The Importance of being Naruto Uzumaki di izayoi007 (/viewuser.php?uid=15320)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Choices ***
Capitolo 2: *** 2. Self made man ***
Capitolo 1 *** 1. Choices ***
kkk
1.Choices
“…Naruto
Uzumaki, ninja della Foglia,
il qui presente Consiglio degli Anziani, dopo un’attenta ed
imparziale
valutazione a
seguito dei recenti
avvenimenti che hanno visto coinvolta la tua persona in primis,
l’organizzazione fuorilegge
denominata
Akatsuki, il villaggio della sabbia, il Kazekage e parte della sua
forza
militare ed infine, il
villaggio stesso
di Konoha, poiché con il tuo comportamento sconsiderato hai
minato alla
sicurezza del villaggio e alla solida e fondamentale alleanza con Suna,
ti
dichiara colpevole di alto tradimento, ragion per cui il Tribunale del
villaggio della Foglia ti condanna a morte…”
Si
tirò su a sedere di
scatto, sudato e ansimante.
Sempre lo stesso identico
incubo. Da quel giorno null’altro occupava la sua mente se
non il ricordo di
quanto era successo.
Ricordava solo vagamente
il resto; il chiasso, le urla di protesta dei suoi amici, il
“no” isterico di
Sakura-chan e lo sguardo porpora e furioso di Sas’ke, acceso
dall’ira, ed
infine l’invito del giudice a mantenere l’ordine e
due ninja che lo
trascinavano via, mentre la rivolta in quell’improvvisata
aula di tribunale si
spegnava.
Si passò una mano sul viso
e con sguardo vacuo e assonnato osservò totalmente
indifferente la piccola
cella sudicia in cui dimorava in
attesa che venissero a prenderlo per l’esecuzione; la branda
scomoda, la
latrina in un angolo e il vassoio del cibo intatto, ancora vicino alla
porta
d’acciaio.
Non aveva fame, e anche se
Kyuubi gorgogliava infida nel suo stomaco, nel tentativo di persuaderlo
a fare
una strage e uscire di lì, non si sentiva nemmeno la forza,
o la voglia, di
alzarsi dal suo scomodo giaciglio.
Un tempo, lo sapeva, forse
avrebbe dato retta alla sua “compagna” - beh, non
nel senso che si sarebbe
abbandonato alla furia cieca e alla sete di sangue della volpe e
avrebbe fatto
una strage - ma non si sarebbe fatto certo trascinare ingiustamente in
quel
sudicio luogo, come un criminale qualsiasi, senza nemmeno protestare.
Ma adesso, ora che si
rendeva conto che nulla valeva, che nessuno avrebbe realmente ascoltato
la sua
opinione, l’opinione di un mostro…
Era pienamente cosciente
del fatto che fino ad allora, ciò che realmente contava, che
lo sosteneva e gli
aveva concretamente permesso di sopravvivere ed andare avanti, oltre
che a quel
poco di rispetto che si era guadagnato ( con uno sforzo inimmaginabile,
fra
l’altro…) da parte delle uniche persone per cui
lui davvero valeva qualcosa, era
senza ombra di dubbio il sostegno di Kakashi-sensei, la silenziosa
tutela di
Gaara e l’importantissima protezione di Tsunade.
Era inutile e decisamente
inconcludente sforzarsi in un tentativo fallimentare già in
partenza di
ribellione solitaria, per quanto lui e i suoi ideali glielo
imponessero.
E nonostante quel
comportamento, che il Consiglio aveva giudicato pericoloso per il
villaggio e
per l’alleanza con Suna, ossia liberare momentaneamente
Kyuubi e utilizzare i
suoi poteri, che in realtà era stato per difendere il
villaggio dall’Akatsuki
e non per distruggerlo, cosa di cui l’aveva, appunto,
accusato il Consiglio, in
sostanza non era stato affatto rilevante.
Ma i comportamenti assennati,
prudenti e prevedibili non erano sicuramente da lui. Glielo diceva
sempre anche
Kakashi-sensei che lui era il ninja più imprevedibile.
Era tanto che quei vecchi
incompetenti non facevano che aspettare la scusa e il momento
più adatto per
liberarsi di lui, e quale movente e situazione migliore di quella:
Kakashi era
in missione e Tsunade e Shizune erano fuori dal villaggio per un
incontro
diplomatico con il Kazekage.
