Grimorio - la profezia della Luna

di Lione94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Libro ***
Capitolo 2: *** Strani incontri ***
Capitolo 3: *** Angeli o Demoni? ***
Capitolo 4: *** Layo ***
Capitolo 5: *** Visite infernali ***
Capitolo 6: *** Tra le schiere celesti ***
Capitolo 7: *** Sogni e leggende ***
Capitolo 8: *** Territorio neutrale ***
Capitolo 9: *** Occhi di Specchio e Gatti Mannari ***
Capitolo 10: *** Il tempo di agire ***
Capitolo 11: *** Prigionia ***
Capitolo 12: *** Faccende umane ***
Capitolo 13: *** Tempeste ***
Capitolo 14: *** La profezia della Luna ***
Capitolo 15: *** La magia del Natale ***
Capitolo 16: *** Il rapimento ***
Capitolo 17: *** Festa di compleanno ***
Capitolo 18: *** Un aiuto inaspettato ***
Capitolo 19: *** L'ultima speranza ***
Capitolo 20: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Il Libro ***



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1. Il Libro


 
 Quand’ero piccola odiavo l’estate.
 Odiavo quella calda e umida stagione perché mio padre mi portava lontano da dove vivevamo, quasi cercasse di scappare.
 Mi sentivo in colpa quando osservavo gli altri bambini essere felici di andare in vacanza invece che a scuola, eppure tutte le mie pene sparivano quando vedevo mio padre caricare le valigie sulla macchina. Non mi piaceva lasciare la mia casa, credevo fosse come lasciare mia madre o addirittura dimenticarmi di lei.
 Ivoene Fox era morta pochi giorni dopo la mia nascita, lasciandomi alle cure di mio padre, Nathaniel Fox, uno dei pochi abitanti di Heyl.
 Heyl era un’isolata cittadina della contea di Sedgwick contornata solo da campi di grano che si estendevano per chilometri e chilometri. Insomma circondata da un anonimo e abituale paesaggio del Kansas. Essendo una piccola città contava circa cinquemila abitanti che conoscevano tutto e tutti.
 Era lì che ero cresciuta. In una piccola villetta ai margini della città dove mio padre lavorava come medico del piccolo ospedale.
 Per convincermi a lasciare la mia casa papà mi faceva credere che stavamo per partire per una fantastica avventura in cui io sarei stata l’eroina della situazione e lui il mio fido aiutante. Magari quando avevo cinque anni non riusciva a convincermi facilmente ma adesso che ero una comune ragazza diciassettenne dalla media statura, gli occhi grigi e i capelli biondo-castano che rispondeva al nome di Allie Fox, sapere che la nostra meta delle vacanze era la California bastava e avanzava.
 Anzi a dirla tutta adesso era il ritorno che risultava difficile!
 << Allie! >> esclamò vicino a me una voce eccitata.
 Mi riscossi dal dormiveglia in cui ero sprofondata per ritrovarmi in macchina insieme a mio padre che, mentre stava guidando, indicava davanti a noi un cartello giallo con una scritta rossa, la quale, illuminata dai fari, recitava:

Benvenuti a Heyl,
luminosa città della contea di Sedgwick,
paese dei Cereali,
Kansas

 …E tanti saluti allo splendido e caldo mare della California!
 Mi sporsi in avanti per guardare le case sfrecciare lungo la strada che percorrevamo. Avevano ben poco di luminoso, dato che in quel momento stava piovendo ed era anche buio.
 L’orologio sul cruscotto segnava le undici, il che stava a significare che eravamo finalmente arrivati dopo ben tre giorni di viaggio, giusto in tempo per cominciare la scuola il giorno successivo.
 Il mio arrivo in quell’atmosfera grigia di pioggia mi faceva sognare, per il nuovo anno scolastico che stava per iniziare, un’avventura alla Twilight. Sì avrei incontrato anch’io nel mio liceo un misterioso e affascinante vampiro…
 << Bentornata a casa, Al! >> disse Nathaniel svoltando nell’ultima via della strada principale e indicando una casa a due piani dalla verniciatura bianca un po’ rovinata e dal tetto rosso a spiovente con un piccolo giardino nel retro.
 << Già, bentornato a casa papà >> ripetei sorridendo.
 Parcheggiò nel vialetto davanti e dopo aver spento il motore scese veloce dalla macchina per rifugiarsi sotto il tetto, vicino la porta. << Allie, potresti prendere lo scatolone sul sedile posteriore? Al resto delle valigie ci penso io dopo >> mi disse poi mentre apriva l’ingresso.
 Lo raggiunsi velocemente, portando con me quello scatolone che avevamo scoperto essere nel bagagliaio della macchina da molto tempo in cui dentro c’erano dei vecchi libri di papà.
 << Contenta di essere a casa? >> domandò Nathaniel tenendomi aperta la porta.
 << Mmm… mi ero affezionata al mare californiano >> borbottai solo per accontentarlo.
 Mio padre scoppiò a ridere.
 Entrai e fui subito accolta da una calda e familiare atmosfera: rivedere gli stessi mobili e oggetti con cui avevo sempre vissuto mi fece sentire davvero a casa.
 Casa dolce casa.
 Poggiai a terra lo scatolone di libri pesanti, sia nel senso fisico che quello letterale.
 Mi diressi per il corridoio dove per i muri c’erano attaccate tutte le foto della nostra famiglia, specialmente quelle di me e papà insieme. Osservai le nostre espressioni buffe, sorridenti, imbronciate… no, d’imbronciata c’era solo la mia. E ricorreva anche molto spesso.
 Santissimo Nathaniel! Aveva dovuto sopportare tutto da solo una bambinetta ossuta, con le treccine e l’apparecchio, fastidiosamente rompiscatole.
 Esplorai per un attimo con lo sguardo la cucina dove c’era il familiare tavolo quadrato di legno scuro, e il salone con la televisione, la libreria stracolma, pericolosamente traballante, e il divano su cui mio padre si sdraiava mangiando pop corn in occasione della partita della sua squadra preferita di football. Poi salii al piano di sopra dove c’era la camera di mio padre, due bagni (in precedenza ce n’era solo uno, ma quando papà aveva capito che divederlo con un’adolescente era impossibile, aveva fatto rimpicciolire la sua camera e aveva ricavato un altro bagno) e la mia camera dove c’era il letto, la scrivania con sopra il computer e il resto delle cose erano disseminate sul pavimento come le avevo lasciare prima di partire.
 Le guardai affranta. L’ordine non era mai stato il mio forte.
 << Che cosa mi avevi promesso? >> mi domandò mio padre comparendo dietro di me con la stessa voce che usava per redarguirmi quando, da bambina, facevo dei capricci << E’ tardi e domani è il tuo primo giorno di scuola, quindi tutti a nanna >>.
 << Ma… va bene >> feci per protestare ma poi mi zittii.
Gli avevo fatto una promessa e io, Allie Sam Fox mantenevo tutte le promesse che facevo, anche quelle che includevano di non restare sveglia fino a tardi.
 Però sapevo che, anche se sarei andata subito a letto, non sarei riuscita a dormire per l'eccitazione di iniziare il mio penultimo anno di liceo.

 La mattina dopo mi svegliai prestissimo, così presto che riuscii a guardare il sole sorgere dai campi coltivati di grano dorato che facevano da panorama per la vista dalla finestra della mia stanza.
 Mi lavai e mi vestii leggera poiché a Heyl l’aria era ancora piuttosto calda, anche se stava iniziando l’autunno. Indossai una maglietta verde con le maniche a tre quarti, un paio di comodi Jeans e rinunciai a sistemarmi i capelli che quella mattina erano davvero indomabili, cioè più del solito.
 I miei capelli erano un vero disastro! Né lisci né ricci, e quando mi era venuta in mente la fantastica idea di farmi la frangetta erano diventati anche più gonfi.
 Mancava ancora un’ora all’inizio delle lezioni del primo giorno del nuovo anno scolastico così iniziai a disfare la valigia, posando alla rinfusa i miei oggetti nella stanza che in poco tempo assunse un aspetto ancor più colorato e disordinato… sottolineerei soprattutto quest’ultimo.
 Poggiai la cornice argentata con dentro la foto di mia madre sulla scrivania e rimasi per un attimo a guardarla. Osservai il suo volto a forma di cuore circondato da una massa di riccissimi capelli biondi, così biondi che le loro punte sembravano bianche. I suoi occhi grigi sorridevano insieme alle labbra e le sue mani affusolate erano poggiate con dolcezza sul ventre gonfio.
 Quella foto era stata scattata da mio padre qualche giorno prima della mia nascita.
 Cercando di non fare rumore scesi al piano di sotto e raggiunsi lo scatolone di fronte all’ingresso, dove lo avevo lasciato la sera prima. Curiosa, lo aprii e vidi dei libri dalle copertine un po’ sgualcite che dovevano essere appartenuti a papà. Ne afferrai uno dalla copertina rossa scolorita e dalla rilegatura dorata. Sembrava fosse il più vecchio dei libri nello scatolone. Non lo avevo mai visto prima. Chissà perché si trovava nella macchina…
 Il titolo “Grimorio” era scritto a grandi lettere nere in rilievo e sotto di esso c’erano uno strano simbolo che sembrava essere l’unione di due ali: una piumata come quelle degli angeli e una a forma di pipistrello come quelle dei diavoli.
 Forte!
 Sapevo che i Grimori erano dei libri scritti nel medioevo contenenti formule magiche e ricette di pozioni per maghi e streghe. Magari questo era un libro sulla storia di qualche stregone.
 Mentre risalivo in camera lo aprii curiosa, ma rimasi delusa quando mi accorsi che le pagine incartapecorite al suo interno erano vuote, senza neanche una scritta. Possibile che l’inchiostro si fosse scolorito così tanto da svanire del tutto?
 Notai che la prima pagina era un po’ rovinata ai bordi e che sul suo fondo a sinistra, scritto a penna, con una scrittura piccola e contorta, c’era un nome.
 Nat… iel Fox.
 Tutte le pagine, che erano pure tante, erano bianche e l’unica scritta era quella firma quasi cancellata di mio padre.
 Bah, che stranezza!
 Calcai con una penna presa dalla scrivania il cognome e al posto di quello di mio padre scrissi il mio nome.
 Allie Samantha Fox.
 Sentii un brivido percorrermi la schiena. In quel momento non gli diedi importanza ma in futuro ripensai che avrei dovuto ascoltare quello strano presentimento che mi aveva colpito: annunciava la tempesta di eventi che avrebbe cambiato la mia vita.

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Capitolo 2
*** Strani incontri ***







2. Strani incontri



 Rimasi a contemplare la mia firma e poi mi stropicciai gli occhi.
 Per un attimo mi era sembrato che l’inchiostro brillasse.
 Buttai il libro sul letto e decisi di scendere a mangiare qualcosa in cucina. Lì trovai papà già pronto per andare al lavoro mentre beveva un bicchiere di latte. Osservai i suoi capelli castani ormai quasi del tutto grigi, anche se aveva ancora quarantatré anni, e il suo volto familiare con gli occhi neri dietro un paio di occhiali e la bocca sorridente.
 << Buongiorno Al. Sei riuscita a dormire? >>.
 << Mmm… un po’ >> risposi addentando un biscotto al cioccolato << Posso prendere Dessy? >> la scuola si trovava piuttosto lontana da casa nostra e Dessy, la nostra fedele e vecchia Ford con la vernice grigia rovinata, mi avrebbe salvato da una lunga camminata.
 << D’accordo, io prenderò la bicicletta >>.
 Ridacchiai.
 Papà era sempre stato fissato con la bicicletta.


 Arrivai a scuola in perfetto orario e parcheggiai Dessy nel primo posto libero che trovai. Essendo l’unico istituto d’istruzione superiore della città era pieno di macchine di adolescenti che non avevano intenzione di camminare - insomma pigri come la sottoscritta - o che volevano semplicemente vantarsi di possedere una macchina. Trovare parcheggio ogni volta era come cercare di vincere una gara di corsa contro un ghepardo: una vera impresa suicida!
 L’emozione durante il tragitto era cresciuta e l’agitazione di affrontare nuovamente i compagni e i professori mi faceva venire un leggero tremolio alle mani, tanto che quando spensi il motore le chiavi della macchina mi caddero di mano e per recuperarle diedi una testata al volante che fece partire il suono del clacson.
 ... La grazia non faceva assolutamente parte del mio DNA!
 << Complimenti Al! >> sbottai rimanendo in quella scomoda posizione, seduta con la testa sul clacson che continuava a suonare e le mani per terra che stringevano le chiavi cadute.
 All’improvviso dei colpetti sul finestrino mi fecero raddrizzare.
 << Va tutto bene? >> mi chiese una ragazza osservandomi preoccupata da dietro il vetro.
 Arrossii quando mi accorsi che tutti quelli che si trovavano nel parcheggio stavano guardando da questa parte… proprio un bel modo per farsi notare subito! In particolare c’era un ragazzo che sembrava riuscire a vedermi bene, anche se ero mezza accucciata dentro l’auto. Incontrai il suo sguardo nero che esprimeva un misto di divertimento e perplessità.
 << Ehi? >> mi chiamò nuovamente la ragazza sempre più preoccupata.
 Probabilmente si stava chiedendo se avessi la piena sanità mentale.
 << Sì, va tutto bene, grazie >>.
 Scesi velocemente dalla macchina prendendo il mio zaino e quando cercai nuovamente lo sguardo nero che mi stava osservando notai che era sparito.
 Mi girai a guardare la ragazza che mi aveva parlato.
 << Tu devi essere quella nuova >> constatai osservandola.
 Era un po’ più alta di me e aveva la carnagione chiara, con molte lentiggini sul volto e gli occhi verdi. I suoi lunghi, rossicci e ricci capelli le incorniciavano il viso dandole un’aria dolce.
 << Già. Mi chiamo Genevieve LePen, per gli amici Jo >> si presentò con un luminoso sorriso.
 << Io sono Allie Fox, per gli amici Al >> le strinsi la mano.
 << Fox come renard >> disse l’ultima parola in francese lasciandomi un po’ meravigliata. Mi strinse la mano di rimando, sorridendo al mio stupore. << Vengo dalla Francia mi sono trasferita qui il mese scorso >> ridacchiò << Eppure non ti ho visto alla festa di benvenuto che hanno organizzato >>.
 << Ero in California, sono tornata ieri >>.
 << Oh, j’aime la Californie >> esclamò eccitata << Darei tutti i miei capelli per avere una carnagione come la tua >>.
 << Ehm… >> non me la sentii di dirle che la mia carnagione un po’ scura era naturale.
 << Che anno frequenti? >> mi domandò curiosa.
 << Il quarto >>
 << Oh anch’io! >> disse Jo contenta << Finalmente avrò come amica qualcuno che non conosce solo la contea di Sedgwick! >>.
 Scoppiai a ridere alle sue parole.
 Suonò la campanella e Genevieve mi trascinò dentro scuola. Ormai mi considerava già sua amica e a me non dispiaceva: sembrava davvero simpatica. Mi accompagnò a prendere l’orario delle lezioni in segreteria e notai che non avevo con lei nessun corso eccetto quello di Trigonometria, che oggi non c’era. Peccato!
 << Ci vediamo a mensa, allora >> mi disse Jo sbirciando il foglio del mio orario.
 << Ok >>.
 Persi un po’ di tempo per ritrovare il mio armadietto per poggiarci dentro le mie cose e poi mi diressi verso l’aula di storia, dove rincontrai Mark Keyl e la sua sorella gemella Judith. I miei due migliori amici in assoluto.
 Mark era un ragazzo davvero dolce, con gli occhi castani e i capelli neri, mentre sua sorella Judith era un vulcano di energia, incapace di stare ferma e zitta neanche per un momento, anche se forse era un po’ esuberante era molto simpatica. Aveva gli occhi e i capelli dello stesso colore del fratello e il viso a forma di cuore. Si assomigliavano moltissimo, tanto che se Judith si fosse tagliata i suoi lunghi capelli l’avrei quasi potuta scambiare per Mark.
 Nell’ora successiva avevo educazione fisica. Per fortuna avevo pensato a questa possibilità e nello zaino avevo portato anche un paio di scarpe da ginnastica. Quando arrivai nell’enorme palestra dai soffitti altissimi mi diedero subito la divisa della scuola (blu e verde, semplicemente orribile! Ogni anno era sempre peggio) e mi misero a giocare a pallavolo.
 << Ehi tu! >>
 Mi girai di scatto e incontrai lo sguardo di ragazza bionda platinata che indossava la divisa da Cheerleader. Mi trattenni dal fare una smorfia.
 Ecco a voi Violet Jones: la regina incontrastata del liceo!
 Sebbene eravamo a scuola insieme da quando eravamo piccole ancora si rifiutava di chiamarmi per nome… o per cognome.
 << Sì tu! >> annuì quando la guardai con un’espressione sorpresa mista a esasperazione.
 << Mi chiamo Allie, Violet >> la ripresi a denti stretti.
 Mi lanciò un’occhiata indifferente: << Si fa lo stesso... Elli! >>.
 Che odio!
 Non mi lasciò nemmeno il tempo di controbattere che iniziò a girarmi intorno con aria di approvazione. << Le ragazze avevano ragione. Sei migliorata. Certo la tua bellezza non è che un minuscolo punto della scia luminosa che lascia la mia ma direi che sei accettabile >>.
 Tossicchiai sarcastica. Il suo grande Ego mi stava per soffocare!
 Violet fece una pausa solenne e poi dichiarò: << Che ne diresti di fare un provino per entrare nelle Cheerleader? E’ un grande onore >> aggiunse.
 La guardai scandalizzata. << Ehm… no, grazie >>.
“Non ci tengo proprio a entrare in un gruppo di ragazze oche” pensai ma mi trattenni dal dirlo.
 << Come vuoi >> disse Violet con aria snob agitando una mano con le unghie laccate di rosa brillante << Ma se vorresti ripensarci… >>
 Sentii dei passi affrettati avvicinarsi a noi e qualcuno mi afferrò per un polso.
 << Ecco dov’eri finita! >> disse una voce maschile che non conoscevo.
 Mi girai a guardare chi mi avesse appena salvato dalle grinfie di Violet e incontrai un paio di occhi scuri che mi guardavano con divertimento.
 Erano loro!
 Era lo stesso sguardo nero che mi aveva fissato nel parcheggio.

 Osservai il ragazzo: era molto più alto di me, con un fisico molto atletico - che riuscii a notare, anche se indossava l’orribile tuta della scuola - e viso incorniciato da una massa di neri capelli ribelli. Gli occhi scuri erano dal taglio obliquo e sopra, le sopracciglia erano sottili come le sue labbra. Aveva una carnagione abbronzata che metteva in risalto le linee dei suoi muscoli.
 Insomma… era terribilmente bello e affascinante!
 Assunsi un’espressione stupita quando lo riconobbi: era Eric Lawolf! Meravigliata mi domandai perché mi stesse rivolgendo la parola, anzi che addirittura mi salvasse da quella iena.
 In tutta la mia vita gli avevo parlato solo una volta.
 Io avevo cinque anni e lui sei, ma appena mio padre mi aveva visto giocare con lui nel parco mi aveva trascinato via come una furia dicendomi che non dovevo frequentare cattive compagnie.
 In seguito, anche se frequentavamo le stesse lezioni non mi ero mai spinta a conoscerlo meglio, né lui aveva fatto lo stesso.
 << Tu sei Allie Fox? >> mi domandò guardandomi all’improvviso con un’espressione seria mentre ci allontanavamo dal gruppo delle Cheerleader e dalla bionda Violet che guardava il fantastico ragazzo che avevo davanti con una strana espressione meravigliata.
 Continuava a tenermi per il polso. Sentivo la sua presa calda e sicura sulla mia pelle facendola pizzicare: era una sensazione piacevole.
 << Sì, sono io >> annuii. Mi stupii del fatto che conoscesse il mio nome, d'altronde lui faceva parte della parte popolare della scuola, mentre io cercavo di mettermi in mostra il meno possibile. << Beh… grazie per avermi salvato! >>.
 Il suo sguardo profondo si fece nuovamente divertito. << Prego, comunque credo tu sappia già che sono Eric Lawolf >> le sue labbra si stesero in un sorrisetto e aggiunse: << Siamo tutti e due degli animali >>.
 Già, i nostri cognomi significavano rispettivamente, il mio Volpe e, il suo in parte Lupo.
 Si fece di nuovo serio mentre si avvicinava a me con aria circospetta. Arrossii per quell’improvvisa vicinanza quando le sue labbra si avvicinarono al mio orecchio. << Tu hai scritto il tuo nome sul Libro? >> sussurrò e il suo alito caldo mi solleticò.
 << Che libro? >> chiesi confusa e anche un po’ nel pallone.
 Si allontanò e mi guardò aggrottando le sopracciglia. << Come che Libro? Il Libro: Grimorio! >>.
 << Ehm, sì… ma tu come… >>
 Prontooo!? Ma che fine avevano fatto le mie facoltà vocali?!
 << Perfetto! Cioè forse per te non tanto >> m’interruppe sfoderando un sorriso divertito che mi mostrò i suoi denti bianchi e perfetti. Non capii cosa volesse dire. << Lo sapevo, ovviamente >> disse sottolineando l’ultima parola ad alta voce come se si stesse rivolgendo a qualcun altro oltre a me << Volevo solo una tua conferma >>.
 Lo guardai ancora più confusa. I suoi cambiamenti d’umore erano davvero strani.
 << Sì… però come facevi a sapere che… >>
 Non mi lasciò il tempo di finire la mia domanda che si voltò e scomparve nella massa degli studenti che al suono della campanella che annunciava il pranzo si erano riversati nel corridoi per uscire dalla palestra. Rimasi per un attimo a guardare la sua schiena e poi scossi la testa per schiarirmi le idee.
 Come faceva a saperlo? Doveva essere impazzito.
 Sì, era pazzo!
 Era l'unica spiegazione plausibile.
 Dopo essermi cambiata mi diressi anch’io verso la mensa dove notai non c’erano ancora né i due gemelli Keyl né Genevieve.
 Mi sedetti in un tavolo all’angolo della sala vicino la finestra e poggiai il vassoio pieno di cibo davanti a me. Stavo iniziando a mangiare quando due voci mi interruppero.
 << Ehm Ehm >> tossicchiò una.
 << Scusa? >> mi chiamò l’altra con tono gentile.
 Alzai lo sguardo e vidi una ragazza biondissima da lunghi capelli legati in una morbida treccia, gli occhi grigi come i miei e vestita completamente di bianco. Accanto a lei c’era un ragazzo dai capelli neri e lunghi fino alle spalle con gli occhi verdi dalle striature dorate e i vestiti del tutto neri. La maglietta aveva un due enormi ossi incrociati sul davanti. Sul naso aveva un piercing a forma di teschio.
 Non li avevo mai visti a scuola… forse erano nuovi anche loro.
 Ma quanta gente si era trasferita a Heyl?!
 Mi domandai come una ragazza così bella e dall’aspetto delicato potesse andare in giro con un tipo del genere.
 << Scusa potremmo farti una domanda? >> chiese gentilmente la ragazza.
 << Fagliela e basta! >> gli ribatté contro il ragazzo.
 La ragazza lo guardo scocciata. << Gliela stavo per fare se tu non mi avessi interrotto. Sai che noi non dovremmo essere qui, Layo sa fare benissimo il suo lavoro, ovviamente, ma… >>
 << Ma… un corno! >> ribatté maleducato l’altro. Ormai sembrava che si fossero dimenticati di me e della loro domanda. << Gwen, tu qui non dovevi venire ma hai voluto seguirmi a tutti i costi >>.
 << Non mi fido di te, Gilderoy! >> esclamò lei alzando la voce e facendo girare alcuni ragazzi che passavano per i tavoli << Insomma non ha ancora fatto la Scelta: è Neutra. E tu non poi iniziare >>.
 Li guardai strabiliata. Ma di che accidenti stavano parlando quei due?
 Sperai che non fossero dei maniaci dei gruppi di fantascienza come “Che la forza sia con te” e “Battiamo i marziani che invadono la terra” che mi avevano perseguitato l’anno precedente, cercando di farmi entrare nella loro setta di fanatici ad ogni costo.  
 << Ehm… scusate? >> li interruppi scocciata.
 Finalmente al suono della mia voce, i due si ricordarono finalmente della mia presenza.
 << Oh scusaci tanto >> disse la ragazza zittendo l’altro con una gomitata tra le costole << Allora sei tu Allie Samantha Fox? >>
 << Sì >> risposi un po’ scocciata. Quella domanda stava iniziando a darmi sui nervi, forse dovevo appendermi un cartello sul petto con scritto “Sono io Allie Fox”. Un momento! Ma come facevano a conoscere il mio secondo nome?
 << Hai scritto il tuo nome sul Libro? >> domandò il ragazzo con voce strozzata massaggiandosi il petto dolorante per la gomitata. Lanciò un’occhiata assassina all’altra e poi aggiunse tornando a guardare me: << Hai scritto il tuo nome sul Grimorio? >>
 Ora ci si mettevano pure loro?! Sospettai di una congiura.
 << Sì, l’ho scritto. Ma come fate a sapere che… >>
 << Allie eccoci! Scusa il ritardo! >> esclamò Judith avvicinandosi con il fratello al suo tavolo.
 I due strani ragazzi se ne andarono senza rispondere alla mia domanda, cercai di fermarli ma erano già spariti tra la folla che assediava la mensa.
 << Ma chi erano quei due? >> mi domandò Genevieve arrivando anche lei e sedendosi al tavolo.
 << Giuro che non lo so >> risposi perplessa << Ogni tanto qui a Heyl compaiono facce strane >>
 << Bonjour ragazzi! >> disse Jo ai due gemelli.
 Li guardai stupita. << Vi conoscete? >>
 << Sì, eravamo alla sua festa di benvenuto >> rispose Mark senza guardarla e arrossendo leggermente.
 Lanciai un’occhiata a Judith che si sporse con aria cospiratrice verso di me. << Mark ha una piccola cotta per Jo >> mi sussurrò all’orecchio << Però lei non se n’è ancora accorta >>.
 << Sta zitta Judy! >> sibilò Mark seccato.
 << Tranquillo, non dirò niente a Jo >> bisbigliai a Mark la mia promessa e lui si rilassò.
 << Che cosa state confabulando voi tre? >> chiese Genevieve perplessa.
 << Ehm, allora perché ti sei trasferita qui dalla Francia? >> esclamai per cambiare discorso.  
 << Precisamente da Nizza, però è una storia un po’ lunga >>.
 << Mi piacciono le storie lunghe >> la incitai, curiosa.
 << Beh ecco… i miei genitori hanno divorziato quando io ero piccola e qualche anno fa mia madre ha conosciuto un americano che era venuto a passare le vacanze a Nizza, che è una famosa località balneare >> precisò puntigliosa << Si sono innamorati e dopo un po’ si sono sposati. Mamma ha deciso di venire a vivere qui in America tutti insieme. Secondo me è perché ha sempre odiato la mer… >> rifletté per un attimo e poi continuò << Così ho fatto un corso di inglese accelerato per due anni e dopo aver appreso abbastanza bene la lingua siamo venuti a vivere qui >>.
 Per tutto il tempo che aveva parlato, Mark aveva l’aveva guardata ammirato: pendeva letteralmente dalle sue labbra.
 Ma come faceva Genevieve a non accorgersene?!
 << Una piccola cotta? >> mormorai a Judy che ridacchiò << Quello è completamente innamorato >>.
 << Tu, invece? >> domandò Jo, guardandomi curiosa.
 << Io, cosa? >> ribattei confusa non avendo seguito cosa stava dicendo.
 << Insomma tu di chi sei figlia? Loro >> indicò i gemelli << Hanno i genitori che gestiscono il negozio di alimentari, tu? >>
 << Mio padre lavora all’ospedale >>
 << E tua madre? >>
 A quella domanda i gemelli mi guardarono preoccupati.
 << Mia madre è morta quand’ero piccola >> risposi con voce atona.
 << Mi dispiace >> disse Jo con un filo di voce e gli occhi lucidi.
 << Ehm… a chi va dell’altro budino? >> domandò Judy cambiando discorso.
 A quel punto la campanella suonò e ci alzammo per ritornare in classe.
 << Ah, quasi mi dimenticavo! >> esclamò Mark dandosi con la mano un colpo sulla fronte. << Questa sera ci sarà la Festa della Pannocchia nel campo dei McRoot prima che riseminino. Ci vieni? >>
 << Balleremo il ballo del Granoturco? >> chiesi ironica.
 << Dai, ci divertiremo >> disse Judy ridendo.
 << Sì, dai vieni Al >> aggiunse Jo contenta.
 Trattenni una risata.
<< D’accordo >>.
 Questo era davvero il paese dei Cereali!

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Capitolo 3
*** Angeli o Demoni? ***








3. Angeli o Demoni?





 Il telefono squillava indicando che il cellulare dall’altra parte non era occupato.

 << Forza, dai! Rispondi >> lo incitai ansiosa.
 All’improvviso il suono finì e mio padre finalmente rispose.
 << Pronto? Al? >>
 << Papà, ciao! Come sta andando il lavoro? >>
 << Tutto bene, grazie Al >> rispose papà con voce serena << Fino adesso ho solo curato la febbre alta del piccolo Tommy Widfield e rimandato a casa per tre volte la vecchia signora Curbak. Insiste per essere ricoverata, anche se non ha niente… anzi sta meglio di me! >>.
 Ridacchiai: << Pomeriggio tranquillo insomma >>.
 << Già, e tu? Com’è andata a scuola? >>
 << Bene, ho conosciuto la nuova ragazza che viene dalla Francia >>.
 << Ah la figlia della nuova farmacista. Davvero simpatica >>
 Perché in una piccola cittadina, i giovani adolescenti venivano sempre catalogati in base al lavoro dei genitori? Bah…
 << Ehm… comunque ti ho chiamato perché mi hanno invitato alla festa della Pannocchia nel campo del McRoot, posso andarci? >> domandai tutto d’un fiato con un tono supplichevole.
 In California per convincere mio padre a farmi uscire la sera era stata una tragedia ogni volta.
 << Certo che puoi andare >>
 << Davvero? Grazie papà! >>
 A volte abitare in una piccola cittadina aveva i suoi vantaggi.
 << I McRoot hanno invitato quasi tutta Heyl, dopo aver finito il turno faccio un salto anch’io >>.
 Ah… Mi sembrava troppo facile.
 Che stress i genitori apprensivi!
 Mio padre continuava a considerami ancora una bambina da proteggere.
 << Va bene. Ciao pà! >>.
 << A dopo Al >>.
 Attaccai il telefono e guardai l’ora: erano le sette e mezza.
 La sera era arrivata velocemente e poiché con gli altri avevo appuntamento alle otto dove si svolgeva la festa mi preparai e uscii nell’aria umida di Heyl.
 Non presi la macchina perché la strada per raggiungere i McRoot non era molta e attraverso i campi si faceva anche prima. Purtroppo non avevo calcolato il fattore tacchi. Avevo deciso di mettermi un vestito blu piuttosto semplice, con la gonna a palloncino e la scollatura a barchetta, e avevo avuto la fantastica idea di abbinarci le scarpe col tacco che Judy mi aveva regalato per il mio compleanno.
 Così dopo venti minuti ero ancora per strada.
 << Fox! >> mi chiamò una voce mentre camminavo il più velocemente possibile << Ehi volpe, ti sei forse persa? >>.
 Mi girai e vidi Eric correre verso di me. Lo ammirai nella sua camicia bianca a mezze maniche infilata in parte nei Jeans casual e che metteva in risalto i muscoli del petto e quelli delle braccia.
 << Ciao lupo! >> lo salutai con un sorriso.
 Poi, all’improvviso, me lo ritrovai accanto.
 << Come hai fatto? >> domandai confusa per la sua vicinanza.
 << Fatto cosa? >> chiese con un sorriso ammaliante passandosi una mano tra i neri capelli ribelli che protestarono arruffandosi ancora di più.
 Rimasi per un attimo a guardarlo incantata. Prima non lo avevo mai osservato bene ma adesso capivo perché era desiderato da molte ragazze. Aveva un qualcosa di particolare nello sguardo, nei gesti, che lo rendevano terribilmente affascinante.
 Scossi la testa: però io non facevo parte di quelle oche che sospiravano ad ogni sua mossa, così mi ripresi e dissi: << Un momento eri dietro di me e poi sei comparso qui accanto >>.
 Mi guardò per un attimo perplesso, facendomi sentire un po’ sciocca.
 << Sono molto veloce >> disse con voce dubbia, il sorriso incerto. Suonava come una domanda.
 …O forse l’incertezza me l’ero solo immaginata.
 Decisi che era meglio non insistere, insomma adesso che aveva deciso di parlarmi non dovevo rovinare tutto facendogli credere che fossi una pazza immaginaria.
 << Anche tu stai andando alla festa della Pannocchia? >> gli domandai allora sorridendo.
 << Come tutti i ragazzi di qui >> rispose con tono ovvio << Sai che dicono che questa festa sia un po’… magica? >>
 << Ah >> feci per niente colpita.
 << Non credi nella magia? >> domandò Eric con una smorfia divertita.
 << Non ci credo più da quando, a undici anni, non ho ricevuto la lettera che mi ammetteva a Hogwarts >>.
 Scoppiò a ridere di gusto.
 << Che c’è di divertente!? >> chiesi fingendomi davvero sgomenta e offesa dalla sua risata << E’ stato terribile! >> commentai con ardore.
 << Vedrai che oggi tornerai a crederci >> disse tornando serio.
 Gli lanciai un’occhiata: i suoi repentini cambiamenti d’umore a volte mi lasciavano un po’ spiazzata.
 << Sciocchezze! >> sbuffai.
 << Vedremo >> suonava come una scommessa << Vincerà il lupo più forte o la volpe più astuta? >>.
 << La volpe, ovviamente >> risposi a quella domanda che nel contesto della magia non c’entrava proprio niente << L’intelligenza vince sempre sulla forza >>.
 << Anche sull’incanto? >> domandò in un tono cospiratorio avvicinandosi pericolosamente con un sorrisetto beffardo.
 Arrossi e ringraziai che fosse già in parte buio.   
 << Forse >> dissi sostenendo il suo scuro sguardo così vicino al mio.
 << Vedremo >> ripeté divertito.
 Quando girammo l’angolo di una strada, sentii un chiacchiericcio invadermi le orecchie e vidi festoni a forma di pannocchie dappertutto.
 Eravamo finalmente arrivati nel campo dei McRoot, il più grande campo di tutto il circondato, posseduto ovviamente dalla famiglia più ricca di Heyl. Un grande falò ardeva in un punto del campo ed era circondato da moltissime persone, credevo fosse venuta tutta la città.
 << Allie! >> la testa rossiccia di Genevieve fece capolino fra la folla << Al credevo ti fossi persa! >>.
 << Ehm… no, ho incontrato Eric per strada >> ammisi.
 Sembrò come se Jo notasse Eric solo nel momento in cui lo nominai. Sussultò e strabuzzò gli occhi osservandolo ammaliata.
 << Ciao Eric! >> lo salutò con un sorriso.
 Eric però non la stava guardando realmente, ma fissava un punto lontano alle sue spalle con le fronte aggrottata.
 << Scusate, mi stanno chiamando… >>
 In un attimo si dileguò com’era riuscito a fare questa mattina in palestra.
 << Wow che schianto quel ragazzo! >> esclamò Jo.
 << Già >> concordai senza riuscire a trattenermi.  
 << Chi? >> domandò una voce scocciata alle nostra spalle.
 Ci girammo e vedemmo Mark e Judith. Ovviamente la voce scocciata era quella di Mark.
 << Eric Lawolf >> rispose Genevieve e Judy fece un sospiro di comprensione.
 << Quello? >> esclamò ancora più irritato Mark << E’ solo uno sbruffone! >>.
 << Ah smettila! >> lo zittì sua sorella e noi tre ragazze ridemmo mentre lui borbottava offeso.
 Povero Mark: tormentato dalla gelosia!
 I tre mi accompagnarono alla grande tavola dove si trovavano le bevande in bicchieri a forma di pannocchie e pannocchie arrostite sul fuoco. Jud mi passò una bibita e ne sputacchi la metà a terra dopo aver bevuto un sorso per evitare di ingollare quello schifoso liquido dolciastro.
 Prima regola di una festa a Heyl: mai bere quello che ti passano. Potrebbe essere fatto con le zucche del campo McRoot. Era da quando ero piccola che odiavo le zucche perché durante un litigio Mark mi aveva conficcato la testa in una di quelle orribili cose arancioni. Che trauma! Ma dov’era finita la coca-cola?!
 << Ciao Mark, ciao Jud! >> salutò un ragazzo un po’ basso e cicciottello, dagli occhi celesti, i capelli biondo paglia e il volto pieno di lentiggini << Allie! Lo sai che c’è Theo che ti sta cercando? >>
 << Oh no! >> esclamai esasperata e Jud ridacchiò sotto i baffi.
 Theodore era il mio ex ragazzo. Ero stata con lui per diversi mesi ma lo avevo lasciato all’inizio dell’estate, non lo sopportavo più! Era davvero un egocentrico. Quando avevo capito che si sarebbe trovato molto meglio con Violet che con me, avevo messo fine alla nostra relazione. Purtroppo Theo non si era rassegnato facilmente e per tutta l’estate non aveva fatto altro che chiamarmi, strano che non mi avesse bloccato oggi a scuola.
 Simon guardò perplesso Jo e le domanò: << E tu sei quella nuova? >>.
 << Sì, lei è Genevieve >> presentai Jo << Jo lui invece è Simon McRoot >>.
 << Piacere! >> disse Simon stringendole la mano con entusiasmo.
 All’improvviso si sentì un suono acuto e tutti i presenti, me compresa, si voltarono a guardare una signora bionda con un vestito grigio che le comprimeva le formose curve e i capelli biondi a caschetto, battere su un microfono. Alla sua vista mi venne in mente una matrioska.
 << Quella è mia madre >> mormorò Simon a Jo mettendosi una mano fra i capelli, imbarazzato.
 << Ehm, prova prova >> la signora McRoot si girò verso un uomo che stava dietro di lei e aveva in mano un’armonica << Caro il microfono non funziona! >> protestò con la sua voce acuta che si sentiva chiaramente.
 << Funziona benissimo cara >> riuscii a sentire il tono di rimprovero nella voce rauca del signor McRoot.
 Judy, vicino a me, trattenne a stento una sonora risata.
 << Va bene caro! >> la signora McRoot si girò di nuovo verso gli altri cittadini << Allora… benvenuti alla decima festa della pannocchia organizzata nel nostro campo dalla nostra concittadina, la signora Parpen >> indicò con un dito ciccione una donna sulla cinquantina dai capelli completamente già bianchi e gli occhiali sul naso adunco che arrossi vistosamente quando partì un applauso << Adesso il sindaco O’Dan, lo sceriffo McDonnel e il signor McRoot suoneranno il ballo del Granoturco. Buon divertimento a tutti! >>.
 << Grazie Dotty >> disse il sindaco O’Dan inforcando una chitarra, vicino allo sceriffo McDonnel che dopo essersi sistemato i suoi grandi baffoni grigi, si sistemò vicino al signor McRoot per suonare la fisarmonica che teneva tra le mani.
 Dai cittadini partì un altro applauso entusiasta a cui ci unimmo anche io, Genevieve, i gemelli e, con aria bastonata, Simon.
 L’allegra musica si diffuse nell’aria, coprendo il cicaleccio dei presenti, e alcune persone iniziarono a ballare, compresi Judith e Simon, così rimasi in mezzo a Jo e Mark che s’ignoravano. Ognuno guardava in una direzione differente, preso dai suoi pensieri. Che situazione penosa.
 << Mark, invita Jo a ballare >> mormorai.
 Il ragazzo arrossì di colpo e mi guardò strabiliato come se gli avessi appena chiesto di fare qualcosa d’impossibile. << No, non posso >>.
 Ma perché doveva essere così timido?
 Insistetti: << Avanti! >>.
 << No >> ribatté lui testardo.
 << Come vuoi >> lo sfidai. Mi girai verso Genevieve. << Jo perché tu e Mark non andate a ballare? >>.
 Mark mi lanciò un’occhiataccia e arrossì ancora di più quando Jo gli sorrise e gli chiese: << Andiamo? >>.
 << Dopo mi ringrazierai >> bisbigliai a Mark mentre si allontanavano.
 Adesso ero sola.
 Mi guardai intorno in attesa che qualcuno m’invitasse a ballare, e nella mia mente mi ritrovai a sperare che quel qualcuno rispondesse al nome di Eric Lawolf. Ma dov’era finito? Da quando eravamo arrivati non lo avevo più visto. Però al suo posto tra la folla vedi comparire la figura dinoccolata di Theo e in un impeto di stizza scappai prima che potesse raggiungermi.

 La serata trascorse velocemente e dopo essermi divertita con numerosi balli del Granturco, mi ritrovai seduta nascosta dietro una panca per impedire che Theodore potesse trovarmi e rovinare il mio riposo.
 Vicino al fuoco vidi mio padre che stava chiacchierando con una donna dai lunghi capelli castani, Jud si stava facendo offrire da bere da un ragazzo del quinto e - osservai con un sorriso compiaciuto - Mark e Jo stavano ancora ballando.
 A un tratto un’ombra si proiettò sul mio corpo e vidi che vicino a me era comparso Eric.
 << Dov’eri finito? >> domandai curiosa, osservando la sua espressione un po’ irritata. Sembrava avesse appena finito di litigare con qualcuno.
 << Fox vieni >> disse prendendomi per il polso e trascinandomi via. Allora il suo era proprio un vizio! << Devo presentarti ai miei amici >>.
 Cosa, cosa, cosa?
 Addirittura doveva?
 Mi condusse alla fine del capo dei McRoot e oltrepassando la staccionata di legno, mi portò nel campo vicino dove un muro grigio di nebbia mi oscurò la vista delle cose che avevo intorno. Riuscivo solo a vedere Eric.
 << E’ normale che la nebbia cali così all’improvviso a Heyl? >> chiesi perplessa.
 << Raramente >> rispose Eric continuando a camminare con passo deciso.
 Poi a un tratto, com’era comparsa, la nebbia sparì e ci ritrovammo in un campo che a nord era delimitato da degli alti alberi di pino. Eric mi guidò verso gli alberi.
 << Si trovano qui i tuoi amici? >>
 << Sì, eccoli! >>.
 Notai che davanti a noi c’erano quattro persone che discutevano animatamente ai piedi di un grande pino dall’aspetto un po’ malaticcio. Mi concentrai per riuscire a sentire i loro mormorii rabbiosi.
 << …andiamo è una follia! >> stava dicendo una voce femminile.
 << Ha scritto il nome sul Libro >> ribatté una maschile.
 << E’ solo una bambina >> aggiunse una dolce voce.
 << Anche quell’altro per voi era un bambino >> disse maleducata una quarta, maschile ma meno profonda della prima.
 << Ma questa lo è ancora di più >> replicò la voce dolce.
 << Le regole non si possono infrangere >> osservò il maschio.
 << Ah senti da chi vengono queste parole! >> urlò infuriata la prima voce.
 Eric e io ci avvinammo abbastanza e riuscii a vedere che due delle persone erano i ragazzi che avevano litigato in mensa davanti a me prima di farmi la domanda sul libro mentre le altre due persone erano due adulti.
 Una era una donna dai lunghissimi capelli bianchi come il vestito elegante che portava e l’altro era un uomo dai capelli così neri che sembravano blu e che gli arrivavano fino alle spalle, e i vestiti neri.
 Stupita notai che la donna sulla schiena aveva due bianche ali piumate e sulla testa un’aureola dorata, mentre l’uomo aveva un paio di ali rosse come le corna tra i capelli e la coda che spuntava da dietro i pantaloni scuri. Anche i due ragazzi erano provvisti di quelle strane caratteristiche.
 Lanciai uno sguardo interrogativo a Eric ma quello non mi stava guardando, anzi si era avvicinato ai quattro lasciandomi indietro. La situazione era davvero strana. Provai il desiderio di tornare indietro. Eric si schiarì rumorosamente la voce e i quattro si voltarono di scatto verso di lui per poi puntare i loro occhi su di me.
 Quelli della donna erano grigi, quasi argentati, mentre quelli dell’uomo erano gialli.
 Arrossii per tutta quell’attenzione.
 << Scusate per avervi interrotto, stavate provando una recita? >> l’uomo iniziò a ridacchiare ma s’interruppe di colpo quando dissi: << Belli i costumi, le ali sono di cartone? >>.
 Eric scoppiò a ridere: << Ve l’avevo detto che non ci avrebbe creduto! >> disse rivolto ai quattro tra le risate.
 << Un momento! Come diavolo fa a vedere le ali? >> domandò l’uomo al ragazzo che strinse le spalle.
 << Non lo so, capo >>.
 La donna, con una camminata aggraziata e leggera, si avvicinò a me. Le ali sulla sua schiena frusciarono e qualche  piuma cadde per terra.
 << Guardate i suoi occhi… >>
 Indietreggiai quando anche l’uomo si avvicinò ma Eric mi trattenne per un braccio.
 << Hai ragione >> disse osservandomi attentamente con i suoi inquietanti occhi gialli << Ecco perché alla fine Ivoene è scomparsa >>.
 Ivoene?

