Falling Star -Esprimi un desiderio-

di Stellyna_P
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** #Prologo&ICapitolo ***
Capitolo 2: *** # II capitolo ***
Capitolo 3: *** #IIICapitolo ***
Capitolo 4: *** #IVCapitolo ***
Capitolo 5: *** #VCapitolo ***
Capitolo 6: *** #VICapitolo ***



Capitolo 1
*** #Prologo&ICapitolo ***


falling star -Esprimi un desiderio

falling star -Esprimi un desiderio.-

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Prologo

Ho sempre pensato che la mia vita fosse destinata ad essere un lungo sentiero fosco e serrato.

Avvolte avrei tanto volute correre, accelerare il passo per vedere cosa mi attendesse alla fine del sentiero.

Avrei tanto voluto che qualcuno mi desse una mano per arrivare alla fine senza essere così stanca e delusa.

Però non ho mai sperato, mai, in un nuovo futuro.

Non potevo concedermelo.

Mi sono solo lasciata trasportare, ho camminato lungo il sentiero già predisposto. Non sono mai andata a cercare altre vie.

Eppure quella notte mi cambiò totalmente.

Adesso non so dirvi cosa esattamente cambiò in me. Forse niente, forse tutto.

Eppure una cosa fondamentale l’ho capita: Non bisogna mai offendere i sogni, loro sanno come vendicarsi.

 

 

 

 

I Capitolo.

 

Un luccichio, una stella cadente scintillante, un desiderio e la fine.

La fine di un nuovo inizio

 

Ok, dovevo stare calma. Layla respira e inspira; Il mio insegnante di yoga diceva sempre che trattenere il respiro per dieci secondi aiutava a controllare il corpo, lo spirito, la mente e altre cazzate varie.

Trattenni il fiato e mi ricomposi.

La mia vita facevo schifo, e non lo dicevo tanto per, è la pura e semplice verità. Se potessi avrei barattato la mia esistenza alla fiera delle pulci.

Mio papà mi aveva appena comunicato che andava a letto con la sua segretaria e che presto l’avrebbe sposata, la mia migliore amica era in viaggio a “non so dove” e il mio ragazzo mi aveva tradito due giorni prima per la sua ex.

Per non parlare dello stress che avevo accumulato in questo periodo, tutto per organizzare questo stupido ballo di fine anno.

Quella mattina quando mi ero guardata allo specchio mi ero accorta di essere ingrassata da far schifo e che mi erano spuntati alcuni brufoli da stress che avevo dovuto coprire con chili e chili di trucco.

-Jesse, essere invertebrato dove diavolo ti sei nascosto?- urlai mentre con un passo da elefante marciavo verso la stanza di mio fratello.

Aprii la porta con una spinta facendo notare al mio dolce fratellino che non avevo completamente voglia di giocare.

Jesse ricambiò il mio sguardo con fare beffardo.

-Sorellina stai bene?- mi domandò lui, sdraiato nel suo letto.

-Dove diavolo è il telefono?- urlai.

Jesse altro non è che il mio fratello gemello, sfortunatamente condividiamo gli stessi capelli castani e gli stessi occhi verdi e sfortunatamente lo stesso sangue.

-Serve a me. Passa più tardi o domani.- mi risponde senza prestarmi tanta attenzione.

Io mi avvicinai a lui, lentamente pregustandomi il dolce sapore della vendetta.

A due passi da lui, l’afferrai per il colletto della camicia e portai il suo viso a pochi centimetri dal mio.

-Sentimi bene impiastro, ho passato una giornata schifosa, non ho ancora finito i compiti, domani tutto il comitato studentesco si aspetta che io abbia già un’idea per quella dannata festa e ho un disperato bisogno di parlare con Emily quindi a te la scelta: O mi dai quel telefono di tua spontanea volontà o lo prendo passando sopra il tuo cadavere.- sbottai infuriata.

Dovevo avergli messo un po’ di paura visto che lui non mi risponde. Meglio così.

Lo lasciai e mi diressi verso la scrivania prendendo il telefono. Senza rivolgere uno sguardo a mio fratello uscii dalla stanza sbattendola forte.  Sentendo anche il:”ma questa è pazza” di mio fratello.

Appena tornai nel mio rifugio mi sdraiai nel letto, il corpo ebbe un brivido di freddo quando la mia pelle entrò in contato con le lenzuola fredde.

Digitai il numero di Emily che ormai sapevo a memoria. Aspettai due secondi e poi la voce cristallina di Emily mi rispose.

-Buona sera casa Davis chi è?-

-Sono Layla, Emily.- risposi sbrigativa.

-Oh Lay che c’è?- mi domanda.

-Niente, sono stanchissima.- dissi evasiva.

-Ancora per la storia di Jamie, oh Santo Patrizio oggi avrei tanto voluto dargli un calcio, stava sempre impicciato a quella svampita di Clizia. Con te non faceva così vero?- mi domanda innocentemente.

-Grazie Emy per avermelo ricordato.- risposi ironicamente.

-Oh Santo Patrizio scusa.- si scusò Emy.

-Dio, Emily dì un’altra volta Santo Patrizio e ti chiudo il telefono in faccia.-

-Oh sant... ehm scusa. L’abitudine.-

-Fa niente.- borbottai mentre mi sistemai meglio nel letto abbracciando il mio orsetto.

-Hai sentito tuo papà?- mi domandò con voce bassa, sembrava che me l’avesse quasi sussurrato.

-Si, oggi all’ora di pranzo. Ormai è stabilito si risposa con miss-indosso-solo-regiseni-imbottiti-perché-ho-una-misera-seconda.- il mio tono era canzonatorio.

-Mi dispiace.- provò a dire Emy.

-A me no.-

-Comunque- provò a cambiare discorso lei.

-Come va con i preparativi per la festa?- mi domandò Emily eccitata.

-Malissimo- continuai io pessimista.

-Ma come?-

-Non sono riuscita a fare un accidenti. La band non vuole suonare. Cioè vorrebbe essere pagata, ti rendo conto? Gli altri non vogliono collaborare e io mi ritrovo a fare tutto il lavoro da sola.- mi sfogai.

-Riuscirai a fare qualcosa di stupendo anche da sola. Lo fai sempre dopotutto.- mi rispose Emily.

-Già, come sempre. Emily ci sentiamo domani, ok? Ho sonno.-

-Ok a domani, buona notte Layla.-

-Notte.-

Richiusi il telefono e scesi di corsa dal letto per poi affacciarmi dalla finestra, lo facevo ogni notte mi faceva sentire bene.

Respirai a pieni polmoni l’aria e fissai il cielo ricoperto da un manto di stelle. Emily aveva ragione ho sempre fatto tutto da sola, non perché mi piaccia ma perché gli altri non si impegnano mai come io vorrei.

Forse sono io che pretendo troppo. Forse pretendo la perfezione.

Sospirai e con un elastico che tenevo sempre nel polso legai i miei lunghi capelli castani.

Da quando mamma e papà avevano divorziato la mia vita era stata una totale discesa e quando pensavo che mi stessi riprendendo ecco che arrivavano altre mazzate.

Per ultimo il tradimento del mio ragazzo: Alex.

Un luccichio catturò la mia attenzione; Una stella cadente.

Quasi come se fosse un meccanismo naturale espressi il mio desiderio: “Vorrei una vita perfetta” sussurrai al cielo.

Tanto sapevo che non sarebbe successo niente, un sorriso si dipinge sul mio volto. I desideri sono solo delle stupide invenzioni creati per le bambine che si aggrappano ai sogni.

Io avevo smesso di sperare in un futuro da Cenerentola.

La stella cadente scomparii lasciandomi un senso di vuoto. Chiusi la finestra e mi ributtai nel letto.

Pochi minuti dopo mi addormentai.

 

 

 

Un luccichio, una stella cadente scintillante, un desiderio e la fine.

La fine di un nuovo inizio

 

Oddio.. alla fine l’ho fatto! Questa idea mi circola nel cervellino da un sacco di tempo. Ma non l’ho mai messa per iscritto anche perché in questo periodo la mia ispirazione è andata in vacanza a ballare la cucaracha! Spero che finalmente sia tornata!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** # II capitolo ***


Falling star-Esprimi un desiderio

Falling star-Esprimi un desiderio.-

II Capitolo.

