Piccola Dark

di Gilaui
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Silenzio ***
Capitolo 2: *** Buio ***



Capitolo 1
*** Silenzio ***


Silenzio

Piccola dark


capitolo 1

Silenzio



Era solo il silenzio, colui che la accompagnava in quella fredda e piovosa giornata Londinese. Lei era seduta in metropolitana, come ogni giorno, allo stesso posto, alla stessa ora. I suoi occhi viola, unici nel suo genere, due occhi capaci di vedere cose che nessun' altro può vedere o solo immaginare, due occhi che riflettevano il suo animo, fuori freddo e distaccato, ma dentro più vivo di qualunque altro; essi guardavano le sue ballerine nere, che spezzavano la fantasia dellle strisce rosse e nere delle sue calze, le stesse che indossava sempre con la sua minigonna nera e la sua maglietta che raffigurava l'unica persona che poteva capirla, l'unica che poteva vedere con gli stessi occhi, l'unica che poteva consolarla quando si chiudeva in camera piangendo perché tutto il mondo la emarginava; peccato che questa persona non fosse reale, Emily the Strange, era la figura raffigurata nella sua maglietta, celebre personaggio dark, simbolo di una marca di abiti e accessori.

Lei guardava, guardava le persone intorno a lei, a sinistra il solito pendolare che leggeva il giornale, i suoi occhi sono scuri e scrutano con avidità le pagine,ma non con un'avidità relativa ai beni materiali, bensì alla conoscenza. Alla destra la solita ragazza neolaureata in cerca di lavoro che scrive messaggi con il cellulare al suo fidanzato. Davanti invece, lei trovava quasi sempre tre ragazze della sua età, ma loro, non solo non possono vedere il mondo per quello che è, ma nemmeno ci provano, sono troppo accecate dal loro riflesso, loro non si accorgono di essere cadute in quel baratro pieno di specchi e di pregiudizi, chiamato vanità. Lei le vedeva che guardandola, sui loro volti si scolpiva un sorrisetto maligno, quando una di loro parlava le altre pendevano dalle sue labbra, e credendo di fare la cosa giusta, si schieravano dalla sua parte, una parte che poteva sembrare quella delle persone più forti, ma che dentro era la scelta di chi non sa farsi delle opinioni tutte sue, di chi nella vita, non farà altro che pendere dalle labbra a qualcuno che è finito nel baratro.

Lei per non sentire le loro risatine, per evitare le loro occhiate, prendeva dalla sua borsa di Nightmare befor christmas il suo mp3 nero e rosso e metteva la musica rock a tutto volume e aspettava che il treno arrivasse alla sua fermata; scese le ragazze sedute davanti a lei, si toglieva l' mp3 e intorno tornava il silenzio, l'unico suo compagno che la seguiva come un ombra, solo il silenzio.

Quando lei arrivò alla sua fermata scese; andò al solito bar e prese il solito frullato, alla fragola.


Quel frullato era sempre stato il suo preferito, anche da piccola, quando a 2 anni sua madre glielo fece assaggiare, era una calda giornata di luglio, e sua madre non avendo altro da bere, le fece bere il suo frullato, e da lì ne diventò matta. Ovviamente questi non erano i suoi ricordi, bensì dei frammenti della sua prima infanzia raccontatole da amici dei genitori. Di sua madre lei, non aveva alcun ricordo, se non una vaga immagine e una soave voce in lontananza; eppure lei avrebbe tanto voluto ricordare quel volto che sicuramente non aveva cercato di memorizzare a quell'età, per la certezza che per memorizzarla avrebbe avuto ancora molto tempo, mentre invece le sono solo stati concessi 2 anni e mezzo, che lei, per ricordare non aveva sfruttato. Ogni volta che sentiva un aneddoto sulla sua infanzia, lei tentava di ricordare quella figura femminile che l'aveva cresciuta, sua madre.


La metropolitana era sempre piena di gente, ovunque si andasse, sembrava sempre che ci stessero andando tutti gli altri. Lei ora era nella sala centrale della metropolitana, davanti al cartello che indicava le varie linee e le varie fermate, che erano tante, considerando che Londra è la più grande città di tutta l' Inghilterra. Ma per lei Londra non aveva segreti, ormai aveva imparato a trovare il treno più veloce per tornare a casa in pochi secondi e sapeva anche qual' era la linea che la portava il più lontano possibile da casa, quella che aveva intrapreso varie volte nel tentativo di fuggire, questa linea infatti portava all' aeroporto, da lì lei poteva intraprendere un viaggio per ogni tipo di destinazione, Parigi, Granada, Roma, Berlino, Dublino e persino a New York. Tante volte aveva preso quel treno, ma ogni volta che arrivava a quella fermata trovava sempre un proposito che le impediva di scendere dal treno, come una boa tiene stretta una barca impedendole di intraprendere viaggi oltre oceano e costringendola a rimanere sempre nello stesso luogo, ad avere sempre i soliti orizzonti. Per lei quella boa erano i suoi genitori, se fosse partita per una città lontana non avrebbe mai potuto sapere la verità su di loro, non avrebbe mai più avuto la minima possibilità di saperne più qualcosa. Questo pensiero era sufficiente a trattenerla in quella città, che era la sua casa, ma dove lei aveva trovato i suoi più grandi dolori.