 A quelle parole scattai.
 << Basta! >> urlai infuriata << Chi siete? Che cosa sapete di mia madre? >> mi liberai dalla stretta di Eric e lo guardai: << Se questo è uno scherzo non è divertente >> dissi con tono seccato.
 << Purtroppo non è uno scherzo Allie >> disse la donna dolcemente con un’espressione seria e malinconica sul volto.
 << Gwen, Gilderoy, andate >> mormorò Eric ai due ragazzi che si voltarono e si diressero verso gli alberi per poi sparire alla mia vista.
 << Allora? >> chiesi irritata aspettando una loro spiegazione.
 L’uomo fece per aprire bocca ma la donna lo interruppe: << Lascia che ci pensi io >>. Poi si rivolse a me: << Prima devi promettere una cosa. Ascolta le nostre parole senza interrompere e poi deciderai se crederci o no, ma prometti che non racconterai mai a nessuno quello che hai ascoltato né di noi >>.
 << Prometto!? >> dissi incerta e quello bastò.
 << Almeno lascia che mi presenti >> intervenne l’uomo sorridente, mostrando dei denti bianchissimi e due canini appunti. Rabbrividii. << Io sono Demon e questa è Evangeline >>.
 Evangeline fece un sorriso.
 << Adesso posso continuare? >>
 << Prego collega >> concesse Demon facendo una reverenza.
 << Grazie >> Evangeline si schiarì la voce e incatenò il suo sguardo con il mio << Allie devi sapere che il Libro su cui tu hai scritto il tuo nome come tuo padre prima di te, contiene un antichissimo sortilegio che lega il possessore del libro al libro. Grimorio narra di una storia tra il Male e il Bene… >>
 << Una guerra, collega. Non cambiare le parole >>.
 Evangeline ignorò il commento di Demon. << Tra il Male e il Bene che combattono una guerra >> continuò imperterrita lanciando un’occhiataccia all’uomo << Noi angeli e tutte le creature celesti rappresentiamo il Bene mentre i diavoli e tutte le creature infernali rappresentano il Male >>.
 Tutto quello che mi stava dicendo arrivava alle mie orecchie con suono ovattato come se fossi in un sogno. Forse ero davvero in un sogno… o in un incubo.
 << Tu, legando il tuo destino a quello del libro dovrai scrivere la storia di questa guerra >>.
 << Scegliendo, ovviamente, da che parte stare >> terminò Demon.
 << Ovvio >> annuì Evangeline.
 Eppure quello che a loro sembrava così ovvio per me non lo era per niente.
 << Che cosa centra mia madre con voi? >> domandai con voce flebile.
 Evangeline e Demon si scambiarono un’occhiata con Eric e poi la donna aggiunse: << Layo ti spiegherà tutto. L’importante ora è che tu faccia la tua scelta >>.
 << Questa guerra è vera? Cioè… >> deglutii senza riuscire a finire.
 << Sì, orrendi mostri e incubi sono tutti inclusi nel prezzo >> disse Demon con noncuranza e poi sfoderò un ghigno malefico << Ovviamente questo dipende da che parte stai >>.
 << Io… non posso crederci >> mormorai perplessa.
 Erano dei pazzi!!!
 << Certo che puoi, mia cara >> ribatté Demon.
 Non riuscivo a pensare. Era così assurdo. Tutto questo non poteva essere vero eppure un angelo e un diavolo in carne e ossa, aggiungerei anche ali, si trovavano davanti a me e mi chiedevano di entrare in una folle guerra.
 << E se cancellassi il mio nome dal libro? >>.
 << Questo non si può fare >> rispose Demon serio << Prima devi finire la guerra >>.
 << Stiamo aspettando una tua scelta >> mi ricordò Evangeline.
 << Angeli o Demoni? >> fece il diavolo con il suo ghigno terrificante.
 Il che non era un punto che andava a suo favore.
 Oddio! Ma che cosa stavo pensando? Credevo davvero di fare la scelta?
 Tutto questo NON era reale! Era solo una finzione, sì. L’indomani mi sarei svegliata e avrei scoperto che era solo un incubo.
 << Posso rifletterci? >> domandai quasi disperata.
 << D’accordo >> mi concesse Evangeline << Cinque giorni >>.
 << Due >> protestò il diavolo.
 << Tre! >> esclamò l’angelo esasperato.
 << Andata, collega!>>.
 Si strinsero la mano e poi Demon si girò verso di me: << Tre giorni per pensarci ragazzina, però Layo si occuperà di te >>.
 << Cosa? >> esclamò Eric con voce vagamente scocciata dietro di me facendomi sobbalzare << E perché? >>.
 Demon lo fulminò con un’occhiata che era tutt’altro che amichevole. << Perché lo dico io >>.
 << Portala a casa >> disse Evangeline a Eric << Si è fatto davvero tardi >>.
 << Aspettate! >> urlai mentre i due, dopo avermi dato le spalle, si addentravano tra gli alberi << Ma chi è questo Layo?>>
 << Sono io >> disse Eric prendendomi in braccio senza sforzo, come se fossi una piuma.
 Iniziò a camminare verso la nebbia e la sua camminata ondeggiante mi provocò uno strano intorpidimento. Sbadigliai assonnata mentre sentivo le palpebre chiudersi per il pesante sonno che mi aveva colpito. L’ultima cosa che sentii furono le voci soffuse di Demon ed Evangeline.
 << Per tutti i diavoli dell’inferno! Pensavo che la prendesse molto peggio… Suo padre svenne appena mi vide >>.
 << Solo perché tu quel giorno ti presentasti con la tua tenuta rossa da Lucifero, collega >> lo riprese Evangeline.     
 << Ah già >>.

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Capitolo 4
*** Layo ***




4. Layo





 Mi rigirai nel letto quando un fastidioso raggio di sole illuminò la stanza, trapassandomi le palpebre e facendomi svegliare. Mi tirai sopra la testa le coperte cercando di riaddormentarmi ma all’improvviso i pensieri si fecero largo nella mia mente, confusi.
 Mi misi a sedere di scatto.
 Mi guardai intorno con il respiro affannato e incontrai lo sguardo cupo di mio padre seduto al bordo del letto. Non faceva presagire nulla di buono.
 << Papà! >> esclamai confusa << Che cos’è successo? Un attimo fa ero… >>
 Mi morsi il labbro inferiore per impedirmi di raccontargli… il mio sogno.
 << Signorina >> disse con tono autoritario Nathaniel senza dare conto alle mie parole << Sei in grossi guai. Mi hai fatto preoccupare moltissimo >>.
 << Che cos’è successo? >> ripetei preoccupata.
 << Non prendermi il giro! >> mi sgridò << Sei in punizione per una settimana. E oggi niente uscite. Te ne stai tutto il giorno in camera tua>>. Si alzò e si diresse alla porta con una certa fretta e seguendolo con lo sguardo notai che la data del calendario attaccato al muro segnava che oggi era domenica. << Adesso vado al lavoro, ti ho lasciato il latte con i cereali sul tavolo in cucina per la colazione. Tornerò questa sera >>.
 Senza neanche salutarmi se ne andò dalla mia camera, scese le scale e lo sentii uscire di casa sbattendo la porta.
 Mi alzai dal letto e mi guardai allo specchio.
 Ero un vero disastro.
 I capelli andavano sparati da tutte le parti ed ero un po’ pallida, e l’enorme pigiama con le renne tutto stropicciato non aiutava affatto a rendere la mia immagine un po’ più decente.
 Mi affacciai alla finestra e notai che papà aveva lasciato la bicicletta e aveva preso Dessy.
 Scesi in cucina poiché lo stomaco aveva iniziato a reclamare per la mancanza di cibo. Mi versai i cereali nella tazza del latte e iniziai a mangiare lentamente. Cercai di schiarirmi le idee.
 Nathaniel aveva preso la macchina.
 Brutto segno. Voleva dire che era proprio arrabbiato.
 Ma arrabbiato per cosa? Che cos’era successo venerdì sera?
 Dopo che avevo ballato per dieci volte il ballo del Granoturco, dovevo essermi addormentata e avevo fatto un incubo su una guerra tra Angeli e Diavoli, il Bene e il Male…
 Mi ero addormentata ed ero così stanca che avevo dormito un giorno intero. E per questo papà si era arrabbiato. Sì, doveva essere andata sicuramente così.
 Quando finii di bere l’ultimo goccio di latte, posai la scatola dei cereali sul ripiano della cucina e lavai la tazza nel lavandino.
 << Mmm… davvero carino quel pigiama >> commentò all’improvviso una voce dalla soglia della cucina.
 Sorpresa e spaventata mi volta di scatto e lanciai un urlo alla vista di Eric, che si tappò le orecchie.
 Urlai finché non terminai il fiato.
 Solo allora Eric si levò le mani dalle orecchie. << Finito? >>
 Annuii un po’ scossa.
 << Meno male! Ti prego non farlo mai più, è stata una vera tortura per le mie sensibili orecchie >>.
 Lo osservai mettersi seduto su una sedia e con noncuranza poggiare i piedi sul tavolo, accavallando una gamba sopra l’altra.
 << Spero che tu stia comodo >> dissi acida, ritrovando la voce che dopo l’urlo sembrava scomparsa.
 << Grazie >> ribatté Eric con una faccia da schiaffi che m’irritò.
 << Ma da dove sei entrato? >>
 << Dalla porta >>.
 << Ahah davvero divertente! >> replicai lanciandogli un’occhiata fulminante << Eric… >>
 << Layo >> mi riprese << Eric è solo il mio nome umano, il mio vero nome è Layo >>.
 << Va bene! >> esclamai esasperata << Layo che cos’è successo venerdì sera dopo che… sì, insomma! >>.
 Non volevo ripensare a quell’incubo.
 << Ti sei addormentata, o per meglio dire sei svenuta per lo stress - il che mi ha fatto perdere i cinquanta dollari che avevo scommesso con Gilderoy - e poiché avevamo fatto un po’ tardi con le spiegazioni e tutti ti stavano cercando, ho inventato la storia che volevi fare un passeggiata lontano dalla confusione >>
 << Accidenti che fantasia! >> borbottai.
 << Poi >> continuò Layo lanciandomi un’occhiataccia << Ti sei sentita male. Io ti ho trovato e tuo padre ti ha portato qui a cosa dove hai dormito per un giorno >> terminò con voce atona come se quella fosse stata la centesima volta che ripeteva quella storia << Vorrei ricordarti che poiché hai passato un giorno a rigirare e mugolare parole incomprensibili nel letto, adesso hai solo due giorni per riflettere sulla Scelta… Ah, ovviamente non mi sono dovuto far riconoscere da tuo padre >> alzò gli occhi al cielo.
 << No, non è ovvio per niente Eric! Cioè Layo, oh insomma tutti e due! >> strepitai.
 << Perché non ti siedi così ti spiego tutto per bene? >>  
 << No >> protestai << Allora che cosa centrate tu, e soprattutto mia madre con tutta questa storia assurda? >>.
 << La risposta alla prima domanda è che sono figlio di un personaggio del libro >> buttò lì Layo guardandomi, come se mi avesse appena detto che 3 per 2 da come risultato 6 << …ehi! >>
 Riuscì ad alzarsi e a stringermi tra le sue braccia prima che cadessi a terra perché le ginocchia avevano minacciato di cedere, altrimenti mi sarei ritrovata con un bernoccolo sulla fronte.
 La leggerezza con cui mi teneva e il suo scatto agile scatto mi confermavano quello che le parole che aveva appena pronunciato erano la verità. Insomma non pesavo molto, ma lui doveva avere qualcosa di speciale.
 << Te l’avevo detto di sederti >> disse con voce gentile. Delicatamente mi portò nella mia stanza e mi stese sul letto. << Va meglio? >> domandò sedendosi accanto a me.
 << Credo di sì >>.
 << Credi anche di riuscire a vestirti? Vorrei mostrarti una cosa >>.
 << Non posso uscire di casa… >>
 << Non se ne accorgerà nessuno >>.
 << Va bene >> acconsentii.
 Che cosa stavo facendo?
 << Ti aspetto di sotto >>.
 Quando Layo uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle, mi feci una rapida doccia e poi presi le prime cose che trovai nell’armadio. Indossai un semplice maglioncino e i soliti Jeans. Rinunciai a sistemare i capelli e così li legai in una semplice e comoda coda.
 Scesi le scale sperando che Layo non fosse sparito. Insomma adesso che potevo sapere tutto su mia madre…
 Lo vidi che mi aspettava vicino la porta.
 << Andiamo? >>
 << Risponderai alla mia seconda domanda? >>
 << Risponderò a tutte le domande che mi farai >>.
 << Andiamo >>.
 Uscimmo di casa e Layo mi prese per mano. Il suo gesto mi lasciò per un attimo meravigliata, ma poi strinsi la sua mano di rimando e lui mi sorrise rassicurante. Almeno questa volta non mi stava trascinando per il polso.
 Layo mi guidò verso i campi dorati di cereali e poi mi fece salire a cavalcioni sulla sua schiena.
 << Sicuro che vada tutto bene? >> domandai stringendo le braccia intorno al suo collo per niente tranquilla.
 << Non preoccuparti >> rispose con un sorriso eccitato << Reggiti forte! >>
 E dopo queste parole si slanciò di corsa verso il grano, piegando gli alti steli al suo passaggio. Spaventata strinsi più forte le gambe ai suoi fianchi quando sentii il suo corpo tremare, scosso da spasmi violenti.
 Chiusi gli occhi certa di cadere a terra e rompermi l’osso del collo ma il tremore finì e quando riaprii gli occhi mi trovai seduta sulla schiena di un enorme lupo dal manto marrone scuro come la corteccia degli alberi.
 Lanciai uno strillo di protesta quando il lupo ululò e corse veloce, così veloce che in un attimo la città alle nostre spalle era scomparsa. Mi aggrappai forte a qualche ciuffo delle folta pelliccia quando il lupo, o meglio, Layo saltò oltre lo steccato che delimitava il campo di grano da uno di pannocchie.
 Durante la corsa sentivo il vento fresco che faceva lacrimare gli occhi, ulularmi nelle orecchie. Era davvero una bella sensazione correre così liberi.
 << Yuhu! >> urlai come un cowboy e Layo sotto di me abbaiò qualcosa che sembrava molto simile a una risata.
 Poi tutto finì quando tra le pannocchie si aprì uno spazio dove c’erano due tronchi per sedersi. Layo si fermò di botto facendomi finire con il sedere per terra.
 Rimansi per un attimo a guardarlo incantata. Osservai il suo muso e notai che aveva una macchia bianca intorno all’occhio destro. Mi rialzai e mi sedetti sul tronco di fronte a lui.
 << Ahio! >> borbottai quando il ginocchio protestò per la caduta di prima.
 << Scusa >> disse Layo tornando in forma umana dopo che il suo corpo era stato scosso da un leggere tremolio.
 << E’… e’ stato davvero bello >> gli dissi. Ormai mi stavo imparando a non stupirmi più di niente. Eric… Layo aveva vinto la scommessa che avevamo fatto due sere fa: ero tornata a credere nella magia.
 << Ne sono contento >> sorrise e poi si fece serio << Sei pronta per ascoltare la risposta alla tua seconda domanda? >>
 Annuii.
 << Circa diciotto anni fa tuo padre trovò Grimorio in uno scaffale polveroso di una vecchia libreria e dopo averlo comprato scrisse il suo nome al posto del suo precedente proprietario Antony Geffer >> si perse nei suoi pensieri per un momento, gli occhi che osservavano il vuoto. Si riscosse quando mi schiarii la voce e mi guardò: << Beh, poi tuo padre ha fatto la sua scelta >>.
 << Che cos’ha scelto? >> domandai trattenendo il fiato.
 Il ragazzo scoppiò a ridere: << Ovviamente il Bene >>.
 Mi scappò un sospiro. Demon non mi era sembrato un tipo molto raccomandabile dal nostro incontro.
 << In quella guerra, che si svolse proprio qui a Heyl, il Male fu davvero spietato >> rifletté Layo con serietà << Tuo padre passava molto tempo insieme agli angeli e un giorno s’innamorò di un angelo di nome Ivoene e così sei nata tu >>.
 << E poi? >> mormorai con un filo di voce << Che cos’è successo? >>
 << Il Bene si è arreso, le creature ancestrali stremate scesero a patti con il Male che come ogni volta chiese al possessore del libro di lasciare andare una persona cara che nella sua vita aveva amato o amava molto. Così Ivoene fu costretta a tornare tra le pagine del libro e a rinunciare a te e alla vita che aveva scelto di trascorrere con tuo padre >>.
 << Ma questo vuol dire che ancora non ha vinto nessuno >>.
 << Sì, altrimenti Grimorio non esisterebbe più. Ogni volta la storia s’interrompe a metà e il nome del proprietario viene per metà cancellato finché qualcun altro non scriverà il suo nome per ricominciare e forse finalmente finire il libro >>.
 << Ma se si fosse arreso il Male? Che cosa sarebbe successo a mia madre? >>
 << Sarebbe rimasta con tuo pad… >> Layo s’interruppe, annusò l’aria e storse il naso con una smorfia di disgusto << Oh no! >>.
 Annusai anch’io l’aria e le narici si riempirono di un vomitevole odore di zolfo.
All’improvviso, in una nuvola di fumo nero, comparì un diavolo. Alla sua vista provai un modo d’irritazione verso di lui e il Male, d’altronde se nella guerra precedente non fosse stato così spietato, mia madre avrebbe potuto vedermi crescere e io avrei avuto una famiglia normale.
 Perché il Bene aveva deciso di arrendersi?
 Il diavolo si avvicinò a me e dopo aver fatto una riverenza mi porse un biglietto che era comparso sulla sua sottile e pallida mano dalle lunghe dita affusolate.
Un biglietto di andata e ritorno verso l’inferno” recitava una scritta nera su uno sfondo rosso.
 Layo si sporse verso di me per sbirciare il biglietto tra le mie mani. << Che cos’è questa storia? Demon ha detto che dovevo pensarci io! >> disse con tono irritato al diavolo che si era seduto con un veloce movimento sul mio tronco.
 Mi scansai disgustata per la puzza di zolfo che emanava.
 << E’ semplicemente un invito che il nostro padrone Demon fa alla Prescelta per mostrarle dove vivono le creature infernali, quelle che sceglierà >>.
 Il diavolo inchiodò il suo sguardo al mio e sentii la testa svuotarsi da ogni pensiero tranne che da una vocina che mi consigliava di stare dalla parte del Male al momento della Scelta.
 << Quelle che sceglierò >> sussurrai continuando a fissare gli occhi gialli del diavolo che sembravano così profondi da potermi perderci dentro.
 << Non provare a incantarla! >> ringhiò Layo << Stai infrangendo le regole >>.
 Con uno strattone mi attirò a sé e mi costrinse a guardarlo negli occhi. La voce insistente nella testa sparì e mi sentii di nuovo libera di pensare. Il biglietto mi cadde dalle mani e rimase a terra, abbandonato.
 << Senti da che pulpito provengono queste parole >> esclamò il diavolo falsamente colpito << Non mi pare che tu le abbia sempre seguite le regole, eh Layo? >> fece un ghigno << Dovrai portarmi più rispetto quando sarò il tuo capo, non ti risparmierò sapendo chi è tuo padre >>.
 Il diavolo si alzò in piedi e dopo avermi fatto un cenno di saluto con la testa sparì in una verde nuvola di zolfo puzzolente.
 << Che… che cosa voleva dire? >> balbettai sperando di aver interpretato in modo sbagliato le parole della creatura infernale << Il tuo capo? >>
 << Già >>.
 Lo guardai sbalordita e mi allontanai da lui.
 << Perché se stai dalla parte del Male, sei qui invece di stare con il tuo capo? >>.
 << Nessuno ha detto che io stia dalla parte del Male, ora! >> urlò l’ultima parola con un tono esasperato.
 << Ah >>.
 << Ma quando inizierà sarò costretto a stare dalla loro parte >> borbottò.
 Rimanemmo per un attimo in silenzio, a guardarci.
 << Perché? >>
 Layo si strinse le spalle. << Beh… E’ semplicemente la scelta più facile da fare >>.
 << Perché? >> incalzai e mi ricordai delle sue parole di poco fa << Chi è tuo padre? >>
 << Demon >>.
 Lo guardai stupita, gli occhi strabuzzanti.
 << Già, sai nella precedente guerra tua madre non era l’unica che si era invaghita di un umano. Mia madre mi ha cresciuto cercando di proteggermi dal mondo degli inferi ma quando i poteri si sono presentati a me, mio padre è venuto a reclamarmi. Avevo solo sette anni quando ho saputo tutto la verità. E’ la mia natura Allie, come tu sei mezza angelo, io sono mezzo demone >>.
 << Hai altri poteri speciali oltre quello di diventare lupo? >>
 Scosse la testa: << Non sono provvisto di coda e ali però posso trasformarmi in ciò che voglio, come hai visto quello che mi riesce meglio è il lupo. Credo che anche tu abbia dei poteri speciali, sei riuscita a notare quanto io sia veloce >> osservò alla fine, pensoso.
 << Da quanto tempo esiste Grimorio? >>.
 << Per tutti i lupi che ululano alla luna, ma sei un pozzo di domande senza fine! >> mi sorrise << Nessuno lo sa, forse da sempre, da secoli e secoli >>.
 Alzò la testa e pensieroso osservò il cielo. Solo in quel momento mi resi conto che il sole stava tramontando.
 Oh no! Papà avrebbe finito il suo turno di lavoro prima di sera…
 << Layo, portami a casa, presto! >> esclamai agitata.
 Conoscendo Nathaniel, se non mi avesse trovata a casa mi avrebbe messo in punizione per almeno un mese.
 << Di questo cosa farai? >> domandò Layo porgendomi il biglietto di Demon che aveva raccolto da terra.
 Lo presi e lo infilai nella tasca dei pantaloni.
 << Ci penserò su >>.

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Capitolo 5
*** Visite infernali ***







5. Visite Infernali




 Scesi dalla macchina e salutai papà.
 Come risposta ricevetti solo un grugnito.
 Era ancora arrabbiato e poiché la punizione che mi aveva imposto per una settimana prevedeva anche il sequestro della ford Dessy e io non avevo nessunissima intenzione di camminare o pedalare fino a scuola, Nathaniel era stato costretto ad accompagnarmi.
 Quando la macchina ripartì alla volta dell’ospedale mi diressi verso l’entrata dove Genevieve si sbracciava per chiamarmi. Mentre mi avvicinavo, vidi anche Judith e Mark.
 << Allie, come stai? >> mi chiese Jo preoccupata.
 << Quando ti abbiamo visto svenuta tra le braccia di tuo padre mi sono spaventata moltissimo >> aggiunse Judy guardandomi attenta.
 << Non preoccupatevi, ora sto bene >> le rassicurai << Credo che sia stata colpa dei troppi balli >>.
 L’avevo detto in modo così naturale che quasi mi convinsi anch’io che quelle parole fossero la verità.
 << Non avresti dovuto allontanarti >> disse Mark secco.
 Sapevo che era ancora arrabbiato con me (anche lui) per la faccenda del ballo con Jo, perciò cercai di non rispondergli in malo modo.
 << Lo so, infatti per questo sono stata messa in punizione:  niente uscite e macchina per una settimana >> risposi sospirando.
 << Ah ecco perché ti ha accompagnato tuo padre! >> osservò Genevieve ridacchiando.
 La campanella suonò e ci dividemmo: Jo si diresse in palestra con i gemelli, mentre io entrai nell’aula dove si teneva la lezione di letteratura.
Per qualche assurdo motivo il posto vicino al mio rimase vuoto.
 …Forse era perché ero svenuta durante il ballo del Granturco. Davvero imbarazzante come cosa! Ma Layo non poteva inventarsi qualcosa di meglio?!
 << Buongiorno ragazzi! >> salutò il professore entrando lentamente in classe, strascicando i piedi e trascinando una valigetta che aveva l’aria di essere molto pesante.
 Doveva essere stato un uomo molto alto ma era incurvato dal peso dei suoi anni. Il volto che m’ispirava fiducia e simpatia, era coperto da una ragnatela di rughe, soprattutto intorno a suoi occhi verdi, che vagarono per la classe si fermarono quando incontrarono i miei.
 << Oh bene >> gracchiò con la sua voce da corvo << Abbiamo una nuova studentessa >>.
 Eh già, quest’anno ero stata ammessa al corso avanzato di letteratura.
 Con una mano che sembrava fragile come un ramoscello prese un foglio dalla sua valigetta che aperta rivelò essere piena di libri scritti da famosi autori.
 << Lei deve essere la signorina Fox >>.
 << Sì, sono io >>.
 << Io sono il professor Kitting >> i suoi occhi verdi scrutarono il foglio << Sono lieto di vedere dal foglio che ha consegnato alla segreteria che in questa materia ha avuto sempre voti eccellenti >>.
 Mi sorrise e tutti gli occhi della classe si voltarono a guardarmi curiosi.
 << Sono sicuro che non avrà problemi per mettersi in pari con il nostro programma >>.
 Letteratura era una materia che mi era sempre piaciuta, tanto che non mi era costata nessunissima fatica mettermi già in pari con il programma, ma per non essere considerata dagli altri una “secchiona” (ci mancava solo quello) mi limitai ad annuire.
 << Benissimo, signorina Fox. Ora, che inizi la lezione! >> esclamò il professor Kitting con un gesto alquanto teatrale che suscitò le risate dei suoi alunni.
 << Non ho mai sopportato le poesie di William Wordsworth >> si lamentò bisbigliando una voce familiare.
 Sussultai quando mi accorsi che seduto nel banco accanto al mio, con aria annoiata mentre voltava piano le pagine del libro di testo, c’era Layo.
 << Layo! >>.
 << Shh… io mi chiamo Eric >> mi rimbeccò.
 << Ma come fai a comparire così? >> sussurrai chinandomi verso di lui.
 << Magia! >> disse lui con tono macabro facendomi sobbalzare ancora << Ricordi? Figlio del diavolo >>.
 << Spiegati meglio >> dissi un po’ irritata.
 << I miei poteri mi permettono di essere molto veloce, no? Quindi nessuno si è accorto quando sono entrato in ritardo, è come se fossi stato sempre qui. E poi non dimenticarti che per tutti sono il brillante e affascinante studente del liceo che è nato e vissuto a Heyl >>.
 Che sbruffone!
 << Soddisfatta della spiegazione? >>
 << Non so se la signorina Fox sia soddisfatta della spiegazione signor Lawolf, dato che credo non ne abbia sentito l’inizio >>.
 Alzai gli occhi e vidi il professor Kitting sopra di noi.
 << Potreste usare l’ora del pranzo per migliorare i vostri rapporti sociali? >>.
 << Ci scusi professore >> mormorai avvampando mentre delle risatine percorrevano l’aula.
 Anche Layo ridacchiò quando il professore ricominciò a spiegare infervorato la sua lezione.
 << Sta zitto e fammi sentire! >> lo ripresi scocciata, dando un calcio alla sua sedia.
 Layo finalmente si azzittì, forse offeso dal mio modo, e l’ora passò veloce mentre scribacchiava velocemente appunti sul suo quaderno.
 Quando la campanella annunciò la fine della lezione, mi diressi verso l’aula di spagnolo e Layo mi seguì come un ombra, pensieroso e si sedette nuovamente vicino a me.
 Un gruppetto di ragazze cheerleader tra cui quella bionda platinata di Violet, mi lanciarono un’occhiata stupita e perplessa.
 Probabilmente si stavano chiedendo perché un ragazzo come Eric si sedesse vicino a un’anonima ragazza come me invece che un’importante cheerleader.
 Anche a pranzo ricevetti le stesse occhiate meravigliate da Jo e i gemelli quando il ragazzo si mise con noi a tavola sempre silenzioso e pensieroso.
 << Allie, ma come hai fatto a trascinartelo dietro? >> mi sussurrò Judy << Di solito sta con i giocatori della squadra di football e con le cheerleader >>.
 Lanciai un’occhiata divertita a Layo. << Ah davvero!? >>.
 Lo vidi sorridere impercettibilmente. Probabilmente grazie al suo udito fine era riuscito a sentire i nostri mormorii.
 Intanto Jo lo guardava ammirata suscitando la gelosia di Mark.

 Alla fine delle lezioni uscii lentamente da scuola, trascinandomi lo zaino pesante. Sospirai avviandomi verso casa. Papà era al lavoro e non sarebbe passato a prendermi.
 << Perché non mi hai aspettato? >> mi chiese Layo.
 Questa volta non mi spaventò. Ormai mi stavo abituando alle sue improvvise apparizioni al mio fianco.
 << Credevo fossi sparito come tuo solito >> risposi continuando a camminare << Perché oggi eri così pensieroso? >>
 << Stavo riflettendo sull’invito che ti ha fatto Demon >> disse Layo levandomi dalla schiena lo zaino e posandoselo su una spalla insieme al suo.
 << Grazie >> lo ringrazia con un sorriso.
 Ricambiò il sorriso e continuò: << Non era mai successo. Di solito i biglietti si consegnano dopo che l’umano ha fatto la sua Scelta e solo quello della parte che ha scelto >>.
 << I biglietti? Vuoi dire che c’è anche quello per andare in Paradiso? >> domandai curiosa.
 << Sì >>.
 Camminammo in silenzio per un po’.
 Ancora non sapevo se accettare l’invito di Demon ma che cosa sarebbe successo se non l’avessi accettato? Quel diavolo non sembrava un tipo che accettava dei rifiuti.
 All’improvviso Layo mi prese in braccio con un agile e repentino scatto che mi colse di sorpresa.
 << Che fai? Mettimi giù! >> protestai arrossendo.
 << Sei una lumaca, Allie, non una volpe >> ridacchiò lui iniziando a correre.
 Chiusi gli occhi in preda alle vertigini per non guardare tutto quello che avevamo intorno sfrecciare a una velocità disumana.
 In meno di due minuti mi posò davanti la porta di casa. Rimasi per un po’ di tempo aggrappata al suo braccio muscoloso per aspettare che i giramenti di testa passassero.
 << Avrebbero potuto vederti! >> lo sgridai mentre entravamo.
 Scosse la testa, divertito. << Andavamo troppo veloci >>.
 << Beh, non farlo mai più >> mi lamentai sdraiandomi sul divano con un capogiro alla testa << Almeno non così all’improvviso >>.
 Lo stomaco di Layo brontolò mentre si fiondava in cucina per saccheggiare il frigo.
 << Aspetta! >> lo fermai con in mano delle uova << Preparo qualcosa io. Non voglio che mio padre, al suo ritorno, trovi il frigo vuoto >>.
 Mi alzai di scatto dal divano e corsi ai fornelli per preparare un piatto di spaghetti e una frittata con le uova che aveva rubato. Layo mi osservò silenzioso, seduto al tavolo, seguendo i miei movimenti con i suoi occhi scuri.
 << Per tutte le lune, tu sì che sei la fata dei fornelli! >> si complimentò alla fine, quando posai i piatti fumanti davanti a lui.
 << Grazie >> dissi mentre iniziavo ad arrotolare gli spaghetti intorno alla forchetta << Quando a prendersi cura di te, c’è solo un padre che non sa cucinare devi pur arrangiarti in qualche modo >>.
 << Oh sì, ricordo di aver assaggiato qualcosa cucinato da tuo padre a una festa >> disse Layo terminando gli spaghetti e ingoiando un pezzo intero di frittata mentre io lo osservavo con in mano ancora la prima forchettata. Accidenti che appetito vorace!
 << Aspetta, era per caso la torta al formaggio quella volta dai Widfield? >> gli domandi ridendo << Glielo avevo detto che non era una buona idea! >>
 << Davvero orribile! >> commentò lui con ardore dopo aver deglutito tutto il cibo che aveva in bocca << Vuoi? >> domandò indicando il mio piatto ancora pieno.
 Il disgustoso modo di ingozzarsi mi aveva fatto passare la fame, così spinsi gli spaghetti verso di lui e aspettai pochi minuti che finisse di spazzolarsi tutto il cibo, poi salimmo in camera.
 Presi il libro Grimorio e il biglietto di Demon da sotto il letto, dove li avevo nascosti. Starnutii per la troppa polvere che si era annidata lì sotto… prima o poi avrei dovuto decidermi a dare una pulita alla camera.
 << Cosa pensi che dovrei fare? >> domandai a Layo mentre mi rigiravo il cartoncino rosso tra le mani.
 << La storia è tua, Allie >> disse prendendo il libro e aprendolo << Guarda! >> esclamò poi facendomi spaventare.
 Mi porse il libro aperto all’ultima pagina scritta, dov’erano apparse delle nuove parole.
 Lessi a voce alta:
 “Allie era indecisa se accettare l’invito di Demon, eppure sapeva che non poteva rifiutare... tanto non aveva ancora niente da perdere.
 << Sembra come se il Libro volesse darmi un consiglio >> aggiunsi alla fine.
 Layo scrollò le spalle. << Non so >>.
 Lo guardai scocciata. Insomma, non era di molto aiuto quando rispondeva in quel modo.
 << Voglio andare >> affermai decisa.
 Layo mi lanciò un’occhiata e mi domandò: << Sei sicura di volerlo fare? >>.
 << Sì >> annuii convinta.
 Layo si avvicinò al libro e sulla scritta del titolo poggiò il biglietto infernale da cui partì un raggio di luce nera che si diresse verso la finestra aperta. Il paesaggio al di là da quella si rabbuiò in un attimo come se fosse calata una delle notti più scure e i lampioni della strada si fossero fulminati. Non si vedeva niente, solo il nero.
 << Che cosa significa? >> dissi girandomi a guardare il ragazzo.
 << E’ il portale per l’Inferno >> spiegò lui, avvicinandosi alla finestra << Dobbiamo saltare >>.
 Lo guardai basita. << Cosa? Sei pazzo?! >> esclamai fermandolo << E se poi ci spiaccichiamo a terra? >>
 << Non succederà, fidati >> rispose guardandomi intensamente negli occhi con quel suo calmo sguardo nero così rassicurante << Pronta per la discesa agli inferi? >>
 Deglutii. << Sì >>.
 Layo sorrise e mi spinse con delicatezza verso la finestra. Un po’ incerta, mi aggrappai all’imposta, poggiandomi sul cornicione. Non c’era nemmeno un refolo di vento, l’aria era immobile. All’improvviso non mi sentii più così sicura di voler andare: tutto quel nero in cui mi dovevo tuffare sembrava così minaccioso!
 << Non credi che… >>
 Non riuscii a finire la frase detta con voce tremante che Layo roteò gli occhi sbuffando e mi spinse con forza, facendomi perdere la presa che avevo sull’imposta.
 Precipitai in un turbine buio.

