Here we go again.

di conteedilmare
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Italy, I'm back ***
Capitolo 2: *** Again ***
Capitolo 3: *** You belong to me ***
Capitolo 4: *** In his arms. ***
Capitolo 5: *** Oh, shit! ***
Capitolo 6: *** That sucks! ***
Capitolo 7: *** Sleep with me. ***
Capitolo 8: *** What the hell happened last night? ***
Capitolo 9: *** Naples ***
Capitolo 10: *** Home ***
Capitolo 11: *** Here we go again ***



Capitolo 1
*** Italy, I'm back ***


"Dopo tutti questi anni,
io non smetto di guardarti,
qualche volta ancora a bocca aperta."


PROLOGO.

Un fastidioso raggio di sole filtra dalla finestra di fronte al mio letto e mi illumina parte del viso, costringendomi a stropicciarmi gli occhi e aprirli leggermente.
La prima cosa che faccio è allungare la mano verso il comodino, dal quale afferro il cellulare e abbasso la luminosità al limite perché i miei occhi non ce la fanno.
12.47 a. m.
Fra le varie notifiche che compaiono sul blocco schermo, una cattura la mia attenzione: Zayn.
A quel punto, una serie di immagini della scorsa notte mi passano per la testa e ricordo tutto.
La musica spacca-timpani, l’odore di alcolici, i piedi doloranti per le ore passate a ballare e il movimento delle labbra di Zayn sulle mie.
Sorrido involontariamente e mi metto seduta, cosa che mi provoca un forte dolore alla testa, residuo di ieri sera.
Nonostante non mi senta molto in forma, sono felice per tutto quello che è successo perché posso dire di essere andata avanti grazie a Zayn.
Avete presente quando siete nel pieno della vostra adolescenza e vi innamorate per la prima volta? Il primo bacio? La prima relazione?
Fino a qualche tempo fa mi ero rassegnata e avevo smesso di cercare di smettere di pensare a Harry, perché mi sembrava impossibile voltare pagina e dimenticarlo.
Harry è il primo ragazzo per il quale ho perso letteralmente la testa.
Credo che quando i miei figli mi chiederanno di parlarmi del mio primo amore, non parlerò di mio marito, ma di lui.
Abbiamo passato tutte le estati insieme da quando avevo dieci anni, perché le nostre villette estive fanno parte dello stesso Recidence.
Mi ricordo bene che mi piacque sin dal primo momento, ovviamente come ad una bambina di dieci anni possa piacere un altro bambino ma la situazione non era critica, perché una volta tornata a casa passavo l’inverno in modo tranquillo, senza pensarlo dato che era a trecento chilometri di distanza e anche perché ero appunto molto piccola.
La situazione cambiò durante la quarta estate, quando ci ritrovammo a baciarci sul muretto della spiaggia, cosa che si è ripetuta per altre tre estati.
Una delle cose che è cambiata da quando ero bambina, è che crescendo, mi era sempre più difficile non pensarlo, fin quando la mia è diventata pura ossessione.
L’estate scorsa avevamo deciso di tentare di continuare a stare insieme anche in inverno, ma la cosa è andata peggiorando quando due mesi fa, mio padre ha avuto un trasferimento di lavoro a Londra e la mia vita si è stravolta.
Non dico che Londra non mi piaccia, anzi, ci sono stata molte volte dato che mio padre è nato qui, però non è stato facile lasciare tutti i miei amici in Italia.
All’inizio mi sono sentita spaesata, mi intimidiva anche il semplice fatto di aver una pronuncia inglese diversa dagli altri, dato che sono nata e vissuta nella parte meridionale dell’Italia e il tutto si è aggravato quando con Harry è stato impossibile continuare e, di colpo, è scomparso dalla mia vita.
Adesso non sappiamo quanto durerà ancora la nostra permanenza a Londra, ma la cosa sicura è che prima o poi tornerò a casa e lì so che ci saranno i miei amici  -con i quali mi tengo ancora in contatto- ad aspettarmi.
Intanto però, anche qui ho conosciuto persone fantastiche e fra queste Zayn, che mi ha aiutato a cacciare via dalla mia testa Harry e a “disintossicarmi” da lui.
Adesso, quando mi capita di ripensarlo, non mi sento più soffocare perché è un capitolo che ho ormai superato e con il quale non ho più intenzione di avere a che fare e ieri ho avuto la dimostrazione che non ho necessariamente bisogno di Harry per essere felice.
In più, ieri sera ho ricevuto una mail dalla scuola per partecipare al Camp Beaumont che organizza uno scambio culturale estivo per tutto il mese di Agosto.
Il Camp Beaumont è un enorme campo estivo nei pressi di Napoli, in Italia, che permette agli studenti italiani di interagire e convivere per un intero mese con studenti stranieri e si organizzano sia attività di studio che una vera e propria vacanza allo stesso tempo.
Quest’anno, il liceo che frequentavo in Italia partecipa e anche la mia scuola attuale ed i miei vecchi amici mi hanno proposto di andarci per passare l’estate con loro.
Mia madre, che ha tutta la famiglia in Italia, ne è rimasta entusiasta e oggi dovrebbe darmi la risposta finale, ma credo che sia più felice perché avrà una scusa per stare più tempo in Italia, con i suoi parenti.
Trovo la forza per alzarmi dal letto e scendo a piedi nudi le scale, fino a raggiungere la cucina dove  dalla presenza dei miei genitori, si nota che è domenica.
«Buongiorno.» Mi dicono, entrambi.
Io faccio un segno con la mano perché sanno che la mattina non apro bocca fin quando non mi lavo i denti.
Non faccio neanche colazione perché è tardi e fra poco il pranzo sarà pronto, così bevo un bicchiere d’acqua e mi chiudo in bagno per lavarmi e sistemarmi.
Giusto in tempo, finisco e ci sediamo alla tavola apparecchiata per tre.
Tiro un lungo respiro e finalmente trovo il coraggio per affrontare il discorso.
«Avete pensato a quel che vi ho detto ieri?» Chiedo, giocherellando con la forchetta nel mio piatto.
I miei genitori si scambiano un’occhiata, fin quando mia madre fa un cenno a mio padre e quest’ultimo parla.
«Si, Emily ci abbiamo pensato.»
«E..?» Faccio eco io.
«E l’ultimo di Luglio puoi partire, mamma ti raggiungerà in Italia due settimane dopo.» Sorride.
D’istinto caccio un urlo di gioia e comincio a digitare freneticamente sulla tastiera del telefono, perché ho bisogno di avvisare prima di tutto Louis, Giorgia e gli altri e poi per dire a Zayn che non dovrà partire da solo.


1: ITALY, I’M BACK.

Due settimane dopo.
Se fino a qualche minuto fa pensavo di avere la mamma più apprensiva del mondo, adesso, vedendo quella di Zayn,  mi ricredo.
Io, lui ed i nostri genitori siamo in coda per fare il check in e sua madre sembra non dargli tregua.
«Valigia.» Elenca lei.
«Presa.» Risponde seccato.
«Borsa.»
«Presa.»
«Fazzoletti.»
«Presi.»
«Spray anti-zanzare.»
«Pres… Mi hai sul serio messo una cosa simile in borsa? Vado in Italia, non in guerra!» Si lamenta lui.
Io non posso far a meno di scoppiare a ridere e, per fortuna, interviene mia madre a salvare Zayn da quella situazione.
«Confermo Signora, ho passato tutta la mia vita in Italia.» Le dice.
E così mia madre da libero sfogo alla sua parlantina e comincia a raccontarle di tutto e di più, anche se temo che potrebbe stordire la Signora Malik.
Intanto, io e Zayn perdiamo tempo con il nostro rappresentate d’istituto che partecipa allo scambio culturale, fin quando facciamo il check in e finalmente mi ritrovo sull’aereo che mi porterà a casa, anche se per un solo mese.
Prendo posto fra Zayn ed il finestrino e non credo di poter riuscire a smettere di sorridere come un’ebete che ha appena avuto una paralisi facciale.
Il moro mette il gomito sul bordo del mio sedile e si sporge verso di me.
Mi da un delicato bacio a stampo e si allontana di un solo centimetro per dire qualcosa, rimanendo così vicino da sentire il suo fiato sul collo.
«Mi piace vederti così felice.» Sorride.
«E a me piace averti qui.» Rispondo.
Adesso che abbiamo superato la fase dell’uscire insieme e del conoscersi, posso dire che stiamo realmente insieme ed è il ragazzo che chiunque sognerebbe perché pur di renderti felice farebbe qualsiasi cosa.
Ci allacciamo le cinture e ci prepariamo al decollo.

L’insegna rossa con la scritta “Camp Beaumont” mi fa accelerare il battito cardiaco perché so che dall’altra parte del cancello ci sono quasi tutte le persone più importanti della mia vita.
La guida ci racconta in breve la storia del Campus, dopodiché apre il cancello e ci da una mezz’oretta per visitare la zona, prima di raggiungere la Reception.
Io e Zayn entriamo e attraversiamo un lungo viale pavimentato di pietra e dopo averlo percorso, non faccio neanche in tempo a voltare a destra perché affogo nelle braccia e negli strilli delle mie amiche.
Sono tutte lì, così come avevano detto.
Giorgia, Elonora, Alesia, Ilaria, Louis, Niall e Liam.
Rimango più tempo avvinghiata a Giorgia e Louis, i miei migliori amici storici, perché credo di non aver mai sentito così tanto la mancanza di qualcuno.
«Ems, sei sempre più bella.» Commenta Ele e le altre annuiscono.
Io le abbraccio ancora una volta e poi ci incamminiamo verso la Reception per prendere le chiavi della mia stanza.
«Se non abbiamo la stessa stanza, ci facciamo mettere insieme a tutti i costi.» Mi dice Gio.
«E mi pare ovvio!» Esclamo.
Sono stata così presa da tutti loro che quasi mi sono dimenticata di Zayn che ci guarda in modo strano, dato che non capisce molto dell’italiano. Così lo presento agli altri che ci trovano gusto a parlargli in inglese anche perché loro sono qui per sperimentare la lingua.
«Ma quindi posso anche dirgli che è un coglione perché tanto non capisce?» Mi chiede Louis.
«Sei sempre il solito.» Gli do una gomitata e rido.
Ilaria, invece, ne approfitta per farmi domande ancora più sconce.
«Te lo sei trovato proprio bello, Ems. Come sta messo?» Mi chiede.
Scoppiamo tutti a ridere e poco dopo riprendo fiato per ribattere.
«Mi dispiace cara, ma non lo so e per ora non voglio saperlo.»
Mentre racconto a Niall, Liam ed Alessia com’è il liceo a Londra, vedo con la coda dell’occhio Louis e Gio che si sussurrano qualcosa e hanno un’espressione seria, cosa più unica che rara.
«Cos’è che mi nascondete, voi due?» Chiedo, ironicamente.
Li vedo scambiarsi un’occhiata d’intesa, della serie “parlo io o parli tu?” e alla fine Giorgia tira un lungo respiro e cerca di cominciare un discorso, balbettando.
Mentre sta parlando, le faccio segno di seguire me e Zayn verso il bancone per ritirare la chiave.
«Ecco, vedi… lo sai che molte scuole sono qui e…» Continua.
In quel momento mi rendo conto di aver dimenticato il biglietto per ritirare la chiave, nella valigia che ho lasciato a Ila, così dico sia a Giorgia che a Zayn di aspettare.
«Torno sub…» Il resto della frase si disperde nell’aria, proprio come la mia borsa che mi scivola dalla mano e cade a terra.
I miei occhi si posano sul ragazzo riccio che si trova accanto ad i miei amici e sta guardando me con il mio stesso stupore.
Quando i suoi occhi verdi incontrano i miei, vedo il tredicenne con le mani sudate a causa dell’ansia,  che sta per baciarmi sul muretto della spiaggia.
Giorgia corre verso di me e raccoglie la mia borsa.
«Era quello che volevo dirti, Ems. Harry è qui.»

 
Buonasera a tutti quanti :)
Non pubblico nulla da praticamente un anno, perchè purtroppo riesco a scrivere principalmente in estate a causa della scuola.
Siccome la vecchia FanFiction mi ha portato fortuna per l'estate scorsa, ho deciso di scrivere questa sempre ispirata alla stessa persona e, so che è una cosa stupida, ma spero mi porti altrettanta fortuna perchè è una circostanza che sta realmente accadendo ahahah
Spero vi piaccia come l'altra!
Un bacio,

Marti.

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Capitolo 2
*** Again ***


"Non finisco di capire,
non finisci di stupire,
come non dovesse mai finire."


2: Again.

Improvvisamente, mi sento in una bolla di sapone, come se tutto attorno a me ondeggiasse. Non sento più niente, o meglio, sento la voce di Giorgia ma è come se mi stesse parlando da lontano.
L’unica cosa che riesco a focalizzare, è quella chioma riccia illuminata dal sole e quel paio di occhi verdi.
Ho paura che io stia per vomitare il mio stesso cuore, specialmente quando sembra come se non potessi più reggere l’aria attorno, come se all’improvviso fosse diventata troppo pesante.
L’ultima cosa che vedo prima di piombare nel vuoto assoluto, è Harry che pronuncia il mio nome come solo lui sa fare.