E lui… beh: l’Akatsuki
aveva deciso che quello era decisamente il momento migliore per cercare
di attaccare il
villaggio, e nonostante
l’intervento del Kazekage era stato costretto a liberare
momentaneamente il
potere di Kyuubi per salvare Konoha.
Ma ovviamente il Consiglio aveva
giudicato quella sua azione come
pericolosa e rischiosa per il villaggio e, approfittando
dell’assenza dei suoi
“tutori”, aveva colto la palla al balzo e aveva
preso due piccioni con una
fava: l’Akatsuki era stata eliminata definitivamente e anche
l’ultima minaccia del
villaggio ormai aveva le
ore contate.
Totalmente perso nelle sue
elucubrazioni mentali, non si accorse nemmeno di qualcuno che era
entrato nella
cella e si era posizionato silenziosamente davanti a lui. Per questo,
quando
finalmente se ne rese conto, sobbalzò e sbatté le
palpebre un paio di volte, sorpreso
da quell’assolutamente inaspettata visita.
-
Sas’ke! – biascicò shockato,
strozzandosi quasi, davanti allo sguardo
antracite dell’altro. Ingoiò e lo
guardò silenzioso mentre inarcava un
sopracciglio moro, perplesso.
-
E tu dovresti essere uno shinobi? Non ti sei neppure accorto del mio
arrivo! –
lo sguardo del biondo, da sorpreso che era, si tramutò in
uno furioso; strinse
il pugno e serrò gli occhi.
-
Temeee!!! – ringhiò fra i denti, guardando storto
l’espressione indifferente
dell’altro – Sei venuto per insultarmi o
c’è forse dell’altro? – . Il
moro
abbandonò momentaneamente la sua espressione perennemente
gelida e si concesse
un leggero ghigno mefistofelico.
-
Certo, usuratonkachi, figurati se
venivo a perdere tempo qui, solo per insultarti. –
proferì velenoso,
incrociando le braccia al petto. Quasi immediatamente la sua
espressione mutò e
tornò seria e composta – Questa notte, alle tre,
durante il cambio della
guardia. Dovrà essere una cosa rapida e silenziosa. Vedi di
non farti beccare,
altrimenti saremo noialtri a rimetterci e non ho alcuna intenzione di
passare
dei guai per la tua incompetenza. Hai capito, idiota? – lo
sguardo perplesso
che l’altro gli restituì di rimando fece abbassare
ulteriormente il livello di
fondo a cui aveva posto la sua stupidità. Fremette di rabbia
e si passò una
mano sul viso.
-
Cos’è che non ti è chiaro, usuratonkachi…?
– domandò, tentando di mantenere una parvenza di
quiete. Naruto sbatté le
bionde ciglia dubbioso e reclinò lievemente il capo di lato,
poi, per dare
adito ai propri interrogativi, in modo da chiarirli esaurientemente,
aprì la
bocca e prese fiato.
-
Di che diavolo stai parlano, teme?! – cianciò, con
un tono che a detta di
Sasuke suonava tremendamente e fastidiosamente lamentoso.
L’aria imbronciata
che assunse ricordò al moro le espressioni corrucciate che
l’altro assumeva
così spesso da bambino. Soprattutto quando si rivolgeva a
lui. Sbuffò e con
tono inequivocabilmente canzonatorio, spiegò spazientito:
-
Nulla Naruto, sto semplicemente organizzando una festicciola notturna
all’Ichiraku Ramen per…-
quando
s’accorse che probabilmente la
modalità della sua voce non era
sufficientemente sarcastica per quella testa quadra del biondo, che lo
stava
osservando con occhi lievemente resi lucidi dal barlume di speranza che
brillava al loro interno, si interruppe e lo fissò scettico.
-
Dobe – riprese dopo qualche istante – dimmi,
perché ancora perdo tempo con te?
Rispondimi, perché io ormai non so più cosa
inventarmi – biascicò esasperato.
Naruto, a quel punto, vittima del suo stesso carattere burrascoso e
impaziente,
saltò in piedi e sbottò collerico:
-
Non sarà magari che è colpa tua che ti spieghi a
mezze frasi per via di quella
tua mania di parlare a monosillabi e trattarmi sempre da idiota, né Sas’ke?!
– strillò iracondo,
afferrando il ventenne per il bavero della divisa da jonin. Questi non
si
scompose minimamente e con il solito fare serafico si liberò
dalla stretta del
coetaneo e sussurrò maligno.