 

Ero in apnea, ne ero consapevole.

Avevo il bisogno vitale di respirare ma sapevo che non potevo.

Dovevo solo aspettare il momento in cui l’aria avrebbe iniziato a circolare nel mio corpo.

Per iniziare a percepire di nuovo il suono della mia voce.

 

Un raggio mi sfiorò la pelle silenziosamente e indisturbato costringendomi ad aprire le palpebre. La troppo luce mi costrinse a richiuderle di colpo.

Sbuffai e mi strinsi di più nelle coperte.

-Sveglia ragazzina.- una voce cristallina e angelica mi disturbò e io aprii di nuovo gli occhi.

Mi girai nel letto impazientita e quello che vidi mi fece raggelare il sangue nelle vene. Una ragazza che poteva avere la mia stessa età mi guardava divertita.

Aveva lunghi capelli neri che le ricadevano nelle spalle e due occhi azzurri che riuscivano a scrutarmi anche l’anima.

Era l’essere umano più bello che avessi mai visto. La sorpresa venne subito rimpiazzata alla paura. Cosa ci faceva un’estranea in casa mia?

-Vai via o chiamo la polizia.- sbottai tremante mentre frettolosamente sgusciavo via dalle lenzuola azzurre del mio letto.

Il mio corpo stranamente era più agile del solito.

La ragazza in risposta rise e si sedette nel mio letto.

-Chiama se vuoi ma ti avverto che ti prenderanno per pazza visto che in questa stanza non troveranno nessuno oltre te.-

La guardai sbigottita, mi stava prendendo per i fondelli?

-Ehy… e tu chi saresti la fata turchina?- domandai mentre cercavo di ricordarmi l’auto difesa e di prendere la prima cosa pesante che mi capitasse per le mani.

La ragazza rise di nuovo e mi mando in bestia.

-Ci sei vicina.- rispose con nonchalance.

-Vicina a cosa?-

Quella ragazza doveva essere pazza e io ero ancora più pazza visto che continuavo ad alimentare la discussione.

-Mi chiamo Angelica, il mio nome è tutto un programma.- rise a una battuta che evidentemente non avevo capito.

-Eh?- domandai perplessa. Se voleva rubare qualcosa perché non mi uccideva subito e continuava il suo lavoro?

-Ma non ci arrivi da sola?- mi domandò sistemandosi meglio nel mio letto e accavallando le gambe.

-Arrivare a cosa? E alzati quello è il MIO letto-

-Uffa, sei proprio permalosa e dire che quanto dormi sembri un angioletto – rise di nuovo, ancora più forte.

-Tu sei pazza. Io chiamo la polizia.- risposi mentre correvo per prendere il telefono.

Appena lo afferrai questo mi volò dalle mani quasi come se una forza invisibile l’avesse preso.

-Ma che dia…-

Mi girai e vidi Angelica che giocava distrattamente con il telefono che prima tenevo nelle mani.

-Come diavolo hai fatto?- domandai con gli occhi sgranati.

-Magia!- rispose lei alzandosi e venendomi incontro.

Arretrai di scatto mentre il mio cuore cominciava a battere furiosamente.

-Abbiamo capit..- iniziò a parlare lei ma io la interruppi.

-Se non te ne vai inizio ad urlare.-

Lei mi guardò esasperata alzando un sopraciglio perfetto come lei.

-Urla allora.-

Sembrava esausta di quel giochetto.

La guardai intensamente e quasi come se volessi provocarla presi aria e cercai di urlare.

Sentivo la gola bruciarmi ma quello che mi meravigliò fu che nemmeno una parola uscì dalle mie labbra.

Volevo urlare, davvero, lo volevo con tutto il cuore ma era impossibile. Non potevo e soprattutto mi sentivo impotente.

Angelica mi sorrise e poi fece un cenno con la mano e io sentì un urletto strozzato uscire dalla mia bocca.

Respirai lentamente, gustandomi quell’attimo, era come se avessi imparato in quel momento a respirare.

Ansimai un po’ e quando mi ripresi fissai il mio ospite indesiderato.

-Cosa diavolo sei?- sussurrai così piano che mi detti della stupida. Sicuramente non mi aveva sentito.

Lei sorrise. Forse era la millesima volta che lo faceva nello stesso giorno. Mai una persona mi aveva dato più fastidio.

-Finalmente, questa era la domanda che mi aspettavo da molto tempo. Non chi sono, ma cosa sono.- disse con fare teatrale.

-Mi chiamo Angelica.-

-Questo me l’avevi già detto.-

Lei si imbronciò, Ok, ero stata maleducata ma non era lei quella che si era ritrovata una perfetta estranea nella sua stanza.

-Mi fai finire?- domandò un po’ scostante.

Io annuì.

-Mi chiamo Angelica e sono il tuo angelo custode.-

Questa volta fu il mio turno di ridere, risi così forte che dovetti trattenermi la pancia con le mani.

-No, no.- dissi scuotendo la testa. -Io dicevo sul serio, cosa sei?- domandai ancora con il sorriso alle labbra.

Lei mi guardò quasi offesa.

-Vedi che io non scherzavo sono veramente il tuo angelo.-

Io continuai a guardarla, non aveva l’aria di una che scherzava. La guardai accigliata ma si era sentita?

-Ok, esci da casa mia, Tu sei p.a.z.z.a- scandii bene le parole.

Lei ricambiò il mio sguardo e poi rise facendo una cosa che non avrei mai dimenticato.

Mosse la mano e in un attimo il vaso vicino alla scrivania si alzò in aria e, sempre sotto il comando di Angelica, cadde a terra proprio vicino a me, infrangendosi così come la certezza che quella ragazza fosse pazza.

Quella pazza ero io.

-Oddio sto ancora dormendo vero?- domandai più a me stessa che ad Angelica.

-E basta, sono un angelo! accettalo- disse innervosita.

-E.. le tue aa…li?- balbettai

-Leggenda- disse sorridendo.

-L’aureola?- continuai

-Mi rovina i capelli.-

-E… voli?- la mia voce tremava leggermente.

-No, posso stare solo con te.-

Ok, ero pazza. Le vicende accadute nell’ultimo periodo avevano fatto in modo che la mia stabilità mentale crollasse in poco tempo.

-Non mi credi ancora eh?- mi domandò con fare sospettoso.

Io negai con la testa.

-Allora guardati allo specchio- esclamò Angelica.

Mi volsi lentamente, avevo paura di dargli le spalle.

Mai sottovalutare il nemico, e per me lei era un nemico.

Feci altri piccoli passi, calibrando il peso da un piede all’altro e fissando con la coda dell’occhio la ragazza che beatamente stava trattenendo un sorriso.

Quando vidi la mia immagine riflessa allo specchio non riuscì a trattenere un urlo.

Quella non ero io, no. Non potevo essere io.

Io non potevo essere così… così bella.

I capelli castani sempre crespi e spenti mi ricadevano ordinati, incorniciandomi il mio viso perfetto.

Non c’era nemmeno un brufolo, un lineamento disegnato male nella mia pelle. Niente. niente di niente.

Quei chili di troppo erano scomparsi e io mi ritrovavo il corpo di una modella.

Ero perfetta.

-Sto sognando.- borbottai.

Angelica si avvicino a me, con un passo felpato e io la fissai.

-Ora mi credi?-

Guardai il riflesso di Angelica impresso nello specchio.

I suoi occhi azzurri, vitrei quasi trasparenti mi guardavano gioiosi.

-Ma cosa è successo?- domandai con voce strozzata, il cuore mi batteva forte.

Angelica sorrise confortandomi un po’.

-Sbaglio o ieri hai espresso un desiderio?- mi domandò misteriosa.

La guardai sbalordita, ma di che diavolo stava parlando? L’immagine della notte precedente, la stella cadente, il dolore, la voglia di rivivere mi colpirono come un dardo infuocato.

Ero io quella che la notte precedente aveva espresso il desiderio di avere una vita perfetta, ed ero io quella che adesso fissava lo specchio con un sorriso fra le labbra.

