Trapped in the golden cage

di Axelle_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - I see fire. ***
Capitolo 2: *** Capitolo I - Silenziosa come un gatto. ***
Capitolo 3: *** Capitolo II - La leggenda di Goker. ***
Capitolo 4: *** Capitolo III - Circondata. ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV - Tenere vicini gli amici. ***
Capitolo 6: *** Capitolo V - Scappando sotto i raggi di luna piena. ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI - Lacrime di una fuggitiva. ***



Capitolo 1
*** Prologo - I see fire. ***


       
 
 
As reason clouds my eyes,with splendor fading

illusions of the sunlight
. And the reflection of a lie will keep me waiting
. Love gone, for so long.
-Shattered-

 
 
 
Prologo.
I see fire.
 

Eva aprì gli occhi ma ci mise qualche secondo ad abituarsi al buio che la circondava.
Riconobbe, non seppe come, i profili degli alberi della foresta sulla collina di Orys.
Dei brividi le scivolarono lungo la spina dorsale, nonostante non ci fosse brezza, e quando si sfregò le braccia per riscaldarsi si accorse di essere nuda. Continuò a sfregare e sfregare fino a quando sulle sue braccia non spuntarono delle fiamme.
Eva urlò terrorizzata e cercò di liberarsene ma senza riuscirci.  
“Shhh” la riprese una voce.
Era poco più che un sussurro ma la ragazza lo sentì rimbombare nella propria testa.
Tremante, lei si zittì.
“Non abbiamo molto tempo” continuò la voce, che si era garantita la totale attenzione della giovane.
Il fuoco divampava sul corpo della giovane senza realmente bruciarla, bensì la stava avvolgendo come un abbraccio.
“Chi sei?” gracchiò con il tono più risoluto che riuscì a emettere.
“Non abbiamo molto tempo” ripetette la voce.
“Tra poco sarò tutto finito” continuò e continuò come una tetra cantilena.
Eva si tappò le orecchie e strizzò gli occhi, ma più cercava di non sentirla più la voce diveniva insistente.
Le doleva fisicamente, più del fuoco che aveva addosso.
“Basta!” pregò con la mascella serrata, cadendo in ginocchio tra le foglie, schiacciata da quella forza invisibile ma opprimente.
“Tra poco sarà tutto finito.”
L’ossigeno cominciò a mancarle, si accorse la ragazza con orrore.
Persino le fiamme che indossava iniziavano a scemare.
“Vieni da me.”
Eva annaspò più volte ma lentamente sentì le forze abbandonarla.
Proprio quando stava per smettere di lottare, una voce risoluta la chiamò.
“Eva” disse solamente quella, sovrastando l’altra più viscida e oscura.
“Apri gli occhi Eva” le ordinò dolcemente e rassicurata da quel tono candido, e lei lo fece.
Socchiuse gli occhi e da sotto le ciglia intravide il blu. Il blu di tutti i cieli e di tutti gli oceani del mondo.
Poi si svegliò.
 

 









Author’s wall.
Okay, sono piuttosto emozionata perché questa è la mia prima soprannaturale asdfghjkl.
Il prologo è un po’ misero, lo so, ma serve solo a stuzzicare la vostra curiostità ^-^ e spero di esserci riuscita!
Ringrazio di cuore Emma K. Cumberston per il banner <3
Spero che il prologo vi sia piaciuto e continuerete a seguire la storia :)
Aggiornerò ogni venerdì.
xx
Axelle.


 

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Capitolo 2
*** Capitolo I - Silenziosa come un gatto. ***



 
 
Capitolo I
Silenziosa come un gatto.
 
 

“Bella faccia” commentò  Lacey con un sorrisino appena accennato quando Eva salì nella sua auto.
“Non me ne parlare” mugugnò la mora appoggiando la testa al finestrino e socchiudendo le palpebre. Sospirò stancamente, guadagnandosi un’occhiata compassionevole dall’amica.
Lacey si mise dietro l’orecchio una ciocca dei suoi lunghi capelli neri e mise in moto l’automobile. Non che ci fosse veramente bisogno di un’automobile, a Orys. Piccola com’era, con una passeggiata potevi visitare tutta la città.
Ma Lacey era troppo viziata ed Eva troppo pigra per andare a scuola la mattina presto, così i signori Hoffort erano riusciti a procurargliene una. Anzi, più che una vera e propria auto per ragazze era una Jeep, ma nessuno si era mai lamentato.
“Un altro incubo?” indagò Lacey, guardando a tratti la sua migliore amica e a tratti la strada.
La moretta annuì. “Sempre il solito.”
“Magari stai solo impazzendo.”
“Magari.” Eva lasciò che un sorrisino le scappasse tra le labbra.
Lacey era la persona con il senso dell’umorismo più nero del paese, ma questa era solo la seconda cosa che amava più di lei. La prima in classifica era la sua innaturale schiettezza. E questo era più un male che un bene, ma nessuno aveva mai avuto il coraggio di contraddirla.
Anche perché era la ragazza più popolare della scuola, assieme a suo fratello gemello Kyle, totalmente l’opposto di lei.
In realtà non sapevano neanche loro come avevano fatto a ricevere quell’onore. Probabilmente era bastato ricevere un’occhiata da quei profondi occhi grigi e un sorriso ammiccante per i quali gli Hoffort si distinguevano dalla folla per farsi amare.
Fortunatamente, anche essendo la loro migliore amica, Eva non veniva considerata allo stesso modo.
“Sarebbe comunque la cosa più interessante, da queste parti” continuò Lacey senza ritegno.
Eva roteò gli occhi, sapendo che quel discorso stava affiorando sulle labbra della giovane Hoffort.
“Tu non sei stanca di vivere a Orys? Praticamente isolata dal mondo, intrappolata nella normalità di queste strade. Voglio un po’ di avventura, santo Goker!” sbuffò.
Goker era il fondatore di Orys, ed era l’orgoglio della cittadina, come dimostrava la statua in suo onore posizionata nella piazza, costantemente sotto gli occhi di tutti. Eva era cresciuta sentendo storie su di lui, ma anche dopo quindici anni e mezzo non riconosceva la sua gloria.
Per quanto le riguardava aveva soltanto costruito la sua città. Per tutti gli altri era un eroe antico, ma non si era mai informata molto sull’argomento.
“Facciamo così” iniziò a proporre Eva con un sorrisetto malefico. “Dato che sei così annoiata, che ne dici se andiamo in campeggio questa sera?”
“Siamo arrivate” mormorò in tutta risposta Lacey, improvvisamente silenziosa.
Scesero dall’auto e si diressero verso l’entrata della scuola.
Un folto vociare di studenti le accolse, ma una voce, quella di  
Kyle, le sovrastò.
“Ehi Nuvola, Blue” le salutò il più grande degli Hoffort, aggiustandosi la bombetta sul capo.
“Ehilà straniero” ricambiò Eva, colta dal buon umore. Adorava Kyle e Kyle adorava lei.
Quei tre erano cresciuti insieme, i gemelli Hoffort erano diventati la famiglia che Eva non aveva mai avuto (dato che viveva da sola con sua madre) ma con Kyle aveva una particolare intesa. In effetti, loro due erano molto più semplici di aspettative di quanto fosse Lacey e per questo andavano sempre d’accordo.
Eva non si ricordava esattamente quando Kyle aveva iniziato a chiamarla Nuvola, ma sapeva il perché.
 
“Sei proprio candida, come una nuvola. E guardi sempre il cielo, come se quella fosse la casa dalla quale sei stata strappata via. Ma un giorno troverai il tuo posto, Nuvola.”
 
Come in un codice silenzioso, Kyle unì il suo mignolo con quello di Eva. Era una cosa che facevano per abitudine, non aveva un senso vero e proprio, ma li faceva sentire a loro agio sapere che l’altro era lì. Quando Lacey se ne accorse chiese loro perché non si prendevano semplicemente per mano, ma loro avevano risposto che quello lo fanno solo le coppie.
“Non chiamarmi Blue” sbuffò la sorella, che odiava il suo secondo nome.
“E’ geloso perché lui non ha un secondo nome” lo prese in giro Eva, riservandogli però un occhiolino.
“Comunque questi sono per te” Kyle scaricò un pacco di fogli nelle mani di Lacey.
“Sono…?”
“I progetti per il ballo di primavera, divertiti” rispose il fratello, felice di sbarazzarsi dell’incarico.
Lacey trillò allegra, strinse i fogli al petto e si dileguò.
“Beh, se lo organizza lei almeno sapremo che sarà perfetto” commentò Eva, guardando l’amica allontanarsi.
“Da quando ti interessano queste cose?” chiese Kyle stranito, puntandole addosso gli occhi grigi e le lasciò il dito per circondarle la spalla con un braccio.
“Non mi interessano infatti.”
“Menomale, pensavo ti stessi trasformando in una ragazza” il moro simulò un finto sospiro di sollievo, guadagnandosi un pugno sul braccio.
“Questo ti sembra da ragazza?”
“No” represse un versetto dovuto al dolore e la ragazza sorrise trionfante.
La campanella interruppe il loro botta-e-risposta e si trovarono costretti a dividersi.
“E comunque preparati” Eva alzò la voce per farsi sentire dall’amico, ormai lontano. “Questa sera si va in campeggio!”
 
