Amore in scatoletta

di Filmaustencat
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Dilaniata ***
Capitolo 3: *** Accordo? Accordo ***
Capitolo 4: *** Delusa ***
Capitolo 5: *** Nemesi ***
Capitolo 6: *** Tregua ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO

Non posso certo dire che uscire di casa in ciabatte e pigiama sia stata una delle mie migliori idee. 
Ma la mia sconfinata pigrizia mi aveva convinta che il pigiama che indossavo non era poi così pigiama e che quelle che avevo addosso non erano ciabatte ma scarpe da casa. Eppure adesso nel supermercato super affollato delle 6 del pomeriggio non facevo altro che cercare di nascondermi tra gli scaffali. Credo non stessi nemmeno più pensando alla spesa e probabilmente non mi ricordavo nemmeno perché ero lì. La mia unica missione in quel momento era passare inosservata senza che nessuno si chiedesse se fossi matta, probabilmente per quanto era piccolo il paese un cui vivevo il giorno dopo si sarebbe parlato della pazza del supermercato. Non potevo lamentarmi però. L'avevo scelto quel posto: ero fuggita da Milano, dal caos e dai miei genitori, o meglio da mia madre ed ero finita qui, in una casa troppo piccola anche solo per avere ospiti con solo un gatto a tenermi compagnia. Romeo! Ora ricordavo perché fossi lì: il mio micione mia aveva avvertita con un' insistenza sfiancante di essere affamato. Lo aveva fatto col solito rituale: due strusciate e un concerto di miagolii. Dovevo sbrigarmi, presi le solite scatolette e mi diressi alla cassa, c'era un po' di fila così per distrarmi iniziai a guardare le solite caramelle alla cassa. "Non devi Sofi, ricordi il proposito di dieta di ieri...e dell'altro ieri...e di..." Mi ripetevo mentalmente, anche se rimuginare sui miei fallimenti in campo di buona volontà non mi avrebbe di certo aiutata. Non che dovessi dimagrire chissà quanto, volevo giusto appianare un po' i miei fianchi mediterranei anche se secondo la mia migliore amica Alice "se sono meridionali, non puoi farci nulla. Accettali". Probabilmente non dovevo star a denigrare il mio aspetto: ero alta e magra, occhi e capelli castani. Ero un tipo. 
Finalmente arrivò il mio turno e posai le scatolette continuando a guardare altrove con una fiera espressione da "ehi, mi stanno guardando tutti perché sembro appena uscita da un manicomio, ma non importa". 
-Le mangi tu?- mi fece una voce. Ci misi un po' a capire che a parlare era stato il cassiere. Non capii in un primo momento la sua domanda. La prima cosa a cui pensai era che non lo avevo mai visto, la seconda che era bello. Molto. Avrà avuto più o meno 23-24 anni o comunque non più dei miei 26 anni. Aveva i capelli corvini e mal spazzolati, un aria strafottente e due occhi blu come il mare.
-Secondo te mangio cibo per gatti?- gli feci stizzita ricordando la domanda. 
-Era una supposizione: una volta ho visto un programma in tv. Parlava di gente che rimaneva reclusa in casa e mangiava solo cibo per gatti. Il tuo abbigliamento me lo ha ricordato- mi disse passando la prima scatoletta. Ok, questo bellissimo e odioso ragazzo mi aveva appena detto che gli ricordavo uno squallido programma;
-Non è appropriato dire queste cose ad una signorina benché meno ad un cliente- osservai stizzita. 
-Beh- riprese lui passando la seconda scatoletta e alzando lo sguardo su di me -Mettiamola così: non è appropriato nemmeno andare in giro in pigiama- concluse sorridendo. 
-Lei sta oltrepassando il limite e non permet...- non feci in tempo a finire perché lui riprese come se nulla -L'unica cosa che la salva è che lei è carina- mi disse. 
Passa la terza scatoletta. Ne avevo 5 e iniziavo a spazientirmi così come tutti i clienti dietro di me.
-Sa- gli feci io -mia madre dice che la bellezza è solo un suppellettile in una casa di intelligenza- ero fiera di aver fatto una tale citazione 
-Già- rispose semplicemente lui -perché io infatti, questo lavoro l'ho ottenuto per la mia sconfinata intelligenza"- mi fece sarcastico sottintendendo di averlo ottenuto per la sua bellezza. Passò così anche la quarta scatoletta.
-Non crede di peccare di presunzione?- gli feci io infervorata.
-Non crede di peccare di malgiudizio?- mi rispose lui.
-Questa se l'è appena inventata- gli dissi io iniziando ad imbustare la mia "spesa".
-Si, le ho già detto che l'intelligenza non è una mia qualità?- mi prese in giro e mi scoccò un falso sorriso passando l'ultima scatoletta. 
-Sono 7,12 €- mi disse svogliato. Io iniziai a rovistare nel portafoglio. 
-Un attimo solo- gli feci.
-Già- mi rispose ancora lui in attesa. Gli porsi una banconota da 10€.
-È sua abitudine concludere ogni discorso con 'già'?- gli domandai.
-Già- mi fece lui porgendo i il resto. -Sta rallentando la fila signorina, c'è altro che posso fare per lei?- mi chiese. Mi accorsi solo in quel momento di quelli dietro di me inferociti. Mi aveva fatta parlare per poi darmi la colpa. Gli scoccai un'occhiataccia di odio prendendo il sacchetto. Sarei uscita senza far casino, mi ripromisi. Ero quasi fuori...
-Ah, signorina- sentii di nuovo l'odioso cassiere -Buona cena! Anche se quella che ha preso non è la marca migliore di cibo per gatti, anzi.- ero ormai fuori quando lo sentii la sua ultima battuta, così come lo sentirono tutto gli altri clienti, stupefatti. Me l'aveva fatta. Domani si sarebbe parlato della pazza mangia cibo per gatti in pigiama. Ma fuori da negozio mentre tornavo alla mia macchina un sorriso sinistro si fece largo sul mio viso: avrei avuto bisogno di altre scatolette, di tante altre scatolette. E lui avrebbe pagato con gli interessi.





Angolo autrice: Buonasera, questo è il prologo di una storia che mi sta particolarmente a cuore di cui spero vogliate seguire lo sviluppo. Vi ringrazio molto per aver letto sino a qui. La mia intenzione è scrivere una storia divertente ma che abbia un risvolto più profondo. Mi farebbe piacere sapere che ne pensate. Aggiornerò ogni 2-3 giorni.

Un saluto, F. 

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Capitolo 2
*** Dilaniata ***


