D.E.A.T.H. - I Volti Della Morte

di Frank Ottobre
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - La casa ***
Capitolo 2: *** I Frammenti ***
Capitolo 3: *** Un motivo in più per uccidere ***
Capitolo 4: *** I Frammenti ***



Capitolo 1
*** Prologo - La casa ***


                                                                                                                                                   La casa


Non poteva farlo. Darren stava dirigendosi alla casa, camminava in maniera concitata e giocherellava nervosamente con il coltello che aveva in tasca, procurandosi alcuni tagli, ma non ci fece caso, la sofferenza era ormai presenza stabile nella sua vita, quindi proseguì.
Il cielo nuvoloso, spento e grigio aggiungeva teatralità alla sua marcia, cominciò a piovere.                                                                                 
Emily, che lo stava cercando disperatamente, correva sotto la pioggia, che iniziava ad aumentare di intensità, offuscando quasi completamente la vista.
La strada era vuota, non una macchina, non un passante, nessuno a cui poter chiedere aiuto, lontana dal centro abitato, cercava di percorrere la strada a memoria e facendo uso dell’istinto, doveva fermare Darren a tutti i costi.
La casa  era vicina, ma Darren era già arrivato. Quella baracca, dove Darren aveva fatto la promessa.
Un edificio anonimo, malconcio, cadeva a pezzi e sorprendentemente riusciva a trattenere fuori buona parte della pioggia.
Aprì la porta lentamente, assaporando ogni singolo istante, quasi in estasi rimase fermo all’entrata, estraendo lentamente la lama dalla sua tasca, grondante di sangue, del suo sangue, ed entrò.
Il silenzio lo avvolse e lo stesso fece l’oscurità. Si sedette in un angolo, sorridente ed impaziente.
Passarono pochi minuti, nel frastuono della tempesta, alla quale si erano aggiunti tuoni assordanti e lampi accecanti, Darren riuscì a distinguere i passi di qualcuno.
La porta si aprì, una figura oscura calcava l’uscio, rimase lì per qualche secondo, scrutando nel buio della baracca, accertandosi che non ci fossero intrusi.
Dopo aver dato l’ultima occhiata, entrò e chiuse la porta.
Gli occhi non si erano ancora abituati al buio, ma sentì dei rumori, un cigolio di una sedia, passi su pavimento in legno ed infine notò un luccichio.
“Che cos’è?” disse sussurrando tra sé e sé. Iniziò ad avvicinarsi cautamente, ma si fermò quando vide una figura a lui familiare prendere forma.
“Darren? Che cosa ci fai qui?”
“Credo che la domanda giusta da fare sia: Lei, che cosa ci fa qui, Signor Knight?” Darren rispose con arroganza.
“Io,io, credo di essermi perso” Disse goffamente mentre arretrava.
“Perso?” ripetè divertito il ragazzo “Io non credo proprio. Sappiamo entrambi che questo incontro non è un’accidentale coincidenza. Perché non dice la verità, così farà un favore a me, ma soprattutto a lei, signore”
“Io non dirò un bel niente, non so di cosa tu stia parlando e se questo è il tuo modo di divertirti, allora sei solo un povero psicopatico. Per quanto mi riguarda, questa faccenda è assurda, me ne vado” cercò di uscire il più presto possibile.
“Dove crede di andare!?” Darren scattò per prenderlo e gli mise le mani sulla giacca zuppa d’acqua, strattonandolo lo buttò a terra ed inizio a picchiarlo violentemente con calci e pugni.
Walter non riusciva a reagire, sovrastato dalla collera di Darren, cercava di ripararsi il volto, urlando disperatamente “Aiuto!”. Darren si placò. Si pulì le mani e riprese in mano il coltello.
“Che cosa intendi fare?” domandò angosciato Walter
“Voglio che lo dica!” gridò istericamente Darren
“Cosa? Cosa?”
“Che è stato lei, ne sono sicuro, voglio che siano le sue ultime parole, voglio sentire!”
Walter scoppiò in un pianto convulso.
“Va bene. Sono stato io, l’ho fatto io. Io ho stuprato tua madre” disse singhiozzando.
Darren aveva avuto quello che voleva, forse non tutto..
“Fermo, cosa fai, no ti prego!”
Darren affondò la lama lentamente nel ventre dell’uomo, e mentre lo faceva, fissava gli occhi di Walter, ormai prossimo all’inevitabile morte, lenta e dolorosa.
Il sangue scorreva sul pavimento e Darren affondò completamente la lama nel corpo; provava gioia, sorrideva, un ghigno davvero inquietante comparve sul suo viso, infine estrasse il coltello per poi colpire con almeno quaranta coltellate il resto del corpo.
Sguazzava orgoglioso nel sangue della sua vittima, poi si alzò leggermente affaticato ed uscì alla pioggia, si stiracchiò, rivolse ancora uno sguardo al corpo del Signor Knight.
“Un bel lavoro, davvero un bel lavoro” udì alle sue spalle. Darren si voltò, riconoscendo la voce.
“Grazie, Alan, già che ci sei, mi aiuti con il corpo del bastardo?”
“D’accordo, a patto che..”
“Sì, va bene” Darren lo interruppe subito, conosceva Alan da tempo e sapeva che cosa stava per dire.
“Oh, grazie amico! Tu non sai quanti giorni sono che non mangio un pasto fresco!”
Cominciarono a mettersi subito al lavoro, mentre degli occhi tra i cespugli osservavano attentamente la scena.
 

