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di _Marika98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I'm getting married ***
Capitolo 2: *** The Moment ***
Capitolo 3: *** He's back ***



Capitolo 1
*** I'm getting married ***


1. I'm getting married

 

Jenny non aveva mai pensato al giorno in cui si sarebbe sposata: lo vedeva come un evento così distante, lontano molti anni dalla sua realtà, pieno di promesse e buoni propositi per il futuro facili da giurare davanti a Dio e difficili da mantenere tutti i giorni.

Ora però quel giorno così tanto distante non le sembrava affatto lontano chissà quanti anni, mesi o giorni, ma esattamente due ore e quarantacinque minuti.

La sveglia segnava le otto e trenta.

Si sarebbe dovuta presentare in chiesa un po' prima per sistemare ancora alcuni preparativi con Dee, ma qualcosa dentro lei la faceva rimanere immobile dinnanzi allo specchio di camera sua.

Guardava la sua immagine riflessa nello specchio e tutto le sembrava un sogno: il bianco quasi accecante del suo lungo vestito con i bordi di pizzo le conferiva un'aria nobile, e i capelli raccolti in un piuttosto elaborato chignon la facevano sembrare più giovane di qualche anno. Il tessuto di cui era rivestito internamente l'abito le dava un leggero prurito ai fianchi, ma poteva sopportare di tutto dopo quello a cui aveva dovuto rinunciare per pagarlo.

Il suo viso era pallido e asciutto nonostante il trucco che prima Audrey le aveva messo con tanta cura, e gli orecchini brillanti cominciavano a darle fastidio ai lobi delle orecchie: pensò di toglierli, ma poi si ricordò che le erano stati regalati da Tom per il suo diciannovesimo compleanno e decise di sopportare anche quel piccolo inconveniente.

Non era mai stata una ragazza vanitosa e aveva sempre detestato stare davanti allo specchio così a lungo, ma in quel momento non riusciva proprio a distogliere lo sguardo dalla sua immagine, quel vestito le stava magnificamente, e Tom lo avrebbe adorato, pensò tra se e sé.

Nella mente presero forma le sue possibili reazioni a quando l'avrebbe vista percorrere la navata rossa della chiesa, con il bel vestito bianco e il buché di fiori in mano, a come sarebbe stata la sua espressione al suo 'Lo voglio', a quando le avrebbe messo l'anello al dito, poi pensò al suono delle campane e al riso, agli auguri dei parenti, le foto, gli abbracci e il pranzo dopo la cerimonia.

La perfezione, in tutto il suo splendore.

Tutto tutto stava funzionando al meglio, nessun problema, pensò Jenny, avrebbe potuto rovinare quel giorno, il loro giorno.

Avrebbe sposato Tom e poi avrebbero trascorso la luna di miele in Italia, a Firenze, come avevano stabilito qualche mese prima dopo una lunga discussione.

Non si sentiva così bella ed emozionata dal ballo dell'ultimo anno, dopo la terribile avventura nella casa di carta e con... Julian.

Oh, Julian. Si era ripromessa più volte di non pensare a quel ragazzo nel momento in cui chiudeva gli occhi per dormire, ma la sua immagine talmente bella e affascinante da sembrare eterea, i suoi capelli argentei sotto la luna e gli occhi come laghi invernali impossibili continuavano a presentarlesi davanti ogni volta che vedeva il buio, o quando nella sua dormiveglia raggiungeva quel luogo tra il sogno e la realtà, riusciva a scorgerlo tra le ombre nell'oscurità e a sentire la sua presenza, forte e temibile, anche se poi una volta cosciente dimenticava tutto. Più notti in passato si era accorta di essere osservata, se da lui o da altri Uomini Ombra, questo non poteva saperlo, ma dall'ultima volta, quella sensazione opprimente era sparita, proprio grazie a lui.

Nonostante la sua natura malvagia, Julian amava Jenny, e questo la rendeva in qualche modo triste, rincuorata, perché sapeva che, nonostante il terrore e il dolore che le aveva fatto passare, alla fine era stato sincero, buono con lei e con i suoi amici, si era sacrificato per loro, liberandoli dagli altri Uomini Ombra. Il gesto più altruistico che qualcuno potesse mai fare per lei.

Inoltre Julian era sempre stato innamorato di lei, avrebbe solamente voluto farla sua, occupare il posto di Tom nella sua vita, renderla felice, ma avrebbe dovuto fare tutto questo nelle ombre, il Mondo delle Ombre, il suo mondo. E questo a Jenny non andava. Non avrebbe lasciato la sua vita, la sua famiglia, i suoi amici, Audrey, Dee, Summer, Zach, Micheal e...Tom, non avrebbe mai potuto, perché loro erano tutto per lei... anche se una parte di lei, quella più nascosta e invisibile agli occhi altrui, non avrebbe esitato un' attimo a lasciarsi alle spalle tutta quella assillante monotonia e fastidiosa routine.

Quando però Julian morì, una parte di lei restò con lui. E mai e poi mai avrebbe potuto dimenticarlo, non dopo averlo conosciuto fino a quel punto: il suo lato malvagio, quello degli Uomini Ombra, ovvero la forza, violenta e distruttiva, il gusto sadico e malato di raggiungere i suoi scopi, i suoi modi terrificanti e spiazzanti di comportarsi, la crudeltà, l'odio. Ma Jenny sapeva che le apparenze ingannano e quel Julian dall'animo tanto duro e impenetrabile, in realtà era molto più dolce e sensibile di quel voleva far credere. Lo pensava da tanto, e voleva crederci.