DILANIATA 

-Arrivo!- urlai per la terza volta rivolta alla porta mentre cercavo di infilarmi le scarpe. Nonostante il mio tono scocciato Alice, la mia migliore amica continuava a bussare alla porta insistentemente, perfino Romeo, solitamente strafottente e menefreghista iniziava ad aver timore che la mia fragile porta di legno sarebbe rovinata al suolo dopo tutti quei colpi. -Dannazione!- mi sfuggì dopo aver sbattuto un braccio mentre arrancavo per aprire la porta. 
-Sofia. Ci metti sempre un'infinità!- mi disse a mò di saluto. -Ciao Romeo!- disse poi più dolce rivolta al mio gatto che si nascondeva ancora malfidato sotto al divano.
-Come sempre io mi prendo i rimproveri e lui i saluti- le dissi abbracciandola -Eppure me li meriterei, non è da tutti non mandarti a quel paese, specialmente se ti presenti alle 8 del mattino di domenica a casa delle persone- le feci presente. Lei mi sorrise senza rispondere iniziando a trafficare nella mia cucina con fare professionale. Mi piace averla attorno seppur, in certi giorni, mi sarei inventata la scusa più ridicola del mondo per non dover subire uno dei suoi famosi "discorsi". Lei parla. Molto. È il mio opposto: sorride sempre, vedere positivo è il suo stile di vita (e potrei dire anche il suo mestiere visto che fa la psicologa) e ha una passione smodata per la vita mondana. Io, invece, raramente intavolo una conversazione, almeno una volta al giorno mi butto sul divano pensando che la depressione ormai abbia preso il sopravvento e, piuttosto che stare in una discoteca per tre ore di fila, avrei raccolto i bisogni dei cani lasciati da incivili padroni per strada. Ma forse esageravo; certo non si può dire che la mia fosse una visione obbiettiva: avevo conosciuto Francesco proprio in discoteca, 3 anni fa. Mi aveva corteggiata in un modo inconsueto, non irruente e lascivo come invece molti facevano in modo "professionale". Mi aveva semplicemente offerto un drink e dopo aver parlato, o meglio urlato per capirci per una buona mezz'ora mi aveva chiesto il numero di telefono. In quel momento mi sembro tutto così fiabesco che non me lo feci ripetere due volte; ci sentimmo quasi tutti i giorni della settimana dopo, scoprii che abitava poco lontano da me e che i miei occhi da cerbiatta lo avevano stregato. E in quel momento lui aveva già il mio cuore. Cerbiatta fu il mio soprannome per i due anni seguenti, a pensarci ora mi prenderei a schiaffi: quel nomignolo suona così male e melenso che non so come ho fatto a sopportarlo ma, ancora una volta, forse non analizzavo il tutto con la dovuta lucidità. Lui "è il fidanzato perfetto" mi dissi "quello giusto". Quanto mi sbagliavo. Dopo una solida relazione di 2 anni 3 mesi e 26 giorni scoprii che lui mi tradiva, con una mia cugina di grado sconosciuto che una volta per caso avevamo incontrato al bar. Seppur l'avessi vista 3 volte in vita mia, al mio dolore si aggiungeva l'aggravante di parentela.
Passai 4 mesi di puro e totale annientamento ma poi mi riscossi. Più matura, più consapevole e sempre meno felice.
Mia madre a un certo punto credette che io volessi suicidarmi così, con la convinzione nel cuore ogni notte si svegliava in lacrime e mi chiamava pensando per chissà quale motivo che io volessi porre fine alla mia vita proprio alle 3 di notte. Mi ripeteva sempre per scusarsi del disturbo: "ho avuto un presentimento". A quel punto capii che non ero certo io quella che aveva bisogno di aiuto così iniziai a tornare a vivere. Presi un gatto, Romeo, dal gattile comunale. Lui mi teneva compagnia senza essere oppressivo e non mi compativa: era ciò di cui avevo bisogno.
-Finirai sempre più per assomigliare a quel gattaccio- mi riscosse Alice che nel frattempo aveva apparecchiato il mio piccolo tavolino come se fossimo in un hotel extralusso, da dove saltava fuori quella zuccheriera poi era un mistero...
-Cattiva, scostante e brutta- mi spiegò. 
-Ehi, modera le parole. Romeo non è brutto- la rimproverai sedendomi. Aveva portato delle brioche  per la colazione. 
-Ti starai chiedendo perché sono qui- mi disse prima di addentare il suo croissant per poi riprendere a bocca piena -beh vedi, oggi è domenica, stasera c'è una festa al Boxiton e non permetterò che tu passi la tua sesta domenica in casa di fila- mi disse. 
-Le hai contate?- domandai indignata, non sopportavo quando si metteva a fare i conti sulla mia vita sociale: lo sapevo da me che era miserabile e mi andava bene.
-Sofia! Si! Le ho contate! Sono passati ormai 9 mesi, dovresti smetterla di comportarti come se la tua vita fosse finita! Hai 26 anni per l'amor del cielo!- mi riscosse puntandomi i suoi occhi verdi addosso.
-Alice ti ho già detto mille volte che non ci sto più male. E poi se dovevi dirmi solo di una stupida festa in un minuscolo locale perché non me lo hai detto ad un orario umanamente accettabile?!- le dissi alzandomi per andare a prendere il latte caldo.
-Ed è qui che ti sbagli!- mi rispose tornando di buon umore. -Non sono qui solo in veste di messaggera ma anche di aiutante di Cenerentola- odiavo quando parlava per enigmi -mia cara!- mi disse alzandosi di scatto -tu oggi verrai con me dal parrucchiere e farai poi una sana terapia di shopping per poi concludere con l'interpretazione del mio sogno più grande- l'essere psicologa la faceva parlare come un avvocato: dovevano infilzare un loro termine specifico dappertutto -ovvero- riprese -vederti divertire e trovare un uomo, beh son due sogni in effetti ma contano come se...- avevo smesso di ascoltarla. Non ero una cattiva amica ero solamente stanca, nessuno comprendeva come mi sentissi. Non ero propriamente triste, ero dilaniata: odiavo l'idea di ricominciare una storia d'amore eppure ero convinta ancora che per me, in chissà quale remoto luogo del mondo, esistesse il mio principe azzurro che mi attendeva pazientemente.     
-Ok!- la interruppi -Ok, verrò- le dissi. A volte era più semplice assecondarla. In ogni caso la mia domenica era già rovinata.

Mi ritrovai a girare per decine di negozi, coi capelli appena fatti costatemi un capitale, a sperare che le energie avrebbero presto abbandonato Alice che però continuava imperterrita ad entrare in ogni negozio. 
-Dovresti provarlo!- mi disse ad un certo punto passando davanti ad un abitino lavanda dalle spalline sottili -ti starebbe benissimo!- mi sorrise raggiante. Era bello in effetti, lo provai e mi piacque in modo particolare; era da tanto che non mi compravo qualcosa così, decisi di acquistarlo prosciugando definitamente il mio esiguo conto in banca. 
-Lo metterai stasera- mi disse in modo imperativo la mia amica mente tornavamo alla macchina. 
-Allora- le feci mentre assicuravo la cintura -devo supporre che questa tua insistenza per la festa non sia casuale...chi devi incontrare?- le domandai.
-Oh Sofia!- mi sorrise calorosa. -Ho incontrato un ragazzo, ma un ragazzo! Che ti posso dire è meraviglioso, non so...- lo sapevo che ora sarebbe iniziata una delle sue descrizioni dettagliate che partivano dal giorno della sua nascita. Era tenera in un certo senso: passava talmente tante giornate ad ascoltare gli altri che parlare con me era il suo unico vero sfogo. E che sfogo: arrivammo a casa mia per cambiarci ed ancora mi narrava della bellezza di questo fantomatico "Tim", inutile dire che passai buona parte del tempo a prendere in giro il suo nome. -Avrai minuti illimitati di conversazione stasera!- le feci beffarda. 
-Basta Sofi, è mezzo americano: non prenderlo in giro. Potrebbe essere il mio futuro marito!- come correva, avrei voluto essere anche io così spensierata a volte. 
Vestirsi non fu un'impresa semplice: eravamo in ritardo e Alice mentre mi infilavo l'abito e le scarpe cercava di dare una ritoccata al mio trucco. -Andiamo, basta con questa cipria!- le feci spazientita -Sei tu quella con il fusto americano che l'aspetta, non io!- la presi per mano trascinandola fuori. Inutile dire che il tragitto in macchina fu un susseguirsi di sospiri e di "spero che ci piaceremo" di Alice. Lo speravo anche io: si meritava un buon ragazzo e io mi meritavo almeno una domenica di sonno senza che lei che la interrompeva. 
Il Boxiton è un locale piccolo e puzzolente, ma l'unico del mio paese. Questo faceva di lui il miglior locale anche se, se mai fossero venuti a fare un controllo sanitario sarebbe stato chiuso per sempre senza alcun tipo di rimedio. Alice intravide subito il suo Tim e gli corse incontro. Avrei passato ore da sola in questo inferno, solo stordendomi un pò avrei superato il trauma. Mi avviai così al bancone. 
-Una coca cola per favore- dissi al barista che mi guardo stranito. Si, io mi sballano con una coca cola. La caffeina, anche in piccole dosi aveva un effetto strano su di me: era la mia personale kriptonite. 
-Una coca eh?- mi chiese un ragazzo accanto a me, giovane e di bella presenza. Sperai non fosse un rompiscatole che dopo la seconda battuta ti chiede in modo innocente "andiamo in un posto appartato?" -Si una coca- gli dissi girandomi. Lui mi sorrise e rivolgendosi al barista -Una coca cola anche per me- disse sorprendendomi. 
-Piacere, Tommaso- mi fece porgendomi la mano che strinsi. -Sofia- gli dissi telegrafica.
-Allora come mai in questo orrendo posto?- mi chiese. Mi stette subito simpatico: perlomeno avevamo in comune l'odio per questo posto. -Veramente sono qui per una mia am...- fui interrotta da una voce profonda e familiare. -Tommaso, basta fare il cogli...- no. Tutti ma non lui. -Ragazza delle scatolette!- mi disse vedendomi lì. La sfiga mi perseguitava. Avevo appena trovato un bel ragazzo, simpatico e gentile. Non poteva essere amico di quel bastardo. 
-Vi conoscete?- mi chiese allora Tommaso. Non feci in tempo a rispondere -No- puntualizzo lui -era venuta un giorno al supermercato e l'ho presa un po' in giro- disse incolore. Un po'?!
-Mi hai fatto fare la figura dell'idiota davanti a molte persone- gli dissi arrabbiata. 
-Già- fece lui squadrandomi attento. Di nuovo quel già, lo avrei picchiato malamente se non fosse che... -Dobbiamo andare- disse rivolto all'amico -Ora.- lui annuì mentre il bastardo si faceva in disparte scomparendo. 
-Mi fa piacere averti incontrata Sofia- prese un foglio ci scarabocchiò qualcosa e me lo porse -Questo è il mio numero, spero...spero vorrai chiamarmi per un'altra coca- mi disse dolce. Mi fece scogliere per un momento. Lo vidi andar via con il cuore che si affacciava alla luce dopo quasi un anno. Ero decisamente imbambolata mentre guardavo il foglio stretto tra le mie mani.
Era ormai scomparso. -Vedo che hai capito che il pigiama non ti farà far conquiste- il maledetto era tornato indietro, lo vidi alzando lo sguardo e lo trovai più vicino del dovuto. -Questo invece- disse indicando con il mento il mio vestito -Questo ti sta decisamente meglio- mi sorrise andandosene.
Era tornato per farmi un complimento o per ribadire la mia figuraccia del giorno prima? 
Non me ne importò più di tanto. So solo che quel mezzo complimento mi fece ribollire il sangue come mai prima. Ed ancora una volta ero dilaniata perché non sapevo se quel ragazzo di cui non conoscevo nemmeno il nome si fosse reso ai miei occhi ancor più odioso o se mi avesse fatta scogliere come ghiaccio al sole. In quel momento il mio cuore non aveva visto solo uno spiraglio di luce ma il sole, pieno e splendente.