-
Tu sei idiota, Naruto. – e prima che l’altro
potesse in alcuno modo ribattere,
riprese incurante - …ad ogni modo…dicevo: questa
notte ti faremo uscire di qui
e se seguirai il piano e non combinerai guai come tuo solito, Dobe, entro domani a mezzogiorno sarai
fuori
da Konoha…di lì poi, in attesa che Kakashi e
Tsunade ritornino, studieremo un
piano e…- il suo lungo – strano a dirsi,
trattandosi di Sasuke Uchiha –
monologo venne interrotto dal suo interlocutore che nel frattempo si
era
riseduto sul letto e, viso chino e voce gutturale, non gli permise di
proseguire. -
-
Non voglio – il moro, interdetto, si voltò a
guardarlo.
-
Come dici, usuratonkachi? – ringhiò,
inarcando un sopracciglio e osservando l’amico. Non
riusciva a comprendere se avrebbe dovuto aggiungere un altro grado
sulla scala
personale di idiozia del biondo o semplicemente se questi fosse del
tutto
uscito di senno – nel caso in cui non fosse chiaro: questo è un piano di fuga.
Stiamo tentando di tirarti fuori da
questa situazione perché, anche se spero che almeno questo
ti sia chiaro a
sufficienza, per quanto spesso tu non brilli di perspicacia, altrimenti
entro
domani sera la tua testa rotolerebbe nel fango. E
non attaccata al corpo –
-
Ho capito, non mi interessa. Vi ringrazio ma non voglio –
riprese il biondo,
ignorando gli insulti, più o meno velati, rivoltigli
dall’altro.
Vi furono
diversi secondi di silenzio, interrotti solamente dai loro respiri
tranquilli.
Infine, Sasuke sospirò.
-
Stai scappando – non era una domanda. Inoltre, il significato
paradossale
racchiuso in essa fece nascere sulle labbra, secche e screpolate
dall’afa e
dall’arsura del jinchuuriki un sorriso ironico e sorpreso
insieme. Respirò a
fondo poi replicò sardonico:
-
Teme…mi prendi in giro o cosa? È proprio quello
che non sto facendo! –
l’occhiata penetrante che il moro gli scoccò,
assieme alla risposta seccata che
uscì dalle sue labbra, fu abbastanza per smontare il ghigno
che spontaneo era
nato sulla sua bocca. L’altro accompagnò il
significato implicito di quel gesto
con una risposta dal tono piatto e incolore, e una leggera ed
impercettibile
nota di biasimo, che contrastava fortemente con la serietà e
l’importanza del
suo ragionamento.
-
Dobe, non cercare di apparire più stupido di quanto tu
già non sia…sai benissimo
a cosa mi riferisco: ti stai arrendendo. Stai cedendo al volere di quei
quattro
vecchi boriosi ed arroganti dalla discutibile moralità,
accecati dalla sete di
potere. Una volta non l’avresti mai permesso. Nessuno si
sarebbe mai dovuto
permettere di mettere i piedi in testa al “grande
Naruto Uzumaki-sama, futuro Hokage di
Konoha”. Nessuno avrebbe mai intralciato o
distrutto il tuo sogno, poiché
tu non ti arrendevi mai, nemmeno di fronte alla morte, e non ti saresti
mai
arreso. Avresti perseguito il tuo scopo, a qualunque costo, al punto da
diventare irritante all’inverosimile. –
recitò, a dire il vero, con una punta
di sarcasmo qua e là. Naruto lo guardò vagamente
stupito: Sasuke Uchiha che si
profondava in complimenti, se non verso se stesso – seppur
velati e quasi
sputati come veleno – era una cosa quantomeno assai rara, per
non dire del
tutto improbabile. Per cui ci mise qualche istante per rielaborare il
tutto e
comporre una risposta di senso compiuto.