 
* * *
 
“Che stai facendo?” la madre di Eva assottigliò lo sguardo e osservò attentamente la figlia, che stava riempiendo il suo zaino con un paio di torce, una giacca di riserva e una coperta.
La ragazza alzò le sopracciglia e indicò con gli occhi lo zaino che teneva stretto tra le mani, come se fosse ovvio.
“Non ci pensare neanche” le proibì la madre.
Eva spalancò la bocca, sorpresa da quell’atteggiamento. Certo, la madre era sempre stata iperprotettiva nei suoi confronti, ma in quel momento stava proprio esagerando.
“Mi stai vietando di uscire?” chiese retoricamente, già sul piede di guerra.
“Ti sto vietando di andare nel bosco. C’è un motivo per cui la gente ne sta alla larga.”
“E sarebbe?”
La donna esitò un secondo, prima di ripetere: “Tu non ci andrai” e andarsene.
Eva gonfiò le guance, ma decise di non arrendersi.
Chiuse la zip dello zaino e lo nascose sotto al letto. Erano solo le sei, i ragazzi sarebbero passati a prenderla alle nove, c’era ancora tempo.
Per le tre ore rimanenti si comportò decentemente, rispose solo se interpellata  e cercò di contenere il livello di goffaggine.
Eva ammucchiò i patti in una pila e sparecchiò la tavola dove avevano appena cenato, e di tanto in tanto buttava un’occhiata all’orologio appeso sulla parete gialla della cucina.
“Eva” la richiamò la madre appoggiata al lavello.
La ragazza cercò di reprimere un sospiro e pregò silenziosamente di riuscire a concludere in fretta la faccenda. Non aveva detto niente a Kyle e Lacey e sperava che non avrebbero suonato il clacson una volta arrivati.
“Sì?” chiese a labbra strette.
“Lo so che a volte sono insistente, ma fidati di me se ti dico che faccio tutto questo perché ti voglio bene.”
La donna strinse le braccia della figlia, che rimase sorpresa da quel raro gesto d’affetto.
“Non voglio che tu vada nel bosco questa notte, d’accordo?”
“Perché no? Perché pensi che sia pericoloso?” provò Eva, senza risultati.
“D’accordo” pronunciò, concentrandosi sulle lentiggini che decoravano il viso della madre piuttosto che guardarla negli occhi.
Poi spezzò quello strano silenzio con un finto colpo di tosse.
“Ora sono veramente stanca, vorrei andare a letto. Questa notte non ho dormito molto bene” si giustificò, non mentendo completamente.
La madre annuì comprensiva e la lasciò andare.
Eva salì velocemente le scale e si intrufolò nel letto. Infondo conosceva sua madre e sapeva che non le credeva completamente: sarebbe venuta a controllarla.
Controllò nuovamente l’ora dalla sveglia sul comodino accanto a lei. 20: 49. Undici minuti. Gli Hoffort erano terribilmente puntuali, si ricordò con orrore.
Lo scricchiolio della porta diede alla ragazza la conferma che le serviva.
Anche se era girata dalla parte opposta, poteva percepire lo sguardo della madre addosso. Iniziò ad ansimare silenziosamente, un po’ per l’agitazione e un po’ per il calore delle coperte nelle quali si era avvolta.
Aspettò ancora un paio di minuti prima di alzarsi.
Sentiva la televisione accesa al piano di sotto, ma aveva già escluso di poter uscire dalla porta.
Tirò fuori lo zaino e se lo mise in spalla. Aggiustò alla meno peggio dei cuscini sotto le coperte, come aveva visto fare in numerosi film e pregò che funzionasse.
Poi il suo sguardo si rivolse alla finestra che dava sul giardino. Sei minuti.
La aprì il più silenziosamente possibile e pensò attentamente a quale osso teneva di meno e che poteva quindi sacrificare per il salto.
Fortunatamente quel giorno non aveva piovuto e quindi non avrebbe corso il rischio di scivolare da qualche parte.
Per primo buttò lo zaino, che atterrò con un tonfo.
Eva si premette le labbra e corrugò il viso. Aguzzò le orecchie ma sembrava ancora tutto tranquillo. Tre minuti.
Portò una gamba fuori e rimase aggrappata al bordo della finestra con entrambe le mani mentre portò fuori anche l’altra.
Un sospiro tremolante le sfuggì dalle labbra quando si trovò a penzolare a diversi metri da terra.
Chiuse gli occhi e pregò il cielo, le stelle, la luna e persino Gorke di uscirne indenne.
Poi lasciò la presa. Al contrario delle sue aspettative, atterrò perfettamente sui suoi piedi, silenziosa e aggraziata come un gatto.
Represse una risata di sollievo, raccolse lo zaino e si buttò in mezzo alla strada dove per poco non fu investita da una Jeep con i fari spenti.
“Tempismo perfetto” sospirò pesantemente Eva dopo lo spavento iniziale.
Si avvicinò al finestrino semi abbassato e ordinò a Lacey, prima che lei potesse farle la ramanzina per essere stata così poco attenta alle leggi della strada, di fare retromarcia con l’auto e parcheggiare in fondo alla via.
“Perché lo abbiamo fatto?” chiese la mora una volta fuori e lontano da casa Bennet.
“Perché tecnicamente io non potrei uscire di casa” spiegò Eva con un sorrisino.
“Ma che ragazza trasgressiva” commentò divertito Kyle scompigliandole i capelli.
“Quindi ci tocca andare a piedi?” chiese retoricamente Lacey, già stanca.
“Non vorremmo avere qualche testimone della nostra uscita proibita no?” la stuzzicò Eva.
“Io pensavo che oggi scherzassi” si lamentò la moretta.
“Hai detto tu che volevi un po’ di avventura o sbaglio?”
“Okay, che dite se andiamo ora?” s’intromise Kyle, scaricando dall’auto un borsone.
“E ai vostri genitori che avete detto?” cambiò ancora discorso Eva.
“Riunione scolastica dell’ultimo momento” scrollò le spalle Lacey, così abituata a mentire che non si sentiva minimamente in colpa.
Un sorriso affiorò sulle labbra della giovane Bennet, che scosse la testa lievemente divertita dall’intera situazione.
“Allora sbrighiamoci” li spronò, e i tre sgattaiolarono via per le strade buie e silenziose di Orys.
 










Author’s wall.
Come promesso, eccomi con il primo capitolo. Spero vi sia piaciuto!
Ringrazio di cuore le ragazze che hanno recensito il prologo e quelle che hanno messo la storia tra le preferite/ seguite/ ricordate.
Significa molto per me e mi fa piacere che il mio lavoro sia apprezzato ^-^
Mi farebbe piacere se lasciaste una recensione, per sapere cosa ve ne pare del capitolo.
A venerdì prossimo, allora.
xx
Axelle.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo II - La leggenda di Goker. ***



 
Capitolo II
La leggenda di Goker

 
 
“Siamo proprio sicuri che vogliamo farlo?” chiese Lacey stringendosi nella sua giacca con fare insicuro e puntando la torcia verso il buio.
“Non viene chiamata ‘Foresta della perdizione’ per niente” continuò a borbottare.
Eva e Kyle alzarono all’unisono gli occhi al cielo.
“E’ solo una leggenda, dai” la spronò l’amica varcando i confini del bosco e cominciando a camminare senza una meta.
Kyle la seguì a ruota, aggiustandosi il pesante borsone sulle spalle.
Lanciò un’occhiata alla sorella che riluttante, entrò.
Le foglie secche scricchiolarono sotto i piedi dei ragazzi mentre camminavano. Non seppero per quanto andarono avanti e si fermarono solo quando si sentirono leggermente stanchi.
“Qui è perfetto” esordì Eva lasciando cadere a terra lo zaino.
Kyle annuì e fece lo stesso. “Ma dov’è Lacey?” chiese poi notando la sua assenza.
I due si guardarono, un lampo di preoccupazione celata nei loro occhi.
“Lacey?” chiamò Eva ad alta voce.
“Lay?!” la imitò il moro. Un fruscio li fece sobbalzare.
La ragazza puntò la torcia verso la direzione da cui era venuto il suono, ma quel filo di luce fu inghiottito dalla profonda oscurità del bosco.
“Lacey?” mormorò allora Eva avvicinandosi.
“Eccomi” la diretta interessata uscì dal buio più tranquilla che mai.
I due ragazzi sospirarono sollevati.
“Dov’eri finita?” le chiese allora duramente il fratello.
“A lasciare una traccia, sai, per tornare indietro” disse ovvia Lacey.
In effetti, valutò Eva, non ci avevano proprio pensato.
Ma la sensazione di angoscia continuava ad attanagliarle lo stomaco, e non sapeva il perché.
I suoi sensi erano al massimo, in allerta di qualche possibile pericolo, ma tuttavia il bosco pareva tranquillo.
“Dai, vediamo se riusciamo ad accendere un fuoco.” Kyle posizionò le mani sui fianchi e si guardò in giro in cerca di rametti.
“E non allontanatevi troppo” ricordò, lanciando un’occhiataccia alla gemella, che si strinse nelle spalle.
 