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Capitolo 3
*** Accordo? Accordo ***


"Ciao, sono Sofia...quella della Coca Cola...mi avevi lasciato il tuo numero". Lo rilessi mille volte prima di inviarlo al famoso Tommaso, conosciuto due giorni prima al Boxiton. Gli avevo scritto un semplice messaggio di ripresentazione nel caso in cui si fosse scordato di me: cosa di cui ero certa. Insomma, non ero certo il tipo appariscente che sogni la notte di portarti a letto. Decisamente: io se fossi stata un uomo non mi sarei ricordata. Eppure dopo la mia ultima delusione riponevo fiducia in questo tipo, in normali circostanze forse non gli avrei mai scritto. "Ma poi perché cavolo non lo ha chiesto a me il numero?". Paranoica com'ero dopo aver atteso 1 ora e 10 senza risposta, il mio cervello macchinò una serie di spiacevoli pensieri. 
"Lo so perché non mi ha chiesto il numero, aspettava che gli scrivessi io come una sciocca abbagliata dal suo fascino per poi prendermi in giro coi suoi amici!" Conclusi. Insomma io ed Alice ci eravamo divertite tante sere a fare questo giochetto, ero piuttosto ferrata in materia: aspettavi che ti scrivessero e iniziavi a flirtare lasciando poi la povera vittima a bocca asciutta. Si sarà sbellicato quel maledetto. Poi ebbi un illuminazione. Cos'altro potevo aspettarmi da uno che era amico di quel cassiere. Giusto, lui! Poteva benissimo essere l'artefice del tutto: si divertiva a prendermi in giro e la sera prima mi avrà sicuramente vista e in cerca di emozione aveva coinvolto un suo decerebrato amichetto per umiliarmi ancor di più. 
Mi alzai di scatto dal divano come illuminata, mi ci ero buttata dalla mattina: oggi era il mio giorno libero dal mio insoddisfacente e sfiancante lavoro di segretaria di un uomo fin troppo burbero che mi trattava di merda. 
Presi le chiavi della mia 500 di seconda mano e rischiando di cadere per le scale arrivai in pochi secondi dentro l'abitacolo partendo con una sgommata che mi fece sobbalzare. 
 
Ero da diversi minuti nel parcheggio del supermercato, cercavo di calmarmi prima di entrare. Se quel cavolo di...se solo mi ha veramente presa in giro io...oh al diavolo: ero lì per commettere un omicidio. Entrai a passo di marcia con un' espressione poco femminile sul volto e mi diressi spedita verso le casse. Non sapevo nemmeno se lo avrei trovato ma avevo pensato ben poco prima di partire. Volevo solo riempirlo i pugni. Passando al setaccio visivamente tutte le postazioni lo vidi: calmo e svogliato come lo ricordavo, passare la spesa di una cliente. Fortunatamente il negozio all'ora di pranzo era vuoto. Avrei potuto fare la mia scenata indisturbata. 
-Credevi davvero che non lo scoprissi?!- gli urlai contro mentre mi paravo di fronte a lui. La signora sulla sessantina si spaventò: sperai davvero di non averle procurato un infarto come invece sembrava aver avuto lui. 
-Sei fuori di testa?- mi chiede riprendendosi -sei davvero fuori di testa- concluse passando la spesa della donna. 
-Qui se c'è un pazzo sei tu. Lo hai coinvolto a farmi uno scherzo?- lo accusai.
-Signora, la scusi: mangia solo cibo per gatti, tra gli effetti collaterali di questa dieta c'è l'isterismo- disse rivolgendosi alla cliente che mi guardava sconvolta. 
Io feci un suono esasperato.
-Calmati!- mi disse lui passando l'ultimo articolo -non so nemmeno di cosa tu stia parlando!-
-Parlo di Tommaso. Il tuo amico. Quello a cui tu hai chiesto di chiedermi il numero chiedendogli di prendermi in giro!- urlai.
-Mi sono perso a "il tuo amico", sono 34.30- disse poi rivolgendosi alla cliente. 
-Ok, visto che evidentemente hai problemi seri di comprensione nonché di attenzione te lo ripeterò, in maniera più semplice- iniziai guadagnandomi un'occhiata di puro odio -dico che hai convinto il tuo amico a chiedermi il numero al Boxiter solo per poi prendermi in giro quando io vi avrei scritto- gli dissi mentre, senza degnarmi di uno sguardo, porgeva il resto alla donna che velocemente si dileguava impaurita. 
-Senti- riprese lui -non ho idea di cosa tu stia parlando: sono stanco e affamato, io e Tommaso siamo solo andati li insieme. Non so che cavolo abbia fatto con te ma io di certo non c'entro nulla- sembrava sempre fregarsene una volta porgeva il resto e adesso pur di non guardarmi risistemava la cassa. 
-Non significa nulla. Tu mi hai vista quella sera e gli hai detto di imbambolarmi- gli dissi sibilando. 
-Chi pecca di presunzione adesso?- mi chiese guardandomi fissa per la prima volta -Non passo la mia vita ad architettare piani diabolici per umiliarti, non sei così importante. E poi, ci pensi benissimo da sola-. In uno scatto d'ira girai la cassa e lo presi per il bavero della sua T-shirt da impiegato. 
-Ascoltami attentamente- gli dissi guardandolo in modo minaccioso -se solo scopro che a dispetto di tutto quello che hai detto tu c'entri veramente qualcosa io ti...- lui si mise a ridere come una iena. 
-Tu cosa?- mi chiese tornando serio di colpo -Mi fai male. Sono 30 kg e 15 cm più di te. Fatti avanti- mi disse alzandosi e sovrastandomi. Ok, forse non sarebbe stata una buona idea ma gli diedi comunque un pugno in pancia. No, non fu per nulla una buona idea. Probabilmente se l'aspettava e la mia povera mano si scontrò contro il marmo. 
-Dio! Che male- urlai contorcendomi dal dolore. Lui era lo davanti a me a guardarmi con pena e curiosità non si preoccupo nemmeno di chiedermi come stavo. Per quanto ne sapevo la mia mano poteva esser rotta: non avevo mai tirato un pugno. 
-Ci hai provato...- mi disse consolatorio lui uscendo dal mio campo visivo. Prese la sua giacca e fece per andarsene. 
-So che sei una strana e non so se fa parte della tua quotidianità ma qui di chiude ad una certa ora ed i clienti che rimangono a bivaccare qui non son ben visti- mi informò. Lui era già uscito ma io mi stavo ancora riprendendo. Mi aveva umiliata ancora. O forse questa volta ero stata io a farlo. Lo seguii e mi accorsi uscendo che si era scatenato un acquazzone. Lo vidi correre incappucciato verso una postazione che vende panini. Riuscivo a malapena a vederlo con tutta quella pioggia lo sentii urlare "Panino, carne...tante salse".
-Ehi!- gli dissi avvicinandolo. Eravamo ancora in salvo dall'acqua sotto una tettoia. 
-oh mio Dio!- urlò esasperato lui -che avrò mai fatto di male!- disse esasperato. 
Non potevo certo biasimarlo. Magari ero stata affrettata ad incolparlo. 
-Ok! Gli dissi. Se sei così in buona fede come dici devi farmi un favore!- 
-Ti sei bevuta il cervello?- mi fece scandalizzato.
-Non è nulla di che ho bisogno di un'informazione!- riprovai
-Già...- ripetè ancora la sua parola preferita -non se ne parla.- concluse. 
-Sei uno stronzo!- gli urlai correndo sotto la pioggia verso la macchia. Non appena entrai esalai un respiro, non volevo vederlo mai più. Ero esausta. Non uno ma ben due uomini mi avevano rifiutato qualcosa. Un record!
Quasi mi strozzai quando la portiera del passeggero si aprì e lui occupò il posto. Era bagnato e reggeva ancora in mano il suo panino super calorico. 
-Scendi immediatamente dalla macchina!- gli intimai
-Qual è l'informazione che vuoi?- mi chiese. Alla fine aveva accettato di aiutarmi. Dovevo tentare.
-Tieni- gli dissi porgendogli il foglio che due sere prima il suo amico mi aveva lasciato -è giusto il suo numero?- gli chiesi. Potevo sembrare disperata ma poco mi importava. Lo vidi trafficare col telefono mentre addentava un gigantesco pezzo del panino.
-Fai schifo- gli dissi osservando la scena -già...- mi rispose come al solito lui. 
-Si.- mi disse poi di punto in bianco. -Si cosa?- gli chiesi spazientita. 
-Si, Sofia. È il suo numero. Quindi non prendertela con me se non ti risponde- disse lui. 
-Si chiaro. Perché io non sono bellissima e troverebbe cento altre ragazze meglio di me- dissi riportandogli i miei pensieri della mattina.
-Non ho detto questo- mi disse lui sorprendendomi -ti propongo un patto- mi fece girandosi felice -ti è cambiando discorso; organizzerò un incontro con lui, sabato alle 7 al Dino- disse lui scrivendomi il suo numero. 
-E tu cosa guadagni da tutto ciò?- gli chiesi accettando il suo foglio. 
-La tua promessa che non farai più la matta nel posto in cui lavoro- mi fece. 
-Penso di poterti dare la mia parola- lo presi in giro. 
-Bene! Abbiamo un accordo, per qualsiasi cosa chiamami...io risponderò- disse sorridendo mentre usciva dalla macchina. Mi fidai di lui poi mi accorsi che mi fidavo di un tizio di cui non sapevo nemmeno il nome -ehi!- gli urlai -non so nemmeno il tuo nome!-.
-Già...sono Christian, ci vediamo Sofia- e così come era entrato se ne andò, velocemente lasciandomi senza parole. 


