Little White Lies

di TheSlayer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Washington University ***
Capitolo 2: *** College Life ***
Capitolo 3: *** The Review ***
Capitolo 4: *** Skirts & Legs ***
Capitolo 5: *** Confessions ***
Capitolo 6: *** The Match ***
Capitolo 7: *** Dangerous ***
Capitolo 8: *** Knock Knock, Who’s There? ***
Capitolo 9: *** Sweet Disposition ***
Capitolo 10: *** Apartment 23 ***
Capitolo 11: *** New Friends ***
Capitolo 12: *** Mean Boys ***
Capitolo 13: *** Christmas ***
Capitolo 14: *** Love Actually ***
Capitolo 15: *** Family, First Dates and Friends ***
Capitolo 16: *** We Need To Talk ***
Capitolo 17: *** Breeze ***
Capitolo 18: *** Have a Cuppa With Me ***
Capitolo 19: *** Problem ***
Capitolo 20: *** Party On! ***
Capitolo 21: *** Heart to Heart ***
Capitolo 22: *** Thank You, Mom ***
Capitolo 23: *** Three Years Later ***
Capitolo 24: *** The Book ***
Capitolo 25: *** Catching Up ***
Capitolo 26: *** Book Signing ***
Capitolo 27: *** Straight On Till Morning ***
Capitolo 28: *** Crazy, Stupid Love ***
Capitolo 29: *** Ocean Avenue ***
Capitolo 30: *** Gimme More ***
Capitolo 31: *** Who's That Girl? ***
Capitolo 32: *** Now The Party Is Over (And Everobody's Gone) ***
Capitolo 33: *** Epilogue - Five Years Later ***



Capitolo 1
*** Washington University ***




PRIMA PARTE

Capitolo 1 – Washington University

 
“Sono un cliché che cammina, è logico che la gente ride quando mi presento.” Dissi a Laurel, la mia migliore amica e compagna di stanza.
“Vedrai che qui è diverso.” Cercò di rassicurarmi lei. “Nessuno ti prenderà in giro.”
Annuii, anche se ero poco convinta. Le battutine sul mio nome mi seguivano da tutta la vita.

Uno scampanellio leggero annunciò la nostra entrata nella libreria del college e mi avviai subito verso il bancone.
“Ciao, come posso esserti utile?” Domandò il commesso. Liam, o almeno così riportava il nome sulla targhetta appuntata alla sua maglietta. Era lo stesso che mi aveva aiutata il giorno precedente, ma evidentemente non si era ricordato di me.
“Devo ritirare i due libri che ho ordinato ieri. Ho telefonato questa mattina e mi avete detto che erano arrivati.” Spiegai.
“Oh, d’accordo.” Replicò lui. Si voltò, recuperò un foglio con una lista di nomi e cominciò a scorrere l’elenco. “Mi ricordi il tuo cognome, per favore?”
Laurel mi rivolse un’occhiata eloquente. Forse voleva farmi capire che questa volta non sarebbe stato come tutte le altre. Magari questo Liam, con i suoi occhi castani e gentili, non avrebbe fatto battutacce. Il giorno prima non aveva detto nulla, quando avevo mormorato a bassa voce come mi chiamavo per prenotare i libri.
“Watson.” Dissi a bassa voce. Lui continuò a scorrere la lista con il dito.
“Ah, Mary Jane?” Domandò. Poi mi osservò da capo a piedi, come sapevo che sarebbe successo, e sorrise. “Mi dispiace, ma c’è stato un errore. I tuoi libri non sono ancora arrivati. Adesso telefono e chiedo spiegazioni.” Disse dopo un po’. “Tu dì a Spiderman di non venire a picchiarmi questa sera, okay?”
Roteai gli occhi al cielo e guardai Laurel, scuotendo la testa. Lei si strinse nelle spalle e mi rivolse un sorrisetto.
“Molto divertente.” Commentai. “Comunque non preoccuparti, tornerò domani.” Dissi e uscii dal negozio.

“Non ho ancora capito perché la gente ti guarda così quando dici il tuo nome.”
Laurel ed io ci conoscevamo da pochi giorni, in realtà – da quando ci eravamo incontrate all’orientamento per quelli del primo anno – ma eravamo diventate amiche istantanee. Poi avevamo scoperto di essere state assegnate allo stesso dormitorio ed eravamo diventate immediatamente migliori amiche. Ci capivamo al volo e spesso dicevamo le stesse cose nello stesso momento.
“Perché Mary Jane Watson è un personaggio dei fumetti, è la fidanzata di Spiderman.” Spiegai. “E la gente ha delle aspettative quando sente quel nome, perché lei ha i capelli rossi, gli occhi azzurri e, beh, due tette enormi. O almeno così ho visto quando ho cercato su Google, io non leggo i fumetti.” Dissi.
Io ero il totale opposto della mia omonima. Avevo i capelli castani, gli occhi verdi e il fisico asciutto da ragazzino di dodici anni. Pochissimo seno, niente fianchi, niente di niente. E la gente rimaneva delusa quando mi guardava, perché probabilmente si aspettava una ragazza sexy come quella dei fumetti. Io non ero sexy. Non proprio.
“I tuoi genitori sono grandi fan?” Mi domandò poi. Ecco, era arrivato il momento di spiegare anche a lei l’origine del mio nome. Quella vera, almeno.
“Non proprio.” Dissi. “Ma sicuramente preferisco che la gente pensi che sono amanti di Spiderman, piuttosto che la verità.”
“Cioè?” Laurel stava diventando curiosa.
“Beh, devi capire che i miei genitori sono molto… liberali.” Dissi. “Possiamo anche dire che sono dei grandi hippie, se vogliamo.” Aggiunsi. “E quando sono nata hanno voluto onorare una delle cose che preferiscono al mondo, dandomi questo nome.”
“Spiderman?” La mia amica non capiva ed io non ero nemmeno tanto sicura di volerle spiegare sul serio il motivo.
“La marijuana.” Dissi infine, abbassando lo sguardo. “Si chiama anche Mary Jane, così quando sono nata hanno pensato a quel nome. Poi si sono accorti che, grazie al cognome di mio padre, mi avevano chiamata come un personaggio dei fumetti e per loro la cosa è diventata ancora più divertente.”
Sospirai e spostai lo sguardo sui campi di calcio, che erano pieni di ragazzi che stavano provando a entrare nella squadra. Sentii l’allenatore, Niall Horan, imprecare ad alta voce e sorrisi. Conoscevo la sua reputazione ancora prima di iscrivermi alla Washington University a St. Louis, Missouri. Avevo frequentato l’ultimo anno della scuola superiore proprio in quella città, dopo aver passato tutta la vita a spostarmi da uno stato all’altro perché ai miei genitori piaceva cambiare, e avevo sentito parlare di lui in modo non molto positivo.
“Oh.” Commentò Laurel. “Sì, forse è meglio che la gente sia convinta che i tuoi sono grandi fan della Marvel.” Aggiunse con un sorriso. “Vivono lontano da qui?”
“L’ultima volta che li ho sentiti erano in viaggio verso il Nevada. Volevano vivere per un po’ a Las Vegas.” Spiegai. “Io ero stanca di fare quella vita, avevo voglia di un po’ di stabilità e… St. Louis mi piace.” Aggiunsi.

I miei genitori si spostavano, in media, una volta all’anno. Quando finalmente riuscivo ad ambientarmi a scuola e a conoscere qualcuno della mia età, tornavo a casa e trovavo i bagagli pronti e l’auto in moto, segno che era ora di partire.
E anche dopo la cerimonia del diploma avevo trovato quello scenario una volta tornata a casa, ma avevo finalmente deciso di dire di no. Avevo diciotto anni, non dovevo più seguirli per forza. Ed io volevo davvero frequentare il college, perché volevo diventare una scrittrice. Avevo anche già mandato l’applicazione ed ero stata accettata. Così li avevo salutati e mi ero imbarcata in quella nuova avventura.
***

“Pronta per il primo giorno di lezioni?” Domandai. La mia amica annuì e guardò il foglio con i suoi orari.
“La mia prima lezione è Anatomia Artistica con il professor Malik.” Disse Laurel, leggendo. “E quella è una delle cose che mi interessa più studiare, ho sentito parlare molto bene di questo insegnante.”
“Dicono che è bravo?” Domandai, camminando con la mia amica verso l’edificio del dipartimento delle arti visive.
“Sì, sembra che sia giovane e che coinvolga gli studenti. Insomma, anche se non è un vecchio impagliato sa il fatto suo.” Rispose lei. “Quello che mi preoccupa è l’insegnante di teatro, Tomlinson. Ho sentito dire cose terribili sul suo conto.”
“Anch’io.” Risposi. “Ma sono sicura che le voci che sono arrivate a noi sono state ingigantite con il passaparola. Sai com’è.” Aggiunsi.
“Speriamo, perché io non voglio uscire dal teatro piangendo. Non il primo giorno. Non posso fare figuracce. Anche perché pare che Tomlinson sia come i cani: fiuta la paura. Più uno studente è spaventato e più lui lo tratta male.”
“Sono sicura che andrà tutto bene, Laurel. Vedrai che non è così terribile come sembra.”
“Speriamo. E tu, invece, che lezione hai?” Chiese la mia amica, fermandosi davanti all’edificio in cui avrebbe dovuto entrare.
“Scrittura Creativa con il professor Styles. Di lui invece non si sa nulla, perché è nuovo.”
“Allora tanti auguri. Speriamo che non sia uno stronzo!” Esclamò la ragazza. “Vado, perché non voglio arrivare in ritardo.” Aggiunse poi. Mi salutò con la mano e sparì dietro il portone dell’edificio di mattoni.
Io, invece, camminai ancora per qualche metro e raggiunsi la mia classe.

La stanza non era grande e, oltre a me, una ventina di studenti avevano già trovato un posto dove sedersi. Gli unici banchi liberi erano quelli in prima fila, così sospirai e mi sedetti esattamente di fronte alla cattedra del professor Styles, che entrò pochi minuti dopo.
“Buongiorno!” Esclamò, ignorando la sedia e accomodandosi sul bordo della cattedra.
Lo guardai bene e pregai che lui non mi stesse osservando, perché ero convinta di essere diventata rossa e di aver aperto la bocca e sgranato gli occhi.
Il professor Styles era giovane, aveva i capelli ricci e castani, dei bellissimi occhi verdi ed era bello da mozzare il fiato. Portava un paio di occhiali da vista leggermente troppo grandi, ma gli donavano un’aria da intellettuale, da professore serio.
“È probabile che, se siete finiti nella mia classe, il sogno della vostra vita sia quello di vivere in un appartamento con un gatto scorbutico e lavorare tutto il giorno in pigiama.” Esordì lui, facendo ridere tutti. Beh, ci aveva azzeccato, ero sicura che quello fosse davvero il sogno più grande della maggior parte delle persone in quella stanza, me compresa. “E so anche che non vedete l’ora di cominciare a scrivere storie o poesie, ma voglio fare le cose in modo un po’ diverso dal solito.” Aggiunse.
Un mormorio rammaricato si levò tra i miei compagni di corso. Anch’io mi ritrovai un po’ delusa. Avrei voluto cominciare a scrivere immediatamente.
“Suvvia, non fate quelle facce!” Esclamò il professor Styles. “Abbiate pazienza e vi assicuro che, quando finirà questo corso, sarete tutti soddisfatti. Per prima cosa voglio che vi dividiate in coppie. Vi intervisterete a vicenda e scriverete un finto articolo di giornale con le informazioni che avete ottenuto dai vostri compagni. Potete dire quello che volete, rivelare informazioni vere oppure fingere di essere qualcun altro – qualunque cosa, anche un supereroe.”
“Professore?” Domandò timidamente una ragazza due file dietro di me.
“Sì?”
“Non ci dice niente su di lei?” Chiese lei. Per una frazione di secondo le guance dell’insegnante diventarono rosse, poi scoppiò a ridere e tolse gli occhiali per pulirli con un fazzoletto che estrasse dalla valigetta.
“Certamente, avevo tutta l’intenzione di farlo.” Rispose lui. “Il mio nome è Harry Styles, ho ventisei anni – e no, prima che me lo chiediate, non sono troppo giovane per fare il professore – e, proprio come voi, quando ero a scuola, il mio sogno era quello di lavorare in tuta e coccolare il mio gatto. Poi l’università mi ha chiamato per fare questo lavoro e ho dovuto cominciare a indossare camicie e giacche, lasciare il gatto a casa e venire in classe.”
Un’altra risata dagli studenti. Le ragazze pendevano dalle sue labbra e ridacchiavano a ogni sua parola. I ragazzi sembravano interessati alla personalità strana di questo professore giovane. Ci sapeva fare, dovevo ammetterlo.
“A parte gli scherzi, ho recentemente pubblicato il mio secondo libro e in questo corso parleremo anche della mia esperienza con le case editrici, gli editor e tutto quello che succede dopo la prima pubblicazione.”
“Ci dirà anche qual è stata l’ispirazione dietro la poesia che ha vinto il concorso nazionale indetto dal New York Times?” Domandò una delle ragazze. Il professore annuì, ma sembrò imbarazzato. Sembrava che volesse evitare quel discorso.
“Sì, ma non oggi. Adesso facciamo un giro di presentazioni e poi cominciamo a dedicarci alle interviste e agli articoli. Partiamo da te, in prima fila.”
Avvampai, quando mi resi conto che il professor Styles stava guardando proprio me. Sorrideva e quel gesto metteva in mostra le fossette ai lati della sua bocca.
Mi obbligai a smettere immediatamente di fantasticare su quelle labbra e, invece, a rispondere.
“Mi chiamo Mary Jane Watson.” Mormorai a bassa voce, sperando che nessuno capisse il mio nome.
“Mary Jane Watson?” Domandò lui, alzando il tono. Alcuni dei miei compagni di corso ridacchiarono, altri mi guardarono incuriositi e altri ancora mi ignorarono del tutto. Lo sguardo del professor Styles indugiò per qualche secondo sul mio viso, poi il suo sorriso diventò più ampio. Stava per fare una battutaccia, lo sapevo. “Benvenuta in quello che sarà il tuo posto per il resto dell’anno.” Disse invece. “Non ve l’ho detto, ma il banco che avete scelto oggi sarà vostro per il resto del corso.” Aggiunse, voltandosi verso il resto dei miei compagni.
Alcuni di loro, soprattutto quelli nelle prime file, protestarono.
“Ma perché?” Domandò il ragazzo dietro di me.
“Come ti chiami?” Chiese il professore.
“Joshua Maverick.” Rispose lui.
“Perché, caro Joshua, sono pessimo a ricordarmi i nomi. In questo modo mi posso fare uno schemino e non dimenticherò mai come vi chiamate.”
Scossi la testa, sorridendo. Il professor Styles era completamente fuori di testa e quello non faceva che renderlo ancora più intrigante. Ero sicura che mi sarebbe piaciuto quel corso.
***

“Ottimo lavoro con le interviste, siete stati tutti molto bravi!” Esclamò il professore alla fine della lezione. Sorrisi a Carmen, la vicina di banco che avevo intervistato – e che aveva finto di essere una superstar in America Latina – e poi fissai il mio sguardo sull’insegnante. Era impossibile non guardarlo. “Noi ci vediamo giovedì e ho un compito per tutti voi.”
“Ma prof, abbiamo appena iniziato il corso!” Si lamentò Naomi, facendo gli occhi dolci all’insegnante. Lui la ignorò.
“Per giovedì dovete cercare il tema che avete scritto durante l’ultimo anno delle superiori di cui siete più orgogliosi e portarmelo. Ho intenzione di leggerli tutti e di tenerli fino alla fine del corso, così potremo capire quanto è cambiato il vostro stile di scrittura in questo periodo.” Aggiunse lui. “Ne leggeremo alcuni insieme, ma se non siete ancora pronti per una critica pubblica ne potremo parlare nel mio ufficio, in privato, dopo la lezione.”
L’idea di passare del tempo nel suo ufficio, magari con la porta e le tendine chiuse, mi sembrò la migliore del secolo. In quel momento decisi che non ero assolutamente pronta per una critica pubblica e gli avrei chiesto un appuntamento per parlare del mio tema preferito.
***

“Ehi, Laurel! Come sono andate le lezioni?” Dopo aver passato tutto il resto del pomeriggio a cercare tra i file del mio computer e a scegliere il mio tema preferito, avevo raggiunto la zona comune del dormitorio per mangiare qualcosa. La mia amica, che era appena tornata a casa dalle lezioni, si accasciò sulla sedia davanti a me e non parlò per qualche minuto. Chiuse gli occhi e si coprì la testa con le mani.
“Louis Tomlinson è il più grande figlio di puttana mai esistito al mondo.” Annunciò dopo parecchio tempo.
“Che cos’è successo?” Domandai. Avevo finito di preparare un tramezzino ed ero finalmente riuscita a mangiare il primo morso.
Laurel era così nervosa che sembrava stesse per scoppiare a piangere da un momento all’altro.
“Non ha programmato una prima lezione normale, come tutte le persone normale. No, Lo Stronzo ci ha fatti lavorare subito, ci ha fatto fare improvvisazione e ovviamente qual è stata la prima cosa che ci ha detto? ‘Fingetevi scimmie!’ ed io sono terrorizzata da quelle cose. Un mio compagno mi è saltato di fianco, facendo i versi di quelle bestie orribili, mi ha fatta spaventare e sono caduta e sai cos’è successo? È successo che Louis Tomlinson non mi ha aiutata ad alzarmi. No. Mi ha guardata dall’alto in basso con aria schifata e mi ha detto: ‘Carter, se fai fatica a stare in equilibrio sui tuoi stessi piedi, forse devi prima frequentare un corso di sopravvivenza base e poi, magari, pensare a diventare un’attrice’. Ti rendi conto? Davanti a tutti i miei compagni!” Si sfogò la ragazza.
“Wow.” Commentai. Così erano vere tutte le voci sul professor Tomlinson. Era famoso per far piangere gli studenti e per essere maleducato con tutti a teatro. “Mi dispiace, Laurel. Vedrai che le prossime lezioni andranno meglio.”
“Non ci saranno prossime lezioni, perché ho tutta l’intenzione di ritirarmi da quel corso. Fanculo a lui e tutto il resto.”
“Laurie, non puoi dargliela vinta per un commento odioso. Fatti forza e prova ancora una lezione, magari oggi era incazzato per problemi suoi.”
“Non mi sono mai sentita così umiliata in tutta la tua vita.” Borbottò lei, rubandomi delle patatine dal sacchetto che avevo aperto. Il fatto che la mia cena consistesse in un tramezzino e un sacchetto di patatine mi fece realizzare che ero davvero al college. Cercai di reprimere il sorriso che minacciava di spuntare sulle mie labbra, perché Laurel avrebbe potuto pensare che volevo prenderla in giro.
“E la lezione con il professor Malik com’è andata, invece?” Domandai per cercare di cambiare argomento. Speravo che quella fosse stata più soddisfacente e che le facesse tornare un po’ di buonumore.
“Molto bene, lui è un figo da paura e vorrei tanto studiare l’anatomia del suo corpo, ma ha una fede grossa come una casa e, anche volendo, è un professore, il che lo rende off limits.” Spiegò lei. La mia mente andò subito all’aula di Scrittura Creativa e pensai al professor Styles.
Già, era un insegnante. Io ero una studentessa. Non sarebbe mai potuto succedere nulla tra di noi. Ma fantasticare non aveva mai fatto male a nessuno, giusto?
“Va beh, dai, hai visto la quantità di ragazzi carini che ci sono in questo campus? Troverai qualcuno che fa per te.” Dissi.
“In realtà ce n’è già uno che mi piace.”
“Chi è?” Domandai. Amavo i gossip, amavo le possibili storie d’amore, i rapporti appena nati, quelli che avrebbero potuto nascere, quelli duraturi e amavo anche le storie di una notte sola. Adoravo conoscere le persone, l’intimità, i sentimenti, le sensazioni che si provavano insieme. Ero innamorata dell’amore.
“Liam, il commesso della libreria.” Confessò lei. “A proposito, sono passata dopo la lezione e si è ricordato di me. Cioè, si è ricordato che sono tua amica e mi ha detto che alla fine ha trovato i tuoi libri e me li ha dati. Li ho messi nel nostro dormitorio.”
“Grazie.” Dissi. “E così ti piace Liam.” Mormorai tra me e me. “Non l’avevo capito!”
“Sono una persona misteriosa.” Scherzò lei. “A proposito, venerdì sera siamo invitate a una festa di una delle confraternite. Non conosco nemmeno la persona che mi ha invitata, ma immagino che sarà un’opportunità per conoscere parecchia gente.”
“Andiamo? Il college non è il college senza feste.” Dissi.
“Ovvio che sì.” Rispose lei. “Mi ubriacherò così tanto che dimenticherò anche come mi chiamo. Beh, mi basta arrivare a dimenticare l’umiliazione di oggi.”
Scoppiai a ridere e scossi la testa. “E tu? Non mi hai nemmeno detto com’è andata con il professor Styles. Com’è?”
“Affascinante.” Risposi semplicemente. Ricominciai a pensare alla lezione di quella mattina, alle interviste, al suo sguardo su di me e al fatto che non avesse fatto nessuna battuta orribile sul mio nome. Ero sicura che l’avrei sognato quella notte, perché aveva rapito il mio cuore e non vedevo l’ora della lezione successiva per chiedergli un appuntamento per valutare insieme, da soli, il mio lavoro delle scuole superiori.

 


Sono già tornata con una nuova storia! Se mi conoscete già perché avete letto qualche altra mia fan fiction... ben tornate! Se non ci conosciamo ancora, piacere di conoscervi!
Che dire? Questa storia è stata ispirata da un sogno che ho fatto (il protagonista non era Harry, ma un attore di una serie televisiva che seguo) e ho pensato di adattarla e di crearne una fan fiction. Non so ancora cosa succederà o come finirà, perché ho scritto pochi capitoli, ma volevo cominciare a pubblicarla perché tra poco finirò di postare The Butterfly Effect e volevo avere qualcosa di nuovo.
Se avete deciso di leggere e se siete arrivati fin qui GRAZIE! Spero che questa storia vi piaccia!

Martedì prossimo posterò il prossimo capitolo (probabilmente di sera).
Alla prossima e un bacione!

Vi lascio i miei link, se volete fare quattro chiacchiere o se volete leggere aggiornamenti sulle mie storie :)

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Capitolo 2
*** College Life ***




Capitolo 2 – College Life
 
Il giovedì successivo consegnai il mio tema al professor Styles e gli dissi che avrei preferito una valutazione privata, perché non ero ancora pronta perché i miei lavori venissero letti (e criticati) in pubblico.
Lui sorrise, facendomi sentire le gambe deboli e lo stomaco attorcigliato, e mi diede appuntamento nel suo ufficio per quel pomeriggio.
 
***
 
“Signorina Watson.” Disse. “Mary Jane.” Si corresse subito quando entrai nel suo ufficio. Era esattamente come mi ero immaginata, con le librerie intorno alle pareti, la scrivania di legno scuro e il divano di pelle nera. Cercai di evitare di immaginarmi in atteggiamenti poco appropriati su quel divano e mi sedetti invece sulla poltroncina di fronte alla sua scrivania.
“Professor Styles. Grazie per avermi ricevuta.” Replicai, cercando di sorridere. In verità ero abbastanza agitata, perché sì, lo trovavo davvero attraente, ma lo ammiravo come professore (e anche come scrittore, perché ero andata a comprare i suoi libri, anche se non l’avevo detto a nessuno, nemmeno a Laurel) e avevo paura che potesse odiare quello che avevo scritto.
“Nessun problema, figurati.” Rispose. Cercò il foglio che avevo stampato tra quelli che gli avevano consegnato i miei compagni di classe e un sorriso trionfale spuntò sulle sue labbra quando lo trovò.
“Forse è infantile avere paura di sentire le critiche ai propri lavori davanti a tutta la classe…” Cominciai a dire.
“Oh, no. Assolutamente no, non preoccuparti. Anzi, direi che è piuttosto normale. A me ci sono voluti tre mesi di lezioni prima di trovare il coraggio di affrontare una critica in classe.” Rispose lui.
“Ed è riuscito ad accettarle dopo tre mesi?” Domandai. Mi sembrava strano dare del lei a un ragazzo così giovane, ma era un professore. Dovevo rivolgermi a lui in quel modo.
“Non proprio.” Confessò. “La prima critica è stata brutta, il mio professore è stato abbastanza cattivo e quando sono tornato nel mio dormitorio ho pianto.” Aggiunse, fissando un punto nel vuoto sopra la mia spalla. Sembrava che stesse rivivendo quei momenti. “Non dirlo a nessuno, perderei qualunque tipo di credibilità.”
“Non si preoccupi.” Dissi, trattenendo un sorriso. Immaginai un giovane (più giovane di così) Harry Styles con il viso affondato nel cuscino mentre piangeva. Provai una stretta al cuore e cercai di tornare a concentrarmi sul motivo per cui ero lì.
“Tornando a te e al tuo lavoro, ho letto il tuo tema e l’ho trovato interessante. È grammaticalmente corretto e i contenuti sono buoni, ma l’ho trovato un po’ freddo.”
“Freddo?” Domandai.
“Sì, mi è piaciuto leggere qual è stata la città d’America in cui hai preferito vivere con i tuoi genitori, ma mancavano un po’ di emozioni. Hai scritto tanti dati e tante informazioni che si possono leggere ovunque. Manca quello che c’era qui.” Rispose, indicandosi il cuore.
“Quindi avrei dovuto concentrarmi più su quello che ho provato vivendo in quella città rispetto a quello che ho visto?”
“Più o meno. Va benissimo scrivere delle cose che hai visto, ma cosa hai provato quando le hai viste? Come ti hanno fatta sentire?” Il professor Styles si mise comodo sulla sedia e lesse ad alta voce un paragrafo tratto dal mio tema e capii immediatamente quello che voleva dirmi. Avevo scritto un mucchio di informazioni e di descrizioni che chiunque avrebbe potuto scrivere o leggere su Internet. Non avevo scritto nulla di personale, non come mi sentivo in quel posto, non perché era stato il mio preferito in cui vivere, niente.
“Ha ragione.” Dissi.
“Proveremo a lavorarci, se vuoi. Ti posso dare degli esercizi extra da fare e me li puoi consegnare qui in ufficio, così ne parliamo insieme e ti aiuto a correggerli e a tirare fuori le emozioni.” Propose lui.
Beh, dovevo ammettere che l’idea di avere lezioni private dal professor Styles non mi dispiaceva per niente.
“Sarebbe perfetto!” Esclamai, forse con un po’ troppo entusiasmo.
“Ottimo, allora comincio a darti qualcosa da scrivere per, diciamo, la settimana prossima.”
Il professore scrisse qualcosa su un foglietto, poi lo piegò e me lo porse. Cercai immediatamente di aprirlo.
“No.” Mi ammonì. “Voglio che tu apra questo foglio solo quando sarai pronta per scrivere. E poi voglio che tu inizi il tema scrivendo l’emozione che ti ha evocato quello che c’è scritto. Trova un posto tranquillo, dove puoi essere lasciata in pace. Leggi la traccia e lasciati trasportare dalle emozioni e dai ricordi. Voglio che tu scriva un tema molto personale.” Aggiunse.
Mi sembrava un’ottima idea. Annuii e sorrisi.
“Grazie.” Dissi.
“Consegnami il risultato giovedì durante la lezione. Poi ti convocherò in ufficio per parlarne insieme quando riuscirò a leggerlo.”
Purtroppo era arrivato il momento di salutarci, anche se sarei rimasta in quella stanza per ore e ore. Gli occhi del professor Styles mi ipnotizzavano, il suo sorriso mi faceva battere il cuore e continuavo ad avere pensieri poco appropriati sulle sue labbra e sulle sue mani. E su quei capelli. Avrei voluto stringerli mentre…
“È tutto chiaro?” Sentii la sua voce in lontananza e mi riscossi da quelle immagini.
“Ehm, che cosa? Mi scusi, stavo pensando a… a quello che mi ha appena detto.” Mentii.
Lui scosse la testa, sorridendo. Probabilmente era abituato a fare quell’effetto alle studentesse.
Cercai di non sentirmi stupida, ma non fu un’impresa facile.
“Ti ho detto di provare a trasferire quello che provi qui,” – si interruppe brevemente per mettere una mano sul cuore – “senza farlo passare di qui.” Aggiunse, toccandosi una tempia con l’indice.
“Ci proverò, grazie mille.” Risposi. Poi lo salutai e uscii dal suo ufficio, chiudendo la porta alle mie spalle. Fuori notai una fila di quattro, tra compagni e compagne di classe, che aspettavano di entrare.
 
***
 
"Quindi? Com'è andato il colloquio personale con il professor Styles?" Mi domandò Laurel quella sera.
"Bene, direi." Risposi. Avevo resistito alla tentazione di guardare il biglietto che mi aveva dato, perché non avevo ancora trovato il momento giusto per scrivere. Avrei voluto trovare un posto tranquillo, come mi aveva detto lui, e ascoltare il mio cuore. Inoltre continuavo a sperare che quel pezzo di carta contenesse il suo numero di telefono e un invito nel suo appartamento e non volevo affrontare la più probabile opzione che fosse davvero solo una traccia per un tema.
"Ho parlato con Rae questa mattina e mi ha detto che l’ha visto in corridoio ed è un figo allucinante. Avevi dimenticato di dirmelo." Continuò la mia amica. Annuii, pensando a Rae, con cui avevo pranzato quel giorno. La conoscevo dall'anno prima, perché avevamo frequentato con lei l’ultimo anno della scuola superiore.
"Non è importante." Dissi, cercando di convincermi. "L'unica cosa che mi interessa è che è un insegnante bravissimo." Aggiunsi.
"Certo, se poi puoi anche fantasticare di fare varie cose sulla sua cattedra..."
"Laurel!" Esclamai, lanciandole la maglietta del mio pigiama. Mi stavo preparando per andare a dormire e speravo di sognare il professor Styles.
Non avrei mai potuto avere una storia con lui, ma sognare era ancora permesso, giusto? E speravo con tutta me stessa di essere sua almeno per una volta. Poco importava che si trattasse solo di un sogno. Le emozioni provate erano reali lo stesso, no?
"Che c'è? Io fantastico sul professor Malik. E non sai quanto."
Scoppiai a ridere e scossi la testa.
"E Liam? Non ti piaceva il ragazzo della libreria?" Domandai.
"Certo, e sto progettando di andare a ordinare dei libri o qualcosa del genere. Inoltre ho sentito voci." Replicò la mia amica.
"Cioè?" Chiesi. Aveva attirato la mia attenzione. Ero sempre felice di poter partecipare a una conversazione del genere. C'era anche solo la minima possibilità che potesse nascere una storia d'amore? Era il mio argomento preferito.
"Dicono che sia uno studente dell'ultimo anno e che lavori in quella libreria part-time per pagare la retta." Spiegò Laurel. "E ho anche, sempre molto casualmente, sentito dire che fa parte della confraternita che organizza la festa di venerdì."
"Ma è magnifico! Allora abbiamo un altro motivo per andarci!" Esclamai.
"E per fare shopping. Ho bisogno di qualcosa che dica 'sono disponibile', ma nello stesso momento 'voglio una storia seria'. Insomma, qualcosa del genere." Disse lei. Poi scoppiò a ridere. "Ma chi voglio prendere in giro? Con uno come Liam mi accontento anche di..."
"Ho capito quello che vuoi dire." La interruppi.
"Magari contro il muro." Continuò la mia amica, fissando insistentemente il vuoto fuori dalla finestra del nostro dormitorio. "Ma anche su un tavolo, o per terra, non sono una persona che si formalizza così tanto."
"Laurel." Dissi, scuotendo la testa. "Ti sei dimenticata della cosa più ovvia. Dove succede tutto durante le feste?" Domandai.
"Non lo so, le camere da letto?"
"Il divano." Dissi.
"Oh." Laurel mi guardò per qualche secondo, poi sorrise. "Beh, adesso andrò a dormire con quel pensiero in testa e sono sicura che lo sognerò."
"Sogni d'oro, allora." Dissi con un sorriso. "A proposito, non mi hai detto com'è andata la seconda lezione con Tomlinson."
Sentii un grugnito provenire dalla parte di stanza di Laurel e capii che non era andata bene.
"Era felice dei miei progressi, perché oggi non sono caduta. Però mi ha detto che devo lavorare parecchio sulla mia dizione, sull'espressione e, in generale, su tutto. Mi ha detto che se continuo così l'unica cosa a cui posso aspirare è fare la pubblicità della crema per i pruriti intimi."
Sgranai gli occhi.
"Wow. No, ma è proprio carino con i suoi studenti."
"Te l'ho detto, è come un cane. Fiuta la paura. Ed io sono terrorizzata da lui."
"Ehi, il massimo che possa fare è non farti passare il corso."
"Così dovrei passare un altro anno con lui? No, grazie. Credo che tu mi abbia appena dato la motivazione perfetta per impegnarmi e diventare la studentessa migliore che Tomlinson abbia mai visto.”

 
***

Venerdì pomeriggio Laurel ed io invitammo Rae a fare shopping con noi e comprammo tutte e tre degli abiti molto corti per andare alla festa della confraternita.
"Siete sicure che posso venire anch'io?" Domandò Rae mentre ci preparavamo.
"Ma certo, figurati!" Esclamò Laurel, facendo cadere il tubetto del mascara e macchiando il suo scendiletto. "Merda."
"E' la festa di una confraternita. Se è come nei film... non si accorgeranno nemmeno che c'è una persona in più." Dissi.
"Inoltre hanno invitato ragazze che non fanno parte di una confraternita, quindi penso proprio che sia un party aperto a chiunque." Aggiunse Laurel. Cercò di togliere la macchia nera dal tappeto, ma peggiorò solo la situazione. "Okay, ne comprerò uno nuovo. Ci rinuncio." Disse dopo un po'.
"D'accordo." Rae, era il totale opposto di me: era bionda, aveva gli occhi azzurri e un fisico da mozzare il fiato. Gambe lunghe, seno abbondante e fianchi morbidi.
Insomma, il tipo ideale del novantanove percento degli uomini.
"E poi vestita così non penso che nessuno ti butterà fuori." Commentai, guardando la mia amica e facendole l'occhiolino.
Laurel abbandonò definitivamente il mascara e si dedicò alle scarpe, che avevano il tacco di un'altezza vertiginosa. La ragazza era bellissima, con i suoi lunghi capelli neri - che quella sera aveva stirato - e gli occhi castani da cerbiatto. Il vestito rosso acceso che aveva scelto risaltava sulla sua pelle scura ed ero sicura che Liam l'avrebbe notata. Non poteva non farlo. Non era umanamente possibile.
Io, invece, avevo optato per un mini-abito rosa acceso, che lasciava scoperta una generosa porzione di decolleté e gran parte delle mie gambe. Non sapevo se sarei riuscita a camminare sulle scarpe che avevo comprato, ma ci avrei provato.
Ero al college, stavo per andare alla festa di una confraternita. Era il mio momento per vivere e per non preoccuparmi assolutamente di nulla. Era il mio momento per crescere e fare tutte le esperienze possibili.
"Pronte?" Domandò Rae, guardandosi un'ultima volta allo specchio e sistemando l'orlo del suo abito azzurro.
"Prontissime." Risposi io. Laurel annuì e insieme lasciammo il dormitorio per avviarci alla festa.
"Aspettate, ho dimenticato la borsa!" Esclamai. Non potevo uscire di casa senza il cellulare e le chiavi. "Voi cominciate ad andare, vi raggiungo tra cinque secondi." Aggiunsi.
Fortunatamente non avevo ancora chiuso la porta.
La riaprii, entrai velocemente nella stanza e recuperai la pochette che avevo lasciato sul mio letto. Poi ci ripensai e recuperai anche una giacca di pelle.
Quando uscii dal dormitorio e chiusi la porta alle mie spalle, cominciai a camminare velocemente verso l'ascensore e sbattei la spalla contro un ragazzo.
"Scusa!" Esclamai. Lui mi offrì un braccio per non farmi cadere e quando alzai lo sguardo e mi ritrovai faccia a faccia con il professor Styles sentii un'ondata di imbarazzo. Le guance diventarono rosse e il mio cuore cominciò a battere più forte. "Volevo dire scusi." Mormorai.
Lui sorrise e scosse la testa.
"Nessun problema. Più che altro stai attenta con quelle cose." Aggiunse, squadrandomi dalla testa ai piedi e puntando lo sguardo sulle mie scarpe.
Improvvisamente mi sentii molto consapevole del fatto che non stavo indossando molta stoffa. Infilai la giacca e la chiusi sul davanti per evitare che il mio professore mi vedesse quasi nuda.
"Lo farò." Dissi. "Lei... Non mi aspettavo di trovarla qui." Aggiunsi.
I professori non vivevano nei dormitori. Cosa ci faceva proprio nel mio?
"Già, di solito tendo ad evitare questi edifici, mi ricordano troppo il buco in cui ho vissuto per tutta l'università." Rispose lui. "Ma mia sorella mi ha chiesto di venire a trovarla e non ho potuto dire di no." Aggiunse.
"Oh." Dissi. Sua sorella. Certamente. Che cosa mi aspettavo? Che fosse venuto a trovare me? Beh, una parte di me sicuramente l'aveva sperato, ma sapevo che non era possibile. Ero una sua studentessa. "Beh, buona serata." Aggiunsi dopo qualche secondo di silenzio imbarazzato.
"Grazie, ma credo che ti divertirai di più tu." Replicò, guardandomi di nuovo e puntando il suo sguardo sulle mie gambe.
Arrossii ulteriormente e mi affrettai verso l'ascensore.
 
***
 
“Wow.” Dissi quando arrivai davanti alla casa dei Kappa Alpha Psi.
“Wow è la parola giusta, mia cara Mary Jane.” Aggiunse Laurel, guardando le enormi lettere greche sopra la porta d’ingresso con la bocca aperta.
Si sentiva la musica provenire dall’interno della casa e il giardino era pieno di ragazzi e ragazze che chiacchieravano, ballavano e bevevano da bicchieri di plastica rossa.
“No, direi che non si accorgeranno se avete portato una persona in più.” Rae avanzò di qualche passo e mi prese per mano. Porsi la mia a Laurel e tutte e tre ci avviammo verso la porta d’ingresso.
Non ero mai stata nella casa di una confraternita, ma era esattamente come mi aspettavo che fosse. Enorme, piena di ragazzi ovunque e con decine di quadri raffiguranti vecchi membri alle pareti.
“Oh, chi abbiamo qui?” Domandò un ragazzo a un suo amico, avvicinandosi a noi tre. L’altro sorrise e mise un braccio intorno alle spalle a Laurel.
“Vedo tre ragazze senza bicchieri.” Disse.
“E come fratello minore del Presidente dei Kappa Alpha Psi non posso permettere che succeda!” Esclamò il primo ragazzo prima di sparire tra la folla. Tornò pochi secondi dopo con tre bicchieri di plastica rossa pieni di birra.
“Salute!” Esclamò poi.
Laurel, Rae ed io accettammo i bicchieri e li alzammo verso il soffitto.
“Salute!” Rispondemmo.
“Comunque sono Jasper, piacere di conoscervi!” Disse il primo ragazzo, alzando il tono della voce per sovrastare la musica.
“Ed io sono Sam!” Aggiunse l’altro.
Le mie amiche ed io ci presentammo e seguimmo i due ragazzi nel giardino sul retro, dove c’era un po’ meno gente e la musica era decisamente più bassa.
“Di che confraternita siete? Non vi ho mai viste in giro.” Domandò Sam, squadrando Rae dalla testa ai piedi.
“Oh no, noi non facciamo parte di nessuna confraternita.” Spiegò Laurel. “Ci ha invitate alla festa Zach. Non ho idea di come si chiami di cognome, frequenta il primo anno e l’ho visto ad Anatomia Artistica.” Aggiunse.
“Ah sì, la nuova recluta, Zach George.” Rispose Jasper. “Beh, direi che ha fatto bene il suo lavoro.” Aggiunse con un sorriso.
“Il suo lavoro?” Domandò Laurel.
“Le reclute dovevano invitare più ragazze carine possibili e direi che voi siete le più belle qui dentro.” Rispose Sam, sorridendo a Rae. Lei arrossì leggermente, poi stiracchiò le labbra in un sorriso imbarazzato e abbassò lo sguardo.
“Sapete dirmi se c’è un Liam tra di voi?” Domandò Laurel pochi secondi dopo, quasi casualmente. “Uno che lavora in libreria, magari?”
“Parli di Payne?” Chiese Sam, guardandosi intorno. Poi trovò la persona che stava cercando e la indicò alla mia amica. Il suo sguardo si illuminò e per poco non iniziò a saltellare.
“Sì, proprio lui!” Esclamò lei. “Liam Payne.” Disse poi, sorridendomi.
“Vai da lui.” Mormorai, dandole una leggera spinta.
“Non me lo faccio ripetere due volte!” Replicò Laurel. “Ragazzi, se volete scusarmi… ho una preda da conquistare.” Aggiunse, ridendo.
Scossi la testa e quando tornai a guardare i due ragazzi, notai che Jasper mi stava fissando. Sam era impegnato in una fitta conversazione con Rae ed ero sicura che i due sarebbero finiti a rotolarsi su qualche letto al piano di sopra entro pochi minuti.
“Ehi, ti va di ballare?” Mi chiese improvvisamente.
“È tuo dovere ballare con tutte le ragazze, in qualità di fratello minore del Presidente della confraternita?” Domandai con un pizzico di ironia.
Lui rise.
“Touché.” Rispose. “Stavo proprio per dirti una cosa del genere.”
“Beh, direi che non posso permettermi di rifiutare un invito da una persona così importante.” Replicai.
Jasper mi porse la mano e mi guidò all’interno della casa, dove la musica era quasi assordante.
Cominciammo a ballare insieme, tra un sorso e l’altro di birra, e ad ogni passo ci avvicinammo sempre di più. Poi lui mise la mano alla base della mia schiena e mi attirò ancora più vicina a sé.
Era una bella sensazione e Jasper non era esattamente un brutto ragazzo. Era più alto di me, aveva i capelli e gli occhi scuri e un sorriso che avrebbe potuto illuminare un’intera stanza.
Appoggiai entrambe le mani sul suo petto e continuai a ballare con lui, non curandomi di seguire il ritmo e non accorgendomi di quante canzoni avevo ascoltato.
Jasper non perse tempo. Avvicinò il suo viso al mio e appoggiò le sue labbra alle mie. Mi guardò per qualche istante, come se mi stesse chiedendo il permesso per continuare a baciarmi, e, quando annuii, si avvicinò di nuovo e questa volta mi diede un bacio lungo e lento.
 
“Vuoi venire di sopra?” Mi domandò dopo un po’. Avevamo smesso di ballare e mi ero lasciata guidare verso la parete, dove mi ero appoggiata e avevo lasciato che Jasper continuasse a baciarmi.
“Sì.” Risposi senza indugiare.
 
Avevo avuto solo una storia seria quando avevo diciassette anni ed era finita perché i miei genitori avevano deciso di trasferirsi dall’altra parte dell’America e il mio ragazzo non voleva una relazione a distanza. Mi si era spezzato il cuore e da quel momento avevo deciso di non dare più tanta importanza ai sentimenti. Era completamente inutile perdere mesi a conoscere qualcuno, tanto poi finiva sempre nello stesso modo: io mi trasferivo e non ci sentivamo più.
Ed io amavo il contatto fisico, amavo sentire un’altra persona vicina a me e amavo il sesso, quindi perché sprecare tempo prezioso a parlare, a cercare di scoprire più cose possibili sull’altra persona, quando ci si poteva conoscere perfettamente in quel modo?
 
Jasper mi prese per mano, si fece spazio sulle scale e mi portò nella sua camera. Chiuse la porta a chiave e cominciò a baciarmi, dapprima lentamente e poi con più foga, togliendomi i vestiti e facendomi sdraiare sul suo letto.
“Sarò il tuo Spiderman questa sera, Mary Jane.” Mormorò contro il mio orecchio, mentre con una mano cercava disperatamente di togliersi i pantaloni.
Mi bloccai immediatamente e lo allontanai da me.
“Seriamente?” Domandai.
“Che cos’ho detto?” Chiese lui, confuso.
“Hai detto qualcosa che mi ha appena fatto decidere di mandarti in bianco questa sera.” Risposi, cercando a tentoni il mio vestito sul materasso e rimettendolo.
“Dai, stavo scherzando!” Esclamò lui.
“Io no.” Risposi, rialzandomi dal letto e uscendo dalla sua stanza.
No, Jasper non era decisamente il ragazzo giusto per me. E forse l’avrei anche scoperto prima se solo ci avessi parlato per più di cinque minuti, ma io odiavo perdermi in chiacchiere inutili.

 


Buonasera da Londra!!
Ecco il secondo capitolo di Little White Lies! Mary Jane si sta ambientando al college e la sua cotta per il professor Styles continua a crescere sempre di più. E... è solo la sua immaginazione o lui le ha guardato le gambe quando si sono incrociati in corridoio? Sì, sicuramente si è immaginata tutto.
Cosa succederà nel prossimo capitolo? Vi anticipo che vedremo il secondo appuntamento privato tra il professore e Mary Jane e vedremo che traccia le ha dato per il primo tema.
Grazie per essere passate e per aver letto! Ho letto le vostre bellissime recensioni, ma purtroppo adesso non riesco a rispondere :( Domani mattina dovrei avere del tempo e prometto che appena posso vi rispondo. Intanto ci tenevo a ringraziarvi tantissimo, perché mi scrivete sempre cose bellissime! <3 <3
A martedì prossimo :)
 

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Capitolo 3
*** The Review ***




Capitolo 3 – The Review
 
Dopo il fiasco con Jasper avevo recuperato Laurel, che stava cercando di riprendersi dal fatto che Liam non l’aveva nemmeno salutata, e avevamo deciso di bere per dimenticare.
Avevo passato quasi tutto il sabato con un mal di testa lancinante e lo stomaco sottosopra e la domenica avevo incontrato Rae di mattina ed eravamo state insieme fino a sera. Avevo trovato tempo per guardare il foglietto con la traccia del professor Styles solo il lunedì pomeriggio, dopo le lezioni.
Mi ero seduta a uno dei tavolini esterni della caffetteria del campus, avevo aperto il computer e avevo sospirato. Poi avevo aperto il biglietto, su cui il professor Styles aveva scritto: “Il primo giorno di college” e basta.
Ansia. Quella era stata la prima parola a cui avevo pensato e anche la prima che avevo scritto sul foglio bianco di Word sullo schermo del computer davanti a me. E da lì ero andata avanti, cercando di non analizzare troppo quello che stavo scrivendo e di rendere il mio tema personale.
 
***
 
Era martedì pomeriggio e, dopo aver consegnato il lavoro al professor Styles durante la lezione, mi ritrovai nel suo ufficio, con la porta chiusa e le tendine mezze abbassate.
Lui stava leggendo il mio lavoro dietro la scrivania, aggrottando le sopracciglia e scrivendo qualcosa, di tanto in tanto, con la biro rossa. Io, invece, ero impegnata a guardarlo, a cercare di non pensare a tutto quello che avrei voluto fare insieme a lui, e a torturarmi le dita, perché l’attesa si stava facendo insopportabile.
 
“Hai passato una bella serata venerdì?” Mi chiese improvvisamente il professore, alzando lo sguardo dal foglio che stava leggendo e puntandolo su di me.
Arrossii, pensando al vestito in cui mi aveva vista nei corridoio del mio dormitorio. Se non fosse stato un professore avrei avuto la risposta perfetta da dargli, ma non era il caso, quindi mi morsi il labbro e ci pensai e basta.
Avrei passato una serata sicuramente più bella se tu fossi stato nel mio letto.
“Sì, non è andata male. È stata la mia prima festa universitaria.” Spiegai.
“Sei andata al pub del campus?” Mi domandò ancora.
“No, sono stata invitata a un party a casa dei Kappa Alpha Psi.” Replicai.
Lui annuì e fece indugiare lo sguardo sul mio viso per qualche altro secondo, prima di sorridere e tornare a concentrarsi sul mio tema.
Cos’avrei potuto dire per rompere quel silenzio imbarazzato? E probabilmente lui non stava provando le stesse cose che stavo provando io - anzi, sicuramente non le stava provando - ma io ero disperata.
Perché doveva essere così attraente ed essere il mio professore? Non poteva essere un semplice compagno di classe? O un ragazzo qualunque? No, il destino doveva avercela con me.
“Grazie per aver trovato subito il tempo per correggere il mio tema.” Borbottai, dicendo ad alta voce la prima cosa che era passata nella mia mente. Era una frase senza senso, probabilmente avevo anche dimenticato la grammatica nel dormitorio.
“Non c’è nessun problema.” Rispose lui. “A dire la verità avevo del tempo libero ed ero davvero curioso di leggere quello che hai scritto.”
“È orribile, vero?” Domandai, abbassando lo sguardo mentre attendevo la risposta. Mi ero pentita di aver consegnato quella cosa, perché non avevo nemmeno avuto il tempo di rileggerla.
“No.” Disse. “Ci sono delle ripetizioni, un paio di errori di distrazione e delle frasi che cambierei, ma in generale è molto personale e sei riuscita a esprimere quello che hai provato durante la tua prima giornata al college. Hai anche raccontato aneddoti divertenti, come quello in cui ti sei trovata nel bel mezzo di un litigio tra Presidentesse di due confraternite perché entrambe volevano che tu prendessi il loro volantino. Sei stata brava.” Aggiunse senza perdere il sorriso.
Mi aveva appena detto che ero stata brava?
“Grazie.” Risposi. “È stato imbarazzante, ma nello stesso momento divertente.” Aggiunsi, ricordando la scena.
“Mi sono sentito coinvolto, mi sembrava quasi di essere lì con te.” Disse lui. “Sono rimasto molto sorpreso, pensavo che avresti avuto bisogno di molte più tracce del genere per lasciarti andare.” Aggiunse. Sembrava quasi che mi stesse studiando e sentii un’ondata di calore avvolgermi le guance. Perché il professor Styles mi faceva quell’effetto?
“I suoi consigli sono stati davvero utili, professore.” Replicai.
“Però, per sicurezza, vorrei continuare queste sessioni private, cosa ne dici?” Mi domandò dopo qualche secondo.
Sì. Sì, Assolutamente sì! E me lo chiedi anche?
“Credo che sia una buona idea, professore. Grazie mille.”
“Ottimo, allora raggiungimi qui dietro la cattedra, così ti mostro le frasi che cambierei e il resto delle cose che vanno sistemate.”
Mi alzai dalla sedia su cui ero comodamente seduta – non era vero, non riuscivo nemmeno ad appoggiarmi allo schienale perché ero agitata – e mi sistemai di fianco al professor Styles.
Mille pensieri – novecentonovantanove e mezzo dei quali erano inappropriati – si formarono nella mia mente.
Mi abbassai leggermente per vedere meglio il foglio che aveva in mano e per leggere le note che aveva scritto in rosso ai margini.
“Qui hai ripetuto esperienza due volte in una frase.” Disse, indicando un paragrafo con l’indice.
Ero così vicina che potevo sentire il suo profumo. Il professor Styles stava indossando una camicia nera e aveva i primi due bottoni aperti, così diedi un'occhiata fugace al suo interno e notai una cosa che mi sorprese: tatuaggi. Tanti tatuaggi. 
Ne vidi uno persino sulla sua mano. Una croce nera sul lato interno, appena sotto il pollice.
Scossi la testa e mi obbligai a concentrarmi su quello che stava dicendo.
 
***
 
"Ehi!" Sentii dire mentre attraversavo la piazza davanti all'edificio del dipartimento di Letteratura. "Mary Jane!" 
Mi voltai e vidi Carmen, la mia compagna di banco al corso di Scrittura Creativa, correre verso di me.
"Ehi, ciao!" Esclamai.
"Dimmi che hai anche tu bisogno di un caffè. Andiamo insieme?" Propose.
"Perché no?" Risposi. Avevo finito le lezioni per quel giorno. Dovevo solo andare al dormitorio e dedicarmi alla nuova traccia che mi aveva dato il professore.
"Ti ho vista uscire dall'ufficio del professor Styles." Disse Carmen. Ci eravamo sedute all'interno della caffetteria e avevamo ordinato due tazze enormi di caffè.
"Sì." Dissi. "Avevo un colloquio perché voleva parlare con me di un tema che ho scritto." Aggiunsi. Era la verità, quindi perché mi sentivo così in colpa? Come se stessi facendo qualcosa di illecito o immorale.
"Come hai fatto a ottenere un incontro così presto? Ho visto che gli consegnavi il compito a lezione... Io ho provato a chiedergli di vederci in privato perché ho bisogno di aiuto per trovare il mio stile di scrittura, ma mi ha detto che questa settimana è completamente oberato e cercherà di trovare un posto per me alla fine del mese." Raccontò la ragazza.
La mia mente andò subito all'appuntamento che il professore aveva già fissato per il martedì successivo. 
Aveva detto a Carmen che non aveva assolutamente tempo, ma a me aveva già fissato un colloquio privato per parlare di un compito che non avevo ancora fatto?
Parte di me si sentiva lusingata. L'altra parte di me era confusa. Perché durante le lezioni private che avevamo avuto fino a quel momento avevo provato delle sensazioni strane - e avevo dato la colpa alle manie di protagonismo e alla paranoia, principalmente - e avevo pensato che lui mi stesse guardando in modo diverso rispetto alle altre studentesse.
C'era qualcosa di strano nella sua espressione, a volte. L'avevo interpretato come desiderio, ma credevo di stare esagerando. Era quello che speravo, quello era certo, ma era anche la verità?
Il professor Styles era attratto da me? Oppure mi stavo solo inventando tutto e lui aveva deciso di aiutarmi perché ero un caso particolarmente perso e voleva che migliorassi almeno un po'?
"Non lo so, credo di essere stata semplicemente fortunata." Mi costrinsi a rispondere.
"Già, sei stata fortunata. Ho sentito anche altri compagni e tutti hanno fatto fatica ad ottenere un colloquio con il professor Styles." Replicò Carmen.
"Forse sono riuscita ad avere l'ultimo disponibile." Mentii. In realtà avevamo deciso di vederci ogni martedì, quindi era come se avessi già appuntamenti per tutto il semestre.
"Comunque è un bravo professore. Sono proprio felice che il signor Gordon sia andato in pensione. Dicevano tutti che era una iena." Continuò la ragazza.
"Già." Dissi, mescolando distrattamente lo zucchero nel caffè. 
Non riuscivo a smettere di pensare all'espressione del professore quando mi aveva chiesto com'era andata la serata. 
Carmen continuò ad elogiare Styles per un'infinità di tempo e arrivai al punto di annuire, sorridere e basta. Non vedevo l'ora di tornare a casa per leggere la nuova traccia a cui avrei dovuto lavorare.
"Mary Jane, è stato un piacere parlare con te, ma devo scappare." Disse improvvisamente la ragazza, guardando l'orologio. "Ho delle ore di studio obbligatorie con la mia confraternita e poi devo organizzare una festa di beneficenza." Aggiunse.
"E' stato un piacere anche per me." Dissi, anche se in realtà avevo ascoltato ben poco di quello che mi aveva detto. La mia mente continuava a soffermarsi sui capelli spettinati del professor Styles, sulle sue labbra, sulle sue mani, sui suoi tatuaggi... e su quanto avrei voluto scoprire ogni singolo segreto del suo corpo. 
Scossi la testa per liberarmi da quei pensieri e salutai la mia compagna di corso, che cominciò a correre verso il quartiere delle confraternite.
 
Invece di tornare nel mio dormitorio - e rischiare di essere risucchiata nel fantastico mondo dei gossip da Laurel - approfittai delle ultime ore di sole per sedermi sull'erba al parco. Appoggiai la schiena al tronco di un grande albero ed estrassi il computer portatile dalla mia borsa. Poi aprii il biglietto del professor Styles e lessi il contenuto: "La mia prima festa universitaria".
Sorrisi, chiedendomi se stesse cercando di farmi scrivere qualcosa di personale per aiutarmi a esprimere al meglio le mie emozioni, o se stesse solo cercando di farsi gli affari miei. 
 
"Delusione." Scrissi. Per un attimo mi domandai cosa avrei potuto scrivere e cosa non sarebbe stato assolutamente appropriato, poi scrollai le spalle e cominciai a scrivere, descrivendo nei dettagli tutte le emozioni che avevo provato da quando ero uscita dal mio dormitorio a quando ci ero tornata.
Evitai la parte in cui stavo quasi per finire a letto con Jasper, ma decisi di raccontare lo stesso qualcosa di quello che era successo, perché era il motivo principale per cui la mia prima festa universitaria era stata una semi delusione. 
 
"Tre volte in un giorno!" Sentii una voce familiare alle mie spalle. Chiusi istintivamente il computer per non fare leggere a nessuno quello che stavo scrivendo - anche perché ero passata dal compito per il corso di Scrittura Creativa al mio diario personale - e guardai in alto.
Il sole era tramontato e il cielo stava cominciando a diventare più scuro. Dietro di me il professor Styles sorrideva e si aggiustava gli occhiali.
"Professore!" Esclamai, sentendomi improvvisamente imbarazzata. Mi aveva beccata esattamente nel momento in cui stavo scrivendo sul mio diario personale quello che era successo con Jasper. Da quanto tempo era lì dietro? Aveva letto tutto?
"Mary Jane." Mi salutò lui. "Stavo tornando a casa e ho pensato di fare una passeggiata al parco." Aggiunse. Era normale che i professori dessero del tu agli studenti? Forse lo faceva perché era giovane.
"E' una bella giornata." Replicai. Se avessi potuto mi sarei tirata uno schiaffo sulla fronte. C'era qualcosa di più stupido che avrei potuto dire in quel momento?
"Ti stavi già dedicando ai compiti?" Mi domandò lui, guardando il mio computer chiuso con interesse. 
"Scrivevo nel mio diario." Risposi. "I compiti li ho già finiti." Aggiunsi con un sorriso. 
"La traccia che ti ho dato?" Domandò lui con aria sorpresa. 
"Sì, avevo del tempo libero, ho trovato un posto tranquillo e ho pensato, perché no?" 
"Allora possiamo anche anticipare il nostro appuntamento di martedì prossimo. Vieni nel mio ufficio giovedì all'ora di pranzo. Ho un momento tranquillo e possiamo correggere il tuo nuovo tema. Poi torniamo a vederci tutti i martedì, come da accordi." 
Il professor Styles, quello che non dava appuntamento nel suo ufficio a nessuno perché diceva di essere oberato, aveva appena chiesto a me, Mary Jane Watson, di vederlo per pranzo durante un giorno in cui non avremmo dovuto vederci? Cercai di non trarre conclusioni, ma fu davvero difficile. 
"Certo, volentieri." Dissi. "E grazie, so che per lei è difficile trovare del tempo per vedere gli studenti." Aggiunsi prima di perdere il coraggio e interrompermi. Lui sorrise, di nuovo, e non disse nulla.
"Ci vediamo giovedì, signorina Watson." 
Deglutii e annuii. 
"A giovedì, professore." Mormorai.
 
***
 
"Cosa vuol dire che non pranzerai con me? Me l'avevi promesso!" Esclamò Laurel giovedì.
"Lo so, scusa. Mi sono dimenticata di dirti che il professor Styles mi ha chiesto di vederci per parlare del mio nuovo tema." Dissi. "Mi dispiace, Laurie. Lo so che avevamo parlato di questo pranzo la settimana scorsa." Aggiunsi.
"Va beh, non importa. Andremo a cercare l'auto di Tomlinson la settimana prossima." Sospirò la mia amica.
"Magari nel frattempo ti passerà e capirai che rigargli la macchina non è l'idea migliore che tu abbia mai avuto." Risposi. "Ma poi perché proprio solo di giovedì?" Domandai.
"Perché Lo Stronzo la parcheggia lì solo quel giorno. Durante il resto della settimana non so dove la mette. Forse se la infila su per il..."
"Laurel." La interruppi. Avevo notato Jasper, il ragazzo della confraternita, venire verso di noi e non volevo che ascoltasse i nostri discorsi.
"Mary Jane!" Esclamò lui. "Ti ho cercata per giorni. Possiamo parlare un secondo?" Mi domandò.
Annuii, anche se non ne ero convinta. Per me aveva perso qualunque tipo di fascino quando aveva fatto quella battutaccia sul mio nome.
Laurel mi salutò e si avviò verso la caffetteria.
"Ho poco tempo, però. Ho un appuntamento." Lo avvisai. Studiai la sua reazione. Sembrava deluso. 
"Ho provato a chiedere a Sam di chiedere a Rae il tuo numero di telefono - o almeno un modo per contattarti, ma lei non ne ha voluto sapere. Mi ha detto che avrei dovuto risolvermela da solo perché non voleva mettersi in mezzo." Disse lui. 
Dalla sera della festa Rae e Sam avevano cominciato a uscire insieme e le cose sembravano andare abbastanza bene. Ma tutte le storie sembravano andare bene all'inizio - o almeno così sosteneva Rae. Lei stava solo aspettando che lui facesse un passo falso.
"Mi hai trovata adesso, parliamone." Replicai, forse suonando un po' più maleducata di quello che avevo previsto.
"Volevo solo dirti che mi dispiace per quello che è successo la settimana scorsa. Sul serio, non pensavo che una battuta del genere potesse farti arrabbiare." Continuò lui.
"Hai idea di quanta gente mi abbia detto cose del genere? Da quando sono nata? Potrei scriverci un libro con tutte le cose che mi hanno detto." Dissi io, cominciando a camminare verso l'edificio del dipartimento di Letteratura. "Ha rovinato l'atmosfera, tutto qui." Aggiunsi.
"Quindi io e te siamo a posto?" Mi domandò il ragazzo con aria speranzosa. "Perché mi piacerebbe portarti fuori a bere qualcosa e questa volta prometto di non nominare Spiderman nemmeno una volta." Aggiunse. Poi chiuse gli occhi e fece una smorfia. "Merda, scusa, l'ho nominato ancora! Ma da adesso mai più, giuro." 
Sorrisi mio malgrado, perché Jasper era una persona divertente. Ma rischiavo di essere in ritardo all'appuntamento con il professor Styles e, onestamente, non vedevo l'ora di trovarmi nel suo ufficio.
"Ascolta, possiamo parlarne un'altra volta? Non sono arrabbiata con te per quello che è successo e mi piacerebbe uscire, ma adesso devo vedere un professore per parlare di uno dei miei lavori." Dissi. 
Ormai eravamo arrivati davanti all'ingresso dell'imponente edificio e dovevo entrare. Volevo entrare. 
"D'accordo, allora facciamo così: io sarò al pub del campus domani sera alle nove. Se ti va di bere qualcosa con me troviamoci lì, d'accordo?" Mi domandò.
"Perfetto." Dissi. Poi lo salutai con la mano e camminai velocemente verso l'ufficio del professore.
 
***
 
"Vuoi?" Harry Styles - il professor Styles - stava divorando una fetta di pizza quando lo raggiunsi. Mi indicò il cartone ancora pieno davanti a sé e parlò con la bocca piena. 
Annuii, perché il solo profumo della pizza mi aveva fatto venire l'acquolina in bocca. O forse era stata la presenza di quell’essere affascinante e i relativi pensieri inappropriati che si erano immediatamente formati nella mia mente.
"Grazie." Dissi, sedendomi sulla sedia di fronte alla sua scrivania. Non appoggiai la schiena allo schienale e mi sistemai sulla punta del sedile. Ero agitata, dovevo controllarmi. Ero in quella stanza per parlare del mio lavoro.
Quanto vorrei essere qui per altro, pensai.
"Ho letto il tuo tema e devo dire la verità." Cominciò a dire, recuperando svariati fogli da sotto la lattina di Coca Cola Light.
Ci siamo, sta per dirmi che ho scritto una cazzata, pensai.
"Mi sono ricordato le mie feste universitarie e mi è venuta un po' di nostalgia." Aggiunse con un sorriso. "I racconti che si leggono in giro, i libri, le serie televisive e i film ti preparano a una realtà molto diversa. Quando arrivi alla tua prima festa ti aspetti chissà cosa e poi rimani deluso da quello che ti trovi davanti." 
"Già." Dissi. "E soprattutto credi che i ragazzi siano più maturi rispetto alle scuole superiori, invece sono tutti uguali." Aggiunsi.
"Il tizio che ti ha fatto la battuta sul nome?" Mi domandò con interesse. Annuii senza dire nulla. Perché tramite i miei lavori stavo rivelando questi particolari della mia vita privata a un professore? "Ti svelo un segreto: gli uomini sono generalmente più immaturi rispetto alle donne. Quindi preparati ad ascoltare battute del genere per il resto della tua vita." 
"Mio Dio, credo che preferirei cambiare nome." Mormorai quasi tra me e me.
"Invece ti si addice molto." Disse lui, abbandonando la sua sedia e appoggiandosi alla scrivania, proprio davanti a me. Guardai in alto e incrociai il suo sguardo.
Era solo una mia impressione o non stavamo più parlando del mio tema? Ci stavamo concentrando un po’ troppo su di me.
"Sì?" Domandai.
"Sì." Confermò lui. "Secondo me è il nome perfetto per te, non ti vedrei con nessun altro." Aggiunse. Poi lo vidi fare una smorfia, allentarsi la cravatta e aprire leggermente la camicia. "Scusa, questa cosa mi soffoca." Si giustificò con un sorriso. 
Cercai disperatamente di concentrare tutta la mia attenzione sulla fetta di pizza che avevo ancora in mano e a non guardare i tatuaggi che si intravedevano sul suo petto. Deglutii e fissai lo sguardo sulle tende semi chiuse alle finestre.
Faceva apposta ad essere così dannatamente sexy? Ero solo un essere umano, si aspettava che resistessi?
"Non... ehm..." Chiusi gli occhi per qualche secondo e cercai di concentrarmi. Cosa stavo cercando di dire? Non ne avevo idea. "Er... comunque sì, se non ci fosse il piccolo problema di Spiderman, il mio nome mi piacerebbe." Mormorai.
Che vita difficile. Avevo un professore che, nella migliore delle ipotesi, era un idiota e non si rendeva conto dell'effetto che faceva sulla gente. E, nella peggiore, era un maledetto diavolo tentatore e faceva apposta a torturarmi in quel modo.
Styles prese una fetta di pizza dal cartone e cominciò a mangiarla. Il pomodoro ovviamente schizzò sulla sua camicia, macchiando il taschino.
“Maledizione.” Imprecò lui, riponendo la fetta di pizza nel cartone e alzandosi dalla scrivania. Prese un fazzoletto e, prima che potessi dirgli che avrebbe solo peggiorato la situazione, cominciò a strofinarlo sulla stoffa.
La macchia di pomodoro raggiunse dimensioni inquietanti.
“Credo che dovrò buttarla in lavatrice.” Mormorò dopo un po’.
“Prima la copra con del bicarbonato.” Mi sforzai di dire. Il professore aveva aperto altri bottoni e ormai riuscivo a vedere con chiarezza i tatuaggi che aveva appena sotto le clavicole.
“Sì?” Domandò lui distrattamente, continuando a strofinare il fazzoletto sulla camicia.
“Sì.” Risposi. Deglutii all’ennesimo bottone slacciato. Aveva un altro enorme tatuaggio a forma di farfalla sul torace. Non sarei riuscita ad arrivare alla fine di quel colloquio viva. “E non strofini più il tessuto, peggiorerà solo la situazione. Lasci il bicarbonato per almeno dodici ore e poi la lavi.” Aggiunsi, costringendomi a fissare la fetta di pizza da cui era scivolato il pomodoro.
“Grazie per il consiglio.” Replicò il professore. Poi, senza nessun tipo di preavviso, terminò di slacciare i bottoni e rimase a petto nudo. Guardai le sue spalle e sentii le mie gambe diventare deboli. Dovevo avere fatto qualcosa di tragicamente sbagliato nella mia vita precedente per meritarmi una tortura del genere. Chissà come sarebbe stato affondare le unghie nella sua schiena durante il sesso.
Il professor Styles si abbassò, aprì uno dei cassetti della sua scrivania, estrasse una camicia pulita e si rivestì.
“S-si figuri.” Risposi, schiarendomi la voce.
Aveva un fisico asciutto, tatuaggi ovunque – che durante le lezioni nascondeva con le maniche lunghe della camicia – e i pettorali lievemente scolpiti. “Ehm… credo che la nostra ora sia finita.” Dissi, guardando l’orologio. Non era vero, mancavano ancora cinque minuti, ma io non potevo rimanere un secondo in più in quella stanza senza provare l’impulso di saltare su quella scrivania e togliergli anche la camicia pulita e cominciare a baciarlo dappertutto.
“Giusto, sì.” Mormorò lui. “Ti scrivo la prossima traccia e ne parliamo martedì, d’accordo?”
“Perfetto.” Dissi, guardando con molto interesse le lunghe dita del professore, mentre prendeva una biro e scriveva su un pezzetto di carta.
Uscii dal suo ufficio in una specie di trance. Mi sentivo un’idiota, non riuscivo a smettere di pensare al corpo del professore, alle sue mani, ai suoi capelli, alle sue labbra. Come sarei arrivata alla fine del corso?
E, soprattutto, non bastava il mio stupido nome da personaggio dei fumetti/amante della marijuana, dovevo avere anche una cotta cliché per il mio professore. Speravo che non lo scoprisse mai nessuno, altrimenti sarei diventata un bersaglio ancora più facile per quelli che volevano fare i simpaticoni.
 


Ed ecco un nuovo capitolo di Little White Lies! Mary Jane è sempre più disperata, perché Styles le fa davvero un brutto effetto. Ma fa apposta? Oppure non si rende conto di essere così attraente e di fare rischiare l'infarto alla nostra protagonista ogni volta che si allenta la cravatta o - peggio! - si toglie la camicia? Ma soprattutto, perché dice a tutti che non ha tempo per gli appuntamenti nel suo ufficio e poi fa delle eccezioni per Mary Jane?
Nel prossimo capitolo, che posterò martedì, scopriremo se la ragazza deciderà di uscire con Jasper e la vedremo di nuovo alle prese con il professor Styles. Cosa pensate che succederà?
Grazie per essere passate! Spero che la storia stia continuando a piacervi <3
Alla prossima!
 

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Capitolo 4
*** Skirts & Legs ***




Capitolo 4 – Skirts And Legs
 
Quella sera crollai e raccontai tutto a Laurel, che mi ascoltò a bocca aperta, seduta sul suo letto a gambe incrociate.
“Si è spogliato davanti a te?” Mi domandò.
“Sì! Sì, l’ha fatto ed io non so cosa pensare, Laurie. Stavo per impazzire là dentro.” Dissi, abbandonando la schiena contro il muro dietro di me e appoggiando la testa contro la parete. “Cioè, l’ha fatto con una nonchalance, con una naturalezza… io dico che l’ha fatto apposta, perché sa che effetto fa sulle povere studentesse.” Mi sfogai.
“O forse gli piaci.” Suggerì la mia amica.
“Ma figurati. Uno come lui e una come me? Oltre al fatto che sono una sua studentessa, non penso che rischierebbe di perdere il lavoro.” Dissi. “E in fin dei conti si è solo tolto la camicia perché l’aveva sporcata, probabilmente – anzi no, sicuramente l’avrebbe fatto anche davanti a uno studente maschio.”
“Sì, probabilmente hai ragione.” Disse lei. “Cambiando argomento, perché vedo che questo ti sta creando parecchio disagio, domani sera uscirai con Jasper?” Domandò.
Ah. Jasper. Il tizio della confraternita. Quello con cui ero quasi andata a letto e che mi aveva invitata al pub per farsi perdonare.
“Non lo so, è maleducato non presentarsi, no?” Domandai. Laurel annuì. “Allora vuol dire che berrò qualcosa con lui e… sai una cosa? Potrei anche decidere di sfogare le mie frustrazioni sessuali su di lui.” Dissi improvvisamente.
Certo, era un’ottima idea. Sapevo che c’era dell’attrazione fisica tra di noi. L’avevo già sperimentata alla festa. Non potevo avere il professor Styles per ovvie ragioni, quindi avrei semplicemente chiuso gli occhi e finto di essere con lui. Poteva funzionare.
“Mary, non credo che sia un’ottima idea.”
“È la migliore che io abbia mai avuto.” Dissi risoluta.
“D’accordo.” Replicò la mia amica. Era scettica, lo vedevo dalla sua espressione e lo sentivo nella sua voce, ma non mi importava. Io non potevo continuare in quel modo.
 
***
 
La sera successiva raggiunsi Jasper al pub e vidi un sorriso illuminare il suo viso quando mi notò. Forse era convinto che non mi sarei presentata e non aveva nemmeno torto. Avevo pensato fino all’ultimo di tornare a casa, perché le parole di Laurel avevano continuato a rimbombare nella mia mente.
Ma alla fine avevo deciso di uscire e bere qualcosa con lui. E poi avrei continuato da quel punto, avrei improvvisato.
“Ehi, Mary!” Esclamò lui, alzandosi. Mi abbracciò brevemente e mi diede un bacio sulla guancia. “Mi fa piacere che tu abbia deciso di venire.”
Sorrisi e mi accomodai sullo sgabello di fianco al suo.
“Grazie per avermi invitata.” Dissi. Poi guardai il cameriere e mi resi conto che non avrei potuto bere una birra. Frequentavo il primo anno, mi avrebbero chiesto la carta d’identità e mi avrebbero riso in faccia.
“Cosa prendi?” Mi domandò Jasper. “Una birra va bene?” Sembrava avermi letto nel pensieri. Annuii e lui richiamò l’attenzione del cameriere. Chiese due birre e fui sorpresa dal fatto che nessuno gli chiese un documento.
“In realtà non potrei.” Confessai dopo aver brindato, facendo incontrare la mia bottiglia contro la sua.
“Nemmeno io, ma Colin è nella mia confraternita. Frequenta l’ultimo anno.” Rispose Jasper, alzando la bottiglia verso il cameriere e sorridendo al ragazzo.
“Quindi hai delle conoscenze in questo posto.” Dissi.
“Beh, nelle confraternite è così. È uno dei motivi principali per cui si cerca di entrare a far parte di un gruppo del genere.”
“Ed io che pensavo che fosse solo per le feste e le ragazze.” Lo presi in giro.
“Quello costituisce il novanta percento del motivo.” Rispose lui. “Il restante dieci sono i legami che si stringono con gli altri fratelli e il fatto che chi è in una confraternita ha una specie di corsia preferenziale in certi campi.”
“Dimmi di più.” Dissi, bevendo un sorso della mia birra. Non ero particolarmente interessata alla vita delle confraternite – altrimenti avrei deciso di entrare a fare parte di una cosa del genere anch’io – ma avrei dovuto trovare un argomento per far passare la serata, giusto? E poi era carino vedere Jasper così interessato a qualcosa. Gli si illuminavano gli occhi quando parlava della sua vita universitaria.
“Abbiamo avuto persone importanti nei Kappa Alpha Psi. Imprenditori, miliardari, politici, medici, avvocati, sportivi… insomma, abbiamo conoscenze più o meno in tutti i campi importanti.” Rispose lui.
“E tu cosa vorresti fare dopo l’università? Ma soprattutto, cosa stai studiando?” Domandai.
“Sto studiando Sport Management. Vorrei diventare un giocatore professionale di calcio, ma se le cose andranno male su quel lato mi accontenterei di diventare allenatore. Qualunque cosa purché abbia a che fare con lo sport, insomma.” Replicò.
“Oh, quindi sei nella squadra di Horan?” Domandai.
“Sì, lo conosci?”
“Ho sentito parlare di lui. Dicono tutti che sia di origine irlandese e che sia una macchina da guerra.”
“Confermo, i suoi allenamenti sono tosti. Torno a casa distrutto tutte le volte. Però è bravo, perché da quando c’è lui la squadra di calcio del nostro campus è riuscita ad essere prima nella classifica del campionato.”
“Congratulazioni!” Esclamai. Non ero una grande appassionata di sport, ma mi piacevano gli sportivi. Avevano sempre il fisico migliore.
“Grazie. E tu cosa fai? E cosa vorresti fare?”
“Sto studiando Letteratura Inglese e Scrittura Creativa. Vorrei diventare una scrittrice.”
“Una scrittrice tipo giornalista oppure vorresti proprio pubblicare dei libri?”
“Libri.” Risposi prontamente. “Vorrei scrivere storie, creare personaggi, ispirarmi a persone che conosco realmente e raccontare il mondo attraverso i miei occhi e quelli dei miei protagonisti.” Dissi.
“È un bel sogno. Hai un genere in cui preferisci cimentarti? Tipo, che ne so, fantasy, fantascienza?”
“No.” Risposi, scuotendo la testa. “Preferisco le cose reali. Mi piace scrivere delle relazioni complicate tra le persone, adoro le storie d’amore impossibili, ma anche le storie d’amore in generale.” Aggiunsi.
“Quindi sei una persona molto romantica?” Domandò, interessato. Probabilmente stava già sudando all’idea di doversi inventare qualcosa di epico per conquistarmi.
“Non troppo.” Dissi. “A me piace conoscere le persone, mi piace instaurare subito un rapporto, mi piace cercare l’intimità. Mi piacciono le cose semplici, onestamente. Non sono una di quelle persone che vorrebbe vivere una storia da film, una in cui il ragazzo fa cose strane per conquistarla, poi si baciano sotto la pioggia e cose del genere.”
Il viso di Jasper sembrò rilassarsi e sorrise.
“Mi piaci.” Dichiarò dopo pochi secondi. “Mi dispiace di aver rovinato tutto con quello stupido commento alla festa. Non avrei dovuto.”
“Non preoccuparti.” Risposi. “Acqua passata.”
In quel momento vidi entrare nel pub un gruppo di persone che non sembravano studenti. Erano quattro uomini. Riconobbi subito il professore di Teatro di Laurel, Louis Tomlinson. Con lui c’erano l’allenatore Niall Horan, il professore di arte della mia migliore amica, Zayn Malik e, per finire in bellezza, Harry Styles.
Sgranai gli occhi e nascosi la birra dietro il braccio di Jasper. Non potevo farmi beccare a bere da lui. Sapeva benissimo che non avevo ventun anni.
Il gruppo di professori si fece spazio tra la folla e cominciò ad avvicinarsi pericolosamente al bancone. Styles era distratto e, fortunatamente, stava parlando con Malik.
Tomlinson guardò nella nostra direzione, probabilmente per cercare il barista. Diede di gomito a Styles, che alzò lo sguardo. Entrai in panico e, prima che potesse riconoscermi, mi avventai su Jasper e lo baciai.
“Wow, Mary…” Mormorò lui.
Spostai lo sguardo alla mia sinistra e vidi il gruppo di professori proprio di fianco a me. Stavano aspettando che il barista portasse loro da bere e la mia incredibile fortuna mi fece trovare esattamente di fianco a Styles.
Merda.
Ricominciai a baciare Jasper nella speranza che non mi riconoscesse. Era orribile vedere un professore fuori dalla scuola, soprattutto uno per cui avevi una grossa, gigantesca cotta.
“Mary…” Sussurrò ancora il ragazzo contro le mie labbra. Possibile che non riuscisse a smettere di dire il mio nome? Voleva anche mettere un’enorme freccia LED che puntasse verso la mia testa?
“Che ne dici di riprendere da dove ci siamo interrotti alla festa?” Mormorai nel suo orecchio. Il ragazzo mi guardò, deglutì e annuì.
“Andiamo da me?”
“Sì, la mia coinquilina è a casa.” Risposi.
Poi mi alzai, tenendo la testa bassa, recuperai la mia borsa dal bancone e cercai di voltarmi senza farmi vedere.
“Signorina Watson!” Ecco. Quella era la voce un po’ roca e bassa del professor Styles. Quella che avevo sognato la notte prima e quella che diceva esattamente quella frase proprio mentre stavamo…
“Professore!” Mi obbligai a rispondere. Cercai di smettere di pensare al sogno della notte prima, ma arrossii lo stesso.
Lui guardò prima me e poi il ragazzo che mi stava tenendo la mano e la sua espressione cambiò. Il suo sorriso si spense e nei suoi occhi passò un lampo di… consapevolezza? Imbarazzo? Non ne avevo idea, ma non mi piaceva.
“Mary, andiamo?” Domandò Jasper.
“Sì, scusa, stavo salutando il mio professore di Scrittura Creativa.” Risposi, voltandomi verso il ragazzo e sorridendo. Lui si accorse del gruppo di adulti e strizzò gli occhi nella direzione di Horan.
“Coach!” Esclamò.
“Olinsky.” Replicò lui, alzando la pinta che stava per bere nella sua direzione. “Sei fortunato perché ti sei allontanato dal bancone e non ho la prova sicura che quella birra sia tua, altrimenti saresti stato fuori dalla squadra.” Continuò l’allenatore.
Jasper gli rivolse un sorriso a trentadue denti e si strinse nelle spalle.
“E non stancarti troppo, domani ho bisogno di tutte le tue forze per l’allenamento.” Aggiunse il Coach, spostando leggermente la testa verso di me. Arrossii e sperai che nessun altro – soprattutto la persona seduta esattamente di fianco a me – si fosse accorto di quello che aveva detto.
Feci un cenno a Styles, che rispose con un mezzo sorriso, e poi seguii Jasper fuori dalla porta. Prima di uscire dal pub, però, mi mise una mano sul sedere e mi diede un pizzicotto.
Sospirai e camminai con lui verso la casa dei Kappa Alpha Psi, fermandomi almeno quindici volte sul tragitto, perché Jasper continuava a baciarmi. E l’attenzione che mi stava riservando non mi dispiaceva, anzi. Era esattamente quello che cercavo. Solo che lui non era esattamente la persona che avrei voluto nel mio letto in quel momento e, dopo aver visto il professor Styles al pub, trovavo difficile concentrarmi.
 
***
 
Andare a letto con Jasper non mi aveva fatta sentire bene come avrei voluto. Principalmente perché mi sentivo in colpa. Lui aveva cercato di rendere la serata perfetta, si era preoccupato per me, era stato gentile e anche delicato, mi aveva baciata, mi aveva accarezzato il viso, mi aveva guardata negli occhi e mi aveva persino fatto le coccole dopo. Poi mi aveva proposto di dormire da lui, ma io non volevo svegliarmi nel suo letto la mattina successiva, così avevo preso una scusa qualsiasi ed ero tornata nel dormitorio con Laurel, che, dopo avermi lasciato qualche minuto per farmi una doccia, mi aveva assalita con un milione di domande.
Aveva voluto sapere tutti i dettagli e aveva sgranato gli occhi e aperto la bocca quando le avevo raccontato dell’incontro con il professor Styles al pub.
“Beh, imbarazzante.” Concluse.
“Abbastanza. Volevo fare un buco e nascondermi. Invece sono andata in panico e ho baciato Jasper.”
“Secondo me a lui non è dispiaciuto così tanto. A Jasper, dico.”
“Lo so, anche perché lui non sa che l’ho sostanzialmente usato come distrazione. Però io mi sento in colpa, soprattutto perché…”
“Dimmi che non l’hai chiamato con il nome di Styles.”
“No, per carità! Quello no.” Dissi. “Però ho pensato a lui, quello sì. Lo devo ammettere. Mi sento una merda.”
“Oh, per favore.” Rispose Laurel. “A Jasper non darà fastidio quello che non sa, giusto?”
“Giusto.” Replicai. “Giusto.” Ripetei, mettendomi sotto le coperte. Sapevo che avrei avuto problemi ad addormentarmi quella notte. Ripensai a mia madre e alle sue strane convinzioni, così estrassi uno dei cristalli che mi aveva lasciato prima di trasferirsi a Las Vegas e lo strinsi nella mano destra.
Secondo lei avrebbe dovuto aiutarmi a rilassarmi e farmi addormentare. Invece mi ritrovai a fissare il soffitto fino a quasi l’alba e a ripensare all’espressione del professore quando aveva visto che Jasper mi stava tenendo la mano.
Era semplicemente imbarazzato perché mi aveva beccata in un momento molto intimo? Era piuttosto evidente che ci stavamo spostando da qualche altra parte per stare insieme. Sì, doveva essere così.
Probabilmente i professori non sapevano che gli studenti avevano una vita privata fuori dalla classe. Già, ero sicura di avere ragione.
 
***
 
“Oggi parliamo di descrizioni.” Il professor Styles era, come al solito, seduto sulla cattedra e non sulla sedia. Aveva distribuito una serie di oggetti strani a tutta la classe e ci aveva chiesto di descriverli come avremmo fatto normalmente e poi di scrivere una lista di aggettivi che l’oggetto che avevamo davanti ci faceva venire in mente.
“Professore!” La mano di Carmen si alzò improvvisamente e lui la fissò per qualche istante prima di sorriderle con gentilezza.
“Sì, Carmen?” Domandò. Era strano come si rivolgesse a tutti noi per nome e dandoci del tu. Nessuno degli altri professori lo faceva. Eppure funzionava, perché non avevo mai partecipato a un corso pieno di persone così attive ed entusiaste. Tutti amavano il professor Styles, il suo modo di insegnare e le sue lezioni.
“Non c’entra molto con le descrizioni o la lezione, ma sono giorni che cerco di prendere un appuntamento con lei per parlare dei miei lavori e non ha mai tempo… si è liberato un posto?” Domandò Carmen. Il professore perse il sorriso per qualche secondo. Quasi tutti i miei compagni cominciarono a parlare uno sopra l’altro e a chiedergli la stessa cosa.
Quindi ero l’unica ad avere appuntamenti fissi ogni martedì. Okay.
“Ragazzi?” Chiamò lui. “Ragazzi!” Esclamò dopo pochi secondi quando i miei compagni di classe non risposero al primo richiamo. Tutti si ricomposero e lo osservarono. “Dalla settimana prossima posso mettere a disposizione il giovedì pomeriggio per gli appuntamenti privati. Vi vedrò uno alla volta per un’ora.” Disse infine.
“Grazie, professore.” Replicò Carmen.
“Se volete un colloquio privato, fermatevi in classe alla fine dell’ora e prenderemo appuntamento.” Disse il professore. “E adesso continuiamo la lezione, che ne dite?”
“Direi che è un’ottima idea, prof!” Esclamò uno dei miei compagni di classe. Era da stupidi essere gelosi perché aveva cominciato a dare appuntamenti a tutti? Probabilmente sì, ma non riuscivo a non provare un po’ di fastidio.
 
Più o meno verso la fine della lezione cominciammo a leggere le nostre descrizioni e questa volta Styles si sedette dietro la cattedra – come una persona normale, insomma.
Arrivò il turno di Craig, seduto tre file dietro di me, e vidi lo sguardo del professore perdersi in lontananza, come se non stesse ascoltando una parola (e chi poteva dargli torto? Craig stava descrivendo una sfera turchese come “una palla rotonda, un po’ blu e un po’ verde. Boh, non lo so.”).
“Professore, crede che sia giusto? Lei come descriverebbe questa cosa?” Domandò improvvisamente il mio compagno di corso, con aria sconsolata. “Io non sono mai stato bravo con le descrizioni, è per questo che mi piace scrivere sceneggiature. È tutto dialogo.”
Styles sbatté le palpebre un paio di volte, come se si fosse appena reso conto che qualcuno aveva parlato con lui, e si raddrizzò sulla sedia.
“Quella che hai davanti, Craig, è una sfera turchese, lucida, di metallo e di medie dimensioni.” Disse. Distolse lo sguardo dal punto nel vuoto che stava fissando poco prima, e lo puntò sul mio compagno di classe.
Carmen, di fianco a me, ricevette un messaggio sul cellulare, che teneva nascosto nella borsa sotto la sua sedia e per rispondere urtò il mio banco, facendo scivolare l’oggetto che mi era stato assegnato – un paio di occhiali da vista con la montatura nera e spessa – per terra, qualche metro più avanti. Cercai di recuperarli allungando il braccio, ma erano troppo lontani, così mi ritrovai a dovermi alzare, fare il giro del banco e raccoglierli.
“Il soggetto nella tua foto, Lucy, è una gonna… cioè, volevo dire donna.” Sentii dire il professor Styles. “Ehm… Una donna al parco con le sue gambe. Cioè, bimbe. Con le sue bimbe.”
Mi voltai appena in tempo per vedere lo sguardo del professore sulle mie gambe. Lui si accorse che lo stavo guardando e decise di concentrarsi su Lucy, che non aveva capito perfettamente il suo discorso confuso.
Il professor Styles era stato distratto dalle mie gambe? Okay, stavo indossando una gonna, ma non era corta. Era appropriata per le lezioni. Tornai al mio posto e sperai che nessuno si fosse accorto di quello che era appena successo.
“Quindi potrei dire che il mio oggetto è una fotografia vintage che raffigura una donna di più o meno trent’anni, al parco con le sue due bimbe piccole. A giudicare dal modo in cui è vestita direi che si tratta di un oggetto più o meno degli anni Sessanta e sullo sfondo si vedono piante fiorite, quindi direi che è stata scattata in primavera.”
“Ottimo occhio per i dettagli.” Mormorò Styles, sorridendo. Poi guardò l’orologio e sembrò rilassarsi. “Per oggi abbiamo finito, ricordatevi che giovedì avremo un piccolo test e chi vuole un colloquio privato mi raggiunga alla cattedra per prendere appuntamento.” Aggiunse a voce più alta.
Immediatamente tutte le persone in classe cominciarono a spegnere i computer, riporli nelle borse e a recuperare tutte le cose che avevano sparso sui banchi. La maggior parte dei miei compagni si fermarono davanti alla cattedra per richiedere un appuntamento privato – sapevo che tutti volevano avere consigli dal professore, chi sullo stile personale, chi su questo, chi su quell’altro – mentre io uscii dalla classe il più velocemente possibile, cercando di non guardare Styles negli occhi.
Era stato distratto dalle mie gambe. Da me. Come avrei fatto a resistere per un’ora nel suo ufficio, da sola con lui, quel pomeriggio? Ma soprattutto… non mi ero inventata nulla, vero? Il suo sguardo era palesemente su di me quando aveva detto “gonna” e “gambe” al posto di “donna” e “bimbe.”
Sentii una sensazione strana allo stomaco. Una stretta. Come quando ero nervosa perché stavo aspettando qualcosa – principalmente i risultati di qualche esame – solo che questa volta ero sicura che la mia ansia non avesse nulla a che fare con le lezioni e i test. Era un senso di anticipazione, di entusiasmo. Non vedevo l’ora del mio appuntamento personale con il professore, anche se sapevo che avere una cotta per lui era molto sbagliato.
 