Uno specchio che rifletteva la perfezione.

Uno specchio che rifletteva me.

Angelica si avvicinò ancora di più, potevo ammirare i suoi movimenti agili e raffinati. Tutto in lei era armonioso.

Sembrava una piccola bambola di porcellana, una nuvola ovattata. Impalpabile.

Lo specchio adesso rifletteva me e lei.

-Angelica ma è tutto vero questo?- domandai tremando un po’.

Lei rise, e adesso con la tranquillità che mi invadeva, non riuscì a non amare quella risata dolce.

-Tutto vero, e ancora non hai visto niente.- mi rispose biricchina.

La mia vita era stata sempre un lungo tunnel, pieno di piccole luci, che riuscivano bene o male a farmi camminare.

E per me andava bene così.

Ma adesso tutto aveva una prospettiva diversa. Adesso io ero fuori dal tunnel e la luce mi accecava.

Quella luce mi piaceva.

-Layla scendi! E ora di andare a scuola.-

Fissai Angelica e lei annuì lentamente, avevo quasi annullato la presenza delle altre persone troppo concentrata ad ammirarmi allo specchio e adesso sentire la voce di mia madre mi aveva procurato una fitta allo stomaco davvero piacevole.

-Scendiamo?- mi domandò Angelica.

-Ehm ma non ti vedranno? Cosa penseranno? E…- iniziai a sommergerla di domande.

Lei mi bloccò

-Ma allora non mi ascolti quando parlo, prima ti ho detto che nessuno può vedermi. Solo tu puoi.-

In poche parole ero l’unica pazza della famiglia, bene, perfetto.

Mi sistemai i capelli morbidi come non li avevo mai avuti in una coda alta, sembravano dei fili di seta nelle mie mani e toccarli era una sensazione stupenda.

Scesi di corsa le scale con indosso ancora il pigiama mentre sentivo dietro di me la presenza di Angelica.

Saltai l’ultimo gradino e mi diressi verso la cucina quasi correndo, avevo il fiatone ma non mi interessava più di tanto.

Sembravo una di quelle bambine che il giorno di Natale correvano felici per vedere che sorprese si celavano sotto l’albero.

Solo che il regalo che mi aspettava era mille volte migliore di una casetta per bambole.

Mio padre era lì seduto a tavola, teneva il giornale nelle mani e sfogliava lentamente le pagine. Mia mamma invece, vicino a i fornelli, preparava la colazione.

Potevo sentire l’odoro dell’arancia appena spremuta e dei cornetti ripieni di nutella.

Maria, la mia migliore amica, con il suo accetto italiano avrebbe sicuramente detto che quella scena le ricordava la pubblicità della Mulino Bianco.

Dove tutti erano felici e contenti.

Emily avrebbe aggiunto candidamente che invece era una cazzata bella e buona e io avrei annuito convinta alla sua tesi.

-Amore mi passeresti la tazza con il caffè.- la voce di mio padre era soffice e vellutata come la ricordavo.

Quella non era cambiata forse perché per le mie orecchie era perfetta di suo.

-Certo.- rispose mia madre.

Un rumore mi distrasse da quella visione, era una delle poche volte che i miei occhi vedevano  una cosa del genere; I miei non litigavano.

Jesse era appena arrivato bello come sempre. A differenza di me.

Lui aveva l’aura del bello e dannato, d chi sa di esserlo e di chi sa come usare questa arma a doppio taglio.

-Giorno marmocchia.- dice rivolgendosi a me.

Ecco… alcune cose non sarebbero cambiate mai.

 

Salve salvino salvetto…

Uhhh qui è l’autrice che vi parla, ok abituatevi a questi angoli senza capo ne coda perché non vi abbandoneranno presto.

Ok posso dire con certezza che finalmente l’ispirazione insieme ai mie neuroni danneggiati siano ritornati dalla loro vacanza e che per adesso, sembra, che abbiano smesso di ballare la cucaracha.

Io qui sento un caldo pazzesco sono con il condizionatore sparato verso la mia direzione ma ho scritto lo stesso solo perché sono un esserino sensibile e dolce.

Voglio ringraziare le 5 persone che hanno messo la mia fanfiction nei preferiti… mi lasciate un commentino piccino picciò mi farete tantooooo felice…

1 - Bella4 2 - birri 3 - Cherie lily 4 - Emily Doyle 5 - Maganera

Poi, poi passiamo alle recensioni xD

 

Mello sexy doll: Giorno bella, eccoti accontenta…. E’ iniziata la vita perfetta di Layla vedremo se alla fine sarà così perfetta xDD….

Un bacio e grazie per la recensione mi ha fatto davvero felice… mi raccomando dimmi anche se questo capitolo ti è piaciucchiato^^

 

Emily Doyle: Ciauuu…. Oddio non sai quanto ti quoto, anche io sono perseguitata dalla sfiga da quando ero nella culla ç_ç…. Ho la nuvoletta personale di Fantozzi che mi perseguita e sfortunatamente ho contagiato anche la povera Layla… e in fondo se soffro io perché lei non dovrebbe xDDD?

Un bacio e spero che commenterai anche questo chap!  

 

MI LASCIATE UN COMMENTINO ç_ç! NE SAREI FELICISSIMA! GRAZIE!

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** #IIICapitolo ***


III CAPITOLO

III CAPITOLO.

 

Occhi infuocati nella loro glacialità.

Occhi che catturavano le loro prede in una morsa letale.

Occhi oscurati da una patina di dolore

Erano i suoi occhi.

Affascinanti e funesti.

 

 

 

Jesse mi scompigliò i capelli con una mano, come faceva ogni mattina, penso che questo sia il suo modo di salutarmi.

Si sedette tranquillamente striando la sedia nel pavimento addentò una fetta di pancarré imburrato e iniziò a fissare il muro.

Angelica si avvicinò a mio fratello e dopo ,sotto il mio sguardo meravigliato,  scoccò un bacio al nulla.

-Angelica ma che diavolo fai?- domandai.

I miei genitori e Jesse si girarono nella mia direzione guardandomi con uno sguardo curioso.

-Layla con chi stavi parlando?- domandò mio fratello alzando un sopraciglio.

-Ehm… con… lascia stare è meglio.- risposi rossa in viso.

Quella canaglia di Angelica invece rideva come una pazza, lanciai uno sguardo di disperazione verso di lei e Jesse mi guardò stralunato.

Perfetto, adesso mio fratello avrebbe pensato che io fossi una pazza.

E non aveva torto, in fondo anche io dubitavo della mia stabilità mentale.

-Stavo salutando l’angelo di tuo fratello, Celestine, è davvero una cara ragazza. Sopportare Jesse non è una cosa da tutti.- mi disse Angelica.

Da un minuto all’altro mi aspettavo che mio fratello iniziasse a dirne quattro ad Angelica ma subito mi ricordai che nessuno poteva vederla.

Annuii impercettibilmente ma lei sicuramente mi vide perché sorrise.

-Triin-

Il suono del campanello di casa mi riporto nel mondo dei vivi, molto probabilmente Emily, come ogni mattina, mi ricordava che la scuola non aspettava i miei comodi.

-Vado ad aprire io.- dissi mentre afferravo un cornetto al cioccolato e mi dirigevo verso la porta.

Jesse provò a parlarmi ma io andai senza ascoltarlo.

Emily mi vesto e sono da te, ok?- dissi mentre con uno scatto aprii la porta.

-Oh, guarda chi c’è.-  disse una voce da dietro la porta.

La persona che avevo di fronte a me non poteva essere Emily.

Almeno che lei non avesse deciso di farsi una plastica facciale e di cambiare sesso nel corso di una giornata.

Deglutii a fatica.

Il giovane ragazzo mi guardava con uno sguardo beffardo.

Aveva i capelli neri circondati da qualche ciocca blu che richiamavano l’azzurro dei suoi occhi,  il viso leggermente allungato era adornato dall’espressione di chi avrebbe voluto stare a casa a non fare niente.

Era appoggiato al muro e così avevo una perfetta visuale del suo corpo.

Era bello .

-Che fico Non te lo lasciare scappare Layla.- disse Angelica, dando voce ai miei pensieri.

