It's not over 'till you're underground

di The son of rage and love
(/viewuser.php?uid=555356)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 (Parte 1) ***
Capitolo 10: *** Capitolo 8 (Parte 2) ***
Capitolo 11: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 18 (Parte 1) ***
Capitolo 21: *** Capitolo 18 (Parte 2) ***
Capitolo 22: *** Capitolo 18 (Parte 3) ***
Capitolo 23: *** Capitolo 18 (Parte 4) ***
Capitolo 24: *** MESSAGGIO PER I LETTORI ***
Capitolo 25: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 22 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


- Kurt c'è la polizia davanti a casa tua. -
- Mh mh, c'hai provato - Dissi sarcastico senza neanche sollevare lo sguardo verso il finestrino dell'auto, intento a girarmi una canna.
- Non sto scherzando. - Continuò il ragazzo alla guida, rallentando il passo.
Io allora sollevai lo sguardo e la luce blu inconfondibile dei lampeggianti della polizia mi fece trasalire.
- Ma che cazzo stai dicendo? - Chiesi, più a me stesso che ai miei due amici, staccando la schiena dal sedile posteriore dell'auto e sporgendomi in avanti.
Ci furono alcuni istanti di silenzio, si sentiva solo il rumore dell'auto che avanzava sull'asfalto.
- Che cazzo fai, rallenta! Fermati! - Esclamai a bassa voce, quasi come se avessi paura che i poliziotti mi sentissero.
Accostammo, e senza che nessuno avesse il coraggio di dire nulla ci mettemmo a fissare casa mia, quasi nella speranza che gli agenti uscissero e se ne andassero.
- Ma... Sono venuti per te? Hai roba in casa? - Chiese di punto in bianco il ragazzo sul sedile del passeggero.
Lo guardai male, con quella domanda aveva appena rovinato il mio trip dovuto ai funghetti allucinogeni che avevamo preso neanche un'ora prima.
- Beh mi pare ovvio che non ne abbia la più pallida idea! - Risposi visibilmente agitato e anche terrorizzato.
- Oh, sta calmo, chiedevo soltanto. - Sollevò le mani, come in segno di resa, tornando a fissare la casa e la volante della polizia che era ancora parcheggiata nel vialetto.
Sospirai e chinai il capo, passandomi una mano sul volto. Cominciavo a sudare freddo.
- Comunque... Credo di no. Dovrei essere pulito. - Mormorai.
Altri istanti di silenzio nei quali cominciai ad immaginarmi in un carcere federale con una tuta arancione e con catene a polsi e caviglie.
- Kurt devi andare a casa. - Esordì il ragazzo al volante.
- Cosa? - Chiesi, sconcertato da quell'affermazione.
- Se tu sei pulito non ti faranno niente, se prendono anche noi siamo nella merda. - Continuò senza neanche guardarmi.
- Ha ragione, Kurt, siamo tuoi amici non puoi farci questo. - Aggiunse l'altro tipo.
Li guardai entrambi. Corrugai la fronte e da una tasca dei pantaloni tirai fuori un sacchettino d'erba, porgendolo ai due.
- Se mi accorgo che ve la siete fumata vi spacco il culo. - Dissi con una punta di ironia.
Sorrisero e presero il sacchettino, augurandomi in bocca al lupo.
Scesi dall'auto che subito ripartì con una sgommata, allontanandosi velocemente.
- Andiamo Kurt, non farti salire un trip paranoico proprio adesso. - Mi dissi tra me e me prendendo un grande respiro ed entrando nel vialetto.
Suonai il campanello e dopo alcuni istanti un agente aprì la porta. I nostri sguardi si incrociarono e il pensiero di scappare a gambe levate davanti a quell'armadio balenò nella mia testa.
- Tu devi essere Kurt. - Disse l'uomo, serio.
- S-si. - Risposi io timidamente.
Lo vidi sospirare e abbassare lo sguardo, non ne capii subito il motivo, almeno finché non mi accompagnò in salotto dove mia madre era in lacrime seduta sul divano.
Mi fecero sedere accanto a lei e in quegli infernali minuti di silenzio il mio cervello aveva già cominciato a formulare varie ipotesi: sarei finito in un carcere minorile, o in qualche riformatorio da incubo dove mi avrebbero fatto a pezzi.
Ma poi qualcos'altro si insinuò nella mia testa: perché c'era solo mia madre? Dov'erano papà e Michael? La partita doveva essere finita.
- Mamma... Dov'è papà? Dov'è Michael? - Chiesi con voce spezzata.
Il pianto di mia madre si intensificò e in quell'attimo, probabilmente, capii  cos'era successo.
- Kurt, dobbiamo parlarti di tuo padre e di tuo fratello. - Esordì l'agente che mi aveva aperto la porta, sedendosi di fronte a me.
Presi un grande respiro, quell'attesa era snervante.
- Mentre tornavano verso casa... Tuo padre deve aver perso il controllo dell'auto, si è inserito in un incrocio e... Si sono scontrati con un tir. - Continuò l'uomo, guardandomi dritto negli occhi  - Sono... Non ce l'hanno fatta. - Concluse abbassando lo sguardo.
Tenevo gli occhi puntati sul poliziotto, ma non lo vedevo, sentivo solo le sue parole che mi rimbombavano nella testa e il pianto di mia madre che faceva da sottofondo.
Papà, Michael. Era tutta colpa mia. E mia madre lo sapeva.


Un suono squillante e fastidioso mi martellava nella testa. Allungai un braccio fuori dal letto e lasciai cadere la mano sulla sveglia che segnava l'inizio di un'altra noiosa giornata di lavoro.
Rimasi immobile nel letto per alcuni secondi, cercando di non ricominciare a pensare al passato e di metabolizzare l'idea di dovermi alzare.
Quattro anni. Erano già passati quattro lunghi anni.
Mi avviai verso il bagno stropicciandomi un occhio, con l'aria di chi si era appena svegliato da un coma, e sfruttando tutta la mia forza di volontà aprii l'acqua della doccia e mi ci lanciai dentro, sperando che quella bastasse per svegliarmi e farmi esclamare ehi, oggi a lavoro sarà fantastico!.
Beh, mi sbagliavo.



ANGOLO DELL'AUTORE

Saaalve a tutti ragazzi e ragazze, se siete arrivati fino a qui significa che questo prologo non vi ha ucciso annoiato :D
Ammetto che questa è la primissima fanfiction che scrivo perciò vi chiedo di recensire un casino, magari scrivendomi anche dei consigli. Potete, anzi dovete, recensire negativamente se ne sentite il bisogno, così che io possa capire dove sbaglio e magari migliorare (:
L'idea per questa storia mi è venuta dopo un'attenta analisi di bilancio del mercato su... No a dire il vero una notte non riuscivo a prendere sonno e allora ho cominciato a fantasticare :')
Che dire, i Paramore sono stati un po' la colonna sonora della mia infanzia e adolescenza insieme a molte altre band (quali Green Day, Strokes, Blink-182, Black Keys, Sum 41, White Stripes ecc.) e Hayley Williams è... Molto semplicemente Hayley Williams, e mi sono sentito in dovere di scriverci qualcosa su.
Ok, ancora dei Paramore non c’è nemmeno l’ombra, ma suvvia, siamo solo al prologo :’)
Allora, se non mi rompo tutte le dita delle mani dovrei riuscire a pubblicare una volta a settimana, ma se dovessero esserci problemi per la pubblicazione state tranquilli che vi avvertirei per tempo (:

Bene, cari lettori, al prossimo capitolo!

Peace.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Era tutto il giorno che correvo a destra e a sinistra senza tregua: porta gli amplificatori, prepara le chitarre, sistema il palco; questo era il lato negativo dell'essere l'ultimo arrivato, oltre ad avere la paga più bassa.
- Gallagher! Ci servono quei cavi nel camion! ORA! - Urlò uno dei miei superiori, che altro non era che un vecchio ubriacone con un imbarazzante riporto.
- Vado subito! - Risposi, poggiando un set di pedali per chitarra su un ripiano a caso del backstage, per poi correre fuori nel parcheggio e avvicinarmi ad un grosso furgone pieno di attrezzature audio. Sbuffai, capendo che avrei impiegato un po' di tempo prima di trovare quei cavi.
Avevo bisogno di una pausa e di una bella dormita. Non mi ero fermato un attimo, e come se non bastasse avrei passato la serata come bodyguard tra il palco e quegli psicopatici dei fan. A quanto pare stavano risparmiando sul personale perché non ero esattamente un armadio di due metri e mezzo e se fosse scattata una qualche rissa molto probabilmente sarei morto. Ma per questo servizio c'era un pagamento extra, perciò poco mi importava della mia incolumità.
Finalmente trovai quegli stramaledetti cavi, me li caricai in spalla e mi voltai, ma appena lo feci mi scontrai con qualcuno che subito cacciò un urletto di dolore. Istintivamente portai la mano libera in avanti e afferrai un braccio del malcapitato.
- Oh merda! - Esclamai appena mi resi conto di essermi scontrato con una certa Hayley Williams e di averle rovesciato addosso il suo cappuccino. La lasciai e il mio cervello andò in standby per alcuni istanti, mentre lei si tirava la maglietta per cercare di non bruciarsi ulteriormente. Lavoravo come "operaio del palco" da oltre un anno e ne avevo montati di palchi per i Paramore, ma mai avrei pensato di incontrare proprio lei. Per fortuna il mio cervello riprese a funzionare e tornai alla realtà.
- Accidenti! M-mi dispiace... A-aspetta... - Le dissi balbettando come un idiota mentre mi abbassavo per poggiare i cavi a terra, senza neanche riuscire a finire una frase decentemente.
- No, tranquillo non fa niente. A dire il vero dovrei imparare a guardare dove vado. - Mi rispose sorridendo e sollevando lo sguardo dalla sua maglietta macchiata, continuando a sventolarla per cercare di raffreddarla un po'.
Sorrisi anche io a quelle parole e le porsi una bandana che tenevo nella tasca posteriore dei jeans, sollevando lo sguardo verso di lei che continuava a sorridermi. Era più bella ora, senza un filo di trucco e con un cappuccino sulla maglietta, che in quelle cose photoshoppate che si trovano sulle riviste.
- Scordatelo! - Esclamò di punto in bianco, assumendo un'espressione più seria - E' la tua "bandana punk", non pensarci nemmeno a darmela! - Aggiunse, per poi rilassare il viso in un sorriso che io ricambiai dopo un momento di panico dovuto alla sua esclamazione iniziale.
Mi alzai, stringendo la bandana in mano.
- E' che... M-mi dispiace, ti ho rovesciato il cappuccino e rovinato una maglietta... - Mormorai, ma lei mi interruppe.
- Sta' tranquillo, tanto avrei dovuto cambiarla per il concerto. - Mi rassicurò facendo spallucce.
Sorrisi mentre rimettevo la bandana nella tasca posteriore. Stavo per dire qualcosa quando una voce roca e fastidiosa interruppe ogni mio pensiero.
- GALLAGHER I CAVI!! - Urlò il vecchio, affacciandosi nel parcheggio. Sussultai, ricordandomi che stavo ancora lavorando e che rischiavo di perdere il posto anche solo per un'antipatia da parte di qualche mio superiore.
Raccolsi in fretta e furia i cavi che avevo lasciato per terra e me li caricai ancora una volta in spalla.
- Ok, credo che io debba andare. - Le dissi abbozzando un sorriso lievemente imbarazzato.
- Si certo, devi... Portare quei cavi. - Mi rispose indicandoli e ridacchiando, e io feci lo stesso, indietreggiando lentamente con un sorriso ebete stampato in faccia.
- A-allora ciao. - Aggiunsi abbozzando un cenno di saluto con una mano, per poi voltarmi e proseguire accompagnato da un suo "ciao" seguito sicuramente dal pensiero ma guarda questo idiota.
Avevo già fatto diversi metri quando mi ricordai una cosa.
- Ah e in bocca al lupo per stasera! - Esclamai voltandomi di nuovo verso di lei, continuando a camminare all'indietro. La vidi sorridere.
- Crepi il lupo! - Mi rispose e io sorrisi, tornando per la mia strada.
Portai i cavi agli altri operai e dopo essermi preso una strigliata dal mio superiore, tornai a sistemare il palco.
Solo ora che il mio cervello aveva ripreso a funzionare correttamente mi rendevo conto di aver appena conosciuto Hayley Nichole Williams e di quanto fosse semplice e gentile quella ragazza. Ok, lo era anche durante le interviste e con i fan, ma di solito la gente non le versava addosso bevande bollenti. Pensavo che avrebbe sbottato di brutto, reazione che avrei compreso a pieno, e invece niente, non aveva neanche cercato di liquidarmi con la scusa del soundcheck. Era stata gentile malgrado fosse una celebrità. Chissà perché le parole celebrità e gentilezza non le vedevo bene insieme.
Sistemai la pedaliera di Taylor York al lato sinistro del palco, dopodiché andai a prendere una particolare cassa e la posizionai quasi sul bordo di esso, al centro, con la scritta PARAMORE rivolta verso il grande stadio dei Los Angeles Dodgers ancora vuoto.
Pensare che fino a diversi anni prima non sapevo neanche chi fossero i Paramore. Me li fece conoscere una ragazza che frequentavo ed era andata completamente in fissa con la loro musica, ogni volta che ci vedevamo se ne usciva con un pezzo nuovo e con news sulla band, in neanche un mese sapevo persino il colore preferito di ogni componente. Riuscì anche a trascinarmi ad un loro concerto, ma a me non piacevano, ascoltavo musica completamente diversa Rancid, System Of A Down, Nirvana, Ramones e non pensavo che un gruppetto alternative come loro potesse davvero rapirmi.
Ma come iniziò lo show mi innamorai perdutamente di una certa cantante nana dai capelli rosso fuoco, che con la sua maglietta dei Ramones saltava e correva ininterrottamente da una parte all’altra del palco. Il sound spaccava, la lead singer aveva una voce pazzesca e le loro canzoni erano decisamente meglio live che nelle registrazioni in studio.
Chissà cosa si provava ad avere migliaia di persone che gridano il tuo nome, che cantano e impazziscono con te e per te. Con la mia band era già tanto se dopo un'esibizione qualcuno ci offriva una birra.
Sospirai quando mi accorsi di essermi perso un’altra volta nei miei pensieri e  che le transenne che avrebbero dovuto dividere i fan dal palco erano ancora ammassate in un angolo sotto ad esso. Così chiamai un'altro dello staff e saltammo giù nel prato prendendone un paio, iniziando a sistemarle e ad assicurarle l'una accanto all'altra.
Continuammo il nostro lavoro e dopo un po' notai del movimento sul palco: i Paramore si stavano preparando per il soundcheck e io non potevo trovarmi in un posto migliore al momento migliore. Provarono un paio di canzoni di tutti e quattro gli album, ogni tanto facendo qualche pausa per regolare i suoni e sistemare alcune parti, e nel frattempo io sgobbavo sotto il sole cocente godendomi le loro canzoni, prendendomi ogni tanto la libertà di sollevare lo sguardo verso di loro.
Incrociai più volte lo sguardo di Hayley e altrettante volte abbassai il mio, incapace di sostenere quello magnetico e dannatamente profondo della ragazza, che ogni volta si lasciava scappare un piccolo sorriso quasi divertito. Mi sembrava di essere tornato in terza media da quanto il mio cervello andasse in tilt ogni volta che il suo viso si distendeva in un sorriso.
Il soundcheck finì e la band si ritirò nel backstage per cambiarsi e sciogliere la tensione. Io invece indossai una maglietta nera con la scritta SECURITY e mi preparai psicologicamente per fare eventualmente a botte.
L'ora del concerto arrivò prima del previsto e mentre controllavo che nessun ragazzino tentasse di scavalcare le transenne partì un'energica introduzione di batteria: da quel momento in poi non avrei più potuto voltarmi verso il palco.
Ma andò bene, i Paramore spaccarono. Anche i loro fan... Una transenna, che fortunatamente non si trovava nel mio settore. Tuttavia quando Hayley chiamò una persona dal pubblico per cantare Misery Business con lei scelse proprio una balena di fronte a me, ma per fortuna l'armadio della security che mi stava accanto mi aiutò a tirarla fuori da quel mare di gente e a spiaggiarla sul palco. Credo che Hayley lo avesse fatto apposta, una sorta di vendetta per quel cappuccino finito sulla sua maglietta, lo capii dall'occhiata che mi lanciò quando arrancai verso il palco con il cetaceo tra le braccia.
Ma a parte il più che certo mal di schiena del giorno dopo fu un bello show, proprio come me lo ricordavo, almeno credo dato che non potevo voltarmi, ma le facce piene di gioia dei fan lo confermavano.
 Lo stadio si svuotò piuttosto velocemente e i fan si riversarono nelle strade di Los Angeles canticchiando ancora le loro canzoni preferite. Io invece, dopo aver preso alcune casse piene di materiale audio, uscii nel parcheggio riservato allo staff e caricai il tutto su un camion.
- Ehi Gallagher! - Urlò qualcuno e subito mi voltai per vedere chi fosse - Danno una festa a Silver Lake, che fai vieni con noi? - Mi chiese un tipo che lavorava con me, basso e tatuato dalla testa ai piedi.
- Non so Eddy, a dire il vero sono un po' stanco... - Risposi sospirando.
- Suonano i Black Belt Karate... Ed è gratis... Anche l'alcool. - Aggiunse il ragazzo con un sorrisetto furbo stampato in faccia.
Abbassai un po' lo sguardo e assunsi un'espressione pensierosa: avevo lavorato tutto il giorno, forse sarebbe stato meglio tornare a casa e riposare... Ma al diavolo! Imbucarsi ad una festa, non tanto per l'alcool, ma per assistere ad un'esibizione dei Black Belt Karate, quando mi ricapitava?
- Ok, dammi un attimo. - Dissi scendendo dal furgone e chiudendo la portiera posteriore, poi recuperai la mia maglietta e la mia felpa da un sedile del camion e le indossai, lasciando al loro posto la maglia della security.
- Possiamo andare! - Esclamai euforico, tornando dal ragazzo e con lui raggiungemmo Jason, un altro tipo poco raccomandabile che lavorava con me.
Salimmo sull'auto di quest’ultimo, una vecchia Camaro del '68 completamente nera e in ottimo stato. Tutte le volte che lo vedevo arrivare con quel pezzo di storia mi chiedevo dove diavolo trovasse i soldi per mantenerla in perfette condizioni.
Partimmo con una sgommata e con i Misfits al massimo volume, dirigendoci verso il quartiere di Silver Lake.
 


 
ANGOLO DELL'AUTORE

Saaalve ragazzi e ragazze, eccoci giunti alla fine del primo capitolo! Che detto così sembra una puntata di Art Attack… “Salve bambini, ben trovati, oggi vi insegnerò cose che non riuscirete mai a fare da soli! :D”
Pubblico adesso perché tra neanche un’ora parto per un weekend in un campeggio sul mare allo scazzo più totale, perciò non abituatevi alle pubblicazioni anticipate e soprattutto a questi orari indecenti del mattino perché posso assicurarvi che non ricapiterà mai più :’)
Ma cavolate a parte, non ho molto da dire sul capitolo, siamo solo all’inizio, perciò pensateci voi a dirmi cosa ne pensate con una bella recensioncina.
Ringrazio LaylaParamour e Lonni per le recensioni, e di nuovo Lonni, Icon of the darkness e Dragonstone
per aver aggiunto la storia tra le seguite :D

Detto questo, miei cari lettori, al prossimo capitolo!

Peace.

Ps. I Black Belt Karate sono una band emergente californiana originaria di Los Angeles, hanno un sound alternativo, un misto tra indie e garage rock. Insomma fate un salto ad ascoltarli se vi va.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Procedemmo a grande velocità su Sunset Boulevard, svoltando poi verso Silver Lake e addentrandoci nelle stradine sulla collina.
Più ci avvicinavamo e più mi chiedevo come facessero a conoscere qualcuno con così tanti soldi da vivere in quella zona e da poter organizzare una serata con alcool totalmente gratis e con una band ad esibirsi.
- Il padrone di casa è un vostro amico? - Chiesi, o meglio urlai cercando di sovrastare la voce di Glenn Danzig, poggiando le braccia sulle spalliere dei sedili dei due ragazzi e sporgendomi in avanti.
- Non proprio. - Rispose Jason.
- Il tipo veniva con me al liceo, a quanto pare i suoi genitori sono diventati una specie di magnati del petrolio e adesso si fanno un sacco di viaggetti in giro per il mondo. - Disse Eddy, voltandosi verso di me sorridendo.
- E... - Aggiunsi io corrugando un po' la fronte, aspettando che continuasse.
- E ogni volta che resta a casa da solo organizza party con alcool a fiumi e band niente male, e come un coglione pubblica tutto su Twitter, Facebook e altre stronzate. - Concluse ridendo e voltandosi di nuovo.
- E noi gli scrocchiamo l'alcool. - Aggiunse Jason, continuando a guardare la strada.
Mi rimisi seduto, poggiando la schiena al sedile, pensando alle loro parole.
- Ragazzi siamo sicuri che non avremo problemi? - Chiesi non troppo sicuro e li sentii ridere.
- Basta non dare nell'occhio Gallagher, di che hai paura? - Disse Eddy mentre abbassava il finestrino e poggiava il braccio sulla portiera.
Sospirai, pensando ad una marea di motivazioni che riguardavano il mio passato, ma poi scossi la testa.
- No, niente... Spero solo che la birra sia buona. - Gli risposi abbozzando un sorriso.
Di che avevo paura, mi chiedeva. Magari del fatto che non dovevamo dare nell'occhio e ci presentavamo con una Camaro nera del '68 in un quartiere di Cadillac e Bentley rosa confetto, e con un gruppo horror punk sparato nelle orecchie dove di solito si ascoltava Britney Spears. Mi chiedevo se davvero avrebbero suonato i Black Belt Karate quella sera e non uno di quei gruppetti di dodicenni con le faccine pulite e l'autotune come accessorio.
- Ci siamo! - Esclamò Jason, riportandomi alla realtà, mentre parcheggiava la Camaro tra due auto da minimo 100.000$.
Tutte Cadillac e Bentley constatai nella mia mente mentre scendevo, dando un'occhiata al vicinato e mettendomi le mani in tasca.
Sentii un fischio e mi voltai, notando Eddy che mi chiamava con un cenno della mano. Raggiunsi i due e ci avviammo verso la casa dove si teneva la festa.
Scavalcammo un paio di recinzioni di alcune abitazioni, arrivando ad una specie di reggia proprio in cima alla collina.
- È quella. - Osservò Eddy, mentre tirava fuori qualcosa dalla tasca della giacca.
Rimasi a bocca aperta di fronte alla grandezza di quella villa, e anche di fronte alla quantità di persone già collassate nel giardino di essa.
- Ne vuoi un po' ? - Chiese uno dei due.
- Eh? - Me ne uscii io non avendo capito a cosa si stesse riferendo. Ma mi fu chiaro pochi istanti dopo, vedendo Eddy che tirava su della polverina bianca.
Sollevai lo sguardo verso Jason che mi sventolava una bustina piena di cocaina davanti al naso.
- Ah... Io... Direi che passo. - Risposi abbozzando un sorriso. Jason fece spallucce e si sistemò della coca sul dorso della mano per poi tirarla su.
Ne avevo visti tanti come loro, e mi ero ripromesso di non finire di nuovo in quei giri.
Aspettai che avessero finito e poi ci avviammo insieme verso la villa, dalla quale proveniva una potente musica indie mista a garage rock.
Appena entrammo il pungente odore di alcool misto a marijuana mi invase le narici, mentre la fitta nebbia dovuta al fumo e la poca luce mi impedivano di vedere ad un palmo dal naso.
Rimasi fermo all'ingresso per alcuni istanti e quando mi voltai verso Eddy e Jason li vidi sgattaiolare verso il fusto di birra posto su un tavolo in un angolo della sala. Mi feci largo tra i ragazzi e le ragazze che saltellavano qua e là seguendo quel ritmo vagamente grunge, raggiungendo i due ragazzi che stavano già bevendo la loro birra.
- Ne vuoi una Gallagher? - Mi chiese Eddy appena mi vide arrivare, agitando uno di quei grossi bicchieri da party davanti a me.
Una birra, cosa vuoi che sia una birra?  pensai. Annuii, spostando lo sguardo verso il piccolo palco posto infondo alla sala, lasciando che il ragazzo mi versasse da bere. Ero troppo impegnato ad osservare da lontano la band che si esibiva per accorgermi che quei due, oltre alla birra, avevano aggiunto anche un paio di pasticche.
Eddy mi sfiorò la spalla per attirare la mia attenzione e poi mi porse la birra sorridendomi. Io ricambiai e subito presi un grande sorso.
- Facci sapere se ne vuoi ancora! - Mi urlò Jason cominciando a ridere, seguito da Eddy - Noi andiamo a farci un giro! - Aggiunse prendendo l'amico sotto braccio e allontanandosi in mezzo alla folla.
Non capii bene a cosa si riferissero, di certo non alla birra, ma pensai solo che la cocaina avesse cominciato a fare effetto.
Presi un altro lungo sorso e cercai di arrivare sotto il palco senza inciampare in qualche coppietta intenta limonare e a non far cadere la mia birra, che comunque finì prima che io fossi arrivato a destinazione. Gettai il bicchiere a terra arrivando finalmente al palco e alla band che continuava a suonare senza un attimo di pausa.
Cominciavo ad avere caldo, molto caldo, così mi sfilai la felpa e la lasciai cadere a terra, noncurante del fatto che il giorno dopo non l'avrei di certo ritrovata.
La testa iniziava a girarmi, o forse era tutto il resto a girare? La musica che fino a poco fa era assordante adesso era come completamente attutita e io saltavo a destra e a sinistra, ballando e cantando insieme agli altri strafatti sotto al palco.
Tra le luci soffuse e la cappa formatasi a causa delle sigarette e delle canne mi scontrai con una ragazza buttandola quasi a terra, ma per fortuna lei si aggrappò a me. Biascicai uno "scusa", o forse era uno "sposami"? Fatto sta che lei cominciò a ridere e io feci lo stesso.

 Non so come ma ci ritrovammo a pomiciare in un corridoio decisamente poco illuminato, inciampando nei nostri stessi passi, mentre cercavamo di sfilarci i vestiti a vicenda.
Le baciavo il collo e stringevo una mano tra i suoi capelli corti, colorati, quando lei mi chiese in maniera totalmente scomposta se avessi un preservativo. Le risposi di si, o forse di no? Non ricordo, ma un istante dopo ci infilammo in una stanza che fortunatamente aveva anche un letto.
Le sue mani mi accarezzavano il petto, poi l'addome e scendevano nei pantaloni, io mi infilavo sotto la sua maglietta, giocando con il suo seno e in un attimo eravamo nudi sul letto e lo facevamo.
Non so per quanto, forse due minuti, forse venti, forse per due ore e forse era stata la droga o il suo buon profumo, ma quando ci addormentammo l'una sopra l’altro, esausti, ancora sudati, ero abbastanza lucido per poter dire di aver fatto dell'ottimo sesso... O forse l'avevo solo pensato? Non ricordo.
 


ANGOLO DELL'AUTORE

Saaalve ragazzi e ragazze che avete avuto il coraggio di leggere anche il secondo capitolo! :D
Ammetto che è un po' più corto del precedente, ma capitemi: ferragosto di mezzo, feste, festine e festicciole, la mia fantasia ne ha risentito parecchio :'). E che dire, siamo solo all'inizio e ho già buttato sesso, droga e rock n' roll in un solo capitolo, well doooone!
Spero che tutto ciò vi esorti a pensare "cavolo allora ne vedremo delle belle!" perché sarà proprio così!
Ricordatevi di recensire un casino, di dare consigli se vi va, e di coprirvi bene quando uscite che rischiate di ammalarvi(?)
Ringrazio LaylaParamour e Lonni per le recensioni, e di nuovo LaylaParamour per aver aggiunto la storia tra le preferite e tra le seguite :D
Detto ciò: ci becchiamo al prossimo capitolo!

Peace.

 Ps. Glenn Danzig è, o meglio era, il cantante dei Misfits. Dico era perché si sono sciolti da tempo, non perché sia morto :')
I Misfits erano un, che dico, IL gruppo punk rock statunitense formatosi nella seconda metà degli anni settanta eee... Boh, ascoltatevi qualcosa se vi va (:

 Pps. "Die, die my darling" è uno dei loro pezzi più famosi e i Metallica c'hanno fatto una cover.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Aprii di poco gli occhi, ma appena lo feci un raggio di luce mi inondò il viso. Cavolo è già mattina, dovrei essere a lavoro pensai, ma il saporaccio di alcool in bocca, la gola secca e quel martello pneumatico che avevo in testa mi rammentarono che era il mio giorno libero.
Era frustrante non ricordare un accidente della sera precedente, c'erano solo pochi frammenti: tanta musica, tanto casino, dei capelli colorati, delle mani, delle labbra e una birra che non avrei mai dovuto accettare. Mi portai una mano sul viso, strofinandomi gli occhi per cercare di svegliarmi, e poi sbadigliai; ma nel sollevare il torace sentii uno strano peso su di me, così abbassai lo sguardo, rendendomi conto di essere completamente nudo e capendo a chi appartenevano quei capelli un po’ verdi e un po’ arancioni... E magari anche quelle labbra e tutto il resto. Una ragazza completamente nuda dormiva con la testa poggiata sul mio petto e io non riuscii a trattenere un microscopico mezzo sorriso compiaciuto.
Non le vedevo il viso da quella posizione, ma ciò che riuscivo a scorgere mi suggeriva che avevo un ottimo gusto nello scegliermi le ragazze quando ero fatto. Notai un tatuaggio sul suo fianco sinistro, erano dei fiori, un misto tra old school e stile orientale. Ne aveva diversi, uno o due su una caviglia e forse una frase su un avambraccio ma non riuscivo a scorgerne altri. Mi piaceva e aveva un non so che di stranamente familiare.
Avevo caldo, così cercai di spostarmi di lato senza svegliarla, ma con scarsi risultati. La sentii muoversi, mugolare qualcosa nel sonno, così mi fermai mentre lei girava la testa verso di me... E ciò che vidi mi tolse completamente il fiato.
Hayley Williams.
Improvvisamente il mal di testa mi era passato ma era stato rimpiazzato da un forte senso di completo smarrimento.
Dovetti sbattere le palpebre diverse volte per essere sicuro di essere sveglio, cosciente e ormai lucido, e quando ne fui convinto mi ritrovai comunque ad osservare quella specie di creatura mitologica con una faccia sconvolta sul volto. Quella era davvero la ragazza che avevo conosciuto il giorno prima e alla quale avevo rovesciato un cappuccino addosso. Era davvero la cantante dei Paramore, ma chi se ne fregava dei Paramore in quel momento, Hayley Williams stava dormendo su di me, completamente nuda, bellissima come sempre e Dio solo sa in quale guaio mi ero cacciato.
Ma in tutto quel silenzioso delirio lei aveva socchiuso gli occhi e si era inumidita le labbra con la lingua, dandomi il buongiorno con un fantastico "oh merda" che non avrei scordato mai più.
Si scostò da me borbottando qualcosa sul suo mal di testa e massaggiandosi una tempia, mentre io mi tirai su a sedere guardandola con aria sconcertata.
- T-tu sei... -
- Si, sono io. - Mi rispose correttamente anche senza che io avessi finito la domanda, e poi si alzò dal letto mettendosi a cercare i propri vestiti.
- E n-noi due... -
- Abbiamo giocato a carte. - Rispose sarcastica alla mia stupida domanda, anche se a dire il vero non avevo terminato nemmeno quella. Approfittai del fatto che si stesse rivestendo per cercare almeno i miei boxer... Che trovai rigorosamente sul pavimento.
Mi alzai e li misi velocemente, risollevando lo sguardo verso di lei e osservandola con la stessa espressione di chi ha appena visto un ufo e non sa se gioire o scappare lontano. Ma come si poteva fuggire davanti a qualcosa di perfetto come lei? Molti avrebbero detto che era solo una nana figa e niente di più, ma gli davo ragione solo sulla parte della nana figa, per il resto potevano tranquillamente fottersi tutti.
- Ehi mi stai ascoltando? - Mi disse, e in quel momento abbandonai i miei pensieri assurdi e tornai alla realtà, trovandomela davanti già vestita e che mi guardava dritto negli occhi con i suoi ancora truccati e un po' stanchi.
- C-che hai detto? - Le domandai con tono ancora scosso e la vidi abbassare lo sguardo e sospirare.
- Come ti chiami? - Chiese probabilmente per la decima volta.
Come diavolo mi chiamavo? Giusto, il giorno prima non ci eravamo presentati, o meglio io non mi ero presentato dato che lei non ne aveva certo bisogno. Ma in quel momento avrei potuto dirle persino che ero Spongebob.
- Io? Ah, s-sono Kurt... Kurt Gallagher. - Risposi, chiedendomi se avessi dovuto darle anche il secondo nome.
- Ascoltami bene Kurt... - Disse seria come non mai. La vidi prendere un gran respiro e stava sicuramente per aggiungere qualcosa, ma si bloccò, corrugò un po' la fronte e si avvicinò ulteriormente a me, sollevandosi un po' sulle punte e osservandomi attentamente.
D'istinto mi ritirai appena e non so con quale forza riuscii a sostenere il suo sguardo.
- Ci... Conosciamo? - Chiese, scendendo dalle punte e assumendo un'espressione confusa.
- E-ecco ieri, credo... Di averti... -
- Rovesciato un cappuccino addosso. - Mi interruppe lei, capendo finalmente chi fossi, mentre si portava una mano sul volto e l'altra su un fianco. Si massaggiò una tempia e io rimasi immobile ad osservarla, aspettando una qualche sua reazione.
- Non devi parlare con anima viva di cosa è successo stanotte. - Disse seria, sospirando e portando anche l'altra mano su un fianco - Intesi? - Aggiunse, sollevando quel suo sguardo dannatamente magnetico e penetrante verso di me, che ovviamente non riuscii a reggere.
Non mi stupii di quelle parole. Sicuramente era stata una notte folle per entrambi e infondo io non ero nessuno. Lei era anche fidanzata con un tipo ricco e famoso, doveva proteggere se stessa e la sua immagine... Anche se avrei dovuto ricordare almeno qualcosa per poterlo raccontare in giro.
- Intesi, ho la bocca cucita. - Mormorai annuendo, mentre il mio volto riacquistava un'espressione "normale".
Solo quando terminai quella frase lei sorrise e quanto mi piaceva il suo sorriso, ma non quello, che era come se mi dicesse sarà meglio per te.
Nessuno dei due aggiunse altro, lei mi superò e uscì dalla porta, chiudendola dietro di se, lasciandomi in boxer in una camera da letto che puzzava di birra e soprattutto che non era la mia.
Improvvisamente mi era ricominciato anche il mal di testa.
Mi rivestii velocemente, chiedendomi dove fosse finita la mia felpa dato che lì intorno non c'era. Lasciai perdere e facendomi largo tra i corpi di ragazze e ragazzi collassati su ogni divano, mobile e ripiano presente, uscii dalla villa, trascinandomi fuori dal quartiere e arrivando ad una fermata degli autobus, sperando ce ne fosse uno che mi avrebbe riportato almeno vicino al quartiere di Compton.
Era presto, non c'era nessuno in giro e l'aria era abbastanza fresca da procurarmi qualche brivido, facendomi rimpiangere di non aver cercato quella dannatissima felpa.
Ciò che era successo quella notte era così surreale che neanche io ci credevo. Hayley Williams dico io, come diavolo era stato possibile? Ok, i fattori alcool e droga avevano sicuramente fatto la loro parte, ma nelle interviste affermava sempre di non fare uso di alcool perché avrebbe danneggiato la sua voce, tantomeno di droghe di alcun tipo. E poi perché era lì? Magari conosceva il proprietario della villa, o la band, ma perché era lì da sola? A quanto pare al suo ragazzo ricco e famoso non interessava dove lei passasse la notte, e i Paramore? Li avevo sempre ritenuti un gruppo di amici, una famiglia, prima di vederli come band... Ma adesso gli altri dov'erano?
La Hayley che avevo conosciuto il giorno prima era solare e altruista, non avrebbe mai fatto una cosa del genere, non avrebbe tradito il suo ragazzo. Chissà cosa stava succedendo.
 Fu il viaggio verso casa più paranoico di tutti i tempi, peggio di quella volta che con un gruppo di amici ci facemmo di LSD e ci sembrava di essere entrati nel regno di Fantàsia.
Scesi dal bus e, sperando che almeno di domenica mattina nessuno avesse intenzione di cominciare una sparatoria, imboccai la via di casa consapevole che avrei trovato colei che dovevo chiamare mamma già collassata e ubriaca sul divano.
Notai il pick-up arrugginito del "fidanzato" di mia madre parcheggiato nel vialetto e non riuscii a non sollevare gli occhi al cielo e a trattenere un sonoro “che palle”. Presi le bollette che ovviamente nessuno si era degnato di togliere dalla cassetta della posta ed entrai in casa.
Come immaginavo: un cadavere sul divano e un tipo che non era mio padre che girava per casa in mutande.
- Dove sei stato? - Mi chiese l'uomo mentre si prendeva una birra dal nostro frigo.
- A lavoro. - Risposi secco, senza guardarlo e poggiando le bollette su un ripiano all'ingresso.
- Ti hanno pagato? -
- Non ancora. - Dissi scappando in camera mia.
Conversazione tipica tra me e un qualsiasi componente della mia pseudo famiglia, si finiva sempre a parlare di soldi che "ovviamente" dovevano essere disponibili a tutti i componenti perché, certo, eravamo una famiglia! Ma quale genitore spende i soldi del figlio per comprarsi il crack?
Mi buttai sul letto e girai la testa verso la scrivania posta dall'altra parte della stanza, dove c'era una foto di mio padre e mio fratello insieme. Mi mancavano, ogni giorno, e mi sentivo morire se pensavo a tutti i momenti che non c'erano mai stati perché ero troppo impegnato a fare lo stronzo e a come era andata a finire. Non volevo una famiglia quando ce l'avevo e adesso che non avevo più niente la rimpiangevo.
Sospirai e girai la testa, mettendomi a fissare il soffitto e portando entrambe le mani dietro la testa. Poi chiusi gli occhi, cercando di scacciare tutti quei pensieri che mi frullavano in testa e di riposare almeno un po'.
 



ANGOLO DELL'AUTORE

Saaalve ragazzi e ragazze, eccoci giunti alla fine del terzo capitolo! :D
Comincia a venir fuori la situazione familiare del protagonista, ma come solo un grande stronzo sa fare ve la butterò lì a piccoli frammenti, piano piano, man mano che la storia va avanti :')
E vogliamo parlare della nostra cara Hayley che a quanto pare ha preso alla lettera il concetto di Sex, Drugs & Rock N' Roll? In più potete capire bene in che periodo è ambientata la storia in base al suo colore di capelli :')
Ringrazio LaylaParamour e Lonni per le recensioni :D
Beh, spero che questo capitolo vi sia piaciuto, quindi recensite un casino e alla prossima :D

Peace.

Ps. Compton è un distretto nella contea di Los Angeles (si, la Contea, come quella del Signore Degli Anelli...), è "famoso" per l'alto tasso di criminalità. Insomma, un postaccio.

Pps. Fantàsia era il regno magico de La Storia Infinita, romanzo tedesco del '79 e film del '84... Andiamo, quello dove c'è un bambino che cavalca un cane/drago tutto bianco e peloso.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


- Accidenti! M-mi dispiace... - Mormorai balbettando, mentre lei si tirava la maglietta per non bruciarsi con il cappuccino che le avevo appena rovesciato addosso.
Sollevò lo sguardo verso di me, sembrava arrabbiata.
- I-io... - Non riuscii a terminare la frase che mi ritrovai le sue labbra incollate alle mie.
Indietreggiai, portando le mani sui suoi fianchi e stringendola a me, finché non finii con la schiena contro il furgone contenente le apparecchiature per il palco.
- Non devi parlare con anima viva di cosa è successo stanotte. - Mormorò sulle mie labbra.
Corrugai la fronte a quelle parole - Cosa? - chiesi scostandomi.
Mi guardò, era seria. Notai una figura dietro di lei, così sollevai lo sguardo e vidi un tipo grande e grosso che aveva già caricato un pugno i direzione del mio naso.


- Aaaah! - Urlai svegliandomi di soprassalto e mettendomi seduto. Mi guardai intorno con gli occhi ancora sgranati, realizzando di essere nella mia stanza e che era stato solo un sogno.
- Che cazzo di sogno... - Mormorai sospirando e calmandomi, per poi ributtarmi sul letto.
Erano passati giorni da quel, come dire, equivoco con una star internazionale e oltre ad aver perso il lavoro per un taglio del personale ogni tanto mi capitava di ripensarci. E come facevo a togliermela dalla testa? Ero “caduto vittima” della musica dei Paramore, e lei... Era lei, Hayley Nichole Williams, che altro c'era da dire?
Mi passai una mano sul volto, mentre con l'altra cercavo il cellulare sul comodino. Lessi l'ora e appena il mio cervello si connesse saltai giù dal letto.
Non potevo arrivare in ritardo il primo giorno del mio nuovo lavoro e se non mi fossi sbrigato non ci sarebbero stati altri esiti. Schizzai in bagno, che incredibilmente era libero, lavandomi i denti direttamente sotto la doccia e ingerendo una quantità industriale di bagnoschiuma. Neanche mi asciugai la testa, la cosa "bella" di avere i capelli ricci era che se ne sarebbero andati per fatti loro sia se li avessi asciugati, sia se li avessi lasciati bagnati.
Mi vestii alla velocità della luce, infilandomi le scarpe quando ormai ero nel vialetto.
Raggiunsi la fermata degli autobus e mentre leggevo gli orari me ne passò uno davanti, senza fermarsi.
- Ma non è possibile! - Esclamai con un tono di rabbia misto ad esasperazione, guardando il bus che se ne andava.
Sospirai, ma poi cominciai a correre, con l'intenzione di recuperare l’autobus e di salire ad un paio di fermate dopo. Accorciai il percorso tagliando per qualche vicolo, raggiungendo il mezzo e finalmente salendo su di esso.
Mi scaraventai su uno dei seggiolini completamente distrutti con un'espressione soddisfatta ed esausta sul volto, mentre il bus riprendeva la sua corsa ed io cominciavo a maledire ogni semaforo rosso che prendeva.
Mi ritrovai a correre come un dannato lungo un viale che portava ad un grosso edificio, una casa discografica, nella quale entrai di corsa. Mostrai il mio pass da "addetto ai lavori" all'ingresso e poi raggiunsi l'ascensore, cercando di ricordarmi a quale piano dovessi andare.
Per fortuna lo azzeccai al primo colpo e l'ascensore si aprì di fronte ad un corridoio infinito, con altrettante stanze che avrei dovuto controllare una ad una prima di trovare la mia.
- Sala riunioni, sala riunioni, sala riunioni... - Continuavo a ripetere mentre sfrecciavo lungo il corridoio.
Con la coda dell'occhio notai un tipo barbuto poggiato ad una porta che parlava e rideva con qualcuno all'interno di una stanza. Aveva un non so che di familiare, ma eravamo in una casa discografica, probabilmente tutti quelli che avrei visto tenevano regolarmente concerti sul mio iPod.
Rallentai il passo, intenzionato a raggiungerlo per capire chi fosse ed eventualmente chiedergli un autografo, ma per una volta ascoltai quella vocina che mi diceva "con gli autografi non ci paghi le bollette" e tirai dritto, maledicendomi e cercando quella dannatissima sala riunioni.
Appena la trovai mi catapultai dentro, notando che altre persone erano già lì per il mio stesso scopo. Un tipo pelato, con degli occhialetti da vista rubati a gli anni ’70 e con una cartella in mano stava spiegando qualcosa ai presenti e appena entrai si voltò verso di me.
- Immagino tu sia... Gallagher. - Mi disse, abbassando lo sguardo sulla cartella.
- Si. - Risposi secco.
- Non piacciono a nessuno i ritardatari. - Aggiunse l'uomo, guardandomi serio.
- Non ricapiterà, glielo assicuro. - Ribattei, prendendo posto su una delle sedie e sperando di non essermi già messo nei guai.
L'uomo non disse altro, lo vidi solo scrivere qualcosa su un foglio posto sopra la cartella per poi riprendere il suo discorso.
Non lo ascoltai più di tanto, ero troppo intento a guardarmi intorno, cercando di memorizzare i volti dei tizi con i quali avrei dovuto lavorare per i prossimi mesi. Le conoscenze fatte con il mio ultimo lavoro mi avevano aiutato, ma era stata comunque una fortuna trovare un impiego simile: seguire gli spostamenti di una band, allestire il backstage e fornire tutto ciò di cui avevano bisogno i componenti. Certo non mi sarei fermato un attimo, ma almeno sarei stato lontano da casa per un po'... Ne avevo bisogno.
Stavo fantasticando su chi sarebbero stati gli sfortunati che avrebbero avuto me come schiavetto personale, quando Mr. Sono Il Capo E Sono Frustrato terminò il suo discorso.
Non so bene cosa disse ma imbracciò la sua cartella e si avviò verso l'uscita della sala. Diedi un'occhiata intorno mentre gli altri si stiravano e sbuffavano, ma poco dopo l'uomo rientrò, seguito da una cantante nana, un chitarrista riccioluto e un bassista barbuto che conoscevo bene.
Mi guardai ancora in giro per capire se anche qualcun altro stava andando in iperventilazione come me, ma niente, a quanto pare ero l'unico ad avere gli occhi sbarrati e puntati sui tre che si stavano sedendo davanti a noi.
Il tipo con la cartella riprese a parlare ma anche se stavolta avessi voluto non sarei comunque riuscito ad ascoltarlo.
Ebbi la pazza idea di sollevare lo sguardo verso Hayley. Stava guardando quell'uomo mentre spiegava cose delle quali non mi interessava un accidente, poi abbassò lo sguardo sulle sue mani poggiate sul tavolo, giocando con alcuni degli anelli che aveva alle dita. Sollevò la testa e i nostri occhi si incrociarono per alcuni istanti.
Mi riconobbe. Lo capii dal suo sguardo confuso e quasi impaurito.
La vidi afferrare nervosamente la bottiglietta d'acqua che aveva sul tavolo e prendere un grande sorso, tornando poi a guardare quell'uomo che non se ne stava zitto per un istante.
Finalmente la riunione finì e tutti si alzarono, compresa la band, che si accinse a presentarsi al loro nuovo staff. Non ebbi il coraggio di farmi avanti per primo, così aspettai pazientemente il mio turno.
Jeremy mi si avvicinò per primo, porgendomi una mano e sorridendomi: era lui quel tipo barbuto che avevo visto poco prima nel corridoio. Ricambiai la stretta e il sorriso, presentandomi, evitando di esordire con frasi del tipo “sei uno dei migliori bassisti al mondo!”.
Dopo fu il turno di Taylor. Cavolo, avrei voluto chiedergli tante cose: che pedali per chitarra usava nei live, che pickup montava sulla sua Fender Jazzmaster... E magari anche che balsamo usava per i suoi riccioli. Ma dovetti limitarmi ad una stretta di mano e ad un sorriso.
Quando mi allontanai da Taylor il mio sguardo cadde inevitabilmente su una testolina multicolore che sorrideva e stringeva la mano a uno degli operai. Si volto verso di me, indugiò un istante ma poi si avvicinò.
- Ciao sono Hayley, piacere. - Mi disse con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia.
Abbassai lo sguardo su quella manina tesa verso di me che strinsi appena.
- Kurt, piacere mio. - Risposi reggendo il gioco, sorridendo a mia volta e risollevando lo sguardo verso di lei mentre i nostri occhi si incrociarono.
Ci furono alcuni istanti di silenzio, nessuno dei due si decideva a scostarsi e io ero completamente paralizzato dal suo sguardo. Per fortuna lei prese l'iniziativa, lasciandomi la mano e riportandomi alla realtà.
Si allontanò e tornò dal resto della band, mentre la stanza cominciava a liberarsi. Stavo per uscire anche io insieme a tutti gli altri, quando il mio nuovo superiore mi chiamò.
- Gallagher ho bisogno di parlarti. - Disse con un tono particolarmente irritante mentre scriveva qualcosa su dei fogli.
Sollevai gli occhi al cielo e poi mi voltai - Mi dica... -
Rimase in silenzio finché tutti non furono usciti dalla sala, compresi i Paramore.
- Conosco bene il tuo passato ragazzo e non voglio problemi, chiaro? - Sollevò lo sguardo verso di me.
- Non ho intenzione di caus... -
- Sei qui solo perché ti hanno raccomandato quelli del tuo vecchio lavoro. Al primo errore, alla prima cazzata sei fuori. - Mi interruppe lui, guardandomi dritto negli occhi.
Io annuii, capendo che quel tipo mi avrebbe sicuramente messo i bastoni fra le ruote per tutta la durata del contratto.
- Puoi andare. - Aggiunse infine, indicandomi la porta con un cenno della mano e tornando ad occuparsi delle sue carte.
Non dissi una parola, mi voltai e uscii da quella stanza, incamminandomi lentamente lungo il corridoio ormai vuoto.
- Torno subito! - Sentii esclamare quando superai un'altra sala, la quale aveva la porta semiaperta. Un attimo dopo mi sentii afferrare un braccio e quando mi voltai per vedere chi fosse andai in arresto cardiaco per alcuni secondi.
Mi stupii di quanta forza avesse quella ragazzina dai capelli verdi e arancioni, dato che in pochi istanti era riuscita a trascinarmi in bagno e a sbattermi contro la porta di esso.
- Che diavolo ci fai qui? - Mi chiese con un tono di rabbia misto a paura.
- Io... -
- Hai intenzione di ricattarmi? - Mi interruppe, continuando a tenermi incollato contro la porta e ignorando le mie mani sollevate in segno di resa.
- Ho intenzione di lavorare. -
La sua espressione cambiò, adesso sembrava confusa - Cosa? - Mormorò scostando le mani dal mio petto e lasciandomi libero.
- Io ci lavoro qui. - Ripetei.
- Si questo lo avevo capito... Ma perché qui? -
Sospirai a quella domanda - Destino... Sono stato indirizzato qui dopo un taglio del personale al mio vecchio lavoro. - Spiegai.
- Allestivi i palchi. - A quanto pare se lo ricordava.
- Esatto. -
Ci furono alcuni istanti di silenzio nei quali io realizzai di esser riuscito a tenere una conversazione più o meno normale con Hayley Williams senza sbavarle in faccia, mentre lei aveva abbassato lo sguardo assumendo un'espressione pensierosa.
- Quindi non sei qui per ricattarmi o... -
- Certo che no. - La interruppi, mostrando una smorfia che diceva ma sei matta? - Non avevo idea che ti avrei ritrovata qui. - Aggiunsi, e a quella frase lei si incupì.
- Hai parlato con qualcuno di... - Non finì la frase, facendomi capire a gesti a cosa si riferisse.
- No, tranquilla. - Risposi scuotendo appena la testa.
- Bene... Non farlo. - Suonò tanto come una minaccia.
Era davvero così terrorizzata dall'idea che qualcuno potesse sapere cosa era successo quella notte? Infondo sarebbe stata la mia parola contro la sua, avrebbero creduto a lei non a me.
La vidi sporgersi e poi afferrò il pomello della porta dietro di me. Mi spostai per farla passare.
- Aspetta qualche minuto prima di uscire. - Mormorò senza guardarmi, troppo intenta a controllare se il corridoio fosse libero, e poi sgattaiolò fuori dal bagno.
Feci come aveva detto, aspettai un paio di minuti e poi uscii anche io.
Lasciai la casa discografica e mi incamminai lungo la via principale alla ricerca di una tavola calda o una caffetteria, o di un qualsiasi altro luogo in cui potessi fare colazione.
Con tutti i locali presenti a Los Angeles probabilmente finii in quello più squallido e lercio della città, dove mi ritrovai a mangiare pancakes ammuffiti con uno sciroppo d'acero che sapeva troppo di sciroppo e poco d'acero. Ma poco mi importava della diarrea che sicuramente mi avrebbe colpito, avevo troppa fame.
Nel bel mezzo di quella schifosamente abbondante colazione mi ritrovai a pensare a quello scontro/incontro avvenuto poco prima. Hayley sembrava così diversa da quando l'avevo incontrata per la prima volta in quel parcheggio, non era più solare e sorridente come pochi giorni prima, sembrava frustrata, arrabbiata per qualcosa. Ma anche questo potevo capirlo, doveva assicurarsi che io non aprissi bocca.
Dopo la colazione presi un autobus e tornai a casa, dove preparai la valigia per i mesi successivi: niente di pesante, giusto lo stretto indispensabile. Levai dalla cornice la foto di mio padre e di mio fratello, così da poterla portare con me.
Nel pomeriggio salutai quelle poche persone che mi sarebbero mancate, ovvero i componenti della mia band: Robert, lead singer che da quando si era messo in testa di voler imparare a suonare la chitarra passava più tempo a casa mia che a casa sua; Jack, il bassista meno sfigato della storia, ma forse solo perché tutti scambiavano il suo mastodontico basso a sei corde per una chitarra; e John, batterista innamorato perso dei Led Zeppelin che era capace di suonare tutta la loro discografia ad occhi chiusi. E infine c’ero io: Kurt, chitarra ritmica che sognava di fare un upgrade e di passare a solista… Appena Robert avrebbe imparato qualcosa che andava oltre il Mi maggiore. Avevamo tutti i nomi dei più famosi precursori della scena rock, con la differenza che noi non avevamo migliaia di fan che si strappavano capelli e vestiti alle nostre esibizioni.
Appena i ragazzi seppero che avrei seguito il tour dei Paramore partirono delle vere e proprie discussioni su quando fosse figa la cantante e su quali posizioni avrebbero adottato per farsela. Io mi limitai a sorridere alle loro battute, ovviamente non gli avevo detto niente di quella notte, considerando poi che non ricordavo un accidente e che non mi avrebbero mai creduto.
Non vidi ne mia madre ne il suo compagno per tutto il giorno, meglio così, almeno nessuno mi avrebbe chiesto perché avevo fatto la valigia e non avrebbero cercato di fregarmi i soldi che avevo guadagnato fino ad allora. Approfittai della loro assenza per suonare un po’ senza che nessuno mi urlasse di smetterla. Così collegai la mia vecchia Fender Stratocaster all’amplificatore e mi lasciai andare all’improvvisazione.
Non so per quanto suonai, fatto sta che quando alzai gli occhi dal manico della mia chitarra era già buio, era tardi e il giorno dopo mi aspettava un bel viaggetto contornato da più che certi rimproveri da parte del capo che ovviamente mi ero fatto subito amico. Ma cercai di non pensare a quel tipo, altrimenti mi sarei rovinato il sonno.
Riposi la mia chitarra che non avrei potuto toccare per più di due mesi, caricai la sveglia per il mattino successivo e poi mi buttai sul letto, riuscendo ad addormentarmi quasi subito.
Chissà come sarebbe stato questo Monumentour.