Angolo autrice: spero vi piaccia la storia :)
Se volete, fatemi sapere che ne pensate in una recensione. 
Un bacio, alla prossima. F.

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Capitolo 4
*** Delusa ***


DELUSA

Dopo la mia sfuriata al supermercato tornai a casa. Zuppa e infreddolita. E come se non bastasse era martedì: avrei dovuto aspettare altri 3 giorni prima di incontrare Tommaso. Sembrava uno scherzo del destino eppure era reale: avevo passato nove mesi ad aspettare ed ora, che si presentava a me il "ragazzo forse perfetto" dovevo ancora attendere. "Non poteva scegliere un giorno più vicino Christian?" Pensai "sempre che abbia la cognizione del tempo" conclusi spinosa.
Per il resto della giornata Romeo sarebbe stato il mio unico amico vivente gli altri, cioccolata e tv spazzatura, mi avrebbero fatta pensare il meno possibile alla mia impazienza. 
Il bello fu però, che sortirono l'effetto opposto: in tv sembravano esserci solo programmi che trattavano d'amore finito male, o forse erano mie fisse, ma di certo imbattermi in un film che pareva esser una commedia per 3/4 delle durata per poi rivelarsi un dramma in cui lei muore non mi aveva convinta certo ad essere positiva. La cioccolata che mi si era sciolta in bocca si era trasformata nel mio personale demone quando stiracchiandomi mi imbattei in una smagliatura sulla mia coscia sinistra. Orrore. La buttai lontano da me come se fosse un insetto e me ne pentii per il resto della serata. Non avrei resistito fino a sabato. Così essendo la mia giornata già totalmente rovinata pensai che mandare un messaggio a Christian: non avrebbe poi fatto questa gran differenza.
"Dovresti spiegarmi perché hai scelto sabato, è praticamente tra una settimana. Ce l'hai una cognizione del tempo?!" lo inviai dopo essermi incattivita col pollice a digitare sul mio povero telefono. Lui rispose in meno di un minuto:
"Sofia, sabato è tra tre giorni non un a settimana. Chi è quello senza cognizione del tempo adesso?" Strinsi tra le mani sempre più il telefono a ogni parola che scorrevo, a un certo punto pensai che mi sarebbe scoppiato in mano. Fare domande con lui non serviva, dovevo usare l'imperativo.
"Non hai risposto alla domanda, ma non mi importa. Sposta quell'appuntamento." Non poteva non farlo, infondo ero io la diretta interessata.
Non rispose per 10 minuti buoni, così dopo aver finito la mia scorta di unghie da smangiucchiare in caso di nervosismo estremo presi il telefono e lo chiamai. Lui rispose ma non parlò.
-Hai detto che avresti risposto- lo accusai.
-Veramente il tuo messaggio non aveva domande- usare l'imperativo mi si era rivolto contro.
-Sei...non importa. Voglio che sposti quell'appuntamento.- ripetei.
-Non sono il tuo organizzatore di eventi! Dovresti baciare dove cammino per ciò che sto facendo- mi disse.
-Mi stai organizzando un appuntamento con un tuo amico e nemmeno troppo bene, non ti stai immolando per me!- gli ricordai.
-Sofia, io ho da fare. Cosa vuoi, che sposti l'appuntamento?- mi fece esasperato.       
-Si- gli dissi convinta.
-Bene, domai solito posto- diretto e incolore -Ah e per rispondere alla tua domanda come la chiami tu, anche se io non ho visto nessun punto interrogativo, avevo deciso sabato perché pensavo ti servissero un po' di giorni per fare quella roba che fate voi sai estetista, parrucchiere, sedute con le amiche a fantasticare, ma evidentemente mi sbagliavo-.
-Hai proprio un'alta considerazione di me: non ricordi forse il mio motto sulla bellezza?- lo ripresi.
-Quella cazzata sulla casa e sui suppellettili, si la ricordo ma vagamente: non è mia abitudine memorizzare frasi senza senso.- disse.
-Non avevi da fare?- gli chiesi.
-Già...- mi rispose lui chiudendo. 
-Già- dissi io arrabbiata parlano da sola.

Decisi che stare da sola non mi avrebbe fatto bene, così provai a chiamare Alice.
-Alice che ne dici: una cenetta io e te e il mio meraviglioso gatto al lume di candela?- le feci sarcastica.
-Sofia...-disse lei un misto tra sorpresa e imbarazzo -devo vedere Tim- mi disse lei di getto dispiaciuta. L'avevo interrotta così un po' piccata la salutai.
-Si, scusa hai ragione- la sentì sospirare preoccupata -davvero non preoccuparti- continuai.
-Mi preoccupo Sofi, capita una volta all'anno che mi chiami: devi stare uno schifo- disse con la delicatezza di un elefante.
-Sto bene: vieni domani. Dovrai aiutarmi- le dissi.
-Ok...ehi stammi bene- disse.
-Già...- le risposi chiudendo la chiamata. Sarei andata a dormire presto, sempre che ci fossi riuscita. Prima di chiudere gli occhi pensai che con domani si sarebbe conclusa la mia vita miserabile da single. La prossima volta sarei stata io quella impegnata col bel fidanzato.

Mi alzai di buon ora. Anzi, decisamente presto. Solitamente andavo a lavorare alle 9 quindi mi bastava svegliarmi alle 8. Quella mattina alle 6 ero già sveglia e reattiva, feci tutto con più calma trovai anche il tempo di farmi un trucco elaborato per quel che importava per dove lavoravo io. Eravamo in tre: il capo, un architetto cui non veniva commissionato qualcosa da sempre, il suo assistente brufoloso nonché suo figlio ed io. Lo odiavo. E lui odiava me. Ma nessuno dei due aveva voglia di far qualcosa: io di trovarmi un altro lavoro e lui di trovare un altra segretaria efficiente come me.
Stavo in quel buco di ufficio per 5 ore. Ogni giorno tranne il martedì e la domenica. Fortuna loro.
Quando tornai a casa per pranzo mi trovai sul pianerottolo Alice con cibo d'asporto e una faccia di scuse stampata in viso. 
-Ehi!- mi salutò calorosa -come è andata a lavoro?- mi chiese.
-Una merda come sempre- le dissi piatta mentre aprivo.
-E il capo com'era oggi?- mi chiese sapendo dei suoi sbalzi d'umore.
-Una merda come sempre- ripetei facendola sorridere.
-Davvero Alice non c'è bisogno che tu faccia conversazione per farti perdonare, perché non c'è nulla da perdonare-. Lei tirò un sospiro di sollievo e io continuai:
-Oggi ho un appuntamento con un tizio che ho conosciuto al Boxiton- sparai. Lei per poco non si strozzò con il cibo.
-Sofia!- trillò -ma è meraviglioso!- sorrise e poi si rabbuiò. -Oggi?- esclamò inorridita -ma non ci sarà il tempo per andare dall'estetista, dal parrucchiere e oh mio Dio perché così presto?- non ci credevo Christian aveva ragione sull'esistenza di donne così, ed una era la mia migliore amica.
-Alice- la ripresi -mi basterà piastrare i capelli qui e sai che non amo il trucco- dissi mangiando.
-Quello è il meno ma, Sofia! Come non hai potuto pensare all'estetista? Se passaste ad un livello diciamo...successivo che cosa direbbe se vedesse certe tue parti non...- ok era decisamente troppo -Alice!- la bloccai urlano -non ci sarà questo problema perché nessuno si spingerà oltre- la rassicurai. -Ma!- contino lei.
-Ma nulla.- conclusi io. 
-Ok...posso aiutarti coi capelli almeno?- mi chiese dolce. 
Passai il pomeriggio a decidere cosa mettere; i capelli erano fatti il trucco anche ma nulla sembrava starmi bene quella sera. 
-Vado così: in biancheria- dissi infine esasperata. 
-Sono sicura che lui non avrebbe nulla in contrario ma sarai in un luogo pubblico e non vorrei doverti venire a prendere in una stazione di polizia-. Mi disse lei.
-Tieni- mi passò un vestito blu che avevo comprato anni fa -metti questo, è quello giusto-.
-È una fortuna se mi entra in una gamba- le dissi sarcastica.
-Basta fare la guastafeste! Provalo!- 
-Ok. Ok...- me lo infilai e incredibilmente mi stava. E si, era quello giusto.
-Sei bellissima- mi disse fiera -a proposito non mi hai detto né il nome del fortunato né dove vi incontrerete- disse sistemandomi un ciuffo.
-Tommaso e ci vedremo da Dino alle 7- le dissi.
-Mmmh, bel ristorante. Accogliente- guadò l'orologio -Sofia! Sono le 18.56! Vabene un po' di ritardo ma è dall'altra parte della città!- Un momento cosa?!

