io e te

di stella995
(/viewuser.php?uid=570675)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1: IO ***
Capitolo 2: *** libertà ***
Capitolo 3: *** nuove conoscenze ***
Capitolo 4: *** Vergogna ***
Capitolo 5: *** Cambiamenti ***
Capitolo 6: *** restituzione ***



Capitolo 1
*** capitolo 1: IO ***


Salve a tutti, sono stella995 e questa è la prima storia che pubblico. non pensavo di pubblicare una storia originale ma era lì da un po' e così ora eccola qua. Bando alle ciance, buona lettura.
ps: le recensioni sono gradite, anche negative.
Capitolo uno: Io
 
Mi guardai allo specchio. Sistemai i capelli castano chiaro appena piastrati dietro le spalle; in realtà li avevo mossi ma preferivo averli lisci perché le mie amiche li avevano così. Aprii l’ anta dell’ armadio trovai la minigonna bianca e la maglietta rossa che volevo indossare, corsi in bagno a truccarmi, presi scarpe e borsa ma il cellulare vibrò, Jessica mi aveva mandato un messaggio!
“Eli questa sera i miei non ci sono!
Ciò vuol dire festa a casa mia!
Nat e Greta portano da bere,
Invita tutte le persone che conosci.
Sarà una serata da sballo!!!”
Io e le mie amiche uscivamo ogni sabato sera o altrimenti ci trovavamo a casa di una di noi.
Annullai tutti i miei impegni e feci come mi aveva detto Jessica. Sentivo che sarebbe stata una serata esplosiva.
 
 
Avevo sedici anni, vivevo in un piccolo paesino di cui nessuno sapeva l’esistenza, tutto là mi annoiava. Per me era l’età della libertà.
Spesso volevo scappare e andare in una grande città. Ogni sabato io e le mie amiche ce ne andavamo a Milano per svagarci e dimenticare l’orrendo posto in cui ci costringevano a vivere.
La mia famiglia avrebbe potuto permettersi di più ma i miei genitori avevano preferito rimanere là, mentre i miei desideri erano totalmente opposti ai loro e questo non mi aiutava.
Mia madre da giovane era bellissima, faceva la modella, e ciò m’infastidiva molto perché da lei ho ereditato solo i capelli castani, mentre mio fratello da lei ha preso tutto.
Marco aveva due anni in meno di me, era un ragazzo molto timido e per questo non lo sopportavo. Io ero una ragazza scatenata e un po’ pazza, mentre lui era tutto il contrario, timido e riservato, tanto che a volte non mi sembrava di essere fratelli.
Mio padre lavorava lontano e non era quasi mai a casa. Quando c’era tutte le attenzioni erano per mio fratello e a me non andava giù.
L’unica gioia era un cane di nome Mappy, una dolce cagnolina di un anno e mezzo, non di razza; l'avevamo trovata nel bosco vicino a casa di quattro mesi, nessuno di noi aveva avuto il coraggio di portarla al canile, così era rimasta. Non la si poteva mai lasciare da sola in casa perché avrebbe distrutto tutto mentre giocava e così le avevamo costruito una cuccia comoda in un angolino vicino alla porta di ingresso, in modo che potesse sempre entrare in casa durante la notte.
 
Le mie amiche si chiamavano Natalie, Jessica e Greta. Nel tempo erano cambiate, avevano deciso di comportarsi da “adulte”, farsi notare dai ragazzi, farsi desiderare e sedurli ed io da sciocca qual ero seguii le loro scelte. Ogni settimana conoscevamo ragazzi diversi, ci divertivamo senza affezionarci mai.
Loro erano belle ma io non mi sentivo mai all’altezza. Ero una ragazza mediocre e insignificante; loro invece no.
 
Nel tempo libero adoravo ascoltare la musica, uscire con le amiche e passare con loro giornate intere. Quando eravamo insieme parlavamo di ragazzi, di feste, facevamo scommesse e scherzi a chi ci stava antipatico e spesso dormivamo tutte assieme.
Nelle sere estive la cosa che però mi piaceva di più era andare a sdraiarmi in un campo vicino a casa mia e osservare le stelle; mi facevano riflettere e mi piaceva pensare che ovunque fossi stata le avrei viste e che loro sarebbero state sempre in cielo, solo per me, solo perché io potessi ammirarle.
 
Ero una ragazza ribelle e molto disordinata, infatti lo era anche la mia camera. Le pareti erano verde chiaro ma del muro si potevano intravedere solo alcuni spiragli perché era tappezzato da poster di cantanti, attori e modelli. Il mio letto sarebbe stato perennemente sfatto, se non fosse stato per mia madre che ogni mattina passava a rifarlo. La scrivania era coperta di fogli sparsi, libri mai aperti e un computer.
Dentro il mio armadio enorme ci sarebbe potuto stare tutto, ma quando lo aprivo i vestiti uscivano, travolgendomi. E poi, non sempre li riponevo via ma li appoggiavo su una sedia bianca, vicino al letto, stropicciati e appallottolati, cosicché tutte le volte che volevo metterli erano inutilizzabili.
Sulla parete era attaccato un grande specchio, in cui amavo specchiarmi per ore, ma l’oggetto più importante della stanza era un piccolo cofanetto blu, dove tenevo lettere, vecchie fotografie e biglietti di concerti, insomma i miei ricordi più importanti.
Vicino alla mia camera c’era lo sgabuzzino, dove erano riposte tutte le borse e le scarpe. Compravo almeno un paio di scarpe e una borsa al mese, ne avevo di tutti i generi e di tutte le marche, mi piaceva abbinarle ai vestiti, ammirarle tutte in fila, schierate sugli scaffali come in una boutique di alta moda. Erano tutte bellissime ma le scarpe che mi piacevano di più e che indossavo più frequentemente erano quelle con i tacchi.
 
Quella sera per prima cosa decisi di cambiarmi: tirai fuori dall’armadio un tubino bianco molto corto a cui abbinai un paio di scarpe blu con tacco, che avevo comprato il giorno prima. Misi un cerchietto nero tra i capelli e mi truccai in modo che si intonasse al vestito. Dato che eravamo a maggio infilai in borsa un coprispalle dello stesso colore delle scarpe, per non sentire freddo quando sarei tornata a casa.
 
