Donghae” ringhia lui interrompendomi. “Non è per questo che siete qui tutti?”

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Capitolo 11
*** Evento #11: la sposa, i manager e la fine della discussione ***



Una Serie di (S)fortunati Eventi

Evento #11


 



“Matrimonio?” chiedo sorpresa.
Heechul prende una pergamena dal tavolo e me la lancia.
Un invito vezzoso, con una delicata decorazione floreale.
L'unica cosa che stona è il carattere scuro dei nomi degli sposi, troppo evidente rispetto al resto.
“Lee Donghae e Kato Sakura vi invitano al loro m...” mi fermo, mi volto sorpresa verso Kyuhyun. “Kato Sakura?”
Lui annuisce, ma non riesce a dire altro.
La porta si apre.
Un cameraman e una ragazza.
Entrano e si guardano intorno.
Gli sguardi dei ragazzi sono gli stessi che avevano quando sono entrata io.
“Cosa ci fate qui?” chiede qualcuno alle loro spalle, dopo qualche secondo di silenzio.
Il cameraman si rimette la telecamera su una spalla.
Istintivamente mi proteggo il volto con le mani.
“Vi ho detto che in questa stanza non potete riprendere” dice il direttore Cha, facendosi strada tra i due.
La ragazza fa una smorfia e alza gli occhi al cielo.
“Anche lei ha una macchina fotografica. Perché lei si e noi no?”
“Lei è Anna. Abbiamo degli accordi, lo sapete” dice con tono serio il direttore Cha. “Non dovete riprenderla.”
“Questo ambiente è piccolo, sarà difficile.”
“Voi non riprenderete qui dentro, mi sembra di avervelo già detto.”
“Abbiamo bisogno di un paio di reazioni” lo incalza lei. “E' nel contratto.”
Il direttore Cha le tira un'occhiataccia, poi si sistema meglio la giacca.
“Anche non riprendere Anna è nel contratto” commenta. “Heechul, esci e registra la tua parte. Io devo ancora finire la scenografia.”
Risvegliato dai suoi pensieri, Heechul guarda il suo riflesso nel cellulare e si sistema i capelli.
Il direttore Cha esce dalla stanza seguito dal cameraman.
La ragazza, invece, attende che lui sia pronto. Anche se cerco di non guardarla, sento i suoi occhi fissi sulla mia tempia.
E' tutto così surreale.
L'atmosfera è così carica di tensione che non riesco a muovermi.
Lascio che la troupe e il direttore Cha se ne vadano e prendo un respiro profondo.
Accendo la macchina fotografica e il rumore che provoco attira lo sguardo di tutti, compreso quello di Eunhyuk.
E' gelido.
“Questa cosa non ha senso” dice a voce bassa.
“Non ricominciare” commenta Kyuhyun. “Hai già detto quello che pensavi stamattina.”
“Tutto questo non ha senso. Eravamo in Giappone, insieme. Come ha fatto a girare lo show senza che io lo sapessi?”
Eunhyuk parla così a denti stretti che per me capire ciò che dice è difficile.
“Se ci fossi stato io...”
“Se tu fossi stato lì, lo spettacolo non sarebbe iniziato? Non fare l'idiota” lo interrompe lui. Non avevo mai visto Kyuhyun così serio.
“Non sto parlando con te” dice Eunhyuk.
Vorrei tanto non essere qui, in questo momento.
Rimango seduta, gelata, la macchina fotografica accesa diretta sui miei stivali.
“Nessuno ne sapeva niente” commenta Ryeowook con una voce piatta e atona. “Donghae era con te e noi...” risponde lui.
“Noi cosa? Donghae è in Corea da ieri. Dovevate fare qualcosa!”
Sento Kyuhyun sospirare, ma ho paura a girarmi.
“Io... non sapevo che Donghae fosse tornato.”
Il tremore nella voce di Ryeowook mi fa sentire ancora peggio.
Appoggio una mano sul suo braccio, delicatamente.
Lui si volta e fa un mezzo sorriso.
“Devi capire che Donghae non si sta sposando davvero. We got married è solo un programma televisivo” rincara la dose Sungmin, alzandosi in piedi.
Fa qualche passo avanti, raggiunge la sedia accanto a quella di Eunhyuk e ci si siede.
“Donghae non voleva farlo, lo sappiamo tutti, ma non penso che sia colpa nostra. I nostri manager sanno quello che fanno, no?”
La sua richiesta di conferma cade nel vuoto.
“Hanno fatto tutto senza chiedere il nostro parere” dice Eunhyuk a voce bassa. “Se Ryeowook mi avesse detto che Donghae era qui...”
“Ryeowook non sapeva che Donghae era in Corea, sono stata io a dirglielo.”
Mi porto una mano alla bocca, ma non posso rimangiarmi ciò che ho detto.
