The adventure.

di Layla
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: come è difficile essere me stessa nel corpo di qualcun'altro. ***
Capitolo 2: *** 1)Cosa sta succedendo a Tom? ***
Capitolo 3: *** 2)Ci sarà un motivo se le chiamano società segrete. ***
Capitolo 4: *** 3) La verità è una lama a doppio taglio. ***
Capitolo 5: *** 4)Sull'orlo del baratro. ***
Capitolo 6: *** 5)Paura e piani. ***
Capitolo 7: *** 6)Breve ritorno. ***
Capitolo 8: *** 7)Nuova vita, nuovo pianeta. ***
Capitolo 9: *** 8)Ambientarsi. ***
Capitolo 10: *** 9) Il mio posto preferito. ***
Capitolo 11: *** 10)Tentativi di avvelenamento. ***
Capitolo 12: *** 11) Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. ***
Capitolo 13: *** 12)Il ritorno di Johnny ***
Capitolo 14: *** 13)Ava è in pericolo. ***
Capitolo 15: *** 14)La fine del gioco. ***
Capitolo 16: *** 15)Spiegazioni e festeggiamenti. ***
Capitolo 17: *** 16)Guarigione ***
Capitolo 18: *** 17)Due anni dopo. ***
Capitolo 19: *** 18)Il mare ***
Capitolo 20: *** Epilogo: ritorno a casa. ***



Capitolo 1
*** Prologo: come è difficile essere me stessa nel corpo di qualcun'altro. ***


Prologo: come è difficile essere me stessa nel corpo di qualcun'altro.

Fingere di essere qualcun altro fa schifo e vivere la sua vita è ancora peggio.
Ci sono pezzi della tua vecchia te che emergono e che sono in contrasto totale con la tua nuova identità.
Chia Malone e la sua nuova identità di Jen Jenkins hanno qualche problema di convivenza, soprattutto perché gli amici di Jen non capiscono io mi metta a frequentare persone che prima lei non avrebbe frequentato.
Io un po’ li rassicuro, un po’ me ne sbatto.
Voglio tornare a vedere Tom alla luce del sole, uscire con Johnny e gli altri e finalmente dopo un lungo anno lo potrò fare.
Inizio l’università a San Diego e me ne vado dal paesino in cui mi ero ritrovata costretta a vivere, Mark è già là e tra poco mi raggiungeranno gli altri.
Non vedo l’ora di vedere Tom.
Come sorpresa per l’inaugurazione del buco in cui vivo li trovo tutti lì e la prima cosa che faccio è baciare Tom.
“Finalmente sei tornata e potremo di nuovo uscire insieme!”
Quella sera abbiamo fatto festa come non facevamo da tempo, ci siamo tutti più David che ormai sa tutto, visto che è il ragazzo fisso di Keisha.
Abbiamo cantato, bevuto, urlato fino a quando i vicini non sono venuti da me, minacciando di denunciarmi per disturbo della quiete pubblica.
Noi abbiamo semplicemente preso le birre, le patatine e le chitarre e abbiamo tirato l’alba in spiaggia.
Quel giorno io e Tom abbiamo visto il sole abbracciati, gli unici svegli della compagnia.
“Questa è l’alba di un nuovo giorno, Jen.
L’alba di un giorno in cui saremo insieme ora e sempre, mi sei mancata in tutto questo tempo.”
“Anche tu, ogni singolo giorno. Sei il sole che illumina le mie giornate.”
“E tu il mare che mi fa vedere come sono, se mi comporto bene o male.”
“Ti amo, Tom.”
“Ti amo anche io, Chia o dovrei dire Jen?”
“Quando non c’è nessuno sono Chia, in pubblico Jen.”
Lui ride.
“Come per le super eroine!”
Io rido a mia volta, il paragone calza quasi a pennello.
Intanto si svegliano anche gli altri, si stiracchiano e borbottano cose incomprensibili, credo siano gli effetto della sbornia.
Raccogliamo i nostri rifiuti e le chitarre – tre, quella di Mark, quella di Tom e quella di David – e ce ne andiamo, inutile dire che Tom dorme da me.
Ci buttiamo sul letto sfiniti, ma felici, come ai vecchi tempi. Entrambi sorridiamo come degli ebeti, ci mancavano queste cose e il mio pensiero corre a Isabel. A lei sarebbero piaciute queste cose, passare una notte in spiaggia tra le braccia di Mark sarebbe stata una cosa bellissima per lei.
Isabel…
Mia sorella mi manca ancora e  i sensi di colpa non se ne sono andate, nonostante la morte del suo assassino, ci sono delle volte in cui mi dico che avrei potuto fare attenzione e che se fossi stata meno presa dal ballo mi sarei accorta della sua sparizione.
Ogni tanto, di notte, vado al cimitero e parlo alla sua tomba, una notte ci ho sorpreso  un gruppetto di satanisti e li ho spaventati a morte, nessuno deve fare delle cose del genere sulla tomba di mia sorella se vuole vivere.
Spero solo che sia felice, dovunque sia ora. Ho sempre creduto all’ aldilà e ai fantasmi e mai come ora vorrei trovare una porta per poter parlare con lei.
“A chi pensi?”
Mi chiede Tom, mezzo addormentato.
“A Isabel.”
“Lei sta bene, sono certo che sta bene e che ci guarda da lassù e ci proteggerà.”
“Pensavo sarei stata meglio quando ho ucciso Joel, ma non è cambiato nulla, sento lo stesso senso di colpa che sentivo prima.
L’ha lasciata da sola nel momento in cui aveva più bisogno di me e sapevo che c’era un nemico pericoloso in giro.
Dio, quando ho visto cosa c’era sulle ferite sono morta: non potevo curarla, per poterlo fare sarebbe servito un vaccino che qui non si trova.”
Appoggio le mani sugli occhi, qualche lacrime scende lo stesso, nonostante i miei tentativi di darmi un contegno.
Lui me le toglie e mi asciuga le lacrime, per poi attirarmi sul suo petto.
“Piccola, va tutto bene. Ci sono io e ci sono gli altri, non sei sola e non è colpa tua. Il colpevole ha già pagato per i suoi crimini, direi che è tutto a posto.”
“Lo so, ma, cazzo, mi manca. Mi manca lei, la mia famiglia, quello che avevo allora.
So che almeno i miei stanno meglio, perché si devono occupare dei gemelli, solo che vorrei rivederli tutti e quattro e non posso.
Chi sono io?
Una sconosciuta, per di più amica della ragazza che ha distrutto loro la vita.”
Lui mi stringe senza dire nulla e io piano piano mi calmo, pensando che non ho perso tutto e che la persona più importante della mia vita è in questo letto con me.
“Così va meglio. Vuoi che ti canti una ninna nanna?”
“Mi basta che tu stia vicino a me e andrà bene.”
Lui inizia ad accarezzarmi i capelli piano.
“Mi mancano i tuoi capelli azzurri, queste meches non gli rendono giustizia.”
“Jen non si sarebbe mai fatta i capelli azzurri.”
Rispondo piatta io.
“È un casino quando devi far combaciare la tua vita con quella di una perfetta estranea di cui hai i ricordi e tutto il resto. Non sono più io e non sono lei, non so chi sono.
So solo che ti amo disperatamente e che da qui riparte la mia vita.”
“Giusto  e io ci sarò sempre e non mollerò mai.”
“E se non centreremo un obbiettivo ci riproveremo fino a riuscirci, se tu giochi la tua parte io giocherò la mia.”
Sorridiamo, lui strofina il suo naso contro il mio.
“Adesso dormiamo.”
Sì.”
Ci aspetta un nuovo giorno e una nuova vita e dovremo dare il cento per cento di noi stessi.

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Capitolo 2
*** 1)Cosa sta succedendo a Tom? ***


1)Cosa sta succedendo a Tom?

 

Sono passati molti anni da quando io e Tom abbiamo giurato che da quell’alba sarebbe stato tutto diverso e lo è stato.
Ho frequentato il college con Keisha, Anne e David, Tom e Mark invece si davano da fare con la band, mancava loro un batterista e hanno trovato un piccoletto di nome Scott Raynor che si è unito a loro, probabilmente non avendo idea a cosa andava incontro.
Con lui hanno registrato tre demo e due album e hanno partecipato a un sacco di tour, facendosi un nome nella scena indipendente.
Non era male Scott come batterista e – in fondo come persona – aveva solo un problema: l’alcool.
Vedendo come si comportavano Mark e Tom ha iniziato a bere anche lui e non è più riuscito a darsi un freno: saltava le prove, suonava male ai live.
Mark e Tom hanno sopportato per un po’, poi – essendo loro tipi armati di non troppa pazienza – hanno iniziato a cercare qualcun altro che facesse al caso loro e si sono imbattuti in Travis Barker.
Travis era perfetto, musicalmente superiore a loro, sapeva dettare il ritmo con un’energia che Scott non aveva, non beveva e prestava volentieri alle loro cazzate.
Scott non si prestava molto a fare da spalla, era decisamente imbarazzato, Trav sapeva farsi passare l’imbarazzato e così sono nati i blink che consoce la maggior parte della gente.
“Enema of the state” è stata la loro personale consacrazione a star internazionali e io mi sono commossa quando ho saputo che “All the small things” era stata scritta per me.
Era molto difficile che passassero inosservati perché in “What’s my age again?” hanno tranquillamente corso nudi per Los Angeles.
Da lì sono iniziati i tour internazionali seri e io li ho seguiti molte volte insieme a Skye, la nuova ragazza di Mark. Non è male come persona, ma non sarà mai Isabel e questo lo sa anche lei e lo accetta con una certa malinconia.
Dopo Enema è stata la vola di “Take off your pants and jackets”, nemmeno questo è passato inosservato, i ragazzini iniziavano ad adorarli.
Nel 2002 io e Tom ci siamo sposati, c’erano tutti ed è stata una grande festa molto divertente, pochi mesi dopo sono rimasta incinta.
Ho partorito una femminuccia che è stata chiamata Ava Elisabeth e che purtroppo ha qualche difficoltà a controllare i suoi poteri, credo sia normale tra i giovani alieni.
Il 2002 ha visto anche la nascita di una nuova band di Tom: i Box  Car Racers, che vedeva anche la partecipazione di Travis. Mio marito diceva che aveva bisogno di uno spazio suo in cui potesse esprimere ciò che non poteva con i Blink.
Mark si arrabbiò molto, ma alla fine hanno fatto pace visto che in “Elevator” lui ha accettato di cantare con Tom.
Con queste premesse un po’ incerte hanno registrato il selftitled album, secondo loro doveva essere un punto di partenza per i blink: per molti è stato il loro migliore album.
Una specie di canto del cigno prima che Tom iniziasse a diventare insofferente.
Non è stato un periodo facile, aveva dei dolori alla schiena che lo rendevano irritabile e non voleva perdersi i progressi di Ava e stare con me.
Tutta questa rabbia ha minacciato più volte di scoppiare, ma Mark lo ha sempre calmato, sottovalutando il problema.
Alla fine Tom è uscito dalla band e ha formato gli Ava con David e altre due suoi amici, ma non è stata una cosa piacevole.
È da quando ci sono loro che la mia connessione con lui è chiusa, è da quando ci sono loro che frequenta riunioni massoniche e non posso fare a meno di chiedermi se la cosa sia collegata.
Il giorno che i blink si sono sciolti Mark si è messo in contatto telepaticamente con me per sapere cosa frullava nella testa di Tom, per la prima volta ho dovuto dirgli che non ne avevo idea.
Non mi piace che questo collegamento si sia chiuso, ci sono tante domande che vorrei fare a Tom e non posso.
Perché ha chiuso con i blink?
Perché ha iniziato con gli Ava?
Cosa fa con i massoni?
Mi sono fatta un giro su internet e tutte le varie cose che ho trovato sugli Illuminati mi hanno spaventata a morte, forse fanno del male a Tom, forse lo plagiano per usare i suoi poteri.
Un tizio con i poteri di Tom, se davvero sono così cattivi, è una manna dal cielo per loro e una disgrazia per noi poveri umani.
“Toooom!”
Lo chiamo.
Lui arriva poco dopo con la chitarra a tracolla.
“Hai promesso di andare a prendere Ava a scuola. Non te ne sei dimenticato, veri?”
Dalla sua espressione deduco di sì, ma lui glissa abilmente.
“Vado a dirlo ai ragazzi.”
Un altro brutto segnale sono episodi come questi, prima viveva per Ava, adesso anche lei è diventata un elemento di contorno.
Vorrei parlarne con qualcuno come Mark o Anne, ma lui non vuole che io li frequenti, eppure sono sicura che se unissimo i nostri cervelli uscirebbe una spiegazione.
L’unica che so darmi al momento è quella del plagio, ma non posso esprimerla ad alta voce, dopo una vita passata a irridere massoni e gente del genere è diventato il loro primo fan.
Cosa possano trovarci i massoni di interessante in un uomo che non ha nemmeno finito il liceo rimane un mistero, a meno che non si parli dei poteri.
Non sono come quelli degli alieni puri, ma sono comunque interessanti, qualcosa che vale la pena studiare o forse sono solo paranoica io.
-Jen-
-Mark!-
-Devo parlare con te.-
-Anche io, ma Tom non vuole.-
Lo sento sbuffare mentalmente.
-Quello stupido testardo. Vieni alla casa nel deserto una domenica in cui è impegnato con i suoi nuovi amici illuminati.-
Io rimango un attimo in silenzio, cercando di ricordarmi quale domenica deve vederli.
-Domenica prossima, Mark. Li vede domenica prossima a partire dalle due.-
-Bene, allora vieni alla casa nella foresta. Mi sa che quel beota di Tom è riuscito a farsi coinvolgere in un casino megagalattico.-
-Cosa vuoi dire?
Mark, ehi Mark!-
Lui non mi risponde segno che ha chiuso la connessione per il momento, cosa diavolo avrà voluto dire?
L’unico casino megagalattico che mi viene in mente è che qualcuno abbia scoperto di noi, ma Tom non è stato così stupido. Non può averglielo detto, significherebbe mettere in pericolo lui e noi e non lo farebbe mai o meglio il Tom che credevo di conoscere non l’avrebbe fatto, forse questo nuovo DeLonge sì.
Il discorso di Mark mi ha reso ancora più angosciata e preoccupata e questo non va affatto bene.

 
Domenica Tom esce finalmente per il suo incontro con i massoni e io rimango a casa da sola.
Poco tempo dopo che lui se ne è andato prendo la mia macchina e me ne vado anche io: direzione Poway. 
Ho lasciato i miei figli a una babysitter.
Una volta uscita dall’autostrada punto verso la strada che porta al deserto, strano non imboccare l’altra, quella che ho imboccato per tutta la mia adolescenza.
La via per la casa nel deserto non è affatto cambiata, è sempre la solita strada un po’troppo stretta e che la sabbia minaccia di inghiottire.
Io parcheggio alla solita piazzola e mi inoltro nella distesa di sabbia, oggi mi sento molto nostalgica, visto che  a ogni passo sento l’eco degli altri miei passi che ho percorso centinaia di altre volte.
Ben presto la figura familiare della montagna si fa vedere e io salgo le scale che salgono a spirale e poi tocco la roccia nel punto dove si apre.
Entro e mi sembra che il tempo non sia cambiato: Johnny è sdraiato sul divano, Anne è seduta ai suoi piedi, su una poltrona c’è seduto Mark con Skye in braccio, sull’altra David con in braccio Keisha
“Ciao, ragazzi!”
“Ciao, è un po’ che non ti si vede.”
Io mi siedo sul divano obbligando Johnny a farmi un po’ di spazio.
“Lo sapete che non dipende da me.”
“Lo sappiamo ed è per questo che siamo qui.
Qualcuno ha una vaga idea di cosa giri nella testa di Tom DeLonge?
Chia? Dave?”
“Io non ho nessun’idea, a casa è normale, solo un po’ più distratto del solito e tende a stare da solo. A volte si dimentica di andare a prendere Ava e la mia connessione con lui è chiusa.”
“Con noi parla solo di musica e alieni, parla molto anche dei suoi nuovi amici massoni, dice che gli hanno aperto un mondo.”
“Quei tizi non mi piacciono.”
Mugugna Mark, Skye annuisce, è il nostro nuovo acquisto e non ce ne siamo pentiti: è carina, sveglia e gentile.
“Si sentono brutte cose, soprattutto legate agli Illuminati e al satanismo, penso che farebbero carte false per avere uno di voi se è vera anche solo la metà dei pettegolezzi che circola su di loro.”
Io rimango in silenzio.
“Tom è cambiato da quando li frequenta, non potrebbe essere soggetto a qualche esperimento?”
“Può, tutto può essere.”
Risponde sibillina Keisha.
“Pensi a un altro Joel?”
“Può darsi, ma dai rapporti che ricevo sembra che i ribelli della luna siano ormai un gruppo sparuto, assolutamente non in grado di organizzare di nuovo una cosa del genere.”
“Allora ritorniamo ai massoni, perché da quando li frequenta la connessione che avevo con lui si è chiusa?
Io non ho litigato con lui come ha fatto Mark, non c’è un solo motivo logico per cui debba rimanere chiusa.”
“E se avesse un amante?”
Ci penso un attimo.
“No, non ne ha il tempo. Quando non è con i massoni è con gli Ava e quando non è con gli Ava è con noi.”
Keisha sospira.
“Va bene, farò una ricerca su questi tizi, spero che alla fine non risultino essere quattro innocui vecchietti che giocano a scopa come hobby.”
“Nah, ne dubito. Hanno un mucchio di soldi e gente che fa parte della loro società ovunque.”
“Uhm, ok li controllerò. Sarebbe il colmo se quel complottista del tuo uomo si fosse fatto infinocchiare da una società segreta.”
“È stato il dolore alla spalla e alla schiena a fregarlo, gli ha tolto un po’ di lucidità.”
“Un po’? Sembrava uno psicopatico!”
Sputa un irritato Mark a cui la scelta di Tom di lasciare i blink non è mai andata giù e forse siamo qui anche per vedere di correggere quell’errore.
Chissà.
Mark non ha mai digerito la rottura con Tom e posso capirlo, da un giorno all’altro la sua vita – il suo sogno, la sua realtà – è andata in pezzi senza una ragione apparente.
In quanto a Tom quando è sé stesso, il ragazzo di cui mi sono innamorata, lo vedo triste che guarda i premi vinti con la band, poi gli succede qualcosa e torna a essere lo stralunato cantante e compositore degli Ava.
“Dave?”
“Sì?”
“Solo io ho notato che Tom ogni tanto sembra stralunato quando sta con voi?”
L’uomo annuisce.
“Sì, sembra sotto l’effetto della cannabis o di qualche acido, ma io credo sia sobrio, solo strano, come se a un certo punto gli fosse successo qualcosa.”
La stessa impressione che provo io e non trovo nessuna risposta, se non quella di quella strana setta, il mio istinto inizia a mandare segnali quando parla di loro o va da loro, non gli fanno bene.
“Come faccio a fargli capire di non andarci?”
“Non puoi. Iniziamo a prendere informazioni e poi vediamo il da farsi.”
Ci interrompe Keisha, pratica.
“E con questo abbiamo esaurito gli argomenti  e il tempo. Io devo andare a casa o Tom sospetterà qualcosa.”
“Va bene, Chia.
Ci sentiamo nei prossimi giorni.”
Mi urla Anne, io la saluto con un passo già fuori dalla caverna.
Non sono cambiati tanto i miei amici, Johnny ha ancora i suoi capelli scuri con riflessi viola e il chiodo, Anne è un po’ più punk e sfoggia delle ciocche blu nei capelli biondi, Keisha ha i suoi eterni capelli viola, Mark  capelli azzurri che sfidano la gravità, Skye ha delle meches fucsia tra i capelli biondi e David i capelli biondo scuro un po’ più lunghi del solito.
In quanto a me ho deciso che i capelli castani di Jen potevano diventare neroblu e farmi qualche ciocca azzurra, in fondo sono pur sempre la moglie di un punk rocker, ammesso che si possa ancora chiamare così.
Cosa diavolo ti sta succedendo, Tom?
Perché non permetti a nessuno di vedere dentro di te e aiutarti?
Me lo chiedo, mentre percorro in senso inverso l’autostrada per tornare a San Diego, e penso subito al peggio: ipnosi, esperimenti per il controllo mentale.
Le mie paranoie sono accentuate dal fatto che lui ogni tanto mi guarda come se volesse chiedermi aiuto, ma non potesse.
Qualunque cosa stia succedendo lo scoprirò, non lascerò che nessun altro della mia famiglia soffra!
Arrivo a casa giusto in tempo per pagare la babysitter e mettermi ai fornelli, Tom arriva poco dopo stanco.
“Tom, stai bene?”
Gli chiedo preoccupata. È pallido e ha due brutte occhiaie violacee che gli cerchiano gli occhi, non sembra affatto l’effetto di uno che ha passato il pomeriggio a divertirsi.
“Sì, sto benissimo.
Quando si mangia?”
“Tra poco.”
Rispondo poco convinta.
“Papà, stasera mi dai lezioni di chitarra,  me l’hai promesso!”
Tom sorride stancamente ad Ava.
“Domani, piccola. Oggi sono stanco morto.”
Lei mi guarda senza capire, io scuoto la testa, lei mi raggiunge in cucina.
“Mamma, ma cos’ha papà?”
“Non lo so, tesoro. Non ne ho proprio idea o farei qualcosa.”
“Mamma, non riesco più a comunicare telepaticamente con lui come facevo prima.”
Il suo tono è dispiaciuto, io mi abbasso alla sua altezza.
“Nessuno ci riesce più da tanto tempo, tesoro.”
“E lo zio Mark?”
Io sospiro.
“Lo sai che hanno litigato.”
“E perché non fanno pace? Tu mi dici sempre di fare la pace con Jonas, questa regola non vale per i grandi?”
“No, vale anche per loro, solo che sono troppo orgogliosi per ammetterlo e non hanno nessuno che gli dica di fare pace tra di loro.”
“Ho capito, credo.”
Si siede sconsolata su una delle sedie della cucina.
“Cosa ne dici se dopo giochiamo un po’ con i capelli?”
Giocare con i capelli significa che io glieli faccio diventare di ogni colore e lei fa lo stesso con me e a questa prospettiva i suoi occhi si illuminano.
“Sarebbe fico, mamma!”
“Solo se hai finito tutti i compiti.”
“Corro a finire mate, allora!”
Si alza dalla sedia e corre al piano di sopra, almeno sono riuscita a tirarla su di morale.
“Complimenti.”
Non ho bisogno di voltarmi per sapere che è Tom a parlare.
“Grazie, ci è rimasta davvero male perché non le hai dato lezioni.”
“Lo so, ma sono tanto stanco. Penso che dopo andrò subito a letto.”
“Ma cosa fate tu e i tuoi amici massoni? Lavorate in miniera?”
Lui come al solito non risponde, mi domando perché.
Ci siamo sempre detti tutto da quando gli ho rivelato cosa sono, come vorrei avere un genitore o qualcuno più autorevole di me con cui parlare e chiedere consigli.
All’improvviso so cosa fare, contatterò mio fratello e gli parlerò, forse lui saprà come porre rimedio a questa situazione assurda o a farmi sentire meno sola.
Hen mi aiuterà sicuramente, anche se non sono ancora riuscita ad andare a trovarlo e penso sia meglio non farlo con Tom in queste condizioni, potrebbe essere pericoloso per il mio pianeta natale, oltre che per noi.
Dopocena io e Ava giochiamo a cambiarci il colore dei capelli, glieli faccio azzurri – come dovrebbe averli essendo una mezza aliena – blu, verdi, viola e poi di un arancione acceso.
Lei invece me li fa biondi, rossi, fucsia, verde acqua e celeste.
Jonas guarda un po’ noi, un po’ la tv e si tocca una delle sue ciocche bionde, diventa immediatamente nera, la ritocca e diventa bionda. Questo lo fa scoppiare a ridere divertito.
“Mamma, non posso tenere l’arancione per andare a scuola domani?”
“Solo qualche ciocca, quando sarai più grande potrai tenerti tutta la testa.”
“Mh, è davvero così bello essere grandi?”
“A volte. A volte è semplicemente avere un mucchio di responsabilità sulle decisioni che prendi.”
“Come mai la zia Keisha ha i capelli viola?”
“È il suo colore naturale perché lei viene dalle lune del nostro pianeta e i loro abitanti sono leggermente diversi rispetto a noi.”
Ava rimane un attimo in silenzio.
“Sono buoni?”
“Alcuni sì, alcuni no.”
“Capisco.”
Guardo l’ora.
“Ragazzi, è ora di andare a letto.”
Loro annuiscono, salgono al piano superiore e si mettono tutti e due in pigiama, do un bacio sulla fronte ad Ava e poi vado da Jonas che mi aspetta per la sua fiaba della buonanotte.
Gliela racconto, ma prima di arrivare alla fine dorme già, deve essersi stancato parecchio con la babysitter oggi.
Fatto questo, esco in terrazza a fumare e a provare a mettermi in contatto con Keisha, mi risponde dopo un po’.
-Cosa c’è, Chia?-
-Ti ho disturbato?.
Lei tace.
-Ok, ti ho disturbato, volevo solo dirti che ho intenzione di parlare con mio fratello della faccenda, ho bisogno di un consiglio da parte di una figura… autorevole.-
-Non è una cattiva idea, io mi metto comunque all’opera. Come sta Tom oggi?-
-Stanco, è pallido e ha due occhiate paurosa, ha persino rinunciato a dare lezioni ad Ava.-
-La cosa mi piace sempre meno, tienilo d’occhio.-
-Lo farò-
Finita la conversazione, raggiungo Tom a letto, sta già dormendo della grossa, io mi rannicchio vicino al suo corpo caldo, ricordando con nostalgia i tempi in cui mi attirava sul suo petto e mi addormentavo ascoltando il ritmo del suo cuore.
Cosa diavolo gli è successo?
Lo guardo, ha la faccia distorta da un ghigno di dolore e paura.
Chissà cosa sta ricordando?
Vorrei aiutarlo, ma come?
Come?

 

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Capitolo 3
*** 2)Ci sarà un motivo se le chiamano società segrete. ***


2)Ci sarà un motivo se le chiamano società segrete.

 

Questa settimana è piuttosto stancante e  noiosa.
Il mio lavoro non mi dà le soddisfazioni sperate e Tom continua ad avere un brutto aspetto, inoltre Keisha non mi fa avere notizie e io non so quando potrò parlare a Hen.
Forse dovrò aspettare ancora una domenica e poi scappare alla casa nel deserto, anche se questi comportamenti da adolescente mi hanno stancato: vorrei poter essere libera di poterci andare senza dare troppe spiegazioni.
Se dovessi scoprire che quelli stanno facendo del male a Tom sarei capace di ucciderli tutti, nessuno deve toccare i membri della mia famiglia!
In ogni caso, pur così stanco le lezioni di chitarra che Tom dà ad Ava proseguono e almeno lei si sente più tranquilla. Almeno una cosa positiva c’è.
“Domani pensi di andare dai tuoi amici?”
Chiedo sabato a Tom.
“Sì, penso di sì. Perché?
Vorresti fare qualcosa di diverso?”
“Mettiamola così, mi piacerebbe che mi portassi fuori a cena ogni tanto.”
Lui annuisce.
“Va bene, domani sera usciamo, ultimamente ti sto trascurando.”
“I guess this is growning up.”
Tento di farlo sorridere, ma tutto quello che ottengo è una smorfia nostalgica.
I blink gli mancano eccome, eppure sembra deciso, quasi obbligato, a buttarseli alle spalle e non riesco a capire perché.
Sono tante le cose che non capisco ormai.
Domenica pomeriggio posso finalmente andare alla casa nel deserto, è vuota e io infilo una delle pietre nell’apposito buco e una luce si proietta.
Aspetto un po’ e la figura di mio fratello fa la sua apparizione.
“Ava, che piacere rivederti!”
“Anche io sono felice di rivederti, Hen.”
“Non sei ancora venuta qui.”
Il tono di mio fratello è velato di rimprovero.
“Ci sono dei problemi ed è per questo che non siamo venuti.”
Gli racconto brevemente di quello che sta succedendo a Tom e la sua faccia si scurisce man mano.
“Direi che sembra sotto il controllo di qualcuno, hai fatto la cosa giusta chiedendo a Keisha di fare una ricerca, questo gruppo potrebbe non essere innocuo come sembra e lui potrebbe essere in pericolo.”
“Anche noi potremmo, se a loro interessa il potere.”
“Giusto, questo è un buon motivo per rimandare la vostra visita, dovete fare piena luce su questa cosa.”
“Lo faremo, anche se ho dei brutti presentimenti.”
Lui annuisce, comprensivo e preoccupato.
È una cosa grave – ne ho avuto la conferma – e so che sto facendo la cosa giusta e spero che Keisha si sbrighi.
Finito il colloquio con mio fratello torno a San Diego e mi preparo per la cena con Tom, spero di riuscire a tirarlo un po’ su di morale.
Stranamente se lui è infelice, lo sono anche io, deve essere parte del nostro legame alieno. Ancora una volta qualcuno è in pericolo per colpa mia!
Alle sette arriva, ancora più stanco di prima e corre a farsi una doccia, io invece chiamo la babysitter e mi chiedo quando finirà questa cosa. Non ne posso più di vederlo conciato in quel modo.
“Accidenti,  non appena scoprirò cosa gli fanno li sistemo io, non ne posso più di vedere mio marito in questo stato, sembra uno zombi!”
Sibilo a bassa voce,  per buttare fuori in qualche modo la mia irritazione e frustrazione.
Quando esce dal bagno mi sembra leggermente migliorato, ha almeno un colorito sano e le occhiaie sembrano meno bluastre.
Io indosso un vestitino nero e lui un paio di pantaloni neri, una maglia della MacBeth nera, delle MacBeth nere ai piedi e una giacca di pelle.
“Mi raccomando: Ava non andare a letto troppo tardi guardando telefilm, Jonas non giocare troppo con i videogiochi che poi fai gli incubi!”
“Sì, mamma, ma ora vai!”
“Va bene, vado!”
Fortuna che la babysitter è una ragazza a posto in grado di tenerli a bada.
“Amore, potresti guidare tu fino al ristorante?”
Io annuisco e lo guardo accasciarsi sul sedile passeggeri, poi bado solo alla strada, ho prenotato in un ristorantino al mare e devo stare alla panoramica tutta curve.
Arriviamo in perfetto orario e una cameriera ci scorta al nostro tavolo o almeno ci prova perché a metà strada Tom sviene. Cade come un sacco di patate facendo urlare me e la cameriera, un uomo esce dalla sala ristorante e guarda prima noi poi Tom.
“Sono un medico, signora.”
Esamina Tom.
“Io direi che è un semplice calo di zuccheri, dovrebbe bastare  un bicchiere di acqua e zucchero, anche se…”
“Se?”
“Suo marito sembra reduce da grandi sforzi fisici.”
Io lo guardo senza capire, lui al massimo surfa d’estate e non fa più skate, che sforzi fisici  può avere fatto?
In ogni caso Tom riprende conoscenza e accetta con gratitudine il bicchiere di acqua e zucchero che le porge la cameriera, pallida per lo  shock appena subito.
Poco dopo riesce a riazalrsi e andiamo al tavolo.
“Che sforzi fisici hai fatto di recente, Tom?”
“Nessuno, perché me lo chiedi?”
“Quando sei svenuto ti ha  soccorso un medico che c’era in sala, ha detto che era un semplice calo di zuccheri, ma che sembrava avessi fatto grandi sforzi fisici di recente.”
“Non è vero.”
“Non è che ti è tornato il cancro?”
Chiedo a bassa voce, spaventata.
“No, le analisi sono a posto.”
Io lo scruto, lui alza le mani.
“Non ti sto mentendo, va tutto bene.”
“Va tutto bene, un cazzo!
Sei pallido, smunto, con le occhiaie, sempre stanco e una volta che esci a mangiare svieni.
Vorrei capirci qualcosa.”
“Non c’è niente da capire, sono solo coincidenze.”
Risponde lui secco, il che significa che c’è sotto qualcosa, ma non me lo vuole dire.
Stupido testardo!
Ordiniamo entrambi una pasta con le vongole e un fritto misto, ma l’atmosfera  a tavola non è delle migliori, lui è arrabbiato perché io ho tentato di ficcare il naso nei suoi affari e io perché tace peggio di un mafioso.
Non è normale che succedano cose del genere, è ovvio che io mi preoccupi, prima era un uomo sano e forte e poi d’improvviso diventa debole e malaticcio.
Escludendo il cancro e le droghe (emergerebbero negli esami che fa per la malattia) l’unica spiegazione che rimane è che succeda qualcosa a quelle cazzo di riunioni.
Il problema è che essendo una società segreta lui non vuole o non può dirmi nulla, che rabbia!
Un giorno ci morirà per queste cose!
Da quando è mezzo alieno è più forte fisicamente e più resistente alle malattie rispetto agli altri esseri umani, ecco perché mi preoccupa il doppio questa debolezza.
Spero che Keisha si sbrighi con le informazioni che mi servono, perché adesso sono al massimo dell’ansia: ogni giorno senza quelle info mi sembra un giorno perso e pericoloso.
Non ho intenzione di far morire Tom senza combattere e se sarà necessario combatterò anche contro di lui e la sua testardaggine. Lui non ha idea di quanto possa essere testarda io!
Finita la cena ce ne andiamo, al momento di pagare il conto la cameriera si informa sulla sua salute.
”Sto bene, non si preoccupi. Deve essere stato lo stress.”
Le risponde gentilmente, lei appare sollevata, deve essersi presa un bello spavento.
In macchina guido ancora io e nessuno parla, come se un maestro invisibile ci avesse detto di fare il gioco del silenzio.
“Domani devi dare lezioni ad Ava ricordatelo, non prendere impegni o lei ci rimarrà male.”
“Va bene.”
Entriamo in casa sorridenti, ma probabilmente si capisce lontano un miglio che è una farsa perché sia Ava che Jonas ci guardano preoccupati.
Tom va immediatamente a letto, io rimango con i bambini.
“Mamma, cosa ha papà?”
“Nulla, perché?”
“Ha uno sguardo strano, è tutto strano.
Sembra malato, non è cha di nuovo quella brutta malattia?”
Io scuoto la testa e scompiglio i suoi capelli.
“No, amore, stai tranquilla.
Sarà stressato per il lavoro.”
Credo di non averli convinti del tutto, ma si lasciano mettere a letto senza eccessivi problemi, quando arrivo io in camera mia, mio marito dorme già, provo a sondare la nostra connessione: chiusa come sempre.
Quanto mi mancano i tempi in cui mi diceva tutto, penso mentre mi metto a letto e mi rannicchio contro di lui.

{“Tom! Perché non mi hai detto che volevi formare una nuova band?”
Lo affronto a muso duro, i pugni chiusi appoggiati sui fianchi. Non mi è piaciuto come si è comportato con Mark, come abbia chiuso la connessione con lui e con me.
Lo sa che odio essere tagliata fuori dalle cose, ma ultimamente sa fare solo quello: sfancula il suo migliore amico di una vita e crea una band senza nemmeno dirmelo.
“Non pensavo fosse importante.”
Risponde lui, leggermente assente.
“Non è importante?
TOM! Per te una band è come avere un figlio, lo sai che ti porta via tempo ed energie, sarebbe stato carino dirmelo!
E poi cosa vuoi fare con i blink?”
“Loro? Non mi interessano più.”
“Non ti interessano più?!”
Lo guardo incredula, come se il tizio davanti a me non fosse realmente Tom DeLonge, ma un suo clone.
“Sì, mi sono stancato, voglio fare a modo mio. Mark può trovarsi un altro chitarrista, ne ha il diritto.”
“Lo sai che non lo farà.”
Lui alza le spalle.
“Fatti suoi.”
“E perché non mi hai detto della band nuova?”
“Tranquilla, non mi porterà via troppo tempo. Adesso devo andare alla Macbeth.
Ciao, piccola.”
Lo guardo allontanarsi e sento che qualcosa di fondamentale nel nostro rapporto è cambiato: è iniziata la stagione dei segreti.}

 

La mattina dopo la parte di letto accanto alla mia è vuota.
Io vado a svegliare i bambini e Tom non è nemmeno in cucina.
“Qualcuno di voi sa dove sia vostro padre?”
“Nella sala prove.”
Mi risponde svogliata Ava, mentre rimesta i suoi cereali.
“Grazie, tesoro.”
Finita la colazione, si lavano e si cambiano, li accompagno io a scuola per distrarmi un po’, di solito prendono il pulmino.
Lasciati alle rispettive scuole decido di fare una puntata a un bar vicino alla scuola, ho bisogno di affetto e compenso con un po’ di cibo.
Ordino cappuccino e brioches e me le gusto in santa pace, chiedendomi per l’ennesima volta cosa passi nella testa di Tom e perché Keisha non si sia ancora fatta viva.
Quasi quasi la chiamo.
Compongo il suo numero e dopo qualche squillo mi risponde.
“Ciao, Jen!”
“Ciao, Keisha. Hai trovato quello che ti ho chiesto?”
“No, ci vuole tempo. Ci sarà un motivo se si definiscono società segreta.”
“Uhm, capito.”
C’è una pausa di silenzio.
“Come vanno le cose a casa, Jen?”
“Male. Ieri sera siamo usciti per andare al ristorante e non appena siamo entrati nel locale è svenuto, crollato come una pera cotta. Ecco perché sono così preoccupata, succedono queste cose e lui è sempre più evasivo.”
“Merda! Non piace per niente nemmeno a me, cercherò di fare più velocemente possibile, ma non posso fare miracoli, te l’ho detto, sono difficili da scovare i bastardi.”
“Vorrei sapere come ci siamo finiti in questa situazione.”
Ringhio io.
“Questo non te lo so dire, so solo che è di merda.”
“Già.”
Ci salutiamo e chiudo la chiamata sospirando.
Odio essere impotente e non sapere come agire per aiutare le poche persone a cui tengo.
Lo odio!
Preferirei affrontare un nemico tangibile che quest’angoscia oscura e soffocante che mi rende nervosa e anche arrabbiata con lui. Perché non parla?
Perché tace?
Perché li protegge?
Perché mi costringe ad andare anche contro di lui per salvarlo?
Non ne ho idea, ma so che questa cosa non mi piace. Le cose sono due o non mi ama più o mi esclude per proteggermi.
Devo avere delle risposte.
Innervosita mi metto al lavoro, devo progettare una cameretta ed essendo io la proprietaria della ditta mi è concesso il privilegio di lavorare a casa.
Il lavoro – come diceva Marlow in"Cuore di tenebra" – è un modo per mantenere la presa sulla realtà anche quando il tuo mondo sembra tutto sotto sopra o sei in condizioni critiche.
Mille ipotesi mi affollano la mente e una paura antica si impossessa di me, temo un altro Joel, perché se così fosse il tizio che ha osato sostituirsi a Tom farebbe una fine molto splatter.
Mio fratello però mi ha detto che la situazione lassù è sotto controllo e non crede che sia uno dei nostri nemici.
Continuo a lavorare fino a mezzogiorno, poi mi preparo un panino veloce che mi gusto sulla sdraio vicino alla piscina, per fortuna i bambini a scuola hanno la mensa.
Alle due mi preparo ed esco, devo incontrarmi con la cliente, arrivo alla sede del mio studio piuttosto nervosa. Tiffany – la mia segretaria – si offre di prepararmi un the e io accetto, forse questo calmerà i miei nervi.
Finito di berlo arriva la cliente, una donna sulla quarantina come me, che vuole arredare la stanza del suo terzogenito.
Io le mostro i miei progetti e lei li apprezza molto.
“Complimenti, davvero signora DeLonge, la raccomanderò alle mie amiche.”
Io sorrido e lei passa da Tiffany per il pagamento, almeno una cosa è andata bene oggi.
Ho un altro progetto da portare avanti, ma la bella giornata autunnale e il buon umore per aver concluso un affare mi fanno decidere che non c’è niente di male nel fare una passeggiata in centro, magari facendo un po’ di shopping.
Saluto Tiffany, mi prendo un cappuccino allo Starbucks più vicino e do un’occhiata alla vetrine, in un negozio di oggetti etnici vedo un bellissimo abito verde stile anni ’20 con tanto di perline che ricadono sul vestito che mi rapisce il cuore.
Entro decisa e lo provo, mi sta benissimo, si adatta alla perfezione alla mia figura magra.
Lo compro sorridendo, poi proseguo il mio giro, compro un paio di scarpe a tacco alto con il cinturino e due paia di anfibi, uno per me e uno per Ava. Quelli per lei sono neri con disegnate delle margherite, i miei sono semplicemente neri.
Le prendo anche una gonna a quadretti gialli e neri piena di spille, so che le piacerà e poi prendo anche delle carte Pokemon per JoJo, non voglio che ci rimanga male.
Carica di regali, salgo in macchina e vado a prenderli a scuola.
Jonas è di buon’umore, Ava invece mi sembra turbata.
“È successo qualcosa, tesoro?”
Le chiedo.
“Una cosa strana. Oggi all’intervallo ho avuto l’impressione che un uomo mi spiasse, un uomo con il cappotto nero. Quando si è accorto che lo guardavo se ne è andato.”
La cosa mi mette in allarme, devo parlare con i suoi insegnanti, perciò faccio marcia indietro ed esco con tutti e due i miei figli dalla macchina.
“Chi c’era di guardia all’intervallo?”
“Miss Thompson.”
Miss Thompson è la sua insegnante di inglese. Busso al suo studio ed entro quando ricevo un “avanti” come risposta.
L’insegnante è una donna della mia età con i capelli neri a  caschetto, sorride vedendomi.
“Signora DeLonge, Ava e questo deve essere Jonas.
Ava ti adora!”
“Miss Thompson!”
Esclama scandalizzata mia figlia diventando tutta rossa all’improvviso.
“Oh, scusami Ava! Questo doveva essere il nostro piccolo segreto.”
“Sono felice di sapere che i miei figli si vogliano bene, ma non sono qui per questo.”
“Non è qui nemmeno per i voti di Ava.”
“No, sono eccellenti!”
Sorrido.
“Sono qui per parlarle di una cosa che mi ha detto Ava.”
“Mi dica.”
Appoggia la faccia sulle mani in una posizione di attenzione.
“Lei dice che oggi durante l’intervallo ha visto un uomo spiarla, lo sa che genere di uomini circolano e questo episodio mi ha molto preoccupata.”
“La capisco, Ava me l’ha detto e anche altri bambini dicono di aver visto quell’uomo, aumenteremo la sorveglianza. Sua figlia è al sicuro qui, mi occuperò io personalmente della faccenda.”
“Grazie Miss Thompson, le sono molto grata.”
Usciamo dallo studio, sono sollevata e anche Ava sembra stare un po’ meglio, risaliamo in macchina e questa volta arriviamo a casa.
“Ragazzi, aspettate un attimo prima di fare i compiti, ho qualcosa per voi.”
Entrambi mi guardano con occhi luccicanti di curiosità.
Tiro fuori i pacchetti di Ava e il pacchettino di Jonas, che all’inizio si imbroncia, ma poi si illumina vedendo le carte e mi butta le braccia al collo.
“Grazie, mamma! Erano proprio quelle che mi servivano, come hai fatto a indovinare?”
“Segreto!”
Rispondo, ammiccando.
Ava invece guarda ammirata la gonna, se la prova, ci fa una giravolta e mi guarda sorridente.
“È bellissima, mamma! E anche gli anfibi sono wow! Fighissimi!”
“Pensavo avessi l’età giusta per il tuo primo paio di Dockie.”
Lei sorride con lo stesso sorriso del padre.
“Mamma, sei un genio!”
Non proprio, ma sono felice che mia figlia apprezzi quello che faccio per lei.
Mi abbraccia e io mi sento bene.
Mi sento circondata da amore e penso che sono davvero fortunata.
Vado in cucina con l’intenzione di preparare una cioccolata  per tutti quando noto un bigliettino sul frigo, vergato nella scrittura familiare di Tom.

