Unexpected Egg 2

di NightWatcher96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Non tutto è Rose e Fiori ***
Capitolo 2: *** Il Ritorno dei Nemici ***
Capitolo 3: *** Piani Malvagi ***
Capitolo 4: *** Un Grosso Colpo ***
Capitolo 5: *** Parole per Capire ***
Capitolo 6: *** Black Out! ***
Capitolo 7: *** Alla Ricerca di un Piano ***
Capitolo 8: *** Attacco sul Terrazzo ***
Capitolo 9: *** Instabilità ***
Capitolo 10: *** Quando Tutto va Male... ***
Capitolo 11: *** Verso la Fine ***
Capitolo 12: *** L'Alba di un Nuovo Giorno ***
Capitolo 13: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Non tutto è Rose e Fiori ***


Quasi due anni erano trascorsi dalla nascita delle gemelline Hamani e Reiki e le cose erano leggermente cambiate... in sentimenti.
Sì perché Donnie e Mikey avevano reso chiaramente pubblica la loro relazione, dimostrando quanto forte era il loro amore e ancora una volta il sensei non aveva trovato obiezioni. I suoi figli avevano del tutto campo libero e fiducia.
E adesso, nella tana, aria differente si inalava.
La gioia dei papà Leo e Raph saliva al culmine quando la mattina le loro piccole entravano nel letto matrimoniale per accoccolarsi nel caldo protettivo; oppure vedere quei piccoli piedini compiere grandi passi. La vita era rosa e fiori...


Il sensei rimase perfettamente seduto al suo posto, per sorseggiare il suo abituale tè quando dei piedini di corsa si udirono. Erano quasi le 07:00 e l'ora di colazione richiamava la pappa.
"Buongiorno" salutò la piccola Reiki, pimpante e focosa come sempre.
"Buongiorno, piccola".
Per avere due anni, Reiki era davvero molto energica e svelta ad imparare. Con il suo piccolo corpo cercò di arrampicarsi sulla grande sedia ma il nonno prontamente la sollevò sotto le ascelle e la mise seduta.
"Nonno, non ci arrivo!" esclamò arrabbiata di avere il bordo del tavolo proprio contro gli occhi.
"Aspetta, ho un'idea".
Pazientemente, il sensei si diresse al divano per afferrare tre cuscini e li adoperò come rialzo per la bimba, che sorrise soddisfatta. Adesso era molto meglio!
"Figliola mia, perché non usi il tuo seggiolone? E' molto più comodo".
"NO! Io voglio la sedia!" scattò Reiki, imbronciata
Il nonno non poteva fare a meno di riconoscere i lati più evidenti del carattere di Raphael: la tenacia, la testardaggine e un bel caratterino. Inoltre, mai avrebbe pensato che un giorno si sarebbe preso cura di altre due bambine: ciò lo faceva semplicemente rallegrare.
Poco dopo anche Leonardo e Raphael entrarono con Hanami aggrappata alla maschera dell'azzurro, con occhioni rossi di pianto e il rumore sei suoi singhiozzi. Indossava una tutina gialla a palline arancioni (un regalo di Mikey!) a differenza di quella viola con stelline blu che indossava la sorella minore.
"Che cosa è successo?" domandò prontamente il maestro Splinter, accogliendo la bimba infelice tra le braccia: "Hanami?".
"Caduta...!".
"Questa mattina è caduta dal letto, battendo la testa ed è scoppiata a piangere" spiegò addolorato Raphael.
"E mi chiedo di chi sia la colpa" marcò Leonardo, sedendosi al tavolo, accanto a Reiki.
"Ti ho già detto che è stato un incidente!" ruggì Raphael, coccolando la piccola Hanami: "Non è vero, principessina?".
La bimba annuì, aggrappata al padre.
"Non lo definirei un incidente, visto che l'hai praticamente scaraventata in terra!".
Raphael si strinse il divario tra gli occhi e sbuffò. Baciò Hanami sulla testolina, dove una macchia rossa era cresciuta e uscì dalla cucina. Leo era davvero insopportabile, ultimamente!
Splinter rimase a guardare l'azzurro che fissava il vuoto con uno sguardo collerico e sospirò. 
"Leonardo, cosa è accaduto, figlio mio?".
"Hanami si è aggrappata al letto, come fa di solito e ha solleticato Raphael sul naso. Credendo che fosse un insetto, l'ha colpita con uno schiaffo con il dorso della mano, facendola cadere con la testa in terra!".
"Leonardo, devi considerare che non si è trattato di un'azione volontaria. Sai bene quanto me che Raphael non colpirebbe mai una delle bambine".
"Buongiorno".
La maschera viola di Donatello fece capolino dalla porta della cucina e il suo sorriso mutò in una linea sottile di dubbi e curiosità: l'espressione di Leo non gli piacque, infatti.
"Ehm..." riuscì semplicemente a dire, notando poi la macchia rossa sulla testa di Hanami: "Ehi! Che cosa è accaduto alla bimba?!".
"Chiedilo a Raphael!" sbottò Leonardo.
Il sensei chiuse gli occhi, fornendo a Don la silenziosa risposta di non chiedere.
Però moriva dalla voglia di sapere, considerando che aveva visto Raphael colpire violentemente il sacco da box nel dojo.
E proprio quest'ultimo era divorato dalla collera e la rabbia più acute.
-Mi dispiace, piccola...- ringhiò mentalmente: -Non avevo alcun diritto di scagliarmi così... credevo si trattasse di un insetto... e io odio gli insetti!-.
Un colpo, un calcio e un sibilo frustrato: il focoso appoggiò la testa contro la guaina bordeaux di pelle del sacco, ansimando. 
-Buffo come cambino gli eventi...- rifletté, chiudendo gli occhi: -Andava tutto così bene e poi...-.
Ricordò di quando Leo aveva ancora il pancione e la felicità era al massimo. Le coccole e l'affetto. Un sorriso strisciò sulle sue labbra. Ma poi...
Possibile che fosse tutto finito?
Emise un piccolo sospiro rammaricato, sobbalzando un po' a una mano che gli si appoggiò delicatamente sulla spalla. Si voltò e un piccolo sorriso tirò l'angolo delle sue labbra.
"Ehi".
Mikey ricambiò in silenzio: aveva mal di gola e non poteva parlare al momento.
"Come va?".
L'arancione agitò la mano per dire "così-così" e lo abbracciò senza un apparente motivo. Raph si irrigidì un po' ma ben presto si accorse che ne aveva davvero bisogno. Essere stretto dolcemente.
Lo sguardo dorato ricadde immancabilmente sulla vecchia cicatrice sul petto del fratellino: un senso di colpa crebbe nel suo intestino ma non se ne curò affatto. Come diceva sempre l'arancione, era tutto legato al passato. Morto e sepolto.
"Come vanno le cose tra te e Donnie?" domandò, poi.
Mikey cambiò il sorriso in un'espressione dolce e imbarazzata: un rossore si era appena diffuso sulle sue gote, rendendolo molto più vivace del solito. Picchiettò gli indici con fare puccioso e si fece seguire semplicemente in cucina. Raph aveva compreso che andava tutto a gonfie vele e non poteva che esserne felice.
Ma appena varcò quella tendina salmone che fungeva da porta, la rabbia tornò a dominarlo.
Leonardo lo guardò con delusione e tornò ad occuparsi della dolce Hanami con la sua purea di frutta profumata. La bimba si era schizzata con numerose chiazze dorate sul suo nasino ed era semplicemente adorabile!
Si sedette accanto a Mikey, che aveva già servito scodelle, cereali e quant'altro.
"Buona colazione" augurarono in un coro appena udibile e iniziarono a mangiare.
Quello che Don notò fu i continui sguardi distaccati che rosso e azzurro si davano e nel suo stomaco una voglia matta di aiutarli stava già crescendo. Erano i suoi fratelli, dopotutto e avevano bisogno solo di capire un punto strategico per rimuovere le divergenze.
"Papà" chiamò Hanami.
"Sì, bambolina?" rispose Raphael, con un sorriso dolce.
"Mi dispiace".
Lo sguardo dorato si ampliò in puro stupore. Per avere due anni, Hanami era piuttosto in gamba e potenziava meglio il cervello piuttosto che passare ai fatti come Reiki.
"Per cosa, dolcezza?".
La bimba era in lacrime: si aggrappò alle forti braccia del papà che adorava all'ennesima potenza e respirò felicemente, guardandolo con i suoi occhi splendenti.
"Per averti fatto litigare con papi" continuò, riferita a Leonardo.
Un tonfo. Uno shock sul volto. Il cucchiaio che imboccava la vivace Reiki era finito sul pavimento.
"Hanami... ma cosa dici...?" mormorò Leonardo.
"Non è colpa di papà!" gridò la piccola, scoppiando in lacrime: "Vero? Non lo farò più!".
Raphael deglutì e la raccolse in braccio, baciandole la testa. La tenne così, stretta al suo petto per un po’, consapevole dello sguardo addolorato di Leonardo ma lo ignorò bellamente.
“No, bimba mia. Non è colpa tua. A volte capita che si litiga”.
“Ma...” balbettò la bimba.
“Non preoccuparti, Hanami. Va tutto bene. Fra un po’, Raph e Leo torneranno di nuovo a far pace!” appianò Donnie.
“Davvero?”.
Mikey annuì vigorosamente e le porse un biscotto al cioccolato, preparato in casa dal nonno Splinter: felicemente, la piccola lo prese e lo mangiò, smettendo finalmente di piangere...

….

Anche se la giornata passò alquanto forzata per Leo e Raph che erano vicini solo per amore delle loro gemelline, nel laboratorio di Donatello qualcosa accadde.
Michelangelo sedeva sulle cosce del suo compagno, con le mani largamente avvolte intorno al collo, mantenendo uno sguardo d’amore e di lussuria.
Da due anni erano insieme come compagni e non c’era giorno che non si ricordassero dell’amore intenso che provavano.
Il genio gli baciò affettuosamente le labbra, accarezzando la pelle delle gambe perfette, soffermandosi su un fianco per pizzicarlo un po’. Mikey sorrise e con il mal di gola che non gli doleva così tanto, come nella mattinata, provò a parlare.
“Mi dispiace per Raph e Leo, sai?” iniziò Donnie, un po’ più triste.
“Sì. Hanami era sconvolta”.
Il genio lo raccolse in stile sposa e lo poggiò dolcemente sul lettino del laboratorio, montandogli su. Mikey allargò istintivamente le gambe e gliele avvolse intorno al guscio.
“Non deve essere facile occuparsi di un bambino” mormorò Donnie, baciandogli il collo.
Mikey gemette, arricciando le dita dei piedi e tirò le code della maschera del genio, per non lasciarlo smettere o cambiare posizione.
I loro inguini caldi strofinarono insieme, per grande gioia dei due che si abbracciarono. Donnie corrucciò leggermente la fronte quando il suo petto trovò una leggera abrasione sui pettorali superiori di Mikey e non la morbidezza vellutata.
Sfiorò la vecchia cicatrice con un dito, prima di baciarla dolcemente.
“Non fa più male” disse il minore, prendendogli le guance.
“Mi stavo chiedendo... come mai non ci arrivi nessuna cicogna bianca”.
Mikey arrossì, mentre il genio osservò il suo piatto e incavato ventre, lisciandogli la pelle e giocherellando con la coda, arricciandola un po’ come un filo di un telefono.
“In effetti, è strano. Sei sicuro che abbia organi femminili oltre che maschili?” chiese Mikey perplesso.
“Sì. Ho fatto molte volte questi test e il risultato è positivo”.
“E allora? Voglio un uovo nostro!”.
Donnie sospirò e gli si avvicinò a ginocchioni per baciargli la fronte, mentre le code della sua maschera si afflosciarono dolcemente sul naso dell’altro. Si guardarono intensamente per un po’, senza sorridere.
“Mikey, un uovo non è un giocattolo. E’ una responsabilità. Una vita da prendersi cura”.
“Stai dicendo che non sarei adatto come genitore?” replicò Mikey, mettendosi seduto.
“Non sto dicendo questo...”.
Mikey ringhiò e lo interruppe: “E allora? Che cazzo stai dicendo?!”.
“Ehi! Piano con il linguaggio. Vedi di non uscire fuori dai binari quando parli con me, hai capito? Non credere che sia come Raph o Leo!”.
Michelangelo restrinse gli occhi e in un gesto brusco lo spintonò, per scrollarselo di dosso.
“Sai? Improvvisamente mi è passata la voglia di fare un uovo con te!” bofonchiò.
“E si capisce! Il bambino vuole cambiare gioco, forse? Magari sono troppo grande e vecchio per il tuo culo giovane, eh? Se esci da questa stanza, non saremo più compagni”.
Mikey che stava già afferrando la maniglia della porta della stanza si irrigidì per un attimo ma non si voltò.
“Mi scarichi tu così facilmente solo per un dibattito?”.
Donnie chinò le spalle, resosi conto di aver esagerato e allungò la mano per tirarlo a sé, ma Mikey gliela schiaffeggiò e uscì dal laboratorio, sbattendo la porta alle sue spalle. Le lacrime rotolarono lungo le sue guance e senza una parola si rinchiuse in camera sua.
Raphael uscì dal bagno proprio in quel momento, con un asciugamano sul collo e un altro alla vita; alzando un sopracciglio, guardò la porta chiusa di Mikey e quella socchiusa del laboratorio, dove Donnie si era appoggiato con la fronte contro il muro, a pugni stretti.
-Ma che è successo? Ho sentito gridare- pensò.
Si strofinò la nuca e fece le spallucce, convinto che non avrebbe dovuto immischiarsi. Si rintanò in camera sua e di Leo per vestirsi con il solito equipaggiamento ninja e si avviò tranquillamente verso la cucina, assetato e voglioso di un succo.
Non si accorse neppure di una figura che sedeva sul divano, fino a quando non lo chiamò.
“Raph”.
Il rosso riconobbe all’istante quella voce e si girò lentamente, senza superare la tendina salmone che fungeva da porta; con lo sguardo ancora un po’ arrabbiato notò Leonardo, i cui occhi erano grandi, lucidi e ammalianti. Perfetti per incutere dolcezza.
“Raph...” ripeté, alzandosi.
Tenendo lo sguardo basso, gli si avvicinò, mordicchiandosi le labbra e lo guardò profondamente, mostrando il dolore e il senso di colpa per l’atteggiamento mantenuto per tutta la giornata.
Raphael si incupì per qualche secondo, lasciando che l’ansia divorasse il compagno... ma poi si sciolse in un sorriso soddisfatto e rilassò i muscoli che aveva contratto per mantenere una posa seria.
Accarezzò dolcemente la guancia di Leo, strofinandola con il pollice e si avvicinò con le labbra, esitando all’ultimo istante, a un centimetro da quelle del leader.
“Anche se stamattina non hai voluto sentire ragioni perché eri troppo spaventato, eri terribilmente sexy, Leo. Non credere di filartela liscio. Ho in serbo una punizione in te”.
Un brivido di piacere scosse l’azzurro che tremò sotto il tocco leggiadro eppure così forte del macho in rosso e osservò la mano birichina farsi strada sulla coscia sinistra, lisciandone dentro e fuori, sfiorando la guaina protettiva del membro che sarebbe sgusciato fuori, considerando quanto già eccitato fosse!
“Va bene... qualsiasi cosa per farmi perdonare” sussurrò, rosso.
Raph ghignò oscuramente e gli baciò la guancia, sporgendoglisi sulla spalla quando lo abbracciò teneramente. Anche se non lo avrebbe ammesso, gli era mancato Leo.
“Le bambine?”.
“Dormono come angioletti. I peluche di zio Mikey e zio Donnie sono dei veri portenti per le nanne” rispose Leo.
“Bene. Quindi abbiamo la notte tutta per noi, vero?”.
“Sì, però... cerca di usare il preservativo. Non vorrei altre uova al momento” sussurrò Leo, dandogli una pacchetta sulle chiappe.
Raph si irrigidì sotto al tocco inaspettato e si lasciò ammaliare dal movimento sexy in cui Leonardo si muoveva per spegnere la tv e spingersi nella camera “matrimoniale”, che non era che la sua, solo molto più pulita e con un lettone più grande!
Fecero per chiudersi dentro la loro camera “dei giochi hot” quando udirono un rumore strano proveniente dal laboratorio di Donnie. I due ninja si scambiarono un’occhiata perplessa e si avvicinarono.
“Donnie?” chiamò Leo, spingendo la porta socchiusa.
Fogli, matite, cacciaviti, provette e un ritratto... tutto sparso disordinato in terra e il genio ne era al centro, con occhi di fuoco e i pugni stretti, sbiancati dalla collera.
“Donnie... che cosa è successo?” espirò l’azzurro.
Notò allora il ritratto: era sicuramente opera di Michelangelo, considerando il tocco delicato delle matite sulla carta ruvida e le sfumature leggiadre che solo la sua abile mano poteva fare. Erano loro due che si abbracciavano, come una foto... ma ora era divisa.
“Abbiamo litigato, va bene?!” urlò frustrato il genio.
-Allora non avevo sentito male prima!- pensò il focoso.
“Donnie, calmati, dai” appianò Leo: “Ci sediamo e parliamo, va bene?”.
“No. Io andrò a parlare con Mikey” corresse Raph: “La pulce, se si stressa, può smettere di respirare”.
“Chi se ne importa!” bofonchiò Donnie.
“DON! Smettila!” rimproverò Leo, con voce autoritaria: “Siediti, ho detto!”.
Lo spinse sulla nera poltrona e lo rimase a fissare freddamente dinanzi, con le mani incrociate sui pettorali superiori. Il focoso sorrise un po’ per quella scenetta da film nazisti e raggiunse subito la camera di Mikey.
Bussò con le nocche e attese.
Nessuna risposta.
Il focoso roteò gli occhi, sbuffando: odiava queste scenate bambinesche e così, senza il minimo rispetto per la privacy, iniziò a corrompere il buco della serratura sotto la maniglia e con un secco scatto la aprì.
Raph soffiò sulla punta più lunga della sua arma come fosse stato un pistolero ed entrò, rinfoderando l’arma nella cintura.
-Che buio. Meglio fare attenzione o qui mi rompo la testa- pensò: “Mikey?”.
Accese la luce e guardò attentamente, avvicinandosi al letto dove sicuramente fingeva di dormire.
“Dai, svegliati. Dobbiamo parlare”.
Sbuffando a quella mancanza di collaborazione, il focoso prese un lembo del piumone arancione e lo tirò bruscamente... ma quello che vide lo rimase spiazzato completamente.
Quattro cuscini simulavano Michelangelo. 
E lui? Sparito, ovvio!
Ma quando?
Semplice: probabilmente quando Raph e Leo erano impegnati ad abbracciarsi e sbaciucchiarsi!
“Oh, cazzo...” mormorò sottovoce il focoso.
Fu allora che notò un pezzo di carta sotto a uno dei cuscini; curioso, Raph lo prese e sospirò malinconicamente a una foto sgualcita che mostrava i due piccioncini arancione e viola baciarsi amorosamente.
“Donnie deve aver sicuramente ferito Mikey se lo ha costretto ad andarsene chissà dove”.
Girò istintivamente la foto e si meravigliò di trovare una scritta in rosso, in caratteri nipponici.
“E ti pareva! Mikey ha scritto pure in giapponese, sapendo che qui non sappiamo una mazza di questa lingua, anche se il sensei ha tentato di insegnarcela!”.
Poi, decise di affidarsi a Leo: dopo il minore combina-guai, l’azzurro sapeva leggere e scrivere questa lingua affascinante quanto antica.
“Ehi, Leo!” interruppe, dandogli la foto girata: “Cosa c’è scritto?”.

L’amore non dura per sempre. E’ una balla.

“Adesso da la colpa a me!” ringhiò il genio.
“Sta zitto! Lo sai che Mikey è scappato?!” replicò Raph, altrettanto infuriato.
“C... cosa?” espirò Leo: “Dobbiamo trovarlo subito!”.
“Le bambine?” formulò il focoso.
“Ci penserò io. Andate figli miei” fece il sensei, comparendo sulla soglia del laboratorio...

….

Le lacrime caddero l’una dopo l’altra in una piccola pozza trasparente sotto le sue gambe tirate al petto. Michelangelo aveva eluso facilmente i suoi fratelli maggiori approfittando del momento kiss nel dojo. 
Solo una giacca e via a correre di tetto in tetto per soffermarsi su un vecchio edificio che sarebbe stato demolito giorni più avanti e sorgeva al centro di un grande spiazzale di terreno rossiccio, utilizzato per nuove fondamenta.
-Non ci posso credere... mi ha aggredito solo per una piccola parolaccia...- pensò.
Sospirò amaramente, con la bocca impastata dalle lacrime e guardò il cielo buio e nuvoloso della notte. Aveva chiuso con Donnie: non voleva più vederlo.
“Volevo solo un uovo... un cuginetto per le bambine, tutto qui” sussurrò flebilmente: “Non chiedevo mica la luna!”.
Scosse il capo e si mise in piedi... irrigidendosi. Smise di piangere e si girò lentamente alle spalle. Aveva sentito una strana presenza oscura per un istante.
Dal nulla sbucarono due mani guantate di nero che lo afferrarono per le braccia e lo trascinarono in un portale verde, con grande sgomento di Mikey.
“NO!”...


Angolo dell'Autrice

Questo è il sequel di Unexpected Egg: leggerlo prima per capire.
Questo capitolo lo avevo già scritto ed ecco perché l'ho pubblicato. Come avrete visto, ci sono stata giù pesante anche nel primo capitolo! Ahaha!  La mia sadicità non conosce limiti! No, scherzo. E' così che avevo in mente!

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Capitolo 2
*** Il Ritorno dei Nemici ***


Dal nulla sbucarono due mani guantate di nero che lo afferrarono per le braccia e lo trascinarono in un portale verde, con grande sgomento di Mikey.
“NO!”...


….

I meravigliosi occhi azzurri di Michelangelo si riaprirono lentamente, con la classica sfocatura da confusione. La sua mente spenta si rimise in moto, riallacciando i collegamenti con ciò che era accaduto prima del buio.
Emise un gemito, stringendo le palpebre al mal di testa martellante e le riaprì, avendo una panoramica del posto in cui era finito.
Era legato a polsi e caviglie su un piano di pietra, in mezzo a dieci colonnati mangiati dal tempo. Un triste cielo rosso-nerastro spiccava su di lui e una sterminata distesa d’erba contornava il suolo.
Ma che razza di posto era? Non era sicuramente a New York!
Cercò di muoversi un po’, sperando di liberarsi, ma gli anelli di metallo che gli tenevano fermi i polsi all’altezza delle tempie non aiutavano certamente.
“Ma dove cazzo sono?!” borbottò con rabbia.
Quella parolaccia detta come sfogo di mostrò in grande schermo il furioso litigio che aveva avuto con Donatello. Mikey strinse i denti in ricordo delle offese del genio e chiuse gli occhi.
Eppure, una strana sensazione aggravò sul suo corpo. Deglutendo un groppo di inquietudine davvero complicato, Michelangelo schiuse un solo occhio e il suo cuore si fermò.
Un mostro lo stava fissando con quel corpo squamoso e bordeaux e gli occhi scarlatti.
Mikey non ebbe bisogno di altre informazioni per indovinare chi fosse quel mostro schifoso.
“D... Draiko?!”.
“In persona” sogghignò: “Finalmente ci rincontriamo!”.
Mikey lo fissò acutamente, sperando, però, che quello che stava vivendo fosse un incubo.
“Che cosa vuoi da me? E dove mi hai portato?!”.
“Questa è la Dimensione Zero, dove le essenze come me, per colpa tua, vivono. Voglio vendicarmi di te, dannata tartaruga! E liberare Ue dalla sua prigionia!”.
“Questo non accadrà mai!” ringhiò Mikey.
“Davvero? E sarai tu ad impedirmelo?”.
La risata del drago raggelò il povero Mikey, che si rimproverava di non essere rimasto semplicemente bloccato in casa.
“Ma se non vuoi collaborare, potrei sempre prendere una delle due mocciosette!”.
“NO! Lascia stare Hanami e Reiki!” gridò rabbioso il minore.
“Hai ragione. Lasciamo pure che sia Ue a toglierle di mezzo”.
“No, ti prego! Le bimbe no! Risparmiale! Prendi me! Farò tutto quello che vuoi!” implorò Mikey disperato.
Gli occhi di Draiko si illuminarono di malignità e gli si avvicinò a un centimetro dal viso, ghignandogli.
“Voglio tornare ad avere un corpo. E per fare ciò mi serve un sacrificio. Ma anche il potere di Ue. Quindi, mi prenderò il tuo corpo e avvierò la mia vendetta!”.
Mikey trattenne a fatica le lacrime, non volendo guardare Draiko poggiare la sua mano fantasma sulla cicatrice e dissolversi lentamente.
Per un attimo non accadde nulla... ma poi, Michelangelo iniziò a gridare nel dolore più forte, dimenandosi furiosamente: le sue vene bruciarono, il corpo pesò una tonnellata, ma a poco a poco, tutti i suoi sforzi per liberarsi del mostro dentro di lui si appianarono...
Mikey rimase fermo e immobile: i suoi occhi azzurri si tinsero di nero per i bulbi e cremisi per le iridi. I suoi canini si allungarono e lunghe unghia crebbero alle sue dita. 
Spingendo semplicemente il corpo in avanti, fece saltare i fermi alle caviglie e ai polsi, alzandosi in piedi e scricchiolando il corpo.
“Dopo così tanto tempo... finalmente la sensazione di un corpo torna in me!”.
La voce di Mikey era fredda, letale e con una risata sinistra svanì da quel mondo...

….

“Dove caspita sarà andata quella testa di rapa?!” inveì Raphael, ansimando un po’.
Leonardo saltellò su un cornicione, avendo una panoramica vasta delle strade e dei vicoletti sottostanti. Raphael sorrise oscuramente guardando le chiappe del suo compagno e si leccò le labbra: se Donnie non fosse stato con loro, sicuramente gli sarebbe saltato addosso per baciarlo dappertutto!
“Donatello, che cosa hai detto a Michelangelo per costringerlo a scappare?” inveì l’azzurro.
“Io? Niente! E’ lui che capisce sempre una cosa per un’altra!”.
“Non ti credo. E’ anche il nostro fratellino, che ti credi?!”.
Il genio ringhiò, sapendo che Leonardo non lo avrebbe mollato fino a quando non avrebbe vuotato il sacco e con un sospiro amareggiato si decise finalmente a rivelare la discussione... e vedendo Raph e Leo avvampare così facilmente, indietreggiò deglutendo.
“Dammi una buona ragione per cui non dovrei romperti la faccia!” urlò Raphael, a pugni stretti.
Il genio rimase fermo e anziché ritirarsi, scattò anche se sapeva che questo lo avrebbe sicuramente condannato.
“E’ colpa di Mikey! Io non sopporto le parolacce, capito? Come mi sia potuto innamorare di quello lì non lo so nemmeno io!”.
La prossima cosa che seppe il genio era di trovarsi riverso su un fianco, in terra, tenendosi il naso sanguinante copiosamente. Leo spalancò gli occhi e Raph abbassò il pugno destro che avrebbe volentieri schiantato sulla guancia del viola per punirlo di quell’assurdità.
Occhi freddi fissarono il genio messosi in ginocchio, tenendo la mano contro il naso per placare in qualche modo l'emorragia.
“Mi fa piacere che tu l’abbia detto...” mormorò nientemeno che Michelangelo.
Guardò il genio con aria disgustata e con una mano sul fianco ghignò alle facce sbalordite di Raph e Leo.
“D... dov’eri?” balbettò Leo, stordito.
“In giro”.
“Non è una buona risposta! Lo sai che eravamo tutti preoccupati?!” ringhiò Raph.
Mikey lo fissò privo di espressioni e con un cenno fece comprendere ai due fratelli di voler restare un minuto da solo con Donatello.
“Vieni, Raph. Andiamo ad avvisare il maestro Splinter” mormorò Leonardo.
Le tartarughe più grandi svanirono nelle tenebre, mentre Michelangelo si mise a braccia conserte, mantenendo un ghigno freddo sul viso.
Donnie si rimise in piedi, barcollante e guardò la macchia cremisi sul palmo della mano, incredulo che un semplice pugno dall’anima più innocente che ci fosse, avesse provocato tanto.
Era esterrefatto.
“Bravo. Bel colpo” mormorò con sarcasmo.
“Dovrei ringraziarti?”.
“Senti...” biascicò, ma Mikey gli premette un dito sulle labbra per zittirlo.
Si avvicinò al suo orecchio e parlò: “Non sei il mio tipo, topo da laboratorio. Vai a farti leccare da qualcun altro. Il mio culo giovane non soffre vecchiume come te”.
Spinse il petto di Donnie per terra e svanì esattamente com’era venuto, lasciando il genio a bocca aperta...

….

Il sensei schiuse un occhio e guardò i due piccoli futon sul pavimento: Hanami stava frignando nel sonno e Reiki era calmissima. Abbandonando la sua meditazione, premette istintivamente la mano sulla fronte della bimba e la ritirò alla quantità di calore che emanava.
-Hanami ha la febbre!- esclamò mentalmente.
Fortunatamente, la porta principale della tana si aprì con un tonfo e le ombre di due tartarughe si proiettarono contro le shoji della camera del sensei, che, alzandosi senza destare le due bambine, si mostrò a Raph e Leo.
“Sensei, è tutto ok” disse il focoso.
“Mikey era uscito solo per una corsa solitaria. E’ con Donatello” continuò Leo.
Il topo annuì e fece loro cenno di entrare; raccolse Hanami e la porse a Leonardo, mentre due piccole lacrime crebbero agli occhi chiusi della piccola.
“E’ febbricitante” disse il nonno, addolorato.
Il focoso spalancò gli occhi e premette la mano sulla testolina della bimba, che schiuse i suoi occhi vitrei, tremando e piagnucolando.
“Papà...” mormorò debolmente: “Ho tanto freddo...”.
Imprecando coloritamente mentalmente, il focoso le baciò la fronte e la raccolse, mentre Leonardo andò a controllare Reiki che riposava ignara del malessere della sorellina.
Le aggiustò la copertina, facendole una carezza amorosa e si alzò per tornare alla sua bimba dolce.
“Hanami, dormirai con noi, va bene?” promise Raphael.
“Davvero...?”.
“Sì. Starai meglio, vedrai” sorrise Leo, nascondendo il dolore nel vederla così.
La porta della tana si aprì ancora una volta, rivelando un Mikey che non salutò nessuno e si avviò nella zona notte con passo deciso.
“Mikey, Hanami ha la febbre” spiegò Leo, in un sussurro.
L’arancione di spalle si fermò e i suoi occhi luccicarono dell’alone cremisi di Draiko: senza nemmeno voltarsi si finse preoccupato.
“Oh, poverina. Starà meglio” disse con lieve sarcasmo: “Buonanotte”.
“Dov’è Donatello?” chiese Splinter.
“E’ rimasto indietro. Non ha retto il ritmo della mia corsa”.
Mikey svanì nell’oscurità del corridoio, leccandosi i canini appuntiti: il corpo della tartaruga in questione era agile e perfetto. 
-Sarà una passeggiata liberare Ue- pensò, chiudendosi nella cameretta di Mikey: -Non capisco cosa ci trovi quello in Leonardo. Questo moccioso è un pesce facile da manovrare!-.
Si gettò sul letto, incrociando le braccia dietro la testa, fissando il buio. Un improvviso movimento accanto alla sua gamba lo fece trasalire: Draiko fissò Klunk che miagolò in cerca di coccole e sbuffò.
“Via, gattaccio!” inveì, tirandogli un cuscino per farlo fuggire.
Il micio graffiò la porta per aprirla in qualche modo e se la filò, rintanandosi nel laboratorio di Donatello, completamente spaventato dall’inusuale atteggiamento del padroncino...

….

Donatello rientrò dopo una mezz’ora, nel buio e nel silenzio totale. Tutti dormivano tranquilli e non se la sentì proprio di avvisare del suo ritorno. 
Si trascinò stancamente nel suo laboratorio e chiuse la porta; si sedette su uno sgabello, tirandosi uno specchietto più vicino e afferrò il kit del pronto soccorso. Iniziò a pulirsi la ferita al naso e si applicò due punti, oltre che un largo cerotto.
“Sembro un pagliaccio...” borbottò, spegnendo la luce per accendere un lume.
Notò il pelo arancione di Klunk e gli venne da sorridere malinconicamente; si alzò lentamente, raccogliendo ciò che rimaneva del ritratto disegnato da Mikey e lo contemplò per un po’.
Che cosa aveva fatto... 
Aveva rovinato una relazione perfetta e sincera per uno stupido sfogo. Che diavolo gli era saltato in mente?
Non era stato tanto la parola “cazzo” a farlo scattare... bensì “E allora? Voglio un uovo nostro!”.
Quella frase lo aveva terrorizzato. Donnie aveva paura che non sarebbe stato all’altezza di prendersi cura di un ipotetico figlioletto. 
Lui era un genio, è vero. Capiva cose meglio di chiunque altro ma di relazioni, emozioni ed empatia era molto lento. 
E’ vero che restava lunghe ore a guardare Hanami e Reiki riempire di gioia la tana e tutti i componenti della famiglia e un po’ invidiava Raph e Leo per l’ottimo lavoro come genitori.
Ne sarebbe mai stato all’altezza?
Due lacrime caddero sul foglio, increspandone il cartoncino ruvido: Donatello non si preoccupò di frenarsi perché aveva bisogno di sfogarsi silenziosamente. 
-Mikey, mi dispiace...- pensò, stringendo le palpebre.

E si capisce! Il bambino vuole cambiare gioco, forse? Magari sono troppo grande e vecchio per il tuo culo giovane, eh? Se esci da questa stanza, non saremo più compagni!

Come aveva potuto? Perché pesanti offese?
“Mikey... mio dolce Mikey...!” sussurrò, singhiozzando.

La pulce, se si stressa, può smettere di respirare!

Donatello pianse ancora di più. La sua maschera si scurì ulteriormente e si strinse le braccia, dondolandosi per cercare di placarsi in qualche modo.
Klunk diede un miagolio e balzò dal lettino per strofinarsi contro il suo polpaccio, sperando di risollevargli il morale.
Donnie lo raccolse e lo accarezzò, apprezzando quel gesto.
“Klunk...” mormorò: “Grazie...”.
Si coricò sul lettino, lasciando che anche il micio prendesse posto al suo fianco e spenta il lume si addormentò con le lacrime ancora sulle guance...

….

“Goditi la tua felicità, Leonardo! Perché non durerà ancora a lungo!”.
La mano guantata di nero schiaffeggiò l’acqua nella piccola bacinella bianca, distorcendo il rifletto di Ue Sama. Il suo odio verso le tartarughe e verso, soprattutto, Leonardo, era ancora più intenso.
“Sei riuscito a sfuggirmi una volta. Ma non succederà ancora!”.
Si nascose mezzo viso nella mano e scoppiò sonoramente a ridere, sedendosi sul trono di pietra nella stanza più ampia, sporca e oscura del castello che lo teneva imprigionato dal Daymio da quasi due anni.
Dondolò una gamba sull’altra, contemplando l’opaca immagine di screpolature in quel castello medioevale buio, picchiettandosi l’indice sul mento.
Ue Sama si fermò un attimo, guardandosi alla sua destra; senza battere ciglio divenne terribilmente serio e si sedette in una posizione più seria. 
“Sei finalmente riuscito a evadere?”.
Da una zona della sala particolarmente buia, due occhi corvini e cremisi luccicarono e ne mostrarono il loro padrone.
“Oh...” ironizzò Ue: “Come mai hai scelto lui?”.
“Il suo corpo è leggero e manovrare la sua forza spirituale è semplice” rispose Draiko.
“Come hai fatto ad entrare?”.
“La magia del Daymio blocca dall’interno. Ma dall’esterno no”.
Ue Sama annuì e si alzò in piedi, con le mani strette a pugno. Ora sì che poteva avere una vendetta coi fiocchi!
“Cosa vuoi che faccia?” chiese Draiko.
“Portami le mocciose. Se Leonardo non verrà qui, ci penserà l’amore per le due sgorbiette!”.
Draiko allargò un sorriso: “E ci penserà questa tartaruga patetica, vero?”.
“Puoi ben dirlo!” esclamò Ue, allungando un braccio in avanti: “Ora va!”.
Draiko si leccò le labbra e svanì nel nulla con una semplice dissolvenza del corpo...

….

Gli occhi di dorati di Raphael erano aperti nel buio delle 05:20, fermi su Hanami, la cui febbre non era nemmeno scesa.
Sospirando amaramente, le accarezzò la testolina, aggiustandole meglio la tutina al collo e la coperta sul corpicino.
-La mia bambina- pensò.
Improvvisamente, la piccola Hanami iniziò a tossire con impeto crescente e anche Leonardo si svegliò di soprassalto, accendendo immediatamente il lume sul comodino per far luce. 
“Piccola mia...!” esclamò l’azzurro: “Raph, prendile il biberon con l’acqua!”.
Il focoso non se lo fece certamente ripetere e balzò giù dal letto, correndo velocemente in cucina per prendere il pulitissimo biberon di Hanami, riempirlo d’acqua e tornare a destinazione.
“Tieni, amore. Bevi un pò” spronò il rosso, prendendola nella piegatura del braccio.
La piccola girò la testolina altrove ma sfinita dalla febbre e assetata, iniziò a succhiare, muovendosi un po’ tra le braccia di suo padre.
Leonardo chinò lo sguardo, accarezzandole la testolina affettuosamente. Era amareggiato e ancora una volta, come in passato, non poteva che sentirsi in colpa.
“La febbre è troppo alta” mormorò colpevolmente.
“Portiamola da Don” propose Raphael, baciando Hanami sulla guancia.
L’azzurro annuì e l’avvolse in una copertina, mentre il rosso si avviò per avvertire il genio. 
Bussò quindi alla porta del laboratorio e attese. 
Come previsto, non si udirono risposte.
Raph brontolò e aprì molto facilmente la porta, accedendo la luce con un’espressione corrucciata. Donnie che si trovava sul lettino, gemette e si parò gli occhi con il braccio, mentre Klunk soffiò arrabbiato per quel risveglio non così gradevole.
“Raph...” sbadigliò, mettendosi seduto: “Che c’è?”.
“Hanami non è migliorata”.
Il genio ebbe una stretta al cuore nel vedere la sua nipotina con le guance rosse e sudata, fra le braccia di un Leo sconsolato.
“D’accordo. Mettetela nel porta infante. Ci penso io” ordinò.
Il genio iniziò subito a visitare la piccolina, controllandole ogni cosa e dandole ogni carezza possibile.
“La mia bella nipotina è malata...” sussurrò, muovendole un piedino.
La piccola frignò come risposta, mentre lo zio geniale le palpò il piccolo collo, trovando i linfonodi molto gonfi e... la gola gonfia. 
Questo fornì un’interessante soluzione.
“Ho capito cosa non va” disse: “Tonsille”.
“T... tonsille?” ripeterono i due genitori.
“Sì. Hanami deve aver sviluppato la febbre proprio per questo. E in questi casi, bisognerebbe asportarle le tonsille con una semplice operazione”.
Leonardo raccolse la bambina, stringendola a sé e deglutì. Non gli piaceva tutto questo!
“Tu non puoi farlo? Intendo l’operazione” chiese Raphael.
“No. Ma il Padiglione Medico sì”.
“Il Battle Nexus...” espirò Raphael, abbracciando istintivamente l’azzurro alla vita.
“Va bene. É per Hanami” acconsentì Leo, incapace di vedere la sua bimba così sofferente.
“Bene. Avvertiamo tutti gli altri e partiremo subito”.

….

Un’ombra oscura strisciò rapida per raggiungere le shoji: infilò una delle sue mani verde mare e le aprì senza troppo rumore, guardando dentro.
Splinter si era abbandonato al sonno per aver sorvegliato Reiki per gran parte della notte e stanco, riposava accanto alla bambina, nel futon.
Dal suo respiro tranquillo, il maestro era profondamente sopito.
Un ghigno brillò nell’oscurità, seguito da voci che stavano avvicinandosi sempre più: Draiko non avrebbe avuto molto tempo per attuare il suo piano e odiava aspettare.
Si avvicinò al futon dove Reiki riposava tranquilla, abbracciata al suo peluche e la raccolse senza destarla, ringhiandole in faccia. Poi ghignò oscuramente al topo che non aveva udito nulla e svanì in una dissolvenza veloce.
“Maestro?”.
La voce di Leonardo risuonò dalle shoji, morbidamente, senza alcuna risposta.
“Sensei?” ripeté, entrando nella stanza, seguito da Raph.
Lo videro riposare così bene che quasi dispiacque loro di svegliarlo... ma qualcosa di terribilmente sbagliato costrinse loro a gridare in preda al terrore.
Il futon di Reiki era vuoto!
“Maestro!” chiamò Leonardo, scuotendogli la spalla.
Il vecchio topo contrasse un orecchio e si alzò lentamente, strofinandosi il viso ancora stanco.
“Sì, Leonardo?”.
“Sensei, dov’è Reiki?”.
Al topo servì qualche secondo per capire cosa effettivamente suo figlio stesse cercando di dire ma vedere il futon della bambina vuoto fu come una pugnalata al petto. Si alzò tremante, scoprendo le coperte, carico di terrore e confusione.
“Dov’è Reiki?” ripeté Raph, tremante.
Il topo negò debolmente con il capo e tutti iniziarono a cercare la bambina, sperando che fosse andata in bagno o in cucina...
Ma alla fine, schiacciati dall’evidenzia dei fatti, si arresero.
“Figli miei...” mormorò Splinter, in un fil di voce.
Leonardo si sedette a peso morto sul divano, stringendo Hanami che si era riaddormentata, incurante di tutto. Le sue spalle tremavano e si scurì in volto, senza nemmeno dire una parola.
“Non può essere uscita da sola...!” pronunciò Raphael, sbiancato dal terrore.
“Ragazzi, dov’è Mikey?” chiese Donnie, entrando nel salotto.
I due maggiori si scambiarono un’occhiata preoccupata: non ci avevano fatto proprio caso, effettivamente. 
“Hai controllato le altre stanze?” domandò Leo.
“Sì. Non c’è”.
“Forse ti servirebbe una visita oculistica”.
Si voltarono verso la zona notte, dove, da una porzione di ombre, Mikey comparve con una fredda espressione...


