Resta con me

di Felixfair
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Testa alta, sguardo fiero e mano che trema ***
Capitolo 2: *** Quello che loro vogliono ***
Capitolo 3: *** O forse... ***
Capitolo 4: *** Fuoco e fiamme ***
Capitolo 5: *** Sotto accusa ***



Capitolo 1
*** Testa alta, sguardo fiero e mano che trema ***


Capitolo 1: Testa alta, sguardo fiero e mano che trema
 


Mi sposto una ciocca di capelli castani dal viso e alzo il mento mentre prendo posto sul palco. Sono un tributo. Sto per andare nell'arena. Mi sento consapevole di ogni parte di me, dalla punta dai piedi a quella dei capelli sento correre una scarica d'orgoglio. Percorro la folla con lo sguardo e non posso reprimere un sorriso di soddisfazione. Scorgo sui volti di alcune mie compagne una punta di invida.  Solo Kelly mi guarda triste, io la ignoro posando gli occhi sulla parrucca verde della capitolina che sta trillando eccitata mentre estrae il nome del tributo maschio. Silenzio. La donna tossicchia e poi legge ad alta voce. Sento il nome, non lo riconosco subito, ma è facile individuare la faccia a cui appartiene. Un viso squadrato, sottile, sciatto, lentigginoso e contornato da una zazzera di capelli castano chiaro con l'espressione di muto terrore più grande che abbia mai visto. All'improvviso me ne accorgo: è il cugino di Cato. 

C'è una grande confusione ma poi lo vedo sbucare fuori dalla gente e portarsi davanti a tutti con un salto mostruoso.
"MI OFFRO VOLONTARIO!" grida. E all'improvviso è di nuovo silenzio. Occhiate ostili gli passano addosso ma lui le accoglie tutte con un sorriso. Forse lo stesso che avevo io poco fa. Avanza fiero fino al palco. Anche per lui partcipare agli Hunger Games è un onore, è quello per cui si è allenato. All'improvviso sembra vedermi. E sbianca all'improvviso, il sorriso gli muore sulle labbra e quando prende posto accanto a me sembra sconvolto. Sento qualcosa che non va. Il sindaco ha iniziato il suo discorso, ma le parole mi entrano da un orecchio ed escono dall'altro. Ho lo sguardo dritto sulla folla ma per un attimo lo distolgo verso Cato. Sembra essersi ripreso e guarda fisso le telecamere con un mezzo sorriso un po' arrogante stampato sul volto. Eppure mi basta un'occhiata per accorgermi che è teso. I muscoli in tensione e le mani strette a pugno bastano per rivelarmi il suo nervosismo. Lo conosco bene, ma non capisco il perchè di questo stato d'animo. Gli Hunger Games, quello per cui abbiamo lottato finora, ci hanno estratti, siamo fortunati, siamo Favoriti... siamo tributi. Ma poi capisco. Lo realizzo e la consapevolezza mi piomba addosso come un fulmine. Siamo entrambi tributi. Siamo rivali. Non possiamo vincere entrambi. Dovrò uccidere Cato. O lui ucciderà me. 

Al Palazzo di Giustizia me la sbrigo piuttosto in fretta. Saluto i miei genitori, sono fieri di me, dicono che se gioco d'astuzia e mi impegno ho le capacità per far fuori tutti gli avversari. Il sorriso soddisfatto torna a farmi visita mentre li saluto. Passa un po' di tempo durante il quale mi metto comoda a giocherellare con una ciocca di capelli, aspettando che vengano a prendermi.Invece, al contrario delle mie aspettative, la porta si apre di nuovo con un leggero scricchiolio.