Quarto capitolo e questa volta sembra piuttosto chiaro che il professor Styles è interessato a Mary Jane, giusto? Alla fine è stato distratto da lei, dalle sue gambe. Tanto da non riuscire a concentrarsi durante la lezione. Ma è davvero così? Mary Jane ha cominciato a uscire con Jasper e tutta questa situazione la sta facendo leggermente impazzire.
Cosa succederà durante il colloquio privato con il professore? Lui le dirà qualcosa e le farà capire che è interessato? Oppure ignorerà la situazione? O, ancora, non succederà nulla perché Mary Jane si sta davvero immaginando tutto? Lo scopriremo martedì prossimo!
Grazie per essere passate e per aver letto e alla prossima <3
 

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Capitolo 5
*** Confessions ***



Capitolo 5 – Confessions
 
Prima di presentarmi nell’ufficio del professore decisi di tornare al dormitorio. Così, dopo pranzo, aprii la porta della stanza che condividevo con Laurel, mi lavai i denti, sistemai i capelli e il trucco. Era una cosa stupida, probabilmente. Anzi no, sicuramente lo era, ma cosa potevo fare? Ci tenevo ad essere presentabile (non che quella mattina non lo fossi, perché sapendo che avrei avuto una lezione con Styles avevo passato molto più tempo del necessario davanti allo specchio).
Guardai l’orologio. Erano le tre meno cinque minuti. Ero in anticipo.
Mi sedetti sulla panchina di legno in corridoio e aspettai. Poco, in realtà, perché lui arrivò quasi correndo un paio di minuti dopo e si fermò quando mi vide seduta di fianco al suo ufficio.
“Mary Jane!” Esclamò.
“Professore.” Dissi, alzandomi immediatamente dalla sedia. Automaticamente le mie mani cominciarono a lisciare il tessuto della gonna, per abbassarla in caso si fosse alzata quando mi ero seduta.
“Siamo in perfetto orario, vieni. Entra.”
Dopo aver cercato per qualche minuto in tutte le tasche, trovò le chiavi e aprì la porta del suo ufficio, lasciandomi passare per prima. Lo ringraziai e mi accomodai sulla sua poltrona.
“Il trucco del bicarbonato ha funzionato, grazie.” Disse poi, mostrandomi il taschino della camicia che stava indossando. Era la stessa che aveva macchiato di pomodoro la settimana prima.
Sorrisi e cercai disperatamente di non pensare a quello che c’era sotto la camicia. A quei tatuaggi che avrei voluto osservare da vicino, di cui avrei voluto tracciare i contorni con un dito. Alla sua pelle chiara e a quei muscoli lievemente definiti. Al profumo che doveva avere…
No, Mary Jane, basta. Decisamente basta.
“È una delle cose che mi ha insegnato mia madre.” Dissi. Lui annuì e sorrise.
“È una donna saggia.” Replicò. “Allora, Mary Jane, cosa mi hai portato oggi?” Domandò lui.
Improvvisamente diventai ancora più nervosa di prima, estrassi la chiavetta USB dalla tasca della mia borsa e la porsi al professore. Lui la inserì nella porta del suo computer e cominciò a leggere.
Era stato più difficile scrivere quel tema, perché sul foglietto che mi aveva dato c’era semplicemente scritto “viaggiare”, nella scrittura che ormai avevo imparato a riconoscere ovunque.
E per me viaggiare era bellissimo, era interessante. Mi piacevano le nuove avventure, mi erano sempre piaciute. Ma dopo anni e anni di trasferimenti, di nuove città, nuove scuole e nuovi amici, ero arrivata al punto in cui avevo voglia di fermarmi, di mettere le radici in qualche posto e rimanerci per un po’.
Styles lesse il tutto corrugando la fronte e una piccola ruga si formò tra le sue sopracciglia. Dio, era così bello quando era concentrato.
Approfittai del fatto che non mi stesse guardando per osservarlo di nascosto.
“Okay, vieni qui.” Disse dopo un po’. Mi ero così abituata al silenzio, interrotto solo dal suono delle sue dita sul trackpad del computer, che quasi mi spaventai.
Mi alzai e lo raggiunsi dietro la cattedra. Anche lui si alzò e mi lasciò sedere sulla sua sedia. Poi si sistemò di fianco a me, si abbassò leggermente e cominciò a mostrarmi alcune frasi sullo schermo.
Sentivo il profumo del suo dopobarba e a volte si avvicinava così tanto che i suoi capelli solleticavano la mia guancia. Ero consapevole della sua presenza di fianco a me al duecento percento e trovavo difficile concentrarmi su qualsiasi altra cosa.
“Ecco, guarda.” Appoggiò la sua mano sulla mia spalla e provai un brivido al contatto. La sua mano era calda e trovavo piacevole il suo peso sulla mia pelle. Sembrava che in quel punto fosse esploso qualcosa che provocava elettricità. “Questa parte, quella in cui esprimi la tua voglia di fermarti per un po’ e descrivi le sensazioni che hai provato quando hai capito che St. Louis era la città in cui volevi rimanere… questo è quello di cui sto parlando. Non c’è niente di freddo o di impersonale in questa parte di testo.”
Non c’era nulla di impersonale nemmeno nella sua mano sulla mia spalla. Sembrava che fosse stata fatta apposta per essere lì.
“Grazie.” Mormorai, abbassando lo sguardo sulle mie mani. Poi successe qualcosa. Il professore strinse leggermente la presa sulla mia spalla, forse come segno di incoraggiamento, ed io sentii un altro brivido, questa volta in tutto il corpo. Provai l’istinto di appoggiare la mia mano sulla sua, ma quello sarebbe stato davvero inappropriato e dovetti convincermi che non era una buona idea. Così, invece, cominciai a concentrarmi sull’orlo della mia gonna e cominciai a giocarci.
“Sei silenziosa, oggi.” Notò lui, ritraendo la mano e raddrizzandosi. Alzai lo sguardo per incrociare il suo e notai un’espressione diversa dal solito.
Cercai di pensare a una risposta accettabile.
Sono silenziosa perché ho paura che i miei pensieri possano tradirmi. Non posso dirli ad alta voce.
Forse no.
Sono silenziosa perché sono in imbarazzo. Mi ha vista andare via dal pub con Jasper e so che lei sa che cos’è successo.
No.
Sono silenziosa perché ho un’incredibile cotta per lei e non riesco a capire perché si sta comportando in questo modo con me. Mi sta confondendo le idee ed io non so più cosa pensare. Mi sta letteralmente facendo impazzire.
Decisamente no.
“Sono, uhm, preoccupata per il test di Letteratura Inglese di domani.” Mentii infine. Ecco, quella era una spiegazione molto più accettabile, anche se non era vera.
“Su che argomento è?” Domandò Styles, improvvisamente interessato.
“Dickens.” Risposi. “Grandi Speranze.”
“Oh.” Commentò lui. Come al solito avevamo cambiato discorso. Avevamo abbandonato il mio tema e stavamo parlando di altro. E, anche questa volta, Harry Styles decise di allentare la cravatta e slacciare un paio di bottoni della sua camicia, perché non era abituato a portarle e lo soffocavano.
Sospirai, cercando di non farmi vedere.
“L’ho letto e ho studiato, ma sono sempre nervosa prima dei test.” Dissi. Avevo bisogno di sentire il suono della mia voce per distrarmi dai mille pensieri che si erano formati nella mia mente. Il silenzio era pessimo. Terribile.
“Vedrai che andrà tutto bene, sei una brava studentessa. Almeno, nel mio corso lo sei.” Disse lui, facendomi l’occhiolino e sorridendo.
Fortunatamente ero seduta, altrimenti ero sicura che sarei caduta. E probabilmente avrei rotolato sul pavimento per ore, perché il professor Styles mi aveva appena fatto l’occhiolino. Esisteva qualcosa di più ingiusto?
“Grazie.” Dissi.
“Comunque se hai bisogno di ripassare… posso aiutarti. Sai, ai miei tempi ho studiato anch’io una cosa o due su Dickens.”
“Non… ehm… non ha un altro appuntamento dopo di me?” Domandai, balbettando. Mi aveva appena proposto di passare ulteriore tempo insieme? Si era appena offerto di aiutarmi a studiare per un test? Che cosa c’era di sbagliato in lui? Non si comportava da professore. Si comportava da… studente.
“No, devo solo preparare la prossima lezione, ma posso farlo anche questa sera. Se hai bisogno io sono disponibile.”
E ovviamente mi ritrovai a dire di sì, perché chi, sano di mente, poteva rifiutare l’opportunità di passare anche solo cinque minuti in più in quell’ufficio con lui? Io no. Quindi accettai volentieri e, dopo aver finito di parlare del mio tema, estrassi il libro di Letteratura Inglese e la mia copia di Grandi Speranze di Dickens dalla borsa e cominciai a studiare insieme al professor Styles.
 
La sessione di studio durò esattamente venticinque minuti, poi lui dichiarò che ero pronta – appoggiandomi una mano sul ginocchio e facendomi trasalire – e cominciammo a parlare di altro. Perché chiacchierare del più e del meno con il proprio professore era normale, vero? Decisi di convincermi che lo era, perché altrimenti sarei impazzita. E il giorno successivo avevo davvero un test su Dickens e non volevo passare la notte a pensare a quello che era successo e ad analizzarlo nella mia mente.
“Allora, come ti stai trovando? So che il primo periodo all’università può essere difficile, perché è tutto molto diverso dalle scuole superiori.” Mi domandò lui, mettendosi comodo sulla sedia e osservandomi.
“Bene, direi che sta andando tutto alla grande. Ho una coinquilina che adoro, sto uscendo anche con una ragazza che conoscevo già dall’ultimo anno delle superiori e a volte pranzo con compagni del suo corso.” Risposi, evitando accuratamente di nominare Jasper. Tanto lui non avrebbe mai potuto chiedermelo, non era appropriato, giusto? Sbagliato.
“E con il ragazzo che ti ha fatto la battutaccia sul nome? L’hai più rivisto?” La domanda venne fatta con tono quasi casuale, ma nel suo sguardo c’era curiosità. Sembrava che volesse davvero sapere la risposta. Non avevo idea di cosa rispondere. La verità? “Scusa, a volte dimentico di essere un professore e forse questo discorso è un po’ troppo personale.” Disse lui pochi secondi dopo, salvandomi dall’imbarazzo di rispondere.
Sorrisi e chiusi il libro che era rimasto aperto davanti a me. Sapevo che avrei dovuto tornare al mio dormitorio, ma speravo di trovare una scusa qualsiasi per rimanere anche solo cinque minuti in più.
“Forse è meglio se vado.” Dissi, riponendo il libro nella mia borsa con lentezza. “Non vorrei disturbarla più del dovuto.” Aggiunsi.
“Non preoccuparti, nessun disturbo. Mi piace aiutare gli studenti. È per questo che ho deciso di insegnare.”
“È un bravo professore.” Dissi. “Credo che il suo corso sia il preferito di tutti gli studenti.” Aggiunsi.
Lui sorrise, mostrandomi quelle dannatissime fossette che lo facevano sembrare più giovane. Non che fosse vecchio, perché aveva solo ventisei anni. Ma erano comunque sette più dei miei. E sì, li avevo contati, perché nella mia mente avevo già pensato a tutti gli scenari possibili.
“Grazie.” Rispose lui. “A dire la verità ero nervosissimo il primo giorno, perché avevo paura che nessuno mi prendesse sul serio.”
Okay, eravamo arrivati alle confessioni.
“Magari i ragazzi. Con le ragazze non…” Mi lasciai sfuggire, prima di interrompermi e chiudere la bocca. Cosa diavolo stavo dicendo?
Lui mi guardò con aria interessata.
“Cosa vuoi dire?”
Arrossii e chiusi gli occhi. Come potevo uscire da quel discorso?
“Ehm… nel senso che le ragazze la trovano affascinante, quindi ascoltano tutto ciò che dice.”
Se avessi potuto avrei scavato un buco nel pavimento e mi ci sarei nascosta per sempre. Mi sarei meritata di rimanerci sepolta per tutto il resto della mia stupida, patetica vita.
Il professor Styles sorrise e mi guardò negli occhi, come se stesse cercando di studiarmi. Ed io cercai di smettere di osservarlo, ma non riuscii.
“Sono sicuro che non tutte le ragazze mi trovano affascinante.”
Mi stava provocando, lo sapevo. Voleva sapere se anch’io la pensavo come tutte le altre. Avevo solo due opzioni:
  1. rispondere la verità: “io credo di sì, invece.”
  2. mentire deliberatamente.
E, ovviamente, scelsi la prima opzione, perché lui mi stava guardando negli occhi e mi sentivo vulnerabile. Ero già incapace di formulare una frase di senso compiuto, di certo non sarei riuscita a fare qualcosa di complicato come mentire e cercare di non farmi beccare.
“Credo di sì, invece.” Dissi alla fine.
Il professore sembrò soddisfatto della mia risposta, il che me lo fece odiare un po’. Ma solo un po’, perché per il resto avevo un elenco lunghissimo di cose che mi sarebbe piaciuto fare con lui e nessuna di quelle aveva a che fare con sentimenti negativi.
“Terrò in considerazione le tue parole.” Replicò lui dopo qualche minuto. “Cercherò di rendere le cose interessanti per tutti.”
“Oh, no.” Dissi immediatamente. “Non intendevo quello. Tutti i ragazzi del corso con cui ho parlato la adorano e la rispettano tantissimo.” Aggiunsi. Dannazione a me e alla mia boccaccia.
Sentii il cellulare vibrare contro la mia caviglia. L’avevo lasciato nella tasca esterna della borsa, che avevo abbandonato ai miei piedi. Anche lui lo sentì, perché sorrise e mi disse di rispondere senza problemi.
“Tanto abbiamo finito il colloquio, stiamo solo chiacchierando.” Disse.
Estrassi l’oggetto dalla borsa e trovai vari messaggi su Whatsapp da Jasper. Voleva sapere se mi andava di andare alla partita della sua squadra quel venerdì e poi a bere qualcosa – a prescindere dal risultato del match. Decisi che avrei risposto più tardi.
“Non è niente.” Dissi, sventolando la mano. Come se avessi dovuto giustificarmi con lui. Era il mio professore, non il mio ragazzo. “Ma è meglio se vado, adesso.” Aggiunsi. Mi sembrava di essere rimasta anche troppo nel suo ufficio e cominciavo a sentirmi imbarazzata. Lui mi osservava con un’espressione strana e non riuscivo a togliermi dalla testa la scena di quella mattina a lezione. Quando l’avevo distratto con la mia gonna e le mie gambe.
“D’accordo, allora ti scrivo la traccia per il prossimo tema.” Disse lui, recuperando un foglietto e una biro. Vidi la sua mano tracciare delle parole sul pezzo di carta e, ancora una volta, rimasi incantata da tutto. Da lui, dai suoi occhi concentrati su quello che stava scrivendo, dalle ciglia che lasciavano intravedere il verde delle sue iridi, dalle labbra arricciate e dai denti che stavano mordendo quello inferiore. Dalla mano che si muoveva, impugnando la biro. Dalle clavicole che spuntavano dalla camicia con un paio di bottoni aperti. Dai suoi capelli ricci. Ero ipnotizzata da tanta bellezza.
“Grazie.” Mormorai dopo aver preso il foglietto piegato.
“Facciamo come al solito: non aprirlo finché non sei sicura che avrai tempo di scrivere e descrivi le emozioni che questa frase ti ha fatto venire in mente.” Spiegò. “E poi ci vediamo martedì alla stessa ora per il colloquio settimanale.”
Facciamo come al solito. Mi piaceva l’idea di avere un “solito” con lui, anche se probabilmente avrei dovuto impedire a me stessa di provare qualsiasi tipo di cosa per lui. Era il mio professore. Inaccessibile. Off limits. Proibito.
“A martedì.” Dissi, alzandomi dalla sedia e dirigendomi verso l’uscita. Lui fu più veloce di me, mi precedette e aprì la porta. Poi mi posò lievemente la mano alla base della schiena per accompagnarmi fuori.
Mi salutò e richiuse la porta. Quando fui sicura che non poteva più vedermi, mi appoggiai alla parete con gambe tremanti e respirai profondamente un paio di volte.
Dovevo smetterla. Dovevo interrompere quella cosa sul nascere. Mi serviva una distrazione e anche in fretta.
Estrassi il cellulare dalla borsa, cercai i messaggi di Jasper e accettai la sua proposta.
 
Contaci, sarò alla partita venerdì sera e tiferò per voi! xx
 
***
 
Laurel mi stava letteralmente ridendo in faccia ed io non trovavo la cosa divertente. Per niente.
“Smettila.” Ordinai. “Sul serio, smettila.” Aggiunsi.
“Non posso!” Esclamò lei, contorcendosi sul letto e tenendosi l’addome con le mani. “È troppo divertente! Ti sei presa la cotta più enorme del mondo per il tuo professore! E lui ha flirtato con te!”
“Non ha flirtato con me.”
“Come no. Ha solo detto gonne e gambe durante la lezione, perché era distratto da te. Ti ha chiesto se stavi vedendo ancora il tizio della battuta sul nome. Ti ha chiesto se proprio tutte le ragazze – e tu eri compresa, mia cara – sono affascinate da lui. Quello si chiama flirtare.”
“Si chiama fare conversazione. E questa è finita.” Dissi risoluta.
“Come vuoi. Quindi sei proprio sicura di usare Jasper come ripiego?”
“Non è un ripiego.” Cercai di giustificarmi. “È carino, è dolce e siamo compatibili. Voglio dire, siamo già stati a letto insieme, la parte più difficile è passata.”
Laurel mi guardò per qualche secondo con aria perplessa.
“Tesoro mio, il sesso, nella maggior parte dei casi, è la parte facile. Sopportarsi, andare d’accordo e amarsi… quella è la parte difficile.”
“Comunque alla partita ci sarà anche Liam, verrai o no?” Domandai per cambiare discorso. Sapevo che avrebbe funzionato. Laurel non riusciva a trattenersi quando pensava al ragazzo della libreria.
“Sì, anche solo per tirargli uno schiaffo. Sono ancora molto disturbata dal fatto che alla festa della sua stupidissima confraternita non mi ha nemmeno salutata.”
“Bene, allora venerdì andiamo a vedere Jasper e Liam giocare.” Conclusi. “E adesso parlami della tua giornata, per favore. Ho bisogno di sapere dettagli sulle lezioni di quel figo di Malik e voglio sentirti insultare Tomlinson.”
Come da richiesta, Laurel si lanciò immediatamente in un racconto dettagliato di tutto quello che aveva fatto il professor Malik durante l’ora di lezione (“Si è sistemato il ciuffo davanti a me, Mary. Ho pensato di morire!”) e poi passò agli insulti al suo insegnante di Teatro (“Io credo ufficialmente di odiarlo. Oggi ha avuto il coraggio di dirmi che devo lavorare sulla mia coordinazione motoria, perché sono un disastro a seguire le coreografie dei suoi stupidi, dannatissimi musical! Sono ancora convinta di andare a trovare e rigare la sua auto!”).
Mi permise di distrarmi da tutti i miei pensieri.
 
Poi andammo a cena con Rae, Carmen e Valentina (una compagna di corso di Laurel) e smisi del tutto di pensare al professor Styles. Almeno fino a quando Carmen non decise di tirare fuori l’argomento.
“Mary, hai visto oggi a lezione?” Mi domandò improvvisamente.
“Che cosa?” Domandai.
“Styles.” Replicò lei, richiamando immediatamente l’attenzione di Laurel, che mi diede un piccolo calcio sotto il tavolo e ridacchiò.
“No, cosa?” Ripetei.
“Non hai visto come ti ha guardata quando ti sei alzata per andare a raccogliere gli occhiali? Ti fissava le gambe e si è anche bloccato e ha detto parole che non c’entravano nulla con quello che cercava di dire.”
Oh, no! Era stato così evidente? L’avevano notato tutti?
“Ma figurati, sono sicura che non stava guardando proprio me.” Risposi.
Mi faceva davvero piacere il fatto che il professor Styles, per cui avevo una cotta gigantesca, mi stesse guardando con interesse. Anzi, mi faceva più che piacere, mi faceva sperare. Ed io non potevo permettermi di sperare, perché tra di noi non avrebbe mai potuto esserci nulla.  Lui avrebbe perso il lavoro ed io sarei stata espulsa.
Quindi, da quel momento, diventai ancora più risoluta: dovevo porre fine a quella cosa e Jasper era il modo giusto per farlo.


Buongiorno! Ecco il nuovo capitolo di Little White Lies (e questa volta torno a postarlo di mattina!)
Sono tornata in Italia e vi prometto che appena riesco rispondo a tutte le vostre meravigliose recensioni. Ci tengo comunque a ringraziarvi tutti per aver letto la mia storia e per scrivermi cose stupende a ogni capitolo. Vorrei avere giornate da 48 ore per riuscire a fare tutto quello che vorrei e a rispondervi con calma, credetemi! <3 <3 <3
Tornando a questo capitolo, le cose per Mary Jane diventano sempre più difficili. Ormai la sua cotta per il professor Styles ha raggiunto dimensioni enormi e lui non fa nulla per scoraggiarla. Anzi, continua a toccarla e le fa domande inappropriate (quale professore chiede a una sua studentessa se è single?). Martedì prossimo scopriremo cosa succederà alla partita di Jasper e vi anticipo che Mary Jane e Styles potrebbero incontrarsi sugli spalti. Cosa succederà?
Grazie di tutto, davvero! Vi mando un bacione grande, nella speranza di riuscire a rispondere a tutte il più presto possibile!
Alla prossima!

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Capitolo 6
*** The Match ***




Capitolo 6 – The Match
 
Quel venerdì trascinai tutte le mie amiche alla partita di Jasper – perché non sarei mai rimasta seduta sugli spalti per tutto quel tempo, da sola, a seguire uno sport di cui non sapevo assolutamente nulla – e cercai di vestirmi in modo carino.
Il match fu abbastanza noioso – almeno per me, Laurel passò tutto il tempo ad esultare e a urlare contro i giocatori che, secondo lei, stavano facendo qualcosa di sbagliato – e mi ritrovai a fissare lo schermo del mio cellulare per la maggior parte del tempo. E sì, dovevo ammetterlo: avevo giocato a qualche partita di Flappy Bird. Più di qualche, ero anche riuscita a superare il mio record e fare ben ventiquattro punti.
“Era fuorigioco, te lo dico io!” Sbraitò Laurel. Valentina, che era seduta di fianco a lei, la guardò con aria leggermente spaventata e scosse la testa.
“Okay, va bene.” Rispose sulla difensiva.
“Non sapevo che Laurel fosse un’appassionata di calcio.” Disse Rae. Carmen, che come me aveva passato tutto il tempo a scrivere sul suo telefono, alzò lo sguardo verso di noi e annuì.
“Appassionata? Fanatica.” Commentò ridendo.
“Ah, voi scrittori e la vostra fissazione con le parole.” La prese in giro Rae, scoppiando a ridere.
“Non lo sapevo nemmeno io, comunque.” Risposi, imprecando quando l’uccellino di Flappy Bird andò a schiantarsi contro una delle colonne.
“Oh, guardate chi c’è!” Disse improvvisamente Carmen, spostando lo sguardo qualche fila più in giù.
“Chi?” Domandò Val, felice di avere finalmente la scusa per abbandonare l’animata discussione con Laurel.
“Gruppo di professori fighi a ore due.” Borbottò Carmen, indicando con la testa tre uomini che stavano camminando tre file più in giù.
“No!” Esclamò Laurel. Guardai immediatamente il campo, convinta che qualche giocatore avesse segnato per la sua stessa squadra. Invece lei stava guardando il gruppo di professori che aveva appena indicato Carmen con gli occhi sgranati.
“Tomlinson, Malik e Styles.” Disse la ragazza.
“Oh, no.” Mi lasciai sfuggire. Poi sperai che nessuno se ne fosse accorto.
“Mi spiegate come fa ad essere un insegnante Malik? Dovrebbe fare il modello. Di nudo, però.” Esclamò Rae, ridendo.
“Tu stai zitta, che sei impegnata. Lascialo a noi povere single.” La rimbeccò Val, passandosi la lingua sul labbro inferiore.
Poi, prima che potessi fare qualsiasi cosa per impedirlo, Carmen cominciò a urlare per attirare la loro attenzione.
“Professor Styles! Professore! Proooof!” Iniziò anche a saltellare e a sventolare le braccia, finché lui si accorse di lei e sorrise. Io mi voltai immediatamente e smisi di guardare.
Fai che non stia venendo da questa parte. Fai che non stia venendo da questa parte. Fai che non stia venendo da questa…
“Carmen, Mary Jane!” Dannazione. Mi obbligai a voltarmi e lo salutai con un sorriso. Nel frattempo anche Tomlinson e Malik ci avevano raggiunte, probabilmente perché avevano seguito Styles.
“Signorina Carter, signorina Hamilton.” Disse l’insegnante di Teatro riferendosi a Laurel e Valentina. “Mi fa piacere vedere che sprecate il vostro tempo alle partite, invece di studiare.”
Vidi la mia migliore amica cambiare espressione in mezzo secondo.
“Dai Louis, è venerdì sera! Non essere così duro con loro.” Intervenne Malik. Poi salutò le sue studentesse, ovvero Laurel e Rae. “Signorina Carter, signorina Jackson.”
“Beh, Zayn, non è colpa mia se tu sei troppo docile con loro.” Disse Tomlinson. “E comunque non ho ancora capito questa tua cosa di chiamare gli studenti per nome, Harold.” Aggiunse rivolgendosi al professor Styles. Lui sorrise e si strinse nelle spalle.
“Crea un’atmosfera più tranquilla a lezione.” Spiegò lui.
“Ugh, si vede che sei nuovo. Prima o poi capirai che sono tutti uguali gli studenti. Un branco di terroristi.”
“Magari preferiremmo un approccio come quello del professor Styles e non il clima di paura costante che crea lei.” Ribatté Laurel. Ci girammo tutte a fissarla come se avesse appena calpestato la coda a un gatto.
“Pronte per la lezione di martedì?” Intervenne immediatamente Styles, cercando di salvare la situazione. Ero sicura che comunque Laurel avrebbe pagato durante il corso di Teatro per quella orribile frase.
“Prontissime!” Esclamò Carmen. “Soprattutto Mary Jane. Non fa altro che parlare del corso e di lei, professore!”
Mi voltai verso la mia amica e le lanciai un’occhiataccia. Cosa stava dicendo? Cosa stava succedendo? Quando, esattamente, avevo perso il controllo della situazione? Okay, non l’avevo mai avuto.
Styles mi studiò per qualche secondo da dietro gli occhiali e poi sorrise.
“Ah sì?” Domandò.
Ti odio, Carmen. Ti odio così tanto che potrei buttarti già dagli spalti e in mezzo al campo. E spero anche che i giocatori ti investano e ti calcino, scambiandoti per il pallone.
“Beh sì, scrivere è la mia passione e lei è un bravo insegnante.” Dissi. Ero entrata in panico, non capivo più nulla. Non sapevo nemmeno cosa stavo dicendo e non avevo idea di come fare a formulare frasi sensate. Sapevo solo di essere profondamente arrabbiata con Carmen per quell’imboscata.
“Ma davvero?” Domandò Tomlinson con ironia. Vidi Malik tirargli una gomitata nello stomaco.
“Sono contento che le mie lezioni vi piacciano.” Rispose Styles con diplomazia, includendo anche Carmen nel discorso. La mia cotta per lui, se possibile, aumentò ulteriormente.
“Bene, se questo gioioso e imbarazzante ritrovo è finito, possiamo andare a cercare quell’irlandese inutile e farci offrire una pinta per la vittoria della squadra!” Esclamò Tomlinson, girandosi su se stesso e cominciando a camminare verso l’uscita.
Guardai Laurel con la coda dell’occhio. Era furiosa. Sapevo che avrebbe cercato di ucciderlo prima della fine del corso.
“Ci vediamo martedì, ragazze.” Ci salutò educatamente Styles prima di seguire il suo collega. Anche Malik ci rivolse un cenno del capo e un sorriso – che fece quasi svenire Rae e Valentina – e si allontanò.
“Io ti uccido.” Dichiarai quando i professori si trovarono fuori portata d’orecchie.
Carmen mi fissò con stupore.
“Mary, ti ho fatto un favore!” Esclamò lei.
“No, non mi hai fatto un favore. Mi hai umiliata davanti a… tutti!” Risposi. “Davanti a loro,” – indicai le nostre amiche – “e, soprattutto, davanti agli altri insegnanti!”
“Mary, ma io pensavo che…”
“No, tu non pensavi e basta, Carmen.” La interruppi. “Vado a cercare Jasper.” Aggiunsi poi, lasciando la mia amica e andando verso gli spogliatoi della squadra.
 
Aspettai Jasper fuori dalla porta e lui sorrise quando mi vide. Mi abbracciò e mi diede un bacio sulle labbra.
“Sei venuta davvero!” Esclamò.
“Pensavi che stessi scherzando?” Domandai.
“Beh, con te non si sa mai.” Replicò lui. “Insomma, dopo che abbiamo… beh, lo sai. Ci siamo scambiati solo un paio di messaggi. Non ero sicuro che volessi vedermi ancora.”
“Ma smettila.” Dissi. “Certo che volevo rivederti!” Esclamai e lo presi a braccetto. “Allora, andiamo a festeggiare la vittoria?”
“Non mi dici che sono stato bravissimo, prima?”
Lo guardai e scoppiai a ridere.
“Beh, credo che tu lo sia stato. Ma non ne sono del tutto certa, perché non so le regole del gioco. Ho fatto già fatica a distinguere i giocatori della nostra squadra e gli avversari.” Ammisi e arrossii leggermente.
“Non importa, se vorrai ti spiegherò tutto.” Disse lui, abbassandosi leggermente per darmi un bacio sulle labbra.
“Volentieri, così magari capirò qualcosa in più alla prossima partita.”
“Oh, perché hai intenzione di assistere ad altre partite?” Mi domandò lui.
“Solo se ti comporterai bene con me.”
“Allora comincio con il dirti che sei bellissima questa sera.”
“Ruffiano.”
“Ma è la verità!” Esclamò lui. Scoppiai a ridere e lo seguii verso il pub del campus.
Vidi l’allenatore Horan uscire dagli spogliatoi con Malik, Tomlinson e Styles e cercai di camminare più velocemente. “Aspetta, voglio salutare il Coach.” Aggiunse Jasper, trascinandomi verso i professori.
Dovevo seriamente avere la sfortuna più grande di tutto il Missouri.
“Olinsky, complimenti per la partita di questa sera! Se avere una ragazza ti rende così allegro e attivo, direi che devi fare di tutto per non fartela scappare!” Esclamò Horan con un sorriso.
Cercai di ridacchiare, anche se in realtà avrei voluto nascondermi. Non per altro, perché se l’allenatore avesse fatto quella battuta quando eravamo da soli avrei anche riso di gusto… ma il professor Styles mi stava fissando ed io ero imbarazzatissima.
“Tu… tu sei l’appassionata di scrittura, vero? Quella che ho incontrato poco fa?” Mi domandò Tomlinson improvvisamente. Non avevo idea di come Laurel riuscisse a rimanere nel suo corso, perché quegli occhi azzurri mi terrorizzavano.
“Sì.” Risposi con incertezza. Avrei tanto voluto non essere io.
“Bene, allora dì alla tua amica che la prossima volta che si permetterà di nuovo di dire una cosa del genere, potrà anche evitare di tornare nella mia classe.” Concluse il professore. Deglutii e annuii senza dire una parola.
“Non aveva tutti i torti, però, Louis.” Disse Zayn. “Ho visto una delle tue lezioni e tu crei seriamente un clima di terrore costante.”
“Zayn, vuoi tornare a casa a piedi questa sera? No? Bene, allora chiudi quella boccaccia e cammina verso il pub.”
Pub? Stavano andando anche loro dove avremmo dovuto andare Jasper ed io? No. No, no, no, no.
“Mary Jane?” Styles fece un passo in avanti e chiamò il mio nome. “So che è venerdì sera, ti stai divertendo e probabilmente non hai la minima voglia di pensare all’università, ma mi è venuta in mente una cosa da dirti sul tema che ti ho assegnato. Ti dispiace?” Mi domandò. Il mio cuore cominciò a battere più velocemente e lo sentii rimbombare nelle orecchie.
Guardai Jasper, che annuì con un sorriso.
“Vai pure, tanto io devo parlare un secondo al Coach. Devo dirgli una mia idea sulla prossima partita.” Disse.
“Okay, allora noi due cominciamo ad andare al pub, perché non ho proprio voglia di invecchiare qui.” Commentò Tomlinson. Il professor Malik mi rivolse un sorriso a mo’ di scusa e cominciò a seguire il suo amico.
Io, invece, mi allontanai da Jasper e Horan e seguii Styles qualche metro più in là.
“Mi dica pure.” Dissi. L’idea di rimanere da sola con il professore non mi dispiaceva. Anzi. Contro la mia volontà la mia mente cominciò a immaginarsi vari scenari e quasi tutti finivano con me pressata contro la parete degli spogliatoi e Styles che…
“Non dovevo dirti nulla sul compito, in realtà.” Confessò lui con un sorrisetto, interrompendo la mia mente un po’ perversa.
Oh. E quindi perché aveva voluto che mi spostassi da Jasper? Perché aveva voluto vedermi da sola? Cominciai ad entrare nel panico. Improvvisamente tutto quello che avevo immaginato iniziò a sembrare più possibile.
“Ehm… okay.” Mi costrinsi a rispondere. Non ricordavo quasi più come fare a parlare.
“Okay, probabilmente non è stata una buona idea.” Mormorò tra sé. “Volevo solo dirti che mi dispiace per quello che è successo sugli spalti. La tua amica non aveva il diritto di dire quelle cose davanti a me. E Louis – cioè, il professor Tomlinson – è stato maleducato a fare quel commento ironico. Mi dispiace.”
Sgranai leggermente gli occhi. Il professor Styles si stava scusando con me per qualcosa che non aveva fatto lui?
“Non importa.” Dissi, abbassando lo sguardo sulle punte delle mie scarpe. “Grazie, comunque.” Aggiunsi quasi in un sussurro.
Quella situazione non mi piaceva. Cioè, sì, mi piaceva anche troppo. Era bello avere tutta l’attenzione di Styles. Adoravo il suo sguardo su di me. Mi piaceva l’espressione dei suoi occhi. Amavo la curva del suo sorriso. In poche parole: dovevo smetterla.
“Di niente, figurati.” Rispose lui. “Adesso ti lascio tornare dal tuo amico.” Aggiunse. Ero paranoica io, oppure aveva enfatizzato la parola ‘amico’?
“D’accordo, grazie.” Dissi.
“Ci vediamo martedì, Mary Jane.”
“A martedì, professore. Grazie ancora.”
Mi costrinsi a tornare da Jasper e a distogliere lo sguardo da tanta bellezza e, dopo aver salutato l’allenatore Horan, seguii il ragazzo al pub, dove ritrovai anche il resto delle mie amiche, che erano al tavolo con Zach, il ragazzo di Rae, e…
“Liam?” Sibilai a bassa voce a Laurel quando trovai un posto dove sedermi. Lei sorrise e basta e annuì. Forse le stelle e i pianeti si stavano allineando in suo favore.
 
***
 
“Certo che quel professor Styles è strano.” Mormorò Jasper quella sera. Eravamo abbracciati, nel suo letto, ed ero entrata in un piacevole stato di dormiveglia post-sesso. Dopo quella frase, però, mi svegliai completamente.
Mi rifiutavo categoricamente di parlare proprio di lui in quel momento. O almeno, avrei voluto rifiutarmi, ma non riuscii ad obbligarmi a cambiare argomento. Maledetto Harry Styles e il giorno in cui aveva deciso di insegnare alla mia università e di farmi ossessionare da lui. Era come se passassi il novanta percento del mio tempo a pensare a lui e il restante dieci a parlarne.
“Perché?” Domandai, spostandomi sul fianco e appoggiando la testa alla spalla di Jasper.
“Non lo so, è solo una sensazione.” Disse. “Tratta gli studenti come se fossero suoi amici.” Aggiunse.
“Credo che lo faccia perché è giovane.” Risposi, prestando la massima attenzione a ogni parola. “E poi ha una sorella più o meno della mia età che vive nel mio dormitorio. Probabilmente è abituato a parlare con lei, ecco perché ci tratta tutti così.” Aggiunsi.
Certo, come avevo fatto a non pensarci prima? Il professore aveva nominato una sorella la sera in cui l’avevo trovato nel corridoio del mio dormitorio. Probabilmente – anzi no, sicuramente – era per quello che si preoccupava così tanto per me (tanto da sentirsi in dovere di scusarsi per il comportamento di Carmen e Tomlinson dopo la partita). Improvvisamente tutto mi fu molto più chiaro.
Certo, mi sarebbe davvero piaciuto sapere che era attratto da me, ma il fatto che rivedesse in me sua sorella era molto più plausibile. Insomma, era un insegnante. Non poteva davvero comportarsi in modo così inappropriato con gli studenti.
“Beh sì, in effetti…” Mormorò Jasper con voce stanca. Faceva fatica a tenere gli occhi aperti, lo vedevo. Infatti poco meno di cinque minuti dopo si addormentò profondamente al mio fianco ed io cercai di non svegliarlo, mi rivestii e tornai nel mio dormitorio.
Non era ancora arrivato il momento di rimanere a dormire da lui. E poi non avevo la minima intenzione di percorrere il corridoio della casa di una confraternita al mattino, con i vestiti della sera precedente. Volevo evitare qualsiasi tipo di battutaccia da parte dei suoi compagni.
 
***
 
Laurel stava dormendo profondamente, così mi nascosi sotto le coperte, accesi il mio portatile e srotolai il bigliettino del professor Styles. Avevo bisogno di fare qualcosa, di liberare la mente. Volevo scrivere e il tema che mi aveva assegnato mi sembrava un modo per essere più vicina a lui.
Ignorai l’ondata di colpevolezza che cercò di impossessarsi di me. Okay, ero appena stata a letto con Jasper, ma non lo stavo usando. A me piaceva davvero Jasper. Il fatto che avessi una cotta per il mio professore non voleva dire niente, anche perché non avrei mai e poi mai potuto fare nulla con Styles. Quindi non stavo facendo niente di sbagliato.
 
“Mary Jane Watson.”
 
Girai il foglietto più volte, chiedendomi per quale motivo il professore avesse solo scritto il mio nome. Che cosa voleva che scrivessi nel mio tema? Che emozione sperava di suscitare in me, scrivendo il mio nome?
 
Confusione. Dopo svariati minuti decisi di iniziare con questa parola, perché avevo capito il suo gioco. Voleva che parlassi di me. Voleva che gli raccontassi tutto sui miei sentimenti, sulle mie emozioni.
E decisi di stare al gioco, parlando delle cose più importanti della mia vita, quelle che mi facevano provare qualcosa. Citai la mia famiglia (a cui volevo bene, ma che a volte non sopportavo), i miei sogni (che mi facevano battere il cuore alla velocità della luce), i miei amici e decisi di scendere più in profondità e di parlare del mio rapporto con l’amore. Scrissi che ero innamorata dell’amore, ma, effettivamente, non ero mai stata innamorata di qualcuno, perché passavo troppo poco tempo in qualsiasi posto per permettermi di lasciarmi andare del tutto. E innamorarmi, provare quei sentimenti così forti in grado di rendere felice una persona, di farla camminare sulle nuvole, di farle credere di essere invincibile era una delle cose che volevo più al mondo.
 
Ormai erano le tre del mattino e gli occhi cominciavano a bruciarmi, così decisi che il mio tema era finito e che l’avrei riletto il giorno successivo e spensi il computer.
Dall’altra parte della stanza sentivo il respiro regolare di Laurel e sorrisi nella sua direzione. Poi mi sistemai sotto le coperte e cercai di ignorare tutti i pensieri che si accumularono immediatamente nella mia testa.
Jasper, quello che stava nascendo tra di noi, il mio tema – così personale, più del solito – e, soprattutto, il professor Styles. Passai in rassegna tutti i nostri momenti insieme e cercai di convincermi ancora di più che sì, mi vedeva come una sorellina, come qualcuno da proteggere e da guidare durante il primo periodo all’università.
Mi addormentai pensando al colloquio del martedì successivo. Avevo paura di quello che mi avrebbe detto sul tema che avevo scritto, ma non vedevo l’ora di vederlo, di memorizzare ogni piccolo dettaglio del suo viso e custodirlo gelosamente nella mia testa.

 


Ecco finalmente il nuovo capitolo!
Visto che sono già in ritardo non perdo altro tempo a scrivere nello spazio autrice e spero solo che vi piaccia! Martedì prossimo la storia prenderà una piega pericolosa e il nuovo capitolo si chiamerà "Dangerous".
Cosa succederà?
Grazie a tutte le persone che sono arrivate a leggere fin qui! Spero davvero che la storia vi piaccia! Vi auguro una buona serata e vi mando un bacione!
Alla prossima ;)

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Capitolo 7
*** Dangerous ***




Capitolo 7 – Dangerous
 
Alle tre esatte di martedì bussai alla porta dell’ufficio del professor Styles. Quando la sua voce mi rispose di entrare mi preparai alla solita routine, cioè a sedermi sulla poltrona di fronte alla sua scrivania, per poi alzarmi e spostarmi sulla sua sedia, mentre lui mi faceva vedere tutto quello che avrei potuto cambiare del mio tema.
Invece non trovai nessuno dietro la scrivania, perché lui era seduto sul divano con il computer portatile sistemato sul tavolino basso di fronte a sé.
Mi fece cenno di accomodarmi di fianco a lui ed io lo raggiunsi, con il cuore che batteva all’impazzata.
“Buongiorno, Mary Jane!” Esclamò lui, con un sorriso da mozzare il fiato. “Ti va una tazza di tè, mentre parliamo del tuo tema?”
“Volentieri, grazie.” Risposi.
C’era qualcosa di profondamente sbagliato nel prendere un tè con un professore, seduti su un divano da due posti (stretto) e così vicini. Eppure non c’era nessun altro posto in cui avrei preferito essere in quel momento, nemmeno il letto di Jasper. E sì, mi sentivo molto in colpa per quello.
Il professor Styles si alzò dal divano e tornò con due tazze, bustine di tè, zucchero e latte. Lo ringraziai e rifiutai educatamente qualsiasi cosa non fosse il tè. Mia madre mi aveva insegnato a berlo senza zucchero fin da bambina (“perché altrimenti come fai a sentirne il vero sapore? Lo zucchero rende tutti i tipi di tè uguali!”). Era una cosa che aveva imparato durante il suo giro dell’Europa, quando era rimasta per qualche settimana in Inghilterra.
“Allora, leggiamo il tema di questa settimana. Hai avuto difficoltà?” Mi domandò. Portò la tazza alla bocca per bere il primo sorso e gli si appannarono gli occhiali.
Sorrisi quando lui scoppiò a ridere, poi abbassai lo sguardo sulle mie mani. Era arrivato il momento di consegnare il mio lavoro.
“Devo ammettere che sì, ho trovato qualche difficoltà all’inizio, perché non capivo il senso della traccia. Poi ho cominciato a scrivere e le parole sono arrivate da sole.” Risposi. “Ecco.” Aggiunsi poi, decidendomi finalmente a porgere la chiavetta USB.
Il professore sfiorò le mie dita con le sue e provai un brivido, nonostante non avessi freddo. Mi morsi il labbro inferiore e cercai di distogliere lo sguardo, così mi concentrai sulla mia tazza.
 
"Si nota un po' di incertezza nelle tue parole, ma le emozioni sono vere, si capisce." Cominciò lui dopo qualche minuto di silenzio. Poi rilesse con attenzione la parte in cui parlavo dell'amore, quella che per me era la più personale in assoluto, e mi concentrai di nuovo sul tè. "Questa è la parte che ho preferito, quella in cui hai descritto quello che provi in modo più puro e sincero. Ci sono degli errori e non è perfetto, ma da queste frasi traspare quello che c'è nel tuo cuore e sei riuscita a trasportarlo sul foglio senza lasciare che si intrappolasse nella mente, senza analizzarlo troppo." Aggiunse.
Lasciai andare un sospiro di sollievo e mi accorsi che avevo trattenuto il respiro per tutto quel tempo.
"Grazie. Per me è difficile non analizzare troppo le cose. Sono una perfezionista e di solito tendo ad accertarmi che la forma e la grammatica siano corrette e metto tutto il resto in secondo piano. Questi esercizi mi stanno aiutando tantissimo." Replicai.
Styles sorrise di nuovo e quel gesto scatenò un uragano di farfalle impazzite nel mio stomaco. Perché era così bello e così vicino a me?
"Voglio provare a fare qualcosa di diverso durante i prossimi colloqui." Disse pochi minuti dopo. Appoggiò la tazza di tè di fianco al computer e mi guardò negli occhi, facendomi battere il cuore ancora più velocemente. "Voglio che provi a scrivere un racconto - anche breve, concentrandoti sulle emozioni dei protagonisti. Scrivi una storia d'amore e portami quello che sei riuscita a fare martedì prossimo. Non importa se è finita o no, possiamo anche lavorarci per più di una settimana." Propose.
"È un'idea bellissima." Dissi. "Posso scrivere quello che voglio, basta che sia una storia d'amore? Niente traccia?"
"No." Rispose lui scuotendo la testa. "Sei libera di inventare quello che vuoi."
"Perfetto, grazie." 
Mi piaceva quel nuovo compito e non vedevo l'ora di cominciare a scrivere, perché avevo già mille idee in testa. 
Lanciai un'occhiata alla sveglia sulla parete opposta e notai che mancava ancora un quarto d'ora alla fine del colloquio, quindi sapevo che ci saremmo messi a parlare del più e del meno come al solito.
"Com'è andato il tuo test su Dickens?" Domandò infatti il professore.
"Abbastanza bene, grazie! Ho fatto novanta punti su cento." Risposi.
"Beh, sei stata brava! Se posso aiutarti in qualche altro modo lo farò con piacere."
"Grazie, prof. Lei è troppo gentile con me."
Per un momento lessi preoccupazione nei suoi occhi, poi si rilassò e mi rivolse un sorriso educato.
"Lo faccio con piacere. Mi piace aiutarti, sei una brava studentessa." Rispose lui. "È bello passare tempo con te, il tuo entusiasmo per la scrittura è contagioso e mi viene sempre voglia di scrivere dopo le nostre chiacchierate." Aggiunse dopo qualche secondo, abbassando lo sguardo come se mi avesse appena rivelato qualcosa di imbarazzante.
Cercai con tutte le mie forze di non fraintendere quello che mi aveva detto. Il mio entusiasmo era contagioso, non mi aveva detto che ero la sua musa. E allora perché mi sentivo improvvisamente così allegra? Perché sembrava che il mio cuore stesse per esplodere?
"Mi... M-mi fa piacere." Balbettai.
L'atmosfera era cambiata tutto d'un tratto. Non era più leggera come prima. Era diventata tesa e pesante e quasi soffocante. 
Lui continuava a guardarmi negli occhi ed io non riuscivo a distogliere lo sguardo.
Per un momento pensai (e sperai) che stessimo per baciarci. L'aria era elettrica tra di noi ed eravamo così vicini...
Avremmo dovuto fare uno sforzo davvero minimo per avvicinarci e lasciare che le nostre labbra finalmente si trovassero.
Il professore mosse la mano lentamente e la appoggiò al mio ginocchio, mandando il mio cervello in cortocircuito. La mia pelle sembrò scottare sotto il suo tocco e sentii un brivido lungo tutta la spina dorsale.
Non era umanamente possibile provare tutte quelle emozioni per una cosa così stupida e semplice.
 
Persi la cognizione del tempo. Non sapevo quanti secondi o minuti erano passati. Non ricordavo nemmeno più dove fossi e neanche che ci fosse un mondo intero oltre a quel divano. Ero incantata da quegli occhi verdi che continuavano a fissare i miei, dello stesso colore, ma un po' più scuri. Ero ipnotizzata dalla sensazione che la sua mano provocava sul mio ginocchio. Da quel calore che partiva sotto il suo tocco e si espandeva in tutto il mio corpo. Dalle farfalle che si muovevano senza sosta nel mio stomaco e dal cuore che rimbombava nelle mie orecchie.
 
"Sei... Ehm... Sei una persona speciale, Mary Jane. Meriti di essere amata e spero che ti innamorerai anche tu. Spero che riuscirai a provare quei sentimenti intensi che desideri tanto. Il ragazzo che riuscirà a conquistare il tuo cuore sarà davvero fortunato. Spero... Spero che il tuo fidanzato, quello che gioca a calcio, sia la persona giusta per te." Mormorò dopo un po'. 
Aveva cominciato ad avvicinare il viso al mio, l'avevo visto. E poi si era fermato e aveva distolto lo sguardo, fissandolo sullo schermo ancora acceso del suo computer. Voltare il viso sembrava essergli costato uno sforzo enorme.
Lo guardai per qualche altro secondo e poi presi la mia borsa dal pavimento e mi alzai, con il cuore pesante e il respiro affannato. Sembrava che avessi corso una maratona, quando in realtà ero rimasta immobile su un divano.
"Grazie, professore."
Qualcosa, dentro di me, era crollato quando l'avevo sentito dire quelle parole. Non riuscivo a spiegarmi nemmeno io cosa fosse appena successo. Ero sconvolta e volevo solo allontanarmi da quella situazione.
Senza dire nulla aprii la porta e uscii dall'ufficio. Raggiunsi la piazza del campus e cominciai a camminare senza meta. Quando arrivai davanti ai campi di calcio, iniziai a correre e mi fermai solo quando sembrò che il mio cuore stesse per scoppiare e le mie gambe per cedere. 
 
***
 
"Che cosa diavolo ti è successo?" Mi domandò Laurel quando finalmente mi decisi a tornare a casa. Aveva anche cominciato a piovere, quindi oltre ad essere sudata per la corsa, ero fradicia per il temporale. 
"Non ho portato l'ombrello." Risposi, buttando la borsa per terra e togliendomi le scarpe prima di camminare sulla moquette. Poi mi diressi in bagno e sperai che Laurel capisse che avrebbe dovuto lasciarmi stare - o almeno che non volevo che mi facesse nessuna domanda.
Fortunatamente la ragazza sembrava conoscermi molto bene, nonostante ci fossimo incontrate solo pochi mesi prima, e si fermò sulla soglia della porta del bagno, appoggiandosi allo stipite e osservandomi per qualche secondo prima di parlare.
"Liam è un cretino ed è inconsapevole del fatto che gli muoio dietro.” Annunciò dopo qualche minuto la mia amica. “Quindi ho deciso di provare una nuova tattica. Da questo momento passo alla caccia pesante.”
Mi voltai verso di lei.
“Cioè?” Domandai.
“Ci siamo scambiati il numero di telefono quando siamo andati tutti al pub per festeggiare la vittoria della squadra.” Cominciò a spiegare la ragazza. “E ci siamo scambiati esattamente due messaggi e solo perché gli ho scritto io per prima. Quindi, da questo momento, la caccia è ufficialmente aperta e Laurel Carter flirterà pesantemente con Liam Payne durante qualunque tipo di occasione.” Continuò.
“Credo che sia una buona idea.” Mi sforzai di dire. In realtà non ero concentrata, non riuscivo a farlo. Continuavo a pensare alla sensazione della mano di Styles sul mio ginocchio – tanto che sembrava che mi bruciasse ancora quella parte del mio corpo – e ai suoi occhi quasi chiusi quando aveva cominciato ad avvicinare il viso al mio.
Ci stavamo per baciare, dannazione. Ci stavamo per baciare e lui aveva si era interrotto e mi aveva detto quella stupida frase.
“Grazie.” Replicò la ragazza. “Che ne dici di andare al pub questa sera?”
Improvvisamente alzai lo sguardo e incrociai il suo. Sì, il pub era una buona idea, soprattutto se avrei potuto vedere Jasper. Dovevo concentrarmi su di lui, dovevo innamorarmi di lui e dimenticarmi di tutto il resto.
“Volentieri.” Risposi.
Poi la mia amica mi lasciò sola, così mi buttai sotto la doccia e ci rimasi per una quantità indefinita di tempo, cercando di lavare via i ricordi di quella giornata.
 
***
 
Passarono settimane, in cui Laurel ci aveva provato spudoratamente con Liam in tutte le occasioni possibili e immaginabili e lui non aveva risposto a nemmeno uno dei suoi flirt. Rae e Sam si erano lasciati, perché lei aveva scoperto che il ragazzo l’aveva tradita con Blake, che faceva parte della confraternita femminile gemellata con i Kappa Alpha Psi.
Eravamo riuscite ad arrivare alla metà di dicembre e nessuna di noi – a parte Laurel – aveva tempo per pensare a qualsiasi altra cosa se non a tutti i test di fine quadrimestre.
Carmen (che nel frattempo ero riuscita a perdonare) e Valentina avevano continuato a uscire con noi e avevamo formato un gruppo di studio. Non importava se frequentavamo corsi diversi, era piacevole trovarsi in biblioteca e studiare tutte insieme, in silenzio.
A volte anche Jasper passava a trovarci, mi dava un bacio sulla testa, mi portava uno snack o qualcosa da bere e poi andava agli allenamenti con Horan.
Stava andando tutto bene tra di noi. Uscivamo spesso e mi ero convinta a rimanere a dormire da lui qualche volta. Certo, odiavo le occhiatine dei suoi compagni il mattino dopo, ma avevo imparato a conviverci.
I colloqui con il professor Styles, invece, erano diventati molto più freddi e informali. Tutto si svolgeva con la sua scrivania tra di noi, aveva smesso completamente di toccarmi (anche solo per sbaglio) e parlavamo solo ed esclusivamente del mio lavoro. Niente più chiacchiere, niente di niente.
A volte, in classe, lo vedevo che mi guardava. E quando si accorgeva del mio sguardo sul suo, si voltava immediatamente dall’altra parte e si concentrava su qualsiasi cosa, anche sulla maniglia mezza rotta della finestra di fianco alla cattedra. Era una situazione che non mi piaceva, perché nonostante tutto continuavo ad avere una cotta per lui, a provare emozioni inappropriate quelle poche volte che i nostri sguardi si incrociavano e, soprattutto, quando ero da sola nel suo ufficio. Però sapevo che era la cosa giusta da fare, perché lui era il mio professore ed io, comunque, stavo con Jasper e mi piaceva anche tanto.
Era dolce, simpatico, premuroso e mi faceva sentire bene. Erano tutte caratteristiche che cercavo in un ragazzo e lui le aveva. Non ero ancora innamorata di lui, ma speravo che sarebbe successo. In fondo era ancora presto, stavamo insieme solo da un paio di mesi.
 
La tensione tra il professor Styles e me, comunque, era sempre palpabile nella stanza. E lo era anche quel giorno.
“Perché credi che la tua protagonista sia scappata quando il ragazzo le ha finalmente confessato di amarla?” Domandò lui, seduto sulla sedia dietro la sua scrivania, osservando lo schermo del computer ed evitando il mio sguardo.
“Perché ha paura dell’amore. Crede di non meritarselo, pensa di non essere abbastanza e non vuole essere vulnerabile.” Risposi. Ero molto felice dei progressi che avevo fatto grazie a lui, ma ero arrivata a odiare quegli appuntamenti settimanali. Odiavo vederlo così freddo, così distaccato. “E poi sa di doversi trasferire per lavoro e pensa che lui la lascerà, perché le storie a distanza non funzionano mai.” Aggiunsi.
“Quindi lei crede di non essere abbastanza per lui.” Ragionò Styles, posando finalmente lo sguardo su di me. Provai un brivido e annuii.
“Sì, è stata ferita una volta, quando il suo fidanzamento ufficiale è finito perché il suo ragazzo l’ha tradita con la sua assistente durante un viaggio di lavoro ed è determinata. Non vuole più provare quel dolore in tutta la sua vita. Non vuole e non può lasciarsi andare. È bloccata.”
“Sei stata molto brava a descrivere tutto.” Cominciò a dire il professore. “Il lettore non può fare a meno di identificarsi nella protagonista, perché chi non ha mai sofferto per amore? E tu hai descritto le emozioni e il dolore alla perfezione. Complimenti, sei migliorata tantissimo dall’inizio dell’anno.” Aggiunse.
“Grazie.” Risposi, abbassando lo sguardo. Nonostante tutto non mi ero ancora abituata a sentire i suoi complimenti. Non sapevo nemmeno se fosse il caso di accettarli, perché ero davvero brava? O me lo diceva solo perché era una persona incredibilmente gentile?
Styles aprì la bocca per ribattere qualcosa e fu interrotto da una melodia proveniente dal suo telefono. Lui guardò lo schermo, sbuffò e interruppe la chiamata. Io lo guardai a bocca aperta.
“Conosce Hozier?” Domandai, sconvolta. “Quella era Take Me To Church, vero?”
Lui mi guardò come se mi fossero appena spuntate due antenne dalla punta della testa e fossi diventata verde.
Tu conosci Hozier?” Mi chiese lui di rimando.
“L’ho scoperto per caso su Spotify e mi sono innamorata di quella canzone. È un artista bravissimo.” Risposi. Improvvisamente tutto mi sembrò tornato come prima. Abbandonammo completamente il discorso del mio tema e del racconto che stavo scrivendo e ci immergemmo in una fitta conversazione sulla musica. E, a quanto pare, avevamo davvero tanti artisti preferiti – sconosciuti ai più – in comune.
 
“Hai sentito la canzone degli A Great Big World con Christina Aguilera?” Mi domandò lui.
Ormai l’ora era passata abbondantemente ed entrambi avevamo perso la cognizione del tempo, discutendo animatamente su cantanti, gruppi e canzoni.
Scossi la testa. No, quella me la ero persa.
Lui si alzò dalla sedia, prese il suo telefono e lo inserì della dock station sul tavolino basso davanti al divano. Poi mi fece cenno di raggiungerlo e fece partire la canzone.
Sentii immediatamente le note del pianoforte e provai brividi in tutto il corpo. Non sapevo se fosse la melodia, la voce dolce del cantante o la vicinanza del professor Styles. Non ci eravamo seduti su quel divano troppo stretto da quando ci eravamo quasi baciati qualche settimana prima.
Alla voce del cantante si unirono quella di Christina Aguilera – non potente come al solito, ma più delicata – e i violini.
Deglutii e alzai lo sguardo sul viso di Styles. Lui mi stava osservando attentamente, con un’espressione seria e concentrata.
“Ti piace?” Mi domandò lui a bassa voce, proprio mentre ascoltavamo il ritornello.
“È bellissima.” Risposi. Sentivo un nodo in gola, forse per la melodia, forse per la combinazione del piano e dei violini, forse per il testo così intenso. O forse era il fatto che la disperazione nella voce dei cantanti mi ricordava quella che avevo provato quando mi si era spezzato il cuore per la prima volta, quando avevo dovuto lasciare il mio primo ragazzo, quello di cui mi stavo innamorando, perché dovevo trasferirmi dall’altra parte dell’America con i miei genitori.
Le lacrime raggiunsero i miei occhi e scivolarono lentamente sulle mie guance prima che potessi fare qualcosa per impedirlo.
Il professor Styles non disse nulla, si avvicinò ulteriormente e le asciugò con il dorso della mano. Poi accarezzò la mia guancia e mi guardò negli occhi.
Aveva abbandonato gli occhiali sulla sua scrivania e non ero abituata a vederlo senza. Era ancora più bello.
La mia mano si alzò automaticamente e si posò sul suo braccio. Provai un brivido al contatto e sembrò che anche lui avesse provato la stessa cosa, perché sgranò leggermente gli occhi e trasalì.
I nostri sguardi erano incatenati e nessuno dei due riusciva a muovere un muscolo. La melodia della canzone si espandeva in tutta la stanza, creando un’atmosfera quasi magica.
Non c’era niente che avrei voluto fare più di toccare le sue labbra con le mie, più di lasciare che le sue braccia forti mi stringessero e mi tenessero vicina a lui, più di abbandonarmi completamente a lui.
 
La canzone terminò, ma ricominciò subito dopo. Styles, senza smettere di guardarmi negli occhi, cominciò ad avvicinare il suo viso al mio, lentamente. Molto lentamente. Sembrava che avesse paura che potessi spaventarmi o scappare.
Le mie emozioni cominciarono a impazzire. Il cuore, che stava già battendo all’impazzata, sembrò fare una capriola nel mio petto e cominciai a sentirlo rimbombare nelle mie orecchie. Avevo lo stomaco annodato ed ero sicura di aver cominciato a tremare leggermente, perché volevo che mi baciasse. Lo volevo davvero tanto.
Quando le sue labbra toccarono le mie, chiusi istintivamente gli occhi. Smisi di pensare a qualsiasi cosa e mi persi completamente nel momento. Accarezzai il suo braccio e provai un brivido quando la sua mano si posò con delicatezza sul mio viso.
Ci baciammo per una quantità indefinita di tempo, completamente abbandonati l’uno all’altra. Labbra che si toccavano, mani che accarezzavano il mio viso e che si aggrappavano ai suoi capelli, corpi che sembravano bruciare e che sembravano essere stati creati per intrecciarsi. Corpi che avevano bisogno di stare più vicini.
Ci allontanammo solo quando il suo telefono suonò di nuovo e lui trasalì, saltando indietro e guardandomi con gli occhi sbarrati.
 
Senza dire una parola recuperai la mia borsa e scappai fuori da quell’ufficio. Che cosa avevo fatto? Avevo baciato Styles. Il professor Styles. Avevo tradito Jasper, avevo messo in pericolo tutto. La mia relazione, il suo lavoro, la mia carriera da studentessa…
Tornai nel mio dormitorio e fui felice di sapere che Laurel era ancora a lezione. Mi chiusi in bagno e mi osservai allo specchio. Avevo le labbra rosse e anche le guance erano più rosa. Avevo negli occhi un’espressione di terrore e colpevolezza e dovevo far qualcosa per riprendermi.
Decisi di fare una lunga doccia calda e decisi anche di annullare i miei prossimi appuntamenti con il professor Styles. Non potevo permettere che qualcosa del genere succedesse un’altra volta.
 
I miei pensieri furono interrotti da un leggero bussare alla porta. Smisi di riflettere sul corso di Scrittura Creativa – era il caso di continuare a frequentarlo dopo quello che era successo? – e mi alzai dal letto, su cui mi ero sdraiata a far finta di leggere, e andai ad aprire.
“Laurel, quante volte ti ho detto di ricordarti le chiavi?” Sbuffai. Non mi fermai nemmeno a guardarla, perché sapevo che se mi avesse vista in faccia avrebbe capito che c’era qualcosa che non andava.
“Non… Non sono Laurel.”
La voce del professor Styles mi fece ghiacciare il sangue nelle vene. Mi girai immediatamente verso di lui e mi domandai se fosse completamente impazzito. Come poteva presentarsi nel mio dormitorio in quel modo? Voleva farsi licenziare a tutti i costi?

 


Buongiorno! Ecco il nuovo capitolo!
Mary Jane e il professor Styles si sono baciati e lui è andato da lei. Cosa pensate che succederà la settimana prossima? Styles è andato da Mary Jane per dirle che è stato un errore e che non devono dirlo a nessuno? O è andato da lei per baciarla di nuovo, per confessarle di essere attratto da lei? Oppure perché? Ci sono tanti motivi per cui potrebbe aver bussato a quella porta.
Grazie per aver letto fin qui e per i commenti bellissimi che mi lasciate ogni volta!
Io vi aspetto martedì per il prossimo capitolo e spero che questo vi sia piaciuto!
Un bacione grande, alla prossima!

p.s. a metà di questa settimana potrei postare uno spoiler del prossimo capitolo su Facebook e Twitter se volete ;)

 

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Capitolo 8
*** Knock Knock, Who’s There? ***




Capitolo 8 – Knock Knock, Who’s There?
 
“Che cosa…” Cominciai a dire.
Lui si guardò velocemente intorno, probabilmente per controllare che nessuno lo potesse vedere, e poi entrò nella stanza e richiuse la porta alle sue spalle.
Sì, doveva proprio essere pazzo.
“Sei uscita di fretta e hai lasciato il tuo telefono sulla mia scrivania.” Disse lui, estraendo il mio iPhone dalla tasca posteriore dei suoi pantaloni e porgendomelo. “Ha cominciato a suonare e… qualcuno sta cercando disperatamente di contattarti.”
Distolsi lo sguardo per non mostrare la mia delusione. Era sbagliato, lo sapevo, ma una parte di me sperava che si fosse presentato davanti alla mia porta per dirmi che non era pazzo di me e per baciarmi di nuovo.
“Grazie.” Mormorai. Nel prendere l’oggetto sfiorai le sue dita con le mie e provai un brivido. Ricordai le sensazioni provate poco prima e mi sembrò di risentire le sue labbra sulle mie.
No, dovevo smettere di pensarci.
Il professor Styles, che era ancora in piedi, davanti alla porta, aveva l’aria sconvolta. Sembrava che avesse corso per un’ora e i suoi occhi continuavano a cercare i miei.
Cercai di ignorarlo, nella speranza che lasciasse la mia camera al più presto. Mi spostai di qualche passo e mi concentrai invece sui messaggi che mi aveva mandato Laurel e notai che tutti contenevano una serie spropositata di punti esclamativi. Tutto quello che stava cercando di dirmi la mia amica, comunque, era che era passata in libreria da Liam, aveva avuto un picco di coraggio e gli aveva chiesto di uscire. Lui aveva accettato, quindi mi aveva detto di non aspettarla sveglia, perché sarebbe andata a cena con lui e poi avrebbe cercato di passare la notte nella sua stanza.
“Mary Jane?” Il professore cercò di attirare la mia attenzione. Era ancora lì, di fronte alla porta chiusa, e sembrava fuori posto. Sembrava in imbarazzo, aveva persino le guance rosse.
“Sì, professore?” Domandai.
“Quello che è successo prima, nel mio ufficio…”
“Non è successo nulla, professore.” Mi costrinsi a dire. Lui non disse nulla per qualche secondo e, contro la mia volontà, alzai lo sguardo e incrociai il suo. Mi stava fissando e aveva la stessa espressione di qualche ora prima, quando mi aveva baciata.
Styles si avvicinò di qualche passo.
“Sono terribilmente dispiaciuto per quello che è successo nel mio ufficio. Io… credo di aver frainteso tutto e mi dispiace se ti ho messa in una situazione imbarazzante.” Disse, infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni. Non mi era mai sembrato così giovane. Lo fissai, cercando di capire quello che mi stava dicendo. Si stava scusando per avermi baciata?
“Cosa?”
“Mi rendo conto di averti messa in una posizione difficile e non voglio che la mia mancanza di giudizio influenzi la tua passione per la scrittura o la tua frequenza.” Continuò lui.
Pensava di aver frainteso tutto. Pensava di non piacermi. Non sapeva che avevo una cotta spropositata per lui e quella sua improvvisa insicurezza, quell’espressione dispiaciuta e imbarazzata sul suo viso mi fecero tenerezza. Improvvisamente mi venne voglia di baciarlo di nuovo, di intrecciare le dita tra i suoi capelli e di farmi stringere dalle sue braccia.
“Sei una brava scrittrice e mi dispiacerebbe perderti come studentessa per quello che ho fatto. Ma se ti senti in imbarazzo e vuoi andare a parlare con il Rettore…”
Decisi di non fargli finire la frase, perché non aveva senso permettere che si torturasse in quel modo ancora per un solo secondo. Non avevo nessuna intenzione di parlare con nessuno e di farlo licenziare. Volevo solo che, per almeno una volta, le cose non fossero difficili. Volevo smettere di pensare a cosa fosse giusto o sbagliato e dare retta solo al mio istinto.
Annullai la distanza tra di noi con un paio di passi e appoggiai le mie labbra sulle sue. Il professor Styles perse l’equilibrio e indietreggiò leggermente, poi rimase immobile per pochi secondi e infine estrasse una mano dalla tasca dei pantaloni e la appoggiò alla base della mia schiena per attirarmi più vicina a sé.
Non ci fu nulla di delicato in quel bacio. Fu completamente diverso da quello che ci eravamo scambiati nel suo ufficio. Sembrava che nessuno dei due potesse più fare a meno dell’altro, che nessuno dei due potesse vivere senza l’altro. Avevamo bisogno di sentirci vicini, di toccarci, di stare insieme.
In pochi secondi si sciolsero settimane di tensione e ci ritrovammo a baciarci contro il muro della mia camera.
Nella mia mente comparve l’idea di fermarmi, perché quello che stavamo facendo era sbagliato, ma decisi di ignorarlo. Stavo dando retta al mio istinto, non potevo permettere che la mia mente rovinasse tutto. Così decisi persino di fare il primo passo e cominciai a slacciare i bottoni della sua camicia.
Styles mi rivolse un’espressione stupita e smise di baciarmi per qualche secondo. Sembrava quasi che volesse chiedermi se fossi sicura di quello che stavo facendo. Non disse una parola, però. Io annuii e ricominciai a baciarlo.
Per tutta risposta lui mi aiutò a liberarmi della maglietta che stavo indossando e spostò la sua attenzione sul mio collo, lasciandomi una scia di baci che mi solleticavano la pelle e che sembravano creare una traccia bollente sul mio corpo.
 
Persi la cognizione del tempo e probabilmente anche la ragione. Doveva essere l’unica spiegazione per giustificare quello che avevo fatto. Non solo avevo baciato il professor Styles, ci ero anche finita a letto insieme.
Mi girai sul fianco per osservarlo. Aveva tolto gli occhiali da vista e i suoi capelli ricci erano un disastro. Le sue labbra erano più rosse del solito ed era bellissimo. Il suo corpo era pieno di tatuaggi strani, che copriva con le camicie a maniche lunghe durante le ore di lezione.
“Mary…” Sussurrò, accarezzando la mia guancia con il dorso della mano. Provai un brivido e chiusi gli occhi.
Non avevo mai provato niente del genere in tutta la mia vita, con nessuno dei ragazzi con cui ero stata.
Mi bloccai per un secondo, perché mi resi conto che non avevo idea di come riferirmi a lui.
“Harry?” Domandai a bassa voce. Lui annuì e un sorriso spuntò istintivamente sulle mie labbra. Harry. Mi faceva sentire speciale poterlo chiamare in quel modo.
Lui si avvicinò e mi diede un altro bacio ed io mi adagiai di nuovo sul cuscino e mi preparai ad abbandonarmi ancora completamente a lui. Avrei potuto abituarmi a quella sensazione. Harry mi baciò un’altra volta e sì, ero sicura che mi sarei abituata senza nessun problema.
Poi sentii la maniglia della porta muoversi, un’imprecazione e un leggero bussare.
“Merda! Mary, sei in camera? Ho dimenticato le chiavi!”
Laurel era fuori dalla stanza. Harry era nel mio letto. Sgranai gli occhi e cercai di non farmi prendere dal panico. Era la mia migliore amica, certo, ma non potevo permettere che mi trovasse in quella situazione. Non con il professor Styles.
Mi alzai velocemente dal letto e indossai la prima cosa che trovai sul pavimento. Poi dissi a Harry di nascondersi in bagno e aprii la porta di qualche centimetro. La mia amica sembrava furiosa.
“Laurel, cosa succede?” Domandai.
“Hai presente che Liam mi aveva detto di sì, giusto? Bene, non si è presentato! L’ho aspettato come una cogliona per un’ora e mezza e non si è presentato! Alla fine la cameriera mi ha guardata come se fossi un cane abbandonato in mezzo alla strada e mi ha chiesto se volevo che rimuovesse il secondo piatto. Mi sono sentita un’idiota, Mary, non hai idea.” Si sfogò lei. Poi, per mia sfortuna, si accorse che c’era qualcosa che non andava. “Perché hai una camicia da uomo addosso e non mi apri? Oh mio Dio, Mary, c’è qui Jasper?” Sibilò poi lei.
Jasper. Mi ero completamente dimenticata di lui. Io avevo un ragazzo e l’avevo appena tradito con il mio professore.
“Dammi due secondi.” Dissi. Decisi di non mentire spudoratamente e di raccontarle che il mio ragazzo era nel nostro dormitorio. “Mi vesto e andiamo a mangiare qualcosa insieme, così mi racconti di Liam.” Aggiunsi.
La mia amica annuì e in quel momento avrei voluto abbracciarla. Non mi domandò nulla, non cercò di entrare. Mi lasciò semplicemente il tempo di rivestirmi e rendermi presentabile e mi aspettò in corridoio.
“Harry?” Chiamai a bassa voce, entrando in bagno e richiudendomi la porta alle spalle. Lui era lì, seduto sul bordo della vasca, con un’espressione di terrore dipinta sul volto. “È solo la mia coinquilina, mi sta aspettando fuori. Mi rivesto, usciamo e tu puoi sgattaiolare fuori di qui senza che ti veda nessuno.” Mormorai.
“Avrei voluto salutarti in un altro modo.” Rispose lui, alzandosi e appoggiando la fronte alla mia. Stava indossando solo i pantaloni, perché gli avevo rubato la camicia senza rendermene conto. Era perfetto. “Così sembra che sto scappando perché penso che quello che abbiamo fatto sia un errore.” Aggiunse.
“Ma in un certo senso lo è, non è così?” Risposi, cominciando a togliermi la camicia per ridarla al proprietario. Il suo sguardo indugiò sul mio corpo per pochi secondi, prima di ritrovare i miei occhi.
“No.” Replicò con convinzione, prima di appoggiare le sue labbra sulle mie. In quel momento avrei voluto fermare il tempo, far sparire Laurel, che mi aspettava fuori, e continuare a baciare Harry per il resto della mia vita. “Niente mi è mai sembrato più giusto di questo.” Aggiunse.
Mi girava la testa. Non riuscivo a credere che stesse succedendo davvero. Che Harry stesse realmente dicendo quelle cose, che le pensasse davvero. Non stavo solo sognando, vero?
“Devo andare, Harry.” Mormorai. “Laurel mi sta aspettando qui fuori.” Aggiunsi.
Lui annuì e mi diede un ultimo, veloce bacio. Uscii dal bagno senza smettere di fissarlo e mi rivestii velocemente.
Non volevo uscire da quella stanza. Non volevo andarmene. Avevo paura che, una volta chiusa quella porta, mi sarei svegliata. Ed io non volevo farlo, perché quello era il sogno più bello che avessi mai fatto.
 
“Quindi tu e Jasper…” Cominciò Laurel. La interruppi, scuotendo la testa. Sapevo che non avrei potuto mentirle più di tanto, perché una menzogna del genere avrebbe potuto avere conseguenze catastrofiche. Se avessi detto alla mia amica che ero stata a letto con Jasper lei avrebbe potuto dire qualcosa sull’argomento in sua presenza e lui avrebbe scoperto che l’avevo tradito.
“No.” Dissi. “Non… non giudicarmi, ti prego, ma non era Jasper.” Decisi infine di dire.
La mia amica sgranò gli occhi e mi guardò con la bocca aperta.
“Oh, Mary!” Esclamò.
“No, non dire ‘Oh, Mary’ con quel tono! Non ho bisogno di essere giudicata in questo momento. Mi sento già abbastanza male.” Risposi. Volevo nascondermi sotto il tavolo. Volevo sparire, perché mi vergognavo come una ladra.
“Quindi chi…?”
“Non… possiamo non parlarne? Non credo di essere pronta.” Dissi. Lei annuì, ma non lasciò subito stare l’argomento.
“Cosa farai con Jasper? Glielo dirai?”
“No.” Risposi immediatamente. “Non saprà mai quello che è successo questa sera, ma lo lascerò al più presto. Provo… qualcosa per questa persona e non voglio usare e far soffrire inutilmente Jasper.” Aggiunsi. Aprii la porta del ristorante indiano situato appena fuori dal campus e lasciai entrare Laurel. “Raccontami cos’è successo con Liam, piuttosto.” Dissi, sperando che quello sarebbe stato abbastanza per farle cambiare argomento.
Mi sentivo a disagio e in imbarazzo e non volevo dirle che ero stata a letto con il mio professore di Scrittura Creativa. Continuavo a pensare a quello che era successo, alla sua espressione quando mi aveva salutato, alle sue parole, al bacio che mi aveva dato prima che uscissi dal bagno. Il mio cuore sembrava essersi gonfiato e nella mia mente continuavo a pensare alle possibilità e al futuro. Avrebbe funzionato tra Harry e me? Ero convinta di sì e sapevo che avrei lottato e avrei fatto di tutto per continuare a vederlo, perché non avevo mai provato niente del genere per nessun altro in tutta la mia vita.
“…e quindi l’ho aspettato per un’ora e mezza al ristorante italiano e non si è presentato, ti rendi conto? Mi sentivo un’idiota.” Disse Laurel. “Mary, ma mi stai ascoltando?” Domandò dopo pochi secondi.
“Sì, scusami. Hai detto che non si è presentato dopo che ti aveva detto di sì, giusto?” Chiesi di rimando, sentendomi particolarmente in colpa.
“Sì, ho detto esattamente quello. Non mi sembri molto sveglia questa sera.” Replicò la mia amica. Poi decise di ignorare la mia evidente distrazione e continuare il suo racconto. “Era stato tutto perfetto! Sono entrata in libreria – e questa volta giuro che dovevo comprare davvero un libro – e boh, ho avuto un momento di coraggio e gliel’ho chiesto. Ho detto: ‘Liam, so che probabilmente ti sembrerò aggressiva, ma mi piaci da quando è iniziato il college, quindi ti piacerebbe venire a cena con me questa sera?’ e lui ha sorriso, capisci? Mi ha sorriso. Ha messo in mostra quei denti perfetti e bianchissimi e mi ha detto di sì! Così ci siamo messi d’accordo, ma nell’agitazione mi sono dimenticata di chiedergli il numero e lui non ha chiesto il mio, quindi… ugh, sono davvero incazzata, Mary.”
“Magari ha avuto un contrattempo.” Dissi, leggendo distrattamente il menu. Dovevo smettere di pensare a quello che era successo qualche ora prima e cercare di concentrarmi su Laurel. Provai un brivido, ripensando a ogni minimo particolare, alla sensazione di essere finalmente insieme a Harry, dopo settimane passate a fantasticare su come sarebbe stato stare con lui, baciarlo ed essere una cosa sola.
“In ogni caso avrebbe potuto mandare qualcuno al ristorante per avvisarmi. Ho fatto la figura della povera stupida.” Disse lei, sbuffando e scuotendo la testa. “Se lo vedessi in questo momento sarei capace di tirargli uno schiaffo.”
“Fossi in te, prima di picchiarlo, proverei ad ascoltare la sua spiegazione.” Dissi.
“Certo, sempre se si ricorda di me.” Aggiunse lei con acidità. “Perché è probabile che non sappia nemmeno chi sono, visto che ha decine di ragazze che gli corrono dietro. E poi io non sono una di quelle tizie delle confraternite, io sono una normalissima, insignificantissima ragazza del primo anno.”
“Non sei insignificante.” La interruppi. “Sei una bella ragazza e poi ricordo benissimo che Liam ti ha guardata per tutto il tempo quando sono andata a cercare di ritirare i libri che avevo ordinato. Magari è solo un cretino.”
“Beh, su quello siamo d’accordo. È sicuramente un cretino.” Rispose lei. “Sai cosa ti dico? Da questo momento, per me, non esiste più. Ha avuto la sua possibilità, l’ha sprecata. Basta, è ora del prossimo ragazzo. C’è pieno di persone interessanti al college!” Esclamò dopo qualche minuto.
“Già.” Dissi distrattamente. Era vero, la Washington University era piena di persone interessanti. Peccato che a me ne interessasse solo quella sbagliata: il mio professore.
 
Per tutta la cena Laurel trovò modi diversi per insultare Liam e continuò a chiedermi chi fosse il ragazzo nella nostra stanza, nonostante le avessi ripetuto più volte che non volevo parlarne.
Era la mia migliore amica, ma non ci conoscevamo da molto ed evidentemente non aveva ancora capito che quando non avevo voglia di parlare di qualcosa, non lo facevo. E le sue domande costanti non facevano altro che innervosirmi.
“Non puoi nemmeno darmi un indizio? Lo conosco?” Mi chiese per l’ennesima volta mentre stavamo tornando dal ristorante.
“No.” Risposi.
“No, non mi vuoi dare indizi o no, non lo conosco?”
“No e basta, Laurel. Non insistere, ti prego.” Risposi, roteando gli occhi al cielo. Non potevamo tornare a insultare Liam?
La mia amica si bloccò improvvisamente in mezzo alla strada. Andai avanti di qualche passo prima di rendermi conto che non era più al mio fianco. Mi fermai anch’io e mi voltai verso di lei.
“Dai, non offenderti. Ti sto solo dicendo che mi hai fatto ottomila domande e non sono pronta a parlarne. Un giorno ti dirò tutto, promesso.” Dissi. Probabilmente dopo essermi laureata.
“Non è quello.” Mormorò lei quando la raggiunsi. Sembrava spaventata e la cosa terrorizzò anche me, perché mille film dell’orrore e probabilmente altrettanti episodi di Criminal Minds erano ambientati nei campus del college. Aveva visto qualcuno di spaventoso? Lentamente mi voltai nella direzione in cui stava guardando e quando vidi Liam e Jasper lasciai andare un sospiro di sollievo.
Non era qualcuno che voleva rubarci la borsa – o peggio. Eravamo salve anche quella sera.
“Io lo ammazzo.” Sussurrò la mia amica. Mi posizionai completamente di fronte a lei per evitare che partisse all’attacco.
“Non alzare le mani prima di aver ascoltato la sua spiegazione. Non alzare le mani e basta.” La avvertii. Nel frattempo Jasper e Liam ci avevano raggiunte e il mio ragazzo – provai una stretta allo stomaco al solo pensiero di doverlo guardare negli occhi dopo quello che avevo fatto – mi posò una mano sulla spalla.
“Mary Jane!” Esclamò. Si avvicinò per darmi un bacio sulle labbra, ma mi voltai e lui sfiorò la mia guancia. Mi guardò con curiosità, ma io non dissi nulla. Mi concentrai invece sulla mia amica. Dovevo essere pronta a togliere le sue unghie dalla faccia di Liam in qualsiasi momento.
“Tu sei un pezzo di merda, sei uno stronzo, sei la persona più orribile che io abbia mai conosciuto!” Cominciò a urlare Laurel.
Okay, le avevo detto di non suonargliele, ma mi ero dimenticata di dirle di aspettare a insultarlo.
Liam la guardò per qualche secondo e sembrò stordito. Poi abbassò lo sguardo sulle sue scarpe e scosse la testa.
“Laurel, mi dispiace tantissimo.” Cominciò a dire. “Non ci siamo scambiati il numero di telefono e… sono successe così tante cose, onestamente mi sono dimenticato di trovare il modo di avvisarti. Mi dispiace. Mi dispiace davvero.” Aggiunse.
“Sì, certo, adesso tirerai fuori la scusa della catastrofe, vero? Lutto in famiglia? Ti sei rotto qualcosa? No, mi sembri tutto intero. Hai subito un danno al cervello e hai perso la memoria?”
Liam sembrò a disagio. Tirai una gomitata alla mia amica e cercai di farla calmare.
“Smettila.” Mormorai tra i denti. C’era qualcosa nell’espressione di entrambi i ragazzi che mi stava facendo agitare.
“Non…” Liam cominciò a dire, ma si interruppe subito. Jasper gli mise una mano sul braccio e glielo strinse leggermente.
“Il compagno di stanza di Liam, Andrew, è stato coinvolto in un incidente questo pomeriggio.” Spiegò Jasper. “È stato investito sulle strisce pedonali da un tizio ubriaco.”
“Oh mio Dio.” Sentii sussurrare Laurel.
“Mi dispiace tantissimo.” Dissi. Non sapevo cosa fare. Avrei voluto sapere qualcosa in più, ma non potevo permettermi di fare domande. Se avessi chiesto: “come sta?” e mi avessero detto che non ce l’aveva fatta?
“L’hanno portato all’ospedale e l’hanno operato d’urgenza.” Spiegò Liam. Sembrava aver ritrovato un filo di voce. “Siamo stati ad aspettare per tutto questo tempo e abbiamo chiamato la famiglia.”
“I dottori dicono che l’operazione sembra essere andata bene. Abbiamo aspettato che si risvegliasse e siamo riusciti a parlargli.” Aggiunse Jasper. “Ma dobbiamo aspettare che passi la notte per sapere se è davvero fuori pericolo.”
Annuii e guardai Laurel. Sapevo che si sentiva in colpa per quello che aveva detto – non solo per gli insulti che era riuscita a urlare in faccia a Liam, ma anche per tutti quelli molto coloriti che aveva inventato al ristorante.
“Mi dispiace tantissimo.” La sentii dire. “Non avevo idea che… scusami, Liam. Sono una persona orribile.”
“Non preoccuparti, non potevi saperlo.” Aggiunse lui.
“A-avete mangiato? Avete bisogno di qualcosa?” Domandò la ragazza.
“Abbiamo preso qualcosa ai distributori automatici all’ospedale.” Replicò Jasper. “E, onestamente, l’unica cosa di cui abbiamo entrambi bisogno al momento è tornare alla nostra confraternita, aggiornare i nostri fratelli e andare a dormire.”
“D’accordo.” Disse Laurel. “Scusatemi ancora.” Mormorò.
Jasper e Liam annuirono entrambi e ci salutarono. Poi ricominciarono a camminare verso la via delle case delle confraternite e Laurel mi guardò.
“Mi sento una merda.” Dichiarò.
“Anch’io.” Dissi. Certo, non avevo insultato Jasper appena l’avevo visto, ma forse avevo fatto qualcosa di peggio. Mentre lui era all’ospedale ad aspettare notizie sulla vita di uno dei suoi migliori amici io ero… io ero a letto con il mio professore.
“Ci faremo perdonare.” Disse Laurel.
“No, non credo.” Sussurrai. Non potevo farmi perdonare per quello che avevo fatto e nemmeno per quello che stavo per fare. Certo, quello non era il momento giusto, ma avrei dovuto lasciare Jasper e non mi avrebbe mai e poi mai perdonata. Anzi, probabilmente mi avrebbe odiata per sempre.

 


Ecco il nuovo capitolo! So che lo aspettavate ed eccolo qui!
Cosa pensate che succederà dopo quello che è successo oggi? Mary Jane e Harry continueranno a frequentarsi? Lei riuscirà a lasciare Jasper? E tra Liam e Laurel potrà nascere qualcosa dopo che lei si è comportata in questo modo?
Martedì prossimo posterò il prossimo capitolo e, se non riuscite ad aspettare, venerdì metterò uno spoiler su Facebook e Twitter!
Grazie a tutte le persone che hanno letto e a tutte le ragazze che mi hanno lasciato recensioni bellissime allo scorso capitolo! Grazie <3 <3
Alla prossima!

 

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Capitolo 9
*** Sweet Disposition ***




Capitolo 9 – Sweet Disposition
 
Per tutta la settimana evitai Jasper e non riuscii a fare altro se non a pensare a quello che era successo con Harry. Continuavo a pensare a lui, al bacio nel suo ufficio, alla canzone che stavamo ascoltando quando ci eravamo baciati per la prima volta, alla sua espressione quando si era presentato nella mia camera per riportarmi il cellulare, alla sensazione di avere le sue labbra sulle mie, alla sua pelle liscia e calda, ai suoi tatuaggi... Non riuscivo a smettere di rivedere tutto quello che era successo nella mia mente e non vedevo l’ora di martedì per rivederlo, perché per non fare insospettire nessuno eravamo stati lontani l’uno dall’altra. Non ci eravamo nemmeno scambiati uno sguardo il giovedì a lezione, niente.
Quando bussai alla porta del suo ufficio cominciai a sentire l’ormai familiare sensazione di avere delle farfalle nello stomaco. Non vedevo l’ora di guardare i suoi occhi, di sentire la sua voce, di annusare il suo profumo.
Harry aprì pochi secondi dopo e, per qualche momento, mi mancò il respiro. Era sempre stato così bello? Probabilmente sì, ma da quando eravamo stati insieme avevo cominciato ad apprezzare ogni minimo dettaglio ancora di più.
Il professore si guardò velocemente intorno, come aveva fatto prima di entrare nel mio dormitorio, e poi chiuse a chiave la porta alle nostre spalle. Le tendine erano abbassate e sentivo una musica che non conoscevo in sottofondo. Una canzone lenta e romantica si stava diffondendo dal suo iPhone, sistemato in una dock station dietro la sua scrivania.
“Buongiorno pr…” Cominciai a dire. Harry mi interruppe con un bacio mozzafiato. Lo abbracciai istintivamente e mi aggrappai alla sua schiena, mentre assaporavo le sue labbra e mi dimenticavo persino il mio nome.
“Mi sei mancata.” Disse con il fiato corto e le labbra ancora sulle mie.
“Ah sì?” Domandai, allontanandomi di qualche centimetro per guardarlo negli occhi. C’era una luce nuova nel suo sguardo. Mi voleva ed io volevo lui. Disperatamente.
“Sì.” Confermò lui, cercando di avvicinarsi per darmi un altro bacio. Arretrai ulteriormente, perché volevo giocare con lui.
Quanto ti sono mancata?” Chiesi.
“Vuoi sapere quanto?” Rispose lui. Mi morsi un labbro e risi.
“Dimostramelo.” Replicai. Harry sorrise e gli permisi di avvicinarsi per darmi un altro bacio. La verità era che io volevo giocare, provocarlo e farlo aspettare, ma non riuscivo più ad aspettare nemmeno io.
Harry mi guidò sul divano dove ci eravamo scambiati il primo bacio, si sedette ed io mi sistemai sopra di lui e continuai a baciarlo.
C’era qualcosa di profondamente sbagliato in tutto quello che stavamo facendo. Lui era un mio professore ed eravamo nel suo ufficio. Ma non mi importava. Avevo bisogno di essere sua e di sentirlo mio. Avevo bisogno del suo tocco, delle sue attenzioni. Avevo bisogno di lui
 
“Non hai controllato il mio lavoro questa settimana.” Dissi. Mi ero rivestita, ma ero ancora sul divano con Harry e lui mi stava tenendo un braccio intorno alle spalle e accarezzava la mia pelle con il dorso della sua mano.
“Lo so, ma dovevo baciarti, dovevo stare con te.” Rispose lui.
“Potremmo finire in guai seri.” Dissi, guardandolo negli occhi. Era strano dire quelle parole, perché io non volevo smettere di vederlo, ma dovevo almeno fingere di essere interessata alle conseguenze delle nostre azioni.
“Non ci scoprirà nessuno.” Rispose con sicurezza.
“Okay, se me lo dici così posso anche provare a crederci.” Replicai. Harry mi diede un lieve bacio sulle labbra e chiusi gli occhi per assaporare meglio il momento. Com’era possibile provare emozioni così forti anche semplicemente stando di fianco a una persona? Mi faceva sentire le gambe deboli e lo stomaco attorcigliato. Annebbiava la mia mente e mi faceva provare i brividi lungo la spina dorsale.
“Fidati di me.”
Annuii, perché mi fidavo ciecamente di Harry Styles. Non sapevo nemmeno perché, lo facevo e basta. Forse i sentimenti che provavo per lui mi avevano fatto perdere completamente la ragione. Non lo sapevo e non volevo nemmeno perdere troppo tempo a pensarci.
“Che canzone stavi ascoltando quando sono entrata?” Domandai improvvisamente. Lui sorrise ed io mi sentii al settimo cielo.
“Si chiama ‘Sweet Disposition’ ed è dei Temper Trap.” Rispose.
“Non l’avevo mai sentita, è bellissima.” Dissi.
“È la mia canzone preferita in assoluto.” Replicò Harry. “Sai cosa facciamo? Faccio una playlist delle canzoni che amo di più e te la mando.”
“Mi piace questa idea.” Dissi, appoggiando la testa alla sua spalla e inalando il suo profumo. Avrei voluto rimanere in quell’ufficio, su quel divano, per sempre.
“Fanne una anche tu e mandamela.” Propose. “Così vediamo quante canzoni preferite abbiamo in comune.”
E quella era un’idea che mi piaceva ancora di più. Volevo sapere tutto su Harry Styles, a partire dal suo colore preferito per finire con tutta la storia della sua famiglia.
“D’accordo.” Risposi.
“Quindi…” Cominciò a dire lui, guardandomi negli occhi.
“Quindi?” Replicai sorridendo.
“Quindi.” Ripeté Harry, mordendosi il labbro inferiore.
“L’hai già detto.”
“Lo so. Mi distrai. Sei bellissima.”
Abbassai lo sguardo e ridacchiai. Mi faceva sentire vulnerabile, felice e forte nello stesso momento. Com’era possibile?
“Scommetto che lo dici a tutte le ragazze.” Scherzai.
“Solo a quelle bellissime e che mi distraggono.” Replicò lui.
“Almeno sei onesto.” Dissi. Non riuscivo a smettere di guardarlo, perché era davvero l’uomo più bello che avessi mai visto in tutta la mia vita. Avrei potuto perdermi nei suoi occhi verdi. E probabilmente era colpa proprio dei suoi occhi se avevo perso la ragione e avevo cominciato una storia clandestina con il mio professore. “Quanto tempo abbiamo ancora a disposizione?” Domandai, guardando l’orologio appeso alla parete.
“Io posso anche stare in ufficio fino alle sei.” Rispose Harry.
“Ah beh, allora ci vogliono i rinforzi.” Dissi. Lui mi guardò con un’espressione incuriosita. Senza dire nulla, uscii dal suo ufficio, andai alla caffetteria del campus, comprai due caffè e due muffin e tornai da lui.
“Hai intenzione di farmi utilizzare tutte le mie forze?” Domandò lui, ridendo.
“No.” Risposi. Poi lo osservai e cercai di frenare la mente. Nella mia testa eravamo già al terzo round di incredibile sesso. “No, ho intenzione di utilizzare tutto il tempo che abbiamo a disposizione e di trasformarlo in un appuntamento vero e proprio.” Spiegai. “Non possiamo uscire per ovvi motivi, così…”
“Sei unica.” Mi interruppe lui. Poi si avvicinò per darmi un bacio sulle labbra e cercai con tutte le mie forze di non lasciarmi trascinare in qualcosa di più. Volevo parlare con lui, volevo conoscerlo.
“Hai sempre vissuto a St. Louis?” Domandai, bevendo il primo sorso del mio caffè. Lui scosse la testa e studiò il muffin per qualche secondo.
“Dopo l’università mi sono trasferito per un anno a New York. Volevo sfondare come scrittore, ma sono dovuto tornare a St. Louis per affrontare dei problemi.” Rispose. Sembrava che non volesse parlarne, così evitai di continuare il discorso. Non volevo che nulla rovinasse l’atmosfera che si era creata. Mi avrebbe raccontato tutto al momento giusto, ne ero sicura.
“Beh, adesso sei più vicino al tuo gatto, no?” Chiesi. Harry ritrovò immediatamente il sorriso e annuì.
“Ah, Dusty, quel vecchio musone.” Rispose lui. “Sì, adesso vive con me, mentre quando sono andato a New York l’avevo lasciato ai miei genitori.” Aggiunse. “Come sono i tuoi, a proposito?” Mi domandò.
“I miei genitori?”
Harry annuì e iniziò a bere il caffè che gli avevo portato.
“Mio padre studiava biologia a Stanford prima di conoscere mia madre. Lei è nata a San Francisco e quando ha finito le scuole superiori ha attraversato l’Europa facendo l’autostop e con un solo zaino. Dice che quell’esperienza le ha cambiato la vita e quando è tornata in America ha iniziato a viaggiare senza sosta.” Raccontai. “Ha conosciuto mio padre in spiaggia a Cancún, in Messico. Lui era in vacanza con i suoi compagni di università, e lei si era trasferita là da due giorni. Si sono innamorati e lui ha deciso di abbandonare gli studi e di seguirla.”
“Wow, deve essere stato amore a prima vista.” Commentò Harry.
“Mi dicono sempre che hanno capito subito di essere stati destinati l’uno all’altra dalla nascita, che una forza maggiore li ha attratti nello stesso posto in quel momento…” Dissi. “La verità è che avevano entrambi fumato l’impossibile.” Aggiunsi.
“Quindi tu non credi in quelle cose?”
“Sì, in un certo senso sì.” Risposi. “Cioè, sono sicura che si siano innamorati, perché stanno insieme da quel momento e non hanno praticamente mai litigato.” Aggiunsi. “Però non lo so, tutto il resto mi sembra un po’ assurdo.” Conclusi con una risata.
“Beh, un po’ sì, ma mai dire mai, giusto?” Domandò lui. E in quel momento, guardandolo, mi ritrovai a pensare che forse aveva ragione. Forse i miei genitori avevano ragione. Magari esistevano forze maggiori che attraevano due persone – due anime gemelle, se proprio volevamo esagerare – nello stesso posto e nello stesso momento e le facevano incontrare.
“Giusto.” Risposi. Il mio sguardo era incatenato al suo e non riuscivo a concentrarmi.
“A tuo padre non è dispiaciuto lasciare gli studi?” Domandò improvvisamente Harry.
“No, in realtà no.” Risposi. "Mia madre gli ha fatto conoscere la floripatia e si è specializzato in quel campo. Adesso aiuta le persone a guarire da parecchie cose, ansia, insonnia, depressione, mal di testa e varie altre cose con i fiori di Bach." Dissi.
"E tua madre?"
"Lei è attratta dalla cristalloterapia. Sa tutto sull'argomento e può consigliarti un cristallo per aiutarti a risolvere qualsiasi problema." Spiegai. Harry mi guardò a lungo senza dire nulla. Sembrava affascinato.
"I miei genitori sono sempre stati abbastanza severi con me, crescendo. Hanno insistito perché andassi a scuola e perché studiassi qualcosa che mi garantisse un lavoro. Diciamo che mi avrebbero visto come avvocato o come medico, ma si sono dovuti accontentare di un professore. Non sono mai stati troppo felici della mia passione per la scrittura."
"Ma sei bravissimo, i tuoi libri sono meravigliosi." Mi lasciai sfuggire. Harry mi sorrise e sembrò sorpreso.
"Hai letto i miei libri?"
"All'inizio dell'anno mi sono presa una cotta allucinante per te e li ho comprati perché volevo leggere qualcosa di tuo. Li ho trovati entrambi bellissimi, anche se ho preferito il secondo." Risposi. Arrossii leggermente. Non ero abituata a quella situazione, ma mi piaceva.
"Grazie." Disse semplicemente. "Sono contento che ti siano piaciuti e sono particolarmente felice che tu abbia preferito il secondo, perché... Ho amato scriverlo, mi sono affezionato ai personaggi e mi è dispiaciuto finirlo. Non volevo mandare l'ultimo capitolo al mio editore perché non volevo che finisse." Ammise. Era bello entrare così nel suo mondo. Il fatto che mi rendesse così parte della sua vita mi faceva sentire speciale.
"Si capisce." Dissi. "La storia ti coinvolge tantissimo e la cosa bella è che ci si riesce a ritrovare un po' in tutti i personaggi. Ognuno di loro ha qualcosa che lo rende particolarmente umano e che ti fa sperare che la storia finisca bene per lui o lei." Spiegai.
Harry si morse le labbra e mi rivolse un sorriso timido. Quello era un lato di lui che non avevo ancora visto e che mi fece provare una stretta all'altezza del cuore. Lo abbracciai e lo baciai, passando una mano tra i suoi capelli e accarezzando il suo braccio con l'altra.
“Sai, il primo libro che ho pubblicato è stato editato tantissimo. Mi hanno chiesto di riscriverlo due volte e poi hanno modificato ancora alcune parti. Il secondo, invece, è più puro. Ho preso ispirazione da cose che sono successe davvero e da persone che ho conosciuto davvero. Ho scritto tenendo in mente tutti i consigli che mi avevano dato per l’altro romanzo e alla fine è stato editato pochissimo.” Raccontò. "Mi piace passare il tempo con te." Mormorò poi lui sulle mie labbra, dopo avermi dato un altro bacio. Accarezzò il mio viso con il dorso della mano un paio di volte e poi si allontanò leggermente senza smettere di guardarmi negli occhi. 
"Anche a me." Risposi. Ormai ero persa. Infatuata. Cotta. Non sapevo nemmeno che fosse possibile vedere così tante cose negli occhi di una persona prima di incontrare lui. Vedevo passione, speranza, qualcosa che assomigliava all'amore. Vedevo sicurezza, fiducia, un futuro. Era troppo presto per provare sentimenti così forti per una persona? Probabilmente sì, quindi decisi di aspettare ad esprimere quello che pensavo ad alta voce per evitare di spaventarlo.
"La tua amica ti ha fatto domande su quello che è successo la settimana scorsa?" Mi domandò Harry dopo un po'.
"Oh, sì. Continua anche adesso, ma le ho detto che non ho intenzione di rispondere." Risposi. Poi ricordai Jasper e abbassai lo sguardo. Mi stavo comportando in modo orrendo e dovevo lasciarlo. L'avrei fatto proprio quel giorno, appena uscita dall'ufficio di Harry. "Vorrei rimanere qui per tutta la sera." Dissi dopo un po'. "Ma purtroppo devo ancora studiare e c'è una cosa che devo fare prima che sia troppo tardi." Aggiunsi.
Harry annuì e mi prese le mani tra le sue.
"A lezione dovremo ovviamente fingere che tra di noi non ci sia assolutamente nulla e potremo vederci solo martedì prossimo nel mio ufficio." Disse. "Ma io non credo di farcela a non parlarti per una settimana. Scambiamoci i numeri di telefono." Propose.
Trovai l'idea molto allettante e improvvisamente immaginai di parlare con lui prima di addormentarmi o di inviargli un messaggio sexy durante il giorno. Mi piaceva quella prospettiva. 
Scarabocchiai il mio numero su un foglietto e lo lasciai sul tavolino di fronte al divano. Lui lo salvò subito sul suo cellulare e, pochi secondi dopo, sentii il mio iPhone vibrare. Mi aveva già mandato un messaggio.
 