-
Non è pur sempre una fuga, quella che mi proponi tu? Inoltre,
l’essere scappato dalle prigioni di
Konoha e segnalato come nukenin, dubito
rappresenti in qualche modo un vantaggio nella mia scalata al potere
per il
raggiungimento del ruolo di Hokage. – Sasuke si
afflosciò sconsolato e si passò,
nuovamente esasperato, una mano sul viso pallido. Si schiarì
la voce e con il
tono di chi stava spiegando la stessa cosa per la millesima volta, ad
un
bambino particolarmente ottuso, replicò stizzito:
-
Dobe, ti ricordo che ti sei già stato accusato e condannato
come nukenin…è per
questo che ti trovi qui, non per un simpatico soggiorno
gratuito…Comunque, su
tu scappassi ora avresti più possibilità di
sopravvivere, grazie a Tsunade
potresti essere scarcerato, riabilitare il tuo nome e…- si
interruppe,
rassegnato; mandò al diavolo il suo compagno, se stesso e la
sua idea balzana
di preoccuparsi per quella testa quadra senza speranza. Non aveva fatto
altro
che fargli sprecare inutilmente fiato ed energie. Tutto questo giusto
quando,
appunto durante il suo discorso, improvvisamente i suoi occhi avevano
incontrato l’espressione decisa, immancabilmente sorridente
che tanto volte
aveva visto sul volto del compagno. Si accigliò e
sbuffò, raddrizzandosi.
-
Come vuoi, Dobe…ma quando poi sarei morto non venire a
lamentarti da me
accusandomi di non aver tentato di aiutarti. – il sorriso
dell’altro si allargò
ulteriormente.
-
Sas’ke, i morti non si lamentano…-
commentò pratico. Uchiha gli voltò le spalle
e si incamminò verso l’uscita della cella.
-
Tu saresti in grado di seccarmi anche da morto. Lo so. – in
risposta, sentì una
leggera risata da parte dell’altro e si bloccò
solamente un istante, senza
nemmeno voltarsi, quando quest’ultimo lo richiamò.
-
Sas’ke…grazie.
– il moro riprese a
camminare e prima di sparire dietro l’uscio gli concesse un
breve cenno.
Salve
a tutti! Con questa mia piccola fic (di
pochissimi chap., forse tre, al massimo quattro), approdo anche io nel
mondo
delle ff di Naruto! Essendo la prima volta che mi destreggiavo con i
personaggi
di questo meraviglioso manga, ho mantenuto la concentrazione al massimo
e mi
sono sforzata di renderli il più possibile IC
(probabilmente, a causa di
questo, il mio stile, la grammatica e la narrazione ne hanno
particolarmente
risentito T_T ).
Un ultimo punto: il titolo, da come avrete
sicuramente già dedotto dal capitolo, nonostante la
somiglianza con quello
dell’opera di Oscar Wild (“L’importanza
di essere Onesto” o meglio, nel titolo
originale, “The importance of being Earnest”) non
centra nulla con quell’opera.
Ok, credo di non aver tralasciato nulla. Spero,
comunque che la lettura vi sia gradita e che lasciate un piccolo
commentino (
non disdegno nemmeno le critiche, le ritengo costruttive ed efficaci
per il
miglioramento delle mie abilità di scrittrice)! Saluti, alla
prossima Izayoi007
|
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Capitolo 2 *** 2. Self made man ***
2.
Self made man
Fu un rumore lieve a
destarlo dal sonno indotto in cui l’avevano fatto sprofondare
alcune guardie,
giusto la sera prima. Gli parve strano essersi svegliato per
così poco,
solitamente gli ci volevano le cannonate per tirarlo giù dal
letto.
Eppure,
quando aprì lentamente le palpebre e i suoi occhi
inquadrarono i piedi che
venivano brutalmente trascinati nel fango, la sensazione della carne
viva che
strascicava contro i ciottoli a terra gli causava un dolore
incredibilmente
reale, tale che non poté più negare di essere
sveglio. Emise un gemito, ed
adagio, per via di alcune fitte che sembrava gli stessero trapanando il
cranio,
risollevò il capo, studiando la situazione intorno a
sé. Era
ancora incredibilmente intontito per via del sonno e del digiuno
autoimposto
che lo indebolivano più di quanto avrebbe potuto prevedere.
Nonostante ciò, la
situazione gli fu chiara fin da subito.
Due
uomini, chunin forse, non vi badò più di tanto,
lo stavano trascinando di peso
lungo la strada che conduceva al centro del villaggio, sotto il palazzo
dell’Hokage, nel luogo dov’era prevista
l’esecuzione.
Attorno a loro, tutta
Konoha era riunita in una folla interminabile di gente che formava un
lungo
corridoio umano. Non sapeva
nemmeno che la sua città natale vantasse tanti abitanti. Spingevano,
accalcandosi come bestie, bisbigliavano tra loro additandolo al suo
passaggio
con disprezzo. Come al solito, nulla di nuovo.