* * *
 
Lacey guardò con riluttanza il suo sacco a pelo steso a terra.
“Odio il campeggio. E odio questo posto” si lamentò sfregandosi le mani sul fuocherello che erano riusciti ad accendere.
“E allora perché sei venuta?” la provocò Kyle.
“Perché sono maledettamente orgogliosa” borbottò lei in risposta, mettendo il broncio.
Eva li guardò divertita. Stirò le braccia verso l’alto e incrociò le gambe.
“Non ho ancora capito perché sei così paranoica” diede voce ai suoi pensieri.
“Insomma, è piuttosto tranquillo.”
Lacey sbuffò. “C’è un motivo se si chiama Foresta della Perdizione” ripetette.
Evidentemente anche lei, come la madre, era fin troppo attaccata alle leggende di Orys, pensò Eva rassegnata.
Ma dato che non avevano niente di meglio da fare, decise di indagare sul perché.
“E quale sarebbe questo motivo?”
“Millenni fa, ancor prima che Orys fosse costruita, questa era una landa desolata” iniziò a spiegare Lacey con gli occhi che le brillavano.
“Nessuno veniva qui. Molti avevano ragione di credere che questo fosse un luogo maledetto. Il luogo della caduta.”
“Il luogo della caduta, e cioè?” ridacchiò Eva, cominciando a sentirsi a disagio. La sua amica era fin troppo brava a raccontare quel genere di storie, ecco perché non lo faceva mai in sua presenza. La inquietava.
“Dove atterrò Lucifero una volta cacciato dal Paradiso, ovviamente.”
“E tutto questo cosa centra con Goker?” sbuffò Eva, lanciando un’occhiata a Kyle. Ovviamente lui questa storia già la conosceva, aveva solo deciso di non crederci quindi non gli interessava molto.
“Fammi finire” disse Lacey scocciata, e la giovane alzò le mani in segno di resa, decidendo di lasciare i commenti alla fine.
“Goker era un uomo dall’animo puro. Tutti lo conoscevano ma pochi sapevano che attività trattava: molte città erano in guerra tra di loro e chi si rifiutava di combattere veniva additato come ribelle. Ma lui non credeva nella guerra, nonostante il suo paese non era in conflitto con nessun altro, bensì nella pace. E così ospitava nella sua casa i cosiddetti ribelli, nascondendoli da occhi indiscreti. Ma ben presto i ribelli aumentarono e divenne pericoloso per loro, così attraversò le colline con quelli che vollero seguirlo e arrivarono qua. Uomini e donne costruirono Orys, un intero paese, dalla polvere. Ma molti erano ancora scettici sulla maledizione” si fermò un attimo per riprendere fiato, mentre Eva si guardò intorno. Sforzandosi, riusciva anche a intravedere la cima delle colline attraverso gli alberi.
“Ecco, di Goker si dice che in realtà fosse uno stregone. Lui, per il bene dei suoi protetti, alzò un incantesimo di protezione sulla città.
Tutti erano al sicuro, benchè non fossero usciti dal confine. Cosa che noi abbiamo fatto, comunque” borbottò amareggiata, guadagnandosi un’occhiata annoiata da Kyle.
“Comunque. Si viveva in pace, a Orys, ma non era abbastanza. Un uomo in particolare, di cui non si conosce il nome, decise di spodestarlo e prendere il controllo del paese. Goker era troppo innocente per sospettare una cosa del genere. Venne mandato in questa foresta, dove era stato ordinato di farlo uccidere.
Il sicario incaricato non pronunciò parola da quando tornò dalla missione. Al massimo balbettava poche parole incomprensibili, che non erano tenute di conto. Dopo tre giorni si suicidò e nessuno seppe mai cosa successe nella Foresta” concluse Lacey.
“E perché è chiamata Foresta della Perdizione?” chiese allora Eva curiosa.
“Perché o ci perdi la testa o ci perdi la vita. E grazie per la favola della buonanotte” s’intromise Kyle, rifugiandosi all’interno del suo sacco a pelo e rannicchiandosi in attesa di cadere tra le braccia di Morfeo.
Le ragazze lo imitarono.
“Ma solo se arrivi fino al centro della foresta” aggiunse Lacey, prima di girarsi e chiudere gli occhi.
Eva prese fiato. Stranamente aveva accumulato tutto il peso di quelle parole.
La ragazza sbadigliò, colta da un sonno improvviso e quando chiuse gli occhi si addormentò all’istante.
 
* * *
 
Eva si tirò su di scatto, aprendo però gli occhi con estrema lentezza.
Il crepitio del fuoco era l’unico suono che riempiva la folta foresta.
“Ragazzi?” chiamò stranita quando si accorse di essere da sola.
Poi capì. “Okay, scommetto che vi siete messi d’accordo, tu e Kyle: la leggenda e tutto il resto. Beh, missione fallita” disse alzandosi in piedi. “Non sono affatto spaventata” pronunciò orgogliosa.
Afferrò una torcia e si guardò intorno, ma sembrava non esserci traccia di Lacey e Kyle.
Strinse le labbra e accettò silenziosamente la sfida. Volevano farsi trovare? Il buio non l’avrebbe fermata. E senza un attimo di esitazione si addentrò nella foresta.
“Vieni” udì una voce. “Vieni da me” sussurrò come un serpente.
Eva sentì come se avesse già vissuto quella scena, ma al momento le sfuggiva il motivo.
Continuò a camminare verso la direzione della voce. La torcia aveva già smesso di funzionare ma la ragazza non se ne era accorta.
A guidarla c’era la luce della luna.
Poi tutto iniziò e tremare. Eva puntò i piedi a terra e si fece forza per non cadere, strizzò gli occhi e quando li riaprì…Quando li riaprì si ritrovò sdraiata nel suo sacco a pelo. Era stato solo un sogno. Un altro.
Un paio di occhi blu stavano fissando la ragazza preoccupata.
In ginocchio dietro la sua testa, uno sconosciuto era curiosamente piegato su di lei.
Eva ansimò presa alla sprovvista e il ragazzo sorrise con evidente sollievo. Si alzò in piedi con un balzo e si dileguò prima che Eva ebbe il tempo di chiedergli chi fosse.
Perfetto, pensò, ora ho anche le allucinazioni.
Controllò gli altri sacchi a pelo e questa volta trovò Lacey e Kyle a sonnecchiare tranquillamente.
Intanto però, Eva non era sicura che sarebbe riuscita a fare lo stesso.
 
 
 
 
 
 

 
 
 
Author’s wall.
Aloha everyone :) cosa ne pensate del capitolo? Lo so che stiamo andando un po’ a rilento con la storia ma fra pochi capitoli comincerà la vera avventura, promesso.
Ringrazio le ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo e anche quelle che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate <3
Mi scuso per eventuali errori di ripetizione (controllo sempre il capitolo prima di postarlo ma qualcosa può sempre sfuggire u.u)
Ho anche intenzione di creare una pagina per il mio profilo, dove linkare eventuali spoiler e aggiornamenti anche di questa storia, che ne pensate?
A venerdì prossimo!
xx
Axelle.
 
P.s. se volete farvi un’idea di come sono i personaggi, per Eva immagino Shelley Hennig, per Lacey Camila Cabello e per Kyle Joshua Brand ;)

 

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Capitolo 4
*** Capitolo III - Circondata. ***



  
 
Capitolo III
Circondata.
 

