Don't Let Me Go - 'Cause I'm Tired To Feeling Alone

di Allegra_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Like A Princess ***
Capitolo 2: *** Anderson's Family ***
Capitolo 3: *** Uno A Zero ***
Capitolo 4: *** Do U Want A War? ***
Capitolo 5: *** Nobody Can Judge Me ***
Capitolo 6: *** Raccontami Chi Sei ***
Capitolo 7: *** A Tuo Rischio e Pericolo ***
Capitolo 8: *** Il Primo Sorso Di Una Coca Cola ***
Capitolo 9: *** Fluttuando Tra i Perche? e i Forse ***
Capitolo 10: *** Say Something? Something! ***
Capitolo 11: *** Lapsus Freudiano ***
Capitolo 12: *** Una Scossa Al Tuo Cuore ***
Capitolo 13: *** Prigionieri Di Un Momento ***
Capitolo 14: *** Tu Non Cambierai Mai ***
Capitolo 15: *** Ciò Che Significhi Per Me ***
Capitolo 16: *** The Story Of My Life ***



Capitolo 1
*** Prologo - Like A Princess ***


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Prologo: Like A Princess

 

 “ Descriviti in tre parole “
Sbuffai.
Certo che la popolazione del mondo era alquanto a corto di fantasia.
“ Me ne basta una: perfetta” digitai con un sorriso.
Chiusi l’applicazione di Ask.fm dallo schermo del mio Iphone e estrassi dalla borsa uno specchio per poter controllare il mio aspetto.
Bellissima come sempre, nonostante fossero appena le sette e mezzo del mattino.
Una leggera linea di matita nera a valorizzare i miei occhi azzurro cielo, il mascara ad allungare le ciglia, il nuovo lucidalabbra alla menta a far scintillare la mia bocca.
Nemmeno un’imperfezione.
<< Signorina Price, siamo arrivati! >> annunciò cordialmente l’autista di mio padre sempre disponibile a portarmi in giro.
<< Grazie Paul >> sorrisi dirigendomi fuori dalla Porche nera in cui ero rinchiusa da circa un quarto d’ora.
Dritto di fronte a me si estendeva un edificio gigantesco color avorio, diviso in due strutture adiacenti collegate tramite un lungo corridoio di vetro.
La LibertyHighSchool era il l’istituto più conosciuto di tutta New York.
E non solo per la sua ubicazione nel pieno centro di Manhattan, bensì per la formazione e l’incedibile potenziale presente nei suoi studenti.
Inutile dire che studiassi lì.
Sistemai la gonna a pieghe della mia uniforme con un’espressione scocciata.
Odiavo il fatto che dovessimo vestirci tutti allo stesso modo: era un vero e proprio spreco del mio talento per la moda!
Per fortuna i completi non erano così male: camicia avorio, gonna/ pantalone a quadretti avorio ed amaranto, al quale si potevano aggiungere una cravatta, un gilet, un cardigan o una felpa con la stessa fantasia e infine sneakers amaranto.
Quel giorno avevo optato per il gilet, in modo da fasciare perfettamente il mio busto magro.
<< Tesoro! >>
Amanda Black.
Diciassette anni: alunna modello, figlia perfetta, bella da perdere il fiato.
Non mi stupivo che fosse la mia migliore amica!
<< Amy! >> le sorrisi << Come mai in anticipo? >>
<< Diciamo pure che stamattina quel broccolo di mio fratello era in vena di favori! >>
Ridemmo entrambe.
Mike, suo fratello maggiore di appena un anno, frequentava il nostro stesso liceo ed era famoso per essere uno dei ragazzi più desiderati e svegli di tutta la Liberty High School.
Ma in realtà era molto più infantile – nel senso tenero del termine – e con i piedi per terra di come sembrava.
Amanda aprì la bocca per dire qualcosa, quando uno strillo proveniente dall’altra parte del cortile ci distrasse entrambe.
<< Ma voi due siete Lucinda Price e Amanda Black? >> squittì un ragazzo correndo verso di noi << Due delle Ladies? >>
Io e la mia amica annuimmo in contemporanea.
Probabilmente starete pensando che il termine Ladies corrispondesse ad un gruppetto di amiche tutte segreti e pigiama party stile Sleepover Club del quale io e Amy facevamo parte.
Niente di più sbagliato, assolutamente.
L’origine di questo termine derivava da una tradizione più che rinomata nella nostra scuola.
Ogni anno si usava eleggere le sei ragazze più popolari di tutto l’istituto – di qualunque classe fossero – e cercare di creare un nome per raggrupparle utilizzando le loro iniziali.
Eh beh, da ben tre anni si dava caso che le sei ragazze avessero proprio nomi che cominciano con le lettere della parola Ladies.
Amanda Black, la mia migliore amica.
Deborah Stones, bambolina rifatta dell’ultimo anno.
Ingrid Shiller, dal nome orrendo e le curve fin troppo accentuate.
Emma Blue, cocca di tutte le professoresse esistenti sulla faccia della Terra, con il viso da angelo e il carattere da oca giuliva.
Samantha Watson, bella e ribelle, con un animo da maschiaccio nascosto sotto chili di trucco.
E infine c’ero io.
Lucinda Price.
Luce.
Diciassette anni non ancora compiuti, fiera newyorkese innamorata perdutamente della sua città natale.
Studentessa giudiziosa e brillante, figlia amorevole e rispettosa, amica fidata per quei pochi a cui ero davvero affezionata.
E in quest’ultima lista rientravano Amy e Sam – gli unici membri delle Ladies con le quali andavo veramente d’accordo –  Mike – fratello di Amanda - , Charlotte, Danielle e Harry Anderson – tre fratelli gemelli assolutamente meravigliosi.
Ok, non ero per niente aperta alle amicizie, ma la maggior parte della colpa doveva essere attribuita alla mia popolarità e al mio aspetto.
Insomma, c’era una marea di gente a girarmi attorno perennemente, ma la maggior parte delle volte era per apparire con me in copertina sull’ultimo numero del giornale scolastico, per avere consigli, raccomandazioni, pubblicità e cose del genere.
Per questo avevo davvero pochi amici.
Ma del resto, come diceva quel detto?
Meglio pochi, ma buoni.
<< Lucinda, esci ancora con Mattew Dawson? >> mi domandò eccitato il ragazzo che nel frattempo doveva aver tempestato di domande la mia amica.
<< Si, ormai è quasi un anno >> sorrisi contenta << E puoi chiamarmi Luce, se ti va >>
Il tipo sembrò quasi illuminarsi dalla gioia.
Quel semplice gesto aveva davvero tutto questo potere sulle persone?
Beh, non a caso ero stata Miss Sorriso Perfetto anno 2010/2011 e 2011/2012 !!
<< Senti carino, ti va di andare a fare un giro per l’istituto e lasciarci prendere un caffè in pace al bar? Sarebbe decisamente un bel gesto da parte tua! >> mormorò Amanda irritata.
Lei riusciva a controllarsi palesemente molto meno rispetto a me.
Era una ragazza dall’arrabbiatura facile, i nervi molto spesso spostati e il carattere di natura un po’ burbero.
Certo, tendeva a mascherare con naturalezza il tutto quasi sempre, ma spesso le risultava davvero complicato.
Non ci sapeva fare con le persone.
Ed ecco spiegato il perché non aveva mai vinto premi come Miss Gentilezza, cosa che io ovviamente avevo fatto ripetutamente.
Per molti versi lei era più vera rispetto a me, che non mi ero mai aperta realmente quasi con nessuno, ma dopotutto a me andava benissimo così.
<< Non ne potevo più di quel ragazzino petulante! >> sbuffò la mia migliore amica prendendomi sotto braccio e trascinandomi verso il bar della scuola.
Era lì che ogni mattina incontravamo Sam e i nostri altri amici, prendevamo un caffè, per poi dirigerci verso le nostre rispettive classi.
Io frequentavo il terzo anno.
Per fortuna anche Charlotte ed Harry seguivano i miei stessi corsi, mentre Danielle e Amanda ne frequentavano altri.
Mike invece era al quarto ed ultimo anno.
<< Buongiorno mondo! >> esclamò Amy vedendo i ragazzi già seduti a bere qualcosa.
<< ‘Giorno >> sorrisi io a trentadue denti.
<< Come mai ci avete messo tanto? >> chiese Mike sorseggiando il suo cappuccino.
<< Un novellino si è messo a blaterare su di noi e su quanto fossimo belle! >> gli spiegò annoiata Amy.
<< Sempre meglio dell’altro giorno quando quel ragazzo ci ha fermato per farsi una foto insieme a noi! >> ridacchiò Sam pulendosi elegantemente le labbra con un tovagliolo.
<< E vi ricordate invece quando quei tizzi al cinema si sono fatti autografare le scarpe? Neanche foste state delle dee! >> esclamò Charlie alzando per un secondo lo sguardo dal suo amato cellulare.
Arricciai le labbra contrariata.
<< Insomma, non c’è da meravigliarsi >> sorrisi << Dopotutto siamo le regine della Liberty High School ed è giusto che gli altri ci rispettino e ammirino! >>
<< Guarda che anche noi qui siamo dei comuni mortali >> ridacchiò Harry indicando lui, Mike e le sue sorelle.
<< Voi comuni mortali? >> alzai un sopracciglio divertita << Mike è uno dei più fighi dell’istituto, Charlie è prima nella classifica per sostituire una di noi ladies l’anno prossimo, Danielle è più intelligente di qualsiasi professoressa esistente, e tu mio caro Harry >> lo guardai di sottecchi trattenendo a stento una risata << Sei il dongiovanni più famoso di New York! Non esiste ragazza che non sia passata per il tuo letto, esclusa la sottoscritta ovviamente! >>
Tutti scoppiarono a ridere ed io li seguii a ruota.
In effetti tra me ed Harry c’era stato un leggero flirt l’anno prima, ma poi avevo conosciuto Mattew ed era cambiato tutto.
Lui era perfetto.
Il mio principe azzurro.
Bello, simpatico, intelligente, dolce, premuroso e popolare.
Eravamo una coppia assolutamente meravigliosa, anche perché eravamo davvero simili tra di noi.
<< Luce, il tuo boy è appena arrivato >> sorrise Dan ed io mi alzai con calma avviandomi verso di lui, il quale a sua volta camminava nella mia direzione.
<< Buongiorno principessa! >> esclamò baciandomi leggermente le mie labbra.
<< ‘Giorno dolcezza >>
Sorrisi ammirandolo in tutta la sua bellezza.
Era alto, capelli biondi ed occhi azzurro nel blu, naso alla francese, labbra piccole e rosee, fisico atletico e abbastanza muscoloso – anche se mi ostinavo ogni giorno a ripetergli che avrebbe dovuto frequentare un po’ di palestra per mettere su una bella tartaruga degna di tale nome. -
<< Facciamo un giro? >> gli domandai prendendogli la mano dolcemente.
<< Si, è da qualche giorno che non ci facciamo vedere insieme >> rispose semplicemente facendo cenno ai miei amici che ci saremo visti più tardi.
Cominciammo a camminare sentendo tutti gli sguardi dei presenti puntati su di noi.
Tipico.
Qualche ragazzo si soffermò più del dovuto a guardarmi e io gli sorrisi civettuola.
Dopotutto era normale.
Nessun ragazzo riusciva a resistermi.
<< Che fai stasera? >> chiesi a Matt tanto per fare conversazione.
<< Di pomeriggio ho gli allenamenti, quindi probabilmente me ne starò a casa a riposare >> rispose piatto << Tu invece? >>
<< Vado a cenare dagli Anderson >> esclamai contenta << I loro genitori vogliono conoscermi e anche io sono molto curiosa di vedere che tipi sono! >>
Sperai che il discorso continuasse, ma Matt si limitò ad annuire e a continuare a camminare.
Forse era meglio così.
Del resto, non c’era mai stato più che uno scambio di due o tre battute tra di noi, non vedevo perché le cose sarebbero dovute cambiare proprio quel giorno.
A volte la mia vita sembrava semplicemente una monotona fiction a puntate.
 

***

 
Entrai in classe appena due minuti prima dell’arrivo della professoressa.
La mattinata era trascorsa in maniera tranquilla e dopotutto quella pausa pranzo non era stata niente di speciale.
Matt aveva passato l’intera mezz’ora a parlare con alcuni suoi compagni di squadra, Harry e Mike avevano flirtato con un paio di ragazze, Dan era rimasta in classe a ripassare per l’ora successiva, visto che – a suo dire – non aveva studiato per nulla.
Cosa letteralmente impossibile.
Quasi come dire che Emma Blue aveva improvvisamente aiutato una vecchietta ad attraversare la strada, scortese com’era!
Io, Am, Sam e Charlie avevamo invece trascorso il tempo commentando una stupida lista che alcune ragazza di quinto avevano propugnato praticamente a tutta i membri del corpo studentesco.
“I ragazzi più fighi della Liberty High School”  ecco come si intitolava il loro capolavoro.
 
<< Primo posto: Mike Black >> lesse Amanda con un sorriso.
Beh, su quello ero d’accordo: suo fratello era decisamente il più bello di tutto l’istituto.
Presa dalla curiosità di vedere in che postazione fosse il mio ragazzo interruppi la mia migliore amica che stava per annunciarci il secondo posto.
<< Matt dove l’hanno messo? >>
<< Terzo posto >> esclamò lei semplicemente.

<< Terzo? Quindi deduco che Harry sia secondo, no? >> chiesi con noncuranza.
Dopotutto il terzo posto andava più che bene.
<< Ti sbagli, tesoro >> mi corresse divertita << Harry è quarto! >>
Arricciai le labbra pensierosa.
Chi poteva esserci tra Mike e Matt?
<< E quindi chi è secondo? >> domandai non riuscendo a formulare un’ipotesi decente.
<< Christopher Anderson >> sorrise Samantha strappando la lista dalle mani di Amanda.
<< Chi? >> chiesi stranita.
Da dove sbucava fuori un altro Anderson?
<< Mio Dio Luce, sei proprio senza speranze! >> rise Am guardandomi con rimprovero << Sono ben quattro anni che tu e quel pezzo di figo seguite praticamente ogni corso insieme e non te ne sei mai accorta? >>
<< Ehi andateci piano con gli apprezzamenti! >> ci fermò Charlie ridacchiando << è pur sempre mio fratello >>
<< Fratello? >>
Ok, o ero io ad essere totalmente impazzita, oppure quel ragazzo se lo stavano inventando a momento quelle pazze delle mie amiche.
<< Il cognome Anderson non ti dice niente, Sherlock? >> risero le due seguite a ruota da Sam.
Ma quanti figli avevano i signori Anderson?
Insomma: Danielle, Harry, Charlotte, questo misterioso Christopher e a quanto ne sapevo una bambina di circa cinque anni il cui nome mi era totalmente sfuggito durante i loro racconti.
Beh, quella sera a cena da loro avrei di sicuro avuto con chi parlare!
 
<< Quindi tu hai non due, ma tre fratelli nel nostro stesso istituto e non me l’hai mai detto? >> chiesi confusa a Charlotte mentre ci sistemavamo nei nostri banchi.
<< Credevo ci fossi arrivata, tesoro! >> mi disse come se fosse la cosa più ovvia del mondo << Insomma, quattro anni passati a sentire tre volte il mio stesso cognome nell’appello! >>
Ma chi l’aveva mai ascoltato l’appello per intero?
Insomma, eravamo quarantadue alunni nella mia classe, era possibile che davvero non avessi mai fatto caso a lui con tutta quella gente!
Eppure, se era davvero bello come tutte dicevano, come era stato possibile?
Pazienza, l’avrei conosciuto quella sera, dopotutto volevo soltanto esprimere il mio parere su di lui, qualche ora in più non avrebbe fatto la differenza.
<< Bene ragazzi, niente libri oggi, armatevi soltanto di un foglietto di carta e di una penna! >> esordì la nostra professoressa di letteratura entrando in classe.
Tutti la guardammo straniti, così iniziò a spiegarci.
<< Dovrete realizzare un progetto a coppie >> annunciò << Più tardi ve ne parlerò con la dovuta attenzione. >>
Prese una ciotola dalla borsa e la poggiò con poca delicatezza sulla cattedra.
<< Adesso, i ragazzi nelle prime due file scriveranno il loro nome su un foglietto, mentre quelli delle altre due file estrarranno a sorte il loro compagno. Tutto chiaro? >> domandò e noi annuimmo.
La fila dove eravamo sedute io e Charlotte era la terza, quindi avremmo dovuto estrarre il nome, e non scriverlo.
Quando tutti ebbero consegnato il proprio bigliettino, la professoressa ne distribuì uno ad ognuno degli studenti seduti in terza e quarta fila e ci disse di leggerli ad alta voce.
Sussultai quando ascoltai la voce di Charlie esclamare: << Peter Fox >>
Poverina! Proprio con lo sfigato di turno doveva capitare!
Nonostante ciò però, non riuscii a trattenere un sorriso incuriosito quando pronunciai il nome del mio compagno.
<< Christopher Anderson >>
 


Piccolo Angolo Di Luce
Heilà! Se siete arrivati fin qui significa che dopotutto questo prologo non è tanto male come pensavo!
Ringrazio chi ha letto, significa davvero tanto per me.
Allora, come vedete in questa storia la protagonista, Luce, è un tipo decisamente particolare.
È una ragazza che si crede una principessa, una protagonista che – almeno io – non ho mai trovato in nessuna storia letta.
Il protagonista maschile invece per adesso è soltanto un nome, ma si farà conoscere già nel primo capitolo.
Voglio ringraziare di cuore la pagina su facebook “
Pinoolast’s Graphic-Video” per il meraviglioso banner che vedete in alto del quale mi sono totalmente innamorata *_*
Spero di ricevere i vostri pareri, un bacino <3
xoxo

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Capitolo 2
*** Anderson's Family ***


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Capitolo 1 : Anderson’s Family

 

<< Christopher Anderson >>
Rimasi seduta non riuscendo a nascondere quel sorrisetto incuriosito, mentre aspettavo che il mio compagno di lavoro venisse a presentarsi.
Peter Fox mi passò davanti in tutta la sua bruttezza e sfigataggine e non riuscii a non ridere pensando alla povera Charlie, la quale avrebbe avuto a  che fare con quel tipo tutto brufoli e vestiti smessi di qualche suo parente.
Picchiettai con le dita sul banco aspettando il mio compagno, che a quanto pareva si stava facendo attendere decisamente più del dovuto.
Nel frattempo lanciavo sguardi a destra e a manca cercando di individuarlo, ma niente.
Ecco perché non l’avevo mai visto, allora!
Era invisibile il ragazzo.
<< Mio fratello è quello lì in fondo a destra >> mi disse ad un tratto la mia amica vedendomi pensierosa.
Evidentemente doveva essere un tipo timido per non essere venuto da me, quindi decisi di fare io il primo passo.
Spostai lo sguardo nella direzione indicata da sua sorella e lo individuai, seduto in disparte a guardare fuori dalla finestra, con le caviglie incrociate sul banco e l’aria annoiata.
Cominciavo a capire il perché l’avessero inserito secondo nella lista dei ragazzi più fighi dell’istituto.
Christopher Anderson era bellissimo e … magnetico.
I capelli nero carbone gli stavano piuttosto scompigliati sul capo e contornavano i suoi occhi grigi scuri, le labbra erano piene e rosee, le spalle larghe e da ciò che riuscivo a vedere l’altezza e il bel fisico non gli mancavano proprio per nulla.
Ma forse non erano tutti quei piccoli dettagli a renderlo così attraente, quanto quell’aria misteriosa e tenebrosa che sembrava avvolgerlo completamente.
Sfoggiai il mio sorriso migliore tendendogli la mano decisa: << Ciao! Sono Lucinda Price, ma credo che questo tu lo sappia già >>
Un impercettibile cenno del capo fu l’unica risposta che ottenni.
<< Chiamami Luce >> ritentai << Posso chiamarti Chris, vero? >>
Annuì semplicemente.
<< Sei forse muto? >> chiesi scocciata.
<< Preferirei >> rispose degnandomi finalmente di ascoltare la sua voce, la quale era così profonda e roca da lasciarmi immaginare come sarebbe stato bello sentirmi dire frasi d’amore da lui.
<< Ma allora sai parlare! >> esclamai tentando di apparire ironica.
<< Così pare >> borbottò continuando a guardare fuori dalla finestra, senza degnarmi della minima considerazione.
<< Ti comporti così con tutti o mi stai dedicando un trattamento speciale? >> sbottai annoiata da quella sua noncuranza.
Ancora senza guardarmi rispose << Chiamalo pure “trattamento speciale verso le persone irritanti” >>
<< Cosa? >> esclamai arrabbiata << Io sarei irritante? >>
Non parlò, ma intravidi un palese sorrisetto di scherno sul suo volto.
<< Guarda che come tattica di conquista non attacca! >> gli spiegai tentando di ritrovare la calma.
Era sicuramente l’ennesima trovata che un ragazzo inventava per provarci con me: ecco il perché di quel suo atteggiamento fuori dal comune.
<< Preferisco decisamente i tipi diretti e poi … >>
<< Sai, a volte ti guardo e mi chiedo >> mi interruppe.
<< Come faccio ad essere così bella ed irresistibile? >> domandai ovvia.
<< No >> mi guardò divertito << Mi domando se hai fatto un corso per essere così montata o se è una cosa che ti viene naturale >>
Cosa?
Chi era lui per schernirmi in quel modo?
E soprattutto, perché pensava quelle cose di me?
<< Io non sono affatto montata! >> sbottai con enfasi.
Rise divertito, mentre io iniziavo a progettare nella mia mente come ucciderlo con la mia limetta per unghie.
La voce della professoressa mi distrasse dai miei pensieri omicidi riportandomi alla realtà.
<< Allora ragazzi, sarà meglio che inizi a spiegarvi in cosa consiste questo progetto a coppie >> esclamò << Avete due mesi di tempo per realizzarlo, e il lavoro migliore varrà crediti extra per il semestre alla coppia vincitrice >>
Non mi servivano crediti in più data la mia perfetta media scolastica, ma vincere era da sempre stato il mio sport preferito.
Quindi avrei realizzato il lavoro migliore, con o senza l’aiuto di quell’assurdo ragazzo.
<<  Dovrete scrivere un racconto di almeno 200 pagine, basandovi su una delle storie d’amore della letteratura mondiale >> spiegò.
Un bel po’ di sbuffi arrivarono al sentire il numero delle pagine e il fatto che avrebbero dovuto essere piene di una storia d’amore.
Possibile che la maggior parte degli alunni della 4° E fosse totalmente priva di romanticismo e di vena creativa?
<< Ad esempio, ispirandovi a Dante che vive il suo amore verso Beatrice pur senza vederla, potreste parlare di un amore a distanza, oppure prendendo Leopardi che non ha mai conosciuto Silvia di un amore immaginario >>
Mi piaceva quella traccia, davvero moltissimo.
Se solo il mio compagno non si fosse spruzzato addosso il repellente per evitarmi, come si faceva con le zanzare!
<< Perfetto, mettetevi d’accordo con i vostri compagni adesso, buon lavoro! >>
Mi voltai verso Christopher e, vedendo che non aveva alcuna intenzione di alzarsi dalla sua sedia, ne presi un’altra accomodandomi di fronte a lui.
<< Allora, ho pensato che potremmo scegliere Boccaccio, il quale ama le tante donne, ma che poi si innamora di Fiammetta, per raccontare di un ragazzo a cui piacciono tutte ma che poi conosce la protagonista e si dimentica delle altre >> illustrai la mia idea in modo più conciso possibile << Che ne pensi? >>
<< È forse la storia di come tu troverai il tuo principe azzurro dopo esserti fatta tutto il liceo? >> domandò ironico e derisorio.
Tentai di mantenere la calma per non pensare di nuovo a come ucciderlo con la limetta per unghie e sospirai a lungo prima di rispondergli, mentre sorrideva divertito.
<< Se essere stata con un ragazzo significa essersi fatta tutto il liceo, allora è andata così >> esclamai << E poi, per tua informazione, ho già il mio principe azzurro! >>
Era vero.
Nessuno avrebbe mai potuto essere perfetto per me come Matt, lui era esattamente uguale a me.
Christopher si lasciò andare all’ennesima risata di scherno.
<< Non dirmi che Mattew Dawson ti piace sul serio >> mormorò divertito.
<< Certo che mi piace sul serio! E si può sapere il perché di questo tono?>> risposi arrabbiata.
Al diavolo il mio voler essere gentile e carina con tutti!
Quel ragazzo era totalmente insopportabile.
<< Mi stupisci! Credevo aspirassi a meglio di un semplice giocatore di football! >> rise << Insomma, almeno un capitano della squadra di rugby! >>
<< Ah. Ah. Molto divertente, davvero! >> sbottai irritata.
Quanto sarei resistita a stare a contatto con un individuo del genere?
Davvero poco.
Avrei sempre potuto chiedere alla professoressa di cambiare compagno, ma sarebbe stato da bambina capricciosa e non mi andava di fare quella figura.
Quindi tanto valeva mettere da parte per un po’ la carica di Miss Gentilezza a cui tanto aspiravo anche quell’anno, e rispondergli a tono.
<< E sentiamo, visto che critichi tanto il mio ragazzo, posso sapere chi è la sfortunata che ha la pazienza di sopportarti? >> gli chiesi pungente.
Tanto sfortunata in effetti non doveva essere quella ragazza: dopotutto era bello da togliere il fiato, e forse con lei diventava improvvisamente dolce e socievole.
Ma restava il fatto che con me si comportava in maniera odiosa.
<< Non ho una ragazza >> rispose piatto << Non perché non mi vengano dietro, ma semplicemente perché non ne ho voglia >>
<< Questa non ti sembra la tipica frase da ragazzo montato? >> lo schernii ancora offesa per l’insulto che mi aveva rivolto poco prima.
Chissà perché però, mi aveva reso felice sapere che fosse single.
<< Per niente >> masticò << Io -persona normale- constato la verità, tu -montata- la ingigantisci >>
Soltanto in quel momento iniziavo a capire Amanda quando diceva che alcune persone le facevano saltare i nervi!
<< E vediamo, cosa ingigantirei io? >> domandai sempre più irritata.
<< La tua bellezza ad esempio >> rispose calmo << Dici sempre di essere bellissima e perfetta >>
<< E come sarei invece? >>
<< Carina. >> mormorò << Nulla di più >>
 

***

 
20:30.
Ero al telefono con Amanda, seduta accanto a Paul nella nostra meravigliosa Porche.
Le avevo raccontato per filo e per segno quell’orribile ora di lezione passata a battibeccare con Christopher e lei non faceva altro che ridere divertita.
Inutile dire che non avevamo combinato un bel niente per quanto riguardava il progetto: ci eravamo semplicemente limitati a prenderci in giro e irritarci a vicenda, anche se dovevo dire che in quello lui era decisamente molto più bravo.
Ma come poteva un ragazzo così bello avere un carattere così insopportabile?
Mistero.
<< Capisci Am? Mi ha detto “Sei carina, ma nulla di più”!! A me! >> sbottai allibita.
Non riuscivo a crederci.
Io piacevo a tutti.
Nessun ragazzo riusciva a resistermi.
Perché lui si comportava in quel modo?
<< Beh Lù, sta a te fargli cambiare idea >> rispose la mia amica dopo l’ennesimo attacco di ridarella << Quel suo atteggiamento non durerà ancora per molto se ti avvicinerai a lui, ne sono sicura >>
<< Lo spero >> mormorai << Non sopporto il modo in cui mi guarda e mi parla: sembra quasi abbia a che fare con un insetto! >>
<< Vedremo se gli sembrerai ancora un insetto quando morirà dalla voglia di averti! >>
Meno male che almeno Amanda mi capiva.
Mike aveva riso per due ore di fila quando gli avevo raccontato del mio scambio di battute con Christopher, seguito a ruota da Sam.
Harry aveva detto che suo fratello era un tipo particolare, mentre Danielle e Charlotte si erano limitate a scuotere la testa in segno di consapevolezza.
Come potevano i miei migliore amici essere fratelli di quello lì?
<< Signorina Price, siamo arrivati >> mi informò il mio autista parcheggiando di fronte un lungo isolato di villette a schiera.
Salutai velocemente la mia amica ancora al telefono e scesi dall’auto, diretta verso la quarta abitazione.
Era una villetta color azzurro cielo con alcune nuvolette disegnate qua e la: assolutamente originale e che ispirava gioia.
Mi avvicinai al campanello e bussai piano, mentre controllavo il mio aspetto in uno dei vetri della porta.
Essendo Ottobre ormai inoltrato non avevo potuto indossare niente di troppo scollato o corto, soprattutto considerato il freddo che faceva a New York in quel periodo.
Quindi avevo optato per un paio di decolté nere, un jeans scuro e un maglione nero con lo scollo a barca, molto stretto e un po’ lungo, tempestato di lustrini argento.
I capelli biondi li avevo lasciati sciolti e mi ero truccata in modo naturale, evidenziando in modo particolare i miei occhi dello stesso colore di quella villetta.
Aspettando che qualcuno venisse ad aprirmi mi guardai intorno scorgendo i particolari di quella zona.
Faceva strano trovarsi a Brooklyn, abituata com’ero ai grattacieli e alle mille luci di Manhattan, e quella villetta colorata era decisamente fuori posto in un luogo scuro e tenebroso del genere.
Gli Anderson dovevano essere una coppia modesta, e con tutti i figli che avevano doveva essere impossibile per loro pensare di trasferirsi in centro.
Ad un tratto la porta si aprii rivelandomi una donna sui cinquanta che mi sorrideva sorniona.
Era identica a Danielle.
I capelli castani e ricci le scendevano sulle spalle, gli occhi da cerbiatta spiccavano appena sopra il suo dolce sorriso.
<< Buonasera signora Anderson >> esclamai cordiale stringendole la mano << Sono Lucinda Price, ma può chiamarmi Luce! >>
<< Lieta di conoscerti tesoro, io sono Mary >> mi sorrise quella invitandomi ad entrare.
Dall’interno quella villetta era ancora più colorata e stravagante.
Il soggiorno era verde mela con i mobili delle diverse tonalità di verde: a partire dal militare fino ad arrivare al salvia.
E come in un film, l’intera famiglia - seduta sul divano intenta a guardare la televisione – si alzò al mio arrivo venendomi a salutare.
Baciai sulle guancie Charlie, Harry e Danielle velocemente, strinsi la mano al signor Anderson, il quale mi pregò di chiamarlo semplicemente Jack, e sorrisi a Christopher il quale si limitò ad un irritante cenno della testa.
<< Ciao! Tu sei Luce, vero? I miei fratelli parlano sempre di te! >> esclamò una bambina sui cinque anni venendomi incontro.
Era una bellissima e somigliava in maniera impressionante a Christopher.
Notai con curiosità che lei e il ragazzo erano gli unici della famiglia a non avere le labbra finissime a contraddistinguerli, dato che le loro erano decisamente piene.
<< Si tesoro, è un piacere conoscerti! >> le sorrisi << Tu come ti chiami? >>
<< Amira >> mi rispose questa entusiasta << In arabo significa principessa! E infatti la mia stanza è tutta delle principesse! Vuoi vederla? >>
Non ebbi il tempo di risponderle che la voce di Jack Anderson ci interruppe.
<< Gliela fai vedere dopo, piccola >> sorrise a sua figlia << Ora dobbiamo cenare >>
E così prendemmo posto a tavola.
Io mi sedetti tra Amira – che ovviamente mi aveva voluto al suo fianco – e Harry, mentre la signora e il signor Anderson erano proprio di fronte a me.
<< Ho preparato le lasagne, Luce >> mi disse Mary porgendomi un piatto << Spero ti piacciano! >>
<< Non ho idea di cosa siano in realtà >> mormorai.
<< È un piatto italiano >> mi spiegò Harry << Nostra madre è nata e cresciuta in Toscana, quindi molto spesso cucina piatti della tradizione italiana >>
<< Wow! Mia madre ha girato alcuni servizi in Italia, dice che è meravigliosa! >> esclamai ricordando alcuni suoi racconti.
<< Che lavoro fa tua madre? >> mi domandò Jack curioso.
<< È una giornalista per Good Morning NY >> risposi sorridendo.
Quello di mia madre era un lavoro favoloso.
Girava per il mondo realizzando servizi ed incontrando spesso personaggi famosi: in questo modo aveva l’occasione di visitare sempre posti nuovi e di conoscere moltissime persone.
<< E tuo padre invece? >> mi chiese Mary.
<< Mio padre è un imprenditore >> risposi semplicemente, anche perché non avevo idea in che cosa consistesse nella pratica il suo lavoro << E voi invece? >>
Fu Charlie a prendere la parola questa volta: << Mamma è donna delle pulizie nell’Empire State Building >>
<< Papà invece è un medico >> mi disse Harry.
Era bellissimo come ognuno di loro lasciasse parlare l’altro dandogli il suo spazio, senza voler egoisticamente parlare unicamente lui – cosa che purtroppo succedeva spesso a casa mia. –
Finimmo la cena con tranquillità parlando del più e del meno, dopodiché decidemmo di guardare un film tutti insieme.
Prima però, Charlie, Dan e Amira cominciarono meccanicamente ad aiutare la madre a lavare i piatti, Harry portò fuori la spazzatura, Jack iniziò a spazzare, mentre Christopher tentava di far partire il lettore dvd.
Io invece mi offrii di sparecchiare, anche se in vita mia non avevo mai fatto una cosa del genere.
Ma in quella casa rendersi utile ti sembrava quasi un piacere.
<< Vi va se cantiamo una canzone tutti insieme? >> chiese Mary e tutti annuirono energici.
Tutti a parte Chris.
<< We wish you a merry Christmas, we wish you … >> iniziò la signora Anderson e gli altri la seguirono a ruota.
<< A mamma piacciono le canzoni di Natale >> mi spiegò Harry << La mettono di buon umore! >>
Risi iniziando a cantare anche io.
E non fu la canzone, ma semplicemente quella casa, quella famiglia, a farmi spuntare un enorme sorriso sulle labbra.
Regnava un’armonia perfetta tra quelle persone, che sembravano vivere ed agire l’una in funzione dell’altra.
Ma c’era un tassello mancante in quel puzzle.
Christopher sembrava un alieno atterrato su un pianeta sconosciuto.
Aiutava perché doveva, ma non cantava, non parlava quasi mai e non si amalgamava per niente con lo spirito di allegria che si respirava in quell’abitazione.
Come ci era capitato lì in mezzo?
Mistero.
Christopher Anderson era la reincarnazione del mistero.



  
Piccolo Angolo Di Luce
Hola!! Chiedo immensamente scusa per il ritardo nell’aggiornare, ma purtroppo sono stata una settimana in vacanza senza computer, durante la quale però mi sono venute un sacco di nuove idee per far continuare questa storia!
Allora, cosa ne pensate del capitolo? Personalmente non mi piace un granchè, ma almeno ci sono eventi importanti.
Come per esempio il primo incontro tra Luce e Chris.
Quei due mi fanno divertire un sacco con i loro battibecchi, e nonostante la mia protagonista odi Christopher, io lo amo da impazzire già da subito!
Inoltre abbiamo conosciuto la famiglia Anderson, che come si nota è decisamente diversa da quella di Luce e anche da Chris stesso.
 Volevo poi dirvi che adesso andrò a correggere il primo capitolo, nel quale c’è stato qualche errore di tempi verbali che per fortuna mi avete segnalato!
E inoltre voglio ringraziare di cuore le
8 persone che hanno recensito il capitolo, le 9 che hanno inserito la storia tra le seguite, le 3 tra le preferite e 1 tra le ricordate … vuol dire davvero tantissimo per me <3
Per il   
banner  , crediti alla pagina facebook “Pinoolast’s Graphic-Video
A presto, un bacino <3
xoxo
 

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Capitolo 3
*** Uno A Zero ***


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Capitolo 2 : Uno A Zero

 
Mi stiracchiai, ancora avvolta nelle coperte.
Uno sguardo all’orologio: le 6 e mezzo.
Perfetto, avevo tutto il tempo di prepararmi con calma per una nuova giornata a scuola.
Mi alzai scostando le tende rosa a pois della mia finestra per poter ammirare al di fuori di essa.
New York era appena sveglia quella mattina, eppure si potevano già vedere persone correre qua e là per le strade, lavoratori nei loro uffici, bar e negozi aperti e gremiti di persone.
Non mi sarei immaginata in nessun altro posto, se non nel mio enorme appartamento a due piani nel pieno centro di Manhattan.
Come cavolo facevano gli Anderson a vivere in un posto buio e isolato come Brooklyn?
Beh, visto il carattere di Christopher dovevo ammettere che lui ci stava più che bene in quel luogo.
Un ticchettio metallico mi fece rinvenire dai miei pensieri.
Afferrai velocemente il mio Iphone per leggere il nuovo sms che mi era stato recapitato.
Era di Charlotte.
 