 Riaprii gli occhi e incontra quelli scuri di Layo che mi sorridevano. Un po’ confusa mi feci aiutare a rimettermi in piedi. Alzai lo sguardo e lanciai un’esclamazione stupita.
 Mi trovavo esattamente al centro dell’Inferno.
 Il fragore delle fiamme che si alzavano alte dai buchi aperti sul duro terreno di magma raffreddato si confondeva con i versi delle creature infernali. L’aria era satura di fumi e di puzza di zolfo e la luce rossa dei fuochi era l’unica che illuminava il posto poiché eravamo sottoterra e il cielo era composto da un’altissima parete rocciosa di caverna. Oltre le fiamme e i laghi di melma verde si ergevano, lungo le strade scure, delle alte e nere costruzioni con poche fessure che dovevano essere le case dei diavoli.
 Eppure non solo i diavoli affollavano quel luogo infernale ma anche draghi neri dallo sguardo infuocato, piccoli spiritelli rossi dai musi deformi, demoni armati di tridenti rossi, corna, ali nere e code biforcute, troll verdi e infine licantropi che avevano scelto di stare dalla parte del Male.
 << Benvenuta all’Inferno! >> disse Layo con un piccolo ghigno.
 Mi guardai intorno e vidi un gruppetto di Demoni che si affollavano intorno a qualcosa o qualcuno. Sbirciai, curiosa, tra le ali rosse dei presenti e vidi un drago nero discutere con un ragazzo muscoloso che doveva essere un licantropo e un diavolo vestito da fata. Trattenni a stento una risata.
 << Che discorso porta avanti con questo vestito? >> stava domandando il drago mentre del fumo grigio gli usciva dalle narici.
 << E’ un argomento molto valido >> lo riprese il licantropo.
 << Allie Fox! >> esclamò una voce orribilmente familiare da dietro la folla che si divise e comparve Demon << Benvenuta! >>.
 Si avvicinò con grandi falcate agitando il mantello nero che aveva poggiato sulle spalle. Indossava abiti color rosso fuoco che mettevano in risalto il suo corpo perfetto e la sua pallida carnagione, e i capelli nerissimi erano raccolti in una piccola coda dietro la nuca. Era terribilmente bello e dannato.
 ...Adesso capivo da chi aveva ripreso il suo fascino Layo.
 Osservando padre e figlio vicino notai che erano molto somiglianti. Avevano gli stessi lineamenti del volto e le stesse espressioni, ma Layo aveva qualcosa in più che Demon non aveva: una parte umana.
 Demon lanciò uno sguardo gelido ai demoni che si dileguarono terrorizzati dal loro padrone. Rimasero solo il diavolo vestito da fata, il licantropo e il drago che continuavano a discutere incuranti di tutto quello che avevano intorno.
 << Sono contento che tu abbia accettato il mio invito >> disse Demon ormai accanto a me, con un tono gentile. Sapevo che la sua cordialità era una finzione eppure gli riusciva benissimo di mentire. Non sembrava più così spaventoso come mi era sembrata la prima volta che l’avevo visto.
 << Vogliamo sbrigarci con tutta questa messinscena? >> lo riprese Layo freddo.
 Il diavolo lo ignoro e continuò a rivolgersi a me. << Vieni mia cara vorrei farti vedere il mio castello >>.
 Mi prese in braccio con grande disappunto del mio accompagnatore e si sollevò in volo sbattendo pigramente le ali. Layo si trasformò in lupo e ci seguii lungo la strada mentre sorvolavamo velocemente le fiamme dell’Inferno alla volta di un grande castello nero con le torri pendenti che sembravano reggersi in piedi a stento e le inferiate alle finestre.
 Demon atterrò piano e mi posò a terra proprio nel momento in cui Layo ci raggiungeva e si ritrasformava in un umano.
 Da terra il castello sembrava ancora più grande di quanto sembrasse dall’alto e che al suo ingresso c’erano due enormi troll armati con mazze chiodate.
 << Venite >> disse Demon facendoci un cenno.
 Si avvicinò con grandi falcate all’entrata e schioccò le dita. I due troll si fecero da parte per farci passare.
 Il diavolo ci guidò verso dei scuri corridoi del castello, dal muro lercio e senza finestre, e poi ci fece entrare in una grande stanza con alle pareti molti quadri che lo ritraevano in diverse pose e situazioni.
 Demon si sedette su una sedia che somigliava molto a un trono che era posizionato al centro della stanza.
 Che megalomane!
 << Allora Demon, cosa vuoi? >> domandò Layo beccandosi un’occhiataccia dal padre. Rimasi stupida dal loro modo di trattarsi, così freddo e indifferente.
 << Sta’ calmo figliolo, voglio solo mostrare alla nostra cara Allie cosa succederà se sceglierà di stare dalla nostra parte >> spiegò poi il diavolo battendo pigramente le mani per due volte.
 Sgranai gli occhi quando accanto a lui, sospeso nell’aria, comparve un grande televisore a schermo piatto e nella sua mano apparve un lungo telecomando.
 << Siamo al passo coi tempi! >> ghignò Demon alla vista della mia espressione stupita.
 << Vedo >> mormorai incantata mentre il diavolo spingeva alcuni pulsanti del telecomando freneticamente.
 Un’immagine comparve sullo schermo.
 Ero io, ma non avevo diciassette anni: ero più grande.
 Osservai il mio viso uguale, ma aveva qualcosa di strano nello sguardo e non mi piaceva. Era lo sguardo di chi è dalla parte del Male.
 << Ovviamente sappiamo tutti che il Male vincerà e quindi se Allie sceglierà la nostra parte avrà una vita dannatamente perfetta dopo la fine della storia >> iniziò con voce annoiata muovendo il braccio e rischiando di spaccare l’aggeggio elettronico che aveva in mano contro il suo trono.
 << Non puoi essere sicuro della vittoria >> obbiettai.
 << Layo vorresti ricordare alla cara Allie quante volte ha vinto il bene? >> domandò Demon un po’ scocciato dal mio commento.
 Layo non rispose ma ricambiò il suo sguardo divertito con uno gelido.
 << Allora lo dico io >> disse il diavolo osservandomi con aria malefica << Solo una volta, e moltissimo tempo fa. Credo sia stato all’inizio del mio impiego, quando ero ancora un diavolo inesperto… >> con gli occhi persi nel vuoto dei suoi remoti pensieri, spinse un altro pulsante.
 Dietro alla Allie del televisore comparve uno sfondo.
 Guardai la grande casa arredata di oggetti che dovevano essere molto costosi e l’elegante abito di seta blu con cui ero vestita, mentre seduta su un divano di pelle pregiata contavo delle banconote che avevo in mano.
 << Non ti piacerebbe avere una casa come quella, Allie? >> mi chiese Demon con voce suadente << Non ti piacerebbe essere così ricca da pagare la cameriera della tua cameriera? >>.
 Non risposi.
 Sapevo che i soldi non facevano la felicità, eppure guardandomi in quella vita futura vedevo una Allie felice…
 Ma ero sola.
 La felicità dei soldi non era niente in confronto in quella che potevano darti le persone che ami di più.
 << Ah, quasi dimenticavo! >> esclamò Demon con voce divertita << Avrai anche questo >>.
 Premette un altro tasto del telecomando e la scena nel televisore cambiò.
 Stavo chiudendo la porta d’entrata di casa da cui era appena entrato un uomo vestito elegantemente e dall’aria affascinante. Aveva il viso nell’ombra, come se fosse oscurato. La Allie del futuro s’illuminò con un sorriso mentre quell’uomo misterioso la prendeva tra le braccia e la baciava appassionatamente.
 …Sembravo davvero felice, ma una parte della mia mente mi ricordava che quella felicità era Male.
 Demon fece un verso schifato spegnendo lo schermo.
 << Amore >> disse con disprezzo << Voi femmine sognate sempre la stessa cosa >>.
 Gli lanciai un’occhiataccia. Non sapevo come aveva fatto, ma ero sicura che era riuscito a intuire i miei pensieri di qualche attimo fa.
 All’improvviso una forte luce bianca proveniente dallo schermo mi accecò e quando gli occhi riuscirono ad abituarsi, con stupore, vidi il volto di Evangeline apparire nella televisione.
 La sua espressione corrucciata non sembrava molto felice.
 << Demon! >> esclamò con la voce tremante di rabbia << Che cosa stai facendo? >>
 Non sbagliavo: era davvero infuriata!
 << Non so, collega >> disse il diavolo per niente impressionato dalla sua furia << Che cosa pensi che io stia facendo? >>.
 << Qualcosa di scorretto! E contro le regole! Così stai rendendo la scelta di Allie poco imparziale… >>
 << Che noia! >> borbottò Demon abbassando il volume e rendendo così muta Evangeline che continuava a sbraitare contro di lui.
 Mi girai a guardare Layo che era rimasto silenzioso per tutto il tempo. Stava guardando lo schermo eppure dai suoi occhi velati capii che stava pensando senza riuscire a vedere davvero quello che stava osservando così attentamente.
 …Doveva essere davvero orribile avere un padre così!
 << Layo? >> sfiorai con una mano il suo braccio.
 Al mio tocco sembrò risvegliarsi dai suoi pensieri e mi sorrise quando mise a fuoco il mio volto. << Scusa, ero distratto >>.
 << Un penny per i tuoi pensieri >> dissi ricambiando il suo sorriso.
 << Siete ancora qui voi due? >> m’interruppe la voce di Demon.
 Ci girammo per vederlo mentre tentava di spegnere lo schermo in cui c’era ancora una Evangeline furiosa.
 << Andate prima che questa pazza arrivi fin qua giù >>.
 Schioccò le dita e aprì un portale che conduceva nuovamente alla mia camera.
 Mi mossi incerta. Come si salutava un diavolo?
 Layo non mi lasciò il tempo di pensare. Mi diede una leggera spinta che però con la sua forza risultò più forte del previsto.
 Attraversai il portale finendo contro il pavimento di parquet della mia stanza. Quando mi rialzai vidi Layo attraversare passo aggraziato quella strana porta che si chiuse di colpo alle sue spalle e sparì.
 << Scusa >> disse rialzandomi.
 Era la seconda volta che si scusava…
 Sbaglio, o stava diventando più gentile? O forse il suo carattere scorbutico era solo una maschera…
 << Layo puoi lasciarmi adesso >> gli ricordai mentre continuava a tenermi stretta, di nuovo con quell’espressione pensierosa.
 << Ah già >> mi lasciò.
 << Si può sapere cosa stai pensando? >> dissi seria.
 Layo si sdraiò sul mio letto, ignorando le mie proteste, e fissò il soffitto.
 << Stavo riflettendo. Io sono il figlio del diavolo, no? Dovrei… devo stare dalla loro parte perché è giusto così >> disse voltandosi a guardarmi << Ma allora se tu sei mezzo angelo dovresti scegliere la parte del Bene, quella a cui appartieni >>
 Annuii ascoltandolo attenta: il suo ragionamento non faceva una piega.
 << Forse è per questo che Demon ha infranto le regole e ha cercato di convincerti… >>.
 << Allie? Allie! >> la voce di mio padre giunse dal corridoio e mi fiondai alla porta per impedirgli di entrare << Sono più di cinque minuti che ti chiamo!>>.
 Agitata, guardai l’orologio sulla scrivania e vidi che segnava le sette. Il tempo era davvero volato all’Inferno. Per fortuna ero tornata appena in tempo per essere a casa perché papà al ritorno dal lavoro non trovasse la casa vuota.
 E così la punizione non sarebbe durata solo sei giorni ma un mese.
 Mi volta verso il letto a guardare Layo, ma lo trovai appollaiato sulla finestra.
 << A domani >> mormorò, poi saltò e scomparve. Corsi alla finestra preoccupata che si fosse spiaccicato sul marciapiede ma vidi che non c’era più.
 Ok, questa volta era di nuovo riuscito a stupirmi.
 Andai ad aprire la porta e sorrisi a Nathaniel: << Scusa papà, non ti ho sentito. Stavo studiando >>.
 Uscii veloce dalla stanza e chiusi la porta per impedirgli di vedere che nessun libro era aperto. Non li avevo neanche tirati fuori dallo zaino.
 << Papà? >> iniziai incerta mentre scendevamo le scale per andare in cucina << Se una certa persona dovrebbe fare una scelta che le sembra giusta ma difficile, tu che cosa faresti? >>.
 << Perché mi fai questa domanda? >> chiese, perplesso.
 Scrollai le spalle, cercando di avere un’aria di nonchalance: << Così >>.
 Nathaniel si fermò per un attimo a riflettere, senza accorgersi che aveva saltato uno scalino e si stava quasi per ammazzare. Lo trattenni appena in tempo.
 << Non sempre la scelta giusta è la più facile, ma se usi questo criterio potresti scegliere qualcosa che ti sembra sbagliato e prima o poi potresti pentirtene. A volte bisogna ascoltare il cuore e non la mente >> rispose alla fine.
 Sagge parole!

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Capitolo 6
*** Tra le schiere celesti ***






6. Tra le schiere celesti







 << Hai un aspetto orribile, Al! >> commentò con ardore Genevieve quando mi sedetti accanto a lei per la lezione di trigonometria.
 << Grazie >> dissi soffocando uno sbadiglio.
 Neanche con il trucco ero riuscita a nascondere le terribili occhiaie che mi facevano assomigliare a una sottospecie di panda in via d’estinzione.
 Tutto questo perché ieri sera, dopo cena, avevo dovuto recuperare tutti i compiti che non avevo fatto per via della mia “visita” all’Inferno. E per di più avevo passato tutta la notte senza riuscire a dormire a causa dei troppo pensieri che mi  affollavano la mante, soprattutto uno: il Bene o il Male?
 Oggi avrei dovuto fare la Scelta e ancora non ero del tutto sicura... non su chi dovessi scegliere, ma se quella fosse la scelta più saggia.
 Avevo deciso di scegliere il Bene.
 La mia coscienza mi aveva tormentato ogni volta che avevo pensato a quello che Demon mi aveva mostrato sulla mia vita futura. Il Male era sbagliato ma sapevo che la scelta del Bene non poteva essere certo una scelta saggia perché avrei avuto come nemici le peggiori creature degli inferi. E poi che ne sarebbe stato del mio “rapporto” (non ero del tutto sicura che potessi definirlo amicizia) con Layo?
 Scossi la testa e cercai di concentrarmi sulla lezione che era già iniziata senza che io me ne accorgessi.
 L’insegnante di trigonometria, la professoressa Hobes era un’energica donna di mezz’età, dai capelli a caschetto striati di grigio, gli occhi marroni attenti come quelli di un falco dietro un paio di grossi occhiali dalla montatura a tartaruga. Era conosciuta in tutta Heyl per la sua intransigenza e severità. La sua figura minuta era vestita con un sobrio tailleur che contribuiva molto a rendere vera la sua fama.
 Cercai di seguirla mentre muoveva il suo braccio sottile, scrivendo teoremi e soluzioni alla lavagna, ma dopo qualche minuto la mia attenzione sfumò e i numeri bianchi tracciati dal gesso mi sembrarono solo un mucchio di scarabocchi senza senso che andavano alla deriva in un grande mare nero.
Qualcosa di molto leggero mi colpì la testa e cadde sul banco.
 Perplessa, mi girai a guardare Genevieve.
 << Aprilo >> mi mormorò << E’ più sicuro per comunicare durante le lezioni della Hobes >>.
 Nascondendolo dietro l’astuccio, aprii il foglietto di carta di Jo probabilmente strappato da una pagina del suo quaderno e vidi un disegno. Dovevano essere due persone con sopra una nuvola di uccelli che li circondava.
 << Che cosa significa? >> bisbigliai confusa.
 Genevieve mi guardò per un attimo offesa che non avessi capito la sua opera d’arte e poi riprese il biglietto guardandolo.
 << Questa sei tu, questi sono cuori e questo è Eric >> spiegò.
 << Questi sono cuori?! >>
 Trattenni un risolino guardando i piccoli disegni che prima mi erano sembrati degli uccellini stilizzati, come quelli che disegnavo con una semplice M quando avevo tre anni.
 E poi capii le sue parole: << Perché hai disegnato dei cuori su di me e La… Eric? >> mi corressi appena in tempo.
 << Vuoi dire che non c’è niente tra voi? >> domando Jo curiosa.
 La sua domanda mi fece ridere. << No. Perché? >>
 << Non so, insomma state sempre insieme >> rispose lei sulla difensiva << Ieri vi ho visti! Ti ha persino accompagnato a casa >>.
 Sorrisi. Se solo avesse saputo…
 Le sue parole però mi fecero riflettere. Trovavo Layo molto affascinante, sicuramente questo anche perché aveva una parte demoniaca. Insomma i diavoli erano anche considerati l’incarnazione della lussuria…
 Un angelo e un diavolo non sarebbero mai potuti finire insieme, giusto?!

 Quando lo vidi arrivare stava parlando con quella snob di Violet Jones. Le sue labbra fini erano tese in un sorriso che scopriva i suoi denti bianchissimi e gli occhi neri erano socchiusi in un’espressione divertita.
 Si scompigliò i capelli neri come faceva di solito e sentii lo stomaco stringersi in una morsa. Tornai ai pensieri di prima: noi provenivamo da due mondi diversi, contrari, ma eravamo anche mezzi umani…
 Scossi la testa cercando di levarmi quelle idee dalla testa. Ma a cosa andavo a pensare?!
 Aspettai un po’ lanciandogli occhiate assassine mentre continuava a parlare e solo dopo aver salutato la ragazza si avvicinò a me.
 << Ci stavi provando con la cheerleader? >>.
 << In realtà era Violet che ci stava provando con me >> disse con quel suo sorrisetto strafottente.
 Davvero irritante.
 << Ah Ah >>.
 Dopo esserci allontanati dalla scuola, quando fui sicura che nessuno ci vedesse gli lanciai lo zaino cercando di colpirlo ma lui lo prese al volo e con una veloce mossa se lo mise sulle spalle.
 << Ci hai provato >> mi concesse lanciandomi un’occhiata divertita.
 Camminammo un po’ in silenzio quando all’improvviso fu lui a romperlo.
 << Hai pensato a cosa sceglierai? >> mi chiese a bruciapelo.
 << Sì >>.
 << Sei sicura che sia la scelta giusta? >>.
 << Penso di sì >>.
 << Anche la più facile? >> continuò incessante.
 Perché mi stava facendo tutte quelle domande?
 << Non so, ma… >>
 M’interruppi quando sussultò e mi guardò per un attimo con gli occhi neri sgranati. Credevo avesse capito quale sarebbe stata la mia scelta.
 << Non credi che scegliere il Male sia molto meglio? >> buttò lì, riprendendosi.
 << No, non lo credo >> risposi senza neanche pensarci un momento.
 << Ma hai visto le creature infernali, insomma sono più potenti e poi… >> continuò a blaterare incessantemente per più di dieci minuti sul il perché e il come l’esercito di Demon fosse migliore di quello di Evangeline.
 Eppure lui doveva essere imparziale, perché adesso stava cercando di convincermi a scegliere la parte del Male?
 << Layo, no! >> esclami interrompendolo << Qualsiasi cosa tu stia dicendo la mia risposta è no. Tu stesso hai detto eri già sicuro della mia scelta, non ricordi? Io sono mezza angelo, è giusto così. Perché adesso hai cambiato idea? >>
 << Non ho cambiato idea, Allie >> rispose lui lanciandomi un’occhiata intensa che mi fece fermare. Rimanemmo lì a guardarci negli occhi per chissà quanto tempo. Chiaro contro scuro. Poi si decise a parlare. << …Si sta facendo tardi >>.
 Abbassai lo sguardo e annuii.
 Arrivammo a casa senza che lui si lamentasse della mia lentezza.
 Layo poggiò con malagrazia gli zaini nel corridoio e non mi lasciò neanche il tempo di entrare che mi trascinò nuovamente fuori.
 << Ehi! >> protestai.
 << Di qua >>.
 Mi guidò attraverso i campi di grano che si estendevano dietro la casa.

 Ci avvicinammo lentamente al campo dov’erano schierati i due eserciti. Davanti a noi si estendeva quello di Demon e ancora più avanti, coperto dalle creature infernali, doveva esserci quello di Evangeline.
 Layo mi prese per mano e mi guidò fra i Demoni spingendo da parte, senza tanti complimenti, quelli che ci ostruivano la strada.
 << Ecco la Prescelta >> mormorarono i Diavoli alla mia vista.
 << Hey ma quello non è il cucciolo di Demon? >> ridacchiò qualcuno e Layo digrignò i denti.
 La voce del mio arrivo si sparse velocemente come il fuoco che divampa lungo un campo con il vento a favore e le file dell’esercito si divisero in due parti. Layo mi trascinò con passo veloce lungo il corridoio che si era formato per portarmi nello sprazzo di terra che divideva i due schieramenti.
 << Spero che tu abbia riflettuto bene Allie >> ghignò Demon quando gli passammo vicino. Alla vista di quel sorriso malefico, come ogni volta, repressi un brivido.
 Finalmente, quando arrivammo al centro esatto, Layo si fermò e mi lasciò la mano. Dal punto in cui mi trovavo l’esercito dei Demoni risultava essere una scura massa informe come il mare in tempesta mentre quello degli Angeli era disposto in file ordinate e sembrava la limpida acqua di un fiume quiete.
 << Allora Allie, è giunto il momento. Pronuncia la tua decisone >> mi disse con la sua solita gentilezza, Evangeline.
 << Devo scegliere per forza? Non potrei osservare tutto dal di fuori per avere una visuale più oggettiva della guerra? >>
 Demon scoppiò in una risata e Layo mi lanciò un’occhiata perplessa. Probabilmente si stava chiedendo il perché della mia domanda proprio in quel momento.
 << Tentar non nuoce >> gli dissi con una scrollata di spalle.
 << Il tempo è trascorso, i giorni di riflessione sono finti. E’ ora della tua Scelta, ragazzina >> m’incito Demon impaziente. Nella sua espressione beffarda vidi esserci la sicurezza che avrei scelto la sua parte.
 Gli sorrisi con aria di sfida e lentamente, soffermandomi a ogni passo, indietreggiai fino ad affiancarmi ad Evangeline. << Scelgo il Bene >>.
 Vidi il viso di Demon trasfigurarsi per la rabbia cresciuta a ogni mio passo che lo allontanava da lui. Infuriato mi ringhiò contro mostrandomi i suoi denti appuntiti, lo sguardo di fuoco.
 Evangeline sorrise soddisfatta e le creature celesti esultarono di avere dalla loro parte la Prescelta.
 << Layo! Vieni qui! >> sbraitò contro Layo che adesso era rimasto da solo tra i due schieramenti.
 All’improvviso, guardando lì, pensieroso in mezzo al campo, sperai che scegliesse di venire dalla parte del bene. Da quando tutto questo casino era iniziato, lui era sempre stato con me. Non riuscivo a immaginarmi in questa avventura senza Layo.
 << Ebbene? >> ringhiò Demon.
 Solo allora Layo sembrò risvegliarsi dai suoi pensieri, si girò verso di me e quando incontrò il mio sguardo mi fece uno strano sorriso, un ghigno molto simile a quello di suo padre. Si portò la mano alla tempia facendomi un saluto militare e poi si avvicinò lentamente a Demon.
 L’esercito infernale sparì e rimasero solo padre e figlio.
 << Perderai molto di più in questa guerra >> Demon minacciò Evangeline e poi incontrò il mio sguardo << Ci vediamo sul campo di battaglia >>.
 Le sue parole mi fecero sussultare al ricordo di quelle scritte sul libro: "Non aveva ancora niente da perdere…"
 Incrociai lo sguardo nero di Layo un ultima volta e rabbrividii. Adesso che eravamo in due schieramenti diversi, le nostre differenze erano ancora più accentuate ma ero sicura che quello che avevo provato non era paura ma una strana attrazione…
 Quando anche loro sparirono in una nuvola di fumo nero, Evangeline si girò verso di me e mi abbracciò.
 << Sono contenta che tu abbia fatto la scelta giusta >> mi disse e poi dopo avermi lasciato mi porse un biglietto azzurro con sopra una scritta dorata.
 “Un biglietto di andata e ritorno per i Cieli”.

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Capitolo 7
*** Sogni e leggende ***






7. Sogni e leggende








 Il tramonto.
 “E’ solo una semplice firma”

 Una distesa di zaffiro si allungava fino oltre l’orizzonte rosso da ogni parte intorno a me. L’acqua lambiva il mio corpo fino ai fianchi. Era così calda.
 “Sei tu Allie Samatha Fox?”
 Mossi piano una mano e la immersi nel mare. La tirai fuori e osservai le gocce argentate scivolare lungo le mie dita fino alle punte per poi cadere da dove erano venute. La liquida superficie venne increspata da dei cerchi concentrici.
 “Io non credo più nella magia”
 Pling.
 Una goccia.
 “Vedrai che tornerai a crederci…”
 Pling.
 Un’altra goccia.
 “Ecco perché alla fine Ivoene è scomparsa…”
 Nuotai fino la riva e mi lasciai cadere sulla tiepida sabbia bagnata lasciando che le onde del mare californiano illuminato dalla luce del sole del tramonto mi lambissero le gambe. La spiaggia, sempre affollata e piena di rumore, era adesso deserta.
 “Risponderò a tutte le domande che mi farai”
 Chiusi gli occhi e rimasi immobile ad assaporare quel silenzio in cui l’unico suono che si udiva era la voce sussurrata della risacca del mare.
 Mi sembrava di essere tornata al tempo dell’estate appena passata.
 “Tanto non aveva ancora niente da perdere…”
 Poi dei tonfi interruppero il silenzio e quando riaprii gli occhi mi ritrovai seduta sulla groppa di un familiare grosso lupo dal pelo marrone scuro e dall’occhio cerchiato di bianco.
 Correva.
 Correva nei miei ricordi!
 Vidi scorrere davanti al mio sguardo tutto ciò che era successo da quando avevo scritto il mio nome su quel libro magico. E così quelle voci che fino adesso erano stati solo dei deboli sussurri della mia mente assunsero un volto e un perché.
 “Non sempre la scelta giusta è la più facile”
 Poi il lupo si fermò in mezzo al cielo. Le stelle erano intorno a noi, sopra, sotto, dietro. E davanti si stagliava una figura femminile vicino un astro dalla luce abbagliante, così accecante che non riuscivo a distinguere le linee che caratterizzavano il suo volto. Le uniche cose che riuscivo a vedere erano il suo lungo vestito bianco e una massa di ricci capelli chiari che ricadeva sulle sue spalle sottili.
 “Ci vediamo sul campo di battaglia”
 La figura misteriosa voltandosi lentamente indicò un punto alla nostra sinistra e allora vidi che stava indicando una penna d’oca dalla lunga piuma color verde smeraldo. Mi ritrovai sola a cercare di prendere quella penna tra le mie mani, ma continuava a sfuggirmi. Era sempre più di distante. Le stelle roteavano intorno a me…
 Aprii gli occhi di scatto e mi ritrovai a osservare il soffitto lilla della mia camera con il sogno ancora vivido nella mente.
 Eppure c’era qualcosa di strano.
 Sapevo che i sogni si alimentavano dei fatti e delle emozioni già vissute da una persona, eppure io quella lunga penna d'oca verde smeraldo non l’avevo mai vista in vita mia.

 Ormai del tutto sveglia mi rigirai nelle coperte per osservare il display dell’orologio digitale sul comodino che segnava le due di notte.
 Mmm avevo ancora tempo per cercare di riaddormentarmi…
 Due occhi azzurri brillarono nell’oscurità.
 << Gwen! >> esclamai sorpresa notando l’angelo che mi osservava seduta comodamente sulla mia scrivania. Mi tappai subito la bocca, sperando di non aver svegliato mio padre. Tesi l’orecchio ma era tutto tranquillo, allora mi alzai e mi avvicinai a lei.
 << Che ci fai qui? >> mormorai perplessa e anche un po’ agitata dallo spavento che mi aveva fatto prendere.
 << Oh non fare caso a me. Continua pure a dormire >> sussurrò ammiccandomi.
 Era forse impazzita?
 << Non riesco a dormire se tu sei qui e mi fissi! >> ribattei scocciata << Allora, perché sei qui? >>.
 << Andiamo Allie, credevi che dopo aver scelto il Bene saresti riuscita a dormire sonni tranquilli? >> rispose Gwen seria.
 Sgranai gli occhi alle sue parole: non avevo affatto pensato a questo.
 << Poi adesso io sono il tuo Angelo Custode >> continuò illuminandosi con un sorriso e indicando la sua areola prima semplicemente bianca e adesso dorata << Promossa direttamente dal grande capo, per controllarti >> disse riferendosi ad Evangeline << Che cosa stavi sognando? >>.
 Ignorai la sua domanda, ancora presa ad assimilare la notizia. << Lui… Lui può entrare in casa nostra? >> domandai terrorizzata al pensiero che Demon potesse colpire anche mio padre.
 Gwen scosse la testa e mi sentii subito molto meglio. << No, la casa è sotto la protezione di Evangeline, ma Demon troverebbe comunque il modo di farti uscire >>.
 Incontrai il suo azzurro sguardo scintillante.
 << E ora cosa succederà? >>
 << Non lo so >> rispose sincera.
 Rimasi per un attimo a guardarla in silenzio mentre scendeva lentamente dalla scrivania per trovarsi in piedi davanti a me e poi diedi voce ai miei pensieri: << Gwen, voglio andare da Evangeline >>.
 << Adesso? >> sobbalzò sorpresa << E se tuo padre si alza e non ti trova nel tuo letto? No, ci andremo dopo la scuola >>
 << No Gwen, tanto adesso non riuscirei più a dormire e non preoccuparti per mio padre: ha il sonno pesante >>.
 Sospirò e con sicurezza si chinò a prendere Grimorio sotto il mio letto: << D’accordo. Ti aspetto in soffitta >>.
 << Non è un buon nascondiglio vero? >> le domandai guardandola mentre soffiava via la polvere dalla copertina del libro.
 L'angelo fece un sorrisetto quando starnutii e scosse la testa: << Da oggi in poi lo lasceremo in soffitta con degli incantesimi di protezione, sarà più sicuro >>.
 Annuii e lei uscì dalla camera.
 Dopo essermi infilata velocemente i vestiti al posto del pigiama che indossavo mi diressi verso la soffitta, facendo attenzione a fare il meno rumore possibile per far scendere la scala e dopo un’ultima occhiata al corridoio deserto da dove si riusciva a sentire il russare di papà, salii e trovai Gwen inginocchiata vicino al Libro. Aveva il biglietto per i Cieli in mano.

 << Sei pronta? >>
 Annuii e lei poggiò il cartoncino azzurro su Grimorio.
 Una densa foschia comparve nella stanza, così fitta che quasi non riuscivo a vedere nemmeno il mio corpo. Niente. Anche se non vedere assolutamente niente mi dava un po’ d’inquietudine, ero certa che l’arrivo in paradiso sarebbe stato meno traumatico del viaggio per l’inferno.
 Poi quando finalmente la nebbia si dissolse un’esclamazione di stupore uscii dalle mie labbra.
 Mi guardai intorno meravigliata: ero in Paradiso!
 Mi trovavo in una landa infinita di nuvole, che modellate in tutte le forme più strane costituivano le case delle creature celesti. Il cielo era azzurro scuro e le stelle erano molto più grandi di come riuscivo a vederle dalla terra. Sembrava che con un semplice salto sarei riuscita a toccarle con un dito.
 Tutto era luminoso, senza nemmeno un'ombra.
 Il luogo era silenzioso, tranne che per i battiti delle ali dei suoi abitanti e una dolce musica che sembrava provenire da dietro una grande casa di nuvole rosa come quelle del tramonto.

 A un tratto la musica cambiò e riconobbi quella melodia che mi sembrava così familiare: era quella che mi canticchiava papà ogni sera prima di addormentarmi quando ero piccola.
 << Allie dove stai andando? >>
 Gwen m’inseguì mentre mi dirigevo velocemente dove proveniva quel dolce suono. Sembrava come se la musica mi chiamasse.
 Vidi una piccola folla composta da draghi bianchi e celesti, angeli, licantropi buoni e elfi dalle orecchie a punta e dai lunghi capelli neri accerchiare quattro donne angeli che suonavano un’arpa, un flauto, un pianoforte e un violino.
 In quel momento l’angelo con il violino stava suonando un assolo.
 La osservai incantata.
 Aveva gli occhi chiusi e mentre le sue mani affusolate si muovevano veloci sullo strumento, canticchiava la melodia muovendo le labbra. I suoi riccissimi capelli biondi e lunghi fino alle spalle ondeggiavano quando muoveva leggermente la testa al tempo della musica. Le loro punte erano bianche come il lungo vestito che indossava e le grandi ali che spuntavano dalla schiena.
 Era bellissima.
 La musica iniziò a sfumare e quando il pianoforte si unì al violino per suonare le ultime note, la melodia finì. L’angelo bellissimo si alzò e s'inchinò insieme agli altri tre mentre la folla applaudiva e i draghi lanciavano ruggiti d'approvazione.
 Quando l'angelo rialzò finalmente il capo con un sorriso, aprì gli occhi e sentii il cuore iniziare a battere forte.
 I suoi occhi erano grigi come tutti quelli degli angeli eppure solo quegli occhi erano uguali ai miei, dello stesso taglio.
 << Mamma >> mormorai.
 L’angelo sembrò sentirmi e si voltò verso di me. Il violino le cadde di mano.
 << Allie! >>.
 La sua voce, anche se solo un sussurro, arrivò alle mie orecchie. Sentii una lacrima scendermi lungo la guancia mentre il cuore sembrava volare.
 Era da tutta una vita che desideravo sentirla mentre mormorava dolcemente il mio nome. La sua voce era esattamente come l’avevo sempre immaginata: dolce e musicale.
 Si fece largo tra la folla dimenticandosi che poteva usare le ali invece che spingere da parte gli altri angeli che le lasciavano libero il passo. Mentre camminava non staccava il suo sguardo dal mio.
 << Allie! >>.
 Corse verso di me trascinandosi dietro la gonna del suo bianco vestito e quando arrivò vicina, non si fermò ma mi travolse, abbracciandomi. Mi strinse forte al suo petto mentre continuava a ripetere il mio nome felice.
 << Allie, Allie, Allie >>.

 Immersi il volto nei suoi morbidi capelli e respirai il suo profumo di fresia che mi era tanto mancato.
 << Mamma finalmente ti ho trovato >>.
 Ivoene mi prese il volto tra le sue mani. La sua carnagione chiara spiccava contro la mia, più scura.
 << Sono diciassette anni che aspetto questo momento >> disse osservandomi attentamente cercando di imprimersi nella sua mente tutti i particolari del mio volto che non aveva potuto più vedere da quando avevo solo pochi giorni di vita << Ho sempre desiderato che il tempo scorresse veloce perché ogni istante senza di te era una sofferenza ma adesso vorrei che il tempo si fermasse per conservare questo momento per sempre >>.
 Mi asciugò la guancia bagnata da lacrime di felicità.
 << Mamma mi sei mancata tanto! >>.
 Anch’io poggiai una mano sul suo volto a forma di cuore e osservai il suo piccolo naso, la sua bocca carnosa e i suoi occhi, e mi sembrò cose se fosse finalmente tornata da uno dei suoi viaggi nei luoghi lontani in cui l’avevo sempre immaginata quand’ero piccola.
 << Anche tu, bambina mia >>.
 All’improvviso un potente starnuto ci fece sobbalzare, e una nuvola di fumo mi colpì in volto. Tossii e mossi le mani per scacciare quella coltre nera.
 << Milerd! Guarda cos’hai fatto >> esclamò irritato un dragone azzurro a uno bianco << Hai intossicato la Prescelta >>.
 << Scusate >> disse la dragonessa con voce ovattata << Ma questa scena è così dolce. Mi sono commossa >>.
 Mamma rise e la sua risata mi sembrò bellissima, come d'altronde lo era ogni cosa di lei.
 Adesso capivo perché papà si era innamorato della mamma.
 << Non preoccuparti Milerd >> disse Ivoene con un grande sorriso e stringendomi ancora.
 I due draghi si allontanarono in volo e una voce irritata vicino a noi sbottò contro il resto della folla che era rimasta a guardarci.
 << Su, volate via, non c’è niente da vedere! >> esclamò Gwen scorbutica.
 << Che maleducata >> la ripresero gli angeli andandosene.
 << Impiccioni! >> rispose per le rime il mio (gentile) Angelo Custode.
 Mamma sciolse l’abbraccio in cui mi teneva stretta, raccolse il violino caduto a terra e se lo poggiò su un fianco.
 << Immagino che Evangeline ti stia aspettando >> disse prendendomi per mano << Vieni con me >>.
 Osservai la sua camminata leggera e aggraziata che non lasciava impronte nelle nuvole.
 << Perché non usi le ali? >> domandai lanciando uno sguardo a tutte quelle piume dietro la sua schiena.
 << Non posso… >> rispose mamma e la sua stretta sulla mia mano si fece più forte << Da quando sono tornata in Paradiso dopo la vittoria del Male ho capito che non potevo più essere del tutto un angelo, una parte l’avevo lasciata sulla terra. Le ali non si spiegano più e l’aureola è scomparsa >> indicò sopra la sua testa.
 Solo adesso mi accorsi che non aveva l’aureola.
 << Mi dispiace >>.
 Fece un piccolo sorriso e poi disse: << Allie, come sta Nathaniel? >> la sua voce tremò leggermente quando pronunciò il nome di papà.
 << Credo… bene, mamma >>.
 Non volevo dirle quanto aveva sofferto per la sua mancanza, l’avrebbe fatta solamente soffrire di più.
 << Oh, tesoro, mi sono persa tutta la tua vita, non ti ho visto crescere… >> esclamò con le lacrime agli occhi, fermandosi e chinandosi a darmi un bacio sulla fronte con le sue morbide labbra << Dovrai raccontarmi tutto >>.
 << Non servirà >> disse una voce familiare vicina.
 Ci girammo per vedere dietro di noi. Eravamo così prese l’una dall’altra che ci eravamo scordate della silenziosa presenza del mio Angelo Custode.
 << Che cosa vorresti dire, Gwen? >> domandò la mamma.
 L’angelo si avvicinò a noi e prese la mano della mamma e la poggiò sulla mia guancia.
<< Chiudete gli occhi >>.
 Ivoene chiuse subito gli occhi senza fare domande e io, anche se un po’ incerta, la imitai.
 << Ora, Allie pensa a tutti i ricordi che vorresti mostrare a tua madre >>.
 Le mostrai tutta la mia infanzia.
 Quando finii i ricordi e aprii gli occhi vidi che sul suo volto luccicavano delle lacrime, che si asciugò veloce con la mano.
 << Così mi sembra di essere sempre stata con te >> mi mormorò dolcemente.
 << Vogliamo andare? >> domandò allora Gwen sorridendo << Non vorrei che Evangeline credesse che ci siamo perdute >>.
 Ivoene annuì e Gwen ci fece segno di seguirla verso un piccolo lago su cui si riflettevano i colori dell’arcobaleno. Gwen sorrise ancora, vi s’immerse e sparì.
 << Dobbiamo entrare là dentro? >> domandai un po’ confusa osservando la liquida superficie cristallina.
 << Non preoccuparti, andrà tutto bene >> rispose Ivoene prendendomi per mano. Era incredibile come un così semplice gesto potesse regalare così tanta felicità.
 Misi un piede nel laghetto e sentii che sotto di me c’erano degli scalini. Notai che stranamente l’acqua non bagnava i vestiti. Quando m’immersi del tutto mi ritrovai in un lungo corridoio illuminato da torce dal fuoco celestino. Ogni tanto sulla parete si susseguivano delle immagini e una in particolare mi colpì più di tutte.
 Raffigurava una penna dalla piuma d’oca verde smeraldo: la penna del sogno!
 << Che cos’è? >>
 << E’ la Penna del Destino >> rispose Gwen fermandosi a osservare dietro le mie spalle.
 << La Penna del Destino? >> le feci eco, confusa.
 << Sì, secondo la leggenda è la Penna con cui Grimorio è stato scritto ed è la sola con cui si può modificare la storia >>.
 << Tutte le leggende hanno un fondo di verità >> intervenne mia madre.
 Gwen annuì, anche se dubbiosa, e poi riprendemmo il nostro cammino lungo il corridoio bianco finché non arrivammo davanti una porta dai contorni e la maniglia argentata. L’angelo bussò e la porta si aprì.
 Mi ritrovai nuovamente a camminare tra le stelle, solo che questa volta non c'erano nuovole. Le pareti della stanza come il soffitto e il pavimento erano blu scuri e sembravano non finire mai. Credevo di camminare davvero nello spazio, tra le stelle della Via Lattea.
 Da dietro una pianeta piuttosto grande, che assomigliava a Saturno, comparve Evangeline.
 << Allie non credevo venissi subito, sulla Terra sono ancora le tre di notte >> osservò con la sua voce gentile.
 << Cosa?! >> mamma si girò a guardarmi con aria truce.
 << Non avevo sonno >> mi giustificai con una scrollata di spalle.
 Evangeline sorrise mentre Ivoene manteneva il suo cipiglio accigliato.
 << Tu avresti dovuto lasciarla dormire >> riprese Gwen.
 << Mamma non preoccuparti. Nessuno si accorgerà di niente, papà ha il sonno pesante >>.
 Il suo sguardo si fece vitreo quando pronunciai quell’appellativo con cui chiamavo Nathaniel. La guardai preoccupata ma lei si riprese, scosse la testa e mi sorrise.
 << Allie tieni questo è per te >>.
 Evangeline si avvicinò a una piccola stella e la prese chiudendola tra le sue affusolate mani. Quando si avvicinò a me e le riaprii vidi una catenina argentata a cui era attaccata una piccola sfera dello stesso materiale.
 << E’ un Richiamangeli >> disse Evangeline porgendomi la collana << Ti avvertirà quando il pericolo è vicino >>.
 << Grazie >> presi l’oggetto che mi porgeva e lo misi al collo, poi le lanciai un’occhiata cercando di mascherare la mia improvvisa agitazione << Sarà davvero così terribile? >>
 I tre angeli si scambiarono un’occhiata. Il loro silenzio mi rese ancora più ansiosa.
 << Andrà tutto bene >> disse alla fine Gwen.
 << Adesso è ora che tu vada Allie >> disse Evangeline.
 Abbracciai mamma e le sussurrai: << Tornerò presto >>.
 Le stelle della stanza si mossero e veloci iniziarono a girarmi intorno creando un vortice di luce accecante. Quando riaprii gli occhi mi trovai nuovamente nella mia stanza.



Ecco i volti di alcuni personaggi:
Allie, Ivoene e Nathaniel (immaginatelo con qualche capello grigio in più);
Gwen ed Evangeline;
Layo, Demon e la mamma di Layo, la signora Lawolf, che farà la sua comparsa tra qualche capitolo.

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Capitolo 8
*** Territorio neutrale ***




8. Territorio Neutrale






 Sebbene quella notte avessi dormito poche ore per via della mia visita nei Cieli, non riuscii a riaddormentarmi per le troppe emozioni, così la mattina quando mio padre si svegliò mi sorprese già vestita per la scuola mentre facevo colazione
in cucina.
 << Al, va tutto bene? >> mi domandò con la voce ancora impastata dal sonno ma con gli occhi castani che mi osservavano attenti.
 Annuii e cercai di sorridere per tranquillizzarlo. Doveva essersi accordo della mia aria strana.
 Dentro di me sentivo il cuore battere forte per aver conosciuto finalmente mia madre. Chissà quale sarebbe stata la reazione di papà alla notizia... dovevo contenermi dal raccontargli tutto.
 Insomma la mamma non era morta!
 Mi sentivo così felice, come se la mia vita adesso fosse di nuovo completa.
 Eppure quella mattina l’euforia non era la sola cosa che mi animava, sentivo una sorta di agitazione che mi schiacciava il petto in una morsa.
 A scuola avrei rivisto Layo... e allora come mi sarei dovuta comportare? Avrei dovuto imparare a temerlo, a controllare ogni suo gesto con la paura che fosse comandato dal volere del padre?
 << Sicura? >> insisté Nathaniel mentre il suo lato professionale prendeva il sopravvento su di lui.
 Mi scostai prima che potesse sentirmi la febbre.
 << Sì papà. Non preoccuparti… sono un po’ agitata per l’interrogazione di storia >> buttai lì.
 La prima di una serie infinita di bugie che sarebbero diventate sempre più grandi, fino a dividerci.
 << Se hai studiato andrà tutto bene >> m’incoraggiò fiducioso bevendo un lungo sorso di caffè bollente.
 Annuii ancora e attesi che si preparasse per accompagnarmi a scuola (anche se non sembrava più arrabbiato la punizione purtroppo era ancora valida).
 Giunsi a scuola in un tale stato di paranoia totale che quasi lanciai un urlo terrorizzato quando Jo mi toccò un braccio per salutarmi, sorprendendomi alle spalle.
 Ma per quanto cercassi quel familiare sguardo scuro, non lo incontrai nemmeno al corso di letteratura che frequentavamo insieme.
 Il banco accanto al mio rimase vuoto per tutta l'ora.
 Poiché era bel tempo, quando fu ora di pranzo mangiai nel cortile insieme a Jo e ai gemelli, ma non riuscii a godermi la loro allegria e nemmeno il sole, troppo presa dai miei pensieri.
 Ormai mi ero rassegnata che quel giorno non sarebbe venuto e forse nemmeno quelli successivi.
 Al suono della campanella fui la prima a rientrare e mi diressi al mio armadietto per prendere i libri di spagnolo. Quando richiusi lo sportello incontrai i due occhi neri che avevo tanto aspettato.
 << Layo! >> esclamai sorpresa, beccandomi subito un’occhiataccia da lui per aver pronunciato il nome sbagliato nel luogo sbagliato.
 Mi incamminai per il corridoio incerta se ignorarlo o no mentre mi camminava accanto silenzioso. Non riuscii a trattenermi: << Pensavo che non venissi più >> gli dissi con tono d’accusa girandomi verso di lui.
 << Sono stato trattenuto >> pronunciò l’ultima parola con tono che sembrava annoiato. Mi fermai a guardarlo per osservare un’espressione sarcastica illuminargli il volto. << Questioni politiche >>
 << Cosa? >> sbottai curiosa.
 << Affari di Grimorio, Allie >> rispose lui senza darmi ulteriori spiegazioni.
 Mi dava ai nervi quando faceva il misterioso. Il suo sorrisetto divertito mi irritò ancor di più, così ripresi a camminare cercando di evitarlo, ma mi seguì nuovamente.
 << Stavate escogitando dei piani per come farmi fuori, suppongo >> lo provocai, sperando che quelle da me pronunciate fossero solo parole.
 Mi afferrò bruscamente per il polso, strattonandomi per farmi fermare. Intercettai lo sguardo di alcuni studenti che ci guardavano curiosi, tra i quali c'era anche Jo che mi lanciò un’occhiata penetrante. Arrossi per tutta quell’attenzione ma Layo sembrò non farci caso.
 << Credi davvero che io sia come mio padre? >> mi domandò serio.
 << Può darsi >> gli risposi a denti stretti, senza riflettere.
 Un guizzo di rabbia passò nel suo sguardo trasfigurando per un attimo il suo volto impassibile. Gli occhi assunsero una sfumatura rossastra. Rabbrividii lanciandogli un’occhiata spaventata.
 Essere paragonato a quel diavolo non doveva piacergli molto.
 Lui si accorse del mio disagio e abbassò gli occhi mentre assumeva una cupa un’espressione: << Già, d’altronde lo dice anche il detto, no? Tale padre, tale figlio >>.
 << No! >> esclamai con veemenza facendo voltare dalla nostra parte un po’ di studenti ritardatari che correvano alle loro aule. In effetti anche noi eravamo in ritardo, molto in ritardo. << Senti Eric >> mi ricordai di chiamarlo con il nome giusto << Io sono sicura che tu non sei come tuo padre, forse l’unica cosa che hai ripreso da lui è il fascino demoniaco >>.
 Alzò lo sguardo su di me e arrossii di colpo rendendomi conto delle parole che avevo detto.
 << Lo prenderò come un complimento >> ghignò divertito.
 Riprendemmo a camminare e ci fermammo davanti la porta dell’aula di spagnolo. Per fortuna la professoressa ancora non era arrivata quindi tecnicamente non eravamo poi così in ritardo.
 << Allora >> dissi esitante prima di entrare << Di che piani si parlava? >>
 << Demon ed Evangeline hanno stabilito la scuola come Territorio Neutrale >>
 << Davvero? >> domandai sorpresa.
 << E’ stata un’idea di Demon >> continuò Layo stupendomi ancor di più << Oh non pensare che questo sia dovuto alla sua magnanimità ma piuttosto alla sua subdola mente >> scoppiò in una risata priva di divertimento << Pensa che tu o gli angeli sareste capaci di colpirmi o di usarmi contro di lui… come se pensasse davvero che io lo approvi >> aggiunse poi sprezzante << Quindi Evangeline per mettere al sicuro anche te ha deciso di stabilire la scuola come Territorio Neutrale dato che qui Gwen non può seguirti >>.
 << Come sai di Gwen? >>
 << C’era anche lei >>.
 Lo guardai illuminata mentre un pensiero mi attraversava la mente.
 << No, non c’è concesso altro tempo oltre quello delle lezioni, qui a scuola. Quindi niente corsi extra o punizioni >> mi disse intuendo i miei piani.
 << Peccato, sembrava una buona idea >>
 << Lawolf, Fox! >>
 Una voce imperiosa ci fece trasalire e ci voltammo per vedere la professoressa di spagnolo guardarci con astio.
 << Che cosa ci fate qui fuori? Entrate subito in classe! >>

