Estate '92- Ai no Natsu

di hotaru
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una proposta per l'estate ***
Capitolo 2: *** La città dal fiume scintillante ***
Capitolo 3: *** La settima notte del settimo mese ***
Capitolo 4: *** I tanti segreti del coperchio di un pianoforte ***
Capitolo 5: *** Una sorpresa dal passato ***
Capitolo 6: *** Natsu no Yoru, notti d'estate ***
Capitolo 7: *** Passato e presente ***
Capitolo 8: *** Per ricordare ***
Capitolo 9: *** Un'altra coppia ***
Capitolo 10: *** I Cento Racconti ***
Capitolo 11: *** Ricordi di fine estate- 1992 ***



Capitolo 1
*** Una proposta per l'estate ***


Una proposta per l’estate

 

-         È da un po’ che non vedo Daichi, chissà dov’è finito? – chiese una Himeko un po’ annoiata al suo leoncino Pokotà. Era ormai un anno che l’animale di pezza non parlava più, da quando Erika era venuta a riprendersi il fiocco magico, riportandolo nel mondo della magia, ma Himeko non aveva perso l’abitudine di confidare al compagno d’avventure di sempre i propri problemi, come se questi potesse ancora risponderle come faceva una volta.

-         Sai, Pokotà? Quasi quasi domani vado a trovarlo, tanto in questi giorni non ho niente da fare…

In realtà la ragazza avrebbe potuto iniziare i compiti che le erano stati assegnati per le vacanze estive, ma un pensiero simile era ben lontano dalla filosofia di vita di Himeko. L’estate era appena iniziata. Perché rovinarsela subito con libri ed esercizi?

La quattordicenne si buttò sul letto, osservando il cielo dalla finestra del sottotetto: era ormai il tramonto, e la luce rosa degli ultimi raggi del sole colorava le pareti della stanza.

“Sembra di essere dentro una pesca” pensò Himeko. Quel pensiero le fece venire fame: si alzò e, sistemandosi con una mano i capelli arruffati, uscì e scese le scale, diretta in cucina. Piano piano si era abituata a non sentire più sulla testa il dolce peso del fiocco donatole da Erika, ma proprio per non dimenticare quella fantastica avventura, aveva deciso di farsi crescere i capelli come la propria gemella del mondo della magia. “Così, se un giorno dovessimo rincontrarci, sembreremo davvero due gemelle!”, aveva pensato. In realtà era anche quello un modo come un altro per cercare di trovare un po’ di consolazione in qualche cosa. Per parecchio tempo dopo la fine di quel magico anno si era sentita sola, un po’ persa… se non fosse stato per l’affetto di Daichi, che da vero amico le era stato vicino, non ne sarebbe mai uscita.

Comunque i risultati della sua decisione cominciavano a farsi notare: i capelli avevano quasi raggiunto le spalle, conferendole un’aria molto più graziosa e sbarazzina. Anche Daichi sembrava essersene accorto.

“Sì, ho deciso! Domani vado a trovarlo” pensò Himeko, mentre prendeva una manciata di ciliegie dal frigo e andava a mangiarle in giardino, godendosi la brezza dolce della serata estiva.

 

La mattina dopo arrivò a casa Kobayashi di buon’ora. Suonò il campanello, e dopo un po’ venne ad aprirle Stefano, il fratellino di Daichi. Il bambino aveva un’aria mogia mogia.

-         Ma… Stefano, che cosa è successo? Ti senti bene? – chiese la ragazza, preoccupata.

Il bambino tirò su col naso, annuendo, ma non disse niente.

-         C’è Daichi? – domandò. Visto che il piccolo sembrava non aver voglia di parlarne, forse era meglio non insistere.

-         Sì, è in camera sua – rispose piano Stefano.

Himeko, che ormai conosceva la strada, salì e bussò alla porta.

-         Avanti! – fece la nota voce di Daichi, che durante quell’anno era diventata più profonda.

-         Ciao, sono io! – esclamò allegra la ragazza mentre entrava e chiudeva la porta dietro di sé – È da un po’ che non ci si vede, così ho pensato di fare un salto qui a vedere dove fossi finito!

-         Ah, è vero, è da qualche giorno che non ci vediamo – disse Daichi, un po’ distratto.

-         Non te ne eri nemmeno accorto? Bell’amico che sei! – (a chi pensava che Himeko sarebbe diventata una dolce ed educata signorina… beh, niente paura! È sempre lei, non è cambiata!) – Ah, senti: Stefano ha qualcosa che non va? Quando mi ha aperto, prima, mi è sembrato un po’ giù.

-         Beh, mi sembra normale. Due giorni fa è morto nostro nonno.

-         Cosa? – esclamò Himeko, stupita e dispiaciuta – Ma come è successo?

-         Sai, era malato di cuore da tempo. Ha avuto un infarto, ma i medici dicono che non è stato doloroso – le rispose l’amico.

 Improvvisamente la ragazza si rese conto di quanto fosse stata egoista. Negli ultimi giorni si era sentita un po’ trascurata da quello che credeva essere il suo migliore amico, e ora veniva a sapere che, mentre lei era irritata per quello sciocco motivo, lui stava attraversando un momento difficile. Che razza di amica era?

-         E tu come stai? – gli chiese, sedendosi sul letto accanto a lui.

Daichi si guardò le ginocchia, un po’ pensieroso.

-         In realtà non lo so come mi sento – rispose, sincero – Ci sono tanti ricordi che mi legano al nonno, ma appartengono tutti alla mia infanzia. A dire la verità, non lo vedevamo da tanto tempo…

-         Perché, non abitava vicino a voi? – chiese Himeko, un po’ sorpresa. Se era malato di cuore, avrebbe perlomeno dovuto vivere vicino ai propri familiari.

Il ragazzo scosse la testa.

-         No. Vedi, lui viveva in una cittadina dell’interno che sorge su un grande fiume. È nato lì e ci ha vissuto tutta la sua vita, con la moglie e i figli. È anche la città d’origine di mia madre.

-         Quindi era il tuo nonno materno?

-         Sì.

-         Ma scusa… e tua nonna?

-         Mia nonna è morta tanto tempo fa, un anno prima che io nascessi. Non l’ho mai conosciuta, ma lui me ne parlava spesso. E anche mia madre.

Himeko pensò che il Daichi che aveva davanti, in quel momento, le risultava totalmente nuovo. Da quel che ricordava, non l’aveva mai sentito parlare a lungo della propria famiglia o della propria infanzia.

-         So cosa stai pensando – riprese il ragazzo, interrompendo le riflessioni di lei – Credi che una persona malata di cuore non dovrebbe vivere da sola lontano dalla famiglia, vero? Beh, non credere che i miei non abbiano provato a convincerlo, ma non è servito a niente. Lui diceva che, se doveva morire, tanto valeva che lo facesse nel posto in cui era nato e cresciuto, e che tanto amava. Ha sempre fatto di testa sua.

-         Beh, allora si vede che sei proprio suo nipote! – commentò Himeko senza pensare.

Daichi si voltò a guardarla, sorpreso.

-         Perché, scusa? – le chiese.

-         Perché anche tu sei così: fai quello che ti pare, e anche da solo, se serve. Ricordi? Tu stesso mi hai raccontato che, durante i giorni di vacanza, vai spesso a fare delle scampagnate da solo, a visitare posti nuovi senza nessuno tra i piedi. O hai già dimenticato quella volta in cui mi hai messo nei guai con Hikaru perché dovevi assolutamente andare a fare un giro in campagna marinando la scuola?

L’amico la guardò, ancora più sorpreso.

-         Però! – rispose – Non ci avevo mai pensato. In fondo è vero: si vede che somiglio al nonno più di quel che penso.

Poi chinò il viso all’altezza di quello di Himeko, guardandola negli occhi e facendola, suo malgrado, arrossire.

-         E nemmeno pensavo che mi conoscessi così bene! – esclamò.

-         Insomma, Daichi! – fece la ragazza – Certo che è così! Ci conosciamo da un sacco di tempo, ormai!

-         Sì, ma non credevo che tu riuscissi davvero a percepire il carattere delle persone che ti circondano, con la tua sensibilità da elefante! – ribatté lui, per poi mettersi a sghignazzare.

-         Daichi! – esclamò lei, punta sul vivo – Io cerco di tirarti su, e tu…

-         E ci sei riuscita benissimo – le disse, tornando serio – Erano giorni che non mi sentivo così allegro. Mi sei mancata.

Quelle uscite così spontanee, tipiche dell’amico, la mettevano sempre in imbarazzo. Cosa significava il fatto che gli era mancata? Solo come amica, di sicuro!

Himeko, cercando di ignorare quell’ultima frase, rispose:

-         Sono contenta che tu ti senta meglio. Se avessi bisogno di qualunque cosa, fammelo sapere. D’accordo?

-         D’accordo. Ti ringrazio.

Daichi sorrise, poi portò una mano sulla testa dell’amica ad arruffarle i capelli biondi.

-         Guarda qui! – disse – Ormai dovrei esserci abituato, eppure mi aspetto ogni volta di vederti spuntare con un bel fiocco rosso in cima alla testa!

-         Già, anch’io faccio ancora fatica… - ammise Himeko, perdendosi per un attimo fra i ricordi.

Poi, resasi conto che il ragazzo teneva ancora una mano appoggiata sulla sua testa, in un gesto affettuoso, arrossì e si alzò all’improvviso.

-         Io… devo andare!

-         Come, di già?

-         Sì, forse è meglio che non disturbi più di tanto, in un momento simile…

-         Ma no, Hime-chan, tu…

-         Te lo ripeto: per qualunque cosa, chiamami in qualsiasi momento! Arriverò subito!

E senza guardarlo negli occhi, salutò e scese a rotta di collo, per poi uscire da casa Kobayashi.

  

Era da poco passata l’ora di cena, a casa di Himeko, quando il telefono squillò.

-         Sì, pronto – rispose la ragazza.

-         Ciao, Hime-chan, sono io – rispose una voce ben nota all’altro capo del filo

-         Daichi, sei tu! Dimmi tutto!

-         Ricordi che stamattina mi hai detto che, nel caso avessi avuto bisogno di qualunque cosa, avrei potuto chiamarti in qualsiasi momento?

-         Sì, non l’ho dimenticato.

-         L’offerta è ancora valida?

-         Certo! – Himeko non capiva: dove voleva andare a parare?

-         Bene, allora ascolta: hai già programmi per le vacanze estive?

-         Mah, solo vagamente: pensavo di andare qualche volta in piscina con Monica e Isabel, poi una gita in montagna coi miei…

-         E se passassi l’estate con me nella cittadina di mio nonno?

Himeko rimase in silenzio per un lungo istante, fissando con improvviso interesse una minuscola macchiolina sul muro davanti a sé. Aveva sentito bene? Daichi le aveva davvero appena chiesto di passare l’estate con lei? E nella cittadina di…

-         Hime-chan, ci sei ancora? – chiese la voce del ragazzo dal ricevitore.

-         S-sì – balbettò la ragazza, scrollandosi la sorpresa di dosso – M-ma… Daichi, che ti salta in mente?

-         Perché? Non ti piace l’idea?

-         Ecco, io… ma come mai?

-         Vedi, mio nonno ha vissuto nella sua vecchia casa, da solo, per tanto di quel tempo che adesso ci sono un sacco di cose da sistemare. Ha lasciato libri, oggetti antichi o semplicemente di un paio di decenni fa… e adesso qualcuno deve occuparsi di mettere tutto in ordine. Pensavo di andarci io, dato che i miei devono lavorare. Però mi piacerebbe avere compagnia, meglio se la tua. Allora, che cosa mi rispondi?

-         Io… - cominciò Himeko. Ma che cosa poteva rispondergli? Passare l’estate con lui? Da soli? Da una parte la prospettiva di quell’avventura la elettrizzava, e poi con Daichi il divertimento era assicurato, si fosse anche trattato di mettere a posto vecchie scartoffie. Inoltre… non era stata forse lei a dirgli di chiamarla, se ne avesse avuto bisogno? Era proprio in questi momenti che si vedevano i veri amici. E lei sentiva che, per un amico come Daichi, avrebbe potuto andare in capo al mondo.

Tutti questi pensieri, e molti altri ancora, la portarono a rispondere:

-         Per me va bene! Però ne devo parlarne ai miei… ti telefono domani, d’accordo?

-         Sì. Senti, se ti danno il permesso, si parte fra tre giorni.

-         Così presto?

-         Già, c’è parecchio lavoro da fare. Ma saremo in un bel posto, non ti preoccupare. Troveremo anche il tempo di divertirci!

-         Okay!

-         E… Hime-chan?

-         Sì?

-         Sono contento che tu venga con me.

Himeko fu all’improvviso particolarmente felice del fatto che il ragazzo, in quel momento, non potesse vederla. Le guance dovevano esserle arrossite, perché il cuore aveva cominciato a battere un po’ più forte del normale.

-         B-beh, dovresti aspettare… in fondo devo ancora dirlo ai miei…

-         Va bene, allora! Ci sentiamo domani. Buonanotte!

-         B-buonanotte…

La nostra Hime-chan riappoggiò il ricevitore lentamente, rimanendo un po’ soprappensiero.

Poi andò decisa in salotto.

-         Mamma! Papà!

 

Himeko era a letto, stanca e contenta, eccitata ma anche un po’ preoccupata. Era mezzanotte passata: troppo tardi, ormai, per chiamare Daichi e dirgli che sarebbe andata con lui.

Non era stato affatto facile convincere i genitori a darle il permesso, ma d’altra parte se lo aspettava. Quello che non si aspettava era che Aiko l’avrebbe sostenuta così, rassicurando i genitori e dicendo che Daichi era davvero un bravo ragazzo, e che Himeko sarebbe stata al sicuro con lui. Forse perché anche lei doveva andare per la prima volta in vacanza per qualche giorno con il suo ragazzo, lo stesso che piaceva ad Hime-chan appena un anno prima e che aveva fatto parte del suo club di teatro.

“Certo che… l’intera estate…”, pensò.

Così, alla fine l’aveva spuntata. Non vedeva l’ora di chiamare Daichi! Però… però da qualche parte, dentro di sé, si sentiva un po’ agitata.

Quand’era che aveva cominciato ad arrossire così di fronte a certe uscite dell’amico? Da quando sentiva un fremito, da qualche parte in fondo al cuore, ogni volta che lui la guardava?

Non si era mai sentita così, era qualcosa che la sconvolgeva profondamente… perché lui era Daichi, il suo migliore amico, colui che l’aveva tirata fuori dai guai tante di quelle volte… non voleva che il loro bellissimo rapporto cambiasse. E se si fosse rovinato irreparabilmente? Cos’avrebbe fatto senza il suo Daichi?

Oh, quanto avrebbe voluto che Pokotà avesse ancora il dono della parola, per confidarsi con lui!

-         Pokotà, lo so che puoi sentirmi – mormorò Himeko prendendo in mano l’animaletto di pezza – Perché mi sento così? Che cosa mi sta succedendo?

Pokotà ovviamente non rispose, ma la nostra Hime-chan lo strinse forte fra le braccia, per trarne lo stesso un po’ di conforto.

Dopo qualche minuto finalmente si addormentò, esausta, il leoncino al suo fianco sul cuscino, come quando era piccola e qualche problema la metteva in ansia.

Avrebbe chiamato Daichi, l’indomani. Per tutto il resto, non restava che aspettare.

 

 

Allora? Mi sento quasi onorata ad essere la seconda persona che inizia una fanfiction su “Hime-chan no Ribon”. Spero che Shirin  ne sia contenta.

Anche a me è sempre piaciuto questo dolcissimo anime. Più che la storia del fiocco, adoravo giustamente i due protagonisti, che io ho conosciuto come Himi e Dai Dai, e il loro magnifico rapporto, che non ho mai ritrovato in nessun altro anime.