Kyle lanciò un’occhiata stranita a Eva, mentre camminavano sulla via del ritorno.
“Come mai così silenziosa?” le chiese allora afferrandole una spalla. Lei sobbalzò impercettibilmente, ma la cosa non sfuggì comunque all’attenzione del ragazzo.
“Ti lamenti sempre della mia bocca larga” si giustificò Eva farfugliando.
Lacey intanto camminava imperterrita davanti a loro, impaziente di uscire da quel posto. Non si era nemmeno dimenticata di mettere la sveglia al suo cellulare: non sia mai che sarebbero arrivati in ritardo a scuola. La puntualità degli Hoffort era micidiale.
“Sai che puoi dirmi tutto, vero?” domandò retorico.
Lei annuì mentre trascinava stancamente le gambe a terra.
Kyle s’imbronciò preoccupato ma decise di lasciarla in pace. Per ora.
 
Appena messo piede a scuola, i tre ragazzi riuscirono persino a percepire che c’era qualcosa di diverso quel giorno.
 Lacey venne subito trascinata via dal gruppo di ragazzi del Consiglio Studentesco per questioni che riguardavano il Ballo di Primavera.
In una silenziosa richiesta, Eva allungò le dita verso quelle di Kyle, che unì i loro mignoli.
“Kyyyle!” i due udirono una voce stridula, che poteva appartenere a una sola persona.
“Ciao Amber” salutò Kyle. La ragazza lo abbracciò di slancio, spezzando l’unione di Eva dal ragazzo, che le chiese scusa con lo sguardo.
“Lochart” disse solamente la moretta.
“Bennet” ribattette l’altra, alzando un sopracciglio altezzosamente.
Non c’era persona al mondo che Eva odiava più di Amber Lochart: un metro e settanta di pura cattiveria. E odiava ancora di più il fatto che fosse fidanzata con il suo migliore amico solo per la ‘fama’.
Amber era infatti la terza persona più popolare della scuola dopo i gemelli. Appena se ne era resa conto, aveva sfoderato gli occhioni verdi ricalcati di mascara e si era convinta di aver fatto cadere Kyle ai suoi piedi. In realtà lui era ben consapevole delle vere intenzioni di Amber ma non se ne era mai curato, la popolarità non gli interessava minimamente e aveva una ragazza solo di titolo. Solo per svago, anzi.
Nonostante questo, Eva non riusciva proprio a vederla senza che una smorfia di disgusto le apparisse sul viso.
“Cos’è tutta questa eccitazione?” chiese Kyle che aveva intercettato gli sguardi di fuoco che si erano lanciate le due ragazze e si era premurato di cambiare discorso prima che scoppiasse la guerra.
Amber cambiò totalmente espressione. “Lo diresti mai? Sono arrivati dei nuovi studenti!” trillò.
Eva mugugnò sospettosa. Chi mai avrebbe scelto di trasferirsi in una città così isolata e soprattutto iscriversi a scuola nel bel mezzo dell’anno scolastico? C’era qualcosa che non la convinceva.
“Studenti? Più di uno?” indagò Kyle che la pensava come la sua migliore amica.
“Esatto. In realtà credo che siano cugini, tre ragazze e due ragazzi” spiegò Amber elettrizzata. In effetti, era proprio una notizia bomba da quelle parti.
“Beh, sono proprio curioso di conoscerli. Tu che ne dici Nuvola?”
Eva annuì. Conoscere quei ragazzi era appena salito in cima alla lista delle sue priorità.


 
Eva scoprì che non fu necessario cercare quei ragazzi, dato che loro, a quanto pare, si facevano trovare da lei.
Chiuse l’armadietto di scatto e si trovò davanti due facce sconosciute.
“Ciao” disse quella più bassa con un sorrisino. Eva non riuscì a fare a meno di chiedersi se la frangetta di capelli ramati non le desse fastidio calata sugli occhi chiari.
“Ciao” rispose con leggera insicurezza. “Posso aiutarvi?”
“In effetti sì” prese parola l’altra. Al contrario dell’altra ragazza, i suoi capelli biondi erano raccolti in una treccia laterale, lasciandole scoperto il viso ovale e gli occhi color cobalto.
“Ci siamo perse” spiegò con leggerezza.
Eva si chiese com’era possibile dato che la scuola non era poi così grande, ma decise di non ribattere e prestare loro soccorso.
“Ehm, che lezione avete?” chiese allora.
“Storia e Civiltà” risposero all’unisono, sorprendendola.
“Oh, anche io. Vi accompagno” disse sempre più stranita dalla situazione.
“Io mi chiamo Eva. Eva Bennet.” cercò di rompere il ghiaccio, dipingendosi in viso un’espressione rassicurante. Doveva essere difficile trasferirsi di punto in bianco in un posto così sperduto e voleva farle sentire a loro agio nonostante tutto.
Uno strano sorriso affiorò sulle labbra della più piccola, ma Eva non se ne accorse.
“Io sono Summer, e lei è mia cugina Autumn” prese parola la bionda.
“Summer…E Autumn?” chiese in conferma Eva, cercando di trattenere una risatina. Certo che i loro genitori ne avevano avuta di fantasia coi loro nomi.
Le due rimasero in silenzio e Eva pensò di averle offese, così decise di cambiare discorso.
“Come mai vi siete trasferite?”
“Questioni di forza maggiore” rispose semplicemente Autumn.
“Ehm, ho sentito che siete tutti in famiglia?”
“Esatto” rispose Summer più dolcemente. “Io, le mie cugine Autumn e Winter.” Eva trattenne nuovamente un guizzo di divertimento, non voleva sembrare una maleducata.
“Suo fratello John e-“
“E siete in ritardo” commentò il professore quando le ragazze entrarono in classe.
Eva ghignò mentre le altre due abbassarono il capo. Quel professore era un bonaccione, non avrebbe detto loro niente.
La mora prese posto al suo solito banco mentre le altre due ragazze vennero trattenute per le presentazioni.
Non dissero niente di più di quello che avevano detto a lei, ma Eva era stranamente curiosa di sapere la loro storia.
Quando il professore pronunciò le fatidiche parole “Scegliete un posto”, Autumn e Summer si fiondarono una nel banco di fianco e una in quello davanti, circondandola.
Doveva immaginare che si sarebbero messe lì. Ci aveva messo due mesi a guadagnarsi quell’angolo di pace, lontana dal resto dei suoi compagni e ora il suo sogno di tranquillità era già sfumato.
Guardando il lato positivo però, ora almeno aveva una scusa per parlare con loro.
 
* * *
 
Eva fece strada a Summer e Autumn verso il giardino della scuola, che veniva utilizzato come ritrovo per il pranzo. Silenziosamente si era presa le due ragazze sotto la sua ala protettrice. Voleva rendere loro le cose più facili almeno i primi giorni.
“Che carino” commentò la bionda sorridendo e guardandosi intorno. Autumn le seguiva silenziosamente.
“Nuvola! Dove eri finita?” Kyle la afferrò da dietro e Eva si lasciò andare in una risata divertita. Lo sguardo si Summer si assottigliò impercettibilmente, mentre stava osservando il ragazzo.
“Voi due dovete essere le ragazze nuove, io sono Kyle” si presentò sorridendo confortante. Summer assunse uno sguardo altezzoso e rimase in silenzio mentre la più piccola lo fissava insistentemente.
In poche ore Eva aveva capito che Autumn cercava di evitare di parlare se non strettamente necessario, perlopiù la bocca di Summer parlava per lei.
Dopo un secondo di silenzio imbarazzante, decise di prendere parola Eva: “Loro sono Summer e Autumn.”
“Piacere. Vi unite a noi?” continuò cercando di intavolare una conversazione, ma Summer non voleva sentir ragione, a quanto pareva.
“Sì” sibilò semplicemente la più piccola, guardandolo da sotto le ciglia.
I quattro ragazzi si incamminarono alla ricerca di uno spazietto isolato di verde dove potersi sistemare.
Dall’altra parte del giardino, Winter li fissava incuriosita.
“Non hanno perso un secondo vedo” commentò il ragazzo accanto a lei, ghignando leggermente.
“Forse è meglio così” ribattette l’altra, ricevendo in risposta una scrollata di spalle.
“Li raggiungiamo?” aggiunse poi. Il biondo si infilò le mani intasca e scosse la testa negativamente.
“Non voglio sopraffarla.”
“Dov’è Hadrian?” cambiò allora discorso la ragazza, appoggiando le spalle al muro e incrociando le braccia, distogliendo definitivamente  lo sguardo dal quadretto che Eva aveva costruito.
“Non ne ho idea, ma spero che non stia combinando guai.”
“E’ Hadrian” sottolineò la mora con sarcasmo.
“Dai, andiamo a pranzare, Winter” la spronò poi il ragazzo, dedicando una particolare attenzione all’ultima parola.
“Come vuoi, John” rispose con un risolino, e insieme si allontanarono.