La festa era stata devastante come avevo previsto. Tornata a casa mi coricai sul letto e mi addormentai profondamente, senza neanche svestirmi.
Il giorno seguente la vita ricominciò monotona; passarono i giorni, rotti da qualche giornata in centro e da qualche festa.
Poi in un attimo la cruda realtà mi si parò davanti agli occhi e dovetti guardarla: finalmente riuscii a capire quali erano le cose importanti della vita. Capii che la vita che facevo era basata sulla finzione, sulle cose superficiali, sui vestiti che indossavo, sulle feste a cui andavo, sui pettegolezzi.
Tutto questo lo scoprii in tre mesi, con una semplice punizione che mi sembrò eterna.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** libertà ***


Capitolo 2: Libertà
I primi giorni della mia segregazione passavo ore a piangere davanti allo specchio pensando a quella notte fuori casa. Pensavo che la cosa più fastidiosa fosse la prigionia. Non era vero…odiavo la pacatezza dei miei genitori nel momento in cui mi dissero che ero in punizione.Se avessero urlato,se si fossero sfogati mi sarei sentita meglio.Ne ero certa,non mi sarei sentita così frustata; sembrava che i miei genitori si vergognassero così tanto di me, che volevo solo sprofondare ancora di più sottoterra. Mia madre non mi aveva rivolto la parola per tutto il giorno, papà invece mi aveva chiesto il perché di questo mio colpo di testa, questo mio mutismo ostentato. Avevo risposto in modo vago, dicendo che non ci avevo pensato, e nonostante tutto lui mi perdonò. La mamma,lunedì sera,entrò in camera mia e me lo chiese e risposi come a papà,ma in quell’istante mi sentii ancora più in colpa. Da quella sera ebbi finalmente qualcosa a cui pensare, qualcosa che non fossero vestiti o superficialità; tutte quelle bugie mi avevano distrutta.

Poi a scuola Jessica, Nat e Greta mi avevano offerto una sfida:appena fosse finita la punizione avrei dovuto far innamorare di me Davide,il secchione della classe. Avevo accettato di impeto e subito mi ero pentita; arrivata a casa ero arrabbiata da far paura con me stessa… perché io,perché lui… non capivo davvero che mi fosse preso. Io non ero così, dovevo essere come loro, ma più ci pensavo più mi sentivo stupida, infantile e vergognosa.

Un giorno aprii l’armadio e vidi il vestito di quella sera,la sera più brutta della mia vita; chiusi l’anta con violenza e le lacrime fecero la loro comparsa. “Dannazione…che cosa ho fatto?”.Mi sforzai di ricordare ma non ci riuscii… ero frustrata, distrutta perché sembrava che tutti i ricordi di quella maledetta notte mi fossero stati strappati Poi Davide si impossessò della mia mente: come potevo riuscire a farlo innamorare di me? Ci sarei riuscita? Avrei avuto il coraggio di fargli questo sgarro? Si… lo avrei fatto,per il mio orgoglio personale. Ce l’avrei fatta, avrei dimostrato di non essere debole. Ma qualcos’altro mi spingeva: mi era sempre piaciuto. Fin dal primo giorno che lo avevo visto avevo sentito una forte attrazione, ma avevo soppresso tutto perché io non ero fatta per lui, come lui non era il tipo per me. Ma questa occasione era caduta dal cielo e io l’avevo colta al volo. In fondo ero solo una ragazzina superficiale.


Ero libera, i tre mesi sono finiti. Dovevo riuscirci, fargliela vedere a quelle tre… Uscii felice da casa; misi la gonna nera,la mia preferita,con una maglietta scollata e la giacca di pelle, la borsa sulle spalle e le scarpe con il tacco. Corsi in piazza dove mi aspettavano Jessica,Nathalie e Greta, così quando arrivai mi salutarono e io diedi la bella notizia: ero libera.
Nathalie mi disse: -Eh già. Ora devi riuscire a farlo cadere in trappola.-
Deglutii -Giusto …non c’è un limite di tempo vero?-.
-No tranquilla. Prenditi tutto il tempo che vuoi- Greta lo disse con sfida. La fissai un po’ sorpresa. Se pensavano che non ci sarei riuscita si sbagliavano di grosso. Sul pullman pensai alla sfida… che stronzata, avevo deciso di cambiare,ma le abitudini sono dure a morire. Sarebbe stata l’ultima cosa che avrei fatto per loro…erano mie amiche da tempo,ma lo erano veramente? Mi volevano bene o volevano umiliarmi? Ci pensai e capii che la seconda possibilità era la più probabile. Bastava vedere come si scambiavano certi sguardi,di scherno,di sarcasmo e cattiveria…
Disperata,volevo scappare lontano, dimenticare tutto, togliermele dai piedi. Ma non potevo, non ci sarei riuscita senza qualcuno al mio fianco che mi sostenesse, ma io quella persona non ce l’avevo…ero sola. Scesi dall’autobus con la testa pesante e mi trascinai dentro la mia classe, non ero pronta ad affrontare l’ignoto. Cavolo avevano cambiato i banchi,non erano più a coppie,ma a terne.
-Elisa,non ti dispiace se io,Nat e Greta ci sediamo vicine,vero?-
-No,Jess,è tutto a posto…- per fortuna questa nuova disposizione era capitata a fagiolo. Cercai un posto lontano da loro e vidi una ragazza nuova tutta sola. Non sapevo il perché, ma mi avvicinai alla nuova arrivata.
-Ciao -
-Ciao - era timida,però mi dava un senso di tranquillità. Ci riprovai.
-Non mi sono ancora presentata,io sono…-
-Elisa,si lo so. Abiti vicino a me. Tu al 9,io all’11 -
-Oh…- arrossii violentemente,non lo sapevo - sì è vero,che coincidenza! -
-È vero, sono io che non mi sono presentata:io sono Serena -. Ci stringemmo la mano sorridendo. Parlammo tutta la mattina, nell’intervallo, fuori aspettando il pullman. Qualche volta guardai Jessica:era arrabbiata, si vedeva lontano un miglio ma non mi importava proprio per niente.
note dell'autore: 
eccomi qua. sono in ritardo, un ritardo imperdonabile, ma avevo gli esami che mi opprimevano e come si dice "prima il dovere poi il piacere".
ora prometto che aggiornerò regolarmente. al prossimo capitolo!!!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** nuove conoscenze ***