Si portò una mano alla bocca per coprire un piccolo sbadiglio, promemoria di quanto avesse dormito poco quella notte: qualche misera ora di sonno di solito non le bastava per stare in piedi tutto il giorno, ma decisamente non si sarebbe messa a dormire, doveva sposarsi e quello era ciò che importava davvero. Chiuse per un attimo gli occhi e quando li riaprì la usa attenzione cadde sul mazzo di rose che Tom le aveva portato il giorno prima: quei petali rossi e il delizioso profumo di freschezza e vita le fecero comparire un sorriso non del tutto naturale sul volto già tirato. Allora, solo allora si ricordò del dono di Julian, la rosa bianca, quella così perfetta e di un bianco luminoso da sembrare finta, quella che aveva rifiutato, gettandola via, così, come fosse un fiore qualsiasi... perché l'aveva fatto? Non si poteva fare un paragone tra le rose normali e quella, perché nulla eguagliava la sua rifinitura nei minimi dettagli e il suo forte profumo. Oh, quella piccola distrazione l'aveva scossa abbastanza da farla riflettere se quello che stava per fare, sposarsi e costruirsi un nuovo futuro. Ma le girava la testa ed era confusa. Ora più che mai. Stava per sposarsi e pensava a un' altro, si sentiva una traditrice, ma il suo cuore e la sua mente non erano chiaramente sintonizzati sullo stesso canale: la sua testa pensava a Tom, il ragazzo dei suoi sogni, quello dai capelli sempre scompigliati e semplice e buono come pochi, mentre il cuore le faceva desiderare qualcosa di impossibile, qualcosa di ormai scomparso e troppo lontano da lei.

Quel giorno si sarebbe sposata, con Tom. Non Julian.

Doveva seriamente smetterla di pensarlo, soprattutto in quel m0mento.

La sveglia sul comodino segnava le nove e quarantuno. Distolse velocemente lo sguardo dallo specchio, come se si fosse svegliata da un sogno ad occhi aperti e si diresse verso la porta. Ma poi qualcosa attirò la sua attenzione, un piccolo oggetto luccicante sul cuscino del letto. Jenny si avvicinò cauta e spalancò leggermente gli occhi dallo stupore quando lo mise a fuoco. Il suo cuore batteva forte e si sentiva avvampare: era l'anello che Julian le aveva regalato.

Oh non è possibile.

Ora prendeva nuovamente forma nella sua immaginazione quel ragazzo. Si ricordò di quando l'aveva visto la prima volta nel negozio di giochi, quando l'aveva ingannato, rinchiudendolo nel ripostiglio, quando danzava con lei, come in una favola, quando l'aveva salvata nella grotta, con la paura di non poterla rivedere mai più, quando gli strinse le mani fredde per la prima volta, vedendolo lentamente dissolversi tra le sue braccia.

Subito le sovvennero alla mente le sue parole, quelle del giuramento, oh, non aveva dimenticato nemmeno quelle, nonostante fossero passati sette lunghi anni, pensò con un brivido di nostalgia:

Questo anello, simbolo del mio giuramento

Mi legherà alle parole che pronuncio:

Tutto il resto rifiuto e scelgo te.

 

-Oh, Julian...

Se solo le cose fossero andate diversamente, se solo ti avessi conosciuto prima di Tom, se non mi avessi fatto passare tutti quegli incubi terribili, se solo...fossi qui. -

 

Ormai le vampate di calore si erano trasformate in veri brividi di paura incontenibile.

Tremava dal freddo e un urlo le morì in gola.

Non capiva, era tutto così irreale: l'anello d'oro che Julian le aveva donato sette anni prima era magicamente apparso davanti a lei proprio nel giorno del suo matrimonio...?

Voleva scappare, era sull'orlo di una crisi. I nervi non tenevano più il peso del corpo e la ragazza si dovette sedere per riprendere fiato, altrimenti sarebbe crollata a terra dallo sconforto...sembrava fatto apposta, un brutto scherzo.

Si girava quel cerchietto d'oro tra le dita da minuti ormai e non riusciva a smettere di rileggere la frase al suo interno: Tutto il resto rifiuto e scelgo te.

Ne osservava il carattere, la grandezza con qui venne inciso, la grazia, la precisione.

La sua mente ormai vagava nel passato: improvvisamente sembrò dimenticarsi di ogni evento accaduto in quegli ultimi anni con Tom e rammentò invece la perfetta sequenza dei discorsi spiegativi di Julian in quel giorno lontano sette anni addietro:

 

Un anello del diciassettesimo secolo, usato come pegno d'amore dagli amanti”.

 

Con un'iscrizione all'interno. Significa che rifiuti tutto ciò che è nel mondo tranne colui che ti da l'anello. Le parole ti toccano la pelle e ti vincolano col loro potere”.

 

La promessa non potrà essere sciolta, il legame non potrà essere modificato. È una cerimonia breve. Vuoi farlo?”

 

L'aveva fatto. Aveva giurato con l'anello al dito. Era promessa a lui per sempre.

Ma era tutto un imbroglio, un' inganno: aveva promesso solo perché doveva salvare i suoi amici da lui e dal suo gioco malato. Poi l'aveva rinchiuso nel ripostiglio ed era riuscita a scappare con gli altri. Era stata un'infame, scorretta, si disse, accennando una smorfia di dolore.

Un tuffo al cuore le fece finalmente scendere le lacrime che si rifiutava di far lasciare i suoi occhi. Piangeva, ora. Se per nostalgia, amore, odio o confusione, non lo sapeva. Piangeva e basta.

 

Luce.

 

Un lampo di lucidità attraversò il suo cervello, così si alzò con uno scatto improvviso dal letto con l'anello ancora in mano, lo strinse forte e, con rammarico e rabbia lo gettò fuori dalla finestra, con la stessa terribile sensazione di rifiuto che aveva provato quando aveva lasciato cadere la rosa bianca di Julian.

Fu semplice.

Ora la razionalità aveva preso il posto dell'amarezza di quei dolci ricordi e adesso che se ne era liberata, si poteva tranquillamente asciugare le guance e dopo aver ritoccato il trucco sbavato si diresse alla chiesa. Da Tom.

Nota autrice:

Salve a tutti, questa è la prima storia che pubblico, all'inizio non volevo pubblicarla, ma poi ho pensato che qualche parere o critica mi sarebbe stata utile ;) così eccola qua, in tre capitoli. Grazie a chiunque abbia voglia di recensire o aggiungerla ai preferiti!!

Baci M.