 Al termine delle lezioni ci avviammo verso casa insieme. Questa volta non si lamentò del mio passo lento, anzi fui io che dovetti adattarmi alla sua camminata assorta.
 Quando arrivammo davanti casa aprii la porta ed entrai lasciando l’ingresso aperto, convinta che Layo sarebbe entrato come le altre volte.
 Lo guardai confusa mentre esitava sulla soglia, occhieggiando l’interno.
 << Non credo sia una buona idea >> lo fermò Gwen comparendo nell’ingresso facendomi sobbalzare. Nella sua voce scorsi un tono di rimprovero. << Tu sei dalla parte nemica, Layo. Non dovete dimenticarlo >> ci guardò a tutti e due ammonendoci con un’occhiata. << E poi sai che se Nathaniel scopre che vi frequentate succederà un guaio… potrebbe iniziare a sospettare che la magia di Grimorio sia stata risvegliata>>
 << Perché? >> mi girai verso Layo e poi un ricordo mi tornò alla mente: << Aspetta. Una volta mi dissi che era stata una fortuna che mio padre non ti aveva riconosciuto. Lui sa…? >>
 << Sì, sa che sono figlio di Demon >>.
 Adesso capivo perché non mi aveva mai fatto avvicinare a lui!
 << Non è solo per quello >> intervenne Gwen << La madre di Layo era fidanzata con tuo padre quand’erano giovani, e lei fu la prima cosa che Demon gli portò via quando iniziò la guerra >>.
 Quella notizia fu come un fulmine a ciel sereno. Che cosa?!
 << Già, credo che sarà meglio che torni a casa >> disse Layo. Mi avvicinai per salutarlo ma fece un passo indietro scuotendo la testa, poi si allontanò velocemente per la strada e un attimo dopo girato l’angolo era già scomparso.
 …Adesso aveva anche paura di toccarmi!
 << E’ meglio così Allie >> disse all’angelo alle mie spalle << E sarebbe ancora meglio se da adesso in poi vi ignoraste completamente >>.
 Davvero fantastico!
 Rientrai a casa sbattendomi nervosa la porta alle spalle e lanciai un’occhiata a Gwen: << Quante cose dovrò scoprire ancora su conto di mio padre? >> domandai inquieta << Quante cose ha perso per via di Grimorio? >>.
 << Allie, lui non ha perso tutto, lui ha avuto te. Sono certa che Nathaniel non cambierebbe mai ciò che è avvenuto in passato solo per averti nel suo presente >>.
 << Quante cose dovrò perdere io, allora? >> domandai ancora con la voce resa stridula dall’agitazione.
 A quelle parole capii che la mia vita stava già cambiando. Avevo perso la mia realtà, quello che mi circondava era cambiato. Persino mio padre. La mia vita si stava trasformando in un intreccio complicato di vicende e di volti sconosciuti.
 Non ero più la solita Allie Fox, no… adesso ero figlia di un umano e di un angelo - un angelo!! - ed ero coinvolta in una guerra contro i demoni.
 Indietreggia da Gwen, sentendo come se la casa fosse una prigione soffocante.
 << Non credo di farcela! >>
 Attraversai veloce il salotto e prima che Gwen potesse capire le mie intenzioni fuggi dalla porta del retro.
 << Allie, no! >>
 Mi ritrovai a correre tra i campi, mentre i pensieri mi vorticavano nella testa. Mi fermai per cercare di riflettere e di calmare il cuore impazzito e il respiro ansante.
 Bel modo di affrontare le cose, non credete? Scappare in preda ad una crisi isterica. Complimenti Allie!
 Ripresi a camminare più calma, vagando a caso tra i campi. Non avevo voglia di tornare subito a casa e affrontare Gwen. Il mio stomaco protestò per la mancanza di cibo ma lo ignorai.
 In quel momento avevo in mente solo lo sguardo di Layo, scuro e indecifrabile, mentre si allontanava di scatto da me prima di andarsene.
 Un odore acre m’investì stordendomi e il Richiamangeli al mio collo tintinnò forte. Un attimo dopo sentii uno strattone alle gambe e mi ritrovai a testa in giù con le caviglie strette in un laccio bianco e viscoso.
 << Ma guarda chi è venuto a degnarci della sua presenza >> esclamò qualcuno sopra di me e alzando lo sguardo scioccata vidi che chi mi teneva in alto era una diavolessa che volava stringendomi forte le gambe con le sue dita pallide. Aveva due magnetici occhi violetti, dello stesso colore del suo corto vestito che lasciava intravedere le sue curve sinuose. I lunghi capelli neri corvino erano arruffati intorno al suo volto dal pallido incarnato conferendole un'aura selvaggia. Era bellissima ma terribilmente spaventosa.
 << Guarda guarda, il moscerino è finito nella tela del ragno >> disse un’altra voce, seguita dalle risate di altre.
 La diavolessa mi girò di scatto per farmi vedere che ero circondata da altri quattro, tra cui riconobbi Gilderoy. Erano seduti intorno ad un fuocherello acceso dove stava arrostendo qualcosa ma alla mia vista si alzarono in piedi ridendo. Il mio sguardo cadde sui canini messi in bella mostra dalle loro risate.
 << Mettimi giù! >> ordinai alla diavolessa, agitandomi. La testa mi pulsava orribilmente per via di quella scomoda posizione e il cuore aveva iniziato a battere forte per la paura improvvisa. << Lasciami subito! >>
 << Ai suoi ordini, vostra altezza! >> ghignò lei e mi lasciò cadere tra le braccia di Gilderoy, le caviglie sempre strette nella morsa della corda.
 << Credevamo avremmo dovuto passare chissà quante ore ad controllarti e invece eccoti qui! >> mi disse trionfante, sballottandomi tra le sue braccia.
 Un momento! Questo voleva dire, che erano lì per aspettare una mia mossa sbagliata? Com’ero stata stupida!
 << Portiamola da Demon >> propose subito un diavolo.
 << A quanto pare vincere questa guerra sarà più facile del prestito >> risero gli altri.
 A quelle parole scattai e non so dove trovai la forza per mettermi ad urlare come un’ossessa invocando aiuto. Scalciai e morsicai le mani che mi tenevano prigioniera.
 Gilderoy lanciò un gemito di dolore quando i miei denti affondarono nella sua carne e mi lasciò cadere a terra rovinosamente, facendomi sbattere malamente una spalla.
 << Brutta… >> sbraitò cercando di darmi un calcio.
 << Fermo! >>
 Gwen comparve
chissà da dove insieme ad altri tre angeli - tra cui c’era anche mia madre - e mentre loro si azzuffavano con i diavoli, delle mani gentili mi presero delicatamente per portarmi via. Mi lasciai trascinare come una bambola mentre chiudevo gli occhi cadendo nell’oblio.

 Rinvenni qualche ora più tardi, sdraiata sul divano di casa. Sentii qualcuno che mi bagnava la fronte con un panno e aprii gli occhi ricordando tutto quello che era successo poco prima.
 << Allie! >>
 Misi a fuoco un volto contornato da una massa di boccoli biondi e due occhi grigi.
 << Mamma! >>
 Mi misi a sedere di scatto e l’abbracciai: << Mi dispiace, io… io non so cosa mi è preso. Credo di aver avuto una crisi isterica per la paura di quello che mi sta accadendo! >>
 << E’ naturale avere paura, Allie >> disse Ivoene prendendomi il volto tra le mani << Anche i più coraggiosi ce l’hanno >>
 << Io non sono per niente coraggiosa >> ribattei abbassando lo sguardo, vergognandomi.
 << Sì che lo sei >> mi riprese lei stringendomi le mani con un sorriso << E c’è un bel morso sulla mano di Gilderoy a dimostrarlo >>.
 Scoppiammo a ridere e mi sentii molto meglio quando udii le nostre risate sollevate.
 << Erano molti anni che non entravo in questa casa >> disse poi mia madre in un sussurro muovendosi lungo il corridoio e sfiorando le foto appese alle pareti con le sue affusolate dita.
 << Sarà ogni volta così? >> le domandai alludendo all’incontro con i diavoli.
 << Anche peggio, tesoro >> rispose con un sospiro fermandosi a guardarmi.
 Una porta sbatté e Gwen comparì in salone come una furia. << Non posso crederci! Dopo nemmeno un giorno già si sono appostati qui fuori e poi quel Gilderoy! Vorrei prenderlo a bastonate, e tu >> si fermò davanti a me con gli occhi azzurri infuocati << Non osare mai più farmi prendere un colpo del genere. Non sono tagliata per questo mestiere: mi verranno i capelli bianchi! >> esclamò in tono melodrammatico passandosi le mani fra i capelli biondissimi.
 Risi mentre Ivoene la consolava come meglio poteva.
 << Non farne una tragedia Gwen, anch’io sono stata Custode e i miei capelli sono ancora tutti biondi >>.
 Ammutolimmo di colpo quando un rumore di un’auto che parcheggiava nel vialetto invase la casa. Papà era tornato!
 Gwen e mia madre, più pallida del solito, scattarono.
 << Ci vediamo dopo, Allie. E ricorda che anche se non mi vedi ti tengo d’occhio lo stesso! >> disse Gwen in un tono minaccioso.
 << Sei sicura di stare bene, Al? >> domandò mamma.
 La serratura scattò e sentii la porta dell’ingresso aprirsi.
 << Sto bene. Adesso andate! >> dissi in tono affrettato.
 Sparirono in un battito d’ali giusto poco prima che papà comparisse in casa. Scappai per le scale prima che potesse vedere le condizioni pietosa dei miei vestiti e si accorgesse del grosso livido che avevo sulla spalla.
 << Allie? >> mi chiamò perplesso.
 << Sì? >> dissi fermandomi dietro il corrimano per vederlo sedersi sul divano con aria cupa << Cos’è successo papà? >>.
 << La signora Chester mi ha detto che ti ha visto tornare a casa con Lawolf. Perché eri con Lawolf, Allie? >>
 Sospirai: era stata davvero una luuunga giornata e ancora non era finita.


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Capitolo 9
*** Occhi di Specchio e Gatti Mannari ***







9. Occhi di Specchio e Gatti Mannari






 Un silenzio tranquillo aleggiava nella cucina durante la cena. Il solo rumore era quello delle posate che sbattevano contro i piatti e di sottofondo si udivano le voci che provenivano dalla televisione accesa.
 Sembrava che la tempesta fosse passata…

 << Allora? >> disse Nathaniel rompendo il silenzio all’improvviso << Mi vuoi spiegare che cos’è questa storia? >>
 Sospirai affranta e poi risposi: << Papà la signora Chester si sarà sicuramente sbagliata… >>
 Gli occhi castani di mio padre si adombrarono mentre mi fissava. << Non raccontarmi bugie, Al >> mi riprese scocciato << Allora eri con lui? >>
 << Ehm sì… mi ha accompagnato a casa >> ammisi, arrendendomi.
 << E perché ti avrebbe dovuto accompagnare a casa? >> disse sospettoso.
 << Perché siamo ehm… >> interruppi il mio flebile mormorio. Che cosa stavo per dire? Amici, forse? Non sarebbe stata la cosa giusta da dire, dato che non ero sicura che lo fossimo, e anche perché a mio padre sarebbe preso un colpo.
 << Cosa? >>
 << Siamo… conoscenti! Lo zaino pesava troppo e lui, dato che doveva fare la mia stessa strada, mi ha aiutato >>.
 Mezza verità, mezza bugia.
 All’improvviso la stanza si distorse e tremò. Tutto ciò che c’era prima scomparve, compreso mio padre, e tre figure dai contorni un po’ sfocati comparvero davanti a me. Erano tutti diavoli e uno era terribilmente familiare.
 << Davvero non saprei, padrone >> esclamò quello dall’aspetto più anziano, con le ali rosso carminio un po’ raggrinzite e il corpo nodoso che ricordava quello di un albero incurvato dal vento.
 << Sforzati di ricordare >> disse secco Demon, con voce implacabile.
 << Anche se esistesse, sarebbe impossibile da trovare dato che è andata perduta >> aggiunse il terzo diavolo, dai corti capelli violetti e i canini estremamente appuntiti.
 << Allora farete l’impossibile! >> esclamò Demon alterato << Non posso permettere che la Profezia si avveri! >>.
 Le voci divennero echi lontani, le figure tremolarono distorte per poi sparire e così tornai di nuovo in cucina.
 Mi ritrovai ad avere il respiro leggermente affannato e la mano indolenzita per la forza con cui avevo stretto la forchetta. Mio padre mi guardava allucinato.
 << Allie, stai bene? >> domandò preoccupato dalla mia improvvisa immobilità e dal mio sguardo perso nel vuoto.
 << Sssi… cioè no! Vado di sopra >>.
 Prima che potesse aggiungere altro, mi alzai, corsi per le scale e mi chiusi in bagno. Osservai i miei occhi e vidi che le iridi grigie erano più chiare del normale, sembravano come due specchi e avevo le pupille dilatate.
 Che cos’era successo?
 Mi girai di scatto quando sentii un fruscio d’ali vicino a me: Gwen era seduta sul bordo della vasca e mi osservava curiosa.
 << Hai visto anche tu? >> chiesi confusa << Cos’è successo? Sembrava come se mi fossi teletrasportata! >>
 << Hai avuto una Visione! >> esclamò Gwen esaltata << Sei una Occhi di Specchio! >>.
 Strabuzzai gli occhi: << Eeeeh?! >>.
 << Insomma Allie, tu sei per metà angelo. Mi sarei molto stupita se non avessi avuto nessun potere >> mi spiegò l’angelo con un sorriso << I tuoi occhi sono in grado di mostrarti qualcosa oltre la realtà che vedi >>.
 La fissai stupita, poi tornai a osservare il mio riflesso e vidi che gli occhi erano tornati normali.
 << Wow! >> mormorai entusiasta.
 << I tuoi poteri devono essersi risvegliati quando hai firmato Grimorio >>.
 << Ecco perché riesco a vedere Layo anche quando si muove velocissimo! >> dissi colta da un’improvvisa illuminazione.
 << Esatto! >> disse Gwen entusiasta quasi più di me.
 Due colpi alla porta ci fecero sobbalzare.
 << Al, come va? >> chiese la voce di mio padre.
 << Bene, adesso vado a letto che sono un po’ stanca >> risposi uscendo dal bagno.
 Gli diedi un veloce bacio sulla guancia e mi chiusi di corsa in camera, dove trovai Gwen ad aspettarmi impaziente.
 << Allora che cos’hai visto? >> mi domandò interessata.
 << Demon >> risposi e l’angelo s'incupì << Lui… sta cercando qualcosa che è impossibile trovare >>.
 << Cosa esattamente? >>
 << E’ qualcosa che serve per una Profezia >>.
 << Una Profezia? >> esclamò stupita << E che genere di Profezia? >>
 << Non lo so >> risposi abbattuta.
 Rimanemmo qualche secondo in silenzio.
 << Allie il tuo è un grande potere! Possiamo usarlo per controllare tutte le mosse di Demon >> disse l'angelo con un grande sorriso sul volto.
 << Posso comandare le mie Visioni? >>
 Lei annuì: << Con il dovuto esercizio ce la potrai fare. Domani troveremo qualcuno che possa aiutarti >>.
 << Tu non sei capace? >> domandai curiosa.
 << No, non tutti lo sono. Il dono è totalmente imprevedibile, ci si nasce e basta. Tua madre lo aveva ma l’ha perso dopo la sconfitta. Gli Occhi di Specchio sono davvero rari >>.
 La faccenda iniziava a farsi interessante: forse avevamo trovato un modo per vincere Demon.


 Appena la campanella suonò l’ora del pranzo, uscii dalla classe di trigonometria e incontrai due occhi neri che mi osservavano attenti tra la folla di studenti. Layo era poggiato all’angolo del corridoio, vicino agli armadietti, circondato da occhiate incantate delle ragazze lì intorno ma che palesemente ignorava.
 Jo mi lanciò uno sguardo malizioso quando notò dove si era soffermato il mio sguardo.
 << Adesso ti aspetta perfino fuori dall’aula? >> domandò con una risatina, indicando con un cenno della testa Layo.

 << Smettila! >> le sibilai.
 La presi per un braccio e la trascinai dalla parte opposta del corridoio.
 << Ma non vai a salutarlo?! >> esclamò la mia amica, confusa.
 << No >>.
 Dopo quello che era successo con Gilderoy e gli altri diavoli avevo capito quanto potesse essere pericoloso il Male e forse era giunto il momento di ascoltare il consiglio di Gwen che prima mi era sembrato eccessivo: evitarlo. Sarebbe stato meglio…
 << Al, io devo posare questi libri… >>
 Prima che potessi fermarla quella traditrice di Genevieve svincolò dalla mia presa e mi lasciò sola. Determinata a non tornare indietro decisi di prendere il mio pranzo e di dirigermi verso il cortile della scuola, dove molta gente stava approfittando dell’ultimo tiepido sole autunnale per stare all’aperto. A un tratto fui costretta a fermarmi. Forse venire qua non era stata una brillante idea…
 Mi sembrò per un attimo di vivere la scena al rallentatore: da una parte stava giungendo Theodore con il suo passo affrettato mentre dall’altra si avvicinava Layo. Mi raggiunsero tutti e due nello stesso momento.
 …Sinceramente in quel momento non sapevo da chi volessi più fuggire.
 << Allie! Finalmente ti ho trovata! >> disse Theo con un sorriso che un tempo avrei trovato affascinante, ma in quel momento ero troppo presa a lanciare sguardi di traverso al ragazzo moro vicino a me che sembrava aver perso la sua aria indifferente. Sperai che volesse sfogare la sua improvvisa irritazione dando un calcio a Theo, in quell’azione avrei potuto benissimo assecondarlo!
 << Sono giorni che cerco di parlarti ma sembravi svanita nel nulla >> continuò Theodore.
 << Sono stata un po’ impegnata >> dissi con un sospiro.
 A Theo saltò subito la mosca al naso: << Con chi?! >>.
 << Affari miei! >> sbottai con tono acido << Insomma Theo che cosa vuoi ancora? >>
 << Mi sei mancata quest’estate Allie >> sussurrò il ragazzo biondo avvicinandosi un po’ troppo. Indietreggiai d’un passo e mi ritrovai vicinissima a Layo che spudoratamente stava ascoltando tutto, insomma nemmeno faceva finta di essere indifferente… Che impiccione! << Soprattutto i nostri pomeriggi insieme… >>
 Mi irrigidii.
 “No, non posso crederci. Ditemi che non l’ha detto!
 Davvero aveva tirato fuori quell’argomento davanti a Layo?!
 Se pensavo che la mia prima volta l’avevo fatto con un deficiente del genere mi veniva l’urticaria!
 << Senti Theo, se soffri di questa mancanza sono sicura che la Jones, o una delle sue stupide amiche sarà molto contenta di aiutarti ma vedi di girare al largo da me! >> sbraitai cercando di controllarmi per non dargli un pugno.
 Che essere fastidioso!
 << Ma Allie… >> cercò di rimediare Theo ma il suo sguardo azzurro si spostò scocciato verso Layo che si mi aveva afferrato per un braccio << E tu adesso che diavolo vuoi?! >>
 << Lascia stare Theo >> dissi in fretta, prima che l’altro potesse rispondergli sicuramente in malo modo.
 Mi allontanai rapida, portando via con me Layo e ci sedemmo nell’unico tavolo ancora vuoto che si trovava ai margini del cortile.
 << Certi soggetti dovrebbero proprio sopprimerli >> sbuffai irritata.
 << Ci sei stata insieme >> mi ricordò lui.
 Gli lanciai un’occhiataccia e notai una nota rossastra sparire dai suoi occhi quando lui ricambiò il mio sguardo scocciato con uno divertito. Rimanemmo per qualche minuto in silenzio a studiarci fino a che lui non lo interruppe.
 << Come stai? >> mi chiese.
 << Bene >> risposi atona << Sono qui, no? >>
 << Ho saputo da Gilderoy che cos’è successo >> disse osservandomi attento.
 << Ho avuto un… momento di debolezza >> se vogliamo definire così un quasi attacco isterico << Per fortuna mia madre e Gwen mi hanno salvata >>.
 << Hai visto tua madre? >> chiese con un sorriso pensoso, appena accennato.
 Annuii, con il volto raggiante. << E’ bellissima! >>.
 Senza riuscire a trattenere la mia felicità, gli descrissi tutti i particolari dell’incontro però a un tratto mi accorsi che la sua attenzione si era spostata. Mi voltai per vedere cosa guardasse con tanta curiosità e vidi un gatto tigrato dai colori grigi e il muso nero. Con molta attenzione si stava leccando la zampa sinistra senza fare caso a ciò che lo circondava. Chissà com’era finito lì.
 Oltre il gatto notai che moti sguardi erano puntati verso il nostro tavolo. Le cheerleader, con a capo Violet, ci fissavano spudoratamente e spettegolavano tra di loro.
 << Penseranno sicuramente che stiamo insieme >> dissi con un sospiro esasperato rivolta a Layo.
 Lui si riscosse dai suoi pensieri e mi guardò divertito. << Cosa? >>
 Indicai alle mie spalle: << Quelle galline là staranno spettegolando qualcosa su di noi >>.
 Sfoderò un sorriso malizioso e allungò il braccio sul tavolo per posare una mano sulla mia. Era grande e calda. Lo guardai sorpresa e sentii un vassoio sbattere con forza su un tavolo dietro di noi. << Lasciale credere ciò che vogliono. Ho dato buca a Violet e sarà molto infastidita… che diavolo?! >>.
 Si ritrasse di scatto, stupito. Il gatto di poco prima era balzato sul tavolo. Senza che potessi muovermi si era accoccolato tra le mie braccia e aveva puntato i suoi occhi nocciola striati di verde su Layo.
 << Ah! Sapevo che eri tu >> mormorò lui con un sorrisetto.
 Il gatto per tutta risposa emise un basso miagolio e mosse pigramente la coda, solleticandomi il collo.
 << Dovresti stare attento a ciò che dici ragazzo. Le parole hanno un grande potere >> disse l’animale con una bassa voce dalla erre rantolata e la esse sibilata.
 Ebbi come l’impressione che la mascella si fosse spaccata e fosse caduta sul tavolo per quanto avevo spalancato la bocca. Lanciai un’occhiata basita a Layo.
 << Il gatto parla! >> sussurrai meravigliata.
 << Lo so >> rispose Layo tranquillo.
 << Il gatto ha parlato! >>
 << Ho sentito! >>
 << Layo, il gatto… >>
 << Sì, parla >> m’interruppe innervosito << Sì Allie, ho capito! >>.
 Chiusi la bocca e fissai il caldo e morbido animale tra le mie braccia.
 << Che cosa vuoi dire? >> gli chiese Layo.
 << Tu guardi ma non osservi >> risposte il gatto in un soffio.
 Layo scosse la testa con un sorrisetto esasperato.
 La campanella era suonata da un pezzo e il cortile era ormai deserto, ma nessuno dei due aveva intenzione di muoversi. Per fortuna avevo l’ora di educazione fisica e se avessi ritardato di qualche minuto non se ne sarebbe accorto nessuno.
 << Ehm… ma tu cosa… cioè, chi sei? >> domandai curiosa.
 << Lui potrà risponderti >>.
 Guardai Layo perplessa: lui conosceva bene quel gatto parlante?!
 << E’ il gatto mannaro Salem Saggiazampa >> disse Layo e poi si rivolse al gatto: << Non sapevo avessi qualcos’altro da insegnarmi >>.
 << Non tu, lei >>.
 << Allie? >> fu il turno del ragazzo di essere stupito dal gatto.
 << Evidentemente ha qualcosa da imparare >>.
 Un momento! Sarebbe stato forse quel gatto il mio maestro?
 Come se avesse intuito i miei pensieri, il gatto mannaro mi trafisse con il suo sguardo e annuì piano. Sospettai che avesse voluto volontariamente omettere l’argomento Occhi di Specchio davanti a Layo per non far arrivare la notizia del mio potere a Demon.
 << Allora sei passato dalla parte del bene >>.
 << Ragazzo! >> i peli sulla schiena inarcata dell’animale si rizzarono segno che si era irritato a quelle parole << Non sono mai stato dalla parte di nessuno, dovresti saperlo bene. A noi gatti mannari non piace immischiarci nella vostra guerra. Quando tuo padre mi ha chiamato, ho accettato venire da te solo perché avevi qualcosa da imparare >>.
 << E’ stato lui a insegnarti a usare i tuoi poteri? >>
 Annuirono tutti e due.
 Solo allora mi resi conto dell’ora. Era passato più di qualche minuto: era tardissimo! Mi alzai di scatto e dopo un rapido saluto, corsi verso la palestra sperando che la professoressa non si fosse accorta della mia lunga assenza.


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Capitolo 10
*** Il tempo di agire ***





10. Il tempo di agire






 I giorni si succedettero tanto
in fretta
che settembre passò per lasciare posto a ottobre e al suo ballo di Halloween da cui tutta la scuola era presa nei preparativi. Layo non si faceva vedere a scuola da qualche tempo, sembrava sparito nel nulla. Tutta quella snervante attesa di qualcosa mi rendeva inquieta tanto che sia mio padre che i miei amici si erano accorti del mio umore cupo, Nathaniel lo associava a quel periodo del mese mentre Genevieve era sempre più convinta che il mio periodo nero fosse collegato all’assenza di Layo (e non che avesse tutti i torti…).
 Intanto tutte le sere mi esercitavo con Salem Zampasaggia per imparare a usare i miei poteri. Riuscire ad ammaliare chi mi guardasse negli occhi era facile, ma evocare gli Occhi di Specchio a comando non era molto semplice. Bisognava avere molta concentrazione. Ogni tanto Gwen assisteva alle lezione e faceva da elemento disturbatore per mettermi alla prova. Purtroppo non avevo fatto molti progressi con le visioni ma almeno avevo imparato a ignorare tutto ciò che mi circondava quando cercavo di utilizzare il mio potere.
 << Concentrati Allie >> mi rimproverò Salem quando vide che la mia attenzione stava scemando. Annuii e presi un respiro profondo. << Riprova >> mi incitò il gatto mannaro, acciambellandosi sul mio letto.
 Chiusi gli occhi e cercai di rallentare il respiro come mi aveva insegnato Salem. Sgomberai la mente da ogni pensiero se non quello di mia madre (avevamo deciso che mi sarai esercitata su di lei). I minuti passarono e proprio quando abbattuta e in preda a un leggero mal di testa, stavo per rinunciare, dietro le palpebre esplosero dei puntini luminosi e aprii di scatto gli occhi.
 Era il momento!
 La palpebra si dilatò e le iridi grigie luccicarono fino a diventare specchi trasparenti e davanti a me apparve la figura di mia madre.
 Ce l’avevo fatta!
 I suoi contorni erano un po’ tremolanti e i colori un po’ sbiaditi ma almeno riuscivo a vederla. L’espressione assorta conferiva al suo volto una luce bellissima. Come sempre alla sua vista provai una grande gioia che aumentò dato che ci aggiungi quella della mia riuscita.
 Ivoene alzò lo sguardo verso di me, come se riuscisse a vedermi, e mi disse: << Ciao tesoro! >>.
 Trasalii sorpresa tanto che caddi dalla sedia su cui ero seduta e finii con il sedere a terra. La visione sparì.
 << Salem, lei mi ha sentito! >> esclamai meravigliata << Sapeva che la stavo osservando! >>.
 << Questo è perché ti sei fatta travolgere dalle emozioni. Devi imparare a rimanere impassibile a ogni visione altrimenti ti sentiranno. E questo non deve assolutamente accadere quando userai i tuoi poteri su Demon, se ne verrà a conoscenza potrà essere pericoloso >> spiegò Salem osservandomi con il suo enigmatico sorriso felino << Comunque sei stata brava! >>.
 Sorrisi: << Grazie, adesso posso riposarmi? >>.
 << Te lo sei meritato >> accondiscese lui.
 Mi sdraia nel letto e, stanca, mi addormentai con un leggero sorriso che aleggiava sulle labbra.


 << Allie! Devi venire subito! >>
 La voce di Gwen d’improvviso così vicina mi rimbombò nelle orecchie. Trasalii e la matita che avevo in mano cadde a terra. Mi chinai a raccoglierla e poi mi raddrizzai a guardare l’angelo seduta sul libro di letteratura che stavo studiando. Notai che aveva un’espressione crucciata.
 << Adesso? >> domandai perplessa << Ma papà tornerà tra poco! >>
 Gwen scosse la testa con veemenza facendo arruffare i suoi biondi capelli e disse: << Non importa, è urgente Al! Devi venire con me da Evangeline >>.
 Mi alzai dalla sedia con un sospiro: addio serata tranquilla!
 << Va bene, andiamo! >>.
 Salimmo in soffitta e aprimmo il passaggio per il Paradiso. Una volta dentro Gwen mi portò in volo verso una grande casa che dall’alto aveva una forma rotonda. Sembrava una grossa meringa di zucchero filato. L’angelo mi lasciò quando fummo all’interno. La costruzione si trattava solo di un’enorme stanza bianca dal soffitto molto alto, chiamata la Sala dei Concili. Al centro vi era un tavolo rotondo e intorno vi erano diversi angeli, alcune fatine, pochi licantropi e fuori da una delle enormi finestre c’era un enorme drago verde che osservava la scena con il suo occhio lucente.
 Tutte le conversazioni cessarono.
 << Allie! >>
 Evangeline mi chiamò vicino a lei e tutti gli sguardi celesti si puntarono su di me mentre attraversavo la stanza, con un leggero rossore che mi coloriva il volto.
 << Che cosa succede? >> chiesi con un tono d’allarme nella voce. Tutte quelle facce serie mi avevano fatto davvero preoccupare e sperai che non fosse successo niente di troppo grave.
 << Le fatine ci hanno informato che Demon ha riunito le creature infernali e che tra poco il suo esercito uscirò dalle terre infuocate >> disse Evangeline e nella stanza ricominciò il brusio delle conversazioni accese tra i presenti.
 << Pensavamo che ci avrebbero messo molto più tempo >> intervenne un anziano angelo dalla lunga barba grigia che gli ricadeva sul petto << I nostri arcangeli non sono ancora pronti >>.
 << Per questo attaccheremo noi per primi >> s’intromise una risoluta voce maschile.
 Nella sala entrò un angelo dai profondi occhi blu e mossi i capelli biondi di cui una ciocca era completamente bianca. Non era molto alto dato che era della mia stessa altezza, ma il suo portamento fiero e il suo fisico ben fatto messo in evidenza dalla camicia azzurra che indossava, rendevano la sua figura imponente. I tratti delicati del suo volto, le labbra carnose e le sopracciglia fine avevano qualcosa di familiare. Lo osservai mentre si dirigeva a grandi falcate vicino a Evangeline.
 Accidenti se era bello!
 Quando si accorse della mia presenza si fermò, mi sorrise e quasi ne rimasi abbagliata.
 << Tu sei la Prescelta >> mormorò e poi si girò verso gli altri: << Li attaccheremo di sorpresa e distruggeremo le loro macchine infernali per indebolire la loro potenza >>.
 << Allie questo è mio figlio Gabriel >> lo presentò Evangeline.
 Li guardai stupita: si somigliavano molto ma non sembravano madre e figlio, caso mai più fratello e sorella data la giovane età che dimostravano tutti e due, specialmente Evangeline.
 << E come faremo a prevedere dove si accamperanno? Sai che l’esercito di Demon quando esce dall’inferno è sempre in movimento e non siamo mai riusciti a trovarlo >> osservò una donna licantropo dai corti capelli rosa.
 << Questa volta sarà diverso perché abbiamo con noi gli Occhi di Specchio >> disse Evangeline indicandomi << Allie prevedrà il momento esatto con le sue visioni >>.
 Tutti gli occhi dei presenti - compreso quello enorme e verde del drago fuori dalla finestra - si rispostarono su di me. Gli sguardi erano animati da trepidazione e attesa.
 << Adesso? >> dissi in un sussurrio agitato a Evangeline e lei asserì << Ma io non so se sono in grado di non farmi sentire >>.
 << Ti aiuterò io >> mi disse Gabriel avvicinandosi e prendendo le mie mani tra le sue. Lo guardai interrogativa. << Grazie al mio potere calmante mi assicurerò che tu non ti faccia sopraffare delle emozioni >>.
 Annuii sentendomi già molto più tranquilla. Le mani di Gabriel erano davvero calde e quel confortante calore si espandeva lungo tutto il mio corpo.
 Allora chiusi gli occhi, usai il mio potere e divinai Demon. Era seduto sul trono nella stanza del suo lugubre palazzo e con in mano un raffinato bicchiere di cristallo pieno di una sostanza rossa (che sperai davvero fosse solo vino) osservava con uno sguardo assorto un angolo della stanza vuota. Sicura che non potesse aiutarmi nella mia ricerca, decisi allora di divinare Layo: essendo suo figlio forse poteva sapere qualcosa.
 Una terra di fuoco esplose di fronte a me e lo intravidi camminare tra i fumi che uscivano dal terreno scuro. La visione era molto confusa. Stava parlando con un diavolo dai capelli violetti e i canini appuntiti che avevo già divinato una volta.
 Alla vista del ragazzo provai una qualche emozione, forse felicità per averlo rivisto dopo tanto tempo, ma fu subito sopita da Gabriel.
 << Davvero pensano che io me ne stia buono ad ascoltare i suoi assurdi ordini? >> diceva con voce irritata, il volto stanco. << Nessuno può dirmi come vivere la mia vita >>.
 << Sei stato troppo a lungo tra gli umani, cugino. Sei davvero lamentoso come loro! >> ribatté il diavolo con un ghigno divertito << Mozar ti sta solo istruendo a dovere: sa che potresti essere l’anello debole della catena >>.
 << Io non sono debole! >> ringhiò Layo tra i denti, scandendo secco ogni sillaba pronunciata. Mai avevo visto sul suo viso un’espressione così cupa.
 Il diavolo accanto a lui sghignazzò forte: << Sta’ calmo cugino. Dimostrerai la tua forza nello scontro contro il Principe degli Angeli e vedremo se sarai alla mia altezza >> gonfiò il petto trionfo << L’altra volta è stato grazie anche alla mia vittoria su di lui che quei perdenti hanno deciso di rinunciare >>.
 Il Principe degli Angeli? Stavano forse parlando di Gabriel? E se Layo era il figlio del capo, come lo era Gabriel, questo faceva di lui il Principe dei Demoni?
 << Non m’interessano queste stupide regole, Evil >> ribatté Layo in un basso mormorio pensoso << Sono io il padrone di me stesso, non Grimorio >>.
 Non ascoltai il resto della conversazione perché decisi di lasciar perdere. Nemmeno loro erano stati utili alla mia ricerca, anche se ero stata contenta di vedere che Layo stesse bene e di ascoltare la loro interessante conversazione. Proprio per quando stavo per rinunciare e riaprire gli occhi, mi venne in mente un diavolo che poteva fare al caso mio: Gilderoy!
 Usai il mio potere su di lui e mi ritrovai in un altro punto dell’Inferno. Lo vidi seduto vicino a un fuoco, intorno a lui l’esercito infernale. Bingo!
 Questa volta Gabriel dovette stringermi forte le spalle per impormi la calma. Mi ero fatta prendere troppo dall’entusiasmo. Feci un respiro profondo e mi riconcentrai sulla figura di Gilderoy e cercai di rimanere impassibile alla vista della piccola cicatrice argentata che solcava la sua mano, che stava osservando corrucciato.
 Sibilò tra i denti un insulto che somigliava molto a un “piccola stronzetta!”. Grazie tante!
 Un licantropo dall’enorme stazza entrò nella visione. << Gilderoy! >>.
 << Che c’è, Sam? >> domandò il diavolo brusco.
 << L’esercito è irrequieto, non possiamo più stare fermi >>.
 << L’ordine è di partire tra tre giorni, Sam. Falli stare tranquilli ho subiranno le ire di Demon >> sbottò Gilderoy alzandosi in piedi e iniziando a camminare su e giù << Dobbiamo aspettare che la nebbia sia nostra alleata e cali sul campo Kalash per uscire allo scoperto senza farci notare >>.
Chiusi forte gli occhi e li riaprii si scatto per trovarmi gli occhi di Gabriel così vicini da poter osservare tutte le sfumature blu delle sue iridi.
 << Hai visto? >> mi domandò a un tratto ansioso.
 << Campo Kalash, tra tre giorni al calar della nebbia >> riportai con un grosso sorriso << Ringraziamo il nostro caro Gilderoy per le informazioni! >>
 Gabriel mi lasciò andare e scoppiò in un trionfante risata.
 << Allora è deciso >> mormorò Evangeline.


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Capitolo 11
*** Prigionia ***





11. Prigionia







 Il giorno, il luogo e l’ora esatta.
 Tutto era stato previsto.
 Gwen si voltò verso di me e sorrise. Un sorriso teso.
 << Li sistemeremo per le feste!>> sussurrò con voce trepidante.
 Mi girai verso gli altri angeli e vidi tutti i volti corrucciati dalla stessa espressione. Incontrai lo sguardo di Gabriel e lui mi guardò interrogativo.
 Presi un respiro profondo e usai gli Occhi di Specchio.
 << E’ ora >> gli annunciai.
 L'angelo annuì serio.
 L’esercito di Demon era comparso al calar della nebbia al luogo chiamato Kalash che si trovava a pochi chilometri dalla città, immerso in campi da tempo abbandonati. Avevo insistito per dare una mano agli Angeli: non sarei riuscita a stare in casa senza fare niente e poi avevano bisogno del mio potere. Mamma ed Evangeline si erano inizialmente opposte ma grazie all’appoggio di Gwen e Gabriel ero riuscita a prendere parte all’attacco. Nei tre giorni di attesa avevo passato molto tempo nei cieli (quello che riuscivo a sfruttare) e avevo stretto amicizia con Gabriel, la sua presenza era davvero confortante grazie al suo potere calmante.
 A un cenno dell’angelo, il piccolo gruppo di celesti e licantropi (i draghi erano stati esclusi perché la loro grande mole non avrebbe aiutato l’effetto sorpresa) si mosse verso il luogo che avevo indicato.
 I diavoli erano lì, attorno ai fuochi o già nelle tende nere piantate nel terreno. La mia visione era stata perfettamente giusta.
 Tutto accadde all’improvviso tanto che i diavoli rimasero davvero sorpresi. Il piccolo gruppo guidato da Gabriel che doveva fare da diversivo aveva attaccato la parte nord dell’esercito. Io, Gwen, alcune fatine e due grossi licantropi dall’aspetto umano ci avvicinammo alle macchine infernali per manometterle. Il piano principale era quello: senza quelle diavolerie l'esercito di Demon sarebbe stato molto meno potente. Assomigliavano molto a delle catapulte. Le fatine s’intromisero negli ingranaggi per farle cedere dall’interno mentre i due licantropi cercavano di rovinare il braccio che serviva per scagliare gli infernali dardi infuocati. Io mi adoperai per spezzare con dei coltelli tutte le corde presenti nei meccanismi mentre Gwen, con la sua magia, cercava di controllare ogni scricchiolio della macchina per non permetterle di rompersi con violenza e farci male o farci scoprire dai demoni.
 Due macchine infernali si piegarono sotto i nostri occhi senza nessun rumore, qualcosa però andò storto alla terza.
 Il marchingegno si ruppe con un tremendo botto. Le fatine riuscirono in tempo a scappare prima di essere travolte e i due licantropi balzarono all’indietro portandomi via con loro, però una scheggia di legno volante mi ferì il braccio.
 << Gwen! >>
 Mi voltai verso di lei per vedere cosa le fosse successo e la vidi svenuta tra le braccia di un ghignante Gilderoy.
 << Davvero pensavate di ingannarci con questo stupido trucco? >>
 Delle risate riempirono l’aria. Mi voltai a destra e sinistra per vedere dei demoni farsi avanti. Eravamo circondati.
 << Lasciala andare Gilderoy! >> esclamai raccogliendo tutto il coraggio dentro di me. La voce uscì forte e risoluta, senza nemmeno una nota tremante. Forse ero riuscita a ingannarli, ma dentro di me sapevo che mi trovavo in grossi guai.
 << Altrimenti che cosa fai, Allie? Mi pugnali?! >> ribatté lui divertito osservando il coltello che avevo stretto forte dalle mani.
 << Potrei farlo! >>.
 Prima che potessi muovermi però avvertii un movimento dietro di me e il coltello sparì dalle mie mani e per ritrovarsi nelle mani di un diavolo alla mia destra, mentre un altro mi strinse forte le braccia dietro la schiena. Gemetti forte quando toccò il braccio ferito e mi accasciai sulle ginocchia senza riuscire a mantenere l’equilibrio.
 << E’ stato fin troppo facile… >> disse Gilderoy in un sorrisetto soddisfatto.
 In preda al panico usai gli Occhi di Specchio per divinare Gabriel. Accorgendosi della mia presenza agitata sarebbe potuto accorrere in aiuto. Lo vidi preso a combattere con i demoni ma proprio quando s’irrigidiva preoccupato e si voltava verso di me, un’ombra scura calò sulla visione e sentii una risata trionfante.
 Riaprii gli occhi scatto. Che cos’era successo? Qualcun altro si era accorto della mia presenza?
 Gilderoy si avvicinò e riuscii a incatenare il mio sguardo al suo e a incantarlo. Stava per liberarmi ma un diavolo atterrò di botto davanti a noi e gli diede una forte botta. Gilderoy rovinò all’indietro e scosse forte la testa, libero dall’incanto. Incontrai lo sguardo acceso di rosso di Demon.
 << Sei stata davvero ingenua a farti sentire, mia piccola Allie! >>
 Allora prima era lui! Mi aveva sentita! Aveva scoperto il mio potere! Che cosa avrei fatto adesso?
 I suoi occhi rossi mi risucchiarono e le palpebre si chiusero sui miei occhi.
 L’oscurità calò intorno a me.
 