Apro lentamente gli occhi e l’unica cosa che vedo è un bianco candido.
Che io sia morta e che ora mi trovi in paradiso?
Mi rendo conto che il “paradiso” si tratta probabilmente dell’infermeria, cosa che deduco dai banconi pieni di medicinali e dei letti vuoti accanto al mio.
«Grazie al cielo!»
Mi giro e vedo Gio alzarsi da una sedia all’angolo della stanza e correre verso di me.
Mi metto seduta e finalmente prendo coscienza di quel che è successo.
«Non è nulla, Ems. Hai avuto solo qualcosa molto simile ad un attacco di panico e probabilmente, il caldo avrà aggravato la situazione.» Mi sorride e si siede al mio fianco, accarezzandomi il braccio.
Ma conosco quel sorriso, non è sincero, perché so che nasconde tanta preoccupazione.
«Poi evidentemente stamattina neanche avrai fatto colazione, no? E poi..» Si alza e comincia a camminare avanti e indietro, parlando velocemente, ma io la fermo.
«Possiamo passare al punto in cui parliamo del vero motivo perché mi ritrovo su questo letto?» Le dico.
Lei si volta, sospira e si butta a peso morto accanto a me.
Sta per parlare, ma qualcuno bussa alla porta ed ecco che mi ritrovo seduta fra Giorgia e Louis, come i vecchi tempi.
Cala un silenzio imbarazzante ed io non riesco a distogliere lo sguardo dal bordo della sedia, di fronte a me.
«Sapevate che era qui.» Dico.
«Avevamo paura che se te l’avessimo detto, non saresti più venuta qui.» Mi spiega Louis.
Gio fa uno dei suoi sospiri profondi e rumorosi, prima di parlare.
«Siamo stati egoisti, avremmo dovuto pensare prima a quello che volevi tu, non a quello che volevamo noi. Però, mettiti nei nostri panni, non vedevamo l’ora di riaverti qui. E poi, non avrei neanche saputo come dirtelo tramite telefono, dato che il suo nome è impronunciabile ed è sempre stato l’argomento debole, che da mesi evitiamo.»
Finalmente riesco a staccare gli occhi dal bordo della sedia e butto la testa all’indietro, stendendomi fra i due che sono ancora seduti.
«Non ce l’ho con voi.» Sussurro.
Li sento entrambi sospirare e se la situazione fosse meno tesa, probabilmente mi verrebbe anche da sorridere.
«Sapeva che avrei passato l’estate qui?» Chiedo.
Giorgia scuote la testa per dirmi di no e a quel punto mi chiedo come si sia sentito lui, vedendomi.
«Sicuramente vorrà parlarti.» Continua Lou.
Io lo fulmino con lo sguardo, come se avesse appena bestemmiato.
«E cosa vorrà dirmi? Ha avuto anni per parlarmi. Il settata per cento delle volte l’ha fatto nel modo sbagliato, il restante trenta non l’ha fatto proprio!» Esclamo.
Gio sta per intervenire, quando il bussare della porta la interrompe di nuovo.
Sulla soglia, comprare una donna bassa e grassottella. I capelli sono rossi e le punte le sfiorano le spalle e sembra che le guancie siano accese, dello stesso colore.
«Ragazzi, dovreste uscire. C’è una persona che vuole vederla e poi la dovrò visitare di nuovo, prima di farla uscire dall’infermeria.» Sorride incoraggiante e, non so perché, ma ha un viso rassicurante.
Giorgia e Louis mi salutano con un cenno della testa ed escono.
Io mi rimetto seduta sul letto, a gambe incrociate e afferro il cellulare dal comodino, aspettando che la porta si riapra di nuovo, sicuramente per far entrare Zayn che vorrà vedermi.
Ripenso a quello che ha detto Louis e mi rendo conto che Harry non verrà a parlarmi perché è sempre stato insicuro e non saprebbe neanche come cominciare una conversazione con me, dopo tutto quello che è successo.
Ciò mi rassicura perché non voglio affrontarlo.
Non ora che nella mia vita tutto è al proprio posto.
Come in risposta ai miei pensieri, la porta dell’infermeria si apre leggermente e prima di tutto, vedo comparire la punta di un paio di vans rosse e mi dico che non può essere lui, fin quando sollevo lo sguardo sui jeans scuri e attillati, sulla polo e infine sul suo viso.
Rimango in silenzio, mentre lo osservo avvicinarsi e sedersi di fronte a me, con un gesto normalissimo.
Quante cose sono cambiante?
Un anno intero ad aspettare il momento di poterlo rivedere ed ora eccoci qua, in silenzio, a sfiorarci unicamente con lo sguardo, senza il coraggio di toccarci o aprire bocca.
Spingo il tasto superiore del mio cellulare per accenderlo e lui sposta gli occhi verso le mie dita, perché sono le uniche a muoversi in questa stanza.
«Come stai? Come ti senti adesso?» Chiede.
La sua voce riecheggia nella stanza ed è come se quel suono così familiare mi stesse accarezzando le orecchie.
«Sono due domande diverse. Vuoi sapere come sto o come mi sento adesso?» Gli chiedo, continuando a guardare lo schermo del telefono e sperando che capisca ciò che intendo.
«Entrambe le cose.» Risponde.
Finalmente trovo il coraggio di sollevare gli occhi e posarli sui suoi.
Sento di nuovo il battito cardiaco accelerare e mi chiedo per quale motivo sia così fottutamente bello.
«Per la prima domanda, sto bene. Londra mi ha fatto capire che alcune cose del passato, vanno solamente conservate nei ricordi e si va avanti.» Deglutisco. «Per la seconda, meglio, ho solo un leggero mal di testa e…» Non so che altro aggiungere, di certo non posso dirgli che sto per vomitargli il cuore addosso.
«E mi odi perché sono l’ultima persona che avresti voluto vedere.» Mi dice.
Lo fisso per qualche secondo e sono meravigliata. Non è mai stato lui quello a voler arrivare dritto al punto, non con le parole.
«Ciò che hai detto è in parte vero. E’ vero che sei l’ultima persona che avrei voluto vedere ma non ti odio, non potrei mai odiarti.» Rispondo, secca.
«Non sei riuscita ad odiarmi quando ti distruggevo i castelli di sabbia, figuriamoci adesso. Il problema sta proprio in questo.» Dice.
Nonostante la situazione seria, improvvisamente mi ricordo dello stesso Harry, alto un metro e venti, che si spalma sulle mie torri di sabbia e scoppio a ridere, pensando alla sua espressione soddisfatta.
Quando lui ha la mia stessa reazione, capisco che stiamo pensando la stessa cosa.
Nell’istante esatto in cui ride, mi si attorciglia lo stomaco perché quasi non ricordavo più come il suo viso si illuminasse e si aprisse, durante una risata.
«E tu come stai? Come ti senti adesso?» Imito le sue parole.
«Da me è tutto normale e monotono. Scuola, compiti e la sera amici e Sarah. Inv..»
Lo fermo.
«Sarah?» Fingo che quel nome non mi dica nulla.
«E’ la mia… la mia fidanzata.» Si gratta la nuca, nervoso. «Louis mi ha raccontato di Zayn.» Aggiunge, come se volesse giustificarsi.
Io annuisco.
Subito mi viene in mente l’ennesima sera in cui presi la decisione di dimenticarlo, quando vidi una foto sua dove teneva in braccio una ragazza bionda, snella e sorridente, con lo stesso nome che ha pronunciato cinque secondi fa.
«Posso farti una domanda?» Chiede.
«La stai già facendo.» Rispondo.
«Allora posso fartene altre due?»
«Si e una delle due te la sei già giocata, chiedendomelo.»
Lo vedo ridere leggermente.
«Ecco perché ho detto “altre due”» Ridiamo entrambi e non posso far a meno di ricordarmi che ogni volta che parliamo, ce ne andiamo da un discorso all’altro. «C’entro qualcosa con il tuo svenimento?»
«No.» Mento. «E’ stato il caldo e anche perché non ho fatto colazione.»
«Quindi che effetto ti ha fatto, rivedermi?» Continua.
«Mi dispiace, ma avevi finito le due domande.»
«Non importa.» Ribatte.
Lo guardo e cerco le parole giuste da usare, ma non mi viene molto in mente.
«Mh… nulla di che. Ti ho detto che ho cambiato capitolo.» Nel momento stesso in cui pronuncio quella frase, mi rendo conto di mentire.
Lui rimane in silenzio.
«Tu?» Gli chiedo.
Ma la risposta non arriva, perché in quel momento Zayn fa irruzione nella stanza.

 

Buongiorno belle :)
Ho pubblicato così presto perchè oggi pomeriggio parto. Scriverò, però tornerò il 25 quindi pubblicherò quel giorno il terzo.
Spero vi piaccia e scusate se vi farò aspettare un po' ahahah
Un bacio,
-Marti

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Capitolo 3
*** You belong to me ***


"Vuoi nascondermi i difetti,
mentre a me piacciono tutti 
e non te lo vuoi sentire dire."
 
3: You belong to me.

«Mi dispiace interrompervi, ma devo visitarla. Fra poco potrà uscire.» La donna paffutella fa di nuovo capolinea nell’infermeria, facendo uscire Zayn.
Mi metto stesa sul letto per prepararmi, mentre lei prende la macchina per misurare la pressione.
«Puoi chiamarmi Margaret, sono l’infermiera.» Mi sorride.
Io ricambio il sorriso, mentre comincia la visita.
«Ti capitano spesso questi mancamenti?» Chiede.
Io scuoto la testa, per dirle di no.
«Neanche quando c’è una temperatura alta come oggi?» Continua.
Io rifaccio lo stesso movimento del capo.
La donna, Margaret, sembra sovrappensiero.
«E’ sembrato un attacco di panico. Qualcosa ti ha fatta preoccupare oggi, cara?»
Qualcosa? Assolutamente no, infondo la mia cotta storica mi è soltanto piombata davanti, dopo un anno intero. Ma cosa vuoi che sia?
«No.» Insisto.
Lei sorride, ma non è un sorriso rivolto a me, è più come se stesse sorridendo a se stessa.
«Lavoro fra gli adolescenti da vent’anni e so riconoscere una bugia. Un attacco di panico è principalmente causato da qualcosa che proviene da qui dentro.» Dice, toccandomi la fronte con la punta dell’indice.
Abbasso lo sguardo sulle lenzuola candide e sospiro.
«Mettiamo il caso che sia successo qualcosa, ormai è passato e non influenzerà in nessun altro modo sulla mia salute.» Rispondo, alzandomi dal letto e incamminandomi verso la porta.
Mi sorprende il fatto che lei rimanga lì, immobile, con quel sorrisetto che comincia ad infastidirmi, come se nulla potrebbe mai toglierglielo.
Poso la mano sulla maniglia, ma la sua voce mi ferma.
«Siete così belli, voi ragazzi. Sentite tutto, anche la più lieve sensazione. E non c’è niente di più vero dell’amore fra due adolescenti. L’ho capito nel momento stesso in cui ho visto il riccio fare avanti e dietro, strofinandosi le mani sudate sui pantaloni, prima di varcare la soglia di quella porta.» Mi dice, con un tono calmo e piatto.
Io mi giro lentamente e la guardo, fingendo di non essere stata toccata dalle sue parole.
Però, mentre mi richiudo la porta alle spalle, non posso far a meno di pensare al ragazzino che si asciuga le mani sudate dall’ansia, prima di baciarmi, che ripete lo stesso gesto nell’atrio che sto attraversando.

Fuori, ad aspettarmi, trovo Zayn ed Eleonora seduti nell’atrio. Appena li vedo, sorrido; mi sento decisamente meglio.
«Tutto apposto?» Mi chiede Ele.
«Solo un calo di zuccheri.» Mento.
Guardo l’ora e vedo che sono l’una passate, proprio il caso di mangiare qualcosa.
«Infatti è ora di pranzo, gli altri sono già andati.» Risponde lei, facendoci segno di seguirla.
La mensa è davvero enorme. Si può pranzare sia fuori che dentro, dove ci sono lunghissimi tavoli da buffet e i tavoli dei ragazzi possono contenere fino a dodici persone.
«Eccoli!» Esclamo appena noto tutti gli altri seduti ad un tavolo all’ombra di una palma e dopo esserci riempiti i piatti, li raggiungiamo.
Prendo posto fra Alessia e Giorgia mentre vengo assalita dalle domande degli altri, su tutto quello che è successo.
Quando sto per raccontare di quel che mi ha detto Harry nell’infermeria, sono costretta a bloccarmi perché lo vedo raggiungerci con il suo vassoio.
E’ affiancato da una ragazza molto magra e secca e alta quasi quanto lui. Ha i capelli biondi che le ricadono sulle spalle e sono liscissimi e lucenti. Qualcosa, nel suo modo di camminare a testa alta e spalle tirate su, la fa sembrare una donna, più che una ragazza.
Porta dei pantaloni attillati marroni, un top che le si appoggia sull’ombelico e fa immaginare che porti una terza abbondante ed un paio di sandali alti, bianchi.
Non posso far a meno di riconoscerla: è Sarah.
La prima cosa che penso è che non abbiamo praticamente nulla in comune.
A differenza sua, ho i capelli castani e ondulati che mi arrivano all’altezza dell’ombelico. Non sono così magra quanto lei, non ho il famoso “spazio fra le cosce” e mi devo accontentare del mio metro e sessantacinque.
L’unica cosa che preferisco delle nostre differenze, è il modo di vestire perché sono sempre stata ossessionata dai vestiti e quei suoi sandali non li indosserebbe neanche mia nonna, ultrasessantenne.
I due prendono posto al nostro tavolo e lui comincia a presentare Sarah a tutti gli altri.
«E lei è Emily, una mia… amica.» Esita un attimo sull’ultima parola perché, infatti, cos’è che siamo io e lui?
Lei sgrana leggermente gli occhi e poi sembra squadrarmi, come se mi sfidasse a reggere il suo sguardo ed io lo faccio.
«Emily? La famosa Emily?» Chiede lei, ridendo. «Sara, la sua fidanzata.» Mi stringe la mano, calcando la voce sull’ultima parola.
«Famosa Emily?» Le faccio eco.
«Mi ha parlato molto di te. Chi credi che lo ascoltava mentre tu te la spassavi a Londra?»
Cala un silenzio imbarazzante. Tutti quanti, al nostro tavolo, smettono di parlare e osservano allibiti la scena perché sanno che quando qualcuno mi provoca, esplodo.
«E’ il suo modo di scherzare… lascia stare.» Harry, che mi conosce più di tutti, cerca di rimediare.
Giorgia mi da un colpo con il ginocchio da sotto il tavolo, della serie “stai zitta”.
«Tranquilla tesoro, era una battuta.» Risponde lei, sorridendo.
E forse è ora di giocare sporco.
«Imparerò a cogliere il tuo spiccato umorismo.» Le sorrido.
Louis, per tentare di non ridere, finge di tossire e cerca di cambiare discorso ma lo zittisco perché è ora di usare il mio asso nella manica.
«Lui invece è Zayn, se dovete dirgli qualcosa fatelo in inglese perché deve ancora prenderci la mano con l’italiano.» Dico, presentandolo agli altri.
Sono stata così tanto presa da Harry e Sarah che non ho pensato proprio al fatto che il moro potrebbe sentirsi solo o escluso.
 Ringrazio il cielo, però, di avere un migliore amico così socievole e che si occupa di tenergli compagnia, dato che è da quando siamo arrivati che li vedo chiacchierare.
«Siete fidanzati?» Chiede la bionda, dando libero sfogo al suo inglese.
Io annuisco e anche Zayn che sorride e mi strofina la schiena con la mano.
A quel gesto vedo Harry sollevare un sopracciglio e non posso far a meno di fulminarlo con lo sguardo. Lui sorride e capisco subito il perché, dato che dice sempre che quando mi arrabbio, sono ancora più bella per lui.
«Perché sorridi, amore?» Sarah si rivolge a Harry.
Amore? Amore? Amore?
Non ce la faccio proprio e scoppio a ridere fragorosamente e il riccio fa lo stesso, sicuramente pensando a tutte le volte che abbiamo imitato quelle coppiette sdolcinate di Facebook che non fanno che usare questi nomignoli sdolcinati.
«Non capisco cosa ci sia così tanto da ridere.» Continua lei.
«E’ che lui odia essere chiamato così.» Rispondo.
«Ma che ne sai tu?» Insiste lei.
«Fidati Sarah, lo conosco meglio delle mie stesse tasche.»


«Se non esci da quel bagno fra due minuti, ti faccio diventare alta un metro e venti.» Dico, rivolta a Giorgia che è chiusa là dentro da secoli e, come al solito, ci farà ritardare.
Siccome da domani cominciano i corsi, per stasera ci lasciano liberi nel campus e abbiamo deciso di fare una sorta di Pic Nic, vicino al lago.
Apro l’armadio e tiro fuori un paio di pantaloncini di Jeans e mi ritrovo a pensare che io debba mettere la mia maglietta portafortuna, dato che la indosso ogni volta che faccio qualcosa di nuovo ed importante.
La prendo, la stendo sul letto e rimango ad osservarla.
La comprai quando avevo tredici anni e, anche se scolorita dai numerosi lavaggi, è ancora intatta e la stampa “believe in yourself” è ancora vivida. Probabilmente è stupido ed infantile attaccarsi a qualcosa di così materiale, ma è una semplice maglietta che porta a galla troppi ricordi.
Il mio esame orale di terza media, il mio primo giorno di liceo, il primo giorno a Londra, il primo bacio.
Il primo bacio.
Harry.
Ci risiamo.
La prendo e la getto alla rinfusa nell’armadio, scambiandola con una canotta e chiudendo le ante con forza.
Mentre mi preparo, faccio una riflessione con me stessa e arrivo alla conclusione che ci ho messo davvero troppo tempo per costruire un muro fra me e Harry e adesso che sono a buon punto, non è proprio il caso di mandare tutto all’aria.
Mentre io e Gio ci facciamo strada nel campus, evito di dirle tutto quello che mi sta passando per la mente perchè tanto non c’è più nulla da preoccuparsi, è una cosa che non succederà.
Dieci minuti dopo, raggiungiamo gli altri ed il sole è ormai calato perché sono già le nove e mezza.
Il prato è pieno di ragazzi che hanno avuto la nostra stessa idea e noi ci mettiamo ai piedi di un albero, dove Eleonora e Niall hanno già sistemato i teli ed i cestini con i panini che abbiamo preso dalla mensa.
«Ho avuto un’idea brillante!» Esclama Ila, con mezzo panino in mano e un boccone pieno.
«L’ultima volta che hai avuto un’idea ‘brillante’ ci siamo trovati sotto un temporale, senza nemmeno un ombrello e un biglietto per il pullman.» Interviene Louis.
Noi scoppiamo a ridere, perché devo ammettere che Ilaria ha sempre voglia di fare cose che si allontanano di gran lunga dalla normalità e ci ritroviamo spesso in guai, che però, ci fanno divertire e ridere un sacco.
Lei gli da una gomitata e ridacchia un po’, prima di continuare.
«Giochiamo al gioco della valigia?»
A sentire quelle ultime tre parole, scatto in ginocchio e quasi mi va il panino di traverso.
«Sisisi.»  Urlo.
«Ci sto, non lo facciamo tutti insieme da quando se ne è andata Ems.» Commenta Alessia e gli altri approvano.
Sarah chiede che cosa sia e Liam, che fra di noi è il più preciso, glielo spiega.
«Ognuno deve dire il nome di una cosa che vuole mettere in una valigia immaginaria e quello che gli sta accanto, deve dire le parole precedenti, oltre a una nuova. Il bello sta quando si arriva ad aver fatto tre giri e si impazzisce per ricordare tutto. Chi salta o sbaglia una parola, paga pegno scelto  dal “proprietario” di quella parola che ha mancato.»
Tutti cominciamo già a metterci in cerchio per giocare, ma solo dopo mi accorgo che Sarah ha storto il naso.
«Ma è una cosa stupida e infantile!» Protesta. «Noi non giochiamo.» Dice, parlando per sé e per Harry.
«Ma io voglio giocare!» Le dice il riccio.
Io sollevo un sopracciglio. La nostra Miss si ritiene troppo matura per un gioco che fa passare il tempo e lui si fa anche comandare, come se fossero una coppia di ultraquarantenni sposati?
«Preferisci giocare o stare con me?» Gli chiede, passandogli un braccio attorno al collo.
Lui fa un sorriso storto e non risponde, neanche quando il viso di lei gli si avvicina.
A questo punto sarebbe opportuno che io giri la testa e mi faccia i fattacci miei, ma non ci riesco.
Le labbra di Sarah si posano su quelle di Harry e sento il mio stomaco annodarsi su se stesso ed il panino salire là da dove è entrato.
E’ un’immagine così fottutamente sbagliata.
E’ come mangiare un panino senza la nutella, i pop corn senza il sale o la pizza senza la mozzarella.
Quel nodo allo stomaco si trasforma subito in rabbia e ho l’impulso di alzarmi, allontanare Sarah dai capelli e urlarle che non dovrebbe neanche pensare di avvicinarsi a lui, dato che non le appartiene ma tutto ciò che riesco a fare è rimanere immobile, ad osservare il mio primo amore spalmarsi su qualcuno che non sono io.
E, se è vero che ho superato tutto, perché adesso non riesco a guardarli senza sentirmi soffocare?
Nel momento stesso in cui si staccano e i miei occhi incontrano quelli di Harry, lascio scivolare il panino sul telo e mi alzo.
«Ho dimenticato una cosa in camera.» Mento e mi volto per andare a prendere un po’ d’aria, prima che cominci a svenire come stamattina.
L’ultima cosa che vedo è Louis alzarsi e Harry che lo ferma, dicendogli «ci penso io».