 

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Capitolo 2
*** The Moment ***


2. The moment

 

Mentre percorreva la lunga navata sentiva gli sguardi curiosi e poi meravigliati delle persone sedute introno a lei: la mamma, il suo fratellino Joey, Audrey, Dee, Summer, Zach, Micheal e i suoi zii nelle prime file, mentre gli amici di famiglia e i nonni nei posti più in fondo. Tutti quegli occhi puntati addosso la facevano sentire come una modella in una sfilata di moda, dove naturalmente lei era la più bella.

Tutti avevano sicuramente notato anche l'uomo elegante che teneva stretto il braccio della giovane sotto il suo, come se la volesse sostenere: smoking rigorosamente nero, scarpe perfettamente abbinate all'abito, il viso sorridente che sicuramente celava preoccupazione e una lontana tristezza egoistica, quale padre che era. Ma era anche orgoglioso, fiero, di quello che stava accadendo, anche se poco prima si rifiutava di credere ed accettare l'idea del matrimonio. Pensava alla sua bambina, la piccola e indifesa che rideva a crepapelle quando lui fingeva di sbattere contro le porte, o quando insieme costruivano i famosi 'castelli di sabbia' sulla spiaggia, considerati da loro un'autentica opera d'arte, da fare ammirare alla mamma e ai passanti.

Se sua figlia in quell'attimo preciso non l'avesse guardato con occhi pieni di amore e riconoscenza, probabilmente suo padre avrebbe pianto, perché anche se desiderava il suo bene e la sua felicità, aveva il desiderio folle di fermare il tempo e tornare indietro per potersi godere ancora la sua infanzia, ormai persa. Quindi le sorrise e continuò nella marcia.

La chiesa si presentava un luogo illuminato, dava l'idea di un posto molto simile al paradiso da come era decorata: le ampie vetrate colorate poste su ogni lato dell'edificio facevano filtrare la luce esterna vestendola di colori allegri e vivaci; gli oggetti decorativi sembravano di cristallo, pronto a rompersi con un semplice soffio, mentre i fiori erano semplici, ma profumati e bianchi. Ora che ci pensava era quasi tutto bianco, lì dentro. Mancavano solo più due colombe, pensò.

Abbassò lo sguardo e vide un Tom completamente innamorato: la guardava estasiato, quasi come se fosse un povero naufrago che sta avendo una visione mistica. Jenny non poté fare a meno di sorridergli ed arrossire all'istante.

Quanto era bello, pensò la ragazza dai capelli color ambra liquida. -Come ho fatto prima anche solo per pochi minuti a dimenticarmi completamente di lui?- Mai prima d'ora era successo e questo preoccupava non poco la sposa. Probabilmente non stava bene.

Si, sicuramente.

Era fatta, tra pochi minuti, forse secondi, avrebbe sposato quel ragazzo dall'aspetto così calmo e rilassato, così fiero e semplice. Ed era felice di vederlo sorriderle, era tutto così semplice, giusto.

Il prurito ai fianchi intanto aveva ricominciato a darle il tormento, insieme al pizzicorio degli orecchini. Se non ci fossero state tutte quelle persone intorno si sarebbe tolta volentieri quel vestito mediocre e quegli odiosi orecchini. Oh Dio, ma cosa le saltava in mente? Mediocre vestito e orecchini odiosi? Certo che no, diamine...lei amava sia l'abito che gli orecchini, anche se dovette ammettere a malincuore che ne avrebbe fatto volentieri a meno, perché per lei quello che contava non era molto la forma, ma il gesto, il volere fare un passo così importante con Tom, però desiderava anche essere bella e all'altezza di lui, della situazione, quindi scacciò la 'malsana' idea e proseguì.

L'ultimo passo verso l'altare e avvertì una sensazione strana allo stomaco, come una morsa che le impediva di respirare normalmente...nausea, forse, pensò lei; poi arrivarono leggeri capogiri e un brivido che la rese propensa a coprirsi con le braccia. Decise dunque di concentrarsi sulle immagini che la circondavano, i volti dei parenti, amici, l'odore dei fiori, i suoni prodotti dall'organo e ogni cosa che evitasse il fatto di pensare alla nausea e a quei piccoli disturbi.

Sentiva lontanamente il 'pubblico' che parlottava silenziosamente alle sue spalle, ma c'era qualcosa di inquietante tra tutte quelle voci leggere... un flebile, ma potente timbro di voce che sovrastava gli altri, e sembrava molto, molto familiare.

Poi alla ragazza sembrò arrivarle all'orecchio una parola che si distingueva nettamente dalle altre, era corta, sembrava una sorta di lamento, una negazione … no”.

 

Subito Jenny non ci fece caso per constatare che il suo battito aumentava sempre di più senza un motivo preciso. Forse era solo l'agitazione del momento, le sarebbe passata subito. Insomma, qualunque donna sull'altare avverte quel genere sensazioni, la nausea, i capogiri e diversi tremori in tutto il corpo. Tutto normale...o no?

La ragazza sorrise e respirò l'aria bianca della chiesa, incurante del suo stato.

Ora era davanti a lui, con gli occhi colmi di gioia, entrambi si guardavano.

Poi, inconsapevolmente ogni ricordo di loro insieme come per magia affiorò nella mente di entrambi:

Tom e Jenny. Tutti i loro amici e parenti li avevano sempre considerati come una sola cosa, Tom e Jenny, Jenny e Tom.

Si conoscevano da sempre, erano inseparabili: bambini che giocavano insieme nel piccolo giardinetto sotto lo sguardo attento della maestra, piccioncini innamorati che scappavano di nascosto di casa per stare insieme una notte...e adesso, uomo e donna che si sposano davanti a Dio.

Passa in fretta il tempo. E non c'è cosa migliore che passarlo con la persona che si ama. Era diventata così poetica, si disse.

Quando il prete ruppe il silenzio, Jenny sobbalzò, ma nessuno sembrò accorgersene.

“...vuoi tu, Tom Locke, prendere come sposa, la qui presente, Jenny Thornton?”

Lo sposo non esitò a rispondere:

“Lo voglio”.