Angolo dell'Autrice

Ecco due nemici tornati! Le cose si complicano, vero? Ma state tranquilli, nel prossimo capitolo accadrà dell'altro! Sempre baci e abbracci per coloro che seguono, recensiscono o no! :)


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Capitolo 3
*** Piani Malvagi ***


“Ragazzi, dov’è Mikey?” chiese Donnie, entrando nel salotto.
I due maggiori si scambiarono un’occhiata preoccupata: non ci avevano fatto proprio caso, effettivamente. 
“Hai controllato le altre stanze?” domandò Leo.
“Sì. Non c’è”.
“Forse ti servirebbe una visita oculistica”.
Si voltarono verso la zona notte, dove, da una porzione di ombre, Mikey comparve con una fredda espressione...


….

Secondi prima...

Il corpo di Michelangelo si materializzò nella sala enorme quanto buia del castello-prigione dove Ue Sama fissava fuori da una delle grosse finestre con le mani dietro la schiena.
Si voltò, percependo la pesante aura negativa e rimase impassibile.
“Allora?”.
Draiko allargò un ghigno e protese un braccio in avanti, lasciando cascare duramente in terra un sacco di iuta, dal quale fuoriuscì un gemito e un musino dolce.
“Papà?” fece Reiki, stropicciandogli gli occhi.
Ue Sama inarcò entrambi i sopraccigli, incredulo: la bimba somigliava incredibilmente ai suoi genitori e ciò non poté che farlo infuriare in silenzio.
“Zio Mikey? Dove siamo?” esclamò Reiki, aggrappandoglisi alla gamba.
Draiko soffiò infastidito e con un movimento veloce dell’arto, la scaraventò nuovamente in terra, lasciandola piagnucolare.
“Non sono chi tu credi sia!” ruggì.
La bimba si rimise in piedi, guardando con terrore Ue Sama che le accovaccio dinanzi: le poggiò la mano sulla testa, sentendo i suoi piagnucolii e iniziò ad accarezzarle la guancia.
Reiki, apprezzando quel gesto, sorrise un po’ ma ciò le costò un sonoro schiaffo sulla guancia. La piccola scoppiò a piangere adorabilmente, sotto le risate di Ue ma per vendicarsi gli mollò un forte calcio allo stinco.
Ue gridò e ringhiò in faccia alla bambina che gli fece una pernacchia.
Draiko rise sotto i baffi e inclinò in capo, a braccia conserte.
“Volevi la mocciosa? Eccoti accontentato. Ora, se non ti dispiace, dovrei tornare alla mia sceneggiata”.
“Aspetta!” ruggì Ue: “Dovevi portarmi entrambe le mocciose!”.
“L’altra ha la febbre. E’ sotto stretta sorveglianza di Leonardo e Raphael”.
Ue guardò Reiki che a pugni stretti e le lacrime rapprese sulle gote lo fissava con un’espressione da dura... ed emise un sospiro scocciato.
“Vedi di portarmi anche l’altra. Non posso attuare il mio piano senza l’altra!”.
“Hai trovato la soluzione per uscire di qui?” derise Draiko.
“Puoi scommetterci e fossi in te inizierei a portarmi rispetto”.
“E sentiamo? Come farai?”.
Ue sogghignò e si mise con le mani dietro la schiena: “Vedi, mio padre ha fatto un errore madornale a bloccarmi in questo posto. Specie se è fornito di una fitta libreria di antichi libroni pieni di arti magiche. Ho per caso scoperto che un guerriero imprigionato in un luogo può tornare in libertà se mette almeno due prigionieri bloccati al suo posto”.
Draiko annuì una sola volta e fissò Reiki che si era seduta in terra, con lo sguardo basso.
“Quindi, per fare un grande torto, hai intenzione di lasciar marcire le mocciosette qui? Non è male, devo ammetterlo. Ma a cosa ti serve il mio aiuto?”.
“Fatti scoprire. Mi porterai Leonardo qui e quando sarà il momento giusto, gli farò capire che essere dalla mia parte è qualcosa che è stato scritto nei nostri destini!” rise Ue.
“Certo, come no. Tu sei tutto pazzo, Ue”.
“Vuoi aiutarmi sì o no? Potresti essere anche tu in libertà! Magari sacrificando la tartaruga di cui ti sei già impossessato!”.
Draiko si leccò le labbra, pregustando la libertà e svanì in una nube di polvere, lasciando Reiki in balia del sadico figlio del Daimyo.
“E adesso, a noi due!”.
Reiki fece per fuggire, quando Ue la bloccò per una gamba e la sollevò a testa in giù: ignorando i piagnucolii della piccola e le grida furiose tipiche di Raphael, la sbatté in una piccola gabbia che aveva già preparato accanto al suo trono.
“Resta zitta e non ti farò del male” istruì, bloccandole la caviglia con una catena: “Almeno per ora”...

….

Leonardo cadde in ginocchio, senza preoccuparsi nemmeno di frenare le lacrime per aver smarrito Reiki, la sua piccola bricconcella.
Si morse le labbra, con la mente fissa sui buchi nell’acqua che avevano fatto nella perlustrazione nelle fogne e in gran parte della superficie, prima dell’alba. 
Reiki non era da nessuna parte.
Raph gli si fermò davanti, con Hanami nel porta infante, malata e febbricitante.
“Leo...”.
“Raph...”.
L’azzurro lo inghiottì in un abbraccio famelico, singhiozzando nell’incavo del suo collo, incapace di fermarsi. Dov’era la loro piccola? 
Hanami si svegliò, sentendo i lamenti del suo papà leader e si mosse un po’ nel porta infante, sbadigliando. Accarezzò un po’ la coscia di Raphael, sorridendo debolmente quando le fu rivolta l’attenzione.
Secondo Don, avrebbero dovuto partire subito per il Nexus in modo che asportarle le tonsille sarebbe stato rapido, per evitare danni in futuro.
Il rosso poggiò il porta infante sul divano e la raccolse, baciandole la fronte bollente e con Leonardo le trasmisero tutto il loro amore. La cucciola si aggrappò a ll’azzurro, sperando di confortarlo e sbadigliando ancora, gli accarezzò il naso.
“Papà non piangere” disse.
Il leader spalancò gli occhi, con più lacrime sul suo viso e le baciò la guancia, riconoscente.
Hanami tossì e la rimisero nel porta infante, mentre Splinter, Donnie e “Mikey” giunsero nel salotto, pronti a partire.
“Leonardo, Raphael, non ci sono parole per dirvi di quanto sia addolorato per quanto è accaduto” pronunciò il sensei, incapace di guardare il coniglietto preferito di Reiki seduto sulla sua poltrona.
“No, sensei... non è colpa tua” ammonì Leonardo, ora di spalle.
“Vero. Non potevi sapere che...” continuò Raph, a corto di parole.
Il sensei sospirò e iniziò a lisciarsi la barbetta, cercando una soluzione plausibile riguardo la sparizione della bambina. Tornò, quindi, sul “luogo del delitto” e iniziò a osservare in silenzio, contemplando ogni cosa.
Un frammento di aura oscura, però, non gli restò indifferente: il sensei mosse orecchie e naso e si inginocchiò accanto al futon di Reiki, palpando il letto vuoto con le dita.
Ritirò immediatamente la mano, prendendo un respiro tagliante.
Come aveva potuto essere così cieco e stupido?
“Figlioli!” chiamò.
I quattro ninja giunsero nella camera in questione in un batter d’occhio e rimasero in silenzio.
“Figlioli, la sparizione di Hanami è dovuta a un’aura oscura e potente che mai avrei pensato di percepire ancora una volta e dopo tutti questi anni”.
“Cioè? C’entra qualche stregone?” bofonchiò Raph, scattando.
Hanami sussultò, un po’ spaventata dall’eccessiva collera del padre che tanto amava e si rannicchiò sotto la copertina con fare terribilmente tenero.
“Scusami, bambolina. Papà è solo arrabbiato nero”.
La piccola annuì, mordicchiandosi il labbro inferiore.
“Chi potrebbe aver rapito Reiki?” chiese Leo, un po’ impaziente.
Il sensei chinò le orecchie e fece un passo avanti; mostrò occhi addolorati ma successivamente furibondi e senza alcuna pietà piantò il bastone nel petto di Michelangelo, lasciando a bocca aperta tutti quanti.
“NO!” urlarono i tre.
Raph si strinse a sé Hanami per non farle vedere l’orrore, mentre il porta infante cadde sonoramente in terra, in un silenzio gelante.
“Guardate attentamente: questo non è vostro fratello Michelangelo!” esclamò Splinter, con voce fredda e autoritaria: “Perché non mostri la tua vera forma... Draiko?”.
Gli occhi delle tre tartarughe si magnetizzarono su Michelangelo che aveva allargato un ghigno e senza nemmeno morire per il bastone nel suo petto, se la rise.
“Mi compiaccio, Splinter” sogghignò, tirando fuori il bastone con uno scatto secco: “Mi chiedo come tu abbia fatto, sai?”.
“Dov’è Reiki?!” ruggì Leonardo.
Draiko lo ignorò e rigirò le dita nel buco nero e sanguinante, leccando disgustosamente il liquido cremisi ferroso. Le tartarughe non batterono ciglio e Raph strinse maggiormente Hanami al petto quando i freddi occhi corvini e scarlatti del mostro si soffermarono sulla bambina.
“Ue sarà molto contento dell’altra mocciosa, quando gliela porterò!” esclamò.
Leonardo spalancò la bocca, indietreggiando inconsciamente: un fiume di ricordi si riaprì nella sua mente, lasciando riaffiorare un passato non troppo piacevole. 
Si lasciò avvolgere un braccio alla vita da Raph e mostrò, per la prima volta, la sua debolezza nella pronuncia di quel nome infame.
“Shhh, Leo. Ti sta solo provocando” rincuorò Raph.
“Provocando? Io non credo proprio! E’ proprio da Ue che ho portato Reiki!” replicò Draiko.
Alzò la mano insanguinata e schioccò le dita, lasciandosi materializzare Hanami appesa per la dentellatura del guscetto.
“HANAMI! NO!” urlò Raphael, scattando in uno sprint.
Il mostro rise e avvalendosi dell’agilità innata del corpo allenato di Michelangelo, evitò facilmente un pugno al viso cogliendo l’attimo fuggente per usare la piccola Hanami come scudo.
Raphael non poté frenare un veloce pugno al volto del mostro e si ritrovò a colpire lo stomaco della sua figlioletta, scaraventandola pesantemente in terra.
“Un padre che attacca la propria figlia! Questo è veramente un orrore!” ironizzò Draiko.
“Michelangelo! Lo so che mi senti! Liberati di questo demone schifoso!” urlò Donatello, a pieni polmoni.
“Tanto è inutile” mormorò il drago, afferrando la gola di Raph per stritolarla.
“MIKEY!” continuò il viola.
“Muori!” gridò felicemente Draiko, mentre il volto di Raph si fece sempre più pallido.
Leonardo ringhiò, con le lacrime sul viso di un cuore infranto dal dolore e gridò nel modo più animalesco possibile, pronto per vendicarsi.
Draiko tolse il ghigno e scagliò il povero Raphael dritto sul Donnie, che non poté che soccombere sotto quella pesante muscolatura.
“Vediamo che sai fare, tu che hai stuzzicato l’interesse di Ue” ricordò il mostro.
“Io non appartengo a lui!” gridò Leonardo.
Il combattimento ebbe inizio: Draiko evitò con le mani sui fianchi una serie di pugni e calci al volto, indietreggiando volutamente per colpire la piccola Hanami, incosciente sul pavimento.
“Lascia stare la mia bambina!”.
Splinter intervenne in quella danza di lotta, ma solo per raccogliere la piccola e togliersi da lì.
“Non andrai da nessuna parte!” ruggì Draiko, protendendo la mano insanguinata.
Leonardo si caricò sulla mano e colpì l’arto nemico con un possente calcio, rimettendosi in piedi con una verticale strepitosa.
Draiko urlò, tenendosi il braccio interamente dolorante e sputacchiò del sangue: rimase per qualche secondo in silenzio, prima di scoppiare sonoramente a ridere.
“Leonardo! E anche tu, Splinter! Avete ferito il corpo del vostro amichetto!”.
I due citati lasciarono afflosciare le spalle tese: era dannatamente vero! Lo avevano completamente scordati, ora che si erano resi conto con chi avevano a che fare!
“Michelangelo verrà curato, alla fine” intervenne Donnie, in piedi e sostenendo Raph.
“Davvero?” derise Draiko: “E si lascerà curare da colui che lo ha reso debole per averlo scaricato?”.
Il genio si morse le labbra, addolorato per ciò che aveva commesso ma il focoso, la cui gola aveva già mostrato segni di strangolamento, gli diede una pacchetta affettuosa sulla guancia, sorridendogli.
Non doveva ascoltarlo!
Draiko si stava solo servendo delle memorie più recenti di Mikey e ne stava sfruttando il contenuto per corrompere la determinazione di Donnie.
“Hai ragione” mormorò il viola.
“Cosa?” ripeté Draiko, stupito.
“L’ho fatto soffrire e probabilmente adesso mi odierà. Ma... sono pronto a morire pur di salvarlo e se c’è una cosa che ho imparato nell’Incubo di Leonardo è che un demone che si impossessa di un corpo può essere tranquillamente cacciato!”.
“No! Questo è impossibile! Sono io a decidere quando lasciare!”.
“Davvero?” derise Donnie, lasciando andare Raph.
Quei suoi occhi nocciola brillarono di grande determinazione e il ghigno vittorioso sulle labbra lo rendeva terribilmente sexy: ma per Draiko tutto questo fu fonte di paura.
Indietreggiò, quindi, sentendo la sua determinazione vacillare.
Il viola brandì dalla sua cintura un kunai di acciaio con un kanji che rappresentava l’aria, ricevuto in dono dal Daymio quando liberarono Ue dalla fusione con Draiko.
Ma non era stato il solo: Leo aveva avuto quello dell’acqua, Raph quello del fuoco e Mikey l’elettricità.
Erano kunai in grado di porre fine all’esistenza dei demoni più oscuri.
Come, in questo caso, Draiko.
“NO! Non è possibile!” urlò il drago, appiattendosi contro il muro: “Non mi avrete mai!”.
Donatello scagliò il kunai ma Draiko fu più rapido e aprì un portale nero con un movimento circolare della mano insanguinata: ci si gettò dentro, mentre il kunai rumoreggiò contro il muro, cadendo in terra.
“Presto! Nel portale! Forse ci porterà da Reiki!” ordinò Donnie.
“Leonardo, vai anche tu. Io porterò Hanami sul Nexus” propose il sensei.
L’azzurro annuì e stampò un ultimo bacio sulla testa della bimba, sparendo nel vuoto, imitato da Raphael.
“Buona fortuna, figli miei” mormorò il topo...

….

“Ho fame!”.
Ue sbatté il pugno su uno dei braccioli del suo trono, esasperato. Scegliere Reiki era stato l’errore più madornale che avesse commesso! Stava, infatti, parlando da ore, ormai!
E l’uomo ne aveva abbastanza.
“Dammi da mangiare!” gridò Reiki, scuotendo la sua mini gabbia.
“Silenzio! Mi stai esaurendo!” tuonò Ue.
“Ho fame” replicò ottusamente Reiki.
Ruggendo, Ue allungò la mano al cestino ricco di frutta e pane che capeggiava in terra, accanto al suo trono e consegnò una mela piccola alla bambina che iniziò a mangiarla velocemente, tanta era la fame che aveva.
“Spero che ora tu rimarrai zitta”.
Ue non fece neppure in tempo ad appoggiarsi allo schienale del trono che il torsolo di quella mela gli arrivò duramente alla tempia, con le risate di Reiki come sottofondo.
“Tu, piccola...!” ringhiò.
“Fammi uscire” chiese la bimba: “Voglio andare a casa”.
“Tu non andrai da nessuna parte!”.
“Perché?”.
Se fossero stati in un manga, Ue avrebbe avuto gli occhi ridotti a due puntini neri dallo sgomento dell’innocente domanda posta da Reiki, la cui testolina era inclinata adorabilmente.
“Come perché? Tu sei la mia prigioniera!”.
“Anche tu?” formulò la piccola.
“Certo che no!” sbuffò Ue: “Accidenti! Hai la stessa lingua lunga di quello stolto di tuo padre!”.
Reiki smise di parlare e si chiuse in un silenzio così strano che si guadagnò un’occhiata perplessa da parte di Ue. Ma ecco che il suo labbro inferiore iniziò a tremare e grosse lacrime si gonfiarono agli angoli dei suoi occhioni e... in un’inalazione d’aria, un forte pianto bombardò il silenzio.
“Sei cattivo!”.
“Certo che sono cattivo! E’ il mio mestiere! E ora zitta!”.
“Papà è forte e ti prenderà a calci!” gridò la bambina.
Ue restrinse gli occhi e senza alcuna esitazione le mollò un colpetto dietro la nuca, lasciandola crollare priva di sensi.
“Finalmente!” esclamò l’uomo: “Non ne potevo più! Questa mocciosa è la copia dei suoi genitori”.
Nonostante tutto, contrasse l’angolo della bocca in un mezzo ghigno e fantasticò sulla sua vendetta coi fiocchi, fissando il vuoto... dove un portale corvino si aprì, rivelando non solo una tartaruga, ma ben altre tre!
“E che cazzo! Oggi non è giornata di silenzio!” bofonchiò Ue, alzandosi dal trono.
Draiko si accorse troppo tardi di essere stato stupidamente seguito e si rimise prontamente in piedi, ma Donnie scattò in uno sprint e lo tenne bloccato al suolo, sedendoglisi sullo stomaco e bloccandogli i polsi.
Ciò, però, gli ricordò una delle notti più focose e intense che aveva avuto con Michelangelo e il suo cuore scese.
“Donnie! Colpiscilo, forza!” urlò Raphael.
“Sì! Al resto pensiamo noi! Prendi questo!” continuò Leo, lanciandogli il kunai con il kanji dell’acqua.
Il genio lo strinse nel pugno, fissando il mostro inorridito e amareggiato dal morire sul serio e così tanto presto.
“Hai preso il mio adorato compagno. Non te lo posso perdonare, maledetto” sussurrò Donnie.
“NO! NO! UE, fa qualcosa!” implorò il demone.
“Hai fallito. Perché dovrei sporcarmi le mani con te?”.
Il mostro aprì la bocca, distraendosi: Donnie approfittò il momento propizio per affondargli nel petto il kunai con una perla azzurra alla fine del manico di metallo lucente e premette nella carne dello sterno (sull’ex-cicatrice anche) con tutte le sue forze.
Il demone inarcò la schiena, spalancando occhi e bocca, mentre un fumo nero e cremisi fuoriuscì da quelle due aperture, con un odore di zolfo.
Il genio si tolse prontamente, per evitare di intossicarsi e osservò Draiko urlare per un dolore bruciante partito dal kunai ancora bloccato nel petto e una forte folata di vento si levò dal corpo di Mikey, mentre il demone si staccò da quel corpo, restringendosi in una pallina di fumo nero per poi esplodere letteralmente, mutandosi in sabbia rossa.
“Tanto era solo un illuso” mormorò Ue.
Donatello si inginocchiò immediatamente accanto a Michelangelo, alzandogli debolmente la testa nella piegatura del braccio e guardò attentamente la gravità delle ferite... che stavano rimarginandosi!
“Mikey...” espirò incredulo.
Il buco al centro del petto iniziò a legare i vari legamenti muscolari, dei nervi e della pelle, ricostruendo ogni cosa alla perfezione!
“Mikey!” chiamò felice il genio.
La tartaruga arancione aggrottò le sopracciglia e iniziò a tossire violentemente, gemendo al residuo di dolore nell’essere stato sottomesso da Draiko. Aprì gli occhi opachi e mise lentamente a fuoco, ritrovandosi dinanzi un volto che non avrebbe voluto vedere.
Spintonò via Donatello e barcollò per rimettersi in piedi, respirando con fatica.
“Reiki!”espirò, voltandosi verso Leo: “Mi dispiace! Mi dispiace! Non ero in me!”.
L’azzurro e il rosso gli diedero dei calmi sorrisi e si voltarono, piuttosto, verso Ue Sama che scoppiò a ridere, avendo prelevato Reiki dalla gabbia in quel momento distratto nel seguire Draiko lasciar il corpo del minore.
“REIKI!” urlarono i genitori, attoniti.
Ue lasciò uscire da un guanto un pugnale e lo puntò alla gola della bimba svenuta, dondolandola nell’altra mano come un giocattolo.
“Voglio solo uscire di qui. Se vuoi riavere la mocciosa, Leonardo, dovrai lasciarti imprigionare in questo castello, al mio posto!”.
Aveva cambiato i piani ancora una volta, eh?
L’azzurro si irrigidì e guardò la piccola Reiki con quell’orribile lama alla gola. Mille dubbi salirono nella sua mente intorpidita ma alla fine, una sola decisione.
“Se è per salvare la bimba...”.
“NO!” interruppe una voce autoritaria.
Dal nulla ecco prendere forma un portale ovalizzato rosso fuoco, dove un’alta figura comparve.
“Non è possibile! Non è possibile!” urlò Ue.
“Sapevo che qualcosa di oscuro stavi tramando alle mie spalle, Ue. Mi hai deluso ancora una volta e prendersela con delle anime innocenti ti rende ancora più ripugnante”.
La sua maschera d’oro... lo scettro...
“I... il Daimyo è qui?” biascicò sottovoce Leo: “M... ma come...?”.
“Splinter mi ha avvertito e ho collegato subito a Ue. Ho sbagliato a imprigionarti in questo castello. Ancora una volta, meriteresti l’esilio ma... so che questo non farebbe che annerire ulteriormente la tua anima” continuò il padrone del Nexus, agitando lo scettro.
Una luce rossa colpì al cuore Ue, mentre Reiki fu sbilanciata in aria: Raph corse subito a recuperare la sua bimba e sospirando di sollievo, la baciò più e più volte sul capo.
“Reiki, amore di papà! Sono così felice di averti di nuovo tra le braccia”.
Seduto in terra, per attutire lo sprint “volante” che aveva spiccato per recuperare la peperina, Raph si rialzò e si lasciò abbracciare da Leonardo, che a stenti trattenne la voglia di piangere.
“Reiki... piccola mia!”.
La piccola si mosse nel sonno, solo per succhiarsi il pollice, come faceva sempre quando dormiva.

I genitori se la risero un po’ e guardarono piuttosto Ue costretto in ginocchio, soggiogato dal raggio paralizzante dello scettro di suo padre.
“Questo ti aiuterà definitivamente, figlio mio. Non combattere il raggio”.
L’uomo si mise a ginocchioni, urlando a squarciagola, imitando quasi la stessa misera sorte di Draiko: ma anziché dividere lo spirito dal corpo, qualcosa di molto più eccitante, e forse già noto, accadde.
Da un’esplosione di luce finale, dove un silenzio profondo regnò nel castello, un vagito risuonò ai piedi del trono: un bambino appena nato, ricoperto dagli abiti di Ue, piangeva.
“E’... è così carino...” mormorò Michelangelo: “Nonostante cosa fosse prima”.
“Ricominceremo tutto da capo, figliolo” mormorò il Daimyo, raccogliendolo in braccio e cullandolo.
Leonardo si strinse a Raphael, che gli baciò la fronte, accarezzando anche Reiki.
“L’incubo è finalmente finito...” sussurrò.
“Sì. Nessuno ci disturberà più... in caso di altre uova” stuzzicò il rosso.
“Raph... ti prego...!”.
“Cosa?” si difese il focoso: “A me è sempre piaciuta una famiglia numerosa”.
I due piccioncini risero e si inchinarono rispettosamente dinanzi al Daimyo che sorrideva al bambino tra le braccia.
“Grazie, Daimyo. Ancora una volta” fece Leo.
“Merito di Splinter, ragazzi. Adesso, credo sia meglio assistere Hanami per il suo intervento alle tonsille”.
“E... il suo pancino? Sapesse che calcio che le ho mollato ingiustamente!” esclamò il rosso.
“Avrà solo un livido. Nulla di rotto”.
“Per fortuna...”.
Mentre continuavano a chiacchierare, due sole tartarughe non se la spassavano: Mikey era di spalle mentre Donnie cercava solo di parlare.
“Non siamo più compagni. Ricordi? Abbiamo rotto”.
“Mi dispiace... lo so! Ho sbagliato! E anche esagerato! Ma... io non sono scattato perché hai detto quella parola... ma solo perché mi ero lasciato sopraffare dal terrore di essere padre, un giorno. Io ti amo più di ogni altra cosa al mondo, Mikey! Te l’ho dimostrato salvandoti!”.
“Q... quindi...” balbettò l’arancione, respirando con sempre più fatica.
“Mikey? Stai bene?”.
L’arancione ebbe solo il tempo di sorridere al genio, prima di crollare fra le sue braccia.
“D... Donnie... i... io ti amo...”.
E tutto divenne nero...


Angolo dell'Autrice

Tadà! Ecco un altro capitolo di questa storia che si sta evolvendo sempre di più e vi dico semplicemente che coinvolgerà anche "volti familiari del passato delle tmnt" (non pensate al film del 2007, ok? LOL!). Quindi, non crediate che le cose siano finite qui. C'è solo qualcosa di molto, molto più grande che dovrà affrontare la nostra famiglia guerriera preferita.
Baci e come al solito abbraccio tutti quelli che si fermano a leggere, a commentare e non!
Buona domenica a todos!


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Capitolo 4
*** Un Grosso Colpo ***


Mentre continuavano a chiacchierare, due sole tartarughe non se la spassavano: Mikey era di spalle mentre Donnie cercava solo di parlare.
“Non siamo più compagni. Ricordi? Abbiamo rotto”.
“Mi dispiace... lo so! Ho sbagliato! E anche esagerato! Ma... io non sono scattato perché hai detto quella parola... ma solo perché mi ero lasciato sopraffare dal terrore di essere padre, un giorno. Io ti amo più di ogni altra cosa al mondo, Mikey! Te l’ho dimostrato salvandoti!”.
“Q... quindi...” balbettò l’arancione, respirando con sempre più fatica.
“Mikey? Stai bene?”.
L’arancione ebbe solo il tempo di sorridere al genio, prima di crollare fra le sue braccia.
“D... Donnie... i... io ti amo...”.
E tutto divenne nero...


….

1 Mese più tardi...

“Ecco fatto! E anche la torta di fragole con panna è terminata!” esclamò Mikey, strofinandosi il sudore dalla fronte.
Infornò il dolce profumato, attivando il timer per il conto alla rovescia per la cottura completa e si strofinò una perla di sudore. Stava lavorando duramente da quasi due ore.
Era il terzo compleanno di Reiki e Hanami e le bambine non sospettavano neanche lontanamente di una festa a sorpresa, soprattutto perché erano andate con il sensei e i loro genitori sul Battle Nexus per divertirsi un po’ e anche per un controllo alla gola di Hanami, anche se con le tonsille asportate era più sana e vispa che mai!
“Cosa non si fa per i nipotini!” sorrise Mikey.
La sua dolce espressione serena scese un po’; si appoggiò al top della cucina, fissando il vuoto e la sua mano appoggiò sulla pancia.
“Vorrei un piccolo tutto mio. Non so perché, ma mi viene negata questa possibilità”.
Le sue dita serpeggiarono sulla vecchia cicatrice, contraendosi a pugno; Mikey espirò velocemente e si rimise all’opera, pronto per ripulire la cucina.
“Mikey!” chiamò Donnie, entrando in cucina con due pacchetti colorati nella mano destra.
“Sono qui”.
Le cose tra loro stavano funzionando bene, ora che si erano chiariti...

Mikey fissava semplicemente il muro bianco davanti a lui. 
Si era svegliato dopo circa un intero giorno passato a dormire e sapeva anche il motivo: usufruendo del suo corpo, Draiko gli aveva prosciugato ogni forma di energia, rendendolo stremato.
Ma adesso, senza nemmeno un graffio, si sentiva molto meglio, anche se... un po’ confuso.
Prima di svenire, infatti, aveva ricevuto una spiegazione circa la discussione avvenuta da parte di Donatello e lui aveva mormorato un “ti amo”, prima del grande buio.
E ora era questo il problema: era confuso sui sentimenti che aveva per il genio.
Improvvisamente alla porta socchiusa risuonò un bussare dolce. 
Michelangelo guardò ma impassibile attese che Donnie entrasse, con le mani dietro la schiena e un sorriso timido.
“Ciao, Mikey. Come stai?”.
“Bene, grazie”.
Il genio annuì imbarazzato e gli consegnò un fascio di rose bianche, le preferite di Michelangelo. Quest’ultimo accettò e osservò il fiocco di raso arancione che cinghiava il bouquet perfetto.
“Grazie” mormorò.
Donnie annuì ancora una volta e gli si sedette a fianco, su uno sgabellino di metallo solitario nella stanza.
Rimasero in silenzio per qualche secondo e fu lo stesso genio a iniziare il discorso.
“Ho meditato a lungo sulle giuste parole da dirti. Ma credo che ti abbia già spiegato tutto prima che svenissi, nel castello di Ue”.
“Sì. Lo so” rispose atono Mikey.
Donnie sospirò e gli raccolse le mani: “Mikey, tu sei la persona più importante per me e non potrei mai vivere senza averti al mio fianco. Sei parte del mio io. Mi completi e ripensando a cosa ti ho detto quella volta, mi sento disgustato oltre che un bugiardo. Sto dicendo qualcosa fortemente in contrasto con quelle cazzate”.
Mikey lo guardò semplicemente.
“Ero spaventato. Non sono davvero sicuro di voler diventare padre, Mikey. Non sono pronto. Insomma, guardami! Sono ancora giovane e sbadato. Immaturo. Non sarei un buon genitore”.
Mikey abbassò gli occhi ora. 
“Ho il terrore di avere un piccolo. E quando tu hai pronunciato il tuo desiderio circa l’aver un uovo tutto nostro, ho agito per disperazione. Non volevo gridarti tutto quello che ho detto. Ti amo. E... so che ottenere un perdono da te sarà... difficile”.
“Mi fa male, Donnie” mormorò Mikey.
“Cosa? Cosa fa male?”.
“Il cuore. Non farmi rivivere le tue parole. Sto cercando di cancellarle. Dobbiamo solo ricominciare da zero. Io, però, voglio un uovo ma preferisco aspettare fino a quando non sarai pronto”.
Donnie sorrise dolcemente e lo tirò a sé, baciandogli prima la fronte e poi le labbra...


Donnie si avvicinò a Michelangelo, accarezzandogli timorosamente la guancia, per poi avvicinarsi dolcemente. Strofinarono i loro nasi, solleticandosi a vicenda e poi, il momento magico: un bacio dolce e tenero.
“Che cosa hai confezionato?” chiese Mikey, avvolgendogli le braccia al collo.
“Oh! E’ una sorpresina!”.
Mikey lo guardò maliziosamente e lo spinse leggermente, per ridacchiare un po’; si sfilò il suo grembiule bianco di pizzo e controllò la cottura della torta, senza e saggiamente, poi, aprire il forno.
“E tu? Che regali hai fatto?” chiese Donnie.
“Una sorpresa”.
Il genio non poté che ridere soddisfatto del deja-vu e avvolse le braccia intorno alla magra e perfetta vita del suo compagno, pronto per lavare le terrine con della panna.
“Sarà una squisitezza il tuo dolce” mormorò in un orecchio.
Mikey arrossì e ricavò dalla scodella della panna, strusciandola sul naso del suo genio; poi si voltò e iniziò a leccargli la pelle, soffermandosi a un nuovo bacio dolce più che mai.
“Sei fantasioso, tesoro” applaudì Donnie.
Mikey canticchiò semplicemente e si armò di guanti e straccio per rendere un brillante la cucina...

….

“Reiki! Non correre così!” richiamò Leo, per l’ennesima volta.
La sua bambina era un vero “terremoto”! Instancabile, aveva cominciato a correre da una parte all’altra nel sottobosco che attraversare il Padiglione Medico dal Magazzino delle Riserve.
E solo i genitori e il nonno sapevano quanto stremate erano ora le loro gambe, a furia di rincorrerla per evitare che si facesse male!
Raphael, stufo della noncuranza di Reiki, l’afferrò per le ascelle e la fece sedere sulle sue spalle.
“Adesso basta, signorina. Ti sei sfrenata abbastanza”.
“Uffa...! Volevo prendere il fungo!”.
“Fungo, figliola? Quale fungo?” ripeté il sensei, curioso.
Hanami indicò un gruppetto di mini-funghi, per l’appunto, proprio ai piedi di una vecchia quercia nodosa, dove scoiattoli e ricci avevano creato lì le proprie casette.
Dal “cappello” rosso a pallini bianchi, però, Leonardo si rese conto che quei funghi erano velenosi e così, il più categoricamente possibile, spiegò che non avrebbero dovuto raccoglierli per nessun motivo.
“Sono velenosi?” ripeté Hanami, aggrappata alla mano del nonno.
“Molto”.
“Oh...” fece Reiki, giù di morale.
“Suvvia. Sono sicuro che troveremo ricci e castagne da raccogliere o mirtilli” sorrise Raphael.
“Evviva!” esclamarono le due bambine.
Leonardo raccolse Hanami e se la mise sulle spalle, giusto per imitare il compagno focoso che spiegava alle gemelline cosa mangiare e non durante una gita nei boschi e, a quanto pare, la lezione fu molto interessante!
Tanto che rubò più dell’orario previsto!
Una goccia di pioggia cadde sulla testolina di Reiki: la bimba guardò il cielo nuvoloso e tirò dolorosamente la bandana del padre per indicare il temporale che si sarebbe intensificato di lì a poco.
“Credo che ci convenga rientrare” espresse Leo.
“No. Direi che sia ora di tornare a casa, figlioli” propose il sensei.
Quindi, afferrò un gessetto bianco dalla manica del suo kimono e frettolosamente incise i dodici simboli su un tronco, accanto a un pozzanghera per aprire un portale e svanire al suo interno...

….

“Siamo tornati”.
La luminescenza rosata del portale si spense al centro del dojo, dove un nero profondo aveva inghiottito qualsiasi colore vivace.
Reiki e Hanami si nascosero il faccino contro i pettorali dei loro genitori perplessi ma nel buio pesto, non poterono vedere l’enorme sorriso che solo il sensei aveva. Lui solo sapeva!
“Donnie? Mikey?” chiamarono Leo e Raph, perplessi.
Nessuna risposta.
“Venite, figlioli. Cerchiamo solo di raggiungere la cucina” propose il sensei.
Leonardo non fece nemmeno in tempo a seguire suo padre che urtò qualcosa simile a una corda: immediatamente, con delle piccole risatine di sottofondo, i faretti del dojo si accesero e una pioggia di coriandoli cadde dappertutto.
“Buon compleanno!”.
Reiki e Hanami rimasero a bocca aperta nel vedere tante decorazioni colorate, fiocchetti, palloncini e parecchi pacchetti colorati sul divano. Al centro del dojo c’era un tavolo con patatine, succhi di frutta e tante altre leccornie e sotto una campana di vetro, una bella torta farcita di panna e fragole con una candelina a forma di “tre”di zucchero aspettava solo di essere accesa!
Raph e Leo si scambiarono uno sguardo malizioso: erano stati all’oscuro di tutto e non erano per nulla arrabbiati! Anzi e a giudicare da come il sensei se la rideva, a quanto pare sapeva anche lui!
“Ragazzi, non abbiamo parole, davvero” espresse Leo.
Hanami e Reiki saltellarono felicissime di avere una festa di compleanno a sorpresa e non stettero più nella pelle per aprire i regali.
“Prima la torta e poi i regali” ricordò Leo.
“Uffa!” borbottarono le piccole all’unisono.
Raphael e Splinter si diressero verso la camera del secondo solo per tornare con altri tre pacchetti.
“Suvvia, Leo. E’ la loro festa! Se vogliono aprire i regali, perché non accontentarle?” espresse Donnie.
“Ti prego!” lagnarono le due, con sguardi da cuccioli.
“Suppongo che questo glielo hai insegnato tu, eh, Mikey?” ironizzò Leo.
L’arancione agitò semplicemente la mano e iniziò a cantare la canzoncina del “Tanti Auguri”, battendo le mani, mentre le piccole scartarono con foga i loro regali.

Da parte di Donnie:
-Un libro dell’ABC, un uccellino meccanico radiocomandato e dei peluche nuovi.

Da Mikey:
-Una palla, dei nuovi pigiamini, un libro di favole e... un videogioco per la Play Station!

Da Splinter, Leo e Raph:
-Un set di pastelli, delle piccole cinture ninja, delle bamboline di pezza, una casetta per le bambole e...
delle maschere ninja!

“Io, Splinter, è con grande onore che quest’oggi, dono a voi il colore che vi caratterizzerà in futuro come kunoichi in un mondo che sarà tutt’altro che cordiale con voi”.
Hanami e Reiki si inginocchiarono accanto al nonno, che mostrò due piccole bandane: una di un rosa acceso e l’altra di un cobalto tenue.
Hanami ottenne la stessa tinta pacifica di Leo, mentre Reiki quella di Raphael.
“Da domani inizierete il vostro percorso nella segreta arte del ninjitsu che vi porterà a padroneggiare ogni tecnica ed arma” continuò il sensei, baciandole sulla fronte.
“Grazie, nonno”.
“Sensei, quando ci ritroveremo come maestro e allievo” ricordò il topo, abbracciandole.
Michelangelo applaudì con foga ma poi fu costretto a correre improvvisamente al bagno, colto da una forte ondata di nausea.
Donnie inarcò un sopracciglio e mormorando uno scusa sparì nella zona notte, fermandosi davanti alla porta chiusa della toilette: ignorando i conati di vomito, bussò.
“Mikey, sono io” disse, entrando.
Il suo compagno era chino sul water, sudaticcio e pallido, già stremato per quel vomito che aveva bruciato l’esofago.
“Mikey...” mormorò Donnie, palpandogli la fronte: “Non hai la febbre, almeno”.
L’arancione gli si rannicchiò nell’abbraccio, sospirando un po’. Ora si sentiva stanco.
Baciandogli la fronte dolcemente, il viola lo raccolse in stile sposa e lo condusse nella cameretta del minore, mettendolo a letto e rimboccandogli le coperte.
“Donnie...” sussurrò l’arancione, prendendogli la mano.
“Shhh. Adesso ti raggiungo”.
Mikey sorrise dolcemente e chiuse gli occhi, respirando tranquillo. Probabilmente stava già abbandonandosi al sonno...

….

Nei giorni seguenti...

La situazione non migliorò affatto. Michelangelo era affetto da un’irritante nausea mattutina che non gli lasciava un attimo di respiro. Colazione, pranzo e cena terminavano nel water.
E lui aveva perso già cinque chili.
Una notte in cui non riusciva a dormire, si mise a riflettere su cosa gli stava accadendo. Aveva bisogno di capire assolutamente... e non voleva rivolgersi a Don.
-Leonardo... potrei chiedere a lui- pensò.
Senza destare Donnie che riposava dolcemente accanto a lui, si alzò, dando un ultimo sguardo al compagno beatamente nel mondo dei sogni.
-Riposa bene-.
Ascoltando quasi il rombo del silenzio, Mikey si stupì di trovare una lieve luminescenza proveniente da sotto le porte chiuse del dojo. Premendo l’orecchio su una di esse, sentì dei flebili tintinnii di metallo.
Solo una persona avrebbe potuto essere lì!
Entrò il più silenziosamente possibile, chiudendosi la porta dietro al guscio. 
Leonardo era al centro del dojo, con la maschera girata sugli occhi e le katana danzanti nell’aria. La sua maestria nel padroneggiarle era sempre impeccabile.
Mikey quasi si mortificò di essere entrato e strinse nuovamente la maniglia, pronto per uscire ed evitare di interrompere la concentrazione di Leonardo, ma...
“Problemi di insonnia?”.
Mikey sorrise, sospirando: probabilmente era stato percepito a livello spirituale.
“Sì”.
“Ti va di parlarne?”.
Mikey annuì e si sedette sul tatami, a gambe inginocchiate, con Leo di fronte e le katana appoggiate accuratamente in terra. 
“Come ti senti?” iniziò il maggiore, guardandolo attentamente.
“Nauseato. E mi hai visto quante volte vomito al giorno”.
L’azzurro ponderò la risposta giusta e gli strinse le mani, abbracciandolo delicatamente. Sorrideva adesso.
“Mikey, non vorrei metterti in brodo di giuggiole, ma... hai mai pensato che la tua nausea è il classico sintomo di una gravidanza?”.
L’arancione spalancò la bocca per dire qualcosa ma la richiuse e distolse lo sguardo.
“Donnie non sarebbe felice”.
“Ancora la paura di essere padre?”.
“Sì. Nel mio breve soggiorno in ospedale, mi ha categoricamente detto che non avrebbe voluto un uovo fino a quando non si sarebbe sentito pronto” concluse il minore.
Leonardo sospirò, scuotendo il capo: a volte, Don era il più testardo di tutti loro messi insieme!
“I... io non ne sono sicuro di essere incinto o meno”.
Leo lo guardò e lo abbracciò di nuovo, essendosi lasciato trasportare da quella fragilità momentanea.
“Shhh, Michelangelo. Non dirò niente, va bene?”.
Mikey annuì: “Come posso togliermi il dubbio?”.
“Un test di gravidanza. Lo trovi in farmacia, se non vuoi passare a un check-up medico” spiegò l’azzurro, alzandosi in piedi.
“Grazie, Leo. Parlare con te mi è stato molto utile”.
I due si salutarono, preferendo che fosse la giovane notte a portar loro consiglio...