Due ore prima
Mentre Alice era uscita a prendere delle mollette io la aspettavo accarezzando il gatto, d'improvviso mi ricordai di non sapere dove fosse il ristorante. Quando Christian me lo aveva detto non avevo nemmeno letto il nome: mi sarebbe andata bene anche una fogna.
Così lo chiamai.
-Sofia- rispose lui con la sua voce talmente strascicata da far capire quanto fosse "felice" di sentirmi -dimmi-.
-Mi hai detto il nome del ristorante ma non so dove sia...- gli dissi.
-Sai, parecchio tempo fa due ragazzi ebbero un'idea- forse era fatto -questa idea si chiamava e si chiama Google- lo avrei ucciso -un motore di ricerca- puntualizzò come se non lo sapessi -e poco dopo lo ampliarono: sezioni dedicate alle immagini, alle notizie e pensa un po'!- alzò la voce come se fosse seriamente eccitato -Le mappe!- sospirò. 
-Hai finito?- chiesi spazientita.
-Spero tu abbia afferrato il concetto-. Mi disse tornando serio. 
-Sei tu l'organizzatore. Rendi la vita facile ad entrambi e dimmi dov'è!- dissi.
-È vicino al supermercato. L'ho scelto apposta. Devi svoltare alla seconda a destra invece c'ha alla prima.- mi spiegò.
-Grazie!- gli dissi chiudendo malamente.

Ora 
-Dall'altra parte della città?- esclamai inorridita.
-Si pensavo...pensavo lo sapessi- mi disse Alice spaventata dell'espressione che avevo assunto. Doveva essermi partito un tic nervoso all'occhio.
-Lo uccido- dissi chiudendomi la porta dietro per correre al ristorante. 
Arrivai alle 7.30. Un disastro.
Lo vidi al tavolo assorto e corsi da lui.
-Mi dispiace immensamente- esalai. Lui mi vide e tutti i suoi pensieri sembravano svaniti. Era felice di vedermi. 
-Non fa nulla Sofia. Sono felice che tu sia qui- mi disse caloroso aspettando che io mi sedessi per prendere posto anche lui.
-Non sei andato via...- dissi rapita. Ma che brava Sofia! Ha qualche altra ovvietà da dire?
-No. Non potevo e ho fatto bene: sei bellissima.-
Signori e signori ecco il mio futuro marito.
Gli sorrisi imbarazzata e nel frattempo arrivò il nostro cameriere. Mentre aspettavamo le nostre portate lui iniziò a palare:
-Allora, se posso...come mai sei arrivata in ritardo?- chiese e bevve del vino.
-Quel maledetto del tuo amico: mi aveva detto che il ristorante era da tutt'altra parte.- gli dissi livida.
-Christian? Pensavo avessi scelto tu questo posto...lui mi ha detto...- d'improvviso mi illuminai.
-Te...te lo ha detto lui?- ripetei balbettando.
-Si, sinceramente non ho capito perché lo hai tirato di mezzo. Insomma avevi il mio numero...- 
-Io ti ho scritto! Tu non hai risposto- lo accusai.
-Non ho ricevuto nulla...- ero sempre più inorridita. Così iniziai a frugare nella borsetta e gli porsi il foglio con il numero. -È questo il tuo numero?- lui lo guardo poi mi disse:
-No...cavolo Sofia mi dispiace, nel buio della discoteca mi sono dimenticato un numero- mi disse seriamente dispiaciuto.

-Si- disse lui. 
-Si cosa?-
-È il suo numero-.

-Puoi scusarmi un attimo?- gli dissi. Lui non rispose accennò solo un si e io mi diressi alla toilette.
Chiusi la porta alle mie spalle e presi il telefono. Digitai con foga e attesi.
-Non dovresti essere al tuo app...- iniziò lui ma io non gli diedi il tempo di terminare.
-Il mio appuntamento?- urlai -Il mio appuntamento!- dissi ancora.
-Si, quello. Ti si è incantato il disco?- chiese ancora lui.
-Sta zitto!- stavolta urlai davvero -me lo hai fatto quasi perdere, pensavi davvero che non avrei scoperto che quello non è il suo numero?!- gli urlai senza riprendere fiato.
-Sai.- constatò lui.
-Già!- lo citai.
-Senti Sofia mi dispiace, ok? Tu non lo conosci, io si, da 10 anni e credimi se non è quello che sembra con le ragazze- disse lui. 
-Pensi davvero che io ti creda? Credi che io sia stupida?- domandai retorica.
-No! Proprio per questo non volevo che tu andassi all'appuntamento. Devi credermi.- mi disse sembrando sincero.
-Ah...quindi tu volevi salvarmi?- chiesi sarcastica.
-Si, Sofia credimi io...- iniziò.
-Mi dispiace Christian, non ho tempo: un meraviglioso ragazzo mi aspetta e tu hai sprecato oramai tutte le volte in cui avrei potuto crederti. Ora se vuoi scusarmi...- dissi arrabbiata.
-No! Sofia!- chiusi prima di mettermi a piangere dal nervosismo. Ero stata ingannata, e non potevo permettergli di rovinare questa "cosa".
Sperai che la mia serata non fosse stata completamente distrutta così tornai al tavolo; lui mi raccontò tante cose: i suoi hobbies, le sue passioni...e nel frattempo io capivo che la speranza era vana. La delusione mi accompagnò per il resto del tempo. Christian pensava che il suo amico mi avrebbe ferita beh, qualcuno mi aveva fatto del male...ma non era seduto qua con me.


Angolo autrice: volevo ringraziare le persone che hanno recensito la storia e quelle che l'hanno messa tra le seguite: mi avete spronata a continuare la storia con più entusiasmo.
Spero vogliate farmi sapere che ne pensate.
Saluti, F. 