E non posso migliorare il tono con cui l'ho fatto.
I ragazzi sono tutti girati verso di me, i loro sguardi esprimono tante emozioni diverse.
“Ieri mattina ho incontrato Donghae nella sala relax al ventesimo piano” dico abbassando lo sguardo. “Quando l'ho detto a Ryeowook, era sorpreso che lui fosse già in Corea.”
Quando alzo lo sguardo, vedo gli occhi di Eunhyuk puntati su di me.
Parlare il coreano non è facile, soprattutto quando devi combattere contro uno sguardo del genere.
“Cosa ti ha detto lui?” chiede lentamente, come se stesse parlando con un animale feroce.
“Non mi ha parlato del matrimonio” dico. “Siamo stati insieme solo mezz'ora.”
So che Eunyhuk lo fa per proteggere Donghae, ma il modo con cui ha trattato Ryeowook non mi è piaciuto affatto.
Forse lui l'ha capito, per questo si alza e si avvicina.
“Non mentivi” dice a Ryeowook.
Lui annuisce.
“Donghae non ti ha detto davvero niente?”chiede Eunhyuk poi rivolgendosi a me.
Il suo tono è ancora piuttosto sfacciato, ma sicuramente meno iroso.
“Avevi qualche dubbio?” chiede Kyuhyun, nervoso. “Ti aspettavi che le dicesse qualcosa?”
“Cosa ti ha detto Donghae?” ribadisce Eunhyuk, ignorandolo.
“Non lo so. Abbiamo solo...” alzo lo sguardo verso di lui, mi trema la voce. “Abbiamo parlato in coreano e... lui sembrava solo Donghae, il solito Donghae. Non preoccupato o altro.”
Eunhyuk scuote la testa, ma non accenna a sedersi di nuovo.
Lo guardo mangiucchiarsi le unghie con sguardo perso, poi mi volto verso Ryeowook.
“Tu conosci la moglie di Donghae?” mi chiede lui.
Annuisco.
“E' la protagonista di Eternity, l'ultima pubblicità su cui ho lavorato in Giappone.”
Eunhyuk mi guarda con curiosità, ma appena intercetta il mio sguardo i suoi occhi tornano freddi.
Nessuno dice nulla finché la porta si apre di nuovo.
“Cosa stai facendo lì in piedi?” chiede Siwon a Eunhyuk.
“Probabilmente sta cercando di dimostrare che la strigliata di Jung Hoow-hyung non gli è bastata” risponde alle sue spalle Heechul.
“Cosa?”
“Hyukjae è convinto che oggi sia il primo giorno di lutto per Donghae, non il suo matrimonio” risponde ancora Heechul.
Eunhyuk gli fa una smorfia e torna a sedersi.
Siwon mi guarda, poi guarda tutti gli altri.
“Cosa ci fanno qui i cameraman?”
“Stanno riprendendo Donghae, oggi è il giorno in cui distribuisce gli inviti al matrimonio” risponde Ryeowook.
“Hanno ripreso anche voi?”
“Non ancora.”
Siwon annuisce e va a sedersi accanto a Sungmin.
“Anche se parlo solo per sentito dire – ammicca verso Heechul - dovreste solo smetterla di litigare per cose che non vi riguardano, soprattutto davanti ad Anna” dice in tono deciso. “Se Donghae vi sente litigare è ancora peggio.”
Le parole di Siwon sembrano chiudere la discussione.
I ragazzi si riaccomodano, tutti si osservano cautamente, come gatti in agguato.
Per riprendere la calma, prendo la macchina fotografica e mi metto a scattare.
Il primo modello che scelgo è Siwon, come qualche mese fa.
La sua freddezza mi tranquillizza.
Lui mi guarda un istante, poi abbassa lo sguardo sul copione che sta sfogliando.
Ho di nuovo la mia macchina fotografica e i miei soggetti preferiti a disposizione.
Scatto, sorrido, scambio qualche parola.
Non so se è solo una mia sensazione, ma il dover posare per me sembra rilassarli.
Sono accanto a Heechul quando il direttore Cha entra e richiama l'attenzione dei ragazzi.
“Vi abbiamo preparato un lungo tavolo su cui ci sono scritti i vostri nomi. Trenta secondi a fan, e se vi chiedono qualcosa del matrimonio di Donghae...”
“Gli diciamo di chiedere a Eunhyuk” commenta Heechul.
Il direttore Cha gli tira un'occhiataccia, ma poi si lascia contagiare dai sorrisi dei ragazzi.
Eunhyuk fa una smorfia concentrata.
Si prende la libertà di un sorriso solo quando vede Donghae alle spalle del direttore.
“Siete pronti?” chiede sporgendosi solo con la testa dalla porta.
Istintivamente mi alzo e mi allontano dall'ingresso e dalla possibilità che un cameraman possa inquadrarmi per sbaglio.
I ragazzi si alzano e, uno alla volta, escono lasciandomi sola.