Buongiorno tesoro!
Dormito bene? Spero che tu ti sia divertita ieri sera a cena da noi, siamo un po’ strambi in effetti, ma pur sempre adorabili, no?
Comunque sia, ti scrivo per dirti che oggi devo andare dal medico per quel problemino che già sai, quindi  sarai sola soletta in classe.
Ti voglio bene, un bacio <3

 
Mi ero completamente dimenticata che proprio quel giorno sarebbe dovuta andare a fare la visita.
Il problemino in questione di cui mi aveva scritto altro non era che l’anoressia.
Charlie ne aveva sofferto l’anno precedente, ma per fortuna grazie a noi amici, alla sua famiglia e ad una buona terapia era riuscita a sconfiggere il disturbo.
Ancora non era chiaro a nessuno il perché avesse improvvisamente smesso di mangiare.
Alcuni dicevano che fosse stato a causa della rottura con il suo ragazzo di allora, altri che fosse colpa della classifica per sostituire le Ladies che esigeva un corpo perfetto, altri ancora che la sua famiglia era talmente povera da non potersi permettere di nutrirla.
Tutte voci infondate ovviamente.
Di ragazzi ne aveva avuti migliaia ed era sempre stata lei a decidere di rompere, io stessa che ero membro delle Ladies non ero una stecca da biliardo senza un accenno di pancia e gli Anderson erano la famiglia migliore che conoscessi: avrebbero venduto gli occhi per dare ai figli ciò che necessitavano.
Motivi per cui non avevo mai capito cosa l’avesse avvicinata all’anoressia.
Per fortuna era acqua passata.
Risposi al suo sms con tranquillità, feci una doccia, indossai la divisa e mi truccai leggermente.
Al piano di sotto la colazione era già pronta, molto più abbondante di quanto avessi mai chiesto.
<< Jazmin!! >> strillai irritata.
La donna comparve all’istante sull’uscio guardandomi confusa.
Era la mia cameriera, domestica, donna delle pulizie e una sorta di baby sitter da quasi diciassette anni.
<< Mi dica signorina Price >> mormorò impaurita dal mio tono.
<< Quando mai ho mangiato pane e nutella a colazione, eh? >> le dissi indicando il piatto di fronte a me.
<< M..mai >> sussurrò quella evitando il mio sguardo.
<< E quindi perché dovrei mangiarlo proprio oggi? >>
La donna deglutì lentamente prima di rispondermi con il tono di chi sta per essere condannato a morte: << Ha chiamato sua madre ieri sera e mi ha detto di assicurarmi che mangiasse un po’ di più del solito >>
<< Cos’è? Adesso le importa della mia vita? >> sbottai scocciata alzandomi di colpo.
Mi avvicinai a lei e la guardai con rabbia.
Ma non era colpa sua, lei aveva soltanto fatto ciò che il suo capo le aveva detto.
Sospirai.
Non potevo prendermela con Jazmin: lei era l’unica persona che mi era sempre stata accanto, in qualsiasi momento.
<< Dì a Paul che oggi scendiamo prima >> le dissi tentando di calmarmi << Non ho più fame >>
 

***

 
Il tragitto fino a scuola mi parve anche più lungo quella mattina.
Paul non fiatò come suo solito ed io mi limitai a chiudermi in me stessa per riflettere.
Perché mia madre non aveva chiamato me invece che Jazmin?
Aveva paura che le facessi un’altra sfuriata come quella della settimana precedente?
Impossibile, mia madre non temeva niente e nessuno.
Probabilmente si annoiava di ascoltare le mie lamentele sulla totale assenza sua e di mio padre nella mia vita ed era stato più semplice e veloce comunicare con la mia cameriera.
Senza riflettere andai a sbattere contro qualcosa, o meglio qualcuno.
<< Ehi, sta più attenta la prossima volta! >> sbottò un ragazzo che non avevo mai visto in vita mia.
Perfettamente nella norma, niente d’interessante potei commentare dopo averlo guardato per bene.
A lui non dovevo aver fatto lo stesso effetto però.
<< Oh mio Dio! Ma tu sei Lucinda Price! >> esclamò infatti dopo aver incontrato il mio sguardo << Perdonami insomma, dannazione! Non potevo immaginare che fossi tu! >>
Vista da un’altra prospettiva, la maniera in cui tutti mi veneravano in quell’istituto e anche fuori poteva sembrare ridicola, ironica forse.
Ma dalla mia prospettiva era la cosa più bella che potesse mai capitarmi.
<< Non preoccuparti tesoro >> cinguettai allontanandomi verso la caffetteria.
La giornata non era iniziata nel migliore dei modi, ma almeno i miei ammiratori non si smentivano mai con la loro capacità di tirarmi su il morale.
Purtroppo però, un’altra irritantissima situazione mi si presentò ai miei occhi appena due minuti dopo: una coda kilometrica davanti alla caffetteria della scuola.
Imprecai mentalmente verso mia madre, la causa per cui avrei dovuto aspettare un’oretta buona prima di poter bere un misero caffè.
Ad un tratto però, intravidi una persona più che conosciuta occupare il secondo posto davanti al cassiere.
Christopher Anderson poteva essere la mia salvezza dall’iniziare una giornata in maniera stressante e con un calo di zuccheri.
<< Chris tesoro! >> squittii avvicinandomi a lui, il quale mi guardò stranito.
<< Hai fumato qualcosa di pesante stamattina? >> mi domandò con un sopracciglio sollevato.
Diamine! Perché non poteva semplicemente bearsi dei miei modi civettuoli come tutti i ragazzi di questo mondo?
<< Ma certo che no! >> scossi la mano divertita << Semplicemente volevo dirti che ti capisco >>
<< Che?? >> domandò confuso al massimo.
<< Capisco il tuo modo di trattarmi “male” >> mimai proprio con le dita quella parola << Solo per ottenere la mia attenzione e ti dico che hai raggiunto il tuo scopo! Ti ho notato! >>
La sua bocca arricciata in una smorfia a metà tra il divertito e il confuso e il suo sopracciglio sollevato mi smossero a continuare.
<< Quindi ti do l’onore di offrirmi un caffè stamattina! >> sorrisi smagliante << Non è meraviglioso? >>
Mi scrutò per alcuni secondi divertito prima di domandarmi curioso: << Dimmi un po’, quanti stupidi concorsi hai vinto con questo sorrisetto? >>
Pane per i miei denti: finalmente mostrava interesse verso me e la mia vita!
<< In verità sono stata Miss Sorriso Perfetto anno 2010/2011 e 2011/2012! >>  affermai pimpante.
<< Davvero? >> esclamò entusiasta, prima di concludere con un irritante e odioso << Beh, mettiti in testa che con me non attacca >>
Un paio di ragazzini dietro di lui iniziarono a ridere di gusto mentre io, risentita al massimo, giravo i tacchi muovendomi in direzione del bar dietro scuola, tragitto che – per inciso – mi avrebbe portato via circa dieci minuti buoni.
Gliel’avrei fatta pagare a quell’idiota!
Com’era vero che mi chiamavo Lucinda Price.
 

***

 
Le prime due ore di lezione erano trascorse con una tranquillità disarmante.
Si poteva dire che avessi dormito praticamente tutto il tempo.
O meglio, dormito e riflettuto.
Si, perché dovevo ancora trovare il modo per dare una lezione a Christopher.
Nessuno poteva liquidarmi in quel modo, prendermi in giro e soprattutto farmi camminare così tanto per pura essenza sadica!
Non riuscivo a sopportarlo.
Che poi, da dove era uscito un individuo del genere?
Non poteva essere figlio dei due perfetti genitori Anderson!
Mi rifiutavo di credere che dalla loro meravigliosa unione fosse potuto nascere un antipatico del genere!
Calma Luce, calma.
<< Bene ragazzi, mettete via tutto dal banco e preparatevi per il compito in classe! >> esclamò ad un tratto la nostra professoressa di scienze.
Ma da quale cilindro era spuntata fuori?
Per fortuna avevo studiato a dovere – come sempre! – e non sarebbe stato un problema rispondere ad uno dei suoi soliti test a crocette.
Ci consegnò i fogli ad uno ad uno e i disse di cominciare a scrivere.
Avevo risposto circa a metà delle domande, quando la donna borbottò qualcosa verso qualcuno dei ragazzi nelle ultime file.
Non m’importava, in quel momento volevo soltanto terminare il compito nel migliore dei modi.
Ma forse avrei dovuto prestare più attenzione alle sue parole, perché nemmeno due minuti dopo un corpo era stato registrato nel mio campo visivo seduto al banco di Charlotte, proprio accanto al mio.
Mi voltai con calma per esaminarlo.
Oh Dio no! Perché proprio lui?
Sbuffai cercando di non perdere la concentrazione.
Christopher Anderson o meno, dovevo prendere l’ennesima A  anche quella volta.
<< Luce >> sussurrò ad un tratto Bill Fletcher, il ragazzo seduto dietro di me, richiamando la mia attenzione.
<< Che cosa vuoi? >> biascicai sperando davvero che la professoressa non ci vedesse, né sentisse.
<< Domanda 8 >> mormorò intimidito dalla mia espressione scocciata.
<< C >> risposi prima di voltarmi nuovamente.
Nemmeno cinque minuti che il sopracitato ebbe di nuovo bisogno del mio aiuto.
E ancora e ancora.
Andammo avanti così per un po’, quando mi accorsi che anche l’individuo seduto accanto a me stava trascrivendo ciò che suggerivo a Bill.
Eh no caro mio! pensai.
Avrei fatto carte false pur di non far prendere un bel voto a Christopher per merito mio!
Così mi ritrovai a sacrificare il povero Fletcher iniziando a sparare risposte a caso, che ovviamente non avevano nulla a che fare con quelle giuste.
Mi dispiaceva per lui, ma dopotutto avrebbe sempre potuto studiare se proprio ci teneva a fare un bel compito!
Chris scriveva lentamente per non lasciarsi scoprire, mentre io sentivo già sulle labbra il sapore della vittoria.
Luce 1 – Chris 0.
 

***

 
Ultima ora.
Letteratura.
Tradotto: sessanta minuti da passare a litigare con il mio vicino di banco – si, le prof avevano deciso di lasciarlo lì vista l’assenza di Charlie – per quel maledetto progetto.
Ma quella volta avevo una marcia in più: mi ero vendicata per la figuraccia che mi aveva fatto fare quella mattina e mi sentivo appagata grazie a ciò.
<< Allora, qualche idea? >> mi chiese voltandosi a guardarmi.
<< Come mai così cordiale? Nessun insulto? >> domandai ironica.
Sorrise appena.
<< Guarda che ti sbagli se credi che io passi le giornate a preparare battute contro di te >> esclamò << Non ci penso più di tanto, mi vengono naturali >>
Ghignò soddisfatto, ma non riuscì a colpirmi più di tanto.
Io avevo sempre quella piccola vittoria dalla mia parte.
<< Ah. Ah >> lo schernii << Comunque si, ho un’idea >>
<< Spara >> mormorò senza entusiasmo.
<< Come Penelope tesse la tela aspettando il ritorno di Ulisse, scriveremo di una ragazza che – con il fidanzato in coma – prepara un diario con tutti i loro ricordi da regalargli una volta sveglio >> spiegai velocemente << Che ne pensi? >>
Mi guardò per un po’ mentre cercavo di scorgere un segno di approvazione o meno nel suo volto.
Niente.
Era impassibile e insopportabile.
<< Frivola e senza senso >> commentò dopo un periodo di tempo che mi parve indefinito.
Lo guardai assottigliando gli occhi irritata.
<< L’idea intendo, non tu >> ghignò appena.
<< L’avevo capito! Io non sono frivola e senza senso! >> borbottai annoiata afferrando una matita.
<< E come sei allora? >> domandò con un’espressione indecifrabile.
<< Dimmelo tu >> lo sfidai seria.
<< Hm.. >> sembrò pensarci su << Sei una delle ragazze più popolari dell’istituto, no? >>
<< La più popolare >> calcai.
<< Mi sembrava che le Ladies fossero sei >> puntualizzò arguto.
Sorrisi tentando di mascherare l’irritazione.
<< Quella è solo una stupida copertura per dividere formalmente la popolarità! >> risi appena << Altrimenti perché sarei stata la prima lettera? >>
<< Forse perché Ladies inizia con la “L”? >> chiese ovvio.
Lo liquidai con un gesto della mano.
Ero io la ragazza più popolare della scuola: su quello non c’era da ridire.
Passammo tutta l’ora a discutere sulle mie idee che lui trovava stupide e le sue che non stavano né in cielo né in terra, fino a quando la campanella mise fine a quella tortura.
Stavamo per alzarci quando, non riuscendo più a resistere, gli sussurrai all’orecchio ironica.
<< Spero che il tuo compito di scienze sia andato bene >>
Colpito e affondato!
Ma allora perché rideva di gusto?
Lo guardai interrogativa per un po’, fin quando non si decise finalmente a rispondermi.
<< Ti credevo più intelligente, Price >> esclamò divertito << Possibile che credevi davvero copiassi le tue risposte sbagliate? >>
No.
No. No. No.
Non poteva essere!
Mi aveva presa in giro, un’altra volta!!
Fece per uscire dalla classe, ma prima si abbassò quel poco che bastava per sussurrarmi all’orecchio.
<< Luce 0 – Chris 1 >>
 

 

Piccolo Angolo Di Luce
Hola!! Capitolo puramente di passaggio, come si può notare non succede nulla d’importante.

Iniziamo ad intravedere qualche scorcio della famiglia di Luce, conosciamo la sua domestica Jazmin, Chris prende in giro Luce e lei crede di vendicarsi, finendo però ad essere di nuovo presa in giro dal ragazzo ( e per questo credo che syontai mi farà una statua XD )

Il prossimo capitolo è già scritto, quindi sarà online davvero presto!
Grazie mille alle meravigliose persone che hanno recensito lo scorso capitolo e alla pagina facebook “
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A presto, un bacino <3
xoxo
 

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Capitolo 4
*** Do U Want A War? ***


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Capitolo 3 : Do U Want A War?
 

Il mercoledì pomeriggio aveva da sempre avuto un unico significato nella mia mente: allenamenti delle cheerleader.
Ne facevo parte dal mio primo giorno alla Liberty High School e ne ero finalmente diventata capitano all’inizio del secondo anno.

In tutto eravamo quindici membri.
E purtroppo, oltre me, Amanda e Samantha, ne facevano parte anche le altre odiose Ladies quali Deborah Stones, Ingrid Shiller ed Emma Blue.
Non ero così tanto sadica, ma affidare coreografie assurde a quelle tre era decisamente il mio passatempo preferito.
Il compito della nostra squadra era quella di tifare per quella di football dell’istituto, della quale facevano parte anche Mattew – il mio meraviglioso ragazzo – e Mike – il bellissimo fratello di Amanda.
Anche Harry – mio amico nonché membro della famiglia Anderson – aveva passato le selezioni, ma dopo il primo fallo ricevuto aveva deciso di mollare.
Non posso mica mettere così tanto in pericolo il mio bellissimo corpo e la mia tenerissima faccia! era stata la sua brillante giustificazione.
Senza volerlo mi ritrovai a pensare a quale sport potesse praticare suo fratello Christopher.
Sicuramente palestra, visti i muscoli accentuati dalle magliette strette che indossava praticamente sempre.
<< Ehi Lù! Siamo pronte per cominciare >> mi sorrise Rebecca Hood, terzo anno.
<< Arrivo >> esclamai infilando velocemente il pezzo di sopra del completo: una canotta corta fin sotto il seno e decisamente aderente, il nome della scuola scritto su di essa con brillantini colorati.
Entrai nella palestra accorgendomi a malincuore dell’assenza di Charlotte.
Evidentemente la sua visita era durata più del dovuto e non aveva avuto il tempo di presentarsi agli allenamenti.
<< Bene ragazze, cominciamo da subito! Sabato c’è la partita e dobbiamo essere più che pronte a stupire tutti! >> esordii parandomi di fronte alla mia squadra.
Tutte bellissime ragazze con fisici mozzafiato, partendo – ovviamente – dalla sottoscritta e arrivando a quella barbie rifatta di Deborah Stones.
<< Perché Anderson non c’è? >> domandò ad un tratto Ingrid Shiller giocando con una ciocca dei suoi capelli tinti.
<< Non sono cose che ti riguardano >> sorrise fintamente Sam, risparmiandomi così il dovere di rispondere a quell’idiota.
Le sorrisi riconoscente prima di intimare al gruppo di cominciare a provare sulle note di Single Ladies.
Tra rovesciate, passi di danza, capovolte in aria e spaccate eravamo quasi arrivate alla fine del brano.
Ci mancava soltanto la nostra più che conosciuta piramide umana.
<< Chi va al vertice? >> domandò velocemente Emma Blue.
<< E secondo te? Luce, ovvio! >> sbottarono insieme un paio di ragazze facendomi ridacchiare divertita a causa dell’espressione annoiata che la ragazza assunse subito dopo.
Salii con agili scatti in cima lasciando la mano di Sam e Ingrid, le quali mi sostenevano, per puntarle in alto come previsto per il finale della canzone.
Ma fu un grandissimo errore.
La simpatica Shiller ebbe proprio in quel momento l’impulso di dondolarsi sul posto quel poco che bastava per farmi perdere l’equilibrio e cadere a terra proprio come un sacco di patate.
Feci appena in tempo a vedere alcune ragazze correre verso di me tentando di attutire l’impatto con il suolo e ad ascoltare le risate sguaiate di quell’oca e delle sue amichette, prima che la vista mi si oscurasse e le orecchie iniziassero a non percepire più alcun suono.
 

***

 
<<’Cause girl you’re amazing, just the way you are >> fu una meravigliosa voce a risvegliarmi, cantando una delle mie canzoni preferite: Just the way you are.
Eppure non era Bruno Mars ad intonare quelle parole, ma qualcun altro.
Qualcuno di dannatamente bravo.
Tentai di portarmi una mano alla testa, quando mi accorsi di non riuscire a compiere nemmeno quel semplice movimento.
Abbassai allora lo sguardo sul mio braccio, accorgendomi che fosse completamente fasciato e allacciato dietro la nuca.
No.
Non potevo essermelo rotto.
Non era assolutamente possibile.
La testa mi doleva in maniera impensabile e anche il ginocchio sinistro sembrava fasciato.
Ma cosa cavolo mi era successo?
Provai a ricordare cosa stessi facendo prima di addormentarmi, ma nemmeno un’immagine si fece spazio nella mia mente.
A fatica mi sollevai quel poco che bastava per poter osservare la stanza attorno a me.
Pareti bianchissime, un armadio e un comodino del medesimo colore, una sorta di piccolo frigorifero ed una finestra appena dietro il letto sul quale ero distesa.
Un suolo luogo da me conosciuto corrispondeva a quella descrizione: l’infermeria della scuola.
La porta era socchiusa e ad un tratto un ragazzo entrò continuando a canticchiare la canzone da me udita poco prima.
Dai capelli nerissimi e dal fisico statuario avrebbe potuto essere facilmente confuso con chiunque altro, ma gli occhi grigi che brillavano su quel volto avrebbero potuto appartenere soltanto ad una persona.
<< Chris? >> mi domandai come fosse possibile.
Il ragazzo annuì avvicinandosi al lettino dove ero distesa.
<< Aspettavamo che ti svegliassi >> mi spiegò con la sua solita voce bassa e roca.
Aspettavamo? Ciò significava che avevo dormito per molto tempo?
<< Tu e chi? >> domandai confusa da quella situazione.
<< Le tue starnazzanti amiche cheerleader >> rispose esausto << Mi stanno rompendo i timpani da tre ore e mezzo con i loro gridolini! >>
Risi, per quanto la mia dolorante testa me lo permettesse, prima di accorgermi di un particolare da lui citato a cui prima non avevo prestato la dovuta attenzione.
<< Tre ore e mezzo hai detto? >> il ragazzo annuì << Oddio!! Ma è una tragedia! >>
Mi guardò stranito.
Possibile che non riuscisse a capire?
<< Mai sentito parlare delle rughe che si formano sul viso di chi dorme troppo? >> domandai ovvia.
Rise di gusto guardandomi come se avesse a che fare con una pazza psicopatica.
<< Tu non sei normale >> dichiarò poi continuando a ridacchiare.
<< Sono felice che finalmente qualcuno l’abbia capito! >> sorrisi sospirando.
Altro che normale, io ero perfetta!
Scoppiò nuovamente a ridere di gusto e dopo poco lo seguii a ruota.
Era notevolmente irritante, ma la sua risata era più che contagiosa.
Mi meravigliai mentalmente per la nostra prima conversazione quasi civile, mentre una domanda mi balenò in testa.
<< Cosa ci fai qui? >>
Non era lì per vedere come stavo: poco, ma sicuro.
<< Non sono tenuto a dirtelo >> masticò appena.
Avevo quasi dimenticato di quanto fosse riservato e misterioso.
<< Sono in punto di morte se non te ne sei accorto! >> esclamai << Mi porterei il segreto nell’oltretomba ad ogni modo! >>
Sorrise divertito iniziando a tormentarsi le mani pensieroso.
<< Nel tempo libero lavoro qui in infermeria per aiutare i miei con le bollette >> ammise dopo un po’.
La mia bocca scese lentamente a formare un’enorme 0.
Sapevo che gli Anderson non erano esattamente una famiglia ricca, eppure non mi sarei mai immaginata che il più fuori luogo dei loro figli lavorasse per aiutare con le spese.
Ero sorpresa.
Piacevolmente sorpresa.
Forse Chris non era così male come pensavo.
<< Ehi, non fare quella faccia! Tra noi persone normali >> calcò volutamente quella parola con divertimento e al contempo accusa << queste cose sono all’ordine del giorno >>
Non seppi cosa ribattere.
Dopotutto aveva ragione lui.
Io non avevo mai fatto nulla per aiutare a casa mia.
Ma del resto, noi Price eravamo una delle famiglie più ricche di tutta New York e i soldi non erano mai stati un problema.
E poi, non avrei mai mosso un dito per aiutare i miei genitori che, probabilmente, non si ricordavano neppure di avere una figlia.
Se però me l’avesse chiesto Jazmin, credo che l’avrei fatto: in fondo lei era una delle poche persone a cui volevo davvero bene.
<< Vuoi che vada a chiamare le galline fuori? >> mi domandò ad un tratto interrompendo il silenzio che si era creato tra di noi.
<< No >> risposi subito.
Avevo davvero voglia di vedere le mie amiche in quel momento, ma per qualche strana ragione le mie labbra si erano mosse da sole per dargli quella risposta.
Mi piaceva stare in sua compagnia, nonostante fosse irritante e mi prendesse in giro la metà del tempo che trascorrevamo insieme.
<< No perché voglio prima sapere come sono ridotta >> mi corressi tentando di sembrare credibile.
Dopotutto la mia scusa era plausibile: era una specie di aiuto infermiere ed era l’unico a potermi informare sulle mie condizioni di salute.
<< Niente di rotto per fortuna >> rispose piatto << Hai avuto una leggera distorsione al braccio e al ginocchio >>
<< E tra quanto tempo guariranno? >> domandai preoccupata.
<< Una settimana, non preoccuparti >>
Era decisamente professionale nel linguaggio e nell’atteggiamento e mi lasciava incantata quella parte di sé.
Beh, in realtà c’erano diverse parti di quel ragazzo che mi intrigavano totalmente, ma questa era un’altra storia.
<< Sarai un medico meraviglioso >> dissi ad un tratto senza rifletterci più di tanto.
Chris mi guardò confuso.
<< Andiamo! Sarò anche bellissima, ma non sono stupida! >> esclamai << Ti brillano gli occhi qui dentro, e per quanto sia incredibile non credo sia a causa della mia vicinanza, quindi la spiegazione è solo una >>
<< Non credevo riuscissi a capire una cosa del genere >> accennò un sorriso.
<< Ehi! Guarda che ne capisco di sogni io >> mi finsi offesa.
<< E allora dimmi, cosa diventerai tu? >> mi chiese con uno sguardo decisamente nuovo.
Non c’era provocazione, né aria derisoria nella sua voce e nei suoi occhi, ma semplice e pura curiosità mista – iniziavo a sperarci – all’interesse.
<< Io sarò una mamma >> decretai sicura.
Non rispose: probabilmente l’avevo spiazzato con quella mia risposta.
Ma era ciò che davvero desideravo.
Non sapevo cosa avrei fatto riguardo la vita professionale, ma per quello avevo tempo.
L’unica cosa di cui ero certa era che avrei avuto dei figli e sarei stata la madre migliore del mondo: sempre presente per loro.
Sarei stata la mamma che io non avevo avuto.
E quando Lucinda Price si metteva in testa un progetto era decisamente impossibile che non lo portasse a termine.
Mi piaceva quel lato di me, forse anche più di tutti gli altri.
<< Wow! Non l’avrei mai immaginato >> mormorò Christopher guardandomi serio.
Forse per la prima volta gli avevo dimostrato di non essere la persona superficiale con la quale credeva di avere a che fare.
Forse era vero che non lo ero.
Un dolore lancinante alla testa mi risvegliò da quei pensieri.
<< Chris, tu sai come sono finita qui? >> gli chiesi non appena riuscii a connettere di nuovo.
<< È successo qualcosa durante l’allentamento delle cheerleader >> mi spiegò << Ma non pretenderai mica che io abbia ascoltato quello che dicevano le oche lì fuori? >>
Sorrisi appena.
<< Decisamente no >>
<< Per l’appunto >> si avvicinò alla porta con passo lento << Adesso le faccio entrare e ti spiegheranno tutto loro >>
<< Grazie >> riuscii a mormorare prima che Chris lasciasse definitivamente la stanza.
Un senso di stranezza mi attraversò completamente.
Quel ragazzo mi aveva stupito dalla prima volta che l’avevo visto e continuava a farlo ogni volta che ci avevo a che fare.
Non solo era misterioso, asociale e tenebroso, ma in più non mi sopportava, credeva che le mie amiche fossero un gruppo di oche e – nonostante tutto facesse intendere il contrario – aveva anche lui un sogno.
Non sapevo davvero più cosa pensare.
Chi era davvero Christopher Anderson?
<< Luce!!!! >> strillò in coro l’intero gruppo delle cheerleader irrompendo nella stanza ed avvicinandosi al letto dov’ero distesa.
<< Come ti senti? >> << Ti ricordi qualcosa? >> << Quel ragazzo è un figo pazzesco! >> << Cos’hai al braccio? >> << Niente di rotto? >>
<< Bastaaa! >> strillai esasperata.
Si zittirono guardando in mia direzione e notai con un sorriso che anche Charlotte e Danielle erano lì, mentre Deborah, Ingrid ed Emma brillavano fortunatamente per assenza.
<< Parlate una alla volta >>
<< Come ti senti? >> mi domandò subito Amanda.
<< Abbastanza bene. Ho avuto una distorsione al braccio e al ginocchio e mi fa davvero male la testa, ma per il resto è tutto okay >> spiegai con calma.
<< Tocca a me! >> si bracciò Sam facendoci sorridere tutte << Christopher è davvero figo! >>
Gridolini di approvazione si levarono su per la stanza: le ragazze avevano davvero apprezzato la presenza di Chris, nonostante la cosa non fosse assolutamente stata reciproca.
<< Ehi! Andateci piano con mio fratello! >> esclamarono all’unisono Charlie e Dan.
Scoppiai a ridere e le altre mi seguirono a ruota.
<< Adesso parlo io >> mormorò Rebecca, cheerleader del terzo anno << Ti ricordi qualcosa? >>
<< Buio totale >> risposi subito << Quindi rinfrescatemi la memoria >>
L’esagerata confusione che le mie amiche avevano creato sparì del tutto lasciando spazio ad un disarmante silenzio.
Fu Sam, dopo spalleggiate da parte di praticamente tutto il gruppo, a prendere la parola, non dopo aver deglutito a lungo.
<< Diciamo pure che, mentre provavamo la piramide alla fine di Single Ladies, Ingrid Shiller si è mossa e tu ti sei sbilanciata, cadendo rovinosamente a terra >>
Le presenti mi guardarono aspettandosi una qualunque reazione da parte mia.
<< Adesso urla >> sussurrò Am a Danielle con aria spaventata.
Ma ciò che feci le sorprese più di quanto si aspettassero.
Scostai di malo modo le coperte alzandomi in piedi nonostante non potessi muovere la gamba sinistra a causa del ginocchio dolorante, acciuffai una stampella che strinsi forte con il braccio sano e camminai più velocemente possibile fuori dalla stanza.
Ero scalza e senza forze, ma avevo pur sempre una sorta di bastone dalla mia parte.
Camminai a lungo fino alla palestra, trovandovi Ingrid piuttosto impegnata a baciare appassionatamente un ragazzo mai visto prima d’ora.
Bingo!
Non avrei mai potuto picchiarla, né urlarle contro vista la cafonaggine di quegli atteggiamenti, ma avevo pur sempre l’astuzia dalla mia parte.
<< Ingrid cara! >> esclamai sorridente avviandomi verso la coppia.
I due si voltarono a guardarmi decisamente stupiti.
<< Ma allora è questo bel ragazzo il padre del pargoletto che porti in grembo! >> mi finsi entusiasta.
Il biondino accanto a lei rabbrividì << S…sei incinta, Ingr? >>
<< Ma certo che no! >> strillò lei scioccata.
<< Andiamo amica mia, smettila di fingere! Dovrai dirglielo prima o poi! >> le diedi una pacca sulla spalla in segno d’appoggio.
<< Ma non è vero! >> sbottò quella in preda ad una risi isterica, ma ormai era troppo tardi.
Il biondino corse verso l’uscita della palestra dicendole che aveva un improvviso impegno ed io non potei nascondere un’espressione divertita dal mio volto.
<< Sei una vipera, Price! >> gridò infuriata Ingrid guardandomi torva.
<< Non direi Shiller >> mi voltai verso di lei muovendomi a fatica << Tu sei una vipera perché agisci con stupidità, io una volpe perché lo faccio con furbizia >>
E detto questo mi avviai zoppicando verso l’uscita della palestra.
Ingrid aveva vinto una battaglia mandandomi in infermeria, ma ero io ad avere le carte in regola per sconfiggerla nella guerra vera e propria.
Lucinda Price non perdeva mai, contro nessuno.
Beh, purtroppo Christopher si stava dimostrando essere l’unica dannata eccezione a quella regola.
 


