Vuoi sposarmi. Vero o falso?

di Emera96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. La perla. ***
Capitolo 2: *** 2. Fantasmi. ***
Capitolo 3: *** 3. Ciao Cinna. ***
Capitolo 4: *** 4. Shopping. ***
Capitolo 5: *** 5. Caccia al tesoro. ***
Capitolo 6: *** 6. Siamo ancora una famiglia? ***
Capitolo 7: *** 7. In bilico. ***
Capitolo 8: *** 8. Ancora tu, ancora qui? ***
Capitolo 9: *** Avviso! ***
Capitolo 10: *** 9. Falsa partenza. ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10. ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Fine. ***



Capitolo 1
*** 1. La perla. ***


1. La perla




Piccolo spazio autrice:

Eccomi, sono tornata.
Avevo troppa voglia di scrivere, e questo è il risultato.
Voglio aggiungere che avevo finito di scrivere il capitolo e mi si è spento il pc.
Quindi se fa cagare è colpa del pc.














A volte, il mondo e il suo peso gravano così tanto sulle nostre spalle che l'unica cosa che vorresti fare è sparire in un angolo e dimenticare chi ti ha amato davvero. Dimenticare le lacrime che hai asciugato, i sorrisi che hai guardato, gli occhi in cui hai visto il tuo riflesso, il suono della voce del tuo migliore amico. Semplicemente dimenticare e andare avanti, da sola, per fare in modo che nessuno soffra a causa tua, dimenticare e crearsi un muro invalicabile attorno. Io lo so bene, ho provato davvero a farlo. La mia mente confusa era convinta che fossi capace di provvedere ancora a me stessa da sola, senza l'aiuto di niente e nessuno, come facevo prima. Quando il mio nome era sconosciuto, quando 'fuoco' per me era solo una parola, quando le ghiandaie imitatrici erano solo una specie particolare e quando uccidere il presidente di Panem non era nella lista delle cose da fare.  E forse ci sarei davvero riuscita, se non fosse arrivato Peeta a salvarmi.

Perchè mentre io mi costruivo una corazza intorno e pensavo solo a me stessa e a come mi sentissi, Peeta mi proteggeva col suo amore incondizionato. Peeta in ogni suo silenzioso gesto aveva impresso una frase, che negli anni ho imparato a conoscere molto bene:
- E' per te, Katniss. - Perchè per quanto la sua mente sia stata contorta e girata come un calzino, lui ha lottato mesi interi contro se' stesso, per ritrovare quell'amore puro e così suo che mi donava. E inconsciamente, lo  aveva trovato subito. Solo che non lo sapeva.

Il bosco è riuscito a salvarmi almeno quanto mi ha salvato Peeta.
Passare il pomeriggio ad ascoltare il rumore dei passi di uno scoiattolo, il fruscio che produce lo scoccare improvviso della mia freccia dritto al cuore della preda, sentire l'odore dell'erba subito dopo un temporale, o anche solo poter appoggiare delicatamente le suole dei miei vecchi scarponi sul terriccio umido, ha per me lo stesso effetto che hanno i biscotti di Peeta su un bambino goloso: con la sua semplicità, regala un minuto, o un'ora di felicità. E a me questo basta.

Il sole ormai troppo alto mi indica che è ora di pranzo, così nascondo il mio arco in un albero cavo e torno a casa. Seguo la scia di profumo di pane appena sfornato e mi compare un sorriso riconoscente sulle labbra, che mi fa tornare indietro nel tempo. Sospirando, apro la porta di casa, e trovo Peeta ad accogliermi davanti alla cucina.

Un sorriso nervoso e un espressione nuova incorniciano il suo viso.

- Che hai? - chiedo, preoccupata quanto basta.
- Niente, perchè? - risponde lui, disinvolto.
- Sei strano.. -
- Tutto bene.. Ma hai visto qualcosa? -
- Peeta, sono appena entrata, che dovrei vedere? -


Il suo silenzio non fa che alimentare la mia innata curiosità.
Mi sciolgo la treccia e lascio ricadere i capelli morbidi sulle spalle. 

- Tu mi nascondi qualcosa.. -
- Colpevole, vostro onore! - risponde Peeta, alzano le braccia come per arrendersi , e cingendomi la vita in un abbraccio che sa di buono.

E nel silenzio che segue, osservo Peeta attenta.
Possibile che questo sia ancora il ragazzino che fu estratto per partecipare agli Hunger Games dodici anni fa? Forse in tanti non riuscirebbero nemmeno a riconoscere il vecchio ragazzo del pane. Ma io lo faccio. Io in lui vedo ancora gli occhi azzurri che guizzarono su di me sotto la pioggia, quando mi salvò la vita lanciandomi il pane. Io in lui vedo ancora il ragazzo che vede tutto con dolcezza, anche se ciò che vede è tuttaltro che dolce. Io in lui vedo ancora l'innocenza e il carisma per cui ogni sua parola usciva fuori al momento giusto.
Forse è cambiato, forse a volte lotta ancora per cercare di ritrovare quel ragazzo. E forse, io voglio che rimanga quel che è.

Fingendomi offesa, mi avvicino al tavolo e mi lascio cadere pesantemente su una sedia. Peeta fa lo stesso, con in viso un broncio talmente triste da sembrare irresistibile. Ma resisto. Mantenendo la mia espressione torva, allungo la mano e prendo un pezzo di pane caldo, e me lo avvicino alla bocca. Sto quasi per addentarlo quando Peeta esclama, sbigottito e spaventato allo stesso tempo:

- No! Quello no! -
- Ma che succede? Sei impazzito? -
- Quel.. Quel pezzo di pane ... bruciato, ecco. Prendi questo. - risponde lui, porgendomi una pagnotta nella mano destra.

Afferro la pagnotta e con curiosità la addento, staccandone un bel pezzo. Ma mentre sto masticando, sento confusa tra la morbidezza del pane una pallina, non più grande del mio dente, e la sputo sul palmo della mano. Immediatamente, riconosco la superficie opaca della perla, quella perla che mi regalò Peeta undici anni fa, durante l'Edizione della Memoria. Quella perla di cui conosco la superficie a memoria, a cui mi sono aggrappata così tante volte in passato, risalta bianchissima sulla mia carnagione scura da Giacimento.

- Peeta, che significa? - 
- Leggila. - risponde lui, con naturalezza.

Dapprima non capisco a cosa si riferisca Peeta, ma poi mi avvicino la perla, stringendola tra il pollice e l'indice, e finalmente capisco. Sulla superficie liscia, è incisa una frase, che riesco a leggere solo strizzando gli occhi e poi riaprendoli, speventata. Non può essere, non ora.
Quando la stanza inizia a girare capisco il reale significato di quelle parole, e tutti quei dubbi che erano stati zittiti tanto a lungo, riemergono. E rivedo Gale, le trecce di Prim, il sorriso di Finnick, gli occhi spenti di mia madre, le labbra piene di mio padre.

- Katniss, devi leggerla ad alta voce. -
- Io.. n-non ci riesco. -
- Leggila. - ripete Peeta, stringendo la mia mano libera nella sua, e portandosela vicino al cuore.
- Vuoi sposarmi. Vero o falso? -

Il silenzio che segue mi fa sentire minuscola accanto a Peeta, che mi guarda in attesa, come in una specie di silenziosa e letale apnea.

- Devi rispondere, Katniss. -
E cercando di mettere a tacere ogni voce e stando attenta a non ascoltare la mia parte irrazionale, rispondo in un sussurro: - Vero. - 






Spazio autrice:

Stavo scrivendo il capitolo e si è cancellato tutto.
Prima era molto meglio, ma vabbè. Ho cercato di ricordarmi le parole che avevo usato. 
Spero che chi mi ha già seguito continui a farlo :') E un grazie a Giu1996 che ha 'approvato' questa folle idea.

a presto,
Elisita.

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Capitolo 2
*** 2. Fantasmi. ***


2. Fantasmi

 
 
Piccolo spazio autrice:
 
Sono tornaaaata.
Mica poteva abbandonarvi così, ecchecazzus.
Ecco questo capitolo, dal punto di vista di Peetuccio mio.
Spero che vi piaccia, è mooooooooolto improvvisato.
 
 
Pov Peeta.
 
 
 
- Vero –
 
 
Una parola.
Quattro lettere, dette con la decisione necessaria a farmi crollare in una specie di trance in cui il mio sogno migliore e i peggiori dubbi vanno a braccetto. Un giorno che ho aspettato per anni, anni in cui i miei occhi si limitavano a fissarla e a studiare ogni singolo centimetro di pelle olivastra, ogni sfumatura di quel grigio così splendente dei suoi occhi. Ogni sorriso, seppur tirato, era oro. O almeno per me. E poi, nel modo più subdolo, il fato ci aveva fatto incontrare. Come amici? No. Alleati? Forse. Nemici mortali? Decisamente sì.
 
Poi le cose si sono ingigantite, nel modo peggiore.
La finzione, che lei credeva fosse condivisa. L’assurda convinzione di essere ricambiato, di essere coinvolto in una finzione nella finzione, menzogna su menzogna. E la dolorosa consapevolezza di non aver capito niente fin dal principio. Il rifiuto, l’umiliazione. L’ammettere con me stesso che ero la seconda scelta, un opzione da scartare fin dal primo momento, l’eterno secondo. Sapere che non avrei mai potuto condividere con lei la sofferenza che aveva vissuto insieme a Gale. E l’ostinazione. 
 
Perché per quanto il tuo cervello capisca che sarebbe utile mettersi da parte e tornare a guardare tutto come lo spettatore di una vecchia pellicola, il cuore sfidava la ragione. E vinceva, ogni volta. Ti ho amata Katniss? Vero. Ti ho odiata? Vero. Ma quel muscolo così insignificante e piccolo, aveva già deciso: la speranza avrebbe vinto. Il cuore e la sua forza psicologica avrebbero avuto la meglio sui muscoli e sul sangue, seppure in un mondo in cui la massima aspirazione era morire in diretta tv. E in parte, aveva ragione. Perchè se Katniss ha ''scelto'' me, è anche grazie a quel muscoletto. Perchè io sono speranza, io sono un abbraccio, e non un grido. Io sono una parola sussurata all'orecchio. Io sono amore, rinascita.

- ..Peeta? - 
- Che..Che c'è? - chiedo, come risvegliato da un lungo sogno.
- Hai sentito? - chiede Katniss, un sorriso bagnato di lacrime rivolto verso di me.
- Vero. - rispondo ridendo, e baciandola delicatamente sulle labbra.

E le lacrime che mi ero tenuto dentro per chissà quante settimane, in vista di questo momento, finalmente si uniscono a quelle ormai invisibili di Katniss. E con la consapevolezza del caso, il bacio continua, e sento le sue mani minuscole che sfiorano i miei capelli. Senza smettere di premere le mie labbra sulle sue, la stringo forte a me e , sorridendo, la alzo di peso e le faccio fare una piccola giravolta. E dentro me penso che una sola parola è riuscita a rimpicciolire i peggiori incubi avuti fino ad adesso.  E il sorriso di Katniss mi dimostra che non mi sbaglio.