Sospirò, ci era abituato.
Tanto non li avrebbe
rivisti mai più e loro, finalmente,
si
sarebbero liberati del mostro. Ci avrebbero guadagnato entrambi; un
patto equo,
no?
Tentando di ignorarli, puntò lo sguardo in
avanti, cominciando a
scorgere la piazza centrale.
Tsk! Quei cani lo stavano
portando al patibolo addormentato, senza nemmeno la pietà di
lasciargli quel
minimo di dignità che spettava ad ogni ninja. Ad ogni uomo.
Come un mostro. Ma
infondo era così che lo vedevano. Perché
crucciarsi nel vano tentativo di guadagnare
il rispetto di quella massa di miserabili vigliacchi? A che pro?
Perché
impegnarsi e tentare in ogni modo di far capire loro che ciò
che aveva fatto
non era altro che un disperato tentativo di difendere quella loro
pellaccia
ingrata? Gli
avrebbero staccato la testa dal collo senza che nemmeno se ne
accorgesse,
passando in un battito di ciglia dal sonno di una notte a quello
eterno. Tutto
questo per via della paura che avevano di lui e di ciò che
dimorava nel suo
ventre.
Era stanco. Di loro e di tutta quella stupida situazione assurda.
Avvertì un grugnito e uno
dei due ninja si bloccò, arrestando il loro cammino, e gli
puntò lo sguardo
scuro e arcigno addosso.
-
Ehi, ma tu sei sveglio! Cammina con le tue gambe allora, verme!
– tuonò
indignato. E dire che quel ragazzino poteva avere al massimo sedici
anni e fino
a due mesi prima era un aspirante AMBU che lui stesso aveva bocciato
all’esame
di ammissione. Ora si permetteva di sputargli in faccia le sue grida
stridule.
Il
“moccioso” gli diede un poderoso scossone e lo
issò sui suoi piedi,
obbligandolo a camminare. Barcollò, ma rimase in piedi.
-
Tutto bene, Uzumaki-san? – . Si voltò verso
l’altro ragazzo, di poco più grande
del primo, che lo fissava sinceramente angosciato. Nei suoi occhi lesse
sincera
tristezza e, nonostante tutto, gliene fu grato. Sebbene fosse una
domanda un
po’ sciocca, vista la situazione, la apprezzò
comunque. Gli sorrise stancamente
ed annuì.
Quel
moro gli era simpatico. Anche lui aveva tentato l’esame di
ammissione AMBU e,
contrariamente all’altro, era diventato un suo sottoposto.
Oltretutto, uno dei
migliori.
Riprese a camminare e, quando mosse il primo passo, il piede
sprofondò
nel fango ma, sicché le strade di Konoha, da che ricordasse,
non erano
ricoperte della vischiosa sostanza, si accorse solo in quel momento che
pioveva. Il cielo
era ammantato da
grosse nuvole nere, cariche di imminenti intemperie.
Alzò
il viso all’insù e numerose gocce gli solcarono i
lineamenti fini del viso,
insinuandosi fra i vestiti già infradiciati.
Proseguì
quindi, il suo cammino con il naso al cielo, lo sguardo vacuo e la
mente persa
in futili pensieri sul tempo. Incurante di ciò che lo
circondava e di quello
che sarebbe successo di lì a poco, si lasciò
cullare dal suo stesso passo
cadenzato e dalla banalità del momento.
Improvvisamente,
le forze gli vennero meno e gli arti inferiori cedettero sotto il peso
del suo
corpo, facendolo rovinare poco dignitosamente a terra.
Cercò
di issarsi nuovamente, facendo leva sulle braccia, ma
anch’esse non lo ressero
e si ritrovò nuovamente con il viso spalmato al suolo.
Uno
dei suoi carcerieri, quello che in precedenza lo aveva così
deliberatamente
insultato, gli intimò di alzarsi, ringhiando aspramente, e
quando s’accorse che
gli era impossibile, sollevò una gamba, pronto a scaricare
su di lui un
considerevole colpo.
-
Alzati, idiota! Non te lo ripeterò di nuovo! –
Naruto chiuse gli occhi,
preparandosi ad incassare il calcio ma questi non giunse mai.