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Capitolo 2
*** I Frammenti ***


                                                                                                        I Frammenti
 
Edward odiava alzarsi la mattina. Odiava ancor di più il fatto di andare a scuola. Odiava il fatto di rimanere tra la gente, un vero e proprio misantropo. Suo fratello, Alan, era esattamente l’opposto. Lui adorava stare con le persone, interagire, parlare. Era davvero socievole, ma non per questo meno misantropo di suo fratello Edward. Andavano d’accordo, cosa abbastanza inconsueta tra fratelli. Si facevano forza l’un l’altro, ma quello che aveva più bisogno di sostegno era senza dubbio Edward.
La mattina era per lui una tragedia. “Doversi alzare per andare in quel posto di merda” ripeteva sempre a suo fratello.
“Dai, un bel sorriso e sei apposto” gli ripeteva Alan con eccessivo ottimismo.
I genitori uscivano per lavoro qualche ora prima che si svegliassero.
“Edward, sei pronto?” come ogni mattina il primo ad alzarsi era Alan e doveva aspettare, come sempre, il fratello ritardatario, ma ad Alan non dava fastidio. Conosceva il fratello e sapeva che non lo faceva apposta, era semplicemente Edward, ed era sempre stato così…di certo non sarebbe cambiato da una mattina all’altra.
“Sì, sì, sto arrivando” rispose Edward con falsa preoccupazione per il ritardo.
Fecero colazione e partirono con lo zaino in spalla. Non abitavano molto distante dalla scuola e nel giro di pochi minuti erano arrivati. Da lì, si divisero.
All’entrata, come ogni mattina, Alan si staccava dal fratello, “abbandonandolo”, e si recava al muretto davanti all’entrata, dove c’erano i suoi amici. Edward, invece, non poteva recarsi da nessuna parte, perché non aveva nessuno con cui parlare. I cinque minuti che precedevano il suono della campanella erano per lui un’agonia insopportabile. Il disagio lo assaliva e l’inadeguatezza lo divorava. Si allontanava il più possibile dall’entrata, quasi cercando di nascondersi, per non farsi vedere. Sapeva che Alan non lo abbandonava, lui capiva. Era il suo gioco, e Alan giocava bene, mentre Edward sapeva benissimo le regole, forse anche meglio di suo fratello. Il suo problema è che non riusciva a giocare. Amava ed odiava il fratello. Odiava il fatto che lui fosse meglio di lui, fisicamente e socialmente. Alan era alto, capelli castani e mossi, occhi verde smeraldo, fisico atletico e in più, come se non bastasse, se la cavava bene con le ragazze. Edward, invece, era poco più basso del fratello, capelli corti e neri, bianco in faccia ed occhi castani. A differenza di suo fratello, lui era più magro e certamente poco pratico con le ragazze. Proprio quello invidiava al fratello, la sicurezza. La sicurezza che aveva in tutto, scuola, attività sociali, tutto…
Edward voleva bene a suo fratello e sapeva che la cosa era reciproca, ma l’invidia che provava verso Alan era davvero forte e l’instabilità emotiva che caratterizzava Edward era pericolosa ed imprevedibile.