La giornata passa senza troppi intoppi.
Katniss, esausta, si addormenta con la testa poggiata sulle mie gambe ed io, come ai vecchi tempi, giocherello con i suoi capelli facendo dei piccoli nodi e guardando cambiare la sua espressione mentre dorme. Vengo svegliato da un urlo lacerante, che sferza l'aria come se fosse un coltello. Con la netta sensazione di non ricordarmi nemmeno che mi ero assopito, mi volto e vedo Katniss in lacrime, gli occhi ridotti a due minuscole fessure, che mi guardano imploranti. Prima che possa dire una parola, le prendo le mani e le poso un dito sulle labbra.

- Amore, era solo un incubo - le dico stringendo con più forza le sue mani nelle mie.
- Ma.. m-ma io..cioè tu.. - 
- Calmati, Katniss. Io sono qui, e rimarrò qui. -
Cercando di placare i singhiozzi che ancora la scuotono, risponde: - Era il giorno del nostro matrimonio. E tu.. -
- Io cosa? -
- Tu te ne andavi. -
- Lo sai che ci sarò, Kat. -
- Non in quel senso. Tu.. tu eri morto. - risponde con fermezza, come per convincersi di non stare ancora vivendo l'incubo.
- Katniss, io ti amo. E nessun incubo potrà mai cambiare il mio amore per te. -

Il silenzio ci fa solo sentire più vicini.
Mano nella mano, usciamo di casa, sentendo la brezza serale che avanza, e come una vecchia coppia dei film, ci sediamo sul prato e guardiamo il sole calare, fino a scomparire dietro le montagne, come in un enorme tuffo nel vuoto. Parliamo di tutto e di niente. E quando arriva la sera, mi accorgo che le nostre mani non si sono mai separate, come se fossere compresse insieme. E dentro di me, sento una vocina, piccola piccola. - Se avessi saputo che bastava una perla! - Scoppio a ridere pensando all'assurdità della frase, e Katniss ride con me.

La curva del suo sorriso sembra illuminare la notte nera che ci circonda. 
E quegli occhi ormai asciutti, mi fanno ricordare perchè la amo. Perchè io amo Katniss Everdeen. Amo quando scuote i capelli per poi ordinarli nella solita treccia. Amo quando dorme e si stringe al mio petto durante i suoi incubi. Amo quando torna dai boschi inseguendo il profumo del pane. Amo quando parlo troppo e mi zittisce con un bacio. Amo quando piange, perchè so che sarò io ad asciugare le sue lacrime. E amo persino aver aspettato tutto questo tempo per assaporare la felicità. Perchè sono sicuro, ne vale la pena.

- Peeta? -
- Sì, Katniss? -
- Ti amo. E sarà sempre ''Vero.'' -














Spazio autrice:

E dopo una settimanuccia, sono tornata.
Non sapete che sforzo scrivere 'sto capitolo. Non sapevo che minchia far succedere u.u
E' pià corto del primo, perdonatemi. E come potete notare, sarà un capitolo per uno. Uno Kat e uno Peeta.
Spero di non deludervi, come sempre. Un bacio a tutti quelli che mi seguono!

ps. Questo capitolo è per Giu1196.
Che a volte si dimentica di essere meravigliosa.

 
 

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Capitolo 3
*** 3. Ciao Cinna. ***


3. Ciao Cinna.



piccolo spazio autrice:

Sono in ritardo di una settimana, lo so perfettamente.
Ma la scuola è iniziata e sono sempre impegnatissima, che balotas ç_ç
Capitolo dedicato alle mie due meraviglie: Giu1996 e Always Sil.














Pov Katniss.


E' incredibile come il tempo accelleri il suo corso a seconda degli eventi che avvengono nel corso della giornata. Come qualcosa di programmato possa sembrare la cosa più naturale e spontanea del mondo, e come quella cosa, quella sorpresa, riesca a risvegliare in te istinti che credevi repressi, cancellati con l'età e il passare, appunto, scorrevole del tempo.
Insomma, che ne è stato della ragazza in fiamme? Quell'arma letale che mi avevano cucito addosso, in questo momento sembra solo un costume buffo e che mi va troppo stretto. Un ricordo di chi ero e com'ero, un ricordo della ragazza indistruttibile che è riuscita a causare la morte di interi Distretti, mostrandosi sempre integra e senza troppi problemi.
Adesso, di quella ragazza è rimasta solo una buffa imitazione mal riuscita. Una ragazza fragile, forse instabile, che potrebbe sentir volare via la sua credibilità da un momento all'altro.
Tutto questo, perchè l'uomo che amo, che mi ama, ha deciso che tutto questo sia vero. Che tutto questo, finalmente, possa davvero durare nel tempo.

E' da due settimane che la paura mi divora.
E' da due settimane che vorrei solo ritrovare abbastanza coraggio per tornare ad essere quella ragazza fredda e con meno complicazioni, che teneva il mondo in una mano sola.
Ma quando Peeta si avvicina alla mia parte di letto, con un sorriso incoraggiante sul volto, capisco che il mondo è già in mano mia. Che il mio mondo, adesso è solo lui.

- Buongiorno amore - mi dice Peeta, gli occhi azzurrissimi fissi nei miei, mentre con una mano mi scompiglia i capelli dolcemente, arruffandoli.
- Un giorno capirò come fai a svegliarti così presto. - dico io di rimando, attirandolo a me e facendolo cadere sul letto, a pochi centimetri da me.
- Beh, io passo tutto il mio tempo a guardarti dormire. - risponde, come se fosse la cosa più naturale del mondo.  
- Oh, vieni qua. - dico provocante, un sorriso che mi increspa la bocca, già incollata a quella sorridente di Peeta, che ricambia il bacio con la sua solita dolcezza.

E la paura che prima attanagliava il mio stomaco, si fa più leggera.
Ancora assonata, vado verso la cucina, con Peeta al mio fianco, e trovo la colazione già pronta davanti a me. Pane, pasticcini, e quell'incredibile cioccolata calda che prima del mio viaggetto verso l'Arena ignoravo totalmente. Sbadiglio stanca, mi siedo e bevo subito la cioccolata, scottandomi la lingua perchè troppo calda. Rido divertita, e addento un pezzo di pane, che intingo nella cioccolata, proprio come faceva Peeta a Capitol City. E cerco di convincermi che non lo faccio solo perchè anche lui era solito farlo.

Nel frattempo, Peeta esce di casa per andare a lavoro.
Mi dà un bacio veloce prima uscire ed esce di casa, lasciando la porta socchiusa come sempre. In casa, senza di lui, regna il silenzio. Indecisa sul da farsi, torno in camera e rifaccio il letto senza troppa cura. Ma proprio quando sto tornando verso la cucina, inciampo in una grossa scatola nascosta sotto il letto. La riconosco immediatamente, e sento gli occhi diventare umidi, già consapevoli di cosa troveranno all'interno di quell'enorme scatola polverosa. Sentendo pulsare le tempie, mi distendo sul letto, e apro la scatola con entrambe le mani. Nonostante siano passati dieci anni dall'ultima volta che è stata aperta, al suo interno è immacolata, senza un filo di polvere a rovinare il libro che contiene.

Sopra il libro, scritto su un minuscolo fogliettino ingiallito, tre parole un po' sbavate. 
'' Per non dimenticare. ''
Ricordo che fu Peeta a scriverle, poco dopo che ebbi finito di mettere su carta tutto quello che era successo all'interno delle due arene. Non fu semplice. Gli incubi in quel periodo erano atroci, e Peeta era ancora troppo tormentato dai flashback per permettersi di stringermi a sè quando ne arrivava uno particolarmente terribile. Faccio per aprire la prima pagina, quando ne esce un ulteriore foglietto, ma più vecchio e con una scrittura diversa. Un paio di parole vi sono impresse. '' Ricorda con me, quando ti sentirai sola, Cinna. ''

Senza alcuna esitazione, arraffo un foglio abbastanza bianco da poterci scrivere sopra, prendo una penna, e corro al tavolo.
E cercando una forza che credevo aver perso dieci anni fa, scrivo e ricordo con Cinna.


'' Ciao Cinna. ''
A volte mi ritrovo a pensare a come sarebbe averti ancora qui con me, e scoppio a piangere.
Purtroppo, della Ghiandaia Imitatrice che avevi creato così abilmente, sono rimaste solo le ceneri.
E mi dispiace, perchè essere modellata dalle tue mani come se fossi d'argilla , è stata l'esperienza più bella che io ricordi.
Adesso è Peeta a rendermi forte.
Senza lui di quello che avevi fatto tu, adesso non rimarrebbe niente.
Sai, provo davvero a ricordare, lo faccio davvero. Ma ricordare è troppo doloroso, è troppo reale. 
Mi sento troppo colpevole.

Colpevole di non aver fatto abbastanza per voi...per te. 
E' solo colpa mia se adesso di te conservo solo qualche abito sgualcito dal tempo.
Non sono più riuscita a mettere un tuo vestito, era impregnato delle tue ultime parole.
- Io scommetto ancora su di te -
Sai quante volte ho ripensato a quelle parole, rifugiandomi nelle braccia di Peeta?
Ma tu continui a non esserci, ed io ho bisogno delle tue fiamme per tornare a brillare.

Cinna, vorrei solo poter scommettere su di me. 
'' Ma senza il tuo aiuto, perdo sempre. ''

 

E quando una lacrima non mia scivola su quelle parole appena scritte,
mi accorgo di Peeta, e mi tuffo nel suo abbraccio caldo.











Spazio autrice:

Cinna.. una os non mi basta per parlare di lui, e così, eccolo qui, infiltrato.
Lo so che vi aspettate che io parli del matrimonio, ma... i capitoli saranno tanti.
E voglio far succedere tante cose, e solo così posso riuscirci.

Spero di non deludervi mai.

Elisita.











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Capitolo 4
*** 4. Shopping. ***


4. Shopping.


piccolo spazio autrice:

Potete picchiarmi, ne avreste tutte le ragioni.
E' quasi un mese che non aggiorno, perdonatemi.
Ma l'arena.. cioè, la scuola è un inferno quest'anno e non ho mai tempo.
Spero che questo capitolo vi piaccia, finalmente metto anche Haymitch e Effie *-*
E sarà più lungo del solito u.u
Buona lettura.
 






Pov Peeta.


A volte basta saper trovare qualcosa con cui sfogarsi.
C'è chi usa la scrittura. Che , trascrivendo quello che crede di provare in quel preciso istante su un misero pezzo di carta bianca, inonandolo di parole e lasciando di bianco solo qualche riga su cui far scrivolare una lacrima, riesce a alleggerire il peso che sente gravare dentro di sè. C'è chi deve fare qualcosa di unicamente suo. Come Katniss, che senza quelle due ore al giorno passate nel Prato anche se solamente piangendo, riesce a liberarsi di tutte quelle cose che non sa dire esprimendosi a parole. Perchè lei è così, lei non sa usare le parole.
Io sono quello che parla, che magari arriva dritto al punto senza nemmeno sapere a che punto è. Lei mette i fatti, e io le giuste parole. Ci completiamo come due tessere di un puzzle.