Arrossii violentemente.

Il ragazzo mi guardò per un minuto e poi mise una mano nella tasca dei suoi jeans e estrasse una sigaretta e un accendino.

-Di a Jesse di muoversi, non abbiamo tutta la giornata.- 

La voce di lui era bassa e roca, una voce che senza volerlo catturava.

-Uhm… si… ehm… tu saresti?-

La mia di voce, invece,era secca e bassa, imprecai mentalmente. Stavo facendo la parte della stupida ragazzina.

Il ragazzo mi guardò, una nuvoletta di fumo uscì dalle sue labbra e io rimasi ferma e immobile a guardarlo.

-Che c’è  adesso fai anche finta di non conoscermi?- mi chiese a denti stretti.

Eh? Io non avevo mai parlato con lui.

-Cosa? Ma sei matto? Io non ti conosco.-

-Sicura di non conoscerlo?-

A parlare era stata Angelica, che vicino a me guardava la scena con un adorabile sorriso.

Io annuì e il ragazzo mi guardò male.

Apposto, un altro che pensava fossi malata.

-Non ti ricorda nessuno? Il nome Christian non ti è familiare?- continuò lei.

Feci marcia indietro con la mente, cercando qualche piccolo ricordo che mi legasse con quel ragazzo misterioso.

E poi bang, l’illuminazione mi arrivò come una saetta al ciel sereno.

Christian, come avevo fatto a dimenticarmi di lui, il ragazzo altro non era che il migliore amico di mio fratello. Una volta avevo scambiato quattro parole con lui e avevo anche azzardato il parere che lui fosse simpatico ma non lo ricordavo così bello. Lui non poteva essere quel Christian che conoscevo.

Angelica parve leggermi nel pensiero di nuovo, e stavolta pensai davvero che lei ci riuscisse.

-Tesoro certo che ti leggo nel pensiero.- rispose e io sbiancai.

-Se non lo facessi non saprei mai quello che ti passa per la testolina, ricordati che io sono qui per aiutarti. Comunque sicura che fosse così diverso? O eri così accecata dal tuo ragazzo da non vedere nessun altro all’infuori di lui?-

Colpita e affondata.

Era la pura e semplice verità, quando stavo con James ero completamente succube di lui, era il mio piccolo universo. Tutto girava attorno a lui, e io il suo piccolo satellite ero troppo accecata dalla sua luminosità anche solo per pensare che a di fuori di lui esistessero altri pianeti.

Ed era anche per questo che quando l’avevo visto con Clizia mi ero sentita distrutta.

Un satellite non può mai competere con una stella.

L’avevo capito troppo tardi e a mie spese.

Clizia a differenza di me, era una di quelle persone che non aveva il bisogno di esprime un desiderio per avere una vita perfetta. Lei era già perfetta.

O almeno così credevo.

Aveva lunghi capelli biondi e un faccino d’angioletto e a differenza di quello che tutti credevano non era affatto un’oca.

Sospirai. Bella e intelligente tutto il contrario di me, adesso capivo il motivo per cui James aveva scelto Clizia invece della sottoscritta.

-Oh Christian scusa non ti avevo riconosciuto.- balbettai confusa.

Lui scrollò le spalle e sussurrò un: “fa niente.”

Dalle mie spalle arrivò la mia tortura, ehm volevo dire Jesse.

Ancora devo capire come fanno certe ragazze a giudicarlo adorabile.

-Andiamo?- domandò mio fratello.

Io annuì mentre Christian rideva a crepapelle.

-Se vuoi venire così non c’è problema per me, ti sta bene questo pigiama con…- scrutò il mio pigiama e poi torno a guardarmi. –sono maialini?-

Per la seconda volta nel corso della mattinata diventai rossa da far invidia al pesce rosso di casa.

-Non sono affari tuoi. E per la cronaca sono conigli-  dissi mentre di corsa correvo a cambiarmi.

Il primo premio per la scemenza va consegnato proprio alla sottoscritta, mi rimproverai mentre afferravo la gonna a pieghe dell’istituto.

Angelica, sempre dietro di me, mi guardava con il solito sorriso.

-Ma siete tutti così?- esplosi alla fine alla vista delle labbra tirate all’insù del mio angelo custode.

-Cosa intendi.- chiese angelica, e la parte le riusciva anche abbastanza bene.

-Siete sempre con questo sorriso ventiquattro ore su ventiquattro?- domandai accigliata.

Lei ridacchiò e mi fissò.

-In effetti si, sorridiamo sempre. Sai sorridere fa bene, ti rilassa, vedere sempre il mondo con un paio di occhiali rosa è una cosa stupenda. Per noi la vostra vita è come una specie di film.- mi rispose attorcigliando una ciocca dei suoi capelli neri.

-Noi siamo solo spettatori non possiamo influire nelle vostre decisioni, vi seguiamo sempre sperando che voi scegliate la giusta via. Più di questo non possiamo fare. Sperare ci fa sorridere-

La guardai ammirata e annuì.

-Dai, ora scendiamo.- mi disse 

-Angelica- la chiamai con un pizzico di curiosità, lei si voltò perplessa aspettando una mia domanda, gli occhi azzurri che scintillavano.

-Non è un sogno vero?-

-No è la tua nuova realtà.-

 

Spazio autrice:

Giornoo…Ecco il terzo capitolo, vi è piaciuto? Non so quando posterò il quarto(sono arrivata a metà capitolo) in questi giorni devo finire i compiti che naturalmente durante l’estate sono rimasti a marcire nell’angolino della mia stanza.

Ci sono le versioni di latino che mi stanno chiamando e per tutto questo tempo non ho risposto alla loro chiamata xD

Un bacio a tutti^^

Soprattutto a: GinTB(Grazie sono felice che l’idea ti sia piaciuta^^ Dimmi se questo capitolo ti è piaciuto anche^^ Un bacio), Emily Doyle(Oh anche io odio le riunioni di famiglia… c’è sempre qualcuno che mi tira le guancie urlandomi all’orecchio “oh ma che bellaaa… sei cresciuta tantissimo. E’ con il fidanzatino come va?” Davvero odiose Xd) e a giulietta_cullen( Già nella vita reale i desideri espressi alle stelle non si avverano… ma qui siamo in una fanfiction quindi tutto può accadere.. Grazie per i complimenti. Un bacio)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** #IVCapitolo ***


IV Capitolo

IV Capitolo

Fragile.

Se avessi dovuto descrivere lei con una sola parola avrei usato quella: Fragile.

Era la bambina che fingeva di essere adulta.

Che piangeva con la testa abbassata silenziosamente.

Che non parlava mai ad alta voce.

Quella bambina che aspettava segretamente la sua morte.

 

 

La strada che ogni mattina percorrevo per andare a scuola era sempre affollata, mi aveva sempre colpita quel’andare e vieni di persone.

Amavo la confusione, Maria diceva sempre che non sarei mai sopravissuta in un’isola deserta. Non avevo la forza di vivere senza che qualcuno stesse accanto a me, potevo benissimo dire che ero un parassita.

Per vivere dovevo dipendere da qualcuno e non era una cosa di cui ne andavo fiera.

I ragazzi che mi passavano accanto mi guardavano e mi scrutavano affascinati.

Non mi era mai capitato, non ero una di quelle bellezze che catturano a prima vista.

Ero anonima e questa importanza mi piaceva, mi esaltava.

-E’ logico. Adesso ti senti importante, no?- mi domandò Angelica leggendo nella mente mentre continuo a camminare con la testa abbassata accanto a Jesse.

“Adesso mi sento bella” la corressi mentalmente.

Lei sbuffò e scosse la testa.

-Tutti gli umani sono belli, ognuno di voi ha una caratteristica che vi contraddistingue.- Mi rispose ad alta voce, tanto nessuno l’avrebbe sentita

Si, come no. Si vede che non sei umana.  Non sai come gira il mondo da queste parti. Non esiste più la bellezza interiore adesso se non hai almeno un faccino da rivista non vai da nessuna parte.” Mi lamentai sempre mentalmente, ormai ci avevo preso l’abitudine.

-Ehy ma ci sei?- la voce di Jesse mi distrasse dalla discussione privata fra me e Angelica.