Amore, non aspettarmi per cena e non stare alzata, penso di fare tardi con i ragazzi.

Abbiamo un’idea per una nuova canzone.

Ti amo e dà un bacio ai ragazzi.

Tom

Io sospiro, staccando il biglietto dal frigo, la mia felicità è evaporata così com’era arrivata.
Stasera Tom doveva dare lezioni ad Ava e lei ci rimarrà molto male quando saprà che lui non può.
Ormai ne sono certa, la giornata perfetta non esiste per nessuno, nemmeno per le mogli delle rockstar.

Angolo di Layla

Ringrazio starlifewriter per la recensione al prologo.

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Capitolo 4
*** 3) La verità è una lama a doppio taglio. ***


3) La verità è una lama a doppio taglio.

 

Questa è davvero una brutta serata.
Non solo Tom non è venuto a  cena, ma si è di nuovo dimenticato delle lezioni di chitarra che dovrebbe dare ad Ava.
Quando gliel’ho detto lei l’ha presa bene, ma salendo in camera per portarci i miei nuovi acquisti l’ho sentita piangere.
Devo fare qualcosa.
Dopo cena prendo in mano il telefono e chiamo Mark, forse lui potrà sostituire Tom.
Dopo qualche squillo mi risponde.
“Ehi, Mark, sono Jen. Scusa per l’orario balordo, ma ho bisogno di un favore.”
“Dimmi pure.”
“Potresti dare lezioni di chitarra ad Ava stasera?
Tom se ne è dimenticato, sta provando con gli Ava.”
“Va benissimo, Tom è uno stupido. Forse avrà una band di successo, ma perderà una figlia.”
Io non dico nulla, è esattamente ciò che temo.
“Arrivo subito.”
Mark chiude la chiamata e io vado in camera di mia figlia, sta scrivendo qualcosa ascoltando della musica.
“Ava?”
Smette all’istante e mi guarda curiosa.
“Ho chiamato lo zio Mark, verrà lui a darti lezioni.”
Lei sorride debolmente.
“Grazie mille, mamma.”
Io sto per uscire quando lei mi richiama di nuovo.
“Mamma?”
“Sì?”
“Papà mi vuole ancora bene?”
Io mi siedo sul letto e le faccio cenno di raggiungermi.
“Certo che ti vuole bene, è solo un po’ più distratto del solito.”
Lei mi abbraccia e io la stringo a me.
“È sempre stato distratto, perché ora si dimentica anche di noi?”
“Non lo so, ma so che ti vuole bene come prima, ne sono certa.”
Rimaniamo un po’ così, poi io scendo dabbasso e cerco di guardare un po’ di tv per calmare i miei istinti omicidi verso Tom.
Possibile che sia così stupido da non capire che sta perdendo la sua famiglia?
Alle nove e  mezza suona il campanello, apro e vengo travolta dall’abbraccio di Mark, noto che ha una chitarra acustica con lui e sorrido.
“Sei un vero tesoro, Mark.
Grazie mille, spero che Ava si tiri un po’ su di morale ora.”
“Ne sono certo.”
Lo accompagno di sopra, Ava lo attende sorridente e con la sua chitarra pronta.
“Ciao, zio Mark!
Grazie per essere venuto!”
“Per la mia nipote preferita questo e altro.”
Io li osservo per un po’ ridere e scherzare e poi esercitarsi seriamente, sembra che Ava stia davvero meglio, così mi defilo.
A che ora arriverà Tom oggi?
Arriverà o dormirà da David o da Matt?
“Perché ci stai allontanando, amico degli alieni?
Una volta la famiglia era tutto per te, cosa è cambiato?”
Mi chiedo sconsolata.
Vorrei avere delle risposte, anche io, come Ava, mi sento abbandonata.
Il ragazzo che ho salvato anni fa non assomiglia minimamente a quest’uomo.
Alle dieci e mezza Mark scende con la sua chitarra.
“Com’è andata?”
Gli chiedo.
“È molto brava, potrebbe persino superare Tom, ma non dirglielo.”
“Lungi da me, ma Tom non è mai stato un genio con la chitarra, l’ha sempre saputo.
“Potrebbe essersene dimenticato.”
Commenta caustico Mark che ancora non gli perdona l’impegno che mette nella sua nuova band e come sembra essersi dimenticato di essere solo un chitarrista punk nella media.
“Può darsi. Grazie mille per essere passato, vuoi qualcosa?”
Lui scuote la testa.
“Devo andare a salutare Jack, domani devo andare a New York.”
“Va bene.”
Ci salutiamo, io lo guardo andare via per un attimo, poi salgo da mia figlia, sta finendo di preparare la sua borsa per domani.
Si mette a letto e io le do il solito bacio della buonanotte.
“Grazie, mamma.
Ti voglio bene.”
“Anche io.”
Le rispondo.
Esco dalla sua camera ed entro in quella di Jonas, lui è già a letto, gli leggo la fiaba della buonanotte e in un quarto d’ora dorme tranquillo.
Come invidio la sua tranquillità!
Io invece, non appena ho messo a letto tutti, mi siedo sul divano e accendo la tv, sintonizzandomi su un film di cui non guardo la trama, lo faccio solo per fare qualcosa.
Poco dopo mi accendo svogliata una sigaretta, qui sta andando tutto a puttane e non so come fermare questa catastrofe, in buona parte perché Tom non vuole nemmeno ammettere che la catastrofe sia in atto, per lui sembra quasi tutto normale.
Finito di fumare esco in terrazza, lasciando che la stanza si arieggi e penso a tutte le cose che vorrei dire a mio marito e che non riesco.
Aspetto fino a mezzanotte, poi me ne vado aletto anche io, sebbene sia sveglia. Lo sento arrivare alle due, si toglie jeans e calzini e poi si butta accanto a me.
“Bentornato!”
Sibilo io.
“Pensavo stessi dormendo.”
“Non ho sonno. Oggi ti sei di nuovo dimenticato di dare lezioni ad Ava.”
Lui sbadiglia.
“Lo farò la prossima volta.”
“Per oggi ho chiamato Mark, ma sai cosa mi ha chiesto tua figlia?”
“No, cosa?”
“Se le vuoi ancora bene.”
“Certo che le voglio ancora bene.”
Io mi giro dall’altra parte per non vederlo.
“Allora trova un qualche modo per dimostrarglielo, perché questo non sta funzionando Tom.”
Lui non mi risponde e sento il suo respiro farsi regolare e pesante.
Non credo che le cose cambieranno, purtroppo.

 
Domenica chiamo come al solito la baby sitter e questa volta pedino Tom, voglio vedere dove va.
Mi tengo a  debita distanza, si sta dirigendo fuori città, nella sterminata periferia di Los Angeles.
Alla fine si ferma fuori da un edificio bianco che sembra un magazzino più che altro, io parcheggio molto lontano e, dopo essermi accertata, che non ci sia nessuno nei paraggi mi trasformo in un gatto.
Nessuno fa mai troppo caso agli animali, così mi avvicino indisturbata al magazzino, butto un’occhiata dentro, ma è vuoto, così decido di mettermi a sonnecchiare lì vicino.
Ovviamente non tolgo mai gli occhi dalla porta in cui è entrato Tom, chiedendomi cosa sia davvero questo posto.
Dopo due ore buone Tom esce, sembra stanco e provato.
“Non si preoccupi.”
Lo rassicura una seconda persona, un medico credo.
“Gli effetti passeranno presto, permetterci di studiare i suoi poteri farà fare un grande passo avanti all’umanità.”
Il sangue mi si gela nelle vene, Tom viene sottoposto a degli esperimenti, ma perché?
Non ne ho idea, ma so che è ora di muoversi, così faccio finta di svegliarmi dal mio pisolino e corro verso la mia macchina, controllo che non ci sia nessuno e torno a essere Jen.
Metto in moto e me ne vado più velocemente che posso, preferirei che Tom mi trovasse a casa e ce la faccio per un pelo.
La babysitter è uscita giusto un minuto prima che lui entrasse, ovviamente con la sua solita aria stanca e i suoi silenzi.
Non parlerà mai, non mi confesserà mai che va in quel magazzino, a questo punto devo aspettare Keisha e poi agire.
Non so bene cosa fare, ma qualcosa mi inventerò, questa storia deve finire al più presto!
Sono stanca di vedere Tom conciato così, sono stanca di rassicurare i miei figli su una cosa ovvia, come l’amore di Tom per loro.
Sono stanca e basta.
Stanca soprattutto perché sono ferita dai segreti di Tom, perché lui non mi ha mai nascosto qualcosa, soprattutto qualcosa di importante come questa.
Con aria malinconica mi dirigo in cucina e metto in forno quello che ci ha lasciato la cameriera da mangiare e poi mi appoggio al bancone per guardare fuori dalla finestra: ha iniziato a piovere.
Ci mancava solo la pioggia per rallegrare questa giornata di merda!
“Ava!”
La chiamo.
“Potresti preparare la tavola, per favore?”
“Sì, mamma.”
Lei corre via e io torno a guardare le gocce di pioggia che rigano il vetro, scendono piano, si uniscono e si dividono e poi  vanno tutte a morire sul fondo.
Spero non sia una metafora della mia storia con Tom, spero che questi siano semplici pensieri paranoici, sono inquieta in ogni caso.
Non mi piace per niente quello che ho visto e sentito.
Al suono del microonde lascio perdere la pioggia e divido le lasagne in quattro porzioni, aiutata da Ava le porto in tavola, Jonas e Tom stanno chiacchierando.
Mangiamo in silenzio, Ava non osa ricordare a suo padre che stasera le dovrebbe dare le lezioni di chitarra per paura di incassare un rifiuto. Il Tom che conoscevo io avrebbe fatto i salti di gioia sapendo che uno dei suoi due figli voleva seguire le sue orme.
A fine pasto lo vedo guardare Ava.
“Ava?”
“Sì, papà?”
“Aiuta la mamma in cucina e poi vieni nel mio studio così possiamo suonare un po’ insieme.”
Lei annuisce radiosa e sparecchia alla velocità della luce.
Mi dà una mano a caricare la lavastoviglie e poi sale al piano superiore quasi correndo, Jonas invece guarda i suoi cartoni della sera, ho cinque minuti liberi.
Esco in terrazza con una sigaretta e il cellulare in mano, compongo il numero di Keisha e mi accendo la sigaretta.
Lei risponde dopo qualche squillo.
“Ehi, Keisha.”
“Ehi, Jen. Come mai una telefonata a quest’ora?”
“Ho scoperto delle…. cose e vorrei parlartene a quattr’occhi, a che ora possiamo vederci domani?”
Lei sospira.
“Sì, anche io ho qualcosa da dirti.
Alle tre alla caffetteria vicino alla scuola di Ava.”
“Ok, perfetto. Ci vediamo là.”
Rientro in casa e trovo Tom in cucina.
“Già finite le lezioni?”
“No, sono sceso a bere un bicchiere di acqua, tu con chi eri al telefono?”
“Che fai? Mi controlli?”
Gli chiedo ridendo, ma la sua espressione non cambia.
“Stavo parlando con Keisha, domani vorremmo fare quattro chiacchiere tra donne, nulla si segreto o sconveniente.”
“Va bene.”
La mi risposta lo ha convinto perché lascia la stanza tranquillo, io invece mi chiedo il perché della sua reazione, non è mai stato un tipo particolarmente geloso.
Mi siedo al tavolo della cucina con la testa tra le mani, sto scoppiando, non ci sto capendo più nulla, il mio mondo sembra impazzito.
Alle dieci stacco a fatica Jonas dalla tv e lo mando a lavarsi e poi gli racconto una fiaba per farlo addormentare. Finito con lui vado da Ava, mi sembra felice.
Mi siedo sul suo letto e lei mi sorride.
“Papà ha suonato con me e mi ha insegnato un sacco di cose, sono felice!”
“Anche io sono  felice, tesoro.”
“Buonanotte, mamma!”
“ ‘notte Ava!”
Le do un bacio in fronte e poi mi dirigo verso la mia camera da letto, trovo Tom già a letto che legge quello che sembra un libro sugli alieni.
Io mi spoglio, sollevo le coperte e lo abbraccio, poggiando la testa sul suo petto, lui inizia ad accarezzarmi i capelli e per un attimo mi sembra il mio Tom.
Cullata da questa illusione, mi addormento senza problemi.
La mattina dopo accompagna lui i  bambini a scuola, visto che deve passare alla Macbeth, io invece rimango a letto per un po’, poi mi alzo e – dopo aver bevuto una bella tazza di caffè – mi metto al lavoro.
Non avendo distrazioni continuo a disegnare e a lavorare al pc fino  a mezzogiorno, solo allora mi stacco e mi faccio un panino, Tom ha detto che avrebbe mangiato fuori.
Lavoro fino alle due, poi mi preparo per incontrare Keisha e vengo invasa dalla solita ansia, chissà cosa ha scoperto lei?
Mi metto in macchina e raggiungo il locale, lei è già lì con una tazza di the aromatizzato alla vaniglia in mano, ne ordino una anche io e aspetto che me la portino.
Solo quando sole mi decido a parlare.
“Ieri ho seguito Tom per vedere dove va e cosa fa nei suoi strani incontri. Siamo arrivati in una specie di magazzino bianco vicino alla periferia.
L’ho visto entrare con un uomo, poi mi sono trasformata in un gatto e ho aspettato che uscissero, facendo finta di sonnecchiare.
Sono usciti tre ore dopo, solo che l’uomo non era lo stesso dell’entrata, questo era una specie di medico. Ha detto a Tom di non preoccuparsi, che gli effetti si sarebbero esauriti in poche ore e che il fatto di poter studiare i suoi poteri è un grande passo avanti per l’umanità.”
Keisha annuisce e tira fuori qualcosa dalla borsa: è una foto.
“Il dottore era per caso questo?”
Io la guardo e annuisco.
“Andrej Mikailovich, psicologo comportamentale. Ha lavorato per la cia e per l’fbi, fino a che non si è esposto troppo con i suoi esperimenti che faceva sui detenuti.
È interessato da sempre alle persone con poteri esp e ha un modo molto poco ortodosso di studiarle.”
“Perché lo fa se è fuori dai governativi?”
“Penso che sia interessato a proporre loro un modello di superuomo ideale per poter diventare una potenza invincibile e dominare il mondo, mettendo tutti a tacere.
Non è una cosa molto diversa dalla bomba atomica, solo che qui lavorano sul potenziale del cervello umano. Uno dei primi effetti dei nostri poteri sugli umani è permettergli di usare facoltà che prima non potevano usare.”
“Quindi siamo in pericolo.”
Lei annuisce.
“Se continuerà a studiare Tom si accorgerà che ci sono delle anomalie nel sangue e nel DNA e vorrà sapere perché.”
Io rimango un attimo in silenzio, bevendo il mio the.
“Cosa intendi con “si è esposto troppo con i suoi esperimenti”?”
“Le cavie. Alcune di loro non hanno retto e si sono suicidate, altri invece hanno massacrato la famiglia appena fuori dalla galera perché continuavano a sentire delle voci, una delle conseguenze del metodo di Mikailovich.”
“Ho capito, vedendo gli effetti hanno deciso di liberarsi di lui.”
“Non sarà un bersaglio facile da colpire, ma con un buon lavoro di squadra dovremmo farcela.”
“Vuoi…”
Lei annuisce.
“Non c’è altra soluzione, nessuno deve sapere di noi. Anne, Tom, Mark, Skye e David sono cinque eccezioni alla regola e sono fin troppe, non ce ne serve una sesta.
Uno dei miei compiti, arrivata qui, era di fare piazza pulita di chi sapeva  e temo che dovremo farlo ora.”
“Ma è associato con una società segreta.”
“Che sa poco o nulla di quello che fa, lui ha promesso loro qualcosa per trattare con il governo, ma se dovesse morire si defilerebbero.
Tengono molto alla segretezza e sono disposti a sacrificare il loro dottore, in caso le cose andassero male.”
Io annuisco, che gran casino!
“E cosa facciamo?”
Dalla sua faccia deduco che quel dottore farà una brutta fine.
“Ne dobbiamo parlare alla casa nel deserto.
Tom uscirà a pezzi da questa storia, sei pronta ad aiutarlo?”
La guardo stupita.
“Certo che sono pronta! In salute e in malattia, ricordi?”
“Non ti senti tradita?”
“No, sono arrabbiata con questa gente che ha approfittato della sua debolezza.”
“Capisco. Beh, è ora che tu te ne vada, devi andare a prendere i bambini a scuola.”
Ci alziamo e paghiamo i due the, usciamo e io mi sto per dirigere alla mia macchina quando lei mi afferra per un polso.
“Con tutti questi casini mi sono dimenticata di dirti una cosa: sono incinta.”
Io mi volto verso di lei e l’abbraccio.
“Congratulazioni, Keisha! Sono felice per te e Dave!”
Lei mi sorride radiosa e poi si avvia alla sua macchina, io mi avvio alla mia, sperando di non ritardare all’uscita da scuola dei bambini.
La prima che raccolgo è Ava, ha un sorriso che le va da un orecchio all’altro.
“Ho preso A+ in inglese! A+, ti rendi conto?”
“Sono tanto felice per te, cosa ne dici se per festeggiare ci fermiamo da “Marcus’s”?"
Marcus's è la sua gelateria preferita.
“Penso sia una grande idea! Forza, sbrighiamoci a recuperare il microbo!”
“Ava, ti ha spiato ancora qualcuno oggi?”
“No.”
Bene.
Ci fermiamo a ritirare un Jonas piuttosto abbacchiato per un litigio con un amichetto e ci dirigiamo verso la gelateria.
Parcheggio e scendiamo tutti, io scompiglio i capelli di mio figlio per fargli capire che va tutto bene e poi entro.
Ci sediamo al solito tavolo, Ava ordina una coppa alla menta, Jonas una cioccolato e amarene e io un milk-shake al cocco e cioccolato bianco.
Mangiamo tutti felici e per un attimo tutti i momenti negativi passano in secondo piano, stare con i miei bambini mi fa questo effetto ed è per questo che sono così protettiva nei loro confronti.
Ho una mezza idea riguardo all’uomo che spiava Ava, probabilmente era uno sottoposto di quel dottore di merda, interessato a vedere come si comportava la figlia di un uomo dotato di tali poteri, peccato per lui che io abbia insegnato a loro a non usarli in pubblico.
Finita la nostra sosta in gelateria ce ne andiamo a casa, canticchiando felici.
È stata une bella giornata dopotutto, mi dico mentre guardo Ava salire in camera per fare i compiti – super motivata per il bel voto in inglese – e Jonas guardare un po’ di tv.
Con calma mi rimetto al lavoro, cercando di non pensare al fatto che tra poco ci sarà una riunione di guerra alla casa nel deserto. Non lo faccio un po’ perché non voglio intristirmi, un po’ perché non voglio che Tom me lo legga nella mente.
Non avrei mai pensato di arrivare anche io a chiudere la mia connessione con lui un giorno, ma quando ci si trova in situazioni eccezionali le misure drastiche sono necessarie a volte.
Questa è una di quelle situazioni.

 

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Capitolo 5
*** 4)Sull'orlo del baratro. ***


4)Sull'orlo del baratro.

 

Ormai è diventata una consuetudine chiamare la babysitter la domenica pomeriggio, Jonas la accetta con tranquillità, Ava invece mi sembra preoccupata, così decido di fare due chiacchiere con lei.
Busso alla sua camera ed entro al suo “Avanti!”, la trovo sdraiata a letto che ascolta musica dal suo i-pod.
“Cosa c’è, Ava?”
“Perché ogni domenica ci fai stare con la babysitter?
Non è che tu hai… un amante?”
Io la guardo stupita.
“No, tesoro.”
Mi siedo accanto a lei.
“Devo vedermi con gli altri alla casa nel deserto e tuo padre non lo deve sapere.”
“Perché?”
Ed ecco la parte difficile.
“Tuo padre si è cacciato in un brutto guaio, ma non lo vuole ammettere, così noi dobbiamo riunirci e capire come aiutarlo.”
“È per questo che è così strano?”
“Sì, Ava.
Io amo troppo tuo padre per vederlo rovinarsi con le sue stesse mani o per farmi un amante.”
“Scusa, mamma. Era un’idea stupida che mi è venuta e avevo paura che fosse vera.”
“Non lo è.
Adesso io vado dagli altri, te li saluto.”
“Sì, grazie!”
Scendo al piano di sotto, sorrido alla babysitter e me ne vado, sentendomi la ragazzina di tanto tempo fa che scappava dal controllo dei suoi per parlare di alieni con i suoi amici.
La vita sa essere davvero strana a volte, ha corsi e ricorsi che stupiscono.
Guido tranquilla verso Poway e poi come al solito imbocco la strada per il deserto, parcheggiando alla solita piazzola deserta e spazzata dalla sabbia.
Cammino verso lo sperone di roccia che ben conosco e percorro i gradini a spirale, appoggio una mano in un punto ben preciso e una porta si apre per me sola.
Entro e si richiude, sono già tutti lì.
“Scusate il ritardo, ho dovuto parlare con Ava: credeva avessi un amante.”
“Quella bambina è fin troppo sveglia.”
“Considera che è figlia di Tom.”
Lui sospira.
“Hai ragione, ricordo ancora quando lo chiamavano Hot Pants.”
“Davvero lo chiamavano così?”
Chiede curiosa Skye.
“Sì.”
“E tu?”
“Mi chiamavano fish guts.”
Lei ride, poi torna seria.
“Siamo qui per discutere di alcune cose importanti.”
Prende la parola Keisha.
“Che riguardano Tom, ma anche noi. Si è cacciato in brutti guai, purtroppo.”
Mark sbuffa e mugugna qualcosa di indefinito.
Keisha racconta a loro quello che ha raccontato a me, alla fine del suo racconto tutte le facce sono scure e diventano persino peggio dopo il mio.
“Dobbiamo eliminare quell’uomo, non c’è altro modo.
Tom non è in grado di ribellarsi a quell’organizzazione e noi dobbiamo rimanere nascosti.”
Johnny ha sempre avuto il dono di proporre le soluzione giuste, ma scomode.
“Non rischiamo di esporci?”
“Non se facciamo le cose a modo. Una rapina può sempre finire male, no?”
“Non potremmo provare a parlare con quest’uomo?”
Chiede Skye, spaventata dalla piega che ha preso la situazione.
“No, non possiamo. Stando al suo curriculum ci chiuderebbe tutti in un laboratorio per studiarci.”
Risponde Keisha.
“Non mi piace usare la violenza.”
“Skye, non piace nemmeno a noi, ma a volte è necessaria. Se quell’uomo venisse a sapere di noi, sarebbe la fine della nostra vita pacifica e io non ho voglia di vivere come una clandestina.
Anche se suona male, eliminare il problema alla radice è la soluzione più semplice e sicura.”
La moglie di Mark sospira, probabilmente non capisce, ma d’altronde lei è una terrestre e non corre alcun pericolo, siamo noi quelli che rischiano.
“Non potreste cancellargli semplicemente la memoria?”
“Troppa gente coinvolta e poi Keisha ci ha già provato o sbaglio?”
“Sì, da lontano ho analizzato il suo cervello, non è predisposto all’eliminazione dei ricordi, se qualcuno lo facesse lo distruggerebbe totalmente e noi non vogliamo lasciare tracce.”
Skye sospira.
“E allora fate come credete sia meglio, anche se mi fa strano sentire parlare di un omicidio così, con calma, come se fosse la cosa più normale del mondo.”
“Lo so, può sembrare strano, ma è necessario.”
Trascorriamo il resto del tempo a organizzare turni di guardia per poter colpire in modo efficace e il tempo vola. Questa volta sono in dannato ritardo, Tom sarà già a casa!
Non mi sono sbagliata, la sua macchina è già parcheggiata nel vialetto e lui mi aspetta sullo stipite con una faccia scura.
“Dove sei stata?”
“Da Johnny e Anne.”
Il che non è del tutto un bugia.
“Non mentirmi!”
“Non ti sto mentendo! Perché dovrei?”
Lui mi scruta con quei suoi occhi scuri capaci di perforarti l’anima.
“Dove sei stata?”
Ringhia di nuovo.
“Te l’ho già detto, da Johnny e Anne.
Tu puoi sparire la domenica pomeriggio e io non posso andare a trovare i miei amici?”
Inaspettato uno schiaffo colpisce la mia guancia destra, facendomi voltare e quasi cadere a terra, non è questo il Tom che ho sposato.
“Vattene, Tom DeLonge! Dormi da Matt, David, Atom, chi vuoi, ma non farti vedere per almeno due giorni.”
“Io… Jen, scusa non so cosa mi sia preso, ti prego non…”
Con un gesto gli faccio cenno di tacere.
“Tu non sei più l’uomo che ho sposato! Lui non mi avrebbe mai picchiata e non si sarebbe mai dimenticato di sua figlia.
Tu hai fatto entrambe le cose.
Non voglio entrare nel merito di quello che fai la domenica con i tuoi amici massoni, ma ti chiedo solo una cosa, vale la pena proteggerli rischiando di perdere la tua famiglia?
Pensaci in questi due giorni.”
“Jen, ti prego! Non cacciarmi.”
Io mi tocco la guancia che mi fa ancora male e scotta.
“No, Tom non posso tenerti in casa e ignorare tutto questo. Ci vediamo tra due giorni.”
Gli rispondo fredda, lui sale in camera sua a preparare le valige, è una decisione dura, ma spero sia quella più giusta per tutti.
Venti minuti dopo scende con una grane borsa in cui suppongo abbia infilato un po’ di tutto.
“Sei sicura?”
“Sì.”
“Allora ci vediamo tra un paio di giorni.”
Esce dalla porta senza ulteriori commenti, io invece una volta sentito il rumore della porta chiusa scoppio a piangere silenziosamente.
Non voglio che mi vedano i bambini, così me ne vado in camera mia e sul cuscino vedo una lettera di Tom.

“Jen.
Ti scrivo questa lettera prima che lui lo sappia  e torni a prendere il controllo delle mie azioni.
Mi dispiace per lo schiaffo di prima e per tutte le volte che ho deluso Ava, ma, come avrai capito, c’è qualcuno che vuole prendere il controllo della mia mente.
So che sei stata al laboratorio e hai capito chi è il responsabile.
Hai fatto bene ad allontanarmi, lui vuole scoprire tutto sulla mia famiglia e vorrebbe arrivare a te.
Spia anche Ava e Jonas, vi vuole come cavie, perciò state attenti.
Quando tornerò non usate per nessuna ragione  i  poteri davanti a me, lui potrebbe spiarci.
Non ho ancora capito come uscire da questa situazione, ma troverò un modo.
Lui sta arrivando.
Ti amo, Jen.

 Tom.”

Io piango ancora di più se possibile, a suo modo Tom sta cercando di proteggerci, devo trovare il modo di tirarlo fuori dai guai.
Non so come siamo finiti in questa situazione da incubo, ma dobbiamo uscirne. Do un pugno rabbioso al cuscino e penso che mi piacerebbe mollarne uno anche a quel dottore.
È vero, non siamo terrestri, ma siamo totalmente innocui, come mai questo accanimento verso di noi?
Abbiamo sentimenti anche noi, non siamo cavie da laboratorio.
Piango ancora un po’.

 
A cena cerco di mostrarmi sorridente, ma entrambi i miei figli hanno capito che è successo qualcosa, forse avrei dovuto coprire meglio l’impronta della mano di Tom sulla mia guancia.
Siamo tutti insolitamente silenziosi, Jonas va a letto senza fare storie e si addormenta dopo la sua solita fiaba, Ava invece fa i compiti ancora per un po’, poi va a letto e accetta malinconicamente di farsi dare un bacio sulla fronte.
Messi a letto i cuccioli, mando un messaggio  Dave, chiedendogli dove dorme Tom, lui mi risponde che sta da Matt.
Ottimo, lui non è un alieno e non sa nulla di noi, inoltre non provoca stress pericolosi a Keisha, non voglio che la sua gravidanza risenta di questa situazione.
Finito di messaggiare con Dave e fumata l’ultima sigaretta vado a letto. Domani ho intenzione di dedicare anima e corpo al lavoro per non pensare a tutte le cose che vanno a puttane nella mia vita.
Perché io devo sempre combattere per avere un minimo di normalità?
Mi chiedo mentre il sonno calma i miei arti e intorbidisce la mia mente, la cosa peggiore è che non ho risposte.
So solo che il letto mi sembra troppo vuoto e freddo.
La mattina dopo mi sveglio con un mal di testa galattico, meraviglioso!
Prendo un aspirina e invece del solito caffè prendo un the caldo, Ava guarda furtiva al posto di Tom e noto la sua delusione nel constatare che è vuoto.
Prima o poi dovrò parlare con lei, spero che la prenderà nel modo giusto e non inizi a pensare che vogliamo divorziare perché non è quello che voglio.
Io rivoglio mio marito, non una specie di cavia catatonica o aggressiva a seconda dei momenti.
Portati i bambini a scuola mi metto al lavoro ascoltando gli Incubus, hanno delle melodie ipnotiche che mi hanno sempre rilassato e Dio solo sa quanto ho bisogno di relax in questo periodo!
A mezzogiorno mangio un panino e constato che sono avanti nel lavoro e che i disegni, sia a mano che al computer, non fanno così schifo come pensavo.
Mangiato il mio panino solitario, fumata la mia sigaretta, torno di nuovo a lavorare.
La consegna è fissata per fine settimana e voglio che la mia cliente sia soddisfatta, più clienti soddisfatte ho più si sparge la voce su di me come arredatrice d’interni.
Lavoro come una matta per non pensare a Tom, allo schiaffo, alla lettera e alla porta che si chiude alle sue spalle.
In un attimo la mia vita è diventata un incubo, un tunnel buio di cui non riesco a vedere la fine e so che devo mostrarmi forte, i bambini chiederanno dov’è Tom e soprattutto dovrò parlare con Ava e toglierle quella paura del divorzio.
“Dio, che  gran casino!”
Mormoro alla tavola.
Sì, è esattamente un gran casino e non so come venirne a capo, torno alla mia tavola finché non arriva l’orario per andare a prendere a scuola i bambini.
Ritiro prima Jonas.
“Dov’è andato papà?”
“Via per qualche giorno.”
“Ma poi torna?”
“Certo che torna.”
Gli rispondo con il mio miglior sorriso.
La seconda è Ava.
“Dov’è papà?”
“Via per qualche giorno.”
“Ma poi torna, vero?”
“Certo, tesoro.”
Le rispondo sorridendo, ma vedo che non l’ho convinta affatto, le parlerò dopo.
Arrivati a casa, Jonas si siede al tavolo della cucina a disegnare, sua sorella invece sale in camera, io la seguo.
“Ava.”
“Mamma.”
Mi risponde un po’ fredda.
“Dov’è andato papà?”
“Da Matt.”
Lei mi guarda arrabbiata.
“Perché? State divorziando?”
“No, non stiamo divorziando.”
“E allora cosa ci fa lì?”
“Aspetta un attimo.”
Vado in bagno e mi tolgo il fondotinta, l’impronta della mano di Tom si vede perfettamente ora, torno da Ava, che impallidisce.
“Te l’ha fatta lui?”
“Sì, gli ho detto che doveva riflettere su quello che vuole, che è etc. non voglio che episodi come questi si ripetano.”
Mia figlia scoppia in lacrime e poi mi abbraccia, io la stringo a me, pensando che è ingiusto che lei debba subire tutto questo.
“Rivoglio il mio papà!”
Singhiozza tra le lacrime.
“Anche io, piccola.
Anche io e lo riavremo.”
“Da quando frequenta quel … club è strano, non ci dovrebbe più andare.”
“Temo che questo sia impossibile.”
Mormoro triste.
“Gliel’ho detto tante volte e lui non ha mai smesso.”
Ava continua a piangere fino a che il suo respiro non si fa regolare: si è addormentata.
Con delicatezza mi scosto dal mio abbraccio e la copro con una coperta tolta dall’armadio, poi scendo dabbasso piuttosto demoralizzata. Persino Ava ha capito che quelli sono pericolosi e Tom no o, per meglio dire, ora non può capirlo.
Vengo travolta da un impeto di rabbia verso queste persone che rovinano la vita di altre persone, senza nemmeno preoccuparsene.
Jonas sta ancora disegnando, io mi rimetto al lavoro con la tavola, per darmi una calmata più che altro, e pensando che non ho voglia di fare la necessaria parte al computer.
Quello che vorrei è essere su una spiaggia dei tropici con il Tom premassoni e i miei figli a goderci il sole e il mare, senza preoccupazioni.
Temo che non sarà possibile.
Alle sei e mezza sparecchio la tavola in salotto e cucino la cena, alle sette urlo ad Ava di scendere, lei arriva poco dopo con gli occhi gonfi di sonno.
Ci mettiamo tutti e tre a tavola e cerchiamo di parlare di argomenti leggeri, lasciamo parlare Jonas a ruota libera della sua vita scolastica e lo ascoltiamo.
Ava fa lo stesso e questa sembra quasi la cena di una famiglia normale.
Poco dopo cena suona il campanello, vado a vedere chi è e mi trovo davanti il volto familiare di David Kennedy, gli apro subito.
“Sono qui per le tue lezioni, Ava.”
“Grazie, zio!”
Lui sorride e poi mi fa un cenno per farmi capire che dopo io e lui dovremo parlare, meraviglioso!
Lui e Ava salgono al piano di sopra, io guardo i cartoni animati con Jonas, sorbendomi non so quanti episodi di Peppa Pig.
Il tempo si allunga se misurati con il metro di un cartone animato per bambini che stimola i miei istinti peggiori.
Finalmente David scende e io metto a letto prima Jonas e poi Ava, sono tutti e due relativamente tranquilli, solo Ava è ancora un po’ preoccupata.
Scendo dabbasso abbastanza stanca e trovo David seduto sul divano.
“Ehi, Jen.”
“Ehi, Dave. Vuoi qualcosa da bere?”
“Un the al limone se non ti fa niente, devo recuperare le energie per andare a casa.”
Lo guardo senza capire.
“Ho lavorato tutto il giorno con Tom per gli Ava.”
“Capisco.”
Gli porto quello che mi ha chiesto e lo guardo trangugiarlo come se non bevesse da settimane.
“Com’è Tom?”
“Ubriaco marcio, è un po’ difficile seguire le sue idee quando è ubriaco perché finisce per delirare.”
Io mi acciglio e poi mi prendo la testa tra le mani.
“Fantastico, adesso beve anche!”
“Credo che lo faccia per una ragione.”
Io lo guardo.
“Dimmela.”
“Quando è ubriaco quelli che lo controllano fanno più fatica ad avere accesso alla sua mente e ai suoi ricordi. A mio parere lo fa per proteggere voi.”
“Sì, può darsi.
Dio, Dave! Vorrei ammazzarli!
Distruggono la vita delle persone senza rimorso, io rivoglio il mio Tom con i suoi pregi e i suoi difetti, non il loro dannato burattino!”
Lui ascolta il mio sfogo astioso e poi mi batte gentilmente una mano sulla spalla.
“Lo riavrai, non ti preoccupare! Ci siamo anche noi e siamo dalla tua parte,  nessuno vuole vedere Tom nella merda!”
“Lo so, ma questa volta è diverso.”
“Non ti piace eliminare le persone, vero?”
“No, e poi attirerebbe l’attenzione su di noi ed è l’ultima cosa che voglio, solo che questa volta temo sarà necessario.”
“Lo penso anche io.”
Tra di noi cala un silenzio carico di tristezza, poi lui si alza e mi sorride.
“Ce la faremo, non ti preoccupare.”
Io gli sorrido di rimando.
“Grazie, Dave. Salutami Keisha.”
Lui annuisce e mi abbraccia.
Lo guardo andare via pensando che mi piacerebbe avere la stessa sicurezza, invece noc ce l’ho e il futuro mi appare come un tremendo buco nero.
Ce la faremo a non esserne risucchiati?

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Capitolo 6
*** 5)Paura e piani. ***


5)Paura e piani.

 

Questa mattina è la seconda mattina che mi sveglio senza Tom al mio fianco.
Negli ultimi giorni era sempre sulle nuvole, ma il mio corpo e il suo corpo stavano bene uno accanto all’altro o abbracciati.
Sospiro, anche oggi mi sono svegliata con un senso di freddo addosso.
Vado a farmi una lunga doccia calda e poi preparo la colazione per tutti, finito salgo a svegliare Ava e Jonas. Nessuno di loro è mattiniero, ma si adattano.
Facciamo colazione tutti insieme, poi come al solito c’è la lite per chi deve usare il bagno per primo, oggi vince Jonas.
Una volta lavati e vestiti li porto a scuola, il primo a scendere è Jonas e gli raccomando di non far impazzire troppo le maestre e di stare attento agli estranei, poi tocca ad Ava.
“Ava, stai attenta agli estranei, mi raccomando.”
Lei è già stata spiata e quindi sa a cosa mi riferisco.
“Ok,  buona mattinata, mamma.”
La vedo correre dentro l’edificio indossando gli anfibi che le ho regalato, la cosa mi rende felice.
Bene e adesso torno a casa e mi rimetto al lavoro, appena salgo in macchina ho un brutto presentimento, ingrano la marcia e parto, poco dopo una macchina fa lo stesso.
Forse è semplicemente la macchina dei genitori di uno dei compagni di Ava e io sto diventando paranoica o forse no, visto che quando svolto svolta anche la macchina.
Provo un altro paio di manovre, ma ce l’ho ancora attaccata. Tom diceva che erano interessati anche alla sua famiglia.
Merda!
Faccio appello alle mie capacità di pilota e finalmente riesco a seminarla, vado dritta a casa e dico a Lola – la nostra cameriera – di fare lei la spesa perché io non mi sento molto bene.
Lei annuisce e io mi butto a letto, ho il cuore che mi batte a tremila e le mie mani tremano, vogliono farmi paura, ma non sanno con chi hanno a che fare.
Sono una principessa guerriera, dopotutto, e so come difendermi. La prima  cosa da fare è comunicare a tutti telepaticamente quello che è successo su canali protetti, rispondono tutti e sono preoccupati come me.
Come non facevo da anni, evoco i miei soldati e chiedo loro di fare la guardia ai miei figli e a me, siamo in pericolo.
Loro eseguono, per quanto possa sembrare tra di noi c’è una sorta di rapporto affettivo, mi hanno vista crescere e mi trattano come una figlia.
Ora che ci sono a guardia dei miei figli sono più tranquilla, nessun terrestre può vederli, nemmeno uno dotato di poteri esp.
Quando Lola torna mi trova ancora a letto, le rivolgo un sorriso di scusa.
“Mi dispiace di intralciare il tuo lavoro, Lola.
Sono una pessima datrice di lavoro.”
“No, le pessime giornate possono capitare a tutti, signora.
Le ho fatto del the caldo, è in cucina.”
“Grazie mille, sei impeccabile.”
Scendo in cucina e mi bevo il mio the, sto un po’ meglio.
Decido di lavorare tutta la mattina al computer, perché ogni tanto mi tremano ancora le mani per lo shock, qualcuno mi stava spiando!
Fortunatamente vengo assorbita dalle battaglie con autocad e la paura svanisce lentamente, fino a diventare un rumore di sottofondo.
A mezzogiorno Lola mi comunica che mi ha preparato una pizza per pranzo, cosa farei senza di lei?
Non lo so.
Lei non viene tutti i giorni, ma quando viene capisco cosa vuol dire avere una casa ordinata, io sono sempre stata una pessima casalinga.
Mangio volentieri la mia pizza e poi mi metto al lavoro fino alle tre, poi vado a prendere i bambini a scuola. Inizio a capire che c’è qualcosa che non va quando vedo Jonas mano nella mano con la sua maestra.
“Che cosa è successo?”
Chiedo alla donna, mentre prendo in braccio mio figlio che nasconde la sua faccia nel mio collo.
“Un estraneo, un uomo precisamente, ha provato a portare via Jonas con la forza oggi all’intervallo.
Per fortuna è intervenuta la mia collega che sorveglia i bambini e l’uomo si è dato alla fuga.”
“È molto grave quello che mi sta dicendo.”
“Lo so.”
“Penso che per qualche giorno Jonas non verrà a scuola.”
“Capisco la sua decisione.”
“Arrivederci.”
“Arrivederci.”
Porto Jonas in macchina.
“Ehi, amore della mamma, come stai?”
Gli chiedo, mentre giro le chiavi.
“Ho tanta paura che l’uomo nero venga ancora a rapirmi.”
“Non preoccuparti, da oggi starai a casa e nessun uomo nero ti farà ancora male.”
Lo rassicuro, chiedendomi perché nessuno dei miei soldati sia intervenuto. Lo chiamo a rapporto e quello che dice mi sciocca: dice che qualcuno l’ha distratto per avere campo libero con Jonas.
-In che senso distratto?-
-Ho percepito qualcuno di estraneo e maligno al cancello della scuola e sono andato a controllare, ma il vero pericolo era costituito da un estraneo che invece è entrato dal retro.-
-Pensi che sapessero della vostra presenza?-
-Può darsi, signora.-
“Accidenti!”
Borbotto a bassa voce, spero che nessuno abbia tentato di toccare Ava!
Arrivo alla sua scuola nervosa, non mi fido a lasciare Jonas in macchina, quindi ci facciamo largo insieme tra i compagni di Ava, lei appena ci vede mi abbraccia.
In macchina le chiedo spiegazioni.
“Oggi all’intervallo uno dei tuoi soldati mi ha detto di rimanere dentro la scuola, che fuori c’era qualcuno che voleva rapirmi!”
Io digrigno i denti, tra poco questi bastardi avranno quello che si meritano!
Nessuno deve toccare i miei figli
“Jonas non andrà all’asilo per qualche giorno, vedrò se fare lo stesso con te.”
“Cosa è successo a mio fratello?”
Mi chiede lei spaventata.
“Qualcuno ha tentato di rapirlo e solo l’intervento provvidenziale di una maestra l’ha impedito.
Dannazione!”
Ava impallidisce.
“Ma chi ci odia così tanto?”
“Qualcuno che è molto interessato ai nostri poteri, tuo padre ci ha cacciato in un brutto guaio.”
Rispondo con voce atona.
Devo fare qualcosa, ma non so cosa.
 