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Capitolo 5
*** Nemesi ***


NEMESI


-Non ci credo!- mi ripeté ancora una volta il ragazzo che avevo di fronte. L'appuntamento che, per chissà quale fortuna, ero riuscita a non perdere nonostante le varie macchinazioni di quel commesso doppiogiochista stava procedendo come la sceneggiatura di un film: la scenografia era splendida con tanto di candela al centro del meraviglioso tavolo vista cucina che ci era stato assegnato; trucco e parrucco sembravano esser dalla mia parte, non che mi controllassi freneticamente, scambiando un coltello per uno specchio ma. Sembrava stessi esercitando una certa attrazione su Tommaso. O forse era semplicemente il buonissimo vino che continuavano a servirmi che mi aveva resa intraprendente e su di giri in modo esagerato. Avevo perfino iniziato a sbattere le ciglia compulsivamente come si suggerisce di fare per ammaliare. Probabilmente sembravo in preda ad un tic nervoso, ma poco importava. Anche lui, rosso in viso, non sembrava esser perfettamente sobrio mentre ridendo mi ripeteva ancora:
-È impossibile- stavamo parlando ormai da parecchio di come il mio ragazzo mi avesse lasciata, non ricordo nemmeno perché finimmo a parlare di lui forse ha ragione Alice quando dice "al primo appuntamento non parlare mai dei tuoi ex"; comunque non credo avessi iniziato io il discorso in un momento di delirio, ero piuttosto certa che quello che non si faceva i fatti suoi fosse lui: altrimenti, fosse stato per me non gliene avrei parlato nemmeno dopo il matrimonio: non amavo esser certo compatita e benché meno esser messa in dubbio su una cosa così seria. 
-Ti faccio ridere- gli dissi piccata cercando un'altra volta di terminare il discorso. 
-Scusami- disse riacquistando contegno -davvero, sto solo ridendo perché...beh perché lui è un idiota- mi fece sorridendomi dolce -è proprio un idiota: io al posto suo non ti avrei mai lasciata- concluse lasciandomi di sasso.
"So come tratta le ragazze" 
Mi ricordai le parole di Christian e il mio sorriso svanì subito lasciando Tommaso interdetto. 
-Ho...ho detto qualcosa di male?- mi chiese preoccupato.
-No, assolutamente- cercai di rassicurarlo, tornando a mangiare in silenzio. Piluccavo il cibo senza mai inforcare qualcosa.
-Sofia, tutto bene?- mi fece ancora lui.
-Si, davvero. Sono solo stanca- ero un'idiota. La regina degli idioti. Questo era il primo appuntamento e io come me ne uscivo? Dicendo alle 20.46 di essere stanca. Complimenti. Ora penserà che sei una vecchia che passa le giornate a dormire. Lui però, non sembrò farne questo gran problema, oppure voleva solo concludere quel supplizio velocemente, così chiamò garbatamente il cameriere chiedendogli il conto. Quando il tizio tornò lo vidi estrarre il portafoglio ma lo fermai. 
-No, Tommaso. Ho rovinato tutto: lascia che paghi la mia parte- lo supplicai.
-Sofia, il giorno in cui una donna pagherà quando è con me non arriverà mai- mi disse rimanendo sempre gentile e cordiale. Non lo meritavo affatto.
Usciti iniziai a dirigermi verso la macchina ma lui mi trattenne per un braccio. 
-Vai via così?- mi chiese sembrando dispiaciuto -sono così mortificato: ti ho annoiata a morte-.
-No!- esclamai fin troppo veemente -Tommaso sei stato fantastico, io ho fatto un casino: sono arrivata tardi e ho fatto la parte della bambina capricciosa volendomene andare- gli dissi.
-Allora non ti ho annoiata...- si disse lui.
-No, affatto. Mi hai fatta star bene come da tanto non stavo. Volevo solo andar via per non farti trovare una scusa per non rivedermi- gli confessai. 
Lui mi guardò attentamente -E se io volessi rivederti?- mi disse.
-Non sei obbliga- iniziai -Sofia. Io voglio vederti ancora. Sei bellissima e simpatica. Quindi vorresti uscire con me, stavolta senza intermediari?- me lo chiese con la stessa intensità che credo si usi per fare una proposta di matrimonio. Il mio povero cuore sarebbe scoppiato di felicità prima di poterlo salutare in modo intrigante e seduttore. 
-Anche io vorrei rivederti- gli dissi in un sospiro. Non ero decisamente intrigante: sembravo piuttosto sul punto di buttarmi ai suoi piedi. 
-Perfetto, che ne dici di dopodomani alle 17? Mandami il tuo indirizzo ti porterò in un posto speciale- mi fece esaltato. 
-Va bene, ti mando un messaggio- dissi imbarazzata e felice per il fatto che fosse impaziente come me di rivedermi. 
-Ti accompagno alla macchina- disse facendomi segno con la mano di precederlo. 
Camminammo fianco a fianco finché arrivai alla mia 500. Lo vidi girarsi verso di me e abbassarsi. 
Ci siamo. Avrei baciato qualcuno dopo nove, ripeto nove mesi. E non era un ragazzo qualsiasi ma il migliore che potessi sperare. Le sue labbra erano sempre più vicine così chiusi il occhi e il bacio arrivò. Sulla mia guancia. Mi diede un bacio sulla guancia. Prima che si staccasse feci un'espressione delusa. Ma poi mi ritenni soddisfatta.
"So come tratta le ragazze" evidentemente no, caro Christian. 
-Ci vediamo- mi disse staccandosi da me e andandosene. Rimasi imbambolata davanti alla macchina per 10 minuti buoni poi mi decisi a partire. Passai la mezz'ora di tragitto a cantare a squarciagola ogni canzone che passava alla radio, se non conoscevo le parole un buon "nanana" risolveva il problema. Ero decisamente euforica. Arrivai alla porta di casa ballando e prima che potessi infilare la chiave nella toppa, Alice, che mi aveva aspettata, mi aprì sorprendendomi a muovere la testa a ritmo. 
-La danza della vittoria- constatò -devo dedurre sia andata più che bene- continuò rimanendo alla porta con un braccio alzato impedendomi di passare.
-Dici che posso entrare in casa mia?- le chiesi sarcastica.
-Solo se prometti di raccontarmi tutto- disse perentoria. 
-Prometto- feci alzando un braccio mentre mi lasciava entrare richiudendo la porta.
-Aspetta un attimo però...sei tornata dopo nemmeno due ore...sei ubriaca?- mi chiese alzando la voce.
-No!- replicai offesa -Un po'- mi corressi -ma Alice!- continuai prendendole le mani e puntandole lo sguardo -ho trovato l'uomo della mia vita!- dissi sognante lasciandola e buttandomi sul divano con un sospirone. Lei si sedette accanto a me con più grazia. 
-Raccontami tutto- mi disse eccitata.
-È perfetto. Mi sono comportata da vera stronza ma lui è stato dolce per tutto il tempo-.
-Perché ti sei comportata da stronza?- mi chiese arrabbiata.
-Ero incavolata: quel deficiente che ha organizzato l'incontro, un suo amico, mi aveva ingannata dicendomi che il ristorante era qua vicino- le spiegai. Non credo le avessi accennato di Christian prima. -Ma!- continuai prima che mi potesse interrompere per chiedere spiegazioni -ci rivedremo tra due giorni: mi viene a prendere per portarmi in un posto speciale!- le dissi.
-Un posto speciale? IL poso speciale?- mi fece urlando -Sofia! Quello è cotto di te!- concluse.
-Alice siamo solo al primo appuntamento non correre!- non potevo credere che per lui fossi la persona speciale da portare nel famoso posto speciale. Lui poteva non esser cotto ma io forse lo ero già. 
Passai ancora un po' di tempo con Alice raccontandole tutti i particolari mentre finivano un barattolo di gelato. Lei mi ascoltava attentamente. Sembrava commossa: non mi vedeva felice da tanto e lei mi voleva un bene dell'anima. 
-Sarà meglio che vada- mi disse ad un certo punto: si era fatto tardi e l'indomani avremmo dovuto lavorare entrambe. 
-Grazia Alice- le dissi accompagnandola alla porta -grazie di tutto- ripetuti. 
-E di cosa Sofi? Sono felice che lui non sia un coglione- mi disse abbracciandomi. 
-Già anche io...- le dissi salutandola. 
Rimasi sola in casa, era tardi ma ero ancora sveglissima così decisi di togliermi il vestito e rilassarmi in pigiama davanti alla tv.
Ben presto il mio telefono suonò. 
"Sono stato davvero bene Sofia". Era un messaggio di Tommaso, quale miglio modo di concludere la serata? 
"Grazie. Anche io molto. Ah, abito in via Serrani 17" gli scrissi ricordandomi della sua richiesta.
"Ricevuto. Sogni d'oro bellissima." 
Oh li avrei fatti veramente d'oro quei sogni dopo il suo ultimo messaggio. Non risposi decidendo di non voler sembrare una quindicenne che sbava dietro alla sua prima cotta e, dopo aver spento tutto, mi avviai in camera e mi infilai sotto le coperte. Romeo mi aspettava già accoccolato.
-Presto avrai un nuovo papà- gli dissi accarezzandolo -non come il bastardo di prima questo è molto me...-sobbalzammo tutti e due quando sentimmo battere prepotentemente alla porta. Alice...mi dissi. Ogni sera se non si dimentica qualcosa non è contenta. Mi alzai e mi diressi alla porta; la luce che accesi mi abbagliò ed andai ad aprire alla porta con gli occhi ancora socchiusi. Grande errore. Perché alla porta non c'era Alice.
Lui era lì davanti a me: alto e bellissimo come lo ricordavo. Sembrava scosso e preoccupato ma, guardandomi, gli comparve un sorriso disteso. 
-Sembra proprio che dobbiamo incontrarci solo quando sei in pigiama- mi disse scansandomi per entrare. Non potevo credere che Christian fosse qui. Ci volle un po' perché riuscissi a comprendere la situazione. Come si permetteva a piombare qui? E soprattutto...
-Sei uno stalker?- gli chiesi seriamente intimidita. Lui sembrava non curarsi dell'impressione che mi aveva dato venendo qui e continuava ad aggirarsi per la sala. 
-No- rispose prendendo ed esaminando una mia foto da una mensola.
-Esci immediatamente da casa mia- gli feci più seria.
-Come è andato l'appuntamento?- mi chiese invece lui. 
-Come cazzo fai a sapere dove abito?- gli urlai al limite. Stavo per prendere un coltello. 
Lui si girò d'improvviso capendo forse di avermi terrorizzata a morte. 
-Tommaso...- mi disse posando la foto avvicinandosi mentre io arretravo -è venuto al bar dove di solito ci riuniamo la sera dopo il vostro appuntamento e ho letto per sbaglio il tuo ultimo messaggio- mi spiegò. 
-Per sbaglio?- gli feci sarcastica, lui mi scoccò un'occhiata infastidita. 
-ciò non cambia il fatto che tu sia qui. In casa mia di notte- gli ricordai.
-Già...ma tu mi hai chiesto se sono uno stalker,  non un assassino e ti ho provato che non lo sono- mi disse candido. 
-Bene e io ti ho anche detto di andartene- 
-Non intendo farlo- mi disse serio -non finché non mi avrai ascoltato- concluse.
Dovevo scegliere se difendermi da sola con l'unico coltello da 10 centimetri che avevo o chiamare la polizia..."dove diavolo è il telefono?" Pensai guardandomi attorno.
-Sul divano- mi disse lui riscuotendomi dai miei pensieri.
-Cosa?-
-Il telefono è sul divano, ma non ti servirà- mi disse sedendosi su una sedia della cucina. 
-È una minaccia?- gli chiesi.
-No, Sofia...-mi disse esasperato -ok, non lo faccio spesso ma volevo scusarmi. Non avevo nessun diritto a farti ciò che ho fatto. Sono qui per scusarmi: non so cosa mi sia preso- mi disse guardandomi sincero. Non mi era mai sembrato un tipo violento nemmeno quando poco prima ebbi paura che fosse un assassino. Decisi di sedermi all'altro capo del tavolo. 
-Credo sia tardi per le scuse- feci arrabbiata -hai avuto più di un occasione per dirmi la verità- gli ricordai riferendomi a quando gli avevo chiesto se quello fosse il vero numero di Tommaso e quando gli chiesi dove fosse il Dino. 
-Mi sto scusando: lo faccio perché evidentemente quando dovevo non ho fatto la cosa giusta- mi ricordò piccato.
-Perché lo hai fatto? E non dirmi che era per proteggermi perché non ci credo- gli domandai ancora. Lui non rispose. -Che c'è adesso non ti degni nemmeno di rispondere?- lo rimbeccai.
-Sofia, ti ho fatto una domanda più o meno 5 minuti fa e non hai risposto, perché dovrei farlo io?-. Aveva la dannata capacità di portare tutto a suo favore. Ma non avrei fatto il suo gioco. 
Come è andato l'appuntamento? Era questo che voleva sapere 
-Bene, è andato benissimo nonostante te- gli dissi cattiva. Lui mi fissò a lungo. -Visto che siete così amici potevi chiedere a lui visto che vi siete visti...-conclusi. 
-Ti ho già detto che lui ha una certa idea delle donne e non mi andava di sentirlo straparlare e vantarsi di come ti avrebbe usata- mi disse.
-Tu sei fuori di testa se pensi che lui sia così. È stato dolcissimo!- gli urlai alzandomi. Lui fece lo stesso e ci trovammo a fronteggiarci vicini.
-Credimi Sofia!- ribadì stanco.
-Mai. Sei una contraddizione continua. Un giorno mi umili e l'altro ti proclami mio paladino-
-Non so cosa tu abbia passato- mi fece più tranquillo -ma so riconoscere le persone tristi: ti ho vista Sofia. Ho visto il tuo sguardo quando parlavamo di Tommaso e dell'appuntamento ieri e non so chi ti abbia fatta soffrire in passato ma non hai bisogno di star male ancora- mi disse guardandomi negli occhi. Lui sapeva: aveva capito come mi sentissi. Dal mio sguardo. Così capii che in casa non c'era una sola persona che cercava di ricostruire il suo cuore a pezzi ma due. Lui lo aveva capito prima ma adesso, guardandolo bene, rividi me stessa in lui: stesso sguardo perso e triste ma ciò non cambiava il fatto che lui avesse cercato di uccidere la mia ritrovata felicità. 
-Christian- dissi il suo nome con calma -io non ho bisogno di essere salvata, ti ringrazio ma Tommaso potrebbe essere cambiato- gli dissi. Lui mi guardò con tristezza.
-Sofia...non puoi illuderti così...- riprovò.
-Io non mi sto illudendo- scandii. 
-Ok, non volevo dirtelo...ma devi sapere: stasera se n'è andato con una biondona. Credimi, lui non cambia.- 
-Te lo stai inventando- gli feci spazientita.
-No, ho deciso di non mentirti più- 
-Vattene- gli feci ormai esausta prendendolo per un braccio e cercando di sbatterlo letteralmente fuori. Lui mi seguì anche se avrebbe potuto benissimo opporsi. 
Era alla soglia quando si girò un'ultima volta. -Non voglio che tu soffra-.
-Sai cosa Christian, credo che tu stia facendo di tutto per vedermi distrutta: non sopporti che qualcuno trovi la felicità. Se non lo sei tu non lo può esser nessuno, giusto?- gli feci chiudendogli la porta in faccia. Quel litigio mi aveva sfiancata, crollai seduta dietro alla porta prendendomi la testa tra le mani. Da quando lo avevo conosciuto sembrava che tutto il dolore che cercavo da seppellire riaffiorasse ancora più forte. Christian era la mia nemesi. 