È troppo presto per dirti che mi manchi?
 
"Non ho ancora lasciato l'ufficio." Dissi ad alta voce. Harry ridacchiò ed io lo trovai adorabile. Mi avvicinai e lo baciai lentamente e a lungo.
"Mi farai impazzire così." Dichiarò lui quando finalmente mi allontanai e mi alzai dal divano.
"Sono piuttosto sicura che mi farai impazzire prima tu." Replicai. Poi lo salutai ed uscii dal suo ufficio, sentendomi allegra e leggera. Mi sembrava di camminare su uno strato di nuvole. Non riuscivo a credere a quello che era appena successo.
 
Quando lasciai l'edificio e mi ritrovai per strada, mi tornò in mente quello che avrei dovuto fare e sospirai. Non avevo mai lasciato nessuno. E sapevo che Jasper non era innamorato di me, come io non lo ero di lui, ma odiavo dover fare soffrire una persona a cui, comunque, tenevo. Jasper era un bravo ragazzo e mi piaceva stare con lui. Non aveva niente che non andava. Il suo unico difetto era che non era Harry Styles.
Le luci a casa dei Kappa Alpha Psi erano tutte accese e in salotto alcuni dei ragazzi stavano giocando a ping pong e chiacchierando animatamente.
“Ehi, Liam!” Salutai. Lui mi sorrise e lasciò il gruppo di amici per avvicinarsi a me. “Come stai?” Domandai. Probabilmente avrei cercato di intavolare una conversazione anche con una formica per ritardare quello che dovevo fare.
“Bene, grazie! Tu?” Rispose lui allegramente.
“Bene.” Mentii. “Notizie di Andrew?”
“È a casa con la sua famiglia e si sta riprendendo bene. Questa mattina gli ho telefonato e mi ha detto che, se tutto va bene, la settimana prossima tornerà all’università. Non potrà giocare a football per parecchio tempo, ma almeno riuscirà a ricominciare a frequentare le lezioni.” Replicò il ragazzo.
“Bene, mi fa piacere.” Risposi. Rimanemmo in silenzio per qualche secondo, poi mi decisi a fare qualcosa. Non potevo continuare ad aspettare. “Jasper è a casa?” Chiesi.
Liam si guardò intorno e, non trovando il suo amico in salotto, alzò le spalle e scosse la testa.
“Non ne ho idea. Puoi provare a cercarlo nella sua stanza. Sai qual è?” Mi chiese. Diventai improvvisamente rossa, perché sapevo benissimo quale fosse la stanza di Jasper. Ci avevo passato un po’ di tempo. Annuii e salii le scale con il cuore in gola e lo stomaco attorcigliato.
Quando arrivai davanti alla porta della stanza di Jasper, che era chiusa, inspirai ed espirai profondamente un paio di volte e poi bussai.
“Avanti.” La voce del ragazzo mi fece quasi sussultare. Odiavo quello che stavo per fare.
Lentamente, aprii la porta, entrai nella camera di Jasper e la richiusi alle mie spalle.
“Mary!” Esclamò lui. “Che sorpresa! Non ti aspettavo.”
Il ragazzo era seduto sulla poltrona e stava guardando una partita in televisione. Mi sedetti sul bordo del suo letto e abbassai lo sguardo. Non sapevo nemmeno da che parte iniziare il discorso.
“Jas…” Cominciai a dire. Lui cambiò immediatamente espressione e tolse l’audio alla televisione.
“So cosa stai per fare.” Disse freddamente. Alzai lo sguardo e incrociai il suo. Ero una persona orribile. Rimasi in silenzio, non sapevo cosa dire. “Speravo che l’avresti negato, ma sei venuta qui per lasciarmi, vero?” Domandò.
“C-come…”
“Come faccio a saperlo?” Domandò lui. “Andiamo, Mary, non sono stupido. Sono due settimane che mi eviti, che non rispondi alle mie chiamate, che non ti lasci baciare quando ci vediamo e che non mi permetti nemmeno di toccarti.” Continuò. “C’è qualcun altro, vero?”
“No.” Negai immediatamente. Non poteva saperlo. “No, non c’è nessuno.”
“E allora cos’ho fatto di sbagliato?”
“Nulla, Jasper. Non hai fatto nulla. Non sei tu, sono io.”
Il ragazzo sbuffò, spazientito.
“Per favore, non rifilarmi questa scusa idiota. Mi ritieni davvero così stupido?" Domandò ancora Jasper. Ormai sembrava davvero infuriato.
"No, non penso che tu sia stupido." Mormorai in risposta.
"Allora dimmi la verità. Perché mi stai lasciando?"
Pensa. Pensa, Mary. Velocemente.
"Pensavo che avrei potuto innamorarmi di te, invece non provo nulla." Dissi. Non si allontanava molto dalla verità, non provavo niente davvero per Jasper.
"Vattene." Disse freddamente. L’avevo appena ferito dicendo quelle parole, vero? Ero un mostro. Una persona terribile.
"Ma..."
"Vattene, Mary. Non voglio più vederti."
"Jasper..."
"Che cosa, Mary? Jasper che cosa? Pensavi che avrei reagito bene? Che avrei sorriso e ti avrei detto che va tutto bene e che rimarremo amici? Io provo qualcosa per te, dannazione!"
Sussultai quando il ragazzo alzò il tono di voce e abbassai lo sguardo. Ero davvero così ingenua? Pensavo sul serio che Jasper avrebbe voluto rimanere mio amico?
"Mi dispiace." Mormorai sommessamente.
"Beh, mi dispiace non è abbastanza. Vattene." Replicò lui, indicandomi la porta della stanza senza guardarmi negli occhi.
Avevo fatto una cazzata? Avevo lasciato un ragazzo che provava dei sentimenti per me per iniziare una storia clandestina con il mio professore? Avevo distrutto qualcosa che avrebbe potuto trasformarsi in una bella storia per qualcosa che, potenzialmente, avrebbe potuto farmi buttare fuori dall'università?
Uscii velocemente dalla sua camera, scesi le scale di corsa e cominciai a camminare verso il mio dormitorio con le guance rigate dalle lacrime.

"Mary?" La voce familiare di Harry mi fece bloccare in mezzo alla strada. Mi voltai di scatto e lo vidi a pochi metri da me, bello come il sole. "Mary, va tutto bene? Stai piangendo?" Mi domandò.
"No." Mentii. "Va tutto bene." Aggiunsi. La voce mi si spezzò e tirai su con il naso. Harry si avvicinò e studiò il mio viso con attenzione. "Non preoccuparti, torna a casa." Dissi dopo un po'.
Lui guardò la sua auto, a pochi metri da noi, poi il suo sguardo indugiò ancora sul mio viso per qualche secondo.
"Non posso lasciarti in questo stato. Vieni con me." Disse.
"Dove?" Domandai.
"A casa mia." Replicò lui con sicurezza. "Ti faccio qualcosa da mangiare e mi dici cosa c'è che non va."
Lo guardai negli occhi per qualche istante, stupita. Mi aveva davvero appena invitata a casa sua? Poi lo seguii fino alla sua auto e lasciai che guidasse in silenzio fino al suo appartamento.

 


Eccoci, finalmente il nuovo capitolo e sono riuscita a rispondere a tutte le vostre bellissime recensioni!
Oggi vediamo come si sta evolvendo il rapporto tra il professore e Mary Jane e i due approfittano dell'appuntamento in ufficio per conoscersi meglio. E poi Mary decide di lasciare Jasper, ma lui la prende piuttosto male perché provava qualcosa per lei. Cosa succederà nel prossimo capitolo?
Riprenderemo da dove abbiamo terminato oggi, e scopriremo cosa accadrà nell'appartamento di Harry.
Grazie a tutte le persone che stanno seguendo questa storia, a chi ha letto fin qui e a chi mi lascia sempre bellissimi commenti!
A martedì per il prossimo capitolo (e venerdì per lo spoiler su Facebook/Twitter)!

 

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Capitolo 10
*** Apartment 23 ***




Capitolo 10 – Apartment 23
 
La prima cosa che notai dell'appartamento di Harry fu Dusty, il suo gatto grigio. Mi osservò per qualche secondo, nascosto dietro il divano, poi decise che non gli piacevo e sparì dietro una porta.
Harry viveva in un bilocale minuscolo pieno di libri, di vinili e con un paio di chitarre abbandonate in giro per la stanza.
"Scusa, non aspettavo visite, così non ho messo a posto niente." Disse, affrettandosi verso il divano per far sparire più cose possibili. Recuperò alcuni dei suoi vestiti e li portò in bagno. Poi mi fece accomodare al tavolo e si affaccendò in cucina.
"Come ti sembra del pollo con carote e un’insalata come contorno?" Mi domandò dopo aver controllato il frigorifero. Non aveva molto lì dentro. Vidi qualche bottiglia di birra, un paio di pomodori, un cartone di latte e del vino bianco.
"Perfetto." Risposi. Cominciai a guardarmi in giro mentre Harry cucinava per entrambi e notai una scrivania con una vecchia macchina da scrivere sotto la finestra. Sulla stessa parete, di fianco alla finestra, una bacheca di sughero sembrava voler esplodere per la quantità elevata di post-it e biglietti che c’erano appesi.
Mi piaceva il suo appartamento. Era piccolo, ma era vissuto e mi sembrava di essere nel cervello di Harry. Alle pareti erano appese foto insieme ai suoi amici, il professor Tomlinson, il professor Malik e l’allenatore Horan.
Riuscivo a vedere una piccola parte della sua camera, perché la porta era stata aperta dal gatto – che ora mi osservava con enormi occhi verdi dal letto. Notai la testiera di ferro battuto con tante lucine di Natale attorcigliate intorno alle sbarre di metallo nero, le lenzuola scure, forse blu, e un quadro astratto sulla parete.
“Mary?” Harry richiamò la mia attenzione e puntai lo sguardo su di lui. Ero così concentrata a guardarmi intorno, a registrare ogni piccolo particolare nella mia mente, che mi ero dimenticata di tutto il resto. Di quello che era successo con Jasper e persino della presenza del mio professore. Dell’uomo per cui provavo dei qualcosa di molto forte.
“Sì?” Replicai. Lui abbandonò i fornelli per pochi secondi, si avvicinò a me e mi diede un leggero bacio sulla fronte. Provai un brivido e abbozzai un sorriso.
Non sapevo nemmeno come facesse a farmi sentire così al sicuro, così tranquilla. Avevo smesso di piangere quando ero entrata nel suo appartamento e stavo meglio. Quello che era successo con Jasper, nonostante fosse successo solo pochi minuti prima, mi sembrava essere accaduto in una vita precedente, millenni prima.
“So che probabilmente non avrei dovuto portarti a casa e spero che nessuno ci abbia visti.” Cominciò a dire Harry, porgendomi un piatto di quello che aveva cucinato. “Ma non potevo lasciarti piangere in mezzo alla strada, mi si è spezzato il cuore quando ti ho vista così. Non voglio obbligarti a dirmi quello che è successo, ma voglio che tu sappia che me lo puoi dire e che, qualunque cosa sia, io sono qui.”
Provai una sensazione di calore che partì esattamente dal mio cuore e mi scaldò tutto il corpo. Sapevo che probabilmente ero arrossita un po’, perché le mie guance erano diventate bollenti. Mi guardai intorno per prendere tempo, perché non sapevo come iniziare il discorso.
“Vedo che bevi molto caffè mentre scrivi.” Dissi, osservando le quattro tazze vuote sulla scrivania, di fianco alla macchina da scrivere. Poi cercai con lo sguardo un manoscritto, un mucchio di fogli tenuti insieme da un elastico o qualcosa che indicasse che aveva passato ore a scrivere, ma non trovai nulla.
“In realtà bevo tè.” Replicò lui, voltandosi verso la finestra e sorridendo al caos che c’era su quella scrivania. “E devo mettere a posto e lavare i piatti, me ne rendo conto.”
Mi girai verso il lavello, sorprendendomi dalla quantità di cose che ci aveva infilato. Piatti, tazze, padelle… sorrisi davanti all’evidenza: era un uomo che viveva da solo e, chiaramente, non ce la poteva fare.
“Tieni i tuoi manoscritti in un posto segreto? O in una cassaforte, o qualcosa del genere?” Domandai, incapace di interrompermi. Non ero ancora pronta a rivivere quello che era successo poco prima. Avevo spezzato il cuore a un ragazzo praticamente perfetto. Gli avevo fatto del male ed io odiavo ferire le persone. Era sempre stato uno dei miei più grandi problemi: tenevo troppo agli altri e troppo poco a me stessa.
“Là.” Rispose Harry, indicandomi un vecchio libro malconcio. Strizzai leggermente gli occhi per osservare meglio quell’oggetto. Era una scatola? Un nascondiglio? “È la custodia del mio portatile.” Spiegò lui dopo qualche secondo, con una risatina.
“Oh.” Commentai, sorridendo. “Quindi la macchina da scrivere è solo un soprammobile!”
“Più o meno.” Ridacchiò lui. “Ci ho scritto qualche poesia e qualche storia breve, ma preferisco il computer. Posso portarlo ovunque e ricominciare dal punto in cui ho smesso la volta prima e la mia storia è sempre tutta lì.” Aggiunse, tornando serio.
Annuii perché capivo. Anch’io ero estremamente affascinata dalle macchine da scrivere antiche, ma sapevo che i computer erano molto più pratici e comodi. Mangiai qualche boccone, sotto l’attento sguardo di Harry, e continuai a osservare la finestra con aria assente. Ricominciai a pensare a tutto quello che era successo, al motivo per cui ero finita nel suo appartamento.
“Probabilmente non sei la persona giusta con cui parlare di questa cosa. Anzi, non lo sei proprio, perché sono sicura che non vuoi sapere quello che ti sto per dire, ma questa sera ho lasciato Jasper, il ragazzo che stavo frequentando da un po’.” Dissi tutto d’un fiato. Lui inspirò profondamente.
“Ero terrorizzato dal fatto che il pollo ti facesse schifo.” Scherzò, alleggerendo l’atmosfera. Scoppiai a ridere, poi tornai subito seria. “A parte le battute stupide, è per quello che stavi piangendo?”
Annuii di nuovo, bevendo un intero bicchiere d’acqua per prendere tempo.
“Non sono abituata a ferire le persone e lui non l’ha presa bene.” Spiegai. “Non lo so, mi sono sentita un mostro, perché prima l’ho tradito con te e poi l’ho lasciato e lui provava qualcosa per me e si è arrabbiato...”
“E tu… provavi qualcosa per lui?” Mi domandò cautamente Harry. Lo guardai per qualche istante.
“No.” Dissi. “Per quanto mi trovassi bene con lui non provavo sentimenti di quel tipo.” Non come ne provo per te, rischiai di aggiungere. Mi fermai appena in tempo.
Harry sembrò rilassarsi e sorrise.
“So che lasciare qualcuno non è facile. E tu ci stai male anche se non eri innamorata di lui, perché sei fatta così. Ti preoccupi per gli altri, sei una persona buona e hai un cuore grande. Non ce ne sono tante come te. Anzi, credo proprio che tu sia unica.” Mi disse.
Provai di nuovo quella sensazione di calore partire dal petto e riscaldarmi tutta. Harry mi aveva appena detto delle cose meravigliose e, soprattutto, mi aveva dimostrato che mi conosceva. La cosa mi sorprese molto e, dovevo ammetterlo, mi fece molto piacere.
“Grazie.” Mormorai. Lui prese la mia mano sul tavolo e la strinse. Iniziò una frase e poi scosse la testa.
“No, ci sono troppe cose che vorrei dirti in questo momento e non so da che parte iniziare, quindi è meglio se sto zitto o rischio di fare casino.” Replicò. Accarezzò il dorso della mia mano con le sue dita, solleticandomi leggermente la pelle.
“Allora parliamo di questo pollo.” Dissi. Harry assunse un’espressione preoccupata. “Devo aggiungere ‘cucinare’ alla lista di cose che sai fare bene.”
“Mi hai fatto spaventare.” Rispose, ridendo. “E non so cucinare così bene. Si dà il caso che questo tipo di pollo aromatico con le carote sia la mia specialità. Volevo fare colpo su di te.” Aggiunse.
“Come se tu ne avessi bisogno.” Dissi. “Mi hai conquistata dal momento in cui sei entrato in quella classe e hai detto il tuo nome.”
Per qualche momento nessuno dei due disse più nulla, troppo impegnato a perdersi negli occhi dell’altro.
“Più che altro sono io quella che deve fare colpo su di te.” Aggiunsi dopo un po’ con un sorrisetto.
“Stai scherzando?” Domandò Harry, scandalizzato. “Tutto quello che hai dovuto fare per farmi perdere la testa è stato alzare lo sguardo e sorridere in classe, il primo giorno.”
“Io ero convinta che mi avresti presa in giro per il mio nome come tutto il resto della popolazione.” Mormorai.
“Perché avrei dovuto? Hai un nome bellissimo.”
“Sì, ma lo condivido con un personaggio dei fumetti con cui non ho assolutamente in comune. E…” Cominciai a dire. “E la cosa tragica è che i miei genitori non si sono ispirati a Spiderman quando hanno deciso come chiamarmi.” Aggiunsi.
“No? Non mi hai mai raccontato la storia.” Disse Harry. Avevamo finito di mangiare e lui aveva già appoggiato i piatti sul bancone della cucina, di fianco a tutto il resto delle cose che avrebbe dovuto lavare.
“Prima ti aiuto a sistemare, poi ne parliamo.” Risposi, alzandomi dalla sedia e avvicinandomi al lavello. Trovai, sperduto sulla spalliera di una sedia, un grembiule. Lo indossai, trovai anche un paio di guanti di gomma e mi misi al lavoro.
“No, Mary, non voglio che tu ti metta a lavare i miei piatti.” Disse Harry, avvicinandosi e interrompendo il getto di acqua calda che avevo aperto.
“Ehi!” Esclamai. “D’accordo, se non vuoi che faccio tutto il lavoro… io insapono e tu risciacqui.” Dissi.
Harry si guardò intorno con aria desolata e annuì.
“Sì, in qualche modo devo sistemare, prima che chiamino quelli di ‘Sepolti in Casa’ e mi facciano finire in televisione.” Rispose. Recuperò un altro paio di guanti di gomma dall’armadietto sotto il lavello, mi porse il detersivo per lavare i piatti e ci mettemmo entrambi al lavoro.
“Se quelli di ‘Sepolti in Casa’ mi intervisteranno dirò solo cose orribili su di te. E anche i tuoi poveri piatti diranno cose brutte sul tuo conto. Il tuo gatto, poi… oh, povero.” Annunciai e scoppiammo entrambi a ridere.
Lo spazio per lavare era poco, così ci ritrovammo fianco contro fianco e la sensazione non mi dispiaceva.
Ogni tanto Harry si toglieva i guanti per sistemarmi una ciocca di capelli dietro le orecchie e ogni tanto si interrompeva solo per darmi un bacio mozzafiato.
“Comunque, se proprio ci tieni a sapere perché sono stata chiamata così… è perché i miei genitori sono grandi fan della marijuana.” Spiegai. “Sono nata in casa, perché mia madre ha voluto fare un parto naturale in acqua, e mio padre ha l’ha fatta fumare pochi minuti dopo la mia nascita per farla rilassare – lui era già perso da un pezzo – così hanno pensato di darmi un nome che celebrasse la loro passione per quella roba e, in quel momento, l’hanno trovata un’idea geniale.” Conclusi.
“Direi che tu, invece, non sei una grande fan di quella roba, a giudicare dal tuo tono.” Commentò Harry, risciacquando una padella che aveva richiesto parecchia fatica per tornare al suo stato originale.
“No, non ha mai fatto per me.” Dissi, scuotendo la testa. “L’ho provata – i miei genitori mi hanno sempre detto che preferivano la provassi con loro, in un ambiente sicuro, piuttosto che chissà dove con chissà chi – ma non mi piace l’effetto che fa su di me.” Aggiunsi, ricordando lo stato emotivo in cui mi ero ridotta quel giorno. Avevo pianto per tre ore consecutive perché trovavo ingiusto che le formiche dovessero trasportare briciole di pane grosse il doppio di loro e fare fatica. “Tu, invece? Secondo me ti piace.” Domandai dopo un po’, scuotendo la testa per dimenticare quel momento imbarazzante. I miei genitori non avevano smesso di prendermi in giro da quel giorno. ‘Mary Jane: la paladina delle formiche’ mi chiamavano.
“Mi piaceva quando ero più giovane. Quando andavo alle superiori fumavo ogni tanto, soprattutto con Zayn e Louis – che continuano anche adesso - ma non mi ha mai entusiasmato più di tanto.” Harry si morse il labbro e scoppiò a ridere. “Ovviamente intendo un altro Zayn e un altro Louis, non i professori.” Aggiunse, diventando rosso.
“Io non ho sentito nulla.” Risposi, unendomi alla sua risata. Sì, avrei potuto giurare che il professor Malik fumasse erba, perché sembrava perennemente rilassato e calmo, ma non l’avrei mai detto di Tomlinson. Era sempre troppo nervoso e agitato.
“Ecco, brava.” Disse lui. Ormai avevamo finito di lavare tutto e Harry aveva cominciato ad asciugare piatti e bicchieri per riporli nel loro armadietto. “Non pensavo che avrei mai visto la mia cucina così ordinata.” Aggiunse dopo un po’, guardandoti intorno.
“In questa casa manca una presenza femminile.” Scherzai e lui annuì, pensieroso.
“Grazie per l’aiuto, Mary.” Disse poi, avvicinandosi e dandomi un bacio. “Ti va di rimanere a guardare qualcosa in TV?”
“Volentieri.” Replicai, rimuovendo il grembiule e abbandonandolo sullo schienale di una delle sedie.
 
Rimanemmo sul divano per minuti, ore, non ne avevo idea. Nessuno dei due guardò un solo secondo dei programmi in TV, perché passammo tutto il tempo a parlare e a conoscerci ancora meglio. Lui mi raccontò della sua infanzia, del fatto che i suoi genitori non fossero felici della sua scelta di diventare scrittore, della sorella che voleva diventare insegnante di scienze e che condivideva con lui lo stesso senso dell’umorismo un po’ inappropriato e un po’ stupido, degli anni scolastici passati insieme a Louis, Zayn e Niall, della voglia di scappare in un posto più grande della sua città natale e della sua passione per la scrittura.
Ed io parlai a ruota libera dei miei genitori, della vita in una famiglia hippie, di tutti i viaggi e dei posti che avevo visto, della mia fatica a fare amicizia con le persone, perché dovevo sempre trasferirmi e dei pochi ricordi che avevo della città in cui ero nata.
Stavo bene con lui. Mi sembrava giusto e naturale essere al suo fianco, anche se in realtà era molto sbagliato. Nessuno poteva scoprire che avevamo una relazione o saremmo finiti nei guai entrambi.
Certo, sarebbe andata peggio se io fossi stata minorenne – lui avrebbe potuto essere arrestato – ma non mi sembrava il caso di fargli perdere il lavoro.
“Ti senti meglio?” Mi domandò improvvisamente Harry, spegnendo la TV e voltandosi verso di me.
Annuii e sul mio volto comparve un sorriso. Mi sentivo molto bene. Così bene che avrei potuto saltare e urlare di gioia.
“Harry?”
“Sì?”
Non sapevo esattamente come dire ad alta voce quello che volevo chiedergli. C’era una cosa che volevo fare da parecchio tempo, ma che non avevo mai avuto l’occasione di fare.
“Posso… posso rimanere a dormire?” Domandai, evitando il suo sguardo e fissandolo sui miei piedi. Lui rimase in silenzio per qualche secondo – un’infinità di tempo – e poi mi mise una mano sulla spalla.
“Puoi fare quello che vuoi, Mary. Mi farebbe piacere se tu restassi.”
E prima che potessi dire qualsiasi cosa, le sue labbra trovarono le mie e cominciammo a baciarci con foga e urgenza.
Harry mi sollevò dal divano e mi trasportò nella sua camera da letto. Mi faceva sentire sicura di me stessa, mi faceva sentire sexy – cosa che non avevo mai e poi mai pensato di me stessa – e stavo bene con lui. Diventavo più avventurosa e dovevo proprio ammetterlo: eravamo sessualmente compatibili al trecento percento.
 
***
 
“Credo che il tuo gatto mi odi.” Dissi il mattino successivo.
 C’era qualcosa di incredibilmente liberatorio nel cucinare la colazione indossando solo una camicia di Harry. Non che io stessi cucinando chissà cosa. Delle uova strapazzate erano tutto quello che potevo fare, perché il suo frigo era quasi vuoto.
“Oh, Dusty è un vecchio musone. Ce l’ha con il mondo, non prenderla sul personale. Gli passerà.” Replicò lui, abbracciandomi da dietro. Stava indossando solo i boxer e aveva i capelli bagnati dalla doccia che aveva appena fatto. Era bellissimo e non riuscivo a credere che fosse lì con me.
“La prossima volta gli porterò qualcosa da mangiare.” Dissi. Poi mi interruppi, perché quello che avevo detto faceva intendere che ci sarebbe stata una prossima volta. E noi non ne avevamo mai parlato. Avevo semplicemente assunto che ci sarebbe stata.
“Ama i croccantini al pollo.” Mormorò lui, baciandomi il collo e soffermandosi proprio sull’incavo. Le sue labbra rimasero ferme per qualche istante, poi cominciai a sentire una leggera pressione.
“Harry!” Esclamai, rischiando di far cadere tutto quello che avevo in mano. Lui si spostò leggermente e mi guardò. “Non sul collo, è visibile.” Dissi. Non volevo che nessuno sapesse che avevo una relazione. Certo, Laurel ne era fin troppo consapevole, tanto che non smetteva di chiedermi chi fosse il mio nuovo, misterioso ragazzo, ma non volevo che lo sapesse nessun altro.
Harry annuì e, senza dire nulla, si inginocchiò e alzò leggermente l’orlo della sua camicia. Cominciò a lasciare una scia di baci che partivano dal mio ventre fino al fianco, dove morse leggermente la mia pelle e poi cominciò ad applicare pressione con le labbra.
Dovetti concentrarmi con tutte le mie forze su quello che stavo facendo. Il mio istinto mi diceva di lasciar perdere quelle dannate uova e farle bruciare, ma per una volta decisi di dare ascolto alla mia mente e lasciai che cuocessero al punto giusto prima di spegnere il fornello.
“Hai una concentrazione invidiabile.” Disse Harry con un sorrisetto angelico. Abbassai lo sguardo per guardare il punto di pelle che scottava, quello in cui aveva lasciato un segno.
“Qualcuno deve pur pensare alla colazione. Non possiamo uscire a stomaco vuoto, no?” Replicai con finta indifferenza. Nella mia mente erano appena comparsi almeno cinque modi diversi per fargliela pagare. Gli piacevano i giochi? Aveva trovato la persona giusta. Io adoravo quel tipo di giochi.
Harry si rialzò e prese il mio viso tra le sue mani. Mi baciò lentamente e profondamente e pensai che le mie ginocchia volessero cedere. Harry Styles era sexy. Oh, lo era davvero. E lo sapeva.
“Hai proprio deciso di sprecare le tue ultime uova questa mattina, vero?” Domandai, rassegnandomi all’idea di aver cucinato per niente. Sarei passata da Starbucks prima di andare a lezione, non era assolutamente un problema. Harry annuì e sorrise, facendomi decidere di tornare nella sua camera da letto.
 
***
 
Qualcuno cominciò a sbattere disperatamente i pugni contro la porta d’ingresso e Harry si rivestì velocemente e socchiuse la porta della sua stanza.
Sentii il rumore della serratura che si apriva e poi una voce familiare.
“Harry!” L’uomo esclamò. Non potevo sbagliare, solo una persona aveva quella voce.
“Louis…” Mormorò Styles. Mi avvicinai alla porta per spiare e notai Harry passarsi una mano tra i capelli.
“Che diavolo ti è successo? Sei malato? Ho provato a chiamarti quando ho visto che non sei venuto a colazione e… hai cinque minuti per presentarti al lavoro o sarai in ritardo.” Tomlinson aveva un’espressione preoccupata. Vidi i suoi occhi saettare dal viso leggermente arrossato di Harry al pavimento, dove erano stati abbandonati i miei vestiti la sera prima. Louis rise e diede una pacca sulla spalla al suo amico. Aveva capito tutto. Sapeva che il suo amico era in ritardo perché era con una ragazza.
“Arrivo.” Replicò Harry. Riuscivo a vedere solo il suo profilo e il rossore sulle sue guance era aumentato. Il professor Tomlinson fissò gli occhi sulla porta della camera da letto e mi allontanai velocemente. Non poteva vedermi. Okay, erano amici, ma io ero comunque una studentessa di Harry e questa cosa avrebbe potuto farlo licenziare.
Vidi Louis dire qualcosa nell’orecchio all’altro ragazzo, ridacchiare e poi uscire dall’appartamento.
“Mary, devo andare in università entro cinque minuti.” Disse Harry quando tornò nella sua stanza. Annuii e cominciai a recuperare i miei vestiti.
“Non preoccuparti, io ho lezione più tardi. Vado a fare colazione, poi torno nella mia stanza e mi faccio una bella doccia.” Replicai. Poi abbassai la voce. “Riprenderemo da dove siamo stati interrotti molto presto.”
Vidi Harry deglutire e lasciai il suo appartamento per andare a fare colazione.

 


Nuovo capitolo! Oggi vediamo un lato di Harry e Mary Jane un po' diverso. Diventano un po' più avventurosi, più giocosi. E il professor Tomlinson adesso sa sicuramente che Harry ha una ragazza, ma sospetterà che si tratta di una studentessa? Oppure lo sa perché Harry si confida con lui?
Nel prossimo capitolo vi anticipo che Mary conoscerà persone nuove e, soprattutto, vedremo il professor Tomlinson sotto una luce diversa. E Harry? Non preoccupatevi che lui non mancherà in questo capitolo. Anzi!
A venerdì per lo spoiler su Facebook e Twitter e martedì per il capitolo nuovo!
Grazie a tutti per aver letto e alle persone che mi hanno lasciato un commento! Grazie, grazie, grazie! Sono felicissima che questa storia vi stia piacendo! <3

 

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Capitolo 11
*** New Friends ***




Capitolo 11 – New Friends
 
“Hai passato la notte fuori!” Sibilò Laurel quando la incontrai a pranzo. Carmen, Rae e Valentina ci raggiunsero e decidemmo di mangiare qualcosa nella zona comune del nostro dormitorio, perché aveva cominciato a fare abbastanza freddo e non avevamo voglia di uscire.
Le mie amiche concentrarono subito tutta la loro attenzione su di me. Ottimo, adesso dovevo davvero inventarmi qualcosa di geniale. Non potevo più fingere di non avere un ragazzo. La mia mano si posò istintivamente sul punto in cui Harry mi aveva lasciato un segno quella mattina.
Volevo bene a Laurel, ma avrebbe dovuto imparare a stare zitta.
“Ehm, sì.” Risposi. Non potevo negare che fosse successo. “Uhm, ho avuto una giornata difficile.” Dissi.
“Sono andate male le lezioni?” Domandò Rae con interesse.
“No, ecco.” Perché era così difficile mentire? “Ho lasciato Jasper, la cosa non è andata bene come avevo sperato e sono rimasta a dormire da… da un amico.” Aggiunsi, nella speranza che nessuno mi chiedesse da quale amico avessi passato la notte. A quel punto non avrei proprio saputo cosa inventarmi. Laurel sapeva benissimo che non avevo altri amici stretti all’università.
“Oh, quindi è per questo.” Mormorò Carmen improvvisamente.
“Per questo cosa?” Domandai.
“Beh, questa mattina ho incrociato Zach dei Kappa Alpha Psi e mi ha detto che questa sera c’è una festa a casa loro. Mi ha invitata e quando gli ho chiesto se potevo portare le mie amiche…” Cominciò a raccontare lei, interrompendosi.
“Cosa ti ha detto?” Chiesi.
“Oh, Mary, non so come dirtelo. Mi ha detto che potevo portare chi volevo tranne te, perché non sei gradita alle loro feste.” Replicò.
Sentii come una pugnalata al petto e scossi la testa. Era solo colpa mia. Avevo usato Jasper sapendo di non provare nulla per lui ed era ovvio che non voleva vedermi alle sue feste. In fondo era il fratello del presidente della confraternita. Poteva decidere di impedirmi di entrare in quella casa a vita. L’avevo ferito ed era normale che non volesse vedermi per un po’.
“Non preoccupatevi, non c’è nessun problema. Voi andate, io tanto ho un miliardo di cose da studiare.” Risposi, cercando di mascherare la tristezza che mi aveva causato quella notizia.
“Ma figurati, se non ci sei tu non andiamo nemmeno noi.” Ribatté Laurel.
“No, sul serio. Andate. Io comunque sono stanca e ho bisogno di dormire.” Aggiunsi prima di rendermi conto di quello che avevo detto. Laurel mi rivolse un’occhiata eloquente ma questa volta, per fortuna, non disse nulla.
 
***
 
Quella sera approfittai della solitudine per telefonare a Harry e vendicarmi di quello che aveva fatto la mattina a colazione.
Sapevo che avrebbe dovuto concentrarsi sui test da correggere, invece trovai un ottimo modo per distrarlo.
“Sei un piccolo diavoletto.” Sussurrò Harry con il fiato corto.
“Questo è per il succhiotto di questa mattina.” Replicai con nonchalance. Nella mia testa continuava a passare un pensiero fisso, ma cercai di ignorarlo. Non avevo appena avuto una conversazione molto sexy con il mio professore al telefono, vero?
“Pensavo ti fosse piaciuto.” Mi provocò lui. Riuscivo a sentire il sorriso nella sua voce.
“Certo che sì.” Risposi. “Come penso che a te sia piaciuto quello che è appena successo.” Aggiunsi. Ero incapace di rimanere seria. Il sorriso non voleva assolutamente andarsene dal mio viso.
“Te l’ho detto, mi farai impazzire.” Mormorò Harry. Avrei voluto vederlo in quel momento. Ero sicura che avesse le labbra arrossate per essersele morse, perché era quello che faceva in momenti come quelli. Doveva essere uno spettacolo piuttosto piacevole da guardare. Decisi che la prossima volta l’avrei chiamato con FaceTime.
“Vedremo.” Dissi e interruppi la chiamata. Poi affondai il viso nel cuscino e cercai di mascherare in gridolino di gioia.
 
***
 
La sera successiva ricevetti un messaggio da Harry verso mezzanotte, mentre ero al pub con le mie amiche.
 
Mi manchi. Sei nella tua stanza?
 
Cercai di nascondere un sorriso e digitai velocemente una risposta.
 
No, sono da Greg’s con le mie amiche.
 
Il messaggio di Harry arrivò pochissimi secondi dopo.
 
Porta sul retro. Cinque minuti.
 
Cercai di non mostrare la felicità che provavo anche solo a leggere il suo nome sul display e poi mi guardai intorno per cercare di capire se Rae, Carmen, Valentina o Laurel avessero capito qualcosa. Fortunatamente erano molto impegnate a parlare della festa dei Kappa Alpha Psi della sera prima e non stavano prestando attenzione a me.
“Ragazze, vado un secondo in bagno.” Dissi, infilando il telefono nella borsa e portandola con me.
“Vuoi compagnia o hai bisogno che qualcuno ti tenga la porta chiusa?” Mi domandò Laurel.
“No, grazie.” Risposi. Poi mi alzai, mi avviai verso il bagno e, dopo aver controllato che nessuna delle mie amiche stesse guardando nella mia direzione, sgattaiolai fuori dalla porta di servizio.
La piccola via era deserta e c’era un solo lampione acceso che emetteva una luce tremolante. Non era lo scenario ideale per incontrare qualcuno, ma non avevo altre opzioni. Non ci poteva vedere nessuno. E poi chi volevo prendere in giro? Probabilmente avrei anche scalato una montagna o mi sarei infilata in una caverna buia per stare anche solo cinque minuti con Harry.
 
Camminai avanti e indietro per qualche minuto, in attesa. Non avevo portato la giacca, perché altrimenti le mie amiche avrebbero capito che non stavo andando in bagno. Faceva piuttosto freddo, così continuai a muovermi per scaldarmi. Poi sentii una mano prendermi il polso e per poco non urlai.
Harry mi posò l’altra mano sulla bocca, ridendo.
“Non volevo spaventarti.” Disse.
“Fammi indovinare, siamo pari per la telefonata di ieri sera?” Scherzai, guardandolo negli occhi. Non sapevo come facesse ad essere così bello anche a mezzanotte, con le guance rosse per il freddo e un cappellino bordeaux che lasciava alcune ciocche di capelli ricci libere di incorniciargli il viso.
“No.” Rispose lui con serietà prima di farmi appoggiare contro il muro e darmi un bacio mozzafiato. Chiusi gli occhi e lasciai che un paio di gemiti di piacere sfuggissero al mio controllo. “Adesso siamo pari.” Aggiunse con il sorriso che avevo imparato ad amare. Sembrava angelico, ma dietro le apparenze nascondeva un lato di Harry che mi piaceva da morire. Quello che mi voleva disperatamente, quello che mi faceva sentire sexy e desiderata, quello che mi faceva impazzire e che mi faceva venire voglia di urlare a tutto il mondo che lui era mio ed io ero sua.
Harry mi diede un altro fugace bacio prima di avviarsi di fretta verso l’auto che aveva lasciato parcheggiata dietro l’angolo.
Mi toccai le labbra con un dito e chiusi gli occhi per qualche secondo prima di tornare al tavolo con le mie amiche, che erano ancora ignare di tutto.
 
***
 
Il giorno successivo mi presentai a lezione con un piano. Mi piaceva giocare con Harry e non vedevo l’ora di assistere alla sua reazione a quel nuovo piccolo scherzo.
Attesi il momento giusto, ovvero mentre tutti erano occupati a rispondere alle domande del test che il professor Styles aveva appena distribuito e poi estrassi di nascosto il cellulare dalla borsa e digitai un messaggio.
 
Comunque ti devo ancora un succhiotto. xx
 
Osservai l’espressione di Harry cambiare quando sentì il cellulare vibrare e poi lo vidi sgranare gli occhi dopo aver letto il contenuto del messaggio. Si allentò leggermente la cravatta e lanciò una fugace occhiata nella mia direzione, mordendosi il labbro inferiore. Decisi di provocarlo ancora un po’ e passai la lingua sul labbro superiore. Vidi distintamente Harry deglutire e chiudere gli occhi per qualche secondo.
Ridacchiai e riposi il telefono, concentrandomi completamente sul test. Certo, Harry era il mio ragazzo – potevo chiamarlo così? Non ne avevamo mai parlato, effettivamente – ma era anche il mio professore e mi avrebbe dato un brutto voto senza nessun problema.
 
Dopo la lezione mi chiese di rimanere in classe perché doveva parlarmi e mi chiese di pranzare con lui nel suo ufficio, anche se non avevamo in progetto di vederci per correggere uno dei miei compiti. Accettai volentieri e quando bussai alla sua porta mi disse immediatamente di entrare.
“Tu mi vuoi far venire un infarto, vero?” Mi domandò, girando la chiave e abbassando le tendine. Stava sorridendo e sembrava ancora più bello del solito, il che non poteva essere umanamente possibile.
“No, volevo solo vendicarmi per l’altra mattina.” Risposi innocentemente.
“Beh, ci sei riuscita.” Replicò lui, ridendo. “È stato imbarazzante avere certe reazioni in classe.”
Lo guardai, momentaneamente confusa.
“Oh.” Dissi poi, realizzando. “È per quello che sei rimasto seduto dietro la cattedra per tutto il resto della lezione come un professore normale e non ti sei seduto sulla scrivania?”
Harry arrossì lievemente e poi scoppiò a ridere.
“Non ho mai incontrato nessuno come te, Mary Jane. Sei spontanea, avventurosa, coraggiosa e mi fai sentire vivo in un modo in cui non ci è mai riuscito nessuno.” Disse in tutta serietà. Adoravo la sua voce bassa e un po’ roca e amavo persino la lentezza con cui pronunciava ogni singola parola. Il mio cuore cominciò a battere più velocemente. Pensava davvero tutte quelle cose di me?
“Mi fai arrossire.” Dissi, abbassando lo sguardo.
“Ti ho preso una cosa.” Replicò lui, allontanandosi e andando a recuperare qualcosa dal cassetto della sua scrivania. “Non è niente di che, ma quando l’ho visto ho pensato a te e… l’ho preso. Poi siamo vicini a Natale e tutto, quindi ci tenevo a farti un regalo.” Aggiunse con un sorriso.
Mi porse una scatoletta azzurra di Tiffany & Co. e il mio cuore minacciò di uscire dalla cassa toracica. Mi aveva preso un gioiello? Nessuno me ne aveva mai regalato uno, nemmeno i miei genitori.
Aprii il sacchetto di velluto azzurro con mani quasi tremanti ed estrassi una collana con un ciondolo a forma di nodo.
“Nella mia testa la spiegazione suonava meglio.” Disse Harry. Sembrava nervoso. “Ti ho preso un nodo, perché è così che mi fai sentire.” Aggiunse.
“Un nodo?”
Lui annuì. “Lo stomaco.” Spiegò. “Mi si attorciglia e si annoda anche solo quando ti vedo. E so che è una cosa da adolescenti…” Si interruppe, ridendo.
“Ehi, io sono ancora un’adolescente. Ho diciannove anni.” Risposi, unendomi alla sua risata. “È… È bellissima, Harry. Non ho parole per ringraziarti.” Aggiunsi. Poi mi voltai, rivolgendo la schiena verso di lui, spostai i capelli e gli chiesi di aiutarmi a metterla.
Quando l’argento freddo venne a contatto con la mia pelle calda provai un piccolo brivido e ne provai uno più grande quando sentii le mani di Harry sul mio collo, poi sulle mie spalle e sulle mie braccia. Le sue mani trovarono le mie e mi voltai per baciarlo.
“Grazie.” Sussurrai contro le sue labbra. “È bellissima.” Aggiunsi.
“Ceni da me questa sera?” Mi domandò lui. Annuii, perdendomi nei suoi occhi.
“Sì, ma poi devo andare al pub con Laurel. È da ieri che sta cercando di trascinare Rae e me da qualche parte. Non so nemmeno cosa voglia festeggiare.” Risposi, nascondendo il mio viso nell’incavo del collo di Harry e inalando il suo profumo. Avrei potuto ubriacarmi solo di quello. Di quel misto di sandalo e spezie e Harry che amavo così tanto.
“Non preoccuparti, abbiamo tempo. E sarai felice di sapere che ho fatto la spesa, ho lavato tutti i piatti e stasera cucino io.”
“Mi vizi.” Dissi, lasciando un bacio sulla sua pelle liscia. Lo sentii rabbrividire e poi le sue labbra trovarono le mie e le lasciarono solo brevemente per riprendere fiato.
 
***
 
Il motivo per cui Laurel e Rae mi avevano fatto bere così tanto l'avevo dimenticato da un pezzo. Forse c'entrava qualcosa il fatto che una delle due aveva appena acquistato un documento falso da un amico, ma non ricordavo chi.
"Vado in bagno!" Esclamò Laurel, alzandosi dallo sgabello e inciampando nei suoi stessi piedi.
"La accompagno!" Urlò Rae, seguendo la mia amica. Io annuii e mi concentrai sul mio cocktail. Tanto ero sicura che non sarei riuscita a stare in piedi e a fare più di due passi. Non con la testa che girava in quel modo.
Cercai di ricordare chi aveva pensato che andare al pub fuori dal campus fosse una buona idea. Anzi, chi aveva pensato che bere così tanto nel bel mezzo della settimana fosse un’idea geniale?
“Ma sì, è un cocktail rosa, quanto vuoi che sia forte?” Aveva esclamato qualcuno, ordinando il primo. La risposta era tanto. Quegli stupidi cocktail rosa erano praticamente alcool puro.
Mi guardai intorno e notai vagamente che tutto sembrava fuori posto. Quel pub, che si chiamava Irish Pride, era pieno di estranei adulti. Io ero abituata ad andare da Greg’s, che era frequentato da tutti gli studenti della Washington University e dove lavoravano i compagni di confraternita di Jasper. Jasper… era ancora furioso con me per quello che avevo fatto. Ma ne valeva la pena, perché Harry era la cosa migliore che mi fosse capitata in tutta la vita.
"Ehi, ciao!" Esclamò improvvisamente una ragazza, sedendosi di fianco a me e interrompendo il fiume di pensieri che scorreva nella mia mente.
"Uh, ciao." Risposi, cercando di metterla a fuoco e di concentrarmi su di lei. "Quello sgabello è occupato, la mia amica è andata in bagno." Mi sforzai di dire. Com'era difficile mettere i pensieri in ordine nella mia testa. Aspettavo solo che Rae e Laurel tornassero per cercare di raggiungere il tavolo da biliardo, scroccare qualche altro drink agli uomini che stavano giocando e ballare un po'. Era una bella serata, ero felice.
"Oh, scusa! Ordino solo un drink e me ne vado appena torna la tua amica." Rispose lei, sorridendomi. Richiamò l'attenzione del barista, chiese una pinta di Budweiser e poi tornò a guardarmi. "A proposito, mi chiamo Courtney, piacere." Aggiunse.
"Mary Jane." Risposi.
"Sei una studentessa?" Mi domandò.
Annuii, bevendo l'ultimo sorso dello stupido cocktail rosa. Cercai di ricordare chi me l’avesse consigliato. Rae o Laurel? Avrei dovuto dire loro che faceva veramente schifo.
"Studio Letteratura e Scrittura Creativa." Replicai. "Tu?"
"Oh, no, io non sono più una studentessa. Vivo qui nei dintorni e questa sera avevo voglia di bere qualcosa e ricordare i vecchi tempi, così sono venuta qui."
"Cos'hai studiato?" Era la domanda logica da fare dopo quello che mi aveva detto quella ragazza, giusto? Ero davvero confusa.
"Economia." Rispose Courtney. La sua espressione sembrò cambiare per qualche secondo. Diventò improvvisamente triste, poi riprese il sorriso. "Quindi frequenti il corso di Scrittura Creativa. Ti piace?"
Sorrisi, pensando a quel pomeriggio, nell'appartamento di Harry. Dovevo cercare di non farmi distrarre dal ricordo del suo profumo, delle sue dita che tracciavano i contorni del mio viso, delle sue labbra…
"È il mio corso preferito!" Esclamai ridacchiando, alzando la voce forse un po’ troppo. Courtney sembrò volermi chiedere qualcos'altro, ma fu interrotta dall'ingresso del professor Tomlinson, che mi si avvicinò come una furia e si infilò esattamente tra noi due.
"Signorina Watson!" Esclamò con una nota di panico nella voce. "So che non è il momento, ma devo chiederle di seguirmi." Aggiunse.
"Seguirla?" Domandai, confusa. "Lei non è uno dei miei professori." Aggiunsi. Facevo fatica a concentrarmi e Courtney mi aveva fatto venire in mente Harry, il che rendeva tutto più difficile. La mia mente, che già funzionava poco per colpa dell'alcool, era completamente occupata dai ricordi di quel pomeriggio. Oh, in quel momento dormire abbracciata a Harry suonava davvero invitante. Avrei dovuto chiamarlo o lasciargli un messaggio in segreteria. Ma che ore erano, poi?
"Okay, signorina Watson, non volevo giocare questa carta davanti a tutti..." Disse Tomlinson, abbassando un po' la voce. "Ma si dà il caso che io sappia benissimo che non ha l'età per bere e in questo momento dovrei avvisare il barista e farle ritirare il documento falso che ha usato." 
Lo guardai male. Stava davvero minacciando di dire al barista di smettere di servirmi? Laurel aveva ragione, era una persona orrenda.
"D'accordo." Dissi, scivolando giù dallo sgabello e atterrando sui tacchi.
Oh, no, non c'era assolutamente nessuna possibilità che io riuscissi a camminare su quei cosi.
"Perfetto, allora faccia la brava studentessa e torni nel suo dormitorio, dove potrà smaltire la sbronza." Sibilò, prendendomi per un braccio e accompagnandomi gentilmente fuori dal bar. Non riuscii nemmeno a salutare Courtney e a cercare le mie amiche.
"Non stavo facendo niente di male, stavo solo vivendo un po'." Mi lamentai quando finalmente ci fermammo, fuori dal pub. Mi appoggiai contro il muro, perché non ero stabile. La mano di Tomlinson mi aveva guidata fino a quel punto, ma lui aveva smesso di sostenermi. L'uomo mi stava fissando e basta ed io mi sentivo un po’ cadere verso l’asfalto.
"Stava rischiando di mettersi in guai seri, signorina Watson." Rispose lui, raddrizzandomi. "Adesso recuperi le sue amiche e torni a casa. Farò finta di non aver visto che la signorina Carter è qui con lei. E lei è una mia studentessa." Aggiunse.
Oh, no. Ci mancava solo che Tomlinson punisse Laurel perché l'aveva vista bere al pub. Dovevo fare qualcosa.
"Professore, Laurel non c'entra nulla. È stata una mia idea, sono stata io a voler venire qui e bere. Lei mi ha solo seguita perché è una brava amica." Mormorai, cercando di sembrare sobria.
"Certo, come no. Dovrebbe frequentare uno dei miei corsi di recitazione, potrei insegnarle una cosa o due su come mentire. Non si preoccupi, comunque. Come le ho già detto, farò finta di niente. Questa sera non ho visto nessuna di voi. Lei, però, torni a casa, la prego." Replicò lui, guardandosi intorno con aria preoccupata. Era nervoso, come se si aspettasse che potesse succedere qualcosa da un momento all'altro.
"D'accordo." Dissi infine. "D'accordo. Vado a recuperare le mie amiche e torniamo a casa, grazie."
Tomlinson mi bloccò con un braccio prima che potessi rientrare al pub.
"Mandi loro un messaggio e le aspetti qui. Non è saggio tornare lì dentro. Quello non è il posto adatto per tre ragazzine nel vostro stato." Replicò lui. Cominciai ad agitarmi e scrissi un sms a Laurel e Rae, che mi raggiunsero fuori dal pub pochi minuti dopo.
Il professor Tomlinson le aspettò con me, senza più dire una parola. Quando Laurel lo vide, per poco non urlò.
"Bene, tornate nel vostro dormitorio e dormite bene." Disse Tomlinson. "Ricordatevi che io questa sera non ho visto nulla, ma se vi vedo di nuovo bere... Beh, sarò costretto a denunciare i vostri documenti falsi a chi di dovere." Aggiunse. Poi ci lasciò e tornò all’interno del pub.
"Quello stronzo..." Commentò Laurel, alzando il dito medio nella sua direzione.
“Ehi.” La bloccai, nascondendo il gesto osceno che aveva appena fatto con la mia borsa. “Dai, torniamo a casa.”
“Ma non ho capito cosa voleva.” Si lamentò Rae. “E non sono nemmeno riuscita a chiedere il numero di telefono al barista. Era figo!”
“Rientriamo!” Esclamò Laurel. “E fanculo a Tomlinson!”
“Laurel!” La richiamai. Ero ubriaca, sì, ma ero comunque ancora in grado di capire che urlare insulti a un professore non era una buona idea. E poi c’era qualcosa nello sguardo preoccupato di Tomlinson che mi aveva davvero convinta che quello non fosse il posto giusto per tre ragazze ubriache.
“D’accordo. Andiamo a casa. Ma sappi che sei una rompiscatole.” Sbiascicò Rae, puntandomi l’indice contro il petto.
“Ti perdono solo se mi dici con chi te la stai facendo in questo periodo.” Aggiunse Laurel, ridendo come una bambina.
“Nessuno. Non me la sto facendo con nessuno.” Dissi prima di avventurarmi verso il dormitorio. Chissà perché Tomlinson mi aveva impedito di tornare in quel locale.

 


Ecco il nuovo capitolo! Continuano i giochi tra Harry e Mary Jane, ma ci sono anche momenti seri e particolarmente romantici. Cosa ne pensate del regalo che le ha fatto?
E, come promesso, oggi abbiamo visto Louis sotto un altro punto di vista. Quali erano le sue intenzioni al pub?
Venerdì prossimo posterò uno spoiler su Twitter e Facebook e martedì il prossimo capitolo qui su EFP!
Grazie a tutte le persone che stanno seguendo la mia storia! <3

 

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Capitolo 12
*** Mean Boys ***




Capitolo 12 – Mean Boys
 
“Mary Jane, giusto?” Sentii una voce femminile. Mi fermai e mi voltai nella direzione da cui proveniva.
La donna aveva un’aria familiare, ma non riuscivo assolutamente a capire dove l’avessi già vista. I postumi della sbornia pazzesca della sera prima, poi, non aiutavano per niente. Avevo un mal di testa orribile e non ero riuscita a dormire per più di un paio d’ore, quindi non era la giornata giusta per giocare a ‘Indovina Chi?’ con quella sconosciuta.
“Ehm… sì?” Domandai cautamente. La osservai per qualche altro istante. Aveva i capelli biondi, gli occhi azzurri ed ero sicura di averla già vista da qualche altra parte. Ma dove?
“Courtney.” Disse la donna. “Ci siamo incontrate ieri sera al pub, ricordi? Ma in effetti eri abbastanza ubriaca, quindi probabilmente ti sei dimenticata.” Aggiunse con aria divertita.
Improvvisamente tutto fu molto più chiaro. Era la ragazza che si era seduta di fianco a me quando Laurel e Rae mi avevano abbandonata per andare in bagno.
“Scusa, ieri sera ho bevuto davvero tanto.” Replicai con aria colpevole. E non lo farò mai più, giuro. Non berrò mai più. Pensai, massaggiandomi le tempie.
“Non preoccuparti. A proposito, mi è dispiaciuto vedere il professor Tomlinson cacciarti via in quel modo. Soprattutto prima che riuscissi a chiederti se ti andava di bere un caffè insieme qualche volta.” Disse lei.
Tomlinson mi aveva cacciata? Che diavolo era successo la sera prima? Cercai di concentrarmi e alcuni flash di quello che era accaduto al pub apparvero nella mia mente.
Sì, Tomlinson mi aveva proibito di entrare in quel pub e aveva minacciato di dire a tutti che avevo un documento falso. Il che, pensandoci bene, non era nemmeno vero, perché Laurel ne aveva comprato uno e aveva ordinato da bere per tutte.
“Oh.” Dissi. “Beh, se vuoi andare a bere un caffè, stavo giusto andando da Starbucks.” Aggiunsi, puntando il dito verso la direzione generica in cui si trovava la caffetteria. Avevo un bisogno disperato di caffeina quel giorno.
“Hai avuto una lezione pesante?” Domandò Courtney, sorridendo.
“No, la lezione è stata interessante. Sono una grande fan di Jane Austen.” Risposi. “Ma tutto quello che ho bevuto ieri sera e le poche ore di sonno mi stanno uccidendo.” Aggiunsi. Non solo mi ero ubriacata al pub, Laurel ed io – dopo essere state cacciate da Tomlinson - avevamo invitato Rae nel nostro dormitorio e avevamo continuato la festa in camera, bevendo quello che aveva comprato la mia coinquilina quel pomeriggio con il suo nuovo documento falso. Avevamo finito per stare male tutte quante e giurare che non avremmo mai più toccato una goccia d’alcool. O almeno non avremmo più mischiato cocktail vari.
“Giusto.” Replicò lei. “Allora andiamo, offro io!”
 
***
 
“Così questo è il tuo primo anno? Beh, sei fortunata ad avere già così tanti amici e una vita così piena. Io ho passato tutto il mio primo anno qui in solitudine. Ero un po’ sfigata.” Disse Courtney.
Avevamo trovato un tavolino davanti alla vetrina e avevamo ordinato due tazze giganti di caffè americano.
“Oh.” Commentai. Non sapevo cosa rispondere a un’affermazione del genere. Cercai di immaginare un periodo in cui una donna bella come Courtney potesse essere considerata una sfigata. Le persone erano davvero cattive.
“Poi ho conosciuto un ragazzo ed è cambiato tutto. È stato il mio primo amore. L’amore della mia vita. Ci siamo anche sposati.” Aggiunse lei con occhi sognanti.
“Congratulazioni.” Replicai. Mi sentivo un po’ in imbarazzo e non sapevo esattamente cosa dire. Ci eravamo conosciute da poco e mi stava raccontando la storia della sua vita. Forse si sentiva ancora sola e aveva bisogno di qualcuno che la ascoltasse. Ma doveva proprio scegliere il giorno dopo la sbronza più grande della mia vita per farlo? Facevo fatica a seguire il suo discorso.
“Tu hai già incontrato qualcuno?” Mi domandò dopo qualche secondo.
Il mio pensiero andò immediatamente a Harry e sorrisi. Mi aveva mandato un messaggio nel bel mezzo della notte, scrivendomi che mi aveva sognata e non vedeva l’ora di vedermi. Poi me ne aveva mandato uno la mattina, dicendo che aveva trovato tre chiamate perse e due sms in cui gli dicevo che Batman avrebbe salvato il mondo e che trovavo molto ingiusto che i pub chiudessero a una certa ora. Avevo dovuto spiegargli che mi ero ubriacata e che non avevo idea del motivo per cui gli avevo scritto quelle cose.
“Sì, ma siamo ancora nella fase inziale della storia ed è troppo presto per pensare a qualunque cosa.” Dissi.
“E come vi siete conosciuti?” Domandò lei con aria incuriosita. Cercai di pensare velocemente a qualcosa da dire. Certo, lei non era una studentessa, ma si trattava comunque di una perfetta sconosciuta e non potevo confessare tutto, nonostante il mio cuore mi stesse urlando di fregarmene e di farlo.
“In uno dei miei corsi.” Risposi infine, rimanendo sul vago. Non era una menzogna, ma non era nemmeno tutta la verità.
Decisi di bere un sorso di caffè per nascondere con la tazza il sorriso che era spuntato sulle mie labbra quando avevo ripensato al primo giorno di lezione. Styles mi aveva proprio conquistata al primo sguardo, non c’era nulla da fare.
“E vi siete piaciuti subito? Con mio marito c’è stato un po’ di odio iniziale da parte mia, ma poi lui ha saputo conquistarmi.”
Riportai la tazza alla bocca per prendere tempo. Non avevo pianificato nulla, non avevo mai pensato a cosa avrei potuto dire sulla mia storia con Harry.
“Non lo so, è stato strano.” Dissi, riflettendo. “All’inizio ci ignoravamo, poi abbiamo cominciato a parlare e ci siamo baciati. E da lì è nato tutto.” Spiegai. Era sbagliato ridurre la nostra storia a quella frase, ma cosa avrei potuto dirle? Di certo non potevo raccontarle ogni minimo dettaglio, perché non potevo dirlo a nessuno.
Courtney assunse un’aria pensierosa e annuì.
“Quindi all’inizio dell’anno non stavate insieme.”
Scossi la testa. Il terzo grado di Courtney mi sembrava abbastanza strano. In fin dei conti ci conoscevamo da poco. Ma magari Courtney era solo una persona molto curiosa ed espansiva.
“No.” Risposi. “È successo tutto dopo un po’ di tempo. Dopo qualche mese.” Confermai.
“Bene.” Mormorò Courtney. Alzai un sopracciglio e lei scosse la testa. “No, dico solo che hai fatto bene a non buttarti subito in una storia. Bisogna godersi un po’ essere single quando si va al college.”
“Sì, sono d’accordo.” Dissi, cominciando a sentirmi a disagio. Guardai l’orologio per trovare una scusa credibile. “Courtney, è stato un piacere chiacchierare con te e grazie per il caffè, ma si sta facendo tardi e devo ancora passare in libreria a recuperare un libro prima di studiare per il test di domani.” Dissi. Lei sembrò rimanerci male per pochi secondi, poi sorrise e quel gesto mi sembrò leggermente falso.
“D’accordo, allora ci rivediamo presto.” Replicò Courtney.
“Certo.” Risposi. Poi recuperai la borsa, la giacca e scappai fuori dal locale. Avevo appena passato i venti minuti più strani della mia vita.
 
***
 
Non riconobbi il professor Tomlinson immediatamente. Lo trovai accucciato davanti a un’auto con due ruote completamente squarciate. Capii definitivamente che si trattava di lui quando lo sentii imprecare.
“Merda. Merda, merda, merda, merda!” Esclamò, colpendo uno degli pneumatici con il pugno. Poi imprecò di nuovo, perché si era fatto male.
“Posso aiutare in qualche modo, professore?” Domandai avvicinandomi. In fondo lui aveva aiutato me la sera prima, evitando che mi cacciassi in qualche brutta situazione con qualche ubriacone al pub.
“Signorina Watson!” Esclamò lui, sorpreso. “No, a meno che lei non sappia come cambiare una ruota e non ne abbia una seconda a portata di mano… direi di no, grazie.”
“In realtà so come si fa.” Dissi, abbandonando la borsa per terra e abbassandomi al suo livello. “A livello teorico, almeno. Ho sempre osservato mio padre cambiare le ruote durante i nostri lunghi viaggi, ma non sarei capace di fare il lavoro vero e proprio da sola.” Aggiunsi, valutando la situazione. Anche ammettendo che fossimo riusciti a cambiare una ruota – e non era detto che ce l’avremmo fatta -  ce n’era sempre un’altra squarciata. E dubitavo che Tomlinson andasse in giro con due ruote di scorta.
Lo guardai. Sembrava davvero disperato.
“Forse dovrei smettere di essere così duro con i miei studenti. Questa cosa mi capita almeno due volte l’anno. Anche se solitamente si limitano a rigarmi la portiera, non a questo.” Disse.
Pensai immediatamente a Laurel e ai suoi piani diabolici. Non era stata lei, vero?
“Se sa che sono gli studenti, forse dovrebbe venire in università in autobus.” Dissi. “Non penso che debba cambiare il suo metodo di insegnamento.” Aggiunsi.
“Vero? Non è dicendo a tutti che sono meravigliosamente bravi che ho insegnato ad alcuni dei migliori attori di Broadway degli ultimi cinque anni.” Replicò lui con un sorriso amaro. “Comunque di solito vengo in università in autobus. Lo faccio tutti i giorni tranne il giovedì.” Aggiunse, scuotendo la testa. “Quello è il giorno in cui, dopo lezione, vado direttamente a casa di mia nonna, due città più avanti. È anziana ed è sola, così cerco di farle compagnia come posso e di aiutarla in casa.”
E così, proprio in quell’istante, Louis Tomlinson cominciò a sembrarmi umano. In fondo era uno dei migliori amici di Harry, non poteva essere così male.
Pregai con tutte le mie forze che Laurel non fosse colpevole di quel gesto.
“Se avessi un’auto gliela presterei volentieri, professore.” Dissi.
Tomlinson si girò a guardarmi per qualche istante e poi sorrise.
“Anche dopo tutto quello che la signorina Carter le ha detto sul mio conto? Perché so che l’ha fatto.” Domandò, ridendo.
Rimasi in silenzio, insicura su cosa rispondere. Ogni opzione sembrava un’ammissione di colpa. Era come se, qualunque cosa dicessi, confermassi che Laurel parlava davvero male di lui.
“Oh, non preoccuparti. Chiamerò un taxi e farò sistemare la mia auto al più presto. Grazie comunque.” Aggiunse dopo un po’. Notai che era passato dal darmi del lei al tu.
“Grazie per ieri sera, professore.” Risposi, estraendo il telefono e cominciando a digitare. Il suo sguardo si incupì immediatamente.
“Promettimi solo che starai lontana da quel pub. E… non dare confidenza alle persone che non conosci, okay? Possono sembrare normali, ma in realtà nascondono sorprese poco piacevoli.” Disse.
Lo guardai senza dire nulla, confusa. A cosa si stava riferendo? L’unica persona che avevo conosciuto al pub la sera prima – o almeno, che ricordavo di aver conosciuto – era Courtney. E sì, sembrava un po’ svitata, ma chi non lo era? Non avevo certo intenzione di farla diventare la mia migliore amica.
“D’accordo, lo prometto.” Dissi.
“Ottimo. Adesso è meglio se chiamo quel taxi, altrimenti la nonna comincerà a preoccuparsi.” Replicò con un sorrisetto.
“Non c’è bisogno.” Replicai. “Ne ho chiamato io uno via sms. Arriverà al più presto.” Aggiunsi, mostrandogli il mio telefono.
Tomlinson mi fissò ancora per qualche istante, ammirato.
“Adesso capisco davvero tutto.” Mormorò. Poi successe una cosa ancora più incredibile di tutto quello che era accaduto fino a quel momento. Il professor Tomlinson sfoderò un sorriso smagliante e mi fece un occhiolino.
Nella mia mente cominciarono a suonare campanelli e sirene d’allarme e in quel momento capii che Harry doveva avergli parlato di me. Louis Tomlinson sapeva che stavo frequentando il suo migliore amico, quindi era probabile che la sera prima mi avesse aiutata solo per evitare che Harry scoprisse che mi stavo comportando in modo stupido. O forse perché non voleva che qualche altro ragazzo ci provasse con me. In fondo non mi conosceva, non sapeva che non avrei mai tradito Harry, nemmeno se avessi avuto più alcool che sangue nelle vene.
 
***
 
Quello che avevo detto a Courtney non era del tutto inventato. Dovevo davvero passare in libreria a ritirare un libro e poi dovevo studiare. Così, dopo aver salutato Tomlinson, avevo raggiunto la libreria e avevo sentito il familiare scampanellio quando avevo aperto la porta.
“Ehi, Mary Jane!” Esclamò Liam, rivolgendomi un sorriso strano ed evitando di guardarmi negli occhi. Sembrava quasi imbarazzato.
“Ehi.” Replicai. “Uhm, sono venuta a ritirare Emma di Jane Austen.” Aggiunsi, sentendomi a disagio. Perché Liam, solitamente così carino e simpatico, si stava comportando in modo così strano?
“Sì, okay. Ehm… lo vado a cercare subito.” Borbottò velocemente, prima di sparire nel retro del negozio. D’accordo, ero stata con uno dei suoi compagni di confraternita e poi l’avevo lasciato, ma Liam ed io non avevamo mai avuto un problema. Era davvero così leale nei confronti dei suoi fratelli?
Quando il ragazzo tornò con il libro pagai, cercando di non innervosirmi per il suo comportamento. Purtroppo non ero mai stata una persona in grado di lasciar correre, così, prima di uscire, mi voltai verso di lui e lo affrontai.
“Liam, c’è qualcosa che non va?” Domandai.
Il ragazzo cercò disperatamente di evitare il mio sguardo per più tempo possibile, poi scosse la testa.
“No, è che… ehm, mi dispiace per quello che è successo.” Mormorò.
“Anche a me.” Dissi. “Avrei potuto gestire meglio la situazione, mi dispiace di aver fatto arrabbiare Jasper. Mi dispiace se ti senti a disagio con me, adesso.” Aggiunsi, abbassando la voce. Fortunatamente la libreria era vuota, così potevo approfittarne per risolvere quella situazione.
“Non preoccuparti, sono… sono io che devo smettere di comportarmi come un bambino. Non abbiamo litigato o niente del genere, non dovrei comportarmi così.” Disse lui. “C-cosa hai intenzione di fare, adesso?” Domandò dopo qualche secondo, lanciando una veloce occhiata nella mia direzione.
“Beh, credo che continuerò per la mia strada, no? Magari Jasper mi perdonerà prima o poi e riusciremo ad essere amici, ma…” Risposi.
“No, intendo con… con la situazione.” Balbettò Liam.
Lo guardai, confusa. Di che situazione stava parlando?
“Cosa?” Domandai, avvicinandomi al bancone e cercando il suo sguardo. Lui continuò ad evitare il mio per tutto il tempo, puntandolo distrattamente sul computer di fronte a lui.
“Intendo con il bambino, ecco.” Disse velocemente e a voce così bassa che, per un istante, pensai di averlo immaginato.
“Bambino?” Chiesi ancora, sempre più confusa. Di cosa stava parlando Liam? Lui arrossì violentemente e, finalmente, si decise a guardarmi negli occhi.
“Scusa, hai ragione. Non ci conosciamo così bene, non sono la persona più adatta per parlare di queste cose.”
“No, Liam. Non ho proprio capito di cosa stai parlando. Quale bambino?” Domandai. Mi sentivo persa, come se mi avessero abbandonata in un paese straniero senza nessun tipo di mappa.
“Tuo figlio.” Borbottò ancora il ragazzo. Sgranai gli occhi e scossi la testa.
“Mio figlio? Liam, io non ho figli. Di cosa stai parlando?”
“Jasper ha raccontato a tutti che ti ha lasciata perché ha scoperto che sei incinta di un altro ragazzo.” Rispose finalmente lui, abbassando la testa e arrossendo ulteriormente.
In quel momento cominciai a sentirmi come se, nel paese straniero in cui mi avevano lasciato senza alcun tipo di mappa, avesse cominciato a grandinare ed io non avessi nessun posto dove nascondermi o ripararmi.
Mi si riempirono gli occhi di lacrime ed iniziai a sentire il bisogno di scappare il più lontano possibile da quel campus.
“I-io non sono incinta di nessuno. E ho lasciato io Jasper.” Dissi. “Dio, pensavo che solo le ragazze fossero vendicative e stronze.” Aggiunsi mentre ero già vicina alla porta. Guardai Liam un’ultima volta, poi scossi la testa e uscii da quella libreria con mille pensieri in testa e una gran voglia di tirare un pugno a Jasper.
 
***
 
Avevo deciso di ignorare Jane Austen, quello che avrei dovuto studiare per il test del giorno successivo e i messaggi preoccupati delle mie amiche.
“Ehi, Mary, ho appena sentito quello che si dice in giro. Stai bene? Chiamami.” Aveva scritto Rae, cauta e premurosa come al solito.
“Mary, io ammazzo quell’idiota di Jasper! Che cosa cazzo è andato in giro a dire?” Laurel, invece, aveva scelto un approccio più diretto, come al solito.
“Ehi, MJ, parlando con Zach ho sentito varie cose sul tuo conto… se hai bisogno di parlare o di qualsiasi tipo di aiuto per prendere una decisione sul futuro chiamami, d’accordo?” Il messaggio di Carmen era il più lungo ed era anche quello che mi aveva fatto decidere definitivamente di spegnere il telefono.
Mi ero presentata a casa di Harry, senza prima avvisarlo, e quando aveva aperto la porta l’avevo abbracciato e non avevo detto nulla. Lui mi aveva accompagnata sul suo divano e mi aveva tenuta stretta finché ero crollata e gli avevo raccontato tutto quello che era successo.
“Capisco che ci sia rimasto male perché l’ho lasciato, ma… nessuno dei due provava sentimenti veri per l’altro. Che cosa l’ha portato a mettere in giro quelle voci su di me? Ora, ovunque andrò, sarò quella che si è fatta mettere incinta da chissà chi e si è sbarazzata del bambino, perché è quello che penseranno quando noteranno che non sono davvero incinta.” Dissi, scuotendo la testa e lasciandomi coccolare da Harry.
“È l’orgoglio.” Disse lui improvvisamente. Alzai lo sguardo e lo guardai negli occhi. “Non sopporta di essere stato lasciato da te e deve avere il controllo della situazione. Deve far credere ai suoi amici che ti ha lasciata lui, che è un figo, che continua ad essere il maschio alpha.”
“Ma non è giusto.” Mi lamentai. Harry mi accarezzò i capelli e mi diede un bacio sulla fronte.
“No, non lo è. Devi solo fregartene di quello che pensano gli altri. Tu sai la verità. Le tue amiche sanno quello che è successo. Io lo so. Gli altri possono arrangiarsi e pensare quello che vogliono.” Replicò lui.
“Non è così facile.” Mormorai. Sospirai e mi rifugiai ancora di più tra le braccia di Harry.
“Ehi, ma tu domani non hai un test?” Mi domandò improvvisamente il ragazzo. “Mi avevi detto che dovevi studiare questa sera.”
“Sì, ho uno stupido test di Letteratura Moderna.” Risposi. Harry sorrise, mettendo in mostra le sue bellissime fossette.
“Allora cosa fai qui sul divano, pigrona?”
“Ehi!” Esclamai, sedendomi dritta e guardandolo negli occhi.
“A parte gli scherzi, Mary, non devi prendertela per quello che fanno gli altri. Devi concentrarti su te stessa e, in questo caso, devi studiare per superare egregiamente il test di domani.”
“Lo so, hai ragione.” Dissi. Avevo bisogno di smettere di pensare a Jasper e alle sue stupide menzogne e dovevo studiare. “Sei proprio saggio… sarà perché sei vecchio?” Domandai, arricciando le labbra in un sorriso.
“Suvvia, dire che sono vecchio mi sembra un po’ eccessivo.” Replicò. Stava sorridendo anche lui e decisi di baciarlo. Perché sapeva sempre cosa dire per farmi sentire meglio e mi bastava stargli vicino per dimenticarmi di tutti i problemi. Harry era una persona incredibile ed ero felicissima di avere avuto la fortuna di incontrarlo e l’onore di potermi definire la sua ragazza.
“No, sei ancora relativamente giovane.” Mormorai sulle sue labbra. Lo sentii sospirare e poi sorridere, prima di darmi un altro bacio.
“Non sai quanto è difficile per me fare quello che sto per fare.” Disse, allontanandosi leggermente.
“Se si tratta di trasportarmi in braccio in camera tua… ti ho già visto farlo e so che non è difficile.” Risposi. Lui rise e poi scosse la testa.
“No, purtroppo si tratta dell’opposto. Devo salutarti e dirti di tornare nel tuo dormitorio a studiare, perché non voglio che il test di domani vada male.” Rispose. “E poi, quando ci vedremo la prossima volta, parleremo di qualcosa di speciale.”
“Di cosa?” Domandai. “Se vuoi davvero che me ne vada, devi almeno darmi un indizio.”
“Voglio aiutarti a scrivere il tuo primo romanzo.”
Sgranai gli occhi e lo fissai per qualche secondo, aspettandomi di sentirgli dire che stava scherzando da un momento all’altro. Invece lui continuò solo a sorridere.
“Sei serio?”
“Assolutamente sì.” Disse lui.
“Nel senso che… che posso scrivere il mio romanzo e portartelo per fartelo leggere?” Domandai.
“Ed editare.” Replicò Harry senza perdere il sorriso.
“Posso dirti che ti…” Cominciai a dire. Poi mi morsi il labbro e cambiai discorso. “Ti inserirò tra i ringraziamenti quando diventerò una scrittrice famosa in tutto il mondo.” Mormorai.
Harry ridacchiò e mi attirò di nuovo vicina a sé per darmi un bacio.
“Ti inserirò tra i ringraziamenti anch’io, Mary Jane.” Rispose, facendomi l’occhiolino.
Ci eravamo appena detti che ci amavamo senza usare le parole esatte? Tornai nel mio dormitorio sentendomi particolarmente leggera e felice, incapace di preoccuparmi di quello che aveva detto Jasper o di qualsiasi altra cosa non fosse l’occhiolino di Harry dopo che mi aveva detto quelle parole.

 


Buongiorno! Scusate il ritardo, so che avrei dovuto postare ieri, ma proprio non ce l'ho fatta!
Comunque ecco il nuovo capitolo e spero che vi piaccia! Ci sono parecchie informazioni nuove. Ricompare Courtney, continuiamo a vedere Tomlinson sotto una luce diversa (ed è MOLTO probabile che sappia tutto), scopriamo che Jasper è un bugiardo ed è molto vendicativo e poi vediamo Harry e MJ insieme e... si sono appena detti "ti amo" senza dirselo? :D
Nel prossimo capitolo, e prometto che questa volta lo posterò il giorno giusto, saremo ancora più vicini a Natale e qualcuno scoprirà della storia clandestina tra Harry e Mary e la sua reazione sarà diversa da quella che ci si potrebbe aspettare. Chi sarà? E cosa succederà?
Martedì scopriremo tutto.
Intanto voglio ringraziare tutte le persone che seguono questa storia. Sono felicissima che vi piaccia e niente, volevo dirvi che mi spingete a cercare di migliorare sempre ed è una cosa bellissima, quindi grazie. <3
Alla prossima!

 

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Capitolo 13
*** Christmas ***




Capitolo 13 – Christmas
 
Nell’aria si sentiva già l’atmosfera di Natale. Laurel ed io avevamo organizzato una piccola festa per salutarci. Tutte le mie amiche sarebbero tornate a casa per le vacanze, mentre io sarei rimasta nel dormitorio, perché i miei genitori non festeggiavano il Natale ed erano entrambi troppo impegnati in Nevada.
“Ehi, avete visto Carmen?” Domandai improvvisamente.
La stanza che condividevo con Laurel, che non era grandissima, sembrava ancora più piccola con quattro persone al suo interno. Rae e Valentina erano sedute rispettivamente sul letto di Laurel e sul mio e scossero la testa.
“No.” Rispose Val, abbassando lo sguardo. “Ma probabilmente è colpa mia se non si è presentata.” Mormorò, arrossendo.
“Avete litigato?” Domandò Laurel, interessata. La ragazza si sedette sul suo letto, di fronte a Valentina, e osservò la nostra amica. Per terra, in mezzo a noi, c’era una piccola montagna di regali, che non avevamo ancora aperto. Stavamo aspettando che arrivasse anche Carmen.
“No.” Rispose la ragazza. “Non proprio, almeno. Promettete di non dirle che ve l’ho detto?”
“Certo.” Rispose Rae per tutte. Valentina sembrava imbarazzata e aveva le guance infuocate.
“Ieri sera siamo andate al pub, non da Greg’s, ma da Irish Pride, e dopo qualche pinta mi ha confessato di avere una cotta per me.” Confessò Val, coprendosi gli occhi con le mani.
“Oh.” Commentò Laurel.
“Già.” Disse Val. “Il problema è che io non sono proprio attratta da lei. E credo che il rifiuto l’abbia offesa o forse si sente in imbarazzo, non lo so. Comunque è da ieri sera che non mi risponde al telefono.” Continuò la ragazza.
“Vedrai che le passerà. Essere rifiutate non è mai facile, ma alla fine ci impari a convivere.” Disse saggiamente Rae. Annuimmo tutte. A chi non era mai capitato di essere rifiutata da qualcuno per il quale si aveva una cotta? A me era successo parecchie volte in passato.
“Non avevo idea che Carmen fosse attratta dalle ragazze.” Disse improvvisamente Laurel, dando voce a quello che stavo pensando anch’io.
“Già.” Dissi. “A me non ha mai detto nulla.”
“Nemmeno a me.” Confermò Rae. Laurel annuì.
“Non ha detto niente neanche a me, almeno fino a ieri sera. Ci sono voluti parecchi bicchieri di birra perché mi confessasse tutto. Ha detto che non si è mai sentita sicura di sé e che ha sempre nascosto la verità a tutti perché aveva paura di non essere accettata.” Replicò Valentina. “Ehi, non le direte nulla, vero?”
“No, non preoccuparti.” Risposi.
“Carmen ci dirà tutto quando sarà pronta e noi non la giudicheremo.” Aggiunse Rae.
“Grazie. Mi sentivo un po’ in colpa a confessarvi tutto, ma siete le mie migliori amiche e avevo bisogno di parlare di questa cosa con voi. Soprattutto perché volevo un consiglio su come comportarmi in futuro.”
“Beh, Carmen sa che per te è una delle tue migliori amiche e che non sei attratta da lei. Non è colpa tua, non puoi farci nulla. E ci sarà rimasta male, è ovvio, ma sono sicura che capirà e tornerete a parlare al più presto. Tu mandale un messaggio e dille che ti dispiace per quello che è successo ma che ci tieni a lei come amica e che quando se la sentirà, tu sarai lì ad aspettarla.” Propose Rae. “Così lei sa che tu sei pronta a tornare ad essere sua amica e starà a lei decidere se vorrà farlo o no.”
“Diamine, Rae. Non pensavo che tu fossi così saggia!” Esclamò Laurel improvvisamente, facendo scoppiare tutte a ridere.
“A parte gli scherzi, grazie davvero di tutto, ragazze. Mi sento così in colpa per ieri sera… Carmen dovrebbe essere qui a scambiarsi i regali con noi.” Mormorò Valentina, guardando la montagna di pacchetti ai nostri piedi. “Forse avrei dovuto rimanere a casa io.”
“Non dire così.” Cercò di consolarla Laurel. “Nessuno ha torto in questo caso e vedrai che risolverete tutto. Adesso non vi vedrete per qualche settimana per le vacanze e sono sicura che tornerete entrambe con le idee più chiare.”
Val annuì e cercò di sorridere, ma vedevo nei suoi occhi che era ancora triste per quello che era successo.
“Okay, adesso distraetemi, vi prego. Prima di aprire i regali ho bisogno di gossip. Laurel, dimmi di Liam.” Disse Valentina dopo qualche secondo.
“Credo che non ci sia proprio nulla da dire.” Replicò lei, sconsolata. “Dopo quello che è successo quando l’ho insultato come se non ci fosse un domani per avermi abbandonata al ristorante mentre lui era all’ospedale perché Andrew è stato investito… mi saluta e mi rivolge qualche parola per essere gentile, ma non penso mi abbia perdonata.” Aggiunse.
“Mi dispiace davvero tanto. Magari gli passerà.” Intervenne Rae.
“Io dubito.” Disse Laurel. “Sono stata davvero pessima e Mary lo sa, era lì con me. Adesso vorrei scavare un buco e nascondermi ogni volta che lo vedo.”
“Secondo me dovresti parlare con lui.” Replicai. “Alla fine vi state evitando entrambi per lo stesso motivo. Tu sei in imbarazzo per quello che è successo e lui non sa come comportarsi con te.”
“Dici che dovrei cercare di fargli capire che non sono una pazza scatenata? O, almeno, che non lo sono sempre?”
Scoppiammo tutte a ridere di nuovo, poi Rae alzò la mano.
“Almeno non ti sei messa insieme a uno dei compagni di confraternita – nonché fratellino minore – del tuo ex.” Disse, arrossendo. La guardammo tutti, incredule.
“Zach?” Cercai di indovinare.
“Sì. È troppo carino, io non posso farci nulla.” Mormorò. “E penso che Sam non la prenderà benissimo. Probabilmente non sarò più la benvenuta alle loro feste nemmeno io.”
“Uh, non gliel’hai ancora detto?” Domandò Laurel. Rae scosse la testa.
“Posso darti un consiglio?” Chiesi. “Diteglielo tu e Zach prima che lo scopra da qualcun altro.”
“Anche perché non ha il diritto di arrabbiarsi.” Disse Valentina. “Ti ha tradita con quella sciacquetta, quindi non può dire nulla.”
“Giusto.” Concordò Rae. “E tu?” Mi domandò improvvisamente. Speravo di essere riuscita ad evitare le domande, ma mi sbagliavo.
“Io cosa?” Domandai, cercando di fare finta di niente.
“Beh, è piuttosto ovvio che stai vedendo qualcuno. Il tuo umore è sempre alle stelle, ogni tanto – ma chi voglio prendere in giro? – sei sempre distratta e quando ti facciamo notare che non ci stai ascoltando sembra che stai cadendo dal pero e hai la classica faccia da innamorata.” Rispose Rae.
“Oltre al fatto che… bella collana di Tiffany. Te l’ha regalata lui, vero?” Domandò Laurel. Valentina non disse nulla, ma annuì per tutto il tempo. La mia mano si chiuse istintivamente intorno al ciondolo a forma di nodo che mi aveva regalato Harry.
“Io…” Cominciai a dire.
“Sappiamo che stai vedendo qualcuno.” Disse ancora Rae.
“Sto vedendo qualcuno.” Ammisi infine. Ero in trappola, non potevo più negare. Le mie amiche lo sapevano e dovevo smettere di mentire. Le ragazze cominciarono a sorridere incontrollabilmente e a urlare contemporaneamente.
“Chi è?”
“Da quanto state insieme?”
“Come vi siete conosciuti?”
“Ci conosciamo?”
“Devi dirci tutto, Mary. Tutto!”
“Ferme!” Esclamai, cercando di ridere. In realtà mi sentivo il cuore pesante e volevo scappare il più lontano possibile. “Posso dirvi che sto vedendo qualcuno, ma non posso dirvi chi. E vi prego di non chiedermi altro.”
Laurel annuì, poi, come se avesse avuto una rivelazione, aprì la bocca e sgranò gli occhi.
“Oh mio Dio, Mary! Dimmi che non stai andando a letto con Tomlinson!” Esclamò.
“Che cosa?!” Domandai.
“Ti ha nominata un paio di volte in queste settimane e sembra più… docile.”
“Laurel!” Esclamai, coprendomi il viso con le mani. “No!”
“Non lo so, io chiedo.”
“Magari è più docile perché qualcuno gli ha squarciato due ruote della macchina, non pensi?” Domandai.
Ormai Valentina e Rae ci guardavano spostando gli occhi da una all’altra come se stessero seguendo una partita di tennis.
“Ah, io non lo so. Tu come fai a sapere che gli è successo qualcosa del genere?” Domandò Laurel.
“Perché l’ho visto mentre cercava di cambiarle!” Esclamai.
“Quindi eri con lui? Lo ammetti?” Domandò ancora la mia amica, diventando aggressiva. L’atmosfera era cambiata. Non era più giocosa e divertente. Laurel sembrava davvero furiosa.
“Ma cosa ti sta succedendo? Stai bene?” Domandai.
“Sì, sto bene, ma non capisco perché tu debba mentirmi e non dirmi con chi stai uscendo. Non ti fidi di me? Sei proprio una grande amica.” Disse, alzandosi dal letto e uscendo dalla stanza, sbattendo la porta.
Val e Rae mi guardarono per qualche secondo, poi mi scusai e seguii Laurel in corridoio.
“Ehi.” Dissi quando finalmente la raggiunsi. Lei continuò a ignorarmi. “Ehi!” Esclamai, alzando un po’ la voce. “Laurel, che ti prende?” Domandai.
“Non lo so.” Disse lei, con la voce rotta. “Non riesco a capire perché non ti fidi di me. Io ti dico tutto, sei la mia migliore amica e… e sono settimane che mi stai mentendo.”
“Laurel, se non ti dico con chi sto uscendo…” Cominciai a dire, cercando di trovare una scusa. Poi valutai la situazione. Potevo fidarmi della mia migliore amica. Non l’avrebbe mai detto a nessuno. Non potevo perderla per tenere la mia relazione con Harry un segreto. E poi morivo dalla voglia di dirlo a qualcuno. “Sto uscendo con Styles, okay? Ecco perché non potevo dirti nulla. Lui è il mio professore, potrebbe venire licenziato ed io potrei essere espulsa.” Mormorai a voce bassissima.
La mia amica si bloccò e mi guardò con gli occhi sgranati.
“Mary…” Cominciò a dire. Sapevo che non riusciva a credere alla mia fortuna nemmeno lei. Glielo leggevo in faccia. “Mary, sai che è pericoloso, vero? Non… non è una buona idea uscire seriamente con il tuo professore.” Disse lei invece, sorprendendomi. Le mie guance cominciarono ad essere più calde. Ero davvero delusa da come stava andando quella conversazione.
Ero convinta che, una volta rivelato il segreto, Laurel ed io avremmo riso insieme e lei avrebbe voluto sapere tutto. “Siete già stati a letto insieme? Com’è stato? L’avete fatto sulla sua cattedra, vero?” Invece la sua reazione mi aveva stupita in senso negativo.
“So che potrebbe essere licenziato.” Mormorai.
“No, Mary. Tu potresti perdere la borsa di studio e non credo che sia il caso. Non mi sembra che tu stia navigando nell’oro. Non puoi permetterti di continuare a studiare qui.” Disse.
“Ma non ci scoprirà nessuno, Laurel. Siamo estremamente attenti.” Insistetti.
“Lo so, ma non voglio… non voglio che tu perda qualcosa a cui tieni per una cosa del genere.” Rispose lei, fissandomi negli occhi.
“Una cosa del genere?” Domandai. “Cosa intendi con ‘una cosa del genere’? Perché non è uno sfizio, Laurel. Io provo davvero qualcosa per lui. Non è un gioco, non è ‘una botta e via’. È una storia seria ed io tengo moltissimo a lui. Così come lui tiene a me.” Dissi.
Laurel iniziò una frase, ma si interruppe e scosse la testa.
“Senti, è quasi Natale e non voglio litigare. Che ne dici se torniamo dentro, scartiamo i regali e riparliamo di questa storia quando torno dalle vacanze?”
Cercai di ribattere, dicendole che volevo finire il discorso in quel momento, ma poi lasciai stare. Non mi sembrava il caso di litigare.
“D’accordo.” Dissi freddamente.
 
