The adventure. di Layla (/viewuser.php?uid=34356)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: come è difficile essere me stessa nel corpo di qualcun'altro. ***
Capitolo 2: *** 1)Cosa sta succedendo a Tom? ***
Capitolo 3: *** 2)Ci sarà un motivo se le chiamano società segrete. ***
Capitolo 4: *** 3) La verità è una lama a doppio taglio. ***
Capitolo 5: *** 4)Sull'orlo del baratro. ***
Capitolo 6: *** 5)Paura e piani. ***
Capitolo 7: *** 6)Breve ritorno. ***
Capitolo 8: *** 7)Nuova vita, nuovo pianeta. ***
Capitolo 9: *** 8)Ambientarsi. ***
Capitolo 10: *** 9) Il mio posto preferito. ***
Capitolo 11: *** 10)Tentativi di avvelenamento. ***
Capitolo 12: *** 11) Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. ***
Capitolo 13: *** 12)Il ritorno di Johnny ***
Capitolo 14: *** 13)Ava è in pericolo. ***
Capitolo 15: *** 14)La fine del gioco. ***
Capitolo 16: *** 15)Spiegazioni e festeggiamenti. ***
Capitolo 17: *** 16)Guarigione ***
Capitolo 18: *** 17)Due anni dopo. ***
Capitolo 19: *** 18)Il mare ***
Capitolo 20: *** Epilogo: ritorno a casa. ***
Capitolo 1 *** Prologo: come è difficile essere me stessa nel corpo di qualcun'altro. ***
Prologo: come è
difficile essere me stessa nel corpo di qualcun'altro.
Fingere di essere qualcun altro fa
schifo e vivere la sua
vita è ancora peggio.
Ci sono pezzi della tua vecchia te che emergono e che
sono in contrasto totale con la tua nuova identità.
Chia Malone e la sua nuova identità di Jen Jenkins hanno
qualche problema di convivenza, soprattutto perché gli amici
di Jen non
capiscono io mi metta a frequentare persone che prima lei non avrebbe
frequentato.
Io un po’ li rassicuro, un po’ me ne sbatto.
Voglio tornare a vedere Tom alla luce del sole, uscire
con Johnny e gli altri e finalmente dopo un lungo anno lo
potrò fare.
Inizio l’università a San Diego e me ne vado dal
paesino
in cui mi ero ritrovata costretta a vivere, Mark è
già là e tra poco mi
raggiungeranno gli altri.
Non vedo l’ora di vedere Tom.
Come sorpresa per l’inaugurazione del buco in cui vivo li
trovo tutti lì e la prima cosa che faccio è
baciare Tom.
“Finalmente sei tornata e potremo di nuovo uscire
insieme!”
Quella sera abbiamo fatto festa come non facevamo da
tempo, ci siamo tutti più David che ormai sa tutto, visto
che è il ragazzo
fisso di Keisha.
Abbiamo cantato, bevuto, urlato fino a quando i vicini
non sono venuti da me, minacciando di denunciarmi per disturbo della
quiete
pubblica.
Noi abbiamo semplicemente preso le birre, le patatine e
le chitarre e abbiamo tirato l’alba in spiaggia.
Quel giorno io e Tom abbiamo visto il sole abbracciati,
gli unici svegli della compagnia.
“Questa è l’alba di un nuovo giorno, Jen.
L’alba di un giorno in cui saremo insieme ora e sempre,
mi sei mancata in tutto questo tempo.”
“Anche tu, ogni singolo giorno. Sei il sole che illumina
le mie giornate.”
“E tu il mare che mi fa vedere come sono, se mi comporto
bene o male.”
“Ti amo, Tom.”
“Ti amo anche io, Chia o dovrei dire Jen?”
“Quando non c’è nessuno sono Chia, in
pubblico Jen.”
Lui ride.
“Come per le super eroine!”
Io rido a mia volta, il paragone calza quasi a pennello.
Intanto si svegliano anche gli altri, si stiracchiano e
borbottano cose incomprensibili, credo siano gli effetto della sbornia.
Raccogliamo i nostri rifiuti e le chitarre – tre, quella
di Mark, quella di Tom e quella di David – e ce ne andiamo,
inutile dire che
Tom dorme da me.
Ci buttiamo sul letto sfiniti, ma felici, come ai vecchi
tempi. Entrambi sorridiamo come degli ebeti, ci mancavano queste cose e
il mio
pensiero corre a Isabel. A lei sarebbero piaciute queste cose, passare
una
notte in spiaggia tra le braccia di Mark sarebbe stata una cosa
bellissima per
lei.
Isabel…
Mia sorella mi manca ancora e i
sensi di colpa non se ne sono andate,
nonostante la morte del suo assassino, ci sono delle volte in cui mi
dico che
avrei potuto fare attenzione e che se fossi stata meno presa dal ballo
mi sarei
accorta della sua sparizione.
Ogni tanto, di notte, vado al cimitero e parlo alla sua tomba,
una notte ci ho sorpreso un
gruppetto di
satanisti e li ho spaventati a morte, nessuno deve fare delle cose del
genere
sulla tomba di mia sorella se vuole vivere.
Spero solo che sia felice, dovunque sia ora. Ho sempre
creduto all’ aldilà e ai fantasmi e mai come ora
vorrei trovare una porta per
poter parlare con lei.
“A chi pensi?”
Mi chiede Tom, mezzo addormentato.
“A Isabel.”
“Lei sta bene, sono certo che sta bene e che ci guarda da
lassù e ci proteggerà.”
“Pensavo sarei stata meglio quando ho ucciso Joel, ma non
è cambiato nulla, sento lo stesso senso di colpa che sentivo
prima.
L’ha lasciata da sola nel momento in cui aveva più
bisogno di me e sapevo che c’era un nemico pericoloso in giro.
Dio, quando ho visto cosa c’era sulle ferite sono morta:
non potevo curarla, per poterlo fare sarebbe servito un vaccino che qui
non si
trova.”
Appoggio le mani sugli occhi, qualche lacrime scende lo
stesso, nonostante i miei tentativi di darmi un contegno.
Lui me le toglie e mi asciuga le lacrime, per poi
attirarmi sul suo petto.
“Piccola, va tutto bene. Ci sono io e ci sono gli altri,
non sei sola e non è colpa tua. Il colpevole ha
già pagato per i suoi crimini,
direi che è tutto a posto.”
“Lo so, ma, cazzo, mi manca. Mi manca lei, la mia
famiglia, quello che avevo allora.
So che almeno i miei stanno meglio, perché si devono
occupare dei gemelli, solo che vorrei rivederli tutti e quattro e non
posso.
Chi sono io?
Una sconosciuta, per di più amica della ragazza che ha
distrutto loro la vita.”
Lui mi stringe senza dire nulla e io piano piano mi
calmo, pensando che non ho perso tutto e che la persona più
importante della
mia vita è in questo letto con me.
“Così va meglio. Vuoi che ti canti una ninna
nanna?”
“Mi basta che tu stia vicino a me e andrà
bene.”
Lui inizia ad accarezzarmi i capelli piano.
“Mi mancano i tuoi capelli azzurri, queste meches non gli
rendono giustizia.”
“Jen non si sarebbe mai fatta i capelli azzurri.”
Rispondo piatta io.
“È un casino quando devi far combaciare la tua
vita con
quella di una perfetta estranea di cui hai i ricordi e tutto il resto.
Non sono
più io e non sono lei, non so chi sono.
So solo che ti amo disperatamente e che da qui riparte la
mia vita.”
“Giusto e
io ci
sarò sempre e non mollerò mai.”
“E se non centreremo un obbiettivo ci riproveremo fino a
riuscirci, se tu giochi la tua parte io giocherò la
mia.”
Sorridiamo, lui strofina il suo naso contro il mio.
“Adesso dormiamo.”
Sì.”
Ci aspetta un nuovo giorno e una nuova vita e dovremo
dare il cento per cento di noi stessi.
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Capitolo 2 *** 1)Cosa sta succedendo a Tom? ***
1)Cosa
sta succedendo a Tom?
Sono passati molti anni da quando
io e Tom abbiamo
giurato che da quell’alba sarebbe stato tutto diverso e lo
è stato.
Ho frequentato il college con Keisha, Anne e David, Tom e
Mark invece si davano da fare con la band, mancava loro un batterista e
hanno
trovato un piccoletto di nome Scott Raynor che si è unito a
loro, probabilmente
non avendo idea a cosa andava incontro.
Con lui hanno registrato tre demo e due album e hanno
partecipato a un sacco di tour, facendosi un nome nella scena
indipendente.
Non era male Scott come batterista e – in fondo come
persona – aveva solo un problema: l’alcool.
Vedendo come si comportavano Mark e Tom ha iniziato a
bere anche lui e non è più riuscito a darsi un
freno: saltava le prove, suonava
male ai live.
Mark e Tom hanno sopportato per un po’, poi –
essendo
loro tipi armati di non troppa pazienza – hanno iniziato a
cercare qualcun
altro che facesse al caso loro e si sono imbattuti in Travis Barker.
Travis era perfetto, musicalmente superiore a loro, sapeva
dettare il ritmo con un’energia che Scott non aveva, non
beveva e prestava
volentieri alle loro cazzate.
Scott non si prestava molto a fare da spalla, era
decisamente imbarazzato, Trav sapeva farsi passare
l’imbarazzato e così sono
nati i blink che consoce la maggior parte della gente.
“Enema of the state” è stata la loro
personale
consacrazione a star internazionali e io mi sono commossa quando ho
saputo che
“All the small things” era stata scritta per me.
Era molto difficile che passassero inosservati perché in
“What’s
my age again?” hanno tranquillamente corso nudi per Los
Angeles.
Da lì sono iniziati i tour internazionali seri e io li ho
seguiti molte volte insieme a Skye, la nuova ragazza di Mark. Non
è male come
persona, ma non sarà mai Isabel e questo lo sa anche lei e
lo accetta con una
certa malinconia.
Dopo Enema è stata la vola di “Take off your pants
and
jackets”, nemmeno questo è passato inosservato, i
ragazzini iniziavano ad
adorarli.
Nel 2002 io e Tom ci siamo sposati, c’erano tutti ed
è
stata una grande festa molto divertente, pochi mesi dopo sono rimasta
incinta.
Ho partorito una femminuccia che è stata chiamata Ava
Elisabeth e che purtroppo ha qualche difficoltà a
controllare i suoi poteri,
credo sia normale tra i giovani alieni.
Il 2002 ha visto anche la nascita di una nuova band di
Tom: i Box Car
Racers, che vedeva anche
la partecipazione di Travis. Mio marito diceva che aveva bisogno di uno
spazio
suo in cui potesse esprimere ciò che non poteva con i Blink.
Mark si arrabbiò molto, ma alla fine hanno fatto pace
visto che in “Elevator” lui ha accettato di cantare
con Tom.
Con queste premesse un po’ incerte hanno registrato il
selftitled album, secondo loro doveva essere un punto di partenza per i
blink:
per molti è stato il loro migliore album.
Una specie di canto del cigno prima che Tom iniziasse a
diventare insofferente.
Non è stato un periodo facile, aveva dei dolori alla
schiena che lo rendevano irritabile e non voleva perdersi i progressi
di Ava e
stare con me.
Tutta questa rabbia ha minacciato più volte di scoppiare,
ma Mark lo ha sempre calmato, sottovalutando il problema.
Alla fine Tom è uscito dalla band e ha formato gli Ava
con David e altre due suoi amici, ma non è stata una cosa
piacevole.
È da quando ci sono loro che la mia connessione con lui
è
chiusa, è da quando ci sono loro che frequenta riunioni
massoniche e non posso
fare a meno di chiedermi se la cosa sia collegata.
Il giorno che i blink si sono sciolti Mark si è messo in
contatto telepaticamente con me per sapere cosa frullava nella testa di
Tom,
per la prima volta ho dovuto dirgli che non ne avevo idea.
Non mi piace che questo collegamento si sia chiuso, ci
sono tante domande che vorrei fare a Tom e non posso.
Perché ha chiuso con i blink?
Perché ha iniziato con gli Ava?
Cosa fa con i massoni?
Mi sono fatta un giro su internet e tutte le varie cose
che ho trovato sugli Illuminati mi hanno spaventata a morte, forse
fanno del
male a Tom, forse lo plagiano per usare i suoi poteri.
Un tizio con i poteri di Tom, se davvero sono così cattivi,
è una manna dal cielo per loro e una disgrazia per noi
poveri umani.
“Toooom!”
Lo chiamo.
Lui arriva poco dopo con la chitarra a tracolla.
“Hai promesso di andare a prendere Ava a scuola. Non te
ne sei dimenticato, veri?”
Dalla sua espressione deduco di sì, ma lui glissa
abilmente.
“Vado a dirlo ai ragazzi.”
Un altro brutto segnale sono episodi come questi, prima
viveva per Ava, adesso anche lei è diventata un elemento di
contorno.
Vorrei parlarne con qualcuno come Mark o Anne, ma lui non
vuole che io li frequenti, eppure sono sicura che se unissimo i nostri
cervelli
uscirebbe una spiegazione.
L’unica che so darmi al momento è quella del
plagio, ma
non posso esprimerla ad alta voce, dopo una vita passata a irridere
massoni e
gente del genere è diventato il loro primo fan.
Cosa possano trovarci i massoni di interessante in un
uomo che non ha nemmeno finito il liceo rimane un mistero, a meno che
non si
parli dei poteri.
Non sono come quelli degli alieni puri, ma sono comunque
interessanti, qualcosa che vale la pena studiare o forse sono solo
paranoica
io.
-Jen-
-Mark!-
-Devo parlare con te.-
-Anche io, ma Tom non
vuole.-
Lo sento sbuffare mentalmente.
-Quello stupido
testardo. Vieni alla casa nel deserto una
domenica in cui è impegnato con i suoi nuovi amici
illuminati.-
Io rimango un attimo in silenzio, cercando di ricordarmi
quale domenica deve vederli.
-Domenica prossima,
Mark. Li vede domenica prossima a
partire dalle due.-
-Bene, allora vieni alla
casa nella foresta. Mi sa che
quel beota di Tom è riuscito a farsi coinvolgere in un
casino megagalattico.-
-Cosa vuoi dire?
Mark, ehi Mark!-
Lui non mi risponde segno che ha chiuso la connessione
per il momento, cosa diavolo avrà voluto dire?
L’unico casino megagalattico che mi viene in mente
è che
qualcuno abbia scoperto di noi, ma Tom non è stato
così stupido. Non può
averglielo detto, significherebbe mettere in pericolo lui e noi e non
lo
farebbe mai o meglio il Tom che credevo di conoscere non
l’avrebbe fatto, forse
questo nuovo DeLonge sì.
Il discorso di Mark mi ha reso ancora più angosciata e
preoccupata e questo non va affatto bene.
Domenica Tom esce finalmente per il suo incontro con i
massoni e io rimango a casa da sola.
Poco tempo dopo che lui se ne è andato prendo la mia
macchina e me ne vado anche io: direzione Poway.
Ho lasciato i miei figli a una babysitter.
Una volta uscita dall’autostrada punto verso la strada
che porta al deserto, strano non imboccare l’altra, quella
che ho imboccato per
tutta la mia adolescenza.
La via per la casa nel deserto non è affatto cambiata,
è
sempre la solita strada un po’troppo stretta e che la sabbia
minaccia di
inghiottire.
Io parcheggio alla solita piazzola e mi inoltro nella
distesa di sabbia, oggi mi sento molto nostalgica, visto che a ogni passo sento
l’eco degli altri miei
passi che ho percorso centinaia di altre volte.
Ben presto la figura familiare della montagna si fa
vedere e io salgo le scale che salgono a spirale e poi tocco la roccia
nel
punto dove si apre.
Entro e mi sembra che il tempo non sia cambiato: Johnny è
sdraiato sul divano, Anne è seduta ai suoi piedi, su una
poltrona c’è seduto
Mark con Skye in braccio, sull’altra David con in braccio
Keisha
“Ciao, ragazzi!”
“Ciao, è un po’ che non ti si
vede.”
Io mi siedo sul divano obbligando Johnny a farmi un po’
di spazio.
“Lo sapete che non dipende da me.”
“Lo sappiamo ed è per questo che siamo qui.
Qualcuno ha una
vaga idea di cosa giri nella testa di Tom DeLonge?
Chia? Dave?”
“Io non ho nessun’idea, a casa è
normale, solo un po’ più
distratto del solito e tende a stare da solo. A volte si dimentica di
andare a
prendere Ava e la mia connessione con lui è
chiusa.”
“Con noi parla solo di musica e alieni, parla molto anche
dei suoi nuovi amici massoni, dice che gli hanno aperto un
mondo.”
“Quei tizi non mi piacciono.”
Mugugna Mark, Skye annuisce, è il nostro nuovo acquisto e
non ce ne siamo pentiti: è carina, sveglia e gentile.
“Si sentono brutte cose, soprattutto legate agli
Illuminati e al satanismo, penso che farebbero carte false per avere
uno di voi
se è vera anche solo la metà dei pettegolezzi che
circola su di loro.”
Io rimango in silenzio.
“Tom è cambiato da quando li frequenta, non
potrebbe
essere soggetto a qualche esperimento?”
“Può, tutto può essere.”
Risponde sibillina Keisha.
“Pensi a un altro Joel?”
“Può darsi, ma dai rapporti che ricevo sembra che
i
ribelli della luna siano ormai un gruppo sparuto, assolutamente non in
grado di
organizzare di nuovo una cosa del genere.”
“Allora ritorniamo ai massoni, perché da quando li
frequenta la connessione che avevo con lui si è chiusa?
Io non ho litigato con lui come ha fatto Mark, non
c’è un
solo motivo logico per cui debba rimanere chiusa.”
“E se avesse un amante?”
Ci penso un attimo.
“No, non ne ha il tempo. Quando non è con i
massoni è con
gli Ava e quando non è con gli Ava è con
noi.”
Keisha sospira.
“Va bene, farò una ricerca su questi tizi, spero
che alla
fine non risultino essere quattro innocui vecchietti che giocano a
scopa come
hobby.”
“Nah, ne dubito. Hanno un mucchio di soldi e gente che fa
parte della loro società ovunque.”
“Uhm, ok li controllerò. Sarebbe il colmo se quel
complottista del tuo uomo si fosse fatto infinocchiare da una
società segreta.”
“È stato il dolore alla spalla e alla schiena a
fregarlo,
gli ha tolto un po’ di lucidità.”
“Un po’? Sembrava uno psicopatico!”
Sputa un irritato Mark a cui la scelta di Tom di lasciare
i blink non è mai andata giù e forse siamo qui
anche per vedere di correggere
quell’errore.
Chissà.
Mark non ha mai digerito la rottura con Tom e posso
capirlo, da un giorno all’altro la sua vita – il
suo sogno, la sua realtà – è
andata in pezzi senza una ragione apparente.
In quanto a Tom quando è sé stesso, il ragazzo di
cui mi
sono innamorata, lo vedo triste che guarda i premi vinti con la band,
poi gli
succede qualcosa e torna a essere lo stralunato cantante e compositore
degli
Ava.
“Dave?”
“Sì?”
“Solo io ho notato che Tom ogni tanto sembra stralunato
quando sta con voi?”
L’uomo annuisce.
“Sì, sembra sotto l’effetto della
cannabis o di qualche
acido, ma io credo sia sobrio, solo strano, come se a un certo punto
gli fosse
successo qualcosa.”
La stessa impressione che provo io e non trovo nessuna
risposta, se non quella di quella strana setta, il mio istinto inizia a
mandare
segnali quando parla di loro o va da loro, non gli fanno bene.
“Come faccio a fargli capire di non andarci?”
“Non puoi. Iniziamo a prendere informazioni e poi vediamo
il da farsi.”
Ci interrompe Keisha, pratica.
“E con questo abbiamo esaurito gli argomenti
e il tempo. Io devo andare a casa o Tom
sospetterà qualcosa.”
“Va bene, Chia.
Ci sentiamo nei prossimi giorni.”
Mi urla Anne, io la saluto con un passo già fuori dalla
caverna.
Non sono cambiati tanto i miei amici, Johnny ha ancora i
suoi capelli scuri con riflessi viola e il chiodo, Anne è un
po’ più punk e
sfoggia delle ciocche blu nei capelli biondi, Keisha ha i suoi eterni
capelli
viola, Mark capelli
azzurri che sfidano
la gravità, Skye ha delle meches fucsia tra i capelli biondi
e David i capelli
biondo scuro un po’ più lunghi del solito.
In quanto a me ho deciso che i capelli castani di Jen
potevano diventare neroblu e farmi qualche ciocca azzurra, in fondo
sono pur
sempre la moglie di un punk rocker, ammesso che si possa ancora
chiamare così.
Cosa diavolo ti sta succedendo, Tom?
Perché non permetti a nessuno di vedere dentro di te e
aiutarti?
Me lo chiedo, mentre percorro in senso inverso
l’autostrada per tornare a San Diego, e penso subito al
peggio: ipnosi,
esperimenti per il controllo mentale.
Le mie paranoie sono accentuate dal fatto che lui ogni
tanto mi guarda come se volesse chiedermi aiuto, ma non potesse.
Qualunque cosa stia succedendo lo scoprirò, non
lascerò
che nessun altro della mia famiglia soffra!
Arrivo a casa giusto in tempo per pagare la babysitter e
mettermi ai fornelli, Tom arriva poco dopo stanco.
“Tom, stai bene?”
Gli chiedo preoccupata. È pallido e ha due brutte
occhiaie violacee che gli cerchiano gli occhi, non sembra affatto
l’effetto di
uno che ha passato il pomeriggio a divertirsi.
“Sì, sto benissimo.
Quando si mangia?”
“Tra poco.”
Rispondo poco convinta.
“Papà, stasera mi dai lezioni di chitarra, me l’hai
promesso!”
Tom sorride stancamente ad Ava.
“Domani, piccola. Oggi sono stanco morto.”
Lei mi guarda senza capire, io scuoto la testa, lei mi
raggiunge in cucina.
“Mamma, ma cos’ha papà?”
“Non lo so, tesoro. Non ne ho proprio idea o farei
qualcosa.”
“Mamma, non riesco più a comunicare
telepaticamente con
lui come facevo prima.”
Il suo tono è dispiaciuto, io mi abbasso alla sua
altezza.
“Nessuno ci riesce più da tanto tempo,
tesoro.”
“E lo zio Mark?”
Io sospiro.
“Lo sai che hanno litigato.”
“E perché non fanno pace? Tu mi dici sempre di
fare la
pace con Jonas, questa regola non vale per i grandi?”
“No, vale anche per loro, solo che sono troppo orgogliosi
per ammetterlo e non hanno nessuno che gli dica di fare pace tra di
loro.”
“Ho capito, credo.”
Si siede sconsolata su una delle sedie della cucina.
“Cosa ne dici se dopo giochiamo un po’ con i
capelli?”
Giocare con i capelli significa che io glieli faccio
diventare di ogni colore e lei fa lo stesso con me e a questa
prospettiva i
suoi occhi si illuminano.
“Sarebbe fico, mamma!”
“Solo se hai finito tutti i compiti.”
“Corro a finire mate, allora!”
Si alza dalla sedia e corre al piano di sopra, almeno
sono riuscita a tirarla su di morale.
“Complimenti.”
Non ho bisogno di voltarmi per sapere che è Tom a
parlare.
“Grazie, ci è rimasta davvero male
perché non le hai dato
lezioni.”
“Lo so, ma sono tanto stanco. Penso che dopo andrò
subito
a letto.”
“Ma cosa fate tu e i tuoi amici massoni? Lavorate in
miniera?”
Lui come al solito non risponde, mi domando perché.
Ci siamo sempre detti tutto da quando gli ho rivelato
cosa sono, come vorrei avere un genitore o qualcuno più
autorevole di me con
cui parlare e chiedere consigli.
All’improvviso so cosa fare, contatterò mio
fratello e
gli parlerò, forse lui saprà come porre rimedio a
questa situazione assurda o a
farmi sentire meno sola.
Hen mi aiuterà sicuramente, anche se non sono ancora
riuscita ad andare a trovarlo e penso sia meglio non farlo con Tom in
queste
condizioni, potrebbe essere pericoloso per il mio pianeta natale, oltre
che per
noi.
Dopocena io e Ava giochiamo a cambiarci il colore dei
capelli, glieli faccio azzurri – come dovrebbe averli essendo
una mezza aliena
– blu, verdi, viola e poi di un arancione acceso.
Lei invece me li fa biondi, rossi, fucsia, verde acqua e
celeste.
Jonas guarda un po’ noi, un po’ la tv e si tocca
una
delle sue ciocche bionde, diventa immediatamente nera, la ritocca e
diventa
bionda. Questo lo fa scoppiare a ridere divertito.
“Mamma, non posso tenere l’arancione per andare a
scuola
domani?”
“Solo qualche ciocca, quando sarai più grande
potrai
tenerti tutta la testa.”
“Mh, è davvero così bello essere
grandi?”
“A volte. A volte è semplicemente avere un mucchio
di
responsabilità sulle decisioni che prendi.”
“Come mai la zia Keisha ha i capelli viola?”
“È il suo colore naturale perché lei
viene dalle lune del
nostro pianeta e i loro abitanti sono leggermente diversi rispetto a
noi.”
Ava rimane un attimo in silenzio.
“Sono buoni?”
“Alcuni sì, alcuni no.”
“Capisco.”
Guardo l’ora.
“Ragazzi, è ora di andare a letto.”
Loro annuiscono, salgono al piano superiore e si mettono
tutti e due in pigiama, do un bacio sulla fronte ad Ava e poi vado da
Jonas che
mi aspetta per la sua fiaba della buonanotte.
Gliela racconto, ma prima di arrivare alla fine dorme
già, deve essersi stancato parecchio con la babysitter oggi.
Fatto questo, esco in terrazza a fumare e a provare a
mettermi in contatto con Keisha, mi risponde dopo un po’.
-Cosa
c’è, Chia?-
-Ti ho disturbato?.
Lei tace.
-Ok, ti ho disturbato,
volevo solo dirti che ho intenzione
di parlare con mio fratello della faccenda, ho bisogno di un consiglio
da parte
di una figura… autorevole.-
-Non è una
cattiva idea, io mi metto comunque all’opera.
Come sta Tom oggi?-
-Stanco, è
pallido e ha due occhiate paurosa, ha persino
rinunciato a dare lezioni ad Ava.-
-La cosa mi piace sempre
meno, tienilo d’occhio.-
-Lo farò-
Finita la conversazione, raggiungo Tom a letto, sta già
dormendo della grossa, io mi rannicchio vicino al suo corpo caldo,
ricordando
con nostalgia i tempi in cui mi attirava sul suo petto e mi
addormentavo
ascoltando il ritmo del suo cuore.
Cosa diavolo gli è successo?
Lo guardo, ha la faccia distorta da un ghigno di dolore e
paura.
Chissà cosa sta ricordando?
Vorrei aiutarlo, ma come?
Come?
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Capitolo 3 *** 2)Ci sarà un motivo se le chiamano società segrete. ***
2)Ci
sarà un motivo se le chiamano società segrete.
Questa settimana è
piuttosto stancante e noiosa.
Il mio lavoro non mi dà le soddisfazioni sperate e Tom
continua ad avere un brutto aspetto, inoltre Keisha non mi fa avere
notizie e
io non so quando potrò parlare a Hen.
Forse dovrò aspettare ancora una domenica e poi scappare
alla casa nel deserto, anche se questi comportamenti da adolescente mi
hanno
stancato: vorrei poter essere libera di poterci andare senza dare
troppe
spiegazioni.
Se dovessi scoprire che quelli stanno facendo del male a
Tom sarei capace di ucciderli tutti, nessuno deve toccare i membri
della mia
famiglia!
In ogni caso, pur così stanco le lezioni di chitarra che
Tom dà ad Ava proseguono e almeno lei si sente
più tranquilla. Almeno una cosa
positiva c’è.
“Domani pensi di andare dai tuoi amici?”
Chiedo sabato a Tom.
“Sì, penso di sì. Perché?
Vorresti fare qualcosa di diverso?”
“Mettiamola così, mi piacerebbe che mi portassi
fuori a
cena ogni tanto.”
Lui annuisce.
“Va bene, domani sera usciamo, ultimamente ti sto
trascurando.”
“I guess
this is growning up.”
Tento di farlo sorridere, ma tutto quello che ottengo è
una smorfia nostalgica.
I blink gli mancano eccome, eppure sembra deciso, quasi
obbligato, a buttarseli alle spalle e non riesco a capire
perché.
Sono tante le cose che non capisco ormai.
Domenica pomeriggio posso finalmente andare alla casa nel
deserto, è vuota e io infilo una delle pietre
nell’apposito buco e una luce si
proietta.
Aspetto un po’ e la figura di mio fratello fa la sua
apparizione.
“Ava, che piacere rivederti!”
“Anche io sono felice di rivederti, Hen.”
“Non sei ancora venuta qui.”
Il tono di mio fratello è velato di rimprovero.
“Ci sono dei problemi ed è per questo che non
siamo
venuti.”
Gli racconto brevemente di quello che sta succedendo a
Tom e la sua faccia si scurisce man mano.
“Direi che sembra sotto il controllo di qualcuno, hai
fatto la cosa giusta chiedendo a Keisha di fare una ricerca, questo
gruppo
potrebbe non essere innocuo come sembra e lui potrebbe essere in
pericolo.”
“Anche noi potremmo, se a loro interessa il potere.”
“Giusto, questo è un buon motivo per rimandare la
vostra
visita, dovete fare piena luce su questa cosa.”
“Lo faremo, anche se ho dei brutti presentimenti.”
Lui annuisce, comprensivo e preoccupato.
È una cosa grave – ne ho avuto la conferma
– e so che sto
facendo la cosa giusta e spero che Keisha si sbrighi.
Finito il colloquio con mio fratello torno a San Diego e
mi preparo per la cena con Tom, spero di riuscire a tirarlo un
po’ su di
morale.
Stranamente se lui è infelice, lo sono anche io, deve
essere parte del nostro legame alieno. Ancora una volta qualcuno
è in pericolo
per colpa mia!
Alle sette arriva, ancora più stanco di prima e corre a
farsi una doccia, io invece chiamo la babysitter e mi chiedo quando
finirà
questa cosa. Non ne posso più di vederlo conciato in quel
modo.
“Accidenti, non
appena scoprirò cosa gli fanno li sistemo io, non ne posso
più di vedere mio
marito in questo stato, sembra uno zombi!”
Sibilo a bassa voce,
per buttare fuori in qualche modo la mia irritazione e
frustrazione.
Quando esce dal bagno mi sembra leggermente migliorato,
ha almeno un colorito sano e le occhiaie sembrano meno bluastre.
Io indosso un vestitino nero e lui un paio di pantaloni
neri, una maglia della MacBeth nera, delle MacBeth nere ai piedi e una
giacca
di pelle.
“Mi raccomando: Ava non andare a letto troppo tardi
guardando telefilm, Jonas non giocare troppo con i videogiochi che poi
fai gli
incubi!”
“Sì, mamma, ma ora vai!”
“Va bene, vado!”
Fortuna che la babysitter è una ragazza a posto in grado
di tenerli a bada.
“Amore, potresti guidare tu fino al ristorante?”
Io annuisco e lo guardo accasciarsi sul sedile
passeggeri, poi bado solo alla strada, ho prenotato in un ristorantino
al mare
e devo stare alla panoramica tutta curve.
Arriviamo in perfetto orario e una cameriera ci scorta al
nostro tavolo o almeno ci prova perché a metà
strada Tom sviene. Cade come un
sacco di patate facendo urlare me e la cameriera, un uomo esce dalla
sala
ristorante e guarda prima noi poi Tom.
“Sono un medico, signora.”
Esamina Tom.
“Io direi che è un semplice calo di zuccheri,
dovrebbe
bastare un
bicchiere di acqua e zucchero,
anche se…”
“Se?”
“Suo marito sembra reduce da grandi sforzi fisici.”
Io lo guardo senza capire, lui al massimo surfa d’estate
e non fa più skate, che sforzi fisici
può avere fatto?
In ogni caso Tom riprende conoscenza e accetta con
gratitudine il bicchiere di acqua e zucchero che le porge la cameriera,
pallida
per lo shock appena
subito.
Poco dopo riesce a riazalrsi e andiamo al tavolo.
“Che sforzi fisici hai fatto di recente, Tom?”
“Nessuno, perché me lo chiedi?”
“Quando sei svenuto ti ha
soccorso un medico che c’era in sala, ha detto
che era un semplice calo
di zuccheri, ma che sembrava avessi fatto grandi sforzi fisici di
recente.”
“Non è vero.”
“Non è che ti è tornato il
cancro?”
Chiedo a bassa voce, spaventata.
“No, le analisi sono a posto.”
Io lo scruto, lui alza le mani.
“Non ti sto mentendo, va tutto bene.”
“Va tutto bene, un cazzo!
Sei pallido, smunto, con le occhiaie, sempre stanco e
una volta che esci a mangiare svieni.
Vorrei capirci qualcosa.”
“Non c’è niente da capire, sono solo
coincidenze.”
Risponde lui secco, il che significa che c’è sotto
qualcosa, ma non me lo vuole dire.
Stupido testardo!
Ordiniamo entrambi una pasta con le vongole e un fritto
misto, ma l’atmosfera a
tavola non è
delle migliori, lui è arrabbiato perché io ho
tentato di ficcare il naso nei
suoi affari e io perché tace peggio di un mafioso.
Non è normale che succedano cose del genere, è
ovvio che
io mi preoccupi, prima era un uomo sano e forte e poi
d’improvviso diventa
debole e malaticcio.
Escludendo il cancro e le droghe (emergerebbero negli
esami che fa per la malattia) l’unica spiegazione che rimane
è che succeda
qualcosa a quelle cazzo di riunioni.
Il problema è che essendo una società segreta lui
non
vuole o non può dirmi nulla, che rabbia!
Un giorno ci morirà per queste cose!
Da quando è mezzo alieno è più forte
fisicamente e più
resistente alle malattie rispetto agli altri esseri umani, ecco
perché mi
preoccupa il doppio questa debolezza.
Spero che Keisha si sbrighi con le informazioni che mi
servono, perché adesso sono al massimo dell’ansia:
ogni giorno senza quelle
info mi sembra un giorno perso e pericoloso.
Non ho intenzione di far morire Tom senza combattere e se
sarà necessario combatterò anche contro di lui e
la sua testardaggine. Lui non
ha idea di quanto possa essere testarda io!
Finita la cena ce ne andiamo, al momento di pagare il
conto la cameriera si informa sulla sua salute.
”Sto bene, non si preoccupi. Deve essere stato lo
stress.”
Le risponde gentilmente, lei appare sollevata, deve
essersi presa un bello spavento.
In macchina guido ancora io e nessuno parla, come se un
maestro invisibile ci avesse detto di fare il gioco del silenzio.
“Domani devi dare lezioni ad Ava ricordatelo, non
prendere impegni o lei ci rimarrà male.”
“Va bene.”
Entriamo in casa sorridenti, ma probabilmente si capisce
lontano un miglio che è una farsa perché sia Ava
che Jonas ci guardano
preoccupati.
Tom va immediatamente a letto, io rimango con i bambini.
“Mamma, cosa ha papà?”
“Nulla, perché?”
“Ha uno sguardo strano, è tutto strano.
Sembra malato, non è cha di nuovo quella brutta
malattia?”
Io scuoto la testa e scompiglio i suoi capelli.
“No, amore, stai tranquilla.
Sarà stressato per il lavoro.”
Credo di non averli convinti del tutto, ma si lasciano
mettere a letto senza eccessivi problemi, quando arrivo io in camera
mia, mio
marito dorme già, provo a sondare la nostra connessione:
chiusa come sempre.
Quanto mi mancano i tempi in cui mi diceva tutto, penso
mentre mi metto a letto e mi rannicchio contro di lui.
{“Tom!
Perché non mi hai detto che volevi formare una
nuova band?”
Lo affronto a muso duro, i pugni chiusi appoggiati sui
fianchi. Non mi è piaciuto come si è comportato
con Mark, come abbia chiuso la
connessione con lui e con me.
Lo sa che odio essere tagliata fuori dalle cose, ma
ultimamente sa fare solo quello: sfancula il suo migliore amico di una
vita e
crea una band senza nemmeno dirmelo.
“Non pensavo fosse importante.”
Risponde lui, leggermente assente.
“Non è importante?
TOM! Per te una band è come avere un figlio, lo sai che
ti porta via tempo ed energie, sarebbe stato carino dirmelo!
E poi cosa vuoi fare con i blink?”
“Loro? Non mi interessano più.”
“Non ti interessano più?!”
Lo guardo incredula, come se il tizio davanti a me non
fosse realmente Tom DeLonge, ma un suo clone.
“Sì, mi sono stancato, voglio fare a modo mio.
Mark può trovarsi un altro
chitarrista, ne ha il diritto.”
“Lo sai che non lo farà.”
Lui alza le spalle.
“Fatti suoi.”
“E perché non mi hai detto della band
nuova?”
“Tranquilla, non mi porterà via troppo tempo.
Adesso devo
andare alla Macbeth.
Ciao, piccola.”
Lo guardo allontanarsi e sento che qualcosa di
fondamentale nel nostro rapporto è cambiato: è
iniziata la stagione dei
segreti.}
La mattina dopo la parte di letto
accanto alla mia è
vuota.
Io vado a svegliare i bambini e Tom non è nemmeno in
cucina.
“Qualcuno di voi sa dove sia vostro padre?”
“Nella sala prove.”
Mi risponde svogliata Ava, mentre rimesta i suoi cereali.
“Grazie, tesoro.”
Finita la colazione, si lavano e si cambiano, li accompagno
io a scuola per distrarmi un po’, di solito prendono il
pulmino.
Lasciati alle rispettive scuole decido di fare una
puntata a un bar vicino alla scuola, ho bisogno di affetto e compenso
con un
po’ di cibo.
Ordino cappuccino e brioches e me le gusto in santa pace,
chiedendomi per l’ennesima volta cosa passi nella testa di
Tom e perché Keisha
non si sia ancora fatta viva.
Quasi quasi la chiamo.
Compongo il suo numero e dopo qualche squillo mi
risponde.
“Ciao, Jen!”
“Ciao, Keisha. Hai trovato quello che ti ho
chiesto?”
“No, ci vuole tempo. Ci sarà un motivo se si
definiscono
società segreta.”
“Uhm, capito.”
C’è una pausa di silenzio.
“Come vanno le cose a casa, Jen?”
“Male. Ieri sera siamo usciti per andare al ristorante e
non appena siamo entrati nel locale è svenuto, crollato come
una pera cotta.
Ecco perché sono così preoccupata, succedono
queste cose e lui è sempre più
evasivo.”
“Merda! Non piace per niente nemmeno a me,
cercherò di
fare più velocemente possibile, ma non posso fare miracoli,
te l’ho detto, sono
difficili da scovare i bastardi.”
“Vorrei sapere come ci siamo finiti in questa
situazione.”
Ringhio io.
“Questo non te lo so dire, so solo che è di
merda.”
“Già.”
Ci salutiamo e chiudo la chiamata sospirando.
Odio essere impotente e non sapere come agire per aiutare
le poche persone a cui tengo.
Lo odio!
Preferirei affrontare un nemico tangibile che
quest’angoscia oscura e soffocante che mi rende nervosa e
anche arrabbiata con
lui. Perché non parla?
Perché tace?
Perché li protegge?
Perché mi costringe ad andare anche contro di lui per
salvarlo?
Non ne ho idea, ma so che questa cosa non mi piace. Le
cose sono due o non mi ama più o mi esclude per proteggermi.
Devo avere delle risposte.
Innervosita mi metto al lavoro, devo progettare una cameretta
ed essendo io la proprietaria della ditta mi è concesso il
privilegio di
lavorare a casa.
Il lavoro – come diceva Marlow in"Cuore di tenebra"
– è un
modo per mantenere la presa sulla realtà anche quando il tuo
mondo sembra tutto
sotto sopra o sei in condizioni critiche.
Mille ipotesi mi affollano la mente e una paura antica si
impossessa di me, temo un altro Joel, perché se
così fosse il tizio che ha
osato sostituirsi a Tom farebbe una fine molto splatter.
Mio fratello però mi ha detto che la situazione
lassù è
sotto controllo e non crede che sia uno dei nostri nemici.
Continuo a lavorare fino a mezzogiorno, poi mi preparo un
panino veloce che mi gusto sulla sdraio vicino alla piscina, per
fortuna i
bambini a scuola hanno la mensa.
Alle due mi preparo ed esco, devo incontrarmi con la
cliente, arrivo alla sede del mio studio piuttosto nervosa. Tiffany
– la mia
segretaria – si offre di prepararmi un the e io accetto,
forse questo calmerà i
miei nervi.
Finito di berlo arriva la cliente, una donna sulla quarantina
come me, che vuole arredare la stanza del suo terzogenito.
Io le mostro i miei progetti e lei li apprezza molto.
“Complimenti, davvero signora DeLonge, la
raccomanderò
alle mie amiche.”
Io sorrido e lei passa da Tiffany per il pagamento,
almeno una cosa è andata bene oggi.
Ho un altro progetto da portare avanti, ma la bella
giornata autunnale e il buon umore per aver concluso un affare mi fanno
decidere che non c’è niente di male nel fare una
passeggiata in centro, magari
facendo un po’ di shopping.
Saluto Tiffany, mi prendo un cappuccino allo Starbucks
più vicino e do un’occhiata alla vetrine, in un
negozio di oggetti etnici vedo
un bellissimo abito verde stile anni ’20 con tanto di perline
che ricadono sul
vestito che mi rapisce il cuore.
Entro decisa e lo provo, mi sta benissimo, si adatta alla
perfezione alla mia figura magra.
Lo compro sorridendo, poi proseguo il mio giro, compro un
paio di scarpe a tacco alto con il cinturino e due paia di anfibi, uno
per me e
uno per Ava. Quelli per lei sono neri con disegnate delle margherite, i
miei
sono semplicemente neri.
Le prendo anche una gonna a quadretti gialli e neri piena
di spille, so che le piacerà e poi prendo anche delle carte
Pokemon per JoJo,
non voglio che ci rimanga male.
Carica di regali, salgo in macchina e vado a prenderli a
scuola.
Jonas è di buon’umore, Ava invece mi sembra
turbata.
“È successo qualcosa, tesoro?”
Le chiedo.
“Una cosa strana. Oggi all’intervallo ho avuto
l’impressione che un uomo mi spiasse, un uomo con il cappotto
nero. Quando si è
accorto che lo guardavo se ne è andato.”
La cosa mi mette in allarme, devo parlare con i suoi
insegnanti, perciò faccio marcia indietro ed esco con tutti
e due i miei figli
dalla macchina.
“Chi c’era di guardia
all’intervallo?”
“Miss Thompson.”
Miss Thompson è la sua insegnante di inglese. Busso al
suo studio ed entro quando ricevo un “avanti” come
risposta.
L’insegnante è una donna della mia età
con i capelli neri
a caschetto,
sorride vedendomi.
“Signora DeLonge, Ava e questo deve essere Jonas.
Ava ti adora!”
“Miss Thompson!”
Esclama scandalizzata mia figlia diventando tutta rossa
all’improvviso.
“Oh, scusami Ava! Questo doveva essere il nostro piccolo
segreto.”
“Sono felice di sapere che i miei figli si vogliano bene,
ma non sono qui per questo.”
“Non è qui nemmeno per i voti di Ava.”
“No, sono eccellenti!”
Sorrido.
“Sono qui per parlarle di una cosa che mi ha detto
Ava.”
“Mi dica.”
Appoggia la faccia sulle mani in una posizione di
attenzione.
“Lei dice che oggi durante l’intervallo ha visto un
uomo
spiarla, lo sa che genere di uomini circolano e questo episodio mi ha
molto
preoccupata.”
“La capisco, Ava me l’ha detto e anche altri
bambini
dicono di aver visto quell’uomo, aumenteremo la sorveglianza.
Sua figlia è al
sicuro qui, mi occuperò io personalmente della
faccenda.”
“Grazie Miss Thompson, le sono molto grata.”
Usciamo dallo studio, sono sollevata e anche Ava sembra
stare un po’ meglio, risaliamo in macchina e questa volta
arriviamo a casa.
“Ragazzi, aspettate un attimo prima di fare i compiti, ho
qualcosa per voi.”
Entrambi mi guardano con occhi luccicanti di curiosità.
Tiro fuori i pacchetti di Ava e il pacchettino di Jonas,
che all’inizio si imbroncia, ma poi si illumina vedendo le
carte e mi butta le
braccia al collo.
“Grazie, mamma! Erano proprio quelle che mi servivano,
come hai fatto a indovinare?”
“Segreto!”
Rispondo, ammiccando.
Ava invece guarda ammirata la gonna, se la prova, ci fa
una giravolta e mi guarda sorridente.
“È bellissima, mamma! E anche gli anfibi sono wow!
Fighissimi!”
“Pensavo avessi l’età giusta per il tuo
primo paio di
Dockie.”
Lei sorride con lo stesso sorriso del padre.
“Mamma, sei un genio!”
Non proprio, ma sono felice che mia figlia apprezzi
quello che faccio per lei.
Mi abbraccia e io mi sento bene.
Mi sento circondata da amore e penso che sono davvero
fortunata.
Vado in cucina con l’intenzione di preparare una
cioccolata per
tutti quando noto un
bigliettino sul frigo, vergato nella scrittura familiare di Tom.
“Amore,
non aspettarmi
per cena e non stare alzata, penso di fare tardi con i ragazzi.
Abbiamo
un’idea per una
nuova canzone.
Ti
amo e dà un bacio ai
ragazzi.
Tom”
Io
sospiro,
staccando il biglietto dal frigo, la mia felicità
è evaporata così com’era
arrivata.