Il contatto con le fan, l'adrenalina, non so.
Sta di fatto che quando i ragazzi tornano nella stanzetta, sono cambiati.
Sono tutti decisamente di buonumore.
Sorridono, si scambiano spinte e gomitate.
L'ultimo ad entrare è Donghae, che si abbandona sulla sedia più vicina alla porta e si attacca a una bottiglietta di acqua.
La beve quasi tutta in un sorso.
Sorrido e riprendo in mano la macchina fotografica.
Ho passato le ultime due ore facendomi prendere dal panico.
Preoccupandomi anche io per Donghae.
Che invece è qui davanti a me, sorridente.
Quasi tranquillo.
“Ragazzi, è andata bene!” commenta il direttore Cha, distribuendo una serie di scatole bianche. “Avete mezz'ora per riposarvi, poi...” continua estraendo da una delle tasche interne della giacca un cellulare. “Hyukjae tu vai al Tous Le Jour, Kyuhyun e Sungmin alle prove, Heechul agli studi, Ryeowook in radio. Siwon, a che ora hai il volo?”
“Alle 22” risponde lui.
“Ok, quindi posso accompagnarti a Gimpo quando hai finito di mangiare. Anna, tu devi venire con noi.”
Sentendo il mio nome, mi volto.
“Scusi?”
“Devi venire a fotografare Siwon in aeroporto, è nel tuo schedule” ripete il direttore più lentamente.
Annuisco.
Accanto a me, Sungmin mangia il ramyeon contenuto nella sua scatola facendo il tipico rumore a risucchio.
“Ho il tempo di passare al dormitorio per fare una doccia?” chiede Siwon consultando il suo costoso orologio da polso.
“Devi aspettare che io parli con il direttore della libreria.”
“Posso cedere il mio autista a Siwon” dico prendendo il mio telefono della SM. “Il signor Kang non avrà problemi.”
Il direttore Cha mi guarda, poi guarda Siwon. Prima di rispondere si gratta il mento, meditabondo.
“John mi ha detto di farti portare al tuo appartamento, prima di Gimpo, Anna” commenta. “Andate insieme con Kang. Farò uscire te dalla porta laterale e Siwon con i ragazzi. Mi farò venire a prendere dopo. Donghae, tu stasera torni in Giappone, come deciso.”
Donghae sorride e annuisce, poi si butta sul suo pranzo in scatola.
Il direttore Cha si congeda e, per qualche minuto, gli unici rumori che occupano la stanza sono quelli provocati dai ragazzi che mangiano e dalla mia macchina fotografica.
Nessuno dice nulla.
Noto solo sguardi preoccupati e stanchi..
Eunhyuk si avvicina a Donghae, ma i due non si scambiano una parola.
“Anna-chan, non mangi?” mi chiede Ryeowook in giapponese.
“Posso farlo dopo.”
“Non devi ammalarti” dice avvicinandosi con la mia scatola in mano.
Ryeowook si siede, la apre e prende un po' di ramyeon con le bacchette.
“Apri la bocca” mi dice.
Scuoto la testa.
“Dai.”
“Mangerò dopo” insisto.
La nostra discussione in giapponese ha attirato lo sguardo degli altri. Kyuhyun, al momento il mio soggetto, si copre la bocca per nascondere le risate.
“Se prendo un boccone, poi torni al tuo posto?” chiedo.
Lui annuisce.
Mi volto verso di lui, sospiro, poi lascio che mi porti il boccone alla bocca.
Mi faccio imboccare per un po', coprendo l'imbarazzo con la macchina fotografica.
Quando il mio telefono mi avvisa che l'autista Kang è arrivato, la mia scatola di ramyeon è praticamente vuota.

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Capitolo 12
*** Evento #12: l'appartamento, lo sguardo di Siwon e il ritorno ***


Ciao a tutti! Chiedo scusa per l'assenza e per non aver risposto alle recensioni. Buona lettura!


