Silenzio
Piccola
dark
capitolo
1
Silenzio
Era
solo il silenzio, colui che la accompagnava in quella fredda e
piovosa giornata Londinese. Lei era seduta in metropolitana, come
ogni giorno, allo stesso posto, alla stessa ora. I suoi occhi viola,
unici nel suo genere, due occhi capaci di vedere cose che nessun'
altro può vedere o solo immaginare, due occhi che riflettevano
il suo animo, fuori freddo e distaccato, ma dentro più vivo di
qualunque altro; essi guardavano le sue ballerine nere, che
spezzavano la fantasia dellle strisce rosse e nere delle sue calze,
le stesse che indossava sempre con la sua minigonna nera e la sua
maglietta che raffigurava l'unica persona che poteva capirla, l'unica
che poteva vedere con gli stessi occhi, l'unica che poteva consolarla
quando si chiudeva in camera piangendo perché tutto il mondo
la emarginava; peccato che questa persona non fosse reale, Emily the
Strange, era la figura raffigurata nella sua maglietta, celebre
personaggio dark, simbolo di una marca di abiti e accessori.
Lei
guardava, guardava le persone intorno a lei, a sinistra il solito
pendolare che leggeva il giornale, i suoi occhi sono scuri e
scrutano con avidità le pagine,ma non con un'avidità
relativa ai beni materiali, bensì alla conoscenza. Alla destra
la solita ragazza neolaureata in cerca di lavoro che scrive messaggi
con il cellulare al suo fidanzato. Davanti invece, lei trovava quasi
sempre tre ragazze della sua età, ma loro, non solo non
possono vedere il mondo per quello che è, ma nemmeno ci
provano, sono troppo accecate dal loro riflesso, loro non si
accorgono di essere cadute in quel baratro pieno di specchi e di
pregiudizi, chiamato vanità. Lei le vedeva che guardandola,
sui loro volti si scolpiva un sorrisetto maligno, quando una di loro
parlava le altre pendevano dalle sue labbra, e credendo di fare la
cosa giusta, si schieravano dalla sua parte, una parte che poteva
sembrare quella delle persone più forti, ma che dentro era la
scelta di chi non sa farsi delle opinioni tutte sue, di chi nella
vita, non farà altro che pendere dalle labbra a qualcuno che è
finito nel baratro.
Lei
per non sentire le loro risatine, per evitare le loro occhiate,
prendeva dalla sua borsa di Nightmare befor christmas il suo mp3
nero e rosso e metteva la musica rock a tutto volume e aspettava che
il treno arrivasse alla sua fermata; scese le ragazze sedute davanti
a lei, si toglieva l' mp3 e intorno tornava il silenzio, l'unico suo
compagno che la seguiva come un ombra, solo il silenzio.
Quando
lei arrivò alla sua fermata scese; andò al solito bar
e prese il solito frullato, alla fragola.
Quel
frullato era sempre stato il suo preferito, anche da piccola, quando
a 2 anni sua madre glielo fece assaggiare, era una calda giornata di
luglio, e sua madre non avendo altro da bere, le fece bere il suo
frullato, e da lì ne diventò matta. Ovviamente questi
non erano i suoi ricordi, bensì dei frammenti della sua prima
infanzia raccontatole da amici dei genitori. Di sua madre lei, non
aveva alcun ricordo, se non una vaga immagine e una soave voce in
lontananza; eppure lei avrebbe tanto voluto ricordare quel volto che
sicuramente non aveva cercato di memorizzare a quell'età, per
la certezza che per memorizzarla avrebbe avuto ancora molto tempo,
mentre invece le sono solo stati concessi 2 anni e mezzo, che lei,
per ricordare non aveva sfruttato. Ogni volta che sentiva un aneddoto
sulla sua infanzia, lei tentava di ricordare quella figura femminile
che l'aveva cresciuta, sua madre.
La
metropolitana era sempre piena di gente, ovunque si andasse, sembrava
sempre che ci stessero andando tutti gli altri. Lei ora era nella
sala centrale della metropolitana, davanti al cartello che indicava
le varie linee e le varie fermate, che erano tante, considerando che
Londra è la più grande città di tutta l'
Inghilterra. Ma per lei Londra non aveva segreti, ormai aveva
imparato a trovare il treno più veloce per tornare a casa in
pochi secondi e sapeva anche qual' era la linea che la portava il
più lontano possibile da casa, quella che aveva intrapreso
varie volte nel tentativo di fuggire, questa linea infatti portava
all' aeroporto, da lì lei poteva intraprendere un viaggio per
ogni tipo di destinazione, Parigi, Granada, Roma, Berlino, Dublino e
persino a New York. Tante volte aveva preso quel treno, ma ogni volta
che arrivava a quella fermata trovava sempre un proposito che le
impediva di scendere dal treno, come una boa tiene stretta una barca
impedendole di intraprendere viaggi oltre oceano e costringendola a
rimanere sempre nello stesso luogo, ad avere sempre i soliti
orizzonti. Per lei quella boa erano i suoi genitori, se fosse partita
per una città lontana non avrebbe mai potuto sapere la verità
su di loro, non avrebbe mai più avuto la minima possibilità
di saperne più qualcosa. Questo pensiero era sufficiente a
trattenerla in quella città, che era la sua casa, ma dove lei
aveva trovato i suoi più grandi dolori.
Quel
giorno non era in vena di tentare la fuga, così prese
semplicemente il solito treno che la portava a casa; per quanto si
potesse chiamare tale; una volta le venne raccontato che suo padre
disse: “La vera casa è quella dove hai trascorso il periodo
della tua vita migliore, non il posto dove abiti” e quella per lei
non era una vera casa, era solo un luogo dove dormiva, la sua vera
casa l'aveva abbandonata contro la sua volontà a soli 2 anni,
insieme alle persone a cui ha voluto più bene: i suoi
genitori.
Dopo
tanto brusio di pensiero, dopo tanti ricordi, dopo tante illusioni,
tornò sola,e tornò la sua maledizione, che l'aveva
seguita per tutta la vita, il silenzio, solo il silenzio.
Questa
ff, l'ho scritta tempo fa di ritorno ad un mio viaggio a Londra. Io
preferirei non continuarlo, perché ho paura che possa
rovinarlo. Però se piace tanto...chissà!Ciau
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