 
Sono tornata e ho subito pubblicato :)
Spero che il capitolo vi piaccia, specialmente la parte finale, anche perchè mentre descrivevo il bacio fra Harry e Sarah mi veniva un nervoso assurdo a pensarci ahahah.
Comunque volevo ringraziarvi per i preferiti, i seguiti e le recensioni. Mi fanno tanto piacere!
Domani mattina parto di nuovo perchè vado a Milano per il concerto e, tralasciando il fatto che avrò bisogno di una flebo e di una barella per il 28, pubblicherò il 30 sera perchè torno quel giorno.
Un bacio,

-Marti.
 

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Capitolo 4
*** In his arms. ***


"Io ti guardo mentre sogni
e mi tocca starne fuori
poi mi tocca solo indovinare."

4. In his arms.

Continuo a camminare anche se non so precisamente dove io stia andando.
L’unica cosa certa è che desidero allontanarmi dalla vista di quei due per darmi una calmata, riflettere e magari anche per trovare una scusa da usare con Zayn per giustificare la mia reazione.
Quando sono sicura di essere sola, mi siedo ai piedi di un albero, appoggiando la testa sul suo tronco e volgendo lo sguardo alle stelle che oggi si vedono benissimo dato che non c’è neanche una nuvola.
Cosa sta succedendo?
La paura arriva istantaneamente, dato che invece di un “non lo so” mi rendo conto di sapere perfettamente cosa sta succedendo.
Mesi e mesi a costruire un muro fra me e Harry e mi basta la sua vista per farlo crollare immediatamente?
Poso la testa sul tronco e chiudo gli occhi, respirando a pieni polmoni.
Li riapro solo quando sento alcune foglie scricchiolare sotto le scarpe di qualcuno che mi sta raggiungendo e posso soltanto immaginare di chi si tratti, ovviamente.
Riconosco le scarpe di Harry e ritorno a guardare le stelle, mentre lui prende posto al mio fianco.
Rimaniamo così per qualche minuto e sento il mio corpo rilassarsi.
Tutto tace, ogni tanto arriva un velo di vento piacevole e l’unico rumore che sento è il respiro di Harry che fa abbassare e rialzare lentamente il suo petto. E, forse, è proprio questo che mi fa rilassare, come se la mia mente fosse rassicurata dal suo respiro, come se mi stessero dicendo “è lì, accanto a te”.
«Non credi che sia rischioso rimanere qui? Sarah potrebbe mandare una segnalazione a Chi l’ha visto, sostenendo che io ti abbia rapito.» Dico.
Lui sorride, quel genere di sorriso che fanno i papà quando vanno al primo saggio di danza delle loro figlie.
«Sei fottutamente gelosa.»
Solo in quel momento giro la testa e lo guardo. E come dargli torto?
«E’ una cosa che deve andare così e basta. Forse è questione di abitudine, forse è perché sono stata così abituata a considerarti qualcosa che mi appartiene, che adesso ho bisogno di un po’ di tempo per abituarmi al contrario. E niente, sono semplicemente sentimenti che imparerò ad ignorare.» Continuo tutto d’un fiato e mentre parlo mi rendo conto che sia una cosa davvero triste.
Cala il silenzio.
La sua mano scivola sul mio ginocchio e il suo pollice strofina lentamente sulla mia pelle.
Quel tocco è fatale.
Sento l’arrivo della pelle d’oca e stringo i denti, sperando che non se ne accorga.
«Quando te ne sei andata, mi sentivo la persona più infelice del mondo. Sono arrivato a pensare che se non ci fossimo sentiti più, sarei stato meglio perché l’idea di parlarti tenendo conto del fuso orario, dei ragazzi che avresti potuto incontrare lì e di non poterti tenere qui, mi uccideva. Sappiamo bene cosa significa la distanza da una regione all’altra, figuriamoci da una nazione intera ad un’altra. Ho capito che era ora di prendere la mia vita che avevo totalmente appoggiato su di te e spostarla su altro, dovevo trovare un modo diverso per essere felice ed è arrivata Sarah.» Sospira.
In questo momento mi ritrovo a desiderare che qualcuno faccia un po’ di rumore in questo posto, perché ho paura che si possa sentire il mio cuore che mi martella in petto.
«E l’hai trovato? Con Sarah?» Mi pento subito di aver fatto questa domanda, perché ho paura di sapere la risposta.
«No.» Si ferma. «Le voglio un gran bene ma non è te.» Conclude.
Per poco non gli vomito il cuore in faccia.
Mi accuccio al suo fianco e poso la testa nell’incavo del suo collo, mentre lui fa scivolare il braccio attorno alle mie spalle.
«Lo sai che non dovresti dirmi queste cose. Mi conosci e sai bene che non farò altro che pensarci per tutta la notte. Dovresti dirmi che nonostante tutto questo, faremo finta che non sia successo nulla e ognuno cercherà di continuare per le proprie strade.» Dico.
«Ma non è quello che vorresti sentirti dire. Probabilmente passeresti le prossime dodici ore a sporcare il cuscino di mascara.» Lui esita per qualche istante e poi risponde.
Anche se non può vedere il mio volto, sorrido perché nonostante il tempo passato e tutti gli ultimi avvenimenti, lui parla ancora sinceramente con me e continua a conoscermi meglio delle sue stesse tasche.
Sollevo la testa ancora sorridendo ma nel momento stesso in cui lo faccio, il sorriso mi scompare perché ritrovo le mie labbra a cinque centimetri di distanza dalle sue e i suoi occhi illuminati dalla fioca luce della luna.
Si tratta di qualche istante e nessuna parola; soltanto uno sguardo così pieno e coinvolgente da ricompensare tutte le notti passate in bianco, senza di lui.
«Posso darti altro a cui pensare stanotte?» Sussurra, fissandomi le labbra.
«Non farlo o saremo allo stesso punto, ancora e ancora.»
Il mio battito cardiaco arriva ad una velocità incontrollabile e vorrei alzarmi e andarmene, lontano da quegli occhi e da quelle labbra perché so che se mi lasciassi baciare, sarei al punto di partenza come capita da quasi sette anni.
So che anche lui stia pensando la stessa cosa, infatti mi tira verso di sé ed io scompaio fra le sue braccia, con la testa appoggiata sul suo petto dal quale contesto che non sono l’unica che sta per rischiare un infarto.
«Non ti sembra assurdo?» Chiede all’improvviso.
«Cosa?»
«Noi. Noi siamo assurdi. Ti conosco da quando eri alta un metro e quaranta e da quei tempi finiamo sempre per litigare e ritrovarci all’improvviso. E’ come…»
«…come se il destino ci chiudesse in una stanza buia, da soli, ogni volta che ci perdiamo di vista.» Concludo io al suo posto.

Sono le 3.07 del mattino ed io sono stesa sul mio letto, incapace di smettere di fissare il soffitto scuro e dormire.
Giorgia è riuscita ad addormentarsi soltanto una mezz’oretta fa, dopo aver subito due ore di me che racconto senza sosta quello che è successo.
La mia situazione, invece, è tragica perché appena chiudo gli occhi, la mia mente viene attraversata da flashback riguardanti non solo le ultime cose successe ma anche momenti vecchi, come se Harry avesse riportato a galla ricordi troppi vividi.
Faccio un lungo respiro e chiudo gli occhi, intenzionata a dormire veramente.
 
"Sediamoci qua."
Mi tira per il bordo della giacca ed io lo seguo verso il muretto della strada, dove prendo posto al suo fianco.
So benissimo cosa sta per succedere, il che mi rende più che nervosa e sento che il cuore mi sta per scoppiare nel petto. L'ansia manda il mio stomaco in ebollizione e provo un senso di nausea che non fa che peggiorare il mio timore di fare qualche brutta figura, cosa normale per una tredicenne che si trova di fronte al suo primo bacio.
Mi ritrovo a pensare che potrei vomitargli addosso da un momento all'altro, ma quando incontro il suo sguardo, sorrido e mi sento meglio ricordando a me stessa che prima di essere due adolescenti completamente ossessionati l'uno dall'altra, siamo amici.
Sento il suo braccio scivolare dietro la mia schiena e circondarmi le spalle; siamo così vicini che riesco a sentire il suo fiato sul collo, mentre blatera nervoso e si strofina la mano sudata sui jeans.
Il fatto che anche lui non sia calmo, riesce a tranquillizzarmi appena e mi concedo di ridere quando mi accorgo che sta parlando a vanvera, cercando di trovare il momento giusto per fare ciò che stiamo aspettando da tempo ormai.
Ad un certo punto, smette di parlare e si volta nella mia direzione, il che induce i nostri nasi a trovarsi a due centimetri di distanza. Il suo sguardo si sposta sulle mie labbra e poi ritorna a vagare nel vuoto, preso dall'ansia.
Accade la stessa cosa per altre tre volte, ma quando alla quinta gli sorrido, quasi come se lo stessi incoraggiando, finalmente succede.
Sento le sue labbra sulle mie, calde e morbide. Quando si schiudono, capisco che è il momento di trasformare il tutto in un bacio vero.
E dura a lungo, lento e desiderato.
Tutta la tensione che si accumulava nel mio stomaco, scivola via per lasciare posto ad una sensazione di formicolio, come se qualcuno mi stesse facendo il solletico dall'interno.
La mia testa è in uno stato confusionale, non ricordo più chi sono e dove mi trovo e senza accorgermene, scoppio a ridere.
Si, proprio così.
Gli poso una mano sul petto e mi allontano lentamente perché sto ridendo ed è una di quelle risate che ti vengono fuori, come una scarica di adrenalina e nel mio caso, sto buttando fuori tutta la tensione che ho accumulato in questi ultimi giorni.
Quando smetto, sollevo lo sguardo per incontrare i suoi occhi e ricadiamo in una fragorosa risata, entrambi.
"Ce l'hai fatta." Gli dico.
"Mi stavo cagando sotto, ma dovevo farlo." Ride.

 
Apro di scatto gli occhi e mi metto seduta.
Ma com’è possibile che un ricordo vecchio di quattro anni sia ancora così vivido?
Capisco che il primo bacio non si scorda mai, ma questa è pura pazzia.
Appena sto per afferrare il cellulare, un colpo alla finestra mi fa sobbalzare e vado ad affacciarmi, sollevandola nel modo più silenzioso possibile senza farmi sentire da Giorgia.
Perché c’è un Zayn Malik sotto la mia finestra? E perché ha una pietra in mano?
«Ma sei impazzito?» Sussurro.
«Andiamo, vieni!» Mi sorride.
Io sgrano gli occhi.
«Se ci scoprono avremo un biglietto di sola andata per casa.»
«Non ci vedrà nessuno, dai!» Dice appoggiando il palmo della mano su un ripiano sotto la finestra.
Siccome tira un po’ di vento, afferro la prima felpa che trovo ai piedi del letto e nonostante il pigiama, infilo le solite Converse bianche.
Mi metto seduta sulla finestra e con uno slancio finisco in piedi sul ripiano.
Stringo la mano di Zayn e faccio un salto sul giardino che è ad un metro di distanza dal ripiano.
«Ma dove andiamo?» Chiedo, sorridendo.
«Al mare.» Risponde, ricambiando il sorriso.
Io sgrano gli occhi perché so che la spiaggia è verso il confine del campus e che camminando, potremmo essere visti da qualcuno.
Sento la mano di Zayn attorno al mio polso e dopo poco, le sue dita che si fanno strada fra le mie, attorcigliandosi.
La passeggiata mi sembra durare un’infinità, fin quando imbocchiamo la stradina della spiaggia e mi tolgo le scarpe per affondare i piedi nella sabbia.
Zayn mi porta quasi sulla riva, dove è stata posizionata una tenda circondata da alcune candele che la illuminano con la loro luce fioca.
Di colpo, si ferma e sento le sue mani sui miei fianchi che mi attirano verso il suo copro e finisco con l’appoggiare i palmi sul suo petto.
I nostri nasi quasi si sfiorano e sono costretta a sollevare il capo per incontrare i suoi occhi.
«Vuoi che questa sia la nostra notte?»
Boom.
Il sorriso che avevo stampato in faccia, scompare non appena il mio cervello capisce cosa vorrebbe dire.

La stradina del mare, la villa vuota di Harry ed io che lo rincorro a piedi nudi fin dentro casa sua perché lui trasporta le mie ciabatte lilla.
Lui che lancia le mie ciabatte oltre il letto e noi due che ci finiamo sopra, completandoci l’un l’altra.


Scuoto la testa di colpo e mi allontano dalla presa di Zayn.
«Okay no, calma.» Si mette le mani fra i capelli. «Forse è troppo presto, forse sono stato troppo spudorato, avremmo dovuto parlarne e..» Farfuglia.
Io lo fermo.
«Non hai sbagliato nulla.» Lo afferro per il gomito e ci sediamo uno accanto all’altra sulla sabbia, rivolti verso il mare. «Quando avevo quattordici anni pensavo che fosse stata una cosa che avrei fatto solo con l’uomo della mia vita e forse ti sembro moralista ed ipocrita dato che è successo con il ragazzo che pochi giorni fa mi ha presentato la sua nuova fidanzata. E’ che non vorrei fare lo stesso sbaglio, Zayn, voglio assicurarmi che almeno la seconda volta sia con la persona giusta.» Spiego, evitando il più possibile il suo sguardo.
Ma in quel momento mi rendo conto di non credere davvero a quel che sto dicendo, dato che quel che è successo con Harry non lo considero uno sbaglio.
Ed è proprio questo il momento in cui realizzo che nonostante tutto, al mio fianco desidererei ancora lui al posto di Zayn.

 
So che probabilmente vorreste ammazzarmi perchè vi ho fatto aspettare un'infinità di tempo, ma sono stata impegnata fra amiche, mare e le solite cose estive ahah
Comunque adesso ho intenzione di pubblicare più velocemente e praticamente ogni giorno, perchè devo finire di scrivere la fanfiction prima del 30 Luglio, dato che poi parto per un mese :)
E niente, vi ringrazio per i seguiti, preferiti e le recensioni e spero che vi piaccia anche questo capitolo.

-Marti

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Capitolo 5
*** Oh, shit! ***


Dopo tanti anni e un giorno,
quando il mare sembra calmo,
vieni fuori ancora tu.