-Oh si, scusa Jesse.- mi scusai mentre Christian rideva sotto i baffi.

Maleducato.

-Siamo arrivati a scuola.-constatò mio fratello.

Io annuì, iniziando a scorgere il muretto in cui di solito io, Maria e Emily riposavamo prima delle lezioni.

-Io vado a dopo.- salutai i due ragazzi con la mano correndo verso Maria che avevo appena adocchiato.

Non sentì nemmeno la risposta dei due.

-Aspetta, aspetta, dove stai andando?- Angelica, provava a stare al mio passo, sentivo il rumore del tacco che sbatteva contro il pavimento.

-Vado da Maria, no?- risposi.

-No, no, senti… vita perfetta è ugual…-

Si, ok me lo dirai dopo. Eccola l’ho vista.”

-Ma, oh e va bene fai come vuoi tu.-

Picchiettai la schiena di Maria, non si era ancora accorta di me. Quando si girò l’abbracciai di slancio. Lei si staccò subito.

-Ma cosa vuoi?- il tono di voce di Maria era tagliente, un tono con cui noi ci rivolgevamo a Clizia.

-Io, io… volevo solo salutarti.- deglutì.

-Bella battuta. Adesso vai via non sono dell’umore adatto per litigare con te.- disse aspra. Mi morsi la lingua per non tentar di chiederle cosa avesse.

-E poi guarda ci sono il tuo ragazzo e la tua amica che stanno venendo qui.-

Mi girai per vedere di cosa stava parlando Maria. Dal portone principale potevo vedere le figure di Clizia e James.

Quando vidi lui senti un colpo al cuore doloroso.

Era bello come sempre, i capelli castani scompigliati dal vento, gli occhi dello stesso medesimo colore, grandi e profondi.

Occhi in cui mi ero rispecchiata tante volte e in cui avevo pregato di affondare. Le spalle grandi e forte erano il frutto di tutti i suoi allenamenti di basket.

Sorrise nella mia direzione rivelando una perfetta fila di denti perlacei.

Sospirai.

Clizia al suo fianco mi salutò con la mano piccola e perfettamente curata.

-Ecco, vai da loro e non rompere.- Avevo completamente dimenticato che Maria era accanto a me.

-Maria aspetta.- sussurrai, lei si voltò senza ascoltarmi. Quelle spalle rivolte facevano male, davvero male.

-Una vita perfetta comprende amici perfetti. Maria non lo è, non almeno per i tuoi standard-

Angelica sempre vicina a me, mi guardava, la voce leggera e concisa  di chi nella vita non ha mai sbagliato.

Clizia nel frattempo si era avvicinata a me.

-Layla come va?- la voce di lei ovviamente era melodiosa.

-Oh, perfettamente.- risposi ironica.

-Sono contenta.-

Cercai di sorridere ma non ci riuscii.

Improvvisamente sentì due mani grandi posarsi sopra i miei occhi.

-Chi sono?- mi sussurrò James ad un orecchio con voce maliziosa. Non riuscì a trattenere un brivido.

-Mmm…. Uno stupido.- risposi togliendo le sue mani dalle mie palpebre e girandomi per guardarlo da vicino.

Lui mi sorrise posando le sue labbra sulle mie e lì finalmente il mio cervello andò in blackout. Non capivo niente, non volevo  capire niente sentivo solo la sua lingua che lentamente esplorava la mia bocca.

Baciarlo era la cosa più facile del mondo.

Ci staccammo solo quando, pochi secondi dopo, la campanella della prima ora suonò.

Mi sistemò una ciocca di capelli ribelli dietro l’orecchio e si allontanò da me, quella improvvisa distanza mi uccise.

-Ci vediamo alla fine dell’ora va bene?- mi domandò mentre apriva galantemente la porta dell’edificio a me e a Clizia che accanto a me non aveva più fiatato.

Qualcuno mi passo accanto velocemente, la mia pelle sfiorò delicatamente quella lattea del ragazzo accanto a me, lui si voltò e io incontrai i suoi occhi: Christian.

Mi voltai subito.

-Oh si Jamie, a dopo.-  dissi di colpo cercando di mimetizzare il balbettio e il battito furioso del mio cuore.

Cazzo, che mi stava succedendo?

 

-E impossibile indurre una tesi scent….-

La professoressa di biologia continuava a ciarlare di qualcosa che sinceramente non riuscivo a capire, distinguevo già a fatica le parole figuriamoci se riuscivo a seguire un’ intero discorso.

Il mio banco era sempre stato l’ultimo a desta, vicino alla finestra così da poter vedere il parco che di solito a quell’ora era desolato.

-Dovresti ascoltare. Ne va della tua istruzione.- Angelica sempre accanto a me da brava angelo custode.

“Non mi interessa.”

-Hai troppi pensieri in testa. Hai qualche domanda da rivolgermi?.- mi domandò sedendosi nella sedia, ancora stentavo a credere che nessuno si accorgesse di tutto il rumore che stava facendo.

Nessuna” e non stavo mentendo, non volevo essere aiutata da nessuno.

-Sei cocciuta ragazza.-

“Se lo dici tu.”

-Fatti aiutare-

“Non ne ho bisogno, ho sempre fatto di testa mia non mi servono gli aiuti di uno stupido angelo.”

Penso che Angelica si sia arrabbiata perché non rispose più anzi mi guardò ferita e girò la testa dall’altra parte dell’aula.

Sospirai.

“Scusami”

Angelica non rispose.

“Non fare la permalosa, sbaglio o è una vostra qualità quella di perdonare tutti?”

 Angelica scoccò la lingua e mi guardò torva.

“Ok, ok. Scusami ma quando sono agitata perdo le staffe.”

-Mmm.-

“E vabbè hai vinto, sono arrabbiata perché Emily e Maria non mi parlano, sono la migliore amica di Clizia e so che anche se James è il mio ragazzo qualcosa si è rotto in me e io non mi fido… anche se so che qui è tutto perfetto. Ecco non è perfetto, non mi sento bene! sbottai sempre mentalmente. Il mio discorso era senza senso, per lo più era uno sfogo.

-Non ti va mai bene niente, eri tu quella che volevi una vita perfetta, adesso che il tuo desiderio si è avverato ti lamenti? Non pensi di pretendere troppo? C’è chi questa possibilità non la può avere.-

Abbassai gli occhi, quasi in colpa. Angelica sbagliava a parlarmi così. Io non mi stavo lamentando. Stavo solo costatando che la mia vita non era poi cambiata molto.

-State attenti ragazzi.- urlò l’insegnante, alzai di scatto gli occhi e fissai la cattedra. La discussione fra me e Angelica finì in quel momento.

 

 

-Allora ci vediamo domani?-

Avevo deciso di non tornare a casa con Jesse, il motivo era per lo più un capriccio. Ma non volevo ammettere a me stessa che stare con Christian mi metteva in agitazione. Non avevo nessun motivo per pensare a lui, io avevo un ragazzo splendido e meraviglioso che in quella realtà mi amava incondizionatamente.

-Si Clizia a domani.- le sorrisi e lei ricambiò il mio saluto. Gli occhi verdi luminosi luccicavano, si girò lentamente con fare aggraziato. Aveva un corpo così minuto, una folata d’aria sarebbe stata in grado di spezzarla.

La vidi sparire dietro la porta di casa

 

 

Dal diario di un angelo.

.

 

Avvolte vorresti che il mondo sapesse quanto tu soffri, quanto tu vali, vorresti urlare che non sei sola una goccia in un mare d’acqua.

Ma per tutti sembri invisibile, sei avvolta in un mantello di ipocrisia e indossi una maschera di finta gioia.

Ed è quella maschera che tutti amano, quella maschera che piano piano inizi ad apprezzare più di te stessa.

E da lì è tutta una discesa in un baratro nero, inizi a disprezzare quel corpo che non è perfetto, che ti fa apparire anonima.

Troppo anonima, il viso che non è mai come lo vorresti e ogni tua piccola imperfezione è qualcosa di orribile, che la notte ti fa piangere.

La speranza ch lentamente svanisce come una nuvola di vapore così come i chili che diminuiscono dalla bilancia.