È stato uno dei cartoni della mia infanzia, e come tale lo amo profondamente.

Ho cominciato a scriverne solo perché la Mediaset lo sta ritrasmettendo: non lo vedevo da così tanto tempo da aver dimenticato quasi tutte le puntate, ma ora, man mano che rivedo gli episodi, mi stanno tornando alla mente un sacco di cose. È come rivivere un ricordo un po’ sbiadito.

Però, visto che la serie conta ancora parecchie puntate, scusatemi per tutti gli eventuali errori presenti. Se vi va, correggetemi pure.

Credo sarà un po’ lunga, quindi qualche incoraggiamento (se il racconto vi piace) sarebbe gradito, grazie!

 

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Capitolo 2
*** La città dal fiume scintillante ***


La città dal fiume scintillante

 

-         Himeko, sei sicura di aver preso tutto? – le urlò la madre dal piano di sotto.

-         Sì, mamma, adesso scendo! – rispose la ragazza, trascinando dietro di sé una valigia bella grande.

-         Aspetta, Hime-chan, dimentichi questo! – la sorella Aiko la chiamò, porgendole lo zainetto che Himeko aveva dimenticato sul letto.

-         Oh, che sbadata, comincio già a lasciare in giro la mia roba!

-         Santo cielo! Mi raccomando, vedi di non fare lo stesso nel posto in cui stai andando: sii pulita, ordinata e non disturbare! – le raccomandò la madre.

-         Sì, mamma! – rispose nuovamente la ragazza, pensando: “Ma disturbare chi? Se ci saremo solo io e Daichi!”. Quel pensiero la fece arrossire all’improvviso: sarebbero stati da soli… per tutta l’estate! Oh, accidenti! Perché le veniva in mente solo ora? Era la solita sbadata!

-         Allora divertiti! – le augurò Aiko.

-         Sì, ciao! – salutò Himeko, lasciandosi la casa alle spalle e dirigendosi verso la stazione dei treni. Sarebbe rimasta lontana da casa per ben due mesi: un periodo lunghissimo per chi, come lei, era abituata a vedere sempre gli stessi posti.

Dopo un po’ arrivò alla stazione, dove si sentì quasi subito battere sulla spalla, mentre una voce familiare esclamava:

-         Ehi, ciao! Sei in orario! – scherzò Daichi.

-         Certo che sono in orario! Sono una persona puntuale – ribatté Himeko.

-         Bene, allora saliamo. Ti aiuto con i bagagli – si offrì lui.

-         Grazie…

Trovarono posto in uno scompartimento vuoto, e presero posto l’uno di fronte all’altra. Dopo un po’ si sentì un fischio, e il treno partì.

Ormai non si poteva più tornare indietro. Himeko si voltò a guardare la stazione, pensando che non l’avrebbe rivista per un bel po’ di tempo.

-         Non dirmi che hai già nostalgia! – la punzecchiò Daichi.

-         Razza di cafone, io non sono una vagabonda come te! È la prima volta che mi allontano da casa per così tanto tempo!

-         Sì, questo lo so. Ma non preoccuparti: ci sono io assieme a te. Se dovessi sentirti un po’ giù, dimmelo senza problemi. Penserò a tirarti su il morale.

-         D’accordo! – rispose Himeko sorridendo.

-         Bene, così mi piaci!

-         A proposito, guarda chi ho portato! – disse la ragazza prendendo lo zainetto, e tirandone fuori un ben noto leoncino di pezza.

-         Pokotà! – esclamò Daichi – C’è anche lui!

-         Sì! Beh, ecco, vedi… lo so che non può più parlare, ma ha condiviso con noi tante di quelle avventure che mi sentivo in colpa a lasciarlo a casa…

-         Non preoccuparti, hai fatto bene! La nostra mascotte è sempre la benvenuta!

Sicuramente se Pokotà avesse avuto ancora il dono della parola, gli avrebbe risposto: “Mascotte a chi?”.

-         Non chiamarlo così! A lui non è mai piaciuto, lo sai! – lo rimproverò Himeko.

-         Va bene… tieni, riprenditi il tuo gattino.

A quel punto si guardarono negli occhi e scoppiarono a ridere entrambi. Quanto si sarebbe arrabbiato Pokotà! Quella risata allegra, però, si velò leggermente di tristezza. A che serviva prenderlo in giro? Tanto Pokotà non se la sarebbe presa mai più. Era tornato ad essere un inanimato animaletto di pezza, e tale sarebbe rimasto per sempre. Bisognava rassegnarsi, ma era così difficile…

       -    Allora, parlami un po’ della cittadina in cui stiamo andando! – si riscosse Himeko, cercando di farsi forza. Rimpiangere il passato non sarebbe servito a niente, doveva imparare a 

            guardare avanti! – Hai detto che sorge su un fiume, giusto?

-         Sì. Complimenti, ottima memoria!

-         Grazie!

-         Il fiume attraversa il centro della città, ma si divide in molteplici diramazioni che affiancano parecchie altre strade. Ad esempio, la casa di mio nonno sorge su una di esse…

-         Caspita, che bello!

-         Sì, da quel che ricordo è molto bello.

-         E le cose di tuo nonno che devi sistemare?

-         Per quelle non so ancora bene come fare. A dire il vero, non so nemmeno che cosa ci sia esattamente là dentro. Ma c’inventeremo qualcosa!

-         Io non ho molta esperienza in queste cose… - ammise la ragazza.

-         Basterà che tu segua le mie direttive. Non avremo problemi, vedrai!

-         Lo spero…

Dopodichè rimasero in silenzio per quasi tutto il resto del viaggio, guardando fuori dal finestrino e ammirando il panorama della campagna giapponese che si susseguiva, facendo solo qualche commento di tanto in tanto. Stavano bene anche così, in silenzio. A volte, quando erano insieme, non sentivano il bisogno di parlare poi molto.

 

Dopo un paio d’ore di viaggio, finalmente arrivarono.

-         Adesso dobbiamo prendere l’autobus – le disse Daichi.

-         È molto lontano? – chiese Himeko.

-         Beh, a piedi è una bella passeggiata, ma con i bagagli ci farà molto più comodo prendere la linea cittadina – spiegò.

Una volta saliti sul mezzo, la ragazza diede un’occhiata al paesaggio che li circondava. Le sembrava una normalissima cittadina, quasi identica alla sua, quando all’improvviso passarono su un ponte e… vide il fiume.

-         Ma… ma è magnifico! – esclamò.

L’acqua scintillava alla luce del sole. L’enorme ed imponente massa d’acqua che si spostava lentamente sembrava raddoppiare questa luce e riversarla sulle strade della città. Da quella posizione, Himeko poteva intravedere anche alcune delle diramazioni di cui le aveva parlato Daichi inoltrarsi in mezzo alle vie e alle case, mentre il fiume vero e proprio proseguiva il suo tragitto verso il centro della città.

-         Bello, vero? – concordò il ragazzo, avvicinandosi a lei – Questo è il fiume Kohaku. (*) Tutti gli altri corsi d’acqua, invece, non hanno un nome vero e proprio. Tuttavia gli abitanti, per orientarsi meglio, fin dai tempi più antichi cominciarono a riferirsi ad un rivo particolare con un nome convenzionale, come ad esempio “Sora no mizu” (**), “Yuki no hana” (***)…

-         Che poetici…

-         Già… ciascuno fa riferimento ad una determinata caratteristica di quel particolare corso d’acqua: il “Sora no mizu” si chiama così per la trasparenza delle sue acque, lo “Yuki no hana” per i fiori bianchi che sbocciano sulle sue rive all’inizio della primavera…

-         Uau! E tu come sai tutte queste cose?

-         Me le ha raccontate mio nonno, quando ero più piccolo e venivamo a trovarlo. Mi portava spesso in giro per la città…

L’espressione di Daichi si fece all’improvviso un po’ triste e pensierosa. Ma Himeko sapeva come tirarlo su.

-         L’ho detto e lo ripeto: se tu sei così, è merito di tuo nonno! Scommetto che è stato tutto quell’andare a zonzo per questa città che ti ha fatto diventare un simile amante del viaggio!

Le parole di Hime-chan riportarono il sorriso sul volto del ragazzo.

-         Sai, non ci avevo mai pensato, ma forse hai ragione. Che sia stato il mio momento-chiave?

-         Sì, per diventare un vagabondo!

E si misero a ridere tutti e due, per scacciare quella nuvola di tristezza passeggera.

Poi la ragazza chiese:

      -    E il corso d’acqua su cui sorge la casa di tuo nonno, come si chiama?

      -    “Hotaru no umi” (****).

      -    È il più bello di tutti! – esclamò lei, sinceramente colpita – E perché mai si chiama

           così?

      -   Come, non lo immagini?

Himeko scosse la testa, meditabonda.

-         Mi sa che a volte ti sopravvaluto un po’, sai? – rise Daichi, facendole “pat-pat” sulla testa.

-         Ehi, non sono mica un cane – rispose Hime-chan, un po’ offesa.

-         Dai, non prendertela! – la consolò l’amico – Vorrà dire che lo scoprirai da sola, perché ormai siamo arrivati!

 

-         Ehi, ma… somiglia moltissimo a…

-         … alla vecchia casa abbandonata – concluse Daichi, incamminandosi – Sì, lo so. È per questo che il nostro posto segreto mi piaceva così tanto.

-         Ti ricordava la casa di tuo nonno? – chiese Himeko.

-         Già – annuì lui.

Effettivamente quell’antico edificio in stile occidentale aveva il suo fascino. E somigliava davvero parecchio alla casa che aveva fatto da “covo segreto” ai due amici per tutta l’avventura col fiocco magico. Ogni tanto ci tornavano, ma non era la stessa cosa.

-         Ehi, ti sei incantata? – le chiese il ragazzo, visto che Hime-chan sembrava essersi bloccata sul marciapiede.

-         Beh… a dire il vero sì, scusami! – esclamò lei – È che sono rimasta piuttosto sorpresa…

-         Ti aspettavi qualcosa più in stile giapponese, vero?

-         Se devo essere sincera… sì.

Daichi soffocò un risolino.

-         Ormai avrai capito che mio nonno era un tipo un po’ particolare…

-         … come il nipote… - fece lei guardandolo di sbieco, divertita.

-         Sì, d’accordo, come me… Comunque non è bellissima?

-         Certo! – esclamò Himeko, convinta.

 

Quando entrarono, il corridoio era quasi completamente al buio, fatta esclusione per la i raggi del sole che entravano dal lucernario della scala.

-         Aspetta qui, vado ad aprire qualche finestra.

-         Se vuoi ti do una mano… - si offrì Himeko, ma nella fretta inciampò in un gradino e perse l’equilibrio.

Due mani la afferrarono, una per il braccio e l’altra per la vita, impedendole una rovinosa caduta.

-         Uh, grazie… non l’avevo proprio visto – cominciò la ragazza, rendendosi conto, subito dopo, di trovarsi tra le braccia di Daichi.

Arrossire e scostarsi bruscamente da lui fu un attimo.

-         Se ti dico di aspettarmi qui, un motivo c’è – le disse il ragazzo paziente, senza far caso allo strano comportamento dell’amica – Io conosco bene la pianta di questa casa, so come muovermi sicuramente meglio di te. Adesso fa’ come ti ho detto, io arrivo subito.

Ed entrò nella stanza più vicina, dove cominciò ad aprire scuri e finestre.

-         Ma… perché non hai acceso la luce? – chiese lei quando il ragazzo fu di ritorno.

-         Perché a dire il vero non ricordo molto bene dove si trovano gli interruttori, e piuttosto che andare alla cieca preferisco fare un po’ di luce in questo modo. Mi dai una mano?

-         Certo – rispose lei.

Un po’ alla volta, aprirono tutte le finestre del piano inferiore, poi salirono le scale per andare ad arieggiare un po’ anche quello superiore.

Ad un certo punto Himeko entrò in una stanza d’angolo e, non appena ebbe aperto le finestre e fatto entrare la calda luce del mattino ormai inoltrato, si voltò a guardare la camera e… restò a bocca aperta.

Era meravigliosa.

Il letto era splendido, grande, con una specie di piccolo baldacchino e le coperte rosa pesca. Alle pareti si vedevano ancora i segni degli innumerevoli poster che dovevano esservi stati appesi, mentre in un angolo c’era anche una chitarra.

-         Hime-chan, dove sei? Non ti sarai già persa! – esclamò Daichi dal corridoio.

Himeko non rispose, tanta era ancora la sua meraviglia.

-         Ah, eccoti qui! – disse entrando – Ehi, hai trovato la camera di mia madre! – continuò, guandandosi intorno - Ti piace?

-         È… è splendida! – quasi urlò la ragazza – È adorabile! Ma davvero era la stanza di tua madre?

-         Sì. La bambina che ora è diventata una poliziotta, un tempo ha dormito qui. Comunque, se ti piace così tanto, per quest’estate puoi starci tu.

-         Co-cosa? Dici davvero?

-         Certo. In fondo da qualche parte dovremo pur dormire, no? Io mi prendo la stanza dei gemelli, qui accanto alla tua. Così, nel caso avessi bisogno di me, sai dove trovarmi.

-         Oh, Daichi! – esclamò Himeko, gettandogli le braccia al collo – Non so come ringraziarti, davvero! Questa è… è la mia stanza dei sogni!

-         Ah, davvero? – le rispose lui, arrossito ma compiaciuto nel vedere come la ragazza lo stesse abbracciando – Si vede che deve piacerti proprio un sacco…

Hime-chan sbarrò gli occhi. Ma che stava facendo? Si scostò piano da Daichi, stavolta senza movimenti bruschi, ma comunque imbarazzatissima. Non aveva nemmeno il coraggio di guardarlo negli occhi.

Lui si riscosse quasi subito, esclamando allegro:

-         Ehi, ma è mezzogiorno passato! Non hai fame? Andiamo, ho portato dei panini squisiti! Vedrai che ti piaceranno!

Nessuna risposta.

-         Hime-cha-an! Un corvo del mondo della magia ti ha per caso mangiato la lingua? Guarda che mi pappo tutto io! – ribadì il giovane, uscendo dalla stanza e cominciando a correre giù per le scale.

Dopo un altro istante di silenzio, la ragazza inspirò profondamente, per poi urlare a squarciagola:

-         Daichi, non osare! Guarda che sto morendo di fame anch’io!

E lo inseguì a rotta di collo, mentre le giungevano alle orecchie le risate dell’amico.

 

 

(*) fiume Kohaku: piccolo tributo ad Hayao Miyazaki, il Grande Maestro.

                              Da “Sen to Chihiro no kamikakushi”, in italiano “La città incantata”.

 

(**) “Sora no mizu”: “acqua del cielo”

 

(***) “Yuki no hana”: “fiori di neve”

 

(****) “Hotaru no umi”: “mare di lucciole”

 

 

Uh-oh! Che sta succedendo! Come mai questa tensione crescente nel rapporto tra Himeko e Daichi? Non è che sta nascendo qualcosa di nuovo?

Credo che in tutte le amicizie profonde che si trasformano in amore, ci sia un momento in cui uno dei due per primo se ne accorge e comincia ad averne paura. Ad aver paura che tutto cambi, che non continui più come è sempre stato, ma soprattutto del fatto che, se le cose non dovessero funzionare, uno splendido rapporto verrebbe irrimediabilmente compromesso.

A me non è mai capitato, ma ho la sensazione che sia così. Ho ragione oppure no? Mi piacerebbe che qualcuno che l’abbia sperimentato me lo sapesse dire, scrivendomi anche cosa ne pensa di questa fanfiction. La sto scrivendo in un periodo veramente duro, e mi sta aiutando non poco.

Ma credo che la scrittura sia così per chiunque la ami profondamente. Sbaglio anche qui?