Perplessa, mi alzo dalla poltrona per individuare l'intruso. Quando riconosco la corporatura minuta e i ricci dorati quasi mi viene un colpo, ma tutto quello che faccio è inarcare un sopracciglio e arricciare in naso. "Kelly." dico con aria glaciale. La ragazza avanza timidamente nella stanza trascinando goffamente i piedi. E' sempre stata così, imbranata e remissiva. Il suo atteggiamento mi ha sempre fatto imbestialire, non è passato giorno in cui non abbia cercato di spronarla, di farla reagire. Ma niente, lei sopportava i colpi, scuoteva la testa facendo ondeggiare i riccioli biondi mentre gli occhioni blu le si riempivano di lacrime. "Mi dispiace, non ci riesco!" piagnucolava di continuo. Era così debole. Non potevo sopportarla. Cato mi aveva più volte suggerito di lasciarla perdere. Ma non potevo farci niente. Per quanto la detestassi, non riuscivo ad abbandonarla a se stessa. Non era fatta per l'Accademia la piccola Kelly. Figurarsi per gli Hunger Games.
"Clove..." mormora con la sua vocina da uccellino. Roteo gli occhi già annoiata.
"Cosa?" chiedo io con asprezza "Se sei venuta qui per piangere, o peggio, cercare di consolarmi, puoi anche andartene, io sono felice di essere qui. E' quello che ho sempre voluto."
"Lo so!" mi interrompe con la voce tremante "Lo so ma... volevo solo farti gli auguri. Insomma... spero che tornerai... sarebbe davvero dura senza di te e poi... insomma... sei la mia unica amica..." il resto del discorso si perde in singhiozzi mentre la ragazza scoppia a piangere. Sospiro esasperata
"Va a casa Kelly." replicò infastidita. Mi guarda sconvolta con le lacrime che le rigano il viso. Annuisce appena mentre corre fuori dalla stanza. Resto ferma in piedi per un po' finchè lo scalpiccio delle sue scarpe non si sente più.

E' sempre stata un tipo strano Kelly. Amiche... ma guarda te che idee che si fa quella piagnona... scrollo le spalle e faccio appena in tempo a pensare che se fossimo state amiche magari avrei potuto parlarle della sgradevole sensazione del sapere di dover uccidere Cato, che dei Pacificatori entrano nella stanza per informarmi che il treno ci sta aspettando.

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Capitolo 2
*** Quello che loro vogliono ***


2. Quello che loro vogliono
 

Mi avvio velocemente verso la stazione e poco dopo arriva Cato ad affiancarmi. Non ci parliamo, non ci guardiamo. Davanti alle telecamere continuiamo ad ostentare quel sorriso sicuro e prepotente che sembra già essere diventato il nostro marchio di fabbrica. Entro nel treno diretta verso il mio scompartimento, non appena le porte si richiudono alle nostre spalle il treno inizia a muoversi. Mi ero sempre chiesta come fossero, ma dopo aver curiosato un po' mi annoio in fretta dei vestiti e dei ninnoli che sono custoditi nella mia camera. Non c'è niente di così speciale che non abbia già visto a casa. Sono un po' delusa ma scrollo comunque le spalle con noncuranza mentre mi sposto verso la parte del treno adibita a sala da pranzo.

Quando entro Cato, Demetria (la capitolina con la parrucca verde) e Niall, il nostro mentore, sono già seduti e sembrano discutere animatamente. Ad un certo punto Cato alza le braccia esasperato e con un gesto teatrale esce dalla stanza quasi travolgendomi.
"Cat-" non riesco nemmeno a chiamarlo, mi spinge di lato e per non cadere mi appoggio alla parete del treno. Lo guardo andare verso il suo scompartimento piantandogli nella nuca il mio sguardo furibondo meglio riuscito degli ultimi due mesi. Sposto quello stesso sguardo su Demetria e Niall. Demetria ha arricciato il naso e incrociato le braccia facendo una buffa smorfia di disappunto. Niall se ne sta zitto e impassabile come se non gliene importasse nulla. Faccio per aprire bocca ma prima che io possa emettere un solo suono Niall mi liquida con un gesto della mano invitandomi a lasciar perdere. Sbuffo irritata soffocando un'imprecazione e giro i tacchi tornandomene nella mia stanza.

Non c'è che dire, abbiamo un ottimo feeling. Sospiro lasciandomi cadere sul letto, scalcio via le scarpe e chiudo gli occhi per un attimo. Mi chiedo che cosa si stessero dicendo, e cosa possa aver fatto arrabbiare Cato in quel modo. Non che sia difficile farlo arrabbiare. Anzi. E io sono una seccatrice professionista per lui da quando eravamo due marmocchietti. Non passava un giorno senza che gli chiedessi di allenarmi con lui, senza che non stessimo appiccicati come insetto e carta moschicida. All'Accademia Cato era uno dei più bravi, era tenuto in alta considerazione da tutti quanti per la sua bravura e il suo impegno. Aveva talento per combattere. Talento per uccidere. Lo sapeva, ne andava fiero, e lo sfruttava. Sotto questo punto di vista non è affatto cambiato. Probabilmente è da quando sa camminare che i suoi genitori lo allenano per gli Hunger Games. D'altronde è un volontario.
Ero tentata di chiedergli come fosse andata al Palazzo di Giustizia ma ora che ci penso è facilmente immaginabile. I suoi si saranno congratulati con lui e l'avranno salutato con una frase tipo... "Ci vediamo alla tua premiazione, campione". Di certo la vittoria di Cato è tra le più probabili, assieme a quella dei tributi del distretto 1 e 4. Anche quelli di solito sono tra i Favoriti.