….

Due giorni dopo, ore 21:30

“Bene, Michelangelo. Adesso non hai più scuse. Hai il test e devi aspettare” si disse il minore, fissando il bianco tubicino nelle mani.
Era sgattaiolato nel cuore della notte del giorno prima per raggiungere una farmacia notturna e comprare ciò che Leo gli aveva suggerito e ora stava attendendo i risultati appoggiato al lavandino.
“Sono così nervoso” mormorò.
L’ansia lo stava proprio divorando e in più, metà del suo cuore era infelice perché avrebbe voluto tanto condividere questo momento con Donnie. 
“Non so cosa dire... vorrei essere incinto e anche no” continuò amareggiato: “Donnie potrebbe cacciarmi anche via...”.
L’ansia si trasformò in rabbia e successivamente in tristezza. Ben fatto, ormoni!
La tartaruga piegò la testa da un lato e osservando la piccola sveglia che si era portato dalla cameretta, fu sollevato che i due minuti fossero già passati.
Chiuse gli occhi, deglutendo e si avvicinò il display del test agli occhi. Poi si decise a guardare...
E il suo cuore smise di battere.
“D... due l... linee r... rosa...” gemette, con una mano sulle labbra.
Lo shock lo fece indietreggiare e cadere a peso morto su water, con il test ben stretto nella mano sinistra, da buon mancino qual’era. 
Non ci poteva credere... aspettava una piccola vita. 
“E... e adesso?” mormorò tremando.
Due lacrime caddero lungo le sue guance pallide e si accarezzò il piatto ventre, incapace di dirsi qualcos’altro per infondersi un po’ di coraggio. Inoltre, non sapeva nemmeno che distinzione fare nelle numerose emozioni che gli avevano riscaldato le guance.
Una cosa era certa: era anche felice.
Michelangelo deglutì e scelse l’opzione di non dire nulla a Donnie, almeno non ora che era così scosso. Gettò quindi il test nel cestino del basto e tirò lo sciacquone, giusto per compensare i numerosi minuti che aveva usato per sapere.
Quando aprì la porta, per poco non saltò fuori dal guscio!
“D... Donnie!” esclamò con lieve balbuzia.
“Ehi, piccolo. Ma dov’eri finito? E’ tempo per la cena”.
“Uhm... ecco, non ho molta fame, a dire il vero”.
“No, niente scuse, signorino” ribatté categorico il genio: “Tu mangi adesso, perché in questi giorni non hai avuto un solo pasto decente!”.
Mikey sospirò amareggiato e fissò il bagno, con il cuore palpitante di terrore... sì, aveva paura adesso. Donnie faceva paura quando si arrabbiava. Raph, al contrario, era un agnellino!
Si lasciò guidare dal corridoio, mano nella mano e senza nemmeno che se ne accorgesse, si ritrovò seduto fra  Leo e il compagno, con Raph, Splinter e le gemelle di fronte.
Un generoso piatto di riso al sugo gli fu messo dinanzi.
“Buon appetito” augurò Splinter.
Le bambine afferrarono le bacchette e alla giapponese iniziarono a mangiare, imitate da tutti gli altri, eccetto da Mikey che rigirò semplicemente il cucchiaio nel piatto.
Bambino... bambino... bambino...
La stessa parola gli stava arrovellando il cervello.
“Mikey, sei pallido” notò Leonardo: “Non ti senti bene?”.
Lo guardò stringendo la bocca e parlando in un’occhiata triste che insinuò qualcosa di abbastanza complicato nel fratello. Negò come risposta e si alzò.
“Scusatemi. Non ho fame. Vorrei solo dormire”.
“Va bene, figlio mio. Buonanotte” salutò Splinter.
Mikey annuì e ignorò l’occhiata prolungata di Leonardo che lo seguì fino a quando non svanì nella zona notturna, rintanandosi nella sua cameretta.
Si tuffò sul letto, in posizione supina e notò un luccichio dorato. Sorrise, riconoscendo il suo Klunky peloso e  non poté che accarezzarne la pelliccia quando il micio dolce gli saltò sulla pancia.
“Klunk, piccolo... sono incinto” gli sussurrò in un grattino alle orecchie.
Il micio miagolò con aria interrogativa e lentamente i suoi movimenti rallentarono, in contemporanea alle palpebre sempre più pesanti. Andare a letto era stata una buona idea...
Ma il riposo non sarebbe durato a lungo...

….

“Mikey, svegliati”.
La voce autoritaria di una sola persona. Michelangelo aggrottò la fronte e schiuse gli occhi, cercando di abituarli frettolosamente alla bianca luce della sua cameretta. Si mise seduto, guardando Don che gli era davanti con uno sguardo gelido.
“Che succede, Don?” chiese.
“Questo me lo spiegherai tu!”.
Gli piantò davanti agli occhi il test di gravidanza e Michelangelo chinò lo sguardo, incapace di dire una sola parola. Donnie sbuffò sottovoce ma gli si sedette accanto, alzandogli il mento nella mano per guardargli l’aspetto malaticcio.
“Il test era tuo. Non mentirmi. Leo non poteva essere incinto. Nemmeno io o Raph. L’ho trovato ora che sono andato in bagno per una doccia”.
Mikey guardò istintivamente la sveglia sul comodino: erano le 24:10 e a quest’ora il compagno in viola si dedicava alla pulizia del corpo.
“Sì. Ho voluto togliermi un cruccio” spiegò il minore, distogliendo lo sguardo.
“E?”.
“Sono incinto, Donnie. Da quasi una settimana”.
Il genio gli lasciò bruscamente il mento, alzandosi di scatto. Camminò avanti e indietro, farfugliando parole incomprensibili e si strinse la testa nelle mani.
“Non sono pronto! Non lo voglio quest’uovo!” ringhiò.
“Lo so. Per questo non volevo dirtelo”.
Il genio spalancò gli occhi, guardandosi istintivamente le spalle nell’aver udito un respiro tagliente.
Splinter, Leo e Raphie erano sulla soglia della porta, increduli.
“Io... io lo crescerò da solo. Forse un giorno capirai. Ma non abortirò solo per compiacerti!” ringhiò Mikey.
“Non ti ho chiesto di abortire!”.
“Silenzio! Credi che solo tu non sia pronto per la paternità? Sono balle, Donatello! Tu vuoi rimanere ragazzo per sempre e mi tieni come una bambola per i tuoi sfoghi sessuali!” gridò.
“Io? Ehi, piano con le paro-”.
“Cosa? Non è forse la verità? Ammettilo, Donnie! Non vuoi prenderti le responsabilità! Ma io sì, sono pronto e anche se questo bambino non verrà mai accettato da un moccioso come te, io lo crescerò con amore. Forse un giorno capirai. Ma fino a quando non ti renderai conto di quanto sia in torto marcio, non parlarmi né cercarmi!”.
Il genio rimase sbalordito oltre che gelato sul posto. Si lasciò semplicemente tirar via da Splinter e Raph, mentre Leo rimase a confortare il fratellino che non appena fu abbracciato, scoppiò a piangere.
“Non preoccuparti, non sei da solo, Mikey” mormorò.
“Mi ha abbandonato ancora...”.
L’azzurro lo tenne stretto fino a quando i suoi singhiozzi non si attutirono e dolcemente lo spinse a letto, accarezzandogli la fronte per poi lasciarlo cullare dalle spire enigmatiche del sonno...


Angolo dell'Autrice

Tadàààà! Ecco a voi un piccolo in arrivo, secondo il rating "Mpreg" inserito! A quanto pare Donnie non l'ha presa molto bene, vero? Ma vedrete che accadrà in seguito. Mi raccomando di non abbassare la guardia! La mia perfidia si insinua in tutti! 
Buona serata a tutti! E come al solito, sempre tanti complimenti a chi mi segue e recensisce!


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Capitolo 5
*** Parole per Capire ***


“Cosa? Non è forse la verità? Ammettilo, Donnie! Non vuoi prenderti le responsabilità! Ma io sì, sono pronto e anche se questo bambino non verrà mai accettato da un moccioso come te, io lo crescerò con amore. Forse un giorno capirai. Ma fino a quando non ti renderai conto di quanto sia in torto marcio, non parlarmi né cercarmi!”.
Il genio rimase sbalordito oltre che gelato sul posto. Si lasciò semplicemente tirar via da Splinter e Raph, mentre Leo rimase a confortare il fratellino che non appena fu abbracciato, scoppiò a piangere.
“Non preoccuparti, non sei da solo, Mikey” mormorò.
“Mi ha abbandonato ancora...”.
L’azzurro lo tenne stretto fino a quando i suoi singhiozzi non si attutirono e dolcemente lo spinse a letto, accarezzandogli la fronte per poi lasciarlo cullare dalle spire enigmatiche del sonno...


….

1 Settimana più tardi...

“Mamma! Mamma!”.
April sorrise ampiamente e si asciugò le mani, andando in soggiorno per vedere la sua piccola Shadow di anni tre mostrare un disegnino. 
C’erano lei, suo padre Casey, la mammina, le quattro tartarughe, Splinter e le gemelline.
“Ben fatto, piccola mia. Quando torna papà glielo mostriamo, va bene?”.
Shadow sorrise e abbracciò sua madre, sorridendo.
Era nata tre anni prima, con tre mesi di differenza rispetto alle gemelline. Shadow era la sua piccola e anche di Casey, dal quale aveva ereditato il capriccioso caratterino!
Aveva capelli stranamente biondi, occhi cobalto ma anche la dolcezza di sua madre April e il coraggio. Piccola e carina, era spesso e volentieri la pupilla di zio Mikey.
Un improvviso rumore si levò dalla finestra del soggiorno: April cambiò il sorriso in perplessità e raccogliendo in braccio la piccola si avvicinò cautamente, scostando una delle tende bordeaux.
Il suo cuore svolazzò di gioia alla vista di una figura ingobbita che fece subito entrare.
“Scusa se non sono entrato dalla porta, April”.
“Ciao, Donnie! Che piacere averti qui!”.
“Zio Donnie! Zio Donnie!” esclamò raggiante Shadow, agitandosi tutta.
April sorrise e la porse alla tartaruga che l’abbracciò e la tenne in braccio con grande gioia.
“Che mi racconti di bello?”.
Il genio chinò lo sguardo, mettendo Shadow nel suo box per giocare con vari peluche colorati.
April lo fece accomodare al tavolo tondo del soggiorno, prendendo anche lei posto frontalmente.
“April... diventerò padre”.
“Mikey aspetta?” formulò attonita la rossa: “Ma è meraviglioso!”.
“No, non lo è!” ribatté il genio, a pugni stretti: “Io non voglio un bambino. Non sono pronto... non... io ho paura, capisci? Io sono un ingegnere! Non so come prendermi cura di un esserino!”.
“Tanto per cominciare, l’esserino è tuo figlio. Secondo, non ci vuole chissà quale scienza per abbracciare la paternità. La gravidanza è un’esperienza unica e meravigliosa e tu hai abbandonato Michelangelo proprio in un momento come questo!”.
Shadow smise di giocare sentendo il tono più alto della mamma: guardò i due ma tornò a divertirsi.
Donnie chinò semplicemente lo sguardo, facendo ammorbidire la donna.
“Leonardo e Raphael nemmeno erano pronti quando hanno scoperto delle uova, ma non hanno agito come tu ora stai facendo”.
Donnie la guardò con occhi ampliati.
“E nemmeno io e Casey. Non avevamo idea di come ci si prendesse cura di un bambino... ma, abbiamo imparato insieme a lei” continuò April, rivolta a Shadow.
“Ma...” biascicò Donnie.
April negò e gli prese le mani: “Allontanarsi non è una buona idea, Donatello. Pensi che avere un figlio abbia solo negatività ed enormi responsabilità ma ti sbagli. Anche dopo una dura giornata vedere un loro sorriso non fa che riempirti di gioia e ricordarti che il mondo continua e loro hanno bisogno di noi”.
“Loro sono il futuro” mormorò Donnie.
April annuì e gli porse il disegnino di Shadow; il genio lo contemplò a lungo e con occhi ampliati guardò la piccola che adesso rideva con i peluche sulla testa.
“Zio Donnie! Sono una tartuga!” esclamò.
Il viola sorrise dolcemente e andò a raccoglierla dal box, guardandola affettuosamente. La piccola non capì il motivo esatto ma si accoccolò nel calore dello zio e sbadigliando chiuse gli occhi.
“Non è così male...” aggiunse Donnie.
“Non è mai stato come hai creduto” corresse April.
Donnie le porse la bimba: “Ho... sbagliato tutto... e Mikey sta soffrendo per causa mia... ancora una volta...”.
“Vai da lui e parlagli. Sono certa che affronterete l’argomento con il giusto spirito”.
Donatello annuì e tornò seduto, affondando il volto nelle mani.
“Donnie, non chiuderti nel silenzio” sussurrò la donna, poggiandogli una mano sulla spalla.
“Ho detto che non avrei mai voluto l’uovo... mi prenderei a schiaffi per questo! Non puoi immaginare che disperazione in quegli occhi azzurri” piagnucolò con voce soffocata.
April sospirò e mise Shadow nel box, con un cuscino sotto la testa e la copertina addosso, spostandole un ciuffetto dal viso. Povero Donnie, gli faceva tanta tenerezza.
“Io... io non credevo che anche noi potessimo avere un uovo... avevo paura che non sarebbe accaduto e mi sono lasciato soggiogare dal terrore che avere un piccolino sarebbe stata la rovina della nostra vita”.
“Un bambino non è mai una rovina” rimproverò April.
Il genio la guardò con occhi lucidi e annuì: “Credo di aver già preso troppo tempo. Diventerò padre. Devo stargli vicino”.
“E?” spronò April.
“E devo farmi perdonare in qualche modo”.
April sorrise e lo abbracciò, guardandolo con affetto. Il suo migliore amico era diventato un uomo.
“Tornerò qui con Mikey, promesso”.
“Non vedo l’ora. Preparerò un budino al cioccolato” propose la rossa, aprendogli la finestra dal quale era entrato.
“I tuoi budini sono la fine del mondo!” rise il genio, svanendo nelle tenebre della sera...

….

Raphael non poteva più concentrarsi. Anche se stava ammazzando il suo sacco da box, proprio non poteva fare a meno di vedere Mikey seduto sul divano, con un viso depresso e la mano sulla pancia piatta.
Gli stringeva il cuore così.
“Ehm... Mikey?” chiamò, andandogli vicino.
L’altro alzò i suoi occhi azzurri, guardandolo con un’espressione vuota. Raph sospirò e prese posto accanto, abbracciandolo dolcemente.
“Mi sento solo, Raph” mormorò l’arancione.
“Mi dispiace che debba accaderti qualcosa del genere”.
Mikey si strofinò il naso e sospirò pesantemente. Era tutto così vuoto senza Donnie: metà del suo cuore si era frantumato in mille frammenti.
La nausea risalì in gola: la tartaruga si alzò subito in piedi e corse in bagno, svuotando il contenuto già vuoto del suo stomaco.
E Raph non rimase certamente seduto... non quando un forte pianto risuonò dal bagno, la cui porta si era semplicemente socchiusa.
“Mi hai lasciato da solo... perché? Non volevo che succedesse questo...! Una volta è stato già sufficiente... Donatello... non trattarci così!”.
Raphael fissò la nuova figura che aveva appena varcato l’entrata del dojo: Leonardo non ebbe bisogno di parole per capire cosa stesse succedendo.
Così, insieme al compagno dalla maschera rossa si diresse verso il bagno, circondando il meno frettolosamente la vita del fratello minore che, nella sua crisi di pianto non si era accorto del cigolio della porta che si era aperta.
“Ci ha lasciati da solo...” sussurrò, fra i singhiozzi.
Leonardo guardò Raphael rimasto in piedi, rispetto ai due inginocchiati in terra: non sapeva proprio cosa dire.
“Lascia andare il dolore, Mikey” propose sottovoce Leo.
L’arancione negò debolmente e si chinò sul water per vomitare ancora una volta e di nuovo le lacrime fluirono.
In quel momento la porta dell’entrata della tana si chiuse con uno scatto secco, seguita da un suono di passi tranquilli. Sia Leo sia Raph percepirono chiaramente l’aura familiare ma non ebbero intenzione di accoglierla sorridenti.
Non se aveva trasformato Michelangelo in un relitto in lacrime.
Donatello lasciò cadere la busta pesantemente in terra, guardando il suo compagno così distrutto e singhiozzante: di colpo tutta la sua felicità nel volersi scusare vacillò fino a scomparire.
Il senso di colpa crebbe a dismisura.
Che diavolo aveva combinato!
Mikey si alzò debolmente, sostenuto da Leo e i suoi occhi vuoti si incontrarono in quelli addolorati di Donatello. Ebbe un fremito e i due maggiori fissarono infuriati il genio.
“Avevi ragione” iniziò il viola: “Ho commesso due volte lo stesso errore. Credo proprio di essere un bugiardo patentato. Prima prometto e poi non mantengo”.
Raph e Leo si scambiarono un’occhiata perplessa ma rimasero neutrali.
“Sono scappato da qualcosa che comincio a vedere con occhi diversi. E tutto grazie alla piccola Shadow... e ai discorsi di April, ovviamente”.
“Sei stata a casa sua?” chiese Leo.
Donnie annuì: “Mi ha fatto comprendere che la paternità è un dono e non va sprecato così. In questo prezioso momento bisogna stare uniti... perché anche dal grembo il piccolo necessita amore”.
Un piccolo tonfo: altre lacrime caddero dagli occhi di Mikey e finirono in terra.
“Può anche essere arduo accudire un bambino, qualche volta... ma alla fine, ricevere un sorriso o un gesto del suo affetto è migliore di qualsiasi ricompensa. Perché... sono loro la nuova generazione”.
La voce di Donnie ebbe un tremito: il suo sorriso forzava le lacrime sul viso.
“Voglio questo bambino. E voglio te, Michelangelo” concluse, allargando le braccia.
Mikey lo fissò con il volto scuro e gli occhi arrossati: non era sicuro di voler perdonare di nuovo Donatello ma poi notò due piccole orecchie nere spuntare dalla busta sul pavimento. Era un peluche?
“Mi sono fermato a un negozio e non appena l’ho visto mi sono intenerito” spiegò il genio: “E’ il mio primo regalo per il cucciolo”.
Mikey sorrise e fece un passo avanti, timorosamente: poi un altro e un altro ancora, abbracciando il suo Donnie. Scoppiò ancora in lacrime, ma questa volta di gioia.
“T... tu vuoi il bambino?”.
“Sì. In tutto questo tempo ho riflettuto. E’ il nostro piccolo. E voglio prendermene cura”.
Appoggiò la mano sul ventre di Mikey, guardando Leo e Raph che sorridevano soddisfatti.
“Finalmente hai capito, zuccone!” ironizzò il focoso.
“Ci ho messo troppo tempo”.
“Posso capirti. Anche per me, inizialmente, la gravidanza è stata come un fattore negativo... però, con Raph tutto si è trasformato in gioia” fece Leo, accarezzando il compagno sulla guancia.
Donnie annuì e porse il peluche a Mikey, che se ne innamorò letteralmente. Era un cagnolino beige con le orecchie lunghe e nere, come gli occhietti dolci. Aveva un nastrino bianco di raso al collo e un cuoricino di stoffa colorata sul pancino.
“Donnie... è bellissimo...!” espirò Michelangelo.
Il genio si chinò per baciarlo affettuosamente: aveva dimenticato cosa si provasse a premere le labbra sull’anima gemella. E ora non avrebbe più voluto perderla!
“Ora mi chiedo... siamo davvero sicuri che si tratti di un uovo?” formulò Leo.
“Perché?” chiese Raph.
“Io non ho avuto vomiti, nausee e quant’altro all’inizio della gravidanza”.
“Questo vuol dire che...” esclamò Donnie, incredulo: “Che Mikey potrebbe aspettare un tartarughino come è accaduto ad April! Cioè, che lo sviluppo avviene all’interno della pancia e non in un uovo!”.
Sollevò Michelangelo nell’aria, con la felicità raggiante nello sguardo nocciola e lo abbracciò dolcemente, inspirando il profumo lieve e delicato di Michelangelo.
“Mikey... oh, Mikey...” riuscì a mormorare.
L’arancione ringraziò Leo e Raph con un cenno del capo e non poté che sorridere ancora più ampiamente al sensei che avendo sentito quelle grida felici, era accorso con Reiki e Hanami.
“Sensei, so che sono pronto per il bambino” spiegò Donnie: “C’è una grossa possibilità che potrebbe non essere un uovo, stando ai sintomi di Mikey”.
“E’ meraviglioso, Donatello. Non vedo l’ora di sapere chi si unirà alla nostra famiglia!”.
“E’ un fratellino?” domandò Hanami, con il ditino sotto le labbra.
“No, amore. E’ un cuginetto” corresse Raphael.
La bimba annuì confusamente, non potendo fare a meno di chiedersi dove fosse quest’altro bambino.
“Dov’è?” chiese Reiki, allora.
“Qui dentro” rispose Mikey, indicandosi l’addome.
“Oh! E si può vederlo?” esclamarono le gemelle all’unisono.
“E’ troppo presto, bambine” ammonì dolcemente Leo: “Che ne dite di andare a letto, adesso? Avete giocato abbastanza per oggi”.
“Ma non siamo stanche!” sbuffò Reiki, stropicciandosi gli occhi.
“Come no” ridacchiò Raph, prendendola in braccio.
La bimba appoggiò istintivamente la testa sulla spalla del suo forte papà e salutando stancamente anche gli altri chiuse gli occhi, respirando tranquillamente.
“Vieni, Hanami. E’ tempo del lettino” pronunciò Leo, raccogliendola.
“Grazie per tutto, Leo” fermò Mikey, abbracciato a Don: “Il tuo sostegno è stato molto importante per me”.
“Qualunque cosa per te, fratellino”.
Leo si allontanò tranquillamente nel corridoio, raggiungendo la cameretta delle due gemelline, per mettere il pigiamino a Hanami e infilarla sotto le coperte, imitando Raph.
“Sono molto felice per voi, figli miei” annuì il sensei: “Finalmente l’aura di tristezza è scomparsa”.
“Vero. E mi dispiace per ciò che ho commesso” sospirò il genio.
Mikey strinse al petto il peluche e abbracciando il maestro Splinter per dargli la buonanotte, tirò Donnie nella camera da letto, chiudendo dietro di sé la porta.
Klunk miagolò interrogativo, non capendo per quale motivo fosse stato “escluso”, fissando con occhi cisposi il sensei.
“Lasciamoli soli, Klunk. Credo che stasera dormirai con me. Farai compagnia a questo vecchio topo” ridacchiò il sensei, trascinandosi nella sua stanza, seguito dal gatto...

….

Donatello spinse dolcemente Mikey sul letto, montandogli su a ginocchioni: lo guardò con affetto e allungò pigramente un braccio per accendere il lume sul comodino, irradiando la camera di una gialla luce soffusa.
“Il mio compagno stupendo” sottolineò, accarezzando la guancia di Michelangelo.
Il riflesso del lume mise ancora più in evidenza gli occhi splendenti di gioia dell’arancione che, con un’espressione felina, prese Don per le code della maschera, costringendolo ad abbassarsi verso il suo viso.
“Ehi! Dovrei essere io a dominare” protestò giocosamente il viola.
“Cambiamo, dai”.
Con un ribaltamento veloce, Donatello si ritrovò supino e con Mikey seduto sullo stomaco: anche se non lo stuzzicò granché quest’idea, avrebbe reso felice il suo compagno.
“Devo punirti per il male che mi hai fatto” sussurrò cupamente.
Il genio rabbrividì alla mano sapiente dell’altro camminare sui pettorali, scendendo a picco verso lo stomaco e da lì cominciò a creare piccole circonferenze sulla zona proibita.
“Mikey...” espirò Donatello, sudando di eccitazione.
“Shhh. Il capo sono io”.
La prossima cosa che il genio sapeva fu il contatto fresco dell’aria contro la sua carne calda. Si mordicchiò le labbra e guardò Mikey concentrato a studiare l’organo palpitante.
“Ch... che vuoi fare?” espirò il viola.
“Vendicarmi” pronunciò l’altro con voce fredda.
Donatello deglutì e gridò un po’ quando Michelangelo gli strinse un po’ troppo duramente il membro, tirandolo con forza. Però, fu presto sostituito da una carezza sulla punta con il pollice e il peso di Mikey spostarsi fra le gambe del genio.
Anziché coricarsi sulla pancia con le gambe e guscio all’aria, Michelangelo preferì mettersi su un fianco per consumare il suo spuntino serale.
“Oh... cavolo!” espirò il genio, allargando le gambe: “Per un attimo... mi hai fatto paura!”.
La lingua era troppo occupata ad assaporare il gusto dolce e salato di Donnie per risponderlo. Mikey emise un churr dal basso della gola e si distese accanto al viola.
“Mi dispiace così tanto, piccolo...” sussurrò il genio: “Per ciò che ti ho fatto”.
“Hai avuto una punizione. Tutto perdonato”.
Donnie si appoggiò su una mano e iniziò ad accarezzare la pancia di Michelangelo, guardandola con una lieve tristezza.
“Di nuovo il non-voler il bambino?” pronunciò Michelangelo serissimo.
“No. Sto solo provando ad immaginare quanto sarà bella la nostra vita con lui o lei... o loro”.
Mikey sorrise e gli prese il viso fra le mani, pronto per baciarlo.
“Forse non mi assaggerai stasera, ma... coccolami” sussurrò soave.
“Se è questo quello che desideri” rispose Don, sorridendo.
Premettero insieme i loro corpi sotto il caldo piumone viola pastello, accarezzandosi a vicenda.
“Mi sei mancato” mormorò Mikey: “Non è bello dormire senza di te”.
“Dormiremo insieme sempre, d’ora in poi”.
Mikey espirò soddisfatto e si girò su un fianco, premendo il guscio al petto di Donnie, per solleticargli appositamente lo spacco intimo con la coda.
Il genio ridacchiò ancora e gli avvolse le mani sulla pancia, accarezzandola tranquillamente fino a quando non udì i respiri tranquilli di Michelangelo...

….

Anche Leo e Raph erano nel letto, accoccolati insieme e con la camera delle bambine a fianco.
“Sono così contento per Don e Mikey. Soprattutto per Mikey” espresse Leonardo.
“Già. Avranno una tartarughina come accadde a noi tre anni fa”.
Il rosso gli leccò la clavicola, risalendo con la lingua sotto al mento e raggiungendo la bocca per trasformare tutto in un bacio forte e appassionante.
“Conosco quello sguardo” si lamentò giocosamente Leo, fissando l’espressione maliziosa, resa definita dal lume acceso: “Tu vuoi un altro uovo”.
Il rosso rise e si coricò con le braccia dietro la testa, fissando il soffitto e ridendo di Leo che attendeva la risposta, stando seduto.
“E se anche ti dicessi di sì?”.
“Raph, ne abbiamo già parlato. Abbiamo già Reiki e Hanami e non vorrei altre uova”.
“Oh, andiamo. A me sembrava che alle gemelline l’idea di un cuginetto fosse piaciuta molto”.
Leo sospirò drammaticamente e si rimise a dormire, dandogli il guscio in faccia.
“Buonanotte!” sottolineò con leggera stizza.
Spense il lume e si tirò il piumone fino alle orecchie. Ma Raph non aveva alcuna intenzione di concludere lì la piccola discussione, per lui molto divertente. Quindi, gli poggiò il mento sulla curva della spalla, dandogli un bacio piccolo e poi stuzzicarlo con la lingua sulla pelle.
“Dai!”.
“Tu non vuoi un altro uovo?” ripeté il rosso.
“No. Non ora che c’è il piccolo di Don e Mikey” replicò Leo.
“Io voglio rivederti tondo!” lagnò il rosso.
“E io non voglio ingrassare ancora! Nella mia gravidanza presi ben venticinque chili, se ti ricordi!”.
Il rosso ridacchiò e gli pizzicò un fianco: “Altroché se lo ricordo! Ti potevo stringere la ciccia soprattutto qui e... qui!”.
Leonardo si arricciò a pallina, quando la mano di Raphael gli sfilò il membro in un rapido gesto per spremerlo un po’!
“R... Raph!” boccheggiò Leonardo.
“Shhh. Penso che Hanami la prenderebbe bene. Non sono sicuro di Reiki”.
“Perciò volevo vedere la reazione delle bambine quando il bimbo dei nostri fratelli nascerà. Chissà... magari potrebbero chiedercelo loro un fratellino”.
“Quindi dovrò aspettare per avere la ciccia gratis?” ridacchiò il rosso, accarezzandolo dolcemente.
Leonardo ronzò come risposta e lo baciò, sbadigliando.
“Ne riparliamo domani, Nightwatcher. Buonanotte”.
“Notte...”.

….

Splinter ridacchiò.
Era andato a controllare Reiki e Hanami e casualmente aveva udito i discorsi di Leo e Raph. 
-I miei figli sono diventati grandi- pensò, tornandosene in camera sua.
Canticchiando mentalmente una vecchia ninna nanna giapponese, si rinchiuse in camera sua, chiudendo dolcemente le shoji...


Angolo dell'Autrice

Capitolo piccante per entrambe le coppie! E finalmente Don ha capito! Ma pensate veramente che non ci siano più mali da combattere? Eh! Eh! Mai abbassare la guardia con me! Grazie per coloro che seguono tutte le mie storie, che commentano e non!

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Capitolo 6
*** Black Out! ***


Splinter ridacchiò.
Era andato a controllare Reiki e Hanami e casualmente aveva udito i discorsi di Leo e Raph. 
-I miei figli sono diventati grandi- pensò, tornandosene in camera sua.
Canticchiando mentalmente una vecchia ninna nanna giapponese, si rinchiuse in camera sua, chiudendo dolcemente le shoji...


….

3 mesi dopo...

Lo squillo del telefono risuonò nella tana.
“Vado io!” pronunciò Donatello, il più vicino al salotto.
Sollevò la bianca cornetta con la mano meno sporca ci trucioli di legname e si schiarì la voce.

“Pronto?”.
“Ciao, Donnie! Sono io, April!”.
“April! Che bella sorpresa! Come posso esserti utile?”.
“Semplicemente venendo a casa mia, stasera. Shadow vuole vedere zio Mikey!”.
“Va bene! Allora da te stasera! Ciao e saluti tutti!”.
“Va bene!”.

“Chi era?”.
“April. Ci ha invitati a casa sua stasera” rispose il genio, sorridendo al suo compagno.
Indossava un grembiule che mostrava ampiamente la sua curva dolce e fiorente più grande, sprizzando tenerezza da tutti i pori.
Il genio lo abbracciò, attento a non schiacciare lo stomaco e annusò il profumino invitante che galleggiava sull’arancione.
“Che stai cucinando di buono?”.
“Bucatini con ragù di carne”.
Il viola si leccò istintivamente le labbra e si inginocchiò per baciare la pancia morbida, poggiandoci su l’orecchio.
“A proposito, oggi si va alla prima ecografia!” ricordò, sollevando il grembiule bianco per contemplare meglio la rotondità.
“Oh, giusto” annuì Mikey: “Con tutto il da fare l’avevo scordato. Ma ora non sono più nella pelle! Potremo vedere il nostro piccolino!”.
“E non vedo l’ora”.
“Ehi, voi due! Potreste scegliere un’altra stanza per queste sdolcinatezze?” risuonò la voce burbera e ironica di Raph, uscito dal bagno.
“Perché? Non stiamo mica facendo il kamasutra!” schernì Michelangelo.
Il rosso rise con i suoi fratelli e avvolse un braccio intorno alle magre spalle del fratellino, adocchiando la sua pancia più gonfia.
“Come va ora?”.
“Ho superato il primo trimestre e con essi anche nausee e vomiti. Ora mi godo il resto” spiegò il minore, accarezzandosi la pancia.
“Ah, mi fa proprio piacere! Non vedo l’ora di diventare zio”.
La risatina bonaria di Raphael si trasformò presto in un eccesso di tosse, che scurì in volto alle altre due tartarughe.
“Raph, stai bene?” chiese Mikey, preoccupato.
“Sì, sì. Ho questa tosse da un po’, in effetti... ma non mi preoccupo più di tanto” rispose Raph: “Ho sentito che oggi c’è la tua prima ecografia, Mikey. Come ti senti al riguardo?”.
“Eccitato più che mai!”.
La lampadina della cucina lampeggiò per un secondo prima di lasciar spazio al buio pesto: le tre tartarughe ci impiegarono un po’ di tempo a capire ma iniziarono a toccarsi le braccia o le mani a vicenda, per non disperdersi troppo.
“Mikey, non muoverti. Non voglio tu cada” fermò Donnie, toccandogli il viso.
“Ok... ma ci sono ancora le pentole a bollire”.
Guidati dalle debolissime fiammelle rosse e blu provenienti dalla cucina -fortunatamente dietro di loro!- ebbero almeno una minuscola fonte di luce.
“Donnie, secondo te, che sarà successo?” pronunciò Raph, schiarendosi la voce.
“Un black-out. Ma non so se è solo un guasto all’impianto fognario o anche in superficie. Bisognerebbe controllare”.
“Ah” fu la risposta del rosso, amareggiata anche.
"Papà! Papi!" gridarono le gemelline dal fondo del corridoio.
Raphael si irrigidì e cercò di raggiungerle il più velocemente possibile, vagando alla cieca e sbattendo più volte contro le mura o strusciando contro le intelaiature delle porte, raggiunse l'ultima camera del corridoio.
"Bambine" chiamò.
Due piccole braccine gli si avvolsero alle gambe e Raph espirò felicemente, accovacciandosi per abbracciarle fortemente. Ora si sentiva molto più al sicuro, avendole in braccio. Anche se... lo preoccupava ancora il silenzio di Leonardo.
Dov'era?
"Ahhhh!".
"DONNIE!" urlò Raphael, voltandosi dall'altra parte: "MIKEY!".
L'urlo di terrore e dolore non gli piacque per niente e cercò disperatamente di raggiungere nuovamente la cucina, quando un forte colpo dietro la nuca lo fece trasalire: Raphael ondeggiò gemendo e cadde pesantemente in terra, riverso su un fianco per non ferire in alcun modo le sue piccole.
"N... no..." biascicò, prima di perdere i sensi...

....

"Guardate, poverino...".
"Sì, e non ha nemmeno un respiratore".
"Sicuramente è morto".
"No, ti sbagli! Guarda, si sta riprendendo".
"Permesso, scusate. Per favore, lasciatemi passare" esclamò una voce robotica, facendosi largo tra la folla di curiosi intorno al vicoletto stretto.
"Proprio come sei anni fa, vero?" pronunciò la voce di un ragazzo.
Si chinò per alzare dolcemente la testa del mutante che lottava per risvegliarsi e fece un cenno all'enorme robot di metallo che attivando i propulsori sotto i piedi, si librò in volo, disperdendosi verso nord-est.
"Già. Proprio come un tempo. Solo che mi era capitato Michelangelo e non tu... Raphael".
La tartaruga aggrottò la fronte e schiuse debolmente i suoi occhi dorati appannati, fissando confusamente la testa rossa dagli occhi verdi che gli sorrise dolcemente e in rassicurazione.
"A... April?" balbettò raucamente, scoppiando in un eccesso di tosse.
"No, Raph. Sono Cody, ricordi?".
Il giovane gli appoggiò la mano sulla fronte e si scurì in volto per l'enorme quantità di calore che irradiava la pelle. Sospirando, alzò Raphael, facendolo appoggiare sul suo corpo, sostenendolo con un braccio sul guscio.
"Lo so. Probabilmente sarai scosso, ma credimi, questa volta non è opera mia... ma di un nemico diverso" pronunciò Cody, guardando le persone aliene allontanarsi per la loro strada.
Era incredibile come tutto si fosse modificato: nella tana e poi una profonda oscurità. E infine la superficie. O meglio, New York, anno 2111.
Erano trascorsi sei anni da quell'emozionante viaggio ne futuro ma ora sarebbe stato differente. C'era qualcuno che, riuscendo in qualche modo a impossessarsi dei progetti top-secret della O'Neil Tech circa la Finestra del Tempo l'aveva costruita... ma danneggiando lo spazio tempo.
Un enorme squarcio nel paradosso.
Pericoloso più che mai.
Mentre camminavano in quel vicolo schiacciato da alti grattacieli, Raphael riuscì ad abituarsi all'intensa luminescenza serale ma non certo a ignorare il freddo violento contro la sua pelle bruciante. Beh, considerando quanto sentisse caldo, quello era un refrigerio ottimo... oltre che mortale.
Lanterne rosse cinesi si muovevano dai fili fra un palazzo e l'altro, mentre il fischio del vento fischiava fra un vicolo e l'altro, scuotendo le foglie rinsecchite degli alberi nel periodo autunnale.
"C... Cody..." gracchiò nuovamente Raph, soffocando inutilmente un colpo di tosse con la mano.
"Shhh, Raph. Non parlare. Posso dirti che conosco la maggior parte della storia ma non i dettagli più importanti. So che mentre lavoravo è avvenuto un black-out e poi su tutti i telegiornali è giunta la clamorosa notizia di un buco misterioso nel cielo e ho subito capito".
"Come hai fatto a trovarmi?".
"Analizzando la mappa di New York alla ricerca di eventuali altri buchi, ho scovato una concentrazione massiccia di fotoni e protoni concentrati in cinque precisi punti della città e sono arrivato con Serling a controllare".
Raph sorrise: "Intelligente come al solito...".
"Grazie".
La paura colpì improvvisamente la tartaruga, che si fermò, guardando Cody con un viso sbiancato: tremante, gli afferrò i bicipiti, non riuscendo a dar voce alle sue parole.
"Che c'è? Raph, calmati! Mi stai spaventando!".
"L... le mie bambine! Dove sono?!" gemette, iniziando a chiamarle, cadendo più volte in terra per l'eccessivo peso della febbre.
"Il trasporto inter-dimensionale deve aver aggravato la sua salute" mormorò sottovoce Cody.
"REIKI! HANAMI!" gridò ancora il focoso, tremando.
"Raphael, mi dispiace... ma c'eri solo tu..." mormorò Cody, aiutandolo a rimettersi in piedi ancora una volta.
"No... non è possibile! Non di nuovo! Loro sono tutta la mia vita! Cody, ti prego, aiutami a cercarle!".
"Sì, Raph. Ma prima è necessario portarti alla O'Neil Tech" propose il ragazzo.
"No! Non vado da nessuna pa... part... e...".
"RAPH!" gridò Cody.
Il focoso smise di parlare, prendendo un respiro tremante e si afflosciò in terra, mentre le code della maschera scivolarono sul suo viso arrossato dalla febbre. Deglutendo, il ragazzo gliele scostò e si meravigliò davvero nel trovare le scie fresche di due lacrime che erano state assorbite dal cotone della mascherina.
"Le ritroveremo" gli promise, pigiando il suo mini-tablet integrato nel bracciale di metallo al suo polso sinistro, sotto al soprabito blu.
Indossava un paio di stivali neri, jeans scuri e una felpa nera. Era cresciuto e ora vedeva il mondo con occhi diversi.
Il rombo di una limousine a levitazione magnetica riverberò nel vicolo, fermandosi giusto accanto a Cody. Il ragazzo sorrise e accompagnò Raph al suo interno, coricandolo sui seggiolini neri posteriori, afferrando una coperta beige nel vano porta oggetti, collocato sotto il seggiolino del guidatore.
"E' una vera fortuna che abbiano inventato il pilota automatico, sai?" mormorò Cody, digitando le coordinate sul display dell'auto, posto sul cruscotto.
L'auto chiuse le portiere e partì verso nord, imboccando una superstrada scorrevole per raggiungere la O'Neil Tech...

....