Comunque sia, alla prossima! E recensite, mi raccomando!

 

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Capitolo 3
*** La settima notte del settimo mese ***


La settima notte del settimo mese

 

Dedico questo capitolo a Joey R.,

la mia amica di penna irlandese,

che è figlia del Grande Demone Celeste

ed è uscita da un gran brutto periodo

 

Il lavoro dei due ragazzi era incominciato: anche se Daichi sosteneva di non aver mai intrapreso niente di simile, le sue doti spiccavano anche qui. Era organizzatissimo e aveva tutto sotto controllo, al contrario di Himeko, che ogni tanto ne combinava una delle sue e faceva una gran confusione, facendo a volte arrabbiare e a volte divertire come un matto l’amico.

Avevano un gran da fare a riordinare libri, oggetti del tempo che fu e cari ricordi; ma, d’altra parte, c’era anche parecchio da pulire.

-         E-e-etciù! – starnutì Himeko per l’ennesima volta, dopo aver sollevato un’enorme nuvola di polvere – Uffa! Ancora?

-         Salute! – le rispose Daichi dalla stanza accanto – Strano non aver sentito un tonfo, questa volta!

-         Antipatico! – lo rimbeccò lei – E io che sto pulendo come Cenerentola per te, mentre tu non fai altro che spulciare libri o riordinare pipe! Abbi almeno un po’ di gratitudine!

Il ragazzo si affacciò sulla soglia della porta, guardando fisso Himeko.

-         Hai ragione – fece.

-         Eh? Su… su che cosa?

-         Stai proprio sgobbando duro, devo ammetterlo. Che ne dici se domani facciamo una pausa?

-         Una pausa? Davvero?

-         Sì, e festeggiamo il Tanabata.

-         Uau! – urlò Hime-chan, felice – Dici sul serio?

-         Certo. Sai, non avrei mai pensato che avresti lavorato così duro. Invitandoti qui, sapevo che mi sarei divertito come un matto, ma non immaginavo che ti saresti impegnata tanto.

-         Ehi, cosa vorresti insinuare? Che sono una scansafatiche, forse?

-         Beh, più o meno… - fece il ragazzo con un sorrisetto, scansandosi appena in tempo per evitare il piumino che Himeko gli aveva appena lanciato.

-         Screanzato! – urlò lei, per poi fare finta inseguirlo mentre lui scappava in cucina. In realtà andò solo a riprendere il piumino in corridoio, sorridendo felice tra sé e sé.

“Che bello, il Tanabata! Ah, non vedo l’ora che sia domani!”

 

Sette luglio. Secondo la leggenda, è proprio nella settima notte del settimo mese che Hikoboshi e Orihime, gli innamorati leggendari divisi da quel fiume di stelle che è la Via Lattea, possono incontrarsi di nuovo, una sola volta all’anno.

-         Allora, come festeggiamo? – chiese Himeko raggiante quella mattina, pimpante già a colazione.

-         Pensavo che potremmo andare a fare un giro per la città durante la giornata, poi tornare qui a darci una rinfrescata e andare in riva al fiume a vedere i fuochi artificiali.

-         Uau! Dici davvero? È un programma fantastico, ci sto!

-         Immaginavo che avresti fatto i salti di gioia. Dai, finiamo di mangiare e poi andiamo!

 

La città vera e propria era in realtà piuttosto moderna, essendosi ampliata per la maggior parte dopo la guerra. Per questo i negozi erano tutti piuttosto recenti, con vetrine accattivanti e dai colori vivaci. Himeko riuscì a trascinare Daichi a fare qualche spesa, ma gran parte della giornata venne spesa nell’esplorazione dei vicoli che costeggiavano le diramazioni del grande fiume Kohaku.

Il ragazzo sembrava ricordare molto bene la pianta della città, e portò Hime-chan in tanti di quegli angoli pittoreschi e sconosciuti, che alla fine alla ragazza sembrò quasi di esserci nata, in quella splendida cittadina che sorgeva sulle acque.

Verso il tardo pomeriggio decisero di rincasare, per potersi lavare con calma e poi cenare in tutta tranquillità.

“Ma guarda” si ritrovò a pensare Himeko sulla via del ritorno “Sembriamo proprio una coppia di fidanzatini”. Non appena ebbe formulato questa frase, anche se solo nella propria mente, arrossì spaventosamente. “Ma… ma che vado a pensare? Himeko, non è proprio da te! Ma che ti sta succedendo?”

-         Ehi, ti senti bene? – le chiese Daichi, chinandosi a scrutarla in volto – Sei tutta rossa. Non avrai preso un colpo di sole? Vuoi che restiamo a casa, stasera?

-         Eh? No, no, va tutto bene! Sto benone! Ho solo bisogno di un buon bagno caldo…

-         Mah, se lo dici tu… - rispose il ragazzo poco convinto.

Dopo cena Hime-chan fece un bagno, si vestì e trovò Daichi seduto in cucina ad aspettarlo.

-         Eccomi qua! – fece la ragazza – Sono pronta!

-         Vieni così? – chiese lui.

-         Come? … ma da quando ti interessa quello che indosso? – chiese lei, piuttosto sorpresa.

-         Seguimi, ti faccio vedere una cosa – rispose lui, guidandola di sopra nella stanza che un tempo era stata di sua madre, ma dove ora dormiva Himeko.

-         Scusami se sono entrato senza il tuo permesso, mentre eri in bagno – disse lui, prevenendo una sicura arrabbiatura da parte di lei – Ma mi è venuto in mente che, da qualche parte nell’armadio, ci doveva essere una cosa…

Detto questo, aprì le ante e tirò fuori un vestito ripiegato che appoggiò sul letto. Ma, non appena la ragazza si avvicinò per guardarlo meglio, si accorse che non era un vestito, bensì…

-         Un kimono! – esclamò – Ma… è bellissimo…

Effettivamente era stato tessuto con una stoffa molto pregiata, bianca con un motivo decorativo a fiori rosa e blu, che ricordavano vagamente le onde del mare o la corrente di un fiume.

-         Sai, era di mia madre: era il suo preferito quand’era ragazza. Me ne ha parlato tante volte, dicendomi che sarebbe venuta qui a prenderlo il giorno in cui avrebbe avuto una figlia femmina a cui tramandarlo. Ma ciò non è mai successo, come ben sai – spiegò Daichi. Poi si voltò verso Himeko – Però sono sicuro che sarebbe contentissima se stasera lo indossassi tu.

La ragazza si girò a guardarlo, stupefatta.

-         Cosa? Ma… io… no, non posso… - balbettò.

-         Coraggio! – continuò lui – È rimasto chiuso qui dentro per tanti anni… ha bisogno di prendere un po’ d’aria!

-         No, davvero, Daichi, è troppo…

-         Guarda che, se insisti, le telefono per chiederle il permesso – minacciò scherzosamente.

-         Ma… ma dici sul serio? Davvero posso indossarlo questa sera? Non mi prendi in giro?

-         No… è un kimono talmente bello che starà bene anche addosso ad un maschiaccio come te!

Himeko era talmente in estasi da non essersi nemmeno accorta della provocazione del ragazzo.

-         Bene, allora ti aspetto di sotto. Vedi di non metterci troppo tempo a cambiarti, d’accordo? – concluse lui, infilando la porta.

 

“Alla faccia del maschiaccio… altro che la stoffa! È lei che è proprio carina!” pensò Daichi non appena la vide, l’espressione di lei raggiante come un girasole.

-         Allora, andiamo? – le disse, riscuotendosi immediatamente – Lo spettacolo pirotecnico inizierà tra mezz’ora, dobbiamo sbrigarci. Speriamo di arrivare in tempo, ci hai messo un secolo a cambiarti…

-         Non preoccuparti, i fuochi d’artificio non scappano – rispose Himeko tranquilla. Era talmente felice che i tentativi di Daichi di farla arrabbiare non la toccavano minimamente.

Così si incamminarono, nel buio, verso il centro della città.

 

-         È… è stato fantastico! Fenomenale! Non ho mai visto niente del genere! – la ragazza non riusciva più a contenere l’entusiasmo, cosa che divertiva immensamente Daichi.

-         Di’ un po’, ma era la prima volta che vedevi i fuochi artificiali? Se l’avessi saputo, ti ci avrei portato anche prima!

-         Certo che no, antipatico! Ma uno spettacolo del genere non lo si vede di sicuro in nessun altro angolo del Giappone! – continuò lei, imperterrita.

-         Sì, non posso darti torto - ammise il ragazzo. I fuochi d’artificio, in quel posto, erano davvero speciali. L’ultima volta che era venuto a vederli era ancora un bambino, ma nemmeno stavolta l’avevano deluso.

-         E poi il modo in cui si specchiano sulle acque del fiume! È come se le luci raddoppiassero, e lo spettatore ne venisse avvolto! Non sapevo più se guardare verso l’alto o verso il basso!

-         Hime-chan… adesso basta, o ti prenderanno per una pazza che gira per strada! D’accordo che sei matta da legare, ma non vorrei venissero a portarti via, domattina!

-         Ma insomma! – fece lei, voltandosi piccata -  Io sono qui, felice ed entusiasta per lo spettacolo di stasera, e tu non fai altro che prendermi in giro! Ma ti diverte così tanto?

Daichi le si avvicinò, la guardò con calma negli occhi e… le diede un buffetto sulla fronte.

-         Da morire! – esclamò, vicino al suo orecchio. Poi la prese per una spalla, facendola voltare e continuando a camminare.

Finse di non accorgersi di quanto lei fosse arrossita, e seguitò a tenerle un braccio attorno alle spalle, mentre chiacchieravano del più e del meno e tornavano verso casa.

Di cosa parlarono quella sera, durante il tragitto? A chiederlo il giorno dopo a uno dei due, nessuno avrebbe saputo rispondere. Ma il rossore, l’imbarazzo e quella sensazione dolce e avvolgente che provarono in quella sera d’estate, di sicuro non li avrebbero mai dimenticati.

 

 

D’accordo, questa è stata una piccola, romantica pausa. Ma la storia andrà avanti.

Alcune precisazioni: dato che non mi ricordo molto l’anime, non ho la più pallida idea di come vada a finire. Non so se Himi e Dai Dai dimenticheranno tutto, se Pokotà continuerà o no a parlare… So che avrei dovuto aspettare la fine della trasmissione dell’anime per pubblicare una storia un po’ più precisa, ma non ce l’ho fatta, avevo una voglia incredibile di scrivere qualcosa su questi due!

Quindi mettiamola così: questa è una “What if”, quindi facciamo che ho inventato anche qualche cosa in più. In fondo sono dettagli per ricollegare questa storia all’anime, quello che mi interessa veramente è il rapporto Himi/Dai Dai.

Comunque ringrazio Hatori per avermelo fatto presente.

Però avrei bisogno della consulenza di chi sa qualcosa in più: Chappy, la Scopina di Erika, da chi è stata inventata? Ho fatto una ricerca, ma le versioni sono molteplici: nel cartone dicono la bisnonna, nei siti in italiano il nonno, mentre nei siti in inglese si parla addirittura del bis-bis-bisnonno! Mi sa che dovrò prendermi una licenza poetica anche qui…

Comunque che ne pensate?

 

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Capitolo 4
*** I tanti segreti del coperchio di un pianoforte ***


I tanti segreti del coperchio di un pianoforte

 

Dedico questo capitolo alla mia amica Annalisa,

che festeggia oggi il suo compleanno

e ama profondamente

la musica e i pianoforti.

Non leggerà mai questa storia,

ma quello che conta è il pensiero, no?

 

Quella del Tanabata era stata però solo una pausa isolata, perché già dal giorno dopo Daichi aveva ricominciato a lavorare col doppio dell’impegno e Himeko, suo malgrado, aveva dovuto imitarlo, aumentando il ritmo. Erano ormai quasi due settimane che lavoravano praticamente senza sosta, e Hime-chan cominciava ad essere un po’ stanca. D’accordo che le cose da fare non mancavano, ma era estate, e loro avrebbero anche dovuto divertirsi un po’, accidenti!

Ogni volta, però, che sembrava sul punto di dire qualcosa a Daichi, le veniva a mancare il coraggio. Il ragazzo si era buttato anima e corpo in quella catalogazione meticolosa del passato della sua famiglia: sembrava stesse ripercorrendo un po’ anche la propria storia, e Himeko era sicura che quella specie di “febbre” fosse anche un modo per elaborare il dolore dovuto alla morte del nonno.

Nel corso di quelle tre settimane non lo aveva visto o sentito piangere nemmeno una volta, ma lo conosceva fin troppo bene per non sapere che l’amico stesse, a modo suo, soffrendo. Daichi non era mai stato uno dalla lacrima facile; quella era lei, ma lui… Lui aveva bisogno di andare in fondo alle cose, di capirle il più possibile. Non era come lei, che- soprattutto un tempo- scoppiava in lacrime subito e si arrendeva alla prima difficoltà.

Però, malgrado tutte queste riflessioni, era davvero stufa! Almeno il compito di Daichi era un po’ più interessante del suo: lei non doveva fare altro che spolverare, battere i tappeti e passare l’aspirapolvere. Non era mica la donna delle pulizie!

L’unica incombenza casalinga che si addossava il ragazzo era la preparazione dei pasti: era lui a cucinare e a occuparsi di colazione, pranzo e cena. “È l’unico modo per evitare l’avvelenamento!” le spiegava, per poi scansarsi all’arrivo di un qualunque oggetto contundente. C’era però da ammettere che, malgrado a scuola il ragazzo bigiasse praticamente tutte le lezioni di economia domestica, in cucina se la cavava davvero bene. Meglio di Hime-chan, senza alcun dubbio.

Comunque fosse, in quel momento Himeko era sicura che sarebbe stramazzata al suolo se non avesse immediatamente fatto una pausa.

-         Daichi, scusa! – fece lei, entrando nella stanza in cui il ragazzo stava mettendo in ordine grossi pacchi di fogli.

-         Sì, dimmi, che c’è? – chiese lui senza staccare gli occhi dal proprio lavoro, cosa che irritò profondamente la ragazza.

-         Niente, volevo solo dirti che mi prendo una pausa! – gli rispose, un po’ offesa. Poteva almeno guardarla in faccia, no?

-         Sì, sì, va bene. Tanto qui ne avrò ancora per un bel pezzo…

Himeko si trattenne a stento dallo sbattere violentemente la porta! Ma che maleducato! Come poteva ignorarla così?

A passi elefanteschi si allontanò lungo il corridoio, per poi salire le scale. Si sarebbe presa una pausa, come no! Era stufa di lavorare come una pazza per quello schiavista che non la degnava nemmeno di uno sguardo… che si arrangiasse, se si divertiva tanto!

Man mano che sbolliva la rabbia del momento, la ragazza rallentava il passo, fino a fermarsi poco prima della propria stanza. D’accordo, si era presa una pausa, ma che poteva fare? Senza Daichi non aveva voglia di andare in città. Stare in camera? A fare che, con il caldo che c’era?

All’improvviso le venne un’idea: perché non dare un’occhiata in giro? Tanto non erano ancora arrivati a sistemare il piano superiore, quindi il ragazzo non si sarebbe accorto di un po’ di confusione in più… e poi le era venuta in mente una cosa: di solito, nei libri, le case occidentali avevano sempre una soffitta o un sottotetto. Un luogo un po’ misterioso, insomma, pieno di cose interessanti.

Ce ne doveva per forza essere una anche lì, e lei l’avrebbe trovata senza chiedere a quell’antipatico.

Detto e fatto, cominciò a guardarsi attorno. Come si arrivava in una soffitta?

Iniziò ad aprire piano piano tutte le porte, senza farsi sentire, finché ne trovò una che si apriva su una specie di sgabuzzino pieno di vecchi vestiti appesi, ma ad un’occhiata più attenta vide anche una ripida scala che saliva.