 
5. Oh, shit!

Stamattina il risveglio è tragico, sono già in ritardo per la colazione.
Sono le nove meno dieci del mattino e ho massimo due ore di sonno addosso, cosa evidente dalle mie occhiaie scure.
Mi trascino verso la mensa, facendo strofinare pesantemente le Converse sull’asfalto ad ogni passo e mi siedo fra Ele e Louis ad occhi socchiusi quasi.
«Ma alla buon ora!» Commenta quest’ultimo.
Io rispondo con un verso simile ad una mucca che partorisce, strofinandomi gli occhi.
«Latte o succo?» Mi chiede Ila.
Io indico il succo e lei me lo passa.
Mi guardo attorno e mi rendo conto che di fronte a me ci sono due vassoi e due posti vuoti e noto anche l’assenza di Zayn.
Che casino.
«Cornetto o biscotti?» Continua sempre Ila.
Non faccio in tempo a rispondere perché arrivano Sarah e Harry e quest’ultimo occupa il posto proprio davanti al mio.
E te pareva.
Alla sua vista mi sale un senso di nausea provocato dall’ansia e rispondo un “passo” ad Ilaria, senza neanche curarmi di ricambiare il buongiorno a quei due, a differenza del resto del gruppo.
«Ma Zayn?» Chiede Louis.
Io sussulto e noto che tutti mi stanno guardando perché si aspettano una risposta ovviamente da me.
«Eh.. penso stia dormendo, perché ieri notte abbiamo fatto tardi.» Rispondo.
«Tardi?» Chiede Alessia, sorpresa.
Io sospiro e mi concentro nel fissare solo la mia tazza di succo, come se fosse la cosa più importante in quel momento.
«Si, siamo stati sulla spiaggia.» Rispondo, secca.
«E che avete fatto sulla spiaggia? Ehhh..» Scherza Lou e tutti quanti ridono alla sua battuta, mentre gli do una gomitata.
Noto soltanto Harry che contrae internamente la mascella e solleva leggermente un sopracciglio, mentre io distolgo subito lo sguardo.
Proprio in quel momento Zayn interrompe questa situazione imbarazzante e anche lui ha la faccia di uno che non ha proprio chiuso occhio.
«Abbiamo saputo che tu ed Ems vi siete dati alla pazza gioia, ieri sera.» Gli dice Niall.
Io sgrano gli occhi mentre gli altri ridono ed il moro lo guarda spiazzato.
«Ma smettetela, andiamo! Saranno anche fatti loro.» Interviene Eleonora, mentre io ritorno a idolatrare il mio succo manco fosse oro colato.
«Ma appunto e poi stanno insieme da un mesetto.» Dice Giorgia.
«Ma cosa c’entra? Se è amore, è amore!»
«Nessuno ai giorni d’oggi la pensa ancora così, perciò…»
Io, Harry e Zayn li guardiamo tutti quanti mentre discutono su ciò che dovrebbe riguardare solo me ed il moro e potrei catalogarlo come uno dei momenti più imbarazzanti della mia vita.
E poi, inaspettatamente, Harry si schiarisce la gola e li zittisce tutti.
«Non è vero che più nessuno la pensa così. Io credo che si debba fare con la persona che si ama, almeno la prima volta. »
Tutti rimangono in silenzio e le mie amiche mi guardano, perché sanno che la prima volta di Harry sono stata io.
Per quanto riguarda la condizione del mio cuore, è di nuovo in gola ma finalmente riesco a staccare gli occhi dal succo.
«Concordo. Perché nonostante tutto ciò che potrebbe succedere, se hai amato quella persona non te ne pentirai e conserverai un bel ricordo.» Aggiungo.
«Questo mi fa pensare che tu non te ne sia pentita.» Dice Harry, all’improvviso.
Sussulto e poso i miei occhi sui suoi ed in quel momento succede qualcosa di strano, perché è come se tutte le persone accanto scomparissero, come se diventassero immagini sfocate, a parte lui.
E se non è la rappresentazione della mia mente questa, cos’è?
«No, non mi pento.» Dico.
«Nemmeno io.» Ribatte.
Sento una sedia spostarsi dal tavolo e Sarah alzarsi di scatto e andare via.
Harry sbuffa e si dirige nella sua direzione, anche se lentamente.
«Ops.» Dico.
Gli altri scoppiano a ridere.
«Posso dire una cosa? Quando ieri è venuto da te, correva più veloce.» Mi dice Louis, facendomi un occhiolino.
E solo in quel momento mi rendo conto che Zayn si sta guardando intorno spaesato, perché non capisce nulla a partire da quel che diciamo, a finire con quel che sta succedendo.
«E’ tardi. Ti accompagno.» Gli dico e lui annuisce.
Ci alziamo entrambi e sfilo di mano a Zayn il foglio delle attività del suo gruppo.
Oggi, effettivamente, è il primo giorno in cui nel campus faremo sul serio e per prima cosa, questa mattina conosceremo il gruppo a cui siamo stati assegnati e svolgeremo le varie cose insieme agli altri, fino alla fine.
Essendo di nazionalità diversa, io e Zayn abbiamo gruppi di tipo completamente differente perché lui si troverà fra più italiani che, quando faremo le gite all’esterno del campus faranno da guida, mentre io l’esatto opposto.
In più, noi italiani che ci troviamo proprio nel nostro paese, dovremo fare due attività di tipo diverso: la prima assieme ai capigruppo inglesi, per migliorare la lingua, con i quali staremo solo due giorni a settimana e nella seconda, saremo noi i capigruppo con ragazzi più piccoli stranieri che vengono per mettere alla prova il loro italiano.
Il primo incontro del suo gruppo è proprio in un’aula all’interno dell’edificio, così lo accompagno all’interno ma la situazione diventa imbarazzante quando dobbiamo salutarci.
«Buona fortuna.» Gli dico, sorridendogli nervosamente.
Lui mi guarda e dai suoi occhi capisco che non se l’è bevuto il mio sorriso forzato.
«Senti Ems.. mi dispiace. Ieri sera non avrei proprio dovuto…» Comincia, ma lo fermo.
«E’ tutto okay. Non devi preoccupartene.» Gli stampo un bacio sulle labbra e mi giro per andarmene e tirare fuori il programma del mio gruppo, che fra poco conoscerò.
In realtà, non è tutto okay.
Anzi, forse niente è okay.
Ma devo semplicemente mettermi in testa che con Harry non c’è più nulla di concreto, che sono solo i residui dei sentimenti che ci hanno perseguitato per sette lunghi anni; è con Zayn che devo stare.

Attraverso il corridoio, scendo le scale e arrivo nel piano indicato dal mio foglio, mentre sono ancora immersa nei miei pensieri.
Si, con Zayn e quando l’estate sarà finita, Harry ritornerà ad essere un vecchio, vecchissimo ricordo.
Secondo le indicazioni, l’aula 26 dovrebbe essere dietro l’angolo.
E forse, ultimamente penso a Harry mentre sto con Zayn solo perché vederlo è stato uno shock.
Trovo l’aula e ci entro.
Si, il problema è solo che sono stata presa alla sprovvista.
Niente di cui preoccuparsi.

«Buongiorno.» Mi salutano i ragazzi che si trovano dentro la stanza e sono seduti sulle sedie che formano un cerchio.
Niente di cui preo…
In una di queste sedie è seduto lui, con i soliti capelli disordinati e i due fari luminosi al posto degli occhi.
Appena mi vede sembra sorpreso quanto me e lo vedo alzare la mano, per farmi un cenno.
Ma vaffanculo.
Rispondo al buongiorno generale e mi siedo al suo fianco, evitando il più possibile il suo sguardo.
«Cosa diamine ci fai qui?» Sussurro.
«Oh si, anche io sono felice di vederti!» Risponde, sarcastico.
Io sbuffo.
Il destino ci odia. O forse dovrei cominciare a parlare di karma? Si, deve proprio essere qualcosa di simile al karma, dato che porta solo guai.
«Comunque perché è il mio corso.»
«Anche il mio.» Ribatto.
Lui fa spallucce.
Nei cinque minuti successivi, la nostra stanza si riempie di ragazzi e ragazze decisamente dall’aria straniera e sembrano anche essere più piccoli di noi.
Alle nove e mezza precise, un uomo con un cartellino rosso con sopra inciso “Mr. Rossini”, entra nella stanza e ci da un buongiorno in inglese, con un accento decisamente italianizzato.
Si posiziona al centro del cerchio che formiamo con le sedie e comincia a spiegare la situazione, parlando in inglese e lentamente.
«Come sapete, siete tutti qui per uno dei corsi di italiano e ora conoscerete i capigruppo che vi condurranno in questa esperienza, perciò passiamo all’appello.» Spiega.
In quel momento sussulto e mi rendo conto a cosa sto realmente andando in contro.
Se ogni gruppo ha due capigruppo e a parte me c’è il mio parassita personale, vuol dire che..
«Harry Styles ed Emily Cooper.» Chiama e tira fuori dalla tasca due cartellini rossi come il suo, sui quali ci sono i nostri nomi.
Merda.
Ci alziamo e lo raggiungiamo.
Gli stringiamo la mano e mentre ci attacca i cartellini, ci tocca fare un breve discorso di presentazione.
Quando il Signor Rossini lascia l’aula, tiro un lungo respiro ed io e Harry ci lanciamo uno sguardo di intesa, perché è ora di prendere la situazione in mano e cominciare.
«Perfetto. Allora, oggi passeremo la mattinata a conoscerci e poi faremo una lista delle attività che volete fare e i posti che volete visitare, dopodiché presenteremo la proposta e dopo il consenso, vi accompagneremo.» Dice Harry, tutto concentrato.
Io lo guardo mentre si immedesima nel ragazzo responsabile e mi viene spontaneo sorridere.
I ragazzini lo ascoltano ma rimangono in silenzio e nessuno ha il coraggio di dire qualcosa.
«Giusto.» Gli faccio eco. «Non siate timidi, siamo ragazzi come voi e passeremo l’estate insieme.» Ma la mia frase non fa una piega, così è ora di cercare di rompere il ghiaccio. «E non dovete proprio preoccuparvi, anche se siamo più grandi lui ha un cervello pari a quello di un bambino di sei anni.» Scherzo e do una gomitata a Harry.
Con grande sollievo noto che i ragazzini esplodono in una risata generale e con loro, anche il riccio al mio fianco.
«Non è colpa mia, si diventa così a furia di stare con lei.» Ribatte, restituendomi la gomitata.
Altra risata.
Ci mettiamo seduti a gambe incrociate al centro del cerchio e cominciamo a cercare di farli parlare, per conoscerci.
«Diteci il nome, l’età, da dove venite e la cosa che vi piace di più fare.» Propone Harry.
Io approvo, così cominciamo ad ascoltarli uno ad uno e direi decisamente che il loro imbarazzo stia scivolando via, piano piano.
«Sono Rob, ho quattordici anni e vengo da Londra. Mi piace molto suonare la chitarra.» Sorride.
Intanto, mi alzo e tiro fuori una bottiglietta d’acqua dalla mia borsa.
«E’ fantastica Londra, eh?» Gli chiede Harry. «La mia ex fidanzata ci si è trasferita e dice che è un bel posto.»
L’acqua mi va di traverso a quelle parole e comincio a tossire rumorosamente.
Ma a che gioco sta giocando?
Tutti quanti si girano nella mia direzione e mi osservano mentre riprendo posto accanto a Harry.
«Si è bella e poi dipende anche da dov’era abituata a vivere la tua ragazza. Per esempio, un newyorkese preferirebbe di sicuro New York.» Dice il ragazzino.
«Si, giusto.» Intervengo io, per far chiudere la bocca a Harry. «Per un italiano, Londra è sicuramente il paradiso, io ci vivo da qualche mese.»
Le guancie di Rob diventano leggermente rosse e annuisce.
Facciamo parlare tutti gli altri e finalmente arriviamo all’ultima ragazzina.
E’ bassina, esile, con un mare di capelli rossi e lentiggini.
«Io sono Kate, ho tredici anni e vengo da Liverpool. Mi piace… Mi piace molto cantare.»
Sorrido a vederla balbettare e parlare con la testa bassa, per la timidezza.
E’ tenerissima.
«Ciao Kate! Ti posso proporre uno scambio di capelli?» Le dico, scherzando.
Gli altri ridacchiano e lei sorride, anche mentre le guancie le si colorano di rosso e annuisce leggermente.
«Bene. Penso che ora tocchi a noi, Ems.» Dice più a sé stesso che a me. «Sono Harry, ho diciassette anni e sono di Napoli. La mia passione è il windsurf e nonostante io sia napoletano, ho un nome inglese perché mio nonno lo era.»
Se stessi per ingoiare altra acqua, probabilmente mi andrebbe di traverso un’altra volta a sentire la parola “windsurf”. Non posso far a meno di pensare a tutti gli allenamenti estivi di windsurf sulla nostra spiaggia.
Tutti quanti, a sentire quella parola, spalancano la bocca perché probabilmente non sono abituati al mare.
«Windsurf? Fico!» Commenta uno dei ragazzini.
«Oddio no, non fatelo cominciare a parlare o non la smetterà più. E’ ossessionato da questo sport da quando aveva qualcosa tipo… sette anni?» Gli chiedo conferma.
Lui ride accompagnato dagli altri e annuisce.
«Ma vi conoscete da tanto?» Interviene un biondino che sembra essere uno dei più piccoli e continua a ridere.
«Già. La conosco da quando era alta un metro e venti, chiatta e senza tette.» Dice, facendo spallucce.
Tutti scoppiano a ridere ed io gli do un leggero schiaffo sulla gamba.
«Lui era peggio, ve lo giuro!» Intervengo io.
Quando finiamo di scherzare e ridere, mi schiarisco la gola e parlo.
«Io sono Emily, ho diciassette anni e abito a Bari, una città ancora più a sud di questa. Mi piace molto scrivere.» Sorrido.


«Allora, dobbiamo decidere cosa fare fino a Domenica. Scriviamo le varie cose possibili e poi decidiamo i giorni.» Harry spezza un gesso a metà e me lo porge.
Io scendo dalla cattedra sulla quale sono seduta e lo affianco, davanti alla lavagna.
Cominciamo a scrivere.
Dopo una mezz’oretta, riusciamo ad organizzarci e non ci rimane che scegliere il luogo della gita di questa settimana.
«A me piacerebbe tanto andare al mare e provare a salire su una di quelle tavole da windsurf  di cui parlavi prima.» Dice un ragazzino, rivolto a Harry.
«Si, sarebbe bellissimo!» Esclamano gli altri.
Io e il riccio ci guardiamo spiazzati.
«Mi dispiace ma al mare del campus non ci sono tavole.» Faccio spallucce.
In quel momento Harry sembra avere un’illuminazione e si gira di scatto nella mia direzione.
«Tranne se andassimo in una spiaggia. Una dove c’è una scuola di windsurf che conosciamo così bene che ci farebbero fare un giro.» Mi dice.
Oh, merda.

 
Okay, è un'ora insolita per pubblicare ma le idee stanno, le cose scritte anche e devo solo trovare il tempo per pubblicare ahah.
In questi giorni, fino al 31, potrei pubblicare anche quattro capitoli al giorno perchè devo finire la fanfiction prima della partenza.
Spero vi piaccia,
-Marti

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Capitolo 6
*** That sucks! ***


"con quel nome da straniera,
da chi è sempre stata sola
e da un po' non deve più
perchè..."

6. That sucks!

«Non ho la più pallida idea di cosa gli passi per la testa, Gio!» Dico ad alta voce, furiosa, mentre apro l’armadio e comincio a gettare alla rinfusa tutti i vestiti per cercare quello che devo mettermi stasera, dato che è il compleanno di Rob ed alcuni suoi amici gli hanno organizzato una sorpresa, invitando anche me e Harry.
Sarà anche una buona occasione per conoscere i ragazzini al di fuori di tutte le attività, quindi conoscerli veramente. Ma anche un’orribile occasione per stare ulteriormente da sola con Harry.
«Devi darti una calmata, Ems, non ha fatto niente di che.» Ribatte lei.
Io mi volto di scatto e la fulmino con lo sguardo.
«Smettila di difenderlo, sempre!» Le urlo. «Non ha fatto altro che fare riferimenti a noi due per tutto il tempo. Prima il fatto di Londra e dell’ex che sarei io, ne vogliamo parlare di quanto sia ridicola la parola ex? Poi ha raccontato da quanto mi conosce e adesso vuole portare tutti i ragazzi a Torre Canne, il posto dove abbiamo passato tutte le fottutissime estati insieme, dove quel maledettissimo giorno l’ho conosciuto, dove quel maledettissimo giorno ci siamo baciati, dove quel maledettissimo giorno l’abbiamo fatto e dove mi sono fottuta l’intera adolescenza!» Parlo così veloce che mi manca il respiro e mi getto sul letto, facendo affogare il viso nel cuscino, esausta.
Sento Gio sospirare rumorosamente e mettersi al mio fianco, mentre mi accarezza lentamente i capelli.
«Lo so che è una situazione assurda, so anche che per te non è assolutamente facile. E dato che sta con Sarah non so quali siano gli intenti che ci sono dietro questo comportamento. Se proprio vuoi evitarlo il più possibile, cerca di stare di più con Zayn. Per esempio, fallo venire stasera con voi e aspetta che questi giorni passino.» Mi dice.
Io mi volto e annuisco.
Ha ragione.
Sono passati soltanto due giorni da quando sono cominciate le attività, quindi devo rimboccarmi le maniche per resistere fino a fine estate.