Una manina calda si appoggiò sul grosso naso verde oliva di un noto genio, nascosto dall'ombra di un cassonetto.
"Zio Donnie! Svegliati!".
"Altri cinque minuti...".
La vivace Reiki si corrucciò adorabilmente e gli tirò le code della maschera così forte che Donatello ebbe un piccolo stiramento del collo! Il genio balzò immediatamente seduto, massaggiandosi la testa indolenzita e fissando stordito la piccola nipote che ora rideva soddisfatta delle "sue maniere forti".
"Gran bel risveglio, Reiki" mormorò Donnie, alzandosi.
Ondeggiò un po' e si appoggiò al cassonetto dietro il suo guscio, chiudendo gli occhi e riaprirli solo quando tutto smise di vorticare nella vertigine.
"Zio Donnie, stai bene?" chiese Reiki, preoccupata.
"Sì, amore. Nulla di grave". 
La raccolse in braccio, controllando che non avesse graffi o ferita e le baciò la fronte, mentre tutto ciò che era accaduto prima del buio gli tornò in mente. 
"Hanami non era con te?" espirò in un fil di voce.
Reiki negò tristemente: "No. E nemmeno papà!".
Donnie annuì e si decise a uscire dal vicolo cieco, dando un'occhiata in giro. Si accorse casualmente di non essere nudo ma adesso tutto il suo corpo cominciava a pesare una tonnellata, tanto che ogni suo passo era un dolore continuo alle costole. 
-Mi è difficile respirare...- pensò, guardando Reiki che non sembrava avere problemi.
Guardò varie persone aliene passeggiare tranquillamente con vari aggetti sul petto e Donatello barcollò indietro, come colpito da un tir. Aveva capito! Dannato il suo genio!
"Reiki, siamo nel futuro..." biascicò, deglutendo: "Questo significa che... siamo nell'epoca di Cody! Di nuovo, poi!".
"Chi è Cody?" chiese Reiki, con un ditino sotto le labbra.
"E' come il nostro fratello minore. E' un bravo ragazzo".
"E' uno zio?".
Il genio sbatté le palpebre e scoppiò a ridere, accarezzando la bimba sulla testa. Annuì e la paura gli liberò parzialmente lo stomaco perché aveva un bel po' di informazioni dove partire per trovare gli altri, ammesso che fossero anche loro nel 2111. E poi, per fortuna, avere Reiki con lui significava grande compagnia e lui non poté chiedere di meglio. Una chiacchierina come lei gli avrebbe fatto affrontare anche le più difficili situazioni.
Donatello guardò da entrambi i lati, correndo rapido fra i cornicioni alti degli edifici ricchi di dove si trovava e un sorriso allargò le sue labbra: in cima, ma molto in lontananza, riuscì a scorgere la classica forma a parallelepipedo della O'Neil Tech, con quella brillante "O" verde ologrammata.
"Sì! Sono su una strada periferica! Basterà camminare sempre dritto e giungeremo da Cody!" esclamò raggiante...

....

"Mikey! Mikey, per favore, apri gli occhi!".
"Zio Mikey!".
"Ti prego, fratello... non farmi il torto di morire!".
Michelangelo si aggrappò a due timbri differenti di voci, stringendo le palpebre. Dov'era finito il buio dall'incredibile fascino di mistero che lo aveva guidato per tutto questo tempo? Sarebbe stata una buona mossa aprire gli occhi?
Quelle due voci continuavano a insistere, però...
Mikey si fece coraggio e il nero cominciò a diradarsi, mostrando un verde foresta con una stria azzurra all'altezza di due piccole sfere ramate.
"Mikey, finalmente...!" espirò Leonardo, stringendolo a sé.
"Evviva!" saltellò Hanami, vispa e radiosa.
"Come ti senti?" domandò ancora il leader, adocchiando il pancino: "Mi auguro che non sia accaduto nulla di male al piccolo".
Istintivamente l'arancione spalancò gli occhi e iniziò a piagnucolare, respirando con fatica... anche a causa della zona con scarsa presenza di ossigeno nell'aria.
"Calmati! Non devi stressarti! Non sei sbattuto in terra!"...

La prossima cosa che Leonardo sapeva era che dal dojo -dove non era riuscito a concentrarsi nemmeno un po' per un'irritante sensazione sinistra strisciante nel suo corpo- era piombato da una luce oscura assieme a Michelangelo e Hanami!
Stavano cadendo vorticosamente nel vuoto, da un'altezza inimmaginabile ed essendo l'unico ancora sveglio era suo compito salvarli! Così, nuotando contro la forza prorompente dell'aria, si avvicinò ad Hanami e la strinse al petto, afferrando anche Michelangelo in stile sposa.
I suoi brillanti occhi ramati adocchiarono un dirigibile colorato di bianco e ci saltò sopra, individuandone un secondo poco più in basso. Saltò nel vuoto ancora una volta con un elegante salto mortale e giunto sul pallone di colore cobalto, ebbe una chiara panoramica del paesaggio urbano: c'era un tetto di un edificio a ore dodici, seguito da altre quattro poco più bassi, proprio come una scala.
"Perfetto" mormorò Leo.
Saltò sul primo tetto con una velocità impeccabile e attutì la forza d'inerzia con le ginocchia piegate; subito dopo scattò in uno sprint e scese sugli altri tetti, fino a quando non si calò in un vicolo privo di "occhi indiscreti", atterrando su un tendone giallo e rosso per concludere con un salto mortale con atterraggio sull'asfalto.
Tutta l'adrenalina contenuta per affrontare quel problema gigante si disperse e Leonardo crollò con il guscio in terra, respirando pesantemente. Sorrise, benedicendo il Maestro Splinter per gli anni usati per l'addestramento di ninjitsu: se non fosse stato per il caro padre, non sarebbe stato in grado si salvarsi ora e innumerevoli volte nel passato.
Guardò il cielo nuvoloso e serale e controllo sia Mikey sia Hanami: entrambi stavano benone e avrebbe semplicemente aspettato fino a quando non si sarebbero risvegliati...


Mikey si aggrappò al collo dell'azzurro, ancora scosso dalla situazione e il fratello tese un braccio anche per accogliere la sua bambina. 
"Va tutto bene. Ci sono io qui con te" gli sussurrò, baciandogli la fronte.
L'arancione annuì e quando il suo tremolio si attenuò un po', si alzò in piedi, sorretto sempre dal leader che preferì tenere in braccio la sua piccola e sperare di trovare almeno uno spiraglio familiare in quella desolazione.
"Che cosa è successo Leo?" chiese Mikey.
"Non lo so, fratello. Tutto è accaduto dopo il black-out".
"Non sai dove sono Reiki e gli altri?".
"No, Mikey. Ci siamo solo tu, Hanami ed io".
Mikey annuì sconsolato e si strofinò il pancino, sperando di trarre un po' di conforto. E anche credere fortemente che la piccola vita fosse al sicuro.
"Credi sia meglio incamminarci?" propose.
"Sì, Michelangelo. Non ha senso restare fermi qui. Se anche gli altri sono finiti qui, è meglio trovarli" annuì Leonardo.
Improvvisamente, un tonfo risuonò alle loro spalle, seguito da uno spostamento d'aria. L'azzurro strinse semplicemente la mano di Mikey per chiedergli silenziosamente di non muoversi ed espirò sottovoce.
Attese qualche secondo, prima di sguainare una delle sue katana e voltarsi con scatto felino e... rimanere a bocca aperta!
Il grande shock seguito si ruppe quando l'arma dello spadaccino picchiò in terra, con un cozzare di metallo.
"Datemi un pizzico..." mormorò Michelangelo, sbalordito.
"S... Serling?" biascicò Leonardo, abbassando le spalle tese.
"Mi sorprende che vi ricordiate ancora di me" si pavoneggiò il robot, notando Hanami sorridergli dolcemente: "Avete messo su famiglia, vedo e tu, Michelangelo... hai preso qualche chilo di troppo".
"Non ti facevo così scostumato, Serlino! Guarda che aspetto, non sono mica ingrassato!" derise Mikey, a braccia conserte.
Il robot inclinò il capo in confusione ma tornò a Leonardo, che da sempre gli sembrava il meno "tonto".
"Dimmi, Serling... se tu sei qui, questo vuol dire che siamo stati..." pronunciò l'azzurro, raccogliendo la katana per rinfoderarla nel fodero sul guscio.
"Teletrasportati, esatto" completò l'altro: "Non sappiamo chi ci sia dietro a tutto questo ma la situazione è pericolosa".
"Quindi ci sono anche gli altri?!" chiese speranzoso Mikey.
"Forse" mormorò il robot, allargando le braccia: "Aggrappatevi a me. La O'Neil Tech ci aspetta".
"Cavoli, non vedo l'ora di rivedere il piccolo Cody!" sorrise l'arancione.
"Tutti crescono" ricordò il robot, alzandosi in volo con estrema facilità.
Hanami guardò in basso e si strinse maggiormente al suo papà, timorosa ed eccitate nel veder per la prima volta quegli edifici diventare sempre più piccoli, man mano che salivano verso le nuvole...



Angolo dell'Autrice

Il capitolo che volevo pubblicare è qui! E così ci sono nuovi guai (la mia specialità! LOL) ma le turtles riusciranno a fronteggiarli?
Grazie a tutti per continuare a seguirmi!

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Capitolo 7
*** Alla Ricerca di un Piano ***


"S... Serling?" biascicò Leonardo, abbassando le spalle tese.
"Mi sorprende che vi ricordiate ancora di me" si pavoneggiò il robot, notando Hanami sorridergli dolcemente: "Avete messo su famiglia, vedo e tu, Michelangelo... hai preso qualche chilo di troppo".
"Non ti facevo così scostumato, Serlino! Guarda che aspetto, non sono mica ingrassato!" derise Mikey, a braccia conserte.
Il robot inclinò il capo in confusione ma tornò a Leonardo, che da sempre gli sembrava il meno "tonto".
"Dimmi, Serling... se tu sei qui, questo vuol dire che siamo stati..." pronunciò l'azzurro, raccogliendo la katana per rinfoderarla nel fodero sul guscio.
"Teletrasportati, esatto" completò l'altro: "Non sappiamo chi ci sia dietro a tutto questo ma la situazione è pericolosa".
"Quindi ci sono anche gli altri?!" chiese speranzoso Mikey.
"Forse" mormorò il robot, allargando le braccia: "Aggrappatevi a me. La O'Neil Tech ci aspetta".
"Cavoli, non vedo l'ora di rivedere il piccolo Cody!" sorrise l'arancione.
"Tutti crescono" ricordò il robot, alzandosi in volo con estrema facilità.
Hanami guardò in basso e si strinse maggiormente al suo papà, timorosa ed eccitate nel veder per la prima volta quegli edifici diventare sempre più piccoli, man mano che salivano verso le nuvole...


....

"Ecco fatto, Raphael. Con questo respiratore, ti sentirai meglio" sorrise Cody, soddisfatto del suo lavoro.
Aveva applicato un respiratore con armatura blu incorporata che ricordava molto quella del 2105.
Il rosso sorrise dolcemente, cercando di non approfittare del letto in cui era per riposarsi un po'. Aveva promesso a sé stesso, prima di perdere i sensi, che non si sarebbe dato pace fino a quando non avrebbe ritrovato le sue gemelline.
Ma il peso di quella febbre lo irritava così tanto, perché quando si ammalava, i gradi segnati dal termometro aumentavano a dismisura nel giro di poche ore.
"Grazie, Cody. Il 2105 non è poi cambiato così tanto...".
"2105?" ripeté il ragazzo, con le mani sui fianchi: "Guarda che ti sbagli, Raphael. Siamo nel 2111".
"Sei anni sono trascorsi? Caspita...! Beh, sono molto felice di rivederti".
E detto ciò, si spinse fuori dal letto, cercando di combattere sia la forte vertigine febbrile sia le mani di Cody premute dolcemente sui suoi pettorali per evitare di farlo uscire fuori e ammalarsi ulteriormente.
"Ti prego di restare a riposo. Serling starà per tornare e chissà che non ci porti buone notizie".
"Sono proprio d'accordo".
I due si voltarono ferocemente verso la porta sferica del laboratorio di Cody, dove una bassa figura si stava muovendo lentamente, picchiettando un bastone di legno sul pavimento di un caldo grigio lucido.
"M... maestro Splinter?!" esclamarono all'unisono.
Una macchia scarlatta fresca capeggiava sulla spalla destra e il sensei aveva il viso scolpito dal dolore evidente, ma il suo sorriso sperava di inspirare a chiunque che si trattasse di un semplice graffietto.
"Maestro Splinter!" ripeté Cody, aiutandolo: "Venga, si sieda. Adesso chiamo Starlee e la farò curare".
Il sensei ricambiò con un cenno del capo, mentre si sedette su una sedia accanto a un Raph sudato e continuamente alla disperata voglia di non tossire più. La sua gola bruciava ogni volta come lame di coltello che graffiavano sempre più facilmente.
"Mi sono risvegliato davanti all'ingresso della O'Neil Tech e ho subito intuito" spiegò il topo: "Devo essere caduto, stando alla mia ferita. Probabilmente da quello squarcio dimensionale".
"Sensei... non hai trovato con te Hanami e Reiki?" biascicò Raph, con occhi spiritati.
Splinter chinò le orecchie e negò.
Ma il destino aveva altre sorprese per Raphael, molto più di quanto potesse immaginare, in effetti e se ne sarebbe rallegrato.
Senza un motivo apparente, aveva alzato la testa, come se una mano invisibile gli avesse inclinato il mento verso l'alto, con fare dolce e immediatamente si illuminò. Aperta la bocca per dire qualcosa, alzò un braccio, puntando verso l'entrata del laboratorio, varcate qualche minuto prima anche da suo padre.
Splinter, vedendo una reazione tipica dall'avvistamento di un fantasma, sbatté le palpebre, cercando di capire cosa suo figlio stesse cercando di dire.
"R... R..." balbettò il rosso, tremando: "R... Re... iki...!".
Il topo si era girato adesso, scosso dal nome della sua nipotina e subito comprese. Lì, fermi sull'uscio, vi erano il terzogenito con la nipote.
"Donatello! Reiki!" esclamò, correndogli incontro per abbracciarli.
Il genio aveva una faccia completamente stremata e sorridendo si appoggiò allo stipite della porta, lasciando che la vispa Reiki corresse verso Raphael per abbracciarlo con la più grande gioia che il suo cuoricino potesse contenere.
"Beh... camminare è il metodo più semplice... ma... stanca se si tratta di fare sette chilometri...!" ansimò Don, sorridente.
Il topo lo fece sedere sulla stessa sedia che lui stesso aveva occupato e gettò un'occhiata a Cody che era andato nell'hangar a chiamare Starlee per rifornimenti medici. Chissà che faccia avrebbero fatto i ragazzi quando avrebbero visto una delle piccole!
"Reiki, amore mio adorato..." piagnucolò Raph.
"Non ricordavo di quanto fosse bella una semplice sedia...!" pronunciò Donnie, ancora con i piedi fumanti.
Si stava rilassando così bene che pensò di guardarsi un po' intorno per ricordare che il laboratorio di Cody fosse rimasto scolpito nella sua mente, in un puzzle indelebile. E vedere tutti quei cavi, pc, attrezzi da lavoro erano meglio di qualunque risposta.
"Che nostalgia..." mormorò.
"Papà, scotti..." evidenziò Reiki, guardando Raph che sorrideva in rassicurazione.
Il rosso gli raccolse la manina premuta contro la sua guancia e la baciò, tremando per i brividi di freddo. Splinter sospirò, allora: Raphael era più malato di quanto non avesse ammesso giorni prima. Lo aveva visto un po' lento nei riflessi, stanco, con qualche starnuto sempre più frequente e la tosse notturna sempre più forte ma non aveva capito subito.
"Cody, sono davvero curiosa di vederli!".
Una bella ragazza magra e formosa li stava guardando, adesso, con i suoi occhi azzurri spalancati, i capelli morbidi su di essi e la tuta con quei pattini lilla. La sua pelle verde acqua era inconfondibile.
"Starlee?" biascicò Donnie, alzandosi di scatto.
Alla ragazza servirono qualche secondo prima di pattinare e saltare al collo del genio, per abbracciarlo... e soffocarlo!
"Allora è vero! Siete stati catapultati di nuovo nella nostra epoca! Che bello!".
Reiki sbuffò: lei odiava non essere presa in considerazione e ancora di più non sapere conoscenze vecchie dei suoi genitori. Quindi, iniziò a gridare, facendo ronzare la testa già dolorante di Raph, che emise un piccolo gemito di protesta.
"Ma che bambina graziosa!" commentò, andandole vicino: "Io sono Starlee Hambra. E tu?".
"Reiki!".
"E il cognome? Ricordi cosa ti ho insegnato?" aggiunse divertita una voce alla loro spalle.
"HANAMI!" gridò semplicemente Raphael, sentendo il peso sul cuore alleviarsi sempre più: "Leo... Mikey...".
Infatti, alla porta vi erano Leonardo, Michelangelo, Hanami e Serling, che prese posto accanto a un Cody dall'espressione curiosa, rivolta al grembo gonfio di Michelangelo.
Donatello non ci pensò su due volte per abbracciarlo fortemente, dandogli un bacio veloce sulle labbra... in pubblico, poi.
"Mikey... ecco..." iniziò Cody, imbarazzato: "Non vorrei essere scortese, ma...".
L'arancione che aveva già sentito la stessa domanda -ma in modo molto più scortese da parte di Serling- se la rise semplicemente e solo quando si sedette sul lettino, accanto a Raphael che coccolava Hanami, iniziò a raccontare. E a storia conclusa, si morse le labbra affinché non scoppiasse a ridere alle espressioni incredule dei suoi amici del futuro!
Beh, non poteva negare che faceva uno strano effetto ma stringendosi nelle spalle con noncuranza, si accarezzò la pancia.
"Incredibile! E non posso che farvi le congratulazioni" esclamò Starlee, abbracciandolo.
"Grazie!" risposero viola e arancione, all'unisono.
Passarono alcuni secondi in silenzio, prima che Starlee si alzasse per curare tutti i suoi amici. Serling, sotto le direttive di Cody, aveva già condotto, durante il racconto di Mikey, due barella per far sistemare Michelangelo e Splinter. Raph si era addormentato quasi subito aver poggiato la testa sul cuscino per essere visitato. La febbre lo sfiancava più di una semplice lotta.
Non appena Cody e Starlee videro lo squarcio profondo nella spalla del sensei, si incupirono. La pelle era strappata in alcuni punti e molti peli erano stati tranciati, come se nella caduta avesse urtata qualcosa di appuntito. 
"Sensei, ricorda di aver colpito qualcosa durante la caduta?" chiese Cody.
"No. Ero svenuto. L'urto contro il cemento mi ha risvegliato".
Starlee afferrò il suo kit di pronto soccorso e iniziò a pulire, dando un'occhiata a Raphael che riposava tranquillamente, con il volto pacifico e liberato dal dolore. Era decisamente sollevato, considerando che oramai tutta la sua famiglia si era riunita.
Mikey anche si era disteso sul letto a pancia all'aria e scambiava sottovoce paroline affettuose con Donatello.
"Oggi c'era la tua ecografia, mi hai detto" evidenziò Starlee, mentre ricuciva lo squarcio sapientemente.
"Sì" rispose Mikey, scurendosi: "Ma credo che debba saltarla... e così facendo non vedrò il piccolo...".
"Non sono d'accordo" replicò dolcemente la giovane: "Abbiamo una fornita infermeria, al piano superiore. E ormai sono diventata una brava e amorevole dottoressa. Ho studiato molto sodamente in questi sei anni e ho conseguito un attestato valido per ogni pianeta".
"Davvero? Tu potresti fare l'ecografia al mio Michelangelo?" formulò basito Donnie, alzandosi in piedi per l'emozione.
Starlee annuì, felice di potersi rendere utile ai suoi migliori amici.
Leonardo non era che raggiante, nonostante la nuova disavventura li avesse divisi ancora una volta, rendendoli facili vittime della disperazione. Vedere Michelangelo e Donatello così entusiasti del bimbo che avrebbero finalmente visto lo riempiva di gioia, paragonata a quando era lui in dolce attesa. Nonostante le pecche causate dai nemici, ricordava di essere così raggiante di vedere il suo ventre per la maggior parte della sua vita piatto e scolpito crescere dolcemente. 
Gonfiarsi proporzionato alle due uova.
Ma il suo cuore pianse alla vista di Raphael. Da giorni lo aveva notato un po' appannato, poco lucido e reattivo. Non aveva nemmeno colpito il suo sacco, come generalmente faceva. Nemmeno mangiato un pasto decente e alla fine, era crollato.
-Raphie...- pensò tristemente, raccogliendogli una mano.
"Molto bene, Mikey! Ho finito e possiamo passare a te" cinguettò Starlee, togliendosi i guanti sporchi del sangue di Splinter.
"Non si può aspettare che anche Raphie si svegli?" chiese, giocherellando con le sue dita.
Leonardo guardò nuovamente il suo amato focoso e negò con un triste sorriso: Raphael era troppo profondamente addormentato e non si sarebbe risvegliato per un solo giorno.
"Spiacente, fratellino. Anche se apprezzo la tua voglia di condividere, credo che Raph si accontenterà di vedere il nipotino in una stampa dell'ecografia".
"Chi lo ha detto? Possiamo registrare il tutto per vedere" corresse Starlee, indicando l'uscita del laboratorio a Don che stava già spingendo la barella.
L'azzurro annuì e preferì restare accanto al compagno, insieme a Hanami e Reiki... visto che si erano addormentate su un altro lettino!

....

Mikey e Donnie non erano più nella pelle: finalmente, con l'aiuto di Starlee avrebbero visto il loro piccolo!
L'arancione cercava di non muoversi troppo sul lettino, a ritmo della sua crescente eccitazione e fortunatamente per lui, la sua curiosità lo portò a fissare monitor, computer e... una sorte di mouse bianco e un flaconcino di gel trasparente nelle mani della dolce Starlee.
"Bene. Non c'è bisogno che mi prolunghi nelle parole. Contano i fatti" disse lei.
Spremette, quindi, il gel sulla parte più gonfia della pancia di Mikey, che non poté fare a meno di rabbrividire al netto contrasto della sua pelle calda contro il freddo di quel liquido molle e solidificato, che adesso Starlee stava espandendo anche verso la vescica, con quella sonda.
Digitando qualcosa sul notebook alla sua sinistra, uno schermo sbucò dal soffitto, mostrano chiaramente l'interno della pancia di Michelangelo. 
In quei colori reali e non il monocromo abituale nel loro presente, iniziavano a vedere qualcosa di piccolo, come un bozzolino: Donatello fu il primo a capire che era il bambino. Una tartarughina adorabile con le zampette strette al petto e i pugni vicino al musetto.
Un solo bambino.
"E'... è... lui...?" balbettò Mikey, con voce incrinata dal pianto.
"Sì. E vedo che è in ottima salute!" confermò Starlee, continuando a premere sulla pancia: "Volete sapere il sesso?".
Sicuramente sarebbe stato un sì, ma Donnie e Mikey si guardarono con uno sguardo complice e negarono. Erano disposti a conoscere il sesso del bambino solo al momento della nascita.
"Va bene. Adesso stampo l'ecografia" concluse la ragazza: "Don, aiuteresti Michelangelo a ripulirsi dal gel?".
"Sicuro".
Con un po' di carta, il genio pulì i pettorali gonfi, aiutando Mikey a mettersi seduto sul lettino. Però, Starlee non aveva finito: indicò una bilancia alla tartaruga incinta per controllare il peso.
"Qual è il tuo peso, in genere?" chiese la "dottoressa".
"Sono generalmente sui cinquantotto - sessanta chili" rispose Mikey: "Vedo che ho preso circa tre chili. Sessantatré!".
"Sei troppo sottopeso. Devi mangiare di più".
"E' quello che gli dico sempre" borbottò giocosamente Donnie: "Da oggi in poi lo farò ingozzare!".
"Sì, come no!".
I tre se la risero bonariamente... fino a quando il buio divorò ogni fonte di luce, spegnendo anche qualsiasi edificio o lampione in tutta la città. Un lampo bianco esplose nel cielo, rimbombando e la pioggia seguì poco dopo.
"Un altro black-out?" fece Mikey, abbracciandosi a Donnie per conforto.
"Sì e quella luminescenza nel cielo non mi piace per niente".
Starlee indietreggiò dall'ampia finestra dell'infermeria, cercando di non lasciarsi travolgere dalla paura. Il suo cuore batteva molto intensamente, spremuto dall'ansia e lei si poggiò la mano su di esso, respirando lentamente. Ultimamente lei e Cody avevano avuto molti guasti nell'impianto elettrico della O'Neil Tech, causati da scariche elettriche misteriose. Avevano inizialmente sospettato di Viral ma essendo stata distrutta non avrebbe potuto esserci il suo zampino.
E allora? Chi poteva essere il promotore di tutto?
"Starlee" chiamò Cody, seguito dal fedele Serling: "Un altro black-out... e uno squarcio dimensionale".
Fuori dalla finestra, nel grigio oscuro del cielo, si era appena aperto un buco brillante, dove una luce bluastra lampeggiava a giorno: tempo di tre minuti prima di sparire.
"Non mi piace questo...".
Un luccichio azzurro avvolse Michelangelo, sotto lo sguardo sconcertato degli altri. Donatello che gli stava stringendo la mano, iniziò a percepire una consistenza sempre meno presente fra le sue dita e non ci impiegò molto a comprendere il problema!
"Donnie, aiutami!" gridò.
"Mikey, ti stai dissolvendo!" urlò il genio, cercando di afferrarlo.
"Donnie! Non voglio svanire!".
Improvvisamente la corrente tornò e con essa ogni forma di luce urbana, che si era sparsa già a macchia d'olio dappertutto, illuminando tutto sotto il potere della luna nascosta dalle nubi oscure.
Mikey riacquistò presto consistenza e del pallore non ne rimase più traccia.
"D... Donnie..." piagnucolò.
Il genio lo abbracciò il più strettamente possibile, con il cuore che spingeva sotto ai piastroni ancora nel terrore. Gli baciò le labbra, accarezzando la pancia e lo tenne al petto, sfregandogli il guscio, sperando che i tremori si sarebbero fermati.
"Ho avuto... così tanta paura...".
"Lo so" concluse Donatello.
"Che cosa è accaduto?" chiese Leonardo, entrando nell'infermeria.
"Il black-out è stato sicuramente causato dalla massiccia concentrazione di fotoni nell'aria e lo prova lo squarcio dimensionale che si è appena richiuso" iniziò Cody, accanto a Starlee: "Quello che è successo a Michelangelo potrebbe manifestarsi su anche voi altri".
"Perché?" borbottò Mikey, la cui voce era soffocata per via delle labbra premute contro il petto del suo compagno.
"Perché la forza che apre e chiude questi portali tenta di riportarvi nella vostra epoca, ma non può avvenire in quanto c'è troppa poca energia".
La situazione, a quanto pare, era molto complicata. Più del previsto. Sembrava non ci fosse più soluzione ma la caratteristica principale dei nostri eroi era una: la caparbietà! Non si sarebbero arresi così facilmente e senza combattere! Sarebbero morti provandoci, almeno.
"Dobbiamo individuare le tracce energetiche che i fotoni rilasciano" iniziò Donnie: "Su di noi devono esserci rimaste ancora delle particelle".
"D'accordo. E poi?" spronò Starlee.
"A quel punto basterà combinare il tutto per poter avere la soluzione della prossima apertura nel tempo" concluse Cody, sorridente.
"Ottimo piano. Peccato per una cosa: come potete evitare di smaterializzarvi quasi?" pronunciò Starlee.
"A questo posso pensare io. Costruirò dei braccialetti in grado di schermare questo risucchio di particelle fotoniche".
"Mi piace questo piano, Cody!" sorrise Donnie.
Mikey si era già staccato da quella conversazione tra geni e senza farsi notare troppo, era tornato dal resto della sua famiglia. Il suo cuore si strinse un po' alla vista di Raphael così fragile nel lettino e le bambine che riposavano tranquille su un'altro lettino, affiancate da Leonardo.
Notò Splinter guardarlo e si avvicinò dolcemente.
"Stai bene, figlio mio?" chiese.
"Ora sì. Ma prima ho avuto un terrore terribile..." e iniziò a raccontare brevemente di ciò che era accaduto poco prima.
"Dobbiamo essere prudenti" sussurrò Leonardo, che aveva sentito ogni cosa.
Michelangelo annuì e guardò il suo pancino: l'avventura a cui erano stati chiamati non era capitata a pennello, non con la sua gravidanza, almeno. Però, di una cosa era felice: aveva rivisto i suoi amici del futuro, anche se in una circostanza stramba.
"Chi potrebbe celarsi dietro questa storia?" continuò Leonardo.
Una domanda senza risposta. Per lo meno, non ora. Il puzzle di quella storia era ben articolato e difficile sarebbe stato raggiungerne il centro.
"Potremmo pattugliare" mormorò piano Michelangelo: "Potremmo avere semplicemente più indizi".
"Nelle tue condizioni è fuori luogo" stoppò Leonardo: "Ma l'idea è buona".
L'azzurro guardò Raphael e gli palpò la fronte: purtroppo bruciava ancora...
"Dovremo fare a meno di lui per un po'" sussurrò sottovoce.
"Voglio rendermi utile, Leo" ribatté piano Michelangelo.
"Ma così rischi di mettere in pericolo la vita del bambino!".
"Non se starò attento! Sono un ninja, ricordi? So combattere, ho le mie armi e tutto!".
"Basta, Michelangelo! Tu-non-verrai-con-noi! Fine argomento!" tagliò corto Leonardo, stizzito.
L'arancione era sbalordito: Leonardo non si fidava di lui? Non credeva nelle sue possibilità? Abbassò lo sguardo, stringendo le palpebre ma poi si ricordò: lui era un peso per la famiglia. Un pesante fardello. Un bamboccio. E non sarebbe stato all'altezza di prendersi cura del cucciolo.
Donnie aveva ragione. Non avrebbe dovuto rimettersi con lui perché meritava di meglio.
Le lacrime gli si formarono negli occhi, striando le sue guance fiammeggianti e annidandosi nell'incavo del collo: Leo aveva ragione e lui stava facendo una scenata patetica, ma non certamente volontaria. Erano gli ormoni!
Splinter sospirò pesantemente e poggiò la mano sulla spalla di Leonardo, indicandogli silenziosamente ciò che aveva commesso. Il cuore dello spadaccino congelò a quell'immagine infranta del fratellino che aveva sempre protetto per tutta la vita, ma la bocca gli rimase perfettamente chiusa, in una linea orizzontale e inespressiva.
Michelangelo indietreggiò, pronto per rifugiarsi da qualche parte, lontano dagli occhi addolorati di suo fratello maggiore e scelse il bagno, anche perché la voglia di piangere era aumentata così a dismisura che non sarebbe stato in grado di frenarla.
Chiuse la porta dietro al guscio e si appoggiò al lavandino, stringendone duramente il bordo fino a sbiancarsi nelle nocche. Si guardò: l'aspetto gli ricordava il codardo sempre piagnucolante e incapace di pensare razionalmente. Poi guardò la sua pancia...
-Sarò in grado di prendermi cura di te?- pensava spesso, anche nella notte.
Michelangelo si sedette sul wc, stringendosi le ginocchia al petto e affondando la testa nella ciambella delle braccia. Non lo sapeva. Non era più sicuro di niente. Ed era come se Leo gli avesse appena aperto gli occhi, togliendogli una maschera che si era creato in questi mesi di gestazione.
Più lacrime stavano fluendo: Mikey si morse le labbra per soffocare un singhiozzo e ne uscì ugualmente un suono distorto e basso. Alzò il capo per assicurarsi che nessuno fosse lì ad ascoltarlo e aprì il rubinetto, iniziando a singhiozzare, premendosi le mani sulla bocca.
-Leo ha ragione! Non servo a niente!- gridò mentalmente...

....

"Sì, buona idea!" esclamò, infine, Donnie: "Sei d'accordo, Mikey?".
Il genio non si era accorto che il compagno gli era scivolato dall'abbraccio né che ora era in bagno a singhiozzare per alleggerire il peso sul cuore.
"Ma dov'è?" si chiese, guardandosi intorno.
"Ero convinto che fosse qui... forse è andato dagli altri" mormorò Cody: "Beh, abbiamo finito qui e io inizierò a lavorare sul progetto dei bracciali anti-fotoni, sperando che il prossimo squarcio non vi porti via da qui, ora che abbiamo bisogno di voi".
"Non preoccuparti, piccolo ninja. Il male non vincerà finché siamo nei paraggi" sorrise Donnie.
Cody abbassò lo sguardo, con una leggera smorfia. Per sei anni non aveva più sentito quel nomignolo affettuoso che solo le tartarughe gli avevano affibbiato e adesso gli provocava solo nostalgia. In questo lungo tempo si era sempre allenato, ricordandosi dei saggi insegnamenti del maestro Splinter e anche se non proprio come Leo e gli altri, si destreggiava abbastanza bene nel ninjitsu.
"Ho detto qualcosa che non va?".
"No. Figurati, Donatello. E' solo che... questi sei anni sono stati i più lunghi per me... si è sentita molto la vostra mancanza".
"Preferirei non associarmi a questo, padroncino Cody. La O'Neil Tech non è mai stata più ordinata e priva di minacce da allora" profferì Serling.
Donnie rise, scompigliando i capelli del ragazzo: "In effetti, siamo calamiti per canaglie!".
"Ma grandi amici" sottolineò Starlee: "In un primo momento abbiamo cercato di portare dalla nostra parte i Dark! Clones ma hanno un cuore troppo annerito per capire cosa significhi combattere per il bene".
"Dark! Clones?" ripeté Donnie: "Sapete? Li avevo proprio dimenticati!".
"Beh. Chissà, un giorno la smetteranno di rincorrere il male" concluse Cody, accompagnando tutti nel laboratorio.
Ma come appena entrarono i loro sorrisi caddero all'espressione cupa di Leonardo che fissava New York sotto un temporale pazzesco, dando il guscio a tutti e tutto. Che cosa era accaduto per lasciarlo quasi diventare un robot senz'anima?
"Leo?" chiamò Donnie: "Che succede? Tutto a posto?".
"No. Nulla è ok... ho ferito Michelangelo".
"Cioè?" replicò il genio, corrucciandosi leggermente: "Che vorresti dire?".
Leonardo sospirò amaramente, abbassando le spalle e voltatosi, raccontò del leggero litigio che aveva prontamente troncato sul nascere con Michelangelo e non si dimostrò affatto intimorito dall'espressione infuriata che Donatello creò e nemmeno emise respiri taglienti nel vederlo scattare dalla sedia e correre dritto al bagno.
"Beh... non si possa certo dire che l'abbia presa bene" mormorò Cody.
"Ho ferito nell'orgoglio Michelangelo" ripeté Leonardo, mentre Reiki si mosse un po', sbadigliando.
"Zia Starlee, quando si mangia?" chiese la bambina, stropicciandosi gli occhi.
"Hai fame, piccola? Vuoi un panino?" propose bonaria la ragazza.
Reiki si crogiolò tutta e si lasciò anche prendere in braccio, pronta per essere sfamata nell'elegante cucina della O'Neil Tech!
"Che dolce la tua bambina" si complimentò Cody.
Leonardo sorrise ma si rattristò, cercando di pensare a come Michelangelo si stesse sentendo in questo momento.
E infatti non lo sapeva. L'arancione aveva smesso di piangere ma i suoi occhi si erano tinti di un rosso fuoco e la maschera imbrattata di lacrime, scurendosi. In verità si sentiva un po' meglio. Il peso sul petto si era alleggerito, anche se al posto del dolore ora gravava un vuoto incolmabile.
"Mikey? Sono io, Donnie!" bussò più volte.
Michelangelo non era in vena di vedere nessuno ma sapeva che era poco educato restarsene in un luogo abbastanza importante come il bagno. Quindi, sebbene contro voglia, sbloccò la porta e si lasciò inghiottire da Donatello che lo baciò più e più volte sul viso e sul collo.
Quando ebbe una chiara visuale di quegli occhi rossi, si arrabbiò non poco.
"Mikey..." sussurrò, accarezzandogli la guancia: "Ora ci sono io".
"Sto meglio..." mormorò l'altro: "Ma ho bisogno di te".
Il genio sorrise e insieme uscirono dal bagno, vogliosi di un po' di tempo per stare da soli...

Angolo dell'Autrice

Nuovo capitolo appena messo! Che ne pensate, ragazzi? Eh, eh! Guai sempre più in vista e oltretutto sto alternando diverse forme verbali, per rendere più scorrevole il testo. Voglio ancora ringraziare dal profondo del cuore coloro che mi seguono, commentano e non! Siete molto importanti e siate orgogliosi di ampliare la sezione -fino a qualche tempo fa sguarnitissima- delle TMNT! Booyakasha!

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Capitolo 8
*** Attacco sul Terrazzo ***


Quando ebbe una chiara visuale di quegli occhi rossi, si arrabbiò non poco.
"Mikey..." sussurrò, accarezzandogli la guancia: "Ora ci sono io".
"Sto meglio..." mormorò l'altro: "Ma ho bisogno di te".
Il genio sorrise e insieme uscirono dal bagno, vogliosi di un po' di tempo per stare da soli...
 
....
 
Il tempo trascorreva molto lentamente ma per Hanami e Reiki vedere quel mondo così futuristico era un vero spasso; soprattutto torturare Serling a non finire, poi! Quel robot sempre a lamentarsi era troppo buffo e per questo gli rendevano la vita complicata!
"Siete identiche ai vostri padre!" sbuffò Serling, raccogliendo i cocci di un vaso prezioso finito in terra.
"Sì!" esclamarono in coro le piccole, saltellando sui piedini.
"Hanami, Reiki, ora basta" stoppò Leo, non nascondendo una risatina.
"Andiamo, Leo. Lasciale divertire. Tanto c'è Serling a tenerle d'occhio" ironizzò il rosso, dando un'occhiatina maliziosa al robot.
"Babysitter, poi..." si lamentò quest'ultimo.
Raph e Leo se la risero sonoramente, mentre le piccole continuarono a saltellare divertire.
Erano tutti ignari di un enorme pericolo che stava lentamente prendendo forma nelle viscere di una voragine dimenticata dal tempo. Era un qualcosa di spaventoso tinto di viola, che desiderava ardentemente distruggere il sole, la fonte più potente di energia che gli stava sbarrando la strada per il suo nuovo ordine mondiale.
In un androne violaceo, scavato nella roccia, quattro figure muscolose stavano guardando in silenzio i numerosi tentacoli che si muovevano rapidi su un computer.
"Non è possibile che la mia Finestra del Tempo abbia riportato qui quei quattro miserabili rettili e quell'insopportabile ratto!".
"Credici. I fatti parlano chiaro" mormorò atono Dark!Leo.
Sh'Okanabo si voltò molto lentamente, squadrando i quattro cloni con i suoi occhi luminosi e gialli. I tentacoli si convogliarono nel suo corpo, formandogli le gambe e parte dell'armatura cobalto, dai bordi metallici che indossava.
"E ora ci sono due piccole sgorbiette con loro" ringhiò ancora, avvicinandosi ai cloni.
"Che vuoi che facciamo? Distruggerli quanti più ne sono?" propose Dark!Raph, picchiando il palmo della mano con il pugno.
"No. Voglio distruggerli tutti in una volta. E ho in mente qualcosa che possa sfruttare il deterioramento dello spazio-tempo".
"Cioè?" chiese Dark!Don.
"Se le particelle di fotoni che hanno ancora attaccate alle corazze entrano in collisione con questa instabile Finestra del Tempo, salterà tutto per aria e di conseguenza, un'enorme cappa energetica avvolgerà la Terra, schermandola dai raggi del sole e a quel punto, la dinastia dei Kanabo potrà tornare splendente come un tempo!".
"Ma scusa, non ti avevano già distrutto le uova per il Giorno del Risveglio?" chiese Dark!Mikey, muovendo la lunga lingua.
Sh'Okanabo ringhiò e dissolse il suo corpo in una poltiglia elastica e viola, comparendo dietro il clone giallo: gli soffiò alito caldo sul collo, facendolo irrigidire e senza alcuna pretesa lo scaventò in terra, con una frustrata sul carapace. Il povero clone ruzzolò più volte, ritrovandosi ai piedi di Dark!Don.
"Parli troppo tu" sbuffò: "Adesso toglietevi dai piedi. Devo elaborare un piano coi fiocchi".
I quattro cloni lasciarono in silenzio l'oscuro androne...
 
....
 