Al mio ritorno trovo Johnny e Anne fuori dal cancello.
“Ehi, che ci fate qui?”
Chiedo confusa.
“Hai bisogno di protezione e ho deciso che finché questa storia non si sarà conclusa staremo qui.”
Ava corre ad abbracciarli entrambi, Jonas si stringe a me: Johnny gli ha sempre fatto un po’ di paura.
“Ehi, campione! Tutto bene?”
Gli chiede lui gentile, Jonas scuote la testa.
“Cosa gli è successo, Jen?”
“Hanno tentato di rapirlo.”
Sul suo volto si dipinge un’espressione dura.
“Pagheranno.”
Sussurra con voce a malapena udibile.
“Tom dov’è?”
“Entrate e vi spiegherò tutto.”
Apro il cancello e le nostre due macchine fanno il loro ingresso percorrendo il viale e parcheggiandosi in garage.
Entriamo in casa e metto la moka sul gas.
“Beh, stanno tentando di controllare la mente di Tom, qualche volta ci riescono.
Un paio di giorni fa abbiamo avuto una lite su dove fossi domenica e lui si è arrabbiato quando ho detto che ero da voi. Gli ho risposto che lui può sparire per intere domeniche e non mi devo intromettere.
Mi ha dato uno schiaffo, gli ho detto di passare qualche giorno fuori casa, appena se ne è andato ho trovato una lettera in cui  diceva chiaramente che tentano di controllare la sua mente e che il loro obbiettivo finale siamo noi, la sua famiglia e probabilmente me.
Ha anche detto di non usare mai i poteri davanti a lui.
Questo è quanto.”
L’espressione di Johnny è spaventosa, ribolle di collera e ha le mani strette a pugno, nell’uomo rivedo l’ombra del ragazzino ribelle di secoli fa.
“E la cosa di Jonas?”
“La maestra di Ava mi aveva detto che c’era qualcuno che spiava la bambina e la lettera di Tom me l’ha confermato, così ho tirato fuori la cara vecchia milleottanta e ho messo a guardia dei miei figli alcuni soldati. Con Ava ha funzionato, il soldato l’ha messa in guardia quando ha sentito che c’era qualcuno di estraneo e pericoloso e lei non è uscita, con Jonas no.
Il soldato mi ha detto che qualcuno ha cercato di depistarli mettendo un soggetto pericoloso all’entrata dell’asilo, quando il vero pericolo era all’entrata sul retro.
Qualcuno deve averli percepiti e la cosa non mi piace, penso che terrò a casa Jonas per qualche giorno.”
“Fai bene.”
Mio figlio sembra meno spaventato e si attacca a una delle gambe di Johnny che lo prende in braccio.
“Non ti succederà nulla, campione, almeno fino a quando zio Johnny è qui con te e la tua mamma.”
Lui appoggia la testa sul collo di Johnny, a quanto pare la paura gli è passata.
“Dobbiamo sbrigarci, ogni giorno che passa diventa più pericoloso, Tom si è ficcato davvero in un brutto guaio.”
Commenta Anne, io annuisco.
“Dobbiamo entrare in azione al più presto.”
La voce di Johnny è perentoria.
Io sospiro, non mi è mai piaciuto uccidere, ma talvolta è necessario.
“Stasera studieremo un piano.”
“Va bene, prima sarà meglio sarà per tutti.”
Rimango un attimo in silenzio.
“Come faremo a riparare la mente di Tom?”
Johnny si gratta la testa.
“Ci ho pensato mentre venivamo da voi e l’unica cosa che mi è venuta in mente è che finalmente farete visita a tuo fratello. Lassù dovrebbero esserci delle cure adatte per ricostruire una mente danneggiata, o almeno c’erano prima della guerra.”
“Ok, staremo lì fino a quando non guarirà e qua lasceremo dei cloni.”
Rispondo decisa, Johnny sorride.
“Così ti voglio, principessa!”
Erano anni che nessuno usava quel titolo per me, se non Tom nei suoi momenti sdolcinati e devo ammettere che ricordarmi che ho una certa autorità mi fa sentire meglio.
“Bene, allora iniziamo dalle basi.
Dobbiamo capire chi sono i nostri amici, il che significa spiarli.”
“Ma ciò equivarrebbe a dire che noi siamo…”
“No, Johnny. Noi non li spieremo, loro lo faranno.”
Gli mostro la mia collana.
“Loro possono non essere percepiti e dirci tutte le informazioni di cui abbiamo bisogno: chi sono i capi, chi aiuta il dottore, le loro abitudini.”
“Giusto, mi ero dimenticato della tua collana, Jen.
Sta bene, faremo così.
Ah, ha chiamato Keisha, ha detto di avere notizie per noi.”
“Perfetto.”
La chiamo telepaticamente e le dico di venire qui a casa mia, subito.
Un quarto d’ora dopo è nella mia cucina con in mano un grosso incartamento.
“Dove l’hai preso?”
“Dall’ufficio di una giornalista morta recentemente, stava facendo delle indagini su Mikailovich.”
“Interessante. Cosa dice?”
“Ha raccolto come me materiale sui vari suicidi e stragi, ha fatto tutti i collegamenti del caso, ma ha scoperto anche un’altra cosa: ci sono cavie che sono sopravvissute e sono il suo esercito. L’FBI non ne voleva sapere di loro, visto il polverone mediatico che si stava alzando e probabilmente sono andate con il loro dottore, ormai sono come schiavi devoti.
Ma questa non è la cosa più eclatante che ha scoperto, è riuscita a parlare con una cavia che non ha funzionato e che le ha detto cosa fanno nei laboratori.”
“Cosa fanno?”
Ho paura di sentire la risposta perché so cosa vuole dire lavorare su un cervello umano, ci vuole pazienza. Beh, ci vuole pazienza per lavorare su ogni cervello, anche sui nostri – alieni – e ho visto come sono ridotte le vittime di quel lavoro.
“Sembra che tu sappia già qualcosa, principessa.”
“Durante la guerra abbiamo raccolto un gruppo dei nostri che era stato prigioniero in una base degli Swaahn, erano dei relitti umani con il cervello fuori posto.
La maggior parte di loro era programmata per attivarsi a un certo comando e fare fuori più gente possibile dei nostri.
“Grosso modo è quello che fa  Mikailovich: programma le persone.
Le mette sotto effetti di droghe e fa subire loro dei traumi in modo da creare più personalità all’interno del cervello. Personalità che non sanno di esistere l’un l’altra, da una parte la persona mantiene quello che è ed è sempre stata, ma a un certo comando la personalità principale viene messa a riposo ed entra in gioco quella secondaria che agisce secondo gli ordini del programmatore.
Questo è quello che ho trovato.”
“È orribile!”
“Il governo l’ha silurato per la scarsa sicurezza del processo, come vi ho detto, anche prendendo le persone più adatte non sempre riesce e questa volta Mikailovich vuole il suo riscatto portando loro la cavia perfetta, la prova che il suo metodo funziona.
Il problema è che nel cervello di Tom ci siamo anche noi e potrebbe decidere di portare qualcosa che gli assicuri la gloria che crede di meritarsi: noi.
Quell’uomo va ucciso per tutto quello che ha fatto ai suoi pazienti e per la nostra stessa sopravvivenza.”
“Perché cerca la benevolenza dei massoni?”
“Hanno ingaggi molto in alto e lui lo sa benissimo, ecco perché è andato da loro, se la cosa avesse successo ci guadagnerebbero tutti.”
“Credo di aver capito.
Beh, la prima cosa da fare è mettere qualcuno alla calcagna di tutti i nomi che hai scoperto, dammi la lista.”
Lei me la tende e io l’afferro, poi richiamo i miei soldati, li divido a gruppi di quattro per i vari nomi e loro svaniscono per portare a termine il loro compito.
“Bene, adesso credo sia ora di cena. La pasta va bene a tutti?”
Loro annuiscono tutti e tre e io mi metto a cucinare come una massaia qualsiasi, peccato che io non abbia i loro stessi problemi. I miei riguardano il salvare mio marito dal diventare un uomo dal cervello in pappa, potenzialmente pericoloso per la società.
Ho sempre odiato chi manipola il cervello in questo modo, è come trattare un qualcosa di fragile e prezioso con poca cura.
“D’altronde in amore e in guerra tutto è concesso e in questo mondo per i soldi si farebbe di tutto.”
Mugugno a bassa voce mentre mescolo il sugo.
“Ava!”
Chiamo a gran voce, lei arriva subito e noto che ha le guance rigate di lacrime.
“Cosa c’è, mamma?”
“Prepareresti la tavola, per favore?
Keisha, John e Anne si fermano a cena da noi.”
“Cosa bolle in pentola?”
La guardo senza capire.
“Prima papà se ne va, poi questa gente che vuole rapire me e Jonas e poi il loro arrivo. Voglio sapere cosa sta succedendo.”
“Stiamo mettendo a punto un piano per salvare tuo padre.”
“Che genere di piano?”
Io le scompiglio i capelli.
“Non posso dirtelo, Ava.
Te lo racconterò quando sarai più grande.”
Lei mette il broncio, lo stesso broncio di Tom e comincia a preparare la tavola. Lo so che le ragazzine odiano una risposta come la mia, ma nessuna di loro credo che vorrebbe sapere che sua madre pianifica un omicidio.
Lei non deve saperlo perché voglio che conservi la sua innocenza ancora per un po’, poi dovrà anche lei vedersela con il mondo e non c’è bisogno che venga presa a calci in culo dalla vita prima del tempo.
La pasta è pronta, la scolo e divido le porzioni e verso su tutte una generosa quantità di sugo, poi comincio a portarle in tavola.
Nel giro di un quarto d’ora in sala si crea il silenzio di chi sta mangiando e non ha niente di particolare da dire. Jonas sembra aver accettato la presenza dei miei amici, Ava li sta ancora studiando, curiosa. Credo stia tentando di indovinare cosa faremo guardandoli attentamente, ma non credo che caverà un ragno dal buco, a meno che la sua abilità di leggere i pensieri sia aumentata dall’ultima volta.
-No, anche se fosse loro sono capaci di difendersi dalle incursioni di una ragazzina, non c’è nulla di cui preoccuparsi.-
Finiamo di mangiare abbastanza presto, Ava lava i piatti e corre a chiudersi in camera sua, provo a entrare, ma non mi lascia.
Jonas invece non protesta quando gli leggo la sua fiaba e non mi chiede cosa ci fanno qui tutte queste persone.
Beata innocenza! Vorrei tornare piccola anche solo per un attimo!
A questo pensiero il cuore mi si stringe in una morsa ricordando mia sorella Isabel, se non fossi entrata nella sua vita lei sarebbe ancora viva.
Io sono stata una maledizione per la sua famiglia, ma ora, fortunatamente, sono liberi da me e da quello che sono, hanno una nuova vita.
Io sospiro e scendo dabbasso, Johnny sta guardando la televisione da solo.
“Anne e Keisha?”
“Keisha è tornata da David e Anne è in camera nostra che sta parlando con Mark.”
Io mi siedo accanto a lui, che mi passa un braccio attorno alle spalle.
“Come ai vecchi tempi, vero?”
“Soli contro il mondo come allora, solo che adesso ho una famiglia mia da salvare, una da cui non posso e non voglio scomparire.”
“E io ho Anne.”
“Niente figli, voi?”
“Non ci riusciamo, ma  sono sicuro che con un po’ di calma e tranquillità ce la potremmo fare.”
“Allora dopo che questa storia si sarà conclusa.”
Lui annuisce.
“Provo un po’ di pietà verso Tom, si è ritrovato infilato in qualcosa di più grande di lui.”
“Sì, ma è stato davvero sciocco. Mettersi a giocare con dei massoni dopo aver passato tutta l’adolescenza a leggere teorie complottiste su di loro è davvero stupido.
Chissà cosa aveva in testa?”
“Temo che non lo sapremo mai, anche quando gli avranno rimesso a posto il cervello questo periodo per lui sarà sempre piuttosto confuso.”
“Io rivoglio indietro mio marito, quello scemo.”
Lui mi scompiglia i capelli.
“Lo riavrai, te lo prometto.
Te lo meriti.”
Io sospiro e per un attimo mi sento come quando avevamo dieci anni e facevamo piani per il futuro e lui giurava di proteggermi da tutte le brutte cose del mondo.
Adesso non siamo più solo i due bambini spaventati, c’è altra gente con noi e uniti ce la faremo, ci riprenderemo Tom e li metteremo fuori gioco.
Nessuno ha il diritto di rubarci la vita.
Nessuno.

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Capitolo 7
*** 6)Breve ritorno. ***


6)Breve ritorno.

 

Tre giorni dopo Tom torna a casa.
Nei giorni in cui è stato assente Jonas non è più andato all’asilo e Ava è andata a scuola sotto strettissima sorveglianza dei miei soldati, Johnny e Anne non si sono mossi da casa mia.
Non mi hanno disturbato in nessun modo – John guardava la tv mentre lavoravo e Anne a volte usciva, a volte la guardava con lui – ma mi sono sentita protetta.
Ora mi chiedo come sarà la convivenza fra loro e Tom.
Non appena entra in casa Tom squadra Anne e Johnny.
“Voi cosa ci fate qui?”
“Ci siamo presi una vacanza e abbiamo deciso di venire a San Diego per vedere dei vecchi amici.”
Risponde cordiale Anne, ma lo  scambio di occhiate tra i due uomini è tutt’altro che cordiale, esprimono entrambi antipatia reciproca.
“Capisco, beh, buona vacanza.
Io vado a mettere via le mie cose, Jonas come mai sei qui e non all’asilo?”
“Perché non sta bene.”
Mento io rapida.
“Mi sembra stia benissimo.”
“Invece è malato, non dovevi mettere via le tue cose?”
Lui mi lancia un’occhiata scettica e sale in camera sua.
-Non ci ha creduto nemmeno per un secondo alla storia dei vecchi amici.-
Mi dice Johnny tramite telepatia.
-Quello era scontato, quello che mi preoccupa è il suo interesse verso Jonas, vuole mandarlo all’asilo di nuovo per dare una possibilità a quelli di prenderlo.-
-Non succederà, non sei sola, noi siamo qui per darti una mano.-
-Grazie, Jo.-
Lui mi sorride e torniamo ai nostri posti, lui sul divano, io al tavolo a disegnare, Anne  in cucina a farsi un the.
Tom non riappare fino a mezzogiorno, un tempo piuttosto lungo per mettere via le sue cose, ho il sospetto che Mikailovich e i suoi centrino in tutto questo.
“Non sapevo che Tom si fosse portato dietro la casa per andare da Matt qualche giorno.”
“Nemmeno io, meglio che vada a cucinare qualcosa.”
Anne mi blocca gentilmente, prendendomi per il polso.
“Cucino io, in fondo siamo tuoi ospiti ed è giusto ricambiare in qualche modo.”
Sto per replicare che già quello che stanno facendo per me è ricambiare, ma mi blocco vedendo Tom che scende le scale, non deve sentire questa conversazione.
“Va bene, Anne! Sei proprio un tesoro!”
La lascio andare io con un sorriso falsissimo.
“Proverai la mia cucina!”
Urla lei allegra.
“Non vedo l’ora!”
Risponde lui in tono allegro, ma si sente una nota meccanica di sottofondo e mi chiedo chi ci sia ora. Il mio Tom o la spia.
Probabilmente la spia, c’è qualcosa di guardingo nei suoi movimenti, nel modo in cui si siede sul divano accanto a Johnny stando attento a non sfiorarlo e nel sorriso freddo che gli rivolge.
Ha paura di Johnny, ha paura di essere smascherato.
Io salgo al piano di sopra, prima passo in camera mia: Tom ha messo a posto in modo impeccabile le sue cose.
Poi passo da Jonas – steso a letto che gioca con il suo gameboy – e lo chiamo per il pranzo.
“Ehi, campione!
Zia Anne sta preparando il pranzo, scendi.”
Lui mi guarda un  po’ preoccupato.
“Non mi piace papà.”
“Perché?”
Gli chiedo confusa, ha sempre adorato Tom.
“Da quando è tornato è strano.”
Io non dico nulla, spiazzata.
Ah! La sensibilità dei bambini!
“Ma no, tesoro! È solo un po’ stanco.”
Lui mi guarda un po’ scettico.
“Mi vuole mandare di nuovo all’asilo dove ci sono gli uomini cattivi.”
“E io sono qui per impedirglielo.”
Lui mi guarda come se fossi la sua unica salvatrice e alla fine si decide a scendere dal letto, la sua simpatia verso Tom sembra essersi trasferita verso zio Johnny, forse perché lo fa sentire al sicuro e Tom incarna la minaccia dell’asilo.
Una volta scesi dabbasso preparo la tavola e ringrazio il cielo che Ava sia ancora a scuola, perché il clima è talmente pesante che si taglia con il coltello.
“Allora, Johnny… Come va il lavoro?”
Lui è proprietario di un’officina, Anne lavora come insegnante.
“Bene, bene.
Posso prendermi un po’ di ferie per godermi San Diego.”
Sorride lui, mantenendo lo sguardo freddo.
“Bene.”
“E tu, Tom? Come va la vita senza i blink?”
Lui alza una mano per scacciare mosche invisibili.
“Ho trovato qualcun altro disposto a suonare con me e ci stiamo per organizzare in un nuovo gruppo.”
“Non mi dire? Pensavo che dopo i blink volessi fare il santone da qualche parte.”
“No, la vita monastica non fa per me e ho una famiglia a cui badare.”
“Oh, immagino.”
Il mio amico lo fulmina con un’occhiataccia, sa perfettamente il perché è stato buttato per un po’ fuori casa.
“Non credo, dove sono i tuoi figli?”
“Almeno io non li spavento, tu sì.”
“Ragazzi, basta!”
Intervengo io, fiutando la lite nell’aria, Johnny non è mai stato uno che si sa trattenere.
-Perché mi hai fermato?-
Mi chiede Johnny.
-C’è anche Jonas presente, se volete litigare fatelo dopo e non davanti a lui o Ava.-
-Va bene.-
I due tacciono e il pranzo riprende seppur in silenzio.
Amo il fatto che Johnny sia protettivo nei miei confronti, ma non posso permettere che questo lato del suo carattere spaventi i miei figli o li metta contro Tom, quando tutto questo sarà finito rimarrà loro padre.
Finito il pranzo io e Anne laviamo i piatti e Jonas fugge al piano di sopra, dall’altra stanza sentiamo Johnny e Tom litigare.
“Arriveranno alle mani?”
Chiedo ansiosa.
“Questo non te lo posso promettere, Johnny è davvero furioso con Tom per essersi ficcato in questo guaio e per averti picchiato. Quando l’ha saputo ha fatto a pezzi una sedia, lo sai come è fatto.”
“Lo so, lo so. Mi piace che sia protettivo,  ma non posso farli arrivare alle mani davanti ai ragazzi, Tom rimane il loro padre e non ho intenzione di divorziare dopo questa storia.”
“Capisco.”
Annuisce lei, consapevole della brutta situazione in cui siamo.
Torniamo di là giusto per vederli rotolare per terra, Johnny non ha retto e hanno iniziato una rissa.
Grande.
“Ragazzi, basta!”
Si fermano all’istante.
“Tra poco arriverà Ava, volete farvi trovare così?”
Cerco di calmarli io con il solo risultato di far alzare mio marito furioso.
“Io torno da Matt finché loro non se ne andranno!”
“Ma Tom! I bambini!”
“Pensa tu a qualche scusa!”
Sibila lui iniziando a salire le scale, io impreco tra i denti.
Cosa potrò dire loro per farsi che Ava mi creda?
Quella ragazzina è intelligente e curiosa come suo padre!
Io lancio un’occhiataccia a Johnny  che si sta curando un occhio nero,approfittando dell’assenza di Tom.
“Era necessario che finisse così?”
“Aveva bisogno di una lezione.”
Risponde serafico. Non si sente in colpa nemmeno un po’, lui. È rimasto il ragazzino menefreghista che conoscevo, non è cambiato molto.
“Oh, sì! E adesso cosa dico ai miei figli?”
“Digli che se ne va per lavoro.”
Risponde calmo lui.
Dopo venti minuti Tom scende con le stesse  valigie di prima, quelle che aveva appena disfatto.
“Beh, chiamami quando loro se ne saranno andati e tornerò.”
Sputa acido, prima di chiudere la porta dietro di sé.
Io sospiro, almeno non dovrò limitare l’uso dei miei poteri, non che li usi molto tra l’altro.
“Che gran casino!”
Dei passi leggeri lungo le scale mi distraggono, Jonas è sceso e guarda confuso noi e il salotto.
“Papà?”
“È dovuto partire per un impegno improvviso di lavoro, tesoro.
Tornerà presto.”
Lui non sembra molto convinto, ma si rifugia volentieri nel mio abbraccio.
“Almeno non dovrò fare finta di essere malato.”
Io sorrido debolmente, che razza di famiglia siamo diventati?
Non ne ho idea, stavamo così bene prima che Tom si ficcasse nei guai con i massoni…
È proprio vero che le cose non possono rimanere perfette per sempre…

 
L’ora di andare a prendere Ava arriva troppo presto.
Stamattina era contenta di rivedere Tom, immagino che sarà una grande delusione per lei sapere che lui non sarà a casa.
“Ragazzi, vado a prendere Ava, voi tenete d’occhio Jonas!”
Anne annuisce, io esco di casa.
Il percorso casa-scuola non è troppo lungo, così non ho il tempo di preparare una storia seria, spero che creda alla scusa del lavoro come ha fatto suo fratello.
Parcheggio, scendo dalla macchina e l’aspetto nel solito angolo, lei arriva con un sorrisone.
“Oggi vedrò papà!”
“Purtroppo no, tesoro.”
Il suo sorriso si spegne.
“Come mai?”
“È dovuto partire per un impegno improvviso di lavoro, non è riuscito a salutare nemmeno me e Jonas.”
“Non è che non va d’accordo con zio Johnny?”
“No, non è quello. È solo un banale impegno di lavoro che lo terrà via da casa per qualche giorno, non ti devi preoccupare, va tutto bene.”
Lei non dice nulla, ma il suo volto esprime alla perfezione il fatto che non mi crede del tutto.
Arriviamo in casa in un silenzio davvero scomodo, non so cosa fare per spezzarlo e la sua faccia imbronciata non mi aiuta.
Sale subito in camera dopo aver mormorato un saluto al fratello e ai miei amici.
“Ava non l’ha presa bene.”
“No, per niente, Anne. Temo che non abbia creduto alle mie parole.”
Lei sospira.
“È troppo simile a Tom.”
“Puoi giurarci.”
Visto che con mia figlia le cose non sono andate benissimo decido di lavorare un po’, stamattina – dato il caos che è successo – non sono riuscita a fare nulla e la mia data di consegna si avvicina.
Lavoro un po’ a mano, un po’ al pc, Anne si siede accanto a me e comincia a lavorare anche lei al suo pc.
“Che fai?”
“Scrivo una dispensa per i miei studenti. È da un po’ che dovevo farlo, ma non trovavo mai il tempo.”
“Uhn, capisco.”
Continuiamo a lavorare al computer per un po’, Ava suona in camera probabilmente senza fare i compiti e Jonas sta giocando con Johnny.
“Dovrei dire ad Ava di fare i compiti, ma non ho il coraggio di farlo, mi fa sentire in colpa.”
“Tu non hai nessuna colpa in quello che è successo a Tom, ha fatto tutto lui da solo.”
Mi risponde severo Johnny, io sospiro. Ha ragione, ma è piuttosto difficile da spiegare ad Ava, non so se capirebbe, senza contare che ama Tom.
“Vado a preparare da mangiare, che nessuno osi lamentarsi di questo!”
Esclamo alzandomi da tavola, Anne annuisce e sposta tutto quello che c’è in eccesso sul tavolo, io intanto mi do da fare in cucina. Cucinerò la mia pasta con il sugo alle polpette, è il piatto preferito di Ava e di Tom.
Spero di consolarla almeno un po’ con questo, è il massimo che posso fare, non posso riportare indietro Tom, purtroppo.
-O meglio, non ancora. Tra un po’ questa storia sarà solo un brutto incubo.-
“Anne, mi faresti un favore?”
“Dimmi.”
“Potresti preparare la tavola e chiamare Ava per la cena, non so se le farebbe piacere vedere me.
Forse mi considera colpevole della fuga di Tom.”
Lei annuisce.
“Io non credo che ti consideri colpevole, solo che non capisce cosa sta succedendo: persone che la seguono e la vogliono rapire, Tom che se ne va...”
“Dici che avrei dovuto fermarlo?”
“Non ci saresti riuscita e poi ricordati della sua lettera.”
Io annuisco.
“La mia famiglia sta andando a puttane e non riesco a fermare il processo.”
“Il primo passo è fermare quei disgraziati e ce la faremo, te lo giuro. Io rivoglio il mio migliore amico, tu il tuo uomo e Ava e Jonas hanno il diritto di avere un padre normale.”
Si ferma un attimo.
“Di riaverlo indietro, Tom era un ottimo padre… lo sappiamo.
Adesso comunque vado.”
Esce dalla cucina e la senti preparare la tavola, finito sale le scale e poi scende con i miei due figli, Jonas in braccio e Ava dietro di lei.
Johnny è già seduto, quindi a me non resta altro che servire le porzioni, gli occhi di Ava si illuminano  quando vede cosa ho preparato.
“Pasta con il sugo alle polpette!”
Urla eccitata, io sorrido.
“Te le sei meritate, hai avuto una giornata difficile.”
“Grazie, mamma.”
“Dopo però fai i compiti, vero?”
Le faccio un occhiolino e lei arrossisce violentemente, pensava che non l’avessi sgamata.
“Sì, mamma.”
Finisce la sua pasta con un leggero sorriso che le aleggia sulle labbra, in questo momento somiglia così tanto a Tom da fare male.
Mangia persino le verdure e la frutta senza protestare.
“Cosa c’è di dolce?”
Io porto in tavola la nostra scatola di budini preconfezionati e ne sceglie uno alla panna e amarena, il preferito suo e di Tom.
È da queste piccole cose che mi rendo conto di quanto sia profondo il loro rapporto e di come debba mettere velocemente fine a questa follia degli esperimenti.
Non voglio che nessuno soffra.
Finita la cena sale a fare i compiti e Jonas la segue, a quanto pare la maestra – prima del disastro – gli aveva affidato un compitino.
Io mi butto sul divano tra Anne e Johnny con un’aria stanca che non mi appartiene, di solito sono più vivace di così.
“Sei stanca, Jen?”
“Sì, sono stanca di questa situazione, fa solo male a tutti. Il giorno in cui li avrò tra le mani li distruggerò. Si pentiranno di avere disturbato la mia famiglia.”
“Giusto.
Ehi, sta arrivando il nostro campione!”
Jonas in effetti sta scendendo le scale con qualcosa in mano, che mi porge esitante.
“La maestra aveva detto di disegnare la nostra famiglia.”
Io lo guardo: c’è un uomo stilizzato dai capelli neri (Tom), una donna dai capelli castani e azzurri (io), una figura più piccola e bionda (ava) e Jonas in mezzo a noi sorridente.
Mi si stringe il cuore e qualche lacrima scende, nonostante cerchi di controllarmi.”
“Non ti piace, mamma?”
“No, è bellissimo. Sto piangendo di gioia, sai a volte si piange non solo quando si è tristi, ma anche quando si è troppo felici.”
Lui sorride e io decido che farò incorniciare questo disegno.
“Mamma, posso attaccarlo sul frigo?”
Io gli scompiglio i capelli biondi.
“No, tesoro. Domani la mamma compra una cornice e lo attacchiamo in salotto o dove preferisci.”
Lui mi regala un sorrisone e mi dà un bacio prima di scappare a lavarsi.
“È un bel bambino.”
“Sì, lo è. Credo di aver fatto un buon lavoro.”
“Sì, lo hai fatto.”
Io mi alzo.
“Adesso vado da Ava e poi a metterlo a letto.”.
Mi alzo dal divano e vado in camera di mia figlia che è china sui compiti.
“Come procede?”
“Ho quasi finito.”
Mi risponde.
“Allora aspetterò qui, se non ti dispiace.”
“No, va bene. Tanto il microbo si sta lavando.”
Io rido, Ava ha iniziato a chiamare Jonas microbo da quando aveva pochi mesi e non ha mai smesso.
“Non è più un microbo, lo sai!”
“Sì, ma è divertente chiamarlo microbo!”
Su questo non c’era ombra di dubbio.
Poco dopo lancia la penna contro il muro e tenta di appoggiare i piedi sulla scrivania.
“Ops! Vero che non posso?”
“Hai centrato perfettamente il punto, ma stasera farò finta di non averti visto.”
“Grazie.”
Si mette in pigiama e le lascio il solito bacio sulla guancia.
“Prima o poi tornerà tutto come prima, vero?”
“Sì, prima o poi tornerà tutto come prima.
Anche gli adulti possono sbagliare, l’importante è ammetterlo e tornare sui propri passi.”
Lei annuisce, io esco e vado in camera di Jonas: sta guardando una foto fatta l’estate scorsa in un parco acquatico.
“Ehi, campione! Ti va se ti leggo una storia.”
“No, dormiresti con me?”
Io sorrido.
“Vado a mettermi in pigiama e arrivo.”
Scendo dabbasso, saluto velocemente Anne e Johnny, mi lavo e mi metto in pigiama.
“Eccomi qua!”
Ci mettiamo a letto insieme, lui si stringe contro di me come se temesse di perdermi.
“Tu non farai come papà, vero?”
Mi sussurra.
“No, io ci sarò sempre per te e anche papà tornerà.
Non avere paura.
Noi siamo i tuoi genitori e siamo qui per stare con te.”
Lui annuisce, mormora un “buonanotte” e si addormenta subito.
Poco dopo lo seguo anche io, pensando che riuscirò a far rinsavire Tom a tutti i costi.

 

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Capitolo 8
*** 7)Nuova vita, nuovo pianeta. ***


7)Nuova vita, nuovo pianeta.

 

Il grande giorno è arrivato.
Oggi ci riprenderemo Tom – costi quel che costi – e ci libereremo di quei bastardi.
Jonas, Ava e Jack sono al sicuro con Anne e qualcuno dei miei soldati, il gruppo di liberazione è composto da me, Mark, Johnny e Keisha.
David non è molto d’accordo sul fatto che venga anche sua moglie, dato che è incinta, ma purtroppo ci serve anche lei.
Ora stiamo guidando verso la periferia di San Diego, tesi come corde di violino.
“Allora, ripassiamo il piano. Prendiamo le fattezze delle cinque guardie del corpo, uno di noi libera Tom ed eventualmente altri prigionieri, Keisha si occupa del composto che farà esplodere questo posto e gli altri mettono ko il dottore e il capo della sicurezza.”
“Sì, Johnny. Esatto.”
Rispondo io.
“Jo, pedina quella macchina è una di quelle dei tizi che ci interessano.”
Lui esegue e prima di arrivare al magazzino riusciamo a farla fermare, Johnny scende, sentiamo dei rumori di lotta e uno scricchiolio sinistro. Credo che questo tipo non sarà più un problema.
“Fatto, adesso io vado.
Voi aspettate gli altri, ho già sistemato il suo corpo, ora è parte della polvere di quest’aiuola.”
“Perfetto.”
La macchina riparte e noi aspettiamo i prossimi, piano piano passano tutti e tocca a me far sparire quest’auto, decido di farla diventare un cespuglio.
Ci ritroviamo di nuovo al magazzino, entriamo senza problemi, nessuno ci nota.
Sempre nervosi ci dirigiamo verso la direzione, dove sappiamo esserci il dottore e il “nostro” capo, non ci ferma nessuno perché siamo i più temuti e odiati di questo posto.
Entriamo e i due ci guardano sorpresi.
“È arrivato il karma, cari!”
Dico con voce profonda.
“Cosa dite?”
“Che la festa è finita, bastardi, e che rimpiangerete il giorno in cui vi siete messi a studiare Tom DeLonge!”
Io e Johnny partiamo all’attacco, disarmare e legare il dottore non è molto difficile, è l’altro che si rivela essere un problema.
Cerca di spararci e così facendo rischia di attirare altra gente e di rovinare il lavoro di Mark e Keisha. Mi porto dietro di lui ed evoco la mia falce, con un colpo di quella fatta di materiale alieno lo sorprendo alle spalle.
Cade a terra morto.
“Keisha, come va?”
“Tra poco ci siamo. Legatelo.”
Detto fatto.
-Ragazzi, ho liberato Tom, un paio di barboni e un paio di prostitute. I terrestri sono tutti fuori, Tom è incosciente.-
-Portalo qui, ci penseremo noi.-
Mark arriva poco dopo trascinandosi dietro il corpo dell’amico.
“Eccomi. Pronti ragazzi?”
“Keisha?”
“Un attimo, vorrei dire al dottore un paio di cose. La prima è che inutile che cerchi di liberarsi, le corde con cui è legato sono fatte di un materiale molto particolare. Scompaiono solo quando la vittima è morta e non lasciano segni.
Secondo ho preparato un composto che tra poco farà esplodere lei e questo posto, le rimane poco da vivere e poco tempo per redimersi.
Vuole dire qualcosa?”
“No, non rinnego niente di quello che ho fatto perché l’ho fatto in nome della scienza.”
“Perfetto.”
Keisha aggiunge un’ultima cosa al composto, poi urla: “Via!”
Io e Johnny prendiamo ciascuno una mano di Mark, che si carica Tom sulle spalle poi ci concentriamo tutti e tre per andare alla casa nel deserto.
Quando apriamo gli occhi sono tutti lì, compresi Anne, David e i bambini.
“Siamo salvi.”
“Mamma, come mai papà è svenuto?”
Mi chiede spaventata Ava.
“Perché non sta bene, ma tra poco starà bene.
Keisha sei pronta per i cloni?”
“Sì, uno per voi e i bambini e anche per Johnny e Anne.”
Io la guardo senza capire.
“Johnny e Anne?”
“Voglio vedere il mio pianeta di origine con mia moglie, cosa c’è di male?”
“Nulla.”
La mia amica crea i cloni necessari e poi ci guarda triste, noi l’abbracciamo come facciamo con tutti gli altri, tra poco ce ne andremo e staremo via almeno un paio d’anni.
“Mi raccomando state bene, Keisha mandami una foto del bambino o bambina.”
“Sì, Chia, ma ora vai.”
Io e gli altri entriamo nella colonna che questa volta risplende di una voce bianca.
“Vi porterà alla prima astronave amica che troverà, il principe ha detto che ne ha messa una appena fuori dal sistema solare.”
“Perfetto. Ciao a tutti!”
Poi la luce diventa accecante e ci ritroviamo in un ambiente asettico di metallo con tutti gli elementi blu.
Muoviamo qualche passo e davanti a noi si materializza un gruppo di soldati che si inginocchia al nostro cospetto.
“Principessa, siamo felici di rivederla.”
“Anche io.”
“Non si preoccupi per suo marito, verrà guarito al più presto.”
“Lo spero, quanto manca al pianeta?”
“Un giorno di viaggio.”
Io sospiro.
“C’è qualcuno che può prendersi cura di Tom?”
“Certamente.”
Un uomo si fa avanti.
“Sono il medico di bordo, cercherò di farlo arrivare nelle migliori condizioni.”
L’uomo prende Tom e lo stende su una barella che qualcuno ha portato, l’oggetto si solleva da solo e noi lo seguiamo.
Il medico inizia a visitare Tom.
“Fisicamente è solo disidratato, ma il suo cervello è sull’orlo della rottura, un’altra sessione da macellai come questa e sarebbe impazzito.
Cercherò di migliorare o almeno mantenere stabile la situazione, io non sono un medico abile in questo campo: ci sono strutture adatte sul pianeta.”
Io annuisco.
“Sì, me l’ha detto mio fratello. Secondo lei si riprenderà?”
L’uomo esita un attimo.
“Sì, ma avrà una personalità leggermente diversa. Sarà più riflessivo e silenzioso, credo. Di solito sono questi gli effetti collaterali delle cure.”
“Capisco, non importa. L’importante è che stia bene.”
“Starà bene, ora le consiglio di riposare, mi sembra stanca e provata e anche i bambini lo sono.”
Il medico mi accompagna alla mia stanza, dentro ci sono tre letti, un armadio, una scrivania con tanto di sedia e il nostro bagno.
“Grazie mille e ringrazi chi ha predisposto tutto questo, non penso di meritarmelo.”
“Scherza? Ha salvato il pianeta, si merita questo e altro!”
Io sorrido debolmente, lo saluto e chiudo la porta dietro di me con un sospiro.
“Mamma, possiamo dormire?”
“Certo.”
Loro si cambiano diligentemente e si infilano nei letti, bacio sulla fronte Ava e racconto una storia a Jonas che si addormenta a metà.
Bene, adesso è il mio turno di mettermi a letto, mi tolgo i vestiti e metto una maglia lunga dei blink che uso come pigiama.
Mi addormento senza problemi.

 
Mi risveglio dopo non so quanto.
Almeno tre ore credo, mi cambio ed esco dalla camera, incontro subito un soldato a cui chiedo l’ora, lui mi risponde dicendo che stava per venire chiamarmi perché la cena sta per essere servita.
Io gli sorrido e torno dentro, sveglio i bambini.
“Ragazzi è ora di cena, suppongo.”
Loro si svegliano piuttosto di malavoglia, ma alla fine mi seguono lungo il corridoio, finiamo per ritrovarci nella stessa sala in cui siamo arrivati, solo che questa volta c’è un grande tavolo pieno di cose da mangiare.
Ci sediamo e tutti guardano me, così capisco che devo essere io la prima a mangiare per poter dare inizio alla cena.
Va bene.
Prendo  un po’ di carne e insalata e inizio a mangiare, tutti mi seguono e ben presto la sala è piena di chiacchiere da cui mi sento tagliata fuori.
Pazienza.
In fondo sono io l’estranea in questa stanza e sono loro che mi stanno facendo un piacere a darmi un passaggio verso il mio pianeta natale.
Ava e Jonas non sono per niente entusiasti, anche se ho giurato a entrambi che saremmo tornati, e posso capire il loro punto di vista. Non solo devono cambiare città, ma anche pianeta, roba da far impazzire qualsiasi bambino o ragazzino.
“Ragazzi, non vi preoccupate! Andrà tutto bene!”
“Se lo dici tu!”
Mi risponde Ava poco  convinta, addentando una patatina fritta con aria triste.
“Mi mancano le mie amiche.”
“Te ne farai di nuove.”
Rispondo conciliante io.
“Quelle vecchie andavano benissimo.”
Mugugna lei tetra, un punto per mia figlia.
“E tu te le ricordi le tue amiche di lassù?”
Io mugugno qualcosa.
“Mamma?”
“Il mio caso è un po’ diverso, io non sono più quella di lassù. Io sono morta e mi hanno duplicata, quindi è ovvio che non senta amicizia verso persone che non conosco.”
“Oh, sarà un disastro!”
Commenta lei.
“Dai, non esagerare! Ce la caveremo.”
Lei non risponde e continua a mangiare, dopo cena si chiude in camera per suonare la sua chitarra, io vado dal dottore che monitora Tom.
“Come sta?”
Gli chiedo.
“Oh, bene. Fisicamente, dico, per il resto sono riuscito a fare ben poco, se non tenere la situazione stabile.”
Io mi siedo su una sedia e mi prendo la testa tra le mani.
“È colpa mia! Sapevo che qualcosa non andava, ma non ho agito, ho pensato che lui sapesse cavarsela da solo e mi sbagliavo!
Adesso sono qui a pregare che le cose vadano bene, che lui si salvi e che i miei figli non mi odino per averli sradicati per un po’ dal loro pianeta.”
Scoppio a piangere, mettendo a disagio il dottore, che mi guarda senza sapere bene cosa dire o fare. Alla fine decide di lasciarmi sfogare, poi mi prescrive un sonnifero per essere certo che dormirò.
Io accetto la pillola color lillà e mi trascino in camera mia, buttandomi sul letto, Ava mi ignora e continua  a suonare e io mi addormento al suono della sua chitarra.
Mi sveglio la mattina dopo quando mia figlia mi avvisa che siamo arrivati, tiene per mano suo fratello e i bagagli sono accatastati in un angolo.
“Grazie, Ava!”
Mormoro con voce roca.
Mi alzo e prendo una valigia, ma un leggero bussare alla porta mi interrompe, vado ad aprire e mi trovo davanti un paio di ragazzi in divisa.
“Sì?”
Chiedo spaesata.
“Siamo venuti a prendere i bagagli.”
“Oh, capisco. Sono là.”
Indico la catasta e loro la portano via, noi li seguiamo nervosi, Ava è addirittura spaventata, si guarda intorno freneticamente, come se si aspettasse di essere attaccata da un momento all’altro. Io le poso una mano sulla spalla per calmarla.
“Tranquilla, va tutto bene. Sei tra amici e tra poco conoscerai tuo zio.”
“Sì, non ti devi preoccupare.”
Mi fa eco Johnny, gioviale, Anne però stringe la sua mano in una presa ferrea.
“Fa strano tornare a casa, eh?”
“Non è casa, Johnny. Ha smesso di esserlo quando siamo morti.”
Rispondo a bassa voce io, causando un suo sbuffo.
“Siamo atterrati, comunque e dobbiamo uscire.”
“ Va bene.”
Seguiamo i soldati e scendiamo dall’astronave: il cielo è di una meravigliosa sfumatura di lillà con due lune che stanno sorgendo.
“Siamo arrivati poco dopo il tramonto.”
Commenta John, io mi guardo intorno per vedere se qualcuno è venuto a prenderci e noto una testa blu  che svetta tra gli elmetti.
Prendo Ava e Jonas per mano e mi muovo verso quella testa, seguita da Johnny e Anne, come pensavo appartiene a mio fratello. Lui sorride non appena mi vede e si libera delle guardie per abbracciarmi.
“Ava!”
Urla, stringendomi più forte.
“Hen! Dio, come sei cambiato!”
“Sono il re adesso, tu però non ti chiami più Ava, giusto?”
“No, mi chiamo Chia ed è meglio che mi chiami così perché la mia primogenita si chiama Ava.”
Lui guarda curioso Ava e Jonas.
“E così questi sono i mie nipoti. Ciao, io sono lo zio Hen.”
“Io sono Ava e lui è Jonas.”
Si presenta educatamente lei.
“Sono molto felice di conoscervi.”
“Anche noi.”
Lui sorride.
“Nessuno di loro ha ereditato i nostri capelli.”
“Ti sbagli. Ava, mostra allo zio come sono i tuoi veri capelli.”
Lei annuisce e in attimo i suoi capelli biondo scuro diventano azzurri, gli occhi di mio fratello scintillano di gioa.
“Hen, dov’è Tom?”
“L’hanno sbarcato e portato in una struttura adatta, dopo potrete andarci.
Ehi, Rath! Tu non vieni dai vecchi amici?”
Il mio amico si avvicina sorridendo.
“Ciao, Hen. Vedo che ti ricordi ancora di me.”
“Difficile dimenticare il tuo migliore amico, compagno di tante marachelle e battaglie.”
I due si abbracciano come se si fossero visti l’altro giorno e non una vita fa.
“Chi è questa graziosa ragazza?”
“Ti presento mia moglie Anne.”
Lei tende una mano a Hen, ma lui inaspettatamente la abbraccia, mettendola leggermente a disagio.
“Ottima scelta, amico.”
“Vero, io scelgo sempre il meglio.”
Risponde lui con il suo vecchio ghigno da ragazzaccio insolente, Hen sorride.
“Vedo che nemmeno stare su un altro pianeta ha cambiato il tuo carattere. Sempre sicuro di te, vero?”
“Sempre. Vero, Anne?”
“Vero.”
Ridacchia lei.
“Bene, ora seguitemi. Ci aspetta una cena e poi dobbiamo visitare Tom.”
Noi annuiamo e saliamo su una specie di macchina volante viola che si mette in moto non appena Hen sfiora un pulsante. Una volta le sapevo guidare anche io, adesso non saprei.
“E tu Hen? Sei sposato?”
Lui annuisce.
“Sì, conoscerete mia moglie Naira al palazzo, è la figlia del re della luna nostra alleata.”
“Capisco.”
Dico io piano.
Arriviamo al palazzo, Anne e i bambini sono impressionati: Ava stringe forte la mia mano e Jonas insiste per essere preso in braccio.
Arriviamo in un salone gigantesco, una donna con una tunica verde e i capelli bianchi ci aspetta sorridendo.
“Io sono Naira, piacere.
Tu devi essere Chia, giusto?”
“Giusto, piacere di conoscerti.”
Le sorrido, lei mi sorride di rimando.
“Loro sono Ava e Jonas, i miei figli.”
“Che carini!!”
“Salutate zia Naira!”
Loro due lo fanno, intimiditi.
“Mamma, ha i capelli bianchi!”
Mi sussurra Ava in un orecchio.
“È un segno della sua provenienza, tutti nel suo regno hanno i capelli bianchi.”
Lei annuisce.
“Io sono Rath e questa è mia moglie Anne.”
Si presenta Johnny, si stringono le mani sorridendo, lui non sembra a disagio, Anne un pochino.
Deve essere normale, è su un pianeta alieno, circondata da alieni che non sa se siano pericolosi o meno, visto che gli ultimi alieni con cui ha avuto a che fare volevano ucciderla.
Ha un sorriso un po’ tirato, ma penso che si abituerà presto: dobbiamo rimanere qui almeno un paio d’anni.
“Bene, cosa ne dite di andare a mangiare?
Dovete essere affamati dopo questo lungo viaggio.”
Naira ci scorta nel salone e ci indica le sedie, noi prendiamo posto impacciati. Io sto pensando a Tom, starà bene?
Riusciranno salvarlo?
“Tutto bene, sorellina?”
Mi chiede Hen.
“No, sto pensando a Tom.”
“Non preoccuparti, starà bene. qui ci sono delle cliniche specializzate di altissimo livello.”
Io annuisco.
“Adesso pensa alla cena.”
Giusto, la cena.
Spilucchio solo qualcosa del sontuoso pranzo, voglio solo vedere Tom e mio fratello lo capisce perché immediatamente subito dopo il dolce mi prende per mano e mi conduce fuori dal palazzo.
La città dorme tranquilla sotto le due lune, deve essere un giorno lavorativo perché c’è poca gente in giro, in gran parte festaioli brilli o fatti.
Arriviamo davanti a un grande edificio bianco ed entriamo, non ci ferma nessuno, nemmeno l’infermiera di turno al bancone dell’accettazione.
Io seguo docile mio fratello fino a quando ci fermiamo davanti a una stanza, lui mi fa cenno di entrare e io abbasso piano la maniglia.
Tom giace a letto collegato a mille tubi, ma è sveglio e sorride quando mi vede.
“Chia.”
“Tom…”
Esalo.
“Mi dispiace, sono stato…”
Io gli metto un dito sulle labbra.
“Non fa niente, possono aspettare.”
Quello che conta è vedere di nuovo mio marito sveglio e sé stesso.
 