Buffo. Non riesco a pensare a me come ad una vincitrice. Nonostante sappia di avere la stoffa sono convinta che Cato meriterebbe di più la vittoria. Mi rigiro nel letto per un po' continuando a fare di questi pensieri e quindi sono quasi contenta quando Demetria viene a bussare alla mia porta. Esco e torniamo nella sala di prima, il tavolo colmo di cibo mi fa contorcere lo stomaco. Decisamente non ho appetito dopo aver passato l'ultima mezz'ora ad immaginare i modi per liberarmi degli altri tributi. Prendo posto e lanciò un'occhiata in tralice a Cato. Lui sostiene il mio sguardo per un po' poi lo abbassa sul suo piatto di agnello.
Dopo qualche momento di silenzio imbarazzante Niall inizia a parlare come se nulla fosse di tattiche di gioco e modi di combattere degli altri tributi. Io e Cato drizziamo improvvisamente le orecchie mentre ascoltiamo il nostro mentore. Quasi senza rendercene conto prendiamo entrambi parte alla conversazione.

Alla fine Niall si passa una mano tra i capelli grigio scuro e si appoggia allo schienale con un sorriso soddisfatto.
"Vedo che almeno quando si tratta di tecniche di sopravvivenza andiamo tutti d'accordo." io e Cato ci guardiamo a disagio, ma ancora una volta Niall ci toglie dall'imbarazzo "Ascoltatemi bene. La gente a Capitol City vi considera già dei favoriti. Venite dal Distretto 2, siete forti, siete spavaldi, fieri e pericolosi. L'idea che hanno di voi è questa e dobbiamo dare il massimo perchè non se la dimentichino, non solo durante la parate le interviste, quelle possono dare un piccolo vantaggio iniziale... ma il vero colpo lo dovete fare ai giochi." fa una pausa e ci fissa come per verificare se lo stiamo ascoltando. "Vi voglio uniti, aggressivi, violenti, precisi e letali. Dovete dare spettacolo. Dovete dare alla gente di Capitol City quello che vuole."
"Insomma... il sangue" dice Cato con un sorriso spaventoso mentre si lascia cadere sulla sedia "dobbiamo ammazzarli tutti vero?" guardo Niall come se mi aspettassi un rimprovero, cercare di ammazzare tutti subito è un suicidio... no? Ma il nostro mentore fa lo stesso sorriso da predatore di Cato e risponde: "Esattamente". 

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Capitolo 3
*** O forse... ***


3. O forse...


Le ore successive le passiamo a guardare i filmati della Mietitura negli altri distretti. Presto attenzione a quelli degli altri favoriti, devo sapere chi saranno i miei alleati. Quando passa la registrazione del nostro distretto noto con un certo orgoglio che sembro proprio sicura di me e in realtà anche Cato da sempre quell'impressione. Forse quella tensione me la sono solo immaginata... forse. Dopo il Distretto 4 presto poca attenzione ai filmati vedo di sfuggita una specie di colosso dal Distretto 11 e, sorpresa sorpresa, una volontaria dal Distretto 12.

Forse avrei dovuto fare più attenzione perchè dopo i filmati Niall ci chiede cosa ne pensiamo dei nostri avversari. Cato è piuttosto metodico, descrive quelli che più gli sono sembrati pericolosi e poi li smonta, dicendo in che modo potrebbe ucciderli. Poi Niall guarda me e in un primo momento mi sento colta in fragrante, perfettamente impreparata. Ma ringraziando il cielo, sono brava a mentire, ho una lingua tagliente quanto i miei coltelli e almeno avevo prestato attenzione al gigante dell'11. "Nessuno mi è sembrato particolarmente degno di nota. Forse quello dell'11... come si chiama? Trash? No aspetta... Tresh. Potrebbe farci divertire. Non sembra troppo facile da uccidere" faccio un sorriso cattivo "Ma scommetto quello che volete che non è veloce, e che siamo furbi il doppio di lui. Insomma non vedo particolari pericoli" concludo con una scrollata di spalle
"Qualcuno qui si sente molto sicuro di se" mi stuzzica Cato
"Puoi scommetterci" replico decisa a troncare la conversazione su nascere
"E dimmi, di grazia, cosa ti convince di essere così invincibile?" continua lui imperterrito.