 
ANGOLO DELL'AUTORE

Hi everybody!! Eccoci alla fine di questo quarto e lungo capitolo che ci introduce lo scenario della maggior parte dei prossimi capitoli: il Monumentoooour!  Perciò tenete duro miei cari lettori, pochi capitoli e la storia prenderà una piega interessante! Almeno lo spero! Le mie idee mi sembrano interessanti! D:
Ok, prima che le mie paranoie prendano il sopravvento su questo “angolo dell’autore”, ringrazio LaylaParamour e Lonni per le recensioni ! (:
E vi dico: sapete cosa fare, recensite un casino forevah and evah e alla prossima! :D

Peace.

Ps. No ok, stavolta non ci doveva essere nessun post scriptum, ma ho deciso di metterne uno così a random...

Pps. E invece si, un post scriptum a caso e del quale non vi importerà un accidente c’è: fatemi gli auguri, domani ho un esame d’ammissione per l’università… Aiuto :’(

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Ed ecco che, come sempre, mi ritrovavo a scaricare materiale audio, amplificatori mastodontici e chitarre costosissime da un camion, attrezzature che poi avrei dovuto portare nel backstage. Ma stavolta era diverso, c'era un'aria differente e non solo perché non eravamo più in California. Era il mangiare schifezze, scherzare con i ragazzi che lavoravano con me e dormire in un bus. Eravamo tutti quanti in tour, non solo la band.
Avevamo preso un aereo un paio di giorni prima da Los Angeles ed eravamo atterrati ad Hartford, in Connecticut, prima tappa del Monumentour dei Paramore. Lì ci attendevano i vari bus che ci avrebbero fatto da casa per i prossimi mesi e ci concessero un giorno per sistemarci dentro ad essi. Non erano certo delle regge, ma erano forniti di tutto ciò di cui si aveva bisogno: letti, un bagno e soprattutto un minifrigo e una dispensa piena di merendine.
All'alba del giorno successivo eravamo già in piedi a sistemare il backstage, i camerini degli artisti e un buffet di proporzioni bibliche riservato al personale, del quale grazie al cielo facevo parte.
Quel pomeriggio dovevo assicurarmi che nessuno effettuasse un attentato terroristico durante il Meet & Greet con la band. Ma per fortuna l'unica che decise di fare qualcosa di pazzo fu proprio Hayley, che lasciò tutti di stucco presentandosi con una chioma azzurra che le stava stramaledettamente bene.
Quella sera potei godermi lo show dal backstage, dal lato di Taylor, al quale dovevo passare velocemente le chitarre durante le pause che Hayley gestiva con discorsi o con il suo solito "riscaldamento" vocale, intrattenendo il pubblico. Hayley. Troppo bella per essere vera ma che aveva deciso di esibirsi con addosso un paio di pantaloni da box che mi fecero pensare la pagheranno sicuramente per indossarli. Ma a parte il più assurdo tra tutti gli outfit della cantante, lo show d'apertura andò alla grande come sempre.
Avrei assistito a mesi di concerti dei Paramore, avrei lavorato a stretto contatto con loro e mi avrebbero anche pagato, poteva andare meglio di così?
Lo show terminò con una pioggia di coriandoli e con le grida sfrenate dei fan che chiamavano il nome della band che ormai era corsa fuori dal palco, stremata. Passai una bottiglietta d'acqua e un asciugamano per il sudore a tutti i componenti che si lasciarono andare in un misero abbraccio di gruppo per festeggiare la prima performance del tour, e dopodiché si ritirarono per farsi una doccia e riposarsi. Beh magari sono solo troppo stanchi per festeggiare, pensai, mentre noi dello staff recuperammo le varie strumentazioni e le caricammo sui vari bus per l'imminente viaggio verso la prossima tappa del tour.
Quella notte dormii come un ghiro, ero esausto, niente e nessuno sarebbe riuscito a svegliarmi, eccetto la sveglia all'alba da parte del nostro caro supervisore sposato con la sua dannatissima cartellina piena di fogliacci.

Il tour proseguiva alla grande, i Paramore spaccavano ogni sera ed io ero già a pezzi malgrado fossimo solo alla quinta tappa.
Eravamo a Toronto, in Canada, e per lo show di quella sera la band si sarebbe esibita in un fantastico anfiteatro affacciato sul lago Ontario.
Mancava poco più di un'ora all'inizio del concerto, era praticamente tutto pronto e gran parte dello staff si stava rifocillando con il cibo delizioso del buffet. C'erano anche Taylor e Jeremy, e a loro si unì anche Justin, fratello del chitarrista ritmico, e malgrado l'imminente esibizione sembravano tutt'altro che tesi. Ridevano e scherzavano ingerendo quantità indicibili di pasta e patatine, mentre io sgranocchiavo svogliatamente un trancio di pizza, come se tutta l'ansia per quel concerto l'avessero trasmessa a me.
Mi chiedevo come facessero: ogni volta che io salivo sul palco con la mia band mi si chiudeva lo stomaco ore ed ore prima dell'esibizione, e di certo non avevamo un pubblico composto da migliaia di persone.
Stavo finalmente buttando giù l'ultimo boccone di pizza quando mi sentii chiamare.
- Gallagher puoi darmi il cambio? - Chiese uno dei ragazzi affacciandosi nella sala.
Mi voltai verso di lui e annuii per poi pulirmi la bocca e avvicinarmi.
- Dovresti portare questi nel camerino infondo a destra... Laggiù. - Mi disse porgendomi alcune cose mentre mi indicava la direzione.
- Ci penso io. - Risposi e lui mi sorrise.
- Grazie, non ho ancora fatto pausa. Ho bisogno di una pizza, una birra e una sigaretta. - Ridacchiò mentre entrava nella sala del buffet.
Mentre avanzavo verso il camerino abbassai lo sguardo su ciò che stavo portando: indumenti, asciugamani e quelli che sembravano dei trucchi. Mi saltò all'occhio una scatolina bianca e blu, con la scritta Xanax rivolta verso l'alto. Chi aveva bisogno di farmaci ansiolitici così potenti? La risposta era piuttosto ovvia visti i trucchi e gli abiti stravaganti, ma non feci in tempo a formulare tale pensiero che mi ritrovai davanti alla porta del camerino.
Bussai e ricevetti un "avanti" da una voce ormai fin troppo familiare come risposta.
Entrai e sollevai lo sguardo, incrociando quello di Hayley attraverso il grande specchio posto davanti a lei. Dietro di lei c'era il suo parrucchiere che le sistemava i suoi nuovi capelli azzurri.
Tornai subito a guardarmi i piedi e mi avvicinai senza proferire parola. Poggiai, o meglio, cercai di poggiare tutti i trucchi sul bancone, ma come se non fosse già tutto molto imbarazzante ne feci cadere alcuni.
- Sono Brian, piacere. - Esclamò il parrucchiere, porgendomi una mano mentre ero intento a raccogliere tutto quello che avevo buttato per terra. Sollevai lo sguardo verso di lui e sorrisi.
- Kurt, piacere mio. - Gli strinsi la mano mentre mi rialzavo e cercavo di poggiare quei trucchi sul bancone davanti a me, senza farli cadere di nuovo. Sentii distintamente il parrucchiere sussurrare un “è carino” e Hayley rispondere con uno svogliato “è tutto tuo”. Perfetto, pensai, con la fortuna che ho mi ritroverò sicuramente a dover spiegare che non sono gay.
- Quelle non sono mie. -
- Come? - Chiesi quando Hayley prese parola, abbandonando i miei stupidi pensieri.
- Le pillole, non sono mie. - Spiegò, indicandole con una mano e guardandomi ancora attraverso lo specchio.
- Oh... D'accordo, deve... Deve esserci stato un errore. - Dissi confuso e imbarazzato, ma comunque sollevato dal fatto che lei non prendesse quella roba.
Così presi la scatolina e me la misi in tasca, riprendendo gli asciugamani e i vestiti e spostandomi in un'altra parte della stanza dove cominciai a metterli in ordine.
Poco dopo Brian finì di sistemare l'acconciatura di Hayley e riordinò le proprie cose.
- Credo che andrò a mettere qualcosa sotto i denti. - Annunciò avvicinandosi alla ragazza e posandole un bacio sulla guancia.
- Certo, va pure. - Sorrise.
- È stato un piacere Kurt. - Mi disse mentre si avviava verso la porta.
- Anche per me. - Risposi, sollevando lo sguardo e sorridendo, lievemente imbarazzato.
Dal momento in cui chiuse la porta ed io e Hayley restammo soli ci furono alcuni istanti di silenzio. Poi, nel momento in cui anche io stavo per andarmene, lei si alzò e si portò davanti a me.
- Tirale fuori. - Disse seria, porgendo una mano.
- Di che parli? - Chiesi, confuso.
- Delle pillole. - Continuò ed io rimasi ad osservarla per alcuni istanti.
- Pensavo... -
- Non pensare, dammi solo le pillole. - Mi interruppe e a quel punto tirai fuori dalla tasca la scatolina, che lei mi strappò di mano.
La osservai mentre tornava verso il bancone e prendeva una bottiglietta d'acqua.
- Non guardarmi così. - Mi lanciò un'occhiataccia attraverso lo specchio mentre apriva la scatolina.
- Così come? - Chiesi corrugando la fronte.
- Come se mi stessi giudicando. - Rispose, buttando giù una pillola con un po' d'acqua.
Abbassai lo sguardo.
- Non ti sto giudicando, solo... Vacci piano con quelle. - Scossi appena la testa e la sentii abbozzare una lieve risata.
- Certo dottore. - Rispose sarcastica.
Non dissi altro e mi avviai silenziosamente verso l'uscita.
- Le prendo solo prima dei concerti... - Esclamò un attimo prima che aprissi la porta. - Per... Reggere la tensione. - Aggiunse, mentre giravo la testa verso di lei. Stavolta non fui io ad abbassare lo sguardo e in quel momento mi sembrò tremendamente fragile.
- Gli altri non lo sanno. - Mormorò tenendo lo sguardo basso. Capii perfettamente cosa voleva dirmi.
- Non sarò io a dirglielo. - Risposi, scuotendo appena la testa e facendo spallucce. La vidi sorridere. - In bocca al lupo per stasera. - Aggiunsi mentre mi avvicinavo alla porta, lasciando cadere il discorso.
Risollevò lo sguardo verso di me - Crepi il lupo. -

Mi ritrovai a guardare il concerto da un angolo del backstage. Ma in realtà non lo stavo guardando, non ascoltavo nemmeno la musica, ero solo immerso nei miei pensieri.
Quindi era così che funzionava? Una  pasticca ed ecco la Hayley scatenata e disinvolta che tutti conoscevano e amavano?
Conoscevo bene quel farmaco, mia madre lo prendeva prima di passare a cose più pesanti e meno legali, ma anche se lo Xanax era riconosciuto come farmaco aveva tutte le caratteristiche delle droghe pesanti.
Ero arrabbiato, no, non era il termine giusto, forse... Deluso. Ciò che diceva nelle interviste, che non toccava l'alcool e che non aveva bisogno di questo tipo di cose erano solo menzogne. Ma allo stesso tempo sentivo una forte tristezza e compassione. La sua vita non doveva essere tanto rose e fiori come la si immaginava, altrimenti non l'avrei trovata ubriaca ad una festa piena di tossicodipendenti e non avrebbe dovuto prendere certi farmaci per controllare l'ansia prima delle esibizioni.
Lo show terminò, e come ogni sera passai acqua e asciugamani ai componenti della band. Hayley mi guardò mentre prendeva la sua bottiglietta d'acqua e sembrava che volesse dire qualcosa, qualcosa di più del semplice "grazie" con il quale si allontanò, lasciando il backstage con il resto della band.
Dopo le usuali "operazioni" post concerto potei finalmente buttarmi su quella specie di tavola di legno che dovevo chiamare letto, ma dopo una giornata passata a sgobbare era comunque la sensazione più bella del mondo.
Meno piacevole era il fatto che, pur essendo esausto, non riuscivo a prendere sonno. Con la mente tornavo a pensare a quella ragazzina dai capelli azzurri che si stava solo facendo del male probabilmente senza neanche rendersene conto. Ma infondo non erano affari miei, era stato un caso che io avessi saputo delle sue pillole e di certo lei non voleva parlarne, non con me almeno.
Fermai quei pensieri prima che mi privassero completamente delle mie ore di sonno, così, per evitare che tornassero, presi il mio iPod e lo misi su riproduzione casuale, addormentandomi sulle note di Comfortably Numb.
 


ANGOLO DELL'AUTORE

Booom a tutti, miei cari lettori! Su su, ditemi, come sta venendo 'sta fanfiction?
Ammetto di essere in una fase di totale blocco artistico causata dal troppo cazzeggio e ho fatto una fatica immane per scrivere questo capitolo. E mi rendo conto che per ora non ci sia molto movimento nella storia, soprattutto perché mi sono perso nelle paranoie del nostro protagonista e in questa grossa fase introduttiva, ma vi assicuro che già dal prossimo capitolo il tutto si farà più interessante (:
Perciò: ringrazio LaylaParamour e Lonni per le recensioni , a voi ragazzi e ragazze che avete scelto di leggere gli sfoghi artistici e letterari del mio cervello dico recensite (quanto amo ripetermi) eee... Basta, enjoyatevi questa storia :D

Peace.

Ps. Comfortably Numb è un pezzo dei Pink Floyd, dall'album The Wall e... Spero che ne foste già al corrente perché la mia ira Floydiana potrebbe abbattersi su di voi :')

Pps. Scherzo ovviamente, non sono uno di quelli che "Aaaah non sai in che tonalità viene suonato l'assolo del sesto pezzo nel secondo album di Jimi Hendrix? Non sei degno di condividere l'ossigeno con me!" giusto per intenderci :')

Ppps. Giuro questo è l’ultimo post, post, post, post, post… Ehm, dicevo: ho deciso di non inserire i Fall Out Boy in questo Monumentour, principalmente per il fatto che non gli ascolto e non saprei davvero cosa scrivere su di loro perché non li conosco per niente :’)

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


- Sveglia massa di pelandroni! Siete qui per lavorare, non per poltrire! - Urlò il nostro supervisore, picchiando energicamente contro la porta del bus come ogni dannatissima mattina.
- Sapete dove gliela ficco quella mano? - Mormorò il ragazzo che dormiva nel letto sotto al mio, provocando una risata collettiva.
Mi passai una mano sul volto e dopo aver sbadigliato saltai giù dal letto, cominciando a vestirmi.
- Dio, Gallagher si può sapere dove stai andando? - Chiese il più scansafatiche del gruppo.
- A lavoro, Sam. - Risposi senza guardarlo mentre mi infilavo una maglia.
- Lo sai che quello ci sveglia un'ora prima del dovuto solo per fare lo stronzo! - Continuò a lamentarsi il ragazzo, socchiudendo gli occhi e guardandomi come se fossi matto.
- Lo so, ma già gli sto sul cazzo, magari così la smette di starmi sempre addosso. - Dissi mentre finivo di allacciarmi le scarpe.
Sam non aggiunse altro e io uscii dal bus. Speravo davvero che mostrandomi più efficiente del solito mi lasciasse in pace, dato che ogni giorno vivevo con il terrore di perdere anche quel lavoro.
Stavo vagando nel parcheggio in cerca di qualcuno che avesse bisogno di una mano, quando mi sentii chiamare.
- Oh, Gallagher, l'uomo giusto al momento giusto! - Alzai gli occhi al cielo a quell'inconfondibile e irritante vocina.
- Signor Roberts. - Dissi voltandomi verso il pelato e la sua cavolo di cartellina, mostrando uno dei miei sorrisi più falsi.
- Ho un incarico per te, credo tu conosca già il nostro Chad. - Continuò e solo allora mi accorsi che non era solo, evidentemente il mio cervello era troppo impegnato a programmare la sua morte.
- Solo... Per fama. - Risposi io, continuando ad indossare il mio sorriso falso e sollevando lo sguardo sul chitarrista dei New Found Glory, nonché fidanzato di Hayley.
Allungai una mano verso di lui, per presentarmi, ma lui ricambiò con un'occhiata e un sorrisetto che dicevano col cazzo che ti stringo la mano.
- Bene, come sai Chad si è unito a noi qualche giorno fa. Sarebbe dovuto ripartire oggi ma ha deciso di prendersi una pausa, perciò resterà qui fino al quattro luglio. - Proseguì Mr. Frustrazione e io continuavo a guardarlo chiedendomi per quale motivo mi stava dicendo tutte quelle cose.
- Quindi voglio che tu porti le sue cose nel tour bus della band e... - Mi porse un pezzo di carta - Questa è la lista, se manca qualcosa chiedi direttamente a lui. -
Non feci in tempo a leggere neanche metà di quel foglio che se n'era già andato, lasciandomi con quello stronzo del chitarrista che mi lanciò un altro sorrisetto arrogante, facendomi cenno di seguirlo.
Mi portò davanti ad un gigantesco Range Rover nero e mentre io ammiravo quell'auto, lui si mise davanti a me, agitandomi un mazzo di chiavi davanti agli occhi.
- Tutte le mie cose sono nel bagagliaio, se trovo un graffio, o un'ammaccatura, o se ti viene la folle idea di scappare con la mia auto ti spezzo le gambe e ti lascio morente sul ciglio della strada, intesi? - Mi disse con tono vagamente ironico, guardandomi dritto negli occhi.
Sostenni il suo sguardo, ne avevo conosciuti fin troppi di tipi come lui che si divertivano a fare gli spacconi con tutti, solo per dimostrare che erano ricchi e forti.
- Intesi. - Risposi serio, allungando una mano con il palmo rivolto verso l'alto.
- Mi trovi a fare colazione alla caffetteria, riportami le chiavi. - Chad lasciò cadere il mazzo di chiavi e si allontanò con un sorrisino fin troppo soddisfatto sulle labbra.
Cominciai a scaricare le sue cose dall'auto e a portarle nel bus della band.
Come diavolo faceva Hayley a stare con un tipo del genere? Da quando era arrivato li avevo visti solo pomiciare o litigare e dopo aver conosciuto la gentile e modesta personalità del chitarrista, forse riuscivo anche a capirne anche il motivo. Adesso si che mi sentivo una specie di schiavo al servizio di qualcuno e grazie al cielo non mancava molto al quattro luglio.
Bussai alla porticina del tour bus. Aspettai un po' e alla fine venne ad aprirmi un Taylor assonnato e con i capelli degni di una gattara pazza.
- Si? - Mormorò, affacciandosi alla porta e guardandomi con l'espressione di chi si era appena risvegliato da un coma.
- Ehm, Chad vuole che porti le sue cose nel bus. - Risposi, indicando con un cenno della testa tutte le valige che mi ero caricato addosso.
Taylor scosse la testa e si stropicciò un occhio. - Aspetta, Chad, cosa? Resta qui? - Chiese il riccioluto con aria confusa.
Annuii - Fino al quattro luglio. - Risposi guardandolo.
Il ragazzo sospirò e si tirò un po' indietro, facendomi cenno di entrare. Salii, cercando di non buttare niente per terra, mentre Taylor mi faceva strada verso una cuccetta vuota.
- A quanto pare l'unico che riesce a dormire qua sono io. - Disse il chitarrista, facendomi notare che non c'erano ne Jeremy, ne Hayley.
- Effettivamente dovresti spiegarmi come fai, questi letti sono un inferno! - Esclamai sorridendo, raggiungendo la cuccetta e posando a terra le valige.
Mi guardò con la stessa espressione con la quale si guarda un pazzo - Stai scherzando!? Io dormo meglio qua che a casa! - Esclamò a sua volta.
- Ma che razza di letto hai a casa? - Chiesi ridendo, mentre sistemavo una valigia su un ripiano del bus. Anche Taylor scoppiò a ridere e mi diede una mano con le valige.
- Comunque io sono Taylor. - Esordì quando ci assicurammo di aver sistemato tutte le cose di Chad, porgendomi una mano.
Quasi mi stupii a quell'esclamazione - Kurt. - Mi presentai, per la seconda volta infondo, stringendogli la mano.
- Ma... Hai una faccia familiare? - Chiese con aria confusa e io non riuscii a trattenere una mezza risata.
- Ti passo le chitarre ogni sera dall'inizio del tour… Ah, e anche acqua e asciugamani alla fine dello show. - Risposi continuando a sorridere divertito.
Il chitarrista si schiaffò una mano sul volto - Che figura di merda. - Mormorò abbozzando una risata.
- Oh tranquillo. Il volume alto, tutte quelle luci psichedeliche... E' già tanto se non abbiamo avuto tutti un attacco epilettico. - Dissi ridacchiano e facendo spallucce, facendogli capire che non mi importava.
Taylor rise.
- Hai fame Kurt? Devo andare alla caffetteria. - Disse mentre cercava qualcosa sul suo letto.
- Oh devo andarci anche io, devo restituire le chiavi dell'auto a Chad. - Esclamai, tirandole fuori da una tasca dei pantaloni.
Il ragazzo sospirò appena nominai Chad e sentii distintamente un “auguri” uscire dalla sua bocca. Finalmente tirò fuori la testa dalla sua cuccetta.
- Allora mi cambio e andiamo. - Mi disse sorridendo.
Annuii e poi scesi dal bus, aspettandolo e rendendomi conto di aver appena dialogato con il chitarrista ritmico dei Paramore.
Poco dopo Taylor mi raggiunse con uno dei suoi soliti outfit da Diabolik: maglia nera, pantaloni neri e scarpe nere, e insieme ci avviammo verso la caffetteria che altro non era che un tendone allestito per rifocillare lo staff e gli artisti.
C'erano già un sacco di persone intente a divorare la loro colazione e mentre io cercavo il chitarrista stronzo, Taylor mi diede una pacca sulla spalla.
- Là ci sono Jeremy, Kat e la bambina, ah e anche mio fratello, li raggiungo. - Mi disse, indicando il bassista che sorrideva alla moglie che dava una di quelle poltiglie per neonati alla piccola Bliss, mentre Justin era intento a finire la sua colazione.
Annuii - Ok, io... Cerco di trovare Chad. - Dissi, tornando a scrutare la folla.
- Credo sia laggiù, davanti a… La vedi quella testa azzurra? - Mi chiese indicando un punto ben preciso.
- Si, decisamente. - Risposi sorridendo e ammirando da lontano quella ragazzina che sbranava una brioche.
- Raggiungici appena hai fatto, così ti presento gli altri! - Esclamò Taylor mentre si allontanava, salutandomi con un cenno della mano.
Gli feci cenno che era ok e poi mi incamminai verso Chad e la sua fidanzata. Chissà perché non erano con gli altri.
- Chad ti ho riportato le chiavi. - Esordii in fretta e furia, poggiando subito il mazzo di chiavi accanto a lui, sentendo il peso dello sguardo di Hayley gravare su di me.
- Oh, guarda chi c'è. Sicuro di non avermi ammaccato l'auto? - Chiese con il suo solito tono arrogante, sollevando la testa dalla sua colazione.
- Sicuro. - Risposi secco, tenendo lo sguardo basso.
- Perfetto allora... Ehm, mi sfugge il nome. - Continuò, guardandomi con quel sorrisetto fastidioso stampato in faccia.
In quel momento sollevai lo sguardo verso di lui - Kurt. - Risposi.
- Kurt? - Chiese con la sua espressione da stronzo - Come Kurt Cobain? - Chiese ancora.
Feci spallucce - A quanto pare. - Mormorai, chiedendomi per quale assurdo motivo volesse fare conversazione.
- Beh... Cerca di non fare la sua stessa fine! - Esclamò, scoppiando in una grassa risata seguito da metà delle persone sedute allo stesso tavolo, evidentemente suoi conoscenti, che fecero girare praticamente tutti i presenti… Mi sarei sotterrato volentieri.
E allo stesso tempo mi prudevano le mani, la voglia di sbattergli la faccia sul tavolo e di prenderlo a calci in culo era così tanta che credevo di non riuscire a controllarmi. Presi un gran respiro, che per fortuna mi ossigenò il cervello e non mi fece compiere sciocchezze.
- C'è altro? - Chiesi con una calma che assolutamente non mi apparteneva. Dovetti aspettare che Chad la smettesse di ridere per ricevere una risposta.
- No, direi che sei libero di andare. - Disse ridacchiando e continuando a prendermi per il culo.
Spostai per un istante il mio sguardo su Hayley, incrociando il suo serio e vagamente triste, che come sempre non riuscii a sostenere. Così mi voltai e mi allontanai.
Se fossi rimasto un istante di più non so cosa sarebbe successo, niente di buono comunque. Non so bene come avevo fatto a controllarmi, quello era sempre stato un problema: quando si trattava di certe cose perdevo completamente la testa e agivo senza pensare, me ne rendevo conto, ma combinavo sempre e comunque un sacco di casini.
- Ehi Kurt! - Mi sentii chiamare, sollevai lo sguardo e vidi Taylor che si sbracciava per farsi notare.
Ok, comportati da ragazzo normale e non da fan psicopatico mi dissi nella mia testa, sollevando lo sguardo verso Taylor e avvicinandomi.
- Ragazzi vi presento Kurt! - Esclamò il riccioluto quando li raggiunsi, facendomi posto sulla panca accanto a lui.
- Ehm, salve. - Dissi con un tono decisamente troppo imbarazzato, sedendomi accanto al chitarrista ritmico.
- Io sono Justin. - Esordì il ragazzo affianco a Taylor, allungando una mano verso di me che afferrai e strinsi.
- Oh ma sei quello che ci porta l’acqua dopo i live! - Esclamò Jeremy, indicandomi. Io sorrisi e annuii. - Beh, io sono Jeremy e lei è mia moglie Kat. - Continuò il bassista che a sua volta mi porse la mano.
- Jer la lingua non mi è ancora caduta! - Esclamò sua moglie con forte accento inglese, dandogli un colpetto sulla spalla. Mi fece sorridere.
- Io sono Kat, cioè sono Kathryn, ma chiamami Kat. - Si presentò poi, sorridendomi e stringendomi la mano - E lei è la piccola Bliss. - Continuò abbassando lo sguardo sulla bambina.
- Oh, molto piacere Bliss. - Dissi sorridendo e allungando una mano verso la bambina, che afferrò con entrambi le manine e cominciò a giocare con le mie dita.
- Credo che tu le piaccia. - Disse Kat.
- Tu dici? - Chiesi io non troppo sicuro, continuando a guardare la bambina che nel frattempo aveva deciso di mangiarmi un dito.
- Credimi, non lo fa con tutti. - Esclamò Jeremy ridacchiando.
Sorrisi a quelle parole e finalmente la bambina mi lasciò il dito.
- La sapete la novità? - Chiese Taylor tutto d'un tratto e gli altri scossero la testa, confusi - Chad ha deciso di restare fino al quattro luglio. - Continuò il riccioluto sotto gli sguardi sbigottiti dei presenti.
- Ma che dici? Ha detto che ripartiva stasera! - Disse Jeremy scuotendo la testa.
- Oh, chiedi a lui se non ci credi! – Esclamò il chitarrista, indicandomi - Dove credi che l'abbia incontrato? Stava portando le cose di Chad nel nostro bus! - Aggiunse e tutti gli occhi si puntarono su di me.
- E' vero, c-cioè, il signor Roberts ha detto così. - Mormorai abbassando lo sguardo. Odiavo essere al centro dell'attenzione, non riuscivo a gestire tutti quegli sguardi senza impazzire.
Per fortuna tutti guardammo Jeremy appena prese parola - Sul nostro bus? Certo perché ovviamente non gli basta prendersi Hayley, adesso vuole anche i nostri spazi! - Esclamò il bassista con un tono decisamente più alto e più arrabbiato di prima.
Kat gli mise una mano sulla spalla e Justin gli fece cenno di abbassare la voce, guardandosi intorno.
- Sai come la penso a riguardo... Hayley ormai è grande e dei nostri consigli non se ne fa più di niente. - Mormorò Taylor, guardando il bassista dritto negli occhi.
- Ehm, ragazzi, se volete io me ne va... - Non feci in tempo a finire la frase che Jeremy mi interruppe.
- No Taylor! E' come una sorella per me, lo è sempre stata e finché avrà me tra le palle non farà di testa sua, non adesso almeno, non... Non è in grado di capire cos'è meglio per lei. - Disse e all'inizio sembrava arrabbiato, furioso, poi il suo tono di voce calò e con esso anche la durezza delle sue parole.
Ma cosa stava succedendo ad Hayley? Cosa stava succedendo ai Paramore? Erano così uniti sul palco, perché dietro le quinte doveva essere diverso?
Finimmo di fare colazione nel silenzio più assoluto, o meglio loro finirono di fare colazione, io rimasi immobile e con addosso un livello di tensione talmente alto che se qualcuno mi avesse toccato avrebbe preso sicuramente la scossa. Solo alla fine Kat mi chiese se volevo qualcosa da mangiare e così si unirono tutti gli altri elencandomi praticamente tutto il menù. Ma non avevo fame, mi si era chiuso lo stomaco da quando avevo riportato le chiavi a Chad e adesso tutta questa storia su Hayley e sui Paramore mi stava mandando in paranoia.
Ci salutammo e poi ognuno andò per la sua strada: chi a provare, chi a mettere a letto la bambina e chi come me ad organizzare il backstage per la serata.

Ennesimo concerto andato alla grande, coriandoli ovunque, gente che urlava e i Paramore erano di nuovo la band unita che tutti conoscevano. Almeno finché restavano sul palco, già perché una volta fuori Hayley venne praticamente rapita dal suo ragazzo, che dopo averle ficcato la lingua in gola la portò nel suo camerino, Jeremy corse da Kat nella speranza di trovarla ancora sveglia, così da passare un po' di tempo con lei e con sua figlia, e Taylor ormai sembrava rassegnato all'idea che i vecchi tempi non sarebbero tornati mai più. Ogni giorno che passava sembravano sempre più distaccati.
Avevo appena finito di riporre le chitarre in un grosso cassone che le avrebbe tenute al sicuro per il viaggio e le stavo portando nel parcheggio, così da caricarle nel bus per poi poter andare finalmente a riposarmi, ma a quanto pare questi non erano i piani del mio caro supervisore.
- Gallagher devi svuotare il camerino tre per il viaggio. - Disse l'uomo, raggiungendomi alle spalle e facendomi letteralmente saltare in aria per lo spavento.
- Ma signore, devo ancora finire di sistemare la strumentazione, non c'è nessun altro disponibile? - Chiesi sperando che mi lasciasse finire ciò che stavo facendo per poi lasciarmi andare a letto.
Sorrise, anche se quello sembrava più un ghigno che un sorriso.
- Finisci di sistemare la strumentazione e poi svuota il camerino tre, altrimenti puoi tornartene a casa. - Disse guardandomi dritto negli occhi. A quella minaccia non aprii bocca, mi limitai soltanto ad annuire e a mandargli una quantità industriale di accidenti nella mia testa.

- Svuota il camerino tre... Altrimenti puoi tornartene a casa... - Ripetevo imitando la voce di Mr. Frustrazione, percorrendo il corridoio che portava al camerino. Man mano che mi avvicinavo si sentivano delle voci, sempre più forti, praticamente era come se non ci fosse la porta.
- Andiamo Hayley, quello arrabbiato dovrei essere io! -
- Si può sapere perché devi fare sempre così? -
- Ma così come? Non capisco! -
- Vuoi un esempio, Chad? Non lo so, tipo oggi! Sentivi proprio il bisogno di trattare quel ragazzo in quel modo? Non ce la facevi proprio a non umiliarlo davanti a tutti? -
- Oh non dirmi che sei davvero arrabbiata per quello! -
- Si, anche per quello! Perché ha sistemato tutte le tue cose, perché ti ha fatto un servizio per il quale non viene pagato e perché tu fai sempre lo stronzo con tutti, anche con me! -
- Quello è un ragazzino che lavora qui, mi ha solo svuotato la macchina, cosa vuoi che me ne importi se c'è rimasto male o se l'ho umiliato. E poi con te non faccio lo stronzo! -
- Lo stai facendo adesso! Sei uno stronzo! -
- Adesso smettila! -
E poi udii uno schiocco, un suono sordo. Uno schiaffo forse, non lo so, ma avevo sentito abbastanza e prima di farmi venire altri istinti omicida, era meglio entrare in quella stanza, fare il mio lavoro e andarmene.
Spalancai la porta: Hayley era seduta sul bancone del camerino, con una mano si teneva una guancia e dava le spalle al grande specchio, mentre Chad era davanti a lei e le stringeva un polso con una mano. I due fidanzatini si voltarono verso di me come se volessero uccidermi. Merda, pensai.
- I-io... Devo svuotare il camerino. - Dissi con un nodo alla gola.
Ci furono alcuni istanti di silenzio e alla fine Chad lasciò il braccio di Hayley, le puntò un dito contro e le disse - Ne riparliamo. - Per poi uscire e sbattere la porta alle sue spalle.
Hayley mi guardò mentre si massaggiava la guancia arrossata e io abbassai subito lo sguardo, spostandomi in un angolo del camerino e cominciando a riordinare. Le aveva dato uno schiaffo, potevo entrare in un momento peggiore? Ma se non fossi entrato, cosa diavolo sarebbe successo?
La sentii sospirare, così tornai a guardarla e la vidi davanti allo specchio mentre apriva una scatolina bianca e azzurra.
- Avevi detto che non mi giudicavi. - Mi fulminò lei, che a quanto pare mi aveva notato.
Abbassai lo sguardo - Infatti, non lo faccio. - Risposi quasi in un sussurro.
- I tuoi occhi dicono il contrario. - Mi annientò un'altra volta, scrutandomi dallo specchio.
- Anche tu dicevi... Di prenderle solo prima degli show. - Non so dove trovai il coraggio di ribattere e di ricambiare il suo sguardo, inducendola ad abbassarlo.
- Questa è una situazione... Particolare. - Spiegò tenendo lo sguardo basso e giocando nervosamente con le dita delle proprie mani.
Annuii - Lo capisco. - Mormorai e la vidi risollevare i suoi occhi chiari e stramaledettamente profondi verso di me.
Ci furono alcuni istanti di silenzio, mentre io continuavo a riporre le sue cose.
- Mi dispiace per oggi... E per prima. - Disse lei ad un certo punto.
Corrugai appena la fronte - Cosa? - Chiesi sollevando appena lo sguardo.
Sorrise - Non stavamo proprio chiacchierando a bassa voce. Mi dispiace per ciò che hai sicuramente sentito e... Per quello che ti ha detto oggi Chad. - Continuò guardandomi.
Io scossi la testa, infondo non era lei che doveva scusarsi - Non fa niente ci... Sono abituato. - Mormorai riabbassando lo sguardo.
- Ad essere umiliato? - Chiese con un tono quasi dispiaciuto.
- Ai tipi come lui. - Intervenni, guardandola - Che esigono rispetto facendo gli stronzi con tutto e con tutti. - Non era ciò che volevo dire, cioè lo era, ma infondo si trattava sempre del suo fidanzato e non avevo alcun diritto di parlare di lui in quel modo. Ma era tutto il giorno che tenevo quella rabbia dentro di me e prima o poi sarebbe dovuta uscire sotto forma di qualcosa.
Hayley abbassò la testa, la vidi rattristarsi.
- Scusami, io... Non volevo dire questo. - Quasi non feci in tempo a terminare la frase che la ragazza prese parola.
- Lui non è sempre così. - Mormorò, tenendo la testa bassa - A volte è gentile, dolce, premuroso, ma altre volte…  - Non terminò la frase e scosse appena la testa, sospirando - E’ cambiato. - Mormorò infine.
L'ascoltai e l'osservai, e se avessi saputo come consolare le persone probabilmente l'avrei abbracciata, o mi sarei limitato a dirle che tutto si sarebbe aggiustato. E invece me ne uscii con il consiglio forse più inappropriato e stupido della storia.
- Ma non sta a te subire il suo cambiamento. - Dissi incrociando lo sguardo della ragazza e quella fu una delle poche volte in cui riuscii a sostenerlo, almeno per qualche istante.
- Kurt... Adesso vorrei restare un po' sola. Ci penso io a liberare il camerino. - Mi disse abbassando un po' lo sguardo, il che suonò molto come un "vattene, tu e i tuoi consigli del cazzo".
Annuii e senza aggiungere altro uscii dalla stanza, lasciandola sola.


POV Hayley

Rimasi a riordinare le mie cose, da sola. Fino ad un anno prima probabilmente ci sarebbe stato Jeremy che con una mano mi aiutava e con l'altra picchiava Taylor che continuava a romperci le scatole, poi magari sarebbe entrata Kat che mi avrebbe salvata con la scusa di qualche consiglio femminile, trascinandomi fuori da lì solo per il gusto di lasciar lavorare i maschietti.
Ma non era più così, non lo sarebbe più stato e infondo al mio cuore sapevo bene che era tutta colpa mia, colpa delle mie paranoie, delle mie esigenze e del voler fare tutto di testa mia. Ma ormai ero in quella situazione da così tanto tempo che mi sembrava normale ignorare i miei amici e farmi trattare come un oggetto dal mio fidanzato.
E poi quella sera, dopo lo show, mi ritrovai a parlare con quel ragazzo, Kurt, e di tutte le persone che avevo intorno, persino i miei amici più cari, era stato l'unico che con una frase era riuscito a farmi riflettere su me stessa, su Chad e sui Paramore.



ANGOLO DELL’AUTORE

Salve gente, ancora non riesco a credere alla lunghezza di questo capitolo e con quanta facilità sia riuscito a scriverlo. A quanto pare il mio cervello si è sbloccato, il sole è uscito e l’inverno è arrivato (Game Of Thrones rules!).
Che dire, credo di aver racchiuso tutto il mio odio per Chad Gilbert in questa pagina, rappresentandolo come un grande e immenso stronzo. Però vi avevo promesso che da questo capitolo le acque si sarebbero un po’ smosse, perciò ecco qua (:
Mi è sembrato giusto inserire un POV di Hayley, infondo la storia parla anche e soprattutto di lei. Quindi credo che nei prossimi capitoli ce ne saranno altri più lunghi e a tal proposito credo proprio che chiederò aiuto ad una mia amica, genio incompreso della scrittura, per esprimere al meglio cosa può passare nella testa di una ragazza bloccata in una situazione particolare.
Ringrazio come sempre LaylaParamour e Lonni per le recensioni, e anche BarelyLegal per aver aggiunto la storia tra le seguite!
Piccola parentesi che non c’entra assolutamente niente con la storia: sarò a Londra per tutta la settimana (sia lode a Spongebob) e rientrerò la sera del 21, che è domenica, perciò penso di riuscire a rispettare l’appuntamento con il nuovo capitolo, anche se magari con qualche ora di ritardo, in caso contrario pubblicherò lunedì! (:

Ricordatevi di lasciare un commentino (o un assegno, se volete :’)  ) e ci becchiamo alla prossima! :D

Peace.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


POV Hayley

La prima notte insonne dopo sole due settimane di tour, sicurmente avevo infranto un nuovo record. Come anche Chad con la sua incredibile velocità nel cambiare umore, che appena mi aveva vista entrare nel tour bus aveva cominciato ad implorarmi di dormire con lui. E grazie al cielo voleva solo dormire, se avesse avuto il coraggio di chiedermi di farlo lì, in quella cuccetta, con Jeremy e Taylor che dormivano a neanche due metri di distanza non so cosa avrei fatto.
Perciò passai l'intera nottata a pensare a tutto e a niente, fissando il mio letto vuoto dalla cuccetta di Chad, decisamente troppo piccola per contenere due persone, con il suo braccio stretto attorno al ventre quasi a volermi impedire di andare via.
Il bus era fermo, questo voleva dire che eravamo arrivati e che era già mattina. E io avevo bisogno di prendere una boccata d'aria.
Mi liberai dalla presa di Chad e dopo aver indossato un paio di jeans e una felpa a caso scesi dal bus. Dovetti tirarmi su il cappuccio della felpa, non eravamo più a Los Angeles e mi ero dimenticata di quanto fosse freddo di prima mattina al nord, anche in piena estate. Ma forse era meglio così, l'aria fredda mi avrebbe aiutata a non addormentarmi per strada.
Era presto, non c'era nessuno in giro se non qualche operaio che allestiva l'area destinata a sfamare tutto lo staff per l'intera la giornata. Ma non mi andava di restare lì, era una delle ormai tante giornate in cui mi sentivo uno schifo e l'unica cosa che volevo era restare da sola.
Mi ritrovai in una tavola calda della cittadina a sorseggiare caffè, io... Che odiavo il caffè. Non so per quanto tempo restai lì, so solo che la mia mente formulò una tale quantità di pensieri da poterci scrivere uno di quei libri depressi e angoscianti che, non si sa come, incassavano un sacco di soldi. 
Mi sentivo bloccata da qualcosa o da qualcuno e non sapevo come liberarmi senza cambiare drasticamente la mia vita, ero arrivata al punto di credere che non esistesse un rimedio a questa situazione. Perciò tiravo avanti con la mia insana relazione, con un rapporto ormai quasi inesistente con il resto della band e con le mie pillole, che mi impedivano di farmi inghiottire dall'ansia e deprimermi in ogni istante della giornata, e di proseguire con la mia "invidiabile" vita di apparenze.
Mentre attendevo una nuova tazza di schifosissimo caffè incappai nell'ennesimo ciclo di pensieri sconfortanti, almeno finché non mi sentii picchiettare su una spalla.
Sollevai lo sguardo e vidi due ragazzine con i capelli colorati e con addosso due magliette di una band che cominciavo a non sentire più mia.
- S-sei proprio tu? - Mormorò una delle due quasi con gli occhi lucidi e il mio unico pensiero fu ti prego, non oggi.
- I-io? Cosa? - Chiesi a mia volta, fingendomi confusa.
- Hayley Williams, la... Cantante d-dei Paramore. - Disse l'altra speranzosa
Sorrisi e scossi appena la testa - No, mi dispiace, credetemi lei è molto più carina di me. - Risposi, sperando che funzionasse.
Le due ragazze si guardarono, imbarazzate - Oh, ecco... Noi... Scusaci. - Dissero scoraggiate mentre abbassavano lo sguardo, per poi scappare fuori dalla tavola calda.
Forse il viso stanco, il cappuccio alzato e l'outfit da tossicodipendente mi avevano aiutata, ma davvero non credevo di riuscire a mandarle via in quel modo. Mi sentivo davvero una stronza quando mi comportavo così, odiavo farlo, ma certe volte avevo così tanta paura di scoppiare a piangere mentre parlavo con un fan che preferivo fingermi qualcun altro e mandarlo via.
Sospirai quando sentii vibrare il cellulare nella tasca dei pantaloni. Lo tirai fuori, era Chad.
Aspettai qualche secondo, quasi nella speranza che riattaccasse, e lo fece proprio quando trovai la forza di rispondere. Il display del cellulare tornò sulla schermata di home, segnalandomi un'infinità di chiamate perse e messaggi non letti.
Chad, Chad e ancora Chad, poi notai un messaggio.

Ore: 09.37
Da: Jerm

Dove sei? E' tutto ok?

Mi lasciai scappare un sorriso quando lo lessi, era da tanto che Jeremy non mi scriveva e quel piccolo messaggio mi fece pensare che si preoccupasse ancora per me.

Ore: 11.49
A: Jerm

Tutto ok, sto tornando.

Mentii sulla prima parte e l'orario del messaggio mi fece trasalire. Era quasi ora di pranzo, possibile che avessi passato l'intera mattinata ad arrovellarmi il cervello e a bere caffè senza neanche rendermene conto?
Scattai in piedi e dopo aver saldato il conto uscii dalla tavola calda, tornando verso il parcheggio dell'arena nella quale ci saremmo esibiti quella sera. Non fu difficile ritrovare la strada, infondo quel paesino era così piccolo che era davvero impossibile perdersi.
Non appena entrai nel parcheggio mi si parò davanti un Chad visibilmente arrabbiato.
- Hayley! - Esordì lui afferrandomi per le spalle, e io non potei fare altro che fermarmi e abbassare lo sguardo - Si può sapere dove sei stata? Sono ore che ti telefono! Possibile che usi quel cellulare solo per stare su Twitter!? - Continuò, urlandomi praticamente in faccia.
- S-scusa, ero andata a fare colazione. - Mormorai a capo basso.
- No, scusa un accidente! Te ne sei andata senza avvertirmi! Potevi fare colazione qui con me! - Disse scuotendomi appena.
Mi spaventava quando faceva così, urlava, diventava terribilmente possessivo e non ragionava più.
- Hayley, finalmente sei tornata! - Disse una voce fin troppo familiare e rassicurante alle mie spalle. Chad mi lasciò e Jeremy si materializzò accanto a me.
- Abbiamo un soundcheck tra dieci minuti. - Continuò il mio bassista, guardandomi, per poi sollevare lo sguardo su Chad - Posso rubartela? - Chiese sorridendo.
Chad annuì svogliatamente - È tutta tua. - Mormorò, e dopo avermi lanciato un'ultima occhiataccia si allontanò.
Ci furono alcuni istanti di silenzio tra me e Jeremy, nei quali io cercavo di trovare il coraggio di ringraziarlo per quell'intervento e lui sicuramente mi fissava quasi a volermi dire da quando ti fai trattare così?.
- Almeno era buona la colazione? - Chiese lui, interrompendo quel silenzio e facendomi cenno di seguirlo.
Abbozzai un microscopico sorriso - Ho solo preso un caffè... Un bel po' di caffè. - Risposi camminandogli accanto.
- Caffè? Tu? Ma non ti faceva schifo? - Mi chiese con tono stupito e confuso.
- Speravo di cambiare idea. - Mormorai facendo spallucce, mentre lui sorrise e scosse appena la testa.
Mi faceva quasi strano parlare con qualcuno in un modo così spensierato, infondo era pur sempre Jeremy, il mio Jerm, ma l'ultima nostra vera conversazione risaliva a mesi e mesi prima. Ricordo che l'ultima frase che mi disse fu "capisci che lui non tiene a te come tu tieni a lui?" e io, molto semplicemente, alzai i tacchi e me ne andai. Perciò si, dopo tutto questo tempo mi faceva strano discutere con lui di quanto mi facesse schifo il caffè.
Completammo il soundcheck appena in tempo per il pranzo e ci dirigemmo tutti insieme verso il buffet. Vidi Chad seduto ad un tavolo intento a divorare un pezzo di pizza e, malgrado sapessi quanto si sarebbe arrabbiato, decisi di non pranzare con lui.
- Ragazzi, posso... Sedermi con voi? - Chiesi con un tono di voce così basso che pensavo di dovermi ripetere. Sollevai appena lo sguardo verso il resto della band e notai perfettamente le occhiate stranite che si lanciarono tra di loro.
- Ci stai davvero chiedendo il permesso? - Disse infine Jeremy, poggiandomi un braccio sulle spalle e stringendomi. Sorrisi ma mi irrigidii appena a quel contatto, temevo che Chad potesse vederci e che potesse arrabbiarsi anche per questo.
Ci sedemmo ad un tavolo non troppo lontano dal buffet. I ragazzi parlavano e ridevano, e poi c'ero io che non riuscivo più ad entrare in un discorso o a scherzare come un tempo, mi sentivo a disagio persino con i miei più cari amici.
- Terra chiama Hayley! - Esclamò Justin ad un certo punto, agitandomi una mano davanti al viso.
- Si! Scusa, ero sovrappensiero. - Mi giustificai, scuotendo appena la testa.
Mi guardò per alcuni istanti - Dicevo che forse dovremmo modificare l'ordine della scaletta, ci sono alcuni passaggi che non mi convincono molto. - Disse il chitarrista.
Annuii - Certo, ci... Bastano solo un paio di prove e... - Non terminai la frase che Jeremy se ne uscì con uno dei suoi lamenti di morte.
- Caaavolo! Sono davvero pieno! - Esclamò massaggiandosi lo stomaco.
- Andiamo ti mancano solo un paio di bocconi! - Disse Justin, ridacchiando.
- No sul serio, così rischio di morire. - Continuò il bassista, lamentandosi - Hayls ne vuoi un po'? - Mi chiese poi, sollevando il piatto verso di me.
Hayls. Da quanto tempo qualcuno non mi chiamava così.
- No Jeremy, seriamente sono piena anche io. - Risposi scuotendo una mano e portandomi l'altra sullo stomaco.
- Andiamo, non hai mangiato quasi niente. Ti prego. - Insistette lui, seguito subito da Justin.
- Già! Hayley da quando mangi così poco? - Mi chiese il riccioluto.
- Ragazzi, davvero, non ho molta fame oggi. - Cercai di giustificarmi e di nascondere il mio evidente disagio.
- Si, certo, ma a chi vuoi darla a bere? - Chiese Taylor ad un certo punto, mentre finiva il proprio pasto, e solo allora mi accorsi che da quando ci eravamo seduti non aveva ancora aperto bocca.
- Come? - Chiesi confusa, mentre notai Jeremy che gli lanciava un'occhiataccia.
- Credi che siamo così stupidi da non accorgerci cosa stai facendo? Credi che non sappiamo delle tue pillole? - Chiese ancora il chitarrista, facendomi sussultare.
- I-io non... - Provai a dire qualcosa ma le parole mi si annodarono in gola.
- Non cercare scuse Hayley. - Continuò guardandomi, e io non potei fare altro che abbassare lo sguardo sulle mie mani che tenevo poggiate in grembo e che ormai stringevano nervosamente un lembo della felpa.
- Taylor... - Lo riprese suo fratello, poggiandogli una mano sulla spalla, che lui puntualmente si scrollò di dosso.
- Fanculo! - Esclamò mentre si alzava dal tavolo - A quanto pare qua sono l'unico che riesce a dire ciò che pensa. Siete solo degli ipocriti. - Aggiunse, guardando male sia Justin che Jeremy e infine puntò i suoi grandi occhi marroni su di me.
Abbassai lo sguardo per l'ennesima volta, nessuno ebbe il coraggio di aggiungere niente e Taylor ci lasciò in un silenzio tombale che dopo un po' Jeremy cercò di rompere.
- Hayley devi perdonarlo, lui... - Non lo lasciai terminare.
- No. Non ha niente da farsi perdonare, è colpa mia... Io... - Ancora una volta le parole mi si annodarono in gola e prima di scoppiare in lacrime decisi di andarmene - Scusate. - Mormorai, alzandomi di scatto e allontanandomi il più velocemente possibile.
Lo sapevano, sapevano delle pillole e a quanto pare si erano accorti che avevo cominciato a mangiare di meno. Taylor era ancora arrabbiato con me e di certo non lo biasimavo, ricordavo perfettamente che l'ultima volta che ci eravamo rivolti la parola lo avevo mandato a quel paese, dicendogli di non intromettersi negli affari che non lo riguardavano. E ormai era fin troppo chiaro che Jeremy era l'unico che cercasse di tenere a galla quella cosa chiamata Paramore.