In questi giorni di tensione, in cui in casa si respira solo nervosismo, l'unica via di scampo per me è dipingere.
Ricordare tra quei colori acquosi, pennelato su pennelate cercare di tirare fuori quello che tengo dentro, e di riportarlo sulla tela, magari migliorandolo agli occhi degli altri, di chi non sta vivendo tutto in prima persona. Colori su colori, cerco di dare una nuova sfumatura al grigio Distretto 12. - Tu colorerai il mondo - dice sempre Katniss.

E proprio mentre lei ancora dorme, e la luce del sole, timida dietro le nuvole cariche di pioggia che lo nascondono, illumina i miei colori, sento una porta sbattere.
Stando attento a non fare troppo rumore, per non svegliare Katniss, arrivo alla porta in punta di piedi. La zaffata di profumo alla vaniglia che mi pervade le narici mi fa intuire ancora prima che io alzi lo sguardo che si tratta di Effie. Impeccabile, i capelli biondi stretti in una coda alta, gli occhi azzurri colorati di colori che assomigliano vagamente ai miei.

- Effie? Sono le sette e mezzo, qual è il problema? Haymitch ha sbattuto di nuovo la testa? - chiedo, non riuscendo a trattenere un sorriso.
Come può l'uomo più ubriaco del distretto, rozzo e sempre con una visione pessimista, stare insieme alla più ordinata, maniacale e delicata donna di Capitol City?
- Ma no, Haymitch non c'entra niente.. tu piuttosto! Come puoi non darmi certe notizie? -
- Ehm, non ti seguo.. -
- IL MATRIMONIO! E' una grande, grande, grande notizia! Sono così felice per voi. - risponde lei, quasi saltellando sul posto.
- Come hai fatto a saperlo? - chiedo, incredulo.
- Ho le mie fonti.. Ma non cambiare argomento: le hai preso l'anello? -
- Anello? Effie, seriamente non riesco a seguirti. -
- Oh cielo, devo sempre fare tutto io! Qualche secolo fa andava di moda comprare un anello alla futura sposa, e adesso sta tornando questa cosa.. E' vintage! -
- Ah, non lo sapevo. E dove lo trovo un anello qua? Al massimo posso trovare un pezzo di carbone. - rispondo, deluso.
- Ma figurati, non c'è problema! Io ne ho tantissimi a casa, posso dartene uno dei miei.. e non accetto un no come risposta. -
- Mh, okay.. Magari passo domani o.. -
- Assolutamente no! - replica, interrompendomi. - Adesso, non perdiamo tempo. -

Vorrei poter replicare, ma non trovo nessuna scusa abbastanza convincente da distogliere l'attenzione di Effie.
In pochi minuti, dopo aver controllato se Katniss dormiva ancora, torno silenziosamente alla porta, causando un enorme sorriso sulla bocca della mia ex - accompagnatrice. E' incredibile come il tempo e la sua permanenza qua non siano riusciti a scalfire di un millimetro i suoi modi 'alla Capitol'. Il suo atteggiamento sempre allegro, le sue frasi 'l'inizio di una grande grande giornata!', e quella sua assidua puntualità che stona in maniera clamorosa con lo stile di vita piatto e ombroso di Haymitch.
Perlomeno, da quando vivono insieme, sono riuscito a scoprire che anche casa sua ha un pavimento.

Il tragitto tra le due case è quasi nullo.
Quando arriviamo, noto con piacere il contrasto che regna nella casa: una parte linda, ordinata, eccentrica nei suoi colori folli e accesi, che quasi fanno bruciare gli occhi. L'altra parte potrebbe benissimo essere parte di una casa abbandonata: bottiglie per terra, sporcizia, disordine. Forse, uno dei pochi tentativi di Haymicth, di imporsi con Effie.
Miseramente fallito.
In un gesto abitudinario, mi avvicino alla poltrona dove, semisvenuto, dorme Haymitch.
Il coltello che fino a qualche anno fa teneva in mano è sparito, forse anche grazie alla presenza costante di Effie e della sua positività.

- Ehi Haymitch. -
- Mh, ragazzo. Tu non dovresti dormire? - risponde assonnato, guardandomi storto.
- Peeta è qui perchè come ben sai sta per sposarsi e ha bisogno di un anello. - risponde Effie anticipandomi.
- Ah già, la faccenda dell'anello. Beh, io non posso esservi utile quindi.. -
- Haymitch, non dormire, abbiamo ospiti. -
- Dolcezza, mi conosci. - risponde, prima di sprofondare in un sonno profondo.

Divertito, seguo una Effie visibilmente irritata, che mi accompagna fino alla camera da letto.
Cercando di non perdere tempo, noto subito un enorme scatola tempestata di piccolissimi diamanti, stracolma di gioielli di ogni tipo. 
Effie inizia ad elencarmi pregi e difetti di ogni singolo anello, dai più colorati 'mh, forse questo verde foresta potrebbe fare al caso tuo', ai più semplici, che a me sembrano comunque troppo vistosi per una come Katniss. Dopo più di un'ora, concludo che non sarà certo tra gli scarti di Effie che troverò l'anello per Katniss.

Ma mentre torno verso la porta di casa, poggio il piede e avverto subito una protuberanza.
Mi accuccio e raccolgo nella mia mano un anello, apparentemente vecchio, con una piccola pietra dai riflessi grigi, incastonata direttamente nella montatura finissima dorata.
Non esito, quando un solo e unico pensiero mi travolge la mente, accendendo un sorriso soddisfatto sul volto ormai rassegnato di Effie.

- Questo, è quello giusto. -










spazio autrice:

No, non chiedetemi da dove viene tutto questo.
Okay, ve lo dico. Oggi una mia amica mi ha prestato un libro (un regalo da Tiffany) e questo è il risultato.
E poi morivo dalla voglia di mettere Effie *-* Come vedete, lei e Haymitch stanno insieme. Li adoro.
Spero che la storia vi piaccia, grazie a chi continua a seguirla.



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Capitolo 5
*** 5. Caccia al tesoro. ***


5. Caccia al tesoro



piccolo spazio autrice:

Lo so, pubblico una volta ogni morte di papa.
Ma la scuola non aiuta , e l'ispirazione si prende gioco di me u.u
Beh, posso solo sperare che il capitolo vi piaccia, buona lettura.











Pov Katniss.



Peeta ultimamente è strano.
Beh, è vero che il matrimonio, o meglio l'idea del matrimonio, ha sconvolto un po' tutti. Effie è letteralmente su di giri, non fa che bussare per darmi consigli - anzi, grandi grandi grandi suggerimenti di stile! - e nessuno riesce più a fermarla. Nemmeno Haymitch, che si ritrova a sopportare ancora più ottomismo del solito, come se i saltelli o i 'suggerimenti' di Effie riescano a sgonfiare la sua nuvola nera, carica di alcool e stanchezza. E forse non ha nemmeno tutti i torti.

Ma Peeta.. Peeta non è più lui.
Sembra sempre nervoso, sempre stanco, con quelle occhiaie nere che incorniciano i suoi occhi blu, vuoti. E' come se stesse organizzando qualcosa di unicamente suo.. Qualcosa di cui sento di non fare parte. E questo mi spaventa, perchè se davvero la nostra intenzione è di sposarci, non dobbiamo più pensare come una persona, ma come due. Non c'è più posto per 'io' 'me'. Adesso solo una parola è appropriata, e questa parola è 'noi'.

Sento una folata d'aria gelida entrare in casa, in concomitanza con l'arrivo di Peeta che, sovrappensiero, lascia sbattere la porta.

- Dove sei stato? - chiedo, desiderosa di qualche informazione.
- Ero da Effie e Haymitch, avevo bisogno di una cosa.. - risponde Peeta, nascondendo qualcosa dietro la schiena.
- Che nascondi lì dietro? Ti avevo detto di smetterla con le sorprese, lo sai che.. -
- Che? -
- Lo sai che ti amo anche senza. - dico, arrossendo immediatamente.

In tutta risposta, Peeta si avvicina a me, mi prende la mano e mi bacia delicatamente sulla guancia, facendomi avvertire le sue labbra infreddolite. Con un espressione sorridente dipinta sul volto rosso a causa del freddo, mi fa distendere sul letto, coprendomi con la coperta. Solo dopo, mi accorgo che tra le mani ha un piccolo libro, con una copertina rosa accesa, sciupato. Un libro, a occhio e croce, di almeno qualche secolo fa. E' Peeta a svelarne il suo contenuto.

- Effie ha insistito perchè tu lo leggessi. E' un libro sulle tradizioni del Ventunesimo Secolo. Ha detto che dovrebbe interessarti il decimo capitolo, perchè parla delle spose.. E lo so, lo so che preferiresti rotolarti nella neve che leggerlo, ma lo sai che ci tiene.. Per favore. - dice lui, guardandomi di traverso.
Lo sa che a quello sguardo non so proprio resistere. E' proprio vero che riesce ad essere 'letale' a modo suo, senza armi nè violenza, ma con le parole e i gesti.
- Okay, vedrò cosa posso fare. E tu dove scappi? - chiedo, vedendolo alzarsi di scatto dal bordo del letto.
- Devo fare una cosa in cucina, tu pensa solo a rilassarti e a leggerti questa..ehm, cosa. -

Non convinta ma comunque curiosa, prendo il libro in mano e lo avvicino a me.
Le pagine ingiallite scorrono lente e sporche tra le mie dita gelide, fino ad arrivare al decimo capitolo. Sollevo il libro, pesante, fino a poggiarlo sulle mie ginocchia, e inizio a leggere, cercando un silenzio che viene spesso interrotto da uno strano trambusto proveniente dalla cucina. ' Non farti domande, lo sai com'è Peeta quando si mette in testa qualcosa. Qualunque cosa sia, non ti riguarda. Continua a leggere e non alzarti finchè non hai finito ' penso.
Il tempo scorre lento, complice di un freddo che sembre entrarmi nelle ossa, nonostante la spessa coperta. E' già passata un'ora e la noia mi assale.
' Ancora poche pagine, dai. Fallo per Effie ' mi ordino mentalmente. O forse dovrei farlo per Haymitch, che sopporta le sue idee pretenziose ogni giorno, senza lamentarsi troppo? Sì, lo farò per Haymitch. 

Le ultime righe sembrano risvegliarmi da una specie di sonno, come un campanello di allarme.
" E' tradizione che lo sposo faccia la sua proposta alla sposa pubblicamente, inginocchiandosi per terra e porgendole un anello. Quell'anello, di dimensioni che lo sposo deciderà, sarà il simbolo del loro prossimo matrimonio, e del legame che unisce i due sposi. Non è concepibile un matrimonio senza un anello! "

Scalcio via la coperta, facendo cadere il libro a terra.
 