Note dell'autrice: nuovo capitolo in cui si sa qualcosa in più su Christian, sto aggiornando velocemente per darvi un inizio di storia più approfondito e completo. Spero vi piaccia il capitolo; se vi va fatemelo sapere con una piccola recensione,ringrazio ancora le persone che lo hanno già fatto.
Con affetto, F. 

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Capitolo 6
*** Tregua ***


-Sofia!- urlò per l'ennesima volta il mio capo quella mattina -È libero il telefono?- mi chiese dal suo ufficio. -Si signor Pesti- risposi cercando di racimolare quella poca calma che mi era rimasta.
"Si, razza di idiota: se non mi senti parlare significa che quel dannatissimo telefono è libero" pensai sbuffando, tornando a far finta di catalogare progetti che in realtà, più che accurati disegni di costruzioni sembravano schizzi di un bambino. Ero seduta sulla mia pericolante sedia che scricchiolava ad ogni mio spostamento di peso, davanti al mio piccolo tavolo attiguo alla porta del mio capo; quel burbero che mi dava da vivere si era convinto che oggi era il giorno. Quel giorno in cui ti arriva la proposta di una vita: come se ti chiamassero dicendoti: "Ehi ci siamo resi conto che il Louvre fa schifo...che ne diresti di riprogettarlo?".
Quella era la quindicesima volta che il signor Pesti aveva quella convinzione e la quindicesima volta in cui ero vittima di questo delirio. Mi raccontava sempre che, la notte, sognava che lo avrebbero chiamato da New York proponendogli un lavoro milionario.
Mi feci remora a dirgli che, probabilmente, il suo nome non era conosciuto nemmeno al di fuori di queste quattro mura e che, se mai avessero chiamato questi fantomatici tizi da New York, l'accordo sarebbe saltato comunque: il burbero architetto sapeva a malapena l'italiano ed io mi limitavo a "Hello", "phone" e "yes". Oppure, semplicemente, il problema non si sarebbe posto: convinta che magari stessero chiamando promotori molesti da altri stati avrei messo giù prima che potessero formulare una frase.
Ma lui sembrava felice, come raramente era e forse mosso da chissà quale bontà mi avrebbe promesso un aumento quel giorno, salvo poi annullarlo la sera stessa dopo aver perso le speranze nei confronti del progetto newyorchese.
-Sofia?- mi richiamò e, prima che potesse farmi la stessa domanda, risposi brusca:
-Si, è libero!- Lo sentì borbottare un "bene...adesso...diventerò ricco". Esser circondata da tanta  
baldanzosità mi rendeva sempre più nervosa e intrattabile. Dopo l'amichevole vista di Christian avevo passato la notte a rigirarmi nel letto. Perfino Romeo, stanco dei miei continui sbuffi, se ne era andato a dormire sul divano con la coda tra le gambe ed un espressione di puro odio. Quando mi ero finalmente calmata chiudendo gli occhi, preparandomi ad un bel sonno ristoratore, suonò la sveglia. Era mattina ed io non avevo dormito. L'ultima volta che mi ricordo di aver saltato una notte intera avevo diciassette anni ed ero molto più stupida di oggi. Ora, a ventisei anni, avevo delle responsabilità così, malgrado avessi l'umore sotto i piedi mi imposi di andare a lavoro. Ed ora eccomi qui: con le mani tra i capelli a sperare che quei maledetti americani chiamino giusto solo per salvare me: ci fu un momento poco prima che finisse l'orario che pensai di inventarmi la chiamata; per fortuna mi trattenni, convinta che se gli avessi detto una cosa del genere, per l'emozione accumulata, avrebbe avuto un infarto ed io sarei rimasta senza lavoro.
Uscire da quel bugigattolo al termine del mio orario mi fece sentire come presumo si senta un carcerato che esce di prigione dopo anni di reclusione. Respirai aria a pieni polmoni prima di dirigermi a casa per fare pranzo e scoprire che oggi, qualcuno, lassù, doveva avercela proprio con me. Il frigo era completamente vuoto: ero solita comprare ciò che mi serviva giornalmente o al massimo ogni due giorni, vivendo sola cercavo così di limitare al massimo gli sprechi. Questo prima che l'unico supermercato nel raggio di chilometri decidesse di assumere Christian. Avrei potuto comprare un panino o qualcos'altro in un bar mi dissi ma, come ripeto, qualcuno si era impegnato a rendermi la vita un inferno perché appena tornai trovai il gatto ad aspettarmi affamato. Dannate scatolette. Romeo cominciò a miagolare come al solito mentre io mi rendevo conto che il vero problema era lui: per colpa di quel pulcioso avevo incontrato Christian e, sempre per colpa sua avrei dovuto rivederlo. Le opzioni erano dunque due: guidare per più di mezz'ora per trovare un altro supermercato oppure andare lì, all'inferno, sperando di non incontrare il diavolo. La risposta era scontata: non ero una codarda e, di certo non ero io quella che doveva strisciare per l'umiliazione. Lui si era comportato come un vero folle e avrebbe fatto meglio a girarmi a largo. 
"Perfetto" mormorai tra me sorpassando le porte scorrevoli del negozio notando che era gremito. Sembrava non fossi l'unica senza cibo. Poco male: questo mi assicurava almeno tre o quattro casse aperte così, avrei potuto benissimo evitare Christian; non avevo fatto nemmeno in tempo a notare se lui fosse lì convinta, che se lo avessi cercato con lo sguardo, mi avrebbe sicuramente sorpresa a fissarlo. 
"Meno tempo passo qui dentro meglio è!" Mi dissi riscuotendomi e andando diretta a prendere ciò che mi serviva: avrei fatto una grande spesa per la prima volta dopo anni: in questo modo non mi sarei dovuta ripresentare per la prossima settimana. 
Il carrello era pieno e potei ritenermi soddisfatta. Feci due volte avanti e indietro vicino alle casse cercando il mio obbiettivo. Neanche a farci apposta lui era lì, nell'ultima cassa a sinistra. Appena lo vidi corsi subito a destra cercando di arrivare velocemente dall'altra parte del negozio per evitarlo. Mentre mi muovevo veloce e frenetica lanciai un' occhiata furtiva dietro di me per assicurarmi che lui fosse ancora impegnato. Non avevo certo considerato chi distrarmi per un secondo mi avrebbe fatto andare a sbattere sonoramente col carrello contro quello di un altro cliente che ora mi guardava indignato. Mi ero fatta male e molto, mente mi prendevo in mano il polso dolorante per il contraccolpo.
-Signorina!- mi disse il signore coinvolto nell'incidente con un tono fin troppo alto -cosa crede di fare?- continuò. Io lo guardai senza parole dispiaciuta, rivolsi lo sguardo attorno a me e parecchie persone si erano girate incuriosite. Con buona pace della mia intenzione di passare inosservata. 
-Scusi!- dissi riprendendomi -Scusi davvero, avevo la testa da un'altra parte- cercai di suonare più convincente. 
-Questo lo vedo- mi disse il tizio stizzito girandosi. Io mi volsi imbarazzata, facendo un sorriso tirato e ben presto tutti tornarono a farsi i fatti loro. Avevo rimandato questo momento da quando era successo il tutto, sperando che nella sua totale pigrizia a lavoro lui non si sarebbe girato, fin troppo annoiato per notare un simile trambusto. Lo sperai, ma quando mi volsi nella sua direzione lo vidi in piedi che mi fissava con uno sguardo stranito e divertito allo stesso tempo. Distolsi subito lo sguardo tornando a fare la fila alla cassa che avevo finalmente raggiunto: la sera prima ero stata piuttosto incisiva sul fatto che non volessi più avere a che fare con lui ma, non potei evitare di scoccare un'occhiata in sua direzione una seconda volta e, vendendolo impegnato con una cliente tirai un sospiro di sollievo. Quando fu il mio turno posai diligentemente la spesa sulla fascia nera scorrevole.
-Buongiorno- mi disse la cassiera che avevo davanti. 
