Le tre Riflessioni

di piccolimarcoakajohn
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Prima Riflessione. Ponti ***
Capitolo 3: *** Seconda riflessione. Il Confronto ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


02.08.2014 12.3512.58 
Sono vivo. Penso. Riesco a battere a macchina. Ho a disposizione una connessione internet.
 Ritorno a pubblicare in questo luogo protetto in cerca di attenzione. No. Con la volontà di trasferire autorevolezza ad un fare che non può dirsi autorevole. Questo spazio, che ho cercato, che ho trovato, è il luogo ideale in cui giusificare le mie azioni. Il mio vivere. Ancora più esplicito. L’aver continuato a scegliere l’altra opzione.
 Ecco. Questo scritto equivale al taglio superficiale mostrato con orgoglio da chi ad una connessione internet non ha mai pensato. Serve ad altro.
Mi attivo alla ricerca di qualcosa da pubblicare. Qualche argomento. Potrei descrivere i miei ricordi. Potrei insinuare quanto irreali siano. Potrei nasconderli attorno ad elaborate menzogne. Tanto elaborate da essere vere. Da rivelare quanto (il ricordo) non può. Troppo impegnativo.
 Ritorno a questa attività perché semplice e immediata. Leggere manga non fa più effetto. Ho imparato a leggere l’Inglese mosso dalla volontà di assuefarmi di racconti semplici e immediati. Hanno riempito. Hanno assolto al loro scopo. E proprio per questo non posso più continuare.
 Ritrovo nell’hardware alcuni vecchi scritti. Controllo il numero di visite che ogni mia precedente pubblicazione ha maturato negli anni. L’incremento nell’ultimo anno è minimo rispetto al totale. Eppure il totale per me non è indifferente. Mi stupisco del numero di persone alla ricerca di stimolo esterno. Chi è arrivato ha comunque voluto. Quindi il resto. Per me è indifferente, eppure proprio il resto determina o meno il successo e il futuro di una persona. Un individuo. Se altri volessero il mio contributo nel mondo delle parole pubblicate potrei rendermi indipendente a livello economico. Che significa ciò. Non ne ho idea. Denaro è dipendenza. Dipendenza con un grado di vincolo e coinvolgimento emotivo minore, però. Il denaro alleggerisce. Il denaro facilita le scelte personali. Sono felice di scrivere di merda (e mi scuso per la mancanza di garbo con cui descrivo il mio lavoro).
 Come anticipato nell’hardware ho trovato un testo non ancora pubblicato. Le Tre riflessioni lo ho chiamato. Voglio dedicarmici con più impegno nei prossimi giorni. Metto un limite alla mia generosità. Ne basta uno. Un piccolo gesto. Una risposta. 

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Capitolo 2
*** Prima Riflessione. Ponti ***