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Capitolo 9
*** 8)Ambientarsi. ***


8)Ambientarsi.

 
Ci sono momenti che sono irripetibili, unici perché hanno un qualcosa di speciale che non può essere riprodotto altrove.
Questo è uno di questi.
Sto guardando negli occhi Tom e – per la prima volta da secoli – sono sinceri, gli occhi del ragazzo che ho imparato ad amare e non dell’uomo che viveva con me.
I nostri occhi dialogano in silenzio su tutte le cose che sono successe e si perdonano reciprocamente cattiverie, pessimi comportamenti ed errori.
“Chia, mi dispiace per tutto quello è successo, avrei dovuto tirarmi indietro dopo il primo incontro, ma la curiosità era più forte di tutto.
Quando ho capito cosa stavano tramando era troppo tardi, mi minacciavano, dicevano che se me ne fossi andato avrebbero fatto del male a voi e io non volevo.
Sono diventato un pupazzo nelle loro mani e ti ho persino fatto del male, mi dispiace moltissimo, non ci sono parola per scusare il mio comportamento.”
“Va tutto bene, Tom.
Io ti amo, Ava e Jonas ti vogliono ancora bene e ora sei in un posto in cui ti rimetteranno in sesto. Indovina un po’ dove sei?
Sei sul mio pianeta, così potrai finalmente vederlo e soddisfare le tue curiosità di complottista.
Non c’è nulla di perso, solo bisogna avere pazienza per aggiustare le cose e sono sicura che ce la faremo.”
Lui annuisce, ha gli occhi lucidi.
“Mi sei mancato, Tom.”
“Anche tu.”
Un lieve bussare interrompe la nostra conversazione, un uomo entra nella stanza e mi sorride.
“Sono il dottor Yin, mi occuperò io di suo marito.”
“Come sta?”
“Hanno fatto un lavoro da macellaio, ma io sono fiducioso, lo recupereremo. Ora però devo chiederle un piccolo favore: potrebbe andarsene?
Il paziente ha bisogno di riposare.”
“Va bene.”
Lascio un bacio sulla guancia di Tom ed esco dalla stanza sollevata, Hen mi sorride.
“Allora?”
“Mi sento meglio, grazie fratello.”
“Di nulla. Adesso so potrai dormire sonni tranquilli.”
Usciamo insieme dall’ospedale, godendoci la brezza fresca della notte mentre torniamo a palazzo.
Troviamo tutti in piedi nel salone, io guardo accigliata Anne.
“Perché non hai messo a letto i bambini?”
“Perché volevano sapere come stava Tom e non c’è stato verso di mandarli a letto.”
Io annuisco.
“Mamma, come sta papà?”
Mi chiede Ava correndomi incontro.
“Bene. Abbiamo parlato un po’ e sta tornando la persona che tutti amiamo, adesso però a letto.”
I miei due figli si fanno mettere a letto senza tante storie e io li seguo poco dopo, parlerò domani con Anne e Johnny. Sono veramente stanca e un buon sonno è tutto quello di cui ho bisogno, visto lo stress dell’ultimo periodo.
Adesso sembra che le cose stiano andando nel verso giusto e spero che succeda sul serio, non so se ce la farei a sopportare un altro periodo di merda come questo.
Spero che stare sul mio pianeta per qualche anno ci aiuti a recuperare la serenità di prima.
Con questi pensieri in testa mi addormento, cadendo in un sonno senza sogni né incubi.
La mattina dopo vengo svegliata dai raggi del sole, mugugnando mi alzo per tirare la tenda e dormire ancora un po’, ma prima guardo un po’ il paesaggio.
Il cielo è di un azzurro quasi abbacinante, solcato da qualche nuvola bianca, la città è costruita prevalentemente con materiale bianco e sembra risplendere di luce propria con un sole del genere, persino il verde del giardino sembra una tonalità più forte di quello terrestre.
Che strano, chissà perché è tutto così luminoso?
Tiro la tenda e me ne torno a letto, non dormo molto visto che nemmeno un’ora dopo vengo svegliata da Ava e Jonas che saltano sul mio letto.
“Ragazzi, che c’è?”
Chiedo rintronata, strofinandomi gli occhi.
“Mamma, vogliamo vedere papà.”
“Giusto. Beh, prima facciamo colazione e poi andiamo all’ospedale e chiediamo se possiamo vederlo, magari adesso sta facendo la terapia.”
Rispondo io con la mia miglior voce roca, quella che ho appena sveglia.
“Va bene, mamma. Adesso ti lasciamo lavare e cambiare.”
Se ne vanno, io mi stiracchio e poi mi dirigo verso il bagno con i vestiti che voglio indossare, mi butto sotto la doccia e lascio che l’acqua lavi via la mia stanchezza e il mio senso di straniamento.
Mi sento un’aliena su questo pianeta.
Finito, mi guardo allo specchio, riflette una giovane donna dai capelli azzurri che indossa un paio si shorts sfilacciati, una maglietta lunga dei blink e un paio di anfibi.
Dio, sembro una quindicenne!
Chissenefrega, mi dico, esco dalla mia stanza e raggiungo i ragazzi nella sala dove abbiamo pranzato ieri sera. Lì è già perfettamente imbandita la colazione ed è piena di cose buone, come in un hotel a cinque stelle.
Non sono abituata a questo lusso!
“Cavolo, è sempre così la colazione qui?”
Chiedo stupita, facendo ridere mio fratello e sua moglie.
“Sì, nel caso te lo fossi dimenticata sono il re di questo pianeta e posso concedermi certi lussi.”
“Giusto.”
Mi siedo e ordino un cappuccino a un cameriere, poi addento un pancake: ottimo.
“Avete copiato bene la cucina terrestre!”
“Tutto per farti sentire a casa, sorellina e poi questi pancake sono davvero buoni.”
Io annuisco.
Arriva il mio cappuccino e me lo godo insieme a una brioche, mangio una fetta di pane con burro e marmellata e poi saluto mio fratello. Ava mi sorride, ha capito dove stiamo andando e prende per mano Jonas.
Insieme ci dirigiamo verso l’ospedale, cogliendo l’occasione di dare un’occhiata alla città: è animata, piena di gente che va al lavoro e di botteghe che attirano i più diversi clienti.
“Come farò con la scuola?”
“Mi metterò d’accordo con Hen e vedremo cosa fare.”
“E con le amiche?”
“Ne troverai di nuove.”
Ancora una volta suono poco convincente perché Ava sospira senza aggiungere altro.
Finalmente arriviamo davanti all’ospedale ed entriamo, la donna che c’è all’ accettazione ci chiede per chi siamo venuti.
“Siamo qui per Tom DeLonge.”
La donna sgrana gli occhi, come se avesse davanti la Madonna in persona.
“Lei è la principessa!”
“Ehm, sì.”
“Venite, vi accompagno.”
“Non ce n’è bisogno, basta che ci dica dov’è.”
Dico arrossendo.
“No, venga. Mi segua.”
Facciamo come dice e prendiamo un ascensore e poi percorriamo un lungo corridoio fino ad arrivare alla porta verde della stanza di Tom.
“Grazie mille, signora.”
“Non si preoccupi, sono così contenta che sia tornata per un po’ da noi!”
Ava mi guarda perplessa.
“Qui sei tu ad essere più famosa di papà.”
“Curioso, vero?”
Le rispondo ridendo.
Apriamo la porta e troviamo Tom sveglio che legge qualcosa, Ava e Jonas saltano subito sul letto e vengono abbracciati da lui.
“Mi siete mancati, piccoletti! Come state?”
“Bene, ci sei mancato anche tu, papà.  Ora sei tu?”
“Sì, sono io e continuerò a essere io per un po’, mi stanno guarendo per questa ragione.”
I miei figli sorridono e cominciano a chiacchierare con Tom, io mi godo in silenzio lo spettacolo, finalmente è tornata un po’ di pace.
Non credo che saranno sempre rose e fiori, che la terapia lo metterà sempre di buon umore, ma sono certa che alla fine questa diventerà la nostra normalità.
Torneremo a essere la famiglia unita che siamo sempre stati e a questo pensiero un sorriso si forma spontaneo sulle mie labbra.
Non è così facile distruggere i DeLonge, alla fine ce la fanno sempre in un modo o nell’altro.
“Chia?”
“Sì, Tom?”
“Secondo te è possibile parlare con Mark?”
Io mi gratto la testa.
“Non ne ho idea, chiederò a mio fratello.
Come mai questa richiesta?”
“Beh, vorrei scusarmi con lui per la storia dei blink, non si meritava una cosa del genere.”
“Lo dirò a mio fratello e vedremo cosa diranno i dottori, forse non sei ancora pronto, in fondo sei qui solo da un giorno e non sarà una cosa facile guarirti.”
“Ho passato tutta la mia adolescenza a combattere i massoni e poi sono stato fregato alla grande da loro.”
“Oh, non preoccuparti. Ce ne siamo andati con il botto, ti lasceranno in pace.”
Tom mi guarda senza capire, io gli faccio cenno che glielo racconterò tutto un’altra volta quando non ci saranno i bambini.
“Se lo dici tu mi fido.”
Risponde quieto Tom.
Rimaniamo con lui circa un’ora, poi il dottore ci fa gentilmente andare via, perché per Tom è arrivata l’ora della terapia.
Quando usciamo dall’ospedale i bambini sorridono come non facevano da mesi e io mi sento leggera, finalmente ho smesso di avere paura di chi può spiarci attraverso Tom.
Sento che a piccoli passi ce la faremo.
 

Fuori dalla struttura ospedaliera ci rendiamo conto del sole che splende e che è una giornata calda: è davvero un peccato sprecarla dentro al palazzo.
“Ragazzi, vi va di fare qualche compera?”
Chiedo ai miei figli.
“Sì, magari qualche vestito!”
Si entusiasma Ava.
“O qualche giocattolo!”
Le fa eco Jonas.
“Ok, allora andiamo!”
Ripercorriamo la strada affollata e questa volta ci fermiamo a dare un’occhiata alle vetrine.
“Forse dovremmo prendere dei vestiti eleganti.”
Mormoro tra me e me.
Entriamo in una bottega e compriamo delle tuniche  argentate, la mia ha disegni lillà, quella di Ava disegni viola e quella di Jonas disegni azzurri. Spero siano abbastanza eleganti per  il palazzo.
“Mamma, la prossima volta compriamo qualcosa di più… meno elegante, ecco.”
“Sì, va bene.”
Rispondo, nemmeno io sono una grande amante dei vestiti eleganti, ma se dobbiamo vivere in un palazzo reale ho il sospetto che ci serviranno.
Poi ci fermiamo in altri negozi, Ava compra vestiti più di suo gusto e Jonas un paio di giocattoli nuovi, che non vede l’ora di provare, soprattutto una miniastronave che può volare a qualche metro da terra.
Arriviamo al palazzo giusto per il pranzo, Hen e Naira ci aspettano già seduti, entrambi sorridenti.
“Come trovi la capitale?”
“Stupenda, fratello.
Sembra che non ci sia mai nemmeno stata una guerra!”
Lui sorride compiaciuto.
“Abbiamo lavorato parecchio per farla tornare com’era prima della guerra, sono orgoglioso dei risultati ottenuti.”
Poco dopo ci viene servito il pranzo, io lo trovo delizioso.
“Come sta Tom?”
“Meglio per ora, Hen. Ho letto che nei primi giorni i pazienti stanno bene, solo dopo si manifesta una certa instabilità.”
“Hai ragione, ma per ora goditelo così e non ti preoccupare per il futuro, è in buone mani, sono sicuro che i nostri medici faranno un lavoro eccellente.”
“Ne sono certa.”
Finito di mangiare Hen torna ai suoi impegni di sovrano e Naira se ne va perché deve incontrare non so chi di importante.
“È una bella giornata, potresti portare i ragazzi alle pozze, si divertirebbero molto.”
Io ci penso un attimo. Le pozze sono piscine d’acqua naturali, appena fuori città, non è una cattiva idea portarli lì.
Aspettiamo che siano le tre per andarci e poi – dopo aver fatto una borsa con salviette e panni di ricambio – seguiamo il consiglio di Naira.
Quando arriviamo il posto è già abbastanza affollato, tanto che sia Ava che Jonas si guardano intorno sbalorditi prima di prendersi per mano.
Io pianto il mio ombrellone e stendo delle salviette.
“Ava, Jonas! Volete fare subito il bagno?”
Loro annuiscono e io li accompagno alla vasca, si buttano tutti e due in po’incerti, nonostante sappiano nuotare benissimo entrambi.
Una volta presa confidenza con l’acqua posso tornare tranquilla al mio ombrellone per sorvegliarli, spero facciano amicizia con qualcuno. Le pozze sono il posto ideale per farlo, ci vanno tanti bambini e ragazzini.
Naira ha avuto davvero una buona idea!
Mi stendo sul mio salviettone, un occhio ai miei due figli, un occhio al sole che mi riscalda: siamo stati fortunati visto che il mio pianeta sta mostrando il meglio di sé.
Mi ricordo che nella vita precedente prima della guerra venivo spesso alle pozze con Hen, Jo, Keisha e Joel, ci divertivamo come matti.
Jo era solito saltare dalla roccia più alta per fare l’esibizionista, una volta si era persino fatto male, strisciando un po’ contro una roccia sporgente. Sua madre si era arrabbiata molto, dicendo che era il solito spericolato, noi avevamo riso come dei matti.
Jo per po’ aveva persino avuto il divieto di venire alle pozze, che bei ricordi!
A volte mi domando come sarebbe stata la nostra vita se la guerra non avesse travolto tutto come un enorme valanga di odio e rabbia, forse avrei sposato Jo e a quest’ora sarebbero i nostri di figli che terrei d’occhio.
Sono pensieri inutili, la guerra c’è stata e io sono morta e poi un mio clone è finito sulla terra e ha incrociato il sentiero di Tom e, grazie a Dio, ho Ava e Jonas.
Sorrido, mia figlia sta facendo amicizia con un gruppo di ragazzino della sua età: tre ragazzi e una ragazza.
Magari me li presenterà, anche perché tra poco è ora di andare, noto controllando l’orologio.
Stasera abbiamo una cena, una di quelle noiose formalità da principesse e prima voglio andare a trovare Tom, non voglio che si senta abbandonato.
Jonas esce dalle pozze, io lo avvolgo in una salvietta e lo asciugo per bene, se non fosse per i capelli biondi  sarebbe la copia in miniatura di Tom.
Ava esce poco dopo con i ragazzi.
“Mamma, voglio presentarti alcune persone.”
Io sorrido.
“Lui è Rat.”
Un ragazzo dai lunghi capelli neri acconciati in tanti dread alza una mano in segno di saluto.
“Lui è Nai”
Un ragazzino dai corti capelli azzurri mi fa un cenno di saluto.
“Lui, invece è Sam.”
Un ragazzo dai capelli di media lunghezza bianchi azzarda un sorriso verso di me.
“Lei è Sayu.”
Una ragazzina dai capelli azzurri lunghi mi sorride radiosa.
“Piacere di conoscervi, ragazzi.
Io sono Chia, la madre di Ava.
Ava, purtroppo dobbiamo andare.”
Lei sospira.
“Va bene, domani ci torniamo?
Loro mi hanno invitato.”
“Sì, va bene. Per me non c’è nessun problema!”
Mia figlia mi sorride e saluta i suoi nuovi amici, poi si asciuga anche lei.
Torniamo di corsa al palazzo e li spedisco subito a farsi una doccia, io me la farò dopo, usciti ci dirigiamo verso l’ospedale.
“Come mai andiamo così presto oggi?
Mi chiede Ava.
“Perché, purtroppo, stasera siamo incastrati in una di quelle cene dell’alta società.”
Sospiro.
“Non ti piacciono, mamma?”
“No, non molto. Non le amavo nemmeno nella mia precedente vita, infatti cercavo sempre ogni pretesto per non andare, solo che questa volta non la posso perdere.”
“Perché?”
“Oh, la principessa che torna a casa e tutte quelle storie.”
“Ahm, capisco.
I miei amici non ti hanno riconosciuta.”
“Meglio così.”
Le rispondo io.
Quando arriviamo troviamo Tom a letto che mangia sconsolato del pollo, si rianima non appena ci vede.
“Ragazzi, Chia! Che bello vedervi!”
I miei figli saltano sul letto, costringendo Tom a mettere il vassoio della cena sul comodino, io mi siedo su una sedia.
“Com’è andata oggi?”
“Uh, bene, credo. Ho un po’ di mal di testa, ma il dottore dice che è normale che possa venire quando sono costretti a lavorare sul cervello e sulla mente.
Tu?”
“Mamma ci ha portati alle pozze!”
Urla Jonas.
“Sarebbero?”
“Delle piscine naturali fuori città.”
Spiego io.
“Vi siete divertiti?”
“Sì!”
“Io ho anche conosciuto dei nuovi amici!”
“Sono felice per te, Ava.”
Le sorride Tom.
“Mi piacerebbe presentarteli…”
“E a me conoscerli, ma purtroppo per ora non si può.”
Ava sospira, la felicità di poco prima sembra essere sparita come la marea.
“Sono sicura che un giorno glieli potrai presentare, tesoro.”
Sorrido, cercando di tirarla un po’ su di morale, ma tutto ciò che ottengo è un pallido sorriso.
Ava soffre molto per questa situazione, d’altronde lei è sempre stata quella più affezionata a Tom, credo che le spezzi il cuore vederlo in un letto d’ospedale.
Spezza anche il mio di cuore, ma so che è una cosa temporanea, il dottore mi è sembrato abbastanza positivo sulle condizioni di Tom.
Probabilmente lo recupereranno del tutto e avremo presto tra di noi il nostro stralunato complottista che ama suonare la chitarra.
Lo spero con tutto il cuore, in questo periodo sono persino arrivata a pregare Dio per un miracolo e forse sta avvenendo.
Devo solo avere pazienza e tutto si risolverà.
Con queste cose in testa ricambio l’ennesimo sorriso sincero di Tom.
Dio, quanto mi mancava!

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Capitolo 10
*** 9) Il mio posto preferito. ***


9) Il mio posto preferito.

 
Non mi sono mai piaciuti i ricevimenti e i pranzi, nemmeno nell’altra vita.
Ora sono costretto a stare allo stesso tavolo con persone che non conosco e che chiacchierano in tono leggero di altre persone che non conosco.
Spero che il mio vestito vada bene e che vedano bene quelli dei miei figli, mi sento leggermente a disagio, forse anche perché non appena mi hanno visto tutti si sono diretti verso di me per salutarmi, congratularsi etc…
Hen e Naira sembrano a loro agio, ma penso che sia solo lei a essere completamente a suo agio, nemmeno mio fratello ha mai amato queste occasioni. Ora che è il re del pianeta non può, ovviamente, ignorarle e le sopporta stoicamente.
“Mamma, come si mangia questa cosa?”
La voce di Ava mi distrae dalle mie considerazioni, mi sta indicando quello che è un pesce.
“Vuoi la verità? Non ne ho idea, ho completamente dimenticato queste cose della mia vita precedente. Cerchiamo di imitare gli altri e che Dio ce la mandi buona.”
Lei ridacchia, smette quando si sentono degli strani rumori. Uno dei commensali sembra stia soffocando.
Tutti i miei campanelli di allarme si mettono a suonare e prendo Ava e Jonas con me e li porto in camera loro.
“Mamma, abbiamo fame!”
“Vi porterò qualcosa dopo, voi non uscite per nessuna ragione, chiaro?”
Ava intuisce che la questione è seria e annuisce.
Io esco e torno nella sala da pranzo, un uomo è steso per terra: ha la faccia bluastra e gli occhi fuori dalle orbite. Ho visto abbastanza intrighi da sapere che non c’è nulla di naturale nella sua morte, è stato avvelenato.
“Oh, mio Dio che cosa terribile!”
Commentano quelle oche delle mogli dei nobili, vorrei strozzarle.
Con gentilezza io, Hen e Naira allontaniamo tutti dalla stanza e diamo istruzioni a che sia portato via il corpo e analizzato il cibo.
La faccia di mio fratello è pallida e preoccupata.
“Qualcuno trama alle nostre spalle.”
Esclama cupo.
“Perché dici questo? Forse era solo andato a male il pesce.”
Risponde Naira, mostrandosi fin troppo ingenua. Una ingenuità sospettosa, direi.
“Nessuno muore a quel modo per del pesce andato a male.”
Replico dura io.
“Cosa stai cercando di dire?”
“Che quell’uomo è morto avvelenato, non credo che il veleno fosse per lui, ma per mio fratello.”
Spiattello piatta.
“Ma non è possibile!”
“Sì, che lo è.”
Risponde Hen.
“Evidentemente questa corte non è sicura come credevo, c’è qualcuno a cui non vado a genio e vuole togliermi di mezzo. Non me la sentirei nemmeno di escludere gli Swahn.”
“Ma sono tutti morti, Hen.  Li hai uccisi tu e quelli che erano sulla Terra sono stati eliminati da tua sorella e dai suoi amici.”
“Qualcuno potrebbe essere sopravvissuto, riescono sempre a sopravvivere. Sono molto abili a trovare alleati in personaggi eccentrici o in minoranze.”
“Non mi sento molto bene, vado a letto.”
Naira lascia la stanza, io la guardo meditabonda.
“A cosa stai pensando?”
“Alla sua reazione, Hen.  È stata fin troppo ingenua nel pensare che potesse essere stato del pesce andato a male.”
“Non è abituata a questi intrighi.”
Io sospiro.
“Hen, ha vissuto nella corte del re di Samia, sa perfettamente come funzionano le cose in certi ambienti.”
Mio fratello non dice nulla e io  penso che purtroppo ci sono nuove grane all’orizzonte.
“Hen, io vado dai ragazzi. Devo portare loro qualcosa da mangiare e voglio sapere cosa vogliono, tu cosa vuoi?”
“Non ordini nelle cucine.”
Scuoto la testa.
“Non mi fido, non si sa chi ha avvelenato quel piatto e potrebbe riprovarci, meglio prendere del cibo da fuori.”
“Hai ragione. Vabeh, prendimi della pizza.”
Io lo guardo curiosa.
“Non sapevo che il cibo terrestre fosse arrivato fin qui.”
“È arrivato con qualche turista e qualche soldato e ha trovato una buona accoglienza, amo la pizza.”
“Chi non la ama?
Vado dai ragazzi.”
Lui annuisce e io lascio la stanza pensando a come presentare la storia, Ava non vorrà bugie e Jonas è troppo piccolo per capire o accettare una cosa del genere.
Arrivo in camera lui e trovo Jonas che gioca con il suo videogioco e Ava che suona seduta a terra con le gambe incrociate.
“Allora? Come sta quel signore?”
Io rimango in silenzio, Ava capisce al volo e non dice nulla.
“Non molto bene, lo hanno portato all’ospedale e la cena è stata annullata.”
Rispondo a Jonas.
“Mi dispiace.”
“Anche a me. Io e zio Hen abbiamo deciso di andare a prendere una pizza, venite con me?”
“Chi direbbe di no a una pizza?”
Mi risponde sorridendo Ava, ci cambiamo e usciamo dal palazzo, le vie sono animate e sviluppate su più piani come ricordavo. Ovunque brulicano persone, scale, cavi e luci.
Raggiungiamo una pizzeria in uno dei piani intermedi e ne ordiniamo quattro, il pizzaiolo – un uomo dai lunghi capelli blu raccolti in una coda – le prepara e informa pigramente.
“Come va la serata?”
“Bene, solo due omicidi su questo livello.”
“Di norma quanti ce ne sono? Dieci?”
“Sì, circa. Vorrei una casa al piano superiore, sarebbe più tranquillo, ma solo i ricconi se lo possono permettere e io non guadagno abbastanza.”
Io rimango un attimo in silenzio.
“La società non è sempre giusta, cerchiamo di fare del nostro meglio per migliorarla.”
L’uomo mi guarda meglio.
“Ma lei è la principessa! Perché è tornata?
Sulla Terra si sta meglio.”
“Immagino di sì, ma una persona a me cara ha bisogno di cure che si trovano solo su questo pianeta.”
Lui mi rivolge un sorriso triste e mi consegna le pizze.
 

Il giorno dopo decido di portare i miei figli a fare colazione al bar.
La città alla mattina è piena di gente che va al lavoro, i barboni e i nottambuli sono spariti da qualche altra parte, magari qualcuno è a casa, magari qualcuno è morto.
Mangiamo tranquillamente e torniamo al palazzo, c’è una certa agitazione: mio fratello ha aumentato le misure di protezione.
“Abbiamo un assaggiatore?”
Chiede Ava.
“Mah, forse sì.”
“E pensare che il pizzaiolo di ieri sera voleva vivere in un quartiere più in alto.”
“Vedi, Ava, è tutta una questione di prospettiva. Lui vede i quartieri alti come un posto sicuro, in cui sentirsi finalmente bene e a suo agio, niente più omicidi, barboni e polizia.
Per lui sono un obbiettivo.
Noi che abitiamo dove vorrebbe lui abbiamo problemi diversi, qualcuno vuole ucciderci ad esempio e dobbiamo prendere provvedimenti. Il nostro obbiettivo è vivere in pace, senza che nessuno attenti alla nostra vita. Probabilmente, se fossimo sicuri che questo avviene nei quartieri bassi, non esiteremmo nemmeno un attimo a trasferirci lì.”
“Credo di capire. Nessuno è mai contento a questo mondo, giusto?”
“Fondamentalmente sì.”
Sospiro io, lei tace.
Credo stia meditando su quello che le ho detto, è una ragazzina molto sveglia, ha preso tutto da Tom.
“Chia, Ava, Jonas!”
Hen si fa largo tra la folla e ci raggiunge.
“Allora, fratello?”
“Abbiamo aumentato i controlli sul cibi e mi dispiace ammettere che, purtroppo, abbiamo un assaggiatore.”
“Qualche idea su chi sia stato?”
“No, le nostre spie che lavorano nei piccoli circoli Swahn non ci hanno riferito di piani di questo genere.”
Io rimango in silenzio.
“È possibile che li sospettino di essere spie?”
“No, non credo. È tutto così complicato, non abbiamo indizi.”
Io invece uno ce l’ho e non posso condividerlo con lui: lo strano comportamento di Naira.
Sembra davvero troppo ingenua, ingenua in modo sospetto e colpevole. I rapporti con Samia sono sempre stati buoni, ma ci sono state alcune proteste per il trattamento che abbiamo riservato ai traditori di Ioria.
E se le due lune si fossero alleate contro di noi?
Potrebbe essere possibile e la cosa non mi piace per niente, perché se non fermiamo in tempo questo complotto – se esiste – potrebbe riportare di nuovo la guerra sul pianeta e non possiamo permetterlo.
Izzie è morta per questa guerra e non voglio che la sua morte rimanga senza significato, dobbiamo mantenere a tutti i costi la pace.
“Beh, io vado in camera mia un attimo, poi andrò a trovare Tom.”
Dico a mio fratello, lui annuisce.
Io e i ragazzi andiamo nelle nostre stanze, io ne approfitto per andare in bagno e truccarmi un pochino per Tom. Un quarto d’ora dopo stiamo uscendo dal palazzo, le guardie sono aumentate da quando siamo arrivati. Inizio a pensare di portare sfiga.
Facciamo la solita strada verso l’ospedale, ma la gente mi sembra più preoccupata, sento mormorii pessimisti su venti di guerra con le lune.
Le notizie volano, noto, nonostante dal palazzo si sia cercato di non far trapelare nulla. È sempre così, più cerchi di tenere qualcosa segreto, più tutti lo sanno e nessuno dice mai chi gliel’ha detto.
Arriviamo all’ospedale e troviamo un Tom più cupo del solito.
“Voglio uscire da questo posto, sto bene!”
Mi apostrofa non appena mi vede.
“Lo sai che è troppo presto, non sei ricoverato da nemmeno una settimana e lo sai anche tu che questi trattamenti richiedono molto tempo.”
“Voglio andare a San Diego e fare surf a Tijuana.”
Sono secoli che non va a fare surf lì, perché vuole andarci proprio adesso?
“Ci torneremo e farai surf a Tijuana, ma per ora devi rimanere qui, è per il tuo bene!”
“Non è vero!”
Io e i bambini lo guardiamo straniti
“Tu volevi solo tornare sul tuo pianeta e fare la principessa!
Adesso che arriva la guerra, immagino ti sentirai a tuo agio, sei nata per combattere!
Non è un caso che ti porti appresso quella collana!”
Io sospiro.
“Forse è meglio che ce ne andiamo, oggi non mi sembri in te, Tom.”
Usciamo  dalla stanza e cerco il dottore che ha in cura Tom, lui sorride non appena mi vede, ma suo sorriso non dura a lungo.
“Il paziente è di pessimo umore, vero?”
“Esattamente.”
Lui mi guarda comprensivo.
“A volte può succedere, dopo pochi giorni di terapia il paziente crede di essere guarito e di conseguenza vive lo stare qui come un atto contro di lui. Pensa che lo si sia messo in prigione.”
“Quanto dura questa fase?”
“Va a giorni alterni. In alcuni casi si sono avute due settimane di seguito di malumore.”
“Capisco. Forse è meglio che io non venga a visitarlo.”
Il dottore rimane un attimo in silenzio.
“Sì, forse è meglio.
Il paziente può diventare aggressivo verbalmente e fisicamente verso la famiglia.”
“Grazie mille, dottore.”
“Di nulla, signora. Faccio del mio meglio e il caso del signor DeLonge è piuttosto delicato. I terrestri non dovrebbero lavorare sui cervelli, non ne hanno ancora le competenze necessarie.”
“Difatti è stato sottoposto a esperimenti illegali.”
“È vero che qualcuno ha tentato di avvelenare sua maestà?”
La sua domanda mi lascia un attimo interdetta.
“Non sono autorizzata a rispondere.”
Balbetto, facendolo sorridere.
“Non ce n’è bisogno, il suo volto ha risposto per lei.”
“Beh, è meglio che vada, arrivederci!”
Lo saluto di fretta, maledicendo la mia scarsa capacità di controllare le emozioni in questo momento così difficile.
Odio essere un libro aperto in cui la gente legge quello che vuole, mi dà davvero ai nervi.
Tornati a palazzo, Ava mi chiede il permesso di andare alle pozze con i suoi amici –  glielo accordo – e Jonas si mette a disegnare. Io prendo in mano un libro, ma non leggo nemmeno mezza parola, nella mia testa turbinano troppi pensieri e nessuno di questi è bello.
All’improvviso mi sembra di essere precipitata in una sorta di girone infernale: mio fratello è in pericolo, la pace è in pericolo e Tom è furioso come un leone in gabbia.
Una situazione meravigliosa.
È inutile che io continui a fingere a leggere un libro di cui non mi importa nulla, sarà sicuro lasciare Jonas da solo?
Per precauzione lascio un paio dei miei soldati e poi esco in giardino. Mi ha sempre fatto piacere camminare nei viali ordinati, ammirando il verde dei prati punteggiati dal bianco delle margherite, le aiuole e gli alberi ora in fiore.
C’è un buon profumo e sento un po’ di pace entrare in me, nella mia vecchia vita avevo un posto preferito in questo grande giardino.
Chissà se c’è ancora?
Continuo a camminare seguendo i sentieri a volte di ghiaia, a volte di pietre ordinatamente posate, gli uccellini cantano spensierati
Credo che a loro non importi nulla se ci sarà o meno una guerra, basta trovare del cibo e qualcuno con cui accoppiarsi.
Finalmente arrivo a quello che chiamo il mio posto, è un piccolo laghetto attraversato da un ponte rosso, d’autunno è magnifico ammirare le foglie che cadono pigre nell’acqua, in primavera succede con i fuori degli alberi.
Mi siedo sulla riva e noto che l’acqua cristallina è solcata da piccoli fiori di tutti i colori, sorrido e prendo in mano un sassolino.
Quando ero nervosa o preoccupata venivo qui e tiravo i sassolini nel laghetto per vedere quanto riuscivo a farli saltare. Ne tiro uno e dopo tre salti sprofonda nell’acqua.
Continuo a farlo per un po’ di volte, finché non mi viene voglia di andare sul ponticello rosso e guardare i fiori e i pesci. Sono grandi pesci rossi e neri che nuotano pigri nell’acqua, indifferenti ai fiori.
Io li guardo per un po’come ipnotizzata, la mia ansia è diminuita e sto un po’ meglio.
Rientro di questo umore giusto per il pranzo.
Nella stanza c’è un’atmosfera piuttosto pesante, tutti temono che spunti fuori un qualche altro boccone avvelenato. Mangiamo tutti piano e in silenzio, Naira mi sembra molto pallida, forse ha difficoltà a gestire questa situazione o forse sa qualcosa e non vuole parlare.
Non so da dove mi venga tutta questa diffidenza nei suoi confronti, ma ho imparato che molto spesso il mio istinto è giusto.
-Ma perché dovrebbe avvelenarlo?
Non certo per motivi personali, Hen la ama molto e la tratta come se fosse la cosa migliore della sua vita. A questo punto devo pensare che sia qui in missione per conto di qualcuno, ma chi?
Gli Swahn sono troppo deboli e su Ioria è stata stabilita la pace in qualche modo, in quanto a Samia è stata toccata solo parzialmente dalla guerra.
Forse un qualche sopravvissuto di Ioria, Samia aveva protestato per il trattamento troppo duro riservato all’altra luna. Però poi ha avanzato la richiesta di matrimonio tra Hen e Naira, come se fosse tutto a posto.
Non ci capisco nulla, ecco perché non  volevo tornare qui, ma stare qui è l’unico modo per curare Tom.
Merda.-
Finito di mangiare andiamo in camera, Ava mi racconta della sua mattinata alle pozze e io l’ascolto sorridendo, anche io mi divertivo sempre da matti quando ci andavo, è un posto davvero spettacolare.
“Sono felice per te, Ava.”
“Grazie, mamma. Pensi che papà tornerà normale?”
“Sì, certo. Ci vorrà tempo, ma lui tornerà. Ci vuole altro per distruggere Tom DeLonge, no?”
Le dico facendole l’occhiolino, lei ride.
“Giusto!
E come va la faccenda del cibo.”
Mi rabbuio.
“Male, non hanno ancora idea di chi sia stato e la cosa mi preoccupa, perché potrebbe colpire ancora senza preavviso.”
“La vita non è facile da nessuna parte, vero?”
“No, la vita non è mai facile, ma ce la faremo.
Che programmi hai per il pomeriggio?”
“Nessuno.”
“Beh, io devo cercare qualcuno che ti dia delle lezioni, non puoi certo rimanere indietro con la scuola.”
Lei sbuffa.
“Devo proprio?”
“Sì, tesoro.”
Lei mette il broncio e si rifugia in camera sua a suonare la chitarra.
“Ava si è arrabbiata.”
Jonas alza la testa dal suo disegno.
“Lo so, le passerà. È necessario che lei continui la scuola.”
Lui annuisce distratto.
“Mamma, dove sei andata stamattina?”
“Al mio posto speciale, vuoi venirci?”
Jonas si illumina.
“Sì,certo! Posso prendere il mio album?”
“Sì, ma prima metti via tutti pastelli.”
Lui esegue e poi mi segue nei giardini del palazzo, camminando sui sentieri che io ho percorso stamattina e arriviamo al laghetto.
“Ma è bellissimo!”
“Sì, lo è. Ti va se facciamo una gara nel lancio dei sassi?”
Lui sorride.
“Sì, io battevo sempre papà a casa.”
“Allora prova a battere me, se riesci.”
Raccogliamo ciascuno dei sassi piatti e cominciamo a lanciarli. Jonas è davvero bravo, riesce a far fare al sasso cinque saliti di fila.
“Ehi, ma sei davvero un campione!”
E così – tra lanci e schizzi d’acqua – trascorriamo insieme il nostro pomeriggio, cercando di non pensare a tutte le brutte cose che ci sono successe.
So benissimo che purtroppo Ava e Jonas sono quelli che risentiranno di più di questa storia, ma sto cercando di non fargliela pesare troppo e spero di esserci riuscita.
Sentendo le risate di mio figlio direi di sì, ma non si può mai dire.
Sono davvero una brava madre?
“Mamma, ti voglio tanto bene.”
Io sorrido, forse sono davvero una brava madre.

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Capitolo 11
*** 10)Tentativi di avvelenamento. ***


10)Tentativi di avvelenamento.

 

Ci sono certi giorni in cui la sera arriva troppo presto, oggi è uno di questi.
Io e Jonas abbiamo trascorso un bellissimo pomeriggio in giardino e quando Ava torna a casa ha un sorriso che le va da un orecchio all’altro.
“Mi sono divertita tantissimo alle pozze, mamma!
Loro sono dei tipi tosti!”
Jonas la guarda con una punta di invidia.
“Anche io voglio trovare dei tipi tosti!”
“Domani ti porto alle pozze, allora!”
Rispondo sorridendo.
Stiamo entrando a palazzo quando incrociamo due uomini dall’aria losca: il primo ha i lunghi capelli neri raccolti in una coda, il secondo capelli quasi bianchi irti come un porcospino.
La manica del primo uomo si solleva per un attimo, lasciando intravvedere il polso, e noto che ha un piccolo tatuaggio che mi fa gelare il sangue nelle vene: è il simbolo dei ribelli di Ioria, gli stessi di cui Joel era a capo.
Mi dico che non può essere possibile, le guardie non possono averli lasciati passare senza controllare una cosa del genere.
“Mamma?”
Il richiamo di Jonas mi fa voltare.
“Tutto bene?”
“Sì, certo. Andiamo a prepararci per la cena.”
Andiamo in camera nostra, Ava è già sotto la doccia e la sento canticchiare una canzone dei Paramore: ha una bella voce e sa suonare la chitarra.
Tom è molto orgoglioso di lei, credo lo sia anche ora che non è in sé. Jonas invece somiglia di più a me, gli piace disegnare e inventare storie in cui è un intrepido eroe.
Ho come la sensazione che tra qualche anno avremo uno scrittore in famiglia.
Uscita Ava dalla doccia, la fa lui e poi io, dopo di che andiamo nella sala da pranzo dove Naira e Hen ci aspettano sorridenti.
“Vi siete divertiti?”
“Sì, zio Hen. Oggi sono stata alle pozze.”
Lui sorride e mi fa l’occhiolino per ricordarmi le nostre avventure in quel posto, io ricambio.
“Molto bene, sono felice che ti sia divertita perché domani incontrerai il tuo precettore. Ti insegnerà le materie terrestri e qualcosa della nostra storia.”
Lei sospira.
“Se proprio non posso evitarlo.”
“Hai la stessa espressione di tua madre quando doveva andare a scuola.”
“Sono poche le persone che amano davvero andare a scuola, la maggior parte finge per mantenere la scala sociale.”
Hen mi guarda spaesato.
“Sulla Terra, anzi negli Usa, le scuole sono molto competitive, si creano delle gerarchie sociali. Solitamente ai piani alti ci sono i giocatori di football, le cheerleader e poi si scende.
E più si scende più è peggio perché quelli sopra di te si sentono autorizzati a fare i bulli con te.”
Spiego io, Hen rabbrividisce.
“Le scuole qui non sono così terribili, sono pacifiche, direi.”
“Ah, davvero?”
Nella voce di Ava c’è una sfumatura di scetticismo nemmeno troppo velata.
“Vedremo come andrà domani.”
Conclude infine.
Finita la cena i ragazzi spariscono e rimaniamo solo io, mio fratello e sua moglie.
“Che tizio è il suo precettore?
Dio, che parola ottocentesca.”
Lui ride.
“Un tipo a posto, l’ho scelto personalmente. Non volevo che i tuoi figli finissero nelle mani sbagliate.”
“Va bene, Hen. Mi fido di te.”
Lui mi sorride.
“È davvero bello riaverti a casa, mi mancherai quando te ne andrai.”
Io sorrido a disagio, senza avere il coraggio di dire a mio fratello che ormai considero la Terra la mia vera casa. È lì che ci sono i miei amici e le mie radici, qui mi sento come una pianta momentaneamente trapiantata che cerca di sopravvivere come può.
“Ma potremo sentirci come abbiamo sempre fatto.”
“Non è proprio la stessa cosa che parlarti faccia a faccia, ma capisco che tu non percepisca più questo posto come casa tua. Quando ti abbiamo clonato abbiamo calcolato questo rischio…"
La sua voce sfuma nella tristezza.
“Vorrei che le cose fossero diverse, Hen.
Lo vorrei davvero, ma sai che ormai la mia vita è là  e non posso tornare qui per sempre.”
“Lo so.”
“Beh, è ora di andare a letto.”
Mi alzo, saluto mio fratello e sua moglie e mi dirigo verso la mia camera pensando che non sono la sola a soffrire in questa situazione, probabilmente anche lui soffre. Rivorrebbe la sua cara vecchia Ava, la sorella amata e  compagna di mille avventure, ma lei se ne è andata per sempre.
Certo, io ho il suo fisico, il suo dna e i suoi ricordi, ma non sono più lei comunque.
Apro la porta della nostra camera e vengo colpita in faccia da un cuscino: i miei figli stanno facendo una battaglia a colpi di cuscino sollevando una marea di piume.
“Ragazzi, basta!
Pensate alla povera donna delle pulizie che domani dovrà pulire questo casino!”
Smettono tutti e due e si siedono sul mio letto matrimoniale, guardandomi curiosi.
“Cosa c’è?”
“Di cosa avete parlato tu e lo zio?”
Io sorrido divertita.
“Di quanto gli piacerebbe che io rimanessi a vivere qui per sempre.”
Tutti e due mi guardano spaventati.
“Non preoccupatevi, non appena vostro padre sarà guarito ce ne andremo. E adesso a letto.”
Scattano tutti e due dandomi il bacio della buonanotte e vanno nella stanza collegata alla mia.
Io mi lavo e poi mi stendo a letto, al buio le ombre sul soffitto si rincorrono, si uniscono e si dividono come serpenti in lotta. Io le guardo e la mia mente torna ossessivamente su quel tatuaggio, è certa di averlo visto e, sapendo cosa significa, sa che non ne verrà nulla di buono se chi lo indossa gira per il palazzo.
Come è possibile che le guardie non lo abbiano visto?
I controlli sono aumentati e le guardie sono raddoppiate da quando è morto quell’uomo, quindi dovrebbe essere impossibile che un uomo con un tatuaggio del genere possa essere qui.
Eppure c’è e spero vivamente che la mia mente si stia sbagliando e che quel tatuaggio rappresenti altro.
Una congiura di palazzo è l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno ora come ora. Se solo ci fosse Tom con me…
Lui saprebbe come calmarmi e farmi ragionare, ma purtroppo è in ospedale e io sono da sola ad affrontare questo casino.
Speriamo che ce la faccia.
 