Quando io e Zayn arriviamo, la piccola festa di Rob è già iniziata e a quanto pare non è venuta soltanto a me l’idea di portarmi il fidanzato.
Harry e Sarah sono seduti su un divanetto mentre pomiciano animatamente. Per poco non mi sale la cena e mi obbligo a distogliere lo sguardo.
Faccio conoscere Zayn a Rob e insieme gli facciamo gli auguri.
Subito dopo raggiungiamo Harry e Sarah, ma io mi chiudo nel mio mutismo assoluto perché non ho intenzione di ricominciare a parlare di nuovo con Harry, dato che sono due giorni che sono fredda con lui.
Sa che odio quel tipo di comportamento, quindi se vorrà ricominciare a parlare normalmente con me, dovrà smetterla di fare battute su di noi con la consapevolezza di farmi sentire così.
Ed è proprio questo il problema: sa che ricordare mi fa male e nonostante questo, ne approfitta per fare battute a più non posso.
Mentre Sarah e Zayn parlano, io e Harry non stacchiamo gli occhi dal cellulare.
Lo faccio solo per qualche minuto, giusto per guardarmi intorno e noto Kate seduta su uno scalino, da sola mentre osserva da lontano Rob e gli altri.
«Torno subito.» Dico e mi incammino verso di lei.
Quando prendo posto al suo fianco, lei sussulta e si volta di scatto, per guardarmi.
Indossa un vestitino blu che le risalta i capelli e un paio di ballerine.
«Che ci fai qui da sola?» Le chiedo.
«Non sembrano aver bisogno di me.» Fa spallucce, continuando a guardare le altre ragazzine.
In quel momento mi rendo conto che Kate è diversa dal resto. Le altre, anche se leggermente, già si truccano e dal modo di vestire e atteggiarsi, sembrano più grandi.
Lei invece ha un’aria pura e innocente. Non dico che sembri più piccola, ma semplicemente dimostra i suoi quattordici anni giusti, con la sua timidezza e un velo di mascara.
«Non è vero. Più è numeroso un gruppo, più ci si diverte.» Le dico.
«Ma la mia presenza non è indispensabile. Sembrano avermi invitata solo perché facciamo parte dello stesso gruppo. E poi, guardale. Loro sono così belle, sembrano così grandi e simpatiche, fanno anche ridere. Io sono completamente sola, Emily. E a nessun ragazzo piacciono le ragazze sole, probabilmente neanche lo avrò mai un ragazzo.» Sospira. «Non so neanche perché ti sto dicendo tutto questo, è solo che mi trasmetti fiducia e poi, sei più grande, le capisci meglio queste cose.»
Mi rimangio tutto quello che ho pensato.
Si, certo, di aspetto fisico dimostra i suoi quattordici anni giusti ma dentro sembra essere più matura, intelligente.
La guardo e sorrido involontariamente, perché vedo la me di quattro anni fa con le stesse paura ed insicurezze che tutti i pre-adolescenti hanno.
«Kate, è tutto nella tua testa. E’ il modo di vedere le cose che ti fa sembrare così la situazione. Io sono sicura che se ti lasciassi conoscere, loro si affezionerebbero tanto a te. E’ solo questione di tempo, c’è chi si relaziona più facilmente e chi ha bisogno dei propri tempi. Tu con un po’ di impegno ti prenderai i tuoi tempi e vedrai.» D’istinto le stringo la mano e lei si volta, per guardarmi. Dalla sua espressione, penso che nessuno le abbia mai parlato così, perciò continuo.
«Se posso permettermi, sei una bellissima ragazzina e sei solo all’inizio, vedrai quanti ragazzi avrai!»
Lei arrossisce leggermente e fa spallucce.
«Non lo so. Alla mia età quasi tutti hanno dato il primo bacio. Vorrei essere una persona così, una ragazza estroversa e bella, come te per esempio. Vorrei conoscere un ragazzo, innamorarmi per la prima volta e vorrei che mi facesse sentire bella, speciale.» Continua.
Le sorrido.
«Credimi Kate, quello che stai dicendo lo capisco benissimo. Alla tua età ero molto timida e chiusa in me stessa. E quello del primo bacio è un classico! Lo aspettavo con impazienza e quando è arrivato, mi sono innamorata per la prima volta.» Lei mi guarda con occhi sognanti e d’istinto il mio sguardo cade su Harry che ha un braccio attorno alla spalla di Sarah.
«E poi? Com’è stato?» Mi incita.
«E’ stato bellissimo. Il ragazzo di cui mi sono innamorata la prima volta mi ha fatto sentire benissimo. Da lì è cambiato tutto, io sono cambiata. Anzi, non sono cambiata ma semplicemente ha tirato fuori la vera me e tutti quei lati di me stessa che erano soffocati dalle mie insicurezze. Quindi, ti assicuro che un giorno arriverà anche per te qualcuno che prenderà la tua vita e la sconvolgerà.» Le spiego, sperando davvero di farla sentire meglio.
«Che bello, Ems! Ed io che pensavo che il tuo fidanzato fosse Harry.» Ridacchia. «Poi l’ho visto con quella ragazza.»
Il mio battito cardiaco accelera a sentire quelle parole.
Cosa diamine dovrei dire, adesso?
«Invece stai con quel ragazzo di cui ti sei innamorata la prima volta, vero?» Insiste.
«Ah no, non sto più con quel ragazzo. Sai Kate, a volte l’amore non basta.» Faccio spallucce.
«Come no? Che cosa triste!» Mi chiede e dalla sua espressione sembra sconvolta.
«No. Quando ci baciammo per la prima volta era estate e avevo la tua età. Siamo stati insieme fino a prima che mi trasferissi a Londra.» Continuo.
«Oddio e come avete fatto?»
Sospiro e mi chiedo se sia veramente il caso di dirle la verità.
Probabilmente si.
«Quando ero in Italia, lui abitava a Napoli ed io a Bari. Passavamo l’estate insieme e abbiamo avuto la meglio sulla lontananza, fin quando non si è trasformata in una distanza da parti diverse del continente. Ci lasciammo.»
«E non vi vedete più da quel giorno?» Negli occhi di Kate leggo pura delusione e mi dispiace rovinarle l’idea dell’amore perfetto, ma forse è meglio che venga a contatto con la realtà.
«No. Abbiamo perso i contatti da quel giorno, fin quando sono venuta qui e per puro caso, ci siamo rivisti dopo quasi un anno.»
I suoi occhi si illuminano e si alza di scatto, facendo un salto.
«Ma è magnifico! Vi siete rimessi insieme?» Dice, guardandomi e inginocchiandosi davanti a me.
«Eh no, perché ha un’altra ragazza. E vedi quello lì? Quello è il mio nuovo fidanzato.» Faccio un cenno con la testa, verso Zayn.
Kate rimane ad osservare quei tre per un minuto e cala il silenzio.
«Era Harry. Non è vero?» Mi chiede.
Annuisco semplicemente, senza dir nulla.
«Sapevo che ci fosse qualcosa. Lo sentivo e penso che lo sentano tutti perché boh, è il modo in cui vi guardate.» E questa volta è lei a stringermi la mano.
Le sorrido.
«Ehi ma, sono qui per consolarti, non per essere consolata!» Scherzo. «Perciò, sei triste per quei motivi generali o c’è qualcos’altro in particolare?»
Lei fa spallucce e sposta lo sguardo su Rob e gli altri che lo circondano.
«Beh.. penso..» Balbetta.
«Si?» La incito.
«Penso che mi piaccia Rob, un pochino. Ma non lo conosco bene, perciò..»
La interrompo.
«E sei ancora qui, Kate? Vai a prenderti ciò che vuoi!» Esclamo.
L’afferro per il gomito e la faccio alzare, dietro di me e con una scusa mi avvicino ai ragazzini.
C’è un solo posto libero nel quale faccio sedere la rossa, mentre chiedo agli altri come sta andando la festa e domande disinvolte del genere.
«Emily, a che ora ci dobbiamo svegliare domani?» Mi chiede uno dei tanti, che secondo la mia debole memoria dovrebbe chiamarsi Mark.
O Eric.
Ok no, forse Eric è il biondo.
«Per colazione, no? Come sempre.» Rispondo.
«Ma Harry ci ha detto che dobbiamo svegliarci presto perché ci aspetta il pullman per la gita.» Interviene Rob.
Sgrano gli occhi.
Gita? Hanno approvato quella gita?
«Gita?» Tento di abbassare la voce e cancellare gli occhi da esaltata mentale dalla mia faccia, ma quello che mi esce è un tono stridulo simile ad un delfino che sta partorendo.
«Si! Al mare! Torre.. Torre.. Come si chiamava?»
Non riesco a scorgere chi dice il nome corretto del posto, perché sono già di spalle che attraverso la veranda e ritorno dagli altri.
Ritrovo Zayn chino sul telefono per l’imbarazzo e Sarah e Harry che si baciano sul divanetto di fronte, come se non ci fosse un domani.
Il mio stomaco si attorciglia così tanto che devo reprimere il forte desiderio di strappare quei capelli biondi, lisci, lucenti e così perfetti uno ad uno, magari con la pinzetta per le sopracciglia.
Ma da quando non si fa problemi a fare cose del genere davanti a tutti?
«Quando finirete di mangiarvi la faccia, fatemi uno squillo.» Il mio tono duro non può far almeno di uscire.
«Qual è il tuo problema?» Dice Sarah, staccandosi e..
Sta veramente giocherellando con i suoi capelli?
Lei?
Lei.
«Il mio problema è il fatto che il tuo fidanzato è così impegnato a quasi-scoparti davanti a un gruppo di tredicenni, che si è dimenticato di avvisarmi che domani mattina abbiamo una gita.» Sbraito, più rivolta a Harry che alla bionda.
In questo momento vorrei essere una persona menefreghista, ma la realtà è che sono fottutamente gelosa e rispetto al fatto che io non sia stata avvisata prima, è più questa la causa delle mie parole scorbutiche.
«Okay, Emily, ma calmati!» Ribatte lui.
Odio quando mi chiama con il mio nome per intero.
«Alle sette dobbiamo essere tutti in Reception. Prendiamo il pullman e per le dieci dovremmo arrivare lì. Pranziamo al Bar della spiaggia e alle dieci di sera il pullman ci verrà a prendere dalla rotonda vicino al paese. Contenta adesso?» Dice parlando velocemente e gesticolando. Non mi da neanche il tempo di ribattere che si volta verso Sarah e ricomincia a fare quel che stava facendo prima che li interrompessi.
Che schifo.
Mi volto verso Zayn.
«Andiamo da Lou e gli altri.» Lo afferro per il braccio e lo trascino lontano da lì.

Buongiorno :)
Non spaventatevi ma oggi potrei arrivare a pubblicarne anche altri due di capitoli, dato che mancano solo quattro giorni e fra stasera e domani non ci sono ahah
Grazie ancora per le recensioni, i seguiti e i preferiti e mi dispiace se sono così irregolare a pubblicare, sto facendo il possibile.
Un bacio,
-Marti

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Capitolo 7
*** Sleep with me. ***


"...tu sei lei,
fra così tanta gente.
Tu sei lei 
e lo sei stata sempre."

 
7. Sleep with me.

Grazie al cielo, in tutti i sensi, oggi il tempo è così brutto che la nostra gita è stata rimandata; rimpiango solo il fatto di essermi svegliata così presto.
Ne approfitto per buttarmi sul letto di Gio verso l’ora della colazione, facendola sussultare e subendomi tutte le sue bestemmie.
Oggi passeremo tutta la giornata insieme, anche perché abbiamo due ore dello stesso corso e stasera c’è una festa nella discoteca del campus, alla quale parteciperemo solo noi fra i sedici ed i diciassette anni.
Quando finalmente finisce di sistemarsi, scendiamo e ci sediamo al tavolo insieme agli altri, che saluto con un buongiorno generale.
«Pronti per stasera?» Chiede Lou, che quando si tratta di feste, è sempre il primo.
Io annuisco e gli altri cominciano a parlarne, entusiasti.
«Che mettete?» Domando rivolta alle ragazze, ovviamente.
E loro cominciano con le infinite descrizioni, mentre io non ho ancora la più pallida idea di cosa indossare.
«Io non so ancora.» Interviene Sarah, aggiustandosi una ciocca di capelli.
Ma chi te l’ha chiesto?
«Farò scegliere a Harry quel che preferisce. Vero tesoro?» Gli stampa un bacio sulla guancia, mentre lui rimane impassibile e continua a parlare con gli altri.
Io sto per scoppiare a ridere con le altre, perciò improvviso una tosse e cerco di non guardarle, per evitare di ri-scoppiare.

Sono una persona che si diverte non appena si presenta l'occasione per farlo, ma sinceramente, con tutto quello che sta succedendo non sono proprio in vena di una festa.
Così, controvoglia, apro l'armadio e tiro fuori un vestito corto e turchese, che aderisce al corpo e ha delle pieghe all'altezza della vita. Sciolgo il solito chignon e i miei capelli ondulati mi ricadono sulla schiena e decido di lasciarli al naturale, portando qualche ciocca davanti che arriva all'altezza dell'ombelico come al solito; se c'è una cosa che non è cambiata in me con gli anni, è l'ossessione per i capelli lunghi causata da mia madre che, all'età di nove anni, me li fece accorciare a mo' di caschetto e ne rimasi traumatizzata.
Mi trucco in modo veloce e leggero, perché d'estate, con l'abbronzatura, faccio sempre così. L'unica cosa che aggiungo in più, è un filo sottile di eye-liner sulla parte superiore degli occhi.
«Ems, hai visto il mio... cazzo!»  Giorgia esce dal bagno e appena mi vede, si blocca. «Sei stupenda.» Mi sorride.
«Anche tu.» Rispondo ed è vero. Porta un vestito corto come il mio e bordeaux, colore che le ha sempre donato, e sotto un paio di tacchi neri.
«Mi sa che stasera Harry avrà altro da guardare. Altro che Sarah!» Dice mentre cerca qualcosa nel borsello dei trucchi.
«Ma no! Guarderà Sarah-amorino perché le sceglierà il vestito che preferisce.» Dico imitando la voce della bionda e la sua risata fastidiosa.
Quando Gio comincia a ridere, però, la mia imitazione di quella risata si trasforma in una risata vera e andiamo avanti così fin quando non usciamo per raggiungere gli altri.
 Ci siamo dati appuntamento all'entrata della discoteca e per colpa di Giorgia, come al solito, siamo in ritardo. Così, ci affrettiamo a percorrere il giardino anche se fra gli sguardi di tutti e con questi tacchi non è molto facile.
«Stiamo per essere stuprate fra tre, due, uno...» Dice Gio, riferendoci agli sguardi dei passanti curiosi.
«Non credo che qualcuno avrebbe mai il coraggio di provare a farti del male con quei tacchi, incutono paura. O forse sei tu. Beh, chiunque ti conosce non ci proverebbe per la propria sicurezza.» Ribatto e scoppiamo a ridere entrambe.
Come previsto, quando arriviamo a destinazione, sono già tutti lì ad aspettarci. «Bellissima, più del solito.» Mi saluta Louis.
«Stai forse dicendo che non lo sono, in generale?» Scherzo.
«Ho detto "più del solito".» Ride e mi da un bacio sulla fronte.
Zayn, invece, mi afferra la mano e tira leggermente verso di sé, per stamparmi un delicato bacio sulle labbra.
«Stupenda.» Sussurra.
«Grazie.» Gli sorrido.
Quando faccio il giro per salutare tutti gli altri, i miei occhi si posano su quelli di Harry che è come se stessero facendo una perquisizione a tutto il mio corpo. Se si trattasse di qualcun altro, perfino Zayn, mi sentirei a disagio ma è di Harry che stiamo parlando.
Lui si è vestito in modo semplice. Bermuda di jeans ed una polo bianca; mi è sempre piaciuto vederlo con le magliette bianche. È fottutamente bello.
Dopo meno di cinque minuti, Zayn mi prende per mano e decidiamo di entrare tutti quanti.
Lì dentro, l'atmosfera è del tutto diversa: la musica è così forte che non si sente altro, è tutto buio a parte i fari luminosi e c'è chi balla e chi beve, accalcato nella folla per il bancone degli alcolici.
Non ho neanche il tempo di finire di guardarmi intorno, perché Eleonora mi afferra dal polso e girandomi verso di lei, vedo Ilaria, Alessia, Louis e Giorgia che mi trascinano al centro della pista.
«Ai vecchi tempi!» Urla Ila e cominciamo a ballare tutti e sei, come se non ci fosse un domani ed è così che voglio sentirmi stasera e volentieri per il resto dei miei giorni: come se non ci fosse un domani.
Poco a poco ci raggiungono tutti gli altri e non posso far a meno di notare che gli unici che non riesco a vedere, sono Sarah e Harry ma almeno per stasera, non voglio pensarci. Quando comincio a sudare, decido di prendermi una pausa e trascino Zayn sulla veranda, al di fuori del locale.
«Pausa.» Dico con il fiatone e lui ride. «È una serata fantastica.» Continuo.
Lui sorride. «Amo vederti così felice.»
Mi bacia e rimaniamo così avvinghiati per almeno dieci minuti, fin quando sento qualcuno tossire di proposito. Ci stacchiamo e scorgo Harry rientrare a gran passi.
Ben gli sta.
«Andiamo?» Dico, prendendo il moro per mano che annuisce e mi riaccompagna dentro, ricominciando a ballare fino a perdere di nuovo il fiato e consumarci i piedi.