Mikey sedeva stancamente su una poltrona bianca dallo schiena inclinato ed era davvero comodo! Ogni tanto si accarezzava la pancia, scambiando sorrisi radiosi a chiunque passasse... eccetto Leo. Quando lo vedeva, non poteva far a meno che abbassare lo sguardo, in ricordo a ciò che aveva dovuto sentire.
Ma adesso, Leonardo voleva scusarsi e lasciando momentaneamente Raphael con le bambine, era già marciato dritto verso il soggiorno, fermandosi davanti al fratello minore.
"Posso parlarti un attimo?".
Michelangelo annuì e si raddrizzò meglio sulla poltrona.
"Volevo chiederti scusa. Non avevo alcun diritto di scaricare su di te la mia frustrazione. Specie nelle tue condizioni. So quanto si è facili prede degli ormoni" spiegò l'azzurro.
Mikey sorrise malinconicamente e tese le braccia, avvolgendole intorno al guscio di Leonardo, che certamente non si era tirato indietro!
"E' anche colpa mia. A volte penso troppo irrazionalmente e credo di potermi ancora destreggiare come ninja... ma l'ultima cosa che vorrei è metterlo in pericolo" sussurrò Mikey, guardando il pancino.
Leonardo sorrise semplicemente e lo accarezzò sul capo, come era solito fare da bambino.
"Dov'è Donnie?" chiese, poi, l'arancione.
"E' uscito con Cody per comprare alcune cose".
Mikey annuì, corrucciandosi un po'. Avrebbe voluto andarci anche lui e si sarebbe anche accontentato di un "no" se glielo avrebbero chiesto. Era stato chiaramente ignorato e questo gli fece male.
"Tutto bene?" formulò ancora Leo, preoccupato.
"Sì".
"Io non credo. Hai cambiato espressione quando ti ho detto di Donatello".
Era incredibile quanto perspicace fosse Leonardo. Non gli si poteva nascondere nulla. Sapeva sempre cosa fare in situazioni di sentimenti e come fronteggiare a testa alta anche il più forte dei nemici. Era un grande fratello, non c'era alcun dubbio e il piccolo sorrisino che aveva increspato le labbra di Mikey lo confermavano. Leo era un grande!
"Vuoi venire nel giardino sul terrazzo con me?" propose Leo, dopo un breve silenzio.
L'arancione annuì calorosamente e con molta attenzione si alzò dalla comoda poltrona, seguendo il fratello maggiore fuori. Il cielo era scuro di pioggia e l'aria fredda dava un senso di inquietudine sulla grande New York cupa. La pioggia non era tardiva, ormai: pochi minuti e sarebbe caduta su qualsiasi cosa, naturale e non.
Mikey si strofinò le braccia, colto da un brivido sinistro lungo la corazza: era come un'oscura presenza che gravava sul suo spirito. Aveva misteriosamente paura ma lo sguardo calmo di Leonardo la raccontava diversamente.
"Verrà a piovere" mormorò Leonardo.
Michelangelo annuì semplicemente, mentre osservava il paesaggio con finta tranquillità. I suoi occhi si spostavano confusi, risalendo immaginariamente le forme spigolose dei grattacieli, soffermandosi su qualcosa di piccolo e lucente dietro un'alta statua di cemento.
"Leo, guarda lì" indicò.
Anche lo sguardo dell'azzurro era corso sul punto che cominciava a ingigantirsi inesorabilmente, roteando lentamente con il suo nero profondo.
"Che si fa?" domandò Mikey, sporgendosi sul parapetto con titubanza.
"Nulla. Non possiamo dominare quei portali in alcun modo e-".
Leo non terminò la sua frase: una luminescenza azzurra lo aveva appena avvolto, sollevandolo leggermente dal pavimento chiaro del terrazzo, sotto lo sguardo scioccato di Michelangelo. L'azzurro si dimenava, cercando disperatamente di liberarsi da quella morsa terrificante che pungeva sulla pelle e martellava nella mente, respirando affannosamente.
"LEO!" urlò Mikey, non sapendo cosa fare: "Dannato buco!".
"Michelangelo, cos'hai da grid- LEONARDO!" aggiunse un'altra voce.
Con tutto quel baccano, Splinter aveva abbandonato la meditazione e si era precipitato immediatamente sul terrazzo, con l'intenzione di avere spiegazioni. Ma adesso, guardando il figlio maggiore così sofferente in quell'alone azzurro che stava risucchiando la consistenza del suo corpo, la sua rabbia si era trasformata in puro terrore.
"Lasciami, lasciami!" continuava a inveire l'azzurro, senza successo.
Lo squarcio dimensionale era cresciuto ancora, raggiungendo le dimensioni di un dirigibile!
"A quanto pare qualcuno è nei guai".
Splinter, Mikey e Leonardo sobbalzarono: quella voce burbera non era nuova. L'avevano già sentita!
E infatti, quel corpo muscoloso azzurro, seguito da altre tre lo potevano confermare. Rosso, giallo e viola, con quelle armature blu scuro. I Dark! Clones! Ma come ci erano arrivati lì?
"Divertiamoci!" sghignazzò Dark!Mikey con le sue doppie mazze di ferro.
Il combattimento fuori programma era appena iniziato. Dark!Leo sguainò le katana dal fodero sul guscio scuro, pronto per colpire a tradimento il sensei Splinter, che armato del suo bastone, già parò senza problemi un affondo di una katana.
"Sei sempre molto forte, maestro" espresse Dark!Leo.
"Che ti prende, fratellone? Da quando lo chiami maestro?" formulò divertivo Dark!Mikey, scegliendo il ratto come bersaglio.
Due contro uno.
"Beh, a quanto pare ci rimane solo la tartaruga ingrassata perché l'altro fa il pallone sonda" constatò Dark!Don a braccia incrociate.
Dark!Raph si leccò semplicemente le labbra mentre pregustava la vendetta negata in sei anni. Così, senza alcuna esitazione, scattò verso Michelangelo, pronto a colpirlo con un pugno a mani giunte sulla testa.
"Mi sa che dovrò combattere!!" squittì Mikey, scansandosi verso destra.
Leonardo guardava il combattimento impari dalla sua gabbia azzurra con grande impotenza: i cloni sapevano come sfruttare quella situazione drammatica e avevano perfino scelto il momento migliore.
"Devo liberarmi!" mormorò per l'ennesima volta.
Come avessero fatto i cloni ad arrivare sul terrazzo era ancora un mistero che avrebbero risolto sicuramente, poi.
Inutile, però. La luminescenza era come una guaina impossibile da rompere.
Michelangelo si era nuovamente gettato sulla sinistra con un salto per evitare un'artigliata al braccio destro e già aveva il fiatone. Da quando era iniziata la sua gravidanza, il normale allenamento ninja si era notevolmente ridotto a passeggiatine, qualche sollevamento pesi (manubri, più che altro) e leggeri squat.
"Permetti?" sghignazzò Dark!Don, stanco di aspettare.
Dark!Raph si fece da parte, solo per posizionarsi dietro Michelangelo, facendolo capitare giusto al centro.
"Due contro uno? Non molto leale" mormorò l'arancione, a pugni stretti.
Si studiavano lentamente, con rapidi sguardi e la guardia era ben alzata, pronta per lasciar prevedere ogni mossa.
La tensione era già molto alta... sorgeva spontaneo chiedersi chi l'avrebbe spuntata.
"Diamine!" ringhiò ancora Leonardo, agitandosi a più non posso.
Adesso si era alzato a più di cinque metri dal terrazzo e la luminescenza lo stava portando verso il vuoto, pronto per lasciarlo sfracellare al suolo. Leonardo non ci stava a morire così stupidamente, specie se gli altri avevano bisogno di lui!
Dark!Don rise e piroettò per colpire Mikey con una sferzata della coda.
La tartaruga si parò subito il viso con gli avambracci stretti e afferrando la punta più stretta di quella coda viola lo tirò a sé per poi scagliarlo contro Dark!Raph, che nel frattempo si era già caricato uno dei suoi possenti pugni.
I due cloni ruzzolarono pateticamente in terra, con un gemito e Mikey sorrise vittorioso, pronto per aiutare il maestro Splinter che fronteggiava abilmente Dark!Leo.
"Sei un guerriero molto forte, nonostante sia dal lato oscuro" commentò Splinter, bloccando la lama di una katana fra due mani.
Il clone era rimasto spiazzato: come sei anni prima, quando era stato ferito per salvare Cody, Splinter gli aveva parlato con una tale dolcezza da creargli mille dubbi sulla via da seguire. Erano la versione dark delle tartarughe ma non erano del tutto oscuri, come voleva Sh'Okanabo.
Ricordava di quando era a tavola con tutti quanti, consumando una ricca colazione in un ricco attico di tutta New York. Aveva mangiato così in fretta e disgustosamente ancora con il terrore che qualcuno potesse togliergli il cibo.
Poi aveva dormito in un letto, curato e trattato come un membro della famiglia da tutti quanti.
Dark!Leo era confuso e chinò le katana, barcollando a un ultimo calcio da parte di Splinter nell'addome.
"Forse ha ragione" sussurrò: "Conservo ancora il bonsai che mi ha dato".
La piccola pianta che era stata amorevolmente curata dal sensei gli era tornata in mente. Il sensei sorrise al ricordo e chinò il capo per un piccolo inchino rispettoso.
"Stiamo sbagliando" borbottò Dark!Leo, negando con il capo: "Ma lui... ci ha dato una vita e una casa...".
"Di chiunque tu stia parlando, figliolo, non è come vuole farvi credere" ricordò Splinter, morbidamente.
Il clone lo guardò con i suoi occhi ciechi e gialli, con un'espressione sperduta, come un bambino solo al mondo. Sh'Okanabo non li aveva mai trattati come allievi o... anche figli suoi. Sempre con odio, rabbia, colpendoli e insultandoli.
"Lei ha ragione" concluse, rinfoderando le armi e voltandosi verso gli altri. "Andiamo. Qui abbiamo finito".
"Che cosa? Proprio quando stavo cominciando a scaldarmi?" protestò Dark!Raph.
Dark!Don aveva una strana espressione sul viso, mentre continuava a fissare maliziosamente Michelangelo. La sua coda frusciava di tanto in tanto e un piccolo rossore era visibile sulle guance.
Si avvicinò all'arancione, togliendogli un po' di polvere dalla guancia, in un gesto affettuoso.
"Ehm... che stai facendo?" sibilò il minore, strattonandosi via.
"Sei delizioso. Non so perché ma solo ora me ne sono reso conto".
Gli tirò un braccio, stringendolo a sé e gli strofinò il naso contro la guancia, baciandogliela anche!
"Ma che cazzo stai facendo?!" ringhiò indispettito Dark!Mikey: "Lascia perdere quel grassone e... oh, cazzo!".
Dark!Leo si girò di spalle, senza emettere un suono e rimase perfettamente immobile nel ritrovarsi praticamente Donatello e Cody in posizione di difesa.
Dark!Mikey, al contrario, era tutto nel suo mondo roseo: i suoi grossi occhi si erano ulteriormente ingranditi e la lingua danzava fuori la bocca, come se si trattasse di uno yo-yo bavoso.
"Ehi, Don" chiamò il clone al fratello oscuro. "Tieniti pure il tuo cosetto grasso. Io mi godo il tuo omonimo!".
Ridendo con la sua vocetta stridula, non ci impiegò molto a balzare letteralmente sul corpo di Don per farlo cadere in terra e subito ne approfittò per baciargli collo, mento e labbra... sotto lo sguardo contrariato di Mikey.
Dark!Don si muoveva sinuoso, senza lasciare una sola possibilità di fuga alla tartaruga più piccola. La sua coda sfregava le parti intime del minore, strofinandogli o pizzicandogli i fianchi giocosamente.
Aveva proprio perso la testa. Amore a prima vista, eh?
"Come sei morbido qui" sussurrò Dark!Don, palpando la pancia.
Mikey ebbe un brivido di freddo. "Lasciami stare! DONNIE!".
Il genio era nella sua stessa situazione, solo in una posizione più imbarazzante. Era bloccato al suolo, con Dark!Mikey sedutogli sull'addome, mentre strofinava gli interni delle cosce e non solo, lasciando a Cody il momento propizio di afferrare una della mazze di ferro del clone e colpirlo duramente dietro la corazza.
Il clone cadde stordito, picchiando la fronte contro quella del povero genio piagnucolante.
"Grazie, Cody!" espirò il viola, togliendosi il mutante da dosso.
"Figurati. Volevo preservare un certo contegno!".
"Dai, lasciami!" gemette Michelangelo, spingendo via il viso di Dark!Don per non farsi baciare.
"Mi piace la tua morbidezza. Posso dire che adoro le persone in carne... ma tu batti tutti i miei sogni più rosei".
"In carne?" ripeté l'arancione: "Mi trovi grasso?".
"Parecchio, a mio parere. Hai molta ciccia, sai?".
Mikey chinò le spalle, tremando un po'. Poi, senza una sola parola, pestò la coda del clone e lo mise K.O. con un calcio alle parti intime.
"Come sei focoso..." ridacchiò Dark!Don, finendo al suolo addormentato.
-Sono davvero così grasso? E se il bambino rischia di prendere malattie come il diabete o altro per la mia ingordizia? Devo limitare tutto ciò che mangio!- pensò Mikey.
Per Leonardo tutto si trasformò in velocità.
La guaina di luce esplose in miliardi di minute particelle fluorescenti e lui stesso si ritrovò avvolto da grida, colori e suoni nel modo più naturale possibile. Il senso ovattato era sparito subito, da quella schermatura di luce.
E ora si ritrovava a fronteggiare la forza di gravità.
Era troppo distante dall'aggrapparsi al cornicione o al parapetto e ciò che aveva disperatamente provato a evitare si stava avverando: si sarebbe schiantato al suolo, in una frittatina di tartaruga.
La lacrime bruciavano nei suoi occhi. Era destinato a morire e non voleva accettarlo.
Non gridò mentre il suo corpo cadeva inesorabile nel vuoto freddo e dette una semplice occhiata allo squarcio che si era rimarginato sotto forma di nuvolone temporalesco.
Chiuse gli occhi, protendendo inutilmente la mano...
E di colpo il suo braccio fu strattonato da qualcosa. O qualcuno.
"Ti tengo, sta tranquillo".
Leonardo aprì gli occhi e il suo cuore batté ferocemente nella pura incredulità. Dark!Leo si era gettato oltre il balcone, sostenuto per le gambe da Dark!Raph e lo teneva saldamente per il braccio, che adesso doleva.
Probabilmente la forte forza d'inerzia glielo aveva fatto slogare.
"Reggiti" ordinò semplicemente il clone.
Leonardo non riuscì nemmeno a replicare qualcosa, mentre lo issavano su, strappandolo dalla gravità vertiginosa e la morte sicura.
In poco tempo il suo fondo guscio toccò il freddo pavimento e il guscio si appoggiò al muro giallo chiaro: solo allora poté tirare un sospiro di sollievo e tossire semplicemente la paura che gli si era formata in gola.
"G... grazie..." riuscì ad articolare.
Il clone chinò il capo semplicemente e guardò i suoi fratello -più i due cloni intontititi che sorridevano come drogati a Donnie e Mikey- e si inchinò davanti a Splinter con rispetto.
Non dissero nemmeno una parola e mostrarono chiaramente come avessero fatto ad arrivare: Dark!Don pigiò un congegno installato sui para-avambracci di metallo ed ecco che un portale verde smeraldo si aprì come una porta, dal nulla.
"Ci si vede" salutò Dark!Mikey, con tanto di bacio volante per Donnie.
"Mi raccomando, pensami!" cinguettò Dark!Donnie.
Con Dark!Leo per ultimo, il portale si richiuse velocemente, lasciando gli Hamato e Cody scossi e senza parole.
"MIKEY!" gridò Donatello, inghiottendolo in un abbraccio: "Stai bene? Ti hanno ferito?".
"No. Per fortuna nulla di rotto".
Il genio strofinò amorevolmente la pancia, strofinando il naso sulla guancia del minore, cercando di allontanare il terrore precedente.
"Secondo te sono grasso?" chiese Mikey, in un sussurro.
Al genio servirono qualche secondo per rispondere all'inusuale domanda e negò dolcemente.
"Sei sottopeso, Mikey. Considerando che sei in gravidanza. Ricordi cosa ti ha detto Starlee? Ti mancano sei chili e mi pare che se ne sia aggiunto anche un altro. Mangia di più".
"Il tuo clone ha detto che ero... troppo in carne...".
Donnie gli prese la mano, facendogli guardare la grandezza effettiva del polso appuntito. Il braccio era piccolo in costituzione e l'unica parte più prosperosa era lo stomaco.
"Secondo te sei grasso? A me sembra che il mio clone abbia seri problemi di vista!" sbuffò Don, indignato.
Mikey sorrise, accoccolandosi ancora di più sul suo petto. Ora si sentiva molto meglio.
"LEO!" urlò un'ultima voce preoccupata.
L'azzurro alzò il capo e tese le braccia per stringersi a Raphael, mentre le gemelline saltellarono per attirare l'attenzione per essere issate in braccio.
"Ero così spaventato! Ero in ascensore, poi c'è stato un black-out e sono rimasto bloccato con Hanami e Reiki. Ci siamo dileguati per il condotto di areazione e solo ora siamo arrivati. Ci siamo persi qualcosa?".
"Molto, direi" annuì Donnie.
"Lascia che ti spieghi, Raph" iniziò Leo, giocherellando con le code della sua maschera...
 
“Papà, quando iniziamo il corso di ninjitsu?” chiese Reiki, eccitata.
“Presto, tesoro mio. Ne parliamo anche con papi, però”.
Erano nell’ascensore, di ritorno da un piccolo tour nella O’Neil Tech e adesso attendevano semplicemente di ricongiungersi a Leo e a tutti gli altri.
Di colpo, però, l’ascensore iniziò a rallentare e la bianca luce del neon lampeggiò più volte prima di spegnersi e riaccendersi in un rosso molto debole.
“Papà! Ho paura!” esclamarono le due gemelline, aggrappandogli alle gambe.
“Va tutto bene. Adesso usciremo da qui!”.
Raphael lo sperava davvero. Iniziò a guardarsi intorno, alla ricerca di un solo spiraglio per uscire da quella gabbia di metallo così opprimente. Poi, l’intuizione comparve con il semplice sguardo ai Sai. Si caricò le bimbe sul guscio e forzò le porte chiuse dell’ascensore ma non fu una grande mossa.
Il vuoto che si vedeva in basso era tetro e oscuro. L’ascensore era sospesa a metà grattacielo e non c’erano altre uscite. Ringhiando, Raphie premette più e più volte il pulsante per richiamare almeno aiuto, grazie al bottone della campanella per il soccorso.
“Dannazione!” ruggì indignato.
“Papà, guarda! C’è un buco nel soffitto” indicò Hanami.
Prontamente il rosso alzò la testa e sorrise nel vedere una botola: poteva usarla!
“Brava, bimba mia”.
Saltò in quella botola e iniziò a gattonare, per raggiungere un’uscita sicura…
....
 
Era ormai notte fonda. Ognuno dormiva beatamente nel letto, tutti eccetto una focosa tartaruga di nostra conoscenza, il cui naso chiuso gli dava un bel po' di fastidio!
Si girava e rigirava nel letto, cercando di addormentarsi e anche la sveglia che segnava quasi le 03:10 lo innervosiva.
Cinque ore in bianco, oramai.
Sbuffò sottovoce e si voltò verso Leo, che riposava tranquillo, con la spalla destra bendata a causa della slogatura subita nel salvataggio del pomeriggio. Sorrise un po', tirandolo a sé senza destarlo e lo guardò attraverso il raggio lunare che penetrava dalla finestra ampia.
Era semplicemente incantevole, con quel lieve sorriso sulle labbra morbide.
-L'uovo...- pensò.
Iniziò a sfregare la mano sulla pancia di Leo, ridacchiando ai minuscoli gemiti che uscivano dalla bocca del suo compagno, in pura eccitazione. Com'era invitante!
Ma non voleva svegliarlo. Così, gli aggiustò la coperta addosso mentre lui lasciava la camera senza il minimo rumore.
Era da un po' che ci pensava circa un altro uovo. Fin da bambino, nei suoi segreti più profondi, aveva sempre desiderato una famiglia numerosa con quattro bambini, rispecchiando la sua vita come ninja di un team di quattro, per l'appunto.
Aveva due gemelle e voleva altre due uova per coronare il suo sogno. Gli piacevano i bambini, anche se non sembrava. L'apparenza inganna, come si soleva dire.
"Cavolo..." mormorò, tirando su con il naso. "Odio i residui febbrili".
Si palpò la fronte, adesso. Era calda, più del normale.
"Eh, no! Basta febbre!" ringhiò con voce bassa.
Senza nemmeno accorgersene, dalla camera da letto si era spinto fino in cucina, dove c'era una luce bianca accesa. Curiosamente, Raphael si appiattì contro la parete, curiosando all'interno.
Mikey sorseggiava del latte caldo, leggendosi un libro. A così tarda ora? Che gesto inusuale!
"Non ti sembra che l'ora del letto sia trascorsa da parecchio?".
L'arancione irrigidì. Non si aspettava una voce burbera ma allo stesso tempo morbida nel cuore della notte inoltrata e nel silenzio più invasivo. Sorrise comunque e fece le spallucce.
"Starlee mi ha prestato questo libro sulla gravidanza e siccome non riuscivo proprio a chiudere occhio ho deciso di venire a leggere un po'. Sono già a otto capitoli su ventidue, sai?".
Raph sorrise e gli si sedette a fianco, guardandogli la soffice pancia. Cosa avrebbe dato per coccolare di nuovo Leo con un nuovo uovo! Ma lui non lo voleva, però!
"Hai dovuto combattere, oggi. Nulla di grave, spero".
"No" confermò Mikey. "Tutto a posto. Ho avuto un'ecografia urgente per vedere se il mio bambino stesse bene e pensa un po'? E' un mini-ninja sanissimo!".
"Ottimo! Don ne sarà contento!" ridacchiò Raph, tossendo un po'.
"Sì. E' eccitato!" annuì Mikey, incupendosi, poi. "Che succede, Raph? Ricaduta?".
Raphael non lo sapeva e si strinse semplicemente nelle spalle. Forse avrebbe dovuto portare un cappotto o una sciarpa nella sua passeggiatina con Hanami e Reiki ma non lo aveva proprio considerato. E adesso ne pagava le conseguenze!
Testaccia dura la sua!
"Vuoi latte caldo e miele? Ti farà bene" propose Mikey.
"Non stancarti".
"Lo prendo per un sì, allora!".
Michelangelo non aveva aspettato una risposta; aveva già preso tutto il necessario e stava già riscaldando. Si sfilò anche la coperta gialla addosso e la usò per riscaldare Raphael.
"Mikey" avvertì il rosso.
"Raph, sei pallido. Ne hai bisogno più tu che io" insistette l'arancione.
Sapeva di non discutere. Raphael apprezzava molto tutta questa vena materna che Michelangelo aveva cominciato a mostrare dal primo mese della gravidanza. Sarebbe stato un grande genitore, non aveva dubbi!
Il suo sguardo era, inoltre, caduto sul libro aperto della gravidanza e non potendo frenare la curiosità, iniziò a leggere mentalmente, assimilando informazioni e disegni niente male.
"E' interessante, vero?" chiese Mikey, porgendogli il latte caldo.
"Oh, sì. Io mi sono informato sulla gravidanza con Don".
"Io non ricordo le spiegazioni. Ho bisogno di leggere per assimilare" specificò Michelangelo, tornando a sedersi.
Fra una pagina e l'altra, la sonnolenza arrivò, finalmente, puntuale per i due. Raph trattenne uno sbadiglio, mentre Mikey non si preoccupò nemmeno di nasconderlo. Alla fine, si alzarono dal tavolo e si stiracchiarono.
Erano le 04:00.
"Io vado a nanna, Raph" mormorò Mikey. "Notte".
"Notte, fratello. Grazie per la coperta e il latte".
"Ma va. E' a questo che servono i fratelli, no?" sorrise Mikey: "Grazie a te per la compagnia".
"Qualunque cosa".
Restare con suo fratello minore gli era piaciuto, molto più di quanto avesse dimostrato!
Il rosso mise la tazza nel lavandino e spense le luci, dando un ultimo saluto al fratellino che si rintanò nella camera di Don, pronto ad accoccolarsi accanto a lui.
-Prima o poi Leo mi farà un uovo, ne sono certo- pensò: -Solo aspettare...-.
Sbadigliò con un sorriso: era felice...


Angolo dell'Autrice

E così anche i Dark!Clones sono entrati in scena! Ahahahaha! Che felicità! Ho intenzione di sfruttare molti personaggi di questa serie e di rigirarli a modo mio! Ho in mente parecchie cose per questo sequel. Quindi, come detto dalla mia cara amica Conn, non cambiate canale gente! In fondo l'attesa dura sempre 24 ore, no?
A domani con un capitolo che mi ritrovo già scritto! Baci e soprattutto abbracci alla Mikey per coloro che mi seguono sempre! :)

 

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Capitolo 9
*** Instabilità ***


Restare con suo fratello minore gli era piaciuto, molto più di quanto avesse dimostrato!
Il rosso mise la tazza nel lavandino e spense le luci, dando un ultimo saluto al fratellino che si rintanò nella camera di Don, pronto ad accoccolarsi accanto a lui.
-Prima o poi Leo mi farà un uovo, ne sono certo- pensò: -Solo aspettare...-.
Sbadigliò con un sorriso: era felice...
 
....
 
Le tartarughe e Splinter si rilassavano nel salotto leggendo, guardando la olo-tv o semplicemente allenandosi un po'. E a quanto pare, Raphael stava impartendo le lezioni base del ninjitsu a Reiki, mentre Hanami preferiva meditare -per quanto ci riuscisse- con suo padre Leonardo.
"Reiki, sposta il piede sinistro in avanti e colpisci con il braccio analogo" impartì il rosso, pazientemente.
La bambina annuì vigorosamente e fece quanto chiesto... peccato che scivolò, sbattendo il viso in terra.
"REIKI!" esclamò il rosso, inginocchiandosi prontamente.
Il silenzio era calato: Leonardo era a bocca aperta non tanto per quello che era appena successo bensì per l'espressione determinata che sua figlia aveva sul visino paffuto. Il fuoco e la voglia di riprovare erano nei suoi occhi!
"Stai bene, tesoro?" espirò Raph, per poi ghignare.
"Sì, papà. Riproviamo!".
Per Raph queste parole furono musica per le orecchie e annuendo le rispiegò nuovamente i movimenti correnti per eseguire un pugno frontale destro mentre la bambina imparava molto in fretta!
Hanami, al contrario, continuava a distogliere lo sguardo, avendo già abbandonato la sua meditazione.
"Che succede, piccola?" domandò Leonardo, schiudendo un occhio.
"Io non so fare come Reiki...".
Leonardo era rimasto molto stupito dalle parole della sua piccola bambina calma e quindi, con un sorriso sulle labbra, l'accarezzò sulla testa, sul soffice cotone della bandana.
"Shhh. Non devi assomigliare a tua sorella. Tu sei unica".
La bambina lo guardò con i suoi occhi lucenti e lo abbracciò semplicemente, scodinzolando la sua minuscola codina.
"Grazie, papi".
Leonardo annuì e insieme tornarono a meditare, ignari che Raph avesse udito tutto e si fosse rallegrato! Amava Leo anche per il suo dolce carattere, in fondo!
"Qualcuno di voi ha visto Michelangelo?" interruppe Serling.
Aveva in mano una scodella con un frusta immersa nel composto omogeneo di una torta e un leggero strato di farina cosparso sul suo corpo robotico.
"E' uscito con Donnie. Perché lo cerchi?" rispose Raphael, curioso.
"Mi aveva detto che voleva prestarmi una ricetta infallibile per un nuovo tipo di torta che il padroncino Cody adora".
"Lo ha fatto, in effetti" corresse Splinter, mentre meditava dinanzi alla olo-tv: "Se guardi bene dovresti trovare la ricetta attaccata al frigorifero".
"Controllerò immediatamente"...
 
....
 
Mikey e Donnie camminavano tranquilli fra le strade di New York e ora erano giunti a ChinaTown. L'aspetto cinese non era poi cambiato così tanto... beh, eccetto per le classiche lanterne rosse che adesso svolazzavano a mezz'aria sotto forma di ologrammi incredibilmente realistici.
Nei vicoli stretti, modesti edifici di cinque-otto piano rendevano bene l'idea di un tunnel da scoprire, tutto punteggiato da vetrine luccicanti e luci accattivanti.
Una vera attrazione per Michelangelo, che, senza pensarci su due volte, si era letteralmente spiaccicato sulla vetrina di un negozio di maternità cinese.
Tutine, culle, biberon e simpatici pupazzetti per l'infanzia erano esposti al pubblico, con fiocchetti di raso colorati e adorabili decorazioni di farfalline-ologramma capaci di simulare voli o fremiti d'ala!
"Donnie, guarda questa tutina!" indicò l'arancione.
Era un piccolo vestitino per neonati di poche settimane tutto bianco, con fragoline rosse adorabili. Aveva un bavaglino merlettato di raso e un nastrino sul lato sinistro.
"Fantastica! E questa?" replicò il genio.
La tutina che lo aveva colpito era gialla con piccole paperelle arancioni. Era simile a quella vista da Mikey, eccetto per il bavaglino sostituito da tre bottoni viola.
"Sai che bianco o giallo non mi dispiacerebbero come colori?" fece Mikey.
"Neanche a me. A proposito di neonati, dovremmo cominciare a scegliere qualche bel nome per nostro figlio".
Mikey annuì vigorosamente, accarezzandosi la pancia ben protetta sotto una calda giacca nera, con i polsini arancioni. La stessa che Donnie indossava, solo con il colletto viola.
"Mi piacerebbe l'orientale" espresse l'arancione, ricominciando a camminare.
"Beh, sì! Qualcosa di molto bello e significativo!".
"Avrei due nomi in mente che mi sono sempre piaciuti".
"Ti ascolto" sorrise Donnie, avvolgendogli un braccio intorno alle spalle.
"Keeichi che intende Figlio prezioso come un gioiello e Reina, che sta per pura" spiegò Mikey.
Donatello spalancò gli occhi. Non aveva più parole: quei nomi erano bellissimi e se avrebbe potuto, li avrebbe dati entrambi. Non voleva sceglierne altri!
Così, gli si avvicinò, prendendogli il viso nelle mani e lo baciò dolcemente, mentre Mikey lasciava crollare le spalle in segno di tenerezza.
"Come sono carini" mormorò qualcuno di passaggio.
Entrambi sorridevano. Si sentivano bene e lo stress per la situazione in cui vivevano adesso era molto meno influente. I loro cuori svolazzavano di gioia e di amore.
Donatello gli accarezzò ancora una volta il ventre e decisero di proseguire il loro piccolo tour quando il vento ricordò che non era salutare restarsene troppo al freddo.
“Nel libro che ho letto, ho scoperto che il bimbo qui presente dovrebbe muoversi al quinto mese… quindi, direi fra un paio di settimane o più, considerando che sono alla metà del quarto mese!”.
E non vedeva l’ora! Mikey si era sempre chiesto cosa provasse Leonardo a sentire i piccoli movimenti nel suo ventre, quando aspettava. E ora ne poteva avere l’occasione!
“Mi sorprende che tu legga libri al di fuori dei fumetti” sghignazzò Donnie.
In realtà, era molto affascinato che il suo compagno avesse spostato l’attenzione su qualcos’altro.
“Beh, mio caro genio, avremo un bambino. Siamo cresciuti entrambi. Non possiamo essere ragazzini per sempre, no?”.
“Punto per te, Michelangelo”.
L’aria era ancora più fredda, adesso. Il venticello solitario aveva intensificato il suo flusso, tanto da scuotere fortemente gli alberi del Central Park. Le nubi nel cielo non presagivano che un temporale di quelli molto forti.
“Che ne dici di tornare a casa?” propose Donnie.
“Facciamo dopo? Avrei urgente bisogno del bagno!”.
Il genio si grattò la nuca e fortunatamente per lui individuò un centro commerciale sviluppato in altezza a proprio due passi da loro. Ringraziando la fortuna, si diressero tranquillamente, gradendo la calda aria che li investì al momento dell’entrata.
Salirono una scala mobile e Mikey trottò verso il bagno, mandando un bacino volante a Donnie, che si sedette su una panchina ad aspettare che il compagno uscisse dalla toilette femminile!
Era ancora incredibile l’idea di diventare papà! Ripensando a come l’aveva pensata inizialmente non poteva che sentirsi disgustato e si sarebbe preso a calci in culo. Adesso voleva il piccolino più di ogni altra cosa al mondo e se ora la pensava nel modo giusto doveva tutto anche a Shadow e a April.
Un pensiero improvvisamente lo colpì, facendolo irrigidire e fissare scioccato il vuoto. Con tutto quello che era accaduto, si erano completamente dimenticati dell’invito della loro amica nella serata! Chissà Shadow come ci era rimasta male!
Si scurì in volto e appoggiò il mento sulle dita incrociate, con i gomiti poggiati sulle cosce. Proprio un bel colpo!
-Va bene… cercherò di costruire qualcosa alla piccola per farci tutti perdonare- pensò.
“Eccomi qua, ho finito”.
Donnie alzò lo sguardo e sorrise, alzandosi: “Hai fatto presto”.
“Sono veloce di natura e tu lo sai”.
Il rumore della pioggia batteva sul tetto del centro commerciale, rumoreggiando dappertutto. Donatello non voleva assolutamente far bagnare il suo compagno e così, come unica e non così male idea, scelse un piccolo tour nel centro commerciale.
“Hai fame, Mikey?”.
“Oh, altroché!”.
Il genio aveva portato il portafogli con lui e c’era abbastanza denaro per qualcosa sotto ai denti!
Entrambi tornarono a camminare, tenendosi per mano, per i vari corridoi illuminati dalle vetrine colorate, perdendosi in quel mondo accattivante.
“Mikey, ricordi se gli altri volevano qualcosa?” chiese, poi, Don.
“No. Perché ce lo hanno detto?”.
“A dire il vero sì. Io ho scordato”.
Mikey fece le spallucce e ghignò oscuramente, guardando il genio con i suoi occhi… leggermente strani.
“Stai bene? Mi sembri… diverso” mormorò Don, sollevando un sopracciglio.
Il suo sguardo cadde sulla pancia di Mikey… sembrava un po’ più piccola rispetto a prima e la giacca era più forzata sui bicipiti. Cosa impossibile dato che l’arancione era molto magro e di muscolatura ne aveva poca.
“Mikey, mi stai spaventando”.
L’arancione gli si avvicinò, lasciando cambiare i suoi occhi azzurri in onice brillante. Sorrise oscuramente e si guardò intorno, accertandosi che non ci fossero occhi indiscreti.
“Vieni, Donatello. Fammi vedere quanto sei buono”.
Mikey pigiò qualcosa sul braccialetto di metallo che portava -da quando?- al polso e lo trascinò fortemente nel portale che si richiuse dietro alle loro corazze.
Non era Mikey?!
Sicuramente no, visto che quello vero era appena uscito dal bagno!
“Donnie, sono tornato. Scusa se ci ho messo tanto” cinguettò.
Si guardò intorno ma del compagno nessuna traccia. Michelangelo inclinò il capo da un lato, visibilmente confuso ma due braccia forti gli presero la vita, pizzicandogli i fianchi.
“Scherzetto” sussurrò maliziosamente Donnie.
“Cattivo! Credevo mi avessi abbandonato”.
“E come potrei mai farlo?”.
Eppure c’era qualcosa di strano. Il genio aveva un’espressione oscura sul viso e quel sorriso ampio non era quello dolce di solito. In più continuava a palpargli il fianco, la coscia e la pancia.
“Donnie, stai bene?” chiese nuovamente l’arancione.
“Mai stato meglio. Ora che sono con te”.
Questa frase gli tolse ogni dubbio. Forse il genio era semplicemente in vena di scherzare e voleva un po’ di coccole.
“Ehi, che fai, Donnie?!” esclamò Mikey, quando si sentì sollevare dal pavimento.
Il genio lo zittì con un leggero bacio sulle labbra, mentre lo spostava in posizione comoda, con il classico stile sposa fra le sue braccia. Quelle sue labbra erano molto più morbide di quanto ricordasse e la lingua più lunga del necessario, mentre scavava nella sua bocca, danzando e assorbendo sapori diversi.
Tenendo occupato Mikey, Donnie si fece scivolare un minuscolo tablet dalla manica della sua giacca e pigiò un tasto, mentre sul muro nocciola che affiancava la porta della toilette si aprì un portale rosato. Il genio ci entrò indietreggiando e non poté che sorridere vittorioso…
 
….
 
Raphael aveva appena finito di fare il bagnetto a Reiki, stanca dopo il suo primo allenamento ninja e la portò a nanna, dove Leonardo aveva fatto lo stesso con la piccola Hanami, allo stremo delle forze mentali per aver meditato per un po’.
Di ritorno dalla zona notte, il rosso prese posto sul divano, guardando Leonardo con la coda dell’occhio che seguiva un film alla olo-tv. Ridacchiò mentalmente, lasciando muovere la mano sulla coscia di Leo.
“Che silenzio, eh?” introdusse.
“Sì. Cody e Serling sono con Starlee al piano superiore per ultimare i braccialetti spezza-fotoni e il sensei medita nelle altre camere”.
“Quindi, in altre parole, ci siamo solo io e te” completò Raphael.
L’azzurro ridacchiò. Raphael approfittava sempre del silenzio per fare il sensuale e le sue moine per sedurre riuscivano sempre ad ammaliarlo perfettamente. Come in questo caso. La mano del focoso strisciava sensualmente sulla coscia, cadendo verso l’interno, nella zona più calda e proibita.
“Raph…” espirò Leo, mordendosi le labbra.
“Ti sto eccitando, per caso?” sogghignò il rosso, palpando il rigonfiamento che l’azzurro faticava a tenere sotto controllo.
“Smettila. Non qui, almeno”.
“A me sembra che sia tutto perfetto. Buio, silenzio, nessun occhio indiscreto”.
Raphael si avvicinò con le labbra e strofinò il naso contro la guancia di Leo, infilando la mano fra le gambe strette del compagno, diteggiando la coda.
“Raphie…” avvertì invano Leo.
Adesso si stava eccitando ancora di più. Raph era subdolo quando aveva fame d’amore e resistergli era impossibile! Ma era anche vero che Leo adorava essere spinto in quel gioco erotico dove il compagno era l’Alpha e lui la “vittima” del piacere fisico.
Boccheggiò.
Leonardo guardò la mano di Raph pronta per palpare l’organo già gonfio e palpitante e le sue labbra erano già state catturate da un bacio di grande passione.
“Sei una testa dura”.
“La tua testa dura” corresse Raph.
Leonardo sospirò, avvolgendogli le braccia al collo. Lo amava. Lo voleva e come al solito era riuscito a sedurlo per bene! Raph gli era vicino più che mai, tanto che i loro pettorali sfregavano dolcemente con un lieve rumore raspante.
“Io ti amo, Leo” sussurrò.
“Più della mia vita, tigre…”.
Leo spense la tv e si lasciò distendere sul divano, sebbene non fosse stato proprio un ottimo posto per coccolarsi, ma ugualmente Raph gli montò su, iniziando ad accarezzarlo.
“Non dovrei essere io lassù?” chiese Leonardo.
“Cambiare è positivo, baby”.
Il rosso lo baciò immediatamente e avrebbe continuato con il suo gioco erotico preferito se dei passi in arrivo non si fossero avvicinati!
Leo e Raph si staccarono in fretta, mettendosi seduti, mentre la olo-tv si accese nuovamente, illuminando il salotto e disperdendo parzialmente le ombre della sera.
“Oh, scusateci” mormorò Cody. “In verità cercavo Donatello ma a quanto pare non è ancora tornato. Volevo chiedergli un parere”.
“E’ uscito con Mikey, ma ora che ci penso è stato più di due ore fa” spiegò Leo.
“E ora sono le 20:40” aggiunse il rosso, leggendo l’ora sull’olo-tv.
“Diamogli un altro po’ di tempo e se non tornano, li andremo a cercare. Ora che ne dite di cenare?” propose ancora Cody.
“Buona idea. Sveglio le bambine” annuì Raphael…
 
….
 