L'orario del Meet & Greet arrivò prima del previsto, così tornai nel tour bus per rendermi presentabile e dopo aver buttato giù una pastiglia mi avviai in fretta e furia verso l'area destinata all'incontro con i fan.
Dopo ore di foto, chiacchiere e sorrisi forzati finalmente potemmo ritirarci nel backstage per la cena e per il riscaldamento pre concerto. Anche se alla fine solo gli altri cenarono, io come ogni altra sera mi ritirai nel mio camerino per prepararmi e per autoconvincermi di dover salire su un palco e cantare davanti a ventimila persone.
- DIECI MINUTI! - Urlò qualcuno fuori dalla mia porta.
Sospirai, rigirandomi tra le mani quella scatolina blu e bianca, che infine aprii e tirai fuori l'ennesima pillola bianchiccia, che buttai giù con un sorso d'acqua.
Finalmente salimmo sul palco che per quanto mi rendesse nervosa adesso mi faceva sentire amata, viva, mi faceva sentire me stessa. Anche quella infondo era una recita, ma era la cosa più reale presente nella mia vita.
E come tutto era cominciato, prima che me ne rendessi conto era già finito. Ero di nuovo la Hayley ansiosa e depressa che faceva un sacco di cazzate.
Lasciammo il palco e come sempre Kurt ci passò acqua e asciugamani. Lo guardai per un istante mentre prendevo la mia bottiglietta d'acqua. Non l'avevo visto per tutta la giornata, ma forse ero stata troppo impegnata con i miei pensieri e sentivo di volergli dire qualcosa, non sapevo cosa, qualsiasi cosa, ma me ne andai con il semplice e solito "grazie".
Strano che Chad non fosse lì ad aspettarmi, forse aveva cominciato ad evitarmi anche lui dato che non avevo fatto altro per tutto il giorno.
Tornai nel mio camerino e appena chiusi la porta Chad si materializzò davanti a me.
- Accidenti! Chad! Mi ha fatto prendere un colpo! - Esclamai portandomi una mano sul petto, all'altezza del cuore, spostandomi verso il grande bancone per poggiare l'asciugamano e la bottiglietta d'acqua. Prima di riporre quest'ultima presi un sorso d'acqua, sentivo lo sguardo di Chad fisso su di me e il fatto che ancora non avesse detto nulla mi rendeva nervosa.
- Ti vedi con qualcuno? - Chiese infine, con una nonchalance e un'arroganza disumana.
- COSA??? - Chiesi sconvolta, voltandomi verso di lui - Non posso credere che me lo hai chiesto davvero! - Continuai guardandolo, cercando di capire cosa lo avesse portato a quella assurda conclusione.
- Ti alzi all'alba e sparisci per un'intera mattinata, mi ignori per tutto il resto della giornata... Cosa dovrei pensare? - Chiese ancora con un tono quasi di sfida, era irritante.
- Chad te l'ho detto ero uscita per fare colazione, volevo stare un po' da sola, tutto qui. - Continuai sospirando, sperando che la smettesse con quelle idiozie.
- Bene... E quella notte a Los Angeles? Anche allora volevi stare un po' da sola? - Chiese, mostrando quel sorrisetto stronzo che ormai conoscevo bene. Perché tirava di nuovo fuori Los Angeles?
- Ancora con questa storia? Chad è successo più di un mese fa! - Dissi esasperata.
- E tu ancora non mi hai dato una risposta! - Gridò lui, facendomi sussultare.
- Te l'avrò ripetuto un migliaio di volte: ero da un'amica, il cellulare era morto e sono rimasta a dormire da lei. - Non era andata proprio così, se dovevo essere sincera avrei dovuto dirgli: sono andata ad una festa, mi sono ubriacata e ho scopato con un ragazzo che puntualmente resterà qui per i prossimi mesi, ce l'hai presente quello che ti ha svuotato la macchina? Ecco, è lui.
Chad mi guardò per alcuni istanti, non capii bene cosa gli stesse passando per la testa, non lo avrei mai capito, fatto sta che si fiondò sulle mie labbra, cominciando a baciarmi con foga e spingendomi contro una parete del camerino.
Come sempre: un attimo prima se ne usciva con le sue stronzate e un attimo dopo si buttava su di me come se quella fosse la nostra ultima notte insieme. Ma non quel giorno, non ne avevo per niente voglia.
- Chad. - Mormorai appena riuscii a prendere fiato, ma lui niente, scese a baciarmi il collo mentre con una mano si insinuava sotto al mio top - Chad... Fermati. - Provai di nuovo portando entrambe le mani sulle sue spalle, cercando di scrollarmelo di dosso.
Finalmente si fermò e sollevò la testa verso di me. Sembrava arrabbiato.
- Mi eviti per tutto il giorno e adesso vorresti che mi fermassi? - Chiese sarcastico e io non potei fare altro che annuire timidamente.
- Ti prego. Oggi non... - Non mi lasciò terminare la frase.
- Scordatelo. - Disse con decisione, riprendendo a baciarmi il collo. Cercai di spingerlo via ma lui mi afferrò per i polsi, stringendoli con forza.
- Chad, ti prego! - Esclamai, cercando di liberarmi. Faceva male, mi avrebbe lasciato il segno, persino i suoi baci erano dolorosi.
- Chad, mi stai facendo male! - Dissi ancora, ormai rassegnata all'idea che non mi avrebbe lasciata andare, mentre sentivo le prime lacrime rigarmi il viso.
- Amico, ti conviene lasciarla. - Esordì qualcuno che avrei ringraziato finché sarei stata capace di respirare.

POV Kurt

Già non credevo che esistesse un essere così stronzo, meschino e arrogante, ma dopo ciò che avevo appena visto potevo dire che Chad Gilbert aveva sbloccato l'achievement "essere più viscido presente sulla faccia della terra". Sembrava più un pazzo alienato che il suo ragazzo e quello che stavano facendo non era certo un giochino tra fidanzati. Cosa diavolo le avrebbe fatto se non fossi passato davanti al camerino in quel preciso momento e non avessi sentito la voce di Hayley?
La lasciò solo dopo il mio esordio e si voltò verso di me con un'espressione da vero killer psicopatico stampata in faccia.
- Altrimenti? - Chiese, guardandomi dritto negli occhi.
- Altrimenti ti spezzo le gambe e ti lascio morente sul ciglio della strada. - Risposi citando lui stesso, senza distogliere lo sguardo.
Lo vidi ghignare e avvicinarsi a me. Ma che diavolo ti è venuto in mente? Sei un perfetto idiota!  Urlavo nella mia testa ed ero già pronto a ritrovarmi il naso rotto e magari un occhio nero, ma qualcosa lo fermò. Alle mie spalle sentii delle voci, forse di alcuni operai che passavano davanti al camerino ed evidentemente preferì non rischiare. Si voltò verso Hayley, guardandola per un istante, e dopo avermi dato una spallata uscì dalla stanza sbattendo la porta.
Ci furono alcuni interminabili istanti di silenzio, nei quali tutto il mio coraggio di poco prima scivolò via e mi ritrovai a fissare quella minuscola ragazza ancora inchiodata ad una parete per la paura.
- Hayley... - Mormorai non troppo sicuro, provando a fare un passo verso di lei.
La vidi scivolare a terra, le ginocchia contro il petto, gli occhi lucidi e un attimo dopo era scoppiata a piangere. Non sentivo un pianto così disperato da quando mia madre apprese che mio padre e mio fratello se n'erano andati, ed ero come pietrificato davanti all'immagine di quella ragazzina in lacrime.
Nella mia testa c'era un groviglio di pensieri: e adesso che faccio? Prova ad abbracciarla! No, idea stupida, portale dell'acqua! Cristo, probabilmente sono l'ultima persona che adesso vorrebbe qui con se, e solo dopo altri interminabili istanti di impotenza totale, finalmente il mio cervello elaborò qualcosa di utile: brutto coglione, muovi il culo e fa qualcosa!.
Mi spostai verso il grande bancone e afferrai la sua bottiglietta d'acqua e quella che sembrava la sua felpa, per poi avvicinarmi a lei.
- Hayley. - Mormorai abbassandomi accanto a lei e poggiandole la felpa sulle spalle - Prova a bere un po' d'acqua. - Aggiunsi, accarezzandole delicatamente la schiena.
Dopo poco la vidi sollevare la testa dalle ginocchia e, dopo essersi asciugata una guancia con il dorso della mano, prese la bottiglietta e se l'avvicinò alla bocca, tremando appena.
La osservai, sembrava così dannatamente fragile e temevo di farle male anche solo sfiorandola.
- Scusami. - Mormorò dopo aver preso un sorso d'acqua. Io scossi la testa, guardandola e riprendendo la bottiglietta.
- Scusami. - Ripeté ancora, portandosi entrambe le mani sul volto e dando il via ad una nuova crisi di pianto.
- Ehi... Calmati. - Sussurrai, poggiando la bottiglietta d'acqua sul pavimento e sedendomi accanto a lei. Indugiai appena, ma poi mi sporsi un po’ e allungai le braccia, stringendola a me e cercando di tranquillizzarla. 
La sentivo riscuotersi ad ogni singhiozzo, ma piano piano sembrò cominciare a rilassarsi. Alla fine smise anche di tremare, poi la sentii muoversi e mi ritrovai le sue braccia strette intorno al busto.
Non so per quanto tempo restammo così, ma l'avrei stretta per tutta la notte se lei non avesse sciolto quell'abbraccio. Appena sentii le sue mani scivolare via dal mio corpo mi spostai anche io e sollevai lo sguardo verso di lei, quasi a volermi assicurare che adesso stesse bene.
Si asciugò il viso con entrambe le mani e dopo aver tirato su con il naso un paio di volte provò ad alzarsi. La precedetti e le porsi una mano per aiutarla.
- Perdonami... Di solito non faccio queste scenate. - Disse a capo basso.
Scossi la testa - Non hai niente da farti perdonare. - Risposi, guardandola.
Ci furono alcuni istanti di silenzio, nei quali lei si strinse nella propria felpa e si asciugò ancora una volta gli occhi.
- V-vuoi ancora acqua? O un’altra felpa? S-se vuoi ci penso io a svuotare il camerino, nessun problema. - Le dissi con un tono e un'espressione visibilmente a disagio. Non sapevo davvero che cosa fare.
Ma lei scosse la testa - No, tranquillo, solo... Ho bisogno delle mie pillole. - Sussurrò sollevando lo sguardo verso di me, che forse per la prima volta riuscii a sostenere senza rischiare di implodere.
- Hayley... - Cominciai, corrugando un po' la fronte e abbassando la testa - Lo Xanax non aiuta, so che sembra di si, che prima la vita è uno schifo e che dopo averlo preso pare che tutto vada per il meglio, ma... - Feci una pausa e sospirai - Credimi non è così, finisci solo per dipendere da una pasticca. - Tenni la testa bassa per tutto il tempo, temevo di bloccarmi se solo i miei occhi avessero incontrato quelli verdi e così maledettamente profondi di lei.
Calò il silenzio, così trovai il coraggio di sollevare lo sguardo verso di lei e la scoprii ad osservarmi, il che, come temevo, mi bloccò completamente.
- Tu cosa ne sai? - Chiese senza distogliere lo sguardo.
Ecco la domanda che temevo più di tutte, cosa ne sapevo io? Avevo visto mia madre degenerare ogni giorno di più da quando aveva cominciato a prendere quel farmaco e avevo passato la mia adolescenza a farmi di sostanze più o meno illegali, che infondo non erano poi così diverse da quelle pasticche.  Tutto per lo stesso identico motivo: scappare da problemi che in quel momento ci sembrano impossibili da risolvere.
- Mia madre lo… Lo ha preso per molto tempo. - Risposi in un sussurro.
La vidi abbassare lo sguardo - E come ne è uscita? -
Era quello il problema, non ne era uscita, era peggiorata e lo Xanax non era più abbastanza. Ma non avevo alcuna intenzione di farle intendere che se avesse continuato così sarebbe diventata una tossicodipendente come lei, aveva già avuto la sua buona dose di paura per quella sera.
Scossi appena la testa - Ha ricominciato a pensare positivo, ha ricominciato ad uscire, a divertirsi e si è circondata di persone che le volevano bene. - Mentii e anche se ormai non avevo più un rapporto con mia madre, era davvero ciò che avrei voluto per lei. - Infondo lo dice anche il tuo tatuaggio. - Aggiunsi indicando il suo avambraccio sinistro, dove era tatuata la frase “Accentuate the positive eliminate the negative”. 
Abbassò lo sguardo su di esso e finalmente vidi il suo volto rilassarsi in un sorriso, anche se microscopico. Ma da quando sapevo farci con le persone?
- Credo che stasera sarà un po' difficile uscire e divertirsi. - Mormorò lei risollevando lo sguardo verso di me e sorridendo appena.
Mi fece sorridere - Per stasera magari limitiamoci ad una camomilla. -

Mi ritrovai con gli occhi puntati sul soffitto della mia cuccetta a pensare e ripensare a quella scena: Hayley in lacrime e Chad che la stringeva al punto di farle male. Come poteva stare con uno come lui?
Avevo aspettato che si fosse cambiata fuori dal camerino e poi l'avevo riaccompagnata al tour bus. Non c'eravamo detti molto, quella situazione era complicata e imbarazzante per entrambi. Ricordo solo il suo "buonanotte" seguito da un "grazie" di certo non riferito a quella camminata nel parcheggio, ma a tutto il resto, lo capii dal modo in cui mi guardò quando lo disse.
La testa mi faceva male dalla quantità di pensieri che ci giravano, perciò presi la mia usuale medicina contro tutti i mali: iPod e musica rilassante. Optai per una playlist di Jimi Hendrix, sperando che la sua chitarra mi conciliasse il sonno.
L'unica cosa relativamente positiva oltre a Hendrix che si esibiva nei miei timpani era che mancava davvero poco al quattro luglio e per quella data se ne sarebbero andati tutti, ma proprio tutti, da parenti, amici o semplicemente in giro, mentre io sarei rimasto lì in quel bus solo come un cane, a poltrire tutto il giorno.
 

ANGOLO DELL’AUTORE

Hi everybody! Approfitto di questo momento di pre partenza per pubblicare il nuovo capitolo. Si, ci siamo accorti solo adesso di avere la wi-fi nell'albergo. Si, siamo degli idioti, lo so. Domani mattina abbiamo la sveglia ad un orario indecente, perciò dopo questo sforzo con questo cavolo di cellulare me ne vado a nanna. Ah, per l'angolo dell'autore in verde palude dovrete aspettare che me ne torni a casa e che accenda il computer, già solo inserire il corsivo e il grassetto è stato un parto di due gemelli con taglio cesareo.
Comunque: altro capitolo bello lungo, ma non abituatevi, non credo che questo bagliore di fantasia improvvisa durerà per molto :’)
Prima che me ne dimentichi: ringrazio la mia amica e il suo cervello geniale che mi hanno aiutato a sviluppare tutto il POV di Hayley super mega introspettivo alla massima potenza, magari la prossima volta riuscirò a scriverne uno altrettanto figo anche da solo :’)
Cosa posso dire: mi piange il cuore a far stare così male la nostra piccola e cara Hayley, ma così la situazione comincia a farsi un po’ più chiara. Non so bene perché, ma mentre scrivevo mi è venuto in mente il testo di Brick By Boring Brick, in particolare la parte in cui dice “you built up a world of magic, because your real life is tragic”. L’ho trovata una frase molto azzeccata, soprattutto quando Hayley dice di doversi mostrare felice e sorridente in pubblico, mentre dentro di se si sente solo morire, o quando parla di “proseguire la sua "invidiabile" vita di apparenze”. 
Forse è proprio tutto il capitolo che gira intorno al testo di quella canzone (:
Ringrazio LaylaParamour e Lonni per le recensioni e sapete cosa fare: recensioni forevaaaah!! :D

Alla prossima!

Peace.


Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 8 (Parte 1) ***


Dopo quella sera non avevo più parlato con Hayley, problema che non si presentava con Taylor, Justin, Jeremy e sua moglie, che evidentemente mi trovavano simpatico e che ogni mattina si prendevano la libertà di offrirmi la colazione. Non che qualcuno pagasse, dato che il cibo era compreso nel contratto, ma recarmi ogni mattina alla caffetteria e trovarmi qualcuno della band con una brioche e una tazza di caffè già pronte per me mi metteva un po' in imbarazzo. In modo positivo, s'intende.
Tutt'altra storia invece con Hayley che, escludendo le esibizioni e l'usale consegna di acqua e asciugamani, non l'avevo neanche più vista in giro. Come d'altronde anche Chad, lui aveva fatto le valige e se n'era andato la sera stessa in cui l'avevo minacciato di spaccargli le gambe. Ma lei c'era, era lì, si presentava ai Meet & Greet e faceva i suoi concerti, e le mie paranoie mi avevano portato a pensare che mi girasse alla larga di proposito.

Finalmente era arrivato il quattro luglio. Arrivammo nel parcheggio dell'arena destinata al concerto del giorno successivo praticamente all'alba, eravamo in una qualche città del Wisconsin, non ricordo quale, non mi interessava neanche.
Sarà stata quasi ora di pranzo quando sentii bussare alla porta del bus. Eppure se n'erano andati tutti, il bus era completamente vuoto e restavo solo io con la mia inesistente voglia di alzarmi dal letto.
Mi girai su un fianco sperando che, chiunque fosse, si stancasse e se ne andasse.
Niente da fare.
Sentii un altro paio di colpi, così aprii gli occhi.
- Arrivo! - Esclamai sbuffando e tirandomi su, battendo miseramente la testa sul soffitto della cuccetta.
- Ma vaff... - Mi morsi la lingua, massaggiandomi la testa.
Il tipo fuori dalla porta bussò ancora.
- ARRIVO! - Esclamai di nuovo, ormai esasperato, uscendo dalla cuccetta e dirigendomi verso la porticina del bus, cercando di non inciampare o scontrarmi con qualcosa.
Aprii la porta e mi sporsi appena - Si? - Chiesi stropicciandomi un occhio con fare assonnato.
- Dai! Stavi ancora dormendo? - Mi chiese una vocina squillante piuttosto familiare.
Abbassai lo sguardo su quella ragazzina con un paio di skinny jeans e una maglietta dei Clash.
- Io? Cos... Hayley! - Esclamai quando il mio cervello ingranò la marcia giusta, il che mi fece ricordare di essermi presentato davanti a lei in mutande.
Sgranai gli occhi - Hayley! - Esclamai di nuovo mentre afferravo la maniglia della porta e la socchiudevo, nascondendomi dietro ad essa. La sentii ridere di gusto, mentre io mi maledivo per l'ennesima figura di merda.
- C-cosa ci fai qui? - Chiesi ad un certo punto.
Non mi rispose subito - Volevo chiederti se ti andava di passare il quattro luglio... Con me. - Mi disse poi, facendomi sussultare.
Aprii di poco la porta, quanto bastava per mettere il capo fuori - Con te? - Chiesi con tono stupito e confuso.
Teneva le mani in tasca e si guardava la punta dei piedi, dondolando appena avanti e indietro come una bambina.
- Si, con me, s-se non vuoi non fa niente. - Mormorò e io scossi subito la testa.
- Certo che voglio! - Esclamai, forse con un po' troppo entusiasmo e lei sollevò la testa e mi guardò.
Mi schiarii la voce - Cioè, quindi... Tu... Vuoi passare il quattro luglio con me. - Dissi con un tono quasi stranito.
- Si. - Rispose secca.
- Con me. - Ripetei, indicandomi e guardandola.
- Si, cosa c'è di strano. - Chiese lei sorridendo. Avrei potuto elencarle almeno dieci motivi per i quali ci sarebbe stato qualcosa di stano, ma il mio buon senso mi ordinò di tacere.
- Era da tanto che cercavi di svegliarmi? - Sollevai lo sguardo verso di lei.
Scosse la testa - Giusto un paio di minuti. - Rispose sorridendo.
- Scusa. - Sospirai - Me ne concedi un altro paio per mettermi qualcosa addosso? -
Lei sorrise e annuì - Sbrigati, ti prendo il tempo. - Ricambiai il suo sorriso e mi ritirai nel bus, poggiando per alcuni istanti la fronte contro la porta di esso.
Ok, sta calmo, trova qualcosa di decente da metterti e esci da questo cavolo di bus. E' solo il quattro luglio! mi dissi, staccandomi finalmente dalla porta e tornando verso la mia cuccetta.
Solo il quattro luglio, si, il quattro luglio con Hayley Nichole Williams, ero davvero sicuro che non stessi ancora sognando?
Mi infilai il primo paio di jeans che trovai, accorgendomi solo dopo averli indossati che avevano uno squarcio infinito su un ginocchio, dovuto all'ultima volta che ero salito su uno skateboard. Ma poco importava, ormai i pantaloni strappati facevano moda.
Afferrai una maglietta degli Operation Ivy e la guardai per alcuni istanti no! Lei ha una maglia dei Clash, non puoi metterne una degli Operation Ivy!, sembravo una ragazzina di dodici anni al primo appuntamento, ma non ero una ragazzina, ormai avevo ventuno anni e quello non era un dannatissimo appuntamento! Maledette paranoie.
Per fortuna trovai una di quelle magliette bicolore del baseball che andavano tanto negli anni novanta, dire che sembravo uscito da uno dei primi album dei Green Day era poco.
Mi sciacquai il viso, mi lavai i denti e, dopo innumerevoli insulti ai miei ricci che come sempre se ne andavano dove volevano, mi infilai le mie All Star datate e finalmente uscii dal bus.
- Scusa, problemi tecnici. - Dissi ridacchiando, cercando di giustificare il mio ritardo e di placare le farfalle che avevano organizzato una sommossa nel mio stomaco.
Lei mi sorrise e mi fece cenno di seguirla. Uscimmo dal parcheggio e le domande nella mia testa cominciarono ad ammucchiarsi l'una sull'altra.
- Di preciso come sapevi che mi avresti trovato nel bus? - Le chiesi ad un certo punto.
- Non lo sapevo. - Rispose secca - Ma ti ho trovato. - Aggiunse voltandosi verso di me, sorridendomi.
Ricambiai quel sorriso e abbassai inevitabilmente lo sguardo.
- Pensavo che avresti passato il quattro luglio con il tuo ragazzo. - Dissi guardandomi i piedi, ma non sentendo una sua risposta risollevai lo sguardo e mi resi conto solo allora di quanto fossi stupido. Dopo ciò che era successo e dopo che lui se n'era andato, in quale universo parallelo avrebbero passato insieme il quattro luglio? Ma perché non pensavo mai prima di parlare?
- Scusa, io non... - Non riuscii a terminare la frase che lei mi interruppe.
- No, tranquillo, ci sono solo stati dei cambi di programma. - Disse sorridendo, mentre si fermava sul ciglio della strada, controllando che non ci fossero macchine - Vieni, conosco un posto niente male per pranzare. - Aggiunse voltandosi verso di me, mentre attraversava la strada.
A quanto pare le era tornato il buon umore.
La seguii, cercando di non essere investito, e poco dopo raggiungemmo un piccolo locale steakhouse. Ci diedero un tavolo in un angolo della piccola sala quasi deserta e una cameriera ci portò subito due menù.
Cominciai a sfogliare il mio senza neanche leggere i vari piatti, ero troppo concentrato ad osservare la ragazza dai capelli allegri seduta davanti a me e a tentare di controllare le tonnellate di domande presenti nella mia testa.
- Hayley... - Mormorai ad un certo punto, maledicendomi subito dopo per aver aperto bocca.
- Si? - Chiese lei, continuando a leggere il menù.
Mi ci vollero alcuni istanti prima di continuare - Perché sei venuta a cercarmi? - Chiesi senza avere il coraggio di guardarla.
Silenzio. Alzai di poco lo sguardo e la vidi poggiare il menù.
- Volevo ringraziarti... - Cominciò, tenendo gli occhi puntati sul tavolo - Come si deve, perciò... Voglio almeno offrirti il pranzo. - Sollevò lo sguardo verso di me.
- Non voglio che mi offri il pranzo! - Esclamai, scuotendo la testa e guardandola - Cioè, non credo che... Che tu debba ringraziarmi per qualcosa, insomma... Ecco... - Abbassai lo sguardo, imbarazzato.
Fantastico, ero andato nel pallone più totale e per "fortuna" lei scoppiò a ridere, perché non vedevo altre vie di fuga.
- E' solo un pranzo, ok? Così non mi sentirò più in debito con te. - Disse ridacchiando e riprendendo a sfogliare il menù.
La osservai. In debito con me? Per quella sera? Di certo non ero intervenuto per farmi offrire un pranzo. Ma sorrisi e presi anche io a sfogliare il menù. Come diceva lei: si trattava solo di un pranzo.
- E pensare che credevo mi stessi evitando. - Dissi ridacchiando.
Silenzio, un'altra volta, forse dovevo prendere in considerazione l'idea di stare zitto.
Ma poi lei prese parola - All'inizio... Si. -
Corrugai la fronte e sollevai lo sguardo dal menù, guardandola, aspettando che continuasse.
- Non sono stati proprio dei giorni allegri, sapevo di doverti parlare e ringraziare, fare qualcosa insomma, ma... - Si interruppe e scosse appena la testa, guardando le sue mani che adesso si stringevano nervosamente a vicenda. - Chad, tu... Quella notte... Io me ne vergogno, e... Ecco... -
- Ehi, non devi spiegarmi niente, ok? - La interruppi e lei sollevò lo sguardo verso di me. Non so con quale forza riuscii a non sciogliermi davanti a quegli occhi verdi e tremendamente tristi, ma percepivo il suo disagio nel parlare di quella sera e non volevo che soffrisse anche quel giorno.
Tornai a guardare il menù appena vidi il suo viso distendersi in un sorriso, e il mio cuore minacciò di scoppiarmi nel petto.
- Aspetta! - Esclamò lei di punto in bianco con un misto di paura e angoscia stampato sul volto, facendomi quasi saltare dalla sedia.
- C-cosa? - Chiesi spaventato.
- Tu non sei vegetariano, vero? - Sembrava così preoccupata.
Mi ci vollero alcuni istanti per capire bene cosa mi aveva chiesto, istanti in cui assunsi prima un'aria di completo smarrimento e poi scoppiai a ridere come un deficiente, coprendomi la bocca con una mano per evitare di infastidire le altre poche persone presenti nel locale.
- Cosa c'è? - Chiese lei, sorridendomi.
- No, è che... Sembravi così preoccupata, pensavo ti fossi ricordata di un impegno o altro, e invece... - Partii di nuovo a ridere il che a quanto pare divertiva anche lei.
- Certo che ero preoccupata! Se tu fossi stato vegetariano avrei completamente sbagliato posto! - Disse ridacchiando - Ma mi pare di aver capito che non lo sei. - Aggiunse.
Riuscii finalmente a ricompormi e a schiarirmi la voce - No, non lo sono. - Scossi appena la testa, continuando a sorridere.
- Meglio così. - Disse sorridendo e chiudendo il suo menù.
Poco dopo arrivò una cameriera per prendere le ordinazioni: prendemmo un paio di bottigliette d'acqua, due porzioni di patatine fritte e due panini, lei un hamburger classico e io un doppio cheeseburger, giusto per fare il "pozzo senza fondo" ogni volta.
Il servizio era veloce e i panini arrivarono subito.
- Mmh questo devi assaggiarlo, è buonissimo! - Disse Hayley con la bocca piena, dopo aver dato un paio di morsi all'hamburger.
Mi allungò il panino e io mi sporsi per prendere un morso. Annuii mentre masticavo, sollevando un pollice di approvazione.
- Assaggia questo. - Dissi mentre le passavo il mio cheeseburger, dal quale prese un morso.
Annuì - Si, se non fosse così grande l'avrei preso sicuramente. - Disse, di nuovo con la bocca piena.
Sorrisi - Ehi non farmi sentire l'affamato di turno! Anche tu non scherzi! - Ribattei.
Lei ridacchiò, portandosi una mano davanti alla bocca - Devo tenermi in forze, ho un tour da portare avanti! Tu che scusa hai? - Chiese divertita.
- Io devo organizzare il tuo tour! - Risposi indicandola.
Scoppiammo a ridere entrambi, rischiando di strozzarci con i nostri stessi panini.
Non mi ero mai sentito così a mio agio con qualcuno, non dopo così poco tempo almeno. Lei era di una semplicità, di una simpatia e di una bellezza uniche, era quella la Hayley alla quale avevo rovesciato un cappuccino addosso e che invece di arrabbiarsi mi aveva sorriso, sapevo che prima o poi avrei ritrovato quella ragazza, ormai non pensavo neanche più al fatto che lei fosse una star di fama internazionale.
Non facemmo che ridere e scherzare per tutto il pranzo, nessuno si azzardava a parlare di cose minimamente tristi o problematiche, solo a mangiare e a ridere. Era incredibile come una ragazzina così piccola riuscisse a mangiare così tanto. E pensare che non la vedevo mai alla caffetteria, ero arrivato a credere che vivesse d'aria!
Il fatto che tra un boccone e l'altro scoppiassimo a ridere non rendeva felici i pochi clienti seduti vicino a noi ma, sinceramente, credo che avessero tutti bisogno di un clistere di felicità. E poi non ci pensavo nemmeno a smetterla, mi piaceva troppo quando lei rideva o anche solo sorrideva: le si illuminava il volto e le si formavano un paio di fossette agli angoli della bocca che mi facevano impazzire.
- Cavolo, sono davvero pieno! - Esclamai quando finalmente buttai giù l'ultima patatina fritta, ma lei non sembrava affatto provata da quel pranzo di dimensioni bibliche.
- Era da tanto che non mangiavo così. - Disse lei con aria quasi soddisfatta.
- Come conoscevi questo posto? - Chiesi guardandomi intorno.
- Quando siamo in tour è normale visitare le città nelle quali ci fermiamo. - Rispose mentre si stiracchiava.
- Oh, quindi ogni volta che vi fermate da qualche parte ripulite i ristoranti del posto? - Chiesi ridacchiando.
- Nooo! Solo che... Dobbiamo pur mangiare qualcosa! - Esclamò quasi a volersi giustificare, mi fece ridere.
In quello stesso istante arrivò una cameriera che ci lasciò il conto, Hayley prese lo scontrino e tirò subito fuori il portafoglio.
- Hayley... - Provai a fermarla, ma lei mi interruppe.
- No. Te l'ho già detto. - Ribatté senza neanche guardarmi, mentre cercava i soldi.
Sospirai - Almeno facciamo a metà. - Provai ancora.
- Kurt, non rompere. - Rispose lei con una nonchalance disarmante che provocò in me un sorriso.
Hayley alla fine ebbe la meglio e fu lei a saldare l'intero conto. Uscimmo dal locale, ritrovandoci sul marciapiede deserto di una strada deserta di una città deserta. La cosa positiva del passare il giorno dell'indipendenza in città? Era l'unico giorno dell'anno in cui non c'era anima viva.
Ci incamminammo lungo una strada totalmente a caso, almeno io pensavo fosse così, Hayley sapeva perfettamente dove stesse andando dato che poco dopo arrivammo in un parco.
Si mise su una panchina e io mi sedetti accanto a lei. La guardai con la coda dell'occhio: si era poggiata allo schienale e teneva il viso rivolto verso il cielo, mentre un venticello incredibilmente fresco le accarezzava i capelli colorati.
- Dimmi qualcosa di te. - Mormorò ad un certo punto, senza staccare gli occhi dal cielo.
- Di... Me? - Chiesi confuso e imbarazzato, abbassando lo sguardo sulle mie gambe. Di me... Cosa potevo dire di me? Non c'era niente nella mia vita che valesse la pena di essere raccontato.
- Si, di te. - Ripeté, stavolta guardandomi - Vuoi prima sapere qualcosa di me? Perché potrei aprirti la mia pagina di Wikipedia, a quanto pare hanno scritto anche che ho origini scozzesi, irlandesi e tedesche. - Aggiunse, contando con le dita mentre elencava le sue origini - Io... Non lo sapevo neanche io! - Esclamò infine, guardandomi e sorridendo.
Ridacchiai, di certo era riuscita a mandar via la mia tensione.
- Qualcosa di me, vediamo... - Mormorai, abbassando lo sguardo e assumendo un'espressione pensierosa - A otto anni ho rotto una lavatrice con della plastilina colorata. - Dissi con un'espressione davvero seria, come se quell'argomento fosse qualcosa di davvero molto importante.
- Cosa? - Chiese lei, sconvolta.
- Ok, decisamente un pessimo argomento. - Mormorai abbassando lo sguardo.
- No! Intendevo... Come cavolo hai fatto a rompere una lavatrice con della plastilina? - Chiese ridacchiando e anche io non riuscii a trattenermi.
- Volevo vedere cosa succedeva a lavarla! - Esclamai per giustificarmi - Così ne misi un po' nel cestello, un bel po', e diedi il via. - Scossi la testa.
La sentii ridere, così girai la testa verso di lei.
- Dopo neanche dieci minuti la lavatrice cominciò a fare dei rumori strani, quando andai a controllare c'era acqua ovunque e pezzettini di plastilina spiaccicati qua e là. - Continuai, godendomi la sua risata - Dire che mia madre era furiosa è poco. - Sorrisi e abbassai un po' la testa.
- Eri un bambino vivace. - Disse lei, guardandomi.
- Troppo. Quando nacque mio fratello divenni ufficialmente la pecora nera della famiglia. - Sorrisi, senza neanche rendermi conto di aver nominato Michael.
- Oh, hai un fratello più piccolo! Come si chiama? - Chiese sorridendo.
La guardai per un istante e, notando il suo entusiasmo, abbassai lo sguardo - Michael. -
Ma perché avevo parlato di lui? Non volevo essere risucchiato nel tunnel dei ricordi e dei sensi di colpa, non adesso che lei sembrava aver ritrovato il sorriso.
- Michael. - Ripeté - E' un bel nome. - Aggiunse e mi lasciai scappare un sorriso amaro.
Forse capì che qualcosa non andava o semplicemente preferiva che fossero gli altri a parlare di se, senza dover rispondere ad alcuna domanda, non lo so, fatto sta che non mi chiese più niente.
Notai con la coda dell'occhio che si stava alzando, così sollevai lo sguardo verso di lei.
- Forza andiamo, il giorno dell'indipendenza è ancora lungo. - Disse sorridendo e mettendosi davanti a me, facendomi cenno di alzarmi.
- Dove? - Chiesi guardandola e restando seduto.
Fece spallucce - Non so, improvviso sul momento. - Sorrise mentre si abbassava e mi afferrava una mano - Su, andiamo! - Esclamò tirandomi.
Ridacchiai nel vederla così impegnata nel cercare di alzarmi da quella panchina. Decisi di darle una mano e mi tirai su.
- Sono curioso di vedere cosa ti inventerai. - Le dissi sorridendo e seguendola verso l'uscita del parco.
 



ANGOLO DELL’AUTORE

Hi guys! Prima di tutto volevo spiegare perché ho deciso di dividere questo ottavo capitolo in due parti: principalmente perché mi era uscita una cosa incredibilmente lunga e temevo che, pubblicandola tutta insieme, avrebbe finito per annoiare e basta. E poi, a quanto pare, adesso va di moda dividere le cose in parte 1 e parte 2 (un paio di film a caso: Harry Potter, Hunger Games… Ci sarebbe anche Twilight ma mi rifiuto di considerarlo un film).
Beh, che dire su questa “parte 1”: sembra che Hayley abbia ritrovato il buon umore, sembra una ragazza completamente diversa rispetto allo scorso capitolo ma… Ogni cosa ha un suo perché e ben presto capiremo davvero cosa sta succedendo, perciò non gioite più di tanto :’)
Bene, credo che con questa ultima frase vi abbia fornito un bel po’ di nuove paranoie, perciò vi dico recensite, enjoyatevi ‘sta storia e alla prossima!! :D
Ah, ringrazio come sempre LaylaParamour e Lonni per le recensioni, e incito tutti gli altri a lasciare un commentino... So che ci siete, vi vedo, vi sento, sono come Sauron... Ok, questo è inquietante, perciò alla prossima! :D

Peace.

Ps. Oh, da quanto non mettevo un post scriptum? Ehm, comunque… Gli Operation Ivy erano un gruppo ska punk/punk rock californiano, originario di Berkeley (come i Green Day) e sono stati attivi per circa due o tre anni nella seconda metà degli anni ’80.
La loro canzone più famosa probabilmente è Knowledge, della quale i Green Day hanno fatto una cover.

Pps. La storia sulla plastilina nella lavatrice, beh, è tratta da un’esperienza personale. Non scherziamoci su, non è stata una bella cosa, mia mamma voleva uccidermi davvero :’)


Ppps. Qualche giorno fa ho pubblicato una mini song fic su "Under The Bridge" dei Red Hot Chili Peppers, datele un'occhiata se vi va! (:

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 8 (Parte 2) ***


Uscimmo dal parco e a quanto pare Hayley aveva voglia di camminare perché partì sparata come un razzo verso una meta sconosciuta ma sicuramente lontana.
- Hayley si può sapere dove stiamo andando? Sono secoli che camminiamo! - Dissi ad un certo punto, ormai con il fiatone. Era piccola, ma come correva.
- Tranquillo, manca poco. - Rispose ridacchiando.
- L'hai detto anche venti minuti fa! - Ribattei guardandola e implorando pietà.
Sorrise - Guarda, ci siamo. - Disse indicando una pineta che si affacciava su una spiaggetta bagnata da uno dei grandi laghi degli USA.
- È il lago Michigan? - Chiesi osservando da lontano quell'immensa distesa d'acqua.
Annuì - Si, la notte del quattro luglio vengono sparati dei fuochi d'artificio dal porto, da qui dovremmo vederli. -
La guardai e sorrisi - Sei brava ad improvvisare. - Dissi, distogliendo lo sguardo appena lei si voltò verso di me.
- Grazie, lo so. - Ridacchiò.
Poco prima di raggiungere la pineta Hayley vide un tipo con un carretto che vendeva gelati e, come ogni bambina di venticinque anni che si rispetti, ne volle prendere uno. Con la scusa di comprarne uno anche per me riuscii a pagare il suo, almeno mi sarei sentito meno a disagio per essermi lasciato offrire quel pranzo.
Così ci buttammo sulla sabbia della pineta a mangiare quel gelato, riparandoci dal sole sotto l'ombra di un grande albero.
Parlammo del più e del meno per tutto il pomeriggio, passavamo da argomenti impegnativi come siamo soli nell'universo?, a cose stupide come perché il film di Tomb Raider è così brutto rispetto al videogame? E andava bene così, sembravamo due vecchi amici che non si vedevano da tanto tempo... Almeno finché Hayley non ebbe di nuovo fame.
- Di preciso dov'è che lo metti tutto questo cibo? - Chiesi ridacchiando, mentre la seguivo fuori dalla pineta.
- Smettila! - Rispose ridendo.
- No davvero! Sono curioso. - Continuai a stuzzicarla.
- È solo perché mi muovo molto! E poi sono quasi le venti, sto rispettando perfettamente l'orario dei pasti. - Ribatté con tono divertito.
Quasi le venti? Possibile che avevamo passato l'intero pomeriggio a chiacchierare? Il tempo era davvero volato.
Incredibilmente ritrovammo il tipo con il carretto che ci aveva venduto i gelati, e che a quanto pare preparava anche hot dog. Ne prendemmo un paio e Hayley divorò il suo ancora prima di rientrare nella pineta.
Stavolta superammo gli alberi e ci sedemmo in riva al lago, godendoci un fantastico tramonto.
Diedi un morso al mio hot dog quando ebbi la sensazione di essere osservato. Mi voltai e vidi Hayley che puntava il mio panino.
Non riuscii a trattenere un sorriso, così presi un ultimo boccone e poi le porsi il panino.
- No. Sono a posto, grazie. - Disse lei, mentendo spudoratamente.
- Andiamo. - Sorrisi, agitandole il panino davanti agli occhi. Lei indugiò un po' ma alla fine lo prese e mormorò un "grazie" con la bocca piena. Era adorabile quando faceva così.
Mancavano diverse ore ai fuochi d'artificio e Hayley mi parlò un po' di se: la passione per la musica e per il canto, la nascita dei Paramore, mi raccontò persino del divorzio dei suoi genitori e del fantastico rapporto che aveva con le sue due sorellastre.
Io l'ascoltavo, rapito dalle sue parole e dalla passione nella sua voce quando parlava della musica, di ciò che le piaceva, e avrei voluto dirle "sai, suono anche io, provo esattamente ciò che provi tu ogni volta che prendo in mano la mia chitarra" ma ero troppo timido e troppo ipnotizzato dal suo racconto.
Aveva sofferto molto quando i suoi genitori si erano separati, si era anche dovuta trasferire e, forse, poteva capire ciò che avevo provato io quando avevo perso mio padre e mio fratello, ma... No... Non le avrei detto neanche questo.
- Di dove hai detto che sei? - Mi chiese ad un certo punto.
La guardai - California, sto... A sud di Los Angeles. - Non volevo dirle che ero di Compton, non era un bel posto - Circa un mese fa ho lavorato al vostro palco per uno show al Dodger Stadium, ricordi? - Aggiunsi sorridendole e lei ricambiò, ma entrambi perdemmo il sorriso quando ci ricordammo del "post concerto".
Abbassò la testa - Già, quella volta è stato... - Non continuò, fece una smorfia e poi mi guardò - Potremmo non ricordare più quella notte? Non... È una cosa della quale vado fiera. - Aggiunse guardandomi e sembrava davvero starci male per ciò che aveva fatto, che avevamo fatto, quella notte.
Annuii - Sono d'accordo. - Mormorai abbassando un po' lo sguardo - Cazzata rimossa. - Aggiunsi sorridendo.
Ci furono alcuni istanti di silenzio, nei quali probabilmente ripensammo entrambi a quella festa a Silver Lake. Per quanto mi sforzassi, non potevo rimuovere dalla mia testa quell'immagine di lei completamente nuda e addormentata su di me.
- Quando finiremo il tour potremmo venire a trovarti a LA! - Esclamò, scacciando quei pensieri dalla mia testa - Da quando abbiamo iniziato a registrare l'ultimo album è diventata praticamente la nostra seconda casa. Aaah potrei portare anche le mie sorelline, non sono mai state a Los Angeles! - Continuò, e sembrava davvero entusiasta.
Sorrisi - Certo, perché no, gli farai conoscere Hollywood. - Dissi ridacchiando.
Lei ricambiò - Oh ma tu hai un fratello! Potrebbero conoscersi, magari andrebbero d'accordo! -
Sussultai a quelle parole e abbassai lo sguardo, irrigidendomi appena.
- Hayley. - Mormorai, così piano che neanche io riuscii a sentirmi, e lei ovviamente continuò a parlare di quanto sarebbe stato fantastico se fossero diventati amici.
- Hayley. - Dissi più forte, e allora si fermò e mi guardò.
- Che c'è? - Chiese con quel suo tono pieno d'entusiasmo.
Corrugai appena la fronte e deglutii.
- Mio fratello è morto. - Dissi secco, senza avere il coraggio di guardarla negli occhi.
Silenzio. Sentivo il peso del suo sguardo su di me e non lo volevo, non volevo un altro sguardo pieno di compassione, non volevo compassione, non la meritavo.
- E con lui... Anche mio padre. - Tanto valeva dirle anche di lui. Sollevai un po' la testa verso l'acqua scura del lago.
Ancora silenzio. Trovai la forza di girare la testa verso di lei e di guardarla per alcuni istanti. Il suo viso, il suo bellissimo viso ormai illuminato solo dalla luce della luna alta nel cielo era afflitto dal dolore, e i suoi occhi che erano stati così luminosi per tutta la giornata adesso erano tristi e ricolmi di lacrime.
- Hayley... Scusa, non volevo rattris... - Non riuscii a terminare la frase.
- Com'è successo? - Mi bloccò lei senza interrompere il contatto visivo.
Ma lo feci io, abbassai lo sguardo e corrugai la fronte. Scossi la testa e quando forse trovai il coraggio di parlare si sentì un forte scoppio e il cielo si illuminò di rosso, verde, blu e altri mille colori.
Salvato da dei fuochi d'artificio.
Ci ritrovammo a guardarli completamente in silenzio, con gli occhi incollati al cielo ma la testa altrove.
- Mi dispiace... Davvero. - Mormorò lei ad un certo punto.
Fu l'unico momento in cui distolsi lo sguardo dalla volta celeste, posandolo su di lei. La osservai intensamente per alcuni interminabili istanti, quasi a voler capire cosa le stesse passando per la testa mentre guardava quei fuochi d'artificio.
Tornai anche io a guardare il cielo, finché non rimase solo la luce della luna ad illuminarlo.
Sentii una musichetta provenire dalla tasca dei jeans di Hayley. Mi voltai verso di lei e la vidi mentre tirava fuori il cellulare.
- Pronto? Jeremy! - Esclamò - No, no tranquillo è tutto ok, sono con Kurt... Che non sai chi è. - Continuò e poi si voltò verso di me, guardandomi - Ah, sai chi è? Va bene, va bene stiamo tornando! - Concluse la chiamata e si rimise il telefono in tasca.
- Zio Jerm chiama a raccolta. - Disse forzando visibilmente un sorriso e alzandosi, e io feci lo stesso.
- Com'è che vi conoscete? - Mi chiese mentre lasciavamo la spiaggia.
Le raccontai dell'incontro con Taylor, che poi mi aveva presentato suo fratello Justin, Jeremy, Kat e la piccola Bliss, e del fatto che ogni mattina da quando ci eravamo conosciuti mi offrivano la colazione.
- Tu piuttosto, dov'eri finita in questi giorni? - Chiesi, azzardando quella domanda.
Lei si mise le mani in tasca e abbassò un po' la testa - Te l'ho detto: non sono stati giorni proprio divertenti. - Mi rispose, e sentendo il suo tono di voce afflitto non ebbi il coraggio di chiederle altro.
Finalmente arrivammo al parcheggio dove c'erano i nostri tour bus.
- Non vedo l'ora di buttarmi nella mia cuccetta. - Disse Hayley mentre sbadigliava.
- Come fate a dormire bene in quelle cose lo sapete solo voi. - Borbottai, e lei rise.
- Ci dormo da quando avevo sedici anni, ormai sono come il letto di casa. - Rispose sorridendo.
Ridacchiai e scossi la testa.
- Era da un bel po' che non mangiavo tanto come oggi. - Disse quando raggiungemmo il bus della band.
- Beh, almeno ti ho stimolato l'appetito. - Feci spallucce e sorrisi.
Lei rise - Non intendevo questo! - Esclamò e poi scosse appena la testa - Sono stata bene. - Mormorò abbassando lo sguardo e giuro di averla vista arrossire.
- Anche io. - Risposi abbozzando un mezzo sorriso che ricambiò.
Afferrò la maniglia della porta del bus e l'aprì, ma subito dopo aver fatto i primi due scalini si voltò di nuovo verso di me.
- Aspetta! - Esclamò lanciandosi giù dal mezzo - Dammi il tuo numero. -
Sussultai appena a quella richiesta - Il m-mio numero? - Chiesi stupito.
- Si... Così se per caso un giorno mi ritrovassi con della plastilina nella lavatrice saprei chi chiamare. - Disse con il suo fantastico sorriso stampato in faccia.
Ridacchiai e scossi un po' la testa mentre prendevo il mio cellulare dalla tasca dei pantaloni.
Ci scambiammo i numeri e nello stesso istante in cui riposi il mio telefono, vidi spuntare un Jeremy con uno spazzolino in bocca e un pigiamino degno di un bambino di cinque anni.
- Hayley ti ho sentita, fila a letto! - Esclamò il bassista, facendo sussultare la nanetta - Oh, ciao Kurt. - Aggiunse appena mi notò, e io lo salutai con un cenno della mano.
- Jeremy ma che cavolo hai addosso? - Chiese la cantante, trattenendo a stento le risate.
- Ehi! Guarda che me lo hai regalato tu per natale! - Ribatté il bassista.
- Jerm era un regalo stupido! Sai di quelli che fai per prendere i giro qualcuno? - continuò Hayley.
- È un pigiama! Come può essere stupido!? - Esclamò Jeremy guardandosi, e io non potei fare a meno di scoppiare a ridere di fronte a quel siparietto, seguito a ruota dai due protagonisti.
Hayley sbadigliò, il che ci ricordò che era davvero tardi e che eravamo tutti stanchi.
- Kurt è stato un piacere, ma adesso devo mettere a letto la bimba. - Disse Jeremy, tirando Hayley nel bus che incredibilmente non si lamentò.
- Ah e grazie per essere riuscito a farla uscire dal tour bus per un giorno intero, ormai nessuno ci sperava più. - Aggiunse ridacchiando e spingendo la ragazza con un piede lungo lo stretto corridoio, mentre lui chiudeva la porta, salutandomi.
Ricambiai, abbozzando una risata e sentendo un "'Notte Kurt" piuttosto inconfondibile provenire dall'interno del mezzo.
Tornai al mio bus con un sorrisino felice stampato in faccia.
Ripensai a quella giornata finché non mi addormentai, il che capitò quasi subito dato che non feci in tempo ad infilarmi sotto le coperte che avevo già preso sonno. Ma ero stato bene, davvero, e Hayley... Sembrava sincera quando mi aveva detto che le dispiaceva.

POV HAYLEY

- Com'è che avete passato insieme il quattro luglio? - Mi chiese Jeremy da dietro la porta del bagno.
- Così. Io ero sola, lui era solo e siamo andati a fare un giro. - Risposi mentre mi cambiavo i vestiti per la notte.
- Così... Neanche vi conoscevate e avete passato il quattro luglio insieme. -
A quelle parole sussultai. Loro non sapevano di Los Angeles e non sapevano che Kurt era intervenuto tra me e Chad.
- B-beh, ci siamo conosciuti oggi. - Risposi, cercando di contenere la tensione nella mia voce.
Silenzio. Aspettai alcuni istanti, ma Jeremy non diceva più niente e temevo che stesse pensando a qualche altra domanda scomoda.
- Dove siete stati oggi con la bambina? - Chiesi prima che lui potesse dire qualsiasi altra cosa, sapevo quanto gli piaceva parlare di Bliss e di sua moglie, così avrei avuto il tempo per finire di prepararmi.
E così fu, Jeremy partì a raccontarmi la sua giornata e io lo ascoltai con il sorriso sulle labbra… Almeno finché lui non capì il motivo di quella domanda.
- C’hai provato Hayley! - Esclamò, e non potei trattenere una piccola risata.
- A far cosa? - Chiesi, fingendo di non aver capito.
- A cambiare argomento! - Continuò lui con il suo tono da adorabile zio rompiscatole.
- Non so di cosa tu stia parlando. - Ribattei ridacchiando e finalmente uscii dal bagno.
Me lo ritrovai davanti che mi fissava con i suoi occhi azzurri. Lo guardai di rimando, provando a capire cosa stesse cercando di fare.
- Almeno vi siete divertiti? - Mi chiese infine.
- Si. Abbiamo visto i fuochi dalla spiaggia. - Risposi sorridendo.
Lo superai e raggiunsi la mia cuccetta, buttandomi finalmente sotto le coperte e lui mi imitò.
- Ehi... Ma Taylor? - Chiesi notando che la sua cuccetta era vuota.
- Non lo so, avrà rimorchiato qualche ragazza. - Rispose il mio bassista.
Non aggiunsi altro, solo mi fermai a pensare a Taylor e a come fosse diverso da Jeremy: lui non sarebbe mai riuscito a perdonarmi.
- Buonanotte Hayls. - Mormorò Jeremy, poco prima di spengere la luce spegnendo la luce.
- Buonanotte Jerm. - Risposi, anche se avevo la testa completamente da un'altra parte.
Mi ritrovai a fissare la cuccetta vuota di Taylor. Taylor. Il mio riccioluto e silenzioso amico. Chissà se eravamo davvero ancora amici.
Ma no, non volevo rovinarmi il sonno con quei pensieri, era stata una bella giornata, da tanto, troppo tempo non stavo così bene con qualcuno. Kurt era un bravo ragazzo, era dolce e... Temevo che il suo passato fosse ancora più oscuro del poco che mi aveva detto. Ma non importava, volevo sapere di più su di lui, quel ragazzo mi interessava.
Mi addormentai, pensando al fatto che l'indomani saremmo dovuti salire di nuovo sul palco.
 



ANGOLO DELL’AUTORE

Sbaaam! Ed ecco The Paramore Saga: Chapter 8 (Part II). Che titolo da bimbominkia… Ma comunque: non ho molto da dire sul capitolo, solo che riprende esattamente da dove ci eravamo lasciati e che Kurt ha rivelato ad Hayley di aver perso due membri della sua famiglia (brace yourself, sad moment is coming).
Ma pensateci voi a dirmi come avete trovato questa seconda parte con un bel commentino!
Ringrazio Lonni per la recensione e vi dico: alla prossima!! :D

Peace.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 9 ***


POV Hayley

C'era un fastidioso ticchettio che mi rimbombava nelle orecchie. Mi girai dall'altra parte, nella speranza che smettesse.
Niente da fare.
Mi misi a pancia in su e aprii gli occhi. Allora non l'avevo sognato, c'era davvero qualcosa che picchiettava ripetutamente sul bus.
Piove... Fantastico, pensai sospirando.
Mi girai di nuovo su un fianco: Jeremy dormiva ancora e a quanto pare era rientrato anche Taylor, che era collassato nella sua cuccetta con ancora i vestiti della sera prima addosso. Ma a me il sonno era passato.
Saltai giù dalla cuccetta e atterrai in una specie di palude.
- Cavolo! Ragazzi sta piovendo dentro al bus! - Esclamai, svegliandoli entrambi nel peggior modo possibile.
Taylor scattò a sedere e sbatté la testa contro il soffitto della cuccetta.
- Aaaah! Fanculo! - Urlò il riccioluto, mentre cercava di scendere dal letto - Hayley che hai da urlare? - Chiese mentre si teneva una mano sulla testa e poggiava i piedi a terra - Ma che cazz... E' tutto allagato! - Esclamò quando sentì l'acqua sotto ai piedi.
- E' per questo che ho urlato. - Risposi, cercando l'interruttore della luce.
- Che succede? - Mormorò Jeremy, che evidentemente si era svegliato soltanto adesso.
- Stiamo imbarcando acqua, ecco che succede! - Rispose Taylor, mentre io finalmente raggiunsi l'interruttore.
- Ok, niente panico, chiamiamo qualcuno che sistemi questo casino e usciamo di qui. - Dissi guardandomi intorno e chiedendomi come diavolo avesse fatto ad entrare tutta quell'acqua.

Dopo neanche venti minuti eravamo già fuori dal bus e all'asciutto in uno dei camerini del backstage, che a quanto pare era stato utilizzato come riparo per le varie attrezzature audio per la serata, comprese le casse contenenti i bassi di Jeremy e le chitarre di Taylor.
Ci buttammo su un divano presente nella stanza e accendemmo la tv, dando il via allo zapping estremo delle sette del mattino, dato che a quell'ora non c'era un accidente in tv.
Io, come sempre, seduta in mezzo al mio bassista e al mio chitarrista, uno più assonnato dell'altro. Jeremy praticamente stava ancora dormendo e Taylor... La rabbia con la quale premeva i tasti del telecomando mi faceva capire più che bene che ancora non gli era passata, e che stare con me nella stessa stanza lo infastidiva.
- Vi prego, qualcuno si inventi qualcosa da fare. - Si lamentò Jeremy, accompagnato da un rumoroso sbadiglio.
- Tipo cosa? - Sbuffò Taylor mentre spengeva la tv, ormai rassegnato all'idea che non avrebbe trovato alcun programma o cartone animato degno di essere visto.
- Non lo so... Hayley chiama qualcuno! - Continuò Jeremy con il suo lamento di morte.
A quella richiesta mi voltai verso di lui - Jeremy siamo nel Wisconsin, chi vuoi che conosca nel Wisconsin? -
- Aaaah non lo so! Sei tu quella che ha sempre i numeri di tutti! - Sbadigliò di nuovo.
Sospirai e abbassai lo sguardo sulle mie mani che tamburellavano svogliatamente sulle mie gambe, quando...
- Ok, forse qualcuno c'è. - Esordii, lasciandomi scappare un sorriso e prendendo il cellulare.

POV Kurt

Stava per cominciare un'altra giornata di lavoro e quella mattina, malgrado l'usuale sveglia in stile raid militare, ero stranamente di buon umore. Forse perché con la testa ero ancora al giorno prima, o forse perché non mi ero accorto che pioveva come se non ci fosse un domani.
Me ne resi conto appena cercai di scendere dal bus insieme agli altri ragazzi, e ci ritrovammo tutti pigiati sull'ultimo scalino a chiederci se fosse una buona idea uscire e chi dovesse andare per primo.
- Secondo me è meglio restare qui. -
- Certo, per farci licenziare! -
- Beh, allora esci tu per primo. -
- Col cavolo! Ma hai visto che diluvio? -
Erano minimo dieci minuti che andava avanti questa storia ed io ero tornato alla mia cuccetta per prendere una felpa. Mentre la cercavo sentii un suonino provenire dalla tasca dei miei jeans.
Un messaggio? Chi può essere a quest'ora?, mi chiesi mentre tiravo fuori il cellulare.