***
 
Quel pomeriggio, dopo aver salutato le mie amiche, inviai un messaggio a Harry per chiedergli se potevamo vederci. Qualche giorno prima, passeggiando in centro a St. Louis, avevo trovato una maglietta bianca da uomo con scritto ‘Say Something’ in nero sul davanti e avevo deciso che quello sarebbe stato il regalo di Natale perfetto per lui. Say Something era il titolo della canzone che stavamo ascoltando quando ci eravamo scambiati il primo bacio.
Harry mi rispose dopo pochi secondi, dicendomi di andare a casa sua per cena. Decisi di approfittare della solitudine e di impiegare il tempo che avevo a disposizione per prepararmi e mi impegnai particolarmente con il trucco e i capelli. Volevo fare qualcosa di diverso dal solito. Per una volta nella mia vita volevo avere dei capelli pettinati in modo decente e non selvaggi come al solito. Volevo fare uno sforzo per essere più femminile e più sexy, non il solito maschiaccio.
 
Quando mi presentai a casa di Harry, alle sette in punto di sera, notai che anche lui aveva avuto la mia stessa idea. Si era vestito in modo più elegante del solito e si era pettinato con particolare cura.
“Ehi.” Dissi, incapace di trattenere il sorriso che era spuntato automaticamente sulle mie labbra non appena l’avevo visto.
“Ehi.” Replicò lui. Mi fece entrare e mi diede un lungo bacio quando la porta fu chiusa.
“Avrei voluto portare una bottiglia di vino o qualcosa da bere, ma…” Dissi e arrossii lievemente. “Non posso comprarla e non ho nemmeno un documento falso.” Aggiunsi. Laurel ne aveva uno, certo, ma non c’era. E comunque, dopo la conversazione che avevamo avuto prima che lei partisse, non ero molto sicura che mi avrebbe aiutata.
“Non preoccuparti, ho pensato io a tutto.” Replicò lui, facendomi accomodare al tavolo della cucina. Versò del vino bianco in due bicchieri e me ne porse uno. Brindammo alla nostra serata insieme e bevemmo il primo sorso.
Professore, mi vuole fare ubriacare questa sera?” Domandai con finta aria innocente. Harry rise e lo trovai ancora più bello del solito. Mi guardai intorno e notai dettagli che, appena ero entrata, mi erano sfuggiti. “Musica di sottofondo, fiori, profumo di cibo delizioso… professore, se non la conoscessi direi che sta cercando di portarmi a letto.” Aggiunsi.
“Assolutamente no, signorina Watson.” Replicò lui, cercando di rimanere serio. “Però, se mi è permesso farle un complimento senza risultare inappropriato, sta proprio bene questa sera.” Harry mi rivolse un occhiolino e trovai difficile rimanere concentrata su quel gioco. Finii il resto del vino in un solo sorso e ne versai altro nel mio bicchiere.
“Anche lei sta davvero bene vestito così, professore.” Dissi, alzando il calice verso di lui e bevendo un altro sorso. “Non sono inappropriata, vero?”
“Certo che no, signorina Watson. Stiamo solo parlando.” Rispose lui. Poi scoppiò a ridere e si avvicinò per darmi un bacio sulle labbra. “Avrei voluto cucinare, ma purtroppo ti ho già fatto assaggiare il mio pollo con le carote, quindi non mi sono rimaste molte opzioni. Ho ordinato qualcosa di già pronto.” Aggiunse dopo qualche secondo.
“Potresti anche darmi da mangiare una zuppa riscaldata in lattina e sarei felice lo stesso.” Dissi.
“Ah, se solo me l’avessi detto prima. Avrei risparmiato parecchio.” Scherzò lui, raggiungendo il bancone e affaccendandosi tra piatti e confezioni di cibo da asporto.
Mi alzai dalla sedia, dopo aver svuotato il secondo bicchiere di vino, lo raggiunsi e lo abbracciai da dietro. Mi era letteralmente impossibile stargli lontana.
“Quello che hai comprato ha un profumo molto più buono di una zuppa riscaldata.” Mormorai nel suo orecchio. Avevo bevuto velocemente e l’alcool aveva avuto effetto immediato, facendomi girare leggermente la testa e rendendomi più sciolta. Harry sospirò e lo sentii deglutire.
“Niente ha un profumo migliore del tuo.” Sussurrò poi, voltandosi verso di me e abbandonando la sua lotta con le scatole di cibo. Mi attirò verso di sé e mi baciò a lungo, con una mano sulla mia guancia e accarezzandomi la base della schiena con l’altra. Ero andata nel suo appartamento con tutte le migliori intenzioni del mondo. Volevo cenare con lui, dargli il mio regalo e chiacchierare. Non era colpa mia se Harry era così irresistibile.
“Propongo di cenare più tardi.” Dissi contro le sue labbra. Harry annuì e, senza dire una parola, ricominciò a baciarmi il collo.
“Aspetta.” Avevamo entrambi il fiato corto e nessuno dei due voleva davvero stare lontano dall’altro per più di pochi secondi. Harry si diresse verso il tavolo, spostò i bicchieri e i fiori e poi tornò da me.
“Cosa vuoi fare?” Domandai. Avevo una mezza idea di quali potessero essere le sue intenzioni, ma non ero sicura che si sarebbe davvero spinto fino a quel punto. Harry mi rivolse un sorriso enorme, poi mi prese in braccio e mi fece sedere sul tavolo. Decisi di non oppormi a quell’idea e allentai il nodo della sua cravatta.
“Sicura che non vuoi mangiare adesso?” Mi domandò, alzando leggermente la mia gamba, sistemandola meglio intorno ai suoi fianchi e solleticandomi il collo con le labbra. Come potevo anche solo pensare a qualsiasi altra cosa in quel momento? Scossi la testa e intrecciai le dita tra i suoi capelli, attirandolo più vicino a me, baciandolo e mordendogli il labbro inferiore. Un’imprecazione sfuggì dalle sue labbra, insieme a un piccolo gemito di piacere.
“Sicurissima.” Sussurrai.
 
“Sei l’unica persona al mondo che riesce a ridurmi in questo stato.” Mormorò Harry, appoggiando la sua fronte alla mia. Avevamo entrambi il fiato corto e tutti i nostri sforzi per pettinarci e vestirci bene per l’altro erano stati completamente inutili.
“Sono piuttosto sicura che ci siano state altre ragazze prima di me.” Replicai con un sorrisetto, prendendo i lembi della camicia di Harry tra le mie mani e attirandolo più vicino a me. Chiusi gli occhi e sospirai. I miei sensi erano amplificati e provavo brividi lungo la spina dorsale per qualunque cosa, anche per i suoi capelli che mi solleticavano il viso.
“Sì, ma nessuna è stata in grado di farmi sentire così.” Rispose Harry. “Andrei sulla luna e te ne riporterei un pezzo, se tu me lo chiedessi.” Aggiunse, interrompendosi ogni poche parole per baciarmi.
“Mi daresti anche la tua camicia se ti dicessi che comincio ad avere un po’ freddo?” Domandai, ridendo. Guardai il mio vestito, che era stato lanciato dall’altra parte della stanza e pensai che avrei potuto dire la stessa cosa di Harry. Nessun ragazzo era mai stato in grado di ridurmi in quello stato.
“Ma certo.” Rispose lui, togliendosela e mettendomela intorno alle spalle.
“No, ma scherzavo. Posso andare a recuperare il vestito.” Dissi, saltando giù dal tavolo.
“Non mi dà fastidio rimanere senza, amore. Tienila.” Alzai lo sguardo di scatto e lo fissai sugli occhi di Harry. Mi aveva appena chiamata amore? Lui sorrise e mi diede un bacio sulla tempia. “Direi che è il caso di scaldare quello che ho comprato e di mangiarlo al bancone della cucina, che ne dici?” Domandò dopo qualche secondo.
Ridacchiai, pensando a quello che era appena successo sul tavolo e annuii.
“Sì, direi di sì.” Risposi. Harry si avviò verso la sua camera da letto e tornò con un maglione grigio, che mi fece indossare al posto della camicia.
“Così stai più calda.”
Lo abbracciai stretto per qualche istante, chiedendomi perché la vita non potesse essere un po’ più facile. Perché potevo essere la sua ragazza solo in quell’appartamento? Perché non potevo urlare al mondo che mi ero innamorata di lui? Perché la mia migliore amica non approvava quello che stavo facendo? Mi rendeva felice – molto più di quanto lo fossi mai stata in tutta la mia vita – quindi perché non poteva essere contenta per me?
 

Eccoci con il tredicesimo capitolo! So che nella realtà è un po' presto per parlare di Natale, ma qui ci siamo arrivati prima del previsto! Laurel ha finalmente scoperto il segreto di Mary Jane e la sua reazione è stata molto diversa da quella che si aspettava la protagonista. Secondo voi ha ragione ad arrabbiarsi con MJ?
Poi vediamo Harry e Mary insieme e i due sono sempre più legati e incapaci di stare lontani l'uno dall'altra. Nel prossimo capitolo scopriremo la reazione di Harry quando vedrà il regalo e vi anticipo che anche lui le ha regalato qualcosa (oltre alla collana). Cosa sarà?
Vi anticipo anche che rivedremo Courtney tra qualche capitolo. Con questa storia sto cercando di andare un po' più lentamente per concentrarmi su tutti i dettagli e i personaggi. Abbiate pazienza, sto sperimentando un po' :D
Venerdì pubblicherò uno spoiler su Facebook e Twitter, mentre martedì prossimo posterò il nuovo capitolo qui su Facebook!
Grazie a tutte le persone che hanno letto fin qui e a tutte le persone che mi hanno lasciato commenti stupendi <3
Alla prossima!

 

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Capitolo 14
*** Love Actually ***




Capitolo 14 – Love Actually
 
Harry ed io scaldammo il cibo che aveva comprato al ristorante vicino a casa e lo mangiammo al bancone della cucina, avvicinando gli sgabelli per stare ancora più vicini e interrompendoci ogni tanto per baciarci. Se avere una storia seria e innamorarsi era così bello, volevo che quella con Harry durasse per sempre. Era come essere costantemente felice, come camminare su uno strato di nuvole, soffici e impalpabili. Era bellissimo.
“Che cosa fai per Natale?” Mi domandò il ragazzo.
“In realtà niente.” Dissi. “I miei genitori sono in Nevada. Guidare fino a St. Louis sarebbe troppo lungo e i biglietti aerei costano tantissimo. Inoltre non festeggiano il Natale, quindi…” Aggiunsi. Harry perse il sorriso e si rabbuiò.
“Vorrei poterti portare a casa e farti conoscere la mia famiglia.” Mormorò. “Quindi rimarrai al campus?”
“Sì. Non ho altre opzioni.” Risposi, costringendomi a concentrarmi su quello che mi aveva chiesto e non sul brivido che mi aveva percorso la schiena quando Harry mi aveva detto che avrebbe voluto farmi conoscere alla sua famiglia.
“Non hai altri parenti?” Mi domandò lui, prendendomi una mano e stringendomela leggermente.
“I miei nonni materni dovrebbero vivere a Springfield.” Risposi. “Ma non li vedo da quando avevo un anno, non mi ricordo nemmeno i loro visi.”
“Non è lontano da qui. Sono circa tre ore e mezza in macchina. Si può fare, no?”
“Lo so, ma non ci conosciamo. Mia madre li ha tagliati fuori dopo che le hanno detto di essere preoccupati per lo stile di vita della nostra famiglia. Pensavano che viaggiare per tutta l’America con una bambina piccola non fosse l’ideale, perché avrei fatto fatica a fare amicizia, ad ambientarmi in tutte le scuole diverse e cose del genere.” Spiegai. “Quando hanno scoperto che mia madre era incinta si sono trasferiti a Springfield, dove vivevano i miei genitori in quel periodo, per starle più vicino. I miei nonni pensavano che dopo la mia nascita i miei genitori si sarebbero fermati. Volevano che trovassero una città in cui vivere, dei lavori stabili. Come tutte le persone normali, ecco. Ma i miei non hanno voluto ascoltarli. Dicevano che vedere tutta l’America fin da piccola mi avrebbe fatto bene e comunque loro non riuscivano a stare fermi in un posto per più di un anno. Sentivano il bisogno di spostarsi.” Raccontai. Quella era l’unica cosa che sapevo sulla mia famiglia. I miei nonni si erano trasferiti a Springfield da San Francisco e, in teoria, avevo anche altri parenti in quella città. Ma non sapevo altro, perché non avevo mai potuto parlare con mia madre di quell’argomento.
“Non hai modo di contattarli? I tuoi nonni, dico. Perché secondo me vale la pena conoscerli e creare un rapporto con loro. Tu hai scelto una città in cui vivere e stai studiando. Hai una vita stabile adesso e penso che tu voglia conoscere il resto della tua famiglia, no?”
Scossi la testa.
“Non lo so. Cioè sì, mi piacerebbe conoscerli, ma non posso chiedere il loro numero a mia madre, perché so che l’ha buttato e i miei nonni sono sempre stati un argomento off limits nella mia famiglia. I miei mi hanno solo spiegato quello che è successo tanti anni fa e poi mi hanno chiesto di non parlarne più. E… a me è sempre mancato avere dei nonni. Quelli paterni vivono in Australia e non li ho mai conosciuti. Mio padre non ha mai voluto che venissero a trovarci qui in America e si è sempre rifiutato di tornare in Australia.”
“Sei sempre in tempo a rimediare, Mary. Lascia che ti aiuti. Come si chiamano i tuoi nonni materni?”
Non avrei mai smesso di provare la sensazione di calore che partiva dal cuore e si espandeva in tutto il corpo quando ero vicina a lui, vero? Non volevo smettere, quello era sicuro. Harry si era appena offerto di aiutarmi a ricongiungermi con parte della mia famiglia. Potevo adorarlo più di così?
“Mia e Michael Bailey.” Risposi. “Grazie, Harry.” Aggiunsi poi, dandogli un bacio. Lui mi strinse a sé e in quel momento mi sentii sicura, protetta e amata. Ma soprattutto, cominciai a pensare che Harry era in grado di darmi qualcosa che nessun altro mi aveva dato fino a quel momento: stabilità. E non era per niente male. Era tutto quello che volevo dalla vita, dopo aver passato anni a spostarmi da una città all’altra, dopo aver passato tutta la mia infanzia e la mia adolescenza a chiedermi quando avrei trovato l’auto carica di bagagli e il motore acceso una volta tornata a casa da scuola.
“Te l’ho detto, per te andrei anche sulla luna e te ne riporterei un pezzo.”
 
***
 
Non vedevo Jasper da giorni. Esattamente da quando, la settimana prima, ci eravamo incontrati da Starbucks e lui mi aveva chiesto a voce altissima: “Allora, Mary, hai deciso cosa fare del marmocchio? Fai una scelta al più presto, altrimenti sarà troppo tardi e dovrai convivere con un bambino. Non penso che ti permetteranno di tenerlo nel dormitorio.”
Non avevo risposto ed ero uscita dalla caffetteria. Non avevo nemmeno comprato quello per cui ero entrata. Avevo visto tutti i presenti guardarmi con un misto di compassione e tristezza ed ero scappata fuori velocemente.
“Guarda chi si vede.” Sentii la sua voce dietro di me. Ero appena rientrata al campus, dopo aver passato la notte a casa di Harry, e mi stavo dirigendo verso il la mia stanza. Non avevo dormito molto, perché Harry ed io avevamo cominciato a parlare del mio primo romanzo. Avevo avuto mille idee e non vedevo l’ora di cominciare a scrivere. Ero esaltata e la mia mente continuava a sfornare possibili trame, quindi addio sonno.
“Jasper.” Dissi, voltandomi verso di lui. Ma il campus non si era svuotato? Pensavo di essere rimasta l’unica studentessa – o quasi – in tutta l’università.
“Speravo che te ne fossi già andata.” Replicò lui, rivolgendomi un’occhiata carica d’odio. Non c’era nessuno intorno a noi ed ero stanca di quella stupida guerra, quindi decisi di approfittare di quel momento per risolvere la situazione una volta per tutte.
“Senti, so di averti deluso e di averti fatto incazzare quando ti ho lasciato e mi dispiace. Non era mia intenzione. Ma non ti sembra il caso di essere andato un po’ troppo in là con la tua vendetta? Ti stai veramente comportando in modo immaturo.” Dissi tutto d’un fiato. Lui rimase in silenzio per qualche secondo e poi mi si avvicinò.
“Non siamo nemmeno all’inizio di tutte le cose che posso fare per renderti la vita impossibile all’università. E prima o poi scoprirò con chi mi hai tradito, puoi stare tranquilla.”
Sgranai gli occhi, sentendo un’ondata di panico investirmi. Sapeva che l’avevo tradito? Non poteva averlo scoperto. Non lo sapeva nessuno. A meno che Laurel… No, mi rifiutavo di credere che la mia migliore amica avesse potuto fare una cosa del genere.
“Non so di cosa tu stia parlando.” Replicai. “Ti ho detto che ti ho lasciato perché non provavo nulla per te. E so che vai in giro a dire che mi hai lasciata tu perché non vuoi fare figure orribili con i tuoi amici. Ci sta, non mi interessa se la gente pensa che mi hai mollata, ma tutto il resto mi sembra eccessivo.” Continuai.
“A me non sembra eccessivo. Mi hai fatto fare la figura dell’imbecille con tutti i miei fratelli. Non so se ti è chiaro, ma nessuno dovrà mai sapere che mi hai lasciato tu, perché… perché non è possibile che una come te mi abbia lasciato.”
Una come me?” Domandai, incredula.
“Mary, senza offesa, ma non è che tu sia questo granché. Né di aspetto fisico e né a letto. Non riuscirai mai più a uscire con qualcuno attraente come me. Vedrai, finirai per tornare da me e pregarmi di riprenderti, perché non riuscirai mai a conquistare nessun altro. Non al mio livello, almeno.” Rispose lui. “A chi altro potrebbero piacere i tuoi difetti?”
“Sei veramente una persona orrenda, Jasper.” Dissi a denti stretti. Ricominciai a camminare verso il dormitorio, cercando di ricacciare indietro le lacrime.
Sapevo che stava dicendo quelle cose solo perché era arrabbiato con me, ma non riuscivo a non pensare alle sue parole. “A chi altro potrebbero piacere i tuoi difetti?”
Era come se mi avesse schiaffeggiata in pieno viso. C’erano tante parti del mio corpo che non mi piacevano. Sapevo di non essere perfetta, ma la sua risposta mi aveva colpita al cuore come un pugnale affilato.
“Ehi, Mary?” Mi chiamò prima che potessi entrare nell’edificio. Non volevo girarmi, ma non riuscii a non farlo. “Ricordati di questa conversazione quando deciderai di chiedermi di tornare insieme.”
“Non deciderò mai di tornare con uno come te.” Dissi, cercando di controllare la voce e di non farla tremare.
Poi mi affrettai verso la mia stanza e mi chiusi dentro. Cercai il telefono nella borsa e composi il numero di Laurel. Era l’unica persona che volevo sentire dopo quello che era appena successo.
“Ehi, Laurie, ti disturbo?” Domandai quando sentii la sua voce. Seguii qualche secondo di silenzio, poi la sentii schiarirsi la voce.
“No.” Rispose. “Sono a casa dei miei genitori e mi sto annoiando a morte. Cosa c’è?”
“Mi dispiace.” Dissi. “Non volevo mentirti, non volevo nasconderti nulla e… non volevo litigare.” Aggiunsi. La sentii sospirare dall’altra parte della linea.
“Non è per quello che mi sono arrabbiata, Mary. Cioè sì, inizialmente mi sono arrabbiata perché non me l’hai detto e mi hai mentito, ma quando ho scoperto chi stai vedendo… un conto è fantasticare sul proprio professore. Un altro conto è andarci davvero a letto insieme. È pericoloso per entrambi.”
“So che sei preoccupata per me, ma non posso farci nulla ormai. Io… io sono innamorata di lui, Laurel.”
Era la prima volta che lo dicevo ad alta voce e sentii le mie guance diventare più calde. Ero innamorata di Harry Styles, il mio professore di Scrittura Creativa. Com’era successo?
“D’accordo.” Disse infine. “D’accordo. All’amore non si comanda e tutti quegli altri cliché, giusto? Immagino che lo sappiate anche voi che quello che state facendo è pericoloso, non avete bisogno che io ve lo ricordi.”
“Giusto.” Concordai. Sorrisi e, nel farlo, scoppiai a piangere.
“Ehi. Ehi, Mary. Che succede?”
“Non lo so.” Dissi. “Sono felice, perché ho appena passato la notte con Harry e ci siamo scambiati i regali di Natale, ma…”
“Uuuh, un altro regalo oltre alla collana?” Mi interruppe lei, tornando la solita Laurel di sempre. Quella era esattamente la reazione che mi ero aspettata di sentire quando le avevo confessato che stavo vedendo il mio professore.
“Sì.” Dissi. “Un altro regalo.”
“E che cos’è?”
“Non lo so ancora. Abbiamo deciso che li apriamo il giorno di Natale.” Aggiunsi. Per me era ancora abbastanza strana la tradizione di scambiarsi doni, perché nella mia famiglia non si era mai usato farlo.
“Okay, poi mi dovrai dire tutto. Per adesso continua. Ti ho interrotta, scusa.” Replicò la mia migliore amica.
“Ho visto Jasper.” Mormorai. “Mi ha detto delle cose orribili.” Aggiunsi, abbassando ancora la voce.
Laurel volle sapere tutto quello che mi aveva detto nei minimi dettagli. Si infuriò quando le raccontai la conversazione che avevamo avuto e cominciò a insultarlo senza pietà.
“Lui è quello che non potrà mai avere nessuno più attraente di te, Mary. Per due motivi: il primo è che tu sei davvero bellissima, anche se non sai di esserlo. E il secondo… ma chi rimane con uno del genere quando scopre che razza di pezzo di idiota è?”
Scoppiai a ridere e mi asciugai le lacrime. Laurel sapeva sempre che cosa dire per farmi stare meglio.
“Grazie, Laurie.”
“Ehi, di niente.” Mormorò lei. Poi rimase in silenzio per qualche minuto e quella era una cosa che trovavo meravigliosa. Potevamo stare in silenzio anche al telefono e nessuna delle due si sentiva in imbarazzo. Era naturale. “Ehi, Mary, vuoi passare il Natale con la mia famiglia?” Domandò improvvisamente la mia amica.
“Dici sul serio?” Domandai, sgranando gli occhi. Nessuno mi aveva mai chiesto niente del genere.
“Certo! I miei sono sempre felici di avere ospiti in questo periodo e non voglio che tu rimanga da sola all’università.” Replicò.
“Mi piacerebbe davvero tanto, Laurel. Non ho mai festeggiato il Natale. Io… grazie.” Risposi, sorridendo.
 
***
 
A casa di Laurel il Natale si festeggiava sul serio. Il giardino della villetta dei suoi genitori, che si trovava appena fuori St. Louis, era addobbato con alberi, pupazzi di neve e lucine coloratissime. E all’interno della casa, oltre alle mille decorazioni a tema, regnava un’atmosfera allegra e caotica. La madre, il padre e i fratelli di Laurel si erano riuniti con i nonni materni e paterni, gli zii, le zie e i cugini per festeggiare Natale e, successivamente, il Kwanzaa.
“Per noi la fine di dicembre è sempre una festa meravigliosa.” Mi spiegò la mia migliore amica, sistemando le lenzuola su un materasso ai piedi del suo letto. Avevamo deciso che io avrei dormito insieme a lei e avremmo condiviso la stanza con le due cugine più grandi di Laurel, Stephanie e Mindy. “Si parte dalla vigilia di Natale, dalla cena con tutta la famiglia e poi ognuno di noi scarta un regalo. Uno solo, perché poi è sempre bello trovare la montagna di pacchetti sotto l’albero la mattina del venticinque.” Continuò. Le passai uno dei cuscini a cui avevo appena messo la federa e lei mi ringraziò. “Poi, dal ventisei al primo gennaio, festeggiamo il Kwanzaa. E ovviamente c’è l’ultimo dell’anno e anche quella è una festa enorme… Spero che la mia famiglia gigante non ti spaventerà.” Concluse poi con un sorriso.
“Non preoccuparti.” Dissi. “Per me tutto questo è bellissimo. Ho sempre desiderato fare parte di una famiglia numerosa e cenare tutti insieme la sera della Vigilia.”
“Allora ti divertirai. E preparati, perché noi Carter siamo grandi estimatori dei giochi da tavolo e di Pictionary. Facciamo lunghi tornei. Stai attenta a non metterti nella stessa squadra di mio padre, perché lui è davvero pessimo e fa sempre perdere tutti.”
“Perfetto.” Dissi, ridendo.
“Oh, e non preoccuparti se nonna Ruby Mae cercherà di farti mangiare otto porzioni di qualunque cosa, lo fa con tutti. È molto orgogliosa della sua cucina e vorrebbe che tutti si abbuffassero fino a scoppiare.”
Sorrisi, pensando di essere davvero fortunata ad avere l’opportunità di passare le feste insieme alla mia migliore amica e alla sua famiglia.
Crescendo con i miei genitori per me la norma era non avere contatti con nessun parente, non andare a nessun pranzo, cena, festa di compleanno, matrimonio o qualsiasi altro evento. Non sapevo nemmeno da chi fosse composta la mia famiglia, a dire la verità. Avevo degli zii? Se sì, quanti? Avevo dei cugini? Non ne avevo la minima idea. Crescendo avevo sempre invidiato i miei compagni di classe, che mi raccontavano di aver festeggiato il giorno del Ringraziamento con tutti i loro parenti, di essere andati a matrimoni di cugini o zii. La mia famiglia odiava questo genere di cose.
I parenti di Laurel, invece, si amavano e si vedeva. Tutti scherzavano tra di loro, ridevano e avevano sempre mille storie divertenti da raccontare.
“Ragazze, volete venire ad aiutare in cucina? Sam e Jessie stanno buttando farina ovunque e abbiamo bisogno di qualcuno che li tenga d’occhio.” Disse la madre di Laurel, entrando improvvisamente nella stanza della figlia. Era ricoperta di farina bianca dalla testa ai piedi, ma stava sorridendo.
La signora Carter era una donna bellissima ed era la versione più adulta di Laurel. Riuscivo a vedere la somiglianza tra le due. Avevano gli stessi occhi e la stessa bocca. Il naso di Laurel, invece, era uguale a quello di suo padre.
“Arriviamo, mà!” Esclamò la mia amica. Poi si voltò verso di me e si mise la mano davanti alla bocca come se stesse per raccontarmi un segreto. “Sam e Jessie sono i due marmocchi che hai visto quando sei entrata. Sono i figli di mio fratello Rob e sono due pesti.”
 
***
 
Laurel ed io, dopo aver mangiato fino quasi ad esplodere, giocato a Pictionary per due ore con tutta la sua famiglia e cantato intorno al camino, indossammo le nostre giacche e andammo a sederci sotto il suo portico, lontano da tutti.
“Grazie.” Dissi semplicemente, guardandola negli occhi. Lei scosse la testa, sorridendo.
“Non devi ringraziarmi. Mi fa piacere averti qui. Anzi, direi che a tutti fa piacere, perché stai simpatica a tutta la mia famiglia.” Rispose.
Rimanemmo in silenzio per qualche minuto, così iniziai ad osservare tutti i giardini dei suoi vicini di casa. Erano tutti addobbati e illuminati, sembrava quasi che facessero a gara a chi aveva più cose natalizie.
Sentii il mio telefono vibrare in tasca e lo estrassi per vedere chi era. Sorrisi automaticamente quando vidi di chi si trattava.
“Il professor Styles?” Mi domandò Laurel.
“Harry.” Confermai, annuendo. Poi girai lo schermo del telefono verso di lei e le mostrai il messaggio.
 
Buon Natale, Mary! Sono a casa dei miei genitori, nella camera da letto dove sono cresciuto. Mi manchi da morire. Ho scartato il tuo regalo e mi è piaciuto tantissimo. Grazie, grazie, grazie. Con amore, Harry xx
 
Mi aveva anche mandato un autoscatto, facendomi vedere che stava indossando la maglietta che gli avevo regalato e che, evidentemente, aveva scartato insieme ai regali della sua famiglia.
“Vi siete proprio innamorati, vero?” Mi domandò la ragazza, sorridendo. Annuii, senza dire nulla.
Sì, mi ero innamorata di Harry. Lo sapevo. Non ero mai stata innamorata, ma quello che provavo per lui non poteva essere definito in nessun altro modo. Non ci vedevamo solo da due giorni e non ce la facevo già più. Mi mancava terribilmente e non vedevo l’ora di riabbracciarlo.
“Ehi, lui cosa ti ha regalato?” Mi chiese improvvisamente Laurel.
“La collana.” Dissi, stringendo automaticamente le dita intorno al metallo freddo del ciondolo a forma di nodo che stavo indossando. “E poi mi ha dato un altro pacchetto e mi ha detto di aprirlo a Natale.” Aggiunsi.
“E cosa aspetti?” Domandò lei, ridendo. “A meno che tu non voglia rimanere da sola.”
“No.” Dissi. “Tranquilla, possiamo aprirlo insieme.”
Laurel fece uscire dalla sua stanza Stephanie e Mindy, che stavano guardando qualcosa sul computer portatile della mia amica, e poi chiuse la porta e cominciò a fissarmi. Recuperai il pacchetto che mi aveva dato Harry prima che raggiungessi la casa dei Carter e lo appoggiai sul letto, osservandolo. L’avevo fissato per parecchio tempo, sperando che potesse svelarmi qualche indizio su cosa potesse contenere. Invece la carta bianca con i pini di varie tonalità di verde diverso era sempre rimasta la stessa.
“Vuoi che lo apra io? Forza!” Esclamò Laurel che, evidentemente, era ancora più curiosa di me.
Decisi di cominciare a rimuovere il fiocco rosso e poi mi dedicai alla carta, che cercai di togliere senza rompere. Il pacchetto era rigido e per un momento pregai che non si trattasse di un action figure di Mary Jane Watson, quella di Spiderman.
Mi era capitata una cosa del genere tre anni prima, quando mi ero trasferita a Chicago e alcune mie compagne di classe – non avevo mai capito se l’avessero fatto innocentemente, pensando di farmi un regalo gradito o se l’avessero fatto per farmi un dispetto – mi avevano regalato una bambola del personaggio dei fumetti per il mio compleanno. Ci ero rimasta molto male, ma avevo sorriso e avevo fatto finta che quello fosse il regalo più bello del mondo.
“Mary, sto per impazzire!” Esclamò Laurel, buttando la carta nel cestino e fissando la scatola rigida.
“D’accordo, d’accordo!” Risposi, ridendo. Aprii, con mani quasi tremanti, il coperchio e rimasi per qualche secondo senza parole. Al suo interno, piegata alla perfezione, trovai una maglietta color avorio con una citazione tratta da Grandi Speranze di Charles Dickens, il libro che mi aveva aiutata a studiare per il test di Letteratura settimane prima.
 
I loved her against reason,
against promise,
against peace,
against hope,
against happiness,
against all discouragement that could be.
 
Sorrisi, pensando che avevamo entrambi avuto la stessa idea. Ci eravamo regalati una maglietta con scritta una frase o una citazione che per noi significava qualcosa. Poi mi fermai un secondo a pensare al significato di quelle parole.
“L'amavo contro ogni possibile ragione, promessa, pace, speranza, felicità, contro ogni possibile scoraggiamento.”
Prima che potessi dire qualsiasi cosa, Laurel si lasciò sfuggire un piccolo grido e ridacchiò.
“Oh mio Dio, Mary. Questa maglietta è praticamente una dichiarazione d’amore!” Esclamò. “Continuo a pensare che la storia tra una studentessa e un professore sia molto, molto pericolosa, ma… come si fa a non approvare questa cosa?” Aggiunse pochi secondi dopo.
“Io…” Cominciai a dire, poi mi interruppi. Harry mi amava. Non me l’aveva detto a voce, ma quella maglietta era decisamente una prova.
“Indossala subito e mandagli un selfie anche tu!” Mi ordinò la mia amica. Obbedii, e dopo varie prove trovai un autoscatto carino e lo inviai a Harry. Scrissi solo due frasi:
 
“Say Something.” “I Love You.”
 
Sorrisi, mentre pensavo che quello che c’era scritto sulla maglietta che mi aveva regalato lui era una risposta perfetta a quello che c’era scritto su quella che gli avevo regalato io. “Dì qualcosa.” “Ti amo.”
Quella sera la indossai per dormire e quando Laurel spense la luce della sua camera mi ritrovai a fissare il soffitto su cui si riflettevano le luci colorate che c’erano in giardino. Harry mi amava ed io amavo lui. Ero la persona più fortunata del mondo e non vedevo l’ora di vederlo per sentirgli dire quelle parole dal vivo. Per guardarlo negli occhi e ripetergliele, per baciarlo e per sentirmi completamente sua.

 


Buongiorno! Siamo ancora a Natale a St. Louis e finalmente scopriamo qual è il regalo di Harry e non trovate che sia adorabile? Inoltre MJ e Laurel finalmente parlano di quello che è successo e fanno pace, Harry decide di aiutare Mary a trovare il resto della sua famiglia e Jasper dichiara apertamente guerra alla nostra protagonista. Che cosa potrà fare per rendere la vita di MJ impossibile all'università? E poi credete che sappia della storia con il professore o stava solo bluffando?
A martedì prossimo con il nuovo capitolo! E venerdì prometto che posto lo spoiler, questa settimana mi sono completamente dimenticata!
Grazie per aver seguito la storia fin qui e per i commenti che mi lasciate sempre! <3

 

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Capitolo 15
*** Family, First Dates and Friends ***




Capitolo 15 – Family, First Dates and Friends
 
Quando tornai al campus, due giorni dopo Natale, ricevetti un messaggio di Harry che mi diceva di controllare la posta nel mio dormitorio. Trovai una busta con scritto solo il mio nome – nella sua inconfondibile scrittura – e provai subito una piccola stretta al cuore.
Mi aveva mandato una lettera d’amore? Dopo la bellissima maglietta che mi aveva regalato a Natale? Non ero sicura di essere pronta a un altro gesto romantico del genere.
Raggiunsi la mia stanza, chiusi la porta alle mie spalle e mi sedetti sul letto, pronta per piangere dalla gioia. Avevo il cellulare a portata di mano, perché sapevo che avrei dovuto chiamarlo subito dopo aver finito di leggere per dirgli che lo amavo, per dirgli che mi mancava da morire e che non vedevo l’ora dell’ultimo dell’anno per vederlo.
“Vediamo cosa sai fare, professor Styles.” Mormorai tra me e me, aprendo la busta. Al suo interno non c’era una lettera d’amore – e sì, dovevo ammettere di esserci rimasta un po’ male – ma due biglietti del treno andata e ritorno per Springfield e un biglietto scritto a mano.
 
“Cara Mary Jane,
 
ho trovato i tuoi nonni e li ho contattati. Non vedono l’ora di vederti, così mi sono permesso di regalarti i biglietti del treno per domani.
Ti verranno a prendere alla stazione, ma questo è il loro indirizzo per qualsiasi evenienza: Mia e Michael Bailey,  1041 E. Linwood Cir, Springfield, Missouri.
 
Harry xx”
 
Provai una stretta allo stomaco all’idea di rivedere i miei nonni, dopo così tanto tempo. Non avevo nemmeno idea di che aspetto avessero. Si ricordavano di me? Mi avevano vista solo pochissime volte, quando avevo un anno.
Harry aveva fatto un gesto bellissimo e quel biglietto valeva più di mille “ti amo.” Non vedevo l’ora di vederlo per ringraziarlo e per sentirgli finalmente dire quelle parole ad alta voce. Per guardarlo negli occhi mentre le diceva, per baciarlo.
Guardai i biglietti del treno. La partenza sarebbe stata di mattina ed ero sicura che quella notte non avrei dormito. Ero già nel panico e mi stavo facendo mille domande, come avrei potuto addormentarmi? Non sapevo se rivedere i miei nonni sarebbe stato imbarazzante o se mi avrebbero fatta sentire a casa. Non sapevo nemmeno se avremmo avuto argomenti di cui parlare. Avevo altri membri della famiglia che non conoscevo, oltre a loro?
 
***
 
“Ehi, Mary Jane!” Esclamò Courtney. Avevo preparato la borsa e stavo andando a prendere l’autobus per raggiungere la stazione. Era presto, lo sapevo. Avrei dovuto aspettare più di un’ora su una panchina, ma non riuscivo più a stare nel mio dormitorio. Avevo bisogno di fare qualcosa, di muovermi.
“Ehi!” Replicai, sorridendole. Non l’avevo più vista da quando mi aveva fatto quel terzo grado un po’ strano in caffetteria e dovevo ammettere che non mi era mancata. Mi dava una brutta impressione e non sapevo perché.
“Ma come, sei ancora in università?” Mi domandò la ragazza, avvicinandosi.
“Sto andando dai miei nonni.” Risposi, evitando di raccontarle tutta la storia.
“Oh.” Replicò lei, delusa. Guardò il mio borsone e realizzò che eravamo alla fermata dell’autobus. “Allora facciamo una cosa. Questo è il mio numero di telefono. Ti dispiace darmi il tuo? Quando torni dalle vacanze con i nonni sentiamoci, perché ti devo parlare.” Aggiunse.
“Ehm… okay.” Dissi, confusa. Di cosa doveva parlarmi una persona che avevo visto due volte – di cui una non ricordavo nemmeno, perché ero ubriaca - in tutta la mia vita?
Courtney estrasse il telefono e me lo porse. Digitai il mio numero e le restituii l’oggetto, cercando di nascondere la mia confusione.
“Perfetto, grazie. Ti ho appena fatto uno squillo per darti il mio numero.” Disse pochi secondi dopo. Estrassi il mio iPhone dalla borsa per salvarlo e notai di avere anche un messaggio da Harry.
 
Cosa ne pensi di una festa di Capodanno lontano da St. Louis dove possiamo stare insieme e non ci riconoscerà nessuno?
 
Sorrisi e chiusi l’applicazione dei messaggi per salvare il numero di Courtney il più velocemente possibile. Poi, fortunatamente, arrivò l’autobus e decisi di mentire.
“Scusa, ma sono in ritardo e devo scappare. Ci sentiamo dopo le vacanze.” Dissi, allontanandomi e salutando Courtney con la mano.
“Mi raccomando, chiamami! È importante quello che devo dirti!” La sentii esclamare mentre salivo sul mezzo.
Una volta seduta in fondo al bus estrassi di nuovo il telefono e decisi di chiamare Harry. Se c’era una persona in grado di calmarmi quando mi sentivo così agitata, era lui.
“Mary!” Sentire la sua voce mi fece sentire improvvisamente più felice, anche se mi mancava tantissimo.
“Ehi! Disturbo?” Domandai.
“No, figurati. Ho appena finito di impastare il pane con mia madre e mia sorella.” Rispose lui.
“Hai impastato il pane? Ed io che pensavo che tu sapessi cucinare solo il pollo con le carote.”
“Ehi, prima di diventare uno scrittore super-famosissimo in tutto il mondo e un illustre professore con anni e anni di esperienza alle spalle ho lavorato in una panetteria.” Rispose lui, fingendosi offeso.
“Spero che tu abbia foto di quel periodo, perché voglio vederti con il grembiule e il naso sporco di farina.” Dissi. “Ho visto il tuo messaggio e non ho mai letto niente di più allettante in tutta la mia vita.” Aggiunsi.
“Quindi ti ispira una festa del genere? E sappi che sarà in uno stato diverso dal Missouri.”
“Mi ispira? Non vedo l’ora!” Esclamai.
“Però c’è un piccolo problema…” Cominciò a dire lui, proprio mentre io avevo iniziato a dire: “Stare da sola con te, in pubblico… non potrei chiedere di meglio!”
“Problema?” Domandai, incuriosita.
“Beh, non saremo esattamente soli e spero che non ti dispiaccia. Ti prego, non odiarmi, ma ho detto di noi a Louis.” Mormorò Harry. “Tomlinson. Louis Tomlinson.” Aggiunse subito dopo.
“Lo sapevo.” Replicai, trattenendo a fatica un sorriso.
“Come lo sapevi?”
“L’avevo capito qualche giorno fa, quando ho incontrato Tomlinson… ehm, Louis, e lui ha detto una cosa che mi ha fatto riflettere.” Dissi.
“Quindi non sei arrabbiata, vero?”
“No, perché io non ho resistito e l’ho detto alla mia migliore amica, Laurel.”
Scoppiammo a ridere entrambi e il suono della sua voce me lo fece mancare ancora di più. Avrei dovuto resistere ancora solo pochi giorni e poi finalmente l’avrei visto. E non solo, avrei potuto stare con lui in pubblico e baciarlo a mezzanotte dell’ultimo dell’anno, come ormai sognavo da un po’.
“Manca ancora poco.” Disse lui dopo qualche secondo, come se mi avesse letto nel pensiero.
“Già.” Risposi, pensierosa. “Ho davvero voglia di vederti, Harry.” Mormorai.
“Non dirlo a me.” Replicò lui. “Ehi, sei ancora a St. Louis?”
“Sono in autobus, sto andando in stazione. Sono un po’ in anticipo, ma sono nervosa e… non riuscivo a stare nel mio dormitorio a far niente, così ho preparato la borsa e sono uscita.” Dissi.
“Non devi essere nervosa, Mary. I tuoi nonni sono davvero felici di vederti e di passare del tempo con te. Mi hanno detto che hanno cercato per anni di ritrovare i tuoi genitori, ma non sono mai riusciti.”
“Per forza, il nostro limite era un anno nello stesso posto e poi ce ne andavamo.” Sbottai, roteando gli occhi al cielo. Non mi ero mai resa conto di quanto odiassi quello stile di vita come da quando mi ero trasferita a St. Louis con l’intenzione di rimanerci.
“Sono sicuro che passerai due giorni bellissimi.” Cercò di rincuorarmi Harry.
“Grazie di tutto.” Dissi io. “Forse non te l’ho ancora detto, ma grazie di cuore. Perché stai facendo cose per me che non ha mai fatto nessuno e…”
“Ti amo.” Mi interruppe lui.
“Era quello che stavo per dirti.” Risposi, scoppiando a ridere. “E comunque ti amo anch’io.”
Lo sentii ridere e provai una stretta al cuore. Lo immaginai in quel momento e la mia voglia di vederlo diventò solo più grande.
C’erano tante cose che avrei voluto dirgli in quel momento, ma dovetti accontentarmi di salutarlo, perché dovevo scendere dall’autobus con il borsone e avevo paura di far cadere il telefono.
 
***
 
In un momento di panico pre-incontro con i miei nonni materni avevo deciso di comprare un mazzo di fiori al minuscolo negozio in stazione a St. Louis, perché non potevo presentarmi a casa loro a mani vuote. Aprendo il portafogli mi ero anche resa conto che i soldi che avevo guadagnato con il mio lavoro estivo al bar stavano per finire e avevo un disperato bisogno di trovare qualcosa part-time. Dovevo ricordarmi di chiedere a Liam se in libreria avevano bisogno di qualcuno di nuovo.
Il mio sguardo continuava a spostarsi dal mazzo di fiori al finestrino da cui potevo vedere il paesaggio sfrecciare davanti ai miei occhi, un po’ come stavano facendo i pensieri nella mia mente. Non era normale essere così agitati prima di incontrare due membri della propria famiglia, giusto? Non mi sentivo così dal giorno in cui Harry si era presentato nel mio dormitorio, dopo il nostro primo bacio.
Quando il treno cominciò a rallentare e si fermò alla stazione di Springfield il mio cuore iniziò a battere velocemente. Non sapevo nemmeno che aspetto avessero i miei nonni, come avremmo fatto a riconoscerci?
Scesi dalla mia carrozza e mi guardai intorno, sentendomi particolarmente insicura e vulnerabile. Una ragazza corse tra le braccia di un ragazzo e lo baciò davanti a tutti. Lui la sollevò e la strinse a sé come se fosse la persona più importante del mondo.
Una famiglia con un bambino abbastanza piccolo si diresse verso l’uscita, passando di fianco a una coppia di anziani che sembravano agitati. Continuavano a guardarsi intorno e a parlare tra di loro.
Non ci fu nemmeno bisogno di riflettere. Quelli erano i miei nonni, perché la donna era identica a mia madre, ma aveva i capelli bianchi.
Mi avvicinai a loro, con il cuore in gola e mille pensieri in testa.
“Mary Jane?” Disse l’uomo, un po’ incerto. Annuii, incerta su cosa fare. Avrei dovuto abbracciarli? Dare loro la mano?
Mia decise di prendere in mano la situazione ed evitare l’imbarazzo a tutti, stringendomi in un abbraccio stritola-costole.
“Mary Jane, come sei cresciuta! Sei diventata una bellissima giovane donna! L’ultima volta che ti ho vista eri alta così!” Esclamò la donna, allontanandosi di qualche passo per guardarmi bene.
Anche Michael, dopo aver visto il comportamento della moglie, si sciolse un po’ di più e decise di abbracciarmi. E quello fu tutto quello che mi servì per sentirmi immediatamente a mio agio.
 
Per qualche strano motivo entrare nella casa dei miei nonni a Springfield mi fece provare una forte sensazione di déjà-vu. Avevo poco più di un anno l’ultima volta che ero stata in quella villa, eppure mi sembrava di ricordare qualcosa. Era come se nella mia mente fossero comparse delle immagini sbiadite del giardino davanti alla casa.
“Probabilmente non ti ricordi,” - cominciò a dire Michael -  “ma quando avevi un anno amavi giocare in giardino con tua cugina Hannah. Adoravi quando ti prendeva in braccio e ti faceva ridere con il tuo peluche preferito.”
Mi fermai sull’ingresso e spostai lo sguardo dalla casetta di plastica colorata al viso dell’uomo.
“Ho una cugina?” Domandai. E avevo un peluche?  Pensai. A mia madre non erano mai piaciuti e non mi aveva mai permesso di giocarci, perché diceva che in quel modo mi sarei solo abituata a pensare agli animali come a giocattoli.
“Più di una, cara.” Rispose Mia. “E hai anche dei piccoli cuginetti di secondo grado da poco. Hannah ha avuto una bellissima bambina sei mesi fa.”
“Vieni, entra. Ti abbiamo preparato il letto nella vecchia stanza di tua madre.” Disse Michael – dovevo abituarmi a chiamarlo ‘nonno’.
“Il tuo amico è stato proprio un angelo a rintracciarci e a chiamarci. Deve essere stata una bella sorpresa per te.” Disse mia nonna mentre salivamo le scale per raggiungere la stanza di mia madre.
“Già.” Dissi. “Non mi aspettavo che riuscisse a trovarvi così presto.”
“È il tuo fidanzato?” Domandò ancora mia nonna, rivolgendomi un sorrisetto. Annuii, arrossendo lievemente. “Ci piacerebbe conoscerlo prima o poi. Ci ha fatto davvero un bel regalo. Ti abbiamo cercata per anni.” Aggiunse la donna, fermandosi sulla soglia della porta della camera e abbracciandomi di nuovo.
“Ve lo presenterò.” Dissi. Forse. Quando non saremo più professore e studentessa. Pensai.
“Ecco, questa è la stanza dove è cresciuta tua madre. Non è cambiata per niente. Abbiamo lasciato tutto così da quando se ne è andata.” Disse mio nonno, aprendo la porta.
“Ti lasciamo sola, così puoi sistemare la borsa, rinfrescarti o riposarti. Quando vorrai, ci troverai in salotto.” Aggiunse mia nonna.
 
Appoggiai la borsa e abbandonai la giacca sul letto da una piazza e mezza di fronte a me, poi cominciai a guardarmi intorno. Mia madre, da giovane, era una persona completamente diversa. La sua stanza aveva le pareti rosa e i mobili di legno chiaro. Alle pareti erano appese foto di famiglia in cui si vedevano lei, i miei nonni e altre due persone: un ragazzo e una ragazza.  Quelli erano i miei zii ed io non sapevo nemmeno che esistessero. Sulla bacheca di sughero appesa alla parete, sopra la scrivania, c’erano altre foto, questa volta con le compagne di classe e le amiche. Sulla mensola, appesa un po’ più in alto, c’erano dei trofei. Mi avvicinai per leggere le targhette e mi sorpresi quando scoprii che mia madre, da adolescente, era stata una cheerleader e aveva partecipato al club di scrittura, con il quale aveva vinto anche parecchi premi.
Mi resi conto di una triste verità: non conoscevo per niente la donna che mi aveva cresciuta. Non sapevo cosa l’avesse fatta cambiare così tanto, non avevo idea del motivo per cui non mi aveva mai nemmeno nominato il resto della mia famiglia, non sapevo nulla sulla sua vita.
Mi sedetti sul bordo del letto e osservai il paesaggio fuori dalla finestra. Riuscivo a vedere un enorme albero con una casetta di legno costruita a metà tronco. Chissà se mia madre, quando era una bambina, giocava lì con suo fratello o sua sorella.
Decisi di chiamare Harry, perché avevo bisogno di parlare con lui. Avevo bisogno di qualche minuto per registrare nella mia mente tutto quello che avevo appena visto.
“Pronto?” Harry rispose quasi immediatamente, come se stesse aspettando la mia chiamata. “Mary Jane, tutto bene?”
“Ehi.” Dissi. “Sono arrivata a Springfield e sono a casa dei miei nonni.” Aggiunsi.
“Va tutto bene?” Mi domandò ancora. Riusciva a capire che c’era qualcosa che non andava dal tono della mia voce?
“Sono un po’ confusa.” Ammisi. “Sono nella vecchia camera di mia madre e ho appena scoperto di avere una famiglia numerosa. Ho dei nonni, degli zii, dei cugini. Non avevo la minima idea che esistessero e… forse la cosa peggiore è che mi sono resa conto di non conoscere per niente mia madre.” Confessai. “Non sapevo nemmeno che scrivesse. O che fosse una cheerleader.” Conclusi, prendendomi la testa tra le mani.
“Beh, vedi questa occasione anche come un’opportunità per conoscere meglio la tua famiglia.” Rispose lui. “Puoi fare domande ai tuoi nonni e poi potrai chiamare tua madre e parlarle.” Aggiunse.
“Almeno adesso so da dove è nata la mia passione per la scrittura.” Mormorai, osservando un piccolo trofeo a forma di macchina da scrivere sulla mensola. “Pare che mia madre scrivesse a scuola.” Aggiunsi.
“Ehi.” Disse Harry dolcemente, richiamando la mia attenzione. “Approfitta di questi due giorni per scoprire da dove vieni.”
“Per scoprire chi sono.” Replicai, annuendo. “Ci sono così tante cose che non so.” Sospirai.
“E quando tornerai, passeremo un paio di giorni insieme io e te. Ti porterò a un appuntamento vero e proprio in un ristorante, in mezzo alla gente.”
“Non dirmi così o mi fai venire voglia di saltare sul primo treno e venire da te.” Risposi, sorridendo all’idea di fare le classiche cose da coppia con Harry. Senza che nessuno ci conoscesse. Senza nessuno che potesse giudicarci.
“Resisti, io tanto sono molto occupato in questi giorni. Devo pianificare tutto.”
“Non mi dici nemmeno dove andiamo?” Domandai, sperando di ottenere qualche informazione in più.
“In un posto che penso ti piacerà.”
“Quello non è indizio.” Obiettai.
“D’accordo, allora ti dico che è una città dove non hai mai vissuto.” Replicò con una risata.
“Sei proprio terribile.” Dissi, scuotendo la testa. Ridevo anch’io, perché mi era impossibile non essere felice quando parlavo con lui.
Dove aveva intenzione di portarmi per festeggiare Capodanno? Per lui quella era un’occasione per presentarmi al suo migliore amico come fidanzata e non come studentessa. Ma era più di quello. Era un’occasione per stare insieme, per uscire e per tenerci la mano e baciarci in pubblico, senza che nessuno dei due rischiasse qualcosa.
Terminai la chiamata e mi guardai intorno ancora per qualche minuto prima di decidere di raggiungere la mia famiglia ritrovata.
 
***
 
“Quindi come sono stati i due giorni passati dai tuoi nonni?” Mi domandò Laurel al telefono. Ero sull’autobus per andare all’aeroporto, dove sarei salita su un volo per New York (Harry voleva davvero passare Capodanno con me a New York? Non riuscivo ancora a crederci), dopo essere tornata a St. Louis per rifare la valigia. Non potevo portare gli stessi vestiti che avevo indossato con la mia famiglia a un weekend romantico nella Grande Mela con il mio ragazzo.
“Caotici.” Risposi, guardando fuori dal finestrino. “Non solo ho conosciuto i miei nonni, ma anche tutto il resto della mia famiglia. Cugini, zii… insomma, tutto il gruppo. E lasciatelo dire, sono tante persone da conoscere in soli due giorni.”
“Come la mia famiglia, più o meno.” Rise Laurel.
“Ecco, sì. Ho conosciuto più gente in queste settimane che in tutta la mia vita!” Scherzai.
“L’importante, però, è che ti sei trovata bene con tutti. Come siete rimasti?” Mi domandò la mia amica, tornando seria.
“Vogliono che vada a tutte le loro feste – compleanni, Ringraziamento, Natale, Pasqua e chi più ne ha, più ne metta – e mi hanno chiesto di rimanere in contatto con loro.” Replicai. “E sono tutti fantastici, Laurie. Mi hanno accolta subito e mi hanno trattata come se fossi una di loro. Cioè, come se lo fossi sempre stata.” Aggiunsi.
“Sono davvero felice che tu abbia conosciuto la tua famiglia. Cosa farai adesso con i tuoi genitori?”
Non risposi subito, perché non sapevo esattamente quello che avrei fatto. Avevo una mezza idea, ma… non ero sicura.
“Credo che lascerò passare questo weekend e poi… non lo so, probabilmente li chiamerò e chiederò spiegazioni. So che la scusa ufficiale è che i miei genitori hanno tagliato i contatti con il resto della mia famiglia perché non approvavano il loro stile di vita, ma perché non mi hanno mai nemmeno permesso di parlarne o di prendere la decisione di conoscerli?”
“Non lo so, Mary. Ma sono sicura che risolverai tutto.” Rispose la mia amica. “E poi dovrai raccontarmi del tuo weekend romantico.”
“Oh.” Dissi. “Ti racconterò così tante cose che mi pregherai di smettere!” Esclamai.
“Non sono sicura di voler sapere proprio tutto.” Scherzò Laurel. Scoppiammo a ridere entrambe, poi ci salutammo e ricominciai a guardare fuori dal finestrino mentre ascoltavo la playlist delle canzoni preferite di Harry.
Era incredibile come ci si potesse sentire così leggeri e felici, nonostante tutto. Perché non avevo ancora risolto la situazione con Jasper - che continuava a mettere in giro voci false sul mio conto e ad alienare tutto il resto del campus contro di me – e poi c’era la situazione con i miei genitori, che erano lontani e mi ero resa conto di conoscerli davvero poco. E c’era anche Courtney, che mi aveva detto che voleva parlarmi di qualcosa e continuava a darmi una brutta sensazione. Senza dimenticare il fatto che se qualcuno avesse scoperto della mia storia con Harry avrei perso la borsa di studio, sarei stata espulsa e lui avrebbe perso il lavoro.
Eppure in momenti come quelli mi sentivo come se niente di tutto ciò importasse, perché io ero felice. Avevo una migliore amica ed ero in viaggio verso New York, dove avrei incontrato il mio ragazzo e avremmo passato un intero weekend insieme. Come potevo permettermi di pensare a qualsiasi altra cosa?
 
***
 
Harry mi stava davvero viziando con tutti i regali. Prima mi aveva dato la bellissima collana di Tiffany, poi la maglietta e i biglietti del treno per raggiungere i miei nonni a Springfield e infine mi aveva regalato il viaggio a New York per passare Capodanno insieme. Non riuscivo ancora a credere di essere davvero nella Grande Mela. Non ci ero mai stata ed era una delle poche città che volevo visitare davvero.
Atterrai all’aeroporto JFK dopo poco più di due ore di volo e trovai Harry che mi aspettava agli arrivi. Eravamo stati lontani troppo tempo, mi mancava tantissimo. Non riuscii a trattenermi e corsi tra le sue braccia, incurante di tutto quello che mi stava intorno. Eravamo a New York, nessuno avrebbe potuto riconoscerci. Eravamo liberi di amarci.
Harry mi diede un lungo bacio e mi sollevò da terra, facendomi fare un giro completo tra le sue braccia.
“Ti amo.” Fu la prima cosa che mi disse.
Sorrisi e cercai di mascherare la lacrima che stava per rotolare sulla mia guancia. Ero felice. Felice, felice, felice.
“Ti amo anch’io.” Mormorai, baciandolo di nuovo.
“Ehm.” Sentii qualcuno schiarirsi la voce di fianco a noi. Come se si fosse appena reso conto di quello che stava succedendo, Harry si allontanò leggermente da me e arrossì.
“Professor Tomlinson!” Esclamai quando mi accorsi che c’era anche lui.
“Signorina Watson.” Borbottò lui con un sorrisetto sarcastico.
Harry ci guardò entrambi per qualche secondo e poi scoppiammo tutti a ridere.
“Louis?” Dissi con un po’ di incertezza.
“Louis.” Confermò lui. “Ed io devo abituarmi a chiamarti Mary Jane. Pensavo che sarebbe stato più facile, visto che sento il tuo nome in media trecento volte in una giornata.” Aggiunse Tomlinson. Harry gli diede una gomitata e scosse la testa, imbarazzato.
“Sapevo che avrei dovuto dirti di non venire.” Borbottò Styles. “Andiamo in hotel.”
Louis ed io ci scambiammo uno sguardo e ricominciammo a ridere. Bene, l’imbarazzo dell’incontro con il migliore amico era sparito.
 
***
 
Mentre mi preparavo per andare a cena con Harry mi resi conto di una cosa: non ero mai stata ad un appuntamento vero e proprio. Non a uno di quelli che si vedono nei film, al ristorante di lusso con i vestiti eleganti e tutto il resto. Il mio massimo era stato andare a bere un caffè o prendere un gelato con Luke, il mio primo ragazzo, o Jasper. Quel pensiero mi fece aumentare l’ansia.
Ed era stupido, pensandoci, perché Harry ed io avevamo saltato la parte imbarazzante degli appuntamenti ed eravamo andati dritti a tutto il resto. Ci eravamo già anche detti che ci amavamo, allora perché ero così nervosa per una cena?
Avevo messo in valigia un paio di vestiti molto carini – uno specificamente per il nostro primo appuntamento e uno per Capodanno – e avevo passato almeno un quarto d’ora davanti allo specchio a cercare di decidere quale mettere. Fortunatamente Harry si stava vestendo in camera e mi aveva lasciato il bagno.
 
“Quindi Tomlinson è qui da solo?” Domandai. Avevo finalmente deciso quale dei due abiti indossare e avevo un disperato bisogno di parlare, perché altrimenti il mio cervello sarebbe andato in cortocircuito per i troppi pensieri. “Voglio dire Louis.” Aggiunsi, ricordandomi che avrei dovuto smettere di chiamarlo per cognome.
Sentii Harry ridere dall’altra parte della porta e mi tranquillizzai un po’.
“Sì e no.” Rispose lui. “Nel senso che è venuto qui con me, ma ha una specie di ragazza qui a New York.”
“Specie di ragazza?” Domandai. “Non è umana?”
Harry rise ancora.
“No, è umanissima. Specie di ragazza nel senso che non stanno insieme, ma quando si trovano qui a New York e sono single entrambi… beh, puoi immaginare.”
“Capisco.” Dissi. Quindi Tomlinson ha una scopamica a New York. Pensai distrattamente. “Sei pronto? Perché io sto per uscire.” Aggiunsi dopo qualche minuto.
“Avanti.” Sentii la risposta di Harry dall’altra stanza. Ero agitata, non riuscivo più nemmeno a nasconderlo. Ci avevo messo cinque minuti per mettere gli orecchini, perché mi tremavano le mani e continuavano a cadermi sul pavimento.
Aprii la porta ed entrai nella camera da letto con passo incerto. Non avevo nemmeno idea di cosa aspettarmi, a dire il vero. E quello che vidi davanti a me superò di gran lunga le mie aspettative.
Harry stava indossando un completo nero con una camicia bianca ed ero sicura di non averlo mai trovato così bello.
“Wow.” Sussurrò lui quando mi vide. Fece qualche passo avanti, mi porse la mano e mi accompagnò davanti allo specchio a figura intera di fianco al letto.
Guardai il nostro riflesso e sorrisi. Eravamo eleganti. Sembravamo una coppia che stava per andare a un appuntamento vero.
“Sei bellissimo.” Mormorai, voltandomi verso di lui e dandogli un bacio sulle labbra.
“Grazie.” Replicò lui, abbracciandomi da dietro e appoggiando le labbra alla mia spalla. “Tu sei semplicemente stupenda.” Aggiunse.
Sorrisi e tornai a guardare il nostro riflesso, pensando che avrei voluto immortalare quel momento per sempre.
“Aspetta qui.” Dissi improvvisamente. Andai a recuperare il mio telefono dalla borsa che avevo abbandonato sul letto, tornai dov’ero poco prima e scattai una foto.
“Questa è per ricordare il nostro primo appuntamento.” Dissi. Harry annuì e mi diede un altro veloce bacio.
“È meglio se cominciamo a scendere e prendiamo un taxi, ho prenotato un tavolo per le sette e trenta.” Disse dopo qualche secondo. Sembrava nervoso anche lui.
 
***
 
Il ristorante che aveva scelto Harry, nel Greenwich Village, era davvero elegante. Dopo averci chiesto il nome della prenotazione (“Styles, per due”, aveva detto Harry ed io mi ero sciolta un po’) il cameriere ci fece passare di fianco al bancone del bar e ci accompagnò a uno dei tavolini con le tovaglie bianche e le poltrone rosse. Harry mi fece sedere e poi si sistemò di fronte a me.
Sul tavolo notai almeno tre tipi di bicchieri diversi e tante, troppe posate.
“Così eccoci qui.” Disse Harry con una punta di imbarazzo dopo aver ordinato due bicchieri di vino per entrambi. Fortunatamente il cameriere non mi aveva chiesto la carta d’identità. Avevo evitato una figuraccia.
“Già.” Replicai io, sistemando con attenzione il tovagliolo bianco sulle mie gambe e fissando il mio sguardo sulle posate.
Silenzio.
Perché, improvvisamente, sembrava tutto così strano e poco familiare? Harry ed io avevamo sempre parlato di qualunque cosa, perché in quel momento non riuscivamo a fare un discorso?
“Um, hai visto che traffico? New York è sempre così.” Disse Harry dopo qualche minuto. Per prendere tempo avevo finto di studiare il menu. In realtà non riuscivo nemmeno a leggere, perché continuavo a cercare argomenti di cui parlare.
“Sì.” Replicai. Il mio telefono suonò brevemente, avvisandomi che avevo ricevuto un messaggio. “Scusa.” Dissi, estraendolo dalla borsa. Tolsi la suoneria per evitare che mi disturbasse ancora e lessi il messaggio che mi aveva appena inviato Courtney.
 
Mary Jane, scusa se ti disturbo, ma volevo ricordarti di chiamarmi quando hai tempo, perché devo davvero parlarti di qualcosa di importante. Grazie, Court
 
Sbuffai e riposi il telefono.
“Tutto bene?” Domandò Harry, incuriosito.
“Sì, è semplicemente una tizia un po’ strana che ho conosciuto al pub.” Spiegai. “L’ho vista sì e no due volte nella mia vita e adesso rompe le scatole perché dice di dovermi parlare di qualcosa di importante.” Aggiunsi.
“Se hai bisogno di parlarne sai che sono qui, vero?” Mi chiese ancora il ragazzo.
“Grazie.” Dissi. “Non so, magari scoprirò che è la mia sorella segreta.” Scherzai. Harry rise e tra noi scese di nuovo il silenzio.
“Pensavo che, stando insieme già da qualche tempo, avremmo evitato l’imbarazzo del primo appuntamento.” Disse Harry dopo qualche minuto. “Invece deve essere proprio una maledizione o qualcosa del genere.” Aggiunse.
Improvvisamente mi sentii più leggera e a mio agio e scoppiai a ridere, sentendo la tensione sciogliersi. Allora non ero nervosa solo io.
“Non so perché, ma i vestiti eleganti, il locale e tutto il resto mi hanno messa un po’ in ansia.” Dissi. “Di solito parliamo di tutto senza problemi.”
“Vero? Quando ti ho vista vestita così e siamo entrati nel locale è come se mi fossi congelato. Sono diventato nervosissimo e la mia mente si è svuotata completamente. Un po’ come quando mi interrogavano a scuola.”
“Beh, guarda il lato positivo. È tornato tutto normale abbastanza in fretta.” Risposi. Lui annuì e mi prese la mano sul tavolo.
“Per fortuna, perché dopo il traffico avevo esaurito gli argomenti.” Scherzò lui.
“Ehi, non dimenticare il tempo. Avremmo potuto discutere per almeno dieci minuti sulla temperatura, il freddo e le nostre stagioni preferite.”
“Giusto. Poi avremmo potuto passare un quarto d’ora a commentare il ristorante, il vino e i piatti.” Aggiunse Harry.
“E ovviamente, quando avremmo finito di parlare anche di quello, saremmo passati a commentare tutto quello che indossano le persone sedute vicino a noi e a immaginare le loro storie.” Dissi.
“Non so perché questa cosa mi stupisce così tanto.” Cominciò a dire Harry. “In effetti sei una scrittrice, dovevo aspettarmelo. Dimmi che anche tu ti immagini sempre le vite degli sconosciuti per strada.”
“Certo!” Esclamai. “Soprattutto quando sono sola e sto aspettando qualcosa. Ultimamente mi è capitato in treno e in stazione.” Dissi. “È intrigante e divertente immaginare che tipo di vita può vivere una persona. Di solito si capisce dai dettagli.”
“Da come sono vestiti, da come si muovono, come parlano…”
“E poi dall’espressione si cerca di capire cosa stanno passando. Se sono felici ti immagini che stanno per rivedere l’amore della loro vita o la famiglia o qualcosa del genere.”
“E se sono arrabbiati ti immagini che hanno appena litigato con qualcuno, magari alla biglietteria.”
“Pensavo di essere l’unica persona a fare cose del genere.” Ammisi. Ormai il cameriere era tornato con i nostri ordini e avevamo cominciato a mangiare gli antipasti.
“No, lo faccio anch’io da parecchi anni.” Replicò Harry con un sorriso.
Da quel momento non ci fu più nessuna traccia della tensione e del nervosismo di poco prima. La conversazione continuò come sempre e parlammo di tutto.
 
***
 
“Dove stiamo andando?” Domandai. Non avevamo fermato un taxi fuori dal locale. Invece Harry mi aveva presa per mano e stavamo camminando per le vie del quartiere. Inizialmente avevo pensato che non avessimo una meta precisa, ma poi avevo notato che Harry si guardava intorno per leggere i nomi delle vie e per cercare punti di riferimento. Stavamo andando da qualche parte.
“Vedrai.” Rispose lui, facendo il misterioso. Camminammo ancora per qualche metro, poi si fermò. “Questo è il Blue Note e venivo qui spesso ad ascoltare artisti jazz quando vivevo a New York.” Disse, mostrandomi il locale. La facciata liscia e nera era interrotta da una finestra con la cornice dorata. Il box office. Una bandiera nera e blu volava nella notte, annunciando il nome del locale.
“Quindi venivi qui spesso?” Domandai.
“Sì, più o meno una volta alla settimana.” Rispose lui. “E quello è il Seven Eleven dove a volte compravo da mangiare.” Continuò. “Lì, invece, ci sono i campi da basket dove giocavo con i miei amici. Beh, non esageriamo. Ci ho giocato esattamente due volte, quando Niall e Louis sono venuti a trovarmi.” Concluse, indicando con il dito una rete che delineava vari spazi dove si poteva giocare a pallacanestro.
“Zayn non è il tipo, giusto?” Domandai. Mi piaceva la direzione che stava prendendo quella serata. Adoravo scoprire cose su Harry, sui suoi amici. Mi piaceva sentirmi parte del suo mondo.
“Oh, no.” Rispose lui con una risata. “Giocare a basket vorrebbe dire rovinarsi il ciuffo. Non sia mai.” Aggiunse.
Ricominciammo a camminare e arrivammo all’angolo della strada. Girammo a destra e ci trovammo su una via molto più grande. Avenue of the Americas. Avanzammo di qualche metro, superammo un incrocio e poi girammo di nuovo a destra. Ci fermammo davanti al numero ottantadue di Washington Place e Harry mi disse di guardare in alto.
“Quello al terzo piano era il mio appartamento quando vivevo qui.” Disse, indicando le due finestre con il dito. Era un palazzo abbastanza stretto, con la facciata di mattoni rossi, la scala antincendio e le finestre nere in contrasto. “La finestra grande è quella del salotto ed io avevo la scrivania proprio lì. Quando ero frustrato perché non riuscivo a scrivere prendevo una birra dal frigo e mi sedevo sulla scala. Osservavo New York, il traffico, le luci, la vita… l’ispirazione tornava subito.” Raccontò. Stava guardando quella casa con gli occhi quasi lucidi.
“Ti manca?” Domandai. “Vivere qui, intendo.”
“Sì, abbastanza.” Rispose lui. Volevo chiedergli perché era tornato a St. Louis se amava New York così tanto, ma ricordavo che mi aveva parlato di problemi che doveva risolvere e non volevo forzarlo a dirmi nulla se non se la sentiva. Mi avrebbe detto tutto al momento giusto, ne ero sicura.
“Si vede.” Dissi semplicemente, stringendogli la mano.
“Vieni con me.” Prima che potessi fare domande Harry mi stava trascinando verso il cancellino nero. Dopo pochi secondi l’aprì e mi accompagnò sui tre gradini grigi, verso il portone di legno.
“Cosa stiamo facendo esattamente?” Chiesi, incapace di trattenermi. “Stiamo facendo effrazione?” Abbassai la voce e mi guardai intorno. Avrei seguito Harry fino alla luna, se me l’avesse chiesto, ma avrei voluto evitare di finire in galera molto volentieri.
Lui rise e non disse nulla. Lo vidi tirare fuori qualcosa da una tasca, armeggiare per qualche minuto con la porta e poi aprirla. Lo guardai con gli occhi sgranati.
“Tranquilla, ho la chiave. Il posto è ancora mio. È un appartamento che è nella mia famiglia da anni.” Spiegò.
Con il cuore che batteva un po’ meno velocemente di pochi secondi prima lo seguii all’interno del corridoio e sulle scale.
“Non prendiamo l’ascensore?” Domandai.
“No, perché è vecchio e fa un rumore pazzesco, quindi finiremmo per svegliare tutto il palazzo.” Replicò lui, riprendendo la mia mano.
Arrivammo al terzo piano e Harry estrasse dalla tasca del suo cappotto un’altra chiave. Aprì la porta e mi fece entrare nell’appartamento buio e vuoto.
“Occhio a dove metti i piedi, dovrei aver lasciato una mensola per terra, ma non ricordo dove.”
Rimasi immobile per qualche minuto, finché la mia vista cominciò ad abituarsi al buio. Dalle finestre entrava la luce dei lampioni in strada, quindi si riusciva a vedere qualcosa.
“Grazie per avermi portata qui.” Dissi. Harry mi abbracciò da dietro e cominciò a farmi immaginare la casa arredata.
“Volevo condividere questo posto speciale con te.” Rispose. “Vedi, la scrivania era là. Su quella parete c’era una libreria enorme, invece. E in fondo c’era la cucina, con il bancone e il frigo era in quell’angolo.” Aggiunse.
“Deve essere stato un appartamento bellissimo.” Dissi.
“Già. E un giorno potrà esserlo di nuovo. Chi lo sa? Magari ci sarà anche una presenza femminile.” Replicò lui. Mi voltai verso di lui e cercai di guardarlo negli occhi, anche se con il buio riuscivo solo a distinguere i lineamenti del suo viso.
“Sto leggendo troppo tra le righe o mi stai dicendo che un giorno potremmo vivere qui?” Domandai. Lo sentii annuire e un sorriso spuntò sulle mie labbra.
“Non lo so, è un’idea. Oppure potremmo trasformarla nella casa delle vacanze e passare qui qualche mese o qualche settimana. È presto per fare progetti, lo so, abbiamo tantissimo tempo per decidere cosa fare.” Rispose.
“Per me è un gigantesco sì.” Dissi. “A qualunque cosa, non mi importa. Basta essere insieme.” Aggiunsi. Poi mi avvicinai e lo baciai.
Camminai all’indietro, inciampando nei miei stessi piedi e nei suoi, finché la mia schiena non fu contro il muro. Sentii il corpo di Harry premere contro il mio mentre le nostre labbra continuavano a cercarsi e sorrisi nel bacio.
Il nostro primo appuntamento era stato perfetto. Non avrei mai potuto chiedere di meglio.

 


Buon martedì! Oggi ho deciso di postare due capitoli in uno, per due motivi: quello che avrei dovuto postare oggi era un filler e non succedeva molto, quindi ho pensato di unire anche il capitolo del primo vero appuntamento. E poi volevo festeggiare il mio anniversario su EFP, che era ieri. Sono due anni che pubblico storie e sono felicissima di aver iniziato, perché qui ho conosciuto persone fantastiche.
Tornando alla storia, perché altrimenti mi commuovo, in questo doppio capitolo Mary incontra i suoi nonni dopo tanti anni (grazie a Harry), torna Courtney, dicendo di avere qualcosa di importante da dire a MJ, vediamo il primo appuntamento dei nostri due piccioncini e MJ e Louis si incontrano a Capodanno a New York.
Nel prossimo capitolo ci sarà un grande colpo di scena. Posso solo dirvi che Harry non è perfetto come sembra, ma ha un difetto e lo scopriremo martedì.
Grazie per aver seguito la storia fino a questo punto, per tutti i commenti bellissimi e spero che questo capitolo vi piaccia!
Alla prossima <3

 

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Capitolo 16
*** We Need To Talk ***



Capitolo 16 – We Need To Talk
 
Non avevo mai festeggiato Capodanno a Times Square. Avevo solo visto foto o video del countdown, quindi non avevo la minima idea di cosa avrei provato a stare in piedi, al freddo, in mezzo a centinaia di migliaia di persone ad aspettare l’arrivo dell’anno nuovo. Avevo conosciuto Eleanor, la ragazza di New York di Louis, avevamo pranzato insieme e poi eravamo andati tutti e quattro in piazza, dove c’era già parecchia gente.
Quella sera c’erano tanti artisti al concerto in piazza e avevamo ballato, cantato e ci eravamo divertiti fino a quando era iniziato il countdown e avevamo alzato gli occhi per guardare la discesa della famosissima sfera luminosa.
Allo scoccare della mezzanotte Harry aveva preso il mio viso tra le sue mani e mi aveva dato un bacio mozzafiato. Un bacio che non avrei mai più dimenticato. Mi aveva detto che mi amava e gliel’avevo detto anch’io. Era stata la serata più bella di tutta la mia vita.
 
Prendere l’aereo per tornare a St. Louis, il giorno dopo, era stato triste, perché avrei dovuto tornare alla vita di prima. Avrei dovuto continuare ad essere la ragazza di Harry solo nel suo appartamento o nel suo ufficio. Ma ero felice di avere i ricordi di quel weekend, perché ero sicura che mi avrebbero accompagnata fino alla prossima vacanza insieme, alla prossima occasione di stare in pubblico.
 
***
 
Il ritorno all’università voleva dire anche l’inizio del mio nuovo lavoro part time, perché avevo una borsa di studio completa, ma avevo comunque bisogno di soldi per tutti gli extra. Liam mi aveva fatto sapere che in libreria stavano proprio cercando qualcuno per sostituire il suo collega, Keith, che aveva deciso di abbandonare gli studi e trasferirsi a Hollywood per inseguire il suo sogno di diventare attore.
“Ti affiancherò per i primi turni, così ti spiegherò cosa devi fare e ti svelerò qualche trucchetto. Per esempio questo programma di ricerca interna è pietoso, non devi mai premere invio quando digiti il nome di un libro, ma devi cliccare sul bottone invio con il mouse, altrimenti si blocca tutto il sistema per cinque minuti buoni.” Disse Liam durante il mio primo giorno di lavoro.
“Cliccare e non premere il tasto.” Mormorai tra me e me, seguendo Liam per tutta la libreria.
Il ragazzo continuò a spiegarmi quello che avrei dovuto fare finché non sentimmo lo scampanellio della porta e lo seguii dietro il bancone. Due ragazzi si avvicinarono a noi, ridendo e parlando tra di loro.
“Payne!” Esclamò il primo. Sembravano familiari, probabilmente li avevo già visti in giro per il campus. “Sono arrivati quei fumetti di cui mi parlavi la settimana scorsa?” Domandò.
Vidi l’altro ragazzo osservarmi, prima di dare di gomito al suo amico e indicarmi. Non lo fece nemmeno di nascosto, ma mi puntò contro il dito apertamente, come se non fossi lì.
“Quella è la ex di Olinsky.” Disse. Cominciai a sentirmi infastidita. Si stavano comportando come se non esistessi.
“La ex di Olinsky ha un nome e ha delle orecchie.” Replicai a denti stretti. Liam mi lanciò un’occhiata di sfuggita, come se volesse dirmi di lasciare perdere.
“E, a quanto pare, la ex di Olinsky ha anche qualcos’altro.” Continuò il ragazzo che mi aveva indicata.
“Un bastardo e la chlamydia!” Esclamò il suo amico, mimando un pancione con le mani e poi dando il cinque al primo ragazzo.
Guardai prima i due amici di Jasper davanti a me e poi Liam, che non mosse un muscolo e non disse una parola per difendermi. Ma, in fondo, io non avevo bisogno di nessuno che mi difendesse. Jasper voleva giocare sporco? Ero più che capace di farlo anch’io.
“Mettiamo in chiaro le cose.” Dissi, facendo qualche passo avanti e fermandomi quando i miei fianchi furono contro il bancone. “Non sono incinta e non ho nessuna malattia venerea.” Aggiunsi. “Sono tutte cose che si è inventato Olinsky per nascondere il fatto che l’ho piantato io e per non fare una figura orribile.”
“E perché tu avresti mollato uno come lui?” Domandò il primo ragazzo, cercando di rimanere serio.
Perché mi sono innamorata di un’altra persona. Pensai. Quella era la verità, quello che avrei dovuto dire.
“Oltre al fatto che è più stupido di una porta, intendi?” Domandai. “Ero veramente infastidita dalla sua scarsa igiene personale.” Aggiunsi, abbassando la voce. Non era vero, Jasper arrivava anche a farsi due docce al giorno, ma ero stata presa alla sprovvista e volevo fare qualcosa per vendicarmi di quello stronzo che andava in giro a raccontare cose false sul mio conto.
I due ragazzi mi guardarono per qualche istante, indecisi sul da farsi. Poi scoppiarono a ridere e scossero entrambi la testa.
“Jasper aveva detto che avresti detto qualunque cosa per screditarlo. Adesso dobbiamo aggiungere anche bugiarda alla lunga lista dei motivi per cui nessun ragazzo del campus dovrebbe mai uscire con te!” Esclamò il primo tra una risata e l’altra.
“Liam, questi fumetti?” Domandò il secondo. Il ragazzo, che era ancora immobile di fianco a me, sembrò svegliarsi e andò nel retro a recuperare quello che gli avevano chiesto i suoi amici.
“Eccoli.” Borbottò. “Sono quindici dollari e venti centesimi.” Aggiunse.
“Grazie, fratello!” Esclamò il secondo ragazzo, lanciando delle banconote e un paio di monetine sul pavimento dietro il bancone. “E fai raccogliere le monete alla ex di Olinsky, perché tanto ho sentito che le piace inginocchiarsi!” Aggiunse, prima di scoppiare di nuovo a ridere e uscire dalla libreria con il suo amico.
“Mary…” Mormorò Liam quando rimanemmo soli.
“Non dire una parola.” Dissi, decidendo in quel momento che avrei ignorato il mio nuovo collega per il resto dei miei giorni.
Non raccolsi le monete che erano cadute, ma mi allontanai velocemente dal bancone per rimanere da sola qualche secondo. Quella situazione mi stava sfuggendo di mano, avrei dovuto fare qualcosa prima che peggiorasse.
 
***
 
Passai il resto del pomeriggio a fantasticare su vari modi per farla pagare a Jasper e a contare i minuti che mi separavano dalla cena con Harry.
Liam aveva capito che era meglio starmi alla larga e aveva evitato di rivolgermi la parola per tutto il resto del mio turno. Mi aveva solo spiegato quello che dovevo sapere per lavorare e poi mi aveva lasciata in pace.
Ero furiosa. Avevo voglia di prendere Jasper e i suoi amici a pugni e di distruggere qualcosa. D’accordo, avevo sbagliato a usare il ragazzo per togliermi Harry dalla testa. Non avrei dovuto mettermi con lui per quel motivo. Ma eravamo stati insieme poco, era impossibile che sentisse un bisogno così immenso di vendicarsi. Quello che stava facendo non era giusto e dovevo trovare il modo di fermarlo.
“Ehi, Mary Jane!” Sentii una voce familiare chiamarmi quando uscii dalla libreria, poco prima di cena. Mi voltai e cercai di trattenere lo sbuffo che stava per partire in automatico.
“Courtney.” Borbottai, abbozzando un sorriso. Ero così infuriata che avrei voluto mandarla a quel paese, anche se lei non mi aveva fatto nulla.
“Finalmente siamo riuscite a trovarci!” Esclamò la ragazza, avvicinandosi. “Possiamo parlare? Devo davvero dirti una cosa importante.” Aggiunse.
Guardai l’orologio. Mancava mezz’ora all’appuntamento con Harry e, se avessi detto di sì, non sarei riuscita a passare dal dormitorio per cambiarmi e sistemarmi il trucco. Ma ero anche curiosa di sapere che cosa doveva dirmi Courtney di così importante, quindi decisi di cedere.
“Ho solo mezz’ora.” Risposi dopo qualche secondo. Magari quello che doveva dirmi avrebbe portato via solo poco tempo.
“Perfetto.” Disse Courtney, cominciando a camminare verso la piazza del campus. Si sedette su una panchina libera e mi indicò lo spazio di fianco a lei. La raggiunsi, scuotendo impercettibilmente la testa. Stavo passando una giornata orribile, ci mancava solo quella. Speravo davvero che qualunque cosa dovesse dirmi fosse positiva, ma ne dubitavo altamente.
“Dimmi tutto.” Dissi, osservandola. Il sole era già tramontato da un pezzo e la piazza era illuminata dalla luce artificiale dei lampioni, che si rifletteva sui cumuli di neve bianca non ancora sciolta e rendeva tutto più bianco. Courtney stava guardando un punto fisso di fronte a sé e non riuscivo a decifrare la sua espressione.
Guardai di nuovo l’orologio, sperando che si decidesse a cominciare a parlare in fretta. L’appartamento di Harry non era vicinissimo, dovevo arrivarci a piedi e faceva freddo.
“Onestamente non so da che parte iniziare.” Disse dopo un po’.
“Non ho idea di cosa tu voglia dirmi, quindi non so come aiutarti.” Risposi. Mi resi conto di essere stata forse un po’ più maleducata del previsto, ma per quella giornata avevo esaurito la mia dose di pazienza. Non era colpa sua, me ne rendevo conto, ma dopo quello che era successo con gli amici di Jasper ero infastidita da tutto.
Courtney si voltò di scatto verso di me e puntò lo sguardo sul mio, facendomi venire i brividi. La sua espressione era fredda e carica d’odio.
“Bene, volevo farti un lungo discorso su questa cosa, ma vedo che non hai la minima voglia di ascoltarmi, quindi andrò subito al sodo.” Disse. “So che stai andando a letto con mio marito.”
Mi bloccai con la bocca semiaperta e gli occhi sgranati. Avevo sempre sospettato che Courtney fosse un po’ svitata, ma non avevo immaginato fino a quel punto. Di che cosa stava parlando?
“Cosa?” Domandai, incredula. “Tuo marito?”
“Non fare la finta tonta, so benissimo che lo stai facendo. Inizialmente era solo un dubbio, ma poi ho finalmente trovato la conferma. Sai una cosa? Mi fai veramente schifo!” Esclamò Courtney.
“Courtney, non so proprio di cosa tu stia parlando. Credo che tu abbia sbagliato persona.”
“No, non ho sbagliato proprio niente.” Rispose lei. Le sue guance erano diventate più rosse e aveva gli occhi lucidi. Infilò la mano nella borsa ed estrasse delle foto, che mi lanciò in grembo.
Quando guardai la prima il mio cuore sprofondò. Si vedeva il mio viso, di profilo. Avevo gli occhi chiusi e Harry mi stava baciando il collo. Ero seduta sul suo tavolo e lui stava tenendo la mia gamba con una mano e mi stava attirando più vicina a sé con l’altra. Qualcuno aveva scattato delle foto di quel momento molto intimo all’interno dell’appartamento di Harry. Ma come avevano fatto? E da dove? Ma soprattutto, perché?
Qualcuno sapeva della mia relazione clandestina con il mio professore. Ero davvero nei guai.
Ero nel panico. Guardai gli altri scatti e le mie mani cominciarono a tremare. Stavo osservando le prove di mesi di relazione. Qualcuno ci aveva seguiti e aveva scattato delle foto e noi non ci eravamo mai accorti di nulla.
Poi ripensai alla frase che avevo appena sentito e le parole di Courtney mi colpirono come un sonoro schiaffo. “Mio marito.”
“C-cosa…” Balbettai, incapace di staccare gli occhi da quello che avevo in mano. “Tuo marito?” Domandai.
“Mio marito. Harry Styles. Il tuo professore di Scrittura Creativa, Mary Jane Watson.”
Mi sentivo come se mi avessero tolto il terreno da sotto i piedi. Ero sicura che se avessi cercato di alzarmi da quella panchina sarei caduta. Mio marito. Harry era sposato e qualcuno – anzi, non qualcuno, sua moglie – aveva scoperto della nostra relazione.
Non avevo idea di quanto tempo fosse passato da quando Courtney mi aveva dato in mano quelle foto. Alzai lo sguardo su di lei, che sembrava ancora furiosa, e cercai di formulare una frase di senso compiuto.
“Harry… Harry è tuo marito?”
“Il mio nome è Courtney Miller-Styles.” Rispose lei, mostrandomi la mano sinistra con la fede.
“No.” Dissi, scuotendo la testa. “No, no, non è vero.” Aggiunsi, alzandomi dalla panchina e indietreggiando leggermente. Non poteva essere vero. Harry viveva in un appartamento da solo. Non portava nessuna fede. Non poteva essere sposato. Non aveva senso.
“Se non ci credi perché non glielo chiedi? Così vediamo cosa ti dice. Voglio proprio sapere se ha il coraggio di negare.”
Ma certo che avrebbe negato. Non poteva dirmi che era sposato, perché non era vero.
“Io… io non so perché tu stia facendo questo, ma sappi che non è divertente.” Dissi.
“Credi che per me sia stato divertente scoprire che mio marito mi sta tradendo con una studentessa? Perché è stato devastante, te lo assicuro.” Rispose Courtney alzandosi e cercando di riprendere le foto che mi aveva mostrato poco prima. Le bloccai la mano. “Fai pure, tanto non sono di certo le uniche copie.” Aggiunse.
Scossi la testa senza dire nulla. Mi voltai e cominciai a camminare velocemente verso l’appartamento di Harry. Dovevo verificare tutto quello che mi aveva detto Courtney. Perché sapevo che era una pazza e Harry non era davvero sposato, avevo solo bisogno di sentirglielo dire. Però qualcuno ci aveva scoperti e c’erano delle nostre foto in atteggiamenti compromettenti. Eravamo fregati, dovevamo smettere di vederci.
 
***
 
Per tutta la strada dalla piazza del campus all’appartamento di Harry pensai a cosa dirgli quando mi avrebbe aperto la porta. Come avrei potuto cominciare un discorso del genere?
Ci sono delle nostre foto in giro. Hanno scoperto che stiamo insieme e una strana tizia dice di essere tua moglie. Pensai.
Ero agitata e la strada non mi era mai sembrata così lunga. Salii le scale che mi portavano al secondo piano facendo i gradini due a due.
Quando Harry aprì la porta non lo lasciai parlare. Non guardai nemmeno il suo sorriso ed evitai il suo sguardo per non perdermi nei suoi occhi come al solito.
“Sei sposato?” Domandai con il fiato corto.
E poi lo guardai. Vidi il sorriso lasciare il suo volto, i suoi occhi sgranare e il colore lasciare le sue guance. Vidi le sue mani lasciare i suoi fianchi e le sentii sulle mie spalle.
Non si era messo a ridere, come pensavo che avrebbe fatto. Non mi aveva detto “ma sei impazzita? Il freddo ti ha congelato i neuroni?” e poi mi aveva baciata.
“Mary…” Mormorò, cercando di farmi entrare nel suo appartamento. Ma io ero bloccata sulla porta, non riuscivo a muovermi.
“Sei sposato?” Domandai ancora, con il cuore in gola. Batteva così forte che riuscivo a sentirlo anche nelle orecchie.
Harry si morse il labbro e abbassò lo sguardo.
“Sì.” Rispose. Scossi la testa e tolsi le sue mani dalle mie spalle. “Ma...” Aggiunse in fretta.
“No, non ci sono ma.” Replicai, guardandolo dritto negli occhi. Ero furente. Non riuscivo a credere di essere stata presa in giro per tutti quei mesi. Da Harry, poi! Dalla persona che mi aveva dato stabilità. Dalla persona che mi aveva detto di amarmi per la prima volta. Dalla persona che pensavo di conoscere meglio di chiunque altro.
Odiavo l’idea di essere stata presa in giro per tutto quel tempo. Di aver aperto il mio cuore a una persona che, in realtà, era già sposata e mi aveva mentito. A un uomo che probabilmente era stanco della vita monotona che viveva con sua moglie e aveva bisogno di un’avventura. E quello che odiavo più di tutto era il pericolo in cui mi trovavo in quel momento. Courtney avrebbe potuto decidere di portare quelle foto al rettore dell’Università in qualsiasi momento. Avevo appena perso il mio primo amore ed ero a un passo dal perdere anche la mia borsa di studio.