Una Serie di (S)fortunati Eventi

Evento #12


 



Il corridoio, la porta, l'uscita.
Mi lancio sul sedile posteriore e l'autista Kang mi guarda dallo specchietto retrovisore, poi procede lentamente verso l'uscita principale della Kyobo.
Lentamente è un eufemismo.
Le transenne sono circondate da ragazze.
Il gruppo parte dall'angolo dell'edificio da cui proveniamo e procede per un centinaio di metri.
Mi abbasso sul sedile, cercando di nascondermi il più possibile.
“I vetri sono oscurati” commenta l'autista.
Sembra quasi divertito.
“Mmh” commento. “Credo che mi metterò nel sedile dietro, per sicurezza.”
Mi muovo goffamente ma, alla fine, riesco ad andare nella terza fila di sedili.
L'autista Kang si ferma un istante dopo, abbassa il finestrino e parla con un uomo della sicurezza.
Non capisco cosa dicono: sono praticamente sdraiata e le urla delle fan coprono ogni tentativo di ascoltare.
Alla fine riusciamo ad arrivare all'ingresso, me ne accorgo quando Siwon apre la portiera e per qualche secondo si volta ancora verso le fan.
Quando si siede e chiude la portiera, posso finalmente alzarmi.
Siwon non parla per tutto il tragitto, credo si sia addormentato.
Alcune delle strade che percorriamo sono familiari.
L'ultima, in particolare.
Il palazzo è lo stesso.
Il dormitorio dei ragazzi.
Siwon si sporge verso l'autista Kang e gli dice qualcosa.
"Ci vediamo tra poco" aggiunge poi voltandosi verso di me quando l'auto accosta.
Lo guardo scendere e dirigersi velocemente verso l'ingresso del dormitorio, poi mi sposto di nuovo sui sedili più avanti.
"Il codice d'ingresso del suo appartamento è 2014" commenta l'autista Kang prendendo la strada che costeggia il palazzo del dormitorio. "Quando Siwon sarà pronto la avviserò."
L'auto si ferma, di nuovo.
L'edificio davanti al quale ci fermiamo è più basso rispetto a quello dei ragazzi, ma sembra altrettanto moderno.
"E' qui?" chiedo indicando il portone a qualche passo dal marciapiede.
Abbiamo percorso solo pochi metri.
"Ultimo piano" conferma lui. "La sua valigia è già in casa."
Annuisco, poi apro la portiera ed esco.
Supero il marciapiede, i quattro gradini che lo dividono dall'ingresso della mia nuova casa.
Il campanello è simile a quello che ho a Tokyo: un tastierino e una piccola telecamera. Mentre digito le quattro cifre, sento l'auto partire dietro alle mie spalle.
Ultimo piano, il quattordicesimo.
Nell'ascensore c'è una rilassante musichetta, una sorta di allegra canzoncina.
Deglutisco.
Sono nervosa, non so perché.
Così nervosa che, arrivata al piano, ho quasi paura ad uscire.
Quasi paura a inserire le quattro cifre nel tastierino sulla porta, quasi paura di abbassare la maniglia ed entrare.
Alla fine, lo faccio.
Entro e mi tolgo le scarpe. Nel mobile accanto alla porta ci sono già due paia di ciabattine, uno rosa e uno blu.
Sorrido.
L'appartamento è piccolo ma molto luminoso.
Appena superato l'ingresso c'è la cucina, un tavolo basso, un divano e una tv. Il lato della stanza di fronte alla porta è interamente fatto di vetrate.
Nella camera accanto c'è un basso letto matrimoniale, un armadio a due ante e una scrivania. L'ultima porta è un bagno piccolo ma ben fornito.
La mia nuova casa è semplice, con pochi mobili ma ben selezionati.
Mi piace.
Appoggio la borsa sul piano libero della cucina e noto che qualcuno ha già riportato il mio schedule sulla lavagna che occupa la parete accanto al frigorifero.
Siwon parte alle 22, non abbiamo molto tempo da perdere, eppure spero che faccia le cose con calma, che si rilassi un po'.
Io, per passare il tempo, inizio a frugare negli armadietti - qualcuno mi ha rifornito di caffellatte solubile, biscotti al cioccolato e beni di prima necessità - e alla fine scopro una cose meravigliosa. La parete a vetri della zona giorno è in realtà una porta finestra che divide l'appartamento da una grande terrazza.
Un quadrato di piastrelle chiare, con un tavolo e delle sedie in plastica e due binari di fili da bucato.
Dalla terrazza vedo il cielo, il sole, il palazzo dei ragazzi.
E da questa prospettiva, i due edifici sembrano ancora più vicini. Sto per sedermi quando il campanello suona. Torno in casa di corsa e, appena sganciata la cornetta, sullo schermo del citofono appare il volto di Siwon.
"Devo scendere?" chiedo.
"Salgo io. Preferisco non aspettare per strada" commenta guardandosi le spalle.
"Che piano?"
"Quattordicesimo."