- Peeta?  Peetaaaaaaa?! - urlo, cercandolo per casa.
Il risultato è istantaneo: un silenzio spettrale, e un profumo inebriante di cioccolato, che sembra invadere la casa in ogni suo centimetro quadrato. Seguendo la scia di profumo, cammino in punta di piedi verso la cucina, e guardo delusa il dolcetto proprio sopra il tavolo, chiedendomi dove sia sparito Peeta.
Noto un piccolo biglietto arancione sopra il dolcetto, che sembra avermi letto nel pensiero :

" Se in fretta mi vuoi trovare,
leggi e inizia a camminare.
Del cioccolato segui la scia profumata,
quando mi vedrai, sarai arrivata. "


 

Sorrido al solo pensiero di qualcosa di tanto assurdo.
' Vuoi giocare? Bene, hai trovato qualcuno con cui farlo ' penso. E, seppure un tantino scettica, mi avvolgo in un giubbotto caldo e nella mia vecchia sciarpa, metto gli scarponi e , stringendo i denti per il freddo, esco fuori, chiudendo la porta con forza, come se in tal modo riuscissi a tenere l'inverno fuori dalla stanza. A mano a mano che trovo un dolcetto per terra, sento l'emozione salire, fino a formare una nuvoletta rosa, sospesa sopra di me e pericolosamente simile a una delle vecchie parrucche di Effie. Le indicazioni stradali, rigorosamente in rima, mi portano verso un posto che conosco e mi conosce molto bene.

Ma non è il Prato, completamente bianco a causa della neve, a stupirmi.
E' Peeta che, visibilmente tremante, è inginocchiato proprio davanti a me, con in mano un piccolo anello.
Vedo la pietra brillare alla luce del sole, con i suoi riflessi grigi incastonati in una montatura d'oro che scompare nelle mani di Peeta, livide dal freddo. Ed è lui a precedermi, rendendo un momento memorabile semplicemente perfetto.

- Beh, un uccellino mi ha detto che non c'è matrimonio senza un anello, quindi.. Eccoci qua. Ma prima di fare la cosa più scontata del secolo, voglio aggiungere qualcosa di mio, che di sicuro non guasta. Ti amo, Katniss. Ormai non so più che fare per dimostrartelo, ogni cosa sembra troppo piccola paragonata a te. Ti amo perchè ormai i flashback non mi ingannano più. Ti amo perchè non abbiamo segreti, e se li abbiamo, non li sappiamo mantenere mai troppo a lungo. Ti amo perchè adesso ci siamo noi, e tutto il resto non conta più. Ti amo perchè voglio vederti ogni mattina, e addormentarmi con te ogni sera. Ti amo, e basta. -
- Peeta, ti amo anche io. -
- E? -
- E cosa? - rispondo divertita.
- E.. vuoi sposarmi? -
- Certo Peeta. Lo voglio. - 

Solo quando si alza e mi infila l'anello al dito capisco tutto.
E' ufficiale: sto per sposarmi.











Spazio autrice:

*si ripara dal lancio di pomodori*
Posso solo dire che nella mia testa aveva un senso, lo giuro.

 

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Capitolo 6
*** 6. Siamo ancora una famiglia? ***


6. Siamo ancora una famiglia? 



piccolo spazio autrice:

Vi autorizzo a picchiarmi selvaggiamente con la mazza chiodata.
*si ripara come può usando una persona a caso come scudo umano*
L'ispirazione ormai non è più amica mia, ovviamente.
Quindi se il capitolo fa schifo non mi uccidete, vi prego.
Ps. Ho rimesso Effie e Haymitch, visto che sono piaciuti tanto.. e anche una novità. chi sarà?










Pov Peeta.

Tutto sembra andare in discesa, come se davvero 'la fortuna fosse a nostro favore'.
Ma stavolte non è solo una frase fatta di Capitol, non è quella frase che per sei anni alla Mietitura mi faceva sperare di passare tutto indenne, senza nessuna colpa sulle spalle. Non è quella stupida, irritante frase che usciva fuori dalle labbra brillanti e sgargianti di Effie, dette col suo inimitabile accento.
No, stavolta è tutto vero, è come in quei film che Katniss è riuscita a rifilarmi nel giro di questi anni insieme. Quelli di qualche secolo fa , in cui due persone si incontrano e si scoprono piano piano. Poi magari litigano, o magari si tradiscono anche. Ma se c'è una cosa che ho imparato di quei film, è che finiscono sempre bene. Si chiama 'lieto fine'. E' come una formula di chiusura di ogni singolo film. Di certo la fantasia non era il punto forte dei nostri antenati, poco ma sicuro.

Quando non sei abituato a tanta felicità finisci per avere paura.
Paura che prima o poi qualcosa di sbagliato si abbatta su di te, senza che tu possa fare niente.
Paura che qualcuno ti porti via la persona che ami, trasformandola in un mostro.
Paura di un sentimento troppo positivo, dopo anni scuri, pieni zeppi di incubi.

- Ciao amore! - mi dice Katniss, rientrando dalle solite due ore nel Prato. Il viso radioso sembra illuminare la vecchia giacca del padre.
E' bello vederla felice, sembra quasi che riesca a uccidere i dubbi di qualche secondo fa. Pura magia..o amore, che preferisco.
- Ciao, novità? - rispondo, tenendola tra le mie braccia qualche secondo, come se volessi trasmettere tutto il mio calore.
- In realtà sì. So che ti avevo promesso che facevamo qualcosa di speciale stasera.. - inizia, sorridendo a quella allusione.
- Ma? -
- Ma mentre tornavo dal Prato ho incontrato Effie e siamo da lei a cena. Ha detto che in serbo qualcosa di... -
- grande grande grande? - rispondo, finendo la sua frase, imitando i modi esageratamente plateali di Effie.
- Esatto. Abbiamo ancora un paio d'ore per noi, no? - dice di rimando, un sussurro quasi impercettibile nell'orecchio.

In tutta risposta, mi avvicino al camino e, avvertendo il freddo pungermi sulla pelle come dei piccolissimi spilli, lo accendo nel giro di pochi minuti. Vedo Katniss prendere uno di quei vecchi film, indecisa su quale vedere. Riconosco le copertine e sorrido, sapendo già quale sceglierà. 
Ci mettiamo al bordo del divano, e mi avvicno a lei, la mia mano destra che attorciglia i suoi capelli in piccoli riccioli, come facevamo una decina di anni fa, in vista dei Giochi. Lei si abbandona e appoggiando la sua testa sulla mia spalla, inizia a singhiozzare ancora prima che il film inizi. E io riguardo quel vecchio film.
Non è il classico film d'amore, questo. E' uno di quelli che ti fanno piangere, di quelli che ti smuovono qualcosa dentro che ti fa riflettere a fondo per qualche ora. Si chiama A time for dancing, parla di una ragazza che scopre di avere una malattia incurabile, a poco più di vent'anni. Ma lotta fino alle fine, facendo cose che ha paura di non avere il tempo di fare..come innamorarsi di un ragazzo. Ma io so già che se Katniss piange, non è certo per quella strana malattia.

- Ehi, basta piangere, piccolina. Ci sono qua io. - le dico piano, come si fa con un cucciolo spaventato.
- Lo vedi? Lei sta male. Lei sa di avere poco tempo per sè. - 
- Lo so, ma qual è il problema? - chiedo, pur sapendo già la risposta che seguirà.
- Lei non è sola, vedi? Lei ha sua madre, suo padre. Loro non vivono più, loro cercano ogni modo possibile per affrontare la cosa insieme, anche se sanno..anche se sanno che non servirà a nulla, loro ci provano. Loro provano a renderla felice, loro non si arrendono. Loro sono una famiglia e io... -
- Tu una famiglia ce l'hai, e siamo noi, Kat. Lo sai, siamo io e te, siamo noi. Non abbiamo bisogno di altri. Ci bastiamo a vicenda. - le dico, fissandola.
- Io vorrei una famiglia come quella, Peeta. Mi sento così sola! - risponde, alzandosi e chiudendosi in bagno, scossa dai singhiozzi.

E sento che pur di vederla felice smuoverei il mondo, lo scuoterei fino a trovare una di quelle famiglie che a noi manca.
Vorrei solo pensarci, immaginare i loro volti e renderli reali, fino a portarli a lei, per vederla sorridere in quel modo che so non vedrò più.
Ma so anche che lei non vorrebbe questo. Vorrebbe vedere le trecce di Prim, vorrebbe anche il sorriso spento di sua madre, anche se non lo ammetterà mai.
Il tempo passa, e la porta del bagno non viene più riaperta. Per non scocciarla, mando un bigliettino sotto la porta, scrivendole di sbrigarsi per la cena.

Nella mezzora successiva, tutto viene accantonato, come un brutto ricordo. Uscita, finalmente, dal bagno, Katniss è raggiante: i capelli le ricadono sulle spalle, quasi scintillanti nei loro riflessi castano scuro. Gli occhi grigi, occhi da Giacimento, sono quasi incorniciati da un alone azzurro che li illumina e li rende più grandi. E il vestito che la stringe, sembra esserle stato cucito addosso. Lo penso, prima di accorgermi che è uno di quelli che Cinna faceva per lei.
- Sei bellissima. - dico. Ed è un dato di fatto, soprattutto per quel sorriso che adesso la rende ancora più radiosa del normale.
- Grazie, anche tu te le cavi stasera. Andiamo dai, che se facciamo tardi chissà cosa dice Effie! - ribatte, reprimendo una risata.

I pochi metri che separano le nostre case sembrano chilometri a causa del nevischio che ne ricopre la superficie.
Bussiamo e ci accoglie un Haymitch particolarmente scocciato e, a giudicare dall'odore pungente, particolarmente sbronzo. Come non lo vedevo da anni.
Costretto in uno dei suoi vecchi abiti, sembra una nota stonata nella pulizia maniacale dell'appartamento di quella che io e Katniss ci divertiamo a chiamare 'La strana coppia'. E penso che non ci sarebbe più azzeccato soprannome per due persone così opposte che decidono di amarsi e di vivere insieme.
Non facciamo domande, e ci avviciniamo ad una grande tavola, rigorosamente imbandita con una tovaglia rosata, e apparecchiata coi colori più disparati.

- Effie, perchè ci sono cinque piatti? Abbiamo ospiti? - chiedo, incuriosito.
- Ehm, ragazzi..Avrei voluto dirvelo prima, ma io.. - dice, non finendo la frase.
Viene interrotta dal rumore di una porta che si apre.
E da una voce, lieve e quasi impercettibile.
Una voce che fa impallidire Katniss, fino a che non la sento cadere tra le mie braccia.

- Buonasera signora Everdeen. - dico, glaciale.










Spazio autrice:

TA TA TA TAAAAAAAAAAAAAAAAAAN.
TA TA TA TA TAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAN.
Ehssì, è tornata la mamma di Katniss, a rompere le palle.
Spero che sia piaciuto questo colpo di scena.
Bye!







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Capitolo 7
*** 7. In bilico. ***


7. In bilico


piccolo spazio autrice:

Farò finta di non vedere le 6 misere recensioni al capitolo precedente.
Per una volta, voglio scrivere un bel capitolo, senza pensare a chi leggerà.
Questo è per tutte le persone che leggono, commentano e mettono nei preferiti/seguite.