 


'Sera! Oggi finalmente scopriamo chi è Courtney e qual è il segreto di Harry! Ve lo aspettavate? Come pensate che reagirà Mary Jane? Cosa succederà prossimamente?
So che venerdì mi sono dimenticata di postare lo spoiler e mi scuso. Per questa settimana mi farò un reminder sul telefono ahaha
Martedì prossimo pubblicherò il nuovo capitolo e non ho ancora molte anticipazioni, perché purtroppo sto scrivendo davvero lentamente e quindi non l'ho ancora finito e non so nemmeno se è ancora definitivo. Comunque per martedì lo finisco, promesso.
Grazie a tutte le persone che stanno seguendo la mia storia e grazie alle persone che mi lasciano sempre commenti. Alla prossima! <3

 

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Capitolo 17
*** Breeze ***




Capitolo 17 – Breeze
 
Ero combattuta. Volevo farla pagare a Harry in qualche modo, ma non avevo idea di come. L’unica cosa che sapevo con certezza era che dovevo parlare con Courtney, perché le foto che mi aveva fatto vedere avrebbero potuto farmi perdere la borsa di studio e non potevo permettere che succedesse.
“Che cosa ti ha detto?” Mi domandò immediatamente la donna. Mi fermai nella piazza del campus dove poco prima l’avevo incontrata e mi aveva rivelato un segreto che mi aveva letteralmente cambiato la vita. Fortunatamente ero sola in quel momento e Courtney non poteva vedermi dall’altra parte del telefono.
Stavo provando mille emozioni diverse, ma quella che sovrastava tutte le altre era sicuramente la rabbia. Ero furente.
“Che è sposato.” Dissi a denti stretti. Ero convinta di aver trovato il ragazzo perfetto, perché non in molti dichiaravano il proprio amore usando citazioni stampate su una maglietta. Non in molti portavano le proprie ragazze a passare il Capodanno a New York e le baciavano a mezzanotte. Non in molti le aiutavano a ritrovare la famiglia con cui non erano più in contatto. No, dovevo smettere di pensare a tutte quelle cose. Da quel momento Harry non esisteva più. Da quel momento dovevo entrare in modalità sopravvivenza e pensare solo a me stessa, e quello significava implorare la persona con cui ero al telefono.
“Beh, almeno l’ha ammesso.” Replicò Courtney. Mi sembrava quasi di sentire il sorriso nella sua voce. Era come se si stesse divertendo.
“Devi credermi quando ti dico che non ne avevo la minima idea.” Dissi. “Non… non avevo mai nemmeno sospettato che fosse sposato, se l’avessi saputo non mi sarei mai avvicinata.” Aggiunsi. Mi stavo mordendo il labbro inferiore con un’intensità tale che avevo cominciato a sentire il sapore del sangue in bocca.
“Se sei preoccupata per quelle foto, non farlo.” Replicò freddamente Courtney. “Ti credo quando mi dici che non lo sapevi, perché purtroppo non sei la prima che ci casca.”
“Cosa?” Domandai, incapace di stare zitta. Ero sicura di aver sentito bene, ma una parte della mia mente si rifiutava di capire il significato di quell’insieme di parole.
“Pensavi di essere speciale?” Mi chiese Courtney. Il suo tono era ironico, freddo e carico d’odio. “Oh, no, non sei la prima ragazzina che ha una cotta per Harry Styles e ci casca quando lui comincia a flirtare con lei. Vedi, è nella sua natura essere così. Ha sempre usato la sua professione a suo vantaggio. Prima era uno scrittore con un libro nella lista dei Best Seller del New York Times, adesso è anche un professore… Ci prova un po’ con tutte e ogni tanto qualcuna ci sta. Poi tocca a me risolvere la situazione.”
Improvvisamente mi tornò in mente il discorso che mi aveva fatto molto tempo prima. Mi aveva detto che si era trasferito a New York per inseguire il suo sogno di diventare uno scrittore, ma era dovuto tornare per risolvere dei problemi. E non mi aveva mai detto di che problemi si trattava ed io non avevo mai chiesto, perché non volevo che si sentisse obbligato a dirmi qualcosa che non voleva. Come potevo essere stata così stupida? Era sposato, si era trasferito nella Grande Mela, aveva trovato un’amante, probabilmente qualcuno come me, che lo faceva sentire vivo, e poi era dovuto tornare a St. Louis perché sua moglie aveva scoperto tutto.
“Mi dispiace.” Dissi. “Mi dispiace davvero.” Aggiunsi prima di concludere la telefonata e avviarmi verso il mio dormitorio. Courtney si era riferita a me come una situazione da risolvere. Non riuscivo a credere che quei mesi di felicità potessero essere considerati in quel modo.
Quando entrai nella stanza che condividevo con Laurel, trovai la mia amica seduta a gambe incrociate sul letto. Stava osservando il suo cellulare e aveva un sorriso enorme.
“Guarda!” Esclamò, girando lo schermo verso di me. “Liam mi ha chiesto di uscire! Ho di nuovo qualche speranza!” Aggiunse, mostrandomi il messaggio in cui il ragazzo le chiedeva se le andasse di uscire a cena insieme il giorno successivo – e aveva specificato che quella volta si sarebbe presentato.
“Wow! Sono felice per te.” Dissi, togliendo il cappotto e abbandonandolo sul mio letto.
“Non ho ancora risposto, perché non voglio sembrare disperata. Cioè, non voglio che pensi che non ho niente di meglio da fare che rispondere al suo messaggio immediatamente… però ho già anche deciso cosa metterò!” Esclamò la mia amica, felice. “Ehi, ma tu non dovevi andare a cena da Harry? Come mai sei già tornata?” Mi domandò dopo qualche secondo.
“Il professor Styles è sposato.” Risposi, recuperando il cappotto e sistemandolo sull’attaccapanni. In quel modo ero riuscita a girare le spalle alla mia amica, perché non volevo vedere la sua espressione carica di compassione.
“Sposato? Cosa vuol dire sposato?” Mi chiese Laurel. Sospirai e cercai di mantenere la calma.
“Che è il marito di qualcuno. Che, per tutto questo tempo, sono stata la sua amante senza saperlo.” Risposi, cercando di mantenere il controllo della voce. Avrei voluto tirare un pugno alla porta. Non riuscivo ad accettare di essere stata così stupida. Come avevo fatto a non avere mai nemmeno un dubbio? Certo, il fatto che vivesse in quel minuscolo appartamento non mi aveva mai fatto pensare che potesse essere sposato. E poi viveva davvero lì? O quello era solo il posto in cui andava a scrivere e a incontrare le sue amanti? Magari non ero nemmeno l’unica ragazza con cui stava in quel periodo. Avrei voluto prendere lui a pugni.
Mi ero lasciata accecare dalla sua perfezione, dalla favola che mi stava facendo vivere e avevo sbagliato.
“Ma…” Cominciò a dire Laurel.
“Ascolta, non ho voglia di parlarne in questo momento. Possiamo uscire? Ho bisogno di non pensare.” La interruppi.
“Ma certo.” Rispose la mia amica. “Sai che basta che dici una parola ed io sono già al pub. Vuoi che andiamo da sole o chiamo Rae, Val e Carmen?”
“Chiama chi vuoi.” Dissi. “Più siamo e meglio è.” Aggiunsi. Guardai lo schermo del mio telefono, che ormai era costantemente illuminato dai tentativi di chiamarmi di Harry e dai suoi messaggi. Scossi la testa. Harry, l’uomo di cui mi ero innamorata, non esisteva.
Esisteva il professor Harry Styles, invece. Insegnava Scrittura Creativa alla Washington University di St. Louis, aveva scritto due libri ed io non avevo una relazione con lui.
“Okay, Val e Rae hanno detto che ci raggiungono da Greg’s. Carmen ha detto che deve studiare, ma sospetto che non voglia ancora vedere Valentina. Stasera ci faremo raccontare tutto. Ogni distrazione è benvenuta, giusto?” Disse Laurel dopo un po’.
“Giusto.” Risposi, togliendo la suoneria al mio telefono e buttandolo nella borsa. Ero intenzionata a non guardarlo per il resto della serata. Il mio unico obiettivo era quello di concentrarmi sulle mie amiche e dimenticarmi di qualunque altra cosa.
 
***
 
Louis Tomlinson mi aveva impedito di parlare con la moglie di Harry quella sera al pub. Quella rivelazione mi sorprese mentre ero da Greg’s con le mie amiche, proprio mentre Rae stava cercando di raccontare che durante le vacanze di Natale aveva lasciato Zach. Il motivo non me lo ricordavo. O meglio, non l’avevo nemmeno ascoltato, perché mi era tornato in mente il momento in cui Louis mi aveva fatta uscire dal locale e mi aveva impedito di tornarci. Fino a quel momento avevo pensato che fosse stato un gesto carino per evitare che finissi nei guai, ma improvvisamente tutto era diventato chiaro. Louis Tomlinson non era una brava persona. Lui sapeva tutto e stava solo evitando che l’amante del suo migliore amico scoprisse che in realtà era sposato.
Non riuscivo ancora a capire perché Harry avesse tutta quella libertà, perché avesse un appartamento dove poteva stare da solo e portare le sue amanti, perché mi avesse portata a New York per Capodanno e mi avesse presentata al suo migliore amico come qualcosa in più di una semplice studentessa… avevo troppe domande e non ero nemmeno sicura di voler sentire tutte le risposte.
Dovevo fare qualcosa per liberare la mente e per dimenticarmi quello che era successo. Dovevo concentrarmi su qualcosa che mi permettesse di andare avanti e di comportarmi come se Harry non fosse mai entrato nella mia vita.
“Cosa ne pensi di quel ragazzo?” Domandai a Laurel, indicandoglielo con un dito. Era carino, completamente diverso da Harry – aveva i capelli corti e biondi, gli occhi azzurri e un’espressione gentile, buona.
“Non è brutto.” Rispose lei. “Perché?” Domandò, prima di rendersi conto del motivo per cui le avevo chiesto la sua opinione. “Mary, non credo che sia una buona idea.” Cercò di avvertirmi.
“Cosa non è una buona idea?” Domandò Rae, che nel frattempo aveva finito il suo enorme bicchiere di Coca Cola e stava cercando di consolare Valentina, che era ancora disperata per aver perso Carmen come amica.
“Andare a chiedere a quel tizio laggiù il suo numero di telefono. O il nome. O nemmeno quello, in realtà. Solo di portarmi a casa.” Risposi. Le mie amiche mi osservarono per qualche secondo.
“Ma non stavi vedendo un ragazzo poco prima delle vacanze di Natale?” Mi domandò Val con aria preoccupata.
“Oh, sì.” Dissi con finta noncuranza. “Ma è finita e ho voglia di cominciare qualcosa di nuovo.” Aggiunsi, alzandomi dallo sgabello e recuperando la mia giacca e la mia borsa.
Prima che qualcuno potesse cercare di farmi cambiare idea mi avvicinai al tavolo dov’era seduto il ragazzo che trovavo carino e provai a pensare al modo migliore per iniziare un discorso. Non ero molto brava in quel genere di cose.
“Ciao.” Dissi, decidendo che l’approccio semplice fosse il migliore. Il ragazzo smise di parlare con i suoi amici e mi osservò da capo a piedi.
“Ciao.” Rispose. Non disse nient’altro. Era evidente che aveva deciso di farmi sudare sette camicie per farmi portare a casa da lui.
“Ehm… come va?” Domandai. Mi sentivo una stupida e il fatto che tutti i suoi amici mi stessero fissando non aiutava. Ma avevo bisogno di una distrazione, perché altrimenti sarei impazzita e lui sembrava la persona giusta. Aveva l’aria di essere una persona piacevole e non mi importava se sarebbe stato un altro sbaglio. Ne avevo bisogno per dimenticare quello precedente. O almeno per distrarmi e non pensarci, perché non riuscivo a liberare la mente per un solo secondo. Harry era sempre lì ed io non facevo altro che analizzare ogni istante che avevamo passato insieme. Ogni gesto, ogni frase, ogni espressione, ogni parola.
“Bene.” Replicò il ragazzo. Si interruppe e notai che i suoi amici avevano cominciato a ridere.
“Ehi, mammina!” Esclamò uno di loro.
Roteai gli occhi al cielo, scuotendo la testa. Ignorai il commento di quell’idiota e cercai di portare avanti la mia missione.
“Sono Mary Jane, piacere di conoscerti.” Dissi, guardando il ragazzo biondo negli occhi. Lui sorrise e la sua espressione mutò completamente da quella che aveva quando l’avevo visto dall’altra parte del locale. Non era più gentile e buona, era… cattiva.
“So benissimo chi sei. E se sei venuta qui a chiedermi di uscire o qualcosa del genere… mi dispiace, ma non ho la minima voglia di avere nulla a che fare con una persona complicata come te. Non voglio prendermi malattie veneree, non voglio fare il paparino del tuo marmocchio e, soprattutto, non sei il mio tipo.” Replicò lui, facendomi sentire ancora di più una stupida. Rimasi immobile per qualche secondo, cercando di pensare a qualcosa da dire per non sembrare una completa idiota, ma non trovai nulla, così infilai la giacca e uscii dal pub velocemente. Dovevo risolvere quella situazione una volta per tutte.
 
Marciai verso la casa dei Kappa Alpha Psi e salii le scale, diretta verso la camera di Jasper. Non bussai nemmeno, spalancai la porta e mi piazzai in mezzo alla sua stanza, interrompendo il suo incontro con una ragazza.
“Ehi!” Esclamò lei, allontanandosi da Jasper e guardandomi con aria scandalizzata. “Non so se non ci vedi, ma ci stavamo baciando. Siamo occupati. Trovati un’altra stanza.” Aggiunse.
“Non ho bisogno di nessun’altra stanza. Devo parlare con Jasper.” Dissi, guardando il ragazzo negli occhi. Sul suo viso comparve un sorriso soddisfatto.
“Okay, possiamo riprendere dove siamo stati interrotti in qualsiasi momento.” Replicò lui, mandando via la ragazza dalla sua stanza. Lei sbuffò, mi lanciò un’occhiataccia e se ne andò senza dire una parola. “Oh, sapevo che questo giorno sarebbe arrivato. Ti sei finalmente resa conto che non puoi trovare un altro ragazzo e sei tornata da me? Adesso cosa farai, ti metterai in ginocchio e mi pregherai di tornare con te?” Domandò. “Perché se hai proprio intenzione di metterti in ginocchio, ho in mente un’altra cosa più divertente che potresti fare.” Aggiunse.
“Non sono qui per fare nessuna delle due cose.” Risposi a denti stretti. “Sono venuta qui solo per sapere che cosa vuoi da me. Cosa vuoi per smettere di tormentarmi e di mettere in giro voci false?” Chiesi.
Lui sembrò disorientato per pochi secondi, poi riprese il sorriso soddisfatto che si era dipinto sul suo viso quando mi aveva vista.
“Aww, sei stanca di sentirti osservata? Di sapere che tutti stanno parlando di te?” Aveva assunto un tono ironico e canzonatorio che odiavo. Volevo eliminare la distanza tra di noi con un paio di passi e colpirlo in pieno viso.
“Sono stanca di sentire menzogne su di me.” Risposi pazientemente. “Avanti, dimmi cosa vuoi per smettere.” Lo incitai.
Jasper si sistemò sul letto. Stava indossando solo un paio di jeans, la maglietta era stata abbandonata per terra, probabilmente lanciata dalla ragazza che stava baciando quando ero entrata.
“Dimmi con chi mi hai tradito e perché e la smetterò.”
Mi fermai a riflettere. Non potevo ammettere di averlo tradito e questa volta la mia decisione non era dettata dalla volontà di proteggere Harry. Dovevo proteggere me stessa per due semplici motivi: se avessi detto a Jasper che l’avevo tradito sul serio non mi avrebbe mai perdonata e non avrebbe mai smesso di tormentarmi. E, soprattutto, avrebbe continuato a cercare di scoprire l’identità della persona con cui l’avevo tradito e non potevo permettere che succedesse. Non volevo perdere la borsa di studio e il mio posto all’università per uno stupido errore. Perché Harry Styles era stato quello: uno stupido errore, una mancanza di giudizio.
“Okay, parliamo seriamente.” Dissi, sospirando. Dovevo inventarmi qualcosa e in fretta.
“D’accordo, ti ascolto.” Replicò lui.
“Non ti ho tradito con nessuno. Vuoi sapere perché ti ho lasciato?” Domandai, facendo una pausa per prendere ulteriore tempo. Lui annuì, ma non disse nulla. “Perché sono una persona fredda, sono incapace di provare sentimenti e pensavo di potermi innamorare di te, pensavo che tu fossi la persona giusta, ma mi sbagliavo. Sono fatta così e non volevo che tu soffrissi per colpa mia, perché sono strana, perché non sono normale.” Dissi tutto d’un fiato.
Abbassai lo sguardo e lo puntai sul pavimento, cercando di impedire alla mia mente di ricordarmi che ero in grado di provare sentimenti, di innamorarmi. Volevo smettere di pensare al fuoco che sentivo nel cuore ogni volta che ero con Harry, ogni volta che lui mi toccava o anche solo quando pensavo a lui. Dovevo mettere tutto quello che era successo alle mie spalle e andare avanti. Non potevo permettere che quel momento di debolezza mi definisse e mi distruggesse.
Jasper cominciò a parlare e pregai con tutte le mie forze perché mi avesse creduto.
“Quindi vuoi dirmi che non mi hai tradito con nessuno ma mi hai lasciato perché non sei capace di amare?”
Annuii senza dire nulla. Avevo paura di dire qualcosa che gli facesse capire che stavo mentendo.
“Mi hai lasciato per me. Per non farmi soffrire.” Lo sentii mormorare. “Non riesco a capire se mi stai prendendo per il culo o se sei seria.”
“Sono serissima.” Dissi. “Sono sempre stata così, non mi sono mai innamorata.” Mentii di nuovo. Sentii una stretta al cuore, come se il mio corpo volesse punirmi per quello che avevo appena detto. Come se volesse ricordarmi che, in realtà, mi ero innamorata pochi mesi prima e che, probabilmente, lo ero ancora.
“Lasciami del tempo per pensarci.”
“Puoi continuare a dire che mi hai lasciato tu, se vuoi. Ma ti prego, smetti di dire che sono incinta, che ho malattie veneree e qualsiasi altra cosa stai dicendo. Devo vivere qui, devo studiare…” Dissi, interrompendomi quando la mia voce si spezzò.
“Lasciami del tempo per pensarci.” Replicò lui. “Devo riflettere su quello che mi hai detto, non so ancora se ti credo o no.”
“Okay.” Risposi, arrendendomi al fatto che avevo fatto tutto quello che potevo per risolvere quella situazione. Dovevo affidarmi completamente al suo giudizio e alla sua coscienza. Non sapevo se avrebbe smesso di mettere in giro voci false, ma dovevo sperare che lo facesse.
 
***
 
C’era solo una cosa che volevo fare in quel momento ed era parlare con qualcuno che potesse aiutarmi a capire come comportarmi da quel momento in poi. Con qualcuno che potesse consigliarmi e guidarmi. Con un genitore.
E mia madre era stata una figura importante nella mia vita, perché aveva fatto la mia insegnante a casa fino alla prima media, quando avevo deciso di provare a scoprire cosa ci fosse oltre al nostro modo di vivere. Volevo provare ad andare in una scuola vera, volevo conoscere persone della mia età, confrontarmi con altre realtà. Lei non l’aveva presa benissimo, ma alla fine si era rassegnata e aveva accettato, così mi ero iscritta a una scuola media di Shreveport, in Louisiana. Quella era la città in cui abitavamo quell’anno ed era anche la città che mi aveva segnata profondamente, perché avevo scoperto che solo una piccola percentuale della popolazione viveva come noi, viaggiando spesso e trovando rifugio in comunità hippie.
Mia madre rispose dopo innumerevoli squilli. Scossi la testa, trattenendo uno sbuffo. Era stata una battaglia farle comprare un cellulare, perché non voleva diventare schiava di un oggetto che le avrebbe rovinato la salute con le radiazioni e l’energia negativa che emanava. Aveva borbottato per settimane, finché aveva ceduto perché aveva capito che quello sarebbe stato l’unico modo per tenersi in contatto con me quando sarei andata all’università.
“Mary Jane, cara, quanto tempo!” Esclamò mia madre quando sentì la mia voce.
“Già.” Dissi. Erano mesi che non la chiamavo, esattamente da quando aveva deciso di partire per Las Vegas ed io mi ero trasferita alla Washington University.
“Va tutto bene, tesoro? Capto dell’energia negativa. Sono quasi del tutto sicura che la tua aura sarebbe grigia, se solo potessi vederti. Cos’è successo?”
Roteai gli occhi al cielo, felice che invece non potesse vedermi, altrimenti avrei sentito una lezione di almeno tre quarti d’ora sul colore della mia aura. Mia madre era fissata con quelle cose e, sin da quando ero piccola, aveva cominciato a capire cosa stavo provando a seconda dei colori che diceva di vedere intorno a me.
“Probabilmente è nera.” Mormorai quasi più a me stessa.
“Non dire così, Mary Jane. Mi fai preoccupare. Sei malata? Devo salire in auto e cominciare a guidare fino a St. Louis?” Domandò la donna.
“No. No, non sono malata. Sono solo arrabbiata e delusa.” Dissi.
“Racconta tutto a mamma Breeze.” Replicò lei. Quello era il nome che aveva scelto quando aveva cominciato a frequentare la comunità hippie. Aveva abbandonato Annalise, dicendo che l’avevano scelto i suoi genitori e non era il suo nome, e aveva optato per qualcosa che la rappresentasse di più. Breeze, come la brezza in continuo movimento che la porta alla ricerca di nuove avventure.
“Mi sono innamorata di un uomo che mi ha mentito per tutto il tempo, perché è già sposato e non me l’aveva mai detto.” Dissi, omettendo tutto il resto. Non c’era bisogno che mia madre sapesse anche di quello che stavo passando grazie a Jasper o del fatto che avrei potuto perdere la borsa di studio perché l’uomo in questione era un mio professore. “E adesso sono arrabbiata, mamma. Perché non sono riuscita a capire che mi stava ingannando e perché era tutto perfetto ed è finito troppo in fretta. È che non so come comportarmi, non so cosa fare di tutta questa rabbia.” Aggiunsi. Mi ero seduta sui gradini che portavano al dormitorio e faceva freddo, ma non volevo tornare nella mia stanza. Non ancora.
“Certe persone non sono portate per la monogamia, tesoro. Se sei innamorata di lui perché non continui a vederlo?” Mi domandò semplicemente. Rimasi senza parole per un po’.
“Perché è sposato, mamma. Perché un’altra donna sta soffrendo per quello che è successo e perché mi ha mentito per mesi. Non mi ha mai detto di essere sposato.” Replicai, incredula. “Se tu scoprissi che papà sta frequentando un’altra persona cosa faresti?”
“È difficile che succeda, perché noi siamo monogami. Lo siamo sempre stati.” Disse. Scossi la testa, ma non risposi. “Mary Jane, sei sicura che vuoi continuare su questa strada? Sei sicura di voler vivere per tutta la tua vita in un posto solo? Papà ed io tra qualche giorno ci trasferiamo a Sedona, dove frequenteremo un corso per imparare il Reiki. Dovresti unirti a noi. Io so che questa è la tua strada.”
“No, mamma, non voglio imparare il Reiki in Arizona.” Replicai. Ero frustrata, perché avevo chiamato mia madre per sentirmi confortata, per avere un aiuto e lei mi aveva solo detto di continuare a frequentare Harry anche se era sposato o, in alternativa, di trasferirmi di nuovo insieme a lei e a mio padre per frequentare un corso di qualche altro strano tipo di pratica spirituale terapeutica. “Ho conosciuto i nonni.” Aggiunsi dopo qualche minuto di silenzio.
“Cosa?” La sentii domandare.
“Ho conosciuto i nonni, sono andata a trovarli a Springfield. Ho passato da loro qualche giorno dopo Natale e ho conosciuto anche gli zii e i cugini. Sai, mi hanno fatto vedere la tua vecchia camera da letto e ho trovato i trofei di quando andavi a scuola ed eri una cheerleader ed eri nel club di scrittura.” Aggiunsi. Non volevo iniziare quel discorso in un momento del genere, quando ero nervosa per un altro motivo, ma ero così irritata da cercare di litigare anche con mia madre.
“Non penso che tu mi abbia chiamata per parlare di questo.” Disse, improvvisamente sulla difensiva.
“Volevo un consiglio su come affrontare quello che sto passando, ma volevo anche sapere perché mi hai tenuto nascosta questa parte della mia vita. Ho un’intera famiglia e tu…
“Quella non è una famiglia.” Mi interruppe mia madre. “Il destino ha solo voluto che nascessi da Mia e Michael Bailey, ma la mia vera famiglia è quella che ho conosciuto durante i miei viaggi. Quella che ho scelto.”
“Perché?” Domandai. “Che cos’è successo? Perché te ne sei andata e sei cambiata così tanto?” Chiesi ancora.
“Non è il momento adatto per parlarne, Mary Jane. Forse lo faremo di persona, e non certo quando la tua aura è così scura e la tua energia così negativa.” Disse lei, interrompendo la chiamata. Rimasi a fissare il telefono per parecchi minuti, incredula.
Mia madre era una persona amichevole, pacifica e con cui si poteva parlare. Diventava così solo quando si parlava della sua famiglia. Che cos’era successo tra lei e i suoi genitori? I miei nonni non mi avevano detto nulla quando ero andata a trovarli a Springfield. Mi avevano solo raccontato aneddoti divertenti sulla sua vita, ma nessuno aveva mai nominato il motivo per cui c’era così tanta distanza tra loro.
Con la mente occupata da mille pensieri – se avessi dovuto fare una stima, avrei detto che il venti percento di loro era su mia madre, il dieci su Jasper e il restante settanta su Harry e quello che era successo – mi alzai dai gradini e mi avviai verso la stanza che condividevo con la mia migliore amica. Avevo le mani ghiacciate e mi facevano male le dita per il freddo.
Percorsi velocemente il corridoio, non vedevo l’ora di fare una doccia bollente per riscaldarmi.
La prima cosa che vidi quando aprii la porta della mia stanza fu Laurel, che mi rivolse un’espressione di puro panico.
“Ho cercato di mandarlo via…” Disse. Poi spostai lo sguardo e vidi Harry seduto sul mio letto. Il mio cuore sprofondò più o meno all’altezza dello stomaco e cominciò a battere velocemente.
“Sei impazzito?” Domandai.

 


Continuano le avventure (o, in questo caso, le disavventure) di Mary Jane! Dopo aver scoperto che Harry è sposato ha telefonato a Courtney per implorarla di non mandare quelle foto a nessuno. Poi ha cercato di dimenticarlo con un altro ragazzo, ma la cosa non è andata come voleva, quindi è andata ad affrontare Jasper. Infine finalmente Mary Jane ha deciso di telefonare a sua madre per avere qualche consiglio, ma anche questa cosa non è andata come voleva e si è anche ritrovata Harry nel dormitorio.
Cosa vorrà dirle lui? E lei sarà disposta ad ascoltarlo? Jasper avrà creduto a quello che si è inventata MJ per farlo smettere di tormentarla? Tante, tantissime domande, ma prometto che martedì prossimo avremo qualche risposta!
Venerdì non so se riuscirò a pubblicare lo spoiler, perché al momento ho solo una ventina di righe del nuovo capitolo e non so nemmeno come farò a finirlo in sette giorni, ma ce la farò. Vi prometto che non vi lascio senza!
Grazie per essere passati, per aver letto e per avermi lasciato un commento! E grazie anche alle persone che leggono "in silenzio", perché io ringrazio sempre chi mi lascia i commenti (perché ormai è come se li conoscessi), ma voglio che sappiate che per me siete tutti super importanti! Quindi grazie ancora e a martedì prossimo. Spero che questo capitolo vi piaccia!
Un bacione!

 

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Capitolo 18
*** Have a Cuppa With Me ***




Capitolo 18 – Have A Cuppa With Me
 
Harry doveva aver perso completamente la ragione per essersi presentato nel mio dormitorio a quasi mezzanotte dopo che sua moglie aveva scoperto della nostra relazione e mi aveva mostrato delle foto che ci ritraevano insieme. Era l’unica cosa che aveva senso, perché altrimenti non mi spiegavo come avesse anche solo pensato di venire a cercarmi dopo che avevo scoperto che mi aveva mentito per mesi ed era sposato.
“Ho bisogno di parlarti.” Disse lui, alzandosi e camminando verso di me. Posò una mano sul mio braccio e provai quell’ormai familiare scossa elettrica che partiva dal punto in cui mi aveva toccata e si espandeva in tutto il mio corpo. Succedeva sempre ed era una delle cose che amavo di più al mondo. In quel momento, però, la odiavo e volevo disperatamente che smettesse di succedere.
“Non c’è niente da dire, Harry.” Dissi, indietreggiando. Lanciai un’occhiata a Laurel, che sembrava estremamente imbarazzata e stava cercando di nascondersi nell’angolo più lontano della stanza.
“Invece ci sono tante cose.” Replicò lui.
“Questo non è né il momento, né il luogo per farlo.” Dissi, distogliendo lo sguardo. Non sopportavo la sua espressione disperata. Io ero furiosa con lui, ma non potevo permettermi di guardarlo negli occhi, perché sapevo che avrei ceduto e l’avrei ascoltato.
Harry guardò Laurel, che aveva messo un paio di auricolari e stava ascoltando musica a volume particolarmente alto per non origliare la nostra conversazione.
“Domani.” Disse, prendendomi le mani nelle sue. Provai un brivido lungo la schiena – e cercai di dare la colpa al calore della sua pelle che era in netto contrasto con il freddo della mia – e le ritrassi. Non volevo che mi toccasse. “Dimmi che domani verrai nel mio appartamento e mi permetterai di parlarti.”
“Vai a casa.” Replicai, senza promettere che l’avrei ascoltato. In realtà non volevo proprio che mi parlasse. Non volevo rischiare che la sua spiegazione mi convincesse a tornare con lui, perché non ero quel tipo di persona. Non ero il tipo di ragazza che frequentava un uomo sposato.
“Dimmi che verrai.” Ripeté lui, senza spostarsi di un passo. Alzai gli occhi al cielo e poi guardai la mia amica che, anche se stava ascoltando la musica, stava controllando che tutto fosse a posto.
“No, Harry. Non verrò.” Risposi, abbassando lo sguardo per non vedere la sua espressione. “Sei sposato, mi hai mentito ed è tutto quello che mi serve sapere. Per me è finita.” Aggiunsi, costringendomi a pronunciare quelle parole.
 
***
 
“Dannazione.” Mormorai, cercando di scaldarmi le mani mentre guardavo le finestre del secondo piano del palazzo di Harry. Non volevo essere lì. Non volevo più pensare a lui e non volevo che la mia vita ruotasse completamente intorno a quello che era successo, ma era stato più forte di me. Era stato come se le mie gambe avessero cominciato a muoversi da sole e mi avessero portata davanti a quello stupido palazzo.
Guardai l’orologio. Erano le quattro e venti di pomeriggio e avevo già resistito troppo tempo senza alcuna risposta. Per quanto continuassi a cercare di convincermi che non volevo ascoltare la sua spiegazione, la mia mente continuava a formulare nuove domande.
Suonai brevemente il citofono, sperando che Harry non fosse in casa e che in quel modo avrei deciso di tornare nel mio dormitorio ad aiutare Laurel a prepararsi per l’appuntamento con Liam. Invece pochi istanti dopo sentii la sua voce, con una sfumatura metallica, rispondere.
“Chi è?” Sembrava quasi agitato.
“Mary Jane.” Risposi semplicemente. Harry non disse nulla, ma sentii il portone aprirsi e, imprecando, lo aprii e mi avviai verso il secondo piano.
 
Avevo iniziato a odiare quel palazzo. Le scale erano buie, c’era sempre un leggero odore di muffa e il portone era decisamente troppo pesante. Odiavo lo zerbino dell’appartamento di Harry, perché era troppo marrone ed io odiavo gli zerbini in tinta unita. Ma soprattutto, detestavo il proprietario dell’appartamento, quello che mi stava guardando con gli occhi sgranati pieni di speranza e, probabilmente, di colpevolezza.
Non ne ero sicura, però, perché stavo facendo il possibile per evitare il suo sguardo.
“Di chi è questo appartamento? Di qualche amico? Te lo presta per farti stare da solo con le tue amanti?” Domandai senza nemmeno salutarlo. Avevo passato la notte insonne ad analizzare tutto quello che era successo da quando avevo conosciuto Harry al momento in cui Courtney mi aveva detto di essere sua moglie. Ero arrivata alla conclusione che quella fosse la casa di Tomlinson.
“È mio.” Rispose lui, facendomi entrare e chiudendo la porta alle nostre spalle. Guardai di sfuggita il divano, dove volevo sedermi, e poi cambiai idea, perché non c’era posto in quella casa in cui non avevo ricordi positivi del tempo che avevo passato con Harry. Ricordi che, in quel momento, sembravano voler bruciare un buco nel mio cuore.
Scossi la testa e finalmente mi decisi a spostare il mio sguardo su di lui. Era così bello che faceva quasi male a guardarlo e odiavo il fatto che fosse tutto finito. In effetti dovevo ammettere che una parte di me sospettava dall’inizio che ci fosse qualcosa di sbagliato. Nessun uomo era così perfetto. Ero stata una stupida a non chiedermi prima che difetto avesse.
“Come fai a vivere qui da solo se sei sposato?” Domandai, sentendo una stretta allo stomaco quando pronunciai quella parola ad alta voce.
Improvvisamente quello che stavo facendo mi sembrò una pessima idea. Perché avrei dovuto soffrire ulteriormente ascoltando le sue spiegazioni? E se la realtà fosse stata peggiore di quello che avevo immaginato?
“Vivo qui perché…” Cominciò a dire lui, ma io alzai una mano e lo interruppi.
“Sai una cosa?” Dissi. “Non voglio saperlo.” Aggiunsi e mi voltai per raggiungere la porta. Non riuscii ad aprirla, perché sentii la mano di Harry sul mio polso e il mio cuore cominciò a battere all’impazzata.
Mi bloccai e permisi che mi raggiungesse. Sentivo la sua presenza alle mie spalle, a pochissimi centimetri da me. Sentivo il suo respiro sul mio collo e la sua dannata mano sembrava essere stata creata per chiudersi intorno al mio polso. Chiusi gli occhi e cercai di regolarizzare il mio respiro, ma Harry si avvicinò ulteriormente al mio viso e sentii le sue labbra cercare la mia pelle.
Deglutii, ma non mi opposi. La sensazione era troppo intensa, troppo piacevole.
“Mary, io ti amo.” Sussurrò nel mio orecchio. Mi voltai verso di lui e lo abbracciai stretto. Avevo paura che se l’avessi lasciato andare si sarebbe dissolto nel nulla.
Le lacrime cominciarono a rotolare sulle mie guance e mi sembrava di avere un macigno nel petto, all’altezza del cuore. Mi morsi il labbro e deglutii.
“Stai zitto e spogliati.” Ordinai, cercando di mantenere la mia voce ferma e fredda.
Harry mi osservò per pochi secondi, prima di togliersi la camicia e di baciarmi. Risposi con foga, con urgenza, intrecciando le mani tra i suoi capelli e attirandolo più vicino a me. Volevo che diventassimo una cosa sola per l’ultima volta. Volevo disperatamente essere sua e, magari, riuscire a dimenticarmi di tutto il resto del mondo per un po’ di tempo.
Lui cominciò a indietreggiare, portandomi con sé, e ci fermammo solo quando raggiungemmo il tavolo della cucina. Poi mi tornò tutto in mente. La finestra. Le foto. Courtney.
“No.” Mormorai, allontanandomi. “No, Harry. È sbagliato.” Dissi. “È sbagliato.” Ripetei.
“Mary, se solo tu mi lasciassi parlare.” Replicò lui.
“Non c’è nulla da dire. Quello che stiamo facendo è sbagliato per mille motivi.” Dissi, prima di uscire e di richiudere la porta alle mie spalle. Mi appoggiai alla parete e posai un dito sulle mie labbra. Dovevo cominciare ad abituarmi all’assenza di quelle di Harry sulle mie. Dovevo dimenticare la sensazione che provavo quando lui mi baciava. Dovevo dimenticare lui.
 
***
 
A Laurel bastò un’occhiata al mio viso per capire che le cose non erano andate bene.
“Chiamo Liam e rimando l’appuntamento.” Disse, prendendo il telefono.
“Non osare.” Replicai. “Hai aspettato mesi e adesso non rimanderai per colpa mia.”
“Ma non posso uscire se so che stai così.” Ribatté la mia amica, sbloccando lo schermo del suo iPhone. Lo rubai dalle sue mani, lanciando un’occhiata allo schermo e notando una foto che avevamo scattato insieme al pub come sfondo, e lo misi dietro la schiena.
“Non se ne parla. Io sto benissimo. Questa sera ne approfitto per scrivere e per far sbollire la rabbia.” Risposi. Laurel scosse la testa.
“Se lo dici tu.” Mormorò. “Hai deciso di continuare il tuo romanzo anche…” Cominciò a dire, ma lasciò la frase incompleta.
“Sì.” Dissi. “Mi piace la storia che sto scrivendo. Troverò un'altra persona che mi aiuterà a correggere il testo. Non ho bisogno di Harry Styles.” Aggiunsi più per convincere me stessa che per altro.
“D’accordo.” Rispose dopo un po’ Laurel. Sapeva che non avrebbe avuto senso discutere con me, perché non avrei cambiato idea. Non le avrei mai permesso di rimandare l’appuntamento che sognava da mesi per colpa mia. “Allora alza il culo e aiutami a sistemare questi capelli, perché non posso permettere che Liam mi veda così.” Disse, facendomi scoppiare a ridere.
 
***
 
Provai a concentrarmi in qualsiasi modo – meditando, ascoltando la musica altissima nella speranza che riuscisse a coprire il suono dei miei pensieri e guardando un punto fisso per almeno dieci minuti – e quando non funzionò nulla e non riuscii a scrivere nemmeno una parola, decisi di passare alle distrazioni.
Andai su Netflix per guardare un film, ma il protagonista mi ricordò troppo Harry e dovetti cambiare titolo. Ne iniziai quattro diversi, ma alla fine dovetti rinunciare, perché ognuno di loro mi ricordava il professore in qualche modo. Rimasi a fissare per dieci minuti buoni lo sfondo sul mio computer, una foto che ritraeva Harry e me a New York a Times Square mentre aspettavamo l’inizio dell’anno nuovo. Dopo quella che mi sembrò un’infinità di tempo decisi di cambiare l’immagine con una molto più impersonale – un leone che guardava all’orizzonte – e spensi il computer. Avevo bisogno di aria fresca, dovevo camminare.
 
L’aria non era esattamente fresca. Era gelida. Avevo dimenticato i guanti nel dormitorio, ma non avevo la minima voglia di tornare a prenderli, perché mi ero accorta di non riuscire nemmeno più a guardare il mio letto, che mi ricordava la prima volta che ero stata con Harry, quando lui si era presentato nella mia stanza dopo il bacio nel suo ufficio.
La mia mente non riusciva a distrarsi per un solo secondo dal ricordo delle sue labbra sulle mie poco prima nel suo appartamento, dalla sensazione di stare tra le sue braccia, dal profumo dei suoi capelli, dall’espressione dei suoi occhi quando gli avevo detto di stare zitto e di spogliarsi. Era lui quello che aveva rovinato tutto. Era lui quello che aveva mentito e non mi aveva detto di essere sposato. Era colpa sua se era finito tutto, allora perché mi sentivo così in colpa? Perché non riuscivo a smettere di pensare a lui?
Cominciai a camminare più velocemente per scaldarmi e mi ritrovai nella piazza del campus, dove c’erano pochi studenti che stavano tornando nei dormitori. Non mi ero resa conto nemmeno dell’ora. Probabilmente avrei dovuto tornare indietro anch’io, ma non riuscivo a costringere le mie gambe a fare quel tratto di strada.
Una coppia, dall’altra parte della piazza, si fermò in mezzo alla strada. La ragazza saltò letteralmente in braccio al ragazzo e cominciarono a baciarsi. Mi bloccai, incapace di guardare da un’altra parte.
“Signorina Wats… ehm, Mary Jane?” Sentii la voce di Tomlinson dietro di me. Sussultai, perché non l’avevo sentito arrivare, poi mi voltai verso di lui. Stava cercando di sorridere, ma appena vide la mia espressione, tornò serio.
“È tardi, fa freddo e sei in giro da sola. Vieni con me, ti offro una tazza di tè caldo e parliamo.”
“Non ho niente da dirle, professore.” Dissi a denti stretti. Sentivo il gelo anche nelle ossa.
“Non fare la bambina.” Mi rimproverò lui. Avevo dimenticato che Tomlinson non aveva peli sulla lingua. Lui diceva sempre le cose come stavano e spesso non si preoccupava nemmeno di essere educato a riguardo. Mi stavo comportando in modo infantile e lo sapevo benissimo. Avevo diciannove anni, quasi venti. Dovevo crescere.
“L’offerta del tè è ancora valida?” Domandai, abbassando lo sguardo.
“Certo. Vieni con me.” Replicò l’uomo, facendo strada. Camminammo in silenzio per pochi minuti, poi raggiungemmo un vicolo poco lontano dalla piazza e Tomlinson mi fece accomodare sulla sua auto.
“Che cosa fai qui a quest’ora?” Chiesi. La sua auto profumava di arancia e cannella e il professore aveva avviato il motore e acceso il riscaldamento per aiutare a scaldarmi.
“Preparare uno spettacolo è complicato. Richiede ore e ore di lavoro e, come al solito, sono l’unico che ci tiene davvero e a cui non interessa fare straordinari. Zayn mi ha aiutato fino a un certo punto, ma poi è scappato a casa da Perrie.” Replicò Louis, scuotendo la testa. Non avevo idea di chi fosse Perrie, ma le mie amiche avevano detto che il professor Malik era sposato, quindi, probabilmente, si trattava di sua moglie. Odiavo quella parola.
“Immagino che avrai tante domande.” Disse Louis dopo un po’.
“Sono confusa.” Ammisi. “E non sono nemmeno sicura di volere le risposte, perché… perché ho paura che la realtà sia peggiore di quello che ho immaginato.” Mormorai.
“Allora per il momento ci accontenteremo di scaldarti con una tazza di tè, d’accordo? Non dobbiamo nemmeno parlare.” Propose il professore.
Scossi la testa, sicura che nel buio non riuscisse a vedere quel gesto.
“Non voglio che tu ti senta obbligato a prenderti cura di me perché ho avuto una storia con un tuo amico. Non sono una tua responsabilità.” Dissi.
“Lo so.” Replicò Tomlinson, spostando lo sguardo dalla strada per pochi istanti. “Non preoccuparti, non mi sento obbligato a fare nulla.” Aggiunse. Poi rimanemmo in silenzio per tutto il resto del tragitto. Avevo sempre pensato che Louis fosse una persona orribile – prima perché Laurel mi aveva raccontato come si comportava a lezione e poi perché mi ero resa conto che aveva aiutato il suo amico a mentirmi per tutto quel tempo – ma, forse, mi sbagliavo. A meno che non stesse cercando di portarmi a casa per assassinarmi, certo.
 
***
 
“Devi sapere che sono un po’ snob quando si tratta di tè.” Cominciò a dire Louis quando arrivammo nel suo appartamento. Mi fece togliere il cappotto e lo appese all’ingresso, di fianco al suo. “Bevo solo Yorkshire, lo faccio arrivare dall’Inghilterra” Aggiunse.
“Non mi sembra che tu sia snob solo per quanto riguarda il tuo tè.” Dissi, osservando le pareti ricche di riproduzioni di quadri famosi e locandine di spettacoli teatrali. Il suo appartamento era completamente diverso da quello di Harry. Era pieno di mobili ricercati, tappeti eleganti e accessori elettronici di ultima generazione. Sembrava di entrare in un’esposizione di un negozio di lusso.
“Mi hai beccato.” Replicò l’uomo, affaccendandosi in cucina. “Mi piace circondarmi di cose belle.”
Non dissi più nulla e cominciai a guardarmi intorno mentre lui preparava il tè. Osservai i quadri, le locandine, i libri che c’erano nella sua libreria – tra i volumi spiccava una grande sezione dedicata solo a Shakespeare – e poi mi accomodai al tavolo della sala da pranzo. Notai una cornice con una foto, sulla credenza. Eleanor stava baciando la guancia del professore e lui stava sorridendo alla macchina fotografica. Non l’avevo mai visto così felice. Quindi ci teneva a quella ragazza. Non era solo la persona con cui si divertiva quando andava a New York ed entrambi erano single. Dovevo ricordarmi di chiedergli qualcosa a riguardo.
Louis mi porse la tazza di tè e si sedette di fronte a me, in attesa. Era come se sapesse che prima o poi gli avrei fatto quella domanda.
“Tu sapevi tutto?” Dissi, quando finalmente cominciai a sentirmi come se sarei esplosa se non l’avessi chiesto.
Tomlinson prese del tempo e sorseggiò il suo tè, poi annuì.
“Sapevo della situazione di Harry, ma non sono mai stato la persona giusta per parlartene.” Replicò. “E, anche adesso, credo che debba spiegarti tutto lui.”
“Quindi sapevi benissimo che sua moglie sospettava che…” Mi bloccai, incapace di finire la frase. Sentivo già un lieve dolore allo stomaco, che era spuntato quando avevo pronunciato ad alta voce la parola “moglie”. In quel momento giurai a me stessa che non l’avrei mai più usata in tutta la mia vita. Avevo voglia di creare e firmare una petizione per farla rimuovere dal vocabolario.
“No.” Mi sorprese Louis. “Non immaginavo che sospettasse qualcosa, ma quando ti ho vista parlare con lei in quel pub sono andato nel panico e ti ho allontanata. Non volevo che lo scoprisse.”
“O non volevi che io scoprissi che Harry è sposato?” Domandai ancora, incapace di trattenermi.
“Sapevo che prima o poi ti avrebbe parlato della sua situazione e, come ti ho detto poco fa, non sono la persona adatta a raccontarti tutto.” Replicò. Era tranquillo e anche abbastanza educato, il che era in netto contrasto con l’immagine che avevano tutti di lui. Con l’immagine di se stesso che proiettava ai suoi studenti durante le sue lezioni. Louis Tomlinson era famoso per essere cattivo, maleducato e isterico.
“Louis, in che situazione orrenda mi sono cacciata?” Chiesi dopo qualche minuto di silenzio.
“Credimi, non è così grave come pensi.” Rispose l’uomo. “Vuoi che chiamo Harry e lo faccio venire qui, così potete parlarne?”
“No.” Risposi velocemente. “No, non penso di essere pronta.” Aggiunsi, scuotendo la testa. Mi bastò un’occhiata di Louis, che sembrava volesse ricordarmi di non fare la bambina, per cambiare idea. “D’accordo, chiamalo.”
 
Harry arrivò pochi minuti dopo e quando Louis aprì la porta vidi che aveva il respiro affannato. Aveva corso dal suo appartamento fino a quello di Tomlinson?
“Ho fatto gli scalini due a due.” Lo sentii mormorare. Tomlinson gli tirò un’amichevole pacca sulla spalla e gli rivolse un mezzo sorriso.
Rimasi seduta al tavolo, con la tazza di tè ormai finito tra le mani. Ero davvero pronta ad ascoltare la sua spiegazione? Sospettavo fortemente di non esserlo.
“Ciao, Mary.” Mi salutò lui, entrando in sala da pranzo dopo aver ringraziato Louis a bassa voce. Il proprietario dell’appartamento annuì e sparì dietro una porta di legno scuro, probabilmente quella della sua camera da letto.
“Ciao.” Dissi, tenendo lo sguardo risolutamente basso.
“Posso sedermi?” Mi domandò Harry. Non mi piaceva la sensazione di imbarazzo che si era creata tra di noi. Eravamo abituati a parlare di qualsiasi cosa e in quel momento era difficile anche salutarsi.
“Okay.” Mormorai, indicando vagamente la sedia su cui, fino a pochi minuti prima, era seduto Louis.
“Vuoi… vuoi che parlo io oppure vuoi farmi delle domande?” La voce di Harry era quasi ridotta a un sussurro e parlava ancora più lentamente del solito. Deglutii e cercai di chiarire le idee. Volevo che mi raccontasse quello che voleva lui, a ruota libera, oppure volevo che rispondesse alle mie domande specifiche?
“Ti ascolto.” Dissi dopo qualche minuto di silenzio. Ero così nervosa e agitata che non riuscivo nemmeno a comporre frasi di senso compiuto nella mia mente. Figuriamoci ad alta voce.
“D’accordo.” Replicò lui, annuendo. Sembrava davvero a disagio, non l’avevo mai visto in quello stato. “Ho conosciuto Courtney all’università. Lei frequentava il secondo anno di Economia, io il terzo di Letteratura e Scrittura Creativa.” Cominciò a raccontare.
“Eravamo entrambi molto giovani ed io ero stupido e romantico. Ci siamo sposati mentre frequentavamo ancora l’università, dopo sette mesi di fidanzamento. È stato chiaro quasi da subito che non eravamo fatti l’uno per l’altra. Quando siamo andati a vivere insieme abbiamo iniziato a litigare su qualunque cosa. Ma sai, ormai eravamo sposati ed io volevo provare a farla funzionare. Volevo impegnarmi sul serio, perché non volevo ammettere che il mio matrimonio fosse finito così presto.”
“E quindi perché non hai chiesto il divorzio?” Chiesi. Volevo trattenermi e stare zitta fino alla fine del racconto, ma non ero riuscita. Harry aveva alzato lo sguardo e mi aveva guardata a lungo, con un’espressione triste.
“All’inizio pensavo che le cose non andavano bene perché eravamo entrambi molto occupati con l’università, così ho pensato di aspettare che ci laureassimo tutti e due. Poi ho avuto l’opportunità di trasferirmi a New York subito dopo la fine delle lezioni, mentre lei stava frequentando l’ultimo anno e doveva laurearsi, e ho aspettato ancora.”
“E ti sei trovato un’amante e lei l’ha scoperto, giusto?”
Harry sembrò confuso.
“Cosa? No. No, non ho mai tradito Courtney, prima di innamorarmi di te.” Rispose. Provai una stretta al cuore a quelle parole, ma cercai di ignorarla.
“E quindi cos’è successo? Perché sei tornato a St. Louis?”
“Mia suocera è caduta e si è rotta il femore. Courtney mi ha chiesto di tornare per aiutarla a supportare sua madre e non sono riuscito a dire di no. Ho fatto i bagagli e sono tornato qui, ma con tutto quello che stava passando… non ho avuto il coraggio di presentarle i documenti del divorzio.”
“Questo, però, non spiega ancora perché vivi da solo.” Puntualizzai.
“Qualche mese fa Courtney ha perso il lavoro ed è caduta in depressione. Diceva che non riusciva più a stare nella nostra casa e che la mia presenza la rendeva ancora più triste, quindi ha deciso di tornare a casa dei genitori per un po’. Mi ha detto che voleva prendersi una pausa da tutto. Non… non mi sembrava il caso di peggiorare la situazione con il divorzio. Non sono riuscito. Invece sono tornato nell’appartamento in cui vivevo prima di conoscere lei, quando frequentavo l’università. È più comodo per venire a lezione tutti i giorni.” Continuò lui. “E poi ho incontrato te, Mary. Non era nei miei progetti tradire Courtney prima di chiederle il divorzio. Non era nei miei progetti avere una relazione con una delle mie studentesse. Non era nei miei progetti innamorarmi così perdutamente di te, ma l’ho fatto e sì, ho sbagliato a non dirti nulla, ma…”
“Ma?” Lo incitai.
“Sono stato egoista. Non volevo perderti, perché sono stato intrappolato in quel matrimonio senza amore per anni e poi sei arrivata tu e mi hai fatto sentire vivo di nuovo. Mi hai fatto ricordare cosa si prova quando si è innamorati.”
Chiusi gli occhi per ricacciare indietro le lacrime. Certo, io non sapevo nulla di matrimoni complicati, non avevo idea di cosa volesse dire essere bloccati in una situazione del genere. Una vocina nella mia mente continuava a fare domande. Sono passati anni da quando Courtney si è laureata e ha perso il lavoro ed è caduta in depressione? Perché non le hai chiesto il divorzio in quel periodo? Perché proprio io? Ci sono centinaia di persone in questa università. Perché non me l’hai mai detto? Avrei capito. No, non sarei mai riuscita a frequentare un uomo sposato, conoscendo la verità. Non avrei mai potuto fare una cosa del genere. Mi hai ingannata, mi hai fatta innamorare di te e poi mi hai spezzato il cuore. Mi hai mentito, mi hai nascosto la verità per mesi. Io mi fidavo di te, pensavo di conoscerti meglio di qualunque altra persona al mondo e, invece, ho scoperto di non sapere nulla di te, esattamente come non so nulla di mia madre, di tutte le altre persone che fanno parte della mia vita. E poi tua moglie mi ha detto cose diverse, a chi devo credere? A lei, che è stata tradita e odia entrambi? O a te, che dici di essere innamorato di me, ma so che sei capace di mentire, perché l’hai già fatto?
“Ogni parte di me vorrebbe credere a questa storia, Harry, ma come posso farlo?” Dissi dopo qualche istante. La sua versione mi piaceva sicuramente di più di quella che mi aveva raccontato Courtney, ma chi aveva ragione? Lei mi aveva detto che lui era un traditore seriale e l’aveva persino fatto seguire da un investigatore privato, che aveva ottenuto quelle foto. Lui mi aveva raccontato la storia di un matrimonio senza amore, di una compagna complicata e con problemi di depressione e di una persona che non voleva appesantire la sua situazione facendole firmare le carte del divorzio. Non avevo la minima idea di chi dei due mi stesse raccontando la verità.
“So di aver tradito la tua fiducia e questo è il mio rimpianto più grande. Courtney ed io abbiamo avuto un matrimonio complicato e abbiamo avuto tanti problemi, che sicuramente hanno contribuito a tutto quello che è successo…” Mormorò lui.
“Non hai solo tradito la mia fiducia.” Dissi, interrompendolo. “Mi hai mentito per mesi, mi hai ferita e mi hai delusa.” Aggiunsi.
“Lo so, mi dispiace tantissimo. Spero solo che tu riuscirai a perdonarmi un giorno.”
“Non lo so.” Dissi. “Magari riuscirò a farlo, in futuro. Ma non penso che riuscirò mai più a fidarmi di te. Non come prima.” Harry abbassò di nuovo lo sguardo sul tavolo e non disse nulla. “Devo tornare nel dormitorio.” Aggiunsi, alzandomi e andando a recuperare il cappotto dall’ingresso. Avevo già sentito abbastanza per quella sera. Avevo bisogno di stare da sola e riflettere su tutte le informazioni che avevo raccolto e cercare di mettere in ordine i miei pensieri. In quel momento mi sentivo come se la mia testa potesse scoppiare da un momento all’altro.
“Lascia almeno che ti accompagni a casa. Non fare tutta quella strada da sola.”
Decisi di accettare il passaggio, ma rimasi in silenzio per tutto il tempo. Sapevo che Harry non mi aveva detto tutto. Aveva accennato ad alcuni problemi, che sicuramente erano comparsi negli anni tra la laurea di Courtney e la perdita del suo lavoro. Ma ero pronta a sentirli? E, soprattutto, gli avrei creduto? Non ero sicura di credere a una sola parola di tutto quello che mi aveva raccontato.

 


Eccoci! Nuovo capitolo di Little White Lies! Oggi scopriamo qualcosa in più sulla storia di Harry e Courtney, ma, come sospetta Mary Jane, c'è qualcos'altro che Harry non le ha ancora detto. Di cosa si tratta? Lo scopriremo presto.
In questo capitolo c'è anche Louis, che forse non è una persona orribile come tutti pensano!
Ormai Mary Jane non si fida più di Harry e quindi fa fatica a credere a quello che lui le ha raccontato. E, secondo voi, è tutto vero? Oppure ha ragione Courtney? O la verità è a metà tra le due versioni? Nel prossimo capitolo (che devo ancora finire di scrivere, ma penso che riuscirò a pubblicare martedì) saremo un passo più vicini alla verità.
Grazie a tutte le persone che hanno letto e alle persone che hanno commentato! Grazie anche a chi ha inserito la mia storia tra le seguite, preferite o ricordate!
Un bacione e alla prossima <3

 

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Capitolo 19
*** Problem ***




Capitolo 19 – Problem
 
Dopo che mi aveva riaccompagnata a casa, ero riuscita ad evitare Harry per giorni. Non volevo più vederlo e non volevo più parlare con lui, perché non avevo ancora deciso a chi credere.
Le cose, però, si erano complicate verso metà gennaio, quando le lezioni erano ricominciate in università ed io mi ero ritrovata nella sua classe, in prima fila di fianco a Carmen. Ero pronta a rivederlo in pubblico, davanti a persone che non sospettavano nemmeno che fosse successo qualcosa tra di noi? No, la risposta era ovviamente no.
“Ehi, è da tanto tempo che non ci vediamo!” Esclamai, sorridendo alla ragazza di fianco a me. Harry non era ancora arrivato e una parte di me sperava che non si presentasse, perché non volevo guardarlo negli occhi.
“Già.” Replicò lei, sorridendo timidamente. “Non so se Valentina ti ha detto qualcosa, ma diciamo che la situazione è complicata al momento.” Aggiunse.
Scossi la testa senza dire nulla. Certo, Val mi aveva raccontato tutto, ma mi aveva anche chiesto di non dire a Carmen che l’avesse fatto, quindi dovevo negare. E non volevo mentire ad alta voce. Avevo già superato la mia dose annuale di menzogne e non mi piaceva per niente.
“Okay, allora se ti va possiamo pranzare insieme dopo la lezione e parlarne? So che non ho risposto ai tuoi messaggi e alle tue chiamate per tutte le vacanze, ma non ero pronta a vedere o sentire nessuno.” Continuò la ragazza.
“Nessun problema, Carmen. Mi farebbe piacere pranzare insieme e parlare un po’.” Risposi. Poi Harry entrò nell’aula e mi bloccai, completamente incapace di continuare a parlare o a muovermi. Perché doveva fare quell’effetto su di me?
Lui evitò con cura di guardarmi, poi rivolse un sorriso a tutti gli studenti.
“Bentornati in università! Spero che le vostre vacanze invernali siano andate bene. Ma quello che mi interessa davvero è: siete riusciti a scrivere un racconto breve con la traccia che vi ho lasciato?” Domandò.
I miei compagni cominciarono a parlare tutti uno sopra l’altro ed io trovai un ulteriore motivo per rimanere immobile e in silenzio. Non avevo scritto il racconto breve che aveva chiesto, perché non riuscivo più a scrivere nulla da quando avevo scoperto che era sposato. Non riuscivo più a concentrarmi su niente e, anche quando riuscivo a scrivere due o tre righe, le cancellavo immediatamente perché non volevo che lui le leggesse. Non volevo più esporre i miei pensieri e i miei sentimenti davanti a lui.
 
Alla fine di una lezione particolarmente difficile – non per i contenuti, ma perché non riuscii a smettere di guardare Harry per un solo secondo, nonostante non volessi farlo – il professore controllò il suo indirizzo e-mail per assicurarsi che tutti gli studenti gli avessero inviato i racconti scritti durante le vacanze invernali.
“Mary Jane, puoi fermarti un secondo?” Mi chiese. Quando sentii la sua voce pronunciare il mio nome rimasi immobile per qualche istante, poi mi ripresi e annuii.
“Sì.” Mi costrinsi a rispondere. Carmen mi salutò e mi diede appuntamento alla caffetteria del campus per pranzare insieme. Guardai tutti gli altri studenti lasciare l’aula e mi fermai davanti alla cattedra di Harry. Avevo bisogno che ci fosse qualcosa tra di noi, perché non volevo che lui riuscisse ad allungare un braccio e toccarmi. Non potevo permettere che succedesse, anche perché erano giorni che lo sognavo, oltre a pensare a lui durante tutta la giornata.
“Mary, come stai?” Mi domandò Harry quando non ci fu più nessuno. Abbassai lo sguardo sulla cattedra e scossi la testa.
“Sto bene.” Mentii.
“Ho visto che non hai consegnato il racconto che avevo assegnato prima delle vacanze.” Disse dopo qualche secondo di silenzio imbarazzato.
“Non sono riuscita a scriverlo.” Ammisi, decidendomi finalmente a guardarlo negli occhi. Desiderai non avere avuto quell’idea e tornai a fissare la cattedra. L’espressione di Harry – un misto tra tristezza, colpevolezza, aspettativa e agitazione – mi faceva venire il mal di stomaco.
“Vuoi parlarne? Magari pranziamo insieme nel mio ufficio, così riusciamo ad avere una conversazione come si deve su tutto.” Propose il professore.
“No.” Risposi velocemente. “Devo pranzare con Carmen, le ho promesso che sarei andata con lei.” Aggiunsi. Dovevo ammettere di essere felice di avere una vera e propria scusa e di non dover mentire. L’avevo fatto troppo in quegli ultimi mesi e forse era stato proprio il karma negativo che era tornato a prendermi a calci nel didietro. Forse era proprio per il mio comportamento scorretto che ora stava succedendo tutto quel casino.
“Allora possiamo vederci dopo pranzo? Sempre nel mio ufficio. Non abbiamo più parlato da quando ci siamo visti a casa di Louis e… volevo sapere cosa pensi, come stai e volevo parlare con te delle ultime cose che stanno succedendo. Insomma, vorrei passare del tempo insieme.” Harry aveva abbassato il tono di voce e aveva cominciato a parlare molto più lentamente del solito. “Mi manchi.” Mormorò, allungando una mano sulla cattedra per prendere la mia. Mi allontanai di qualche passo e infilai le mani in tasca.
“D’accordo, verrò nel tuo ufficio dopo pranzo.” Acconsentii. Perché doveva essere tutto così difficile? Per quale motivo non potevo semplicemente dire ‘no’ e smettere di pensare a lui e al tempo che avevamo passato insieme? Ero stanca di passare notti insonni a fissare il soffitto e a cercare di non chiudere gli occhi, perché altrimenti avrei visto il suo viso. Ero stanca di passare ogni istante a pensare a lui, ad analizzare la nostra storia, a cercare di ricordare se, nei mesi che avevamo passato insieme, avesse detto o fatto qualcosa per farmi capire che era sposato. Ero stanca di continuare a rivivere nella mia mente il momento in cui Courtney mi aveva detto di essere sua moglie.
“Grazie.” Disse semplicemente lui. Annuii senza guardarlo e poi uscii velocemente da quell’aula.
 
***
 
Carmen mi aveva mandato un messaggio per dirmi che era riuscita a trovare un tavolo libero alla caffetteria, quindi mi stava aspettando lì. Dopo essere uscita dall’aula di Harry cominciai a camminare velocemente per raggiungerla, ma mi fermai quando vidi Jasper dall’altra parte della strada.
“Ehi!” Esclamai, salutandolo con la mano. Lui smise di parlare con i suoi amici e mi raggiunse.
“Ciao, Mary.” Rispose.
“Uhm, ehi, come va?” Domandai. Forse il motivo per cui ero così incapace di avere rapporti con altri esseri umani era perché mia madre aveva fatto la mia insegnante a casa fino alle medie. O forse ero proprio un caso disperato. Conversare del più e del meno con le persone – soprattutto quelle da cui stavo aspettando una risposta – mi riusciva proprio difficile.
“Tutto bene, grazie. Tu?” Replicò Jasper. Sembrava particolarmente amichevole, il che non poteva essere negativo, giusto?
“Oh, non c’è male.” Dissi. “Stavo andando a pranzo con una mia compagna di corso.” Aggiunsi, rendendomi perfettamente conto del fatto che lui non mi avesse mai chiesto dove stessi andando.
“Ehi, ho pensato a quello che mi hai detto quella sera.” Disse improvvisamente Jasper.
“Sì?”
“Sì.” Confermò lui. “Mi dispiace per tutto quello che ho fatto. Avrei dovuto crederti subito quando mi avevi detto che non c’era nessun altro. E mi dispiace anche per la tua… condizione.” Aggiunse, abbassando la voce prima di pronunciare l’ultima parola.
“Condizione?” Domandai.
“Sì, beh, non so come chiamarla. Quello che mi hai detto è un po’ preoccupante. Il fatto che non riesci a innamorarti e cose così… hai mai pensato di andare da qualcuno per farti aiutare?” Suggerì Jasper. E, per la prima volta da quando l’avevo lasciato, il suo tono non era sprezzante e ironico. Mi stava seriamente proponendo di andare da uno psicologo per risolvere il problema che avevo inventato di avere. Forse avrei dovuto andare sul serio a farmi vedere da qualcuno, ma non perché non riuscivo a innamorarmi. Non era sano continuare a mentire a tutti in quel modo.
“Uhm sì, dovrei.” Dissi. “Grazie per il suggerimento.” Aggiunsi.
“Di niente.” Replicò Jasper. “E Mary, so che non riesci a innamorarti e cose varie, ma se qualche sera hai voglia di divertirti senza ulteriore complicazioni… sai dove trovarmi.” Aggiunse e poi mi fece l’occhiolino.
“O-okay.” Mormorai, abbassando lo sguardo e arrossendo. Ero sicura che non avrei mai approfittato di quell’offerta, ma il fatto che mi avesse creduto mi aveva resa leggermente più tranquilla.
“Ah, e ovviamente da questo momento puoi ricominciare a venire alle nostre feste. Mi sembra giusto, visto che adesso la tua amica sta con Liam e tutto. Così siete insieme.”
“Grazie.” Dissi mentre lo guardavo correre per raggiungere i suoi amici. Mi sembrava tutto troppo strano e facile, ma decisi di non pensarci più. Jasper mi aveva perdonata e almeno quel problema era risolto.
 
***
 
A pranzo Carmen mi raccontò quello che era successo con Valentina e cercai di consolarla. Non cercai di convincerla a tornare a uscire con noi prima che si sentisse pronta, perché sapevo che non ce l’avrebbe fatta.
Poi, mentre stavo tornando verso l’ufficio di Harry, incontrai Liam e Laurel, che stavano passeggiando mano nella mano nella piazza del campus.
“Mary!” Esclamò la mia amica. Raggiunsi la coppia e li salutai entrambi.
“Ehi!” Rispose Liam, leggermente imbarazzato. Non ci eravamo più parlati da quando i compagni di confraternita di Jasper mi avevano umiliata e lui non aveva fatto nulla per difendermi.
“Cosa fai ancora qui? Oggi non hai lezioni.” Mi domandò Laurel.
“Ho pranzato con Carmen.” Risposi. “E adesso ho appuntamento con il professor Styles nel suo ufficio.” Aggiunsi.
“Mary…”
“Lo so.” Dissi. Non volevo che finisse la frase davanti a Liam. Non volevo che scoprisse che avevo avuto una storia con un professore e che era anche finita male. “Non ho scritto il racconto che ci aveva chiesto prima delle vacanze e mi vuole vedere nel suo ufficio.” Aggiunsi.
“Okay.” Rispose la mia amica, trattenendosi a stento dal roteare gli occhi al cielo. “Se hai bisogno mandami un messaggio.”
“D’accordo, grazie.”
“Perché, Styles è un serial killer?” Sentii Liam domandare a Laurel mentre mi allontanavo.
“Sei proprio scemo!” Rispose la mia amica.
 
Tornare nell’ufficio di Harry mi fece provare una stretta allo stomaco, perché tutto era esattamente come l’ultima volta che ci eravamo visti lì. Le tende abbassate, il divano di pelle nera con il tavolino davanti. La grande scrivania di legno scuro, le librerie colme di libri. Provai un brivido lungo la schiena mentre mi sedevo di fronte a Harry. Una parte di me avrebbe voluto distruggere quello che mi circondava, perché non mi sembrava giusto che tutto fosse ancora al suo posto, mentre io mi sentivo così confusa e ferita.
“So che probabilmente sono l’ultima persona che vuoi vedere in questo periodo.” Cominciò a dire.
Scossi la testa.
“Non è proprio vero.” Dissi, distraendomi dai miei pensieri di distruzione. “Ho voglia di vederti. Tantissima. Solo che vorrei che… vorrei non aver mai scoperto che sei sposato. Oppure vorrei tornare indietro nel tempo e non aver mai scelto di frequentare il tuo corso, così non ti avrei mai incontrato. Dipende dai giorni.” Aggiunsi.
Harry abbassò lo sguardo sulla scrivania e sospirò.
“Beh, me lo merito.” Mormorò, prima di spostare dei fogli davanti a sé. “Sono preoccupato per te.”
“Perché?” Domandai.
“Perché so che scrivere è qualcosa che ti aiuta a sfogarti quando non sai come esprimerti ad alta voce. È qualcosa che ami fare, la tua passione. Non ti ho mai vista bloccata in questi mesi e non è da te, ecco.” Spiegò lui. “E poi sono anche preoccupato per quello che ho sentito dire in giro.”
“Oh, non preoccuparti per quello. Non ho malattie veneree o cose del genere. Quelle sono solo voci che ha messo in giro Jasper, ma credo di aver risolto.”
“No, non è quello. Ho sentito dire che hai cercato di rimorchiare qualcuno al pub qualche settimana fa.”
“Ah, quindi è quello che ti preoccupa? Il fatto che io abbia cercato di andare a letto con qualcun altro?” Domandai, alzando improvvisamente la voce. “Perché non stiamo più insieme, Harry. E l’ultima volta che ho controllato tu sei stato sposato per tutto il tempo che sei stato con me, quindi non voglio nemmeno immaginare quante volte sei andato a letto con tua moglie dopo che io e te avevamo…” Cominciai a dire, ma mi interruppi e scoppiai in lacrime. Quelli erano pensieri che giravano nella mia mente da quando avevo scoperto di Courtney ed ero riuscita a tenerli nascosti fino a quel momento. Mi vergognavo, perché non avrei dovuto essere gelosa di Courtney, ma non riuscivo a smettere di pensare che lei era sua moglie, la persona che l’aveva fatto innamorare al punto di decidere di sposarla dopo sette mesi.
“Mary.” Richiamò la mia attenzione Harry. Sentii la sua mano chiudersi intorno alla mia e la scossa elettrica fu ancora più intensa del solito. “Mary, ascoltami. Courtney ed io non viviamo più insieme da mesi. Lei sta dai suoi genitori e non l’ho più vista da quando mi ha detto di volersi prendere una pausa.” Aggiunse. “Non vado a letto con lei da più di un anno.” Concluse.
“Perché?” Domandai, asciugandomi gli occhi. “So che non mi stai dicendo qualcosa.”
Vidi Harry fare qualche respiro profondo, come se si stesse preparando a parlare di qualcosa di doloroso e mi sentii istintivamente in colpa, anche se non avrei dovuto. Era lui quello che aveva sbagliato.
“Dopo la laurea Courtney è stata fortunata e ha subito trovato un lavoro a tempo indeterminato. Io ero a casa e stavo cercando di scrivere il mio secondo libro e le cose sembravano essersi calmate un po’. Abbiamo parlato ed entrambi ci siamo accorti che il nostro matrimonio non stava funzionando come avrebbe dovuto, così abbiamo pensato che… che ci mancasse qualcosa. Un bambino ci avrebbe aiutati a tornare uniti come prima, ci avrebbe fatti innamorare di nuovo e avrebbe sistemato tutto.” Cominciò a spiegare, parlando lentamente e fissando un punto sopra la mia spalla. “Abbiamo cominciato a provarci e ci abbiamo provato per due anni, ma non siamo mai riusciti. Courtney si è rifiutata di andare a vedere uno specialista e penso che quello sia in gran parte il motivo per cui è caduta in depressione, anche se non ha mai voluto ammetterlo.” Continuò lui.
“Mi dispiace.” Mormorai. Lui scosse la testa.
“Non ti sto dicendo queste cose per farti sentire in colpa o per farti pena.” Disse Harry. “Voglio solo che tu sappia tutta la verità. E probabilmente queste sono cose che non vuoi sentire, ma è quello che è successo nella mia vita. Provare ad avere un bambino e non riuscirci ha solo fatto aumentare lo stress e ha messo irrimediabilmente fine al nostro matrimonio. Ci siamo entrambi rifugiati nei nostri piccoli mondi e ci siamo rifiutati di parlare del fatto che lei non riusciva a rimanere incinta per un anno intero, finché a tutto quello che è successo si è aggiunto il peso della perdita del lavoro e lei è crollata.”
Cercai di non immaginare la vita di Harry e Courtney in quel periodo. Sapevo che cercare di avere un bambino non era facile. Laurel mi aveva raccontato che il matrimonio di una delle sue zie si era quasi distrutto per quel motivo. Mi aveva raccontato di rapporti sessuali in giorni e ore prestabilite e tutta una serie di procedure che avevano alienato il marito, che pensava non ci fosse più nulla di romantico in quel modo e voleva smettere di provare.
Immaginai come si doveva sentire Courtney in quel momento. Aveva perso il lavoro, non era riuscita a rimanere incinta e aveva scoperto che suo marito la stava tradendo. Per quanto fossero forti i miei sentimenti per lui, non potevo sopportare di essere una sfasciafamiglie.
“Vorrei solo aver saputo tutto questo prima.” Sussurrai. “Almeno avrei evitato di innamorarmi di te e ti sarei stata lontana da subito.”
“Mary…” Mormorò Harry, alzandosi e avvicinandosi a me. Mi alzai anch’io, perché era arrivato il momento di andare via.
“No.” Lo bloccai.
“Mary, il nostro matrimonio era già finito da un pezzo, prima che ti incontrassi. Non è stata colpa tua.” Mormorò nel mio orecchio. Sentirlo di nuovo così vicino a me provocò un brivido che percorse tutta la spina dorsale. Chiusi gli occhi e voltai il viso dall’altra parte.
“Il matrimonio sarà anche finito, ma siete ancora sposati. Non ho nessuna intenzione di essere l’amante di nessuno e quello che stai facendo è sbagliato.” Dissi. Poi aprii gli occhi e fissai lo sguardo sul suo. “Non importa quanto ci amiamo, Harry. La nostra relazione è sbagliata.” Aggiunsi, prima di prendere la borsa che avevo abbandonato sul pavimento e uscire dal suo ufficio.
 
***
 
“Com’è andata da Styles?” Mi domandò Laurel quella sera. Eravamo entrambe in pigiama ed io non vedevo l’ora di rifugiarmi sotto le coperte calde.
“Prossima domanda?” Dissi, cercando di scherzare.
“Così male?” Laurel mi conosceva davvero bene.
“Avrebbe potuto andare sicuramente peggio.” Dissi dopo averle raccontato gli ultimi sviluppi. “Harry mi ha raccontato quello che è successo tra lui e sua moglie e… non lo so, non è giusto.”
“Cosa non è giusto?” Mi chiese la mia amica. Sapevo che il mio discorso non aveva senso. I miei pensieri facevano fatica a seguire un filo logico in quelle settimane.
“Non è giusto che siano ancora sposati e che lui abbia un’amante. Che io sia la sua amante.” Risposi.
“Ma tu lo ami, giusto?” Chiese ancora Laurel.
“Sì.” Sussurrai a voce talmente bassa che, per poco, non mi sentii nemmeno io.
“E vorresti stare con lui.”
“Sì.” Ripetei.
“Vorresti che lasciasse sua moglie per te.” Continuò Laurel.
“No. Non voglio che lui lasci nessuno per me. Non voglio essere una sfasciafamiglie. Non voglio che nessuno soffra per colpa mia.”
“Oh, andiamo, Mary!” Esclamò la ragazza, agitandosi. “Da quello che mi hai raccontato sembra che il loro matrimonio non sia mai nemmeno iniziato. Si sono sposati giovani, hanno scoperto di non essere compatibili e hanno litigato per anni. Poi hanno cercato di avere un bambino, pensando che quello avrebbe risolto tutti i loro problemi e non ci sono riusciti. Volevano solo mettersi la coscienza a posto, ma sai cosa ti dico? È un bene per quel bambino se non sono riusciti ad averlo. Perché un figlio avrebbe solo ritardato l’inevitabile. Avrebbero divorziato in ogni caso e quel povero bambino sarebbe cresciuto in una casa in cui i genitori avrebbero litigato ogni dannatissima sera.”
“Laurel!” Esclamai, sconcertata.
“Non fare quella faccia sconvolta. È la verità. Sai anche tu che sarebbe successo esattamente quello che ho descritto.”
Scossi la testa.
“Ma lei è caduta in depressione, Laurel. È una cosa seria e…”
“E cosa?”
“E non voglio peggiorare la situazione perché non sono riuscita a stare lontana da una persona da cui avrei dovuto stare lontana in ogni caso. Anzi, sai una cosa? Credo proprio che abbandonerò il corso di Scrittura Creativa.” Conclusi.
Sentii Laurel sbuffare e decisi di terminare la conversazione. Quello che aveva fatto Harry era sbagliato. Non avrebbe dovuto cominciare a uscire con me e tenermi nascosta la verità. E anche quello che avevo fatto io era sbagliato. Non avrei dovuto andare a letto con un mio professore e, forse, avrei dovuto assicurarmi di conoscerlo meglio prima di innamorarmi di lui.

 


Ehiii! Finalmente sono riuscita a pubblicare il nuovo capitolo! Scusate, ma in questo periodo non sono veramente mai a casa.
Comunque, tornando a noi: Harry aveva omesso una parte della storia quando aveva raccontato a Mary Jane di lui e Courtney e oggi scopriamo cosa non le aveva detto. Solo che per MJ si complicano ulteriormente le cose, perché lei non vuole essere una sfasciafamiglie e le dispiace per la moglie di Harry. Cosa farà la nostra protagonista? Smetterà di frequentare il corso di Harry? Troverà un nuovo ragazzo con cui dimenticare il professore?
Parlando di ragazzi, Jasper si è finalmente deciso a perdonarla, quindi potrebbe riaccendersi la passione tra quei due?
Nel prossimo capitolo, che posterò martedì, scopriremo le risposte a queste domande e vi anticipo che ci sarà anche una scena con tutti e quattro i professori e lasciatemi dire che per qualcuno sarà molto imbarazzante.
Grazie a tutte le persone che hanno letto! Vi mando un abbraccio e vi aspetto martedì prossimo!

 

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Capitolo 20
*** Party On! ***




Capitolo 20 – Party On!
 
“Non posso abbandonare il corso.” Dissi a Laurel. Avevo passato una settimana a cercare qualsiasi modo per smettere di frequentare le lezioni di Scrittura Creativa di Harry, ma non ero riuscita.
“Hai superato la data di scadenza per rinunciare?” Mi domandò la mia amica.
“Sì.” Dissi. “E non posso semplicemente non frequentare e non dare l’esame finale, perché così vorrebbe dire essere bocciata e non posso permettermelo con la borsa di studio.” Aggiunsi, sospirando e sedendomi pesantemente sul letto.
“Hai pensato a quello che ti ho detto?” Mi domandò la ragazza, lanciandomi una boccetta di smalto. “A proposito, questo è il colore che volevi disperatamente ieri e che non trovavo. Era sotto la cassettiera.”
“Grazie.” Dissi, osservando il blu scuro del liquido. “Comunque sì, ci ho pensato e non voglio farlo. Non posso dare un ultimatum a Harry, semplicemente perché non voglio che lasci sua moglie per colpa mia.” Aggiunsi.
“Mary, che differenza fa se la lascia adesso o tra sei mesi? Vuole il divorzio in ogni caso.”
“Sì, ma ricordati che lei ha quelle maledette foto e se lui la lascia per colpa mia le userà contro di me.”
“Ah, già.” Rispose Laurel, sbuffando. “Ci mancavano solo le foto.” Borbottò dopo qualche secondo.
“Ma tanto non gli chiederei di lasciare Courtney in nessun caso.” Replicai. “Mi presti anche il trasparente?” Domandai poco dopo per mettere fine alla conversazione del tutto. “Aspetta, ho ricevuto un messaggio da mia madre. Laurel, mia madre ha imparato a mandare messaggi!” Esclamai.
“Che cosa dice?” Domandò la mia amica, incuriosita.
“Oh.” Commentai dopo averlo letto. “Dice che lei e papà verranno a trovarmi la settimana prossima.”
“E non sei felice di vedere i tuoi genitori?”
“Non lo so. Non dopo l’ultima telefonata a mia madre.” Replicai.
 
***
 
“Ho una buona notizia!” Esclamò Valentina la sera successiva. Ero nella sua stanza con Rae e Laurel e ci stavamo preparando tutte per andare a una festa dei Kappa Alpha Psi. Ero felice di essere di nuovo invitata alle loro serate ed ero ancora più contenta di avere un’occasione per dimenticare tutto quello che stava succedendo nella mia vita.
“Che succede?” Domandò Laurel.
“Mi ha scritto Carmen e mi ha detto che stasera verrà anche lei!” Rispose Val, saltellando.
“Sono felicissima per te!” Disse Rae. “Magari riuscirete a tornare amiche.” Aggiunse.
“Lo spero, mi manca davvero tanto.” Rispose Valentina, guardandosi allo specchio un’ultima volta prima di mettersi la giacca. “Forza, usciamo!” Esclamò.
 
Le strade erano ancora congelate per l’ennesima tempesta di neve, così le mie amiche ed io avevamo deciso di cambiare scarpe una volta arrivate alla casa dei Kappa Alpha Psi per evitare di scivolare e romperci una gamba durante il tragitto.
“Secondo me se qualcuno ci vede pensa che siamo completamente andate.” Disse Rae, ridendo. Sollevò le scarpe con il tacco che stava tenendo in mano e finse di brindare con quelle di Laurel. Avevamo bevuto tutte e quattro degli shot di tequila – una bottiglia molto scadente che aveva comprato Laurel con il suo documento falso – prima di uscire per scaldarci, ed eravamo già un po’ brille.
“Ma siamo completamente andate.” Rispose Val, inciampando nei piedi di Laurel e facendo rischiare di cadere tutto il gruppo. Scoppiammo a ridere fragorosamente e ci fermammo per qualche minuto.
“Oh. Oh. Oh! Malik! Ragazze, c’è Malik! Guardate quanto è figo con quei capelli!” Esclamò la ragazza, puntando il dito verso l’uomo, che era insieme a Tomlinson, Horan e Harry.
Socchiusi un po’ gli occhi per mettere a fuoco il professore di arte delle mie amiche e dovetti ammettere che sì, era davvero attraente. Soprattutto con i capelli neri un po’ più lunghi del solito e tirati indietro con il gel. Un ciuffo doveva essere sfuggito al suo controllo, però, perché gli era caduto davanti agli occhi.
“Andiamo a salutarlo.” Propose Valentina.
“Ma sei pazza?” Domandai, ridendo. “Conciate così? Non vi ricordate quando Tomlinson ci ha buttate fuori dal pub perché non avremmo potuto bere?” Aggiunsi. Anche se ero un po’ ubriaca riuscivo a pensare abbastanza chiaramente. E farmi vedere da Louis e Harry in quello stato non era una buona idea.
“Forza, andiamo!” Urlò Val, prendendo Laurel per la manica e cominciando a trascinarla in mezzo alla strada.
“Valentina! Torna subito indietro!” Esclamò Rae ad alta voce. “Dio, ma è pazza? Malik non mi farà passare il corso se mi vede così!” Disse poi, abbassando la voce e rivolgendosi verso di me.
Alzai le spalle e scossi la testa. Non avevo la minima idea di quello che passava per la testa di quella ragazza. Speravo solo che Harry non mi vedesse, ma era un po’ impossibile che non ci notasse con il baccano che stavamo facendo.
“Signorina Carter!” Esclamò Louis quando ci vide. “Signorina Hamilton?” Domandò poi, quando vide le condizioni in cui si trovava Val.
“Ottimo.” Borbottai, scuotendo la testa. Laurel sembrava pronta ad uccidere Valentina e Rae aveva l’aria di qualcuno che avrebbe voluto nascondersi.
“Professor Tomlinson.” Sentii mormorare la mia migliore amica. Ormai eravamo tutte abbastanza vicine ai professori e vidi Harry sgranare gli occhi dopo avermi notata in mezzo al gruppo.
“Dove state andando con questo freddo?” Domandò Louis. Vedevo che stava cercando di essere educato, anche se sapevo che, in realtà, avrebbe voluto rimandarci tutte e quattro nei nostri dormitori a calci.
“A una festa.” Rispose timidamente Rae.
“I Kappa-cosi organizzano le migliori di tutto il campus!” Esclamò Valentina, lanciandosi in avanti e prendendo il braccio di Zayn.
“Oh, no.” Mormorai. Rae spalancò gli occhi e mi guardò. Scossi la testa, incredula.
Il professor Malik fissò Val per qualche secondo, prima di spostare lo sguardo sui suoi amici, preoccupato.
“Uhm, signorina, ehm… Hamilton?” Cercò di richiamare la sua attenzione.
“Ma quanto ha bevuto?” Mi domandò Rae in un sussurro.
“Non lo so, immagino quanto noi.” Risposi, incapace di staccare gli occhi da Harry, che mi stava guardando con un’espressione che non riuscivo a decifrare.
“Val, dai, dobbiamo andare.” Cercò di convincerla Laurel, che sembrava sul punto di voler esplodere. La nostra amica ci stava facendo fare una figuraccia enorme.
“No! Dovete venire anche voi alla festa degli Alpha… no, aspetta. I Kappa Psi! O Alpha? Non lo so. I Kappa-cosi!” Esclamò ancora Val.
“Signorina Hamilton, non mi sembra il caso che quattro professori si presentino alla festa di una confraternita.” Rispose educatamente Malik.
“E forse non è il caso che ci andiate nemmeno voi, visto lo stato in cui siete.” Aggiunse Louis, spostando lo sguardo da Valentina a me.
“Già.” Mormorai.
“Che ne dite se vi accompagniamo ai vostri dormitori e facciamo finta di non avervi mai viste?” Propose Horan, che era stato in silenzio fino a quel momento. Poi guardò Harry e gli disse qualcosa a bassa voce. La mia mente cominciò ad elaborare varie ipotesi su cosa potesse avergli sussurrato. Vidi Styles annuire e poi fare qualche passo avanti.
“Mary Jane, io sto andando a trovare mia sorella nel tuo dormitorio. Vuoi che ti accompagno? Chi altro sta in quel palazzo?” Domandò.
“Io.” Rispose subito Laurel. “Ma io vado alla festa dei Kappa Alpha Psi. Sono sobria e sto bene, giuro. Tu vai, Mary.” Aggiunse, abbassando lo sguardo ed evitando quello del suo professore.
“D’accordo.” Rispose Harry.
“Signorina Hamilton?” Sentii chiamare Zayn. Poi mi voltai e vidi la mia amica inginocchiata sul ciglio della strada.
“No, non ci posso credere.” Sussurrò Rae. Valentina era stata male davanti a un gruppo di professori. Ma quanto aveva bevuto? Ero convinta che tutte noi avessimo fatto solo un round giusto per scaldarci prima di uscire. “Io vado alla festa con Laurel.” Aggiunse poi ad alta voce.
“Andiamo?” Propose la mia migliore amica. Rae annuì e le due ragazze sparirono il più velocemente possibile.
Zayn, Louis e Niall si scambiarono un’occhiata.
“Non preoccupatevi, la accompagno io a casa.” Dissi, facendo un passo avanti verso la mia amica, che era ancora inginocchiata nella neve. “Forza Val, alzati.”
La mia amica si rifiutò di ascoltarmi e rimase nella stessa posizione. I quattro professori decisero di aiutarmi e, insieme, la rimettemmo in piedi.
“Non preoccuparti, tu vai con Harry.” Disse Louis. “Alla tua amica ci pensiamo noi. In che dormitorio vive?” Mi domandò.
Zayn le mise un braccio intorno alla vita per sostenerla, mentre Niall si tolse il cappotto e lo mise intorno alle spalle di Valentina.
“Village East.” Risposi. “Grazie.” Aggiunsi poi. Louis annuì senza dire nulla, poi cominciò a camminare insieme a Zayn e Niall, che stavano sostenendo la mia amica, verso il dormitorio in cui viveva la mia amica.
“So che non dovrebbero, ma sanno tutto.” Spiegò Harry quando rimanemmo da soli.
“Vuoi dire che hai detto di noi anche a Zayn e Niall?” Domandai.
“Sono i miei migliori amici.” Rispose lui, alzando le spalle. “Non volevo dire loro nulla, ma qualche sera fa mi hanno portato fuori a bere e ho raccontato tutto.”
“Non volevo incontrarti così.” Dissi. “Non volevo incontrarti.”
“Lo so.” Replicò Harry, evitando di guardarmi. “Ho cercato di stare alla larga da te per tutta la settimana.”
“Grazie.” Dissi. “Ho cercato di lasciare il tuo corso, ma non sono riuscita. L’ultimo giorno per abbandonare i corsi è passato da un paio di settimane.” Mormorai dopo un po’. Harry si fermò in mezzo alla strada e mi guardò.
“No.” Replicò. “Non puoi abbandonare la scrittura per colpa mia.”
“È difficile vederti in classe e fare finta di niente. Ed è ancora più difficile scrivere, sapendo che poi tu leggerai. È per questo che non ti ho più consegnato nulla. Quindi verrò bocciata nel tuo corso in ogni caso.”
“Non dire così.” Mi disse. Poi mi prese per mano e mi accompagnò in un piccolo vicolo tra due palazzi. Cercai di ignorare la sensazione che quel gesto provocava in tutto il mio corpo. Riconobbi la porta sul retro di Greg’s e ricordai la sera in cui mi aveva mandato un messaggio per dirmi di uscire dal pub. Mi aveva dato un bacio mozzafiato e poi mi aveva lasciata tornare dalle mie amiche.
Il locale era chiuso quella sera, perché era mercoledì, quindi l’unico giorno di riposo della settimana. Harry si sedette sul gradino della porta sul retro e lo raggiunsi.
“Che cosa devo fare?” Chiesi. Non era una domanda rivolta a qualcuno in particolare.
“Devi trovare il modo di usare quello che stai provando e trasportarlo sulla carta.” Rispose lui dopo minuti di silenzio. Mi voltai a guardarlo e provai una stretta al cuore. Harry era così bello da non sembrare vero. Aveva i capelli più lunghi rispetto a quando l’avevo conosciuto ed erano un po’ più selvaggi. La cosa assurda era che, anche così, era l’uomo più bello che avessi mai incontrato.
“E poi come faccio a trovare il coraggio di far leggere quello che scrivo a te?” Domandai ancora.
“Puoi provare ad accettare quello che è successo e perdonarmi, così possiamo cercare di far tornare tutto come prima, oppure… oppure puoi andare avanti e pensare a me come a un professore qualsiasi. Accetterò qualunque cosa tu deciderai di fare.” Replicò Harry, guardandomi negli occhi.
“Non so se sarò capace di fare nessuna delle due cose.” Mormorai.
“Mary Jane, tu sei in grado di fare qualunque cosa tu ti metta in mente.”
Sentii gli occhi riempirsi di lacrime e scossi la testa. No, non ero in grado di fare tutto quello che volevo. Perché io volevo dimenticare tutto quello che era successo e andare avanti, ma la mia mente sembrava volermi torturare, perché i miei pensieri si soffermavano sempre su di lui. Era sempre là, al centro della mia mente. Giorno e notte.
 
“Ti accompagno a casa?” Quando sentii la sua voce, provai un brivido lungo tutta la spina dorsale. Mi ero abituata al silenzio che era calato tra di noi e mi ero completamente persa nei miei pensieri. Ero confusa su tutto, tranne che su una cosa.
“No.” Replicai a bassa voce. “Non voglio tornare a casa da sola.”
“Vuoi… vuoi venire da me?” Mi chiese Harry, con gli occhi sgranati per la sorpresa. Annuii, senza dire ‘sì’ ad alta voce. Non ce n’era bisogno, lui lo sapeva già. Ci alzammo entrambi e raggiungemmo velocemente la sua auto, che era parcheggiata poco lontana.
Non volevo stare da sola quella sera. Avevo bisogno di lui, anche se non volevo. Harry era la mia debolezza, il mio vizio. Mi mancava tutto di lui e il mio corpo fremeva al solo pensiero di stare con lui.
Arrivammo al suo appartamento dopo pochi minuti e salii le scale senza dire nulla. Sapevo che quello che stavo facendo era sbagliato, ma non riuscivo a obbligarmi a fermarmi.
“Vuoi qualcosa di caldo da bere?” Mi domandò Harry, dopo aver sistemato entrambi i nostri cappotti.
“No, grazie.” Risposi, scuotendo la testa.
Lui annuì e si sedette sul divano. Non disse più nulla e in quel modo mi sentii libera di pensare e di decidere quale sarebbe stato il mio passo successivo.
Avevo seguito Harry nel suo appartamento con l’intenzione di andare a letto con lui, perché mi mancava e avevo bisogno di sentirlo vicino, ma una volta arrivata avevo cambiato idea. Non mi sembrava più la cosa più giusta da fare. Mi sentivo a disagio in sua presenza.
“Credi che Zayn si sentirà tremendamente in imbarazzo la prossima volta che vedrà me o le mie amiche?” Domandai dopo qualche minuto. Avevo cominciato a odiare quel silenzio. Dovevo romperlo e dire qualcosa. Qualsiasi cosa.
“Dipende. La ragazza che gli si è buttata addosso frequenta le sue lezioni?” Mi chiese Harry, voltandosi verso di me e guardandomi negli occhi. Decisi di raggiungerlo sul divano e mi sedetti di fianco a lui, cercando di mantenere una certa distanza – per quanto possibile – tra di noi.
“No.” Replicai. “Valentina, la ragazza che si è aggrappata al braccio di Zayn, fa Teatro, quindi è nella classe di Louis.” Spiegai. “Rae, la bionda, fa Arte. Laurel, la mia migliore amica, fa sia Arte che Teatro.” Continuai.
“Quindi le cose potrebbero essere molto imbarazzanti solo per Rae e Laurel, che si troveranno in classe con Zayn e continueranno a pensare alla figuraccia che ha fatto Valentina.” Concluse Harry. “Ma non preoccuparti, Zayn è abituato a questo tipo di cose. Decine di studentesse ci hanno già provato pesantemente con lui.”
“Beh, è un bell’uomo.” Dissi. “È sposato, giusto?”
Harry annuì, poi mi resi conto di che argomento ero andata a parlare. Anche lui era sposato, solo che all’inizio non lo sapevo. Malik era sempre stato molto chiaro con tutti sul suo stato coniugale.
Chiusi gli occhi, consapevole della gaffe che avevo appena fatto. Avevo intenzione di non parlare completamente del matrimonio di Harry quella sera, ma l’avevo fatto lo stesso inconsapevolmente.
Se possibile si era creato ancora più disagio tra di noi.
“Mary, vorrei fare qualcosa per tornare indietro. Se potessi mi comporterei in modo completamente diverso.” Lo sentii mormorare. Riaprii gli occhi e lo guardai. Sembrava davvero disperato.
“Ma non possiamo tornare indietro.” Ribattei.
“Lo so. E credimi, non avrei fatto nulla di differente per quanto riguarda noi. Amo il modo in cui ci siamo innamorati. Però ti avrei detto tutto dall’inizio e avrei trovato il coraggio di lasciare Courtney prima di cominciare a uscire con te.”
“Peccato che adesso sia troppo tardi.” Sussurrai, scuotendo la testa. Sospirai e mi costrinsi a voltare il viso dall’altra parte. Puntai lo sguardo su una foto che ritraeva Harry e i suoi amici ai tempi dell’università.
“No, sono sempre in tempo a chiederle il divorzio.” Rispose lui.
“E quando Courtney userà quelle foto contro di noi cosa faremo? Quando tu perderai il lavoro ed io la borsa di studio cosa ci rimarrà?” Domandai.
“Non è detto che le usi.” Replicò lui, parlando molto lentamente. Sembrava che stesse riflettendo su qualcosa. “Lascia che ci parli, magari riuscirò a risolvere le cose in modo civile.”
Per quanto non volessi creare false aspettative nella mia mente, era impossibile non sperare che tutto andasse per il meglio. Ma come poteva succedere? Courtney mi sembrava piuttosto fissata sull’idea di tornare insieme a suo marito. E chi ero io per dividerli?
“Harry, ti posso chiedere un favore?” Domandai improvvisamente.
“Tutto quello che vuoi, Mary.”
“Abbracciami.” Dissi. Lui non esitò nemmeno per un secondo, si avvicinò sul divano e sentii immediatamente le sue braccia intorno a me. Erano poche le cose che mi facevano provare una sensazione migliore di quella. Harry aveva la capacità di farmi sentire sicura e protetta e di farmi dimenticare tutto quello che stava succedendo intorno a me. Ma per quanto avrebbe potuto durare quella sensazione? Per quanto tempo sarei riuscita a ignorare tutto quello che stava succedendo?
Sentii Harry sospirare e chiusi gli occhi. Ero sicura che gli stessi pensieri stessero attraversando anche la sua mente.
Dovevo prendere una decisione una volta per tutte, ma ero davvero confusa e non sapevo cosa fare. E, soprattutto, non sapevo se credere a Harry o no. Potevo fidarmi di lui? Mi aveva detto davvero tutto o mi stava nascondendo qualcos’altro? Avevo troppe domande in mente e nessuna risposta.
Improvvisamente trovai la soluzione a tutti i miei problemi. C’era solo una persona che poteva aiutarmi. Solo una persona che mi avrebbe detto le cose come stavano senza preoccuparsi delle conseguenze.
“Devo andare.” Dissi, allontanandomi da Harry. Non mi piaceva non sentire più il suo calore, il suo profumo. Non mi piaceva non avere le sue braccia intorno a me. Non mi piaceva l’espressione leggermente triste che leggevo sul suo viso in quel momento. Ma dovevo assolutamente parlare con questa persona e dovevo raggiungerla prima che fosse troppo tardi per presentarsi a casa di qualcuno.
“Vuoi che ti accompagno?” Mi domandò, alzandosi a sua volta.
“No, grazie. Faccio una passeggiata.” Replicai, recuperando il mio cappotto e cominciando a vestirmi. Harry annuì e si appoggiò alla parete, senza dire nulla. “Ho bisogno di riflettere su tutto quello che sta succedendo.” Dissi. E di non fare errori giganteschi, come lasciare che il mio cuore vinca sulla mia mente e venire a letto con te questa sera. Pensai.
“D’accordo.” Replicò lui.
Uscii dal suo appartamento prima che potesse chiedermi di mandargli un messaggio per dirgli che ero tornata a casa sana e salva, come era solito fare quando andavo nel suo appartamento di sera e poi tornavo al dormitorio da sola.
 