Quando
s’arrischiò ad alzare le palpebre, notò
che un’ombra scura lo sovrastava. Non
riuscì a riconoscere immediatamente chi gli si parava
davanti, poiché la sua
figura si stagliava davanti all’unico tenue raggio di sole
che attraversava
l’orizzonte. Solo dopo qualche breve istante
riuscì a mettere chiaramente a
fuoco di chi si trattasse anche grazie alle parole del chunin.
-
Uchiha-san…? -. L’espressione sorpresa del
più giovane fu soffocata dal tono
minaccioso del suo interlocutore e, principalmente, dallo sharingan
attivo che
brillava, ipnotico e intimidatorio nel mare scarlatto delle sue iridi.
-
Solo io posso chiamarlo “idiota”. È
chiaro? – sillabò velenoso, aumentando la
presa sulla caviglia dell’altro che ancora stringeva tra le
dita. Questi mugolò
di dolore ed allora Sasuke lo lasciò andare.
Il
biondo avvertì distintamente la folla agitarsi e perdersi in
un inutile
chiacchiere sorprese sul perché l’unico superstite
degli Uchiha, nonché ottimo
jonin ( tra i migliori) e, seppur ex-nukenin, ormai già
riabilitato da diversi
anni, aiutasse il traditore, il ragazzo volpe.
Inaspettatamente,
una voce si levò fra le altre e, grazie al suo tono
indolente e strascicato,
non faticò
a riconoscerne il possessore,
seppur senza vederlo.
-
Il “ragazzo volpe”, qui, da quando aveva dodici
anni, vi ha salvato il culo
tante di quelle volte che è una seccatura persino contarle!
– intervenne
Shikamaru, fiancheggiando l’Uchiha.
Mentre
riportava lo sguardo davanti a sé, cercando di concentrarsi
sui propri arti per
rialzarsi, una mano pallida e femminea entrò nel suo campo
visivo. Risollevò il
viso per trovarsi innanzi il viso sorridente di Sakura Haruno.
-
Forza, Naruto, riprenditi la dignità che ti
spetta…! – sussurrò delicatamente,
ma con decisione. Poi si rivolse alla folla.
-
Shikamaru ha ragione, che vi prende a voi tutti?! Piantatela di
comportarvi
come caproni ottusi e portate a Naruto il rispetto che merita un eroe!
– gridò,
levando il pugno libero in aria, minacciosa.
Il
biondo li guardò tutti e tre, shockato, mentre si
risollevava aiutato dalla
ragazza.
Osservò
la folla, solo per trovare sguardi sicuri ed incoraggianti da parte di
tutti
coloro che facevano parte della sua generazione; gli undici –
se si escludeva
lui – di Konoha, gli si erano disposti tutt’intorno.
Perché
si comportavano così? Perché, dopo che lui
aveva…?
- Naruto, non
è
necessario.
Stavolta
non sarai solo! Salveremo
noi Konoha per te. –
-
Sì, che lo è,
Sakura-chan -
I ricordi riaffiorarono
così, in un turbinio violento, tutti insieme.
- Non ci pensare nemmeno,
dobe. –
-
Ma…-
-
Non mi interessa, non tirerai fuori quella bestiaccia.
Non
abbiamo bisogno del suo aiuto. –
-
Sas’ke, siamo al limite e non posso permettere loro di farvi
del male!
Non
glielo lascerò fare! –
-
Io non posso permettere di farmi proteggere da quella
sottospecie di demone.
Sono
un Uchiha. –
Gli
si annodò lo stomaco, mentre, con l’aria altera e
sprezzante che solitamente lo
caratterizzava, anche il giovane shinobi moro occupava i suoi pensieri.
E con
lui, tutte le persone per lui più importanti.
- Sas’ke ha
ragione, Naruto. –
-
Kakashi-sensei? –
-
Non farti dominare da quello che è dentro di te.
Non
è per questo che Yondaime te l’ha affidata, ne
sono
sicuro.
Sii
te stesso e credi nei tuoi compagni. –
Persino Kakashi-sensei…
Si vergognava così tanto e
non capiva come potessero trattarlo ancora in quel modo, dopo i loro
incoraggiamenti e i loro avvertimenti che lui aveva dolorosamente
ignorato.
Perso nei ricordi e nelle
sue elucubrazioni mentali, si risvegliò solamente nel
momento in cui si ritrovò
sul patibolo, davanti al boia.
Gettò un’occhiata curiosa
all’uomo che avrebbe posto fine alla sua vita e non si
stupì di trovare il suo
volto coperto da un grande cappuccio scuro.