Oh, la voce di Tommy era così dolce e ferma. Ma Jenny poteva leggere chiaramente sul suo sguardo che non era per niente calmo, dentro. Anzi, era palesemente un fascio di nervi contratto pronto a esplodere da un momento all'altro, come se le mille prove dei giorni precedenti gli fossero passate di mente e non si ricordasse più cosa dovesse dire e in che momento. Ma sembrava comunque spontaneo e naturale, come sempre, pensò Jenny.

Fino a quel preciso istante le cose non sarebbero potute andare meglio, e la ragazza fu felice di questo pensiero.

 

Ma poi la colse di nuovo quella sensazione, diversa da prima, più intensa e fastidiosa.

I capogiri aumentarono e sentì come se la terra, il mondo, l'universo e tutte le stelle ruotassero intorno a lei, e lei, come una bambina su un girello, rimaneva immobile a guardare lo spettacolo in moto.

Aveva bisogno d'aria. Subito.

Come se non fosse abbastanza frustrante tutto ciò, la forte nausea e il freddo pungente che avvolse il suo corpo le fecero venire voglia di sedersi, sdraiarsi, chiudere le palpebre e cadere in un sonno profondo, molto profondo...

Ma non cedette a quegli innocui dettagli, doveva sposarsi lei, non andare dal dottore, però dovette constatare che la vista le si stava appannando e non sentiva quasi più le gambe.

-Che mi sta succedendo?!-

Cercò di stare in piedi ancora qualche secondo, ma nonostante la sua resistenza fisica non ci riuscì per molto.

Prima di lasciarsi andare udì frammenti di parole che sembravano importanti in quel momento, ma stranamente non riuscì a capirne il significato:

“E tu, Jen...Thornton... prendere... come tuo legittimo.... il qui presente Tom Lo...”

 

NO!”

Di nuovo quel suono deciso giunse alle sue orecchie, ma questa volta come un'imprecazione, un ruggito animale, un rabbioso gemito, qualcosa di... inumano.

Come in un sogno sentì una mano che la cercò di afferrare, ma inutilmente: stava per crollare, era stanca, l'aria le mancava e le gambe non riuscivano più a tenerla su.

 

Poi ci fu il Buio. Buio totale.

Le tenebre l'avevano sommersa. Era caduta.

 

Avvertì una sensazione di sollievo solo quando finalmente il suo corpo toccò la superficie liscia del pavimento: tutto smise di muoversi e la nausea sparì all'istante, così come era venuta, insieme alle vertigini e al freddo pungente. Ancora più piacevole fu quando Tom le sollevò la testa da terra, con una presa forte, ma delicata, confortante ma...fredda.

Poi un profumo nuovo mai sentito le pervase le narici, sembrava colonia, anzi, pino, no, forse fiori di Calipso, qualunque cosa fosse non era sicuramente facile da trovare. A Jenny pareva addirittura essere di un altro pianeta: un odore così, così...afrodisiaco, non poteva essere terreno.

Possibile che Tom...?

Anche se la ragazza non aveva ancora aperto gli occhi sentiva la presenza di Tom, il suo Tom, ma era diverso, talmente diverso da non sembrare neanche lui. Era confusa e non capiva esattamente come faceva a saperlo, ma lo sapeva, e questo bastò per farla tornare cosciente, o abbastanza lucida da ragionare.

Piano piano aprì gli occhi e invece di trovare gli innocenti occhi nocciola tanto amorevoli e preoccupati del suo ragazzo, vide il blu.

Blu mare tempestoso, blu oceano, blu intenso, profondo, blu vita, blu ghiaccio puro, blu impossibile, blu. Era stupendo. Non sapeva come descriverlo.

L'unica volta nella sua vita che aveva visto un simile colore era stato quando si era alzata nell'istante preciso in cui sorgeva il sole. Poi, tra le tende aveva scorto un'incredibile luminosità che era durata soltanto un secondo prima di confondersi con il solito blu cielo.

Ora era davvero senza fiato, perché senza volerlo aveva realizzato l'irrealizzabile, aveva visto l'impossibile, aveva sentito l'inesistente. Era assurdo e lei lo sapeva, ma lui era li e tutto quello che sentiva era grazie a lui, ai suoi occhi di una tonalità impossibile, al suo odore, che quando lo sentivi entravi in estasi, al suo tocco, leggero come una piuma e potente come un tuono che fa tremare la terra.

Julian. Il suo Julian.

Oh.

Julian! Julian! Julian!

Era tornato da lei e le sedeva di fronte massaggiando la mano con le proprie.

Com'era stato possibile?

Come aveva fatto a tornare? Chi aveva scritto il suo nome sulla tavola? Perché era caduta? Dov'era finita? Perché quando lo guardava si sentiva sempre così speciale?

Troppe domande, nessuna risposta.

Come mai prima d'ora Jenny si sentiva attirata in quel lago invernale che altro non era che lo sguardo del ragazzo. Avrebbe potuto stare a guardarlo per sempre, anche se ciò significava morire, non respirare più, perdere tutto, restare sola. E lei detestava stare sola, come avrebbe odiato perdere tutto. Ma avrebbe rischiato, tutto per stare ancora qualche secondo persa in lui. L'unico posto in cui desiderava perdersi infatti era nei suoi occhi, nel suo profumo, nella sua voce, in tutto di lui, ogni parte del suo corpo.

Julian era il suo angelo. Anche se sapeva benissimo che lui poteva essere qualsiasi cosa tranne che un essere benevolo e venuto dal cielo, anche se rappresentava il pericolo più grande a cui un essere umano come lei andava incontro, anche se sceglierlo significava vivere nel Mondo delle Ombre per sempre, anche se lui era ciò che era, un Uomo Ombra, senza emozioni e sentimenti, senza un'anima, ma perdutamente innamorato di Jenny, la sua Jenny.

“Ciao, Jenny.”

Si era dimenticata quanto la sua voce fosse limpida e cristallina.

 

Una musica aveva riempito la sala. L'orchestra aveva attaccato una nuova melodia, un brano dolce, di un cantante che la ragazza non riusciva a identificare. Un'armonia fuori dal comune, ma bella, che ti entrava nel sangue e ti faceva sentire leggera, sospesa tra la terra e il cielo. Ultraterrena.