Finite le lezioni Edward andava a pranzo in mensa. “Quante persone..” pensava ogni volta che entrava, era intimorito e quasi paralizzato, ma era abituato e proseguì andando a prendersi quel che c’era da mangiare.
Dopo aver preso il vassoio iniziò a guardarsi intorno. La maggior parte dei tavoli erano  occupati, ma comunque avrebbe evitato di mangiare con accanto qualcuno, quindi prese il solito tavolo nell’angolo in fondo a sinistra e si sedette lì. Mentre mangiava, ogni tanto, lanciava uno sguardo al tavolo dove sedeva Alan. Lo vedeva ridere e mangiare in compagnia. “E’ il suo gioco, è il suo gioco, solo un gioco!” ripeteva a se stesso mentre continuava ad osservare. Abbassò di nuovo lo sguardo e continuò a mangiare il panino scandente della mensa.
“Ciao, posso sedermi?”
Una voce. Nuova, mai sentita. Edward alzò lo sguardo. Rimase qualche secondo in silenzio. Un ragazzo era in piedi davanti a lui. Lo studiò per qualche secondo, prima di rivolgergli la parola.
“Sì, fai pure” ammiccò Edward, fingendo un sorriso rilassato e spensierato.
“Mi chiamo Darren, mi sono trasferito qui da poco…”
Edward continuava a studiarlo. Osservò il suo aspetto e il suo atteggiamento.  Darren aveva una folta chioma bionda che teneva ordinatamente pettinata, occhi di ghiaccio, di un azzurro acceso che sembravano surreali, Edward non aveva mai visto degli occhi così;  indossava svariate collane ed era vestito con una semplice felpa con sotto una maglietta anonima e un paio jeans del tutto normali.
“Io sono Edward”
“Sai, ti ho visto da lontano e ho voluto sedermi qui” disse Darren sorridendo
“Perché?” disse Edward incuriosito
“Credo di sapere come sei..” Darren addentò una pagnotta di pane e poi continuò “Sei un solitario e si vede che non ti piace stare qua, e poi… hai qualcos’altro, qualcosa che non avevo mai visto prima in una persona” Darren si avvicinò sgranando gli occhi come per vederlo meglio.
“Cosa?” domandò Edward
“Hai una gran voglia di uccidere” rispose, sottovoce Darren, divertito.
Edward rimase senza parole, stregato da quel sorriso, dai denti bianchissimi di Darren e dal suo sguardo penetrante.
Ci fu’ una pausa, Edward non sapeva cosa rispondere, invece Darren continuò.
“Vedi, non devi sentirti a disagio, abbiamo la stessa passione…”
Edward era sempre di più ammutolito.
“Ciao, come va?” una voce alle spalle di Darren lo interruppe. Si voltò.
“Sono Alan, suo fratello” disse, mentre indicava Edward.
“Piacere, io sono Darren. Sono nuovo, ma credo che andremo d’accordo” sghignazzò di nuovo mentre stringeva la mano ad Alan.
Alan non capiva esattamente quello che stava succedendo, ma di una cosa era certo, Darren non era come tutti gli altri, era diverso e ad Alan questa cosa piacque fin da subito.




Angolo dell'autore:
"I Frammenti" sono i capitoli dove vengono descritte le situazioni iniziali, sono in poche parole l'incipit di tutta la storia, mentre i capitoli che saranno numerati come "Prologo" - "Capitolo 1" ecc, sono i fatti che stanno accadendo adesso e conseguenze di fatti accaduti nei "Frammenti".

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Capitolo 3
*** Un motivo in più per uccidere ***