Donatello non sapeva dove si trovava. Era su una superfice molleggiata, probabilmente in una stanza.
Era stato rapito?
Un’improvvisa luce bianca si accese alla sua destra: il genio sobbalzò e squadrò attentamente il nuovo e tetro luogo. Era una camera da letto e lui ci stava sopra, con i polsi legati alle sbarre da una dura corda. Tutto era in una sfumatura viola e scavato nella pietra, tanto da dare l’impressione di essere un cavernicolo.
-Spero che almeno non spunti fuori un dinosauro- pensò.
Le sue caviglie erano legate in modo che le gambe fossero ben aperte e ora che si guardava meglio, era stato spogliato da tutto, mantenendo solo la maschera.
Gli era stato tolto anche il respiratore, ma non aveva problemi a inalare.
“Sono molto invidioso, sai?” pronunciò una voce familiare, più subdola.
Dalle ombre frontali era appena spuntato Michelangelo… solo che non aveva la pancia gonfia! Che diavolo stava succedendo adesso?!
“Mikey, dove mi hai portato?!” ringhiò Donnie.
Il cuor suo sapeva che quello non poteva essere il compagno che gli aveva rubato il cuore. E infatti, con una morfosi veloce, Mikey ritrovò le sembianze spigolose di Dark!Mikey.
“TU?!” ruggì il viola. “Avrei dovuto capirlo che eri stato tu! Dove mi hai portato!”.
“Relax” istruì morbido il clone, mettendogli un dito sulle labbra. “Sei in camera mia. Dovresti essere orgoglioso, perché sai, non faccio entrare nessuno qui”.
“Che vuoi da me?”.
“Tutto. Da quel giorno sul terrazzo, ho capito che mi sono innamorato di te e ti voglio” spiegò, accarezzandogli il piastrone centrale. “Non dovrai più preoccuparti. Adesso mi prenderò cura io di te e non dovrai nemmeno più pensare al tuo esserino”.
La rabbia si accese nel genio. Il clone di Mikey lo voleva tutto per sé ma lui non avrebbe mai ricambiato! E inoltre, non poteva permettersi di definire “esserino” il suo piccolo. Anche se lo aveva fatto lui inizialmente, aveva capito che era un’offesa. E tutto grazie ad April.
“Lasciami” ordinò freddamente.
“Mai. Resteremo sempre insieme. Non è magnifico?” sibilò il clone, penzolando la lingua.
“No! E’ un’emerita cazzata! Liberami!”.
“Voglio solo fare l’amore con te!”.
Il genio emise una faccia disgustata e cercò di non gemere quando la mano gialla del clone iniziò ad accarezzargli lo spacco intimo con innata dolcezza.
“Io no invece”.
“Andiamo! Se non vuoi avere la mia faccia, posso sempre mutarmi nel tuo stupido fratellino o potresti pensare a me come a lui!” elencò Dark!Mikey.
“Sei sordo? Ho detto che non ti amo e non voglio accontentarti in alcun modo! Secondo me la botta che ti ha dato Cody ti ha spiattellato il cervello!”.
“Io credo proprio che quella botta mi abbia aperto la mente” sghignazzò il clone, chinandosi per appoggiare la testa sui piastroni inferiori.
“No! No!” tuonò il genio. “Io amo Mikey. Solo e soltanto lui!”.
“Non mi interessa. Capirai che sono mille volte meglio di lui e in più non mi puoi mettere incinto perché sono un maschio bellissimo a tutti gli effetti”.
“Io sarò padre, lo capisci sì o no?!” contrastò Donatello, sudando sempre più.
“Non ti sento!” canzonò il clone, strisciando la lunga lingua fra le gambe.
-MIKEY!- gridò mentalmente il genio…
 
….
 
“Donnie, dove mi hai portato?” chiese Michelangelo.
Erano su un’ampia balconata di pietra di un edificio storico, riparati da una balaustra sporgente e nascosti da spessi pilastri deteriorati dal tempo. L’altezza che li separava dal suolo era tremenda ma la luna che brillava nel cielo serale offriva parziale rassicurazione.
“E’ il mio posto speciale”.
Donatello lo fece sedere in terra, sbottonandogli la giacca, per avere ampia visuale dell’addome gonfio dell’innocente tartaruga. Si leccò le labbra e inspirò tranquillamente, mentre la luna marchiava il suo profilo sempre più spigoloso.
Il cuore di Mikey affondo. Non si aspettava certamente di ritrovarsi davanti nientemeno che Dark!Don. Era stato imbrogliato con una facilità incredibile che gli faceva rabbia.
“T… tu non sei Donatello!” inveì.
“Già. Sono molto meglio. Ho aspettato così tanto tempo per averti, mia piccola pallina di riso”.
L’arancione voleva fuggire ma non poteva. Adesso capiva perché era stato portato in un posto del genere. Voleva Donnie! Dov’era in questo momento?
I suoi pensieri furono interrotti dalla coda leggiadra del clone viola che si muoveva fra le sue gambe, pungendo dolcemente la sua per invogliarla a scodinzolare.
“Adoro la tua ciccia… e credo di averti fatto già questo complimento” sorrise Dark!Don, in un orecchio. “Sei perfetto, lo capisci?”.
Mikey sbuffò come risposta, incerto se dirgli o meno che era incinto e non grasso. Però non voleva mettere in pericolo il suo bambino e così preferì semplicemente assecondare il clone che continuava a pizzicargli -quella per lui- la ciccia.
“Sei un po’ strano tu” borbottò Mikey.
Il clone sorrise ampiamente, baciandogli affettuosamente la guancia.
“Sei così carino, pallina di riso. In tutta la mia vita non mi sono mai sentito così”.
“Senti. Per quanto mi faccia piacere che per una volta non pensi a come ammazzare il prossimo, io sono già felice con Donnie e non posso essere tuo, lo capisci? Quindi, perché non mi lasci andare e provi a vedere se puoi confortare il tuo bisogno di un compagno con qualcuno dei tuoi fratelli?!”.
“No. Impossibile per me” zittì il clone, negando vigorosamente. “Tu non lo sai, ma Michelangelo è la persona più stupida e scontrosa che abbia mai avuto a che fare. Tutto il contrario di te, che sei dolce, bello e paffuto. Voglio essere io il tuo compagno. Inoltre, a quest’ora Donatello si sarà già accoppiato con mio fratello, che stravede per lui”.
“No, questo no!” soffocò Mikey, spalancando gli occhi enormemente.
Si appiattì contro il muro, tremando a più non posso.
“Mi dispiace, ma lui ha preferito stare con mio fratello perché non potrebbe mai diventare padre com’è accaduto ai tuoi altri fratelli” continuò convinto Dark!Don.
Due lacrime calde erano scivolate sulle guance di Mikey, che tremava senza sosta, sconvolto e ferito più che mai. Improvvisamente, la sua visione iniziò a roteare e le sue orecchie presero a fischiare.
“D… Donnie… n… no…”.
Un dolore al petto fortissimo, proprio all’altezza della cicatrice. Michelangelo ansimava duramente e gemette al pungere di fuoco, poggiandosi la mano nella speranza di lenire in qualche modo.
Questa reazione spaventò Dark!Don.
“Stai bene? Che succede, Michelangelo?”.
L’arancione non poteva rispondere. La sua bocca si apriva e chiudeva lentamente, a ritmo delle lacrime sul viso.
“Michelangelo?” ripeté il clone, preoccupato.
“D… Donnie…” sussurrò Mikey, chiudendo gli occhi e cadendo fra le braccia del clone.
Era privo di sensi ma non era questa la cosa peggiore: il clone, infatti, si era già accorto che la tartaruga non stava respirando più.
“Oh, no!”.
Lo raccolse in braccio e aprì un nuovo portale, pronto per condurlo dritto in ospedale.
 
….
 
Dark!Mikey guardava l’organo di un Donnie rosso di rabbia e di imbarazzo. Era così appetitoso!
“Resteremo sempre insieme!” canticchiò il clone.
“Rimettimi l’organo a posto!” tuonò il genio. “E fammi andar via!”.
“Uffa! Tanto non te ne vai!” lagnò.
Improvvisamente, il braccialetto apri-portali che indossava il clone si illuminò, vibrando. Sbuffando per essere stato interrotto, pigiò un tasto e accettò immediatamente la chiamata.
 
“Ehi, fratello, Donatello è con te?”.
“Che domande, ovvio che sì. Il mio piano ha funzionato e me lo stavo godendo in senso unilaterale quando non mi hai interrotto!”.
“E’ urgente. E’ accaduta una cosa terribile al dolce Michelangelo! Fammi parlare con Donatello, ho detto!”.
 
Il clone sbuffò e avvicinò il braccialetto alla bocca di Donnie.
 
“Sono io. Se hai fatto del male al mio compagno, io-.
“Silenzio! Michelangelo ha avuto una crisi respiratoria e l’ho portato al pronto soccorso. Ho pensato di informarti visto che… con quell’adorabile pallina di riso non ho speranze. Lui vuole solo te”.
“Che cosa gli hai fatto per ridurlo così?! Michelangelo, se si stressa, smette di respirare!”.
“Gli ho semplicemente detto che tu ami stare con mio fratello perché non potresti mai diventare padre com’è accaduto ai tuoi altri fratelli e di colpo ha iniziato ad affannarsi finché non è crollato”.
 
Donatello aveva gli occhi brucianti di lacrime. Il suo piccolo Mikey era stato in balia del clone e adesso soffriva per una menzogna raccontata così bene!
“Tu liberami immediatamente!” urlò a Dark!Mikey che spaventatosi da una reazione del genere, eseguì immediatamente.
Il genio si rimise tutto ciò che gli apparteneva e batté furiosamente il piede in terra, fino a quando il clone giallo non aprì un portale e lo condusse facilmente nella sala attese dell’ospedale in questione.
Quando entrambi si materializzarono, Donatello corse con foga innata verso il clone viola, sbattendolo pesantemente contro un muro.
“Come hai potuto, razza di bastardo!” urlò.
“Non ne sapevo nulla!”.
“Non è una buona scusa! Non sai che con quell’arresto respiratorio hai potuto uccidere il mio bambino? O provocare danni a entrambi? Maledetto, non te lo perdonerei mai!”.
“Bambino?” espirarono i due cloni, stupiti.
“Ero convinto che Michelangelo fosse ingrassato” mormorò Dark!Don. “Non me lo aveva detto”.
Il genio avrebbe voluto baciare Michelangelo dappertutto. Aveva deciso di mantenere il segreto circa il bambino per evitare possibili intenzioni di rimuoverlo. Sorrise dolcemente ma guardò ancora truce i due cloni.
Ed ecco che una dottoressa in camice bianco, capelli biondi e occhi azzurri si fece avanti.
“Signor Hamato?” chiese cordiale.
“Sì, sono io”.
“Ci sono complicazioni. La gravidanza è diventata instabile e uno dei due potrebbe non farcela. L’interruzione di ossigenazione ha provocato danni cardiaci al paziente e possibili quelli celebrali al feto”.
Il cuore di Donnie affondò nel dolore. Tremava, adesso, addolorato più che mai della situazione terribile. I due cloni mormorarono uno scusa e svanirono in un portale, alle sue spalle, per evitare di ritrovarsi in una poltiglia sicura.
“Po… posso vederlo almeno?”.
La dottoressa annuì e lo condusse nella stanza numero 45, dove Michelangelo non era che una flebile forma piccola in un mare bianco, denominato letto. La donna preferì lasciarlo solo e il genio si sedette accanto al suo compagno, prendendogli la mano.
Deglutì e guardò la pancia. Chiedere a Michelangelo di abortire era come ucciderlo. Non avrebbe mai accettato di perdere questo bambino.
“Mikey…” soffocò, baciandogli la mano.
Aveva una mascherina d’ossigeno sul volto, la pelle cadaverica e l’espressione ancora addolorata. Donatello non poteva dirgli qualcosa del genere.
O Mikey o il bambino.
Danni per tutti e due.
“Mikey… mio adorato Mikey…”.
Corrucciò la fronte e appoggiandosi sulla pancia del suo compagno iniziò a singhiozzare, sperando che tutto questo fosse soltanto un incubo maledetto…


Angolo dell'Autrice

Questa storia mi ha preso parecchio, tanto che quando finirà (e non mancano molti capitoli) mi sentirò depressa, come ogni volta!
Beh, che vi posso dire se non che sono tremenda? Faccio sempre di tutto per rendere un inferno la vita dei nostri amici, eh? Ma è questo il bello delle fanfiction!
Qualcosa di molto grosso accadrà, state tranquilli! E vi faccio compagnia, mentre venerdì 8 agosto uscirà il tanto atteso film delle TMNT in America, mentre il 18 settembre da noi (Uff! Volevo che lo facessero ad agosto anche qui da noi, giusto per avere un 18esimo compleanno con qualcosa di bello.Vabbè, pazienza!).
Ok, mi sembra di aver spoilerato troppo!
Abbraccio sempre tutti quelli che mi seguono in ogni pazza idea che mi viene e sempre calorosi bacini !
Ciao!

 

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Capitolo 10
*** Quando Tutto va Male... ***


“Mikey…” soffocò, baciandogli la mano.
Aveva una mascherina d’ossigeno sul volto, la pelle cadaverica e l’espressione ancora addolorata. Donatello non poteva dirgli qualcosa del genere.
O Mikey o il bambino.
Danni per tutti e due.
“Mikey… mio adorato Mikey…”.
Corrucciò la fronte e appoggiandosi sulla pancia del suo compagno iniziò a singhiozzare, sperando che tutto questo fosse soltanto un incubo maledetto…
 
….
 
Nessuno aveva preso bene la notizia di Michelangelo, dopo che Donnie aveva chiamato a casa. E nel breve tempo possibile erano giunti all’ospedale, per tenere compagnia al loro fratello.
Non appena il genio li aveva visti, si era aggrappato a Raph per singhiozzare tutto il suo dolore, mentre Leo gli accarezzava il braccio, guardando quanto fragile fosse il fratellino bloccato nel letto.
“Tutto per un mucchio di bugie” aveva urlato più volte.
Non poteva calmarsi… non poteva quasi respirare ma doveva essere forte.
Raphael deglutì semplicemente, con il fuoco della rabbia dentro il suo stomaco: l’avrebbero pagato cara.
Per fortuna che Reiki e Hanami erano rimasti con Serling e Starlee alla O’Neil Tech, poi! Nessuno degli Hamato voleva, infatti, mostrar loro un simile spettacolo.
Un movimento. Un gemito. Un azzurro opaco.
Raphael fu il primo a catturare quei tre segnali con la coda dell’occhio e con un cenno fece tutti avvicinare.
“Mikey?” chiamò subito il genio, prendendogli la mano.
L’arancione aveva lo sguardo spento e umido, come se stesse già piangendo o… che già sapesse.
“Donnie…”.
“Sono qui, tesoro…”.
“Dove sono?”.
“In ospedale, Mikey” aggiunse Leonardo, a braccia conserte.
L’arancione annuì mentre guardava Donatello, con la disperata richiesta silenziosa di avere risposte. Con un cenno, Splinter intuì e spinse delicatamente tutti fuori, magari a ingannare il tempo parlando con qualche infermiera.
Rimasti da soli, i due si guardarono a lungo. Donatello non voleva dargli quella terribile notizia e Mikey, al contrario, voleva solo sapere.
“Che cosa mi è successo?” chiese. “Ero con Dark!Don quando poi è diventato tutto nero”.
Il genio strinse i denti e prendendo un profondo respiro iniziò a raccontargli ogni cosa… ma non immaginava di certo che Michelangelo cacciasse un grido così forte da far quasi vibrare i vetri della sua camera.
Fuori le porte si udì più che bene, tanto da agghiacciare il resto degli Hamato che smisero di parlare con la stessa dottoressa che aveva dato la pessima notizia a Donnie.
“C… che cos… cos’era?” balbettò Raph, con lo sguardo puntato sulla porta chiusa della stanza di Mikey.
“Non lo so. Ma non mi piace” aggiunse Leo.
“E’ il caso di andare a vedere?” riprese il rosso.
“Donatello è con Michelangelo. Lasciamoli soli” forzò dolcemente il sensei, anche se nel suo cuore era davvero molto spaventato.
Nella camera, Michelangelo aveva lo sguardo vuoto e gli occhi spalancati, respirando ancora affannosamente, come se stesse ripetendo la disavventura con il clone. Non aveva preso ovviamente bene la notizia. E la sua reazione stava spaventando Donatello.
“Io non rinuncio al bambino! E’ il mio desiderio più grande… è il mio piccolo! Non è giusto che mi debbano negare questa felicità! Preferisco morire!” urlò, stringendosi alle sbarre del letto.
“Mikey, ti prego, calmati! Vuoi arrecare più danni?” tuonò il genio, terrorizzato.
“Donnie… non voglio abortire!” singhiozzò il minore, abbracciandolo. “Tu e il bambino siete la cosa più preziosa che ho…”.
Il cuore del viola spremette nel dolore. Michelangelo era come un bambino che cercava disperatamente la sua mamma per non ritrovarsi solo in un mondo freddo e ostile. Lo strinse a sé maggiormente, baciandogli la testa.
L’arancione gli prese la mano e la poggiò sulla parte gonfia dello stomaco. Le sue lacrime caddero ancora.
“Riposati, amore mio” ordinò gentilmente il viola, coricandolo.
“Non lasciarmi”.
“Non lo farò”…
 
….
 
“Che cosa avreste fatto?!” ruggì Dark!Raph. “Che cazzo vi è saltato in mente?!”.
I cloni viola e giallo erano tornati nel loro androne malefico e non avevano esitato a raccontare tutto ai loro due fratelli, i cui sguardi erano inferociti più che mai. Soprattutto Dark!Leo era torvo e stava ascoltando tutte le malefatte con le braccia conserte e il disgusto sempre più crescente.
“Non sapevo che la pallina di riso fosse incinta” mormorò Dark!Don. “E da quello che ho sentito, la situazione è grave. Lo shock per quella mia stupida frase gli ha provocato danni al feto”.
Dark!Mikey ciondolò la lingua in apprensione. Continuava a rimuginare sulla sfuriata che Donatello aveva avuto sia nel suo letto sia nell’ospedale. Non era stato carino forzarlo al sesso.
-Tanto non mi ricambia- pensò.
“Quello che avete fatto è disonorevole” tuonò freddamente Dark!Leo.
“Da quando parli di onore? Secondo me a furia di stare a contatto con quel ratto, il tuo cervello ha cambiato direzione” sbuffò Dark!Raph.
“Non ho intenzione di combattere con te. Adesso dobbiamo trovare il modo per risolvere le cose”.
“Non è un problema nostro!” ringhiò Dark!Raph, afferrandogli il braccio.
“E invece sì” scattò Dark!Don. “Ho causato un male terribile alla mia pallina di riso! E non me lo posso perdonare!”.
-E’ proprio fissato con il mio alter ego- pensò Dark!Mikey, un po’ geloso. -Lo facesse almeno con me… sarei felice!-.
Il suo viso arrossì immediatamente. Che diavolo pensava? Incesto? Una copia esatta e oscura della via che avevano intrapreso Leo e tutti gli altri? Dark!Mikey si strofinò la nuca, con le guance arrossite.
-E chi li capisce i sentimenti!-.
Un tentacolo viola apparve presto nella stanza dei cloni, materializzandosi in Sh’Okanabo. Il mostro aveva un ghigno freddo sulle labbra e occhi inquietanti. Si avvicinò lentamente mentre squadrava i quattro da testa a piedi.
“Il mio piano è ultimato. Adesso non mi rimane che attivare la Finestra del Tempo e il congegno XRL”.
La sua risata era talmente sadica che i quattro cloni quasi indietreggiarono.
“Hai cambiato di nuovi i piani? Allora è proprio la mani di voi cattivi” sottolineò Dark!Mikey.
Sh’Okanabo lo fissò con rabbia e in movimento veloce gli strisciò davanti, guardandolo con odio.
“Chiudi il becco, mostriciattolo” intimò.
Dark!Mikey lo fissò semplicemente con rabbia.
“Voglio che andate nel punto più alto di New York e posizioniate questo nel cielo, attivandolo. La cappa anti-sole apparirà in pochi istanti”.
Dark!Leo prese la capsula e la guardò. Era un rombo lungo venti centimetri, rivestito d’oro e rame e al suo interno una grossa capsula conteneva un liquido viola scuro.
“Niente uova, stavolta?” chiese Dark!Don.
“No. Ma preso la dinastia dei Kanabo sarà finalmente su questo pianeta insignificante”.
“Andiamo, ragazzi” ordinò Dark!Leo, marciando dritto fuori dal covo malefico…
 
….
 
“Quindi il bambino potrebbe essere compromesso?” deglutì Raphael, con la bocca così secca.
La notizia gli aveva lacerato il cuore e non aveva potuto fare a meno di ricordarsi di quando Leonardo aveva subito un ristringimento del ventre, causando un forte dolore alla pancia. Avevano avuto così paura ma per fortuna si era trattato solo di un forte spossamento.
Ma qui la situazione era diversa. C’era da scegliere fra Mikey e il bambino.
“Più dell’85 per cento dimostrerebbe che i danni ci sono e se non interveniamo rischiamo complicazioni” ripeté addolorata la dottoressa.
Leonardo sospirò, stringendo i pugni. Se c’era un colpevole era Dark!Don ma… in fondo non sapeva che Michelangelo avrebbe avuto una crisi così.
“Clara! Clara!” urlò un infermiere mulatto. “Un altro squarcio si è aperto nel cielo!”.
“Cosa?” rispose la dottoressa, con occhi spalancati.
“Questo non mi piace” bofonchiò Leonardo a denti stretti.
“Oh, no!” esclamò Raphael.
Quando si voltarono poterono assistere alla luminescenza azzurra che Mikey e Leo avevano già sperimentato avvolgere il corpo del focoso e irrigidirlo senza pietà.
“Raphie!” esclamò l’azzurro, allungando la mano per prendergli la sua.
Ma tutto ciò che Leo ricevette fu una forte scossa elettrica. Barcollò indietro, guardando a bocca aperta il compagno che sprizzava scariche elettriche dappertutto.
“L… Leo…!” biascicò evidentemente addolorato.
Leonardo continuò a provare ad afferrare il compagno ma ogni volta cadeva al suolo, stremato e stordito tanto che il suo corpo tremava e il sudore rotolava giù per il suo viso stanco.
“Leonardo, rischi di farti del male così” implorò Splinter, aiutandolo a rimettersi in piedi.
“RAGAZZI!” gridò una voce dal fondo del corridoio verde acqua.
Raphael fu l’unico a non potersi voltare ma questo non gli incise affatto sulla curiosità quando il giovane testa rossa Cody gli si piazzò davanti, agganciandogli velocemente un braccialetto di metallo al bicipite destro e lo attivò, nonostante ricevette una forte scossa elettrica che lo scaraventò al suolo.
“CODY!” esclamò Leo, aiutandolo a rimettersi in piedi.
“Alto voltaggio…” sorrise debolmente il ragazzo, agganciando un altro braccialetto al bicipite del suo amico con mano tremante.
Un piccolo bip risuonò da entrambi i braccialetti, con alcuni kanji che ricordavano molto i kunai anti-demone ricevuti in dono dal Daymio. Il simbolo azzurro dell’acqua brillava sul braccialetto di Leonardo, mentre quello del fuoco su Raphael.
La luminescenza azzurra brillò intensamente ancora per qualche secondo, prima di ritirarsi, convogliandosi in una piccola sfera candida e brillante che fu risucchiata nel braccialetto prodigioso.
Raphael gridò di dolore alla scarica elettrica che serpeggiò a spirale intorno al suo corpo, assorbendo energia dall’impianto elettrico dell’ospedale, mentre le luci lampeggiavano nel calo di corrente. Cadde pesantemente in terra, sulle ginocchia, ansimando.
Poi alzò il capo e sorrise, roteando gli occhi all’indietro e cadendo definitivamente a peso morto in terra, mentre il braccialetto lampeggiava ancora un po’ prima di spegnersi.
“E’ stata la concentrazione di fotoni più forte che abbia mai visto” mormorò sottovoce Cody.
Leonardo era già corso verso il compagno, affiancato da Splinter e i due dottori. La sua pelle era bollente ma non certo per la febbre. Emanava calore dovuto all’alto voltaggio e leggere sfumature scure capeggiavano dove c’era il bracciale.
Era pallido ma almeno non era stato dissolto.
“Raphie…” sussurrò Leonardo, accarezzandogli la guancia.
Il focoso contrasse la fronte e non preoccupandosi di aprire gli occhi allargò semplicemente un semplice sorriso.
“Cody è prodigioso” sorrise. “E io sono sfinito”.
“Hai dominato bene, figlio mio”.
“Raphie, puoi aprire gli occhi per me? Voglio vedere le tue sfere miele” chiese Leo, baciandogli la mano.
“Non posso farlo, Leo…”.
“P… perché…?”.
Quando il rosso aprì le palpebre, il cuore dei presenti affondò nel dolore. I brillanti globi dorati erano troppo chiari e la pupilla nera era sbiadita. La sua vista era…?
“Raph!” soffocò l’azzurro. “Riesci a vedermi?”.
Il rosso sorrise ancora una volta. “Probabilmente deve essere stata la scarica che ha attraversato il mio cervello quando ho gridato. E’ stato terribile, Leo. Come un fuoco. Sarò cieco per tutta la vita?”.
“Non credo, Raphael” aggiunse Cody, in colpa. “Penso che sia solo temporaneo. Però, per togliere ogni dubbio, credo sia meglio sottoporti a una risonanza magnetica con TAC per capire quanto gravi siano i danni nel lobo frontale celebrale”.
“Non ho capito molto… ma non voglio restare cieco per tutta la vita. Non ora che voglio vedere Leo e le mie bambine crescere”.
Lo aiutarono a rialzarsi, mentre Leonardo e Cody lo sostenevano con un braccio ciascuno sul guscio e camminarono verso un ascensore che li avrebbe condotti verso il reparto per le risonanze magnetiche…
 
….
 
Dark!Leo e i suoi fratelli erano sull’edificio più alto di New York, cioè la O’Neil Tech e guardavano il cielo oscuro, dove fino a pochi minuti fa c’era stato un altro squarcio dimensionale. Il vento soffiava molto più forte in quel punto così alto e quasi difficoltoso nel ricavare aria da respirare, essendo così liquefatta.
Il clone azzurro stringeva la capsula malefica di Sh’Okanabo, fissando il vuoto con un’espressione indecifrabile.
“So a cosa pensi” iniziò Dark!Don.
“Scommetto che vuoi far fesso il vecchio Scioccanabo” schernì Dark!Mikey. “Quel tizio mi ha fatto due palle così che non vi dico”.
L’azzurro si voltò verso i fratelli e per la prima volta sorrise, mantenendo quel velo oscuro che lo caratterizzava.
“Sh’Okanabo ci ha sempre trattati come spazzatura. E’ vero che ci ha dato lui la vita ed è per questo che ci ha sottomessi, esattamente come quel bastardo di Darius Dun fece con gli Inuwashi Gunjin”.
“Ah! Darius Dun! Quella palla di grasso ottusa!” rise Dark!Mikey. “E’ ancora in prigione?”.
“In isolamento. E pare che abbia perso una decina di chili” ironizzò Dark!Don.
Dark!Raph guardava i suoi fratelli: era l’unica cosa a cui teneva davvero, a scapito di come generalmente la ripudiava verbalmente. E adesso non era disposto a perderli a causa delle oscure ambizioni di quel malefico Kanabo. Voleva rendersi utile più che mai.
“Dobbiamo distruggere il congegno” disse convinto.
“No. Così facendo la quantità di liquido contenuto nel nucleo rischierebbe di mescolarsi alle molecole dell’ossigeno, diventando una bomba dall’energia distruttiva inimmaginabile. Diciamo che mezzo pianeta verrebbe disintegrato nell’arco di due ore” corresse Dark!Don.
“E allora?” inveì il rosso.
“Invertire semplicemente”.
I quattro cloni si voltarono, puntando gli sguardi leggermente spalancati sulla botola nel pavimento, dove una ragazza dalla pelle verde acqua era appena uscita, seguita da un robot che invece era giunto volando, essendo troppo imponente per sbucare da quella mini-apertura.
“E tu chi saresti?” ringhiò Dark!Raph, pronto a menarla.
Dark!Leo lo sbarrò con un braccio sul petto e rimase neutrale, riconoscendo la giovane cresciuta.
“Tu sei Starlee Hambra” disse.
“Esatto. Mi sorprende che non mi abbia dimenticata, Leonardo”.
“Che cosa sei venuta a fare qui? Spiarci?” mitragliò Dark!Don, squadrandola da testa a piedi.
“Siete sul tetto privato della società del mio ragazz… no, di Cody August Jones e credo che abbia il diritto di farvi la stessa domanda”.
Ragazzo, eh? Starlee aveva una cotta per il giovane eroe dai capelli rossi ma non aveva mai avuto il coraggio di confessarglielo!
Pazientemente, Dark!Leo iniziò a raccontarle dei piani malvagi di Sh’Onabo, aggiungendo che i furti dei progetti top-secret riguardo la Finestra del Tempo erano stati attuati da un potente software che Dark!Don aveva creato, tramite il suo palmare da polso.
“Sei davvero intelligente come il tuo omonimo” si complimento la giovane. “Ma avrei dovuto sospettare che dietro a tutto questo c’era Sh’Okanabo. La sua assenza ha preoccupato. Ma non pensavo che aveva in mente qualcosa di così grande”.
“Già! E quello schizofrenico vuole schermare la terra dal sole per favorire le condizioni ambientali perfette per la sua dinastia!” aggiunse Dark!Mikey.
“Per favore, fammi vedere il congegno”.
Dark!Leo glielo consegnò senza problemi.
“Mmh” emise la giovane, già capendo. “Un semplice errore e mezzo pianeta caput. La cosa più importante da fare è separare i fotoni di questo nucleo, sostituendoli con un gruppo anche minimo di altri simili, che siano semplicemente opposti di polarità”.
“In altre parole, la Finestra del Tempo di Sh’Okanabo” sogghignò Dark!Don, leccandosi le labbra.
“Ma è molto pericoloso. Il mutageno che avete nel vostro corpo potrebbe distruggervi se entraste in contatto con quel tipo di fotoni che sono della vostra stessa polarità!” gemette Starlee. “Non voglio sacrifici”.
Dark!Leo le fece una piccola carezza al viso e sorrise dolcemente.
“Abbiamo uno scopo, adesso. Vogliamo vendicarci di quell’infame e salvare il pianeta”.
“Ma…”.
“Andrà tutto bene, Starlee”.
La ragazza chinò lo sguardo e saltellò per baciare la guancia del clone che arrossì sorpreso. Non era mai stato baciato prima da nessuno e questo gli provocò un calore al petto.
Dark!Leo si voltò verso i suoi fratelli che annuirono semplicemente e contemporaneamente pigiarono i loro braccialetti da polso, aprendo un unico portale oscuro, dove striature violacee danzavano indisturbate nel corvino profondo.
“State attenti. Intanto mi occupo di separare questi fotoni e…”.
“Papà! Papi!” gridarono due vocine dalla piccola apertura sul pavimento.
“Hanami, Reiki, vi avevo detto di restare dentro a giocare!” esclamò Starlee, mentre un abbaglio di luce le ricordò che i cloni avevano preferito andarsene.
“Vogliamo papi e papà!” protestarono le due.
“Bambini” mormorò Serling, pronto per rientrare.
Starlee guardò un’ultima volta il paesaggio grigio davanti e sospirando malinconicamente, scese nell’apertura, prendendo per mano le due bricconcelle…
 
….
 
Raphael era appena stato bombardato da raggi X dalla sua risonanza magnetica e fortunatamente la cecità era temporanea. La scossa che aveva attraversato il suo cervello non gli aveva che provocato un momentaneo indebolimento ingente della vista. Prima o poi sarebbe tornato a vedere.
“Mi sento molto meglio” mormorò semplicemente.
Leonardo lo guardò con tristezza. Il silenzio che stava mantenendo nascondeva semplicemente l’enorme agonia che avrebbe voluto gridare. Le lacrime bruciavano nei suoi occhi arrossati ma non le lasciò cadere. Non davanti a tutti, almeno.
Alla porta della stanza delle radiazioni si sentì bussare e Clara andò ad aprire, ritrovandosi due tartarughe, dove riconobbe quella incinta.
“Lei non avrebbe dovuto lasciare il letto” sottolineò con autorità.
“Abbiamo sentito gridare prima. Non sapevamo a chi rivolgerci e qualcuno ci ha indicato questo piano” si difese Donatello. “Che cosa è successo? C’è stato un calo di potenza elettrica”.
“E indovina un po’, Don? Sono stato la terza vittima del risucchio. E non so se lo hai notato, ma… non posso vedere. Però, non sarò cieco in eterno” spiegò Raph, con leggero sorriso triste.
Mikey si premette le mani sulla bocca per non gridare. Tutto stava andando a rotoli, ormai! La sua gravidanza era compromessa, Raph non vedeva e che altro?
Abbassò la testa, mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime amare.
“Non è così che doveva andare. Non è così che volevo”.
Donatello si irrigidì nel sentire dei singhiozzi e si morse semplicemente le labbra, assistendo allo sfogo che Michelangelo stava facendo. Troppo peso si era formato sul suo cuore, in queste settimane.
“Mikey, non piangere” implorò Raphael, protendendo la mano in avanti.
“Non posso… non posso non farlo…”.
“E’ inutile farlo, capisci?”.
“Il mio bambino non è più ok… io non voglio abortire!” urlò con le guance fiammeggianti. “Lo sapevo che non ne sarei stato all’altezza! Che non avrei saputo proteggerlo! E perciò mi viene tolto questo tesoro che ho sempre voluto!”.
Raphael emise un sospiro amareggiato, chinando la mano protesa per accarezzare in qualche modo il fratellino a rischio collasso. Non poteva ascoltare quelle grida strazianti senza fare qualcosa e così pensò che forse qualche parola forte lo avrebbe fatto smettere.
“ZITTO! Sono cazzate! E’ stato il caso a cambiare le cose, hai capito?! Non è colpa tua!” gridò.
Mikey tremava, stringendosi le braccia. Non credeva affatto a Raphael. Quella che stava vivendo era una punizione!
“Donnie, mi dispiace” disse, infine.
“Mikey…”.
Come se i problemi non fossero già abbastanza, un dolore fortissimo sparò sotto la pancia. Michelangelo boccheggiò, stringendosi lo stomaco, come se fosse in procinto di vomitare. Guardò Donnie e crollò sulle ginocchia, respirando affannosamente.
“N… non p… può essere il momento…” gemette, mordendosi le labbra.
Il genio era ancora più spaventato! Gli bastò quell’immagine del compagno nel dolore per capire che diavolo stesse succedendo. Gli si inginocchiò accanto, guardando terrorizzato tutti gli altri.
“Che succede?!” gridò Raphael, non gradendo quel silenzio tombale.
“Mikey sta rischiando un aborto!” rispose, sentendo piccoli zampilli sul pavimento.
Guardò e sicuramente il suo cuore si fermò: una pozza rossa e calda stava colando dalle parti intime di Michelangelo, che stava soffrendo atrocemente.
“Presto, è un’emergenza!” gridò Clara, richiamando una squadra di dottori grazie a un campanello sulla scrivania.
“C… come…? Un… un aborto?” ripeté Raphael, mentre Leo gli raccoglieva le mani tremanti. “Che vuol dire?”.
“Mikey rischia di perdere il bambino”.
Il focoso barcollò indietro, colto da un improvviso capogiro e urtò il guscio contro la scrivania, negando debolmente.
“Perché…” borbottò. “Si può sapere perché ci rendono la vita un inferno? Chi ha stabilito che dovevamo soffrire per tutta la vita? Chi lo ha detto?!”.
Splinter e Cody si guardavano semplicemente in faccia, perfettamente d’accordo con le imprecazioni di un Raphael sostenuto -e bloccato- da Leonardo.
“Nessuno lo ha stabilito, Raph” ammonì Cody, guardando Mikey essere messo su una barella. “Le circostanze ci portano spesso a fronteggiare problemi che non vorremmo mai avere”.
“Per Mikey quel bambino era tutto…” replicò il focoso, con voce tremante. “Perderlo sarebbe come ucciderlo!”.
“Adesso basta, Raphael” stoppò Leonardo. “Dobbiamo avere fiducia”.
“Ma…”.
“Shhh” sussurrò il leader, baciandogli le labbra dolcemente.
Raphael annuì, ritraendosi. Leo sapeva sempre come calmarlo. Ma non del tutto e non stavolta.
-Sii forte, Mikey- pensò ugualmente.
 
….
 
“Interessante” mormorò Starlee, analizzando un campione del nucleo del congegno di Sh’Okanabo al microscopio.
“In quale senso, signorina Hambra?” domandò Serling, cercando di ripulire dal pavimento le briciole dei biscotti che Hanami e Reiki avevano mangiato prima del pisolino.
“In senso negativo. Sono fotoni ad alta densità magnetica, capaci di inglobare protoni e neutroni senza collassi di energia”.
“Quindi?”.
“Quindi sarà sufficiente creare semplicemente un nucleo identico in modo che si annullino a vicenda. Mi ci vorranno circa due ore, lavorando senza interruzioni” concluse Starlee.
“Lo spero che non ci siano interruzioni” borbottò Serling, guardando le gemelline appisolate sul divano.
“Beh, caro Serling, le terrai tu d’occhio, mentre faccio anche una telefonata a Cody. Sono preoccupata che i ragazzi non siano rientrati. Mi auguro non sia nulla di grave”.
Serling abbassò le spalle, corrucciato dal doversi praticamente trasformare in una babysitter robotica per evitare che le due piccole “pesti” mettessero a soqquadro -e che non distruggessero- l’intero attico!
Starlee sorrise alla faccia cupa dell’amico e afferrò il suo tablet, digitando qualcosa.
In fretta si aprì una piccola tendina ologrammata che mostrò il volto del suo adorato Cody. Le sue guance si erano già sfumate di rosso leggero, che la rendevano ancora più bella!
 
“Ehi, Starlee”.
“Ehi, Cody. Ho buone e cattive notizie”.
“Io solo pessime”.
“Vuoi cominciare tu, allora?”.
“C’è stato un black-out e uno squarcio dimensionale che ha cercato di risucchiare Raphael. Fortunatamente sono giunto appena in tempo con i bracciali anti-fotoni e per quanto abbia funzionato, una scossa elettrica ha causato una momentanea cecità in Raph. E ora non vede”.
“Oh, mio Dio… e Mikey?”.
“Mikey ha avuto complicazioni e la sua gravidanza è diventata instabile. Adesso sta rischiando di perdere il bambino. Ha avuto un aborto e i medici stanno intervenendo”.
“Ascolta me adesso. I Dark!Clones non vogliono più schierarsi con Sh’Okanabo, che è entrato grazie a loro, ai nostri progetti top-secret sulla Finestra del Tempo e adesso vogliono fargliela pagare cara. Sono appena entrata in possesso di un congegno in grado di schermare il pianeta dal sole, come il Giorno del Risveglio, ricordi? Beh, ho scoperto che creando un nucleo uguale, possiamo bloccare i piani del mostro e distruggere la Finestra!”.
“D’accordo, Starlee. Affido tutto a te… e… ricorda che ti voglio bene…”.
 
La telefonata si chiuse.
Starlee era rimasta congelata, con gli occhi sbarrati e le labbra socchiuse. Aveva capito bene? Cody le aveva detto di volerle bene, ma con un imbarazzo sulle gote. Forse voleva dire di più?
Si accarezzò le labbra, spostandosi una ciocca dietro l’orecchio e guardò Serling che fingeva di guardare le monelle… anche se aveva sentito tutto!
-Buona fortuna, Cody…-…
 

Angolo dell'Autrice

Quando le cose vanno male... andranno sempre più a peggiorare. Ragazzi, le sto davvero maltrattando le tmnt e mi dispiace, ma la storia va così e poi loro hanno accettato il contratto! ù-ù
Ad ogni modo, grazie per coloro che mi seguono e commentano sempre!
Buona domenica!

 

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Capitolo 11
*** Verso la Fine ***


La telefonata si chiuse.
Starlee era rimasta congelata, con gli occhi sbarrati e le labbra socchiuse. Aveva capito bene? Cody le aveva detto di volerle bene, ma con un imbarazzo sulle gote. Forse voleva dire di più?
Si accarezzò le labbra, spostandosi una ciocca dietro l’orecchio e guardò Serling che fingeva di guardare le monelle… anche se aveva sentito tutto!
-Buona fortuna, Cody…-…
 
....
 