Capitolo 3: nuove conoscenze

Nel viaggio di ritorno continuammo a parlare. - Quindi ti piace la musica…-
-Sì, tanto. Dovresti vedere la mia stanza: tutte le pareti sono tappezzate di poster. Sai, dormo da sola, perché mio fratello ha una camera tutta sua. Siamo totalmente diversi, ma gli voglio bene. Hai fratelli o sorelle?-
-No, sono figlia unica. Mia madre avrebbe voluto tanto che mi arrivasse un fratellino, ma non è mai arrivato, così mio padre mi aveva regalato un animale, per non farmi sentire sola e arrivò Pepe, il mio coniglietto. Gli voglio molto bene, senza mi sentirei persa. Sei fortunata ad avere un fratello.-
-Dipende dai punti di vista, a volte vorrei tanto essere figlia unica. Davvero molto spesso non lo sopporto perchè io sono molto estroversa, lui è di una timidezza che dopo un po’ snerva!-
-Ahahah - scoppiò a ridere -scusa, è più forte di me. Tuo fratello lo immaginavo esattamente come te, un vulcano!-
-Magari, anche fisicamente lo è, io sono castana, occhi marroni mentre lui è castano con gli occhi verdi, magro magro - arrossii violentemente facendo scoprire la mia profonda gelosia.
-Dimmi un po’: sei invidiosa, vero? Non di me, di lui-
-Molto, i miei genitori vogliono più bene a Marco; non è giusto-
-Secondo me tu non devi esserlo dato che siete diversi, è normale-
-Prima o poi te lo farò conoscere, e allora capirai-
-Ok, senti la tua amica lì dietro sembra un po’arrabbiata- Mi voltai e con la coda dell’occhio vidi Jessica, Nathalie e Greta livide di rabbia.
-Credo di si. Jess non è abituata ad essere lasciata in disparte-
-Ma… non lo è, tutti quei ragazzi sono lì per lei - risi della sua affermazione.
-Si, è così. Ma senza le sue “amiche” non è niente. Vuole comandare; non sopporta che io stia assieme a te adesso. L’ho scoperto poco fa vuole essere considerata “l’ape regina”, tutti devono pendere dalle sue labbra. Sai durante la mia punizione non mi ha cagata tanto-
- Punizione???- mi morsi la lingua. Non volevo mentirle, ma non potevo dirglielo. - Ti racconterò poi. Non è il caso di parlarne ora, non qui. Vieni a studiare con me per il prossimo compito in classe?-
- Devo chiedere a mamma, ma credo che mi lascerà volentieri. Sai essendo nuova non ho molti amici.-
-Sarà divertente. Eccoci; siamo già arrivate?!-
-Sì. Ma possiamo tornare a casa insieme, stordita. O te lo sei dimenticato?- In piazza l’aspettava sua madre. -Mamma, lei è Elisa.-
-Buongiorno signora.-
-Chiamami Eleonora-
-Ok, Eleonora.-. Tornammo a casa a piedi, tutte e tre assieme. Eleonora stava leggermente indietro rispetto a noi due, per lasciarci parlare.Le salutai ed entrai in casa.
-Eccomi-
-Ciao tesoro. Com’è andata a scuola?- mia madre non capiva che non ero più una bambinetta.
-Bene, ma’.-
-Ho visto che parlavi con le nostre vicine…- forse cambiai espressione perché subito si corresse -Cioè non ti vedevo arrivare e mi sono preoccupata.- la capii; dopo quella sera era diventata molto ansiosa.
-Beh, sì- le sorrisi. -Serena è la mia compagna di banco; abbiamo iniziato a parlare e mi sono trattenuta un po’ di più-
-Sai, sua madre, Eleonora, era la mia compagna di banco al liceo. Eravamo molto amiche, poi lei si è sposata e ci siamo perse di vista. Forse oggi vado a dare loro il benvenuto. Sono sole e ora non conoscono bene il vicinato.-
- Posso venire anch’io?- scoppiò a ridere.
-Ma certo. Non ti può che fare del bene.- Suonammo al loro campanello. Ad aprirci fu Serena.
-Ciao Elisa. Lei è tua madre, vero?- Eleonora sbucò dalla cucina. Appena vide mia madre sgranò gli occhi e balbettò
- Chiara? Sei proprio tu?-
-Sì Ele, proprio io. Ne è passato di tempo.-
-Già. Ma non restate sulla porta, entrate pure, su accomodatevi.- entrammo nel loro salotto. I divani erano di color crema e molto soffici. Ci sedemmo e parlammo per qualche ora, fino a che mia madre non si ricordò che era ora di cena. Salutammo e tornammo a casa.
Passarono i giorni; io e Serena stavamo diventando amiche. Jessica, Nathalie e Greta non mi rivolgevano più la parola, ma non m’importava. Era il modo in cui mi fissavano che mi dava fastidio. Un giorno Nathalie venne da me e mi ricordò la sfida.
-Anche se non t’interessa più nulla di noi, devi conquistare Davide lo stesso o non riuscirai più a mettere il nasino fuori dalla porta della tua camera. Ciao, ciao.- Avrei avuto voglia di sbattere la testa contro il muro, ma arrivò Serena.
-Dobbiamo entrare in classe.-
-Arrivo- Mi sentii male; le avevo mentito, ma presto le avrei detto tutta la verità, sul mio passato con loro, ma anche della mia più grande vergogna. Lei non mi avrebbe giudicata…forse.

Note dell'autore:
Saaalve a tutti!!! Ho aggiornato subito, subito visto che ne ho la possibilità. Mi piacerebbe sapere cosa pensate della storia. sapete si accetta di tutto ( anche gli schizzi di pomodoro, possibilmente non marcio :-P) quindi... perfavore lasciatemi una recensione anche piccolina (anche solo BUUUU). Vabbe lasciamo da parte gli scherzi... Baciiiiiii

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Vergogna ***


Capitolo 4: Vergogna
 
Ero in camera e presi tutto il coraggio che avevo, iniziai a scrivere all’unica amica che avevo veramente dato che sapevo di potermi fidare di lei e che forse avrebbe capito.
 