Ma adesso che ci pensava, prima non c'era nessuna orchestra...strano.

E loro erano ancora persi l'uno nell'altra, mano nella mano e seduti per terra, sotto l'attenzione del prete, che li osservava indifferente, come fosse stato del tutto normale per lui vederla crollare così.

Doveva smettere di fissarlo, si disse. Ma non poteva.

Notò però che il ragazzo non era invecchiato di un anno dall'ultima volta che l'aveva visto, anzi, sembrava addirittura più giovane...

Solo dopo aver realizzato di essere caduta durante...qualcosa che ancora le sfuggiva e che non riusciva a ricordare, decise immediatamente di distogliere lo sguardo dai suoi occhi, ma lo dovette fare con molta, molta difficoltà e forza di volontà.

Si guardò per la prima volta intorno da quando era svenuta e perse un battito.

Era cambiato tutto.

 

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Capitolo 3
*** He's back ***


3. He's back

 

La chiesa era nera, di un nero indicibile, volgare. Era quel nero che vedi quando chiudi gli occhi e cadi nelle braccia di Morfeo, quello che vuoi scacciare dai tuoi sogni, quello del Mondo delle Ombre. Ne era certa.

Rasentava la blasfemia, ora che ci pensava, era tutto troppo inquietante e tetro, aggettivi che non si addicevano per niente a quel luogo religioso. Ora le colombe sarebbero state del tutto incoerenti e potevano benissimo essere sostituite da croci al contrario o simboli bizzarri.

Sembrava che la notte avesse usurpato il posto del giorno e che l'orologio si fosse ribaltato, era una strana sensazione.

Ogni cosa lì era velata di quel colore scuro, faceva male agli occhi, se la fissavi a lungo.

Ma ancora le sfuggiva il motivo per cui si trovasse lì, non capiva...

Forse stava sognando, un incubo...no. Era vero, era la realtà, anche se non riusciva a crederci.

Il bianco e la luce che prima riempivano completamente la sala erano spariti, insieme agli oggetti di cristallo e le persone intorno a loro.

Un'altra cosa di cui era sicura era che soltanto i capelli del giovane, bianchi come la neve, spiccavano in quelle tenebre, nient'altro.

Ora erano soli, in mezzo al buio. Solo Jenny e Julian.

Poi l'ennesimo punto interrogativo sorse spontaneo: come facevano a vedersi se erano immersi nell'oscurità? Probabilmente neanche lui lo sapeva.

Il prete aveva smesso di guardarli, ma anche in lui c'era qualcosa di diverso: la tunica bianca e candida che prima indossava, ora era logora, sembrava quasi sporca, e sul suo volto, che fino a pochi minuti prima era calmo e pacato, si era formata una smorfia maligna, cattiva.

Ma la ragazza era stanca di farsi domande senza risposta, così cercò di ricordare qualcosa, ma inutilmente.

Poi non resistette più: lo guardò di nuovo, per assicurarsi di aver visto bene e di non aver avuto un'allucinazione o un miraggio: quei lineamenti sottili, da accarezzare giorno e notte, quelle mani fredde da scaldare ogni secondo, quelle labbra da baciare sempre... oh, sì, era proprio lui.

Ecco, ora si ricordò dei vecchi baci, i loro baci, quelli inaspettati ed eterni, così dolci e freddi da perdere il fiato, che quando le labbra si toccavano riusciva a sentire la terra sgretolarsi e il cielo rompersi in mille pezzi di cristallo.

Si sentiva protetta con lui, rispettata, amata, anche se la sensazione di pericolo e rabbia non la lasciavano mai...

Ma a cosa stava pensando? Che stare con lui, il Principe delle Tenebre, l'Erlking, il Cacciatore, l'Uomo Ombra, fosse la soluzione?

Forse stava impazzendo, era prossima a passare la sua vita intera in manicomio, o magari era morta e non se n'era accorta. Sapeva solo che doveva alzarsi, scappare, correre lontano da quel luogo malato, e in fretta anche, prima che lui potesse di nuovo parla...

“Sei bellissima”. Troppo tardi.

“Anche tu non sei male”. Rispose lei, con tono più deciso del solito.

-E con queste parole decisamente troppo inadeguate e infantili, posso sotterrarmi sotto dieci metri di terra. Fine. Potevo dirgli anche un 'ehi, ti sei accorto che siamo al buio e che è praticamente impossibile il fatto che io riesca a vederti?' già che c'ero.-

Così la sposa si alzò, racimolando le poche forse che aveva e il suo abito bian... oh, era diventato nero pure quello, le sembrava giusto, dopo tutto. Si disse, alzando un sopracciglio. Se avesse aperto bocca le sarebbe uscita sicuramente una risatina isterica. Così tacque e scosse la testa in segno di rifiuto.

Solo dopo aver visto il candido abito assumere quel colore orrendo, ricordò: il matrimonio. Oh, dannazione! Era svenuta!

Come aveva potuto rovinare il giorno più bello della sua vita?

Era rabbia quella che provava, e non poca. Ma era tutta rivolta a se stessa.

Una volta tornata in sé lasciò che la sua mano scivolasse via da quella di lui con un movimento inaspettato. Il ragazzo la guardò in cerca di una spiegazione, ma lei non ricadde nell'inganno in cui quegli occhi zaffiro liquido l'attiravano, e disse, con una calma a dir poco preoccupante:

“Julian...io pensavo che fossi morto”

“Bé lo pensavo anch'io, ma ora sono qui, sono tornato Jenny, per te. Non potevo arrendermi all'idea di perderti per sempre”.

Subito la ragazza ammutolì, ma poi venne investita da un turbinare di idee e pensieri che suo malgrado non riuscì a contenere:

“Uh... sono felice di vederti”. Voleva piangere dall'entusiasmo, dalla gioia, ma anche dalla rabbia e dall'orrore, ma le lacrime si erano fossilizzate in fondo agli occhi.

“Anche io, non immagini quanto...”.