Facendo attenzione a dove metteva i piedi, Himeko salì, fino a trovarsi di fronte ad una porta piena di ragnatele. Dovette far forza sulla maniglia, ma alla fine riuscì ad aprirla.

Quando finalmente entrò, non riuscì a trattenere un’esclamazione di meraviglia.

-         Oh! – fece. Aveva proprio ragione: quello era il sottotetto, e ad occhio e croce doveva essere ampio quanto l’intera casa. Era enorme, e pieno zeppo di roba! Oltre a vestiti, mobili rotti, vecchie credenze dalle ante sgangherate e servizi da tè con le tazzine sbeccate, c’erano anche bauli e scatole a non finire… per non parlare di tutti i libri dalle copertine rigide impilati un po’ ovunque.

L’unica fonte di luce era costituita da un lucernario piuttosto grande, che lasciava entrare gli accecanti raggi del sole di luglio e sottolineava quanta polvere ci fosse in quel posto. Doveva essere il regno dei ragni, quello…

Hime-chan cominciò a muoversi piano, quasi timorosa, ma ben presto la curiosità prese il sopravvento su di lei. Quel posto aveva un che di… magico! Era qualcosa che andava ben oltre il fascino della vecchia casa abbandonata. Sentiva che lì c’era qualcosa di speciale.

Ad un certo punto sgranò gli occhi: stava forse sognando? Era la penombra ad ingannarla, o addossato alla parete c’era davvero un antico, polveroso pianoforte?

La ragazza si avvicinò senza riuscire a staccarne gli occhi. Passò un dito sul coperchio, per ritrovarselo nero come il carbone: era davvero sporco! Lì sì che avrebbe avuto di che sbizzarrirsi, la nostra novella Cenerentola!

“Forse non dovrei, ma… non resisto alla tentazione!”. Himeko alzò lentamente il coperchio del pianoforte verticale, ma rimase un po’ delusa: i tasti d’avorio, un tempo bianchi, erano pieni di macchie, mentre quelli neri erano scrostati e rovinati. Quando non mancavano del tutto. Sicuramente un tempo quel piano doveva aver suonato divinamente, ma ora somigliava più ad un relitto che a uno strumento musicale.

Nel percorrere con lo sguardo la tastiera si accorse che, all’estremità di destra, era appoggiato qualcosa. Aprì definitivamente il coperchio e guardò meglio quello strano oggetto. A prima vista sembrava un quaderno, ma era piuttosto grosso, e per di più aveva la copertina fatta di una grezza pelle marrone. Che strano libro era mai quello?

Lo prese in mano, curiosa, e con il fazzoletto lo ripulì per bene. Tuttavia non era molto sporco: rimanere chiuso tra la tastiera e il coperchio del piano lo aveva preservato dalla polvere, conservandolo quasi intatto.

Affascinata, Hime-chan si avvicinò alla pozza di luce sotto il lucernario, e guardò meglio quella copertina. Le sembrava di distinguere qualcosa. Delle iniziali, forse…

 

-         DAICHI!

L’urlo di Himeko lo fece letteralmente sobbalzare. Era da un pezzo che non la sentiva urlare così. Dai tempi del fiocco, almeno. Ma che le era successo?

La ragazza si catapultò ansimante nella stanza, dopo una corsa a rotta di collo dalla soffitta al piano superiore, e poi giù per le scale fino a quello inferiore. Non vedeva l’ora di mostrare a Daichi quello che aveva trovato!

-         Guarda cos’ho qui! – furono le prime parole che riuscì ad articolare.

-         Hmm? Ma dove lo hai preso? – chiese lui.

-         In soffitta! L’ho trovato in un posto incredibile: pensa, era sopra la tastiera di un pianoforte, nascosto sotto il coperchio… - cominciò lei, tutta entusiasta.

-         Sei andata a ficcare il naso, eh? – la interruppe lui.

Hime-chan arrossì. Accidenti, e dire che non doveva scoprirla! Ma come faceva a tradirsi sempre in questo modo? Comunque in quel momento era troppo presa dalla scoperta che aveva appena fatto…

-         Allora? Si può sapere cos’è? – domandò il ragazzo.

-         Non ne ho idea, però guarda qui! – esclamò lei – Vi sono incise delle iniziali!

-         H. N. …

-         Sono proprio come le mie! Himeko Nonohara!

-         … Hiroshi Nagasawa… - mormorò di rimando Daichi, stupefatto.

-         Eh? Chi è questo Hiroshi Nagasawa? – chiese Himeko, un po’ sorpresa.

-         Mio nonno… - rispose lui, in un sussurro.

Non credeva ai propri occhi. Quello doveva essere…

Quasi in trance, prese Hime-chan per mano e la trascinò sul divano, dove si sedettero entrambi. Poggiò il libro sulle ginocchia, quasi con reverenza.

-         Tuo nonno? Davvero? – chiese la ragazza a occhi sgranati.

Daichi annuì.

-         Quindi questo strano libro era suo? Avanti, perché non lo apri? – lo incoraggiò, curiosa.

Il ragazzo annuì di nuovo, serio, e poi lo aprì.

 

30 Luglio 1940

Quasi non ci credo! Sto scrivendo la prima pagina del mio diario!

Mi presento subito: mi chiamo Nagasawa Hiroshi (*), e oggi compio tredici anni. Questo splendido diario è un regalo della mia migliore amica Manaka (*), che ringrazio tanto!

È stata lei a farlo, con le sue mani: quando me l’ha dato mi ha raccontato di aver cucito assieme tanti fogli di carta di riso e di averli poi rilegati con un brandello di pelle di cinghiale che ha rubato dal laboratorio di suo zio e ha poi pulito da sola. Ha anche inciso le mie iniziali sulla copertina: non è magnifico?

Credo di non aver mai ricevuto un regalo più bello! Qui potrò scrivere tutto quello che mi pare: quello che mi succede tutti i giorni, ma anche tutti i pensieri che mi vengono in mente! Di solito li confido a Manaka, ma poterli rileggere quando ne avrò voglia sarà magnifico!

Adesso che ci penso: posso anche disegnare! Ma non troppo, che spreco troppa carta.

 

Himeko e Daichi avevano letto in silenzio, col fiato sospeso. Quel brano, che occupava una pagina intera, era scritto in una grafia un po’ grossolana, con qualche errore d’ortografia. Ma, se Hime-chan ricordava bene le lezioni di storia, nel 1940 forse i ragazzi non disponevano della stessa istruzione che avevano ricevuto lei e i suoi coetanei. D’altra parte, se era il nonno di Daichi c’era da scommettere che a scuola non dovesse farsi vedere molto spesso!

Dopo averlo preso mentalmente in giro, Hime-chan si voltò verso l’amico. Il ragazzo teneva ancora il diario fra le mani, e non riusciva a staccare gli occhi da quella pagina, come se temesse di vederla scomparire da un momento all’altro.

Himeko sorrise, contenta di essere lei, per una volta, a farlo tornare coi piedi per terra.

-         Ehi, non sei contento? – esclamò – Abbiamo appena trovato il diario di tuo nonno!

 

 

(*) Hiroshi e Manaka: sono i nomi dei protagonisti di “Honeymoon”, di Banana Yoshimoto, da cui ho preso ispirazione per questa storia.

    

 

Ah, che soddisfazione! Figuriamoci se un’appassionata diarista come me non infilava una cosa del genere! Però mi sono data forse la zappa sui piedi: adesso mi toccherà ripassare un po’ di storia…

Ringrazio di cuore tutti quelli che hanno risposto al mio appello e alle mie domande! Grazie anche per avermi indicato il sito di youtube per vedere tutte le puntate di “Hime-chan no Ribbon”, ma temo che dovrò aspettare i tempi della Mediaset perché… ehm… vedete, io non ho l’ADSL, quindi vedere qualsiasi video mi è praticamente impossibile.

Lancio un altro appello (spero non mi ucciderete): il nonno di Erika ha per caso un nome? Se sapete qualcosa, per favore rispondete!

E recensite, grazie!

Tanti auguri ad Annalisa! Buon compleanno!

 

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Capitolo 5
*** Una sorpresa dal passato ***


Una sorpresa dal passato

 

-         Daichi…? Stai bene? – chiese Himeko, un po’ preoccupata. Il ragazzo seguitava a fissare la prima pagina di quel diario, come incantato.

-         Sai, Hime-chah – rispose finalmente lui, alzando gli occhi – Ti devo ringraziare. Se non ci fossi stata tu, probabilmente non l’avrei mai trovato. Ma come fai?

-         Beh, sai… - replicò lei, con aria di sufficienza – Basta “ficcare il naso”…

-         Sì, scusa – le disse il ragazzo, con un sorriso dispiaciuto – Non volevo offenderti.

-         Non preoccuparti! – fece lei, di nuovo con il sorriso sulle labbra. Le piaceva quando Daichi diventava così sereno e comprensivo, soprattutto se era stato merito suo.

Poi si sporse un po’, curiosa:

-         Piuttosto… perché non vai avanti?

-         Certo – annuì lui.

 

31 luglio 1940

Secondo giorno! In realtà non ho molto da scrivere, oggi: stamattina mia madre mi ha dato un sacco di lavoretti da fare, e non ho avuto un attimo libero.

Per fortuna dopo pranzo è venuta Manaka, così sono sgattaiolato via e abbiamo gironzolato per i campi tutto il pomeriggio.

 

-         Ma guarda… mi ricorda qualcuno… - disse Himeko sorridendo. Sì, era il nonno di Daichi, non c’erano dubbi al riguardo!

Il ragazzo la ignorò, voltando pagina.

-         Il primo agosto non ha scritto niente, mentre per il due ci sono un paio di pagine piene. Chissà perché…

-         Ehi, ma che calligrafia disordinata! Sembra abbia scritto in fretta e furia! Ma che gli era successo? – chiese la ragazza.

Daichi la guardò, come a dire “Ne so quanto te”, poi riprese a leggere.

 

2 agosto 1940

Credo, anzi sono certo che questa data rimarrà una pietra miliare della mia vita. Non la dimenticherò mai e poi mai, dovesse cascare il mondo! Oltretutto, ora dovrò stare attento come un falco, mille volte più di prima, che nessuno trovi e legga questo diario, perché sarà lui l’unico confidente di tutto ciò che mi accadrà d’ora in poi. Nemmeno a Manaka posso dirlo.

 

-         Perché nemmeno a lei? Ma se è la tua migliore amica! – protestò Himeko.

-         Guarda che questo non è un telefilm trasmesso in televisione. Zitta e ascolta! – la redarguì Daichi – Allora, dov’ero rimasto…?

 

Sto scrivendo nel cuore della notte. Ho acceso una candela, e spero che i miei non lo scoprano, ma era troppo importante! Questa sera… questa sera ho incontrato un ragazzo proveniente dal Regno della Magia!

 

-         Coosa? – esclamò Hime-chan, aspettandosi un’ occhiata di rimprovero da Daichi, che però le rivolse uno sguardo altrettanto stupefatto. Poi continuò:

 

Ero a letto da un bel po’, ormai, ma non riuscivo a dormire. Poi ho sentito qualcosa fuori dalla finestra, come un uccello sospeso in volo proprio davanti alla mia camera. Di solito gufi e civette non fanno niente del genere, quindi, curioso, mi sono alzato.

Ad un primo sguardo sembrava che non ci fosse nessuno, poi all’improvviso è apparso un ragazzo su una scopa che, prima ancora di pronunciare una parola, mi ha messo una mano sulla bocca. “Non urlare, ti prego!” ha detto piano “Non voglio farti del male, posso entrare?”

Io ero stupefatto… non solo per la strana richiesta di quel ragazzo volante a cavallo di una scopa, ma soprattutto perché l’avevo visto bene in faccia. La luce della luna lo illuminava perfettamente… era uguale a me! D’accordo, non sono un tipo vanitoso, e poi mia madre mi dice sempre di stare alla larga dagli specchi perché ogni tanto ne rompo uno, ma… accidenti, lo so com’è la mia faccia! E la sua era identica! L’unica differenza era che lui aveva il ciuffo davanti un po’ più lungo e spettinato dal vento della sera, mentre io ho i capelli corti corti, come tutti qui.

Ero talmente sorpreso che ho annuito senza accorgermene, e l’ho fatto entrare.

Lui è passato dalla finestra, e poi è sceso elegantemente dalla scopa.

Io avevo finalmente ritrovato l’uso della parola, e gli ho chiesto: “Ma chi sei?”

E lui: “Mi chiamo Ephrem, piacere. Sono il principe del Regno della Magia”.

 

Daichi, mooolto lentamente, alzò lo sguardo dal diario e si volse verso Hime-chan. Lei teneva le mani premute contro la bocca, gli occhi fissi sulla pagina.

-         Oh- santo- cielo… - furono le uniche parole che mugugnò, esterrefatta.

-         Puoi dirlo forte – commentò il ragazzo, un po’ estraniato.

I due rimasero senza parlare per un bel po’, ciascuno perso nei propri pensieri. O meglio, Daichi pensava, mentre quelle che a Himeko passavano per la testa erano solo parole slegate e confuse, che si presentavano senza un apparente nesso logico.

Una cosa come: “Magia- regno… Erika! Ephrem? Fiocco- Pokotà- magia. Magia- Pokotà- fiocco! Fiocco di magia!”

-         Fiocco di magia! – ripeté, a voce alta.

-         Ma che stai dicendo? – le chiese Daichi, già un po’ meno scosso di lei.

-         Oh, niente, scusa… mi sono lasciata prendere la mano…

Tacquero di nuovo, entrambi. Alla fine il ragazzo si buttò contro lo schienale del divano, sbuffando e alzando lo sguardo verso il soffitto.

-         Questa poi! – esclamò, posando una mano sul braccio di Himeko e mettendosi a ridere.

-         Non ci trovo niente da ridere! – replicò lei, confusa dalla reazione dell’amico e da quella mano sul suo braccio.

-         Sì, invece! – rispose lui, mettendosi a sedere per posare un momento il diario e scrollare la ragazza, a venti centimetri dal suo naso – Non hai capito? Torna tutto! Io, tu, Erika, mio nonno… forse era destino che ci incontrassimo!

-         Cosa… destino? Ma che cosa stai dicendo, Daichi? Dai i numeri?

-         Forse, ma… resta qui e pensaci un attimo! Io vado a bere qualcosa di fresco, altrimenti comincerò davvero a dare i numeri! Non riesco a crederci! Vuoi qualcosa? – fece, alzandosi.

Hime-chan, confusa da tutte quelle frasi sconclusionate, rispose un “No, grazie”.

Mentre il ragazzo si dirigeva in cucina, lei guardò il diario abbandonato in un angolo del divano. Lo prese e lo aprì alla pagina di poco prima, dando una scorsa veloce. Non appena lesse qualcosa come “Chappy” (*) qualcosa la folgorò, facendola rimanere senza fiato. Mollò il diario, come se scottasse, e filò in cucina.

-         Daichi! Vorrei un bicchiere di succo di frutta, per favore!

 

 

(*) Chappy: per chi non lo sapesse, è il nome originale di Scopina.

 

 

… avete capito? Sono sicura di sì… (l’autrice sghignazza, soddisfatta). Forse mi ucciderete, ma con questo capitolo taglio qui…

Arrivederci al prossimo…

 

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Capitolo 6
*** Natsu no Yoru, notti d'estate ***


Natsu no Yoru, notti d’estate

 

-         Sai, ancora non riesco a crederci – ammise Daichi mentre guardava le lucciole danzare sull’acqua, seduto accanto alla sua Hime-chan sulla riva del corso d’acqua “Hotaru no umi”.