Stasera Tom
doveva dare lezioni ad Ava e lei ci rimarrà molto male
quando saprà che lui non
può.
Ormai ne sono
certa, la giornata perfetta non esiste per nessuno, nemmeno per le
mogli delle
rockstar.
Angolo di Layla
Ringrazio starlifewriter
per la recensione al prologo.
|
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Capitolo 4 *** 3) La verità è una lama a doppio taglio. ***
3) La verità
è una lama a doppio taglio.
Questa
è davvero
una brutta serata.
Non solo Tom non
è venuto a cena,
ma si è di nuovo
dimenticato delle lezioni di chitarra che dovrebbe dare ad Ava.
Quando gliel’ho
detto lei l’ha presa bene, ma salendo in camera per portarci
i miei nuovi
acquisti l’ho sentita piangere.
Devo fare
qualcosa.
Dopo cena prendo
in mano il telefono e chiamo Mark, forse lui potrà
sostituire Tom.
Dopo qualche
squillo mi risponde.
“Ehi, Mark, sono
Jen. Scusa per l’orario balordo, ma ho bisogno di un
favore.”
“Dimmi pure.”
“Potresti dare
lezioni di chitarra ad Ava stasera?
Tom se ne è
dimenticato, sta provando con gli Ava.”
“Va benissimo,
Tom è uno stupido. Forse avrà una band di
successo, ma perderà una figlia.”
Io non dico
nulla, è esattamente ciò che temo.
“Arrivo subito.”
Mark chiude la
chiamata e io vado in camera di mia figlia, sta scrivendo qualcosa
ascoltando
della musica.
“Ava?”
Smette
all’istante e mi guarda curiosa.
“Ho chiamato lo
zio Mark, verrà lui a darti lezioni.”
Lei sorride
debolmente.
“Grazie mille,
mamma.”
Io sto per uscire
quando lei mi richiama di nuovo.
“Mamma?”
“Sì?”
“Papà mi vuole
ancora bene?”
Io mi siedo sul
letto e le faccio cenno di raggiungermi.
“Certo che ti
vuole bene, è solo un po’ più distratto
del solito.”
Lei mi abbraccia
e io la stringo a me.
“È sempre stato
distratto, perché ora si dimentica anche di noi?”
“Non lo so, ma so
che ti vuole bene come prima, ne sono certa.”
Rimaniamo un po’
così, poi io scendo dabbasso e cerco di guardare un
po’ di tv per calmare i
miei istinti omicidi verso Tom.
Possibile che sia
così stupido da non capire che sta perdendo la sua famiglia?
Alle nove e mezza
suona il campanello, apro e vengo
travolta dall’abbraccio di Mark, noto che ha una chitarra
acustica con lui e
sorrido.
“Sei un vero
tesoro, Mark.
Grazie mille,
spero che Ava si tiri un po’ su di morale ora.”
“Ne sono certo.”
Lo accompagno di
sopra, Ava lo attende sorridente e con la sua chitarra pronta.
“Ciao, zio Mark!
Grazie per essere
venuto!”
“Per la mia
nipote preferita questo e altro.”
Io li osservo per
un po’ ridere e scherzare e poi esercitarsi seriamente,
sembra che Ava stia
davvero meglio, così mi defilo.
A che ora
arriverà Tom oggi?
Arriverà o
dormirà da David o da Matt?
“Perché ci stai
allontanando, amico degli alieni?
Una volta la
famiglia era tutto per te, cosa è cambiato?”
Mi chiedo sconsolata.
Vorrei avere
delle risposte, anche io, come Ava, mi sento abbandonata.
Il ragazzo che ho
salvato anni fa non assomiglia minimamente a quest’uomo.
Alle dieci e
mezza Mark scende con la sua chitarra.
“Com’è andata?”
Gli chiedo.
“È molto brava,
potrebbe persino superare Tom, ma non dirglielo.”
“Lungi da me, ma
Tom non è mai stato un genio con la chitarra, l’ha
sempre saputo.
“Potrebbe
essersene dimenticato.”
Commenta caustico
Mark che ancora non gli perdona l’impegno che mette nella sua
nuova band e come
sembra essersi dimenticato di essere solo un chitarrista punk nella
media.
“Può darsi.
Grazie mille per essere passato, vuoi qualcosa?”
Lui scuote la
testa.
“Devo andare a
salutare Jack, domani devo andare a New York.”
“Va bene.”
Ci salutiamo, io
lo guardo andare via per un attimo, poi salgo da mia figlia, sta
finendo di
preparare la sua borsa per domani.
Si mette a letto
e io le do il solito bacio della buonanotte.
“Grazie, mamma.
Ti voglio bene.”
“Anche io.”
Le rispondo.
Esco dalla sua
camera ed entro in quella di Jonas, lui è già a
letto, gli leggo la fiaba della
buonanotte e in un quarto d’ora dorme tranquillo.
Come invidio la
sua tranquillità!
Io invece, non
appena ho messo a letto tutti, mi siedo sul divano e accendo la tv,
sintonizzandomi su un film di cui non guardo la trama, lo faccio solo
per fare
qualcosa.
Poco dopo mi
accendo svogliata una sigaretta, qui sta andando tutto a puttane e non
so come
fermare questa catastrofe, in buona parte perché Tom non
vuole nemmeno ammettere
che la catastrofe sia in atto, per lui sembra quasi tutto normale.
Finito di fumare
esco in terrazza, lasciando che la stanza si arieggi e penso a tutte le
cose
che vorrei dire a mio marito e che non riesco.
Aspetto fino a
mezzanotte, poi me ne vado aletto anche io, sebbene sia sveglia. Lo
sento
arrivare alle due, si toglie jeans e calzini e poi si butta accanto a
me.
“Bentornato!”
Sibilo io.
“Pensavo stessi
dormendo.”
“Non ho sonno.
Oggi ti sei di nuovo dimenticato di dare lezioni ad Ava.”
Lui sbadiglia.
“Lo farò la
prossima volta.”
“Per oggi ho
chiamato Mark, ma sai cosa mi ha chiesto tua figlia?”
“No, cosa?”
“Se le vuoi
ancora bene.”
“Certo che le
voglio ancora bene.”
Io mi giro
dall’altra parte per non vederlo.
“Allora trova un
qualche modo per dimostrarglielo, perché questo non sta
funzionando Tom.”
Lui non mi
risponde e sento il suo respiro farsi regolare e pesante.
Non credo che le
cose cambieranno, purtroppo.
Domenica chiamo
come al solito la baby sitter e questa volta pedino Tom, voglio vedere
dove va.
Mi tengo a debita
distanza, si sta dirigendo fuori
città, nella sterminata periferia di Los Angeles.
Alla fine si
ferma fuori da un edificio bianco che sembra un magazzino
più che altro, io
parcheggio molto lontano e, dopo essermi accertata, che non ci sia
nessuno nei
paraggi mi trasformo in un gatto.
Nessuno fa mai
troppo caso agli animali, così mi avvicino indisturbata al
magazzino, butto
un’occhiata dentro, ma è vuoto, così
decido di mettermi a sonnecchiare lì
vicino.
Ovviamente non
tolgo mai gli occhi dalla porta in cui è entrato Tom,
chiedendomi cosa sia
davvero questo posto.
Dopo due ore
buone Tom esce, sembra stanco e provato.
“Non si
preoccupi.”
Lo rassicura una
seconda persona, un medico credo.
“Gli effetti
passeranno presto, permetterci di studiare i suoi poteri
farà fare un grande
passo avanti all’umanità.”
Il sangue mi si
gela nelle vene, Tom viene sottoposto a degli esperimenti, ma
perché?
Non ne ho idea,
ma so che è ora di muoversi, così faccio finta di
svegliarmi dal mio pisolino e
corro verso la mia macchina, controllo che non ci sia nessuno e torno a
essere
Jen.
Metto in moto e
me ne vado più velocemente che posso, preferirei che Tom mi
trovasse a casa e
ce la faccio per un pelo.
La babysitter è
uscita giusto un minuto prima che lui entrasse, ovviamente con la sua
solita
aria stanca e i suoi silenzi.
Non parlerà mai,
non mi confesserà mai che va in quel magazzino, a questo
punto devo aspettare
Keisha e poi agire.
Non so bene cosa
fare, ma qualcosa mi inventerò, questa storia deve finire al
più presto!
Sono stanca di
vedere Tom conciato così, sono stanca di rassicurare i miei
figli su una cosa
ovvia, come l’amore di Tom per loro.
Sono stanca e
basta.
Stanca
soprattutto perché sono ferita dai segreti di Tom,
perché lui non mi ha mai
nascosto qualcosa, soprattutto qualcosa di importante come questa.
Con aria
malinconica mi dirigo in cucina e metto in forno quello che ci ha
lasciato la
cameriera da mangiare e poi mi appoggio al bancone per guardare fuori
dalla
finestra: ha iniziato a piovere.
Ci mancava solo
la pioggia per rallegrare questa giornata di merda!
“Ava!”
La chiamo.
“Potresti
preparare la tavola, per favore?”
“Sì, mamma.”
Lei corre via e
io torno a guardare le gocce di pioggia che rigano il vetro, scendono
piano, si
uniscono e si dividono e poi vanno
tutte
a morire sul fondo.
Spero non sia una
metafora della mia storia con Tom, spero che questi siano semplici
pensieri
paranoici, sono inquieta in ogni caso.
Non mi piace per
niente quello che ho visto e sentito.
Al suono del
microonde lascio perdere la pioggia e divido le lasagne in quattro
porzioni,
aiutata da Ava le porto in tavola, Jonas e Tom stanno chiacchierando.
Mangiamo in
silenzio, Ava non osa ricordare a suo padre che stasera le dovrebbe
dare le
lezioni di chitarra per paura di incassare un rifiuto. Il Tom che
conoscevo io
avrebbe fatto i salti di gioia sapendo che uno dei suoi due figli
voleva
seguire le sue orme.
A fine pasto lo
vedo guardare Ava.
“Ava?”
“Sì, papà?”
“Aiuta la mamma
in cucina e poi vieni nel mio studio così possiamo suonare
un po’ insieme.”
Lei annuisce
radiosa e sparecchia alla velocità della luce.
Mi dà una mano a
caricare la lavastoviglie e poi sale al piano superiore quasi correndo,
Jonas
invece guarda i suoi cartoni della sera, ho cinque minuti liberi.
Esco in terrazza
con una sigaretta e il cellulare in mano, compongo il numero di Keisha
e mi
accendo la sigaretta.
Lei risponde dopo
qualche squillo.
“Ehi, Keisha.”
“Ehi, Jen. Come
mai una telefonata a quest’ora?”
“Ho scoperto
delle…. cose e vorrei parlartene a quattr’occhi, a
che ora possiamo vederci
domani?”
Lei sospira.
“Sì, anche io ho
qualcosa da dirti.
Alle tre alla
caffetteria vicino alla scuola di Ava.”
“Ok, perfetto. Ci
vediamo là.”
Rientro in casa e
trovo Tom in cucina.
“Già finite le
lezioni?”
“No, sono sceso a
bere un bicchiere di acqua, tu con chi eri al telefono?”
“Che fai? Mi
controlli?”
Gli chiedo
ridendo, ma la sua espressione non cambia.
“Stavo parlando
con Keisha, domani vorremmo fare quattro chiacchiere tra donne, nulla
si
segreto o sconveniente.”
“Va bene.”
La mi risposta lo
ha convinto perché lascia la stanza tranquillo, io invece mi
chiedo il perché
della sua reazione, non è mai stato un tipo particolarmente
geloso.
Mi siedo al
tavolo della cucina con la testa tra le mani, sto scoppiando, non ci
sto
capendo più nulla, il mio mondo sembra impazzito.
Alle dieci stacco
a fatica Jonas dalla tv e lo mando a lavarsi e poi gli racconto una
fiaba per
farlo addormentare. Finito con lui vado da Ava, mi sembra felice.
Mi siedo sul suo
letto e lei mi sorride.
“Papà ha suonato
con me e mi ha insegnato un sacco di cose, sono felice!”
“Anche io
sono felice,
tesoro.”
“Buonanotte,
mamma!”
“ ‘notte Ava!”
Le do un bacio in
fronte e poi mi dirigo verso la mia camera da letto, trovo Tom
già a letto che
legge quello che sembra un libro sugli alieni.
Io mi spoglio,
sollevo le coperte e lo abbraccio, poggiando la testa sul suo petto,
lui inizia
ad accarezzarmi i capelli e per un attimo mi sembra il mio Tom.
Cullata da questa
illusione, mi addormento senza problemi.
La mattina dopo
accompagna lui i bambini
a scuola, visto
che deve passare alla Macbeth, io invece rimango a letto per un
po’, poi mi
alzo e – dopo aver bevuto una bella tazza di caffè
– mi metto al lavoro.
Non avendo
distrazioni continuo a disegnare e a lavorare al pc fino a mezzogiorno, solo allora
mi stacco e mi
faccio un panino, Tom ha detto che avrebbe mangiato fuori.
Lavoro fino alle
due, poi mi preparo per incontrare Keisha e vengo invasa dalla solita
ansia,
chissà cosa ha scoperto lei?
Mi metto in
macchina e raggiungo il locale, lei è già
lì con una tazza di the aromatizzato
alla vaniglia in mano, ne ordino una anche io e aspetto che me la
portino.
Solo quando sole
mi decido a parlare.
“Ieri ho seguito
Tom per vedere dove va e cosa fa nei suoi strani incontri. Siamo
arrivati in
una specie di magazzino bianco vicino alla periferia.
L’ho visto
entrare con un uomo, poi mi sono trasformata in un gatto e ho aspettato
che
uscissero, facendo finta di sonnecchiare.
Sono usciti tre
ore dopo, solo che l’uomo non era lo stesso
dell’entrata, questo era una specie
di medico. Ha detto a Tom di non preoccuparsi, che gli effetti si
sarebbero
esauriti in poche ore e che il fatto di poter studiare i suoi poteri
è un
grande passo avanti per l’umanità.”
Keisha annuisce e
tira fuori qualcosa dalla borsa: è una foto.
“Il dottore era
per caso questo?”
Io la guardo e
annuisco.
“Andrej
Mikailovich, psicologo comportamentale. Ha lavorato per la cia e per
l’fbi,
fino a che non si è esposto troppo con i suoi esperimenti
che faceva sui
detenuti.
È interessato da
sempre alle persone con poteri esp e ha un modo molto poco ortodosso di
studiarle.”
“Perché lo fa se
è fuori dai governativi?”
“Penso che sia
interessato a proporre loro un modello di superuomo ideale per poter
diventare
una potenza invincibile e dominare il mondo, mettendo tutti a tacere.
Non è una cosa
molto diversa dalla bomba atomica, solo che qui lavorano sul potenziale
del
cervello umano. Uno dei primi effetti dei nostri poteri sugli umani
è
permettergli di usare facoltà che prima non potevano
usare.”
“Quindi siamo in
pericolo.”
Lei annuisce.
“Se continuerà a
studiare Tom si accorgerà che ci sono delle anomalie nel
sangue e nel DNA e
vorrà sapere perché.”
Io rimango un
attimo in silenzio, bevendo il mio the.
“Cosa intendi con
“si è esposto troppo con i suoi
esperimenti”?”
“Le cavie. Alcune
di loro non hanno retto e si sono suicidate, altri invece hanno
massacrato la
famiglia appena fuori dalla galera perché continuavano a
sentire delle voci,
una delle conseguenze del metodo di Mikailovich.”
“Ho capito,
vedendo gli effetti hanno deciso di liberarsi di lui.”
“Non sarà un bersaglio facile da colpire, ma con
un buon lavoro di squadra
dovremmo farcela.”
“Vuoi…”
Lei annuisce.
“Non c’è altra
soluzione, nessuno deve sapere di noi. Anne, Tom, Mark, Skye e David
sono
cinque eccezioni alla regola e sono fin troppe, non ce ne serve una
sesta.
Uno dei miei
compiti, arrivata qui, era di fare piazza pulita di chi sapeva e temo che dovremo farlo
ora.”
“Ma è associato
con una società segreta.”
“Che sa poco o
nulla di quello che fa, lui ha promesso loro qualcosa per trattare con
il
governo, ma se dovesse morire si defilerebbero.
Tengono molto
alla segretezza e sono disposti a sacrificare il loro dottore, in caso
le cose
andassero male.”
Io annuisco, che
gran casino!
“E cosa
facciamo?”
Dalla sua faccia
deduco che quel dottore farà una brutta fine.
“Ne dobbiamo
parlare alla casa nel deserto.
Tom uscirà a
pezzi da questa storia, sei pronta ad aiutarlo?”
La guardo
stupita.
“Certo che sono
pronta! In salute e in malattia, ricordi?”
“Non ti senti
tradita?”
“No, sono
arrabbiata con questa gente che ha approfittato della sua
debolezza.”
“Capisco. Beh, è
ora che tu te ne vada, devi andare a prendere i bambini a
scuola.”
Ci alziamo e
paghiamo i due the, usciamo e io mi sto per dirigere alla mia macchina
quando
lei mi afferra per un polso.
“Con tutti questi
casini mi sono dimenticata di dirti una cosa: sono incinta.”
Io mi volto verso
di lei e l’abbraccio.
“Congratulazioni,
Keisha! Sono felice per te e Dave!”
Lei mi sorride radiosa e poi si avvia alla sua macchina, io mi avvio
alla mia,
sperando di non ritardare all’uscita da scuola dei bambini.
La prima che
raccolgo è Ava, ha un sorriso che le va da un orecchio
all’altro.
“Ho preso A+ in
inglese! A+, ti rendi conto?”
“Sono tanto
felice per te, cosa ne dici se per festeggiare ci fermiamo da
“Marcus’s”?"
Marcus's è la sua gelateria preferita.
“Penso sia una grande
idea! Forza, sbrighiamoci a recuperare il microbo!”
“Ava, ti ha
spiato ancora qualcuno oggi?”
“No.”
Bene.
Ci fermiamo a
ritirare un Jonas piuttosto abbacchiato per un litigio con un amichetto
e ci
dirigiamo verso la gelateria.
Parcheggio e
scendiamo tutti, io scompiglio i capelli di mio figlio per fargli
capire che va
tutto bene e poi entro.
Ci sediamo al
solito tavolo, Ava ordina una coppa alla menta, Jonas una cioccolato e
amarene
e io un milk-shake al cocco e cioccolato bianco.
Mangiamo tutti
felici e per un attimo tutti i momenti negativi passano in secondo
piano, stare
con i miei bambini mi fa questo effetto ed è per questo che
sono così
protettiva nei loro confronti.
Ho una mezza idea
riguardo all’uomo che spiava Ava, probabilmente era uno
sottoposto di quel
dottore di merda, interessato a vedere come si comportava la figlia di
un uomo
dotato di tali poteri, peccato per lui che io abbia insegnato a loro a
non
usarli in pubblico.
Finita la nostra
sosta in gelateria ce ne andiamo a casa, canticchiando felici.
È stata une bella
giornata dopotutto, mi dico mentre guardo Ava salire in camera per fare
i
compiti – super motivata per il bel voto in inglese
– e Jonas guardare un po’
di tv.
Con calma mi
rimetto al lavoro, cercando di non pensare al fatto che tra poco ci
sarà una
riunione di guerra alla casa nel deserto. Non lo faccio un
po’ perché non
voglio intristirmi, un po’ perché non voglio che
Tom me lo legga nella mente.
Non avrei mai
pensato di arrivare anche io a chiudere la mia connessione con lui un
giorno,
ma quando ci si trova in situazioni eccezionali le misure drastiche
sono
necessarie a volte.
Questa è una di
quelle situazioni.
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Capitolo 5 *** 4)Sull'orlo del baratro. ***
4)Sull'orlo del baratro.
Ormai
è diventata
una consuetudine chiamare la babysitter la domenica pomeriggio, Jonas
la
accetta con tranquillità, Ava invece mi sembra preoccupata,
così decido di fare
due chiacchiere con lei.
Busso alla sua
camera ed entro al suo “Avanti!”, la trovo sdraiata
a letto che ascolta musica
dal suo i-pod.
“Cosa c’è, Ava?”
“Perché ogni
domenica ci fai stare con la babysitter?
Non è che tu hai…
un amante?”
Io la guardo
stupita.
“No, tesoro.”
Mi siedo accanto
a lei.
“Devo vedermi con
gli altri alla casa nel deserto e tuo padre non lo deve
sapere.”
“Perché?”
Ed ecco la parte
difficile.
“Tuo padre si è
cacciato in un brutto guaio, ma non lo vuole ammettere, così
noi dobbiamo
riunirci e capire come aiutarlo.”
“È per questo che
è così strano?”
“Sì, Ava.
Io amo troppo tuo
padre per vederlo rovinarsi con le sue stesse mani o per farmi un
amante.”
“Scusa, mamma.
Era un’idea stupida che mi è venuta e avevo paura
che fosse vera.”
“Non lo è.
Adesso io vado
dagli altri, te li saluto.”
“Sì, grazie!”
Scendo al piano
di sotto, sorrido alla babysitter e me ne vado, sentendomi la ragazzina
di
tanto tempo fa che scappava dal controllo dei suoi per parlare di
alieni con i
suoi amici.
La vita sa essere
davvero strana a volte, ha corsi e ricorsi che stupiscono.
Guido tranquilla
verso Poway e poi come al solito imbocco la strada per il deserto,
parcheggiando alla solita piazzola deserta e spazzata dalla sabbia.
Cammino verso lo
sperone di roccia che ben conosco e percorro i gradini a spirale,
appoggio una
mano in un punto ben preciso e una porta si apre per me sola.
Entro e si
richiude, sono già tutti lì.
“Scusate il ritardo,
ho dovuto parlare con Ava: credeva avessi un amante.”
“Quella bambina è
fin troppo sveglia.”
“Considera che è
figlia di Tom.”
Lui sospira.
“Hai ragione,
ricordo ancora quando lo chiamavano Hot Pants.”
“Davvero lo
chiamavano così?”
Chiede curiosa
Skye.
“Sì.”
“E tu?”
“Mi chiamavano
fish guts.”
Lei ride, poi
torna seria.
“Siamo qui per
discutere di alcune cose importanti.”
Prende la parola
Keisha.
“Che riguardano
Tom, ma anche noi. Si è cacciato in brutti guai,
purtroppo.”
Mark sbuffa e
mugugna qualcosa di indefinito.
Keisha racconta a
loro quello che ha raccontato a me, alla fine del suo racconto tutte le
facce
sono scure e diventano persino peggio dopo il mio.
“Dobbiamo
eliminare quell’uomo, non c’è altro modo.
Tom non è in
grado di ribellarsi a quell’organizzazione e noi dobbiamo
rimanere nascosti.”
Johnny ha sempre
avuto il dono di proporre le soluzione giuste, ma scomode.
“Non rischiamo di
esporci?”
“Non se facciamo
le cose a modo. Una rapina può sempre finire male,
no?”
“Non potremmo
provare a parlare con quest’uomo?”
Chiede Skye,
spaventata dalla piega che ha preso la situazione.
“No, non
possiamo. Stando al suo curriculum ci chiuderebbe tutti in un
laboratorio per
studiarci.”
Risponde Keisha.
“Non mi piace
usare la violenza.”
“Skye, non piace
nemmeno a noi, ma a volte è necessaria. Se
quell’uomo venisse a sapere di noi,
sarebbe la fine della nostra vita pacifica e io non ho voglia di vivere
come
una clandestina.
Anche se suona
male, eliminare il problema alla radice è la soluzione
più semplice e sicura.”
La moglie di Mark
sospira, probabilmente non capisce, ma d’altronde lei
è una terrestre e non
corre alcun pericolo, siamo noi quelli che rischiano.
“Non potreste
cancellargli semplicemente la memoria?”
“Troppa gente
coinvolta e poi Keisha ci ha già provato o
sbaglio?”
“Sì, da lontano ho analizzato il suo cervello, non
è predisposto
all’eliminazione dei ricordi, se qualcuno lo facesse lo
distruggerebbe
totalmente e noi non vogliamo lasciare tracce.”
Skye sospira.
“E allora fate
come credete sia meglio, anche se mi fa strano sentire parlare di un
omicidio
così, con calma, come se fosse la cosa più
normale del mondo.”
“Lo so, può
sembrare strano, ma è necessario.”
Trascorriamo il
resto del tempo a organizzare turni di guardia per poter colpire in
modo efficace
e il tempo vola. Questa volta sono in dannato ritardo, Tom
sarà già a casa!
Non mi sono
sbagliata, la sua macchina è già parcheggiata nel
vialetto e lui mi aspetta
sullo stipite con una faccia scura.
“Dove sei stata?”
“Da Johnny e
Anne.”
Il che non è del
tutto un bugia.
“Non mentirmi!”
“Non ti sto
mentendo! Perché dovrei?”
Lui mi scruta con
quei suoi occhi scuri capaci di perforarti l’anima.
“Dove sei stata?”
Ringhia di nuovo.
“Te l’ho già
detto, da Johnny e Anne.
Tu puoi sparire
la domenica pomeriggio e io non posso andare a trovare i miei
amici?”
Inaspettato uno
schiaffo colpisce la mia guancia destra, facendomi voltare e quasi
cadere a
terra, non è questo il Tom che ho sposato.
“Vattene, Tom
DeLonge! Dormi da Matt, David, Atom, chi vuoi, ma non farti vedere per
almeno
due giorni.”
“Io… Jen, scusa
non so cosa mi sia preso, ti prego non…”
Con un gesto gli
faccio cenno di tacere.
“Tu non sei più
l’uomo che ho sposato! Lui non mi avrebbe mai picchiata e non
si sarebbe mai
dimenticato di sua figlia.
Tu hai fatto
entrambe le cose.
Non voglio
entrare nel merito di quello che fai la domenica con i tuoi amici
massoni, ma
ti chiedo solo una cosa, vale la pena proteggerli rischiando di perdere
la tua
famiglia?
Pensaci in questi
due giorni.”
“Jen, ti prego!
Non cacciarmi.”
Io mi tocco la
guancia che mi fa ancora male e scotta.
“No, Tom non
posso tenerti in casa e ignorare tutto questo. Ci vediamo tra due
giorni.”
Gli rispondo
fredda, lui sale in camera sua a preparare le valige, è una
decisione dura, ma
spero sia quella più giusta per tutti.
Venti minuti dopo
scende con una grane borsa in cui suppongo abbia infilato un
po’ di tutto.
“Sei sicura?”
“Sì.”
“Allora ci
vediamo tra un paio di giorni.”
Esce dalla porta
senza ulteriori commenti, io invece una volta sentito il rumore della
porta
chiusa scoppio a piangere silenziosamente.
Non voglio che mi
vedano i bambini, così me ne vado in camera mia e sul
cuscino vedo una lettera
di Tom.
“Jen.
Ti
scrivo questa lettera prima che lui lo sappia
e torni a prendere il controllo delle mie azioni.
Mi
dispiace per lo schiaffo di prima e per tutte le volte che ho deluso
Ava, ma,
come avrai capito, c’è qualcuno che vuole prendere
il controllo della mia
mente.
So
che sei stata al laboratorio e hai capito chi è il
responsabile.
Hai
fatto bene ad allontanarmi, lui vuole scoprire tutto sulla mia famiglia
e
vorrebbe arrivare a te.
Spia
anche Ava e Jonas, vi vuole come cavie, perciò state attenti.
Quando
tornerò non usate per nessuna ragione i
poteri davanti a me, lui potrebbe spiarci.
Non
ho ancora capito come uscire da questa situazione, ma
troverò un modo.
Lui
sta arrivando.
Ti
amo, Jen.
Tom.”
Io
piango ancora
di più se possibile, a suo modo Tom sta cercando di
proteggerci, devo trovare
il modo di tirarlo fuori dai guai.
Non so come siamo
finiti in questa situazione da incubo, ma dobbiamo uscirne. Do un pugno
rabbioso al cuscino e penso che mi piacerebbe mollarne uno anche a quel
dottore.
È vero, non siamo
terrestri, ma siamo totalmente innocui, come mai questo accanimento
verso di
noi?
Abbiamo
sentimenti anche noi, non siamo cavie da laboratorio.
Piango ancora un
po’.
A cena cerco di
mostrarmi sorridente, ma entrambi i miei figli hanno capito che
è successo
qualcosa, forse avrei dovuto coprire meglio l’impronta della
mano di Tom sulla
mia guancia.
Siamo tutti
insolitamente silenziosi, Jonas va a letto senza fare storie e si
addormenta
dopo la sua solita fiaba, Ava invece fa i compiti ancora per un
po’, poi va a
letto e accetta malinconicamente di farsi dare un bacio sulla fronte.
Messi a letto i
cuccioli, mando un messaggio Dave,
chiedendogli dove dorme Tom, lui mi risponde che sta da Matt.
Ottimo, lui non è
un alieno e non sa nulla di noi, inoltre non provoca stress pericolosi
a
Keisha, non voglio che la sua gravidanza risenta di questa situazione.
Finito di
messaggiare con Dave e fumata l’ultima sigaretta vado a
letto. Domani ho
intenzione di dedicare anima e corpo al lavoro per non pensare a tutte
le cose
che vanno a puttane nella mia vita.
Perché io devo
sempre combattere per avere un minimo di normalità?
Mi chiedo mentre
il sonno calma i miei arti e intorbidisce la mia mente, la cosa
peggiore è che
non ho risposte.
So solo che il
letto mi sembra troppo vuoto e freddo.
La mattina dopo
mi sveglio con un mal di testa galattico, meraviglioso!
Prendo un
aspirina e invece del solito caffè prendo un the caldo, Ava
guarda furtiva al
posto di Tom e noto la sua delusione nel constatare che è
vuoto.
Prima o poi dovrò
parlare con lei, spero che la prenderà nel modo giusto e non
inizi a pensare
che vogliamo divorziare perché non è quello che
voglio.
Io rivoglio mio
marito, non una specie di cavia catatonica o aggressiva a seconda dei
momenti.
Portati i bambini
a scuola mi metto al lavoro ascoltando gli Incubus, hanno delle melodie
ipnotiche
che mi hanno sempre rilassato e Dio solo sa quanto ho bisogno di relax
in
questo periodo!
A mezzogiorno
mangio un panino e constato che sono avanti nel lavoro e che i disegni,
sia a
mano che al computer, non fanno così schifo come pensavo.
Mangiato il mio
panino solitario, fumata la mia sigaretta, torno di nuovo a lavorare.
La consegna è
fissata per fine settimana e voglio che la mia cliente sia soddisfatta,
più
clienti soddisfatte ho più si sparge la voce su di me come
arredatrice
d’interni.
Lavoro come una
matta per non pensare a Tom, allo schiaffo, alla lettera e alla porta
che si
chiude alle sue spalle.
In un attimo la
mia vita è diventata un incubo, un tunnel buio di cui non
riesco a vedere la
fine e so che devo mostrarmi forte, i bambini chiederanno
dov’è Tom e
soprattutto dovrò parlare con Ava e toglierle quella paura
del divorzio.
“Dio, che gran
casino!”
Mormoro alla
tavola.
Sì, è esattamente
un gran casino e non so come venirne a capo, torno alla mia tavola
finché non
arriva l’orario per andare a prendere a scuola i bambini.
Ritiro prima
Jonas.
“Dov’è andato
papà?”
“Via per qualche giorno.”
“Ma poi torna?”
“Certo che
torna.”
Gli rispondo con
il mio miglior sorriso.
La seconda è Ava.
“Dov’è papà?”
“Via per qualche
giorno.”
“Ma poi torna,
vero?”
“Certo, tesoro.”
Le rispondo
sorridendo, ma vedo che non l’ho convinta affatto, le
parlerò dopo.
Arrivati a casa,
Jonas si siede al tavolo della cucina a disegnare, sua sorella invece
sale in
camera, io la seguo.
“Ava.”
“Mamma.”
Mi risponde un
po’ fredda.
“Dov’è andato
papà?”
“Da Matt.”
Lei mi guarda
arrabbiata.
“Perché? State
divorziando?”
“No, non stiamo
divorziando.”
“E allora cosa ci
fa lì?”
“Aspetta un
attimo.”
Vado in bagno e
mi tolgo il fondotinta, l’impronta della mano di Tom si vede
perfettamente ora,
torno da Ava, che impallidisce.
“Te l’ha fatta
lui?”
“Sì, gli ho detto
che doveva riflettere su quello che vuole, che è etc. non
voglio che episodi
come questi si ripetano.”
Mia figlia
scoppia in lacrime e poi mi abbraccia, io la stringo a me, pensando che
è
ingiusto che lei debba subire tutto questo.
“Rivoglio il mio
papà!”
Singhiozza tra le
lacrime.
“Anche io,
piccola.
Anche io e lo
riavremo.”
“Da quando
frequenta quel … club è strano, non ci dovrebbe
più andare.”
“Temo che questo
sia impossibile.”
Mormoro triste.
“Gliel’ho detto
tante volte e lui non ha mai smesso.”
Ava continua a
piangere fino a che il suo respiro non si fa regolare: si è
addormentata.
Con delicatezza
mi scosto dal mio abbraccio e la copro con una coperta tolta
dall’armadio, poi
scendo dabbasso piuttosto demoralizzata. Persino Ava ha capito che
quelli sono
pericolosi e Tom no o, per meglio dire, ora non può capirlo.
Vengo travolta da
un impeto di rabbia verso queste persone che rovinano la vita di altre
persone,
senza nemmeno preoccuparsene.
Jonas sta ancora
disegnando, io mi rimetto al lavoro con la tavola, per darmi una
calmata più
che altro, e pensando che non ho voglia di fare la necessaria parte al
computer.
Quello che vorrei
è essere su una spiaggia dei tropici con il Tom premassoni e
i miei figli a
goderci il sole e il mare, senza preoccupazioni.
Temo che non sarà
possibile.
Alle sei e mezza
sparecchio la tavola in salotto e cucino la cena, alle sette urlo ad
Ava di
scendere, lei arriva poco dopo con gli occhi gonfi di sonno.
Ci mettiamo tutti
e tre a tavola e cerchiamo di parlare di argomenti leggeri, lasciamo
parlare
Jonas a ruota libera della sua vita scolastica e lo ascoltiamo.
Ava fa lo stesso
e questa sembra quasi la cena di una famiglia normale.
Poco dopo cena
suona il campanello, vado a vedere chi è e mi trovo davanti
il volto familiare
di David Kennedy, gli apro subito.
“Sono qui per le
tue lezioni, Ava.”
“Grazie, zio!”
Lui sorride e poi
mi fa un cenno per farmi capire che dopo io e lui dovremo parlare,
meraviglioso!
Lui e Ava salgono
al piano di sopra, io guardo i cartoni animati con Jonas, sorbendomi
non so
quanti episodi di Peppa Pig.
Il tempo si
allunga se misurati con il metro di un cartone animato per bambini che
stimola
i miei istinti peggiori.
Finalmente David scende
e io metto a letto prima Jonas e poi Ava, sono tutti e due
relativamente
tranquilli, solo Ava è ancora un po’ preoccupata.
Scendo dabbasso
abbastanza stanca e trovo David seduto sul divano.
“Ehi, Jen.”
“Ehi, Dave. Vuoi
qualcosa da bere?”
“Un the al limone
se non ti fa niente, devo recuperare le energie per andare a
casa.”
Lo guardo senza
capire.
“Ho lavorato
tutto il giorno con Tom per gli Ava.”
“Capisco.”
Gli porto quello
che mi ha chiesto e lo guardo trangugiarlo come se non bevesse da
settimane.
“Com’è Tom?”
“Ubriaco marcio,
è un po’ difficile seguire le sue idee quando
è ubriaco perché finisce per
delirare.”
Io mi acciglio e
poi mi prendo la testa tra le mani.
“Fantastico,
adesso beve anche!”
“Credo che lo
faccia per una ragione.”
Io lo guardo.
“Dimmela.”
“Quando è ubriaco
quelli che lo controllano fanno più fatica ad avere accesso
alla sua mente e ai
suoi ricordi. A mio parere lo fa per proteggere voi.”
“Sì, può darsi.
Dio, Dave! Vorrei
ammazzarli!
Distruggono la
vita delle persone senza rimorso, io rivoglio il mio Tom con i suoi
pregi e i
suoi difetti, non il loro dannato burattino!”
Lui ascolta il mio sfogo astioso e poi mi batte gentilmente una mano
sulla
spalla.
“Lo riavrai, non
ti preoccupare! Ci siamo anche noi e siamo dalla tua parte, nessuno vuole vedere Tom
nella merda!”
“Lo so, ma questa
volta è diverso.”
“Non ti piace eliminare le persone, vero?”
“No, e poi
attirerebbe l’attenzione su di noi ed è
l’ultima cosa che voglio, solo che
questa volta temo sarà necessario.”
“Lo penso anche io.”
Tra di noi cala
un silenzio carico di tristezza, poi lui si alza e mi sorride.
“Ce la faremo,
non ti preoccupare.”
Io gli sorrido di
rimando.
“Grazie, Dave.
Salutami Keisha.”
Lui annuisce e mi
abbraccia.
Lo guardo andare
via pensando che mi piacerebbe avere la stessa sicurezza, invece noc ce
l’ho e
il futuro mi appare come un tremendo buco nero.
Ce la faremo a
non esserne risucchiati?
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Capitolo 6 *** 5)Paura e piani. ***
5)Paura e piani.
Questa
mattina è
la seconda mattina che mi sveglio senza Tom al mio fianco.
Negli ultimi
giorni era sempre sulle nuvole, ma il mio corpo e il suo corpo stavano
bene uno
accanto all’altro o abbracciati.
Sospiro, anche
oggi mi sono svegliata con un senso di freddo addosso.
Vado a farmi una
lunga doccia calda e poi preparo la colazione per tutti, finito salgo a
svegliare Ava e Jonas. Nessuno di loro è mattiniero, ma si
adattano.
Facciamo
colazione tutti insieme, poi come al solito c’è la
lite per chi deve usare il
bagno per primo, oggi vince Jonas.
Una volta lavati
e vestiti li porto a scuola, il primo a scendere è Jonas e
gli raccomando di
non far impazzire troppo le maestre e di stare attento agli estranei,
poi tocca
ad Ava.
“Ava, stai
attenta agli estranei, mi raccomando.”
Lei è già stata spiata e quindi sa a cosa mi
riferisco.
“Ok, buona
mattinata, mamma.”
La vedo correre
dentro l’edificio indossando gli anfibi che le ho regalato,
la cosa mi rende
felice.
Bene e adesso
torno a casa e mi rimetto al lavoro, appena salgo in macchina ho un
brutto
presentimento, ingrano la marcia e parto, poco dopo una macchina fa lo
stesso.
Forse è
semplicemente la macchina dei genitori di uno dei compagni di Ava e io
sto
diventando paranoica o forse no, visto che quando svolto svolta anche
la
macchina.
Provo un altro
paio di manovre, ma ce l’ho ancora attaccata. Tom diceva che
erano interessati
anche alla sua famiglia.
Merda!
Faccio appello
alle mie capacità di pilota e finalmente riesco a seminarla,
vado dritta a casa
e dico a Lola – la nostra cameriera – di fare lei
la spesa perché io non mi
sento molto bene.
Lei annuisce e io
mi butto a letto, ho il cuore che mi batte a tremila e le mie mani
tremano,
vogliono farmi paura, ma non sanno con chi hanno a che fare.
Sono una
principessa guerriera, dopotutto, e so come difendermi. La prima cosa da fare è
comunicare a tutti
telepaticamente quello che è successo su canali protetti,
rispondono tutti e
sono preoccupati come me.
Come non facevo
da anni, evoco i miei soldati e chiedo loro di fare la guardia ai miei
figli e
a me, siamo in pericolo.
Loro eseguono,
per quanto possa sembrare tra di noi c’è una sorta
di rapporto affettivo, mi
hanno vista crescere e mi trattano come una figlia.
Ora che ci sono a
guardia dei miei figli sono più tranquilla, nessun terrestre
può vederli,
nemmeno uno dotato di poteri esp.
Quando Lola torna
mi trova ancora a letto, le rivolgo un sorriso di scusa.
“Mi dispiace di
intralciare il tuo lavoro, Lola.
Sono una pessima
datrice di lavoro.”
“No, le pessime
giornate possono capitare a tutti, signora.
Le ho fatto del
the caldo, è in cucina.”
“Grazie mille, sei impeccabile.”
Scendo in cucina
e mi bevo il mio the, sto un po’ meglio.
Decido di
lavorare tutta la mattina al computer, perché ogni tanto mi
tremano ancora le
mani per lo shock, qualcuno mi stava spiando!
Fortunatamente
vengo assorbita dalle battaglie con autocad e la paura svanisce
lentamente, fino
a diventare un rumore di sottofondo.
A mezzogiorno
Lola mi comunica che mi ha preparato una pizza per pranzo, cosa farei
senza di
lei?
Non lo so.
Lei non viene
tutti i giorni, ma quando viene capisco cosa vuol dire avere una casa
ordinata,
io sono sempre stata una pessima casalinga.
Mangio volentieri
la mia pizza e poi mi metto al lavoro fino alle tre, poi vado a
prendere i
bambini a scuola. Inizio a capire che c’è qualcosa
che non va quando vedo Jonas
mano nella mano con la sua maestra.
“Che cosa è successo?”
Chiedo alla
donna, mentre prendo in braccio mio figlio che nasconde la sua faccia
nel mio
collo.
“Un estraneo, un
uomo precisamente, ha provato a portare via Jonas con la forza oggi
all’intervallo.
Per fortuna è
intervenuta la mia collega che sorveglia i bambini e l’uomo
si è dato alla
fuga.”
“È molto grave
quello che mi sta dicendo.”
“Lo so.”
“Penso che per
qualche giorno Jonas non verrà a scuola.”
“Capisco la sua
decisione.”
“Arrivederci.”
“Arrivederci.”
Porto Jonas in
macchina.
“Ehi, amore della
mamma, come stai?”
Gli chiedo,
mentre giro le chiavi.
“Ho tanta paura
che l’uomo nero venga ancora a rapirmi.”
“Non
preoccuparti, da oggi starai a casa e nessun uomo nero ti
farà ancora male.”
Lo rassicuro,
chiedendomi perché nessuno dei miei soldati sia intervenuto.
Lo chiamo a
rapporto e quello che dice mi sciocca: dice che qualcuno l’ha
distratto per
avere campo libero con Jonas.
-In che senso
distratto?-
-Ho percepito
qualcuno di estraneo e maligno al cancello della scuola e sono andato a
controllare, ma il vero pericolo era costituito da un estraneo che
invece è
entrato dal retro.-
-Pensi che
sapessero della vostra presenza?-
-Può darsi,
signora.-
“Accidenti!”
Borbotto a bassa
voce, spero che nessuno abbia tentato di toccare Ava!
Arrivo alla sua
scuola nervosa, non mi fido a lasciare Jonas in macchina, quindi ci
facciamo
largo insieme tra i compagni di Ava, lei appena ci vede mi abbraccia.
In macchina le
chiedo spiegazioni.
“Oggi
all’intervallo uno dei tuoi soldati mi ha detto di rimanere
dentro la scuola,
che fuori c’era qualcuno che voleva rapirmi!”
Io digrigno i
denti, tra poco questi bastardi avranno quello che si meritano!
Nessuno deve
toccare i miei figli
“Jonas non andrà
all’asilo per qualche giorno, vedrò se fare lo
stesso con te.”
“Cosa è successo
a mio fratello?”
Mi chiede lei
spaventata.
“Qualcuno ha
tentato di rapirlo e solo l’intervento provvidenziale di una
maestra l’ha
impedito.
Dannazione!”
Ava impallidisce.
“Ma chi ci odia
così tanto?”
“Qualcuno che è
molto interessato ai nostri poteri, tuo padre ci ha cacciato in un
brutto
guaio.”
Rispondo con voce
atona.
Devo fare
qualcosa, ma non so cosa.
Al mio
ritorno
trovo Johnny e Anne fuori dal cancello.
“Ehi, che ci fate
qui?”
Chiedo confusa.
“Hai bisogno di
protezione e ho deciso che finché questa storia non si
sarà conclusa staremo
qui.”
Ava corre ad
abbracciarli entrambi, Jonas si stringe a me: Johnny gli ha sempre
fatto un po’
di paura.
“Ehi, campione!
Tutto bene?”
Gli chiede lui
gentile, Jonas scuote la testa.
“Cosa gli è
successo, Jen?”
“Hanno tentato di
rapirlo.”
Sul suo volto si
dipinge un’espressione dura.
“Pagheranno.”
Sussurra con voce
a malapena udibile.
“Tom dov’è?”
“Entrate e vi
spiegherò tutto.”
Apro il cancello
e le nostre due macchine fanno il loro ingresso percorrendo il viale e
parcheggiandosi
in garage.
Entriamo in casa
e metto la moka sul gas.
“Beh, stanno
tentando di controllare la mente di Tom, qualche volta ci riescono.
Un paio di giorni
fa abbiamo avuto una lite su dove fossi domenica e lui si è
arrabbiato quando
ho detto che ero da voi. Gli ho risposto che lui può sparire
per intere
domeniche e non mi devo intromettere.
Mi ha dato uno
schiaffo, gli ho detto di passare qualche giorno fuori casa, appena se
ne è
andato ho trovato una lettera in cui
diceva chiaramente che tentano di controllare la sua mente
e che il loro
obbiettivo finale siamo noi, la sua famiglia e probabilmente me.
Ha anche detto di
non usare mai i poteri davanti a lui.
Questo è quanto.”
L’espressione di
Johnny è spaventosa, ribolle di collera e ha le mani strette
a pugno, nell’uomo
rivedo l’ombra del ragazzino ribelle di secoli fa.
“E la cosa di
Jonas?”