C'è così tanta gente in pista che ormai sono passate più di due ore ed io e le ragazze abbiamo perso di vista gli altri, il che non ci dispiace dato che ci stiamo divertendo davvero tanto. Quando però i miei piedi non ce la fanno più, decido di prendere una boccata d'aria e di ritornare in veranda.
Mi siedo su un divanetto e tolgo le scarpe, posandole per terra.
 «Si, d'accordo, taci, ora vediamo se è qui fuori.» La voce di Louis che non sembra molto tranquillo.
«Ho detto di portarmi da Emily. E mi ly.» Harry, con una voce strana, come una cantilena, come i bambini quando si lamentano.
Ma quando mi volto, sgrano gli occhi e ne capisco il motivo.
Louis ha le mani appoggiate sulle sue spalle e lo guida verso di me. Le condizioni del riccio, invece, sono pessime. Ha alcuni riccioli incollati sulla fronte per il sudore, le guance rosse e gli occhi lucidi e semichiusi. Barcolla e non riesce neanche a stare dritto con la schiena e come se non bastasse, si capisce solo la metà di quello che farfuglia.
«Oh santo cielo!» Esclamo.
«Occupatene tu, ha insisto per trovarti. Io devo andare a recuperare Ele che è in condizioni peggiori, se possibile.» Mi spiega Louis, mentre fa sedere Harry sul divanetto di fronte al mio e ritorna dentro.
Guardo l'orologio, sono quasi le tre del mattino.
«Emily! Emily!» Esclama Harry, interrotto da alcuni colpi di tosse. «Vieni a fare un giro in tavola con me» Ride.
Oh, mamma mia, quanto sta fatto.
Mi alzo e lo raggiungo, sedendomi accanto a lui.
«Ascoltami: non c'è nessuna tavola. Siamo al campus, ricordi? E tu sei completamente ubriaco.» Dico, parlando lentamente.
Un'altra risata seguita da tosse.
 «Si beve per... per dimenticare. Le... le persone tristi lo fanno e... ed io sono una persona triste.» Balbetta e all'improvviso comincia a piangere e lamentarsi, senza farmi capire nulla.
Io sgrano gli occhi; è assurdo vederlo in quello stato.
«Calmati. Adesso ti riporto in stanza e ti dai una sciacquata.» Lo prendo dal braccio e lo tiro, per farlo alzare.
«A me... non interessa! Io...io voglio solo... solo che non stai con... con quel coso così alto e perfetto. Tu devi... devi stare con m...» Ma il resto della sua frase finisce insieme al conato di vomito che butta giù fino al prato. Quando finisce, lo afferro ancora più forte e mi affretto a raggiungere la sua stanza.
 Una volta arrivati, infilo le dita nella tasca posteriore dei suoi jeans e tiro fuori le chiavi.
Lo porto fin dentro il bagno, gli sfilo la maglietta e i jeans, ignorando i suoi commenti poco decenti, e lo spingo sotto la doccia, ancora con i boxer addosso.
Apro il rubinetto dell'acqua e la metto assolutamente ghiacciata, mentre lui sussulta al contatto freddo con la sua pelle accaldata.
 Lascio la doccia aperta e continuo a puntargli addosso l'acqua fresca, aspettando che l'odore di alcool vada via.
Lui, però, continua a farfugliare cose senza senso.
«Promettimi... dimmi che... che lascerai... quello e starai con me.» E ricomincia di nuovo a piangere e lamentarsi a gran voce.
Così gli spruzzo tutta l'acqua in faccia, perché non riesco più a sopportare di vederlo in quelle condizioni. È debole, fottutamente fragile, lo è sempre stato e riesce sempre ad accumulare così tanto fino ad arrivare a queste situazioni.
Quando chiudo il rubinetto della doccia, gli passo un asciugamano e lo faccio sedere ancora avvolto a quest'ultimo, sulla tavoletta del water, mentre gli asciugo i capelli. Una volta finito, lo faccio stendere sul suo letto e gli rimbocco le lenzuola fresche.
«Dormi con me.» Mi dice, affermandomi il braccio.
«No. Sei solo ubriaco, non sai quel che dici.» Mi allontano dalla presa.
«Voglio solo tenerti abbracciata, mentre mi addormento.»
Sorrido. Si, è decisamente ubriaco e mi chiedo se sia vero il fatto che una persona ubriaca sia sincera.
Apro il suo armadio e prendo una delle solite magliette che mi arrivano al di sopra delle ginocchia. In bagno, mi cambio e quando torno, lo vedo che si è spostato al bordo del letto, per farmi spazio.
Mi stendo sotto le lenzuola, dandogli le spalle e facendo aderire la mia schiena al suo petto. Il suo braccio mi stringe da dietro ed io poso la mia mano sulla sua, mentre lui accuccia la sua testa fra i miei capelli e la mia nuca, sulla quale sento il suo respiro profondo e regolare.
«L'odore dei tuoi capelli.» Sussurra.
«Me lo dici ogni volta.» Sorrido involontariamente, anche se lui non può vedermi.
Probabilmente è un paradosso, ma è la prima notte nel campus che passo con un sonno tranquillo, senza ansia, preoccupazioni o incubi.

 
Buonasera :)
Okay, non so che dire perchè le cose sono sempre quelle ahahah
Comunque stasera/stanotte penso di finire di scrivere la fanfiction, saranno tipo 12 o 13 capitoli.
Quindi domani arriveranno capitoli a raffica dato che giovedì parto.
Un bacio,
-Marti

 

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Capitolo 8
*** What the hell happened last night? ***


"E quegli occhi li conosco
e li ho visto spesso nudi
ma non si vedeva mai la fine."
 
8. What the hell happenend last night?

Un fastidioso raggio di sole entra dalla finestra, mi inonda il viso e comincia a svegliarmi.
La prima cosa che sento è il respiro regolare e caldo di Harry, che mi scompiglia i capelli dietro l’orecchio.
Apro gli occhi lentamente e vedo la sua mano sul mio ventre e il suo braccio ancora attorno al mio corpo.
Mi giro dalla sua parte e con quel movimento, lo sveglio proprio quando ci ritroviamo faccia a faccia, con le gambe ancora incrociate.
Lui apre gli occhi, posandoli sui miei.
In quell’istante, le sue labbra si curvano leggermente in un sorriso e non posso provare altro che tenerezza vedendolo con la faccia assonnata e i ricci disordinati.
«Buongiorno.» Sussurra, con la voce impastata dal sonno.
Quando i suoi occhi scivolano sulla sua maglietta che indosso, sembra sussultare.
«Che è successo?» Chiede.
Io mi giro di pancia sotto e sollevo la testa e parte del busto, sorreggendomi sui gomiti.
«Se è un modo carino per chiedermi se l’abbiamo fatto, la risposta è no.» Gli rispondo. «Ma mi hai chiesto solo di tenerti compagnia.»
A quel punto mi alzo evitando il suo sguardo e prendo a lisciarmi la maglietta stropicciata, con le mani.
Noto che è arrossito e devo mordermi le labbra per ricacciare indietro un sorriso.
Imbarazzato si alza e si dirige verso il bagno, ma lo vedo fermarsi di colpo davanti alla doccia e guardarla con occhi sbarrati.
«Mi hai dovuto davvero buttare lì dentro, ancora mezzo vestito?» Probabilmente la vista della doccia gli avrà fatto ricordare qualcosa. «Ero così fuori controllo?»
Io non riesco a trattenermi e rido.
«Già.»
Mentre è in bagno, invio un messaggio a Giorgia dove le chiedo di portarmi un pantaloncino, una maglia, le Converse e lo spazzolino, dato che non posso di certo uscire dalla stanza di Harry in queste condizioni.
Dopo una decina di minuti, il riccio esce fuori dal bagno e sembra avere un’aria preoccupata.
«Ems, cos’altro ho combinato?» Mi chiede.
Eh.
«Intendi a parte vomitare nel giardino?» Rido.
«Dai smettila!» Ride anche lui e mi lancia l’asciugamano appresso.
Ritorno seria quando penso a quello che dovrei dirgli.
«Hai pianto, un bel po’. E mi chiedevi di smetterla di stare con Zayn.» Dico, osservando i miei piedi nudi che aderiscono al pavimento.
Lui rimane immobilizzato davanti alla porta.
«Scusami, ero.. ero fuori controllo, lo sai. Non intendevo…» Comincia imbarazzato.
«E’ una cosa che farò.» Lo fermo.
«Cosa?» Mi fa eco.
«Lasciare Zayn.» Non sono una persona da decisioni affrettate ma è inevitabile che qui stia succedendo qualcosa e non mi va di prenderlo in giro.
«Perché?»
Sbuffo e in quel momento sollevo lo sguardo, posandolo su di lui.
«Senti, è inevitabile. Io provo ancora delle cose per te e non mi va di prendere per il culo sia lui che me stessa.» Ho il battito accelerato. «E non ti sto dicendo tutto questo perché voglio che tu ora mi baci, promettendomi che staremo insieme e blablabla com’è successo tante altre volte, è solo una cosa mia personale che mi passerà una volta finita l’estate.» Appena finito di parlare, non gli do il tempo di ribattere perché mi chiudo in bagno per sistemarmi.


Sono le nove e ho appena finito di infilarmi le robe che Giorgia mi ha portato.
Esco dal bagno e mi siedo sul letto per indossare le Converse, mentre fingo di ignorare l’esistenza di Harry, dopo quello che gli ho detto.
Appena metto la mano sulla maniglia della porta per andarmene, sento la sua voce e mi fermo.
«Emily… Anche se ero completamente ubriaco, non mentivo.» Sospira. «E anche io parlerò con Sarah, oggi stesso. Ti prometto che stasera ne discutiamo.»
Mi volto e gli rivolgo un sorriso sincero, perché ciò che ha detto l’ho apprezzato molto, dato che conoscendolo, so che è una persona che trova difficile esternare i propri sentimenti.

Mi richiudo la porta alle mie spalle ancora con il sorriso stampato in faccia, ma quando mi volto per guardare Gio che mi sta aspettando, la mia espressione cambia perché lei ha lo stesso viso di quando è preoccupata.
Mi giro verso la mia sinistra e vedo Zayn appoggiato al muro, a braccia conserte con un’aria che non gli ho visto mai: è arrabbiato.
Anzi, che dico, sembra del tutto incazzato.
«Giuro che può sembrare che sia andata in quel modo, ma ti assicuro che non è così.» Mi affretto a dire, gesticolando.
«Dobbiamo parlare.» Dice con tono duro e si volta, camminando così veloce che mi affatico per tenergli il passo.
Gio mi da una pacca sulla spalla e prende l’ascensore, mentre io corro sulle scale per stare dietro al moro.
Arriviamo davanti alla sua stanza e apre la porta, facendomi entrare. Dopo di ciò, se la sbatte dietro alle spalle e mi fa sedere sul suo letto, mentre rimane in piedi davanti a me, a braccia conserte.
Io deglutisco mentre il battito cardiaco accelera manco stessi per dare l’esame di maturità.
«Giuro che non è successo nulla di ciò che pensi. Non sono quel tipo di persona, lo sai.» Dico.
«Ah si? E allora come dovrei reagire sapendo che la mia ragazza dorme nella stanza di un ragazzo che non è il suo, senza nemmeno avvisarmi?» Sbraita.
Ha ragione, perché mettendomi nei suoi panni, anche io sarei furiosa.
Prendo un lungo respiro.
«Zayn, io e Harry siamo amici…» Amici? «…da quando avevo sette o otto anni. Ieri sera era del tutto ubriaco e ho dovuto dormire lì per assicurarmi che non facesse niente di pericoloso o strano o che si sentisse ancora più male.» Spiego velocemente.
«Si Emily, ma lui la ragazza ce l’ha. E’ quel tipo di cosa che dovrebbe fare Sarah!» Ribatte.
«Lo so, lo so. Fai benissimo ad essere arrabbiato, lo capisco. Però, mettiti nei miei panni: in quel momento Sarah non c’era e lui non faceva altro che vomitare. Avrei dovuto aiutarlo in qualche modo.» Mi giustifico.
Però, all’improvviso, mi sento in colpa. Mi sento come se fossi una quattordicenne persa, alla presa con le sue prime relazioni perché nel mio piccolo, so di dovergli dire la verità.
Lui sospira e si lascia cadere al mio fianco, sul letto come se si sentisse stanco.
Divento paranoica. Ho paura che senta l’odore di Harry sulla mia pelle, proprio come lo sento io in questo momento.
«D’accordo, scusami. E’ che ultimamente abbiamo distrazioni e non passiamo molto tempo insieme.» Dice, posandomi una mano sulla gamba e guardandomi con quegli occhi profondi e del tutto sinceri.
E il senso di colpa cresce, ancora.
«Devo dirti delle cose.»
E questa volta sono io ad alzarmi in piedi, di fronte a lui che in quel momento si irrigidisce.
«Ti ricordi tutte quelle volte all’inizio, mentre parlavamo di quel ragazzo con cui sono stata per così tanto tempo e con cui sono successe tutte quelle cose?»
Lui annuisce.
E io cerco di respirare profondamente, anche se non mi riesce granché.
«E’ Harry.» Butto fuori tutta l’aria.
Lui spalanca gli occhi ma sembra trattenere la rabbia, perché sa quanto sia delicato questo argomento.
«Perché non me l’hai detto?»
Mi siedo accanto a lui.
«Perché non sapevo neanche che fosse qui! Quando l’ho rivisto, ho avuto un colpo e in tutti i sensi dato che sono finita in infermeria. E non te l’ho detto perché pensavo che ormai avendo te, lui non mi avrebbe fatto nessun effetto, che me ne sarebbe importato poco.» Parlo lentamente, come se volessi scandire bene le parole.
«E invece non è stato così.» Mi fa eco lui.
In quel momento, sollevo lo sguardo sui suoi occhi.
«Zayn io…» Comincio ma mi ferma.
«Tu sei venuta qui, ti ho accompagnata per renderti felice. Sono qui solo ed esclusivamente per te, credi che me ne freghi qualcosa di migliorare le altre lingue? Come se non bastasse la scuola! Un viaggio da una parte del continente all’altra e ora tu mi vieni a dire questo?» Nonostante la situazione, il suo tono è basso, lento ma carico di delusione: la cosa peggiore.
«Vorrei che…» Ritento di parlare, ma fallisco anche questa volta.
«Ti prego, non mi dire altro. Vattene e basta.» Ripete.
«Ma almeno ascoltami!» Alzo la voce ed è come se mi sentisse in questo momento per davvero, da quando siamo entrati nella stanza. «Tu sei quel tipo di fidanzato perfetto che ogni ragazza vorrebbe avere e non lo dico solo come la classica frase banale che si dice nei film, lo dico perché lo penso davvero. In questi mesi, mi hai dato tanto e mi hai fatta uscire da un brutto periodo facendo il possibile. Ma il destino ha voluto che la causa principale di quel motivo, ritornasse nella mia vita e tutte le certezze che avevamo costruito insieme, sono andate a puttane. Sai che è qualcosa che non riesco a controllare. Zayn, è che se sapessi cosa fare per seppellire ciò che provo per Harry, lo farei volentieri ma non è possibile.» Gli dico, tutto d’un fiato.
Non so perché, ma questa situazione mi fa venire gli occhi lucidi. E’ che mi sento come se fossi un’approfittatrice, una che va a convenienza e mi ritrovo a chiedermi come sia possibile il fatto che io mi debba trovare in situazioni del genere per colpa di Harry.
«Perfetto. Ora vai.» Dice lui, con lo stesso tono calmo e tenendo lo sguardo sulle sue scarpe.