Il cuore che batte forte ogni volta che qualcuno cerca di leggere dentro i tuoi occhi vacui, troppo innocenti.

Piangere in silenzio, mentre tutti ti guardano male, mentre il mondo continua a girare e tu rimani ferma, distesa al suolo, mentre aspetti che qualcuno ti dia una mano e che ti faccia alzare. Magari dicendoti che sei perfetta.

Eppure non è così. Sei sola.

Una lotta continua contro il mondo e contro di te e quel corpo che odi.

Ritorni a casa, sei esausta, il stomaco brontola e tu provi una gioia perversa.

Ti senti bene, hai la coscienza apposto.

Sorridi allegra a tua mamma, con gli occhi verdi che brillano, nascondendo quella patina di dolore che ti porti dietro come un macigno al cuore.

Ti siedi a tavolo, mangi contro la tua volontà e poi subito in bagno.

Vomiti anima e corpo, mentre senti quel sapore acido che scivola via dalle tue labbra.

Chiusa in una stanza dove la lotta contro il mondo continua.

Il buio che persevera ancora dentro di te, il corpo che vacilla mentre ti aggrappi al muro e la speranza che va via e tu rimani lì, impiantata a terra, le mani tremanti e la voglia di tornare indietro.

Di non sbagliare di nuovo, di poter tornare a mangiare i gelati con le amiche ma sai che impossibile.

Ormai quella è la tua vita.

Una vita di rimpianti.

Rimetti di nuovo.

Chiudi la porta del bagno uscendo, ricomponi la tua maschera da normale ragazza.

E’così che il mondo ti vuole: Perfetta e così sarai.

 

 

Seraaaaaaa….

Ecco a voi il quarto capitolo. Devo dire che è stato abbastanza travagliato >.<…. Fino alla fine volevo cancellare l’ultima parte; Un po’ perché non mi piaceva e un po’ perché non so se ho dato un’idea giusta su quello che volevo dire ma ormai è fatta è.é

Comunque da questo capitolo si aggiungerà oltre alla storia fra Laila e Christian anche quella fra Clizia e James che verrà raccontata da una seconda persona. L’angelo di Clizia… sottoforma di diario.

Diciamo che quest’ultima copia sarà un po’ più sofferta tra la prima…

Comunque da oggi è finita la pacchia… primo giorno di scuola… Ho anche rivisto la mia meravigliosa professoressa di latino. Una specie di Hitler u.ù!

 

Grazie davvero alle 13 persone che hanno messo la fanfiction nei preferiti e alle 5 che hanno commentato… scusate se non vi rispondo ma devo scappare.

Un bacioooo!

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** #VCapitolo ***


V Capitolo

V Capitolo.

  

 

L’avvolsi fra le mie braccia.

Il profumo impalpabile, così lontano, diverso fra tutti.

I capelli neri che coprivano la visuale.

Le lacrime che rigavano il volto.

Parole pesanti che mi corrodevano dentro.

E la consapevolezza di avere qualcuno accanto che mi amava.

Era tutto questo lei.

L’angelo che mi afferrava quando inciampavo e che mi donava

le sue ali invisibile quando ne avevo bisogno.

 

.

 

-Sono a casa!.- urlai, lanciando nel mobiletto le chiavi del portone. Mi tolsi le scarpe lentamente e rimasi con le calzette.

Durante il tragitto avevo pensato, come ormai mi capitava da troppo tempo, a quello che il fato mi aveva concesso.

Avevo una vita perfetta, avevo una famiglia unita e il ragazzo che amavo. Come diceva Angelica –che continuava a violare la mia privacy leggendo i miei pensieri- non avevo nessun motivo per lamentarmi.

Non dovevo, non era lecito.

Suppongo che doveva essere una clausola del patto invisibile che mi legava a quella nuova vita.

Eppure mi sentivo incompleta, perché era la mia vita ad essere cambiata non io.

Percepivo le stesse sensazione che provavo prima.

Mi passai una mano fra i capelli e mi diressi verso la cucina. Dove mamma, papà e Jesse mi aspettavano per pranzare.

-Perché non sei tornata a casa con me e Cris?- domandò Jesse a bocca piena.

-Sei disgustoso, non parlare mentre mangi.- risposi rivoltata, rigirandomi la domanda. Non aveva voglia di rispondere e soprattutto non volevo fare la domanda a me.

Non sapevo la risposta.

-Ma sta…-

-Jesse, smettila. Tua sorella ha ragione.- ci interruppe mia mamma, solare, era da molto che non la vedevo così.

-Scusaci.- sussurrammo in coro io e mio fratello.

Mio padre sorrise divertito e mi fece segno di sedermi accanto a lui, sorrisi a mia volta e mi sedetti.

-Allora racconta com’è andata oggi?- mi domandò mio padre e io gli raccontai tutto- sorvolando su alcuni punti, naturalmente- .

Assaggiai la minestra calda e mi bruciai la lingua, sentivo il dolore diffondersi nelle papille gustative. Afferrai velocemente il bicchiere d’acqua che avevo riempito precedentemente e bevetti l’acqua.

Jesse rise e io lo fulminai con gli occhi.

-Era calda, vero?- mi disse papà trattenendo a fatica le risate.

Io annuì incavolata. Tipico di papà e Jesse, ridevano delle mie disgrazie.

Dopo che guardai male sia mio padre che mio fratello scoppiai a ridere. Eravamo uniti, e questo bastava ad eclissare tutti i miei problemi.

 

 

-Angelica a cosa pensi?- Di solito non ero da me fare quelle domande, era lei che cercava di psicoanalizzarmi.

Eravamo entrambe sdraiate nel mio letto, indossavo una maglietta a mezze maniche attillata rosa che di solito usavo per casa e dei pantaloncini che mi arrivavano un po’ più sopra del ginocchio.

L’estate stava arrivando portandosi con se il freddo e dando il benvenuto al caldo.

-A niente, sul serio.- mi rispose, rigirandosi nel letto.

-A me non sembra.- insistetti, in fondo non era giusto che lei sapesse tutto di me e io così poco di lei.

-Lascia perdere.-

-per favore.- la pregai, stranamente ero davvero curiosa di sapere quello che la preoccupava.

-Bhè oggi se fossi ancora viva avrei compito ottantasei anni.- mi disse, guardandomi negli occhi.

Sussultai, e mi alzai un po’, sostenendo il mio corpo con gli avambracci.

-Mi racconti come è successo?- domandai sotto voce, avevo paura di averla turbata. Di solito è difficile parlare della  morte di un caro figuriamoci della propria morte.

-Sono morta durante la seconda guerra mondiale, in quel periodo avevo vent’anni ed ero un’ebrea. Penso che questo spieghi tutto, la mia famiglia fu portata al campo di concentramento di Auschwitz, se non ricordo male sono morta 2 giorni dopo mia madre, in una camera a gas.- parlava con un tono neutrale, come qualcuno che sta indicando la via a un turista. Era il mio stesso tono con cui parlavo della morte degli altri, ma io a differenza di lei facevo così perché non era una cosa che mi apparteneva, non faceva parte della mia storia.

Quando morì mia nonna mi dispiacque molto davvero, ma non piansi, non ero legata a lei, non me la ricordavo nemmeno.

Ma lei a differenza di me, aveva vissuto tutto quello, nella sua pelle. Le immagine erano impresse nella sua mente.

-Mio fratello aveva sei anni, lui si salvò, adesso è papà e nonno. Sai una sua figlia si chiama come me. Angelica.- continuava a racconta,  bella e eterna fissava la persiana delle finestre. Non volevo interromperla ma la mie sete di curiosità era troppa.

-Sei triste vero?Intendo dire non volevi…-

-Morire?- rise di gusto.

-Perché esiste qualcuno che lo vuole? Non volevo, ma era il mio destino. Se fossi nata ora, per esempio sarei stata libera di vivere, ma è stato così. Non siamo noi che decidiamo e nessuno mi aveva dato l’opportunità di avere una vita perfetta.-

Ecco, era questo quello che cercava di dirmi sta mattina a scuola, io mi lamentavo quando invece lei era stata strappata alla sua vita così violentemente.