Ore: 07.35
Da: Hayley

Ehi dormiglione, sei già sveglio? Com'è il tempo là nel parcheggio?

Quando appresi chi era il mittente mi saltò il cuore in gola, ma non riuscii a trattenere un sorrisino divertito leggendo il messaggio.

Ore: 7.36
A: Hayley

Purtroppo si. Piove, mi ricorda l'inizio di The Day After Tomorrow...
Ehi, ma tu che ci fai già sveglia?


Rimasi a fissare lo schermo del telefono finché non mi rispose.

Ore: 7.38
Da: Hayley

In breve: il bus si è allagato e ci siamo dovuti spostare, siamo in un camerino a tentare di non addormentarci l'uno sull'altro... Ti va di raggiungerci?

Di tutto il messaggio l'unica frase che continuavo a rileggere era quel "ti va di raggiungerci?".
Ma che domanda era? Certo che mi andava! Se non fosse stato per il fatto che dovevo lavorare.

Ore: 7.39
A: Hayley

Vorrei, ma... Come faccio a dire al capo "ehi adesso sono impegnato, sto andando dai Paramore!"

Ore: 7.40
Da: Hayley

Ma noi siamo i boss supremi! Kurt Gallagher i tuoi capi vogliono vederti per parlare del pessimo lavoro che stai svolgendo e bla bla bla... Ti prego.

Sorrisi a quel messaggio. Infondo era vero: se il Signor Roberts si fosse accorto della mia assenza sarei potuto uscirmene con "i Paramore avevano bisogno di me".
Si, beh... Era comunque meglio se non si accorgeva di niente.

Ore: 7.41
A: Hayley

Arrivo.

Ore: 7.41
Da: Hayley

Camerino 2  :)

Quasi non feci in tempo ad inviare il mio messaggio che lei mi aveva già risposto.
Mi infilai la felpa alla velocità della luce e poi schizzai fuori dal bus sotto gli sguardi increduli dei colleghi, che ancora non si erano decisi ad uscire.
Corsi verso il backstage dell'arena, nella speranza di bagnarmi il meno possibile, e una volta all'asciutto cominciai a cercare i camerini. Dire che ero fradicio era poco.
- Camerino due, camerino due, camerino due... Camerino due! - Esclamai appena lo trovai.
Restai per alcuni istanti a fissare la maniglia della porta, mentre le mie paranoie minacciavano di prendere il sopravvento: "ok, in quella stanza ci sono i Paramore, tutti e tre... E io sono nelle stesse condizioni del mostro della palude, magari con qualche alga di meno".
Bloccai quel delirio prima che fosse troppo tardi e poi bussai alla porta.
- Kurt non importa che bussi! - Sentii esclamare da quello che sembrava Jeremy, così afferrai la maniglia ed entrai, salutando tutti con un cenno della mano e un sorriso timido.
Incrociai lo sguardo di Hayley, che mi sorrise e pietrificò con il suo sguardo. Come faceva ad essere così bella anche di prima mattina?
- Ma sei caduto in una pozza mentre venivi qui? - Chiese Taylor appena mi vide, non riuscendo a trattenere una risata che mi contagiò.
- La vera domanda è come fate voi ad essere completamente asciutti! - Risposi, avvicinandomi quando il chitarrista mi fece spazio, facendomi cenno di sedermi tra lui ed Hayley.
- Abbiamo usato gli ombrelli, cosa che avresti dovuto fare anche tu. - Ridacchiò Jeremy.
Mi sfilai la felpa, restando con una t-shirt, e la poggiai sullo schienale del divano.
- Sicuro che non vuoi qualcosa per asciugarti? Così rischi di ammalarti. -  Disse Hayley mentre mi sedevo accanto a lei.
Feci spallucce - Ma no tranquilla, qua dentro è caldo, tra poco sarò già asciutto. - Risposi sorridendo - Piuttosto, cos'è questa storia che vi si è allagato il bus? - Chiesi, ripensando al messaggio della cantante.
- A quanto pare il bus comincia a risentire degli anni di tour. - Rispose Jeremy - Speriamo solo che non ci lasci a piedi. - Aggiunse sorridendo.
Taylor nel frattempo aveva acceso la tv e aveva cominciato a girare tutti i canali - Che palle! È un'ora che danno le solite stronzate! Ma perché non c'è mai niente di decente! - Esclamò visibilmente irritato, continuando a torturare il telecomando.
Ridacchiai - A quest'ora su Fuse Tv dovrebbero passare qualcosa come i brani che hanno fatto la storia. - Suggerii e lui mise subito su quel canale, alzando il volume e mettendosi seduto per terra, più vicino al televisore, incollandosi letteralmente allo schermo appena apprese che stavano passando un pezzo del maestro Stevie Ray Vaughan.
- Sia lode al cielo! Finalmente ha smesso di martoriare noi e quel povero telecomando! - Esclamò Jeremy, assumendo un tono da profeta biblico... Che poi com'era il tono da profeta biblico?
Fatto sta che Taylor si voltò verso di lui - Ma se fino a due minuti fa eri sul procinto di addormentarti per sempre! -
- Ehi! Io ho una bambina da accudire e suono tutte le sere! - Ribatté il bassista.
Taylor lo guardò quasi stranito - E io cosa pensi che faccia tutte le sere? -
- Ma tu non hai una bambina da accudire! - Rispose Jeremy, indicandolo.
Il "battibecco" continuava e io ed Hayley ce ne stavamo comodamente spaparanzati sul divano a goderci la scena.
- Ma fanno sempre così? - Sussurrai, sporgendomi appena verso di lei.
Ridacchiò - A parte quando siamo sul palco... Si. - Mi fece sorridere.
- Aaaah con te non si può parlare! - Esclamò infine Taylor, alzandosi e avvicinandosi ad una grande cassa posta vicino al divano. La aprì e, incuriosito, mi sporsi un po' per vedere cosa conteneva, scoprendo che quella cassa veniva utilizzata per il trasporto delle sue chitarre. Tra tutte tirò fuori la Fender Jazzmaster con colorazione sunburst, e con molta nonchalance me la passò e mi disse "me la tieni un attimo?".
Presi la chitarra per il manico e, senza smettere di guardarla come se fosse il santo Graal, me la poggiai su una gamba, in corrispondenza dell'incavo inferiore del corpo di essa, mentre Taylor se ne andava in un angolo della stanza alla ricerca di qualcosa.
- E adesso cosa stai cercando? - Gli chiese Jeremy con tono esasperato.
- Un amplificatore, sai, si chiama "chitarra elettrica". - Rispose sarcastico Taylor.
Sorrisi, ma forse più per la chitarra che non avrei mai potuto permettermi e che adesso tenevo in mano, che per i soliti botta e risposta dei due musicisti.
- Eccoci qua. - Disse Taylor quando finalmente trovò un cavo e un vecchio amplificatore da una trentina di watt della Fender.
Lo portò vicino al divano e lo attaccò alla corrente. Mi passò un capo del cavo che collegai alla chitarra, mentre lui attaccò l'altro all'amplificatore.
Lo accese e poi si inginocchiò davanti ad esso per regolare i suoni tramite le manopole poste sulla parte superiore della cassa.
Lo osservai mentre smanettava con quel vecchio Fender e mentre io lottavo contro la voglia di suonare quella stramaledetta chitarra che avevo tra le mani.
- Dammi un accordo di sol... - Disse ad un certo punto - Oh, scusa, magari tu non... - Non gli feci terminare la frase che suonai il sol che mi aveva chiesto.
- Hai il mi cantino un po' scordato. - Aggiunsi, suonando un paio di volte la prima corda e accordandola stringendo la chiave corrispondente posta sulla paletta della chitarra.
Non avevo resistito, le mie mani si erano mosse prima che il mio cervello mi dicesse "ehi, ricordi quella cosa chiamata timidezza dalla quale sei "affetto"? Ecco, se adesso ti chiedono di suonare tu come te la cavi?".
- Ma quindi tu suoni! - Esclamò Taylor, che adesso sembrava felice come una pasqua.
- Kurt! Perché non me lo hai detto? - Chiese Hayley subito dopo, poggiandomi una mano sulla spalla e sorridendomi.
Ok, cominciavo a sentirmi in imbarazzo.
- E' che... N-non ce n'è stata l'occasione... - Mormorai, cercando di giustificarmi.
- Dai suonaci qualcosa! - Esclamò infine Jeremy, al quale avrei voluto strappare la barba.
- Q-qualcosa? Tipo cosa? - Chiesi imbarazzato.
Taylor era euforico - Qualsiasi cosa! -
Riabbassai lo sguardo sulla chitarra - I-io non saprei... -
- Daaai! Kurt non farti pregare! - Disse Jeremy, che andò a sedersi a terra accanto a Taylor, cominciando a fissarmi con insistenza proprio come il chitarrista.
Mi portai una mano dietro al collo, pensando a qualcosa, ma a quanto pare tutto quello che sapevo era andato a nascondersi in un angolo buio del mio cervello, e non voleva saperne di uscire.
- Dai ragazzi, se non vuole lasciatelo stare... Sarà per un altra volta. - Intervenne Hayley, mia salvatrice, che mi diede una pacca sulla spalla, sorridendomi.
Mi voltai verso di lei per un istante e poi riabbassai lo sguardo sui due ragazzi, che sembravano alquanto delusi.
Un'altra volta, sarà per un'altra volta. Ma io non volevo che la mia timidezza vincesse anche su questo, su ciò che amavo e che sapevo fare bene, dovevo solo trovare qualcosa che mi sbloccasse come quando salivo sul palco con la mia band.
E incredibilmente arrivò.
Taylor aveva lasciato la tv accesa e in sottofondo sentii partire una canzone a me molto familiare e che per un certo periodo avevo sentito anche molto vicina.
Chiusi gli occhi e cominciai a suonare sulle note di John Frusciante e sulla melodia di Under The Bridge dei Red Hot Chili Peppers. Non avevo bisogno di un plettro, quella canzone era nata per essere suonata con le dita, che le conferivano un suono più morbido e caldo.
Era stata una di quelle canzoni che volli imparare per forza, una di quelle canzoni che già dalla prima volta che le ascolti o le odi o te ne innamori perdutamente... E si capiva bene in quale dei due baratri ero caduto. Il testo, comprensibile fino in fondo solo dai pochi che avevano avuto certe brutte esperienze; la melodia, lenta al punto giusto, con uno stile retrò di certo non appartenente agli anni novanta che aveva sempre caratterizzato quella band.
Ero così preso dalla musica che suonai l'ultimo accordo chiedendomi come avessero fatto a volare in quel modo i quattro minuti e mezzo della canzone.
Socchiusi gli occhi e sollevai lo sguardo, trovando Hayley, Jeremy e Taylor che mi fissavano. Erano seri, sembravano concentrati e io non potevo gestire tutti quegli occhi puntati su di me.
- P-poteva andare? - Chiesi, guardandomi le gambe e picchiettando nervosamente sul corpo della chitarra, abbozzando un sorriso imbarazzato.
Jeremy prese parola - Poteva andare? POTEVA ANDARE? Kurt, se mai faremo una cover di Under The Bridge chiameremo te, dato che a Taylor non riescono alcuni passaggi! - Rise, dando una pacca sulla schiena dell'amico.
- Ehi! E' solo perché ho uno stile diverso! Io... E'... Aaaah al diavolo! - Taylor cercò di ribattere, ma finì solo per incrociare le braccia e assumere un'espressione da bambino offeso.
Non riuscii a non ridere di fronte all'ennesimo siparietto di quei due, anche perché mi sentivo sollevato dal fatto che gli fossi piaciuto.
- Da quant'è che suoni? - Chiese Hayley ad un certo punto.
Mi voltai verso di lei - Da sempre suppongo, quando ripenso a me da piccolo mi vedo a casa dei miei nonni, nel loro salotto, con in mano questa Fender Stratocaster vintage troppo grande per me, con mio nonno accanto che mi insegna a leggere gli spartiti e mia nonna in cucina che ci urla che è pronto da mangiare. - Dissi sorridendo e lasciandomi trasportare per alcuni istanti dai ricordi.
- Tuo nonno è un musicista? - Chiese Jeremy.
Annuii - Lo era. - Sorrisi, abbassando appena lo sguardo - Era un chitarrista blues, riuscì a comprare la sua Stratocaster nel '65 e ogni giorno io lo assillavo perché volevo che ne comprasse una anche a me... E, allo stesso modo, ogni giorno lui mi rispondeva "ti darò questa quando sarai diventato abbastanza bravo!" - Sorrisi, mio nonno mi mancava davvero tanto, era grazie a lui che mi ero avvicinato alla musica... Alla buona musica.
- E alla fine te l'ha data? - Chiese Taylor, guardandomi.
Annuii - Pochi giorni prima che se ne andasse, era... Era come se se lo sentisse, non lo so... Un giorno venne da me con la chitarra e mi disse "preferisco darla a te che portarmela nella tomba", e così fu. - Rimasi in silenzio per alcuni istanti, ricordavo fin troppo bene il giorno del suo funerale: era strano come una persona che per te era immortale... Alla fine non lo era. Quel giorno ero arrabbiato con lui, perché ero uno stupido bambino convinto che suo nonno non lo avrebbe lasciato mai. Avevo perso il mio amico.
Mi resi conto del silenzio che era calato nella stanza, causato dai miei stupidi racconti tristi che non interessavano a nessuno.
Sollevai la testa: Taylor e Jeremy tenevano il capo basso, non so a cosa stessero pensando, su cosa stessero ragionando, ma erano seri e speravo di non averli rattristati. Spostai lo sguardo su Hayley: lei mi guardava, mi studiava con i suoi occhi verdi che mi mandavano in arresto cardiaco ogni volta che incontravano i miei.
Scostai lo sguardo e, come avevo fatto calare il silenzio, decisi di romperlo.
- Quali erano i passaggi che non ti riuscivano? - Chiesi a Taylor, tornando a parlare della canzone.
Sia lui che Jeremy ripresero vita - Non ho detto che non mi riescono, solo non mi vengono bene. - Puntualizzò il chitarrista.
- Si Taylor, come vuoi tu. - Lo prese in giro Jeremy.
Ridacchiai e poi passai la chitarra al suo proprietario, così che potesse mostrarmi dove aveva difficoltà.

Praticamente passammo l'intera mattinata a strimpellare sulle chitarre di Taylor, con Jeremy che ci veniva dietro con uno dei suoi bassi ed Hayley che ogni tanto se ne usciva con qualche pezzo stupidissimo, che cantava imitando i camionisti in autostrada.
Quelli erano i Paramore che avevo sempre immaginato: tre ragazzi che si divertivano e che si volevano bene, magari ciò che era successo fino ad allora era solo il frutto dello stress o di qualche litigio, e adesso erano tornati i tre amici di sempre. Lo speravo, davvero.
- Ragazzi ma avete visto che ore sono? È quasi ora di pranzo! - Esordì Jeremy dopo l'ennesima stupida canzone.
- Cooosa? Ho saltato l'ora del mio caffè!!! - Esclamò Taylor, scattando in piedi.
I due si affrettarono a riordinare i loro strumenti e io gli diedi una mano a riporre gli amplificatori, mentre Hayley si era messa a spippolare con il cellulare.
- Devo correre da Bliss e Kat, saranno ore che mi cercano! - Disse infine Jeremy.
- E io devo prendere un caffè... Un paio di caffè. - Aggiunse Taylor.
Hayley sollevò la testa dal cellulare - Noi nel frattempo possiamo andare alla caffetteria, così prendiamo anche il posto per voi.-
- Buona idea! - Esclamò Jeremy mentre apriva la porta del camerino.
- A dopo! - Salutò Taylor, seguendo il bassista fuori dalla stanza.
Restammo io e quella nana dai capelli azzurri, seduti su un divano nel silenzio più totale.
- Perché non mi hai detto che suonavi? - Chiese ad un certo punto.
Merda, ma perché queste domande, pensai voltandomi verso di lei.
- Te l'ho detto, non ce n'è stata l'occasione... Altrimenti te lo avrei detto. - Risposi, abbozzando un sorriso forzato.
- Sii sincero. - Aggiunse lei.
Sospirai e abbassai lo sguardo - Pensavo che ormai avessi capito che sono uno di poche parole. - Mormorai senza guardarla.
- Solo quando sei a disagio. - Mi disse, e a quelle parole non potei non sollevare lo sguardo verso di lei, giusto un istante.
Era praticamente già riuscita ad inquadrarmi.
- Ti sei sentito a disagio ieri, con me? - Chiese guardandomi.
Scossi la testa, in fondo ero stato bene con lei, più che bene, mi ero aperto più che con qualsiasi altra persona, ma sconfiggere la timidezza era un'altra cosa.
- Temevi che ti giudicassi per il modo in cui suoni? - Un'altra domanda e il suo tono sembrava quasi divertito, come se quella frase fosse davvero una sciocchezza. Ma era proprio quello il punto: avevo paura di non essere all'altezza, anche se sapevo di esserlo.
Sollevai la testa verso di lei, non riuscendo a dire niente, ma evidentemente lei capì tutto dal mio sguardo.
Sorrise - Non sono così superficiale, Kurt... E poi sei bravo, di che hai paura! - Esclamò infine, strappandomi un sorriso.
- Grazie. - Mormorai, abbassando lo sguardo.
- E di che... Adesso andiamo, che se non troviamo posto alla caffetteria ci tocca mangiare per terra. - Disse mentre si alzava e mi porgeva una mano.
L'afferrai e le sorrisi, seguendola verso la porta del camerino.

POV Jeremy

- Hai notato Hayley, vero? - Chiesi, mentre percorrevamo il lungo corridoio del backstage.
Taylor mi guardò stranito - È un po' difficile non notarla con quei capelli. -
Sospirai - Non intendevo questo. -
- E cosa intendevi allora? - Chiese lui, proseguendo verso l'uscita.
Rallentai il passo e mi guardai intorno, finché non mi fermai.
- Jeremy... - Mi chiamò lui, ormai con la mano sulla maniglia di una delle porte del backstage.
- Ieri sera mi ha chiamato Jerm. - Dissi, risollevando lo sguardo verso Taylor.
- O-ok, quindi... Dov'è il problema? - Chiese ricambiando lo sguardo.
Sul mio volto comparve un'espressione che diceva "cosa!?".
- Taylor, hai idea da quanto tempo non mi chiamava Jerm? -
Sospirò e alzò gli occhi al cielo - Era questo che ti turbava tanto? -
Scossi la testa - Tu non capisci! Il concetto è un altro: ieri sera mi ha chiamato Jerm, ieri sera è stata la prima volta che lo vista ridere davvero dopo mesi e mesi! - Esclamai euforico e speranzoso.
Taylor corrugò la fronte - Continua. - Mormorò, lasciando la maniglia, avvicinandosi a me.
- E prima? Siamo stati tutti insieme come una volta, senza litigi o altro. - Aggiunsi, cercando di esprimere un concetto ben preciso.
- Beh, siamo stati costretti dalla pioggia a stare tutti insieme, che non abbiamo litigato... È stata solo fortuna. - Disse Taylor, scettico come sempre.
Io scossi energicamente la testa - Aaah Taylor perché non capisci? -
- Capire cosa? - Chiese lui spazientito.
- Perché Hayley era di buon umore stamani? - Chiesi, aspettando una sua risposta e sperando che c'arrivasse da solo, ma dopo che mi aveva lanciato un'occhiata confusa e che mi aveva fatto spallucce decisi di riprendere il mio discorso.
- Perché Kurt era qui. - Risposi, fiero della mia teoria.
Il chitarrista sollevò un sopracciglio - Kurt. -
- Si. - Sorrisi.
- Perché Kurt era qui. - Disse ancora.
- Esatto. - Risposi senza perdere il sorriso.
- Jeremy... Ma ti sei fatto una canna? - Chiese infine e sembrava anche piuttosto serio.
Lo guardai male - Possibile che non lo capisci? Ieri Hayley ha passato l'intera giornata con quel ragazzo e la sera era felice come una pasqua, stamani lui è venuto da noi e ci siamo divertiti come dei bambini! - Spiegai, guardandolo, ma a quanto pare lui aveva afferrato solo una frase di tutto ciò che avevo detto.
- Aspetta, hanno passato insieme il quattro luglio? - Chiese, confuso.
Sospirai - Si, storia lunga, ma non è questo il punto! - Esclamai.
- Jeremy te ne rendi conto che sono solo delle stupide coincidenze? - Continuò lui, con il suo scetticismo.
- Non sono coincidenze! Quel ragazzo deve avere qualcosa che... Non lo so, qualcosa che riesce a tirar fuori la vera Hayley! - Esclamai, cercando di convincerlo ad ascoltarmi.
Taylor scosse la testa - Non ho intenzione di stare ancora a sentire le tue scemenze. - Disse mentre si voltava e faceva per andarsene.
Abbassai lo sguardo - L'hai vista prendere pillole oggi? - Chiesi, sicuro che si sarebbe fermato.
E così fu: si bloccò e si voltò verso di me, guardandomi senza dirmi niente.
- Perché io no... Anche questa è una coincidenza? - Chiesi, ricambiando il suo sguardo.
Ci furono alcuni istanti di silenzio, nei quali Taylor assunse un'aria pensierosa. Poi prese parola.
- A cosa pensi? - Mormorò.
Sospirai - Penso che dobbiamo parlare con Kurt. - Risposi deciso, annuendo appena.
Forse c'era ancora speranza, anche se si trattava solo di un flebile bagliore, ma dovevamo provarci.

POV Kurt

- Grazie al cielo ha smesso di piovere! - Esclamò Hayley, mentre proseguivamo verso la caffetteria - Non mi andava proprio i esibirmi sotto l'acqua. - Aggiunse sbuffando.
Ridacchiai a quelle parole e stavo per dirle qualcosa... Se solo un ometto calvo, con gli occhiali di John Lennon, non avesse deciso di rovinarmi la mattinata.
- GALLAGHER!!! - Sentii urlare da un punto imprecisato del parcheggio, e un istante dopo il signor Roberts spuntò da dietro un bus.
- Dove diavolo sei stato per tutta la mattina??? - Urlò ancora, avanzando verso di me come un rinoceronte impazzito.
Merda, merda, merda, merda!, quello fu il mio unico pensiero.
- S-signor Roberts, posso spiegare... - Mormorai, indietreggiando appena e sollevando le mani in segno di resa, mentre Hayley si era fermata e ci stava guardando entrambi.
- Non me ne frega un cazzo delle tue scuse! - Esclamò, arrivandomi praticamente davanti al viso e puntandomi un dito sul petto.
- Vieni pagato per un lavoro e ci si aspetta che tu lo svolga quel lavoro! Intesi? - Continuò, picchettandomi più volte quel dito sul petto. Avrei voluto spezzarglielo.
- S-si, mi dispiace... - Tenevo lo sguardo basso e la paura di venire licenziato minacciava di impossessarsi di me.
E lui continuava ad infierire - Te l'ho già detto: alla prima cazzata sei fuori! E questa è stata la tua prima e ultima ca... -
- Ok, direi che può bastare. - Intervenne Hayley, con la quale non sarei mai riuscito a sdebitarmi.
Il signor Roberts si voltò verso di lei e così feci io, decisamente incredulo.
- Signorina Williams, se i dipendenti cominciano a fare ciò che vogliono... - Hayley lo interruppe di nuovo.
- Era con me, era con la band... È tutto ok. - Aggiunse con una calma assurda, riuscendo finalmente a zittire Mr. Frustrazione.
Ci furono alcuni istanti di interminabile silenzio. Alla fine il pelato si voltò verso di me, rosso dalla rabbia e, dopo avermi puntato per l'ennesima volta l'indice sul petto, mi salutò con un "stavolta ti è andata bene" e se ne andò.
Restai impalato per diversi secondi, con un'espressione terrorizzata e allo stesso incredula sul volto.
- G-grazie. - Riuscii a mormorare, infine.
La sentii ridacchiare - Te l'ho detto, noi siamo una specie di boss supremi. -
La guardai e non riuscii a trattenere un sorriso.
- Com'è che gli stai tanto antipatico? - Mi chiese mentre mi faceva cenno di seguirla.
Feci spallucce - Non so, forse perché il primo giorno di lavoro arrivai spudoratamente in ritardo. - Abbozzai un sorriso.
- Devi esserti impegnato molto per tardare il primo giorno. - Ridacchiò ed io feci lo stesso.
A dire il vero, una mezza idea sul perché gli stavo tanto sul cazzo ce l'avevo: diceva di sapere del mio passato, forse non voleva avere soggetti "complicati" nella sua squadra di lavoro... O forse era solo stronzo.

Prendemmo posto ad un tavolo della caffetteria, dove era stato allestito il buffet per il pranzo, e poco dopo ci raggiunsero anche Taylor e Jeremy, seguiti da Justin, Kat e la bambina.
Il pranzo fu tremendamente silenzioso e contornato da qualche strana occhiata tra Jeremy e Taylor, che poi si voltavano e mi guardavano di sottecchi. Dire che mi sentivo a disagio era poco.
Sembrava che tra me ed Hayley ci fosse una sorta di sfida a chi riusciva a stare più in silenzio, e in confronto al giorno precedente praticamente non toccò cibo. Beh, magari preferiva tenersi leggera i giorni dei concerti.
L’intero pomeriggio fu di una noia mortale: la band aveva il soundcheck e poi il meet & greet, e io mi ritrovai a vagare tra il parcheggio e il backstage alla ricerca di qualcosa da fare, ma a quanto pare quello era l’unico giorno in cui tutto era allestito perfettamente e nessuno aveva bisogno di una mano.
Tirai un sospiro di sollievo quando arrivò l’ora del concerto. Perlomeno mi sarei goduto lo show, avrei passato come sempre le chitarre a Taylor e infine li avrei accolti nel backstage con asciugamani e bottigliette d’acqua.
- Poteva andare? - Mi chiese Hayley quando le passai il suo asciugamano e la sua bottiglietta.
Sorrisi quando mi tornò in mente che avevo chiesto la stessa cosa dopo la mia “esibizione” di quella mattina.
- Si, decisamente si! - Dissi forse con troppa euforia e annuendo energicamente.
Sorrise - Sono felice che ti sia piaciuto. - Aggiunse, guardandomi con i suoi occhioni verdi.
- Come poteva non piacermi!? - La guardai come per dire “ma sei matta?”
Ridacchiò e stava per dire qualcosa… Se non fosse stato per il nostro amico pelato.
- Gallagher comincia a smontare le attrezzature audio. - Disse, passandomi alle spalle come una cavolo di presenza inquietantissima.
Ebbi un brivido lungo la schiena sentendo il suono irritante della sua voce, e non potei non alzare gli occhi al cielo e sbuffare. Hayley mi sorrise e mi diede una pacca su un braccio.
- Dai, ti lascio al tuo lavoro, non voglio metterti nei guai… E se io non corro a farmi una doccia rischio di prendere un accidente. - Mi sorrise e sono più che certo che in quel momento sulla mia faccia c’era un’espressione che diceva no ti prego, tu non mi metti nei guai… Non lasciarmi qui a sgobbare.
- D’accordo… Ci vediamo domani. - Mormorai sorridendole, e lei ricambiò.
- ‘Notte Kurt. - Rispose, e per capire ciò che accadde subito dopo mi servirono alcuni istanti. Lei si mise in punta di piedi, si sporse verso di me e mi posò un bacio sulla guancia, dandomi l’ennesimo buon motivo per passare la notte insonne.
Si allontanò con i suoi capelli azzurri tutti sudati e con i suoi orribili pantaloni da box, che addosso a lei stavano comunque troppo bene, ed io mi misi a lavoro con un sorrisino ebete sulle labbra, sorrisino che tenni finché non raggiunsi il mio bus e non mi misi sotto le coperte, cercando di non buttar via le mie ore di sonno per uno stupido ed insignificante bacio sulla guancia.




ANGOLO DELL’AUTORE

Ehilà gente, ben ritrovati!
Che posso dire sul capitolo? Mi è uscito tremendamente lungo e spero solo che non vi annoi.
Per il resto: parla di una mattinata passata a strimpellare con i Paramore, cose che capitano tutti i giorni insomma. E sembra che Taylor e Jeremy abbiano in mente qualcosa, ma dovrete aspettare il prossimo capitolo per sapere cosa!
Kurt ed Hayley si stanno avvicinando e il nostro protagonista comincia ad aprirsi, almeno un po’.
Spero di non essermi dimenticato niente, in caso contrario spunteranno i miei soliti post scriptum dopo gli usuali ringraziamenti e intimidazioni per recensire :’)
Ringrazio Lonni per la recensione e faccio un grande in bocca al lupo a LaylaParamour.
Bene, ragazzi e ragazze, lasciatemi un commentino e ci becchiamo il prossimo weekend!

Peace.

P.s. L’avevo detto che avrei messo dei post scriptum… Ma comunque: Stevie Ray Vaughan è stato uno dei più grandi chitarristi blues che l’umanità abbia mai avuto. I suoi pezzi più famosi probabilmente sono Pride And Joy e Texas Flood, dateci un’ascoltatina se vi va :)

P.p.s. Le Fender Stratocaster e Jazzmaster sono modelli di chitarra elettrica (della Fender appunto), anche se la Jazzmaster di Taylor è una sua custom… In parole povere non ha niente della Fender, se non il nome, perché i componenti originali e particolari della chitarra non gli permetterebbero di suonare il genere musicale dei Paramore.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 10 ***


Il senso di déjà vu che mi colpiva praticamente ogni mattina dall'inizio del tour era frustrante: sveglia all'alba che, come sempre, comprendeva colpi a ripetizione sulla porta del tour bus con un contorno di qualche frase che sottolineava la nostra pigrizia e inadeguatezza per quel lavoro. Poi scivolavamo tutti fuori dalle nostre cuccette come degli zombi e, una volta pronti, uscivamo dal bus e andavamo a fare colazione, sbadigliando.
Quella mattina non fu diverso, se non per il fatto che ad accogliermi alla caffetteria c'erano solo Taylor e Jeremy.
- 'Giorno. - Mormorai, stropicciandomi un occhio e sedendomi al loro tavolo.
- Ciao. - Mi dissero in coro, con uno strano tono e con poco entusiasmo.
Sollevai lo sguardo verso di loro, chiedendomi se fosse solo una mia impressione o se qualcosa non andava.
- E gli altri? - Chiesi, riferendomi a Kat, Justin e, anche se non faceva mai colazione con noi, ad Hayley.
- Justin si è alzato presto, ha detto che voleva andare a correre... Vallo a capire. - Rispose Taylor, prendendo un sorso dal suo usuale bicchierone di caffè e passandomi il mio. Non mi sarei mai abituato a questo.
- La bambina incredibilmente dormiva ancora e Kat ne ha approfittato per riposare un po' di più. - Disse Jeremy, mentre dava un morso ad una delle sue usuali tre brioche.
Lo vidi spostare lo sguardo su Taylor, che ricambiò, lanciandogli un' occhiata d'intesa. Si, decisamente qualcosa non andava.
- Kurt... - Cominciò Jeremy - Dobbiamo parlarti. -
Il mio cuore si fermò per un istante. Cos'era successo? Cosa avevo fatto? Perché erano entrambi così seri?
- Di Hayley. - Aggiunse Taylor.
Adesso cominciavo a preoccuparmi - Hayley? - Chiesi confuso. Che era successo ad Hayley? Le avevo detto o fatto qualcosa di sbagliato? Maledette paranoie.
- Si, di Hayley. Avete... Passato insieme il giorno dell'indipendenza. - Riprese Jeremy.
Annuii appena - S-si, io, noi... Abbiamo visto i fuochi. - Mormorai guardando il bassista.
- Lei com'era? - Jeremy mi guardò e io inizialmente non capii dove volesse andare a parare.
- Era tranquilla? A volte ti è sembrato che avesse la testa tra le nuvole? Non ha preso delle... Pillole? - Continuò Taylor e vidi perfettamente Jeremy che gli tirava una gomitata ad un fianco.
Corrugai la fronte. Pillole. Quindi loro sapevano delle sue pillole, ma... Perché tutte quelle domande su di lei?
- Kurt. - Jeremy mi chiamò, scacciando quei pensieri.
- No! - Esclamai sollevando lo sguardo verso di loro - Lei era... Solare, ci siamo divertiti. - Mormorai, analizzando le loro espressioni appena risposi.
Ci fu un silenzio interminabile.
- Ragazzi... Che sta succedendo? - Provai a chiedere, rompendo il silenzio.
Jeremy sospirò - A questo punto... Mi sembra giusto che tu lo sappia. - Sollevò lo sguardo verso di me.
- Che io sappia cosa? - Chiesi sempre più confuso, spostando lo sguardo su Taylor appena prese parola.
- Kurt, è importante che tu non ne faccia parola con nessuno. - Disse il chitarrista, guardandomi - Neanche con Hayley stessa. - Aggiunse.
- I-io non lo farò, ho la bocca cucita. - La tensione di quel momento mi stava uccidendo.
Jeremy sospirò ancora e dopo altri istanti di silenzio prese parola.
- Hayley... Non è un bel periodo per lei. - Cominciò, dando un'occhiata intorno e abbassando il tono della voce - Lei... Le sono successe molte cose nell'ultimo anno, ha accumulato molta tensione e non riuscendo più a gestirla... Ha... - Si bloccò, e Taylor continuò.
- Ha cominciato a prendere delle pillole per regolare e controllare tutte le sue emozioni. - Disse il riccioluto, guardando il suo amico che evidentemente non riusciva a parlarne senza starci male.
Come ormai sospettavo, quella dei concerti era solo una scusa per giustificare l’assunzione di quelle pillole.
- Lei però non è più la stessa... - Riprese Jeremy, passandosi una mano tra i capelli - Non so se la colpa è di tutto questo susseguirsi di eventi che l'hanno travolta, o di quelle pasticche, o... -
- O di Chad Gilbert. - Intervenne Taylor con un tono di completa disapprovazione che non potei non notare. Jeremy lo guardò male e dopo una piccola pausa riprese il suo discorso.
- Fatto sta che non è più Hayley, la nostra Hayley. Non ci parliamo quasi più, l'energia che l'ha sempre caratterizzata sembra essere scomparsa, certe volte salta persino i pasti e spesso e volentieri si scollega dal resto del mondo, e quando torna in se è più triste di prima... - Mormorò Jeremy, tenendo gli occhi puntati sul tavolo, ma ancora una volta non riuscì a finire e Taylor intervenne in suo soccorso.
- Kurt, Hayley è sul punto di essere inghiottita da una sorta di depressione e per molti potrebbe sembrare una stupidaggine, ma non lo è, e... Non sappiamo davvero come comportarci. - Disse il riccioluto, guardandomi.
Sapevo fin troppo bene cos'era la depressione, mia madre ne era caduta vittima e davvero non credevo che anche Hayley ne soffrisse. Malgrado le sue pillole, malgrado ciò che era successo con il suo ragazzo... Nei giorni precedenti era sembrata così solare e sorridente.
Ma... Perché mi dicevano tutto questo? Io cosa c'entravo?
- Sarà stato da un anno che non la vedevo felice come la sera del quattro luglio, o come ieri mattina. - Disse Jeremy - Mi sono quasi preoccupato, anche se ormai i suoi alti e bassi ci fanno compagnia da molto tempo, di solito quando ha uno sbalzo d'umore così grande poi torna a deprimersi ancora più di prima. - Aggiunse il bassista.
Abbassai lo sguardo sul tavolo con un'espressione confusa e incredula stampata sul volto. Tutto cominciava ad avere un senso per niente positivo. Capivo il suo comportamento, capivo come non riuscisse a fare a meno delle sue pillole e adesso comprendevo perfettamente la preoccupazione dei suoi amici.
- Davvero non... Non la vedevate felice da così tanto tempo? - Chiesi in un sussurro, tenendo lo sguardo basso, preoccupato. Non avevo idea di quanto potesse buttarsi giù quella ragazza, ne di quanto potesse esprimere la sua felicità.
Jeremy annuì - Sai da quanto non vedevamo il suo sorriso? Il suo vero sorriso. -
- Kurt abbiamo bisogno del tuo aiuto. - Aggiunse Taylor di punto in bianco.
Ecco perché mi stavano raccontando tutte quelle cose.
Sussultai - C-cosa? C-come potrei aiutarvi? - Chiesi, quasi spaventato da quella richiesta.
Il chitarrista scosse la testa - Non lo so, davvero non lo so, ma ci siamo resi conto che sei l'unico che è riuscito a farla svagare dopo non so neanche quanto tempo, e se è vero che sono ben due giorni che non tocca le sue pillole... Beh, allora sei la nostra ultima speranza. - Disse annuendo, seguito da Jeremy.
Ultima speranza? Io? Riuscivo a malapena a prendermi cura di me stesso, come potevo aiutare qualcun altro in una situazione come quella?
- I-io... - Mormorai corrugando la fronte - Non sono uno psicologo, non... Non so cosa si deve fare in queste situazioni. -
Li vidi sorridere - Proprio gli psicologi non sono riusciti ad aiutarla, a noi non ne serve un altro. - Disse Jeremy.
- Ti prego Kurt. - Aggiunse Taylor.
- Ma... Cosa dovrei fare? Come potrei aiutarla? Ragazzi, davvero, non... - Non riuscii a terminare la frase, era tutto troppo assurdo.
- Sii suo amico, non dovrebbe esserti difficile, sembra che voi due andiate d'accordo e... Forse è solo questo che le serve. - Jeremy sorrise.
- Siete voi i suoi amici. - Mormorai.
- Noi siamo più di amici, siamo praticamente suoi fratelli, ma... A quanto pare abbiamo fallito anche in questo. - Rispose il bassista.
Sollevai lo sguardo verso di lui a quelle parole.
Mi stavano davvero chiedendo una cosa del genere? Essere suo amico, ok questo potevo farlo, ma mentirle, fingendo di non sapere niente della sua malattia, perché questo era la depressione: una malattia silenziosa che colpiva fin troppe persone... Come mia madre, che non ero riuscito ad aiutare. Perciò ecco quanto: avevo paura.
- Dovrei mentirle. - Mormorai, abbassando lo sguardo.
- No, non lo farai, non dovrai neanche pensare al suo problema... Perché questa conversazione non è mai avvenuta. - Disse Taylor.
- Taylor, questo è mentire. - Lo riprese Jeremy, sospirando, e poi mi guardò.
- Si, dovrai, ma per il suo bene. - Corresse il bassista - Se scoprisse che ci siamo noi dietro a tutto questo... Non so cosa farebbe. -
Silenzio. Il mio cervello rischiava di implodere per tutti i pensieri che ci giravano all'interno: alcuni mi dicevano di non accettare, ma se non lo avessi fatto non me lo sarei mai perdonato; altri mi dicevano di accettare, ma se avessi sbagliato, se avessi fallito non me lo sarei perdonato comunque.
Tanto valeva provarci.
- Ci... Posso provare. - Mormorai, tenendo lo sguardo basso - E se lei vorrà parlarmi del suo problema... Fingerò di non sapere niente. - Aggiunsi, risollevando lo sguardo verso i due.
Sorrisero - Grazie. - Dissero in coro.
Presi un lungo sorso di caffè ormai schifosamente freddo, ma poco importava, ne avevo bisogno.
- Posso farti una domanda? - Esordì Jeremy ad un certo punto.
Sollevai lo sguardo dal mio caffè e annuii.
- Tu ed Hayley vi conoscevate già? - Chiese guardandomi - Insomma, due estranei che passano insieme un'intera giornata... Hayley non è mai stata brava a mentire. - Abbozzò un sorriso, mentre io sussultai.
Da dove dovevo cominciare? Dal cappuccino rigorosamente rovesciato sulla sua maglietta? O da quella notte a Silver Lake? Magari da quando avevo scoperto delle sue pillole oppure da quando l'avevo sottratta dalle grinfie di Chad.
Già, Chad Gilbert, non avrei mai dimenticato la sua faccia da stronzo e il tono con il quale Taylor aveva pronunciato il suo nome, inserendolo tra i motivi per i quali Hayley stava così male. Dovevo saperne di più.
- Quanto c'entra il suo ragazzo con il suo malessere? - Chiesi sollevando lo sguardo verso di loro. Si lanciarono un'occhiata.
- Diciamo... Per una buona parte. - Mormorò Jeremy, tornando a guardarmi.
Sospirai - Qualche sera fa passai davanti al camerino di Hayley, sentii la sua voce, sembrava in difficoltà... - Mi bloccai per alcuni istanti - Quando entrai stava per scoppiare in lacrime e Chad era su di lei... Le bloccava i polsi e... E non era un giochino erotico, ecco. - Spiegai, sotto gli sguardi increduli e pieni di rabbia dei due musicisti.
- La prossima volta che lo vedo lo ammazzo! - Esclamò Taylor e Jeremy gli poggiò subito una mano su una spalla per cercare di calmarlo.
- Taylor. - Lo richiamò.
- No! È tutta colpa sua e tu lo sai bene! Sta male da quando ha scoperto che la tradiva! - Continuò il chitarrista.
- Cosa? Lui la tradiva? - Chiesi, guardandoli.
- E la tradisce ancora! - Esclamò Taylor.
- Taylor! - Jeremy lo richiamò di nuovo e gli fece cenno di stare zitto e di smetterla.
- Hayley lo ha scoperto quasi un anno fa. - Cominciò il bassista - Era un brutto periodo per lei e quello fu il colpo di grazia che fece cominciare tutto... Hanno rotto per un po', ma Chad ha sfruttato questo suo stato confusionale per riprendersela, e da allora è stato tutto un casino. - Sospirò - Hayley scopriva che aveva una nuova amante e lo cacciava via, ma poco dopo lui se ne usciva con regali e frasi sdolcinate, e lei... Era così fragile che non riusciva a dirgli di no. - Scosse la testa - Abbiamo cercato di spiegarle che non l'amava, che la stava solo usando e che lei non era nella condizione per riuscire a capirlo da sola... Ma non voleva ascoltarci, ci mandò entrambi a quel paese e da quel giorno le nostre conversazioni non vanno oltre le prove per le esibizioni... Almeno fino a ieri. - Spiegò Jeremy, tenendo lo sguardo puntato sul tavolo e abbozzando un piccolo sorriso speranzoso.
- Pensa che, circa un mese fa, Hayley scomparve per un'intera notte. - Esordì Taylor - Aveva scoperto che Chad l'aveva tradita per l'ennesima volta e dopo uno show a Los Angeles... Sparì. - Continuò il chitarrista - Si fece viva solo il mattino dopo, ci disse che era stata a dormire da un'amica e che le era morto il telefono... Ma la puzza di alcool e la sua faccia stanca dicevano ben altro. - Concluse, scuotendo un po' la testa e abbassando anche lui lo sguardo.
Una notte dopo uno show, a Los Angeles. Parlava di quella festa a Silver Lake, c'avrei scommesso qualsiasi cosa... E mi sentivo un verme se pensavo al fatto che avevo contribuito al suo degrado.
- Le sta facendo del male... Possibile che non gli importi proprio niente di lei? - Chiesi ingenuamente, spostando lo sguardo sui ragazzi.
Jeremy mi guardò - E' ciò che cerchiamo di farle capire da mesi e mesi, ma lei a quanto pare crede di amarlo e ha paura di perderlo. E quando finalmente sta per aprire gli occhi, lui se ne esce con i suoi regali e le sue belle frasi d'amore, facendola sprofondare di nuovo in un mare di apparenze e menzogne. - Spiegò il bassista ed io abbassai lo sguardo.
Chad Gilbert.
Come poteva esistere un essere del genere?
- Di che parlate ragazzi? - Chiese una vocina dietro di me. Mi sentii toccare una spalla, così mi voltai e vidi Hayley che si sedeva accanto a me.
- Di niente! - Esclamò Jeremy con decisamente troppa enfasi - Solite cose... Da uomini. - Aggiunse poco dopo lanciando occhiate a me e a Taylor, in cerca di supporto.
- Si! Football, barbecue e... Battute di pesca. - Esordì il riccioluto, guadagnandosi i nostri sguardi confusi e straniti.
- B-battute di pesca? - Chiese Hayley, ormai sul punto di scoppiare a ridere.
- Taylor è una cosa da padri di famiglia! - Esclamò Jeremy, tirando una pacca sulla nuca del suo chitarrista.
Taylor sussultò e si portò una mano dietro la testa - Scusa, ma tu cosa credi di essere? - Chiese guardandolo male.
- Padri di famiglia VECCHI! - Corresse il bassista, provocando una risata di gruppo alla quale non riuscii ad unirmi.
- Kurt, tutto ok? - Mi chiese Hayley ad un certo punto, guardandomi con i suoi occhioni verdi e preoccupati.
Annuii appena - Si, ecco, io... - Sollevai per un istante lo sguardo verso Jeremy e Taylor che a loro volta mi lanciarono un'occhiata - Sono solo un po' stanco, stanotte non ho dormito molto. - Mormorai, abbozzando un piccolo sorriso.
Come diavolo avrei fatto a mentirle? Solo il fatto di averla lì accanto, di sapere tutto sul suo problema e di non poterne parlare mi mandava in pappa il cervello.
- Per questo c'è il caffè! - Esclamò Taylor, quasi fiero della sua bevanda preferita.
Presi un sorso del mio - Che caldo non sarebbe male. - Osservai quando mi accorsi che ormai era congelato.
- Ehi, era caldo quando te l'ho portato! Sei tu che l'hai fatto freddare! - Ribatté il riccioluto.
Ridacchiai - Scusa mamma. -
Anche lui prese un sorso del suo caffè - Però hai ragione... Freddo fa davvero schifo. - Mormorò quando si rese conto che anche il suo era gelato.
- Te l'avevo detto. - Risi, bevendone ancora e cercando di non risputarlo nel bicchiere.
In tutto questo sentivo lo sguardo di Hayley fisso su di me, e avevo la strana sensazione che non si fosse bevuta la storia del "stanotte non ho dormito molto".
Sentii un suonino e mi voltai verso Hayley, intenta a tirar fuori il cellulare dalla tasca dei pantaloni e che nel frattempo aveva preso una delle brioche di Jeremy.
- Aaron dice che hanno anticipato il soundcheck. - Rivelò la cantante, addentando la brioche.
- Cosa? E quando ce l'abbiamo? - Chiese Jeremy, stupito.
- Tipo... Adesso. - Rispose a bocca piena.
- Ma adesso non possiamo! Manca Justin! - Esclamò Taylor, scuotendo la testa.
Hayley lo guardò - Lo so, ma non possiamo saltare il soundcheck. Mandagli un messaggio, prova a rintracciarlo. -
Taylor sbuffò, tirando fuori il cellulare e cominciando a digitare qualcosa, mentre Jeremy poggiò la fronte sul tavolo con aria sfinita.
- Dice che cercherà di arrivare il prima possibile e nel frattempo di cominciare senza di lui. - Disse il chitarrista, riponendo il cellulare in una tasca per poi alzarsi dal tavolo.
Diede una pacca su una spalla a Jeremy - Andiamo, prima lo facciamo e prima potrai tornare a fare il vecchio di turno. - Lo stuzzicò il riccioluto, sorridendo mentre si alzava.
- Ehi a chi hai dato di vecchio? - Esclamò il bassista, tirandosi su e alzandosi di scatto.
Sorrisi di fronte all'usuale siparietto di quei due, almeno finché Hayley non mi chiese se volevo unirmi a loro per il soundcheck.
Mi voltai verso di lei - Ehm, non lo so... Io... - Jeremy mi interruppe.
- Si! Dai vieni con noi, così ci dai una mano a regolare i mixer! -
Sorrisi - Non credo che questa cosa starà bene all'addetto ai mixer. -
Taylor rise - Ooh gli starà più che bene! Andiamo non farti pregare! Ci... Ci coalizzeremo contro i bassisti sfigati! - Esclamò, puntando il dito contro Jeremy e dando il via all'ennesimo scontro all'ultimo sangue "chitarrista vs. bassista".
Mentre quei due "litigavano" mi sentii toccare una spalla.
- Se mi mettessi in ginocchio accetteresti? - Chiese Hayley, guardandomi dritto negli occhi.
Mi stupii di quella frase - No! - Esclamai con forse con troppa enfasi. Mi schiarii la voce - Cioè, non voglio che tu ti metta in ginocchio... Lo sai che il problema è un altro. -
Lei scosse la testa e sorrise - Non devi più preoccuparti del signor Roberts, ok? Ci pensiamo noi a lui. -
Sorrisi, non pensavo che fossero disposti a tanto per avermi con loro.
Poi lei assunse un'aria preoccupata - N-non nel senso che lo uccideremo e lo butteremo in un fiume come nei film di Martin Scorsese, solo... Gli parleremo. -
Le sue parole e la sua espressione seria e lievemente agitata mi fecero scoppiare a ridere.
- Hayley come diavolo ti è venuta in mente una cosa del genere? - Chiesi ridendo come un idiota e a quanto pare contagiai anche lei.
- Non lo so! È che mi piacciono i film di Martin Scorsese e ogni volta che qualcuno dice "ci pensiamo noi a lui", penso sempre al peggio! - spiegò ridacchiando, mentre io aggiungevo alla lista delle cose che avevamo in comunque i film di Scorsese.
- Allora che fai? Vieni? - Mi chiese poi, sorridendo ancora.
Annuii e ricambiai quel sorriso - D'accordo. -
Hayley allora si voltò verso Jeremy e Taylor, che non sembravano intenzionati a smetterla con il loro battibecco.
- Quando ne avrete abbastanza raggiungeteci sul palco! - Esclamò la cantante per farsi sentire dai due, che subito si ammutolirono e si voltarono verso di noi.
- RaggiungeteCI? - Chiese Taylor.
- Quindi viene anche Kurt! - Esclamò Jeremy, euforico.
Sorrisi e annuii.