Poi le si strinse lo stomaco e presa alla sprovvista da mille immagini e ricordi di lui, gli scappò una verità, l'unica che riusciva a farla ragionare.

“Senti...io dopo quella notte mi sono ripromessa di continuare con la mia vita, andare al college, crescere. Tutto con...”.

Si dovette fermare perché stranamente non ricordava più il nome di quella persona. Ne aveva un ricordo molto vago, ma sapeva che rivestiva un ruolo importante per lei, ma proprio non...oh! Tom! Come aveva potuto di nuovo dimenticarlo così velocemente? Le era bastato vedere Julian, Dio. Ora era davvero avvilita e in pena per se stessa. Quel pensiero devastante sì che l'avrebbe fatta deconcentrare del tutto.

Era pessima, pensò tra se e se, anzi, un mostro. Ma si impose di non dar importanza alle considerazioni personali. Doveva terminare il discorso.

“Tom”.

Nonostante il grande sforzo di memoria di Jenny, la parola che ruppe il silenzio venne pronunciata da Julian, e questo suscitò un altro grande sconforto in lei.

“Sì. Lo so, Jenny. Lui è tutto per te, tu lo ami , l'ho sempre saputo. Ma ora voglio dimostrarti che non è così”

“Cosa vuoi dire?”

“Dammi la mano. Te lo mostro”.

Jenny decise di dargli la mano, tanto, peggio di quello che era successo non poteva più accadere, pensò tra un esitazione e l'altra.

“Ora chiudi gli occhi”.

Lei li chiuse, fidandosi anche se ancora titubante.

Poi un bagliore accecante li riportò alla luce.

 

Luce. La luce vince le tenebre, fa nascere la vita e uccide le ombre.

Luce. La luce risana i cuori afflitti e combatte il male.

Luce. La luce vive dentro tutti, ma muore col buio.

 

Jenny aprì gli occhi.

Ora l'esitazione era sparita, insieme alle tenebre della chiesa. Rimaneva solo la meraviglia che le si parava di fronte. Ed era fantastico.

Il cielo.

Nulla di più. Era una distesa immensa di nuvole di ogni forma e azzurro. Quel colore era intenso come quello degli occhi di Julian.

Non sentiva nulla di concreto che interagiva con lei se non che l'aria fresca che accarezzava i morbidi capelli ormai sciolti e la mano del ragazzo nella sua.

Stavano volando. Volando, non erano fermi o stavano correndo. Loro erano in perfetto equilibrio sospesi nel vuoto.

Era assurdo, impossibile. Eppure Jenny non toccava il suolo e non sentiva nulla sotto di lei.

Le scappò un urlò e si scagliò contro il suo vicino appena avvertì quella meravigliosa sensazione di paura diffondersi in tutto il corpo e inebriare i sensi.

Poi quel profumo paradisiaco invase le sue narici e rimase senza fiato, ferma con la testa nell'incavo tra la spalla e il collo del giovane, mentre una sua mano le accarezzava dolcemente la schiena e l'altra si occupava di esplorare ogni centimetro di quella massa di ambra liquida, i suoi capelli splendenti sotto la luce.

Era un sogno. Lo doveva essere per forza, non era minimamente immaginabile quello che stavano vivendo. Nessuna parola, gesto o immagine avrebbe potuto descriverlo.

Ma era così, e Jenny lo sapeva in cuor suo di stare vivendo un sogno, il più emozionante e bello di tutti.

“Va tutto bene, non ti agitare...”.

Quelle parole la calmarono, come l'effetto della camomilla di sera.

Piano piano la ragazza si scostò da lui, che intanto la stringeva come meglio poteva, e guardò giù. Non l'avesse mai fatto.

Sotto di loro c'era il mondo, letteralmente il mondo, la Terra, si potevano distinguere i prati, laghi, mari e piccoli tratti grigi: gli edifici e le case delle persone.

Ora era davvero scioccata. Non pensava più. La razionalità e l'incredulità erano diventate inutili lassù.

La ragazza non parlava, anche perché non avrebbe saputo cosa dire. Il silenzio le sembrava l'unica reazione possibile a tale spettacolo.

 

“Ti presento il paradiso, Jenny Thornton. Ti piace?”.

Addirittura l'Uomo Ombra sembrava essere impressionato.

“Io...non so...”. Fu tutto ciò che le sfuggì di bocca.

Julian sospirò e dopo tacque, lasciando che trovasse le parole giuste, o magari quelle sbagliate, non gli importava.

“Sai, anche a me fa sempre uno strano effetto venire quassù. Di solito ci venivo per pensare”

“A cosa?”. Volle sapere lei, curiosa più che mai.

“Bé, a te”.

Oh.

“Io penso spesso a te, Jenny, che tu ci voglia credere o no. Farei di tutto per vederti felice. Però non posso sopportare di vederti con nessun' altro che non sia io, capisci? Ma tu sei adulta, ora. E sei anche l 'unica padrona di te stessa, ricordi?”.

Di nuovo silenzio. Ora Julian guardava una delle tante nuvole soffici.

“Ti ho portata qui perché questo posto è come te. Tu sei speciale, Jenny, ma non lo sai”.

Lei non parlò neanche quando finì questo discorso, rimase semplicemente a fissare le sue labbra socchiuse. Allibita.

Poi riprese:

“Dopo essere rinato la prima cosa che ho fatto è stata riflettere. La conclusione è stata terribile, ma così ho deciso. Voglio ancora averti, Jenny, ma non voglio più obbligarti, mettere a repentaglio la tua vita o quella delle persone a cui tieni, perché tu mi hai fatto capire che posso ottenere le cose senza ricorrere alla forza e alla violenza: ho imparato la lezione. Dopotutto sarei un'egoista e per te io voglio il meglio, voglio che tu ti possa alzare la mattina e vedere il sole, non il buio. Voglio, ma non posso. Non posso cambiare ciò che sono...”