“Cara Serena,
Devo raccontarti la mia più grande vergogna, il più grande sbaglio della mia vita.
Una sera avevo deciso di uscire con Jessica, Nathalie e Greta… avevo un vestito bellissimo, blu elettrico senza spalline, capelli sciolti che cadevano fluidamente sulle mie piccole spalle, scarpe con i tacchi a spillo, mascara e matita. Non prendermi per superficiale se incomincio così, ma ho bisogno che tu capisca.
Ero sicura che quella sera avrei fatto colpo. Non m’immaginavo quanto avessi ragione; mi sentivo bellissima, pronta a tutto, una stupida insomma. Siamo entrate in un locale e dei ragazzi ci hanno offerto da bere. Poi abbiamo ballato e di nuovo bevuto, bevuto, e bevuto ancora finché le nostre gambe non riuscivano più a sostenere il corpo.
Da quel momento non ricordo più nulla.
Quando mi svegliai avevo un gran mal di testa, attorno a me c’erano delle lenzuola di seta, mobili raffinati e tanti cuscini.
Dopo alcuni secondi mi accorsi che non era casa mia; quando arrivò una leggera corrente che fece tremare il mio coro nudo sentii un rumore che mi fece tornare in me… nella stanza a fianco c’era qualcuno che si stava facendo la doccia, probabilmente lo sconosciuto con cui ero stata.
Piena di vergogna mi rivestii in fretta e senza scoprire chi fosse corsi via da quel luogo che mi aveva tolto l’unica cosa pura che avevo, l’unica parte di me stessa non violata da sciocchezze e frivolezze quotidiane.
Quando arrivi a casa i miei erano molto arrabbiati, perché non li avevo avvisati che avrei passato la notte da Greta. Già, gli mentii per giustificare la mia assenza, ma nulla, neanche le lacrime cacciavano il dolore che provavo. Oltre che svergognata pure bugiarda.
So che a te posso dirlo, che capirai, che non mi giudicherai per il mio passato ma per ciò che è diventata. In te ho scoperto una vera amica, pronta ad ascoltarmi. Perciò spero mi capirai.
                                                                               Elisa               “
 
 
Quando ebbi finito di scrivere il peso che portavo al cuore diminuì, mi misi le cuffie e m’isolai con la musica nella mia stanza.
-Elisa, Elisa! Svegliati!-disse Marco.
Mentre ascoltavo la musica mi ero addormentata e non mi ero resa conto dell’ora.
-Cosa c’è?Che ore sono??-
-Sono le 8! Mi ha mandato a chiamarti la mamma, papà è già arrivato e stasera mangiamo presto…-
-Ah va bene, un secondo e arrivo-.
 
Dopo cena mi buttai sul divano e accesi la televisione, guardai velocemente i programmi che c’erano ma nessuno mi interessava particolarmente, così la spensi e tornai in camera mia.
Pensai intensamente a Serena e a Davide.
Cos’avrebbe pensato lei di me? Mi avrebbe giudicata? Era troppo presto per raccontarle il mio più grande e orribile segreto?
E lui…Davide…come avrei fatto? Come avrei potuto fare una cosa del genere? Le mie “amiche”erano spregevoli…e io lo ero stata come loro. Mille domande e mille pensieri mi passavano per la testa, più ci pensavo più la paura che arrivasse il giorno dopo aumentava.
Ero molto tesa e quella notte non chiusi occhio, mi girai tutta la notte nel letto, andai in cucina a prendere un bicchiere d’acqua, mi alzai per andare in bagno, ascoltai musica, ma nulla riusciva a scacciare quei pensieri dalla mia testa.
Il giorno successivo ero stanchissima ma dovevo farcela, era il gran giorno! Con un sospiro mi alzai dal letto e mi diressi in cucina a far colazione; tutta la famiglia era lì: papà leggeva il giornale, mamma serviva il latte e mio fratello mi guardava con aria sospettosa. Bevvi un cappuccino molto velocemente e corsi a prepararmi.
Aprii l’armadio, ne estrassi i jeans e una camicia verde, mi vestii e misi la lettera per Serena nello zaino, senza pensarci su più di tanto. Corsi a prendere il pullman e sopra ci vidi di sfuggita un ragazzo dall’aria familiare, più grande di me; pensai alla sua identità per tutto il viaggio, ma proprio non mi sapevo chi fosse, così dedussi che mi ero sbagliata.
Arrivata a scuola mi sedetti vicino a Serena e molto lentamente aprii lo zaino; il sangue inondò le mie guance e arrossii. Avevo premeditato a lungo questo momento, ma ora non sapevo cosa fosse meglio fare; ero bloccata, le dita stringevano la busta. Fissandomi curiosa mi chiese -Devi dirmi qualcosa?-
- Tieni Serena-. Non avevo più voce.
Passai tutta l’ora aspettando una sua risposta, togliendomi dalle unghie lo smalto e sperando che lei desse una risposta a ciò che le aveva confidato. Alla fine parlò -Eli, prima di tutto grazie per avermi confidato il tuo segreto, ti prometto che rimarrà tale. A me non importa ciò che eri, ma quello che sei ora, non preoccuparti.- terminò il discorso con un grande abbraccio che mi diede un senso di rassicurazione.
Mi sentivo osservata così mi voltai; quando i nostri sguardi s’incontrarono tutto si fermò. Era lui, Davide. Era in classe con me da due anni; era il ragazzo che avevo già notato, il ragazzo della scommessa, ma io non volevo definirlo tale.
Davide era timido, riservato, era il cosiddetto secchione della classe. Aveva i capelli neri, di carnagione chiara, perfino più chiara della mia e molto magro, all’apparenza quasi fragile.
La campanella suonò e i nostri sguardi si staccarono, presi la cartella e scattai fuori dalla classe. Arrivata a casa feci una doccia bollente, come piaceva a me, poi coperta dall’accappatoio frugai nel cassetto del bagno dove tenevo le cose preziose: pensavo di aver lasciato lì la mia collana, ma non c’era. Perdevo molto spesso le mie cose perché dimenticavo dove le mettevo e nel disordine non riuscivo a trovarle. Probabilmente era andata persa, proprio come tutto il resto.
Il cellulare suonò e guardando il dispay apparve un numero che non conoscevo; risposi.
-Pronto?- dissi secca.
-Ciao sono Serena, ti disturbo?-
-No, no. Dimmi!- il tono si addolcì subito.
-Volevo chiederti se domani pomeriggio eri libera.-
-Sì, perché?-
-Ti va di fare un giro in centro?-
-Sì, perfetto! Ci vediamo domani allora!-
-Sì, ciao, a domani-

note dell'autore:
eccomi di nuovo qua, lo so sono in ritardo. Ma voi non scherzate in fatto di recensioni: se faccio così schifo nello scrivere potete anche dirlo, lasciatemi una recensione, così saprei giostrarmi di conseguenza. per favore :'-( 
Vabbè, tornando seri, qualcosa inizia a svelarsi. al prossimo capitolo.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Cambiamenti ***