Sono tentata di rispondergli che è la mia abilità con i coltelli da lancio, ma mi riderebbe in faccia, lo so. Lui sa usare i coltelli, la spada, la lancia e un' altra quantità spropositata di armi. Potrei scherzarci sopra... mentre sto ancora riflettendo la mia bocca parla da sola
"Naturalmente il fatto che sono così carina da mozzare il fiato agli altri concorrenti" dico sbattendo le ciglia e avvicinando il mio viso al suo. So benissimo di non essere COSI' carina; trattengo a stento le risate davanti alla sua espressione stupita e decido di andarci giù pesante "E poi c'è il piccolo particolare che sono in squadra con te, caro il mio killer" gli metto un dito sul naso e per una frazione di secondo mi pare di vederlo arrossire prima di allontanare la mia mano con un movimento secco. Sembra arrabbiatissimo, l'ho preso in giro per l'ennesima volta... e davanti al mentore. Mi allontano ridacchiando e decido di dare il colpo di grazia mandandogli un bacio sulla punta delle dita prima di sparire nel mio scompartimento. Faccio appena in tempo a vederlo assumere una tinta pomodoro prima di chiudermi la porta alle spalle, ma la sua voce passa anche la porta.
"DOPO FACCIAMO I CONTI, CLOVE!" urla furibondo, i suoi passi rimbombano finchè non raggiunge la sua stanza.

Appena sento silenzio scoppio a ridere. Non so nemmeno perchè mi diverto tanto a farlo arrabbiare. Forse è il fatto che mi piace vedere com'è quando depone la maschera di ragazzo sempre sicuro di se e padrone della situazione. Forse mi piace come serra la mascella e gli occhi azzurri smettono di essere glaciali accendendosi di qualche strano fuoco. Forse mi piace l'idea che possa arrossire se io gli mando un bacio o forse... che sto andando a pensare? Lo faccio perchè sono così e basta! Lo faccio perchè sono una favorita, sono crudele, spietata e Cato è un mio avversario. Gli sto solo facendo capire che sono forte quanto lui!  Tutto qui. E' assolutamente... tutto qui.

Improvvisamente mi assale il malumore. Torno a raggomitolarmi sul letto portandomi le ginocchia al petto, mi addormento rimuginando e quando mi sveglio poco dopo scopro che stiamo per arrivare a Capitol City. E questo significa telecamere. E significa anche "caccia di sponsor". Volo giù dal letto arrivando davanti allo specchio, tutto sommato non sono messa così male. Con un paio di colpi di spazzola sistemo i capelli castani che vanno a ricadermi sulle spalle, provo il mio sorriso più spavaldo e vedo che gli occhi mi brillano di eccitazione, manca solo che quelle quattri lentiggini che ho si mettano a ballare per completare la mia euforia. Al diavolo Cato e tutto il resto. Conquisterò tutti.
Mi lancio in corridoio e sento Cato alle mie spalle urlarmi qualcosa ma lo ignoro e mi affaccio al finestrino. Le strade e gli edifici di Capitol City si mostrano in tutta la loro ostentata bellezza in un'esplosione di colori, linee svettanti e abitanti chiassosi e colorati quanto la città. Il lusso e il fascino della Capitale mi entrano dentro riempiendomi di entusiasmo. Sotto di noi i cittadini urlano i nostri nomi e si sbracciano per salutare. Sul volto mi si apre lo stesso sorriso fiero e pericoloso che ormai sembra caratterizzare noi vincitori. Alzo un pugno con fare vittorioso e urlo un saluto alla Capitale, tutti protendono le mani verso di me, cercano la mia attenzione e io do loro quello che vogliono. Rivolgo a tutti il mio sorriso, ripeto il saluto, alzo entrambe le braccia esultando. Nella mia testa è già iniziato un calcolo. Quanti di loro sono possibili sponsor? Quante probilità ci sono che piaccia?

Ad un certo punto la folla esplode in un secondo boato di eccitazione. Ma non ho fatto nulla... anzi stavo per andarmene. Improvvisamente mi rendo conto di una presenza familiare dietro di me "Diamo loro quello che vogliono" mi sussurra Cato guardandomi di sfuggita. Inizialmente sorpresa, gli rispondo con un sorriso, poi esultiamo assieme alzando le braccia con le mani strette a pugno. Mi chiedo se valga come tregua o alleanza. A terra vanno tutti in delirio ma non posso stare molto a godermi la scena, il treno è già ripartito.