Mi ritrovai nel backstage, davanti ad un gigantesco mixer, con delle gigantesche cuffie sulle orecchie e con Jeremy e Taylor che mi spiegavano come regolare la strumentazione da lì. Se magari avessero evitato di parlarsi l'uno sopra all'altro forse sarei anche riuscito a capirci qualcosa.
Ma in fondo non era colpa loro, non del tutto almeno. Ero io ad essere distratto da Hayley che continuava a camminare in su e in giù per il backstage, facendo esercizi per la sua voce, che era assolutamente perfetta anche quando faceva il riscaldamento.
- Allora, tutto chiaro? - Chiese Jeremy ad un certo punto.
Annuii non troppo convinto - C-credo di si. -
- Ehi ragazzi! Allora cominciamo? - Chiese qualcuno alle mie spalle, del quale non riconobbi la voce.
Mi voltai per capire chi fosse e notai un certo tipo dai capelli rossicci di nome Aaron Gillespie, che si avvicinava con due bacchette in mano.
- Arriviamo subito, stavamo spiegando a Kurt come regolare i suoni. - Rispose Jeremy, ancora intento a smanettare con il mixer.
- Kurt? Mi sono perso qualcosa. - Chiese il batterista, guardandomi con aria confusa.
Jeremy ridacchiò - Oggi ci darà una mano con il soundcheck. - Disse dandomi una pacca sulla schiena - Ah, a proposito: Kurt, lui è Aaron, il nostro batterista. Aaron, lui è Kurt... Un nostro amico. -
Lo guardai quelle ultime parole... Quindi mi consideravano un amico?
Il rossiccio sorrise e allungò una mano verso di me - Piacere di conoscerti Kurt. -
- Piacere mio Aaron. - Ricambiai il sorriso e la stretta di mano... Come se non sapessi chi fosse e che suonasse la batteria da dio.
Taylor, che a quanto pare si era allontanato, spuntò da dietro alcune casse "imbracciando" una delle sue Jazzmaster.
- Kurt dimmi se è collegata. - Esordì, poco prima di spararmi un accordo di Do nelle orecchie, obbligandomi a sollevare un po' le cuffie per evitare di perdere entrambi i timpani.
- Si... È decisamente collegata. - Dissi con tono sofferente, mentre abbassavo il volume della chitarra di Taylor dal mixer.
Il riccioluto ridacchiò divertito.
- Su, togliamoci di torno questo soundcheck. - Esordì Hayley che a quanto pare aveva finito il suo riscaldamento e che adesso stringeva in una mano il suo microfono arancione, che creava un contrasto perfetto con quei capelli azzurri.
I ragazzi annuirono - Kurt... Fa del tuo meglio. - Mi incoraggiò Jeremy.
- Il che non sarà facile dato che ci manca la chitarra solista. - Sbuffò Taylor, mentre si sistemava gli auricolari che portavano il suono dal mixer direttamente alle sue orecchie.
- Giusto! Ma Justin? - Chiese Aaron.
Taylor fece spallucce - Stamani è andato a correre... Ha detto che ci raggiungeva il prima possibile. -
- Su, andiamo. - Disse infine Jeremy, spingendo tutti gli altri fuori, verso il palco, e lasciandomi alle prese con quell'enorme attrezzo.
Collegai il mixer all'impianto audio dell’arena tramite un cavo e poi aspettai che cominciassero a suonare.
Attaccarono con Still Into You ed io mi feci in quattro per ricordarmi le dritte di Jeremy e regolare tutti i suoi. Ma dopo un paio di canzoni ci avevo già preso la mano e non vedevo più tutti quei tastini e manopole come un'orda di piccoli gremlins malvagi.
Taylor prese la sua chitarra acustica e suonarono The Only Exception, poi fu il turno di Last Hope, con Hayley e la sua tastiera che mi diedero più di un problema... Dovetti impegnarmi al massimo per non perdermi nella sua voce.
Eravamo quasi giunti alla fine della scaletta ed io avevo salvato tutti i settaggi per le canzoni precedenti, quando Taylor si materializzò accanto a me.
- Per caso è arrivato mio fratello? - Mi urlò in un orecchio, facendomi sobbalzare.
- N-no, qua non si è visto. - Risposi, facendogli cenno di levarsi gli auricolari, ed io feci lo stesso con le mie mega cuffie da chissà quanti dollari.
- Accidenti, le prossime non possiamo suonarle con una sola chitarra. - Spiegò il chitarrista e poco dopo arrivarono anche Jeremy e Hayley.
- Di che si tratta? - Chiesi, non ricordando la scaletta.
- Let the flames begin, più l'outro... E Part II - Rispose il riccioluto, sospirando.
Quelle canzoni. Cavolo.
Imparai la versione live di Let The Flames Begin anni orsono, e quando scoprii che avevano creato un'outro per agganciarla a Part II... Beh, imparai anche quella.
- Justin non è ancora arrivato? - Chiese Hayley e Taylor scosse la testa.
- No... E non ho idea di dove si sia cacciato. - Rispose con un tono lievemente rabbioso.
- Ehm... Forse posso darvi una mano io. - Dissi timidamente e subito i tre si voltarono verso di me - Posso suonarla io la parte solista. - Aggiunsi, sempre meno convinto del mio slancio di coraggio.
- Sai suonare Let The Flames Begin? - Chiese Hayley con uno dei suoi soliti sorrisi dolci.
- E l'outro? - Aggiunse Jeremy stupito.
- E Part II? - Concluse Taylor.
Abbassai appena lo sguardo - Ehm, si... - Suonò tanto come una domanda.
Ci furono alcuni istanti di silenzio.
- Fantastico allora! - Esclamò Taylor, che mi mise un braccio intorno alla spalle - Vieni, ti mostro le chitarre di Justin. - Aggiunse sorridendo e trascinandomi verso una grossa cassa, mentre Hayley e Jeremy tornarono sul palco.
La aprì e le uniche cose che vidi furono Gibson, Gibson e ancora Gibson!
- Di solito per Let The Flames Begin usava una Les Paul, ma da quando ci abbiamo agganciato Part II preferisce la ES-335. - Spiegò mentre tirava fuori quel gioiello di chitarra.
La afferrai - V-va bene, con che accordatura la suonate? - Chiesi, mentre mettevo la tracolla alla chitarra.
- Per queste due restiamo con la standard, ma abbiamo la sesta corda in drop D, perciò ricordatelo. - Ridacchiò e io gli sorrisi.
Mi passò un plettro e mi lasciò a ripassare la mia parte e nel frattempo trovò qualcuno che mi rimpiazzasse al mixer.
- Sei pronto? - Chiese, facendomi cenno con la testa di seguirlo fuori dal backstage.
Sollevai la testa verso di lui e annuii appena.
Il palco era davvero enorme. Ne avevo allestiti per i Paramore, la grandezza del palco era più o meno sempre quella... Ma con una chitarra in mano era tutta un'altra cosa. Ok era solo un soundcheck, ok non c'erano spettatori, ma quel palco immenso e quella platea deserta e mille volte più grande metteva soggezione.
Presi posizione davanti alla pedaliera di Justin e, dopo essermi sistemato le cuffiette negli orecchi, diedi un'occhiata ai vari pedali. Con la coda dell'occhio notai Hayley che si stava avvicinando.
- Suona come hai suonato ieri, ok? - Mi sorrise ed io sollevai lo sguardo verso di lei - E rilassati, è solo un soundcheck. - Ridacchiò, ed io la osservai, sorridendo, mentre se ne tornava al suo posto.
Aaron batté quattro volte le sue bacchette e cominciammo a suonare.
Incredibilmente riuscii a non intrecciarmi con i pedali per gli effetti, io non ne avevo così tanti, e per fortuna andò tutto liscio. La voce di Hayley era... Cavolo... Come potevo descrivere qualcosa di così perfetto? Potevo usare tutte le parole di questo mondo, ma non sarei mai riuscito a spiegare cos'era per me la sua voce. Lei era un'artista: potevi non conoscere la canzone, potevi non capirci niente di musica, potevi non parlare l'inglese... Ma bastava il suo tono pieno di passione per capire e percepire quella miriade di emozioni che ti trasmetteva solo con la voce.
Alla fine dei due brani i ragazzi corsero da me con tre sorrisoni stampati in faccia.
- Che ti avevo detto? È solo un soundcheck! - Esclamò Hayley, entusiasta.
Le sorrisi e stavo per dirle qualcosa, quando Taylor mi tirò una pacca su una spalla - Wooo! Kurt! Sei andato alla grande! Mi è piaciuto come hai suonato il riff dell'outro di Let The Flames Begin, aveva qualcosa di diverso dal solito! - Esclamò euforico e non potei non sorridergli.
- G-grazie, non pensavo si sarebbe notato. - Mormorai, non ero abituato a tutti quei complimenti.
- Beh, noi lo abbiamo notato, e ci è piaciuto. - Esordì Jeremy, servendomi un'altra pacca su una spalla.
Quando finimmo, o meglio, finirono il soundcheck, il loro manager li chiamò per una qualche riunione per non so bene cosa.
Fatto sta che le nostre strade si divisero ed io tornai al mio lavoro di operaio.
A quanto pare al signor Roberts non era andato giù il fatto che il mattino precedente avevo "cazzeggiato" con la band, perciò mi mise a sgobbare come uno schiavo fino all'ora del concerto, quando finalmente rividi i Paramore.
Passai acqua e asciugamani, e battei il cinque ad ogni membro della band mentre lasciavano il palco e tornavano nel backstage, ripetendo frasi come "grande show, ottimo lavoro, bell'assolo". E dopo un paio di chiacchiere e qualche sorriso li lasciai andare nei loro camerini per darsi una rinfrescata, mentre io restai con altri operai a recuperare tutte le attrezzature.

Era tardi, ero rimasto praticamente solo io nel backstage e stavo riordinando le ultime cose. Dovevo ringraziare il signor Roberts anche per questo.
Sentii aprire e chiudere una porta, e poco dopo vidi una nana sgattaiolare tra le poche casse e attrezzature audio ancora presenti nel backstage.
- Hayley? - Chiesi, seguendola con lo sguardo.
- Oh! Kurt! - Esclamò, accorgendosi di me e avvicinandosi. Sembrava agitata.
- Per caso hai trovato dei cartelloni e delle lettere da qualche parte? - Mi chiese con tono di supplica - Sono alcune delle cose che i fan avevano fatto per noi, ed ero sicura di averle portate nel camerino... Ma a quanto pare mi sbagliavo. - Aggiunse guardandosi intorno.
Sorrisi a quelle parole - Le avevi lasciate qua nel backstage. - Dissi, spostandomi verso un ripiano e prendendo i cartelloni e le lettere un po' sgualcite dal casino del concerto - Pensavo di portartele domani, adesso temevo di disturbarti. - Aggiunsi, porgendole le sue cose e sollevando lo sguardo verso di lei.
La vidi sorridere e afferrare le cose preparate dai fan, e un attimo dopo mi si buttò al collo, stringendomi con le sue braccine da ragazzina.
- Aaah grazie Kurt! - Esclamò entusiasta, mentre io ero completamente paralizzato... Proprio come quella volta in terza elementare, quando la bambina che mi piaceva mi aveva sorriso per la prima volta.
Feci appena in tempo a poggiare timidamente una mano dietro la sua schiena che lei si staccò.
- Di niente, davvero. - Le risposi quando riacquistai un minimo di lucidità, abbozzando un sorriso.
- Dai, ti lascio lavorare... Non voglio che tu vada a letto tardi per colpa mia. - Sorrise e io non potei ridacchiare.
- Oh, credimi... Non per colpa tua. - Risposi, riferendomi a qualcuno in particolare che lei capì.
ridacchiò e scosse appena la testa - 'Notte Kurt. - Disse semplicemente, salutandomi con un cenno della mano mentre si voltava.
Non volevo che andasse via, perciò le dissi la prima cosa che mi passò per la mente.
- Hai detto che ti piacciono i film di Scorsese? - Chiesi, alzando un po' il tono di voce per farmi sentire da lei che si era già allontanata.
Si voltò e mi guardò - Si. -
Mi portai una mano dietro la nuca e abbassai un po' lo sguardo - P-potremmo guardarne un paio... Qualche volta... Se ti va. - Mormorai, non troppo sicuro di una sua risposta positiva.
- Certo che mi va! - Esclamò euforica - Non c'è mai nessuno che voglia guardarli con me! - Aggiunse ridacchiando ed io sollevai lo sguardo verso di lei.
- Ci sono io. - Risposi sorridendo e lei ricambiò.
- Comincia a pensare ai titoli dei film. -
Annuii - Contaci. -
Hayley andò a letto e poco dopo, finalmente, fu anche il mio turno.
Che giornata assurda: prima Jeremy e Taylor che mi parlavano di ciò che stava succedendo ad Hayley, poi avevo suonato con i Paramore e nei giorni successivi, molto probabilmente, avrei visto Taxi Driver con Hayley Williams.
A quanto pare sapevo ancora come mentire alle persone con molta nonchalance, era come se la conversazione tra me, Jeremy e Taylor di quella mattina non fosse mai avvenuta... E il mio subconscio aveva sfruttato i film di Martin Scorsese per avvicinarmi ad Hayley.
Che situazione del cavolo. Io e lei andavamo d'accordo in maniera così naturale, e se avesse scoperto cosa stavo facendo con i suo bassista e il suo chitarrista probabilmente mi avrebbe ucciso o non mi avrebbe mai più rivolto la parola… Il che lo trovavo persino peggiore.
Incredibilmente neanche le mie paranoie vinsero sulla stanchezza e poco dopo aver elaborato tutti quei pensieri mi addormentai come un bambino.
 



ANGOLO DELL’AUTORE

Salve bella gente! Eccomi qua con il decimo capitolo!
Finalmente, e ripeto, FINALMENTE Jeremy e Taylor ci spiegano che sta succedendo ad Hayley… Grazie Jeremy e Taylor, perfino io ero arrivato al punto di non sapere più cosa avesse quella figliuola.
E con queste delucidazioni ci presentano anche il loro piano e malvagio di conquista del mondo per aiutare la nostra cantante dai capelli allegri.
Mi accorgo solo adesso di aver buttato davvero di tutto in questo capitolo: dai piani segreti, ai soundcheck, alle mini lezioni di chitarra e ai film di Martin Scorsese :’)
Ringrazio Lonni per la recensione eee spero che il capitolo vi sia piaciuto. Perciò recensite e alla prossima :D

Peace.

P.s. Le Gibson Les Paul e ES-335 sono altri modelli di chitarra (stavolta della Gibson), il drop D è un tipo di accordatura in cui la sesta corda (il Mi grave, o comunque la corda più grande) viene accordata di due semitoni più bassi, portandola in Re (in inglese D… Già, le note anglosassoni hanno nomi diverse dalle nostre) e semplificando di parecchio gli accordi da suonare, dato che i bicordi che partono dalla sesta corda non verranno più suonati con un barrè ma con un solo dito che dovrà schiacciare tre corde.
Fine della lezione di chitarra :’)

P.p.s. Martin Scorsese… No, ok, mi rifiuto di fare un post scriptum su di lui, DOVETE CONOSCERLO! :’D

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 11 ***


Credete che sia impossibile guardare metà della filmografia di Martin Scorsese in due settimane? Beh, vi sbagliate, perché era ciò che io ed Hayley eravamo riusciti a fare.
Praticamente ogni sera, anche dopo i concerti, ci armavamo di coperte e popcorn, ci buttavamo sul divano del loro bus e accendevamo la tv. In quattordici giorni avevamo visto qualcosa come dodici o tredici film, e non avevamo alcuna intenzione di fermarci... Non so quanto questo potesse andare a genio ad un certo duo composto da un bassista e un chitarrisa.
Ci eravamo promessi che avremmo lasciato Taxi Driver per ultimo altrimenti, se l'avessimo guardato subito, ci saremmo solo rovinati tutti gli altri film. E anche se la tentazione di inserire quel dvd ci colpiva tutte le sere, per ora reggevamo.
Avevamo deciso di partire dai più recenti: The Wolf Of Wall Street, Shutter Island, The Departed, per poi ripercorrere all'indietro la carriera di Martin Scorsese con The Age Of Innocence, Goodfellas, The Color Of Money.
Hayley si impuntò su voler vedere New York, New York e all'inizio mi rifiutai: lo stesso Scorsese lo ritenne probabilmente il suo più grande fallimento a livello artistico, visto come il film, all'epoca, venne accolto dal pubblico e dalla critica.
Ma a lei piaceva, e in fondo quello era l'unico musical che riuscivo a sopportare. Dopo innumerevoli tentativi di corruzione, sorrisi e occhiate dolci cedetti come un bambino di fronte a delle caramelle.
A quanto pare conosceva la pellicola a memoria, comprese le canzoni, che cantò dall'inizio alla fine distraendomi ogni volta dalla trama del film... Perché doveva avere quella voce dannatamente perfetta?
Ma Jeremy e Taylor non apprezzarono lo show di Hayley e quella sera fecero irruzione nella nostra sala cinema, invitando la ragazzina dai capelli allegri a smetterla subito... Il che non accadde, e alla fine ci ritrovammo tutti quanti sul divano a vedere la fine della pellicola.
Come Hayley si era impuntata con il suo film, io cominciai a tartassarla col voler vedere Raging Bull.
Era un lungometraggio ispirato alla vera storia di Jake LaMotta, un pugile della fine degli anni quaranta e dell'inizio dei cinquanta, del quale mio nonno mi parlava sempre.
Era la storia di un uomo che non aveva niente e che con il sudore e il pugilato un bel giorno si ritrovò ricco e con una bella moglie. Ma a quanto pare la sua testa non riusciva ad accettarlo, lui non riusciva ad accettare di essere felice e aiutato dal suo caratteraccio cominciò a mandare tutto a rotoli.
E alla fine, proprio come Jake LaMotta, si ritrovò nel camerino di un locale a ripassare il monologo che poco dopo avrebbe dovuto presentare per il suo spettacolo di cabaret.
Inutile dire che mi bastò davvero poco per convincerla: un paio di merendine e la promessa che avrei suonato per lei ogni volta che me lo avrebbe chiesto... Credo che alla fine fu lei a fregare me.
Finalmente era giunta la fatidica sera della messa in onda del mio film e, come ogni altra volta, mi presentai al bus della band con addosso un paio di comodissimi pantaloni di tuta e con un pacco di popcorn sotto braccio.
Hayley aprì, sfoggiando una maglietta dei Ramones decisamente troppo grande per lei.
- Forza, entra! Ho già inserito il dvd nel lettore! - Esclamò, afferrandomi per la maglia e tirandomi dentro.
Le passai il pacco di popcorn, concedendole l'onore di aprirlo mentre io mi lanciavo sul divano. La cantante mi tirò una coperta e le feci posto sotto ad essa appena aprì i popcorn.
Spegnemmo le luci e schiacciammo il tasto play... Cominciai a parlare dopo neanche dieci minuti di film.
Le raccontai di quanto piacesse questa pellicola a mio nonno e di quanto me ne avesse parlato: le dissi che una volta, da giovane, aveva incontrato il vero Jake LaMotta e quando seppe che Scorsese aveva fatto un film su di lui, fece i doppi turni a lavoro per potersi permettere il biglietto del cinema.
- Scusami... Non voglio rovinarti il film. - Mormorai quando mi resi conto di non aver mai chiuso la bocca per più di venti minuti.
La vidi scuotere la testa - Ma no... Mi piace quando mi parli di te o delle persone che ti stanno a cuore. - Rispose, voltandosi verso di me.
Arrossii appena e la guardai. Forse con quella poca luce sarei riuscito finalmente a sostenere il suo sguardo... No, ok, mi serviva ancora un po' di pratica.
- Su, cerchiamo di finire questo film. - Sorrise sistemandosi accanto a me, sotto la coperta, e poggiando la testa sulla mia spalla.
Tornai a concentrarmi sul film e, lottando contro la tentazione di aprire ancora bocca o di abbassare lo sguardo su di lei, riuscimmo a finire di vederlo.
Cominciarono a passare i primi titoli di coda ed io mi stiracchiai un po'.
- Allora, ti è piaciuto? - Chiesi, senza però ottenere alcuna risposta.
Posai lo sguardo su di lei e mi accorsi che si era addormentata.
Sorrisi. Vedere quella cosina tanto minuscola quanto bella che dormiva poggiata a me, raggomitolata sotto ad una coperta, mi faceva tenerezza.
Mi alzai lentamente facendola sdraiare sul divano, poi, cercando di non svegliarla, la presi in braccio.
- Forza, adiamo a letto. - Mormorai, tirandola su e stringendo tra le braccia quel suo corpicino minuto.
Nel sonno mi si aggrappò al collo, mentre io raggiunsi la sua cuccetta. Mi abbassai e l'adagiai delicatamente sul lettino, sfilandole poi le ciabatte e coprendola.
- Che ore sono? - Mormorò lei, continuando comunque a dormire.
Sorrisi - Dormi Hayley. - Sussurrai, rimboccandole le coperte.
Lasciai il bus della band e tornai al mio, scaraventandomi subito sul letto. Ero stranamente felice, non c'era un motivo apparente, lo ero e basta. In testa avevo tutto tranne che problemi o piani segreti, e questo mi permise di addormentarmi all'istante.
 
Il sole sorse prima del previsto e malgrado avessi dormito bene ero comunque esausto.
Mi trascinai verso la caffetteria simulando una puntata di The Walking Dead e incredibilmente non trovai nessuno della band. Di solito, almeno Taylor e Jeremy, erano sempre lì ad aspettarmi, ma quella mattina niente.
Decisi che stavolta sarei stato io a preparare loro i caffè e le brioche, così quando arrivarono si buttarono subito sulla loro colazione.
- Incredibile ragazzi, stamani sono arrivato prima io. - Ridacchiai, prendendo un sorso di caffè.
I due sbuffarono - È solo perché qualcuno, come sempre, ha scambiato il salottino del tour bus per una sala cinema, impedendoci di riposare come si deve. - Esordì Taylor.
- Ehi! È per una giusta causa! Approfondiamo la nostra cultura cinematografica. - Ribatté Hayley, che invece prese un sorso di tè. A lei il caffè non piaceva molto… A dire il vero non le piaceva per niente.
Sorrisi annuendo - Ancora più incredibile è il fatto che TU sia già in piedi. - Dissi indicando la cantante che mi fece la linguaccia.
- Kurt. - Mormorò Jeremy - Abbiamo una notizia da darti. -
Lo guardai, sembrava serio, ed io cominciavo a preoccuparmi.
- Che succede? - Chiesi, guardando sia lui che Taylor.
I due si lanciarono un'occhiata.
- Vedi, stamani ci... Ci hanno consegnato... - Jeremy non terminò la frase, si voltò verso Taylor che nel frattempo stava prendendo qualcosa poggiata sulla panca dove era seduto.
Li guardai entrambi, preoccupato e con il cuore che minacciava di fermarsi da un momento all'altro.
Taylor sospirò - Ci hanno consegnato... Dark Souls II con la nuova estensione! - Esclamò euforico, sollevando il cofanetto del videogame.
Mi ci vollero alcuni istanti per capire che quei due avevano studiato quella sceneggiata solo per mettermi ansia e farmela fare sotto, e quando il mio cervello elaborò l'informazione del nuovo gioco non riuscii a dire altro che "wooooo!" e tendere una mano verso il chitarrista per farmi passare la confezione del gioco.
Intanto avevano iniziato tutti a ridere per la mia reazione. Tutti e tre... Maledetti.
- Caaavolo sembra davvero fighissimo! E guarda che grafica! E ha anche il multiplayer! - Continuavo ad esclamare ogni volta che trovavo nuove cose sul gioco, e loro non la smettevano di ridere.
Sollevai lo sguardo verso i tre musicisti - Ok, direi che è l'ora di smetterla. - Provai ad intimidirli assumendo un'espressione seria, che dopo poco si trasformò in un sorrisino ebete per il nuovo videogioco.
- Se avessimo saputo prima della tua reazione l'avremmo organizzata meglio la sorpresa. - Sorrise Hayley.
La guardai - Quindi anche tu sapevi del videogame! - Esclamai, indicandola.
Lei annuì, ridacchiando.
- Considerando che è stata lei ad ordinarlo... Direi di si. - Rispose Jeremy.
Abbassai lo sguardo sul cofanetto.
- E se... - Tornai a guardarli - E se andassimo a fare una partita? - Proposi speranzoso e vidi quella nanetta dai capelli azzurri alzarsi di scatto.
- Ovvio! Che domande... Forza andiamo! - Quasi non finì di parlare che aveva già afferrato ciò che rimaneva della sua colazione e si era già avviata verso il parcheggio e il tour bus.
Mi alzai anche io, ridacchiando e seguendola con Taylor e Jeremy.
 
Passammo l'intera mattinata ad uccidere boss e recuperare anime... Almeno finché qualcuno non bussò alla porticina del bus.
- Ho una consegna per la signorina Williams! - Esclamò il ragazzo fuori dalla porta.
Guardammo tutti la cantante.
- Hayls avevi ordinato un altro gioco? - Le chiese Jeremy, ma lei scosse la testa.
- N-no... Non credo. - Mormorò lei confusa, alzandosi dal divano e andando ad aprire la porta, mentre noi drizzavamo le orecchie.
- Di che si tratta? - Chiese al tizio delle consegne.
- Ehm... A dire il vero è meglio che venga con me. - Rispose, sembrava a disagio.
Hayley rimase in silenzio per qualche istante, poi si voltò verso di noi - Torno subito. - E uscì dal bus.
Noi tre ci guardammo.
- Ok, questo è decisamente strano. - Disse Taylor e sia io che Jeremy annuimmo.
Silenzio.
- Beh, tanto vale ingannare l'attesa giocando. - Esordì Jeremy ad un certo punto, afferrando il joystick che aveva lasciato la cantante.
- Ehi! Avevamo deciso che dopo Hayley sarebbe toccato a me! - Brontolò Taylor, cercando di prendere il controller a Jeremy.
- Aaaah io non ho deciso niente. - Ribatté il bassista e stranamente stavolta non mi andava di assistere ad uno dei loro soliti battibecchi. Così passai il mio controller a Taylor, che mi ringraziò e fece notare a Jeremy quanto io fossi migliore di lui.
Ero pensieroso, chissà cosa dovevano consegnare ad Hayley.

POV Hayley
 
- Non vuoi proprio dirmi di cosa si tratta? - Chiesi seguendo il ragazzo e cominciando ad immaginarmi qualsiasi cosa.
- È un po' complicato a dire il vero... E strano... Ed è meglio che lo veda con i propri occhi. - Rispose, portandomi verso i camerini del backstage.
Si fermò davanti a quello che sarebbe stato il mio per quella sera, poi si voltò e mi fece cenno di entrare. Lo guardai stranita e afferrai la maniglia.
Nell'istante esatto in cui aprii la porta qualcosa di morbido, peloso e scodinzolante mi saltò addosso, facendomi letteralmente cadere a terra.
- Ehi, ehi e tu chi sei? - Esclamai appena realizzai che la cosa che mi aveva quasi mandato in arresto cardiaco era un cane. Un cane!? Ma stavamo scherzando?
- N-non ne abbiamo idea, è arrivato poco fa, in uno scatolone, senza un biglietto o altro. - Spiegò il ragazzo, grattandosi la nuca.
Lo guardai e poi abbassai lo sguardo su quel cagnolone, che grazie al cielo si era calmato. Mi guardò dritto negli occhi con i suoi scuri, assumendo una di quelle espressioni da cucciolo adorabile.
Cavolo... Mi ero appena innamorata di un cane.
- I-io devo tornare a lavoro... - Disse il ragazzo delle consegne, interrompendo la mia fantasia in cui io e quel cane correvamo su una spiaggia deserta - Se ha bisogno di qualcosa... Beh, mi chiami pure. - Aggiunse, poco prima di andarsene.
Sospirai, poggiando una mano sulla testa del cane.
- Si può sapere tu da dove salti fuori? - Fantastico, adesso parlavo anche con gli animali.
Lui abbaiò e, nello stesso istante in cui sollevò la testa, notai un foglietto incastrato nel collare.
E questo cos'è? mi chiesi, sfilando quel pezzetto di carta.
Lo aprii e l'unica parola che lessi fu "perdonami".
Mi si formò un nodo alla gola. Sapevo benissimo chi era stato a mandare quel cane e perché.
Chad. L'ennesimo regalo di Chad per cercare di riprendermi.
Mi passai una mano tra i capelli e abbassai la testa, mentre la voglia di piangere iniziava a sopraffarmi. Sentii il naso caldo e umido del cane sfiorarmi una guancia. Mi strappò un sorriso.
- Tu mi darai più di un problema. - Mormorai, sollevando la testa verso di lui e poggiando un dito sul suo nasone.
Sentii il telefono vibrare, così lo tirai fuori dalla tasca dei jeans
 
Ore: 11.38
Da: Kurt

È tutto ok?
 
Bella domanda Kurt, vorrei saperlo anche io.
 
Ore: 11.39
A: Kurt

Vieni nel backstage, camerino 1
Da solo

 
 
POV Kurt
 
Lessi il messaggio e corrugai la fronte - Dice che devo raggiungerla nel backstage. -
- Cosa? - Chiese Jeremy, mettendo il gioco in pausa.
- Parole sue. - Risposi, facendo spallucce.
Taylor si stiracchiò - Beh, allora veniamo anche noi. -
Scossi la testa e spostai lo sguardo su di lui - Dice anche che vada da solo. -
Sia Taylor che Jeremy mi guardarono.
- È successo qualcosa non Chad. - Sospirò Jeremy, passandosi una mano sulla barba.
Corrugai la fronte - Come fai ad esserne certo? -
- È ovvio! È successo qualcosa con Chad e non vuole che noi lo sappiamo, perché altrimenti ricominceremmo con le nostre storie e i nostri consigli e bla bla bla! - Esclamò il bassista. Sembrava arrabbiato, ma soprattutto preoccupato.
Ci riflettei su, e purtroppo ciò che diceva aveva un senso.
- Se non vado non lo scopriremo mai. - Mi voltai verso i due musicisti che si lanciarono un'occhiata d'intesa.
- Facci sapere. - Disse Taylor ed io annuii.
Saltai giù dal bus e corsi praticamente a gambe levate verso il backstage e più mi avvicinavo al camerino, più la tensione minacciava di uccidermi.
Appena lessi "Camerino 1" mi lanciai sulla maniglia.
- Hayley! - Esclami, spalancando la porta e trovandola a terra che coccolava un cane - Oh cazzo... - E quelle furono le uniche parole che riuscii a pronunciare.




ANGOLO DELL’AUTORE

Ehilà, ben ritrovati!
Capitolo leggermente più corto dei precedenti, nel quale ho dato sfogo alla mia nerdaggine con Dark Souls II ed ho elencato mezza filmografia di Martin Scorsese.
E diamo il benvenuto ad Aaalf! Che ancora non si chiama Alf, per adesso sarà solo il cane/cagnolone/cucciolone.
Beh, che posso aggiungere? Non molto, diciamo che questo è stato un po’ un capitolo di passaggio (:
Ringrazio come sempre Lonni per la recensione.
Se avete tempo, o voglia, o la possibilità di lasciarmi un commentino sarebbe più che gradito!
Al prossimo weekend! :D

Peace.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo 12 ***


- Un cane! Vi rendete conto??? - Esclamai, camminando su e giù per il bus come un matto.
- Kurt, rilassati. - Mi disse Jeremy con una calma disumana, restando seduto sul divanetto.
Mi fermai davanti a lui e lo guardai stranito - Rilassarmi? Rilassarmi???  Jeremy: Chad ha regalato un cane ad Hayley! Un cane, capisci? - Gesticolavo come non mai - Quando dicevate che le faceva dei regali per riprendersela pensavo ad orecchini, collane o... Ad altre cose da ragazza, ma non ad un cane! - Esclamai furibondo, mi sembrava una cosa totalmente folle.
Taylor sospirò - Stavolta l'ha combinata più grossa del solito... E anche il regalo doveva essere proporzionato. -
- Purtroppo sa bene che Hayley ama follemente gli animali e che non riuscirebbe mai a rimandargli indietro quel cane. - Aggiunse Jeremy, per poi abbassare lo sguardo - Il fatto che lei lo abbia accettato la spingerà quantomeno a chiamarlo per ringraziarlo e... -
- E poi sarà tutto, di nuovo, come prima. - Intervenne Taylor, e il bassista scosse la testa.
Abbassai lo sguardo, riuscendo finalmente a fermarmi.
Quindi funzionava così: il suo "fidanzato" le faceva un regalo, lei lo chiamava e, si sa, una cosa tira l'altra: magicamente tornavano ad essere una coppia a tutti gli effetti... Almeno finché Chad non decideva ancora una volta che Hayley non era abbastanza per lui, e che quindi doveva scoparsi tutte le cameriere presenti negli Stati Uniti.
- Lei che ti ha detto? - Chiese Jeremy ad un certo punto.
Sollevai lo sguardo verso di lui, confuso.
- Ti ha parlato di Chad? Del perché di questi regali? - Aggiunse ed io scossi la testa.
- Ha solo detto che glielo mandava Chad. - Risposi, sospirando, e poi mi buttai sul divano, accanto ai due musicisti.
- Come farò a mentirle anche su questo? - Mormorai, passandomi entrambe le mani sul viso. Era già difficile fingere di non conoscere il vero motivo delle sue pillole, adesso ci mancavano solo i regali di Chad.
- Ehi. - Taylor mi poggiò una mano su una spalla - Ricorda che è per il suo bene. -
Io annuii - Lo so, lo so bene. È solo che... Non sapete quanto sia dura non poterle dire niente quando mi parla dei suoi genitori e di come si sente nel vederli così distanti, o in quei giorni in cui è un po' giù e... Non posso fare altro che darle pacche sulle spalle e dirle "dai su, hai un concerto fissato per le nove!" -
Silenzio. Mi resi conto di aver parlato un po' troppo.
Sollevai lo sguardo e li trovai entrambi a fissarmi.
- È proprio per questo che lei va tanto d'accordo con te. - Sorrise Jeremy ed io lo guardai, confuso.
- Perché capisci ciò che prova, sai cosa le passa per la testa, e non perché conosci la sua storia... Lo avresti capito comunque, anche senza sapere quello che ha passato. - Spiegò il bassista con un sorriso stampato sulle labbra e io non potei fare altro che ascoltarlo in silenzio, chiedendomi se avesse ragione e se davvero riuscissi a capirla... O se si fosse solo immaginato tutto ed io con le persone facevo ancora schifo.
- Lei dov'è adesso? - Chiese Taylor ad un certo punto.
Scossi la testa - Non lo so... Ha detto che voleva pranzare da sola. -
Li guardai entrambi, vidi la preoccupazione nei loro occhi ed ero piuttosto sicuro di avere il loro stesso sguardo.
- Proveremo a parlarle stasera... Prima del concerto. - Aggiunse il chitarrista e Jeremy annuì.
"Proveremo a parlarle" aveva detto, ma sapevo bene che quel compito sarebbe toccato a me perché, a quanto pare, a me dava retta... O perlomeno mi ascoltava senza mandarmi a quel paese.
 
Mancavano un paio d'ore al concerto, gran parte dello staff e degli artisti si stavano rifocillando nel backstage... E non potevano di certo mancare Taylor e Jeremy.
Li osservavo lanciarsi delle strane occhiate d'intesa, mentre io sgranocchiavo delle patatine.
- Kurt! - Taylor mi chiamò e mi fece cenno con una mano di raggiungerli.
- Che succede? - Chiesi quando mi avvicinai.
Jeremy prese la parola - Ti... Andrebbe di portare un po' di pizza ad Hayley? -
I nostri sguardi si incrociarono e capii perfettamente dove voleva arrivare.
Non mi piaceva quel gioco, non mi piaceva mentire ad Hayley e non mi piaceva dover fare da mediatore tra lei e i suoi amici.
Ma tutto questo sembrava funzionare, lei sembrava stare meglio ed era questo l'importante.
Sospirai - Camerino? -
- Uno. - Rispose Jeremy.
Annuii, poi mi voltai e raggiunsi il buffet, prendendo un paio di tranci di pizza e mettendoli in un piatto.
Lasciai la sala e mi diressi verso i camerini, raggiungendo quello di Hayley.
Mi servirono alcuni istanti prima di bussare alla porta: dovevo pensare a cosa dire e che maschera indossare.
- Avanti! - Disse una vocina piuttosto inconfondibile quando finalmente mi decisi a bussare, seguita da un abbaio al quale mi sarei dovuto abituare.
- Hayley! - Esclamai, aprendo la porta.
- Kurt! - Disse lei di rimando e il suo nuovo cagnolone mi corse incontro... Aveva sicuramente fiutato la pizza.
Chiusi la porta alle mie spalle, osservandolo - Ti ho portato qualcosa da mangiare. - Aggiunsi, sollevando lo sguardo verso il grande specchio e... Trovando lì anche Brian, il suo parrucchiere.
Cazzo... E adesso come faccio a parlarle di Chad pensai, forzando un sorriso.
- Cavolo, se sapevo che c'eri anche tu avrei preso dell'altra pizza! - Aggiunsi, grattandomi la nuca e avvicinandomi al grosso bancone, sempre seguito dal cane.
- Oh non fa niente, sono vegetariano... E quelli sulla pizza sono decisamente würstel. - Disse, indicando i tranci con una piastra per capelli.
Ridacchiai - Beh, magari possiamo levarli e... - Abbassai lo sguardo sul cucciolone - Credo che a lui piacerebbero. -
- Credo che a lui farebbero male! - Ribatté Hayley, sorridendo e accarezzandogli la testa.
Brian rise - Non importa, non ho molta voglia di pizza stasera... Credo che andrò di là in cerca di qualcosa di più sano. - E con questo si sporse verso Hayley e le diede un bacio su una guancia, che la cantante ricambiò.
- A domani salutista. - Gli disse sorridendogli, mentre lui si allontanava verso la porta.
- Ciao Kurt. - Disse prima di uscire.
Mi voltai verso di lui - Ciao. - Risposi, abbozzando un cenno con una mano.
Sentivo gli sguardi del cucciolone e della sua padrona puntati su di me, ma considerando che gli occhi verdi di quest'ultima non riuscivo a sostenerli, mi abbassai per accarezzare il cane.
- Mi ha detto che gli piaci. - Esordì Hayley ad un certo punto.
Sollevai lo sguardo verso di lei, e la vidi mentre si sistemava il trucco con un sorrisino stampato sulle labbra.
- Come? - Chiesi confuso e temendo la sua risposta.
Il suo sorriso si allargò - Brian... Ha detto che gli piaci. -
A quella frase sussultai - Io... Cioè... Cosa? -
La sentii ridere ed abbassai lo sguardo. Non avevo assolutamente niente contro i gay, ma quella era decisamente una situazione imbarazzante.
- Io non sono... - Mormorai, ma non riuscii a terminare la frase che Hayley mi interruppe.
- Lo so, e anche lui lo sa. - Sospirò ed io tornai a guardarla.
Spostò lo sguardo su di me e notando la mia espressione perplessa disse - I gay hanno un certo stile nel vestirsi. -
Sollevai un sopracciglio e mi alzai - Stai dicendo che mi vesto male? -
Lei rise - No! È solo... Che non presti attenzione a cosa indossi! -
Mi guardai, cercando di capire dov'era il problema nel modo in cui vestivo, e non riuscii a trattenere un sorriso sentendo la sua risata - Disse quella che si esibirà con un top arcobaleno e un paio di pantaloni da box. - La stuzzicai tornando a guardarla.
Smise di ridere e si voltò verso di me con un'espressione che diceva "cos'è che hai appena detto?"
- Questo outfit mi fa sentire ogni sera come la personal trainer di oltre ventimila persone! - Esclamò, perdendosi piano piano in una risata che mi contagiò.
Divertirsi con lei era inevitabile, aveva questi modi di fare così spensierati, allegri, che ti chiedevi come potesse prendere pillole per controllare l'ansia.
Il suo cagnolone abbaiò un paio di volte e mi poggiò le zampe anteriori sulle gambe, scodinzolando e guardandomi.
- Credo che abbia fame. - Mi disse mentre facevo le coccole al cane - Potresti dargli qualche crocchetta? Così io finisco qui... - Aggiunse, guardandomi e indicando un pacchettino di cibo per animali.
- Certo, ci penso io. - Mi alzai per prendere le crocchette - Tu però mangia un po' di pizza. - La incitai, sorridendole, e così ne prese un pezzo.
Mi passò una ciotolina nella quale mettere la cena del cucciolone, e lui ci si buttò sopra subito.
Rimasi seduto a terra, osservandolo mentre mangiava, lasciando calare un certo silenzio angosciante nel quale cercai le parole giuste iniziare l'argomento "Chad"... Ma a quanto pare prese lei l'iniziativa.
- Non ti ho detto tutta la verità su questo regalo. - Disse tutto d'un tratto, prendendo l'ennesimo morso di pizza, senza guardarmi.
Alzai lo sguardo verso di lei, cercando di capire dove volesse arrivare.
- Di che parli? - Chiesi, incitandola a proseguire.
Sospirò e poggiò la pizza nel piatto, abbassando lo sguardo sul bancone - Di questo cane. È vero che... Che me lo ha regalato Chad, ma il motivo è... - Si bloccò e la vidi corrugare la fronte, per poi poggiarci sopra una mano.
- Hayley... - Mormorai, alzandomi e avvicinandomi.
- Lui così spera di poter fare pace e... Di tornare insieme. - Esclamò, afferrando con forza i braccioli della sedia e facendo forza per alzarsi.
Mi diede le spalle e io non potei fare altro che osservarla in silenzio.
- Pensa che regalandomi un cane i-io possa dimenticare ciò che è successo, c-ció... Che ha cercato di fare. - La sua voce tremava sempre di più man mano che andava avanti e ormai era piuttosto chiaro che stesse piangendo.
Sospirai e mi avvicinai, sussurrando il suo nome. Le poggiai una mano sulla spalla, inducendola a voltarsi, e mi ritrovai davanti i suoi occhioni verdi, tristi e ricolmi di lacrime.
- I-io non voglio... Non posso. - Mormorò, guardandomi dritto negli occhi.
Non dissi niente, in fondo cosa potevo dire? E con quale forza? Il suo sguardo aveva annientato completamente ogni mia parola o frase rassicurante alla quale non credevo neanche io.
Così feci un passo verso di lei e l'abbracciai, la strinsi così forte che temevo di farle male. Poco dopo affondò la testa nel mio petto e ricambiò l'abbraccio, portando le mani dietro la mia schiena e aggrappandosi alla maglietta.
Un senso di déjà vu mi avvolse. Le sue lacrime, i suoi singhiozzi e quell'abbraccio sempre per lo stesso motivo: Chad Gilbert.
Per fortuna, piano piano, la sentii calmarsi.
- Ehi. - Mormorai e mi scostai appena da lei, quanto bastava per poterla guardare - Va meglio? -
Lei annuì e si asciugò una guancia con il dorso della mano, senza guardarmi.
- Non devi perdonarlo per forza, non devi dimenticare per farlo contento. - Dissi, senza staccare gli occhi da lei e fu in quel momento che mi guardò.
Non so per quanto e non so come, ma quella fu la prima volta che non mi persi completamente dentro a quegli occhi così profondi.
Abbozzai un sorriso e poi le asciugai l'altra guancia passandoci sopra un pollice - Forza, tra poco hai un concerto, devi essere in forma. - Cercai di incitarla, sorridendole, e per fortuna lei ricambiò.
- Grazie. - Mormorò abbassando lo sguardo e io feci spallucce, ma a quanto pare nessuno dei due aveva intenzione di sciogliere quell'abbraccio.
- QUINDICI MINUTI! - Sentimmo urlare da dietro la porta del camerino, ed entrambi sobbalzammo.
- Quindici minuti? Devo ancora finire di prepararmi! - Esclamò Hayley, lasciandomi e scattando verso il bancone con tutte le sue cose.
- E io devo correre al mio solito posto nel backstage! - Dissi a mia volta, tornando a quella realtà in cui lavoravo per lei e per i Paramore.
Ci guardammo per un istante, e nei suoi occhi riconobbi il terrore e l'ansia che colpivano anche me ogni volta che dovevo salire sul palco con la mia band. Sorrisi.
- Andrà bene Hayley, come tutte le altre sere. -
Lei annuì, non troppo convinta - Lo spero. -
Io intanto mi ero avviato verso la porta - Ci vediamo al vostro bus dopo lo show... Prepara un bel film! -
Annuì di nuovo, stavolta senza dire niente e salutandomi con un semplice cenno della mano.
Uscii dal camerino. Stavolta ero davvero preoccupato per lei.
 
POV Hayley
 
Rimasi sola con il mio nuovo cane, il trucco sbavato e l'ansia di salire sul palco.
Era fin troppo chiaro che Chad me lo aveva regalato adesso per riprendermi prima degli Alternative Press Awards, ai quali sarei dovuta andare con lui. E anche se non volevo rivederlo... Ci sarei andata comunque. Per i media noi eravamo felicemente fidanzati, se avessero saputo di una nostra pausa o rottura ci avrebbero riempito di domande alle quali non sarei mai riuscita a rispondere.
Accidenti, mancava davvero poco allo show, e dovevo ancora sistemarmi il trucco e combattere l'ansia e la paura che stavano prendendo il sopravvento su di me.
Presi una matita da un astuccio e mentre lo feci intravidi una scatolina piuttosto familiare, la quale avevo abbandonato da ormai due settimane.
La osservai per alcuni istanti prima di prenderla.
Me la rigirai tra le mani, rileggendo in continuazione la scritta "Xanax" su di essa. Alla fine mi decisi: la aprii e tirai fuori una di quelle pillole bianchicce, che buttai giù con un sorso d'acqua.
In fondo era solo una, ne avevo bisogno, altrimenti non sarei stata capace di reggere tutta quella tensione.
 
POV Kurt
 
Lo show era finito da un pezzo, avevo già riportato le attrezzature nei camion e finalmente potevo raggiungere Hayley nel bus della band.
Subito dopo lo spettacolo mi ero soffermato a parlare con Taylor e Jeremy. Gli riferii cosa mi aveva detto la cantante e loro mi dissero che avrebbero fatto un giro per la città, e che sarebbero rientrati più tardi. Mi proposero di unirmi a loro ma rifiutai, in fondo dovevo finire di guardare la filmografia di Martin Scorsese con una certa Hayley Williams.
Raggiunsi il tour bus della band e bussai un paio di volte.
- Spero che qua abbiate dei pop corn perché nel nostro bus sono finiti. - Sorrisi quando Hayley mi aprì.
Sorriso che si spense quando notai la sua espressione seria e vagamente triste.
Mi invitò ad entrare, rigorosamente in silenzio, e io davvero non sapevo cosa fare.
Il suo cane stava dormendo come un ghiro proprio al centro del divano ed io mi sedetti accanto a lui, accendendo la tv - Allora, che film hai preparato? - Chiesi, cercando di spezzare quel silenzio assordante.
Le ci vollero alcuni istanti per rispondermi - A dire il vero... Non mi va molto di guardare un film, stasera. -
La osservai mentre si sedeva accanto al suo cucciolo, e poi abbassai lo sguardo sulle mie gambe.
- Vuoi... Che ti lasci sola? - Chiesi in un sussurro.
- No! - Esclamò, e allora tornai a guardarla - Non.. Voglio che te ne vada. - Mormorò, mentre accarezzava il cane - È solo... Una di quelle serate "no". - Abbozzò un sorriso che io però non ricambiai.
Sapevamo entrambi qual era il motivo di quella serata "no", me lo aveva detto lei stessa prima dello show, nel suo camerino, e anche se adesso non voleva parlarne... Sapevo benissimo cosa le stesse passando per la testa.
Non so per quanto restammo in silenzio, a me sembrarono ore, ma forse furono solo alcuni minuti.
Allungai una mano verso il cucciolone che dormiva beato in mezzo a noi e gli accarezzai la testa. Lui si svegliò e si girò a pancia in su, guardandoci con quei suoi occhioni castani che ci imploravano di coccolarlo.
Sorrisi, grattandogli la pancia - Vedo che gli hai già insegnato come fare per ottenere ciò che vuole. - Dissi ad Hayley.
Lei mi guardò confusa - Cosa intendi? -
Feci spallucce - Occhiate dolci, faccia da cucciolo... Le solite cose. - Le lasciai il posto sulla pancia del cagnolone e sollevai lo sguardo verso di lei.
La vidi sorridere - Sono cose che funzionano. -
- Lo so. - Mormorai, annuendo.
La osservai per alcuni istanti, era più forte di me, la sua espressione concentrata mentre coccolava il cucciolone mi faceva capire che, in realtà, aveva la testa altrove e chissà dove: Chad, i Paramore, la sua famiglia... Ma adesso non volevo lasciarla pensare a quelle cose.
- Come hai deciso di chiamarlo? - Chiesi ad un certo punto.
Scosse la testa - Ancora non lo so. -
La guardai - Non hai ancora deciso? - Chiesi con tono sconvolto.
- È che non ne ho avuto il tempo! - Esclamò, guardandomi.
Sospirai e scossi la testa - Hayley, Hayley... Sai bene che non ti lascerò andare a letto finché non avremo trovato un nome per questo cane, vero? - Tentai di restare serio ma alla fine mi lasciai scappare un piccolo mezzo sorriso.
I nostri sguardi si incrociarono - Se domani sarò stanca morta la colpa sarà solo tua. - Rispose, distendendo il volto in un sorriso.
 
Passammo gran parte della nottata a sparare nomi idioti che non avremmo dato mai neanche ad un pesce rosso e alla fine ci ritrovammo sul pavimento, l'uno di fronte all'altra, con una penna e un blocchetto di carta sul quale avevamo annotato i nomi più decenti e utilizzabili. Mentre il cane di Hayley ci guardava con un'espressione decisamente confusa.
- Aaaaah è inutile! Questi nomi sono orribili o banali! - Esclamai, lasciandomi cadere all'indietro e sdraiandomi sul pavimento.
- Ehi! Guarda che l'idea è stata tua! - Ribatté la cantante.
Scossi la testa - Mi rimangio tutto: puoi andare a letto quando vu... Ahi! - Qualcosa mi colpì sulla fronte e subito capii che si trattava della penna che aveva Hayley.
Mi tirai su, rimettendomi seduto e guardandola con un'espressione che diceva "ma perché?"
- Dobbiamo trovargli un nome. E lo faremo stasera. - Disse seria e decisa, mentre indicava il cane.
Sbuffai e afferrai il blocchetto con i nomi, cominciando a sfogliarlo in cerca di qualche illuminazione.
Ero seriamente sul punto di alzarmi e cercare qualcosa per tagliarmi le vene, quando Hayley urlò un "Alf!"
La guardai stranito - Alf!? -
Annuì con quella sua espressione da bambina felice e indicò la tv che era rimasta accesa. Mi voltai verso di essa, capendo a cosa si riferisse.
- Vuoi chiamarlo davvero come un alieno che mangiava i gatti negli anni '80? - Chiesi, ridacchiando.
E lei annui, ricambiando e voltandosi verso il cane - Guardalo! Ha anche il pelo dello stesso colore! È un nome perfetto! - Dire che era entusiasta era poco e non potevo non ammettere che quel cane assomigliava davvero ad Alf.
Scossi la testa, sospirando ma continuando a sorridere - E magari anche da dove viene lui l'erba è blu e il cielo è verde. -
Ridacchiò - Allora è aggiudicato. - Disse guardandomi, come in cerca di approvazione.
Annuii e poggiai una mano sulla testa del cucciolo.
Alf. In fondo non era male.



 
ANGOLO DELL’AUTORE

Salve a tutti miei cari lettori! Chiedo perdono per il ritardo di qualche ora della pubblicazione, la causa era “halloween + after con conseguente coma profondo post Lucca Comics” ma alla fine sono riuscito ad alzarmi e a pubblicare! :D
Cosa posso dire sul capitolo? Finalmente Alf non sarà più il cane/cagnolone/cucciolone, ma semplicemente Alf. Stanno tornando i problemi per Hayley e Kurt non ne sarà affatto felice. E poi… E poi pensateci voi a dirmi cosa ne pensate con una bel commentino!
Ringrazio Lonni per le sue sempre apprezzate recensioni eee al prossimo weekend! :D

Peace.

P.s. Il nome che Hayley ha dato al suo cane, nella realtà intendo, viene da questa serie tv di metà anni '80 che si chiama proprio "Alf". Il protagonista, Alf (anche se il vero nome è Gordon Shumway) è specie di cane extraterrestre che si schianta sulla terra con la sua navicella spaziale e viene ospitato da una famiglia fino a che le riparazioni della navetta non saranno ultimate. Alf ama mangiare i gatti...

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 13 ***


Erano passati alcuni giorni da quella nottata insonne passata a cercare un nome per il cane di Hayley.
Alf, un nome strano quanto bello. Come Hayley stessa, d'altronde.
Era un cucciolone davvero vivace: appena mi vedeva mi saltava addosso, leccandomi ogni angolo della faccia, e poi aveva questi occhioni castani che ti guardavano implorandoti di coccolarlo o di dargli la tua colazione/pranzo/cena.
Sicuramente sapeva come tirar su il morale alle persone, soprattutto alla sua padrona. Non furono dei giorni proprio allegri per Hayley: si era sentita con Chad, da quello che avevo capito l'aveva chiamato per ringraziarlo del "regalo". Ma lei era silenziosa, sembrava preoccupata ed io ero convinto che ci fosse altro sotto... Temevo che potesse ricominciare a prendere le sue pillole.
Una sera mi disse che avrebbe dovuto partecipare ad un evento musicale e che avrebbe dovuto andarci con Chad. Io annuii semplicemente, ma lei notò qualcosa nella mia espressione e mi chiese se fossi preoccupato.
Le dissi di no. Mentii spudoratamente.
Per fortuna c'era Alf, che mi dava una mano a tenere la sua e la mia mente occupata, almeno in quei pochi momenti in cui potevamo stare tutti insieme.
 
POV Hayley
 
Era la sera degli Alternative Press Awards. Avremmo dovuto partecipare tutti, tutti i Paramore, ma io da brava fidanzatina mi sarei dovuta presentare con Chad.
Ci eravamo riavvicinati, in qualche modo, io lo avevo chiamato per ringraziarlo di Alf ed eravamo finiti a parlare di noi.
Lui si era scusato. Io credo di averlo perdonato.
In quei giorni avevamo ripreso a sentirci, non lo avevo detto a nessuno... Neanche a Kurt.
Kurt. Gli avevo chiesto di tenermi Alf per quella sera, ormai ci passava più tempo lui che io con quel cane.
Aveva accettato subito, come con qualsiasi altra cosa che gli chiedevo di fare per me. Era un bravo ragazzo, un buon amico, sicuramente teneva più lui a me di quanto io tenessi a me stessa.
Ero nel mio camerino, che era di gran lunga più spazioso del tour bus, il che era decisamente meglio per prepararsi per la serata.
Avevo finito ormai e continuavo ad avere questa morsa allo stomaco che mi toglieva il respiro. Ero agitata, sarei stata circondata di persone per tutta la sera, non vedevo Chad da almeno un mese e non sapevo come sarebbe andata.
Forse, se avessi preso una delle mie pillole mi sarebbe passata, mi sarei calmata e tutto sarebbe migliorato.
Si, sarebbe andata sicuramente così.
Ne presi una, e nell'istante esatto in cui la buttai giù sentii una voce alle mie spalle.
- Ti ho vista. -
Cazzo… Pensai.
 
POV Kurt
 
Rimasi a guardarla sul ciglio della porta. Non ero arrabbiato, in fondo lei non mi aveva promesso che avrebbe smesso e io non le avevo imposto di non prendere più lo Xanax. Piuttosto ero preoccupato, doveva essere davvero a terra per prenderne prima di un semplice evento... Ed io non me ne ero reso conto fino a quel momento.
I suoi occhi verdi si spalancarono appena mi vide, sapeva bene che l'avevo beccata, ma fece di tutto per nascondere la scatolina con le compresse.
Chiusi la porta alle mie spalle - Hayley... - Mormorai, avvicinandomi.
La vidi corrugare la fronte  - Questo non dovevi vederlo. - Disse, continuando a pigiare la scatolina in una borsetta.
- Perché? Perché così non ti saresti sentita in colpa? - Le chiesi serio, raggiungendola. Forse stavo esagerando.
Lei sollevò la testa e si voltò verso di me - Perché così non mi avresti giudicata! - Esclamò, trattenendo a stento le lacrime.
Ci guardammo, e stavolta fu lei ad abbassare lo sguardo, tornando a provare ad incastrare quella confezione in quella borsetta.
Sospirai - Hayley... - Le presi una mano, fermandola e cercando di farla voltare verso di me.
- Lo sai che non ti giudico, non l'ho mai fatto. - Mormorai.
Lei scosse la testa, restando a capo basso - Tutti giudicano. -
Feci spallucce - Chi sono io per farlo? - Chiesi in un sussurro - Guardami: ho ventuno anni e ancora non so dove sarò domani! Come potrei giudicare te? - Le chiesi, indicandomi e almeno provando a sorriderle.
Mi guardò, i suoi occhi verdi erano messi in risalto dal trucco e Dio solo sa come feci a non bloccarmi completamente.
- Cosa ti spaventa, Hayley? - Le chiesi, senza staccare gli occhi da lei.
Abbassò lo sguardo e scosse la testa.
Sospirai - Ascoltami, non c'è niente di cui avere paura: tu sei una brava persona, tutti ti vogliono bene, hai talento, sei bella, hai... - Mi bloccai.
Le avevo detto che era bella.
Beh, sicuramente non avevo detto una bugia. Lei aveva quegli occhi grandi, profondi, quel sorriso solare e sincero, e poi con quel vestito... Con tutti quei discorsi non mi ero neanche soffermato a guardarla.
Abbassai lo sguardo su di lei e su quel suo abito nero.
Cavolo.
Sapevo che era bella, i suoi jeans e le sue t-shirt oversize da ragazzina non mi ingannavano, ma adesso, con quel vestito, il trucco e tutto il resto, mostrava la bellissima donna che era in realtà.
Presi un grande respiro - T-tu... Hai... - Merda. Accidenti a lei, al suo viso perfetto, alle sue gambe perfette e a tutte quelle farfalle che mi ronzavano nello stomaco ogni volta che mi guardava.
- Hai una grande personalità! - Riuscii a dire infine, tornando a guardarla, ma abbassai lo sguardo appena lei sollevò il suo.
Sentii le sue braccia stringersi attorno a me e percepii perfettamente che aveva bisogno di essere rassicurata.
Ricambiai la stretta, facendole poggiare la testa sul mio petto e accarezzandole appena i capelli.
A volte un abbraccio vale più delle parole, non c'è bisogno di perdersi in discorsi inutili, e quello per me valeva più di mille immeritati "grazie".
- Hayley. - Mormorai ad un certo punto.
- Mh? -
Sorrisi appena - Per caso sei cresciuta? -
Sorrise anche lei, ne ero più che sicuro - Ho i tacchi. -
Mi scostai, quanto bastava per guardarle le scarpe - Bel trucco... Nanetta. - La stuzzicai, sollevando lo sguardo verso di lei.
- Sei tu che sei troppo alto. - Ribatté e grazie al cielo aveva ritrovato il sorriso.
Stavo per aggiungere qualcosa, quando qualcuno fece irruzione nel camerino - Hayley sei pronta? - Esclamò Taylor.
Io e la cantante ci lasciammo subito, lei scattò verso il bancone con tutte le sue cose e io mi portai le mani in tasca, abbassando lo sguardo.
- S-si, si! Devo... Devo dare Alf a Kurt. - Disse lei, spostandosi verso il cagnolone che ci aveva osservati in silenzio per tutto il tempo.
Sollevai lo sguardo verso il chitarrista - G-già ero qui per prenderlo, stasera lo tengo io. - Dissi non troppo convinto, mentre lui mi studiava, quasi a voler capire dalla mia espressione ciò che aveva visto poco fa. Che diavolo, Taylor! Era solo un abbraccio, smettila guardarmi come se la stessi violentando!  Urlavo dentro di me.
- Ecco! - Esclamó Hayley, tornando da me con un pacco di croccantini per cani, una ciotola e Alf al guinzaglio.
La guardai per un istante - Perfetto allora. - Dissi, prendendo tutte quelle cose.
Ci lanciammo un'ultima occhiata e poi sgattaiolai fuori dal camerino, portando con me Alf e lasciandola in balia degli sguardi di Taylor.
 