La mattina dopo Ava si sveglia di umore depresso, non ha per niente voglia di conoscere il suo precettore.
Credo sperasse in più giorni di vacanza, invece le tocca rimettersi presto al lavoro.
“Mamma, è proprio necessario?
Voglio dire, non posso godermi ancora una settimana di vacanza?”
“No, tesoro. Non devi rimanere indietro con il programma, questa non è una vacanza.”
“Lo so, ma…”
“Non giudicare male quell’uomo prima di averlo conosciuto e ora, forza, andiamo a fare colazione.”
Lei annuisce e usciamo tutti e tre dalla stanza, Jonas ha un ghigno derisorio stampato in faccia, a volte i bambini sanno essere estremamente cattivi.
Ava non apre bocca durante la colazione, Jonas – per fortuna – non le dice nulla o altrimenti prevedo guai. Non bisogna provocare Ava quando ha quella espressione, può reagire molto male e in questo è simile a Tom.
Sì, anche prima di tutto questo aveva i suoi momento storti come tutti.
Finita la colazione nella stanza rimaniamo solo io e Ava.
“Hai portato il necessario?”
“Penne e quaderni, niente libri. Dobbiamo comprarli quelli.”
“Brava ragazza.”
Pochi minuti dopo un uomo entra nella stanza, ha lunghi capelli grigi e qualche ruga. Guarda verso di noi e sorride.
“Sei la seconda Ava di questa famiglia a cui devo insegnare qualcosa, spero tu sia migliore della prima.”
Lo guardo e lo riconosco.
“Professor Hoy! Non pensavo insegnasse ancora!”
“Non insegno  più, infatti. Mi ha convocato qui tuo fratello, Ava.”
“Oh, mio Dio.”
Mia figlia ci guarda curiosa.
“Vi conoscete?”
“È stato uno dei miei professori alle medie.”
“Sì, e tu eri un’alunna terribile. Sempre in ritardo, ti dimenticavi i compiti e studiavi quando volevi.”
Io ghigno.
“Anche Ava è così.”
“Che Dio mi assista, allora.”
“Vi lascio da soli.”
Esco dalla stanza ridendo e trovo mio fratello nella stanza accanto.
“Non sapevo avessi chiamato proprio lui.”
Hen ride.
“Il vecchio Hoy non vedeva l’ora di rivederti e io ne ho approfittato dandogli questo lavoro, non ha che da guadagnarci, visto che si lamenta sempre che la sua pensione è troppo bassa.”
Io rido di nuovo.
“Si lamenta sempre, ma ha un cuore d’oro.”
“Sì, ce l’ha. Ava è in buone mani.”
“Buonissime.”
“Ah, Jen. C’è qualcuno che vorrebbe vederti, uno dei generali.”
Io seguo mio fratello, chiedendomi chi sia e cosa voglia quest’uomo da me.
Apriamo una porta e vengo stritolata da un abbraccio da orso, quando l’uomo si stacca riconosco Vinny, uno dei miei vecchi amici.
“Vinny! Oh, mio Dio! Sei un generale adesso!”
“Ava, sei una terrestre adesso!”
Scoppiamo a ridere tutti e due come scemi.
“Come hai fatto a diventare generale?
Il vecchio Hoy ti sbatteva sempre fuori dall’aula.”
Lui sorride orgoglioso.
“Per i miei meriti durante la guerra, me lo sono conquistato sul campo.
E tu? Com’è vivere sulla Terra?”
“Bello, è un po’ difficile nascondere i nostri poteri, ma dopo un po’ ci fai l’abitudine.
Ho anche un marito e due figli terrestri.”
“Lo so. So cosa è successo a tuo marito e mi dispiace molto, hanno fatto un lavoro da macellai su di loro.”
“Infatti spero che riescano a sistemare tutto, quando Ava finirà con il prof ti farò conoscere i ragazzi.”
La porta si spalanca all’improvviso.
“Mamma, mamma! Il prof sta male!”
Urla fuori di sé.
Io, Vinny e Hen corriamo nella sala da pranzo e Hoy giace esanime.
“È ancora vivo, chiamate un’ambulanza! Io farò del mio meglio per tenerlo tra di noi.”
Hen annuisce e si attacca a una specie di telefonino.
“Ava, giusto?”
“Sì, signore.”
“Cosa è successo?”
Mia figlia prende fiato e si asciuga le lacrime che le sono scese involontariamente.
“Il professore ha ordinato del caffè prima di spiegarmi della roba di matematica, glielo hanno portato mentre la spiegazione era già iniziata, così ha smesso e ha bevuto.
All’improvviso ha iniziato a non respirare bene, come se stesse soffocando, e si è portato le mani al collo.
Io sono corsa da voi perché sembrava stesse male come l’uomo che è morto qualche giorno fa.”
Vinny annuisce e prende il suo cellulare.
Poco dopo degli uomini entrano e requisiscono la tazzina, insieme ai paramedici che portano via Hoy.
Io li seguo  fino a fuori dal castello e poi salgo su una delle macchine volanti e la seguo fino all’ospedale. Entro nell’edificio e vengo fermata dalla segretaria.
“Lei dove va, signora?”
“Vorrei sapere come sta l’uomo che hanno appena portato qui, lo conosco. È stato il mio professore e si occupa dell’istruzione di mia figlia.”
Balbetto io sconvolta.
“Va bene, vada.”
Sto dietro alla barella fino a un certo punto, poi mi fanno capire che non mi è permesso entrare.
“Vi prego, fatemi sapere qualcosa.”
Loro annuiscono.
“Non si preoccupi, principessa. Glielo faremo sapere.”
Io rimango ore ad aspettare qualcuno che mi venga a dire qualcosa, l’ora di pranzo passa e se ne va, senza che io mangi nulla.
Finalmente qualcuno esce dalla stanza.
“Come sta?”
“Bene, ce l’avete portato appena in tempo. Qualche altro minuto di ritardo e sarebbe probabilmente morto.”
Io tiro un sospiro di sollievo.
“Posso vederlo?”
“No, normalmente non potrebbe perché il paziente dovrebbe riposare, ma lui ha molto insistito per vederla, quindi mi segua.”
Io annuisco ed oltrepassiamo la porta verde fino ad arrivare in una stanza. Il mio prof giace a letto, è pallido, ma ha una luce decisa negli occhi.
“E così le voci di una congiura sono vere.”
“Purtroppo sì, abbiamo cercato di non farle trapelare per non scatenare il panico.”
“Saggia decisione. E sarebbe ancora più saggio far venire tua figlia a casa mia per le lezioni.”
“Come mai?”
Lui sospira.
“Sei intelligente, Jen. Lo sai.
Quel veleno non era per me, il vero obbiettivo era lei. Qualcuno vuole fare fuori i reali e io sono solo un vecchio professore capitato lì per caso. Non c’entro nulla in tutto questo.”
Io annuisco debolmente, ha ragione. Io ero così presa dall’angoscia da non avere analizzato lucidamente la situazione, per fortuna ci ha pensato lui.
“Ha ragione, professore.
Adesso vado a casa, lei si rimetta. Domani verrò a trovarla.”
“Va bene. Ciao,  Jen.
Tieni d’occhio Ava.”
“Lo farò.”
Esco, chiudendomi la porta alle spalle: ora ho una preoccupazione in più.
Torno al castello, nella stanza dove stavo pacificamente parlando con mio fratello e uno dei miei vecchi amici prima che Ava ci avvisasse del malessere di Hoy. Questa volta c’è solo Hen, immagino che Vinny sia impegnato nelle ricerche del colpevole.
“Come sta il professore?”
“Bene, per uno che è stato avvelenato.
Mi ha anche detto che dubita che quel veleno fosse per lui, ma che fosse per Ava.
Ha ragione o no?”
Nella sala cala un pesante silenzio, mio fratello guarda ostentatamente le piastrelle della camera, la faccia scura.
“Hen?
È importante che tu risponda a questa domanda, i miei figli sono la cosa più importante per me e se proteggerli implica lasciare il palazzo lo farò.”
Lui sospira.
“Credo che Hoy abbia ragione, c’è una … congiura contro i membri della famiglia reale, ma non riusciamo a capire chi ci sia dietro. Daremo ad Ava tutte le protezioni possibili, se non dovessero bastare non ti biasimerei se volessi lasciare il palazzo.”
“Va bene, farò questo tentativo.
Adesso vado da lei.”
Esco dalla stanza e corro nella sua, lei è stesa a letto a guardare il soffitto ed è un brutto segno.
Quando qualcosa la turba suona la chitarra, quando qualcosa la sconvolge fa così.
“Tesoro?”
La chiamo esitante, chiedendomi se davvero vorrà parlare con me.
“Sì, mamma?”
“Stai bene?”
“No, non molto.
Come sta il professore?”
“Bene, si riprenderà presto, non ti preoccupare.
L’unica cosa diversa sarà che andrai a casa sua a fare lezione.”
Lei annuisce.
“Qualcuno vuole ucciderci?”
Io rimango un attimo senza parole, chiedendomi se sia giusto o meno  confidare i miei sospetti a una ragazzina.
“Mamma, voglio la verità. Sono stanca di bugie.”
“Sì, qualcuno vuole ucciderci e non sappiamo perché.
Tuo zio ha aumentato le protezioni per te, se non sarà sufficiente ce ne andremo da qui e cercheremo una casetta solo per noi.”
Lei annuisce, ma mi sembra ancora distante.
“Ava, vuoi che ti faccia un the?
Sei pallida e poco te stessa, di solito non stai mai zitta, oggi devo cavarti le parole con una tenaglia.”
Lei sospira.
“Va bene, credo che forse un the mi aiuterà. Ho avuto davvero paura, e se la prossima fossi davvero io?”
Io mi alzo di scatto dal letto.
“Tu non morirai e se dovessi intossicarti ti garantisco che chiunque l’abbia fatto  non vivrà a lungo.”
Rispondo dura.
“Adesso vado a prendere il tuo the, non aprire a nessuno, mi raccomando.”
Aggiungo addolcendo il tono.
“Va bene.”
Mi risponde lei con un debole sorriso.
Esco dalla stanza e raggiungo le cucine, causando un certo shock a cuochi e cameriere, mi faccio il the da sola e lo porto a mia figlia che adesso sta trafficando con quello che è l’equivalente di un cellulare.
“Scusa, stavo messaggiando con i miei nuovi amici…
In realtà mi manca da morire Jack:”
“Lo rivedrai, non ti preoccupare.
Non staremo qui per sempre.”
“Già e papà vorrà vederci ancora?”
“Sì.”
Rispondo senza esitazioni.
Ava beve il suo the senza dire nulla, ma mi sembra un po’ sollevata.
Questo soggiorno sul mio pianeta non si sta rivelando la passeggiata che doveva essere.
Chi diavolo potrebbe volerci eliminare?

 

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Capitolo 12
*** 11) Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. ***


11) Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio.

 
La settimana seguente passa alla svelta e in uno stato di paranoia costante.
Ogni volta che ci sediamo a tavola siamo tesi e ci  guardiamo l’un l’altro con una sorta di aria di scusa, come per farci perdonare i reciproci sospetti.
Naira sembra quella con i nervi più saldi, dopo il tracollo iniziale si è ripresa benissimo e da brava padrona di casa cerca di intavolare una qualche conversazione su argomenti leggeri.
Il professor Hoy è stato dimesso stamattina e domani Ava andrà da lui per prendere lezioni, lei sembra felice perché lui sta bene, ma non entusiasta di riprendere a studiare.
Per un qualche motivo misterioso i ragazzini non ameranno mai la scuola.
Dopo pranzo andremo a trovare Tom, l’ospedale mi ha contattata dicendo che la crisi per ora è passata e può ricevere visite.
“Tuo marito sta meglio?”
Mi chiede educata mia cognata.
“Sì, a quanto pare la prima crisi è passata, ma non è detto che non si ripetano, anzi è piuttosto probabile. I medici dicono che è normale che abbia crisi del genere visto il lavoro non proprio accurato che è stato fatto su di lui.”
“Pensi che ci riproveranno una volta tornati sulla Terra?”
“Assolutamente no, gli abbiamo dato una buona lezione.”
Ava guarda Naira in modo strano, come se all’improvviso la vedesse sotto una luce diversa, devo chiederle cosa ha capito. Ava è una bambina molto intelligente e le sue osservazioni spesso sono utili.
Finito di mangiare Jonas fa il suo solito riposino, Ava invece raccoglie la borsa dei libri e mi segue fuori dal palazzo.
“Ava, posso chiederti una cosa?”
“Certo, dimmi pure, mamma.”
“Come  mai hai guardato tua zia in quel modo oggi?”
“Ah!”
Si gratta un attimo la testa come fa Tom.
“Non so, sembrava quasi contenta che papà stesse male e che volesse che stesse male di nuovo.”
Acuta osservazione, in effetti ho avuto anche io la stessa situazione, ma non so perché dovrebbe volerlo. Non conosce Tom e non le ha mai fatto niente, perché volere che stia male?
Arriviamo a casa del professore e suono il campanello (una cosa viola che sembra quasi viva), lui mi risponde dicendo di salire.
“Ava, ci vediamo tra due ore, poi andremo da papà, va bene?”
Lei annuisce e sale per le scale tranquilla, io invece decido di andare a fare un giro in un bar ai piani medi della città.
Voglio provare quel the che fanno con una pianta che nasce solo qui e non l’ho ancora fatto.
Alla fine trovo un posticino con la terrazza panoramica e mi faccio servire il benedetto the, è buono esattamente come me lo ricordavo.
Torno a palazzo e noto che un’ora è già trascorsa, così me ne vado in camera con un libro, prima però decido di concedermi una sigaretta. Mi affaccio alla finestra, faccio scattare l’accendino e aspiro la prima boccata. Con la coda dell’occhio noto del movimento: Naira sta arrivando in compagnia dei due uomini sospetti, li riconoscerei tra mille.
Questa volta il più giovane porta i capelli neri sciolti e il più vecchio ha ancora i capelli irti come la prima volta.
“Cosa ci fate qui?”
Chiede Naira.
E così conosce i due uomini: molto strano.
Nessuno dei due è del lignaggio adatto a una principessa, sembrano più due uomini di strada e non posso fare a meno di ricordare che almeno il più giovane ha un tatuaggio che somiglia molto al simbolo dei ribelli.
“Controlliamo che tutto vada come previsto, ma non sembra.”
Naira incrocia le braccia sul petto e iniziano a parlare velocemente nella lingua di Naria, io non sono mai stata un asso nelle lingue e capto solo alcune parole come “veleno”, “pozione”, “avvelenamento”.
Dunque quegli uomini sembrano conoscere molto bene cosa sta succedendo nel palazzo forse persino meglio di noi che ci viviamo.
Dopo quella che sembra un’accesa discussione il ragazzo prende il volto di Naira tra le mani e lo bacia con passione. Lei non si sposta, anzi ricambia.
Finito di baciarla se ne vanno tutti e tre, mia cognata da una parte, gli altri due da un’altra.
Io finisco pensierosa la mia sigaretta.
Ok, Naira non ama mio fratello e la cosa non mi sorprende, dato che il loro è stato praticamente un matrimonio combinato. Serviva un’alleanza con la luna e loro erano lì pronti e disponibili a sposarsi.
Mi preoccupa invece chi sia il suo spasimante e ho il terribile sospetto che lei sia coinvolta in questa vicenda. Sarebbe logico per uno che volesse rovesciare mio fratello dal trono trovare aiuto in qualcuno di molto in alto e lei è la regina. Avere la regina dalla tua parte è molto molto utile.
“Ok, non lo ama. Ma arrivare a ucciderlo?
Non capisco, ma sento puzza di guai e tradimento.”
Forse dovrei parlarne a mio fratello, ma che prove ho?
Solo una conversazione origliata per caso e di cui non sono nemmeno sicura di aver capito bene il significato, per la mia conoscenza della loro lingua potrei aver preso la parola “fiori” per “omicidio”.
“Mamma!”
La voce di Jonas mi fa sobbalzare.
Si è appena svegliato e ha tutti i capelli in disordine, fa tenerezza.
“Sì?”
“Non dobbiamo andare a prendere Ava e poi da papà?”
Io do un’occhiata all’orologio e annuisco.
“Sì, hai ragione. Adesso ci prepariamo e usciamo.”
Lui è il primo ad andare in bagno e poi si mette i vestiti che gli ho preparato sul letto, poi tocca a me fare una doccia rapida e cambiarmi.

 
Non posso negare di avere paura ora che sono qui davanti alla porta della camera di Tom.
Mi torna in mente come ha reagito l’ultima volta e l’odio che ho visto sul suo bel volto deformato dalla rabbia. Lo so che è un effetto delle cure che sta ricevendo e che è temporaneo, ma ha toccato corde profonde. A volte mi chiedo se mi voglia ancora come moglie o se non preferisca una tranquilla terrestre, senza intrighi da altri mondi in mezzo.
“Mamma, entriamo?”
La voce di Ava ha una vena di impazienza.
“Certo, tesoro. Scusa, mi ero un attimo persa nei miei pensieri.”
Abbasso la maniglia, Tom è sdraiato e sta leggendo qualcosa, al rumore della porta che si apre alza gli occhi e ci sorride.
“Ciao.”
“Ciao, papà!”
I miei figli saltano sul letto, io mi siedo su una sedia come a voler mantenere una distanza tra noi in caso desse ancora di matto.
“Mi dispiace per come mi sono comportato l’ultima volta, spero mi perdonerete.”
“Ma certo, papà! Non è vero, mamma?”
Io annuisco e prendo la mano di Tom tra le mie.
“Stai meglio?”
Gli chiedo cauta.
“Sì, settimana scorsa è stata dura. Volevo davvero andarmene e mi faceva impazzire il non poterlo fare, ma ora so che non sono ancora in grado di badare a me stesso.”
“Ce la farai, noi siamo qui per te.”
Lui sorride.
“Lo so, a voi come è andata?”
“Uhm, normale.
Ava ha iniziato a prendere lezioni, Jonas si gode la vacanza per ora.”
“Fortunello, ma tra poco sarebbe meglio che tu iniziassi a frequentare un asilo.”
Mio figlio guarda stupito Tom.
“Perché? Al castello sto bene!”
“Perché immagino non avrai molti amichetti e se andrai all’asilo conoscerai nuovi bambini. Non vuoi conoscere nuovi bambini?”
“Beh,sì. Ma non voglio avere i compiti come Ava!”
Scoppiamo tutti a ridere, mentre mia figlia scuote la testa borbottando, i lunghi capelli azzurri che le ricadono sul viso.
“Scemo, all’asilo non te li danno! Al massimo ti danno delle figure da colorare e penso che tu sia in grado di farlo!”
Jonas mette il broncio.
“Johnny e Anne dove sono?
Mi piacerebbe vederli.”
“Uhm, sono al mare.
Johnny ha insistito per portare Anne a vedere dove è nato e dove ha vissuto per i primi anni della sua vita. Torneranno tra qualche giorno, penso verranno a trovarti, ormai Johnny ti ha accettato come membro della famiglia.”
“Ok. Piacerebbe anche a me andare al mare.”
Io sorrido.
“Quando sarai fuori ti ci porterò, il mare qui è molto bello.”
“Non vedo l’ora.”
Parliamo ancora un po’, poi un’infermiera gentile ci fa uscire perché è ora della cena, noi salutiamo Tome poi ci guardiamo in faccia.
Cosa facciamo?
Non muoio dalla voglia di tornare a palazzo e cenare nell’atmosfera pesante dell’ultima volta, dove tutto temono un avvelenamento da un momento all’altro.
“Che ne dite di una pizza?”
Chiedo, loro annuisco.
Io chiamo Hen e gli dico che per stasera saremo fuori a mangiare, lui non protesta, anzi ci augura una buona serata.
Usciamo dall’ospedale e prendiamo un taxi per il centro, lì troveremo una pizzeria, a quanto pare questo cibo terrestre è popolare anche qui.
Dopo aver vagabondato per un po’ troviamo un locale ed entriamo, è molto carino e arredato in modo da farti sentire a casa tua.
Mi piace.
Ci sediamo su un tavolo d’angolo che dà una visuale completa sul forno e quando vedo chi è il pizzaiolo devo ricorrere a tutto il mio autocontrollo per non dare a vedere una qualche reazione.
Il pizzaiolo non è altro che l’uomo dai capelli bianchi che parlava con Naira!
Cerco di mantenere la calma e ragionare, anche se ci avesse visto e riconosciuto non potrebbe fare nulla, perché se qualcuno si sentisse male – o peggio ancora morisse – nel suo locale sarebbe il primo a essere sospettato.
Non credo farà qualcosa, ma cancello mentalmente questo posto da quelli che posso frequentare, senza farmi notare lo spio e noto che – come il ragazzo – anche lui ha tatuato quel simbolo simile a quello dei ribelli.
Questo prova che lavorano insieme per una qualche causa e temo di sapere quale. Mantenere la pace sulle lune non è mai stato facile, ci sono sempre stati movimenti che chiedevano l’indipendenza su ognuna.
Nessuno di questi movimenti ce l’ha mai fatta perché la maggior parte della gente sa bene che se si staccassero dal nostro pianeta la loro economia collasserebbe e nessuno è disposto a diventare povero per degli ideali. O meglio qualcuno c’è, ma sono una minoranza, anche se piuttosto agguerrita.
Il fatto che ci sia un movimento indipendentista dietro gli avvelenamenti è plausibile: gli Swaahn avevano promesso loro l’indipendenza se si fossero schierati dalla loro parte.
Mangio la mia pizza pensierosa.
Questo pianeta è un caos senza senso, segretamente non vedo l’ora che Tom sia guarito e di poter tornare sulla Terra, almeno la sua luna non è abitata!

 
Arriviamo al palazzo e io mi sento un po’ meglio solo quando Ava e Jonas sono a letto, solo allora ne approfitto per prepararmi un the e berlo in  una grande stanza bianca vuota e illuminata dalla luce delle due lune.
Guardo le stelle sparse secondo costellazioni aliene e le due lune che compiono due archi paralleli, perché sono così ostili?
Credo che non avrò mai una risposta chiara a questa domanda e, in fondo, non mi importa nemmeno di averla, quello che vorrei è essere a casa mia a guardare le costellazioni che ben conosco.
“Nemmeno tu riesci a dormire?”
“Hen!”
Mio fratello si siede su una sedia accanto alla mia.
“No, comunque non riesco a dormire nemmeno io, mi manca casa mia.”
Lui sospira.
“È dura accettare che ora appartieni alla Terra.”
“Lo so e mi dispiace. So che ti piacerebbe che io vivessi qui, ma non posso.
Non posso proprio.”
“Me ne rendo conto, ti guardo e vedo un animale in gabbia.
Questa situazione non aiuta affatto, non si fanno passi avanti per catturare questo pazzo.
Spero che quando Johnny tornerà ci potrà dare una mano.”
Io rimango un attimo in silenzio scrutando nel fondo della mia tazza di the.
“Sarà felice di farlo, non si è mai rassegnato del tutto a essere un terrestre.”
Mio fratello mi fa un mezzo sorriso.
“Ma alla fine se ne andrà anche lui perché ama Anne.”
Io annuisco affranta.
“Sì, mi dispiace.
Mi sento una cattiva sorella lasciandoti qui da solo, ma non posso fare diversamente.”
“Lo so, quando ti abbiamo clonato eravamo consapevoli che sarebbe potuta finire così, ma l’abbiamo fatto lo stesso. Ne è valsa la pena.”
Rimaniamo un altro po’ a parlare, poi torniamo nelle rispettive camere da letto
 Mi chiedo se lui sappia che Naria non lo ama e concludo di no, ogni tanto l’ho sorpreso a guardare sua moglie con sguardi di autentica adorazione e amore, lei non ha mai ricambiato.
È sempre stata sulle sue, cortese in maniere impeccabile, ma fredda.
Giurerei che questo matrimonio non le è andato giù e la stia lentamente soffocando, deve essere orribile vivere con un uomo che non ami.
Mi stupisce il fatto di provare pietà per lei perché, se le mie teorie sono giuste, c’è anche lei dietro a questa catena di avvelenamenti.
Mi metto a letto con una serie di pensieri confusi in testa, ecco perché non mi è mai piaciuto tanto fare la principessa, in un certo senso sono meglio i campi di battaglia, sono più onesti.
Alla fine mi addormento sognando cose strane: Naira che si trasforma in un serpente che tenta di soffocare mio fratello, poi lo molla e poi insieme i due tentano di soffocare me.
Probabilmente urlo perché quando mi sveglio trovo Ava china su di me con Jonas vicino, stanno confabulando preoccupati.
“Cosa c’è, ragazzi?”
Chiedo con la voce impastata per il sonno.
“Ti abbiamo sentita urlare, pensavamo che qualcuno ti avesse aggredita.”
Risponde Ava.
“No, non preoccupatevi, ho avuto solo un incubo.”
Mi porto la mano sulla fronte, è sudata.
“Mi vado a fare una doccia, voi l’avete già fatta?”
Annuiscono entrambi.
“Perfetto, allora aspettatemi. Non ci metterò molto.”
Mi alzo dal letto barcollando leggermente, i frammenti del sogno sono ancora tenacemente attaccati ai miei pensieri, spero che una doccia basti a farli andare via.
Prendo i miei vestiti e mi chiudo in bagno, poi mi butto sotto la doccia godendomi il massaggio dell’acqua. Sono un pochino più rilassata e piano piano la nitidezza del sogno sparisce fino a diventare un ricordo sfuocato e inutile.
Finito, mi vesto ed esco. Ava e Jonas mi aspettano seduti sul mio letto.
“Forza, andiamo! Sono pronta!”
Dico loro con un sorriso smagliante, loro sembrano rincuorati, involontariamente devo averli spaventati un sacco e non volevo.
Una dose di paura in più è quello di cui hanno meno bisogno in assoluto in questi giorni. Scendiamo nella grande sala da pranzo e troviamo mio fratello e Naira già seduti e sorridenti, osservando meglio lei noto che il suo è un sorriso di plastica e che qualcosa la preoccupa.
Non ho idea di cosa sia, forse teme di morire o forse teme di non riuscire ad avvelenare chi deve e poi darsela a gambe con il ragazzo bruno.
“Buongiorno!”
“Buongiorno, Jen. Hai dormito bene?”
“Benissimo!”
Mento spudoratamente, non c’è bisogno di dare altre preoccupazioni a Hen.
Ci sediamo e iniziamo a mangiare tranquillamente, dopo colazione Ava andrà dal professore e io porterò di nuovo Jonas alle pozze. A quest’ora dovrebbero esserci bambini più piccoli con cui può fare amicizia, ho notato che – a differenza di quando ero piccola io – i bambini nel palazzo non ci sono più.
Ava è la prima a finire e poi a sparire, poi se ne va Naria e io mi avvicino a mio fratello.
“Ma come mai non ci sono più bambini a palazzo?”
“Dopo l’attacco dei ribelli in cui i nostri sono rimasti uccisi chiunque lavori qui preferisce tenere a casa la prole. Non li biasimo, ma è piuttosto triste.”
“Capisco. Bhe, io adesso porto Jonas alle pozze, spero faccia amicizia con qualche bambino, non mi piace che sia così solo. Ava adesso ha nuovi amichetti e ha poco tempo per badare al fratellino.”
“Va bene.”
Salgo in camera e preparo le nostre cose – questa volta voglio fare un bagno anche io, non limitarmi a stare sdraiata sul botrdo – e poi scendo proprio quando anche Ava lo sta facendo.
Usciamo tutti e tre da palazzo e l’accompagno dal professore, quando ci lasciamo guarda con vaga invidia Jonas, ma poi se ne va tranquilla. Mio figlio invece è piuttosto eccitato, l’ultima volta il posto gli è piaciuto da matti e non vede l’ora di tornarci.
“Mamma, dici che farò amicizia con qualcuno?”
“Sono certa di sì.”
“Non sembrerò strano con questi capelli biondi?”
“Assolutamente no, stai tranquillo e andrà tutto bene.”
“Quanto vorrei avere i capelli azzurri di Ava.”
Mormora imbronciato.
Arriviamo alle piscine naturali e – come sospettavo – ci sono madri con i bambini dell’età di Jonas, io e lui cerchiamo un posto e stendiamo la nostra stuoia poi sia lui che io ci togliamo i vestiti ed entriamo in acqua.
È piacevolmente fresca ed è molto rilassante. Jonas nuota accanto a me inquieto, nessuno gli si è ancora avvicinato e questo lo sta deludendo parecchio.
Finalmente un bambino dai capelli blu gli si accosta e cominciano a chiacchierare, poi lo coinvolge in una partita a palla con degli altri e JoJo sorride soddisfatto.
Io sorrido a mia volta e nuoto tranquilla, ora anche lui si sta facendo degli amici come Ava, sarà meno duro vivere su questo che per lui deve essere un mondo parecchio ostile.
Dopo un po’ esco dall’acqua e lo tengo d’occhio seduta sul bordo come fanno altre mamme, stranamente nessuna mi rivolge la parola, come se fossero intimidite da me. Non mi importa, mi importa solo che mio figlio sia felice.
E lo è, lo sento urlare, schiamazzare e scherzare con loro, come se si conoscessero da sempre.
“Signora?”
Una mamma si avvicina a me deferente.
"Sì?”
“Lei è la principessa Ava?”
“Sì.”
Rispondo semplicemente, lei mi guarda scioccata.
“Come mai è qui? Pensavo ci fossero delle piscine a palazzo.”
Io rido.
“Nessuna batte le pozze e poi mio figlio ha bisogno di avere degli amici nel tempo in cui staremo qui.”
“Pensavo voleste amici più nobili per lui.”
Io sorrido di nuovo.
“Ha pensato male.”
Lei non dice più nulla e torna dalle sue amiche, questo è un altro motivo per cui odio essere una principessa.
Tutti pensano che tu debba camminare sospesa a trenta centimetri da terra con aria sprezzante, ma io non sono così e non lo sarò mai.
Ho paura di avere deluso queste pettegole e la cosa mi rende molto fiera di me.

 

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Capitolo 13
*** 12)Il ritorno di Johnny ***


12)Il ritorno di Johnny

 
Il lunedì è sempre una giornata di merda, ma oggi è diverso.
Oggi finalmente tornano Johnny e Anne e non posso fare a meno di sentirmi meglio, mi sento al sicuro quando Johnny è nei paraggi. Lui è uno che sa risolvere i guai o almeno mi dico mentre scendo a fare colazione con i miei figli.
Capisco che lui è già arrivato dal casino, Jo e mio fratello si stanno scambiando battute deficienti sotto lo sguardo rassegnato di Anne e Naira.
“Bentornati!”
Dico con un sorriso.
“Ciao, Jen!”
Anne mi abbraccia e subito dopo anche suo marito mi stritola in uno dei suoi abbracci spacca costole.
“Com’è andata la vacanza?”
“Bene, bene. Ho rivisto tutti i posti della mia infanzia.”
“Magari quando Tom sta meglio possiamo andarci tutti insieme e vai a trovarlo, per favore.”
Lui annuisce, io abbasso la voce.
“Dopo devo parlarti, è urgente.”
Lui capisce al volo che c’è qualcosa che non va.
“Okay, va bene.”
Ci sediamo al tavolo e mangiamo allegramente, l’arrivo del mio amico sembra avere spazzato via almeno per un momento la cappa grigia che incombeva su questa stanza.
Dopo aver mangiato Ava se ne va a scuola, Jonas a giocare in camera sua, Hen e Naira ai loro doveri e Anne va a disfare la valige.
Io cerco una stanza tranquilla e in cui non possano ascoltarci orecchie indiscrete.
“Allora, cosa è successo?”
“Un casino, John, un vero casino con i contro cazzi.”
“Dimmelo.”
“Ci sono stati una serie di avvelenamenti. Il primo è stato quello di un nobile durante un banchetto, poi c’è stato il vecchio Hoy mentre insegnava ad Ava.
Non sappiamo chi sia dietro, probabilmente qualcuno che vuole rovesciare il trono.”
“Hai un’idea di chi ci sia dietro?
Teorie?”
“Una. Ho visto degli uomini girare per il palazzo, tutti e due avevano tatuato un simbolo molto simile a quello dei ribelli di Naima.
Poi ho visto Naira parlare con loro, non ho capito molto della conversazione, so solo che a un certo punto il più giovane l’ha baciata e lei non si è sottratta.”
Johnny guarda fuori dalla finestra.
“Così Hen ha una moglie fedifraga?
Non mi stupisce, si sono sposati solo per saldare l’alleanza tra la luna e il pianeta, lei potrebbe benissimo non amarlo.
Mi inquieta un po’ che conosca quei due uomini, sembrano pericolosi da come me li hai descritti.”
“Lo sono o almeno hanno l’aspetto di due tizi pericolosi e la cosa non mi piace affatto.”
“Lo sai che l’aspetto conta poco.”
“Lo so, John, lo so. Ma credimi quei due erano davvero pericolosi, soprattutto per via di quel tatuaggio e non posso fare a meno di chiedermi perché Naira li conosca e quanto centrino in tutta questa serie di avvelenamenti.”
“Capisco. In effetti è tutto alquanto sospetto.”
“Molto sospetto, devo dire che sono felice di riaverti qui.”
Lui mi sorride.
“Sono felice di essere tornato e non temere vi proteggerò.”
“Grazie, Johnny.”
Un sospiro tremulo esce dalla mia bocca.
“In ogni posto io vada succede un casino, sarebbe meglio che mi metteste su un iceberg e mi abbandonaste al mio destino.”
Lui mi scompiglia i capelli.
“E Ava e Jonas?”
“Scusa, sto delirando. È che questa situazione mi mette sotto pressione.”
“Posso immaginare, ma non preoccuparti, adesso ci sono io e verremo a capo di tutto.
Siamo veramente gli alieni più sfortunati di tutto l’universo.”
“Già.”
Rispondo io con voce fioca.
“Non ti preoccupare, ne usciremo.
Come si sono ambientati i bambini?”
“Abbastanza bene, Ava soprattutto. Jonas ha ancora qualche difficoltà, ma va bene così.”
“Cosa dice Hen di tutta la faccenda?”
“Molto poco, brancolano nel buio lui e Vinny.”
“Vinny?”
“Ci credi che adesso è un generale?”
“Ci crederò quando lo vedrò, è stato persino buttato fuori dall’accademia militare perché non era in grado di seguire le regole.”
Io alzo le spalle.
“Dice che se l’è guadagnato sul campo.”
“Uhm, immagino. Io torno da Anne, se non ti fa niente, ho promesso di aiutarla con le valige e sai che piaga può diventare quando non le dai retta.”
Io rido.
“Ti ha domato! Ti ha completamente domato!”
Lui alza le spalle.
“A me va bene così. Adesso vado.”
“Ciao, Johnny!”
Ridendo e pensando a come era prima di stare con lei mi rendo conto che l’amore può davvero fare miracoli, il vecchio John l’avrebbe mandata al diavolo, quello attuale accetta, seppur di malumore.
“Dio, ogni tanto qualche miracolo lo fai sul serio, eh?”
Chiedo al nulla, poi me ne torno in camera, dopo pranzo potremmo fare una visita collettiva a Tom, penso che apprezzerebbe, deve essere una noia stare lì. Forse persino peggio di una noia, visto che giocano più o meno tutto il giorno con il suo cervello, per riuscire a risistemarglielo.
Come ho fatto a non accorgermi di quanto Tom fosse strano?
Perché ho lasciato che la sua situazione degenerasse fino a questo punto?
Forse perché l’amore rende ciechi.
Gran bella cosa.

 
Pranziamo tutti insieme, l’ilarità della mattina è già scemata in un clima neutro.
Non c’è paranoia e non c’è felicità, Hen deve avere capito che Johnny sa perché in un paio di occasioni l’ho visto lanciare occhiate prima a me e poi a lui.
Qualcuno doveva dirglielo, mio fratello non poteva certo aspettarsi che rimanesse un segreto, visto che qualcun altro potrebbe stare male o morire.
“Hen, non mi sembra felice che tu sappia.”
“Ho notato, ma credo sia da pazzi non dirti nulla. L’emergenza è tutt’altro che rientrata.”
Dopo questo breve scambio di battute riprendiamo a mangiare, gli altri sembrano tranquilli: Ava borbotta sulla sua pila di compiti e Jonas gongola perché uno dei suoi nuovi amichetti l’ha invitato alle pozze. Credo che questo irriti Ava perché anche lei ha ricevuto un invito, ma non ha potuto andarci per via dei compiti.
“Ava vi somiglia, anche lei non ama la scuola.”
“No, temo che non la ami, come quasi tutti ragazzini. Questa famiglia non è fatta per i genietti per ora, magari Jonas romperà la tradizione.”
“Magari. Però sarebbe noioso avere in casa un tipo pedante.”
“Penso si possa essere bravi a scuola, senza essere dei rompicoglioni.”
Lui annuisce.
Al pomeriggio Ava si chiude in camera sua e Anne si offre di accompagnare Jonas, così vedrà anche lei le famose pozze, rimaniamo solo io e Johnny.
“Devo fare un controllo su questo tizio.”
“Non fare casino.”
“So controllare le cose senza fare casino e posso già dirti una cosa, a Naira non va a genio che io sia qui. L’ho beccata guardarmi male di soppiatto un paio di volte.”
“Strano, ma se ha a che fare con quello che succede qui ha un certo senso.”
“Dai, usciamo in giardino. Ci aiuterà a pensare.”
Io lo guardo leggermente dubbiosa, ma alla fine lo seguo. Usciamo dal palazzo e seguendo uno dei tanti sentierini di ghiaia arriviamo al giardino, ci sediamo su una panchina sotto un grande albero che produce fiori bianchi.
“Ti ricordi? Era il nostro preferito.”
“Sì. Ma non farti strane idee, eh.”
Lui ride come un matto.
“Amo Anne, ti giuro che amo Anne.”
Chiacchieriamo ancora un po’, poi sentiamo qualcuno arrivare e lui mi prende per mano e mi porta nel cespuglio più vicino facendomi cenno di tacere.
Naira si siede sulla panchina su cui eravamo seduti poco prima io e Johnny e si guarda intorno nervosa, dopo un po’ arrivano il pizzaiolo e il suo amante.
Si scambiano veloci commenti nella loro lingua piuttosto astiosi, poi si calmano e iniziano a parlare distesi. Io non ci capisco nulla, Johnny – acquattato accanto a me come un puma – non si perde una parola del loro dialogo, lui sa la loro lingua.
Parlano per quelle che sembrano ore, poi finalmente Capelli Neri la bacia, il Pizzaiolo le batte una mano sulla spalla e poi se ne vanno tutti e due, Naria rimane ancora qualche attimo seduta sulla panchina, poi se ne va anche lei.
“Interessante.”
Mormora John.
“Illuminami.”
“Sono preoccupati per la mia presenza, pensano che gli sarò d’intralcio nel loro piano. Vogliono mettere sul trono un re proveniente da Naima e vogliono vendicarsi di qualcuno.
All’inizio Capelli bianchi ha rimproverato aspramente Naira per non averci provato di più, quando io non c’ero.”
“La cosa non mi piace per niente. Questo significa che lei è coinvolta e che bisognerà guardarsi il culo.”
“Sì, tuo fratello ha scelto una pessima sposa.”
Borbotta lui.
“Sì, ma adesso usciamo o Anne potrebbe pensare male.”
“Infatti mi stavo giusto chiedendo cosa ci steste facendo sotto questo cespuglio.”
La voce della sorella di Mark ci fa sobbalzare.
“Niente, ho avuto un’illuminazione su come funzionano le cose in questa corte.”
Anne alza un sopracciglio, Johnny la prende a braccetto e si allontana con lei per spiegarle tutto, io rimango da sola.
È presto per andare a prendere Jonas così decido di passeggiare un po’ per il giardino. Raggiungo il mio posto preferito e mi siedo su una panchina godendomi la pace del luogo: il sole, il lago, le ninfee, gli alberi in fiore.
Tutto molto bello e rilassante, ma quando hai dei tarli dentro non funziona, continuano a lavorare scavando gallerie di dubbi dentro di te.
Devo dire o no a mio fratello che sospetto di sua moglie per gli avvelenamenti o anche solo che vede gente sospetta?
L’Hen che ricordavo si sarebbe arrabbiato da morire, perché non ama che la gente ficchi il naso nelle sue faccende, soprattutto sentimentali. In questo caso però non c’è in gioco solo il suo matrimonio, ma la stabilità del paese così faticosamente conquistata.
Forse dovrei aspettare che Johnny raccolga qualche prova, la nostra non è un’accusa leggera e se ci sbagliassimo sarebbe un grosso guaio.
Rimango a guardare il lago calmo e piatto fino a quando non viene l’ora di andare a prendere Jonas, un po’ a malincuore mi alzo dalla panchina ed esco dal palazzo.
Arrivo alle pozze con cinque minuti di ritardo, Jonas non ci bada affatto perché sta chiacchierando con il bambino, la madre invece mi riserva un’occhiata di disprezzo.
Forse pensa che le principesse siano capaci solo di arrivare in ritardo, prendo Jonas che saluta allegro il suo amico e torniamo a casa.
Ava ha finito i suoi compiti e sta suonando la chitarra, dalla melodia direi “What went wrong”, stasera andremo da Tom e spero che vada tutto bene.
“Bentornati.”
Ci dice piatta.
“Belle le pozze, vero?”
“Bellissime.”
Risponde gioioso suo fratello.
“Già, lo immaginavo. Spero di poterci andare domani, sempre che il professore non mi carichi ancora di compiti. Sto odiando tutto questo studio, devo imparare persino la storia di questo pianeta, come se quella della Terra non fosse abbastanza complicata!”
“Ava, lo sai…”
“Che è per il tuo bene. Sì, lo so.”
Mi risponde un filino esasperata.
“Vado a farmi una doccia.”
Se ne va e Jonas alza le spalle, non capisce gli sbalzi di umore della sorella e non credo gli interessino molto per ora.
Quanto vorrei tornare ad avere la loro età e poche preoccupazioni!
A volte persino una come me crolla e avrebbe bisogno di una vacanza, ma temo di non potermene concedere una.
Sospiro sconsolata e sposto la chitarra di Ava dal mio letto.
Forza e coraggio, Jen! Ce la puoi fare!”
Ne hai affrontate di peggiori.
 

Dopo cena andiamo tutti da Tom, inclusi Anne e Johnny.

Lei mi sembra piuttosto a disagio, continua a guardarsi intorno nervosa mentre percorriamo i corridoi dell’ospedale.

“Tutto bene, Anne?”
“Ehm, sì. Solo che non mi piacciono gli ospedali.

Da piccola mi hanno portato a visitare la nonna ed è praticamente morta quando c’ero anche io anche nella stanza.”
“Ah, mi dispiace.”
Le dico solidale.

In ogni caso siamo arrivati, la porta della camera di Tom è davanti a noi e io abbasso la maniglia, lui sta fumando alla finestra.

“Lo sai che non potresti fumare, vero?”

“Teoricamente sì, ma non sono molto severi qui.”
Si volta e sorride.

“Anne, Johnny!”

Abbraccia tutti e due, poi abbraccia noi.

“Allora, come state?

Come è andata la vacanza?”

“Bene, direi.”
Risponde lei con un sorriso.