 Buio.
 Da quando ero rinvenuta solo il nero mi circondava.
 Gli occhi erano costretti a stare chiusi da quella che sembrava una benda ruvida che stretta dietro i capelli con forza mi sfregava il volto.
 Dai rumori attutiti e dall’alta temperatura soffocante compresi che mi doveva trovare rinchiusa in una delle costruzioni dell’Inferno.
 Chissà quanto tempo era passato…
 Mamma…
 Papà si sarebbe preoccupato tantissimo se non mi avesse trovato a casa!
 …Che pasticcio che avevo combinato!
 Demon aveva scoperto i miei poteri e chissà cosa aveva in mente adesso che mi aveva catturato.
 Il corpo mi faceva male dappertutto, specialmente il braccio ferito, e le corde che stringevano le caviglie e i polsi non aiutavano certo. Il pavimento era duro e sassoso. Ero sdraiata e non avevo la forza per mettermi nemmeno seduta.
 Sentii una goccia di sudore mista a lacrima scivolarmi lungo la guancia. La asciugai a fatica, in un moto di stizza. Non potevo farmi vedere debole!
 Mi addormentai per chissà quanto tempo e fui risvegliata da un forte cigolio. Una porta doveva essersi aperta e dei passi risuonarono nella stanza. Per sicurezza, regolai il respiro e feci finta di continuare a dormire.
 << Uh, avevi ragione cugino! >> esclamò una voce dal tono irritante che per un momento non riconobbi ma poi quell’ultimo appellativo mi illuminò: Evil!
 Allora doveva esserci anche…
 << Demon ti aveva proibito di venire qui >>.
 Quella voce… la sua voce!
 Layo.
 << Ah ma io ho seguito te >> ribatté Evil << E poi sai che il proibito mi eccita >>.
 Repressi un brivido e continuai nella mia sceneggiata sperando che potesse ingannarli.
 Sentii uno spostamento d’aria, una puzza di zolfo e uno sgradevole alito caldo solleticarmi l’orecchio.
 << Sembra che sia ancora incosciente >>
 << Demon deve esserci andato giù pesante >> osservò Layo con voce quasi indifferente che però si affievolì nell’ultima sillaba. O forse era solo il mio stato di disperazione che mi faceva immaginare che qualcuno lì si preoccupasse per me.
 << Chi l’avrebbe mai immaginato che lei sarebbe stata una Occhi di Specchio >> sussurrò Evil.
 Li sentii andare via e scivolai di nuovo nel dormiveglia.
 Mentre la mente era intorpidita, sentii delle mani calde e gentili spostarmi i capelli dalla fronte e sfiorarmi il viso. Non ero certa se fosse realtà o sogno quello che stava accadendo ma sapevo che era lui. Quando le sue dita indugiarono sulle labbra, le schiusi in un piccolo sospiro. Fu solo un istante. Sentii la sua bocca all’angolo del mio labbro inferiore.
 Un attimo dopo ero sola.
 Mi resi conto di essere completamente sveglia quando sentii la benda calarmi sul volto. La tolsi del tutto e sbattei le palpebre più volte. Misi a fuoco una piccola e scura stanza quadrata priva di qualsiasi oggetto.
 La porta si aprì ed entrò Gilderoy.
 << Che cosa… >>
 Lo incantai con il mio sguardo.
 << Aprì un passaggio >> ordinai decisa.
 Lui annuì con lo sguardo velato e si diresse verso la porta della stanza, la aprì e vidi la mia camera. Prima che potesse risvegliarsi fuggii e mi ritrovai finalmente sana e salva a casa.

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Capitolo 12
*** Faccende umane ***







12. Faccende umane









 Fu davvero strano guardare me stessa seduta alla scrivania, con il capo poggiato sul tavolo e gli occhi placidamente chiusi.
 Avevo davvero un’espressione così angelica quando dormivo?
 Un momento! Ma se io ero qui chi era quella ?
 Mi mossi e la Allie si svegliò di soprassalto quando inciampai in una delle tante cianfrusaglie sparse sul pavimento della stanza.
 << Allie, sei tu! >>
 << Gwen?! >>.
 La mia copia si fiondò su di me, abbracciandomi con forza e rischiando quasi di farmi perdere nuovamente l’equilibrio. Il corpo protestò per la stretta lanciandomi fitte lancinanti che mi fecero gemere per il dolore.
 << Ouch! >>
 << Allie, oh mio Dio! >> Gwen si staccò da me e vidi che aveva ripreso il suo vero aspetto con gli occhi grigi, i lunghi capelli biondi e i vestiti bianchi << Che cosa ti hanno fatto? >>
 Mi guardai allo specchio e vidi che il mio riflesso era davvero terribile: i Jeans erano strappati in più punti, come la maglietta che sul braccio sinistro era completamente rotta e una ferita dal sangue rappreso deturpava la pelle. Il volto e i polsi erano graffiati e i capelli… erano semplicemente orribili!
 << Niente Gwen, sono riuscita a scappare prima che potessero farmi qualcosa >> risposi con un sospiro.
 << Shh, ora non parlare. Vieni con me, prima di tutto cercherò di rimetterti in sesto >>.
 Mi condusse in bagno e dopo avermi liberata dagli abiti irrimediabilmente rovinati, mi aiutò a lavarmi. Grazie alle sua magia riuscì a impedire che la ferita sul braccio s’infettasse e la fasciò con cura.
 Una volta finito tornai in camera, indossai il mio comodo pigiama e mi stesi sul letto.
 << Va meglio? >> chiese Gwen.
 Annuii: il dolore forte era scemato e i graffi sul volto erano spariti. Erano rimaste le cicatrici dei tagli più gravi. Adesso che tutto era finito sentivo una grande stanchezza.
 Sentii una mano dolce accarezzarmi i capelli e vidi che intorno al letto oltre a lei erano comparsi Gabriel, Evangeline e mia madre che mi confortava con il suo tocco sui capelli. Socchiusi gli occhi sentendo il corpo rilassarsi sotto le sue carezze.
 << Ti va di raccontare? >> mi domandò gentile Evangeline.
 << Demon ha scoperto dei miei poteri >> sussurrai voltandomi a guardarla.
 Dalle tre donne scappò un sospiro e Gabriel annuì corrucciato e mormorò: << Immaginavo >>.
 << Da quando mi ha catturato sono stata rinchiusa in una scura stanza dell’Inferno con gli occhi bendati… quanto tempo sono rimasta lì? >>
 << Gwen ha dovuto sostituirti per due giorni. Eravamo così preoccupati per te, tesoro >> rispose mamma stringendomi delicatamente la mano.
 << Gabriel è riuscito a liberarmi da Gilderoy e sono corsa a casa prima che tuo padre potesse accorgersi della tua assenza >> aggiunse Gwen.
 << Sei stata molto fortunata a scappare, Allie >> s’intromise Gabriel << Anche se la missione è andata male, siamo riusciti a impegnare l’esercito dei Demoni e fino a poco tempo fa Demon era con loro. Chissà cosa sarebbe successo se fosse giunto all’Inferno e tu fossi ancora lì… >>
 << Gabriel! >> lo rimproverò Ivoene << Così di certo non la aiuti >>
 << Come hai fatto a scappare? >> domandò Evangeline dopo aver lanciato anch’essa un’occhiataccia al figlio che abbassò il capo sconsolato.
 << Io… non lo so >> risposi incerta nascondendo per metà il volto nel cuscino << Non ne sono sicura ma credo che sia riuscita a fuggire grazie… grazie a Layo >>.
 << Impossibile! >> esclamò Gabriel meravigliato.
 Lo fulminai con un’occhiataccia: << E perché non avrebbe potuto farlo?! >>.
 << Non può essere andato contro suo padre, ci vuole una grande forza di volontà >>.
 << Lui è forte >>.
 Guardai i quattro angeli che mi circondavano e solo mamma non sembrava perplessa delle mie parole, anzi sembrava piuttosto pensierosa.
 Un rumore familiare interruppe il nostro discorso.
 << Al, sono a casa! >>
 << Papà! >>.
 Gli angeli sparirono in uno sbuffo di fumo celeste e io corsi giù per le scale. Mi fiondai tra le grandi braccia di Nathaniel, che sorpreso si sistemò gli occhiali sul naso. << Allie, sembra come se fossero giorni che non mi vedi >> disse con una risata mentre lo stringevo forte respirando il suo odore familiare.
 Sembra, papà, sembra.








 Il giorno dopo la scuola mi sembrò più bella che mai. Per un momento potei dimenticare tutti i problemi che riguardo a Diavoli e Angeli e vivere la mia vita come una comune adolescente. Adesso capivo perfettamente la decisione di Evangeline di rendere la scuola un territorio neutrale. Era davvero bello poter dimenticare della guerra anche solo per un po'…
 Salutai tutti con un grande sorriso sulle labbra, perfino la presenza di Violet non mi sembrava più così irritante dopo quella “piacevole” visita all’Inferno.
 Quando vidi Jo e i gemelli Keyl gli saltai addosso e li strinsi con forza.
 << Allie, che succede? >> esclamò Jo ridendo del mio grande entusiasmo.
 << Niente, sono felice >> risposi con un’alzata di spalle mentre Mark approfittando del mio buonumore mi scompigliava i capelli senza subire alcuna ira funesta.
 Judy mi guardò attenta: << Sei tornata in te finalmente >>.
 Mi irrigidii un po’ e la guardai perplessa << Che vuoi dire? >>.
 << Non so, in questi due giorni eri più strana del solito… hai fatto cose strane >> mi confidò sottovoce.
 Scoppiai a ridere pensando a quanto potesse essere stramba Gwen e il sorriso mi si spense quando vidi Theo venire verso di me con basso baldanzoso.
 << Le cose strane includono Theodore? >> sussurrai allibita.
 << Davvero stavi pensando di tornare insieme a lui? >> mi domandò Mark mentre Judy mi guarda stranita.
 << No! >> esclamai inorridita.
 Io a Gwen la ammazzo!
 << Allie, cucciolotta… >> Theo si sporse per darmi un bacio.
 << Evapora Theo! >> lo accolsi malamente spostandomi.
 << Ma… Allie! L’altro giorno eri così disposta a noi… >>.
 << E’ stato un momento di follia >> dissi respingendolo indietro mentre riprovava a baciarmi << Diciamo che non ero in me >>.
 Ma cosa aveva fatto Gwen per renderlo ancora più appiccicoso del solito?
 L’avrei spiumata!
 Il suono della campanella mi diede la scusa per trascinare via i miei amici e rimasi stupita quando all’entrata Jo e Mark si salutarono con un bacio a fior di labbra, che ben presto diventò molto appassionato. Judy ed io distogliemmo lo sguardo e le lanciai un’occhiata meravigliata.
 La mia amica mi diede il gomito e rise divertita: << Ma guarda quei due! Se non fosse stato per te, Al, non si sarebbero mai messi insieme >>.
 Ok, avrei dovuto farmi spiegare anche questa da Gwen… almeno qualcosa di buono l’aveva combinata!
 << Ci vediamo dopo! >>.
 << Ehi Allie! >> mi richiamò Judy prima che girassi l’angolo << Stasera verrai alla festa? >>
 << Eh? >>
 << Alla festa di Halloween! >>.
 Mi battei una mano sulla fronte. Già, la festa di Halloween della scuola! Dopo aver passato i giorni all’Inferno mi era completamente sfuggita di mente.
 << Spero di sì >>.
 E adesso chi l’avrebbe sentita a quella rompiscatole del mio Angelo Custode!









 << No, Allie! E’ fuori discussione che tu vada! >> esclamò Gwen per l’ennesima volta.
 Mi guardai allo specchio mentre indossavo il costume da gatta dell’anno scorso. Salem, placidamente adagiato sul letto, ridacchiò alla mia vista mentre Gwen continuava a volare con aria esagitata per la stanza.
 << Davvero un travestimento carino >> osservò il gatto mannaro.
 Sbuffai: << Peccato che non mi stia più il sopra >>.
 Dovevo aver preso una taglia in più di reggiseno.
 << Fantastico! Niente costume, niente festa! >> disse l’angelo biondo entusiasta.
 Le lanciai un’occhiataccia. << Uff Gwen non fare la guastafeste, non posso perdermi il ballo di Halloween! >> mi lamentai facendole gli occhioni dolci.
 << Ah non provare a incantarmi >> mi avvisò lei puntandomi un dito contro.
 << Io credo che Allie debba andare alla festa… >>
 << Ecco Gwen, ascolta Salem! >>
 << …ma sarà accompagnata da noi due >> terminò il gatto << Tanto in mezzo a tutte quelle maschere nessuno farà caso a noi >>.
 << Cosa? >> fece Gwen scettica.
 << Sì dai Gwen, ti prego ti prego ti prego! Ci divertiremo! >>.
 << E va bene >> si arrese alla fine l’angelo.
 Adesso rimaneva solo un problema di vitale importanza: come mi sarei travestita?
 << Aspettatemi qui, torno subito >> disse Salem balzando giù dal letto e incamminandosi fuori dalla stanza.
 Io e Gwen ci scambiammo un’occhiata interrogativa.
 Il gatto mannaro ricomparve qualche tempo dopo trascinandosi dietro della stoffa rossa e nera mentre truccavo una Gwen rassegnata ed esasperata. << Ecco, bisognerà solo dargli una sistemata per Allie >>.
 << E quei vestiti dove li hai presi? >> domandò Gwen curiosa.
 << Da un diavolo che non li usa poi molto >> sghignazzò Salem con aria mefistofelica << Porta avanti da un po’ di tempo uno strano discorso vestendosi da fata >>
 << Chi? Jacques il filosofo? >>
 << Uh, io l’ho visto quando sono andata all’inferno! >> aggiunsi ricordandomi della buffa scena a cui avevo assistito nel regno di Demon.
 Ridacchiammo per un po’ e poi ci preparammo per la festa.







 Entrai a scuola insieme a un gruppo di zombie e vampiri.
 Un forte scroscio richiamò la mia attenzione e mi fermai a osservare incantata la pioggia cadere fuori l’entrata della scuola. Il paesaggio si deformò in un attimo sotto il mio sguardo, il mondo fu squarciato da un lampo e poi fu avvolto dall'oscurità. La notte sembrava ancora più buia del solito senza la luna a illuminarla.
 << Devo riconoscere Gwen che hai fatto davvero un bel lavoro >>
 << Grazie Salem >>.
 Due voci vicine mi fecero voltare e vidi Gwen e Salem sorridermi. Gwen era vestita come al solito solo che aveva nascosto l’aureola troppo appariscente e cercato di rimpicciolirsi le ali. Invece era davvero strano guardare Salem nella sua forma umana. Prima di allora non lo avevo mai visto dato che preferiva di gran lunga essere un felino. Aveva l’aspetto di un lentigginoso ragazzetto di quattordici anni, dall’ossatura minuta e la carnagione chiara. Gli occhi erano sempre dello stesso taglio e colore e i capelli erano una disordinata zazzera castana. Indossava dei panni maculati e sulla testa si era messo delle ridicole orecchie da gatto.
 << Salem ma ti sei disegnato i baffi? >>
 Il gatto mannaro asserì con un miagolio facendo ridere me e Gwen.
 Ci dirigemmo verso la palestra seguendo una coppietta di streghe e quando entrammo la musica ad alto volume e le luci stroboscopiche messe per l’occasione mi stordirono per un attimo. Qualcuno vicino l’entrata si girò a guardarci e soffocai una risatina. Certo che dovevamo essere proprio uno strano terzetto: un gatto mannaro, un angelo e una mezza umana travestita da diavolo.
 Sì alla fine Gwen era riuscita a sistemarmi addosso gli abiti che Salem aveva (ehm) preso in prestito.
 Indossavo un vestito dal corpetto rosso con ricami bordeaux e una vaporosa gonna di tulle nera come le ali di corvo. Le gambe erano fasciate da delle calze a rete. Non ero provvista di coda ma ero riuscita a trovare una parrucca dai corti capelli neri a caschetto e delle corna rosse da mettere sulla testa, sulle labbra avevo del rossetto rosso fuoco e gli occhi erano completamente truccati di nero. Ovviamente ai piedi indossavo rigorosamente delle scarpe con tacco alto. Le cicatrici ai polsi erano state astutamente coperte da una miriade di braccialetti. Sarei quasi potuta passare per una diavola se non fosse stato per i miei angelici occhi grigi…
 << Ehi bellezza, vuoi ballare? >> domandò a Gwen uno spaventapasseri dall’aspetto davvero inquietante e dal fisico muscoloso. Forse era Jason della squadra di football della scuola.
 Spinsi l’angelo verso di lui, anche se sembrava visibilmente contrariata. << Su vai e divertiti Gwen! >>
 << Ricordati che ti tengo d’occhio comunque! >> mi avvertì lei prima di essere trascinata via.
 Mi girai ma Salem era sparito chissà dove. Mi sembrò di vederlo vicino al tavolo del cibo ma prima che potessi capire con certezza dove fosse i miei occhi furono attirai da uno strano movimento verso il corridoio.
 Grazie al mio potere riuscii a vederlo: era Layo! Era tornato!
 Mi affrettai a raggiungerlo e prima che potesse accorgersi di qualcosa, lo trascinai nella prima classe vuota che trovai e mi chiusi la porta alle spalle.
 << Non si può nascondere niente alla tua “vista” >> constatò con voce divertita.
 Mi voltai per vedere quegli occhi scuri osservarmi attenti e la sua bocca arricciarsi in un sorrisetto obliquo. Layo si poggiò con la schiena al muro e incrociò le braccia al petto. Non era travestito, indossava semplicemente dei Jeans scuri e una maglietta bianca che metteva in risalto il corvino colore dei suoi occhi ribelli. Senza più quegli abiti scuri che gli avevo visto indossare nella visione dell’Inferno sembra un Angelo Tentatore.
 << Mmm bel costume! >>.
 Con calma mi andai a sedere su un banco per mettere una certa distanza tra noi. C’era qualcosa che mi spingeva ad andare verso di lui, a sentire le sue mani sul mio volto per riconoscere il tocco leggero delle sue dita affusolate sul mio viso. Le sue labbra erano diventate così attraenti…
 Strinsi forte le mani sul banco. Forse era perché mi aveva salvata o forse perché non ero più abituata ad averlo attorno ma la sua presenza iniziava a destabilizzarmi più del normale e se fossi stata troppo vicina a lui avrei rischiato di perdere la lucidità.
 << Non se sono bendata >> replicai cercando di dare alla mia voce un tono indifferente.
 La mia osservazione non sembrò colpirlo perché il suo sorrisetto rimase impassibile eppure mi parve di scorgere nei suoi occhi un lampo di durezza.
 << Allora dovresti fare attenzione a non finirci >> mi derise.
 << Potrei anche non farlo se c’è qualcuno che poi mi libera dal buio >> dissi guardandolo con uno sguardo intensamente eloquente.
 Il suo sorriso s’incrinò per un attimo, freddato. Davvero pensava che non avessi capito che era stato lui a salvarmi? O forse non si aspettava che glielo ricordassi…
 Si staccò dal muro e si avvicinò con uno strano sguardo che mi fece tremare. << Forse è stata solo fortuna >>.
 Scossi la testa e per non costringermi a scendere dal banco, accavallai le gambe. << Forse >> dissi con tono accondiscendente << E’ possibile se la fortuna ti lascia le sue labbra stampate sulla pelle >>.
 Arrossii per le mie parole ma quando lui s’irrigidì, ebbi un moto di soddisfazione: non era stata solo la mia immaginazione, Layo mi aveva davvero aiutato a fuggire dall’Inferno.
 << Perché l’hai fatto? >> sussurrai curiosa.
 Ignorò la mia domanda.
 Notai il suo sguardo striarsi di rosso e seguendo la sua direzione capii anche un’altra ragione del suo irrigidimento: la gonna di tulle del vestito si era alzata leggermente mostrando qualcosa più su del ginocchio.
 Incontrai i suoi occhi e sentii una stretta allo stomaco. Le guance andarono a fuoco. L’aria si era fatta a un tratto elettrica.
 Che cosa ci stava succedendo?
 Feci per scendere dal banco ma il suo corpo d’improvviso così vicino al mio me lo impedì. La sua mano si posò sul mio ginocchio e una piacevole scossa si diffuse per il mio corpo.
 << Perché l’hai fatto? >> ripetei in un mormorio inclinando la testa in alto per non staccare i miei occhi dai suoi. Quella scintilla che ricordava le sue origini diaboliche stranamente non mi faceva paura ma mi affascinava. Il suo respiro m’inebriò e l’altra sua mano si poggiò sul mio volto, il pollice sul mio labbro inferiore.
 << Allie >>.
 Pronunciò il mio nome con una voce bassa e sensuale che m’infiammò tutto il corpo. Le sue labbra sfiorarono il mio collo e sentii dalla mia bocca un sospiro che mi confuse.
 Layo mi attraeva davvero così tanto?
 Nemmeno con Theodore avevo provato delle sensazioni così intense solo per uno sfioramento.
 Il suono di un chiacchiericcio proveniente dal corridoio ci risvegliò dall’incanto in cui eravamo caduti. Feci forza sulle sue spalle e ci separammo bruscamente.
 Layo si portò una mano a scompigliarsi i capelli e sentii un brivido di freddo quando il calore del suo corpo non riscaldò più il mio. I miei ormoni mi urlarono una forte protesta perché ci eravamo separati.
 Zitti stupidi ormoni!
 Zitto guastafeste di un cervello!
 Oh mammina che confusione!
 << Noi… noi apparteniamo a mondi diversi >> dovetti schiarirmi forte la voce per riuscire a parlare.
 << Siamo pur sempre umani >> mi ricordò lui con una scrollata di spalle << Né Evangeline né mio padre possono scegliere anche questo >>.
 << Cosa? >>
 I nostri sguardi caddero verso il basso e non potei impedire alle mie guance di arrossire ancora.
 Aveva ragione.
 Angeli e diavoli non c’entravano niente per questo.
 Io lo attraevo… come lui attraeva me!
 Semplice.
 Eppure era un gran casino.
 Per quanto gli esseri magici non potessero fare niente per la nostra attrazione avrebbero potuto sempre opporsi, e non sapevo quanto mi conveniva far arrabbiare gli angeli dato che già i diavoli mi odiavano.
 Che cosa avrebbe pensato mamma?
 Non avrebbe dovuto saperlo o semplicemente avrei dovuto evitare di cacciarmi in questo altro casino.
 Lo scalpitio di passi per il corridoio mi avvertì che probabilmente la classe apparentemente vuota sarebbe stata occupata così uscii di corsa prima che Layo potesse fermarmi.
 Non potevo affrontarlo ancora... non sapevo se guardandolo negli occhi sarei riuscita a sfuggirgli ancora per molto.

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Capitolo 13
*** Tempeste ***
















13. Tempeste
















 Mi svegliai ascoltando lo scrosciare della pioggia e l’ululato del vento. Mi affacciai alla finestra e vidi che fuori stava piovendo ancora più forte di quando aveva iniziato il giorno precedente. La pioggia scendeva così fitta che i contorni del paesaggio erano distorti, quasi indistinguibili, e il cielo scuro era illuminato solo da qualche fulmine. I rombi dei tuoni facevano suonare gli allarmi delle macchine parcheggiate per strada. Era davvero un clima infernale.
 Quando scesi per la colazione vidi che mio padre era al telefono, la fronte aggrottata e faceva uno zapping frenetico con il televisore saltando da telegiornale a telegiornale. Rubai un biscotto senza prestare attenzione alle voci che si diffondevano nella stanza.
 << Al! >> strillò mio padre fermandomi mentre aprivo la porta. La pioggia m’investì prima che Nathaniel corresse a chiudere. << Dove hai intenzione di andare? >> mi domandò preoccupato.
 << A scuola >> risposi confusa.
 << Non hai ascoltato il televisore? E’ in arrivo un uragano, e poco prima stavo parlando al telefono con il professor Kitting. La scuola oggi rimarrà chiusa >>.
 Guardai fuori dalla finestra: di solito gli uragani non mi spaventavano eccessivamente perché abitando in Kansas erano soliti passare per la nostra città però quella volta la prospettiva di una così forte tempesta mi inquietava molto.
 << Papà! >> lo ripresi quando notai che stava indossando l’impermeabile << Tu andrai lo stesso al lavoro? >>
 << Sì Allie, non preoccuparti. Prenderò la macchina. Purtroppo molti sono rimasti bloccati e mancano persone all’ospedale >> mi baciò sulla fronte << Sta attenta, io tornerò il prima possibile >>.
 Lo osservai avventurarsi nella bufera e poi scomparire dietro l’angolo della strada con Dessy. Prima di chiudere, il mio occhio cadde sulla botola del rifugio situata vicino la casa e sentii l’agitazione crescere.
 << Non preoccuparti, andrà tutto bene >> la voce di Gwen mi fece sobbalzare.
 Non l’avevo sentita arrivare.
 Annuii cercando di calmarmi. Sì aveva ragione lei. Avevamo già molte volte affrontato il problema uragano ed eravamo sempre stati bene.
 << Allie io devo tornare in paradiso. Ce la fai a rimanere da sola per qualche tempo? >>
 << C’è qualche novità? >> chiesi ansiosa.
 Aggrottò la fronte. << C’è uno strano momento tra le creature infernali e credo sia meglio cercare rassicurazioni di Gabriel >>.
 << Torna presto >>.
 Lei sorrise e scomparve in un luccichio.
 Forse avrei potuto seguirla per andare dalla mamma ma se papà fosse tornato prima e non mi avesse trovato, sarebbe morto d’infarto. Per calmare l’improvvisa inquietudine e la noia che stava prendendo il sopravvento salii in soffitta a prendere il Libro e davanti la televisione ancora accesa lo sfogliai notando che erano apparse delle nuove scritte. Da quando lo avevo firmato, le pagine avevano iniziato a riempirsi della mia storia.
 “E mentre Allie era al sicuro nella sua calda casa, qualcuno a lei caro là fuori invocava il suo aiuto”.
 Impallidii quando mi sembrò di sentire una voce sopra l’ululato del vento.
 …
 Papà!!!
 In quel momento, mentre il libro mi cadeva dalle mani, la corrente mancò e in lontananza sentii una sirena d’allarme echeggiare sull’ululato del vento. M’irrigidii, spaventata a morte. Il terrore era così tanto che non riuscivo a muovermi.
 La sirena continuava a suonare e la forza del vento ad aumentare.
 Mi alzai solo quando le parole del libro mi tornarono in mente.
 Nathaniel era in pericolo!
 Brancolai nel buio e aprii la porta. Sentii un richiamo provenire da dietro la casa.
 << Arrivo papà! >>
 Corsi tenendomi appoggiata al muro della casa perché il vento era troppo forte… e poi lo vidi: il ciclone era laggiù tra i lontani campi di grano. Il cuore iniziò a battere forte per la paura. Vedere quel fenomeno della natura così vicino alla città mi fece tremare di terrore. Stava venendo per distruggere ogni cosa.
 Il richiamangeli al mio collo iniziò a tintinnare furiosamente.
 Lanciai un urlo quando sentii qualcuno spingermi via dal muro. Alzai lo sguardo e vidi un diavolo sghignazzare mentre mi spingeva con violenza verso quell’inferno.
 Mi avevano teso una trappola!
 Erano stati loro a creare l’uragano! Ecco perché la sua venuta era fuori stagione tipica, ecco perché era così nero e così potente: era il male!
 Mi aggrappai alla ringhiera che delimitava il nostro giardino e con il cuore che scoppiava, lottai con tutte le mie forze per contrastare quella spinta.
 Una tavola di legno proveniente da chissà dove volò vicino a me tanto che sentii un forte dolore al fianco. Con la vista appannata dalle lacrime di dolore e l’ululato del vento che mi stordiva, mi girai per vedere il diavolo scomparire in una nuova di fumo nero. Ma non ero ancora salva. Lottai contro le raffiche e corsi verso casa. La porta d’ingresso, lasciata aperta, sbatteva forte. Il cigolio dei cardini si confondeva con il suono del ciondolo al mio collo che non aveva mai smesso di tintinnare.
 Sgranai gli occhi quando vidi una figura nera comparire sulla soglia, che mi travolse nella sua scia. Era Gilderoy… e in mano aveva il Libro!
 No! Non potevano impossessarsi di Grimorio!
 Isterica mi avventai su di lui.
 << Lascialo Gilderoy! >>
 La grandine si avventò su di noi e sentii la testa pulsare dal dolore. Il fianco bruciava. Cercando di racimolare le poche energie che mi erano rimaste, mollai un pugno sul braccio del Diavolo.
 Lui era molto più forte di me ma l’effetto sorpresa mi aiutò. Evidentemente non si aspettava che fossi lì. Gli strappai il libro dalle mani e mi diressi verso la botola del rifugio, però ero troppo lenta perché la pioggia gelata sopra di me, pesante come una cascata, mi mozzava il respiro.
 Un lampo illuminò il cielo e con un impeto di terrore vidi tre figure demoniache avvicinarsi a me. Gilderoy aveva chiamato rinforzi e uno di essi sembrava proprio Evil.
 Scivolai sul terreno viscido e fangoso e il libro mi sfuggì dalle mani, però grazie alla sua magia rimase incolume al fango e alla pioggia.
 Delle risate diaboliche risuonarono dietro di me.
 << Oh povera, la nostra impavida Allie! >> sghignazzò Gilderoy avvicinandosi.
 Evil atterrò davanti a me e mi rialzò prendendomi per i capelli e facendomi urlare per il dolore. << Stupida mortale! >>.
 All’improvviso qualcosa cambiò: una figura intervenne a mio favore, avventandosi sul diavolo dai capelli violetti.
 Gwen era venuta a salvarmi!
 No, un momento! Quella non era Gwen!
 Layo!
 Rimasi per un attimo a osservarlo lottare contro il suo furioso rivale mentre gli altri tre diavoli si avventavano su di lui.
 << Allie scappa! >>
 Al suo urlo mi riscossi e prima che Gilderoy potesse afferrarmi, presi il Libro caduto a terra e scappai. Incespicando arrivai fino alla botola e con mani tremanti aprii il rifugio per tuffarmici dentro senza considerare le scale.
 Atterrai con una forte botta sul fianco già ferito e la porta si chiuse sopra di me con un tonfo. Il silenzio mi circondò. Il richiamangeli aveva smesso di suonare: ero finalmente al sicuro.
 Non so per quanto tempo rimasi lì al buio, raggomitolata contro il muro vicino l’entrata chiusa con stretto il Libro al petto che si alzava e abbassava frenetico seguendo il mio respiro spezzato e ansante. Tremavo sbattendo forte i denti per il freddo che mi aveva congelato le ossa e per la paura che avevo provato e che non accennava a diminuire. Il dolore mi colpiva a ondate e non ero sicura che l’acqua sul mio volto fosse solo pioggia.
 Poi all’improvviso la porta si aprì e si richiuse di scatto. Sobbalzai lanciando l’ennesimo urlo quando delle braccia mi strinsero.
 << Allie sono io >>.
 Layo mi strinse il volto tra le mani costringendomi a guardarlo negli occhi scuri che riuscivo a distinguere nel buio grazie al loro luccichio. Subito mi sentii meglio e mi strinsi a lui, nascondendo il volto nel suo petto, singhiozzando.
 << L-Layo è stato orribile! S-sono caduta nella loro trappola. Il Male ha quasi rischiato di… vincere. Ho… ho lasciato loro aperta la porta! G-grimorio stava… stava per cadere nelle loro m-mani… >>.
 Una mano si posò delicata sulle mie labbra per interrompere il mio frenetico mormorio tremante.
 << Shh sta calma, respira >>.
 Inspirai ed espirai più volte e, anche se il fianco e la testa ogni volta mi lanciavano delle fitte di dolore, riuscii a calmarmi e a non tremare più violentemente. Mi staccai di poco dal suo corpo caldo che era riuscito a infondermi un po’ del suo calore per guardarlo intensamente negli occhi.
 << Mi… mi hai salvato >>.
 << Non iniziare a farci l’abitudine però >> tentò di scherzare ma vedendo la mia espressione, il suo ghignò si spense.
 Il suo sguardo si fuse al mio e rimanemmo a guardarci per alcuni secondi in silenzio.
 << E adesso? >> sussurrai piano.
 << Allie?! >> alzammo il volto per vedere la faccia sconvolta del mio biondo angelo custode guardarci da oltre la botola << Che sta succedendo qui?! >>.
 << Gwen! >>
 L’angelo entrò con un battito d’ali nel rifugio e si posizionò davanti a noi. Le mani sui fianchi e gli occhi fiammeggianti.
 << Si può sapere che cosa ci fa lui con te? >> domandò con voce che rasentava l’isteria << E perché qui fuori ci sono segni di combattimento? >>
 << L’uragano era una trappola dei Diavoli, Gwen! Stavano per impossessarsi di Grimorio >>
 Si portò le mani tra i capelli: << Oh Signore! Perché tutte queste cose devono sempre succedere quando io non ci sono?! >>.
 << Non preoccuparti, Layo è riuscito a salvarmi e il Libro è qui >> indicai il pavimento vicino a me, dove il libro giaceva incolume.
 Gwen alla mie parole sembrò calmarsi e guardò Layo con occhi strabuzzanti.  
 << Tu l’hai salvata >> ripeté in un mormorio.
 Il ragazzo vicino a me sostenne il suo sguardo grigio indagatore mantenendo un’espressione imperturbabile. Nessun pensiero trapelava dal suo volto.
 << Dovrei crederci? >> gli domandò.
 Il suo tono scettico mi provocò un moto di stizza.
 << Fa come ti pare >> le rispose Layo seccato << Tanto adesso il Traditore sono io >>.
 << Che cosa? >> esclamai guardandolo stupita.
 << Salvandoti sono andato contro la mia parte, contro mio padre >> mi rispose lui continuando a guardare infastidito l’angelo davanti a lui << Non posso tornare da loro >>.
 << Se andrai da Evangeline lei ti aiuterà Layo, vero? >> chiesi conferma delle mie parole a Gwen.
 Lei annuì: << Credo di sì, ti accompagnerò subito da lei >> poi mi guardò severa << Tu torna a casa e cerca di non metterti nei guai >>.
 << Sissignora! >>.
 Mi lanciò un’occhiataccia e con la sua magia mi rimise in sesto, asciugandomi i vestiti gelati e facendomi passare ogni dolore, anche se avevo l’impressione che i lividi delle botte ricevute sarebbero rimasti per molto tempo. Gwen si avvicinò al muro dove poggiò delicatamente una mano. Una porta argentata si aprì mostrando il passaggio per il Paradiso. Fece segno a Layo di seguirlo e poi sparì.
 << Aspetta >>.
 Lo fermai prima che potesse andarsene anche lui.
 Si voltò a guardarmi e io mi avvicinai a lui tanto che sentii il suo caldo respiro sulla mia fronte. Mi alzai sulle punte, posai per un attimo le mie labbra sulle sue e poi lo lasciai andare prima che il mio istinto mi costringesse a rimanere ad assaggiare le sue labbra.
 Cercai di regolarizzare il respiro e di calmare i battiti del cuore. Con lui era così. Diventavo improvvisamente coraggiosa, un minuto prima ero sconvolta dall’Inferno e un secondo dopo mi sentivo così bene che mi sembrava di essere in Paradiso.
 Lui mi guardò un’ultima volta e poi si voltò.
 Un attimo dopo era sparito.
 Beh mi aveva salvato e io l’avevo baciato. Era stato un buon ringraziamento, no?


 Prima di tornare a casa come mi aveva detto Gwen (disubbidendo al suo ordine) passai a trovare Genevieve che essendosi da poco trasferita in Kansas e quindi non abituata a vedere uragani, veri o finti che fossero, si era molto spaventata. Quando tornai a casa vidi che lungo la strada la furia del vento aveva lasciato i suoi segni ma quelli davanti alla mia casa erano spariti. Anche la porta d’ingresso era stata aggiustata. Nessuna traccia di combattimenti tra creature demoniache. Doveva essere stata sicuramente opera di Gwen o di qualche angelo.
 Comunque non rimasi da sola per molto tempo. Mio padre tornò presto dal lavoro e con lui c’era un’altra persona.
 << Allie lei è Alexandra Mcley, la nuova infermiera. Si è trasferita qui da poco, a casa sua è saltata la corrente per via della tempesta così ho pensato di invitarla a cena da noi >>
 << Tuo padre è stato molto coraggioso Allie, mi ha salvato dalla tempesta! >> disse lei sorridente dopo avermi abbracciata con energia per salutarmi.
 << Non è stato niente >>
 << No invece… oh, è stato un vero eroe! >>.
 Alexandra era una donna dai lunghi ricci capelli ramati, il volto ricoperto di lentiggini con un sorriso malandrino e gli occhi castani dalla luce gioiosa. Era minuta tanto che poteva passare per un’adolescente, anche se doveva avere più di una trentina d’anni. Si era trasferita a Heyl da Galway, una città dell’Irlanda occidentale e, infatti, il suo strano accento e il suo aspetto da folletto la facevano sembrare come se fosse uscita direttamente da una delle fiabe tipiche di lepricani, arcobaleni e pentole d’oro. L’avevo già incontrata altre volte per la città e all’ospedale quando andavo a trovare mio padre e mi era sembrata molto simpatica, eccentrica ma simpatica.
 Osservai mio padre sorriderle e sentii una strana stretta allo stomaco. Aveva uno sguardo strano. Era forse quello con cui guardava la mamma? Ma poi ritornò a essere il Nathaniel di sempre e pensai di essermi immaginata tutto.  
 Invitammo Alexandra a restare a cena ed ebbi conferma del mio pensiero su di lei, era davvero simpatica e divertente specialmente quando diceva insulti in gaelico. In poco tempo sarebbe diventata un’ottima amica e un assidua frequentatrice di casa Fox.


 Mi chiusi la porta alle spalle con un sospiro.
 Andare prima da Jo e poi restare con papà e Alexandra per tutta la serata mi aveva fatto bene. Ero riuscita a liberare la mente dai numerosi pensieri che l’affollavano, i quali tornarono a tormentarmi appena rimasi sola. Soprattutto una domanda mi riecheggiava nel cervello, avevo cercato di ignorarla il più possibile ma adesso non ci riuscivo più.
 Perché Layo mi aveva salvato?
 Era forse per rivaleggiare contro il cugino?
 Mi diressi verso l’armadio e presi il mio pigiama. Mi liberai dei vestiti e stavo per mettermi la maglietta quando un turbine di luce proveniente dalla finestra mi accecò e sentii i vetri aprirsi per poi richiudersi in un attimo.
 Quando la luce sparì vidi Layo comparire nella stanza. Prima che potessi muovermi lui si voltò verso di me e s’irrigidì. I suoi occhi si scurirono mentre il suo sguardo vagava sul mio corpo. Sentii le guance andare a fuoco.
 Lui sbatté le palpebre e poi voltandosi rapido, disse: << Scusami >>.
 Scossi la testa e cercando di controllare il leggero tremore alle mani, m’infilai la maglietta e il pantalone del pigiama. Mi sedetti sul letto dandogli le spalle e mi posai una mano sul volto bollente.
 Davvero avevo desiderato che lui si avvicinasse per coprirmi con il suo corpo? La mia attrazione per lui era troppo forte. E adesso che lui non era più contro di me sarei riuscita a resistergli?
 Lo sentii sdraiarsi sul letto e mi girai. Aveva le mani dietro la nuca e una gamba ricadeva a ciondoloni fuori dal letto. Il suo sguardo era rivolto pensoso al soffitto. Abbassai il volto. La sua bellezza quasi mi faceva male.
 << Non volevo capitare in un momento… inopportuno >> disse.
 Dal suo tono di voce capii che c’era qualcosa che non andava.
 << Layo che cos’è successo? >>
 << Gli angeli non mi hanno creduto. La parola di un mezzo Demone non conta niente, soprattutto se è il Principe >> rispose con voce irritata. Se il soffitto fosse stato un essere vivente, si sarebbe spaventato per lo sguardo che gli aveva rivolto. << Tanto non avrei voluto restare con loro, troppa bontà >> disse con sdegno.
 << Non dire così >> sussurrai tormentando un lembo della mia coperta.
 << Salvarti mi ha portato solo guai >>.
 Lo guardai ferita. << Potevi anche evitare di farlo allora! Nessuno te l’ha chiesto >> replicai secca. Cosa… cosa diavolo lo aveva spinto a salvarmi? Sicuramente di me non gli interessava niente! Era finito nei guai solo per la sua voglia di rivalsa su Evil! << Almeno adesso non sarei qui ad ascoltare le tue lamentele >>.
 Scattò in piedi e mi guardò furioso. La mascella tesa e pugni stretti. << Tu non hai idea di cosa stai dicendo! Tu… >>
 << No, non ce l’ho! >> lo interruppi alzando la voce e lo guardai con sfida << …E infatti per questo ti ho già ringraziato >>.
 Adesso che tutti e due avevamo sfogato l’agitazione, mi sentivo improvvisamente svuotata. Mi sdraiai sul letto, sotto le coperte, e lo guardai di traverso mentre aveva preso a camminare per la stanza. Quando si avvicinò troppo alla finestra sentii una stretta allo stomaco.
 << Dove andrai? >> mormorai con un filo di voce osservando le sue spalle.
 << Non lo so. Non credo di tornare a casa >> mi rispose senza guardarmi.
 << Resta qui >> dissi allora con una veemenza che mi meravigliò.
 Si girò e incatenò lo sguardo al mio. Rimase incerto per qualche secondo e dalla sua espressione capii che stava affrontando una lotta interiore con il suo orgoglio. Poi si avvicinò lento e io mi spostai verso il lato del letto per lasciargli spazio. Lo osservai con il respiro leggermente accelerato levarsi la maglietta e pantaloni e stendersi sotto le coperte. Era uno spettacolo vederlo così mezzo nudo vicino a me. Indossava solo una canottiera e dei boxer neri.
 Rimasi rigida, senza sfiorare neanche un centimetro del suo corpo. Lui sospirò e con una mossa veloce mi strinse al suo caldo corpo, facendomi poggiare la testa sul suo petto.
 << Allie non mi pento di averti salvato >> disse mentre giocherellava con la mia mano posata all’altezza del suo cuore. << Non dovevo arrabbiarmi con te >> le sue dita s’intrecciarono alle mie in una stretta protettiva.
 Era incredibile come fossero perfettamente combacianti le nostre mani.
 Sorrisi e ascoltai il battito tranquillo del suo cuore e il ritmo cullante del suo respiro. Mi sentivo così bene tra le sue braccia, ogni centimetro della mia pelle sembrava andare a fuoco e un piacevole calore mi pulsava nel ventre.
 Mi mossi contro di lui, strofinando la mia guancia sul suo petto, e intrecciai una gamba alle sue per stringerlo ancora più a me. S’irrigidì d’improvviso e senza nemmeno capire come ci fossi finita mi ritrovai sotto di lui, imprigionata tra le sue gambe e con le sue mani sul cuscino ai lati del mio viso che facevano forza per non pesare troppo il suo peso su di me. I suoi occhi avevano assunto una nota di colore rossastro mentre mi guardava con un luccichio strano: era eccitazione.