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Capitolo 4
*** Fuoco e fiamme ***


4. Fuoco e fiamme
 
Quando esco dal centro immagine sento la pelle prudere e pizzicare quasi come se mi fosse diventata piccola. Sono stata depilata, pettinata, lavata, esfoliata e truccata. Sono ancora troppo confusa per capire che cosa mi hanno fatto perché non lo capisco, non c'era un granché da fare per la verità, eppure ci hanno messo un'eternità per assicurarsi che non mi fosse rimasto nemmeno un pelo superfluo.
Non mi sono opposta, funziona così, e un tributo presentabile ha più opportunità di richiamare sponsor e poi se oltre ad essere letale posso essere anche affascinante... beh, ben venga. Il mio staff di preparatori mi ha lasciato qualche momento fa sola con il mio stilista e con addosso solo una specie di accappatoio che è così leggero che sembra fatto di carta velina. Me lo stringo addosso a disagio, dite pure quello che volete ma stare praticamente nudi davanti ad un estraneo mi indispone leggermente. Specie se quello non ti leva gli occhi di dosso un secondo e ti esamina dalla testa ai piedi quasi potesse vedere sotto a quel maledetto accappatoio... che poi non credo sia una cosa tanto difficile.
"Niente di che... ma ci si può lavorare su" dice con il petulante accento della Capitale "sono stilista da un bel po' sicuramente mi conosci... vedrai che compirò il miracolo, ti renderò graziosissima" dice tronfio con un sorriso tutto zucchero.
Certo che lo conosco. Capelli a spazzola dorati, occhi da gatto e pelle color carota, impossibile dimenticarsi di Lohan. Ma non voglio certo dare soddisfazione ad uno spocchioso stilista che mi definisce un mezzo disastro e vuole "rendermi graziosissima". Arricciò il naso in una smorfia e replico con tutto l'odio che riesco a mettere nella voce "Non l'ho mai sentita prima, e immagino che se l'avessi fatto mi ricorderei di questa specie di carota gigante. E forse non ha ancora parlato con il mio mentore ma l'obbiettivo non è rendermi graziosissima ma pericolosa. Deve esaltare la mia forza. Chiaro?" Lohan sgrana gli occhi chirurgicamente modificati e mi guarda come se avessi appena sputato nel suo piatto preferito. Emette un soffocato verso di stizza e bofonchia qualcosa sul suo "talento artistico represso" o qualcosa di simile.
So cosa sta pensando, che non sarà facile farmi sembrare forte, perché non lo sembro. Ho un corpo agile e scattante, sono allenata ma sono anche minuta e Cato mi ha sempre preso in giro per le mie "braccina sottili" paragonandomi ad un ramoscello. No, non sembro forte. Però lo sono. Sono sana, in forma. Conosco 30 modi di ammazzare una persona senza usare una lama e i coltelli da lancio sono un'estensione naturale del mio corpo. Non voglio usare i miei occhioni scuri o le mie detestate lentiggini per stregare il pubblico. Voglio che gli altri tributi mi temano, che vedano in me un feroce avversario. Voglio che vedano la verità e l'ho detto in faccia al mio stilista. Immagino che ora posso solo sperare.
*  *  *
 
Guardo la mia immagine riflessa nello specchio. Non è esattamente quello che avevo in mente ma non posso lamentarmi. Indosso un'armatura che ricorda quella di alcuni guerrieri antichi. E' fatta a scaglie, tutte d'oro, sulla testa ho un elmo sui cui lati si aprono un paio di ali, ho i capelli raccolti dietro la testa in una coda di cavallo e sul viso solo un filo di trucco. Meglio così, gli sponsor mi riconosceranno anche nell'arena. Faccio un giro su me stessa contemplandomi per intero. Nel complesso posso dichiararmi soddisfatta, quanto meno non è un abito fatto di paiette con ali da farfalla sulla schiena. Mi avvio verso i carri a passo sicuro e come al solito, Cato è già lì. Ci squadriamo a vicenda dalla testa ai piedi. Indossa un costume praticamente uguale al mio e lo stesso elmo alato. Su di lui però fa un altro effetto. Fa più paura. E’ bello e terribile: gli sponsor cadranno ai suoi piedi.
“Non male” commenta con un sorriso di scherno sulle labbra mentre mi fissa. “Considerato da che cosa si partiva davvero niente male” mi limito a rispondergli con un ringhio minaccioso. Lui ridacchia e poi ci dirigiamo al nostro carro.
Una volta saliti la musica d’apertura ha inizio, sparata ad un volume così alto che sembra rimbombarmi nelle ossa. Tutta Capitol City sta ascoltando e un brivido d’orgoglio mi corre lungo la schiena. I tributi del Distretto 1 scintillanti come gemme fanno davvero il loro effetto. Le porte si aprono e si sentono i ruggiti della folla.
Tipico di noi Favoriti.
Io e Cato prendiamo posizione, c’è un attimo, una frazione di secondo in cui credo di rivedere la stessa fugace espressione che aveva alla mietitura, ma come quella volta, è solo un attimo. Poi entrambi distogliamo lo sguardo e fissiamo dritti davanti a noi, appena il nostro carro fa il suo ingresso una seconda ondata di esultazioni ci travolge. Capitol City non ha occhi che per i Favoriti e io e Cato siamo tra quelli. Beati e senza alcuna insicurezza… almeno finché non sentiamo un altro urlo della folla.
Il numero del distretto non è quello che dovrebbe essere. 12. La folla sta urlando per il Distretto 12. Mi volto e per un attimo rimango senza fiato, poi stringo i denti e convergo molto in fretta l’ammirazione in rabbia cieca.
Katniss e Peeta stanno facendo fuoco e fiamme è proprio il caso di dirlo, i loro costumi sono spettacolari e tutta Capitol City pende dalle loro labbra. La volontaria sembra avere particolare successo mentre distribuisce baci a destra e a manca, la folla la chiama “KATNISS! KATNISS!”… sgualdrina. Cato deve notare il mio sguardo assassino perché inclina la testa verso di me e mi guarda perplesso.
“Clove?” non ho voglia di rispondergli
“Sta zitto” replico nera in volto praticamente ringhiando.
 