I quattro cloni erano giunti nel covo segreto dove Sh'Okanabo non era presente. La Finestra del Tempo era spenta e tutt'interno galleggiava il silenzio più profondo.
Dark!Leo indicò la Finestra con un semplice movimento della mano e tutti e quattro sgattaiolarono verso di essa, mentre Dark!Raph e Dark!Mikey fecero da guardia.
"Allora, genio. Che si fa?" chiese Dark!Leo.
Il clone di Donnie studiò per un attimo la macchina che sembrava un grosso monitor posta su una console piena di bottoni scuri e trovò la soluzione.
Anche se inizialmente i piani prevedevano di catturare anche una minima quantità di particelle della macchina per creare una nucleo in grado di neutralizzare quello del congegno XRL, adesso dovevano solo distruggere quella macchina tremenda.
"Sai come fare, no?" schernì Dark!Raph.
"Sì. Ma... questo causerà la nostra morte".
Dark!Leo lo guardò, prendendogli la mano per stringerla in un gesto confortante e guardò anche gli altri suoi fratelli, prima che il suo volto sbiancasse di terrore!
"Mikey, attento!" gridò.
Dark!Mikey non ebbe il tempo di reagire: una potente frustrata al guscio lo scaraventò contro un pilastro del covo, sotto le risate maligne di... Sh'Okanabo!
"Credevate che vi avrei lasciato trafficare con la mia Finestra del Tempo per sconvolgere i miei piani? Poveri illusi!".
"Quindi sapevi tutto!" inveì Dark!Don.
Sh'Okanabo sorrise semplicemente. Aveva spiato i cloni tutto il tempo, potendo praticamente creare delle contromosse che li avrebbe neutralizzati facilmente. Ridendo sottovoce, afferrò una capsula nascosta nel suo corpo molle e gliela mostrò.
I cloni spalancarono gli occhi. Erano stati giocati ancora una volta, ma stavolta molto più gravemente. Nella mano del mostro viola capeggiava il vero XRL, dove un led rosso brillava a intermittenza e un timer al contrario avanzava.
"Allora... quello che ha Starlee è un congegno falso?!" espirò Dark!Leo, con un groppo di terrore nello stomaco.
Starlee era in grave pericolo! E tutto per una falsa!
"Maledetto" ringhiò sottovoce Dark!Raph.
"Fra tre minuti la Terra verrà avvolta dal buio e non c'è modo di fermarlo! Le uova che ho seminato si schiuderanno e i Kanabo avranno nuovo splendore!".
I cloni erano congelati: fallire così facilmente li stava bruciando dall'interno. Volevano aiutare e invece erano già stati neutralizzati in partenza!
"Quanto a voi e a quei fastidiosissimi mutanti, diverrete un ammasso di particelle vaganti nel cosmo!" ghignò.
Uno dei suoi tentacoli si avvicinò alla console della Finestra del Tempo, digitando una sequenza binaria, mentre nello schermo compariva una luce azzurrata sempre più forte. Dark!Don fu il primo a rendersi conto che quel bagliore aveva anche la proprietà di risucchiare, come un vortice!
"Attenti, fratelli!" gridò, tentando di aggrapparsi saldamente a qualcosa.
"Ed ora lasciatemi avere la mia vendetta...!" ghignò il nemico, mentre scompariva dentro a un portale corvino, creato dal congegno che aveva sull'armatura.
I cloni erano nei guai grossi: il turbine era diventato troppo forte da resistere e c'era di peggio... scariche elettriche improvvise stavano serpeggiando intorno ai corpi dei poveretti, che non potevano fare a meno di gridare per il dolore accecante e bianco.
Dark! Leo si strinse l'addome: le costole bruciavano come il fuoco e crollò sul pavimento, mentre la coda di Dark!Don, abbracciato a un pilastro, gli si avvolse intorno al petto.
"Leo, il tuo stomaco!" esclamò Dark!Raph, attonito.
Particelle sconnesse come cibernetiche si staccavano dalla pelle del mutante, disperdendosi nella scia turbinante della Finestra del Tempo. La sua pelle stava assumendo un colore pallido e il suo corpo cominciava a perdere consistenza. Stava sparendo così facilmente...
"Mikey, anche tu!" indicò Dark!Don.
Il clone giallo tremò per tutta risposta. Le sue gambe erano già diventate un involucro di particelle scure che stavano sempre più scomparendo.
Dark!Raph e Dark!Don, invece, stavano iniziando ad accusare dolori accecanti al petto, dove macchie violacee-scarlatte erano già comparse sotto la loro pelle, all'altezza del cuore.
"Sh'Okanabo... ci ha battuti, vero?" gemette amaramente il rosso.
"Non del tutto!" tagliò corto Dark!Leo.
Con le braccia che pesavano almeno una tonnellata, il clone azzurro brandì una delle sue katana e la scagliò verso la console, affondandola nei circuiti. Un'esplosione di elettricità scoppiò all'istante, in un colore azzurro, dai bordi violacei frastagliati e... sfortunatamente si avvinghiò sui cloni, risucchiandoli senza pietà all'interno della Finestra del Tempo che svanì distrutta nella creazione di un reale buco nero!
 
....
 
L'attesa era dolorosa per tutti quanti, soprattutto per Donatello, che continuava a guardare addolorato le bianche porte chiuse della sala operatoria, dove Michelangelo era stato portato d'urgenza per fermare l'aborto.
I suoi occhi erano rossi dalle troppe lacrime versate e nella sua gola si era formato un groviglio di emozioni che aveva otturato il passaggio della voce.
-Mikey... Mikey mio...- pensò, affondando il volto nelle mani.
"Don".
Il genio emise un respiro tremante, guardando Raphael che, sostenuto da Leonardo, si stava avvicinando, protendendo il braccio in avanti. Il genio gli strinse la mano e velocemente il rosso lo tirò al petto per abbracciarlo in un gesto di conforto. Sentendosi premuto al più forte dei quattro pilastri della famiglia Hamato, Donnie si ritrovò nuovamente a singhiozzare sommessamente, stringendosi a quei forti muscoli allenati per anni, ormai.
"Non voglio perdere questo piccolino. Lo amo così tanto..." pronunciò con voce soffocata per le labbra premute contro il collo del rosso.
"Shhh" ammonì dolcemente Raph, guardandolo con quegli occhi ciechi. "Sii forte, fratello. Mikey ha bisogno di tutti noi".
Il viola non emise nemmeno una parola, mentre più lacrime fluivano dai suoi occhi.
"E... e tu? Come stai?" riuscì ad articolare, cambiando discorso.
"Come mi vedi. Non ti nascondo che vedere tutto nero sia terrificante... ma non mi sento perduto. C'è Leo e tutti voi".
Donnie sorrise dolcemente e si rivolse a Leonardo che forzava un sorriso per non mostrare tristezza e dolore.
"Sei fortunato, Leuccio. Raph è un tipo eccezionale. Tienitelo stretto".
"Sentito, Leo?" schernì il rosso, sentendo dei passi avvicinarsi.
Cambiò espressione, voltandosi dall'altre parte del corridoio.
"C'è qualcuno".
Il genio e Leo non capivano il motivo del suo comportamento. Non c'era nessuno oltre loro. Ma l'irrigidimento del fratello ribatteva altro: sembrava percepire qualcosa di sconosciuto al momento.
"Avrò anche perso la vista, ma questo danno ha rafforzato il mio udito" disse. "C'è qualcuno di oscuro e potente che si sta avvicinando! In guardia, ragazzi".
"AHHHH!" urlò Donatello.
"DONNIE!" gridarono azzurro e rosso, sobbalzando.
Una luminescenza azzurro aveva avvolto il corpo del genio, bloccandogli le braccia lungo i fianchi e alzandolo verso l'alto soffitto.
"Ahahahahahah! Che sublime spettacolo" rise una voce grave e terrificante.
Leonardo e Raphael voltarono il capo dall'altra parte e rimasero senza fiato.
"Leo, chi c'è? Chi?" tuonò Raphael, vagando con le mani ai Sai futuri nei foderi sui fianchi.
"Bene, bene, bene. E così sei cieco, mostro" sogghignò il mostro sinuoso.
Mentre avanzava lentamente, tutte le luci si spegnevano, lasciando avvolgere il momento critico dal buio sempre più gravante. Unica fonte di luce era ancora la guaina bloccante su Donnie, che continuava a gridare per ricavare la forza per liberarsi.
"Raph... è Sh'Okanabo!" rispose Leonardo, sguainando le katana. "Maledizione!".
"Il polpo schifoso è tornato, allora!".
Sh'Okanabo non gradì l'offesa e avvampando di fredda rabbia cercò di colpirlo al volto con uno dei suoi tentacoli, ma Leonardo spostò il suo compagno con una spallata, affettando quel viscido braccio alieno con le sue spade future.
"Non toccarlo, hai capito?!" ringhiò con tutto il veleno possibile.
Donnie stava ancora lottando ma a quanto pare un forte bagliore viola esplose letteralmente dal kanji del vento impresso sul braccialetto al suo bicipite e come un turbine quella luminescenza azzurra fu presto inghiottita, lasciandolo crollare duramente sul pavimento, in posizione prona.
"Ah..." gemette il viola. "Doloroso... ma ancora una volta... devo dire che Cody è un genio di primo ordine...".
"Stai bene, fratello?" chiese Leo, mantenendo lo sguardo su Sh'Okanabo.
"Sì, credo di sì" rispose l'altro, sguainando il suo Bo.
Sh'Okanabo soffiò pericolosamente, avanzando e diventando sempre più grosso. Donatello istintivamente le porte della sala operatoria: erano in ospedale, non potevano combattere lì e così vicini a Mikey.
"Hai scelto un posto errato, mostro viola!" ringhiò, catapultandosi verso il polpo alieno con il Bo.
Sh'Okanabo, che aveva già modellato il resto del suo corpo, si spostò prontamente verso destra, afferrando il Bo del genio per colpirlo sul guscio. Sbilanciato in avanti, il genio eseguì una capriola, mentre Leonardo saltò alle spalle del demone, tranciandogli la schiena con un affondo delle katana. Il grido di Sh'Okanabo riverberò nel corridoio ma questo non fece che aumentare il suo odio spietato.
Con la coda dell'occhio si accorse che Raphael era rimasto in disparte, con i Sai puntati in difensiva. Era una carta da giocare. Il mostro allungò un tentacolo e lo avvolse intorno al suo ventre, tirandolo pesantemente su Leonardo che lo scagliò su Donnie, facendo una catasta dolorante di tartarughe!
"Raph, stai bene?" chiese l'azzurro, sotto il compagno che aveva il genio sulla pancia.
"Sono stato meglio...".
Il leader ruggì quando il demone si avvicinò ma non poté fare granché quando si ritrovò il collo stretto dolorosamente nel tentacolo viola che sinuosamente stringeva intorno alla sua povera trachea. Le ossa scricchiolavano dolorosamente e difficile era diventato respirare.
"LEO!" gridò Donnie, aiutando il rosso a rialzarsi.
"Che gli sta facendo?" chiese frenetico Raphael.
"L... lo sta strangolando!".
"LEO!".
Furioso per lo più di essere cieco e impotente, Raphie non vide altra soluzione che correre verso il mostro e piantargli i Sai al petto, in quell'involucro gelatinoso.
"Maledetto scarafaggio!" ringhiò il Kanabo, scaraventandolo contro una panchina con una frustrata al petto.
Il focoso volò pesantemente, ricadendo al suolo con un gemito ma nonostante tutto sorrise: nella sua mano c'era ancora un pugnale da usare e pregando per uno spiraglio di fortuna per salvare un Leo sempre più debole, lo lanciò con tutta la rabbia possibile verso il demone.
Un rumore di carne infilzata. Un odore ferroso. Un urlo disumano.
"Ricordami di non farmi mai lanciare coltelli da te, fratello" sorrise Donnie, aiutandolo ancora.
"E' andato a segno?".
"Più che a segno".
Sh'Okanabo rilasciò all'istante Leonardo per cercare di rimuoversi il Sai nel suo occhio destro. Più urlava più le nostre tre tartarughe erano determinate a finirlo una volta per tutte.
"Calcio ninja, ragazzi" ordinò l'azzurro, a voce bassa per ancora difficoltà respiratorie.
Lo strangolamento lo aveva sfiancato davvero tanto!
I tre ninja si alzarono in piedi e indietreggiarono, poi inspirarono aria e corsero in sincronia perfetta, scagliando tre piedi in un unico portentoso calcio che spedì il mostro contro un estintore.
Ma quello che li stupì non poco fu vedere la schiuma candida dell'estintore lesionato dall'urto bruciare letteralmente la pelle gelatinosa del mostro urlante.
"Ehi, forse so come battere quel mostro schifoso" aggiunse Donnie.
"Come?".
"La schiuma assorbe le molecole di acqua e mutageno nel suo corpo, prosciugandolo. A giudicare da quanto velocemente sta avvenendo il processo, deduco che la sua fine sia quella di diventare di pietra! Leo, seguimi".
L'azzurro baciò velocemente il focoso per chiedergli di restarsene momentaneamente in disparte e imitò il genio nel raccogliere altri estintori e puntarli verso Sh'Okanabo che si dimenava sempre più lentamente. Il colore viola scuro della sua pelle si stava trasformando in una dura tonalità di grigio. Stava essiccandosi.
"A mai più, mostro!" ringhiò Donnie. "Questo è anche per ciò che è accaduto al mio Mikey!".
Le due tartarughe spruzzarono l'intero contenuto degli estintori sul mostro, ricoprendolo sotto una grossa spuma candida. Sh'Okanabo cadde al suolo stremato ma prima di diventare un involucro pietrificato, ebbe qualcosa da dire.
"Avrete anche vinto con me... ma non potete fermare l'XRL e la rinascita dei miei geni... Avete perso!".
Tutto il suo viso si trasformò in pietra ma preso da un istinto di odio innaturale, Donnie cominciò a distruggerlo a colpi di estintore, urlando in frustrazione.
"Donnie, calmati, ti prego!" implorò l'azzurro.
"NO! Questo mostro ha trovato il modo di vincere anche se è stato battuto!" gridò frustrato.
Respirava così affannosamente che Leo e Raph si preoccuparono.
"E adesso?" domandò Raph, in un fil di voce.
Leo guardò istintivamente Donnie che crollò in ginocchio, stringendo duramente i pugni. Non avevano vinto. Non sapevano dove questo fottuto congegno era... non avrebbero potuto nemmeno evitare la rinascita dei mostri!
"Non lo so" borbottò.
Alzò lo sguardo solo per puntarlo verso la sala operatoria. Adesso voleva solo Michelangelo e non poteva più aspettare. Calciato l'estintore verso il mucchio di pietra ridotto in polvere di ciò che rimaneva del Kanabo, il viola si avvicinò alla sala, con l'intenzione di entrare.
"Donnie!" richiamò semplicemente Leo.
Il viola lo guardò con occhi scuri di determinazione e spinse una delle ante per entrare sul serio.
"Sono un dottore anch'io, in fondo. Anche se la mia mansione è l'ingegneria. Voglio essere vicino a Michelangelo".
I due fratelli non potevano fermarlo...
 
....
 
Il cielo si era tinto di un innaturale nero notturno.
Le persone che scorrazzavano in strada non potevano fare a meno di puntare il naso in alto e contemplare cosa diavolo stesse succedendo, così su due piedi. La bianca luna era stata inghiottita da un grosso ammasso oscuro. E come se la cosa non fosse già preoccupante, tutta New York stava spegnendosi così facilmente e velocemente che nel buio pesto, un coro di urla di terrore si levarono spaventate.
"Signorina Hambra, guardi lì!" indicò Serling, fermo davanti a una vetrata del salotto.
La giovane alzò gli occhi da saldatore che indossava e rimase totalmente a bocca aperta nel vedere che diavolo stesse succedendo. Di male in peggio...!
"Questo non mi piace" sussurrò, notando un luccicare magenta flebile nell'oscurità e molto in alto. "Serling, vedi anche tu quello che vedo anch'io?".
"Sì. Una luce solitaria".
Anche l'intera O'Neil Tech, nonostante i generatori, rimase senza corrente. Starlee si premette le mani sul petto, cercando di calmarsi quando il bagliore bianco dell'illuminazione del suo laboratorio svanì. Tutto era al buio, ora.
"Non mi piace" ripeté spaventata.
Un pianto si levò dal divano: robot e ragazza si diressero velocemente, cercando di non inciampare in qualcosa e fortunatamente Serling attivò la retroilluminazione dei suoi occhi, illuminando i visini dolci e teneri delle gemelline singhiozzanti, spaventate dal buio oscuro.
"Shhh, va tutto bene" rincuorò premurosa Starlee, abbracciandole dolcemente.
"Vogliamo papi e papà!" lagnarono, tremando.
La ragazza guardò il robot che non commentò nulla. Cosa poteva dire per consolarle? Non poteva nascondere che Cody e gli Hamato mancavano anche a lei.
Improvvisamente, creando un'atmosfera di terrore, i finestroni che permettevano di guardare il cielo dal soffitto del salotto si frantumarono in mille pezzi, creando una pioggia pazzesca di frammenti appuntiti. Starlee gridò e avvolse le braccia intorno alle gemelline per proteggerle ma Serling schermò le tre con il suo corpo di metallo, in modo che non si ferirono in alcun modo.
Un tonfo e gemiti risuonarono in quella caduta, piombando sul vetro frantumato.
Pensieri veloci correvano nella mente di Starlee. Il suo cuore batteva ferocemente nella totale ignoranza di chi era piombato. Ancora tremante, schiuse un occhio per vedere le gemelline muoversi tra le sue braccia e guardare curiose i quattro nuovi arrivati immobili l'uno sull'altro.
"Papà?" chiamò semplicemente Reiki, sfuggendo da Starlee.
"No, fermat... non ci posso credere...!" esclamò la giovane, premendo una mano sulla bocca.
Reiki si avvicinò a quello che gli ricordava Leonardo e gli premette la manina sul naso, sorridendo.
"Papi?".
Dark!Leo aggrottò la fronte e schiuse l'occhio dorato, focalizzandosi sulla piccola bimba che a malapena si vedeva nel buio rischiarato dalle luci di Serling. Confuso, guardò la manina su di lui e una strana sensazione di calore crebbe al centro del suo petto.
"Papi?" ripeté ancora Reiki, facendo segno ad Hanami di avvicinarsi.
La seconda si arrampicò sul grosso guscio di Dark!Raph e gli avvolse le braccine intorno al collo, respirando piacevolmente.
"Papà!".
"Noi non siamo i vostri papà" mormorò debolmente Dark!Leo, accarezzando Reiki sulla testolina. "Ma siete molto carine".
Dark!Raph si mosse un po' e sorrise, cercando di non essere troppo mostruoso con la dentatura aguzza che si ritrovava e raccolse Hanami nella sua grossa mano, guardandola attentamente. Le sfiorò le corte codine della bandana che aveva sotto forma di treccina e guardò Dark!Leo.
"Ragazzi!" chiamò Starlee, avvicinandosi. "Che è successo?".
I cloni si sedettero dolorosamente in terra, con i corpi che avevano strie violacee visibili sul petto o strane trasparenze sulla pelle che li rendeva quasi fantasmi e iniziarono a raccontare la disavventura e il tradimento di Sh'Okanabo, mentre il congegno zampillava vorticoso nelle loro menti ancora stordite.
"Starlee, hai per caso già creato un anti-nucleo?!" esclamò Dark!Don.
"No. Non ci sono riuscita".
"Lascia perdere! Quel congegno è fasullo. Il vero brilla nel cielo!".
Starlee spalancò gli occhi, puntandoli sulla luminescenza nell'oscurità. Come potevano raggiungere quel congegno infame ora che era stato attivato?
Un forte rumore riecheggiò nel salotto: Serling prontamente illuminò la porta d'entrata lesionata. Qualcuno faceva pressione all'esterno per entrare e pochi colpi potenti bastarono per abbattere la porta. Erano grossi blob violacei con occhi scarlatti e dalle loro mostruose bocche con affilatissimi canini aguzzi uscivano ringhi animaleschi.
Ma che diavolo erano?
"Problemi!" esclamò Dark!Mikey. "Quelli sono i figli di Sh'Okanabo. Le uova che aveva piantato in tutto questo tempo si sono schiuse per la totale oscurità... e a quanto pare anche la temperatura più fredda ne ha favorito la schiusa!".
"COSA?!" replicò Starlee, attonita. "Come si abbattono quei cosi?".
Ne erano cinque, alti due metri e mostruosi, poi, tanto da spaventare le gemelline che affondarono i visini sui pettorali malandati di Dark!Leo e Dark!Raph. Questi ultimi le fecero sedere sulle loro spalle, sguainando le armi.
"All'attacco!" gridò Dark!Don, colpendo il primo mostro con una sferzata della coda.
Il blob si spiaccicò schifosamente sul pavimento, in una pozza viola ma anziché rialzarsi, si sdoppiò.
"Per ogni colpo si riproducono, eh?" ringhiò Dark!Raph, tranciando un altro Kanabo con la grossa unghia sul dorso della mano.
Reiki gridò quando alle sue spalle un altro essere comparve ma prontamente Dark!Raph lo atterrò con un calcio.
"Nessuno tocca la bambolina qui presente!".
"Sì! Bravo papà!" applaudì Reiki, anche se sapeva che quello non era Raphael.
Il clone arrossì un po' e tornò a combattere, anche se i blob erano diventati un po' troppi.
"Come si sconfiggono questi cosi?" si lamentò Dark!Mikey, schiantandone uno lontano con le sue mazze di ferro.
Starlee gridò e scagliò un preziosissimo vaso antico pieno d'acqua contro un mostro troppo vicino e ignorò bellamente le lamentele di Serling che rimpiangeva il manufatto!
Eppure, anziché sdoppiarsi, quel blob si pietrificò all'istante, disintegrandosi in polvere!
"Mi è venuta un'idea!" esclamò Dark!Don, correndo verso il lavandino della cucina.
Ruppe la fontana con un colpo di coda e puntò il forte getto d'acqua verso il blob che lo avevano stupidamente seguito, schizzandoli e orientandosi con il semplice movimento del pollice. I blob gridarono e ci pensarono Dark!Leo e Raph a distruggerne le statue.
"Ehi, bel colpo, Don!" si complimentò Dark!Mikey.
Il clone viola arrossì e sorrise dolcemente, guardando intensamente il fratello giallo che gli era arrivato vicino solo per riempire delle bottiglie vuote pescate sotto il mobile del lavandino e riempirle. Le parole di Michelangelo gli vennero in mente: forse non poteva avere speranze con lui ma... con suo fratello minore sì. E in più il batticuore che stava avendo sotto quella corazza era il medesimo provato con la pallina di riso.
-Forse... è come mi ha detto Michelangelo...- pensò dolcemente. -Forse posso avvicinarmi a Mikey-.
Il clone giallo gli stampò un veloce bacio sulla guancia e corse verso i suoi fratelli per scaraventare l'acqua sui blob.
"C... che significa?" chiese il viola, sbattendo le palpebre.
"Nulla. Che se non sopravviviamo, ricorda che hai sempre avuto un posto speciale nel mio cuore!".
"V... vuoi dire che...".
"Non dico nulla!" tagliò corto Dark!Mikey, mentre guardava in basso nelle strade, malgrado il buio pesto. "Vedo una miriade di blob!".
"A questo punto possiamo fare solo una cosa" propose Starlee. "Aprire estintori e chiavi dell'acqua per pietrificare ogni mostro schifoso!".
"Ottimo! Andiamo!" annuì Dark!Leo, mentre scendevano in strada...
 
....
 
Una mano verde oliva spinse la bianca porta della sala operatoria, entrando.
"Lei non può stare qui!" intimò Clara.
"Sono un dottore anch'io" pronunciò Donnie, adocchiando Mikey intubato. "Le sue condizioni?".
"Dobbiamo far nascere immediatamente il bambino o rischiano entrambi la morte" rispose un'altra infermiera in camice verde acqua.
Il cuore di Donnie strinse dolorosamente. Mikey era alla fine del quarto mese di gravidanza e il feto avrebbe avuto meno del 40% di sopravvivere in un'incubatrice.
"Signor Hamato, lei acconsente il taglio cesareo?" chiese Clara.
Era evidente come il sole che il povero genio era talmente sconvolto da non riuscire a pronunciare una sola parola. Le lacrime bruciavano per l'ennesima volta nei suoi occhi e il cuore batteva ferocemente nel suo petto. Mikey era così fragile in quel lettino, con la pancia all'aria. Quel pancino piccolo...
Così grazioso... illuminato nientemeno che lampade a luce fredda per via della mancata corrente.
"I... io..." balbettò, a pugni stretti.
Le parole gli morirono in una gola troppo secca per parlare. Adesso dipendeva da una sua risposta.
"I... io..." riprovò. "A... accetto...".
"Bene. Preparare immediatamente il necessario per il taglio cesareo".
Donnie guardava in una sfocatura di dolore i medici pronti per aprire la pancia di Michelangelo e prelevare il feto per evitare una doppia morte. Fu spinto fuori la sala, mentre due lacrime caddero lungo le sue guance.
-Mikey...- pensò.
Anche in quel buio pesto, il genio notò una coppia di coniugi che camminavano verso la toilette con una lampada in mano. Il suo cuore spremette nel vedere quella donna in dolce attesa e felice.
Cadde in ginocchio, negando più e più volte.
Era una punizione, allora. Come aveva detto Mikey. Qualche forza divina lo aveva punito per essere stato così stupido e per aver visto in malo modo la gravidanza.
"Mikey...!" singhiozzò più forte, incapace di fermarsi.
"Donnie!" gridarono più voci.
Lui non voleva vedere. Le ignorava. Era troppo addolorato per alzare la testa e parlare.
"Donatello!".
Una calda mano pelosa si appoggiò sulla sua testa, mentre due figure gli si accovacciavano accanto. Donatello riconobbe la sua famiglia e si aggrappò a suo padre, affondando il viso nel kimono, incapace di darsi una calmata.
"M... mio figlio..." pronunciò tra i singhiozzi. "Mikey è sottoposto a un taglio cesario... il mio bambino nasce con cinque mesi di anticipo!".
Cody espirò in shock, guardando attraverso la lampada che l'azzurro stringeva in mano, Raphael chiudere gli occhi ciechi, lasciando trapelare una lacrima solitaria.
"Mikey... soffrirà quando saprà di non avere più il piccolo dentro di lui...".
"Donatello, è per salvare il bambino" ricordò dolcemente Splinter.
"M... ma...".
"Andrà tutto bene. Siamo nel miglior ospedale di tutta New York" rincuorò anche Cody, appoggiandogli una mano sulla corazza.
Leonardo si morse le labbra. Se solo le cose avessero marciato nella felicità...


Angolo dell'Autrice

Non so se il prossimo sarà l'ultimo capitolo o il penultimo. Ho ventiquattro ore per pensarci! ehehe, mi sto minacciando da sola!
Ad ogni modo, eccomi qui a rendere difficile la situazione ingarbugliata di già! Ragazzi, mi spiace, ma a quanto pare per Mikey non c'era altra soluzione che il cesareo. Non vi preoccupate, ho alcune sopresine davvero belle le tmnt!
Abbraccio sempre e comunque tutti del fandom! A domani! :)

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Capitolo 12
*** L'Alba di un Nuovo Giorno ***


Starlee, Serling, le gemelline e i quattro cloni erano scesi nelle buie strade newyorkesi, infestate da blob che continuavano a sbucare dal cemento, creando enormi voragini e spaventando la gente non ancora barricata in casa.
“Beh, Sh’Okanabo si è dato parecchio da fare, eh?” schernì Dark!Mikey.
“Già e noi dobbiamo assolutamente fermarli” ringhiò Dark!Raph.
Dark!Don si voltò indietro e non poté che sorridere ampiamente oltre che oscuramente a un’idro-pompa che sorgeva tranquillamente accanto al marciapiede.
“D’accordo, mostri! Volete ballare? Allora balliamo!”.
Colpì l’idro-pompa con un calcio ben assestato e immediatamente un forte getto di acqua fredda e spumosa schizzò verso il cielo. Dark!Don saltò proprio sul getto, pronto per indirizzare quel cannone acquoso verso i nemici, orientando lo spruzzo con un gioco di piedi.
“Ehi! Forte!” sghignazzò Dark!Mikey, saltellando prima su un piede e poi su un altro.
Otto blob schifosi furono immediatamente tramutati in pietra e ci pensò Dark!Raph a ridurli in frammenti di polvere grigia!
“Coraggio, ragazzi! Possiamo farcela!” incitò Starlee, anche lei a schizzare i nemici.
Le rosse sirene dei vigili del fuoco si udivano in una lontananza sempre più ridotta e il rumore dei motori rombanti sempre più vicini. Un aiuto extra?
La dolce signorina Hambra si voltò all’istante e sorrise ampiamente a un gruppo di vigili mulatti, in tuta rossa con strisce catarifrangenti.
“Possiamo aiutarvi?”.
“Certo!”
Il capo dei vigili schioccò semplicemente le dita e i suoi subalterni afferrarono una pompa bianca, avvitandola sotto il manicotto collegato a un motore che messo in funzione, riservò un trattamento poco gradito ai Kanabo che gridando, il loro viola divenne grigio!
“Sì! Meraviglioso!” esultò Dark!Raph, pompando i pugni in aria.
“Sì!” gridarono anche le gemelline, sedute ancora sulle spalle dei loro dark!papà.
Dark!Leonardo voltò lo sguardo al cielo, scrutando attentamente il congegno XRL di Sh’Okanabo. Brillava ancora in solitaria, schermando l’alba che non sarebbe mai arrivata.
L’aria era diventata ancora più gelida, ormai e tra non molto qualsiasi forma vegetale avrebbe iniziato ad appassire e a morire. Tutto era in pericolo!
E poi come avrebbero fatto a raggiungere una distanza talmente alta che nemmeno Serling avrebbe potuto arrivarci?
Nello sconforto più totale, un soffio d’aria catturò l’attenzione del clone azzurro e di quello rosso.
Un essere con enormi ali spiegate era a braccia conserte dinanzi a loro.
“Un grande uccello!” esultò Hanami, tutta contenta.
Starlee ebbe un tuffo al cuore: tanti ricordi le erano tornati in mente così facilmente che lei stessa faticava a credere di ritrovarsi dinanzi i quattro Inuwashi Gungin!
“Non ci posso credere…” mormorò sottovoce.
“Vogliamo aiutarvi” pronunciò il leader dei Gungin.
“Perché?” chiese atono Dark!Leo.
“La Terra è stata il nostro pianeta natale e dalla Luna abbiamo visto la cappa oscura che l’ha avvolta. Abbiamo giurato di proteggerla sempre e con essa tutta la sua gente. Non abbiamo intenzione di ripetere l’errore che ha spazzato via il fiero popolo dei Gungin!”.
“Non dovete chiederci il permesso” ghignò Dark!Raph.
Il Gungin corpulento guardò il bersaglio alto nel cielo e prese il volo, librandosi a gran velocità, seguito dagli altri due fratelli e il loro leader, che ringraziò i Dark!Clones con un cenno del capo.
Ognuno aveva il naso puntato all’insù, anche se continuava a distruggere i terribili geni di Sh’Okanabo. Tutto dipendeva dai Gungin…
 
….
 
Donatello guardava fuori dalla finestra dell’ospedale, nel corridoio che congiungeva alla sala operatoria. Era da po’ di tempo che aveva notato una luminescenza flebile al centro del cielo, molto, molto in alto e si stava chiedendo come mai il sole tardava a stendere la sua luce chiara sull’ammasso corvino che regnava da oltre un’ora.
Guardava più e più volte l’orologio sul T-Phone. Le sei, le sette.. le sette e trentacinque.
Sebbene si fosse preparato un temporale, anche uno spiraglio chiaro avrebbe dovuto bucare la notte, no?
-Forse è un’eclissi- pensò, appoggiando il viso nel palmo della mano. -O forse no-.
Uno scatto. Rumori gommati di pantofole ospedaliere. Un sospiro.
Girò il capo verso le bianche porte della sala, spalancando gli occhi a un dottore in camice azzurro che era appena uscito e che si stava avvicinandosi.
Il cuore di Donnie batteva ferocemente nel petto, come se fosse stato pronto a sfondare la gabbia toracica da un momento all’altro. Il terrore gli aveva formato un nodo alla gola e il picco troppo alto di adrenalina cominciava a mostrargli macchie corvine alla vista.
Era sbiancato e sudava freddo.
Un principio di svenimento?
Donatello inspirò un profondo respiro calmante e si mostrò forte quanto determinato ad affrontare la situazione.
“Signor Hamato” iniziò, togliendosi la mascherina dalla bocca.
Donnie si fece attento.
“Il taglio cesareo è avvenuto con successo e miracolosamente il bambino non ha subito danni dal precedente arresto respiratorio. E’ sanissimo ma è tenuto sotto osservazione”.
Il genio aprì e chiuse la bocca per un paio di volte, incapace di dire qualcosa.
Calde lacrime erano già cadute lungo le sue guance, bagnando le mani strette fra loro, all’altezza del ventre. Il suo bambino era nato largamente in anticipo. Era padre, ora.
“Riguardo Michelangelo. Ci sono alcune state alcune complicazioni. Sfortunatamente il suo cuore ha mostrato circa quattro piccole cicatrici che dovranno essere curate con molto riposo e alcuna forma di stress forte. Potrebbe avere un altro attacco”.
“M… ma…” balbettò il genio.
Il medico gli poggiò la mano sulla spalla, per confortarlo. “Mi ascolti. Nonostante questo, tutto andrà bene. Ora entrambi riposano. Ma voglio metterla al corrente di una cosa”.
“Mi dica…”.
“Michelangelo non potrà più avere altre gravidanze. Se accadrà, potrebbe anche non farcela a causa del suo cuore danneggiato”.
Donnie barcollò indietro come fosse stato colpito in pieno. Non altre gravidanze… Michelangelo aveva perso la possibilità di accarezzarsi un pancione crescente di mese in mese. Uno dei suoi desideri.
Però il bambino era sano… e voleva vederlo.
“Mi segua”.
Medico e tartaruga si avviarono nella sala operatoria, soffermandosi, però, davanti a una vetrata ampia che affacciava sul reparto maternità. Dieci culle di plexiglass ospitavano minuscoli neonati dormienti, mentre in fondo alla camera, protetti da una porta scorrevole di vetro, vi erano incubatrici con tre neonati.
“Suo figlio è alla culla uno” continuò il medico, permettendogli l’accesso.
Donatello guardava quei piccoli visini alieni e umani con una dolcezza mai provata prima. Piccoli batuffolini più o meno paffuti che desideravano solo essere cresciuti e amati.
Bambini che avrebbero segnato la generazione futura.
Donatello voleva semplicemente piangere ma aveva contegno. Passare in mezzo a quelle culle gli spremeva dolorosamente il cuore, considerando quanto fosse stata difficile la breve gravidanza di Michelangelo. E l’ultima, poi.
Adesso era arrabbiato. Il suo compagno avrebbe sofferto così tanto una volta scoperto che il bimbo sarebbe stato fuori di lui. Ma, evidentemente, così doveva andare…
“Eccolo qui” sorrise il medico. “Il suo bambino”.
“E’… è un maschietto?” biascicò il genio.
“Sì. Un forte tartarughino”.
Il genio guardò il piccolo batuffolino verde di 495 grammi con un cappellino azzurro sulla testolina e una copertina bianca addosso. Aveva un guscio minuscolo verde salvia, la pelle di un verde giada, con alcune striature sbiadite sulla testolina e sulle guance, che lo facevano assomigliare a un leoncino. Aveva la coda lunga cinque centimetri, tre dita per mano e due per piede. I suoi quattro piccolissimi pettorali erano di un giallo spento, quasi tendente a un arancione scuro.
Donnie non riusciva quasi a respirare: il bambino si era mosso in un piccolo fremito, aprendo i suoi occhi cristallo chiaro per poi richiuderli nuovamente.
“I… il mio bambino…” gemette, con una lacrima di gioia sulla guancia.
“Sì, signor Hamato. Vuole vedere Michelangelo?”.
Donnie annuì, anche se la sua attenzione era ancora rivolta al suo bimbo dolce.
Uscirono insieme dal reparto maternità, dirigendosi verso la fine del corridoio per entrare in una stanza buia, dove la luminescenza magenta del congegno XRL splendeva nel cielo, molto più intensamente di prima.
“Vi lascio, adesso” sussurrò il dottore.
Donnie ringraziò con un cenno e si avvicinò lentamente a Mikey, che riposava nel lettino molto tranquillamente. Si sedette su uno sgabellino nero che affiancava il lettino e sospirò frustrato. Del gonfiore della pancia non c’era più traccia e al suo posto bianche bende ne ricoprivano la cicatrice.
Il genio deglutiva, strofinandosi le lacrime con il dorso della mano. Accarezzava la pelle rilassata del compagno, diteggiando il cotone intrecciato delle bende bianche e pulite.
“Ciao, amore mio…” mormorò con un sorriso triste. “Devo dirti una cosa… è importante. E’ triste ma potrà farti piacere… o forse non del tutto…”.
Com’era difficile parlare in senso unilaterale. Anche se Mikey lo stava probabilmente ascoltando, Donatello non riusciva a trovare le parole giuste perché ogni volta che sentiva di poter costruire una frase coerente, più lacrime fluivano inesorabilmente, rendendogli la voce soffocata o tremante.
“Il bambino è nato. Ei di 495 grammi ed è un maschietto. E’ bellissimo, Mikey… non ti dico…”.
Sorrise un po’ e si leccò le labbra, baciandogli dolcemente la guancia.
“Ma… la cattiva notizia è che non potremo avere altri bambini… il tuo cuore ne ha risentito di quell’attacco e lo sforzo della gravidanza ha inciso. Ti amo, Mikey. Grazie per avermi dato un tesoro così”.
Donatello appoggiò la testa sul bordo del letto e rimase a singhiozzare in silenzio ancora per un po’ di tempo…
 
….
 
Gli Inuwashi Gungin attorniavano l’XRL e lo contemplavano in silenzio, lasciandosi accarezzare dal vento più forte di quel punto. Sfumature magenta rivestivano le loro armature di metallo lucente, facendoli brillare molto più intensamente ma le loro espressioni torve erano riverse sul liquido che spumeggiava nella capsula protettiva romboide.
“Come lo fermiamo?” chiese quello più corpulento.
Il leader lo degnò di un’occhiata e si avvicinò al rombo, intenzionato a prenderlo con la mano. Peccato si rivelò una pessima idea. Un’intensa scarica brillante avvolse a spirale il braccio proteso e si dileguò per tutto il corpo, con un grande urlo del poveretto.
“Fratello!” esclamarono gli altri tre, attoniti.
“Non si può prendere…” ansimò, sorretto dai suoi fratelli. “E’ protetto da un campo di forza…”.
Mentre i tre fratelli si scambiavano un’occhiata preoccupata, una voce che li chiamava catturò la loro attenzione. Guardarono verso il basso, osservando qualcuno che stava avvicinandosi.
“Chi è quel ragazzo?”.
Il leader si spostò in avanti e le sue ali ebbero un fremito. Sapeva chi era la testa rossa protetto dentro un’armatura grigia di un robot!
“Sono Cody Jones e il robot Serling”…
 
Cody camminava avanti e indietro nel corridoio, attenendo che Donatello si decidesse a uscire da quella sala operatoria, dopo che aveva visto il macello in polvere di Sh’Okanabo.
-Il congegno deve essere disattivato…- pensava più e più volte.
Si stava anche massaggiando le tempie da un po’, sperando di farsi venire una buona idea… ma l’unica che continuava a ronzargli in testa era solo quella di chiamare il fedele Serling e cercare di arrivare il più in alto possibile per studiare velocemente il congegno pericoloso.
“Sì. Non vedo altre soluzioni” mormorò, richiamando il robot grazie al braccialetto da polso che sempre indossava.
“Cody, dove stai andando?” chiese una voce calma alle sue spalle.
Il ragazzo dovette fermare la sua breve corsetta per voltarsi e sorridere tristemente al maestro Splinter.
“Devo andare, sensei”.
Il topo annuì e gli si avvicinò, prendendogli la mano per stringergliela fortemente.
“Sei un bravo ragazzo, figliolo. Ma ti chiedo di essere prudente più che mai. Vinceremo anche questa battaglia”.
“Grazie, maestro Splinter”.
“Dirò io ai ragazzi, tranquillo, Cody”.
Cody si inchinò profondamente e corse via, lasciando da solo il maestro Splinter ad assistere i suoi figli.
-Sii prudente, figliolo…-.
 