“La maestra di
Ava mi aveva detto che c’era qualcuno che spiava la bambina e
la lettera di Tom
me l’ha confermato, così ho tirato fuori la cara
vecchia milleottanta e ho
messo a guardia dei miei figli alcuni soldati. Con Ava ha funzionato,
il
soldato l’ha messa in guardia quando ha sentito che
c’era qualcuno di estraneo
e pericoloso e lei non è uscita, con Jonas no.
Il soldato mi ha
detto che qualcuno ha cercato di depistarli mettendo un soggetto
pericoloso
all’entrata dell’asilo, quando il vero pericolo era
all’entrata sul retro.
Qualcuno deve
averli percepiti e la cosa non mi piace, penso che terrò a
casa Jonas per
qualche giorno.”
“Fai bene.”
Mio figlio sembra
meno spaventato e si attacca a una delle gambe di Johnny che lo prende
in
braccio.
“Non ti succederà
nulla, campione, almeno fino a quando zio Johnny è qui con
te e la tua mamma.”
Lui appoggia la
testa sul collo di Johnny, a quanto pare la paura gli è
passata.
“Dobbiamo
sbrigarci, ogni giorno che passa diventa più pericoloso, Tom
si è ficcato
davvero in un brutto guaio.”
Commenta Anne, io
annuisco.
“Dobbiamo entrare
in azione al più presto.”
La voce di Johnny è perentoria.
Io sospiro, non
mi è mai piaciuto uccidere, ma talvolta è
necessario.
“Stasera
studieremo un piano.”
“Va bene, prima
sarà meglio sarà per tutti.”
Rimango un attimo
in silenzio.
“Come faremo a
riparare la mente di Tom?”
Johnny si gratta
la testa.
“Ci ho pensato
mentre venivamo da voi e l’unica cosa che mi è
venuta in mente è che finalmente
farete visita a tuo fratello. Lassù dovrebbero esserci delle
cure adatte per
ricostruire una mente danneggiata, o almeno c’erano prima
della guerra.”
“Ok, staremo lì
fino a quando non guarirà e qua lasceremo dei
cloni.”
Rispondo decisa,
Johnny sorride.
“Così ti voglio,
principessa!”
Erano anni che
nessuno usava quel titolo per me, se non Tom nei suoi momenti
sdolcinati e devo
ammettere che ricordarmi che ho una certa autorità mi fa
sentire meglio.
“Bene, allora
iniziamo dalle basi.
Dobbiamo capire
chi sono i nostri amici, il che significa spiarli.”
“Ma ciò
equivarrebbe a dire che noi siamo…”
“No, Johnny. Noi
non li spieremo, loro lo faranno.”
Gli mostro la mia
collana.
“Loro possono non
essere percepiti e dirci tutte le informazioni di cui abbiamo bisogno:
chi sono
i capi, chi aiuta il dottore, le loro abitudini.”
“Giusto, mi ero
dimenticato della tua collana, Jen.
Sta bene, faremo
così.
Ah, ha chiamato
Keisha, ha detto di avere notizie per noi.”
“Perfetto.”
La chiamo
telepaticamente e le dico di venire qui a casa mia, subito.
Un quarto d’ora
dopo è nella mia cucina con in mano un grosso incartamento.
“Dove l’hai
preso?”
“Dall’ufficio di
una giornalista morta recentemente, stava facendo delle indagini su
Mikailovich.”
“Interessante.
Cosa dice?”
“Ha raccolto come
me materiale sui vari suicidi e stragi, ha fatto tutti i collegamenti
del caso,
ma ha scoperto anche un’altra cosa: ci sono cavie che sono
sopravvissute e sono
il suo esercito. L’FBI non ne voleva sapere di loro, visto il
polverone
mediatico che si stava alzando e probabilmente sono andate con il loro
dottore,
ormai sono come schiavi devoti.
Ma questa non è
la cosa più eclatante che ha scoperto, è riuscita
a parlare con una cavia che
non ha funzionato e che le ha detto cosa fanno nei
laboratori.”
“Cosa fanno?”
Ho paura di
sentire la risposta perché so cosa vuole dire lavorare su un
cervello umano, ci
vuole pazienza. Beh, ci vuole pazienza per lavorare su ogni cervello,
anche sui
nostri – alieni – e ho visto come sono ridotte le
vittime di quel lavoro.
“Sembra che tu
sappia già qualcosa, principessa.”
“Durante la
guerra abbiamo raccolto un gruppo dei nostri che era stato prigioniero
in una
base degli Swaahn, erano dei relitti umani con il cervello fuori posto.
La maggior parte
di loro era programmata per attivarsi a un certo comando e fare fuori
più gente
possibile dei nostri.
“Grosso modo è
quello che fa Mikailovich:
programma le
persone.
Le mette sotto
effetti di droghe e fa subire loro dei traumi in modo da creare
più personalità
all’interno del cervello. Personalità che non
sanno di esistere l’un l’altra,
da una parte la persona mantiene quello che è ed
è sempre stata, ma a un certo
comando la personalità principale viene messa a riposo ed
entra in gioco quella
secondaria che agisce secondo gli ordini del programmatore.
Questo è quello
che ho trovato.”
“È orribile!”
“Il governo l’ha
silurato per la scarsa sicurezza del processo, come vi ho detto, anche
prendendo le persone più adatte non sempre riesce e questa
volta Mikailovich
vuole il suo riscatto portando loro la cavia perfetta, la prova che il
suo
metodo funziona.
Il problema è che
nel cervello di Tom ci siamo anche noi e potrebbe decidere di portare
qualcosa
che gli assicuri la gloria che crede di meritarsi: noi.
Quell’uomo va
ucciso per tutto quello che ha fatto ai suoi pazienti e per la nostra
stessa
sopravvivenza.”
“Perché cerca la
benevolenza dei massoni?”
“Hanno ingaggi
molto in alto e lui lo sa benissimo, ecco perché
è andato da loro, se la cosa
avesse successo ci guadagnerebbero tutti.”
“Credo di aver
capito.
Beh, la prima
cosa da fare è mettere qualcuno alla calcagna di tutti i
nomi che hai scoperto,
dammi la lista.”
Lei me la tende e
io l’afferro, poi richiamo i miei soldati, li divido a gruppi
di quattro per i
vari nomi e loro svaniscono per portare a termine il loro compito.
“Bene, adesso
credo sia ora di cena. La pasta va bene a tutti?”
Loro annuiscono
tutti e tre e io mi metto a cucinare come una massaia qualsiasi,
peccato che io
non abbia i loro stessi problemi. I miei riguardano il salvare mio
marito dal
diventare un uomo dal cervello in pappa, potenzialmente pericoloso per
la
società.
Ho sempre odiato
chi manipola il cervello in questo modo, è come trattare un
qualcosa di fragile
e prezioso con poca cura.
“D’altronde in
amore e in guerra tutto è concesso e in questo mondo per i
soldi si farebbe di
tutto.”
Mugugno a bassa
voce mentre mescolo il sugo.
“Ava!”
Chiamo a gran
voce, lei arriva subito e noto che ha le guance rigate di lacrime.
“Cosa c’è,
mamma?”
“Prepareresti la
tavola, per favore?
Keisha, John e
Anne si fermano a cena da noi.”
“Cosa bolle in
pentola?”
La guardo senza
capire.
“Prima papà se ne
va, poi questa gente che vuole rapire me e Jonas e poi il loro arrivo.
Voglio
sapere cosa sta succedendo.”
“Stiamo mettendo
a punto un piano per salvare tuo padre.”
“Che genere di piano?”
Io le scompiglio i capelli.
“Non posso
dirtelo, Ava.
Te lo racconterò
quando sarai più grande.”
Lei mette il
broncio, lo stesso broncio di Tom e comincia a preparare la tavola. Lo
so che
le ragazzine odiano una risposta come la mia, ma nessuna di loro credo
che
vorrebbe sapere che sua madre pianifica un omicidio.
Lei non deve
saperlo perché voglio che conservi la sua innocenza ancora
per un po’, poi
dovrà anche lei vedersela con il mondo e non
c’è bisogno che venga presa a
calci in culo dalla vita prima del tempo.
La pasta è
pronta, la scolo e divido le porzioni e verso su tutte una generosa
quantità di
sugo, poi comincio a portarle in tavola.
Nel giro di un
quarto d’ora in sala si crea il silenzio di chi sta mangiando
e non ha niente
di particolare da dire. Jonas sembra aver accettato la presenza dei
miei amici,
Ava li sta ancora studiando, curiosa. Credo stia tentando di indovinare
cosa
faremo guardandoli attentamente, ma non credo che caverà un
ragno dal buco, a
meno che la sua abilità di leggere i pensieri sia aumentata
dall’ultima volta.
-No, anche se
fosse loro sono capaci di difendersi dalle incursioni di una ragazzina,
non c’è
nulla di cui preoccuparsi.-
Finiamo di
mangiare abbastanza presto, Ava lava i piatti e corre a chiudersi in
camera
sua, provo a entrare, ma non mi lascia.
Jonas invece non
protesta quando gli leggo la sua fiaba e non mi chiede cosa ci fanno
qui tutte
queste persone.
Beata innocenza!
Vorrei tornare piccola anche solo per un attimo!
A questo pensiero
il cuore mi si stringe in una morsa ricordando mia sorella Isabel, se
non fossi
entrata nella sua vita lei sarebbe ancora viva.
Io sono stata una
maledizione per la sua famiglia, ma ora, fortunatamente, sono liberi da
me e da
quello che sono, hanno una nuova vita.
Io sospiro e
scendo dabbasso, Johnny sta guardando la televisione da solo.
“Anne e Keisha?”
“Keisha è tornata
da David e Anne è in camera nostra che sta parlando con
Mark.”
Io mi siedo
accanto a lui, che mi passa un braccio attorno alle spalle.
“Come ai vecchi
tempi, vero?”
“Soli contro il
mondo come allora, solo che adesso ho una famiglia mia da salvare, una
da cui
non posso e non voglio scomparire.”
“E io ho Anne.”
“Niente figli,
voi?”
“Non ci
riusciamo, ma sono
sicuro che con un po’
di calma e tranquillità ce la potremmo fare.”
“Allora dopo che questa storia si sarà
conclusa.”
Lui annuisce.
“Provo un po’ di
pietà verso Tom, si è ritrovato infilato in
qualcosa di più grande di lui.”
“Sì, ma è stato
davvero sciocco. Mettersi a giocare con dei massoni dopo aver passato
tutta
l’adolescenza a leggere teorie complottiste su di loro
è davvero stupido.
Chissà cosa aveva
in testa?”
“Temo che non lo
sapremo mai, anche quando gli avranno rimesso a posto il cervello
questo
periodo per lui sarà sempre piuttosto confuso.”
“Io rivoglio indietro mio marito, quello scemo.”
Lui mi scompiglia i capelli.
“Lo riavrai, te
lo prometto.
Te lo meriti.”
Io sospiro e per
un attimo mi sento come quando avevamo dieci anni e facevamo piani per
il
futuro e lui giurava di proteggermi da tutte le brutte cose del mondo.
Adesso non siamo
più solo i due bambini spaventati, c’è
altra gente con noi e uniti ce la
faremo, ci riprenderemo Tom e li metteremo fuori gioco.
Nessuno ha il
diritto di rubarci la vita.
Nessuno.
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Capitolo 7 *** 6)Breve ritorno. ***
6)Breve ritorno.
Tre
giorni dopo
Tom torna a casa.
Nei giorni in cui
è stato assente Jonas non è più andato
all’asilo e Ava è andata a scuola sotto
strettissima sorveglianza dei miei soldati, Johnny e Anne non si sono
mossi da
casa mia.
Non mi hanno
disturbato in nessun modo – John guardava la tv mentre
lavoravo e Anne a volte
usciva, a volte la guardava con lui – ma mi sono sentita
protetta.
Ora mi chiedo
come sarà la convivenza fra loro e Tom.
Non appena entra
in casa Tom squadra Anne e Johnny.
“Voi cosa ci fate
qui?”
“Ci siamo presi
una vacanza e abbiamo deciso di venire a San Diego per vedere dei
vecchi
amici.”
Risponde cordiale Anne, ma lo scambio
di
occhiate tra i due uomini è tutt’altro che
cordiale, esprimono entrambi
antipatia reciproca.
“Capisco, beh,
buona vacanza.
Io vado a mettere
via le mie cose, Jonas come mai sei qui e non
all’asilo?”
“Perché non sta
bene.”
Mento io rapida.
“Mi sembra stia
benissimo.”
“Invece è malato, non dovevi mettere via le tue
cose?”
Lui mi lancia
un’occhiata scettica e sale in camera sua.
-Non ci ha
creduto nemmeno per un secondo alla storia dei vecchi amici.-
Mi dice Johnny
tramite telepatia.
-Quello era
scontato, quello che mi preoccupa è il suo interesse verso
Jonas, vuole
mandarlo all’asilo di nuovo per dare una
possibilità a quelli di prenderlo.-
-Non
succederà,
non sei sola, noi siamo qui per darti una mano.-
-Grazie, Jo.-
Lui mi sorride e
torniamo ai nostri posti, lui sul divano, io al tavolo a disegnare, Anne in cucina a farsi un the.
Tom non riappare
fino a mezzogiorno, un tempo piuttosto lungo per mettere via le sue
cose, ho il
sospetto che Mikailovich e i suoi centrino in tutto questo.
“Non sapevo che
Tom si fosse portato dietro la casa per andare da Matt qualche
giorno.”
“Nemmeno io, meglio che vada a cucinare qualcosa.”
Anne mi blocca
gentilmente, prendendomi per il polso.
“Cucino io, in
fondo siamo tuoi ospiti ed è giusto ricambiare in qualche
modo.”
Sto per replicare che già quello che stanno facendo per me
è ricambiare, ma mi
blocco vedendo Tom che scende le scale, non deve sentire questa
conversazione.
“Va bene, Anne!
Sei proprio un tesoro!”
La lascio andare io con un sorriso falsissimo.
“Proverai la mia
cucina!”
Urla lei allegra.
“Non vedo l’ora!”
Risponde lui in
tono allegro, ma si sente una nota meccanica di sottofondo e mi chiedo
chi ci
sia ora. Il mio Tom o la spia.
Probabilmente la
spia, c’è qualcosa di guardingo nei suoi
movimenti, nel modo in cui si siede sul
divano accanto a Johnny stando attento a non sfiorarlo e nel sorriso
freddo che
gli rivolge.
Ha paura di
Johnny, ha paura di essere smascherato.
Io salgo al piano
di sopra, prima passo in camera mia: Tom ha messo a posto in modo
impeccabile
le sue cose.
Poi passo da
Jonas – steso a letto che gioca con il suo gameboy
– e lo chiamo per il pranzo.
“Ehi, campione!
Zia Anne sta
preparando il pranzo, scendi.”
Lui mi guarda
un po’
preoccupato.
“Non mi piace
papà.”
“Perché?”
Gli chiedo
confusa, ha sempre adorato Tom.
“Da quando è tornato è
strano.”
Io non dico
nulla, spiazzata.
Ah! La
sensibilità dei bambini!
“Ma no, tesoro! È
solo un po’ stanco.”
Lui mi guarda un po’ scettico.
“Mi vuole mandare
di nuovo all’asilo dove ci sono gli uomini cattivi.”
“E io sono qui per impedirglielo.”
Lui mi guarda
come se fossi la sua unica salvatrice e alla fine si decide a scendere
dal
letto, la sua simpatia verso Tom sembra essersi trasferita verso zio
Johnny, forse
perché lo fa sentire al sicuro e Tom incarna la minaccia
dell’asilo.
Una volta scesi
dabbasso preparo la tavola e ringrazio il cielo che Ava sia ancora a
scuola,
perché il clima è talmente pesante che si taglia
con il coltello.
“Allora, Johnny…
Come va il lavoro?”
Lui è
proprietario di un’officina, Anne lavora come insegnante.
“Bene, bene.
Posso prendermi
un po’ di ferie per godermi San Diego.”
Sorride lui,
mantenendo lo sguardo freddo.
“Bene.”
“E tu, Tom? Come
va la vita senza i blink?”
Lui alza una mano
per scacciare mosche invisibili.
“Ho trovato
qualcun altro disposto a suonare con me e ci stiamo per organizzare in
un nuovo
gruppo.”
“Non mi dire?
Pensavo che dopo i blink volessi fare il santone da qualche
parte.”
“No, la vita
monastica non fa per me e ho una famiglia a cui badare.”
“Oh, immagino.”
Il mio amico lo fulmina con un’occhiataccia, sa perfettamente
il perché è stato
buttato per un po’ fuori casa.
“Non credo, dove
sono i tuoi figli?”
“Almeno io non li
spavento, tu sì.”
“Ragazzi, basta!”
Intervengo io,
fiutando la lite nell’aria, Johnny non è mai stato
uno che si sa trattenere.
-Perché mi
hai
fermato?-
Mi chiede Johnny.
-C’è
anche Jonas
presente, se volete litigare fatelo dopo e non davanti a lui o Ava.-
-Va bene.-
I due tacciono e
il pranzo riprende seppur in silenzio.
Amo il fatto che
Johnny sia protettivo nei miei confronti, ma non posso permettere che
questo
lato del suo carattere spaventi i miei figli o li metta contro Tom,
quando
tutto questo sarà finito rimarrà loro padre.
Finito il pranzo
io e Anne laviamo i piatti e Jonas fugge al piano di sopra,
dall’altra stanza
sentiamo Johnny e Tom litigare.
“Arriveranno alle
mani?”
Chiedo ansiosa.
“Questo non te lo
posso promettere, Johnny è davvero furioso con Tom per
essersi ficcato in
questo guaio e per averti picchiato. Quando l’ha saputo ha
fatto a pezzi una
sedia, lo sai come è fatto.”
“Lo so, lo so. Mi
piace che sia protettivo, ma
non posso
farli arrivare alle mani davanti ai ragazzi, Tom rimane il loro padre e
non ho
intenzione di divorziare dopo questa storia.”
“Capisco.”
Annuisce lei,
consapevole della brutta situazione in cui siamo.
Torniamo di là
giusto per vederli rotolare per terra, Johnny non ha retto e hanno
iniziato una
rissa.
Grande.
“Ragazzi, basta!”
Si fermano
all’istante.
“Tra poco
arriverà Ava, volete farvi trovare
così?”
Cerco di calmarli
io con il solo risultato di far alzare mio marito furioso.
“Io torno da Matt
finché loro non se ne andranno!”
“Ma Tom! I
bambini!”
“Pensa tu a
qualche scusa!”
Sibila lui
iniziando a salire le scale, io impreco tra i denti.
Cosa potrò dire
loro per farsi che Ava mi creda?
Quella ragazzina
è intelligente e curiosa come suo padre!
Io lancio
un’occhiataccia a Johnny
che si sta
curando un occhio nero,approfittando dell’assenza di Tom.
“Era necessario
che finisse così?”
“Aveva bisogno di
una lezione.”
Risponde serafico.
Non si sente in colpa nemmeno un po’, lui. È
rimasto il ragazzino menefreghista
che conoscevo, non è cambiato molto.
“Oh, sì! E adesso
cosa dico ai miei figli?”
“Digli che se ne
va per lavoro.”
Risponde calmo
lui.
Dopo venti minuti
Tom scende con le stesse valigie
di
prima, quelle che aveva appena disfatto.
“Beh, chiamami
quando loro se ne saranno andati e tornerò.”
Sputa acido, prima di chiudere la porta dietro di sé.
Io sospiro,
almeno non dovrò limitare l’uso dei miei poteri,
non che li usi molto tra
l’altro.
“Che gran
casino!”
Dei passi leggeri
lungo le scale mi distraggono, Jonas è sceso e guarda
confuso noi e il salotto.
“Papà?”
“È dovuto partire
per un impegno improvviso di lavoro, tesoro.
Tornerà presto.”
Lui non sembra
molto convinto, ma si rifugia volentieri nel mio abbraccio.
“Almeno non dovrò
fare finta di essere malato.”
Io sorrido
debolmente, che razza di famiglia siamo diventati?
Non ne ho idea,
stavamo così bene prima che Tom si ficcasse nei guai con i
massoni…
È proprio vero
che le cose non possono rimanere perfette per sempre…
L’ora di andare a
prendere Ava arriva troppo presto.
Stamattina era
contenta di rivedere Tom, immagino che sarà una grande
delusione per lei sapere
che lui non sarà a casa.
“Ragazzi, vado a
prendere Ava, voi tenete d’occhio Jonas!”
Anne annuisce, io
esco di casa.
Il percorso
casa-scuola non è troppo lungo, così non ho il
tempo di preparare una storia
seria, spero che creda alla scusa del lavoro come ha fatto suo fratello.
Parcheggio,
scendo dalla macchina e l’aspetto nel solito angolo, lei
arriva con un
sorrisone.
“Oggi vedrò
papà!”
“Purtroppo no,
tesoro.”
Il suo sorriso si
spegne.
“Come mai?”
“È dovuto partire
per un impegno improvviso di lavoro, non è riuscito a
salutare nemmeno me e
Jonas.”
“Non è che non va
d’accordo con zio Johnny?”
“No, non è quello.
È solo un banale impegno di lavoro che lo terrà
via da casa per qualche giorno,
non ti devi preoccupare, va tutto bene.”
Lei non dice
nulla, ma il suo volto esprime alla perfezione il fatto che non mi
crede del
tutto.
Arriviamo in casa
in un silenzio davvero scomodo, non so cosa fare per spezzarlo e la sua
faccia
imbronciata non mi aiuta.
Sale subito in
camera dopo aver mormorato un saluto al fratello e ai miei amici.
“Ava non l’ha
presa bene.”
“No, per niente, Anne. Temo che non abbia creduto alle mie
parole.”
Lei sospira.
“È troppo simile
a Tom.”
“Puoi giurarci.”
Visto che con mia
figlia le cose non sono andate benissimo decido di lavorare un
po’, stamattina
– dato il caos che è successo – non sono
riuscita a fare nulla e la mia data di
consegna si avvicina.
Lavoro un po’ a
mano, un po’ al pc, Anne si siede accanto a me e comincia a
lavorare anche lei
al suo pc.
“Che fai?”
“Scrivo una
dispensa per i miei studenti. È da un po’ che
dovevo farlo, ma non trovavo mai
il tempo.”
“Uhn, capisco.”
Continuiamo a
lavorare al computer per un po’, Ava suona in camera
probabilmente senza fare i
compiti e Jonas sta giocando con Johnny.
“Dovrei dire ad
Ava di fare i compiti, ma non ho il coraggio di farlo, mi fa sentire in
colpa.”
“Tu non hai
nessuna colpa in quello che è successo a Tom, ha fatto tutto
lui da solo.”
Mi risponde
severo Johnny, io sospiro. Ha ragione, ma è piuttosto
difficile da spiegare ad
Ava, non so se capirebbe, senza contare che ama Tom.
“Vado a preparare
da mangiare, che nessuno osi lamentarsi di questo!”
Esclamo alzandomi
da tavola, Anne annuisce e sposta tutto quello che
c’è in eccesso sul tavolo,
io intanto mi do da fare in cucina. Cucinerò la mia pasta
con il sugo alle
polpette, è il piatto preferito di Ava e di Tom.
Spero di
consolarla almeno un po’ con questo, è il massimo
che posso fare, non posso
riportare indietro Tom, purtroppo.
-O meglio, non
ancora. Tra un po’ questa storia sarà solo un
brutto incubo.-
“Anne, mi faresti
un favore?”
“Dimmi.”
“Potresti
preparare la tavola e chiamare Ava per la cena, non so se le farebbe
piacere
vedere me.
Forse mi
considera colpevole della fuga di Tom.”
Lei annuisce.
“Io non credo che
ti consideri colpevole, solo che non capisce cosa sta succedendo:
persone che
la seguono e la vogliono rapire, Tom che se ne va...”
“Dici che avrei dovuto fermarlo?”
“Non ci saresti
riuscita e poi ricordati della sua lettera.”
Io annuisco.
“La mia famiglia
sta andando a puttane e non riesco a fermare il processo.”
“Il primo passo è
fermare quei disgraziati e ce la faremo, te lo giuro. Io rivoglio il
mio
migliore amico, tu il tuo uomo e Ava e Jonas hanno il diritto di avere
un padre
normale.”
Si ferma un attimo.
“Di riaverlo
indietro, Tom era un ottimo padre… lo sappiamo.
Adesso comunque
vado.”
Esce dalla cucina e la senti preparare la tavola, finito sale le scale
e poi
scende con i miei due figli, Jonas in braccio e Ava dietro di lei.
Johnny è già
seduto, quindi a me non resta altro che servire le porzioni, gli occhi
di Ava
si illuminano quando
vede cosa ho
preparato.
“Pasta con il
sugo alle polpette!”
Urla eccitata, io
sorrido.
“Te le sei
meritate, hai avuto una giornata difficile.”
“Grazie, mamma.”
“Dopo però fai i compiti, vero?”
Le faccio un
occhiolino e lei arrossisce violentemente, pensava che non
l’avessi sgamata.
“Sì, mamma.”
Finisce la sua
pasta con un leggero sorriso che le aleggia sulle labbra, in questo
momento
somiglia così tanto a Tom da fare male.
Mangia persino le
verdure e la frutta senza protestare.
“Cosa c’è di dolce?”
Io porto in
tavola la nostra scatola di budini preconfezionati e ne sceglie uno
alla panna
e amarena, il preferito suo e di Tom.
È da queste
piccole cose che mi rendo conto di quanto sia profondo il loro rapporto
e di
come debba mettere velocemente fine a questa follia degli esperimenti.
Non voglio che
nessuno soffra.
Finita la cena
sale a fare i compiti e Jonas la segue, a quanto pare la maestra
– prima del
disastro – gli aveva affidato un compitino.
Io mi butto sul
divano tra Anne e Johnny con un’aria stanca che non mi
appartiene, di solito
sono più vivace di così.
“Sei stanca,
Jen?”
“Sì, sono stanca
di questa situazione, fa solo male a tutti. Il giorno in cui li
avrò tra le
mani li distruggerò. Si pentiranno di avere disturbato la
mia famiglia.”
“Giusto.
Ehi, sta
arrivando il nostro campione!”
Jonas in effetti
sta scendendo le scale con qualcosa in mano, che mi porge esitante.
“La maestra aveva
detto di disegnare la nostra famiglia.”
Io lo guardo: c’è
un uomo stilizzato dai capelli neri (Tom), una donna dai capelli
castani e
azzurri (io), una figura più piccola e bionda (ava) e Jonas
in mezzo a noi
sorridente.
Mi si stringe il
cuore e qualche lacrima scende, nonostante cerchi di
controllarmi.”
“Non ti piace,
mamma?”
“No, è
bellissimo. Sto piangendo di gioia, sai a volte si piange non solo
quando si è
tristi, ma anche quando si è troppo felici.”
Lui sorride e io
decido che farò incorniciare questo disegno.
“Mamma, posso
attaccarlo sul frigo?”
Io gli scompiglio
i capelli biondi.
“No, tesoro.
Domani la mamma compra una cornice e lo attacchiamo in salotto o dove
preferisci.”
Lui mi regala un
sorrisone e mi dà un bacio prima di scappare a lavarsi.
“È un bel
bambino.”
“Sì, lo è. Credo
di aver fatto un buon lavoro.”
“Sì, lo hai fatto.”
Io mi alzo.
“Adesso vado da
Ava e poi a metterlo a letto.”.
Mi alzo dal
divano e vado in camera di mia figlia che è china sui
compiti.
“Come procede?”
“Ho quasi finito.”
Mi risponde.
“Allora aspetterò
qui, se non ti dispiace.”
“No, va bene.
Tanto il microbo si sta lavando.”
Io rido, Ava ha iniziato a chiamare Jonas microbo da quando aveva pochi
mesi e
non ha mai smesso.
“Non è più un
microbo, lo sai!”
“Sì, ma è
divertente chiamarlo microbo!”
Su questo non
c’era ombra di dubbio.
Poco dopo lancia
la penna contro il muro e tenta di appoggiare i piedi sulla scrivania.
“Ops! Vero che
non posso?”
“Hai centrato
perfettamente il punto, ma stasera farò finta di non averti
visto.”
“Grazie.”
Si mette in
pigiama e le lascio il solito bacio sulla guancia.
“Prima o poi
tornerà tutto come prima, vero?”
“Sì, prima o poi
tornerà tutto come prima.
Anche gli adulti
possono sbagliare, l’importante è ammetterlo e
tornare sui propri passi.”
Lei annuisce, io
esco e vado in camera di Jonas: sta guardando una foto fatta
l’estate scorsa in
un parco acquatico.
“Ehi, campione!
Ti va se ti leggo una storia.”
“No, dormiresti
con me?”
Io sorrido.
“Vado a mettermi
in pigiama e arrivo.”
Scendo dabbasso, saluto velocemente Anne e Johnny, mi lavo e mi metto
in
pigiama.
“Eccomi qua!”
Ci mettiamo a
letto insieme, lui si stringe contro di me come se temesse di perdermi.
“Tu non farai
come papà, vero?”
Mi sussurra.
“No, io ci sarò
sempre per te e anche papà tornerà.
Non avere paura.
Noi siamo i tuoi
genitori e siamo qui per stare con te.”
Lui annuisce,
mormora un “buonanotte” e si addormenta subito.
Poco dopo lo
seguo anche io, pensando che riuscirò a far rinsavire Tom a
tutti i costi.
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Capitolo 8 *** 7)Nuova vita, nuovo pianeta. ***
7)Nuova vita, nuovo
pianeta.
Il
grande giorno
è arrivato.
Oggi ci
riprenderemo Tom – costi quel che costi – e ci
libereremo di quei bastardi.
Jonas, Ava e Jack
sono al sicuro con Anne e qualcuno dei miei soldati, il gruppo di
liberazione è
composto da me, Mark, Johnny e Keisha.
David non è molto
d’accordo sul fatto che venga anche sua moglie, dato che
è incinta, ma
purtroppo ci serve anche lei.
Ora stiamo
guidando verso la periferia di San Diego, tesi come corde di violino.
“Allora,
ripassiamo il piano. Prendiamo le fattezze delle cinque guardie del
corpo, uno
di noi libera Tom ed eventualmente altri prigionieri, Keisha si occupa
del
composto che farà esplodere questo posto e gli altri mettono
ko il dottore e il
capo della sicurezza.”
“Sì, Johnny.
Esatto.”
Rispondo io.
“Jo, pedina
quella macchina è una di quelle dei tizi che ci
interessano.”
Lui esegue e
prima di arrivare al magazzino riusciamo a farla fermare, Johnny
scende,
sentiamo dei rumori di lotta e uno scricchiolio sinistro. Credo che
questo tipo
non sarà più un problema.
“Fatto, adesso io
vado.
Voi aspettate gli
altri, ho già sistemato il suo corpo, ora è parte
della polvere di
quest’aiuola.”
“Perfetto.”
La macchina
riparte e noi aspettiamo i prossimi, piano piano passano tutti e tocca
a me far
sparire quest’auto, decido di farla diventare un cespuglio.
Ci ritroviamo di
nuovo al magazzino, entriamo senza problemi, nessuno ci nota.
Sempre nervosi ci
dirigiamo verso la direzione, dove sappiamo esserci il dottore e il
“nostro”
capo, non ci ferma nessuno perché siamo i più
temuti e odiati di questo posto.
Entriamo e i due
ci guardano sorpresi.
“È arrivato il
karma, cari!”
Dico con voce
profonda.
“Cosa dite?”
“Che la festa è
finita, bastardi, e che rimpiangerete il giorno in cui vi siete messi a
studiare Tom DeLonge!”
Io e Johnny
partiamo all’attacco, disarmare e legare il dottore non
è molto difficile, è
l’altro che si rivela essere un problema.
Cerca di spararci
e così facendo rischia di attirare altra gente e di rovinare
il lavoro di Mark
e Keisha. Mi porto dietro di lui ed evoco la mia falce, con un colpo di
quella
fatta di materiale alieno lo sorprendo alle spalle.
Cade a terra
morto.
“Keisha, come
va?”
“Tra poco ci
siamo. Legatelo.”
Detto fatto.
-Ragazzi, ho
liberato Tom, un paio di barboni e un paio di prostitute. I terrestri
sono
tutti fuori, Tom è incosciente.-
-Portalo qui, ci
penseremo noi.-
Mark arriva poco
dopo trascinandosi dietro il corpo dell’amico.
“Eccomi. Pronti
ragazzi?”
“Keisha?”
“Un attimo,
vorrei dire al dottore un paio di cose. La prima è che
inutile che cerchi di
liberarsi, le corde con cui è legato sono fatte di un
materiale molto
particolare. Scompaiono solo quando la vittima è morta e non
lasciano segni.
Secondo ho
preparato un composto che tra poco farà esplodere lei e
questo posto, le rimane
poco da vivere e poco tempo per redimersi.
Vuole dire
qualcosa?”
“No, non rinnego
niente di quello che ho fatto perché l’ho fatto in
nome della scienza.”
“Perfetto.”
Keisha aggiunge
un’ultima cosa al composto, poi urla:
“Via!”
Io e Johnny
prendiamo ciascuno una mano di Mark, che si carica Tom sulle spalle poi
ci
concentriamo tutti e tre per andare alla casa nel deserto.
Quando apriamo
gli occhi sono tutti lì, compresi Anne, David e i bambini.
“Siamo salvi.”
“Mamma, come mai
papà è svenuto?”
Mi chiede
spaventata Ava.
“Perché non sta
bene, ma tra poco starà bene.
Keisha sei pronta
per i cloni?”
“Sì, uno per voi
e i bambini e anche per Johnny e Anne.”
Io la guardo
senza capire.
“Johnny e Anne?”
“Voglio vedere il
mio pianeta di origine con mia moglie, cosa c’è di
male?”
“Nulla.”
La mia amica crea
i cloni necessari e poi ci guarda triste, noi l’abbracciamo
come facciamo con
tutti gli altri, tra poco ce ne andremo e staremo via almeno un paio
d’anni.
“Mi raccomando
state bene, Keisha mandami una foto del bambino o bambina.”
“Sì, Chia, ma ora
vai.”
Io e gli altri
entriamo nella colonna che questa volta risplende di una voce bianca.
“Vi porterà alla
prima astronave amica che troverà, il principe ha detto che
ne ha messa una
appena fuori dal sistema solare.”
“Perfetto. Ciao a
tutti!”
Poi la luce
diventa accecante e ci ritroviamo in un ambiente asettico di metallo
con tutti
gli elementi blu.
Muoviamo qualche
passo e davanti a noi si materializza un gruppo di soldati che si
inginocchia
al nostro cospetto.
“Principessa,
siamo felici di rivederla.”
“Anche io.”
“Non si preoccupi
per suo marito, verrà guarito al più
presto.”
“Lo spero, quanto
manca al pianeta?”
“Un giorno di
viaggio.”
Io sospiro.
“C’è qualcuno che
può prendersi cura di Tom?”
“Certamente.”
Un uomo si fa
avanti.
“Sono il medico
di bordo, cercherò di farlo arrivare nelle migliori
condizioni.”
L’uomo prende Tom
e lo stende su una barella che qualcuno ha portato, l’oggetto
si solleva da
solo e noi lo seguiamo.
Il medico inizia
a visitare Tom.
“Fisicamente è
solo disidratato, ma il suo cervello è sull’orlo
della rottura, un’altra
sessione da macellai come questa e sarebbe impazzito.
Cercherò di
migliorare o almeno mantenere stabile la situazione, io non sono un
medico
abile in questo campo: ci sono strutture adatte sul pianeta.”
Io annuisco.
“Sì, me l’ha
detto mio fratello. Secondo lei si riprenderà?”
L’uomo esita un
attimo.
“Sì, ma avrà una
personalità leggermente diversa. Sarà
più riflessivo e silenzioso, credo. Di
solito sono questi gli effetti collaterali delle cure.”
“Capisco, non
importa. L’importante è che stia bene.”
“Starà bene, ora
le consiglio di riposare, mi sembra stanca e provata e anche i bambini
lo sono.”
Il medico mi
accompagna alla mia stanza, dentro ci sono tre letti, un armadio, una
scrivania
con tanto di sedia e il nostro bagno.
“Grazie mille e
ringrazi chi ha predisposto tutto questo, non penso di
meritarmelo.”
“Scherza? Ha
salvato il pianeta, si merita questo e altro!”
Io sorrido
debolmente, lo saluto e chiudo la porta dietro di me con un sospiro.
“Mamma, possiamo
dormire?”
“Certo.”
Loro si cambiano
diligentemente e si infilano nei letti, bacio sulla fronte Ava e
racconto una
storia a Jonas che si addormenta a metà.
Bene, adesso è il
mio turno di mettermi a letto, mi tolgo i vestiti e metto una maglia
lunga dei
blink che uso come pigiama.
Mi addormento
senza problemi.
Mi risveglio dopo non so
quanto.
Almeno tre ore
credo, mi cambio ed esco dalla camera, incontro subito un soldato a cui
chiedo
l’ora, lui mi risponde dicendo che stava per venire chiamarmi
perché la cena
sta per essere servita.
Io gli sorrido e
torno dentro, sveglio i bambini.
“Ragazzi è ora di
cena, suppongo.”
Loro si svegliano
piuttosto di malavoglia, ma alla fine mi seguono lungo il corridoio,
finiamo
per ritrovarci nella stessa sala in cui siamo arrivati, solo che questa
volta
c’è un grande tavolo pieno di cose da mangiare.
Ci sediamo e
tutti guardano me, così capisco che devo essere io la prima
a mangiare per
poter dare inizio alla cena.
Va bene.
Prendo un
po’ di carne e insalata e inizio a
mangiare, tutti mi seguono e ben presto la sala è piena di
chiacchiere da cui
mi sento tagliata fuori.
Pazienza.
In fondo sono io
l’estranea in questa stanza e sono loro che mi stanno facendo
un piacere a
darmi un passaggio verso il mio pianeta natale.
Ava e Jonas non
sono per niente entusiasti, anche se ho giurato a entrambi che saremmo
tornati,
e posso capire il loro punto di vista. Non solo devono cambiare
città, ma anche
pianeta, roba da far impazzire qualsiasi bambino o ragazzino.
“Ragazzi, non vi
preoccupate! Andrà tutto bene!”
“Se lo dici tu!”
Mi risponde Ava
poco convinta,
addentando una patatina
fritta con aria triste.
“Mi mancano le
mie amiche.”
“Te ne farai di
nuove.”
Rispondo
conciliante io.
“Quelle vecchie
andavano benissimo.”
Mugugna lei
tetra, un punto per mia figlia.
“E tu te le
ricordi le tue amiche di lassù?”
Io mugugno
qualcosa.
“Mamma?”
“Il mio caso è un
po’ diverso, io non sono più quella di
lassù. Io sono morta e mi hanno
duplicata, quindi è ovvio che non senta amicizia verso
persone che non
conosco.”
“Oh, sarà un
disastro!”
Commenta lei.
“Dai, non
esagerare! Ce la caveremo.”
Lei non risponde
e continua a mangiare, dopo cena si chiude in camera per suonare la sua
chitarra, io vado dal dottore che monitora Tom.
“Come sta?”
Gli chiedo.
“Oh, bene.
Fisicamente, dico, per il resto sono riuscito a fare ben poco, se non
tenere la
situazione stabile.”
Io mi siedo su
una sedia e mi prendo la testa tra le mani.
“È colpa mia!
Sapevo che qualcosa non andava, ma non ho agito, ho pensato che lui
sapesse
cavarsela da solo e mi sbagliavo!
Adesso sono qui a pregare che le cose vadano bene, che lui si salvi e
che i
miei figli non mi odino per averli sradicati per un po’ dal
loro pianeta.”
Scoppio a
piangere, mettendo a disagio il dottore, che mi guarda senza sapere
bene cosa
dire o fare. Alla fine decide di lasciarmi sfogare, poi mi prescrive un
sonnifero per essere certo che dormirò.
Io accetto la
pillola color lillà e mi trascino in camera mia, buttandomi
sul letto, Ava mi
ignora e continua a
suonare e io mi
addormento al suono della sua chitarra.
Mi sveglio la
mattina dopo quando mia figlia mi avvisa che siamo arrivati, tiene per
mano suo
fratello e i bagagli sono accatastati in un angolo.
“Grazie, Ava!”
Mormoro con voce
roca.
Mi alzo e prendo
una valigia, ma un leggero bussare alla porta mi interrompe, vado ad
aprire e
mi trovo davanti un paio di ragazzi in divisa.
“Sì?”
Chiedo spaesata.
“Siamo venuti a
prendere i bagagli.”
“Oh, capisco.
Sono là.”
Indico la catasta
e loro la portano via, noi li seguiamo nervosi, Ava è
addirittura spaventata,
si guarda intorno freneticamente, come se si aspettasse di essere
attaccata da
un momento all’altro. Io le poso una mano sulla spalla per
calmarla.
“Tranquilla, va
tutto bene. Sei tra amici e tra poco conoscerai tuo zio.”
“Sì, non ti devi
preoccupare.”
Mi fa eco Johnny,
gioviale, Anne però stringe la sua mano in una presa ferrea.
“Fa strano
tornare a casa, eh?”
“Non è casa, Johnny. Ha smesso di esserlo quando
siamo morti.”
Rispondo a bassa
voce io, causando un suo sbuffo.
“Siamo atterrati,
comunque e dobbiamo uscire.”
“ Va bene.”
Seguiamo i
soldati e scendiamo dall’astronave: il cielo è di
una meravigliosa sfumatura di
lillà con due lune che stanno sorgendo.
“Siamo arrivati
poco dopo il tramonto.”
Commenta John, io
mi guardo intorno per vedere se qualcuno è venuto a
prenderci e noto una testa
blu che svetta tra
gli elmetti.
Prendo Ava e
Jonas per mano e mi muovo verso quella testa, seguita da Johnny e Anne,
come pensavo
appartiene a mio fratello. Lui sorride non appena mi vede e si libera
delle
guardie per abbracciarmi.
“Ava!”
Urla,
stringendomi più forte.
“Hen! Dio, come
sei cambiato!”
“Sono il re adesso,
tu però non ti chiami più Ava, giusto?”
“No, mi chiamo
Chia ed è meglio che mi chiami così
perché la mia primogenita si chiama Ava.”
Lui guarda
curioso Ava e Jonas.
“E così questi
sono i mie nipoti. Ciao, io sono lo zio Hen.”
“Io sono Ava e
lui è Jonas.”
Si presenta
educatamente lei.
“Sono molto
felice di conoscervi.”
“Anche noi.”
Lui sorride.
“Nessuno di loro
ha ereditato i nostri capelli.”
“Ti sbagli. Ava,
mostra allo zio come sono i tuoi veri capelli.”
Lei annuisce e in
attimo i suoi capelli biondo scuro diventano azzurri, gli occhi di mio
fratello
scintillano di gioa.
“Hen, dov’è Tom?”
“L’hanno sbarcato
e portato in una struttura adatta, dopo potrete andarci.
Ehi, Rath! Tu non
vieni dai vecchi amici?”
Il mio amico si
avvicina sorridendo.
“Ciao, Hen. Vedo
che ti ricordi ancora di me.”
“Difficile dimenticare il tuo migliore amico, compagno di
tante marachelle e
battaglie.”
I due si
abbracciano come se si fossero visti l’altro giorno e non una
vita fa.
“Chi è questa
graziosa ragazza?”
“Ti presento mia
moglie Anne.”
Lei tende una
mano a Hen, ma lui inaspettatamente la abbraccia, mettendola
leggermente a
disagio.
“Ottima scelta,
amico.”
“Vero, io scelgo
sempre il meglio.”
Risponde lui con il suo vecchio ghigno da ragazzaccio insolente, Hen
sorride.
“Vedo che nemmeno
stare su un altro pianeta ha cambiato il tuo carattere. Sempre sicuro
di te,
vero?”
“Sempre. Vero,
Anne?”
“Vero.”
Ridacchia lei.
“Bene, ora
seguitemi. Ci aspetta una cena e poi dobbiamo visitare Tom.”
Noi annuiamo e
saliamo su una specie di macchina volante viola che si mette in moto
non appena
Hen sfiora un pulsante. Una volta le sapevo guidare anche io, adesso
non
saprei.
“E tu Hen? Sei
sposato?”
Lui annuisce.
“Sì, conoscerete
mia moglie Naira al palazzo, è la figlia del re della luna
nostra alleata.”
“Capisco.”
Dico io piano.
Arriviamo al
palazzo, Anne e i bambini sono impressionati: Ava stringe forte la mia
mano e
Jonas insiste per essere preso in braccio.
Arriviamo in un
salone gigantesco, una donna con una tunica verde e i capelli bianchi
ci
aspetta sorridendo.
“Io sono Naira,
piacere.
Tu devi essere
Chia, giusto?”
“Giusto, piacere
di conoscerti.”
Le sorrido, lei
mi sorride di rimando.
“Loro sono Ava e
Jonas, i miei figli.”
“Che carini!!”
“Salutate zia
Naira!”
Loro due lo
fanno, intimiditi.
“Mamma, ha i
capelli bianchi!”
Mi sussurra Ava
in un orecchio.
“È un segno della
sua provenienza, tutti nel suo regno hanno i capelli bianchi.”
Lei annuisce.
“Io sono Rath e
questa è mia moglie Anne.”
Si presenta
Johnny, si stringono le mani sorridendo, lui non sembra a disagio, Anne
un
pochino.
Deve essere
normale, è su un pianeta alieno, circondata da alieni che
non sa se siano
pericolosi o meno, visto che gli ultimi alieni con cui ha avuto a che
fare
volevano ucciderla.
Ha un sorriso un
po’ tirato, ma penso che si abituerà presto:
dobbiamo rimanere qui almeno un
paio d’anni.
“Bene, cosa ne
dite di andare a mangiare?
Dovete essere
affamati dopo questo lungo viaggio.”