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Capitolo 14
*** La profezia della Luna ***








14. La profezia della Luna





 << Allie Fox! >>
 Un’esclamazione improvvisa mi fece sobbalzare tanto che quasi rischiai di dare una capocciata a Layo sopra di me, il quale si buttò a peso morto con la schiena sul letto e sbuffò.
 Mi alzai sui gomiti per vedere Gwen ferma al centro della stanza con le ali spiegate e le mani sui fianchi.
 << Gwen… >> iniziai ma m’interruppi senza avere idea di che cosa dire.
 In quel momento ero combattuta tra la voglia di abbracciarla e quella di strozzarla perché ci aveva interrotti. Forse più la seconda. Quell’angelo aveva l’insana capacità di scomparire nei momenti meno opportuni e a volte anche di ricomparirci.
 << Voi due! >> pronunciò con tono apocalittico puntandoci il dito contro << Voi due vicini siete una… una calamità! >> disse poi affievolendo il tono minaccioso e impappinandosi per trovare le parole giuste. Alzai gli occhi al soffitto. Era troppo buona e angelica anche per fare una ramanzina decente… ma che razza di Custode era?!
 Layo sdraiato accanto a me cominciò a ridacchiare piano.
 << Ma Gwen… non aveva un posto dove andare >> le spiegai.
 << Vedrai che sistemerò questa faccenda con i diavoli io stessa per tenervi lontani >> ribatté lei convinta.
 Non riuscii ad arrabbiarmi per le sue parole perché riuscivo a capire le sue preoccupazioni per me. D’altronde Layo, anche se adesso Traditore, rimaneva pur sempre un mezzo demone, anzi per essere più precisi il Principe dei demoni.
 << Per questa sera farò finta di niente >>
 << Oh andiamo Gwen… >> lei mi lanciò un’occhiata severa d’ammonimento che interruppe la mia arringa pro-Layo << Ehm sì… buonanotte! >>.
 << Buonanotte ragazzi >> rispose secca l’angelo biondo << e ricorda che ti tengo d’occhio Allie >> mi fece il gesto delle due dita davanti agli occhi e poi sparì in uno sbuffo di fumo bianco.
 Mi voltai verso Layo e quando i nostri sguardi s’incrociarono scoppiammo a ridere. Mi ributtai sul letto tenendomi la pancia. Povera Gwen! Credevo che di questo passo sarei riuscita a farle venire davvero i capelli bianchi per l’agitazione.
 << Pensavo che le sarebbero cascate tutte le piume delle ali per l’agitazione! >> commentò Layo tra le risa.
 Quando il silenzio ridiscese nella stanza Layo mi ristrinse a se e io poggiai la testa sul suo petto.
 << Layo? >> mormorai chiudendo gli occhi.
 << Mmm? >>
 << Grazie ancora >>.
 Rimase per alcuni secondi in silenzio accarezzandomi piano i capelli e poi lo sentii sussurrare: << Buonanotte Allie >>.
 << Buonanottte >>.
 Mi addormentai così, con il battito del suo cuore sotto il mio orecchio e il suo calore che mi circondava.


 Camminavo su una familiare spiaggia deserta. Dietro di me le orme dei miei passi sparivano, cancellate dalle onde del mare tranquillo. Ero lontana mille miglia da Heyl, da tutto. Eravamo solo io e la luna che stava sorgendo dall’orizzonte dell’acqua. Era davvero insolito. L’alba della luna. Le stelle si accendevano una a una nel cielo e si riflettevano nel mare confondendo sempre di più il cielo con la terra.
 Quando la luna si fermò a filo dell’orizzonte d’acqua una strada luminosa dei suoi pallidi raggi si creò sulle onde. Una voce fece più volte il mio nome chiamandomi a se, così attraversai il ponte senza guardarmi dietro. Mi ritrovai a camminare tra le stelle come era successo quando era andata a trovare per la prima volta Evangeline in Paradiso. A memoria di quel giorno mi portai una mano al collo per sentire la presenza confortante del richiamangeli, adesso silenzioso. Più percorrevo la strada avvicinandomi alla luna e più essa diventava grande e luminosa, tanto che quando le fui così vicina, la luce mi circondò accecandomi.
 L’eco della voce rimbombò dappertutto: era la luna che mi stava parlando.

  Quando l’alba e il tramonto si uniranno in un raggio di luna, le tenebre verranno sconfitte e il sole risplenderà nel cielo per sempre.
 

 Fui risucchiata indietro da un’esplosione e le stelle iniziarono a vorticarmi intorno, trascinandomi in un vortice di luci, suoni e immagini di eventi accaduti da quando avevo messo la mia firma su Grimorio, mentre la profezia della luna mi rimbombava nelle orecchie. Tutto il vorticare si fermò e mi ritrovai catapultata in un ricordo in particolare. Il ricordo di una visione.

 All’improvviso la stanza si distorse e tremò. Tre figure dai contorni un po’ sfocati comparvero davanti a me. Erano tutti diavoli e uno era terribilmente familiare.
 << Davvero non saprei, padrone >> esclamò quello dall’aspetto più anziano, con le ali rosso carminio un po’ raggrinzite e il corpo nodoso che ricordava quello di un albero incurvato dal vento.
 << Sforzati di ricordare >> disse secco Demon, con voce implacabile.
 << Anche se esistesse, sarebbe impossibile da trovare dato che è andata perduta >> aggiunse il terzo diavolo, dai corti capelli violetti e i canini estremamente appuntiti.
 << Allora farete l’impossibile! >> esclamò Demon alterato << Non posso permettere che la Profezia si avveri >>.

 Era tutto così chiaro adesso!
 Demon era venuto a conoscenza della profezia e stava cercando qualcosa per cambiarla, qualcosa che fin dall’esistenza di Grimorio mai si era potuta trovare per cambiare…

 << Che cos’è? >>
 << E’ la Penna del Destino >> rispose Gwen fermandosi a osservare dietro le mie spalle.
 << La Penna del Destino? >> le feci eco, confusa.
 << Sì, secondo la leggenda è la Penna con cui Grimorio è stato scritto ed è la sola con cui si può modificare la storia >>.
 << Tutte le leggende hanno un fondo di verità >> intervenne mia madre.

 Mi tornarono in mente le parole di Gwen e di Ivoene davanti all’immagine di una penna d’oca verde smeraldo vista in Paradiso.
 Il mistero era stato finalmente svelato! Demon avrebbe cercato di cambiare la profezia a suo vantaggio con la Penna del Destino… e allora per gli angeli non ci sarebbe stata via di scampo! Chissà quali orribili cose avrebbe potuto combinare quel diavolo con quell’enorme potere tra le mani…
 E mentre nella mia mente ogni cosa si faceva più chiara, tutto di colpo si fece buio.
 Strizzai gli occhi colpita dall’improvvisa mancanza di luce - che fino a poco tempo fa mi aveva accecata - e quando li riaprii mi ritrovai nella mia camera. Tutto era tranquillo, anche se dentro di me si agitava una tempesta. Con il cuore che mi batteva a mille osservavo il soffitto a occhi sbarrati mentre cercavo di regolare il respiro affannato che mi si spezzava in gola.

 Sentii qualcosa di caldo sfiorarmi il braccio e mi ricordai della presenza di Layo affianco a me. Mi girai sul cuscino per vederlo muoversi nel sonno per sistemarsi su un fianco, rivolto con il volto verso di me. Era così bello quando dormiva, con le labbra socchiuse e un ciuffo di capelli neri sempre più ribelli che gli ricadeva sugli occhi. Sembrava così… umano. Sì, era quella la parola giusta. Sembrava semplicemente Eric, un ragazzo dalla vita normale che avrebbe potuto reputare la magia solo una sciocchezza, come avevo potuto fare io fino a qualche tempo fa. Purtroppo lui non aveva mai avuto questa tranquillità e adesso, guardandolo mentre dormiva, capii che forse solo nel sonno poteva trovarla. La mia vita si era scontrata con quella di Demon e i suoi demoni da poco, la sua era stata un Inferno fin da quando era piccolo. Forse avermi salvata aveva salvato anche lui. La mia natura di mezzo angelo mi avvertiva di non fidarmi della sua da mezzo diavolo ma una possibilità la meritava, specialmente dopo quel salvataggio.
 Specialmente perché tu vuoi dargliela. Mi rimbrottò una vocina nella testa.
 Gli scostai il ciuffo ribelle dalla fronte e lo guardai sorridere impercettibilmente nel sonno. Sospirai e decisi di alzarmi. Non c’era tempo da perdere. Evangeline doveva sapere cosa avevo scoperto. Lasciai un biglietto a Layo sul mio cuscino per informarlo, se si fosse svegliato, di non preoccuparsi della mia assenza perché ero al sicuro. Anche se non lo avevo scritto, ero certa che avrebbe capito che ero da Evangeline.


 Dopo la mia visita in paradiso per gli angeli era come se fosse scattata una corsa contro il tempo: quando non erano occupati in altre cose, ormai erano quasi tutti impegnati nella ricerca disperata della Penna del Destino. Io purtroppo non potevo essere di molto aiuto ma mia madre mi consolava con il fatto che era grazie alle mie visioni che eravamo riusciti a capire il piano dei diavoli. Malgrado tutto Demon e il suo esercito non si erano più visti così per tutte le sere della settimana riuscii a studiare e a recuperare qualche brutto voto preso a scuola (che avevo volontariamente scordato di dire a mio padre).
 Layo continuava a essere sempre più agitato. Tra noi le cose erano come se si fossero fermate in attesa di un qualcosa ma nessuno dei due riusciva a sbloccare la situazione perché non riuscivamo mai a vederci dato che si rinchiudeva in casa, alla quale ero riuscita a convincere Evangeline a far mettere qualche protezione intorno. Era del parare che il padre stesse organizzando qualcosa di nuovo e scoprii che la sua preoccupazione era del tutto lecita solo dopo qualche giorno dopo.
 Fu davvero strano svoltare in una via di Heyl, mentre tornavo da scuola con Layo, e trovarsi davanti a una vera e propria battaglia di angeli e demoni. Il cielo era diventato improvvisamente buio. La città deserta. Era come se fossimo entrati in una dimensione parallela. Il richiamangeli aveva iniziato a tintinnare furiosamente.
 Rimasi paralizzata dalla paura a osservare con quanta ferocia combattevano i diavoli con gli altri demoni contro gli angeli, chiaramente molto più deboli e sulla difensiva. Attaccavamo, mordevano, uccidevano.
 Oh mio Dio!
 Sentii qualcuno affermarmi il braccio e non potei trattenere un urlo di terrore, anche se poi scoprii che era solo Layo che cercava di risvegliarmi dall’incubo in cui ero finita.
 Diversi angeli, tra cui una Gwen, una Evangeline e un Gabriel preoccupatissimi, notarono la nostra presenza. Purtroppo anche diversi diavoli si accorsero di noi grazie alla mia stupida mossa così si liberano degli angeli che, disperati, cercarono di fermarli e si diressero verso di noi sghignazzando diabolicamente.
 << Scappate! >> urlò Gabriel.
 Layo usò subito i suoi poteri per trasformarsi nel lupo che avevo visto tempo fa. Saltai sulla sua schiena e lui corse via il più veloce possibile. Sentivo le risate diaboliche dei nostri inseguitori e sapevo che erano molto vicini. Layo svoltò per una strada poco illuminata.
 << Dove stai andando? >> gli urlai confusa stringendomi forte a lui per non cascare.
 Scosse la testa e ululò più forte. Mi coprii le orecchie con le mani per quanto fu potente il suo grido. Davanti a noi si parò un casa bianca dal porticato di legno, il tetto a spiovente dello stesso colore marrone e con dei fiori colorati sui davanzali delle finestre.
 << Attentooo! >>
 Proprio quando sembrava che ci schiantassimo contro la parete, la porta si aprì e ci catapultammo dentro. Layo tremò e tornò nuovamente umano. Cascammo sul pavimento e sbattemmo con un tonfo sordo contro il muro più vicino facendolo tremare forte. Sentii un forte dolore alla testa e al fianco tanto che il respiro si mozzò e la vista si oscurò per qualche secondo. Sentii il corpo di Layo schiacciarsi contro il mio dandomi il colpo di grazia. Almeno il quadro che si staccò dalla parete cadde in testa a lui.
 Il ciondolo al mio collo era finalmente ritornato silenzioso.
 << Eric! Oh mio Dio! >> esclamò una voce preoccupatissima sopra di noi. Feci un enorme sforzo per riaprire gli occhi e vidi una donna dai lunghi capelli neri chinarsi sul ragazzo addosso a me e tirarlo su dopo aver buttato via il quadro cadutogli sopra. Layo gemette e io ripresi a respirare normalmente.
 << Mamma! >>
 << Che cos’è successo? >> domandò la signora Lawolf ansiosa.
 << Un attacco... >> Layo si appoggiò al muro e mi diede una mano per aiutarmi ad alzarmi. La rifiutai per non affaticarlo ancora più di quando non lo fosse già. Mi poggiai al muro e mi rialzai cercando di non sforzare il polso sinistro che sembrava alquanto ferito. Dei rumori giunsero dall’esterno.
 << Sono qui! >> mormorai con il respiro impazzito.
 Un secco bussare giunse dalla porta.

 << Andate di sopra >> ci ordinò la signora Lawolf con tono stranamente calmo. Senza indugio ci affrettammo a seguire il suo consiglio e salimmo su per le scale e rimanemmo seduti sul pavimento cercando di fare il meno rumore possibile, anche con il respiro.
 Il cuore batteva a mille per la paura. Come avrebbe potuto una sola donna salvarci da quei demoni infernali? Evidentemente avevo sottovalutato il suo forte carattere, d’altronde era pur sempre stata la compagna di Demon.
 << Lascia libero il passo >> ordinò la voce dura di un diavolo. Altre voci rumoreggiarono un coro di consenso.
 << Come osate presentarvi qui e pretendere di entrare in casa mia?! >> replicò lei dura << Andatevene via subito! >>.
 Una forte puzza di zolfo che non faceva presagire nulla di buono invase la casa. Io e Layo ci scambiammo uno sguardo allarmato.
 << Lo so che sono qui, Sonia >> disse Demon comparso sulla soglia, con una strana nota cortese nella voce << Avanti fammi entrare >>
 << Non crederai davvero che io te lo lasci fare >>.  
 Mi sporsi per guardare. Demon si alterò per quella riposta e osservai il suo volto rabbuiarsi. La figura della signora Lawolf era davvero molto più bassa e minuta di quella del diavolo ma  sembrava ugualmente imponente.
 << E’ mio figlio >>.

 << E’ anche il mio e per questo non ti permetterò di portartelo via >> ribatté combattiva la donna.
 Lo sguardo di Demon si alzò e mi vide: << La ragazza... lasciamela! >>.
 Anche la signora Lawolf si voltò a guardarci e vide me e Layo guardarli con occhi sbarrati. Il suo sguardo nero, come quello del figlio, incontrò il mio e mi sembrò di vedere una scintilla baluginarci dentro.
 << Non se ne parla >> annunciò secca e gli sbatté la porta in faccia.
 Un ringhio soffocato di Demon fu tutto quello che sentimmo prima che lui e i suoi diavoli se ne andassero.
 Sentii tutta l’adrenalina che avevo nel corpo scemare, la stanchezza mi assalì lasciandomi spossata e senza energie.
 << Allie ce l’abbiamo fatta >> mi sussurrò Layo con tono incredulo. Mi buttai su di lui per abbracciarlo.
 << Ouch! >> gemette.
 << Oh scusa! >> mormorai contro il suo petto, allentando la stretta. Lo sentii sorridere.
 Dei passi frettolosi interruppero il nostro momento di tranquillità e vedemmo la signora Lawolf raggiungerci: << Non c'è più rispetto, stupiti diavoli! >> borbottò contrariata << E voi due volete spiegarmi che cosa sta succedendo?! >>.
 
 Dopo qualche minuto eravamo tutti e due sistemati con le ferite medicate e seduti intorno al tavolo della cucina per bere una calda tisana rigenerante.

 << Mi dispiace di averti fatto preoccupare così mamma >>.
 << Preoccupare? Eric io sono morta di paura! Prima sparisci per giorni, vengo a sapere da Gilderoy che ti stanno cercando e poi ritorni inseguito dai demoni di tuo padre >> la signora lawolf sospirò.
 << Lo so e mi dispiace davvero >> ripete Layo prendendo una mano della madre tra le sue << Ma il giorno dell’uragano ho salvato Allie, i diavoli mi stavamo cercando perché sono un Traditore. Mi sono dovuto rifugiare da Allie quella sera e non sono riuscito ad avvisarti >>.
 << Com’è riuscita a cacciare Demon? >> le domandai curiosa.
 << Per lo stesso motivo per cui Layo non è riuscito ad avvertirmi. La casa è circondata da una potente protezione che Demon evocò diciotto anni fa e ormai è sfuggita anche al suo potere >> rispose la donna.
 La guardai stupita: << E io che pensavo che fossero state d’aiuto quelle di Evangeline! >>
 << Gli angeli stanno proteggendo la nostra casa? >>
 << Mamma sono un Traditore >> le ricordò Layo.
 << Oh già. Beh da quelle Demon sarebbe riuscito sempre a sfuggire ma la sua ormai è insuperabile >> terminò lei annuendo sicura.
 Rimanemmo per qualche minuto in silenzio, ognuno preso dai propri pensieri, finché la signora Lawolf non lo interruppe.
 << Credo che sia ora che tu vada Allie >> disse la donna poggiando la sua tazza sul tavolo << Qui siamo al sicuro ma penso che gli angeli saranno preoccupati che tu non sia a casa >>
 Annuii. Sì, aveva ragione ma non potevo tornare a casa da sola perché sarebbe stato troppo rischioso ed era fuori discussione che Layo riuscisse per me. L’unico modo per richiamare il mio angelo custode erano gli Occhi di Specchio così avrebbe avvertito la mia presenza e avrebbe saputo dove mi trovavo. Chiusi gli occhi e quando li riaprii ebbi la visione di Gwen nella sua casa celeste mentre finiva di medicarsi un’ala ferita. Si voltò meravigliata dalla mia parte e poi vidi il suo volto rabbuiarsi quando capì dove mi trovavo.
 << L’importante è che tu sia sana e salva >> fece un sospiro << Arrivo tra cinque minuti >>.
 La visione finì e notai che la signora Lawolf osservarmi curiosa: << Occhi di Specchio come sua madre, eh! >> commentò divertita.
 Lei conosceva mia madre? Beh d’altronde lei sapeva tutta la storia.
 Mi voltai verso Layo per dirgli: << Gwen sarà qui tra poco >>.
 Ci alzammo e dopo che ebbi ringraziato e salutato sua madre ci dirigemmo in corridoio. Quando fui vicina la porta e in procinto di aprirla, Layo mi fermò prendendomi per il polso.
 << Sicura di stare bene? >> mi chiese un po’ agitato.
 << Sì Layo, non preoccuparti >> cercai di rassicurarlo appoggiando quella mano che lui aveva prima afferrato sul suo volto mentre faceva un respiro profondo << Grazie per avermi salvato... di nuovo >>.
 << Non osare ringraziarmi ancora per questo >> mormorò con una voce profonda che mi fece tremare le gambe.
 Mi strinsi a lui e sentii le sue braccia circondarmi per tenermi il più vicino possibile. Poggiò la fronte sulla mia e rimanemmo a guardarci per un tempo che mi sembrò infinito. Mi persi nel suo sguardo scuro mentre i nostri respiri, un po’ accelerati, si confondevano.
 In quel momento tutto quello che desideravo era che mi baciasse e quando si mosse per farlo chiusi gli occhi mentre il cuore iniziava a battere impazzito. Le nostre labbra erano a piccolo contatto e proprio quando stavo per schiudere le mie per sentire la sua morbidezza, due colpi alla porta ci fecero sobbalzare.
 << Al, sono io! >> sentii la voce di Gwen chiamarmi al di fuori della casa.
 Ah ma allora era proprio un vizio!
 Accidenti a lei e alla sua puntualità!

 << Ciao >> sussurrai a Layo quasi senza voce e prima che lui  potesse ritrovare la sua per dire qualcosa, uscii e mi chiusi la porta alle spalle. Ero sicura che se mi avesse fermato non sarei più tornata a casa con Gwen.
 L’angelo biondo mi accolse con uno sguardo indagatore.
 << Stai bene Allie? Hai la faccia un po’ stravolta… >>
 << Colpa dei diavoli, Gwen >>.
 In realtà il diavolo era solo uno… anzi mezzo!
 << Che ne pensi della signora Lawolf? >> mi domandò Gwen mentre camminavamo velocemente verso casa.
 << Anche se è stata con Demon penso che sia una forte >> risposi con un sorriso mentre ripensavo a come aveva messo a tacere i diavoli e il loro capo.
 L’angelo annuì pensierosa: << Già, era così anche quando stava con tuo padre >>.
 Mi girai di scatto per guardarla stralunata, così veloce che il collo mi fece male. << Che cosa?! >>.
 << Sì Allie, Sonia era la fidanzata di tuo padre quand’erano giovani. Lei fu la prima cosa che Demon gli portò via >>.
 Dal suo sguardo serio capii che era davvero la verità e che io ne conoscevo solo una piccola parte su mio padre. Quante cose aveva perso Nathaniel per via di Grimorio?
 Alla fine si era ritrovato solo e con una bambina da crescere.
 Che cosa sarebbe successo a me quando tutto sarebbe finito?
 La mia vita si stava già trasformando in un intreccio complicato di vicende e bugie.
 << Quante altre cose dovrò scoprire sulla vita di mio padre? >>
 << Non darti pena per ciò che è successo a tuo padre, Allie, sono certa che lui rifarebbe tutto quando solo per averti qui insieme a lui >> disse lei cercando di consolarmi.
 Annuii ma non potei fare a meno di preoccuparmi per il mio futuro.
 Quando rientrai in casa, Gwen mi fece l’occhiolino e scomparve in un battito d'ali. Io scacciai i brutti pensieri dalla mia mente e mi diressi verso la cucina dove sentivo le voci allegre di papà e Alexandra. Nathaniel sembrava così felice, come mai era stato. Risposi alle sue domande da interrogatorio dicendo che ero stata a casa di Genevieve per tutto il pomeriggio. Dopo l'ennesima bugia mi sedetti al tavolo e osservai i due scherzare giocosamente mentre preparavano insieme la cena e pensai che in fondo forse non andava tutto così male.

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Capitolo 15
*** La magia del Natale ***







15. La magia del Natale









 I giorni erano passati così velocemente che le vacanze di Natale erano già arrivate.
 Il Natale era sempre stato la mia festa preferita, ma mai come quest’anno l’avevo amata. Secondo le leggi di Grimorio Natale significava Tregua, in altre parole due settimane senza né angeli né diavoli, e soprattutto di questi ultimi ero contenta di sbarazzarmene per un po’.
 Gli ultimi giorni erano diventati davvero un incubo, ben peggiore di quelli che avevo fatto quando circa qualche settimana fa avevo osservato con quanta furia fossero capaci di combattere i diavoli. Ormai tutto si era trasformato in una corsa contro il tempo. Ogni indizio ritrovato per giungere alla Penna del Destino portava i due schieramenti nemici a scontrarsi ancora e ancora.
 Io ero costantemente concentrata sul mio potere di Occhi di Specchio per aiutare gli angeli ma era tutto inutile: la Penna sembrava introvabile. E poi quella profezia: “Quando l’alba e il tramonto si uniranno in un raggio di luna, le tenebre verranno sconfitte e il sole risplenderà nel cielo per sempre”… cosa voleva dire? Quando si sarebbe avverata? E soprattutto come? Dovevamo forse aspettare una qualche specie di strana eclisse? Nessuno aveva una risposta.
 Inutile dire che quel bacio mai ricevuto da Layo era ancora atteso. Non bastava il pasticcio in cui mi ero cacciata ma dovevo anche andare in fissazione per il figlio di colui a cui sarebbe tanto piaciuto uccidermi tra le pene dell’Inferno… Il che rendeva tutto più complicato.
 Potevano andare peggio di così le cose?
 << Allie Samantha Fox >> urlò mio padre dal piano di sotto << Scendi subito! >>
 Lo trovai alla fine delle scale con in mano un foglio stropicciato e la faccia livida.
 << Che cos’è questa?! >>
 Osservai bene quello che aveva tra le mani. Ma che cos’er… ARGH! Ok. Era giunta la mia fine.
 << Davvero pensavi di riuscire a nascondermi la tua pagella? >>
 << Papà non era nascosta! L’ho solo poggiata lì e me ne sono dimenticata… >>
 << Certo >> sbottò, interrompendomi, mio padre, guardandomi con uno sguardo così tagliente che mi sentii trafitta come da una spada << Sotto il divano? >>
 Abbassai gli occhi, colpevole. In realtà era vero che mi ero dimenticata dove l’avevo nascosta, altrimenti avrei cercato un posto migliore dove custodirla fino a che non l’avrei dovuta riportare a scuola con una bella firma falsificata impressa sopra.
 << Guarda i tuoi voti Allie: sono un disastro! Stai andando male quasi in tutte le materie! Sei sempre andata così bene a scuola. Ma che cosa fai il pomeriggio a casa quando non ci sono? >>
 Non risposi alla sua domanda. Cosa avrei potuto inventarmi? Non avevo tempo di studiare se pensavo a come mantenermi in vita!
 << E’ per un ragazzo che ti comporti così Al? >>
 << Papà! No! >> ci mancava solo che adesso Nathaniel si mettesse strane idee in testa! << Ti prometto che recupererò. Quest’anno i programmi sono molto difficili ma recupererò! >>
 Mio padre mi osservò bene con un lungo sguardo indagatore, poi poggiò sul tavolo la pagella spiegazzata e piena di polvere per via di tutti i giorni che aveva passato sotto il divano del salone, e infine con un sospiro disse: << Va bene Al. Dopotutto c’è ancora tempo prima della fine dell’anno scolastico ma mettiti a studiare e non farmi pentire della mia fiducia >>
 << No papà >>.
 Risalii le scale un po’ triste: mi era dispiaciuto molto vedere la delusione sul volto di mio padre. Quando entrai in camera, trovai Gwen. Era affacciata alla finestra e osservava un punto lontano emettendo dei lunghi sospiri che appannavano il vetro su cui aveva poggiato la fronte. Sobbalzai: ancora non mi ero del tutto abituata a vederla comparire così all’improvviso.
 << Gwen? >>
 Si riscosse dal suo sogno ad occhi aperti e tossicchiò: << Oh, Allie! Scusa ero distratta >> indicò fuori dalla finestra << Guarda, sta arrivando Gabriel >>.
 Guardai oltre il vetro e vidi un puntino bianco che si faceva sempre più vicino fino a che la finestra non si aprì e insieme a una folata di vento glaciale la figura di Gabriel entrò con un battito d’ali nella mia stanza. Richiusi in fretta la finestra. Brr che freddo! A Heyl l’inverno quest’anno era davvero gelido, anche se la neve ancora si faceva attendere.
 Mi girai verso il Principe degli Angeli. Accidenti, con lui sembrava che tutto quello che lo circondava risplendesse di luce nuova.
 Mi salutò solenne ed elegante come suo solito e poi strizzò un occhio dal colore blu come l’oceano a Gwen. L’angelo al mio fianco si sciolse come neve al sole. Non avevo mai notato come Gwen si comportasse quando c’era Gabriel nei dintorni, beh d’altronde ero sempre stata circondata da altri angeli e le circostanze in cui incontravamo il Principe non mi avevano mai lasciato del tempo per osservarli. Gwen più che un serio Angelo Custode sembrava un’adolescente alla sua prima cotta. Gabriel si passò una mano tra i capelli biondi, scompigliandosi la ciocca bianca che gli ricadeva sulla fronte, e arrossì un po’ imbarazzato per lo sguardo insistente di Gwen.
 Mi voltai a guardare prima l’uno e poi l’altro come se stessi seguendo una partita di ping-pong. 
 Ma da quant’è che andava avanti quella storia? Conoscendo la loro vera età sperai che non fosse per un secolo.
 << Gabriel >> quasi mi vergognai di rovinargli il momento << Qual è il motivo della tua visita? >>
 << Oh sì >> l’angelo si riprese e puntò un dito verso il letto << Questi vengono dal Paradiso, sono  tutti per te! >>
 Sul materasso ricoperto di piumoni apparve una catasta di scatole di tutte le grandezze, dalla più piccola alla più grande, impacchettate con una carta argentata così sbrilluccicante che sembrava vi fossero state attaccate delle stelle vere.
 << Sono regali di Natale? >> domandai meravigliata guardandoli a bocca aperta per quant’erano numerosi << Tutti per me?! >>
 Gabriel annuì con un grosso sorriso disegnato sul volto e mi consegnò una lettera che si tirò fuori da un’ala piumata. Era della mamma. Osservai la sua calligrafia rotonda e disordinata come la mia (strano, avrei quasi giurato che gli angeli avessero tutti una scrittura molto elegante) e iniziai a leggere.


Cara Allie, per il nostro primo Natale finalmente insieme ho cercato di rimediare a tutti i regali che non ho mai potuto farti in questi diciotto anni. Un bacio, mamma.
P.s. C’è anche quello di Evangeline.
P.p.s. Almeno aspetta la vigilia di Natale per aprirli!

 Oh no! Le mie mani erano già pronte ad aprire una scatola ma rinunciai. Avrei aspettato ancora un giorno per scartarli. Non avevo mai visto così tanti regali tutti per me in vita mia. Di solito erano due: quelli dei gemelli Keyl e quello di mio padre, e quest’ultimo solitamente non era mai una cosa solitamente gradita. Ricordai che al Natale di quando avevo sette anni mi aveva regalato una mazza e un guantone da baseball invece della bambola che avevo desiderato tanto. Povero papà, era veramente negato con i regali.
 << Perché non è venuta Ivoene a portarli? >> chiesi a Gabriel che si era seduto sulla scrivania insieme a Gwen (chissà perché per loro quel tavolo sembrava molto più comodo delle comuni sedie) e fissava insistentemente la mano di Gwen posata vicino a lui come se solo con la forza del pensiero potesse spostarla tra le sue. Ah che galantuomini questi angeli!
 << Ti ricordo che nel periodo di tregua nessuna creatura magica può stare fuori dal proprio mondo, ad eccezione dei Custodi. Io ho ricevuto un permesso speciale da Evangeline per l’occasione >>.
 Aveva ricevuto o si era fatto dare?
 << Oh giusto, la Tregua >>.
 Proprio quando Gwen si era decisa ad avvicinare la mano a quella dell’ignaro angelo, Gabriel scattò in piedi e annunciò: << Il tempo è finito. Torno nei Cieli. Buon Natale Allie! Gwen… >>
 Il mio angelo custode lanciò un lungo sospiro.
 Ah no, caro! Tu non vai da nessuna parte. Prima che potesse muoversi, li incantai tutti e due con il mio sguardo.
 Li osservai soddisfatta mentre Gabriel prendeva tra le sue mani quella di Gwen per portarsela alle labbra e darle un tenero bacio. Le guance di Gwen si tinsero di rosso mentre sorrideva estasiata.
 Lo so che questo si chiama imbrogliare ma… amo il mio potere! E poi quei due avevano solo bisogno di una piccola spintarella.
 L’incanto finì e Gabriel si ritrovò molto confuso. Scosse la testa mentre Gwen ritirava di scatto la mano e dopo un flebile saluto sparì in una nuvola di fumo azzurro. L’unico angelo rimasto si girò verso di me con lo sguardo furibondo.
 << Allie che hai fatto? >> mi puntò un dito contro << Hai forse osato incantarci? >>
 << Io? Non potrei mai Gwen! >> esclamai fintamente offesa, assumendo un’aria innocentemente sdegnosa.
 Tanto ormai una nuova storia in Grimorio era stata scritta.
 << Guai a te se lo rifai! >>.
 Il suono del campanello mi salvò dalla sua lunga ramanzina. Mi sbrigai a nascondere sotto il letto tutti i regali. Nessuno doveva vederli. Scesi le scale e papà mi lanciò uno sguardo interrogativo. Aspettavamo Alexandra per la cena ma era ancora troppo presto perché arrivasse. Non attendevamo nessuno a quell’ora. Quando aprii la porta a una Genevieve abbastanza su di giri papà si ritirò in cucina borbottando: << Ah, questioni femminili >>.
 << Al dobbiamo parlare! >> esclamò Jo con uno stridulo tono di voce.
 << Oddio Jo, hai un’aria sconvolta >>.
 Prima che potesse aggiungere altro la portai in camera mia e quando aprii la porta Gwen non c’era più e al suo posto trovai Salem appollaiato sul mio letto mentre schiacciava un pisolino. Da qualche periodo non la smettevano più di controllarmi, non potevo mai avere un attimo per me.
 << Allie ma ti sei fatta il gatto? >> domandò Jo, guardandolo meravigliata. Sembrava davvero stupita di averlo visto… come se non avesse mai visto un gatto in vita sua!
 << Ehm no, certo che no. E’ un randagio che ospito ogni tanto ma non dirlo a mio padre >> aggiunsi alla fine per sicurezza. Non sia mai che mio padre si insospettisse. Diedi una carezza a Salem e lo svegliai quando lo pizzicai dietro il collo. Aprì gli occhi color nocciola e mi fulminò con un’occhiataccia.
 Così impari a controllarmi sempre, pensai sorridendogli.
 Genevieve intanto era rimasta ferma sulla porta senza muovere un passo. Gli occhi di Salem si assottigliarono quando posò lo sguardo sulla mia amica.
 << Al credo che sia meglio andarne a parlare fuori. Sai non vorrei che ci sentisse tuo padre >>.
 Prima che potessi fare qualcosa Jo mi trascinò fuori dalla stanza. Sentii solo un ringhio soffuso di Salem mentre mi sbrigavo ad afferrare il cappotto e il cappello di lana e poi uscii da casa.
 << Si tratta di Mark? >>
 Jo annuì mentre mi trascinava tra i campi in cui il grano stava crescendo bene per la mietitura di giugno nonostante il freddo pungente dell’inverno. Un refolo di vento mi fece rabbrividire e mi strinsi bene nel mio caldo cappottone. Per fortuna che avevo preso anche il cappello che mi teneva ben calda la testa. Stava scendendo la sera e la temperatura col buio calava rapidamente.
 << Jo fermati. Mi vuoi dire dove stiamo andando? Guarda che qui non ci sentirà davvero nessuno >>.
 La mia riccioluta amica finalmente si fermò. Eravamo al confine di un campo, le case erano abbastanza lontane. Vicino a noi c’era una stradina poco battuta, dove un vecchio lampione malfunzionante faceva luce a intermittenza.
 Davvero inquietante, pensai.
 << Jo mi vuoi dire qualcosa? Mi stai preoccupando! >>
 Sperai che non avesse combinato qualche sciocchezza con Mark.
 Si girò e notai il suo strano sguardo. Dietro il suo colore naturale c’era una strana sfumatura gialla.
 << Allora era vero che Salem adesso se la fa con i perdenti >>.
 Oh cavolo!
 << Ehm credo che sia ora di rientrare... >>
 Jo mi afferrò per il braccio e sorrise: << Ma se adesso arriva la parte divertente >>.
 I suoi rossi capelli si accorciarono e assunsero una sfumatura violacea, i suoi canini si fecero appuntiti e i suoi occhi divennero gialli. Diventò molto più alta di me fino a sovrastarmi di molti centimetri.
 << Evil! Lo sapevo che c’era qualcosa di strano! >> esclamai strattonando il polso intrappolato nella sua stretta.
 Grazie ai miei Occhi di Specchio ero riuscita a vedere il suo vero aspetto ma era troppo tardi. Perché il Richiamangeli non aveva suonato prima?
 Come se avesse letto i miei pensieri, Evil disse: << E’ stato fin troppo semplice zittire quel fastidioso ciondolo che porti addosso. Mai sentito parlare di bolle d’aria? >>
 << Come hai fatto a eludere la Tregua? >>
 << Oh per noi diavoli è così facile infrangere le regole. Ma non preoccuparti bocconcino, vengo in pace >>.
 Quel nomignolo con cui mi chiamò mi fece rabbrividire.
 << Ma se non sai nemmeno cosa significa quella parola! >> lo ripresi beffarda ma il suo sguardo mi spense il sorriso.
 Capii di essere nei guai, in grossi guai. Con la G enorme!
 << Capisco perfettamente perché mio cugino se l’è svignata >> disse il diavolo portandosi la mia mano alle labbra per baciarla. Non era assolutamente il gesto dolce che avevo visto tra Gabriel e Gwen. Questo sapeva di pura lussuria. Rabbrividii ancora quando sentii i suoi canini sfregarmi contro la pelle del dorso. << Fa perdere la testa quel tuo sorriso >>.
 Mi tolse il cappello, che cadde a terra, e lo vidi respirare forte il mio profumo portato dal vento quando i capelli mi ricaddero sulle spalle.
 << Lasciami Evil o te ne pentirai! >>
 Cercai di sfuggire dalla sua presa ma m’intrappolò nel suo abbraccio.
 << Non ti conviene agitarti ancora Allie. Non mi rendi le cose semplici così >>
 Quel suo sguardo giallo era così pieno di desiderio. Iniziai a sudare freddo quando mi sbottonò il cappotto e iniziò a baciarmi il collo. Erano così bravi i diavoli a farti desistere da ogni tentativo di scappare da loro ma solo il pensiero di un altro mezzo diavolo mi faceva restare lucida. Il Richiamangeli iniziò a tintinnare sonoramente: Evil aveva perso il controllo.
 Cercai di dargli uno schiaffo sul volto ma la cosa non lo scalfì minimamente. Con una mano poggiata sulla mia schiena, mi spinse ancora di più contro il suo corpo. Lì il desiderio si avvertiva chiaramente, ancora più forte che nei suoi occhi. Oddio!
 << Lasciami, lasciami! >>
 << Sta buona! >> sussurrò mordendomi piano il collo. Una fitta di dolore mi percorse il corpo.
 << Sei uno schifoso, Evil! >> gli urlai contro << Io non starò mai con te! >>.
 Il grano di fronte a noi si mosse e vidi una macchia scura saltare contro di noi. Sia Evil che io fummo sbalzati all’indietro. Il colpo con il terreno mi mozzò il fiato e per un attimo la vista si oscurò. Ahio, che brutta botta!
 Quando il velo nero che copriva il mondo circostante sfumò vidi Layo, tornato in forma umana da quella lupesca, ed Evil che si fronteggiavano. Gli occhi dei due cugini sembravano spizzare scintille.
 << Che ti sei messo in testa? >> ringhiò Layo spingendolo forte.
 << Oh avanti cugino, non abbiamo sempre condiviso tutto? >> rispose Evil scacciando le mani di Layo poggiate sulle sue spalle. Quando notò la rabbia che la rabbia del cugino non accennava a diminuire il suo sorriso da sbruffone si spense.
 << Non ti azzardare a toccarla mai più o sarà l’ultima cosa che farai! >>
 << Non posso crederci! Allora è vero che ti sei rammollito >> esclamò Evil guardandolo schifato << Non sei mai stato come noi. Sarai sempre l’anello debole della catena >>.
 Le parole del diavolo ferirono Layo più di quanto volesse ma non diede a vederlo. Notai solo il suo sguardo farsi più cupo. << Sempre meglio che come te. Come ti sei ridotto Evil? Corri appresso alle umane? >>
 << Oh no cugino, non sono io che tradisce la famiglia per un così tenero angioletto >>.
 Tutti e due si voltarono a guardarmi mentre con fatica mi rimettevo in piedi. I loro sguardi erano così diversi ma indecifrabili in quel momento.
 << Sparisci Evil >>
 << Non saremo così clementi quando tornerai Layo e io di certo non ti salverò ancora dalle ire di tuo padre >> mi guardo ancora e sorrise malefico << E di certo non risparmierò la tua amichetta >>.
 Prima che il cugino potesse afferrarlo con un evidente intento di strozzarlo, Evil sparì in una densa nuvola di fumo nero puzzolente. Il Richiamangeli finalmente smise di tintinnare. Il pericolo era passato.
 Layo lanciò un lungo sospiro e si avvicinò: << Stai bene? >>
 << Sì ma è stato un brutto spavento >> mi buttai tra le sue braccia e lui mi strinse forte a sé. Il suo abbraccio era completamente diverso da quello opprimente di Evil. Sì, erano quelle le braccia tra cui volevo stare.
 << Per fortuna Salem ha avuto la buona idea di avvertirmi >> disse lui con un sospiro mentre mi passava un braccio intorno alle spalle e iniziavamo a camminare lentamente verso casa.
 << E perché non Gwen? >>
 Layo evitò il mio sguardo. << Ero nei paraggi >> disse << Come tutti gli altri giorni >>.
 Non potevo crederci. Era stato così vicino a casa per tutto questo tempo ed io non ero mai riuscita a vederlo.
 << Pensavo che fosse più sicuro che rimanessi a casa per via di tuo padre >> osservai.
 Ripensai a sua madre, la signora Lawolf, e alla forte protezione che riusciva a dare al figlio anche se ricercato dal Re dei Diavoli in persona.
 Layo si fermò per guardarmi e sentii il cuore iniziare a battere veloce, sempre più veloce.
 << Aspettavo di trovarti sola >> mi sussurrò chinandosi piano verso di me.
 Impaziente mi alzai sulle punte e le nostre labbra si incontrarono per un bacio tremante, pieno di desiderio. Era da tempo che aspettavamo questo momento, tutti e due. Le nostre labbra sembravano combaciare perfettamente e lo sentii stringermi con foga a se. Da dolce com’era cominciato, il nostro bacio divenne ardente, da mozzare il fiato.
 Sentii le gambe cedermi e se non fosse stato per le sue braccia che mi tenevano sarei finita a terra. Posai una mano tremante sul suo volto. Il cuore mi batteva così forte che sentivo i battiti rimbombarmi nelle orecchie. Mai mi ero sentita così per un semplice bacio.
 Quando ci staccammo aprii gli occhi e sospirai. Avrei voluto non fermarmi solo a quello. Layo mi osservò con il respiro accelerato.
 << Portami via >>
 All’improvviso Layo si trasformò nel solito lupo marrone dall’occhio destro cerchiato di bianco. Mi fece l’occhiolino e saltai a cavalcioni sulla sua schiena e non potei fare a meno di ridere mentre cavalcavo a tutta velocità per la città buia. Layo, veloce e invisibile ai pochi occhi umani che ancora giravano per la strada, abbaiò una risata anche lui. Era da tanto tempo che non ci sentivamo così spensierati. Ripensai alla prima volta che mi aveva fatto correre con lui, quando ancora doveva tutto iniziare. Erano solo passati dei mesi ma sembravano anni.
 In men che non si dica ci ritrovammo a casa sua. Le luci erano tutte spente, segno che non c’era nessuno.
 << Vieni Allie >>.
 Tornato in forma umana Layo mi trascinò dentro e mi condusse verso la sua stanza.
 << Dov’è tua madre? >> dissi mentre attraversavamo il corridoio.
 << E’ andata a trovare mia zia nella contea qui vicino, sarà di ritorno domani >>.
 << E la tua protezione? >> domandai preoccupata.
 Lui si fermò si fronte una porta e si girò per sorridermi, divertito. << Oh sopravvivrò per due giorni >>.
 Ero già stata in quella casa ma non avevo mai visto la sua camera. Layo mi aprì la porta con un inchino galante che mi fece ridere. Ero così emozionata all’idea di cosa sarebbe successo tra di noi. Entrai nel suo mondo. La stanza era piccola e sembrava non ci fosse abbastanza spazio per tutte le cose che si trovavano al suo interno ma era molto accogliente. Le pareti erano dipinte di un azzurro cielo e una era completamente coperta da una libreria e un armadio con le ante aperte (in cui sembrava fosse esplosa una bomba) che Layo si affrettò a chiudere.
 Nell’altra parete, sotto una grande finestra che affacciava sui campi lontani, c’era una piccola scrivania di legno strapiena di libri di scuola e fogli sistemati in una disordinata pila alquanto instabile. Dalla luce che proveniva dai vetri, riuscii a leggere di cosa si trattava: erano domande di iscrizione all’università, e molte erano per quelle davvero lontane da Heyl.
 A quella vista sentii una fitta al cuore.
 << Non vedi l’ora di scappare eh? >> scherzai abbozzando un falso sorriso.
 Layo seguì il mio sguardo e sorrise anche lui. Un sorriso triste. << Pensavo ancora di poter essere un ragazzo come tutti gli altri >> una nota amara risuonò nella sua voce.
 << Oh Layo! >> lo abbracciai stretto e ci sdraiammo sul suo letto, intrecciando le dita delle mani. Sentivo l’elettricità nell’aria, l’eccitazione crescere. << Prima o poi questa storia finirà e noi lo saremo. Niente più mezzi angeli o mezzi diavoli. Solo noi stessi… >> mi persi nel suo sguardo << Come adesso >> aggiunsi sussurrando piano.
 Ci baciammo ancora e ancora. Adesso che finalmente potevo avere le sue labbra non avrei mai smesso di desiderarle. Sentivo le sue mani vagare sul mio corpo, infilarsi sotto i vestiti. Mi trascinò sotto di lui e osservai i suoi occhi assumere una tonalità rossastra che mi fece rabbrividire e questa volta non per paura.
 << Buon Natale, Allie >> mormorò baciandomi le labbra, il volto, il collo, sempre più giù.
 << Buon Natale, Layo >>.
 Chiusi gli occhi e fu amore.