POV Taylor
 
- Dammi solo un attimo, devo prendere alcune cose. - Disse Hayley appena rimanemmo soli. Io annuii e lei se ne tornò a cercare chissà cosa sul suo bancone pieno di trucchi e altre cose da ragazze.
Ancora mi chiedevo cos'era ciò che avevo appena visto. Hayley era sempre stata appiccicosa con chi gli andava a genio, almeno prima che tutto questo cominciasse, ma fino a che punto quei due erano amici?
- Allora... Come va con Kurt? - Chiesi ad un certo punto e lei mi lanciò un'occhiata confusa attraverso lo specchio.
- Come vuoi che vada? È Kurt. - Già, era Kurt, il nostro nuovo amico... Ma noi non guardavamo intere filmografie insieme, lui non portava a spasso i nostri cani e non ci abbracciavamo come avevano fatto loro due poco prima.
- Taylor qual'è la vera domanda? - Chiese Hayley ad un certo punto, spiazzandomi completamente.
- N-non c'è ness... - Mi interruppe.
- Ti conosco troppo bene ormai... Cosa vuoi sapere? - Continuò, guardandomi attraverso lo specchio - Se tra me e Kurt c'è qualcosa? - E ci aveva dato in pieno, solo che, visto come ultimamente reagiva alle domande mie e di Jeremy, non avevo avuto il coraggio di chiederglielo.
Sospirò - Ti posso assicurare che tra me e lui non c'è niente, assolutamente niente... E poi ho Chad. - A quelle parole la guardai, cercando di analizzare la sua espressione mentre tornava verso di me.
- Lui è già qui? - Chiese infine, guardandomi ed io annuii.
- È fuori che ti aspetta. - Risposi, trattenendo qualche insulto da dedicare al suo fidanzato e cercando lo sguardo di Hayley, che non trovai.
- Forza, andiamo. - Mi superò, proseguendo verso la porta del camerino e io non potei fare altro che seguirla... Chiedendomi perché avesse voluto sottolineare il fatto che "lei aveva Chad".
 
POV Kurt
 
Uscii dal backstage e appena raggiunsi il parcheggio riconobbi un certo chitarrista stronzo poggiato ad un Range Rover nero.
- Guarda un po' chi si è messo a fare il dog sitter! - Esclamò Chad con quel suo tono strafottente che non mi era mancato per niente.
Non lo guardai e decisi di non rispondergli. Non rallentai, neanche gli diedi la soddisfazione di vedermi cambiare espressione.
- Spero che Hayley ti paghi anche per questo... Non le facevi già da guardia del corpo? - Aggiunse, quando passai vicino a lui.
Rallentai il passo a quella frase e posai lo sguardo sulla sua faccia di cazzo quando probabilmente capii a cosa si riferisse. Lo vidi scostarsi dalla sua auto, portandosi davanti a me.
- Credi che abbia dimenticato cosa hai fatto quella sera? - Mi chiese con un ghigno stampato i faccia, che gli avrei volentieri tolto a suon di pugni.
Lo guardai dritto negli occhi - E tu credi che abbia dimenticato cosa hai cercato di fare quella sera? -
Rise di gusto per alcuni istanti - È la mia ragazza. - Tornò a guardarmi - Lei è mia e tu sei solo uno sfigato che deve imparare a farsi i cazzi suoi. - Aggiunse e stavolta si fece serio, cupo.
Rimasi in silenzio, capii che forse non era il caso di aprire bocca e stuzzicarlo.
- Se ti vedo girarle intorno, se ti passa anche solo per la testa di poterle rivolgere la parola... Finirà che dovranno analizzare il tuo DNA per riconoscerti, da quanto ti gonfierò di botte. - Quella era decisamente una minaccia e io non volevo dargli la soddisfazione di mostrarmi impaurito o preoccupato. Perché non lo ero, non per me almeno, ma per Hayley. Se minacciava me in quel modo... Ciò che poteva fare a lei era di gran lunga più preoccupante.
Avrei voluto spaccargli la faccia lì, in quel momento, così forse avrebbe capito che doveva lasciare in pace me, Hayley e i Paramore. Ma non facevo più queste cose, adesso cercavo di tenermi lontano dai guai, anche se a quanto pare erano i guai che cercavano me.
Stavo per dire qualcosa, o forse stavo per colpirlo, non so, fatto sta che qualcuno poggiò una mano sulla mia spalla.
- Chad! Da quanto tempo! - Esclamò Jeremy, forzando un sorriso e tirandomi appena verso di se, allontanandomi dal chitarrista.
Lo guardai, cercando di capire a che gioco stesse giocando, e lui mi lanciò un'occhiata che diceva "non fare cazzate". Era davvero così palese che volessi sfondarlo di botte?
- Jeremy! Come stanno Kat e la bambina? - Chiese Chad, nascondendo la sua espressione da psicopatico dietro ad uno dei sorrisi più falsi che io avessi mai visto.
Si misero a parlare e mi chiedevo come facesse Jeremy a restare così calmo davanti a quella sua faccia da stronzo. Con la sua entrata era sicuramente riuscito a distogliere l'attenzione di Chad da me, e anche il mio desiderio di strappargli via i denti piano piano cominciava ad andarsene.
- Hayley sarà qui a momenti, ho mandato Taylor a recuperarla. - Disse il bassista ad un certo punto. Quasi non fece in tempo a terminare la frase che i due spuntarono da dietro un bus, e io dovetti sforzarmi parecchio per non voltarmi ad ammirare quella ragazzina con il suo vestitino nero e i suoi capelli azzurri. Non la degnai neanche di uno sguardo e potei percepire perfettamente il ghigno soddisfatto formatosi sulla faccia di Chad.
I ragazzi si misero a chiacchierare e io per la prima volta mi sentii di troppo. Sollevai lo sguardo verso di loro: Chad teneva Hayley ben stretta a se mentre parlava con Jeremy e Taylor, e io mi chiedevo ancora come facessero quei due a sopportare la sua presenza lì, accanto ad Hayley.
La guardai e lei fece lo stesso con me, proprio nello stesso istante. Ma io riabbassai subito lo sguardo e, senza dare alcuna spiegazione, mi voltai e mi allontanai in silenzio con Alf, che grazie al cielo se n'era stato buono per tutto questo tempo.
Ma che diavolo mi era preso? Era stato il vederla con lui a farmi male? O il vedere Jeremy e Taylor fingere che andasse tutto bene, che mi aveva infastidito? Non lo so, so solo che anche mentre mi allontanavo sentivo lo sguardo di Hayley fisso su di me.
 
Saranno state le due del mattino ed io non ero ancora riuscito a prendere sonno.
I miei occhi, costantemente puntati sul soffitto della cuccetta, non si decidevano a chiudersi, e la mia testa continuava a pensare, pensare e ancora pensare. Alf invece dormiva come un ghiro, rigorosamente spaparanzato su di me, tirandomi qualche zampata di tanto in tanto.
Sbuffai, voltandomi verso il corridoio buio del bus: dormivano tutti come sassi, qualcuno russava ma non era di certo quello a disturbarmi il sonno.
Mi passai una mano tra i capelli e tornai a fissare la parete superiore della cuccetta. Poi presi il cellulare, sperando che qualche stupido gioco dove si deve affettare la frutta mi aiutasse ad addormentarmi.
Ma, dopo aver sbloccato l'ennesimo anchievement di "maestro della frutta", chiusi il gioco ed entrai su Twitter. Magari stalkerare qualche celebrità mi avrebbe conciliato il sonno.
Pessima idea.
Stavo scorrendo la home quando cominciarono ad uscire alcune foto degli Alternative Press Awards. Sorrisi di fronte a quelle dei Paramore al completo: parevano di nuovo così uniti, Hayley era sorridente e solare, sembrava che tutte le preoccupazioni di prima se ne fossero andate.
Continuai a scorrere, incappando in una foto che non avrei mai voluto vedere: Hayley e Chad, l'una avvinghiata all'altro, che si baciavano sul red carpet.
Rimasi ad osservare quell'immagine per un tempo immane, senza riuscire a formulare alcun pensiero sensato. Sentivo solo uno strano e fastidioso groppo alla gola.
Anche se non riuscivo a concepirne il motivo era pur sempre il suo ragazzo, era più che normale che si baciassero, poi queste cose piacevano ai media... E allora perché mi sentivo così?
Perché Chad era uno stronzo, ecco perché, ma... Non era solo senso di protezione, non era solo perché sapevo ciò che aveva fatto ad Hayley e non volevo che le ronzasse intorno.
Perché stavo così male? Perché non riuscivo a guardarli insieme? Conoscevo più che bene la risposta, ma avevo paura anche solo a pensarla.
Lei mi piaceva, e anche tanto... E io ero dannatamente geloso. Non di Hayley Nichole Willaims, la cantante, la lead singer dei Paramore, ma di Hayley.
Hayls. La nanetta dai capelli allegri. La ragazzina che un tempo veniva presa di mira dai bulli, che aveva sofferto il divorzio dei suoi genitori e che adesso era la cantante di una band di fama internazionale, avrebbe potuto pisciare in testa a tutti coloro che dicevano che una donna non era fatta per stare in una band. Ma a lei non sarebbe mai passata per la testa una cosa simile, era brava, altruista, non avrebbe mai trattato male neanche un cane. Aveva talento, era la persona più bella che io avessi mai conosciuto e, davvero, non sembrava neanche rendersene conto.
Davvero c'era voluto Chad per farmi ammettere tutto questo? Averli visti insieme, nel pomeriggio, mi aveva reso così geloso da non riuscire neanche a stargli vicino, per questo me n'ero andato.
Mi chiedevo cosa avrei dovuto fare d'ora in poi, come diavolo avrei fatto a sopravvivere ogni volta che quei due si sarebbero presentati insieme?
Beh, avevo il resto della nottata per pensarci... Tanto il sonno non mi sarebbe di certo arrivato adesso.
 




ANGOLO DELL’AUTORE

Salve a tutti miei cari lettori, eccoci qua con il tredicesimo capitolo!
Che dire? La situazione si sta facendo di nuovo un po’ più tesa: è ricomparso Chad, Hayley ha di nuovo le sue pillole per le mani e Kurt, beh, Kurt… Ha ammesso a se stesso di essere cotto e stracotto di una certa cantante dai capelli blu.
Bene, spero che con questo capitolo vi abbia messo ansia a sufficienza per continuare a leggere la fanfiction (:
Ringrazio Lonni per la recensione e vorrei spronare anche gli altri lettori a lasciarmi un commentino. Dai, su, che vi costa? Cinque minuti del vostro tempo e mi rendereste felice (:
Ok, basta elemosinare recensioni e ci becchiamo al prossimo weekend! :D

Peace.

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Capitolo 14 ***


I giorni successivi agli Alternative Press Awards furono... Complicati.
Il Monumentour venne messo in pausa per alcune giornate, così che gli artisti potessero riposarsi e dedicarsi ad altro oltre che alla musica: il che sarebbe stato fantastico se solo Chad non avesse deciso di unirsi a noi proprio in quei giorni.
Non dovevo organizzare il backstage, non dovevo sistemare le attrezzature, non dovevo supervisionare i meet and greet e perciò non avevo nessuna scusa per poter scappare lontano ogni volta che mi ritrovavo Hayley e Chad davanti agli occhi... Il che capitava fin troppo spesso.
Era più che ovvio che lei lo avesse perdonato, o meglio che avesse dimenticato, e con questo ricominciava il ciclo autodistruttivo che caratterizzava la loro "relazione" da oltre un anno. E l'unica cosa che potevo fare era restarmene a guardare in silenzio, o quantomeno potevo sfogarmi con Alf quando lo portavo a fare le sue usuali passeggiate... Davvero fantastico.
Ma non passava giorno in cui Hayley non mi chiedesse di riprendere a guardare i film di Scorsese, e io puntualmente le rispondevo che ero stanco o che non mi andava. Non le davo spiegazioni e lei non me ne chiedeva, era di nuovo fin troppo presa dal suo ragazzo... E io ero sempre più geloso.
Ma temevo che Chad le facesse del male se l'avesse vista scambiare più di una parola con me, e dato che lei adesso sembrava felice non volevo complicare le cose.
Facile a dirsi, quando l'unica cosa che volevo era stare un po' con lei.
In quei giorni avevo passato molto tempo con Taylor e Jeremy: le uniche fonti di distrazione oltre ad Alf. Avevamo suonato, giocato ai videogiochi e cazzeggiato, ma anche loro erano preoccupati per il ritorno di fiamma che aveva colpito in pieno Hayley. Si era trasformata in una quattordicenne tutta presa dalla sua prima relazione, che metteva il suo ragazzo prima di amici, parenti e persino prima di se stessa.
La situazione non migliorava se aggiungevamo Taylor e le sue domande più o meno esplicite su di me ed Hayley: a quanto pare aveva ancora dei dubbi su quel cavolo di mezzo abbraccio che aveva visto la sera degli Alternative Press Awards, e io dovevo sviare le sue domande con espressioni confuse o altre domande.
Per fortuna i giorni di pausa si conclusero senza esaurimenti nervosi e il tour riprese senza problemi.
Cercai di tenermi il più impegnato possibile, almeno finché Chad non fosse ripartito. Il che accadde dopo essersi visto un paio di concerti rigorosamente dal mio lato del backstage... Dire che per due sere dovetti trattenermi dal far scoppiare una rissa era poco.
Tirammo tutti un sospiro di sollievo quando la sua auto lasciò il parcheggio. Tutti tranne Hayley, che sembrava aver appena perso per sempre l'amore della sua vita.
Non ci eravamo ancora parlati, o meglio, lei aveva cercato di farlo con le solite proposte di riprendere le nostre "serate cinema", ma io avevo rifiutato ogni forma di dialogo o rapporto con lei.
La scusa era che temevo che Chad le facesse del male in qualche modo. Ma ormai avevo capito qual era la verità: temevo di non riuscire a controllarmi e di fare qualche stupidaggine che, se fosse giunta alle orecchie di Chad, non ci avrebbe pensato due volte a spaccarmi la faccia.
 
Era un altro usuale giorno di tour, stavo allestendo lo stand per il meet and greet quando il signor Roberts mi piombò alle spalle, causandomi l'ennesimo micro infarto.
- Smonta tutto Gallagher, il meet and greet è annullato. - Mi urlò in un orecchio.
Io sobbalzai e lo guardai confuso - Annullato? Come annullato? Perché? -
Il pelato bastardo mi sorrise - Beh questi non sono affari che ti riguardano. -
Lo guardai, serio, stavo seriamente per urlargli un grosso "vaffanculo" in faccia, ma per qualche ragione a me sconosciuta non lo feci.
Mr. Frustrazione si voltò e, dopo avermi ripetuto di smontare tutto, se ne andò.
L'odio e la voglia di ucciderlo vennero rimpiazzati velocemente dalla preoccupazione: perché diavolo il meet and greet era stato annullato?
Presi il cellulare e scrissi un messaggio a Jeremy per cercare di capire cosa fosse successo. Non mi rispose, il che mi fece preoccupare ulteriormente.
Mi sbrigai a smontare lo stand, volevo correre dai ragazzi per capirci qualcosa di più... E ce l'avrei fatta se la vocina fastidiosa del pelato non mi avesse placcato a pochi metri dalla meta.
- Gallagher dove pensi di andare? - Mi urlò, spuntando da dietro un bus come nei veri film dell'orrore.
Alzai gli occhi al cielo e mi voltai - Ecco... Io volevo... -
- Volevi andare ad allestire il backstage, giusto? - Mi interruppe, e mi guardò con un'espressione che diceva "se non lo fai ti licenzio e mi pulisco il culo con la tua busta paga".
Sospirai - Si, giusto. - Mormorai, abbassando lo sguardo.
Ed ecco che mi ritrovai dietro il palco a collegare cavi, sistemare le solite attrezzature mastodontiche e costosissime e ad accordare chitarre.
- Ehi Kurt, che ci fai ancora qui? - Mi chiese uno dei ragazzi che lavorava con me, che stranamente stava portando via alcune apparecchiature audio.
Abbandonai per un istante l'accordatura dell'ennesima chitarra e guardai il collega - Sto preparando le chitarre. - Dissi, confuso.
Lui scosse la testa - Il concerto è stato annullato, stiamo smontando tutto. Non te lo ha detto nessuno? -
Sgranai gli occhi. Annullato? Il concerto era stato annullato? Ma che diavolo stava succedendo.
Mi alzai e poggiai la chitarra.
- Puoi... Puoi coprirmi per un po'? Io... Devo fare una cosa. - Gli dissi, praticamente implorandolo.
Lui annuì, confuso dalla mia espressione preoccupata - S-si, tranquillo. -
- Allora grazie! - Esclamai guardandolo e schizzando fuori dal backstage subito dopo.
Corsi nel parcheggio, verso il bus della band. Stavolta non mi sarei fermato per nessun motivo, poteva arrivare anche Godzilla, ma io avrei raggiunto quel dannatissimo bus e avrei scoperto cosa stava succedendo.
La prima cosa che vidi furono Taylor e Jeremy fuori dal mezzo, seduti sull'asfalto del parcheggio. Non vedere Hayley lì con loro mi allarmò ancora di più.
- Kurt! - Esclamò Jeremy appena si accorse di me.
Li raggiunsi - Ragazzi ma che sta succedendo? Avete davvero annullato il concerto? - Chiesi con il respiro ancora affannato per la corsa.
I due si alzarono e si guardarono.
- Hayley sta male, si è chiusa nel bus e non vuole saperne di uscire. - Esordì Taylor con una calma disarmante.
Sgranai gli occhi - Cosa? C-che è successo? È-è per colpa delle… Pillole? - Chiesi, guardandoli entrambi e adesso ero decisamente agitato.
Jeremy scosse la testa - No, le pillole non c'entrano niente, lei... - Sospirò - È esausta e a quanto pare si è presa una qualche forma di laringite, oggi non si reggeva in piedi e per questo abbiamo dovuto annullare il meet and greet. -
Taylor prese parola - Il dottore l'ha visitata e le ha detto che ha bisogno di riposo e che non potrà esibirsi per almeno due tappe. - Scosse la testa.
- Lo sai com'è: vuole sempre dare il massimo, non vuole mai deludere i fan e questa l'ha presa come una sconfitta personale... E crede che starsene da sola a piangere nella sua cuccetta possa cambiare qualcosa. - Aggiunse Jeremy, facendolo suonare tanto come un rimprovero. Sicuramente sarebbe stato un padre esemplare, ma Hayley non era la figlia adolescente alla quale avevano dato buca al ballo di fine anno.
Sospirai - Da quanto è chiusa là dentro? - Chiesi, guardandoli entrambi.
- Da quando se n'è andato il dottore, saranno due ore ormai. - Rispose Taylor.
Abbassai lo sguardo. Mi sembrava un'eternità che io e lei non ci parlavamo seriamente, e riprendere a farlo con lei distrutta e in lacrime avrebbe sicuramente ridotto il mio cuore in mille pezzi. Ma adesso non si trattava di me, ma di lei, e ciò che più importava era che lei aprisse la porta di quel dannato bus e che si calmasse.
- Posso... Provare a parlarle? - Chiesi, tornando a guardare i due musicisti.
Fecero spallucce, un po' scettici - Magari a te darà ascolto. -
Annuii e mi avvicinai alla porta del mezzo. Stavo per bussare, ma prima di farlo mi voltai verso i due ragazzi.
- Posso farlo da solo? - Chiesi ancora.
I due si guardarono e dopo un silenzio interminabile Jeremy aprì bocca - Andiamo a fare un giro. - Sorrise e una volta aver afferrato Taylor, che non la smetteva di scrutarmi da dietro i suoi riccioli, si allontanarono dal parcheggio.
Sospirai e dopo aver raccolto tutto il coraggio che avevo in corpo diedi un paio di colpi alla porticina del tour bus.
- Hayley... - Nessuna risposta - Sono Kurt. - Aggiunsi, sperando che questo bastasse per farmi aprire.
Ancora niente, ed ero più che sicuro che avesse sentito.
Bussai di nuovo, finché non finii per poggiare fronte sulla porta del bus.
- Hayley, ti prego apri. - Dissi sospirando - Lo so che vorresti solo stare sola, che pensi che nessuno possa capire ciò che provi... Ed è così. - Poggiai un pugno sulla porticina - Non posso capirlo, non so cosa si provi e non sono qui per dirti cosa devi o non devi fare, solo... Sono preoccupato per te. - Colpii la porta con il pugno e corrugai la fronte - Ti prego, apri! -
Ancora silenzio e io cominciavo a rassegnarmi all'idea che lei non ascoltasse più neanche me, quando sentii l'inconfondibile rumore di una serratura che scattava.
La porta si aprì e mi ritrovai davanti la solita ragazzina dai capelli azzurri, con le sue magliette oversize e i suoi pantaloni comodi.
Mi guardò dritto negli occhi con i suoi verdi e maledettamente intensi, che adesso erano solo ricolmi di lacrime. Era pallida, il suo viso era stanco ed era più che ovvio che avesse pianto fino ad allora. Non mi disse niente, lasciò solo la porta aperta e se ne ritornò verso la sua cuccetta.
Entrai e chiusi la porta alle mie spalle, senza riuscire a dirle niente. Notai Alf, che dormiva beatamente sul divanetto del bus.
Presi un grande respiro, ripetendomi nella mia testa di non restarmene lì impalato come un idiota.
- Hayley... - Esordii, raggiungendola e abbassandomi davanti alla sua cuccetta, per poterla guardare - Come ti senti? -
Mi dava le spalle e sapevo perfettamente che lo faceva solo per nascondersi, perché non voleva mostrare quanto stesse soffrendo, non voleva mostrarsi fragile. Lo sapevo, perché lo avevo fatto anche io per molti anni, lo facevo ancora: dare le spalle a chiunque cercasse di aiutarmi.
- Sto bene. - Mormorò, rannicchiandosi sotto le coperte.
Sospirai a quella risposta.
- Sappiamo entrambi che non è così. - Ribattei, senza staccare gli occhi da quella sua testolina azzurra.
- Cosa dovrei dirti allora? - Esclamò, voltandosi verso di me - Si, sto male, dovrò saltare due tappe del tour e i fan mi odieranno per questo! - Era seria, e quel suo sguardo era qualcosa di disarmante.
Scossi la testa - Sai che non sarà così, non potrebbero mai odiarti per questo. Loro ti amano! - Cercai di farla ragionare, ma lei sbuffò e si voltò di nuovo, tornando a rannicchiarsi sotto le coperte.
Abbassai lo sguardo. Non sapevo davvero come arrestare la costruzione di quel muro che stava sollevando tra lei e il resto del mondo.
- Hai sempre detto che i Paramore non siete solo tu, Jeremy e Taylor, ma anche tutti coloro che amano la vostra musica e che si fanno ore ed ore di fila sotto il sole cocente per vedervi suonare... Dici sempre che i Paramore sono una grande famiglia disfunzionale. - Mi lasciai scappare un sorriso - Sia nel bene che nel male, i tuoi familiari continueranno sempre ad amarti e a sostenerti, non importa se li maltratti o li deludi, loro saranno sempre lì per te. -
Sollevai la testa e la vidi voltarsi verso di me. Il suo sguardo era diverso, forse avevo trovato il mattone portante del suo muro.
Si tirò su, mettendosi a sedere, poi si sporse verso di me e mi abbracciò. Mi strinse le braccia attorno al collo, poggiando la testa sulla mia spalla, e io non potei non ricambiare quella stretta.
Neanche ci credevo a tutto ciò che le avevo detto, forse un tempo, quando mio padre, mio fratello e anche mio nonno erano ancora vivi. Mio padre era davvero così, lui mi voleva bene anche quando tornavo a casa totalmente strafatto, o quando mi sospendevano da scuola da scuola o magari venivo beccato a rubare in qualche negozio. Non ha mai alzato un dito su di me, lui semplicemente mi parlava: cercava di mettermi in moto il cervello e di farmi capire che stavo buttando la mia vita nel cesso, ma io ero troppo stupido per capirlo.
E mio fratello, beh, per lui ero una specie di eroe tormentato, un po' come Wolverine. Con la differenza che al posto degli artigli di adamantio avevo la chitarra che mi aveva regalato il nonno prima di morire... Che paragone orribile.
Hayley mi strinse maggiormente a se e questo mi fece tornare alla realtà. La sentii singhiozzare ed io le accarezzai piano la schiena.
- S-sai quando... Quando cerchi di dare sempre il massimo e... E allora tutti si aspettano sempre di più da te? - Mormorò tra un singhiozzo e l'altro.
Annuii e lei si sollevò appena, poggiandomi le mani sulle spalle.
- E-e poi arriva un momento in cui non... Non ce la fai più e allora crolli... E tutto... Tutto ciò in cui credevi, i tuoi ideali, se ne vanno tutti a quel paese. - Continuò, senza smettere di piangere. Non mi guardava, teneva lo sguardo rivolto verso l'alto, forse per cercare di trattenere le lacrime, ed io cercavo di capire se stesse parlando di come si sentisse in quel momento o se in realtà stesse provando a dirmi come si era sentita per tutto quel tempo.
- E vorresti solo sparire, p-perché anche se tutti continuano a volerti bene e a s-starti accanto, sai... Sai che li hai delusi... I tuoi amici, l-la tua famiglia e persino te stesso. - Stavolta mi guardò e capii dai suoi occhi che ciò che mi diceva era qualcosa che andava ben oltre quest'ultimo crollo emotivo.
E l'unica cosa che volevo era che non si sentisse mai più così, perché lei non meritava tutto questo, lei meritava di meglio. Meritava di essere felice: lontana da Chad, lontana dalle sue pillole, lontana dai media che aspettavano come lupi famelici che una mezza notizia scomoda su di lei arrivasse alle loro orecchie. E malgrado tutto questo, i pianti, le lacrime, i suoi problemi e i miei problemi... Volevo solo baciarla e stringerla così forte da farle dimenticare anche solo per un istante tutto questo casino.
Ma la realtà era un'altra e, per quanto la versione di noi due felici e contenti mi piacesse di più, non potevo ignorarla.
La guardai, riuscendo incredibilmente a sostenere quel suo sguardo che ti disintegrava il cuore, e senza dire niente le poggiai una mano su una guancia. La accarezzai appena, asciugandole una lacrima con il pollice.
- Sai, non per forza devi tenerti tutto dentro, cioè... Non sono bravo con i consigli, ma... So ascoltare. - Mormorai, rischiando di bloccarmi ad ogni sillaba.
Ma lei distese il suo splendido viso in un sorriso, abbassando lo sguardo e portando una delle sue manine sulla mia poggiata sul suo volto, stringendola appena.
Ad un tratto diede un colpo di tosse, seguito da un altro e poi un altro ancora.
- Hayley! Aaaah fila a letto, devi riguardarti! - Esclamai afferrando i lembi della coperta, mentre lei si sdraiava e continuava a tossire.
- Non volevo farti affaticare. - Dissi mentre tiravo su le coperte e lei scosse la testa.
- Non è colpa tua, lo sai. - Mormorò, coprendosi fino al naso. Era stanca, lo vedevo, e ora che si era calmata volevo solo che si riposasse.
- Hai freddo? - Chiesi osservandola e lei annuì appena.
Mi guardai intorno, alla ricerca di una coperta in più, e ne vidi una ripiegata sul letto di Taylor. La presi e ci coprii quella ragazzina infreddolita che nel frattempo aveva chiuso gli occhi.
Rimasi lì per un po'. Non feci niente, la osservai e basta, forse per assicurami che si fosse addormentata o forse perché mi piaceva guardarla, ma mi alzai solo quando sentii bussare alla porta del bus.
Andai ad aprire: erano Taylor e Jeremy.
- Allora? - Mi chiese il chitarrista e prima di rispondere uscii dal bus e mi chiusi la porta alle spalle.
- Sta riposando. -
- Sta bene? Si è calmata? - Chiese Jeremy, preoccupato.
Annuii - È solo... - Sospirai - Crede di avervi delusi tutti, non solo oggi, ma da quando ha cominciato a stare male. -
I due musicisti si guardarono e vidi qualcosa nei loro sguardi, forse preoccupazione o la consapevolezza di non aver capito la loro amica fino in fondo.
- Te lo ha detto lei? - Chiese Taylor.
Sospirai ed annuii - In un certo senso ha cercato, ma... Me lo ha fatto capire. -
- Come abbiamo fatto a non rendercene conto? Ci respingeva per non ferirci ulteriormente... E noi l'abbiamo abbandonata proprio nel momento del bisogno. - Disse Jeremy, portandosi una mano sul volto. Sembrava distrutto e l'ultima cosa di cui Hayley aveva bisogno era vedere i suoi amici a terra.
- Ehi, coraggio. Dovete solo parlarle. - Dissi, guardandoli entrambi - Malgrado ciò che ha detto o fatto... Lei ha bisogno di voi. -
- Dovremo scusarci di molte cose. - Mormorò Taylor ed io lo guardai.
- Dovrà farlo anche lei... Ma non ora, non credo sia il momento più adatto per toccare questo argomento. - Ammisi, corrugando appena la fronte e i ragazzi annuirono.
Forse, se avessero chiarito una volta per tutte, le cose sarebbero migliorate: Hayley avrebbe ritrovato un certo equilibrio nella propria vita, magari avrebbe anche aperto gli occhi su Chad, e Jeremy e Taylor avrebbero ritrovato la loro amica.
E io cosa ci guadagnavo in tutto questo? Gelosia, dubbi e un'altra marea di sentimenti indefiniti.
Ma mi andava bene, pur che potessi almeno starle accanto, pur che potessi continuare a suonare con Jeremy e Taylor, pur che potessi continuare a giocare con Alf.
Era così che funzionava quando tenevi a qualcuno: avresti fatto qualunque cosa, senza aspettarti niente in cambio.
 




ANGOLO DELL’AUTORE

Salve a tutti ragazzuoli, eccoci giunti alla fine del capitolo… Cavolo ho perso il conto. Ma capitemi, io suono, quindi so solo contare fino a quattro e ricominciare :’)
Che dire sul capitolo? Hayley si è ammalata, perciò ha portato il nostro caro Kurt a riavvicinarsi a lei e a cercare di risollevarle il morale. Taylor e Jeremy hanno finalmente capito come si è sentita la loro amica per tutto questo tempo, perciò ben presto i Paramore dovranno parlare e… E poi lo scoprirete (:
Ringrazio come sempre Lonni per la recensione e torno ad elemosinare commentini anche dagli altri lettori :’)
Al prossimo weekend! :D

Peace.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Capitolo 15 ***


L'unica cosa positiva della laringite di Hayley era che mi sarei potuto riposare per due tappe del tour. Era un pensiero egoista, lei ci teneva così tanto a quel tour e mi sentivo uno stronzo a pensarla in quel modo, ma nessuno poteva capire quanto avessi bisogno di un paio di giorni di riposo... O almeno, speravo davvero di potermi riposare.
Saranno state le otto del mattino quando il mio cellulare si mise a vibrare incessantemente, facendo riscuotere tutta la cuccetta. Lo cercai intorno a me, senza neanche alzare la testa dal cuscino.
- Pronto. - Mormorai con lo stesso tono di chi si era appena risvegliato da un coma, appena lo trovai.
- KURT! SEI SVEGLIO? - Urlò Jeremy dall'altra parte, obbligandomi ad allontanare un po' il telefono e causandomi danni irreversibili alle orecchie.
- Adesso si... - Risposi mentre mi stropicciavo un occhio e mi giravo a pancia in su - Che succede? È tutto o... - Jeremy mi interruppe.
- DEVI SUBITO CORRERE AL NOSTRO BUS! E’ IMPORTANTE! - Continuò con il suo tono estremamente alto.
Corrugai la fronte e solo allora aprii gli occhi - D-d'accordo, ma che succede? - Provai a chiedere di nuovo, ma lui mi liquidò con un "ok, allora a tra poco!" riagganciando subito dopo.
Osservai per alcuni istanti lo schermo del cellulare, chiedendomi se fosse caduta la linea o altro, ma quando realizzai che il bassista non mi avrebbe richiamato per darmi spiegazioni, decisi di alzarmi.
Cercai di non svegliare nessuno dei ragazzi che dormivano ancora nelle loro cuccette e di rendermi presentabile nel minor tempo possibile. Jeremy mi era sembrato piuttosto agitato al telefono, o forse era solo esaltato, ma volevo scoprire al più presto cosa stava succedendo... Speravo solo che Hayley non si fosse chiusa di nuovo nel tour bus.
Tutte le buone intenzioni di fare una cosa di giorno se ne andarono a quel paese quando misi piede fuori dal bus: l'arietta fresca del mattino e il sole puntato negli occhi, anziché svegliarmi, mi fecero solo venir voglia di ributtarmi nel mio lettuccio caldo, ma dato che non potevo mi ritrovai a vagare nel parcheggio con un outfit da tossicodipendente e un passo da zombi.
Finalmente raggiunsi il mezzo della band. Dall'esterno sembrava tutto tranquillo così battei un paio di colpi sulla porta, rischiando di addormentarmi lì in piedi.
- Ehi Kurt! Entra pure! - Esclamò un Taylor ancora in pigiama, quando mi aprì. Lo salutai con un lieve cenno della mano e salii le scalette, venendo subito assalito da Alf. Feci un paio di carezze al cagnolone e seguii il chitarrista verso il salottino che aveva ospitato me, Hayley e Martin Scorsese per molte sere.
- 'Giorno a tutti. - Sbadigliai, salutando con un gesto della mano anche Jeremy ed incredibilmente Hayley, avvolta in una coperta con le sue magliette larghe e i suoi pantaloni comodi, segno che anche lei si era alzata da poco. La cantante mi sorrise.
- Ehi, come ti senti oggi? - Le chiesi, sedendomi accanto a lei sul divanetto, seguito subito da Alf che si piazzò praticamente sulle mie gambe.
- Sono ancora un po' stanca, ma va meglio. - Mi sorrise e non potei fare altro che ricambiare, mentre Taylor mi passò il solito bicchierone di caffè che accettai senza pensarci due volte.
Sembrava tutto così tranquillo, chissà perché Jeremy mi aveva fatto correre lì.
- Allora... Perché sono qui? - Chiesi ad un certo punto, guardando tutti e tre mentre prendevo un sorso di caffè.
Il bassista e il chitarrista si lanciarono una delle loro solite occhiate, e con il sorriso sulle labbra saltarono di fronte a me.
- Abbiamo una proposta da farti. - Esordì Taylor e io lo guardai lievemente confuso.
- Sai che dal ventidue al ventiquattro agosto si terranno il Reading e il Leeds Festival in UK... Vero? - Chiese Jeremy ed io annuii, sempre più confuso.
I due sorrisero - E sai che noi parteciperemo il ventidue e il ventitré come headliner... Vero? - Continuò il bassista.
- S-si credo... Credo di averlo letto da qualche parte. - Risposi guardandoli e rischiando di implodere per la tensione del momento.
I due musicisti si guardarono di nuovo, sorridendosi e ridacchiando come due stupidi ragazzini.
- Ti andrebbe di venire con noi? - Esordì Hayley, che a quanto pare si era stancata del temporeggiare di quei due. Mi voltai di scatto verso di lei, guardandola come si guarda un pazzo.
- Hayley! - Esclamarono in coro i due musicisti.
Lei li guardò e fece spallucce - Che c'è? -
- Hai rovinato la sorpresa! - Continuarono con tono furibondo, ma lei scosse la testa.
- Ci stavate mettendo troppo. - Si giustificò quell'adorabile nanetta che mi aveva completamente spiazzato con quella proposta.
UK... Fino a due mesi prima non ero neanche mai uscito dalla California, e adesso dovevo andare in UK. E poi quante ore di volo ci volevano per arrivare in Gran Bretagna?
- Terra chiama Kurt! - Esclamò Hayley, probabilmente per la centesima volta, sventolandomi una delle sue manine davanti al volto.
La guardai con aria smarrita e poi spostai lo sguardo sugli altri due.
- Allora, che ne pensi? - Chiesero, sorridendomi.
Abbassai lo sguardo - Cosa ne penso? Vediamo... - Mormorai, grattandomi la nuca - La Gran Bretagna è... Lontana. -
Sentii Hayley ridere - Si, lo è decisamente. -
Sollevai lo sguardo verso di lei e poi verso Jeremy e Taylor - E non credo di potermi permettere il viaggio. -
Adesso furono i due ragazzi a scoppiare a ridere - È davvero questo ciò che ti preoccupa? - Chiese Taylor, sorridendomi
- Kurt il viaggio te lo paghiamo noi, altrimenti che invito sarebbe? - Aggiunse Jeremy, sforzandosi di non ricominciare a ridere.
Stavolta li guardai tutti e tre. Gli stavo davvero così a cuore? Tenevano così tanto a me da portarmi con loro in UK?
- Ragazzi... Ho una paura assurda dell'aereo. - Confessai infine, aspettandomi altre fragorose risate che incredibilmente non arrivarono.
-  Noi siamo terrorizzati dall'aereo! -Esordì Hayley ridacchiando.
La guardai - Davvero? Ma voi viaggiate sempre. -
Jeremy annuì - C'abbiamo fatto l'abitudine ormai, ma a volte le turbolenze ci traumatizzano ancora. -
- Parla per te! - Esclamò Taylor - Io non ho mai e mai avrò paura dell'aereo! - Aggiunse con tono fiero.
- Ma smettila! L'ultima volta hai assillato sia noi che le hostess per tutto il volo, solo per qualche stupido vuoto d'aria! - Lo riprese il bassista, dandogli una pacca dietro la testa.
Taylor si portò una mano sulla nuca e guardò male il suo amico, dando il via al loro ennesimo siparietto. Ammetto che mi erano mancati molto, da quando Hayley era tornata con Chad nessuno era più in vena di ridere e scherzare.
- Allora, cos'hai deciso? Vieni o non vieni? - Mi chiese la cantante, mentre gli altri due continuavano a discutere.
La guardai giusto per un istante e poi abbassai lo sguardo, tornando a chiedermi se fosse giusto farmi offrire un viaggio così pazzesco oppure no.
- I-io... Mi piacerebbe molto, ma... Non vorrei essere un peso e non mi va che mi paghiate tutto... Io... - Hayley mi interruppe.
- Hai detto che ti piacerebbe? - Chiese guardandomi.
- C-certo che mi piacerebbe. È… La patria dei Led Zeppelin e dei Clash, dei Pink Floyd, dei Rolling Stones, dei Queen e dei Sex Pistols e… E ce ne sono troppi! - Esclamai, scuotendo la testa.
Lei sorrise - Allora è deciso: tu parti con noi per il Regno Unito. - Disse infine con tono deciso e solo in quel momento Jeremy e Taylor si voltarono verso di noi.
- Ah aaah! Alla fine ti abbiamo convinto! - Esclamò il bassista, euforico.
- Ehm, a dire il vero: io l'ho convinto. - Puntualizzò Hayley, schiarendosi la voce - Come se davvero avessi avuto scelta. - Aggiunse in un sussurro che sentii perfettamente, così mi voltai verso di lei, scoprendola a sorridere.
- Aaaah non importa chi lo ha convinto! L'importante è che venga con noi. - Esclamò Jeremy - Piuttosto, devo andare da Kat. A quest'ora la bambina si sarà svegliata. - Aggiunse guardando l'ora.
- Vengo con te, magari nel tragitto riesco anche a trovare mio fratello... - Disse Taylor, dando una pacca sulla spalla dell'amico e insieme si avviarono verso la porticina del bus.
- Ragazzi siete ancora in pigiama! - Urlò Hayley, poco prima che uscissero.
- Ringrazia che non dormiamo in mutande allora! - Rispose il bassista, seguito dalla risata di Taylor. Non potei non ridere anche io, almeno finché Hayley non si fece scappare un colpo di tosse.
- Avevi detto di stare meglio. - La guardai e lei annuii.
- Io sto meglio... La mia gola no. - Ammise, stringendosi nella coperta che aveva addosso.
Sospirai e, lasciando Alf sul divano, mi alzai - Su, copriti bene e fila a letto, non farmi fare la parte della nonna fissata con gli sbalzi di temperatura. - Dissi, porgendole le mani per aiutarla ad alzarsi.
Sorrise - Eppure ti vedrei bene con un vestitino da nonna. - Mi punzecchiò, afferrando le mie mani e tirandosi su.
- Magari per Halloween. - Le risposi, raggiungendo la sua cuccetta.
Si sdraiò e io mi abbassai per poterla guardare.
- Vuoi qualcosa di caldo? Tipo un tè o... Qualcos'altro? - Chiesi, ma lei si voltò verso di me e rimase per diversi istanti a guardarmi. Ci mise un po' per rispondermi, e i suoi occhi puntati su di me mi sottrassero trent'anni di vita.
- Un tè va benissimo. - Mormorò infine ed io annuii, scappando in quella che doveva essere una sorta di "cucina da viaggio".
Dovetti rallentare il mio battito cardiaco prima di poter fare qualsiasi altra cosa e quando la soglia dell'infarto cominciò a farsi sempre più lontana, potei prepararle il tè.
Ci misi un po' di zucchero e dopo aver recuperato il mio ormai congelato caffè, tornai da lei. La trovai a leggere qualcosa al pc.
- Spero che lo zucchero vada bene. - Dissi, porgendole la tazza.
- Graaazie. - Mi rispose con quel suo tono da adorabile bambina di venticinque anni.
Mi sedetti a terra, prendendo un sorso di quello schifo di caffè.
- Quando riuscirò a bere un caffè prima che si freddi dovrete farmi una statua. - Mi lamentai, cercando di non risputare tutto.
Lei ridacchiò - Mentre aspettiamo che accada... Dovresti leggere una cosa - Si voltò verso di me.
- Di che si tratta? - Chiesi corrugando la fronte e lei mi fece cenno di avvicinarmi.
Poggiai il caffè per terra e mi alzai, affacciandomi nella cuccetta per capire di cosa stesse parlando.
- Ho... Scritto una specie di lettera, per spiegare ai fan cosa sta succedendo e... Per scusarmi. - Mormorò, tenendo lo sguardo basso.
La osservai per alcuni istanti prima di risponderle e giuro di non averla mai vista così imbarazzata.
- Sicura di voler farmela leggere? - Chiesi e lei annuì.
- Tanto tra poco finirà sul web, perciò la leggerai comunque... Magari se le dessi un'occhiatina prima potresti dirmi come ti sembra. - Rispose senza guardarmi.
Silenzio. Nessuno avrebbe mai potuto spiegare quanto mi sentissi onorato da quella sua richiesta.
- Dà qua. - Mormorai infine, sorridendole e prendendo il pc.
Mi fece posto nella cuccetta, così mi sdraiai accanto a lei ed iniziai a leggere.
Non mi stupii di quanto sapesse scrivere bene, i suoi testi erano sufficienti per capirlo, piuttosto mi meravigliai di quanta Hayley ci fosse in quella lettera. Tra le righe c'era lei: con la sua forza e le sue debolezze, il suo umorismo e la paura che i suoi fan potessero odiarla.
Non potei non sorridere sulla chiusura della lettera "Pray for me if you pray. Fist bump me if you don't."
Sollevai un pugno verso di lei e la guardai con la coda dell'occhio.
- Che stai facendo? - Mi chiese confusa, prendendo un sorso del suo tè.
- Ti do il pugno. - Risposi sorridendo, e quando capì a cosa mi riferissi ricambiò anche lei, poggiando il suo pugno contro il mio.
- Ti è piaciuta almeno? - Mi chiese ed io annuii, rileggendo alcune righe della lettera.
- Sei troppo silenzioso. Dici che dovrei riscriverla? -
A quella domanda mi voltai verso di lei e scossi energicamente la testa.
- Certo che no! È perfetta così. - Sorrisi, ma lei non sembrava convinta.
- Ne sei sicuro? -
Annuii, tornando a guardare lo schermo del pc - È come il testo di una tua canzone... Ci sei tu qua dentro. - Mormorai, facendo spallucce - È una lettera... Umana, ha dei sentimenti propri. - Ridacchiai e allora tornai a guardarla, sperando di averla convinta.
Lei mi guardava, era seria, concentrata e anche stramaledettamente vicina, e grazie al cielo disse qualcosa perché il mio cervello se ne stava già andando per fatti suoi.
- Certe volte penso di non ringraziarti mai abbastanza. - Mormorò, abbassando lo sguardo e poggiando la tazza di tè su un ripiano della cuccetta.
Io scossi la testa - Per cosa? -
- Per tutto: per gli aiuti che ci dai con i soundcheck, per tutte le volte che hai portato fuori Alf al posto mio, perché mi stai sempre accanto, per questo tè... Per tutto. - Ripeté e nell'istante in cui lei sollevò il suo sguardo, io abbassai il mio.
- Perché lo fai? - Chiese infine in un sussurro.
- Per lo stesso motivo per cui voi mi avete invitato in UK... Almeno credo. - Mormorai, chiudendo il pc - In così poco tempo siete diventati come una famiglia per me, davvero, mi fate sentire parte di qualcosa e mi piace starvi intorno... - Trovai il coraggio di sollevare lo sguardo verso di lei - E... Ci tengo a te. -
I nostri sguardi si incrociarono per alcuni istanti, ma poco dopo dovetti abbassare il mio per evitare che quegli occhi verdi mi scrutassero l'anima. La sentii poggiare una delle sue manine sul mio viso, accarezzandomi appena una guancia.
- Kurt, sei... Un buon amico. - Mormorò, lasciandomi il viso e avvicinandosi a me. La osservai mentre mi abbracciava e poggiava la testa sulla mia spalla.
- Ti voglio bene, davvero. - Aggiunse ed io non potei fare altro che stringerla a me.
- Anche io. - Mormorai e malgrado la parola "amico" mi stesse letteralmente scavando un buco in mezzo al cuore, quel calore e il suo buon profumo riuscivano ad alleviare anche quel dolore.
 
Restammo così per un tempo infinito e mentre il mio cervello e il mio cuore combattevano l'epica battaglia per decidere se dovessi baciarla o meno, lei si era addormentata e anche io stavo quasi per farlo... Almeno finché Alf non si svegliò e non cominciò ad abbaiare come se non ci fosse un domani.
Hayley si riscosse e piano piano aprì gli occhi.
- Alf! Vieni qua! - Esclamai, allungando una mano fuori dalla cuccetta, e lui corse subito da me.
- Si può sapere cos'hai da abbaiare? Hai fame per cas... -
- Shhh! - Hayley mi interruppe, battendomi un paio di colpi sul petto.
Rimasi in silenzio, completamente immobile, praticamente avevo anche smesso di respirare.
Si sentirono delle voci provenire dall'esterno del bus.
- Chad ti ho detto che sta riposando! -
- Non mi interessa, Jeremy, voglio sapere come sta! -
- Posso dirtelo io: lei... -
- No! Voglio vederla. -
E in quell'esatto istante sentimmo scattare la serratura della porta del bus. Ci guardammo negli occhi e probabilmente avevamo la stessa espressione terrorizzata stampata sul volto, dovuta al fatto che Chad era lì.
In un nanosecondo saltai giù dalla cuccetta, lasciando Hayley sotto le coperte, e una volta aver afferrato Alf per il collare misi su un teatrino degno di oscar.
- Dove hai detto che sono le sue crocchette? - Chiesi, rigorosamente ad alta voce e guardando la cantante negli occhi, facendole intendere di reggere il gioco.
- Dovrebbero essere... -
- Hayley? - Esordì Chad, spostandosi dall'entrata al corridoio delle cuccette in un istante.
- Chad! - Esclamò lei, guardando il suo ragazzo - C-cosa ci fai qui? - Chiese stupita, e dalla sua espressione sembrava anche felice di vederlo.
Lui mi guardò per un istante ma incredibilmente non mi disse niente, ne mi diede un pugno, piuttosto si lanciò nella cuccetta di Hayley per abbracciarla... Il che mi indusse ad abbassare lo sguardo.
- Appena ho saputo che per la tua salute avevate dovuto annullare due show sono corso qui. - Le disse, stringendola e dandole un bacio sulla guancia.
Sollevai lo sguardo per un istante, perché a quanto pare mi piaceva soffrire, e vedere Hayley stretta a lui mi procurava delle fitte indescrivibilmente dolorose in mezzo al petto.
Poi lei aprì gli occhi, incrociando il suo sguardo con il mio. Giusto un istante, e sono più che certo che la mia espressione dicesse "uccidetemi adesso".
- Le crocchette sono... Prova a guardare di là sul tavolo. - Disse ad un certo punto, scostandosi appena da Chad.
- Perfetto! Te lo riporto più tardi! - Esclamai, mostrando un pessimo sorriso falso e scappando subito dopo fuori dal bus, con Alf.
- Kurt! - Esclamò Jeremy, che a quanto pare era rimasto davanti al mezzo, appena mi vide.
- Devo portare a spasso Alf! - Lo liquidai, correndo fuori dal parcheggio con il cagnolone.
Non avevo nessuna voglia di parlare con qualcuno in quel momento, avrei voluto soltanto buttarmi sotto ad una macchina.
Lei sembrava così felice, possibile che non si rendesse conto di essere finita di nuovo in un ciclo autodistruttivo della loro "relazione"?
Adesso lui si fingeva preoccupato per lei e per la sua salute, si sarebbe comportato da fidanzatino perfetto e come diavolo avrei fatto a farle aprire gli occhi? Come avrei potuto competere?
Competere? Non ero neanche mai entrato in quella competizione, per lei ero un buon amico, niente di più.
Forse, se avessi preso certe distanze e se mi fossi allontanato un po' da lei, avrei potuto gestire meglio quella situazione e avrei potuto tenere a bada i miei sentimenti.
Forse era davvero l'unica soluzione.
 
POV Hayley
 
Avrei dovuto ringraziare Kurt anche per avermi evitato una litigata con Chad, se non si fosse inventato la storia di Alf non oso immaginare come sarebbe andata a finire.
Avevo visto qualcosa nei suoi occhi, negli occhi di Kurt, qualcosa come la tristezza... O forse ero solo paranoica e cominciavo anche ad immaginarmi le cose.
Ma adesso Chad era lì, mi stringeva e si preoccupava per me... Perché allora continuavo a pensare a Kurt e al suo sguardo?
Lui era mio amico ed io amavo Chad. Lo amavo, ne ero certa, più che certa... E allora perché avevo così tanta paura di dimenticarlo, al punto di doverlo ripetere così tante volte?
 




ANGOLO DELL’AUTORE

Salve a tutti ed eccoci giunti alla fine del quindicesimo capitolo, stracolmo di momenti Kurtley… Ho già trovato un nome per questi due, sto davvero messo male.
Ma comunque: sembra che i nostri protagonisti abbiano fatto un leggero passo avanti, ma a quanto pare Hayley considera Kurt soltanto un amico (sbaaam! you’ve been friendzoooned!) e l’arrivo di Chad non migliorerà certo le cose.
Beh, fatevi forza fino al prossimo weekend per vedere cosa vi riserverà il sedicesimo capitolo, stay tuned.
Ringrazio Lonni per la recensione e alla prossima! :D

Peace.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Capitolo 16 ***


POV Hayley
 
Ero convinta che avremmo dovuto annullare altri show, e invece il mattino seguente all'arrivo di Chad ero di nuovo in piedi e piena di energie, pronta per il concerto di quella sera. Riaprimmo subito anche i meet and greet, in fondo dovevo anche questo ai nostri fan.
La lettera che avevo scritto per loro aveva fortunatamente riscosso delle risposte positive. Non erano arrabbiati, beh alcuni si, ma molti altri mi avevano sostenuta con i loro tweet di "in bocca al lupo".
Credo che anche questo mi avesse aiutata a rimettermi subito in sesto, il sostegno che mi davano i fan significava molto per me.
Tutt'altra storia invece con Kurt, che tutto ad un tratto era sempre impegnato a montare o smontare qualcosa. Ok che avevamo ripreso ad esibirci, ok che lui lavorava sempre per noi, ma ogni volta che gli proponevo di fare qualcosa tutti insieme se ne usciva con qualche urgente commissione o con il fatto che fosse esausto. Anche quando ci incontravamo nei backstage era molto schivo, mi liquidava con qualche scusa e ci scambiavamo al massimo due parole.
Arrivai a pensare che gli avessi fatto qualcosa io, ci pensai e ripensai ma era una teoria completamente folle. Forse era solo un periodo, forse voleva solo stare un po' da solo... Ma erano giorni che andava avanti questa storia.
Dall'altra parte c'erano Jeremy e Taylor che avevano ripreso a sostenermi, e soprattutto c'era Chad, che mi era stato accanto per tutto il tempo, si interessava a me e non mi lasciava mai sola, era dolce. Purtroppo stava già per ripartire, era venuto solo per assicurarsi che stessi bene e adesso doveva riprendere le prove con la sua band per l'imminente uscita del loro nuovo album.
Quella sera, dopo il concerto, avevamo intenzione di andare tutti a fare un giro i città, per svagarci un po' e per salutare Chad che tra pochi giorni sarebbe dovuto ripartire. Avevo chiesto a Kurt di unirsi a noi e aveva detto che se non era troppo stanco sarebbe venuto... Ma chissà perché avevo la strana sensazione che anche quella sera sarebbe stato esausto.
 