 






Author’s wall.
Aloha! Mi scuso per non aver pubblicato ieri ma ho totalmente perso la percezione del tempo ^^” Sto studiando per l’esame che devo fare giovedì e i miei pensieri sono tutti concentrati sullo studio. Povera me. Anche per questo mi scuso per eventuali errori di battitura e/o ripetizione, non ho avuto modo di ricontrollare.
Coooomunque finalmente entrano in scena dei nuovi personaggi *^* non tutti però, ma vabbè. Mi rifarò nel prossimo capitolo uwu
Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo e ho notato che molti di voi shippano Kyle ed Eva, aw <3
Se avete tempo mi piacerebbe che lasciaste una piccola recensione, sono solo undici paroline *^*
Detto questo, torno nella mia tana a studiare.
xx
Axelle.

P.s. continuando sulla linea dei prestavolto come nello scorso spazio autore, per Summer mi immagino Hermione Corfield e per Autumn Liana Liberato :3

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Capitolo 5
*** Capitolo IV - Tenere vicini gli amici. ***



 
 
Capitolo IV
Tenere vicini gli amici.
 
 
I corridoi brulicano di studenti che vociferano eccitati.
“Che succede?” chiese Summer con espressione corrugata, rivolgendosi ad Eva.
“Ehm, il Ballo di Primavera” rispose quella, leggermente distratta.
Cercava con gli occhi Lacey, che il giorno prima non era riuscita nemmeno a incrociare per i corridoi. E che quella mattina le aveva dato buca. Probabilmente è impegnata con qualche scartoffia per il Ballo, pensò, ma non potette fare a meno di restare un po’ amareggiata.
A farle compagnia compensavano però Summer e Autumn. Stranamente non aveva ancora incrociato il resto della famiglia, ma per quello c’era tempo.
“Un Ballo?” ripetette stranita Summer, squadrando l’ambiente circostante. Eva alzò le spalle.
“La scuola non è grandissima, ma non ci facciamo mancare nulla” rispose con un sorrisino, quasi fiero.
Autumn, come al solito, camminava composta seguendo la cugina e senza proferire parola.
“Mi piace” commentò la bionda pimpante arricciandosi tra le dita una ciocca di capelli che le cadeva dolcemente sul dolcevita bianco che indossava quel giorno.
“Non c’è bisogno di un cavaliere di solito per queste cose?” s’intromise Autumn, gli occhioni azzurri intenti a scrutare Eva con interesse.
“Già.”
“E il tuo chi è?” s’intromise sfacciatamente Summer, bloccando Eva agli armadietti dietro di lei.
“Oh, io non ci vado ovviamente” rispose tranquillamente lei,
scaturendo un mugolio insoddisfatto da parte di Summer.
“M-ma non puoi!”
Eva inarcò le sopracciglia, confusa da quella reazione.
“Insomma, sei l’unica ragazza che conosciamo… non puoi lasciarci sole!”
“Non ho un cavaliere, non-“
“Se posso intromettermi.” Davanti a Eva si parò un alto ragazzo biondo, che la inchiodò con i suoi occhi nocciola.
“Io sarei felice di accompagnarti, per la felicità delle ragazze.” Indicò con un cenno del capo Summer e Autumn. Quest’ultima aveva le labbra arricciate in un piccolo sorriso consapevole.
“E tu saresti?” chiese Eva leggermente sulla difensiva –come ogni volta che si trovava faccia a faccia con un ragazzo che, ovviamente, non fosse Kyle- appiattendosi contro gli armadietti.
“John.”
“John…?”
“John Smith.”
Il viso di Eva si contrasse in una espressione scettica ma la serietà nel tono del ragazzo faceva intendere che non la stava prendendo in giro. Nonostante il suo fosse il nome più comune mai esistito.
“Il cugino di queste due signorine” diede poi voce ai pensieri della ragazza, sfoderando un enorme sorriso incoraggiante.
Eva annuì. Quel ragazzo aveva qualcosa che la intrigava e attirava: forse era il modo in cui la stava fissando. Inoltre Eva si era accorta che ogni volta che gesticolava le sue dita si avvicinavano a lei come per sfiorarla, ma non la toccavano mai.
E stranamente, la sensazione che le trasmetteva le piacque e la fece rilassare.
“Beh, se è per loro due…” rispose Eva, facendo intendere che aveva accettato l’invito.
John si passò una mano tra i capelli biondi, e abbassò leggermente il capo.
“Molte grazie” sussurrò in tono cavalleresco, facendo salire a Eva un brivido lungo la schiena.
A interromperli ci pensò la campanella. John si dileguò e con lui Summer e Autumn, mentre Eva spalmata sugli armadietti stava ancora realizzando ciò che era appena successo.
 
*  *  *
 
La testa di Eva era scomodamente appoggiata al palmo della sua mano. Gli occhi chiusi erano indice della sua noia nei confronti della lezione, e a salvarla prima che il professore se ne accorgesse ci pensò il bigliettino accartocciato che volò sul suo banco.
Lo nascose dietro l’astuccio e lo lesse.
 
Scusa per oggi. Mi farò perdonare, ma non dirmi che mi hai già rimpiazzato :,(
Comunque ti ho trovato un cavaliere per il ballo, non hai scuse per mancare ;)
Lay.
 
Alzò lo sguardo verso Lacey, che ricambiò con espressione furbetta in viso. Eva controllò il professore, che era impegnato a scrivere qualcosa alla lavagna e pensò che sarebbe stato scortese, ironicamente parlando, lasciare la sua migliore amica sulle spine.
 
Tranquilla. Che intendi con rimpiazzato?
Comunque un cavaliere ce l’ho già ;)
E.
 
Con una mossa repentina, lanciò il bigliettino due banchi più in là guadagnandosi l’espressione scocciata assunta da uno dei suoi compagni che doveva sorbirsi gli scambi tra le due ragazze, trovandosi in mezzo a loro.
Eva si godette lo stupore della sua migliore amica mentre leggeva la sua risposta. Ma a quanto pare non era abbastanza, dato che poco dopo un nuovo bigliettino le arrivò addosso.
 
CHE COSA?! EVA KATERINA BENNET IO VOGLIO I DETTAGLI.
Comunque mi riferivo al fatto che sei sempre in giro con le due nuove arrivate v.v
Lay.
 
Eva non perse un secondo a rispondere nuovamente. Almeno in quel modo l’ora passava più in fretta.
 
A pranzo, prometto. A quelle ragazze serve un po’ di compagnia! In realtà manchi solo tu all’appello, Kyle ha già provveduto a fare amicizia…
E.
 
Dopo averlo ricevuto, Lacey decise di smettere di scrivere e le fece solo il segno dell’ okay con le dita.
 
 
Con estrema lentezza Eva si mosse per i corridoi, diretta verso l’aula della lezione successiva.
A trattenerla, nuovamente, ci pensò un allegro Kyle spuntato dal nulla.
“Mi tradisci vero? Con chi vai al ballo?” chiese il moro passandole un braccio dietro le spalle e insieme si diressero alla stessa lezione.
“Il ragazzo nuovo, John, il cugino di Autumn e Summer” spiegò velocemente, leggermente irritata che lo sapesse già. Non che fosse un segreto ma le dava leggermente fastidio che Lacey fosse già andata a sbandierarlo ai quattro venti.
“E comunque tu ci vai con Amber, dovrei essere io quella indignata.”
“Avere una ragazza ha i suoi vantaggi” scherzò Kyle fingendo di vantarsene. “Comunque. John. E’ quello moro o quello biondo?” chiese a Eva.
“Oh, quello biondo” rispose Eva leggermente presa alla sprovvista. In effetti si era scordata che si erano trasferiti in cinque, mentre lei ne aveva conosciuti solo tre. Avrebbe rimediato presto. Quei ragazzi avevano un certo qualcosa che la spingeva a voler sapere di più su di loro.
“Peccato, io sono in classe con l’altro. Sennò una ramanzina non gliela toglieva nessuno” s’imbronciò Kyle, facendo sorridere la sua migliore amica, che apprezzava quando lui si comportava come il  fratello maggiore che non aveva mai avuto.
“Tranquillo, è piuttosto gentile” disse, ed entrarono in classe.
Insistente, Kyle si sedette vicino a lei. Poi sospirò vistosamente.
“Cosa?” chiese Eva sghignazzando.
“La mia bambina sta crescendo” rispose l’altro fingendo di asciugarsi una lacrima e allungando il braccio per scompigliarle i capelli.
Eva si scostò e Kyle, anche se non ne era pienamente sicuro, credette di aver visto un leggero rossore attraversarle il viso.
 