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Capitolo 16
*** Il rapimento ***









16. Il rapimento







 Fare l’amore con Layo era stato meraviglioso.

 E non lo pensavo solo perché la mia prima e unica esperienza con Theodore, il ragazzo con cui ero stata l’anno passato, era stata un vero disastro.
 Io e Layo ci completavamo: la sua metà umana era abbastanza dolce per la mia metà angelica e la sua metà da demone era così dannatamente eccitante per la mia metà da umana.
 Erano passate due settimane dalla nostra prima volta e, ogni volta che ci vedevamo, ancora non riuscivamo a staccarci l’uno dall’altra. Cercavamo ogni momento per stare insieme e ogni scusa era buona per baciarci. Le vacanze di Natale erano passate tutte così e per mia fortuna né Gwen né mio padre si erano accorti di nulla, tutti e due erano troppo presi dalle rispettive metà, Gabriel e Alexandra. Ero felice che mio padre avesse trovato una compagna, anche se adesso sapevo che la mamma era con noi. Per lui non sarebbe più tornata, era la regola di Grimorio… ed era così triste.
 Sapevo che la storia di Layo era molto rischiosa: non avrei voluto ripetere l’orribile esperienza di mio padre ma purtroppo sapevo che mi stavo innamorando di lui (o forse già lo ero totalmente) e non avevo scampo…
 Che cosa sarebbe successo adesso che la Tregua era finita?
 << Allie! >>
 Una voce mi risvegliò dai miei pensieri. Mi ritrovai a osservare il cielo grigio sopra di me mentre seduta sugli scalini della scuola osservavo gli altri studenti del liceo che approfittavano del pranzo per un’ultima battaglia a palle di neve. Quest’anno a Heyl aveva nevicato pochissimo ma il cielo era sempre così plumbeo, sapevo che le nuvole si addensavano ogni giorno di più per via delle forze del Male sempre più potenti.
 << Forza Al, vieni anche tu! >> mi richiamò Genevieve.
 Evitai la sua grossa palla di neve e scossi la testa. Per fortuna Jo desistette perché troppo presa a scappare dai gemelli Keyl che volevano riempirla di neve.
 Non riuscivo proprio a pensare di divertirmi con tutti i pensieri tormentati che mi vorticavamo nella testa per via di Grimorio.
 Rabbrividii ma subito il gelo fu sostituito da una sensazione di calore e capii che Layo si era seduto dietro di me abbracciandomi la schiena e circondandomi la vita con le mani.
 << Che cosa stai facendo? >> domandai quando riuscii a riprendermi dalla sorpresa (il batticuore non sarebbe rallentato lo stesso) e notai che alcuni ci guardavano stupiti. Jo era estremamente curiosa.
 << Saluto il mio angelo >>> disse lui ridendo e baciandomi sul collo.
 << Così ci vedono tutti >> protestai senza però trattenere un sorriso << E inizieranno a spettegolare >>
 << E tu lasciali fare >> rispose lui sprezzante.
 << E se i pettegolezzi arrivano anche a mio padre? >> rabbrividii delle mie stesse parole. A papà sarebbe venuto un infarto e non avevo idea di come avrebbero reagito Gwen e mia madre (Gwen l’avrebbe sicuramente informata).
 << Sta tranquilla. I pettegolezzi del liceo non arrivano in tutta Heyl. Credi che il padre di Violet la lasci ancora libera di uscire la sera sapendo con quanti è stata? >> disse sicuro con un sorrisetto malizioso.
 << Compreso il sottoscritto? >> ribattei gelosa girandomi per colpirlo su una spalla ma mi fermò.
 << Attenta o dovrai subirti le ire delle Cheerleader per avermi rovinato >> disse indicando avanti a noi.
 Alzai lo sguardo e notai quelli indignati e infuriati delle oche bionde, tra cui quello profondamente assassino di Violet nei miei confronti. La salutai e mi sembrò quasi di vedere il fumo nero di rabbia uscire dalle sue orecchie.
 << Quelle vogliono uccidermi solo perché le ho rubato il bello di Heyl >> ribattei.
 Layo rise e si chinò a darmi un vero bacio, trattenendomi per prolungarlo.
 Lo guardai negli occhi neri. << A volte desidero di non aver mai scritto il mio nome su Grimorio >> sussurrai sfiorandogli le labbra con un dito << Saremmo stati due ragazzi normali>>.
 << Ma tutto questo non sarebbe avvenuto. Io sarei rimasto lo stesso il figlio del diavolo e allora chissà se ci saremo mai avvicinati. Per me saresti stata uguale alle altre e io quello con il grande segreto da custodire, ma tu sei diversa Allie >>
 << Quando hai scoperto la verità? >>
 << Avevo sette anni. Demon voleva prendermi con lui dopo aver saputo dei miei poteri. Sarei stato molto utile tra le sue file >>
 << Ma è terribile! Insomma eri solo un bambino >>
 << Già >> mormorò con lo sguardo lontano, perso chissà in quali ricordi.
 << Ehi piccioncini! >> ci interruppe la voce di Genevieve. Poteva essere solo lei, quell’impicciona. << La campanella è suonata da un bel po’. Allie ci aspetta il compito di trigonometria… ma prima abbiamo la lezione di spagnolo tutta per noi >> aggiunse tutta contentai e poi mentre entravamo mi sussurrò maliziosa: << Io lo sapevo che c’era qualcosa tra di voi. L’avevo fiutato >>
Sentii la risata di Layo echeggiare nei corridoi mentre si allontanava verso la sua classe.
Jo mi prese sotto braccio e capii che non sarei riuscita nemmeno per un minuto a sentire la lezione, perché mi aspettava una valanga di domande che avrebbe avuto solo menzogne come risposta.



<< Ehi Allie >> bisbigliò una voce << Allie svegliati! >>.
Qualcosa di duro di colpi il braccio su cui avevo poggiato la testa per dormire.
<< Mmm >> mormorai stiracchiandomi sul banco.
<< Réveillés! >> continuò la voce, adesso agitata << Svegliati! >>.
 Qualcuno diede un calcio alla sedia su cui ero seduta.
 << Al! Sei a scuola, non è il momento di dormire! >> disse la voce che riconobbi come quella Genevieve. Era vicina al mio banco e continuava a dare calci alla mia  sedia.
 << A scuola?! >>.
 Strabuzzai gli occhi e misi a fuoco il volto della professoressa Hobes sopra di me. La sua fronte era aggrottata in un cipiglio irritato che non aveva proprio niente di amichevole e che faceva presagire che ero nei guai. In guai grossi.
 Avevo preso la brutta abitudine di ficcarmici troppo spesso in questi guai.
 << Complimenti Fox >> esclamò infuriata prendendo un foglio dal banco su cui mi ero addormentata << Questa sarà un’altra insufficienza >>.
 Sventolò il compito di trigonometria di cui avevo svolto solo un esercizio su quattro… e non ero sicura nemmeno che quello fosse giusto.
 << No, la prego, me lo ridia >> la supplicai disperata mentre alcune risatine percorrevano l’aula << Prometto che lo farò benissimo >>.
 La professoressa guardò l’orologio che aveva al polso. << Mi dispiace Fox, il tempo per il compito è scaduto. Adesso è tempo di andare a fare una passeggiatina dal preside >>.
 Oh no!
 Mi alzai al suono della campanella, prendendo lo zaino, e invece di seguire gli altri verso l’uscita, seguii la Hobes dal preside.
 << Ci sentiamo dopo, Al? >> mi domandò Genevieve passandomi accanto.
 << Forse. Se sono ancora viva >>> risposi affranta.
 In quel momento avrei preferito affrontare la furia di diecimila demoni invece che quella dei professori e forse anche quella di mio padre. Ero sicura che lo chiamassero.
 << Aspetta qui Fox >> mi disse la professoressa quando arrivammo davanti alla presidenza. Lei entrò e mi sedetti su una sedia vicino la porta.
 E, dopo un quarto d’ora, come temevo, arrivò mio padre, trafelato e con ancora il camice bianco indosso.
 << Allie >> mi raggiunse con grandi falcate per il corridoio << Che cos’è successo? Il preside mi ha chiamato… ha detto che doveva parlarmi di te >>.
 Abbassai lo sguardo sul pavimento per osservarmi le scarpe, senza il coraggio di guardarlo. << Dovresti entrare >> dissi.
 Nathaniel bussò e la porta della presidenza si aprì.
 << Signor Fox, prego si accomodi >> lo saluto la testa della Hobes facendo capolino dalla soglia.
 Avvertii lo sguardo di mio padre su di me prima che entrasse. Appena la porta si chiuse alle sue spalle mi guardai intorno e con un sospiro notai che il corridoio era deserto tranne che per uno studente ritardatario che stava girando l’angolo per dirigersi in mensa. Così m’inginocchiai sul duro pavimento e poggiai un orecchio sulla porta, curiosa di sapere quello che stavano dicendo dentro la stanza.
 << Ha subito iniziato ad andare male >> stava dicendo la professoressa di trigonometria. Per fortuna aveva una voce alta e acuta. << Eppure alcune volte arriva preparata in tutte le materie e offrendosi volontaria per le interrogazioni riesce a prendere bei voti che però non bastano a recuperare tutti gli altri >>.
 Una voce profonda e maschile, che doveva essere quella del preside Perkins aggiunse qualcosa e sentii mio padre rispondere senza riuscire bene a capire di cosa parlassero. Le loro voci erano troppo basse per essere udite.
 << Sembra come se ci fosse qualcosa, o qualcuno, che non le permettesse di studiare >> riprese la voce della Hobes.
 Sentii dei passi arrivare dal corridoio dei bagni e mi rialzai da terra per mettermi nuovamente seduta sulla sedia.
 Chiusi gli occhi e poggiai la testa sul muro dietro di me.
 La Hobes aveva indovinato il motivo del perché non studiavo ma non aveva capito la causa, non l’avrebbe mai capito, purtroppo.
 Sospirai.
 Sapevo che papà sarebbe rimasto deluso da quello che gli avrebbero raccontato sul mio comportamento e il mio rendimento scolastico. Già la pagella era stata un vero disastro. Ma lui non sapeva tutta la verità altrimenti mi avrebbe capito: c’era passato anche lui in tutto questo casino.
 Ero così stanca…
 Qualcuno si schiarì rumorosamente la voce sopra di me interrompendo i miei pensieri.
 Aprii gli occhi di scatto e vidi mio padre serio in volto, insieme al preside Perkins che mi sorrise condiscendente.
 << Allora arrivederci dottore >> disse il preside stringendo la mano a mio padre << Porti sua figlia a casa a fare una bella dormita >>.
 << Arrivederci preside Perkins >> disse Nathaniel stringendo la mano di rimando.
 Il preside rientrò nel suo ufficio e io mi alzai per seguire mio padre nel corridoio fino a Dessy, la nostra vecchia macchina, posteggiata nel parcheggio della scuola. Lo imitai, sedendomi nella macchina e lui in silenzio accese con un brusco gesto la macchina che protestò cigolando.
 << Papà mi dispiace… >>
 Era arrabbiato. Lo capivo da come si muoveva rigido e da una sottile ruga che gli solcava la fronte. Gli veniva ogni volta che era turbato per qualcosa.
 << Sono molto, molto, molto deluso da te, Allie >> m’interruppe Nathaniel inchiodando la macchina, ma continuando a guardare la strada.
 << Lo so, ma ti prometto che… >>
 Papà si girò e finalmente mi guardò. << Non so che cosa ti ha preso Al. Non ti eri mai comportata così e ora rischi di perdere un anno di scuola >> esclamò dando una botta al volante, facendomi trasalire. << E’ colpa di quel lavoro che hai accettato durante le vacanze, lo so (era l’ennesima bugia che avevo inventato per giustificare le mie lunghe assenza da casa). Avevi promesso che avresti recuperato e invece ogni pomeriggio esci e torni tardi la sera… >> s’interruppe per un attimo e poi digrignò i denti: << E poi c’è quel ragazzo >>.
 Lo guardai orripilata.
 Aveva forse visto me e Layo? Lo aveva riconosciuto?

 << Non fare quella faccia Al, ti ho visto l’altra sera mentre uscivi con lui… Ancora non so chi sia… >> lanciai un piccolo sospiro: per fortuna che non gli era venuto in mente Layo << Ma non sono d’accordo di quello che stai facendo. Ti proibisco di vederlo ancora >>.
 Le sue parole mi colpirono. << Cosa? >>
 << Mi hai sentito benissimo >>.
 << Tu non puoi impedirmi di vederlo >> esclamai e questo per mio padre valse come una confessione in piena regola di tutte le colpe.
 Stupida!
 << Da oggi passerai tutti i pomeriggi in camera a studiare. Resterò personalmente a controllarti, a costo di fare sempre il turno di notte >> mi minacciò Nathaniel puntandomi contro l’indice.
 << Non… non puoi farlo >> balbettai.
 Ero preoccupata. L’avrebbe fatto davvero e così sarebbe stato in pericolo, in grave pericolo.
 << Tu non puoi farlo! >> gli urlai contro.
 La sua mano mi colpì la guancia. Prima di allora non l’aveva mai fatto.
 << Se tua madre fosse qui non avrebbe mai approvato il tuo comportamento! >>.
 << Tu non sai niente della mamma >> esclamai arrabbiata, con le lacrime agli occhi << E se non fosse per te, lei adesso sarebbe ancora qui! >>.
 Nathaniel rimase senza parole. Prima che potesse reagire, uscii veloce dall’abitacolo dell’auto, sbattendo forte lo sportello dietro di me. Iniziai a correre lungo la strada della città senza sapere bene dove andare.
 Sentii la voce di mio padre che mi chiamava: << Allie, torna qui! >>.
 Corsi ancora più forte, girando in un vicolo stretto per sparire alla sua vista.
 Non avrei dovuto dirgli quelle parole, ma ero arrabbiata.
 Avrei tanto voluto dirgli la verità.
 Continuai a correre per Heyl senza fermarmi finché le gambe non mi fecero male e il fiato si fece corto, così fui costretta a fermarmi.
 Alzai lo sguardo e mi ritrovai davanti all’unico palazzetto del ghiaccio della città. Sapevo che a quest’ora era chiuso ma la porta era sempre lasciata socchiusa dal guardiano Reid perché c’era sempre qualcuno che voleva pattinare a Heyl.
 Entrai all’interno. Tutto era silenzioso e le luci erano spente. La piccola pista era illuminata solo dalle enormi finestre. Presi un paio di pattini dal magazzino e mi sedei a bordo della pista.
 M’infilai i pattini ai piedi e poi scivolai sul ghiaccio senza esitazioni. I pensieri liberarono la mia mente e pattinai veloce con la sensazione di sentirmi libera. Adoravo quella sensazione. Fin da piccola mi era sempre piaciuto pattinare.
 All’improvviso, nel ghiaccio si aprì una crepa che corse scricchiolando veloce davanti a me fino a fermarsi in un punto in cui si aprì un varco di fuoco da cui sbucò Demon.
 << Tu?! Come fai a essere qui? >> ero terrorizzata di vederlo apparire così all’improvviso. Era da tempo che non mi trovavo faccia a faccia con il Re dei Demoni in persona. Era ancora più inquietante di quanto lo ricordassi.
 << Senza la protezione di Evangeline è stato veramente facile trovarti >>.
 << Che cosa le hai fatto? >> urlai.
 << Non preoccuparti, adesso si trova al sicuro, nelle confortevoli e calde, soprattutto calde, prigioni dell’Inferno >>.
 Sobbalzai e per poco non caddi sul ghiaccio. << L’avete rapita! >>
 << Uh che termine volgare e inappropriato >> commentò Demon con un sorriso << Direi piuttosto che si tratta di un soggiorno piuttosto lungo e non voluto >> il suo sorriso si allargo fino a mostrare i canini appuntiti rendendolo diabolico << Mi farebbe molto piacere se tu le facessi compagnia >>.
 Il diavolo puntò un lungo dito contro la pista e le fiamme intorno a lui avanzarono veloci per tutto il ghiaccio, sciogliendolo. Mi ritrovai a nuotare in quella gelida acqua cercando di raggiungere disperatamente l’uscita della pista che sembrava così lontana. La risata di Demon echeggiava malefica intorno a me.
 Un ululato vicino, mi fece capire che ero salva. Layo si avventò su Demon e gli graffio il volto con un artiglio, ferendolo. Continuai a nuotare finché non sentii una forte presa al braccio e urlai di dolore quando i denti di Layo mi perforarono la pelle. Il lupo mi lanciò con forza fuori dalla pista e mi abbaiò contro. Capii che mi stava dicendo di scappare.
 Mi strinsi il braccio dolorante e sanguinante e uscii dal palazzetto di ghiaccio, correndo per la strada. Mi girai spaventata al rumore di una finestra infranta da cui sbucò Layo inseguito da Demon.
 Continuai a correre digrignando i denti ad ogni passo. Non sapevo dove andare.
 All’improvviso sentii dei passi pesanti dietro di me e Layo m’issò sulla sua groppa. In pochi secondi fummo davanti casa e il lupo saltò nella finestra della mia camera, atterrando senza fare rumore.
 Si ritrasformò in umano e notai che aveva una ferita sul petto.
 << Mi dispiace per il braccio >> disse con il respiro ansante, la voce roca.
 << Non preoccuparti >>.
 << Presto Allie non c’è tempo, tra poco Demon sarà qui. La casa non è più sicura. Usa il biglietto che ti ha dato Evangeline e porta anche il libro >>.
 << Mio padre? >> domandai preoccupata.
 << Lui starà bene. Loro sono qui per te >> disse Layo << Adesso vai! >>.
 Mi strinse fra le sue braccia per un attimo e in quel momento avrei voluto che il tempo si fermasse per rimanere nel suo abbraccio. Layo mi baciò la fronte e poi senza guardarmi si girò per uscire nuovamente dalla finestra. Un ululato furibondo squarciò l’aria.
 Con il respiro affannato corsi per il corridoio e raggiunsi la soffitta dove avevo nascosto Grimorio. Posai il biglietto di Evangeline sulla copertina del libro e il portale per il Cielo comparve su un muro della stanza.
 << Oddio! >> mormorò una voce dietro di me.
 Mi voltai e vidi la faccia sconvolta di mio padre.
 Lo presi per mano e lo trascinai con me nei Cieli.
 


 Preoccupata, diedi dei buffetti sul volto di mio padre, cercando di farlo rinvenire.

 Appena eravamo arrivati nei Cieli era crollato, svenuto dalla sorpresa, che forse non era stata poi tanto bella. Insomma, sapere che tua figlia era minacciata di morte doveva essere stato un brutto colpo per lui, soprattutto se quei diavoli che la minacciavano erano gli stessi che più di diciassette anni fa avevano tentato di uccidere anche lui e avevano portato via la mamma.
 Quando era svenuto, insieme a Gwen, l’avevo portato nella casa vuota di Evangeline e steso sul suo morbido letto di nuvole azzurre.
 Gwen si mosse vicino a me, chinandosi a sentire il battito del cuore di papà. 
 << Come sta? >> le chiesi, agitata.
 << Bene >> decretò l’angelo rialzandosi e cercando di fare un flebile sorriso per tranquillizzarmi << Si riprenderà tra qualche minuto. Adesso fammi vedere il tuo braccio >>.
 All’improvviso Layo comparì vicino a noi.
 << Che cosa gli è successo? >> domandò perplesso, con il fiatone.
 << Layo! >> mi tuffai su di lui, stringendolo, e lui gemette. Notai che aveva, oltre la precedente ferita sul petto, un lungo taglio sull’occhio destro e la spalla destra gli ricadeva inerte lungo il fianco. Doveva essere rotta. << Scusa >>.
 << Allie >> mi guardò mentre la rabbia gli scuoteva il corpo << Mi dispiace ma hanno preso la casa >> sospirò, cercando di calmarsi << Senza la protezione di Evangeline sono troppo forti >>.
 Lo abbracciai di nuovo, questa volta con più delicatezza e lui mi strinse con il braccio sano. << L’importante è che adesso sei qui >> mormorai sfiorandogli la guancia con un bacio.
 << Allie >> mi chiamò Gwen << Credo che tuo padre si stia riprendendo >>.
 Mi girai di scatto e mi chinai su mio padre che si stava lentamente risvegliando, sbattendo più volte le palpebre mentre apriva gli occhi.
 << Papà? Come ti senti? >>.
 << Allie >> disse con voce fioca << Credo di aver sognato >>.
 Si alzò piano dal letto e si guardò intorno, e per poco non risvenne.
 << Hai scritto il tuo nome sul libro >> strepitò poi con voce acuta, gli occhi fuori dalle orbite << Non dovevo tenerlo… >> sembrava sull’orlo di una crisi isterica.
 E solo in quel momento sembrò notare il ragazzo che si trovava accanto a me. Layo ritirò svelto il braccio che aveva poggiato sul mio fianco e arretrò di diversi passi spaventato dallo sguardo infuocato di Nathaniel.
 << Tu! >> esclamò, e quel suono arrivò alle mie orecchiette come una fucilata << Non osare toccare mia figlia! >>.
 Gwen mi lanciò un’occhiata preoccupata. << Allie, fallo calmare o credo che gli verrà un accidente >>.
 Decisi di intervenire: << Papà, calmati! Va tutto bene, Layo è con noi >>.
 << Non m’interessa… >> sbraitò ma poi sembrò per un attimo stordito quando ripensò alle mie parole << Davvero? >>.
 Sentimmo dei passi veloci percorrere la casa e una voce chiamarmi. << Allie! Tesoro! >>.
 Mamma mi travolse, abbracciando e baciandomi sulla fronte. << Allie ho saputo solo adesso quello che ha fatto Demon, per fortuna stai bene! >>.
 S’immobilizzò quando guardò un punto oltre alle mie spalle, dove si trovava papà.
 << Ivoene >> mormorò Nathaniel con voce incredula.
 Mi liberai dall’abbraccio di mia madre, la quale si avvicinò con passo incerto verso papà continuando a osservarlo con attenzione.
 << Nathaniel >> sussurrò infine abbracciandolo.
 Vidi papà chiudere gli occhi e con un sospiro ricambiare la stretta della donna che aveva tanto amato e sentii una lacrima scivolarmi lungo la guancia. Mamma mi fece un cenno e mi unii anch’io al loro abbraccio. Uno starnuto e una soffiata forte di naso interruppero il momento e ci girammo per vedere Gwen che si asciugava le lacrime.
 << Scusate ma è così commovente! Lo so che sognavate questo momento da sempre >>
 Layo alzò gli occhi al cielo e borbotto qualcosa molto simile a un “mammoletta!”. Gwen gli lanciò un’occhiataccia.
 << Ivoene sono diciotto anni che aspetto questo momento. Mi dispiace tantissimo di averti perso >> disse mio padre prendendo la mano di mia madre tra le sue << E’ colpa mia se Allie adesso è in questo pasticcio! Ti avevo promesso che l’avrei protetta e invece non l’ho fatto! Ho conservato il libro perché sapevo che tu eri lì…>>
 << No papà, non è colpa tua! >> dissi con fervore.
 Ivoene gli fece una carezza su una guancia. << Ha ragione Allie, Nat. Questo era il suo destino. Non potevamo tenerla lontana da Grimorio. Adesso non dobbiamo perdere altro tempo però, bisogna salvare Evangeline. Lei è la nostra unica speranza >>
 << Com’è successo? >> domandò Layo, riferendosi al rapimento.
 << E’ stata una trappola ben congegnata >> risposte Gwen << Nessuno poteva immaginare una cosa del genere. Non era mai successo che uno dei due Capi venisse toccato. A questo punto ho l’impressione che Demon abbia deciso di vincere questa battaglia a tutti i costi e scrivere la fine di Grimorio>>
 Un sordo rumore di battito d’ali interruppe il mio angelo custode. Qualcosa di molto pesante si posò sulla terra e poi la testa di un grosso drago dorato fece capolino dalla porta della casa.
 << E’ orribile! >> esclamò il drago in tutta agitazione.
 << Il regno dei Cieli è nel caos! >> aggiunse Salem entrando di soppiatto dalla porta, evitando l’enorme corpo del drago.
 << Cos’è successo? >> domandò Ivoene cercando di mantenere la sua solita compostezza.
 << Gabriel… >>
 << Cosa? >> saltò subito su Gwen al suono di quel nome.
 << I diavoli hanno preso anche lui >> annunciò tetro il gatto mannaro.
 Layo lanciò un’imprecazione e papà si sedette sul letto dal quale si era appena alzano, scuotendo la testa sconsolato. Non avevo mai visto mia madre così preoccupata dall’inizio di Grimorio.
 << E’ la fine! >>
 Il drago emise uno sbuffo di fumo azzurro che ci ricoprì per qualche secondo e quando si dissolse notai che era sparito. Mi girai a guardare Gwen. Era sbiancata e si era portata le mani sulla bocca come per trattenere un muto urlo di orrore. Mi lanciò uno sguardo terrorizzato che ricambiai senza riuscire a trovare alcun modo per consolarla. Il Richiamangeli che suonava da quando Demon era comparso davanti a me ancora non aveva smesso di tintinnare.
 Aveva ragione il drago? Era forse finita? Era davvero giunta la fine per il Bene?
 

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Capitolo 17
*** Festa di compleanno ***




17. Festa di compleanno




 << E pensare che domani è il giorno del mio compleanno >> riflettei a voce alta mentre cambiavo le bende alle ferite di Layo. Era uscito davvero malconcio dallo scontro con i Diavoli. Ormai non si risparmiavano più contro di lui.
 Mi lanciò un’occhiata sofferente quando gli medicai la ferita sul petto. Per fortuna che con la magia la sua guarigione era molto più veloce. << Ahia! Ti stai forse vendicando per il braccio che ti ho ferito? >>
 Scossi la testa: << Shh zitto! I diavoli non ti battono ma un po’ di disinfettante sì? >>.
 Erano già tre giorni che ci trovavamo nei cieli, nella casa vuota di Evangeline. Salem, l’unico che era riuscito a tornare sulla Terra grazie al suo aspetto alquanto anonimo di gatto (mannaro), aveva riportato cattive notizie: Heyl era caduta nelle mani dei demoni e ormai era completamente avvolta dall’oscurità. Tornare sarebbe equivalso a un vero e proprio suicidio dato che Demon, ormai stanco di attendere ancora la vittoria che gli spettava, aveva messo una vera e propria taglia sulla mia testa e di Layo. Il figlio lo voleva vivo per fargli pagare il suo tradimento mentre io andavo bene anche morta. Bella consolazione! Per fortuna questa notizia l’andava portando in giro quello strano diavolo vestito da fata che avevo incontrato tempo prima nella mia visita all’Inferno e speravo così che non molti lo prendessero sul serio.
 << Che cosa hai detto??? >> esclamò una voce con un tono stridulo.
 Mi girai per vedere Gwen che mi guardava stralunata.
 << Ehm >> sperai di non averla offesa: tutto era nel caos ed io pensavo al mio compleanno. << Che domani compirò gli anni >>.
 Gwen mi fu affianco in un battito d’ali e mi afferrò per le spalle. Aveva un sorriso che andava da un angolo del volto all’altro, sembrava uscita fuori di sé. << Oh Allie è fantastico! >>.
 << Davvero? >> dissi perplessa.
 << Gwen ha ragione! >> concordò Layo scacciando le mie mani che tentavano di medicarlo e mettendosi a sedere sul letto.
 Mi era forse sfuggito qualcosa?
 << Allie, ascolta: il tuo compleanno è un’occasione speciale, no? >> disse Gwen.
 << Suppongo di sì… >>
 << Oh sì che lo è! >> m’interruppe il mio Angelo Custode con gli occhi che brillavano << E Grimorio concede sempre un giorno di Tregua per le occasioni speciali! >>.
 Finalmente capii cos’era venuto in mente a Gwen. << Davvero?! >>.
 << Si! Chiederemo a Grimorio un giorno. Organizzeremo una festa favolosa e quello sarà il nostro diversivo! Avremo un giorno di completa protezione grazie a te… e sarà proprio allora che agiremo! >>
 In quel momento entrarono in casa Ivoene e Nathaniel. Avevano due facce sconfortate.
 << La luce del Paradiso si sta spegnendo da quando Evangeline non è più qui e l’assenza di Gabriel di certo non aiuta >> annunciò tetro papà << Neanche l’ultima volta era così grave! >>
 Ivoene si fermò a osservare le nostre facce stranamente sorridenti dopo giorni. << Che cos’è successo qui? >>
 << Gwen ha avuto un’idea fantastica! >> annunciai.
 << Avanti, racconta! >> la incitò mia madre.
 Gwen spiegò la sua idea del compleanno e gli occhi dei miei genitori si riaccesero di un barlume di speranza.   
 << C’è solo un problema… come faccio a chiedere un giorno di tregua? >> chiesi.
 << Domandalo al Libro >> rispose papà.
 Ivoene si tolse una piuma dalle ali e ci soffiò sopra. Quella si illuminò e vibrò per un secondo, poi mia madre me la porse con un sorriso e mi incitò: << Scrivi! >>.
 Tirai fuori Grimorio dal suo nascondiglio (chissà perché il pavimento sotto il letto mi sembrava sempre un buon nascondiglio) e tenendolo tra le mani lo aprii a una delle pagine bianche.
 “Chiedo un giorno di tregua
 Comparve subito una scritta svolazzante dall’inchiostro rosso.
 “Motivo”.
 “Genetliaco”.
 Di certo a un libro antico più del mondo non potevo scrivere in modo banale.
 Aspettai ansiosa la risposa, battendo ossessivamente la penna sul pavimento.
 “Accordato”.
 Osservai le scritte sparire ed esultai contenta.
 Il Richiamangeli che tintinnava piano da quando Evangeline era stata rapita finalmente cessò di suonare.
 A parte il geniale piano di Gwen ero felice che almeno il giorno del mio diciottesimo compleanno non l’avrei passato a scappare dai Demoni.
 Poi, all’improvviso, un’idea mi balenò nella mente e allora sfogliai il libro lentamente, cercando le pagine dov’erano scritti gli eventi di pochi giorni fa. Lessi del rapimento di Evangeline e Gabriel e il sangue mi ribollì nelle vene.
 “Evangeline emise un flebile grido di aiuto ma ormai nessuno poteva più sentirla…
 Non sapevo se fosse possibile, ma tentai ugualmente di modificare il fatto che l’angelo fosse stato rapito, ma appena toccai il foglio la penna mi volò via dalle mani con violenza (Layo fece appena in tempo a spostarsi prima che gli cavasse un occhio) e comparve una grossa scritta dorata.
 “Se la storia vuoi modificare, la Penna del Destino devi conquistare”.
 Wow Grimorio sì che era un eccellente poeta…
 Aspetta un momento…
 La Penna del Destino?!
 Ecco che cosa aveva in mente Demon!  
 La storia si poteva cambiare! E io sapevo esattamente cosa Demon avesse intenzione di modificare… voleva cancellare la Profezia e scrivere un nuovo finale, il suo finale.
 Ci guardammo tutti a bocca aperta, colti dallo stesso pensiero. Layo strabuzzò gli occhi e Ivoene tirò un lungo sospiro: << E’ peggio di quanto pensassimo! >>.


 Quando rimisi piede dentro casa sembrava che niente fosse cambiato, che niente fosse successo.  
 La magia di Grimorio era stata così potente da spazzar via dal cielo le cupe nuvole grigie che coprivano Heyl da quando Evangeline si trovava prigioniera nell’Inferno di Demon. Il sole era alto nel cielo, la sua luce era così accecante che quasi mi feriva gli occhi. Non eravamo più abituati a vederlo. Per fortuna grazie alla potente magia del libro la nostra assenza era passata inosservata… faceva parte del gioco d’altronde. Gli umani meno sapevano e meglio era. Speravo solo che non si sarebbero mai dovuti accorgere di niente, ma sapevo anche che con la vittoria del male tutto sarebbe cambiato. Non dovevamo permetterlo, no!
 La festa ci sarebbe stata quella sera quindi andava tutto preparato al meglio in poco tempo. Mio padre era rimasto nei Cieli (va bene la situazione di grave pericolo ma un genitore a una festa di compleanno di un’adolescente… insomma avevo ancora la mia reputazione da mantenere!), Salem si era occupato di distribuire gli inviti e mentre io e Gwen ci occupavamo di sistemare la casa, Layo ne aveva approfittato per far visita a sua madre.
 << Wow Gwen! Nessuna festa ha avuto addobbi più belli! >> esclamai alla fine del nostro lavoro.
 La casa non sembrava più la stessa. Il salotto era irriconoscibile: insieme avevamo spostato tutta la mobilia e gli oggetti che avrebbero rischiato la loro integrità a stare in mezzo a una casa dove si svolgeva una festa. Il tavolo era stato sommerso da una montagna di cibo e sembrava che da un momento all’altro sarebbe crollato sotto tutto quel peso. E gli addobbi! Gwen aveva abbassato magicamente la luce dei lampadari e su tutti i muri della casa sembrava come se scintillasse un cielo stellato. Dal soffitto scendevano dei festoni argentati che sembravano essere le code di stelle comete.
 << Oh niente che non si possa fare con un po’ di magia >> disse Gwen facendomi l’occhiolino << Va bene che questo è un diversivo… ma è sempre il tuo compleanno! Perché non approfittarne per fare una festa con i fiocchi?! >>
 Le sorrisi. << Sono contenta di averti come mio Angelo Custode, Gwen! >> la abbracciai stretta e le sussurrai: << Vedrai che andrà tutto bene >>.
 Quando sciolse il nostro abbraccio, la vidi asciugarsi gli occhi, sapevo che stava pensando a Gabriel. << E’ tutto così difficile… >>
 << Non gli permetteremo di vincere! >> ribattei con forza.
 Sentii la porta sbattere dietro di noi e Salem comparì con un balzo nel salotto.
 << Gli inviti sono stati ricevuti, è tutto sistemato! Inoltre ho ricevuto un messaggio da Ivoene, dice che è tutto pronto per il diversivo, l’ora è quasi giunta. Ma a quanto pare a me toccherà rimanere qui a controllarvi quindi… >> la sua figura ebbe un tremulo e all’improvviso si trasformò nella sua forma umana, un ragazzino dai capelli castani arruffati. Ghignò divertito: << Se mi avessero detto che passando dalla parte del Bene sarei finito a fare il baby sitter a degli adolescenti non so se avrei accettato >>.
 << Oh Salem non fare il noioso! Cercherò di chiamare Minù >> lo riprese Gwen << Però adesso io e Allie dobbiamo andare di sopra >>
 L’angelo mi trascinò su per le scale con forza.
 << Gwen ma chi è Minù? >>
 << Oh una gatta mannara, vecchia amicizia di Salem >> rispose veloce mentre mi spingeva dentro la camera << Ma adesso non importa! La festa sta per iniziare e a te manca ancora qualcosa? >>
 << Cosa? >>
 << Il vestito! Non vorrai presentarti con jeans e scarpe da ginnastica! Quello sul letto è un regalo di tua madre, indossalo! Io ti aspetterò di sotto… >>
 Mi fece l’occhiolino e poi si chiuse la porta alle spalle.
 Mi avvicinai a letto dove c’era una grossa scatola con sopra un biglietto. Lo aprii. Era la scrittura di mia madre.
 “Mia cara Allie, mi sono persa troppi tuoi compleanni… Sei cresciuta così in fretta, bambina mia! Io non sono stata vicino a te, non ho visto il tuo primo sorriso né sentito la tua prima parola, non ci sarò il giorno del tuo diploma e non ti abbraccerò il giorno del tuo matrimonio però sappi che in tutti questi anni tu sei sempre stata vicino al mio cuore e io sarò per sempre nel tuo. Adesso che siamo insieme ne approfitto per donarti il mio primo regalo. Ti voglio bene tesoro mio! Buon compleanno!”
 Oh mamma…
 Aprii la scatola e tirai fuori il vestito. Rimasi senza fiato. Era bellissimo! Era un lungo vestito stile imperio del colore blu scuro della notte, il tessuto era così morbido che sembrava di tenere acqua tra le mani e le cuciture era tenute insieme da un sottilissimo filo dorato che sembrava scintillare. Ero certa che quell’abito era stato fatto in Paradiso!
 Lo indossai e guardandomi allo specchio mi sentii del tutto un angelo, come se la mia parte umana fosse sparita. Wow gli angeli si sentivano sempre così belli?!
 Quando riscesi al piano di sotto vidi che già alcuni invitati erano arrivati e Gwen e Salem li stavano accogliendo presentandosi come “i lontani cugini di Allie da parte di padre”.
 << Ehi Allie, ma lo dovevo sapere da un invito che stavi organizzando una festa? >> esclamò la voce squillante di Genevieve << Oh la la! Allie sei favolosa! Ma dove l’hai comprato questo vestito? Sono davvero invidiosa! >>.
 << Grazie Jo, anche tu sei molto bella! >>.
 Lo era davvero nel suo vestito dorato con una corta e gonfia gonna che lasciava scoperte le sue secchissime e diafane gambe. Aveva stirato i rossi capelli che le ricadevano sulle spalle come una colata di lava.
 << Stasera Mark ti salterà addosso! >>
 La vidi rabbugliarsi. << Oh non so…>>
 << Che cos’è successo? >>
 << Abbiamo litigato >> disse con tono triste.
 Chissà cosa aveva combinato quello zuccone di Mark!
 << Perché? >>
 << Oh non lo so Allie, è da qualche giorno che sembra che nessuno riesca ad andare d’accordo qui ad Heyl! >>
 Le sue parole mi fecero sussultare. Ecco cosa succedeva quando il Male prendeva il sopravvento!
 Mi rabbuiai ma quando notai che Jo mi guardava perplessa, cercai di sorriderle. << Non preoccuparti tutto si aggiusterà! >>
 Andammo insieme in salotto e diedi inizio alla festa mettendo nello stereo la musica per ballare. Concessi il primo ballo al dolce Simon ma la mia testa era da un’altra parte: dov’era finito Layo?
 << Ehi Allie! Buon compleanno! >> mi disse Judith correndo ad abbracciarmi con un grande sorriso che le illuminava il volto << Questa festa è spettacolare, ancora meglio di quella dei tuoi sedici anni! >>
 Per fortuna dov’era Jud c’era anche suo fratello e allora ne approfittai per fare qualcosa di veramente scorretto. Ma in amore è lecito tutto, no? Mentre ringraziavo la sua gemella, usai i miei Occhi di Specchio su Mark. Adesso nessuno sarebbe stato triste per futili litigate. Almeno i loro cuori non sarebbero stati presi dall’oscurità. Mentre osservavo soddisfatta i due piccioncini riappacificarsi, una voce conosciuta mi fece sobbalzare.
 << Oh amore, sei la mia dea questa sera! >>
 << Evapora Theo! >>
 Scommetto che c’era lo zampino di qualcuno se l’invito era arrivato anche a lui. Avrei spiumato Gwen con le mie stesse mani! A volte anche gli angeli potevano essere davvero dispettosi.