Capitolo 5: Cambiamenti
 
Salii sul pullman diretto al centro, il mio portafoglio firmato straripava di soldi, oggi avrei cambiato il modo in cui mi sarei vestita perché in quei tre mesi avevo capito che ciò che indossavo non era nel mio stile ma era quello delle “mie amiche” e ciò che la pubblicità mi convinceva a comprare.
Scesi alla fermata, Serena era già lì ad aspettarmi, parlammo un po’ e capii che forse i colori dei vestiti che indossavo erano troppo trasgressivi e lo erano anche quelle scollature in da cui si vedeva tutto.
Entrammo in un negozio che mi consigliò Serena: li gli indumenti non costavano mai più di trenta euro; mi stupii, forse i soldi che avevo portato erano fin troppi. Iniziammo a girare per quel negozio, vidi una maglietta molto carina, bianca, a maniche corte con un fiocchetto rosso e piena di scritte non volgari.
Non credevo di poter trovare qualcosa di così carino in quel negozio!!
Quando uscii dal negozio avevo due buste in mano, avevo comprato molte cose: un paio di ballerine blu, la maglietta a maniche corte, un vestito di raso per andare a ballare, un paio di jeans bianchi, uno smalto e una felpa.
Non avevo mai comprato una felpa negli ultimi quattro anni perché le mie amiche dicevano che erano poco eleganti, ma era azzurra con delle scritte bianche, l’ interno del cappuccio era di raso bianco e sul davanti attorno ad alcune scritte c’ erano delle piccole perline.
Entrammo in altri sei negozi e le mie mani tenevano sempre più borse, poi all’ una ci fermammo a mangiare un panino in un bar; Serena mi propose di andare a casa mia a togliere dall’ armadio i vestiti vecchi e di mettere a posto quelli nuovi, così salimmo sul pullman e andammo a casa mia.
Entrammo in camera e Serena rimase a bocca aperta per via del disordine che c’era; iniziammo a scartare vestiti così rimasero alcune magliette, dei jeans e il vestito blu elettrico.
Era troppo importante per me, solo guardandolo mi tornavano in mente molti ricordi tra cui la prima volta che andai a ballare, il mio compleanno e quella maledetta notte.
Le scarpe con i tacchi e le borse decisi di tenerle; erano la mia passione, ma Serena mi impose di non mettere i tacchi ogni giorno perché camminare con essi non faceva bene alla schiena. Buttai lo smalto nero, quello rosso e le calze a rete.
Alcuni vestiti se li prese Serena e le regalai anche un paio di scarpe: non avevo mai regalato qualcosa di mio a nessuno, era la prima volta ma lei se lo meritava, mi aveva aiutata molto; mentre il resto decisi di darlo ai più bisognosi come mi aveva consigliato lei, forse sarebbero stati contenti.
Serena mi aiutò a metter il nuovo smalto, dato che sua madre era un‘estetista lei aveva imparato le nozioni di base; decidemmo di metterlo azzurro con sopra dei piccoli brillantini.
Passammo una bella giornata, una di quelle che non si scordano, che capitano raramente e chiesi a Serena se voleva restare per cena; lei subito chiamò sua madre per chiederle il permesso ma sfortunatamente le disse di no perché aveva già preparato la cena. Così prese le sue cose e salutandomi con un bacio sulla guancia se ne andò.
Quella sera i miei genitori non c’ erano perché andarono a cena al ristorante per il loro anniversario, così cucinai per me e mio fratello, cucinare non era proprio la mia passione, feci una pasta con il sugo e un insalata. Naturalmente Marco mi trovò da dire perché non gradiva molto ciò che avevo preparato, ma fortunatamente nostra mamma ci aveva lasciato degli antipasti e una torta al cioccolato che aveva fatto nel pomeriggio e io la farcii con la Nutella.
Durante la cena accesi la televisione dato che Marco come sempre non disse una parola; la pasta era troppo cotta e l’ insalata era insipida ma ci rifacemmo la bocca con quella deliziosa torta.
Quando ebbi finito di lavare i piatti andai in camera e accesi il computer, scoprii che Greta mi aveva mandato un messaggio per posta ricordandomi che stavano aspettando che ci provassi con Davide, che i giorni stavano passando veloci; me l’ ero scordata!! Non potevo assolutamente perdere.
Presi il pigiama verdino nell’ armadio, lo indossai e mi distesi sul letto, stava iniziando a fare freddo, mi misi sotto il piumone tutta rannicchiata stringendo a me il cuscino, dopo circa dieci minuti mi persi nel sonno.
Ero seduta in un bar a prendere un caffè corretto, sentii uno sguardo su di me e mi voltai ma non vidi nessuno, solo un ragazzo che stava uscendo dalla porta, aveva un aria famigliare. Mi alzai, impulsivamente lasciai i soldi sul tavolo e iniziai a inseguirlo, volevo vedere il suo volto!
Camminava veloce,quasi correva, era difficile seguirlo tra il traffico, sembrava quasi che scappasse da me, poi il semaforo diventò rosso e si dovette fermare, finalmente potevo vederlo.
Lentamente si voltò e ci guardammo incuriositi, era molto bello, aveva gli occhi verdi e i capelli castani tutti spettinati, pensai alla mia faccia e mi ricomposi, poi mi misi a riflettere, il suo volto mi ricordava qualcosa, ma non so cosa.
Smisi di seguirlo all’istante.
Tutta sudata mi svegliai più stanca di prima, era un nuovo giorno.
 