Naira ci scorta
nel salone e ci indica le sedie, noi prendiamo posto impacciati. Io sto
pensando
a Tom, starà bene?
Riusciranno
salvarlo?
“Tutto bene,
sorellina?”
Mi chiede Hen.
“No, sto pensando
a Tom.”
“Non preoccuparti, starà bene. qui ci sono delle
cliniche specializzate di
altissimo livello.”
Io annuisco.
“Adesso pensa
alla cena.”
Giusto, la cena.
Spilucchio solo
qualcosa del sontuoso pranzo, voglio solo vedere Tom e mio fratello lo
capisce
perché immediatamente subito dopo il dolce mi prende per
mano e mi conduce
fuori dal palazzo.
La città dorme
tranquilla sotto le due lune, deve essere un giorno lavorativo
perché c’è poca
gente in giro, in gran parte festaioli brilli o fatti.
Arriviamo davanti
a un grande edificio bianco ed entriamo, non ci ferma nessuno, nemmeno
l’infermiera di turno al bancone dell’accettazione.
Io seguo docile
mio fratello fino a quando ci fermiamo davanti a una stanza, lui mi fa
cenno di
entrare e io abbasso piano la maniglia.
Tom giace a letto
collegato a mille tubi, ma è sveglio e sorride quando mi
vede.
“Chia.”
“Tom…”
Esalo.
“Mi dispiace,
sono stato…”
Io gli metto un
dito sulle labbra.
“Non fa niente,
possono aspettare.”
Quello che conta
è vedere di nuovo mio marito sveglio e sé stesso.
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Capitolo 9 *** 8)Ambientarsi. ***
8)Ambientarsi.
Ci sono momenti
che sono irripetibili, unici perché hanno un qualcosa di
speciale che non può
essere riprodotto altrove.
Questo è uno di
questi.
Sto guardando
negli occhi Tom e – per la prima volta da secoli –
sono sinceri, gli occhi del
ragazzo che ho imparato ad amare e non dell’uomo che viveva
con me.
I nostri occhi
dialogano in silenzio su tutte le cose che sono successe e si perdonano
reciprocamente cattiverie, pessimi comportamenti ed errori.
“Chia, mi
dispiace per tutto quello è successo, avrei dovuto tirarmi
indietro dopo il
primo incontro, ma la curiosità era più forte di
tutto.
Quando ho capito
cosa stavano tramando era troppo tardi, mi minacciavano, dicevano che
se me ne
fossi andato avrebbero fatto del male a voi e io non volevo.
Sono diventato un
pupazzo nelle loro mani e ti ho persino fatto del male, mi dispiace
moltissimo,
non ci sono parola per scusare il mio comportamento.”
“Va tutto bene,
Tom.
Io ti amo, Ava e
Jonas ti vogliono ancora bene e ora sei in un posto in cui ti
rimetteranno in
sesto. Indovina un po’ dove sei?
Sei sul mio
pianeta, così potrai finalmente vederlo e soddisfare le tue
curiosità di
complottista.
Non c’è nulla di
perso, solo bisogna avere pazienza per aggiustare le cose e sono sicura
che ce
la faremo.”
Lui annuisce, ha
gli occhi lucidi.
“Mi sei mancato,
Tom.”
“Anche tu.”
Un lieve bussare
interrompe la nostra conversazione, un uomo entra nella stanza e mi
sorride.
“Sono il dottor
Yin, mi occuperò io di suo marito.”
“Come sta?”
“Hanno fatto un
lavoro da macellaio, ma io sono fiducioso, lo recupereremo. Ora
però devo
chiederle un piccolo favore: potrebbe andarsene?
Il paziente ha
bisogno di riposare.”
“Va bene.”
Lascio un bacio
sulla guancia di Tom ed esco dalla stanza sollevata, Hen mi sorride.
“Allora?”
“Mi sento meglio,
grazie fratello.”
“Di nulla. Adesso so potrai dormire sonni
tranquilli.”
Usciamo insieme dall’ospedale,
godendoci la brezza fresca della notte mentre torniamo a palazzo.
Troviamo tutti in
piedi nel salone, io guardo accigliata Anne.
“Perché non hai
messo a letto i bambini?”
“Perché volevano
sapere come stava Tom e non c’è stato verso di
mandarli a letto.”
Io annuisco.
“Mamma, come sta
papà?”
Mi chiede Ava
correndomi incontro.
“Bene. Abbiamo
parlato un po’ e sta tornando la persona che tutti amiamo,
adesso però a
letto.”
I miei due figli
si fanno mettere a letto senza tante storie e io li seguo poco dopo,
parlerò
domani con Anne e Johnny. Sono veramente stanca e un buon sonno
è tutto quello di
cui ho bisogno, visto lo stress dell’ultimo periodo.
Adesso sembra che
le cose stiano andando nel verso giusto e spero che succeda sul serio,
non so
se ce la farei a sopportare un altro periodo di merda come questo.
Spero che stare
sul mio pianeta per qualche anno ci aiuti a recuperare la
serenità di prima.
Con questi
pensieri in testa mi addormento, cadendo in un sonno senza sogni
né incubi.
La mattina dopo
vengo svegliata dai raggi del sole, mugugnando mi alzo per tirare la
tenda e
dormire ancora un po’, ma prima guardo un po’ il
paesaggio.
Il cielo è di un
azzurro quasi abbacinante, solcato da qualche nuvola bianca, la
città è
costruita prevalentemente con materiale bianco e sembra risplendere di
luce
propria con un sole del genere, persino il verde del giardino sembra
una
tonalità più forte di quello terrestre.
Che strano,
chissà perché è tutto così
luminoso?
Tiro la tenda e
me ne torno a letto, non dormo molto visto che nemmeno un’ora
dopo vengo
svegliata da Ava e Jonas che saltano sul mio letto.
“Ragazzi, che
c’è?”
Chiedo
rintronata, strofinandomi gli occhi.
“Mamma, vogliamo
vedere papà.”
“Giusto. Beh,
prima facciamo colazione e poi andiamo all’ospedale e
chiediamo se possiamo
vederlo, magari adesso sta facendo la terapia.”
Rispondo io con
la mia miglior voce roca, quella che ho appena sveglia.
“Va bene, mamma.
Adesso ti lasciamo lavare e cambiare.”
Se ne vanno, io
mi stiracchio e poi mi dirigo verso il bagno con i vestiti che voglio
indossare, mi butto sotto la doccia e lascio che l’acqua lavi
via la mia
stanchezza e il mio senso di straniamento.
Mi sento
un’aliena su questo pianeta.
Finito, mi guardo
allo specchio, riflette una giovane donna dai capelli azzurri che
indossa un
paio si shorts sfilacciati, una maglietta lunga dei blink e un paio di
anfibi.
Dio, sembro una
quindicenne!
Chissenefrega, mi
dico, esco dalla mia stanza e raggiungo i ragazzi nella sala dove
abbiamo
pranzato ieri sera. Lì è già
perfettamente imbandita la colazione ed è piena di
cose buone, come in un hotel a cinque stelle.
Non sono abituata
a questo lusso!
“Cavolo, è sempre
così la colazione qui?”
Chiedo stupita, facendo ridere mio fratello e sua moglie.
“Sì, nel caso te
lo fossi dimenticata sono il re di questo pianeta e posso concedermi
certi
lussi.”
“Giusto.”
Mi siedo e ordino
un cappuccino a un cameriere, poi addento un pancake: ottimo.
“Avete copiato
bene la cucina terrestre!”
“Tutto per farti
sentire a casa, sorellina e poi questi pancake sono davvero
buoni.”
Io annuisco.
Arriva il mio
cappuccino e me lo godo insieme a una brioche, mangio una fetta di pane
con
burro e marmellata e poi saluto mio fratello. Ava mi sorride, ha capito
dove
stiamo andando e prende per mano Jonas.
Insieme ci
dirigiamo verso l’ospedale, cogliendo l’occasione
di dare un’occhiata alla
città: è animata, piena di gente che va al lavoro
e di botteghe che attirano i
più diversi clienti.
“Come farò con la
scuola?”
“Mi metterò
d’accordo con Hen e vedremo cosa fare.”
“E con le amiche?”
“Ne troverai di nuove.”
Ancora una volta
suono poco convincente perché Ava sospira senza aggiungere
altro.
Finalmente
arriviamo davanti all’ospedale ed entriamo, la donna che
c’è all’ accettazione
ci chiede per chi siamo venuti.
“Siamo qui per
Tom DeLonge.”
La donna sgrana
gli occhi, come se avesse davanti la Madonna in persona.
“Lei è la
principessa!”
“Ehm, sì.”
“Venite, vi
accompagno.”
“Non ce n’è bisogno, basta che ci dica
dov’è.”
Dico arrossendo.
“No, venga. Mi
segua.”
Facciamo come dice
e prendiamo un ascensore e poi percorriamo un lungo corridoio fino ad
arrivare
alla porta verde della stanza di Tom.
“Grazie mille,
signora.”
“Non si preoccupi, sono così contenta che sia
tornata per un po’ da noi!”
Ava mi guarda
perplessa.
“Qui sei tu ad
essere più famosa di papà.”
“Curioso, vero?”
Le rispondo
ridendo.
Apriamo la porta
e troviamo Tom sveglio che legge qualcosa, Ava e Jonas saltano subito
sul letto
e vengono abbracciati da lui.
“Mi siete
mancati, piccoletti! Come state?”
“Bene, ci sei mancato anche tu, papà.
Ora sei tu?”
“Sì, sono io e
continuerò a essere io per un po’, mi stanno
guarendo per questa ragione.”
I miei figli
sorridono e cominciano a chiacchierare con Tom, io mi godo in silenzio
lo
spettacolo, finalmente è tornata un po’ di pace.
Non credo che
saranno sempre rose e fiori, che la terapia lo metterà
sempre di buon umore, ma
sono certa che alla fine questa diventerà la nostra
normalità.
Torneremo a
essere la famiglia unita che siamo sempre stati e a questo pensiero un
sorriso
si forma spontaneo sulle mie labbra.
Non è così facile
distruggere i DeLonge, alla fine ce la fanno sempre in un modo o
nell’altro.
“Chia?”
“Sì, Tom?”
“Secondo te è
possibile parlare con Mark?”
Io mi gratto la testa.
“Non ne ho idea,
chiederò a mio fratello.
Come mai questa
richiesta?”
“Beh, vorrei scusarmi con lui per la storia dei blink, non si
meritava una cosa
del genere.”
“Lo dirò a mio fratello e vedremo cosa diranno i
dottori, forse non sei ancora
pronto, in fondo sei qui solo da un giorno e non sarà una
cosa facile
guarirti.”
“Ho passato tutta
la mia adolescenza a combattere i massoni e poi sono stato fregato alla
grande
da loro.”
“Oh, non preoccuparti. Ce ne siamo andati con il botto, ti
lasceranno in pace.”
Tom mi guarda senza capire, io gli faccio cenno che glielo
racconterò tutto
un’altra volta quando non ci saranno i bambini.
“Se lo dici tu mi
fido.”
Risponde quieto
Tom.
Rimaniamo con lui
circa un’ora, poi il dottore ci fa gentilmente andare via,
perché per Tom è
arrivata l’ora della terapia.
Quando usciamo
dall’ospedale i bambini sorridono come non facevano da mesi e
io mi sento
leggera, finalmente ho smesso di avere paura di chi può
spiarci attraverso Tom.
Sento che a
piccoli passi ce la faremo.
Fuori
dalla
struttura ospedaliera ci rendiamo conto del sole che splende e che
è una
giornata calda: è davvero un peccato sprecarla dentro al
palazzo.
“Ragazzi, vi va
di fare qualche compera?”
Chiedo ai miei
figli.
“Sì, magari
qualche vestito!”
Si entusiasma
Ava.
“O qualche
giocattolo!”
Le fa eco Jonas.
“Ok, allora
andiamo!”
Ripercorriamo la
strada affollata e questa volta ci fermiamo a dare
un’occhiata alle vetrine.
“Forse dovremmo
prendere dei vestiti eleganti.”
Mormoro tra me e
me.
Entriamo in una
bottega e compriamo delle tuniche
argentate, la mia ha disegni lillà, quella di
Ava disegni viola e quella
di Jonas disegni azzurri. Spero siano abbastanza eleganti per il palazzo.
“Mamma, la
prossima volta compriamo qualcosa di più… meno
elegante, ecco.”
“Sì, va bene.”
Rispondo, nemmeno
io sono una grande amante dei vestiti eleganti, ma se dobbiamo vivere
in un
palazzo reale ho il sospetto che ci serviranno.
Poi ci fermiamo
in altri negozi, Ava compra vestiti più di suo gusto e Jonas
un paio di
giocattoli nuovi, che non vede l’ora di provare, soprattutto
una miniastronave
che può volare a qualche metro da terra.
Arriviamo al
palazzo giusto per il pranzo, Hen e Naira ci aspettano già
seduti, entrambi
sorridenti.
“Come trovi la
capitale?”
“Stupenda,
fratello.
Sembra che non ci
sia mai nemmeno stata una guerra!”
Lui sorride
compiaciuto.
“Abbiamo lavorato
parecchio per farla tornare com’era prima della guerra, sono
orgoglioso dei
risultati ottenuti.”
Poco dopo ci
viene servito il pranzo, io lo trovo delizioso.
“Come sta Tom?”
“Meglio per ora,
Hen. Ho letto che nei primi giorni i pazienti stanno bene, solo dopo si
manifesta una certa instabilità.”
“Hai ragione, ma per
ora goditelo così e non ti preoccupare per il futuro,
è in buone mani, sono
sicuro che i nostri medici faranno un lavoro eccellente.”
“Ne sono certa.”
Finito di
mangiare Hen torna ai suoi impegni di sovrano e Naira se ne va
perché deve
incontrare non so chi di importante.
“È una bella
giornata, potresti portare i ragazzi alle pozze, si divertirebbero
molto.”
Io ci penso un
attimo. Le pozze sono piscine d’acqua naturali, appena fuori
città, non è una
cattiva idea portarli lì.
Aspettiamo che
siano le tre per andarci e poi – dopo aver fatto una borsa
con salviette e
panni di ricambio – seguiamo il consiglio di Naira.
Quando arriviamo
il posto è già abbastanza affollato, tanto che
sia Ava che Jonas si guardano
intorno sbalorditi prima di prendersi per mano.
Io pianto il mio
ombrellone e stendo delle salviette.
“Ava, Jonas!
Volete fare subito il bagno?”
Loro annuiscono e
io li accompagno alla vasca, si buttano tutti e due in
po’incerti, nonostante
sappiano nuotare benissimo entrambi.
Una volta presa
confidenza con l’acqua posso tornare tranquilla al mio
ombrellone per
sorvegliarli, spero facciano amicizia con qualcuno. Le pozze sono il
posto
ideale per farlo, ci vanno tanti bambini e ragazzini.
Naira ha avuto
davvero una buona idea!
Mi stendo sul mio
salviettone, un occhio ai miei due figli, un occhio al sole che mi
riscalda:
siamo stati fortunati visto che il mio pianeta sta mostrando il meglio
di sé.
Mi ricordo che
nella vita precedente prima della guerra venivo spesso alle pozze con
Hen, Jo,
Keisha e Joel, ci divertivamo come matti.
Jo era solito
saltare dalla roccia più alta per fare
l’esibizionista, una volta si era
persino fatto male, strisciando un po’ contro una roccia
sporgente. Sua madre
si era arrabbiata molto, dicendo che era il solito spericolato, noi
avevamo
riso come dei matti.
Jo per po’ aveva
persino avuto il divieto di venire alle pozze, che bei ricordi!
A volte mi domando come sarebbe stata la nostra vita se la guerra non
avesse
travolto tutto come un enorme valanga di odio e rabbia, forse avrei
sposato Jo
e a quest’ora sarebbero i nostri di figli che terrei
d’occhio.
Sono pensieri
inutili, la guerra c’è stata e io sono morta e poi
un mio clone è finito sulla
terra e ha incrociato il sentiero di Tom e, grazie a Dio, ho Ava e
Jonas.
Sorrido, mia
figlia sta facendo amicizia con un gruppo di ragazzino della sua
età: tre
ragazzi e una ragazza.
Magari me li
presenterà, anche perché tra poco è
ora di andare, noto controllando
l’orologio.
Stasera abbiamo
una cena, una di quelle noiose formalità da principesse e
prima voglio andare a
trovare Tom, non voglio che si senta abbandonato.
Jonas esce dalle
pozze, io lo avvolgo in una salvietta e lo asciugo per bene, se non
fosse per i
capelli biondi sarebbe
la copia in
miniatura di Tom.
Ava esce poco
dopo con i ragazzi.
“Mamma, voglio
presentarti alcune persone.”
Io sorrido.
“Lui è Rat.”
Un ragazzo dai
lunghi capelli neri acconciati in tanti dread alza una mano in segno di
saluto.
“Lui è Nai”
Un ragazzino dai
corti capelli azzurri mi fa un cenno di saluto.
“Lui, invece è
Sam.”
Un ragazzo dai
capelli di media lunghezza bianchi azzarda un sorriso verso di me.
“Lei è Sayu.”
Una ragazzina dai
capelli azzurri lunghi mi sorride radiosa.
“Piacere di
conoscervi, ragazzi.
Io sono Chia, la
madre di Ava.
Ava, purtroppo
dobbiamo andare.”
Lei sospira.
“Va bene, domani
ci torniamo?
Loro mi hanno
invitato.”
“Sì, va bene. Per me non c’è
nessun problema!”
Mia figlia mi
sorride e saluta i suoi nuovi amici, poi si asciuga anche lei.
Torniamo di corsa
al palazzo e li spedisco subito a farsi una doccia, io me la
farò dopo, usciti
ci dirigiamo verso l’ospedale.
“Come mai andiamo
così presto oggi?
Mi chiede Ava.
“Perché,
purtroppo, stasera siamo incastrati in una di quelle cene
dell’alta società.”
Sospiro.
“Non ti
piacciono, mamma?”
“No, non molto.
Non le amavo nemmeno nella mia precedente vita, infatti cercavo sempre
ogni
pretesto per non andare, solo che questa volta non la posso
perdere.”
“Perché?”
“Oh, la principessa che torna a casa e tutte quelle
storie.”
“Ahm, capisco.
I miei amici non
ti hanno riconosciuta.”
“Meglio così.”
Le rispondo io.
Quando arriviamo
troviamo Tom a letto che mangia sconsolato del pollo, si rianima non
appena ci vede.
“Ragazzi, Chia!
Che bello vedervi!”
I miei figli
saltano sul letto, costringendo Tom a mettere il vassoio della cena sul
comodino, io mi siedo su una sedia.
“Com’è andata
oggi?”
“Uh, bene, credo.
Ho un po’ di mal di testa, ma il dottore dice che
è normale che possa venire
quando sono costretti a lavorare sul cervello e sulla mente.
Tu?”
“Mamma ci ha
portati alle pozze!”
Urla Jonas.
“Sarebbero?”
“Delle piscine
naturali fuori città.”
Spiego io.
“Vi siete
divertiti?”
“Sì!”
“Io ho anche
conosciuto dei nuovi amici!”
“Sono felice per
te, Ava.”
Le sorride Tom.
“Mi piacerebbe
presentarteli…”
“E a me
conoscerli, ma purtroppo per ora non si può.”
Ava sospira, la
felicità di poco prima sembra essere sparita come la marea.
“Sono sicura che
un giorno glieli potrai presentare, tesoro.”
Sorrido, cercando
di tirarla un po’ su di morale, ma tutto ciò che
ottengo è un pallido sorriso.
Ava soffre molto
per questa situazione, d’altronde lei è sempre
stata quella più affezionata a
Tom, credo che le spezzi il cuore vederlo in un letto
d’ospedale.
Spezza anche il
mio di cuore, ma so che è una cosa temporanea, il dottore mi
è sembrato
abbastanza positivo sulle condizioni di Tom.
Probabilmente lo
recupereranno del tutto e avremo presto tra di noi il nostro stralunato
complottista che ama suonare la chitarra.
Lo spero con
tutto il cuore, in questo periodo sono persino arrivata a pregare Dio
per un
miracolo e forse sta avvenendo.
Devo solo avere
pazienza e tutto si risolverà.
Con queste cose
in testa ricambio l’ennesimo sorriso sincero di Tom.
Dio, quanto mi
mancava!
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Capitolo 10 *** 9) Il mio posto preferito. ***
9) Il mio posto preferito.
Non mi sono mai
piaciuti i ricevimenti e i pranzi, nemmeno nell’altra vita.
Ora sono
costretto a stare allo stesso tavolo con persone che non conosco e che
chiacchierano in tono leggero di altre persone che non conosco.
Spero che il mio
vestito vada bene e che vedano bene quelli dei miei figli, mi sento
leggermente
a disagio, forse anche perché non appena mi hanno visto
tutti si sono diretti
verso di me per salutarmi, congratularsi etc…
Hen e Naira
sembrano a loro agio, ma penso che sia solo lei a essere completamente
a suo
agio, nemmeno mio fratello ha mai amato queste occasioni. Ora che
è il re del
pianeta non può, ovviamente, ignorarle e le sopporta
stoicamente.
“Mamma, come si
mangia questa cosa?”
La voce di Ava mi
distrae dalle mie considerazioni, mi sta indicando quello che
è un pesce.
“Vuoi la verità?
Non ne ho idea, ho completamente dimenticato queste cose della mia vita
precedente. Cerchiamo di imitare gli altri e che Dio ce la mandi
buona.”
Lei ridacchia, smette
quando si sentono degli strani rumori. Uno dei commensali sembra stia
soffocando.
Tutti i miei
campanelli di allarme si mettono a suonare e prendo Ava e Jonas con me
e li
porto in camera loro.
“Mamma, abbiamo
fame!”
“Vi porterò
qualcosa dopo, voi non uscite per nessuna ragione, chiaro?”
Ava intuisce che
la questione è seria e annuisce.
Io esco e torno
nella sala da pranzo, un uomo è steso per terra: ha la
faccia bluastra e gli
occhi fuori dalle orbite. Ho visto abbastanza intrighi da sapere che
non c’è
nulla di naturale nella sua morte, è stato avvelenato.
“Oh, mio Dio che
cosa terribile!”
Commentano quelle
oche delle mogli dei nobili, vorrei strozzarle.
Con gentilezza
io, Hen e Naira allontaniamo tutti dalla stanza e diamo istruzioni a
che sia
portato via il corpo e analizzato il cibo.
La faccia di mio
fratello è pallida e preoccupata.
“Qualcuno trama
alle nostre spalle.”
Esclama cupo.
“Perché dici
questo? Forse era solo andato a male il pesce.”
Risponde Naira,
mostrandosi fin troppo ingenua. Una ingenuità sospettosa,
direi.
“Nessuno muore a
quel modo per del pesce andato a male.”
Replico dura io.
“Cosa stai
cercando di dire?”
“Che quell’uomo è
morto avvelenato, non credo che il veleno fosse per lui, ma per mio
fratello.”
Spiattello
piatta.
“Ma non è possibile!”
“Sì, che lo è.”
Risponde Hen.
“Evidentemente
questa corte non è sicura come credevo,
c’è qualcuno a cui non vado a genio e
vuole togliermi di mezzo. Non me la sentirei nemmeno di escludere gli
Swahn.”
“Ma sono tutti
morti, Hen. Li hai
uccisi tu e quelli
che erano sulla Terra sono stati eliminati da tua sorella e dai suoi
amici.”
“Qualcuno
potrebbe essere sopravvissuto, riescono sempre a sopravvivere. Sono
molto abili
a trovare alleati in personaggi eccentrici o in minoranze.”
“Non mi sento
molto bene, vado a letto.”
Naira lascia la stanza, io la guardo meditabonda.
“A cosa stai
pensando?”
“Alla sua
reazione, Hen. È
stata fin troppo
ingenua nel pensare che potesse essere stato del pesce andato a
male.”
“Non è abituata a
questi intrighi.”
Io sospiro.
“Hen, ha vissuto
nella corte del re di Samia, sa perfettamente come funzionano le cose
in certi
ambienti.”
Mio fratello non
dice nulla e io penso
che purtroppo ci
sono nuove grane all’orizzonte.
“Hen, io vado dai
ragazzi. Devo portare loro qualcosa da mangiare e voglio sapere cosa
vogliono,
tu cosa vuoi?”
“Non ordini nelle
cucine.”
Scuoto la testa.
“Non mi fido, non
si sa chi ha avvelenato quel piatto e potrebbe riprovarci, meglio
prendere del
cibo da fuori.”
“Hai ragione.
Vabeh, prendimi della pizza.”
Io lo guardo curiosa.
“Non sapevo che
il cibo terrestre fosse arrivato fin qui.”
“È arrivato con
qualche turista e qualche soldato e ha trovato una buona accoglienza,
amo la
pizza.”
“Chi non la ama?
Vado dai
ragazzi.”
Lui annuisce e io
lascio la stanza pensando a come presentare la storia, Ava non
vorrà bugie e
Jonas è troppo piccolo per capire o accettare una cosa del
genere.
Arrivo in camera
lui e trovo Jonas che gioca con il suo videogioco e Ava che suona
seduta a
terra con le gambe incrociate.
“Allora? Come sta
quel signore?”
Io rimango in
silenzio, Ava capisce al volo e non dice nulla.
“Non molto bene,
lo hanno portato all’ospedale e la cena è stata
annullata.”
Rispondo a Jonas.
“Mi dispiace.”
“Anche a me. Io e
zio Hen abbiamo deciso di andare a prendere una pizza, venite con
me?”
“Chi direbbe di
no a una pizza?”
Mi risponde
sorridendo Ava, ci cambiamo e usciamo dal palazzo, le vie sono animate
e
sviluppate su più piani come ricordavo. Ovunque brulicano
persone, scale, cavi
e luci.
Raggiungiamo una
pizzeria in uno dei piani intermedi e ne ordiniamo quattro, il
pizzaiolo – un
uomo dai lunghi capelli blu raccolti in una coda – le prepara
e informa
pigramente.
“Come va la
serata?”
“Bene, solo due
omicidi su questo livello.”
“Di norma quanti
ce ne sono? Dieci?”
“Sì, circa.
Vorrei una casa al piano superiore, sarebbe più tranquillo,
ma solo i ricconi
se lo possono permettere e io non guadagno abbastanza.”
Io rimango un
attimo in silenzio.
“La società non è
sempre giusta, cerchiamo di fare del nostro meglio per
migliorarla.”
L’uomo mi guarda
meglio.
“Ma lei è la
principessa! Perché è tornata?
Sulla Terra si
sta meglio.”
“Immagino di sì,
ma una persona a me cara ha bisogno di cure che si trovano solo su
questo
pianeta.”
Lui mi rivolge un
sorriso triste e mi consegna le pizze.
Il
giorno dopo
decido di portare i miei figli a fare colazione al bar.
La città alla
mattina è piena di gente che va al lavoro, i barboni e i
nottambuli sono
spariti da qualche altra parte, magari qualcuno è a casa,
magari qualcuno è
morto.
Mangiamo
tranquillamente e torniamo al palazzo, c’è una
certa agitazione: mio fratello
ha aumentato le misure di protezione.
“Abbiamo un
assaggiatore?”
Chiede Ava.
“Mah, forse sì.”
“E pensare che il
pizzaiolo di ieri sera voleva vivere in un quartiere più in
alto.”
“Vedi, Ava, è
tutta una questione di prospettiva. Lui vede i quartieri alti come un
posto
sicuro, in cui sentirsi finalmente bene e a suo agio, niente
più omicidi,
barboni e polizia.
Per lui sono un
obbiettivo.
Noi che abitiamo
dove vorrebbe lui abbiamo problemi diversi, qualcuno vuole ucciderci ad
esempio
e dobbiamo prendere provvedimenti. Il nostro obbiettivo è
vivere in pace, senza
che nessuno attenti alla nostra vita. Probabilmente, se fossimo sicuri
che
questo avviene nei quartieri bassi, non esiteremmo nemmeno un attimo a
trasferirci lì.”
“Credo di capire.
Nessuno è mai contento a questo mondo, giusto?”
“Fondamentalmente
sì.”
Sospiro io, lei tace.
Credo stia
meditando su quello che le ho detto, è una ragazzina molto
sveglia, ha preso
tutto da Tom.
“Chia, Ava,
Jonas!”
Hen si fa largo
tra la folla e ci raggiunge.
“Allora,
fratello?”
“Abbiamo
aumentato i controlli sul cibi e mi dispiace ammettere che, purtroppo,
abbiamo
un assaggiatore.”
“Qualche idea su
chi sia stato?”
“No, le nostre spie
che lavorano nei piccoli circoli Swahn non ci hanno riferito di piani
di questo
genere.”
Io rimango in silenzio.
“È possibile che
li sospettino di essere spie?”
“No, non credo. È
tutto così complicato, non abbiamo indizi.”
Io invece uno ce l’ho e non posso condividerlo con lui: lo
strano comportamento
di Naira.
Sembra davvero
troppo ingenua, ingenua in modo sospetto e colpevole. I rapporti con
Samia sono
sempre stati buoni, ma ci sono state alcune proteste per il trattamento
che
abbiamo riservato ai traditori di Ioria.
E se le due lune
si fossero alleate contro di noi?
Potrebbe essere
possibile e la cosa non mi piace per niente, perché se non
fermiamo in tempo
questo complotto – se esiste – potrebbe riportare
di nuovo la guerra sul
pianeta e non possiamo permetterlo.
Izzie è morta per
questa guerra e non voglio che la sua morte rimanga senza significato,
dobbiamo
mantenere a tutti i costi la pace.
“Beh, io vado in
camera mia un attimo, poi andrò a trovare Tom.”
Dico a mio
fratello, lui annuisce.
Io e i ragazzi
andiamo nelle nostre stanze, io ne approfitto per andare in bagno e
truccarmi
un pochino per Tom. Un quarto d’ora dopo stiamo uscendo dal
palazzo, le guardie
sono aumentate da quando siamo arrivati. Inizio a pensare di portare
sfiga.
Facciamo la solita
strada verso l’ospedale, ma la gente mi sembra più
preoccupata, sento mormorii
pessimisti su venti di guerra con le lune.
Le notizie
volano, noto, nonostante dal palazzo si sia cercato di non far
trapelare nulla.
È sempre così, più cerchi di tenere
qualcosa segreto, più tutti lo sanno e
nessuno dice mai chi gliel’ha detto.
Arriviamo
all’ospedale e troviamo un Tom più cupo del solito.
“Voglio uscire da
questo posto, sto bene!”
Mi apostrofa non
appena mi vede.
“Lo sai che è
troppo presto, non sei ricoverato da nemmeno una settimana e lo sai
anche tu
che questi trattamenti richiedono molto tempo.”
“Voglio andare a
San Diego e fare surf a Tijuana.”
Sono secoli che non va a fare surf lì, perché
vuole andarci proprio adesso?
“Ci torneremo e
farai surf a Tijuana, ma per ora devi rimanere qui, è per il
tuo bene!”
“Non è vero!”
Io e i bambini lo
guardiamo straniti
“Tu volevi solo
tornare sul tuo pianeta e fare la principessa!
Adesso che arriva
la guerra, immagino ti sentirai a tuo agio, sei nata per combattere!
Non è un caso che ti porti appresso quella
collana!”
Io sospiro.
“Forse è meglio
che ce ne andiamo, oggi non mi sembri in te, Tom.”
Usciamo dalla
stanza e cerco il dottore
che ha in cura Tom, lui sorride non appena mi vede, ma suo sorriso non
dura a
lungo.
“Il paziente è di
pessimo umore, vero?”
“Esattamente.”
Lui mi guarda
comprensivo.
“A volte può
succedere, dopo pochi giorni di terapia il paziente crede di essere
guarito e
di conseguenza vive lo stare qui come un atto contro di lui. Pensa che
lo si
sia messo in prigione.”
“Quanto dura questa fase?”
“Va a giorni
alterni. In alcuni casi si sono avute due settimane di seguito di
malumore.”
“Capisco. Forse è
meglio che io non venga a visitarlo.”
Il dottore rimane
un attimo in silenzio.
“Sì, forse è
meglio.
Il paziente può
diventare aggressivo verbalmente e fisicamente verso la
famiglia.”
“Grazie mille,
dottore.”
“Di nulla, signora. Faccio del mio meglio e il caso del
signor DeLonge è
piuttosto delicato. I terrestri non dovrebbero lavorare sui cervelli,
non ne
hanno ancora le competenze necessarie.”
“Difatti è stato sottoposto a esperimenti
illegali.”
“È vero che qualcuno ha tentato di avvelenare sua
maestà?”
La sua domanda mi lascia un attimo interdetta.
“Non sono
autorizzata a rispondere.”
Balbetto,
facendolo sorridere.
“Non ce n’è
bisogno, il suo volto ha risposto per lei.”
“Beh, è meglio
che vada, arrivederci!”
Lo saluto di
fretta, maledicendo la mia scarsa capacità di controllare le
emozioni in questo
momento così difficile.
Odio essere un
libro aperto in cui la gente legge quello che vuole, mi dà
davvero ai nervi.
Tornati a palazzo,
Ava mi chiede il permesso di andare alle pozze con i suoi amici
– glielo
accordo – e Jonas si mette a
disegnare. Io prendo in mano un libro, ma non leggo nemmeno mezza
parola, nella
mia testa turbinano troppi pensieri e nessuno di questi è
bello.
All’improvviso mi
sembra di essere precipitata in una sorta di girone infernale: mio
fratello è
in pericolo, la pace è in pericolo e Tom è
furioso come un leone in gabbia.
Una situazione
meravigliosa.
È inutile che io
continui a fingere a leggere un libro di cui non mi importa nulla,
sarà sicuro
lasciare Jonas da solo?
Per precauzione
lascio un paio dei miei soldati e poi esco in giardino. Mi ha sempre
fatto
piacere camminare nei viali ordinati, ammirando il verde dei prati
punteggiati
dal bianco delle margherite, le aiuole e gli alberi ora in fiore.
C’è un buon
profumo e sento un po’ di pace entrare in me, nella mia
vecchia vita avevo un
posto preferito in questo grande giardino.
Chissà se c’è
ancora?
Continuo a
camminare seguendo i sentieri a volte di ghiaia, a volte di pietre
ordinatamente posate, gli uccellini cantano spensierati
Credo che a loro
non importi nulla se ci sarà o meno una guerra, basta
trovare del cibo e
qualcuno con cui accoppiarsi.
Finalmente arrivo
a quello che chiamo il mio posto, è un piccolo laghetto
attraversato da un
ponte rosso, d’autunno è magnifico ammirare le
foglie che cadono pigre
nell’acqua, in primavera succede con i fuori degli alberi.
Mi siedo sulla
riva e noto che l’acqua cristallina è solcata da
piccoli fiori di tutti i
colori, sorrido e prendo in mano un sassolino.
Quando ero
nervosa o preoccupata venivo qui e tiravo i sassolini nel laghetto per
vedere
quanto riuscivo a farli saltare. Ne tiro uno e dopo tre salti sprofonda
nell’acqua.
Continuo a farlo
per un po’ di volte, finché non mi viene voglia di
andare sul ponticello rosso
e guardare i fiori e i pesci. Sono grandi pesci rossi e neri che
nuotano pigri
nell’acqua, indifferenti ai fiori.
Io li guardo per
un po’come ipnotizzata, la mia ansia è diminuita e
sto un po’ meglio.
Rientro di questo
umore giusto per il pranzo.
Nella stanza c’è
un’atmosfera piuttosto pesante, tutti temono che spunti fuori
un qualche altro
boccone avvelenato. Mangiamo tutti piano e in silenzio, Naira mi sembra
molto
pallida, forse ha difficoltà a gestire questa situazione o
forse sa qualcosa e
non vuole parlare.
Non so da dove mi
venga tutta questa diffidenza nei suoi confronti, ma ho imparato che
molto
spesso il mio istinto è giusto.
-Ma perché
dovrebbe avvelenarlo?
Non certo per
motivi personali, Hen la ama molto e la tratta come se fosse la cosa
migliore
della sua vita. A questo punto devo pensare che sia qui in missione per
conto
di qualcuno, ma chi?
Gli Swahn sono
troppo deboli e su Ioria è stata stabilita la pace in
qualche modo, in quanto a
Samia è stata toccata solo parzialmente dalla guerra.
Forse un qualche
sopravvissuto di Ioria, Samia aveva protestato per il trattamento
troppo duro
riservato all’altra luna. Però poi ha avanzato la
richiesta di matrimonio tra
Hen e Naira, come se fosse tutto a posto.
Non ci capisco
nulla, ecco perché non volevo tornare
qui, ma stare qui è l’unico modo per curare Tom.
Merda.-
Finito di
mangiare andiamo in camera, Ava mi racconta della sua mattinata alle
pozze e io
l’ascolto sorridendo, anche io mi divertivo sempre da matti
quando ci andavo, è
un posto davvero spettacolare.
“Sono felice per
te, Ava.”
“Grazie, mamma.
Pensi che papà tornerà normale?”
“Sì, certo. Ci
vorrà tempo, ma lui tornerà. Ci vuole altro per
distruggere Tom DeLonge, no?”
Le dico facendole l’occhiolino, lei ride.
“Giusto!
E come va la
faccenda del cibo.”
Mi rabbuio.
“Male, non hanno
ancora idea di chi sia stato e la cosa mi preoccupa, perché
potrebbe colpire
ancora senza preavviso.”
“La vita non è
facile da nessuna parte, vero?”
“No, la vita non
è mai facile, ma ce la faremo.
Che programmi hai
per il pomeriggio?”
“Nessuno.”
“Beh, io devo
cercare qualcuno che ti dia delle lezioni, non puoi certo rimanere
indietro con la
scuola.”
Lei sbuffa.
“Devo proprio?”
“Sì, tesoro.”
Lei mette il
broncio e si rifugia in camera sua a suonare la chitarra.
“Ava si è
arrabbiata.”
Jonas alza la testa dal suo disegno.
“Lo so, le
passerà. È necessario che lei continui la
scuola.”
Lui annuisce distratto.
“Mamma, dove sei
andata stamattina?”
“Al mio posto
speciale, vuoi venirci?”
Jonas si illumina.
“Sì,certo! Posso
prendere il mio album?”
“Sì, ma prima metti via tutti pastelli.”
Lui esegue e poi
mi segue nei giardini del palazzo, camminando sui sentieri che io ho
percorso
stamattina e arriviamo al laghetto.
“Ma è
bellissimo!”
“Sì, lo è. Ti va
se facciamo una gara nel lancio dei sassi?”
Lui sorride.
“Sì, io battevo
sempre papà a casa.”
“Allora prova a
battere me, se riesci.”
Raccogliamo
ciascuno dei sassi piatti e cominciamo a lanciarli. Jonas è
davvero bravo,
riesce a far fare al sasso cinque saliti di fila.
“Ehi, ma sei
davvero un campione!”
E così – tra lanci
e schizzi d’acqua – trascorriamo insieme il nostro
pomeriggio, cercando di non
pensare a tutte le brutte cose che ci sono successe.
So benissimo che
purtroppo Ava e Jonas sono quelli che risentiranno di più di
questa storia, ma
sto cercando di non fargliela pesare troppo e spero di esserci riuscita.
Sentendo le
risate di mio figlio direi di sì, ma non si può
mai dire.
Sono davvero una
brava madre?
“Mamma, ti voglio
tanto bene.”
Io sorrido, forse sono davvero una brava madre.
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Capitolo 11 *** 10)Tentativi di avvelenamento. ***
10)Tentativi di
avvelenamento.
Ci
sono certi
giorni in cui la sera arriva troppo presto, oggi è uno di
questi.
Io e Jonas
abbiamo trascorso un bellissimo pomeriggio in giardino e quando Ava
torna a
casa ha un sorriso che le va da un orecchio all’altro.
“Mi sono
divertita tantissimo alle pozze, mamma!
Loro sono dei tipi tosti!”
Jonas la guarda
con una punta di invidia.
“Anche io voglio
trovare dei tipi tosti!”
“Domani ti porto
alle pozze, allora!”
Rispondo sorridendo.
Stiamo entrando a
palazzo quando incrociamo due uomini dall’aria losca: il
primo ha i lunghi
capelli neri raccolti in una coda, il secondo capelli quasi bianchi
irti come
un porcospino.
La manica del
primo uomo si solleva per un attimo, lasciando intravvedere il polso, e
noto
che ha un piccolo tatuaggio che mi fa gelare il sangue nelle vene:
è il simbolo
dei ribelli di Ioria, gli stessi di cui Joel era a capo.
Mi dico che non
può essere possibile, le guardie non possono averli lasciati
passare senza
controllare una cosa del genere.
“Mamma?”
Il richiamo di
Jonas mi fa voltare.
“Tutto bene?”
“Sì, certo. Andiamo a prepararci per la
cena.”
Andiamo in camera nostra, Ava è già sotto la
doccia e la sento canticchiare una
canzone dei Paramore: ha una bella voce e sa suonare la chitarra.
Tom è molto
orgoglioso di lei, credo lo sia anche ora che non è in
sé. Jonas invece
somiglia di più a me, gli piace disegnare e inventare storie
in cui è un
intrepido eroe.
Ho come la
sensazione che tra qualche anno avremo uno scrittore in famiglia.
Uscita Ava dalla
doccia, la fa lui e poi io, dopo di che andiamo nella sala da pranzo
dove Naira
e Hen ci aspettano sorridenti.
“Vi siete
divertiti?”
“Sì, zio Hen. Oggi sono stata alle
pozze.”
Lui sorride e mi fa l’occhiolino per ricordarmi le nostre
avventure in quel
posto, io ricambio.
“Molto bene, sono
felice che ti sia divertita perché domani incontrerai il tuo
precettore. Ti
insegnerà le materie terrestri e qualcosa della nostra
storia.”
Lei sospira.
“Se proprio non
posso evitarlo.”
“Hai la stessa espressione di tua madre quando doveva andare
a scuola.”
“Sono poche le persone che amano davvero andare a scuola, la
maggior parte
finge per mantenere la scala sociale.”
Hen mi guarda spaesato.
“Sulla Terra,
anzi negli Usa, le scuole sono molto competitive, si creano delle
gerarchie
sociali. Solitamente ai piani alti ci sono i giocatori di football, le
cheerleader e poi si scende.
E più si scende
più è peggio perché quelli sopra di te
si sentono autorizzati a fare i bulli
con te.”
Spiego io, Hen rabbrividisce.
“Le scuole qui
non sono così terribili, sono pacifiche, direi.”
“Ah, davvero?”
Nella voce di Ava
c’è una sfumatura di scetticismo nemmeno troppo
velata.
“Vedremo come
andrà domani.”
Conclude infine.
Finita la cena i
ragazzi spariscono e rimaniamo solo io, mio fratello e sua moglie.
“Che tizio è il
suo precettore?
Dio, che parola
ottocentesca.”
Lui ride.
“Un tipo a posto,
l’ho scelto personalmente. Non volevo che i tuoi figli
finissero nelle mani
sbagliate.”
“Va bene, Hen. Mi fido di te.”
Lui mi sorride.
“È davvero bello
riaverti a casa, mi mancherai quando te ne andrai.”
Io sorrido a disagio, senza avere il coraggio di dire a mio fratello
che ormai
considero la Terra la mia vera casa. È lì che ci
sono i miei amici e le mie
radici, qui mi sento come una pianta momentaneamente trapiantata che
cerca di
sopravvivere come può.
“Ma potremo
sentirci come abbiamo sempre fatto.”
“Non è proprio la
stessa cosa che parlarti faccia a faccia, ma capisco che tu non
percepisca più
questo posto come casa tua. Quando ti abbiamo clonato abbiamo calcolato
questo
rischio…"
La sua voce sfuma
nella tristezza.
“Vorrei che le
cose fossero diverse, Hen.
Lo vorrei
davvero, ma sai che ormai la mia vita è là
e non posso tornare qui per sempre.”
“Lo so.”
“Beh, è ora di
andare a letto.”
Mi alzo, saluto mio fratello e sua moglie e mi dirigo verso la mia
camera
pensando che non sono la sola a soffrire in questa situazione,
probabilmente
anche lui soffre. Rivorrebbe la sua cara vecchia Ava, la sorella amata e compagna di mille
avventure, ma lei se ne è
andata per sempre.
Certo, io ho il
suo fisico, il suo dna e i suoi ricordi, ma non sono più lei
comunque.
Apro la porta
della nostra camera e vengo colpita in faccia da un cuscino: i miei
figli
stanno facendo una battaglia a colpi di cuscino sollevando una marea di
piume.
“Ragazzi, basta!
Pensate alla
povera donna delle pulizie che domani dovrà pulire questo
casino!”
Smettono tutti e
due e si siedono sul mio letto matrimoniale, guardandomi curiosi.
“Cosa c’è?”
“Di cosa avete parlato tu e lo zio?”
Io sorrido
divertita.
“Di quanto gli
piacerebbe che io rimanessi a vivere qui per sempre.”
Tutti e due mi
guardano spaventati.
“Non
preoccupatevi, non appena vostro padre sarà guarito ce ne
andremo. E adesso a
letto.”
Scattano tutti e due dandomi il bacio della buonanotte e vanno nella
stanza
collegata alla mia.
Io mi lavo e poi
mi stendo a letto, al buio le ombre sul soffitto si rincorrono, si
uniscono e
si dividono come serpenti in lotta. Io le guardo e la mia mente torna
ossessivamente su quel tatuaggio, è certa di averlo visto e,
sapendo cosa
significa, sa che non ne verrà nulla di buono se chi lo
indossa gira per il
palazzo.
Come è possibile
che le guardie non lo abbiano visto?
I controlli sono
aumentati e le guardie sono raddoppiate da quando è morto
quell’uomo, quindi
dovrebbe essere impossibile che un uomo con un tatuaggio del genere
possa
essere qui.