“Abbiamo visitato il villaggio dove è nato il nostro punkettone tutto d’un pezzo ed è davvero carino, per non parlare del mare.

Cristo, non ho mai visto un mare così cristallino e si surfa da Dio, quando hai finito qui devi assolutamente venirci.”
Lui sorride.

“Beh, vedrò di sbrigarmi. Non so nemmeno io come ho fatto a ficcarmi in questo guaio.”

“Perché sei una testa di … rapa estremamente curiosa e la curiosità uccide il gatto. Lo dice anche il proverbio, DeLonge.”
“Johnny, mi mancavano le tue battutine sarcastiche.”

Lui ghigna.

“Lo so, lo so. Manco a tutti alla fine.”

Scoppiamo tutti a ridere. John si informa sulle terapie che sta facendo Tom e sui suoi progressi.

“Non hai fatto amicizia con nessuno?”

Gli chiede curioso.

“Non posso uscire molto spesso dalla stanza e il mio compagno di stanza… beh, ha il cervello talmente danneggiato che non riesce ancora a parlare per ora. Comunichiamo a gesti, ma loro sono fiduciosi: guarirà.”

“Oh, bene. Meglio per lui, no?”

“Sì, anche se non ho mai visto nessuno venire a trovarlo.”

“Triste.”

Commenta Ava.

“Ciao, signore.

Spero che lei guarisca presto.”
L’uomo la guarda un attimo e poi le sorride grato.

“Brava, Ava.”

Le dico sottovoce.

“Hai fatto una cosa davvero carina.”

“Mi sembrava giusto farla, è davvero triste che nessuno si preoccupi di lui.”

“Già.”

Continuiamo a parlare ancora un po’ con un Tom di buon umore, sono felice che sia così e che non si sia ancora presentata un’altra crisi.

L’idea di Johnny di conoscere altri alieni sembra averlo fatto felice e sono sicura che d’ora in poi gironzolerò spesso per i corridoi dell’ospedale per trovare qualcuno con cui scambiare de parole.

Me lo vedo tartassare di domande un povero paziente innocente, che ha la sola “colpa” di essere alieno.

Ce ne andiamo tutti alle dieci.

“Mi sembra in buona forma.”

“Per ora lo è. Lo sai che ogni tanto ci saranno crisi periodiche, ce n’è già stata una.”

Lui annuisce, ricordandosi della gente con il cervello fritto che abbiamo incontrato.

“Piano piano diminuiranno e sono sicuro che questo ospedale sia il migliore.”

“Così mi ha detto Hen.”
“Fidati di lui.”

“Sì.”
Johnny sorride.

“Sentite, vi va un caffè o un gelato?

Non ho voglia i tornare a palazzo.”

Ava e Jonas gridano un “sì!” all’unisono, io e Anne ci guardiamo e poi alla fine decidiamo che è una buona idea.

Ci infiliamo in un caffè che vende anche caffè, i bambini prendono il gelato e noi del cappuccino.  Onestamente non avevo voglia nemmeno io di tornare al palazzo, inizio a sentirmi prigioniera di quel posto e mi manca da morire casa mia, quella che ho arredato secondo i miei gusti e che conosco bene.

“Che c’è, Jen?”

Mi chiede Johnny.

“Niente, mi manca casa mia. Mi manca la California, il suo sole, il suo mare, la casa che ho arredato con tanta cura e tanto amore.

La stanza che abbiamo a palazzo è bellissima, ma non la sento mia.”

“Tu non hai mai avuto l’anima di una principessa, ma di un’avventuriera, curiosa esattamente come Tom, ecco perché ti trovi a disagio.

Senti il peso dei tuoi doveri.”

“Sì, a volte è terribilmente seccante vestirsi elegante e andare a feste a cui devi sorridere a perfetti sconosciuti per evitare incidenti diplomatici.”

Siamo seduti fuori, la gente in strada ci passa vicino e in cielo brillano le due lune e le stelle.

“Qui è bello, ma non come la Terra.”

Lui rimane in silenzio, lui è quello che ci ha messo di più ad abituarsi all’idea di vivere sulla Terra e che ha sempre cercato questo pianeta per trovare una casa.

“Sì, hai ragione.

Alla fine ce l’ho fatta a mettere radici e devo ringraziare solo Anne.”

Riprendiamo a guardare il cielo sorridendo, come due persone che condividono un segreto ed è in effetti così. Entrambi amiamo la Terra perché amiamo dei terrestri e saremmo pronti a dare la nostra vita per loro.

Curiosa la vita.

 

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Capitolo 14
*** 13)Ava è in pericolo. ***


13)Ava è in pericolo.

 

Questa mattina il sole decide di stare nascosto tra le nuvole. La luce che entra nella mia camera è fredda e grigia. Mi sa che oggi Jonas dovrà saltare il suo appuntamento alle pozze e rimanere a casa.
Con uno sbadiglio scendo dal letto e mi butto sotto la doccia, cercando di mettermi di buon umore canticchiando. Non ci riesco, oggi ho l’impressione che succederà qualcosa di brutto.
Vado a bussare alla camera dei ragazzi e li trovo in piedi, già vestiti.
“Avete fame stamattina?”
“No, questo scemo mi ha fatti impazzire perché è convinto che andrà alle pozze.”
Io rivolgo a Jonas uno sguardo dispiaciuto.
“Tesoro, c’è brutto tempo, oggi si sta a casa.”
Ava sorride impercettibilmente.
“Ma mamma! Avevi promesso!”
“Ci andremo domani, oggi non è il caso.”
Con un’Ava che trabocca di silenzioso trionfo e un Jonas imbronciato scendiamo a fare colazione, mio fratello e Johnny stanno parlando, Anne e Naira si studiano silenziosamente.
“Buongiorno!”
“Buongiorno!”
Ci sediamo a tavola e io inizio a imburrare una fetta di pane, Ava inizia a mangiare i suoi cereali. Ne mangia solo due cucchiaiate e subito si porta una mano alla gola, come se non riuscisse a respirare, io mi paralizzo.
“Ava!”
Urlo, Johnny si alza di scatto – buttando a terra la sedia – e le fa tenere aperta la bocca per far si che non soffochi con la lingua. Anne chiama l’ospedale, io non posso credere a quello che i miei occhi mi stanno mostrando: mia figlia è stata avvelenata!
Vorrei fare qualcosa – andare da lei, urlare, portare via Jonas, qualsiasi cosa – ma non riesco a fare nulla, il mio corpo si rifiuta di collaborare e mi tiene incollata a questa sedia, mentre mia figlia rantola in un modo orribile.
Il mio cuore si spezza in non so quanti pezzi e sento qualcosa di bagnato sulle mie guance: lacrime.
“Hen, portala via di qui.”
Urla Johnny, intanto sento dei rumori di passi, i paramedici probabilmente stanno arrivando. Hen fa per avvicinarsi a me, ma io lo respingo e mi lancio su mia figli accanto a Johnny e stendo una mano su di lei.
Poco dopo entrano nella stanza i paramedici e la caricano su una barella, io li seguo frenetica ed entro nell’ambulanza. La attaccano al respiratore e cominciano a parlare in modo concitato mentre il veicolo si muove rapido nel traffico.
“Ce la farà?”
Chiedo a uno dei paramedici.
“Non lo sappiamo, signora. Probabilmente sì, visto che ci avete chiamato subito.”
Sento il mio cuore battere troppo veloce contro la cassa toracica, Ava non può morire, è troppo giovane per farlo!
Non ha ancora vissuto la sua vita, non si è mai innamorata, non ha mai dato il primo bacio, non ha ancora fatto nulla!
Arriviamo all’ospedale e io seguo la barella fino a quando una mano gentile mi ferma, io guardo stralunata l’infermiere.
“Non può entrare in sala operatoria, signora.
Si sieda qui in sala d’attesa.”
Io annuisco stupidamente e mi lascio cadere su una delle sedie, priva di forze, mi prendo la testa tra le mani e inizio a piangere silenziosamente.
Piango per quelle che mi sembrano ore, poi sento dei passi e vedo Hen e Johnny avvicinarsi titubanti, si siedono anche loro e mi lascio abbracciare da Jo.
“Non avrei mai dovuto venire qui, Jo.
Li ho messi in pericolo, tutti. Avrei dovuto trovare un modo per guarire Tom sulla Terra.”
“Jen, non hai messo in pericolo nessuno, non avevi idea che qui sarebbe finita così o non li avresti mai portati qui. Credimi, non saresti riuscita a guarire Tom da sola, lo sai benissimo che quando si tocca la mente si fa casino e per ripararlo servono persone competenti. Persone che sulla Terra non ci sono.”
Io sospiro.
“Ma sono in pericolo ora.
Dov’è Jonas?”
“Con Anne.”
“Come sta?”
“Scosso, quando l’abbiamo lasciato stava piangendo perché era preoccupatissimo per la sorella.”
“Merda, non gli ho detto nemmeno una parola!”
Mi prendo la testa tra le mani.
“Sono una madre terribile”
“No, eri e sei solo spaventata.”
“E se Ava non ce la facesse?
E se succedesse la stessa cosa che è successa con Isabel?”
Johnny scuote con forza la testa.
“Non succederà. Ava ce la farà.”
Io rimango un attimo in silenzio, per riordinare i  miei pensieri confusi.
“Troverò quel figlio di puttana che l’ha ridotta così e lo farò pentire di essere nato, lo giuro.”
“Jen, potrebbe essere pericoloso…”
Io lo guardo con occhi di fuoco.
“Non mi importa, quel bastardo deve pagare e sono io che lo devo annientare. Non avrebbe mai dovuto toccare uno dei miei figli. Adesso saprà cosa vuol dire stuzzicarmi!”
Il mio amico mi guarda come se non mi avesse mai visto.
“In questo momento sei uguale ad Ava, la principessa.”
Io scuoto le spalle, non mi interessa a chi assomiglio, voglio solo lo scalpo di chi ha osato fare del male a mia figlia. Lei è innocente, non c’entra nulla con gli intrighi di palazzo, le ribellioni, le lune e tutta quell’altra merda che caratterizza questo pianeta.
Lei è solo una ragazzina, una normalissima ragazzina, non una principessa.
Dal dolore sono passata alla rabbia e ora ho l’impressione che qualcosa mi bruci nel petto, ma non è positivo. È qualcosa di forte e che consuma.
Hen mi guarda e poi si alza.
“Vado a prenderti del the, ne hai bisogno.
Tu non ti muovere.”
“Dove credi che vada con mia figlia in sala operatoria?”
“Ava, conosco quello sguardo. È quello che hai quando stai per fare una cazzata perché sei incazzata. Bene, non farla.
Cerca di stare calma e aspetta almeno di sapere come sta Ava.”
Io annuisco e lo guardo andare via.
“Me la pagheranno e se c’è anche Naira coinvolta, io ti giuro che la ammazzo!”
“Stai tranquilla.”
Ma come faccio a stare tranquilla quando mia figlia è in pericolo di vita una porta più in là?

 
Il tempo scorre lento, guardo fuori dalla finestra e vedo il sole splendere luminoso a mezzogiorno e poi sfumare lentamente nel pomeriggio.
Dalla sala operatoria non c’è ancora nessuna notizia e io muoio dalla voglia di fare qualcosa, voglio vendicarmi di quei bastardi.
Voglio che soffrano come sto soffrendo io in questo momento, con le lacrime che mi scorrono sul volto, senza pensare ad altro che sono stata io a portare Ava qui ed esporla a un pericolo.
“Dovresti andare da Tom.”
La voce di Johnny mi fa sobbalzare.
“Per dirgli cosa? Scusa, nostra figlia è stata avvelenata, ecco perché non può venire?”
“Penso dovrebbe saperlo.”
Io rimango in silenzio.
“Non voglio che pensi che sono una cattiva madre.”
“Beh, presto dovrai dirglielo.”
Io lo guardo senza capire.
“Quell’uomo che si sta avvicinando di corsa mi sembra proprio Tom.”
Io m volto e vedo un uomo dai capelli castani che corre con la braghe di una tuta e una t-shirt dei blink.
Merda.
“Jen! John! È vero quello che dicono?”
Io deglutisco.
“Cosa dicono?”
“Che Ava è ricoverata…
Oh, cazzo! È vero?”
Probabilmente gli è bastato guardare più attentamente il mio viso pallido e segnato dalle lacrime per capire che non era una bugia, che la sua unica figlia è in pericolo di vita.
“Come è successo?”
Io non rispondo, le lacrime gocciolano dalle mie guance alle mie mani aperte.
“Durante la colazione, stava mangiando i suoi soliti cereali quando ha iniziato a comportarsi come se le mancasse l’aria.
Abbiamo chiamato un’ambulanza e ora è in sala operatoria.”
Risponde Johnnie al mio posto.
“Jonas ha visto tutto.”
“Sì, ora è con Anne!”
Tom si prende la testa tra le mani, poi mi attira a sé e io nascondo la mia testa nell’incavo delle sue ascelle.
“Vi hanno detto qualcosa?”
“No.”
Poco dopo esce un medico e ci alziamo tutti e tre.
“Chi sono i genitori?”
“Noi!”
Esclamo indicando me e Tom
“E lui è lo zio.”
Preciso poi indicando John.
“Vostra figlia è stata avvelenata da un veleno molto raro e difficile da reperire qui, su Naima invece è molto comune.”
Ci guardiamo tutti e tre, io digrigno i denti.
“Ci vorrà qualche tempo per preparare l’antidoto, ma non vi preoccupate: siamo perfettamente in grado di tenerla in vita.
Rimarrà in coma fino a quando non reperiremo il veleno.
Mi dispiace molto.”
L’uomo se ne va, Johnny e Tom si siedono annichiliti, io invece comincio a prendere a calci il bidone della spazzatura per scaricare in qualche modo la rabbia.
“Jen, cosa stai facendo?”
“Sfogo la mia rabbia! La mia unica figlia è in coma e io sono fuori di me dalla rabbia, me la pagheranno, lo giuro!
Adesso sì, sapranno cosa vuol dire avermi come nemico!”
Urlo fuori di me, poi me ne vado, lasciandoli basiti.
Torno a palazzo e vado subito in camera dei bambini, Jonas sta piangendo tra le braccia di Anne.
“Jen, finalmente! Ci sono buone notizie?”
“Non esattamente.”
Mio figlio mi guarda smarrito e io lo prendo in braccio.
“Come sta Ava?”
“Dorme, tesoro. Ha mangiato una cosa molto cattiva che l’ha fatta stare male e ora dorme.”
“Ma si sveglierà, vero?”
“Certo!”
Lui mi guarda, come per assicurarsi che io non gli menta.
“E quando?”
“Quando il dottore avrà trovato la giusta medicina. Ci vorrà un po’, ma la troverà e Ava si sveglierà.”
“Posso venire a trovarla.”
Io rimango un attimo in silenzio, non so nemmeno se possiamo visitarla, ma non me la sento di dire di no a Jonas.
“Va bene, puoi venire.”
“Vengo anche io.”
Mi risponde ansiosa Anne, forse ha paura di essere avvelenata e non posso biasimarla con tutti questi attacchi che si sono succeduti!
“Aspettate un attimo!”
Jonas prende il suo orsacchiotto preferito e poi si fa di nuovo prendere in braccio.
“Se Ava deve dormire tanto, lascio lui a vegliare su di lei:”
Gli occhi mi si riempiono di lacrime per il pensiero carino, ma me le asciugo subito.
“Hai avuto un’idea davvero carina. Sono convinta che Ava lo apprezzerà molto.”
Usciamo dal palazzo, io lancio un’occhiata gelida a Naira, che ricambia con quello che sembra odio nei suoi occhi chiari.
È lei la mente dietro a tutti questi attentati, ne sono convinta, o se non è la mente è una pedina molto importante. Vorrei avere più notizie su di lei.
-C’è ancora l’archivio in cui sono schedati i nuovi membri della famiglia reale?-
Chiedo a uno dei miei soldati.
-Sì, si trova esattamente dove si trovava prima.-
-Credo che stanotte gli darò un’occhiatina.-
-Di chi sospetta, principessa?-
-Di Naira, l’ho vista in compagnia di persone piuttosto sospette e penso facciano parte del movimento indipendentista.-
-Capisco.-
Arrivati all’ospedale troviamo Tom e Johnny dove li avevo lasciati, Anne si lancia tra le braccia di Jo e Jonas in quelle di suo padre.
“Vi hanno detto se possiamo vederla?”
“Sì, è appena passata un’infermiera. Uno alla volta possiamo vederla.”
“Ok, è ok se io e Jonas entriamo per primi?”
Annuiscono tutti.
L’infermiera arriva poco e io e mio figlio la seguiamo senza dire una parola, credo che Jonas abbia di nuovo paura.
La donna si ferma davanti a una porta verde ci fa indossare delle vesti e poi – finalmente – ci dà il permesso di entrare. Il mio cuore si stringe davanti a quello che vedo: Ava è stesa a letto e il suo corpicino è attaccato a un ammasso di tubi e tubicini che servono per tenerla in vita.
La rabbia ribolle di nuovo, non è giusto!
Niente in questa stanza è giusto!
Ci avviciniamo al suo letto piano, come per non disturbarla – sebbene sappiamo entrambi che non ci può sentire –   e Jonas si siede sul bordo.
“Ciao, ti ho portato il mio orsacchiotto così non sarai da sola, vedi di svegliarti presto.”
Mi siedo su una delle sedie e le accarezzo piano i capelli.
“Perdonami per averti portata in un territorio ostile, ma – te lo giuro – credevo di fare la cosa giusta. Troverò chi è stato e la pagherà.
Ti sveglierai presto, tesoro. Fai bei sogni intanto.”
Inizio di nuovo a piangere.
“Ti voglio bene, Ava, non morire.”
Io e Jonas ci stringiamo, piangendo insieme.
Alla fine lasciamo la stanza e cediamo il posto a Tom, che entra da solo, con uno strano sguardo stralunato: come se credesse che nulla di quello che sta succedendo qui sia vero, che sia solo uno scherzo di pessimo gusto.
Povero amore mio, come ti scontrerai presto con la realtà!
La realtà fa male, la realtà schiaffeggia!
“Ce la faremo!”
Sussurro a Jonas, forse per rassicurare più me che lui.
“Sì, mamma. Ava si sveglierà.”
“Già.”
Poco dopo esce Tom, è pallido come un cencio e mi sbrigo a farlo sedere prime che svenga.
“Non ci posso credere.”
“Nemmeno io, ma si sveglierà, Tom. Troveranno l’antidoto.”
“Sì, ma quando? Quando sarà morta?
Fatemi uscire di qui che devo uccidere il bastardo che ha ridotto mia figlia!
Fatemi uscire!!”
Le sue urla richiamano un gruppo di infermieri che lo portano via, nonostante lui tenti in ogni modo di svincolarsi e ritornare accanto a me.
Io sono sull’orlo delle lacrime.
Non ce la faccio più! Qualcuno fermi questo pianeta del cazzo e mi faccia scendere, devo vomitare!
“Mamma, stai bene?”
Mi chiede Jonas.
“Sì, JoJo… Io… puoi stare un attimo con gli zii?”
Lui annuisce e io me ne vado, con l’andatura di uno zombie bastonato. Devo assolutamente fumare una sigaretta: è l’unico modo che conosco per schiarirmi le idee.
Lungo il corridoio trovo un’uscita di sicurezza che dà sulla scala e mi accendo la mia agognata sigaretta cercando di mettere in ordine i miei pensieri.
Il primo che mi tormenta è l’espressione gelida di Naira, come se non le importasse molto che Ava fosse stata avvelenata.
Tutto questo contrasta con la sua prima reazione scioccata, o ha finto la prima o ha finto ora; io propendo per la prima ipotesi. Forse il tizio morto al banchetto era solo una prova e direi che è riuscita perfettamente.
Forse l’unica perché poi le vittime sono sopravvissute, senza poter comunque dire chi fosse il colpevole.
Potrei chiedere a uno dei miei soldati se ha visto qualcuno di sospetto in cucina, dubito che mi possa utile, ma non si sa mai.
-Ehi.-
-Sì, principessa?-
-Potreste controllare se stamattina c’era qualcuno di insolito nelle cucine?-
-Sì-
Nel frattempo io continuo a fumare, convincendomi sempre di più che lei c’entra qualcosa. È il mio istinto che lo grida e ho imparato che il mio istinto è spesso nel giusto.
-Principessa?-
-Sì?-
-Non abbiamo scoperto nulla.-
-Non fa niente, grazie per averci provato.
Stasera farò un giro nell’archivio.-
-Adesso è meglio che torni dentro.-
-Avete ragione.-
Schiaccio la cicca della mia sigaretta nell’apposito portacenere e torno dentro. Johnny e Anne stanno tentando di tirare su di morale Jonas con scarsi risultati.
“Mamma!”
Urla quando mi vede e mi si fionda in braccio.
“Pensavo ti fosse successo qualcosa.”
“No, ho solo fumato una sigaretta.”
Lui aggrotta le sopracciglia.
“Ma fanno male.”
“Non a quelli come noi.”
“Ho fame.”
Io guardo Johnny e Anne.
“Che ne dite di andare a mangiare in una pizzeria, non credo che Hen si offenderà dopo quello che è successo.”
Annuiscono entrambi e usciamo dall’ospedale, adesso sono due le persone a me che sono ricoverate lì e il numero non deve aumentare.
“Cosa facciamo, Jen?”
“Stasera farò un giro nell’archivio e poi vedrò.”
“Vengo con te.”
Io annuisco con un sospiro, un complice mi sarà utile.
Sono stanca di segreti e sono stanca di questo palazzo, molto stanca.
Pensavo che avrei avuti un po’ di pace una volta arrivata qui, inutile dire che mi sbagliavo.
Che rabbia!
È tutta colpa mia se siamo in questa situazione, non potevo essere un’aliena qualunque?

 

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Capitolo 15
*** 14)La fine del gioco. ***


14)La fine del gioco.

 

Sono passati anni da quando ho fatto qualcosa di segreto di notte e Johnny è – come al solito – il mio complice.
Ce ne siamo andati all’ospedale tardi – Ava è ancora in coma e sono passata da Tom, mi è sembrato più calmo, forse gli hanno iniettato qualcosa –  e ci fermiamo in un’altra pizzeria.
Siamo tornati a palazzo solo per scoprire che non c’era nulla di nuovo, nessuna ha idea di chi abbia avvelenato mia figlia.
Ho fatto buon viso a cattivo gioco e me sono andata a letto con mio foglio, Anne e Jo hanno seguito il mio esempio.
Ci ho messo un’eternità per farlo addormentare, ma alla fine ha ceduto ed è arrivata Anne, pronta per vegliarlo.
“Non fate cavolate.”
Ci ha raccomandato prima che io e Johnny sparissimo nei corridoi bui del palazzo, attenti alle guardie e ad altri eventuali visitatori notturni.
L’archivio è situato in un sotterraneo ben protetto, vi hanno accesso solo i membri della famiglia reale e pochi altri, perché contiene informazioni molto importanti. Una parte di questa sterminata raccolta di documenti è composta da dossier dei nuovi arrivati della famiglia reale, mogli e mariti che appartengono sia alla nobiltà di questo pianeta sia di altri.
Ci dovrebbe essere anche il fascicolo di Naira, ma prima devo verificare una cosa.
“Tu hai il permesso di accedere all’archivio, vero?
Se non l’avessi si scatenerebbe un putiferio per via dell’allarme.”
“Il vecchio Rath ce l’aveva, quindi suppongo di averlo anche io.”
“Ho capito, è come la roulette russa, speriamo non succeda nulla.”
Scendiamo le scale buie e ci troviamo davanti a una porta di metallo, è fatta di una lega praticamente indistruttibile, nemmeno i ribelli e le loro armi l’hanno scalfita.
Io appoggio la mia mano su di una pietra e fisso il mio sguardo su un’altra. Lentamente e senza fare rumore la porta si apre e io entro, Johnny fa lo stesso e non succede nulla.
Dopotutto ha il permesso per entrare, per fortuna.
Una volta entrati tutti e due la porta si richiude dolcemente.
“Hai portato le torce? Ci serviranno con questo buio.”
“Eccole.”
Ne porgo una a Johnny e ne tengo una per me.
Iniziamo a camminare tra gli scaffali,  l’archivio è in fondo al corridoio, prima ci sono i brevetti delle nostre armi e invenzioni e la nostra storia.
Inizia a fare freddo e le luci proiettate dalle nostre torce sono spettrali, sembra di entrare di notte in un cimitero. Qualcosa sembra suggerirci che abbiamo sbagliato orario e che i visitatori notturni non sono molto graditi.
Ignoriamo questa sensazione e andiamo avanti fino a trovare finalmente quello che cerchiamo: migliaia di fascicoli su tutti gli sposi e le spose, con un moto di sorpresa Jo trova persino il suo.
È precisissimo, ci sono tutti i particolari della sua vita e della sua morte, incluso il fatto che è stato clonato e le impressioni recenti sul nuovo clone.
“Cazzo, ma sono aggiornatissimi.”
“Lo so, Hen da piccolo mi diceva che c’erano dei funzionari incaricati di spiare….
Johnnie, cazzo!
Il tizio che è morto, non è stata una prova generale come pensavo, ma il funzionario che doveva tenere d’occhio Naira, ci giurerei. Alla fine del fascicolo ci sono le foto e i nomi di chi ci controlla.”
Lui deglutisce.
“Se così fosse lei ha qualcosa da nascondere e oserei dire che si tratta di roba grossa.”
“Lo penso anche io.”
Apriamo il fascicolo e purtroppo il nobile morto non è altro che il suo funzionario, questo è quanto meno sospetto. All’improvviso sentiamo dei rumori, prendiamo il fascicolo di Naira e un altro paio e poi vengo trascinata via da Johnny.
-Cosa succede?-
-Qui c’è qualcuno e cercano anche loro i fascicoli.-
-Come hai fatto a capirlo?-
-Li ho sentiti parlare, tu eri troppo distratta dal fascicolo.-
Corriamo senza far rumore tra lunghe file di scaffali, svoltando a volte a destra a volte a sinistra.
-Dobbiamo uscire qui prima di loro.-
Alla fine ci ritroviamo davanti alla porta e veniamo di nuovo scannerizzati, con un certo nervosismo da parte nostra questa volta, alla fine si apre e ci lascia uscire.
Percorriamo i corridoi di corsa e raggiungiamo più presto che possiamo la mia camera, a volte ho l’impressione che qualcuno ci segua e non mi piace per niente.
Alla fine entriamo in camera mia, spranghiamo i due ingressi e mettiamo due soldati a guardia, Anne dorme nel letto con Jonas.
Io e Johnny andiamo in camera mia e apriamo il fascicolo di Naira e lì apprendiamo con orrore che lei non è la vera figlia del re di Naima, è solo la figlia adottiva.
I suoi veri genitori sono i capi dei ribelli di Ioria ed è la sorella di Joel, fin da ragazzina ha avuto contatti con i ribelli del suo pianeta all’insaputa dei suoi genitori.
“Johnny, è la sorella di Joel e non è tutto.”
“La sorella di Joel?!
Cristo, ci credo che ti vuole vedere morta! Cosa altro c’è?”
“Ha avuto una relazione con il vice capo dei ribelli, il ragazzo dai capelli neri.
Poi racconta del matrimonio e si interrompe bruscamente, probabilmente non hanno ancora trovato qualcuno che sostituisca che compilava questo dossier.”
“Siamo in pericolo!
Forza, sfogliamo gli altri due fascicoli, sono del ragazzo moro e del vecchio.”
Li apriamo.
Il giovane dai capelli neri che ha baciato Naira altro non è che l’attuale capo dei ribelli, la sua famiglia è stata sterminata dai soldati del nostro pianeta e si è unito fin da giovane alle forze ribelli. Sul campo ha dimostrato una discreta abilità, soprattutto nell’uso dei veleni e soprattutto quando Naira collaborava con lui, insieme erano noti come squadra della morte.
Sono scioccata, come hanno permesso che una donna del genere entrasse a palazzo?
Continuo a leggere.
Hanno agito insieme per tre anni – dai quindici ai diciott’anni – poi sono stati fermati, Illen, il ribelle, è riuscito a scappare, Naira è stata consegnata alla sua famiglia perché decidesse cosa farne.  Alla fine non è stata punita nemmeno con un giorno di carcere perché ha più volte affermato che Illen aveva minacciato di uccidere la sua famiglia se lei si fosse ribellata.
Per dimostrare la sua fedeltà si è sposata con il principe, ma si sospetta che tra lei e Illen i contatti non si siano mai interrotti.
Questo non è un sospetto, è la realtà.
“Come hanno potuto permettere a mio fratello di sposare una persona così sospetta?
Ha un passato da terrorista.”
“Se ho inquadrato bene Naira sa fingere molto bene, un suo pentimento sarebbe potuto sembrare sincero e poi dal suo fascicolo risulta che i suoi genitori adottivi sono molto affezionati a lei, perché non possono avere figli.”
“Merda.”
Esclamo, disgustata da quella donna.
-Principessa!-
-Dimmi!-
-Stanno tentando di forzare le serrature.-
-Bloccatele, create una barriera. Pensate sia possibile?-
-Con il suo aiuto, sì.-
-Va bene.-
Mi alzo dal letto e inizio a pronunciare un’antica formula nota solo ai reali e sento un velo di energia alzarsi intorno alla mia camera e a quella dei bambini.
-Come sta andando?-
-Se ne stanno andando, sono feriti-
-Per caso erano un ragazzo dai capelli neri e un uomo di mezza età con i capelli bianchi?-
-Sì.-
-Grazie, come immaginavo.-
“Illen e il suo socio volevano fare irruzione.”
Johnny impreca.
“Manca solo lui, il vecchietto.
Forza, leggiamo il suo fascicolo.”
Il vecchietto risulta essere un veterano della guerriglia su Ioria, ha iniziato a combattere a quindici anni e non ha mai smesso. Ha dato il suo sostegno a Joel e alla squadra della morte, fino a diventare il braccio destro di Illen per la sua grande esperienza.
Si chiama Ren e sono pochi quelli che possono ricordare il suo viso dopo averlo incontrato in battaglia, risulta essere un guerriero abilissimo e spietato. Di solito non raccoglie prigionieri, preferisce uccidere, a meno che sappia che chi deve affrontare sia a conoscenza di informazioni importanti.
“Bene, abbiamo a palazzo nientemeno che il capo della guerriglia su Ioria e il suo braccio destro noto per non lasciare persone vive e nessuno se ne è accorto.”
“Non è possibile.”
“Si sono camuffati bene e hanno Naira che li aiuta dall’interno, non è poi così difficile, se poi ci aggiungi che sono pochi a conoscere le loro facce.”
“Dobbiamo toglierli di mezzo.”
“Partiamo da Naira.”
Johnny scuote la testa.
“È la moglie di tuo fratello e prima di farlo dobbiamo avvisarlo dei tuoi sospetti e mostrargli questa roba. Non puoi semplicemente prenderla, attirarla in una stanza e farla fuori.”
Invece è esattamente quello che farò prima che metta le mani su Jonas o su altre persone che amo.
Probabilmente me lo si legge in faccia perché Johnny sospira.
“Almeno dormici sopra e non fare cavolate.”
Io annuisco, più per compiacerlo che per altro, la mia decisione è già stata presa. Quella donna morirà e sarò io a ucciderla, così impara a mettersi contro di me e contro la mia famiglia.
Toccare mia figlia è stato un grave errore, perché ora non voglio più solo fare giustizia, voglio una vendetta con i fiocchi e non c’è niente di peggio che una madre inferocita.
“Andiamo a letto, tu dormi nel letto di Ava, io nel mio. Penso saremo al sicuro.”
Lui annuisce e va nell’altra stanza, lasciandomi da sola. Io tocco la milleottanta con un ghigno che ha poco di rassicurante e, una volta messa in pigiama, mi addormento subito.

 
La mattina dopo mi sveglio lucida, so cosa fare e come ucciderla.
Sarà lei a fare la prima mossa, ma questa volta – come è successo con suo fratello – non mi troverà impreparata e darò battaglia. Lei morirà, questo è certo.
L’unico per cui provo dispiacere è mio fratello, che probabilmente soffrirà molto per la sua perdita, sembra amarla molto.
Beh, troverà una donna più adatta a lui e priva di tendenze omicide.
Mi butto sotto la doccia e mi faccio trovare sorridente sia da Johnny che da Anne, solo Jo capisce che il mio sorriso è falso, infatti mi chiede di parlare con lui intanto che Anne sveglia a lava Jonas.
“Cosa hai in mente, Jen?”
“Risolvere i conti con Naira, sono certa che oggi proverà a farmi fuori con la scusa di fare qualcosa insieme, tipo cucito o cose da principesse.”
Lui fa per aprire bocca, ma io non gli lascio il tempo di parlare.
“Di’ ad Anne di stare con Jonas e di non mollarlo nemmeno per un secondo, tu invece vai da Ava.”
“Non ci penso nemmeno, vengo con te.”
“So badare a me stessa, piuttosto bada ad Ava.”
“È in un ospedale!!”
“Pensi che questo li possa fermare? Questo è un palazzo reale e pensa che sono riusciti a superare tutte le nostre difese, cosa vuoi che sia un ospedale?
Va da lei e non mollarla per nessuna ragione.”
Lui deglutisce.
“Jen, stai attenta.”
“Sì, lo farò. I miei figli non rimarranno orfani per colpa sua, ma devo risolvere questa situazione una volta per tutte. È ora che la squadra della morte smetta di esistere.”
“Il tuo tono non mi piace, vacci piano. Sono assassini professionisti.”
“Ti ho già detto che ci andrò piano, ma deve pagare come Joel!”
Un lieve bussare interrompe la nostra discussione.
È Anne e ci guarda leggermente confusa.
“Ragazzi, se avete, ehm, finito potremmo andare.”
“Sì, abbiamo finito.”
Rispondo io sorridendo, lasciando un Johnny piuttosto preoccupato per me.
Scendiamo nella sala da pranzo e – come al solito – ci sono lui e sua moglie, io e lei ci misuriamo con due occhiate gelide.
Sembriamo due leoni in procinto di combattere ed è esattamente così, lo sappiamo entrambe.
Facciamo colazione in silenzio, persino Hen rinuncia a conversare, ho l’impressione che stia pensando intensamente a qualcosa di poco piacevole. Non ho voglia di chiedergli cosa sia, lo farò dopo, una volta sistemata la sua mogliettina.
“Jen?”
Finalmente lei mi rivolge la parola.
“Sì?”
“Che ne diresti di venire in biblioteca oggi pomeriggio? Potremmo fare qualcosa per tua figlia.”
“Sì, perché no?”
Dico io fintamente affabile, Johnny mi lancia un’occhiata in tralice, chiaramente scontento della piega della conversazione.
Infatti quando finiamo di fare colazione, mi sussurra: “Mi auguro che tu sappia quello che stai facendo.”
Io annuisci secca.
Sì, lo so.
Lo so che ho accettato un appuntamento con un’assassina e rischio grosso, ma questa storia deve finire.
“Voi fate quello che vi ho detto.”
Johnny annuisce altrettanto seccamente.
 

Il pomeriggio arriva velocemente.
Per non far insospettire Naira metto la milleottanta in una tasca facilmente raggiungibile del vestito e cerco di appiccicarmi al volto il sorriso più ingenuo e cordiale che mi riesce.
La biblioteca è deserta, ma questa non è una novità è sempre deserta. Per un motivo a me sconosciuto si è deciso di non renderla accessibile al pubblico se non dopo aver inoltrato una richiesta che verrà meticolosamente controllata da un funzionario addetto.
Naira è seduta su una sedia con degli aghi vicino a lei.
“Buongiorno, come sta tua figlia?”
“Uhm, bene tutto sommato. La tengono in coma farmacologico in attesa che arrivi l’antidoto.”
“Oh, sono molto contenta per te.”
Sì, come no. L’hai fatta avvelenare tu.
“Ti va di bere qualcosa prima di iniziare?”
“No, grazie.”
“Insisto.”
Mi porge una tazza di the che io non degno di uno sguardo.
“Non voglio nulla che venga da una che ha fatto parte della squadra della morte.”
Lei appoggia velocemente la tazza sul tavolino e tira fuori un arma, io estraggo la milleottanta ed evoco la falce, mettendomi poi la collana al collo.
Ora lei ha una spada puntata verso di me e io ho la falce puntata verso di lei.
“Come fai a saperlo?”
“Mi è bastato dare un’occhiata all’archivio, ci avete pensato troppo tardi.”
Lei mi lancia un’occhiata carica di odio.
“Lo sapevo che avrei dovuto prendere prima quei fascicoli, ma non pensavo che qualcuno sospettasse della regina.”
“Palle, non avevi il permesso. Ti è stato rilasciato solo la notte in cui ti sei introdotta là dentro, prima di venire qui ho fatto un controllino.”
Lei ride.
“A quanto pare mi hai tenuta d’occhio.”
“Non avresti mai dovuto tentare di fare del male a mia figlia. MAI.
Ora preparati a morire.”
“Tu non avresti dovuto uccidere mio fratello!”
Urla furiosa.
“Lui voleva uccidermi e io non volevo morire.”
È lei ad attaccarmi per prima e io paro il suo colpo, poi attacco io e lei non solo para il mio, ma sembra rinvigorita dall’attacco.
Credo che a ogni colpo lei diventi più forte, provo un altro paio di volte e la mia teoria viene confermata.
“Hai paura adesso, vero?”
Io scuoto la testa sorridendo.
Non ho affatto paura, ora so come batterla: la manderò in sovraccarico di energia.
Cambio il lato della falce e inizio a sferrare una serie di colpi con la parte fatta di energia, sento che man mano lei diventa sempre più forte, più carica.
“Sciocca! Perché ti ostini a colpirmi?”
Lei prova ad attaccarmi, ma io schivo abilmente i suoi colpi, il potere la rende eccessivamente lenta, come se si trascinasse dietro una tonnellata di ferro.
“Perché non riesco a colpirti?”
Naira continua a menare fendenti che io schivo abilmente, ormai manca poco: un ultimo colpo e sarà fuorigioco per sempre.
“Naira, pentiti di quello che hai fatto. È la tua ultima possibilità!”
“Sei sempre la solita sbruffona.”
“Va bene.”
Senza aggiungere altro mi lancio su di lei e le sferro l’ennesimo colpo, poi abilmente balzo indietro e mi butto a terra.  Nemmeno cinque secondi dopo la biblioteca è scossa da un enorme boato, una corrente di aria calda passa sopra di me e abbatte la porta.
Quando oso alzarmi di Naira è rimasta solo la spada e un odore vagamente dolciastro, nella stanza regna un caos indicibile di libri distrutti o mezzi distrutti, di pezzi di legno che sporgono e cenere nel punto in cui una volta c’era mia cognata.
L’ho sovraccaricata di proposito nella speranza che una volta che si trovasse ad avere troppa energia in corpo esplodesse ed è successo esattamente quello che prevedevo.
Ho già combattuto contro gente che possedeva armi del genere in passato e so cosa fare, sto  per raccogliere la spada quando sento un “click” e qualcuno parlarmi.
“Fossi in te non toccherei con le tue sudice mani quelle ceneri.”
Illen mi sta puntando addosso una pistola con espressione dura.
“Ben arrivato, Illen. Immagino non sia stato facile introdursi nel palazzo, ma sei arrivato troppo tardi, Naira è morta.”
“E tu pagherai per il tuo crimine.”
Spara un primo colpo e io lo paro con la falce.
“Vattene, Illen e dimentica la guerriglia.”
“Hai ucciso la donna che amo, devi pagare.
Non me ne andrò da qui fino a quando non ti avrò ucciso, principessa.
Devo ammettere che la tua fama di abile combattente è meritata, ma questa non ti salverà.
Non puoi schivare per sempre i miei proiettili con la tua falce e con i soldati che contiene la tua maledetta collana.”
“Invece posso.”
“Ti metterò alla prova.”
Mi risponde lui sogghignando, sta per spararmi, non ha intenzione di mollare. Io mi metto in posizione di difesa, non ho il tempo di fare  nulla perché uno sparo fa cadere a terra Illen.
Morto.
Dietro di lui c’è Hen che guarda con calma il cadavere del suo nemico.
“Non avreste dovuto toccare mia sorella.”
Dice con calma al suo nemico morto.
“Hen, tu sapevi?”
Lui annuisce.
“Tra poco ti spiegherò tutto, prima dobbiamo lasciar arrivare la guardie perché portino via il cadavere di questo idiota.”
Io annuisco senza parola.
Ho decisamente bisogno di spiegazione, ma allo stesso tempo sento la gioia invadermi.
Il nemico è stato sconfitto, forse ora potremo vivere in pace!

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Capitolo 16
*** 15)Spiegazioni e festeggiamenti. ***


15)Spiegazioni e festeggiamenti.