Piccolo Angolo Di Luce
Hola!! Ecco qui anche il terzo capitolo di questa storia!
La nostra Luce è finita in infermeria a causa di Ingrid Shiller, ma alla fine è anche riuscita a fargliela pagare.
Chris sogna di diventare medico e Luce ne rimane decisamente affascinata.
Che stia per cambiare qualcosa?
Inoltre, conosciamo un altro lato della ragazza, ovvero il suo sogno di diventare madre.
Spero che vi sia piaciuto e aspetto le vostre recensioni!
Grazie mille alle 9 persone che ne hanno lasciate allo scorso capitolo e alla pagina facebook “
Pinoolast’s Graphic Video” per il meraviglioso banner che vedete in alto.
A presto, un bacino <3
xoxo

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Capitolo 5
*** Nobody Can Judge Me ***


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Capitolo 4 : Nobody Can Judge Me

 

Erano passati due giorni dall’incidente e pian piano stavo iniziando ad abituarmi alla stampella con la quale ero costretta ad andare in giro.
Il braccio faceva decisamente meno male, ma vestirsi era un’impresa giornaliera.
Per non parlare del truccarsi.
Maledetta Shiller!
Se non altro però, ero decisamente riuscita a fargliela pagare: la notizia della sua presunta gravidanza aveva attraversato corridoi e pareti nel giro di 24 ore e da quel momento non avevo più visto un solo ragazzo avvicinarsi a lei.
Ben le stava!
Il maledetto suono del mio cellulare interruppe i miei pensieri.
Sbuffai spegnendo il televisore ed attivai la funzione del vivavoce per rispondere senza utilizzare il mio malcapitato braccio.
<< Pronto amore, come stai? >> esordì pimpante Mattew dall’altra parte.
Abbozzai un mezzo sorriso.
Se proprio qualcuno doveva interrompere la mia visione giornaliera di America’s Next Top Model, ero contenta che fosse il mio ragazzo.
<< Ehi! Decisamente meglio con il braccio e il ginocchio, per il resto tutto perfetto come sempre. Tu invece? >>
<< Lo stesso >>
Era incredibile come ci somigliassimo noi due.
Entrambi biondi con gli occhi azzurri, bellissimi, intelligenti, carismatici.
Barbie e Ken.
<< Che fai questo pomeriggio? >> mi domandò calmo, non conoscendo le sensazioni che quella domanda provocò in me.
Un moto di curiosità ed interesse m’invase la mente.
Perché Christopher iniziava a farmi quell’effetto?
Da quando l’avevo visto in infermeria appena due giorni prima e mi aveva raccontato del suo sogno di diventare il medico – dopo essere stato obbligato, ma vabbeh! – era come se nutrissi una qualche specie di ammirazione nei suoi confronti.
Invidiavo il suo riuscire addirittura a lavorare per aiutare in casa sua.
Ma forse, anche io l’avrei fatto se avessi avuto i suoi stessi genitori.
Ed iniziai a chiedermi come sarebbe stata la mia vita se fossi nata e cresciuta con gli Anderson.
Probabilmente non sarei stata la stessa, la mia vita non sarebbe stata la stessa.
<< Devo iniziare quel progetto di cui ti avevo parlato >> risposi non appena realizzai di essere ancora nel bel mezzo di una conversazione telefonica.
<< Ah, già. Dimmi, che tipo è questo ragazzo? >> chiese piatto Mattew.
Ovviamente non gli interessava minimamente la risposta a quella domanda.
<< Strano >> mi limitai a dire fissando l’orologio appeso al muro.
<< Scusa tesoro, ora devo staccare. Ci sentiamo più tardi, un bacio >>
Mi salutò altrettanto velocemente e potei finalmente chiudere la chiamata.
A volte era stressante parlare con Matt.
Non avevamo mai troppi argomenti, né constatazioni, pareri, né nulla.
Niente a che vedere con Chris che, seppur irritante, aveva sempre qualcosa da dire.
A proposito di lui, dovevo decisamente pettinarmi per l’ennesima volta i capelli prima del suo arrivo, previsto entro dieci minuti.
Non mi andava per nulla che mi vedesse nemmeno con un solo capello fuori posto.
Avevamo deciso di incontrarci a casa mia quel pomeriggio per stabilire finalmente un accordo: eravamo l’unica coppia del corso di letteratura a non aver ancora trovato un’idea per il progetto.
Perfino Charlie e quello sfigato di Peter Fox avevano deciso di cosa trattare!
Inspirai ed espirai con calma.
Passare un intero pomeriggio con Chris significava soprattutto perdere la pazienza, cosa che assolutamente non dovevo fare, in quanto non avrebbe giovato per nulla al nostro già impossibile andare d’accordo.
Eppure quel giorno in infermeria avevamo parlato così bene.
Beh, in effetti quando si trattava di lui il verbo parlare non era mai tanto azzeccato.
Il massimo a cui si poteva aspirare era un monologo con suoi brevi cenni con il capo, fino ad arrivare al peggio: ovvero le urla e gli insulti.
Preferivo decisamente la prima opzione.
Il bussare del campanello interruppe i miei pensieri.
<< Jazmin! Vai ad aprire! >> urlai per fare in modo che la mia cameriera riuscisse ad ascoltarmi dal piano di sotto.
M’infilai alla svelta – per modo di dire! -  un paio di stivaletti di camoscio bassi e scesi al piano di sotto a passo lento.
Chris chiacchierava con Jazmin accanto alla porta della cucina, e per quanto mi scocciasse ammetterlo, era davvero bello.
La cosa che più di tutto mi faceva infuriare era che non facesse assolutamente niente per esserlo e non se ne rendesse neppure conto!
<< Ciao >> sorrisi quasi contenta, avvicinandomi a lui.
In risposta ottenni un cenno con il capo, mentre continuava a discutere cordialmente con la mia cameriera.
<< Ti ho salutato >> esclamai irritata parandomi di fronte a lui.
<< Ed io ti ho risposto >> rispose piatto.
Sospirai.
Calma Luce, calma.
<< Vieni, ti faccio vedere la casa >> buttai giù con più rabbia di quanto volessi, cosa per cui ovviamente l’idiota non esitò a prendermi in giro.
<< In effetti mi chiedevo quando sarebbe cominciato il giro turistico! >> ghignò facendo ridacchiare la donna accanto a lui.
<< Jazmin! Evapora! >> le ordinai incamminandomi verso le scale e sentendo i suoi passi strascicati, accompagnati dalla sua risata di scherno, seguirmi.
Percorremmo il lungo corridoio che portava alla mia stanza, mentre fingevo di non ascoltare i suoi commenti odiosi riguardanti casa mia.
<< Davvero carino questo posto >> mormorò fermandosi ad un tratto davanti alla parete sulla quale erano esposte fotografie di tutta la famiglia << Sembra tanto di essere in un cimitero!  >>
<< Ti ci manderò se non taci! >> sbottai irritata, ancora di più quando constatai che non aveva alcuna intenzione di muoversi.
Lo guardai con un sopracciglio sollevato mentre fissava alcune fotografie che mi ritraevano all’età di dieci anni.
<< Eri molto più carina da piccola >> ghignò consapevole del fatto che battute del genere mi infastidivano enormemente.
<< Ed ero anche meno violenta >> sbottai colpendolo ad un braccio con un pugno più o meno forte.
Rise divertito prima di prendersi, ancora una volta, gioco di me.
<< Che tigre! Argh! >>
Camminai sbattendo i piedi verso la mia stanza, senza più fermarmi, neppure quando me lo chiese in maniera suppergiù gentile.
Lo lasciai entrare prima di richiudere la porta alle mie spalle.
Ovviamente avevo previsto qualche sua battutina idiota sulla mia adorata camera.
<< Sembra di essere entrato in una scatola di confetti! >> esclamò stranito << Non ti irrita tutto questo rosa? >>
Io amavo da impazzire quel colore!
Non a caso ogni parete, il letto, la scrivania, il lampadario, la cabina armadio, i tappeti, il televisore e le finestre erano tinteggiate in quel modo!
Era lui ad irritarmi.
Lui con il suo essere stato talmente gentile quel giorno in infermeria da lasciarmi quasi illudere che d’ora in poi tra noi le cose sarebbero state diverse.
Il lupo perde il pelo, ma non il vizio.
Ed io ero stata una stupida a credere che sarebbe stato possibile il contrario.
<< Rosa è il colore delle principesse >> constatai decisa a non dargliela di nuovo vinta.
<< E tu saresti una principessa? >> si sforzò palesemente di trattenere una risata.
Annuii.
<< Io non la penso così >> mormorò accomodandosi sul mio letto a baldacchino.
<< Non mi sembra di avertelo chiesto >> borbottai mentre prendevo qualche foglio e matita in modo da cominciare ad organizzare il lavoro.
Prima iniziavamo, prima finivamo.
Straordinario il modo in cui lui fosse il primo ragazzo figo con il quale non avrei mai voluto passare più di cinque minuti!
<< Non lo ammetteresti mai, ma so che ti interessa sapere ciò che ho da dirti >> sorrise appena << Quindi ti renderò tutto più facile >>
<< Basta che ti muovi >> mormorai afferrando una limetta e iniziando a passarla delicatamente sui bordi delle unghie del mio braccio ancora fasciato.
<< Tu non sei tu >> esordì serio.
<< E chi sarei allora? >> mi ritrovai a chiedergli quasi incuriosita.
<< Un personaggio di uno stupido telefilm >> mi spiegò << Hai presente Gossip Girl? >>
Annuii, ovviamente.
<< Ecco >> mormorò << A me sembra tanto che tu ti sia costruita una meravigliosa maschera stile Blair Waldorf che mostri a tutti con orgoglio >>
Quel discorso non aveva né capo, né tantomeno coda.
Come tutto ciò che diceva, del resto.
<< Ma tu sei Lucinda Price, non Blair Waldorf >> continuò convinto.
<< Non capisco dove vuoi arrivare >> biascicai stranita.
Magari fossi stata Blair!
Insomma, avrei potuto avere il meraviglioso Chuck tutto per me in quel caso.
Anche se, adesso che lo guardavo meglio, Chris gli somigliava davvero tantissimo.
Gli stessi capelli nero carbone, gli occhi grigi, il fisico scultoreo.
<< Io credo che sotto chili e chili di trucco e presunzione tu nasconda la vera te: una ragazza insicura e timida che teme il mondo esterno e cerca quindi di occupare un proprio posto nella scala sociale con soldi, fidanzati idioti, le giuste amicizie e buoni voti >> analizzò con noncuranza, quasi non mi stesse dando della falsa montata.
No. Lui non poteva decisamente essere il mio Chuck: non dopo quelle parole.
<< Tu non sai niente di me, non puoi giudicarmi! >> sbottai dopo un attimo di sgomento.
<< So quello che c’è bisogno di sapere >> mormorò.
<< No! >> strillai cercando a stento di trattenere le lacrime.
Lui non capiva, non poteva.
Nessuno poteva capire.
E nessuno poteva permettersi di giudicarmi.
<< Sei soltanto un cretino che crede di conoscermi, ma non è così! Non è così! >> strillai mentre le lacrime iniziavano a rigarmi il viso.
Non ero brava a contenermi in situazione del genere, proprio no.
<< Tornatene dalla tua famiglia perfetta a fare l’orso mentre i tuoi fratelli e i tuoi genitori cantano allegri, e non rompermi le scatole! >>
Mi afferrò violentemente un polso guardandomi dritto negli occhi: << Non parlare così di me e di loro! Tu non sai niente! >>
<< E di grazia non so niente! >> mi divincolai dalla sua stretta a fatica << Sparisci adesso, non ti voglio vedere! >>
<< Tu non mi dai ordini, ragazzina! >> sbottò arrabbiato.
<< Si invece! E adesso ti ordino di uscire! >> urlai in preda ad una crisi di nervi e di pianto.
Rimase a guardarmi infuriato senza accennare al minimo movimento.
<< Vai via! >> strillai.
E dopo pochi minuti la porta della mia camera fu violentemente sbattuta.
 

***

 
<< Signorina Price, va tutto bene? >>
Era la quinta volta che Jazmin bussava alla mia porta senza ricevere risposta alcuna.
Guardai di sfuggita l’orologio del mio telefono: le 8 e mezzo.
Probabilmente era ora di cenare.
<< Va tutto bene, Jaz >> mormorai << Entra se vuoi >>
E in un attimo la mia cameriera si sedette accanto a me sul letto.
L’osservai appena.
Ormai erano quasi 17 anni che la conoscevo, potevo pure dire che fosse stata lei a crescermi in tutto e per tutto.
Era anziana, ma non troppo.
Sulla cinquantina di anni, azzardai.
Eppure sarà stato per le mani piene di calli, per le rughe sul suo viso mai truccato, per i capelli bianchi poco curati, che ne avrebbe potuti benissimo dimostrare una sessantina.
Mi ritrovai a pensare che sarebbe potuta essere davvero bella, se solo la vita le avesse riservato un destino differente rispetto a quello della cameriera/babysitter/domestica.
<< Che cosa è successo? >> mi chiese dolcemente.
L’avevo trattata male quel pomeriggio, eppure sembrava non ricordarlo neppure.
O forse lo ricordava fin troppo bene, ma le sue mansioni gli impedivano di essere antipatica e menefreghista con me.
O forse mi voleva semplicemente troppo bene per portare rancore.
Mi sarebbe piaciuto davvero se quella mia vocina interiore avesse avuto ragione.
Quando si voleva bene ad una persona si riusciva perfino a passare sopra i suoi sbagli, a perdonare pur senza aver ricevuto scuse.
O almeno, questo succedeva alle persone normali.
Io ero una perenne eccezione alla normalità: nel bene e nel male.
Ci tenevo davvero a Jazmin.
Lei era sempre stata come una madre per me: mi aveva accudita, educata, cresciuta, sopportata.
Eppure non avevo mai fatto nulla per dimostrarle quanto le volessi bene.
Perché forse Lucinda Price non era in grado di volere bene a qualcuno.
<< Ho litigato con quel ragazzo, Chris >> mormorai << Mi ha detto che secondo lui porto una maschera per nascondere la mia insicurezza, ma lui non mi conosce. Non può giudicarmi >>
La donna mi guardò apprensiva.
<< Non devi prendertela, tesoro >> sussurrò << Forse voleva semplicemente esprimerti il suo pensiero, non giudicarti. E poi ti sei chiesta perché lui non ti conosce? >>
<< Perché? >> domandai confusa.
<< Perché tu non permetti a nessuno di farlo >> mi accarezzò il braccio con dolcezza << Neppure la tua migliore amica, quell’Amanda, sa come ti senti ogni volta che ci ritroviamo da sole a cenare, a passare il Natale, la Pasqua >>
Scossi la testa.
<< Non vedo appunto perché lui dovrebbe saperlo >>
Fece per ribattere, ma il suono del mio cellulare interruppe la conversazione.
Lo afferrai vedendo che Jazmin si stava avviando verso la porta.
<< Puoi restare >> tentai di sorriderle e lei sembrò felice, mentre si accomodava nuovamente accanto a me.
Il nome Charlotte lampeggiava sul display, appena sopra la fotografia della mia bellissima amica.
 << Charlie tesoro! Come va? >> mormorai.
<< Hm … non sono Charlie>> rispose roca una voce dall’altra parte << Sono Chris >>
Per poco non mi strozzai con la saliva.
Perché mi aveva chiamata?
<< Luce? Ci sei? >>
<< Si, ci sono >> tentai di rimanere fredda << Perché mi hai chiamata? >>
<< Sai quanto mi costi dirlo, quindi ascolta bene perché non lo ripeterò più >> mormorò.
<< Ok…okay >> acconsentii confusa.
<< Non dovevo dirti quelle cose oggi, seppure io continui a pensarlo >> mi disse sincero << Non ti conosco, hai ragione. E ti mentirei se ti dicessi che muoio dalla voglia di farlo >>
Risi appena per quella sua sincerità disarmante.
Era unico, di questo ne ero certa.
<< Ho sbagliato anche io >> sentii l’orgoglio scheggiarsi a quella frase << Neppure io ti conosco, non dovevo giudicarti >>
<< Lucinda Price che ammette di aver avuto torto? >> avrei giurato che stesse ghignando in quel momento.
<< Così pare >> tentai di ribattere ironica.
E da lì il silenzio.
In un normale momento l’avrei rotto con qualche frase stupida poiché ero intollerante ad esso, ma quella volta mi trovai perfino ad apprezzarlo.
Era da stupida pensarlo, ma spesso avevo paura di ciò che Christopher avrebbe potuto dirmi.
E poi se non parlava potevo concentrarmi ad ascoltare il suo respiro.
Regolare, intenso: sembrava cullarmi.
<< Riporto il cellulare a mia sorella >> esclamò ad un tratto << Buonanotte Luce >>
<< ‘Notte Chris >> mormorai staccando dopo poco la telefonata.
Iniziai senza motivo a fissare un indefinito punto di fronte a me in un religioso silenzio.
Jazmin mi guardò interrogativa.
In effetti, neppure io riuscivo a capire quel mio atteggiamento.
Ma quella telefonata mi aveva totalmente lasciata senza parole.
<< Tutto bene signorina Price? >> mi domandò la donna con sguardo stranito.
<< S..si >> mormorai appena << Sto bene, non preoccuparti >>
Non stavo bene, proprio per niente.
Quel ragazzo mi faceva uno strano effetto, mi faceva sentire più debole, vulnerabile quasi.
E mi spaventava il fatto che lui riuscisse a vedere più dentro di me di quanto io stessa avessi mai fatto.
Christopher Anderson mi faceva paura.
 


Piccolo Angolo Di Luce
Hola!! Eccoci qui con un nuovo capitolo che - sono orgogliosa di me - è arrivato davvero presto!
Bene, questo è decisamente diverso rispetto ai precedenti, in quanto non è poi tanto allegro visti i litigi tra i due protagonisti: i Luchis (come detto da Niley story :p)
Il finale però è decisamente consolatorio.
Insomma, ve l’aspettavate la telefonata di Chris? E le parole di Luce?
Colgo l’occasione per ringraziare con tutto il cuore
kikkisan per l’aiuto che mi ha dato con il prologo, in modo da sostituire alcune imperfezioni e rendere la Liberty High School una scuola assolutamente americana.
Questo capitolo è dedicato a te per la tua
disponibilità <3
Ringrazio poi come sempre la pagina facebook “
Pinoolast’s Graphic Video” per il meraviglioso banner e le 9 persone che hanno recensito lo scorso capitolo.
Non vedo l’ora di sapere cosa ne pensate di questo, un bacino ;)
Xoxo
 

PS: Per chi non conoscesse Gossip Girl – cosa alquanto impossibile, credo – ci tengo a spiegarvi le citazioni del capitolo.
Blair Waldorf è una delle protagoniste della serie, una ragazza richissima che rispecchia decisamente il carattere di Luce.
Chuck è il ragazzo di Blair che presta inoltre il volto a Chris nel banner, per questo la somiglianza che Luce nota.

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Capitolo 6
*** Raccontami Chi Sei ***


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Capitolo 5 : Raccontami Chi Sei

 

Avevo avuto bisogno di sentirmi sotto accusa ed analisi da un ragazzo che conoscevo appena per arrivare a quella brillante conclusione.
E adesso che finalmente ero riuscita a capire, se possibile mi sentivo ancora peggio di prima.
Un enorme senso di vuoto mi si ingigantiva nel petto ogni secondo di più, ogni pensiero di più.
Non volevo crederci, anche se forse l’avevo sempre saputo ed era semplicemente la prima volta che riuscivo ad ammetterlo a me stessa.
Io non sapevo chi ero.
Mi sforzai di tranquillizzarmi pensando che ci doveva essere qualcosa di peggio.
E in effetti c’era.
Christopher sapeva chi ero.
Perché?
Perché un ragazzo che conoscevo da appena pochi giorni era riuscito a comprendermi così a fondo?
Perché mi ero sentita totalmente spiazzata dalle sue parole? Perché non poteva semplicemente essere il solito idiota e venirmi dietro come tutti?
Lo odiavo.
Lo odiavo perché lo temevo.
Lo odiavo perché mi faceva male rendermi conto che, mentre lui era riuscito a capire più di quanto nessuno avesse mai capito di me, io sapevo appena il suo nome.
Aveva avuto ragione il giorno prima a dirmi che non lo conoscevo.
Per me era un libro sigillato, riposto nello scaffale più alto di una biblioteca nascosta.
E odiavo sentirmi così … così …
Odiavo non sapere come mi sentissi.
Odiavo capire che quel ragazzo riusciva a mandarmi in confusione più del dovuto, a sconvolgermi, a captare i miei pensieri e a condizionarli.
Odiavo Chris.
Odiavo me.
Odiavo il pensiero di noi due: così diversi, eppure …
Eppure cosa?
Eppure sentivo che c’era qualcosa ad unirci, qualcosa di più forte delle nostre discussioni, dei nostri pensieri, dei nostri caratteri contrapposti.
No. Non era possibile.
Non dovevo farmi illusioni: quel ragazzo ed io non avevamo niente da condividere.
Niente.
 

***

 
<< Signorina Price è ora di alzarsi >> mi comunicò gentilmente Jazmin.
Un raggio di sole filtrava dalle tende appena socchiuse illuminando fiocamente la stanza.
<< Grazie >> mormorai con la voce ancora impastata dal sonno.
Mi voltai verso il comodino trovandovi il mio cellulare, incastrato tra un paio di occhiali da sole scuri e un’enorme lampada fucsia.
E allora la mia mente viaggiò, arrivando alla sera prima e a quella telefonata che mi aveva tanto stupita.
Anzi, forse stupita non era esattamente il termine adatto.
Ci sarebbe stato meglio … sconvolta, ecco.
Chris, con la sua voce quasi dolce e il suo modo di chiedermi scusa come se quella parola pesasse tonnellate, con quel respiro leggermente accelerato che sembrava fare da colonna sonora a quel momento, con quel tono deciso, mi aveva sconvolta.
<< Che cosa gradisce per colazione, signorina Price? >> mi domandò la mia domestica allontanandosi dal letto.
<< Un cappuccino con il cioccolato e uno spruzzo di cannella, mezzo bicchiere di succo d’arancia e una fetta di dolce >> risposi pregustando già il pasto.
Solitamente seguivo una dieta ferrea e bilanciata, ma quella mattina mi sentivo così affamata che mi auto-convinsi di poter sgarrare.
<< Ah, Jazmin >> la richiamai quando ormai era già sull’uscio.
Probabilmente si aspettava l’ennesima richiesta, e non quella frase che mi uscii di getto e della quale probabilmente mi sarei pentita in futuro.
Ma una volta avevo sentito dire che bisogna sempre fare ciò che si sente.
Non era esattamente quello il mio motto di vita, però decisi che per una volta non mi avrebbe fatto male dare spazio ai miei sentimenti.
Forse Chris aveva ragione.
<< Basta con questa signorina Price, chiamami Luce >> sorrisi.
A lei per poco non venne un infarto e io stessa mi meravigliai della mia improvvisa gentilezza.
Tutta colpa di quell’indovino da strapazzo!
Appunto mentale delle 7 e mezzo: smettere di pensare a Chris che aveva decisamente un effetto negativo su di me.
 

***

 
<< Buongiorno Lucinda! >>
<< ‘Giorno >> masticai per l’ennesima volta.
Se da una parte la mia assoluta popolarità alla Liberty High School mi riempiva ogni momento di gioia ed euforia, era alquanto stressante mantenere un’immagine come la mia.
Centinaia di saluti ogni mattina, sorrisi a destra e manca, camminata decisa, trucco e capelli impeccabile, finta gentilezza e azzardato carisma.
Involontariamente il mio sguardo cadde su due ragazza che se ne stavano nel cortile a chiacchierare tra di loro.
Secondo anno, o almeno così mi sembrò.
Non le conoscevo, ma evidentemente non ero la sola.
Sembravano molto legate ed erano belle nella loro semplicità.
Nessuno turbava la loro quiete: non c’erano persone a giragli intorno, ragazzi a tenergli le mani, oche a cercare di imitarle.
Erano sole.
E non avevano capelli ben pettinati, trucco accentuato, divise perfettamente in ordine.
Non si contenevano dal ridere sguaiatamente, non salutavano persone che odiavano sorridendo fintamente.
Erano semplicemente loro stesse.
Sfigate, le avrei definite normalmente, ma non quel giorno.
Quel giorno, o meglio quell’attimo.
Perché solo per un attimo desiderai essere come loro.
Fu un secondo, anzi una frazione di secondo, in cui quell’idea mi attraversò mente e cuore.
Scossi la testa incredula.
Non andava bene così, decisamente no.
Appunto mentale delle 8 e un quarto: cestinare qualunque pensiero sul voler essere un’altra persona.
Maledetto Chris!
Era colpa sua se mi sentivo in quel modo, se quelle assurdità mi riempivano la testa.
Tutta colpa sua e del suo discorso sulla mia maschera e quelle altre idiozie.
Affogando in quei pensieri non mi accorsi del ragazzo che investii, buttando a terra lui e tutti i suoi libri.
<< Oh, perdonami! >> bofonchiai tentando di sorridere dolcemente, quando quella sul mio viso somigliava molto di più ad un’accennata smorfia.
Basta!
Appunto mentale delle 8 e diciassette: cancellare qualunque elemento riguardante Christopher Anderson.
Anzi, forse era meglio ….
Appunto mentale delle 8 e diciassette: cancellare qualunque elemento riguardante Christopher Anderson.
Si, decisamente più d’impatto.
E come invocato da una qualche divinità decisamente contro di me, il ragazzo in questione fece la sua apparizione nel cortile, seguito dai suoi meravigliosi fratelli.
Charlotte, Danielle ed Harry sorridevano radiosi, mentre un’espressione di sufficienza brillava sul volto del moro.
Come potevano essere gemelli quei 4?
Non era possibile.
Sicuramente c’era stato un errore nel nido il giorno della loro nascita: dovevano aver sostituito Chris a qualche meraviglioso ed allegro mini-Anderson.
Quella era l’unica spiegazione plausibile.
<< Ehi dolcezza, sei su questo pianeta? >> mormorò Harry baciandomi entrambe le guance.
<< S … si, ero solo sovrappensiero >> sorrisi << Buongiorno a tutti >>
<< ‘Giorno >> esclamarono i tre insieme, perfettamente sincronizzati.
L’ipotesi dell’errore in ospedale diventava sempre più realistica.
<<  Si sa qualcosa di Amanda e Mike? >> domandò Charlie percependo all’assenza dei due.
<< Am è a ripassare per il test a sorpresa del suo corso di biologia >> spiegai << Purtroppo le tocca alla prima ora >>
Le due sorelle annuirono, mentre Harry mi guardò con le sopracciglia aggrottate.
<< Se è un test a sorpresa come fa a saperlo? >>
<< Beh >> mormorai << Diciamo pure che ultimamente la cara Amanda fa il filo al suo professore >>
Il mio amico ammiccò, non dopo essersi lasciato scappare un Ahh! appena sospirato.
<< Si può anche dire che le manca solo quella categoria di uomini per poter dire di essersi fatta tutti >> borbottò Samantha sbucando da non so dove << Buongiorno comunque! >>
<< ‘Giorno >> sorrisi, mentre i miei amici ridacchiavano << La tua finezza mi commuove ogni volta di più >>
<< Vedi di non piangere troppo tesoro, ti si scoglie il trucco poi! >> esclamò divertita la bionda.
Risi appena, mentre il mio sguardo si spostava poco più in là, verso l’entrata.
Chris se ne stava appoggiato allo stipite della porta, braccia incrociate al petto e aria annoiata.
Ma la cosa che mi lasciò letteralmente senza parole era il ragazzo di fronte a lui.
Non sembravano amici, ma stavano parlando, ed era questa la novità.
Christopher Anderson, il ragazzo muto, asociale, misterioso, figo – ok, questo non c’entrava molto – stava parlando con un altro essere umano in maniera normale!
Perché non vedevo striscioni e palloncini sparsi per il cortile?
<< Lù, ci stai ascoltando? >> mi chiese improvvisamente Danielle scuotendomi una mano davanti agli occhi.
<< Ehm … mi sono persa solo l’ultima frase >> mormorai tentando di sembrare convincente.
<< Vabbeh >> soffiò Sam << Comunque, ti chiedevamo come vanno il braccio e il ginocchio >>
<< Il ginocchio è guarito, per cui basta stampelle! >> sorrisi << Il braccio anche fa meno male, tra due giorni dovrebbero togliermi la fasciatura >>
Harry disse qualcosa, ma non ascoltai.
Ero troppo presa ad osservare lui, non così lontano da dove mi trovavo.
Il ragazzo di prima era sparito, e Chris se ne stava fermo a guardare un punto fisso che tuttavia non riuscivo ad individuare.
Sembrava decisamente concentrato, come me del resto, che cercavo di capire quanto più possibile di lui semplicemente osservandolo.
Ma non bastava.
Guardarlo non mi avrebbe aiutata a capirlo: dovevo parlargli.
Però con che faccia avrei lasciato i miei amici e mi sarei avvicinata a lui, davanti a tutti e di mia spontanea volontà?
Avrei sempre potuto parlarci al corso di letteratura del resto.
Peccato che quel giorno non dovessimo frequentarlo.
Beh, pazienza!
Avrei parlato con lui un’altra volta.
<< Luceeee! Ma dove hai la testa stamattina? >> ridacchiò Charlie guardandomi divertita.
<< Ah … ehm … scusate >> biasciai << Di che parlavamo? >>
<< Della mia nuova preda >> sorrise malizioso Harry << La vedi quella moretta laggiù? >>
Mi voltai verso il luogo da lui indicato, ma senza volerlo il mio sguardo cadde di nuovo sulla figura di suo fratello.
Incontrai il suo sguardo e aspettai che quell’attimo terminasse, ma così non fu.
E allora capii.
Il punto fisso che stava osservando, ciò per cui era così concentrato.
Me.
Stava guardando me.
<< Si Harry, è davvero carina >> mormorai sbrigativa << Torno subito >>
E così dicendo mi avviai verso l’entrata.
Me ne sarei pentita per sempre.
Mi avrebbero visto tutti, avrebbero montato in aria castelli di pettegolezzi e Matt si sarebbe arrabbiato.
Ma com’era quella frase?
Bisogna  fare ciò che si sente.
Ecco.
Ed io in quel momento sentivo di dovergli parlare, di dover capire il perché del suo comportamento, di dover cercare di farlo aprire con me.
Sentivo che non avrebbe respinto il mio tentativo.
Sentivo che avrei smesso di percepire quel vuoto all’altezza del petto che mi turbava ed infastidiva.
Tutto quel sentire mi avrebbe portato alla follia.
<< C..ciao >> balbettai una volta paratami di fronte a lui.
<< Ehi >> rispose piatto << Ti serve qualcosa? >>
<< No..ehm..s..si >> mormorai.
Non andava bene per niente.
Spavalderia, Luce.
Superbia, Luce.
Antipatica, Luce.
<< Ti ho visto parlare con quel ragazzo prima >> indicai con la testa un punto alla mia destra dove l’avevo visto dirigersi << Devo dedurre che soltanto con me non riesci ad avere una conversazione più o meno civile? >>
<< Non sentirti così importante >> ghignò << Josh è nel nostro corso di letteratura e in realtà è venuto qui a chiedermi di te >>
<< Cheee? >> esclamai incredula.
Davvero qualcuno si era rivolto a lui per arrivare a me?
Insomma, ci credevano così uniti?
<< Voleva il tuo numero e … >> si interruppe per un attimo, guardandomi divertito << E ovviamente gliel’ho dato >>
<< Cosaaa? Ma era un ragazzino, idiota! >> sbottai.
<< Beh, credevo che vi sareste trovati bene insieme >> esclamò ovvio, portandomi una mano sul capo << Insomma, l’altezza è quella! >>
Mi scostai infastidita.
<< Se lo viene a sapere Matt ammazza prima lui e poi te >> sussurrai, forse più a me stessa che a Chris.
<< Andiamo! Non ci credo che state davvero insieme! >> ridacchiò.
<< E perché scusa? >> chiesi irritata.
<< Siete troppo simili, vi tenete per mano e vi baciate solo quando c’è qualcuno a guardarvi, siete più freddi del ghiaccio e non parlate praticamente mai! >> esclamò con voce piatta << Ti servono altre ragioni? >>
<< No, grazie >> lo liquidai con un veloce gesto della mano << Piuttosto, come mai tu non hai una ragazza, Sherlock? >>
Ghignò appena preparandosi a dire chissà quale frase, quando lo interruppi.
<< Sarà perché sei irritante, antipatico, asociale e burbero? >> constatai derisoria.
Ma, come previsto, non lo sfiorai neppure con le mie parole.
Si limitò anzi a rispondermi con un semplice ed inespressivo: << Non mi conosci, non sai come sono >>
<< Ecco perché sono qui >> esclamai sicura.
Appunto mentale delle 8 e …
Che ore erano?
Vabbeh, fa niente.
Appunto mentale delle 8 e qualcosa: farsi mangiare la lingua da un gatto nero.
<< Temo di non aver capito >> mormorò Christopher avvicinandosi impercettibilmente a me << Illuminami, Luce >>
Mi trattenni per non rispondere con un davvero poco fine, seppur sentito, Va a quel paese! alla sua battuta idiota sul mio nome.
Arrivata ormai a quel punto non aveva senso tirarsi indietro: dovevo dirgli ciò che pensavo.
Se sei in ballo, balla.
Dovevo smetterla con quelle maledette frasi di convenienza, avrebbero finito con il mandarmi al manicomio!
O forse mi ci avrebbe spedita Chris dopo aver ascoltato ciò che stavo per dirgli.
Non sapevo quale delle opzioni mi spaventasse di più.
<< Allora? >> il ragazzo di fronte a me arcuò un sopracciglio interrogativo.
Ero davanti ad un bivio.
Parlargli con sincerità, mettendo fine alle mie inutili paranoie mentali, auto ridicolizzandomi ai suoi occhi, apparendo probabilmente come una psicopatica incoerente.
Oppure inventare una scusa più o meno plausibile, svignarmela in un batter di ciglia e lasciare che le cose continuassero ad andare come sempre: io da un lato e lui dall’altro.
Bianco e nero.
Coraggio, Luce.
<< Hai ragione a dirmi che non ti conosco e che non so niente di te >> iniziai deglutendo dopo ogni parola.
<< Ma prova a chiederti il perché >> puntai il mio sguardo nel suo, sentendo una scarica elettrica attraversarmi la colonna vertebrale.
Adrenalina, tentai di ipotizzare, non sembrando però convincente neppure a me stessa.
<< Tu non permetti a nessuno di conoscerti >> citai le parole che Jazmin mi aveva rivolto la sera prima << Hai come una corazza che ti tiene lontano dal mondo esterno ed io … >>
Per un attimo esitai.
Puoi ancora tirarti indietro, Luce.
Ma non l’avrei fatto.
<< Ed io voglio romperla >> esclamai sicura.
Fece per dire qualcosa, ma un’altra volta lo interruppi.
<< So cosa stai per dire >> mormorai << E sì, sono così presuntuosa da credere che tu possa aprirti con me come non hai mai fatto con nessuno >>
Abbozzò un mezzo sorriso ed io sospirai prima di concludere quel mio improvvisato discorso.
<< Voglio conoscerti, Chris >>
 



Piccolo Angolo Di Luce
Hola!! Ci tenevo molto ad aggiornare oggi perché:
1- è il mio compleanno (tanti auguri a me *_* )
2- il 24 partirò e starò via una settimana, quindi volevo pubblicare due capitoli prima della vacanza: questo e il prossimo che, essendo già work in progress, posterò il 23.
Adesso, dopo questa breve spiegazione, veniamo a noi!
Questo capitolo è un pizzico più corto dei precedenti e non è così pieno di avvenimenti.
Diciamo che mi sono concentrata molto sui pensieri di Luce per tentare di farvi capire il suo modo di ragionare.
Chissà che qualcuno inizi a stare simpatica?
Si, perché a parte una o due persone, qui siete tutti assolutamente team Chris XD
Vabbeh, io non vi biasimo per nulla :p
Comunque sia, come stavo dicendo, siamo entrati un po’ di più nella mente di Luce.
Le parole di Chris l’hanno molto turbata e una parte di sé inizia a percepire un cambiamento, ma lei cerca di reprimerla con la sua solita superbia.
Cosa succederà arrivati a questo punto?
Aspetto le vostre recensioni, un bacino <3
Xoxo
 
PS: Grazie mille a tutti quelli che hanno recensito lo scorso capitolo e come sempre alla pagina facebook “
Pinoolast’s Graphic Video” per il meraviglioso banner.

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Capitolo 7
*** A Tuo Rischio e Pericolo ***


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Capitolo 6 : A Tuo Rischio e Pericolo

 

New York.
Manhattan.
Liberty High School.
Cortile.
Io.
Lui.
Umiliazione totale.