POV Kurt
 
Stavo vivendo un dannatissimo incubo.
Come se i sentimenti impossibili per quella nanetta non bastassero a distruggermi ogni giorno, adesso si aggiungeva anche Chad, che con la sua faccia da stronzo e il suoi tono strafottente se ne stava sempre attaccato ad Hayley, e lei sembrava anche felice di questo!
L'unico modo che mi permetteva di sopravvivere era cercare di stare il più lontano possibile da entrambi, il che non era facile. Ma se non le parlavo, se non le stavo accanto, allora non sentivo il disperato bisogno di stringerla e non lasciarla più, di conseguenza neanche Chad si sarebbe insospettito e non avrebbe ricominciato a trattare male Hayley.
In qualche modo sembrava funzionare, magari sarei riuscito anche a farmi passare tutte quelle farfalle che mi ronzavano nello stomaco quando lei mi guardava o mi stava semplicemente accanto, ma ignorarla e liquidarla ogni volta che cercava di parlarmi mi stava lentamente uccidendo.
A differenza di me, Taylor e Jeremy si erano riavvicinati molto ad Hayley. Non credo che avessero parlato, ne chiarito, ma dopo che gli avevo detto ciò che lei mi aveva confessato, sembrava che fosse scattato qualcosa in loro, e cercavano di recuperare il tempo perduto.
In parole povere: adesso stavano di nuovo tutti insieme ed eccetto Taylor, che continuava a farmi un sacco di domande più o meno esplicite su Hayley, sulle nostre vecchie "serate cinema" e sul fatto che quella volta, quando si era ammalata, ero incredibilmente riuscito a calmarla, cercavo di stare alla larga da tutti.
Eppure non passava giorno i cui non mi chiedessi se il chitarrista avesse capito qualcosa, se i miei sentimenti per Hayley  fossero così ovvi, o se si divertiva solo a stuzzicarmi.
Ma ormai l'unica vera, mezza conversazione che avevo avuto con lei in quei giorni era stata quando mi aveva chiesto di fare un giro tutti insieme, per staccare un po' la spina e per salutare Chad... Considerando che avrei finito col buttarlo volontariamente sotto ad un'auto, non sapevo se fosse una buona idea.
 
Lo show terminò come sempre con una pioggia di coriandoli, e un attimo dopo i membri della band erano già nel backstage. Passai acqua e asciugamani a tutti, poi Hayley corse subito ad abbracciare Chad e Jeremy raggiunse Kat e Bliss in un angolo del backstage, mentre Taylor, Justin e Aaron si misero a parlare di quanto fosse stato esilarante lo show.
Silenziosamente me ne tornai al mio lavoro, sperando che a nessuno venisse di nuovo in mente di invitarmi alla loro serata... Come sempre speravo male.
- Kurt! - Esclamò una vocina che avrei riconosciuto tra mille, alle mie spalle - Allora ti unisci a noi? -
Mi voltai verso di lei, trovandomi davanti anche Chad, e vedere la sua manina stretta con quella del fidanzato mi perforò il cuore.
- Non so Hayley, non penso... Sono piuttosto stanco. - Risposi e notai qualcosa nei suoi occhi, qualcosa che sembrava rabbia, ma anche preoccupazione, mentre sul volto di Chad si formò un ghigno compiaciuto.
- Andiamo Kurt! Stasera usciamo tutti! - Esordì Jeremy, che intanto si era avvicinato con Bliss in braccio e Kat stretta a se.
- Già, manchi solo tu! - Aggiunse Taylor, raggiungendoci con il resto della band.
Avere tutti quegli occhi puntati su di me mi rendeva parecchio nervoso - N-non lo so, d-devo finire di lavorare... E poi sarebbe meglio c-che mi riposassi un po'. - Mormorai, abbassando un po' lo sguardo.
- Come tuoi capi ti concediamo la serata libera! - Esclamò il bassista, sorridendomi.
- Dai, non farti pregare. - Aggiunse Taylor. Io lo guardai, mentre il mio cervello cercava di elaborare nuove scuse.
- Facciamo così: adesso andiamo tutti a darci una ripulita e ci troviamo davanti al nostro tour bus tra un'ora. - Propose Hayley ad un certo punto, sorridendo e lanciandomi un'occhiata. Ma il suo sguardo aveva qualcosa di strano e quell'ultima frase sembrava più una minaccia che una battuta... Ed io non ero ancora riuscito a trovare altre scuse.
Sospirai e, cercando di sorridere, annuii appena... Sapevo già che sarebbe stata più una tortura che una serata tra amici.
 
Mi diedi una rinfrescata, mi cambiai, e una volta pronto uscii controvoglia dal bus, dirigendomi dall'altra parte del parcheggio. Mi infilai tra alcuni grossi camion e potevo già intravedere il gruppetto di amici che attendevano fuori dal bus della band, quando... Mi fermai.
Cercando di non farmi notare li osservai: Jeremy con un braccio stringeva Kat a se e con l'altro minacciava, come sempre, di picchiare Taylor; suo fratello Justin se la rideva e insieme ad Aaron spalleggiavano il bassista... Mi sentivo di troppo anche soltanto a guardarli.
Un attimo la porta del bus si aprì e una ragazzina in jeans e t-shirt saltò giù dalla scaletta, seguita da un cagnolone dal pelo marroncino e dal chitarrista più fastidioso del mondo... Quasi mi ero dimenticato che ci fosse anche lui.
- Hayley! Finalmente! - Esclamò Taylor.
- Scusate... Alf doveva mangiare. - Rispose la cantante, sorridendo.
- Bella scusa, davvero, quella del cane ci mancava! - Si lamentò Jeremy che però non poté fare a meno di sorridere come un bambino.
- Forza andiamo, abbiamo già perso fin troppo tempo. - Esordì Chad che, poggiando un braccio sulle spalle di Hayley, fece per avviarsi verso l'uscita del parcheggio.
- Aspetta! - Esclamò lei, fermandolo - E Kurt? -
In quel momento schizzai dietro ad uno dei tanti furgoni presenti intorno a me, sperando che nessuno mi avesse visto.
Sentii la voce di Taylor - Non lo so, sarà in ritardo. Magari possiamo fare un salto al suo bu... - Hayley lo interruppe.
- No. Avrà cambiato idea... Andiamo. -
Li sentii allontanarsi.
Non sapevo perché mi ero tirato indietro all'ultimo secondo: forse era stato vederli tutti insieme, uniti e malgrado tutto felici, forse perché pensavo di non c'entrarci nulla con loro. Ma era tutto nella mia testa, non mi avevano mai fatto sentire di troppo, tutt'altro... E allora cos'era?
La risposta era semplice: dovermi ritrovare la "relazione" di Hayley e Chad sbattuta in faccia per un'intera serata era decisamente troppo per me, e se dovevo concludere con una qualche scenata, beh, forse era meglio se me ne fossi andato a letto.
Me ne tornai al mio bus e mi buttai nella mia cuccetta... Ero una causa persa.
 
POV Hayley
 
Di certo non fu la serata che mi aspettavo. Insomma il mio ragazzo stava per ripartire, volevo passare del tempo con lui e con i miei amici, divertirmi, e invece rimasi per tutto il tempo a fissare il vuoto, mentre lui fissava i culi delle cameriere.
Mi fece incazzare di brutto e quando glielo feci notare negò tutto come un bambino. Forse anche io avevo esagerato, in fondo ero più arrabbiata con qualcun altro che con lui.
Kurt. Mi stava facendo impazzire.
Un attimo prima era il solito, caro amico di sempre, e un attimo dopo mi evitava come uno stronzo... Perché ormai era piuttosto ovvio che mi stesse evitando, che stesse evitando tutti noi, e non capire il perché mi faceva impazzire. Dovevo parlargli, capire cosa avesse, e quella sera ero abbastanza alterata per poterlo fare.
- Ragazzi, io torno al bus, sono... Piuttosto stanca. - Dissi, sotto gli sguardi confusi dei miei amici.
- Sicura di stare bene? - Mi chiese Kat, con il suo adorabile accento inglese
Le sorrisi - Tranquilla, sto benone. -
Lanciai un occhiata a Chad - Ti lascio Alf, riportalo tu al bus. -
Non ebbe il coraggio di dirmi nulla, annuì soltanto, così dopo essermi alzata e aver salutato i miei amici uscii dal locale.
 
POV Kurt
 
Saranno state le due del mattino quando sentii il cellulare vibrare. Mi levai le cuffiette dell'iPod, dopo aver sperato invano che mi avrebbero conciliato il sonno, e afferrai il telefono.
 
Ore: 2.07
Da: Hayley
 
Sei sveglio?
 
Rilessi quelle due parole almeno un centinaio di volte, chiedendomi come mai mi avesse scritto.
 
Ore: 2.09
A: Hayley
 
Si.
 
Aspettai una risposta tenendo lo sguardo fisso sul display, fregandomene se l'illuminazione di quell'arnese infernale mi avrebbe causato danni irreversibili agli occhi.
 
Ore: 2.10
Da: Hayley
 
Puoi uscire dal bus? Sono qua fuori.
 
Mille domande presero vita nella mia testa, anche se in fondo sapevo bene perché voleva che uscissi. Sapevo che avrebbe voluto delle spiegazioni e io avevo paura ad affrontarla.
 
Ore: 2.11
A: Hayley
 
Arrivo.
 
Lasciai sia l'iPod che il telefono nella cuccetta. Mi misi il primo paio di pantaloni e la prima maglietta che trovai e, dopo aver preso un bel respiro, uscii dal bus.
La scoprii a prendere a calci qualche sassolino sull'asfalto.
Si fermò e mi guardo, io abbassai lo sguardo, mettendomi le mani in tasca.
- Ehi. - Mormorai.
- Ehi. - Rispose lei.
Silenzio, non sapevo davvero cosa dire o fare.
- Dove sono gli altri? - Chiesi ad un certo punto.
Lei sbuffò - In un locale... Chad starà guardando il fondoschiena di qualche cameriera. -
A quelle parole sollevai lo sguardo verso di lei, che subito mi fulminò con il suo.
- Lasciamo perdere. - Aggiunse.
Ancora silenzio, e cominciavo a chiedermi perché mi avesse fatto uscire nel cuore della notte se non aveva niente da dirmi.
- E tu sei qui. - Mormorai, cercando di capire perché non fosse rimasta con gli altri.
Mi fulminò ancora con lo sguardo, e allora abbassai il mio.
- Ho detto che ero stanca. -
- E invece... - Provai ancora a farla continuare.
- E invece voglio parlare... Con te. - Rispose, decisa.
Cazzo, ma perché non me ne sto mai zitto e buono?  Pensai, cominciando ad elaborare una qualche scappatoia.
- Di... cosa vuoi parlare? - La guardai, ma non per molto, i suoi occhi mi stavano trapassando l'anima e il cuore e non volevo che vedesse cosa ci fosse là dentro.
- Perché non sei venuto con noi? - Chiese in un sussurro.
Scossi la testa, senza rispondere. Non potevo risponderle, non potevo dirle cosa provavo, era tutto completamente sbagliato.
- Kurt cosa c'è che non va? Perché è evidente che qualcosa non vada. - Mormorò poi con tono preoccupato, ma ancora non risposi - Sono stata io? Ho... Fatto qualcosa di male? - E adesso il suo tono era tremendamente dolce.
Scossi la testa, quasi meravigliandomi di quelle domande - Tu non hai fatto assolutamente niente. - Dissi in un sussurro, tenendo lo sguardo basso.
- E allora cosa? Chi? - Un'altra domanda alla quale non risposi - Kurt, parlami! - Esclamò, facendo un passo verso di me.
- Sono io, ok!? Sono solo io, c'entro solo io! - Le urlai in faccia e la guardai.
La vidi indietreggiare, nei suoi occhi vidi preoccupazione e paura. Sospirai e cercai di calmarmi, tornando a guardarmi i piedi.
Silenzio, forse l’avevo spaventata, forse si era rassegnata all'idea che non le avrei detto niente... O forse no.
Si avvicinò e me la ritrovai davanti, che mi scrutava con i suoi occhioni verdi. Girai appena la testa per evitare di guardarla, e in tutta risposta lei mi poggiò una mano sul volto.
- Sai, non devi per forza tenerti tutto dentro. - Disse abbozzando un sorriso e provando a strapparne uno anche a me, senza successo. Ricordavo bene di averla detta io a lei quella frase e a quanto pare anche lei se ne ricordava.
Mi fece una carezza mentre il mio cuore rischiava di scoppiare, ed io stavo per cedere, stavo per dirle tutto ciò che mi passava per la testa da tempo ormai.
- Non funziona con me. - Mormorai, riacquistando un briciolo di lucidità malgrado il suo sguardo fosse ancora puntato su di me. Feci un passo indietro, scostandomi dalla sua mano.
Silenzio, la vidi abbassare la testa.
- Kurt perché non mi guardi mai negli occhi? - Mi spiazzò, completamente, ed io cominciai a chiedermi da quanto tempo pensasse a quella domanda.
- Lo sai perché. - Risposi in un sussurro, forse speravo di stancarla con quelle mezze risposte.
- No Kurt! Non lo so perché! - Esclamò furibonda, tornando a guardami e il suo tono era cambiato. Ero riuscito a farla arrabbiare.
- Non lo so perché non ti capisco! Perché tu non mi parli! Perché prima suoniamo insieme, guardiamo film insieme, ridiamo e scherziamo e poi da un giorno all'altro decidi di evitarmi come uno stronzo, e se credi che non l'abbia notato ti sbagli di grosso! - Continuò gesticolando - Perché prima dici di tenerci a me e di volermi bene e poi... E poi ti allontani... Senza una spiegazione, senza un motivo. - Il suo tono adesso era cambiato, era triste, quasi disperato.
Sollevai lo sguardo verso di lei, ritrovandomi di fronte la Hayley fragile e bisognosa di certezze e di affettò che solo pochi avevano conosciuto. E ciò che feci dopo sperai che le bastasse come risposta, sperai anche che potesse sistemare tutto ma dato che questo era impossibile... Almeno giurai che non me ne sarei mai pentito.
La baciai.
Senza frasi o gesti sdolcinati, senza atmosfere da film: le presi il viso tra le mani, mi abbassai e la baciai, perché malgrado cercassi di starle lontano ne avevo bisogno e lei doveva sapere la verità.
Oh, sarei potuto scomparire tra quelle labbra e magari avrei anche cominciato a credere nel paradiso, perché non avevo mai conosciuto niente di più simile.
E proprio quando lei ricambiò quel bacio ed io credetti che forse non ero il solo a provare certe cose... Mi poggiò una delle sue manine sulla bocca e abbassò appena la testa.
- Kurt... - Sospirò ed io socchiusi gli occhi - Non posso... Io ho Chad. -
Malgrado me lo aspettassi: mi avrebbero potuto dare fuoco, mi sarebbero potuti passare sopra dieci camion e avrei potuto fare paracadutismo senza paracadute, ma niente sarebbe mai stato doloroso almeno la metà delle sue parole.
La guardai e mi scostai da lei, cercando di mandar giù quel groppo alla gola che mi si era formato. Stavo per dire qualcosa, forse uno "scusa" o forse un "non mi importa niente di Chad", ma qualunque cosa fosse venne interrotto da delle voci che si avvicinavano sempre di più.
Riconobbi subito quelle di Taylor e di Jeremy, e capii che era meglio sparire al più presto. Con non poco imbarazzo detti la buona notte ad Hayley e la osservai mentre si allontanava.
Realizzai cosa avevo fatto solo quando fui nella mia cuccetta.
Da una parte, anche se microscopica, c'era uno strano senso di leggerezza; ma dall'altra c'era la consapevolezza che le cose non sarebbero mai più state come prima, e che prima o poi avremmo dovuto parlare di ciò che avevo fatto... E magari avrei provato a rimediare, in qualche modo, sperando di non finire di nuovo a baciarla.
 
POV Hayley
 
Ormai dormivano tutti da ore, ma io non ci riuscivo.
Chad mi teneva stretta a se e, malgrado quella mezza litigata, era la sensazione più bella del mondo... Ma allora perché continuavo a sfiorarmi le labbra? Perché continuavo a pensare a Kurt, alle sue mani sul mio viso e a quel bacio? Avevo visto qualcosa nei suoi occhi, perfino quando lo avevo rifiutato, qualcosa che non avevo mai visto neanche negli occhi di Chad. Ed io avevo provato qualcosa, qualcosa che non avevo mai provato neanche con il mio fidanzato.
Da quanto tempo Kurt provava certe cose per me? Perché non me ne ero minimamente resa conto? Ed io... Perché non riuscivo ad accettare che mi fosse piaciuto?
Insomma, era Kurt... E Kurt a me piaceva. Il vero problema era che non mi ero resa conto di quanto davvero mi piacesse, almeno fino a quel momento.
Ma no, non potevo pensare a lui in quel modo. Io avevo Chad, glielo avevo detto, e per quanto si potesse essere comportato male in passato adesso era lì per me, mi amava, io lo amavo e quella sera al pub aveva avuto solo una piccola debolezza.
Ma ripetermi che amavo Il mio ragazzo non mi avrebbe aiutata a dimenticare quel bacio e il fatto che volevo sentire ancora il suo sapore sulle labbra. Perciò mi aspettava una fantastica notte insonne... Grazie Kurt.





ANGOLO DELL’AUTORE

Ehilà gente!
Eccoci giunti al capitolone dove Kurt finalmente muove il culo! Ci sono voluti sedici capitoli per farlo svegliare, ma alla fine ce l’ha fatta. Con questo non voglio dire che d’ora in poi sarà tutto in discesa, tutt’altro, e dato che questo angolo dell’autore comincia già a puzzare di spoiler… La smetto subito :’)
Che posso aggiungere? C’è chi il capitolo se lo aspettava in questo modo, c’è chi non se lo aspettava in questo modo, ma a me è uscito così, perciò enjoyatevelo (:
Bene bene, ringrazio Lonni per la recensione, vi sprono come sempre a lasciarmi un commentino eee alla prossima! :D

Peace.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Capitolo 17 ***


POV Hayley
 
Erano passati alcuni giorni da quando Kurt mi aveva baciata e più io cercavo di evitarlo, più me lo ritrovavo intorno.
Eppure non lo facevo apposta a stargli lontana: volevo parlargli, anche se prima avrei dovuto trovare il coraggio, e capivo dal suo sguardo che anche lui voleva fare lo stesso con me. In fondo, prima o poi, avremmo dovuto scambiarci una qualche parola: dovevamo chiarirci, spiegarci; ma non adesso, non quando Chad era ancora lì. Non volevo che il mio fidanzato si insospettisse, così cercavo di passare la maggior parte del tempo con lui, a quanto pare Kurt non si avvicinava quando eravamo insieme.
Il problema era quando ci ritrovavamo da soli nei backstage o nei camerini. Lui mi chiamava, io lo guardavo e nessuno diceva più una parola... Il mio cuore rischiava di scoppiare ogni volta, ma ero una brava attrice.
Me ne uscivo con la scusa di una qualche urgente commissione o riunione della band e scappavo a gambe levate, dandomi subito dopo della stupida che ancora non sa affrontare i problemi.
Ma ero sicura che lui stesse soffrendo molto più di me e odiavo ciò che gli stavo facendo.
 
POV Kurt
 
Oggi le parlerò.
Erano giorni che me lo ripetevo e sebbene lei e Chad fossero sempre, perennemente appiccicati, più volte mi ero ritrovato da solo con Hayley. Ma era in queste occasioni che tutto il mio coraggio andava a farsi fottere e puntualmente lei si ricordava di una qualche riunione o commissione urgentissima, liquidandomi senza troppi giri di parole.
Iniziavo sempre con un "Hayley... Io..." Ma poi lei mi guardava con quei suoi occhioni verdi, con quella sua espressione ingenua, confusa, come se si fosse dimenticata di cosa era successo qualche sera prima. Era allora che mi bloccavo, e le davo tutto il tempo necessario per inventarsi una scusa più o meno credibile e lasciarmi lì come un idiota.
Ero una causa persa, probabilmente sarei esploso se non fossi riuscito a parlarle, e adesso capivo come si era sentita quando ero stato io ad evitare lei.
 
Stavo portando un grosso amplificatore nel backstage quando vidi una testolina azzurra spuntare tra le apparecchiature.
- Hayley! - Esclamai e in quello stesso istante mi scivolò l'amplificatore di mano, che mi cadde rigorosamente su un piede. Cacciai un urlo di dolore e alcune imprecazioni, che a quanto pare attirarono l'attenzione della cantante.
- Kurt! - Esclamò, avvicinandosi - Che succede? -
Scossi la testa - Niente... Problemi tecnici. - Risposi con tono dolorante, cercando di sollevare la grossa cassa dal mio piede
- Devi stare attento. - Mi rimproverò, sospirando e dandomi una mano a spostare l'amplificatore - È tutto ok? -
Mi tirai su e a quella domanda la guardai. Lo era? Era tutto ok? Certo che no, finché non avremmo chiarito sarebbe sempre stato un inferno.
- Hayley, devo... Devo parlarti. - Dissi incrociando i suoi occhi verdi, che come sempre avevano il potere di paralizzarmi.
- Ti ascolto. - Mormorò con l'ingenuità di una bambina e mi chiesi se lei non volesse fingere che quel bacio non ci fosse mai stato.
Sospirai e nello stesso istante in cui stavo per dire qualcosa, Jeremy e Taylor fecero irruzione nel backstage. Perfetto.
- Abbiamo sentito un urlo! - Esclamò il bassista.
- È tutto ok? - Chiese l'amico.
Quella domanda mi stava torturando.
Annuii - Si, mi è solo caduto un amplificatore su un piede. - Mi voltai verso la nanetta - E Hayley mi ha dato una mano. -
Abbassò lo sguardo e subito dopo tirò fuori il cellulare dalla tasca dei jeans. Sapevo già che di lì a poco se ne sarebbe andata.
- Messaggio da Chad, devo scappare. - Annunciò, senza mai sollevare lo sguardo verso di me - A dopo. - Mormorò, continuando a guardare il telefono e avviandosi verso l'uscita del backstage.
- Tra due ore abbiamo il soundcheck! - Esclamò Jeremy poco prima che lei uscisse.
Silenzio. Erano diversi giorni che non parlavo con quei due, a dire il vero... Erano diversi giorni che non parlavo con qualcuno.
Tornai a sistemare il backstage, percependo perfettamente gli sguardi dei due musicisti puntati su di me.
- Kurt, ti va di suonare un po' con noi? - Mi propose Jeremy, ma io non lo degnai neanche di uno sguardo.
Sospirai - Ragazzi devo lavorare. -
- Si, come tutte le altre volte. - Ridacchiò, ma io non ricambiai.
- Davvero, non posso. - Risposi, collegando alcuni cavi ad una serie di macchinari.
Ancora silenzio, poi Taylor prese parola - Sai, è da un po' che sei strano. -
Abbozzai una risata isterica - Si, da quando ho baciato Hayley. -
Forse era perché ero concentrato su quei maledetti cavi, forse perché le sinapsi che permettevano al mio filtro cervello-bocca di funzionare erano impegnate su altro, ma l'impulso di chiudere il becco mi arrivò solo dopo aver detto quella frase.
Sgranai gli occhi e sollevai la testa verso i due musicisti, scoprendoli a fissarmi con la bocca aperta e un'espressione sconvolta stampata sul volto.
- Io... - Provai a dire, deglutendo - Non... -
- LO SAPEVO! - Esclamò Taylor, interrompendomi - CHE TI AVEVO DETTO? - Continuò ad urlare, voltandosi verso Jeremy che dopo avergli fatto innumerevoli gesti per farlo stare zitto, gli schiaffó una mano sulla bocca.
- Camerino uno. Subito. - Mi disse il bassista, il che suonava molto come una minaccia.
Li seguii in silenzio, maledicendomi per aver parlato e chiedendomi cosa mi aspettava adesso. Una volta nella stanza mi fecero sedere su un divanetto e loro si misero davanti a me, squadrandomi dalla testa ai piedi.
Da una parte c'era Taylor, che non avevo mai visto così esaltato e felice, dall'altra invece c'era Jeremy, che non sembrava affatto felice di quella situazione.
- Chi ha baciato chi? - Esordì Taylor ad un certo punto. Assomigliava molto ad una dodicenne troppo presa da una serie tv.
- Taylor! - Lo riprese il bassista.
- Che c'è? Sembra di stare in una soap opera! - Si difese il riccioluto.
Jeremy lo guardò, confuso - Tu... Guardi quella roba? -
Il chitarrista scosse la testa - Mia nonna le guardava... Quando ero piccolo passavo molto tempo con lei. -
In un altro momento tutto questo sarebbe stato molto divertente, ma non adesso. Mi schiarii la voce, attirando l'attenzione dei due musicisti, guardandoli entrambi e cercando di capire perché mi avevano portato lì.
- Ok Kurt, parti dal principio. - Disse Jeremy, ricomponendosi, ed io corrugai la fronte.
- Dal... Principio? - Chiesi, confuso.
Annuì - Si, com'è cominciata, da quanto va avanti... Cosa diavolo avete nel cervello. -
Io scossi la testa - Non... Non è cominciato un bel niente! - Esclamai, vedendo la felicità negli occhi di Taylor andarsene lentamente - Io l'ho baciata, è solo... È solo un problema mio, lei ha Chad! - Aggiunsi, guardandoli e finalmente liberandomi di quel peso che mi tenevo dentro da giorni.
- Non voglio che cambino le cose tra di noi, tra tutti noi, non voglio che lei stia male e... Penso di aver fatto un casino. - Confessai, infine.
I due si guardarono - Lei questo lo sa? - Chiese Taylor, ma io scossi la testa.
- O lei si appiccica al suo ragazzo o io lascio le palle nel bus... Sono giorni che cerco di parlarle. - Risposi, sospirando.
- Forse vuole aspettare che Chad se ne vada, in fondo manca poco, dopo... Dovrete chiarirvi. - Disse Jeremy guardandomi, serio, ed io ricambiai.
- E tu dovrai darmi i miei dieci dollari. - Irruppe Taylor, punzecchiando l'amico che sollevò gli occhi al cielo.
Io li guardai, confuso - Su... Cosa avete scommesso? -
- Sul fatto che tra te ed Hayley ci fosse qualcosa! - Rispose il chitarrista, ridacchiando.
Lo guardai. Da quanto lo pensavano? Sarà stato un mese che Taylor mi tartassava con domande sulla cantante.
- Non c'è niente tra me ed Hayley, solo quello stupido bacio! - Esclamai, ormai esasperato da quei giochetti.
- Lei ha ricambiato? - Chiese allora il chitarrista.
Sussultai - Cosa? -
Taylor sorrise - Ha ricambiato quel bacio? -
Io abbassai lo sguardo, imbarazzato - I-io... Non... Si, ma... - Non mi diede neanche il tempo di mettere insieme una frase decente.
- Ecco! Quindi tra di voi c'è qualcosa, dammi dieci dollari! - Esclamò, voltandosi di nuovo verso Jeremy.
- Adesso basta! Taylor smettila, possibile che non capisci che è una cosa seria? - Lo rimproverò il bassista.
Il riccioluto abbassò lo sguardo, capendo di averlo fatto arrabbiare.
- Kurt, devi parlarle. - Riprese poi Jeremy - Dovete sistemare questa cosa, se Chad lo scoprisse non... - Mi guardò e capii che era preoccupato per la sua amica.
Come avevo fatto ed essere così egoista? Avevo pensato solo a me stesso, a ciò che volevo io, non avevo minimamente riflettuto su cosa avrebbe potuto farle il suo ragazzo se lo avesse scoperto.
Dovevo parlarle e chiudere questa faccenda, ora più che mai. Ma... Come avrei fatto? Come avrei potuto mettere un punto? Come sarei riuscito a trattenermi dal baciarla di nuovo?
Avrei solo dovuto allestire dei cazzo di backstage, e adesso mi trovavo sentimentalmente incasinato con la persona più inarrivabile che avessi mai conosciuto... Ero davvero una causa persa.
 
 
 
Finalmente arrivò anche il giorno in cui Chad se ne dovette tornare dalla sua band.
Nello stesso istante in cui lui uscì dal parcheggio dell'arena io afferrai Hayley per un braccio, bloccandola prima che potesse scappare per l'ennesima volta.
- Dobbiamo parlare. - Le dissi, serio.
Sospirò - Lo so. -
 
Ci ritrovammo l'uno di fronte all'altra in un angolo del parcheggio, dove nessuno poteva vederci. Nessuno dei due si azzardava ad aprire bocca e la cosa cominciava a diventare piuttosto frustrante.
- Io... - Esclamammo insieme, ad un certo punto. Ci guardammo e l'idea di uscirmene con un "prima le signore" si fece presente nella mia testa.
Ma no, stavolta toccava a me parlare per primo.
- Hayley, io... - Mormorai, abbassando lo sguardo - N-non avrei mai dovuto fare... Ciò che ho fatto. - La parola "baciarti" mi terrorizzava, temevo di finire di nuovo in quella situazione anche solo pronunciandola - Tu hai Chad, e devo rispettarlo e... - Con quale forza potevo pronunciare quelle parole? - Non voglio che le cose cambino tra di noi e s-sento di averti allontanata... Ho fatto un casino. -
Non la guardai neanche per un istante, come avrei potuto? Se solo avessi visto come mi guardava sarei finito per baciarla di nuovo, mandando a puttane tutto il discorso che mi ero preparato per scusarmi.
Quando conclusi la sentii fare alcuni passi verso di me.
- No, Kurt... - Mormorò, portandomi una mano sul viso e inducendomi a guardarla - Non è colpa tua, ok? Non volevo che Chad scoprisse qualcosa, per questo ti sono stata lontana. - Scostò la mano dal mio viso ed io potei tornare a fissarmi i piedi, fuggendo da quel suo sguardo così intenso.
- Ti voglio bene Kurt ed io sono stata una stronza egoista, ho pensato a me stessa e non a come ti saresti sentito tu. Perdonami, non... Non è bello evitare qualcuno. -
Ripensando a come l'avevo trattata qualche giorno prima, quello era decisamente un colpo basso.
Tenni lo sguardo basso, non sapevo che dire o fare, se non baciarla ancora una volta o continuare a mentire sui miei veri sentimenti. Perché in tutta onestà non mi dispiaceva aver fatto l'egoista, aver pensato solo a me stesso, averle preso il viso tra le mani e averla baciata.
Fece un passo verso di me e, senza guardarmi ne dire niente, mi abbracciò, poggiando la testa sul mio petto. Perché doveva essere così piccola e dolce? Perché doveva avere quel buon profumo?
Corrugai appena la fronte e ignorando il dolore fisico che mi procurava quell'abbraccio, lo ricambiai. Quanto mi era mancata.
- Hayley perdonami. - Mormorai ad un certo punto.
- Smettila... - Sussurrò lei, senza sciogliere l'abbraccio.
La ignorai - No, davvero, sappiamo entrambi che è tutta colpa mia. -
- Smettila. - Disse di nuovo, ma io scossi la testa, stringendola di più.
- Non ho pensato a te, non ho pensato a cosa avrebbe fatto Chad se lo avesse scoperto... - Le poggiai una mano dietro la nuca e le accarezzai appena i capelli - Avrebbe... P-potuto farti del male, avrebbe potuto ricominciare a tradirti, avrebbe... -
Mi interruppe - Cosa? -
Corrugai appena la fronte, senza ancora realizzare cosa avevo detto. Lei si allontanò appena da me, quanto bastava per potermi guardare.
- Cosa hai detto? - Mi chiese di nuovo, guardandomi dritto negli occhi con i suoi preoccupati e quasi spaventati.
Ricambiai quello sguardo, ripensando alle mie parole. Sgranai gli occhi quando realizzai di aver commesso l'errore più grande della mia vita.
- Kurt c-chi te lo ha detto? - Chiese con voce tremante, lasciandomi e indietreggiando appena.
E adesso che dovevo fare? Negare tutto? No, non potevo mentirle ancora. Magari se le avessi raccontato tutta la verità, che Jeremy e Taylor erano preoccupati per lei e io gli avevo solo aiutati, forse non si sarebbe arrabbiata... O forse si.
- Io... - Provai ad iniziare una frase, ma le parole mi si annodarono i gola.
- Kurt chi te lo ha detto! - Urlò, ormai con gli occhi lucidi.
Sussultai - Taylor e Jeremy! - Risposi, guardandola.
Non riuscivo neanche a descrivere l'espressione presente sul suo volto, c'era rabbia, preoccupazione, disperazione.
- C-che stai dicendo? - Chiese ancora ed io abbassai la testa.
- Io... Loro... Erano, sono, preoccupati per te... - Corrugai la fronte - E quando ci siamo conosciuti tu eri molto diversa da a adesso e... - Sospirai e scossi la testa - Non lo so, a quanto pare ti stavo simpatico e loro pensarono che se ti fossi stato accanto t-tu avresti smesso di prendere quelle pillole e saresti tornata ad essere loro amica. - Mormorai senza avere il coraggio di guardarla.
Silenzio. Sollevai la testa e la guardai: lo sguardo perso nel vuoto, gli occhi ricolmi di lacrime... Mi sentivo un verme.
Provai a dire qualcosa, ma lei non me lo permise.
- Cosa ti hanno detto... D-di me? - Mormorò, cercando di trattenere le lacrime.
Indugiai un po' - Ciò che ti è successo nell'ultimo anno. - Dissi secco, deglutendo.
La vidi portarsi una mano sullo stomaco e serrare la mascella. Non riuscivo a vederla così e pensare che era tutta colpa mia mi uccideva.
- Non avrei mai dovuto accettare di farlo. Non avrei mai dovuto mentirti. - Mormorai, cercando di scusarmi - È colpa mia, Taylor e Jeremy volevano solo aiutarti, volevano solo riavvicinarsi a te ed io ero l'unica cosa che vi legava, io... È colpa mia. -
Mi guardò - Cosa gli hai detto di noi? -
Scossi la testa.
- Kurt! - Esclamò, facendomi sobbalzare.
- Tutto ciò che mi chiedevano... Volevano sapere come stavi. - Mormorai a testa bassa.
- Non ci posso credere. - Si portò una mano sul viso - Immagino che tu gli abbia raccontato di quanto fosse fantastica la nostra amicizia, di quanto fosse fantastico prendersi gioco di me. -
La guardai e corrugai la fronte, provando a dire qualcosa, ma lei non me lo permise.
- Quindi è tutto finto... - Disse, seria.
Scossi ancora la testa, cercando di fermarla.
- Tutto: la nostra amicizia, quel... Bacio. - Mi guardò dritto negli occhi e percepii perfettamente il mio cuore che si spappolava.
- No! - Esclamai - Hayley, no! Non ho mai finto sulla nostra amicizia, non avrei mai potuto, soprattutto... - Corrugai la fronte - S-su quel bacio. -
- Come potrei crederti??? - Urlò lei, scoppiando in lacrime - Sono mesi che mi menti! Sono mesi che credo di aver trovato un amico e adesso non so più chi ho davanti! - Continuò ad urlare ed io ero totalmente terrorizzato dall'idea di perderla.
- Sono io, sono Kurt! Sono sempre stato Kurt! - Esclamai, provando a fare un passo verso di lei. Ma lei indietreggiò e allungò un braccio verso di me, facendomi cenno di fermarmi.
- Non... Avvicinarti. - Disse seria, asciugandosi una guancia con il dorso dell'altra mano - Non osare avvicinarti. -
Aveva appena scavato una fossa in mezzo al mio petto, aveva preso il mio cuore e lo aveva lanciato lontano.
- Hayley... - Mormorai, guardandola, implorandola di non andarsene, di non lasciarmi solo.
- Non voglio più avere niente a che fare con te. - Aggiunse, senza staccare gli occhi dai miei.
Poi si voltò e senza aggiungere altro fece per andarsene.
- No Hayley, aspetta! - Esclamai, correndo verso di lei e afferrandola per un braccio.
Fu un attimo. Lei si voltò ed io mi ritrovai cinque dita stampate su una guancia.
La guardai mentre si allontanava, consapevole di averla persa per sempre. Aveva ragione, le avevo mentito per mesi e non mi avrebbe mai perdonato una cosa del genere.
Ero un idiota, un perfetto idiota e sarei voluto sparire in quel momento. Avrei fatto un favore a tutti, soprattutto a lei.
 
POV Hayley
 
Lo odiavo, lo odiavo con tutta me stessa. Come poteva avermi fatto una cosa del genere? Come aveva potuto mentirmi per tutto quel tempo?
Sapeva tante di quelle cose su di me, cose che non avrebbe dovuto conoscere. E invece di lui non sapevo un accidente.
Corsi verso il tour bus: volevo solo buttarmi nella mia cuccetta, stringere Alf e piangere fino all'ora del meet and greet.
Salii sul mezzo e appena vidi Taylor e Jeremy che si mangiavano un panino comodamente seduti sul divanetto del bus mi venne voglia di strozzarli.
- Siete degli stronzi... Tu e tu! - Esclamai senza dare troppe spiegazioni, fuggendo subito dopo verso la mia cuccetta. Non sarei riuscita a sostenere un'altra litigata.
- Hayley! Ma che ti prende? - Chiese Jeremy alzandosi e correndomi dietro, seguito da Taylor.
Mi voltai e li guardai - Che mi prende? Il fatto che Kurt è il vostro piccione viaggiatore vi dice niente? -
Si lanciarono un'occhiata e compresi perfettamente che avevano capito che io sapevo tutto.
- Come avete potuto? Vi siete serviti di lui per sapere cosa mi passava per la testa! - Esclamai, rischiando di ricominciare a piangere.
Jeremy sospirò - Non è stato bello neanche per noi... Non volevamo arrivare a questo. -
 Poi Taylor prese parola - È che tu non ci parlavi, ci evitavi e non sapevamo come comportarci. Almeno finché... -
Si bloccò e si lanciarono una delle loro solite occhiate di intesta.
- Almeno finché? - Chiesi, cercando di capire dove volesse arrivare.
- Finché non ti sei ammalata... - Riprese Jeremy - Tu e Kurt avete parlato molto, e gli hai detto delle... Cose. -
Abbassai lo sguardo, ripensando a quel giorno. Adesso mi sentivo una stupida, gli avevo detto tante di quelle cose su come mi sentivo.
- Siamo stati dei pessimi amici. - Mormorò Taylor - Non abbiamo capito cosa ti stava succedendo, come ti sentivi e tu ci allontanavi e... E noi pensavamo che ci odiassi. - Continuò il mio dolce amico riccioluto.
- Io non vi ho mai odiati. - Mormorai, tenendo lo sguardo basso, mentre alcune lacrime mi rigavano le guance.
- Adesso lo sappiamo e... Siamo stati degli idioti. - Disse Jeremy. Il mio Jerm.
Sollevai lo sguardo verso di loro.
- Se non fosse stato per Kurt adesso saremmo nella stessa situazione di qualche mese fa. - Aggiunse il bassista - Lo ha fatto solo perché glielo abbiamo chiesto noi e... Perché ci tiene davvero a te. -
Non volevo sentire questo adesso, non volevo sentir parlare di lui. Forse perché malgrado tutto gli volevo troppo bene, o forse perché ero solo confusa.
Ma adesso volevo solo stringere i miei amici e piangere sulle loro spalle.
Mi avvicinai e, senza guardarli, mi misi sulle punte e passai le braccia intorno al collo di entrambi. Mi strinsero ed io mi lasciai andare in un pianto liberatorio.
Mi erano mancati, Dio solo sa quanto: Jerm, il mio saggio e barbuto Jerm, che aveva sempre un consiglio per tutti e che adesso era diventato papà; e Taylor, il mio timido e riccioluto T, che in base alle giornate aveva la capacità di restare in silenzio per tutto il tempo o di comportarsi ancora come un dodicenne.
- Perdonatemi. - Mormorai tra un singhiozzo e l'altro - Non avrei mai dovuto tagliarvi fuori. -
Li sentii stringermi di più - Sei tu che devi perdonare noi. - Mormorò Jerm.
- Vi voglio bene. -
- Anche noi. -
 
 
 
 
 
ANGOLO DELL'AUTORE
 
Salve giovani! Prima di tutto voglio chiedere umilmente perdono per non aver rispettato la data di pubblicazione, ma ho tante cose per la testa in questo periodo: problemi di coppia, università e l'immancabile blocco dello scrittore! Giusto per non farsi mancare niente...
Ma bando alle ciance.
Eccoci giunti al diciassettesimo capitolo! Pieno di rivelazioni, litigate e feels, tanti feels!
Se da una parte Hayley, Taylor e Jeremy si sono finalmente chiariti, dall'altra il Kurtley si sta sgretolando drasticamente ma, ehi, non perdiamoci d'animo!
Bene, spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Ringrazio Lonni e francyfrapotter25 per le recensioni, e di nuovo francyfrapotter25 per aver inserito la storia tra le preferite. Come sempre esorto tutti gli altri a lasciare un commentino eee ci becchiamo il prossimo weekend! :D
 
Peace

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Capitolo 18 (Parte 1) ***


- Guarda qua che cos’ ho... -
- Cosa papà? - Chiesi sospirando, senza staccare gli occhi dalla tv.
- I biglietti per la partita dei Dodgers di domani sera! - Esclamò euforico, sventolando i due biglietti.
Lo guardai con la coda dell'occhio, giusto per un istante - Mh, mh... -
- Come "mh, mh"!? È la finale! I Los Angeles Dodgers contro i Red Sox di Boston! Sarà qualcosa di epico! - Continuò con fare esaltato, gesticolando come un idiota.
- È baseball, non può essere qualcosa di epico. - Dissi con sufficienza, tornando ad interessarmi allo schifo che passavano in tv.
Lo sentii sospirare - Dovresti portarci Michael... Gli farebbe piacere. -
A quelle parole mi voltai verso di lui e lo guardai con un'espressione che diceva "ma ti sei fatto?"
- Si, certo... Perché invece non ci andate voi due? - Mi lamentai, scuotendo appena la testa e tornando ancora una volta a fissare la tv.
- Andiamo Kurt, vuole solo che gli dedichi un po' del tuo tempo. - Ribatté lui avvicinandosi, ed io capii che era meglio alzare i tacchi prima di ritrovarmi invischiato in una inutile discussione.
- Non sono un baby-sitter... Almeno quelli li pagano. - Sbuffai, alzandomi dal divano e superando mio padre, dirigendomi verso l'ingresso.
- No! Sei suo fratello! - Sbottò ed io alzai gli occhi al cielo, mentre mi infilavo la giacca.
- Fratello che sta uscendo. -
Alzò ancora la voce - Kurt non abbiamo finito! -
- Si, si... Come vuoi tu... - Dissi ancora una volta con sufficienza, liquidandolo e uscendo di casa.

 
- Kurt! Ehi Kurt! Andiamo svegliati! -
Mi sentii scuotere e spalancai gli occhi, sobbalzando - Che succede? - Esclamai, guardando Taylor dritto negli occhi.
- Prendi le tue cose, ci stiamo imbarcando. - Disse il chitarrista, indicando con un cenno della testa il nostro gate.
Sospirai ed annuii - Si... Arrivo subito. - Mormorai, passandomi una mano sul volto.
Lui annuì ed io lo seguii con lo sguardo mentre tornava dagli altri.
Chi l'avrebbe mai detto che sarei andato in UK? Fino a qualche giorno prima neppure io, non mi sembrava proprio il caso dopo quello che era successo con Hayley. Avevo tentato più volte di scusarmi ma lei non voleva neanche vedermi, e come potevo biasimarla? Le avevo mentito per mesi e l'unica cosa positiva era che aveva finalmente chiarito con Taylor e Jeremy.
Ma quest'ultimi pensavano che se fossi riuscito a parlarle allora mi avrebbe perdonato e, dopo giorni e giorni passati a cercare di convincermi, alla fine avevo ceduto e adesso mi aspettavano dieci ore su un fottutissimo apparecchio volante ad oltre diecimila metri d'altezza.
Osservai il gruppetto felicemente riunito e circondato da guardie del corpo, mentre tiravo fuori il mio passaporto: Jeremy e Kat erano impegnati in una serissima conversazione con la piccola Bliss, che rideva a più non posso, mentre Taylor, Justin e Aaron scherzavano tra di loro. Hayley se ne stava in disparte con il suo inseparabile cellulare. Sembrava un po' triste, aveva dovuto lasciare Alf ad un'amica e sapevo bene quanto tenesse a quel cucciolone... O forse l'idea che li avrei seguiti per il Leeds e il Reading Festival la faceva incazzare di brutto, e preferiva starsene da sola piuttosto che finire per picchiare qualcuno.
- Kurt! Muoviti o ti lasciamo a terra! - Urlò Taylor, facendomi sussultare e scacciando quei pensieri.
- Sto arrivando! - Risposi caricandomi lo zaino in spalla e stringendo il passaporto in una mano, avvicinandomi al gruppetto.
 
POV Hayley
 
- Non sarebbe poi una così cattiva idea. - Mormorai a denti stretti appena Taylor richiamò Kurt.
- Non fare la stronza. - Mi rispose il chitarrista in un sussurro.
Gli lanciai un'occhiataccia e appena Kurt ci raggiunse mi voltai verso il gate. Persino vederlo mi infastidiva e, malgrado tutto ciò che era successo, non capivo nemmeno perché lo odiassi così tanto.
- Devi smetterla... - Mi disse Taylor quando superammo il gate.
Corrugai la fronte e lo guardai, confusa - Di fare cosa? -
- Di ignorarlo. - Rispose lui, facendomi sbuffare.
- Quando tu ti liscerai i capelli. -
- Sai che questo non accadrà mai! - Esclamò con tono quasi sconvolto.
- Appunto... - Mormorai, proseguendo per un lungo corridoio che ci avrebbe portato all'aereo.
Uscimmo sulla pista e raggiungemmo l'enorme Boeing.
- Tu non lo odi. - Ricominciò Taylor mentre salivamo la scaletta.
Mi voltai verso di lui - E tu non sai niente. -
- So che dovete parlare... Credi che dieci ore di viaggio vi basteranno? - Chiese, abbozzando un sorrisetto mentre consegnava la carta d'imbarco ad una delle hostess.
Capii dove voleva arrivare, e non avevo alcuna intenzione di sedermi accanto a Kurt.
- Non azzardarti a... -
- Carta d'imbarco, prego... - Mi interruppe una hostess, porgendomi una mano.
La guardai per un'istante e le consegnai il biglietto. Gli diede un'occhiata e subito dopo me lo restituì, sorridendomi.
- Benvenuti sulla British Airways. - Disse sia a me che a Taylor, invitandoci a sederci ai nostri posti.
Procedemmo lungo il corridoio dell'aereo cercando i nostri posti, e quando trovai il mio mi scaraventai sul seggiolino, ringraziando di essere accanto al finestrino.
Sollevai lo sguardo verso gli altri. Taylor si era fermato ad aiutare una ragazza a sistemare il bagaglio a mano nello scomparto sopra di lei... Scommetto che se glielo avessi chiesto io mi avrebbe preso in giro per la mia altezza per tutto il resto del viaggio.
La fila riprese a scorrere e dietro a Taylor vidi Kurt, che con il biglietto in mano cercava il proprio posto. Il suo sguardo si posò sul mio e, per paura di passare davvero dieci ore con lui, appena il mio chitarrista passò accanto a me lo afferrai per un braccio e lo trascinai a sedere sul seggiolino accanto al mio.
- Hayley ma che stai... -
- Ti ho solo dato una mano a sederti al TUO posto. - Lo interruppi, fingendo un sorriso ingenuo.
Lui mi guardò male e subito dopo Kurt si fermò davanti a noi, leggendo i numeri posti sopra ai nostri seggiolini.
I nostri sguardi si incrociarono un'altra volta. Oh, non potevo vederlo così, con quegli occhi a triste cucciolo di labrador... Ma cosa stavo dicendo? Io lo odiavo, non volevo che mi stesse intorno e di certo non lo volevo accanto in un luogo così ristretto come un aereo.
Taylor sospirò - Tieni, facciamo a cambio. - Gli disse, porgendogli il proprio biglietto e prendendo il suo, scambiandoseli.
- Grazie. - Mormorai quando ormai Kurt si era seduto qualche posto dietro a noi.
- Ma smettila. - Rispose lui - Piuttosto parlaci... O almeno ascolta cosa ha da dire e poi potrai ringraziarmi. -
Lo guardai, adesso si stava arrabbiando ed io cominciavo a sentirmi i colpa... Anche per Kurt.
 
Socchiusi gli occhi e vidi Taylor con un paio di cuffie e gli occhi appiccicati al monitor del suo pc. Riconobbi alcune scene di quel vecchio film italiano "La vita è bella".
Mi tolsi le cuffiette dell'iPod e mi stiracchiai.
- Buongiorno principessa. - Mormorò il mio chitarrista in un italiano completamente improvvisato, mentre si levava le proprie cuffie.
- Quante ore mancano? - Mormorai, sbadigliando.
Lui chiuse il computer - Ancora quattro o cinque. -
Sbuffai e mi passai una mano tra i capelli, poi Taylor si alzò.
- Dove stai andando? - Chiesi confusa.
- Al bagno, tu... Cerca di non riaddormentarti. - Disse sorridendo e lanciandomi un'occhiata. Mi ci vollero alcuni istanti prima di capire dove volesse arrivare.
- Taylor non ci provare! - Esclamai per poi guardarmi intorno, sperando di non aver svegliato nessuno - Giuro che fingo di dormire! - Aggiunsi, tornando a guardare il chitarrista che come uno stronzo mi rise in faccia.
- Fa' come vuoi. - Rispose, per poi avviarsi lungo il corridoio dell'aereo.
Merda, pensai.
 
POV Kurt
 
Erano ore che cercavo di dormire. Avevo provato con un po' di musica, mi ero portato un paio di libri e avevo letto un po', ma il terrore dell'aereo vinceva su tutto e finivo sempre con gli occhi puntati sui seggiolini di Taylor ed Hayley.
Ad un certo punto il chitarrista si alzò e venne verso di me. I nostri sguardi si incrociarono, lui mi sorrise e mi fece l'occhiolino.
Corrugai la fronte e mi voltai verso di lui mentre entrava nel bagno, per poi tornare subito a guardare il suo seggiolino vuoto e quello di Hayley. Possibile che mi avesse lasciato il posto per parlare con lei?
Per una buona volta raccolsi un po' di coraggio e mi alzai, deciso a parlarle.
Mi scaraventai sul seggiolino di Taylor e mi allacciai la cintura, come se quella potesse davvero salvarmi da un incidente aereo.
Girai la testa verso di lei: cuffiette alle orecchie, cappellino di lana anche se faceva un caldo infernale, sempre bella come il sole e... Stava dormendo. Fantastico, pensai.
- Hayley... - Mormorai, provando a svegliarla. Stavo per poggiare una mano sulla sua spalla, ma appena mi avvicinai a lei un vuoto d'aria mi fece letteralmente incollare al seggiolino.
Strinsi la presa sui braccioli e chiusi gli occhi finché la turbolenza non passò.
- Ma dove diavolo mi avete portato. - Mormorai ancora terrorizzato. La guardai con la coda dell'occhio ma anche se quell'aereo avesse iniziato a precipitare, lei probabilmente non si sarebbe svegliata.
Sospirai - Credo che qui c'entri qualcosa il karma... Si, insomma, per averti mentito in quel modo - Mormorai, sollevando lo sguardo sul pannello sopra di me, che segnalava di allacciarsi le cinture - E l'unico momento in cui posso starti accanto è su un fottutissimo aereo in mezzo ad una fottutissima turbolenza... E tu stai dormendo. -
Quasi non finii di dire quella frase che un altro vuoto d'aria fece riscuotere tutto l'aereo. Quando tornò la calma le allacciai la cintura, stando attento a non svegliarla.
- Magari me lo merito, non sono stato un buon amico, i buoni amici non mentono, non si ingelosiscono se ti vedono con il tuo ragazzo... E soprattutto non ti baciano. - Mi sentivo un completo idiota a parlare da solo ma, ehi, io ero un idiota!
- Forse è proprio per questo che l'ho fatto: non sei mai stata solo un'amica per me, mai, e considerando che è stato l'attimo più bello della mia vita, non mi pento di averti baciata... Almeno hai capito cosa provo. - Sospirai e la guardai con la coda dell'occhio, mentre l'ennesimo vuoto d'aria si abbatteva sull'aeroplano - Ma tutto quello che ho fatto è stato per te, anche se non era sempre corretto, anche se ti ho mentito, l'ho fatto solo perché volevo fossi felice... Volevo che tornaste tutti ad essere amici, volevo che tu lasciassi Chad una volta per tutte e magari volevo anche che tu ricambiassi i sentimenti di questo povero scemo, perché malgrado tutto... Non ho mai mentito sui miei sentimenti, sono sempre stato Kurt. - Mormorai e grazie al cielo gran parte dei passeggeri dormivano, perché se mi avessero sentito mi avrebbero sicuramente considerato pazzo.
Sospirai. Sembrava che la turbolenza fosse finita, così mi voltai verso il mio seggiolino che era stato occupato da Taylor. Ma da quanto stavo parlando da solo?
Tornai a guardare Hayley - Almeno voi avete fatto pace, in qualcosa sono stato bravo. - Sorrisi appena.
Era così bella. Avrei preferito rapirla e tenerla rinchiusa da qualche parte per il resto della sua vita, piuttosto che vederla ancora una volta con Chad.
- E quanto vorrei che tu avessi sentito tutto questo, perché non credo troverò mai il coraggio di ripetertelo. - Aggiunsi in un sussurro.
La guardai per un'ultima volta e senza dire altro me ne tornai al mio posto, scambiandomi con Taylor.
 