Un motivo in più per uccidere
 
Il biglietto gli scivolò di mano e cadde ai suoi piedi. Darren era immobile, assolutamente esterrefatto. Sentì il pianto di sua madre, consolata da sua sorella, in soggiorno. La rabbia cominciò a prendere il sopravvento.
Uscì dalla cucina, come se nulla fosse, mascherando la sua follia e la voglia di uccidere.
“Esco” disse, in un tono assolutamente anonimo. Non provava nessuna emozione, ma era quello che voleva che pensassero gli altri.
La madre fece cenno di aver capito, per poi ritornare a piangere tra le braccia della sorella, che la stringeva forte a se’.
Era pomeriggio, ma si respirava aria di pioggia e sangue.
Darren respirò profondamente, volse il suo sguardo glaciale verso l’abitazione del colpevole e poi in cielo. Nuvole grigie si stavano spostando e, in un batter d’occhio, il calore del sole si attenuò per lasciare spazio ad un vento gelido che scompigliò i capelli biondi di Darren.
Poi, lo vide.
Era il Signor Knight, che probabilmente rincasava dal lavoro. Parcheggiò la macchina di fronte al giardino, prese la sua valigetta e si incamminò verso l’entrata giocherellando con le chiavi.
Non sapeva che qualcuno, da non troppo lontano, lo stava osservando.
“Lurido figlio di puttana” pensò Darren.
Anche se accecato dalla vendetta, Darren non perse la sua lucidità. Sapeva che non poteva entrare in casa e semplicemente ucciderlo. Sua moglie era a casa e con lei c’erano i due figli. Avrebbe aspettato. Era da qualche settimana che lo teneva d’occhio, Walter Knight…
Apparentemente un normale ed innocente vicino, quello che tutti vorrebbero, poco rumoroso, poco invadente, estremamente gentile e con una vita invidiabile ed invidiata da tutti, ma…c’era un ma. Non tutti avevano visto il vero volto di Walter Knight, tutti tranne uno…Darren.
Sapeva come si divertiva “il bastardo”…
Il coinvolgimento della madre diede a Darren un inutile motivazione in più per uccidere e per continuare a farlo, ma siamo onesti…Darren non ne aveva bisogno, era una perfetta macchina assetata di sangue, inflessibile, spietato e subdolo.
Walter Knight era spacciato, aveva attirato su di se’ l’attenzione del “primo volto della morte” e, di certo, non era una cosa piacevole, anche se lui era ignaro di tutto e non poteva neanche lontanamente immaginare cosa gli sarebbe successo; questione di tempo, questione del momento opportuno.
Mentre Darren era appoggiato alla staccionata immerso nei sui sadici pensieri, dall’altra parte della strada, uno sguardo, proveniente dalla finestra di fronte, lo seguiva.
Emily Kovacs, “La Fortunata”, questo era il soprannome che le aveva assegnato Alan.
Osservava da molto tempo Darren e la sua compagnia, anche da troppo vicino, rischiando sempre di più in ogni situazione.
Emily provava ancora qualcosa per Darren, ma quel ragazzo non pensava ad altro che alla morte e a come condividerla con gli altri.
“La Fortunata” osservava, come sempre, e aveva il presentimento che qualcosa stesse per accadere, da un momento all’altro. Sapeva di cosa era capace Darren e anche se temeva le conseguenze delle sua gesta, sapeva che quello che faceva era sbagliato e non poteva continuare, doveva fermarlo.
Di colpo tutti i pensieri su Darren furono interrotti bruscamente da un brivido, occhi glaciali la stavano osservando, proprio di fronte a lei, un ghigno particolarmente tenebroso e macabro, Darren adorava giocare, compiaciuto si staccò dalla staccionata e con passi lenti si avvicinava alla strada.
Emily era ancora alla finestra, non riusciva ad evitare il contatto visivo di Darren e osservava…
“Darren?” una voce smorzò la tensione
“Salve signora Kovacs”
“Cosa ci fai li? Vuoi che qualcuno ti investa?”
“No, certo che no. Ma, vede, non sto passando un buon momento a casa…”
“Ma certo, non dire altro, so tutto..”
“Pensavo di fare una visita a sua figlia. Non ci vediamo da molto tempo e lei era l’unica persona con la quale potessi confidarmi…” Darren era davvero bravo a recitare, anche se l’ultima frase non era del tutto parte del copione.
“Ma figurati, andiamo, entra pure. Emily dovrebbe essere di sopra a studiare” La signora Kovacs lo invitò ad entrare ed Emily assisteva alla conversazione dalla finestra.
“Emily, c’è una visita”
Nessuna risposta.
“Non si preoccupi signora, forse sta ascoltando della musica, vado io”
Darren salì le scale, le aveva già salite tempo fa, quando aveva provato a condividere con Emily le sue passioni…
Toc…Toc…
Darren entrò senza aspettare il permesso, anche se non ricevette ancora una risposta, vide Emily nell’angolo della stanza, accanto al letto.
“Ciao”
“Perché sei qui?”
“Questo…penso sia una specie di saluto” disse goffamente Darren
“Saluto? Cosa stai dicendo?”
“Sarà tutto finito tra poco…e presto me ne andrò.” Si avvicinò ad Emily e poi continuò “Per ovvi motivi, per gli assassinii e per gli altri del gruppo. Mia madre avrà il mio ultimo favore…”
“Favore? Darren, non ti seguo…”
“Sì, invece. Mi segui eccome, Walter Knight…il vicino, quello sarà il mio ultimo favore, dopo averlo sistemato, lascerò la città.”
“Walter? Cosa c’entra lui adesso?”
Emily guardò Darren negli occhi, mentre lui si alzò in piedi e si indirizzò verso la porta.
“Walter Knight sarà il mio primo assassinio e il mio ultimo regalo”
Con quella frase, Darren, uscì e lasciò Emily nel silenzio, un silenzio cupo e arcano.
Si affacciò ancora alla finestra e lo vide, mentre ritornava accanto alla staccionata.
Darren vide uscire il Signor Knight, sembrava andare di fretta…indossava il vestito.
Darren, allora, capì subito…poteva precederlo.
Emily si accorse dei movimenti del vicino e di Darren, sapeva anche dove si sarebbe diretto…alla casa.