Pov Katniss.


Ci sono momenti in cui vorresti solo urlare.
Urlare per far capire al mondo che c'è qualcosa che non va, che qualcosa in quel preciso istante ti sta urtando i nervi fino all'inverosimile, fino a farti scoppiare il sangue nelle vene.
Quei momenti in cui parlare, discuterne...sarebbe troppo poco, ti lascerebbe un vuoto dentro che col passare del tempo non farebbe altro che allargarsi, fino a sfondarti il cuore.
Nel momento esatto in cui riapro gli occhi, il primo impulso sarebbe proprio quello di urlare. Di tornare in salotto di urlare contro mio madre. Dirle tutto quello che in dieci anni si è depositato dentro di me, senza che io potessi dare sfogo alla mia rabbia repressa. Quello che adesso vorrei fare, e che farò, sarebbe far capire a mia madre quanto io ora la odi.
Ma Peeta, che conosce le mie intenzioni al riguardo meglio di chiunque altro, cerca subito di trattenermi


" Peeta, lasciami andare. LASCIAMI ANDARE! " , urlo senza curarmi del motivo o di chi mi sta davanti.
" Non posso, Kat. Ti prego, non peggiorare la situazione, per f.. " cerca di dirmi, prima che io lo interrompa bruscamente.
" Ho aspettato dieci anni. Dieci fottuti anni in cui ogni notte vedevo mia sorella morire.  E' colpa sua, Peeta, e io voglio che lei lo sappia. " , continuo, ferma nella mia decisione.
" Katniss, ci sono Effie e Haymitch, per favore, non qui. ",  mi esorta Peeta, cercando di dissuadermi dal mio obbiettivo cieco e pieno di frustrazione.
" Non mi interessa. Ho aspettato fin troppo,  Peeta.  Sono stanca! ", dico , prima di scappare dalle sue braccia per raggiungere il salotto, in cui la tensione tocca il soffitto.

Sento ancora la testa girare, quando mi alzo di scatto.
Un moto di nausea e odio mi attanaglia lo stomaco, in una stretta che mi ricorda quanto avventato è quello che sto per fare.  Ma al diavolo l'stinto.  Al diavolo il senso di colpa, le frustrazioni, i dubbi e tutta quella robaccia che sembra bloccare tutte quelle parole che per anni e anni non hanno fatto altro che divorarmi.  Adesso basta.   Date il bentornato alla ragazza in fiamme.

" Katniss, stai bene? ", mi chiede Effie,  premurosa come suo solito.
" Mai stata meglio Effie.  Solo un calo di zuccheri, niente di che. " , rispondo fredda, senza lasciar trasparire nessuna emozione, come ai tempi dei Giochi.
" Sei davvero sicur..." ,  chiede, prima che io,  con un solo passo, prenda in mano la situazione,  avvicinandomi pericolosamente a mia madre.
" Sì,  sto bene. Ma credo che starò ancora meglio dopo che avrò detto alcune cose a questa donna che mi sta davanti. " , inizio decisa.
Proprio nel momento in cui vedo Peeta arrivare sulla soglia sento tutta la mia credibilità e la mia rabbia crollare ancora, e un nuovo giramento di testa pervadermi.
" Sono tua madre, Katniss.  Non fingere di non saperlo. " , continua lei.  E' incredibile come il tempo,  la solitudine e il dolore non siano riusciti a scalfirla ancora.  Stessa pelle rosea,  magari con qualche ruga in più sparsa sul viso.  Stessi capelli biondastri, che ricadono piatti e senza alcun tono sulle spalle, senza alcuna personalità che la renda un minimo viva.
" COME PUOI PARLARMI DI FAMIGLIA?! ",  sbraito,  senza curarmi delle lacrime che iniziano a scendere,  inesorabili.

Una bomba.
Le trecce che, in un rombo,  prendono fuoco.
Gli occhi cerulei che mi guardano per l'ultima volta.
Prim, che non è stata protetta.
Prim , che non ha avuto una famiglia in grado di proteggerla. 


La mia forza non fa che vacillare al ricordo di una Prim in preda alle fiamme.
Una Prim che mia madre, la donna che l'ha data al mondo,  aveva il compito di proteggere.
Una Prim che avrebbe potuto essere ancora viva,  se non fosse stato per lei.

" Katniss,  calmati.  Non sai quello che sta dicendo. " , risponde lei,  serafica.  Irritante nella sua calma,  senza scomporsi di un millimetro.
" Se c'è qualcosa di cui sono sicura è quello che sto per dire,  mamma.  Ho passato anni e anni a chiedermi se davvero fosse colpa tua,  se invece era mia se Prim è... " 
" Morta,  Katniss.  Prim è morta.  Continua. " , continua lei,  come se tutta la faccenda non la riguardasse affatto. 
" E' questo che mi fa imbestialire,  mamma.  Io è da dieci anni che cerco di andare avanti,  di non pensare al fatto che vorrei averla accanto,  che vorrei stringerla forte a me,  come quando eravamo piccole.  Io,  che quando vedo le primule nel mio giardino mi devo trattenere,  sento che sto sopravvivendo,  solo perchè lei è sempre accanto a me.  A te invece non importa!  Te ne stai qui,  davanti a me,  come se non fosse passato nemmeno un giorno,  come se la guerra non ci fosse mai stata e come se io e te fossimo ancora una famiglia!  SONO STUFA, MAMMA! STUFA! Sono stufa di starti dietro,  stufa di sentirmi in colpa a causa tua,  sono stufa di dover vivere ripensando a come sarebbe stato se lei fosse ancora qui.  E vederti qui,  è la goccia che fa traboccare il vaso.  Basta,  basta trattenermi e basta pensare che le cose in questi anni siano cambiate. Basta, non c'è più niente da dire o da fare. Abituati all'idea che anche io,  per te,  sono morta. Tanto,  per quanto te ne frega,  penso che sopravviverai benissimo anche a questo,  no?  Non voglio più fingere che mi importi di averti accanto. Basta. ", dico sfinita dal peso delle mie parole. 

Parole che per troppo tempo erano riuscite a intrappolarmi,  adesso sono state dette.
Parole che non sapevo nemmeno di pensare o di credere, adesso sono nell'aria,  in attesa di una risposta.
Parole che sono sospese,  parole che non saprei neanche ripetere,  parole tenute a marcire per dieci anni.

E' come se fosse tutto al rallentatore.
Peeta che mi guarda e trattiene delle lacrime che non riesco a capire.
Effie che,  sgomenta,  mi guarda senza sapere cosa dire.
Haymitch e il suo sguardo di approvazione.
E poi,  protagonista assoluta della scena,  mia madre. 

" Se sono qui,  non è per dare fastidio a nessuno.  Non pretendo di esserci quando ti sposerai,  anche se mi avrebbe fatto piacere.  Capisco quel che provi e sono consapevole di non poterlo cambiare,  perchè l'amore per tua sorella,  e il dolore per la sua morte è troppo forte per poter ripartire daccapo.  Non avresti neanche dovuto vedermi, e anche se non serve a niente, voglio dirlo:  Scusa.  Non per quello che ho fatto,  ma per quello che non ho mai fatto e che ormai non posso più fare.  " ,  ammette, cercando di mostrarsi sicura di quel che dice. 

Ma non regge  molto.
E quando mia madre,  la donna che per anni mi ha insegnato a fingere di stare bene,  scoppia a piangere,  capisco davvero.
Capisco che anche lei,  a modo suo,  ha sofferto e continua a soffrire come me.
Ma capisco anche che questo non sarà mai abbastanza perchè io possa perdonarla.
Ma nel ricordo di Prim,  della sua dolcezza incondizionata,  del suo cuore grande e del suo amore per nostra madre,  mi avvicino e la abbraccio per un istante.
E prima che qualcosa di più possa succedere,  mi scanso e trascino Peeta sulla strada di casa.
Ed è quando mi volto indietro per un secondo,  che vedo mia madre sorridere tra le lacrime. 





spazio autrice:

Ho cambiato un pochino, sì.
Mi avevano chiesto più introspezione e ho cercato di accontetarvi.
Un bacio a tutti i miei lettori. 

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Capitolo 8
*** 8. Ancora tu, ancora qui? ***


 Ancora tu, ancora qui? 

piccolo spazio autrice:

Purtroppo le recensioni non sono esattamente dalla mia parte.
Ma cercherò di scrivere fregandomene di chi legge, anche se non sarà facile.
Spero che questo capitolo vi piaccia, grazie a chi lo legge e alle più di 20 persone che mi hanno messo tra le preferite e seguite. 













Pov Peeta. 

Ci sono momenti in cui ti senti troppo fortunato per qualcosa che hai, e ti chiedi quando quella bolla di sapone argentea scoppierà, sfociando nella routine.
Te lo chiedi perché a tutto quel ben di Dio non ci sei abituato, e sei convinto che sia solo un attimo che è lì di passaggio, che sta per andare da altri che ne hanno bisogno o, semplicemente, se lo meritano più di te. Perché tu, in fondo, sai di non meritartelo. Sai di non aver fatto niente di speciale per essere davvero felice.
Nell’ultimo mese, quella bolla che io e Katniss avevamo cercato di costruire dopo i Giochi sembrava non riuscire nemmeno a gonfiarsi, che già era il momento di scoppiare. Quella serenità tanto agognata ormai sembrava essersi scordata di noi, del perchè ci fosse stata accanto in precedenza. Come se essere felice fosse un errore.
 
C’è stata la proposta, la convinzione di qualcosa di duratura, di eterno, perché no?
E poi i dubbi, quelle paure che non si saneranno mai davvero, e la madre di Katniss è come se avesse risvegliato quella rabbia cieca che in lei non vedevo da anni.
Arrivati a questo punto, mi chiedo se tutto questo sia giusto, se abbia un senso o se sia solo l’ennesimo attimo fuggevole di felicità rubato a chi ci sta accanto.
 

“ Io non voglio perderti, Peeta. Non voglio diventare come lei. “ mi disse lei, di ritorno a casa.
Le lacrime la scuotevano come una bambina, il cuore sembrava urlare quelle parole di rancore e paura.

“ Tu non mi perderai mai, io non vado da nessuna parte. “ le avevo risposto.
“ Non sei tu a decidere certe cose. “ mi aveva risposto, rintanandosi in un angolo recondito del letto, addormentandosi tra le lacrime.

 
Quella era la Katniss di vent’anni fa, quella ancora troppo scossa per la morte della sorella per capire che lei sarei stata accanto in ogni situazione, nel bene e nel male.
Una ragazza che dopo anni e anni in cui aveva finto di essere forte per gli altri, per proteggersi da una realtà troppo dura da accettare e da cambiare in solitudine.
Quella non aveva niente a che vedere con la donna che io avevo imparato ad amare. Quella non era più Katniss, ma la sua ombra, debole e flebile nella luce.
 E in cuor mio so che solo una persona sa come far tornare Katniss indietro. Che nonostante il mio amore, solo un ritorno brusco sarebbe riuscito a scuoterla. 
Una persona che potrebbe ribaltare le carte in tavola, che potrebbe davvero mandare tutto a monte definitivamente, nozze comprese. Ma che senso ha rimandare? Lei non può crollare, lei deve capire che il passato può solo aiutare, può insegnarti a rialzarti. E solo una persona del passato di Katniss è davvero in grado di farle cambia idea.
Gale.
 