-         Dillo a me, mi sembra incredibile! – esclamò Himeko rapita, tuttavia, dalla luminosa danza degli insetti. Era comunque contenta, perché quella sera aveva finalmente compreso il significato del nome di quella diramazione del fiume.

Poco prima i due ragazzi avevano terminato di leggere ciò che il nonno di Daichi aveva scritto in data due agosto.

 

Non riesco ancora a crederci! La scopa che Ephrem aveva con sé… adesso è tutta per me! E per un anno intero! Sì, perché i reali del Mondo della Magia sono tenuti ad inventare, prima di salire al trono, un oggetto magico che devono far collaudare per un anno dal loro sosia che vive sulla Terra. E il sosia del principe sono proprio io!

Vi rendete conto della fortuna che mi è capitata? Posso volare con la mia scopa, chiacchierare con lei… sì, perché parla! La prima cosa che mi ha detto è stata: “Ciao, io mi chiamo Chappy! Spero diventeremo buoni amici!”.

Mi sembra molto chiacchierona!

D’accordo, adesso basta scrivere. Voglio approfondire un po’ la conoscenza della mia Chappy. Mi sembra un sogno! Ma sono sveglio?

 

Ero sveglio, sì. Hime-chan non riusciva ancora a credere che il nonno del suo migliore amico, dell’unica persona che aveva condiviso con lei l’avventura del fiocco, fosse proprio colui che a suo tempo aveva sperimentato Chappy, la scopa inventata dal nonno di Erika.

-         Però, sai – disse Himeko pensierosa, seguendo le lucciole con lo sguardo come se fossero il filo dei suoi pensieri – Forse prima avevi ragione: magari era destino che proprio tu, fra tutti, venissi a conoscenza del mio segreto. Nella tua famiglia qualcuno era già venuto a contatto con il Regno della Magia… magari è qualcosa che vi tramandate.

-         Se sia stato deciso dal fato, questo non lo so – ridacchiò Daichi – Certo è che è ben strano! Ma ci pensi? Con tutte le volte che l’abbiamo vista, né tu né io abbiamo mai pensato di chiedere a Chappy chi fosse l’umano che l’aveva sperimentata!

-         Già! E pensare che Erika me ne aveva parlato subito, la sera in cui ci siamo conosciute! È pazzesco!

-         Beh, magari in quell’occasione  avevi ben altro a cui pensare, che ne dici?

-         Sì, è vero! – ammise lei.

Poi tacquero di nuovo, gli sguardi verso le lucciole e i pensieri rivolti al diario. Avevano deciso che avrebbero continuato a leggerlo l’indomani: un po’ per digerire la notizia, e un po’ per non rovinare la “suspence” del momento.

Così erano lì, sospesi in quella serata estiva, l’uno accanto all’altra.

Himeko sospirò, e senza pensarci appoggiò la testa sulla spalla di Daichi, le ginocchia raccolte tra le braccia. Il ragazzo arrossì, sorpreso, ma non si scostò né si irrigidì.

-         Però, se ci fosse venuto in mente – continuò la ragazza, piano – magari avremmo potuto farli incontrare di nuovo. Tuo nonno ne sarebbe stato felice, e sono certa che Erika non avrebbe avuto niente in contrario… e invece… ora non si può fare più niente…

La voce rotta, Himeko era ormai prossima ai singhiozzi. Daichi se ne accorse e, dopo averle messo un braccio intorno alle spalle, con l’altra mano le alzò il volto, accarezzandole una guancia.

-         Ma che cosa stai dicendo? Non è certo colpa tua! E poi come avremmo potuto immaginare una coincidenza del genere? – le disse serio.

-         Sì, ma… non è giusto… - tentò di replicare lei, ormai sull’orlo delle lacrime.

Il ragazzo si avvicinò ancora di più, facendo in modo che lei lo guardasse dritto negli occhi.

-         Adesso ascoltami, per favore. Forse gli avrebbe fatto piacere, questo è vero, ma di certo un nuovo incontro non avrebbe cambiato gli splendidi ricordi che sicuramente gli erano rimasti di quel magico periodo. Sono certo che ne hanno combinate delle belle, lui e Chappy, e di sicuro troveremo tutta la cronaca delle loro avventure nel diario. Perciò domani, quando riprenderemo a leggerlo, sarà come se le vivessimo anche noi, assieme a lui.

Himeko annuì, ma il nodo alla gola rimaneva.

Daichi la guardò: com’era scema, la sua Hime-chan! Proprio a lui toccava consolarla in un frangente simile, mentre fra i due era quello che avrebbe dovuto sentirsi più scosso? Ma come faceva a piangere e a dispiacersi per una persona che non aveva nemmeno conosciuto? Sì, era proprio da lei… così scema… e così adorabile…

Senza rendersene conto, le accarezzò un altro po’ la guancia con un dito, mentre lei era talmente concentrata nello sforzo per non piangere che non se ne accorse nemmeno, e tornò ad accoccolarsi contro la spalla del suo Daichi, chiudendo gli occhi.

Il ragazzo sorrise, continuando a cingerle le spalle. Essendo vicini all’acqua, si era alzata la brezza fresca della sera, e non gli dispiaceva quel peso caldo su un lato del corpo.

Il vento, inoltre, gli faceva sentire meglio il suo profumo. Non si era mai accorto che Hime-chan avesse un odore così buono: era dolce, e aveva un che di infantile, ma lo faceva sentire bene. Era come l’odore di casa sua quando tornava da un lungo viaggio in treno o in bicicletta: normalmente lo faceva scappare sempre fuori, all’aperto, ma dopo una lontananza prolungata era la prima cosa che lo accoglieva, così dolce e familiare.

Daichi soffocò una risatina, immaginando come avrebbe reagito la ragazza se le avesse detto: “Profumi come casa mia quando torno da un viaggio”. Sicuramente avrebbe pensato che la stava accusando di puzzare di chiuso. Quindi forse era meglio evitare… anche se adorava stuzzicarla e vederla arrabbiarsi per un nonnulla. In quei momenti era proprio al centro delle sue attenzioni, lei non pensava a nient’altro che a fargliela pagare.

Senza chiedersi del perché desiderasse essere costantemente l’oggetto dei pensieri di Himeko, il ragazzo appoggiò a propria volta il capo sulla testa di lei, pensando involontariamente che, se ci fosse stato il fiocco, tale operazione non sarebbe risultata tanto semplice.

 

Hime-chan ebbe un brivido, e si svegliò. Ormai stava cominciando a fare freddo, sentiva l’erba umida di rugiada sotto il sedere, ma dalla vita in su stava benissimo. Come mai?

Non appena si rese conto di essersi addormentata tra le braccia di Daichi, avvampò all’istante. Sentendo il suo respiro regolare, capì che doveva essersi addormentato a sua volta.

“Poverino, non dev’essere stato facile per lui. Sarà stremato, dopo una giornata simile. E io che non faccio altro che stargli tra i piedi” pensò. Poi chiuse gli occhi di nuovo, accoccolandosi come un gatto che fa le fusa. “Però devo ammettere che non si sta affatto male… ma non possiamo rimanere qui: ci prenderemo un malanno, anche se è estate”.

Senza alzarsi, spostò piano la testa, in modo da trovarsi con la bocca vicino all’orecchio del ragazzo.

-         Daichi… Daichi, svegliati – bisbigliò, per non farlo sussultare.

Lui aprì lentamente gli occhi, abbassando lo sguardo per vedere chi stesse interrompendo il suo sonnellino.

Himeko invece alzò la testa, cominciando a dire:

-         Forza, dobbiamo tornare in casa e andare a letto. Se rimaniamo qui rischiamo di…

Ma si interruppe all’improvviso, vedendo che il ragazzo, ancora mezzo addormentato, si stava avvicinando un po’ di più… un po’ di più… un po’ di più…

Le sfiorò leggermente le labbra con le proprie, per poi piombare con la fronte sulla spalla della ragazza, ronfando come un tasso.

Quel contatto minimo, se pure c’era stato, aveva lasciato Himeko stupefatta, immobile.

Ma… ma era successo davvero? Forse se l’era immaginato mentre Daichi le finiva sulla spalla, le era passato così vicino…

Ma no… no, era successo davvero. Le labbra bruciavano nel punto in cui il ragazzo le aveva sfiorate. Non era immaginazione, la sua.

Confusa e rossa come un fiammifero accesso, Hime-chan riuscì in qualche modo a trascinare Daichi in casa, mentre questi, nel dormiveglia, si appoggiava esausto a lei. La ragazza non aveva voluto svegliarlo, anche perché era sicura che non sarebbe nemmeno riuscita a guardarlo in faccia.

Riuscì a farlo stendere sul divano e lo coprì, poi andò a letto.

Si rintanò sotto le lenzuola, e solo allora fu capace di formulare del tutto quel pensiero che, in sensazioni ed emozioni confuse, le ronzava in testa:

 

“Oddio. Mi ha baciata”.

 

 

Dedicato a tutti quelli che hanno una gran voglia di tenerezza, ma che per averne un po’ devono inventarsela.

 

 

Mentre scrivevo, mi è uscito da solo quel pezzetto sull’odore della persona di cui si è innamorati. Mi piacerebbe quasi fare un “sondaggio”: che odore ha, per voi, la persona che vi piace?

 

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Capitolo 7
*** Passato e presente ***


Passato e presente

 

Quella mattina Himeko rimase a letto un po’ più del solito, rendendosi conto di non avere il coraggio di scendere di sotto.

“Santo cielo, e adesso che cosa gli dirò? Che cosa faccio? E che cosa farà lui?” continuava a rimuginare. Poi però pensò: “Beh, non posso mica evitarlo fino alla fine dell’estate!”.

Il viso infuocato come il sole al tramonto, saltò giù dal letto, si vestì e scese di sotto.

Daichi era già al lavoro, in una delle tante stanze.

-         B-buongiorno, Daichi… - esordì lei, titubante, sulla soglia.

-         Oh, salve! Stamattina abbiamo deciso di poltrire, eh? – esclamò allegro.

-         C-come? – Himeko era stupefatta. Erano quelle le parole che le rivolgeva, dopo il loro primo bacio?

-         Su, dai, vai a fare colazione, che c’è parecchio da fare!

-         M-ma… cosa…?

-         Ehi, che c’è? – fece lui all’improvviso – Sei strana. Non è che siamo stati fuori troppo a lungo ieri sera, e ti sei presa la febbre?

Dicendo questo si avvicinò, allungando la mano verso la fronte di lei, ma la ragazza, rossissima in volto, indietreggiò e scappò in cucina.

-         No, sto benissimo, ho solo una gran fame! – urlò.

 

Dopo colazione, Hime-chan si ripresentò alla porta della stanza in cui stava frugando Daichi.

-         Allora, che cosa devo fare? – gli chiese, squadrandolo per bene. Sembrava non ricordasse nulla della sera prima. Possibile? D’accordo che era mezzo addormentato, però… cavolo, il primo bacio

-         Sederti qui – rispose lui, accomodandosi sul divano del giorno prima, il diario in mano.

Himeko avvampò. Vicino a lui? Si sentiva un po’ in imbarazzo…

-         Ehi, qualcosa non va? – la chiamò Daichi – Mi sono svegliato presto per sbrigare un po’ di lavoro, così potevamo avere il tempo di andare avanti con il diario. Non vedo l’ora di scoprire che cosa è successo!

-         Ah… - fu tutto quello che riuscì a dire Hime-chan. Il diario... E il loro bacio, allora?

Comunque si sedette accanto al ragazzo senza fiatare, curiosa malgrado gli ultimi avvenimenti.

A quanto sembrava, Hiroshi aveva proseguito entusiasta.

 

7 agosto 1940

Chappy è fantastica! Certo, dobbiamo stare sempre attenti ad uscire in volo quando nessuno ci vede, e faccio i salti mortali per nasconderla ai miei genitori: non potevano credere che tenessi una scopa in camera per pulire ogni tanto! Forse hanno pensato che avessi la febbre!

L’unico problema è che Chappy è una vera chiacchierona, ho paura che prima o poi qualcuno la scopra solo seguendo il suono della sua voce. Non sta mai zitta! Se non fosse una scopa magica volante, credo che la ignorerei come tutte le ragazzine petulanti della mia età (Manaka esclusa, ovviamente, lei non è mai stata così)!

 

Himeko ridacchiò.

-         Sì, confermo! – esclamò – Chappy è sempre stata piuttosto loquace!

-         Beh, mio nonno era un buon ascoltatore – le rispose Daichi, sorridendo – Magari se la intendevano!

-         Sicuramente doveva tenersela buona: con il caratterino che si ritrova Chappy, se tuo nonno l’avesse fatta arrabbiare non l’avrebbe di certo portato a volare!

-         Sì, hai ragione! – sghignazzò il ragazzo.

Per un attimo si scambiarono uno sguardo complice, ma Himeko arrossì all’istante e distolse lo sguardo, profondamente imbarazzata.

“Chissà che le prende” pensò Daichi davanti a quello strano comportamento “Forse ieri sera ha davvero preso freddo…” (Sì, e anche tu, ma al cervello! Non la riconosci una ragazza innamorata? ndA, che se la prende con i suoi personaggi).

Comunque il ragazzo fece spallucce e riprese la lettura:

 

13 agosto 1940

Accidenti! ACCIDENTI! Manaka è vicina a scoprire tutto! Dice di aver visto un’ombra strana uscire da casa mia, più precisamente dalla mia finestra, e vuole indagare. Lei pensa che sia un fantasma, o forse un oni (*) che gira da queste parti, e che ha preso di mira la mia famiglia. Insomma, si è messa in testa di fare l’esorcista!

Devo essere prudente: per qualche giorno sarà meglio non far uscire Chappy, e devo anche limitare le mie chiacchierate con lei. Manaka è un mostro, in queste cose! Ci metterebbe due secondi a scoprire tutto!

 

-         Ma tu guarda! Mio nonno ti somiglia un sacco: scommetto che anche tu hai dato di matto quando io ero vicino a scoprire il tuo segreto – disse Daichi con un sorriso sornione.

-         Ehm… - fece Himeko, non sapendo che rispondere. Effettivamente quello sfogo somigliava parecchio ai suoi discorsi concitati con Pokotà…

 

16  agosto 1940

Che cosa faccio? CHE COSA FACCIO? Lo sapevo che Manaka avrebbe mangiato la foglia! LO SAPEVO! Ha fatto due più due in men che non si dica, e ha capito che stavo nascondendo qualcosa!

Adesso pensa che sia uno stregone e vuole incastrarmi, mettendomi con le spalle al muro. Nemmeno Chappy sa cosa fare, è spaventata quanto me. Soprattutto perché, se qualcuno dovesse scoprire il nostro segreto, me la porterebbero via!

Non voglio, non posso permetterlo!


rersela buona: scoltatore -  stata così).

lanti della mia età a sua voce.

-         Sì, ma anche questa Manaka mi ricorda tanto te: una volta messoti in testa che nascondevo qualcosa, qualcosa di magico, mi sei stato addosso come un’aquila. Eri irriducibile! E, per quanto riguarda tuo nonno, ho un brutto presentimento – disse Himeko.

Infatti…

 

17  agosto 1940

È finita. Manaka ha scoperto tutto, com’era prevedibile. Mi ha visto volare con Chappy, ma è stato per salvare il suo cane dalla piena del fiume! Non avevo scelta!

Non mi pento di ciò che ho fatto, ma ora dovrò dire addio alla mia scopina…

 

-         Oh, no! – non riuscì a trattenersi Hime-chan – Non può essere…

-         Zitta e lasciami continuare – la interruppe Daichi, prendendole una mano.

 

18  agosto 1940

EVVIVA! EVVIVA! Chappy resta con me! Posso mantenere i miei ricordi! URRA’!