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Capitolo 4
*** I Frammenti ***


                                                                                                                      I Frammenti
 

Nella strada verso casa, Alan ed Edward, rimuginavano su quello che avevano appena vissuto.
“Per me è stato troppo strano” Edward lo ripeteva da quando erano  usciti da scuola.
“Che cosa vuoi dire?” chiese Alan, quasi insospettito.
“Voglio dire…che è più strano di noi” rispose, quasi intimorito.
“Ammetto che non ho mai visto nessuno come lui. Insomma, ci ho scambiato solo due parole, ma mi ha quasi stregato. Il punto è che…tu ti lamenti perché sei sempre solo e non hai amici e cazzate del genere. Ti si presenta l’occasione per legare con qualcuno, sfruttala. E’ nuovo, non sa niente della città, potresti uscire con lui qualche volta, no?” Alan assunse un tono da fratello maggiore che dava fastidio ad Edward.
“Lui è nuovo, sì. Ha detto che abbiamo una passione in comune, ma quella conversazione è stata destabilizzante. Nessuno, nessuno mi ha mai parlato così. Nemmeno le nostre conversazioni sono così strane.” Edward era sempre più dubbioso.
“Potrebbe essere come noi allora. Immagina come sarebbe bello. Tu non mi aiuti quasi mai con le prede, nemmeno quelle più facili. Sono io quello che sgobba per entrambi, il risultato? Tu mangi senza faticare, senza meritartelo, io svolgo il lavoro per due mangio tanto quanto te, buono a nulla…” il tono di Alan cominciò ad alterarsi, poi continuò “Ti consiglio di farci amicizia, non voglio sopportare altre rotture di palle per colpa tua. Ho sopportato fin troppo e se non cresci, mi spiace fratello, ma io ti mollo” Alan non lasciò spazio a nessuna risposta, accelerò il passo e tagliò verso la stradina che portava al parco, dove era solito andare per incontrare Tom.
Edward rimase fermo, colpito dalle parole del fratello. Lo osservava mentre si allontanava. Dopo pochi secondi proseguì verso casa, ancora più attanagliato dall’enigma di Darren. “Cosa faccio?” pensò. “Un amico mi servirebbe…”
Edward finì di nuovo vittima dello sconforto. Il solitario che vuole qualcuno, che desidera partecipare alla vita, ma che alla fin fine lasciare la comoda e tediosa solitudine non riesce. Era la vita di Edward, raccolta in poche parole. Uno pronto, desideroso di aprirsi, ma allo stesso tempo diffidente in maniera morbosa, paranoico e in costante mutamento. La sua personalità rappresentava un pericolo per se’ e per gli altri.
Con aria pensierosa, dunque, tornò a casa, e lentamente con la voglia pari a quella che aveva quando usciva per andare a scuola, si mise a fare i compiti, senza concentrarsi ovviamente, sempre pensando ad altro, sempre rimuginando su tutto, senza mai prendere una vera e propria decisione.
“Sono un fallito” si ripetè a bassa voce.
Al parco, Alan, stava aspettando Tom.
Poi, infine, lo scorse tra le piante davanti a lui. Fece un cenno con la mano e si avvicinò.
Tom ed Alan erano amici di vecchia data. Tom indossava il suo vecchio giubbotto blu, a cui tanto era affezionato. Aveva capelli molto lunghi, neri, che gli scendevano sulle spalle. Indossava una berretta, blu. Pantaloni bucati, che lasciavano intravedere la pelle color rosa, che cadevano sulle delle scarpe nere e bianche, che usava indossare spesso. Infine, si avvicinò. Aveva un viso amichevole, occhi castani, ed era molto espressivo. Alan stava bene in sua compagnia, sempre.