Dopo quella che mi sembra un’eternità tutti i 12 carri si posizionano nell’Anfiteatro cittadino, i carri si posizionano davanti al Presidente e con un ultima manciata di note la musica si conclude mentre lui ci da il benvenuto ufficiale. Negli schermi dove dovrebbero comparire i volti di tutte le coppie di tributi, vengono inquadrati un po’ troppo spesso i due del 12. Stringo i denti così forte da farli stridere tra loro, Cato continua a fissarmi e io continuo a fissare Katniss. Le telecamere sembrano non volerla lasciare andare, persino all’uscita, quando ormai è tutto finito e stiamo rientrando si soffermano di più sul carro rosso fuoco.
Appena ritorno dentro al Centro di Addestramento mi strappo l’elmo di dosso furibonda e lo scaglio di lato mentre impreco in una maniera che non dovrei nemmeno conoscere. I preparatori mi supplicano di non fare danni con le loro vocine stridule e a fermarmi è Cato che mi afferra saldamente per le spalle. Saggia mossa fermarmi adesso, se esplodo sono inarrestabile. Si vede che mi conosce il maledetto.
“Clove! Era solo la sfilata. Guardami. Capitol City ci adora lo stesso. Lo sappiamo come combatte il 12 non si faranno tutti incantare da un bel vestitino, va bene? Calmati” faccio un paio di respiri profondi e alla fine Cato mi lascia andare. A quel punto alzo lo sguardo verso di lui “Sono i nostri Hunger Games. E non permetterò a nessuno di portarmeli via. Tanto meno ad una sciacquetta del genere. Brucerà all’inferno” Nessuno ha il diritto di umiliarmi. Nessuno.

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Capitolo 5
*** Sotto accusa ***


5. Sotto accusa


 
In ascensore non pronuncio una sola sillaba, premo il pulsante talmente forte che ho l’impressione di sentirlo scricchiolare e poi mi appoggio alla parete. Ne Cato, ne Demetria, ne Niall, ne i preparatori mi rivolgono parola mentre l’ascensore sale e quando finalmente le porte si aprono e io posso uscire credo di sentire un sospiro di sollievo generale. Certo. Ora sono anche la pazza isterica con i coltelli da evitare assolutamente. Tanto meglio. Magari mi risparmiano un attacco di rabbia. Chi li vuole tra i piedi?

Percorro il corridoio a grandi falcate e finalmente mi sbatto la porta della mia stanza alle spalle. Con un ultimo moto di rabbia mi disfo del costume e mi fisso per un secondo nello specchio. Ho la faccia più incazzata di tutta Panem probabilmente. Tiro fuori dall’armadio un vestito a caso e cerco di distrarmi. Non sarebbe permesso, ma io ho portato una cosa da casa. Un anello. E’ di mio padre, perciò mi sta grande su tutte le dita compreso il pollice. Lo tengo in tasca o appeso al collo di solito. Mi butto sul letto rigirandomelo tra le dita. Mi chiedo come mi accoglieranno a casa quando avrò vinto i giochi. Perché sarò io a vincere. Dopo aver ucciso Cato. Sento una fitta al petto. Non riesco abituarmi a questa idea. E anche se non fossi io ad ucciderlo (cosa improbabile dato che sono praticamente l’unica ad avere idea di come combatterlo) lo farebbe qualcun altro.