 
L’atmosfera che si crea dopo che qualcosa di importante è accaduto è incredibile, è un misto di diverse cose: stanchezza, senso di perdita, desiderio di risposte.
“L’altro l’avete già preso?”
Chiedo a mio fratello.
“Sì, è morto anche lui. Quando si è visto circondato ha preferito uccidersi.”
“Comprensibile.”
Mormoro stancamente.
“Credo che tu voglia delle risposte.”
“Sì, esatto. Io e Johnny vogliamo delle risposte.
Adesso lo chiamo.”
Non serve il cellulare, basta che lo chiami telepaticamente, lui risponde subito, preoccupato.
-Stai bene?-
È la prima cosa che mi chiede.
-Sì, è tutto a posto. Lascia pure Ava, ci sono spiegazioni che ci devono essere date.-
-Arrivo.-
“Ha detto che arriva.”
“Dove l’avevi mandato?”
“Da Ava, non volevo che qualcuno ci riprovasse.”
“Ottima pensata.”
“Grazie.”
Rispondo un po’ straniata.
“Sei sicura di stare bene?”
“No, non sto affatto bene.”
Lui mi sorregge galantemente e mi porta fuori dalla biblioteca, mi fa accomodare sul divano di un’ampia stanza e ordina che mi sia portata la mia tisana preferita.
“Mi dispiace di averti fatto preoccupare, ma volevo essere certo che anche Illen morisse.”
“Dunque sapevi tutto.”
“Non all’inizio, ma poi ho iniziato a mettere insieme i pezzi, ma aspettiamo Johnny per raccontare tutto.
È arrivata la tua tisana, bevila. Sembri averne bisogno.”
“Sì, grazie  Hen.”
La  bevo e il liquido caldo inizia ad ancorarmi un po’ meglio alla realtà e con un gemito di dolore mi accorgo che la schiena mi fa male, devo essermela scottata quando Naira è esplosa.
“Tutto bene?”
“Mi fa male la schiena, ma può aspettare.”
Venti minuti dopo arriva Johnny e si lancia sul divano.
“Ditemi tutto.”
Io gli racconto tutto su come ho eliminato Naira e lui mi fa i complimenti.
“Ti ricordi che avevamo affrontato un tizio con la sua stessa spada?
Mi sono limitata a fare la stessa cosa e ha funzionato, lei non ha nemmeno pensato a questa eventualità, riponeva troppa fiducia nella sua spada.”
“E adesso è il tuo turno, Hen.”
“Non avevo idea che fosse lei la colpevole fino a che non ho studiato a fondo il suo fascicolo e ho letto le sue connessioni con i ribelli di Ioria.
Ho capito subito che i suoi obbiettivi erano due, prima Jen e poi me. Era la sorella di Joel e voleva vendicarsi.”
“Come mai non hai agito prima?”
“Perché non avevo prove.”
Io sospiro.
“Noi le avevamo, avevamo visto i suoi complici, ma non avevamo il coraggio di dirti nulla. Tu eri suo marito e sembravi amarla molto.”
“Era solo una recita, volevo che rimanesse tranquilla e non sospettasse di me per poi eliminarla.”
“Come hai capito chi erano i  suoi complici?”
“Stamattina ho visto Illen e il vecchio. Mi sono ricordato di lui, perché io sono una delle poche persone ad averlo visto in faccia e a poterlo raccontare. Mi aveva rapito come prigioniero durante la guerra, ma non mi aveva riconosciuto, così quando i nostri gli sono arrivati alle calcagna ci ha semplicemente abbandonati.
Quando l’ho visto stamattina gli ho spedito dietro un drappello di soldati e mi hanno riferito che dopo essere fuggito si è ucciso.
Uno in meno, io ho seguito Illen. Ha cercato nella stanza di Jen e poi nella mia, senza trovare nessuno.”
“Allora lei deve avere cambiato piano all’ultimo minuto.”
“Probabile e lui non voleva lasciarla da sola. A un certo punto abbiamo sentito un’esplosione tremenda e lui è corso verso la biblioteca. Vi ho sentito parlare e lui ha sparato un colpo, ho deciso che non meritasse la possibilità di spararne un secondo e l’ho ucciso.”
“Quindi ora siamo al sicuro?”
“Sì, suppongo di sì. Ho cercato di capire se avessero altri complici, ma sembra che non ne avessero.”
“Non ne sarei così sicura, il vecchio potrebbe essersi ucciso per non dirti i loro nomi.”
“È possibile, ma ho messo sotto controllo alcune persone e se se ne andassero precipitosamente li faremo arrestare. Non credo ci proveranno ancora comunque.
Insieme abbiamo eliminato i capi.”
Io sorrido – mio malgrado – sembra che davvero la cosa sia finita e non importa che la mia schiena sia a pezzi.
“Adesso però, sorellina, devi andare in ospedale. La tua schiena è in pessime condizioni.”
Johnny lo guarda senza capire.
“Naira è esplosa e l’onda d’urto le è passata appena sopra la schiena, ha fatto un macello in biblioteca, non oso pensare alla sua schiena.”
“Va bene.”
Mi fa davvero male e mio fratello ha dannatamente ragione, così mi faccio scortare da lui e da Johnny in ospedale.
“Dannazione, più di metà della famiglia alloggia qui ormai.”
“Non preoccuparti e cura la tua schiena, non ci vorrà molto e per qualche giorno io e Anne ci prenderemo cura di Jonas.”
“Va bene.”
Mi ricoverano e cominciano a curarmi, il medico mi chiede se ho tentato di lanciare una bomba a mio marito, io rispondo con una strana risatina forzata. Non posso certo dirgli che recentemente ho fatto esplodere una persona o chiamerebbe il manicomio, non è proprio un hobby comune.
In ogni caso dopo le cure mi addormento, per svegliarmi un po’ più tardi: una figura veglia sul mio sonno, Tom.
“Ehi!”
Esclamo ancora assonnata.
“Ehi. È stato molto carino venirmi a trovare in ospedale.”
Io ridacchio.
“Ho pensato che questa casa di cura mi avrebbe fatto bene.”
Ridiamo ancora una volta insieme, poi il suo volto diventa serio.
“Cosa è successo?”
“Ho scoperto e ucciso una delle colpevoli di quello che è successo ad Ava, Hen ha tolto di mezzo gli altri.”
“Quindi adesso siete al sicuro?”
Io annuisco.
“Ne sono felice perché mi sono spaventato quando ho visto Johnny di guardia davanti alla camera di nostra figlia.”
“A proposito devo parlare con i medici e chiedere come va la vicenda dell’antidoto.”
“Anche io voglio saperlo, tu cosa ti sei combinata comunque?”
“Credo di essermi un po’ustionata la schiena, sai l’ho fatta esplodere.”
Tom inarca un sopracciglio.
“Chi?”
“Naira, la moglie di Hen, era lei la colpevole.”
“Tuo fratello dovrebbe scegliersi meglio una moglie.”
“Mi ha giurato che lo farà la prossima volta.
Tu come ti senti?”
“A pezzi. Il dottore ha detto che è normale nelle mie condizioni.”
Un lieve bussare interrompe la nostra conversazione: è un infermiera con il carrello.
“È ora di cena, signora DeLonge e lei, signor Delonge, dovrebbe tornare nella sua camera per lo stesso motivo.”
“Va bene. Ci vediamo dopo cena da Ava.
Chi si prenderà cura di Jonas?”
“Johnny e Anne.”
Lui annuisce e se ne va. L’infermiera inizia a servirmi la cena – pollo bollito con contorno di verdure, una mela, del prosciutto, pane e marmellata – poi mi sorride.
“Buon appetito.”
“Grazie.”
Lei se ne ve e io inizio a mangiare sospirando il mio pollo, che ha un’aria alquanto deprimente, come qualsiasi cibo servito in un ospedale.
Finita la cena, mi alzo e raggiungo la stanza di mia figlia, Tom e gli altri – incluso Jonas – sono già tutti lì.
“Buonasera!”
“Mamma!”
Il mio secondogenito mi salta in braccio.
“Stai bene,  mamma?
Tornerai presto?”
Mi chiede angosciato, io gli sorrido.
“In un paio di giorni, tesoro.
Qualcuno ha visto un dottore?”
Anne mi indica un uomo a qualche metro da noi, io lo raggiungo.
“Buonasera, sono la madre di Ava DeLonge, è lei che si occupa di mia figlia?”
Lui annuisce.
“Come sta?”
“Oh, è ancora in coma farmacologico, ma tra qualche giorno dovrebbe arrivare l’antidoto da Ioria e dovremmo riuscire a risvegliarla.”
Io rivolgo al dottore un largo sorriso.
“Grazie, lei mi sta dicendo una cosa bellissima.”
“Sono felice per lei.”
Ci salutiamo e torno dagli altri.
“Cosa dice?”
“Che probabilmente tra qualche giorno arriverà l’antidoto.”
Tutti sorridono sollevati per la notizia.
“Quindi tra poco la famiglia DeLonge sarà finalmente fuori da questo ospedale!”
Esclama felice Tom.
“Solo una parte.”
Il suo volto si scurisce.
“Già, solo una parte…”
Il suo tono è amaro, non gli piace stare qui e non posso dargli torto, ma purtroppo è necessario.
 

La mattina dopo mi dimettono, la mia schiena è completamente guarita e sono come nuova.
Johnny e Anne vengono a prendermi con Jonas, mio figlio mi salta al collo, felice.
“Sono felice che tu stia bene, mamma. Adesso deve solo svegliarsi anche Ava e … papà.”
“Piano piano li riavremo.
L’antidoto di Ava dovrebbe arrivare domani.”
Lui mi rivolge un piccolo sorriso e poi usciamo dall’ospedale: fuori è una meravigliosa giornata di primavera avanzata.
Il verde scintilla deciso nelle aiuole e nei giardini e c’è un leggero profumo di fiori nell’aria, mi chiedo come sia la primavera nei piani bassi della città.
“Secondo te quelli che vivono ai piani bassi della città vedono questa meraviglia?”
Chiedo a Johnny.
“No, non molto. Beh, solo la vegetazione, ma non c’è profumo di fiori.”
“Tu ci hai vissuto, vero?”
“Sì, ma non è il massimo. Adesso andiamo a palazzo, scommetto che sei affamata e Hen ha fatto preparare qualcosa per te.”
Io annuisco sovrappensiero.
“Come è stata giustificata la morte della regina?”
“Tuo fratello ha deciso di essere onesto con il popolo, adesso sanno tutti del complotto.
Sono sicuro che presto si troverà una nuova donna e sarà degna di governare questo pianeta.”
“Peggio di Naira non può essere.”
Arriviamo a palazzo e John mi conduce nella sala da pranzo, in effetti sul tavolo ci sono delle autentiche leccornie e c’è Hen che mi aspetta sulla porta.
Mi abbraccia forte.
“Grazie per aver salvato di nuovo questo pianeta, sarai ricordata nella storia di questo pianeta come una coraggiosa principessa.”
“E tu come un re saggio e illuminato.”
Lui sorride timido.
“Sei troppo gentile. Andiamo a mangiare.”
Ci sediamo a tavola e finiamo per ingozzarci, ora che sappiamo di non correre nessun pericolo mangiando.
È strano e soprattutto nessuno di noi sente la mancanza di Naira, è come se non fosse mai esistita, ormai è solo un dato da archiviare, un numero senza volto.
Provo un po’ di pietà per lei, malgrado tutto, ma ripensando a cosa ha fatto ad Ava sparisce del tutto.
Finito il pasto abbondante facciamo un giro per i giardini, solo Hen non si unisce a noi per via dei suoi impegni come re.
È una passeggiata piacevole, il giardino è in fiore e non si potrebbe chiedere di meglio per smaltire una colazione un po’ pesante.
“Mamma, questo pomeriggio posso andare alle pozze con i miei amici?”
Johnny si volta verso di noi, lasciando per un attimo la mano di Anne.
“Possiamo venire anche noi? Sono secoli che non ci vado.”
“Non ci sono problemi.”
Rispondo sorridendo.
Mi piace l’idea di una rimpatriata alle pozze e poi Anne potrà finalmente vederle, Jo gliene ha parlato spesso.
“Perfetto.”
Torniamo al castello, Hen ci saluta e ci chiede informazioni su Ava.
“Uhm, è in coma farmacologico, ma entro un paio di giorni dovrebbe arrivar l’antidoto. Oggi pomeriggio andremo alle pozze.”
Il suo sguardo si fa sognante.
“Come mi piacerebbe poterci andare…
Un paio d’ore dopo io, Johnny e Anne lo portiamo alle pozze. Anne rimane incantata dai due laghi naturali di acqua cristallina, circondati da delle rocce da un lato e dal prato dall’altro.
Noi ci sediamo sul prato, Jonas invece corre a cercare i suoi amici. Decidiamo di prendere il sole e dopo un po’ vedo un ragazzino con i rasta neri che si avvicina. È uno degli amici di Ava, ma non mi ricordo il suo nome.
“Buongiorno.”
Saluta educato.
“Ciao, tu sei uno degli amici di Ava, vero?”
Lui annuisce.
“Mi chiamo Rat e vorrei sapere come mai non viene più alle pozze.”
Io scambio un’occhiata con John.
“Ha mangiato qualcosa che le ha fatto male e ora è all’ospedale, domani il suo antidoto sarà pronto e penso che tra qualche giorno sarà a casa.”
La sua faccia diventa istantaneamente preoccupata.
“Non rischia di morire,vero?”
“No, tranquillo. La rivedrai presto.”
Lui abbassa lo sguardo e smuove l’erba con i piedi.
“Posso andare a trovarla?”
“Se i tuoi genitori non hanno nulla in contrario per me non ci sono problemi, non so se ti può sentire, però.”
“Oh, beh, non importa!
Andrò lo stesso a trovarla, grazie della risposta signora.”
Se ne va ciondolando, seguito dallo sguardo da John.
“Ava ha fatto colpo.”
“E allora?”
“Sarei curioso di sapere cosa ne pensa Tom.”
Io alzo gli occhi al cielo.
“Ne farebbe una tragedia, quando non ce n’è bisogno.”
“Beh, ogni padre è geloso della propria figlia.”
“E tu cosa ne sai?”
Lui si gratta la testa pensoso.
“Beh, c’è una cosa che io e Anne dobbiamo dirvi, ma non sapevano quale fosse l’occasione adatta.”
All’improvviso ha tutta la mia attenzione.
“Che cosa?”
“Beh, Anne è incinta, quindi io sarò padre.”
Mi risponde con un sorriso che gli va da un orecchio all’altro. Io lancio un urlo – che attira l’attenzione di tutti su di noi – e poi lo abbraccio con foga, finendo per travolgerlo.
“Johnny, Anne! È meraviglioso!
Sono tanto felice per voi, di quanto sei?”
“Quattro mesi.”
Mi sorride lei radiosa, io do un’occhiata alla sua pancia ed effettivamente è un po’ ingrassata, non me ne ero mai accorta sia perché non è stata molto al castello, sia perché avevo altro a cui pensare.
“Dovremmo festeggiare, ma vi fa niente aspettare che Ava sia uscita dall’ospedale?”
“Non c’è problema.”
Mi sorride Anne.
“Avrò il bambino o la bambina qui, sarà strano.”
“Lo so, ma purtroppo non possiamo fare diversamente.”
“Ehi, vi va di fare un bagno?
Tu puoi farlo, vero Anne?”
“Sì, sono incinta, non malata.”
Ci alziamo tutti e tre e ci immergiamo nell’acqua dei laghetti, è piacevolmente tiepida, Anne lancia un gridolino di sorpresa e poi si lascia trascinare dalla corrente facendo il morto, io la imito presto con Johnny accanto.
“Sono felice per te, Meyer.”
“Anche io sono felice e penso che ci volesse un po’ di felicità.”
“Hai ragione.”
Rispondo io, cercando di rilassarmi grazie al massaggio naturale dell’acqua, ho bisogno di calma e di relax.
“Sei stata una pazza ad affrontarla da sola.”
“Ma ce l’ho fatta, no? E poi anche Hen mi hai aiutato.”
“Sia ringraziato il cielo.”
Risponde lui, io chiudo gli occhi e mi godo la carezza del sole sulla mia faccia.
Non voglio pensare a nulla di particolare, solo che sono viva, che Ava starà bene e che anche Tom starà bene.
Sento una fitta di nostalgia per la nostra casa di San Diego, la reprimo, è inutile pensarci ora, meglio godersi il sole.
Oggi, dopotutto è una bella giornata, è inutile rovinarla con dei brutti pensieri.

 

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Capitolo 17
*** 16)Guarigione ***


16)Guarigione

 
Oggi è un giorno speciale: finalmente somministreranno l’antidoto ad Ava.
Noi siamo tutti in fervente attesa fuori dalla sua stanza, persino Hen è riuscito a ritagliarsi uno spazio per venire.
Il dottore e l’infermiera sono dentro da un po’ e io sono agitatissima, non riesco a tenere ferme le mani e continuo a tamburellare le dita sul bordo della sedia, fino a che Tom non mi stringe la mano.
“Sei preoccupata?”
“Sì, e molto! E se il vaccino non funzionasse?”
“Funzionerà, vedrai.”
Mi rassicura lui, io però continuo a essere in paranoia e quindi mi alzo di scatto e frugo nella borsa.
“Vado a fumarmi una sigaretta, avvisatemi se il dottore esce.”
Mi allontano a passo di marcia, le mie mani  stringono convulsamente il pacchetto e l’accendino, alla prima uscita di sicurezza esco e mi ritrovo su un grande terrazzo che dà sul giardino.
C’è un posacenere, deduco che si possa fumare qui, ergo mi accendo la mia sigaretta cercando di calmarmi. Penso a tutti i momenti trascorsi con mia figlia: quando è nata, quando ha detto per la prima volta mamma, quando gli abbiamo detto la verità, il suo primo giorno di scuola e un sacco di giornate qualunque che non avrei mai detto avrei rimpianto.
Mi manca litigare con lei e poi fare pace, mi manca il suo entusiasmo per Halloween e Natale, il suo amore per le band di Tom e per il pop-punk, mi manca persino il suo esercitarsi ossessivo con la sua chitarra.
Frammenti di melodie spezzate irrompono nella mia mente, accordi appena accennati e subito trascritti, esattamente come fa Tom.
E poi penso al giorno fatale dell’avvelenamento e stringo i pugni, non amo la violenza, ma sono felice di aver fatto fuori quella bastarda.
Non avrebbe dovuto toccare mia figlia.
MAI.
Lei non c’entrava con tutto questo!
Cerco di rilassarmi rilasciando i palmi e inalando un altro po’ di tabacco, devo calmarmi, non voglio farmi vedere agitata da lei.
Voglio che  mi  veda felice e sorridente.
Un ultimo tiro, un’ultima spirale di fumo che sale nel cielo e torno dentro. Nessuno si è mosso dalla sua posizione: Tom ha in braccio Jonas, Anne e Johnny sono seduti accanto a lui e Jo passa protettivo un braccio attorno alle spalle della moglie, Hen invece siete un po’ discosto.
Io mi siedo al mio posto e Tom mi attira a sé, io sospiro e lo lascio fare, nella speranza che sentendo il suo cuore battere mi possa calmare.
Dopo un’ora il dottore esce e sta sorridendo.
“È andata come previsto, la paziente ha ricevuto l’antidoto e non l’ha rigettato. Ora è sveglia e potete visitarla a piccoli gruppi.”
“Grazie, dottore grazie!”
Gli dico con il cuore in mano.
“Quando potrà uscire?”
“La terremo sotto osservazione per una settimana, poi potrà essere dimessa.”
“Temete che rigetti il veleno?”
“Sì, la sua struttura non è come quella di un qualsiasi  abitante di questo pianeta e non sappiamo di preciso come potrebbe reagire. Finora è andato tutto bene, ma è meglio essere cauti. Se ci dovessero essere degli effetti si dovrebbero manifestare entro una settimana.”
Io annuisco, sperando che nulla di questo accada.
Con il batticuore entro nella stanza di Ava e vedo che è sveglia, incredibilmente pallida, ma sveglia. Ha la testa appoggiata al cuscino e i suoi capelli azzurri sparsi le sono come un’aureola, comunque sorride quando vede arrivare me, Tom e Jonas.
“Mamma, papà, JoJo!”
“Ciao, piccola! Come stai?”
Le chiede premuroso Tom.
“Bene, cioè mi sento ancora un po’ stordita, ma tutto sommato sto bene.
Avrei potuto essere morta ora, non riesco ancora a credere che sia stata mia zia ad avvelenarmi.”
“Nemmeno io, ma è stata punita.”
“Come?”
Io e Tom ci guardiamo negli occhi.
“È morta.”
“Oh, beh, mi dispiace, ma tant’è. Mi abbracciate?”
La abbracciamo uno alla volta delicatamente per evitare di farle male per via delle varie flebo.
Quando è il turno di Jonas gli sorride.
“Grazie per il tuo orso, ha tenuto lontano i miei incubi.”
“È un orso magico!”
Risponde orgoglioso lui, sua sorella lo abbraccia ancora poi scoppia a piangere.
“Mi siete mancati tutti, pensavo che non vi avrei mai più rivisti e che non avrei più rivisto i miei amici. È stato orribile.”
Io le accarezzo una mano.
“Posso immaginare, ma ora è finita e tu sei sveglia.
Starai qui in ospedale solo per una settimana e poi potrai tornare a casa.”
“Mi manca San Diego.”
“Anche a noi, ma ci torneremo.”
“Come mai la zia ha tentato di avvelenarmi?”
Le spiego tutto partendo dalla morte di Joel, spiegandole che lei  era sua sorella e una rivoluzionaria, lei annuisce.
“Ha fatto una cosa orribile, ma un po’la capisco, se qualcuno uccidesse Jonas vorrei vendicarmi di questa persona.”
“Ho pensato la stessa cosa, ma non potevo lasciare che continuasse ad agire così. Doveva affrontare me e sarebbe stato leale, colpendo degli innocenti si è comportata in modo indegno.”
Ava annuisce piano.
“Sei stanca, tesoro?”
“Un po’.”
“Allora noi andiamo e ti mandiamo dentro gli zii, ci vediamo stasera.”
Le do un lieve bacio sulla fronte e poi esco con in braccio Jonas e con una mano stretta in quella di Tom, sentendomi un po’ meglio.
La mia piccola è sveglia, la mia piccola sta bene.
Ce l’abbiamo fatta!
“È salva, Tom. È salva! Non è meraviglioso?
Non è un miracolo di Dio o di chiunque ci sia lassù?
Dio, sono così felice!”
Esclamo abbracciandolo, lui mi sorride felice di come si sia risolto tutto.
“Tra una settimana sarà fuori di qui, spero di poter uscire presto anche io.”
“Uscirai anche tu”
Gli rispondo sorridendo, oggi nulla può guastare il mio buonumore.

 
Una settimana dopo arriviamo al castello, Hen ci lascia immediatamente perché deve correre a svolgere le sue incombenze di re.
Noi quattro guardiamo Ava, ha un’aria ancora pallida e sembra spaesata.
“Cosa vuoi fare, tesoro?”
Le chiedo.
“Uhm, non lo so. Possiamo fare un giro nei giardini, vorrei stare un po’ all’aria aperta.”
“Va bene.”
Camminiamo un po’ per i viali, lei si ferma ad ammirare una delle fontane e poi si dirige senza saperlo verso il mio posto segreto.
Si innamora all’istante del laghetto con le ninfee, il ponticello rosso e le rive piene di fiori e di alberi che producono un’ombra piacevole. Fa abbastanza caldo, anche se ormai siamo alla fine dell’estate.
“Anche qui cade la neve?”
Mi chiede a un certo punto.
“Sì, certo.”
“Com’è?”
“Rende tutto  più bello, persino i quartieri inferiori.”
Lei rimane un attimo in silenzio.
“Non è giusto che ci sia questa divisione, laggiù la vita non deve essere facile.”
“Non lo è, ma tanti dei suoi abitanti si impegnano al massimo per viverla senza cadere nell’autodistruzione. Ci sono tossici, alcolisti, ladri e puttane anche qui.”
“Lo so, solo penso che non sia giusto che ci sia questa divisione.”
“Credo faccia parte della natura umana e aliena, aggiungerei, vivere come meglio si può fregandosene  degli altri. È molto bello aiutare gli altri, ma a volte è solo una perdita di tempo.”
“Non capisco.”
“Se la persona vuole fregarti non è molto bello.”
Interviene Johnny con la sua abituale rudezza.
“Voglio dire, è pieno di gente che si finge bisognosa d’aiuto e povera solo per spillarti più denaro che può.”
Ava non dice nulla.
“È molto bello qui."
“È  stato creato per avere un angolo di pace, non è facile essere parte della famiglia reale o re come tuo zio. Lui si deve confrontare giornalmente con questi problemi e altri come l’economia, i buoni rapporti con le lune e gli altri pianeti; se vuoi la mia opinione non lo invidio per niente.
Non mi è mai piaciuto essere una reale.
Troppe noie.”
“È per questo che viviamo sulla Terra.”
“Esattamente.”
Rispondo un po’ a disagio, ho come la sensazione che mia figlia mi giudichi una codarda e non è piacevole.
“Capisco, mamma.
Nel complesso è una saggia decisione, in fondo tu non sei più la principessa di questo posto, appartieni alla Terra e anche noi.
Mi manca terribilmente San Diego, anche se sono felice che i miei amici mi siano venuti a trovare. Non vedo l’ora di poter finalmente lasciare questo pianeta.
Ho l’impressione che la gente si aspetti qualcosa da una principessa come me, ma io non posso dare nulla. Non ho soluzioni per nessuno, sono solo una ragazzina e non so niente di niente.”
“Appena tuo padre starà meglio ce ne andremo.”
Le dico abbracciandola, conosco perfettamente la sensazione che mi sta descrivendo: è come avere un peso invisibile addosso, la gente si aspetta che tu faccia qualcosa essendo parte della famiglia reale.
“Ho salvato il loro mondo due volte, penso che sia abbastanza per una vita.”
“Lo penso anche io.”
Mi risponde timida.
Poco dopo rientriamo al castello per il pranzo, su di noi grava l’ombra degli argomenti pesanti trattati in mattinata, ma sono sicura che si dissiperà.
Ava dormirà o suonerà la chitarra, in ogni caso la conversazione a tavola è leggera e tranquilla, nulla che non possa affrontare tranquillamente.
Dopo pranzo – come previsto – mia figlia si chiude in camera sua e si mette a suonare la sua adorata chitarra. Sono melodie un po’ tristi, malinconiche.
Mi ricordano la spiaggia di San Diego e i momenti piacevoli che vi ho trascorso, tanto che alla fin qualche lacrima traditrice sfugge al mio controllo.
Il resto del pomeriggio trascorre tranquillo, non succede nulla di particolare e la cena arriva in un baleno. Scendiamo a mangiare di buon umore e notiamo anche che mio fratello lo è.
“Stasera ci sono i fuochi d’artificio sul lago, ci andrete?”
“A che ora iniziano?”
“Dieci e mezza.”
“Ci andremo dopo che saremo andate a trovare Tom.”
“Va bene.”
Mangiamo in silenzio e poi io e i ragazzi saliamo in camera a prepararci, non ci siamo affatto dimenticati di Tom.
Un quarto d’ora dopo usciamo dal palazzo e ci dirigiamo verso l’ospedale, questa strada inizia a essere troppo conosciuta per i miei gusti.
Arrivati in camera di Tom lo troviamo steso a letto che legge qualcosa: una storia del mio pianeta.
Quando vede Ava si illumina e lei gli salta in braccio.
“La mia piccola! Come stai, Ava?”
“Benissimo, papà! E tu?”
“Bene anche io, sei davvero sicura di stare bene?”
“Certo!”
Lui guarda me.
“Tranquillo, non si sono verificati effetti collaterali. Oggi l’ho tenuta a casa, ma da domani penso che la lascerò uscire.
Tu come stai?
Cosa dicono i medici?”
“Che la terapia procede bene, anche se non è affatto piacevole che ogni giorno qualcuno ti rivolti il cervello.”
Io sorrido involontariamente per l’ironia della frase.
“Immagino, ma è per il tuo bene, lo sai.”
“Lo so. Non vedo l’ora di uscire.”
“Quando uscirai ti mostrerò un paio di posti al mare. È interessante il libro che stai leggendo?”
“Molto. Non sapevo che la Terra fosse stata una colonia di questo pianeta nei tempi antichi.”
Io ghigno.
“Beh, ora sai che tutte le tue bizzarre teorie sugli alieni erano giuste.”
“È una bella soddisfazione, ma ho iniziato a pensare di avere ragione il giorno che ti ho conosciuta.”
Io sorrido, ricordandomi di quando gli ho salvato la vita tanti anni fa nello squallido bar dove lavoravo allora.
 “Come sta, Hen?”
“Credo bene, da quando è successa quella cosa non ho avuto occasione di parlargli a quattr’occhi perché è sempre impegnato in qualcosa che riguarda questo pianeta.
Credo sia il suo modo di rielaborare il lutto.”
“Non deve essere facile scoprire che non solo tua moglie non ti ama e ti tradiva, ma addirittura cospirava contro di te.”
“Sì, è stato un brutto colpo. Non avrei immaginato che Naira fosse così, sembrava così innocua quando l’ho vista la prima volta.”
“Ha imparato qualcosa da Joel.”
Entrambi scoppiamo in una risata amara che i bambini non capiscono, loro non sanno ancora tutta la nostra storia; pensiamo di raccontargliela quando saranno più grandi e in grado di capire.
“Chi è Joel?”
“Il fratello di Naira.”
“E cosa c’entra con tutto quello che è successo?”
“Ve lo racconteremo quando sarete più grandi:”
Loro mettono entrambi il broncio, questa è una di quelle cose che tutti i bambini odiano sentirsi dire e che si segneranno sul loro libro nero delle cose da rinfacciare agli adulti durante l’adolescenza.
Parliamo ancora un po’, fino a quando un’infermiera gentile ma decisa, ci dice che è ora di andare via.
Saluto Tom con un bacio a stampo e lui stringe a sé i ragazzi, poi ce ne andiamo.
Prendiamo un taxi e ci facciamo portare al lago, che è già pieno di gente che non aspetta altro che i fuochi di artificio. Li fanno sempre in questo periodo dell’anno e sono noti per la loro bellezza, c’è persino gente che viene da fuori città per vederli.
Jonas sale sulle mie spalle, Ava mi tiene stretta la mano.
All’improvviso alza l’altra per salutare Rat e gli altri suoi amici, ma rimane con me, probabilmente non si sente a suo agio nella folla e non posso darle torto: nemmeno a me piace troppo stare in luoghi troppo affollati.
“Lui è Rat, vero? è venuto a chiedere di te quando stavi male. ”
Chiedo indicando un ragazzo dai lunghi capelli neri acconciati in tanti dread che alza una mano in segno di saluto.
“Sì, invece lui è Nai.
È un ragazzino dai corti capelli azzurri che sta guardando per aria.
“Lui, invece è Sam.”
Un ragazzo dai capelli di media lunghezza bianchi sta tenendo per mano una ragazzina dai capelli azzurri accanto a lui.
“Lei è Sayu.”
Finisce, indicandomi quella che penso sia la fidanzatina di Sam.
“A te piace Rat, vero?”
“No, cosa dici?”
Mi risponde arrossendo, il che significa che è vero. a ogni modo non c’è più tempo per continuare la discussione perché iniziano i fuochi.
Sono incantata dalle esplosioni e dai disegni che proiettano in cielo: fiori, draghi, stelle, cuori che si riflettono sull’acqua.
Intorno a noi non c’è che un coro di “Aaaah!” e “Oooooh!”, sono tutti meravigliati dalla bellezza dello spettacolo, penso che ogni anno si superino, avrò un paio di anni per verificarlo.
Una piccola ombra scende sul mio cuore, due anni lontano da casa, dalla mia vera casa, San Diego.
Certo, vivo nel palazzo – il posto più bello del pianeta – ma non esiste posto migliore della nostra casa che ho arredato con amore, di cui ho scelto ogni pezzo e ho discusso ogni progetto con l’architetto.
Beh, ormai non posso farci niente, solo qui possono curare Tom e farlo tornare quello che era, ho agito per il meglio o almeno lo spero. Torno di nuovo a concentrarmi sui fuochi per distrarmi dai pensieri negativi.
Sono davvero belli, non c’è che dire.
Alla fine applaudiamo tutti entusiasti, Ava corre dai suoi amici e scambia due parole con loro, poi torna da noi.
“Ho detto loro che domani ci sarò alle pozze, ci sarò, vero?”
“Sì, veniamo anche io e Jonas.”
“Perché?”
“Perché anche tuo fratello ha degli amici e perché ho voglia anche io di farmi un bagno.”
Lei alza un sopracciglio alla stessa maniera di Tom.
“Puoi davvero biasimarmi se ho paura che ti succeda qualcosa?”
“No, basta che tu non ti intrometta troppo, mamma.”
“Sarò invisibile, te lo prometto.”
Lei annuisce, ancora leggermente contrariata, somiglia molto a Tom. Ha lo stesso spirito ribelle e odia le costrizioni, sarà un’adolescente difficile.
Ce ne torniamo a palazzo tutti insieme, parlando della bellezza dei fuochi e di cose futili, ho notato che Johnny ho guardato gli amici di Ava e sembra averli approvati.
“Ava si è scelta proprio un bel gruppo di amici.”
Mi dice, io annuisco.
Arrivati alle nostre stanza, lui se ne va nella sua con Anne, io invece entro nella mia con i bambini, corrono in bagno a lavarsi i denti e poi Jonas si mette nel suo letto. Gli racconto una fiaba e quando dorme vado da Ava e le do il solito bacio sulla fronte.
“Ti voglio bene, Ava.”
“Anche io, mamma.”
si addormenta sorridendo, pienamente soddisfatta della serata e allora mi concedo di sorridere anche io.
La tempesta è passata e la colpevole è stata punita, penso potremo trascorrere tranquillamente il resto del tempo qui in pace.
Non penso che qualcuno tenterà ancora un colpo di stato o almeno lo spero, spero anche che Joel non abbia altre sorelle o fratelli, devo chiedere a Keisha.
Non saranno anni facili, Tom avrà delle ricadute, Ava diventerà insofferente e crescerà anche Jonas, probabilmente un giorno mi chiederà di smettere di leggergli delle fiabe, ma io sono in grado di affrontare tutto.
Con questa intima certezza mi metto a letto, pensando come sempre che mi manca qualcuno dall’altra parte e che non vedo l’ora di riaverlo qui per abbracciarlo e fare l’amore come quando eravamo ragazzini.
Mi manca Tom, ma so che posso resistere senza di lui fino a quando sarà necessario e lui starà bene.
Ci siamo promessi di stare insieme nella buona e nella cattiva sorte e io non ho intenzione di rompere la promessa.
Lo aspetterò tutto il tempo necessario.

Angolo di Layla

Ringrazio DomyDeLonge per la recensione, mi ha fatto molto piacere, visto che ormai non ci speravo più. Spero che questo capitolo ti piaccia. Siamo arrivati agli ultimi capitoli purtroppo. Grazie per essere passata.

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Capitolo 18
*** 17)Due anni dopo. ***


17)Due anni dopo.

 
Sono passati due anni da quell’estate.
Ava è cresciuta, ha continuato le sue lezioni e a stare in disparte nella vita di corte e ha il suo primo fidanzatino, Rat come prevedevo.
Sono una coppietta carina e mi dispiacerà separarli, non è lontano il momento in cui Tom uscirà dall’ospedale.
Jonas ha iniziato ad andare a scuola ed essendo un bambino socievole non ha avuto difficoltà a farsi un sacco di amici, anche se ogni tanto ha delle crisi di malinconia. Lo vedo guardare fuori dalla finestra e sospira e so che gli manca la Terra. Tra poco la rivedrà.
In quanto a Tom ci sono  stati ancora momenti in cui era aggressivo e voleva tornare a tutti a casa e mi accusava di tenerlo prigioniero e altri in cui era calmo e sereno come al solito.
È stato come andare sulle montagne russe per due anni di fila, ma probabilmente presto scenderemo da questa folle corsa.
“Ragazzi, preparatevi. Stasera si va da papà.”
Annuiscono e si fanno una doccia per poi vestirsi.
Andiamo all’ospedale, insieme a Johnny, Anne e alla bambina che è stata chiamata Isabel, in onore di mia sorella.
La serata è calda e scintillante di stelle, nell’aria si sente il profumo della primavera, è una serata di quelle in cui si possono avere solo bei presentimenti.
Arriviamo alla struttura che ormai conosciamo bene e andiamo in camera di Tom, ci sta aspettando seduto sul letto e c’è anche il dottore.
Non so se sia un buon segno o meno.
“Buonasera, signora.”
“Buonasera, dottore.”
“Stavo giusto parlando con il signor DeLonge.”
“Di cosa?”
Chiedo leggermente preoccupata.
“Sull’esito della sua terapia, sembra abbastanza buono. Non credo che rimarrà qui a farci compagnia  ancora a lungo.”
Io mi lascio cadere su di una sedia.
“Vuol dire che stavate parlando della sua dimissione?”
“Esattamente. Verso la fine della settimana potrebbe andare a casa.”
“Oddio, questa è una notizia meravigliosa!”
“Sì, tesoro. Presto potremo tornare a casa.”
I ragazzi si lanciano sul letto di Tom e lo abbracciano, poi Ava diventa triste di colpo.
“Cosa succede, piccola?”
“Niente, papà. È che qui mi sono fatta degli amici.”
Risponde lei esitante.
“Ava ha il fidanzatino!”
Urla Jonas, importuno come solo i fratelli più piccoli possono esserlo a volte, Tom trasalisce violentemente, come se avesse ricevuto una scossa.
“Un fidanzatino alla tua età?
Ma sei troppo giovane!
È un bravo ragazzo? Ti chiede di fare cose sporche?”
Ava alza un sopracciglio.
“Beh, lo conosci. È Rat, quello che è venuto a trovarmi quando stavo male e cosa intendi per cose sporche?”
Tom arrossisce e balbetta qualcosa di indistinto, io mi trattengo dallo scoppiare a ridere, come farà ora a spiegare il concetto di sesso a nostra figlia?
“Papà, non ho capito.”
“Qualcosa come toccarlo in certe parti, come dire intime, o ti tocca lì.”
Ava sbarra gli occhi.
“No, assolutamente. Cioè, sarebbe imbarazzante. Sarebbe imbarazzante da dirti anche se succedesse.”
“Se ci prova lo ammazzo!”
“PAPA’!”
Urla Ava rossa come un pomodoro.
“Jonas, sei un cretino! Ecco perché non volevo che papà lo sapesse, a casa facciamo i conti.”
Io finalmente scoppio a ridere, attirando su di me gli occhi di tutti.
“Cosa c’è di divertente, Jen?”
“La tua reazione, Tom.”
“Vuoi dire che non sei preoccupata?”
“No, penso che Ava sappia qual è il limite da non superare e Rat è un bravo ragazzo.”
“Se lo dici tu. Tanto tra poco lo verificherò anche io e sarà bene per lui che passi il test.”
Ava stringe le labbra in una piega dura che non le ho mai visto, ma che somiglia pericolosamente a quella di Tom quando è arrabbiato.
“Non ci pensare nemmeno!”
“O il test o tu non potrai più uscire da sola.”
“Questo è estremamente scorretto.”
“In qualche modo devo proteggere mia figlia.”
“Va bene.”
Sospira lanciando uno sguardo di fuoco a Jonas, spero che a casa non si picchino.
Chiacchieriamo ancora un po’, poi la solita infermiera ci invita ad andarcene, mia figlia ha uno strano luccichio negli occhi.
Arriviamo a  palazzo e ci ritiriamo subito nelle nostre stanze, da quella dei ragazzi giunge un rumore sospetto di cuscinate, credo che Ava la stia facendo pagare a Jonas. Meglio controllare che non tenti di soffocarlo nel sonno, così vado in camera e li trovo tutti e due a letto, sebbene JoJo sia leggermente più rosso del solito in viso.
“Non ti preoccupare, non ho intenzione di soffocarlo, anche se se lo meriterebbe.”
Mi dice prima di girarsi su un fianco e mettersi a dormire, chissà da chi avrà preso questo caratterino!

 
Il lunedì della settimana seguente è il giorno in cui Tom verrà dimesso dall’ospedale. Siamo tutti nervosi, tanto che Ava e Jonas mangiano a stento qualcosa per colazione, inoltre anche Hen verrà con noi.
Ha capito quanto Tom sia importante per me e ha deciso che per un giorno può lasciar perdere le sue attività come ha fatto per il giorno in cui Ava è uscita dall’ospedale.
Come quel giorno andiamo tutti in ospedale con un’astronave molto discreta e scendiamo, lasciando all’autista il compito di parcheggiare.
Tom è già nell’atrio e sta parlando con il dottore, si illumina quando ci vede e anche il dottore ci fa un cenno di saluto e si inchina deferente al re.
“Sua maestà, è un piacere vederla in questo ospedale.”
“Anche per me è un piacere conoscerla, dottore. È lei che ha salvato mio cognato.”
“Sì, sono io.”
“Ha la mia eterna riconoscenza e quella di mia sorella.”
L’uomo annuisce, palesemente intimidito dalle parole di mio fratello, e si volta verso di me.
“Principessa, suo marito è quasi completamente guarito.”
“Cosa significa?”
“Niente di che, lo lasciamo uscire perché tecnicamente è guarito, ma esiste la possibilità che si possano manifestare alcuni sintomi della sua malattia.
Indossa questo.”
Mi mostra un bracciale di quello che sembra argento al polso di Tom.
“Così se ci dovesse una ricaduta ne saremmo subito a conoscenza.”
“Ci sono molte possibilità che succeda?”
“No, più che altro è una precauzione che prendiamo sempre con questo tipo di pazienti, di solito non è facile per loro reintegrarsi nella vita di tutti i giorni dopo aver vissuto così a lungo in un ambiente protetto come questo.”
“Capisco. Spero che andrà bene.”
“Ovviamente lo speriamo anche noi, ma cercate di non sottoporlo a stress eccessivi in questi giorni, niente viaggi o ricevimenti.
Solo pace e riposo per far sì che si abitui gradualmente, per ogni problema chiami e chieda di me.”
“Sì, dottore.”
Lui sorride.
“Arrivederci per ora, principessa. È stato un piacere conoscerla.”
“Anche per me.”
Finito di parlare di Tom noto che i suoi bagagli sono già spariti.
“Li ho caricati nell’astronave.”
Si giustifica Johnny, io annuisco.
La donna che c’è all’accettazione fa firmare a me e a Tom delle carte e poi finalmente possiamo uscire, Jonas è in braccio a lui e Ava è attaccata alla sua mano.
“Devo farti sentire come sono migliorata con la chitarra, Rat dice che sono davvero brava.”
“Sarò felice di sentirti e di incontrare questo Rat.”
Ava si rabbuia un attimo, ma poi torna a sorridere. Deve avere deciso che la gioia di avere il padre fuori dall’ospedale è superiore all’irritazione per il suo tentativo di ficcare il naso nella sua vita privata.
Saliamo tutti sull’astronave e in un attimo arriviamo a palazzo, Hen ci accompagna in un giro nei giardini. Tom non li ha mai visto e ne è estasiato, gli piace soprattutto il mio posto segreto. Quel piccolo laghetto con un ponte, ninfee e salici ai lati lo conquista letteralmente e finiamo per rimanere  a chiacchierare per tutta la mattina.
Hen si fa descrivere la terra e il suo lavoro da musicista e lo ascolta attentamente, annuendo soddisfatto ogni tanto.
C’è una bella atmosfera, fortunatamente Hen e Tom vanno d’accordo o sarebbe stato un bel problema. In ogni caso dopo la nostra passeggiata mio fratello ci invita  a seguirlo dentro al palazzo e noi lo facciamo volentieri, deve essere mezzogiorno perché ho una fame da lupi.
La sala da pranzo è abbagliata più sontuosamente del solito e ci sono già gli anti pasti che ci aspettano sul tavolo.
“Wow!”
Esclama colpito mio marito.
“Eh sì, tesoro! Qui sazieranno la tua mitica fame.”
“E finalmente, direi! Ho mangiato due anni solo cibi dell’ospedale e mi sento deperito!”
Scoppiamo tutti a ridere e ci sediamo a tavola partendo all’attacco dei nostri antipasti. Ho il sospetto che mio fratello ci abbia organizzato un vero e proprio banchetto, non un semplice pranzo!
Non mi sbaglio, le portate si susseguono e il vino scorre a fiumi, Johnny, Hen, Tom e Vinny parlano con toni sempre più strascicati fino a che non  è chiaro a tutti che sono ubriachi.
A fine pranzo – verso le tre – aiuto mio marito ad alzarsi e lo accompagno in camera nostra, sotto lo sguardo divertito dei miei figli.
Tom cade subito in un sonno profondo, io mi stendo accanto a lui e finisco per addormentarmi a mia volta. Ci svegliamo insieme alla luce del sole morente, sono circa le sei e io decido di dare un’occhiata in camera dei bambini: non c’è nessuno.
Vado in camera di Johnny e ci trovo solo Anne che legge un libro.
“Sai dove sono Ava e Jonas?”
“Johnny li ha portati alle pozze.”
“Izzie come sta?”
Lei guarda la figlia e sorride.
“Dorme, si è stancata molto oggi a pranzo.”
“Hen ha organizziato un vero e proprio banchetto, si vede che sei una principessa qui.”
Io arrossisco.
“Non sono una principessa, sono una persona normale.”
Lei ride.
“Dai,  non prendertela!
Aspettiamo insieme l’arrivo di Johnny e dei ragazzi, dovrebbero arrivare tra poco.”
Io annuisco e mi siedo sul loro letto.
“Com’è essere madre?”
“Mi piace, anche se mi devo ancora abituare a tutte le cose da alieni che fa, non so proprio come faremo a tenerla sotto controllo sulla Terra.”
“Imparerai, se ti dovesse servire qualche consiglio sono qui.”
“Grazie, mi piacerebbe avere un altro figlio o figlia, sai?
Mi piace vedere i miei lineamenti mischiati a quelli di Johnny.”
Io le sorrido intenerita dalla frase.
Poco dopo arrivano, Jonas mi abbraccia, Ava mi guarda un po’ intimorita.
“Cosa succede, tesoro?”
“Ho chiesto a Rat di venire qui a casa, ha detto che verrà domani.
Ho paura, e se non piacesse a papà e mi vietasse di vederlo?”
Io le sorrido rassicurante.
“Vedrai che gli piacerà.”
Lei mi risponde con vago sorriso, non del tutto convinta dalle mie parole, Tom deve averla spaventata per bene. Adesso vado a fargli una ramanzina.
“Stasera mangiamo?”
“Credo di no.”
Rispondo un po’ distratta, il cibo è l’ultimo dei miei pensieri.
“Vado un attimo da tuo padre.”
Torno in camera nostra, Tom si è alzato, vestito e gironzola familiarizzando con l’ambiente.
“Ciao, Jen! Hai trovato i ragazzi?”
“Erano alle pozze con Johnny e dovrei dirti una cosa.”
“Spara.”
“Non spaventare più Ava così sul suo ragazzo. Mi ha detto che lo ha invitato per domani sera, ma era molto spaventata dal tuo giudizio.”
“Fa bene.”
Io lo fulmino.
“Devo ricordarti di come mia madre ti guardava?”
“Ma io ero un bravo ragazzo!”
“Anche Rat lo è.”
E con questo per me la discussione è chiusa.
Domani in ogni caso arriva troppo presto e così la cena, Ava è nervosa per tutto il giorno, a pranzo non tocca praticamente cibo e prima di scendere a mangiare ha una crisi isterica davanti al suo armadio dicendo che non ha nulla di carino da mettersi.
Io cerco di calmarla e pesco dall’armadio un vestito verde acido che le sta molto bene, al piano di sotto Rat non sembra essere più rilassato.
Sorride quando vede me e guarda intimorito la figura alta e possente di mio marito che torreggia su di lui, Ava squittisce sottovoce.
Ci sediamo a tavola e Tom lo sottopone a un fuoco di fila di domande: come si chiama, come va a scuola, chi sono e cosa fanno i suoi genitori, come tratta Ava.
Lui risponde come una macchinetta, pregando di avere scelto le parole giuste e di non far arrabbiare il mio geloso marito, Ava è pallida come un cencio e non sta mangiando.
“Tom, datti una calmata. Mangiamo almeno prima di fargli subire un interrogatorio.”
“Non era un interrogatorio erano le domande standard!”
Mi risponde piccato lui, ma alla fine molla la presa e riusciamo almeno a mangiare, Ava riprende un pochino di colore.
Finita la cena, l’interrogatorio riprende.
“Allora Rat, da quanto conosci Ava?”
“Due anni.”
“E da quanto state insieme.”
“Qualche mese.”
“Bene, bene.”
Commenta lui.
“E non le hai mai fatto strane proposte?”
“Del tipo?”
Rat lo guarda senza capire, io alzo gli occhi al cielo perché ho capito benissimo dove Tom vuole andare a parare.
“Tipo farti toccare e toccarla in certi punti.”
Il ragazzino arrossisce.
“No, no.”
“Sicuro?”
“Sì.”
“Se gliele avreste fatte non avresti più visto Ava.”
Mia figlia scoppia  a piangere all’improvviso e lascia la sala.
“Bel lavoro, campione!”
Sibilo a Tom, prima di seguirla.
A volte sa essere davvero esasperante e testardo, spaventosamente testardo.
Trovo Ava che piange in camera sua.
“Non mi lascerà più vedere Rat! Dovrò dirgli addio prima del tempo!”
“No, tesoro. Non succederà, stai tranquilla.”
“Ma hai visto come lo guarda e come lo tratta?
Come se fosse una minaccia per me e poi è tornato ancora su quella della storia del toccare, non capisco!
Non voglio che lui mi impedisca di vederlo!”
Scoppia di nuovo a piangere e capisco che nessuna delle mie parole potrebbe fare presa su una ragazzina così sconvolta, così mi limito ad abbracciarla sperando che si calmi e maledicendo Tom e il suo ruolo di padre geloso.
Alla fine smette di piangere, ma non vuole tornare in sala da pranzo, così torno solo io. Tom tenta ancora di porre qualche domanda a Rat, ma io lo fulmino ogni volta che apre bocca e finisce per lasciare perdere.
Finiamo di mangiare e il ragazzino scappa via spaventato, io invece sono piuttosto irritata con mio marito.
“Jen, si può sapere cosa c’è?”
“Cosa c’è?
Hai spaventato a morte un ragazzino e hai fatto piangere tua figlia, per cosa poi?
Pensi che facciano sesso?
Sono poco più che bambini, il massimo che potranno fare è darsi qualche bacio con la lingua!
Quando sarà cresciuta cosa farai?
Sottoporrai lei e il suo ragazzo alla macchina della verità? Alle torture cinesi?”
“Lo faccio solo per mia figlia! Per proteggerla dai malintenzionati!”
“Beh, va a dirlo a lei e vedi che ne pensa!”
Rispondo io inviperita.
A volte è davvero esasperante vivere con lui, soprattutto quando si fissa su qualcosa e comincia a fare il paranoico.
“Vado a fare un giro.”
Annuncio piatta ed esco dal palazzo per andare nel mio posto segreto, sperando che nessuno venga a disturbarmi. Voglio vedere cosa combinerà ora Tom e come farà pace con Ava, che sembrava disperata.
Torno dentro per cena, Tom sembra molto dispiaciuto, Ava al contrario è chiusa in un mutismo assoluto. Mangia senza dire una parola e quando finisce se ne  va in camera sua senza salutare nessuno.
Tom sospira e la sua segue, io faccio finta di nulla poi mi alzo anche io per vedere come andrà la situazione.
Mi fermo appena fuori dalla porta aperta della camera di Ava.
“Tesoro, mi dispiace, ma dovevo farlo!”
Questo è Tom e non riceve alcuna risposta.
“Devo controllare che qualche malintenzionato non ti faccia del male.”
“Questo posso farlo da sola.”
Risponde gelida lei, aprendo la porta.
“Ma sei…”
“Troppo piccola? Sì, forse. Ma so riconoscere quando una persona mi vuole bene da una che vuole qualcosa e basta.
Rat è un bravo ragazzo e mi ha aiutato tantissimo in questi anni in cui non c’eri.”
C’è un attimo di silenzio.
“Mi perdoni, Ava?”
“A una sola condizione.”
“Quale?”
“Che tu ti fidi di me nella scelta dei ragazzi.”
Oh, bel colpo, figlia mia!
Tom sospira.
“Sei testarda come tua madre!”
Senti chi parla!
“Va bene, mi fiderò delle tue scelte. Adesso puoi abbracciarmi?”
Sbircio e li vedo abbracciati come un bravo padre e una figlia non in collera con lui.
Sorridendo me ne vado.
Anche questo problema è risolto per ora.