Gale, lo stesso Gale che fino a vent'anni fa, avrebbe potuto portarmi via Katniss senza neanche rifletterci sopra, perchè qualcosa di profondo, quella tragedia che lei cerca sempre di evitare, riusciva a collegarli come niente altro, come se quell'assenza, quel bisogno di sopravvivenza potesse unire le loro anime in un solo filo indissolubile.
La parte più ardua è stato nascondere il tutto a Katniss, per evitare di ferirla inutilmente. Inventandomi una scusa che nemmeno ricordo, esco di casa e cammino spedito verso la stazione, cercando di non pensare a come la persona che più non sopporto adesso mi sia indispensabile per risollevare il rapporto con Katniss. 
Lo riconosco subito, accorgendomi di come gli anni, per lui, non sembrano mai essere passati: stessi occhi grigi, da Giacimento, forse solcati da qualche ruga d'espressione, i capelli sono scuri, scompigliati, vivi almeno quanto lui. Mi sorride, mi chiedo il perchè. Oh, certo. Per lui questo è un giorno felice.

" Ciao Mellark. " 
" Ciao Gale. Sei sempre uguale. "
" Sapevo che sarebbe arrivato questo momento prima o poi. " dice, con tono di sfida, provocatorio.
" Io speravo il contrario. Ma amo Katniss, e ha bisogno che capisca cosa non deve diventare. " rispondo, provocandolo di rimando.
" Ah, e così io sarei lo sbaglio da non rifare eh? " chiede, con un guizzo di rabbia negli occhi. Nonostante gli anni, non riesce a non odiarmi.
" Senti, Gale. Non ti ho chiamato per dirti che ho vinto, che Katniss ama me, o chissà cosa. Abbiamo quasi quarant' anni. Ti sembra il caso? "
" Continua. " dice, perentorio.
" Io voglio solo che tu faccia capire a Katniss che non vale la pena pensare agli errori che ha fatto e ha quello che ha perso. Che la vita va avanti. "
" E io che ci guadagno? "
" La felicità di Katniss? "
" Non ci sto a questi giochetti, Mellark. Katniss comunque ha scelto te. Ecco la mia richiesta: voglio essere invitato al matrimonio, e rimarrò qui fino al famoso giorno. "
" Io, a differenza tua, sono disposto a tutto pur di vederla felice: accetto. "
Sto già per andarmene quando sento bisbigliare, con l'intento di non essere sentito da me: " E possa la buona sorte essere sempre a tuo favore. "
 

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Capitolo 9
*** Avviso! ***


Avviso!
 

Ciao a tutti quelli che seguivano, o hanno da poco iniziato a seguire, la mia storia su Peeta e Katniss.
Come avete potuto vedere, è da mesi ormai che non aggiorno più, e credo sia necessario darvi spiegazioni.
Il calo delle recensioni mi aveva scoraggiato parecchio e il tempo era pochissimo. Ma questa storia mi manca, e molto.
Se ci state, sono pronta a continuarla e a finirla. Ci state?

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Capitolo 10
*** 9. Falsa partenza. ***


Falsa partenza.

Note dell'autrice:

Per la gioia di dieci di voi, sono tornata a scrivere questa storia disastrata.
Spero solo che questo capitolo vi piaccia e che continuiate a seguirmi. Un bacio a tutti!


 

Pov Katniss.

I tramonti sono sempre stati in grado di scandire ogni giorno condiviso con Peeta.
Nel corso degli anni abbiamo cercato di non perdercene nemmeno uno, come se fosse un piccolo rituale che, se saltato, avrebbe mandato tutto all'aria. Una magia strana. Una tradizione solo nostra, perpetrata nel tempo e vista crescere giorno dopo giorno. Non ci toccava niente, e niente riusciva a spostarci, a dissuaderci.
Con la pioggia. Con le gocce marmate d'acqua che ci respiravano sul viso, come le lacrime di quei nuvoloni che tentavano di impedirci tutto. Con il gelo e col freddo, imbacuccati nei nostri cappotti infeltriti, vecchi e obsoleti. Come se comprarne di nuovo potesse sciupare l'incantesimo. Con la neve che ci infreddoliva.
Avrebbero potuto oscurare il sole, avrebbero potuto ricoprire il cielo terso da cumulonembi impenetrabili. Noi non ci saremmo mai spostati da lì.
Ma qualcosa oggi non va. Lo intuisco dal fatto che, per la prima volta dopo vent'anni, Peeta è in ritardo. Lo intuisco dal fatto che il sole ormai sia calato, e che io lo abbia visto scomparire dietro le colline ingiallite del Distretto 12 senza la sua compagnia. E non posso nascondere un vuoto allo stomaco in quella solitudine. 

Lo vedo arrivare come un ombra. Il fantasma di una promessa che sfuma dopo molto tempo.
" Scusami, non volevo arrivare in ritardo. " si giustifica subito, addolcendo la pillola con un bacio leggero all'angolo della bocca, che profuma di buono.
" Non eri mai arrivato tardi. Ma lascia stare, non importa. " sminuisco io, mentre mi rendo conto di come sia alta la tensione che ci separa.
" Mi dispiace davvero. Dovevo parlare con una persona e non mi sono accorto del tramonto." 
I suoi occhi azzurri si perdono chissà dove, in un punto lontano che non riesco ad identificare. Pur essendo separati da qualche centimetro appena quando sfioro la gamba di Peeta lo sento lontanissimo. Come se un muro di parole, di dubbi e di paure si fosse intromesso tra di noi. Il vecchio ragazzo del pane non mi appartiene.
" Chi hai incontrato, scusa? " chiedo con dolcezza, affondando una mano nei suoi capelli e scovandone un ciuffo bianco. 
Sono passati anni in pochi secondi appena.

All'orizzonte, dallo stesso punto in cui avevo visto apparire Peeta, vedo un ulteriore ombra.
Più massiccia, più grande, più atletica. In un certo senso, familiare. Allo stesso tempo, a me completamente ignota.
Solo quando quell'ombra si avvicina di qualche passo, con un'andatura spedita e sbrigativa che somiglia molto alla mia, riesco a capire. A mettere insieme i pezzi.
I pezzi di un puzzle che non riuscivo a far quadrare. Che volevo avesse un determinato disegno che in realtà non era nemmeno nella copertina. Fino ad adesso.
" Avrei voluto dirtelo prima. " ammette in tono sommesso Peeta, con lo sguardo basso, imbarazzato. Voglioso di una crepa che lo risucchi sotto i piedi.
" Ciao Catnip. " sento dire, appena un momento dopo. Gale, il mio migliore amico, la mia ancora nei momenti bui. L'assassino di mia sorella. Il mio dubbio costante.
Non è necessario pensarci ancora.
Inizio a correre senza voltarmi indietro.

" Katniss, aspetta! " 
La voce di Peeta è già un sussurro lontano, perso nella folata di vento che mi si schianta in faccia. Dal canto suo, Gale non emette un suono. Mi guarda andar via.
Mi guarda lasciarlo solo, solo nelle mani della mia prima scelta. Solo con quello che avrebbe potuto essere il perdente della situazione, ma che aveva vinto. 
Il trofeo, in questo particolare caso, ero io. E non sarei stata di nuovo vittima di quei battibecchi per aggiudicarsi quell'ambito premio. Un bacio, un abbraccio.
I gesti più semplici che, se rivolti a uno piuttosto che a un altro, avrebbero potuto cambiare le cose. Cambiare il destino.

Apro la porta di casa, lasciandola sbattere in balia del tempo.
Sento come un pugno alla bocca dello stomaco. Non riesco a trattenere la sensazione di nausea che mi investe in un attimo, e corro verso il bagno.
Espello tutta la mia umiliazione, tutti i momenti in cui, una vita fa, mi divertivo a giocare coi sentimenti altrui. Fino a che quel giochetto si era ritorto contro di me.
Perchè i giochi finiscono, prima o poi. Che si tratti di morte, che si tratti di stare con qualcuno, che si tratti di quell'indecisione che non svaniva mai. Mai. Mai. Mai.
In quei conati, in quei singhiozzi disperati, avverto l'inizio di un sospetto che diventa verità. Di un'idea folle che prende forma, che diventa concreta.
Apro con debolezza l'ultimo cassetto dell'armadietto del bagno, nel quale siamo abituati a tenere medicinali e cerotti. Nel quale avevo nascosto il fondamento del mio sospetto da quasi due settimane. 

Solo due minuti dopo, cronometrati con maestria dalla mia voglia di contare e di distrarmi, il verdetto mi stravolge come un fulmine a ciel sereno.
Le due linette blu sul test di gravidanza non fanno che confermare quella strana sensazione.

Sono incinta.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10. ***


Capitolo 10.

Note dell'autrice:

Mi scuso con le poche persone che recensiscono se vi ho fatto aspettare così tanto.
Ringrazio le tante persone che, silenziosamente, hanno messo la storia tra le seguite o tra le preferite.
In questo capitolo vedrete quanto Katniss, per amore, sia cambiata. Passando dalla rabbia all'amore più totale in un giorno neppure.
 Spero che il capitolo vi piaccia!



Pov Peeta.



Quando, nel corso degli anni, ti abitui a dipendere da una persona non ne puoi più fare a meno.
Il legame che ti lega a quella persona si ingigantisce nel corso di ogni mese, di ogni anno. A volte, anche solo un minuto insieme può cambiare un rapporto che dura da anni, senza che le persone coinvolte riescano neppure ad accorgersene. E così, in ogni più piccola parte del tuo tempo, tu finisci per abituarti alla presenza di quella persona.
Al suo respiro sul collo quando, in una notte tormentata dagli incubi che non riesci del tutto ad ignorare, riesci a prendere sonno al suo fianco.
Al suo sguardo sorridente, impulsivo, quando ti sente rientrare a casa dopo una giornata di lavoro particolarmente lunga.
Alla sua risata, che a primo impatto potrebbe sembrare stizzita e anche un po' sarcastica, quando le dedichi maggiore attenzione.
E al suo modo di piangere troppo contenitivo, troppo attorcigliato su sé stessa. Al suo modo di reprimere le emozioni che riflette la sua personalità chiusa a riccio.
La cosa che, dopo un ciclo del genere che dura ormai da anni, ti spezza definitivamente è sentire che quella persona ti sta scivolando via dalle mani.
La cosa che ti lacera è il pensiero che da quel momento, il filo che vi univa saldamente si è totalmente spezzato.
Portando con sé anche una parte di te.
Portando con sé anche quella persona a cui ti eri così abituato.
E' questa la sensazione che ho provato vedendo scappare via, con le lacrime agli occhi, Katniss.
Immaginavo che la vista di Gale, dopo tutto questo tempo, non le avrebbe certo portato allegria, ma neanche avevo ipotizzato una reazione simile.
Il disgusto con cui mi ha squadrato non riesce ad uscirmi dalla mente.