Cato morirà. Cato non ci sarà più. Tornerò a casa e non lo troverò. Non parleremo più degli Hunger Games, ora ci siamo dentro, non ci alleneremo più assieme, non faremo sfide, non lo batterò più al lancio dei coltelli, non mi prenderà più in giro per la mia altezza… mi raggomitolo su me stessa sperando che il dolore diminuisca. Non so a cosa sia dovuto. Ma è come se al posto del cuore avessi un sasso: pesante e appuntito. E batte, batte… e fa male. Non so cosa mi succede. Non capisco più niente.
Quando Demetria viene a chiamarmi per la cena schizzo su dal letto. Mi sono addormentata, i miei capelli sparano in tutte le direzioni e sul cuscino c’è il segno di una piccola goccia d’acqua salata.

A tavola regna un silenzio teso che cerco di riempire facendo stridere la forchetta sul piatto nel modo più rumoroso possibile. Sono tutti infastiditi ma nessuno fa commenti, finchè dopo un acuto da record Demetria geme coprendosi le orecchie
“Oh per l’amore del cielo basta! È insopportabile! Un po’ di educazione Clove!” la fulmino con lo sguardo e subito lei chiude la bocca tornando a concentrarsi sul suo piatto. Io riprendo a fare rumore, ancora più forte di prima. Demetria geme di nuovo ma questa volta non dice niente. Niall sembra non avere dei timpani e se ne frega, dopo un po’ si alza senza dire nulla e lascia la stanza così ne approfitto per accompagnare la sua uscita di scena con un rumore particolarmente stridulo. Sono davvero di pessimo umore. Non era così che dovevano essere i miei Hunger Games. Dovevo essere sicura di me, beneamina di tutta Capitol City, spietata… non una ragazzina spaventata e trascurabile che fa sentimentalismi su chi uccidere o no. La forchetta piange ancora contro il piatto e una voce profonda chiama il mio nome riportandomi alla realtà.

“Clove” Cato. Mi fissa cupo, gli occhi di solito azzurro ghiaccio, hanno assunto un colore più scuro, come quello del mare in tempesta. Ha le sopracciglia corrugate ed davvero minaccioso, come quando combatte.
“Basta” e io la smetto. Appoggio la forchetta e lo fisso a mia volta con aria di sfida. Lui apre la bocca per parlare ma Niall rientra e si siede con un fracasso tale che i miei rumori della forchetta al confronto sembrano una serenata.

“Finito con la crisi, tesoro? Mi dispiace che tu non abbia vinto il concorso miss barbeque, ma ora qui abbiamo cose più importanti a cui pensare. Il 12 ha ottenuto l’attenzione di Capitol City è vero, ma riportarla su di noi è questione di un attimo se ci giochiamo le carte giuste. Il Distretto 2 non è famoso per gli abitini ad effetto. Il Distretto 2 è famoso per vincere” mentre parla mi pianta i suoi occhi argentei dritto in faccia con un’intensità tale che credo di cadere dalla sedia.

“Miss barbeque” mi strappa un sorriso, nonostante mi abbia infastidito quel “tesoro”, e mi fa pensare che dopotutto la ragazza del 12 non si è accaparrata un vantaggio irrecuperabile e che Niall ha ragione sul fatto che un bel vestito non l’aiuterà a rimanere viva nell’arena. E ha ragione anche sul fatto che il Distretto 2 è famoso per vincere. Annuisco appena e vedo il mio mentore fare un mezzo sorriso mentre si appoggia allo schienale della sedia dondolandosi all’indietro. Cato ha sollevato lo sguardo dal suo piatto e mi fissa di sottecchi. Io fingo di non accorgermene mentre rispondo a Niall
“Voglio distruggerla” dico giocherellando con la forchetta
“E lo farai” mi risponde serafico lui.
Soddisfatta faccio un cenno di saluto mentre mi alzo da tavola uscendo dalla stanza, poco dopo sento il rumore della sedia che striscia sul pavimento e passi fin troppo familiari che vengono nella mia direzione.

Accelero leggermente l’andatura ma evidentemente non sono abbastanza svelta, prima che possa infilarmi nella mia camera, vengo afferrata per un braccio e costretta a girarmi, mentre Cato mi trascina in una direzione sconosciuta.
Protesto sibilando e graffiandogli le mani, mentre cerco di liberarmi. Lui mi da uno strattone intimandomi di tacere e con un ultimo ringhio sommesso mi rassegno a seguirlo in silenzio fino ad una stanzetta che non avevo mai notato prima.