Eppure c’è e
spero vivamente che la mia mente si stia sbagliando e che quel
tatuaggio
rappresenti altro.
Una congiura di
palazzo è l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno ora
come ora. Se solo ci fosse
Tom con me…
Lui saprebbe come
calmarmi e farmi ragionare, ma purtroppo è in ospedale e io
sono da sola ad
affrontare questo casino.
Speriamo che ce
la faccia.
La
mattina dopo
Ava si sveglia di umore depresso, non ha per niente voglia di conoscere
il suo
precettore.
Credo sperasse in
più giorni di vacanza, invece le tocca rimettersi presto al
lavoro.
“Mamma, è proprio
necessario?
Voglio dire, non
posso godermi ancora una settimana di vacanza?”
“No, tesoro. Non devi rimanere indietro con il programma,
questa non è una
vacanza.”
“Lo so, ma…”
“Non giudicare male quell’uomo prima di averlo
conosciuto e ora, forza, andiamo
a fare colazione.”
Lei annuisce e usciamo tutti e tre dalla stanza, Jonas ha un ghigno
derisorio
stampato in faccia, a volte i bambini sanno essere estremamente cattivi.
Ava non apre
bocca durante la colazione, Jonas – per fortuna –
non le dice nulla o
altrimenti prevedo guai. Non bisogna provocare Ava quando ha quella
espressione, può reagire molto male e in questo è
simile a Tom.
Sì, anche prima
di tutto questo aveva i suoi momento storti come tutti.
Finita la
colazione nella stanza rimaniamo solo io e Ava.
“Hai portato il
necessario?”
“Penne e
quaderni, niente libri. Dobbiamo comprarli quelli.”
“Brava ragazza.”
Pochi minuti dopo
un uomo entra nella stanza, ha lunghi capelli grigi e qualche ruga.
Guarda
verso di noi e sorride.
“Sei la seconda
Ava di questa famiglia a cui devo insegnare qualcosa, spero tu sia
migliore
della prima.”
Lo guardo e lo riconosco.
“Professor Hoy!
Non pensavo insegnasse ancora!”
“Non insegno più,
infatti. Mi ha convocato qui tuo fratello,
Ava.”
“Oh, mio Dio.”
Mia figlia ci guarda curiosa.
“Vi conoscete?”
“È stato uno dei
miei professori alle medie.”
“Sì, e tu eri
un’alunna terribile. Sempre in ritardo, ti dimenticavi i
compiti e studiavi
quando volevi.”
Io ghigno.
“Anche Ava è
così.”
“Che Dio mi assista, allora.”
“Vi lascio da soli.”
Esco dalla stanza ridendo e trovo mio fratello nella stanza accanto.
“Non sapevo
avessi chiamato proprio lui.”
Hen ride.
“Il vecchio Hoy
non vedeva l’ora di rivederti e io ne ho approfittato
dandogli questo lavoro,
non ha che da guadagnarci, visto che si lamenta sempre che la sua
pensione è
troppo bassa.”
Io rido di nuovo.
“Si lamenta
sempre, ma ha un cuore d’oro.”
“Sì, ce l’ha. Ava
è in buone mani.”
“Buonissime.”
“Ah, Jen. C’è
qualcuno che vorrebbe vederti, uno dei generali.”
Io seguo mio
fratello, chiedendomi chi sia e cosa voglia quest’uomo da me.
Apriamo una porta
e vengo stritolata da un abbraccio da orso, quando l’uomo si
stacca riconosco
Vinny, uno dei miei vecchi amici.
“Vinny! Oh, mio
Dio! Sei un generale adesso!”
“Ava, sei una
terrestre adesso!”
Scoppiamo a
ridere tutti e due come scemi.
“Come hai fatto a
diventare generale?
Il vecchio Hoy ti
sbatteva sempre fuori dall’aula.”
Lui sorride
orgoglioso.
“Per i miei
meriti durante la guerra, me lo sono conquistato sul campo.
E tu? Com’è
vivere sulla Terra?”
“Bello, è un po’
difficile nascondere i nostri poteri, ma dopo un po’ ci fai
l’abitudine.
Ho anche un
marito e due figli terrestri.”
“Lo so. So cosa è
successo a tuo marito e mi dispiace molto, hanno fatto un lavoro da
macellai su
di loro.”
“Infatti spero
che riescano a sistemare tutto, quando Ava finirà con il
prof ti farò conoscere
i ragazzi.”
La porta si spalanca all’improvviso.
“Mamma, mamma! Il
prof sta male!”
Urla fuori di sé.
Io, Vinny e Hen
corriamo nella sala da pranzo e Hoy giace esanime.
“È ancora vivo,
chiamate un’ambulanza! Io farò del mio meglio per
tenerlo tra di noi.”
Hen annuisce e si
attacca a una specie di telefonino.
“Ava, giusto?”
“Sì, signore.”
“Cosa è successo?”
Mia figlia prende
fiato e si asciuga le lacrime che le sono scese involontariamente.
“Il professore ha
ordinato del caffè prima di spiegarmi della roba di
matematica, glielo hanno
portato mentre la spiegazione era già iniziata,
così ha smesso e ha bevuto.
All’improvviso ha
iniziato a non respirare bene, come se stesse soffocando, e si
è portato le
mani al collo.
Io sono corsa da
voi perché sembrava stesse male come l’uomo che
è morto qualche giorno fa.”
Vinny annuisce e prende il suo cellulare.
Poco dopo degli
uomini entrano e requisiscono la tazzina, insieme ai paramedici che
portano via
Hoy.
Io li seguo fino a
fuori dal castello e poi salgo su una
delle macchine volanti e la seguo fino all’ospedale. Entro
nell’edificio e
vengo fermata dalla segretaria.
“Lei dove va,
signora?”
“Vorrei sapere come sta l’uomo che hanno appena
portato qui, lo conosco. È
stato il mio professore e si occupa dell’istruzione di mia
figlia.”
Balbetto io
sconvolta.
“Va bene, vada.”
Sto dietro alla barella fino a un certo punto, poi mi fanno capire che
non mi è
permesso entrare.
“Vi prego, fatemi
sapere qualcosa.”
Loro annuiscono.
“Non si
preoccupi, principessa. Glielo faremo sapere.”
Io rimango ore ad
aspettare qualcuno che mi venga a dire qualcosa, l’ora di
pranzo passa e se ne
va, senza che io mangi nulla.
Finalmente
qualcuno esce dalla stanza.
“Come sta?”
“Bene, ce l’avete portato appena in tempo. Qualche
altro minuto di ritardo e
sarebbe probabilmente morto.”
Io tiro un
sospiro di sollievo.
“Posso vederlo?”
“No, normalmente non potrebbe perché il paziente
dovrebbe riposare, ma lui ha
molto insistito per vederla, quindi mi segua.”
Io annuisco ed oltrepassiamo la porta verde fino ad arrivare in una
stanza. Il
mio prof giace a letto, è pallido, ma ha una luce decisa
negli occhi.
“E così le voci
di una congiura sono vere.”
“Purtroppo sì,
abbiamo cercato di non farle trapelare per non scatenare il
panico.”
“Saggia decisione. E sarebbe ancora più saggio far
venire tua figlia a casa mia
per le lezioni.”
“Come mai?”
Lui sospira.
“Sei
intelligente, Jen. Lo sai.
Quel veleno non
era per me, il vero obbiettivo era lei. Qualcuno vuole fare fuori i
reali e io
sono solo un vecchio professore capitato lì per caso. Non
c’entro nulla in
tutto questo.”
Io annuisco debolmente, ha ragione. Io ero così presa
dall’angoscia da non
avere analizzato lucidamente la situazione, per fortuna ci ha pensato
lui.
“Ha ragione,
professore.
Adesso vado a
casa, lei si rimetta. Domani verrò a trovarla.”
“Va bene. Ciao, Jen.
Tieni d’occhio
Ava.”
“Lo farò.”
Esco, chiudendomi
la porta alle spalle: ora ho una preoccupazione in più.
Torno al
castello, nella stanza dove stavo pacificamente parlando con mio
fratello e uno
dei miei vecchi amici prima che Ava ci avvisasse del malessere di Hoy.
Questa
volta c’è solo Hen, immagino che Vinny sia
impegnato nelle ricerche del
colpevole.
“Come sta il
professore?”
“Bene, per uno
che è stato avvelenato.
Mi ha anche detto
che dubita che quel veleno fosse per lui, ma che fosse per Ava.
Ha ragione o no?”
Nella sala cala un pesante silenzio, mio fratello guarda ostentatamente
le
piastrelle della camera, la faccia scura.
“Hen?
È importante che
tu risponda a questa domanda, i miei figli sono la cosa più
importante per me e
se proteggerli implica lasciare il palazzo lo
farò.”
Lui sospira.
“Credo che Hoy
abbia ragione, c’è una … congiura
contro i membri della famiglia reale, ma non
riusciamo a capire chi ci sia dietro. Daremo ad Ava tutte le protezioni
possibili, se non dovessero bastare non ti biasimerei se volessi
lasciare il
palazzo.”
“Va bene, farò
questo tentativo.
Adesso vado da
lei.”
Esco dalla stanza
e corro nella sua, lei è stesa a letto a guardare il
soffitto ed è un brutto
segno.
Quando qualcosa
la turba suona la chitarra, quando qualcosa la sconvolge fa
così.
“Tesoro?”
La chiamo esitante, chiedendomi se davvero vorrà parlare con
me.
“Sì, mamma?”
“Stai bene?”
“No, non molto.
Come sta il
professore?”
“Bene, si
riprenderà presto, non ti preoccupare.
L’unica cosa diversa sarà che andrai a casa sua a
fare lezione.”
Lei annuisce.
“Qualcuno vuole
ucciderci?”
Io rimango un attimo senza parole, chiedendomi se sia giusto o meno confidare i miei sospetti
a una ragazzina.
“Mamma, voglio la
verità. Sono stanca di bugie.”
“Sì, qualcuno vuole ucciderci e non sappiamo
perché.
Tuo zio ha
aumentato le protezioni per te, se non sarà sufficiente ce
ne andremo da qui e
cercheremo una casetta solo per noi.”
Lei annuisce, ma mi sembra ancora distante.
“Ava, vuoi che ti
faccia un the?
Sei pallida e
poco te stessa, di solito non stai mai zitta, oggi devo cavarti le
parole con
una tenaglia.”
Lei sospira.
“Va bene, credo
che forse un the mi aiuterà. Ho avuto davvero paura, e se la
prossima fossi
davvero io?”
Io mi alzo di scatto dal letto.
“Tu non morirai e
se dovessi intossicarti ti garantisco che chiunque l’abbia
fatto non
vivrà a lungo.”
Rispondo dura.
“Adesso vado a
prendere il tuo the, non aprire a nessuno, mi raccomando.”
Aggiungo addolcendo il tono.
“Va bene.”
Mi risponde lei
con un debole sorriso.
Esco dalla stanza
e raggiungo le cucine, causando un certo shock a cuochi e cameriere, mi
faccio
il the da sola e lo porto a mia figlia che adesso sta trafficando con
quello
che è l’equivalente di un cellulare.
“Scusa, stavo
messaggiando con i miei nuovi amici…
In realtà mi
manca da morire Jack:”
“Lo rivedrai, non ti preoccupare.
Non staremo qui
per sempre.”
“Già e papà vorrà
vederci ancora?”
“Sì.”
Rispondo senza esitazioni.
Ava beve il suo
the senza dire nulla, ma mi sembra un po’ sollevata.
Questo soggiorno
sul mio pianeta non si sta rivelando la passeggiata che doveva essere.
Chi diavolo
potrebbe volerci eliminare?
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Capitolo 12 *** 11) Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. ***
11) Fidarsi è
bene, non fidarsi è meglio.
La settimana
seguente passa alla svelta e in uno stato di paranoia costante.
Ogni volta che ci
sediamo a tavola siamo tesi e ci
guardiamo l’un l’altro con una sorta
di aria di scusa, come per farci
perdonare i reciproci sospetti.
Naira sembra
quella con i nervi più saldi, dopo il tracollo iniziale si
è ripresa benissimo
e da brava padrona di casa cerca di intavolare una qualche
conversazione su
argomenti leggeri.
Il professor Hoy
è stato dimesso stamattina e domani Ava andrà da
lui per prendere lezioni, lei
sembra felice perché lui sta bene, ma non entusiasta di
riprendere a studiare.
Per un qualche
motivo misterioso i ragazzini non ameranno mai la scuola.
Dopo pranzo
andremo a trovare Tom, l’ospedale mi ha contattata dicendo
che la crisi per ora
è passata e può ricevere visite.
“Tuo marito sta
meglio?”
Mi chiede educata
mia cognata.
“Sì, a quanto
pare la prima crisi è passata, ma non è detto che
non si ripetano, anzi è
piuttosto probabile. I medici dicono che è normale che abbia
crisi del genere
visto il lavoro non proprio accurato che è stato fatto su di
lui.”
“Pensi che ci
riproveranno una volta tornati sulla Terra?”
“Assolutamente
no, gli abbiamo dato una buona lezione.”
Ava guarda Naira in modo strano, come se all’improvviso la
vedesse sotto una
luce diversa, devo chiederle cosa ha capito. Ava è una
bambina molto
intelligente e le sue osservazioni spesso sono utili.
Finito di
mangiare Jonas fa il suo solito riposino, Ava invece raccoglie la borsa
dei
libri e mi segue fuori dal palazzo.
“Ava, posso
chiederti una cosa?”
“Certo, dimmi
pure, mamma.”
“Come mai
hai guardato tua zia in quel modo oggi?”
“Ah!”
Si gratta un
attimo la testa come fa Tom.
“Non so, sembrava
quasi contenta che papà stesse male e che volesse che stesse
male di nuovo.”
Acuta
osservazione, in effetti ho avuto anche io la stessa situazione, ma non
so
perché dovrebbe volerlo. Non conosce Tom e non le ha mai
fatto niente, perché
volere che stia male?
Arriviamo a casa
del professore e suono il campanello (una cosa viola che sembra quasi
viva),
lui mi risponde dicendo di salire.
“Ava, ci vediamo
tra due ore, poi andremo da papà, va bene?”
Lei annuisce e
sale per le scale tranquilla, io invece decido di andare a fare un giro
in un
bar ai piani medi della città.
Voglio provare
quel the che fanno con una pianta che nasce solo qui e non
l’ho ancora fatto.
Alla fine trovo
un posticino con la terrazza panoramica e mi faccio servire il
benedetto the, è
buono esattamente come me lo ricordavo.
Torno a palazzo e
noto che un’ora è già trascorsa,
così me ne vado in camera con un libro, prima
però decido di concedermi una sigaretta. Mi affaccio alla
finestra, faccio
scattare l’accendino e aspiro la prima boccata. Con la coda
dell’occhio noto
del movimento: Naira sta arrivando in compagnia dei due uomini
sospetti, li
riconoscerei tra mille.
Questa volta il
più giovane porta i capelli neri sciolti e il più
vecchio ha ancora i capelli
irti come la prima volta.
“Cosa ci fate
qui?”
Chiede Naira.
E così conosce i
due uomini: molto strano.
Nessuno dei due è
del lignaggio adatto a una principessa, sembrano più due
uomini di strada e non
posso fare a meno di ricordare che almeno il più giovane ha
un tatuaggio che
somiglia molto al simbolo dei ribelli.
“Controlliamo che
tutto vada come previsto, ma non sembra.”
Naira incrocia le
braccia sul petto e iniziano a parlare velocemente nella lingua di
Naria, io
non sono mai stata un asso nelle lingue e capto solo alcune parole come
“veleno”, “pozione”,
“avvelenamento”.
Dunque quegli
uomini sembrano conoscere molto bene cosa sta succedendo nel palazzo
forse
persino meglio di noi che ci viviamo.
Dopo quella che
sembra un’accesa discussione il ragazzo prende il volto di
Naira tra le mani e
lo bacia con passione. Lei non si sposta, anzi ricambia.
Finito di
baciarla se ne vanno tutti e tre, mia cognata da una parte, gli altri
due da
un’altra.
Io finisco
pensierosa la mia sigaretta.
Ok, Naira non ama
mio fratello e la cosa non mi sorprende, dato che il loro è
stato praticamente
un matrimonio combinato. Serviva un’alleanza con la luna e
loro erano lì pronti
e disponibili a sposarsi.
Mi preoccupa
invece chi sia il suo spasimante e ho il terribile sospetto che lei sia
coinvolta in questa vicenda. Sarebbe logico per uno che volesse
rovesciare mio
fratello dal trono trovare aiuto in qualcuno di molto in alto e lei
è la regina. Avere la regina
dalla tua parte è molto molto utile.
“Ok, non lo ama.
Ma arrivare a ucciderlo?
Non capisco, ma
sento puzza di guai e tradimento.”
Forse dovrei
parlarne a mio fratello, ma che prove ho?
Solo una
conversazione origliata per caso e di cui non sono nemmeno sicura di
aver
capito bene il significato, per la mia conoscenza della loro lingua
potrei aver
preso la parola “fiori” per
“omicidio”.
“Mamma!”
La voce di Jonas
mi fa sobbalzare.
Si è appena
svegliato e ha tutti i capelli in disordine, fa tenerezza.
“Sì?”
“Non dobbiamo andare a prendere Ava e poi da
papà?”
Io do un’occhiata
all’orologio e annuisco.
“Sì, hai ragione.
Adesso ci prepariamo e usciamo.”
Lui è il primo ad
andare in bagno e poi si mette i vestiti che gli ho preparato sul
letto, poi
tocca a me fare una doccia rapida e cambiarmi.
Non posso negare
di avere paura ora che sono qui davanti alla porta della camera di Tom.
Mi torna in mente
come ha reagito l’ultima volta e l’odio che ho
visto sul suo bel volto
deformato dalla rabbia. Lo so che è un effetto delle cure
che sta ricevendo e
che è temporaneo, ma ha toccato corde profonde. A volte mi
chiedo se mi voglia
ancora come moglie o se non preferisca una tranquilla terrestre, senza
intrighi
da altri mondi in mezzo.
“Mamma,
entriamo?”
La voce di Ava ha
una vena di impazienza.
“Certo, tesoro.
Scusa, mi ero un attimo persa nei miei pensieri.”
Abbasso la
maniglia, Tom è sdraiato e sta leggendo qualcosa, al rumore
della porta che si
apre alza gli occhi e ci sorride.
“Ciao.”
“Ciao, papà!”
I miei figli
saltano sul letto, io mi siedo su una sedia come a voler mantenere una
distanza
tra noi in caso desse ancora di matto.
“Mi dispiace per
come mi sono comportato l’ultima volta, spero mi
perdonerete.”
“Ma certo, papà!
Non è vero, mamma?”
Io annuisco e prendo la mano di Tom tra le mie.
“Stai meglio?”
Gli chiedo cauta.
“Sì, settimana
scorsa è stata dura. Volevo davvero andarmene e mi faceva
impazzire il non
poterlo fare, ma ora so che non sono ancora in grado di badare a me
stesso.”
“Ce la farai, noi
siamo qui per te.”
Lui sorride.
“Lo so, a voi
come è andata?”
“Uhm, normale.
Ava ha iniziato a prendere lezioni, Jonas si gode la vacanza per
ora.”
“Fortunello, ma
tra poco sarebbe meglio che tu iniziassi a frequentare un
asilo.”
Mio figlio guarda stupito Tom.
“Perché? Al
castello sto bene!”
“Perché immagino
non avrai molti amichetti e se andrai all’asilo conoscerai
nuovi bambini. Non
vuoi conoscere nuovi bambini?”
“Beh,sì. Ma non voglio avere i compiti come
Ava!”
Scoppiamo tutti a
ridere, mentre mia figlia scuote la testa borbottando, i lunghi capelli
azzurri
che le ricadono sul viso.
“Scemo, all’asilo
non te li danno! Al massimo ti danno delle figure da colorare e penso
che tu
sia in grado di farlo!”
Jonas mette il
broncio.
“Johnny e Anne
dove sono?
Mi piacerebbe
vederli.”
“Uhm, sono al
mare.
Johnny ha
insistito per portare Anne a vedere dove è nato e dove ha
vissuto per i primi
anni della sua vita. Torneranno tra qualche giorno, penso verranno a
trovarti,
ormai Johnny ti ha accettato come membro della famiglia.”
“Ok. Piacerebbe
anche a me andare al mare.”
Io sorrido.
“Quando sarai
fuori ti ci porterò, il mare qui è molto
bello.”
“Non vedo l’ora.”
Parliamo ancora
un po’, poi un’infermiera gentile ci fa uscire
perché è ora della cena, noi
salutiamo Tome poi ci guardiamo in faccia.
Cosa facciamo?
Non muoio dalla
voglia di tornare a palazzo e cenare nell’atmosfera pesante
dell’ultima volta,
dove tutto temono un avvelenamento da un momento all’altro.
“Che ne dite di
una pizza?”
Chiedo, loro
annuisco.
Io chiamo Hen e
gli dico che per stasera saremo fuori a mangiare, lui non protesta,
anzi ci
augura una buona serata.
Usciamo
dall’ospedale e prendiamo un taxi per il centro,
lì troveremo una pizzeria, a quanto
pare questo cibo terrestre è popolare anche qui.
Dopo aver
vagabondato per un po’ troviamo un locale ed entriamo,
è molto carino e
arredato in modo da farti sentire a casa tua.
Mi piace.
Ci sediamo su un
tavolo d’angolo che dà una visuale completa sul
forno e quando vedo chi è il
pizzaiolo devo ricorrere a tutto il mio autocontrollo per non dare a
vedere una
qualche reazione.
Il pizzaiolo non
è altro che l’uomo dai capelli bianchi che parlava
con Naira!
Cerco di
mantenere la calma e ragionare, anche se ci avesse visto e riconosciuto
non
potrebbe fare nulla, perché se qualcuno si sentisse male
– o peggio ancora
morisse – nel suo locale sarebbe il primo a essere sospettato.
Non credo farà
qualcosa, ma cancello mentalmente questo posto da quelli che posso
frequentare,
senza farmi notare lo spio e noto che – come il ragazzo
– anche lui ha tatuato
quel simbolo simile a quello dei ribelli.
Questo prova che
lavorano insieme per una qualche causa e temo di sapere quale.
Mantenere la
pace sulle lune non è mai stato facile, ci sono sempre stati
movimenti che
chiedevano l’indipendenza su ognuna.
Nessuno di questi
movimenti ce l’ha mai fatta perché la maggior
parte della gente sa bene che se
si staccassero dal nostro pianeta la loro economia collasserebbe e
nessuno è
disposto a diventare povero per degli ideali. O meglio qualcuno
c’è, ma sono una
minoranza, anche se piuttosto agguerrita.
Il fatto che ci
sia un movimento indipendentista dietro gli avvelenamenti è
plausibile: gli
Swaahn avevano promesso loro l’indipendenza se si fossero
schierati dalla loro
parte.
Mangio la mia
pizza pensierosa.
Questo pianeta è
un caos senza senso, segretamente non vedo l’ora che Tom sia
guarito e di poter
tornare sulla Terra, almeno la sua luna non è abitata!
Arriviamo al
palazzo e io mi sento un po’ meglio solo quando Ava e Jonas
sono a letto, solo
allora ne approfitto per prepararmi un the e berlo in
una grande stanza bianca vuota e illuminata
dalla luce delle due lune.
Guardo le stelle
sparse secondo costellazioni aliene e le due lune che compiono due
archi
paralleli, perché sono così ostili?
Credo che non
avrò mai una risposta chiara a questa domanda e, in fondo,
non mi importa
nemmeno di averla, quello che vorrei è essere a casa mia a
guardare le
costellazioni che ben conosco.
“Nemmeno tu
riesci a dormire?”
“Hen!”
Mio fratello si siede su una sedia accanto alla mia.
“No, comunque non
riesco a dormire nemmeno io, mi manca casa mia.”
Lui sospira.
“È dura accettare
che ora appartieni alla Terra.”
“Lo so e mi
dispiace. So che ti piacerebbe che io vivessi qui, ma non posso.
Non posso
proprio.”
“Me ne rendo
conto, ti guardo e vedo un animale in gabbia.
Questa situazione
non aiuta affatto, non si fanno passi avanti per catturare questo
pazzo.
Spero che quando
Johnny tornerà ci potrà dare una mano.”
Io rimango un
attimo in silenzio scrutando nel fondo della mia tazza di the.
“Sarà felice di
farlo, non si è mai rassegnato del tutto a essere un
terrestre.”
Mio fratello mi
fa un mezzo sorriso.
“Ma alla fine se
ne andrà anche lui perché ama Anne.”
Io annuisco
affranta.
“Sì, mi dispiace.
Mi sento una
cattiva sorella lasciandoti qui da solo, ma non posso fare
diversamente.”
“Lo so, quando ti
abbiamo clonato eravamo consapevoli che sarebbe potuta finire
così, ma
l’abbiamo fatto lo stesso. Ne è valsa la
pena.”
Rimaniamo un
altro po’ a parlare, poi torniamo nelle rispettive camere da
letto
Mi chiedo se lui
sappia che Naria non lo ama e
concludo di no, ogni tanto l’ho sorpreso a guardare sua
moglie con sguardi di
autentica adorazione e amore, lei non ha mai ricambiato.
È sempre stata
sulle sue, cortese in maniere impeccabile, ma fredda.
Giurerei che
questo matrimonio non le è andato giù e la stia
lentamente soffocando, deve
essere orribile vivere con un uomo che non ami.
Mi stupisce il
fatto di provare pietà per lei perché, se le mie
teorie sono giuste, c’è anche
lei dietro a questa catena di avvelenamenti.
Mi metto a letto
con una serie di pensieri confusi in testa, ecco perché non
mi è mai piaciuto
tanto fare la principessa, in un certo senso sono meglio i campi di
battaglia,
sono più onesti.
Alla fine mi
addormento sognando cose strane: Naira che si trasforma in un serpente
che
tenta di soffocare mio fratello, poi lo molla e poi insieme i due
tentano di
soffocare me.
Probabilmente
urlo perché quando mi sveglio trovo Ava china su di me con
Jonas vicino, stanno
confabulando preoccupati.
“Cosa c’è,
ragazzi?”
Chiedo con la
voce impastata per il sonno.
“Ti abbiamo
sentita urlare, pensavamo che qualcuno ti avesse aggredita.”
Risponde Ava.
“No, non
preoccupatevi, ho avuto solo un incubo.”
Mi porto la mano
sulla fronte, è sudata.
“Mi vado a fare
una doccia, voi l’avete già fatta?”
Annuiscono
entrambi.
“Perfetto, allora
aspettatemi. Non ci metterò molto.”
Mi alzo dal letto
barcollando leggermente, i frammenti del sogno sono ancora tenacemente
attaccati ai miei pensieri, spero che una doccia basti a farli andare
via.
Prendo i miei
vestiti e mi chiudo in bagno, poi mi butto sotto la doccia godendomi il
massaggio dell’acqua. Sono un pochino più
rilassata e piano piano la nitidezza
del sogno sparisce fino a diventare un ricordo sfuocato e inutile.
Finito, mi vesto
ed esco. Ava e Jonas mi aspettano seduti sul mio letto.
“Forza, andiamo!
Sono pronta!”
Dico loro con un
sorriso smagliante, loro sembrano rincuorati, involontariamente devo
averli
spaventati un sacco e non volevo.
Una dose di paura
in più è quello di cui hanno meno bisogno in
assoluto in questi giorni.
Scendiamo nella grande sala da pranzo e troviamo mio fratello e Naira
già
seduti e sorridenti, osservando meglio lei noto che il suo è
un sorriso di
plastica e che qualcosa la preoccupa.
Non ho idea di
cosa sia, forse teme di morire o forse teme di non riuscire ad
avvelenare chi
deve e poi darsela a gambe con il ragazzo bruno.
“Buongiorno!”
“Buongiorno, Jen.
Hai dormito bene?”
“Benissimo!”
Mento
spudoratamente, non c’è bisogno di dare altre
preoccupazioni a Hen.
Ci sediamo e
iniziamo a mangiare tranquillamente, dopo colazione Ava
andrà dal professore e
io porterò di nuovo Jonas alle pozze. A quest’ora
dovrebbero esserci bambini
più piccoli con cui può fare amicizia, ho notato
che – a differenza di quando
ero piccola io – i bambini nel palazzo non ci sono
più.
Ava è la prima a
finire e poi a sparire, poi se ne va Naria e io mi avvicino a mio
fratello.
“Ma come mai non
ci sono più bambini a palazzo?”
“Dopo l’attacco
dei ribelli in cui i nostri sono rimasti uccisi chiunque lavori qui
preferisce
tenere a casa la prole. Non li biasimo, ma è piuttosto
triste.”
“Capisco. Bhe, io
adesso porto Jonas alle pozze, spero faccia amicizia con qualche
bambino, non
mi piace che sia così solo. Ava adesso ha nuovi amichetti e
ha poco tempo per
badare al fratellino.”
“Va bene.”
Salgo in camera e
preparo le nostre cose – questa volta voglio fare un bagno
anche io, non
limitarmi a stare sdraiata sul botrdo – e poi scendo proprio
quando anche Ava
lo sta facendo.
Usciamo tutti e
tre da palazzo e l’accompagno dal professore, quando ci
lasciamo guarda con
vaga invidia Jonas, ma poi se ne va tranquilla. Mio figlio invece
è piuttosto
eccitato, l’ultima volta il posto gli è piaciuto
da matti e non vede l’ora di
tornarci.
“Mamma, dici che
farò amicizia con qualcuno?”
“Sono certa di
sì.”
“Non sembrerò
strano con questi capelli biondi?”
“Assolutamente
no, stai tranquillo e andrà tutto bene.”
“Quanto vorrei
avere i capelli azzurri di Ava.”
Mormora imbronciato.
Arriviamo alle piscine naturali e – come
sospettavo – ci sono madri con i bambini
dell’età di Jonas, io e lui cerchiamo
un posto e stendiamo la nostra stuoia poi sia lui che io ci togliamo i
vestiti
ed entriamo in acqua.
È piacevolmente
fresca ed è molto rilassante. Jonas nuota accanto a me
inquieto, nessuno gli si
è ancora avvicinato e questo lo sta deludendo parecchio.
Finalmente un
bambino dai capelli blu gli si accosta e cominciano a chiacchierare,
poi lo
coinvolge in una partita a palla con degli altri e JoJo sorride
soddisfatto.
Io sorrido a mia
volta e nuoto tranquilla, ora anche lui si sta facendo degli amici come
Ava,
sarà meno duro vivere su questo che per lui deve essere un
mondo parecchio
ostile.
Dopo un po’ esco
dall’acqua e lo tengo d’occhio seduta sul bordo
come fanno altre mamme,
stranamente nessuna mi rivolge la parola, come se fossero intimidite da
me. Non
mi importa, mi importa solo che mio figlio sia felice.
E lo è, lo sento
urlare, schiamazzare e scherzare con loro, come se si conoscessero da
sempre.
“Signora?”
Una mamma si
avvicina a me deferente.
"Sì?”
“Lei è la
principessa Ava?”
“Sì.”
Rispondo
semplicemente, lei mi guarda scioccata.
“Come mai è qui?
Pensavo ci fossero delle piscine a palazzo.”
Io rido.
“Nessuna batte le
pozze e poi mio figlio ha bisogno di avere degli amici nel tempo in cui
staremo
qui.”
“Pensavo voleste
amici più nobili per lui.”
Io sorrido di nuovo.
“Ha pensato
male.”
Lei non dice più
nulla e torna dalle sue amiche, questo è un altro motivo per
cui odio essere
una principessa.
Tutti pensano che
tu debba camminare sospesa a trenta centimetri da terra con aria
sprezzante, ma
io non sono così e non lo sarò mai.
Ho paura di avere
deluso queste pettegole e la cosa mi rende molto fiera di me.
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Capitolo 13 *** 12)Il ritorno di Johnny ***
12)Il ritorno di Johnny
Il lunedì è
sempre una giornata di merda, ma oggi è diverso.
Oggi finalmente
tornano Johnny e Anne e non posso fare a meno di sentirmi meglio, mi
sento al
sicuro quando Johnny è nei paraggi. Lui è uno che
sa risolvere i guai o almeno
mi dico mentre scendo a fare colazione con i miei figli.
Capisco che lui è
già arrivato dal casino, Jo e mio fratello si stanno
scambiando battute
deficienti sotto lo sguardo rassegnato di Anne e Naira.
“Bentornati!”
Dico con un
sorriso.
“Ciao, Jen!”
Anne mi abbraccia
e subito dopo anche suo marito mi stritola in uno dei suoi abbracci
spacca
costole.
“Com’è andata la
vacanza?”
“Bene, bene. Ho rivisto tutti i posti della mia
infanzia.”
“Magari quando
Tom sta meglio possiamo andarci tutti insieme e vai a trovarlo, per
favore.”
Lui annuisce, io
abbasso la voce.
“Dopo devo
parlarti, è urgente.”
Lui capisce al volo che c’è qualcosa che non va.
“Okay, va bene.”
Ci sediamo al
tavolo e mangiamo allegramente, l’arrivo del mio amico sembra
avere spazzato
via almeno per un momento la cappa grigia che incombeva su questa
stanza.
Dopo aver
mangiato Ava se ne va a scuola, Jonas a giocare in camera sua, Hen e
Naira ai
loro doveri e Anne va a disfare la valige.
Io cerco una
stanza tranquilla e in cui non possano ascoltarci orecchie indiscrete.
“Allora, cosa è
successo?”
“Un casino, John, un vero casino con i contro
cazzi.”
“Dimmelo.”
“Ci sono stati
una serie di avvelenamenti. Il primo è stato quello di un
nobile durante un
banchetto, poi c’è stato il vecchio Hoy mentre
insegnava ad Ava.
Non sappiamo chi
sia dietro, probabilmente qualcuno che vuole rovesciare il
trono.”
“Hai un’idea di
chi ci sia dietro?
Teorie?”
“Una. Ho visto
degli uomini girare per il palazzo, tutti e due avevano tatuato un
simbolo
molto simile a quello dei ribelli di Naima.
Poi ho visto
Naira parlare con loro, non ho capito molto della conversazione, so
solo che a
un certo punto il più giovane l’ha baciata e lei
non si è sottratta.”
Johnny guarda fuori
dalla finestra.
“Così Hen ha una
moglie fedifraga?
Non mi stupisce,
si sono sposati solo per saldare l’alleanza tra la luna e il
pianeta, lei
potrebbe benissimo non amarlo.
Mi inquieta un
po’ che conosca quei due uomini, sembrano pericolosi da come
me li hai
descritti.”
“Lo sono o almeno
hanno l’aspetto di due tizi pericolosi e la cosa non mi piace
affatto.”
“Lo sai che
l’aspetto conta poco.”
“Lo so, John, lo so. Ma credimi quei due erano davvero
pericolosi, soprattutto
per via di quel tatuaggio e non posso fare a meno di chiedermi
perché Naira li
conosca e quanto centrino in tutta questa serie di
avvelenamenti.”
“Capisco. In
effetti è tutto alquanto sospetto.”
“Molto sospetto, devo dire che sono felice di riaverti
qui.”
Lui mi sorride.
“Sono felice di
essere tornato e non temere vi proteggerò.”
“Grazie, Johnny.”
Un sospiro tremulo esce dalla mia bocca.
“In ogni posto io
vada succede un casino, sarebbe meglio che mi metteste su un iceberg e
mi
abbandonaste al mio destino.”
Lui mi scompiglia
i capelli.
“E Ava e Jonas?”
“Scusa, sto
delirando. È che questa situazione mi mette sotto
pressione.”
“Posso
immaginare, ma non preoccuparti, adesso ci sono io e verremo a capo di
tutto.
Siamo veramente
gli alieni più sfortunati di tutto
l’universo.”
“Già.”
Rispondo io con voce fioca.
“Non ti
preoccupare, ne usciremo.
Come si sono
ambientati i bambini?”
“Abbastanza bene,
Ava soprattutto. Jonas ha ancora qualche difficoltà, ma va
bene così.”
“Cosa dice Hen di
tutta la faccenda?”
“Molto poco, brancolano nel buio lui e Vinny.”
“Vinny?”
“Ci credi che
adesso è un generale?”
“Ci crederò
quando lo vedrò, è stato persino buttato fuori
dall’accademia militare perché
non era in grado di seguire le regole.”
Io alzo le
spalle.
“Dice che se l’è
guadagnato sul campo.”
“Uhm, immagino. Io torno da Anne, se non ti fa niente, ho
promesso di aiutarla
con le valige e sai che piaga può diventare quando non le
dai retta.”
Io rido.
“Ti ha domato! Ti
ha completamente domato!”
Lui alza le
spalle.
“A me va bene
così. Adesso vado.”
“Ciao, Johnny!”
Ridendo e
pensando a come era prima di stare con lei mi rendo conto che
l’amore può
davvero fare miracoli, il vecchio John l’avrebbe mandata al
diavolo, quello
attuale accetta, seppur di malumore.
“Dio, ogni tanto
qualche miracolo lo fai sul serio, eh?”
Chiedo al nulla,
poi me ne torno in camera, dopo pranzo potremmo fare una visita
collettiva a
Tom, penso che apprezzerebbe, deve essere una noia stare lì.
Forse persino
peggio di una noia, visto che giocano più o meno tutto il
giorno con il suo
cervello, per riuscire a risistemarglielo.
Come ho fatto a
non accorgermi di quanto Tom fosse strano?
Perché ho
lasciato che la sua situazione degenerasse fino a questo punto?
Forse perché
l’amore rende ciechi.
Gran bella cosa.
Pranziamo tutti
insieme, l’ilarità della mattina è
già scemata in un clima neutro.
Non c’è paranoia
e non c’è felicità, Hen deve avere
capito che Johnny sa perché in un paio di
occasioni l’ho visto lanciare occhiate prima a me e poi a lui.
Qualcuno doveva
dirglielo, mio fratello non poteva certo aspettarsi che rimanesse un
segreto,
visto che qualcun altro potrebbe stare male o morire.
“Hen, non mi
sembra felice che tu sappia.”
“Ho notato, ma
credo sia da pazzi non dirti nulla. L’emergenza è
tutt’altro che rientrata.”
Dopo questo breve
scambio di battute riprendiamo a mangiare, gli altri sembrano
tranquilli: Ava
borbotta sulla sua pila di compiti e Jonas gongola perché
uno dei suoi nuovi
amichetti l’ha invitato alle pozze. Credo che questo irriti
Ava perché anche
lei ha ricevuto un invito, ma non ha potuto andarci per via dei compiti.
“Ava vi somiglia,
anche lei non ama la scuola.”
“No, temo che non
la ami, come quasi tutti ragazzini. Questa famiglia non è
fatta per i genietti
per ora, magari Jonas romperà la tradizione.”
“Magari. Però sarebbe noioso avere in casa un tipo
pedante.”
“Penso si possa
essere bravi a scuola, senza essere dei rompicoglioni.”
Lui annuisce.
Al pomeriggio Ava
si chiude in camera sua e Anne si offre di accompagnare Jonas,
così vedrà anche
lei le famose pozze, rimaniamo solo io e Johnny.
“Devo fare un
controllo su questo tizio.”
“Non fare
casino.”
“So controllare
le cose senza fare casino e posso già dirti una cosa, a
Naira non va a genio
che io sia qui. L’ho beccata guardarmi male di soppiatto un
paio di volte.”
“Strano, ma se ha
a che fare con quello che succede qui ha un certo senso.”
“Dai, usciamo in
giardino. Ci aiuterà a pensare.”
Io lo guardo
leggermente dubbiosa, ma alla fine lo seguo. Usciamo dal palazzo e
seguendo uno
dei tanti sentierini di ghiaia arriviamo al giardino, ci sediamo su una
panchina sotto un grande albero che produce fiori bianchi.
“Ti ricordi? Era
il nostro preferito.”
“Sì. Ma non farti strane idee, eh.”
Lui ride come un
matto.
“Amo Anne, ti
giuro che amo Anne.”
Chiacchieriamo
ancora un po’, poi sentiamo qualcuno arrivare e lui mi prende
per mano e mi
porta nel cespuglio più vicino facendomi cenno di tacere.
Naira si siede
sulla panchina su cui eravamo seduti poco prima io e Johnny e si guarda
intorno
nervosa, dopo un po’ arrivano il pizzaiolo e il suo amante.
Si scambiano
veloci commenti nella loro lingua piuttosto astiosi, poi si calmano e
iniziano
a parlare distesi. Io non ci capisco nulla, Johnny –
acquattato accanto a me
come un puma – non si perde una parola del loro dialogo, lui
sa la loro lingua.
Parlano per
quelle che sembrano ore, poi finalmente Capelli Neri la bacia, il
Pizzaiolo le
batte una mano sulla spalla e poi se ne vanno tutti e due, Naria rimane
ancora
qualche attimo seduta sulla panchina, poi se ne va anche lei.
“Interessante.”
Mormora John.
“Illuminami.”
“Sono preoccupati per la mia presenza, pensano che gli
sarò d’intralcio nel
loro piano. Vogliono mettere sul trono un re proveniente da Naima e
vogliono
vendicarsi di qualcuno.
All’inizio
Capelli bianchi ha rimproverato aspramente Naira per non averci provato
di più,
quando io non c’ero.”
“La cosa non mi piace per niente. Questo significa che lei
è coinvolta e che
bisognerà guardarsi il culo.”
“Sì, tuo fratello
ha scelto una pessima sposa.”
Borbotta lui.
“Sì, ma adesso
usciamo o Anne potrebbe pensare male.”
“Infatti mi stavo
giusto chiedendo cosa ci steste facendo sotto questo
cespuglio.”
La voce della sorella di Mark ci fa sobbalzare.
“Niente, ho avuto
un’illuminazione su come funzionano le cose in questa
corte.”
Anne alza un sopracciglio, Johnny la prende a braccetto e si allontana
con lei
per spiegarle tutto, io rimango da sola.
È presto per
andare a prendere Jonas così decido di passeggiare un
po’ per il giardino.
Raggiungo il mio posto preferito e mi siedo su una panchina godendomi
la pace
del luogo: il sole, il lago, le ninfee, gli alberi in fiore.
Tutto molto bello
e rilassante, ma quando hai dei tarli dentro non funziona, continuano a
lavorare scavando gallerie di dubbi dentro di te.
Devo dire o no a
mio fratello che sospetto di sua moglie per gli avvelenamenti o anche
solo che
vede gente sospetta?
L’Hen che
ricordavo si sarebbe arrabbiato da morire, perché non ama
che la gente ficchi
il naso nelle sue faccende, soprattutto sentimentali. In questo caso
però non
c’è in gioco solo il suo matrimonio, ma la
stabilità del paese così
faticosamente conquistata.
Forse dovrei
aspettare che Johnny raccolga qualche prova, la nostra non è
un’accusa leggera
e se ci sbagliassimo sarebbe un grosso guaio.
Rimango a
guardare il lago calmo e piatto fino a quando non viene l’ora
di andare a
prendere Jonas, un po’ a malincuore mi alzo dalla panchina ed
esco dal palazzo.
Arrivo alle pozze
con cinque minuti di ritardo, Jonas non ci bada affatto
perché sta
chiacchierando con il bambino, la madre invece mi riserva
un’occhiata di
disprezzo.
Forse pensa che
le principesse siano capaci solo di arrivare in ritardo, prendo Jonas
che
saluta allegro il suo amico e torniamo a casa.
Ava ha finito i
suoi compiti e sta suonando la chitarra, dalla melodia direi
“What went wrong”,
stasera andremo da Tom e spero che vada tutto bene.
“Bentornati.”
Ci dice piatta.
“Belle le pozze,
vero?”
“Bellissime.”
Risponde gioioso
suo fratello.
“Già, lo
immaginavo. Spero di poterci andare domani, sempre che il professore
non mi
carichi ancora di compiti. Sto odiando tutto questo studio, devo
imparare
persino la storia di questo pianeta, come se quella della Terra non
fosse
abbastanza complicata!”
“Ava, lo sai…”
“Che è per il tuo bene. Sì, lo
so.”
Mi risponde un filino esasperata.
“Vado a farmi una
doccia.”
Se ne va e Jonas
alza le spalle, non capisce gli sbalzi di umore della sorella e non
credo gli
interessino molto per ora.
Quanto vorrei
tornare ad avere la loro età e poche preoccupazioni!
A volte persino
una come me crolla e avrebbe bisogno di una vacanza, ma temo di non
potermene
concedere una.
Sospiro
sconsolata e sposto la chitarra di Ava dal mio letto.
Forza e coraggio,
Jen! Ce la puoi fare!”
Ne hai affrontate
di peggiori.
Dopo
cena andiamo
tutti da Tom, inclusi Anne e Johnny.
Lei mi
sembra
piuttosto a disagio, continua a guardarsi intorno nervosa mentre
percorriamo i
corridoi dell’ospedale.
“Tutto
bene,
Anne?”
“Ehm, sì. Solo che non mi piacciono gli ospedali.
Da
piccola mi
hanno portato a visitare la nonna ed è praticamente morta
quando c’ero anche io
anche nella stanza.”
“Ah, mi dispiace.”
Le dico solidale.
In
ogni caso
siamo arrivati, la porta della camera di Tom è davanti a noi
e io abbasso la
maniglia, lui sta fumando alla finestra.
“Lo
sai che non
potresti fumare, vero?”
“Teoricamente
sì,
ma non sono molto severi qui.”
Si volta e sorride.
“Anne,
Johnny!”
Abbraccia
tutti e
due, poi abbraccia noi.
“Allora,
come
state?
Come
è andata la
vacanza?”
“Bene,
direi.”
Risponde lei con un sorriso.
“Abbiamo
visitato
il villaggio dove è nato il nostro punkettone tutto
d’un pezzo ed è davvero
carino, per non parlare del mare.
Cristo,
non ho
mai visto un mare così cristallino e si surfa da Dio, quando
hai finito qui
devi assolutamente venirci.”