Stranamente fu la voce flebile di Jenny a irrompere questa volta, perché sentiva il bisogno di dire francamente come stavano le cose:

“Senti, per quanto io ti sia riconoscente e possa essere felice di vederti, sono cambiate tante cose da quando tu te ne sei andato, io sono cambiata. Julian, pensi che io sia tanto speciale? Pensi davvero che sia rimasta la ragazzina innocente e immatura di sette anni fa? No. Sono diversa, e come hai detto tu, sono una donna ora. Perciò non capisco perché tu abbia voluto portarmi qui, in questo sogno assurdo, a disseppellire un passato che io credevo morto per sempre. Non posso di nuovo vivere quell'orrore, capisci?”.

Si rese conto che il suo debole autocontrollo si stava sgretolando in mille pezzi, ma volle mantenere l'aria di una persona adulta e cosciente, seppur lottando contro le vertigini e il mal di testa.

Julian non sembrò affatto sorpreso di fronte a quelle parole, pareva quasi che se le aspettasse.

“Oh, Jenny, lo so che sei cambiata, ma in te quella fiamma non cesserà mai di esistere. E finché io continuerò a vederla, non credere che ti lasci andare così. E non temere, questa volta l'orrore non centra, ci siamo solo tu ed io. Null'altro”.

Ora Julian la stava guardando negli occhi, serio come mai prima d'ora.

“Io ti amo, e se questo è vero, devo farti scegliere, questa volta per davvero, senza inganni, doppi fini o obblighi: una vita qui, tra il paradiso e l'inferno, tra le ombre e il buio, in posti che tu neanche lontanamente immagini... magari le cascate Iguazu, o se preferisci la città Inca di Machu Picchu, o ancora meglio: la Costa Azzurra. Possiamo andare ovunque tu voglia, nel passato, nel futuro, nel cielo, nel fuoco, nell'aria, essere in mille luoghi contemporaneamente, raggiungere altitudini impressionanti, fino all'Everest, salire oltre la sua cima e toccare le stelle con le dita. O scendere in abissi profondi come l'Inferno, scoprire tesori e creature meravigliose. Assaporare cibi afrodisiaci e goderci l'Aurora boreale. Tutto questo in un pomeriggio o un mattino, decidi tu.

Io posso portarti ovunque, basta che tu me lo chieda e io ti farò volare, Jenny, proprio come ora. Posso farti vedere e toccare l'impossibile. Posso darti tutto ciò che desideri: gioielli, vestiti, case, cuccioli. Niente ci potrà più fermare, saremo uniti”.

Le prese la mano. Nonostante lo shock di quel tocco neppure questa volta riuscì a distogliere lo sguardo dal suo. Cosa che invece fece lui, occupato a infilarle un cerchietto d'oro al dito. Era l'anello che aveva gettato prima del matrimonio?

Sì, era l'anello con l'incisione all'interno, tanto freddo da provocarle ulteriori brividi che si aggiungevano a quelli provocati dall'altezza.

Quando il ragazzo ritornò a guardarla il suo aspetto non era più convinto e sicuro come pochi attimi prima, ma cupo e amareggiato alle parole che lasciarono la sua bocca:

“Oppure, puoi optare per una vita normale là, con quel Tom e i tuoi amici, sulla Terra. Ma poi non potrai più tornare indietro, sappilo. Oh, forza. Ti sto offrendo di vivere come meriti, Jenny, nient'altro.

A te la scelta”.

Jenny stava quasi singhiozzando e la sua voce morbida ed insistente la faceva sentire come se stesse cadendo.

Se prima si riteneva scioccata, ora era scandalizzata, addirittura le sembrava che il suo cuore avesse smesso di battere, ma forse fu proprio grazie a quelle parole che ritrovò la forza di parlare.

Poi socchiuse le palpebre e un respiro corto scappò da lei, ma nonostante la terribile voglia di piangere e abbandonarsi tra le sue braccia, cercò di divagare ed ampiare leggermente il discorso, dato che non capiva cosa provava esattamente in quel momento:

“Julian, è passato molto tempo...e poi ho visto il tuo anello in camera mia e non sapevo cosa stesse succedendo. Ho pensato a te così tante volte, ti ho sognato, ti ho immaginato vivo e vegeto, da ragazzo umano, qui sulla Terra. Anche io ti penso spesso.

Ho immaginato la mia vita con te, qui. Non nel Mondo delle Ombre. Ed ero felice, perché so che puoi cambiare, se solo lo volessi. E anche se ti arrabbi e distruggi, usi la forza per i tuoi scopi e credi che sia giusto, tu resti sempre diverso dagli altri Uomini Ombra. Tu senti, hai un'anima, tu provi emozioni che non vuoi ammettere di avere e la dimostrazione di tutto ciò, ce l'hai davanti, sono io, Julian.

Ma dopo tutto Oggi è il giorno in cui mi sarei dovuta sposare con Tom...”, ora si ricordava bene quel nome, “e ho detto bene, sarei dovuta sposare, perché poi tu me l'hai impedito, non so come ma l'hai fatto. Allora sono svenuta di colpo e quando mi sono svegliata ti ho visto, proprio come quando mi avevi salvata dalla morte, in quella caverna. Ed ora sono qui, in un sogno, probabilmente, sospesa tra le nuvole chissà dove, con te, il ragazzo con gli occhi blu notte del negozio di giochi, lo stesso che ha cercato di rapire e uccidere i miei amici, quello che ci ha dato la caccia, quello sadico e spietato che voleva proteggermi e avermi a tutti i costi, quello che odiavo con tutta me stessa e che ho ingannato. L'Uomo Ombra che ho visto morire tra le mie braccia dopo averci salvato da quei mostri, il ragazzo che ora mi sta proponendo di passare la vita, o forse chissà, l'eternità con lui. Tu, Julian, bello e misterioso, attraente e forte, delicato e freddo, come un' angelo o...un diavolo”.

Quando terminò la frase non aveva ancora finito di esprimere la sua idea, quindi cercò la forza e il coraggio per tramutare ancora qualche pensiero in parola:

“Però mi stai offrendo troppo, io non posso abbandonare così la mia vita e le persone che amo, cerca di capire...”.

L'aria ora aveva smesso di danzare intorno a loro, lasciando il posto al silenzio più totale.