Volevo morire.
Non solo avevo detto a Chris di volerlo conoscere, – cosa già di per sé al massimo della sincerità e della vergogna – ma l’avevo anche fatto scoppiare a ridere come un emerito cretino!
Che cosa aveva poi da ridere?
Non mi sembrava di avergli raccontato una barzelletta!
<< Perché ridi? >> sbottai scocciata e al limite dell’esasperazione.
Lo vidi tenersi la pancia, mentre respirava a fatica.
<< Insomma Luce, hai vinto anche qualche premio come Miss Comica 2011 per caso? >> esclamò divertito.
L’avrei volutamente mandato a quel paese con poca delicatezza, se solo la sua risata non mi avesse attratta tanto.
Non l’avevo mai visto ridere e dovevo dire che era un vero spettacolo.
Sembrava un’altra persona.
Diversa e migliore.
Perfino allegra, come tutti gli Anderson del resto.
Ma non dovevo dimenticare il motivo per il quale stava ridendo, ovvero la mia serissima domanda buttata giù con tanta fatica.
<< Ovviamente >> finsi sorridendo con amarezza << Ma stavolta sono seria >>
<< E perché mai tu, Lucinda Price, reginetta delle Ladies, capo delle cheerleader e tutto il resto di cose senza senso, vorresti conoscere >> si fermò un attimo, probabilmente ancora senza capacitarsene << me? >>
<< Oh andiamo, Chris! Non ci credo che sei così stupido! >> esclamai scocciata.
<< Ehi! >> si finse offeso, mentre continuava a sfoggiare un odioso ghigno divertito.
<< Insomma, credo tu sappia di non essere proprio il classico tipo loquace e socievole, no? >> gli chiesi ovvia.
Scosse la testa sorridendo appena.
<< Si, e allora? >>
<< E allora ispiri mistero! E tutti sono attratti dal mistero, perciò tutti vorrebbero conoscerti in fondo >>
Mi guardava quasi come se gli avessi detto Ehi Chris! Sai che vengo da Marte e tu sei un vampiro?
Sospirai prima di continuare: << Solo che a differenza di tutti gli altri, che non hanno il coraggio di venirtelo a dire, io sono qui! >>
Puntò il suo sguardo nel mio cogliendomi di sorpresa.
Non ero preparata a quello scontro di grigio e azzurro, proprio per niente, eppure non avrei chinato il capo dandogliela vinta ancora una volta.
<< Riformulo la domanda allora >> sorrise << Cosa ti fa pensare che io voglia farmi conoscere da te? >>
Mi diede fastidio il modo in cui pronunciò quell’ultima parola, quasi con disprezzo.
Eppure non lo diedi a vedere.
Perché nonostante in quei giorni stessi imparando ad essere sincera con me stessa, questo non significava necessariamente esserlo anche con il mondo esterno.
Non sarei mai diventata come Sam che diceva senza alcun problema tutto quello che le passava per la testa, sebbene a volte invidiassi la sua leggerezza e libertà di parola.
<< Credo che tu sappia già la risposta >> azzardai << Insomma, sono Lucinda Price! Chi è che non vorrebbe conoscermi? >>
Chris alzò l’indice della mano, proprio come durante una lezione, quando conosceva la risposta alla domanda che il professore aveva posto.
Lo fulminai con lo sguardo, mentre iniziavo ad essere felice - per lui - che non potessi ucciderlo con la forza del pensiero.
<< Ad ogni modo, principessa >> calcò ironicamente il soprannome << La risposta è no >>
Impiegai qualche minuto per formulare una risposta, o forse per riprendermi da tanta sua ostilità nei miei confronti.
<< Che tu lo voglia o no, io non sono una che si da per vinta >> abbozzai un sorriso sicuro.
<< Quindi >> lo guardai dritto negli occhi, riacquistando finalmente la mia spavalderia abituale << Ti conoscerò, Christopher Anderson >>
 

***

 
9 e tre quarti.
Seconda ora di lezione iniziata da poco più di dieci minuti.
Fortunatamente frequentavo il corso di Matematica con Danielle ed Harry, altrimenti non sarei davvero riuscita a sopravvivere ad esso.
Soprattutto con quei maledetti pensieri che mi invadevano la mente di continuo.
Come avrei fatto a conoscere Chris se lui non voleva?
Avrei sempre potuto legarlo ad un albero e fallo parlare, ma non credevo che quell’opzione fosse adatta.
Insomma, non mi sembrava per niente il tipo da rendere sotto pressione.
Sospirai.
Sarebbe stato decisamente più difficile del previsto, contando anche il fatto che Matt non doveva sapere niente.
Cosa piuttosto complessa, date le voci che già iniziavano a girare per i corridoi, secondo le quali quella mattina mi ero dedicata a Chris e ci eravamo baciati fuori scuola.
Niente di più sbagliato.
Purtroppo.
Avevo smentito tutto dicendo che gli avevo soltanto chiesto i compiti per il corso di letteratura, ma ovviamente l’intero corpo studentesco aveva preferito la prima – infondata – voce.
<< Ehi Luce >> sussurrò Danielle, seduta al mio fianco << A che pensi? >>
<< Hm..niente d’importante >> sorrisi.
Non potevo certo dirle che progettavo come conoscere suo fratello senza che l’intera scuola venisse a saperlo!
Finsi di ascoltare la lezione, quando la mia amica bisbigliò di nuovo, facendomi voltare nella sua direzione.
<< Devo dirti una cosa >>
<< Adesso? >> domandai confusa.
<< Si, non voglio che gli altri sentano >> mormorò.
Beh, allora doveva decisamente essere qualcosa di molto importante, soprattutto perché Dan non si sarebbe mai persa una spiegazione per un semplice pettegolezzo.
<< Dimmi tutto >> mi voltai in direzione del professore, scorgendolo piuttosto impegnato a spiegare ad Emma Blue uno dei tanti passaggi di una disequazione che non riusciva a comprendere.
<< Beh, mi piace un ragazzo >> esclamò imbarazzata.
<< E la cosa scandalosa sarebbe? >> sorrisi ironica.
<< Ehm..non è un ragazzo qualunque, insomma, è un mio amico e >> ma non la lasciai finire, perché subito mi ritrovai a commentare.
<< Ti piace Peter Fox? >> buttai giù schifata il nome dello sfigato con il quale Charlie era stata costretta a fare coppia per il progetto di Letteratura.
<< Bleah! Ovvio che no! >> rispose con il mio stesso tono.
<< E allora chi è? Dimmelo prima che quella capra della Blue inizi a capirci qualcosa di matematica! >> le dissi impaziente.
<< M..Mike >> sussurrò timida.
WHAT?
<< Quel Mike? Insomma, il fratello di Am, il nostro amico, il >> mi interruppe proprio quando stavo per dire il ragazzo figo che va dietro a tutte.
<< Si, lui >> ammise la mia amica imbarazzata << Insomma, so che non potrò mai piacergli, però … >>
<< Ehi! Non dirlo nemmeno per scherzo, Dan! >> le sorrisi sincera << Tu sei bellissima, intelligente, simpatica e hai quel pizzico di timidezza che attrae. Solo ad un matto potresti non piacere! >>
E chissà perché, nella mia mente comparve l’immagine di suo fratello Christopher.
Ecco, nemmeno a lui sarebbe potuta piacere.
E non perché fosse il fratello, o perché Dan non avesse tutte quelle meravigliose qualità, ma semplicemente perché iniziavo davvero a dubitare che a quel ragazzo potesse piacere una persona.
Eccetto lui stesso, ovviamente!
<< Tu non è che potresti darmi una mano? >> mi chiese ancora la mia amica guardandomi speranzosa.
<< Ma è ovvio! >> esclamai sorridendo.
<< Grazie mille Luce, sei un’amica! >> mi strinse la mano contenta, prima di tornare a seguire la lezione di matematica.
Io nel frattempo mi soffermai a studiarla, in modo da poter ideare un piano per avvicinarla a Mike.
Aveva un fisico nella norma con le curve accentuate, gli occhi da cerbiatta, i capelli marrone cioccolato che le ricadevano ricci sulle spalle.
Chissà perché la vedevo davvero bene accanto a Mike.
Lui biondo, lei mora.
Lui schietto e loquace, lei timida ed introversa.
Lui un’idiota, lei un genio.
Lui irraggiungibile, lei inavvicinabile.
Chissà perché la cosa mi ricordava fin troppo me e Christopher.
Insomma: io bionda, lui moro.
Io schietta e loquace, lui timido ed introverso.
Lui un’idiota, io un genio.
Io irraggiungibile, lui inavvicinabile.
Con l’unica differenza che Danielle era la ragazza più dolce del pianeta ed era inavvicinabile per la sua innaturale timidezza, mentre Chris per il suo carattere odioso ed irritante.
Forse non somigliavamo poi tanto a quei due.
Soprattutto perché loro si sarebbero messi insieme a momenti.
 

***

 
La pausa pranzo era finalmente arrivata.
L’ora di Biologia era stata estenuante.
E non solo perché non avevo capito assolutamente un tubo di ciò che la professoressa aveva in mente di farci apprendere, ma anche perché la presenza di un certo ragazzo dietro di me mi aveva turbato più del dovuto.
E mio malgrado non avevo avuto Danielle o Amanda a cui appigliarmi.
Proprio per questo, quando la campanella era suonata mi ero precipitata in sala pranzo, ed eccomi lì, ad aspettare l’arrivo dei miei amici.
Mattew mangiava ogni giorno con la sua squadra di football, ma a me non era mai passato nemmeno per l’anticamera del cervello di pranzare con le cheerleader.
Insomma, farlo avrebbe comportato passare dieci minuti buoni ogni giorno con Ingrid Shiller, Deborah Stones ed Emma Blue.
Inutile dire che non ci tenevo proprio per niente.
Distrattamente lanciai uno sguardo alla sala, individuando Christopher seduto ad un tavolo.
Da solo.
Come avrei potuto immaginare.
Ma la cosa che più mi urtava era la sua espressione, quasi come se volesse dire Ehi, non sto da solo perché nessuno mi voglia accanto, ma perchè nessuno è degno di starmi vicino!
E non la sfoggiava solo in quell’occasione, ma tutto il tempo.
Perennemente.
Ed io ne ero perennemente affascinata.
Non riuscivo a capire il perché, ma quel suo essere così dannatamente solitario e misterioso mi intrigava.
Sarà stato per questo che sentivo quella voglia di conoscerlo?
No, lo facevo soltanto perché mi dava fastidio che lui sapesse tutto di me senza che io sapessi niente di lui.
Solo per quello.
<< Hola diosa! >> esclamò un pimpante Harry accomodandosi accanto a me, seguito a ruota da Charlotte ed Amanda.
<< Fatemi indovinare >> finsi di pensarci su << Lezione di spagnolo? >>
<< Sempre più perspicace! >> sorrise Mike sedendosi accanto a Charlie.
Risi appena, vedendo poi Danielle e Samantha dirigersi verso di noi.
E decisi che il mio piano sarebbe iniziato in quel momento.
<< Sam, tesoro! Vieni qui vicino a me! >> sorrisi, lasciando che la bionda occupasse il posto al mio fianco e che quindi – casualmente – Danielle si ritrovasse accanto a Mike.
Dopotutto, non sarebbe stato così difficile avvicinarli.
<< Ehi Lù! Oggi vieni da noi allora? >> mi chiese Harry cominciando a tagliare la carne con cura.
<< Credo proprio di si, sembra che a vostro fratello la mia casa faccia un brutto effetto! >> risposi ricordando la litigata che avevamo avuto lì pochi giorni prima.
Tutti si lasciarono scappare un leggero sorriso, prima che Sam rompesse il silenzio con un: << Allora, com’è lavorare con quel pezzo di figo? >>
Am si portò una mano alla testa, divertita come sempre dalla schiettezza della bionda, mentre Charlie e Danielle ribatterono per l’ennesima volta di andarci piano con loro fratello.
<< Giudica tu >> le dissi << Ti sembra un ragazzo particolarmente loquace e simpatico? >>
<< A me sembra solo bono! >> rispose quella ovvia facendo scoppiare a ridere i presenti.
Beh, dopotutto non le si poteva dare torto.
Ad essere sinceri, anche io avevo fatto pensieri del genere in sua compagnia, ma questo solo prima che aprisse bocca.
Stavo per dirlo alla mia amica, quando la voce di Mike m’interruppe.
<< Principe azzurro a ora dieci! >> esclamò divertito.
Ovviamente quello era il soprannome di Mattew che gli aveva affibbiato – indovinate un po’? – la cara Sam.
Il perché non lo sopportasse e lo prendesse perennemente in giro rimaneva un mistero.
<< Ehi amore >> sentii le mani di Matt appoggiarsi delicatamente sulle mie spalle.
Alzai di poco il viso per poter scorgere il suo.
<< Ti va di venire a vedere gli allenamenti oggi? >> mi domandò piatto.
Scossi la testa.
<< Devo lavorare al progetto di letteratura, mi dispiace >> gli risposi quando ero tutto tranne che dispiaciuta.
Guardare un allenamento di football era la cosa più noiosa sulla faccia della Terra, a meno che non avessi il mio set di manicure nella borsa e potessi meravigliosamente distrarmi con esso.
<< Fa niente >> sorrise << Però stasera vieni con me e gli altri a mangiare qualcosa? >>
<< Certo >> mormorai.
Mi lasciò un bacio a fior di labbra prima di dirigersi nuovamente verso il tavolo dei suoi amici.
Perfetto.
Non solo avrei passato un intero pomeriggio a discutere con Chris, ma avrei anche trascorso la serata mangiando una pizza con ragazze totalmente fuori moda e ragazzi che non sopportavo per niente.
Davvero una giornata perfetta, non c’era che dire.
 

***

 
La giornata scolastica era finalmente terminata ed io mi ritrovavo con il quartetto di fratelli Anderson davanti alla stazione della metropolitana.
<< Non ci salgo nemmeno morta lì dentro! >> affermai decisa.
<< Andiamo Luce, non ci credo che non hai mai preso la metro! >> sbuffò Harry guardandomi torvo.
<< È normale che io non l’abbia mai presa! Insomma, ho un autista! >> esclamai ovvia.
Maledetta me quando avevo accettato di andare a casa loro subito dopo la scuola!
<< Ma adesso Paul non c’è, quindi potresti gentilmente fare uno sforzo? >> provò a chiedermi con calma Charlie, ma io scossi la testa contrariata.
Giammai!
<< Ringrazia il cielo che Sam non sia qui, altrimenti ti ci avrebbe portata di peso lì dentro! >> rise Danielle, mentre Harry mi fulminava con lo sguardo.
<< Siamo qui da mezz’ora Lù! Mezz’ora! >> sbottò << Insomma, quando ti deciderai a salire? >>
<< Forse non ti è chiaro tesoro: io non ci salirò mai su quell’aggeggio infernale! >> decretai.
Non riuscivo a credere che i miei migliori amici prendessero quell’affare puzzolente e affollato tutti i giorni per spostarsi!
Avrei camminato a piedi fino a Brooklyn piuttosto.
Vidi Chris, che nel frattempo era rimasto totalmente in disparte, venire verso di me.
<< Sali si o no? >> mi domandò scocciato.
Scossi la testa in segno di negazione.
<< Bene >> disse soltanto, e mentre io credevo stesse per andarsene, si avvicinò a me cingendomi i fianchi con le braccia.
Un abbraccio? Niente a che vedere!
Mi sollevò di peso portandomi ad appoggiare il seno contro la sua spalla, iniziando poi a camminare verso il vagone.
<< A mali estremi, estremi rimedi! >> esclamò guardando in direzione dei fratelli che, ridendo, lo seguirono a ruota all’interno dell’aggeggio infernale.
Io nel frattempo, ero totalmente incapace di parlare.
Era la prima volta che i nostri corpi venivano a contatto e sentivo come se da giorni non desiderassi altro.
Provai a non pensare alle sue mani poggiate sui miei fianchi, al suo petto contro la mia pancia, al mio contro la sua spalla, al suo respiro che mi solleticava il collo.
Ma era impossibile.
E non feci neppure in tempo a chiedermi il perché, che le porte della metropolitana si chiusero e Chris mi rimise a terra con la delicatezza di un rinoceronte.
<< Ahi! >> esclamai per poi voltarmi arrabbiata verso di lui << Ma come cavolo ti è venuto in mente? >>
<< Dovevi entrare in qualche modo >> rispose semplicemente, divertito al massimo.
<< E non potevi semplicemente chiedermelo? >> sbottai.
<< L’ho fatto, non ricordi? >> sorrise ironico e io allora lo fulminai con lo sguardo prima di voltarmi verso i miei amici, seduti vicino al palo dove Chris si reggeva con una mano.
Feci per dire qualcosa, ma la sua voce mi interruppe.
<< Luce? >>
Mi voltai di nuovo per poi incontrare il suo sguardo, il quale aveva perso il divertimento di pochi secondi prima per diventare serio, deciso.
Che cosa voleva dirmi?
<< Si? >>
<< Se tutta la tua convinzione non è già scemata come credo che sia >> esordì duro << Beh, conoscimi >>
Sicuramente avevo sentito male.
Aveva accettato la mia richiesta?
Christopher Anderson si sarebbe lasciato conoscere da me?
<< A tuo rischio e pericolo però, sia chiaro >>
E fu un riflesso involontario.
Tutti i muscoli del mio viso si contrassero mostrandogli uno splendente sorriso a trentadue denti.

 

Piccolo Angolo Di Luce
Hola! Oggi è 23 e come vi avevo promesso ecco il capitolo!
Per la prima volta sono stata puntale *piange dall’emozione*
Allora..veniamo a noi.
Personalmente non mi piace per niente come è scritto questo capitolo, ma vi avevo promesso di pubblicarlo oggi e quindi eccolo qui.
Chris ride in faccia a Luce per la sua proposta (avanti..c’era da aspettarselo XD), lei non si da per vinta e alla fine, dopo la parte dove lui la prende in braccio che personalmente adoro, per la prima volta in 6 capitoli Luce ottiene qualcosa che vuole.
Quindi..conoscerà Chris! Yepp!
Inoltre, alla nostra cara e timida Danielle piace Mike e chiede a Luce di aiutarla..riuscirà a conquistarlo?
Grazie come sempre alla pagine fb " 
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Aggiornerò appena tornerò dal mare, un bacione e grazie a tutti <3
Xoxo
 
PS: lo scorso capitolo *_* 13 recensioni…ceh…io sto sognando *_*

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Capitolo 8
*** Il Primo Sorso Di Una Coca Cola ***


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Capitolo 7 :Il Primo Sorso Di Una Coca Cola
 

L’albero del giardino accanto sembrava quasi voler toccare il cielo.
Ed era bello, così tanto da ritrovarmi ad ammettere che Brooklyn appariva molto meno inquietante alla luce del sole.
Ma non la si poteva comunque accostare alla mia meravigliosa e scintillante Manhattan.
Le finestre di casa Anderson del secondo piano erano grandi abbastanza da poter mostrare tutto il quartiere e così, mentre aspettavo che Chris mi raggiungesse in camera sua, mi soffermai a guardare le persone che passeggiavano.
Bambini, coppie di innamorati, vecchietti.
Sembravano quasi dipinti, perfettamente in armonia con la luce del sole che batteva sulle case.
Iniziai a chiedermi perché di notte quella zona fosse invece sconsigliata poiché malfamata.
Insomma, come poteva trasformarsi così tanto in 24 ore?
Come poteva quella frazione di New York avere due facce, una buona e l’altra cattiva?
Forse, mi dissi, non era altro che un parallelismo con la situazione psicologica di molte persone.
La mia in primis.
Non che io avessi un doppio volto, ma da quando l’orso di casa Anderson si era avvicinato a me, alcuni miei atteggiamenti stavano involontariamente cambiando.
Come il mio modo di vedere quel posto, per esempio.
Se fosse stato solo due settimane prima sarei rabbrividita all’idea di trovarmi a Brooklyn, e invece in quel momento sembrava quasi piacermi.
Quasi.
Forse la vicinanza di Chris stava iniziando a cambiarmi ed io non sapevo più se esserne o meno spaventata.
<< Luce! >> mi voltai sapendo già che non avrei incontrato gli occhi grigi che aspettavo.
Charlotte se ne stava appoggiata allo stipite della porta con le braccia incrociate al petto ed un mega sorriso stampato sulle labbra.
<< Ehi! >> mi alzai dal pavimento sul quale ero seduta – si, sul pavimento! – e mi avvicinai alla mia amica << Chris dov’è? >>
<< A buttare la spazzatura >> rispose semplicemente chiudendo la porta alle sue spalle.
Si avvicinò poi ad uno dei letti della stanza che i suoi fratelli condividevano e si sedette comodamente su di esso.
<< Quindi abbiamo un po’ di tempo per parlare >> esclamò pimpante.
Confusamente mi accomodai su una delle sedie presenti dietro la scrivania.
<< Di cosa vorresti parlare? >>
<< Oh, di molte cose >> sorrise maliziosa << Ma iniziamo dal principio: tu e Chris >>
Sussultai.
<< Io e Chris cosa? >> domandai stranita.
<< Andiamo Lù! Ti conosco! E poi si vede lontano un miglio che sei attratta da lui! >> buttò giù come se fosse la cosa più normale del mondo << E come biasimarti del resto, sarà anche asociale, ma è un figo da paura! >>
<< Char! >> sbottai mordendomi il labbro nervosa << In questo momento mi ricordi tanto quella pazza di Sam! >>
<< Beh, almeno lei è sincera al contrario tuo, mia cara! >> sorrise allusiva.
Una cosa era certa.
Non saremmo uscite entrambe vive da quella stanza.
Anche perché, quando Charlie ci si metteva era davvero testarda e asfissiante.
<< Non so se ricordi >> mormorai << Ma io sto con Matt! >>
La bionda davanti a me scoppiò a ridere di gusto.
<< Per favore Luce, raccontamene un’altra! >> riuscì a dire tra le risate << Una coppia di cervi ammaestrati farebbe più scintille di voi! >>
La guardai con le sopracciglia che più aggrottate non avrebbero potuto essere.
<< Cervi ammaestrati? >> chiesi prima di scoppiare a ridere a mia volta.
Eravamo decisamente da rinchiudere entrambe.
<< Cooomunque >> riprese la mia amica con voce biascicata ed un tantino irritante << Abbandoniamo per un po’ il discorso Luchis >>
<< Luchis? >> domandai confusa e – dovevo ammetterlo – divertita.
<< Certo tesoro, avete bisogno di un nome come coppia! >> sorrise per poi continuare con i suoi deliri, non dopo aver visto il mio meraviglioso dito medio alzato con tanto di linguaccia << Adesso però parliamo di me: mi piace un ragazzo! >>
Ridacchiai sommessamente.
<< Ok, adesso dimmi qualcosa che non so! >>
<< Ah. Ah. Spiritosa! >> mormorò lei irritata.
<< Hai cominciato tu! >> le feci l’ennesima linguaccia.
<< Hai ragione, ora però torniamo serie >> esclamò << Ieri sera siamo usciti e ci siamo baciati! >>
Urli di gioia riempirono l’aria, provenienti dalle euforiche bocche di entrambe.
<< Freniamo l’entusiasmo però >> mormorò intristendosi di colpo << Oggi mi si è seduto accanto a pranzo, ma non abbiamo praticamente parlato: nemmeno un bacio del buongiorno o quelle robe da film, capisci? >>
Scossi la testa in senso di assenso.
Eccome se la capivo.
Matt non era il tipo da bacio del buongiorno o robe da film, o meglio, non ne era il tipo a meno che non ci fosse tutto il corpo studentesco davanti.
Eppure a me era sempre andato bene, perché mi succedeva lo stesso.
Quando eravamo da soli non sentivo il bisogno di baciarlo o stringerlo a me, se invece c’erano altri insieme a noi lo facevo più che altro per marcare il territorio.
Ed era ridotto a questo il nostro rapporto.
Così tanto che iniziai a chiedermi se potesse davvero essere definito tale.
<< Insomma, non riesco a capire se gli piaccio o meno! Non è che potresti darmi una mano? >> mi chiese dopo aver divulgato a raffica chissà quante altre informazioni che non avevo minimamente ascoltato, troppo persa nei miei pensieri.
<< Ehm si, ma dovresti dirmi chi è, altrimenti sarà più impossibile >> le sorrisi.
<< Ma davvero non l’hai capito? >> chiese ovvia.
Con la mente cercai di ricordare le parole che le avevo sentito dire, traendone la risposta.
Ieri sera siamo usciti e ci siamo baciati.
E fin qui niente di niente.
Oggi mi si è seduto accanto a pranzo, ma non abbiamo praticamente parlato.
Oddio! Il pranzo!
Ma davvero non l’hai capito?
Si, l’avevo capito.
Purtroppo, c’era da aggiungere.
<< Luceeee? >> chiese la mia amica richiamando la mia attenzione con un sciocco di dita << Hai capito adesso? >>
<> provai a dire, ma quel nome sembrava non voler uscire dalle mie labbra.
<< Mike, Lù! Mi piace Mike! >> esclamò mettendo decisamente fine alla mia pace interiore.
Come cavolo era possibile?
Che cosa aveva Mike? Una specie di calamita per le sorelle Anderson?
Charlie fece per dire qualcosa sulla mia strana reazione, ma proprio in quel momento la porta si aprì nuovamente rivelandomi il volto del mio salvatore.
Buffo come Chris riuscisse ad essere malattia e cura al contempo.
<< Interrompo una riunione di amiche? >> chiese piatto.
<< No, non preoccuparti >> sorrise Charlie << Vi lascio soli >> continuò poi allusiva e maliziosa al massimo, dirigendosi verso l’uscita.
Decisamente non le era chiaro che mi trovavo in camera di suo fratello per studiare e non per fare altro.
Il ragazzo accanto a me disse qualcosa, ma non ci badai, presa com’ero a tormentarmi la testa cercando di trovare una soluzione a quell’idiozia nella quale ero finita.
<< Luce, mi stai ascoltando? >> chiese allora Chris con voce irritata.
<< Ehm..si..scusa >> biascicai scuotendo la testa.
Si avvicinò a me e sembrò quasi interessato quando mi domandò: << Che succede? >>
Dovevo dirglielo?
Beh, avevo bisogno di parlarne con qualcuno e per vedere Jazmin avrei dovuto aspettare che si facesse sera tardi.
Ma era pur sempre loro fratello e non avrei dovuto andare a sbandierargli in faccia i sentimenti di Dan e Charlie.
Che cosa dovevo fare?
<< Allora? >> mi domandò impaziente.
<< Se a due delle tue più care amiche piacesse lo stesso ragazzo e ti chiedessero entrambe di aiutarle con lui, tu cosa faresti? >> buttai giù occultandogli quanti più dettagli possibili.
<< Soltanto questo? >> chiese retorico con l’aria di chi si sarebbe aspettato uno scoop da prima pagina di Vanity Fair << Io parlerei con il ragazzo in questione e gli chiederei con quale delle due vuole stare >>
Odiavo ammetterlo, ma Chris aveva ragione.
Avrei parlato con Mike e, dopo aver saputo quale delle due preferiva, avrei aiutato una e consolato l’altra.
Niente di più facile
<< Quindi >> il ragazzo si sedette distrattamente a cavalcioni sulla sedia accanto alla mia << Chi è che piace a Dan e Charlie? >>
<< Eh? >> domandai con gli occhi fuori dalle orbite << Chi ti ha detto che parlavo di loro? >>
Non poteva essere così perspicace, diamine!
<< Oh andiamo! Le tue più care amiche sono quattro: a Sam potrebbe piacere solo un tipo strano quanto lei, ad Amanda un principe o un miliardario e quindi rimangono soltanto Dan e Charlie >> spiegò ovvio.
In effetti non avevo mai pensato a quanto potesse essere semplice comprendere le mie amiche e i loro sentimenti.
<< Allora, chi è il fortunato? >> domandò ancora Chris prendendo qualche foglio dal cassetto della scrivania.
<< Mike >> esclamai semplicemente e lui annuì senza dire nient’altro, cosa che se da una parte mi rasserenò, dall’altra mi fece tornare a dubitare – per l’ennesima volta – della sua normalità.
<< Bene, iniziamo >> esclamò piatto iniziando distrattamente a sfogliare il libro di letteratura.
No, Chris non era decisamente normale.
E proprio per questo ero irrimediabilmente attratta da lui.
 
***
 
Non tornammo sull’argomento Mike-Dan-Charlie per tutto il pomeriggio, ma in compenso riuscimmo finalmente a trovare un’idea per il progetto e a buttare giù una breve trama.
Partendo dalla storia di Leopardi e Silvia, avremmo raccontato di Ethan ed Allison – inutile dire che i nomi orrendi fossero stati frutto della bacata mente di Chris –
<< Rileggi quello che hai scritto fin’ora >> mi intimò il ragazzo sbadigliando.
<< Lui uno sfigato molto in stile Peter Fox, lei bellissima reginetta della scuola, decisamente ispirata a me.
Innamorato da sempre di lei, seppure senza averle mai parlato, Ethan vivrà il loro amore da solo, poiché non avrà mai il coraggio di parlarle e dichiararsi. >> esclamai sorridendo, soprattutto a causa delle precisazioni sui personaggi che avevo aggiunto.
<< Beh, qui ci vuole una svolta >> mormorò Chris << Ad esempio, alla fine è lei ad andare a dichiararsi a lui >>
<< Non avrebbe senso! >> affermai sicura << Insomma, una ragazza come me non si dichiarerebbe mai ad uno sfigato come Peter Fox! >>
<< Devo ricordarti che non siete tu e Fox i protagonisti del racconto? >> puntualizzò Chris con voce irritante.
<< Grr! >> brontolai << Mi stai simpatico quanto la vista di Ingrid Shiller con in mano la targa di Miss Bellezza 2012/2013! >>
Mi guardò divertito.
 << In effetti sarebbe un bello spettacolo >>
<< Idiota! >> sorrisi antipatica.
Accennò appena una smorfia, concentrandosi poi nuovamente sul compito.
<< Comunque, secondo me Allison dovrebbe essere bionda >> constatò, troppo impegnato a giocare con una matita per potermi guardare negli occhi.
<< Perché? >>
<< Mi piacciano le bionde >> rispose distrattamente.
Uh Luce, guarda un po’! Tu sei bionda!
Un brivido mi percorse la schiena.
<< E cos’altro ti piace in una ragazza? >> chiesi rapidamente, quasi senza pensarci.
Stupida!
<< Dipende dalle ragazze >> mi liquidò con noncuranza, continuando a concentrarsi sul compito.
Avrei dovuto immaginare che non si sarebbe bilanciato più di tanto.
<< Tu hai un ragazzo ideale? E se mi dici Mattew Dawson giuro che mi butto dalla finestra! >>
Risi al vedere la sua espressione decisamente seria.
Perché tanta ostilità nei confronti di Matt?
Insomma, era un giocatore di football, era il mio ragazzo ed era bello!
Come si poteva odiarlo?
<< Certo che ce l’ho! E no, non è Matt >> ammisi, per poi iniziare a parlargli.
Dopotutto, se volevo che Chris si aprisse con me anche io dovevo fare lo stesso.
<< Vorrei un ragazzo che mi faccia sentire sempre al sicuro, che mi protegga, con un meraviglioso sorriso e le spalle larghe. Vorrei che mi portasse a fare shopping per ore nonostante si annoi a morte, che si presentasse a casa mia una triste sera di pioggia con la cioccolata calda di Starbucks, che venisse con me al ballo studentesco facendo invidia a tutte le altre ragazze, che mi regalasse un gigantesco peluche a forma di orso, che mi chiamasse principessa, che bevesse per me il primo sorso della coca cola, quello talmente frizzante che fa lacrimare gli occhi e rovinare il trucco. >>
Avevo guardato fuori dalla finestra per tutto il tempo e soltanto dopo aver finito mi voltai verso Chris.
Non riuscivo a decifrare la sua espressione.
Sembrava quasi intenerito.
<< Wow >> sospirò soltanto, mettendo a tacere i miei dubbi mentali.
Probabilmente era solo stupito che fossi riuscita a formulare un discorso così lungo.
Aspettai che dicesse qualcos’altro, ma a quanto pareva non ne aveva la minima intenzione.
Così decisi che, ancora una volta, avrei aperto io un discorso.
Uno a caso.
<< E vediamo … cosa ti piace fare a parte disegnare cimiteri e immaginare il giorno della tua morte? >> domandai ironica.
Chris rise sommessamente.
 << Non sono così macabro e pessimista come credi! >>
<< Allora dimmi cosa ti piace! >> esclamai convinta.
Mi aveva detto che l’avrei conosciuto a mio rischio e pericolo e beh, era arrivato il momento di iniziare a rischiare.
 << La musica: amo suonare la chitarra >> rispose abbozzando appena un sorriso.
<< Davvero? Beh, possiamo fare un duo chitarra e voce! Non so se te l’ho mai detto, ma sono Miss Microfono 2012/2013! >> dichiarai orgogliosa.
Rise divertito.
<< Non avevo dubbi >> sorrise con aria di scherno, per poi chiedermi serio << Vuoi cantare? >>
<< Perché no >> esclamai allegra.
Avevo praticamente cantato per tutta la vita, da quando a cinque anni avevo ricevuto in regalo il mio primo microfono giocattolo, e dovevo ammettere di essere decisamente brava.
Chris afferrò una chitarra sistemata in fondo alla stanza, e si avvicinò a me iniziando ad intonare le prime note di una canzone che ormai avevo iniziato ad associargli.
L’avevo già ascoltato cantare Just The Way You Are il pomeriggio in cui avevo avuto l’incidente in palestra e me l’ero ritrovato in infermeria, ma quel giorno ero ancora troppo scossa per potermi concentrare su di lui.
In quel momento invece, non c’era niente al mondo che avrebbe potuto distrarmi.
Poco dopo l’inizio del ritornello mi unii a Chris ed iniziammo a duettare in perfetta armonia.
Le nostre voci sembravano fatte su misura l’una dell’altra, e non potei fare a meno di alzarmi e avvicinarmi a lui lentamente.
Sentivo dentro di me una voglia fin troppo repressa di stringerlo forte, ma non potevo farlo, non dovevo.
Così mi limitai a stargli vicino, mentre continuavamo a cantare alcune delle parole più dolci che avessi mai sentito.
Chiusi gli occhi abbandonandomi alla sensazione di benessere che provavo e giurai di vederlo sorridere proprio in quel momento.
Eravamo arrivati all’ultimo ritornello quando, inaspettatamente, smise di suonare ed allungò la mano a stringere la mia.
Le nostre dita s’intrecciarono una alla volta, lentamente e con dolcezza.
Feci appena in tempo ad aprire gli occhi, quando ormai avevamo cantato anche l’ultima parola della canzone, che il mio cellulare iniziò a squillare rumorosamente.
Mai come in quel momento avrei desiderato che si rompesse in maniera irreparabile.
Non lessi neppure il nome sullo sfondo, tanto ero impegnata a maledire il mio Iphone e chiunque avesse avuto la brillante idea di chiamarmi in quel momento.
<< Ehi amore, sono sotto casa tua. Scendi? >> la voce di Mattew mi riportò alla realtà.
Lanciai una veloce occhiata all’orologio appeso al muro constatando che fossero già le otto.
Oh cavolo!
<< Ehm … in realtà non sono a casa >> balbettai << Sono a casa Anderson >>
<< Ah >> mormorò soltanto.
<< Non è che potresti venire a prendermi qui? Altrimenti chiamo Paul >> gli domandai tentando di nascondere la nota tremolante nella mia voce.
<< Si, nessun problema. L’indirizzo? >> domandò piatto.
<< Quartiere Carroll Gardens, Brooklyn >> risposi ostentando calma.
<< Brooklyn!?>> chiese stranito come mi aspettavo sarebbe stato, o forse anche un po’ di più.
<< Ehm..si >> mormorai imbarazzata.
<< Ok, arrivo subito >>
E così dicendo chiuse la chiamata.
Il modo in cui tutti noi di Manhattan considerassimo Brooklyn una topaia non avrebbe dovuto sorprendermi, in teoria.
Nella pratica però, adesso che avevo conosciuto meglio la famiglia Anderson iniziavo a pensare che dopotutto non fosse un posto così male.
Da qualche parte avevo letto che nel momento in cui hai un oggetto e vi associ una persona, l’oggetto perderà il suo valore effettivo e diverrà la persona nei nostri pensieri.
Ecco quindi che per me Brooklyn iniziava a diventare sinonimo di Anderson.
E quindi iniziavo involontariamente ad amarla.
<< Devi andare? >> mi domandò Chris perfettamente calmo.
<< Si, Matt mi viene a prendere e andiamo a mangiare una pizza con alcuni suoi amici >> spiegai prendendo la borsa.
<< Ok >> sospirò soltanto << Divertiti >>
<< Certamente >>
 
***
 
Quella serata era di una noia mortale.
Alla fine eravamo andati in un Mc Donald’s, visto che gli amici del mio ragazzo adoravano quel posto.
Inutile dire quanto, al contrario, io lo detestassi.
Troppe calorie, grassi e conservanti gratuiti, motivo per il quale avevo optato per una sana e triste insalata.
Matt invece, seduto accanto a me, ingurgitava patatine sopravvissute ad un’esplosione di ketchup con una voracità spaventosa.
I suoi due migliori amici altrettanto, mentre le due ragazze di questi ultimi, Michelle e Greta, si fingevano sofisticate addentando lentamente i loro mega panini.
Tsè! Vi ci vorrà qualche lezione di teatro in più! avevo subito pensato trovandomi al cospetto di quell’irritante messa in scena.
Ad un tratto il vibrare del mio Iphone mi distrasse dai pensieri omicidi verso quelle due idiote.
Era un sms.
Di … Chris.
 
Ehi! Scusa se ti disturbo, ma dovevo assolutamente chiederti una cosa.
Hai ordinato una coca cola?
 
Ridacchiai.
Che cavolo di domanda era?
Poco male, almeno era riuscito a farmi sorridere, cosa che in quell’uscita sarebbe stata altrimenti impossibile.
 
Hola ;)
Si, l’ho ordinata..perché me lo chiedi?
 
Aspettai quella risposta con l’ansia alle stelle.
E quando finalmente arrivò, la lessi con un enorme sorriso stampato in volto.
 
Mi chiedevo, il tuo principe azzurro ha bevuto il primo sorso?
Sai, quello talmente frizzante che fa lacrimare gli occhi e rovinare il trucco XD
 
Risi intenerita dal fatto che se ne fosse ricordato, prima di rispondere che no, Matt non aveva neppure guardato la mia coca, e la mia matita si era leggermente sbavata.
<< Che succede? >> mi domandò il mio ragazzo con disinteresse.
<< Niente >> biascicai ancora sorridendo.
Sorridendo perché quel niente stava pian piano iniziando a diventare tutto.
 