Quel giorno non era in vena di tentare la fuga, così prese semplicemente il solito treno che la portava a casa; per quanto si potesse chiamare tale; una volta le venne raccontato che suo padre disse: “La vera casa è quella dove hai trascorso il periodo della tua vita migliore, non il posto dove abiti” e quella per lei non era una vera casa, era solo un luogo dove dormiva, la sua vera casa l'aveva abbandonata contro la sua volontà a soli 2 anni, insieme alle persone a cui ha voluto più bene: i suoi genitori.


Dopo tanto brusio di pensiero, dopo tanti ricordi, dopo tante illusioni, tornò sola,e tornò la sua maledizione, che l'aveva seguita per tutta la vita, il silenzio, solo il silenzio.


Questa ff, l'ho scritta tempo fa di ritorno ad un mio viaggio a Londra. Io preferirei non continuarlo, perché ho paura che possa rovinarlo. Però se piace tanto...chissà!Ciau


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Capitolo 2
*** Buio ***


Buio


Erano le sette e mezzo di sera quando lei tornò a casa, una piccola villetta a due piani,

al primo la cucina, dove lei aveva assaggiato per la prima volta il gelato, il salotto, dove aveva guardato il suo primo film dell'orrore, la sala da pranzo, dove aveva visto per la prima volta i suoi “nuovi” nonni, e il bagno, dove ruppe lo specchio a 10 anni. Al piano di sopra la camera dei suoi “nuovi” genitori, dove aveva scoperto accidentalmente come nascono i bambini, un piccolo bagno e la sua camera. Per lei quella camera, non era semplicemente una stanza, era il suo regno, l'unico posto dove le faceva piacere stare, durante il fine settimana non ne usciva mai, fatta eccezione per i pasti. Non era molto grande, ma a lei non le era mai importato; c'era un letto con le coperte nere, una scrivania con un computer e un piano da disegno, una libreria nera,e un armadio rosso, le pareti, anch'esse rosse erano piene di schizzi e di tanti piccoli foglietti contenenti frasi, proverbi e idee.


Quando entrò nel salotto trovò Richard seduto sul divano a guardare una vecchia partita di rugby, come al solito a quest'ora era già in pigiama, in realtà non si era mai sicuri che se lo fosse tolto il pigiama. La televisione accesa era l'unica luce in quella casa dominata dalle tenebre.

Sei in ritardo, saresti dovuta tornare un'ora fà”

Scusa Richard c'è stato un ritardo”

Sciocchezze la metro non ha mai ritardi. Non avrai mica tentato la fuga di nuovo?”

No. Stai tranquillo”

Come posso stare tranquillo con te, sola in giro per Londra a quest'ora?!Per una quindicenne è molto pericolosa la notte qui!”

Stai tranquillo, ora vado in camera e lì ci resto fino a domani mattina”

Aspetta non hai cenato!Ti ho lasciato della pizza in frigo,la riscaldi al microonde e...”

Non ho fame grazie”

Ok, allora in tal caso buonanotte angioletto”

Buonanotte”

Ah!Emma aspetta!”

Che c'è?”

Ho stirato la tua divisa scolastica, è nel tuo armadio”

Grazie ma tanto sai che io non me la metterò”

Emma salì le scale e entrò in camera sua sbattendo la porta.

Richard non era un uomo “malvagio”, anzi, era un uomo di grade successo, finché sei anni fa ...sua moglie Jane...non si addormentò per sempre.


Era una calda giornata estiva e Jane era molto malata, da 3 anni usciva ed entrava dagli ospedali, aveva un cancro al cuore e i dottori le avevano detto che le restavano appena tre anni; ma il suo debole cuore ne resse solo due. Quella sera Jane diede la buonanotte alla sua piccola Emma, la figlia dei suoi miglior amici, baciò suo marito e andò a dormire. Non sapeva che quella sarebbe stata la sua ultima notte. Il giorno dopo i suoi occhi no si riaprirono mai più.


Quando Emma aprì la porta di camera sua, trovò il buio sovrano, accese la luce ed entrò, prese dei fogli da disegno la sua matita e iniziò a disegnare. Disegnare era una delle poche cose che la rendevano felice; la sua mano, quando teneva la matita, era guidata dal suo inconscio, era come se prendesse vita propria; disegnava ciò che aveva visto nella giornata, il negozio di fumetti, l'internet caffè, la sua coca cola, la guida del museo di storia naturale. Sulla parete del letto erano attaccati 5 fogli, uno rappresentante la neolaureate, un altro il signore con il giornale, l'altro rappresentante il suo frullato, le tre ragazze che siedono sempre davanti a lei e l'ultimo una ragazzina co lunghe trecce color carota. Ma il disegno che dominava la stanza dall'alto, come una sentinella, arruolata per proteggere e sorvegliare Emma; questo disegno, rappresentava come, secondo lei, fossero i suoi genitori, era il disegno sul quale aveva lavorato di più.

I suoi disegni erano sempre rimasti segreti al mondo, anche a Richard, che non aveva mai osato entrare nel regno di Emma; sia chiaro, non per paura, ma per rispetto, lui rispettava sempre gli spazi del suo piccolo angioletto.


Era mezzanotte e Emma stava ancora disegnando.

Angelo è tardi, domani non ti reggerai in piedi alla prima ora di scuola”

Ok ho capito ora dormo. Notte”

Notte!”

Emma attaccò i suoi disegni sul muro dell'armadio, si mise il pigiama e spense la luce; così il buio tornò l'unico e il solo padrone della stanza.


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