-Buongiorno- bofonchiai sulle spine. Avrebbe fatto meglio a muoversi: non intendevo rimanere lì ancora a lungo. Mi spostavo da un piede all'altro battendo uno e l'altro ritmicamente a terra. Lei mi guardò male così capii che mantenere quell'atteggiamento mi avrebbe fatto passare per una ladra che non vedeva l'ora di abbandonare il "luogo del delitto". Finalmente la vidi passare gli ultimi articoli, peccato che non bastò. Mi accorsi della sua presenza ancor prima che ne sentissi la voce. 
-Christian- disse meravigliata la cassiera -ti serve qualcosa?- gli chiese facendo la smorfiosa, lasciando perdere la mia spesa per dedicarsi completamente ad osservarlo. Io, nel frattempo, mi ero irrigidita, rimanendo immobile e sperando di esser diventata improvvisamente invisibile. Senza degnare la collega di una risposta lui si rivolse a me: 
-Non puoi proprio fare a meno di attirare l'attenzione- mi disse avvicinandosi. Io non mi votai, decisa più che mai ad ignorarlo. 
-Andiamo Sofia!- mi fece esasperato -ti ho già detto che mi dispiace, sono venuto in pace!- mi disse.
-Non hai da fare?- gli chiese mandando al diavolo il mio proposito, girandomi di scatto ritrovandomelo pericolosamente vicino -Non ho nessuna intenzione di essere la causa del tuo licenziamento- continuai. 
-Ti preoccupi per la tua coscienza?-
-Si- dissi veloce -dovresti farlo anche tu!-
Ci fissammo per quella che sembrò un'eternità finché la cassiera tossicchiando richiamò la mia attenzione. 
-Sono 77.14- mi disse piano. Mi affrettai a porgerle il denaro spostandomi per mettere tutta la spesa in dei sacchetti. Christian mi seguì in silenzio; voltandomi lo guardai con un'espressione da "Seriamente?".
-Ok. Cosa potrei fare per pulire la mia coscienza?- mi chiese.
-Potresti iniziare aiutandomi- gli dissi indicandogli la pila di alimenti che dovevo ancora metter via. Sperai che almeno col suo aiuto sarei potuta andar via prima ma era furbo anche lui così si limitò a scuotere la testa.
-Non sono uno stupido- mi disse -e ho capito! Ho sbagliato ad ingannarti e ti ho già detto il perché. Ma mi sembri una tipa apposto e sono nuovo in questo paese.- mi confessò.
-Non capisco dove vuoi arrivare- gli dissi mettendo rabbiosamente nel sacchetto una confezione di pasta. 
-Ti propongo una tregua e la mia amicizia- mi disse come se mi stesse facendo un favore. Mi limitai a guardarlo stranita.
-Ci stai?- mi chiese porgendomi la mano che io rifiutai.
-Stai cercando di costruire un rapporto di amicizia sulla menzogna e sul divertimento di umiliarmi- gli ricordai. 
-Tecnicamente non direi: non ci sono menzogne tra noi, hai già scoperto tutto, ciò fa di me un ragazzo sincero e per quanto riguarda le tue onnipresenti convinzioni che io passi la mia vita a macchinare umiliazioni per te...beh ti sbagli.- mi disse spiegandomi il suo punto di vista. 
-Forse non ricordi il giorno in cui ci siamo conosciuti- gli dissi piccata. Lui mi sorrise enigmatico.
-Siamo già alla fase dei vecchi amici: sai quando si riuniscono parlando di quando si sono conosciuti e merdate simili?- mi chiese sarcastico. 
-Sei un idiota-
-Cosa vuoi Sofia?- mi chiese con una voce più profonda. "Mantieni la calma Sofia, non colpirlo: mancano solo le fragole e le scatolette per Romeo da metter via e poi te ne andrai" mi dissi. 
Non avevo risposto alla sua domanda così lo sentì borbottare un "Al divaolo" e lo vidi sporsi per prendere una scatoletta. Ero convinta che volesse aiutarmi a metterla via, ma lo vidi prenderla tra le mani studiarla per pochi secondi ed aprila. La mia faccia si era trasfigurata in una maschera di sorpresa, avevo la bocca aperta e non osavo credere che avrebbe fatto quello che pensavo. 
-Mmmh- lo sentì mugugnare di piacere fin troppo forte -quanto è buona!- disse decisamente ad alta voce; capii che stava cercando di attirare l'attenzione dei clienti vicini a noi.
-Smettila- gli sibilai. Lui mi guardò per un istante per poi continuare annusando a pieni polmoni quella roba rivoltante.
-Christian!- continuai più severa -non ho intenzione di vederti portato via per un TSO*- lui sorrise velocemente:
-Davvero- disse platealmente prima di immergere due dita nella scatoletta e ricavarne un abbondante pezzo di..."roba". -Buonissima- concluse ingerendo quello schifo. Molti fecero un suono di disgusto distogliendo lo sguardo. Io lo fissavo inebetita. Non potevo crederci, eppure era vero: lo vedevo deglutire a fatica e pensai che avrei vomitato io al posto suo. 
-Signorina potrebbe spostare la sua roba- mi chiese la cassiera. Lui era ancora immobile accanto a me con gli occhi socchiusi e il respiro pesante. Mi affrettai a portare via i miei sacchetti adagiandoli da una parte. Christian era ancora lì, immobile, ad intralciare gli altri così, decisi di prenderlo per un braccio e trascinarlo in disparte.
-Sei completamente scemo- gli dissi -Stai bene?- continuai vedendolo ancora immobile.
-Christian!- lo richiamai preoccupata -avere la tua morte sulla coscienza sarebbe davvero troppo, rispondimi!- lo sgridai. Sembrò riprendersi, si abbassò un attimo mettendo le mani sulle ginocchia poi si rialzò di scatto scuotendo la testa.
-Scusa...-mi disse -stavo cercando di non vomitare- confessò serio. 
-Che schifo!- gli dissi senza pensare -Perché diavolo lo hai fatto?- 
-Ora siamo pari- mi spiegò. Non potevo credere che avesse fatto tutti ciò solo per farsi perdonare. Mi misi a ridere, tanto e di gusto. Avevo le lacrime agli occhi.
-Non era questa la reazione che mi aspettavo- disse lui colto di sorpresa. 
-Siamo pari?- mi chiese. Aveva uno sguardo sincero e per la prima volta dopo tanto ero riuscita a piangere dalle risate grazie a lui quindi perché no...
-Siamo pari!- affermai tra le risate. Lo vidi distendere l'espressione corrucciata che aveva avuto per la maggior parte del tempo. 
-Sei folle- lo derisi ancora. Lui mi guardò attendo mentre continuavo a sorridere.
-Ho paura a chiedertelo ma...potremmo avere una sana relazione di amicizia?- mi chiese come un bambino all'asilo. 
-Hai 4 anni?- gli chiesi io, lui non capì a cosa mi riferissi così gli spiegai: 
-Da quando in qua l'amicizia si chiede?- gli dissi -L'amicizia si guadagna- gli ricordai.
Lui sembrò colto di sorpresa e un po' dispiaciuto. Era strano per me ma, vederlo di cattivo umore mi dava fastidio. Seppi già da subito che la nostra non sarebbe stata un'amicizia come le altre. Ma senza pensare gli dissi: -Con la tua mossa di oggi, ti sei già guadagnato la nomea di "nuovo quasi amico"- gli dissi mentre prendevo due due buste, lui prese le altre e mi seguì fino alla macchina. 
-Credo di potermi accontentare- mi disse dopo un po'. 
-Devi ritenerti fortunato anche solo che ti abbia perdonato- gli dissi girandomi a guardarlo.
-Bene quasi nuova amica, ci vediamo in giro- mi disse lui.
-Già...-gli feci io, a mo' di saluto. 
-Rubi le battute?- mi chiese lui sarcastico.
-Si, mi dispiace...- gli disse scherzando.
-Beh, posso concedertelo: gli amici dividono le cose- 
-Mi devi una scatoletta- gli dissi ricordandogli che me ne aveva praticamente rubata una.
-Vuoi proprio che ti vomiti addosso- 
-No. Che schifo. Sappi solo che me ne devi una e che verrò a riprendermela- lo minacciai.
-Non vedo l'ora- disse lui sorridendomi e lasciandomi lì impalata.
   

Angolo autrice: Ringrazio sempre le persone che hanno messo tra i preferiti, seguite e che hanno recensito. 
Spero che la nuova direzione che ha preso il rapporto tra Sofia e Christian vi piaccia. Fatemi sapere che ne pensate :)
Al prossimo aggiornamento . Con affetto, F.

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