03.08.2014 10.26\11.01 
Titolo: Prima Riflessione. Ponti
 
 Durante questa attività appagante tre riflessioni sorgono. Questa, quale non ha importanza. La prima.
Recupero un pensiero nato dopo le riflessioni fatte a voce alta da Jeanne a terzi, sopra (inteso come a
riguardo di ) il ponte di Calatrava. Chi sia Jeanne non ha importanza. Ma un suo omonimo è stata figlia
di un pittore famoso, alcolizzato  e  Livornese.   Morto  all'aggravarsi  della polmonite cronica giunta allo
stadio tubercolotico, dopo essere stato trovato dal vicino avvinghiato alla compagna in stato di black out.
Compagna che il giorno dopo decise di buttarsi dal  quinto piano pur essendo al nono mese. La figlia
rimanente di cui mi sto interessando, da Parigi si trasferì dalla nonna Marsigliese a Livorno e si formò
come storica dell'arte a Pisa ritornando a Parigi a causa della sua ebreitudine acquisita da parte di madre.
Non che questo sia più importante di chi sia la Jeanne alla quale mi riferisco. Ma, fa piacere invenire ta-
li link. A chi. A me. 
 Passiamo ora alle mie, di riflessioni. Il ponte di Calatrava è coerentemente biomorfico. Tutti i ponti sono
anche un ostacolo. Questo ponte, paragonato agli Scalzi, ha una pendenza più dolce e affatica meno, es-
sendo graduale la salita. Eppure il vetro rende scivoloso il percorso. Una difficoltà che io ho risolto. Jeanne
no, arrischiandosi, memore delle sicurezze del ponte tipologicamente definito normale, ha messo in perico-
lo la sua incolumità scivolando. Non ha riflettuto sopra i possibili effetti delle sue azioni, agendo d'impulso.
L'impulso è stato liberato sulla scorta di simili ed, evidentemente solo intese, coincidenti esperienze passate
positive. Jeanne preferisce la bianca pietra d’Istria di cui è rivestita la massiccia struttura ad arco in conglomerato
e tondini di ferro, anni trenta, che connette le due rive del Canale proprio davanti alla stazione dei treni. Dice
di averlo attraversato per tutto il primo anno da pendolare e che poi ne ha sempre sentito la nostalgia. Ora
non è l’unica alternativa.  
 Eppure quel ponte è naturale e in questo è coerente pure negli ostacoli che porta. L'architetto non ha gover-
nato tutti gli ostacoli perché l'architetto non ha potuto. Eppure ha tenuto conto della luce che può trapassare
permettendo alle barche sotto di non essere totalmente oscurate. E questa può intendersi come una metafo-
ra dei buoni propositi della società attuale. Questa idea convince ed è verosimile anche se probabilmente non
è l'associazione determinante per la costruzione delle soluzioni adottate. 
 Questo implica altro. Questo ponte necessita di essere scrupolosamente compreso. Il ponte impone una pa-
usa, impone cautela, impone fatica. Obbliga pure a camminare lentamente in una processuale coda durante una
qualsiasi giornata di pioggia. Esatto, questo ponte ha pure l'irriverenza di sostituirsi a processioni religiose, even-
ti mistici per soli iniziati e  tipico di quelle massificate occasioni di cultura globaizzata da primo mondo quali trasfe-
rimento aereo, parchi a tema, musei inflazionati-costosi-controllati, cassa all'iper mega discount senza cassa ve-
loce Visa nè tantomeno casse self service [fantascienza riservata al ricco possidente a cui piace acquistare mutan-
de a dieci euro e pasta Barilla]. No. non si sta sostituendo. Ne è parte costituente. Il ponte è chiesa. Il ponte si con-
cede anche agli iniziati. Il ponte si rende simile al Billa, al Marco Polo, al Gardaland.
 Jeanne dice - questo ponte è fascista e per questo non mi piace -. Questa precisa Jeanne ha trovato voce in
un’individuo diverso, temporalmente autonomo e distinto, da quell’individuo che mi ha portato a congelare su sequen-
za ordinata di parole queste riflessioni oggettivate. 
 Il ponte si lascia ascoltare e rimanendo fermi si può sentire il suo movimento e le vibrazioni indotte dai passanti più
incuranti. Il ponte è narciso. Questo mi piace. A Jeanne non piace. Mette ansia le ho suggerito. Ha accolto questa
mio termine con favore. Non resisterà a lungo. Anche se era evidentemente estraneo al suo vocabolario stretto.
 E Jeanne in questo passa al sospetto d’imbroglio. Se sono arrivati al sodo col Mose presto ci arriveranno pure col
Calatrava. Questione di tempo. Quel ponte suggerisce l'oscuro, l'indicibile. Quel ponte è un necromante.
 Un luogo gratuito di passaggio che si offre per essere in sé ammirato. Il ponte degli Scalzi si offre come luogo del
commercio illegale. Come podio su cui morire in foto o al più in video vincolandosi ad un’idea, stantia e immonda
per alcuni, dovuta e appagante per altri, provocatoria per chi pur considerandola come i primi non esita ad assicu-
rarsi la sua fetta, quale può essere il pittoresco. Il Calatrava si offre per essere osservato, vissuto, condiviso ma
anche percorso da una massa tale di persone da impedire l'illegalità di convenienza. Troppo rischioso esporre
la propria merce. Solo l'offerta non gratuita di calendari pro bambini senza braccia, madre, famiglia, vestiti, cibo
a volte compare promossa da individui giovani e furbi e organizzati. Resistono i passaggi di cortei di protesta. Di
cornamuse, ocarine, chitarre, tastiere, pianoforti ne ho visti.
 Un blocco di cemento è posto a guardia di fronte all'ampio accesso da piazzale Roma. Un'auto ubriaca era arrivata
a parcheggiarsi sulla gobba. Da allora il fedele guardiano ha compiuto il suo dovere, evitando rischiosi emuli. 
 Ma devo sbrigarmi e proseguire. Devo attivare Il jDowloader. Voglio al più presto mettere le mie mani occhiute sopra la
nuova scoperta filmica.   