Lui sorride.
“Beh,
vedrò di
sbrigarmi. Non so nemmeno io come ho fatto a ficcarmi in questo
guaio.”
“Perché
sei una
testa di … rapa estremamente curiosa e la
curiosità uccide il gatto. Lo dice
anche il proverbio, DeLonge.”
“Johnny, mi mancavano le tue battutine sarcastiche.”
Lui
ghigna.
“Lo
so, lo so.
Manco a tutti alla fine.”
Scoppiamo
tutti a
ridere. John si informa sulle terapie che sta facendo Tom e sui suoi
progressi.
“Non
hai fatto
amicizia con nessuno?”
Gli
chiede
curioso.
“Non
posso uscire
molto spesso dalla stanza e il mio compagno di stanza… beh,
ha il cervello
talmente danneggiato che non riesce ancora a parlare per ora.
Comunichiamo a
gesti, ma loro sono fiduciosi: guarirà.”
“Oh,
bene. Meglio
per lui, no?”
“Sì,
anche se non
ho mai visto nessuno venire a trovarlo.”
“Triste.”
Commenta
Ava.
“Ciao,
signore.
Spero
che lei
guarisca presto.”
L’uomo la guarda un attimo e poi le sorride grato.
“Brava,
Ava.”
Le
dico
sottovoce.
“Hai
fatto una
cosa davvero carina.”
“Mi
sembrava
giusto farla, è davvero triste che nessuno si preoccupi di
lui.”
“Già.”
Continuiamo
a
parlare ancora un po’ con un Tom di buon umore, sono felice
che sia così e che
non si sia ancora presentata un’altra crisi.
L’idea
di Johnny
di conoscere altri alieni sembra averlo fatto felice e sono sicura che
d’ora in
poi gironzolerò spesso per i corridoi
dell’ospedale per trovare qualcuno con
cui scambiare de parole.
Me lo
vedo
tartassare di domande un povero paziente innocente, che ha la sola
“colpa” di
essere alieno.
Ce ne
andiamo
tutti alle dieci.
“Mi
sembra in
buona forma.”
“Per
ora lo è. Lo
sai che ogni tanto ci saranno crisi periodiche, ce
n’è già stata una.”
Lui
annuisce,
ricordandosi della gente con il cervello fritto che abbiamo incontrato.
“Piano
piano
diminuiranno e sono sicuro che questo ospedale sia il
migliore.”
“Così
mi ha detto
Hen.”
“Fidati di lui.”
“Sì.”
Johnny sorride.
“Sentite,
vi va
un caffè o un gelato?
Non ho
voglia i
tornare a palazzo.”
Ava e
Jonas
gridano un “sì!” all’unisono,
io e Anne ci guardiamo e poi alla fine decidiamo
che è una buona idea.
Ci
infiliamo in
un caffè che vende anche caffè, i bambini
prendono il gelato e noi del
cappuccino. Onestamente
non avevo voglia
nemmeno io di tornare al palazzo, inizio a sentirmi prigioniera di quel
posto e
mi manca da morire casa mia, quella che ho arredato secondo i miei
gusti e che
conosco bene.
“Che
c’è, Jen?”
Mi
chiede Johnny.
“Niente,
mi manca
casa mia. Mi manca la California, il suo sole, il suo mare, la casa che
ho
arredato con tanta cura e tanto amore.
La
stanza che
abbiamo a palazzo è bellissima, ma non la sento
mia.”
“Tu
non hai mai
avuto l’anima di una principessa, ma di
un’avventuriera, curiosa esattamente
come Tom, ecco perché ti trovi a disagio.
Senti
il peso dei
tuoi doveri.”
“Sì,
a volte è
terribilmente seccante vestirsi elegante e andare a feste a cui devi
sorridere
a perfetti sconosciuti per evitare incidenti diplomatici.”
Siamo
seduti
fuori, la gente in strada ci passa vicino e in cielo brillano le due
lune e le
stelle.
“Qui
è bello, ma
non come la Terra.”
Lui
rimane in
silenzio, lui è quello che ci ha messo di più ad
abituarsi all’idea di vivere
sulla Terra e che ha sempre cercato questo pianeta per trovare una casa.
“Sì,
hai ragione.
Alla
fine ce l’ho
fatta a mettere radici e devo ringraziare solo Anne.”
Riprendiamo
a
guardare il cielo sorridendo, come due persone che condividono un
segreto ed è
in effetti così. Entrambi amiamo la Terra perché
amiamo dei terrestri e saremmo
pronti a dare la nostra vita per loro.
Curiosa
la vita.
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Capitolo 14 *** 13)Ava è in pericolo. ***
13)Ava è in
pericolo.
Questa
mattina il
sole decide di stare nascosto tra le nuvole. La luce che entra nella
mia camera
è fredda e grigia. Mi sa che oggi Jonas dovrà
saltare il suo appuntamento alle
pozze e rimanere a casa.
Con uno sbadiglio
scendo dal letto e mi butto sotto la doccia, cercando di mettermi di
buon umore
canticchiando. Non ci riesco, oggi ho l’impressione che
succederà qualcosa di
brutto.
Vado a bussare
alla camera dei ragazzi e li trovo in piedi, già vestiti.
“Avete fame
stamattina?”
“No, questo scemo mi ha fatti impazzire perché
è convinto che andrà alle
pozze.”
Io rivolgo a
Jonas uno sguardo dispiaciuto.
“Tesoro, c’è
brutto tempo, oggi si sta a casa.”
Ava sorride impercettibilmente.
“Ma mamma! Avevi
promesso!”
“Ci andremo
domani, oggi non è il caso.”
Con un’Ava che
trabocca di silenzioso trionfo e un Jonas imbronciato scendiamo a fare
colazione,
mio fratello e Johnny stanno parlando, Anne e Naira si studiano
silenziosamente.
“Buongiorno!”
“Buongiorno!”
Ci sediamo a
tavola e io inizio a imburrare una fetta di pane, Ava inizia a mangiare
i suoi
cereali. Ne mangia solo due cucchiaiate e subito si porta una mano alla
gola,
come se non riuscisse a respirare, io mi paralizzo.
“Ava!”
Urlo, Johnny si
alza di scatto – buttando a terra la sedia – e le
fa tenere aperta la bocca per
far si che non soffochi con la lingua. Anne chiama
l’ospedale, io non posso
credere a quello che i miei occhi mi stanno mostrando: mia figlia
è stata
avvelenata!
Vorrei fare
qualcosa – andare da lei, urlare, portare via Jonas,
qualsiasi cosa – ma non
riesco a fare nulla, il mio corpo si rifiuta di collaborare e mi tiene
incollata
a questa sedia, mentre mia figlia rantola in un modo orribile.
Il mio cuore si
spezza in non so quanti pezzi e sento qualcosa di bagnato sulle mie
guance:
lacrime.
“Hen, portala via
di qui.”
Urla Johnny, intanto sento dei rumori di passi, i paramedici
probabilmente
stanno arrivando. Hen fa per avvicinarsi a me, ma io lo respingo e mi
lancio su
mia figli accanto a Johnny e stendo una mano su di lei.
Poco dopo entrano
nella stanza i paramedici e la caricano su una barella, io li seguo
frenetica
ed entro nell’ambulanza. La attaccano al respiratore e
cominciano a parlare in
modo concitato mentre il veicolo si muove rapido nel traffico.
“Ce la farà?”
Chiedo a uno dei
paramedici.
“Non lo sappiamo,
signora. Probabilmente sì, visto che ci avete chiamato
subito.”
Sento il mio cuore battere troppo veloce contro la cassa toracica, Ava
non può
morire, è troppo giovane per farlo!
Non ha ancora
vissuto la sua vita, non si è mai innamorata, non ha mai
dato il primo bacio,
non ha ancora fatto nulla!
Arriviamo all’ospedale
e io seguo la barella fino a quando una mano gentile mi ferma, io
guardo
stralunata l’infermiere.
“Non può entrare
in sala operatoria, signora.
Si sieda qui in
sala d’attesa.”
Io annuisco stupidamente e mi lascio cadere su una delle sedie, priva
di forze,
mi prendo la testa tra le mani e inizio a piangere silenziosamente.
Piango per quelle
che mi sembrano ore, poi sento dei passi e vedo Hen e Johnny
avvicinarsi
titubanti, si siedono anche loro e mi lascio abbracciare da Jo.
“Non avrei mai
dovuto venire qui, Jo.
Li ho messi in
pericolo, tutti. Avrei dovuto trovare un modo per guarire Tom sulla
Terra.”
“Jen, non hai
messo in pericolo nessuno, non avevi idea che qui sarebbe finita
così o non li
avresti mai portati qui. Credimi, non saresti riuscita a guarire Tom da
sola,
lo sai benissimo che quando si tocca la mente si fa casino e per
ripararlo
servono persone competenti. Persone che sulla Terra non ci
sono.”
Io sospiro.
“Ma sono in
pericolo ora.
Dov’è Jonas?”
“Con Anne.”
“Come sta?”
“Scosso, quando
l’abbiamo lasciato stava piangendo perché era
preoccupatissimo per la sorella.”
“Merda, non gli
ho detto nemmeno una parola!”
Mi prendo la
testa tra le mani.
“Sono una madre
terribile”
“No, eri e sei
solo spaventata.”
“E se Ava non ce la facesse?
E se succedesse
la stessa cosa che è successa con Isabel?”
Johnny scuote con forza la testa.
“Non succederà.
Ava ce la farà.”
Io rimango un attimo in silenzio, per riordinare i
miei pensieri confusi.
“Troverò quel
figlio di puttana che l’ha ridotta così e lo
farò pentire di essere nato, lo
giuro.”
“Jen, potrebbe essere pericoloso…”
Io lo guardo con
occhi di fuoco.
“Non mi importa,
quel bastardo deve pagare e sono io che lo devo annientare. Non avrebbe
mai
dovuto toccare uno dei miei figli. Adesso saprà cosa vuol
dire stuzzicarmi!”
Il mio amico mi guarda come se non mi avesse mai visto.
“In questo
momento sei uguale ad Ava, la principessa.”
Io scuoto le
spalle, non mi interessa a chi assomiglio, voglio solo lo scalpo di chi
ha
osato fare del male a mia figlia. Lei è innocente, non
c’entra nulla con gli
intrighi di palazzo, le ribellioni, le lune e tutta
quell’altra merda che
caratterizza questo pianeta.
Lei è solo una
ragazzina, una normalissima ragazzina, non una principessa.
Dal dolore sono
passata alla rabbia e ora ho l’impressione che qualcosa mi
bruci nel petto, ma
non è positivo. È qualcosa di forte e che consuma.
Hen mi guarda e
poi si alza.
“Vado a prenderti
del the, ne hai bisogno.
Tu non ti
muovere.”
“Dove credi che
vada con mia figlia in sala operatoria?”
“Ava, conosco quello sguardo. È quello che hai
quando stai per fare una cazzata
perché sei incazzata. Bene, non farla.
Cerca di stare
calma e aspetta almeno di sapere come sta Ava.”
Io annuisco e lo
guardo andare via.
“Me la pagheranno
e se c’è anche Naira coinvolta, io ti giuro che la
ammazzo!”
“Stai
tranquilla.”
Ma come faccio a stare tranquilla quando mia figlia è in
pericolo di vita una
porta più in là?
Il tempo scorre
lento, guardo fuori dalla finestra e vedo il sole splendere luminoso a
mezzogiorno e poi sfumare lentamente nel pomeriggio.
Dalla sala
operatoria non c’è ancora nessuna notizia e io
muoio dalla voglia di fare
qualcosa, voglio vendicarmi di quei bastardi.
Voglio che
soffrano come sto soffrendo io in questo momento, con le lacrime che mi
scorrono
sul volto, senza pensare ad altro che sono stata io a portare Ava qui
ed
esporla a un pericolo.
“Dovresti andare
da Tom.”
La voce di Johnny
mi fa sobbalzare.
“Per dirgli cosa?
Scusa, nostra figlia è stata avvelenata, ecco
perché non può venire?”
“Penso dovrebbe
saperlo.”
Io rimango in
silenzio.
“Non voglio che
pensi che sono una cattiva madre.”
“Beh, presto
dovrai dirglielo.”
Io lo guardo
senza capire.
“Quell’uomo che
si sta avvicinando di corsa mi sembra proprio Tom.”
Io m volto e vedo
un uomo dai capelli castani che corre con la braghe di una tuta e una
t-shirt
dei blink.
Merda.
“Jen! John! È
vero quello che dicono?”
Io deglutisco.
“Cosa dicono?”
“Che Ava è
ricoverata…
Oh, cazzo! È
vero?”
Probabilmente gli
è bastato guardare più attentamente il mio viso
pallido e segnato dalle lacrime
per capire che non era una bugia, che la sua unica figlia è
in pericolo di
vita.
“Come è
successo?”
Io non rispondo,
le lacrime gocciolano dalle mie guance alle mie mani aperte.
“Durante la
colazione, stava mangiando i suoi soliti cereali quando ha iniziato a
comportarsi come se le mancasse l’aria.
Abbiamo chiamato
un’ambulanza e ora è in sala operatoria.”
Risponde Johnnie
al mio posto.
“Jonas ha visto
tutto.”
“Sì, ora è con
Anne!”
Tom si prende la
testa tra le mani, poi mi attira a sé e io nascondo la mia
testa nell’incavo
delle sue ascelle.
“Vi hanno detto
qualcosa?”
“No.”
Poco dopo esce un
medico e ci alziamo tutti e tre.
“Chi sono i
genitori?”
“Noi!”
Esclamo indicando
me e Tom
“E lui è lo zio.”
Preciso poi
indicando John.
“Vostra figlia è
stata avvelenata da un veleno molto raro e difficile da reperire qui,
su Naima
invece è molto comune.”
Ci guardiamo
tutti e tre, io digrigno i denti.
“Ci vorrà qualche
tempo per preparare l’antidoto, ma non vi preoccupate: siamo
perfettamente in
grado di tenerla in vita.
Rimarrà in coma
fino a quando non reperiremo il veleno.
Mi dispiace
molto.”
L’uomo se ne va,
Johnny e Tom si siedono annichiliti, io invece comincio a prendere a
calci il
bidone della spazzatura per scaricare in qualche modo la rabbia.
“Jen, cosa stai
facendo?”
“Sfogo la mia
rabbia! La mia unica figlia è in coma e io sono fuori di me
dalla rabbia, me la
pagheranno, lo giuro!
Adesso sì,
sapranno cosa vuol dire avermi come nemico!”
Urlo fuori di me,
poi me ne vado, lasciandoli basiti.
Torno a palazzo e
vado subito in camera dei bambini, Jonas sta piangendo tra le braccia
di Anne.
“Jen, finalmente!
Ci sono buone notizie?”
“Non
esattamente.”
Mio figlio mi
guarda smarrito e io lo prendo in braccio.
“Come sta Ava?”
“Dorme, tesoro.
Ha mangiato una cosa molto cattiva che l’ha fatta stare male
e ora dorme.”
“Ma si sveglierà,
vero?”
“Certo!”
Lui mi guarda,
come per assicurarsi che io non gli menta.
“E quando?”
“Quando il
dottore avrà trovato la giusta medicina. Ci vorrà
un po’, ma la troverà e Ava
si sveglierà.”
“Posso venire a
trovarla.”
Io rimango un attimo in silenzio, non so nemmeno se possiamo visitarla,
ma non
me la sento di dire di no a Jonas.
“Va bene, puoi
venire.”
“Vengo anche io.”
Mi risponde
ansiosa Anne, forse ha paura di essere avvelenata e non posso
biasimarla con
tutti questi attacchi che si sono succeduti!
“Aspettate un
attimo!”
Jonas prende il
suo orsacchiotto preferito e poi si fa di nuovo prendere in braccio.
“Se Ava deve
dormire tanto, lascio lui a vegliare su di lei:”
Gli occhi mi si riempiono di lacrime per il pensiero carino, ma me le
asciugo
subito.
“Hai avuto
un’idea davvero carina. Sono convinta che Ava lo
apprezzerà molto.”
Usciamo dal
palazzo, io lancio un’occhiata gelida a Naira, che ricambia
con quello che
sembra odio nei suoi occhi chiari.
È lei la mente
dietro a tutti questi attentati, ne sono convinta, o se non
è la mente è una
pedina molto importante. Vorrei avere più notizie su di lei.
-C’è
ancora
l’archivio in cui sono schedati i nuovi membri della famiglia
reale?-
Chiedo a uno dei
miei soldati.
-Sì, si trova
esattamente dove si trovava prima.-
-Credo che
stanotte gli darò un’occhiatina.-
-Di chi sospetta,
principessa?-
-Di Naira,
l’ho
vista in compagnia di persone piuttosto sospette e penso facciano parte
del
movimento indipendentista.-
-Capisco.-
Arrivati
all’ospedale troviamo Tom e Johnny dove li avevo lasciati,
Anne si lancia tra
le braccia di Jo e Jonas in quelle di suo padre.
“Vi hanno detto
se possiamo vederla?”
“Sì, è appena
passata un’infermiera. Uno alla volta possiamo
vederla.”
“Ok, è ok se io e
Jonas entriamo per primi?”
Annuiscono tutti.
L’infermiera
arriva poco e io e mio figlio la seguiamo senza dire una parola, credo
che
Jonas abbia di nuovo paura.
La donna si ferma
davanti a una porta verde ci fa indossare delle vesti e poi –
finalmente – ci
dà il permesso di entrare. Il mio cuore si stringe davanti a
quello che vedo:
Ava è stesa a letto e il suo corpicino è
attaccato a un ammasso di tubi e
tubicini che servono per tenerla in vita.
La rabbia ribolle
di nuovo, non è giusto!
Niente in questa
stanza è giusto!
Ci avviciniamo al
suo letto piano, come per non disturbarla – sebbene sappiamo
entrambi che non
ci può sentire –
e Jonas
si siede sul bordo.
“Ciao, ti ho
portato il mio orsacchiotto così non sarai da sola, vedi di
svegliarti presto.”
Mi siedo su una
delle sedie e le accarezzo piano i capelli.
“Perdonami per
averti portata in un territorio ostile, ma – te lo giuro
– credevo di fare la
cosa giusta. Troverò chi è stato e la
pagherà.
Ti sveglierai
presto, tesoro. Fai bei sogni intanto.”
Inizio di nuovo a
piangere.
“Ti voglio bene,
Ava, non morire.”
Io e Jonas ci
stringiamo, piangendo insieme.
Alla fine
lasciamo la stanza e cediamo il posto a Tom, che entra da solo, con uno
strano
sguardo stralunato: come se credesse che nulla di quello che sta
succedendo qui
sia vero, che sia solo uno scherzo di pessimo gusto.
Povero amore mio,
come ti scontrerai presto con la realtà!
La realtà fa
male, la realtà schiaffeggia!
“Ce la faremo!”
Sussurro a Jonas, forse per rassicurare più me che lui.
“Sì, mamma. Ava
si sveglierà.”
“Già.”
Poco dopo esce
Tom, è pallido come un cencio e mi sbrigo a farlo sedere
prime che svenga.
“Non ci posso
credere.”
“Nemmeno io, ma si sveglierà, Tom. Troveranno
l’antidoto.”
“Sì, ma quando?
Quando sarà morta?
Fatemi uscire di
qui che devo uccidere il bastardo che ha ridotto mia figlia!
Fatemi uscire!!”
Le sue urla
richiamano un gruppo di infermieri che lo portano via, nonostante lui
tenti in
ogni modo di svincolarsi e ritornare accanto a me.
Io sono sull’orlo
delle lacrime.
Non ce la faccio
più! Qualcuno fermi questo pianeta del cazzo e mi faccia
scendere, devo
vomitare!
“Mamma, stai
bene?”
Mi chiede Jonas.
“Sì, JoJo… Io…
puoi stare un attimo con gli zii?”
Lui annuisce e io
me ne vado, con l’andatura di uno zombie bastonato. Devo
assolutamente fumare
una sigaretta: è l’unico modo che conosco per
schiarirmi le idee.
Lungo il
corridoio trovo un’uscita di sicurezza che dà
sulla scala e mi accendo la mia
agognata sigaretta cercando di mettere in ordine i miei pensieri.
Il primo che mi
tormenta è l’espressione gelida di Naira, come se
non le importasse molto che
Ava fosse stata avvelenata.
Tutto questo
contrasta con la sua prima reazione scioccata, o ha finto la prima o ha
finto
ora; io propendo per la prima ipotesi. Forse il tizio morto al
banchetto era
solo una prova e direi che è riuscita perfettamente.
Forse l’unica
perché poi le vittime sono sopravvissute, senza poter
comunque dire chi fosse
il colpevole.
Potrei chiedere a
uno dei miei soldati se ha visto qualcuno di sospetto in cucina, dubito
che mi
possa utile, ma non si sa mai.
-Ehi.-
-Sì,
principessa?-
-Potreste
controllare se stamattina c’era qualcuno di insolito nelle
cucine?-
-Sì-
Nel frattempo io
continuo a fumare, convincendomi sempre di più che lei
c’entra qualcosa. È il
mio istinto che lo grida e ho imparato che il mio istinto è
spesso nel giusto.
-Principessa?-
-Sì?-
-Non abbiamo
scoperto nulla.-
-Non fa niente,
grazie per averci provato.
Stasera farò
un
giro nell’archivio.-
-Adesso è
meglio
che torni dentro.-
-Avete ragione.-
Schiaccio la
cicca della mia sigaretta nell’apposito portacenere e torno
dentro. Johnny e
Anne stanno tentando di tirare su di morale Jonas con scarsi risultati.
“Mamma!”
Urla quando mi vede
e mi si fionda in braccio.
“Pensavo ti fosse
successo qualcosa.”
“No, ho solo
fumato una sigaretta.”
Lui aggrotta le
sopracciglia.
“Ma fanno male.”
“Non a quelli
come noi.”
“Ho fame.”
Io guardo Johnny
e Anne.
“Che ne dite di
andare a mangiare in una pizzeria, non credo che Hen si
offenderà dopo quello
che è successo.”
Annuiscono
entrambi e usciamo dall’ospedale, adesso sono due le persone
a me che sono
ricoverate lì e il numero non deve aumentare.
“Cosa facciamo,
Jen?”
“Stasera farò un giro nell’archivio e
poi vedrò.”
“Vengo con te.”
Io annuisco con
un sospiro, un complice mi sarà utile.
Sono stanca di
segreti e sono stanca di questo palazzo, molto stanca.
Pensavo che avrei
avuti un po’ di pace una volta arrivata qui, inutile dire che
mi sbagliavo.
Che rabbia!
È tutta colpa mia
se siamo in questa situazione, non potevo essere un’aliena
qualunque?
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Capitolo 15 *** 14)La fine del gioco. ***
14)La fine del gioco.
Sono
passati anni
da quando ho fatto qualcosa di segreto di notte e Johnny è
– come al solito –
il mio complice.
Ce ne siamo
andati all’ospedale tardi – Ava è ancora
in coma e sono passata da Tom, mi è
sembrato più calmo, forse gli hanno iniettato qualcosa
– e ci
fermiamo in un’altra pizzeria.
Siamo tornati a
palazzo solo per scoprire che non c’era nulla di nuovo,
nessuna ha idea di chi abbia avvelenato mia figlia.
Ho fatto buon
viso a cattivo gioco e me sono andata a letto con mio foglio, Anne e Jo
hanno
seguito il mio esempio.
Ci ho messo
un’eternità per farlo addormentare, ma alla fine
ha ceduto ed è arrivata Anne,
pronta per vegliarlo.
“Non fate
cavolate.”
Ci ha
raccomandato prima che io e Johnny sparissimo nei corridoi bui del
palazzo,
attenti alle guardie e ad altri eventuali visitatori notturni.
L’archivio è
situato in un sotterraneo ben protetto, vi hanno accesso solo i membri
della
famiglia reale e pochi altri, perché contiene informazioni
molto importanti.
Una parte di questa sterminata raccolta di documenti è
composta da dossier dei
nuovi arrivati della famiglia reale, mogli e mariti che appartengono
sia alla
nobiltà di questo pianeta sia di altri.
Ci dovrebbe
essere anche il fascicolo di Naira, ma prima devo verificare una cosa.
“Tu hai il
permesso di accedere all’archivio, vero?
Se non l’avessi
si scatenerebbe un putiferio per via dell’allarme.”
“Il vecchio Rath
ce l’aveva, quindi suppongo di averlo anche io.”
“Ho capito, è
come la roulette russa, speriamo non succeda nulla.”
Scendiamo le
scale buie e ci troviamo davanti a una porta di metallo, è
fatta di una lega
praticamente indistruttibile, nemmeno i ribelli e le loro armi
l’hanno
scalfita.
Io appoggio la
mia mano su di una pietra e fisso il mio sguardo su un’altra.
Lentamente e
senza fare rumore la porta si apre e io entro, Johnny fa lo stesso e
non
succede nulla.
Dopotutto ha il
permesso per entrare, per fortuna.
Una volta entrati
tutti e due la porta si richiude dolcemente.
“Hai portato le
torce? Ci serviranno con questo buio.”
“Eccole.”
Ne porgo una a
Johnny e ne tengo una per me.
Iniziamo a
camminare tra gli scaffali, l’archivio
è
in fondo al corridoio, prima ci sono i brevetti delle nostre armi e
invenzioni
e la nostra storia.
Inizia a fare
freddo e le luci proiettate dalle nostre torce sono spettrali, sembra
di
entrare di notte in un cimitero. Qualcosa sembra suggerirci che abbiamo
sbagliato orario e che i visitatori notturni non sono molto graditi.
Ignoriamo questa
sensazione e andiamo avanti fino a trovare finalmente quello che
cerchiamo:
migliaia di fascicoli su tutti gli sposi e le spose, con un moto di
sorpresa Jo
trova persino il suo.
È precisissimo,
ci sono tutti i particolari della sua vita e della sua morte, incluso
il fatto
che è stato clonato e le impressioni recenti sul nuovo clone.
“Cazzo, ma sono
aggiornatissimi.”
“Lo so, Hen da
piccolo mi diceva che c’erano dei funzionari incaricati di
spiare….
Johnnie, cazzo!
Il tizio che è
morto, non è stata una prova generale come pensavo, ma il
funzionario che
doveva tenere d’occhio Naira, ci giurerei. Alla fine del
fascicolo ci sono le
foto e i nomi di chi ci controlla.”
Lui deglutisce.
“Se così fosse
lei ha qualcosa da nascondere e oserei dire che si tratta di roba
grossa.”
“Lo penso anche io.”
Apriamo il
fascicolo e purtroppo il nobile morto non è altro che il suo
funzionario,
questo è quanto meno sospetto. All’improvviso
sentiamo dei rumori, prendiamo il
fascicolo di Naira e un altro paio e poi vengo trascinata via da Johnny.
-Cosa succede?-
-Qui
c’è qualcuno
e cercano anche loro i fascicoli.-
-Come hai fatto a
capirlo?-
-Li ho sentiti
parlare, tu eri troppo distratta dal fascicolo.-
Corriamo senza
far rumore tra lunghe file di scaffali, svoltando a volte a destra a
volte a
sinistra.
-Dobbiamo uscire
qui prima di loro.-
Alla fine ci
ritroviamo davanti alla porta e veniamo di nuovo scannerizzati, con un
certo
nervosismo da parte nostra questa volta, alla fine si apre e ci lascia
uscire.
Percorriamo i
corridoi di corsa e raggiungiamo più presto che possiamo la
mia camera, a volte
ho l’impressione che qualcuno ci segua e non mi piace per
niente.
Alla fine
entriamo in camera mia, spranghiamo i due ingressi e mettiamo due
soldati a
guardia, Anne dorme nel letto con Jonas.
Io e Johnny
andiamo in camera mia e apriamo il fascicolo di Naira e lì
apprendiamo con
orrore che lei non è la vera figlia del re di Naima,
è solo la figlia adottiva.
I suoi veri
genitori sono i capi dei ribelli di Ioria ed è la sorella di
Joel, fin da
ragazzina ha avuto contatti con i ribelli del suo pianeta
all’insaputa dei suoi
genitori.
“Johnny, è la
sorella di Joel e non è tutto.”
“La sorella di
Joel?!
Cristo, ci credo
che ti vuole vedere morta! Cosa altro
c’è?”
“Ha avuto una
relazione con il vice capo dei ribelli, il ragazzo dai capelli neri.
Poi racconta del
matrimonio e si interrompe bruscamente, probabilmente non hanno ancora
trovato
qualcuno che sostituisca che compilava questo dossier.”
“Siamo in pericolo!
Forza, sfogliamo gli altri due fascicoli, sono del ragazzo moro e del
vecchio.”
Li apriamo.
Il giovane dai
capelli neri che ha baciato Naira altro non è che
l’attuale capo dei ribelli,
la sua famiglia è stata sterminata dai soldati del nostro
pianeta e si è unito
fin da giovane alle forze ribelli. Sul campo ha dimostrato una discreta
abilità, soprattutto
nell’uso dei veleni e
soprattutto quando Naira collaborava con lui, insieme erano
noti come
squadra della morte.
Sono scioccata,
come hanno permesso che una donna del genere entrasse a palazzo?
Continuo a
leggere.
Hanno agito
insieme per tre anni – dai quindici ai diciott’anni
– poi sono stati fermati,
Illen, il ribelle, è riuscito a scappare, Naira è
stata consegnata alla sua
famiglia perché decidesse cosa farne.
Alla fine non è stata punita nemmeno con un
giorno di carcere perché ha
più volte affermato che Illen aveva minacciato di uccidere
la sua famiglia se
lei si fosse ribellata.
Per dimostrare la
sua fedeltà si è sposata con il principe, ma si
sospetta che tra lei e Illen i
contatti non si siano mai interrotti.
Questo non è un
sospetto, è la realtà.
“Come hanno
potuto permettere a mio fratello di sposare una persona così
sospetta?
Ha un passato da
terrorista.”
“Se ho inquadrato
bene Naira sa fingere molto bene, un suo pentimento sarebbe potuto
sembrare
sincero e poi dal suo fascicolo risulta che i suoi genitori adottivi
sono molto
affezionati a lei, perché non possono avere figli.”
“Merda.”
Esclamo,
disgustata da quella donna.
-Principessa!-
-Dimmi!-
-Stanno tentando
di forzare le serrature.-
-Bloccatele,
create una barriera. Pensate sia possibile?-
-Con il suo
aiuto, sì.-
-Va bene.-
Mi alzo dal letto
e inizio a pronunciare un’antica formula nota solo ai reali e
sento un velo di
energia alzarsi intorno alla mia camera e a quella dei bambini.
-Come sta
andando?-
-Se ne stanno
andando, sono feriti-
-Per caso erano
un ragazzo dai capelli neri e un uomo di mezza età con i
capelli bianchi?-
-Sì.-
-Grazie, come
immaginavo.-
“Illen e il suo
socio volevano fare irruzione.”
Johnny impreca.
“Manca solo lui,
il vecchietto.
Forza, leggiamo
il suo fascicolo.”
Il vecchietto risulta essere un veterano della guerriglia su Ioria, ha
iniziato
a combattere a quindici anni e non ha mai smesso. Ha dato il suo
sostegno a
Joel e alla squadra della morte, fino a diventare il braccio destro di
Illen
per la sua grande esperienza.
Si chiama Ren e
sono pochi quelli che possono ricordare il suo viso dopo averlo
incontrato in
battaglia, risulta essere un guerriero abilissimo e spietato. Di solito
non
raccoglie prigionieri, preferisce uccidere, a meno che sappia che chi
deve
affrontare sia a conoscenza di informazioni importanti.
“Bene, abbiamo a
palazzo nientemeno che il capo della guerriglia su Ioria e il suo
braccio
destro noto per non lasciare persone vive e nessuno se ne è
accorto.”
“Non è
possibile.”
“Si sono
camuffati bene e hanno Naira che li aiuta dall’interno, non
è poi così
difficile, se poi ci aggiungi che sono pochi a conoscere le loro
facce.”
“Dobbiamo
toglierli di mezzo.”
“Partiamo da Naira.”
Johnny scuote la testa.
“È la moglie di
tuo fratello e prima di farlo dobbiamo avvisarlo dei tuoi sospetti e
mostrargli
questa roba. Non puoi semplicemente prenderla, attirarla in una stanza
e farla
fuori.”
Invece è
esattamente quello che farò prima che metta le mani su Jonas
o su altre persone
che amo.
Probabilmente me
lo si legge in faccia perché Johnny sospira.
“Almeno dormici
sopra e non fare cavolate.”
Io annuisco, più
per compiacerlo che per altro, la mia decisione è
già stata presa. Quella donna
morirà e sarò io a ucciderla, così
impara a mettersi contro di me e contro la
mia famiglia.
Toccare mia
figlia è stato un grave errore, perché ora non
voglio più solo fare giustizia,
voglio una vendetta con i fiocchi e non c’è niente
di peggio che una madre
inferocita.
“Andiamo a letto,
tu dormi nel letto di Ava, io nel mio. Penso saremo al
sicuro.”
Lui annuisce e va nell’altra stanza, lasciandomi da sola. Io
tocco la
milleottanta con un ghigno che ha poco di rassicurante e, una volta
messa in
pigiama, mi addormento subito.
La mattina dopo
mi sveglio lucida, so cosa fare e come ucciderla.
Sarà lei a fare
la prima mossa, ma questa volta – come è successo
con suo fratello – non mi
troverà impreparata e darò battaglia. Lei
morirà, questo è certo.
L’unico per cui
provo dispiacere è mio fratello, che probabilmente
soffrirà molto per la sua
perdita, sembra amarla molto.
Beh, troverà una
donna più adatta a lui e priva di tendenze omicide.
Mi butto sotto la
doccia e mi faccio trovare sorridente sia da Johnny che da Anne, solo
Jo
capisce che il mio sorriso è falso, infatti mi chiede di
parlare con lui
intanto che Anne sveglia a lava Jonas.
“Cosa hai in
mente, Jen?”
“Risolvere i conti con Naira, sono certa che oggi
proverà a farmi fuori con la
scusa di fare qualcosa insieme, tipo cucito o cose da
principesse.”
Lui fa per aprire bocca, ma io non gli lascio il tempo di parlare.
“Di’ ad Anne di
stare con Jonas e di non mollarlo nemmeno per un secondo, tu invece vai
da
Ava.”
“Non ci penso nemmeno, vengo con te.”
“So badare a me
stessa, piuttosto bada ad Ava.”
“È in un
ospedale!!”
“Pensi che questo
li possa fermare? Questo è un palazzo reale e pensa che sono
riusciti a
superare tutte le nostre difese, cosa vuoi che sia un ospedale?
Va da lei e non
mollarla per nessuna ragione.”
Lui deglutisce.
“Jen, stai
attenta.”
“Sì, lo farò. I miei figli non
rimarranno orfani per colpa sua, ma devo
risolvere questa situazione una volta per tutte. È ora che
la squadra della
morte smetta di esistere.”
“Il tuo tono non
mi piace, vacci piano. Sono assassini professionisti.”
“Ti ho già detto che ci andrò piano, ma
deve pagare come Joel!”
Un lieve bussare interrompe la nostra discussione.
È Anne e ci
guarda leggermente confusa.
“Ragazzi, se
avete, ehm, finito potremmo andare.”
“Sì, abbiamo finito.”
Rispondo io sorridendo, lasciando un Johnny piuttosto preoccupato per
me.
Scendiamo nella
sala da pranzo e – come al solito – ci sono lui e
sua moglie, io e lei ci
misuriamo con due occhiate gelide.
Sembriamo due
leoni in procinto di combattere ed è esattamente
così, lo sappiamo entrambe.
Facciamo
colazione in silenzio, persino Hen rinuncia a conversare, ho
l’impressione che
stia pensando intensamente a qualcosa di poco piacevole. Non ho voglia
di
chiedergli cosa sia, lo farò dopo, una volta sistemata la
sua mogliettina.
“Jen?”
Finalmente lei mi
rivolge la parola.
“Sì?”
“Che ne diresti
di venire in biblioteca oggi pomeriggio? Potremmo fare qualcosa per tua
figlia.”
“Sì, perché no?”
Dico io fintamente affabile, Johnny mi lancia un’occhiata in
tralice, chiaramente
scontento della piega della conversazione.
Infatti quando
finiamo di fare colazione, mi sussurra: “Mi auguro che tu
sappia quello che
stai facendo.”
Io annuisci
secca.
Sì, lo so.
Lo so che ho
accettato un appuntamento con un’assassina e rischio grosso,
ma questa storia
deve finire.
“Voi fate quello
che vi ho detto.”
Johnny annuisce
altrettanto seccamente.
Il
pomeriggio
arriva velocemente.
Per non far
insospettire Naira metto la milleottanta in una tasca facilmente
raggiungibile
del vestito e cerco di appiccicarmi al volto il sorriso più
ingenuo e cordiale
che mi riesce.
La biblioteca è
deserta, ma questa non è una novità è
sempre deserta. Per un motivo a me
sconosciuto si è deciso di non renderla accessibile al
pubblico se non dopo
aver inoltrato una richiesta che verrà meticolosamente
controllata da un
funzionario addetto.
Naira è seduta su
una sedia con degli aghi vicino a lei.
“Buongiorno, come
sta tua figlia?”
“Uhm, bene tutto
sommato. La tengono in coma farmacologico in attesa che arrivi
l’antidoto.”
“Oh, sono molto
contenta per te.”
Sì, come no.
L’hai fatta avvelenare tu.
“Ti va di bere
qualcosa prima di iniziare?”
“No, grazie.”
“Insisto.”
Mi porge una tazza di the che io non degno di uno sguardo.
“Non voglio nulla
che venga da una che ha fatto parte della squadra della
morte.”
Lei appoggia
velocemente la tazza sul tavolino e tira fuori un arma, io estraggo la
milleottanta ed evoco la falce, mettendomi poi la collana al collo.
Ora lei ha una
spada puntata verso di me e io ho la falce puntata verso di lei.
“Come fai a
saperlo?”
“Mi è bastato
dare un’occhiata all’archivio, ci avete pensato
troppo tardi.”
Lei mi lancia
un’occhiata carica di odio.
“Lo sapevo che
avrei dovuto prendere prima quei fascicoli, ma non pensavo che qualcuno
sospettasse della regina.”
“Palle, non avevi il permesso. Ti è stato
rilasciato solo la notte in cui ti
sei introdotta là dentro, prima di venire qui ho fatto un
controllino.”
Lei ride.
“A quanto pare mi
hai tenuta d’occhio.”
“Non avresti mai dovuto tentare di fare del male a mia
figlia. MAI.
Ora preparati a
morire.”
“Tu non avresti
dovuto uccidere mio fratello!”
Urla furiosa.
“Lui voleva
uccidermi e io non volevo morire.”
È lei ad
attaccarmi per prima e io paro il suo colpo, poi attacco io e lei non
solo para
il mio, ma sembra rinvigorita dall’attacco.
Credo che a ogni
colpo lei diventi più forte, provo un altro paio di volte e
la mia teoria viene
confermata.
“Hai paura
adesso, vero?”
Io scuoto la
testa sorridendo.
Non ho affatto
paura, ora so come batterla: la manderò in sovraccarico di
energia.
Cambio il lato
della falce e inizio a sferrare una serie di colpi con la parte fatta
di
energia, sento che man mano lei diventa sempre più forte,
più carica.
“Sciocca! Perché
ti ostini a colpirmi?”
Lei prova ad attaccarmi, ma io schivo abilmente i suoi colpi, il potere
la
rende eccessivamente lenta, come se si trascinasse dietro una
tonnellata di
ferro.
“Perché non
riesco a colpirti?”
Naira continua a
menare fendenti che io schivo abilmente, ormai manca poco: un ultimo
colpo e sarà
fuorigioco per sempre.
“Naira, pentiti
di quello che hai fatto. È la tua ultima
possibilità!”
“Sei sempre la
solita sbruffona.”
“Va bene.”
Senza aggiungere
altro mi lancio su di lei e le sferro l’ennesimo colpo, poi
abilmente balzo
indietro e mi butto a terra. Nemmeno
cinque secondi dopo la biblioteca è scossa da un enorme
boato, una corrente di
aria calda passa sopra di me e abbatte la porta.
Quando oso
alzarmi di Naira è rimasta solo la spada e un odore
vagamente dolciastro, nella
stanza regna un caos indicibile di libri distrutti o mezzi distrutti,
di pezzi
di legno che sporgono e cenere nel punto in cui una volta
c’era mia cognata.
L’ho
sovraccaricata di proposito nella speranza che una volta che si
trovasse ad
avere troppa energia in corpo esplodesse ed è successo
esattamente quello che
prevedevo.
Ho già combattuto
contro gente che possedeva armi del genere in passato e so cosa fare,
sto per raccogliere
la spada quando sento un
“click” e qualcuno parlarmi.
“Fossi in te non
toccherei con le tue sudice mani quelle ceneri.”
Illen mi sta puntando addosso una pistola con espressione dura.
“Ben arrivato,
Illen. Immagino non sia stato facile introdursi nel palazzo, ma sei
arrivato
troppo tardi, Naira è morta.”
“E tu pagherai
per il tuo crimine.”
Spara un primo
colpo e io lo paro con la falce.
“Vattene, Illen e
dimentica la guerriglia.”
“Hai ucciso la
donna che amo, devi pagare.
Non me ne andrò
da qui fino a quando non ti avrò ucciso, principessa.
Devo ammettere
che la tua fama di abile combattente è meritata, ma questa
non ti salverà.
Non puoi schivare
per sempre i miei proiettili con la tua falce e con i soldati che
contiene la
tua maledetta collana.”
“Invece posso.”
“Ti metterò alla
prova.”
Mi risponde lui
sogghignando, sta per spararmi, non ha intenzione di mollare. Io mi
metto in
posizione di difesa, non ho il tempo di fare
nulla perché uno sparo fa cadere a terra Illen.
Morto.
Dietro di lui c’è
Hen che guarda con calma il cadavere del suo nemico.
“Non avreste
dovuto toccare mia sorella.”
Dice con calma al
suo nemico morto.
“Hen, tu sapevi?”
Lui annuisce.
“Tra poco ti
spiegherò tutto, prima dobbiamo lasciar arrivare la guardie
perché portino via
il cadavere di questo idiota.”
Io annuisco senza parola.
Ho decisamente
bisogno di spiegazione, ma allo stesso tempo sento la gioia invadermi.
Il nemico è stato
sconfitto, forse ora potremo vivere in pace!
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Capitolo 16 *** 15)Spiegazioni e festeggiamenti. ***
15)Spiegazioni e
festeggiamenti.
L’atmosfera che
si crea dopo che qualcosa di importante è accaduto
è incredibile, è un misto di
diverse cose: stanchezza, senso di perdita, desiderio di risposte.
“L’altro l’avete
già preso?”
Chiedo a mio
fratello.
“Sì, è morto anche lui. Quando si
è visto circondato ha preferito uccidersi.”
“Comprensibile.”
Mormoro stancamente.
“Credo che tu
voglia delle risposte.”
“Sì, esatto. Io e Johnny vogliamo delle risposte.
Adesso lo
chiamo.”
Non serve il
cellulare, basta che lo chiami telepaticamente, lui risponde subito,
preoccupato.
-Stai bene?-
È la prima cosa
che mi chiede.
-Sì,
è tutto a
posto. Lascia pure Ava, ci sono spiegazioni che ci devono essere date.-
-Arrivo.-
“Ha detto che
arriva.”
“Dove l’avevi
mandato?”
“Da Ava, non
volevo che qualcuno ci riprovasse.”
“Ottima pensata.”
“Grazie.”
Rispondo un po’ straniata.
“Sei sicura di
stare bene?”
“No, non sto
affatto bene.”
Lui mi sorregge
galantemente e mi porta fuori dalla biblioteca, mi fa accomodare sul
divano di
un’ampia stanza e ordina che mi sia portata la mia tisana
preferita.
“Mi dispiace di
averti fatto preoccupare, ma volevo essere certo che anche Illen
morisse.”
“Dunque sapevi tutto.”
“Non all’inizio, ma poi ho iniziato a mettere
insieme i pezzi, ma aspettiamo
Johnny per raccontare tutto.
È arrivata la tua
tisana, bevila. Sembri averne bisogno.”
“Sì, grazie Hen.”
La bevo e il
liquido caldo inizia ad ancorarmi
un po’ meglio alla realtà e con un gemito di
dolore mi accorgo che la schiena
mi fa male, devo essermela scottata quando Naira è esplosa.
“Tutto bene?”
“Mi fa male la
schiena, ma può aspettare.”
Venti minuti dopo
arriva Johnny e si lancia sul divano.
“Ditemi tutto.”
Io gli racconto tutto su come ho eliminato Naira e lui mi fa i
complimenti.
“Ti ricordi che
avevamo affrontato un tizio con la sua stessa spada?
Mi sono limitata
a fare la stessa cosa e ha funzionato, lei non ha nemmeno pensato a
questa
eventualità, riponeva troppa fiducia nella sua
spada.”
“E adesso è il
tuo turno, Hen.”
“Non avevo idea
che fosse lei la colpevole fino a che non ho studiato a fondo il suo
fascicolo
e ho letto le sue connessioni con i ribelli di Ioria.
Ho capito subito
che i suoi obbiettivi erano due, prima Jen e poi me. Era la sorella di
Joel e
voleva vendicarsi.”
“Come mai non hai
agito prima?”
“Perché non avevo
prove.”
Io sospiro.
“Noi le avevamo,
avevamo visto i suoi complici, ma non avevamo il coraggio di dirti
nulla. Tu
eri suo marito e sembravi amarla molto.”
“Era solo una recita, volevo che rimanesse tranquilla e non
sospettasse di me
per poi eliminarla.”
“Come hai capito
chi erano i suoi
complici?”