Guardai il mio nuovo guardaroba e mi immaginai la faccia di Jessica il giorno dopo, scoppiai a ridere.
Era stato il pomeriggio più bello dopo la punizione. Provai un paio di leggins con il vestito corto. Entrò mia madre e strabuzzò gli occhi -Carino...ma da quando ti vesti con i colori chiari?-
-Da oggi..mi ero stufata del nero- sorrisi -Guarda non ho più lo smalto nero, sei sorpresa?- La lasciai senza parole mostrandole le mie mani.
Silenziosamente mi si avvicinò e guardò l armadio, poi uscì dalla mia camera a bocca aperta.
Forse avrei impiegato un po’ di tempo ad abituarmi a non mettere sempre i tacchi ma ci avrei provato.
 
Il giorno dopo a scuola tutti ma proprio tutti non credevano ai loro occhi. La camicia azzurra poco scollata, i Jeans scuri e le ballerine blu mi facevano sembrare un’ altra, al punto che Natalie e Greta spalancarono gli occhi e Jessica digrignò i denti. Si erano infastidite ma anche sorprese, mi guardarono con disprezzo ma i loro sguardi mi scivolarono via da addosso.
Quella mattina Serena non stava bene e notai che Davide era seduto da solo, Serena aveva preso freddo e quella mattina mi avvertì che non sarebbe venuta a scuola.
-Ciao posso sedermi qui?- dissi imbarazzata.
Alzò lo sguardo, sobbalzò e si accigliò -Ehm..certo- mi rispose scrutandomi.
Mi sedetti e per più di un ora non ci parlammo, poi finalmente scattò qualcosa dentro di lui e mi rivolse la parola.
-Perché sei vestita così?- mi domandò curioso
-Ho deciso di cambiare, perché non posso??- gli risposi un po’ scocciata, probabilmente fui troppo acida.
-Scusa ma tutti mi guardano dalla testa ai piedi come se fossi un fenomeno da baraccone, sono così tanto buffa??- cercai di aggiustare ciò che avevo detto, sapevo che non voleva prendermi per il culo, ero stata scortese.
-No è solo che non siamo abituati a vederti vestita così ma l’ azzurro e il blu sono colori che ti donano molto..e i tacchi?? Non ti ho mai vista senza!-
Continuammo a parlare del più e del meno, ci sedemmo vicini anche in pullman ma lui scese due fermate prima, appena se ne fu andato Greta colse l’ occasione e si avvicinò.
-Tutto programmato eh? Vestita diversa, come piace a lui e poi inizi a parlarci-
Feci finta di non capire -Scusa?-
-Hai iniziato a provarci con Davide eh?era ora, iniziavamo a pensare che te ne fossi dimenticata-
In realtà si, mi era passato del tutto di mente ma era meglio non dirlo però pensai tra me. -Dimenticarmene? ahahah- risi forzatamente –No, ma mi rifiuto di farlo, non lo voglio fare- e me ne andai.
Il pullman si fermò e scesi dirigendomi verso casa. Mi sbagliavo, ero debole, non ci sarei mai riuscita, non avrei mai potuto trattarlo così.
Nel pomeriggio andai da Serena, era a letto, stava meglio ma non si era ancora ripresa del tutto. Parlammo un po’, volevo dirle tutto riguardo a Davide e alla scommessa ma non ci riuscii, mi vergognavo nonostante mi fossi rifiutata.
Si complimentò per i vestiti -Scema li abbiamo comprati assieme, me li hai consigliati tu!-
-Già scusa sono fuori come un balcone..-
Risi -L’ ho capito, riposati, ci vediamo domani ok? Ti porto gli altri compiti- la salutai con un bacio sulla guancia e uscendo chiusi la porta della sua camera.
Eleonora era seduta sul divano -Elisa vai già via?- mi chiese con tono gentile
-Ho molti compiti da fare e ho un po’ di raffreddore, non vorrei attaccarglielo, prima torna in forma e prima potremmo di nuovo andar a far compere- quando mi sorrise mi sentii male per averle mentito.
Percorsi quei cinque metri fino a casa a velocità supersonica. Appena arrivata mi chiusi in camera mia, anche lei aveva bisogno di una bella sistemata.
Mandai un messaggio a Serena.
-Appena stai meglio vieni ad aiutarmi
a mettere a posto la mia stanza?-
La risposta arrivò quasi subito.
-Certo! Preparati perché sarà
Un pomeriggio esplosivo!-                
Sorrisi e le dissi di riguardarsi.
 