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Capitolo 3
*** Seconda riflessione. Il Confronto ***


09.08.2014 17.29\17.55 
- Dobbiamo parlare.
- Eccomi, ascolto.
 - Non è facile.
- Capisco, per me è lo stesso. Non è mai facile. Che dovevi dire ? 
 - … è che non sono ancora dell’umore adatto
- adatto a cosa ? Di questo dovevi parlare ? Delle tue insicurezze ?
 - Sì ! cioè No ! o meglio, in parte
- E quale parte, di grazia ? quella piena o l’altra vuota ?
 - Lasciami finire, lasciami almeno un respiro
- Bene, attendo allora
 - ...
- Se non ti sbrighi, me ne vado; visto che ancora, a quanto pare, non riesci a far altro che lasciarmi in attesa; in preda a delle insicurezze che, tra l’altro, non sono l’oggetto della tua supposta chiaccherata. 
 - Ma è difficile
- Giusto, chiedo venia. Della tua difficile chiaccherata, che io avrei dovuto ascoltare. 
 - Non offendere ! Non hai il diritto di parlarmi a quel modo. 
- Ha proprio ragione, eppure eccoci … 
 - Cosa fai, pensi che abbocchi alla tua esca? Non ti manderò via, mi servi, qui e ora, capace di ascoltare. 
- la furbizia di certo non aspetta di essere versata …
 - Cosa scusa ? Dove si versa la furbizia ?
- Il tempo stringe, lo stenografo è già al secondo foglio. 
 - non mettere fretta, chiedo perdono, per essermi tanto dilungato. Il primo passo di quanto volevo esporre di fronte a te riguarda il mio amore che provo nei tuoi confronti.
- AH, ecco. Quindi? Io cosa c’entro in tutto ciò?
 - Amore, amore, amore … cosa non ti è chiaro di tutto ciò! Mi sono innamorato di te e volevo che lo sapessi, tutto qui.
- Non so che rispondere, non vedo cosa io possa fare per te. Perché vuoi qualche cosa, vero? Perché è per questo che sono qui, giusto?
 - Non capisco più nulla, sono confusa … confuso. NO! Sono …
- Dubiti persino del tuo genere, ora? Guarda, non voglio perdere altro tempo. Penso possa bastare così. 
 - No, ti prego, aspetta ancora un minuto, resta, ne ho bisogno. 
- Allora d’accordo, vada per il minuto di silenzio. 
- Silenzio … Silenzio? Come silenzio! No, no, io voglio continuare a parlare …
    La persona di fronte a me, espirando pesantemente, si alza, spostando lentamnete il baricentro proprio sotto alle fossette del collo, aiutandosi con le braccia, ora vicine al corpo, ora ben distese e rilassate, pronte ad alternarsi nei movimenti di un passo ben studiato. Non posso fare nulla, se non constatare che ora, a quel tavolo di fronte a me, non riconosco più nessuno.       

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