“Stamattina ho
visto Illen e il vecchio. Mi sono ricordato di lui, perché
io sono una delle
poche persone ad averlo visto in faccia e a poterlo raccontare. Mi
aveva rapito
come prigioniero durante la guerra, ma non mi aveva riconosciuto,
così quando i
nostri gli sono arrivati alle calcagna ci ha semplicemente abbandonati.
Quando l’ho visto
stamattina gli ho spedito dietro un drappello di soldati e mi hanno
riferito
che dopo essere fuggito si è ucciso.
Uno in meno, io
ho seguito Illen. Ha cercato nella stanza di Jen e poi nella mia, senza
trovare
nessuno.”
“Allora lei deve
avere cambiato piano all’ultimo minuto.”
“Probabile e lui non voleva lasciarla da sola. A un certo
punto abbiamo sentito
un’esplosione tremenda e lui è corso verso la
biblioteca. Vi ho sentito parlare
e lui ha sparato un colpo, ho deciso che non meritasse la
possibilità di
spararne un secondo e l’ho ucciso.”
“Quindi ora siamo
al sicuro?”
“Sì, suppongo di
sì. Ho cercato di capire se avessero altri complici, ma
sembra che non ne
avessero.”
“Non ne sarei
così sicura, il vecchio potrebbe essersi ucciso per non
dirti i loro nomi.”
“È possibile, ma ho messo sotto controllo alcune
persone e se se ne andassero
precipitosamente li faremo arrestare. Non credo ci proveranno ancora
comunque.
Insieme abbiamo
eliminato i capi.”
Io sorrido – mio
malgrado – sembra che davvero la cosa sia finita e non
importa che la mia
schiena sia a pezzi.
“Adesso però,
sorellina, devi andare in ospedale. La tua schiena è in
pessime condizioni.”
Johnny lo guarda
senza capire.
“Naira è esplosa
e l’onda d’urto le è passata appena
sopra la schiena, ha fatto un macello in
biblioteca, non oso pensare alla sua schiena.”
“Va bene.”
Mi fa davvero
male e mio fratello ha dannatamente ragione, così mi faccio
scortare da lui e
da Johnny in ospedale.
“Dannazione, più
di metà della famiglia alloggia qui ormai.”
“Non preoccuparti
e cura la tua schiena, non ci vorrà molto e per qualche
giorno io e Anne ci
prenderemo cura di Jonas.”
“Va bene.”
Mi ricoverano e
cominciano a curarmi, il medico mi chiede se ho tentato di lanciare una
bomba a
mio marito, io rispondo con una strana risatina forzata. Non posso
certo dirgli
che recentemente ho fatto esplodere una persona o chiamerebbe il
manicomio, non
è proprio un hobby comune.
In ogni caso dopo
le cure mi addormento, per svegliarmi un po’ più
tardi: una figura veglia sul
mio sonno, Tom.
“Ehi!”
Esclamo ancora
assonnata.
“Ehi. È stato
molto carino venirmi a trovare in ospedale.”
Io ridacchio.
“Ho pensato che
questa casa di cura mi avrebbe fatto bene.”
Ridiamo ancora
una volta insieme, poi il suo volto diventa serio.
“Cosa è
successo?”
“Ho scoperto e
ucciso una delle colpevoli di quello che è successo ad Ava,
Hen ha tolto di
mezzo gli altri.”
“Quindi adesso siete al sicuro?”
Io annuisco.
“Ne sono felice
perché mi sono spaventato quando ho visto Johnny di guardia
davanti alla camera
di nostra figlia.”
“A proposito devo parlare con i medici e chiedere come va la
vicenda
dell’antidoto.”
“Anche io voglio saperlo, tu cosa ti sei combinata
comunque?”
“Credo di essermi
un po’ustionata la schiena, sai l’ho fatta
esplodere.”
Tom inarca un sopracciglio.
“Chi?”
“Naira, la moglie di Hen, era lei la colpevole.”
“Tuo fratello
dovrebbe scegliersi meglio una moglie.”
“Mi ha giurato
che lo farà la prossima volta.
Tu come ti
senti?”
“A pezzi. Il dottore ha detto che è normale nelle
mie condizioni.”
Un lieve bussare
interrompe la nostra conversazione: è un infermiera con il
carrello.
“È ora di cena,
signora DeLonge e lei, signor Delonge, dovrebbe tornare nella sua
camera per lo
stesso motivo.”
“Va bene. Ci vediamo dopo cena da Ava.
Chi si prenderà
cura di Jonas?”
“Johnny e Anne.”
Lui annuisce e se ne va. L’infermiera inizia a servirmi la
cena – pollo bollito
con contorno di verdure, una mela, del prosciutto, pane e marmellata
– poi mi
sorride.
“Buon appetito.”
“Grazie.”
Lei se ne ve e io inizio a mangiare sospirando il mio pollo, che ha
un’aria
alquanto deprimente, come qualsiasi cibo servito in un ospedale.
Finita la cena,
mi alzo e raggiungo la stanza di mia figlia, Tom e gli altri
– incluso Jonas –
sono già tutti lì.
“Buonasera!”
“Mamma!”
Il mio
secondogenito mi salta in braccio.
“Stai bene, mamma?
Tornerai presto?”
Mi chiede
angosciato, io gli sorrido.
“In un paio di
giorni, tesoro.
Qualcuno ha visto
un dottore?”
Anne mi indica un
uomo a qualche metro da noi, io lo raggiungo.
“Buonasera, sono
la madre di Ava DeLonge, è lei che si occupa di mia
figlia?”
Lui annuisce.
“Come sta?”
“Oh, è ancora in coma farmacologico, ma tra
qualche giorno dovrebbe arrivare
l’antidoto da Ioria e dovremmo riuscire a
risvegliarla.”
Io rivolgo al
dottore un largo sorriso.
“Grazie, lei mi
sta dicendo una cosa bellissima.”
“Sono felice per
lei.”
Ci salutiamo e
torno dagli altri.
“Cosa dice?”
“Che
probabilmente tra qualche giorno arriverà
l’antidoto.”
Tutti sorridono sollevati per la notizia.
“Quindi tra poco
la famiglia DeLonge sarà finalmente fuori da questo
ospedale!”
Esclama felice
Tom.
“Solo una parte.”
Il suo volto si scurisce.
“Già, solo una
parte…”
Il suo tono è
amaro, non gli piace stare qui e non posso dargli torto, ma purtroppo
è
necessario.
La
mattina dopo
mi dimettono, la mia schiena è completamente guarita e sono
come nuova.
Johnny e Anne
vengono a prendermi con Jonas, mio figlio mi salta al collo, felice.
“Sono felice che
tu stia bene, mamma. Adesso deve solo svegliarsi anche Ava e
… papà.”
“Piano piano li riavremo.
L’antidoto di Ava
dovrebbe arrivare domani.”
Lui mi rivolge un piccolo sorriso e poi usciamo
dall’ospedale: fuori è una
meravigliosa giornata di primavera avanzata.
Il verde
scintilla deciso nelle aiuole e nei giardini e c’è
un leggero profumo di fiori
nell’aria, mi chiedo come sia la primavera nei piani bassi
della città.
“Secondo te
quelli che vivono ai piani bassi della città vedono questa
meraviglia?”
Chiedo a Johnny.
“No, non molto.
Beh, solo la vegetazione, ma non c’è profumo di
fiori.”
“Tu ci hai vissuto, vero?”
“Sì, ma non è il
massimo. Adesso andiamo a palazzo, scommetto che sei affamata e Hen ha
fatto
preparare qualcosa per te.”
Io annuisco
sovrappensiero.
“Come è stata
giustificata la morte della regina?”
“Tuo fratello ha
deciso di essere onesto con il popolo, adesso sanno tutti del complotto.
Sono sicuro che
presto si troverà una nuova donna e sarà degna di
governare questo pianeta.”
“Peggio di Naira
non può essere.”
Arriviamo a
palazzo e John mi conduce nella sala da pranzo, in effetti sul tavolo
ci sono
delle autentiche leccornie e c’è Hen che mi
aspetta sulla porta.
Mi abbraccia
forte.
“Grazie per aver
salvato di nuovo questo pianeta, sarai ricordata nella storia di questo
pianeta
come una coraggiosa principessa.”
“E tu come un re
saggio e illuminato.”
Lui sorride timido.
“Sei troppo
gentile. Andiamo a mangiare.”
Ci sediamo a tavola e finiamo per ingozzarci, ora che sappiamo di non
correre
nessun pericolo mangiando.
È strano e
soprattutto nessuno di noi sente la mancanza di Naira, è
come se non fosse mai
esistita, ormai è solo un dato da archiviare, un numero
senza volto.
Provo un po’ di pietà
per lei, malgrado tutto, ma ripensando a cosa ha fatto ad Ava sparisce
del
tutto.
Finito il pasto
abbondante facciamo un giro per i giardini, solo Hen non si unisce a
noi per
via dei suoi impegni come re.
È una passeggiata
piacevole, il giardino è in fiore e non si potrebbe chiedere
di meglio per
smaltire una colazione un po’ pesante.
“Mamma, questo
pomeriggio posso andare alle pozze con i miei amici?”
Johnny si volta
verso di noi, lasciando per un attimo la mano di Anne.
“Possiamo venire
anche noi? Sono secoli che non ci vado.”
“Non ci sono
problemi.”
Rispondo
sorridendo.
Mi piace l’idea
di una rimpatriata alle pozze e poi Anne potrà finalmente
vederle, Jo gliene ha
parlato spesso.
“Perfetto.”
Torniamo al
castello, Hen ci saluta e ci chiede informazioni su Ava.
“Uhm, è in coma
farmacologico, ma entro un paio di giorni dovrebbe arrivar
l’antidoto. Oggi
pomeriggio andremo alle pozze.”
Il suo sguardo si
fa sognante.
“Come mi
piacerebbe poterci andare…
Un paio d’ore
dopo io, Johnny e Anne lo portiamo alle pozze. Anne rimane incantata
dai due
laghi naturali di acqua cristallina, circondati da delle rocce da un
lato e dal
prato dall’altro.
Noi ci sediamo
sul prato, Jonas invece corre a cercare i suoi amici. Decidiamo di
prendere il
sole e dopo un po’ vedo un ragazzino con i rasta neri che si
avvicina. È uno
degli amici di Ava, ma non mi ricordo il suo nome.
“Buongiorno.”
Saluta educato.
“Ciao, tu sei uno
degli amici di Ava, vero?”
Lui annuisce.
“Mi chiamo Rat e
vorrei sapere come mai non viene più alle pozze.”
Io scambio un’occhiata con John.
“Ha mangiato
qualcosa che le ha fatto male e ora è
all’ospedale, domani il suo antidoto sarà
pronto e penso che tra qualche giorno sarà a casa.”
La sua faccia diventa istantaneamente preoccupata.
“Non rischia di
morire,vero?”
“No, tranquillo.
La rivedrai presto.”
Lui abbassa lo sguardo e smuove l’erba con i piedi.
“Posso andare a
trovarla?”
“Se i tuoi
genitori non hanno nulla in contrario per me non ci sono problemi, non
so se ti
può sentire, però.”
“Oh, beh, non importa!
Andrò lo stesso a trovarla, grazie della risposta
signora.”
Se ne va ciondolando, seguito dallo sguardo da John.
“Ava ha fatto
colpo.”
“E allora?”
“Sarei curioso di
sapere cosa ne pensa Tom.”
Io alzo gli occhi
al cielo.
“Ne farebbe una
tragedia, quando non ce n’è bisogno.”
“Beh, ogni padre
è geloso della propria figlia.”
“E tu cosa ne
sai?”
Lui si gratta la testa pensoso.
“Beh, c’è una
cosa che io e Anne dobbiamo dirvi, ma non sapevano quale fosse
l’occasione
adatta.”
All’improvviso ha tutta la mia attenzione.
“Che cosa?”
“Beh, Anne è
incinta, quindi io sarò padre.”
Mi risponde con un sorriso che gli va da un orecchio
all’altro. Io lancio un
urlo – che attira l’attenzione di tutti su di noi
– e poi lo abbraccio con
foga, finendo per travolgerlo.
“Johnny, Anne! È
meraviglioso!
Sono tanto felice
per voi, di quanto sei?”
“Quattro mesi.”
Mi sorride lei radiosa, io do un’occhiata alla sua pancia ed
effettivamente è
un po’ ingrassata, non me ne ero mai accorta sia
perché non è stata molto al
castello, sia perché avevo altro a cui pensare.
“Dovremmo
festeggiare, ma vi fa niente aspettare che Ava sia uscita
dall’ospedale?”
“Non c’è
problema.”
Mi sorride Anne.
“Avrò il bambino
o la bambina qui, sarà strano.”
“Lo so, ma
purtroppo non possiamo fare diversamente.”
“Ehi, vi va di
fare un bagno?
Tu puoi farlo,
vero Anne?”
“Sì, sono
incinta, non malata.”
Ci alziamo tutti e tre e ci immergiamo nell’acqua dei
laghetti, è piacevolmente
tiepida, Anne lancia un gridolino di sorpresa e poi si lascia
trascinare dalla
corrente facendo il morto, io la imito presto con Johnny accanto.
“Sono felice per
te, Meyer.”
“Anche io sono felice e penso che ci volesse un po’
di felicità.”
“Hai ragione.”
Rispondo io,
cercando di rilassarmi grazie al massaggio naturale
dell’acqua, ho bisogno di
calma e di relax.
“Sei stata una
pazza ad affrontarla da sola.”
“Ma ce l’ho fatta, no? E poi anche Hen mi hai
aiutato.”
“Sia ringraziato il cielo.”
Risponde lui, io chiudo gli occhi e mi godo la carezza del sole sulla
mia
faccia.
Non voglio
pensare a nulla di particolare, solo che sono viva, che Ava
starà bene e che
anche Tom starà bene.
Sento una fitta
di nostalgia per la nostra casa di San Diego, la reprimo, è
inutile pensarci
ora, meglio godersi il sole.
Oggi, dopotutto è
una bella giornata, è inutile rovinarla con dei brutti
pensieri.
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Capitolo 17 *** 16)Guarigione ***
16)Guarigione
Oggi è un giorno
speciale: finalmente somministreranno l’antidoto ad Ava.
Noi siamo tutti
in fervente attesa fuori dalla sua stanza, persino Hen è
riuscito a ritagliarsi
uno spazio per venire.
Il dottore e
l’infermiera sono dentro da un po’ e io sono
agitatissima, non riesco a tenere
ferme le mani e continuo a tamburellare le dita sul bordo della sedia,
fino a
che Tom non mi stringe la mano.
“Sei
preoccupata?”
“Sì, e molto! E se il vaccino non
funzionasse?”
“Funzionerà,
vedrai.”
Mi rassicura lui, io però continuo a essere in paranoia e
quindi mi alzo di
scatto e frugo nella borsa.
“Vado a fumarmi
una sigaretta, avvisatemi se il dottore esce.”
Mi allontano a passo di
marcia, le mie
mani stringono
convulsamente il
pacchetto e l’accendino, alla prima uscita di sicurezza esco
e mi ritrovo su un
grande terrazzo che dà sul giardino.
C’è un
posacenere, deduco che si possa fumare qui, ergo mi accendo la mia
sigaretta
cercando di calmarmi. Penso a tutti i momenti trascorsi con mia figlia:
quando
è nata, quando ha detto per la prima volta mamma, quando gli
abbiamo detto la
verità, il suo primo giorno di scuola e un sacco di giornate
qualunque che non
avrei mai detto avrei rimpianto.
Mi manca litigare
con lei e poi fare pace, mi manca il suo entusiasmo per Halloween e
Natale, il
suo amore per le band di Tom e per il pop-punk, mi manca persino il suo
esercitarsi ossessivo con la sua chitarra.
Frammenti di
melodie spezzate irrompono nella mia mente, accordi appena accennati e
subito
trascritti, esattamente come fa Tom.
E poi penso al
giorno fatale dell’avvelenamento e stringo i pugni, non amo
la violenza, ma
sono felice di aver fatto fuori quella bastarda.
Non avrebbe
dovuto toccare mia figlia.
MAI.
Lei non c’entrava
con tutto questo!
Cerco di
rilassarmi rilasciando i palmi e inalando un altro po’ di
tabacco, devo
calmarmi, non voglio farmi vedere agitata da lei.
Voglio che mi
veda felice e sorridente.
Un ultimo tiro,
un’ultima spirale di fumo che sale nel cielo e torno dentro.
Nessuno si è mosso
dalla sua posizione: Tom ha in braccio Jonas, Anne e Johnny sono seduti
accanto
a lui e Jo passa protettivo un braccio attorno alle spalle della
moglie, Hen
invece siete un po’ discosto.
Io mi siedo al
mio posto e Tom mi attira a sé, io sospiro e lo lascio fare,
nella speranza che
sentendo il suo cuore battere mi possa calmare.
Dopo un’ora il dottore
esce e sta sorridendo.
“È andata come
previsto, la paziente ha ricevuto l’antidoto e non
l’ha rigettato. Ora è
sveglia e potete visitarla a piccoli gruppi.”
“Grazie, dottore grazie!”
Gli dico con il
cuore in mano.
“Quando potrà
uscire?”
“La terremo sotto
osservazione per una settimana, poi potrà essere
dimessa.”
“Temete che rigetti il veleno?”
“Sì, la sua struttura non è come quella
di un qualsiasi abitante
di questo pianeta e non sappiamo di
preciso come potrebbe reagire. Finora è andato tutto bene,
ma è meglio essere
cauti. Se ci dovessero essere degli effetti si dovrebbero manifestare
entro una
settimana.”
Io annuisco, sperando che nulla di questo accada.
Con il batticuore
entro nella stanza di Ava e vedo che è sveglia,
incredibilmente pallida, ma
sveglia. Ha la testa appoggiata al cuscino e i suoi capelli azzurri
sparsi le sono come un’aureola, comunque sorride quando vede
arrivare me, Tom e Jonas.
“Mamma, papà,
JoJo!”
“Ciao, piccola!
Come stai?”
Le chiede
premuroso Tom.
“Bene, cioè mi
sento ancora un po’ stordita, ma tutto sommato sto bene.
Avrei potuto
essere morta ora, non riesco ancora a credere che sia stata mia zia ad
avvelenarmi.”
“Nemmeno io, ma è
stata punita.”
“Come?”
Io e Tom ci guardiamo negli occhi.
“È morta.”
“Oh, beh, mi dispiace, ma tant’è. Mi
abbracciate?”
La abbracciamo
uno alla volta delicatamente per evitare di farle male per via delle
varie
flebo.
Quando è il turno
di Jonas gli sorride.
“Grazie per il
tuo orso, ha tenuto lontano i miei incubi.”
“È un orso
magico!”
Risponde orgoglioso lui, sua sorella lo abbraccia ancora poi scoppia a
piangere.
“Mi siete mancati
tutti, pensavo che non vi avrei mai più rivisti e che non
avrei più rivisto i
miei amici. È stato orribile.”
Io le accarezzo
una mano.
“Posso
immaginare, ma ora è finita e tu sei sveglia.
Starai qui in
ospedale solo per una settimana e poi potrai tornare a casa.”
“Mi manca San Diego.”
“Anche a noi, ma ci torneremo.”
“Come mai la zia ha tentato di avvelenarmi?”
Le spiego tutto partendo dalla morte di Joel, spiegandole che lei era sua sorella e una
rivoluzionaria, lei
annuisce.
“Ha fatto una
cosa orribile, ma un po’la capisco, se qualcuno uccidesse
Jonas vorrei
vendicarmi di questa persona.”
“Ho pensato la stessa cosa, ma non potevo lasciare che
continuasse ad agire
così. Doveva affrontare me e sarebbe stato leale, colpendo
degli innocenti si è
comportata in modo indegno.”
Ava annuisce piano.
“Sei stanca,
tesoro?”
“Un po’.”
“Allora noi andiamo e ti mandiamo dentro gli zii, ci vediamo
stasera.”
Le do un lieve bacio sulla fronte e poi esco con in braccio Jonas e con
una
mano stretta in quella di Tom, sentendomi un po’ meglio.
La mia piccola è
sveglia, la mia piccola sta bene.
Ce l’abbiamo
fatta!
“È salva, Tom. È
salva! Non è meraviglioso?
Non è un miracolo
di Dio o di chiunque ci sia lassù?
Dio, sono così
felice!”
Esclamo
abbracciandolo, lui mi sorride felice di come si sia risolto tutto.
“Tra una
settimana sarà fuori di qui, spero di poter uscire presto
anche io.”
“Uscirai anche
tu”
Gli rispondo
sorridendo, oggi nulla può guastare il mio buonumore.
Una settimana dopo arriviamo al
castello, Hen ci lascia immediatamente perché deve correre a
svolgere le sue
incombenze di re.
Noi quattro
guardiamo Ava, ha un’aria ancora pallida e sembra spaesata.
“Cosa vuoi fare,
tesoro?”
Le chiedo.
“Uhm, non lo so.
Possiamo fare un giro nei giardini, vorrei stare un po’
all’aria aperta.”
“Va bene.”
Camminiamo un po’
per i viali, lei si ferma ad ammirare una delle fontane e poi si dirige
senza
saperlo verso il mio posto segreto.
Si innamora
all’istante del laghetto con le ninfee, il ponticello rosso e
le rive piene di
fiori e di alberi che producono un’ombra piacevole. Fa
abbastanza caldo, anche
se ormai siamo alla fine dell’estate.
“Anche qui cade
la neve?”
Mi chiede a un
certo punto.
“Sì, certo.”
“Com’è?”
“Rende tutto più
bello, persino i
quartieri inferiori.”
Lei rimane un attimo in silenzio.
“Non è giusto che
ci sia questa divisione, laggiù la vita non deve essere
facile.”
“Non lo è, ma
tanti dei suoi abitanti si impegnano al massimo per viverla senza
cadere
nell’autodistruzione. Ci sono tossici, alcolisti, ladri e
puttane anche qui.”
“Lo so, solo
penso che non sia giusto che ci sia questa divisione.”
“Credo faccia
parte della natura umana e aliena, aggiungerei, vivere come meglio si
può
fregandosene degli
altri. È molto bello
aiutare gli altri, ma a volte è solo una perdita di
tempo.”
“Non capisco.”
“Se la persona vuole fregarti non è molto
bello.”
Interviene Johnny
con la sua abituale rudezza.
“Voglio dire, è
pieno di gente che si finge bisognosa d’aiuto e povera solo
per spillarti più
denaro che può.”
Ava non dice
nulla.
“È molto bello
qui."
“È stato
creato per avere un angolo di pace, non
è facile essere parte della famiglia reale o re come tuo
zio. Lui si deve
confrontare giornalmente con questi problemi e altri come
l’economia, i buoni
rapporti con le lune e gli altri pianeti; se vuoi la mia opinione non
lo
invidio per niente.
Non mi è mai
piaciuto essere una reale.
Troppe noie.”
“È per questo che
viviamo sulla Terra.”
“Esattamente.”
Rispondo un po’ a disagio, ho come la sensazione che mia
figlia mi giudichi una
codarda e non è piacevole.
“Capisco, mamma.
Nel complesso è
una saggia decisione, in fondo tu non sei più la principessa
di questo posto,
appartieni alla Terra e anche noi.
Mi manca
terribilmente San Diego, anche se sono felice che i miei amici mi siano
venuti
a trovare. Non vedo l’ora di poter finalmente lasciare questo
pianeta.
Ho l’impressione
che la gente si aspetti qualcosa da una principessa come me, ma io non
posso
dare nulla. Non ho soluzioni per nessuno, sono solo una ragazzina e non
so
niente di niente.”
“Appena tuo padre
starà meglio ce ne andremo.”
Le dico abbracciandola, conosco perfettamente la sensazione che mi sta
descrivendo: è come avere un peso invisibile addosso, la
gente si aspetta che tu
faccia qualcosa essendo parte della famiglia reale.
“Ho salvato il
loro mondo due volte, penso che sia abbastanza per una vita.”
“Lo penso anche io.”
Mi risponde timida.
Poco dopo
rientriamo al castello per il pranzo, su di noi grava l’ombra
degli argomenti
pesanti trattati in mattinata, ma sono sicura che si
dissiperà.
Ava dormirà o
suonerà la chitarra, in ogni caso la conversazione a tavola
è leggera e
tranquilla, nulla che non possa affrontare tranquillamente.
Dopo pranzo –
come previsto – mia figlia si chiude in camera sua e si mette
a suonare la sua
adorata chitarra. Sono melodie un po’ tristi, malinconiche.
Mi ricordano la
spiaggia di San Diego e i momenti piacevoli che vi ho trascorso, tanto
che alla
fin qualche lacrima traditrice sfugge al mio controllo.
Il resto del
pomeriggio trascorre tranquillo, non succede nulla di particolare e la
cena
arriva in un baleno. Scendiamo a mangiare di buon umore e notiamo anche
che mio
fratello lo è.
“Stasera ci sono
i fuochi d’artificio sul lago, ci andrete?”
“A che ora
iniziano?”
“Dieci e mezza.”
“Ci andremo dopo che saremo andate a trovare Tom.”
“Va bene.”
Mangiamo in
silenzio e poi io e i ragazzi saliamo in camera a prepararci, non ci
siamo
affatto dimenticati di Tom.
Un quarto d’ora
dopo usciamo dal palazzo e ci dirigiamo verso l’ospedale,
questa strada inizia
a essere troppo conosciuta per i miei gusti.
Arrivati in
camera di Tom lo troviamo steso a letto che legge qualcosa: una storia
del mio
pianeta.
Quando vede Ava
si illumina e lei gli salta in braccio.
“La mia piccola!
Come stai, Ava?”
“Benissimo, papà!
E tu?”
“Bene anche io,
sei davvero sicura di stare bene?”
“Certo!”
Lui guarda me.
“Tranquillo, non
si sono verificati effetti collaterali. Oggi l’ho tenuta a
casa, ma da domani
penso che la lascerò uscire.
Tu come stai?
Cosa dicono i
medici?”
“Che la terapia procede bene, anche se non è
affatto piacevole che ogni giorno
qualcuno ti rivolti il cervello.”
Io sorrido involontariamente per l’ironia della frase.
“Immagino, ma è
per il tuo bene, lo sai.”
“Lo so. Non vedo l’ora di uscire.”
“Quando uscirai ti mostrerò un paio di posti al
mare. È interessante il libro
che stai leggendo?”
“Molto. Non
sapevo che la Terra fosse stata una colonia di questo pianeta nei tempi
antichi.”
Io ghigno.
“Beh, ora sai che
tutte le tue bizzarre teorie sugli alieni erano giuste.”
“È una bella
soddisfazione, ma ho iniziato a pensare di avere ragione il giorno che
ti ho
conosciuta.”
Io sorrido,
ricordandomi di quando gli ho salvato la vita tanti anni fa nello
squallido bar
dove lavoravo allora.
“Come sta, Hen?”
“Credo bene, da
quando è successa quella cosa non ho avuto occasione di
parlargli a
quattr’occhi perché è sempre impegnato
in qualcosa che riguarda questo pianeta.
Credo sia il suo
modo di rielaborare il lutto.”
“Non deve essere facile scoprire che non solo tua moglie non
ti ama e ti
tradiva, ma addirittura cospirava contro di te.”
“Sì, è stato un
brutto colpo. Non avrei immaginato che Naira fosse così,
sembrava così innocua
quando l’ho vista la prima volta.”
“Ha imparato
qualcosa da Joel.”
Entrambi
scoppiamo in una risata amara che i bambini non capiscono, loro non
sanno
ancora tutta la nostra storia; pensiamo di raccontargliela quando
saranno più
grandi e in grado di capire.
“Chi è Joel?”
“Il fratello di Naira.”
“E cosa c’entra
con tutto quello che è successo?”
“Ve lo racconteremo quando sarete più
grandi:”
Loro mettono entrambi il broncio, questa è una di quelle
cose che tutti i
bambini odiano sentirsi dire e che si segneranno sul loro libro nero
delle cose
da rinfacciare agli adulti durante l’adolescenza.
Parliamo ancora
un po’, fino a quando un’infermiera gentile ma
decisa, ci dice che è ora di
andare via.
Saluto Tom con un
bacio a stampo e lui stringe a sé i ragazzi, poi ce ne
andiamo.
Prendiamo un taxi
e ci facciamo portare al lago, che è già pieno di
gente che non aspetta altro
che i fuochi di artificio. Li fanno sempre in questo periodo
dell’anno e sono
noti per la loro bellezza, c’è persino gente che
viene da fuori città per
vederli.
Jonas sale sulle
mie spalle, Ava mi tiene stretta la mano.
All’improvviso
alza l’altra per salutare Rat e gli altri suoi amici, ma
rimane con me,
probabilmente non si sente a suo agio nella folla e non posso darle
torto:
nemmeno a me piace troppo stare in luoghi troppo affollati.
“Lui è Rat, vero?
è venuto a chiedere di te quando stavi male. ”
Chiedo indicando
un ragazzo dai lunghi capelli neri acconciati in tanti dread che alza
una mano in
segno di saluto.
“Sì, invece lui è
Nai.
È un ragazzino
dai corti capelli azzurri che sta guardando per aria.
“Lui, invece è
Sam.”
Un ragazzo dai
capelli di media lunghezza bianchi sta tenendo per mano una ragazzina
dai
capelli azzurri accanto a lui.
“Lei è Sayu.”
Finisce,
indicandomi quella che penso sia la fidanzatina di Sam.
“A te piace Rat,
vero?”
“No, cosa dici?”
Mi risponde arrossendo, il che significa che è vero. a ogni
modo non c’è più
tempo per continuare la discussione perché iniziano i fuochi.
Sono incantata
dalle esplosioni e dai disegni che proiettano in cielo: fiori, draghi,
stelle,
cuori che si riflettono sull’acqua.
Intorno a noi non
c’è che un coro di “Aaaah!” e
“Oooooh!”, sono tutti meravigliati dalla bellezza
dello spettacolo, penso che ogni anno si superino, avrò un
paio di anni per
verificarlo.
Una piccola ombra
scende sul mio cuore, due anni lontano da casa, dalla mia vera casa,
San Diego.
Certo, vivo nel
palazzo – il posto più bello del pianeta
– ma non esiste posto migliore della
nostra casa che ho arredato con amore, di cui ho scelto ogni pezzo e ho
discusso ogni progetto con l’architetto.
Beh, ormai non
posso farci niente, solo qui possono curare Tom e farlo tornare quello
che era,
ho agito per il meglio o almeno lo spero. Torno di nuovo a concentrarmi
sui
fuochi per distrarmi dai pensieri negativi.
Sono davvero
belli, non c’è che dire.
Alla fine applaudiamo
tutti entusiasti, Ava corre dai suoi amici e scambia due parole con
loro, poi
torna da noi.
“Ho detto loro
che domani ci sarò alle pozze, ci sarò,
vero?”
“Sì, veniamo
anche io e Jonas.”
“Perché?”
“Perché anche tuo fratello ha degli amici e
perché ho voglia anche io di farmi
un bagno.”
Lei alza un sopracciglio alla stessa maniera di Tom.
“Puoi davvero
biasimarmi se ho paura che ti succeda qualcosa?”
“No, basta che tu
non ti intrometta troppo, mamma.”
“Sarò invisibile, te lo prometto.”
Lei annuisce, ancora leggermente contrariata, somiglia molto a Tom. Ha
lo
stesso spirito ribelle e odia le costrizioni, sarà
un’adolescente difficile.
Ce ne torniamo a
palazzo tutti insieme, parlando della bellezza dei fuochi e di cose
futili, ho
notato che Johnny ho guardato gli amici di Ava e sembra averli
approvati.
“Ava si è scelta
proprio un bel gruppo di amici.”
Mi dice, io annuisco.
Arrivati alle
nostre stanza, lui se ne va nella sua con Anne, io invece entro nella
mia con i
bambini, corrono in bagno a lavarsi i denti e poi Jonas si mette nel
suo letto.
Gli racconto una fiaba e quando dorme vado da Ava e le do il solito
bacio sulla
fronte.
“Ti voglio bene,
Ava.”
“Anche io, mamma.”
si addormenta sorridendo, pienamente soddisfatta della serata e allora
mi
concedo di sorridere anche io.
La tempesta è
passata e la colpevole è stata punita, penso potremo
trascorrere
tranquillamente il resto del tempo qui in pace.
Non penso che
qualcuno tenterà ancora un colpo di stato o almeno lo spero,
spero anche che
Joel non abbia altre sorelle o fratelli, devo chiedere a Keisha.
Non saranno anni
facili, Tom avrà delle ricadute, Ava diventerà
insofferente e crescerà anche
Jonas, probabilmente un giorno mi chiederà di smettere di
leggergli delle
fiabe, ma io sono in grado di affrontare tutto.
Con questa intima
certezza mi metto a letto, pensando come sempre che mi manca qualcuno
dall’altra parte e che non vedo l’ora di riaverlo
qui per abbracciarlo e fare
l’amore come quando eravamo ragazzini.
Mi manca Tom, ma
so che posso resistere senza di lui fino a quando sarà
necessario e lui starà
bene.
Ci siamo promessi
di stare insieme nella buona e nella cattiva sorte e io non ho
intenzione di
rompere la promessa.
Lo aspetterò
tutto il tempo necessario.
Angolo di Layla
Ringrazio DomyDeLonge
per la recensione, mi ha fatto molto piacere, visto che ormai non ci
speravo più. Spero che questo capitolo ti piaccia. Siamo
arrivati agli ultimi capitoli purtroppo. Grazie per essere passata.
|
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Capitolo 18 *** 17)Due anni dopo. ***
17)Due anni dopo.
Sono passati due
anni da quell’estate.
Ava è cresciuta,
ha continuato le sue lezioni e a stare in disparte nella vita di corte
e ha il
suo primo fidanzatino, Rat come prevedevo.
Sono una
coppietta carina e mi dispiacerà separarli, non è
lontano il momento in cui Tom
uscirà dall’ospedale.
Jonas ha iniziato
ad andare a scuola ed essendo un bambino socievole non ha avuto
difficoltà a
farsi un sacco di amici, anche se ogni tanto ha delle crisi di
malinconia. Lo
vedo guardare fuori dalla finestra e sospira e so che gli manca la
Terra. Tra
poco la rivedrà.
In quanto a Tom
ci sono stati
ancora momenti in cui era
aggressivo e voleva tornare a tutti a casa e mi accusava di tenerlo
prigioniero
e altri in cui era calmo e sereno come al solito.
È stato come
andare sulle montagne russe per due anni di fila, ma probabilmente
presto
scenderemo da questa folle corsa.
“Ragazzi,
preparatevi. Stasera si va da papà.”
Annuiscono e si fanno una doccia per poi vestirsi.
Andiamo
all’ospedale, insieme a Johnny, Anne e alla bambina che
è stata chiamata
Isabel, in onore di mia sorella.
La serata è calda
e scintillante di stelle, nell’aria si sente il profumo della
primavera, è una
serata di quelle in cui si possono avere solo bei presentimenti.
Arriviamo alla
struttura che ormai conosciamo bene e andiamo in camera di Tom, ci sta
aspettando seduto sul letto e c’è anche il dottore.
Non so se sia un
buon segno o meno.
“Buonasera,
signora.”
“Buonasera, dottore.”
“Stavo giusto
parlando con il signor DeLonge.”
“Di cosa?”
Chiedo leggermente preoccupata.
“Sull’esito della
sua terapia, sembra abbastanza buono. Non credo che rimarrà
qui a farci
compagnia ancora a
lungo.”
Io mi lascio
cadere su di una sedia.
“Vuol dire che
stavate parlando della sua dimissione?”
“Esattamente.
Verso la fine della settimana potrebbe andare a casa.”
“Oddio, questa è
una notizia meravigliosa!”
“Sì, tesoro. Presto potremo tornare a
casa.”
I ragazzi si lanciano sul letto di Tom e lo abbracciano, poi Ava
diventa triste
di colpo.
“Cosa succede,
piccola?”
“Niente, papà. È
che qui mi sono fatta degli amici.”
Risponde lei esitante.
“Ava ha il
fidanzatino!”
Urla Jonas,
importuno come solo i fratelli più piccoli possono esserlo a
volte, Tom
trasalisce violentemente, come se avesse ricevuto una scossa.
“Un fidanzatino
alla tua età?
Ma sei troppo
giovane!
È un bravo
ragazzo? Ti chiede di fare cose sporche?”
Ava alza un sopracciglio.
“Beh, lo conosci.
È Rat, quello che è venuto a trovarmi quando
stavo male e cosa intendi per cose
sporche?”
Tom arrossisce e
balbetta qualcosa di indistinto, io mi trattengo dallo scoppiare a
ridere, come
farà ora a spiegare il concetto di sesso a nostra figlia?
“Papà, non ho
capito.”
“Qualcosa come toccarlo in certe parti, come dire intime, o
ti tocca lì.”
Ava sbarra gli
occhi.
“No,
assolutamente. Cioè, sarebbe imbarazzante. Sarebbe
imbarazzante da dirti anche
se succedesse.”
“Se ci prova lo
ammazzo!”
“PAPA’!”
Urla Ava rossa
come un pomodoro.
“Jonas, sei un
cretino! Ecco perché non volevo che papà lo
sapesse, a casa facciamo i conti.”
Io finalmente
scoppio a ridere, attirando su di me gli occhi di tutti.
“Cosa c’è di
divertente, Jen?”
“La tua reazione,
Tom.”
“Vuoi dire che
non sei preoccupata?”
“No, penso che
Ava sappia qual è il limite da non superare e Rat
è un bravo ragazzo.”
“Se lo dici tu.
Tanto tra poco lo verificherò anche io e sarà
bene per lui che passi il test.”
Ava stringe le
labbra in una piega dura che non le ho mai visto, ma che somiglia
pericolosamente a quella di Tom quando è arrabbiato.
“Non ci pensare
nemmeno!”
“O il test o tu
non potrai più uscire da sola.”
“Questo è estremamente scorretto.”
“In qualche modo devo proteggere mia figlia.”
“Va bene.”
Sospira lanciando
uno sguardo di fuoco a Jonas, spero che a casa non si picchino.
Chiacchieriamo
ancora un po’, poi la solita infermiera ci invita ad
andarcene, mia figlia ha
uno strano luccichio negli occhi.
Arriviamo a palazzo
e ci ritiriamo subito nelle nostre
stanze, da quella dei ragazzi giunge un rumore sospetto di cuscinate,
credo che
Ava la stia facendo pagare a Jonas. Meglio controllare che non tenti di
soffocarlo nel sonno, così vado in camera e li trovo tutti e
due a letto,
sebbene JoJo sia leggermente più rosso del solito in viso.
“Non ti
preoccupare, non ho intenzione di soffocarlo, anche se se lo
meriterebbe.”
Mi dice prima di
girarsi su un fianco e mettersi a dormire, chissà da chi
avrà preso questo
caratterino!
Il lunedì della
settimana seguente è il giorno in cui Tom verrà
dimesso dall’ospedale. Siamo
tutti nervosi, tanto che Ava e Jonas mangiano a stento qualcosa per
colazione,
inoltre anche Hen verrà con noi.
Ha capito quanto
Tom sia importante per me e ha deciso che per un giorno può
lasciar perdere le
sue attività come ha fatto per il giorno in cui Ava
è uscita dall’ospedale.
Come quel giorno
andiamo tutti in ospedale con un’astronave molto discreta e
scendiamo,
lasciando all’autista il compito di parcheggiare.
Tom è già
nell’atrio e sta parlando con il dottore, si illumina quando
ci vede e anche il
dottore ci fa un cenno di saluto e si inchina deferente al re.
“Sua maestà, è un
piacere vederla in questo ospedale.”
“Anche per me è
un piacere conoscerla, dottore. È lei che ha salvato mio
cognato.”
“Sì, sono io.”
“Ha la mia eterna
riconoscenza e quella di mia sorella.”
L’uomo annuisce, palesemente intimidito dalle parole di mio
fratello, e si
volta verso di me.
“Principessa, suo
marito è quasi completamente guarito.”
“Cosa significa?”
“Niente di che, lo lasciamo uscire perché
tecnicamente è guarito, ma esiste la
possibilità che si possano manifestare alcuni sintomi della
sua malattia.
Indossa questo.”
Mi mostra un bracciale di quello che sembra argento al polso di Tom.
“Così se ci
dovesse una ricaduta ne saremmo subito a conoscenza.”
“Ci sono molte
possibilità che succeda?”
“No, più che altro è una precauzione
che prendiamo sempre con questo tipo di
pazienti, di solito non è facile per loro reintegrarsi nella
vita di tutti i
giorni dopo aver vissuto così a lungo in un ambiente
protetto come questo.”
“Capisco. Spero
che andrà bene.”
“Ovviamente lo speriamo anche noi, ma cercate di non
sottoporlo a stress
eccessivi in questi giorni, niente viaggi o ricevimenti.
Solo pace e
riposo per far sì che si abitui gradualmente, per ogni
problema chiami e chieda
di me.”
“Sì, dottore.”
Lui sorride.
“Arrivederci per
ora, principessa. È stato un piacere conoscerla.”
“Anche per me.”
Finito di parlare di Tom noto che i suoi bagagli sono già
spariti.
“Li ho caricati
nell’astronave.”
Si giustifica
Johnny, io annuisco.
La donna che c’è
all’accettazione fa firmare a me e a Tom delle carte e poi
finalmente possiamo
uscire, Jonas è in braccio a lui e Ava è
attaccata alla sua mano.
“Devo farti
sentire come sono migliorata con la chitarra, Rat dice che sono davvero
brava.”
“Sarò felice di sentirti e di incontrare questo
Rat.”
Ava si rabbuia un attimo, ma poi torna a sorridere. Deve avere deciso
che la
gioia di avere il padre fuori dall’ospedale è
superiore all’irritazione per il
suo tentativo di ficcare il naso nella sua vita privata.
Saliamo tutti
sull’astronave e in un attimo arriviamo a palazzo, Hen ci
accompagna in un giro
nei giardini. Tom non li ha mai visto e ne è estasiato, gli
piace soprattutto
il mio posto segreto. Quel piccolo laghetto con un ponte, ninfee e
salici ai
lati lo conquista letteralmente e finiamo per rimanere
a chiacchierare per tutta la mattina.
Hen si fa
descrivere la terra e il suo lavoro da musicista e lo ascolta
attentamente,
annuendo soddisfatto ogni tanto.
C’è una bella
atmosfera, fortunatamente Hen e Tom vanno d’accordo o sarebbe
stato un bel
problema. In ogni caso dopo la nostra passeggiata mio fratello ci invita a seguirlo dentro al
palazzo e noi lo
facciamo volentieri, deve essere mezzogiorno perché ho una
fame da lupi.
La sala da pranzo
è abbagliata più sontuosamente del solito e ci
sono già gli anti pasti che ci
aspettano sul tavolo.
“Wow!”
Esclama colpito
mio marito.
“Eh sì, tesoro!
Qui sazieranno la tua mitica fame.”
“E finalmente,
direi! Ho mangiato due anni solo cibi dell’ospedale e mi
sento deperito!”
Scoppiamo tutti a
ridere e ci sediamo a tavola partendo all’attacco dei nostri
antipasti. Ho il
sospetto che mio fratello ci abbia organizzato un vero e proprio
banchetto, non
un semplice pranzo!
Non mi sbaglio,
le portate si susseguono e il vino scorre a fiumi, Johnny, Hen, Tom e
Vinny
parlano con toni sempre più strascicati fino a che non è chiaro a
tutti che sono ubriachi.
A fine pranzo –
verso le tre – aiuto mio marito ad alzarsi e lo accompagno in
camera nostra,
sotto lo sguardo divertito dei miei figli.
Tom cade subito
in un sonno profondo, io mi stendo accanto a lui e finisco per
addormentarmi a
mia volta. Ci svegliamo insieme alla luce del sole morente, sono circa
le sei e
io decido di dare un’occhiata in camera dei bambini: non
c’è nessuno.
Vado in camera di
Johnny e ci trovo solo Anne che legge un libro.
“Sai dove sono
Ava e Jonas?”
“Johnny li ha
portati alle pozze.”
“Izzie come sta?”
Lei guarda la figlia
e sorride.
“Dorme, si è
stancata molto oggi a pranzo.”
“Hen ha organizziato un vero e proprio banchetto, si vede che
sei una
principessa qui.”
Io arrossisco.
“Non sono una
principessa, sono una persona normale.”
Lei ride.
“Dai, non
prendertela!
Aspettiamo
insieme l’arrivo di Johnny e dei ragazzi, dovrebbero arrivare
tra poco.”
Io annuisco e mi
siedo sul loro letto.
“Com’è essere
madre?”
“Mi piace, anche se mi devo ancora abituare a tutte le cose
da alieni che fa,
non so proprio come faremo a tenerla sotto controllo sulla
Terra.”
“Imparerai, se ti dovesse servire qualche consiglio sono
qui.”
“Grazie, mi piacerebbe avere un altro figlio o figlia, sai?
Mi piace vedere i
miei lineamenti mischiati a quelli di Johnny.”
Io le sorrido intenerita dalla frase.
Poco dopo arrivano,
Jonas mi abbraccia, Ava mi guarda un po’ intimorita.
“Cosa succede,
tesoro?”
“Ho chiesto a Rat di venire qui a casa, ha detto che
verrà domani.
Ho paura, e se
non piacesse a papà e mi vietasse di vederlo?”
Io le sorrido
rassicurante.
“Vedrai che gli
piacerà.”
Lei mi risponde con vago sorriso, non del tutto convinta dalle mie
parole, Tom
deve averla spaventata per bene. Adesso vado a fargli una ramanzina.
“Stasera
mangiamo?”
“Credo di no.”
Rispondo un po’ distratta, il cibo è
l’ultimo dei miei pensieri.
“Vado un attimo
da tuo padre.”