Due tazze, il sole di settembre, una terrazza.
Quando Siwon è entrato nel mio appartamento, mi è sembrato che tutto fosse stato sistemato per farlo sembrare ancora più perfetto del solito. In ogni luogo in cui lo incontro, Siwon è nel suo ambiente naturale.
Si è tolto le scarpe e, disinvolto, ha indossato le ciabattine blu che gli ho preparato.
L'ho invitato ad uscire sulla terrazza e gli ho offerto una tazza di caffè.
Quando lo raggiungo, trovo Siwon seduto, le gambe tese e le braccia incrociate dietro alla nuca.
Statua meravigliosamente umana.
Gli porgo la tazza e mi siedo accanto a lui.
"Dove andrai, stasera?"
"Devo tornare in Cina per girare un drama" risponde voltandosi verso di me. I capelli umidi brillano alla luce del sole. "Anna, cosa è successo oggi, nel camerino?"
E' un coreano imperfetto, Siwon.
Arriva subito al sodo.
"La discussione dei ragazzi, intendi?"
"Sì" si interrompe giusto il tempo per prendere un sorso di caffè. "Sungmin ne stava parlando con Eunhyuk, mentre aspettavamo le fan. E' per il matrimonio, non è vero?"
Siwon tace, mi guarda.
Ha il potere di pilotare il mio livello d'attenzione solo attraverso lo sguardo.
Rilassata, nervosa, rilassata, nervosa.
Guardo la mia tazza e faccio vorticare il suo contenuto un paio di volte.
"Io e Donghae ci siamo visti alla SM, quando è tornato dal Giappone. Credo di essere stata l'unica ad averlo incontrato, quel giorno."
"Mmh"
Silenzio.
Siwon guarda il cielo, poi allunga ancora un po' le gambe e si fa scrocchiare il collo.
"È successo qualcosa di strano?"
"In effetti non ho mai visto litigare i raga..."
"No, intendo quel giorno."
"Definisci strano."
Siwon tace, fa un mezzo sorriso.
"Io e Donghae abbiamo parlato in coreano, anzi puoi parlarmi in coreano anche tu, se vuoi. Sto studiando" aggiungo.
"Mi piace parlare in inglese" commenta lui in coreano, facendomi sorridere. "Comunque... Hai detto a qualcuno del vostro incontro?"
"Solo ai ragazzi. Ci siamo incontrati solo per sbaglio, poi sono andata alla riunione. Quando sono tornata al ventesimo piano lui non c'era più"
Siwon mi guarda ancora.
Il suo sguardo è quello che usa per parlarmi di questo mondo, per cercare di farmi capire qualcosa. Lo fa ogni volta. E, ogni volta, mi fa sentire debole.
"Ogni cambiamento dello schedule, ogni cosa diversa dal solito va comunicata alla SM, sempre. In questo modo il sistema non crolla. Capisci?"
Vorrei dire di sì.
"No."
"Come posso... Allora. Se la SM sa sempre dove siamo e cosa facciamo, siamo... invincibili. Non possono trovare i nostri punti deboli, così. Ad esempio, la SM sa che sono qui, con te, ora. E se un fan o un giornalista mi avesse visto entrare in questo portone, la SM troverebbe un modo per giustificarlo. Siamo liberi, così."
"Liberi? Questo mi sembra tutto tranne libertà."
"È il nostro lavoro" dice con la solita espressione.
"Lo so, l'hai detto anche l'ultima volta.."
Non so come lo guardo, ma Siwon fa un mezzo sorriso e abbassa lo sguardo.
"Mi dispiace molto per averti fatto piangere, davvero. Ma tu sei qui, adesso. Conoscere le regole ti aiuterà a rispettarle."
"Per me questo mondo è estraneo. Ci sono cose che non comprendo e non comprenderò mai."
Siwon non commenta e si prende qualche minuto per bere il suo caffè.
Io non posso fare a meno di ripensare ai ragazzi, al battibecco, al matrimonio.
“Questa terrazza è davvero bella. E' rilassante. Vorrei poter avere anche io un luogo dove rifugiarmi, a volte.”
“Due zero uno quattro” commento. “Il mio appartamento è a tua disposizione, io non so quanto potrò sfruttarlo.”
Siwon scuote la testa poco convinto, poi il suo telefono vibra e l'incantesimo si spezza.
Rilassata, nervosa, rilassata, nervosa.