Piccolo Angolo Di Luce
Holaaaaa!! Finalmente eccomi qui con il nuovo capitolo ( un po' più lungo del solito per farmi perdonare l'assenza ) che personalmente trovo abbastanza carino!
Allora..stiamo iniziando pian piano a conoscere Chris: ama cantare (quanto amo la scena dove cantano insieme? Troppo *_*) gli piacciono le bionde (Io sono bionda! Io! ) e continua ad essere bellissimo (ok, questo non c’entra niente XD)
Per quanto riguarda Danielle e Mike, nelle scorse recensioni quasi tutti mi hanno detto di essere già fan di questa coppia, ma ecco che in questo capitolo arriva il problema, e si forma un pericoloso triangolo.
Chi conquisterà Mike tra le due sorelle Anderson?
La storia del primo sorso della coca cola mi è venuta in mente l'altro giorno, appunto mentre lo bevevo.
Solo che a differenza di Luce, io lo adoro per quanto è frizzante XD
Spero continuerete a seguire, grazie mille a chi ha recensito lo scorso capitolo e come sempre alla pagina
Pinoolast’s Graphic Video per il meraviglioso banner.
Un bacino <3
xoxo

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Capitolo 9
*** Fluttuando Tra i Perche? e i Forse ***


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Capitolo 8 : Fluttuando Tra i "Perchè?" e i "Forse"



Storsi il naso di fronte alla scritta riportata con leggerezza sul quaderno.
355 persone.
C’erano da aggiungere, mio malgrado, quelle tre odiose arpie che portavano i nomi di Ingrid Shiller, Deborah Stones ed Emma Blue.
E pertanto il totale ammontava a 358.
Considerando i tre santi senza cervello che si sarebbero portate dietro per sopportarle durante un’intera serata, si arrivava a 361.
Ancora non bastava però.
Magari avrei potuto aggiungere Annie, la mia vicina di casa, e Bob, suo fratello.
363.
Ecco che si iniziava a ragionare.
Il mio Iphone vibrò per l’ennesima volta, informandomi dell’arrivo di un nuovo sms.
Facendo estrema attenzione al fatto che il mio professore di Scienze fosse troppo impegnato a riprendere un ragazzo in prima fila per accorgersi di me, lo aprii leggendolo velocemente.
 
Tutto perfetto, tesoro! Per il 26 ci siamo tutti ;)
 
Quindi c’erano da contare anche le mie cugine residenti a Chicago, Melanie, Daisy e Jennifer, che sarebbero giunte a New York per l’occasione, con i rispettivi fidanzati.
369.
Mancava soltanto una persona e avrei finalmente raggiunto un solido numero.
Una persona.
Già, ma chi?
<< Signorina Price, è ancora tra noi? >> domandò l’uomo guardandomi con aria severa da dietro l’enorme cattedra.
Il professor Smith non sarebbe sicuramente entrato nella lista.
<< Per vostra fortuna si >> sorrisi orgogliosa della mia superba risposta, fingendo poi di concentrarmi sulla lezione.
In realtà però, la mia testa era da tutt’altra parte.
Avevo assolutamente bisogno di un 370esimo nome!
Matt e la squadra di football erano già in lista, così come tutte le cheerleader e i compagni dei più svariati corsi che seguivo.
Ma quel posto vuoto sembra essere inspiegabilmente l’unico del quale mi importava davvero.
I nomi delle Ladies erano scritti in alto, accanto a quelli di Charlotte, Danielle, Harry e Mike.
A proposito di Mike, dovevo ancora parlare con lui per la questione delle due sorelle Anderson che sembravano letteralmente aver perso la testa.
Oddio! C’erano così tante cose da fare e così poco tempo!
Il suono della campanella mi liberò dalla prigione che quella classe era diventata.
Per la prima volta in vita mia avevo avuto modo di constatare che fingere di seguire una lezione era decisamente più impegnativo che seguirla davvero.
Ma la mia priorità quella settimana era decisamente differente rispetto all’ennesima A + in Scienze.
<< Ehi Lù! >> esclamò Amanda prendendomi sottobraccio << Andiamo in mensa? >>
Annuii e la seguii lungo l’immenso corridoio, senza staccare gli occhi nemmeno per un attimo dalla mia lista.
Mancava qualcuno, sicuramente.
Iniziai a rileggere con attenzione ogni nome, cercando di comprendere chi potessi aver saltato.
Ma ad un tratto, distratta com’ero, urtai violentemente qualcuno alla mia destra, il quale doveva essere decisamente più forte di me, dato che mi ritrovai in meno che non si dica sul freddo pavimento di marmo.
<< Cavolo! >> sbraitai alzando gli occhi verso la persona che mi sovrastava, pronta a dirgliene quattro.
Quando però incontrai quel paio di meravigliosi occhi grigi, le parole mi morirono in gola.
La mia dimenticanza, l’ultimo nome della mia lista, l’unica persona che non avevo avuto il coraggio di segnare sul mio fidato block notes.
Chris se ne stava in piedi di fronte a me e mi stava porgendo la mano, senza però nascondere un sorrisetto divertito dal suo volto.
<< Siamo pensierose stamattina? >> domandò ironico, mentre Amanda accanto a lui lo squadrava da capo a piedi con aria maliziosa.
<< Si, troppo >> esclamai sincera afferrando la sua mano.
Fu solo un attimo durante il quale le nostre dita s’intrecciarono e mi parve di ritornare al giorno precedente, quando avevamo cantato insieme e poco dopo ci eravamo ritrovati nella stessa situazione.
Così persa in quel ricordo che feci per perdere nuovamente l’equilibrio.
Per fortuna Chris sembrava preparato ad una mia nuova caduta, dato che allungò le braccia dietro la mia schiena per sorreggermi.
Puntai lo sguardo nel suo ed una miriade di scariche elettriche sembrarono attraversarmi da capo a piedi.
Una strana connessione sembrava esserci tra di noi: così intensa da sconvolgermi con quei semplici gesti.
<< Hm. Hm. >> la mia migliore amica tossicchiò, riportandomi alla realtà.
Puntai nuovamente i piedi per terra e mi allontanai da Chris quel poco che bastava per poter ricominciare a ragionare a mente lucida.
<< Allora io vado >> fece per dire il ragazzo, quando la voce di Am lo bloccò.
<< Chris, perché non vieni a pranzare con noi? >> gli domandò sorridendo a trentadue denti.
Il moro sembrò per un attimo sbiancare.
<< Che? >> chiedemmo entrambi stupiti.
<< Si insomma, è il fratello di Dan, Charlie ed Harry e non l’abbiamo mai conosciuto davvero >> mormorò lei semplicemente << Sarebbe carino >>
Povera illusa.
Credeva forse che conoscere Chris sarebbe stato facile come con qualunque altra persona?
Probabilmente non si era ancora accorta di quanto lui fosse speciale.
Ehm … diverso, volevo dire diverso.
<< Si, per me va bene >> rispose invece il ragazzo con ostentata naturalezza.
La mia amica ci fece così cenno di seguirla verso la mensa, mentre Chris sembrava troppo a disagio per parlare ed io ero decisamente con la testa altrove.
Ancora non sapevo se alla mia tuttavia incompleta lista o alle assurde sensazioni che avevo provato poco prima, quando il mio corpo e quello del ragazzo accanto a me erano entrati in contatto.
<< Buongiorno mondo! >> sorrise Amanda una volta che fummo arrivati al nostro tavolo.
Gli altri erano già sistemati ai loro soliti posti e aspettavano soltanto noi per iniziare a consumare il cibo presente nei loro vassoi.
Ma in meno di un attimo tutta la loro attenzione venne catturata dall’imponente figura accano alla mia e a quella della mia migliore amica.
Mi ritrovai a pensare che in una normale situazione, appena due settimane prima, anche a me sarebbe parso totalmente assurdo che un individuo come Christopher stesse per sedersi al nostro tavolo.
Ma in quel momento passare il tempo con lui stava diventando quasi … piacevole.
<< Avete già notato la new entry, vero? >> squittì Am accomodandosi leggiadramente tra Harry e un posto ancora vuoto << L’ho invitato io! >> si vantò sorridendo.
<< Davvero? Eravamo tutti convinti che fosse stata Luce! >> esclamò Sam alzandosi e porgendo una mano al ragazzo << Io sono Samantha >>
<< Christopher >> le rispose tranquillo lui, prendendo poi posto accanto ad Amanda, la quale continuava a fargli segno battendo spasmodicamente una mano sulla sedia vuota.
Io ero ancora in piedi, stranita e confusa.
<< Ehi Lù! Non ti siedi? >> domandò Mike ironico.
<< Ehm si >> mormorai accomodandomi tra Charlotte e Danielle.
Ignorai volutamente Sam ed Amanda che non facevano altro che spingere Chris a chiacchierare con loro, concentrandomi invece nuovamente sulla mia lista.
A che numero ero arrivata?
Ah si, 369!
Era piuttosto chiaro chi sarebbe stato l’ultimo invitato della lista eppure, per quanto stupida fosse la cosa, non avevo il coraggio di dirglielo.
Iniziavo seriamente a considerarmi una cretina.
Da quando io, Lucinda Price, mi vergognavo di invitare un ragazzo ad una festa?
Il problema forse stava proprio lì.
Lui non era semplicemente un ragazzo, era quel ragazzo.
Quel ragazzo che non riuscivo a capire cosa stesse iniziando a diventare per me.
<< Chris! Luce! Siete in sciopero della fame? >> ridacchiò d’un tratto Mike, interrompendo i miei pensieri a causa del potente timbro vocale che possedeva e che mi infastidiva decisamente troppo.
<< Per adesso non ho fame, tra un po’ vado a prendere qualcosa >> masticò semplicemente Christopher, palesemente senza alcuna voglia di continuare quella conversazione.
Cos’era a renderlo così dannatamente strano?
<< E tu? >> mormorò Am guadandomi curiosa.
Sbuffai sonoramente.
<< Ma vi pare che io abbia il tempo di mangiare? Insomma, non so se avete capito che quello che sto organizzando non è un evento, ma l’evento dell’anno! >> sbottai infastidita, cominciando nuovamente a contare il numero degli invitati presenti sulla lista.
Sam – ovviamente! – iniziò a spiegare a Chris di cosa stessi parlando, nonostante il ragazzo non si fosse mostrato per niente interessato a saperlo.
<< Vedi caro, ogni anno in questo periodo la nostra Lucy >> ignorò palesemente le mie lamentele all’udire quel ridicolo scimmiottamento del mio nome << è impegnata al massimo per organizzare la festa del suo compleanno che, inutile dirlo, è sempre perfettamente impeccabile. Per cui le si può perdonare una settimana di isteria e suscettibilità da donna incinta al nono mese! >>
Sentì tutti ridacchiare sommessamente, e giurai di aver visto sorridere perfino Chris.
<< Non che normalmente non si comporti allo stesso modo! >> sorrise ancora la bionda ironica.
Bofonchiai indistintamente qualcosa che non compresi nemmeno io stessa, per poi iniziare a sfogliare il nuovo catalogo della Guess, cercando un vestito adatto al mio tanto atteso 17esimo compleanno.
<< Allora Luce, che hai in mente quest’anno? >> mi sorrise Harry.
E chi pensava che quell’aria interessata volesse dire che stava dalla mia parte era completamente fuori strada.
Il mio amico era semplicemente un festaiolo nato, niente di più, niente di meno.
<< Beh, hai presente l’Hilton? >> domandai ovvia e lui annuì << Diciamo pure che mio padre ha prenotato l’intera terrazza per l’occasione >>
<< Oddio! Dici sul serio? >> esclamò Charlie con gli occhi che le brillavano tanto da essere notati a kilometri di distanza.
<< Ovviamente! E avremo come dj lo stesso dell’ultima festa di Lady Gaga! >> spiegai già orgogliosa della mia sicuramente incredibile festa.
<< E per il vestito? >> chiese Amanda lanciando un’occhiata ai diversi cataloghi che avevo poggiato sul tavolo.
<< Sto ancora decidendo >> spiegai arricciando le labbra, com’ero solita fare nei momenti di confusione << L’anno scorso l’ho preso della Guess, quindi magari quest’anno potrei buttarmi su qualcosa come Louis Vuitton! >>
<< Di scarpe sicuramente Manolo Blahnik, no? >> continuò lei.
<< Mi sembra scontato! >> commentai sicura << Sono le migliori! Soprattutto quelle dell’ultima collezione! >>
Qualcuno fece per dire qualcosa, Danielle probabilmente, quando la voce di Christopher bloccò ogni nostro discorso.
Era così strano sentirlo intromettersi in una conversazione del genere che quasi non badai a ciò che esclamò.
<< Wow! È tutto così … >> sospirò.
<< Meraviglioso? Eccitante? Spettacolare? Perfetto? >> suggerii fiera.
<< In realtà stavo per dire esagerato >> puntò il suo sguardo nel mio con aria di sfida.
Risa di scherno si librarono per tutto il tavolo, ma sarebbe stato decisamente poco da me mandarlo a quel paese di fronte a tutte quelle persone.
Così mi limitai ad accennare un’irritata e falsissima risata, prima di concentrarmi nuovamente sul mio catalogo.
Ci godeva davvero così tanto a prendermi in giro?
<< Vado a prendere da mangiare >> esclamò abbozzando un sorriso, per poi allontanarsi verso il banco cibo.
Mi aspettai iniziassero cinque minuti buoni di prese in giro e battutine da parte dei miei amici, ma fortunatamente Sam catturò la loro attenzione con una dettagliata descrizione del perché Chris fosse infinitamente figo.
Ignorai completamente il discorso, o meglio, lo riformulai nella mia mente.
Ultimamente – e questa cosa era davvero preoccupante – per me Chris non era più figo, era bello.
Probabilmente la differenza non sarebbe stata chiara a tutti.
Un ragazzo figo è semplicemente qualcuno che ammiri da lontano e con il quale inizi a farti film mentali per il suo fisico da palestrato o per quel ciuffo dannatamente spettinato.
Ma definire un ragazzo bello è molto più complesso.
Inizi a vedere bello qualcuno quando non ti perdi più nel suo aspetto complessivo, ma scavi nei particolari, iniziando ad amarli nella loro unicità.
Ed io mi ero totalmente persa nei suoi occhi grigi, ero naufragata in quel mare di capelli neri corvini, ero rimasta intrappolata da quelle braccia perfettamente muscolose, avevo lasciato che pendessi da quelle meravigliose labbra piene.
Ed ecco che improvvisamente Chris era diventato ai miei occhi bello.
Fottutamente bello, per dirlo alla Sam.
Feci appena in tempo ad esclamare mentalmente quell’osservazione, che il ragazzo in questione tornò al tavolo con – che cosa? – due vassoi.
Ne poggiò uno davanti a me sorridendo appena.
<< Spero che il pollo ti piaccia >>
In quel momento desiderai ardentemente essere in uno di quei film nei quali la protagonista può ad un tratto interrompere la vita reale per relegarsi a deliberare in merito a cosa fare in una vuota camera interamente bianca.
Ma purtroppo, per quanto potesse avvicinarsi ad esso, la mia vita non era un film e non si poteva d’improvviso premere il tasto pausa.
Quindi bisognava agire e pensare al contempo: cosa in cui – fino a quel momento – ero sempre riuscita alla perfezione.
<< Ehm … si, grazie >> mormorai ancora stupita da quel suo improvviso gesto.
Perché l’aveva fatto?
Era forse un modo per scusarsi di avermi preso in giro?
Nah, non sarebbe decisamente rientrato nel suo stile di cretino patentato.
Ma il problema in quel momento non era tentare di capire la mente bacata di Christopher Anderson, se non mangiare quelle immonde alette di pollo che giacevano nel piatto di fronte a me.
Non ce l’avrei mai fatta: io odiavo il pollo.
Al confronto, potevo pure dire di essere innamorata di Chris!
Scherzavo, ovviamente.
Un’idea: mi serviva decisamente un’idea.
<< Vado a prendere qualcosa da bere >> sorrisi ai ragazzi avviandomi verso il banco delle bevande.
Il mio piano faceva schifo, ma del resto era la prima cosa che mi era passata per la testa.
Avrei finto di essere indecisa sulla bevanda da consumare fino a quando Chris non si fosse stancato di stare con gli altri e se ne fosse andato, così che avrei potuto prendere un semplice hamburger e mangiarlo velocemente, prima che la pausa pranzo terminasse.
Fortunatamente per i miei deliri mentali, c’era un bel po’ di gente in fila, quindi avrei comunque perso un po’ di tempo.
Mi ritrovai a chiacchierare con una ragazza del mio corso di storia, quando la voce di Chris alle mie spalle mi fece sobbalzare.
<< Divertita ieri sera? >> domandò piatto.
<< Tu che ci fai qui? >> chiesi io stranita.
<< Secondo te? >>
Ed in effetti la risposta era più che ovvia.
Insomma, cosa ci poteva fare un ragazzo in una fila per prendere da bere?
Era lì per ballare la conga, ovviamente!
<< Non mi hai ancora risposto >> mormorò.
<< Non vedo perché dovrei farlo >> dichiarai irritata.
<< Ti ho preso da mangiare >> rispose ovvio.
<< Ma mi ha anche presa in giro >> imitai il suo tono, non riuscendo però a contenere una punta di acidità.
<< Avevo dimenticato che non si può andare contro Miss Perfezione! >> sputò scocciato.
<< Puoi dirlo forte! >> ribattei arrabbiata, mentre un gruppo di ragazzini del primo anno si zittivano per fare da spettatori a quell’assurdo teatrino.
Sbuffò sonoramente dopo aver ascoltato quella mia risposta.
<< Ti credi perfetta soltanto perché hai premi insulsi e squallidi sudditi che ti girano intorno? >>
Potei giurare di sentire dei leggeri Oh! provenire da alcune ragazze del quarto anno, in fila davanti a me.
<< Certo che no! Mi credo perfetta perché lo sono! >> esclamai ovvia.
Mi sarei aspettata l’ennesima risposta saccentemente odiosa, che mi desse le spalle e tornasse a sedersi con gli altri, perfino che mi mandasse a quel paese.
Ma mai e poi mai avrei pensato che sorridesse, quasi come se si aspettasse propri quella risposta.
Possibile che tentando di lasciarsi conoscere, in realtà fosse stato proprio lui a conoscere me?
Possibile che adesso sembrava perfino normale terminare un litigio del genere con una risata di entrambi?
Possibile che davvero non mi stessi rendendo conto di ciò che stava nascendo tra noi due?
<< Ehi Chris, devo dirti una cosa importante adesso >> esclamai seria d’un tratto.
Fece per dire qualcosa, ma lo azzittii immediatamente con un meraviglioso: << Shut up, please! >>
<< Sai la mega festa che sto organizzando? Beh, mi piacerebbe se venissi anche tu >> mormorai quasi in imbarazzo.
<< Bene >> esclamò semplicemente.
<< Verrai? >> mi sorpresi del mio tono speranzoso.
<< Non lo so. >> buttò giù << Forse non si nota, ma non sono esattamente il tipo da feste all’ultimo grido. Sai com’è, non so neppure cosa siano le Mafalda Blen! >>
<< Manolo Blahnik! >> riuscì a dire tra le risate causate dal suo tono assolutamente buffo.
Sorridemmo entrambi e per un attimo sembrò che il mondo si fermasse e tutto intorno a noi scomparisse.
Ma fu soltanto un attimo, perché una voce e due braccia che mi cinsero i fianchi possessivamente da dietro interruppero il contatto.
<< Amore >> mormorò Matt guardando Chris in cagnesco.
<< Tesoro >> replicai senza l’abituale entusiasmo, voltandomi a guardarlo negli occhi.
<< Non mi presenti il tuo amico? >>
 




Piccolo Angolo Di Luce
 
Hola! Chiedo infinitamente scusa per il ritardo, ma ultimamente l’ispirazione mi mancava e scrivere questo orrendo capitolo – nonostante non sembri – è stato un’impresa.
Questo è giusto per rimettermi al passo, nel prossimo ci sarà la fatidica chiacchierata tra Mike e Luce e – come preannuncia la fine – Chris e Matt si conosceranno.
E poi succederanno altre cose che adesso non ho ancora ben chiare XD
Spero di non avervi deluso, grazie mille per sostenermi e per esserci sempre, un bacino <3
Xoxo
 
PS: Qualcuno ha già iniziato la scuola? Se si, com’è andata? Se no, quando iniziate? Io il 16 e sono emozionatissima!
 
PS 2 (Questo è importante): ho bisogno di una mano per scegliere la canzone preferita di Luce – Titta ne sa qualcosa, visto che da giorni ci stiamo scervellando – quindi buttate giù tutti i titoli di canzoni che assocereste a lei, a lei e Chris, a Chris soltanto o alla storia in generale.
Spero che insieme troveremo qualcosa ;)

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Capitolo 10
*** Say Something? Something! ***


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Capitolo 9 : Say Something? Something!
 

Un’infinita questione di tempismo.
Ecco cos’era la vita.
Un’infinita lotta per cogliere l’attimo fuggente e cercare di estrarne a pieno tutte le emozioni positive.
Una guerra contro lo scorrere del tempo per trattenere gli istanti più intensi e non lasciarli andare.
Un interminabile Carpe Diem, un gioco in cui vincitori e vinti avevano entrambi perso e guadagnato qualcosa.
Cogliere l’attimo non significava semplicemente godersi il momento, ma più che altro individuare il migliore per poter vivere una determinata esperienza.
E non era per nulla semplice.
Io ad esempio, ero praticamente una frana in quello.
Mentre Matt … beh, lui aveva quel che comunemente viene definito tempismo del diavolo, ovvero la capacità di essere sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato, di individuare ogni volta la situazione meno opportuna in cui intromettersi.
E quella mattina stavo semplicemente per assistere all’ennesima dimostrazione della mia concreta teoria.
<< Non mi presenti il tuo amico? >> domandò sorridendo sghembo, con un sopracciglio arcuato ironicamente.
<< Christopher Anderson >> affermò duro il ragazzo di fronte a me stringendogli la mano.
Se Chris era così calmo allora c’era davvero da preoccuparsi.
<< Penso che tu sappia già chi sono io, no? >> domandò retorico e presuntuoso Mattew, passandosi una mano tra i capelli biondi per spettinarli, imitando malamente la capigliatura del moro.
<< E chi è che non lo sa? >> esclamò divertito quello dando per un attimo soddisfazione all’infinito ego del mio ragazzo.
Ma stavo imparando a conoscere quello strambo primogenito di casa Anderson, ed ero più che certa che non sarebbe finita lì.
E come volevasi dimostrare: << La tua caduta alla scorsa partita di football che ci hai fatto perdere è su youtube ormai! >> lo schernì divertito.
Matt s’irrigidì nervoso.
Chris aveva decisamente colto nel segno.
Sembrava che avesse una strana dote nascosta per individuare e colpire i punti deboli altrui.
Proprio come quando mi aveva parlato della maschera che a suo parere mi ostinavo ad indossare.
Anche se con Mattew era decisamente diverso: quando aveva ferito me l’aveva fatto inconsapevolmente, tentando semplicemente di esprimere la sua opinione, mentre con lui aveva soltanto cercato il modo di colpirlo.
Perché a me non avrebbe mai fatto male di proposito: lo speravo, lo sentivo.
<< E tu come fai a saperlo se sei perennemente relegato nella tua asocialità? >> sputò velenoso Matt guardandolo in cagnesco.
Ma Chris aveva come una corazza: ogni insulto o frecciatina gli rimbalzava contro senza toccarlo minimamente, finendo così per essere rispedita al mittente.
<< Devo forse pensare che la tua vita sia così vuota da aver bisogno di guardare me per occupare il tuo tempo? >> esclamò infatti << Insomma, tutte le poche di buono che ti porti a letto non ti riempiono abbastanza l’agenda? >>
Matt sbiancò. Ed io con lui.
Che cosa stava cercando di dire?
L’aveva visto forse con altre al di fuori di me?
Mi aspettai che il mio ragazzo ribattesse dicendo qualcosa, qualunque cosa, ma al contrario rimase in silenzio, rigido.
<< Touchè Dawson! >> ridacchiò Chris avviandosi verso l’uscita della mensa.
<< Non finisce qui, Anderson! >> gridò Matt infuriato.
Deglutii pesantemente ritrovando solo poco dopo la forza di parlare.
<< Che cosa voleva dire, Matt? >>
<< E me lo chiedi anche? >> sbottò lui << Quel cretino ci prova perennemente con te e per di più mi da anche del traditore! >>
Non registrai la parte del traditore, poiché il mio cervello e il mio cuore si erano fermati a Ci prova perennemente con te.
Niente di più falso.
Se c’era una cosa della quale ero sicura – oltre della mia bellezza e popolarità, ovviamente! – era che Christopher non si sarebbe mai interessato a me come ragazza.
E stavo imparando ad accettarlo, nonostante mi facesse saltare i nervi che non riuscissi ad attrarlo in alcun modo.
<< Non dire stupidaggini! A Chris non piaccio! >> feci per continuare, ma la sua voce mi bloccò.
<< Chris? Ora vi chiamate anche con i nomignoli? >> sputò arrabbiato.
Feci per ribattere, quando una piccola figura sbucata da non so dove si materializzò in mezzo a noi.
Era Mellory Golden, una ragazza del quarto anno piuttosto bassa e minuta, direttrice del giornale scolastico.
Alzai gli occhi al cielo scocciata, rendendomi però conto che il tipico rumore della sala mensa era svanito nel nulla e in quel momento tutti erano decisamente impegnati ad assistere al primo vero litigio tra me e il mio ragazzo.
<< Aria di guai tra Mattew Dawson e Lucinda Price, da due anni re e reginetta indiscussi della Liberty High School >> esclamò pimpante Mellory, sistemandosi bene gli occhiali sulla punta del naso.
Ci vedeva benissimo, ma a suo parere quelli erano un tocco di professionalità.
<< Che cosa succede ragazzi? >> domandò quasi come se stesse analizzando la scena di un crimine << Cosa avete da raccontare ai lettori di Liberty Eyes? >> citò il patetico nome del giornale da lei - purtroppo – fondato e diretto.
<< Non succede niente >> sorrise a trentadue denti Matt passando un braccio intorno alle mie spalle e ostentando normalità << Io e Lù non riuscivamo a decidere cosa prendere da bere e c’è stata qualche piccola incomprensione, ma niente di cui preoccuparsi >>
Mellory annuì intenerita, prima di voltarsi verso di me.
<< Lucinda, vuoi dirci qualcosa? >>
Sgusciai via dalla presa di Matt e, camminando più velocemente che potessi, mi avviai verso l’uscita della sala mensa.
Una volta in corridoio iniziai a correre, mentre sentivo qualche lacrima scendermi lungo le gote.
Era tutta una farsa.
Una tremenda, controllata, banale ed orribile farsa.
Tra me e Matt non c’era nulla di reale, forse non c’era mai stato.
Era soltanto un’immagine la nostra: la ragazza e il ragazzo più popolari dell’istituto che stavano ovviamente insieme, come in qualsiasi tristissima commedia americana.
Come avevo fatto a non capirlo prima?
Prima eri troppo presa a recitare per accorgertene, ma …
Ma da quando Chris era entrato nella mia vita le cose erano cambiate.
Avevo iniziato a sentire vere emozioni, veri brividi, e il ruolo che avrei dovuto interpretare stava man mano lasciando spazio alla verità.
In quel momento però, la cosa che più mi importava era sapere cosa davvero provavo per Matt e cosa lui provava per me.
Chiederglielo sarebbe stato inutile, abituato com’era a mentire.
Quindi dovevo partire da me.
Come avevo sentito da qualche parte dire, il vero viaggio è quello attraverso la propria anima.
Correndo ero quasi arrivata in cortile, quando intravidi la figura di Mike appoggiato ad uno dei muretti, intento a fumare una sigaretta.
Un’altra questione che dovevo sbrigarmi a concludere.
<< Ehi! >> esclamai asciugando velocemente qualche lacrima.
Maledetto Matt! Per colpa sua avrei dovuto rifarmi il trucco almeno altre due volte!
<< Luce! >> sorrise lui spegnendo la fiamma e gettando il mozzicone nel cestino accanto al muretto << Com’è finita la scenetta da Oscar in mensa? >>
<< Una schifezza >> ammisi accostandomi accanto a lui << Chris dice che Matt mi tradisce, Matt dice che Chris ci prova perennemente con me e Mellory Golden cerca scoop >> riassunsi << Ma la cosa peggiore è che Matt finge che non sia successo niente! >>
<< Quel ragazzo non mi piace, lo sai >> mormorò << Lasciarlo ti migliorerebbe soltanto la vita >>
<< Il problema è che non so se lo amo >> sussurrai, sperando vivamente che il mio amico non mi sentisse.
Cosa che ovviamente non accadde.
<< Te lo dico io: no, non lo ami >> esclamò ovvio << E poi una volta mollato il broccolo potrai finalmente stare con Chris >>
<< Cheee? >> per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva << Tra noi due non c’è niente! >>
<< Si, e io sono brutto! >> sorrise divertito.
Ridacchiai appena, spostando poi l’attenzione su quello che avrebbe dovuto essere l’unico argomento della nostra conversazione.
<< Adesso ascoltami, ragazzo brutto >> ghignai << Chi ti sembra più bella tra Charlie e Dan? >>
<< Che domanda è? >> bofonchiò stranito.
<< Tu rispondi e basta >>
<< Danielle >> affermò sicuro.
Dan, ovviam…
WHAT?
<< Che cosa? >> sbottai << E allora perché sei uscito con Charlotte e l’hai baciata? >>
<< E tu che ne sai? >> chiese confuso << Comunque sia, sono uscito con Charlie perché è una bella ragazza e mi piace, ma non quanto sua sorella >>
Arricciai le labbra senza capirci poi tanto.
<< Credo di essermi persa >> annuii appena, facendolo sorridere divertito.
<< Mi piace Danielle, da morire >> affermò << Ma so che è irraggiungibile per me, che probabilmente le interessano solo tipi studiosi che sanno a memoria tutte le opere del suo poeta preferito che – per inciso - io non so neanche chi sia. Mentre Charlie è una bella ragazza, molto più simile a me caratterialmente e decisamente più facile da conquistare, perciò mi sono buttato su di lei. >>
Adesso si che quadrava tutto.
Ed ecco che la timida ed ingenua Danielle era riuscita a colpire Mike così tanto da vederla irraggiungibile.
Beh, ero veramente contenta per lei.
Ma allo stesso tempo, non mi andava che Charlie fosse considerata come sua seconda scelta o, ancora peggio, come una ragazza facile.
<< Stai sbagliando >> esclamai sicura << Charlie non è interessata a te, mentre Danielle si >>
Sapevo che le mie amiche mi avrebbero ucciso se avessero saputo la verità e la bugia che avevo appena rivelato, ma era decisamente meglio così per entrambe.
<< Davvero? >> domandò lui stupito al massimo.
Annuii.
<< Quindi smetti di provarci con Charlie e impara qualche poesia tesoro, perché da oggi inizia il piano Conquista Danielle! >>
 
***
 
Mercoledì.
Erano passati due giorni da quella mattinata piuttosto movimentata ed io avevo una confusione in testa che sembrava non volesse più lasciarmi in pace.
Sapevo che Danielle era già interessata a Mike e che fargli recitare poesie non sarebbe servito a nulla, ma sentirlo citare versi di Romeo e Giulietta durante la pausa pranzo non aveva prezzo.
Il perché mi fossi – ancora una volta – incastrata con le mie proprie mani in una complessa situazione sentimentale non era ancora chiaro nemmeno a me.
Anche perché,la mia di situazione sentimentale stentava tuttavia a prendere una piega, positiva o negativa che fosse stata.
Non avevo più parlato con Matt da quel giorno e avevo incrociato Chris nei corridoi si e no due volte, entrambe senza rivolgergli la parola.
Ero come muta, senza la minima idea di cosa dirgli, nonostante avrei voluto più di ogni altra cosa chiacchierare con lui.
Mi mancava perfino sentire i suoi insulti sulla mia superbia, e questo era davvero tutto dire.
Per questo avevo praticamente cacciato Amanda da casa mia quel pomeriggio, aspettando con ansia il suo arrivo per lavorare al nostro progetto di letteratura.
<< Un caffè Luce? >> mi chiese Jazmin dalla cucina.
<< No, grazie >> urlai in modo che sentisse << Piuttosto vieni qui che ho bisogno di una mano a scegliere il vestito! >>
Mancavano cinque giorni al mio compleanno e non sapevo ancora cosa avrei indossato.
Le scarpe erano già nel mio armadio, mentre sfoggiavo tra le mani l’ennesimo catalogo.
Era la volta della nuova collezione estiva di Prada, dove splendevano colori come il lilla e l’indaco.
<< Eccomi >> sorrise la mia domestica accomodandosi poi accanto a me.
Sfogliammo qualche pagina fin quando lo vidi.
Era assolutamente perfetto.
Con lo scollo a cuore ricoperto di lustrini argentati, scendeva poi morbidamente lungo il resto del corpo con seta viola, molto corto davanti e con lo strascico nella parte posteriore.
<< Devo subito chiamare per ordinarlo, vero? >> Jaz sembrò leggermi nel pensiero.
Annuii appena un minuto prima che il campanello suonasse.
Spalancai la porta e mi fiondai letteralmente tra le braccia di Christopher.
<< L’ho trovato Chris! L’ho trovato! >> esultai al settimo cielo.
<< Ehm..cosa? >> mormorò lui ancora a disagio nella mia stretta.
Ed in effetti anche a me causava imbarazzo abbracciarlo.
Era così strano sentire le sue braccia cingermi i fianchi e le mie ai lati del suo collo, il suo petto contro il mio, i battiti dei nostri cuori che risuonavano come all’unisono.
Strano quanto maledettamente bello.
<< Il vestito per la festa, l’ho appena trovato! >> squittii emozionata e  lentamente sentì la sua presa abbandonarmi mentre sorrideva appena.
<< Sono contento per te >> esclamò.
Normalmente avrei accettato una situazione del genere, ma quel giorno io non ero più io.
Mi sentivo stranamente intraprendente, con voglia di fare.
E fu per quello che mi ritrovai a domandargli: << Mi odi, vero? >>
Fa che dica di no, fa che dica di no, urlavano nel frattempo i mille cori da stadio nella mia testa.
<< Prossima domanda? >> mormorò lui ironico, arcuando un sopracciglio.
<< Ti hanno mai detto che tra l’odio e l’amore c’è la distanza di un bacio ? >> domandai retorica e stupida.
Che diamine stavo facendo?
<< E a te hanno mai detto che fa male guardare troppo telenovelas? >> ridacchiò, ma fu soltanto un attimo prima che ci ritrovassimo faccia a faccia e dicessi qualcosa che non avrei mai creduto essere capace nemmeno di pensare.
<< Idiota, baciami e vediamo se questo fantomatico odio diventa amore. >>


 
Piccolo Angolo Di Luce
Holaaaa! Oggi è il mio ultimo giorno di libertà, perciò ci tenevo molto ad aggiornare.
Innanzitutto voglio ringraziarvi con tutto il cuore.
Vi rendete conto che lo scorso capitolo ha avuto 14 recensioni? 14! Sono al settimo cielo e spero vivamente che tutti voi continuerete a seguirmi!
Devo dire che questo capitolo lo trovo abbastanza carino.
Matt e Chris litigano in mensa, Luce scopre che a Mike piace Dan (non tiriamo ancora sospiri di sollievo, non si può mai sapere cosa succederà XD) e alla fine troviamo una Luce euforica che provoca Chris con quell’ultima frase.
Tra l’odio e l’amore c’è la distanza di un bacio, è la storia più bella che ho letto fin’ora su EFP e avevo scommesso con un’amica di riuscire ad inserirla in un capitolo!
Che cosa succederà a questo punto?
Per quanto riguarda la canzone preferita di Luce invece, grazie mille a tutti per avermene consigliate veramente tantissime!
Adesso la mia indecisione è tra Two Worlds Collide (di Demi Lovato), Heart Attack ( sempre di Demi Lovato) e Because U Live ( di Jessie McCartney).
Quale preferite?
Spero continuerete a seguire, un bacino <3
Xoxo
 
PS: Qualcuno di voi è su twitter?
PS 2: Ecco il vestito di Luce per la festa ;)


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Capitolo 11
*** Lapsus Freudiano ***


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Capitolo 10 : Lapsus Freudiano
 

Era passato non poco tempo ormai da quando a scuola ne avevo sentito parlare.
Quello strano fenomeno che ti spingeva a sostituire parole ed azioni volontarie con alcune involontarie, talvolta in maniera imbarazzante o assurda: ecco cosa mi era capitato.
Avevo appena sostituito una semplice frase come Idiota, leggi quella fan fiction e vediamo se questa tua fantomatica aria ironica cambierà! con quella dannata richiesta.
Come cavolo era potuto succedere?
Sul mio libro c’era però anche scritto che le cose da noi dette o fatte involontariamente a causa di quello strano fenomeno erano in realtà espressioni dei nostri veri pensieri e desideri.
E ciò poteva avere una sola spiegazione.
Io volevo che Christopher mi baciasse.
Io volevo …
No, no c’era modo di correggere quel pensiero.
Volevo baciare Chris, volevo sentire nuovamente il suo corpo a contatto con il mio, questa volta in maniera più intensa di una semplice stretta di mano.
Ma il problema ormai non era nemmeno più ammetterlo, quanto comprenderlo.
Perché volevo baciarlo?
Il cervello – ormai disconnesso da tempo immemore – in quel momento era decisamente andato in poltiglia.
E non mi rimaneva altro che quella dannata confusione.
Tutta colpa di quel maledetto fenomeno, della mia lingua troppo lunga, dei miei costanti pensieri riferiti a lui.
Imprecavo contro ciò quel giorno, ma ancora non sapevo quanto la mia vita da quel momento in poi sarebbe cambiata, quanto quella stupida ed imbarazzante frase avrebbe fatto nascere dentro di me un’enorme consapevolezza.
Tutto merito suo.
Di un Lapsus Freudiano.
 