“Il fratello che vorrei” era così che lo definiva. Non odiava Edward, ma a volte i suoi problemi erano insopportabili.
“Ciao” esordì Tom
Alan fece un cenno con la testa e gli sorrise.
“Allora?” domandò Tom
“Allora cosa?”
“Come mai questo incontro?”
“Edward…” sospirò Alan “Continua a fare il coglione.”
“Tuo fratello è un coglione” disse Tom, con la sua solita ironia
“Comunque, più tardi proverò a farlo ragionare ancora…oggi a scuola è succ..” Alan venne interrotto.
“Sì! A scuola, un tipo nuovo, intendi?” disse Tom, quasi con euforia
“Ehm…sì, come lo sai?”
“Andiamo, tutti ne parlano.”
“Com’è possibile? E’ qui da neanche un giorno ed è già sulla bocca di tutti?”
“Quel tipo, Darren, mi pare…è in classe con me” rispose Tom, trattenendo una risata
“Okay, continua..”
“Vedi, alla terza ora, è entrato e si è seduto all’ultimo posto. La signora Miller gli chiesto come mai non si fosse seduto in primo banco con quel ritardato di Mike” Tom alternava il racconto con delle risate, che stavano per contagiare anche Alan, se non fosse stato per la sua attenzione verso quello che è accaduto. “Darren le ha risposto che non si sarebbe mai seduto con un handicappato!” Tom continuò con le risate “In classe tutti stavamo ridendo come dei matti, tranne Mike e la signora Miller! Darren, invece, non si scompose, senza muovere un muscolo si guardava attorno. La signora Miller, allora, sbottò ‘Come ti permetti!’ gli ha detto, ‘Adesso tu ti alzi e vieni subito a sederti qui davanti, hai iniziato davvero male il tuo primo giorno!’ era tutta rossa in faccia, non l’avevo mai vista così in 4 anni!”
“E poi, com’è andata?” domandò Alan
“Darren non si è mosso di un centimetro, e con voce calma e schietta ha detto ‘Solo perché suo marito la tradisce e va a puttane, non significa che se la debba prendere con me’ Ti giuro, la signora Miller è rimasta a bocca aperta e poi è scoppiata a piangere mentre correva fuori dall’aula! Sai che ti dico? Quel tipo è simpatico!” concluse con una risata il racconto e poi, Tom, aspettò un commento da parte di Alan.
“Non so cosa dire. Ci ho parlato a pranzo con Darren. L’ho visto mentre parlava con mio fratello. Per me è un tipo interessante.” Ragionò attentamente Alan
“Vuoi scherzare? Quel tipo è fantastico!”
“Ho consigliato ad Edward di provare a farci amicizia, ma come al solito, lui ha paura di tutto e di tutti. Se non ci fossi io, non so come farebbe.”
“Parlando d’altro…”  Tom provò ad intavolare un altro argomento di conversazione, ma si fermò. “Hey, ma non è mica lui quello?” indicò proprio dietro Alan
“Cazzo, hai ragione!” rispose Alan, sorpreso e allo stesso tempo incuriosito
“Dove sta andando? Domandò, mentre lo osservava, Tom.
“Non lo so. Aspetta, ha girato a sinistra. E’ la strada per andare alla casa!” esclamò Alan
Ci fu’ una piccola pausa tra i due, interrotta immediatamente da Tom.
“Dai, seguiamolo!”



Angolo dell'autore: I Frammenti sono i capitoli dove vengono descritte le situazioni iniziali, ovvero come tutto è cominciato, a differenza dei capitoli normali, I Frammenti procedono in ordine cronologico, e man mano che la storia procede si intrecceranno con i capitoli normali, ovvero quelli che hanno ordine cronologico inverso. Per domande o altro, chiedete pure^^

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