Invece di fare una passeggiata per tornare nella mia stanza avevo chiamato un taxi e mi ero fatta accompagnare nel posto in cui volevo andare. Era troppo lontano e avevo troppo freddo per andarci a piedi.
Non avevo idea di cosa aspettarmi, perché era effettivamente tardi e non sapevo nemmeno perché avessi deciso di andare a casa sua. Presi coraggio e bussai alla porta. Poi attesi per qualche istante, prima di girarmi per andare via. Probabilmente non era nemmeno a casa.
Mi fermai quando sentii aprire la porta e mi voltai.
“Watson, comincio a pensare che tu abbia una cotta per me.” Disse Louis, ridendo. “Sto scherzando. Forza, entra.” Aggiunse dopo qualche secondo, spostandosi per lasciarmi passare.
 

'sera! Ecco finalmente il nuovo capitolo! Mary Jane non riesce a lasciare il corso di scrittura creativa perché ha superato l'ultimo giorno utile per poterlo fare. Le ragazze hanno un incontro abbastanza imbarazzante con i professori e MJ e Harry finiscono a casa insieme. Lei continua ad essere attratta (e diciamo pure innamorata) di lui, ma le cose sono troppo complicate e riesce ad andarsene prima di commettere un grande errore. Il capitolo finisce con MJ che si presenta a casa di Louis per parlare e avere chiarimenti. Cosa si diranno?
Nel prossimo capitolo lo scopriremo e inoltre i genitori di Mary verranno a trovarla. Riusciremo a capire qualcosa in più sulla situazione tra i genitori e i nonni?
Tutte le risposte martedì prossimo!
Grazie per essere passati a leggere e per i commenti stupendi che mi lasciate sempre! Un bacione grande e alla prossima! <3

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Capitolo 21
*** Heart to Heart ***



Capitolo 21 – Heart to Heart
 
“Fammi indovinare, sei andata a casa con Harry e adesso non sai cosa fare.” Disse Louis mentre preparava due tazze di tè Yorkshire. Forse era tardi per bere il  tè – per me lo era sicuramente – ma lui mi aveva assicurato che l’avrebbe fatto lo stesso, perché non riusciva a dormire se prima non ne aveva bevuto una tazza.
“Più o meno.” Risposi. “Cioè, sono andata a casa sua e abbiamo parlato. Non abbiamo fatto nient’altro.” Precisai.
“E perché hai sentito il bisogno di dirmelo?” Domandò Louis. Non stava usando il suo solito tono ironico. Voleva davvero sapere perché avessi voluto precisare una cosa del genere.
“Perché non sono stata con un uomo sposato. O almeno… non ci sono stata dopo che ho scoperto che lo era.” Dissi, rendendomi conto che non aveva senso quello che stavo dicendo.
“Posso dirti una cosa? Proprio sinceramente.” Chiese Louis, porgendomi una tazza di bevanda bollente e facendomi accomodare sul suo divano. Dovevamo essere diventati davvero amici per essere passati dal conversare al tavolo della cucina al divano. “Togliti pure le scarpe e mettiti comoda.” Aggiunse.
“Grazie.” Risposi, seguendo le sue istruzioni e sistemandomi. Mi resi conto di essermi seduta come se fossi stata nella mia camera a parlare con Laurel.
“Anzi, prima raccontami tutto.” Aggiunse Tomlinson dopo aver bevuto un sorso del suo tè. Annuii, cercando di decidere da che parte iniziare e poi optai per l’inizio di tutta la mia storia con Harry. In quel modo Louis, che sicuramente sapeva già tutto perché era il migliore amico di Styles, avrebbe sentito anche la mia versione e avrebbe avuto una visione più ampia di tutta la situazione.
 
“E questo è quanto.” Dissi dopo quelle che mi furono sembrate ore.
“Okay.” Rispose Louis lentamente. “Sei venuta da me perché vuoi la mia opinione onesta su tutto quello che è successo, giusto? Perché vuoi che io ti dica cosa ne penso, perché sai che lo farò a priori e non ti dirò quello che vuoi sentirti dire per stare meglio, sì?”
“Esatto.” Replicai.
“D’accordo.” Disse Louis, sistemandosi sul divano e guardandomi negli occhi. “Per prima cosa voglio che tu sappia che non sto assolutamente giustificando quello che ha fatto Harry, perché io gli avevo detto dall’inizio di raccontarti tutto.” Aggiunse. “Che cosa ti disturba di più? Il fatto che lui ti abbia mentito o che abbia tradito Courtney?” Domandò dopo qualche secondo.
“Entrambe le cose. Sono sbagliate. Non doveva farlo.” Replicai prontamente.
“D’accordo, ma tu non hai fatto la stessa cosa? Non con lui, ma con Jasper. L’hai tradito con Harry, perché ti sei innamorata di lui, e poi gli hai mentito.”
“Oh mio Dio, sono un’ipocrita.” Sussurrai, portando le mani davanti alla bocca. Avevo fatto esattamente le stesse cose anch’io. Anzi, avevo fatto peggio: avevo usato Jasper per non pensare al professore per cui avevo una cotta, poi l’avevo tradito e gli avevo mentito. Come potevo giudicare Harry in quel modo, quando avevo commesso anch’io gli stessi errori?
Louis alzò le spalle e non disse nulla per qualche minuto.
“Quando sei così giovane vedi il mondo in bianco e nero.” Cominciò a dire. “Ma andando avanti con il tempo ti rendi conto che, in realtà, è tutto grigio. Tu e Harry vi siete innamorati e avete fatto entrambi delle cose sbagliate. Lui avrebbe dovuto mettere le cose in chiaro dall’inizio e non avrebbe dovuto tenerti la verità nascosta. Non avrebbe dovuto cominciare vederti mentre era ancora sposato. Tu non avresti dovuto uscire con qualcuno quando provavi già qualcosa per un’altra persona… siete entrambi esseri umani.” Continuò.
“È davvero innamorato di me?” Domandai improvvisamente. Avevo bisogno di sicurezza, di risposte.
“Non l’ho mai visto più innamorato di nessuno, e lo conosco da quando eravamo bambini. Siamo cresciuti insieme, vivevamo uno di fronte all’altro. Non l’ho mai visto così.” Replicò Louis con decisione.
“È che io non so a chi credere, Louis.” Dissi. “La versione di Courtney mi ha confusa e non riesco a smettere di pensare che se Harry mi ha mentito su una cosa così grande… come posso credere a qualsiasi altra cosa?”
“Ti fidi di me?” Mi chiese Tomlinson, guardandomi negli occhi.
“Sì.” Risposi senza indugio. Tra di noi si era formata una strana amicizia, qualcosa che non avevo mai creduto possibile. Era stata l’unica persona che non mi aveva mai mentito e mi fidavo di lui al cento percento.
“Bene, allora credimi quando ti dico che quello che ti ha raccontato Courtney non è vero. Harry non l’ha mai tradita prima di conoscerti e il loro matrimonio è stato un disastro completo dal primo giorno in cui si sono trasferiti insieme. È finito prima di iniziare, ricordo benissimo che il giorno della cerimonia Harry era disperato e non voleva più sposarla, ma i suoi genitori l’hanno convinto che si trattava solo di ansia e l’hanno praticamente spinto sull’altare.”
Scossi la testa, incredula.
“E adesso lei vuole tornare con lui.” Mormorai. “E anche questa volta Harry non può darle i documenti del divorzio, perché lei ha in mano delle foto che provano la sua relazione con una studentessa. Andremmo nei casini entrambi.” Aggiunsi.
“È una situazione complicata, non posso negarlo. È completamente inutile mentire e dirti che si risolverà tutto facilmente e in fretta, perché non è vero. Cose del genere richiedono tempo, ma sono sicuro che ce la farete. Vi ho visti insieme. Siete… nauseanti.”
“Oh, per favore.” Sbottai, arrossendo. “Non siamo così terribili. Sei tu che sei cinico. Ti manca qualche sfumatura di verde per diventare il Grinch a tutti gli effetti.” Aggiunsi.
Louis scoppiò a ridere e scosse la testa.
“Ci sono cose che non fanno per me.”
“L’amore non fa per te? Perché io sono piuttosto sicura che tu sia innamorato di Eleanor.” Ribattei.
Tomlinson per poco non fece cadere la tazza di tè. Si raddrizzò sul divano e sgranò gli occhi.
“Cosa ne sai? Chi te l’ha detto? Io giuro che lo strangolo Styles. Lui e quella sua bocca enorme di m…” Cominciò a dire, ma lo interruppi prima che potesse finire la frase.
“Non me l’ha detto nessuno. Ho solo visto la foto di Eleanor che tieni in casa e, per usare le tue parole, vi ho visti insieme. Se sei innamorato di lei, perché non siete insieme?” Domandai.
Louis sospirò e riappoggiò la schiena al divano.
“Si vede che sei giovane e ingenua.” Cominciò a dire.
“Sarò giovane e ingenua, ma non ti ho ancora sentito negare il fatto che sei innamorato di lei.” Risposi.
“Perché lo sono.” Replicò lui semplicemente. “Lo sono da quando abbiamo frequentato l’università insieme e penso che lo sarò sempre, a questo punto.”
“Raccontami tutto.” Dissi. “Se ti va, ovviamente.”
Tomlinson mi lanciò un’occhiataccia e rise.
“Come se avessi una scelta.” Ridacchiò. “Comunque non c’è molto da dire. Eleanor ed io ci siamo conosciuti al corso di Teatro qui all’università. All’inizio ci odiavamo, poi siamo andati a letto insieme, poi abbiamo continuato a odiarci e infine ci siamo messi insieme. Mi sono innamorato di lei come non mi sono mai innamorato di nessun’altra donna in tutta la mia vita. Quando mi sono deciso ad ammettere i sentimenti che provavo per lei è stato un colpo, ma sapevo di non poter più scappare dalla realtà in quel modo. Ero perso per lei e anche lei si era innamorata di me. Me l’ha detto per prima e poi si è arrabbiata tantissimo perché non le ho risposto subito.” Ricordò. Sorrise, come se stesse rivivendo quell’esatto momento nella sua testa.
“E poi cos’è successo?” Domandai, ansiosa di scoprire il resto della storia.
“Tante cose.” Replicò, scuotendo la testa. “Dopo l’università ci siamo trasferiti entrambi a New York per tentare di trovare lavoro a Broadway. Prima di partire ci siamo fatti una promessa: staremo insieme, qualunque cosa succeda. Abbiamo partecipato a centinaia di audizioni e alla fine io sono stato scelto per fare il sostituto di un attore secondario in una nuova produzione. Era così nuova che non era ancora in teatro, la stavano creando da zero ed io amavo fare parte di uno spettacolo dall’inizio. Lavoravo tantissimo e arrivavo a casa la sera sempre esausto, ma per me ne valeva la pena. Ero a New York e, se tutto fosse andato bene, sarei stato in uno spettacolo a Broadway! Tutti mi dicevano che ero bravissimo e che avrei fatto tanta strada – esattamente come i miei professori all’università – ed io ero davvero al settimo cielo. Eleanor dopo qualche mese è tornata a casa con un sorriso enorme e mi ha annunciato che avrebbe fatto parte del corpo di ballo di un musical già avviato. Abbiamo festeggiato con una bottiglia di vino e… okay, questa parte la saltiamo perché non vuoi i dettagli.”
“No, decisamente no.” Dissi, rabbrividendo. Per qualche motivo avevo sempre visto Louis come un essere asessuato e non volevo immaginarlo in atteggiamenti intimi con nessuno.
“Comunque dopo mesi di duro lavoro ho ricevuto la brutta notizia: il nostro spettacolo non avrebbe visto la luce del giorno. Ero devastato, ma avevo deciso di non darmi per vinto e avevo ricominciato a partecipare a varie audizioni.” Continuò Louis, abbassando lo sguardo. Sembrava che facesse fatica a raccontarmi quella parte e mi dispiaceva vederlo in quello stato. “Dopo un po’ avevo perso il conto di tutti i ‘no’ che avevo ricevuto. C’era chi mi diceva che ero troppo esagerato, che il mio modo di recitare era troppo studiato e finto, chi mi diceva che con la mia voce avrei potuto cantare solo le ninna-nanne per i bambini… insomma, la mia autostima era stata demolita da decine di pezzi grossi del teatro e volevo tornare a casa. Nel frattempo anche Eleanor era stata lasciata a casa, perché il suo musical era fallito, quindi avevo deciso di proporle di tornare a casa a St. Louis, anche perché l’università mi aveva proposto un lavoro da insegnante e non potevo rifiutare. Avevo deciso che non avrei mai più messo piede su un palco, se non per insegnare qualcosa a ragazzini pieni di speranze.”
“Eleanor non ha voluto tornare in Missouri con te?” Domandai.
“No. Non è andata proprio così.” Replicò lui. “Stavo per dire ad El della mia decisione e volevo chiederle di tornare a casa con me, ma non sono riuscito a farlo, perché lei aveva ricevuto l’offerta che aspettava da tutta la vita: seconda protagonista di un musical piuttosto importante. E so che, se le avessi chiesto di tornare in Missouri con me, lei avrebbe rifiutato la parte e sarebbe venuta.”
“Quindi l’hai lasciata tu per non farla rinunciare al suo sogno?” Domandai.
“Sì. Le ho detto che io volevo tornare a casa, che ero stanco della vita di New York e che saremmo rimasti in contatto, ma non volevo essere il peso che la teneva legata al Missouri e non volevo nemmeno che lei continuasse a pensare a me e non si concentrasse sulla parte.”
“Come ha fatto ad accettare?” Chiesi, incredula.
“All’inizio non l’ha fatto. Abbiamo litigato per giorni, lei ha anche comprato il biglietto aereo per venire con me a St. Louis. Il giorno della partenza l’ho pregata di rimanere a New York e accettare la parte e ci siamo lasciati. Sono passati anni e alla fine lei l’ha superata e ha trovato altri ragazzi, altre parti più importanti… ogni tanto ci rivediamo e ricordiamo i vecchi tempi, ma…”
“Ma non è giusto, Louis. Tu sei innamorato di lei e… hai avuto altre ragazze dopo di lei?” Domandai.
“No.” Replicò lui, evitando di guardarmi negli occhi.
Dal suo racconto avevo capito tutto di lui. Perché era così severo con i suoi studenti – per prepararli al mondo reale e al feedback che avrebbero ricevuto alle audizioni – e perché sembrava sempre così solo.
“Perché non le dici che sei ancora innamorato di lei e… non lo so, provi ad avere una storia a distanza?”
“L’ho lasciata perché la amavo, Mary. Perché non volevo che si sentisse obbligata a lasciare New York per seguirmi in Missouri, per evitare che facesse una vita miserabile in questo posto per colpa mia. Lei è andata avanti, non posso ripiombare nella sua vita in questo modo. Non posso chiederle di impegnarsi a stare con me a distanza, non funzionerebbe mai.”
“Ma non lo saprai mai, se non ci provi nemmeno.” Ribattei.
“Mary, è il discorso che facevamo prima. Tu vedi tutto in bianco e nero, ma c’è tanto, troppo grigio in mezzo.” Replicò lui, scuotendo la testa. “E direi che si è fatto molto tardi, sono quasi le tre. Forse è il caso di dormire.”
“Stai solo cercando di evitare il discorso.” Dissi.
“Potrei dire la stessa cosa di te, che hai ascoltato la storia della mia vita pur di smettere di pensare a quello che sta succedendo con Harry.” Mi rimproverò lui. “Dai, ti preparo il divano letto in soggiorno e domani mattina riprendiamo il discorso davanti a una tazza di caffè – possibilmente corretto.” Aggiunse con una risata.
“Ma no, non preoccuparti. Torno al dormitorio.” Dissi.
“Non se ne parla. Nevica e sono le tre del mattino. Io sono troppo stanco per guidare e non ti lascio da sola. Ho una casa – riscaldata, aggiungerei – un divano letto molto comodo e delle coperte con un numero di fili molto alto che ti stanno chiamando.”
“D’accordo.” Cedetti. Ero davvero stanca e, anche se l’idea di dormire sul divano del migliore amico del mio (ex?) ragazzo mi sembrava strana, dovevo accettarla. Louis si era dimostrato un ottimo amico.
 
Il mattino successivo mi svegliai confusa. Dov’ero? Quello non era il mio dormitorio. E quello non era decisamente il mio letto. Le lenzuola erano troppo morbide e il cuscino troppo soffice.
“Buongiorno!” Esclamò Tomlinson, entrando in soggiorno con una tazza di caffè. “So che è presto, ma oggi dobbiamo andare entrambi in università.” Aggiunse, sedendosi sul divano di fronte a quello su cui stavo dormendo. Giusto, avevo passato la notte a casa di Louis.
“Giorno.” Mormorai, realizzando che era un giovedì, quindi avrei avuto lezione con Harry.
Louis mi porse la tazza di caffè e mi rivolse un sorriso incoraggiante.
“Abbiamo dormito poco, lo so, ma direi che ieri sera abbiamo parlato di cose importanti.”
“Molto.” Concordai. “Hai finalmente deciso di confessare il tuo amore a Eleanor?” Domandai dopo aver bevuto il primo sorso di caffè. Era bollente e amaro, ma non dissi nulla. Avevo bisogno di caffeina.
“Ehi.” Mi rimproverò il professore. “Lascia stare la mia situazione con El e, per il momento, pensa alla tua con Harry. Hai deciso cosa fare?”
“Io lo amo.” Confessai dopo qualche minuto di silenzio. “Non posso immaginare la mia vita senza di lui. Non posso immaginare di continuare a stare lontana da lui.” Aggiunsi.
“Quindi vai da lui.” Disse Louis. “Digli che lo ami, tornate insieme e si risolverà tutto. Lui lascerà Courtney e non preoccuparti, non sarà colpa tua. Lo farà a priori. Credo che sia stupido continuare a torturarsi e a stare lontani quando si è così innamorati. Credimi, ne so qualcosa.” Aggiunse.
“Però devi promettermi che prima o poi parlerai con Eleanor e le dirai che la ami.” Risposi, abbozzando un sorriso.
“Ti hanno mai detto che sei una rompiscatole?” Mi domandò Louis, ridendo. “Simpatica, ma incredibilmente rompiscatole.”
“E' una delle mie qualità migliori.” Scherzai.
“Dai, finisci la colazione, così poi possiamo prepararci per andare in università. Là c'è il bagno.” Replicò dopo qualche secondo, alzandosi dal divano e dirigendosi verso la sua camera da letto con la tazza di caffè in mano.
Avevo dormito poco, ma sapevo quello che avrei dovuto fare. Ci avevo pensato tantissimo e poi, quando mi ero finalmente addormentata, avevo sognato Harry. Nel mio sogno eravamo insieme e lui era venuto a prendermi all'aeroporto. Mi aveva baciata e mi ero svegliata sentendo ancora le sue braccia intorno alla mia vita e le sue labbra sulle mie. Mi mancava. Mi mancava tutto di lui. Laurel una volta mi aveva detto che avevo passato tutta la mia vita a pensare agli altri e che era ora che cominciassi a pensare a me stessa. Per me era difficile pensare di fare una scelta così egoista, ma l'amore che provavo per Harry era troppo forte. Dovevo tornare con lui.
 
***
 
Dopo una doccia da sogno – Louis aveva detto che amava circondarsi di cose belle ed era proprio vero: la sua doccia era enorme e aveva il soffione che imitava la pioggia tropicale – avevo salutato e ringraziato il professore ed ero tornata nel mio dormitorio per cambiarmi. Avevo bisogno di vestiti più appropriati per la lezione, perché stavo ancora indossando l’abito che avevo scelto per andare alla festa della confraternita di Jasper.
Laurel mi aveva fatto un milione di domande: dove sei stata? Di cosa avete parlato tu e Tomlinson? Hai preso una decisione? E via dicendo.
Avevo risposto velocemente a tutte, decisa a raggiungere l’ufficio di Harry prima che iniziasse la lezione, perché volevo parlargli. Avevo bisogno di vederlo, di guardarlo negli occhi e dirgli che ero disposta a perdonare e a dimenticare tutto quello che era successo, perché volevo disperatamente stare con lui. E sapevo che si trattava di una scelta egoista, ma non potevo davvero immaginare una vita in cui lui non era al mio fianco. Si sarebbe risolto tutto: lui avrebbe lasciato Courtney, avremmo tenuto la nostra storia segreta ancora per qualche tempo e poi, una volta finita l’università, avremmo cominciato a vederci anche in pubblico e chissà, magari ci saremmo anche trasferiti in quel bellissimo appartamento a New York.
 
Quando raggiunsi la piazza del campus mi sentii chiamare da una voce familiare. Mi voltai e vidi Courtney venire verso di me con un’espressione abbastanza spaventosa. Sembrava fuori di sé e pensavo che stesse per prendermi a schiaffi.
“Non guardi mai il tuo stupido telefono, vero? Ti ho chiamata tre volte questa mattina e almeno dieci ieri sera. Ti stavo cercando.” Disse. Infilai una mano nella borsa per recuperare l’iPhone, ma non lo trovai. Dovevo averlo dimenticato a casa di Louis, ero uscita di corsa quella mattina. O forse era nel mio dormitorio, dove avevo abbandonato i vestiti della sera prima. In effetti non lo vedevo da parecchio tempo.
“Non so dove sia il mio telefono.” Mormorai.  “Che succede?” Domandai, cercando di fare finta di nulla, nonostante mi sentissi mortalmente in colpa per quello che stavo per fare. Stavo per andare a dire a suo marito che volevo stare con lui, nonostante tutto.
“Ieri sera ho ricevuto una telefonata da Harry.” Disse. “A quanto pare ha deciso di chiedermi il divorzio e so benissimo che c’entri tu. Non ho nessuna intenzione di farmi lasciare da mio marito per colpa tua, quindi adesso ti dico cosa succederà.” Aggiunse.
Ero terrorizzata. Courtney non era una donna alta o massiccia – anzi, in realtà era più bassa di me e aveva un fisico molto esile – ma la sua espressione e il suo tono di voce erano davvero spaventosi in quel momento.
“C-cosa?” Domandai, balbettando.
“Tu adesso andrai da lui e gli dirai che non sei innamorata di lui e che non vuoi continuare a vederlo. Gli dirai che deve cercare di far funzionare il matrimonio con sua moglie e lo lascerai. Non lo vedrai mai più fuori dalle lezioni, non lo contatterai mai più e gli starai lontana. Altrimenti le foto che ti ho mostrato finiranno casualmente tra la posta del Rettore.” Rispose.
“Ma così Harry perderà il suo lavoro.” Dissi, cercando di farla ragionare. Voleva tornare con lui, quindi non voleva che venisse licenziato, giusto? Non l’avrebbe mai perdonata.
“Non mi importa. Almeno tornerà a fare lo scrittore e non incontrerà studentesse dalla dubbia moralità che cercheranno di portarselo a letto.” Replicò Courtney.
“Ma…” Cercai di obiettare.
“Non ci sono ‘ma’, tesoro. Non capisco per quale motivo, ma hai una certa influenza su di lui. Quindi adesso varcherai quella soglia, andrai a cercarlo nel suo ufficio e gli dirai quello che ti ho appena detto. Non provare nemmeno a fare la furba e a continuare a vederlo di nascosto, perché lo scoprirò. E non sognarti di dire a nessuno il motivo per cui lo stai lasciando, perché altrimenti te la farò pagare.” Continuò, prima di allontanarsi e lasciarmi sola in mezzo alla piazza del campus. Il cuore batteva all’impazzata nel mio petto, avevo lo stomaco attorcigliato e gli occhi bruciavano. Come avevo anche solo potuto pensare che le cose sarebbero andate bene? Harry era sposato e quello era esattamente ciò che mi meritavo per essermi intromessa nel suo matrimonio.
Certo, quello che dovevo fare non era facile, perché io ero innamorata di Harry. Lo amavo più di ogni altra persona al mondo e l’idea di doverlo lasciare e di non poterlo vedere mai più fuori dalle lezioni mi faceva sentire come se una parte di me si stesse disintegrando. Ma non avevo alternative. Courtney era stata molto chiara. Dovevo lasciarlo e dirgli di tornare con lei, altrimenti avrebbe rovinato entrambi.

 


Buongiorno! In questo capitolo avrebbero dovuto arrivare i genitori di Mary Jane, ma quando ho cominciato a scrivere la parte a casa di Louis... beh, lui ha deciso di raccontare la sua storia e ho pensato che fosse il momento perfetto per farlo, quindi eccola qui. Mary e Louis parlano per gran parte della notte e lei arriva a una decisione: ama Harry, non può stargli lontano.
Ma la mattina successiva, quando finalmente decide di andare a parlargli, incontra Courtney, che la minaccia e le dice che deve lasciarlo, altrimenti userà le foto e rovinerà entrambi. Cosa succederà nel prossimo capitolo? Mary lascerà davvero Harry o gli dirà tutto? E (in pure teoria, perché non ho ancora scritto una parola del nuovo capitolo) arriveranno i genitori e finalmente si scoprirà il motivo del litigio con i nonni.
Grazie per aver letto fin qui e spero che questo capitolo vi sia piaciuto!
Martedì pubblicherò il prossimo. Grazie ancora a tutti e un bacione! <3

 

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Capitolo 22
*** Thank You, Mom ***




Capitolo 22 – Thank You, Mom.
 
Rimasi fuori dall’ufficio di Harry per quelle che mi sembrarono ore. Non avevo il coraggio di bussare, perché non volevo affrontare quello che stava per succedere. Avevo appena deciso di tornare con lui perché mi ero accorta di amarlo troppo. Come avrei potuto fare quello che dovevo fare? Non volevo andare in quell’ufficio, mentire e lasciarlo. Ma che alternativa avevo? La posta in gioco era alta. Harry avrebbe perso il suo lavoro ed io avrei perso la borsa di studio e non potevo permettere che succedesse. Amavo St. Louis. Amavo la Washington University. Tutta la mia vita era lì. Non sapevo nemmeno dove avrei potuto andare se mi avessero cacciata dall’università.
Respirai profondamente per cercare di trovare un po’ di coraggio, poi bussai alla porta e attesi. Sperai che Harry non fosse lì, che quel giorno si fosse fermato a fare colazione e quindi fosse in ritardo, ma dopo pochi secondi sentii la sua voce.
“Avanti.” Disse.
Chiusi gli occhi e deglutii prima di aprire quella maledetta porta di legno scuro.
Non voglio, non voglio, non voglio, non voglio, non voglio.
“Mary! Che sorpresa!” Esclamò lui, alzandosi e raggiungendomi. Cercò di abbracciarmi, ma mi divincolai. Sapevo che non si aspettava di vedermi, anche se la sera prima avevamo passato del tempo insieme ed era stato quasi come ai vecchi tempi.
Abbassai lo sguardo e sentii gli occhi lucidi. Non potevo piangere ancora prima di iniziare quel discorso. Dovevo resistere.
Invece di abbracciarlo mi sedetti sulla sedia di fronte alla sua scrivania e aspettai che lui si accomodasse al suo solito posto. Iniziai a respirare profondamente per calmarmi, ma mi sentivo come se non potessi parlare. Avevo un nodo in gola e non ero sicura che sarei stata in grado di dire quello che dovevo dire.
“Harry, ho pensato tanto questa notte.” La mia voce era spezzata e tremolante e non riuscivo a controllarla.
“No.” Sussurrò lui. Sapevo che aveva capito quello che stava per succedere. Era una persona davvero intelligente.
“Non posso stare con te, Harry. Sei sposato, c’è di mezzo un’altra persona. Devi… devi provare a far funzionare il vostro matrimonio. Io… io non posso stare con te.” Mormorai a bassa voce, senza guardarlo negli occhi. Non potevo permettermi di farlo, perché sapevo che non sarei riuscita ad andare avanti. Ogni parola mi feriva come un pugnalata nel petto e volevo solo scappare lontano da quell’ufficio e nascondermi sotto le mie lenzuola.
“Mary, ne abbiamo già parlato. Io non amo Courtney. Voglio chiederle il divorzio da tantissimo tempo e lo farò in ogni caso.” Ribatté lui.
“Ti prego, non rendere tutto più difficile del necessario.” Sussurrai. Ormai non riuscivo nemmeno più a trattenere le lacrime. Dovevo andare via. “Non voglio più stare con te. Non voglio più vederti fuori dalle lezioni e non voglio che mi contatti più.” Aggiunsi con voce tremante.
“Mary…” Cercò di interrompermi Harry. Allungò un braccio per posare una mano sulla mia, ma la ritrassi immediatamente.
“No.” Dissi. “Questa… questa è la mia decisione e non cambierò idea.” Aggiunsi. “Ti prego, vai a casa da tua moglie e prova a far funzionare il vostro matrimonio una volta per tutte. Tra noi è finita.”
Non aspettai nemmeno che rispondesse, perché non sopportavo più essere in quell’ufficio. Mi alzai e corsi fuori. Non mi fermai finché non raggiunsi il parco del campus e scoppiai a piangere. Mi sentivo soffocare, era come se cercassi di inspirare e non succedesse nulla. Forse era così che si sentivano le persone quando stavano affogando.
“Mary, va tutto bene?” Sentii una voce familiare alle mie spalle. Non mi voltai, perché non mi interessava vedere chi era. Volevo solo stare da sola.
“Mary?” Insistette la voce. Sentii una mano chiudersi intorno al mio polso e tirarmi leggermente per farmi voltare. Quando mi girai e mi decisi ad aprire gli occhi, mi trovai faccia a faccia con Liam.
“S-sto bene.” Dissi tra le lacrime.
“Mary, non mi sembra proprio. Cos’è successo? Vuoi che chiamo Laurel?” Mi domandò. Non risposi, invece mi buttai tra le sue braccia e cominciai a singhiozzare. Liam mi strinse per qualche minuto senza dire una parola, poi si allontanò leggermente e mi guardò.
“Non è successo niente.” Dissi, cercando di ricompormi. “Sto bene, davvero.”
“Ti sei fatta male?” Mi chiese ancora Liam, che non era decisamente convinto che stessi bene. “Ti ha fatto male qualcuno?”
“No, no.” Risposi. “È solo… Sono solo problemi di cuore.” Aggiunsi. Il fatto che Liam mi avesse costretta a parlare mi aveva fatta calmare e non avevo più la sensazione di annegare di poco prima. Stavo ancora male ed ero sicura che avrei pianto almeno fino alla fine dell’anno, ma concentrarmi su una risposta mi aveva fatta calmare un po’.
“Mi dispiace. Posso fare qualcosa?”
“No, grazie. Hai già fatto tanto.” Replicai, asciugandomi gli occhi con il dorso della mano. Dovevo essere un brutto spettacolo, contando che ogni volta che piangevo il mio naso diventava istantaneamente color aragosta, ma in quel momento non mi interessava molto il mio aspetto fisico.
“Sicura? Non so, hai bisogno che ti faccio compagnia o vengo con te da qualche parte?”
Cercai di sorridere davanti all’evidente gentilezza di Liam. E pensare che solo poche settimane prima non aveva nemmeno cercato di difendermi dalla cattiveria dei suoi compagni di confraternita.
“No, davvero. Grazie. Anzi, adesso torno nel mio dormitorio perché ho bisogno di stare un po’ da sola.” Aggiunsi. Sapevo che avrei dovuto andare a lezione con Harry, ma non ce la facevo. Non avevo il coraggio di guardarlo negli occhi dopo quello che avevo fatto. Avevo mentito apertamente e gli avevo detto che era finita, quando l’unica cosa che volevo fare era perdermi tra le sue braccia e stare con lui per sempre.
“D’accordo. Beh, se hai bisogno chiamami, okay? E… oggi pomeriggio copro io il tuo turno in libreria, non preoccuparti.” Replicò Liam.
“Grazie.” Mormorai. Mi ero persino dimenticata che avrei dovuto lavorare quel pomeriggio.
 
Per tornare al dormitorio cercai di percorrere il tragitto più lungo e di camminare nelle zone con meno gente possibile, perché non volevo essere vista in quelle condizioni. Quando raggiunsi la piazza del campus (che avrei evitato volentieri, ma era l’unica strada per raggiungere l’edificio in cui vivevo), però, incontrai Carmen.
“Ehi, Mary!” Esclamò la ragazza. Abbassai lo sguardo e la salutai, nella speranza che se ne andasse in fretta. “Stai bene?” Mi domandò subito.
“Oh, sì, solo un po’ di raffreddore. Niente di grave.” Mentii, infilando le mani in tasca e cercando di nascondermi il più possibile.
“Capisco.” Rispose la ragazza. “Deve essere un virus che c’è in giro. Anche Styles oggi non si è presentato a lezione perché era malato.” Aggiunse.
Alzai immediatamente lo sguardo e la fissai per qualche secondo. Poi guardai l’orologio che portavo al polso. A quell’ora Carmen avrebbe dovuto essere a lezione. Harry non si era presentato e aveva mandato via tutti. Provai una fitta allo stomaco e una stretta al cuore. Che cos’avevo fatto? L’avevo ferito, avevo spezzato il cuore di entrambi. Avrei voluto rimediare, ma non avevo alternative. Courtney era stata davvero chiara e non potevo permettere che rovinasse la vita di entrambi.
“Eh sì.” Risposi, rimanendo sul vago. “Vado in camera, perché sto congelando.” Aggiunsi subito dopo.
“Okay. Riprenditi! Più tardi ti porterò un po’ di brodo di pollo. Funziona sempre quando sono malata, mi fa passare tutto!” Esclamò Carmen, sorridendo.
“Grazie.” Mormorai. Poi mi voltai e camminai velocemente verso l’edificio del mio dormitorio, prima che potesse vedermi qualsiasi altra persona.
 
“Mamma, papà!” Esclamai quando arrivai davanti alla porta della stanza che condividevo con Laurel. “Che cosa fate già qui?” Domandai.
“Sorpresa!” Dissero entrambi, sorridendo da orecchio a orecchio. “Abbiamo deciso di venire qui due giorni prima!” Aggiunse mia madre.
“Dove dormirete?” Chiesi, incredula. Non avevano intenzione di occuparmi il dormitorio, vero? Avevo bisogno di stare da sola, soprattutto in quel momento. L’ultima cosa di cui avevo bisogno erano i miei genitori che mi proponevano di andare a studiare qualche tecnica spirituale strana con loro.
“Oh, tesoro.” Rispose mia madre. “Tuo padre ed io abbiamo fatto un investimento. Stiamo guadagnando bene ultimamente e abbiamo deciso di comprare una roulotte!” Esclamò. Sembrava non stare più nella pelle dall’entusiasmo.
“Fantastico.” Risposi. Almeno non mi avrebbero chiesto di dormire sul pavimento della mia stanza.
“Oh, Dakota Rain.” Sussurrò mia madre, spostandomi i capelli dal viso e posando una mano sulla mia guancia.
“Mamma, non mi chiamo Dakota Rain. Mi chiamo Mary Jane.” Sbottai, cercando le chiavi per aprire la mia stanza. Odiavo quel soprannome e le avevo chiesto almeno un milione di volte di non usarlo.
“Ma tesoro, è il nome che ti rappresenta sul serio. Il tuo vero io. Sai che sei stata concepita durante un temporale pazzesco a Dakota, nell’Illinois.”
“Lo so.” Dissi, aprendo la porta e facendo entrare la mia famiglia. “Ma non mi piace continuare a pensare al momento in cui sono stata concepita. È disgustoso.”
“È naturale.” Mi rimproverò mia madre.
“Se lo dici tu.” Replicai. Stavo aspettando il momento in cui mia madre avrebbe cominciato a farmi una ramanzina per il colore che vedeva intorno a me.
“D’accordo, Mary Jane.” Disse dopo qualche secondo. “Vuoi dirmi cosa sta succedendo?”
Roteai gli occhi al cielo e mi lasciai cadere pesantemente sul letto.
“Nulla.” Mentii.
“Ho dimenticato il regalo per Mary nella roulotte, vado a prenderlo un secondo.” Intervenne mio padre, le cui intenzioni erano piuttosto chiare. Voleva lasciarci da sole.
Mia madre annuì, poi si sedette sul letto di fianco a me.
“È il ragazzo sposato di cui mi parlavi al telefono?” Mi domandò, guardandomi intensamente negli occhi. Odiavo quando faceva così. Sembrava che potesse leggermi l’anima.
“L’ho lasciato poco fa.” Ammisi a bassa voce, distogliendo lo sguardo.
“So che è difficile lasciare qualcuno, credimi. Prima di incontrare tuo padre ho fatto strage di cuori al liceo.” Replicò mia madre, sorridendo e facendomi l’occhiolino. “Ma tu hai l’aria di qualcuno che sta soffrendo proprio tanto. Vuoi raccontarmi cos’è successo?”
Era strano che mia madre non avesse ancora cominciato a nominare energia negativa, aura scura o cose del genere, ma apprezzavo il gesto. Avevo bisogno di lei in quel momento.
Sospirai e cercai di costringermi a non ricominciare a piangere. Non riuscivo a smettere di pensare a quello che mi aveva detto Carmen, al fatto che Harry non si fosse presentato a lezione per colpa mia. Il mio cuore era a pezzi e non avevo la minima idea di come fare a ripararlo.
Mi ritrovai a raccontarle tutto quello che era successo, senza omettere nulla. Avevo fatto fatica a iniziare a parlare, ma una volta cominciato non ero più riuscita a smettere. Era come se avessi rimosso qualsiasi tipo di filtro e un fiume di parole aveva investito mia madre, che era rimasta in silenzio per tutto il tempo. Mi aveva solo preso le mani tra le sue e aveva cominciato ad accarezzarle.
“Tesoro.” Cominciò a dire, guardandomi negli occhi. Non mi ero nemmeno accorta di aver iniziato a tremare.
“Forse hai ragione.” Dissi improvvisamente. “Forse la mia vita non è qui, ma con voi in… dove siete ultimamente?” Domandai. Non riuscivo a concentrarmi su nulla e volevo smettere di sentirmi in quel modo. Volevo che i miei occhi smettessero di bruciare, ma soprattutto, volevo che il mio cuore smettesse di fare male.
“Sedona, Arizona.” Rispose mia madre. Poi scosse la testa. “E no, non credo che il tuo posto sia con noi. Ho parlato tanto con tuo padre dopo la nostra ultima telefonata e credo che sia arrivato il momento, per te, di spiegare le ali e cominciare a volare per conto tuo. St. Louis è la tua casa. Venire a Sedona con noi per te vorrebbe solo dire scappare da quello che è successo qui e non puoi passare la tua vita a fuggire, Mary.” Aggiunse. La guardai, incredula. “Il motivo per cui siamo venuti a trovarti è perché volevo parlarti di persona. Volevo dirti delle cose guardandoti negli occhi.”
“State bene tu e papà?” Domandai immediatamente.
“Sì.” Disse mia madre, sorridendo. “Stiamo tutti bene. E vorrei che anche tu stessi bene, tesoro, ma so che questo tipo di dolore non passa semplicemente schioccando le dita. Non posso prometterti che il processo di guarigione sarà veloce e semplice, ma posso prometterti che arriverà un giorno in cui ti sveglierai e lo sentirai meno.”
“Tu pensi che io abbia fatto la cosa giusta?” Chiesi. Avevo bisogno di qualcuno che mi guidasse, che mi dicesse cosa fare, perché io non sapevo nemmeno più dove sbattere la testa in quel momento.
“Sì.” Rispose mia madre, sorprendendomi di nuovo. “So che tu lo ami e so che lui ama te, ma ci sono una serie di circostanze che rendono la situazione complicata. Troppo complicata. A volte l’amore di due persone non è abbastanza per tenerle insieme e tu sei giovane, ti sei trasferita qui per studiare e per concentrarti sulla tua educazione e sulla tua futura carriera… Una cosa del genere potrebbe rovinarti. Se la moglie del tuo professore dovesse utilizzare quelle foto, potresti perdere la borsa di studio ed essere espulsa. So che è strano, detto da me, ma a volte credo che sia più importante seguire i propri sogni rispetto all’amore.”
“Tu dici?”
“Sì.” Replicò ancora mia madre. “Se due persone si amano davvero e sono destinate a stare insieme si ritroveranno. Penso che questo non sia il momento giusto per nessuno dei due e credo che tu abbia bisogno di una pausa. Devi concentrarti su te stessa e sui tuoi sogni e chi lo sa? Se tu e Harry siete anime gemelle sono sicura che vi incontrerete di nuovo al momento giusto.”
“E se non siamo anime gemelle?” Domandai, sentendomi un po’ stupida. Volevo disperatamente che avesse ragione. Volevo che Harry ed io fossimo anime gemelle sul serio e volevo anche sapere che ci saremmo incontrati di nuovo in futuro e che saremmo stati insieme e felici. Ma come potevo essere certa che sarebbe successo?
“Vuol dire che questa è un’esperienza da inserire nel tuo bagaglio personale e da portare sempre con te. Se lui non è la tua anima gemella sono sicura che troverai la persona giusta sulla tua strada.” Rispose mia madre.
Annuii, perché quello che aveva detto aveva un senso. Certo, il dolore sordo che sentivo al petto non accennava a diminuire, ma aveva ragione. Quel tipo di dolore non se ne andava in un secondo. Con il tempo sarebbe diminuito ed io avevo bisogno di allontanarmi da tutta quella situazione, perché mi sentivo costantemente come se stessi soffocando. Avevo troppo peso sulle spalle, non potevo andare avanti in quel modo.
“Come farò quando lo vedrò a lezione, mamma?” Chiesi all’improvviso.
“Devi essere coraggiosa e affrontare la situazione a testa alta. Quando sei a lezione devi solo concentrarti sulla tua scrittura e incanalare tutti i tuoi sentimenti in quello che stai scrivendo.” Disse la donna. Annuii e rimasi in silenzio per qualche minuto, cercando di immaginare come sarebbe stato passare qualche ora alla settimana insieme a Harry e trattarlo da sconosciuto. Da professore. Quell’idea non mi piaceva per niente, ma dovevo cercare di convivere con la decisione che ero stata costretta a prendere. E mia madre aveva ragione, mi ero trasferita a St. Louis perché volevo studiare e diventare una brava scrittrice. Dovevo concentrarmi su quello e su nient’altro.
 
“Cosa volevate dirmi tu e papà?” Era passato parecchio tempo ed ero sicura che mio padre si fosse chiuso nella roulotte e che stesse aspettando un segnale da parte di mia madre. Doveva aver capito che avevo bisogno di sfogarmi e di fare un lungo discorso con lei e aveva deciso di lasciarci spazio. Dovevo ricordarmi di abbracciarlo stretto quando l’avrei rivisto, più tardi.
“Quello che mi hai detto al telefono l’ultima volta che ci siamo sentite mi ha fatto riflettere e ho capito che non è giusto che tu non sappia nulla sul resto della tua famiglia per colpa di qualcosa che è successo tanti anni fa.”
“Vuoi raccontarmi com’è andata?” Chiesi. Mia madre annuì e respirò profondamente.
“Il motivo per cui papà ed io abbiamo tagliato fuori le nostre famiglie è davvero semplice, ma noi non possiamo ignorarlo e fare finta che non sia mai successo nulla.” Cominciò a raccontare. “I nostri genitori non hanno mai approvato il modo in cui abbiamo deciso di vivere. Credo che nessuno di loro volesse accettare il nostro enorme cambiamento. Tuo padre frequentava una delle università migliori del paese, si era trasferito negli Stati Uniti per studiare e, improvvisamente, ha abbandonato tutto per conoscere meglio le piante e i fiori e le loro proprietà. Per seguire me. Ed io avevo una carriera scolastica promettente, ero brava in quasi tutte le materie, facevo la cheerleader e mi piaceva scrivere.” Continuò. Scosse la testa, come se stesse ricordando quel periodo, e poi ricominciò a parlare. “Sulla carta sembrava la vita perfetta, ma non mi rendeva felice, capisci? Io sapevo che c’era di più là fuori e volevo esplorare varie opzioni, vivere qualche avventura… insomma, volevo andare alla ricerca della felicità.”
“E i nonni non hanno mai approvato la tua decisione?”
“All’inizio mi hanno supportata. Non hanno detto nulla quando ho chiesto loro, come regalo di diploma, i soldi per un biglietto aereo per l’Europa. Mi hanno accontentata, così sono partita per un viaggio che ha cambiato completamente la mia vita e quando sono atterrata di nuovo negli Stati Uniti l’idea di tornare alla solita routine non mi piaceva più. Non volevo andare all’università, laurearmi, trovare un lavoro noioso ed essere infelice come il resto dell’America.”
“Quindi vi siete allontanati quando hai deciso di continuare il tuo viaggio?” Domandai.
“Non proprio.” Rispose lei. “Certo, non erano felici della mia decisione di non andare all’università, ma l’hanno accettata. È stato quando sei nata tu che le cose sono completamente cambiate.”
Alzai un sopracciglio, ma non dissi nulla. Rimasi in silenzio, in attesa di ulteriori spiegazioni.
“I tuoi nonni volevano che papà ed io rimanessimo a Springfield. Volevano che smettessimo di viaggiare, perché dicevano che il nostro stile di vita non era adatto per una bambina. Persino i genitori di papà si sono offerti di trasferirsi qui dall’Australia per darci una mano con te.” Continuò mia madre, abbassando lo sguardo e scuotendo di nuovo la testa. “Quando abbiamo detto che non volevamo aiuto e che avremmo continuato a viaggiare c’è stato un litigio molto brutto. Sono volate parole e frasi affilate come coltelli che hanno ferito tanta gente. I tuoi nonni ci hanno minacciati, dicendo che se fossimo partiti avrebbero chiamato i servizi sociali e ti avrebbero fatta portare via. Volevano unirsi ai genitori di papà e portarci in tribunale per ottenere la tua custodia.” Vidi gli occhi di mia madre diventare lucidi mentre raccontava quella parte di storia e le strinsi un po’ le mani.
“Mi dispiace.” Mormorai. Ed era vero, mi dispiaceva che i miei nonni non avevano capito che i miei genitori erano diversi da tutti gli altri e che per loro stare fermi in una città per un lungo periodo di tempo era uguale a morire lentamente. Ma capivo anche che le loro famiglie volevano solo il meglio per me ed erano convinti che tutti quei viaggi mi avrebbero fatta crescere in modo strano.
“È stato un periodo davvero brutto, ma sono contenta della decisione che abbiamo preso. Non la cambierei per nulla al mondo. So che portarti in giro per l’America con noi è stata la cosa giusta e sei cresciuta in modo sano e sono davvero orgogliosa di te, Mary. Sei una giovane donna forte e indipendente. Non molte persone possono dire di aver vissuto tutto quello che hai vissuto tu. La maggior parte dei tuoi coetanei è cresciuta in una bolla di sapone, ma tu sai com’è il mondo. Ed è per questo che so che supererai tutto questo e ne uscirai più forte di prima.” Continuò mia madre. “Ormai sono passati tanti anni e, per quanto io e papà non vogliamo più avere nulla a che fare con nessuno dei nostri genitori, capiamo che tu sei una persona diversa e hai bisogni diversi. Quindi vogliamo entrambi che tu ti senta libera di frequentarli e conoscerli meglio.”
“Grazie, mamma.” Dissi semplicemente. La abbracciai di nuovo, sentendomi stranamente calma e serena. Solo poche ore prima pensavo che avrei passato la notte a piangere e che non mi sarei mai più fermata. Avevo persino considerato l’idea di trasferirmi per fuggire da quello che era successo, invece un solo discorso con mia madre – uno stranamente onesto, serio e lungo – mi aveva fatto cambiare completamente stato d’animo. Mi sentivo più forte e pensavo che sarei stata in grado di superare tutto.
FINE PRIMA PARTE
 


È passato un po' di tempo dall'ultimo capitolo che ho postato, ma sono tornata! Scusate per il ritardo! Spero che abbiate passato tutti delle bellissime vacanze e che stiate bene!
In questo nuovo capitolo vediamo come sono andate (o meglio, come sono finite) le cose tra Mary e Harry. E poi vediamo tornare la madre di Mary Jane che, in questo capitolo, le dà dei consigli e le racconta perché i rapporti tra lei, suo marito e il resto della famiglia di MJ, si sono rovinati.
Alla fine del capitolo vedrete che c'è scritto "Fine prima parte". Ho deciso di dividere questa storia in due parti e, nel prossimo capitolo, capirete perché. La prima si conclude qui, con Mary che ha appena lasciato Harry e con ancora tante domande. Cosa succederà adesso? Lui proverà a convincerla a tornare con lui? Chiederà il divorzio a Courtney? Lei userà quelle foto contro di loro? Vi prometto che martedì leggerete molte risposte.
Nel frattempo vi ringrazio di tutto, vi auguro buon anno (perché non ve l'ho ancora detto) e vi dico che ci vediamo al prossimo capitolo che, se tutto va bene, dovrebbe essere online martedì prossimo!
Un bacione a tutti e alla prossima!

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Capitolo 23
*** Three Years Later ***




SECONDA PARTE
 
Capitolo 23 – Three Years Later
 
“Sono stressata.” Dichiarò Laurel, sedendosi sul suo letto e sospirando. “Mi avevano detto che lo spettacolo finale del corso di Teatro di questa università era tosto, ma non pensavo così tanto. E Tomlinson mi sta attaccato al didietro e mi corregge ogni minimo sbaglio, perché è terrorizzato dall’idea che la sua protagonista faccia qualche cazzata e rovini tutto.” Continuò.
 
Alzai lo sguardo dallo schermo del computer, dove stavo scrivendo l’ultimo capitolo del mio primo libro  (o, almeno, di quello che avrei voluto fosse il mio primo libro. Dovevo ancora revisionarlo tutto e cominciare a mandarlo a tutte le case editrici conosciute all’umanità. E poi dovevo sperare che a qualcuno piacesse, ma avevo le aspettative davvero basse). Rimasi in silenzio, perché sapevo che Laurel, in quel momento, aveva semplicemente bisogno di sfogarsi a ruota libera e non voleva che nessuno la interrompesse. Ci conoscevamo da quasi quattro anni, alla fine. Era strano pensare di conoscere una persona così bene, dopo che avevo passato tutta la mia vita a fare fatica a legarmi alle mie compagne di classe, per via dei miei continui spostamenti.
 
“Però mi ha fatto un complimento, sai? Mi ha detto, per la prima volta in tutta la sua vita, che gli è piaciuto il modo in cui sono entrata nel personaggio e l’ho capito fino in fondo. Verrai a vedere lo spettacolo, sì? Perché me la sto facendo sotto. E spero che per te non sarà imbarazzante rivedere Tomlinson quando verrai a salutarmi nel backstage, ma alla fine chissenefrega, no? Probabilmente sarai impegnata a tenermi i capelli quando vomiterò anche l’anima perché sarò nervosa.”
 
“Laurel?” La interruppi. Certo, doveva sfogarsi, ma in quel momento aveva bisogno di qualcuno che la fermasse, altrimenti la sua mente avrebbe cominciato a sfornare centinaia di scenari catastrofici di quello che avrebbe potuto andar male durante quello spettacolo.
 
“Se Tomlinson ti ha fatto un complimento è perché sei migliorata davvero, altrimenti non avrebbe scelto te per fare la protagonista dello spettacolo, non credi? E poi non sarà imbarazzante rivederlo, non ci parliamo da tipo tre anni, dubito che si ricorderà chi sono.” Risposi.
 
“Ma eravate diventati molto amici in quel periodo.” Ribatté la mia amica, riferendosi al primo anno, a quando avevo cominciato a uscire clandestinamente con il mio professore di Scrittura Creativa, cioè il migliore amico di Tomlinson.
 
Abbassai lo sguardo e ripensai a quello che era successo dopo che avevo lasciato Harry. A quelle settimane di nebbia, confusione e dolore in cui due persone che si amavano ed erano state costrette a lasciarsi avevano dovuto cercare di ricominciare le loro vite. Era stato difficile superare la rottura. Per un grande periodo di tempo avevo considerato Harry l’amore della mia vita, anche se eravamo stati insieme relativamente poco. C’erano giorni in cui mi riferivo a lui ancora in quel modo, anche se non lo facevo ad alta voce. Laurel mi avrebbe considerata una pazza e le altre mie amiche non avevano mai scoperto della mia storia con un mio professore.
 
Ripensai a Louis, alla notte che avevo passato a casa sua sul divano, ai consigli che mi aveva dato quando stavo con il suo migliore amico e ai suoi tentativi di farmi cambiare idea dopo che avevo lasciato Harry. Un giorno Laurel era tornata al dormitorio e, con le guance rosse, mi aveva detto: “Questa è la cosa più imbarazzante che mi sia capitata in tutta la mia vita. Tomlinson vuole parlarti, ma non sa come raggiungerti, quindi ha chiesto a me di darti il suo numero – anche se sa che ce l’hai – e mi ha detto di dirti di chiamarlo, per favore.”
Avevo abbandonato il biglietto con il suo numero nel cestino e l’avevo ignorato. Avevo cambiato strada per un paio di volte quando l’avevo incontrato per strada per sbaglio e dopo un po’ aveva smesso di cercare di contattarmi e mi aveva lasciata in pace.
 
“Non importa, è passato tanto tempo.” Dissi. Chiusi il coperchio del computer e sospirai. Per quel giorno l’ispirazione aveva fatto le valigie ed era andata da qualche altra parte, era inutile tentare di concentrarsi. La mia mente era troppo occupata a rivivere il primo anno all’università.
 
“Ci pensi mai?” Mi chiese la mia amica. Sapevo cosa stava facendo. Lo faceva sempre prima di uno spettacolo o di qualcosa che la rendeva nervosa. Mi stava facendo parlare della mia vita per distrarsi dalla sua.
 
“A chi? Tomlinson?” Domandai, provando a fare finta di non aver capito.
 
“No, parlavo di Harry. Pensi mai a lui? Non ti chiedi mai che fine abbia fatto?”
 
Chiusi gli occhi e sospirai. Sì, certo. Era il mio ultimo pensiero prima di andare a letto tutte le dannate notti da tre anni. C’era un secondo del giorno in cui riuscivo a non pensarci ed era la mattina, appena mi svegliavo. C’era un solo secondo in cui aprivo gli occhi ed ero tranquilla e felice, perché non mi ricordavo. E poi mi tornava tutto in mente. Il primo incontro, il primo bacio, la prima volta che eravamo andati a letto insieme, il momento in cui avevo scoperto che aveva una moglie, il momento in cui avevo capito che lo amavo troppo per lasciarlo andare, le foto con cui Courtney ci aveva minacciati, lo sguardo di Harry quando l’avevo lasciato. Mi tornavano in mente i messaggi che mi aveva inviato durante le prime settimane, dopo l’incontro nel suo ufficio. Quelle poche frasi disperate che mi avevano fatto ribaltare lo stomaco e mi avevano fatta piangere seduta sul pavimento del dormitorio, aggrappata alle coperte del mio letto.
 
“Mary Jane, ti prego, non puoi farmi questo.” “Mary, rispondi al telefono, dannazione!” “Ti amo.” “Ho solo bisogno che tu mi spieghi cosa diavolo è successo.”
 
Era stato difficile ignorarli e non rispondere. Tutto quello che volevo fare era tornare nel suo appartamento, saltargli in braccio e baciarlo, ma non potevo.
“Sì.” Dissi dopo quelle che mi sembrarono ore. “A volte ci penso.” Continuai.
E come potevo non farlo? La storia con Harry era stato l’evento che aveva lasciato una cicatrice profonda nel mio cuore. Come potevo non pensare a come era stato orribile tornare a lezione dopo che l’avevo lasciato? Avevo pensato di fregarmene della borsa di studio e di non frequentare più, ma sarebbe stato un controsenso. L’avevo lasciato proprio per non perdere quella maledetta borsa di studio e perché non lo licenziassero, non potevo buttare via tutto in quel modo.
 
“E non sei curiosa di sapere come sta o dove si è trasferito?” Mi domandò ancora la mia amica, distogliendomi da quei pensieri.
 
Mi costrinsi a scuotere la testa, anche se, in realtà, ci pensavo praticamente ogni giorno, da quando mi ero presentata nel suo ufficio e l’avevo trovato vuoto.
Era l’inizio del secondo anno di università e, per qualche motivo, avevo pensato che, visto che per me il suo corso era finito – perché insegnava solo agli studenti del primo anno ed io frequentavo il secondo – avrei potuto andare a trovarlo e parlarci. Non sapevo nemmeno io che cosa sarebbe successo. Certo, nei miei sogni avrei scoperto che aveva finalmente chiesto il divorzio a Courtney, che eravamo ancora follemente innamorati l’uno dell’altra e saremmo tornati insieme. La dura realtà fu che avevo trovato il suo ufficio vuoto. C’era un solo scatolone sulla scrivania e apparteneva al professor Riley, che aveva sostituito Harry e aveva iniziato a insegnare Scrittura Creativa a quelli del primo anno da poche settimane.
 
Non avevo mai più avuto notizie di Harry. Non sapevo nulla. Né dove si era trasferito, né cosa stava facendo. Niente. E forse, in un certo senso, era stato meglio così, perché la sua assenza mi aveva permesso – almeno un po’ – di andare avanti con la mia vita e di concentrarmi sugli studi. Ma non c’era stato un giorno, non da quando l’avevo lasciato, in cui non avevo pensato a lui nemmeno una volta. Era un pensiero fisso e, anche quando non ci stavo pensando di proposito, sapevo che era lì, nel retro della mia mente.
 
“Nella mia immaginazione si è trasferito in Europa, magari a Londra, è diventato un autore di parecchi best seller ed è felice.” Dissi, sperando che quella risposta mettesse la parola fine a quella conversazione.
 
“Beh, ma se avesse pubblicato dei best seller ne avremmo sentito parlare anche qui. Magari ci avrebbero fatto anche dei film. Invece pare che non abbia fatto uscire nemmeno un libro dall’ultimo che ha scritto prima di insegnare nella nostra università.” Ribatté Laurel.
 
Cercai di ignorare la stretta allo stomaco e il senso di colpa che si stava impossessando di me e scossi la testa.
 
“Non lo so, Laurie.” Dissi. “Cerco di non pensarci, perché è meglio così.” Aggiunsi.
 
“Scusa, è che sono agitata e…” Cominciò a dire lei.
 
“Lo so.” La interruppi. “Lo so, non preoccuparti.”
 
“Quindi oggi pomeriggio vai a trovare Jasper?” Mi domandò ancora la ragazza, particolarmente decisa a non tornare sull’argomento dello spettacolo.
 
“Sì.” Replicai.
 
Jasper si era laureato quando io avevo appena finito il primo anno di università ed era stato reclutato dai Rams, la squadra di football di St. Louis. Giocava nella National Football League ed era la persona più felice del mondo. Almeno fino all’incidente. Pochi mesi prima, durante una partita, aveva fatto una brutta caduta e si era rotto i legamenti crociati della gamba destra. Aveva subito un intervento e aveva cominciato la fisioterapia riabilitativa, ma i dottori non erano sicuri che sarebbe riuscito a giocare di nuovo professionalmente, perché l’operazione non era andata come speravano e la riabilitazione si stava rivelando più difficile del previsto.
 
Era ironico pensare che tre anni prima avevo considerato Jasper quasi come un nemico, perché aveva iniziato a tormentarmi dopo che l’avevo lasciato per Harry. Dopo la sua laurea eravamo rimasti in contatto, ci vedevamo spesso ed eravamo diventati migliori amici. Qualche volta, quando eravamo entrambi single, finivamo a letto insieme, soprattutto dopo serate particolarmente cariche di alcool, ma sapevamo che tra noi non avrebbe mai potuto esserci altro.
 
Una sera, poco dopo l’inizio del mio secondo anno, complice qualche bicchiere di troppo, ero finita a raccontargli tutto quello che era successo, per filo e per segno e lui mi aveva abbracciata. Mi aveva detto che mi capiva e che aveva sempre sospettato che ci fosse qualcun altro, qualcuno di cui mi ero innamorata così profondamente da farmi quasi perdere la ragione e mi aveva detto che mi aveva perdonata tanto tempo prima e che gli dispiaceva per come si era comportato e per quello che mi aveva fatto passare. Quella era stata la sera in cui eravamo diventati migliori amici. Avevamo passato la notte a parlare e tra noi si era formato un legame solido e indistruttibile.
 
Andavo a trovarlo a casa quasi tutti i giorni e, a volte, riuscivo anche ad accompagnarlo alla clinica di riabilitazione e rimanevo con lui per tutto il tempo, sostenendolo e restandogli vicina.
 
Era difficile vederlo in quello stato, perché per Jasper il football era tutta la sua vita. Quell’infortunio l’aveva cambiato profondamente e c’erano giorni in cui era ottimista, ma c’erano anche giorni, soprattutto all’inizio, in cui era perso. Si sentiva come se non avesse più uno scopo e allora finiva a piangere sulla mia spalla ed io rimanevo con lui finché non si sentiva almeno un po’ meglio.
 
“Sai che ho visto Liam questa mattina?” Mi domandò Laurel improvvisamente, riportandomi al presente.
 
Per la mia migliore amica e Liam le cose erano andate a gonfie vele per un anno e mezzo dopo che si erano messi insieme. Poi lui si era laureato, aveva trovato un appartamento e aveva cominciato a lavorare in uno studio legale. Aveva resistito esattamente due settimane, poi aveva capito che quella non era la strada che voleva intraprendere e aveva deciso di seguire il sogno della sua vita. Si era iscritto all’Accademia dei Vigili del Fuoco di Wellstone ed era diventato un pompiere.
 
Laurel aveva cercato di supportare il suo ragazzo, ma quando aveva intrapreso il suo primo turno e la mia migliore amica aveva scoperto che la sua squadra aveva dovuto spegnere un incendio e salvare delle persone intrappolate all’interno di un edificio, aveva fatto una scenata. Gli aveva detto che aveva paura e che non voleva vivere tutta la sua vita in ansia.
 
La prima litigata era finita a letto e i due avevano seppellito la discussione. Dopo la seconda litigata Liam aveva chiesto a Laurel di andare a vivere con lui e lei aveva accettato. Avevano passato un mese turbolento nello stesso appartamento. La mia amica non riusciva più nemmeno a concentrarsi sulla sua carriera scolastica, perché aveva costantemente paura che Liam venisse chiamato per un’emergenza e che gli succedesse qualcosa di brutto.
 
Dopo un mese di litigate e riconciliazioni, la rottura finale era avvenuta dopo un turno particolarmente pesante per Liam. In un edificio alla periferia di St. Louis era scoppiato un incendio enorme ed erano state chiamate più squadre per cercare di spegnerlo e per salvare tutte le persone ancora intrappolate al suo interno. L’incendio era stato così grande da essere ripreso da tutte le reti televisive locali principali, che avevano cominciato a riportare quello che stava succedendo in diretta. Dopo aver sentito la notizia che due pompieri erano rimasti bloccati sotto le macerie, Laurel era impazzita. Aveva cominciato a inviare messaggi a Liam, che ovviamente non poteva rispondere perché stava lavorando. Poi si era presentata sul luogo dell’incidente e aveva cominciato a piangere e a urlare, perché voleva vedere il suo ragazzo.
 
Quando i pompieri erano finalmente riusciti a spegnere l’incendio e a salvare tutti, Laurel aveva abbracciato Liam, poi gli aveva tirato uno schiaffo e gli aveva detto che non poteva più vederlo, perché non poteva vivere tutta la sua vita in quel modo. La mia migliore amica si era ritrasferita nel dormitorio con me e non si erano più visti da quel giorno.
 
“Vi siete parlati?” Domandai, spostandomi dalla scrivania al mio letto. Mi sedetti di fronte alla mia amica. Tanto, per quel giorno, non sarei più riuscita a scrivere nulla.
 
“Più o meno.” Disse lei. “Ci siamo salutati e la nostra conversazione è stata molto corta, molto fredda e molto formale. Insomma, non sembra nemmeno che siamo stati insieme per quasi due anni.” Aggiunse, scuotendo la testa. “Ma alla fine è stata colpa mia. Mi rendo conto di essermi comportata da pazza isterica, ma… non lo so, abbiamo condiviso qualcosa di speciale. Il nostro incontro mi ha resa abbastanza triste.” Concluse.
 
“Posso immaginare.” Risposi. “Però in che altro modo avreste potuto comportarvi oggi? Voglio dire… sì, siete stati insieme per quasi due anni e avete condiviso qualcosa di davvero speciale, ma è anche finita abbastanza male. Quello che voglio dire è che è normale che ci sia dell’imbarazzo tra di voi.”
 
“Hai ragione, ma è pur sempre una cosa brutta.”
 
“Già.” Concordai. Poi rimanemmo in silenzio per qualche minuto, ognuna assorta nei propri pensieri.
 
La mia mente cominciò a vagare proprio dove non volevo che andasse. Cominciai ad immaginare un eventuale incontro con Harry, dopo tre anni dalla conclusione della nostra breve – ma intensa – storia. Come sarebbe andata? Cosa ci saremmo detti? Sarebbe stato imbarazzante? Cosa stava facendo in quel momento? Si era ripreso dalla nostra rottura? Aveva chiesto il divorzio a Courtney o aveva provato a tornare con lei e si erano trasferiti in un’altra città per ricominciare da capo? Magari avevano avuto il bambino che desideravano. O magari si erano lasciati definitivamente e Harry aveva incontrato il vero amore della sua vita e adesso vivevano insieme, felici.
No, dovevo smettere di pensare a tutte quelle domande. Tanto non avrei mai avuto risposta. Anzi, dovevo alzarmi da quel letto e prepararmi, perché dovevo andare a trovare Jasper e dovevo accompagnarlo dal fisioterapista per fare riabilitazione.
 
***
 
“Mary Jane Watson, signore e signori!” Esclamò Jasper, sorridendo. Girò il braccio, puntandomi contro il mignolo, l’indice e il pollice e imitando con la bocca il suono di una ragnatela che usciva dal polso. Ormai era diventato un gioco tra noi due. Avevamo cominciato a ridere di quella volta che l’avevo lasciato a bocca asciutta perché aveva fatto una battuta su Spiderman che non mi era piaciuta e quello era diventato un modo divertente per salutarci. Avevo finalmente accettato di essere chiamata come un personaggio dei fumetti e non solo: per Halloween, l’anno prima, Jasper ed io eravamo andati ad una festa vestiti da Spiderman e Mary Jane.
 
“Dacci un taglio, Peter. Non sei in costume.” Scherzai, chiamandolo con il vero nome del supereroe.
 
“Dannazione, hai ragione. L’ho dimenticato in lavanderia!” Esclamò lui.
 
Scoppiammo a ridere entrambi e mi sedetti sul divano, di fianco a lui. Sembrava di buonumore, il che era un cambiamento piuttosto radicale rispetto al giorno prima.
 
“Ehi, che ne dici se dopo la riabilitazione andiamo da In-N-Out e ci mangiamo due hamburger grossi come una casa?” Proposi, sistemando un cuscino dietro la mia schiena e appoggiandomici pesantemente.
 
“Oh, è uno di quei giorni?” Domandò lui, scrutandomi attentamente.
 
“Sì.” Ammisi, abbassando lo sguardo. Jasper era diventato l’unica persona, oltre a Laurel e mia madre, a cui avevo detto di Harry. “Laurie me l’ha nominato e non riesco a smettere di pensarci. Sai, è una di quelle giornate in cui comincio ad analizzare ogni cosa e a farmi mille domande a cui non posso e non voglio rispondere.” Confessai, scuotendo la testa.
 
“Mary, ne abbiamo già parlato. Sai che non puoi farti questo.” Rispose lui. “Le cose sono andate così ed è passato tanto tempo. Devi solo accettarlo.”
 
“Ma io l’ho accettato.” Ribattei. “O almeno… l’ho accettato per la maggior parte del tempo. Poi ci sono giorni come questo in cui vorrei tornare indietro e rifare tutto.”
 
“Lo so. Dio solo sa quanto lo so.” Rispose Jasper, appoggiandomi una mano sul ginocchio e stringendolo. Non passava un solo giorno in cui non mi diceva che avrebbe voluto tornare indietro e non giocare quella maledetta partita.
 
“Mi dispiace, Jas. Mi sto comportando da insensibile.” Dissi.
 
“Ehi, qualcuno deve pur farlo, no?” Esclamò. Sorridemmo entrambi, poi mi alzai e recuperai le chiavi della sua auto dalla mensola all’ingresso.
 
“Forza, andiamo. Stasera viene anche Chloe?” Domandai, passando le stampelle al mio amico. Da qualche settimana aveva cominciato a uscire con una ragazza che aveva conosciuto durante la fisioterapia – era una volontaria - e le cose sembravano andare abbastanza bene.
 
“Non lo so, forse questa sera deve fare da babysitter a sua nipote, ma non ne sono sicuro. Comunque la vedo in clinica e ti dico.”
 
“Perfetto, allora andiamo.” Dissi.
 
Durante le prime sedute di riabilitazione Jasper mi aveva chiesto di entrare in studio con lui e di tenergli la mano. Ed io l’avevo fatto e gli ero stata vicina per tutto il tempo, accarezzandogli i capelli e mormorandogli parole di supporto. Nelle ultime settimane, però, aveva iniziato a sentirsi più sicuro e più forte, quindi mi aveva detto di aspettarlo in sala d’attesa – ed io avevo il sospetto che non volesse che Chloe mi scambiasse per la sua ragazza – così anche quel giorno mi ero messa comoda e avevo preso il primo giornale che avevo trovato sul tavolino di fronte a me.
 
Sapevo che la seduta sarebbe durata parecchio e non avevo voglia di scrivere – come facevo a volte – così avevo optato per qualcosa di molto leggero e su cui non avevo bisogno di concentrarmi: un giornale di gossip.
 
Lo sfogliai svogliatamente e distrattamente, leggendo qua e là i titoli degli ultimi scandali e commentandoli in silenzio: “Justin Bieber è insicuro sul suo taglio di capelli” (wow, notizia degna della prima pagina del New York Times!) o ancora “Angelina Jolie e Brad Pitt: il litigio furioso sul balcone dell’hotel” (ma non si erano già lasciati?). Sbuffai e girai pagina. Quando vidi una foto minuscola di Harry mi bloccai e tornai indietro, convinta di essermi sbagliata. No, non poteva essere lui. Cosa ci faceva su un becero giornale di gossip? Rimasi con la pagina a metà per qualche minuto, indecisa su cosa fare. Avevo le allucinazioni? Poi mi decisi a guardare il punto in cui mi sembrava di aver visto la foto e rimasi a bocca aperta. Era proprio lui.
Nell’angolo in alto a sinistra della sezione dedicata ai libri c’era un piccolo ritratto del mio ex e, sotto, una breve intervista.
 
“Mary Jane, cos’è quella faccia? Sembra che ti abbiano detto che Spiderman non è reale.” Scherzò Jasper, tornando in sala d’aspetto accompagnato da Chloe.
 
“Ehi, Mary.” Mi salutò lei. Era una ragazza estremamente educata e dolce e mi piaceva molto. Speravo che durasse con Jasper, perché era esattamente il tipo di persona che lui aveva bisogno nella sua vita.
 
“E-ehi.” Dissi distrattamente.
 
“Che succede?” Mi domandò il ragazzo, strappandomi il giornale dalle mani e guardando il punto che stavo fissando come se avessi visto un fantasma. “Oh.” Commentò.
 
“Oh.” Ripetei.
 
Avevo fantasticato tanto su come sarebbe stato incontrare di nuovo Harry e su cosa avrei potuto dirgli, ma non avevo mai pensato alla possibilità di vedere una sua foto su un giornale e di reagire in quel modo. Sembrava che l’avessi incontrato faccia a faccia. Quella minuscola foto aveva riportato alla luce un miliardo di sentimenti diversi e non sapevo cosa pensare o come comportarmi.
 
Ma forse non era stata solo la foto a farmi bloccare così, ma il contenuto dell’intervista. Harry aveva detto al giornalista che il suo nuovo libro sarebbe uscito quel mese e, quando il tizio del giornale gli aveva chiesto di cosa parlava, lui aveva risposto con poche parole, ma che erano arrivate dritte al mio cuore: “è un thriller incentrato sulla vita di un professore universitario che ha una storia clandestina con una delle sue studentesse.”

 


Ecco il nuovo capitolo! La decisione di dividere la storia in due parti è stata la migliore che abbia mai avuto, perché sono riuscita a ricominciare a scrivere e ho già pronti tre capitoli (e sono piuttosto sicura che oggi scriverò il quarto)!

Questa seconda parte ricomincia tre anni dopo quello che è successo nell'ultimo capitolo. Mary ha quasi finito l'università e nella sua vita ci sono stati parecchi cambiamenti. E tutto sembra andare abbastanza bene, almeno finché non vede quell'intervista sul giornale. Cosa succederà? Mary lo contatterà? Leggerà il libro?
Nel prossimo capitolo scopriremo tutto!

Grazie per essere passate, per aver letto la storia fin qui e per i commenti! A martedì per il nuovo capitolo!

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Capitolo 24
*** The Book ***




Capitolo 24 – The Book
 
“Devi contattarlo.” Mi disse Laurel quella sera. Avevo strappato la pagina del giornale e l’avevo tenuta con me per tutta la cena. Quando ero tornata nel dormitorio insieme alla mia migliore amica le avevo mostrato il pezzo di carta e non c’era stato bisogno di parlare o di spiegarle nulla.
 
“E cosa gli dico? Non puoi pubblicare un libro su quello che è successo tra di noi? Magari ha solo tratto ispirazione per l’idea generale e poi i fatti sono completamente diversi.” Dissi. Non riuscivo a sedermi, continuavo a camminare in tondo nel poco spazio che c’era tra i nostri due letti.
 
“Cos’ha detto Jasper?” Chiese Laurel, prendendomi per un polso e facendomi accomodare di fianco a lei.
 
“Scusa.” Mormorai. Sapevo di starle facendo venire il mal di testa. “Mi ha detto di stare tranquilla e di aspettare che esca.” Risposi. Ma sul giornale c’era scritto che il libro sarebbe uscito alla fine di marzo. Avrei dovuto aspettare tre settimane ed ero sicura che non ce l’avrei fatta. Sarei impazzita prima.
 
“Hai due opzioni, Mary.” Disse Laurel, guardandomi negli occhi. “O provi a chiamarlo, oppure vai da Tomlinson e chiedi aiuto a lui. Che ne so, magari ha una copia del libro e te la fa leggere prima che esca, così non devi parlare con Harry.”
 
Valutai attentamente quello che aveva appena detto la mia amica, poi scossi la testa.
 
“No.” Dissi. “No, non farò nulla di tutto ciò. Sono passati tre anni, sono andata avanti con la mia vita e non ricadrò in quel tunnel. Non contatterò nessuno e non leggerò nemmeno quel libro. Tanto non penso proprio che mi abbia inserita con nome e cognome, perché sa che potrei denunciarlo.”
 
“Lo faresti?” Mi domandò Laurel, leggermente sorpresa.
 
“No.” Dissi a bassa voce. “Ma tanto non leggerò mai quel libro e non lo scoprirò mai, quindi il problema non si pone.” Aggiunsi rialzando il tono e rimettendomi in piedi.
 
“D’accordo.” Replicò la mia amica. Aveva un’espressione scettica, come se non credesse che sarei riuscita a stare lontana da quel racconto. E aveva ragione, non ero sicura che ce l’avrei fatta, ma ci avrei almeno provato. Avevo quasi finito l’università, mi mancavano solo pochi mesi alla laurea. Era quasi ora di entrare nel mondo reale, nel mondo degli adulti. Laurel ed io avevamo già fatto piani per trasferirci a New York, dove lei avrebbe provato a sfondare a Broadway, mentre io avrei cercato un lavoro nel mondo dell’editoria e, nel tempo libero, avrei continuato a scrivere e a cercare di farmi pubblicare. Non potevo permettere che quel piccolo pezzo di carta con la foto di Harry – Dio, quanto era bello il suo sorriso! – facesse deragliare i miei piani.
 
***
 
Per le successive tre settimane riuscii a concentrarmi sulle lezioni, sullo studio e sull’ultimo capitolo del libro che avrei voluto presentare alle case editrici – per qualche motivo non riuscivo assolutamente a scrivere la fine – e ad evitare di fissarmi troppo su Harry e su quello che avevo letto su quello stupido giornale.
 
“Sarà difficile non pensare a Styles in questi giorni.” Mi disse Laurel la mattina del giorno dell’uscita del libro di Harry. Non era una domanda, semplicemente un’affermazione. La guardai male, per farle capire che non volevo assolutamente pensarci. Perché diavolo me l’aveva nominato? Sapeva che non volevo parlarne. Non l’avevo fatto per tre settimane.
 
“Okay.” Mormorai, concentrandomi invece sulla quantità di zucchero da mettere nella mia tazza quotidiana di caffè.
 
Laurel si morse il labbro inferiore e mi rivolse un’occhiata di scusa.
 
“Sai che… Cioè, non te l’avrei nominato se n-non avessi dovuto farlo.” Balbettò, arrossendo. Alzai lo sguardo dalla mia tazza di Starbucks e lo puntai su quello della mia amica. Cosa stava dicendo? Perché mai avrebbe dovuto nominarmi Harry?
 
“Cosa stai dicendo?” Le domandai, confusa.
 
“Non hai ancora guardato le e-mai?” Mi chiese di rimando. Scossi la testa, prendendo il telefono. “No, non farlo. Preferisco dirtelo io.”
 
“Laurel, mi stai facendo spaventare.” Dissi. C’era qualcosa nella sua espressione che mi stava facendo davvero preoccupare. Cosa stava succedendo? Harry mi aveva contattata via mail? E lei come lo sapeva? Sentivo il bisogno disperato di sbloccare il mio telefono e leggere immediatamente tutta la posta che mi era arrivata dalla sera prima.
 
“Questa mattina presto la segreteria ha mandato una comunicazione a tutti gli studenti. A quanto pare Harry terrà una lezione speciale dopodomani. L’hanno invitato in occasione dell’uscita del suo nuovo libro e lui ha accettato. Solo che i posti sono limitati, quindi chiedono di rispondere al più presto, confermando la presenza.” Spiegò Laurel.
 
Sentii le mie guance diventare bollenti. Harry sarebbe tornato a St. Louis? Alla Washington University? E avrebbe parlato del suo libro, che molto probabilmente parlava di noi, davanti a persone che non sapevano nulla? Il mio cervello minacciò di entrare in cortocircuito per le troppe informazioni. Harry sarebbe tornato. Volevo vederlo? L’avrei visto? Ero pronta?
 
“Mary?” Sentii Laurel cercare di attirare la mia attenzione.
 
“Ci sono.” Risposi. In realtà non era vero, ma dovevo riprendermi al più presto.
 
“Cosa vuoi fare?” Domandò la ragazza. Non lo sapevo, avevo troppi pensieri. Sarei stata pronta se avessi deciso di andare? Mi sarei pentita se, invece, avessi deciso di non andare?
 
“Voglio andare.” Dissi improvvisamente, prendendo il telefono e inviando la mia conferma di partecipazione alla segreteria. Vidi, con la coda dell’occhio, Laurel scrivere velocemente qualcosa anche sul suo iPhone.
 
“Ho mandato anche la mia risposta, così ti starò vicina.” Mi spiegò dopo qualche secondo. Mi sentivo agitata, confusa, ansiosa… era come se il mio stomaco avesse deciso di infilarsi in una lavatrice proprio durante la centrifuga.
 
“Grazie.” Dissi distrattamente, fissando la foto di Harry che avevano inserito nella newsletter. Sembrava che i suoi occhi verdi potessero trafiggermi il cuore persino attraverso gli occhiali che stava portando e lo schermo del mio telefono.
 
“Ehi, smetti di guardarla. Non farti del male.” Mi consigliò Laurel.
 
Un’e-mail dalla segreteria mi confermò che avrei potuto partecipare alla lezione speciale tenuta da Harry. Chiusi gli occhi e un brivido percorse tutto il mio corpo.
Ero davvero pronta per rivederlo? Era stato difficile partecipare alle sue lezioni dopo averlo lasciato. Quasi impossibile. Era stata una tortura guardarlo dal primo banco, due volte alla settimana, e sentire una stretta al cuore che sembrava volesse farmi stare male. Avevo odiato il suo sguardo un po’ assente, avevo odiato il fatto che il suo entusiasmo per il corso si fosse spento. E, soprattutto, avevo odiato l’attenzione con cui era riuscito a non guardarmi mai una volta negli occhi, nemmeno quando era stato il mio turno di leggere qualcosa o di rispondere a qualche domanda.
 
Non sapevo se avessi preso la decisione giusta. Non sapevo nemmeno se mi sarei presentata davvero a quella lezione speciale.
 
***
 
Passai due giorni interi a cambiare idea.
 
Vado.
No, non vado.
No, devo andare.
No, no, no, non posso presentarmi.
Vado, ma rimango in fondo alla stanza.
Ma sarò stupida! Non posso andare!
Vado.
No, non vado.
E via dicendo.
 
Telefonai sia a Jasper che a mia madre e chiedi a entrambi un consiglio.
 
“Tesoro, se te la senti di andare, vai. Potrebbe essere quello di cui hai bisogno per superare definitivamente questa parte della tua vita. Potresti finalmente accettare quello che è successo e andare avanti. Non so se avrai occasione di parlarci, ma magari potresti ottenere una risposta a tutte le domande che si sono formate nella tua mente negli ultimi tre anni e avere un po’ di pace.” Aveva detto mia madre.
 
“Janey,” – un altro dei soprannomi che mi aveva affibbiato Jasper – “non so cosa dirti, sinceramente. Vorrei poterti dire: ‘vai!’ ed essere sicuro che sia la cosa giusta da fare, ma non ne ho idea. Però penso che tu debba andare, se non altro per sentire di cosa parla quello stupido libro e metterti il cuore in pace.” Aveva detto il ragazzo.
 
Pace. Entrambi avevano utilizzato la stessa parola ed era stata quella che, probabilmente, mi aveva convinta del tutto. Quella che mi aveva portata a vestirmi e truccarmi con le mani tremanti e a cercare di non sporcarmi tutta la faccia di mascara.
 
“Dannazione, Mary Jane. Non devi nemmeno parlarci, devi solo nasconderti in fondo a quella stupida stanza, ascoltare quello che dice e poi sparire.” Dissi al mio riflesso nello specchio. “E sono arrivata a parlare da sola, sono ufficialmente da rinchiudere.” Mormorai pochi secondi dopo, riponendo i trucchi nella pochette che tenevo nella borsa e uscendo dal bagno.
 
“Pronta?” Mi domandò Laurel, porgendomi una mano.
 
“No.” Risposi risoluta. “Non so nemmeno perché sto andando a quella lezione. Cosa penso che succederà?” Domandai più a me stessa che alla mia amica.
 
“Credo che tu voglia solo vederlo, Mary. E credo anche che sia piuttosto normale, visto che so che lo definisci l’amore della tua vita e che non lo vedi da anni. Se fossi io al posto tuo… beh, vorrei vedere Liam.”
 
Annuii, ma non dissi nulla. Ero troppo agitata per parlare, ma sapevo che la mia amica aveva ragione. Volevo solo vederlo. Non mi aspettavo nulla da quella mattina. Ma era davvero così? Non mi aspettavo davvero nulla? Quante volte, in quei due giorni, avevo fantasticato su quello che avrebbe potuto succedere? Avevo previsto qualsiasi tipo di scenario. Tutti, però, avevano una cosa in comune: in qualche modo trovavo il coraggio di parlare a Harry e gli chiedevo di andare a bere qualcosa per parlare.
 
Uscii di corsa dal mio dormitorio, seguita da Laurel. Non volevo arrivare in anticipo perché avevo intenzione di rimanere negli ultimi posti, ma non volevo nemmeno arrivare a lezione iniziata. Quello sarebbe stato un modo sicuro per farsi notare: aprire la porta e correre dentro mentre lui aveva già iniziato a parlare.
 
Quando arrivai davanti all’edificio principale dell’università – la lezione speciale si sarebbe tenuta in una sala conferenze abbastanza capiente, non nella piccola aula in cui Harry aveva insegnato Scrittura Creativa per tutto il mio primo anno – cominciai a sentire le farfalle nello stomaco.
 
“Siamo sempre in tempo a tornare indietro.” Dissi. Laurel scosse la testa, mi prese per mano e mi trascinò all’interno.
 
“Senti, andrà tutto bene. Cosa può succedere, secondo te?” Mi domandò la ragazza. Il corridoio era già pieno di studenti, che chiacchieravano in attesa di entrare nella sala conferenze. Notai Carmen sulla soglia della porta, ma cercai di non farmi vedere perché sapevo che non sarei riuscita a sostenere una conversazione sensata. Non ero così agitata da… sempre. Non ero mai stata così agitata in tutta la mia vita.
 
“Non lo so.” Dissi. “In parte ho paura di sentire di cosa parla il libro, ma penso che la mia vera paura sia quella di scoprire che Harry ha trovato qualcuno ed è felice. E so che è egoista, credimi. Sono la prima a sentirsi in colpa quando mi vengono certi pensieri.” Aggiunsi, abbassando il tono della voce.
 
“Credi che non sia normale sperare che il proprio ex sia ancora follemente innamorato di te, anche se l’hai lasciato tu?” Mi chiese Laurel, posizionandosi di fronte a me e coprendomi la visuale. In quel modo non potevo più vedere l’ingresso della sala conferenze. “Perché fa male pensare che una persona che è stata felice con te lo possa essere anche con qualcun altro. Ed è egoista, Mary, sì, ma è anche umano. Tu puoi dire a tutti che speri che sia felice e lo pensi davvero, ne sono sicura, ma in fondo vorresti un lieto fine.”
 
Deglutii per cercare di non piangere. Laurel aveva perfettamente ragione. Io speravo davvero che Harry fosse felice, ma avevo paura che lo fosse con qualcun altro. Ma soprattutto, nel profondo del mio cuore speravo che quello che mi aveva detto mia madre tre anni prima fosse vero. Speravo che fossimo anime gemelle e che quello fosse il momento giusto per noi. E sapevo che non era vero, ma non riuscivo a smettere di pensarci.
 
“Signorina Carter.” Sentii una voce familiare alle mie spalle. “E… Mary Jane?” Tomlinson mi si piazzò di fronte con un’espressione di shock sul viso.
 
“Oh mio Dio, sapevo di aver avuto una pessima idea. Io torno a casa.” Dissi, voltandomi. Sentii due mani chiudersi intorno ad entrambi i miei polsi e trattenermi in quel punto. Una, più piccola e fredda, era sicuramente quella di Laurel. E l’altra, più grande e ruvida, apparteneva a Louis.
 
“Mary, stai calma.” Disse Laurel.
 
“Per una volta sono d’accordo con la signorina Carter.” Replicò Tomlinson, lasciandomi andare. “Ho cercato di contattarti per settimane dopo quello che è successo. Perché mi hai ignorato?”
 
Ecco la domanda che avevo accuratamente evitato per tanto tempo.
 
“Volevo tagliare i ponti con tutto ciò che riguardava o mi ricordava Harry.” Risposi a bassa voce, evitando di guardarlo negli occhi. “E non volevo che mi facessi cambiare idea.” Ammisi, quasi sussurrando.
 
“Perché sei qui, oggi?” Mi domandò Louis. La sua non era un’accusa o una domanda posta con cattiveria. Leggevo solo curiosità nella sua voce.
 
“Me lo sto chiedendo anch’io.” Dissi, scuotendo la testa. Poi, finalmente, alzai lo sguardo e incontrai il suo. “Credi che sia una pessima idea? Pensi che stia facendo una cazzata colossale? Perché lui probabilmente si è persino dimenticato di me e… e forse non vuole che io partecipi a un giorno così importante.”
 
“No.” Rispose Tomlinson, facendomi provare una stretta allo stomaco. Sapevo che Harry non mi avrebbe voluta alla sua lezione. “No, secondo me stai facendo la cosa giusta. Vuoi che…” Cominciò a dire, ma fu interrotto da Carmen, che in qualche modo mi aveva vista e mi aveva appena raggiunta.
 
“Mary! Non sapevo che saresti venuta! Forza, vieni, la lezione sta iniziando! Non possiamo perderci l’inizio, no?” Domandò, prendendomi per mano e trascinandomi nella sala prima che potessi fare qualsiasi cosa per impedirlo.
 
Fortunatamente Harry non era ancora arrivato, così trovai il modo di dire alla mia amica – che era un po’ troppo entusiasta per i miei gusti – che volevo sedermi in fondo alla stanza e la lasciai andare in prima fila. Pochi secondi dopo Laurel mi raggiunse e si sedette di fianco a me.
 
“Tomlinson?” Domandai. La mia amica scosse la testa.
 
“Mi ha detto di entrare, lui arriva dopo. In realtà non dovrebbe stare qui, ma visto che è suo amico si infiltra a lezione iniziata e rimane sulla porta.” Rispose lei.
 
Annuii e cominciai a torturarmi le mani. Ormai ero dentro. Ero seduta. Non potevo più alzarmi e andare via, anche perché non avrebbe avuto senso. Avevo avuto il coraggio di arrivare fino a quel punto, perché tornare indietro?
 
“Sei pallidissima, sicura di star bene?” Mi chiese Laurel dopo qualche minuto.
 
“No.” Risposi.
 
Poi entrò il direttore della Facoltà di Letteratura e nella sala calò il silenzio.
 
“Alcuni di voi conoscono Harry Styles come professore di Scrittura Creativa. Abbiamo avuto la fortuna di averlo nel nostro corpo insegnanti per un anno, prima che decidesse di tornare a New York per scrivere il suo nuovo libro, e adesso abbiamo la fortuna di averlo di nuovo qui per presentare il suo ultimo lavoro e per una lezione molto speciale sul mondo dell’editoria. Quindi, senza ulteriore indugio, lascio la cattedra a Harry Styles!” Esclamò l’uomo, lasciando il microfono sul tavolo di legno bianco dietro di lui.
 
Gli studenti cominciarono ad applaudire ed io iniziai a sentirmi sempre più agitata. Solo pochi secondi mi separavano dal rivedere Harry ed io mi ero appena resa conto di non essere davvero pronta.
 
Laurel mi prese una mano e me la strinse, forse per darmi coraggio o forse per assicurarsi che non sarei svenuta, facendo un’incredibile figuraccia davanti a tutti, non lo sapevo.
 
Poi Harry entrò nella sala, salutò tutti e si sedette sul bordo della cattedra, come era solito fare durante le lezioni del primo anno.
 
Un flash di me, seduta sulla scrivania scura del suo ufficio, e lui, che mi baciava il collo mentre mi slacciava il reggiseno con una mano, comparve nella mia mente e dovetti chiudere gli occhi per farlo sparire.
 
Harry era cambiato in tre anni. I suoi capelli erano molto più lunghi, non portava più gli occhiali e le maniche della sua camicia erano arrotolate, lasciando scoperti tanti nuovi tatuaggi. Il suo viso era sempre pulito, non portava un velo di barba come al solito, e i suoi occhi, se possibile, erano ancora più belli. Per non parlare di quel sorriso. Dove avevo trovato il coraggio di lasciarlo andare, tre anni prima? Dovevo essere stata proprio una stupida.
 
Harry iniziò a parlare ed io mi sforzai di ascoltare, ma non riuscii a capire una parola di tutta la prima parte della lezione. Rimasi a fissarlo, quasi a bocca aperta, finché Laurel non mi tirò una gomitata nelle costole e mi ripresi.
 
Il direttore della Facoltà era tornato di fianco all’uomo e aveva cominciato a fare domande sul suo nuovo libro. Ricordavo vagamente di aver letto qualcosa riguardante un Q&A durante la lezione.
 
“Allora, Harry, partiamo dalla domanda più ovvia. Perché il tuo nuovo libro si chiama Venerdì Nero? Qualche riferimento al venerdì dopo il giorno del Ringraziamento, quello in cui tutti fanno a fare shopping e ci sono i saldi?” Domandò il direttore.
 