Io e Siwon siamo scesi in due tempi diversi.
Ho preso una scusa per lasciare qualche secondo di distanza da lui.
Rimasta sola, ho dato un'ultima occhiata al mio appartamento e sono uscita.
Quando ho fatto per salire sulla terza fila di sedili dell'auto, il direttore Cha ha insistito perché mi sedessi accanto a Siwon.
L'ho ringraziato, non so perché.
Lui ha annuito e poi si è voltato verso di noi.
“Questa notte andrai in Giappone, Anna.”
"Japan?"
Il direttore Cha mugugna.
Mi volto incredula verso Siwon.
La sua espressione è fin troppo neutra.
"Quando?"
"Quando avrai finito di fotografare Siwon. Anche il tuo volo parte da Narita, all'una" commenta Cha.
Stringo i pugni.
Esiste uno schedule, ero certa fosse una certezza.
Una delle poche che avevo.
Ma così...
"Cosa devo fare in Giappone?"
La mia domanda cade nel vuoto.
"È così che funziona? Che mi spostate come una pedina come volete?"
Sto per aggiungere altro, ma la mano di Siwon si muove appena, attirando la mia attenzione.
Il manager Cha non risponde, ma inizia a trafficare il suo telefono.
Mi appoggio allo schienale e continuo a fissare Siwon.
So di poter essere fastidiosa.
Forse lo voglio.
Voglio che si renda conto che tutto ciò che mi ha detto poco fa è una bugia.
Che lo schedule non rende le persone invincibili, ma ancora più fragili.
Che sento il bisogno di urlare.
Il programma che ti si sbriciola davanti agli occhi non fa che aumentare le crepe che la precarietà di questa vita ti infligge.
Siwon, stimolato dal mio sguardo sulla sua tempia, si volta.
Mi guarda, Siwon.
E sono arrabbiata, come al solito.
Eppure Siwon e il suo sguardo rallentano i battiti del mio cuore.
Ci guardiamo per qualche istante.
Faccio un mezzo sorriso e lui capisce che la nostra battaglia silenziosa è finita.
Siwon mi ha salvato.
Di nuovo.
E dopo quella lotta silenziosa, non abbiamo più avuto modo di parlare.
A Narita, ho passato più di un'ora a fotografarlo, seduto su una delle sedie tutte uguali dell'aeroporto, lo sguardo stanco su un copione o perso nel traffico di viaggiatori.
Siwon mi ha guardata in silenzio, mi ha sorriso, così come ha sorriso cortesemente a tutte le persone che, intorno a noi, hanno curato ogni aspetto del servizio fotografico.
E' tutto molto più professionale della prima volta.
Non ci siamo solo io e la mia macchina fotografica.
Ci sono manager e assistenti e uomini senza nome che ci guardano lavorare.
Ogni volta che ho sentito il rumore di un aereo sono stata percorsa dai brividi.
Giappone, di nuovo.


 

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Capitolo 13
*** Evento #13: Il volo, il Capitol e la tenda bianca ***


Chiedo davvero scusa per l'assenza.
La storia è già scritta, sono già molto avanti, ma ho sempre qualche dubbio e ho aspettato di incastrare tutti i pezzi prima di pubblicare questo capitolo. Ah, vi lascio il mio profilo Facebook: Vikichan Lee

 



Una serie di (s)fortunati eventi 2

Evento #13

 

 

Odio volare.
E odio questa sensazione.
Vorrei tornare a casa.
Lo so, sto facendo ciò che ho sempre sognato, ma per un istante vorrei tornare indietro.
Non in Italia, no.
Ma a Tokyo, nel mio primo appartamento. Affittato con il sudore della fronte, una stanza minuscola e fiocamente illuminata, un puntino in una città enorme.
Mi manca.
Sento la mancanza di quella meravigliosa sensazione di avere la terra sotto ai piedi, un destino incerto ma completamente nelle mie mani.
Quando atterro a Narita, mi rendo conto di non avere nessun bagaglio da ritirare.
Procedo a passo svelto, tra i passeggeri assonnati dei voli notturni, e torno ufficialmente in terra giapponese.
Non so cosa fare né dove andare.
L'orologio digitale sopra al tabellone degli arrivi segna le quattro e mezza.
"Anna-ssi."
Mi volto.
Il manager Jung Hoow fa cenno con un'espressione strana, quasi sofferente.
"Lei?"
"Già. Non riuscivo a prendere sonno, così ho pensato di accompagnare il mio autista a prenderti."
"Sta mentendo" dico in modo troppo serio. Accenno a un mezzo sorriso, ma non funziona.
Il manager mi guarda un istante, poi si volta verso l'uscita.
"Lavori per la SM, ti attieni alle sue regole" commenta. “Voglio lasciare un po' di spazio a Donghae, ha lavorato molto.”
Il fatto che tiri in causa lui mi fa desistere dall'impuntarmi.
"Posso almeno sapere dove siamo diretti?"
"Al Capitol hotel. Dormirai qualche ora, poi parleremo del tuo lavoro."
"Ho una casa, qui a Tokyo, posso dormire li."
"Ci potrai andare domani mattina. Ora cerca solo di rilassarti."
Guardo l'uomo camminare per un po', gli sto accanto.
I suoi occhi sono circondati da occhiaie scure e la situazione è peggiorata da un cappellino, che getta un ombra su parte del suo viso.
"Non volevo sembrare scortese" dico poco prima di salire in auto.
"È notte e non dormi da molte ore. Ti capisco."