* * *
 
 
“Dov’è Hadrian?” chiese John a Summer, mentre si dirigevano in giardino assieme ad Autumn e Winter.
“Non ne ho la minima idea” borbottò contrariata la biondina.
“Non è che Hadrian è…” iniziò Winter con circospetto, ma John la interruppe bruscamente.
“No.”
“Credo che al momento sia più importante trovare Eva” s’intromise la più piccola.
“Non credo che ce ne sia bisogno” rispose Summer, che si coprì gli occhi con la mano e intravide Eva raggiungerli con un’altra ragazza e Kyle.
“Tieni vicini gli amici e ancor più vicini i nemici?” commentò sarcastica Winter lanciando un’occhiata ai fratelli Hoffort.
John aggrottò le sopracciglia e li studiò per un secondo.
“No, non credo. Loro sono…”
“Pranzate con noi?” chiese allegra Eva, fissandoli.
Il gruppo rimase un attimo in silenzio, poi Autumn annuì.
“Lei è la mia amica Lacey, comunque” Eva posò una mano sulla spalla della diretta interessata, che sorrise a labbra strette.
“Lei e Kyle sono-“
“Gemelli” concluse John al posto suo, guadagnandosi un sorrisino sommesso da parte di Eva, che annuì presa un po’ alla sprovvista.
“Non  che fosse difficile capirlo, comunque” borbottò Kyle.
Eva rimase un attimo stranita dalla sua reazione, ma lasciò correre.
“Loro invece sono Autumn, Summer” indicò prima la mora, che li fissava impassibili e l’altra che sembrava aver cambiato atteggiamento nei confronti di Kyle. Le mancava quell’istinto di repulsione che aveva l’ultima volta.
“John.”
“John” sussurrò maliziosamente Lacey tra se e se. Troppo carino per lasciarlo andare, pensò.
“E tu sei Winter, immagino, piacere” si rivolse all’ultima ragazza, che ricambiò con un semplice cenno del capo.
Dopo un secondo di imbarazzante silenzio, Summer tirò fuori la voce.
“Beh, non mangiamo?”
 
Hadrian osservava da lontano il gruppo che seduto in mezzo all’erba chiacchierava animatamente. Poi scosse la testa. Avevano sbagliato tutto, si erano esposti troppo.
Sospirò impercettibilmente e si sporse di più dal ramo dell’albero sul quale si era appollaiato, giusto in tempo per catturare l’immagine di Eva che rideva di gusto a una battutina enunciata da John. John Smith, pensò sghignazzando ironico tra se e se, il nome più comune del mondo doveva scegliersi. Idiota.
Ormai Eva era caduta ai loro piedi, si era lasciata andare al loro fascino, ed era troppo tardi per tornare indietro.
L’unica cosa che sperava di poter fare ancora Hadrian, era di vegliare su di lei da lontano.
 

 
 
 






Author’s wall.
Lalalù. Che ne pensate di questo capitolo? Abbiate ancora un po’ di pazienza che dal prossimo entreremo nel vivo della storia :3
Finalmente Eva ha conosciuto 4/5 dei nuovi arrivati. Hadrian, non si fa trovare, ma le sue riflessioni sono interessanti…
Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo ;)
xx
Axelle.
 
p.s. John ha come prestavolto Xavier Samuel c:
p.p.s mi scuso per eventuali errori di ripetizione dei nomi ma i personaggi sono tanti e chiacchierano sempre ^^”

 

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Capitolo 6
*** Capitolo V - Scappando sotto i raggi di luna piena. ***



 
 
 
Capitolo V
Scappando sotto i raggi di luna piena .
 
 
La musica rimbombò tra le quattro pareti dipinte di verde della cameretta di Lacey, che era impegnata a stirarsi il lungo vestito blu notte davanti allo specchio.
“Sei bellissima” si complimentò Summer, seduta a gambe incrociate sulla poltroncina nell’angolo.
Era la sera del Ballo di Primavera e Lacey aveva insistito per invitare le quattro ragazze, Eva, Winter, Summer e Autumn a casa sua per prepararsi.
“Tu che ne dici Eva?” chiese pimpante la giovane Hoffort passandosi una mano tra i lunghi capelli neri, che aveva deciso di lasciare sciolti.
Eva alzò un pollice e Lacey le venne incontro. La tirò su per un polso e la fece posizionare davanti allo specchio, per farla ammirare.
La giovane, al contrario delle sue aspettative, non si sentiva troppo a disagio indossando quel vestito.
Non era troppo lungo, quindi anche abbastanza pratico, e di un bianco perla. L’abito le avvolgeva perfettamente i fianchi, dove la stoffa si apriva in piccoli sbuffi.
I capelli castani erano stati diligentemente legati in una crocchia alta con un fermaglio d’argento, anche se alcuni ciuffi mossi le ricadevano ribelli sul viso.
L’unica pecca erano gli alti tacchi aperti, ma Eva era sicura che appena Lacey avrebbe voltato la testa, se li sarebbe tolti. Piuttosto avrebbe ballato a piedi nudi.
“Li stenderai tutti.” Lacey le fece un occhiolino, e Eva s’imbarazzò.
Ovviamente non si riveriva a tutti ma solo a John.
Quando Eva disse alla sua migliore amica che lui era il suo cavaliere ci era rimasta male, poiché lo aveva già puntato, ma se ne era fatta una ragione felice che anche lei avesse la possibilità di godersi il Ballo.
Winter, alla quale quella reazione non era sfuggita, alzò gli occhi al cielo, il viso imbronciato. Era evidentemente gelosa.
Quell’espressione non le si addiceva per niente: nel lungo vestito viola, sembrava proprio una bambola. Il colore dell’abito era in contrasto con la sua carnagione chiara, lasciata scoperta dalle maniche del vestito e dai capelli accuratamente intrecciati.
Così come Autumn, che le fissava annoiata e con le braccia in grembo. Lei aveva ripiegato su un semplice abitino nero largo e a degli stivaletti del medesimo colore. I capelli erano scompigliati come al solito, ma Eva pensò che anche conciata così rimaneva bellissima.
Summer invece era quella che si era impegnata di più.
La sua figura slanciata era avvolta in un tubino verde smeraldo, senza spalline e i capelli biondi le cadevano, dolcemente arricciati, sulle spalle scoperte.
“Che ore sono?” chiese Winter a un certo punto.
“Quasi le nove. I ragazzi saranno qui tra poco” rispose Lacey, che era intenta a cercare la sua borsetta in mezzo a tutti quegli accessori e vestiti sparsi per la stanza.
“Kyle è già andato via?” domandò Eva, che iniziava ad annoiarsi.
Sfortunatamente Lacey l’aveva bloccata in camera sua  da quando erano arrivate e non aveva avuto la possibilità di vedere il suo migliore amico in smoking.
“Sì, è andato a prendere Amber poco fa.”
Il cellulare di Eva squillò all’improvviso e lei si allungò sul letto di Lacey, sul quale era seduta, per leggere il messaggio che le era appena arrivato.
 
Da: Mamma.
Per le undici e mezza ti voglio a casa. Non un minuto di più.
E non fare stupidaggini.
 
Eva alzò gli occhi al cielo, scocciata. Neanche un “divertiti” o un “ti voglio bene”. Come al solito, d’altronde.
“Mia madre mi ha messo il coprifuoco” borbottò Eva.
“Che cosa?” chiese allarmata Lacey, che era una festaiola incallita.
“Undici e mezza” sbuffò la mora, lanciando il cellulare dall’altra parte della stanza.
“Lo fa solo perché ti vuole proteggere” s’intromise Winter, seria.
“Sennò non sarebbe così preoccupata. Inizia a lamentarti di meno magari, e te ne renderai conto.”
Le sue parole lasciarono tutti sbalorditi e un silenzio carico di tensione iniziò a crearsi.
Eva stessa non sapeva cosa ribattere.
“Per le undici e mezza sarai a casa, non preoccuparti” s’inserì allora Summer, accennando un sorrisino.
La diretta interessata annuì, e non ne parlarono più.
Col senno di poi, Eva avrebbe capito che Summer per la prima volta in vita sua, aveva torto.
 