La ragazza era in balia di emozioni del tutto contrastanti: voleva davvero restare con lui, desiderava essere felice, sì, ma sulla Terra, con la sua famiglia e i suoi amici, non in mezzo a esseri senza anima e spaventosi in un mondo oscuro.

“Capisco. Quindi è questa la tua decisione. Bene Jenny, allora...”.

Non fece in tempo a finire la frase che subito la ragazza parlò con un tono del tutto nuovo alle orecchie del giovane:

“No, non credo che tu capisca. Credi che io ami Tom, ebbene sì, lo amo”.

Ora la sposa aveva alzato di uno o due toni la voce: “Ma ho sempre saputo che sotto sotto provavo... qualcosa per te, dico qualcosa perché non sono mai riuscita a spiegarmelo, e questo qualcosa cresceva ogni volta che ti vedevo, nei miei sogni, ricordi, immagini lontane e che forse mai vedrò se scelgo di lasciarti di nuovo.

Ma sapevo anche che tu eri morto, ormai, da molto. E questa triste consapevolezza mi faceva avvicinare a Tom. Lui mi capiva, o almeno ci provava”.

Poi abbassò lo sguardo, si morse il labbro inferiore e strappando una pellicina assaporò con ribrezzo la piccola quantità di sangue sgorgare da questo.

Sentiva il bisogno di dirgli la verità una volta per tutte, e finalmente ci stava riuscendo, ma ancora mancava qualcosa che non avrebbe mai voluto rivelare a nessuno...

Dove avrebbe trovato il coraggio per dirglielo? Come faceva a spiegare quello che sentiva se neanche lei lo sapeva? Dove, come, si continuava a chiedere.

Ma poi lo guardò e perdendosi nel blu più totale tutto le venne spontaneo, quasi naturale. Così moderò la voce come meglio poteva questa volta, mentre una fitta al cuore la fece rabbrividire:

 

Io amo Tom, ma mai quanto possa amare te, Julian”.

 

Il viso del giovane divenne pallido, molto più pallido di come di solito era, e preso alla sprovvista dalle parole, oh, quelle parole (che assimilò e capì con molta, molta lentezza rispetto al solito), si lasciò trasportare dall'istinto e velocemente si avvicinò a lei.

Quello che avvenne dopo fu passione pura. Attrazione pura.

Amore...?

Un bacio, ma non come i precedenti. Delicato, ma per niente casto, deciso e travolgente. Il famoso apostrofo rosa dell'amore, che però più che rosa, colore sdolcinato e quasi patetico, si disse lei, era nero, nero ma molto somigliante al blu, blu come ogni cosa che riusciva a vedere Jenny nonostante tenesse gli occhi chiusi durante quel dolce incontro di labbra e bé, lingue.

Anche per questo però, non esistevano abbastanza aggettivi per dimostrare la sensazione di sollievo e benessere interiore di entrambi...forse lussuria e godimento erano le parole più azzeccate, ma quello superava ogni cosa.

Era convinta di ricordare cosa si provasse nel baciarlo, ma la memoria l'aveva ingannata, un'altra volta.

In cuor suo sapeva di stare sbagliando tutto, continuava a ripetersi che lui era malvagio, che non poteva provare nulla nei suoi confronti, che c'era Tom, c'era sempre stato per lei, sempre; ma d'altro canto anche Julian era stato vicino a lei durante la sua vita, proteggendola, osservandola, nell'ombra però.

Il suo corpo non la ascoltava più. Le sue mani si imbatterono nei capelli di lui e non resisteva all'impulso di premere il bacino al suo.

Ed era forse un lieve tepore, quello che stava avvertendo sulle labbra?

Dio, le sue labbra sono calde. Tiepide e morbide.

L'uomo Ombra capace di emanare calore? Oh, certo che no!

Però era strano, più che strano: per quanto Jenny si potesse ricordare, mai aveva sentito un tale tepore provenire dal suo corpo.

Forse ha la febbre, volle pensare lei, o sta male. Sì, magari è così, anche quelli della sua specie si ammalano, chissà...Poi ricordò quello che le aveva detto poco prima, e uno degli insegnamenti di Aba degli anni precedenti:

 

'...e l'amore fa miracoli, perché anche la fredda oscurità a contatto con l'amore cambia, così come è successo alle terre notturne di Uruguay quando il sole è sorto per la prima volta e ha portato la vita, scacciando ogni forma malvagia per sempre'.

Improvvisamente capì. Era stata lei, Jenny Thornton a provocargli quel 'sintomo' inspiegabile, perciò ora era certa che sarebbe potuto cambiare molto più di quel che pensasse.

Grazie Aba, si disse pensando a lei.

Una volta aver finito di crogiolarsi nei ricordi si concentrò pienamente in quella folle fusione di labbra e capì, capì che tutto quello che aveva sempre cercato e desiderato era proprio lì, davanti a lei, lo stava toccando, sentendo, era reale...e bellissimo.

Quel bacio sarebbe potuto durare in eterno, ed entrambi volevano restare in quella posizione per sempre, beandosi delle loro sensazioni a vicenda.

Era serena ora, perché quella sensazione opprimente che le dava il tormento da anni era evaporata, dissolta tra le nuvole, forse per sempre, sperava.

Intanto la luce che il sole irradiava dietro di loro contornava perfettamente le figure slanciate libranti nel cielo limpido, mentre un leggero vento caldo percuoteva tutti i loro sensi svegli e vivi come mai prima d'ora.

Sia che per Jenny e per Julian, non importava più di nulla ormai, perché entrambi sapevano che sarebbero stati insieme, in Paradiso, all'Inferno, sulla Terra, nel Mondo delle Ombre o in qualsiasi luogo, a loro stava bene.

Quel bacio aveva cambiato i mondi di entrambi. Ora Jenny aveva deciso, e mai prima d'ora era stata più sicura di come lo era in quel momento.

 

È fantastico. Se questo è un sogno, non voglio più svegliarmi, pensò, quando aprì le palpebre e si concesse completamente al corpo caldo e forte del giovane.

 

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