-Scusami…-

-Ma non pensare che io adesso non sia felice.- mi interruppe, forse nemmeno ascoltò le mie scuse.

-Essere tristi, insoddisfatti non fa parte della mia natura, io la mia vita l’ho conclusa, adesso tu devi solo occuparti della tua. Fai le tue scelte tesoro, falle. Perché io ho visto molte persone arrendersi e non voglio che tu lo faccia. Ti conosco benissimo e so che vorresti mollare tutti e tutto. Non fermarti mai all’apparenza.-

Annuì, incapace di dire altro.

Lentamente mi mossi con le ginocchia vicino a lei, avvolgendola in un abbraccio. Sentivo il suo profumo dall’odore indefinibile, le sue braccia tendersi verso i miei fianchi, il sapore salato delle mie lacrime che copiose scendevano verso le labbra.

Quando ero nervosa, piangevo sempre. Era una mia caratteristica e lei lo sapeva, mi conosceva. Così come io inconsciamente conoscevo il mio angelo custode.

Adesso mi sentivo al sicuro, sapevo che anche in questa vita avevo un’amica.

 

 

-Svegliati dormigliona.- La voce di Angelica mi fece mugugnare di frustrazione.

Avevo ancora sonno.

Quella notte mi ero addormentata tranquillamente, stranamente con il sorriso fra le labbra.

Ero consapevole che fra pochi minuti avrei rivisto Christian ma non m’importava. Quella strana sensazione che provavo quando lui era con me doveva scomparire. E anche in fretta.

Non dovevo complicarmi la vita, non questa.

-Devo buttarti giù dal letto?- l’ennesimo commento di Angelica mi diede la spinta per svegliarmi.

-Ok, ok, mi sveglio. Stai calma.-

Quando mi alzai le sorrisi.

-E ora vestiti, sei in ritardo per la scuola.-

Annuì e cercai di togliermi il di sopra del pigiama, rimasi per un secondo incastrata ma poco dopo riuscì a far scivolare via l’indumento.

Rimasi in reggiseno.

Concentrata com’ero non mi ero accorta che qualcuno aveva aperto la porta, alzai gli occhi e quando vidi chi era urlai.

-Merda. Cosa ci fai tu qui?-

Davanti a me c’era l’ultima persona che avrei voluto vedere: Christian.

 

 

Dal diario di un angelo.

 

Scendi nel giardino, ogni tuo passo è calibrato, ogni giorno che passa sei sempre più lenta e non te ne accorgi.

Perdi le forze e fai finta di non saperlo.

Ti vedo mentre raccogli una rosa bianca dalla tua aiola privata, ogni volta hai paura di pungerti. Non sopporti la vista del sangue.

Come sempre conti i minuti che ti separano da lui, continui a fissare la rosa mentre ascolti attentamente il rumore del cancello arrugginito della villa accanto a te che si apre.

Sai chi sta per uscire, lo sai sempre, conosci il modo in cui lui apre la porta. Ha un modo tutto suo. Pensi che sicuramente Layla non conosce questo dettaglio, e allora ti arrabbi, e ti chiedi perché lei può avere lui mentre tu puoi solo bearti del rumore di una grata che si apre.

Una spina si conficca nella tua pelle, liscia, trasparente e che senza il tuo permesso diventa sbiadita e opaca.

Vedi un rivolo di sangue che risalta come una goccia di rugiada e senti la testa girarti, la tua vista si appena di pallini neri e oscilli un po’.

Stringi involontariamente la rosa selvatica nella mano, mentre altro sangue scende dalle tue mani.

Sono questi i momenti in cui ti odi profondamente, quando riesci a pensare a quello che stai facendo, quando capisci la portata delle tue azioni.

Lo sai che quando hai i capogiri non è colpa del sangue che scorre, lo sai, ma chiudi gli occhi e sorridi.

James suona il campanello, è arrivato, nascondi la mano pulsante nella tasca dei pantaloni, non sopporti il contatto della pelle ruvida e sporca con il tessuto dei jeans ma non fiati e raggiungi timidamente il ragazzo che ti sta aspettando.

Quando lo vedi, il tuo cuore inizia a battere forte, avvolte pensi che il tuo corpo non riesca a reggere tutto il peso di quell’amore.

-Ciao Jamie, stai andando agli allenamenti?- domandi, anche se sai a conoscenza della risposta.

E’ martedì e lui va sempre a scuola di sera per giocare a basket.

-Si, sono passato per salutarti. E’ anche questo il bello di essere vicini di casa.-

Sorridi, il tuo dolce Jamie, solo lui riesce a farti dimenticare solo per un attimo dell’essere orribile che sei.

Quell’ammasso di forme che è il tuo corpo.

-Quando pensi di ritornare a casa?-

-Sta sera, avevo pensato ti va di andare in pizzeria? Invito anche a Layla e gli altri.-

Sorridi ma già sai che dirai no.

-Non posso, magari un’altra volta, ok?-

Lui annuisce e ti guarda e abbassi gli occhi, odi quando lui ti fissa. Lo odi perché è di lui che temi un giudizio.

-Ok, ma stai diventando scheletrica. Ma mangi a casa?-

Ti blocchi un attimo. Per un attimo non sai che dire, ma poi alzi lo sguardo e sorridi.

-Certo che mangio, Oggi ho mangiato anche un elefante.- ridi, nascondendo i sensi di colpa.

-Allora devo stare attento? Pensi che potresti mangiare anche me?-

-Ah non lo so, ma se rimani qui è anche possibile. Dai è tardi, vai a scuola.-

Lui guarda l’orologio. Fa una faccia strana, si sarà accorto che se non si muove il mister gli farà una bella ramanzina.

Mi scocca un bacio nella guancia, vorresti che quelle labbra rimanessero per sempre li, solo per sentire quell’accenno di barba che ti pizzica la pelle.

Si volta, rimani lì. Senti la ghiaia sotto i suoi piedi che si muove insieme alla sua corsa sfrenata.

La sua figura scompare lentamente, diventa sempre più piccola fin quando non riesci più a vederlo.

Chiudi la porta e torni alla tua aiuola.

Ti accasci per terra, consapevole di star sporcando i jeans nuovi. Ma non hai le forze sufficienti per raggiungere la poltrona di casa.

Lo stomaco brontola, hai fame, insinui le mani, sia quella sporca di sangue che l’altra nel terriccio. Le unghie ti fanno male e ti deconcentrano dalla fame che ti assale.

Appena riuscirai a riprendere le forze andrai a bere l’acqua.

Continui a fissare le tue mani mentre io scuoto la testa.

Cosa stai combinando, Clizia?

 

SPAZIO AUTRICE.

Eccomi scusate l’attesa, ma ho dovuto riprendere il mio ritmo. Con l’inizio della scuola, danza e altre rotture varie non ho proprio avuto tempo di scrivere.

Per fortuna che esiste questa benedetta domenica.

Ringrazio ancora tutti quelli che hanno recensito(scusate se non vi ringrazio, ma devo scappare) e le 16 persone che hanno “Falling Star” nei preferiti.

Grazie davvero.

 

Ps: Oddio… non si capisce davvero la parte del diario di Clizia, per me ha senso, perché in fondo io so la trama e quindi la cosa è diversa.

Se volete posso toglierla, ma essendo che è un personaggio abbastanza particolare non riuscivo a dargli il suo giusto spazio dal punto di vista di Layla. Ma se non vi piace ditelo subito!

Un bacio a tutti.

Ilenia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** #VICapitolo ***


VI CAPITOLO

VI CAPITOLO

 

 

Ho sempre odiato il silenzio.

Sempre.

Tendevo a distruggerlo ogni volta che esso arrivava.

Ma quella volta era diverso.

Qualcosa si era rotto dentro me, e lentamente

Il mio odio si trasformava in piacere.

E non potevo domandarmi il perché.

Non potevo.

La risposta era troppo ardua per me.

Perché rispondere a quella domanda portava a una sola conclusione:

Quella di crearsi nuovi quesiti, ai quali non avrei trovato una risposta.

 

 

Christian mi guardava.

Io guardavo Christian.

Angelica guardava me e Christian.