Respiro profondamente per trattenere le lacrime.
Le trattengo mentre scendo le scale, mentre esco dall’edificio e anche quando attraverso il giardino e mi dirigo verso il tavolo dove tutti gli altri stanno facendo colazione.
Ho bisogno di una cosa sola ora: Giorgia.
Mentre li raggiungo, lei è seduta di spalle rispetto alla mia posizione e gli altri sollevano lo sguardo su di me senza dire nulla a causa della mia espressione, suppongo.
Con gli occhi lucidi e il mento tremante, poggio una mano sulla spalla di Gio e lei si gira.
Mi guarda e si alza di scatto, portandomi via da lì.
Ci fermiamo verso la fine del giardino dove non c’è nessuno e in quel momento, scoppio a piangere.
Mi abbraccia forte, come solo lei sa fare e comincio a raccontarle tutto solo quando mi sono calmata e ci siamo sedute ai piedi di un albero lì vicino.
«Mi sento anche stupida.» Aggiungo, dopo aver finito il mio racconto. «Perché ci sono cascata di nuovo, come una cretina. Non doveva andare così e mi sento terribilmente in colpa.»
Lei sospira e so che sta per arrivare un discorso.
«Non sei stupida, è semplicemente una cosa che non sai controllare o gestire. Emily, so che probabilmente ciò che ti sto per dire ti farà venire voglia di mandarmi a cagare, ma devi ascoltarmi.»
Annuisco.
«Potrà essere anche l’ennesima volta questa, lo so benissimo, ma provaci. Io lo vedo il modo in cui vi guardate, è una cosa più grande di voi. Devi seguire il tuo istinto. Vai da lui e provaci.»
Io rimango in silenzio per qualche istante.
«Stamattina gli ho detto che avrei parlato con Zayn. E lui ha detto che avrebbe fatto lo stesso con Sarah, oggi stesso.» Le dico.
«E allora è fatta!» Esclama. «Emily, è estate, devi divertiti. Fai ciò che ti senti di fare, quel che sarà si vedrà dopo.» Mi sorride.

Buonasera/buonanotte a tutti ahahah
Ho finito di scrivere la fanfiction stasera stessa e siccome domani parto, adesso pubblicherò tutti i restanti capitoli.
Perciò lascio vuoto l'angolo autrice fino all'epilogo, dove scriverò anche qui sotto.
-Marti

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Capitolo 9
*** Naples ***


"Il tuo cuore accelerato,
le pupille dilatate
e non mi restituisci il cuore."

 
9. Naples. 

Stasera mi sento davvero stanchissima.
Abbiamo portato i ragazzini tutto il pomeriggio in piscina e ora siamo nella nostra aula ad organizzarci per domani, che faremo una gita in giro per Napoli.
Ci prendiamo un pausa ed io e Harry ci mettiamo in disparte, in un angolo della stanza.
«E’ vero che tu e Zayn vi siete lasciati?» Mi chiede, all’improvviso.
Io sollevo lo sguardo su di lui e annuisco.
«Io non sono ancora riuscito a parlare con Sarah, ma voglio farlo al più presto.» Esita un attimo. «Sappiamo entrambi cosa sta succedendo, Emily.» Butta lì.
Io sorrido e guardo l’ora del cellulare. Afferro la borsa e mi alzo dalla sedia, per avviarmi verso la porta.
«Già. Ci risiamo, ancora.» Rido leggermente.
«E ancora.» Mi fa eco lui, con la mia stessa espressione.
E me ne vado, chiudendomi la porta alle spalle.

Dopo aver passato una mattinata nel centro storico di Napoli, ci stiamo avviando verso una delle pizzerie vicine perché Harry ci ha praticamente imposto di mangiare la pizza a pranzo.
Sto per dargli qualcosa in testa e fargli perdere i sensi, perché sono quattro ore che parla e parla, senza sosta e ci stordisce; non sembra neanche rendersene conto dato che è così preso a commentare ogni metro quadrato della sua città.
«Sono affamata.» Mi lamento, appena mi siedo di fronte a lui; ci siamo messi comunque nello stesso tavolo di tutti i ragazzini.
Lui sembra sentirmi a malapena.
«State per mangiare la pizza per la prima volta in vita vostra. Questa è la vera pizza.» Dice rivolto agli altri.
«Cazzate! Anche a Bari è buona.» Intervengo io.
Lui mi guarda come se avessi bestemmiato.
«Ma se ogni estate peniamo per la vostra pizza! E’ molliccia, sottile e la mozzarella fa schifo.» Ribatte.  
«Sei fissato. Dici la stessa cosa, da sempre.» Rido ancora e lo fa pure lui.
«Ma anche tu difendi le specialità della tua città, come il mare.» Si giustifica.
I camerieri ci portano le pizze, ma siamo così presi da discutere che non ci accorgiamo dei ragazzini che ci guardano in silenzio.
«E mi pare ovvio! Dove altro lo vuoi trovare così bello?»
«Qui non è male.»
«Scherzi? E’ sporchissimo.»
«Ma cazzo dici? Non ovunque.»
«Ma cazzo dici tu?»
«Smettila.»
«Anche tu.»
Un colpo di tosse ci distrae e ci giriamo verso gli altri che ci fissano in silenzio.
Questione di un istante perché scoppiamo tutti a ridere prima di cominciare a mangiare.
«Sei il solito, Styles.»
«Anche tu non cambi mai, Cooper.»
E mi sorride, quel fottutissimo sorriso che mi frega, sempre.

Con la pancia piena e i piedi meno doloranti, ci dirigiamo verso Spaccanapoli anche se i Quartieri Spagnoli ovviamente non mi sono mai piaciuti, ma credo che non si possa visitare Napoli senza passare appunto da Spaccanapoli.
Camminare in queste strade, sembra come tornare indietro nel tempo di millenni e millenni, come se qui avessero premuto “pausa” da tanto tempo ormai.
Fra una chiacchiera e l’altra, io e Harry passeggiamo insieme tutto il tempo e mi sembra essere tornata ai vecchi tempi; mi accorgo che prima dei baci, degli abbracci o qualsiasi altro gesto di affetto, mi è mancato lui proprio come persona, con i suoi modi di fare e il suo accento napoletano.
Mentre rimaniamo un po’ dietro rispetto agli altri, ad un certo punto il suo viso si illumina come se mi stesse per dire una cosa di vitale importanza.
«Mi sono dimenticato di dirti che ho finalmente imparato a fischiare con due dita!» Esclama tutto esaltato.
Io mi copro la fronte con una mano; perché è così coglione?
Ha passato anni a provare a fischiare con due dita, sputacchiando ovunque ed era una cosa snervante.
«Oddio no.» Rido quando lo vedo infilarsi le dita ai lati della bocca e fischiare.
Il rumore è forte e tutti si girano verso di noi.
In quell’istante lui ricaccia le braccia in giù con aria disinvolta, come se non avesse fatto nulla ed io trattengo il fiato per non ridere, mentre la gente si guarda intorno confusa.
Quando si rigirano, scoppiamo a ridere e sta per rifarlo, quando gli tiro il braccio e il suono non esce, sostituito da un pizzico della sua saliva che va a finire sulla guancia di un passante, involontariamente.
Harry impallidisce.
«Uh marò, mi scusi!» Dice con il suo accento, portandosi una mano alla bocca.
La signora lo guarda male e va via, pulendosi la guancia con il dorso della mano.
Io non ce la faccio più e scoppio in una delle mie risate rumorose da perdere il fiato, coinvolgendo anche lui che ogni volta che ride così tanto, diventa tutto rosso.
In questo momento, mi viene in mente una frase che dice sempre Alessia:
“Dicono che la risata sia uno sfogo del corpo quando non si riesce più a trattenere dentro la contentezza.”
E adesso posso assicurare che sia così. Mi sento davvero felice.

Sono le dieci di sera e l’autobus si ferma finalmente davanti al campus.
Siamo tutti quanti a pezzi per quanto abbiamo camminato, per non parlare del caldo!
Quasi striscio i piedi nel vialetto principale al fianco di Harry, mentre salutiamo gli altri che ritornano nelle loro stanze.
Rimaniamo io ed il riccio da soli, quando sento il rumore di un paio di tacchi che vengono nella nostra direzione a passo veloce.
Sollevo lo sguardo e vedo la chioma bionda e lucente di Sarah, svolazzare a destra e sinistra ma ha un’espressione furiosa, mai vista in questo stato.
Si avvicina a noi due e si ferma di colpo, fissando prima me e poi lui.
Lo guarda negli occhi e all’improvviso, gli sferra uno schiaffo sulla guancia talmente forte che il viso di Harry si volta per l’urto.
Io sgrano gli occhi e non ho la capacità di dire o fare niente, sono semplicemente immobilizzata.
La osservo riandarsene nella direzione in cui è venuta, con aria soddisfatta.
Mi volto verso Harry che ha la bocca spalancata e la mano sulla guancia.
«Credo che Zayn le abbia detto qualcosa.» Dico.
«Concordo.» Mi fa eco, massaggiandosi la guancia.

Proprio come ieri notte, ci ritroviamo chiusi in un bagno e lui è seduto ancora sul water, solo che questa volta gli strofino del giacchio sulla guancia.
«Probabilmente uscirà un livido.» Dico e all’improvviso, non so perché, ma mi viene da ridere.
Rimaniamo un po’ in silenzio, fin quando lui non lo interrompe dopo qualche minuto.
«Grazie.» Sospira.
Io lo guardo con aria interrogativa, mentre tolgo il ghiaccio e mi appoggio al bidet accanto al water.
Ma che bei posti in cui sedersi, oh.
«Per tutto quello che hai fatto fra ieri e oggi, specialmente ieri.» Si spiega.
Sorrido.
«Non devi ringraziarmi.» Gli rispondo. «Oggi sono stata benissimo.»
Questa volta è lui a sorridere.
La sua mano scivola sulla mia guancia, mentre si sporge verso di me e so quel che sta per succedere.
Quando le nostre labbra quasi si sfiorano, poggio delicatamente la mano attorno al suo polso che è vicino al mio viso e mi allontano di qualche centimetro.
«Non voglio baciare qualcuno che è fidanzato. Rimandiamo questo momento a quando avrai chiuso definitivamente con lei.» Sussurro.
E per la prima volta da quando sono in questo campus, sento di aver fatto la cosa giusta.

Il suono della sveglia mi martella nei timpani, ma nonostante questo non ho la forza per allungare il braccio e spegnerla.
«Se non butti quell’affare dalla finestra, lo faccio io e poi getto anche te!» Si lamenta Gio con la voce impastata dal sonno.
Butto pesantemente il braccio sulla sveglia, con il quale colpisco il pulsante che la fa smettere di squillare.
Mi metto seduta e guardo l’ora: le sei del mattino.
Sbuffo e mi getto di nuovo sul letto, nel quale senza nemmeno accorgermene cado in un sonno ancora più profondo.

«Svegliati, cogliona!»
Mi arriva una pacca sul sedere e mi alzo di scatto.
Se non fossi agitata per l’ora, scoppierei a ridere per i capelli arruffati di Giorgia ed i residui del trucco di ieri sera sul viso.
«Che ora è?» Chiedo
«Sette meno un quarto.»
«Cazzo.»
Sono passati tre giorni da quando Sarah ha sferrato uno schiaffo a Harry, nei quali si sono mollati e sia lei che Zayn hanno lasciato il campus. Nonostante questo, però, Harry non è venuto più a parlarmi di ciò che abbiamo lasciato in sospeso e continua a fare battutine e riferimenti su noi due, che mi fanno saltare i nervi.
Sono sveglia così presto perché a oggi è stata spostata la gita programmata per Torre Canne.
Corro nel bagno e comincio  a lavarmi alla velocità della luce. Con la bocca piena di dentifricio urlo a Giorgia di scegliermi le robe e portarmele in bagno.
Dopo un minuto me le “porta” alla sua maniera, ovvero mi lancia una maglietta e un paio di pantaloncini a jeans che per poco non vanno a finire nel Water.
Mi infilo i pantaloncini e appena raccolgo la maglietta da terra noto che si tratta di quella maglietta: il portafortuna che decisi di nominarlo tale dopo che la indossai il giorno del mio primo bacio.
«Mi prendi per il culo?» Urlo a Gio con la maglietta in mano.
«Muoviti! Sono le sette!»
Sbuffo e la infilo velocemente. Corro ai piedi del letto e mi getto a terra, sbattendo rumorosamente il ginocchio seguito da un “Ahia”, mentre infilo le Converse.
Stacco il cellulare dal caricatore, prendo la borsa che avevo preparato ieri sera e dopo aver stampato un bacio sulla guancia di Giorgia, corro fuori dalla stanza, giù per l’ascensore e nella Reception.
7.05
«Sono qui!» Urlo.
Harry e gli altri si voltano nella mia direzione e tirano un sospiro di sollievo. Ci avviamo verso l’uscita del campus per aspettare il nostro pullman.
I ragazzini sono emozionati e non vedono l’ora, mentre io preferirei legarmi ad un palo piuttosto di ritornare in quel posto.
«Emily, posso sedermi avanti? Soffro di mal d’auto.» Mi dice Rob, avvicinandosi.
«Certo! Mi siedo con te, nel caso tu ti senta male.» Rispondo. Metto una mano nella borsa per vedere se ho preso le gomme da masticare.
Prese.
Solo in quel momento mi rendo conto che Harry mi sta guardando, sorridendo e ha un’aria divertita.
«Che c’è?»
Lui si avvicina, incamminandosi nella mia direzione.
«Sei sporca di dentifricio.» Ride. Allunga una mano e posa il pollice vicino alle mie labbra, pulendomi.
Quel tocco mi fa venire la pelle d’oca e sento le mie guance riscaldarsi, il che mi induce ad abbassare la testa.
Odio il modo in cui reagisco.
«Grazie.» Rispondo.


 

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Capitolo 10
*** Home ***


"Dopo tanti anni e un giorno,
quando il vento sembra fermo,
vieni fuori sempre tu.
Con quel nome da straniera,
da chi riesce a stare sola,
ma da un pò non deve più
perchè tu sei lei."

 
10. Home.

Sono seduta sulla fila sinistra del pullman, ai primi sedili con Rob accanto che ha un colorito abbastanza pallido.
Siccome ho paura che mi possa vomitare addosso da un momento all’altro, nonostante io abbia le cuffie, non riesco a concentrarmi sulla musica, il che rende il viaggio infinito.
Al mio fianco, sulla fila destra, c’è Kate e accanto a lei Harry con la testa appoggiata sul finestrino.
La ragazzina ha l’espressione impassibile e sembra essere persa nel vuoto; posso soltanto immaginare la sfilza di canzoni deprimenti che sta sentendo dall’ipod che tiene stretto in mano.
Improvvisamente, mi viene un’idea, nonostante sarò costretta a fare una cosa sconveniente per la mia situazione mentale.
«Ehi Kate?» Le tolgo una cuffia. «Vieni a sederti al mio posto, devo dire una cosa a Harry.» Le faccio un occhiolino e lei, capendo, arrossisce di già.
Così ci scambiamo, con la speranza che facciano conoscenza.
«Sono qui solo ed esclusivamente per farla parlare con Rob.» Dico acidamente e mi metto le cuffie.
Lui ridacchia e me ne toglie una.
«Bella la maglia.» Dice.
Provocazioni su provocazioni con questi riferimenti al nostro vecchio rapporto.
Gli alzo un dito medio e lo sento ridacchiare, fin quando mi rimetto la cuffietta e addio.