Harry scoppiò a ridere e pensai che il mio cuore si sarebbe fermato. Dio, quanto era bello.
 
“No.” Rispose dopo essersi ricomposto. “No, direi che non ci sono riferimenti. Il venerdì è il giorno in cui il protagonista incontra segretamente la ragazza con cui ha una storia e il motivo per cui è nero… beh, quello sarà chiaro quando si legge il libro, ma non posso aggiungere altro.” Aggiunse.
 
“Perché questo, se non sbaglio, è un lavoro molto diverso dai due precedenti.”
 
“Sì, i miei primi due libri erano un po’ più romantici, diciamo. Questo contiene una storia d’amore, ma è più un thriller.” Rispose Harry.
 
“Parliamo un attimo della storia d’amore contenuta in Venerdì Nero. Il protagonista è un professore d’università e la ragazza è una delle sue studentesse. Devo chiedere: in quale modo la tua esperienza alla Washington University ti ha ispirato questa trama? C’è una studentessa in particolare che ha avuto una parte importante in questa storia?” Domandò il direttore.
 
“Beh, no.” Rispose immediatamente Harry. “Diciamo che…” Ricominciò a parlare, poi si fermò per pochi secondi, perché il suo sguardo aveva incrociato il mio, dall’altra parte della stanza, ed entrambi ci eravamo bloccati. Fu come se, per pochissimi istanti, il mondo si fosse fermato. Come se tutti i rumori intorno a noi si fossero attutiti e le persone si stessero muovendo in slow motion. Deglutii e cercai disperatamente di guardare da un’altra parte. Da qualsiasi parte, ma non nei suoi occhi, ma non riuscii. Almeno finché lui interruppe quel contatto e cominciò a fissare un punto indefinito alla sua sinistra. “Diciamo che la mia esperienza come insegnante ha sicuramente ispirato gran parte della storia, nel senso che ho potuto scrivere del protagonista maschile con cognizione di causa, perché ho provato a fare la sua professione in prima persona. Però non posso dire che c’è stata una studentessa che ha ispirato il resto della trama, perché sarebbe stato un po’ poco professionale, non trovate?” Concluse con una lentezza quasi snervante.
 
“Devo uscire di qui, mi manca l’aria.” Mormorai a Laurel, che stava guardando la scena come se stesse assistendo allo spettacolo più interessante della sua vita.
 
“Sai che ha detto così solo perché non poteva ammettere apertamente di aver avuto una storia con una studentessa, vero?” Domandò la mia amica di rimando.
 
“Lo so.” Sussurrai. “Ma ci siamo visti, Laurel. Mi ha guardata e si è interrotto. Non…” Cominciai a dire.
 
“Manca poco alla fine della lezione, poi possiamo andare a prendere un altro caffè. Forte.” Propose Laurel.
 
“E possibilmente corretto. Ne ho bisogno per superare questo trauma.” Borbottai, scivolando leggermente in avanti sulla sedia per nascondermi meglio. “Ma chi me l’ha fatto fare?” Dissi a voce bassissima, scuotendo la testa.
 
***
 
Laurel aveva ragione. La lezione durò ancora pochi minuti, giusto il tempo di dire agli studenti che Harry sarebbe stato alla libreria del campus a firmare copie del suo libro, quel pomeriggio.
 
“Almeno non ho il turno oggi.” Dissi, proprio mentre un sms mi avvisava che Becky, la mia collega, stava troppo male per uscire e mi chiedeva se potessi sostituirla in libreria. “Come non detto.” Aggiunsi. “È un incubo, vero? Altro che Venerdì Nero! Questo è un maledetto giovedì…”
 
“Di che colore lo definiresti?” Sentii una voce troppo familiare alle mie spalle. Mi bloccai immediatamente, incapace di continuare la frase o di muovere anche solo un passo.
 
“Harry.” Disse Laurel, un po’ in imbarazzo. Mi girai lentamente, preparandomi mentalmente a vederlo da così vicino.
 
“G-grigio?” Suggerii, evitando il suo sguardo. Invece guardai la sua mano sinistra, in cerca di una fede che non c’era. Ma, in fondo, non la portava nemmeno quando era davvero sposato con Courtney, quindi non potevo sapere nulla di più di quanto già sapessi.
 
“Ho incontrato Louis prima di entrare e mi ha detto che ti aveva appena vista… speravo di riuscire a parlarti.” Disse. Maledetto Tomlinson, lui e la sua lingua troppo lunga. “Il mio appartamento esiste ancora. Sarà un po’ impolverato, ma potrebbe essere il posto ideale per parlare senza essere disturbati o ascoltati, cosa ne pensi?”
 
Dovevo davvero dire quello che pensavo? Perché non sapevo nemmeno io quello che mi stava passando per la testa. Non dopo che Harry Styles mi aveva chiesto di andare nel suo appartamento per parlare, dopo anni di silenzio e dopo che la nostra breve storia era finita in quel modo. Cos’era rimasto da dire?

 


Ecco il nuovo capitolo! Mary e Harry si ritrovano e lui vuole parlare. Cosa vorrà dirle? Lei dirà di sì? Nel prossimo capitolo scopriremo tutto ;)
Grazie a tutti per essere passati, per aver letto fin qui e alle persone che mi lasciano sempre il loro parere! Grazie mille <3
A martedì prossimo!

 

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Capitolo 25
*** Catching Up ***



Capitolo 25 – Catching Up
 
Durante il tragitto dall’università all’appartamento di Harry rimasi quasi del tutto in silenzio. Era strano percorrere quella strada così familiare dopo tanto tempo. Decidemmo di fermarci alla caffetteria del campus per prendere qualcosa da mangiare – Harry non tornava in quella casa da almeno due anni, quindi non aveva nulla di commestibile – e poi camminammo fino al palazzo in cui aveva abitato durante il college e mentre insegnava Scrittura Creativa tre anni prima.
 
“Ti dico già che ci sarà polvere.” Disse lui, mentre apriva il portone d’ingresso. Le scale che portavano al piano giusto non erano cambiate. Erano sempre troppo buie e puzzavano leggermente di muffa.
 
“Non preoccuparti.” Risposi.
 
Fu strano vedere l’appartamento di Harry - che solo pochi anni prima era pieno di vita, calore e ricordi positivi - così freddo e spento. L’uomo aprì velocemente tutte le finestre per fare entrare un po’ di aria e di luce e tolse i teli di plastica trasparente dai mobili, ridando alla casa un po’ del suo vecchio aspetto.
 
Il silenzio, però, era il protagonista assoluto e mi faceva sentire ancora più agitata. Dovevo romperlo in qualche modo.
 
“Scusa, mi sento un po’ a disagio.” Dissi a bassa voce, cercando un posto dove sedermi. Mi resi conto che era impossibile cercare un punto in cui non avevo ricordi, perché ero stata ovunque in quell’appartamento. Decisi infine di abbandonarmi sulla sedia del tavolo in cucina e Harry mi raggiunse con quello che avevamo comprato in caffetteria.
 
“Non preoccuparti, non è esattamente una passeggiata nemmeno per me. Cioè, ho pensato tanto a questo momento, a quando ti avrei rivista. Avevo un discorso pronto, una serie di cose che volevo dirti, ma… è sparito tutto dalla mia mente appena ci siamo guardati.” Confessò lui, aprendo la confezione di tramezzini e passandomene uno.
 
“Già, è stato così anche per me.” Ammisi, abbassando lo sguardo. Era vero, avevo passato tanto tempo a perfezionare il discorso che avrei voluto fargli quando – e se – ci saremmo mai rivisti, ma in quel momento nella mia mente non c’era più nulla. Era come se avessi impiegato tre anni a dipingere un quadro complicatissimo e, in un solo secondo, tutto il colore si fosse sciolto, lasciando la tela bianca.
 
“Quindi direi di cominciare dalle cose semplici.” Disse Harry dopo un po’. Versò dell’acqua in un bicchiere di plastica e lo spinse lentamente verso di me.
 
“Grazie.” Mormorai. Lui annuì e mi rivolse un sorriso. Il mio cuore perse un battito. Com’era possibile che ero stata più o meno bene per quasi tre anni – anche se volendo essere onesti, sarebbe stato più giusto dire due anni – ed era bastato un solo secondo per cominciare a farmi battere il cuore alla velocità della luce e a farmi sentire come quando l’avevo visto per la prima volta?
 
“Come stai?” Mi chiese.
 
Svuotai il bicchiere d’acqua per prendere un po’ di tempo, perché non potevo dirgli quello che avevo appena pensato. Non potevo ammettere di provare quelle emozioni, perché mi avrebbe presa per una stupida. L’avevo lasciato io, dannazione. Ed era stata la decisione di cui mi ero pentita di più in tutta la mia vita.
 
“Bene.” Dissi infine. “Ho quasi finito l’università, sto scrivendo l’ultimo capitolo del libro che vorrei inviare alle case editrici e Laurel ed io abbiamo fatto piani per il futuro, cosa che per me è abbastanza strana.” Aggiunsi.
 
“Posso immaginare. Tu eri abituata a spostarti ogni anno, senza sapere dove saresti andata, e adesso stai progettando una vita intera con la tua migliore amica. Sono davvero contento per te.” Rispose Harry. Non riuscivo a leggere la sua espressione. Era davvero contento o si stava sforzando per essere gentile e, in realtà, voleva mandarmi a quel paese?
 
“E tu come stai?” Domandai. Avevo paura della risposta. Non volevo sapere quello che aveva fatto da quando l’avevo lasciato a quel momento e mi rendevo conto di essere una stupida e che mi stavo comportando in modo infantile. Mi tornò in mente Louis, che nel periodo in cui Harry ed io eravamo stati insieme, mi aveva ripresa più volte per il mio comportamento e mi aveva sempre detto le cose come stavano. Ero stata davvero un’idiota a tagliare i ponti anche con lui, perché si era rivelato un amico fantastico. Avrei dovuto cercare di rimediare.
 
“Un po’ stanco, se devo dire la verità. La mia casa editrice ha organizzato questo piccolo tour promozionale e sto visitando una città diversa ogni giorno per fare incontri nelle librerie, leggere passaggi dal mio nuovo libro e firmare copie… però sono contento. Ci ho messo due anni a scriverlo, ma sono soddisfatto del risultato.” Replicò. Non nominò minimamente il suo matrimonio con Courtney o nessun’altra donna.
 
“Harry, devo chiedertelo. Vorrei fare finta di nulla, ma… la trama del tuo libro.” Dissi. Mi ero ripromessa di stare zitta e di non dire nulla a riguardo, ma non ce la facevo più a tenermi tutto dentro. Dovevo parlarne.
 
Harry sospirò e si morse il labbro.
 
“Non posso negare che tu sia stata l’ispirazione principale per quel libro.” Rispose. Provai un brivido lungo la schiena quando sentii quelle parole. “Non so se lo leggerai, ma se lo farai troverai sicuramente dei riferimenti a cose che sono successe davvero, anche se la storia principale è molto diversa e decisamente inventata.”
 
“Non penso che riuscirò a leggerlo, devo dirti la verità.” Mormorai, abbassando lo sguardo.
 
“Ti capisco. E penso che tu faccia bene, in realtà. Se fossi nei tuoi panni non so se riuscirei a leggerlo nemmeno io.” Aggiunse, abbozzando un sorriso.
 
Rimanemmo in silenzio per qualche minuto e cercai di finire il pranzo. Sapevo che era arrivato il momento di fare un discorso molto più serio, quello che non vedevo l’ora di fare, ma anche che stavo cercando di evitare con tutte le mie forze.
 
“Mi dispiace per come è finita.” Dissi quando finalmente trovai il coraggio di parlare.
 
“Dispiace anche a me, Mary. La cosa che mi ha sempre fatto arrabbiare è che ci amavamo sul serio. Era solo il momento sbagliato per entrambi.” Replicò lui, guardandomi negli occhi. E chi aveva il coraggio di dirgli che, in quel momento, tutti i miei sentimenti per lui, quelli che avevo cercato di nascondere per tutto quel tempo, erano appena tornati a galla?
 
“Dire che il momento era sbagliato è un eufemismo.” Borbottai, ricordando perfettamente il giorno in cui Courtney mi aveva minacciata, dicendomi che avrei dovuto lasciare Harry, altrimenti avrebbe usato quelle foto contro di me. “Come… come sei stato in questi anni?” Domandai poi, alzando un po’ la voce ma cercando di evitare il suo sguardo. Sapevo che aveva capito quello che stavo facendo.
 
“Impegnato.” Rispose lui. “Subito dopo aver finito di insegnare alla Washington University mi sono trasferito a New York nell’appartamento che ti ho fatto vedere quando siamo andati insieme.” Aggiunse.
 
Annuii, ma non dissi nulla.
 
“Ho portato Dusty con me. Ha scoperto che gli piace stare seduto sul davanzale interno e spaventare i piccioni.”
 
“È diventato più amichevole?” Domandai. Il mio era un modo sottile per chiedere a Harry se aveva avuto altri “ospiti” nel suo appartamento.
 
“Non proprio.” Rispose lui, sorridendo. “Con Louis, Zayn e Niall nessun problema. Ma con chiunque altro… si nasconde sotto il letto e guarda male. Malissimo.” Scoppiai a ridere, ripensando al gatto.
 
“Mi ricordo le sue occhiate terribili.” Dissi. Tra noi calò di nuovo il silenzio e cominciai a pensare al nostro primo appuntamento a New York. Quando eravamo arrivati al ristorante eravamo diventati imbarazzati entrambi, per qualche strano motivo. La serata, poi, si era ripresa per fortuna. Non avevo idea se anche questa volta la situazione sarebbe tornata normale. Anche perché cosa c’era di normale? Eravamo due ex che si stavano pranzando insieme dopo tre anni dalla rottura e cercavano di evitare e di parlare degli argomenti difficili nello stesso momento.
 
 
“Ho letto su Internet quello che è successo a Jasper.” Disse improvvisamente Harry. “Mi dispiace. Come sta?”
 
Lo guardai in silenzio per qualche istante, confusa. Perché avevamo iniziato a parlare di Jasper?
 
“Meglio.” Risposi. “La fisioterapia sta funzionando, ma non si sa ancora se riuscirà a riprendere a giocare professionalmente.” Aggiunsi. “Il che è abbastanza tragico, perché il football è tutta la sua vita e… non sa più chi è se non può più considerarsi un giocatore.” Conclusi.
 
“Mi dispiace davvero tanto.” Ripeté Harry, scuotendo la testa. Ricordavo ancora i titoli sui giornali quando Jasper si era infortunato. Era stato un periodo difficile e i giornalisti non l’avevano certo reso migliore. I fotografi si erano accalcati davanti all’ingresso dell’ospedale.
 
La rappresentante della squadra aveva cominciato ad organizzare piccole conferenze stampa davanti a quel maledetto portone, per aggiornare tutti sulle condizioni di Jasper, che aveva subito un’operazione e doveva cercare di riprendersi. In quel periodo andavo a trovarlo tutti i giorni, facendo lo slalom tra i fotografi ed evitando le domande dei giornalisti – che ormai avevano capito che andavo a trovare lui, perché ci avevano visti spesso insieme agli allenamenti o alle partite.
 
“Si riprenderà, ne sono sicura. È forte.” Dissi, risoluta. Dovevo per forza pensarla in quel modo. Non sapevo se avrebbe giocato di nuovo, ma sapevo che avrebbe superato tutto, perché lui era fatto così. Non si faceva abbattere facilmente.
 
“In che quartiere siete andati a vivere?” Mi domandò Harry dopo qualche secondo.
 
“Non viviamo insieme.” Risposi, confusa. Lui sembrò quasi sollevato, ma arrossì per l’imbarazzo.
 
“Oh, pensavo di sì. Ho visto parecchie tue foto all’ospedale e quindi pensavo che…” Disse, lasciando cadere la frase a metà.
 
“Pensavi che fossimo tornati insieme?” Domandai. Quindi aveva nominato Jasper per parlare della mia situazione sentimentale? Gli interessava ancora? Non sapevo se sentirmi lusingata e felice o un po’ in imbarazzo.
 
“Sì.” Affermò lui, abbassando lo sguardo.
 
“No.” Dissi. “È assurdo, perché non so se ti ricordi cosa mi aveva combinato durante il primo anno, dopo che l’avevo lasciato… ma siamo diventati migliori amici negli ultimi anni.” Aggiunsi, mentre cercavo di ignorare il fatto che Harry si fosse tenuto informato sulla mia vita tramite quello che era successo a Jasper. Cosa significava?
 
Cominciai invece a pensare alla serata in cui Jas ed io ci eravamo ritrovati del tutto e sorrisi. Era l’inizio del secondo anno e avevo già scoperto che Harry se n’era andato. Ero devastata e avevo bisogno di pensare ad altro, così Laurel, Rae, Valentina e Carmen mi avevano convinta ad andare alla festa di inizio dell’anno della confraternita di Jasper. Lui si era già laureato alla fine dell’anno prima, ma era tornato alla confraternita per salutare le nuove reclute e festeggiare il suo ingresso nei Rams.
 
Mi aveva offerto da bere – forse un po’ troppo – e avevamo passato tutta la notte su una sdraio nel giardino della casa dei Kappa Alpha Psi. Avevamo solo parlato quella sera ed io mi ero messa a piangere e gli avevo raccontato tutto di Harry: il nostro incontro, la nostra storia clandestina, il nostro addio e l’ultima brutta scoperta, cioè la sua partenza.
 
L’alcool mi aveva annebbiato la mente e non avevo minimamente pensato che Jasper avrebbe potuto arrabbiarsi o rendermi la vita impossibile, così ero stata completamente onesta. E lui aveva avuto una reazione sorprendente. Mi aveva abbracciata, mi aveva dato un bacio sulla testa e mi aveva stretta. Poi mi aveva raccontato della sua delusione d’amore più grande – era avvenuta qualche anno prima, durante il suo primo anno di college. Quella notte aveva consolidato la nostra amicizia.
 
“Oh.” Fu il solo commento di Harry. Sembrava confuso, come se volesse chiedermi altro ma non ne avesse il coraggio.
 
“Come va con Courtney?” Chiesi improvvisamente, decidendo di smettere di aggirarmi intorno all’argomento. Dovevo affrontare le cose di petto, come mi diceva sempre Jasper.
 
“Courtney?” Mi chiese Harry, come se gli avessi fatto una domanda assurda. “Non la vedo da parecchio, da quando il nostro divorzio è ufficiale.”
 
Fu come se un peso mi si fosse sollevato dallo stomaco.
 
“Ah, avete divorziato?” Domandai quasi casualmente.
 
“Sì. Avevo detto l’avrei fatto e l’ho fatto. Le ho presentato i documenti pochi giorni dopo che ci siamo lasciati. Sono stati dieci mesi da incubo, perché lei non era d’accordo su nulla, ma alla fine ce l’ho fatta e sono tornato un uomo libero.” Disse con un sorriso.
 
“Harry?” Lo chiamai improvvisamente, con urgenza. Lui alzò lo sguardo e rimase in silenzio, aspettando che io dicessi qualcos’altro. “Harry, cosa ci facciamo qui?” Domandai. “Cioè… cosa stiamo facendo? Perché ci stiamo raccontando quello che è successo e stiamo pranzando insieme?”
 
Non sapere la risposta mi stava facendo agitare. Mi sentivo ansiosa, come se non fossi al posto giusto o come se sapessi che stesse per succedere qualcosa, ma non avessi la minima idea di cosa.
 
“Non lo so.” Ammise. “Pensavo che, dopo tutto questo tempo, meritassimo entrambi delle risposte.”
 
“Il nostro tempismo era terribilmente sbagliato.” Dissi. “E sì, tu meriti tutte le risposte del mondo, dopo quello che ho fatto.”
 
“Vuoi dire che finalmente mi dirai perché mi hai lasciato? Il vero motivo, intendo.”
 
Erano passati più o meno tre anni, ma improvvisamente riprovai tutte le emozioni di quel giorno. La paura di essere scoperta e di perdere la borsa di studio, di fargli perdere il posto di lavoro. La rabbia per essere stata costretta a prendere una decisione contro la mia volontà. La tristezza, la disperazione perché sapevo che le cose sarebbero cambiate completamente.
 
“Courtney mi ha minacciata.” Dissi a bassa voce. “Quella mattina avevo intenzione di venire nel tuo ufficio per dirti che avevo capito di amarti troppo per lasciarti andare. Non mi interessava se non mi avevi detto che eri sposato, non mi importava di nulla. Volevo solo stare con te. Poi ho incontrato lei, che mi ha mostrato quelle foto per l’ennesima volta e mi ha detto che avrei dovuto lasciarti e dirti di tornare da lei, altrimenti le avrebbe usate per farmi perdere la borsa di studio e… non potevo permettermelo. Non potevo nemmeno permettere che tu perdessi il lavoro per questa storia.”
 
“Ma perché non me ne hai parlato, Mary? Avremmo potuto trovare una soluzione insieme.” Ribatté Harry, improvvisamente arrabbiato.
 
“Perché ero spaventata.” Risposi. “Non mi era mai capitato di essere ricattata in quel modo. Le foto che aveva Courtney avrebbero potuto rovinarci entrambi e non volevo che succedesse.” Aggiunsi.
 
“Sì, ma…” Cominciò lui. Poi si interruppe e scosse la testa. “Se tu me ne avessi parlato avremmo potuto evitare di stare male in due.”
 
Il modo in cui pronunciò quelle parole mi fece sentire come se qualcuno mi avesse appena pugnalata nel petto e avesse cominciato a girare il pugnale. Aveva ragione, avevo fatto soffrire entrambi. Ero stata una stupida.
 
“Forse abbiamo sbagliato tutto.” Dissi, alzandomi velocemente e prendendo la mia borsa. “Non dovevo venire qui, non dovevamo parlarne.” Aggiunsi.
 
“Mary, aspetta!” Esclamò Harry, alzandosi a sua volta e raggiungendomi.
 
“No, Harry. Mi dispiace per tutto quello che è successo, ma ormai è successo e forse è stato meglio così. Ormai siamo andati avanti entrambi e… non lo so, lasciamo il passato nel passato.” Conclusi, prima di aprire la porta e uscire da quell’appartamento il più velocemente possibile. Non potevo sopportare di rimanere lì un solo secondo in più.

 


Nuovo capitolo! Mary Jane decide di seguire Harry e i due cominciano a parlare... anche se il discorso non va esattamente come avremmo sperato! Cosa succederà nel prossimo capitolo? Vi anticipo che Mary dovrà lavorare durante l'evento in libreria di Harry e ascolterà un passaggio del nuovo libro di Styles. Avranno occasione di parlare di nuovo e chiarirsi? 
Grazie a tutti per aver letto! Spero che questo capitolo vi piaccia e l'appuntamento è per martedì prossimo con il nuovo capitolo!
Un bacione :)

 

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Capitolo 26
*** Book Signing ***




Capitolo 26 – Book Signing
 
Dopo pranzo non riuscii a parlare con Laurel, perché dovetti correre in libreria per iniziare il mio turno. O meglio, il turno di Becky, che quel giorno “era troppo malata per lavorare”, il che significava sicuramente che la sera prima era uscita, si era ubriacata e quella mattina non riusciva a scendere dal letto. Non era la prima volta che capitava, ma a me non dispiaceva. I turni in più mi venivano pagati come straordinari e i soldi mi facevano comodo.
 
“Mary?” Domandò Joshua, il titolare della libreria.
 
“Becky è malata.” Spiegai, correndo nel retro per lasciare la borsa e la giacca e attaccare il cartellino con il mio nome sulla maglietta.
 
“Se continua così dovrò licenziarla.” Disse Josh, seguendomi. Scosse la testa e si appoggiò alla parete. “Sai che oggi verrà quello scrittore che ha anche insegnato qui all’università per leggere un pezzo del suo libro e per firmare le copie alle groupie, vero?” Domandò l’uomo, sogghignando. Roteai gli occhi al cielo.
 
“Sì, lo so. Styles è stato il mio professore durante il primo anno.” Risposi. “Stamattina ha tenuto una lezione speciale all’università e ha detto che sarebbe stato qui.” Aggiunsi.
 
“Oh, quindi sei una delle groupie? Perché ricordo che quando insegnava qui tutte le ragazzine gli morivano dietro. Era abbastanza irritante.” Continuò Josh. Sapevo che stava dicendo quelle cose per farmi credere che disprezzasse Harry, la sua bella presenza e il gruppo di studentesse a cui aveva mandato gli ormoni in subbuglio quando insegnava alla Washington University. In realtà si capiva benissimo che era geloso, perché in fondo desiderava essere stato al suo posto.
 
Joshua non era un brutto uomo. Aveva sicuramente un’aria affascinante, con i capelli scuri, gli occhi chiari, il naso leggermente aquilino e gli zigomi alti. Il suo più grande problema era che aveva trentacinque anni, ma si comportava ancora come un ragazzino di quindici. Nessuna donna voleva stare con lui per più di due settimane, e alla fine lo lasciavano tutte accusandolo di essere immaturo.
 
“No.” Risposi a denti stretti. “Sono solo stata una sua studentessa, quindi volevo partecipare alla sua lezione.” Mentii. Trovavo inutile confessare al mio capo che tra noi c’era stato qualcosa in più di un semplice rapporto insegnante-studentessa.
 
“D’accordo. Allora sarai felice di ascoltarlo leggere una parte del suo libro quando verrà qui.” Concluse l’uomo, scostandosi dalla parete e allontanandosi dal retro del negozio, lasciandomi sola.
 
Harry avrebbe letto un passaggio dal suo libro? Non ero pronta. Non volevo ascoltarlo. Maledetta Becky e il suo vizio di bere troppo ogni volta che usciva.
 
***
 
L’incontro con Styles iniziò alle cinque e trenta di pomeriggio. La libreria si era già riempita da un’ora e il pubblico era per la maggior parte femminile. Carmen, ovviamente, era in prima fila.
 
“Sei stata fortunata ad avere il turno oggi, così potrai assistere alla lettura insieme a noi! Non sei felice? Styles è uno dei miei scrittori preferiti. I suoi due libri precedenti li ho praticamente consumati da quanto li ho letti!” Esclamò la mia compagna di corso quando mi vide.
 
“Già.” Dissi distrattamente. Non pensavo di essere fortunata. Per niente. Soprattutto dopo aver visto Harry entrare dalla porta sul retro con un uomo che non conoscevo. Non volevo ascoltarlo mentre leggeva una parte del suo libro, non volevo guardarlo mentre sorrideva amabilmente a tutte le persone che si erano presentate per lui. E poi non volevo che mi vedesse o che il suo sguardo incontrasse il mio o che cercasse di parlarmi.
 
***
 
Joshua presentò brevemente Harry e poi mi raggiunse, per permettergli di leggere il passaggio di Venerdì Nero prima di fermarsi a firmare copie del suo libro a tutti i presenti. L’uomo si schiarì la voce, poi aprì la copia che aveva in mano nel punto in cui aveva inserito un segnalibro e sorrise alle ragazze prima di iniziare a leggere.
 
“Seth posò lo sguardo sulla studentessa in prima fila che l’aveva guardato con i grandi occhi verdi sgranati all’inizio della lezione e capì di essere fottuto. Aveva detto di chiamarsi Jade quando lui le aveva chiesto il nome, e lui si era ritrovato a pensare che i suoi genitori le avessero dato il nome perfetto. Jade, Giada, come gli occhi che in quel momento lo stavano osservando e che gli stavano facendo provare una sensazione piacevole in tutto il corpo.
‘Professore, ci può parlare del primo libro che ha pubblicato, quello che è entrato al numero uno della classifica dei Best Seller del New York Times?’ Gli chiese la studentessa di fianco a Jade.
Seth si costrinse a distogliere lo sguardo dalla ragazza dagli occhi verdi e a puntarlo invece sulla sua compagna di banco. Che cosa gli aveva chiesto? Oh sì, voleva che parlasse di quello stupido libro.
‘Ogni cosa a suo tempo.” Borbottò scorbuticamente l’uomo. In quel momento era così distratto dalla ragazza di fronte a lui che gli veniva voglia di abbandonare la lezione a metà e scappare.
Nella sua mente si vedeva già mentre le sistemava i lunghi capelli castani dietro le orecchie, mentre le baciava quelle labbra color rubino e mentre esplorava quel corpo perfetto con le mani. Si vedeva toglierle i vestiti lentamente per assaporare ancora di più quel momento. E poi si vedeva lasciare una scia di baci su quella pelle perfettamente pallida e liscia. E…
‘Prof?’ La voce di Jade interruppe quei pensieri poco adatti al posto di lavoro. Seth si costrinse a concentrarsi e ad abbandonare quelle immagini così allettanti che vedeva nitide nella sua mente. Jade era una studentessa. Una sua studentessa. Non poteva permettersi di cadere in quel tunnel e di intraprendere quella strada. Se poi lei avesse scoperto il suo segreto sarebbe scappata a gambe levate ancora prima di avere il tempo di dire ‘ciao’.
‘Sì?’ Rispose il professore, guardandola da capo a piedi e indugiando per qualche secondo di troppo sul suo decolleté. Dio, quella ragazza era perfetta. Avrebbe dato qualunque cosa per poter affondare il viso nell’incavo del suo collo e assaporare il suo profumo anche solo per cinque minuti.
Aveva l’aria di essere una di quelle ragazze divertenti, intelligenti e un po’ sfacciate che lo facevano tanto impazzire e che incontrava raramente.
Erano tutte uguali, ormai, le ragazze. Sembravano uscire tutte dalla stessa fabbrica. Si vestivano, pettinavano, truccavano, comportavano nello stesso modo e dicevano le stesse cose. Jade, invece, sembrava diversa. Sembrava l’unica persona a colori in una stanza piena di manichini in bianco e nero.
‘Nel programma del corso c’è scritto che con lei perfezioneremo la nostra tecnica di scrittura e parleremo anche del mondo dell’editoria. È corretto?’ Domandò Jade, arricciandosi una ciocca di capelli intorno alla biro che teneva in mano e fissando il professore negli occhi.
Seth scrocchiò nervosamente le dita e si obbligò a rilassarsi e a rivolgerle un sorriso.
‘È tutto esatto, signorina Flynn.’ Rispose prima di lanciarsi in una dettagliata spiegazione di tutto quello che avrebbero affrontato durante quel corso. Doveva parlare e concentrarsi su qualsiasi cosa tranne quelle labbra e quegli occhi, perché altrimenti non avrebbe superato il suo primo giorno di lavoro.
Verso la fine della lezione il professore annunciò i suoi orari d’ufficio e disse agli studenti di fermarsi alla sua cattedra per cominciare a prendere appuntamento.
La prima persona che si alzò e cominciò a camminare verso di lui fu proprio Jade che, con il suo sorriso dolce e un po’ imbarazzato sembrava voler dire: è proprio fottuto, professor Kent.
Seth segnò velocemente l’appuntamento sull’agenda, si costrinse a salutarla e a concentrare la propria attenzione sulla studentessa successiva. Tutto quello che voleva fare, in quel momento, era tornare nel suo ufficio, chiudere la porta e le tende, sistemarsi sul divanetto, chiudere gli occhi e immaginare dettagliatamente tutto quello che avrebbe potuto fare a Jade Flynn.”
 
Dal pubblico si levò un applauso vigoroso e vidi Harry arrossire leggermente e sorridere per nascondere l’imbarazzo.
Mi domandai se la decisione di leggere proprio il passaggio dell’incontro tra il protagonista e la studentessa fosse stata deliberata o se fosse stata opera del suo agente, che era in piedi dalla parte opposta della stanza e aveva un’espressione che significava solo una cosa: soldi.
 
Joshua raggiunse velocemente Styles, prese il microfono dalle sue mani, si complimentò con lui e cominciò a moderare la parte dedicata alle domande e risposte, così ne approfittai per sgattaiolare dietro il bancone e a cominciare a servire alcune delle ragazze che erano tra il pubblico.
 
Non sapevo come sentirmi, ero solo felice di potermi concentrare sul lavoro per non dover pensare a quello che avevo appena sentito. Quando Harry mi aveva detto che alcuni passaggi del libro mi sarebbero sembrati un po’ familiari… beh, la protagonista era palesemente basata su di me e la descrizione di quel primo incontro mi aveva fatto sentire le farfalle nello stomaco e il cuore pesante. Si era davvero sentito così quando mi aveva vista per la prima volta? Gli avevo fatto quell’effetto? Dovevo assolutamente smettere di pensare a quello che avevo appena sentito.
 
“Grazie!” Esclamò la ragazza di fronte a me. “Ho deciso di saltare le domande e risposte e comprare subito il libro, così poi posso mettermi in fila per prima per farmelo autografare. Non vedo l’ora di vederlo da vicino! Non trovi anche tu che sia un figo allucinante?” Aggiunse, sventolando la banconota da venti dollari che teneva in mano per farsi aria.
 
“Già.” Risposi asciutta. Sì, Harry Styles era figo, aveva talento e ci sapeva fare con la gente. Era bravo in quelle situazioni, sembrava che fosse stato messo al mondo apposta. E certo, lui si imbarazzava e arrossiva quando gli facevano i complimenti – e, anche se il pubblico non lo sapeva, probabilmente dopo aver letto il passaggio del suo libro era arrossito anche perché aveva appena messo a nudo i suoi sentimenti più profondi, non quelli del protagonista immaginario del suo libro -  ma sapevo che gli facevano più che piacere.
 
La ragazza prese il resto che le stavo porgendo e corse verso il tavolo che era stato sistemato in fondo al negozio per mettersi in fila. Scossi la testa e pregai che quella giornata finisse in fretta.
 
***
 
Il pomeriggio sembrò durare all’infinito. L’ultima persona in fila lasciò la libreria all’ora di chiusura ed io non vedevo l’ora di tornare nel dormitorio e di buttarmi a letto. Ero così stanca che mi facevano persino male le gambe. Cominciai ad avere il dubbio che Becky non fosse né malata e né stesse soffrendo dei postumi di una sbornia, ma che avesse capito che ci sarebbe stato tantissimo lavoro da fare e che avesse finto di avere l’influenza per quello.
 
“Ottimo lavoro, Mary! Abbiamo venduto tantissime copie del libro di Styles!” Esclamò Joshua, esaltato.
 
“Trecentoventiquattro, per essere precisi.” Replicai, chiudendo la cassa e tirando un sospiro di sollievo. Era davvero finita, potevo tornare a casa e dormire fino al mattino dopo, cercando di ignorare tutto quello che era successo quel giorno. Ero così sfinita che sentivo il peso di tutte quelle trecentoventiquattro copie sulle mie spalle.
 
“Grandioso! Forza, vai a cambiarti e torna a casa, direi che per oggi ti sei guadagnata lo stipendio.” Scherzò lui.
 
Salutai il mio capo e mi recai nel retro della libreria per riprendere la mia borsa e la giacca. Quando aprii la porta trovai Harry seduto sulla panca in mezzo alla stanza.
 
“Cosa fai qui?” Domandai. Probabilmente gli stavo risultando maleducata, ma avevo passato una giornataccia. Non avevo bisogno anche di quello.
 
“Volevo parlarti e il tuo capo mi ha detto che potevo aspettarti qui.” Replicò lui, fissandomi con intensità. Desiderai improvvisamente avere poteri magici, così avrei potuto scomparire in un secondo.
 
“Non è il caso di discutere al lavoro. Fammi prendere le mie cose e usciamo.” Dissi, prendendo velocemente la borsa e la giacca e uscendo dalla porta sul retro. Aspettai che Harry mi seguisse nel vicolo completamente deserto, poi mi appoggiai alla parete esterna e attesi.
 
Cercai con tutte le mie forze di non pensare alla sera in cui ero al pub con le mie amiche e lui mi aveva mandato un messaggio per darmi appuntamento nel vicolo fuori dal locale. Mi aveva baciata come non aveva mai fatto e poi mi aveva lasciata lì, perché doveva vendicarsi per qualche altro stupido scherzetto che gli avevo fatto io.
 
“Abbiamo una discussione in sospeso.” Disse fermamente. Non stava più sorridendo e aveva un’aria molto seria.
 
“No.” Replicai con testardaggine. “Abbiamo parlato a casa tua e ti ho detto tutto quello che dovevo dirti. La discussione è conclusa.” Aggiunsi. In quei giorni avevo accumulato così tanta tensione che pensavo che sarei scoppiata.
 
“Non mi sembra!” Esclamò Harry, alzando la voce. “Mi sembra che tu mi abbia detto che Courtney ti ha ricattata con quelle foto, ma non abbiamo mai finito di parlarne.” Ora era più agitato e stava parlando più velocemente del solito. Le sue guance si erano arrossate e i suoi occhi verdi sembravano ancora più brillanti del solito.
 
“Che cosa vuoi che ti dica, Harry? Non te l’ho detto quando è successo perché avevo paura delle conseguenze. E se anche te l’avessi detto cosa sarebbe cambiato? Courtney avrebbe usato quelle foto in ogni caso e ci avrebbe rovinati!” Replicai, alzando a mia volta la voce e agitandomi. Sentivo gli occhi lucidi e un nodo in gola che non se ne voleva andare. Odiavo discutere e l’unica cosa che volevo fare era tornare nel dormitorio, mangiare gelato e sfogarmi con Laurel fino ad addormentarmi.
 
“Non lo puoi sapere! Non lo potremo mai sapere, perché sono passati tre anni! Abbiamo perso tantissimo tempo.”
 
“E mi stai dando la colpa?” Domandai, improvvisamente furiosa. “Tu stai dando la colpa a me? Chi non mi ha detto che era sposato? Chi era la persona più adulta, quella che avrebbe dovuto sapere come comportarsi? Avevo diciannove anni, Harry. Sei stato la mia prima storia seria, il mio primo amore. Non avevo idea di come comportarmi. Non ero mai stata ricattata e minacciata in quel modo dalla moglie di nessuno!” Urlai. “Non c’è un maledetto manuale che spiega cosa fare in queste situazioni! E il fatto che tu te la stia prendendo con me per non avertelo detto è semplicemente ridicolo!” Aggiunsi.
 
“Non me la sto prendendo con te perché non me l’hai detto. Me la sto prendendo con il mondo, con l’universo, per averci separati e per averci tenuti lontani per tre anni.” Rispose Harry, cercando di avvicinarsi e di prendermi la mano. Forse voleva calmarmi, ma io ero furibonda e non volevo che mi toccasse. Non volevo sentire ragioni.
 
“Non pensi che abbia passato gli ultimi tre anni a sentirmi in colpa per quello che ho fatto? Non ho veramente bisogno di tutto questo. L’unica cosa di cui ho bisogno è tranquillità per laurearmi e cominciare il mio futuro.” Dissi, scuotendo la testa. “Non ho bisogno di rivivere il passato in questo modo.” Aggiunsi. Cominciai a camminare verso la piazza del campus per tornare nel mio dormitorio e ignorai i tentativi di Harry di seguirmi, di parlarmi e di farmi ragionare.
 
Era finita. Erano passati tre anni, ci eravamo ritrovati, ma il tempismo era ancora pessimo e c’erano troppe cose irrisolte tra di noi. Non potevamo cambiare il passato. Non eravamo anime gemelle, non eravamo destinati a stare insieme. Mia madre si era sbagliata.

 


Mary e Harry si incontrano di nuovo in libreria, dove lui legge una parte del suo nuovo libro e lei è costretta ad ascoltare quella che è palesemente la descrizione del loro primo incontro. Le cose sono complicate tra i due, sono passati tre anni da quando si sono visti l'ultima volta e in quel periodo non si sono mai contattati o parlati. Ci sono tante cose irrisolte tra loro e i caratteri (e le paure) di entrambi rendono difficile il dialogo.
Nel prossimo capitolo, martedì, vedremo qual è la reazione di Mary a tutto quello che è successo. E non preoccupatevi, non è l'ultima volta che vedremo Harry in questa storia. Mancano ancora vari capitoli e potrebbe succedere letteralmente qualunque cosa :)
Alla settimana prossima, spero che questo capitolo vi sia piaciuto!
Grazie per aver letto fin qui <3 <3 <3
Un bacione

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Capitolo 27
*** Straight On Till Morning ***



Capitolo 27 – Straight On Till Morning
 
Invece di tornare nel mio dormitorio, frugai per un quarto d’ora nella mia borsa, finché trovai le chiavi di casa di Jasper. Non volevo rimanere da sola, avevo bisogno di sfogarmi con il mio migliore amico. Chiamai un taxi, che mi lasciò esattamente di fronte a casa sua.
 
“Jas?” Chiamai, entrando. Mi aveva dato le sue chiavi qualche mese prima, dicendomi di fare come se fossi a casa mia e di andare da lui quando volevo, giorno e notte. Attesi una risposta, che non arrivò, e riprovai. “Jas? Sei in casa?” Urlai un po’ più forte. Possibile che fosse già a letto prima di cena? Non si addormentava mai prima di mezzanotte.
 
Decisi di provare a salire al piano di sopra per assicurarmi che non gli fosse successo nulla. Da quando si era fatto male ero diventata particolarmente paranoica sulla sua salute. E se avesse cercato di camminare senza stampelle e fosse caduto? Avrebbe anche potuto picchiare la testa.
 
Aumentai la velocità e salii gli scalini due a due. Quando arrivai davanti alla porta della sua camera mi bloccai di colpo. Jasper non stava dormendo, non era caduto e non aveva picchiato la testa. E non era nemmeno da solo. Chloe, la ragazza della clinica, era con lui e i due erano molto impegnati.
 
“Mary?!” Esclamò Jasper, strabuzzando gli occhi. Mi coprii immediatamente gli occhi con una mano ed arrossii furiosamente.
 
“Mi dispiace!” Dissi. “Sono entrata, ho provato a chiamarti e non rispondevi… ho pensato al peggio e sono venuta a controllare. Scusate, me ne vado immediatamente!” Aggiunsi, cominciando a tastare il vuoto davanti a me per evitare di sbattere la faccia contro un muro.
 
“Non preoccuparti, Janey. Ci vediamo domani, sì?” Mi domandò, ridendo. Almeno non si era arrabbiato, era già qualcosa.
 
“Assolutamente.” Risposi. Ormai ero in fondo al corridoio, quindi avevo tolto la mano da davanti agli occhi e avevo ricominciato a vedere dove stavo mettendo i piedi.
 
“A presto, Mary!” Mi salutò Chloe, facendomi imbarazzare ancora di più. Ero sicura che il giorno successivo avremmo riso tutti e tre su quello che era appena successo, ma in quel momento mi sentivo davvero mortificata.
 
“A presto!” Esclamai, scendendo velocemente le scale e uscendo dalla casa di Jasper. Chiusi la porta a chiave e chiamai un altro taxi per farmi riportare al dormitorio. Speravo che almeno Laurel non fosse impegnata a fare cose che non avrei dovuto vedere.
 
***
 
“E li hai beccati insieme?” Mi domandò la mia migliore amica, quando le raccontai quello che mi era appena successo. Non le avevo ancora detto nulla su Styles e lei non aveva ancora chiesto. Mi conosceva bene e sapeva che le avrei detto tutto al momento opportuno. Annuii e Laurel scoppiò a ridere. “Dio, deve essere stato imbarazzante!”
 
“A dir poco.” Mormorai, sentendo le guance ancora calde per la vergogna. “Spero che Chloe non pensi che… non lo so, spero di non aver rovinato nulla per Jas. Mi dispiacerebbe da morire.” Aggiunsi.
 
“Ma no, mi hai detto che ti ha anche salutata e li sentivi ridere. E tu e Jasper siete molto amici, sono sicura che lui le avrà parlato di te e le avrà spiegato che tipo di rapporto c’è tra di voi.” Replicò Laurel, mettendosi davanti prima un vestito e poi un altro.
 
“Il primo.” Risposi senza indugio. Laurel stava divinamente in rosso, quell’abito sembrava fatto apposta per lei. “Sì, beh, penso che lui le abbia parlato di me, ma sai come sono fatte le ragazze. Cioè, siamo tutte così. Se il tuo ragazzo ti dicesse che la sua migliore amica è la sua ex, penso che ti allarmeresti un pochino.” Aggiunsi. “Ma comunque ne parlerò domani con lui. Adesso mi preparo anch’io.” Conclusi, alzandomi dal letto e aprendo l’anta dell’armadio per decidere cosa indossare.
 
Quando ero tornata al dormitorio non avevo nemmeno avuto bisogno di chiedere a Laurel se le andasse di passare la serata in un locale. Me l’aveva proposto da sola dopo una breve occhiata alla mia espressione.
 
“Ehi, metti quello blu, ti sta bene!” Esclamò la mia amica, senza nemmeno guardarmi. Ormai conosceva il mio guardaroba a memoria e non aveva mai paura di dirmi la sua opinione su quello che indossavo.
 
A volte per me era ancora strano avere dei migliori amici e avere dei rapporti così stretti con qualcuno. Avevo passato tutta la mia vita a spostarmi, fermandomi al massimo per un anno in ogni posto e non mi ero mai legata molto a nessuno. Era sempre stato difficile avere rapporti di amicizia profondi.
 
“D’accordo, andiamo.” Dissi, prendendo il vestito dall’armadio e cambiandomi.
 
***
 
Dopo due cocktail – a volte amavo aver finalmente superato i ventun anni, perché c’erano sere come quella in cui tutto quello che volevo fare era bere fino a dimenticarmi anche il mio nome – raccontai tutto quello che era successo quel giorno a Laurel, che mi ascoltò con attenzione, annuendo ogni tanto.
 
“Secondo me…” Cominciò a dire la mia amica, poi si bloccò improvvisamente, fissando un punto sopra la mia spalla.
 
“Laurel?” Domandai, cercando di attirare la sua attenzione sventolando una mano davanti ai suoi occhi.
 
“Sì, scusa.” Rispose lei, sforzandosi di concentrarsi. Mi fissò per pochi secondi, poi il suo sguardo ricominciò a vagare nel punto di prima. Mi voltai per vedere cosa stava succedendo e vidi Liam, con un gruppo di ragazzi che non avevo mai visto.
 
“Ehi.” Dissi. “Possiamo parlare di questa cosa anche domani. Se vuoi da lui non preoccuparti.” Aggiunsi.
 
“No.” Replicò subito la mia amica. “Non posso andare da lui per tanti motivi. Non saprei cosa dirgli e… soprattutto non voglio fare l’amica orribile.”
 
“Troppo tardi.” Mormorai, quando notai che anche Liam aveva visto Laurel e si stava dirigendo verso di noi. “Non preoccuparti per me, parla con lui e prenditi tutto il tempo che ti serve.” Sussurrai prima che il ragazzo ci raggiunse. “Ehi, Liam!” Lo salutai poi, alzando un po’ la voce.
 
“Mary Jane.” Rispose lui, rivolgendomi un cenno del capo. “Ehi, Laurel… disturbo?”
 
La mia amica scosse la testa, incapace di parlare.
 
“Vi lascio soli.” Dissi, recuperando il mio nuovo drink (il terzo della serata), la mia giacca, la mia borsa e alzandomi dallo sgabello. Liam mi rivolse un cenno per ringraziarmi ed io mi allontanai.
 
Decisi di uscire dal locale, tanto avevo bisogno di aria fresca per pensare. Mi appoggiai alla parete e lasciai che la mia mente cominciasse a vagare.
 
"Ehi, bella, hai bisogno di compagnia?" Mi domandò un ragazzino chiaramente ubriaco, ridendo insieme ai suoi amici. Non l'avevo mai visto, ma a giudicare dal suo aspetto sembrava una matricola. E i suoi amici mi ricordavano i compagni di confraternita di Jasper, ero sicura che stessero andando a una festa e che avessero appena comprato alcool con un documento falso. 
 
Lo ignorai e cominciai a pensare al mio primo anno, alle feste, all'ansia di trovarmi in un posto nuovo, per la prima volta senza i miei genitori, al giorno in cui avevo incontrato Laurel, alle prime lezioni, a Harry... Sospirai e svuotai il contenuto del bicchiere che tenevo in mano in un solo sorso.
 
"Hai attraversato il deserto, Watson?" Sentii la voce familiare di Tomlinson e alzai lo sguardo. Lui era lì, fortunatamente da solo, e mi stava osservando, leggermente preoccupato.
 
"No, ma ho bisogno di dimenticare questa giornata." Risposi. 
 
Senza dire nulla, Louis mi raggiunse e si appoggiò al muro, di fianco a me.
 
“Vuoi parlarne?” Mi domandò. Lo fissai senza dire nulla, scuotendo la testa.
 
“Come puoi comportarti così con me, dopo quello che ho fatto io? Sono stata una stronza.” Dissi, ignorando la domanda.
 
“Sì, lo sei stata.” Mi rispose lui con tutta l’onestà del mondo. “Non posso negarti che ci sono rimasto male e, all’inizio, mi sono anche incazzato con te. Ma penso di essere abbastanza adulto per farmela passare.” Aggiunse. “E poi non posso rimanere arrabbiato con te, alla fine sei stata tu quella che mi ha dato il coraggio di parlare con Eleanor.”
 
“Le hai parlato?” Domandai, sgranando gli occhi.
 
“Oh, sì.” Rispose lui. “Abbiamo deciso di riprovarci. Per il momento stiamo provando a farla funzionare a distanza, ma…” Cominciò lui. Poi si interruppe, quasi come se si vergognasse di quello che stava per dirmi.
 
“Ma?” Lo incitai.
 
“Questo è il mio ultimo anno alla Washington University.” Disse lui. Fece una pausa di qualche minuto, in cui non dissi nulla per non obbligarlo a parlarmi di qualcosa di cui, magari, non si sentiva pronto. “È cominciato tutto con i nostri discorsi e poi, parlandone anche con Eleanor, mi sono convinto. Ho… ho deciso di riprovarci. La settimana scorsa sono andato a New York a trovarla e, mentre ero lì, ho fatto un’audizione per un musical.”
 
“E com’è andata?” Domandai, trattenendo a stento l’entusiasmo. Ero sicura che l’avessero preso, non avevo dubbi.
 
“A settembre sarò il nuovo Peter Pan nell’omonimo musical.” Disse lui. “Ed è perfetto per me, perché l’attore attuale se ne andrà alla fine di settembre, mentre io mi trasferirò a New York appena finite le lezioni per iniziare a provare la parte. Non so nemmeno io come ho fatto, è stato un colpo di fortuna enorme…”
 
“Non è stata fortuna.” Lo interruppi. “È stato il tuo talento.”
 
“Non puoi dire così, non mi hai mai visto recitare.” Ribatté Louis, scuotendo la testa.
 
“Oh, ti dimentichi di una piccola cosa chiamata Internet, vero?” Domandai. “Forse non dovrei dirtelo, se Laurel lo sapesse mi ucciderebbe, ma abbiamo fatto delle ricerche. Principalmente perché lei voleva vederti recitare per avere un motivo per insultarti, ma quello che abbiamo trovato… Louis, il tuo talento è unico.”  Aggiunsi.
 
“Che cos’hai trovato su Internet? Io non ho mai pubblicato nessun video.” Disse lui, confuso.
 
“Tu, forse, no. Ma hai dei fan, sai? Qualcuno che ha filmato di nascosto le tue rare performance al teatro locale e sono persino riusciti a trovare i video del tuo spettacolo di fine anno.”
 
“Quello in cui…” Disse, lasciando la frase in sospeso.
 
“Già.” Confermai. “Quello in cui, ironicamente, hai fatto Peter Pan. Sei nato per recitare quella parte, Lou.” Dissi.
 
“Ehi.” Mi ammonì lui, scherzando. “Non allargarti troppo. Lou. Va bene tutto, ma sono anni che non parliamo così e non ti sei ancora conquistata il diritto di usare il mio nomignolo.”
 
“Oh, d’accordo, Tomlinson.” Replicai, unendomi alla sua risata.
 
Era strano il rapporto che si era creato tra di noi. Eravamo passati da estranei ad amici quando avevo frequentato il suo migliore amico. Poi di nuovo estranei e in quel momento, pochi minuti dopo esserci ritrovati di nuovo, eravamo tornati amici. Perché non poteva essere tutto così semplice anche con Styles?
 
“Ora parliamo del motivo per cui hai svuotato quel bicchiere come se non bevessi da anni.” Disse Louis dopo qualche minuto.
 
“Harry.” Risposi semplicemente. “Ci siamo rivisti, abbiamo parlato e le cose non sono andate come speravo.”
 
“Perché?” Mi domandò Louis. La domanda mi spiazzò, perché non sapevo come rispondere. Cosa speravo esattamente?
 
“Non lo so, perché pensavo che le cose sarebbero tornate a posto. Pensavo che avremmo ripreso da dove ci eravamo interrotti, prima di Courtney, prima delle foto, prima di tutto quello che è andato storto.”
 
Louis mi guardò alzando un sopracciglio.
 
“Watson, te lo devo dire io che questa è la vita reale e non una favola?” Mi domandò con un sorriso.
 
“No, lo so.” Risposi. “Infatti mi sento già abbastanza stupida.” Aggiunsi, abbassando lo sguardo e chiudendo gli occhi per qualche istante. Mi girava leggermente la testa per colpa dell’alcool, ma ero lucida. Fin troppo. Anzi, quello che avevo bevuto mi stava aiutando ad essere più sciolta e a dire cose che, da sobria, non avrei ammesso nemmeno se mi avessero torturata.
 
“Come siete rimasti? Perché so che entrambi provate ancora qualcosa.” Mi domandò Louis.
 
“Non siamo rimasti.” Risposi. “Cioè, non lo so. Abbiamo parlato, gli ho spiegato perché l’ho lasciato, lui si è arrabbiato, io mi sono spaventata e gli ho detto che dobbiamo rassegnarci e che tra noi è finita.”
 
“Cosa vuol dire che ti ha spaventata?” Mi domandò ancora lui, confuso.
 
“Non ha fatto niente.” Spiegai in fretta. Harry poteva avere tutti i difetti del mondo, ma non era violento. “Cioè, non ha urlato, non mi ha minacciata o nulla del genere. Mi sono spaventata, perché…” Cominciai. Mi interruppi, rendendomi conto che non avevo mai confessato a nessuno il motivo per cui, per tutto quel tempo, avevo avuto paura di incontrare di nuovo Styles.
 
“Perché?” Mi incitò Louis. “Ehi, va tutto bene. Sai che per, qualche assurdo motivo,  possiamo dirci tutto.”
 
Sorrisi e annuii. Lo sapevo ed ero grata a Tomlinson per non avermi tenuto il muso per quello che avevo fatto. Mi ero comportata da persona orribile e lui aveva dimostrato ancora una volta di essere l’adulto della situazione. La persona migliore tra i due.
 
“In questi anni ho cercato di andare avanti con la mia vita e ho trovato un equilibrio. È sottile, ma c’è. E questo equilibrio mi permette di concentrarmi sullo studio e sul mio futuro senza passare tutte le mie notti a piangere e a disperarmi, come facevo all’inizio. Ho paura… ho paura che questo equilibrio si spezzi se dovessi ricominciare a frequentare Harry.” Dissi, abbassando progressivamente il tono della voce.
 
Non avevo mai confessato a nessuno quelle cose. E certo, potevo dare la colpa all’alcool finché volevo. Era stato un fattore importante, mi aveva aiutata a sciogliermi e mi aveva dato un po’ di coraggio. Ma la verità era che stavo dicendo quelle cose solo perché, dall’altra parte, c’era Tomlinson che mi stava ascoltando.
 
“Ti capisco.” Disse, sorprendendomi.
 
Avevo paura che usasse la sua solita onestà brutale e mi facesse capire che stavo sbagliando, che ero una stupida, una bambina e che avevo solo bisogno di buttarmi tra le braccia del suo migliore amico e lasciarmi andare.
 
“Davvero?” Domandai.
 
Louis annuì. “Mi sentivo più o meno nello stesso modo quando tu mi hai convinto a parlare con Eleanor. Pensavo di essermi creato una bella vita qui a St. Louis e di stare bene. Perché avrei dovuto rischiare di rovinare tutto? Ero diventato amico di Eleanor, parlarle voleva dire rischiare anche quello, il nostro rapporto.” Cominciò a spiegare. Si fermò per qualche istante, fissando un punto in lontananza senza vederlo. “Non posso dirti quello che devi fare o cosa succederà, perché non lo so. Ma posso dirti questo, Mary. Quella che tu credi essere la tua vita… non è reale. Ti stai nascondendo da tutto. Hai avuto un altro ragazzo in questi tre anni?” Mi domandò, come se volesse provare la sua teoria.
 
“No.” Mormorai. “Ho visto Jasper qualche volta, ma come amici, ecco.” Aggiunsi, arrossendo e imbarazzandomi. Non ero orgogliosa di quelle notti in cui entrambi ci sentivamo soli, chi per un motivo e chi per l’altro, così finivamo a bere e ad andare a letto insieme.
 
E poi capii quello che Louis voleva dirmi. Mi ero trasformata in lui. Avevo fatto esattamente le stesse scelte, le stesse cose. Avevo deciso di non aprire più il mio cuore a nessuno e di andare a letto ogni tanto con il mio migliore amico, perché mi stavo nascondendo. L’equilibrio che pensavo di avere raggiunto… era solo una menzogna.
 
“Vedi?” Mi chiese Louis, sorridendo. “Ora, non so se sarà anche per te come è stato per me. Voglio dire, non ho idea se ti rimetterai con Harry o se troverai l’uomo della tua vita da qualche altra parte, ma so che devi smettere di nasconderti, perché fai male solo a te stessa in questo modo. E credimi, Mary, sei giovane. Giovanissima. Hai tutta la tua vita davanti, non puoi cominciare a scappare dai sentimenti a questa età.” Aggiunse.
 
“Lo so.” Dissi lentamente. “So che hai ragione, ma non è facile lo stesso.” Ammisi.
 
“Ed io non ho mai detto che è una passeggiata.” Ribatté Louis. “Rimettermi in gioco – in tutti i sensi, sia con il teatro che con Eleanor – è stata la cosa più difficile di tutta la mia vita. Ma io adesso mi sento vivo, Mary. Ti assicuro che ne vale la pena.”
 
Non dissi nulla per un po’ e, invece, cominciai a riflettere su tutto quello che ci eravamo appena detti Tomlinson ed io. Aveva ragione su tutto. Sapevo che l’aveva. Ma non avevo idea di come fare a cambiare la situazione. Qual era il primo passo da compiere?
 
“Pensa anche a un’altra cosa.” Disse Tomlinson all’improvviso, rompendo il silenzio. Mi voltai verso di lui e lo guardai. “Vuoi fare la scrittrice, giusto?” Mi domandò.
 
“Sì.”
 
“Quindi devi conoscere quello di cui stai parlando. Come puoi scrivere d’amore o di sentimenti se sei così chiusa e spaventata?” Chiese ancora, sorridendo. “Alla fine i nostri lavori non sono così diversi, sai? Tu racconti storie ed io le interpreto, ma mi sono accorto che finché non mi sono lasciato andare… ero bloccato anche mentre recitavo, perché avevo paura di mostrare il mio lato vulnerabile anche sul palco.”
 
Sentii gli occhi diventare lucidi e un nodo in gola che sembrava non volersene andare. Avevo passato tre anni a far finta di avere una vita normale, quando in realtà mi stavo nascondendo da tutto e da tutti. Louis aveva ragione, se continuavo a scappare in quel modo dai miei stessi sentimenti, come potevo pretendere di essere in grado di scriverne? Ecco perché non avevo ancora finito il mio romanzo, ecco perché ero bloccata sull’ultimo capitolo e non riuscivo a capire che cosa mancasse.
 
“Louis?” Richiamai la sua attenzione. Lui si voltò verso di me e, senza dire una parola, lo abbracciai stretto, lasciandomi finalmente andare e scoppiando a piangere. “Scusa. Grazie.” Cominciai a ripetere più volte, mentre lui accarezzava la mia schiena e mi stringeva.
 
“Ehi, va tutto bene, non preoccuparti. Ti accompagno a casa?” Mi domandò. Annuii sulla sua spalla, poi mi allontanai da lui e, per la prima volta dopo tanto tempo, mi sembrò di respirare davvero.
 
“Devo avvisare Laurel.” Dissi, immaginando la faccia della mia migliore amica se l’avessi abbandonata al pub per farmi accompagnare a casa dalla persona che odiava di più al mondo.
 
Recuperai il mio telefono dalla borsa e, quando lo sbloccai per scriverle un messaggio, ne trovai uno che mi aveva inviato lei poco prima.
 
Liam ed io abbiamo deciso di parlare. Vado da lui. Non aspettarmi sveglia e scusa, non volevo abbandonarti! -L
 
Scossi la testa, trattenendo a stento un sorriso. Anche Laurel, da quando aveva lasciato Liam, stava fingendo di vivere una vita normale e di essere tornata quella di sempre, ma sapevo che era cambiata e che aveva iniziato a fare quello che stavo facendo io. Ci stavamo nascondendo tutti come dei codardi e le cose dovevano cambiare.
 
***
 
Durante il tragitto dal pub al dormitorio, Tomlinson ed io abbandonammo i discorsi profondi e seri a favore di cose molto più leggere. Ero davvero grata per la sua compagnia, perché quella sera ero uscita per dimenticare anche il mio nome, invece avevo cominciato a ritrovare me stessa. Ero uscita con l’intenzione di continuare a nascondermi, invece Louis mi aveva obbligata a uscire dalla mia tana e a mettermi in gioco. Un po’ come avevo fatto io con lui qualche anno prima.
 
“Quindi adesso sei maggiorenne, giusto?” Mi domandò lui poco prima che arrivassimo all’edificio in cui vivevo.
 
“Finalmente.” Confermai, annuendo.
 
“Il che vuol dire due cose, sostanzialmente.” Continuò Tomlinson, pensieroso. “La prima è che non posso più minacciarti di denunciare il tuo documento falso.” Aggiunse.
 
“Ehi.” Lo ammonii. “Non è mai stato mio. Non avevo comprato io da bere quella volta.” Spiegai. Poi mi bloccai, perché non volevo che scoprisse che era stata Laurel. Era ancora il suo professore e lei non mi avrebbe mai perdonata.
 
So chi è stato, non preoccuparti.” Rispose, come se avesse letto nella mia mente. “Comunque, la seconda cosa è che finalmente posso coinvolgerti nella mia attività preferita.”
 
Alzai un sopracciglio, confusa. “Gioco d’azzardo?” Scherzai.
 
“No, invitarti a casa mia per un delizioso bicchiere di vino, mentre parliamo dei nostri problemi sentimentali. Non stasera, perché abbiamo ovviamente già parlato troppo – non vorrei stancarmi di te, Watson – ma un pomeriggio di questi, magari. Ti farò assaggiare il mio vino preferito e ti servirò un magnifico piatto di antipasti. E non puoi dirmi di no, perché tutti i miei amici non apprezzano questa mia attività, non sono abbastanza sofisticati. Sei rimasta la mia unica speranza.”
 
“D’accordo.” Dissi, ridendo. “Ma ti avviso che non sono troppo sofisticata nemmeno io, Tomlinson. Ti dico da subito che non voglio nemmeno vedere formaggi con la muffa.”
 
Louis scosse la testa, assumendo un’espressione affranta.
 
“Farò questo sforzo, basta che non fai come tutti i miei amici e non ti metti sul mio divano con i piedi sul tavolino, la bottiglia di birra in mano – e senza sottobicchiere – e la partita in TV a tutto volume.” Replicò lui.
 
“Prometto che non lo farò.” Dissi. “E intanto siamo arrivati a casa.” Aggiunsi, indicando l’edificio con una mano.
 
“Dormitori. Brr. Non so come facciate voi studenti.” Disse Louis, rabbrividendo. “Ricordo i miei anni in quei cosi… Aaah, no, basta. Non voglio più pensarci.”
 
“Un giorno mi racconterai tutto.” Dissi, avvicinandomi alla porta. “Adesso è meglio se ci salutiamo, sono davvero esausta.” Aggiunsi.
 
“Okay. E questa volta fatti sentire, eh. Il mio numero è sempre lo stesso.” Disse Louis, sorridendo. Soffocai il senso di colpa che minacciava di prendere il sopravvento e sorrisi.
 
“Anche il mio. Grazie di tutto, Tomlinson.” Lo salutai, enfatizzando il suo cognome.
 
“Oh, per carità! Va bene, va bene! Chiamami Lou o come diavolo vuoi.” Disse, scoppiando a ridere. “Buona notte, Mary.”
 
***
 
Avevo passato una bella serata, nonostante le premesse non fossero state delle migliori. Certo, Laurel mi aveva abbandonata per andare a casa di Liam, ma non potevo arrabbiarmi con lei per quello. La loro storia era stata complicata e anche loro avevano bisogno di parlare e chiarirsi.
 
Io, in quel momento, avevo solo bisogno di mettermi in pigiama, accendere il computer e cominciare a revisionare tutto il mio romanzo, modificando tutte le parti in cui sapevo che avrei dovuto usare più sentimenti e lasciarmi più andare.
 
Mi tornò in mente la prima lezione privata con Styles, quando mi aveva detto che quello che scrivevo era grammaticalmente corretto, ma era freddo. Con lui ero migliorata, avevo cominciato ad aprirmi di più – sia nella vita che sulla carta – e poi era tornato tutto come prima.
 
Scossi la testa. Ero stata una stupida. Avevo fatto una lunga serie di errori e dovevo cominciare a sistemare tutto. Louis aveva ragione, come potevo pretendere di scrivere storie d’amore appassionanti, quando ero la prima che stava scappando dai miei stessi sentimenti?
 
Un leggero bussare alla porta mi distolse dai miei pensieri. Laurel. Ormai erano anni che vivevamo insieme e non aveva ancora imparato a portarsi le chiavi.
 
Mi alzai, svogliatamente, e arrivai alla porta. La aprii, roteando gli occhi al cielo e ridendo.
 
“Giuro che per il compleanno ti regalo una collana con le chiavi del dormitorio.” Scherzai.
 
“Non sono Laurel.” E, improvvisamente, mi sembrò di essere tornata indietro nel tempo, quando Harry ed io ci eravamo baciati per la prima volta nel suo ufficio, poi ero scappata e lui si era presentato nel mio dormitorio. L’avevo scambiato per Laurel, esattamente com’era successo in quel momento, e lui mi aveva detto la stessa frase.
 
“Harry…” Mormorai. “Cosa… cosa fai qui?” Domandai, guardandolo negli occhi. Il cuore aveva cominciato a battere all’impazzata nel mio petto e i pensieri a vorticare nella mia mente. Voleva parlare? Voleva dirmi che avevo ragione e che era finita? Oppure voleva dirmi che mi ero sbagliata e voleva un’altra possibilità? In pochi secondi pensai a tutte le opzioni possibili. Tutte, tranne quella giusta.
 
Lui non rispose. Prese il mio viso tra le sue mani e mi diede un bacio.

 


La bella notizia è che finalmente Harry e Mary si sono baciati. La brutta notizia è che, probabilmente, il prossimo capitolo lo posterò non martedì prossimo, ma quello dopo ancora. So già che questa settimana sarà difficile trovare il tempo per scrivere, ma se ce la farò vi avviserò immediatamente e posterò la settimana prossima.
Comunque, tornando a noi, Mary e Louis parlano dopo tanto tempo e le cose tra loro tornano a posto. Anzi, tornano proprio come prima. E con Harry cosa succederà? Come reagirà Mary dopo quel bacio?
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Grazie per aver letto fin qui!
Alla prossima, un bacione <3

 

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Capitolo 28
*** Crazy, Stupid Love ***


Capitolo 28 – Crazy, Stupid Love
 
Chiusi la porta con un piede e guidai Harry all’interno della mia stanza continuando a baciarlo. Erano passati tre anni dall’ultima volta che avevo sentito le sue labbra sulle mie, eppure sembrava che non fossero passati nemmeno tre secondi.
 
“Aspetta.” Dissi improvvisamente, allontanandomi. Mi era mancato, avevo bisogno di baciarlo più di ogni altra cosa al mondo, ma non potevo ignorare tutto il resto.
 
“Scusa.” Replicò immediatamente lui, abbassando lo sguardo e arrossendo. “Per la cronaca, non mi sto scusando per averti baciata, perché volevo farlo da anni, ma per come l’ho fatto. Sono stato un po’ prepotente.” Aggiunse.
 
“Non preoccuparti.” Risposi. “E, sempre per la cronaca, avrei continuato a baciarti fino all’alba, ma…” Continuai.
 
“Ma dobbiamo parlare.” Concluse lui.
 
“Sì.” Dissi. “Altrimenti finiremmo per fare un errore sopra l’altro senza aver risolto quelli che si sono già accumulati. Sarebbe un casino.”
 
Era stato difficile per me allontanarmi da lui, perché era l’ultima cosa che volevo fare in quel momento. Avrei voluto continuare a perdermi tra le sue braccia, a baciarlo e a fingere che tutto fosse a posto. Ma non era così, e lo sapevamo bene entrambi.
 
“Mi dispiace.” Cominciò Harry, sedendosi sul mio letto. “Per tutto, per come ho reagito quando mi hai detto perché mi hai lasciato, per non averti detto subito che ero sposato, per non aver avuto il coraggio di lasciare Courtney quando avrei dovuto e per come sono entrato nella tua stanza questa sera. Se potessi rifarei quasi tutto in modo diverso. L’unica cosa che non cambierei è incontrarti e decidere di stare con te.”
 
Mi morsi un labbro, forse per trattenere un piccolo sorriso, forse per cercare di non piangere. Dopo tutto quel tempo si era scusato per quello che era successo e mi aveva detto che, però, era contento di avermi conosciuta. Era tutto ciò che avevo sognato per anni e finalmente stava succedendo.  
 
“Anche a me dispiace per tante cose, Harry. Per non averti detto che Courtney mi stava minacciando, per averti lasciato, per essere sparita per tutto questo tempo e anche per come mi sono comportata oggi. Una persona, in tre anni, dovrebbe essere cresciuta, ma evidentemente…” Dissi, lasciando la frase in sospeso e cercando di sorridere.
 
Sei cresciuta, Mary. E direi che ci siamo comportati in modo sbagliato entrambi, soprattutto io. Se solo avessi messo le cose in chiaro dall’inizio…”
 
“Ehi.” Lo interruppi. “È inutile fare questi discorsi. Se c’è una cosa che ho imparato è che non possiamo cambiare quello che è già successo, ma solo andare avanti. Quindi direi di provare ad andare avanti.” Dissi, guardandolo negli occhi nella speranza che capisse quello che volevo dire in realtà.
 
Harry annuì e sorrise.
 
“Visto che sei cresciuta? Questo è un modo decisamente maturo di vedere le cose.” Disse. “Mi piacerebbe andare avanti, non sai quanto. Potremmo provare a prendere le cose con calma, cosa ne dici? Io sono anche disposto ad aspettarti, se prima di buttarti di nuovo in questa situazione vuoi concentrarti sugli studi e prendere la laurea.”
 
“Facciamo così.” Replicai, riflettendo sulle parole da usare. Volevo tornare insieme a Harry più di ogni altra cosa al mondo, ma provavo ancora un leggero senso di paura. Era impossibile cambiare radicalmente in poche ore, nonostante lo volessi davvero tanto. “Iniziamo a sentirci regolarmente. Parliamo, vediamoci quando possiamo e… proviamo a ricominciare.”
 
“Mi piace questo piano.” Rispose Harry, prendendomi una mano tra le sue. Provai un brivido e mi domandai se andare lentamente fosse una cosa fattibile in quel caso. Harry ed io eravamo passati da studentessa e professore ad amanti in pochissimo tempo e il nostro rapporto era sempre stato in gran parte fisico.
 
“Per quanto tempo stai ancora a St. Louis?” Domandai, cercando di distrarmi dai pensieri che mi avevano appena attraversato la mente.
 
“Parto domani mattina presto. E questo è anche il motivo per cui mi sono presentato qui stasera e ti ho baciata senza dire nulla. Non volevo andarmene senza aver provato un’ultima volta a sistemare le cose – anche se mi rendo conto che quello non era il modo giusto per farlo.” Rispose, con un sorriso. Provai una stretta al cuore e mi ritrovai a pensare a quanto mi fossero mancate quelle fossette, quelle labbra, quegli occhi… mi era mancato tutto di lui.
 
“Oh, al diavolo.” Sussurrai, prima di avvicinarmi di nuovo a Harry e ricominciare a baciarlo, togliendogli la camicia che stava indossando nello stesso momento.
 
Avevamo appena concordato che avremmo provato a prendere le cose con calma e invece eravamo già quasi del tutto senza vestiti. Sorrisi sulle sue labbra, scuotendo la testa. Avevo provato a resistere, e ci ero riuscita anche per troppo tempo.
 
“Vuoi fermarti?” Mi domandò Harry, allontanandosi leggermente. Forse aveva percepito la mia esitazione.
 
“No.” Risposi, continuando a sorridere. “No, non voglio fermarmi.” Ripetei. “Sono solo felice.” Fermarmi era l’ultima cosa che avrei voluto fare in quel momento.
 
Harry era lì con me. Ci stavamo baciando, finalmente ero tornata tra le sue braccia. Come avrei potuto voler interrompere quello che stava succedendo?
 
Lui mi guardò negli occhi per qualche secondo, poi appoggiò una mano alla base del mio collo e ricominciò a baciarmi.
 
***
 
Harry ed io non riuscimmo a dormire per tutta la notte. Invece ci sistemammo meglio sotto le coperte e parlammo fino all’alba. Lui mi raccontò tutto quello che era successo durante gli anni in cui eravamo rimasti lontani: il divorzio, il trasloco a New York nell’appartamento in cui eravamo stati insieme e l’ispirazione per il suo nuovo libro, che era arrivata durante una notte insonne, mentre fissava una foto che mi aveva scattato a casa sua a St. Louis tanto tempo prima. Ed io gli dissi che avevo fatto fatica ad abituarmi alla vita senza di lui, gli raccontai di Jasper, delle lezioni con il nuovo professore, dei miei tentativi di tornare alla normalità e lo aggiornai su tutto quello che era successo ai nostri conoscenti in Missouri.
 
“Trovo sempre curioso come ci si abitui a tutto nella vita.” Mormorò Harry, accarezzandomi una spalla. Provai un brivido e voltai il viso per baciargli le dita che stavano solleticando la mia pelle.
 
“Già.” Concordai distrattamente. “Ehi, fino a che punto il tuo libro è fedele a quello che è successo davvero?” Domandai improvvisamente. “Cioè, i tuoi personaggi… quanto sono uguali a noi?”
 
Harry mi guardò negli occhi per qualche istante e sorrise. Prima di conoscere lui non avevo mai nemmeno pensato che fosse possibile sentire tanto la mancanza di una persona, di un gesto. Mi alzai leggermente e baciai una delle fossette, per poi passare alle sue labbra.
 
“Non sono del tutto uguali.” Rispose lui, misteriosamente.
 
“In che senso?” Domandai ancora, smettendo di baciarlo controvoglia. “Quello… quello che hai letto in libreria era vero? Cioè, era quello che hai provato quando mi hai visto per la prima volta?”
 
“Oh, sì.” Replicò Harry, ridendo. “Quando ti ho vista per la prima volta è come se il mio cervello fosse andato in tilt. Non capivo più nulla, sapevo solo che ti volevo. Non sai che fatica ho fatto a concentrarmi sulla lezione e poi ho continuato a pensare a te per tutto il giorno.”
 
“Ti sei chiuso davvero nel tuo ufficio e hai continuato a pensare a me?” Domandai, forse più per provocarlo che per altro. Non ero sicura di volerlo sapere sul serio.
 
“Mary!” Esclamò Harry, distogliendo lo sguardo. “Non puoi chiedermi certe cose.”
 
“Ehi, l’hai scritto tu nel tuo libro.” Mi difesi.
 
Mi morsi un labbro per trattenere un sorriso enorme. A parte quello che aveva scritto alla fine di quella scena, avevamo avuto la stessa reazione. Anche il mio cervello era completamente andato e avevo fatto fatica a concentrarmi per tutto il giorno, perché continuavo a pensare a lui. Eravamo davvero fatti per stare insieme? La nostra storia avrebbe potuto funzionare, finalmente? Avevamo passato la notte a parlare, ma avevo ancora così tante domande.
 
“Però il personaggio del tuo libro sembra più inquietante di te.” Commentai, cambiando discorso. L’avevo imbarazzato abbastanza. “Cioè, tu non lo sei per niente, ma lui ha qualcosa di strano.” Dissi.
 
“Mi è mancato parlare con te, sai? Perché tu capisci tutto quello che scrivo al volo. Mi conosci troppo bene.” Replicò Harry, felice di essere passato ad argomenti più facili di cui parlare. “Diciamo che il protagonista ha un segreto molto più grande di quello che avevo io.”
 
“È sposato con gerbillo?” Domandai. Scoppiammo a ridere entrambi e mi sentii particolarmente bene. Era incredibile come, dopo tutto quel tempo, potessimo scherzare su quello che era successo. Ed era strano pensare che solo poche ore prima ero disperata e poi avevo cominciato a fare battute e non riuscivo a smettere di sorridere.
 
“No.” Rispose Harry, cercando di ricomporsi. “È un serial killer.” Aggiunse dopo poco, con una serietà incredibile.
 
“Un serial killer?!” Quell’uomo riusciva sempre a stupirmi. “Dovrò leggerlo.” Mormorai, incredula.
 
“Sì, dovrai. Anche perché non ho intenzione di svelarti la fine.” Disse. Poi mi diede un leggero bacio sulle labbra ed io mi sistemai più vicina a lui, abbracciandolo.
 
Come avevo potuto pensare di lasciarlo, tre anni prima? Che cosa avevo bevuto? Dovevo essere stata proprio fuori di me per aver preso una decisione del genere. In quel momento avrei anche scalato mille montagne pur di rimanere con lui. Avrei affrontato trenta Courtney pur di non perdere nemmeno un secondo. Avrei voluto fermare il tempo e rimanere in quel letto per sempre.
 
“D’accordo. Farò questo sforzo. Oppure potrei cercare il riassunto su Internet.” Scherzai. “O chiedere a uno dei miei amici di leggerlo e di raccontarmi le cose interessanti.”
 
“No, non farlo!” Esclamò lui, arrossendo improvvisamente. “Ti prego, non farlo leggere a nessuno che sa di noi due. Anzi, adesso che ci penso… forse è meglio se non lo leggi nemmeno tu.”
 
Sgranai gli occhi, confusa. Sembrava quasi che avesse paura che io potessi scoprire qualcosa di brutto.
 
“Devo preoccuparmi? Perché, se mi dici così, non fai altro che aumentare la mia curiosità.” Dissi.
 
Harry scosse la testa, quasi disperato, poi si alzò dal letto e ricominciò a vestirsi.
 
“Devo essere in aeroporto tra un’ora e mezza. Devo anche passare da casa a prendere le mie cose.” Borbottò, abbottonandosi la camicia. “È che quando ho scritto quel libro non so nemmeno io a cosa stessi pensando. Non immaginavo che ti avrei più rivista e, soprattutto, pensavo che non l’avresti mai letto.”
 
“Harry, se hai fatto ammazzare il mio personaggio dal tuo non mi offendo.” Dissi. Lui scoppiò a ridere e si avvicinò per darmi un bacio, cosa che mi fece venire voglia di annullare tutti i progressi che aveva fatto con i vestiti e spogliarlo di nuovo.
 
“No, assolutamente no. Non farei mai del male a te e non farei mai fare del male al tuo personaggio. Tantomeno dal mio.” Rispose, recuperando i pantaloni e armeggiando con la cintura per qualche secondo. “Potrei aver descritto esplicitamente alcune scene di sesso e potresti riconoscerle.” Aggiunse, abbassando la voce e arrossendo di nuovo.
 
“Harry Styles.” Dissi, cercando di assumere un tono autorevole. “Hai raccontato dettagli della nostra vita privata a tutto il mondo?” Domandai, assumendo un’espressione molto seria.
 
“Sì?” Rispose lui. Non l’avevo mai visto così imbarazzato, sembrava che volesse scavare una buca profonda e nascondersi. “Non so nemmeno perché io abbia mai pensato che potesse essere una buona idea.” Disse.
 
“Perché è una buona idea.” Replicai. “Nessuno, a parte i nostri amici più stretti, sa che i protagonisti sono basati su di noi. Nessuno immaginerà mai che hai descritto cose che sono successe davvero.” Aggiunsi, mentre il mio cervello cominciava a lavorare velocemente.
 
Se avessi letto quel libro, avrei avuto accesso alla mente di Harry. Avrei potuto scoprire tutto quello che pensava quando stavamo insieme. Certo, avrei dovuto ricordarmi che il personaggio del libro era un serial killer e non si trattava del vero Harry, ma tante cose che aveva descritto erano vere. Come la sua reazione quando mi aveva vista per la prima volta.
 
“Mary, credimi, io vorrei rimanere qui per una settimana intera, ma devo andarmene tra poco.” Disse lui. Mi ero distratta e non mi ero nemmeno accorta che aveva finito di vestirsi del tutto e aveva anche messo le scarpe.
 
Guardai verso la finestra e notai che fuori c’era ormai chiaro. La notte era passata ed era arrivato il momento di salutarci di nuovo. Ma questa volta era diverso. Questa volta ci saremmo salutati con la promessa di risentirci presto e di rimanere in contatto.
 
Non sapevo esattamente che cosa avessimo deciso dopo aver parlato per tutta la notte. Eravamo tornati insieme? Oppure eravamo tornati amici e avremmo cercato sul serio di prendere le cose con calma? Non sapevo nulla, sapevo solo che avrei preferito fare qualsiasi altra cosa, ma non lasciarlo andare di nuovo.
 
“Ho ancora così tante cose da chiederti…” Mormorai, abbassando lo sguardo. Non volevo che mi vedesse, perché avevo gli occhi lucidi.
 
“Lo so, Mary. Anch’io devo ancora dirti e chiederti centinaia di cose.” Replicò lui, avvicinandosi. Appoggiò il dorso della sua mano sulla mia guancia e lo guardai. Ero ancora innamorata di lui, non potevo negarlo. Ma, in fondo, avevo mai smesso di provare dei sentimenti per Harry Styles? No, anche se avevo cercato di negarli con tutta me stessa. Non avevo mai smesso di amarlo. Nemmeno per un secondo. “Oggi sarò a Los Angeles per il tour promozionale del libro. Ti chiamo appena scendo dall’aereo.” Aggiunse.
 
“D’accordo.” Risposi, rilassandomi. Non potevo essere così agitata. Non gli stavo dicendo addio. Se ne stava andando per lavoro, ci saremmo sentiti al telefono tutti i giorni e ci saremmo rivisti il più presto possibile. “Fai buon viaggio e salutami l’oceano.” Dissi, abbracciandolo e affondando il viso nell’incavo del suo collo. Volevo assaporare il suo profumo per ricordarlo quando si sarebbe trovato a tremila chilometri di distanza da me.
 
“Mi mancherai tantissimo.” Mormorò lui, stringendomi.
 
Provai un brivido lungo la schiena e annuii.
 
“Anche tu.” Dissi.
 
Se avessi potuto catturare un istante e ripeterlo all’infinito sarebbe stato quello. Harry ed io ci guardammo negli occhi senza dire nulla, poi li chiudemmo entrambi prima di baciarci. E fu come se nella mia mente fossero esplosi i fuochi d’artificio dell’ultimo dell’anno. Come se fossero spuntati migliaia di fiori dopo un inverno di gelo. Come se avessi cominciato a sentire un’armonia bellissima dopo tanto silenzio. Come se il mondo fosse diventato a colori dopo tre anni di noioso e malinconico bianco e nero.
 
“Ci sentiamo dopo.” Disse Harry, allontanandosi. Si vedeva dal suo sguardo che quella era l’ultima cosa che voleva fare. E anch’io avrei preferito correre per trenta chilometri sotto la pioggia battente.
 
Lo accompagnai alla porta e mi appoggiai allo stipite, mordendomi le labbra quasi fino a farle sanguinare.
 
“A dopo.” Risposi a fatica. Avevo sprecato troppo tempo, avrei dovuto vederlo prima, così avremmo avuto più ore a disposizione. Avevamo parlato per tutta la notte, ma non era stato abbastanza. Non dopo tre anni di silenzio.
 
Harry mi diede un ultimo bacio, poi cominciò a camminare verso l’uscita. Lo guardai allontanarsi finché non sparì dietro le porte dell’ascensore e rimasi lì a fissare il corridoio senza vederlo.
 
“Non sei rimasta lì ad aspettarmi per tutta la notte, vero?” Sentii la voce di Laurel. Chiusi gli occhi e scossi la testa. Quando li riaprii trovai la mia migliore amica che mi stava osservando con l’espressione più preoccupata del mondo.
 
“No.” Risposi. “Non sono rimasta qui tutta la notte.” Dissi.
 
“Ah, bene. No, te lo chiedo perché hai delle occhiaie pazzesche e praticamente ti sono piombata davanti e tu non te ne sei nemmeno accorta. Pensavo che ti fossi addormentata con gli occhi aperti.” Rispose Laurel, ridendo. “Forza, andiamo dentro.”
 
“Sì, credo che tu debba raccontarmi qualcosa.” Dissi, ritornando in me. Non sapevo nemmeno quanto tempo fossi rimasta fuori dal mio dormitorio a fissare il nulla.
 
“Anche tu, a giudicare dal casino che c’è qui dentro. Cos’è successo, hai avuto una crisi di nervi e hai distrutto tutto quello che c’era sulla scrivania?” Mi domandò la ragazza, sgranando gli occhi davanti alla scena che le si era presentata.
 
“Ehm, no.” Risposi, arrossendo. “Nessuna crisi di nervi. Harry è stato qui.”
 
“Quindi le opzioni sono due. O avete litigato a morte e hai chiamato la polizia, oppure…” Cominciò Laurel, lasciando la frase in sospeso e facendomi l’occhiolino.
 
“Non abbiamo litigato.” Confermai, arrossendo ancora di più. Avevamo davvero fatto tutto quel casino? Non me ne ero nemmeno resa conto.
 
“Mary Jane!” Esclamò lei, battendo le mani e sedendosi sul suo letto. “Voglio sapere tutto. Non risparmiarmi i dettagli.” Disse.
 
“Prima mi devi dire tu cos’hai fatto tutta la notte con Liam.” Ribattei, cercando di prendere tempo. Non ero sicura di volerle raccontare proprio tutti i dettagli di quello che era successo tra me e Harry. Magari ci avrebbe pensato lui nel prossimo libro. Scossi la testa, ridacchiando.
 
“Si dà il caso che Liam ed io abbiamo solo parlato.” Rispose la mia amica. “Al contrario di qualcun altro.” Aggiunse, ammiccando.
 
Mi coprii il viso con le mani, ridendo. Ero sicura che Laurel mi avrebbe ricordato quell’episodio per il resto della mia vita. Ma, per quanto fossi imbarazzata per le condizioni in cui avevo lasciato la stanza, non riuscivo a non essere felice. Felice perché avevo ritrovato Harry, perché avevamo parlato e perché avevamo deciso di riprovarci.
 
“Okay, ma di cosa avete parlato?” Domandai, cercando di riportare l’attenzione sulla mia amica.
 
“Oh, di tante cose.” Rispose lei, quasi casualmente. “Principalmente del fatto che ci siamo lasciati male, che lui non ha intenzione di cambiare lavoro, ma che mi ama, che gli manco da morire e che vorrebbe che tornassimo insieme. Anzi, credo che le parole che abbia usato siano state ‘vorrei sposarti’ o qualcosa del genere.”
 
La guardai in silenzio per qualche secondo, sgranando gli occhi.
 
“Ti ha chiesto di sposarlo?” Domandai, dimenticandomi momentaneamente di tutto il resto.
 
“Sì.” Rispose Laurel. La scrutai con attenzione, studiando in particolare le sue mani. Non vedevo anelli, ma quello non significava nulla. Liam, probabilmente, non aveva progettato quel discorso, quindi non aveva comprato nessun gioiello.
 
“E…?” La incitai.
 
“Gli ho chiesto se si è bevuto il cervello. Ti pare che non ci parliamo per così tanto tempo e lui poi ripiomba nella mia vita e mi chiede di sposarlo? Così, dopo che l’ho lasciato perché non riesco a vivere con l’ansia costante che gli succeda qualcosa sul lavoro? Pensi che potrei diventare sua moglie? Credo che mi verrebbe un infarto dopo due settimane.” Rispose, parlando velocemente. “Vuole sposarmi. Non lo so, è completamente impazzito.” Borbottò.
 
“Come siete rimasti?” Domandai.
 
“Gli ho detto che questa cosa mi spezza il cuore, che lo amo ed è proprio perché lo amo che non posso stare con lui. Ho troppa paura.” Rispose lei.
 
Sospirai. Laurel era davvero in una situazione orrenda. Da una parte la capivo, perché non sapevo se sarei riuscita a sopportare la costante paura che Liam potesse non tornare dal suo turno di lavoro, ma dall’altra…
 
“Vuoi che ti dica quello che vuoi sentirti dire o quello che penso davvero?” Domandai con cautela.
 
“Dimmi prima quello che voglio sentirmi dire, per favore.” Replicò la mia amica.
 
“Hai fatto la scelta giusta.” Mentii.
 
Lei scoppiò a ridere.
 
“Una volta mentivi meglio.” Disse. Poi tornò seria e scosse la testa. “Non so se è la scelta giusta. Cioè no, so che non lo è. Ma non posso sposarlo, Mary.”
 
“No, certo. Anche perché probabilmente è da pazzi buttarsi in un matrimonio dopo che le cose non hanno funzionato la prima volta. Però c’è anche da dire che il mondo è pieno di pompieri che hanno fatto questo lavoro per tutta la vita e sono vivi e sani. Credo che in questi casi tu debba cercare di non guardare solo il lato negativo, ma soprattutto quello positivo. E se il vostro è amore… perché soffrire e sprecare tempo per paura? E fattelo dire da una persona che, per paura, ha buttato via tre anni.” Risposi. “Certo, io avevo paura di qualcosa di completamente diverso, ma tant’è.” Aggiunsi.
 
“Sapevo che dovevo parlare con te.” Disse la mia amica, abbracciandomi all’improvviso. “Perché io non riesco a vedere il quadro completo da sola, ho bisogno del tuo parere. Se non ci fossi tu non saprei cosa fare.” Aggiunse, scoppiando a piangere. “Stupido Liam, stupido lavoro e stupido amore!” Esclamò.
 
“Già, stupido amore.” Mormorai, dandole amichevoli pacche sulla spalla.
 
“Adesso distraimi, ti prego. Parlami dell’uragano Styles e di quello che è successo su quella scrivania.” Disse Laurel, indicando la lampada mezza storta e il mucchio di libri e fogli per terra.
 
“Beh, ecco…” Cominciai a dire e poi le raccontai tutto quello che era successo da quando ci eravamo salutate al pub al momento in cui era tornata, arrossendo durante le parti più imbarazzanti.
 
“Mary, non hai idea di quanto io sia felice per te. Quindi come siete rimasti adesso?” Mi domandò.
 
“Non ne ho idea.” Risposi. “Mi ha detto che mi chiama appena scende dall’aereo a Los Angeles. Non sai quanto io voglia prendere un aereo e attraversare gli Stati Uniti per stare con lui.” Aggiunsi.
 
Laurel scoppiò a ridere e mi diede una pacca sulla schiena.
 
“Se non fossimo entrambe studentesse squattrinate, ti direi che verrei con te. Per staccare la spina, per farti compagnia e per schiarirmi le idee. Anche perché, oltre all’ansia per colpa del lavoro di Liam, ho un’altra paura.” Annunciò la mia amica, abbassando la voce.
 
“Cioè?” Domandai.
 
“Noi, finita l’università, ci trasferiamo a New York. Liam è un pompiere qui a St. Louis. La sua vita è qui, non posso chiedergli di trasferirsi… come funzionerebbe tra di noi? Non vedo come potremmo risolvere il problema della distanza.” Rispose. “Mi sembra di essere intrappolata in un incubo e di non riuscire a svegliarmi. E lo spettacolo si avvicina, la mia testa non è dove dovrebbe e ho paura di fare un casino allucinante.”
 
Sospirai. Perché la vita doveva essere così difficile per tutti? Perché non poteva essere come nei film? Avrei voluto dire qualcosa per consolare Laurel, ma cos’avrei potuto dirle? Non sapevo come sarebbe andata a finire tra lei e Liam. Non potevo saperlo. Potevo solo sperare che riuscissero a trovare una soluzione, perché, soprattutto dopo gli avvenimenti recenti, ero una grande sostenitrice dell’amore. Pensavo che vincesse su tutto e che tutte le persone innamorate avrebbero trovato il modo di essere felici insieme. Mi rendevo conto di avere una visione della vita piuttosto ingenua e idealistica, ma non potevo pensarla in altro modo. Non dopo aver parlato con Harry quella notte.
 
“Troveremo una soluzione, Laurie.” Dissi, abbracciandola di nuovo. “Non so cosa faremo, ma supereremo questa cosa insieme, te lo prometto.”
 
“Tu sei la migliore amica migliore del mondo.” Mormorò la ragazza, asciugandosi una lacrima.
 
“Ehi!” Esclamai. “Pensavo che quel titolo potesse averlo solo una persona ed ero convinta che l’avessi tu!” Dissi, cercando di farla ridere.
 
Laurel sorrise e la abbracciai ancora più stretta.
 
Non sapevo cosa ci avrebbe riservato il futuro, ma ero sicura che sarebbe andato tutto bene, perché l’avremmo affrontato insieme.