Cosa diavolo ci faceva lui a casa mia? E soprattutto che ci faceva nella mia stanza?

-Aaah, cosa diavolo ci fai tu qui?-

Lui sorrise, appoggiando la mano nel pomello della porta, indossava la divisa della scuola.

La camicia bianca che risaltava il suo fisico e un paio di pantaloni blu.

Lui mi fissò a lungo e poi alzò il sopraciglio ghignando.

-Stai molto meglio così che con il tuo pigiama con i maialini.-

Arrossii violentemente, mentre con le mani cercavo di nascondere il mio corpo.

-Maniaco. Esci subito di qui, immediatamente.-

Lui rise e prima che io riuscissi a prenderlo di mira con un cuscino, uscì dalla stanza.

-E te lo ripeto non sono maiali! Sono conigli rosa.- urlai, da dietro la porta lui rise.

Odioso, che stupida che ero. E io che una volta avevo pensato che fosse simpatico.

-E tu la smetti di ridere?-  dissi, rivolgendomi ad Angelica.

-Oddio, dovresti vederti, sei… sei… oddio.- continuò a ridere e io la mandai, ironicamente, al diavolo.

Mi vestì velocemente, e sempre arrabbiata, scesi le scale di fretta e infuria.

Nel corridoio mi aspettavano Jesse e il troglodita.

-Fai progressi. Almeno adesso sei vestita.-  disse Christian quando aprii la porta di casa.

Jesse gli diede una  gomitata nelle costole ma rideva come uno scimpanzé.

-Chi diavolo ti ha dato il permesso di entrare nella mia stanza?-

-Lui.- disse semplicemente, indicando con il dito Jesse.

La mia attenzione si rivolse tutta al mio adorato fratello, lo guardai con uno sguardo omicida.

-Ehy, Ehy, non mi guardare così. Lui mi ha chiesto dov’era il bagno e io l’ho mandato nella tua stanza.- finii di parlare ridendo.

-Jesse, inizia a correre perché hai i minuti contati.- urlai.

Mio fratello mi prese alla lettera e inizio a correre.

-Muoviti cretino, che quella è capace di ammazzarmi sul serio.-

Christian mi guardò e invece di andare con Jesse, che ormai non si vedeva nemmeno, rimase con me.

Che bello, i miei buoni propositi erano andati in fumo, non volevo pensare a lui ma come facevo a non pensarci se lui continuava a guardarmi con quello sguardo?

Per un po’ non parlammo, poi lui interruppe il silenzio.

-Hai per caso una sigaretta? Io le ho finite.-

-Io non fumo- sbottai indignata.

-Ah dimenticavo, tu non fai mai niente di sbagliato.- borbottò, mentre con il piede giocava con un sassolino.

-Fumare fa male alla salute, fa ingiallire i denti, ti fa venire il cancro e…-

-Okay, Okay. Ho capito, fai finta che non ti abbia chiesto niente.-

La discussione si fermò lì, non mi dispiaceva quel silenzio. Non era uno di quelli opprimenti che ti obbligava a parlare per forza, era abbastanza piacevole.

-Quanto pensi che si accorgerà che tu non lo stai più seguendo?- domandò quando arrivammo a scuola.

Entrammo insieme nell’affollato cortile della scuola.

-Ti prego non farmi domande del genere, non so come risponderti.-

Lui sorrise.

-Ora vado.- disse.

E lentamente avvicinò il suo volto vicino al mio, il mio cuore mancò di un battito, eravamo così vicini.

Chiusi gli occhi aspettandomi inconsciamente qualcosa.

-E comunque continuo ad odiare quei maialini sul tuo pigiama.- di scatto aprii gli occhi, lui rise e si allontanò da me.

Ero fuori di me, quel essere odioso si era preso gioco di me, e io.. e io… che pensavo mi stesse…

-Sei solo uno stronzo! E te lo vuoi mettere in testa che sono conigli? Sono conigli. C.O.N.I.G.LI?comprendi?-  urlai con tutta la mia forza.

-Ehm… Layla stai bene? hai bisogno di qualcosa?-

Adesso avevo voglia di sotterrarmi, James arrivato da non so dove, mi guardava nel modo in cui si guardano i pazzi.

-No, Jamie. Va tutto bene, sul serio.-

-Sicura? Perché parlavi di… ehm… conigli?- domandò, accarezzandomi il viso.

-Il mio pigiama… cosa c’è disegnato nel mio pigiama?-

Se è possibile era ancora più confuso.

-Maiali?-

-Ah, no, anche tu no! Sparisci. Vai via.- dissi, rossa in viso.

-Layla, tutto ok?-

-Si, si, amore. Vai, tranquillo.-

Oddio. Angelica rideva come una pazza.

-Ma perché ti sei fissata con questo pigiama, a chi importa se ci sono maiali o conigli?-

-A me importa, okay! A me, solo a me.-

-Oh bene, adesso parla anche da sola.- Maria mi passò accanto, e sussurrò questo commento.

Sospirai, faceva male il suo odio per me.

Tanto male.

-Su, andiamo in classe.-  mi propose materna Angelica. Io esausta mi diressi in classe e

il suono della campanella si espanse per il cortile.

La professoressa entrò quasi subito nell’aula, portando con sé i compiti in classe, per la prima volta in vita mia presi una “A”, sapevo che non era merito mio ma del desiderio che avevo espresso ma non mi lamentai.

Mi girai, volevo sapere che voto aveva preso il mio James.

Il posto era vuoto. Strano.

Poi guardai il posto che si solito occupava Clizia ed era anche esso vuoto.

Mi sentii più male di prima.

 

 

 

Dal diario di un angelo.

Sei in ritardo come sempre, ma non puoi farci nulla.

Cerchi di correre, finalmente vedi il cortile della scuola. E’ quasi vuoto, la maggior parte dei ragazzi è a lezione.

Poi senti la sua voce e ti fermi davanti alla porta della scuola.

-Clizia, sei in ritardo!-

è James.

-Perché non sei in classe?- domandi.

-Ti stavo aspettando.- risponde semplicemente, alzando le spalle.

Tu sorridi, lo ami anche per questo.

Perché è sempre dolce con te.

-Perché sei in ritardo?-

-Non ho sentito la sveglia.- menti, la verità è che ogni giorno che passa sei più lenta e non riesci nemmeno a reggerti.

-Clizia cosa hai?- ti domanda, vorresti ridere, magari dicendogli che è un paranoico. Che tu non hai niente, e che, come sempre, si preoccupa troppo.

Invece lo guardi, ti mordi il labbro inferiore, e sorridi.

-Sono stanca, studio molto in questi giorni.-

Lui ti guarda scettico.

-Se studi così tanto perché prendi voti bassi?- domanda, tu sgrani gli occhi.

-E tu che ne sai?- borbotti piano.

-Ho trovato un tuo compito ieri a casa tua.-

-Chi ti ha dato il permesso di frugare nelle mie cose?- urli, stavolta sei arrabbiata.

-L’ho fatto per te, sono preoccupato. E’ da un paio di mesi che ormai sei assente, sei sempre stanca. Non vuoi uscire, stai sempre a casa.-

-Tu non hai nessun diritto di dirmi questo. Chi sei tu? Eh?-

-Io ti voglio bene, stupida. Sono tuo amico-

Non ti basta, la sua amicizia non ti basta.

-Non sei mio padre, non sei il mio ragazzo, non sei un mio parente. Sei solo un amico. Quindi stai al tuo posto.- sussurri a bassa voce, poi ti volti dalla parte del cancello.

E corri via dalla scuola, oggi non entrerai.

Mamma capirà.

 

Scusateeee… sono in un ritardo pazzesco! Ma ho avuto problemi con la scuola, non mi da nemmeno un attimo di pace.

Non so se si è capito( e se non si è capito posso ritirarmi xD) ma Clizia è anoressica, diciamo che all’inizio non doveva essere così, ma il personaggio si è letteralmente creato da solo. Per questo ho voluto dargli più spazio, molto probabilmente sotto il punto di vista di Layla, Clizia sarebbe risultata finta.

 

Ringrazio a chi ha commentato e a chi ha messo me e la storia nei preferiti *.*

Grazie!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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