***
 
<< Amanda, se non la smetti di ridere ti giuro che farò il modo di non farti avere l’ultimo catalogo di Gucci! >> sbottai esausta.
Quel pomeriggio era stato decisamente troppo intenso e pesante, con il mio cervello totalmente scollegato e i miei occhi che saettavano con strabiliante velocità dal libro a Chris, dalla matita a Chris, dal computer a Chris, dal mio smalto a Chris, da Chris a …. Chris.
La chiamata di sua madre con la quale gli aveva intimato di tornare a casa era stata decisamente un sollievo, la parola fine scritta al termine di quell’assurda situazione.
Avevo quindi pensato di telefonare alla mia migliore amica per raccontarle tutto e ascoltare da lei sagge parole di conforto.
Ma dopo circa quindici minuti trascorsi tra una valanga di irritanti risatine isteriche di Am potevo palesare che mai pensiero era stato più sbagliato di quello.
<< Andiamo Lù, come potrei non ridere? >> esclamò divertita, ancora << Piuttosto, vuoi dirmi cosa ti ha risposto? >>
Mi morsi il labbro inferiore nervosa.
Se le avessi detto ciò che era successo dopo non avrebbe davvero mai smesso di prendermi in giro.
Che poi, se fosse stato il contrario, avrei decisamente avuto la sua stessa reazione.
Insomma, quando mai una di noi era andata così fuori di testa per un ragazzo che nemmeno gli piaceva?
Quando mai ci eravamo emotivamente esposte così tanto, arrivando a sconvolgere ciò che era la nostra monotona, ma meravigliosa vita?
Mai.
Io e Amanda eravamo sempre state quel tipo di ragazze sicurissime di noi stesse, con i piedi sulle teste di tutti, il mento all’insù e una fila di pretendenti al nostro seguito.
Noi non soffrivamo per amore, non amavamo forse.
Fatto stava che le nostre vite erano sempre state perfette così com’erano.
E un semplice ragazzo come Christopher Anderson non poteva d’improvviso piombare nella mia esistenza e sconvolgerla come se nulla fosse.
<< Luce! Sei ancora lì? >> borbottò la mia amica, impaziente.
<< S..si, eccomi >> mormorai appena.
Sospirai profondamente, prima di iniziare a raccontare nei dettagli la reazione di Chris a quella mia assurda richiesta.
 
<< Ti hanno mai detto che tra l’odio e l’amore c’è la distanza di un bacio ? >> avevo domandato retorica e stupida.
Che diamine stavo facendo?
<< E a te hanno mai detto che fa male guardare troppo telenovelas? >> avevo ridacchiato, ma era stato soltanto un attimo prima che ci fossimo ritrovati faccia a faccia e avessi detto qualcosa che non avrei mai creduto essere capace nemmeno di pensare.
<< Idiota, baciami e vediamo se questo fantomatico odio diventa amore. >>
Chris mi aveva guardato stranito, pensando forse che stessi scherzando.
Ma il problema era che in quel momento neppure io ero più riuscita a capire che cosa in realtà stessi pensando.
Avevo disconnesso il cervello e lasciato che il mio corpo e il mio cuore dirigessero i giochi.
E proprio per quello avevo sussultato imbarazzata quando si era avvicinato lentamente a me.
Avevo agognato quel bacio come aria.
L’avevo desiderato così tanto da non riceverlo.
Aveva infatti ruotato di poco la testa e lasciato un leggero e casto bacio sulla mia guancia.
<< Iniziamo il progetto? >> aveva poi detto, ricevendo un’infinità di imprecazioni mentali da parte della sottoscritta.
Sottoscritta che, per inciso, ancora tremava a causa di quel minimo contatto.
 
<< Oddio, tesoro! >> esclamò Amanda, mentre io ancora mi riprendevo dalla confusione che quel racconto mi provocava << Sapevo che c’era qualcosa che non andava, ma non avrei mai immaginato che fossi già arrivata a questo punto! >>
Scossi il capo stranita.
<< Che cosa intendi? >> domandai, se possibile ancora più confusa di prima.
<< Il fatto che Chris ti piaccia ormai l’abbiamo capito tutti, ma qui mi sembra che la cosa stia iniziando a farsi davvero seria >> constatò, convinta come l’avevo sentita davvero poche volte.
<< Non dire stupidaggini, Am! >> provai a sbottare, ma la punta di inclinazione nella mia voce tradì quella mezza verità.
Mezza perché ormai non sapevo neppure più io cosa sentissi.
Oppure perché l’avevo ormai capito, ma la voglia di ammetterlo a me stessa e agli altri non mi sfiorava neppure di striscio.
<< Capisco che ti sembri una cosa assurda, anche per me lo è. Però ti piace e non puoi farci nulla! >> commentò la mia amica.
Era strano sentire Amanda parlare in quel modo.
Non che fosse una ragazza esageratamente superficiale, ma non era decisamente la migliore amica sdolcinata e riflessiva da commedia romantica.
<< E poi hai visto come ti guarda? Sembra che esista soltanto tu nel suo campo visivo! >> esclamò pimpante.
Era bello sentire quelle parole, ma faceva dannatamente male sapere quanto fossero sbagliate.
Am si era sicuramente impressionata, Chris mi odiava e sarebbe sempre stato così.
<< Non vedo l’ora di vedere la faccia da pesce lesso di Matt quando vi metterete insieme! Vi immagino già tenervi tutto il giorno per mano, che carini! >>
Ok, aveva decisamente perso il senno.
<< Frena l’entusiasmo  Blacky! >> giocai con il suo cognome, mentre le parlavo con voce triste quanto razionale << Tra me e lui non ci sarà mai niente >>
E dicendolo ripensai a quando mi aveva stretto la mano mentre cantavamo insieme, al bacio sulla guancia di quel giorno, al pranzo che aveva preso anche per me, ai messaggi di qualche sera prima.
Ma quelli erano solo gesti di gentilezza e – al massimo – amicizia, non certo d’interesse o amore.
<< E poi come puoi vedere bene noi due insieme? Insomma, Chris non è un giocatore di football, non è uno dei ragazzi più popolari dell’istituto e … >> feci per continuare, quando dall’altra parte la sua voce mi bloccò.
<< Non è uno dei ragazzi più popolari dell’istituto? Devo forse ricordarti come sei venuta a sapere della sua esistenza? >>
 
<< Primo posto: Mike Black >> aveva letto quel giorno Amanda con un sorriso, stringendo in mano la lista dei ragazzi più fighi della Liberty High School.
Beh, su quello ero stata d’accordo: suo fratello era decisamente il più bello di tutto l’istituto.
Presa dalla curiosità di vedere in che postazione fosse stato messo il mio ragazzo avevo interrotto la mia migliore amica che stava per annunciarci il secondo posto.
<< Matt dove l’hanno messo? >>
<< Terzo posto >> aveva esclamato lei semplicemente.

<< Terzo? Quindi deduco che Harry sia secondo, no? >> avevo chiesto con noncuranza.
<< Ti sbagli, tesoro >> mi aveva corretto divertita << Harry è quarto! >>
Avevo quindi arricciato le labbra pensierosa.
Chi avrebbe potuto esserci tra Mike e Matt?
<< E quindi chi è secondo? >> avevo domandato non riuscendo a formulare un’ipotesi decente.
<< Christopher Anderson >> aveva sorriso sorniona Samantha strappando la lista dalle mani di Am.
 
No, non c’era decisamente bisogno che fosse lei a ricordarmelo: quelle immagini erano stampate fin troppo bene nella mia mente.
<< Quindi approvi Chris perché è secondo in quella stupida lista? >> domandai stranita.
<< Si, ma principalmente perché ho avuto modo di constatare da vicino che è decisamente figo >> esclamò seria << Forse anche più di Mike >>
Ed ecco la conferma che fosse decisamente fuori di testa.
Amanda non avrebbe sminuito suo fratello nemmeno sotto tortura, eppure eccola lì a preferire Chris rispetto a lui in una scala di “figaggine”.
<< Ciò comunque non toglie che non potremo mai stare insieme >> dissi triste, giocherellando con le dita tra i capelli.
<< Quindi ammetti che ti piace? >>
Ma non ebbi il tempo di rispondere a quell’inevitabile domanda che la mia cameriera piombò correndo all’interno della stanza.
<< Signorina Price, ci sono i suoi genitori in video-chat >> esclamò intimorita porgendomi il mio notebook.
Inutile spiegare il perché avesse improvvisamente ricominciato a chiamarmi in quel modo.
I miei genitori sembravano avere lo strano potere di mettere a tacere, spaventare e sottomettere Jazmin.
<< Am, ti richiamo più tardi >> sussurrai << Un bacio >>
Attaccai la chiamata mettendomi a sedere sul letto con il computer poggiato tra gambe.
<< Resti? >> mormorai a Jaz che però scosse la testa, avviandosi subito dopo fuori dalla mia camera.
Sistemai appena i capelli prima di aprire l’applicazione.
<< Luce, tesoro! Sei sempre più bella! >> esordì mia madre sorridendo a trentadue denti.
<< Una vera principessa, amore! >> esclamò poi mio padre allegro.
In quel momento si trovavano entrambi in Cina: lei per un servizio sull’economia, lui per affari riguardanti una fabbrica di scarpe.
Ma per me l’unica cosa positiva di quel viaggio era che sarebbero tornati il giorno dopo, pochissimo prima del mio compleanno, il 26 Ottobre.
<< Ciao mamy! Ciao papy! >> mi sforzai di sorridere loro a mia volta.
<< Allora meraviglia, come vanno i preparativi per il compleanno? >> domando mia madre ostentando interesse.
<< Tutto alla perfezione, come sempre >> mi vantai << Sono 370 invitati, ho un vestito meraviglioso e il dj migliore del mondo! >>
<< Sono davvero felice! E hai fatto tutto da sola? >> era strano sentirli così amorevoli e simpatici, ma cercai di non pensarci e godere di quel momento.
<< In verità Jazmin mi ha aiutato moltissimo >> sorrisi << Sapete, credo dovreste aumentarle lo stipendio e … >>
<< Si..si, poi ne riparliamo magari >> borbottò mio padre << Comunque volevamo dirti che i cinesi con cui stiamo lavorando ci hanno offerto un breve soggiorno nelle terme migliori della città >>
<< Che bello! >> esclamai << E quindi quando tornate? >>
<< Il 3, proprio il giorno dopo il tuo compleanno. >> rispose mio padre piatto.
Un senso di rabbia mi pervase completamente.
Non sapevano neppure quando fosse il giorno in cui era nata la loro unica figlia.
Non sarebbero stati in città al mio compleanno, lo sapevano e non gli importava.
Chiusi di scatto il computer, infilai un maglione e corsi fuori di casa, sbattendo la porta più forte che potessi.
Ascoltai poco e niente gli urli di Jazmin che mi chiedeva dove stessi andando e presi l’ascensore, arrivando all’uscita del grattacielo nel quale abitavo.
Evitai di chiamare Paul infilandomi alla svelta in un taxi e nominando l’unico luogo dove avrei voluto essere in quel momento
Il tragitto non durò molto tra lacrime e domande su come stessi da parte del conducente, alle quali mentii in maniera assolutamente poco convincente.
Ed ecco che una serie di villette a schiera si estendeva sul marciapiedi opposto rispetto a quello su cui mi trovavo.
Attraversai lentamente con l’aria fredda delle nove che mi graffiava il viso, suonando il campanello tristemente.
L’enorme scritta Anderson’s House  bastò a ricordarmi ciò che volevo: una famiglia, di quelle vere.
Una famiglia come la loro, come quella che non avrei mai potuto avere, nonostante fossimo molto più ricchi, popolari e tutto il resto.
Una famiglia, non una casa da condividere con dei domestici.
La porta si spalancò di scatto rivelandomi l’immagine di Chris con indosso una semplice t-shirt e un largo pantalone della tuta.
Non riflettei e lo abbracciai di scatto, trovando in quelle braccia il rifugio che cercavo da quella situazione.
Il ragazzo non comprese il mio gesto, ma ricambiò la stretta avvolgendo le braccia intorno ai miei fianchi e lasciando che nascondessi il volto nell’incavo del suo collo.
Lentamente sciolsi il contatto, entrando mentre lo vedevo chiudere la porta.
Non fece domande, perché Chris sapeva quanto il silenzio facesse bene a volte, perché lui era il primo a non voler parlare di ciò che sentiva, in qualsiasi momento.
Ma, per quanto avrei voluto riuscire a rimanere zitta come lui, non ci riuscii ed iniziai invece a piangere rumorosamente.
<< Ci sono Charlie, Dan o Harry? >> chiesi bisognosa di sfogarmi con uno dei miei amici.
Non avevo mai raccontato a nessuno della mia situazione familiare, ma proprio in quel momento sentivo che almeno uno di loro avrebbe dovuto saperlo, così da starmi accanto in momenti del genere.
<< Per tua sfortuna ci sono soltanto io >> mormorò piatto, sedendosi accanto a me sul divano.
<< Non preoccuparti, non ti annoierò con i miei problemi >> borbottai triste.
Non avrei mai preteso che Chris mi ascoltasse, sarebbe davvero stato troppo anche per me.
<< Già il fatto che tu ce li abbia è interessante >> esclamò << E poi qui ci sono soltanto io, quindi avanti! >>
Lo guardai confusa.
Mi stava forse chiedendo di sfogarmi con lui?
<< Che succede? Il tuo principe azzurro ha perso il cavallo bianco? Oppure il vestito che volevi per la tua festa è già stato acquistato? >> azzardò ironico.
<< Odio i miei genitori >> buttai giù seria, spiazzandolo del tutto.
La sua aria di scherno sfumò, lasciando spazio a serio e puro interesse.
<< Vuoi parlarne? >>
Annuii.
 << Da quando sono nata non fanno altro che girare per il mondo >> esordii << Alcune volte non tornano neppure per il Natale o per il Giorno del Ringraziamento, ed io sono costretta a trascorrerlo con Jazmin oppure dai miei zii a Chicago. Mi chiamano una volta ogni cent’anni e quando se ne ricordano non fanno altro che parlare del loro lavoro o di quanto io sia bella. Non sanno neppure quando è il mio compleanno! Credono che farmi vivere nel lusso più esagerato basti a compensare la loro assenza, ma non  è così! >>
Le lacrime iniziarono a scendere ancora più velocemente sul mio viso, incorniciandolo e sciogliendo pian piano il trucco.
<< Non è così >> singhiozzai.
Chris puntò lo sguardo su di me e d’improvviso mi tornarono in mente le parole di Amanda.
E poi hai visto come ti guarda?
No, non l’avevo visto, perché il suo sguardo era assolutamente indecifrabile.
Ma riuscivo a percepire il modo in cui ero io a guardarlo.
Lo guardavo come si guardava una linea nera in mezzo ad un mucchio di linee rosse: come una cosa unica e diversa da tutto il resto.
Lo guardavo come si guardava un’ancora in mezzo all’oceano: come qualcosa in grado di salvarmi.
Lo guardavo come si guardava un nuovo paio di Prada: con desiderio.
Lo guardavo come si guardava un ragazzo per il quale si provava qualcosa.
Si, perché per quanto mi rifiutassi di ammetterlo, Chris mi piaceva eccome.
<< I tuoi amici sanno di questa cosa? >> mi chiese d’un tratto, interrompendo i miei pensieri.
Ci misi un po’ a rispondere, ancora incerta se si riferisse alla storia dei miei genitori o al fatto che lui mi … piacesse.
<< No, e per questo mi sento tremendamente sola >> mormorai triste.
Non avevo detto nulla ai miei amici semplicemente perché Lucinda Price non era il tipo di persona che avresti immaginato di veder soffrire a causa di disinteresse da parte di qualcuno nei suoi confronti.
Neppure se quel qualcuno erano i suoi genitori.
Raccontare la verità non avrebbe quindi fatto altro che aprire loro la strada per scoprire chi era davvero Lucinda Price.
Ed io non volevo che qualcuno scoprisse chi ero davvero, perché nel profondo ero consapevole di non saperlo neppure con certezza.
<< Non sei sola >> mormorò d’un tratto Chris, stupendomi del tutto.
Mi accarezzò il viso lentamente con i polpastrelli di una mano, prima di passarmi un braccio dietro la schiena e stringermi in un sincero abbraccio.
Sistemai di nuovo il viso nell’incavo del suo collo, beandomi del suo profumo e calore, mentre le mie lacrime continuavano a scendere copiose e a bagnargli il tessuto sopra la spalla.
<< Non sei sola, io sono qui >>



 
Piccolo Angolo Di Luce
Hola!! Personalmente scrivere questo capitolo è stata un’impresa, perché mi sentivo come arrugginita, bloccata.
Devo dire che lo trovo molto noioso, però era necessario in quanto abbiamo conosciuto la situazione familiare di Luce e lei ha capito finalmente che Chris le piace.
La storia del Lapsus Freudiano è infatti soltanto una scusa che lei stessa si da all’inizio del capitolo per non ammettere ciò che prova.
Credo che la parte finale dolce compensi un po’ il resto, o almeno spero.
Il prossimo capitolo sarà il tanto atteso compleanno di Luce … sono aperte le scommesse per indovinare cosa succederà!
Vi dico soltanto che c’entrerà la canzone preferita della nostra protagonista della quale abbiamo parlato.
Inoltre ho deciso che d’ora in poi pubblicherò delle foto per farvi vedere come immagino i personaggi, a prescindere dalla copertina.
Grazie mille a tutti quelli che hanno recensito lo scorso capitolo!
Un bacino <3
xoxo 



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Lucinda Price



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Amanda Black

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Capitolo 12
*** Una Scossa Al Tuo Cuore ***


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Capitolo 11 : Una Scossa Al Tuo Cuore
 

Stava dando un ruolo,
ma non sapeva mai quando recitare.
E aveva bisogno di qualcuno
che le mostrasse cosa poteva essere.
 
Era tutto perfettamente pronto.
Il mio vestito era stato accuratamente lavato, stirato e sistemato all’esterno della cabina armadio, mentre le scarpe - lucidate per l’occasione - giacevano appena sotto di esso.
Amanda aveva appena finito di sistemarmi i capelli, visto che a suo parere la parrucchiera aveva decisamente esagerato con i brillantini, ed eravamo entrambe pronte per passare alla fase trucco.
Ormai era tradizione che prima di ogni festa ci preparassimo insieme, ed il mio compleanno non avrebbe assolutamente fatto eccezione.
<< Che ore sono? >> chiesi a Jazmin, la quale si trovava costantemente accanto a noi per rassicurarci, darci pareri ed aiutarci dove non riuscissimo – praticamente in niente! –
<< Le otto e un quarto >> affermò la mia domestica sorridendo << Avete tre quarti d’ora prima che Paul vi accompagni >>
Annuii iniziando a spalmare una generosa quantità di fondotinta sotto gli occhi con naturalezza, mentre Am delineava le sue sottili labbra con una matita color rosso acceso.
<< Hai più parlato con Chris? >> chiese ad un tratto la mia migliore amica.
Al sentire quel nome un fremito mi scosse tutta, e come per riflesso involontario rovesciai a terra i tubetti presenti sul comodino di fronte a me.
<> mi richiamarono entrambe stranite.
Come avrei fatto a spiegare loro che non ero più ciò che si definisce una ragazza sana di mente?
 
Sto cercando risposte ovunque.
Non riesco a vedere cosa c’era di giusto,
ma ora so cosa prima non sapevo.
 
Dopo la sua frase di quella sera che mi aveva letteralmente fatto sciogliere, come se la sfortuna stesse andando a braccetto con il mio destino, la porta di casa Anderson aveva suonato ed una valanga di sorrisi e cordiali domande su come stessi mi avevano investito in pieno.
Chris si era allora fatto da parte, lasciando che fossero gli altri a consolarmi per qualcosa che avevo effettivamente raccontato soltanto a lui.
E da lì non ci eravamo più parlati.
Si insomma, aveva pranzato con noi giovedì pomeriggio, ma a parte qualche sguardo indecifrabile non c’era stato nulla.
Neanche un semplice cenno di saluto.
Ed io, ancora una volta, non riuscivo a capacitarmene.
Perché si comportava in quel modo?
Prima era schivo, poi mi trattava bene, mi abbracciava e rassicurava, e poi tornava nuovamente ad ignorarmi.
Grr..che nervi!
<< No Am, non ci ho più parlato >> mormorai tentando di utilizzare un tono piatto, mentre iniziavo a disegnare con la matita il contorno interno dei miei occhi.
<< E con Matt? >> chiese ancora lei, sistemandosi il phard sulle gote.
<< Neppure, credo mi stia evitando >> constatai.
Ed in effetti neppure il mio ragazzo mi aveva più cercata dopo la famosa litigata in mensa, ma per qualche strana ragione ne ero quasi contenta.
Insomma, non avrei saputo davvero più cosa dirgli, soprattutto dopo aver capito cosa provavo davvero per Chris.
Ancora non riuscivo a crederci che mi piacesse.
 
Hai detto che siamo diversi,
io penso lo stesso.
Tu mi ha detto che partirai,
io sono qui per restare.
Ma sole e pioggia creano qualcosa di bello.
 
<< Beh, vedremo stasera come si comporteranno entrambi >> mormorò Am guardandosi allo specchio dopo aver terminato anche con l’ombretto.
Era bellissima, come sempre.
I capelli marroni scuri le ricadevano liscissimi lungo le spalle, sfiorandole la schiena a causa della loro lunghezza, gli occhi erano evidenziati da una linea di eye-liner color oro, mentre le labbra sembravano decisamente più carnose grazie alla sfumatura di rosso che aveva utilizzato.
<< In realtà non so se Chris verrà >> sussurrai sperando con tutta me stessa di sbagliarmi.
<< Oh, ma certo che lo farà! >> esclamò la mia migliore amica ostentando la convinzione che a me in quel momento mancava << Quindi smettila di farti paranoie e lascia fare a me con questo mascara! >>
Ed ecco riassunto il perché Amanda era la mia migliore amica.
Lei c’era sempre quando ne avevo bisogno, anche se il suo modo di appoggiarmi e consigliarmi era decisamente singolare e differente da quello di qualsiasi altra persona.
<< Chris cadrà ai tuoi piedi con questo look da dea! >> sorrise entusiasta Am.
<< Per non parlare di quando ti vedrà ballare! >> squittì Jaz battendo il cinque alla mora.
Incrociai impercettibilmente le dita dietro la schiena.
Speravo soltanto che avessero ragione.
Con tutto il cuore.
 
Tutto ciò che sei è tutto ciò che io non sono,
giorno e notte, luce e buio.
Tutto ciò di cui ho bisogno è tutto ciò che hai.
 
Dalla vetrata di quel meraviglioso ascensore si riusciva a vedere tutta New York estendersi a perdita d’occhio tra le luci.
Non per niente l’Hilton era l’albergo più lussuoso e caro di tutta Manhattan.
<< Sei pronta tesoro? >> domandò Am stringendomi la mano.
<< Sono nata pronta >> esclamai ritrovando la mia solita spavalderia che in quei giorni iniziava a scarseggiare.
Ed eccoci arrivate all’ultimo piano.
La struttura era assolutamente fantastica: un’enorme terrazza in mezzo alla quale si estendeva un gigantesco capannone.
La festa si sarebbe tenuta all’interno, mentre la parte esterna ci sarebbe servita per prendere un po’ d’aria tra un ballo e un altro.
Gli invitati non erano ancora arrivati, ad eccezione di Charlie, Dan, Mike ed Harry.
Io e Am ci incamminammo verso di loro sorridendo.
<< Auguri Luce! >> strillarono in coro, ed io li abbracciai dolcemente tentando di trasmettergli tutto l’affetto che provavo nei loro confronti.
Perché in fondo i miei amici erano tutto ciò che avevo.
Erano la mia famiglia.
 
Non ho mai messo il mio amore in prima linea,
non ho mai detto di si al ragazzo giusto,
non ho mai avuto problemi ad avere ciò che volevo.
 
Era passata circa un’oretta dal mio arrivo e ormai la sala era gremita di persona.
Io ero al centro della pista, improvvisando con Harry una baciata sudamericana.
Ad un tratto sentii qualcuno picchiettarmi la spalla con le dita e mi scatto mi voltai, ritrovandomi gli occhi azzurro cielo di Mattew a due palmi dal naso.
Il mio amico mi fece cenno con il capo di andare quando lui tese la mano verso di me, e forse fu proprio perché spinta da Harry che l’afferrai e mi lasciai condurre verso il centro della sala.
Gli occhi di tutti i presenti si posarono su di noi, mentre provavo invano ad immaginare che cosa stesse per dirmi.
<< Mi dispiace per non averti cercata in questi giorni, sono stato un cretino >> affermò stringendomi la mano << Ma spero di riuscire a farmi perdonare con questo >>
Estrasse uno scatolino di velluto dalla tasca della giacca e me lo porse con sicurezza.
Lo aprii con curiosità, trovandovi all’interno un meraviglioso anello d’oro.
Una fedina.
Matt mi aveva appena regalato una fedina, ed io non sapevo davvero più cosa fare.
Perché se prima la voglia di mettere un punto alla nostra storia mi aveva completamente divorato, con quel gesto  aveva frenato la mia convinzione ed era riuscito nuovamente a confondermi.
Non amavo Matt, ma non potevo lasciarlo.
Non dopo che ogni singolo invitato aveva assistito a quella scena, non considerando che tra me e Chris non c’era assolutamente niente.
<< Buon compleanno principessa >> sorrise avvicinandosi a me e sfiorandomi le labbra con le sue.
Fece per approfondire il bacio, ma il quel momento davvero non me la sentii.
Così mi limitai a lasciargli un lungo bacio a stampo prima di abbracciarlo.
Se Matt ci rimase male per quel gesto sicuramente non lo diede a vedere.
Ma del resto, mezza popolazione scolastica ci aveva appena visti riappacificarsi dopo la pseudo litigata dell’altro giorno e - interessato com’era solo all’opinione pubblica - non ne avrebbe avuto motivo.
Mi allontanai da lui facendo il modo che l’attenzione si spostasse nuovamente da noi alla festa, quando intravidi da lontano l’ennesimo invitato entrare nella sala.
 
Non ho mai sudato per nessun altro ragazzo,
ma quando sei in giro mi paralizzo.
Ed ogni volta che provo ad essere me stessa,
sembra tutto sbagliato come un pianto d’aiuto.
 
Era venuto.
Non ero convinta come Amanda del perché, ma il solo vedere che era lì mi fece sorridere a trentadue denti.
Ero felice, e sapere che lui ne fosse la ragione un po’ mi spaventava.
Vagò con lo sguardo per la pista da ballo fino a soffermarsi sui miei occhi, i quali ancora lo fissavano gioiosi.
E forse soltanto io percepii una richiesta di seguirlo quando impercettibilmente scosse la testa verso sinistra.
Fatto sta che lui si mosse ed io con lui.
Arrivammo fuori alla terrazza ormai deserta, considerato che tutti coloro che erano usciti avevano fatto ritorno per assistere la scenetta tra me e Mattew.
Sospirai di sollievo rendendomi conto che per fortuna Chris non era ancora arrivato in quel momento.
Che stupida che ero!
Probabilmente non gli avrebbe fatto né caldo, né freddo anche se ci avesse visto.
Il freddo era così pungente da pizzicarmi interamente la pelle e farmi stringere le braccia intorno ai fianchi.
Del resto che cosa potevo pretendere a starmene su un grattacielo a fine Ottobre indossando un abito decisamente scollato?
Distolsi l’attenzione dai miei pensieri solo quando la luce delle candele sparse lungo tutto il perimetro della terrazza furono abbastanza luminose da permettermi di mettere ben a fuoco la figura di Christopher.
Indossava un pantalone grigio quasi sportivo, una camicia azzurro cielo così attillata da mostrare perfettamente i muscoli ben delineati del suo torace.
I capelli nero carbone giacevano scompigliati sul viso, mentre gli occhi grigi che tanto adoravo sembravano risplendere.
Era così bello da togliere il fiato.
<< Alla fine sei venuto >> mormorai quando riuscii finalmente a recuperare la facoltà di parlare.
<< Non potevo perdermi l’evento dell’anno! >> abbozzò un sorrisetto ironico << A proposito, buon compleanno >>
Ridacchiai appena posando lo sguardo sulla fedina che portavo al dito.
Non valeva niente se paragonata al suo sorriso.
 
Mi fai brillare,
ma lo nascondo, non voglio darlo a vedere.
Quindi alzo le mie difese,
perché non voglio innamorarmi.
Se l’avessi fatto,
penso che avrei un attacco di cuore.
 
<< Ti ho fatto un regalo >> mormorò dopo un attimo di reciproco silenzio.
<< Davvero? >> esclamai così stupita che per poco la mia mascella non toccò terra.
<< Si, insomma non aspettarti un diamante o una collana di perle che sicuramente ti avranno regalato i tuoi amichetti dell’alta società >> precisò << Sono un tipo contro corrente io >>
<< Lo so >> sorrisi.
Infilò la mano nella tasca dei jeans estraendone un Ipod rosa confetto.
Il mio.
<< Come fai ad averlo tu? >> domandai con gli occhi fuori dalle orbite per lo stupore.
<< Hai così tanta roba che non ti accorgi neppure di una piccola presa in prestito >> ridacchiò porgendomelo.
Inclinai il capo confusa.
<< Fammi capire >> mormorai << Mi hai regalato il mio Ipod? >>
In tutta risposta ottenni una risata sommessa.
<< Certo che no, scema! >> sorrise accendendo l’apparecchio e posizionando le cuffie nelle mie orecchie << Ascolta >>
E fu un secondo prima che il mio udito fosse invaso dalle note che ormai avevo imparato a conoscere a memoria.
Poi una voce.
Melodiosa, roca, dolce, espressiva.
La sua voce.
La mia canzone preferita.
Chris aveva registrato per me la mia canzone preferita cantata da lui.
Ed era davvero il regalo più tenero che potesse farmi.
 
Tu avevi i tuoi sogni, io avevo i miei.
Tu avevi le tue paure, io stavo bene.
Mi hai mostrato ciò che non riuscivo a trovare,
quando due mondi diversi si scontrano.
 
Mi preparai a ringraziarlo appena tolte le cuffie, quando improvvisamente mi venne in mente un’idea.
Se proprio quel giorno Chris era in vena di comportarsi in quel modo, tanto valeva approfittarne.
<< È fantastica >> sorrisi << Ma ho bisogno che tu mi faccia un altro regalo >>
Puntò il suo sguardo nel mio a voler quasi leggermi nel pensiero.
Peccato che non ci sarebbe mai riuscito, perché ciò che stavo per chiedergli andava oltre ogni immaginazione.
 << Avanti, spara >> esclamò mostrandosi tranquillo e tentando di nascondere la curiosità.
<< Voglio che tu mi faccia un complimento >>
<< Cheeee? >> non riuscì a trattenersi dall’emettere.
Il suo sguardo contrariato e stranito era davvero buffo, ma non avrei rinunciato a ciò che volevo.
Era il mio compleanno.
E quello sarebbe stato il desiderio che avrei espresso una volta chiamata a spegnere le candeline.
Quindi tanto valeva fare il modo di esaudirlo con un po’ d’anticipo già che c’ero.
<< Uno solo >> precisai, per poi esclamare ironica << Ti giuro che non ci farò l’abitudine! >>
<< D’accordo >> sbuffò.
<< Cerca di essere convincente però >> puntualizzai facendolo ridacchiare sommessamente.
<< Ci proverò >>
Un attimo di silenzio durante il quale sentii il cervello andare in tilt immaginando cosa mi avrebbe detto, mentre il cuore partiva per la tangente con i suoi battiti ormai incontrollati.
Il suo sguardo trovò il mio con una velocità sorprendente e fui sorpresa nello scoprire che almeno quella volta non partirono le solite scariche elettriche a percorrermi la schiena.
Ma non perché non fossi vittima come sempre dell’emozione causatami dalla sua vicinanza, quanto perché ero così concentrata a guardarlo da non poter percepire altro che il calore dei suoi meravigliosi occhi grigi.
<< Sei bellissima >>
 
Voglio dare una scossa al tuo cuore.
So che hai paura, è sbagliato,
penso che potrei fare un errore.
Ma c’è solo una notte da vivere,
e non c’è tempo per aspettare.
 
Il suo sussurrò s’infranse nell’aria mentre sentivo le arterie scoppiare per la velocità con il quale il sangue veniva pompato in esse dal mio povero ormai defunto cuore.
Era stato così dannatamente sincero e dolce da non lasciarmi scampo e farmi letteralmente sciogliere.
<< Ma credo che questo tu lo sappia già >> mormorò poi ovvio.
<< Fa un altro effetto detto da te >> mi ritrovai a rispondergli quasi senza pensarci.
Ed era vero.
Quando erano tutti gli altri a dirmelo non sentivo vere quelle parole, ma adesso che le avevo finalmente ascoltate da lui mi sentivo improvvisamente la ragazza più bella del mondo.
<< Ma credo che questo tu lo sappia già >> citai la sua frase di appena due secondi prima facendolo ridacchiare.
E non mi ero nemmeno resa conto di quanto ci fossimo avvicinati con quelle ultime frasi.
Potevo sentire il suo respiro fondersi con il mio ed istintivamente schiusi le labbra come a volerlo trattenere.
Puntai lo sguardo nel suo in una muta domanda: Cosa vuoi che succeda?
Avrebbe fatto bene a fermarmi in quel momento, perché poi non sarei più riuscita a farlo.
Ma, invece che ricambiare lo sguardo, Chris eliminò totalmente la distanza tra di noi sfiorando le mie labbra con le sue.
Una scossa elettrica mi percorse completamente la spina dorsale, mentre una sua mano si poggiava sul mio fianco e l’altra mia accarezzava con dolcezza una guancia.
Stavo per sciogliermi come neve al sole e l’unica mia speranza era che Chris non se ne accorgesse.
Schiuse le labbra invitandomi a fare lo stesso, mentre con la lingua percorreva lentamente il mio labbro inferiore.
Acconsentii e quando finalmente le nostre lingue vennero a contatto persi la ragione e avvolsi le braccia intorno al suo collo stringendolo a me più possibile.
Mi cinse i fianchi con le braccia e giurai di sentirlo sorridere sulle mie labbra.
L’ennesima scossa.
 