Una volta dentro mi rendo conto che dovrebbe essere una camera per il personale, mi chiedo perché diavolo mi abbia portato qui, poi realizzo che è uno dei pochissimi luoghi dove quello che facciamo non verrà registrato… aspetta, ma allora cosa vuole fare qui? Mi libero dalla sua presa e arretro di qualche passo mentre incrocio le braccia sul petto, fissandolo truce, ma la mia maschera si smonta in fretta quando vedo la sua espressione.

“Si può sapere che ti prende?” inizia, gli occhi azzurri che mandano lampi furiosi, le mani serrate a pugno, lasciate dritte lungo i fianchi
“Come sarebbe a dire? Ero arrabbiata per la sfilata, ora ho indirizzato la rabbia su qualcosa di produttivo. Va tutto bene, non creerò più problemi giuro. Mi dispiace Cato io…”
“Non è per quello, scema!” mi interrompe lui alzando le braccia al cielo esasperato. Lo fisso spalancando gli occhi? Come sarebbe a dire?
“Eh? Ma allora… per cosa?” lo fisso confusa cercando di capire che ho fatto… per la scenetta nel treno? Ma non se ne era più parlato e io… io non ci sto capendo più nulla. Borbotto delle scuse a caso, prossima ad andare nel panico, ma Cato mi interrompe di nuovo afferrandomi per le spalle
“Datti una calmata e lasciami finire di parlare, Clove” questa volta me lo dice un po’ più gentilmente e io faccio come mi dice annuendo. Lui prende un respiro profondo e mi lascia andare. Prima però mi ha stretto forte e mi sembra ancora di sentire la pressione dei suoi polpastrelli sulla pelle. Lo osservo mentre si passa una mano tra i capelli biondi e poi inchioda su di me i suoi occhi color ghiaccio.
“Mi stai evitando” dice in un soffio “e non capisco perché. Sono i nostri Hunger Games, potremmo morire in quell’arena. Lo so che ci hanno insegnato a non considerarla una probabilità, ma è così. POTREMMO. E uno di noi due lo farà per forza. Sono i nostri ultimi momenti assieme dove non dovremmo farci strada in un lago di sangue. Clove, sei la mia migliore amica, insomma, pensavo ti importasse” le labbra di Cato sono distese in una linea dura, severa, le sue parole mi suonano come un’accusa.

Ed è davvero buffo che dica che non mi importi, dato che lo sto evitando (questo è vero), proprio perché non riesco a concepire l’idea che lì dentro potrei essere costretta ad ucciderlo. E sono prossima a sbatterglielo in faccia, a dirgli che invece mi importa eccome, che sono spaventata all’idea di perdere il mio migliore amico, che il fatto che possa esserci un solo vincitore tra noi due mi fa star male… ma poi abbasso lo sguardo e mi fisso i piedi come se fossero la cosa più interessante del mondo. Che senso avrebbe dirglielo? Tanto una volta lì dentro nulla avrà più importanza, sarà vita o morte. Qualsiasi cosa gli dicessi ora, sarei costretta a rinnegarla in futuro. E piuttosto che essere accusata di essere una bugiarda, piuttosto che ferire il ragazzo che mi sta di fronte preferisco restare in silenzio. Sento lo sguardo di Cato puntato addosso, ma resto immobile.
Resto così aspettando la sentenza del giudice, poi lo sento espirare forte, quasi avesse trattenuto il fiato fino ad allora ed uscire a passo di marcia sbattendosi la porta alle spalle.

Forse non mi piace poi così tanto questo gioco.

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Salve a tutti! È la prima volta che mi prendo uno spazietto da autrice per parlare con voi gente. Wow, sono perfino emozionata! Allora, la nostra Clove finalmente accenderà il cervello, però purtroppo dovrete aspettare per vedere quello che combinerà. So che ultimamente sono stata di una lentezza a dir poco spaventosa ma ho avuto problemi di viaggi. Portate pazienza, è estate, e mi duole dirvi che ad Agosto non potrò assolutamente pubblicare nulla. Il motivo? Sarò in montagna in un paesino bellissimo e sperduto… ovviamente senza wi-fi. Comunque il mio caro PC sarà con me e quindi mi impegnerò al massimo per scrivere più capitoli possibile e pubblicarli quotidianamente una volta che sarò tornata. Spero che la storia vi piaccia, a presto gente e buona lettura!

Felixfair

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