Torno in camera nostra, Tom si è alzato, vestito e gironzola
familiarizzando
con l’ambiente.
“Ciao, Jen! Hai
trovato i ragazzi?”
“Erano alle pozze con Johnny e dovrei dirti una
cosa.”
“Spara.”
“Non spaventare più Ava così sul suo
ragazzo. Mi ha detto che lo ha invitato
per domani sera, ma era molto spaventata dal tuo giudizio.”
“Fa bene.”
Io lo fulmino.
“Devo ricordarti
di come mia madre ti guardava?”
“Ma io ero un bravo ragazzo!”
“Anche Rat lo è.”
E con questo per me la discussione è chiusa.
Domani in ogni
caso arriva troppo presto e così la cena, Ava è
nervosa per tutto il giorno, a
pranzo non tocca praticamente cibo e prima di scendere a mangiare ha
una crisi
isterica davanti al suo armadio dicendo che non ha nulla di carino da
mettersi.
Io cerco di
calmarla e pesco dall’armadio un vestito verde acido che le
sta molto bene, al
piano di sotto Rat non sembra essere più rilassato.
Sorride quando
vede me e guarda intimorito la figura alta e possente di mio marito che
torreggia su di lui, Ava squittisce sottovoce.
Ci sediamo a
tavola e Tom lo sottopone a un fuoco di fila di domande: come si
chiama, come
va a scuola, chi sono e cosa fanno i suoi genitori, come tratta Ava.
Lui risponde come
una macchinetta, pregando di avere scelto le parole giuste e di non far
arrabbiare il mio geloso marito, Ava è pallida come un
cencio e non sta
mangiando.
“Tom, datti una
calmata. Mangiamo almeno prima di fargli subire un
interrogatorio.”
“Non era un interrogatorio erano le domande
standard!”
Mi risponde piccato lui, ma alla fine molla la presa e riusciamo almeno
a
mangiare, Ava riprende un pochino di colore.
Finita la cena,
l’interrogatorio riprende.
“Allora Rat, da
quanto conosci Ava?”
“Due anni.”
“E da quanto state insieme.”
“Qualche mese.”
“Bene, bene.”
Commenta lui.
“E non le hai mai
fatto strane proposte?”
“Del tipo?”
Rat lo guarda senza capire, io alzo gli occhi al cielo
perché ho capito
benissimo dove Tom vuole andare a parare.
“Tipo farti
toccare e toccarla in certi punti.”
Il ragazzino arrossisce.
“No, no.”
“Sicuro?”
“Sì.”
“Se gliele avreste fatte non avresti più visto
Ava.”
Mia figlia scoppia a
piangere
all’improvviso e lascia la sala.
“Bel lavoro,
campione!”
Sibilo a Tom,
prima di seguirla.
A volte sa essere
davvero esasperante e testardo, spaventosamente testardo.
Trovo Ava che
piange in camera sua.
“Non mi lascerà
più vedere Rat! Dovrò dirgli addio prima del
tempo!”
“No, tesoro. Non
succederà, stai tranquilla.”
“Ma hai visto come lo guarda e come lo tratta?
Come se fosse una
minaccia per me e poi è tornato ancora su quella della
storia del toccare, non
capisco!
Non voglio che
lui mi impedisca di vederlo!”
Scoppia di nuovo
a piangere e capisco che nessuna delle mie parole potrebbe fare presa
su una
ragazzina così sconvolta, così mi limito ad
abbracciarla sperando che si calmi
e maledicendo Tom e il suo ruolo di padre geloso.
Alla fine smette
di piangere, ma non vuole tornare in sala da pranzo, così
torno solo io. Tom
tenta ancora di porre qualche domanda a Rat, ma io lo fulmino ogni
volta che
apre bocca e finisce per lasciare perdere.
Finiamo di
mangiare e il ragazzino scappa via spaventato, io invece sono piuttosto
irritata con mio marito.
“Jen, si può
sapere cosa c’è?”
“Cosa c’è?
Hai spaventato a
morte un ragazzino e hai fatto piangere tua figlia, per cosa poi?
Pensi che
facciano sesso?
Sono poco più che
bambini, il massimo che potranno fare è darsi qualche bacio
con la lingua!
Quando sarà
cresciuta cosa farai?
Sottoporrai lei e
il suo ragazzo alla macchina della verità? Alle torture
cinesi?”
“Lo faccio solo
per mia figlia! Per proteggerla dai malintenzionati!”
“Beh, va a dirlo
a lei e vedi che ne pensa!”
Rispondo io
inviperita.
A volte è davvero
esasperante vivere con lui, soprattutto quando si fissa su qualcosa e
comincia
a fare il paranoico.
“Vado a fare un
giro.”
Annuncio piatta ed esco dal palazzo per andare nel mio posto segreto,
sperando
che nessuno venga a disturbarmi. Voglio vedere cosa
combinerà ora Tom e come
farà pace con Ava, che sembrava disperata.
Torno dentro per
cena, Tom sembra molto dispiaciuto, Ava al contrario è
chiusa in un mutismo
assoluto. Mangia senza dire una parola e quando finisce se ne va in camera sua senza
salutare nessuno.
Tom sospira e la
sua segue, io faccio finta di nulla poi mi alzo anche io per vedere
come andrà
la situazione.
Mi fermo appena
fuori dalla porta aperta della camera di Ava.
“Tesoro, mi
dispiace, ma dovevo farlo!”
Questo è Tom e non riceve alcuna risposta.
“Devo controllare
che qualche malintenzionato non ti faccia del male.”
“Questo posso farlo da sola.”
Risponde gelida lei, aprendo la porta.
“Ma sei…”
“Troppo piccola? Sì, forse. Ma so riconoscere
quando una persona mi vuole bene
da una che vuole qualcosa e basta.
Rat è un bravo
ragazzo e mi ha aiutato tantissimo in questi anni in cui non
c’eri.”
C’è un attimo di silenzio.
“Mi perdoni,
Ava?”
“A una sola
condizione.”
“Quale?”
“Che tu ti fidi di me nella scelta dei ragazzi.”
Oh, bel colpo, figlia mia!
Tom sospira.
“Sei testarda
come tua madre!”
Senti chi parla!
“Va bene, mi
fiderò delle tue scelte. Adesso puoi abbracciarmi?”
Sbircio e li vedo abbracciati come un bravo padre e una figlia non in
collera
con lui.
Sorridendo me ne
vado.
Anche questo
problema è risolto per ora.
Angolo
di Layla
Ringrazio
DomyDeLonge
per la recensione, ormai siamo quasi alla fine della storia.
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Capitolo 19 *** 18)Il mare ***
18)Il mare
Due settimane
dopo il pranzo con Rat la situazione è tornata perfettamente
alla normalità.
Ava e Tom si
parlano e lui ha ripreso a darle lezioni di chitarra, la cosa mi rende
piuttosto felice, ma anche triste in un certo senso. Tra poco ce ne
dovremo
andare e mi mancherà mio fratello e – in fondo
– anche questo posto.
È proprio in una
di queste crisi di malinconia acuta mi trova Johnny.
“Ehi, tutto bene,
Chia?”
“Uhm, sì. Cioè, non proprio.
Sono felice di
tornare sulla Terra, ma allo stesso tempo mi mancherà mio
fratello e questo
posto.”
“Capisco quello che vuoi dire, ma per noi qui non
c’è posto.
Suona strano che
lo dica io, ma la nostra vita è ormai altrove.”
“Hai
perfettamente ragione.”
Rimango un attimo in silenzio.
“Prima di
andarmene mi piacerebbe vedere il mare, mi accompagneresti?”
“Certo, ma dovresti portarti dietro la tua
famiglia.”
“Sì, ovvio
verranno anche loro, ma saranno un po’ tagliati fuori da
quello che significa
per noi.”
Il mio sguardo si
perde lontano, fisso su due bambini che giocano spensierati sulla
spiaggia e
poi su due adolescenti che nuotano, si schizzano e poi finiscono per
baciarsi.
Ava e Rath sono
stati molto felici lì.
“Già, ma adesso
non siamo più loro. Ho finalmente capito che non sono
più l’alieno che aspetta
di tornare al suo pianeta, ma un terrestre con una famiglia e delle
responsabilità.”
Io sorrido.
“Mi piace
sentirtelo dire, stasera a cena chiederò a Tom di andare al
mare visto che
ormai le pozze le ha già viste.”
Johnny mi sorride, poi se ne va richiamato dalle urla della piccola
Isabel.
Come passa veloce
il tempo e come passa impietoso sulle nostre piccole vite, se ripenso a
tutto
quello che è accaduto nella mia adolescenza mi sembra sia
successo ieri, invece
sono passati parecchi anni.
In ogni caso la
crisi di malinconia se ne va così come è arrivata
e la sera sono di nuovo di
buon umore.
“Tom, prima di
andarcene ti va di andare al mare?”
Lui mi guarda
stupito.
“Ma certo!”
“Potremmo venire
anche noi!”
Suggerisce Anne,
annuiamo tutti e la proposta è accettata.
Il giorno dopo
preparo i bagagli, i miei figli sono curiosi.
“Ci divertiremo,
vedrete. Potremo fare il bagno.”
“Figo!”
Esclama Ava.
“Spero somigli al
mare di San Diego, così magari potrò fare
surf.”
“Credo potrai
farlo. Metti la tavola nell’astronave,
perché non so se le vendono là.”
Lei annuisce e
corre a metterla in macchina.
Verso sera
partiamo tutti verso il mare con Johnny alla guida, lui è
quello che conosce la
strada meglio di tutti.
Voliamo per tutta
la notte e finiamo per addormentarci tutti tranne Jo, non abbiamo
voglia di
trascorrere una notte insonne per guardare le stelle e le lune. Le lune
iniziano a starmi antipatiche dopo tutti i problemi che ci hanno creato.
Dopo non so
quanto sento un urlo che ci sveglia: è Johnny e ci fa
ammirare l’alba che sorge
dal mare.
Meravigliosa,
l’acqua sembra incendiarsi per un attimo, per poi diventare
d’oro e alla fine
ritornare all’azzurro iniziale.
Il mio amico
guida fino al hotel dove abbiamo prenotato e una solerte signora ci
accoglie e
fa scaricare il nostro veicolo da un ragazzo.
Saliamo tutti in
camera e dormiamo un paio d’ore in un letto e poi ci
svegliamo.
Scendiamo nella
sala da pranzo del hotel e facciamo un’abbondante colazione,
i miei figli
sembrano affamati come se non toccassero cibo da giorni.
Dopo mangiato saliamo
di nuovo in camera per cambiarci e mettere dei vestiti adatti per la
spiaggia e
i costumi.
Ava prende anche
la sua tavola colorata e ci segue curiosa. La spiaggia è una
distesa di sabbia
bianca che a volte scintilla come oro pallido e a volte come argento.
Affittiamo un
paio di ombrelloni e poi ci dirigiamo lì, la sabbia
è morbida e non troppo
calda e spira una piacevole brezza, in quanto al mare è una
tavola azzurra solo
leggermente increspata dalle onde.
“Non potrò fare
surf!”
Commenta
imbronciata Ava, Johnny sorride.
“Oltre la
barriera degli scogli troverai tutte le onde che vuoi.”
In effetti
davanti alla spiaggia ci sono dei frangiflutti di pietra nera.
“Posso fare il
bagno, mamma?”
“No, aspetta ancora un attimo. Hai mangiato molto a
colazione.”
“Facciamo una
passeggiata?”
Io annuisco e lasciamo la famiglia Mayer,
andando verso la battigia. Camminiamo piano, io dedico
lunghi minuti a
osservare l’acqua cristallina, in certi punti si vedono anche
delle stelle
marine di un rosso accesissimo e viola.
Ci sono solo le
grida dei gabbiani a farci compagnia e la cosa mi fa piacere, ho sempre
amato i
posti belli e solitari e non c’è niente come
andare al mare fuori stagione.
Dopo una lunga
camminata do il permesso ad Ava di fare il bagno e lei si lancia
nell’acqua con
la sua fedele tavola, raggiunge gli scogli – vedo la sua
figuretta stagliarsi –
e poi sparisce.
“Johnny, sei
sicuro che non rischia qualcosa?”
“No, non credo.
Però se vuoi puoi dare un’occhiata.”
Io e Tom ci alziamo
e ci buttiamo in acqua, nuotiamo
anche noi fino agli scogli e poi ci arrampichiamo sulle rocce nere. Da
lì si
gode una vista meravigliosa, il mare è abbastanza agitato
per fare surf, ma non
troppo per essere pericoloso.
Ava se la sta
godendo alla grande nel cavalcare le onde e devo ammettere che
è davvero brava,
così sicura di sé stessa che sembra sia nata per
vivere nell’acqua.
“Abbiamo
cresciuto una figlia molto pop-punk.”
“E non sei felice?”
“Certo. Non potevo sperare di meglio!”
La guardiamo
ancora un po’,
poi lui passa un braccio
attorno alle mie spalle e mi bacia.
Sento le farfalle
nello stomaco come la prima volta che mi ha baciato quando avevo
diciotto anni
ed ero solo un’aliena spaventata.
Dopo tutto questo
tempo amo ancora lui e lo amerò per sempre.
“Facciamo una
passeggiata io e te?”
Mi sussurra in un
orecchio.
“Sì.”
Rispondo io.
Con cautela
scendiamo dagli scogli e nuotiamo fino a riva, poi ci allontaniamo mano
nella
mano.
Passeggiamo
fino
a raggiungere un posto isolato, lì ci sediamo per terra. Lui
mi attira a sé e
io mi lascio avvolgere dalle sue braccia.
Iniziamo a
baciarci con più passione e la sua mano scende lungo i miei
fianchi dandomi i
brividi.
“Tom, potrebbero
sorprenderci.”
“No.”
Risponde baciandomi il collo e trovando il punto giusto, quello che mi
fa
perdere la ragione. Mugugno qualcosa e alzo la testa per permettergli
di
baciarmi meglio il collo. Lui sorride soddisfatto e riprende la sua
opera.
Scende a baciarmi le clavicole e poi con una mossa abile mi toglie
anche il
pezzo sopra del bikini.
Mi stringe un seno
e mi sussurra nell’orecchio: “Sei sicura che vuoi
che mi fermi?”
“No, vai avanti
per l’amor del cielo.”
Lui sorride e si
dedica ai miei seni leccandoli, baciandoli, succhiandoli e mordendoli,
facendomi gemere; la mia mano in automatico va al cavallo del suo
costume.
Lo massaggio da
sopra il tessuto, sentendolo farsi sempre più duro, lui geme
e io infilo la mia
mano dentro e inizio a masturbarlo.
Su e giù.
Giù e su.
Lui geme e infila
la mano nel pezzo che resta del mio costume e sento immediatamente un
dito
nella mia femminilità, ma diventano subito due e poi tre. Le
nostre mani
iniziano ad andare allo stesso ritmo e ci baciamo per evitare che si
sentano
gemiti troppo forti.
Stanchi dei
preliminari ci togliamo gli ultimi indumenti e lui entra in me con una
spinta
piuttosto forte che mi fa gemere di dolore oltre che di piacere.
“Scusa, piccola.
È che non sono abituato.”
Presto prende un ritmo meno violento, le sue spinte sono lente e
profonde e io
mi sento in paradiso. È meraviglioso.
Mano a mano che
ci avviciniamo all’apice aumenta la forza e la frequenza
delle spinte fino a
quando non raggiungiamo tutti e due l’orgasmo e lui si lascia
cadere su di me.
Gli accarezzo i
capelli e gli bacio le tempie, lui mi accarezza la pancia dolcemente.
“Con te è sempre
bello.”
Dico
semplicemente per non guastare questo raro momento di
intimità con le parole.
Poco dopo però
sentiamo delle voci e ci rivestiamo alla svelta, giusto il tempo di
metterci i
nostri costui che un’anziana coppia spunta dietro di noi.
“Bello il mare,
vero?”
Ci chiede l’uomo.
“Molto”
Rispondo io con
tutta la serietà che riesco a
racimolare.
Quando se ne
vanno scoppiamo a ridere tutti e due, abbiamo rischiato di farci
scoprire come
due ragazzini alle prime armi!
“Secondo te
l’hanno capito?”
Mi chiede Tom
dopo che abbiamo finito di ridere come due scemi.
“Per me la
signora sì, aveva uno strano sorrisetto.”
“Imbarazzante!”
Commento io,
coprendomi gli occhi, lui ride.
Mi piace sentire
la sua risata, la sua vera risata, erano anni che non la sentivo.
Forse è davvero
guarito, forse i dottori mi hanno ridato il mio Tom, quello che ho
imparato ad
amare follemente a diciotto anni e poi è diventato mio
marito.
Mi tende una
mano.
“Andiamo dagli
altri, ci avranno dati per dispersi ormai.”
Io la accetto e
mi alzo in piedi annuendo, in effetto siamo stati via un po’.
Percorriamo
all’inverso la nostra passeggiata e all’ombrellone
troviamo solo Anne che ci
guarda curiosa.
“Dove siete stati
per tutto questo tempo?”
Poi all’improvviso un lampo di comprensione le illumina il
volto.
“Diavolo, non
potevate farlo in albergo?”
“Troppo banale.”
Risponde insolente mio marito, Anne sorride.
“Ora ti
riconosco, DeLonge.”
“Dov’è Johnny?”
“Sta facendo
imparare a nuotare Izzie, ma molto probabilmente a quest’ora
staranno pasticciando
in acqua e costruendo castelli
di sabbia.”
Io scendo a dare
un’occhiata e in effetti c’è un Johnny
molto concentrato che sta costruendo
qualcosa insieme alla figlia, coccolandola ogni tanto e a Jonas.
Il mio amico sta
riversando sulla figlia tonnellate di affetto, forse tutto quello che
avrebbe
voluto ricevere lui da bambino e che non ha avuto, sono uno spettacolo
tenerissimo.
Torno
all’ombrellone sorridendo come un’idiota.
“Cosa c’è, Jen?”
“Uhm, niente.
Solo che Johnny che gioca con Izzie è davvero una cosa
tenerissima.”
Dico sedendomi e
godendomi un po’ di riposo.
“Lo so, sono
meravigliosi e mi sento una donna molto fortunata per averli accanto a
me.”
“Sì, ti capisco,
anche io mi sento molto fortunata.”
Ammicco a Tom che mi sorride di rimando.
Anne ride.
“Dopo tutti
questi anni sembrate ancora una coppietta di sposi appena
sposati!”
“Diciamo che in
questo momento lo siamo, in un certo senso.
Per un po’ di
tempo Tom non è stato sé stesso.”
“Giusto, hai
ragione.”
Non diciamo niente per un po’, abbiamo deciso di comune
accordo di ignorare il
periodo massone di Tom e di non fargli pesare niente di quello che ha
detto o
fatto in quel periodo.
L’importante è
che sia alle nostre spalle e che lui stia bene, poi il resto avanza.
Certo rimane
sempre la questione Mark – e della loro riappacificazione
– ma sono sicura che
andrà bene e che lui capirà. O almeno lo spero.
Ci siamo sempre
sentiti durante questi anni e ha sempre chiesto notizie di Tom, il che
significa che gli interessa ancora di lui, ma bisogna fare i conti con
quello
che il Tom dei massoni e il clone di Keisha hanno detto.
Tom è stato il
primo a rivolgere parole poco lusinghiere ai blink ed è
stato come se avesse
insultato Mark di persona, lui tiene alla band come a un figlio.
L’ha vista
nascere insieme a Tom, l’ha vista crescere e raggiungere
traguardi che nemmeno
nei suoi sogni si immaginava potesse fare e poi l’ha vita
cadere.
Questo l’ha
ferito molto e so che non sarà facile mettere da parte
questo fatto se si
riconcilierà con Tom.
No, non lo sarà
affatto, ma per ora è inutile pensarci. Siamo al mare e
sarà meglio godersi
questo periodo di pace dopo tutto quello che abbiamo attraversato mi
dico prima
di lasciare che i miei occhi si chiudano.
Poco dopo sono
immersa in un sonno leggero e costellato da incubi in cui Mark mi
accusa di
avere reso lui e Tom dei diversi e che tutto quello che è
successo è solo colpa
mia.
Mi sveglio solo
perché qualcuno mi scuote energicamente, è Anne e
mi guarda preoccupata.
“Tutto bene?
Hai parlato nel
sonno.”
“Ho avuto un incubo.”
Taglio corto io.
“Come mai mi hai
svegliato?”
“Per mangiare, se
vuoi.”
“Oh, sì. Grazie!”
Prendo volentieri un panino che mi porge Anne, lo addento ed
è buono, non le ho
nemmeno chiesto cosa ci ha messo dentro.
Che sbadata che
sono, questo incubo mi ha messo davvero di malumore e non voglio
guastare la
festa a nessuno. Lo
finisco e con un
sospiro mi passo la mano davanti alla faccia, sperando di scacciare
tutte le
mie ansie con questo gesto.
“Tutto bene?”
Mi chiede di
nuovo Tom.
“No, è solo un
incubo, te l’ho detto. Sono scema io che mi faccio
condizionare da queste cose,
scusatemi.”
“Non ti preoccupare.”
Mi risponde Tom abbracciandomi, avevo proprio bisogno del contatto con
il suo
corpo per stare bene, lui è una sorta di calmante naturale
per me.
Anche Ava e Jonas
sono tornati sulla spiaggia e li guardo mangiare.
“Vi siete
divertiti?
Ava annuisce
vigorosamente con la bocca piena.
“Il mare è come a
San Diego, se non meglio. Ho surfato benissimo!”
Jonas la guarda un po’ invidioso.
“Tu cosa hai
fatto, cucciolo?”
“Ho costruito castelli con lo zio e Izzie e poi abbiamo
provato a nuotare.
Anche io voglio
imparare a surfare, mamma! Posso?”
“Sei troppo piccolo
e poi prima devi imparare bene.”
Lui sbuffa.
“Tutte le cose
divertenti le fanno solo i grandi.”
“Non proprio, lavorare non è divertente.”
“Ma tu ti
diverti, papà.”
“Io sono un
eccezione, perché sono riuscito a trasformare quello che mi
piace in un lavoro,
non tutti ci riescono, la maggior parte si adatta a fare quello che
può per
sopravvivere.”
Jonas rimane in
silenzio – assorbendo le parole del padre – e poi
chiede un altro panino ad
Anne.
“Tu cosa vuoi
fare, JoJo?”
“Costruire cose sembra divertente.”
“Magari sarà un
ingegnere…”
Commento sognante io.
“Mh, forse.
Magari sarà un musicista anche lui.”
“No!”
Esclama Ava.
“Sono io l’altra
musicista di famiglia e non lascerò che questo microbo mi
rubi il ruolo!”
Ridendo inizia a
strofinare la testa del fratellino con le nocche, Jonas si ribella
calciando
sabbia un po’ ovunque. Noi ridiamo.
Non è molto
importante cosa faranno i miei figli, l’importante
è che siano felici.
Il resto del
pomeriggio trascorre tranquillamente, dopo pranzo dormiamo tutti sotto
l’ombrellone e poi facciamo un bagno tutti insieme.
Tom si mette in
un angolo con Jonas e gli insegna a nuotare, Johnny tenta di fare lo
stesso con
Izzie, ma tutto quello che riescono a fare è sollevare una
buona quantità di
schizzi e fare ridere i due cugini.
Jonas – il più
grande – è
quello che fa più progressi,
ma è lontano il giorno in cui potrà fare surf.
Ava, da parte
sua, salta di nuovo oltre i paraflutti e torna a surfare. Io invece mi
godo una
nuotata in pace, erano anni che non venivo qui e in un certo senso
questo posto
ha conservato la magia che aveva quando io ero ancora Ava.
Ceniamo in
albergo e poi ci disperdiamo nell’esplorare le bancarelle
della marina, sono
tutte molto carine e piene di cose interessanti.
Ava si compra un bottiglietta piena di uno strano liquido azzurro che
brilla
leggermente, io glielo permetto dopo aver avuto la conferma dal
commerciante
che non fosse pericoloso.
Alle undici
precise ci ritroviamo di nuovo su una collinetta vicino alla spiaggia
per
vedere i fuochi d’artificio che ci sono in programma questa
sera.
“Sono belli come
quelli della città?”
Mi chiede Jonas.
“Sono molto meglio,
si rifletteranno sul mare, sembrerà una magia.”
Lo rassicuro io.
“Secondo te la
magia esiste davvero, mamma?”
“Solo se vuoi crederci.”
Lui annuisce e
volge lo sguardo verso il cielo in attesa dei fuochi.
Io mi chiedo a
cosa voglia credere con due genitori come noi, Tom solo recentemente
è tornato
a interessarsi al cristianesimo e in quanto a me non so in cosa credere
se non
in una volontà superiore che a volte ci guida a volte ci fa
dei terribili
sgambetti.
I fuochi iniziano
e alziamo tutti la testa per guardarli: sono bellissimi.
Fiori rossi,
gialli, verdi e viola che si stagliano nel cielo, altri che disegnano
linee,
altri che cadono imitando la pioggia.
Una meravigliosa
pioggia di luce dorata che ci benedice tutti.
Non posso fare a
meno di sorridere e stringere forte la mano di Tom nella mia, mi sento
felice e
benedetta dal fato, solo perché lui è qui con me.
Non è morto né il
suo cervello è stato troppo danneggiato da non poter
più guarire.
Ava è qui e la
donna che l’ha avvelenata è morta e stramorta,
pagando per tutti i suoi
crimini.
Non posso
chiedere di meglio.
Non sarà facile
tornare sulla Terra e ottenere il perdono di Mark per Tom, ma sono
certa che la
faremo. Siamo più forti di quello che crediamo insieme.
Insieme siamo
invincibili e non sarà certo una discussione a dividerci.
Mark ha comunque
aiutato Tom due anni fa, anche se aveva tutte le ragioni per non farlo.
Ci sono ancora
delle speranze.
Siamo passato
attraverso tante cose in questi anni e sono sicura ce la faremo.
D’altronde siamo
invincibili, no?
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Capitolo 20 *** Epilogo: ritorno a casa. ***
Epilogo: ritorno a casa.
Torniamo
a casa
all’inizio di settembre. Le foglie degli alberi del giardino
della nostra villa
sono un trionfo di rosso, oro e arancione.
Meraviglioso.
Non sono belle
come il giardino della reggia, ma il fatto che siano qui le rende
meravigliose,
sanno di casa.
Ava sorride
rivendendo il nostro ranch.
“Casa dolce
casa.”
Commenta aprendo la porta, troviamo tutto come l’avevamo
lasciato, i cloni non
hanno spostato nulla e non
hanno ridipinto la casa. Mi avrebbe dato
fastidio trovare la casa cambiata da delle persone che tutto sommato
sono degli
sconosciuti, così depongo con gioia le mie valigie in camera
mia e mi butto sul
letto. Profuma di pulito e di casa, un profumo meraviglioso.
Poco dopo sento
il materasso abbassarsi per il peso di un corpo che si è
steso accanto a me.
“Ehi, Tom.”
“Ehi,Jen.”
“Ce l’abbiamo fatta.”
“Sì, ora resta solo una cosa da fare e
sarà la più difficile.”
“Disfare la
valigie?”
Dico per mantenere leggero il tono della conversazione.
“No, parlare a
Mark, non so da dove iniziare.”
Io rimango in silenzio, senza sapere cosa dire, sono volate offese
grosse tra i
due e non sarà facile riparare il danno, ma sono sicura che
ce la faranno.
“Troverai un
modo, la vostra amicizia è troppo forte per
morire.”
“Immagino di sì, in fondo mi ha aiutato quando
avrebbe potuto fregarsene.!
“Sì, è una cosa positiva, no?”
“Sì, lo è, ma non significa nulla.
Potrebbe non volermi sentire lo stesso,
perché l’ho
ferito troppo. Sai cosa
penso di tutta questa storia?
Che per tutta la
mia vita ho giocato con il fuoco e ora, non solo mi sono scottato, ma
sto
rischiando di dare fuoco a una cosa importante per me.
Tengo ancora a
Mark come amico.”
“Lo so e credo lo sappia anche lui, ma che abbia bisogno di
tempo per
riflettere e perdonare. Non ho idea di cosa gli abbia detto il suo
clone.”
“Io sì, ho fatto una breve ricerca in internet
prima. Ha insultato pesantemente
i blink, per lui sono come figli: ha fatto una cosa gravissima a cui
non sono
come riparare.”
“Digli la verità, che i blink non ti fanno
schifo.”
Lui rimane in
silenzio per un po’.
“Non mi
ascolterà, non ora. Sa che è stato un clone a
parlare, ma sa anche che avrei
potuto dirlo io in qualsiasi momento.”
Questa volta sono io a rimanere senza parole.
“Sorpresa, eh?”
“Un pochino, ma
sono sicura che vi riappacificherete.”
Rispondo più
certa di quanto non lo sia.
Inizio a mettere
via le nostre cose e in questo modo il tempo passa e io non penso a
tutte le
cose che sono rimaste sospese qui. Vorrei rivedere i miei e i gemelli
per
assicurarmi che stiano bene e che la loro vita sia il più
possibile serena.
Finito di mettere
via la nostra roba – che comprende parecchie cose che vengono
dal mio pianeta –
scendo in cucina e trovo dei piatti già preparati, devo solo
infilarli nel
microonde.
Detto fatto, uno
alla volta li scaldo e poi chiamo a raccolta la mia famiglia: la
cameriera ci
ha lasciato delle enchilladas da mangiare.
Scendono tutti e
dopo aver preparato rapidamente la tavola mangiamo tutti insieme sul
tavolo
vicino al camino, non fa mai troppo freddo in California, ma talvolta
di’inverno è piacevole accenderlo.
“Buone le
enchilladas! Mi sono mancate lassù!”
“A me è mancato
tutto.”
Confessa con candore Jonas. Apparentemente dopo aver litigato con tutti
i suoi
amichetti – che lo chiamavano mezzo alieno –
è felice di tornare a casa. Non si
può dire lo stesso di Ava, che ha dovuto lasciare i suoi
amici e il suo
ragazzo. Porta
appesa al collo la pietra
che le permetterà di mettersi in contatto con lui, ma lo
stesso non è contenta.
Ha lo sguardo perso e mangia poco della sua enchillada.
Spero che
lentamente si abitui di nuovo a vivere qui, perché
è qui la nostra casa.
Finito di
mangiare lavo i piatti e poi mi stendo a letto, spossata dal viaggio ma
felice.
Mi addormento
sorridendo, piena di fiducia nel futuro.
Dopo
quasi un
mese Mark e Tom non hanno risolto nulla.
Tom ha provato
qualche volta a chiamarlo, ma lui non
gli ha mai risposto.
Anne dice che è molto arrabbiato e che non si aspettava che
Tom dicesse cose
del genere, tanto che a volte mi domando se si sia dimenticato che non
è stato
mio marito a parlare, ma un clone.
Un clone è la
copia fisica esatta della persona e può pensare in modo
simile, ma non uguale a
chi impersona. Il vero Tom forse non avrebbe detto tutte quelle cose e
Mark non
sembra accettarlo. Siamo in una posizione di stallo, nessuno si muove
dalle
proprie posizione e persino il mio incrollabile ottimismo inizia a
vacillare.
Forse non si
riconcilieranno e continueranno
la loro
vita parallelamente, uno con gli Angels and Airwaves e
l’altro con i + 44.
In ogni caso oggi
è il 19 settembre e l’estate ha deciso di dare un
colpo di coda con una serie
di giornate molto calde e umide, tanto che Ava – dopo scuola
– è sempre alla
spiaggia a fare surf.
È quasi
mezzogiorno e sia io che Tom siamo a casa, dopo una mattinata passata a
provare e
scribacchiare qualcosa di nuovo accende la tv ed entriamo rimaniamo
paralizzati
dalla paura.
Nei titoli dicono
che Travis è stato coinvolto in un incidente aereo e che
è l’unico
sopravvissuto insieme a un certo Dj Am, lo schianto è
avvenuto a Columbia nel
South Carolina.
Io e Tom ci
guardiamo negli occhi per un attimo, poi io chiamo Anne dicendole di
tenere i
ragazzi per un po’ e salgo al piano superiore buttando
qualcosa in un borsone,
Tom ha fatto lo stesso e lo vedo prenotare dei biglietti aerei.
Una volta fatto
saltiamo tutti e due in macchina e ci dirigiamo verso
l’aeroporto di San Diego,
Tom non ha aperto bocca, ma stringe il volante della macchina fino a
che le sue
nocche non diventano bianche.
Parcheggiamo e
corriamo verso le partenze nazionali, riuscendo a malapena a prendere
l’aereo
che Tom ha prenotato all’ultimo secondo.
Solo quando siamo
sull’aereo si lascia andare a un sospiro tremulo.
“Ce la farà?”
Mi chiede con
voce appena udibile.
“Sono sicura di
sì.”
Rispondo io stringendo i braccioli del sedere con entrambe le mani, non
voglio
nemmeno pensare alla morte di Trav come ipotesi. Non ci siamo sentiti
spesso
negli ultimi tempi, ma non ho mai smesso di considerarlo un buon amico.
Non sa
nulla del fatto che io sia aliena e che un po’ lo sia anche
Tom, ma la maggior
parte delle persone non lo sa e questo non impedisce loro di esserci
amici.
Il volo verso
Columbia mi sembra infinito, anche se non è molto lungo. Una
volta atterrati
Tom chiama Shanna – l’ex moglie di Travis
– e si fa dire dove è ricoverato l’ex
marito, dopo di che chiama un taxi.
Per prima cosa ci
fermiamo in un bed & breakfast, lasciamo lì i
bagagli e poi ci dirigiamo
all’ospedale. Dato l’aspetto relativamente calmo
supponiamo che i giornalisti
non sappiano che Travis Barker sia ricoverato lì.
Tom marcia il
banco dell’accettazione e chiede alla donna in che stanza si
trova Trav,
all’inizio lei è parecchio reticente visto che non
siamo parenti, ma alla fine
l’insistenza di Tom ha la meglio e ci dice dove è.
Io e mio marito
saliamo al secondo piano e cerchiamo il reparto della terapia
intensiva, siamo
sicuri di essere nel posto giusto perché – seduta
su una sedia – c’è Shanna.
Io mi siedo
accanto a lei in silenzio e lei si butta in lacrime tra le mie braccia,
io
cerco di consolarla, Tom invece si siede e si prende la testa tra le
mani.
Dopo un po’ si
decide a parlare.
“Cosa dicono i
medici?”
“Non sono ancora
usciti dalla sala operatoria, ho paura. Non voglio che i miei figli
perdano
loro padre, lo adorano, capite?
Persino mia
figlia adora Travis e lei ha sempre odiato ogni mio
fidanzato!”
Scoppia di nuovo
in lacrime.
“Mark è qui?”
Chiede esitante
Tom.
“Sì, sono qui.”
Risponde una voce
fredda, Mark è arrivato alle spalle di Tom. È
cambiato, per prima cosa è
decisamente più magro di come lo ricordassi, sembra nervoso
e arrabbiato – i
suoi occhi celesti sono in tumulto – e i suoi capelli castano
sono così irti da
sfidare la forza di gravità.
“Mark.”
Dice debolmente Tom.
“Tom. Come mai
qui?
Vuoi ballare sul
cadavere di Travis?”
I singhiozzi di Shanna si fanno più forti e io do
un’occhiata di rimprovero a
Mark, lui abbassa gli occhi.
“No, sono venuto
qui per vedere come sta un mio amico e per chiarire con un
altro.”
“Skye, tu sta qui con Shanna, io mi allontano un attimo con
Tom e Jen.”
Seguiamo il bassista fino a un’uscita di emergenza che
dà su una terrazza, per
prima cosa Mark si accende una sigaretta e io lo imito.
Mi sento una
specie di giudice in un incontro di box.
“Allora, Thomas,
come mai sei qui?”
“Perché un mio amico si trova in fin di vita e
speravo di chiarire con te, a
essere sincero.”
Mark ride
sarcasticamente.
“Non ti sono
bastati gli insulti sui blink e di come sia una band di idioti? Adesso
devi
insultarmi di persona?”
“Non sono stata
io a dire quelle frasi, lo sai. È stato il clone che ha
creato Keisha!
In ogni caso, mi
dispiace: erano fuori luogo.
Sono stato io a
voler portare i blink lontano ed è stato molto idiota da
parte mia
autoinsultarmi.”
L’altro non parla.
“Ascolta, lo ammetto:
sono uscito dai blink come uno stronzo apocalittico.
Non voglio
cercare di crearmi delle scusanti per quello che ho fatto, ma in quel
periodo
il dolore alla mia schiena era insopportabile e gli antidolorifici mi
sballavano di brutto l’umore.
Un momento ero
incazzato nero perché c’era quel dannato dolore
sordo e quello dopo ero
euforico perché non c’era più. Ho detto
e fatto un sacco di cazzate di cui non
sono affatto fiero.
È stato in quel
momento che qualcuno ha iniziato a giocare con il mio cervello e
– so che non
vale molto come scusa – quel giorno non ero in me.
Ero
incazzatissimo perché nessuno sembrava capire che il bel
giocattolino del
pop-punk dopo tredici anni di sbattimento voleva solo qualche mese di
pausa.
Pressavate tutti per il tour, per il nuovo cd e io non ce la facevo
più.
Mettici quello
che ho detto prima e otterrai quello che ho fatto. Non lo rifarei, non
uscirei
più dalla band senza darti una spiegazione, anche se
pessima. Se potessi
tornare indietro cercherei di agire in modo più equilibrato,
ma non posso.
Quindi non ti
chiedo di perdonarmi, ma almeno di provare a darmi una seconda
possibilità.
Lassù mi hanno guarito, non sarò mai lo stesso di
prima, ma non sarò nemmeno la
mina vagante degli ultimi tempi.
Puoi darmi una
possibilità?”
Mark lo scruta a
lungo negli occhi, in una maniera quasi imbarazzante.
“Sembrano delle
scuse vere.”
“Lo sono. Mark, ti prego, dammi un’altra
possibilità.”
Lui gioca con la cicca semispenta e guarda in basso, sembra stia
contando le
mattonelle di questa terrazza.
“Prima Travis
deve sopravvivere, poi ne parleremo.”
“Mark…”
“Vorrei dartela subito una seconda possibilità, ma
non me la sento. È troppo
presto, fa ancora male. Dammi un po’ di tempo e poi voglio
vedere come se la
caverà Trav.”
Tom annuisce, credo
che questo sia il massimo che si aspettasse da Mark.
Rientriamo tutti
e tre e troviamo Skye e Shanna con un dottore, l’uomo batte
incoraggiante una
mano sulla spalla della moglie di Travis e poi se ne va.
“Cosa ha detto il
dottore?”
“Che è
stazionario e non è in pericolo di vita,
però…”
Le esce un
sospiro tremulo dalla bocca.
“Non sanno se
potrà suonare ancora.”
Rimaniamo annichiliti dalla notizia, sappiamo quanto Trav tenga al suo
strumento e non poterlo più suonare per lui sarà
una tortura.
“Sono sicura che
ce la farà.”
Dico a bassa voce
e con gli occhi umidi.
Annuiscono tutti.
Il tempo passa e
Halloween è alle porte. Travis è uscito
dall’ospedale e sta facendo la
riabilitazione necessaria con molto impegno. Vuole tornare a suonare,
anche se
non è certo che voglia farlo per i blink. Ha visto Tom e lo
ha formalmente
ringraziato per essere venuto a trovarlo, ma non ha detto molto altro
poi, si
vede che è ancora arrabbiato con mio marito e non posso
biasimarlo: a lui manca
un pezzo per avere il puzzle completo.
In quanto a Tom e
Mark sono usciti qualche volta a prendersi una birra insieme, ma ci
sono andati
cauti tutti e due. Tom mi ha raccontato che di solito parlano di cose
poco
importanti e girano al largo dall’argomento blink, per tutti
e due è una specie
di tabù. Mark è ancora arrabbiato con Tom e lui
non sa cosa fare per dimostrare
che si è sinceramente pentito, di sicuro non
mollerà gli AvA , perché si è
accorto che gli sono indispensabili come sfogo in questo periodo
tormentato.
Una sera arriva a
casa particolarmente di buon umore e mi chiedo come mai.
“Come mai così
felice?”
“Perché ho
chiesto a Mark di venire da noi la sera di Halloween con la sua
famiglia. Per
te non è un problema, vero?”
“Assolutamente
no, sono felice che ci sia questa cena!”
Rispondo
sorridendo, lui mi abbraccia e poi mi bacia tra i
“buuu!” dei nostri figli.
“Cosa c’è,
ragazzi? Amo vostra madre.”
Io rido
imbarazzata e penso a cosa possa servire per la cena, che è
tra una settimana.
Nei giorni
seguenti penso a come decorare la sala e al menù.
Alla fine compro
un bel po’ di zucche, ragnatele e ragni finti, teschi e
candele. Spendo due
pomeriggi a intagliare le zucche con l’aiuto di Jonas e Ava.
La sera della
cena le distribuisco un po’ ovunque insieme alle cose che ho
comprato, tenendo
l’illuminazione al minimo per dare l’idea di una
stanza spaventosa e un po’ lo
è alla luce tremolante delle candele che occhieggiano i
ghigni delle zucche e i
teschi.
Per il menù ho
deciso di cucinare cibo italiano.
“Mamma, posso
andare con i miei amici a chiedere i dolci, vero?”
Mi chiede Ava
poco prima che inizi la cena.
“Mh, certo. Solo
porta con te Jack, ti va bene?”
Lei scuote le
spalle.
“Sì, certo. È un
po’ che non lo vedo.”
“Come ti sembra la stanza?”.
“Se non sapessi
che questo è il salotto di casa nostra avrei paura a
entrare.”
Io sorrido
soddisfatta e guardo cosa indossa Ava: un vestito con l’orlo
strappato che le
arriva appena sopra il ginocchio trattenuto in vita da un foulard
viola, calze
a righe bianche e nere, anfibi e un cappello da strega. Si è
truccata
pesantemente gli occhi di nero e la bocca di rosso.
Sta molto bene.
“Bel costume.”
Lei sorride e mi mostra le mani, le sue unghie sono dipinte di nero e
rosso, il
rosso è studiato apposta per dare l’impressione di
sangue che coli.
“Wow! Belle!”
Lei mi sorride e
poco dopo arrivano gli Hoppus, ci scambiamo qualche convenevole e poi
andiamo
nel salotto.
“Wow! Bello!”
Esclama colpita
Skye.
“Sono felice che
ti piaccia.”
“Oh, sì! È molto spaventoso.”
Sul tavolo ci
sono già gli antipasti, che sono spaventosi a regola
d’arte: a forma di ragno o
occhio e con tanto ketchup e sugo.
Li mangiamo, mi
fanno i complimenti, io sorrido e porto via il vassoio vuoto. Per ora
procede
bene, ma QUELL’argomento non è stato ancora
toccato.
Controllo che
siano tutti seduti e poi porto in tavola il primo: pasta al sugo.
È un piatto
semplice e pauroso allo stesso tempo, con un po’ di
immaginazione si può
pensare che il sugo sia sangue.
Servo le porzioni
e poi mi siedo per gustarmi il frutto delle mie fatiche: è
buona.
Mangiamo in
silenzio, si sente solo il rumore delle forchette e delle bocche che
masticano e ne sono
molto felice,
significa che il piatto è stato apprezzato.
Finito il primo
porto via i piatti e li deposito in cucina, domani la nostra domestica
avrà
parecchio da fare, mi dico con una punta di dispiacere.
Servo il secondo
– scaloppine
al pomodoro – e poi mi
siedo anche io, sono buone anche queste.
Adesso è il turno
del dolce – una torta di panna con lo sciroppo di fragola che
cade dalla punta
– e del caffè.
E con questo la
cena è finalmente giunta al termine, i ragazzi se ne vanno e
rimaniamo solo noi
adulti, avvolti in una cappa di imbarazzo.
“Ehm, bella la
stanza. Vero, Mark?”
Skye tenta di rompere il silenzio che si è formato.
“Oh, sì! Molto
spaventosa, Jen è molto brava con queste cose, lo
è sempre stata.”
“Sono d’accordo.”
E il silenzio
cala di nuovo sulla stanza.
“C’è un motivo per
cui ho accettato questo invito.”
Comincia Mark, io lo guardo curiosa.
“Quale?”
“Credo di dovere
delle risposte a Tom.”
Questa volta è
Tom a guardarlo curioso.
“Ho pensato molto
alle tue scuse e sono giunto alla conclusione che sono sincere e le
accetto.”
Tom sorride e i due si abbracciano, io e Skye ci scambiamo un sorriso a
nostra
volta, orgogliose dei nostri uomini.
“Mi piacerebbe
che tu tornassi nei blink, se vuoi.”
“Voglio, solo che non posso abbandonare gli AvA.”
“E io il mio
lavoro alla Fuse, questo non significa che non potremo più
fare musica insieme.
Lo faremo ancora, ma con ritmi che si adattano alla nostra nuova
vita.”
Tom annuisce commosso.
“Cosa dice Travis
a riguardo?”
“Beh, ci ho parlato e – anche se scettico
– ha accettato la cosa. Dice che
tutti si meritano una seconda possibilità.”
“Ne sono felice.”
“Solo una cosa, vorrei aspettare un po’ per
comunicarlo ai fans, non mi sento
pronto.”
“Non c’è problema,
aspetterò.”
I due si
sorridono e si abbracciano di nuovo.
Adesso è
davvero tutto
risolto e possiamo tornare
alla vita di prima, non c’è un solo pezzo del
puzzle che sia fuoriposto.
Tutto combacia
alla perfezione di nuovo e la cosa non potrebbe rendermi più
felice.
Angolo di Layla
E con questo è davvero
arrivata la fine, ringrazio DomyDeLonge
per le recensioni e tutte le altre persone che l'hanno messa nei
preferiti, ricordati, seguite.
Alla prossima.
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