Lasciami dare una scossa al tuo cuore.
 
 

Piccolo Angolo Di Luce
Holaaa! Sono orgogliosa di dire che questo capitolo mi piace davvero, e spero con tutto il cuore che piaccia anche a voi!
Finalmente i nostri cari Luchis si sono baciati *___*
Le canzoni che usato per creare la canzone preferita di Luce che ascolta dall’Ipod sono: Give Your Heart A Break/ Heart Attack / Two Worlds Collide (Demi Lovato); Because You Live (Jessie McCartney); Hate & Love (Jack Savoretti)
Fatemi sapere cosa ne pensate <3
LOL (Lot Of Love)


 
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Danielle Anderson


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Samantha Watson

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Capitolo 13
*** Prigionieri Di Un Momento ***


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Capitolo 12 : Prigionieri Di Un Momento
 


Libertà.
Il dizionario la definiva come la condizione per cui un individuo può decidere di pensare, esprimersi ed agire usando la volontà di ideare e mettere in atto un’azione.
Ma era davvero quella l’affermazione corretta?
Essere liberi significava poter fare ciò che si voleva senza alcun limite?
Oppure voleva dire non avere costrizioni nel poter scegliere?
Ad ogni modo, io non sapevo se fosse o meno una cosa positiva.
Noi cittadini americani per esempio, eravamo un popolo libero.
Ma forse ciò non era poi tanto vero.
Perché essere liberi non significava semplicemente non essere dominati da altri popoli o oppressi da un dittatore.
Essere liberi significava non avere codici, legami, fede, speranze.
Voleva dire poter in qualunque momento trasferirsi nell’altra parte del mondo senza rimorsi, riuscire a non sentirsi legato a niente e nessuno.
Ed era davvero una cosa positiva essere liberi in quel modo?
Essere prigionieri invece?  Cosa voleva dire davvero?
Era una cosa negativa come convenzionalmente si credeva?
No, io non la pensavo in quel modo.
Perché si può essere prigionieri di una canzone dalla perfetta melodia accattivante, prigionieri di una persona che amiamo con tutti noi stessi, prigionieri di un libro che non vorremo smettere di leggere per niente al mondo.
Prigionieri di un momento che vorremo non finisse mai.
 
***
 
<< C..Chris >> biasciai sommessamente, allontanando le mie labbra dalle sue quel poco che bastava perché riuscisse a sentirmi.
Non rispose, si limitò anzi a chiudere gli occhi per baciarmi nuovamente.
Ed io mi lasciai trasportare dalle sensazioni che riusciva a regalarmi.
Era come essere naufragata su un’isola deserta, pensando che niente o nessuno sarebbe stato lì a farmi compagnia ad eccezione delle onde del mare.
Ed ecco, lui era la mia onda.
Mi ritrovai lentamente a corto di fiato, così interruppi il bacio per sussurrare ancora sulle sue labbra: << Chris >>
<< Shh…>> mormorò in maniera così sexy che l’avrei di colpo baciato, se le mie labbra non l’avessero già fatto involontariamente per me.
La sua lingua trovò dunque di nuovo la mia, mentre le sue mani mi accarezzavano i fianchi con dolcezza.
Stavo perdendo il senno.
E mi stava decisamente piacendo.
<< Potrebbe vederci chiunque >> biascicai appena, concentrata più che mai a parlare senza smettere di stringerlo a me.
<< Ha importanza? >> domandò retorico, prendendo ancora una volta possesso delle mie labbra.
Aveva importanza che il mio ragazzo, i miei migliori amici, i suoi fratelli e l’intero corpo studentesco avrebbe potuto uscire in terrazza in quel momento ed assistere alla nostra scenetta?
Ovviamente. E non poca.
Ma, quasi come se il fato fosse stato dalla nostra parte, nessuno accennava anche solo per sbaglio a scostare le tende della sala.
C’eravamo soltanto io, Chris e quel meraviglioso bacio.
O, tanto per ricordare alla mia pignola mente il numero dei battiti mancati del mio cuore, di quei 5 baci scambiati uno dietro l’altro, senza neppure il tempo di prendere fiato.
Ma a cosa mi sarebbe servito respirare in quel momento?
Non avevo bisogno d’altro se non di lui.
Lui che era ormai un’assurda e infinita necessità.
Allontanò lentamente le labbra dalle mie scendendo con il capo a lasciarmi un dolce bacio tra la mascella e il lobo dell’orecchio, mentre le sue braccia cingevano ancora i miei fianchi e le mie non accennavano a voler lasciare libero il suo collo.
Era così strano trovarmi in quella situazione che, se non avessi sentito più e più volte il mio corpo andare a fuoco e il mio battito cardiaco arrestato, avrei seriamente pensato di trovarmi in uno dei miei meravigliosi sogni.
<< Dobbiamo tornare dentro >> mormorò appena, lasciando scivolare via le braccia da me e portandosi le mani in tasca.
Annuii iniziando a camminare al suo fianco, ancora un po’ scossa dall’interruzione del contatto con il suo corpo.
Cosa gli era preso d’improvviso?
Nemmeno gli avessi dato una scossa, si era staccato da me a velocità sorprendente e si stava dirigendo verso l’interno della sala come se nulla fosse successo.
Lo guardai stranita mentre puntava il suo sguardo nel mio appena prima di voltare l’angolo.
<< Carina la scenetta con Matt di prima >> sorrise amaro << Ma devo dire che come attrice stai decisamente perdendo punti >>
E se ne andò lasciandomi sola su quella fredda terrazza.
Ecco svelato l’arcano: mi aveva vista quando poco prima avevo ricevuto il regalo di compleanno dal mio ragazzo e se n’era stranamente ricordato solo in quel momento.
Che cosa l’avesse però spinto a baciarmi rimaneva e, a dirla tutta rimane tutt’ora, un mistero.
Fatto stava che sentivo le gambe cedermi e una fin troppo repressa voglia di urlare a gran voce quanto fossi felice.
Perché si, ero fottutamente felice.
E la cosa che più di tutte mi spaventava era che proprio lui, Christopher Anderson, fosse il motivo della mia gioia.
 
***
 
Il lunedì successivo le cose non erano mutate di una virgola.
Se vi aspettavate che dopo quell’assurda sera del mio compleanno Chris fosse diventato dolcissimo e appiccicoso come la colla a caldo avevate effettivamente sbagliato previsione.
Quasi come se la festa fosse stata cancellata dalle menti, tutto era estremamente di routine.
E, se possibile, lui era anche più strano di quanto fosse mai stato in precedenza.
Ci eravamo beccati per i corridoi si e no due volte negli ultimi 3 giorni e mi aveva a malapena salutato con un cenno del capo, avevamo dovuto iniziare a lavorare anche in classe al progetto di Letteratura e aveva iniziato a prendermi in giro su quanto – a suo parere - stessi recitando male il ruolo che da sempre rendevo in maniera perfetta.
A pranzo non si era seduto con noi, ma era stato nel suo solito angolo di depressione ad ascoltare la musica, mentre sabato sera aveva preferito restare a casa a badare a sua sorella che venire al cinema con tutti gli altri.
Insomma, se con quel bacio aveva provato qualcosa non me ne aveva dato neppure la minima dimostrazione.
E forse era meglio così.
<< È una grandissima stronzata >> commentò Sam guardandomi di traverso, mentre addentava signorilmente un triplo hamburger con tanto di ketchup e maionese.
Il mio discorso non l’aveva convinta neppure un po’.
<< Prima ti odia, poi ti bacia e poi ti odia di nuovo >> elencò << Non ha senso! >>
<< Io credo che mi abbia baciato semplicemente per mettermi in imbarazzo >> mormorai.
Lo pensavo davvero?
Forse.
Insomma, il suo comportamento lasciava intendere precisamente ciò.
Ma d’altra parte, non potevo essere l’unica ad aver avuto un attacco di cuore a causa di quel bacio.
Avevo sentito il modo in cui mi aveva stretta a sé e mi aveva parlato, avevo percepito la dolcezza con cui mi aveva baciata inizialmente, la passione successiva.
E tutto mi diceva che anche per lui ciò che era successo aveva avuto un senso.
<< Ma per piacere! È chiaro che siete innamorati l’uno dell’altra e che quel bacio è significato qualcosa! >> masticò la mia amica.
<< Io non ho provato niente e lui neppure >> imposi con tono sicuro, forse più per convincere me stessa.
<< Ed ecco che ha sparato la cazzata! >> Sam mi trucidò con lo sguardo << Vuoi per piacere essere sincera almeno con me? Capisco che magari non vuoi parlarne con Dan e Charlie che sono le sorelle e con Am che non ne capisce un tubo di amore, ma almeno con me sii sincera! >>
Apprezzai con non poco piacere il fatto che fosse riuscita a formulare un pensiero così lungo utilizzando una sola parolaccia, mentre sentivo in cuor mio quanta ragione avesse.
Insomma, da quando Chris era entrato nella mia vita mi veniva sempre più difficile parlare dei miei sentimenti con qualcuno.
Neppure io riuscivo più a capire cosa mi passasse per la testa, figuriamoci le mie amiche.
L’unica che sembrava riuscire a mettere un po’ d’ordine ai miei pensieri di tanto in tanto era Jazmin, eppure non potevo rivolgermi a lei per ogni minima stupidaggine.
Quindi rimanevo con quel maledetto caos interiore il quale non mi provocava altro che scompiglio.
Avevo bisogno di qualcuno a cui poter raccontare davvero tutto e in quel momento sentii che probabilmente avevo davanti a me quella persona.
Eh si, quella matta di Sam faceva proprio a caso mio con la sua disarmante schiettezza e il suo riuscire a capire quando mentissi e quando fossi invece sincera.
Così presi un bel respiro e ammisi per la prima volta, anche a me stessa, ciò che mi stava capitando.
<< Non so da dove cominciare >> mormorai << Da quando Chris è entrato nella mia vita è tutto così diverso, io stessa mi sento diversa. Lui non è come tutti gli altri ragazzi che mi muoiono dietro, non è neppure come Matt, è così strano, insopportabile, lunatico, odioso e … unico. >>
Vidi la mia amica annuire mentre mi faceva cenno con la mano di proseguire.
<< Quando sono con lui mi sento ribollire dalla rabbia per le sue continue provocazioni e prese in giro, sono continuamente sotto pressione per cercare di mostrargli il meglio di me, analizzata di continuo e messa a nudo da quei suoi meravigliosi occhi che sembrano conoscermi meglio di quanto mi conosca io stessa. Gli urlo contro la maggior parte del tempo e odio quando mette in discussione la mia vita e chi sono davvero. E mi fa anche provare imbarazzo a volte, quando mi sfiora o semplicemente quando mi guarda soffermandosi sui particolari del mio viso. Mi rende poi triste ascoltare tutto ciò che di brutto pensa nei miei riguardi, e mi offende passare ai suoi occhi come una semplice teenager da telefilm. >>
Era così dannatamente bello poter dire tutto ciò pensavo che mi stavo lasciando decisamente prendere la mano da quei pensieri sdolcinati.
<< Ma vedi, in positivo e non, mi fa provare così tante emozioni da farmi sentire viva, forse più di quanto io sia mai stata in 17 anni. E questa cosa mi spaventa, perché mi sento come se stessi innamorandomi di lui e non devo >>
Samantha mi guardò senza dire nulla, alzando semplicemente il sopracciglio in una muta domanda: perché non devi?
Già. Perché?
<< Per tanti motivi, troppi >> mormorai << Innanzitutto ricordiamoci che ho già un ragazzo, e poi anche se io capissi di provare qualcosa per lui i miei sentimenti non sarebbero mai ricambiati >>
Sam annuì fingendosi soddisfatta e non dandomi a vedere quanto in realtà avesse capito che c’era dell’altro dietro quella mia semplice risposta.
Eppure vedevo nei suoi occhi un lampo di consapevolezza, segno che aveva compreso eccome.
O forse ero semplicemente io a volermi convincere di ciò, come se il fatto che lei l’avesse intuito da sola distogliesse me dall’incarico di doverlo dire ad alta voce.
Cos’era questo fantomatico altro?
Qualcosa che Chris aveva capito dalla prima volta che ci eravamo guardati negli occhi mentre io faticavo ancora ad ammettere, qualcosa di cui mi stavo rendendo conto soltanto in quegli ultimi giorni e che stava per sconvolgere a pieno la mia vita come se nulla fosse.
 
***
 
Il primo passo verso ciò la conquista di ciò che vogliamo  è capire cosa sia, mio padre lo ripeteva di continuo.
Individuare il nostro desiderio, elaborare la maniera di raggiungerlo e afferrarlo con pugno stretto e deciso.
Cosi semplice da dire quasi quanto difficile da fare.
Eppure ci stavo provando, forse più per trovare un modo di passare il tempo che per reale coscienza dell’utilità di quel metodo.
Insomma, non doveva essere poi così difficile capire cosa desideravo davvero, bastava solo individuare qualche punto base da cui partire.
L’amore ad esempio.
Avevo ragione a pensare che non ci fosse nulla di reale tra me e Matt?
Che cosa provavo per Chris?
Ecco due domande a cui avrei dovuto prima o poi dare una risposta, possibilmente in fretta.
E riguardo la mia vita invece?
Ero davvero soddisfatta di come andavano le cose o cercavo altro?
Mi bastava essere la ragazza più bella e popolare o avrei voluto essere qualcosa in più, la più simpatica magari?
Volevo continuare ad essere costantemente al centro dell’attenzione o mi sarebbe bastato starmene in un posticino con i pochi che davvero tenevano a me?
Maledette domande destinate a non trovare così in fretta una risposta: mi affollavano la testa senza darmi tregua, in qualunque momento e in qualunque luogo.
Anche in quell’istante ad esempio, mentre i miei occhi vagavano tentatori sulle labbra di Chris intenti ad individuare la minima traccia di salsa o briciola che avrei potuto usare come scusante per ristabilire un contatto con esse.
Ero un caso senza speranza.
E i miei dubbi continui su tutto e tutti ne erano l’ennesima testimonianza.
<< Che dici allora? Meglio usare un inglese raffinato o qualcosa di più informale? >>
Scossi la testa risvegliandomi dai miei pensieri.
Di cosa stavamo parlando?
<< Ehm … dove? >> mormorai svampita.
Chris sbuffò sonoramente.
<< Insomma, capisco che il suono della mia voce sia una delle cosa che più ti irritano, ma potresti almeno sforzarti di ascoltare ciò che dico? >> sbottò.
<< Ehi calmino! >> esclamai << Mi sono persa solo gli ultimi due passaggi >>
Fissò l’orologio sul muro dietro di me battendo spasmodicamente il piede sul pavimento.
Sembrava impaziente.
<< Hai un appuntamento? >> domandai allora a bruciapelo.
<< Che t’importa? >>
<< Rispondimi >> m’impuntai.
Sbuffò ancora una volta senza accennare a voler dire nulla.
Sentivo una strana rabbia crescermi dentro a poco a poco, quasi come se temessi mi nascondesse qualcosa, quasi come se in quel momento l’unica cosa che desiderassi fosse sapere cosa fosse.
<< No >> masticò semplicemente senza guardarmi.
<< Non ci credo nemmeno un po’ >> espressi ad alta voce il mio pensiero << Con chi devi uscire? >>
<< Nessuno >> rispose più serio che mai << Riesci a capire questa parola? N-E-S-S-U-N-O >>
No.
Evidentemente non riuscivo a capirla.
Squadrai velocemente il suo abbigliamento rendendomi conto con non poca irritazione che era decisamente più elegante del solito.
Soleva infatti indossare jeans e felpa, mentre quel pomeriggio si era dato ad un pantalone blu scuro e una camicia azzurra, con tanto di capelli messi in ordine – cosa che, da quando lo conoscevo, non era davvero mai capitata. –
Come avevo fatto a non accorgermene prima?
Era chiaro come il sole che dovesse uscire con qualcuna.
La rabbia che poco prima stava nascendo in me fu amplificata da quel pensiero.
E si mutò.
Non era più rabbia, ma qualcosa di decisamente peggio.
Gelosia.
<< Okay, non me lo dire allora, ma sappi che sei veramente un idiota ad uscire con un’altra dopo.. >> non sapevo come continuare << Dopo..>> boccheggiai per qualche secondo prima di concludere con un semplice e stupido << Dopo l’altra sera! Sei diverso da ciò che credevo! >>
E mi sarei aspettata qualsiasi reazione a ciò che avevo appena detto, tranne quella che ne seguì.
<< Che cazzo vuoi saperne tu di come sono!? >> sbottò infatti balzando in piedi << Non sai niente di me, niente! >>
E camminò a passo veloce verso la porta, sbattendola al suo passaggio rumorosamente, mentre io me ne stavo ancora seduta senza accennare a dire né fare qualcosa.
Che cosa gli era preso?
Non lo sapevo, ma dovevo trovare il modo per scoprirlo.
Assolutamente.
Così, senza pensarci, infilai il cappotto e corsi giù per le scale, decisa più che mai a seguirlo ovunque stesse andando.
Lo vidi salire nella sua auto rompendo quasi la portiera per la violenza con cui l’aveva aperta.
Qualunque cosa stesse passando per la mente di quel ragazzo, dedussi che non doveva esse proprio niente di positivo.
Mi sentii come in quei film vecchio stile dicendo al tassista “segua quella macchina!” e man mano che ci addentravamo nella periferia della città iniziai a chiedermi dove effettivamente ci stessimo dirigendo.
Manhattan era scomparsa da un pezzo, ma neppure Brooklyn era mai stata così tetra.
Ci vollero circa dieci minuti prima che Chris parcheggiasse di fronte un complesso di bassi palazzi grigiastri e scendesse dalla macchina dirigendosi verso l’entrata.
<< Dove siamo? >> domandai al tassista, nel frattempo fermatosi anche lui.
<< Quello li è il carcere di Saint Ellen, nella più remota periferia di Brooklyn >> mi spiegò conciso << Sicura di voler scendere? Non mi sembra affatto il posto per una signorina come lei >>
Un carcere?
Che cosa diamine ci faceva Chris in un carcere?
<< Ci ha preso in pieno in effetti >> mormorai << Ma ho bisogno di scoprire una cosa, aspetti qui >>
Appena scesa dall’auto una folata di nebbia mi investì a pieno, mentre il vento mi scompigliava i capelli e i tacchi dei miei stivali si impigliavano nelle crepe della strada sconnessa.
Camminai verso l’entrata a passo svelto, spaventata dall’atmosfera tetra di quel luogo che nessun film dell’orrore avrebbe reso a dovere.
Tutt’intorno regnava un silenzio tombale, mentre avvicinandomi ai plessi grigi erano sempre più evidenti le finestre coperte dalle pesanti sbarre di ferro.
Sbattei più volte le palpebre come a volermi capacitare di dove fossi, ed ecco che lo vidi.
Chris se ne stava appoggiato al muro d’ingresso, esitante sull’entrare o meno, mentre si torturava le mani e mordeva nervoso le labbra.
Non l’avevo mai visto così.
Lui che appariva sempre tranquillo e pacato, era così agitato da rendere anche me di riflesso in quella condizione.
Alzò lo sguardo al cielo e quel veloce gesto bastò perché mi vedesse, immobile di fronte a lui.
<< Che cavolo ci fai qui? >> domandò stupito e arrabbiato.
Deglutii appena prima di rispondergli ostentando decisione e calma.
<< Credo che tu mi debba delle spiegazioni >>
 


 
Piccolo Angolo Di Luce
 
Hola! Vi annuncio con grandissimo (dis)piacere per voi che no, non sono ancora morta.
Semplicemente tra scuola pesantissima, amici traballanti, un ragazzo che mi sta praticamente facendo impazzire e mille impegni da portare avanti, il tempo per scrivere mi è proprio mancato.
E mi dispiace davvero tantissimo, non solo per aver fatto un torto a voi che aspettavate questo capitolo, ma anche perché il più grande torto l’ho fatto a me stessa privandomi della cosa che amo di più: scrivere.
Sono due mesi infatti che non aprivo il file di questa storia, e appena l’ho fatto le mie dita hanno iniziato a battere da sole i tasti a velocità supersonica, come stanno facendo ancora adesso.
Ho così tante cose da scrivere che credo questo piccolo spazio non mi basterà.
Semplicemente voglio promettere a voi e a me stessa che non trascurerò mai più la mia passione per un periodo che mi è sembrato eterno e che continuerò a scrivere ogni giorno cercando di postare i nuovi capitoli quanto più in fretta possibile.
Voglio poi ringraziare tutte le fantastiche persone che mi hanno scritto in questo periodo dicendomi di aggiornare, ma che mi capivano e che per qualunque cosa potevo contare su di loro.
Siete state veramente meravigliose, ed è per questo che voglio dedicarvi questa capitolo, a voi e a mia sorella, Bruna, che mi è sempre molto vicino e che in questi mesi si arrabbiava perché non scrivevo più, arrivando ieri sera a minacciarmi per farmi finire questo capitolo.
Grazie di tutto, spero che continuerete ad esserci, perché per me siete davvero fondamentali.
Venendo a noi adesso, come stesso la nostra protagonista dice “Se vi aspettavate che dopo quel bacio Chris fosse diventato dolcissimo e appiccicoso come la colla a caldo avevate decisamente sbagliato previsioni” anzi, se possibile il nostro caro ragazzo è ancora più strano dopo la sera del compleanno di Luce.
Il motivo? Probabilmente concentrato nel finale, il quel luogo così tetro che è il carcere di Saint Ellen.
Perché lui si trova li? Voglio sentire un po’ che cosa immaginate..
Inoltre nel capitolo è stata un’importante presenza la nostra Sam, più schietta che mai, che sta aiutando Luce a capire cosa prova.
E poi c’è quel qualcosa che la nostra protagonista ha capito, ma che non riesce ancora ad ammettere: il motivo per cui ha paura di innamorarsi di Chris e di stare con lui.
Di cosa si tratta? Beh, anche qui voglio ascoltare qualche vostra previsione.
Spero di riuscire a scrivere il prossimo capitolo più in fretta possibile, grazie ancora di tutto.
Un bacino <3

 
LOL <3

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Capitolo 14
*** Tu Non Cambierai Mai ***


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Mi rendo conto di essere assolutamente imperdonabile.
L’ultimo aggiornamento della storia risale a Dicembre e avevo promesso che ci sarebbero stati al più presto dei nuovi capitoli, invece ho lasciato perdere tutto e ho aspettato Luglio per aggiornare nuovamente questa storia.
Vi dirò che in questi mesi me ne sono successe veramente veramente tante, del tipo che ho concluso il primo anno di liceo, ho sostenuto l’esame per un certificato Cambridge, ho vissuto la mia prima vera storia d’amore, sono stata male, ho fatto nuove amicizie, ne ho perse alcune..insomma, la mia vita è esattamente come quella di ognuna di voi e quella di qualsiasi adolescente, se non per un piccolo dettaglio.
Un paio di giorni fa, rientrando nel sito dopo tanto tempo, ho deciso di visualizzare le persone che seguivano questa storia.
Ne siete in 124, un numero che non ho mai raggiunto prima d’ora, e mi sono sentita in dovere, almeno per voi, di continuare a scrivere questa storia.
Così ho preso coraggio e le parole mi sono uscite da sé.
So di essere ancora un po’ arrugginita e che questo capitolo non è granchè, ma prendetelo come un piccolo assaggio dell’impegno che d’ora in poi impiegherò per portare a termine questa storia.
Detto questo, volevo dedicare questo capitolo a tutti voi e ringraziarvi dal profondo del cuore per essere riusciti – ancora una volta – ad essere la mia forza.
Spero continuerete a seguirmi, grazie in anticipo.

 
 
Piccolo Riassunto (giusto per ricordarci che cosa stiamo leggendo):

Luinda Price è da considerarsi la principessa della Liberty High School di Manhattan e non solo: è una leader nata, capitano delle cheerleader, barbie in carne e lucidalabbra, diva per eccellenza.
Possiede una miriade di seguaci, ma le uniche persone che per lei contano davvero qualcosa sono davvero poche.
I suoi migliori amici sono infatti: Amanda, la sua fotocopia mora; Samantha, che tutti ricordiamo per le sue battute fuori luogo e il suo atteggiamento da maschiaccio; Charlotte, la bellissima ragazza che ha sofferto di anoressia apparentemente senza motivo; Danielle, che è dolce e timida; Mike, fratello maggiore di Amy, simpatico e bambinone ed Harry, dongiovanni spiritoso.
Poi c’è Jazmin, la sua cameriera che l’ha praticamente cresciuta, visti i rapporti quasi inesistenti che Luce ha con i suoi genitori; e infine Mattew, il suo perfetto fidanzato.
La vita di Luce subisce però un radicale cambiamento nel momento in cui Christopher Anderson, fratello di Dan, Charlie ed Harry, entra nella sua vita.
Chris è tutto ciò che Luce non riesce ad essere, ma più che altro è assolutamente lunatico e sembra detestarla.
La ragazza però avverte in sé fortissimo il desiderio di conoscerlo e, grazie ad un progetto di letteratura che devono eseguire insieme, sembra averne l’opportunità.
Tra battute di scherno e abbracci improvvisi arriviamo alla sera del compleanno di Luce, dove Chris – lontano da tutto e tutti – la bacia dolcemente, allontanandosi poi inspiegabilmente da lei per un paio di giorni.
Un pomeriggio poi, mentre i due stanno lavorando al progetto, un litigio porta Christopher a lasciare casa Price e Luce a seguirlo fino alla periferia di Brooklyn, dove vedrà il ragazzo entrare nel carcere della zona.
Detto questo, buona lettura a tutti voi ;)


 
Capitolo 13 : Tu Non Cambierai Mai
 
Se la mia vita fosse stata un cartone probabilmente in quel momento a Chris sarebbero usciti nuvoloni di fumo nero dalle orecchie e dal naso, mentre i suoi occhi sarebbero diventati color rosso fuoco, accecati dalla rabbia.
E probabilmente io sarei stata disegnata come un palloncino, gonfia di orgoglio e di curiosità, ma in realtà resa piccola ed insignificante da quella sua aria così dura.
Forse avevo sbagliato a seguirlo fin lì, ma ora che c’ero era inutile tormentarmi e tanto valeva arrivare fino in fondo alla faccenda.
<< Sto aspettando >> mormorai battendo spasmodicamente il piede contro il pavimento sconnesso al di fuori del carcere.
Poco più in la il taxi mi aspettava, ben serrato e con i finestrini chiusi per evitare di avere nulla a che fare con quell’ambiente tetro e spaventoso.
<< Vattene >>
E non disse altro.
Si limitò a guardarmi con sguardo furioso, tentando palesemente di contenersi.
Ma io non ero fatta per scappare dalle cose e dalle persone di cui mi importava.
<< No >> mi imputai << Prima dimmi che cosa ci fai qui >>
<< Ti ho detto di andare via >> digrignò tra i denti.
<< Ed io ti ho detto che non lo farò prima di ricevere una risposta >> ribattei decisa.
Chris mi guardò allora con la stessa aria che si usa d’estate per fissare una mosca appoggiata sul tavolo di un pic-nic: come se fossi indubbiamente fuori luogo e totalmente inutile.
Ma non mi sentivo affatto così.
Se io, Lucinda Price, persona più mentalmente limitata al quartiere di Manhattan dell’intera popolazione di New York, gli ero andata dietro fino alla più squallida periferia di Brooklyn, era per tutt’altro che curiosità.
Era per amore.
Era per qualcosa che in quel momento non riuscivo a spiegare neppure a me stessa.
Come se avessi avuto il presentimento che il luogo in cui stava per recarsi mi avrebbe fatto scoprire qualcosa in più su quel ragazzo che tanto nascondeva al mondo la sua vera essenza.
E quindi non aveva il diritto di trattarmi in quel modo, come se fossi l’ultima persona che avrebbe voluto vedere in quel momento.
Anche perché dopotutto, nonostante tentasse perennemente di nasconderlo, si percepiva dal suo sguardo che mi voleva almeno un po’ del bene che io stavo scoprendo di provare per lui.
<< Non hai motivo di essere qui, né di chiedermi alcuna spiegazione >> scandì freddo parola per parola << Quindi vattene, Lucinda >>
Sentir pronunciare il mio nome per intero e con quel tono mi fece per un secondo rabbrividire, mentre prendevo coscienza di ciò che aveva appena detto.
Io non avevo motivi per stare lì e avere spiegazioni?
E che motivi aveva invece lui per rispondermi in quel modo?
<< Non ti rendi conto che se sono qui è perché mi importa di te? >> buttai giù con tanta sincerità quanta con lui non ne avevo mai avuta, sperando vivamente che servisse a qualcosa.
Ma fu del tutto inutile, anzi peggio.
<< E tu non ti rendi conto del fatto che io non voglio che t’importi di me? >> strillò lui in risposta.
Lo guardai stranita, cercando nei suoi occhi almeno un po’ della dolcezza che vi avevo visto quella famosa sera, alla festa del mio compleanno.
<< Chiamiamola indifferenza, anzi meglio, intolleranza. >> mi guardò freddamente negli occhi << Ti sono intollerante, Lucinda >>
Un fortissimo scoppio mi rimbombò nel petto.
Ma non era una bomba né nulla del genere.
Si trattava semplicemente del mio cuore e, si aggiungiamolo, del mio orgoglio andato in frantumi.
Deglutii più e più volte cercando a vuoto di ragionare su ciò che avevo appena ascoltato, mentre sentivo le gambe reggermi sempre meno.
<< E adesso vattene >> decretò con voce sicura e tagliente.
Com’era possibile che non ci fosse nemmeno la minima inclinazione nel suo tono?
Come poteva dirmi quelle cose senza provare nemmeno un briciolo di tristezza o, per quanto mi costasse pensarlo, pena?
Con un gesto tutto meno che involontario sollevai a mezz’aria il braccio e lo colpii con la mano destra, lasciandogli ben visibili sulla guancia i contorni delle mie dita.
Chris si portò la mano sulla pelle arrossata guardandomi duro e vergognandosi per aver subito quel mio gesto.
Ma il suo era soltanto un briciolo dell’umiliazione che provavo io in quel momento.
Non poteva nemmeno immaginare quanto mi sentissi stupida e presa in giro.
E neppure voi che state leggendo adesso potete.
Nessuno poteva saperlo.
Perché forse, in fondo, neppure io lo sapevo poi così bene.
 
***
 
Destra, sinistra, destra, sinistra.
Perché tutt’ad un tratto camminare era diventata una cosa così difficile?
Perché anche solo respirare sembrava farmi male?
Le vie del centro venivano completamente inondate dall’acqua piovana, mentre le mie gote ricevevano lo stesso trattamento a causa delle lacrime.
Odiavo piangere, odiavo sentirmi così debole e ferita; ma più di ogni cosa odiavo lui.
E no, non ce l’avevo per ciò che mi aveva urlato contro – non da starci così male almeno – ma perché, nonostante quel comportamento da lunatico e menefreghista, Chris mi era entrato dentro più di quanto chiunque avesse mai fatto fino ad allora.
Nessuno riusciva a capirmi come lui che, per quanto cercassi di nascondergli la vera me, mi aveva conosciuta e mi aveva spogliata di qualsiasi maschera.
Nessuno poteva giocare ad allontanarsi e a riavvicinarsi come lui che, sebbene non ne potessi più di quello strazio, alla fine riaccoglievo sempre tra le mie braccia.
Nessuno riusciva a ferirmi in quel modo e forse era proprio questa la cosa peggiore.
Christopher non solo era in grado di darmi vita, ma anche di uccidermi con delle semplici parole.
Da quando ero diventata così debole?
<< Signorina, stia più attenta! >> mi urlò contro un uomo che dovevo aver urtato per sbaglio, troppo presa dai miei pensieri e dalle mie emozioni.
Un brivido mi percorse la schiena.
Faceva dannatamente freddo e non avevo nulla a coprirmi se non i miei abiti completamente inzuppati di pioggia e così aderenti da far male.
L’inverno si faceva sentire pungente e sadico, proprio come quella dannata sensazione di ripetuti colpi scagliati contro il cuore.
Non ne potevo più di sentirmi così piccola, dipendente da un ragazzo, in sua balia.
Dovevo riprendere in mano la mia vita.
E dovevo cominciare subito.
Sospirai.
Non era semplice, non lo era mai stato, ma Lucinda Price non era il tipo di persona da arrendersi, non era il tipo di persona da considerare qualcosa impossibile.
Lucinda Price otteneva sempre ciò che voleva.
Lucinda Price avrebbe abbattuto un muro con la sola forza del pensiero: perché era forte, tenace, e soprattutto perché sapeva bene di cosa era capace.
Ma ero davvero sicura di essere ancora io Lucinda Price?
Potevo essere io quella ragazza che correva sotto la pioggia scrosciante, gli abiti bagnati, le scarpe con il tacco a spillo rovinate e il trucco completamente sciolto?
Potevo essere io quella ragazza che piangeva?
Ero davvero in grado di piangere, di innamorarmi, di star male per un ragazzo?
Per Matt non avevo mai neppure fatto una smorfia, mentre per Chris ero disperata e stavo arrivando addirittura a mettere in discussione me stessa.
Ma forse una spiegazione a quell’assurdità esisteva.
Forse sarebbe stata necessaria soltanto una parola per mettere fine a quei dannati dubbi e fare ordine in quel casino che era diventata la mia vita.
Ma non riuscivo a credere di essere pronta per affrontare quella parola: una delle mie paure più grandi, la peggiore forse.
Amore.
Rimbombava nella mia testa come un inno al suicidio, come se potesse allo stesso tempo farmi bene e male, uccidermi e farmi rinascere dalle mie ceneri.
Come una fenice.
Come poteva fare soltanto una persona.
Chris.
 