Il Capitol Hotel è il Capitol Hotel.
Ho sentito Nana-chan parlare per ore di questo luogo, scintillante e lussuoso.
Me ne ha sempre parlato con la voce annoiata di chi ha passato la vita nella ricchezza senza nemmeno accorgersene.
Vista l'ora, la hall è illuminata da luci soffuse, provenienti da abat-jour e faretti di art design.
E' quasi l'alba e sto morendo di sonno, ma riesco ancora a notare tante cose.
Devo stare all'erta.
“Tu aspetta qui” dice il manager Jung Hoow dopo pochi passi. “Parlerò io con la ragazza della reception.”
Annuisco, poi mi volto verso il bancone.
Una giovane giapponese sta guardando verso di noi.
E' troppo bassa e orientale per essere Nana-chan.
Abbasso lo sguardo e lascio che il manager attraversi la stanza e la raggiunga.
Prendo il cellulare dalla tasca dei jeans e sospiro.
Mi temano le mani dalla stanchezza.
Prima di salire sull'aereo ho avvisato del mio ritorno Ayane e Bon Ha, ma nessuna delle due mi ha risposto. E' notte, per gli altri.
“La stanza è la 564.”
Sussulto.
“Nervosa?” chiede il manager facendo un mezzo sorriso.
“Odio volare” commento di getto.
L'uomo annuisce e  mi invita a seguirlo verso gli ascensori.
“Hai il tuo pass al collo?”
“Sì”
“Bene, perché qui ci sono molte persone che vorranno vederlo per farti passare” dice lui togliendo da una delle tasche dei suoi jeans scuri un foglio un po' stropicciato. “Questo è il tuo schedule e...”
“No” lo interrompo. “Non voglio nulla di scritto, non più. A che ora devo essere pronta?”
Manager Jung Hoow mi guarda sorpreso, poi apre il foglio e lo consulta.
“Alle due passerà un'auto che ti porterà allo studio fotografico. Puoi riposarti un po', ma ti chiedo di non allontanarti dall'hotel.”
“Credevo di poter tornare a casa per qualche ora” commento.
Un suono ci informa che l'ascensore è arrivato.
Al suo interno c'è un uomo in giacca e cravatta. Faccio per lasciargli spazio per uscire, ma l'uomo rimane immobile.
Manager Jung Hoow mi precede sull'ascensore come se nulla fosse.
“Preferirei non ti allontanassi” dice pigiando il tasto numero 17 sulla tastiera accanto alla porta.
“Ma...”
“Non allontanarti. Non ho abbastanza persone qui per gestire sia te che il resto. Ti prego di attenerti allo schedule e, se domani sera finiremo presto, avrai del tempo libero per fare ciò che vuoi.”
Quando le porte si aprono, l'uomo mi indica la strada, di nuovo.
L'ascensore si apre su una sorta di salottino, con un paio di divani così perfetti che ho la sensazione che nessuno vi ci sia mai seduto sopra. Superiamo una porta senza numero e ci fermiamo davanti alla 564.
“Ci vediamo domani” dice facendomi un cenno.
Accenno un mezzo sorriso, poi inserisco la tessera magnetica e cerco di lasciarmi i problemi alle spalle.