 Già un’ora era passata ma di Layo nessuna traccia.
 << Accidenti che festa ragazze! >>
 << Sta zitta Kim! >>
 La mia attenzione fu attirata da una stridula e antipatica voce.
 << Scusa Violet >>.
 Mi girai per vedere in un angolo del corridoio che Violet Jones e il suo gruppetto di cheerleader erano riuscite ad imbucarsi alla festa. Indossava un vestito rosso sgargiante così corto, attillato e scollato che sarebbe stato impossibile non notarla. Era circondata da tre ragazze vestite al suo stesso modo ma ovviamente con dei colori alquanto scialbi in confronto al suo rosso fuoco. Va bene avere lo stesso taglio di capelli e indossare le stesse lenti a contatto colorate all’ultima moda, ma di certo era lei che doveva apparire al meglio.
 Mi ero sempre chiesta come Violet riuscisse a essere informata su tutti i pettegolezzi e a stare al centro di tutte le feste di Heyl… forse anche lei nascondeva dei poteri magici. Ormai non mi sarei stupita più di tanto nel scoprirlo.
 << Violet non puoi negare che il vestito di Fox non sia niente male >>.
 << Brenda ha ragione >>.
 La corte si stava ribellando alla sua regina!
 Violet fulminò con lo sguardo le tre povere ragazze che avevano avuto il coraggio di contraddirla. Brenda e Rebecca capirono che tirava aria di tempesta e con una mossa molto intelligente si dileguarono tra gli altri ragazzi, mentre Kim rimase a sorbirsi le ire della bionda cheerleader.
 << Il vestito sarò anche bello ma io di sicuro avrei molta più classe di lei nell’indossarlo >> sibilò Violet afferrando Kim per la spalla << E’ chiaro? >>
 << Sì Violet, è ovvio >> squittì Kim.
 << E se sono vere le voci >> aggiunse lasciando l’amica e sistemandosi i capelli << Vorrei proprio sapere perché il suo nuovo “fidanzato” ancora non si è presentato alla sua festa >>
 Allora non ero l’unica ad aver notato l’assenza di Layo.    
 Ma dov’era finito?
 Iniziavo a preoccuparmi. Era da troppo tempo che mancava. Che fosse successo qualcosa?
 Uscii in giardino, respirando l’aria fresca della sera. Alzai gli occhi al cielo e osservai le stelle luminose e silenziose. S’intravedeva solo uno spicchio di luna. Dall’orizzonte oscure nuvole si avvicinavano a Heyl. Un lampo lontano brillò in esse. Una strana sensazione mi attanagliò il petto in una morsa. Rimasi per un po’ di tempo a fissarle incantata immaginando che fossero trasportate da diavoli ghignanti ma non riuscivo a vederli.
 Mi ripresi solo quando un refolo di vento mi fece rabbrividire.
 << Non dovresti prendere freddo >>.
 Sussultai, sentendo una voce familiare provenire da un angolo buio del giardino, vicino a una finestra scura della casa.
 << Layo! >> esclamai << Finalmente sei qui! >>
 Lo strinsi a me sperando che il calore del suo corpo potesse essere come un balsamo per quel peso improvviso che sentivo sul cuore. Quando sciogliemmo l’abbraccio, cercai le sue labbra ma Layo rimase immobile a fissarmi con i suoi occhi scuri indecifrabili. Sembrava forse… emozionato?
 << Sei bellissima Allie! >> arrossii sotto il suo sguardo << Ho un regalo per te. Chiudi gli occhi >>.
 Feci come mi aveva detto e sentii le sue mani muoversi veloci sul mio collo.
 << Adesso puoi aprire >>.
 Aprii gli occhi e vidi che al mio collo c’era una catenina dorata con un ciondolo. Lo presi tra le mani e lo osservai alla fioca luce delle stelle: era una piccola volpe d’argento. Era in posizione seduta, con la coda che le circondava le zampe e le orecchie dritte.
 Alzai lo sguardo e incontrai quello di Layo. Gli sorrisi e lui ricambiò.
 << Ti piace? >> chiese chinandosi verso di me.
 << Sì, davvero. Grazie, è bellissima >>.
 Mi persi nei suoi occhi profondi e tormentati. Poi finalmente le sue labbra si poggiarono sulle mie.
 Forse quello sarebbe stato il momento giusto per rivelargli i miei sentimenti…
 Un altro refolo di vento fece frusciare il grano dei campi e Layo s’irrigidì. Sembrava come se a un tratto fosse diventato freddo, distante, i suoi occhi velati.
 << Layo? >>
 Si riscosse e mi rivolse un sorriso falso, c’era agitazione nei suoi occhi. << Scusa Allie, devo andare >>.
 In un attimo sparì, lasciandomi sola.
 Sospirai e mi portai una mano sul collo, dove c’era la volpe.
 E mi accorsi che il Richiamangeli non c’era più.
 Un terribile presentimento mi assalì e subito ricorsi la scia che Layo aveva lasciato nel grano. Lo seguii fino al boschetto, dove lo vidi, in piedi, rigido, vicino a un grande albero. Aveva tra le mani la catena con il Richiamangeli. Notai che una riga gli solcava la fronte aggrottata mentre lo osservava.
 Capii subito che qualcosa non andava.
 << Layo! >> corsi verso di lui, la mano tesa.
 << Allie >> Layo si voltò dalla mia parte e quando mi vide sgranò gli occhi sorpreso. << Cosa…? >>
 << Layo, dammelo! >> esclamai con voce resa stridula dall’agitazione << Dammi il Richiamangeli >>.
 Fece un passo indietro e il gingillo tintinnò forte.
 E quel suono nel silenzio risuonò assordante.  
 Pericolo.
 Terrorizzata mi nascosi velocemente dietro il tronco di un grande albero quando dal terreno sbucò in tutta la sua terribile bellezza Demon.
 Vidi Layo fare un passo verso Demon e il Richiamangeli trillò ancora più forte. Il diavolo con una mano pallida e affusolata lo prese velocemente, quasi strappandolo dalle mani del figlio.
 << Se avessi saputo che prenderlo sarebbe stato così semplice… >> disse Demon scuotendo la testa, rimproverandosi con se stesso. << Avrei dovuto pensarci prima >>.
 << Sei soddisfatto adesso? >> disse duro Layo.
 << Oh figliolo >> Demon scoppiò in una risata stridula, orribile. Quella parola suonava così stonata pronunciata dalle sue labbra. Un brivido di terrore corse lungo la mia schiena. << La tua parte umana ti rende davvero così debole! … ma sapevo che alla fine l’anello debole della catena ci avrebbe portato alla vittoria! >>
 Il cielo ormai si era fatto così scuro che riuscivo distinguere la figura del Diavolo solo dai suoi occhi rosso fuoco e dai canini appuntiti che luccicavano nell’oscurità mentre ghignava.
 << NO! >>
 Uscii allo scoperto tentando di fermare Demon ma era troppo tardi. Dopo aver scosso il Richiamangeli davanti i miei occhi, il diavolo sparì con aria trionfale.
 Un fulmine squarciò l’oscurità e il rombo di un potente tuono scosse la terra.
 Osservai per un attimo la nuova di zolfo nera che era comparsa al suo posto e poi arretrai di alcuni passi, orripilata.
 Non potevo crederci, non volevo crederci…
 Un pensiero mi balenò nella mente.
 La Penna del Destino!
 La Penna del Destino era lì! L’avevo portata sempre con me, senza mai saperlo.
 E adesso era nelle mani di Demon!
 Un rametto scricchiolò sotto le mie scarpe e Layo mi guardò, ricordandosi che ero ancora lì.
 << Allie… >> mormorò avvicinandosi.
 Lo respinsi. << Tu non sai che cos’hai fatto! >> il ragazzo sgranò gli occhi stupito dalla mia furia. << Hai consegnato a Demon la Penna del Destino! >>
 Sobbalzò quando sentì quel nome. << Allie, non sapevo… >>
 << Bugiardo! >> gli urlai contro, dandogli un pugno sul petto. << Era per questo che hai fatto così tardi eh? Hai incontrato Demon? Traditore! >>
 M’impedì di colpirlo ancora, prendendomi per il polso.
 << Credi davvero che l’avrei fatto se lo avessi saputo… >> domandò stralunato.
 Guardai Layo mentre la rabbia, insieme allo sconforto m’inondavano.
 << Hai idea di cosa farà Demon adesso con la Penna del Destino? >>
 << Allie tu non capisci! Lui… >>
 << Vattene >> sibilai.
 << Aspetta, lasciami spiegare! >>
 << Vattene Layo! >> urlai così forte che mi sembrò che il petto mi si squarciasse.
 Un tuono fece eco alle mie parole.
 Alla luce dell’ennesimo tuono osservai Layo arretrare sempre di più e fuggire via.
 Mi lasciai cadere sulle ginocchia e scoppiai a piangere.
 Solo un miracolo adesso ci avrebbe salvato.

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Capitolo 18
*** Un aiuto inaspettato ***




18. Un aiuto inaspettato




 Tu-tum.
 Mi coprii le orecchie con le mani.
 Tu-tum.
 Ma niente poté impedirmi di sentire il mio cuore lacerarsi nel petto.
 Tu-tum.
 Sebbene fossero i tuoni quelli che squarciavano il cielo e facevano tremare la terra, l’unico rumore che riuscivo a sentire e che non avrei mai voluto sentire era quello del mio cuore che andava in frantumi. Tutto il resto del mondo mi arrivava come attutito.
 Tu-tum.
 Una forte morsa mi opprimeva lo stomaco e mi sentivo piangere disperata.
 Come aveva potuto farlo?
 Layo ci aveva tradito!
 Con il suo gesto aveva consegnato la vittoria a Demon, eppure ciò che mi faceva più male è che facendo così aveva negato il mio amore.
 Sì, ne ero sicura. Era amore quello che provavo… avevo provato per Layo.
 Tu-tum.
 Fin dall’inizio avevo saputo che sarebbe stato pericoloso stargli vicino ma alla fine mi ero innamorata del figlio del mio peggior nemico e adesso le tenebre non solo erano scese su Heyl ma anche sul mio cuore.
  Perché?!
 Mi afferrai il ciondolo che avevo al collo e lo strappai con così tanta forza che sentii il collo dolermi. Osservai per un attimo la piccola volpe d’argento nella mia mano con uno sguardo rabbioso e poi la lanciai più lontano che potei. Vidi un luccichio nel buio e poi più niente.
 Perché lo aveva fatto?!
 Brividi di freddo mi scuotevano il corpo mentre rimanevo inginocchiata per terra in balia del vento che ululava furioso. I capelli mi sferzavano il viso mentre le lacrime lo solcavano con scie bollenti.
 No, non poteva finire così!
 << Allie! >>
 Alzai lo sguardo e dopo essermi passata una mano sugli occhi per asciugarli, vidi due ragazzini avvicinarsi a me. Erano un maschio lentigginoso dalla zazzera castana e una femmina dall’esile figura e dai corti capelli neri a caschetto. Riconobbi Salem mentre l’altra doveva essere Minù la gatta mannara.
 << Oh è tutta colpa mia Salem! >> esordii disperata.
 << Che cos’è successo? >>
 << La… >> ero così pateticamente disperata da nemmeno riuscire a pronunciare il suo nome << Layo ha consegnato a Demon il Richiamangeli! >> strillai sopra i tuoni << Salem la Penna del Destino era lì, ne sono sicura! >>.
 Salem trasalì mentre Minù si apriva in un ghigno mostrandomi i piccoli canini appuntiti.
 << Demon ha fatto davvero un buon lavoro con il suo cucciolo! >>
 << Minù! >> una terza voce s’intromise all’improvviso << Ti sembra adesso il momento? >> Gwen atterrò davanti a me e sentii Minù ringhiarle contro << Tornatene dalla tua padrona, non è questo posto per te! >>
 Senza farselo ripetere due volte Minù si trasformò in una splendida felina dal manto nero e gli occhi grigi e con un balzo sparì nella notte. Chissà chi era la sua padrona…
 Osservai l’angelo biondo davanti a me. Era davvero stravolta. << Salem va via anche tu, stanno arrivando! >>
 Il gatto mannaro fece appena in tempo a scomparire come aveva fatto la sua compagna felina prima che comparissero in una nuvola di zolfo e in tutta la loro terribile bellezza i demoni.
 Erano Evil e Gilderoy accompagnati da altri tre diavoli.
 Indietreggiai spaventata alla vista dello sguardo famelico di Evil.
 Gwen si parò davanti a me, spalancando le ali e nascondendomi dietro di esse.
 << Non osate toccarla! >>
 << Oh sono terrorizzato Gwen! >> esclamò Evil con sarcasmo << Gilderoy pensaci tu >> poi schioccò le dita e si rivolse agli altri tre diavoli indicandomi << Prendetela! >>.
 << Scappa Allie! >> urlò il mio Angelo Custode iniziando una lotta furiosa con i diavoli.
 Iniziai a correre più veloce che potevo, ma dove potevo andare? Ormai il male era dappertutto. I tacchi che avevo indossato rendevano la corsa ancor più difficile. Presi una storta e quasi rischiai di cadere a terra. Me li tolsi e li buttai via. Ripresi a correre con la caviglia un po’ dolorante. Ma ben presto andai a sbattere contro un corpo e solo una forte stretta mi impedì di cadere a terra.
 << Allie, Allie, Allie… >> mormorò Evil mentre quasi mi soffocava con la forza delle sue braccia << Dove credi di andare stupida di una ragazzina? Non c’è più salvezza da nessuna parte, il Paradiso è caduto e Demon aspetta solo te per farti assistere al suo più grande trionfo >>.
 Le due parole mi rimbombavano nella testa. Com’era possibile che il Paradiso fosse caduto nelle loro sporche mani? E che cosa era successo allora a tutti gli angeli? E ai miei genitori??
 Smisi di divincolarmi e mi arresi.
 Che senso aveva ancora combattere?
 Evil ghignò borioso della sua vittoria. Sapeva di avermi distrutto con le sue parole. << Brava bambina >>.
 Mi girai per vedere Gwen intrappolata da Gilderoy e gli altri diavoli. Era svenuta e aveva un’ala spezzata. Erano troppo forti per noi che avevamo perso ogni speranza… la luce.
 Evil si rivolse ai suoi compagni: << Andiamo! >>.
 Spiegò le ali e spiccò il volo. Vidi il terreno sotto i nostri piedi sgretolarsi e poi si aprì un’enorme voragine nera di cui non si vedeva la fine. I diavoli scesero in picchiata sghignazzando mentre ci trascinavano nel cuore più profondo dell’Inferno.


Buio.


 Riaprii gli occhi mentre sentivo una dolce voce che mi chiamava.
 << Allie! >>
 << Gwen! >>
 Osservai l’angelo davanti a me, non sembrava più la stessa: la luce della sua aureola si era affievolita quasi del tutto. Il volto esprimeva una grande sofferenza mentre dall’ala spezzata gocciolava del sangue scuro.
 << Dove siamo? >>
 << Nel punto più profondo delle prigioni dell’Inferno >>.
 Mi alzai in piedi a fatica. La nostra era una piccola e oscura cella quadrata dalle sbarre arrugginite, fuori da essa c’erano tante altre celle uguali alla nostra che si susseguivano per dei corridoi che sembravano infiniti. Le prigioni dell’Inferno erano state progettate come un labirinto per questo era impossibile sfuggirgli. Mi ritrovai a pensare che ero stata fortunata la prima volta che i diavoli mi avevano catturata perché non mi avevano portato in un posto del genere. Era davvero orribili: un luogo buio e tetro. Chissà che cosa nascondevano quelle nere celle…
 Un gemito vicino mi fece voltare di scatto.
 Grazie alla flebile luce che Gwen riusciva ancora a emanare riuscii a vedere un corpo raggomitolato in un angolo della cella. Il volto era tumefatto e i vestiti sporchi di sangue. La sua aureola era scomparsa ma per fortuna le ali parevano intatte. Sembrava non riuscisse a muoversi per quanto dolore provasse.
 << Oddio! E’... >>
 << Sì è Gabriel! >> rispose Gwen con la voce rotta dal pianto.
 << Che cosa gli hanno fatto? >>
 << Io non lo so! >>.
 Il Principe degli Angeli emise in fioco gemito. Mi avvicinai e strappai un po’ di stoffa dalla gonna del mio bel vestito, o almeno di quello che ne rimaneva. Almeno riusciva ancora a coprirmi decentemente. Inizia a ripulire il volto di Gabriel mentre Gwen gli stringeva forte la mano e continuava a piangere silenziosamente. La distruggeva vedere il suo amato in quelle condizioni. Chissà cosa avrei potuto provare io… scossi la testa mentre una fitta mi stringeva lo stomaco. Per me non ci sarebbe stata l’occasione! Chi mai avrebbe fatto dal male al vittorioso Principe dei Demoni?
 << A… Allie >> l’angelo parlava a fatica. La sua voce era un sussurro. Gemette ancora e il suo corpo fu scosso da un tremito. Osservai i suoi occhi guardarmi sofferenti. << Pe… perdonami, io non… non ho saputo resistere! >>.
 << Gabriel che cosa ti hanno fatto? >> gli chiese Gwen in un mormorio.
 << Il dolore era quasi insopportabile >> capii che lo avevano torturato. Chissà quante ne aveva passate. << Ma… il pensiero di perdere le ali era troppo! Non… ce l’ho fatta e ho parlato! >> vidi le lacrime rigavano il suo volto << Vi ho traditi… tutti! Io… e mia madre eravamo gli unici che sapevano dove si trovava la Penna del Destino, ma… lei è sempre stata più forte di me >>.
 << Dov’è adesso? >> chiesi.
 Un altro gemito.
 << Non lo so… credo con Demon >>.
 << Per tutte le lune chissà cosa le avrà fatto! >> esclamò Gwen orripilata.
 Rimasi per un attimo immobile a pensare. << Perché non me lo avete detto? >>
 << Pensavamo che… >> Gabriel fece un lungo sospiro << Con te fosse al sicuro. Nessuno avrebbe mai potuto immaginare che si trovasse nel Richiamangeli… Come hanno fatto a togliertelo? Un oggetto così potente non si separa facilmente dal suo padrone >>.
 Non riuscii a rispondere alla sua domanda e così Gwen lo fece per me. << E’ stato Layo >>.
 Gabriel mi guardò incupito, ma evitai il suo sguardo. Avrei potuto piangere da un momento all’altro. Stupida, stupida e ancora stupida!
 << Non è stata colpa tua Gabriel >> gli sussurrò il mio angelo custode carezzandolo dolcemente.
 << Oh Gwen! >> pianse il Principe << Non me lo perdonerò mai di aver ceduto >>.
 Per un attimo scese il silenzio, rotto solo dai nostri ansanti respiri.
 Tornai a guardai i due angeli solo dopo essermi calmata. << E adesso? >>
 << Solo un miracolo può salvarci! >> esclamò Gwen e come a testimonianza dello scettiscismo presente nelle sue parole, l’areola si spense di colpo.
 Rimanemmo immersi nell’oscurità. Solo la luce proveniente nel corridoio adesso ci illuminava ma era così fioca che nemmeno riuscivo a intravedere bene le due figure vicino a me.
 << E la profezia? >>
 Gabriel fremette. << Demon la cambierà con la Penna del Destino e allora non ci sarà più via di scampo >>.
 Un forte botto sulle sbarre della cella ci fece sobbalzare dallo spavento. Alzammo lo sguardo per intravedere un diavolo dagli occhi di brace guardarci furioso.
 << Zitti stupidi angioletti! >>
 Ci fu uno strano movimento alle sue spalle. Come a rallentatore vidi qualcosa abbattersi sulla testa del diavolo e quello cadde a terra senza sensi. Allora sentii due voci femminili parlare.
 << Bel lavoro Minù >>
 << E’ stato un piacere signora >>
 La porta della cella si spalancò con un cigolio stridulo.
 Meravigliati vedemmo Minù entrare nella cella.
 << Guarda un po’ chi abbiamo qui >> esordì la gatta mannara ghignando << Sapevo che il mio senso felino non sbaglia mai >>.
 Ancor più stupidi guardammo la figura che si stagliava dietro di lei.
 << Credo che sia giunta l’ora di scappare >>.
 Era la signora Lawolf.

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Capitolo 19
*** L'ultima speranza ***




19. L’ultima speranza





 Guardavamo stupiti la signora Lawolf che ci faceva cenno impaziente. A prima vista non sembrava più la donna che avevo conosciuto qualche tempo fa…
 << Come ci hai trovato? >> le domandò Gwen.
 << Me lo ha detto Minù >>.
 Quella emise un miagolio soddisfatto.
 Ecco a chi apparteneva la Gatta Mannara!
 << Che cosa… ? >> non riuscii a formulare una domanda. Mi sembrava tutto troppo surreale per essere vero.
 << Credevi che Demon non avrebbe voluto al suo fianco la sua Regina al momento della vittoria? >> disse la signora Lawolf in un’amara risata che echeggiò tra i corridoi bui delle prigioni << Questo era il destino che mi aspettava da quando lo scelsi e adesso non posso più tornare indietro >> sospirò grave << Adesso sei libera, ma ricorda che io non potrò più esserti di nessun aiuto >>.
 Mi fermai per un istante a guardarla. Sì, era così diversa da come l’avevo conosciuta. Era come se tutto il suo aspetto fosse stato trasfigurato da una bellezza demoniaca. Le labbra rosso fuoco spiccavano sul volto pallido incorniciato dai capelli corvini. I profondi occhi neri – così simili a quelli del figlio – sembravano mostrare la sua anima e l’infinito turbamento che la agitava. Cercai di immaginare come dovesse essere quando era una ragazzina spensierata innamorata di mio padre… mentre adesso era la Regina dei Demoni, splendida e terribile, con indosso una veste rosso sangue e avvolta da un mantello dal colore della notte più buia.
 << Perché dovrei crederti? Questo potrebbe anche essere l’ennesimo trucco di Demon! >> esclamai diffidente.
 << Sei libera di pensare ciò che vuoi ma comunque io lascerò la porta della cella aperta >> rispose lei lanciandomi uno sguardo tagliente.
 Vedere il suo viso che mi ricordava così tanto quello del figlio fu un pugno in pieno stomaco. Quell’espressione tormentata era così simile a quella di Layo quando pensava alle sue origini demoniache che ci dividevano… Oh ero stata così stupida a fidarmi di lui! … Ma come avevo creduto a lui, adesso non potevo fare a meno di credere a lei.
 << Io… >> mi girai a guardare i due angeli che dividevano la cella con me.
 Gwen mi fece un debole sorriso. << Non pensare a noi Allie >>
 << No, non vi lascio qui! >>
 << Oh Al ti saremmo solo d’impiccio in queste condizioni! La mia ala spezzata mi rallenta e Gabriel non riesce nemmeno a muoversi. Non preoccuparti per noi, va! >> ripeté.
 << Ma che cosa potrei fare? >> sussurrai straziata.
 << A… a volte i miracoli possono… accadere Allie >> disse Gabriel in un mormorio << Non perdere… la speranza… se non riusciranno a togliertela… allora un po’ di luce ci sarà ancora nel mondo >>.
 << Ho paura >> sussurrai più a me stessa che a loro. Oh se avevo paura!
 Gwen si alzò a fatica e mi abbracciò.
 << Andrà tutto bene… >> mi sussurrò in un orecchio ma sapevo che anche lei non riusciva più a credere alle sue parole.
 La signora Lawolf mi afferrò per un braccio e mi trascinò fuori dalla cella. << Presto, andiamo! >>.
 Salutai un’ultima volta i due angeli e poi seguii la Regina e la sua Gatta lungo i corridoi delle prigioni. Per ben dieci minuti mi ritrovai a osservare sempre lo stesso sfondo, a ogni angolo lo scenario non cambiava mai. File di celle e il buio. Dopo un po’ di tempo vidi una luce in lontananza capii che l’uscita era vicina. Finalmente! Quando uscimmo, smisi di tremare come una foglia, quel posto faceva davvero paura. Era il luogo più terrificante di tutto l’Inferno!
 << La tua assenza sarà notata a breve >> disse la signora Lawolf e poi indicò un punto dell’orizzonte contornato da lingue di fuoco << L’unico modo per uscire dall’Inferno è scendere nel girone ghiacciato, lì c’è una via di fuga >>.
 << Sai che non scapperò >> dissi con voce dura << Dimmi dove sono! >>.
 Lei sospirò: << Ai campi di MacGonagall… >>.
 << Grazie >> mormorai tra i denti. Era stato difficile dirlo ma se lo meritava.
 << Aspetta! >> mi fermò mentre mi incamminavo nella direzione da lei indicata. In lontananza vidi il palazzo di Demon dove sembrava che ci fosse in corso una grande festa e rabbrividii. << Layo… >>
 A sentire il suono di quel nome esplosi.
 << Non osare nominarlo! Tuo figlio ci ha traditi… ha tradito me! >> cercai di sputarle in faccia tutto il mio rancore ma le ultime tre parole mi uscirono disperatamente tremanti.
 Cercai di calmarmi. Non era tempo, in quel momento, di dare sfogo al mio cuore sanguinante.
 Lei scosse la testa e mi strinse una mano tra le sue. La sua presa era di ghiaccio. << Salvalo Allie! >>
 Le sue parole mi risuonarono nelle orecchie mentre osservavo la sua schiena che si allontanava. Nelle mani stringevo il suo scuro mantello.
 Salvalo. Salvalo. Salvalo…
 Che cosa voleva dire?
 Indossai il mantello e mi nascosi nel buio.
 Sentii dei passi rimbombare nel paesaggio che mi circondava, allora mi riscossi e decisi di avviarmi nella direzione che mi aveva indicato la Regina a passo veloce e felpato, prima che qualche demone mi riacciuffasse e mi riportasse nelle prigioni.
 Mi allontanai e mi strinsi il mantello intorno al corpo. In quel posto faceva un caldo infernale – appunto – ma stavo sudando freddo mentre guardavo orripilata la scena che mi si presentava davanti.
 Gli angeli del Paradiso incedevano a passo lento lungo la landa desolata e verso le prigioni. Erano disposi in una lunga fila indiana che sembrava infinita. Una catena di ferro disposta intorno alle loro caviglie li legava tutti insieme. Il rumore che faceva a ogni loro passo era terribile. Quel cigolio era capace di annebbiarmi il cervello! Avevano anche le mani legate e le ali costrette a stare chiuse ma la cosa ben peggiore era l’altra lunga catena che li teneva uniti. Passava lungo gli anelli dei collari di ferro stretti attorno alle loro gole. Una ventina di diavoli controllavano la loro funebre marcia. Ghignavano e spingevano chiunque perdesse il passo. Anche in lontananza li sentivo chiaramente sbeffeggiare gli angeli sconfitti a suon di bestemmie.
 Avanzai stringendo i denti e superai l’orribile spettacolo. Quando mi ritrovai nelle vicinanze del palazzo di Demon però se ne prospettò un altro di fronte ai miei occhi. Un gruppo di Demoni stava pungolando due grandi Draghi del Cielo. Nessuno faceva la guardia all’entrata. Erano troppo presi dal loro bel modo di festeggiare la grande vittoria. Schifosi!
 Continuai a camminare per l’Inferno dove ogni singola creatura cantava a festa per il loro trionfo fino a che non arrivai ad un profondo cratere. Mi affacciai dal bordo e sentii l’aria ghiacciata drizzarmi i capelli.
 Ero arrivata nel girone ghiacciato.
 Scesi nel profondo grazie ad una scala di cristallo facendo attenzione a non scivolare per via del ghiaccio che la ricopriva. Quando arrivai alla fine notai che mi trovavo in un luogo circolare e intorno a me decine di aperture che si snodavano in lunghi corridoi che portavano chissà dove. Quale sarebbe stato quello giusto?
 Notai che appena sopra uno c’era una grande croce incisa nel ghiaccio e capii che era quello il giusto passaggio. Sicuro doveva averla lasciata la signora Lawolf.
 Mi incamminai al suo interno.
 Nel buio più totale battevo i denti. Il mio respiro si condensava in nuvolette per quanto faceva freddo. Pensai che se non era riuscito il caldo infernale ad ammazzarmi, di sicuro sarei morta assiderata in questo gelo se il corridoio fosse stato troppo lungo. Mi abbracciai il corpo cercando di scaldarmi almeno un minimo… quasi quasi rimpiangevo l’infuocato clima delle prigioni.
 Mentre osservavo lo spiraglio di pallida luce che era di fronte a me, mi ritrovai assurdamente a camminare a testa in giù. Era come se stessi seguendo una strada che girava su sé stessa. Alla fine la luce si fece sempre più grande e allora finalmente uscii da una buca aperta nel terreno, mi issai facendo forza sulle braccia stanche e strisciando mi spostai prima che il passaggio si richiudesse e mi inghiottisse nell’Inferno.
 Ero di nuovo sulla Terra.
 Poggiai la testa sul terreno e aspettai finché il mondo smettesse di girarmi intorno e che il senso di nausea passasse. Quando tutto passò, mi alzai e capii che non mi trovavo molto lontano dai campi MacGonagall. Ero appena fuori da Heyl. Ci avrei messo pochissimo per raggiungerli.
 Alzai gli occhi al cielo mentre m’incamminavo. Capii che era notte sebbene la volta celeste fosse coperta da spesse coltri di nubi grigio scuro cariche di cattivi presagi. A quella vista sentii una strana sensazione artigliarmi il petto in una morsa soffocante.
 All’improvviso vidi una massa nera di diavoli pararsi davanti ai miei occhi. Senza nemmeno pensarci un attimo mi buttai a terra e mi nascosi nella folta e alta erica che contornava il campo.
 Da quel punto riuscivo a vedere Demon e tutta la sua corte di profilo. Demon si trovava di fronte la massa di Demoni. Affianco al Re si trovavano la sua Regina e il suo Principe. Eccolo li! Sentii il cuore cominciare a battere all’impazzata malgrado non riuscissi a vederlo bene in volto. Bastava solo la sua presenza. La madre portava il vestito rosso che le avevo già visto indosso mentre padre e figlio erano completamente vestiti di nero. Ai loro fianchi una cintura con una spada affilata. Demon portava anche un mantello. Sembrava davvero regale. Aveva in mano qualcosa e con terrore compresi che erano Grimorio e la Penna del Destino.
 Vicino riuscii a vedere anche i miei genitori intrappolati da dei diavoli comandati da Evil ma per fortuna mi sembrava stessero bene. Evangeline era svenuta a terra davanti al Re.  
 Mi portai le mani alla bocca per evitare di lanciare un grido di orrore così mi uscì solo un gemito strozzato.
 Oddio le aveva strappato le ali!
 All’improvviso un diavolo uscì dalla massa nera di demoni e volò fino al cospetto di Demon.
 Era Gilderoy.
 << Mio signore… >> lo sentii dire con voce un po’ tremante << La ragazza è fuggita >>.
 << Cosa? >> sentii il grido furioso di Demon arrivarmi alle orecchie come una fucilata.
 La massa di demoni rumoreggiò.
 << Mio signore non so come sia potuto succedere >> piagnucolò Gilderoy mentre cercava di allontanarsi e di nascondersi in mezzo agli altri. Era davvero spaventato dalla furia del suo padrone.
 << Gilderoy vieni qui! >>.
 Gilderoy si inginocchiò di fronte a Demon che aprì Grimorio e impugnò la Penna del Destino.
 Sentii che qualcosa di terribile stava per accadere.
 Demon scribacchiò qualcosa e Gilderoy con un grido di sofferenza si trasformò in un serpente.
 << Il tuo compito era quello di controllarla, lurida serpe! >> rise malevolo Demon mentre il serpente si contorceva su se stesso a pochi metri da Evageline mezza morta << Era un compito così facile e neanche quello sei stato in grado di fare, buono a nulla! >>
 Orripilata vidi Demon scrivere ancora e Gilderoy cambiò nuovamente, trasformandosi in un drago, una fata, un umano e poi tornò se stesso.
 << Padrone, basta, vi prego >> supplicò il diavolo appena riuscì di nuovo a parlare << Perdono, perdono! >>.
 Ero paralizzata dalla paura. Che cosa era capace di fare Demon a un suo simile… la sua crudeltà non aveva limiti!
 All’improvviso due mani mi agguantarono e mi sollevarono per le ascelle.
 << Guarda chi abbiamo qui >> rise un diavolo << La Allie del libro in persona, quale onore! >>.
 Senza che potessi impedirglielo mi trascinò verso il suo Re.
 I demoni esultarono alla mia vista.
 Il diavolo mi spinse con forza e finii a terra gemendo per la botta. Quando alzai gli occhi, incontrai lo sguardo giallo di Demon stretto in un sorrisetto deliziato. Nel campo scese il silenzio assoluto, si udiva solo il gemito ansante di Gilderoy.
 << Allie Fox >> esclamò Demon a gran voce e i demoni ripresero a ghignare ed esultare. Tremiti di paura iniziarono a scuotermi il corpo. << Finalmente la Penna del Destino è nelle mie mani e adesso vedrai qual è il suo vero potere >>.
 Si rigirò tra le mani la lunga penna d’oca verde smeraldo e poi, in uno scatto veloce quasi invisibile ai miei occhi, cancello le lettere “Roy” del nome di Gilderoy.
 Il povero diavolo strillo spaventato quando le sue gambe diventarono trasparenti e una pozza di liquido nero si creò intorno ad esse.
 Era inchiostro.
 Ma sembrava come se stesse perdendo sangue per via di un’orrenda ferita.
 << Gilderoy! >> esclamai correndo da lui e stringendogli una mano che dopo che Demon aveva cancellato le lettere “De” era diventata anch’essa trasparente.
 Le mie mani si sporcarono d’inchiostro nero. Nero come le lacrime che rigavano il pallido volto del diavolo.
 << Allie >> mormorò con voce debole, tanto che dovetti chinarmi su di lui << Salvami >>.
 Mi voltai verso Demon. << Basta, fermati! >> gli urlai contro. << No, non farlo! >>.
 Troppo tardi mi mossi verso di lui, cercando di strappargli la penna dalle mani, ma ormai aveva cancellato tutto il nome di Gilderoy.
 Il diavolo, in un ultimo gemito di disperazione, si dissolse come fumo al vento e di lui rimase solo una pozza d’inchiostro.
 << Ah, niente mosse false, mia cara! >> esclamò Demon scrivendo furiosamente sul libro.
 Mi ritrovai immobile, sollevata di alcuni centimetri da terra. Sembrava come se mi avessero legato con delle corde invisibili. In quel momento vidi la signora Lawolf stringere il braccio di Layo in una mossa impercettibile ma quando guardai per un attimo i loro volti sembravano essere impassibili. Demon si avvicinò lentamente a me. Il suo sguardo all’altezza del mio.
 Poggiò una mano sul mio viso, accarezzandomi, e il tocco mi fece rabbrividire dal disgusto. Sembravo in prede alle convulsioni. Cercai di calmarmi. Non volevo dargli la soddisfazione di vedere la mia paura.
 << Demon, non osare toccarla! >> urlò mio padre furioso, divincolandosi dalle braccia del diavolo che lo teneva stretto.
 << Zitto Nathaniel! >> ringhiò Demon e poi si rivolse a me << Sebbene tuo padre sia stato una spina nel fianco a suo tempo è fuori gioco, adesso tocca a te mia cara… ma c’è ancora un’ultima possibilità >> lo guardai interrogativa. Cosa stava dicendo? << Mia cara Allie >> disse il diavolo fissando intensamente i miei occhi, mostrandomi i canini appuntiti con un sorriso abbagliante << Pensaci bene… Saresti una bellissima diavola>>.
 Finalmente intuii cosa volesse. M’immaginai con ali rosse dietro la schiena, la coda, le corna tra i capelli e i canini affilati. Certo la sua vittoria sarebbe stata un vero e proprio successo se fosse riuscito a ottenere anche il mio tradimento.
 << Mai >> sussurrai inizialmente e poi proseguii con voce più sicura << Non mi unirò mai a te, piuttosto la morte! >> gli sputai in faccia.
 Sentii mia madre gemere preoccupatissima.
 I demoni rumoreggiarono infuriati ma Demon li zittì con un gesto dopo essersi asciugato il volto. Il ghigno divertito era sparito. Il suo sguardo era diventato di ghiaccio, così affilato che sentii dolore solo guardandolo. Era un vero e proprio dolore fisico. Oddio! Il dolore aumentava. Era dappertutto.
 Cercai di resistere il più possibile mentre le lacrime iniziavano a bagnare il mio viso in un gesto involontario. Poi non ce la feci più e iniziai a contorcermi dal dolore ancora imprigionata a mezz’aria da fili invisibili. Provai a interrompere il contatto visivo con lui ma era impossibile, era un incantesimo troppo potente!
 Sentivo i miei genitori urlare e urlare ancora mentre i diavoli ridevano divertiti.
 E poi all’improvviso tutto cessò.
 Con una forte botta finii di nuovo a terra.
 Demon aveva deciso che era giunto il momento di finirla. Sfoderò la sua spada e si avvicinò per colpirmi. Chiusi gli occhi e aspettai. No non lo avrei mai implorato!
 Quel colpo però non arrivò mai.
 Riaprii gli occhi e vidi Demon a terra vicino a me. Il suo labbro sanguinava copiosamente. Qualcuno doveva averlo colpito. Alzai lo sguardo e vidi… Layo!
 Ansimava furioso. Era spaventoso osservarlo in quello stato. Quasi facevo fatica a riconoscere in lui il suo lato umano.
 Demon si rialzò e lo fulminò con lo sguardo quando Layo si frappose fra me e lui: << Spostati ragazzo! >>
 << Non ti permetterò di farle del male >> ringhiò il figlio.
 La signora Lawolf era diventata cianotica a causa del respiro trattenuto per la preoccupazione. << Lascialo stare Demon >> fu il sussurro di una madre disperata ma il diavolo non la considerò minimamente.
 << Avrei dovuto immaginare che la tua debolezza ti avrebbe accecato >> proseguì Demon << D’altronde è stata proprio quella a farti tradire i tuoi amici >> sputò schifato l’ultima parola.
 << Avevi detto che lei sarebbe stata salva! >> esclamò Layo stringendo i pugni.
 Demon scoppiò in una risata maligna che mi fece rizzare i capelli in testa. Assistevo alla scena senza poter fare nulla. << Un diavolo non mantiene mai la sua parola >> disse sghignazzando e poi tornò serio << Adesso spostati! >>.
 << No, mai! >>
 << Evil toglilo di mezzo! >>
 Intervenne il diavolo chiamato in causa.
 << Hai sentito lo zio, cugino >>
 << Non intrometterti! >>
 << Mai disobbedire a un ordine del tuo padrone, stupido! >>
 Ingaggiarono una lotta furiosa. I loro colpi facevano tremare la terra.
 Cercai di scappare da Demon ma era tutto inutile. Lui era troppo forte ed io ero troppo stanca…
 Stava per colpirmi con la spada quando Layo con una mossa fulminea si mise in mezzo.
 << NO! >>
 Il suo corpo si accasciò a terra.
 Sua madre strillò alla vista del sangue che usciva dalla ferita sul petto. << Come hai potuto… Tuo figlio! >> si avventò su Demon cercando di graffiarlo con le sue unghie.
 << Allie… >> sentii il suo sussurro e mi inginocchiai vicino a lui.
 Niente aveva più senso.
 C’era solo lui.
 Un rivolo di sangue gli uscì dalla bocca impedendogli di continuare.
 << Shhh! Non parlare >> gli mormorai lasciandogli un leggero bacio sulla fronte e accarezzandogli il viso. Il suo sangue si mischiò all’inchiostro di Gilderoy. Mi stavo sporcando tutta ma non m’importava. Le lacrime gli rigarono il volto mentre emetteva gli ultimi respiri.
 << Ho paura Allie. Dove sto andando? >> mormorò e i suoi occhi si fecero vacui. Sembrava che stesse guardando qualcosa che solo lui poteva vedere.
 << No Layo resta con me! >> esclamai baciandolo sulla bocca e stringendogli forte le mani.
 << Ti amo Allie >> rantolò con l’ultimo respiro.
 << Anch’io Layo! >> piansi forte << Anch’io ti amo ma, ti prego, non mi lasciare! >>.
 Non volevo credere che stava per morire.
 All’improvviso nelle scure nubi si aprì uno squarcio e una forte luce argentata ci investì, accecandomi.
 Allora la Luna parlò: << Quando l’alba e il tramonto si uniranno in un raggio di luna, le tenebre verranno sconfitte e il sole risplenderà nel cielo per sempre >>.
 Sentii un brusco respiro vicino a me e quando riuscii di nuovo a vedere, mi voltai per guardare Layo e il suo sorriso pieno di vita m’illuminò il cuore.


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Capitolo 20
*** Epilogo ***



20. Epilogo




 E così avevamo vinto.
 Il bene aveva trionfato per sempre sul male.
 La profezia si era avverata perché Demon, troppo preso dal suo trionfo, aveva dimenticato di cancellarla. E poi chi si sarebbe mai aspettato che quella parlava proprio di me e Layo?
 Ebbene sì, l’alba e il tramonto eravamo noi.
 L’alba ero io, mezzo angelo e mezza umana.
 Il tramonto era lui, mezzo demone e mezzo umano.
 Era un amore straordinario.
 E proprio grazie al nostro amore le tenebre erano state sconfitte, risucchiate nel mondo d’inchiostro di Grimorio, dove finalmente era stata scritta la parola fine… e poi era stato nascosto in un angolo della nostra polverosa soffitta. Mio padre avrebbe voluto addirittura bruciare quel dannato libro ma io mi ero rifiutata, dopotutto all’interno c’era la nostra storia.
 Evangeline, Gwen, Gabriel, gli altri angeli e tutte le creature del cielo tra cui Salem avrebbero per sempre vissuto felici la loro vita in Paradiso. Anche mia madre se n’era andata. Purtroppo lei era un personaggio del libro, al contrario della signora Lawolf che si era salvata, ma la sua pena sarebbe stata una vita nel rimpianto di aver scelto la parte sbagliata. Ero molto triste per mia madre ma avevo avuto la gran fortuna di conoscerla, da allora sapevo che sarebbe stata per sempre nel mio cuore e che ci avrebbe protetto da lassù…
 Una musica interruppe i miei pensieri.
 Sul suono della marcia nuziale vidi la sposa entrare in chiesa mentre gli invitati si alzavano, ammirandola stupiti.
 Alexandra McLey era bellissima nel suo vestito bianco, un dolce sorriso le illuminò il volto mentre si avvicinava a mio padre.
 Esatto, mi trovavo al matrimonio di Nathaniel Fox.
 Ero felicissima per lui, finalmente il suo incubo con Grimorio era finito e sebbene avesse amato moltissimo mia madre, adesso si meritava anche lui il suo felice finale.
 Guardai Layo dall’altra parte dell’altare. Noi eravamo i due testimoni. Mi sorrise e sembrò che tutta la chiesa s’illuminasse. Quanto avevo sofferto al pensiero di non vedere più quel suo sorriso divertito! L’ombra buia che vi era stata nei suoi occhi fin da quando lo avevo conosciuto e che ogni volta mi ricordava che lui era la progenie del male ormai non c’era più.
 La cerimonia passò in fretta. O almeno così mi sembrò presa com’ero a perdermi nello sguardo profondo e intenso del ragazzo che amavo. Non so come ci ritrovammo al ristorante, stretti in un abbraccio mentre suonavano un lento.
 Lui finalmente aveva realizzato il suo sogno ed era riuscito a entrare al college per studiare medicina. E che college! La Harward University nello stato del Massachussets, davvero un sogno!
 Era abbastanza lontana per questo era diventato difficile stare vicini ma essendo la vincitrice di Grimorio ero l’unica a cui era stato concesso mantenere i proprio poteri quindi grazie ai miei Occhi di Specchio potevo vederlo quando volevo e lui poteva percepire la mia presenza e sapere che non lo avrei mai lasciato.
 Io stavo frequentando l’ultimo anno del liceo di Heyl e mio padre era veramente fiero di me. Impegnandomi ero riuscita a diventare la migliore del mio corso. Studiavo come una matta perché non avrei accettato un rifiuto da Harward. Comunque le mie domande erano state inviate anche a Yale, Princeton e alla Columbia. Tutte università abbastanza vicine a lui.
 << Te l’ho detto che sei bellissima oggi? >> sentii Layo sussurrare al mio orecchio mentre la sua presa si rafforzava sui miei fianchi.
 Il mio cuore iniziò a battere forte solo al suo della sua voce.
 << Solo oggi? Io sono sempre bellissima >> risposi facendo la finta offesa.
 Lui rise e io rimasi incantata ad osservarlo. Quella risata aveva il potere di mandare il mio cervello in vacanza alle Hawaii.
 << Ha ragione Miss, lei è sempre bellissima >> disse dandomi un bacio sulla fronte << Ma con questo vestito ancor di più >>.
 Sorrisi furba osservandolo nel suo completo nero. << Tu invece saresti molto più bello senza >>
 I suoi occhi si accesero di malizia e arrossii a quello sguardo. Si guardò intorno e lo feci anch’io: la festa stava procedendo bene, tutti si divertivano. Molte coppie stavano ballando insieme a noi. C’era mio padre con la sua nuova moglie, accidenti non sapevo che fosse un ballerino così bravo! E vidi anche i miei amici, Genevieve e Mark che dondolavano sul posto in un ballo impacciato ma dolcissimo.
 << Beh direi… >> sussurrò Layo chinandosi verso di me << Visto che la festa procede bene e che il mio aereo partirà domani, dovremmo sfruttare al meglio queste ultime ore che ci rimangono >> mi fece l’occhiolino << Se ci assentiamo un attimo dici che se accorgerà qualcuno? >>
 << Mmm… >> feci finta di pensarci su << No, direi no >>.
 Senza che potessi aggiungere altro Layo mi trascinò via e ci ritrovammo a correre ridendo per le strade di Heyl, illuminate dalla luce della luna e delle stelle. Sì, su Grimorio era stata scritta la parola fine, però il nostro amore era appena cominciato e lo stavamo scrivendo noi giorno per giorno… ma questa è un’altra storia.


Fine

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