Non era troppo massiccio,
ma evidentemente, se era lì, doveva essere perfettamente in
grado di fare il
suo lavoro.
Venne fatto inginocchiare
a forza e la sua testa fu dolorosamente premuta contro il ceppo di
legno
davanti a sé.
Il boia concluse il suo
lavoro di affilatura della lama e si mise in posizione.
Sollevò un braccio e il
clamore della folla tutt’intorno a lui cessò
d’improvviso al muto comando.
Suo malgrado, Naruto si
ritrovò a ingoiare a vuoto e digrignare i denti. Sentiva le
lacrime premere
dolorosamente contro gli angoli degli occhi, ma non avrebbe pianto.
Voleva
conservare almeno la dignità che derivava da sé
stesso.
Era furioso: aveva
protetto il villaggio da una minaccia ma l’aveva esposto ad
una ancora più
grande, quella che tutti loro temevano ancora di più
dell’Akatsuki. Sebbene
tutto fosse andato per il meglio, era comunque assodato che aveva corso
un
rischio troppo grande quella volta.
Forse meritava quello che
gli stava succedendo; forse meritava l’odio di tutti.
Eppure, fissando i volti
dei suoi più cari amici, lì, appena sotto di lui,
non poteva fare a meno di
pensare quanto fosse ingiusto tutto ciò. Non aveva ancora
dato il massimo, non
aveva realizzato il suo sogno: non era diventato Hokage e non aveva
ottenuto il
rispetto di tutti, anzi, ciò che aveva ottenuto era proprio
l’opposto.
Sentiva una scintilla
ancora dentro di sé, nel suo cuore, brillare speranzosa. Un
angolo del suo
cervello ancora si rifiutava di accettare tutto quello. Il tredicenne
che
ancora viveva dentro di lui scalciava e imprecava contro quel destino
avverso
ricordandogli che una volta il suo nindō era di non arrendersi mai, ed
era
proprio quello che stava facendo, contro tutto ciò per cui
aveva sempre
vissuto.
Un moto di ribellione
brillò nei suoi occhi chiari, ma ormai era troppo tardi:
l’ascia stava già
calando.
Trattenne
involontariamente il respiro e con un ultimo lampo di disperazione
cercò i suoi
amici più cari, attaccandosi con accanimento alla loro
immagine, imprimendo a
fuoco nella mente le loro figure come ultimo piacevole ricordo.
Catalizzò i
loro sguardi, bevve dalle loro bocche sigillate le parole di commiato
che non
riuscivano ad esprimere a voce e poi inspirò forte i loro
odori e quelli della
sua terra, si riempì le orecchie del rumore della sua gente,
per l’ultima
volta.
Appagò tutti i suoi sensi
in quell’ultimo disperato abbraccio alla vita e lo strinse
forte fino alla
fine.
Infine, l’ascia calò e,
per un istante, interruppe il contatto visivo con il resto del mondo.
Poi si
piantò saldamente a terra, giusto davanti alla sua faccia
sconvolta.
Istintivamente alzò lo
sguardo in alto, verso il boia che aveva così clamorosamente
sbagliato il colpo
ed ora si stava lentamente liberando del cappuccio che fino ad allora
lo aveva
reso irriconoscibile. Gli occhi gli si sbarrarono per lo stupore.
-
Gaara…?! -
Eheheh…ehm… Salve?! Ok, sono davvero patetica!
È passato tanto di quel tempo che dovrei vergognarmi di
farmi rivedere qui, eppure non ho resistito alla tentazione e mi sono
ripresentata riprendendo in mano questa storia che ha secoli di
stand-by. Chiedo umilmente perdono e spero che vogliate accettare.
Inoltre, spero di riuscire a finirla ora che l’ho ripresa in
mano
( soprattutto a ricordami cosa avevo pensato per questa
storia… eheh… -.-‘ ). Ho riletto il
primo capitolo e ripreso in mano questo secondo già iniziato
e mi sono resa conto che non sono proprio il massimo ma ho comunque
deciso di proseguire su questa linea e non cambiare nulla,
così, in onore dei vecchi tempi e del fatto che altrimenti
non so se avrei la forza di riscriverla da capo e concluderla.
Ringrazio comunque di cuore tutti quelli che hanno recensito
(sì, secoli fa, è vero, ma ci tengo comunque a
ringraziare!) . Al prossimo capito – speriamo – un
bacione, Izayoi007
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