Ephram ha detto che, visto il nobile gesto che ho compiuto, nel Regno della Magia hanno deciso di fare uno strappo alla regola e di lasciarmi tenere Chappy fino alla fine dell’anno. Sono così felice!

E un’altra cosa: ora anche Manaka sa il mio segreto, ma mi ha promesso che non lo rivelerà ad anima viva, anzi farà di tutto perché nessun altro lo scopra. Ha detto che io non sono molto bravo a nascondere queste cose, che lei è più sveglia. Beh, forse ha ragione, ma sapere che da ora in avanti non dovrò più mentirle è un gran sollievo!

 

-         Ah, meno male! – sospirò Himeko, stringendo inconsciamente la mano di Daichi – È finito tutto bene!

-         Sì, ma questa storia mi è parecchio familiare...

-         Vuoi dire che tuo nonno te l’aveva già raccontata? E perché non me l’hai detto? – chiese la ragazza, stupita e un po’ irritata.

-         Ma no, scema, che hai capito? – la prese in giro lui.

-         Non chiamarmi scema! Sei tu che non ti spieghi!

-         Anche se ti spiegassi le cose, te le dimenticheresti in un secondo!- la canzonò ancora.

-         Senti chi parla! Ma se tu non ricordi nemmeno che cosa è successo ieri sera! – scappò alla ragazza.

-         Eh? Come? Che è successo ieri sera? – le domandò Daichi, cadendo letteralmente dalle nuvole. Himeko avvampò, mordendosi le labbra. “Accidenti, che ho detto?” pensò.

-         Ehm… niente, niente, dicevo tanto per dire… - improvvisò, scoppiando in risata un po’ forzata.

Il ragazzo riprese, poco convinto:

-         Tu non me la racconti giusta. È da quando ti sei alzata che sei strana… si può sapere cos’hai?

-         Io.io.?uò sapere cos'lzata che sei strana... niente… - fece lei, distogliendo lo sguardo mogia mogia.

Non se lo ricordava. Era inutile, non se lo ricordava proprio. Può chiamarsi “primo bacio”, quello che sussiste nella memoria di una sola persona?

-         Senti… effettivamente non mi sento molto bene, vado a sdraiarmi un po’ – disse.

Era una benemerita bugia, ma voleva starsene un po’ da sola e riflettere con calma. Non se la sentiva proprio di rimanere lì con lui.

Uscì dalla stanza e salì lentamente le scale, sotto lo sguardo costernato di Daichi, che non l’aveva mai vista in quello stato. eresti in un secondo!-he non ti spieghi!

'ichi - irle è un lla regola

Entrata in quella che era diventata la sua stanza, si buttò sul letto, a braccia aperte. Si sentiva confusa, ma non riusciva a pensare a niente. Aveva mal di testa pur avendo dormito. Non si era mai sentita così giù, ma non aveva voglia di piangere.

Rimase semplicemente lì, sul letto, a braccia aperte, a guardare il soffitto del baldacchino senza vederlo, per un tempo indefinito. Finché non si addormentò.

 

 

(*) Oni: demone

 

 

E adesso rispondo un po’ ai miei recensori:

 

michelegrandragone: sono contenta che ti sia piaciuto il mio tentativo di approfondire il rapporto tra Himi e Dai Dai. Spero che tu abbia continuato a seguire la storia!

 

Hatori: ti ringrazio per avermi segnalato i primi “errori”, comunque è bello sapere che qualcun altro condivide la passione per i cartoni della propria infanzia.

 

fantasiosa91: grazie per i complimenti e per la precisazione sulla fine dell’anime. Doveva piacerti parecchio, se te lo ricordi così bene: ormai penso fossero parecchi anni che la Mediaset non lo trasmetteva più.

 

kogarashi: …grazie per averla messa tra i preferiti (e avere anche commentato)!

 

hinata21: per le recensioni, i suggerimenti e la risposta al “sondaggio”: arigatou!

 

jojina: spiacente ma Youtube al momento mi è precluso… continua a leggere, ciao!

 

eles: per la lunga recensione, ti ringrazio! Ed è proprio vero: scrivere aiuta moltissimo, come suonare per chi ama la musica e disegnare per gli appassionati d’arte. Diciamo che è uno “sfogo dell’anima”: non so come farei, senza!

 

Shirin: se non avessi letto la tua fanfic, forse la mia non l’avrei mai nemmeno iniziata… grazie, o mia senpai, perché commenti così puntualmente!

 

Sweeting: sono contentissima che la storia ti piaccia, e cerco di aggiornare ogni volta che ho un po’ di ispirazione. Continua a leggere!

 

… e grazie a tutti quelli che, anche se non commentano, l’hanno messa tra i preferiti! Sono onorata!

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Capitolo 8
*** Per ricordare ***


Per ricordare

 

Quando Himeko si svegliò, si accorse di aver dormito per delle ore: la luce che entrava dalla finestra era quella inconfondibile del sole al tramonto, e già il cielo cominciava a farsi buio.

-         Mamma mia, ma quanto ho dormito? – esclamò la ragazza ad alta voce, sbalordita.

-         Per tutto il giorno – le rispose Daichi entrando con un vassoio e qualche vivanda sopra – Cavolo, Hime-chan, ma che cosa fai di notte? Io ero convinto che dormissi!

-         È quello che faccio, infatti! – gli rispose lei, piccata.

Accidenti! Tutto il nervosismo provocato dai fatti della sera prima le era stato fatale: lei non reggeva per niente la tensione, e il suo corpo aveva reagito così. Beh, si sentiva comunque molto meglio!

-         Oh, finalmente ricominci a comportarti normalmente! – esclamò il ragazzo, appoggiando il vassoio sul comodino e sedendosi sul letto – Stamattina mi stavi quasi facendo preoccupare, lo sai?

-         E perché, scusa? Cos’ho fatto di strano? – chiese lei facendosi piccola piccola. Effettivamente il suo era stato un comportamento molto strano: nessuno fugge alle dieci di mattina in camera per appisolarsi e rimanere lì tutto il giorno, ma aveva sperato che Daichi non vi facesse caso più di tanto.

-         Non è tanto quello che hai fatto, ma come eri – mentre lo diceva poggiò una mano sulla fronte della ragazza, per assicurarsi che non avesse la febbre, provocando un immediato rossore da parte di lei.

-         Ecco, vedi? – le disse, come se si fosse trattato di una prova lampante – È da un po’ che sei strana, che cos’hai? Non ti senti bene?

-         Certo che no! Io…

-         C’entra per caso quello che è successo ieri sera?

Himeko lo guardò in volto, sconcertata ma quasi felice.

-         Te lo sei ricordato? – chiese, speranzosa.

-         No, ma se tu me lo spiegassi… - insisté Daichi.

-         Ah, beh… - fu la risposta della ragazza - Lascia perdere…

-         No che non lascio perdere! – esclamò lui ad alta voce, afferrandole con una mano il polso e stringendole con l’altra la spalla – Si può sapere cos’hai? Guarda che non esco di qui finché non me lo dici!

Hime-chan lo guardò, un po’ sorpresa, ma decisa a non parlare neanche sotto tortura.

-         Allora, che sarà successo di così terribile? – continuò il ragazzo, visto che non riceveva risposta – Non ci saremo mica baciati!

Daichi aveva scherzato, ovviamente, tanto per alleggerire un po’ la tensione, perché si rendeva conto di avere esagerato, ma tutto si sarebbe aspettato tranne una Himeko arrossita di botto che abbassò all’istante la testa, incapace di proferire parola.

-         … ci siamo baciati?? – sussurrò Daichi, incredulo e sgomento – Ma… non mi stai prendendo in giro, vero?

-         Secondo te io mi metto a scherzare su una cosa del genere?! – gridò la ragazza, ritrovando tutta la sua grinta. Va bene non ricordarselo, ma accusarla di essersi inventata tutto… eh, no! Questo no!

-         E tra l’altro sei stato tu, io non ho fatto assolutamente niente! E, come se non bastasse, eri mezzo addormentato e neanche te lo ricordi!! – si sfogò, liberandosi definitivamente di quel peso opprimente.

Daichi era ammutolito. Rosso come un peperone, non riusciva a staccare, incredulo, gli occhi da Hime-chan, che aveva riabbassato la testa, immusonita.

L’aveva baciata? Lui? Beh, effettivamente non sarebbe stato da lei prendere l’iniziativa, e un bacio non gli sarebbe certo dispiaciuto, quindi era possibilissimo che fosse andata come diceva lei… certo che, però… non ricordarselo

Varie espressioni si susseguirono sul volto di Daichi durante quelle riflessioni. Himeko, che si ostinava a non guardarlo, non le vide, ma quando finalmente si decise ad alzare lo sguardo, incontrò un sorriso che non aveva mai visto prima sul viso del ragazzo. Era il sorrisetto di chi ha capito ogni cosa, ma aveva in sé un che di malizioso che la fece arrossire nuovamente. Che cosa…?

-         Beh, allora dovremmo rimediare… - cominciò lui, guardandola bene negli occhi per assicurarsi che non abbassasse di nuovo lo sguardo - … potremmo rifarlo…

Hime-chan era sicura di non aver sentito bene. Non poteva aver detto una cosa del genere, non Daichi! Forse aveva davvero la febbre…

Fece per ribattere qualcosa, ma il ragazzo fu più veloce: una mano ancora sul polso e l’altra sulla spalla, si chinò e posò dolcemente le labbra su quelle di lei.

Himeko sgranò gli occhi, sbalordita, mentre le guance le si colorivano di un rosso ancora più acceso.

Non fu un semplice bacio a stampo: Daichi non si scostò prima di avere assaggiato per bene il sapore delle labbra di lei, molto più buone di quello che aveva immaginato. Come faceva a non ricordarsi di averla già baciata, la sua Hime-chan?

Quando si scostò, la ragazza lo guardò sbalordita, incerta sul da farsi: svenire all’istante o dargli una sberla per come si era comportato?

Non appena incrociò il suo sguardo, però, Himeko dimenticò tutti i suoi dubbi: non aveva mai visto un sorriso così dolce sul viso di Daichi, nemmeno in tutte le occasioni in cui lui, per un motivo o per l’altro, si era ritrovato a consolarla. Un sorriso che spazzò via tutti i suoi rimuginamenti e la fece sorridere di riflesso.

E a rovinare un simile, idillico momento, sapete cosa fu? Lo stomaco di Hime-chan che, digiuno dalla mattina, scelse proprio quel frangente per dire la sua e lamentarsi sonoramente.

Stavolta la ragazza ebbe ben altro motivo per arrossire, mentre Daichi trattenne a stento una risata.

-         Guarda che non c’è niente da ridere! – lo rimbeccò Himeko.

-         Lo so, avevo previsto una cosa simile: per questo ti ho portato qualcosa da mangiare.

-         Oh, grazie mille! – rispose riconoscente la ragazza.

-         Se ti va, più tardi vieni giù: in televisione danno un film di tuo padre, ho proprio voglia di vederlo.

-         Davvero? Un film di papà? Certo che scendo!

-         Sì, ma mangia con calma. Ti aspetto di sotto – le disse Daichi, uscendo dalla stanza.

-         Va bene!

Sembrava quasi che entrambi avessero scordato il bacio che c’era appena stato tra loro, ma era tutta apparenza. In realtà nei loro pensieri non c’era altro: mentre Daichi scendeva le scale, mentre Himeko cenava, quella scena e le sensazioni che avevano provato continuavano ad occupare le loro menti, non lasciando spazio a nient’altro, e una sensazione di forte calore si espandeva sempre più.

Hime-chan addentò un panino, cercando di scuotersi un po’.

 

“Oh, accidenti! E chi dorme stanotte?”

 

 

Sì, lo so che è un po’ sdolcinato, banale, trito e ritrito, però… non vedevo l’ora di scriverlo!

E poi grazie a tutti quelli che hanno commentato il capitolo precedente: non avevo mai avuto tante recensioni! Grazie di cuore!

 

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Capitolo 9
*** Un'altra coppia ***


Un’altra coppia

 

Per una specie di tacito accordo, Himeko e Daichi non parlarono più del loro bacio. Non divennero una “coppietta tubante”, ma continuarono tranquillamente a sbrigare il lavoro di tutti i giorni, andando ogni tanto a fare un giretto in città.

Tuttavia il rapporto tra loro sembrava essersi disteso: Himeko non arrossiva più di botto al minimo contatto fisico, mentre Daichi si soffermava ogni tanto a guardarla negli occhi sorridendo, cosa che alla lunga la faceva comunque imbarazzare.

Forse i momenti in cui si sarebbe notato maggiormente che qualcosa era cambiato erano quelli in cui continuavano la lettura del diario del nonno di Daichi. Si accoccolavano l’uno accanto all’altra, sul divano o sul tappeto: Himeko appoggiava la testa sulla spalla di lui, tranquilla, mentre il ragazzo le circondava le spalle con un braccio o andava ad arruffarle un po’ i capelli, lisciandoli poi tra le dita.

Era il momento che prediligevano perché, nel leggere quelle avventure accadute tanti decenni prima, sembrava loro di rivivere anche le proprie, avvenute in un passato un po’ più recente. Ed effettivamente c’erano parecchie somiglianze: come ad esempio un ragazzino di nome Saburo che faceva il cascamorto con Manaka, anche se la ragazzina gli rispondeva sempre picche e qualche volta lo trattava pure in malo modo, e allora lui andava a tormentare il povero Hiroshi, che era però di indole pacifica e cercava in tutti i modi di evitarlo.

Oppure…

 

28 ottobre 1940

Oggi è il compleanno di Manaka! Compie tredici anni, come me, e anche se le ricordo che il più vecchio sono io, lei sembra infischiarsene.

Come regalo le ho fatto fare un giro lunghissimo con Chappy: siamo andati fino al paese vicino, sorvolando i boschi e il tempio, confondendoci anche con un paio di aironi che volavano bassi. Naturalmente siamo stati attenti, non ci ha visto nessuno!

Alla fine, quando al tramonto siamo tornati verso casa, Manaka ha voluto a tutti i costi fare un regalo anche a Chappy: le ha legato in fondo al manico un nastro rosso, facendo un fiocco enorme.

Secondo me è una cosa troppo da femmine, mi vergogno ad andare in giro su una scopa con un fiocco rosso.

L’ho detto a Manaka, ma lei mi ha risposto che tanto non deve vedermi nessuno, no? Poi ha aggiunto che Chappy è senza dubbio una femmina, e quel fiocco le dona.

A quel punto non ho più detto niente, più che altro perché la mia Scopina sembrava dispiaciuta che stessimo cominciando a litigare per lei, e si vedeva che era rimasta colpita dal gesto di Manaka. Nessuno le ha mai regalato niente, e quel nastro le piaceva chiaramente moltissimo.

In fondo un regalo se lo merita, è vero. E poi era così felice… alla fine, con un sospiro, ho fatto i complimenti a Chappy dicendole che era bellissima, e ho chiesto scusa a Manaka.

E a quel punto lei… sono rimasto di sasso dopo quello che ha fatto: mi ha dato un bacio sulla guancia. Poi ha detto piano: “Grazie per la bellissima giornata” e, senza nemmeno salutare Chappy, è scappata via.

Io non sapevo più cosa fare, ma la mia Scopina mi ha sospinto pazientemente verso casa, ricordandomi che era ora di cena. Sinceramente non avevo per niente fame.

 

Adesso sono ancora qui, non riesco a dormire e continuo a scrivere. Che mi succede? Perché Manaka mi ha dato quel bacio? Forse voleva solo ringraziarmi. E perché poi Chappy mi ha preso in giro dicendo che ero rosso come il suo fiocco?

Basta, adesso provo a dormire…

 

Himeko era completamente presa dalla lettura di quel brano così romantico, quando il risolino di Daichi la fece sussultare. Uffa, non poteva essere più romantico, per una volta?