                                                                                        ***
 
Un uomo sulla cinquantina spalancò il portone di scatto guardandomi ferma lì davanti, tremante per il freddo e con lo sguardo implorante.
<< Signorina, prenderà una bronchite così! >> mi disse preoccupato prendendomi per un braccio e trascinandomi all’interno dell’immenso grattacielo.
<< Abita qui? >> mi domandò poi, guardandomi mentre mi avvicinavo all’ascensore.
<< No >> risposi secca << Sono venuta a trovare una persona >>
L’uomo mi squadrò da capo a piedi sorridendo appena.
<< Deve essere molto impaziente di vedere questa persona, deduco >>
Mi sforzai di sorridere, ma l’unica cosa che riuscii a mostrargli fu una tirata ed innaturale smorfia.
Per fortuna l’ascensore arrivò proprio in quel momento, salvandomi da ulteriori domande e curiosità del mio interlocutore.
Lo salutai con un cenno del capo premendo poi il bottone con su inciso in oro l’enorme numero 25.
Aggiustai come potevo i capelli nello specchio, tentai inutilmente di nascondere il trucco colato con un po’ di correttore e constatai amaramente che per i vestiti e le scarpe non avrei potuto fare assolutamente nulla.
Pregai mentalmente che non fosse la signora Dawson a venirmi ad aprire la porta, altrimenti non avrei davvero sopportato l’umiliazione.
Dopotutto, nonostante qualcosa possa essere l’ultima delle tue preoccupazioni, è comunque nella lista.
Il tintinnio metallico mi indicò che era arrivato il momento di scendere, così camminai fino alla terza porta sulla destra, premendo il campanello con poca energia.
Tempo di un secondo e una versione più realistica di Ken mi si presentò davanti in tutta la sua compostezza e il suo splendore.
Mattew indossava un pantalone scuro e una camicia scozzese: abbigliamento decisamente insolito per una persona che sta passando una semplice giornata di pioggia in casa.
Ma del resto io e lui ci somigliavamo molto più di quanto in quel momento mi rifiutassi di ammettere.
<< Amore! >> esclamò scioccato << Che ti è successo? >>
<< Ho corso sotto la pioggia >> mi affrettai a rispondere.
Matt mi guardò stranito, inclinando il capo con fare allibito.
<< Sei forse impazzita? >>
<< Avevo bisogno di parlarti e subito >> esclamai decisa << Non volevo e non voglio perdere altro tempo >>
Mi fece cenno di entrare in casa, ma subito scossi la testa.
Non avrei retto un altro contatto con il suo mondo perfetto a cui sentivo ormai di non voler più appartenere.
Ma era anche il tuo, Luce.
Beh, a quello avrei pensato in seguito.
<< Non vorrei prendessi una bronchite >> mormorò stranito.
<< Non te n’è mai importato, a meno che non capitasse durante un evento mondano >> gli sputai contro << Quindi smettiamola di fingere, almeno per una volta >>
Sbuffò.
<< Vuoi dirmi che ti prende? >> sbottò irritato.
<< Mi prende che non ne posso più! >>
I nostri sguardi si incrociarono per una frazione di secondo, ma fui quasi certa che avesse capito esattamente l’immensa rabbia che mi stava invadendo.
<< Ma di cosa? >> strillò esasperato.
<< Di me, di te, di tutta questa farsa che siamo noi! >> una lacrima mi scese per la frustrazione, ma non dovevo farmi vincere dalle emozioni, non in quel momento.
<< Diciamoci la verità Matt: tu mi ami? >>
<< Io...certo che si, Luce. >> rispose subito << Ma che domande fai? >>
<< Allora te ne porgo un’altra, Matt >> lo guardai decisa << Tu sai cosa significa amare? >>
Persi un battito, fiera di essere finalmente riuscita a dire quelle parole.
<< E tu? >> mi sfidò << Tu lo sai? >>
<< Adesso si. >>
Una scarica d’adrenalina mi percorse la schiena: finalmente stavo ammettendo la verità e non soltanto a lui, quanto a me stessa.
<< L’amore non siamo noi, anzi >> mi corressi << Non so neppure se un noi è mai esistito al di fuori del contesto pubblico. Siamo così dannatamente finti e costruiti, non c’è mai stato nulla di vero in niente che abbiamo fatto o detto >>
Lo squadrai con quella che parve scambiare con un’aria accusatoria: << Non ti senti vuoto a pensare che non c’è niente di reale nella tua vita? >>
 << E tu invece? >> sputò con cattiveria.
<< Si, sono dannatamente vuota, ma ho trovato il modo per cambiare >> ammisi sincera.
E, per quanto non volessi, i miei pensieri si diressero subito verso quel volto.
Quel volto così perfetto da sembrare irreale, così duro da far paura, ma allo stesso tempo così dolce da scaldare il cuore.
Chris era la mia unica possibilità di redenzione, o almeno avrebbe potuto esserlo se solo l’avesse desiderato almeno un po’.
Ma, con o senza di lui, ormai avevo capito qual’era la strada da percorrere, bisognava soltanto che mi decidessi a farlo nella giusta maniera.
E dirlo a Matt rappresentava già uno dei passi più importanti e complicati.
<< È proprio questo il problema, Lucinda >> scandì freddo il mio nome << Tu stai cambiando, non sei più la ragazza che mi piaceva, quella perfetta, quella che puntava sempre in alto, quella sicura di sé, invincibile. Sei diventata una qualunque ragazzetta di città senza nulla di speciale; aspetta che i tuoi genitori ti vedano: non saranno affatto fieri di te  >>
E, per quanto mi fossi imposta di essere tranquilla e paziente, quell’ultima frase bruciò i miei freni inibitori e subito la mia mano partì veloce a schiaffeggiargli una gota.
<< Non permetterti mai più di nominare i miei genitori, né me >> calcai bene quelle parole perché potessero restargli impresse nella mente, proprio come le mie cinque dita sulla sua pelle.
Mi guardò gelido, con l’aria di chi avrebbe potuto ucciderti con uno sguardo, ma io ero troppo presa a dirigermi verso l’ascensore per regalargli anche il solo minimo briciolo dell’attenzione che non meritava.
<< Hai ragione: io sto cambiando >> gli dissi mentre le porte si spalancavano e io afferravo la fedina d’oro stretta attorno al mio anulare per lanciargliela contro << Ma ritieniti fortunato Matt, perché tu invece non cambierai mai. >>

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Capitolo 15
*** Ciò Che Significhi Per Me ***


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Capitolo 14 : Ciò Che Significhi Per Me
 
 
Non posso biasimarti per aver pensato
che non mi hai mai conosciuto davvero,
ho provato a negare
ma mi sono sentito sbagliato,

 come non mai.
 
Allungai le braccia stiracchiandomi appena, avvolta nelle caldissime coperte di flanella che Jazmin mi aveva rimboccato un paio d’ore prima.
Erano due giorni ormai che me ne stavo chiusa in casa senza poter uscire, schiava della febbre fino alla punta dei piedi.
Non che fosse stata chissà quale sorpresa: avevo corso per kilometri sotto la pioggia d’inverno, sarebbe stato assurdo se fossi stata completamente sana in quel momento.
Quella mattina comunque, stavo per riprendere il controllo delle mie gambe dopo quarantotto ore in cui ero rimasta paralizzata e senza autonomia.
<< Jaz! >> strillai, sperando che riuscisse a sentirmi dal piano di sotto.
<< Arrivo subito! >> urlò in risposta, iniziando a salire le scale con passo rapido.
Afferrai il cellulare posato sul comodino scoprendo che, anche quel giorno, le mie amiche sarebbero venute a farmi visita per l’ora di pranzo.
Non avevo raccontato loro di Chris, nonostante lo sguardo indagatore di Sam avesse cercato per tutto il tempo di ricavare informazioni dal mio ormai spento, ma sapevano praticamente tutto ciò che era successo tra me e Matt nei minimi dettagli.
Sam si era subito mostrata d’accordo, non senza evitare qualche “Se l’è meritato, quello stronzo!”
Anche Danielle e Charlie mi avevano appoggiata, ricordandomi che con lui non ero mai stata davvero me stessa e rassicurandomi sul fatto che avrei incontrato la persona che mi avrebbe amato per ciò che ero.
Sam aveva ridacchiato a quel punto, alludendo palesemente al fatto che io quella persona l’avevo già incontrata.
E aveva assolutamente ragione.
Soltanto Amanda era sembrata estranea a quel clima di euforia generale.
<< Questo cambierà molte cose Lù, credo che tu lo sappia. >> aveva mormorato, mangiucchiandosi le unghie nervosamente.
Certo che lo sapevo: lasciare Mattew avrebbe totalmente rivoluzionato la mia immagine, per non dire rovinato.
Ma in fondo, quanto poteva contare la mia popolarità in confronto a quella che sarebbe poi stata la mia felicità?
Era così buffo per me elaborare quel tipo di pensieri, ma ormai erano diventati di routine.
Stavo iniziando a togliermi la pesante maschera che mi ero costruita a fatica in diciassette anni anche se, per quanto mi costasse ammetterlo, era grazie a quella che ero riuscita ad ottenere la mia popolarità e non sapevo fino a che punto sarei riuscita a resistere senza.
Non sapevo neppure se, essendo me stessa, sarei mai riuscita a salire un gradino nella scala sociale e questo mi rendeva esageratamente agitata e confusa.
Lucinda Price non era la barbie perfetta che aveva sempre finto di essere, c’era molto di più in lei: un cuore che batteva a ritmo irrefrenabile, un animo buono e dolce, uno spirito di ribellione agli schemi, la paura di non essere abbastanza, l’indole spiritosa e frizzante, l’istinto materno che un giorno sperava di poter mettere in atto con dei bambini propri.
Ma era possibile che quella ragazza riuscisse a diventare popolare?
Dopotutto lei non aveva nulla di speciale.
La vera me non aveva nulla di speciale.
 
Pensavo di proteggerti
da tutto quello che io ho passato,
ma so che ci siamo persi per la strada.
 
<< Signorina Price, è ora di pranzo >> m’informò Jazmin entrando in camera e avvicinandosi a me che me ne stavo ancora pigramente distesa sotto le coperte.
<< Vedo che stamattina abbiamo dormito tanto! >> ridacchiò poi.
Le sorrisi pensando a quanto fosse bello averla con me, sempre pronta ad accudirmi e ad assicurarsi che stessi bene.
<< Le sue amiche arriveranno tra poco >> disse << A proposito, come vi sentite stamattina? >>
<< Ti ho detto mille volte di darmi del tu >> la richiamai << E comunque oggi va meglio, credo che scenderò in cucina a pranzare >>
Si avviò quindi di sotto, mentre io mi recavo in bagno a fare la doccia.
Indossai un semplice leggins blu e una larga e caldissima felpa verde prato, pettinai i capelli in una coda scomposta ed evitai di truccarmi.
Stavo riscoprendo la semplicità in quei giorni e dovevo ammettere che non era proprio niente male riuscire a stare lontana dalle montagne di trucco e dai vestiti appariscenti tipici del mio armadio.
Scesi di sotto e vi trovai le solite quattro squinternate impegnate a discutere animatamente su qualcosa che in quel momento mi sfuggiva.
<< La moribonda ha imparato a camminare! >> squittì Sam correndo ad abbracciarmi.
<< Fai piano! >> le intimai, mentre stritolava il mio povero corpo.
<< Luce, tesoro, hai proprio bisogno di mangiare >> mormorò Charlie schioccandomi un bacio su entrambe le guance << Sei così dimagrita! >>
Annuii, evitando di affrontare davanti a tutte l’argomento cibo con chi sapevo avesse molti più problemi di me, ma tenendo a mente di riproporlo quando ci saremmo ritrovate da sole.
<< Temo che mia sorella abbia ragione >> disse Danielle stringendomi a sé << Ma hai tutto il tempo del mondo per rimetterti in sesto. >>
Mi avvicinai quindi alla mia migliore amica che, invece di salutarmi allegra come tutte le altre, si limitò a sbattermi in faccia l’ultima copia del giornalino scolastico.
<< Leggi qua >>
 
Colpo Di Scena Alla Liberty High School
- Articolo di Mellory Golden
 
Lucinda Price, studentessa, capitano delle cheerleader, nonché L delle Ladies, lascia il suo fidanzato storico non senza destare scalpore in tutto l’istituto. Cosa sarà mai accaduto tra i due? Ecco alcune testimonianze.
 
<< Andiamo Am! Non è necessario che legga tutte quelle stupidaggini! >> sbottò Charlie cercando di strapparmi dalle mani il giornale che però trattenni con forza.
<< Ho bisogno di sapere. >> dissi decisa, continuando poi la mia lettura, mentre lei e Amanda si scannavano con gli sguardi.
 
<< Ha definito la nostra storia fasulla, dopo anni di fidanzamento, e ha criticato il nostro sistema sociale dicendo che riserva troppa attenzione ai pettegolezzi su noi due invece che esclusivamente alla sua persona. >> ci dice Mattew Dawson, ex fidanzato della Price.
 << Ha rinnegato i suoi sentimenti nei miei confronti, decidendo però di tenersi l’anello d’oro che le avevo regalato al suo compleanno poco tempo fa, giurandole l’amore che lei non ha mai davvero ricambiato. >> aggiunge poi.
 
<< Lucinda ha innumerevoli volte tradito Mattew, ma ovviamente noi membri delle Ladies abbiamo acconsentito a tacere per preservare la sua immagine >> ci spiega Ingrid Shiller, amica e compagna di squadra della Price.
<< Proprio così. Per non parlare di tutte le volte che ha cercato di diffamarlo e farlo espellere dalla squadra di football con cori che noi cheerleader ci siamo rifiutate di eseguire >> l’appoggia Deborah Stones, altra amica e compagna di squadra di Lucinda.
 
Quelli che sembrano essere i suoi migliori amici si rifiutano poi di rilasciare interviste, dando man forte alle dichiarazioni precedentemente lette.
Che stiano cercando di proteggere Lucinda la quale, in più, ha messo in scena una finta quanto improvvisa febbre per evitare di presentarsi a scuola?
Come reagirà la ragazza una volta tornata alla Liberty High?
Vi terremo aggiornati con i prossimi numeri.
 
<< Sono solo un mucchio di stronzate! >> urlò Sam, appena ebbi finito di leggere ed ebbi alzato gli occhi su di loro << E noi ci siamo giustamente rifiutati di controbattere >>
<< Avremmo dovuto farlo invece >> la contrastò Amanda << Vero, Luce? >>
Dan e Charlie restarono in silenzio, mentre le due mi guardavano in attesa di un responso.
Ma io cosa pensavo davvero?
Certo, nemmeno una delle parole stampate su quelle pagine rifletteva la realtà, ma il silenzio dei miei amici e la mia assenza non avevano fatto altro che contribuire a rendere realistica quella ridicola invenzione.
Non potevo però essere sicura che le cose sarebbero andate meglio se avessero anche loro lasciato delle dichiarazioni: dopotutto, la gente avrebbe benissimo potuto decidere di credere a quelle idiote della Shiller e della Stones, piuttosto che alle mie amiche.
<< Avete fatto bene a stare in silenzio >> dichiarai << Ma lunedì mattina io vengo a scuola e metto fine a quest’assurdità >>
Non sapevo ancora cosa avrei detto, ma ero più che decisa a farla finita con la finzione e ad iniziare a vivere nel mondo reale, dove ciò che pensavo e provavo andava messo sopra a ciò che gli altri avrebbero potuto inventare e ipotizzare sul mio contro.
<< Detto questo, andiamo a mangiare >> annunciai, notando che Amanda e Sam avevano ricominciato a guardarsi in cagnesco, mentre Charlie mi seguiva con lo sguardo e Dan si fissava le scarpe in imbarazzo.
Erano così diverse quelle quattro che sarebbe stato difficile farvi capire come riuscissi a tenere a tutte nella stessa maniera.
Eppure era così: adoravo le mie amiche, non c’era bisogno di altre spiegazioni.
 
 Eccomi, con tutto il mio cuore
spero che tu capisca.
So che ti ho distrutto,
ma non farò mai più lo stesso errore.
Mi hai portato più vicino

a quello che sono davvero:
vieni, prendi la mia mano,
voglio che il mondo veda
cosa significhi per me.
 
Guardai l’orologio fisso alla parete: le sei e mezzo.
Impegnata com’ero a mettere lo smalto non m’ero neppure accorta che il tempo fosse passato così velocemente.
Dopo pranzo avevo guardato un film con le mie amiche, poi Amanda e Charlie si erano recate agli allenamenti delle cheerleader, mentre Dan aveva un appuntamento dal dentista e Sam doveva aiutare Harry a riparare non ricordavo cosa.
Così avevo deciso di rilassarmi dipingendo le mie unghie con un brillante rosa confetto, da sola in casa dato che Jazmin era scesa a fare la spesa.
Ad un tratto un rumore di passi giunse alle mie orecchie insieme al cigolio della porta d’ingresso che si apriva lentamente.
Sarà tornata Jaz, mi dissi con noncuranza, mentre uscivo appena dalla mia stanza per chiederle se si fosse ricordata di comprarmi una nuova crema idratante.
Proprio in quel momento però, le note provenienti da una chitarra invasero l’atmosfera.
La mia governante non sapeva suonare e neppure avevamo uno strumento in casa che non fosse la mia voce, quindi chi se ne stava lì, alla fine delle scale, a suonare?
Una scossa di paura mista a curiosità mi fece tremare la spina dorsale, mentre riflettevo mentalmente se ritornarmene in camera e chiudere a chiave la porta oppure scendere e scoprire di chi si trattasse.
Ad un tratto poi, una voce iniziò a cantare ed allora capii.
 
Sappi semplicemente che mi dispiace
non avrei mai voluto farti sentire così piccola.
La nostra storia sta appena iniziando,
lascia che la verità abbatta questi muri.
 
Non poteva essere: non riuscivo a crederci.
Corsi fino alle scale e mi fermai appena al primo gradino, guardandolo mentre suonava e cantava per me quella meravigliosa canzone.
Christopher era ancora più bello di come l’avevo lasciato due giorni prima, con i capelli neri sempre in disordine, un semplice jeans con un caldo maglione blu e gli occhi grigi che mi scrutavano imperturbabili.
Mi sorrise lievemente tornando poi a cantare e io non riuscii a fare altro che restare lì, immobile, a pendere dalle sue labbra.
 
E tutte le volte che ti penso
penso a come mi hai spronato:
mi hai mostrato come diventare migliore.
 
No, sei tu che l’hai mostrato a me.
E in quel momento scomparve tutto.
L’ ingiustificato pedinamento, le risposte che mi avevano uccisa dentro, il mio schiaffo, i pensieri, le lacrime, la disperata corsa sotto la pioggia.
Scomparve tutto mentre lo guardavo e mi rendevo conto di non desiderare altro che lui, lui che sembrava non riuscire a togliermi gli occhi di dosso mentre mi dedicava le parole di quella canzone che non avevo mai ascoltato prima.
Scesi qualche gradino tenendo lo sguardo fisso nel suo, così attraente da poter essere definito magnetico.
La canzone terminò e Chris abbandonò la chitarra sul pavimento, guardandomi ancora e aspettando una mia reazione che ancora non arrivava.
Poi, presa da tutta l’euforia che provavo in quel momento, scesi di corsa le scale e gli saltai al collo, stringendolo forte a me e avvolgendo le gambe attorno al suo bacino, destabilizzando per un attimo il suo equilibrio.
Ma fu soltanto un attimo, perché subito le sue mani mi strinsero i fianchi per sorreggermi, e le sue labbra si aprirono in un meraviglioso sorriso bianchissimo.
<< Non è vero che ti sono intollerante, Luce >> mormorò fissando le mie labbra << Non avrei mai dovuto dirtelo, ti chiedo scu...>>
<< Sssh >> soffiai schioccandogli un leggero bacio a fior di labbra << Sta’ zitto e baciami. >>
E così fu.
Mi strinse maggiormente a sé e riempì il nostro secondo bacio con la dolcezza e la passione che soltanto lui riusciva a darmi.
Sentii la pelle andare a fuoco per il contatto così diretto con il suo corpo e lasciai che le mie mani giocassero con i suoi capelli, mentre le mie labbra divoravano le sue azzardando piccoli morsi ogni tanto.
Una sensazione che non avevo mai provato si fece strada dentro di me, invadendo la mia testa con pensieri sdolcinati, facendo si che scosse elettriche mi percorressero la schiena e che il cuore mi battesse così forte da voler uscire dal petto e fondersi con il suo.
Amore, credevo proprio che fosse quello il nome adatto a tutto ciò.
 
Mi fai sentire me stesso,
invece di essere qualcun altro.
Voglio vivere questa sensazione ogni giorno,
dici quel che nessun altro ha mai detto,
sai esattamente come arrivare a me.
Sai che sei tu quello di cui ho bisogno.



 
Here I Am!
Allora, inizio con il dire che vorrei dedicare questo capitolo a tutte voi che avete recensito e letto quello scorso nonostante il mio periodo d'assenza.
Siete fantastiche ragazze, davvero.
Ad essere sincera non sono per niente soddisfatta di ciò che ho scritto, ad eccezione dell'ultima parte che devo dire mi piace abbastanza.
Sono molto curiosa di sapere cosa ne pensate: accetto tutte le critiche, tranquille!
Volevo precisare che la canzone cantata da Chris è quella le cui frasi sono sparse un po' in tutto il capitolo e si intitola What You Mean To Me: io la adoro e in più ho pensato che fosse azzeccatissima per il rapporto appena instauratosi tra i nostri Luchis.
A presto, un bacio <3

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Capitolo 16
*** The Story Of My Life ***


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Capitolo 15 : The Story Of My Life


 
 
Arpionata a lui senza alcuna intenzione di lasciarlo andare, baciavo Chris come se non ci fosse un domani.
Non capivo neppure io il perché, forse sentivo semplicemente che se mi fossi staccata da lui in quel momento qualsiasi cosa..un gesto, una parola, avrebbero potuto disfare la mia temporanea felicità.
Era strano come ormai fosse passato un bel po’ da quando l’avevo visto per la prima volta eppure Christopher continuasse a farmi paura.
Non paura come la si ha per un film horror, per il buio, per la morte.
Paura nel senso più nascosto del termine.
Temevo le sue parole perché ero ormai consapevole di quanto potere avessero su di me, temevo la sua vicinanza perché letale, ma allo stesso tempo temevo che si allontanasse perché non avrei potuto sopportare di perderlo ancora.
Ed era così strano volersi appigliare a qualcosa che non era neppure mio.
Perché si, per quanto mi costasse ammetterlo, per quanto lo stessi stingendo a me in quel momento con una forza che non ero neppure consapevole di avere, Christopher non era mio e avrei dovuto accettare che avrebbe potuto lasciarmi lì, da sola, in qualsiasi momento.
Dischiuse le labbra per un secondo prendendo fiato, mentre lentamente mi faceva appoggiare con la schiena al muro del salotto e mi reggeva tenendomi le mani sulle natiche.
Scese a baciarmi il collo lasciando una scia infuocata che avrebbe potuto farmi andare in fiamme da un momento all’altro.
Strinsi i suoi capelli tra le dita con forza, beandomi della loro morbidezza, mentre con un’altra mano gli accarezzavo la schiena scostando il pesante maglione al mio passaggio.
Si, stavo decisamente andando in fiamme.
<< L..Luce >> mormorò con voce roca, così sexy che non riuscii a trattenermi e finii con l’avventarmi nuovamente sulle sue labbra.
Lo sentii sorridere mentre ancora ci baciavamo << Ne avevi parecchia voglia, vedo >>
<< Di te? >> gli lasciai un piccolo morso all’altezza della gota << Sempre. >>
<< Sei così bella >> passò una mano tra i miei capelli respirando il profumo del mio balsamo << Perfettamente bella >>
Arrossii violentemente e lui parve accorgersene, visto che si aprì in un sorriso così grande che probabilmente non avevo mai avuto il piacere di scorgere sul suo viso.
Lo guardai perdendomi in quelle pozze d’argento che erano i suoi occhi, mentre sentivo due parole premere la mia gola, spinte da un’irrefrenabile voglia di venir pronunciate.
Ti amo.
Gli presi il volto tra le mani, lasciandogli un bacio a fior di labbra e sperando in quel modo di soffocare quell’ammissione, ma non ci riuscì: restava lì intatta, in attesa.
Ti amo.
<< Chris >> mormorai, fissando le mie gambe ancora ancorate ai suoi fianchi.
Lui comprese l’imbarazzo e inaspettatamente mi sollevò il mento con due dita facendo sì che lo guardassi nuovamente.
Ti amo.
<< Ti voglio bene >> sussurrai sulle sue labbra, racchiudendo in quella frase molti più sentimenti di quanti ne avessi mai espressi in tutta la mia vita fino ad allora.
Perché forse era ancora troppo presto perché riuscissi a dire qualcosa che dovevo prima comprendere bene, perché forse avrei potuto spaventarlo, perché la risposta che ne seguì mi rese così tanto felice da dimenticare cosa avrei voluto dirgli davvero.
<< Anche io, tanto >> disse, e lo fece senza staccare per un attimo lo sguardo dal mio, suscitando in me un assurdo desiderio di mettermi a saltare come una bambina.
Fui tentata di baciarlo nuovamente a quel punto, quando le sue parole mi impedirono di avvicinarmi ancora << Proprio per questo provo ad allontanarmi da te: non voglio farti del male. Io sono una persona complicata, credo che te ne sia accorta; sono lunatico, indeciso, introverso. Non voglio trascinarti nel mio inferno, finiresti solo con il soffrire e non ne varrà mai la pena. >>
Come riuscì a pronunciare quelle parole con tale distacco, quasi stesse spiegandomi il modo di fare di un’altra persona, resta per me tutt’ora un mistero.
Eppure rimasi così colpita da ciò che mi disse da decidere di staccarmi da lui e rimettermi in piedi, prendergli la mano e rispondergli quello che da tempo avrei voluto dirgli.
<< Raccontami la verità allora, Chris >> dissi seria << So come sei, ma adesso voglio sapere il perché. Dimmi ciò che ti ha portato a nasconderti dietro questa pesante maschera di piombo e io ti giuro che non ti giudicherò, anzi riuscirò a capirti. >>
Lessi nel suo sguardo tutta la confusione e l’insicurezza che quel discorso gli provocava e giurai che in quel momento avrei dato tutto per leggergli nella mente, capire quello che lo tormentava e riuscire finalmente a farlo aprire con me.
Strinsi le sue dita tra le mie, provando almeno a trasmettergli un po’ del coraggio che in quel momento gli occorreva.
<< Ho paura, Luce, una fottutissima paura. >> mormorò dopo interminabili attimi di silenzio, abbassando gli occhi al pavimento sotto di noi.
Gli strinsi il mento tra dita della mano libera, alzandolo così che fosse costretto a guardarmi.
<< Ehi, ci sono io con te >> affermai << Non devi temere nulla fino a che restiamo insieme. >>
Parvi convincerlo con quella mielosa frase che un tempo avrei rabbrividito al solo sentire pronunciare da un estraneo, tanto che decise di condurmi con lui nel salone, tenendomi ancora la mano stretta alla sua.
Si accomodò sul divano senza dire una parola, facendomi segno di imitarlo e di appoggiarmi sulle sue ginocchia.
Decisamente esitante e preoccupata per ciò che stava per raccontarmi lo feci, voltandomi quel poco che bastava per poterlo guardare mentre parlava.
<< Non so neppure da dove cominciare >> sospirò.
<< Comincia da te. >> suggerii, senza sapere quanto quelle parole sembrarono aiutarlo.
Deglutì pesantemente, attese qualche secondo e poi, finalmente, seppi tutto ciò che c’era da sapere su quel ragazzo che da tempo ero convinta nascondesse qualcosa dietro quel suo essere asociale e scostante.
<< Mi chiamo Christopher Giulio Mancini, ho diciassette anni e sono nato a Firenze, in Italia.
Mia madre si chiamava Susanne Anderson e viveva a Brooklyn con i suoi genitori e suo fratello Jack, almeno fino a quando non vinse una borsa di studio per l’università italiana e decise di trasferirsi per poterla frequentare.
Fu lì che incontrò mio padre, si sposarono ed ebbero me molto presto.
Amira è nata dopo 12 anni ed io ero il bambino più felice del mondo, anche perché proprio quell’anno mio padre ci annunciò il nostro trasferimento a New York, visto che aveva appena ottenuto il trasferimento dei suoi sogni.
Mamma non ci vedeva più dall’emozione, felicissima di tornare in America e di ricongiungersi finalmente con il suo adorato fratello, dopo la morte dei suoi genitori.
Gli Anderson erano già come li conosci oggi: un’allegrissima famiglia composta dai miei zii, Harry e le gemelle, Dan e Charlie.
Ma beh, devi sapere che noi non eravamo da meno, felicissimi di essere riusciti a comprare casa a Manhattan, pieni di vita e con una nuova piccolissima componente.
La mia vita era perfetta, sembrava una favola..come la tua, del resto. >>
Si bloccò un secondo, mentre io ero mentalmente preparata al peggio.
Era così strano sentire Chris parlare di un se stesso felicissimo e con un altro nome che sembrava quasi stesse leggendo una storia da un libro per bambini di fiabe della buonanotte.
<< Ma tutte le cose belle sono destinate prima o poi a finire. >> continuò duramente.
<< Era passato un anno dal nostro trasferimento, un misero brevissimo anno, quando accadde.
Ero appena tornato a casa da scuola durante un freddo pomeriggio di Novembre, quando vidi quella scena: Amira piangeva disperata, mio padre era appena uscito dalla cucina scioccato, mentre mia madre giaceva a terra senza forze, circondata da un lago di sangue e con un coltello da carne piantato dritto nel petto.
Fu una scena così traumatica che non auguro neppure alla persona peggiore su questo mondo, te lo giuro >>
Una lacrima sembrò scivolare lungo la sua gota, ma Chris la frenò con velocità, evitando accuratamente di guardarmi e fissando invece un punto indefinito davanti a sé.
Io dal mio canto, non avevo idea di cosa dire o fare, mentre aspettavo che la storia si concludesse, ma allo stesso tempo non avevo più il coraggio di ascoltare un’altra parola.
<< Mio padre denunciò il vicino che a quanto pareva era stato in casa fino a pochi minuti prima discutendo con mia madre di non so che, ma le indagini tradirono le sue parole e allora fu lui stesso a venire accusato dell’omicidio. Fu portato nel carcere di Brooklyn per criminali estremamente pericolosi, mentre io e mia sorella fummo affidati agli Anderson.
La mia vita cambiò di punto in bianco: una nuova scuola, una nuova identità per nascondere la mia vera storia, cugini che divennero fratelli e zii che avrebbero dovuto divenire i miei genitori.
Ma, per quanto possa essere difficile crederlo, c’era qualcosa di peggio.
Io e mia sorella eravamo e siamo ancora minorenni, perciò ogni tre mesi siamo costretti ad andare a trovarlo in carcere.
Quando mi hai visto la settimana scorsa era lui che dovevo vedere; Amira non c’era perché fortunatamente si è beccata l’influenza. >>
Lo vidi con lo sguardo ancora perso nel vuoto, reduce dall’aver raccontato qualcosa di troppo forte per il semplice mezzo delle parole e di troppo doloroso per un solo cuore così giovane e spezzato.
Gli presi una mano tra le mie e la strinsi forte, incapace di fare altro.
Non riuscivo a trovare parole, non riuscivo a pensare nulla che non fosse un banalissimo ed inutile Mi dispiace.
<< Mia sorella aveva solo un anno: non ricorda niente e per lei è come andare a trovare un lontano parente che le vuole bene e che vede di rado.
Ma io, io non sono più riuscito ad essere felice, ad essere me stesso.
Ero troppo piccolo per affrontare diversamente la cosa, ma troppo grande per fingere che non fosse successo niente.
I miei zii provarono di tutto per farmi tornare ad essere quello che ero, ma ormai era troppo tardi: il mio cuore era morto con lei e la mia felicità se n’era andata via, in carcere con mio padre. >>
Alzò per la prima volta lo sguardo incontrando il mio, mentre io non riuscivo neppure più a pensare.
<< Non ho mai raccontato a nessuno questa cosa, ma tu sei la mia eccezione >>
E a quel punto non riuscii a far altro che spingermi verso di lui ed abbracciarlo, stringendolo a me con tutta la forza di cui ero capace, come se volessi sorreggerlo in quella stretta e dimostrargli quanto gli ero grata per essersi aperto con me.
Forse Chris non comprese quanto c’era di nascosto dietro quel gesto, eppure mi strinse anche lui, quasi come se volesse cercare in me un appiglio.
E non seppe mai quanto da quel momento sentii davvero di volerlo essere.
Mi prese il volto tra le dita e inaspettatamente mi baciò, quasi come se fosse l’unica cosa che entrambi eravamo in grado di fare, troppo sconvolti da tutta quella storia.
Allungai una mano ad intrecciare le mie dita con le sue e, quando ciò accadde, non riuscii più a trattenermi: una lacrima piovve sul mio viso, e poi un’altra e un’altra ancora.
In meno di due minuti mi ritrovai a piangere a dirotto, tanto che Chris interruppe il contattato tra le nostre labbra per soffermarsi ad asciugare i goccioloni sulle mie gote.
<< S..scusa >> singhiozzai << Non avrei mai voluto farti raccontare qualcosa di così brutto >>
Scosse la testa.
<< Sono stato io a scegliere di raccontartelo, tu non ne hai colpe >> disse serio << Sono mesi che cerchi di farmi aprire con te, ma l’ho fatto solo adesso perché sono stato io a volerlo >>
Ed aveva ragione, assolutamente ragione.
Eppure non potevo fare a meno di sentirmi in colpa per aver costretto Chris a ricordare una vita tanto tremenda.
Era quasi come se volessi attribuirmi anche la colpa di ciò che gli era accaduto, pur di togliergli un peso dal cuore.
<< Sono una persona strana, insopportabile, ma ti assicuro che un tempo ero diverso >> sussurrò abbracciandomi ancora << Ero il ragazzo perfetto, un tempo >>
Lo sei ancora, Chris.
Sei perfetto nelle tue imperfezioni, nel tuo essere così strano, così diverso.
Sei perfetto quando mi dici che non mi sopporti e poi vieni ad abbracciarmi, quando ti isoli da tutto e tutti e poi attiri l’attenzione più di un cartello pubblicitario.
Sei perfetto quando mi baci, dolcemente e allo stesso tempo con passione, come tu solo sai fare.
Sei perfetto anche adesso, mentre asciughi le mie lacrime e stringi la mia mano; e mi guardi con quegli occhi di ghiaccio, ma il cuore ti batte forte.
Sei perfetto e io ti amo.
Diamine, quanto ti amo.
Ma, come avrete certamente immaginato, non ebbi mai il coraggio di pronunciare quelle parole.
Non riuscivo a capire il perché, ma mi dissi semplicemente che quello non era il momento adatto per una dichiarazione d’amore, che i miei sentimenti potevano aspettare e che per il momento era lui l’unica cosa su cui avrei dovuto concentrarmi.
Sospirai non riuscendo a trovare niente da dire, concludendo poi con una frase assolutamente degna del mio irritante/spiritoso repertorio: << C’è già una persona perfetta qui, su di te possiamo glissare. >>
Ridacchiò divertito.
<< Iniziavo a chiedermi quando te ne saresti uscita con una risposta del genere >>
<< Oh, posso inventarne a milioni >> sorrisi.
Mi guardò dapprima ghignando e facendo scorrere poi lo sguardo sulle mie labbra.
<< Credo che potremmo scegliere un modo migliore per passare il tempo >> mormorò malizioso, stringendomi nuovamente a sé.
<< Idee? >> domandai allora allusiva, sorridendo appena a labbra serrata.
<< A milioni >> citò la mia risposta di poco prima avventandosi poi sulla mia bocca per baciarmi ancora, e ancora.
Era strano come fossimo in un attimo passati da una situazione così drammatica ad una così intima, eppure decisi di non farglielo notare, perché ero consapevole del fatto che non avesse dimenticato, ma che stesse semplicemente cercando un modo per distrarsi dagli incubi dei suoi pensieri.
E, del resto, come dargli torto.
C’era un’idea che mi tormentava mentre lo baciavo, ovvero che avrei dal quel momento in poi impiegato tutta me stessa perché Chris fosse finalmente tornato com’era, perché avesse ripreso a sorridere sempre e ad essere felice.
L’unica cosa di cui avevo bisogno era di diventare la sua felicità.
Un po’ come lui stava divenendo la mia.



 
Here I am!
Allora, carissimi lettori, eccoci finalmente arrivati al fatidico capitolo.
Abbiamo appena scoperto qual è il segreto che Chris tanto ci teneva a nascondere, il perché del suo carattere, della sua visita al carcere e di tutta la diversità che abbiamo visto presenta rispetto alla sua “famiglia”.
Come ci siete rimasti? Ve l’aspettavate?
E il rapporto tra lui e Luce come vi sembra?
Fatemi sapere, grazie mille per tutte le bellissime recensioni che mi avete lasciato e che spero continuerete a lasciarmi.
Un bacione <3

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