* * *
 
 
Eva socchiuse le labbra sbalordita quando vide come era stato allestito il giardino della scuola per il Ballo di Primavera.
Con gli occhi cercò di catturare ogni dettaglio e imprimerselo nella memoria: le lucine che lampeggiavano tra i rami degli alberi, le lanterne di carta colorate, la musica leggera che proveniva da uno stereo che però non riusciva a inquadrare.
Il cielo era privo di nuvole e la luna piena splendeva sopra le loro teste.
“Wow” commentò senza fiato guardando la sua migliore amica, a braccetto insieme al suo cavaliere, un ragazzo di terza che Eva aveva incrociato qualche volta in corridoio.
Lacey le strizzò l’occhio e si dileguò con un: “Divertitevi ragazzi.”
Sicuramente, pensò Eva, stava andando a raccogliere i complimenti per l’organizzazione.
“Che ne dici, balliamo?” le chiese con dolcezza John, e Eva annuì imbarazzata. Sperava solo di riuscire a non cadere.
Winter li fissò allontanarsi con sguardo di ghiaccio, poi trascinò in pista il suo cavaliere, seguita da Summer. Autumn invece lasciò il suo accompagnatore senza dire una parola e si diresse allo stand del ponce.
Eva ondeggiava lentamente aggrappata alle possenti spalle di John, che la osservava da sotto le ciglia.
Il ragazzo spostò lo sguardo prima a destra e poi a sinistra. Sia Winter che Summer gli ricambiarono l’occhiata di nascosto dall’attenzione dei loro cavalieri.
“Posso rubartela per un secondo?”  L’atmosfera fu interrotta dall’arrivo di Kyle.
Eva si voltò e il suo sorriso risplendette alla luce della luna.
“Certo” mormorò John un po’ riluttante, e la lasciò andare.
Amber prese il posto di Eva tra le braccia del biondo e per una volta decise di non lamentarsi.
“Allora” iniziò Eva squadrando il modo in cui si era tirato a lucido Kyle: i folti capelli neri erano stati tirati indietro col gel e indossava una camicia grigio perla, aperta sul petto, che si intonava con i suoi occhi.
“Anche tu puoi essere un ragazzo” commentò scherzando, dato che Kyle era la tipica persona che indossava gli stessi pantaloni per una settimana e indossava il cappello solo per coprire i capelli scompigliati.
“E tu puoi essere una ragazza” ribattette di rimando il moro.
“E’ una mia impressione, o ci hanno circondato?” continuò poi guardandosi intorno.
Eva alzò gli occhi oltre la sua spalla e notò che John, Summer e Winter ballavano intorno a loro, creando una specie di barriera.
Eva spalancò gli occhi e ridacchiò appena.
“Che c’è?” chiese poi a Kyle che si era fatto improvvisamente serio.
“I tuoi occhi… No, lascia stare” scosse la testa e accennò un sorriso.
Per un secondo gli parve che gli occhi di Eva avessero assunto una strana tonalità dorata, ma forse era solo l’effetto delle luci dato che un secondo dopo tornarono del solito color mandorla.
Eva lo guardò di traverso, ma decise di non insistere.
“Ho sete, tu vuoi qualcosa da bere?” Chiese Eva dopo un po’.
Kyle annuì e Eva si allontanò. Mentre stava prendendo i bicchieri, una ragazza la urtò facendole cadere il ponce sul vestito.
Eva spalancò la bocca mentre la ragazza disse con un sorrisino: “Colpa mia” prima di dileguarsi.
Eva sbuffò guardando la macchia arancione sul vestito, ma forse poteva ancora rimediare.
Si coprì la macchia con le braccia e camminò a passo svelto all’interno della scuola, verso i bagni. Si tolse i tacchi e li prese in mano, rimanendo a piedi nudi
I corridoi erano bui ma Eva riuscì a orientarsi.
Entrò nel bagno più vicino, accese la luce e cercò di sciacquare la macchia, che però ormai aveva fatto presa sull’abito.
Poi udì alcune urla provenire dal giardino, dove tutte le luci si erano spente all’improvviso, così come nel bagno.
Eva uscì frettolosamente, quando venne afferrata da dietro. Una mano le tappò la bocca e lei lasciò andare i tacchi, cercando di togliersi la figura di dosso.
“Shh. Seguimi” disse la figura. Un ragazzo, dal tono di voce.
A Eva sembrò di essere in un deja-vù, ma era troppo agitata per mettersi a pensare.
Il ragazzo la trascinò fuori dalla scuola, dall’uscita principale cioè quella opposta a dove si stava tenendo il Ballo.
“Smettila” insistette il ragazzo. Eva non aveva rinunciato a dimenarsi e questo gli creava non pochi problemi.
“Eva smettila, sono qui per aiutarti” sussurrò guardandola negli occhi, cercando di trasmetterle fiducia.
Eva aggrottò le sopracciglia e si rese conto di aver già incontrato quello sguardo. Eva annuì e il ragazzo tolse la mano dalla sua bocca, tenendo ancora stretto però il suo braccio.
“Come fai a conoscere il mio nome?” disse Eva mentre lo seguiva.
Il ragazzo si guardò intorno con circospezione, poi si buttò dall’altra parte della strada.
“So molte cose di te” rispose semplicemente il ragazzo.
Eva mugugnò mentre correva insieme allo sconosciuto.
“Cosa c’è?” chiese lui preoccupato, afferrandole il viso tra le mani.
“Sono a piedi nudi, fa male.”
Il ragazzo si lasciò sfuggire una smorfia, poi se la caricò sulla schiena.
“Mollami!” sbraitò Eva.
“Zitta” la ammonì lui. “O questo o torni a correre scalza” continuò zittendola.
“Io ti conosco. Eri tu nel bosco, quella notte” continuò, ricordando quando erano andati in campeggio lei, Lacey e Kyle.
Aveva fatto un ennesimo incubo e quando aveva riaperto gli occhi, quel ragazzo la stava fissando. Poi era scomparso in un secondo.
“Sì, ero io” confermò.
“Posso almeno sapere come ti chiami?”
Il ragazzo esitò un attimo prima di rispondere “Hadrian.”
“Dove stiamo andando?” chiese poi Eva accorgendosi che oltre a spostarsi per stradine secondarie, si stavano allontanando da casa sua.
“Voglio andare a casa” disse allarmata.
“Casa tua non è più sicura.”
“Che stai farneticando? E mollami!” iniziò ad agitarsi di nuovo, ma Hadrian la teneva stretta per le gambe.
“Guarda, guarda” una ragazza, Eva si accorse che era la stessa che le aveva versato il ponce addosso, si parò davanti a loro, spuntata dal nulla.
“Andate da qualche parte ragazzi?” chiese sorridendo maligna.
Il ragazzo s’incupì, e lasciò andare a Eva intimandole di non muoversi.
Gli occhi della ragazza si tinsero di rosso, a gran sorpresa di Eva che ansimò colta alla sprovvista, e mostrando un ghigno e si buttò sui ragazzi con velocità sovrumana.
Con una mossa repentina il giovane la bloccò.
“Non sei costretta a farlo, Kalìa. Puoi ancora tornare indietro.”
In tutta risposta, la moretta sogghignò con scherno.
Hadrian le spezzò il collo senza pensarci due volte.
Eva sbiancò e represse un urlo. “L’hai uccisa” sussurrò tremante.
“No. L’ho solo rallentata.”
“Stammi lontano!” disse ad Hadrian quando cercò di avvicinarsi.
“Hai visto anche tu che non era umana! E ce ne sono altri che ti cercano. Sto solo cercando di tenerti al sicuro, come avrai potuto notare! Ma se vuoi, ti lascio qui” sbottò il giovane, facendo per andarsene.
“Aspetta!” lo richiamò Eva.
“Ti sei decisa?”
“Meglio te che loro, no?”
E insieme, continuarono a scappare.

 

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Capitolo 7
*** Capitolo VI - Lacrime di una fuggitiva. ***



 
 
Capitolo VI
Lacrime di una fuggitiva.

 
Eva si svegliò, per la prima volta dopo settimane, tranquillamente.
Nessun incubo l’aveva perseguitata quella notte.
Si guardò intorno disorientata, accorgendosi di non trovarsi tra le mura della sua cameretta, bensì in una stanza sconosciuta.
Le pareti spoglie erano fatte di legno e a parte il materasso su cui era adagiata non c’era nient’altro attorno a lei.
Poi i ricordi della notte prima la colpirono in pieno.
Non aveva avuto incubi, ma sicuramente ne stava vivendo uno al momento.
All’improvviso, delle voci concitate provenienti da fuori attirarono la sua attenzione.
“Che altro dovevo fare? Lasciarla in balia di quei demoni?!” Eva sentì dire a una voce stizzita, che riconobbe come quella di Hadrian.
“Non pensi mai a quello che fai.”
“Non credi che la verranno a cercare? E’ praticamente scomparsa!” ribadì una terza voce.
Eva si alzò di scatto dal materasso, accorgendosi solo in quel momento che sopra il suo abito bianco, oramai stropicciato, indossava anche un maglioncino verde che non si ricordava di aver preso.
Si avvicinò alla porta semichiusa il più silenziosamente possibile, ma a quanto pare la fortuna non era dalla sua parte.
Le vecchie assi di legno scricchiolarono sotto i suoi piedi, zittendo il gruppo.
Hadrian aprì la porta e trovò Eva a fissarlo smarrita.
“Che è successo?” chiese lei cercando di darsi un tono.
“Sei svenuta, ieri sera. Un po’ per la stanchezza e un po’ per lo shock, immagino” rispose il ragazzo grattandosi la nuca.
Eva annuì, ricordando con terrore il suono che aveva fatto il collo della ragazza spezzandosi.
Da sopra la spalla di Hadrian, Eva intravide un ciuffo biondo conosciuto.
“John?!”
Eva spostò Hadrian di lato per ritrovarsi davanti i suoi nuovi amici, o almeno credeva che lo fossero.
“Autumn” mormorò indicando per prima la moretta che si strinse nelle spalle e si tolse con un gesto repentino la frangia da sopra gli occhi.
“Summer. Winter” passò in rassegna.
“Un momento” la interruppe Hadrian trattenendo a stento una risatina scioccata.
“Che diavolo di nomi vi siete scelti tutti quanti? Un po’ di originalità ragazzi!”
Quel commento non sorprese più di tanto Eva.
Aveva capito che loro le avevano nascosto qualcosa da quando gli aveva riconosciuti.
“Credo che mi dobbiate qualche spiegazione” pronunciò freddamente, lanciando un ultimo sguardo deluso  a John, per come lei lo conosceva.
 