Sento qualcuno sfilarmi via l’unica cuffia che mi è rimasta nell’orecchio e la seconda cosa a cui faccio caso, è un odore. Dolce e familiare. Decisamente troppo familiare.
Solo quando apro gli occhi mi rendo conto di essermi addormentata sulla spalla di Harry, così mi sposto il prima possibile e passo una mano sul punto rosso della guancia, con la quale ero appoggiata a lui.
«Siamo quasi arrivati.» Mi dice.
Volto la testa verso il finestrino e in quel momento vedo la scritta “Torre Canne”, mentre il pullman esce dalla tangenziale, girando per il paesino.
Magari è una cosa stupida, ma ho un sussulto ed il cuore mi arriva in gola, come al solito. Arrivo a pensare che a momenti potrei avere un infarto senza accorgermene, dato che è una sensazione frequente ormai.
Il pullman si ferma proprio davanti alla solita stradina del mare ed io e Harry siamo i primi a scendere e cominciare a prendere i nostri borsoni e quelli di tutti gli altri, che scendono dopo di noi e ci seguono fino al cancelletto della stradina.
Io lo apro e ci incamminiamo.
A metà strada, il cancello del deposito delle tavole è spalancato e d’istinto mi volto verso Harry che sembra essersi immobilizzato alla vista delle tavole posate delicatamente sul pavimento.
Posso giurare di vedere i suoi occhi brillare in questo momento.
Tutto ciò, però, non è niente in confronto a quando arriviamo alla fine della stradina che  è già sporca di sabbia e giriamo l’angolo.
Flashback.
Flashback su flashback.
Il mare punteggiato da vele di tutti i colori e boe gialle, bianche e rosse. Lo steccato che segna il confine fra la nostra spiaggia e quella dell’hotel accanto. Le onde che arrivano fino al bagno asciuga. La spiaggia piena di ombrelloni, gente che prende il sole e bambini.
Il meglio, però, arriva quando i miei occhi si posano sul muretto e riconosco le stesse borse, gli stessi asciugamani e le stesse persone di ogni anno.
Non è cambiato nulla.
In quel momento vengo attraversata da un mare di brividi, ricordi e sono sicura che Harry stia provando la stessa cosa.
D’istinto ci guardiamo e ci dimentichiamo di tutte le responsabilità che abbiamo nei confronti dei ragazzini dietro di noi.
Le borse che abbiamo, cadono a terra e ci troviamo a correre verso quel gruppo di ragazzi che stanno ai piedi del muretto, in cerchio, chini sulle carte con le quali stiamo giocando.
Io e Harry ci fermiamo di colpo e ci chiniamo, disinvolti.
Io finisco con la testa fra una spalla di Gemma, la sorella di Harry, e quella di Vincenzo, componente storico della nostra comitiva estiva, e al momento giusto ci facciamo sentire.
«Vincè, non scartare quella che potrebbe servirti.» Dico.
In quel momento, tutti quanti sussultano e si girano.
Veniamo sommersi dalle loro urla e quando Vincenzo e Gemma ci tirano dalle braccia per salutarci, finiamo per cadere fra di loro, con metà busto esattamente al centro del cerchio, fra tutte le carte.
Così, fra una risata e l’altra, spieghiamo per quale assurdo motivo ci troviamo in quelle condizioni e provo una sensazione che mi manca da tempo e che a Londra non sono mai riuscita a provare: mi sento a casa.

Devo ammettere che, nonostante sia un’idea di Harry, questa volta stia andando veramente bene considerato che l’ultima volta che ho deciso di accettare una sua idea, siamo finiti alle due del mattino a cercare un paio di scarpe di Rocco con la torica del telefono, che il riccio aveva nascosto nei bidoni del nostro Residence per fargli uno scherzo.
I ragazzini si sono sistemati e sembrano essere davvero entusiasti; si stanno divertendo molto.
Nel frattempo, io ne ho approfittato per stare con i miei amici che in questo momento sono tornati in villa per il pranzo.
Mi siedo sul bagno-asciuga, bagnando le punta delle dita nell’acqua, mentre osservo Harry che cerca di far salire uno dei ragazzini su una tavola. Quando quest’ultimo ci rinuncia, il riccio si volta verso gli altri che stanno mangiando tranquillamente il loro pranzo a sacco per poi salire su quella tavola e prendere il “volo”.
Questa vista non può fare altro che indurmi a pensare.
Quante cose sono cambiate? E come sono potute cambiare in questa maniera?
Ho sempre creduto nel destino e che le cose accadano per una ragione. Quindi, che motivo c’è se tutto questo sta accadendo proprio ora?
Mi sento come se qualcuno o qualcosa si stia divertendo a guardare me e Harry impazzire dietro agli ultimi avvenimenti.
Sono così persa nei miei pensieri, che quasi non mi accorgo di Gemma che prende posto accanto a me.
«Non è assurdo? In un modo o nell’altro finisce sempre per ritrovarsi fra le stesse onde, sulla stessa tavola. Ogni anno.» Dice, guardando suo fratello da lontano e sorridendo.
«Già.» E’ tutto quello che mi viene in mente, perché già so dov’è che vuole andare a parare.
«E tu come stai?» Mi chiede ed io mi sento il suo sguardo addosso.
«Bene.» Sorrido.
Però, onestamente, non so se sia la risposta corretta perché, andiamo, com’è che sto?
«No Ems, intendo: come stai?» Ripete facendo un cenno con il capo in direzione di Harry.
«E’ okay.» Mento.
«Com’è stato rivederlo?» Insiste.
«Non me lo aspettavo, però ora è tutto okay.»
«Sono contenta per te.» Mi strofina la schiena con la sua mano. «Perché so quanto deve essere stato difficile. Intendo, ne avete passate tante. Siete cresciuti insieme e non è buffo pensare che sia stato addirittura il tuo primo bacio e la tua prim…» Ma Gemma non finisce di parlare perché la mia finta espressione serena, svanisce.
«No, Ems… scusami.» Mi abbraccia.
Cedo.
«Io non ce la faccio più, davvero. Dopo quei mesi a Londra pensavo di essere definitivamente andata oltre, di averci messo un punto ma appena l’ho rivisto ne ho aggiunti altri due di puntini, senza neanche accorgermene. Com’è possibile che io sia ancora in queste condizioni? Odio questa situazione, ogni fottutissimo anno, ancora e ancora qui.» Dico asciugandomi le lacrime mentre lei mi stringe ancora più forte.
Quando finalmente mi calmo , ritorniamo a gambe incrociate una di fronte all’altra.
«Durante tutto questo tempo, non l’ho più rivisto felice, credimi. Non immagini quante notti passate a parlare e parlare e giuro, non l’ho mai visto parlare di Sarah o di chiunque altro come faceva con te.» Mi dice.
Ed io non so che risponderle. Rimango in silenzio e volto lo sguardo verso il mare, dove lui si allena ancora.

Sono le otto e mezza di sera e sta per diventare completamente buio, infatti ci stiamo avviando verso il centro del paese dove passeremo la serata, prima di risalire sul pullman.
La strada apparentemente è lunga, ma ci siamo così abituati che io e Harry la facciamo a piedi senza alcuna difficoltà e gli altri lo stesso, perché nel frattempo chiacchierano e si divertono.
Mentre cammino, rimango ad osservare Kate e sono contenta di averla fatta sedere con Rob all’andata, dato che adesso sta parlando ancora con lui e altre ragazzine.
Però, devo ammettere che il tragitto è un po’ imbarazzante, dato che continuo a parlare il meno possibile con Harry; sono ancora arrabbiata con lui dato che continua a comportarsi così.
Quando finalmente arriviamo in paese, portiamo i ragazzini al Rodeo, ovvero una sala giochi all’aperto, dove tutti quanti passano le serate.
Dopo una partita a bigliardino, lascio gli altri giocare e mi siedo su uno scalino, scomparendo dietro al mio cellulare.
Allungo le gambe e mentre un’app carica, osservo le mie Converse ormai completamente rotte, considerato il fatto che le uso da quattro anni, ma ci sono troppo affezionata perché mi hanno accompagnato nei momenti migliori, un po’ come la mia maglietta che, per colpa di Gio, indosso in questo momento.
I casi della vita.
Stesso posto, stesse persone, stessi vestiti.
«Vieni a farti un giro con me?»
Alzo lo sguardo e vedo Harry, che sorride divertito sicuramente perché ha usato di proposito lo stesso tono dell’Harry tredicenne, proprio nella stessa circostanza.
«Mi prendi per il culo?» Chiedo, anche se in realtà non è una vera e propria domanda.
Lui sbuffa.
«Ho solo bisogno di parlarti.» Dice e non c’è più un sorriso, neanche una risata ma soltanto un velo di sincerità.
Sospiro e mi alzo, mettendo il cellulare in tasca.
«D’accordo!»
Avvisiamo gli altri che ci allontaniamo un attimo e usciamo dal Rodeo. Non so se lo stia facendo di proposito, ma imbocchiamo lo stesso tragitto di quel famoso 26 Agosto di tanti anni fa.
Quando parla, comincia a farlo prendendo il discorso in modo largo e probabilmente dal punto più lontano, ovvero Sarah, rispetto a ciò a cui vuole arrivare.
Mi racconta di come l’ha conosciuta, di come si sono messi insieme e cose del genere ma ad un certo punto ci ritroviamo davanti ad un vicolo e d’istinto, entrambi giriamo lo sguardo verso destra.
Ed eccolo lì, il famoso, famosissimo muretto sul quale quattro anni fa, ci siamo dati il nostro primo bacio.
Lui smette di parlare e ci fermiamo contemporaneamente, anche se non di proposito.
Io ricordo quella sera e spontaneamente sorrido, perché fu un momento così felice che è impossibile non sorriderci su.
Lui mi guarda e fa la stessa cosa, per poi afferrarmi la mano e dirigersi verso il muretto.
Ci sediamo e per qualche istante rimaniamo in silenzio.
«Sai perché oggi ti ho detto che mi piace quella maglia?» Mi chiede e si volta verso di me.
Io lo guardo e sollevo le sopracciglia, così continua.
«Perché appena ti ho vista, mi è venuto spontaneo sorridere. E’ stato come vedere la stessa tredicenne di tanti anni fa.» Sussurra e nel farlo, sento il suo braccio attorno alle mie spalle, proprio come quel giorno.
Resto a fissare i suoi occhi che sono così vicini ai miei, ma all’improvviso mi rendo conto di essere ancora arrabbiata con lui e di conseguenza mi scosto dal suo braccio.
«Tutto questo non è giusto. Non puoi fare così.» Dico.
«Così come?»
«Come se non fosse successo nulla. Detesto quando fai battute su noi due, è snervante perché sembra quasi che tu lo faccia con la consapevolezza che mi dia fastidio, dato che aspetto un chiarimento da tre giorni..» Ribatto.
Lui mi ascolta in silenzio ma appena prendo fiato per continuare, mi ferma e inarca le sopracciglia.
«Smettila di comportarti come se tutta questa situazione faccia male solo a te, Emily. Dato che quando ho cercato di baciarti ti sei allontanata, speravo che l’avresti fatto tu il prossimo passo dopo aver saputo che avevo lasciato Sarah. Rivederti all’improvviso è stato forte per me tanto quanto lo è stato per te. Credi che durante quest’anno io non sia stato male?» Prende fiato e continua, alzando un po’ la voce. «Credevo di essere felice, che la mia vita ormai fosse apposto e poi ti ho vista nella Reception ed è stato come se avessi ripreso a respirare, dopo tanto tempo. E allora ho pensato “Cazzo, è qui e cazzo, quanto è bella”…»
Sembra una bomba in fase di esplosione ed è sempre stato così. E’ difficile che parli di discorsi seri come questo, lui accumula e accumula e poi scoppia.
Mentre lo ascolto gesticolare così freneticamente e guardare le sue stesse scarpe, sento le lacrime che mi chiedono di fuoriuscire per colpa delle cose che sta dicendo.
«… E poi ho saputo di Zayn e ho provato una cosa nuova, ovvero vederti con qualcun altro e mi chiedevo come fosse possibile il fatto che un altro ragazzo si comportasse così con qualcosa di mio. Mi sono sentito come se avessi perso la parte più importante della mia vita e volevo dimostrare a me stesso che ormai dovevo stare con Sarah e basta. E poi quella sera sei scappata via e quando siamo rimasti abbracciati lì sotto ho capito che avevo bisogno di ritornare nella mia vecchia vita, ovvero quella che ho sempre condiviso con te.»
Tira un lungo respiro e in quel momento si volta per vedere la mia reazione e dalla sua espressione, capisco che non si aspettava di trovare il mio viso rigato dalle lacrime.
Avrei tante cose da dirgli ma non ne ho la forza fisica, date le guancie arrossate e gli occhi pieni di lacrime.
«Ti amo ancora.» Sussurro, con la voce strozzata dal pianto.
Faccio appena in tempo a finire la frase perché la sua mano scivola sulla mia guancia e le nostre labbra diventano una cosa sola.
Il bacio è lungo, profondo e sentito.
Mi rendo conto di non essere mai stata baciata in quel modo da nessun altro, a parte lui.
Le sue labbra sono morbide, calde e così familiari come sempre e realizzo quanto mi sia mancato tutto questo durante l’inverno.
Quando ci stacchiamo, finisco con la testa poggiata sulla sua spalla e le nostre dita giocherellano ancora, accarezzandosi.
«E anche questa estate la passeremo insieme.» Sussurra.
«Non è buffo? Eccoci qui ancora.»
«Ancora e ancora.» Sorride.
E’ possibile baciare un sorriso?


 

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Capitolo 11
*** Here we go again ***


"Se l'universo intero,
ci ha fatto rincontrare,
qualcosa di sicuro vorrà dire."

 
11. Here we go again - Epilogo.

Ventidue anni dopo.

Mi sento molto stanca e oggi il caldo è soffocante.
Sono le otto e mezza di sera e non ho ancora finito di sistemare le cose in villa, per non parlare del fatto che quando finirò, dovrò preparare la cena e quindi nessun momento di riposo.
Vado nel giardino e trovo un asciugamano arrotolato sul tavolo: Giorgia.
Sbuffo e lo raccolgo, appendendolo al muretto per far si che si asciughi.
Mentre lo faccio, sento delle braccia scivolare attorno ai miei fianchi e una testa che si posa sulla mia spalla.
«E’ tornata dalla spiaggia?» Mi chiede riferendosi alla ragazzina, mentre mi stampa un bacio sulla guancia.
«Non ancora.» Gli rispondo.
Lui si allontana per permettermi di girarmi e mi guarda perplesso.
«Louis mi ha detto che da loro sono già tornati.» Ribatte.
Io faccio spallucce.
«Sicuramente è con quello lì.» Continua.
A me viene da ridere e non riesco a trattenermi perché è buffo vederlo così geloso nei confronti di nostra figlia.
Credo che non mi dimenticherò mai della sua espressione mentre mi raccontava di averla vista incollata ad un ragazzino del suo gruppo di amici.
«E non ridere!» Esclama.
«Ma lasciala stare, ha quattordici anni ormai.» Rientro dentro la villa e mi affaccio nella stanzetta di Andrea che è ancora avvinghiato al computer, per dirgli di andare a farsi la doccia.
«Io la vado a chiamare, sono già le otto e mezza passate.» Insiste.
Io mi volto con gli occhi spalancati.
«Ti lascio andare a controllare solo se ci andiamo insieme e prometti di non farti vedere.» Gli dico.
Lui approva.
Usciamo dal cancelletto e attraversiamo la strada del mare, con il suo braccio sulle mie spalle.
Quando arriviamo in spiaggia, non posso far a meno di notare la bellezza di questo posto al tramonto, che nonostante gli anni, si conserva benissimo, come se non invecchiasse mai.
Sporgendoci un po’, sgrano gli occhi quando vedo mia figlia seduta accanto ad un ragazzo che la tiene stretta e le accarezza le labbra con le sue.
Sorrido.
«Uh marò!» Esclama Harry.
Io lo zittisco e rimaniamo a guardarli da lontano.
«Non ti ricorda niente?» Mi volto verso di lui e gli sorrido.
Lo guardo illuminato dalla luce del sole e realizzo che nonostante gli anni passati, il suo sorriso e i suoi occhi sono sempre terribilmente belli.
«Se tutto questo le permettesse di avere ciò che ho avuto io, l’accompagnerei anche dalla parte opposta della nazione per raggiungerlo.» Mi risponde, stampandomi un bacio sulla fronte.
Okay allora, ecco qua.
So che è corta, specialmente rispetto alla mia vecchia fanfiction e so anche che sono stata molto irregolare nel pubblicare i capitoli.
Però, il tempo a disposizione è stato questo e avevo necessità di finirla prima della partenza.
Ringrazio molto chi, nonostante tutto ciò, è riuscito a seguirla, recensire, mettere nei preferiti, ricordati e seguiti.
Mi ha fatto molto piacere.
Aspetto le ultime recensioni.
Un bacio,
-Marti




 

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