-         Che c’è da ridere? – gli chiese, un po’ irritata. Suo nonno aveva appena scoperto di essersi innamorato, non poteva essere un po’ più sensibile?

-         Oh, niente, niente… - rispose lui, ermetico – È solo che… - e giù un’altra risatina.

-         Ma che cosa c’è di così divertente?

-         Beh, nulla, a pensarci bene. È solo che…

-         … è solo che… ? – ripeté Hime-chan, pendendo dalle sue labbra.

-         … non è da tutti i ragazzi della nostra età scoprire come si sono innamorati i propri nonni!

Himeko sgranò gli occhi.

-         Cooosa? Manaka è tua nonna??

-         Ma come? Non l’avevi capito? – le chiese sorpreso Daichi.

-         No, certo che no! – esclamò la ragazza, stupefatta – Come facevo a capirlo? Qui hanno solo tredici anni, come potevo immaginarlo? E poi sembrano semplicemente grandi amici, proprio come… - e qui Himeko si bloccò, arrossendo per le parole che stava per pronunciare.

-         …noi? – provò a suggerire Daichi, accorgendosi subito di aver colto nel segno.

-         Sì, beh… - disse Himeko, tentando di dirottare il discorso – Ci somigliano più che altro per il segreto riguardante il Regno della Magia…

-         Ma noi non siamo solo amici – continuò Daichi imperterrito, come se la ragazza non l’avesse mai interrotto – O mi sbaglio?

-         Beh, finora siamo stati amici… - provò a dire lei, ben sapendo dove il suo amico voleva arrivare.

Il ragazzo si chinò, fino a sussurrarle nell’orecchio:

-         Ma gli amici si baciano, Hime-chan?

Forse per il tono accattivante con cui lo disse, forse per quell’“Hime-chan” appena bisbigliato che non era certo rivolto ad una bambina, un piacevole brivido corse lungo la schiena di Himeko, facendola arrossire e, allo stesso tempo, provocandole la pelle d’oca.

Daichi non sembrava aspettarsi una risposta, perché la baciò delicatamente appena sotto l’orecchio, continuando poi lentamente lungo la mascella, senza fretta.

Sembrò avvicinarsi alla bocca, ma poi cambiò idea- o forse aveva intenzione di farlo fin dall’inizio- e si chinò a baciarle il collo, provocando un brivido che coinvolse entrambi.

A Himeko sembrava di avere la febbre, tanto era il caldo che sentiva. Eppure le sembrava che quel giorno l’aria fosse un po’ più fresca del solito…

Anche Daichi sembrava stordito a sufficienza, perché si scostò, stavolta arrossendo per bene anche lui, e rimase a guardarla finché Hime-chan si decise a voltarsi.

La ragazza, non riuscendo a muovere neanche un muscolo, fece violenza su se stessa per riuscire a stirare le labbra in un timido sorriso, mentre Daichi respirò a fondo, aprendo la bocca per dire:

 

-         Allora? Siamo solo amici?

 

 

Oh, ma che carini! Riesco ad immaginarmeli perfettamente! Sì, proprio così, me lo dico da sola.

Questa fanfic non durerà ancora molto, penso che non supererà i dieci capitoli, ma devo vedere un po’…

Comunque intanto ringrazio di cuore tutti quelli che hanno commentato l’ultimo capitolo e non l’hanno trovato banale o trito e ritrito. Mi avete rincuorato, quindi ho deciso di tentare il genere anche con questo. Sappiate però che ormai il clima è definito, e rimarrà più o meno questo fino alla fine della storia.

Volevo dire a francyXD che può scrivere tutti i papiri che vuole e raccontarmi senza problemi anche tutta la sua vita. Grazie per le tue recensioni, mi piace moltissimo leggerle!

 

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Capitolo 10
*** I Cento Racconti ***


I Cento Racconti

 

Quella mattina il cielo si presentava di uno splendido azzurro zaffiro, ma nel pomeriggio cominciò a prendere una tinta bluastra sempre più scura, mentre in lontananza si intravedevano lampi abbaglianti.

-         Daichi – chiamò Himeko – Le previsioni del tempo dicono che stasera ci sarà un forte temporale!

-         E hai bisogno delle previsioni per saperlo? – ribatté quest’ultimo – Guarda un po’ fuori dalla finestra!

-         Sì, ho visto, ma speravo fosse una turbolenza di passaggio, invece sembra proprio che si scatenerà il finimondo! Che facciamo?

-         Cosa vuoi che facciamo? Chiudiamo bene porte e finestre, tanto la casa reggerà. Non hai mai assistito ad un temporale?

-         Mmm… va bene… - rispose la ragazza, guardando ansiosa fuori dalla finestra. Non aveva mai visto una tinta del genere: il cielo sembrava quasi violaceo.

Quindi aggiunse sottovoce:

-         Mah. Speriamo bene.

 

Lo “speriamo bene” di Himeko venne decisamente deluso, ma non solo dal punto di vista atmosferico. Probabilmente il brutto tempo metteva in moto gli ingranaggi contorti della mente di Daichi, perché ad un certo punto, prima di cena, si presentò di fronte a Himeko- gli occhi che brillavano- con una proposta:

-         Giochiamo allo Hyakumonogatari?

-         Eh? Cosa? – rispose confusa la ragazza, temendo di non aver capito bene. Hyaku che?

-         Hya-ku-mo-no-ga-ta-ri – scandì bene il ragazzo – Il gioco dei “Centoracconti”. Non dirmi che non ne hai mai sentito parlare, non ci credo!

-         Libero di non crederci, ma è così.

-         E a casa tua come vi divertite quando ci sono i temporali?

-         Corriamo nudi sotto la pioggia.

-         Davvero? Ehi, niente male come idea… - cominciò il ragazzo.

-         Guarda che scherzavo! – si affrettò ad interromperlo Himeko. Meglio i “Centoracconti”, qualunque cosa fossero, piuttosto di chissà che altro!

-         Va bene, allora ti spiego. Questo gioco è antichissimo, risale addirittura al diciassettesimo secolo: molte persone si riuniscono in un luogo di notte e accendono parecchi lumini, poi cominciano a raccontare, a turno, storie di fantasmi. Al termine di ogni racconto, si spegne un lumino. E alla fine, terminata l’ultima storia e spento l’ultimo lumino, si dice che si manifesti un fantasma!

-         COOOSA? Stai scherzando!

-         Certo che no! Io ci ho giocato un sacco di volte!

-         Con Shintaro (*)?

-         Anche. Ma soprattutto con Tetsu, e poi con i miei nonni là in città.

Himeko pensò che, conoscendo il nonno di Daichi, una cosa del genere non era affatto improbabile, anzi. Inoltre era piuttosto scettica sulla verità di ciò che il ragazzo le stava dicendo. Certo che… un fantasma… non ci teneva proprio a fare una prova pratica per sbugiardarlo…

-         Allora, ci giochiamo? L’atmosfera è perfetta!

-         Adesso?

-         Ma no, stanotte! – “Ah, di bene in meglio!” pensò la ragazza – Quando infurierà il temporale, con tuoni e fulmini! Ti immagini l’adrenalina? Non vedo l’ora!!

L’espressione di Himeko non doveva essere poi così entusiasta, perché il ragazzo si affrettò a rassicurarla con un sorriso sornione:

-         Non preoccuparti, ci sarò io con te. Se hai paura, puoi stringerti a me.

Hime-chan si accigliò, arrossendo:

-         Ma per chi mi hai preso? Io non ho paura!

-          Allora va bene. Cominciamo a mezzanotte?

-         Che?

-         Se dici di non aver paura…

 

“Accidenti, ma chi me l’ha fatto fare?” pensò la ragazza, mentre rigovernava la cucina dopo cena.

-         Ecco fatto! È tutto a posto! – un Daichi supercontento entrò nella stanza, felice come una pasqua.

Prima di mangiare era andato in città a fare man bassa in tutti i negozi che aveva trovato: nei grandi magazzini, nelle piccole botteghe presso il tempio… cento lumini non era riuscito a trovarli, ma una ventina c’erano di sicuro. Ed erano anche troppi, a parere di Himeko.

 

Trascorsero la serata guardando un paio di film, in attesa della mezzanotte. Non si sarebbero addormentati neanche volendo: Daichi era troppo eccitato, e Himeko troppo agitata.

Poco prima dell’ora dei fantasmi spensero la tv e si diressero nella stanza in cui il ragazzo aveva portato a termine tutti i preparativi: aveva spostato tutti i possibili oggetti infiammabili, vale a dire mobili e tappeti, e sparso qua e là i lumini che aveva trovato.

Con l’aiuto di una scatola di fiammiferi cominciò ad accenderli, uno per uno, mentre fuori, guarda caso, i tuoni si facevano sempre più forti.

Quando ebbe acceso l’ultimo, Daichi andò a spegnere la luce.

-         Ma che fai? – chiese Hime-chan – Così non vedremo niente!

Come a sbugiardarla, un lampo abbagliante, che sembrò mettere radici fin quasi a toccare terra, illuminò a giorno il cielo notturno.

-         Dicevi? – le chiese il ragazzo con un ghigno.

Se non fosse stata così spaventata, Himeko l’avrebbe malmenato fino a fargli perdere quel sorrisetto odioso. Aveva intenzione di farla morire di paura? Lo sapeva benissimo che era una ragazza piuttosto impressionabile! E quell’atmosfera così spettrale di certo non aiutava…

-         Allora, cominciamo? – esordì Daichi sfregandosi le mani, allegro come una pasqua. Cosa ci trovava mai di così divertente?

-         Ehm… volentieri, ma… io non credo di conoscere molte storie di fantasmi…

-         Nessun problema, io ne so a centinaia!

-         Veramente penso di non conoscerne nemmeno una…

-         Uff! Non c’è proprio gusto a giocare con te… ma tuo padre non ha mai diretto un film di fantasmi?

-         Che io sappia, no.

Un tuono tremendo sembrò quasi voler spaccare in due la casa, facendo sobbalzare Hime-chan per lo spavento.

-         Questo significa che hai appena detto una bugia? – chiese tranquillo Daichi.

-         Assolutamente no! – fece Himeko, la voce un po’ tremante.

-         Bene, allora cominciamo.

La ragazza trattenne a stento un lamento. Uffa, non potevano continuare a chiacchierare tranquillamente? Non potevano andarsene a dormire? D’accordo che con tutti quei lampi e quei tuoni non avrebbe dormito granché lo stesso, ma… qualunque cosa tranne quella specie di “gioco”…

-         Ascolta bene – esordì Daichi, la voce pacata e un po’ più bassa – Questa è la prima storia.

 

Una sera un ragazzo di diciassette anni, uno come tanti altri, andò in discoteca, dove conobbe una ragazza che gli piacque sin dal primo momento: ballarono insieme, chiacchierarono, risero… insomma, fu il classico colpo di fulmine!

Ad un certo punto si sedettero in un bar a prendere un caffé, ma la ragazza rovesciò per sbaglio la tazzina, macchiandosi il golfino giallo che indossava.

-         Sara, tutto bene? – fece il ragazzo, preoccupato che si fosse scottata.

-         Sì, non preoccuparti. È solo una macchia, andrà via – rispose lei con un sorriso.

Era molto tardi, perciò il giovane decise di accompagnarla a casa. Era pieno inverno,  e la nebbia era molto fitta, ma cercò comunque di memorizzare la posizione dell’abitazione.

-         Ciao, ci vediamo presto! Buonanotte! – le disse.

-         Buonanotte – rispose lei.

Il giorno dopo, manco a dirlo, il ragazzo non fece altro che pensare a lei. A scuola, a casa, con gli amici non combinò un bel niente: davanti agli occhi aveva sempre quel viso dolce, e non sognava altro che rivederlo.

Così, quello stesso pomeriggio, decise di andare a trovarla.

Ritrovare la casa esatta non fu semplice, visto che l’ultima volta era buio e c’era parecchia nebbia, ma alla fine vi riuscì.

Bussò alla porta, e venne ad aprirgli un uomo.

-         Salve! – disse il ragazzo – Sono venuto a trovare Sara, è in casa?

L’uomo spalancò gli occhi, non credendo alle proprie orecchie.

-         Cosa? – disse.

A quel punto il giovane si presentò educatamente, spiegando che aveva conosciuto la ragazza la sera prima in discoteca.

       -    Guarda che ti stai sbagliando, giovanotto – rispose l’altro, turbato – Quello che dici non è

            assolutamente possibile.

-         Ma come? Sono certo di quel che dico, e se sono venuto a trovarla a casa è appunto perché ieri sera l’ho riaccompagnata io.

-         No, no, è impossibile.

-         Cosa…? Ma scusi, lei ha o non ha una figlia di nome Sara?

-         Sì, ma… mia figlia è morta tre anni fa.

Il ragazzo ammutolì, esterrefatto.

-         Cosa? – disse piano – Ma… ma che sta dicendo? Io le ho parlato, ieri sera in discoteca, e c’era anche tanta altra gente, e…

A quel punto l’uomo prese il cappotto, lo indossò e uscì.

      -    Seguimi – gli disse.

Lo condusse al cimitero. Si stava di nuovo alzando la nebbia, tuttavia l’uomo sapeva dove andare, e dopo un po’ indicò al ragazzo una tomba.

Lui si avvicinò, e quel che vide gli fece fermare il cuore nel petto.

La tomba c’era. La tomba di una ragazza di nome Sara, morta tre anni prima. La foto sulla lapide rappresentava proprio la diciassettenne che lui aveva conosciuto la sera prima.

E su quella fredda pietra, appoggiato sulla sommità, c’era un golfino giallo macchiato di caffé.

 

Himeko avrebbe voluto urlare, ma le mancava la voce. Era rimasta impietrita, il cuore che galoppava impazzito, mentre Daichi soffiava tranquillo su un lumino.

-         Piaciuta? – le chiese.

-         Vuoi farmi morire? – ribatté lei, piano.

-         Cosa? Non dirmi che questa innocua storiella ti ha spaventata. Aspetta di sentire le altre! Ne ho di terrificanti!

Un altro tuono squarciò il cielo, facendo sobbalzare Himeko come se si fosse trovata su un tappeto di chiodi.

-         No, basta, sono stufa di questo stupido gioco! Sono spaventata a morte! Come fai a divertirti così? – gridò, coprendosi le orecchie con le mani.

Non aveva alcuna intenzione di esplodere in quel modo, ma non ce la faceva più. Certi divertimenti non facevano proprio per lei!

Stava ancora nella stessa posizione, tremando leggermente, quando sentì due mani appoggiarsi sulle sue spalle, mentre fuori la pioggia iniziava a scrosciare.

-         Scusami.

Himeko alzò la testa, sorpresa.

-         Non volevo spaventarti in questo modo. Io mi sono sempre divertito un sacco con questo gioco, e non mi sono fermato nemmeno un momento a pensare che forse a qualcuno poteva non piacere. Mi dispiace.

-         Anche a me dispiace. Sono una fifona – rispose la ragazza, colpita dal gesto di Daichi. Erano poche le volte in cui le aveva chiesto scusa così apertamente, e lei ne rimaneva sempre piacevolmente sorpresa.

-         Questo è vero – concordò lui.

-         Ehi! Non devi per forza darmi ragione! – esclamò lei.

-         Meno male! Sei tornata alla normalità! Sai, stavo cominciando a pensare che il fantasma si fosse già manifestato e si fosse impossessato di te…

-         Ancora con questo fantasma? Che fai, rincari la dose?

Stavolta Daichi si mise a ridere sul serio, ma ammutolì (per forza) nell’istante in cui sentì chiaramente le labbra di Himeko poggiarsi sulle sue.

In quel momento avrebbe anche potuto bruciare la casa, e nessuno dei due avrebbe mosso un dito.