La mattina dopo in piazza Jessica mi rivolse la parola -Cosa c’è?- mi rispose con un ghigno -Allora? Come stai? Vedo che stai già diventando una cervellona!-
-No! E poi cosa te ne frega? Non sono affari tuoi!- ero arrabbiata.
-Mi importa, sai voglio la foto del primo bacio! ahahahah- Disse sarcastica.
-Jessica sparisci dalla mia vista, non ti voglio parlare, sai cosa ho detto? Io non lo conquisto più!- mi fissò come se l’ avesse morsa qualcosa, la volevo  provocare.
-Ah sì? Non lo conquisti più? Ok ma so che te ne innamorerai, sei cambiata non sei più la stessa ragazza che conoscevo- sembrava seriamente arrabbiata.
-E’ vero sono cambiata ma in meglio, tu invece resterai viziata e capricciosa. Quando sbatterai il naso e ne accorgerai e capirai che la vita non è semplice come te la immagini, tu continua a vivere nel tuo mondo fatto di finzione ma quando farai cazzate su cazzate e te ne accorgerai sarà troppo tardi.-
La lasciai lì con il viso congelato dalla sorpresa e dall’ umiliazione, mi incamminai verso la scuola con un sorriso compiaciuto sulle labbra.
Quando mi addormentai a casa, sul mio volto c’ era un sorriso, per l’ennesima volta sognai quel ragazzo misterioso e quando mi svegliai ero ancora stanca, tutti questi inseguimenti mi stancavano, quando mi svegliavo ero più distrutta di prima.
Passò più di una settimana e il legame con Davide iniziava a crescere, improvvisamente mi stavo affezionando a lui; non l avrei mai immaginato, era tutto l’ opposto di me, spesso avevo sentito dire che gli opposti si attraggono ma mai avevo immaginato che due persone così tanto diverse potessero attrarsi e mai avevo immaginato che sarebbe accaduto proprio a me. Qualche volta ci eravamo di nuovo seduti vicini sul pullman, il tragitto sembrava più breve parlando con lui che ascoltando la musica.
Finalmente Serena era guarita ed era il momento di cambiare anche la mia camera, così un Sabato mattina andai a comprare la vernice, nel pomeriggio tolsi tutti i poster dalle pareti e coprii tutto con dei teli. Un po’ mi spiaceva, era troppo spoglia per i miei gusti così lasciai i miei poster preferiti attaccati al grande armadio.
Il giorno seguente io e Serena ci vestimmo con delle magliette e dei pantaloni vecchi e ci infilammo i guanti, con scala, vernice e tutto il necessario pennellammo fin che il muro rimase tutto di un bellissimo lilla: avevo scelto uno dei miei colori preferiti per lo sfondo del mio capolavoro.
Poi Serena se ne andò perché non era ancora molto in forma, io feci una pausa di circa un ora e mangiai velocemente la cena, poi tornai a dipingere; finalmente  alle dieci meno un quarto l’ opera era finita, in una parte avevo disegnato un fiore stilizzato circondato da linee che si intrecciavano e formavano molte figure geometriche che per esser distinte dovevi osservare attentamente.
I miei genitori e Serena furono entusiasti di questo cambiamento mentre Marco, geloso, non venne neanche a vedere anche se era molto curioso; quella notte dormii sul divano perché nella mia stanza c’ era ancora odore di vernice, ebbi un po’ freddo e faticai a dormire e mi addormentai cullata da un vecchio ricordo.
Avevo cinque anni, Marco era molto piccolo e aveva un po’ di febbre, non voleva star lontano da me; mia madre provò a convincerlo dicendogli che tanto ci sarebbero stati lei e papà con lui e che io ero nella stanza a fianco ma lui piangendo continuò a ripetere “Voio Elii!! Voio Eliii!!” allora quel giorno dormimmo lì insieme. A quel tempo ci volevamo molto bene, ricordo ancora quella coperta blu con le pecorelle in cui eravamo avvolti.
Il mattino dopo mi svegliai tutta sudata, era già la quarta volta che sognavo quel ragazzo dall’ aria misteriosa, i sogni ricominciavano a tormentarmi ma non prevedevo minimamente ciò che mi sarebbe accaduto.


Parole d'autrice: salve a tutti, lo so sono una vergogna... sono sparita per mesi, ma gli impegni erano troppi e ho dovuto dare delle priorità. comunque ora il nuovo capitolo è pronto, spero di riuscire a postarne di nuovi a breve. un'ultima cosa..... recensite per favore :)

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** restituzione ***


Capitolo 6: Restituzione

 
 