 
“Quindi mi avete mentito fin dall’inizio” disse Eva guardandoli uno ad uno.
“Lo abbiamo fatto per proteggerti” si scusò mestamente la bionda, che in realtà si era affezionata ad Eva.
“Su questo non ho dubbi, Oriel” pronunciò quel nome come un’accusa.
“Ricapitolando” disse poi Eva portandosi una mano alla tempia, piuttosto confusa ma non negando la realtà dei fatti.
“Un gruppo di demoni” deglutì “Ieri notte ha cercato di rapirmi, ma Hadrian è arrivato prima di loro e mi ha portato qui” iniziò indicando con un ampio gesto la casa in cui erano nascosti. Precisamente in mezzo alla Foresta della Perdizione. Però Eva era stata assicurata che erano al sicuro, per il momento.
“Ecco perché non mi avete perso di vista per un secondo” borbottò poi tra se e se, ricordandosi all’improvviso come, dal momento in cui si erano conosciuti, almeno uno del gruppo le rimaneva sempre accanto. Tutto iniziava a combaciare.
“E ora dovrei andarmene perché i cosiddetti demoni mi hanno rintracciato. Ma perché proprio io, cosa ho fatto?”
Hadrian e Fabiel si scambiarono un’occhiata.
Ah, ovviamente le avevano mentito anche sui loro nomi. Troppo angelici per non essere riconosciuti, secondo loro.
John in realtà si chiamava Fabiel, appunto. Come già accennato, Oriel si era nascosta sotto il nome Summer ed Autumn e Winter erano rispettivamente Medea e Armide.
Anche questo aveva senso.
“Non ho intenzione di muovermi da qui finchè non svuoterete il sacco” li avvertì.
In realtà, Eva era terrorizzata. Tutto stava accadendo troppo in fretta. Quei ragazzi erano capitati nella sua vita da quanto, due giorni? E ora pretendevano di essere seguiti lontano, lontano da casa, lontano dalla sua normalità.
Eva sapeva che non se ne sarebbe andata comunque, a costo di affrontare quei demoni faccia a faccia.
“Ci sarebbe una profezia” iniziò Medea/ Autumn guadagnandosi un’occhiataccia dalle altre ragazze.
“Il tuo destino è scritto, Eva. Ed è un destino terribile, noi siamo qui… Per impedirti di compierlo.”
“Quale destino?” mormorò Eva.
Lei era una semplice ragazza come tutte le altre, con sogni comuni e una vita normale. La cosa peggiore che avesse mai fatto era stata scappare una notte per andare in campeggio.
Non doveva, non voleva, iniziare a dubitare di se stessa.
“Distruggere il mondo” le rispose mestamente Medea.
Eva sbiancò e Medea/ Autumn si zittì definitivamente.
“Non… cosa… io….” Boccheggiò Eva.
Che stava facendo? No, quelle erano tutte balle. Iniziò a ridere istericamente.
“Mi state prendendo in giro, vero? T-tutto questo è uno scherzo, i-io non…” Fabiel non ci pensò due volte prima di stringerla tra le sue braccia. Il biondo si accorse che Eva stava tremando e decise che per quel giorno aveva saputo abbastanza.
Eva deglutì rumorosamente mandando giù la verità, pesante come un sasso.  
Eva strattonò Fabiel, che preso alla sprovvista, la lasciò andare.
Corse via dalla casa e si infiltrò in mezzo alla foresta.
L’unica cosa che riusciva a sentire era il rumore del suo cuore che batteva velocemente, quasi come se dovesse scoppiarle nel petto.
Neanche si accorse che Hadrian le si era parato davanti all’improvviso.
“Come diamine…?”
“Sono un angelo, tesoro. Le mie ali sono più veloci delle tue gambe.”
“Non voglio, non…” iniziò Eva, ma le parole le uscivano fuori a tratti e non riusciva a controllarsi.
Hadrian diede un’occhiata dietro di sé e si accorse che gli altri non li avevano ancora raggiunti.
“Perché?” le chiese semplicemente.
“Perché dovrei? Come posso sapere che non mi state mentendo? Si tratta della mia vita, non posso cambiarla con uno schiocco di dita!” Eva diede spazio a tutta la sua rabbia e la sua insicurezza.
“Se non vuoi farlo per te, fallo per tutti gli altri. La ragazza di ieri… Ce ne sono altri, migliaia. E non solo demoni” Hadrian si bloccò per un secondo, stava dicendo troppo.
“Stare qui è un pericolo anche per i tuoi amici, per la tua famiglia. E sono sicuro che non vuoi che sia fatto loro del male.”
Eva sospirò profondamente, si portò una mano alla fronte e con un enorme sforzo, annuì.
Purtroppo, capiva la situazione.
 
* * *
 
Eva era riuscita, non sapeva ancora come, a convincere i ragazzi a farla tornare a casa. Solo per un attimo, per raccogliere un paio di cose e andarsene per sempre. Infondo, un po’ glielo dovevano.
Eva osservò con tristezza la porta rossa d’ingresso, l’unica dipinta in quel modo a Orys, e vi ci entrò esitante, sperando che la madre fosse già andata a lavoro.
Sgattaiolò in camera sua e afferrò il suo zaino da viaggio, ancora pieno con le sue torce e bottiglie d’acqua che si era portata in campeggio poche sere prima.
Sembrava una vita fa’, pensò con imminente nostalgia.
La svuotò e ci infilò a casaccio alcuni cambi di vestiti, tutti quelli che riuscivano a starci dentro. Aprì con foga il suo salvadanaio dove aveva raccolto i suoi risparmi per il famoso viaggio che si erano prefissati lei, Lacey e Kyle alla fine dell’ultimo anno.
Come avrebbe potuto lasciarli così?
Si concesse un secondo, solo un secondo di tristezza. Doveva rimanere forte, anche se ormai le lacrime spingevano per uscire dai suoi occhi.
Scosse la testa e allontanò quei pensieri.
Legò le banconote con un elastico e le nascose nella tasca interiore dello zaino.
Poi si accorse di avere ancora addosso il vestito e il maglione che, aveva scoperto poi, le aveva infilato Hadrian.
Si spogliò e indossò i suoi jeans blu preferiti, i suoi stivali neri più comodi e una canottiera, coperta nuovamente dal maglione verde, che però le scivolava sulle spalle dato che era troppo grande.
Raccattò anche una fotografia di lei e i suoi gemelli preferiti, scattata qualche settimana prima, un ciondolo che le aveva regalato sua madre quando era piccola ma che non aveva mai indossato perché non le piaceva e la bombetta che Kyle le aveva regalato al suo compleanno, proprio come la sua.
Quando arrivò sul pianerottolo, in procinto di lasciare la casa per sempre, un rumore la fece sobbalzare.
“Mamma” mormorò senza riuscire a mascherare il panico, quando la donna le si parò davanti senza preavviso. I capelli arruffati e gli occhi rossi di pianto.
“Pensavo fossi morta.”
“C- cosa?”
E poi la signora Bennet fece una cosa che non aveva mai fatto: abbracciò la figlia.
“Ci sono così tante cose che non sai” le sussurrò all’orecchio, ma Eva sapeva di non avere tempo per fare domande.
“Stai scappando” constatò poi. “Immagino questo sia un addio.”
“Tornerò.”
“No, non riuscirai” mormorò la donna scuotendo la testa.
“Abbi cura di te, Figlia dell’ Oro. E non lasciarti distrarre dal tuo vero obiettivo.”
Sbigottita da quelle parole ambigue, Eva si accorse troppo tardi di essere stata appena sbattuta fuori casa.
Si voltò e vide Fabiel osservarla nascosto. Doveva andare.

 

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