"Le cose non devono andare troppo bene tra voi, a quanto vedo."
Il commento di Gale, il tono compiaciuto di chi ha appena assistito a qualcosa di suo gradimento, è stato la ciliegina sulla torta.
Avrei voluto replicare, dirgli che si stava sbagliando, che io e Katniss non avevamo niente che non andava. Ma con che coraggio potevo farlo? 
Sarebbe stato peggio di una bugia. Negare l'evidenza per la troppa paura, per non voler dare una soddisfazione a qualcuno che ti disprezza.
Qualcuno che vedendo come tutto quello che ti è caro stia andando a fondo in un mare di complicazioni, non solo non ti getterà un salvagente o semplicemente qualcosa a cui aggrapparti per far sì che tu riesca a salvarti. Quel qualcuno sarebbe in grado di lanciarti un'ancora arrugginita, giusto per avere il piacere di vederti sprofondare con maggiore rapidità. Uno spreco minore di tempo, dal mio punto di vista.
"Che spirito d'osservazione, Gale." mi limito a rispondere, con una nota acida nella voce.
Lo accompagno nelle vicinanze del Distretto dove, a suo dire, c'è un suo vecchio amico disposto ad ospitarlo.
Scaccio via per un attimo l'immagine di Gale che, come fosse niente, sbatte i suoi pochi bagagli per terra, sul pavimento della nostra casa e ringrazio mentalmente la persona misteriosa che mi ha inconsapevolmente salvato da quella malaugurata sorte. 

Mi accorgo che, in silenzio e senza scambiarci nemmeno un sospiro, siamo già arrivati alla soglia di casa mia.
Gale, con un sorriso strafottente sul viso non troppo corrucciato dagli anni, è tuttora alle mie spalle, in attesa.
"Non avevi un amico che ti ospitava?"
"Si dà il caso che l'amico in questione sia il vostro vicino di casa. Spostati, mi stanno aspettando." ribatte lui, attraversando la strada in poche falcate e raggiungendo, in altrettanto poco tempo, la soglia della casa di Haymitch ed Effie. Ci dividono approssimativamente dieci passi.
Dieci maledettissimi passi. Una presa in giro bella e buona.
"Fossi in te non uscirei da quella casa." gli dico, senza alzare troppo la voce.
"Fossi in te mi terrei stretta la tua futura moglie." risponde lui, chiudendosi la pesante porta alle spalle.

Varco l'ingresso sentendo un senso di oppressione e rabbia occludermi le vie respiratorie.
Come se un grosso groppo in gola mi impedisse di rilasciare l'aria, nervosa e satura, nel momento più necessario.
Come se, in partenza, avessi già perso. Senza aver neanche lottato per la donna che amo.
Un singhiozzo, proveniente dal bagno, mi scuote. Un pianto sommesso che conosco da troppo tempo.
Conoscendo Katniss, non vorrà vedermi ancora per un po'. Ma niente mi impedisce di scriverle.
Se c'è una cosa che l'ha sempre riportata da me, sono le mie parole. Il modo in cui riesco a stupirla con una frase, mettendola in posizione di rispondermi con altrettanta dolcezza. Quella dolcezza che, anche dopo una vita insieme, non riesco a strapparle del tutto. Perchè non è da lei. Non è lei.
E se c'è qualcosa che Katniss non ha mai capito, è che la miglior risposta era il battito del suo cuore, rapido e veloce dopo quelle parole così mie.
Prendo un pezzo di carta strappandolo ad un vecchio quaderno trovato in giro, scrivendoci sopra quel che vorrei dirle.
Faccio passare il foglio sotto la porta del bagno, senza aggiungere niente se non un "Leggilo, per favore" rivolto a Katniss.
Passa qualche minuto prima che risponda con una penna trovata chissà dove, senza accennare ad uscire dal suo personale rifugio.

Trascorriamo così il tempo che resta prima di andare a dormire.
Tra fogli che passano davanti e dietro la porta, tra la sua calligrafia non troppo attenta e la mia scrittura fin troppo ordinata.
Tra pezzi di carta strappati da qualsiasi cosa, tra lacrime che finiscono per macchiare e per rendere illeggibili parole intere.
Tra il suo respiro, adesso più calmo e poco affannato, e la mia voglia di sentire il suo corpo leggero sul mio.
Qualche ora dopo, ormai appisolato sul pavimento proprio davanti alla porta del bagno, sento la chiave scattare e la porta aprirsi lieve.
Ne esce una Katniss distrutta, dall'aspetto dolorante. Come se avesse combattuto più e più guerre, là dentro.
"Katniss, ma che cos..."
Interrompendomi nel bel mezzo della mia domanda, Katniss si avvicina a me, prendendomi la mano tra le sue e posandola sulla pancia.
"Che significa?"
"Adesso non senti nulla, ma tra qualche mese non sarà più così."
"Questo vuol dire che..."
"Sì, Peeta: aspetto un bambino." mi dice.





 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***



Capitolo 11.
 

Note dell'autrice:
Ebbene sì, dopo tre lunghissimi mesi sono tornata.
Dire che mi dispiace e che vorrei non essere sparita di nuovo è riduttivo e non voglio essere ripetitiva.
Mi sorprende vedere che nonostante tutto mi seguite in 54, e che 30 persone mi hanno messo tra le preferite. (o al contrario, non ricordo bene!)
Che dire? Spero che questo capitolo vi piaccia, anche se più lungo e un po ' diverso dal solito. Con un finale decisamente da me!

 






Pov Katniss.




Il tempo mi terrorizza. Perché? Perché è una delle poche cose che non sono mai stata in grado di controllare in vita mia.
Non era nelle mie mani da piccola, quando, dopo una dozzina di anni passati a sorridere insieme, il tempo stesso decise di strappare via la vita di mio padre.
Non era in mio possesso quando una dannata bomba zittì Prim per sempre, senza darle l'occasione di combattere per una guerra che io avevo causato.
Morta per colpa mia, per la brama di un potere che ha saputo accecarmi, morta per colpa di Gale, di quell'uomo che vive indisturbato a pochi passi da me.
E il tempo adesso è qui, dentro di me, poco sopra il mio stomaco, appena sotto al cuore che batte.
Un qualcosa che cresce, che chiede di poter vivere tranquillo.
Peeta lo aveva sempre desiderato.
Un piccolo lui - o una piccola me, nel peggiore dei casi - da poter guardare con occhi che brillano. Con lo sguardo che mi aveva fatto scegliere.
Tre mesi sono passati, il matrimonio si fa vicino e la paura cresce al passo col bambino che porto in grembo.
"Pronta per l'ecografia?" mi chiede Peeta, accarezzando piano la pancia, appena rigonfia.
"Diciamo di sì. Sicuro di non poter venire?" chiedo di rimando io. Il solo pensiero di affrontare tutto da sola mi fa venire l'acqua alla gola.
"Purtroppo no, ho qualche commissione da sbrigare. Ma tranquilla, non sarai sola!"
Peeta mi rivolge un occhiolino fulmineo, senza dare spiegazioni, prima di aprire alla porta.
Prima ancora che possa chiedergli chi mi accompagnerà in quel tunnel degli orrori, tra mamme entusiaste e discorsi su pannolini, vedo Haymitch entrare in casa. Non c'è mai fine al peggio.
"Haymitch, puoi scusarci un attimo?" dico, fingendo un sorriso che il mio vecchio mentore non riesce nemmeno a cogliere.
Trascino Peeta per il bavero della giacca, fino ad arrivare nella camera più vicina che trovo. Lo faccio sedere sul pavimento del bagno senza troppa delicatezza.
Peeta, dal canto suo, mi guarda stordito, come se non sapesse nemmeno dove si trova e per quale oscuro motivo.
"Ma che ti prende?" Il suo tono sorpreso, quasi caduto dalle nuvole, non fa che aumentare la mia irritazione.
"Prima mi esasperi per questo dannato bambino e quando dovresti esserci mandi Haymitch? Non hai trovato un rimpiazzo migliore?" urlo a perdifiato.
Non cerco di mascherare la mia rabbia dietro la scusa degli ormoni. Mi costringo a non provare neanche un briciolo di compassione per il ragazzo del pane.
Peeta sembra vergognarsi per un momento della sua scelta, si guarda i piedi desiderando soltanto di sprofondare nel pavimento, di essere inghiottito senza mai tornare più.
"Credevo di farti un piacere. Effie si era offerta subito, ma avrebbe parlato di tutte quelle cose che tu normalmente detesti."
La sua voce si incrina appena, in una nota di dispiacere che è capace di farmi accusare il colpo. Ancora una volta, la mia forza distruttiva ha avuto la meglio.
"Scusa, non l'avevo considerato sotto questa prospettiva."
"Non importa, sono gli ormoni, no?" suggerisce lui, scusandomi ancora. Così come lo avevo portato lì, lo afferro per il colletto, avvicinandolo a me.
Non lo lascio andare prima di avergli estorto un bacio lieve, soffuso come le luci di una giornata che sta già volgendo al termine. "Ti amo, lo sai?" gli ricordo, prima di lasciarlo andare via. Haymitch, con la naturalezza che lo contraddistingue, mi prende sottobraccio, accompagnandomi in quella che si prospetta come una lunga, lunghissima giornata.