L'indomani pomeriggio, un'auto a noleggio con sgargianti scritte verdi sulle fiancate mi porta nella zona di Akihabara, agli studi fotografici della T-Noize.
Sono già stata in passato in questi studi per la Y.Ad, così non ho bisogno di una guida per trovare cosa sto cercando.
Il teatro di posa scelto dalla SM è riconoscibile dal fatto che è accerchiato da uomini in giacca e cravatta e occhiali scuri.
Guardie.
Mi avvicino alla prima coppia di bodyguard e mostro il mio pass.
L'uomo si mette una mano all'orecchio e dice qualcosa in giapponese.
Nonostante sia nascosto da un paio di occhiali scuri, sento lo sguardo dell'altro vigilante attraversarmi dalla testa ai piedi.
La risposta che la guardia aspetta arriva qualche secondo dopo, lo capisco dall'impercettibile cenno con il capo che fa prima di spostarsi per lasciarmi passare.
Prima di arrivare alla porta del set ci sono altre due coppie di uomini, che però non cercano altre conferme della mia identità e si spostano subito.
Quando arrivo all'ingresso, l'istinto è quello di mettermi in punta di piedi e di sbirciare dall'oblò per valutare l'opzione di scappare.
Lo sguardo dei bodyguard è così insistente che alla fine non indugio entro nel teatro velocemente.
E' sempre così.
Felice o triste, stanca e su di giri.
L'emozione di entrare in un set è sempre la stessa.
E' una sorta di strana euforia.
Mi lascio accecare dai fari di luce calda per qualche secondo, poi abbasso lo sguardo verso la produzione.
Tecnici, assistenti e lui.
Al centro del set, seduto dietro a un computer, c'è Charlie Ho.
Il fotografo migliore della cerchia della Y.Ad.
“Anna!!! Grazie al cielo.”
Mi volto, sorrido.
Bon Ha mi si avvicina a passi lunghi, sembra sollevata.
La seguo con lo sguardo, paragonando i suoi leggins e la sua camicetta elegante con i miei jeans.
Non ho avuto modo di prendermi un cambio di vestiti e indosso le stesse cose da due giorni.
“Il manager di Donghae mi ha detto che saresti arrivata a minuti” commenta sorridente. “Ti porto da lui, ok?”
Annuisco, poi mi faccio precedere nella giungla di persone indaffarate.
Passiamo dietro le spalle di Charlie Ho, che è troppo concentrato sullo schema delle luci per badare alla tazza di caffè che il suo assistente gli sta porgendo.
“Quando è arrivato?” bisbiglio a Bon Ha.
“Era già qui quando sono arrivata io, a mezzogiorno. Non mi è permesso parlargli” aggiunge poi facendo un mezzo broncio.
“Che cosa puoi fare, allora?”
“Sono l'assistente di Hiroshi” dice alzando gli occhi al cielo. “Anche lui è qui, oggi.”
Mentre mi faccio accompagnare dal manager Jung Hoow, cerco con lo sguardo Hiroshi, il mio collega della Young Advertising. Alla fine lo trovo in un angolo, intento a sistemare la sua macchina fotografica. Accanto a lui, seduti su delle sedie pieghevoli, vedo i cameraman e la ragazza che hanno ripreso Donghae alla Kyobo.
Quando Bon Ha si ferma,  il manager Jung Hoow mi guarda e mi indica il cellulare che ha all'orecchio.
“La signora Nakamura ha insistito perché mettessero la scrivania al solito posto” commenta Bon Ha al mio orecchio.
In effetti, il set è montato esattamente come quando non ci sono “intrusi”. Tutto è in ordine, salvo i tanti estranei che lo abitano.
Sembra una giornata normale.
Gli studi della T-Noize sono tutti uguali, gradi stanze dai muri bianchi con soffitti altissimi.
C'è lo stesso computer, e lo stesso ambiente.
“Buongiorno” dice il manager infilandosi il cellulare in tasca.
Faccio un profondo inchino.
Accanto a me, anche Bon Ha si inchina, poi fa dietrofront e ci lascia soli.
“La tua assistente mi ha detto che questo ambiente non ti è nuovo.”
“Già.”
“Oggi però non devi fotografare dei modelli, ma devi concentrarti su Donghae. Per la coppia ci sono già Ho e il fotografo della Y.Ad.”
Annuisco.
“Probabilmente anche la troupe seguirà Donghae, cerca solo di non disturbarli e loro non disturberanno te” dice muovendo il  mento verso qualcosa alle mie spalle.
Quando mi volto anche io, la ragazza alza lo sguardo e mi fa un cenno con un'espressione poco convinta.
“Oggi fotograferanno Donghae e Sakura con diversi abiti. Salvo i casi in cui ti viene espressamente richiesto di uscire, potrai fotografare Donghae mentre è in camerino, tra una serie di scatti e l'altra. Come sai, Charlie Ho...”
“Sceglie subito i provini migliori, sì. Ho già avuto la fortuna di lavorare con lui” commento.
“Bene. Direi che puoi andare, ora. Donghae è nella tenda numero due.”
Annuisco, poi mi volto verso la tenda.
“Buon lavoro, Anna-ssi.”

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