Sono passate due settimane, ma i nostri protagonisti sono sempre qui! Oggi abbiamo visto la reazione di Mary dopo quel bacio inaspettato. Credete che abbia fatto la scelta giusta? Cosa succederà prossimamente? Harry e Mary riusciranno a superare l'ostacolo della distanza? Mary tornerà a fidarsi di Harry? Nel prossimo capitolo scopriremo tante nuove cose.
In più oggi abbiamo scoperto cos'è successo tra Laurel e Liam. Cosa deciderà la migliore amica della nostra protagonista?
A martedì con il nuovo capitolo! Grazie per aver letto, per aver aspettato due settimane e per tutti i commenti che mi lasciate sempre!
Un bacione, a presto!

 

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Capitolo 29
*** Ocean Avenue ***



Capitolo 29 – Ocean Avenue
 
Come promesso, Harry mi chiamò pochi minuti dopo essere atterrato a Los Angeles.
 
“Sto aspettando la mia valigia all’aeroporto LAX e ci sta mettendo tantissimo tempo ad arrivare.” Disse.
 
Lo immaginai che continuava a camminare avanti e indietro davanti al nastro dei bagagli, mentre con una mano teneva il telefono vicino all’orecchio.
 
“Vorrei essere lì.” Mi lasciai sfuggire. Poi mi diedi una piccola pacca sulla fronte. Dovevo smettere di dire ad alta voce tutto quello che stavo pensando.
 
“Anch’io vorrei che tu fossi qui con me, credimi.” Lo sentii mormorare e provai una stretta al cuore. Chissà come sarebbe stato fare il giro dell’America con lui, dormire ogni notte in un hotel diverso e ascoltarlo leggere passaggi del suo libro in diverse librerie, davanti a centinaia di persone. “Ti ho lasciato una cosa nella tua cassetta della posta.” Aggiunse dopo qualche secondo.
 
“Abbiamo appena ricominciato a vederci e mi hai già fatto un regalo?” Domandai. “Tu mi vizi.”
 
“Non ti dico niente, dovrai aspettare di andare a recuperare quello che ti ho lasciato. Sei a lezione adesso?” Mi chiese Harry, improvvisamente preoccupato. “No, aspetta, c’è il fuso. Non ci sto capendo più nulla, sono stanchissimo.”
 
“Sono nella piazza del campus, sto andando a pranzo.” Risposi. “Non hai dormito nemmeno un po’ sul volo?”
 
“No.” Replicò lui. “Faccio fatica a dormire sui voli, poi questo non era lunghissimo, erano più o meno quattro ore. Non riuscivo a smettere di pensare a stanotte.” Aggiunse.
 
Mi fermai in mezzo alla piazza e sorrisi. Sentii le guance diventare un po’ più calde e, in generale, una sensazione di calore che partiva dal cuore e si diffondeva in tutto il mio corpo. Mi era mancato sentirmi così.
 
“Non dirmi nulla, questa mattina a lezione non ho ascoltato una parola. Un po’ perché mi stavo addormentando, un po’ perché continuavo a ripensare a quello che ci siamo detti. A te.” Confessai.
 
Sentii suonare una sirena, un rumore metallico e dei tonfi.
 
“Mary, stanno arrivando i bagagli. Ci sentiamo più tardi, okay? Ti chiamo con FaceTime questa sera. Comunque continuo a pensare a te anch’io. Non riesco a fare altro.”
 
“Okay. Buona giornata e in bocca al lupo per dopo!” Esclamai. Non vedevo l’ora di rivederlo, anche se tramite lo schermo di un telefono o di un computer.
 
Quando sentii la conversazione interrompersi, riposi il telefono nella mia borsa e decisi di cambiare i miei programmi. Prima di andare a pranzo sarei passata dal dormitorio e avrei recuperato quello che mi aveva lasciato Harry prima di partire.
 
***
 
Aprii la mia cassetta della posta con mani quasi tremanti, perché non avevo la minima idea di cosa aspettarmi. Trovai qualcosa confezionato con carta da pacchi e lo presi immediatamente. Avrei voluto aspettare fino alla fine del mio turno di lavoro per aprirlo, ma non riuscivo. Dovevo sapere di cosa si trattava.
 
Scartai il pacco velocemente, strappando la carta e buttandola nel primo cestino che trovai fuori dal dormitorio e mi sedetti su una panchina. Harry mi aveva lasciato una copia del suo libro, con un post-it sulla copertina.
 
‘Se proprio vuoi leggerlo, almeno non spendere soldi per comprarlo. Mi manchi già. Con amore, H.
 
P.S. ti chiedo già scusa in anticipo per tutte le cose che ho scritto.’
 
Osservai la copertina del libro, Venerdì Nero. Poi lo aprii e lessi la dedica stampata sulla prima pagina.
 
A MJW, grazie per avermi cambiato la vita e per avermi regalato il tuo amore anche quando non me lo meritavo.
 
“Oh, Harry.” Mormorai, accarezzando con un dito quelle parole e trattenendo le lacrime. Mi aveva dedicato il libro nonostante tutto quello che era successo e le parole che aveva usato avevano toccato il mio cuore.
 
“Janey!” Sentii la voce di Jasper alle mie spalle. Mi voltai e vidi il ragazzo diretto verso di me. Lo attesi sulla panchina e, quando si fu seduto di fianco a me, gli rivolsi un’espressione molto imbarazzata.
 
“Mi dispiace tantissimo per ieri sera, non volevo beccarti sul fatto con Chloe, spero di non aver rovinato nulla, ma mi devi raccontare tutto.” Dissi tutto d’un fiato.
 
“Rilassati. Prima tu mi devi dire cosa stai facendo con un libro di Styles – con dedica, vedo – in mano e com’è andata ieri.” Rispose lui, allungando il braccio e cingendomi le spalle. Mi avvicinò a sé e mi diede un bacio sui capelli.
 
“Oh, questo?” Domandai, mostrando la copia di Venerdì Nero a Jasper. Me l’ha regalato lui. Questa notte abbiamo parlato tanto e non lo so. Abbiamo deciso di riprovarci, credo. O almeno di ricominciare a sentirci regolarmente e di vedere come vanno le cose.”
 
“Frena, hai detto stanotte? Dopo che sei venuta a casa mia? Ferma un secondo. Torna indietro e raccontami tutto.”
 
Respirai profondamente e cominciai a parlare. Dissi a Jasper della conferenza, dell’incontro con Tomlinson, del pomeriggio in libreria e del passaggio che aveva letto Harry, della serata al pub e del bacio inaspettato in dormitorio. E poi gli raccontai della notte passata insieme, di quello che ci eravamo detti, di quello che era successo e della mattina dopo. Della partenza, della telefonata da Los Angeles.
 
“Due cose. La prima è che sono contento che abbiate fatto il primo passo verso un futuro insieme e credo che riuscirete a farla funzionare, questa volta. Avete già aspettato abbastanza. E la seconda è che dobbiamo leggere questo libro insieme.” Replicò lui dopo avermi ascoltata.
 
“No!” Esclamai. “Jasper, sei il mio migliore amico, sai tutto di me e ti voglio bene, ma no. A quanto pare ci sono cose molto personali in quel libro.” Aggiunsi, arrossendo.
 
“Andiamo Janey, non è niente che non so già.” Replicò il mio amico, facendomi l’occhiolino e imbarazzandomi ancora di più. “E poi posso darti un esclusivo parere maschile su quello che c’è scritto. Io so come pensano gli uomini e, se leggo quello che Harry ha scritto di te, posso dirti come stanno in realtà le cose.” Aggiunse.
 
“Okay, di cos’hai bisogno?” Domandai. Avevo capito il gioco a cui stava giocando Jasper. Aveva bisogno di qualcosa ma non sapeva come chiedermelo, così si stava inventando modi in cui avrebbe potuto farmi favori, in modo da rendermi in debito.
 
“Ho bisogno di raccontarti tutto quello che è successo ieri sera con Chloe, dettagli inclusi, e mi devi dire cosa ne pensi. Perché io non capisco come funziona il cervello di voi donne, dannazione.” Mormorò lui, scuotendo la testa.
 
“Va bene, va bene. Tu sopporterai le scene di sesso descritte esplicitamente da Harry nel suo libro – non hai idea di quanto sia strano dire questa cosa ad alta voce – ed io ascolterò quello che è successo con Chloe e ti darò un parere.” Accettai.
 
“Grande!” Esclamò Jasper, prima di lanciarsi nel racconto dettagliato – fin troppo – di quello che era successo la notte prima con la sua nuova ragazza.
 
“Vuoi sapere cosa sta succedendo, secondo me?” Domandai una volta finito di ascoltare quello che aveva da dire. Lui annuì e nei suoi occhi lessi confusione. Non sapeva perché Chloe si stesse comportando in quel modo strano, ma io avevo una teoria. “Credo che lei abbia sentito parlare di te. Voglio dire, credo che conosca la tua reputazione da donnaiolo e penso che stia cercando di fare questi giochetti – aspettare ore prima di rispondere ai tuoi messaggi o alle chiamate e cose del genere – perché vuole che tu rimanga interessato a lei.” Aggiunsi.
 
“Cioè questi giochetti servirebbero a tenere alto il mio interesse? Non capisce che sono già pazzo di lei? Non vedo l’ora di vederla quando siamo lontani, continuo a pensare a lei, al suo sorriso, alla sua voce. Sento il suo profumo anche quando non è con me e divento isterico quando le mando un messaggio e lei aspetta ore a rispondermi. O quando la chiamo e lei non mi risponde e mi richiama dopo due giorni. Voglio dire, quando siamo insieme lei sembra davvero interessata. È felice, rilassata… stiamo bene insieme. Non ci sto capendo più nulla, Janey.”
 
“Non lo so, Jas. Io non ho mai fatto questi giochetti, onestamente. Ma so che tante persone li usano. Secondo me la gente dovrebbe semplicemente essere più sincera e parlare faccia a faccia e basta, ma… dovresti dirle quello che hai appena detto a me. Credo che questo le toglierà ogni dubbio. Magari crede di essere l’ennesima conquista e ha paura di essere ferita, non lo so.” Risposi, scuotendo la testa. Le relazioni tra gli esseri umani erano davvero complicate, ma a me piacevano tantissimo. Cercare di capirle era la mia cosa preferita al mondo.
 
“E se invece fa così perché non è realmente interessata a me? Farei la figura dell’idiota a dirle quelle cose. Poi sarei io quello ferito.” Ribatté Jasper, abbassando lo sguardo.
 
Mi maledissi per aver avuto quella stupida idea, ma si trattava del mio migliore amico. Avrei fatto qualunque cosa per lui, compreso intromettermi nella sua vita privata. In fondo lui si intrometteva nella mia praticamente tutti i giorni.
 
“Vuoi che provo a parlarle io? Magari la porto fuori con Laurel a bere qualcosa e poi le faccio un paio di domande trabocchetto.” Proposi.
 
“Se tu lo facessi saresti la persona migliore del mondo. Ti sarei per sempre grato e in debito. Ti farei una statua e…”
 
“Esagerato. Mi basta quel famoso parere maschile su quello che Harry ha scritto in quel libro. Io ho quasi paura a leggerlo, a dire la verità.” Confessai.
 
“Andiamo, sarà sexy. Le scene di sesso esplicite lo sono già in partenza, ma immaginati leggere qualcosa che è successo davvero e riviverlo nella tua mente. E il bonus è che chiunque potrà leggerlo, ma solo tu e Harry saprete esattamente cos’è successo.” Rispose Jasper maliziosamente. “E beh, lo saprò anch’io, perché quando ti ubriachi hai la tendenza a diventare logorroica e a raccontarmi i dettagli più scabrosi della tua vita sessuale.”
 
“Jasper!” Esclamai, scioccata. “Sei serio? Quando sono ubriaca ti racconto certe cose?!”
 
“Mi appello al mio diritto di non rispondere.” Replicò lui misteriosamente, alzandosi dalla panchina, recuperando le stampelle e porgendomi una mano. “Forza, cammino con te fino alla libreria, intanto io vado a comprarmi il libro su iTunes e comincio a leggerlo.”
 
“La gente come te sarà la rovina delle librerie.” Dissi, scuotendo la testa e ridendo.
 
***
 
Lavorare in libreria aveva i suoi lati positivi. Per esempio, nelle giornate particolarmente tranquille, potevo fingere di studiare e, invece, cominciare a leggere Venerdì Nero dietro il bancone, approfittando del fatto che il mio capo non si fosse presentato in negozio.
 
Leggere quel libro, sapendo che i personaggi erano basati su Harry e me e che la storia dei protagonisti, almeno fino al punto in cui ero arrivata a leggere, era la nostra, era l’esperienza più surreale e strana che avessi mai provato.
 
Era come se non riuscissi a staccare gli occhi dalle pagine. Come se avessi una fretta indiavolata di scoprire cosa sarebbe successo, nonostante lo sapessi benissimo. E il personaggio principale, il professor Kent, era segretamente un serial killer, quindi tante cose erano diverse dalla realtà e c’era ancora maggiore suspense. L’avrebbe scoperto Jade? E i poliziotti che stavano indagando sul caso ci sarebbero arrivati? Quale sarebbe stata la reazione della ragazza davanti a quella brutta sorpresa? Kent avrebbe smesso di uccidere perché si era innamorato di Jade?
 
Un leggero vibrare mi distrasse ed estrassi il telefono dalla tasca dei pantaloni per scoprire chi mi avesse contattata. Speravo che fosse Harry, perché mi mancava già tantissimo e avevo voglia di sentirlo, nonostante mi avesse chiamata solo poche ore prima, a pranzo.
 
Invece era Jasper, che aveva fatto esattamente quello che aveva detto. Aveva scaricato il libro e aveva cominciato a leggerlo e poi mi aveva tempestata di messaggi su WhatsApp (con tante, troppe emoji).
 
Jasper Olinsky: Janey, questo libro è una bomba. Piace anche a me, e io odio leggere! Facciamo un gioco.
Adesso ti chiederò se alcune cose sono successe davvero o no e mi dovrai rispondere solo con VERO o FALSO.
Pronta?

 
Scossi la testa, ridendo. Solo lui poteva mandarmi messaggi del genere. Digitai velocemente una risposta e la inviai, ringraziando silenziosamente tutte le persone che quel giorno avevano deciso di non venire a rompermi le scatole in libreria.
 
MaryJ: Prontissima.
 
Jasper Olinsky: Okay. Primo incontro a lezione.

 
Ripensai a quello che aveva letto Harry in libreria solo il giorno precedente e a quello che era successo nella realtà.
 
MaryJ: Quasi tutto vero.
 
Jasper Olinsky: Primo bacio nel suo ufficio.

 
Ripensai a quello che avevo letto poco prima. Harry aveva descritto il nostro primo bacio come qualcosa di magico, che doveva succedere da tempo e che finalmente era successo.
 
Jade, come me, dopo il bacio era scappata e il professor Kent era rimasto immobile per parecchio tempo, combattuto da sentimenti contrastanti. Si sentiva in colpa per quello che aveva fatto, perché aveva baciato una studentessa, aveva permesso che le cose andassero troppo in là e non c’era più modo di cambiare quello che era successo. Ma, nello stesso momento, si sentiva anche felice, perché finalmente aveva assaporato quelle labbra che sognava da così tante settimane.
 
Guardai lo schermo del mio cellulare, che si era spento. Sbloccai di nuovo il telefono e digitai una risposta.
 
MaryJ: Vero.
 
Jasper Olinsky: Ultima domanda, perché sono arrivato solo fino a questo punto. Sesso nella camera del dormitorio.

 
Era tutto vero. Fin troppo. Quando ero arrivata alla prima descrizione esplicita, quella della nostra prima volta, avevo smesso di leggere per qualche minuto, sopraffatta dalle emozioni. E poi avevo ricominciato e avevo rivisto tutta la scena nella mia mente ed era stato quasi assurdo, perché da una parte avevo i miei ricordi, le mie sensazioni e dall’altra c’erano anche quelli di Harry, che avevo appena letto, ma che lui non aveva mai condiviso con me.
 
Aveva scritto che il protagonista, il professor Kent, dopo il primo bacio nell’ufficio e la fuga di Jade aveva il cuore che batteva così forte nel petto che sembrava voler uscire. E, durante il tragitto dal suo ufficio al dormitorio della ragazza, aveva passato tutto il tempo a cercare di obbligarsi a tornare indietro, perché quella che stava per fare era una cazzata enorme. Poi aveva descritto l’emozione del protagonista quando Jade aveva aperto la porta e lui l’aveva vista con i capelli bagnati e gli occhi sgranati per la sorpresa.
 
Era veramente surreale quella situazione. Io ricordavo perfettamente, come se fosse successo solo pochi minuti prima, quello che avevo provato quel giorno, quando avevo aperto la porta, convinta di trovarmi davanti Laurel, e invece avevo visto Harry, con il fiato corto e l’espressione di terrore dipinta sul suo volto.
 
Jasper Olinsky: L’ho sempre detto io che tu sei una strafiga. Stasera vieni da me, ordino la pizza.
 
MaryJ: Okay, io la voglio alle verdure. Grazie! A dopo!

 
Sospirai e riposi il telefono in tasca. Avrei anche dovuto passare alla clinica per chiedere a Chloe di uscire a bere qualcosa, altrimenti il ragazzo non mi avrebbe mai più lasciata in pace.
 
***
 
Jasper passò tutta la serata a leggere con voce profonda – forse per cercare di imitare il tono di Harry – le scene di sesso di Venerdì Nero, facendomi pentire di aver deciso di aiutarlo e di essere andata a casa sua.
 
“Jas, dacci un taglio.” Lo pregai, alla terza lettura con tanto di ammiccamenti e risatine.
 
“Non posso smettere, è troppo divertente vederti così in imbarazzo!” Esclamò lui. “Ma credimi, non dovresti vergognarti, perché non c’è niente di male. È tutto scritto in modo piuttosto elegante e penso che nessuno potrà mai immaginare che Jade sei tu.” Aggiunse.
 
“Okay, ma adesso passiamo a qualcos’altro. Non lo so, vediamo un film o qualcosa, ma basta, metti giù quel libro. Guarda che non chiedo a Chloe di venire fuori a bere qualcosa con me, eh.” Lo minacciai. Davanti a quella possibilità, Jasper si ricompose e appoggiò il suo iPad sul tavolo.
 
“Però il film lo scelgo io.” Disse, prendendo il mio portatile e cominciando a sfogliare la libreria di Netflix, mentre io mi alzai per andare a prendere qualcosa da bere – possibilmente una bottiglia di birra – dal frigo in cucina. “Ehi, Janey! Il professor Kent ti sta videochiamando!” Lo sentii esclamare dopo un po’.
 
Chiusi velocemente lo sportello del frigo e cercai di raggiungere il soggiorno prima che Jasper potesse fare qualche cazzata. Come accettare la chiamata e parlare con Harry, cosa che stava già facendo.
 
“Mary, ti ricordavo più femminile!” Sentii la voce di Harry, seguita da una risata.
 
“Mi sento offesa da questa affermazione. Solo perché ho lasciato crescere un po’ la barba non sono più femminile?” Replicò Jasper, imitando la mia voce.
 
Rimasi immobile per qualche secondo, indecisa se ridere o se rompere la bottiglia di birra in testa al mio migliore amico.
 
“Hai ragione, Mary. Sono proprio maleducato. Chiedo scusa.” Disse Harry. “A parte gli scherzi, tu devi essere Jasper, giusto?” Domandò pochi secondi dopo.
 
Era piuttosto strano vederli parlare in videochiamata, contando che, tre anni prima, avevo tradito uno di loro con l’altro. Ma durante quella giornata erano successe cose anche più strane, come aver letto cose che erano successe davvero in un libro. Pubblicato. Disponibile al pubblico. Scritto dal mio primo amore, dall’ex che avevo ricominciato a frequentare.
 
“Lui è Jasper ed io sto per prendere il mio computer e andarmene in un’altra stanza.” Dissi, sollevando il mio portatile dal tavolino e trasportandolo sul bancone della cucina.
 
“Ehi.” Disse Harry, dolcemente.
 
“Ehi.” Replicai. “Mi dispiace, Jasper è un rompiscatole, ma gli voglio bene anche per questo.” Aggiunsi, ridendo. Il mio migliore amico mi stava facendo dei gestacci da stare sul divano.
 
“Nessun problema. Immagino che dovremmo anche conoscerci dal vivo, prima o poi.” Rispose Harry. “A proposito, non so se vedi da dove ti sto chiamando, ma questa mattina mi hai chiesto di salutarti l’oceano e ho pensato di fartelo salutare direttamente.” Aggiunse pochi secondi dopo, spostando il telefonino e facendomi vedere le onde dietro di lui.
 
“Harry, grazie!” Esclamai. “Sei a Venice, vero? La riconosco. Ci ho vissuto per un anno. Sai, grande comunità hippie.” Spiegai. Harry annuì e, in quel momento, pensai di essere la persona più fortunata del mondo.
 

Ecco il nuovo capitolo di Little White Lies! Oggi non succede molto, lo ammetto, ma avevo bisogno di questo capitolo per parlare di alcune cose, come del punto di vista di Harry sulla relazione che ha avuto con Mary Jane. E vediamo anche il rapporto tra MJ e Jasper, che rispetto a tre anni prima è cambiato radicalmente.
Martedì prossimo scopriremo perché Chloe si sta comportando così con Jasper, vedremo se ci sono novità tra Laurel e Liam e ci saranno novità anche per la nostra protagonista.
Grazie per aver letto, spero che il capitolo vi sia piaciuto! A martedì :)

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Capitolo 30
*** Gimme More ***




Capitolo 30 – Gimme More
 
“Chloe, loro sono Laurel, Rae, Carmen e Valentina.” Dissi, indicando ognuna delle mie amiche alla ragazza. Avevo deciso di invitare più gente possibile per passare una serata di sole donne al pub del campus. Uscire in sei sarebbe stato sicuramente meno imbarazzante che chiedere a Chloe di vederci da sole da qualche parte.
 
“Piacere di conoscervi!” Esclamò la ragazza. “E grazie per avermi invitata. Mi sono trasferita a St. Louis da un anno, ma sinceramente non ho ancora conosciuto molte persone.” Aggiunse. “Il lavoro e la clinica sono tutta la mia vita.” Disse.
 
Jasper mi aveva detto che Chloe faceva l’infermiera al St. Louis’ Children Hospital e, nel tempo libero, faceva volontariato alla clinica dove lui faceva fisioterapia.
 
“Nessun problema, ci fa piacere averti con noi!” Risposi. “E poi il mercoledì è la serata donne da Greg’s. I cocktail costano meno ed è una buona occasione per trovare nuove amiche.” Dissi, guardandomi intorno.
 
Il locale era pieno di ragazze, soprattutto delle confraternite del campus, e c’era anche qualche ragazzo in cerca di compagnia per la serata. Ero sicura che sarebbero bastati un paio di drink per parlare apertamente con la ragazza e scoprire il motivo per cui si stesse comportando in quel modo con Jasper.
 
La cosa che lo terrorizzava di più era che, la mattina dopo essere andati a letto insieme per la prima volta, Chloe era scappata mentre lui dormiva ancora e non riusciva a capirne il motivo. Aveva paura di aver fatto qualcosa di sbagliato. Aveva mille domande e non aveva risposte, perché lei non replicava più nemmeno ai suoi messaggi.
 
“Allora, per festeggiare la nostra nuova amicizia, il primo round lo offro io!” Esclamò Chloe, estraendo il portafogli e ordinando da bere per tutte.
 
Osservai il minuscolo bicchierino di tequila davanti a me e sospirai. Jasper mi doveva un favore enorme. Ma, soprattutto, speravo di ricordarmi gli eventi di quella serata la mattina dopo.
 
***
 
“Janey, svegliati!” Esclamò Jasper. Aprii gli occhi lentamente, coprendoli subito dopo con una mano perché la luce era decisamente troppa.
 
“Non urlare, ci sento.” Mi lamentai, massaggiandomi le tempie. Era parecchio tempo che non mi ubriacavo in quel modo e non ero più abituata alle conseguenze del giorno dopo.
 
“Non sto urlando, Janey. Sei tu che sei troppo sensibile.” Replicò lui. Lo sentii sedersi ai piedi del letto – anzi no, quello non era un letto, era un divano. Ma dov’ero? – e richiusi gli occhi. “Ho preparato il caffè, credo che tu ne abbia bisogno.
 
“Cos’è successo?” Domandai, confusa. Cercai di mettermi a sedere e presi la tazza di caffè bollente dalle mani di Jasper. Sapevo di averne bisogno, ma l’odore era davvero nauseante. La allontanai e la sistemai sul tavolino di fronte a me.
 
“Sei piombata a casa mia alle due e mezza del mattino, piuttosto ubriaca e non ho avuto il coraggio di mandarti al dormitorio, così ti ho invitata a restare. Ho cercato anche di convincerti a dormire nella stanza degli ospiti, ma tu ti sei addormentata sul divano e sei rimasta lì.” Spiegò il mio amico, ridendo.
 
“Perché sono venuta da te?” Domandai, sempre più confusa. La casa di Jasper non era vicino a Greg’s, dovevo anche aver preso un taxi o qualcosa del genere. Di sicuro sarebbe stato più semplice camminare per pochi metri fino al mio dormitorio.
 
“Perché hai parlato con Chloe, eri molto ubriaca ed eri terrorizzata dal fatto di non ricordarti nulla, quindi hai voluto raccontarmi tutto subito.” Rispose lui, scoppiando a ridere. “Dire che ti voglio bene è un eufemismo, Janey. Sei il mio mito.”
 
“Oh.” Commentai, cercando di ricordare. Ero andata da Greg’s con le mie amiche e Chloe, avevamo cominciato a bere e poi avevo iniziato il discorso con la ragazza. Le avevo detto che era un piacere uscire con lei, perché dato che era la ragazza di Jasper, mi faceva piacere diventare sua amica. O qualcosa del genere. E poi non riuscivo assolutamente a ricordare la sua risposta.
 
“Vuoi che ti rinfreschi la memoria?” Mi domandò Jasper. Mi conosceva troppo bene. “In poche parole avevi ragione. Sa che mi piace cambiare ragazze spesso ed è terrorizzata dall’idea che possa ferirla. Ed è scappata dopo che siamo andati a letto insieme perché si è pentita di quello che abbiamo fatto. Adesso è convinta che, visto che ho ottenuto quello che voglio, non la considererò mai più.” Spiegò. “Ah, e ha anche paura che possa scoprirlo qualcuno della clinica e dirle di non andare più, perché vedere un paziente non è molto professionale.” Aggiunse.
 
Socchiusi gli occhi per combattere la troppa luce e finalmente cominciai a bere il caffè. Feci una smorfia, perché Jasper non ci aveva messo lo zucchero, e poi scossi la testa.
 
“Adesso ricordo.” Dissi. “E ricordo anche di averle detto di non preoccuparsi, perché sei pazzo di lei e continui a parlarne e che non ti ho mai visto così preso da una ragazza prima d’ora.” Aggiunsi lentamente, sforzandomi di concentrarmi sui dettagli della sera prima. “E poi Laurel… oddio, Laurel!” Esclamai improvvisamente.
 
“Cos’ha fatto Laurel?” Mi domandò Jasper, preoccupato.
 
Mi alzai di scatto dal divano e poi mi appoggiai alla sua spalla perché aveva cominciato a girarmi la testa. Ma dovevo andarmene di lì, dovevo raggiungere la mia amica e assicurarmi che stesse bene.
 
“Più che altro spero che non abbia fatto qualcosa.” Risposi, recuperando il mio vestito dallo schienale del divano e indossandolo. “Mi aiuti con la cerniera?” Domandai, avvicinandomi a Jasper. Il ragazzo finì di chiudere il mio abito e poi mi fissò.
 
“Devo preoccuparmi?” Chiese.
 
“No. Non lo so. Liam le ha chiesto di sposarlo, lei è confusa e disperata e ieri sera era più ubriaca di me e, quando sono andata via per venire da te, l’ho vista con un altro ragazzo. Ci stava provando con lei e non vorrei che…” Cominciai a dire, poi mi interruppi.
 
“Ti chiamo un taxi.” Disse Jas, prendendo il telefono.
 
***
 
Laurel stava dormendo a pancia in giù e semiscoperta nel suo letto, da sola. Aveva un braccio a penzoloni e con l’altro stava tenendo il cuscino sulle orecchie, come se volesse coprire un forte rumore.
 
“Laurie?” Cercai di svegliarla con cautela, senza urlare e senza aprire le tende.
 
La ragazza grugnì e, per tutta risposta, si girò dall’altra parte.

“Laurie, ti ho portato il tuo caffè al caramello preferito.” Sussurrai vicino al suo orecchio.
 
Davanti a quelle parole, la mia amica aprì gli occhi di colpo e cominciò ad annusare l’aria.
 
“Caffè.” Borbottò con voce roca.
 
Ormai la conoscevo da parecchio e sapevo come comportarmi con lei dopo una sbronza delle dimensioni di quella della sera prima.
 
Attesi che la mia amica finisse la sua tazza di caffè in silenzio, che si facesse una doccia rivitalizzante e che tornasse in camera, prima di parlarle e chiederle della sera precedente.
 
“Credo di aver fatto una cazzata.” Mormorò Laurel dopo un lungo periodo di silenzio.
 
Aspettai che la ragazza mi dicesse qualcosa in più, pregando silenziosamente che non fosse andata a letto con il tizio della sera prima. La conoscevo e sapevo che non si sarebbe mai perdonata una cosa del genere. L’avrebbe considerato un tradimento, nonostante lei e Liam non stessero più insieme. Perché lui le aveva chiesto di sposarlo e lei non sapeva cosa fare. Era un periodo di pausa, più che altro e lei era confusa. Non era in grado di prendere una decisione (soprattutto non dopo la quantità di alcool che aveva ingerito).
 
Laurel recuperò il suo cellulare – ancora acceso – dalla borsa che aveva abbandonato sul pavimento, lo fissò per qualche secondo e poi imprecò.
 
“Merda!” Esclamò, scuotendo la testa.
 
“Laurel, mi stai facendo preoccupare.” Dissi. Stavo cominciando ad agitarmi sul serio. Cos’era successo la sera prima? Cos’aveva fatto Laurel? Iniziai a pregare mentalmente che non le fosse successo nulla.
 
“Non ho il coraggio di dirtelo.” Mormorò la mia amica, abbassando gli occhi e arrossendo.
 
“Laurie, sai che non ti giudicherei mai e poi mai.” La rassicurai, avvicinandomi e mettendole una mano sul braccio.
 
“Lo so, ma questo è troppo.” Sussurrò lei, scuotendo la testa. Poi, come se avesse improvvisamente ritrovato un po’ di coraggio, mi mostrò lo schermo del suo cellulare e sentii la mia bocca spalancarsi e sgranai gli occhi.
 
“Quella… quella è…” Cominciai, indicando lo schermo, incredula. “Oh mio Dio.” Mormorai.
 
“Rae…” Confermò la mia amica, tornando a fissare la foto sul suo telefono.
 
“Oh mio Dio.” Ripetei a bassa voce. “Com’è successo?” Domandai dopo un po’. Non riuscivo a immaginare il contesto in cui potesse essere successa una cosa del genere.
 
“Non mi ricordo. Cioè, non lo so. Parlavamo dello spettacolo di fine anno, della laurea. Rae mi ha detto che se Britney Spears è riuscita a superare il 2007, io sarei riuscita a fare quello spettacolo e lei sarebbe riuscita a laurearsi. E poi è successo.” Confessò Laurel, guardando di nuovo quella foto con aria terrorizzata.
 
“Sì, ma non potete averlo fatto al pub.” Dissi, cercando di razionalizzare la situazione.
 
“No.” Replicò Laurel, concentrandosi. “No, non è successo al pub. Siamo tornate qui, dopo che tu hai preso un taxi per andare da Jasper. L’abbiamo fatto qui.” Aggiunse, guardandosi intorno. Poi fissò il suo sguardo sul mio ed entrambe pensammo alla stessa cosa.
 
Ci dirigemmo nel piccolo bagno che condividevamo: era in condizioni pietose e sembrava che ci fosse passato un serial killer.
 
Guardai il lavabo, completamente macchiato di rosso. Poi fissai il pavimento, sul quale erano sparse ciocche bionde piuttosto lunghe. Scossi la testa e portai una mano alla bocca.
 
“Ti giuro che non so perché io abbia pensato che fosse una buona idea.” Disse Laurel, sgranando gli occhi. “Spero che non mi voglia uccidere quando si sveglierà e si guarderà allo specchio.” Sussurrò.
 
Presi il telefono di Laurel dalle sue mani e guardai ancora la foto che mi aveva mostrato poco prima. Rae era completamente cambiata, perché la mia migliore amica le aveva quasi completamente rasato un lato della testa e le aveva tinto quel che rimaneva dei suoi capelli biondi di rosso fuoco. Non avevo la minima idea di quale potesse essere la reazione di Rae davanti a quel cambio di look.
 
“Oh, ero così preoccupata per lo spettacolo, per Liam… adesso mi ammazzerà, ne sono sicura. Reclamerà il mio scalpo.” Mormorò Laurel, cominciando a camminare avanti e indietro e a pulire il bagno nello stesso momento.
 
Proprio mentre aveva appena cominciato a togliere le ex ciocche bionde di Rae dal pavimento, il cellulare di Laurel cominciò a suonare. Quando la mia amica lesse il nome della ragazza sul display deglutì e mi guardò con aria terrorizzata.
 
“Rispondi.” Le consigliai.
 
“Laurie!!” Urlò Rae. La mia migliore amica aveva risposto in vivavoce per permettermi di ascoltare tutto. “Laurie, non so esattamente perché sia successo, ma ricordo che sei stata tu a farlo, quindi…” Cominciò a dire la ragazza.
 
“Rae, io non…” Iniziò Laurel, ma fu interrotta dall’altra nostra amica.
 
“Grazie, Laurie! Sono meravigliosi, non so proprio perché non li ho fatti prima! Li avevo sempre desiderati!! Solo che non ho mai avuto il coraggio. Sono serviti parecchi bicchieri di tequila per arrivarci, ma sono soddisfatta.” Esclamò Rae.
 
Vidi Laurel inspirare ed espirare profondamente per un paio di volte e rilassarsi.
 
“Adesso ricordo!” Disse la mia migliore amica. “Prima di tornare nel mio dormitorio siamo passate dal tuo e hai preso la tinta che avevi comprato mesi fa.” Aggiunse.
 
“Esatto. Solo che non l’avevo mai usata, perché avevo paura che il risultato fosse orrendo. E sono stata una stupida, perché lo amo. Grazie, grazie, grazie!” Esclamò Rae. “A proposito, riguardo quello che mi hai detto ieri sera di Liam… credo che tu sia arrivata alla soluzione migliore.” Aggiunse la ragazza.
 
“Puoi… uhm, puoi rinfrescarmi la memoria? Perché quella parte l’ho proprio rimossa.” Replicò Laurel.
 
“Beh, chiaramente non puoi sposarlo subito, perché se non ha funzionato la prima volta, non hai garanzie che questa andrà tutto bene… però sono d’accordo con te sull’aspettare che l’università finisca – tanto è una questione di poche settimane, ormai – e poi provarci e vedere cosa succede.”
 
Guardai la mia amica e annuii, per farle capire che anch’io pensavo che quella fosse la soluzione migliore. Non sapevo come avrebbero fatto a superare il problema della distanza – Laurel voleva trasferirsi a New York con me, mentre Liam aveva tutta la sua vita a St. Louis e non era giusto chiedergli di lasciarsi tutto alle spalle.
 
“Sì, penso che sia la soluzione migliore.” Concordò Laurel. “Ora devo solo trovare il coraggio di parlargli e chiedergli di aspettarmi ancora per qualche settimana.” Mormorò, prima di ringraziare Rae e concludere la chiamata. “Con che coraggio posso dirgli che non sono sicura che questa volta sarà quella giusta, ma che vorrei che lui mi aspettasse ancora un po’?” Mi domandò poi.
 
“Laurel, Liam è innamorato di te. Sa che questa è la cosa migliore per tutti e sono sicura che sarà d’accordo. Penso che si sia reso conto che chiederti di sposarlo è stato un po’ avventato.” Le risposi. “Forza, adesso cerchiamo di sistemare questo casino e poi andiamo a fare un enorme brunch. Credo che siano necessari dei pancakes per curare i postumi della sbornia di ieri sera.” Aggiunsi.
 
***
 
A pranzo incontrai le ragazze con cui ero uscita la sera prima – tranne Chloe, che doveva lavorare – e decidemmo di comprare qualcosa di pronto e mangiarlo al parco. Nessuna di noi aveva voglia di rimanere in un locale rumoroso, non con il mal di testa che avevamo tutte quella mattina.
 
“Penso di non essermi mai ubriacata come ieri sera.” Disse Valentina, massaggiandosi le tempie. “Che cosa ci è venuto in mente?” Domandò poi, sorridendo.
 
“I cocktail costavano meno in partenza.” Rispose Carmen. “E quei ragazzi ci hanno offerto da bere parecchie volte nella speranza di tornare a casa con una di noi.” Aggiunse.
 
Cercai di sforzarmi e di ricordare gli eventi della sera prima. Laurel stava parlando con un ragazzo, quello che ci stava provando con lei.
 
“Non mi ricordo nemmeno come si chiamava quello che continuava a farmi bere.” Disse la mia migliore amica, come se mi avesse letto nella mente. “Però ci è rimasto male quando sono scappata dal pub con Rae.” Aggiunse, scoppiando a ridere.
 
“A proposito…” Cominciò Valentina, guardando la ex bionda, che ora aveva i capelli quasi fosforescenti. “Devo dire che stai benissimo.” Concluse.
 
“Grazie!” Replicò Rae, toccandoseli e sorridendo. “Era da secoli che volevo fare qualcosa di così figo e non avevo il coraggio. Grazie, Laurel.” Disse, abbracciando la mia migliore amica, che sorrise. Sapevo che, in fondo, era ancora terrorizzata che la ragazza cambiasse idea sul suo nuovo look e volesse strozzarla.
 
“Ehi, avete sentito del professor Styles?” Domandò improvvisamente Carmen, attirando la mia attenzione. Perché doveva sempre parlare di lui?
 
“No, cosa?” Chiesi, cercando di mantenere un’espressione neutrale. Vidi Laurel voltare il viso verso di me e sperai che le altre ragazze non capissero nulla. Non eravamo più professore e studentessa, ma non avevo ancora avuto il coraggio di raccontare alle mia amiche quello che era successo tra di noi. Probabilmente anche perché, prima di rivederlo, non volevo rivivere tutta la nostra storia mentre ne parlavo.
 
“Pare che finalmente si sia trovato una donna. Dicono che si sia innamorato perdutamente di questa bionda con cui l’hanno visto anche mentre era qui a St. Louis. Dovrebbe essere la sua nuova assistente o qualcosa del genere.” Raccontò la ragazza.
 
Lottai con me stessa per non sgranare gli occhi o spalancare la bocca. Di quale bionda stava parlando? Harry non aveva un’assistente. Oppure sì? Mi aveva raccontato un’altra menzogna? In fondo non era la prima volta. Mi aveva già nascosto una cosa grande e importante come un matrimonio.
 
“Ma sei sicura?” Sentii chiedere Laurel.
 
“Piuttosto. Li hanno visti baciarsi.” Replicò Carmen.
 
Improvvisamente cominciai a sentire la mia testa girare e il cuore battere all’impazzata. Dovevo allontanarmi e cominciare a respirare profondamente per calmarmi.
 
“Scusate, devo fare quattro passi. Mi fanno male le gambe a stare qui.” Mentii, alzandomi e cominciando a camminare il più lontano possibile dal gruppo delle mie amiche.
 
Avevo fatto un errore gigantesco a tornare a fidarmi di Harry? Volevo credere che non fosse in grado di fare una cosa del genere, ma alla fine l’aveva già fatta anni prima. Mi aveva già mentito una volta, era capace di farlo ancora? Dovevo vederlo e dovevo parlargli per chiedergli spiegazioni.

 


Nuovo capitolo! Anche oggi sono riuscita a pubblicare per un pelo, ma ce l'ho fatta!
Comunque, tornando alla storia, Mary Jane e Jasper sono sempre più uniti e sempre più carini insieme (chi non vorrebbe avere un rapporto così con il proprio migliore amico?), Laurel ha rischiato di fare una cavolata enorme, ma si è salvata - ed è arrivata anche ad una soluzione per quello che sta succedendo con Liam e... sì, avete letto bene. Ci sono (ancora) dei guai in vista per MJ e Harry! Chi sarà la bionda? Sarà ancora Courtney? Oppure Harry si è innamorato di un'altra ragazza e l'ha nascosto di nuovo a Mary? Nel prossimo capitolo scopriremo tutto!
Grazie per aver letto fin qui e a martedì prossimo!
Un bacione <3

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Capitolo 31
*** Who's That Girl? ***


Capitolo 31 – Who’s That Girl?

Decisi di non perdere altro tempo e chiamare immediatamente Harry, perché avevo bisogno di risposte, altrimenti sarei impazzita. Mi allontanai da orecchie indiscrete e mi diressi verso la mia stanza, dove mi chiusi dentro e, con mani quasi tremanti, telefonai all’uomo.

“Mary!” Esclamò lui, dopo aver accettato la chiamata. Il mio cuore cominciò, se possibile, a battere ancora più forte.

“Ehi.” Dissi. Come potevo iniziare un discorso del genere? Avevo paura della risposta, ma avevo bisogno di sapere. “Harry, devo chiederti una cosa e… vorrei che tu fossi onesto con me.” Aggiunsi dopo qualche secondo di silenzio.

“Okay.” Rispose lui, cautamente. Aveva cambiato il tono di voce perché sapeva quello che stavo per chiedergli, vero?

“Io…” Cominciai, poi mi interruppi. Non avevo davvero idea da che parte iniziare. “Mi hanno detto che… Harry, stai vedendo qualcun’altra?” Domandai, farfugliando.

“Un’altra?” Chiese lui, sorpreso. “Intendi un’altra ragazza, Mary?”

“Sì.” Risposi, resistendo alla tentazione di usare il sarcasmo. No, intendo un’altra femmina di lama. Il fatto che lui stesse facendo il finto tonto non prometteva nulla di buono, vero?

Avevo appoggiato il telefono sulla scrivania e avevo messo il vivavoce, perché non riuscivo nemmeno a tenerlo in mano. Ero nervosa e agitata e odiavo tutto quello che stava succedendo.

“No, Mary. Non sto assolutamente vedendo nessun’altra ragazza.” Replicò Harry. “Che succede?” Mi chiese dopo pochi istanti.

“Oggi le mie amiche parlavano di te… loro non sanno ancora di noi e… Carmen mi ha detto che si dice in giro che tu ti sia finalmente innamorato e che ti abbiano visto mentre baciavi la tua assistente bionda.” Spiegai, incespicando nelle mie stesse parole.

“La mia assist… la mia assistente?” Disse lui, scoppiando a ridere. “Amore, la mia assistente è Gemma, mia sorella. Non ha ancora trovato lavoro come insegnante, quindi ci stiamo aiutando a vicenda. Lei mi aiuta a organizzare la mia giornata ed io la pago per questo. E ti giuro che non ci siamo mai baciati, che schifo. Magari ci abbracciamo ogni tanto, ma… no. No. No.” Aggiunse. Poi tornò serio e disse esattamente quello che stavo pensando. “Ma capisco come tu possa avere avuto dei dubbi, dato il mio passato.”

“Scusa.” Mormorai, sentendomi una stupida.

“Non devi scusarti, Mary. È solo colpa mia se adesso non ti fidi più di me al cento percento. Ed è compito mio cercare di guadagnarmi di nuovo la tua fiducia.” Disse lui, facendomi sentire ancora peggio.

Sarei mai riuscita a tornare a fidarmi completamente di lui? Provavo dei sentimenti. Probabilmente era amore, quello che sentivo per lui. Ero ancora innamorata di lui, ma perché avevo subito creduto al peggio quando avevo sentito quello che aveva detto Carmen? Avrei voluto tornare ai tempi in cui mi fidavo ciecamente di lui. A quando tutto era più facile.

“Tornerà tutto come prima, vero?” Domandai. Volevo rassicurazioni, avevo bisogno di sentirmi dire che tra di noi sarebbe tornato tutto a posto.

“No.” Replicò Harry, facendo tornare il mio cuore a battere velocemente. “Sono sicuro che sarà anche meglio di prima.” Aggiunse dopo pochi secondi. Sorrisi e annuii, anche se lui non poteva vedermi.

“Dove sei oggi?” Domandai, cercando di cambiare argomento.

“San Francisco. Poi vado in un paio di città del Texas, poi a Indianapolis, Cleveland, e poi… dovrei chiedere a Gemma, perché io mi sono già dimenticato. Comunque tra un paio di settimane torno a New York, ho ancora qualche impegno e poi posso finalmente venire a trovarti.” Rispose.

“Verrai in tempo per la mia laurea.” Dissi, quasi tra me e me. Poi un’idea mi balenò nella mente. “Harry… ti piacerebbe venire alla mia festa di laurea a casa dei miei nonni? Ci saranno i miei parenti, insomma, la mia famiglia.” Farfugliai, agitata.

Non eravamo più professore e studentessa, avevamo ricominciato a vederci e potevo finalmente presentarlo ai miei nonni. Ero sicura che l’avrebbero adorato, anche solo perché tre anni prima mi aveva aiutata a ritrovarli ed era solo grazie a lui se avevamo un rapporto.

“Ma certo, vengo volentieri!” Esclamò lui, felice. “Ci saranno anche i tuoi genitori?”

“No, non credo.” Replicai, rabbuiandomi. “Io li ho invitati, ma non credo che avranno voglia di passare una giornata intera con i miei nonni e il resto del gruppo.” Spiegai.

“Dai, festeggerai anche con loro, ne sono sicuro. Mi farà piacere conoscere i tuoi nonni di persona e festeggiare la tua laurea con te. Non vedo l’ora, a dire la verità.” Rispose.

“Anch’io.” Dissi. “Mi manchi tantissimo.” Aggiunsi. Non ci vedevamo da pochi giorni, eppure mi sentivo come se una parte di me fosse lontana e irraggiungibile. Non avevo mai provato niente del genere per nessuno e, nonostante quello che era successo in passato, ero felice che fosse proprio Harry a farmi provare quei sentimenti.

***

Non riuscivo a credere di aver finito il college. Di avere in mano una laurea, di essere pronta per iniziare a vivere la mia vita da adulta.

“Non so se questo cambiamento di piani così drastico è divertente, oppure terrificante.” Mi disse Laurel, quel pomeriggio. Le avevo chiesto di venire con me a Springfield a conoscere la mia famiglia ed eravamo arrivate a casa dei miei nonni da poco.

“Metà e metà?” Suggerii, guardandomi intorno. In realtà ero spaventatissima da tutti i cambiamenti che stavano per succedere.

Laurel aveva parlato con Liam, erano tornati insieme e lei aveva deciso di non trasferirsi più a New York. Diceva che Broadway le faceva troppa paura, che non era ancora pronta e voleva avere un po’ di esperienza in teatri meno importanti prima di fare un passo così grande. Così aveva fatto l’audizione per una parte in uno spettacolo di un teatro locale e l’aveva ottenuta. Si sarebbe trasferita nell’appartamento di Liam non appena io me ne fossi andata a New York.

“Io sono terrorizzata. Se ho superato questi quattro anni di college è stato solo grazie a te e non so come farò a sopportare la tua lontananza.” Rispose Laurel senza mezzi termini.

Chiusi gli occhi e sospirai. Avrei potuto dire esattamente la stessa cosa di lei. Era stata lei a darmi la forza di rimanere a St. Louis dopo tutto quello che era successo. Più volte avevo pensato che fosse il caso di raggiungere i miei genitori e di continuare la vita di sempre, perché cambiare città ogni anno era semplice. Le cose non diventavano mai serie con nessuno, non c’erano mai problemi. Rimanere nella stessa città, invece, era difficile, perché non si poteva scappare dai propri problemi. Rimanevano tutti lì e si era costretti ad affrontarli.

“Non farmi piangere, ti prego.” Mormorai. Sentivo un nodo in gola che non se ne voleva andare e non sapevo più nulla. Ero davvero pronta a fare un passo del genere? Trasferirmi a New York avrebbe voluto dire cambiare completamente pagina, buttarsi a capofitto in un’avventura nuova, dove non conoscevo nessuno e non sapevo cosa fare. Certo, ci sarebbe stato Harry con me, ma i miei amici e la mia famiglia sarebbero stati lontani.

“Janey, posso entrare? Sei nuda?” Sentii la voce di Jasper dall’altra parte della porta. Risi e scossi la testa, dicendogli di entrare.

Avevo invitato anche lui a casa dei miei nonni, nonostante avessimo già festeggiato la mia laurea a St. Louis qualche giorno prima, perché volevo che conoscessero le persone più importanti della mia vita. E lui era il mio migliore amico, una delle due ragioni per cui gli anni del college, nonostante quello che era successo con Harry, fossero stati i migliori della mia vita.

“Mary Jane Watson.” Esordì, squadrandomi da capo a piedi. Laurel cercò di rimanere seria, ma scoppiò a ridere dopo una sola occhiata alla sua espressione. “Eri solo una ragazzina quando ci siamo conosciuti, quattro anni fa. Tosta, perché sei stata la prima persona che mi abbia mai lasciato in bianco durante una festa della confraternita, ma pur sempre una ragazzina.” Aggiunse, tornando serio. “Oggi sei una giovane donna e non posso credere che tu stia per andare a New York, nella città che non dorme mai, in uno dei posti più caotici e pericolosi del mondo.”

“Ehi!” Esclamai, cercando di non piangere. “So cosa stai facendo.” Lo avvertii.

“Sì, sto cercando di farti cambiare idea, molto egoisticamente. Ma non sul serio, perché sai che voglio solo il meglio per te e non vorrei mai che tu rinunciassi al tuo sogno per rimanere a St. Louis a guardarmi mentre alleno una squadra di incredibili rompicoglioni adolescenti.” Replicò, ridendo.

Durante quelle settimane aveva preso una decisione seria, che non era stata del tutto dettata dalla sua volontà, ma anche dal parere dei suoi medici: non avrebbe più giocato professionalmente a football, ma avrebbe iniziato ad allenare la squadra della scuola superiore in cui avevo frequentato il mio ultimo anno. Il suo sogno era quello di riuscire a prendere il posto di Niall Horan alla Washington University, ma l’irlandese, per il momento, non aveva la minima intenzione di rinunciare al suo lavoro, quindi Jasper aveva dovuto trovare un’alternativa.

“Il mio sogno.” Mormorai a voce così bassa che nessuno mi sentì. Era davvero ancora il mio sogno trasferirmi in una città che non conoscevo poi così bene, lontano da tutti? Non lo sapevo.

“Ehi, a proposito di rompicoglioni.” Disse poi Jasper, ridendo. “Styles non è ancora arrivato?” Mi domandò, guardandosi intorno.

“Non lo sto nascondendo sotto il cuscino.” Risposi, intercettando il suo sguardo. “No, non è ancora arrivato. Il suo volo da New York è atterrato un’ora fa, quindi sarà qui tra un po’.” Aggiunsi.

“Sono curioso di conoscerlo di persona.” Replicò Jasper, pensieroso. “Perché quando ci siamo sentiti su Skype, quella volta, mi è sembrato okay, ma ho bisogno di guardarlo negli occhi sul serio per capire le sue intenzioni con te. Avrò una gamba che non funziona del tutto, ma il mio destro è piuttosto potente.” Aggiunse, facendoci scoppiare a ridere.

“Credo proprio che Harry sia un tipo poco violento.” Disse Laurel. “Probabilmente riusciresti a stenderlo anche se tu fossi un bambino di sei anni.”

“Ehi!” Esclamai, fingendomi offesa. “Anch’io non vedo l’ora che lo conosciate sul serio. E non vedo l’ora di vederlo e basta, perché è stato occupato per tutte queste settimane e mi manca.” Aggiunsi.

Ero curiosa di vedere come si sarebbe comportato con i miei amici e con la mia famiglia. Non ero mai riuscita a presentarli, prima perché non volevo ammettere che stessi uscendo con il mio professore – e perché entrambi avremmo potuto finire in guai seri – e poi perché, dopo esserci rimessi insieme, non ci eravamo più visti dal vivo. Dopo quel giorno a St. Louis era partito per il tour promozionale del suo libro, aveva visitato librerie di tutta l’America e il pubblico aveva divorato Venerdì Nero. Ne erano diventati tutti ossessionati, tanto che, solo pochi giorni prima, Harry aveva ricevuto la proposta di una casa di produzione di Hollywood per trasformare il suo libro in un film per il cinema, quindi era volato a Los Angeles per discutere la novità e avevamo dovuto posticipare il nostro ricongiungimento.

“Mary, è il tuo cellulare quello che suona?” Mi domandò improvvisamente Laurel, alzandosi dal letto su cui era seduta a gambe incrociate e cominciando a rovistare tra le lenzuola, in cerca della fonte di rumore.

“Sì.” Dissi, unendomi alla ricerca. Quando lo trovai – nascosto sotto uno dei mille cuscini che i miei nonni avevano posizionato sul mio letto – vidi un numero sconosciuto sul display e risposi.

“Parlo con Mary Jane Watson?” Domandò la voce di una donna che non avevo mai sentito.

“Sì.” Confermai, sorpresa.

“Salve, signorina Watson, sono Linda Godbersen e chiamo dalla Bluebird Publishing. Abbiamo ricevuto il suo curriculum dalla Washington University e saremmo interessati a fissare un colloquio per parlare di un posto di lavoro.” Disse la donna, lasciandomi a bocca aperta.

Mi ero dimenticata che la mia università aveva inviato i curriculum degli studenti che avevano ottenuto i voti più alti a varie case editrici della zona. Valutai le mie opzioni: avrei potuto rifiutare gentilmente, dicendo che mi sarei trasferita e non avevo bisogno di un lavoro a St. Louis. Oppure avrei potuto provare a sentire la loro offerta. La prospettiva di avere un lavoro in quella che ormai sentivo la mia città non era male. Anzi. Avrei potuto decidere di rimanere con tutti i miei amici. E Harry? Sarebbe stato disposto a tornare nel Missouri? Oppure sarebbe tornato a New York e avremmo cercato di far funzionare la nostra relazione a distanza, per poi capire che era inutile soffrire?

“Mi farebbe molto piacere.” Risposi, fissando lo sguardo prima su Jasper e poi su Laurel, come se volessi trasmettere loro quello che stava succedendo solo tramite la mente.

“Perfetto, quando è disponibile per il colloquio?” Mi domandò la donna. La sentii digitare qualcosa su una tastiera e cominciai a pensare a quello che mi avrebbe aspettato nei giorni successivi. “Per lei potrebbe andare bene mercoledì prossimo alle dieci del mattino?” Chiese ancora la donna.

“Sì, andrebbe benissimo.” Risposi, sorridendo.

“Ottimo, l’indirizzo e-mail sul curriculum è quello giusto?” Domandò la signora Godbersen.

“Sì, è giusto.” Confermai.

“Perfetto, allora le invierò un’e-mail al più presto con tutti i dettagli. Arrivederci, signorina Watson.” Mi salutò, interrompendo la chiamata.

Laurel e Jasper, che non avevano smesso di fissarmi per un solo istante, cominciarono a farmi domande contemporaneamente.

“Chi era?”, “Era Harry? Non viene?”, “Perché fai quella faccia? Erano buone notizie?” e via dicendo.

“Era una delle case editrici a cui l’università ha mandato il mio curriculum.” Spiegai. “Vogliono vedermi per un colloquio.” Aggiunsi.

Mi sentivo come se stessi camminando su uno strato di nuvole. Il cuore mi stava battendo alla velocità della luce ed ero felice. Non avevo mai pensato che potessi sentirmi così per una proposta di lavoro. O forse il mio umore era così buono perché, improvvisamente, ero tornata a valutare l’idea di non trasferirmi a New York e di rimanere a St. Louis, la città dove avevo trovato gli amici, la famiglia, l’amore.

“Quindi rimarrai qui?” Mi chiese subito Laurel, incapace di trattenere l’entusiasmo.

“Non lo so.” Risposi subito. “Non so nemmeno se mi offriranno davvero un lavoro. È solo un colloquio, ma… devo ammettere che l’idea di rimanere nel Missouri non suona per niente male.” Ammisi a bassa voce. Mi spostai verso la finestra della stanza che una volta era di mia madre e cominciai a guardare fuori.

“Come pensi che la prenderà Harry?” Mi chiese Jasper, preoccupato.

“Non lo so, ma penso che lo scoprirò prestissimo.” Dissi, cominciando a sentirmi agitata. Un taxi giallo si era appena fermato davanti alla casa dei miei nonni e avevo visto scendere Harry, con i capelli stranamente pettinati e raccolti e un completo elegante.



Ecco il nuovo capitolo! Scopriamo finalmente la verità sulla bionda che hanno visto con Harry e poi facciamo un salto nel tempo di qualche settimana e arriviamo alla festa di laurea di Mary. La nostra protagonista, improvvisamente, comincia a valutare l'idea di non trasferirsi a New York, ma come la prenderà Harry? Il loro rapporto sopravvivrà a questo ennesimo cambiamento?
Martedì scopriremo tutto!
Grazie per essere passati e per aver letto, un bacione grande e a martedì! <3

 

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Capitolo 32
*** Now The Party Is Over (And Everobody's Gone) ***




Capitolo 32 - Now The Party Is Over (And Everybody’s Gone)
 
Scesi le scale di fretta, perché nonostante fossi agitata per quello che volevo dire a Harry – cioè che forse avevo deciso di rimanere a St. Louis e non andare a New York – non vedevo l’ora di baciarlo.

«Harry!» Esclamai, correndo fuori dalla casa e direttamente tra le sue braccia. Lui mi sollevò e sentii subito le sue labbra sulle mie. Chiusi gli occhi, assaporando il momento. Erano passate settimane dall’ultima volta che ci eravamo visti di persona. Avevamo parlato al telefono tutti i giorni, ci eravamo videochiamati, ma non era la stessa cosa. Non potevo sentire il suo profumo tramite uno schermo. Non potevo provare i brividi lungo la schiena quando le sue mani si intrecciavano tra i miei capelli mentre mi baciava.

«Mary.» Replicò Harry dopo qualche istante, allontanandosi leggermente e guardandomi negli occhi.

In quel momento capii che avevamo davvero risolto tutti i problemi passati. Ne avevamo parlato tanto in quelle settimane. Avevo ricominciato a fidarmi di Harry, a provare sentimenti ancora più forti di prima e volevo passare il resto della mia vita con lui. Il problema era… dove?

«Devi raccontarmi tutto dell’incontro con quelli della casa di produzione di Hollywood.» Dissi per prendere tempo. «Ma prima vieni in casa, così ti presento i miei nonni e puoi riposarti. Sei stanco per il volo? Vuoi qualcosa da mangiare?» Domandai. Lo stavo assalendo con mille parole, me ne rendevo conto, ma mi era mancato troppo ed ero agitata per mille motivi.

Harry stava per incontrare la mia famiglia. Beh, tutti tranne i miei genitori. E pensavo che l’avrebbero adorato, ma non potevo esserne sicura. C’era sempre una minima possibilità che qualcuno lo odiasse o che pensasse che non era l’uomo adatto a me.

E poi c’era il piccolo dilemma che si era creato nella mia mente da qualche giorno. St. Louis o New York? I miei amici, la mia famiglia o Harry? Potevo avere tutto insieme oppure sarei stata costretta a scegliere? Se sì, cosa avrei scelto? Dovevo dirglielo subito? O dovevo aspettare? Avevamo deciso che tra noi non ci sarebbero mai più stati segreti, ma come avrei fatto ad affrontare quell’argomento? Non era un discorso facile. Non era come dirgli che avrei preferito smettere di bere caffè e cominciare a consumare succo d’arancia. Si trattava del nostro futuro. Della nostra vita insieme.

«Okay, okay.» Rispose Harry, ridendo e seguendomi all’interno della casa.

Laurel e Jasper ci aspettavano in salotto, mentre i miei nonni erano ancora impegnati in cucina a finire gli ultimi dettagli per la festa di quella sera. Nonna Mia aveva deciso di cucinare una quantità industriale di piatti per sfamare tutta la famiglia.

«Ehi, amico!» Esclamò subito Jasper, avvicinandosi e dando una pacca sulla spalla a Harry.

«Jasper.» Lo salutò Styles, sorridendogli cordialmente.

In pura teoria avrebbe dovuto essere strano vedere il proprio ragazzo attuale e l’ex conversare amabilmente in quel modo. Era come se, in un certo senso, si conoscessero da sempre. Appena si erano visti avevano cominciato a chiacchierare e l’argomento era caduto subito sullo sport. Jasper gli aveva chiesto quale fosse la sua squadra preferita e, dopo aver scoperto che la risposta di Harry era uguale alla sua, erano diventati amici istantanei.

«È inquietante.» Disse Laurel, scuotendo la testa e ridendo.

«No, per me no.» Replicai, sorridendo. «Per me sono due delle persone più importanti della mia vita che vanno d’accordo. Sarebbe stato tragico il contrario.» Aggiunsi, avvicinandomi ai due uomini. Anche la mia migliore amica si unì a noi e cercai disperatamente di spostare la discussione dallo sport, perché ricordavo benissimo il modo in cui Laurel si infervorava parlando di football.

«Forza, uomini, adesso alzate le chiappe entrambi e venite ad aiutare a preparare tutto per la cena di questa sera. Non avete la minima idea della quantità di miei parenti che conoscerete.» Risi dopo un po’, felice.

 
***

I miei parenti amarono Harry e lui sembrò trovarsi bene con tutti durante la cena. Affrontò con calma ed eleganza tutti gli argomenti e rispose con posatezza a tutte le domande, anche alle più fastidiose (una delle mie cugine si era particolarmente fissata sul fatto che ci fossimo conosciuti all’università, perché lui era un mio professore).

«Quindi Mary Jane è Jade?» Domandò Claire, la cugina che sembrava aver preso di mira Harry. O forse si era solo presa una cotta istantanea e voleva parlare con lui a tutti i costi, come potevo darle torto?

Harry deglutì, leggermente imbarazzato e prese tempo bevendo un paio di sorsi di vino bianco.

«Mary Jane non è propriamente Jade.» Disse l’uomo, con la lentezza che ormai avevo imparato ad amare. Rimasi incantata per un secondo. Non ricordavo l’ultima volta che aveva usato il mio nome intero e pensavo che, detto da lui, fosse più bello. «Diciamo che Mary è stata parte dell’ispirazione per quel libro. Poi sono persone molto diverse e, soprattutto, in situazioni completamente diverse.» Spiegò Harry, pulendosi la bocca con il tovagliolo – forse per mascherare il lieve rossore che aveva colorato le sue guance.

«Nel senso che tu non sei un serial killer e quindi lei non ti farà finire in carcere per il resto dei tuoi giorni, nonostante sia innamorata di te?» Domandò ancora Claire. «Perché ho letto il libro e mi è piaciuto tantissimo, ma ci sono rimasta male quando alla fine Jade ha detto tutto alla polizia. Se era innamorata di lui, perché l’ha venduto in quel modo?»

La guardai, nella speranza che capisse che era ora di smetterla, ma non ci fu verso.

«Non sono un serial killer, no.» Disse Harry, ridendo. «La storia con Mary mi ha dato l’ispirazione per la storia d’amore nel mio libro, ma i protagonisti non siamo noi.» Aggiunse, sempre più imbarazzato. «E per la  fine… beh, Seth è un serial killer. Ha ucciso delle persone, ha fatto delle cose molto sbagliate ed era giusto che affrontasse le conseguenze e venisse punito. Jade si è innamorata di lui, ma non ha potuto ignorare quello che ha scoperto. Tu l’avresti fatto? A volte l’amore non è abbastanza.» Concluse lui, facendomi provare un brivido.

A volte l’amore non è abbastanza, aveva detto. Sarebbe stato abbastanza per noi?

Fortunatamente il discorso fu interrotto dal suono del campanello, che sorprese tutti. I miei nonni si scusarono e si alzarono entrambi per andare ad aprire, mentre tutti i presenti al tavolo rimasero in silenzio – probabilmente per spiare e per capire chi si fosse presentato senza prima telefonare.
Sentii qualcuno parlare brevemente, poi dei passi.

«Mary Jane!» Esclamò mio padre, uscendo in giardino, dove avevamo sistemato il lungo tavolo che accoglieva tutta la famiglia. Mi voltai di scatto, stupita. Mio padre non era l’unica persona ad essere in piedi di fianco ai miei nonni. Anche mia madre era presente e stava sorridendo, nonostante sapessi che c’erano almeno un miliardo di posti in cui avrebbe preferito essere.

«Congratulazioni!» Disse la donna, sorridendo.

«Mamma, papà!» Dissi, alzandomi e raggiungendoli. «Non vi aspettavo! Cosa fate qui?» Esclamò.

«Beh, siamo stati invitati.» Spiegò mia madre. «E volevamo quasi non venire, ma poi abbiamo ricevuto una telefonata da due giovani uomini e una giovane donna molto – ed enfatizzo il molto – convincenti.» Continuò.

«Ci hanno detto quanto avrebbe significato per te averci entrambi presenti a questa festa.» Disse mio padre. «E abbiamo pensato di mettere da parte le nostre antiche differenze con il resto della famiglia e unirci per festeggiare la nostra bellissima laureata.» Aggiunse, sorridendo. Mi abbracciò stretta per qualche secondo e mi diede un bacio sui capelli.

Guardai prima i miei genitori e poi tutti i presenti al tavolo, quasi stordita. Poi mi fermai su Laurel, Jasper e Harry, che stavano ridacchiando e si stavano scambiando occhiate complici.

«Avete fatto tutto questo per me?» Domandai, stupita.

«Harry ha avuto l’idea.» Confermò Laurel.

«Poi ci ha aggiunti su Skype e abbiamo parlato un po’ per organizzarci.» Continuò Jasper.

«Laurel ha rubato il numero di tua madre dal tuo telefono.» Spiegò Harry. «E l’abbiamo chiamata in conferenza, quindi eravamo tutti insieme.» Aggiunse.

«Devo dire che non ero felicissima che abbiate ricominciato a vedervi quando me l’hai detto la prima volta, ma il ragazzo si è fatto perdonare.» Intervenne mia madre, rivolgendo un sorriso a Harry.

Non sapevo come sentirmi. Ero stupita, perché non mi aspettavo che i miei genitori si sarebbero presentati alla mia festa di laurea. Ero commossa, perché avevo i migliori amici e il ragazzo migliori del mondo. Come potevano aver fatto quel miracolo per me?

«Quindi… c’è un posto a tavola anche per noi? Abbiamo guidato tutta la notte e tutto il giorno e siamo abbastanza affamati!» Esclamò mio padre.

I miei nonni si guardarono per pochi secondi, confusi. Poi mia madre decise di fare il primo passo e sfoderò il suo miglior sorriso, che sembrò porre fine a qualsiasi conflitto avessero avuto in passato. Si abbracciarono tutti e la tensione sparì. Ero sicura che avrebbero avuto bisogno di parlare per parecchie ore per risolvere davvero tutto, ma quello era già un grande risultato per me.

«Non so davvero cosa dirvi.» Dissi, tornando a sedermi al mio posto di fianco a Harry e di fronte a Laurel e Jasper. «Se non grazie. Vi voglio bene e ti amo.» Aggiunsi, guardando prima i miei amici e poi Harry.

«Ti vogliamo bene anche noi.» Risposero Jasper e Laurel all’unisono. Poi mi resi conto di aver detto quelle parole a Harry per la prima volta dopo tutti quegli anni proprio in quel modo quasi casuale.

«Ti amo anch’io.» Sussurrò lui, avvicinandosi per far sentire la sua risposta solo a me.

 
***

La festa di laurea si prolungò fino alle prime ore del mattino, quando i miei parenti decisero che era ora di tornare a casa e mi abbracciarono tutti, a turno, e mi dissero di tenermi in contatto con loro e di mandargli cartoline e souvenir dalla Grande Mela.

I miei genitori, assonnati e sbadiglianti, mi dissero che sarebbero andati a dormire nel loro camper e che avremmo parlato il mattino successivo. Volevano dirmi qualcosa su New York e darmi dei regali. Mia madre si lasciò sfuggire che mi avevano preso un fischietto - utile per chiamare un taxi e per chiedere aiuto in caso qualcuno cercasse di farmi del male.

Laurel, Jasper e Harry, invece, ottennero il permesso di dormire nella vecchia stanza di mia madre insieme a me, a patto che i ragazzi dormissero su un materasso sul pavimento.

«È abbastanza strano, non credete?» Domandò improvvisamente Jasper, dicendo ad alta voce quello che stavamo pensando tutti.

«Il fatto che stiamo dormendo sostanzialmente insieme o che tu sei l’ex di Mary ed io il ragazzo attuale?» Chiese Harry, trattenendosi a stento dal ridere. Forse non avrebbe dovuto essere comica quella situazione, ma per me lo era tantissimo.

«Entrambe le cose.» Disse Jasper. «Ehi, possiamo sempre aspettare che le ragazze si addormentino e darci da fare. In fondo siamo o non siamo gli uomini più importanti nella vita di Mary?» Scherzò il ragazzo, facendoci scoppiare a ridere tutti.

«Devo ammettere che questo è un po’ strano anche per me.» Dissi, tornando seria. «Anche se adesso ho capito perché quando vi siete visti questa sera avete cominciato a parlare come se vi conosceste già abbastanza bene.» Aggiunsi.

«Erano un paio di settimane che parlavamo su Skype tutti insieme.» Rispose Laurel. «Non sai quanta fatica ho fatto a tenerti tutto nascosto. Ho cercato di confessarti quello che stava succedendo almeno dieci volte, ma i ragazzi mi hanno sempre minacciata di tenere la bocca chiusa, altrimenti avrebbero fatto vedere a Tomlinson il video che mi hai fatto mentre lo insultavo nel sonno, tre settimane fa.»

Scoppiammo tutti a ridere e ripensai a quella notte, quando mi ero svegliata alle quattro, perché la mia amica aveva cominciato a parlare ad alta voce e avevo paura che ci fosse qualcuno nella stanza. Poi avevo scoperto che stava dormendo. Anzi, sognando. E stava insultando Tomlinson in modo particolarmente colorito, così avevo preso il telefono e le avevo fatto un video, che ovviamente non avevo potuto non condividere con Jasper e Harry.

«Forse la cosa più strana è che siamo tutti adulti e siamo stipati in una camera come quattro adolescenti in gita. O a un pigiama party.» Intervenne improvvisamente Jasper, facendoci scoppiare tutti a ridere di nuovo.

«Ragazzi, facciamo piano, o sveglieremo i miei nonni. Poverini, sono anziani e sono già rimasti svegli fino a tardi per rimanere fino all’ultimo alla festa.» Dissi dopo qualche secondo, abbassando la voce. Dovevo parlare con Harry, lo sapevo, ma non trovavo mai il momento giusto. «Harry, sei stanco?» Domandai dopo qualche secondo, provocando un attacco di risatine da parte di Jasper e Laurel, che avevano ovviamente subito pensato al peggio.

«No.» Replicò lui, ignorando i miei amici.

«Ti va di uscire in giardino o fare una passeggiata? Ho bisogno di parlarti.» Dissi, con il cuore che cominciò a battere alla velocità della luce. Quello era il momento che avevo cercato di evitare fin da quando l’avevo visto uscire da quel taxi giallo, ore prima. Era il momento in cui avrei scoperto cosa mi avrebbe riservato il futuro.

«Ma certo.» Rispose lui, alzandosi dal materasso che condivideva con Jasper e aspettandomi di fianco alla porta. Decisi di non vestirmi del tutto, perché non avevo voglia di camminare per il quartiere. Infilai una vestaglia sopra la maglia lunga che usavo come camicia da notte, un paio di calze e poi raggiunsi Harry.

Ci sedemmo sui gradini del portico in giardino e rimanemmo in silenzio per qualche minuto.

«Non mi hai più raccontato com’è andata la riunione con quelli di Hollywood.» Dissi, voltandomi e guardandolo negli occhi.

Harry era stanco, potevo vederlo dalle occhiaie e dall’espressione un po’ affaticata, ma era sempre bellissimo. Aveva tolto l’elastico che, per tutta la durata della cena, aveva tenuto i suoi capelli in ordine ed ora i suoi ricci castani ricadevano spettinati sulle spalle, donandogli un’aria più selvaggia.

«Sono molto interessati al mio libro. Vorrebbero cominciare a lavorare al copione il prima possibile, dicono che potrebbero renderlo il nuovo L’Amore Bugiardo e prevedono che farà parecchi soldi al box office.» Rispose lui, lentamente. «Alla riunione hanno già anche cominciato a parlare di attori che potrebbero interpretare il ruolo. Vorrebbero Minka Kelly per fare la parte di Jade e Chris Evans per fare la parte di Seth.» Aggiunse, scuotendo la testa come se non potesse ancora credere a quello che stava succedendo.

«Wow.» Mormorai. «Minka Kelly e Chris Evans? Non so perché, ma sentire questi nomi rende tutto più reale.» Dissi.

Harry annuì, grattandosi distrattamente l’accenno di barba sulla guancia.

«Che cosa volevi dirmi?» Chiese poi, prendendomi alla sprovvista. Non ero pronta per rispondere a una domanda del genere, anche se avevo cercato di prepararmi durante tutta la giornata.

«Ho ricevuto un’offerta di lavoro da una casa editrice a St. Louis.» Risposi onestamente, senza girare intorno all’argomento. Tanto non sarebbe servito a nulla fingere o prendere altro tempo. Dovevo dirglielo.

«Ed è una cosa che ti interessa?» Domandò Harry, incuriosito.

«Beh, sai che il mio sogno è quello di scrivere e pubblicare libri, ma devo avere un piano B, qualcosa che mi permetta di guadagnare qualcosa per mantenermi.» Dissi. «E… onestamente, mi spaventa un po’ l’idea di trasferirmi a New York, lontano da tutti.» Aggiunsi.

«È comprensibile.» Replicò Harry. Sembrava rilassato, ma non avevo idea di cosa stesse pensando in quel momento, il che mi preoccupava. «Che ne dici se proviamo a rimanere qui per qualche mese, così vediamo come ti trovi? Così vediamo se ti offrono il lavoro, se hai intenzione di accettare e, nel caso, se ti piace. Tanto io posso scrivere in qualunque parte del mondo, non devo essere necessariamente a New York.» Aggiunse.

«Sul serio?» Domandai, incredula.

«Ma certo, Mary. A me non interessa vivere a New York, o a St. Louis o sulla Luna. A me basta stare con te.» Rispose lui, avvicinandosi per darmi un bacio. «Voglio renderti felice e se vuol dire essere vicino ai tuoi amici e alla tua famiglia, sono contento di farlo.» Aggiunse, prima di darmi un altro bacio. «E poi anch’io ho tutti i miei amici qui.» Concluse.

«Ma Louis sarà a New York.» Ribattei. Mary, stai zitta. Ha detto che rimane a St. Louis con te, perché vuoi fargli cambiare idea? Pensai.

«Non più.» Rispose lui, prendendomi le mani e guardandomi negli occhi. «È stata una settimana abbastanza difficile per Lou. L’hanno chiamato quelli dello spettacolo e gli hanno detto che non hanno più bisogno di lui ed Eleanor l’ha lasciato definitivamente. L’ho sentito ieri sera e mi ha detto che non ha più intenzione di sentire nemmeno nominare New York.»

«Mi dispiace!» Esclamai. Louis stava passando un momento orribile e non aveva detto niente a nessuno, solo a Harry. Mi appuntai mentalmente di andare a comprare una bottiglia del suo vino preferito e di andare a trovarlo a casa non appena fossi tornata a St. Louis. «Cosa farà adesso?» Domandai.

«Sta cercando di capire se l’università è disposta a dargli il suo vecchio posto di lavoro. Altrimenti mi ha detto che vuole provare a fare audizioni nei teatri locali, perché gli è tornata la voglia di esibirsi. Solo… non a New York.» Rispose lui. «Sono sicuro che andrà tutto bene, qualunque cosa deciderà di fare. Louis è forte, può fare tutto quello che si mette in mente di fare.» Aggiunse.

«Lo spero.» Mormorai, abbassando lo sguardo. Mi dispiaceva davvero per Tomlinson, perché ultimamente mi era sembrato un uomo davvero felice. Le cose stavano andando bene, era esaltato all’idea di trasferirsi a New York con Eleanor e di iniziare la sua carriera a Broadway e poi tutto era andato in fumo in una sola settimana.

«Si riprenderà, gli staremo vicini.» Rispose Harry.

Appoggiai la testa sulla sua spalla e rimasi così per qualche minuto, a osservare le stelle dal giardino dei miei nonni a Springfield di fianco all’uomo che amavo. Harry era stato il mio primo amore e avevamo passato tante cose insieme, anche momenti molto brutti, ma avevamo superato tutto e stavamo per cominciare un nuovo futuro insieme.

«Ehi, visto che non sappiamo ancora esattamente cosa faremo, che ne dici di venire a vivere nel mio vecchio appartamento? Poi, se otterrai il lavoro e decideremo di rimanere per sempre a St. Louis, potremo prendere qualcosa di più definitivo. Insieme.» Propose Harry.

Alzai la testa e lo guardai negli occhi, sorridendo. Mi piaceva pensare al futuro insieme a Harry. Insieme ai miei migliori amici, e vicina alla mia famiglia. Non avrei potuto chiedere di meglio.
 

E siamo arrivati al penultimo capitolo di Little White Lies! I nostri protagonisti hanno vissuto varie avventure (e disavventure) e diciamo che sono cresciuti tutti quanti. I genitori di Mary hanno deciso di provare a sistemare le cose con il resto della famiglia e le hanno fatto una sorpresa (organizzata da Harry, Jasper e Laurel) e la nostra MJ ha finalmente parlato a Harry e sembra che i due abbiano trovato una soluzione. Pessime notizie per Louis, invece, che ha visto il suo futuro sgretolarsi davanti ai suoi occhi in una sola settimana, ma sappiamo che è una persona forte e si riprenderà.
Il prossimo capitolo, che pubblicherò martedì prossimo, sarà l'epilogo. Faremo un altro salto nel tempo e vedremo come sarà la vita dei personaggi tra cinque anni. Mary e Harry saranno ancora insieme? Se sì, dove vivranno? Che cosa sarà successo tra Laurel e Liam? E Louis cosa starà facendo? Quali saranno le novità nella vita di Jasper? Vi prometto che la settimana prossima otterrete le risposte a tutte le domande.
Nel frattempo vi ringrazio tantissimo per aver seguito la storia fino a questo punto. Grazie per tutti i commenti che mi avete lasciato, grazie di tutto. <3

 

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Capitolo 33
*** Epilogue - Five Years Later ***




Epilogue - Five Years Later
 
«Jennifer!» Esclamai, cercando disperatamente le chiavi dell’auto in casa. Ma dove le avevo messe?  Ero sicura che fossero sul mobiletto all’ingresso. «Jennifer!» Urlai ancora. Era tardi. Tardissimo. Dovevo uscire entro esattamente quattro minuti, altrimenti sarei stata in ritardo. «Jen, forza, dobbiamo andare a prendere papà!» Aggiunsi, imprecando mentalmente perché quelle maledette chiavi non volevano farsi trovare.

La bimba - la mia bellissima bimba - uscì dalla sua camera con Mr. Bunny (il suo coniglietto di peluche preferito) in una mano e le chiavi della mia auto nell’altra. Mi fermai un secondo ad osservarla, meravigliata.

Erano passati quasi esattamente tre anni dalla sua nascita, eppure mi sorprendeva ogni giorno di più. Avere un figlio significava innamorarsi perdutamente ogni giorno, ridere per tutte le piccole cose, ma anche piangere davanti alle difficoltà - ricordavo ancora perfettamente il giorno in cui le erano venute le coliche e non avevo la minima idea di cosa fare, così avevo cercato di stare calma (anche se qualche lacrima era sfuggita al mio controllo), mentre Harry guidava quasi come un pazzo per andare al pronto soccorso.

Non riuscivo a credere che quella meravigliosa bambina con i ricciolini castani e gli occhi verdi fosse proprio mia. Mia e di Harry.

«Grazie.» Dissi, prendendo le chiavi. «Forza, adesso andiamo, perché il volo di papà dovrebbe atterrare tra poco.» Aggiunsi, prendendo una manina della bimba e accompagnandola fuori dalla villa che avevamo comprato Harry ed io solo un anno prima. Chiusi la porta a chiave e poi sistemai Jennifer sul seggiolino, assicurandomi che la cintura fosse legata bene.

«Papà!» Esclamò lei, ridendo e stringendo Mr. Bunny al petto.

Harry le era mancato molto. Anche a me, a dire il vero. Avevamo passato due settimane a casa da sole, perché mio marito - quanto era strano dire quella parola, non mi ero ancora abituata, nonostante ci fossimo sposati già da due anni - era dovuto andare a Los Angeles per parlare del suo ultimo libro, che sarebbe stato trasformato in un film dalla stessa casa di produzione che, cinque anni prima, aveva adattato Venerdì Nero per il grande schermo.

«Tra poco lo riabbracciamo.» Dissi a Jennifer, mettendo in moto l’auto e facendo retromarcia per uscire dal vialetto.

Guardai con la coda dell’occhio la villa in fondo alla via e sorrisi. I miei genitori, dopo la nascita di Jennifer, avevano capito esattamente quello che avevano provato i miei nonni quando ero nata io e avevano finalmente deciso di stabilirsi a St. Louis per stare più vicino alla loro nipotina. Avevo conosciuto anche i miei parenti australiani, che erano venuti a trovarmi per conoscere me e Jennifer, ed ero davvero felice.

***

Avevo organizzato una cena per quella sera, perché volevo festeggiare il ritorno di Harry, così avevo invitato tutti i nostri amici.

Laurel e Liam erano arrivati per ultimi, scusandosi per il ritardo, perché la babysitter di Andrew, il loro bellissimo neonato, aveva trovato traffico e non era riuscita ad arrivare in tempo. Abbracciai la mia migliore amica, dandole un bacio su ogni guancia e offrendole un bicchiere di vino, poi ne passai uno anche a Liam, che sembrava davvero stanco. Purtroppo il piccolo Andy faceva fatica ad addormentarsi e, in media, si svegliava sei, sette volte per notte, impedendo alla coppia di novelli sposini di dormire.

«Ehi, tutto bene?» Domandai poi a Liam, osservandolo da vicino. «Ho sentito al telegiornale di quell’incendio al centro commerciale…» Aggiunsi, abbassando la voce.

Lui annuì e abbozzò un sorriso. Laurel gli mise un braccio intorno alla vita e lo strinse un po’ a sé.

«Fortunatamente siamo riusciti ad evacuare il posto in tempo e abbiamo salvato tutti. È stata una giornata infernale, ma sono contento.» Rispose lui.

Mi sedetti al tavolo, di fianco a Harry, e osservai tutti i presenti, incapace di non sorridere.

Tra Jasper e Chloe, sfortunatamente, era finita dopo soli pochi mesi e il mio migliore amico ci era rimasto male, ma alla fine aveva superato la delusione e aveva trovato la sua anima gemella in Gemma, la sorella di Harry, nonché insegnante di scienze della scuola in cui allenava la squadra di football. Tra i due era stato amore a prima vista. Avevano cercato di evitare di uscire insieme, almeno per i primi due giorni, perché avevano paura di essere licenziati entrambi, poi si erano ubriacati alla festa di Natale degli insegnanti ed erano finiti a letto insieme. Da quel momento erano diventati inseparabili e Jasper le aveva da poco chiesto di sposarlo.

Carmen era diventata una giornalista e scriveva articoli per il St. Louis Today. Aveva avuto una turbolenta storia con Nadine, una ragazza che aveva incontrato in un locale una sera e di cui si era innamorata perdutamente. Peccato che Nadine fosse più interessata a passare le sue serate in locali notturni e a tornare a casa con i vestiti sporchi di rossetto delle altre una sera su due. La mia amica era stata davvero male e l’aveva perdonata più volte, ma alla fine aveva deciso di lasciarla definitivamente, perché aveva capito che non poteva andare avanti in quel modo.

Sorrisi a Valentina, che aveva ottenuto la parte di co-protagonista nello show in cui Laurel era diventata la star assoluta. Rae, seduta di fianco a Val, aveva optato per una tinta turchese e lilla e aveva tagliato i capelli appena sopra le spalle. Era tornata da poco da Miami, dove aveva mostrato le sue foto più recenti. Grazie alle lezioni di Anatomia Artistica del professor Malik, che era seduto di fianco all’allenatore Niall Horan insieme alla moglie Perrie, aveva scoperto di essere incredibilmente affascinata dalla figura umana e aveva iniziato a fotografare corpi in movimento. I ballerini erano i suoi soggetti preferiti, perché diceva che avevano un’armonia naturale difficile da trovare in altre persone.

«Louis, puoi aprire una nuova bottiglia di vino, per favore?» Domandò Harry, guardando il suo migliore amico e sorridendogli.

Tomlinson non aveva ottenuto il suo vecchio posto di lavoro all’università, dopo essere stato rifiutato dallo spettacolo a New York. Aveva passato un paio di mesi in completa disperazione - soprattutto perché era stato lasciato da Eleanor - e poi si era ripreso e aveva preso una decisione importante: basta piangere sul passato. Aveva ricominciato a uscire - tornava a casa ogni sera con una ragazza diversa - e aveva scritto un musical, che era stato messo in produzione pochi mesi prima e in cui recitavano Laurel e Valentina.

«Tra un secondo, prima voglio andare a dare il bacio della buonanotte alla mia fragolina.» Rispose Louis, alzandosi per andare verso la camera da letto di Jennifer. Sorrisi, ripensando al giorno in cui era nata la mia bimba e Louis era venuto a trovarmi in ospedale. Aveva preso in braccio Jennifer ed era scoppiato in lacrime, dicendo che non aveva mai visto nulla di più perfetto e che era al settimo cielo per Harry e me.

Tomlinson era diventato un vero e proprio zio per Jennifer e Harry pensava che concentrarsi sulla sua ‘nipotina’ (o fragolina, come la chiamava lui, perché aveva le stesse labbra rosse del papà) l’aveva aiutato a risollevarsi dal brutto periodo in cui era caduto dopo quello che era successo con lo spettacolo ed Eleanor.

«Mary, come va in ufficio?» Mi domandò Gemma.

«Molto meglio, grazie.» Replicai. Lavoravo alla Bluebird Publishing da quando mi ero laureata e mi ero sempre trovata bene, almeno fino a qualche mese prima, quando era stata assunta una ragazza che mi aveva presa di mira e aveva cominciato a rendermi la vita impossibile. Poi, un giorno, avevo trovato il coraggio di affrontare la situazione e le avevo chiesto apertamente quale fosse il suo problema con me. Avevo scoperto che Penny, così si chiamava la mia nuova collega, era convinta che avessi ottenuto il posto di lavoro solo grazie a mio marito, che aveva pubblicato numerosi Best Seller ed era uno scrittore ormai famoso in tutto il mondo. Non era servito a molto spiegarle che Harry non c’entrava nulla con la mia assunzione, ma almeno sembrava che avesse smesso di tormentarmi da qualche settimana.

«Per fortuna, quella Penny sembra una pazza psicopatica.» Rispose Gemma, scoppiando a ridere. «E non capisco perché pensi che Harry ti abbia fatto ottenere il posto di lavoro. Tu lavori lì da cinque anni e all’epoca nessuno sapeva che voi due foste una coppia.» Aggiunse, scuotendo la testa.

«Misteri.» Dissi, sorridendo.

«Secondo me è cotta di lui.» Intervenne Laurel. «E quindi è gelosa di te.» Aggiunse.

«Ragazze, io vi ricordo che sono seduto a questo tavolo insieme a voi.» Disse Harry, arrossendo. Nonostante tutto il successo che aveva ottenuto e le mille proposte indecenti dalle sue fan donne, non si era ancora abituato a quelle attenzioni. Si imbarazzava sempre e trovavo la cosa piuttosto adorabile.

«Piuttosto, come sta andando con il tuo libro, Janey?» Mi chiese Jasper, mettendo un braccio intorno alle spalle di Gemma.

«Abbastanza bene, siamo nelle fasi finali dell’editing e comincio a vedere la luce alla fine del tunnel. Dire che sono terrorizzata è poco.» Risposi.

La storia che avevo scritto quando ero all’università, purtroppo, non era stata presa in considerazione da nessuna casa editrice. L’avevo inviata a chiunque, ma non avevo mai nemmeno ricevuto risposta.

Così avevo deciso di scartarla e avevo lavorato a una seconda storia. Ci avevo messo tantissimo tempo a scriverla, poi l’avevo di nuovo inviata a chiunque e, finalmente, avevo ricevuto una risposta da una casa editrice indipendente, che era interessata a pubblicarla.

Mi era stato subito assegnato un editor - che, tra l’altro, era diventato anche il mio ruolo all’interno della Bluebird Publishing - e avevamo cominciato a lavorare insieme. Era buffo come riuscissi a sistemare le storie degli altri, ma come, a volte, non vedessi le cose da cambiare nelle mie. Christina, con cui avevo instaurato anche un bel rapporto di amicizia, mi aveva aiutata a rendere migliore il mio libro e mi era stata vicina durante tutto il processo.

Harry mi aveva detto più volte che voleva proporre il mio libro alla sua casa editrice, ma gli avevo risposto che avrei voluto fare tutto da sola, perché altrimenti avrei sempre avuto il dubbio: avevano pubblicato il mio libro perché erano rimasti soddisfatti o perché ero la moglie del loro migliore autore? Alla fine ci avevo messo cinque anni, ma ce l’avevo fatta anch’io e non vedevo l’ora di vedere il prodotto finale, di stringere tra le mie mani la prima copia del mio primo libro.

«Sono davvero contento.» Disse Jasper.

Louis, che nel frattempo era tornato al tavolo, aveva aperto un’altra bottiglia di vino e aveva riempito i bicchieri a tutti.

«Propongo un brindisi.» Disse, alzando il suo calice. «Alla famiglia Styles, ai miei migliori amici e alla mia fragolina. State vivendo una vita bellissima e non potrei essere più orgoglioso di così di potermi definire vostro amico.» Aggiunse.

«Alla famiglia Styles.» Ripeterono tutti i nostri amici, facendo tintinnare i bicchieri tra di loro.

Sorrisi, sentendo gli occhi lucidi e alzai a mia volta il calice.

«Io, invece, vorrei proporre un brindisi a voi. Perché si dice che gli amici sono la famiglia che si sceglie ed io sono davvero felice che voi siate diventati la mia seconda famiglia.» Dissi.

Harry prese la mia mano sotto il tavolo, e la strinse, sorridendomi. Era stato difficile arrivare a quel punto della mia vita, ma non potevo essere più felice e orgogliosa di tutto. Avevo finalmente un rapporto con tutti i miei parenti - che non vedevano l’ora di venire a trovarmi in occasione del compleanno di Jennifer - un marito e una figlia che amavo più di ogni altra cosa al mondo e degli amici per cui avrei fatto davvero tutto. Avevo un lavoro che mi piaceva tantissimo e un libro che stava per essere pubblicato. Avevo una casa stupenda, dove avevo già creato tantissimi ricordi felici ed ero sicura che ce ne sarebbero molti altri. Non potevo chiedere di meglio.

«Ti amo.» Sussurrai a Harry, avvicinandomi per dargli un lieve bacio sulle labbra.

«Ti amo anch’io, Mary.» Rispose lui.

«Ragazzi! Se avete bisogno di un po’ di privacy possiamo fare una colletta e prenotarvi una stanza d’albergo!» Scherzò Laurel, facendoci scoppiare tutti a ridere.

Guardai tutti i miei amici, con dei grandi sorrisi sulle labbra, e pensai che non avrei mai cambiato la mia vita per niente al mondo. Avevo finalmente trovato stabilità, avevo creato il mio piccolo mondo. Ed era il piccolo mondo più perfetto che potessi mai desiderare.
 
The End.


Siamo davvero arrivati alla fine! Le avventure di Mary Jane e dei suoi amici sono arrivate ad una conclusione e in questo epilogo vediamo com'è cambiata la vita di tutti i protagonisti dopo cinque anni da quando i due protegonisti si sono ritrovati. Mary e Harry hanno avuto una bambina e si sono sposati. I genitori di MJ hanno finalmente deciso di stabilirsi a St. Louis e la nostra protagonista sta finalmente per pubblicare il suo primo libro. 
Vorrei ringraziare tutte le persone che hanno seguito la mia storia, che mi hanno mandato messaggi o che mi hanno scritto commenti (e anche chi ha letto "silenziosamente" per tutto questo tempo). Grazie, perché mi avete fatto tornare la voglia di scrivere e di finire Little White Lies anche quando ero in crisi e pensavo di abbandonarla.
Spero che questa storia vi sia piaciuta e spero di "rileggervi" tutti al più presto!

Nel frattempo, se volete, ho iniziato una nuova storia che si chiama "No Control". Ecco la trama:
"
Nobiltà, ricchezza sfrenata, alcool, eccessi, feste in locali privati. Questa è la vita di Freya e dei suoi amici a Londra... almeno fino a quando non scopre di dover affrontare una delle più grandi responsabilità al mondo. Chi le starà vicino? Sarà il migliore amico Louis? O il "fidanzato" Matthew? Il cugino Niall? Oppure il silenzioso, misterioso, figlio del maggiordomo e della cuoca di Niall, Harry?"
E potete trovarla a questo link.


Grazie ancora a tutti e a presto! Un bacione

 

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