 
*****
 
Cammino con gli occhi bassi, senza proferire parola. Osservo il lastricato che si srotola sotto i miei piedi con una cura impressionante.
Haymitch non accenna a voler parlare, se ne sta a un metro da me, apparentemente così vicino da poter sentire l'alito colmo d'alcool, ma allo stesso tempo così lontano. Eccoci: due scorbutici, vecchi spiriti solitari. Un attimo prima sotto le luci della ribalta, un attimo dopo nascosti nel proprio bozzolo incrollabile.
"E comunque, dolcezza, dovresti imparare ad abbassare il tono. Le pareti di casa vostra sono sottilissime." mi fa notare con la solita punta di sarcasmo.
"Ti prego, almeno tu non dirmi cosa devo fare. Ultimamente Peeta mi tratta come se potessi rompermi da un momento all'altro." replico, acida.
Penso ai giorni passati, alla voglia di Peeta di starmi vicino, alla sua premura incontrollabile nei miei confronti.
Ai suoi continui "come stai?", alla sua voglia di essere padre.
Penso a quanto tutto mi stia sfuggendo di mano negli ultimi mesi. Penso ad un paio d'occhi grigi che, troppo tempo fa, mi ero promessa di dimenticare.
Arriviamo dal dottore nel giro di un quarto d'ora, e in un batter d'occhio siamo circondati da occhi curiosi. Gli occhi di chi, guardandomi, nota subito la mia pancia. Haymitch riesce ad allontanarmi in tempo dalle domande che sicuramente mi sarebbero piombate addosso, facendomi entrare in una sala d'attesa  poco meno affollata. Gli bisbiglio un "grazie" striminzito, sperando che se lo farà bastare.
La porta a lato della mia sedia si apre, ne fa capolino un uomo distinto, un vecchio dottore che ricordo di aver visto, in una veste più giovane, all'ospedale del Distretto 13. "Signorina Everdeen, tocca a lei!" urla, pur essendomi davanti.
Chiedo, con un cenno della mano, ad Haymitch di accompagnarmi e sento la sua stretta sulla mia spalla, come a sorreggermi.
Il dottore, senza nemmeno presentarsi, mi fa stendere su un lettino asettico, sciancato dalle tante persone che negli anni si erano posate sopra. Lo sento scricchiolare sotto il mio peso.
L'uomo mi chiede di alzarmi la maglia mentre Haymitch, istintivamente, si volta dall'altra parte, fissando la porta bianca per evitare di guardarmi.
"Signor Abernathy, se vuole può avvicinarsi." mormora all'improvviso il vecchio dottore, invitandolo a non allontanarsi ulteriormente.
Mi basta vedere la faccia di Haymitch, a metà tra l'imbarazzato e l'esausto, per capire quanto non vorrebbe trovarsi qui con me oggi.
Dopo tanti anni passati a casa con Effie, ha imparato milioni di modi per esprimere esasperazione soltanto utilizzando la mimica facciale.
Il dottore, una volta avvicinato un sempre più irritato Haymitch, spalma una sostanza gelatinosa sulla mia pancia, noncurante del brivido che essa mi provoca all'istante.
"Tranquilla Katniss, il gel non piace a nessuno. E dove avete lasciato Peeta?" chiede, curioso come le donne incinte nell'altra sala.
"In un posto sicuramente migliore di questo, dottore." risponde Haymitch, al posto mio.
Il dottore si limita a sorridere, incerto sul da farsi. "Vorresti sapere il sesso del bambino?"
Mi accorgo di aver annuito solo quando il dottore, con aria complice, mi dice: "Complimenti, Katniss, è una bambina."
"Speriamo non prenda dalla mamma!" ribatte Haymitch, divertito dal siparietto.
Sento un calore strano avvolgermi il petto, la stessa strana sensazione che ho provato in una grotta, e poi su una spiaggia bianchissima, e ancora e ancora.
Una sensazione che le persone comuni chiamano "amore" o "felicità", una sensazione che scelgo di non nominare in nessun modo, che ho voluto provare con Peeta e solo con lui.
...O forse no?

 
 

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12.

 

 

Note dell’autrice:

Lo so, è passato un mese e sono l’autrice più lenta che sia mai esistita.

Ma piuttosto che scrivere una schifezza preferisco aspettare. Anche se, molto probabilmente, farà tutto schifo lo stesso. In ogni caso, per voi che in questi giorni freddi vorreste qualcuno che vi faccia sorridere un po’, ecco un po’ di concentrato di Peeta tutto per voi. Hope you like it!

 

Pov Peeta.

 

Manca soltanto un mese al matrimonio.

Sono passate le stagioni senza che nemmeno ce ne accorgessimo.

Siamo passati con una velocità assurda dal mettere le palline dorate sull’albero di Natale, nascondendo anche quest’anno le decorazione che Effie cerca costantemente di rifilarci, all’andare in giro per il Distretto 12 senza avere brividi di freddo, sentendo il calore fiacco del sole sbattere sulla nostra pelle, portando quel po’ di rilassatezza che può sempre servire.

E mentre l’orlo delle maniche delle nostre maglie si accorciava, la pancia di Katniss è cresciuta a dismisura, passando da un leggero gonfiore, sufficiente perché io la potessi prendere un po’ in giro, negandole i dolci del forno, ad un vero e proprio pancione, teso.

Un piccolo mondo assestante che ogni tanto sussulta, a causa del piccolo terremoto che ospita.

Ed ogni calcio che la bambina tira, Katniss si annulla un po’ di più. Per quel secondo, il sorriso svanisce, la preoccupazione le scurisce il viso, la pressione scende per un attimo, tanto da doversi sedere per non crollare a terra. Gli incubi sono peggiorati e le occhiaie lo dimostrano.

«È solo stress, manca poco al matrimonio e anche alla nascita della bambina…Sono solo un po’ sotto pressione, ecco tutto.» È così che tenta di giustificarsi, quando le reggo la fronte per le nausee mattutine, quando sviene all’improvviso e il mondo sembra crollarle sotto i piedi.

Ogni volta, reprimo un «Non è solo stress» per non agitarla ulteriormente. Ma amare qualcuno, averlo sempre amato incondizionatamente, significa accorgersi di ogni piccolezza, dare peso a tutto, anche quando non è opportuno farlo. Quando può portare a qualcosa.

Ho deciso di invitare Gale a cena con uno scopo preciso: scoprire se i miei sospetti, se gli incubi che nascondo da troppe settimane a Katniss, sono fondati o meno.

E mai quanto oggi vorrei sbagliare, vorrei dimostrare di non conoscerla affatto.

Il problema potrebbe essere che a Katniss di questa nostra cena non ho accennato nulla, con la scusa che Effie la porta fuori città per «una grande grande sessione di shopping!» di cui sono felice di non conoscere nei dettagli.

«Sei bellissima, tesoro.» le dico al volo, passandole la borsa nera ed aiutandola ad entrare nel trench regalatole da Effie giusto qualche anno fa che, ora come ora, inizia a starle stretto.

«E tu sei sempre troppo gentile. Sicuro di non voler venire?»

«Adoro Effie, ma credo che passerò, per stavolta. Ti aspetto.» le mormoro gentile, mentre sento il cuore stringersi per il senso di colpa. Katniss, ignara dei miei pensieri e della mia preoccupazione ormai perenne, si stringe a me con trasporto, leggera nonostante il peso acquistato in queste settimane, lasciando un piccolo bacio all’angolo della bocca.

Le sue labbra patinate di rossetto mi lasciano il segno e cerco di togliere le traccia sfregandoci sopra il dorso della mano, quando chiudo la porta alle mie spalle e, con gli occhi, inizio a seguire con ansia lo spostarsi delle lancette sul grande orologio della cucina.

Nemmeno un minuto dopo, qualcuno bussa alla porta, con una tale energia da poter attribuire istintivamente a Gale. Di malavoglia, mi trascino verso il portone, che apro senza troppo entusiasmo. E come potrei essere euforico? Le gambe tremano, la mente si fa fitta di pensieri.

«A cosa devo il piacere di questa cena?» chiede ironico Gale, calcando con enfasi il termine piacere, come se fare quattro passi, dalla casa di Haymitch ed Effie alla nostra, fosse stato uno sforzo immane anche per un ex minatore come lui. Come se importasse.

«Sarà tutto fuorché un piacere, stanne certo. Entra, forza.» dico, a denti stretti. Il solo vederlo entrare nella nostra casa, poggiare con passo pesante le scarpe coperte di fango sul pavimento che io Katniss calpestiamo. È un intruso in quello che io e lei abbiamo costruito insieme.

Gale si siede senza troppi complimenti sul divano, sprimacciando un cuscino e poggiandolo sotto il collo. Come se fosse a casa propria, col suo amico di sempre.

«Non voglio fare giri di parole: c’è stato qualcosa tra te e Katniss, di recente?»

Il solo tirar fuori quel che da troppo mi tormenta, il dirlo ad alta voce e non più solo nella mia mente, mi fa desiderare di poter sprofondare nel pavimento e non fare più ritorno. Qualunque sia la risposta di Gale, la soddisfazione per lui sarà immane: anche se solo per un istante, capirà che la sua presenza qui è riuscita a farmi mancare la terra sotto i piedi.

«E perché non chiederlo alla diretta interessata?»

La voce che sento non è di Gale, che se ne sta sul divano con una faccia a metà tra il compiaciuto e il sorpreso, ma Katniss che, con gli occhi lucidi neri del mascara colato, sta sulla soglia del portone, semiaperto.

«Katniss, io…»

«No, basta. Tolgo il disturbo. Non posso vivere con qualcuno che non si fida di me.»

Prima di andarsene, si avvicina a me, il mio cuore fa un sussulto nella speranza che cambi idea. Con delicatezza ed un movimento lento che proprio non le si addice, sento qualcosa scivolare piano nella mia mano fin quando Katniss la chiude, andandosene senza voltarsi.

Sento le tempie pulsare quando vedo cosa c’è all’interno della mia mano: l’anello di fidanzamento, luccicante e ancora bagnato dalle lacrime della persona che amo di più.

 

 

 

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Capitolo 14
*** Fine. ***


"Fine" è una parola che odio.
Però, negli anni, ho capito che a volte è necessario. 
A volte, è necessario mettere un punto a qualcosa che non ci entusiasma più.
Ed è il caso di questa fanfiction. Questa, sarà la fine. 
I motivi sono tanti, dal più banale al più serio. Non c'entrano le recensioni.
Non c'entra la mancanza di tempo, o meglio, è una delle motivazioni, ma sono convinta che se ami scrivere una storia il tempo lo trovi sempre.
E io, nonostante i goffi tentativi di riprendere in mano questa storia, stavolta non sono riuscita ad andare avanti.
Il vero motivo è che mi constringevo a scrivere questa storia. Scrivevo per voi, perché dovevate avere un finale.
Scrivevo in un certo senso per dovere e il risultato, per quanto mi riguarda, è scadente.
Per me non ha senso lasciare per così tanto tempo una storia in sospeso e poi riprenderla come se il tempo non fosse effettivamente passato.
Quindi, se sono qui, non è solo per informarvi della fine prematura della fanfiction ( e che nessuno pensi che non amo più Hunger Games, eh!), ma anche per "svelarvi" come avrebbe dovuto finire la storia.

Avrei voluto protrarre per qualche tempo lo stato di tensione tra Peeta e Katniss, ovviamente mettendo sempre in mezzo la situazione con Gale. Per aggravvare il tutto, Katniss, in un momento di debolezza avrebbe baciato Gale, spinta dalle sue continue provocazioni. Avrebbe deciso di tenere Peeta all'oscuro di tutto, tornando alla vita prima del matrimonio e soprattutto all'ansia per i pochi mesi alla fine della sua dolce attesa. 
Solo il giorno prima del matrimonio, schiacciata dalla pressione e vedendo Gale praticamente tutti i giorni, Katniss decide di confessare del bacio a Peeta.
Peeta si sentirà tradito, solo. La seconda scelta di Katniss per l'ennesima volta. E l'avverte che non ha la certezza di presentarsi all'altare, l'indomani.
Il grande giorno arriva tra il nervosismo di tutti. Torneranno Annie col figlio, la madre di Katniss ed Effie e Haymitch. 
Pr svariate ore, Peeta non si fa vivo.
Solo quando Katniss sta per lasciare la chiesa, Peeta si presenta, col un sorriso sincero stampato in faccia. Gale, nello stesso momento, esce dalla chiesa.
La storia, quindi, finisce con l'ennesima dimostrazione di quanto Peeta riesca ad amare incondizionatamente Katniss, nonostante tutto.

Grazie a chi ha seguito questa storia e mi ha spinto a continuare.
Grazie davvero. 

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