 

Angolo di Layla

Ringrazio DomyDeLonge per la recensione, ormai siamo quasi alla fine della storia.

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Capitolo 19
*** 18)Il mare ***


18)Il mare

 
Due settimane dopo il pranzo con Rat la situazione è tornata perfettamente alla normalità.
Ava e Tom si parlano e lui ha ripreso a darle lezioni di chitarra, la cosa mi rende piuttosto felice, ma anche triste in un certo senso. Tra poco ce ne dovremo andare e mi mancherà mio fratello e – in fondo – anche questo posto.
È proprio in una di queste crisi di malinconia acuta mi trova Johnny.
“Ehi, tutto bene, Chia?”
“Uhm, sì. Cioè, non proprio.
Sono felice di tornare sulla Terra, ma allo stesso tempo mi mancherà mio fratello e questo posto.”
“Capisco quello che vuoi dire, ma per noi qui non c’è posto.
Suona strano che lo dica io, ma la nostra vita è ormai altrove.”
“Hai perfettamente ragione.”
Rimango un attimo in silenzio.
“Prima di andarmene mi piacerebbe vedere il mare, mi accompagneresti?”
“Certo, ma dovresti portarti dietro la tua famiglia.”
“Sì, ovvio verranno anche loro, ma saranno un po’ tagliati fuori da quello che significa per noi.”
Il mio sguardo si perde lontano, fisso su due bambini che giocano spensierati sulla spiaggia e poi su due adolescenti che nuotano, si schizzano e poi finiscono per baciarsi.
Ava e Rath sono stati molto felici lì.
“Già, ma adesso non siamo più loro. Ho finalmente capito che non sono più l’alieno che aspetta di tornare al suo pianeta, ma un terrestre con una famiglia e delle responsabilità.”
Io sorrido.
“Mi piace sentirtelo dire, stasera a cena chiederò a Tom di andare al mare visto che ormai le pozze le ha già viste.”
Johnny mi sorride, poi se ne va richiamato dalle urla della piccola Isabel.
Come passa veloce il tempo e come passa impietoso sulle nostre piccole vite, se ripenso a tutto quello che è accaduto nella mia adolescenza mi sembra sia successo ieri, invece sono passati parecchi anni.
In ogni caso la crisi di malinconia se ne va così come è arrivata e la sera sono di nuovo di buon umore.
“Tom, prima di andarcene ti va di andare al mare?”
Lui mi guarda stupito.
“Ma certo!”
“Potremmo venire anche noi!”
Suggerisce Anne, annuiamo tutti e la proposta è accettata.
Il giorno dopo preparo i bagagli, i miei figli sono curiosi.
“Ci divertiremo, vedrete. Potremo fare il bagno.”
“Figo!”
Esclama Ava.
“Spero somigli al mare di San Diego, così magari potrò fare surf.”
“Credo potrai farlo. Metti la tavola  nell’astronave, perché non so se le vendono là.”
Lei annuisce e corre a metterla in macchina.
Verso sera partiamo tutti verso il mare con Johnny alla guida, lui è quello che conosce la strada meglio di tutti.
Voliamo per tutta la notte e finiamo per addormentarci tutti tranne Jo, non abbiamo voglia di trascorrere una notte insonne per guardare le stelle e le lune. Le lune iniziano a starmi antipatiche dopo tutti i problemi che ci hanno creato.
Dopo non so quanto sento un urlo che ci sveglia: è Johnny e ci fa ammirare l’alba che sorge dal mare.
Meravigliosa, l’acqua sembra incendiarsi per un attimo, per poi diventare d’oro e alla fine ritornare all’azzurro iniziale.
Il mio amico guida fino al hotel dove abbiamo prenotato e una solerte signora ci accoglie e fa scaricare il nostro veicolo da un ragazzo.
Saliamo tutti in camera e dormiamo un paio d’ore in un letto e poi ci svegliamo.
Scendiamo nella sala da pranzo del hotel e facciamo un’abbondante colazione, i miei figli sembrano affamati come se non toccassero cibo da giorni.
Dopo mangiato saliamo di nuovo in camera per cambiarci e mettere dei vestiti adatti per la spiaggia e i costumi.
Ava prende anche la sua tavola colorata e ci segue curiosa. La spiaggia è una distesa di sabbia bianca che a volte scintilla come oro pallido e a volte come argento.
Affittiamo un paio di ombrelloni e poi ci dirigiamo lì, la sabbia è morbida e non troppo calda e spira una piacevole brezza, in quanto al mare è una tavola azzurra solo leggermente increspata dalle onde.
“Non potrò fare surf!”
Commenta imbronciata Ava, Johnny sorride.
“Oltre la barriera degli scogli troverai tutte le onde che vuoi.”
In effetti davanti alla spiaggia ci sono dei frangiflutti di pietra nera.
“Posso fare il bagno, mamma?”
“No, aspetta ancora un attimo. Hai mangiato molto a colazione.”
“Facciamo una passeggiata?”
Io annuisco e lasciamo la famiglia Mayer,  andando verso la battigia. Camminiamo piano, io dedico lunghi minuti a osservare l’acqua cristallina, in certi punti si vedono anche delle stelle marine di un rosso accesissimo e viola.
Ci sono solo le grida dei gabbiani a farci compagnia e la cosa mi fa piacere, ho sempre amato i posti belli e solitari e non c’è niente come andare al mare fuori stagione.
Dopo una lunga camminata do il permesso ad Ava di fare il bagno e lei si lancia nell’acqua con la sua fedele tavola, raggiunge gli scogli – vedo la sua figuretta stagliarsi – e poi sparisce.
“Johnny, sei sicuro che non rischia qualcosa?”
“No, non credo. Però se vuoi puoi dare un’occhiata.”
Io  e Tom ci alziamo e ci buttiamo in acqua, nuotiamo anche noi fino agli scogli e poi ci arrampichiamo sulle rocce nere. Da lì si gode una vista meravigliosa, il mare è abbastanza agitato per fare surf, ma non troppo per essere pericoloso.
Ava se la sta godendo alla grande nel cavalcare le onde e devo ammettere che è davvero brava, così sicura di sé stessa che sembra sia nata per vivere nell’acqua.
“Abbiamo cresciuto una figlia molto pop-punk.”
“E non sei felice?”
“Certo. Non potevo sperare di meglio!”
La guardiamo ancora un  po’, poi lui passa un braccio attorno alle mie spalle e mi bacia.
Sento le farfalle nello stomaco come la prima volta che mi ha baciato quando avevo diciotto anni ed ero solo un’aliena spaventata.
Dopo tutto questo tempo amo ancora lui e lo amerò per sempre.
“Facciamo una passeggiata io e te?”
Mi sussurra in un orecchio.
“Sì.”
Rispondo io.
Con cautela scendiamo dagli scogli e nuotiamo fino a riva, poi ci allontaniamo mano nella mano.
 

Passeggiamo fino a raggiungere un posto isolato, lì ci sediamo per terra. Lui mi attira a sé e io mi lascio avvolgere dalle sue braccia.
Iniziamo a baciarci con più passione e la sua mano scende lungo i miei fianchi dandomi i brividi.
“Tom, potrebbero sorprenderci.”
“No.”
Risponde baciandomi il collo e trovando il punto giusto, quello che mi fa perdere la ragione. Mugugno qualcosa e alzo la testa per permettergli di baciarmi meglio il collo. Lui sorride soddisfatto e riprende la sua opera. Scende a baciarmi le clavicole e poi con una mossa abile mi toglie anche il pezzo sopra del bikini.
Mi stringe un seno e mi sussurra nell’orecchio: “Sei sicura che vuoi che mi fermi?”
“No, vai avanti per l’amor del cielo.”
Lui sorride e si dedica ai miei seni leccandoli, baciandoli, succhiandoli e mordendoli, facendomi gemere; la mia mano in automatico va al cavallo del suo costume.
Lo massaggio da sopra il tessuto, sentendolo farsi sempre più duro, lui geme e io infilo la mia mano dentro e inizio a masturbarlo.
Su e giù.
Giù e su.
Lui geme e infila la mano nel pezzo che resta del mio costume e sento immediatamente un dito nella mia femminilità, ma diventano subito due e poi tre. Le nostre mani iniziano ad andare allo stesso ritmo e ci baciamo per evitare che si sentano gemiti troppo forti.
Stanchi dei preliminari ci togliamo gli ultimi indumenti e lui entra in me con una spinta piuttosto forte che mi fa gemere di dolore oltre che di piacere.
“Scusa, piccola. È che non sono abituato.”
Presto prende un ritmo meno violento, le sue spinte sono lente e profonde e io mi sento in paradiso. È meraviglioso.
Mano a mano che ci avviciniamo all’apice aumenta la forza e la frequenza delle spinte fino a quando non raggiungiamo tutti e due l’orgasmo e lui si lascia cadere su di me.
Gli accarezzo i capelli e gli bacio le tempie, lui mi accarezza la pancia dolcemente.
“Con te è sempre bello.”
Dico semplicemente per non guastare questo raro momento di intimità con le parole.
Poco dopo però sentiamo delle voci e ci rivestiamo alla svelta, giusto il tempo di metterci i nostri costui che un’anziana coppia spunta dietro di noi.
“Bello il mare, vero?”
Ci chiede l’uomo.
“Molto”
 Rispondo io con tutta la serietà che riesco a racimolare.
Quando se ne vanno scoppiamo a ridere tutti e due, abbiamo rischiato di farci scoprire come due ragazzini alle prime armi!
“Secondo te l’hanno capito?”
Mi chiede Tom dopo che abbiamo finito di ridere come due scemi.
“Per me la signora sì, aveva uno strano sorrisetto.”
“Imbarazzante!”
Commento io, coprendomi gli occhi, lui ride.
Mi piace sentire la sua risata, la sua vera risata, erano anni che non la sentivo.
Forse è davvero guarito, forse i dottori mi hanno ridato il mio Tom, quello che ho imparato ad amare follemente a diciotto anni e poi è diventato mio marito.
Mi tende una mano.
“Andiamo dagli altri, ci avranno dati per dispersi ormai.”
Io la accetto e mi alzo in piedi annuendo, in effetto siamo stati via un po’.
Percorriamo all’inverso la nostra passeggiata e all’ombrellone troviamo solo Anne che ci guarda curiosa.
“Dove siete stati per tutto questo tempo?”
Poi all’improvviso un lampo di comprensione le illumina il volto.
“Diavolo, non potevate farlo in albergo?”
“Troppo banale.”
Risponde insolente mio marito, Anne sorride.
“Ora ti riconosco, DeLonge.”
“Dov’è Johnny?”
“Sta facendo imparare a nuotare Izzie, ma molto probabilmente a quest’ora staranno  pasticciando in acqua e costruendo castelli di sabbia.”
Io scendo a dare un’occhiata e in effetti c’è un Johnny molto concentrato che sta costruendo qualcosa insieme alla figlia, coccolandola ogni tanto e a Jonas.
Il mio amico sta riversando sulla figlia tonnellate di affetto, forse tutto quello che avrebbe voluto ricevere lui da bambino e che non ha avuto, sono uno spettacolo tenerissimo.
Torno all’ombrellone sorridendo come un’idiota.
“Cosa c’è, Jen?”
“Uhm, niente. Solo che Johnny che gioca con Izzie è davvero una cosa tenerissima.”
Dico sedendomi e godendomi un po’ di riposo.
“Lo so, sono meravigliosi e mi sento una donna molto fortunata per averli accanto a me.”
“Sì, ti capisco, anche io mi sento molto fortunata.”
Ammicco a Tom che mi sorride di rimando.
Anne ride.
“Dopo tutti questi anni sembrate ancora una coppietta di sposi appena sposati!”
“Diciamo che in questo momento lo siamo, in un certo senso.
Per un po’ di tempo Tom non è stato sé stesso.”
“Giusto, hai ragione.”
Non diciamo niente per un po’, abbiamo deciso di comune accordo di ignorare il periodo massone di Tom e di non fargli pesare niente di quello che ha detto o fatto in quel periodo.
L’importante è che sia alle nostre spalle e che lui stia bene, poi il resto avanza.
Certo rimane sempre la questione Mark – e della loro riappacificazione – ma sono sicura che andrà bene e che lui capirà. O almeno lo spero.
Ci siamo sempre sentiti durante questi anni e ha sempre chiesto notizie di Tom, il che significa che gli interessa ancora di lui, ma bisogna fare i conti con quello che il Tom dei massoni e il clone di Keisha hanno detto.
Tom è stato il primo a rivolgere parole poco lusinghiere ai blink ed è stato come se avesse insultato Mark di persona, lui tiene alla band come a un figlio. L’ha vista nascere insieme a Tom, l’ha vista crescere e raggiungere traguardi che nemmeno nei suoi sogni si immaginava potesse fare e poi l’ha vita cadere.
Questo l’ha ferito molto e so che non sarà facile mettere da parte questo fatto se si riconcilierà con Tom.
No, non lo sarà affatto, ma per ora è inutile pensarci. Siamo al mare e sarà meglio godersi questo periodo di pace dopo tutto quello che abbiamo attraversato mi dico prima di lasciare che i miei occhi si chiudano.
Poco dopo sono immersa in un sonno leggero e costellato da incubi in cui Mark mi accusa di avere reso lui e Tom dei diversi e che tutto quello che è successo è solo colpa mia.
Mi sveglio solo perché qualcuno mi scuote energicamente, è Anne e mi guarda preoccupata.
“Tutto bene?
Hai parlato nel sonno.”
“Ho avuto un incubo.”
Taglio corto io.
“Come mai mi hai svegliato?”
“Per mangiare, se vuoi.”
“Oh, sì. Grazie!”
Prendo volentieri un panino che mi porge Anne, lo addento ed è buono, non le ho nemmeno chiesto cosa ci ha messo dentro.
Che sbadata che sono, questo incubo mi ha messo davvero di malumore e non voglio guastare la festa  a nessuno. Lo finisco e con un sospiro mi passo la mano davanti alla faccia, sperando di scacciare tutte le mie ansie con questo gesto.
“Tutto bene?”
Mi chiede di nuovo Tom.
“No, è solo un incubo, te l’ho detto. Sono scema io che mi faccio condizionare da queste cose, scusatemi.”
“Non ti preoccupare.”
Mi risponde Tom abbracciandomi, avevo proprio bisogno del contatto con il suo corpo per stare bene, lui è una sorta di calmante naturale per me.
Anche Ava e Jonas sono tornati sulla spiaggia e li guardo mangiare.
“Vi siete divertiti?
Ava annuisce vigorosamente con la bocca piena.
“Il mare è come a San Diego, se non meglio. Ho surfato benissimo!”
Jonas la guarda un po’ invidioso.
“Tu cosa hai fatto, cucciolo?”
“Ho costruito castelli con lo zio e Izzie e poi abbiamo provato a nuotare.
Anche io voglio imparare a surfare, mamma! Posso?”
“Sei troppo piccolo e poi prima devi imparare bene.”
Lui sbuffa.
“Tutte le cose divertenti le fanno solo i grandi.”
“Non proprio, lavorare non è divertente.”
“Ma tu ti diverti, papà.”
“Io sono un eccezione, perché sono riuscito a trasformare quello che mi piace in un lavoro, non tutti ci riescono, la maggior parte si adatta a fare quello che può per sopravvivere.”
Jonas rimane in silenzio – assorbendo le parole del padre – e poi chiede un altro panino ad Anne.
“Tu cosa vuoi fare, JoJo?”
“Costruire cose sembra divertente.”
“Magari sarà un ingegnere…”
Commento sognante io.
“Mh, forse. Magari sarà un musicista anche lui.”
“No!”
Esclama Ava.
“Sono io l’altra musicista di famiglia e non lascerò che questo microbo mi rubi il ruolo!”
Ridendo inizia a strofinare la testa del fratellino con le nocche, Jonas si ribella calciando sabbia un po’ ovunque. Noi ridiamo.
Non è molto importante cosa faranno i miei figli, l’importante è che siano felici.
Il resto del pomeriggio trascorre tranquillamente, dopo pranzo dormiamo tutti sotto l’ombrellone e poi facciamo un bagno tutti insieme.
Tom si mette in un angolo con Jonas e gli insegna a nuotare, Johnny tenta di fare lo stesso con Izzie, ma tutto quello che riescono a fare è sollevare una buona quantità di schizzi e fare ridere i due cugini.
Jonas – il più grande –  è quello che fa più progressi, ma è lontano il giorno in cui potrà fare surf.
Ava, da parte sua, salta di nuovo oltre i paraflutti e torna a surfare. Io invece mi godo una nuotata in pace, erano anni che non venivo qui e in un certo senso questo posto ha conservato la magia che aveva quando io ero ancora Ava.
Ceniamo in albergo e poi ci disperdiamo nell’esplorare le bancarelle della marina, sono tutte molto carine e piene di cose interessanti.
Ava si compra un bottiglietta piena di uno strano liquido azzurro che brilla leggermente, io glielo permetto dopo aver avuto la conferma dal commerciante che non fosse pericoloso.
Alle undici precise ci ritroviamo di nuovo su una collinetta vicino alla spiaggia per vedere i fuochi d’artificio che ci sono in programma questa sera.
“Sono belli come quelli della città?”
Mi chiede Jonas.
“Sono molto meglio, si rifletteranno sul mare, sembrerà una magia.”
Lo rassicuro io.
“Secondo te la magia esiste davvero, mamma?”
“Solo se vuoi crederci.”
Lui annuisce e volge lo sguardo verso il cielo in attesa dei fuochi.
Io mi chiedo a cosa voglia credere con due genitori come noi, Tom solo recentemente è tornato a interessarsi al cristianesimo e in quanto a me non so in cosa credere se non in una volontà superiore che a volte ci guida a volte ci fa dei terribili sgambetti.
I fuochi iniziano e alziamo tutti la testa per guardarli: sono bellissimi.
Fiori rossi, gialli, verdi e viola che si stagliano nel cielo, altri che disegnano linee, altri che cadono imitando la pioggia.
Una meravigliosa pioggia di luce dorata che ci benedice tutti.
Non posso fare a meno di sorridere e stringere forte la mano di Tom nella mia, mi sento felice e benedetta dal fato, solo perché lui è qui con me.
Non è morto né il suo cervello è stato troppo danneggiato da non poter più guarire.
Ava è qui e la donna che l’ha avvelenata è morta e stramorta, pagando per tutti i suoi crimini.
Non posso chiedere di meglio.
Non sarà facile tornare sulla Terra e ottenere il perdono di Mark per Tom, ma sono certa che la faremo. Siamo più forti di quello che crediamo insieme.
Insieme siamo invincibili e non sarà certo una discussione a dividerci.
Mark ha comunque aiutato Tom due anni fa, anche se aveva tutte le ragioni per non farlo.
Ci sono ancora delle speranze.
Siamo passato attraverso tante cose in questi anni e sono sicura ce la faremo.
D’altronde siamo invincibili, no?

 

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Capitolo 20
*** Epilogo: ritorno a casa. ***


Epilogo: ritorno a casa.

 

Torniamo a casa all’inizio di settembre. Le foglie degli alberi del giardino della nostra villa sono un trionfo di rosso, oro e arancione.
Meraviglioso.
Non sono belle come il giardino della reggia, ma il fatto che siano qui le rende meravigliose, sanno di casa.
Ava sorride rivendendo il nostro ranch.
“Casa dolce casa.”
Commenta aprendo la porta, troviamo tutto come l’avevamo lasciato, i cloni  non hanno spostato nulla e  non hanno ridipinto la casa. Mi avrebbe dato fastidio trovare la casa cambiata da delle persone che tutto sommato sono degli sconosciuti, così depongo con gioia le mie valigie in camera mia e mi butto sul letto. Profuma di pulito e di casa, un profumo meraviglioso.
Poco dopo sento il materasso abbassarsi per il peso di un corpo che si è steso accanto a me.
“Ehi, Tom.”
“Ehi,Jen.”
“Ce l’abbiamo fatta.”
“Sì, ora resta solo una cosa da fare e sarà la più difficile.”
“Disfare la valigie?”
Dico per mantenere leggero il tono della conversazione.
“No, parlare a Mark, non so da dove iniziare.”
Io rimango in silenzio, senza sapere cosa dire, sono volate offese grosse tra i due e non sarà facile riparare il danno, ma sono sicura che ce la faranno.
“Troverai un modo, la vostra amicizia è troppo forte per morire.”
“Immagino di sì, in fondo mi ha aiutato quando avrebbe potuto fregarsene.!
“Sì, è una cosa positiva, no?”
“Sì, lo è, ma non significa nulla. Potrebbe non volermi sentire lo stesso, perché  l’ho ferito troppo. Sai cosa penso di tutta questa storia?
Che per tutta la mia vita ho giocato con il fuoco e ora, non solo mi sono scottato, ma sto rischiando di dare fuoco a una cosa importante per me.
Tengo ancora a Mark come amico.”
“Lo so e credo lo sappia anche lui, ma che abbia bisogno di tempo per riflettere e perdonare. Non ho idea di cosa gli abbia detto il suo clone.”
“Io sì, ho fatto una breve ricerca in internet prima. Ha insultato pesantemente i blink, per lui sono come figli: ha fatto una cosa gravissima a cui non sono come riparare.”
“Digli la verità, che i blink non ti fanno schifo.”
Lui rimane in silenzio per un po’.
“Non mi ascolterà, non ora. Sa che è stato un clone a parlare, ma sa anche che avrei potuto dirlo io in qualsiasi momento.”
Questa volta sono io a rimanere senza parole.
“Sorpresa, eh?”
“Un pochino, ma sono sicura che vi riappacificherete.”
Rispondo più certa di quanto non lo sia.
Inizio a mettere via le nostre cose e in questo modo il tempo passa e io non penso a tutte le cose che sono rimaste sospese qui. Vorrei rivedere i miei e i gemelli per assicurarmi che stiano bene e che la loro vita sia il più possibile serena.
Finito di mettere via la nostra roba – che comprende parecchie cose che vengono dal mio pianeta – scendo in cucina e trovo dei piatti già preparati, devo solo infilarli nel microonde.
Detto fatto, uno alla volta li scaldo e poi chiamo a raccolta la mia famiglia: la cameriera ci ha lasciato delle enchilladas da mangiare.
Scendono tutti e dopo aver preparato rapidamente la tavola mangiamo tutti insieme sul tavolo vicino al camino, non fa mai troppo freddo in California, ma talvolta di’inverno è piacevole accenderlo.
“Buone le enchilladas! Mi sono mancate lassù!”
“A me è mancato tutto.”
Confessa con candore Jonas. Apparentemente dopo aver litigato con tutti i suoi amichetti – che lo chiamavano mezzo alieno – è felice di tornare a casa. Non si può dire lo stesso di Ava, che ha dovuto lasciare i suoi amici e il suo ragazzo.  Porta appesa al collo la pietra che le permetterà di mettersi in contatto con lui, ma lo stesso non è contenta. Ha lo sguardo perso e mangia poco della sua enchillada.
Spero che lentamente si abitui di nuovo a vivere qui, perché è qui la nostra casa.
Finito di mangiare lavo i piatti e poi mi stendo a letto, spossata dal viaggio ma felice.
Mi addormento sorridendo, piena di fiducia nel futuro.

 

Dopo quasi un mese Mark e Tom non hanno risolto nulla.
Tom ha provato qualche  volta  a chiamarlo, ma lui non gli ha mai risposto. Anne dice che è molto arrabbiato e che non si aspettava che Tom dicesse cose del genere, tanto che a volte mi domando se si sia dimenticato che non è stato mio marito a parlare, ma un clone.
Un clone è la copia fisica esatta della persona e può pensare in modo simile, ma non uguale a chi impersona. Il vero Tom forse non avrebbe detto tutte quelle cose e Mark non sembra accettarlo. Siamo in una posizione di stallo, nessuno si muove dalle proprie posizione e persino il mio incrollabile ottimismo inizia a vacillare.
Forse non si riconcilieranno e  continueranno la loro vita parallelamente, uno con gli Angels and Airwaves e l’altro con i + 44.
In ogni caso oggi è il 19 settembre e l’estate ha deciso di dare un colpo di coda con una serie di giornate molto calde e umide, tanto che Ava – dopo scuola – è sempre alla spiaggia a fare surf.
È quasi mezzogiorno e sia io che Tom siamo a casa, dopo una mattinata passata a provare e scribacchiare qualcosa di nuovo accende la tv ed entriamo rimaniamo paralizzati dalla paura.
Nei titoli dicono che Travis è stato coinvolto in un incidente aereo e che è l’unico sopravvissuto insieme a un certo Dj Am, lo schianto è avvenuto a Columbia nel South Carolina.
Io e Tom ci guardiamo negli occhi per un attimo, poi io chiamo Anne dicendole di tenere i ragazzi per un po’ e salgo al piano superiore buttando qualcosa in un borsone, Tom ha fatto lo stesso e lo vedo prenotare dei biglietti aerei.
Una volta fatto saltiamo tutti e due in macchina e ci dirigiamo verso l’aeroporto di San Diego, Tom non ha aperto bocca, ma stringe il volante della macchina fino a che le sue nocche non diventano bianche.
Parcheggiamo e corriamo verso le partenze nazionali, riuscendo a malapena a prendere l’aereo che Tom ha prenotato all’ultimo secondo.
Solo quando siamo sull’aereo si lascia andare a un sospiro tremulo.
“Ce la farà?”
Mi chiede con voce appena udibile.
“Sono sicura di sì.”
Rispondo io stringendo i braccioli del sedere con entrambe le mani, non voglio nemmeno pensare alla morte di Trav come ipotesi. Non ci siamo sentiti spesso negli ultimi tempi, ma non ho mai smesso di considerarlo un buon amico. Non sa nulla del fatto che io sia aliena e che un po’ lo sia anche Tom, ma la maggior parte delle persone non lo sa e questo non impedisce loro di esserci amici.
Il volo verso Columbia mi sembra infinito, anche se non è molto lungo. Una volta atterrati Tom chiama Shanna – l’ex moglie di Travis – e si fa dire dove è ricoverato l’ex marito, dopo di che chiama un taxi.
Per prima cosa ci fermiamo in un bed & breakfast, lasciamo lì i bagagli e poi ci dirigiamo all’ospedale. Dato l’aspetto relativamente calmo supponiamo che i giornalisti non sappiano che Travis Barker sia ricoverato lì.
Tom marcia il banco dell’accettazione e chiede alla donna in che stanza si trova Trav, all’inizio lei è parecchio reticente visto che non siamo parenti, ma alla fine l’insistenza di Tom ha la meglio e ci dice dove è.
Io e mio marito saliamo al secondo piano e cerchiamo il reparto della terapia intensiva, siamo sicuri di essere nel posto giusto perché – seduta su una sedia – c’è Shanna.
Io mi siedo accanto a lei in silenzio e lei si butta in lacrime tra le mie braccia, io cerco di consolarla, Tom invece si siede e si prende la testa tra le mani.
Dopo un po’ si decide a parlare.
“Cosa dicono i medici?”
“Non sono ancora usciti dalla sala operatoria, ho paura. Non voglio che i miei figli perdano loro padre, lo adorano, capite?
Persino mia figlia adora Travis e lei ha sempre odiato ogni mio fidanzato!”
Scoppia di nuovo in lacrime.
“Mark è qui?”
Chiede esitante Tom.
“Sì, sono qui.”
Risponde una voce fredda, Mark è arrivato alle spalle di Tom. È cambiato, per prima cosa è decisamente più magro di come lo ricordassi, sembra nervoso e arrabbiato – i suoi occhi celesti sono in tumulto – e i suoi capelli castano sono così irti da sfidare la forza di gravità.
“Mark.”
Dice debolmente Tom.
“Tom. Come mai qui?
Vuoi ballare sul cadavere di Travis?”
I singhiozzi di Shanna si fanno più forti e io do un’occhiata di rimprovero a Mark, lui abbassa gli occhi.
“No, sono venuto qui per vedere come sta un mio amico e per chiarire con un altro.”
“Skye, tu sta qui con Shanna, io mi allontano un attimo con Tom e Jen.”
Seguiamo il bassista fino a un’uscita di emergenza che dà su una terrazza, per prima cosa Mark si accende una sigaretta e io lo imito.
Mi sento una specie di giudice in un incontro di box.
“Allora, Thomas, come mai sei qui?”
“Perché un mio amico si trova in fin di vita e speravo di chiarire con te, a essere sincero.”
Mark ride sarcasticamente.
“Non ti sono bastati gli insulti sui blink e di come sia una band di idioti? Adesso devi insultarmi di persona?”
“Non sono stata io a dire quelle frasi, lo sai. È stato il clone che ha creato Keisha!
In ogni caso, mi dispiace: erano fuori luogo.
Sono stato io a voler portare i blink lontano ed è stato molto idiota da parte mia autoinsultarmi.”
L’altro non parla.
“Ascolta, lo ammetto: sono uscito dai blink come uno stronzo apocalittico.
Non voglio cercare di crearmi delle scusanti per quello che ho fatto, ma in quel periodo il dolore alla mia schiena era insopportabile e gli antidolorifici mi sballavano di brutto l’umore.
Un momento ero incazzato nero perché c’era quel dannato dolore sordo e quello dopo ero euforico perché non c’era più. Ho detto e fatto un sacco di cazzate di cui non sono affatto fiero.
È stato in quel momento che qualcuno ha iniziato a giocare con il mio cervello e – so che non vale molto come scusa – quel giorno non ero in me.
Ero incazzatissimo perché nessuno sembrava capire che il bel giocattolino del pop-punk dopo tredici anni di sbattimento voleva solo qualche mese di pausa. Pressavate tutti per il tour, per il nuovo cd e io non ce la facevo più.
Mettici quello che ho detto prima e otterrai quello che ho fatto. Non lo rifarei, non uscirei più dalla band senza darti una spiegazione, anche se pessima. Se potessi tornare indietro cercherei di agire in modo più equilibrato, ma non posso.
Quindi non ti chiedo di perdonarmi, ma almeno di provare a darmi una seconda possibilità. Lassù mi hanno guarito, non sarò mai lo stesso di prima, ma non sarò nemmeno la mina vagante degli ultimi tempi.
Puoi darmi una possibilità?”
Mark lo scruta a lungo negli occhi, in una maniera quasi imbarazzante.
“Sembrano delle scuse vere.”
“Lo sono. Mark, ti prego, dammi un’altra possibilità.”
Lui gioca con la cicca semispenta e guarda in basso, sembra stia contando le mattonelle di questa terrazza.
“Prima Travis deve sopravvivere, poi ne parleremo.”
“Mark…”
“Vorrei dartela subito una seconda possibilità, ma non me la sento. È troppo presto, fa ancora male. Dammi un po’ di tempo e poi voglio vedere come se la caverà Trav.”
Tom annuisce, credo che questo sia il massimo che si aspettasse da Mark.
Rientriamo tutti e tre e troviamo Skye e Shanna con un dottore, l’uomo batte incoraggiante una mano sulla spalla della moglie di Travis e poi se ne va.
“Cosa ha detto il dottore?”
“Che è stazionario e non è in pericolo di vita, però…”
Le esce un sospiro tremulo dalla bocca.
“Non sanno se potrà suonare ancora.”
Rimaniamo annichiliti dalla notizia, sappiamo quanto Trav tenga al suo strumento e non poterlo più suonare per lui sarà una tortura.
“Sono sicura che ce la farà.”
Dico a bassa voce e con gli occhi umidi.
Annuiscono tutti. 


Il tempo passa e Halloween è alle porte. Travis è uscito dall’ospedale e sta facendo la riabilitazione necessaria con molto impegno. Vuole tornare a suonare, anche se non è certo che voglia farlo per i blink. Ha visto Tom e lo ha formalmente ringraziato per essere venuto a trovarlo, ma non ha detto molto altro poi, si vede che è ancora arrabbiato con mio marito e non posso biasimarlo: a lui manca un pezzo per avere il puzzle completo.
In quanto a Tom e Mark sono usciti qualche volta a prendersi una birra insieme, ma ci sono andati cauti tutti e due. Tom mi ha raccontato che di solito parlano di cose poco importanti e girano al largo dall’argomento blink, per tutti e due è una specie di tabù. Mark è ancora arrabbiato con Tom e lui non sa cosa fare per dimostrare che si è sinceramente pentito, di sicuro non mollerà gli AvA , perché si è accorto che gli sono indispensabili come sfogo in questo periodo tormentato.
Una sera arriva a casa particolarmente di buon umore e mi chiedo come mai.
“Come mai così felice?”
“Perché ho chiesto a Mark di venire da noi la sera di Halloween con la sua famiglia. Per te non è un problema, vero?”
“Assolutamente no, sono felice che ci sia questa cena!”
Rispondo sorridendo, lui mi abbraccia e poi mi bacia tra i “buuu!” dei nostri figli.
“Cosa c’è, ragazzi? Amo vostra madre.”
Io rido imbarazzata e penso a cosa possa servire per la cena, che è tra una settimana.
Nei giorni seguenti penso a come decorare la sala e al menù.
Alla fine compro un bel po’ di zucche, ragnatele e ragni finti, teschi e candele. Spendo due pomeriggi a intagliare le zucche con l’aiuto di Jonas e Ava.
La sera della cena le distribuisco un po’ ovunque insieme alle cose che ho comprato, tenendo l’illuminazione al minimo per dare l’idea di una stanza spaventosa e un po’ lo è alla luce tremolante delle candele che occhieggiano i ghigni delle zucche e i teschi.
Per il menù ho deciso di cucinare cibo italiano.
“Mamma, posso andare con i miei amici a chiedere i dolci, vero?”
Mi chiede Ava poco prima che inizi la cena.
“Mh, certo. Solo porta con te Jack, ti va bene?”
Lei scuote le spalle.
“Sì, certo. È un po’ che non lo vedo.”
“Come ti sembra la stanza?”.
“Se non sapessi che questo è il salotto di casa nostra avrei paura a entrare.”
Io sorrido soddisfatta e guardo cosa indossa Ava: un vestito con l’orlo strappato che le arriva appena sopra il ginocchio trattenuto in vita da un foulard viola, calze a righe bianche e nere, anfibi e un cappello da strega. Si è truccata pesantemente gli occhi di nero e la bocca di rosso.
Sta molto bene.
“Bel costume.”
Lei sorride e mi mostra le mani, le sue unghie sono dipinte di nero e rosso, il rosso è studiato apposta per dare l’impressione di sangue che coli.
“Wow! Belle!”
Lei mi sorride e poco dopo arrivano gli Hoppus, ci scambiamo qualche convenevole e poi andiamo nel salotto.
“Wow! Bello!”
Esclama colpita Skye.
“Sono felice che ti piaccia.”
“Oh, sì! È molto spaventoso.”
Sul tavolo ci sono già gli antipasti, che sono spaventosi a regola d’arte: a forma di ragno o occhio e con tanto ketchup e sugo.
Li mangiamo, mi fanno i complimenti, io sorrido e porto via il vassoio vuoto. Per ora procede bene, ma QUELL’argomento non è stato ancora toccato.
Controllo che siano tutti seduti e poi porto in tavola il primo: pasta al sugo. È un piatto semplice e pauroso allo stesso tempo, con un po’ di immaginazione si può pensare che il sugo sia sangue.
Servo le porzioni e poi mi siedo per gustarmi il frutto delle mie fatiche: è buona.
Mangiamo in silenzio, si sente solo il rumore delle forchette e delle bocche che masticano  e ne sono molto felice, significa che il piatto è stato apprezzato.
Finito il primo porto via i piatti e li deposito in cucina, domani la nostra domestica avrà parecchio da fare, mi dico con una punta di dispiacere.
Servo il secondo –  scaloppine al pomodoro – e poi mi siedo anche io, sono buone anche queste.
Adesso è il turno del dolce – una torta di panna con lo sciroppo di fragola che cade dalla punta – e del caffè.
E con questo la cena è finalmente giunta al termine, i ragazzi se ne vanno e rimaniamo solo noi adulti, avvolti in una cappa di imbarazzo.
“Ehm, bella la stanza. Vero, Mark?”
Skye tenta di rompere il silenzio che si è formato.
“Oh, sì! Molto spaventosa, Jen è molto brava con queste cose, lo è sempre stata.”
“Sono d’accordo.”
E il silenzio cala di nuovo sulla stanza.
“C’è un motivo per cui ho accettato questo invito.”
Comincia Mark, io lo guardo curiosa.
“Quale?”
“Credo di dovere delle risposte a Tom.”
Questa volta è Tom a guardarlo curioso.
“Ho pensato molto alle tue scuse e sono giunto alla conclusione che sono sincere e le accetto.”
Tom sorride e i due si abbracciano, io e Skye ci scambiamo un sorriso a nostra volta, orgogliose dei nostri uomini.
“Mi piacerebbe che tu tornassi nei blink, se vuoi.”
“Voglio, solo che non posso abbandonare gli AvA.”
“E io il mio lavoro alla Fuse, questo non significa che non potremo più fare musica insieme. Lo faremo ancora, ma con ritmi che si adattano alla nostra nuova vita.”
Tom annuisce commosso.
“Cosa dice Travis a riguardo?”
“Beh, ci ho parlato e – anche se scettico – ha accettato la cosa. Dice che tutti si meritano una seconda possibilità.”
“Ne sono felice.”
“Solo una cosa, vorrei aspettare un po’ per comunicarlo ai fans, non mi sento pronto.”
“Non c’è problema, aspetterò.”
I due si sorridono e si abbracciano di nuovo.
Adesso è davvero  tutto risolto e possiamo tornare alla vita di prima, non c’è un solo pezzo del puzzle che sia fuoriposto.
Tutto combacia alla perfezione di nuovo e la cosa non potrebbe rendermi più felice.

Angolo di Layla

E con questo è davvero arrivata la fine, ringrazio DomyDeLonge per le recensioni e tutte le altre persone che l'hanno messa nei preferiti, ricordati, seguite.

Alla prossima.

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