Ero a casa di Serena e stavamo studiando; beh non proprio. Ogni tanto ci fermavamo (ogni cinque minuti) a parlare. Parlavamo di tutto, ma non di Davide; serena sapeva riservarmi un po’ di privacy e questo era una delle sue qualità più belle.
Arrivando a casa vidi la cassetta della posta semiaperta, era arrivata posta! La aprii e ci trovai un pacchetto con su scritto “Per Elisa”. Lo misi in cartella, non volevo che i miei lo vedessero, mi avrebbero fatto il terzo grado; risalendo il vialetto mi sentii osservata, spiata, mi girai di scatto, ma non vidi nessuno.
Mi precipitai in camera per aprirlo e chiusi la porta a chiave perché non entrassero mia madre o mio fratello; mi rigirai il pacchetto tra le mani, ma non c’era nessun biglietto, nessun altro nome a parte il mio. Ero eccitata all’idea di avere un ammiratore, per dei più che mi faceva i regali, dopotutto ero pur sempre una ragazzina! Nessun ragazzo mi aveva rivolto un pensiero così bello prima di quel momento, chissà se era carino…
Improvvisamente feci un balzo, perché qualcuno bussò alla porta. Andai ad aprire, non prima di aver messo il piccolo pacchetto in tasca. Era mia madre che mi avvertiva che erano arrivate Jessica, Nathalie e Greta.
“Oh no. Ma cosa vogliono ora?” Jessica sembrava una modella, sentii una stretta al cuore ma non glielo diedi a vedere.
-Ciao Elisa, dobbiamo parlarti.-
-Dimmi. Ma fai presto; non ti voglio qui più del dovuto.- il mio tono sfiorava la maleducazione.
-Ok. Riprendi la scommessa e noi ti lasceremo in pace. Allora, ci stai?-
-No. Non mi interessa se avete deciso di farmi sembrare una schiappa, una senza fegato! Ma a voi cosa importa ora? Non mi avete cagata per cinque mesi e ora devo sottostare ai vostri ordini? Jessica scordatelo. Non sono più alle tue dipendenze!!-
-Alle nostre dipendenze? Ordini? La nostra era solo un’innocente richiesta.- era sorpresa dal mio rifiuto.
-Noi! Noi! Noi! Tu parli al plurale, ma in realtà sei tu. Solo tu. Tu sei quella che comanda e loro ti seguono. Per te Nathalie e Greta non sono niente, solo delle ragazze qualunque. Per te l’amicizia non ha significato- la voce mi si era alzata di qualche ottava per la rabbia. Guardai le altre, ma loro non guardavano me. I loro sguardi erano fissi su Jessica. Poi Greta parlò
-Scusa? Tu ci stai usando?- io intervenni
-Sì! tu sei amica di Claudio. Esatto il tuo migliore amico. Oh, oh, Jessica non te lo ha detto? Non ti ha detto che è cotta di Claudio? Sai Jessica, certe cose non bisognerebbe mai scrivere su un quaderno. Ah, Greta, ma lo sai che ti sta usando per uscirci insieme, vero? Ma che amica sincera; non vi parla di niente.- ormai ero furiosa e il danno era stato fatto; Jessica me l’avrebbe fatta pagare, di questo ne ero certa. A tutta la mia rabbia aggiunsi del sarcasmo. A quel punto Nathalie scoppiò
-Tu non ci hai mai detto nulla? Ci hai sempre tenute all’oscuro di tutto! Sei una stronza… una troia…una …- Nathalie era senza parole. Scoppiai a ridere
-E te ne rendi conto solo adesso che è una puttana? Forse dovevate accorgervene prima. Comunque prima di insultarla guardatevi allo specchio. Siete esattamente come lei, tutte e tre delle…- non mi venivano in mente aggettivi peggiori di quelli già detti. - mi sono distaccata da voi perché..-
-Perché sei una debole, una traditrice.- mi interruppe Jessica. -Sei una santarellina. Ma guardati, sei come tua madre; una…-
-Non mettere in mezzo mia madre Jessica, o così mi fai davvero incazzare- e le diedi uno schiaffo, o almeno ci provai. Cavolo era veloce.-Ora sparite dalla mia vista, o vi faccio davvero male!!!-
-Provaci. Tocca una di noi e ti sfascio la faccia. Sai cosa ti dico Elisa: non credo a una sola parola di quello che hai detto. Sei una bugiarda. Jess non è come la descrivi.- Sorrisi sarcastica
-Ah, sì? Oh, presto te ne accorgerai, Greta. Molto presto.-
Andai alla porta la aprii e le spinsi fuori di peso, ma Jessica fu irremovibile. Richiuse la porta.
-Mi dispiace farlo.- aveva un tono minaccioso e si vedeva lontano un miglio che mentiva. Poi mi volò addosso e io reagii.
Presi un libro che si trovava sulla scrivania e glielo scaraventai in testa, lei mi prese per i capelli fino a farmi cadere; le tirai una gomitata tra le costole, le afferrai la maglietta e le allargai molto la scollatura. Ci tirammo schiaffi e calci fino a che non entrò mia madre, che aveva sentito gli strepiti fin dal salotto.
-Ragazze. Smettetela. Elisa, ora basta!- ci divise e ci tirò in piedi.
-Scusala Jessica. Non so cosa le sia preso.- stetti zitta. Parlando avrei solo peggiorato le cose. -Scusati immediatamente-
Mia madre era girata di spalle e non la vide sogghignare. Mi sentii ancora più infuriata, perciò strinsi i pugni e digrignai i denti.
-Scusami- più che dirlo ringhiai.
-La mia maglietta è rovinata e non so cosa le sia preso! Siamo sempre state buone amiche, ma sa signora sua figlia è strana. Sappia che rivoglio la mia maglietta firmata- lurida schifosa ragazza di basso borgo, mi fece salire la bile in gola. Mia madre la rassicurò che avrebbe ripagato la maglia e la fece uscire di casa.
-Elisa, cosa è successo? Ti sei ammattita? Perché eravate lì per terra e per di più a tirarvi cazzotti? Ora mi dici tutta la verità…- esitai -Elisa ti conviene dirmi tutto subito, o ti metto in punizione seduta stante!-
-Mamma non so come spiegartelo. Ma lei mi ha insultata, ha insultato te e quando le ho detto di andarsene, lei mi ha colpita. Lo so che non avrei dovuto reagire, ma ero fuori di me!!!- Mi guardò come se fossi una matta da manicomio. Al contrario di come mi aspettavo mi rispose.
-Ok. Ti voglio credere. in questi cinque mesi sei cambiata. Se è vero quello che mi hai detto, allora se lo meritava. Ma ora guardati: sei distrutta! E la maglia è a pezzi.- Mi guardai: in effetti era rotta e lasciava scoperto metà del reggiseno.
-Vieni di sotto. Il graffio sul collo va disinfettato e preparati, perché domani ti troverai un bel po’ di lividi. Comunque tesoro, Jessica non mi è mai stata simpatica, ma era tua amica- per una volta mi sembrò che mia madre mi avesse capita e questo mi confortò.
Dopo cena telefonai a Serena.
-Pronto Elisa?-
-Ciao Serena. Devo raccontarti di oggi pomeriggio. Jessica è venuto a casa mia e mi ha insultata. Mi sono incazzata e ce le siamo date di santa ragione.-
-No! E i tuoi?-
 -Mia madre mi ha dato ragione, mentre mio padre non sa niente. Jessica mi ha lasciato un graffio sul collo e quello ha bruciato per un po’. E ho lividi ovunque. La odio da morire.-
-Lo immagino. E lei? L’hai menata bene?-
-Certo. Le ho distrutto la maglietta, le ho tirato una gomitata tra le costole. Dovevi vederle la faccia!-
Rise.-Oh, Eli. Volevo vedervi. E poi che hai fatto?-
-Se ne è andata di corsa, facendo la martire e la vittima, anche se ha avuto il coraggio di chiedere il risarcimento della maglietta.-
-Ora devo andare. Mi dispiace davvero, a domani.-
-Ciao-
Mi tolsi la tuta e misi un paio di jeans, la felpa e le scarpe da ginnastica. Presi il cellulare e lo infilai in tasca.
Avevo deciso di andare di farmi un giro, ma non sapevo ancora dove. Poi vidi il mio campo. Era tanto che non ci andavo e quella sera non c’erano nuvole.
Cercai il plaid e il telo impermeabile. Avvisai la mamma.-Vado al campo e mi porto Mappy.- La mia cagnolina mi corse incontro e mi fece le feste. Mi voleva davvero tanto bene.
Poi ebbi un flash: ecco cosa stavo per fare prima che arrivassero quelle tre. Dovevo aprire il pacchetto misterioso. Corsi al piano di sopra e frugai nelle tasche dei pantaloni . lo presi e strappai la carta. Ne uscì una catenina; appena la vidi spalancai gli occhi: era la mia collana, quella che non trovavo più.
La collana era molto semplice. Il ciondolo era una “E”, la mia iniziale con un incisione dietro, la mia data di nascita. Era di sicuro la mia.
Me la misi al collo; volevo capire chi l’aveva trovata. Non mi ricordavo l’ultima volta che l’avevo indossata.
Stavo per farmi prendere dal panico, quando arrivò la mia Mappy a ricordarmi che dovevamo uscire. Volevo solo scappare e capire il perché di queste strane sensazioni.


Parole d'autrice: salve, ho postato un altro capitolo prima del previsto dato che era pronto ;) come al solito vi chiedo il favore di recensire, bene male non importa ma a me importa sapere se la storia piace oppure no, almeno so cosa combinare ;) Grazie a chi ha recensito, mi ha fatto molto piacere XD a presto!!!!

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2745467