Serling aveva dovuto lasciare Starlee senza dirle nulla, richiamato dal segnale del suo padroncino.
Volando il più velocemente possibile, era già atterrato senza problemi sul tetto dell’ospedale, identificando Cody che agitava le braccia per farsi vedere.
“Mi ha chiamato, padroncino Cody?” chiese.
“Sì. Tarta-X attivata! Password: Goongala!”.
Serling cominciò a trasformarsi, portando la testa all’indietro per lasciar entrare in gioco una raffigurazione fedele della maschera di hockey di Casey e una protezione a cupola come chiusura.
Cody balzò all’interno e prese i comandi.
“So che non possiamo arrivare fino all’esatta posizione dell’XRL ma dobbiamo cercare di capire come disintegrarlo”.
“Certo, padroncino Cody”…
 
“Cody? Cosa ci fai qui?” chiese il leader dei Gungin, visibilmente sorpreso.
“Volevo trovare un modo per fermare o distruggere quel congegno. Ma potrei farvi la stessa domanda”.
“Stessa risposta, allora”.
Cody sorrise e zoommò la registrazione che Serling aveva già avviato sull’XRL e si fece già una panoramica.
“Il nucleo è costituito da fotoni altamente instabili che, se entrati con le molecole dell’ossigeno, rischiano di distruggere più di un terzo del pianeta” spiegò il ragazzo.
“Ed è protetto da un capo energetico” aggiunse un Gungin molto magro.
“Sì. E forzando il campo energetico potremmo arrivare al nucleo… ma rischieremmo ugualmente di compromettere la terra. C’è un solo metodo per distruggere l’XRL… ma non mi piace per niente” aggiunse Cody, sbiancando.
“Cioè?”.
“Il DNA mutante dei cloni e delle tartarughe sono uguali e diversi. Sui loro corpi giacciono una grande quantità di micro-particelle mutanti che potrebbero far collare l’XRL”.
“Ma dov’è il problema?” chiese il leader.
Cody inspirò profondamente e rispose. “Che in questo modo ci sarebbe i ragazzi potrebbero… non sopravvivere. I loro corpi potrebbero disintegrarsi a causa dell’enorme energia di natura elastica che verrebbe a crearsi”.
Gli Inuwashi chinarono il capo e guardarono il congegno maledetto. Non c’era altra soluzione, allora.
“E di che lamenti, scusa? I ninja sono sempre pronti a sacrificarsi!”.
Cody e i quattro Gungin guardarono più in basso, dove sette figure erano appena giunte con tanto di tuta spaziale per respirare meglio e un jetbag sulle spalle.
“RAGAZZI!” esclamò Cody, felice.
Dark!Leo, Dark!Raph! Dark!Don e Dark!Mikey. Poi c’erano anche Don e Leo.
“Raph?” chiese la testa rossa.
“E’ rimasto con il sensei. Anche se non ha preso bene di restarsene in disparte” spiegò Leonardo…
 
“Novità?” chiese Splinter, avvicinandosi ai figli.
“No. Ancora no” rispose Leo, seduto accanto a Raph.
“Neanche per me. Sono ancora cieco!”.
“Sensei, dov’è Cody?” chiese ancora Leonardo, stringendo la mano del focoso.
Il topo raccontò brevemente della decisione presa da Cody e Leonardo scattò in piedi, proprio in contemporanea all’uscita di Donatello dalla sala operatoria, con un viso scuro e rigato di lacrime rapprese.
“Ho sentito l’ultima parte” mormorò deciso. “Andiamo, Leo. Penso di sapere dove trovare delle tute e jetback per raggiungere l’XRL”.
L’azzurro guardò Raphael e sospirò pesantemente, poggiando la fronte contro l’altra; gli accarezzò amorevolmente una guancia e la baciò affettuosamente.
“Vai, Leo. Io penserò a far compagnia al sensei e Mikey”.
“Grazie…”…
 
Scendevano rapide scale, barcollando nel buio rischiarato da una semplice torcia in possesso di Donatello che filava come un razzo verso la parte più bassa dell’ospedale, ossia il magazzino.
Leonardo non osava quasi fiatare, schiacciato dalla potente aura di risentimento che avvolgeva il genio molto più avanti.
“Siamo arrivati” mormorò, aprendo la porta con un potente calcio ben assestato.
Donnie squadrò intorno e i suoi occhi ristretti dalla collera adocchiarono vari scatoloni.
Trovare tute nere, con strie rosse che si adattavano facilmente al corpo, con cinturoni, stivali fin sotto al polpaccio e guanti sotto al gomito e dei jetbag era stato molto semplice alla fine, no?
Raccolto il necessario, i due ninja si diressero nelle buie strade della città, guardando quasi con stupore i mucchi di strane statue frantumate e non del tutto sopra a un lago d’acqua fredda.
“Che cosa sarà successo, qui?” chiese Leonardo, attonito.
“Perché non lo chiediamo a loro?” ironizzò Donnie, puntando a un gruppetto di persone che rivelò essere Starlee, i Dark!Clones e le bambine!
“Dove andate?” chiese Dark!Don.
“Ad sconfiggere quella maledetta cosa nel cielo!” rispose il genio, davvero non in vena di parlare.
“Papi!” esclamarono Hanami e Reiki, felicissime.
“Piccole mie!” rispose Leonardo, sorridente. “Ma cosa ci fanno qui?”.
“Problemi a casa” rispose semplicemente Starlee. “Ma stiamo vincendo”.
Dark!Leo e Dark!Raph misero le bimbe con i piedini in terra e le guardarono con affetto.
“Restate a combattere, piccole. Noi salviamo il mondo, intanto” disse l’azzurro clone.
“Lotta!” gridarono le bricconcelle, saltellando.
Il rosso e l’azzurro risero e insieme agli altri due cloni si avvicinarono alle due tartarughe che porsero loro tute e jetbag.
“Andiamo!” fece Donnie…
 
....
 
Raphael si era seduto con l’aiuto del maestro Splinter sullo sgabellino che affiancava il letto del dormiente Michelangelo.
“Torno subito, figlio mio” mormorò piano il topo, uscendo dalla camera.
Il focoso annuì e toccò gentilmente la spalla di Michelangelo, giusto per percepire almeno la sua consistenza.
“Ehi, Mikey… congratulazioni” disse con un debole sorriso. “Sei papà…”.
Non aveva avuto ancora modo di vedere il suo nipotino e Raph davvero fremeva!
“Mi dispiace per ciò che accaduto. Avrei voluto vederti felice fino alla fine…” continuò.
Strinse i pugni, respirando a fatica. Perché tutto questo proprio a un dolce ninja come Michelangelo? Perché? Tante difficoltà, sofferenze e…
“A… ahhh…” gemette il rosso, sottovoce.
Un dolore acuto era appena esploso nella mente del rosso. Era come un fuoco bianco che bruciava alle tempie e alla fronte. Raphael si piegò sullo sgabellino, respirando affannosamente, prima di cadere riverso su un fianco, incapace di riacquistare il sangue freddo.
“C… che di… diavolo…?” articolò faticosamente.
Calciò sbadatamente lo sgabellino, scagliandolo rumorosamente in terra, mentre si arricciò a pallina, stringendosi la testa. Spalancò gli occhi, mentre lacrime calde rotolavano giù per le sue guance fiammeggianti.
Cacciò un mezzo grido, incapace di non farlo.
“Aiuto…!” pronunciò debolmente.
Voleva strofinarsi gli occhi brucianti e prudenti ma non lo fece, invece. Non era sicuro di avere le mani pulite e grattarsi avrebbe semplicemente irritato ancora di più.
“I miei occhi…!”.
Un movimento del letto. Il flebile rumore della stoffa schiacciata in un movimento della testa.
Sfere azzurre opache e lucide.
Michelangelo si era svegliato e confusamente cercava di ripristinare gli ultimi frammenti della sua mente, mentre si aggrappava ai lamenti soffocati che partivano dal lato destro del letto, dal pavimento, però.
-Dove sono?- pensò. -Perché è tutto buio?-.
“Aiuto!” gridò il rosso, con più voce.
Mikey spalancò gli occhi e balzò seduto, stringendosi la pancia piccola. Il suo cuore sobbalzò all’istante: notò bende sul ventre e del gonfiore da quarto mese non c’era più traccia.
“N… no…” ansimò, con una mano sul petto.
Punture di dolore sotto la sua pelle… doveva calmarsi!
“AIUTO!” urlò disperato il focoso.
“Raphie!” esclamò Mikey, sporgendosi dal letto. “Raphie, che succede?”.
Il rosso smise per un attimo di frignare e sollevò la testa, vedendo semplicemente il buio pesto. Protese la mano tremante, ancora con il terrore per cosa gli stesse accadendo.
“M… Mikey…” piagnucolò.
“Raphie, fratello” replicò prontamente l’arancione, stringendogli la mano. “Raphie… la mia pancia… è sgonfia…”.
“Fratello, sei stato sottoposto a un taglio cesareo. Tu e il bambino eravate in pericolo” raccontò debolmente il rosso, cercando di mettersi seduto sulle fredde piastrelle del pavimento. “Don ha visto il piccolo. Però non ci ha potuto spiegare nulla perché è andato con Leo a combattere il congegno di Sh’Okanabo che è morto, poi”.
“C… cesareo…?”.
Raphie annuì, puntando il capo verso la direzione della voce. Michelangelo era visibilmente sconvolto, tanto da cadere a peso morto sul letto, ancora stringendo la mano del fratello, per trarre un po’ di conforto.
“C… che altro?”.
“Non so, mi spiace”.
Michelangelo annuì e spinse via le coperte, gemendo ai punti freschi nella sua carne. Si alzò, tirando Raphael sul letto, facendolo sedere accanto a lui e lo abbracciò.
“Mi dispiace, piccolo” sussurrò il focoso. “Mettila così. Almeno il bimbo è vivo”.
Il minore tirò su con il naso e annuì nella spalla, sorridendo debolmente.
Un lampo violaceo brillò nel cielo, illuminando qualsiasi cosa e le due tartarughe in un brevissimo lasso di tempo.
Il focoso voltò subito la testa verso la finestra, fissando il punto in questione con shock.
“Raph, che c’è?”.
Il rosso guardò Michelangelo e di nuovo la finestra. E ancora. L’alternanza che stava rendendo pieno di dubbi il giovane Hamato!
“M… Mikey, i… io…” balbettò, tremando.
Si nascose il viso nella mano, emettendo uno sbuffo di risata e abbracciò nuovamente Mikey che non capiva affatto. Raphael gli baciò la fronte e si alzò in piedi, massaggiandosi il divario tra gli occhi; poi, osservò la mano aprirsi e chiudere e si mise con le mani sui fianchi.
“Mikey, ero diventato cieco… ma adesso… vedo di nuovo!”.
L’arancione era rimasto scioccato a tal punto di rimanere con la schiena ben dritta, bocca e occhi spalancati e l’espressione più sconcertata che avesse mai visto in vita sua. Era la notizia migliore che potesse avere in quell’oceano di disgrazie futuristiche.
Saltò in piedi, aggrappandoglisi al collo con una tale forza che il focoso per poco non barcollò indietro, ridacchiando. Lo abbracciò dolcemente, inspirando tranquillamente.
“Raggiungiamo gli altri. Dobbiamo salvare il mondo. Ancora una volta”.
“Sono pronto”…
 
….
 
“No, fermati! L’XRL è protetto da un campo di forza!” urlò il leader dei Gungin.
Donnie non lo ascoltò e protese la mano… ricevendo una scarica elettrica così forte che il suo corpo brillò di un magenta intenso a tal punto di creare un anello luminose che si disperse su tutta New York, brillando per pochi secondi.
“Te lo avevo detto”…
 
“E’ assurdo! Quest’affare non si riesce nemmeno a toccare” sbuffò Donnie, pensando.
“In realtà, qualcosa si potrebbe fare” replicò Dark!Don, guardando Dark!Raph che annuì con aria complice.
Alzò il braccio dove aveva il mega artiglio e si avvicinò al campo energetico che si era manifestato sotto forma di globo rosato dove scariche elettriche si muovevano a righe orizzontali.
“State indietro” ordinò.
Inspirò profondamente e ficcò con tutta la forza possibile l’artiglio d’osso all’interno del globo, spingendo con tutte le sue forze e urlando per la scarica elettrica di rimando che attraversava tutto il suo corpo dolorosamente.
“RAPH!” gridarono i cloni, più che Leo che non aveva potuto fare a meno di frenarsi.
Il clone schiuse un occhio e premette ancora più forte, ignorando il corpo bruciante e dolente. Riuscì nel suo intento: l’artiglio si frantumò in mille pezzi ma il globo si disattivò, proprio perché la controforza protettiva del congegno di sicurezza dell’XRL si era surriscaldato e bruciato.
“Bel colpo, fratello” esultò Dark!Don, avvolgendogli le braccia intorno al corpo per non lasciarlo cadere in basso.
“A questo punto arriva il punto di non ritorno, ragazzi” mormorò Cody, afflitto. “Dovrete avvicinarvi abbastanza da lasciare che i vostri fotoni abbiano la meglio su quelli del nucleo… anche se…”.
“Un ninja è sempre pronto a sacrificarsi per il mondo, piccolo ninja. Ricordatelo sempre” sorrise Don, con lo sguardo puntato sul bersaglio.
“Più d’accordo di così non potevamo essere”.
Ognuno si voltò verso il basso, spalancando bocca e occhi alla vista di due ultime figure armate di jetbag e tute spaziali nere e rosse.
“RAPHIE!” gridò Leonardo, notando un luccichio brillante in quelle sfere d’oro, sotto al casco. “Raphie… vedi di nuovo, allora?!”.
“Non posso negarlo come il fatto che mi sia mancata la tua faccia da baci. Leo, poi ti racconterò”.
“MIKEY!” imitò Donnie, incredulo. “Che cosa ci fai qui?! Hai subito un taglio cesareo e…”.
L’arancione roteò gli occhi e lo zittì con una pacchetta non troppo gentile sul culo. Il genio si irrigidì e chiuse la bocca, vedendo il sorriso malizioso che il compagno aveva sulle labbra!
“Diamoci da fare, ragazzi” disse.
I cloni si guardarono e si strinsero a cerchio intorno al globo, prendendosi per mano. Deglutirono e si concentrarono, mentre si stringevano sempre più intorno a quella luminescenza calda.
La quantità di calore che irradiava, infatti, stava lentamente aumentando intorno alle otto tartarughe che si guardavano in silenzio, contemplando la difficile situazione in cui erano.
Dark!Leo fissava con grande concentrazione il nucleo in ebollizione dell’XRL, spostando più volte l’occhio libero dalla lente a infrarossi sul cielo oscuro.
“Fa caldo qui, eh?” schernì Dark!Mikey.
“Già” rispose il suo omonimo, distogliendo lo sguardo da Dark!Don.
“Mi dispiace per ciò che ho causato” rivelò quest’ultimo. “Mi ero innamorato di te… e mi piacevi perché eri molto paffuto… non avevo idea che fossi in stato di gravidanza… e vederti così addolorato… mi fa sentire un verme…”.
“Perché lo sei!” urlò Donnie, rabbioso. “Hai quasi ucciso il mio compagno e il mio bambino… ma, nonostante tutto… devo ringraziarti per aver portato subito all’ospedale il mio Mikey al momento nero”.
“Bambino?” espirò Mikey. “Allora… è un maschietto?”.
“Sì, tesoro… è un bellissimo maschietto di 495 grammi…. Crescerà, vedrai e sarà nella norma” sorrise il genio.
“Wow! Congratulazioni!” applaudirono Leo e Raph, eccitati.
“Non vorrei fare il guastafeste, ma… credo che il nucleo si stia incrinando” avvertì Dark!Raph.
Le tartarughe si strinsero ancora fino a quando l’XRL non fu ben stretto fra i loro corpi… e proprio ora accadde ciò che Cody avrebbe voluto evitare.
Scariche elettriche bombardavano il cielo, adesso. Forti o deboli. Lontane o vicine.
Le otto tartarughe deglutirono e non batterono ciglio né urlarono quando un forte boato le colpì in pieno.
“NO!” urlò Cody, premendo vicino al vetro della Tarta-X. “RAGAZZI!”.
Le scariche le avevano avvolte, serpeggiando intorno ai loro corpi, in un chiarore candido e viola tenue, mentre piccole e incredibili particelle cremisi iniziavano a staccarsi dai corpi dei mutanti, ammassandosi sull’XRL fino a ricoprirlo.
“Non molliamo!” gemette Leonardo, tremando.
Più i fotoni comparivano, più i corpi delle povere tartarughe cominciavano a spaccarsi, come se tutta la forza vitale venisse risucchiata, lasciando posto a corpi destinati alla conversione in pietra.
“Serling, dobbiamo aiutarli!” implorò Cody.
La testa ologrammata del robot comparve su un sensore posto nella console dell’armatura. Serling negò a malincuore perché mai avrebbe permesso al suo intrepido padroncino di rimetterci la pelle.
“E’ la loro missione, padroncino Cody”.
“Ma… non è giusto che finisca così! Se continuando in questo modo, anche le molecole di ossigeno cominceranno ad ammassarsi ai fotoni e le tartarughe potrebbero morire!”.
Un allarme cominciò a suonare a intermittenza, allarmando il ragazzo.
“Che succede?” si chiese, iniziando a digitare sulla console.
“Sembra che ci sia uno storpiamento spazio-tempo pronto a comparire”.
“Problemi, ragazzo?” chiese il leader dei Gungin.
“Sì. Secondo il mio sonar, dovrebbe accadere qualcosa proprio in questo momento”.
E accadde, secondo le aspettative di Cody.
Sulla testa delle otto tartarughe, le nuvole iniziavano proprio a vorticare lentamente, ammassandosi in un centro fantasma dove da un luccichio, ecco che si aprì un enorme buco nero, quasi uguale a quello che aveva inghiottito la Finestra del Tempo di Sh’Okanabo.
“Attenzione!” esclamò Dark!Leo.
“No! Se gettiamo questo affare nel portale, ce ne libereremo per sempre!” esclamò, invece, Donnie. “Ma dovremo essere rapidi!”.
“Dallo a noi. Possiamo resistere al nucleo” si offrì il leader degli Inuwashi.
“Ma…” replicò Leo.
“Fai come ti dice” intervenne Dark!Raph, ringhiando un po’.
Donnie afferrò l’aggeggio, cercando di scagliarlo pesantemente verso il Gungin, combattendo anche contro la forza di aspirazione che il buco nero stava manifestando alla grande, sfortunatamente.
“Ragazzi, portateli lontano” ordinò il Gungin dorato.
Gli altri tre si divisero due tartarughe a testa e le rimanenti si aggrapparono a Cody che volò via, anche se si voltò per guardare il Gungin solitario che contemplava la magnificenza oscura del portale.
“Cody, andiamo” istruì Leonardo, aggrappato a un braccio della Tarta-X con Mikey. “E’ un eroe”.
Il Gungin urlò per combattere il terrore nel suo stomaco e scaraventò il congegno nel buco, eseguendo un volo nello stesso senso dell’aspiratore, anche se con tutte le sue forze sembrò non farcela.
Michelangelo brandì la kusarigama dal fodero della cintura e rilasciò la lunga catena verso il Gungin che l’afferrò per non lasciarsi inghiottire dal buco.
“ANDIAMO!” gridò l’arancione, mentre Serling volò il più lontanamente possibile.
Il buco nero si restrinse, mentre il suo nero profondo si sfumava velocemente in un viola scuro, poi in un rosso, in un dorato ed esplose, rilasciando energia libera di miliardi di particelle fotoniche, avvolgendo tutto il pianeta.
“Guardate!” indicò Cody con un sorriso.
All’orizzonte uno spiraglio di luce dorata stava timidamente bucando il nero terrificante, lasciandolo diradare finalmente per lasciar spazio a un’alba luminosa di vittoria.
“Ce l’abbiamo fatta” esclamò Donnie, mentre la sua vista si sfocava.
“Abb… abbiamo vin… to…” sorrise anche Raph, chiudendo gli occhi.
Mikey e Leo fecero lo stesso.
“OH, NO!” gridò Cody.
“Tranquilli” appianò il Gungin dorato. “Hanno lottato bene”.
“E anche se mi dispiace dirlo, mi dispiace tanto che debbano tornare a casa…” sussurrò Cody, malinconicamente.
“E’ così che deve andare” mormorò Dark!Leo, tossendo e gemendo alle macchie violacee che stavano stonando non solo la sua pelle ma anche quella degli altri.
“Alla O’Neil Tech vi curerà Starlee, non preoccupatevi” sorrise Cody, mentre guardava le strade ormai luminose del mattino soleggiate… individuando Starlee.
“Piccola deviazione, padroncino?” chiese Serling.
Cody annuì e lasciò che il robot atterrasse in strada per raccogliere Starlee e le gemelline felicissime, per raggiungere la O’Neil Tech…


Angolo dell'Autrice

Ehilà, ragazzi! Finalmente la storia è quasi conclusasi, ma manca un prologo succulento. Vorrei ringraziare tutti quelli che mi hanno seguito. Siete stati un pubblico molto speciale e affezionato, quindi non mi resta che abbracciarvi fortemente! :)

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Capitolo 13
*** Epilogo ***


Cinque mesi erano già passati dalla quasi fine del mondo. Tutto trascorreva nella più totale tranquillità e gioia di vivere. Gli stessi sentimenti che avvolgevano tutta la famiglia Hamato.
Finalmente era il gran giorno di poter abbracciare il piccolo Keiichi, ormai di circa 3 chili e 700 grammi!
Gli Hamato erano schiacciati contro al vetro del reparto maternità per vedere il figlioletto di Michelangelo e Donatello, entrambi raggianti. Era così piccolo e tenero con il suo cappellino azzurro che veniva voglia di coccolarlo come un grazioso peluche.
“E’ uno splendore” constatò un Mikey addolcito.
Donnie gli avvolse le braccia intorno alla vita e lo tirò in un abbraccio, per poi baciarlo affettuosamente sulle labbra.
“Grazie, amore mio” sussurrò dolcemente. “Per un bambolotto così!”.
“Chi è?” chiese ingenuamente Reiki, picchiettando la manina sul vetro.
“E’ il vostro cuginetto Keiichi” rispose Raphael, guardandola con affetto.
Non avevano raccontato alle gemelline della temporanea cecità del focoso per non spaventarle. Era una sensazione magnifica vedere di nuovo luci, colori e la sua famiglia, la cosa a cui teneva di più. Fece poi una carezza a Reiki, baciandole la testolina.
“Keiichi… mio piccolo tesoro…” mormorò piano Mikey.
Leonardo non poteva fare a meno di staccare gli occhi da quel neonato così grazioso. Erano tre anni che non aveva quella sensazione di calore nelle viscere e le parti intime, così diverso da quando lui e Raph erano in intimità.
Provava un piacere che appagava il desiderio stesso.
Ma questa sensazione era del tutto differente. Si guardò la pancia e ci poggiò su la mano.
Adesso lo sapeva.
Voleva un altro uovo e poi le gemelline erano molto eccitate del nuovo arrivato. Una cosa era certa: lui era pronto e desiderava fortemente un altro bambino.
Sorrise dolcemente e guardò Mikey: il suo cuore affondò un po’ nella tristezza. Il fratello bambino non avrebbe potuto avere altre gravidanze…
Una dottoressa salutò loro con un cenno del capo, entrando nel reparto maternità solo per spingere la piccola culla dove Keiichi era sveglio e si muoveva un po’.
“Ecco qui. Sano e ormai pronto per andare alla sua nuova casa” sorrise la donna bruna.
Mikey e tutti gli altri si avvicinarono alla culla, mentre Hanami e Reiki guardavano il cuginetto piccolo in braccio ai loro genitori. Erano così emozionati che quasi avevano timore di prenderlo in braccio per paura di ferirlo.
“Coraggio, figliolo. Keiichi vuole incontrarti”.
La tartaruga sbatté le palpebre e annuì, raccogliendo timorosamente il bambino. Suo figlio. Era così dolce, piccolo e fragile… aveva paura di tenerlo ma la mano sapiente di Splinter lo aiutò, sistemando meglio la testolina nella piegatura del braccio.
“E’ così che devi tenerlo, Michelangelo”.
Il topo era commosso visibilmente. Due lacrime calde erano impresse nei peli grigi del suo viso anziano. Era orgoglioso si diventare nonno per la seconda volta.
“Benvenuto in famiglia, Keiichi Hamato” sussurrò, baciandogli la testolina.
Mikey si morse il labbro: scoppiò a singhiozzare di felicità, cullando il neonato che schiuse debolmente gli occhi, guardando il genitore che lo aveva cresciuto in grembo per soli quattro mesi e mezzo.
Donnie gli si avvicinò, sorridendo al piccolo che, impressionato positivamente dall’altro papà, sorrise per imitazione.
“Avete mai visto un pupetto così?” stuzzicò Raphael, muovendogli il piedino.
Hanami e Reiki toccarono il pancino di Keiichi pian piano, ridacchiando ai piccoli gorgoglii incomprensibili che il bimbo fece in protesta.
Michelangelo baciò la fronte e guardò la sua famiglia… era tempo di tornare a casa…
“Chissà cosa dirà April…!”…
 
….
 
Cinque mesi senza i ragazzi. April e Casey non sapevano più cosa pensare e avevano smesso di cercare i loro amici almeno una settimana fa.
L’ultima volta che si erano sentiti era stato solo telefonicamente e da allora di tempo ne era trascorso, anche con grande rammarico della piccola Shadow che teneva costantemente il broncio.
La bambina voleva i suoi zietti preferiti più di ogni altra cosa al mondo!
“E’ incredibile” sbuffò Casey, seduto sparanzato in poltrona. “Sono cinque mesi che non si fanno vivi e alla tana è tutto vuoto! Non possono essere svaniti così nel nulla e senza un motivo!”.
April annuì, guardando Shadow che borbottava qualcosa di incomprensibile nel box, sbattendo più e più volte il suo peluche a forma di tartaruga.
Un toc-toc dietro le tende bordeaux del salotto.
I due coniugi si irridigidirono, scambiandosi degli sguardi preoccupati e Casey che era il più vicino alla finestra in questione, si alzò, brandendo una mazza da hockey dal sacco che si nascondeva dietro la poltrona beige stessa.
Con uno sguardo d’intesa a April che abbracciava al petto Shadow, l’uomo coraggioso si avvicinò cautamente e spense anche le luci per sicurezza.
Con la parte tondeggiante della mazza urtò la maniglia della finestra, per sbloccarla. Si appiattì contro la parete crema e attese. Quando vide la finestra aprirsi con estrema facilità e una figura ingobbita varcarla, non esitò a colpire il più pesantemente possibile.
Ma quello che non si aspettava era proprio che la sua mazza fu bloccata in un pugno ben allenato, seguito da un coro di risatine compiaciute.
“Accendi pure la luce, Casey. Siamo solamente noi”.
April nascose la bocca dietro la mano ed eseguì il comando, congelandosi all’istante alla vista...
“ZII!” urlò la piccola Shadow, crogiolandosi tutta.
Erano finalmente tornati e non certamente da soli. Leonardo aveva Reiki in braccio e Hanami era aggrappata a Raphael, mentre Michelangelo stringeva al petto un fagottino avvolto in una copertina bianca e Donnie portava un borsone blu contenente oggetti per neonati.
“Ragazzi!” esclamò Casey, raggiante. “Era ora che vi faceste vivi”.
“Lunga storia, amico mio” rispose Raphael, accovacciandosi per accarezzare Shadow. “E questa pulcina che dice? E’ ancora più bella, come la sua mamma”.
April arrossì e notò il faccino piccolo che Michelangelo aveva tra le braccia. Guardò Splinter che annuì come per concordare con il suo pensiero fulmineo.
“Il bambino è nato, allora?” espirò incredula.
“April, Casey e Shadow, vi presento Keiichi, il nostro piccolino” sorrise Donnie, scoprendo la copertina dal bambino sveglio e vispo.
“Ah! Ma è così adorabile!” esclamò la rossa, con nota materna.
“Lasciate che cominciamo a raccontare, però” propose bonario il sensei...
 
….
 
2 anni dopo…
 
“Credo che un’altra gravidanza ci starebbe bene” sussurrò maliziosamente Raphael, avvolgendo le braccia intorno al ventre gonfio di Leo, di quasi tre mesi.
Finalmente i due avevano dato libero sfogo ai loro desideri sessuali e adesso Leonardo aspettava un altro uovo e… sia Hanami sia Reiki l’avevano presa senza la minima gelosia.
“Raph… ma per un altro uovo dovremo aspettare due o tre anni” replicò Leonardo, gustando una cucchiaiata di yogurt alla banana.
Aveva da qualche giorno questo forte desiderio e nessuno gli diceva nulla per non farlo incazzare di brutto!
“Shhh. Intanto mi godo la tua ciccia” ridacchiò il focoso, ridendogli nell’orecchio.
“Ciccia?!”.
Leo non poteva negarlo, però. A metà gravidanza e già aveva otto chili in più rispetto alla norma. Doveva ingerire meno calorie vuote e concedersi più frutta anziché di merendine. Aveva notato che i suoi fianchi si erano allargati un bel po’ e le cosce anche, tanto da non poter entrare nei suoi jeans più larghi.
“Oh, scusatemi!” esclamò Michelangelo, entrato proprio in quel momento in cucina.
“No, figurati”.
“Cercavo Donnie. Devo dirgli una cosa. Sapete dov’è?”.
“Sì. E’ con Keiichi nel laboratorio. Pare che si stiano tenendo compagnia” rispose subito il focoso.
“Ah, grazie” annuì Mikey, andandosene, anche se prima disse qualcos’altro. “Bel pancione, Leo!”.
L’azzurro arrossì e fulminò Raph con un’occhiatina maligna. Il rosso continuava a guardarlo semplicemente.
“Visto? Non sono l’unico a dire che sei di nuovo in carne”.
“Zitto” replicò stizzito il leader, leccando il cucchiaino per grande gioia di Raph. “Perché mi guardi così?!”.
“La tua lingua. Anziché un cucchiaino perché non provi con qualcosa di meno ferroso?”.
Leo per poco non si strozzò con il poco di yogurt rimasto e sbuffò, gettando via il vasetto di plastica e sciacquando il cucchiaino. In quel momento, avvertì un solletico dalla pancia e si fermò, sorridendo.
Prese la mano di Raph e se la poggiò sull’addome ben gonfio.
“Si sta muovendo… il nostro uovo” sorrise il focoso, accarezzando dolcemente. “Dici che sarà un maschietto?”.
“Non lo so. Sai che non possiamo sapere il sesso prima della schiusa”.
Raphael annuì e lo abbracciò teneramente, sebbene la pancia gonfia li separasse un pochino.
“Ti amo”.
“Ti amo anch’io”…
 
….
 
“Ba! Ba!” gridò felicemente Keiichi, agitando le manine nel suo passeggino bianco.
“Sì, entusiasma anche a me la nuova costruzione” ridacchiò Donatello, accarezzandogli la testolina.
Il papà stava creando un uccellino meccanico per intrattenere il suo frugoletto e a quanto pare c’era riuscito alla grande! Keiichi era entrato in estasi nel vedere il finto canarino rosso, con il petto bianco e la coda blu.
Donnie lo prese in braccio, solleticandogli i piedini e gli baciò la fronte, guardandolo con affetto.
“Sei l’amore di papà”.
“Papù!” rispose il piccolo.
“Già! Papù, come mi chiami tu”.
“Questa è un’ottima rima” aggiunse una voce morbida.
Donnie si voltò e sorrise ampiamente a Michelangelo che era appena entrato con un’espressione molto dolce sul viso pallido. Era stato influenzato e solo ora era stato finalmente lasciato in pace da una febbre molto forte.
“Ba! Ba!” esclamò Keiichi, volendo essere preso in braccio dall’arancione.
“Il mio piccolo tesoro…!”.
“Come stai, Mikey?” chiese il genio, accarezzandogli una guancia.
L’arancione sospirò amaramente e mise il piccolo nel porta-infante che c’era sempre nel laboratorio e si sedette, stringendosi le magre braccia nascoste sotto un lungo maglione giallo con anelli arancioni sui bicipiti.
“Donnie… devo dirti una cosa importante…”.
“Ti ascolto”.
Il silenzio calò. Entrambi si guardavano, ma era Donnie che cercava disperatamente di indovinare l’oggetto della conversazione che, dopo un profondo respiro, Michelangelo si decise a iniziare.
“Donnie, sono incinto”.
Il viola si irrigidì sulla sedia, spalancando così tanto gli occhi da far rotolare in terra le orbite! Aveva capito bene? Il suo adorato compagno era in dolce attesa?
Ma... non poteva essere! Il dottore nel futuro aveva detto che altre gravidanze avrebbero messo a repentaglio la vita di un ipotetico feto e di Mikey stesso, a causa del suo cuore.
“E’ un mese intero. Tre settimane” continuò l’arancione, porgendogli il test di gravidanza. “Non ci volevo credere neanche io ma... invece è proprio così”.
Il genio guardò Keiichi che giocava con il ciucciotto e sorrise con occhi lucidi, inginocchiandosi accando a Mikey per cingergli lo stomaco.
“Un altro bambino... ma...”.
“Posso portare a termine questa gravidanza. Ho fatto molte analisi in tutto questo tempo e qualsiasi dottore mi ha confermato che sono guarito abbastanza. Quindi ci godiamo questo tesoro”.
“BA!BA!” esclamò Keiichi.
Il ciucciotto era caduto in terra e sorridendo, Michelangelo ebbe la forte voglia di prendere il piccolo in braccio, alzandolo in aria per sentire la sua bianca risata.
“Qualcuno sta per essere un grande fratello”.
“Gli altri già lo sanno?” domandò Donatello, raggiante più che mai.
Michelangelo negò. Solo loro due lo sapevano e questa notizia sarebbe stata una piccola sorpresa sotto l’albero. Natale era, infatti, alle porte. E tutta la tana era già ben addobbata...
 
....
 
6 mesi dopo...
 
Il pianto di un neonato si udiva dal salotto, anche se qualcuno già pensò a zittirlo amorevolmente.
“Il mio piccolo Yoshi piange?” mormorò amorevolmente Raphael, raccogliendo il tartarughino neonato fra le braccia.
Era di un colorito verde brillante, come suo padre ma aveva incredibili occhi ramati come Leonardo. Una copia perfetta del rosso, anche nel caratterino ma con la bellezza oculare del leader Hamato.
Il bimbo era nato tre mesi fa senza alcuna complicazione ed era di buona salute, tanto che era riuscito a far ingrassare Leo di una trentina di chili che stava già smaltendo.
C’entravano anche i pranzi natalizi, di capodanno e i panettoni!
“Siete due gocce d’acqua”.
Il rosso si voltò, ancora accarezzando il guscetto del piccolo con una tutina rossa e cappellino addosso: una tartaruga incinta del suo ultimo trimeste di gravidanza lo guardava con affetto.
“Ehi, Mikey” salutò.
La pancia del fratellino era molto grande e stavolta non c’erano stati alcuni aborti spontanei. La gestazione stava procedendo nel migliore dei modi, per grande gioia dei genitori arancione e viola. E del nonno, che era con Leo nel dojo per aiutarlo con gli allenamenti cancella-ciccia!
Con le mani sulla schiena, Michelangelo si avvicinò lentamente mentre i suoi passi attenti venivano seguiti dallo sguardo attento di Raphael, che gli porse il piccolo Yoshi.
“Il mio bel nipotino. Così morbido e carino” sorrise Mikey. “E sarà un grande ninja”.
Il focoso annuì e adocchiò il pancione, mentre il fratellino se lo strofinava amorevolmente, sentendo i movimenti fetali del bimbo.
“Tre mesi ancora...” mormorò Mikey, felicissimo. “Questa gravidanza non era prevista, ma ti giuro che è stata il più bel regalo di natale per quest’anno. Da quando ho partorito il mio Keiichi, mi sono messo l’anima in pace di non poter generare altri bambini... ma questo è un miracolo!”.
“Ti capisco” annuì Raph, riprendendosi Yoshi che si era addormentato.
“E’ uno splendore... chissà di che sesso sarà questo cucciolo”.
“Basterà aspettare, in effetti, no?” ridacchiò Raphael, parlando a bassa voce.
“Vero...”...
 
....
 
3 mesi dopo...
 
“Allora te ne vai...” mormorò Leonardo, a malincuore.
“Non sarà per sempre. Sono quasi alla fine del mio nono mese e questo bocciolo deve nascere assolutamente. Ecco perché vado a ricoverarmi” spiegò Mikey, la cui pancia era molto grande e gonfia.
Il piccolo Keiichi che era fra le braccia di Splinter iniziò a frignare per poi sputare il ciucciotto in terra e singhiozzare con forte grida che spaventarono anche il povero Yoshi, addormentato nel porta-infante, sorvegliato da Hanami, seduta sul divano.
“Keiichi, torneremo presto, vedrai” sussurrò Donnie, cullandolo fra le braccia.
“Papà! Papù!”.
“Tu sei il mio piccolo ninja, fai il bravo, dai” sorrise Michelangelo, strofinando il suo naso su quello del bimbo.
Ma niente. Keiichi proprio non voleva saperne di smetterla di singhiozzare e almeno Raph era riuscito a calmare Yoshi dandogli il ciucciotto in bocca!
Mikey sospirò, gemendo alla pressione del peso del pancione che gravava sulla spina dorsale; poi un’idea gli venne. Si sfilò la maschera e da consegnò a suo figlio che la strinse nel suo piccolo pugno.
“Pare che così avrà meno paura” ridacchiò il sensei.
Keiichi era rimasto totalmente stregato dal colore arancione che gli ricordava Mamma-Mikey e per sicurezza anche Donnie gli diede la sua, causando un forte ridere nel bimbo!
“Andiamo, Mikey”.
Il sensei trascrisse i simboli per il Battle Nexus e i due ninja, salutati tutti quanti, si avviarono nel portale, pronti per raggiungere il Padiglione Medico...
 
....
 
Una settimana dopo...
 
Mikey era stufo di non aver ancora partorito, nell’ultima settimana del nono mese ed era un po’ preoccupato ma tutti i suoi dottori gli aveva più volte confermato che questo ritardo era causato dal bambino che, essendo perfettamente a suo agio in una posizione perfetta, non voleva saperne di uscire dal caldo bozzolo caldo.
Donnie gli era ancora a fianco, senza mai essere tornato una volta a casa per non lasciarlo e ora, mentre si accingeva a leggergli la fine di un libro sulle gravidanze, qualcuno pensò di interrompere.
“Si può?” fece una vocina.
“Ragazzi!” esclamarono raggianti i due ninja.
Keiichi lasciò la manina di Reiki che gli voleva un gran bene e corse verso Donnie, alzando le braccine per farsi prendere in braccio, mentre Leo e tutti gli altri entravano sorridenti.
“Il mio piccolo ninja!” sorrise Michelangelo, piantandogli un bacio sulla fronte.
“Babababa!” gridò Keiichi, indicando il pancione enorme.
“No, bambino mio. Non è ancora nato”.
“Ci sta mettendo tutti in agonia, lo sai?” schernì Raphael, che aveva in braccio un tranquillo Yoshi.
“Lo so. L’attesa sta snervand...”.
Michelangelo si fermò di colpo: aveva smesso di parlare e i suoi occhi erano ben spalancati. La sua bocca si apriva e chiudeva, senza far uscire un suono e questo preoccupava parecchio gli Hamato.
Una sensazione di stretta nel basso ventre. Un’altra di umido. Poi un dolore accecante.
“DONNIE! E’ IL MOMENTO!” gridò, nelle scariche bianche di dolore.
“Chiamiamo i guaritori!” ordinò Splinter...
 
....
 
Mikey non sarebbe stato posto a un taglio cesareo, come nella prima gravidanza. No.
Lui avrebbe partorito normalmente, potendolo benissimo fare visto che aveva anche organi femminili nel suo corpo, come già sapeva, poi.
Ora era in un letto, con le gambe divaricate e Donnie al suo fianco.
“Donnie... fa un cazzo di male!” respirò.
“Tu respira semplicemente piano. E segui le direttive dei dottori”.
Michelangelo annuì per niente convinto e preferì non concentrarsi nelle mani mediche che continuavano a palpargli le parti intime, ormai dilatate abbastanza per la nascita.
“Bene, spinga!” ordinò una dottoressa.
Il dolore era così tanto che l’arancione quasi soccombeva ma doveva farcela. Aveva atteso questo angioletto per nove mesi e doveva farlo venire al mondo!
Aveva desiderato tante volte di ritrovarsi in questo momento ma adesso... quasi rimpiangeva il cesareo! Però era anche felice di sperimentare questo dolore necessario.
Mikey iniziò a spingere con tutte le forze, sentendo la pressione sempre più intensa nelle parti intime.
“Bene. Ancora. Spinga!”.
“Donnie!” si lamentò il minore, stringendogli la mano.
“Non ti lascio, amore! Tu sii forte!”.
Michelangelo ansimò per tutta risposta, inalando una forte boccata d’ossigeno per poterla usare tutta nella spinta che diede.
“Vedo la testa. Su ancora una volta!”.
“Dai, amore mio!” incitò Donnie, a malincuore per non poter aiutare meglio il compagno.
Mikey gridò a pieni polmoni, spingendo ancora più forte e... stritolando la povera mano del genio, che si ritrovò a gridare con lui!
“Ancora una volta!”.
L’arancione era troppo stanco. La sua stretta sulla mano sbiancata di Donnie si era affievolita e la testa era caduta mollemente sul cuscino.
“MIKEY!” gridò il genio, vedendo quegli occhi spenti.
Tutto si svolse molto velocemente, però. Due dottoresse cercarono di fornire una mascherina d’ossigeno al povero Mikey, pallido come un cavadere, dolorante per una fitta forte al petto.
Donnie era confuso e stordito. Il suo compagno era svenuto... ma poi un forte grido rimbombò nella sala...
“E nato!” annunciarono due dottoresse, alzando la tartarughina madida di sangue.
La misero nella vaschetta per lavarla e avvolgendola in un asciugamano la porsero a Donnie che quasi cadde per la grande felicità ma fu sostenuto dai dottori!
“E una splendida bambina sanissima. Sono quasi quattro chili”.
“B... bambina...?” mormorò una voce stanca.
Mikey aveva lottato contro il temporaneo quasi svenimento per riprendersi solo per vedere il suo fascio di gioia. E adesso sia lui sia Donnie stavano piangendo in silenzio.
La bimba singhiozzante si calmò solo quando si ritrovò sul petto di mamma Mikey e i genitori ne studiarono le caratteristiche. Aveva un colorito di un verde oliva intenso con i pettorali chiari dell’arancione e i suoi occhi, con striature bordeaux in essi.
Inoltre, aveva una piccola voglia a forma di fragola sulla fronte, che la rendeva ancora più speciale.
“Come la chiamiamo?” chiese Donnie, oroglioso.
“Reina... perché è così pura...”...
Donatello annuì sorridente e baciò il compagno sulle labbra, permettendo alla sua piccolina di stringergli l’indice nel suo minuscolo pugno...
 
Un’altra piccola si era aggiunta alla famiglia, rendendo chiaramente speciale la vecchiaia del maestro Splinter e più divertente la vita ninjesca dei nostri eroi fortunati ad aver avuto dei cuccioli da crescere.
Questo era un dono. La loro specie non sarebbe stata destinata all’estinzione e chissà... sarebbe continuata a vivere anche nel futuro, magari con figli, nipoti e pronipoti.
Per adesso, però, Leo, Raph, Don e Mikey si godevano la vita, attendendo il giorno in cui sarebbero saliti in superfice con i loro cuccioli, nelle prime pattuglie... e magari in qualche primo calci-in-culo!
 
The End


Angolo dell'Autrice

Dopo tanto tempo, un'altra storia è conclusa e anche se mi dispiace, sono contenta anche! Ma non disperatevi: non vi liberete mai di me! Muahahahah! Vorrei ringraziare tutti quelli che mi hanno seguito e recensito e anche non! Siete stati magnifici, ragazzi. Sono io a ringraziare voi!
Baci!

 

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