Il ragazzo allargò un po’ le gambe, tenendone una alzata e facendo appoggiare la schiena di Hime-chan sul suo ginocchio. Lei lo lasciò fare, tranquilla.

In quella notte buia e tempestosa (Ehi, che esordio fantasioso, eh? ndA), la ragazza cominciava stranamente a sentirsi a proprio agio. Alzò una mano ad accarezzare i capelli di Daichi, infilandovi delicatamente le dita, mentre lui la teneva stretta.

Dopo parecchi, dolcissimi minuti, i baci si approfondirono spontaneamente, nello stesso naturale modo in cui la neve si scioglie al calore del sole.

Alla fine si sistemarono su un divano, dove continuarono tranquilli a coccolarsi. Sentire come fuori infuriava il temporale li faceva sentire ancora più al sicuro, l’una fra le braccia dell’altro, finché entrambi sprofondarono nel sonno.

 

I lumini dovettero spegnersi da soli, quella notte.

E, se anche alla fine fosse apparso un fantasma, nessuno se ne sarebbe accorto.

 

 

(*) Shintaro: vero nome di Stefano, il fratellino di Daichi. Dato che sono riuscita a trovarlo, ho deciso di mettere il nome originale.

 

 

Questo è il penultimo capitolo, perché nel prossimo si concluderanno un po’ di cose e farò i dovuti ringraziamenti a tutti quanti.

Di solito cerco di scrivere subito dopo aver visto l’ennesima puntata di questo dolcissimo anime, così da mantenerne un po’ l’atmosfera e cercare di non sforare nell’OOC (anche se qualche differenza è comunque necessaria, dato che i protagonisti sono cresciuti).

La storia di fantasmi qui inserita non l’ho inventata io, me l’ha raccontata mio zio qualche anno fa. Quindi i diritti d’autore non so a chi appartengano.

Altra nota: avete mai notato che tutti i fantasmi (o comunque tutte le donne morte) spesso e volentieri si chiamano Sara?

Ad esempio, ecco un piccolo elenco:

-         Sara Martin: fantasma nel libro “Il settimanale fantasma” di Toby Forward

-         Sara: fantasma nell’anime “BuBuChaCha”

-         Sarah: moglie morta del signor Sheffield nel telefilm “La Tata

-         Sarah: madre morta in un bellissimo film degli anni ’80, che mi sembra si intitolasse “Jack e Sarah”

-         Sara: è l’unica sirena che muore in “Mermaid Melody”, e nella seconda serie ogni tanto appare il suo “fantasma”

Tutte coincidenze? Voi che ne dite? Avete altri riferimenti?

Tra l’altro, a pensarci bene, il nome Sara si può considerare l’equivalente italiano di Himeko, dal punto di vista del significato: Sara significa “principessa” e “hime”, in giapponese, se non sbaglio significa proprio “principessa”.

 

Ultimissima nota, poi chiudo: lo Hyakumonogatari non l’ho inventato, è un gioco che esiste davvero. Mi piacerebbe moltissimo provare a farlo, a voi no?

 

Ehm... credo di avere dei poteri magici… mentre stavo scrivendo del temporale in questo capitolo, qui si è messo davvero a tuonare e adesso sta piovendo a catinelle, dopo due mesi di secca!

Guarda un po’ come si scopre di essere un po’ streghe!

 

 

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Capitolo 11
*** Ricordi di fine estate- 1992 ***


Ricordi di fine estate- 1992

 

La fine dell’estate è sempre un evento triste e malinconico.

Ma la fine dell’estate, sommata al fatto di dover lasciare quella casa, quella città, il fiume Kohaku e tutte le sue poetiche diramazioni costituiva qualcosa di drammaticamente tragico.

“Possibile che senta già la mancanza di questo posto, prima ancora di lasciarlo?” pensava Himeko, mentre sistemava le proprie cose sparse per la camera.

Alla fine quella montagna di lavoro era finita. Daichi aveva sistemato praticamente tutte le cose del nonno, e insieme avevano dato una bella pulita all’intera casa. Ma che dovesse tornare triste e silenziosa come subito dopo la morte del nonno del ragazzo, era un ben triste destino.

-         Hime-chan, sei pronta? – le chiese Daichi, entrando nella stanza.

-         Sì, ho quasi finito di preparare le mie cose – disse lei, mettendo le ultime magliette nella valigia.

-         Bene. Allora, visto che ci siamo, volevo darti una cosa.

La ragazza alzò la testa, curiosa. Che cosa voleva darle?

Daichi le porse il diario, il famoso diario del nonno, lasciandola stupefatta.

-         Ma come? Non lo lasci qui? Forse dovremmo rimetterlo dove l’ho trovato, nascosto sotto il coperchio del pianoforte… - cominciò, ma il ragazzo la interruppe.

-         No, è giusto che lo tenga tu – disse convinto – In fondo sei sua erede forse più di me, ed è giusto che tutto ciò che riguarda il Regno della Magia resti in mano tua.

-         Ma…

-         Inoltre pensa a cosa accadrebbe se qualcun altro lo dovesse trovare e leggere. Penserebbe che le cose scritte qui sopra siano tutte invenzioni senza senso di un ragazzo dalla fervida immaginazione o, peggio ancora, bugie belle e buone. Non voglio assolutamente che accada una cosa del genere. Tu saprai custodirlo come merita, ne sono certo.

Hime-chan sorrise, colpita dalle parole del ragazzo. A volte sapeva davvero sorprenderla.

-         D’accordo, Daichi. Lo terrò come una delle cose più preziose che ho, te lo prometto.

-         Ne sono contento – disse lui – Ma non avevo dubbi.

Le diede un bacio veloce e si diresse verso la porta, dicendo:

-         Fra un’ora parte il nostro treno, ci conviene sbrigarci!

-         Sì, scendo subito!

 

Fu dura dire addio alla casa. Fu dura salutare il corso d’acqua “Hotaru no Umi”, che era stato lo sfondo del suo primo bacio (anche se lo ricordava soltanto lei). E la città, dove aveva trascorso quel magnifico Tanabata…

-         Forza, dobbiamo andare! – la incitò Daichi – Guarda che il treno parte anche senza di noi!

-         Sì, ancora un momento! – disse Himeko, le lacrime agli occhi per la profonda nostalgia che già sentiva per quel posto.

-         Dai, se questa città ti piace così tanto verremo a viverci quando saremo sposati!

Himeko si riscosse all’istante…

-         COSA?

… e Daichi ne approfittò per prenderla per le spalle e sospingerla verso la strada, mettendosi poi a correre tenendola per mano.

 

Il treno partì anche con loro, per fortuna. Trovarono subito posto e sistemarono in fretta i bagagli per godersi il panorama, apparentemente diverso perché “al contrario” rispetto all’andata.

Hime-chan sospirò sonoramente.

-         Ehi, che cos’hai? – le chiese Daichi – Non sei contenta di rivedere la tua famiglia?

-         Sì, ma… mi dispiace un po’ andarmene così… e poi è anche finita l’estate…

-         Già. Ricomincia la scuola…

Himeko si bloccò all’istante, immobilizzata. La scuola? Ma non c’erano anche…

-         I compiti! – esclamò la ragazza – Oh, santo cielo! Ne avevo fatti giusto alcuni quando ero ancora a casa, poi li ho completamente dimenticati!

-         Ah, sì? Io invece ne ho fatti un po’. Non tutti, ovviamente, non volevo mica sprecare tutta l’estate.

-         Cooosa? E perché non me l’hai detto, antipatico? Avremmo potuto farli insieme!

-         Sì, figuriamoci. Sai quanto tempo ci avremmo messo? Ne avrei finiti la metà di quelli che ho fatto!  u_u

-         Ma come ti permetti? Io adesso sono nei guai fino al collo!

-         In realtà non c’è nessun problema. Tanto ti ritrovi tutti gli anni a finirli negli ultimi giorni utili, no?

-         E chi ti avrebbe raccontato una storia simile?

-         Un certo leoncino di pezza…

Hime-chan arrossì vistosamente: “Accidenti, presa in castagna!”, pensò.

Daichi ridacchiò:

-         Dai, non fare quella faccia! Tra i compiti che ho saltato c’è anche una ricerca di storia: se vuoi possiamo farla assieme.

-         Dici davvero? – chiese la ragazza, un po’ rincuorata.

-         Certo. Sai, pensavo di farla proprio sul periodo storico in cui mio nonno ha scritto il diario… in fondo sappiamo già qualcosa, no?

-         Sì, è una bellissima idea! – annuì Himeko.

-         Va bene, visto che ti sei calmata… parliamo di cose serie!

-         Cose serie? Perché, finora abbiamo scherzato?

-         Quando lo diciamo ai tuoi?

-         Dire cosa? – chiese la ragazza.

-         Che stiamo insieme – rispose Daichi, tranquillissimo.

Himeko si prese il tempo per arrossire vistosamente, prima di aprire nuovamente bocca. Sì, era vero. Ovviamente la ragazza sapeva che stavano, ormai ufficialmente, insieme. Ma sentirglielo dire faceva tutto un altro effetto. 

-         Beh… - cominciò - … non so quanto ne sarà contento mio padre…

-         Perché, scusa? Tua sorella Aiko non ha il ragazzo da un bel po’ di tempo, ormai?

-         Sì, lo so, ma io sono la sua Hime-chan…

-         Ah, ho capito! – fece il ragazzo, dandole un buffetto sulla fronte – Per lui sei ancora il suo “maschiaccio”, dico bene?

-         Ma insomma! Si può sapere cos’hai oggi?

-         Ho voglia di prenderti un po’ in giro, visto che non ti vedrò più per tutto il giorno! Sono sicuro che mi mancherai!

-         Ah…

Faceva tanto lo stupido, e poi se ne usciva con quelle parole carine che avrebbero fatto sciogliere qualunque ragazza! Ma lo faceva apposta, o non se ne rendeva nemmeno conto?

-         Beh, puoi sempre invitarmi al cinema! – si riscosse Himeko.

-         Buona idea! Ma tu vuoi vedere il film?

-         Eh? Perché, tu che vuoi fare in un cinema?

Un sorrisetto malizioso si allargò sul volto di Daichi, che si avvicinò piano a Hime-chan fino a sfiorarle le labbra con le proprie.

La ragazza arrossì di botto, ma non si scostò.

-         Sei diventato matto? – chiese poi, quasi sottovoce – E se fosse entrato qualcuno?

-         Ci avrebbe visto – rispose lui con un’innocenza disarmante.

-         Non metterti in testa strane idee! In pubblico non si fa niente di niente! – mise in chiaro lei.

-         E io che volevo solo darti un fac-simile del nostro primo bacio! – esclamò il ragazzo, come se l’avessero appena rimproverato per aver compiuto una buona azione.

Himeko si era fermata un attimo a riflettere, stupita.

-         Il nostro primo… - mormorò, per poi urlare: - Ma allora te lo ricordavi!

-         Che cosa?

-         Razza di scemo, avevi detto di essertelo dimenticato… - proseguì lei, arrabbiandosi sempre di più.

-         Ah, sì? – fece lui in tono innocente.

-         Vieni qui, che ti concio per le feste! – furono le ultime parole della ragazza, prima di avventarsi su di lui.

A salvare il povero Daichi fu il controllore, che li redarguì con un: “Allora, che succede qui?”. Per fortuna questo bastò a calmare Himeko, che si rimise seduta.

       -    Dai, non mettere il broncio! – le disse il ragazzo non appena l’uomo fu uscito.

       -    Uffa, sei sempre il solito!

       -    Che c’è di male? Non vorrai mica che ci trasformiamo in due fidanzatini tutti coccole e

             moine come Tetsu e Manami (*)!

-         Non ho detto questo! – ribatté lei – Ehi, però! Sai che mi hai dato un’idea? Potremmo organizzare un’uscita a quattro!

-         Però, che idea… - fece lui, per nulla convinto.

-         Che c’è? Non ti va?

-         Magari più avanti, per il momento direi di concentrarci su di noi… - disse Daichi, avvicinandosi pericolosamente al naso di Himeko e catturando nuovamente le sue labbra, stavolta senza alcuna intenzione di lasciarle andare tanto in fretta.

Le assaggiò per bene, senza lasciarle un attimo di respiro, tanto che ad un certo punto la ragazza si sentì costretta ad aprire leggermente la bocca, occasione di cui lui approfittò all’istante per toccarle dolcemente la lingua con la punta della propria.

Himeko rabbrividì, sentendo che il bacio si faceva mano a mano più profondo, e si strinse di più al petto del ragazzo, percependo tutto il suo calore.

Dopo parecchi minuti si staccarono, accaldati e un po’ ansimanti.

Il giovane rimase ancora un po’ con la fronte appoggiata a quella di lei, il naso a contatto col suo, come due gatti che fanno le fusa, coccolandosi a vicenda.

Alla fine, quando entrambi tornarono ad appoggiare la testa sul sedile, pazzescamente felici ma un po’ storditi, Daichi le chiese con noncuranza:

 

-         Cos’è che non dovevamo fare nei luoghi pubblici?

 

 

(*) Manami: è il nome originale di Monica.

 

 

L’ho finita. L’ho finita sul serio. E fra un po’ mi metto a piangere.

Ed è finita anche la trasmissione dell’anime, perché la Mediaset l’ha bloccata (maledetti, quasi quasi mi do al woodoo!). E io che non vedevo l’ora di guardare la puntata in cui Himi va nel futuro e vede lei e Dai Dai sedicenni (avevano sedici anni, o sbaglio?)!

 

Per rispondere alle ultime recensioni (più di 50! Grazie mille!!):

HimeChan XD: ecco qua! L’ultimo capitolo! Spero ti sia piaciuto!

jaj984: grazie mille per avermi raccontato la fine originale, quella del manga. Spero di poterlo leggere, prima o poi, magari proprio in giapponese, visto che mi sto per cimentare nello studio di questa bellissima lingua!

Ho letto il tuo “Manifesto pro anni ’80-‘90” (anche se credo l’avrai capito, vista l’e-mail esagerata che ti ho mandato). È bellissimo!!

Avviso per tutti coloro che sono nati negli anni ’80: andate sull’account di jaj984 e leggetelo! A me è sembrato di fare un salto indietro nel tempo!

 michelegrandragone: certo che mi ricordo di te! Sei stato il primo a recensire! Sono contenta che tu abbia seguito la storia fino ad ora!

fantasiosa91: ecco qua! Aggionato! E per l’ultima volta!

Katy92: anche a me dispiace che sia già finita! E soprattutto che sia finita anche in tv…

francyXD: sono contenta di averti fatto iniziare bene la giornata! A dire la verità, io sono molto impressionabile con i film, ma adoro le storie di fantasmi!

Sweeting: beh, che dire? Sono felice per tutti i complimenti che mi fai, e mi fa piacere che aspetti con impazienza i nuovi capitoli, anche se questo sarà l’ultimo…

Len chan: anch’io avrei proprio voglia di leggere il manga, anche perché da quel che ho sentito ci sono molte più avventure interessanti rispetto all’anime, e poi il finale è decisamente migliore! Però ho paura che questo nostro desiderio sia destinato a rimanere irrealizzato…

Shirin: beh, grazie! È un onore sentirsi dire che la propria storia starebbe bene anche nell’anime!

hinata21: mi fa piacere che, oltre al capitolo, leggiate anche i miei deliranti post-scriptum!

Beh… ciao a tutti!

      

E vi raccomando di tenere d’occhio la sezione di EFP dedicata a Hime-chan, perché ho in serbo una one-shot di consolazione per tutti quelli che, come me, si metteranno a mangiare gelato per la tristezza. Riguarda un po’ più direttamente la famiglia di Himi, e un po’ meno il rapporto tra lei e Dai Dai, ma spero vi piacerà.

La posterò non appena avrò terminato di scriverla.

Quindi arrivederci!

 

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