L'atterraggio fu piuttosto orribile, anche perché nella mia testa continuavo a ripetermi cose come adesso non si apre il carrello e ci schiantiamo a terra o si sono bucate le ruote del carrello e ci schiantiamo a terra. Ma alla fine riuscimmo ad atterrare sani e salvi, e in un'altra situazione avrei urlato di gioia una volta aver messo piede per terra, ma non quel giorno che ero decisamente giù di morale.
- Allora Kurt come sono state queste dieci ore d'aereo? - Chiese Jeremy, euforico, passandomi un braccio intorno al collo.
- Già! Che dici, riuscirai a tornare in America? - Aggiunse Taylor sorridendo e guardandomi.
Ricambiai il suo sguardo - È stato piuttosto traumatizzante... Ma è andata. - Risposi un po' schivo.
- Vedrai che l'Inghilterra ti piacerà. Ti farò da guida turistica: ho già in mente un sacco di posti da farti vedere! - Disse Kat, decisamente felice di essere tornata a casa.
Abbozzai un sorriso e abbassai lo sguardo - Mi farebbe molto piacere. -
Forse capirono che non avevo nessuna voglia di parlare e mi lasciarono stare. Superai tutti, anche Hayley che mi lanciò una strana occhiata. Non sembrava arrabbiata, piuttosto quasi triste, e non ne capii il motivo.
Uscii per primo dalla porta principale e mi diressi verso il parcheggio, dove ci aspettava un furgone che ci avrebbe portati all'albergo. Salii sul mezzo e aspettammo che fossero arrivati anche gli altri per partire.
Mi misi le cuffie e guardai fuori dal finestrino per tutto il tragitto.
 
POV Hayley
 
Guardai Kurt allontanarsi verso il parcheggio dell'aeroporto. Avrei preferito dormire davvero per tutto il volo, così adesso non mi sarei sentita una perfetta stronza per ciò che mi aveva detto e per come lo stavo trattando.
Perché io non lo odiavo, lo sapevo bene, ma era molto più semplice odiare che tenere a qualcuno. E lui teneva a me, ci teneva davvero e mi sentivo una stupida ad averne dubitato.
Non sapevo cosa fare, cosa dire, lui era convinto di non meritarmi e io avrei voluto gridargli il contrario. Ma c'era sempre Chad ed io non volevo più deludere i miei amici, per questo non potevo lasciare che i miei sentimenti decidessero per me.
Salimmo sul furgone che subito lasciò l’aeroporto di Heathrow e che ci avrebbe portati all'albergo. Io finii per sedermi accanto a Kurt... Al mio Kurt, che non osò degnarmi nemmeno di uno sguardo.
 
 




ANGOLO DELL’AUTORE

Saaalve a tutti ragazzi! Chiedo di nuovo perdono per il ritardo ma ci sono stati ancora un volta dei problemi tecnici con la stesura del capitolo. Però dai, stavolta almeno la data l’ho rispettata :D
Questo capitolo mi è uscito un po' più cortino, lo ammetto, ma spero che vi piaccia comunque (:
Bene, che posso dire: le prime righe ci riportano ancora una volta al triste, e ancora da svelare, passato di Kurt; quest’ultimo ha inconsapevolmente confessato ogni cosa ad Hayley che, a quanto pare, non lo odia per niente, anzi… E i Paramore sono finalmente in Inghilerraaa! E il bello deve ancora venire! :D
Bene bene, ringrazio Lonni e Francyfrapotter25 per le recensioni eee ci becchiamo il prossimo weekend… Almeno spero D:

Peace.

P.s. Ho deciso di dividere i capitoli in UK in “parte1”, “parte 2” ecc… Così, perché boh.

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Capitolo 18 (Parte 2) ***


Un familiare giro di batteria mi rimbombava nella testa e subito dopo entrò un riff di chitarra, seguito dal basso e dall'inconfondibile voce di Robert Plant. Dovevo ricordarmi di togliere "Rock And Roll" dei Led Zeppelin come sveglia del cellulare.
Allungai una mano sul comodino e, senza sollevare la testa dal cuscino, afferrai l'apparecchio e schiacciai a casaccio sul touch screen. Sbuffai, e dopo l'ennesimo tentativo fallito di farlo smettere decisi di aprire almeno un occhio, che venne subito picchiato dai raggi di sole che illuminavano tutta la stanza.
Maledetto fuso orario, pensai passandomi una mano sul viso e girandomi a pancia in su, stiracchiandomi.
Sollevai lo sguardo verso il soffitto per alcuni istanti, poi lo abbassai e diedi un'occhiata alla camera, rendendomi conto solo adesso che probabilmente era più grande e meglio arredata di casa mia. Quando eravamo arrivati era notte fonda e non avevo avuto neanche le forze di sistemare i bagagli, ne di spogliarmi, c'era mancato poco che infilassi sotto le coperte con le scarpe ancora ai piedi, figuriamoci se fossi riuscito a guardarmi intorno.
Spostai lo sguardo verso la grande finestra accanto al mio letto: eravamo praticamente nel centro di Londra, sul Tamigi, da lì riuscivo a vedere persino il palazzo di Westminster, il Big Ben e il London Eye... Che per uno squattrinato sofferente di vertigini come me non era proprio il massimo.
Sarei rimasto volentieri in quella camera a poltrire sul letto per tutto il giorno, senza vedere nessuno, e a divorare tutte le schifezze presenti nel mini frigo. Ma dato che il giorno dopo la band sarebbe stata impegnata con il Reading Festival, Kat voleva portarci a fare un giro e aveva ribadito più volte quanto mi sarebbe piaciuta quella città, perciò non potevo proprio dirle di no.
Mi alzai con la stessa leggiadria di un vecchio di ottant'anni e mi buttai sotto la doccia, sperando di svegliarmi e di togliermi quel broncio che mi portavo dietro da giorni... Il che era piuttosto difficile.
 
Scesi nella hall dell'albergo e mi recai nella zona ristorante, che era stata allestita per la colazione.
- 'Giorno. - Mormorai avvicinandomi al tavolo della band e venendo subito rapito da Kat, che mi fece sedere tra lei e Justin.
- Allora Kurt, dormito bene? Come sono i letti britannici? - Ridacchiò l'inglese, mentre la piccola Bliss mi osservava con i suoi occhioni azzurri come quelli del padre.
- Sicuramente migliori di quelli nel tour bus. - Risposi sorridendo e strappando una lieve risata al gruppetto.
- Ma il caffè americano è decisamente migliore. - Intervenne l'uomo del caffè, ovvero Taylor, mentre me ne passava un bicchierone.
Ci fu un istante di silenzio e poi si sentì uno schioppo.
- Ahi!!! -
- È praticamente uguale! - Esclamò Jeremy accanto a lui, dopo aver tirato una pacca dietro la testa dell'amico chitarrista, che lo guardò male.
- Ragazzi smettetela! La giornata è ancora lunga, risparmiate le energie per Camden. - Li riprese Kat.
Entrambi i musicisti si voltarono verso di lei - Andiamo a Camden Town??? - Chiesero con la stessa espressione di due bambini che avevano appena ricevuto il regalo chiesto a Babbo Natale.
Lei annuì con un sorrisino beffardo sulle labbra.
- Aaah! Vedrai Kurt, ti piacerà un sacco! - Esclamò Jeremy, esaltato come sempre.
- Sicuro, è un posto molto... Pittoresco. - Aggiunse Justin alla mia destra.
Sorrisi appena e guardai il chitarrista per un istante, cercando di immaginarmi cosa intendesse dire con "pittoresco". Avevo sentito parlare spesso di Camden Town, molto spesso, ma non avevo mai fatto alcuna ricerca, mi sembrava inutile dato che fino a qualche mese prima ero convinto che non sarei mai uscito dalla California.
- Beh, direi che è meglio sbrigarci, c'è fin troppo da vedere. - Disse Kat ad un certo punto, alzandosi da tavola e mettendo Bliss nel passeggino.
Ci alzammo tutti e un attimo dopo eravamo fuori dall'albergo, sul solito furgone nero che ci avrebbe portato fino a Camden.
Sorseggiai il mio caffè per tutto il tragitto, guardando fuori dal finestrino o osservando Hayley, cercando di non farmi notare. Non aveva ancora detto una parola e quasi non mi ero accorto che ci fosse anche lei... Ma ormai mi ero abituato a quel suo silenzio in mia presenza.
 
L'autista ci lasciò all'inizio della via principale, dove ancora le cose erano piuttosto normali e poco esilaranti. Ma man mano che avanzavamo sembrava di entrare in un altro mondo, ed era così incredibilmente punk e fantastico che, oltre a chiedermi se fosse adatto per una bambina così piccola come Bliss, ero totalmente esaltato.
Una strada lunghissima, piena di gente proveniente da tutto il mondo, contornata da negozi la quale insegna era la loro stessa facciata. E non intendo qualche graffito da quattro soldi, c'erano delle vere e proprie opere d'arte su quelle pareti, su alcune avevano persino costruito delle figure inerenti al tema del negozio... Avevo visto un fottuto drago in cartongesso appiccicato sulla facciata di un palazzo!
E la cosa bella era che ancora non avevo visto niente.
- Allooora? - Disse Kat avvicinandosi a me che ero rimasto in fondo al gruppo, troppo preso a guardarmi intorno.
- È decisamente... Assurdo. - Sorrisi come un bambino, abbassando lo sguardo su di lei.
- Sono felice che già ti piaccia. - Disse ricambiando il sorriso ed io corrugai la fronte.
- Perché? C'è altro? -
A quanto pare dissi qualcosa di divertente perché lei scoppiò a ridere - Altro? Kurt, questo ancora non è niente! -
La guardai, forse anche un po' preoccupato dato che stavo già fantasticando sul trasferirmi lì.
 
Ci fermammo in alcuni negozi... Diciamo in gran parte dei negozi, dove dovetti combattere contro la voglia di acquistare qualcosa o di farmi un piercing o un tatuaggio. Ma alla fine riuscimmo a proseguire lungo la via, arrivando al Regent's Canal: un fiumiciattolo che divideva la strada principale da quello che Kat chiamava "il cuore di Camden". Ancora non avevo ben capito di cosa si trattasse, lì c'erano solo delle bancarelle che vendevano un sacco di cibo, e a quanto pare il resto del gruppetto si divertiva ad alimentare la mia curiosità, dato che mi costrinsero a restare lì per il pranzo.
La maggior parte di noi scelse un chioschetto giapponese, mentre Aaron e Justin optarono per una bel trancio di pizza all'italiana, facendomi rimpiangere alla grande di aver preso il sushi.
Incredibilmente trovammo una panchina libera, ma dato che tutti non c'entravamo feci il gentiluomo e lasciai il mio posto ad Hayley, che era rimasta silenziosamente in fondo al gruppo. La osservai mentre prendevo il mio primo boccone di sushi e poggiavo il fondoschiena contro la ringhiera del canale, a qualche metro da loro: era così silenziosa, sembrava triste e non era difficile immaginare che la mia presenza lì la infastidisse; non sapevo più cosa fare, ogni volta che provavo a parlarle lei non perdeva tempo a zittirmi con qualche occhiataccia o frecciatina. Se solo fossi riuscito a ripeterle ciò che avevo detto in aereo... Forse le cose sarebbero cambiate.
Mentre Jeremy dava una di quelle pappine da neonati alla piccola Bliss, Kat si alzò e si avvicinò a me, poggiandosi con i gomiti alla ringhiera e sporgendosi un po' verso il canale. Inizialmente non mi disse niente ed io ogni tanto la guardavo con la coda dell'occhio, continuando a buttare giù riso e pesce crudo.
- Jer mi ha raccontato di te ed Hayley. - Mormorò ad un certo punto, facendomi andare di traverso un pezzo di sushi.
Diedi diversi colpi di tosse e dopo aver lanciato un'occhiata all'intera band seduta sulla panchina e ignara di tutto, tornai a guardare l'inglese.
- Cosa... Che ti ha detto? - Chiesi, preoccupato.
Lei sorrise appena e mi guardò - Tutto. -
Fantastico e io che speravo che almeno lei non sapesse del casino che avevo combinato.
- Non ce l'ha davvero con te. - Aggiunse, tornando ad osservare l'acqua del canale.
Sbuffai - Certo, come no... Non mi rivolge neanche la parola. -
- Ci vuole tempo. - Disse con una leggerezza disarmante - Sai, quando qualcuno ti ferisce di solito ci sono due modi di reagire: o fingi di dimenticare tutto ciò che ti ha fatto, o lo allontani... - Aggiunse, guardandomi con la coda dell'occhio.
Ricambiai quello sguardo, cercando di capire dove volesse arrivare - Nel primo caso si ha paura di perdere quel qualcuno se solo lo si mette alla prova, ma nel secondo caso... Abbiamo la certezza che quel qualcuno non se ne andrà mai: lo si può allontanare, maltrattare, ma sarà sempre lì per te. -
Mi scoprii a fissarmi i piedi mentre masticavo il solito pezzo di sushi. Che Hayley volesse mettermi alla prova? No, era una teoria fin troppo assurda, non potevano esserci solo "due modi di reagire". La vita non era così semplice, non era un test a scelta multipla.
Ma per un attimo pensai a me e a Chad, a quanto fossimo diversi e a quanto Hayley ci trattasse diversamente... A come perdonava sempre lui, e a come stava allontanando me.
- Allora che dite, proseguiamo? - Chiese Jeremy euforico, alzandosi dalla panchina con Bliss in braccio.
- Dove credi di andare tu? - Lo riprese Kat, voltandosi verso il marito e guardandolo male.
Quest'ultimo la guardò confuso e con una mano indicò timidamente una stradina dall'altra parte della via.
- Scordatelo! - Esclamò lei.
- Ma Kaaat! -
- Niente Kat, Bliss ha già visto fin troppi punk e tipi poco raccomandabili per oggi! - Aggiunse l'inglese, mentre Taylor stava già prendendo in giro il bassista che era in procinto di scoppiare a piangere.
- Tornate in albergo? - Le chiesi, ma lei scosse la testa.
- Qua dietro c'è Regent's Park, passeremo il pomeriggio lì... A Bliss farà bene respirare un po' d'aria pulita. - Mi sorrise ed io ricambiai.
- Tu pensa a quello che ti ho detto. - Aggiunse in un sussurro, staccandosi dalla ringhiera e tornando da suo marito e sua figlia.
 
Salutammo l'allegra famigliola e non potei non notare l'occhiolino che mi fece Kat. Cominciavo a pensare che tutta quella gita fosse stata organizzata per permettere a me e ad Hayley di parlare... Dovevo smetterla con tutte quelle manie di complottismo.
- Forza, abbiamo ancora un sacco da vedere e un sacco da comprare. - Disse Taylor, che non avevo mai visto così sorridente, caricandosi il suo zaino in spalla e facendoci strada verso quello che era il vero mercato di Camden: una ramificazione infinita di stradine più o meno strette e anguste, piene di bancarelle che vendevano davvero di tutto. Dai vestiti, ai cd e ai dischi in vinile, ai souvenir e al cibo proveniente da tutto il mondo.
C'era un'aria surreale ed era praticamente inevitabile finire per lasciarsi trasportare dal flusso infinito di gente che andava e veniva da quelle vie. Era incredibile come un mercato potesse essere così vivo: aveva le sue mille facce, i suoi mille odori, la sua musica, e ancora una volta era come entrare in un mondo a parte, dove la curiosità ti spingeva sempre più avanti e un'irrefrenabile voglia di comprare qualsiasi cosa che ti capitava sott'occhio si impossessava di te.
L'unico problema? Era davvero troppo facile perdersi.
Giravamo da ore per le vie del mercato, quando notai una bancarella che aveva vinili di ogni genere musicale e un attimo dopo, come attratto da una forza mistica, stavo già scorrendo i vari dischi. Anche gli altri si unirono a me, almeno fin quando Taylor non esclamò qualcosa riguardo un altro venditore poco più avanti. Ma poco mi importava, avevo appena trovato il mio santo Graal.
Mi ero soffermato ad osservare la copertina di un disco quando un paio di manine si infilarono nella pila che stavo scorrendo.
- Scusa. - Mormorò Hayley, tenendo lo sguardo sui vinili.
- N-no, tranquilla. - Risposi scuotendo la testa e sfilando il disco. La osservai e fu come se percepisse il mio sguardo perché mi lanciò un'occhiataccia, inducendomi a concentrarmi sul vinile che avevo tra le mani.
- Hai trovato niente di Johnny Cash? - Chiese, ancora senza guardarmi. Io allora sollevai lo sguardo e le allungai il disco che avevo trovato: era "Johnny Cash with His Hot and Blue Guitar", e non la ripubblicazione del 2003, ma il primissimo album registrato in studio dall'artista country.
Lei guardò il vinile e poi guardò me. Mi aveva raccontato più volte di averlo ascoltato così tanto da consumare la superficie del disco, e che non era ancora riuscita a trovare la versione non rimasterizzata.
Le porsi il disco, senza staccare gli occhi dai suoi, anche se non sapevo quanto ancora avrei retto.
- No, lo hai visto prima tu. - Disse, tornando a scorrere la pila di vinili.
Corrugai la fronte - Prendilo... Non ho neanche un giradischi per ascoltarlo. - Ribattei forzando un sorriso.
Lei sbuffò, e senza dire una parola si voltò e se ne tornò sulla via del mercato. La guardai con un'espressione confusa, e allo stesso tempo preoccupata, stampata sul volto.
Acquistai quel vinile in un nano secondo e finii per correrle dietro.
- Hayley aspetta! - Esclamai, riuscendo a non perderla di vista solo grazie alla chioma azzurra.
La raggiunsi, e prima di dover correre ancora una volta dietro a quella nanetta maratoneta, la afferrai per un braccio.
- Hayley... Rallenta. - Le dissi con il respiro un po' affannoso - Ti stavi dimenticando il disco. -
Accennai un sorriso e lei mi guardò, seria, e dopo essersi scrollata la mia mano dal suo braccio mi disse - Non ne ho bisogno. -
La guardai, mentre un' altra parte del mio cuore si frantumava in mille pezzi. Si voltò di nuovo.
- Lo so, ok? - Mormorai, abbassando lo sguardo - So che non ne hai bisogno, so che non hai bisogno... Di me. -
Provai a guardarla e la vidi voltarsi e guardarmi. I nostri sguardi si incrociarono e per la prima volta non riuscii a decifrare il suo.
- Tu... Non sai niente. - Rispose e stavolta sembrava meno seria, meno arrabbiata.
Ma non ebbi il tempo di constatarlo che il suo telefono prese a squillare.
- Pronto... Taylor!? - Esclamò quando rispose - Si può sapere dove siete? -
Già, Taylor e gli altri! Tra i dischi e quella cantante dai capelli azzurri mi ero completamente dimenticato che fossero con noi... E che adesso fossero chissà dove in quell'immenso mercato.
Mi guardai intorno, mentre riponevo il vinile nello zaino, nella speranza di avvistarli in quel mare di folla.
- Si... No, Kurt è con me. - Disse la cantante, lanciandomi un'occhiata che non potei ignorare.
- Taylor, ehi... Pronto... - Scostò il telefono dall'orecchio e guardò il display - È caduta la linea. -
Allora tirai fuori il mio cellulare - Qua non c'è campo. - Constatai, riponendolo nella tasca dei jeans - Ti ha detto dove sono? -
- Nel mercato. - Rispose sbuffando, con un tono che diceva "grazie al cazzo". Si guardò intorno, rimettendosi il telefono in tasca - Dobbiamo spostarci. -
Mi guardò ed io annuii, cominciando a seguirla tra i banchi del mercato.
Avevamo lasciato cadere il discorso, non me ne meravigliavo, ma il fatto che mi avesse parlato era un passo avanti... O almeno sembrava esserlo.
 
POV Hayley
 
Ogni volta che lo trattavo in quel modo vedevo qualcosa morire dentro di lui, e sapevo perfettamente di cosa si trattava. Eppure non si arrabbiava, non se ne andava, era sempre lì per me e questa cosa mi faceva imbestialire.
Perché doveva essere così? Perché non poteva mandarmi a quel paese e andarsene? Perché non poteva essere un po' più simile a Chad? Almeno avrei già saputo come comportarmi...
Raggiungemmo una specie di piazzetta che si affacciava su un'altra parte del mercato e al centro di essa c'era una statua. Sapevo bene a chi apparteneva, l'avevano inaugurata qualche giorno prima e tutta Camden si era fermata ad ascoltare le parole della famiglia, e soprattutto del padre, di Amy Winehouse.
Mi avvicinai. C'era uno strano silenzio in quell'ala del mercato, come se chi passasse di lì si fermasse a pensare cos'era stata quella donna per il mondo della musica soul e jazz contemporanea.
- È Amy Winehouse? - Chiese Kurt in un sussurro, raggiungendomi.
Annuii, nessuno dei due staccò gli occhi dalla statua.
- Aveva una famiglia che le voleva bene, aveva la sua musica, aveva fan in tutto il mondo che l'amavano, eppure... - Non riuscii a finire la frase.
- Forse non le bastava, forse aveva bisogno di altro. - Mormorò Kurt e non potei non guardarlo a quelle parole. Il suo sguardo e la sua espressione era fin troppo concentrata su quella statua, chissà a cosa stava pensando davvero.
Il suono di una chitarra acustica ci riportò alla realtà: dei ragazzi, seduti in un angolo della piazzetta, avevano cominciato a cantare e a suonare un pezzo che non conoscevo.
- Ti va di mangiare qualcosa? - Chiese Kurt e stavolta non riuscii a rifiutare.
Come molti altri ci ritrovammo a mangiare fish and chips su un muretto, mentre quei ragazzi continuavano ad esibirsi per puro divertimento.
Lo facevamo anche noi tanti anni fa: ci ritrovavamo in qualche parco, o alle fermate degli autobus e suonavamo, e non ci importava se alla gente potessimo non piacere, perché eravamo insieme, avevamo la nostra musica e ci divertivamo.
Non pensavamo più a richiamare Taylor, neanche ci eravamo accorti che il sole stava già calando, e che i primi lampioni cominciavano a illuminare il mercato. Senza neanche pensarci poggiai la testa sulla spalla di Kurt. Sentivo che mi guardava, percepivo la sua esitazione, ma alla fine mi strinse a se e Dio solo sa quanto mi era mancato quel contatto.
Nessuno dei due diceva niente, entrambi temevamo di rovinare ciò che io avevo tentato di distruggere, e che lui si era preoccupato di raccoglierne i pezzi e tenerli con se.
 
POV Kurt
 
Forse stavo sognando, forse avevano messo qualche allucinogeno nel mio fish and chips, perché ormai non credevo davvero più che sarei riuscito ad abbracciare di nuovo Hayley. La mia nanetta dai capelli azzurri.
Per ora mi bastava pensare che avesse cominciato a perdonarmi, e forse sarei anche riuscito a spiegarmi e a scusarmi come si deve, stavolta... Se solo Taylor non scegliesse i momenti peggiori per telefonare.
- Taylor! - Esclamò lei, scostandosi da me e portandosi il telefono all'orecchio.
La vidi sollevare lo sguardo verso i banchi del mercato e poi verso il cielo, ed ebbi l'impressione che si fosse accorta solo adesso che era calata la sera.
- Cavolo ma è tardissimo! Si... Certo... Ok, ci vediamo fuori. - Esclamò prima di riagganciare.
- Dobbiamo tornare all'albergo, Taylor e gli altri ci aspettano sulla via principale. - Disse, mentre saltava giù dal muretto e mi afferrava una mano.
Buttai giù le ultime patatine e poi la seguii lungo le stradine del mercato, stringendo quella sua manina sempre congelata anche d'estate.
 
- Ragazzi ma si può sapere dove vi eravate cacciati? - Chiese Taylor, quando finalmente ci vide spuntare sulla strada principale.
- Il telefono non prendeva, e poi hai idea di quanto sia difficile orientarsi là dentro? - Si lamentò Hayley, salendo sul solito furgone che ci avrebbe riportati all'hotel.
- Considerando che hai il senso dell'orientamento di un comodino... - La stuzzicò il chitarrista, ridacchiando.
Salii subito dopo la cantante, sedendomi accanto a lei.
- Allora, ti è piaciuta Camden? - Chiese qualcuno con un forte accento inglese e mi ci vollero alcuni istanti per capire che si trattava di Kat.
La vidi spuntare dal sedile davanti al mio ed io le sorrisi - È stato... Piacevole. -
Lo era stato davvero, quel posto era incredibile, quella gente era incredibile e adesso che Hayley aveva ricominciato quantomeno a parlarmi nessuno sarebbe riuscito a togliermi il sorriso.
 




ANGOLO DELL’AUTORE

Saaalve miei cari lettori! Devo scusarmi ancora una volta con voi per l’infinito ritardo di pubblicazione, ma spero di riuscire a farmi perdonare con questo capitolo! :D
Che dire? Benvenuti a Camden Town! Ho voluto dare un po’ di spazio anche a Kat in questo capitolo, me la sono sempre immaginata come una saggia ragazza dall’accento inglese, e dopo alcuni consigli ed esitazioni sembra che le cose tra Kurt ed Hayley stiano prendendo una piega positiva.
Ho cercato di raccogliere la mia esperienza a Camden in questa parte della storia, il che è stato molto difficile e sicuramente non ho reso giustizia a quel posto incredibile. E ammetto di aver mentito su un paio di cose: la storia si svolge prima dell'esibizione dei Paramore al reading Festival, tenutasi il 23 agosto, ma la statua di Amy Winehouse è stata inaugurata solo il 14 settembre di quest'anno (ed io, involontariamente, ho avuto la fortuna di assistere alla cerimonia), perciò ad agosto la statua non era lì; ma volevo rendere omaggio alla grande artista che è stata la Winehouse, perciò non facciamo troppo i pignoli :'). E poi: il mercato di Camden chiude alle sei del pomeriggio, quindi è un po' improbabile che Kurt ed Hayley siano rimasti lì fino al tramondo, ma come ho già detto, non facciamo troppo i pignoli e pensiamo all'atmosfera del momento :') Comunque, l’unica cosa sicura che posso dirvi su Camden Town è: se passate da Londra, dovete assolutamente andarci! (:
Ringrazio Lonni e francyfrapotter25 per le recensioni, come sempre esorto tutti gli altri a lasciarmi un commentino eee adesso devo darvi una brutta notizia. Parto per una settimana bianca, che in fondo è un po’ più di una settimana dato che starò sopra ad una montagna fino al 6 gennaio, perciò non potrò pubblicare fino a dopo la befana. Quindi, per darvi una data, pubblicherò sicuramente o sabato 10 o domenica 11 gennaio. Non odiatemi :’)
Bene, visto che a Natale siamo tutti più buoni: grazie mille a tutti quelli che leggono, che recensiscono e che mi sostengono, e via auguro buon Natale, buon anno nuovo e mi raccomando sfondatevi di cibo com’è giusto che sia! :D

Peace.

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Capitolo 18 (Parte 3) ***


- Ok ricapitoliamo. - Disse Taylor riaprendo il suo zaino, forse per la centesima volta quella mattina - Vestiti, acqua, snack, pass per il festival, altra acqua e... Il cellulare. -
- Taylor, per l'ennesima volta: c'è tutto, sta' tranquillo. - Ridacchiai, premendo il pulsante dell'ascensore dell'albergo.
- Cazzo! Il cellulare! - Esclamò Hayley dietro di noi, mentre rovistava nel proprio zainetto.
- Lo vedi? Come posso stare tranquillo? Hayley siamo in ritardo! - Sbottò il chitarrista, visibilmente agitato per lo show di quella sera.
- Si si, lo so! Faccio in un attimo, voi aspettatemi giù! - Rispose lei, che intanto si era già messa a correre in direzione della propria stanza.
Arrivammo a piano terra, dove Kat, Jeremy e la piccola Bliss ci stavano aspettando.
- Finalmente! Pensavamo che foste... - Cominciò il bassista, ma Taylor lo interruppe.
- Risparmiatelo, lo sappiamo. - Sbuffò - Piuttosto, dove sono Aaron e mio fratello? - Chiese, mentre consegnavamo le nostre chiavi alla reception.
- Sono già partiti, insieme allo staff e al resto dell'attrezzatura. - Rispose Jeremy.
Kat mi guardò - Ma Hayley? -
- Si è dimenticata il cellulare in camera ed è tornata a prenderlo. - Risposi, e quasi non feci in tempo a finire che il bassista prese parola.
- Ragazzi siamo in ritardo! Abbiamo un'intervista tra due ore! -
Guardai sia lui che Taylor.
- Ok, voi andate al furgone, caricate le vostre cose, io resto qui ad aspettarla. - Dissi, porgendogli anche il mio zaino.
Loro annuirono e, dopo aver preso lo zaino, si avviarono verso il parcheggio dell'albergo.
Restai ad aspettarla seduto nella hall.
Da quel giretto a Camden del giorno precedente le cose tra noi due erano migliorate. Non che fossimo di nuovo amici come prima, ma lei non sembrava più così arrabbiata, e perlomeno adesso mi parlava e non mi ignorava più.
Ogni volta che le porte dell'ascensore si aprivano mi alzavo nella speranza di veder spuntare una testolina azzurra, ma niente.
Alla fine la vidi correre giù dalla rampa di scale che portava alle camere.
- Hayley! - Esclamai, scattando in piedi e lei si voltò verso di me, praticamente lanciando le chiavi al tipo della reception.
- Muoviamoci, è tardissimo! - Disse, senza neanche un briciolo di fiatone, avviandosi velocemente verso l'uscita.
La raggiunsi - Ma... Hai fatto le scale? - Chiesi, abbozzando un sorriso.
- L'ascensore era sempre occupato! Almeno ho già fatto il riscaldamento per stasera. - Quella era la prima volta dopo giorni e giorni che mi concedeva un sorriso, e una volta fuori dall'albergo cominciò di nuovo a correre verso il furgone che ci avrebbe portati al festival.
Maledetta nanetta, filava più di un velocista dei cento metri.
Quando raggiungemmo il mezzo ci lanciammo dentro senza perdere altro tempo e partimmo a tutta velocità verso Reading, che avremmo raggiunto in un'oretta abbondante di viaggio.
Ebbi tutto il tempo necessario per osservare Hayley.
Teneva la testa girata verso il finestrino e restò così per quasi tutto il tragitto, guardando chissà dove e chissà cosa, con le cuffiette nelle orecchie. Con un piede batteva un ritmo veloce e irrefrenabile, ma non era certo quello della canzone che stava ascoltando.
Era agitata, nervosa. Lo era forse più di tutti, anche se cercava di non darlo a vedere in alcun modo.
Era adorabile, e quando stava così tendeva a dimenticarsi di qualsiasi cosa... Ma mai l'avevo vista scordarsi del suo amato cellulare.
 
Arrivammo a Reading dopo poco più di un'ora, come previsto, ed imboccammo Richfield Avenue, raggiungendo il luogo del festival in pochi minuti: un enorme campo costeggiato in parte dal Tamigi, pieno di gente urlante che non vedeva l'ora che le band cominciassero a suonare.
Mi meravigliai dell'organizzazione di quel festival, curata nei minimi dettagli: c'era la zona camping, suddivisa in settori, e l'area adibita ai concerti, con i rispettivi stand per il bandmerch, bar, bagni e ovviamente i vari palchi, tutto tenuto in maniera impeccabile... Ai festival ai quali ero stato io c'era al massimo un palco malridotto e la gente dormiva dove pisciava.
Ci scaricarono dietro al palco principale, dove trovammo Justin ed Aaron ad attenderci.
- Oh, ce l'avete fatta finalmente! - Esclamò il batterista appena scendemmo dal furgone.
- Siamo rockstar, dobbiamo farci attendere. - Scherzò Taylor, ma suo fratello lo riprese.
- Ehi Slash, non siamo più negli anni '80! -
Strappò una risata a tutti mentre ci consegnava i nostri pass per il backstage, e poco dopo arrivò un tizio dello staff munito di una cartellina e di un paio di cuffie con microfono incorporato, collegate ad uno walkie talkie. Praticamente il sosia inglese di Mr. Frustrazione.
- Siete i Paramore, giusto? - Chiese, mentre annotava chissà cosa su dei fogli, e prima che potessi uscirmene con un "ma è ovvio che sono loro!" Jeremy prese parola.
- Si, siamo noi. - Solo allora il tizio li guardò.
- Ho bisogno dei membri ufficiali per l'intervista. -
I tre annuirono e dopo che Jeremy ebbe salutato Kat con un bacio, si staccarono dal gruppo per seguire il tipo dello staff.
- Ci vediamo nel backstage quando avete finito, tanto restiamo qui! - Esclamò Justin mentre si allontanavano.
- Bene, direi che vi salutiamo anche io e Bliss. - Disse l'inglese ad un certo punto.
- Già ve ne andate? - Chiesi confuso, guardandola, e lei annuì.
- Ne approfitto per portare la piccola dai nonni, non abitano lontano da qui. - Sorrise ed io ricambiai.
Kat e sua figlia tornarono sul furgone che ci aveva portati fino a lì e poco dopo ripartirono.
Restammo solo io, Justin e Aaron.
- Allora, avete fame? - Chiese il chitarrista, sorridendo.
 
Ci ritrovammo tutti e tre seduti nell'enorme prato a divorare un hamburger e, anche se stavo cercando di smettere, a bere la birra che Aaron ci aveva offerto.
Non ero mai stato più di tanto con loro due, forse perché passavo gran parte del mio tempo a cazzeggiare con Jeremy e Taylor, e a guardare film con Hayley prima che, beh...
- Cavolo, ho bisogno di un bagno... Credo di aver bevuto troppo caffè stamattina. - Si lamentò il batterista, ficcandosi in bocca l'ultimo boccone del suo panino e alzandosi in piedi.
Justin rise - Là ci sono i bagni chimici, divertiti! -
- Ah, ah, ah... Potrei decidere di boicottare l'esibizione di stasera, perciò non provocarmi! - Ribatté ironicamente Aaron mentre si allontanava.
Presi un sorso di birra - Justin... -
- Mh? - Mormorò lui con la bocca piena.
- Posso... Farti una domanda? -
Mi guardò per un istante e poi annuì.
- Tu suoni con i Paramore da quanto? Quattro anni? - Chiesi e lui annuì ancora, senza staccare gli occhi da me.
Abbassai lo sguardo - Ti senti mai messo un po' in disparte? Sai, a parte i live... Le interviste e i photoshoot, li... Li fanno solo i membri ufficiali. -
Sollevai appena lo sguardo verso di lui e lo vidi sorridere.
- So dove vuoi arrivare. - Disse, buttando giù l'ennesimo boccone - Perché loro si ed io no? Eppure suoniamo insieme da anni, perché ancora non sono ufficialmente nella band? - Aggiunse, continuando a sorridere.
Annuii, guardandolo e aspettando che continuasse.
- È una mia scelta, sono consapevole di ciò che sto facendo, e sto aiutando mio fratello e i miei amici con la loro band. - Prese un sorso di birra - Lo faccio perché amo suonare, non perché cerco la fama e non so quanto mi piacerebbe trovare la mia faccia sulla copertina di qualche rivista, forse... Anche solo l'idea mi spaventa. -
Corrugai la fronte, cercando di capire dove volesse arrivare.
- Sai, a volte quando passi la maggior parte della tua vita su un palco, con migliaia di persone che urlano il tuo nome è... È come se tutto diventasse un enorme concerto, e ti distaccassi completamente da quella che è la realtà. - Mi guardò per alcuni istanti e poi mi sorrise - Io non voglio una vita da rockstar, voglio suonare, certo, ma voglio anche una famiglia senza doverla trascurare, e voglio poter uscire di casa con loro senza venire assalito dai fan. -
Potevo capire il suo punto di vista: stare sempre sotto i riflettori, interviste, servizi fotografici e fan che seguivano ogni tuo spostamento. All'inizio poteva anche essere divertente, ma con il tempo rischiavi di venire risucchiato all'interno di un mondo in cui la cosa più importante è apparire.
Forse era successo anche questo ad Hayley. Non poteva mostrarsi debole o triste quando voleva, non poteva chiedere aiuto, lei era Hayley Nichole Williams: la ragazza forte, sicura di se e dalla vita perfetta... Che era stata soffocata dalla sua stessa immagine.
- Di che parlate? - Chiese Aaron dietro di me.
Justin si voltò - Parliamo di chi dovrebbe o non dovrebbe far parte della band... Sai, pensavamo di buttarti fuori, in fondo il mondo è pieno di batteristi più simpatici di te. - Lo stuzzicò il chitarrista, ridacchiando, mentre Aaron gli arrivava accanto senza però mettersi a sedere.
- Oh il signor York ha finalmente capito cos'è il sarcasmo! - Esclamò, strappandoci una risata - Ma non ha ancora imparato a leggere l'ora... - Aggiunse e si guadagnò i nostri sguardi confusi.
Ma poi Justin guardò l'orologio che teneva al polso - Cavolo! Dobbiamo tornare al palco principale! - Esclamò, scattando in piedi.
Io lo imitai, confuso - C-cosa... Che succede? -
I due presero a camminare e Justin mi spiegò la situazione - La prima band della giornata sta per salire sul palco e dato che fino alle 20.00 non abbiamo niente da fare... -
- Ci godiamo il festival dal backstage. - Aggiunse il batterista, ridacchiando.
Raggiungemmo l'enorme palco e grazie ai nostri pass potemmo accedere al backstage, trovandoci un posticino dal quale potevamo assistere alle esibizioni dei vari gruppi.
Alle 13.00 in punto, ora locale, il Reading Festival venne aperto dai Crossfaith: una band metalcore di origine giapponese ma dai testi inglesi.
Non avevo mai amato particolarmente il metalcore, ma dovevo ammettere che quei cavolo di giapponesi erano dei folli. Riuscivano ad intrattenere anche chi non conosceva una singola parola delle loro canzoni e il modo in cui si scatenavano mentre suonavano mi portava a pensare ancora una volta che tutti gli orientali fossero dei fottuti ninja.
Dopo di loro fu il turno dei Red Blood Shoes: un duo britannico che faceva una specie di indie rock tendente al punk.
Lui suonava la batteria, lei la chitarra, entrambi cantavano e sembravano un po' la versione inglese degli White Stripes, ma con i ruoli invertiti. Il sound grazie al cielo era diverso, anche se mi ricordava fin troppo quello dei Bloc Party, anche loro una band inglese che faceva indie. Beh... Almeno la chitarrista era un bello spettacolo da vedere e su questo eravamo d'accordo sia io, che Justin, che Aaron.
Subito dopo di loro suonarono i Deaf Havana: anch'essi di origine britannica ma che si dedicavano ad un alternative rock più aggressivo.
Non erano davvero niente male, il sound mi piaceva un sacco e anche le chitarre che usavano. Mi innamorai perdutamente della Fender Jaguar che utilizzò il cantante per alcune canzoni, e della Fender Telecaster custom del '72, completamente nera, di uno degli altri due chitarristi. La riconobbi dai quattro selettori, anziché due, e dai pick-up montati su di essa: l'hambucker Wide Rage al manico e il classico single coil al ponte.
E dopo il mio sbavare per chitarre che non mi sarei mai potuto permettere, fu il turno degli americani Jimmy Eat World a salire sul palco, che con il loro alternative rock, forse un po' emo, ritengo che dovrebbero stare nell'iPod di ogni essere vivente.
Tutte le volte che pensavo alle origini del loro nome mi veniva da ridere: a quanto pare i fratelli minori del chitarrista della band, Ed e Jimmy, quando erano piccoli passavano tutto il tempo a litigare e Jimmy, essendo più robusto, era solito vincere; così un giorno Ed, per vendicarsi, fece un disegno del fratello mentre cercava di divorare l'intero mondo, con accanto la scritta un po' sgrammaticata "Jimmy Eat World", dalla quale la band prese il nome.
Dopo la loro esibizione tornammo in Gran Bretagna con gli Enter Shikari, e se avessi dovuto dire che mi piacevano... Avrei mentito spudoratamente.
Non amavo il metalcore, ormai si era capito, e quando lo dissi ad Aaron che cantava e saltellava accanto a me, prima mi guardò come se avessi appena bestemmiato e poi mi spiegò che il loro genere si chiamava "electronicore": un mix tra metalcore, post-hardcore e musica elettronica; tradotto dalla mia testa come "un gran bel casino".
Eppure piacevano tanto, la folla era impazzita ancor prima che cominciassero a suonare... E io ero lì che rimpiangevo ancora i Jimmy Eat World e le chitarre dei Deaf Havana.
Restavano solo i Vampire Weekend prima dell'esibizione dei Paramore, ma quasi non facemmo in tempo a sentire l'inizio della prima canzone che una vocina piuttosto familiare attirò la nostra attenzione.
- Vi siete per caso dimenticati che tra neanche due ore dobbiamo salire su quel palco? - Chiese Hayley, rimproverando Justin e Aaron.
Due ore? Possibile che avevamo passato l'intero pomeriggio a guardare delle band che si esibivano?
- Ciao anche a te Hayley, suppongo l'intervista sia andata bene. - Rispose il chitarrista, sfoggiando la sua vena sarcastica ancora una volta.
La cantante sbuffò - Dobbiamo riscaldarci, ripassare la scaletta, fare... Cose! - Ribatté, scatenando la risata di Jeremy.
- Oh la nostra piccola Hayls è nervosa per l'esibizione! - La stuzzicò, scompigliandole i capelli e guadagnandosi un'occhiataccia.
- Non sono nervosa! - Esclamò, scostandosi e sistemandosi la chioma azzurra - Sono solo... Professionale! - Aggiunse e a quel punto scoppiammo tutti a ridere.
 
A un'ora dallo show eravamo tutti buttati in un camerino, seduti dove capitava.
I Paramore avevano cenato con quello che gli bastava per non svenire sul palco e indossato i loro "costumi di scena", ed ora si stavano preparando psicologicamente per salire sul ring.
Non ero mai stato così vicino a loro prima di un'esibizione. Aaron, con le sue bacchette, teneva un ritmo improvvisato sul bracciolo del divanetto sul quale era seduto. Justin, accanto a lui, fissava il vuoto mentre giocava con i propri baffetti.
Dall'altra parte c'erano Jeremy e Taylor, che sembravano quelli meno spaventati di tutti dato che parlavano di qualsiasi cosa tranne che dell'imminente show... O forse quella di non pensarci era solo una tattica.
E infine c'era Hayley: seduta su di una poltrona troppo grande per lei, con le ginocchia al petto e con lo stesso sguardo di chi doveva andare al patibolo. Era assurdo da dire, ma era adorabile... Terrorizzata ma adorabile.
- Dovremmo controllare l'accordatura delle chitarre. - Disse Taylor ad un certo punto, riportandoci tutti alla realtà.
- Si, forse hai ragione. - Rispose suo fratello, annuendo e alzandosi dal divano.
Aaron lo imitò - Vengo con voi... Se non mi muovo rischio di impazzire. -
Jeremy rise a quelle parole e quando il batterista gli passò accanto gli diede una pacca sulla spalla, lanciando un'occhiata prima ad Hayley e poi a me. Ormai avevo imparato a decifrare le sue occhiate e come sempre voleva che parlassi con lei, perché noi eravamo amici e a quanto pare mi ascoltava... Ma era difficile capire se mi considerasse un amico come prima.
Restammo soli e il silenzio piombò nella stanza. Lei continuava a fissare il vuoto ed io continuavo a fissare lei, nella speranza di trovare qualcosa di rassicurante da dirle.
- Hayls... - Dissi incerto.
- Mh? - Mormorò lei, senza neanche guardarmi.
Corrugai appena la fronte, non troppo sicuro di ciò che stavo per dirle - Dovresti... Cercare di calmarti. -
Solo allora si voltò verso di me e mi pentii amaramente di averle detto quella frase. Giuro di aver avuto paura difronte a quello sguardo.
- Calmarmi? Calmarmi??? - Chiese furibonda - Kurt come posso calmarmi? Tra neanche mezz'ora dobbiamo salire sul palco e a me tremano le gambe! -
Abbassai appena lo sguardo - T-ti ho vista salire sul palco praticamente ogni giorno per due interi mesi, e-eppure non ti ho mai vista così agitata. -
Lei sbuffò e poi si alzò dalla poltrona - Qua è diverso, questo è un festival non il nostro tour. - Prese a camminare in su e in giù per il camerino - Ci sono un sacco di band e molte più persone del solito... Non tutti sono nostri fan. -
La seguivo con lo sguardo mentre calpestava ogni centimetro della stanza e alla fine decisi di alzarmi.
- E allora? - Chiesi mentre mi avvicinavo - Conosci la scaletta, sai intrattenere il pubblico e poi hai sempre la tua voce... Se avessi la tua voce non mi farei tutti questi problemi. - Ridacchiai, provando a strapparle almeno un sorriso... Fallendo miseramente.
- No, tu non capisci... -
La interruppi - Io capisco eccome, Hayley, per questo ti dico che devi calmarti. -
Mi guardò negli occhi e non so come ma riuscii a ricambiare quello sguardo.
- E se mi dimentico la scaletta? - Chiese con lo stesso tono di una bambina impaurita.
- Hayley è la stessa che suonate da mesi! E poi accanto alla pedaliera di Taylor ce n'è una copia, lo sai! - Risposi, ma a quanto pare non riuscii a convincerla.
- Dopo di noi suoneranno i Queen Of The Stone Age... -
Sbuffai - Ti prometto che se andrà tutto bene resteremo ad ascoltarli. - Dissi, guardandola e abbozzando un sorriso.
Anche lei mi guardò, giusti un istante, e poi abbassò lo sguardo. A quanto pare avevo perso la mia capacità di farla sorridere.
- Ho... Bisogno delle mie pillole. - Mormorò a capo basso.
Io corrugai la fronte. Quasi non feci in tempo a pronunciare il suo nome che lei si era spostata verso il bancone del camerino, dove stava lo zainetto con le sue cose.
Scattai anche io verso di esso e prima che lei potesse fare qualsiasi cosa, afferrai lo zaino e lo sollevai sopra la mia testa.
- Non ne hai bisogno, lo sai questo. -
Lei allungò una mano verso lo zaino, finendo per poggiarmela su una spalla - Kurt, ti prego... -
Non la feci neanche finire - Se non vuoi farlo per te allora fallo per Jeremy, per Taylor, per tutti coloro che ti vogliono bene, per... Me. -
Mi guardò, io la guardai e in quel momento avrei voluto solo baciarla e stringerla a me. Dovevo smetterla con quei pensieri.
Abbassai le braccia e con esse anche lo zaino. Lo osservai per alcuni istanti e poi lo restituii alla proprietaria, che lentamente lo afferrò.
Era calato un'altra volta il silenzio e avrei venduto la mia anima pur di sapere cosa stesse pensando.
- PARAMORE CINQUE MINUTI! - Urlò qualcuno fuori dalla porta del camerino.
Osservai quella nanetta dai capelli azzurri mentre incredibilmente rimetteva lo zaino sul bancone.
- Resterai a guardarci? - Chiese incrociando il mio sguardo.
Sorrisi - E dove altro potrei andare? -
 
I Paramore salirono sul palco in perfetto orario ed attaccarono come sempre con Still Into You. Ogni volta che la sentivo mi chiedevo in quali assurde circostanze Hayley avesse potuto scrivere una canzone del genere per Chad, considerando che lui era uno stronzo patentato e che non meritava neanche di guardare una ragazza come lei.
Ma non potevo farmi rovinare il concerto da Chad Gilbert anche quando non c'era, perciò cercai di concentrarmi su una ragazzina che saltellava da una parte all'altra del palco... Il che non fu poi così difficile.
Proseguirono con That's What You Get e con For A Pessimist, I'm Pretty Optimistic, arrivando ad Ignorance.
Quanto amavo quella canzone. Il sound ti dava una grinta assurda ed era così piena di rabbia, era... Sincera: dedicare quel brano ad una persona significava sbatterle in faccia ciò che pensavi davvero di lei, il che nella mia testa era dannatamente divertente.
Fu il turno di Pressure e del classico "lancio del bassista". Ogni volta che Jeremy prendeva la rincorsa il mio cuore si fermava e mi passavano tutti i peggiori scenari davanti agli occhi: lui che si rompeva qualcosa, Taylor che rimaneva per sempre bloccato in quella scomoda posizione, oppure il povero Fender Jazz Bass di Jeremy che si fracassava una volta per tutte. Ma alla fine lui saltava e tutto filava liscio come sempre, ed io mi ritrovavo a chiedermi come diavolo riuscisse a farlo ad ogni show, quando io duravo fatica persino ad alzarmi dal letto.
Hayley prese l'asta del microfono e la portò alla sua postazione, il che mi ricordò che era il turno di Decode che, come sempre, eseguirono divinamente.
Taylor si avvicinò al backstage per prendere la sua chitarra acustica: una Taylor... Non c'era da sbagliarsi. Hayley, in teoria, doveva essere impegnata con uno dei suoi soliti discorsi, ma c'era uno strano silenzio.
Dal pubblico cominciò a levarsi un vociare caotico, ma notai che molte persone stavano urlando "mic! Mic! Mic!"  e a quanto pare se ne accorsero anche i Paramore.
- Che sta succedendo? - Chiese Taylor quando la band si avvicinò al backstage.
- Già, che hanno tutti da urlare? - Aggiunse suo fratello.
- Pare che il microfono sia andato... - Quasi non riuscii a terminare la frase che un tecnico staff apparve alle mie spalle.
- Abbiamo un problema! C'è stato un calo di tensione, i-il sistema è in down, E’… E’ tutto spento! - Disse l'uomo, visibilmente agitato.
Guardai i ragazzi. Difficile dire chi fosse il più preoccupato, anzi, questa la sapevo: Hayley.
- Merda! Merda! Merda! Come cazzo facciamo adesso??? - Esclamò la cantante, non l'avevo mai sentita dire tante parolacce insieme.
- N-noi... Stiamo cercando una soluzione, m-ma non sappiamo tra quando... - Il tizio dello staff non riuscì a finire di parlare che Hayley aveva già ricominciato a delirare.
- No seriamente! Con tutte le cazzo di band proprio a noi?? - Continuò, passandosi nervosamente una mano sulla fronte e poi tra i capelli.
Mi sentivo un po’ in colpa. Dopo averle ripetuto un’infinità di volte che sarebbe andato tutto bene, adesso questo. Ma… Forse avevo un'idea.
- Ok, niente panico, tu... - Indicai il tecnico - Trova un altro microfono. -
Lui mi guardò - Si può sapere tu chi cazzo sei? -
A quella domanda mi bloccai per un istante - A-adesso non ha importanza, trova un microfono! -
- Ma è tutto spento! - Ribatté il tipo.
- Non è tutto spento, le luci sono accese, significa che prendono energia da un altro generatore: collegate tutto a quello. - Dissi, serio. Nel frattempo un altro paio di addetti allo staff ci avevano raggiunti.
L'uomo si grattò la nuca - Ok, ma non so quanto ci vorrà per gli altri strumenti. -
Scossi la testa - Per ora trovate un microfono. -
Gli uomini sparirono nel backstage e io mi voltai verso i ragazzi.
- Dobbiamo tornare sul palco. - Disse Jeremy.
Taylor annuì - Si, prima che comincino a fischiarci... -
- Ok, voi andate, io aspetto quel cavolo di microfono. - Dissi, voltandomi verso il bakstage.
Tutta la band tornò sul palco e i tre membri ufficiali si sedettero in un angolo di esso, gli uni accanto agli altri, aspettando qualche notizia.
- Microfono in arrivo! - Esclamò un ragazzo alle mie spalle.
- Nient'altro? - Chiesi, voltandomi verso di lui che scosse la testa.
- Stanno ricollegando tutto al generatore, ci vorrà un po'. - Disse mentre mi passava il microfono e senza pensarci mi avviai verso il palco.
Ma un attimo prima di mettere piede fuori mi bloccai. Vedevo il mare di gente urlante, che ti fissava ed era pronto a schernirti se qualcosa fosse andato storto... Già sentivo il sangue che mi si congelava nelle vene. Come diavolo facevano ad esibirsi davanti a così tante persone?
Ma non potevo perdere altro tempo, loro avevano un concerto da mandare avanti. Abbassai lo sguardo e uscii sul palco, avvicinandomi ai Paramore.
- Ci vorrà un po' per riavere il resto della strumentazione. - Sussurrai all'orecchio di Hayley, mentre le passavo il microfono.
Lei annuì e mi lanciò un'occhiata, un attimo prima di pronunciare uno "ehi!"  al nuovo microfono.
Tornai, o meglio, scappai nel backstage, cercando di capire cosa si sarebbero inventati per prendere tempo e mandare avanti lo show.
Hayley disse qualcosa sul fatto che c'era stato un calo di energia e che per la prossima canzone avrebbero sentito solo la sua voce. Ma dalla mia posizione riuscivo a sentire anche la chitarra di Taylor e capii subito di che pezzo si trattava.
- Questa canzone si chiama The Only Exception. - Disse la nanetta, un attimo prima di cominciare a cantare.
Probabilmente sarebbe stata la mia versione preferita di quella canzone. La folla sollevò gli accendini, i cellulari, tutto quello che potesse far luce, e l’intero festival cantava insieme a lei.
- Avrà freddo? - Chiese un ragazzo alle mie spalle.
- Non lo so. - Mormorai scuotendo appena la testa, senza riuscire a staccare gli occhi da quei tre amici seduti in un angolo dell’immenso palco.
Mi voltai per un istante. Io ed il ragazzo dello staff ci guardammo, poi mi levai il giubbotto che avevo addosso e mi avviai verso il palco. Lo poggiai sulle spalle di Hayley, che appena se ne accorse e mi vide scoppiò a ridere, e lo stesso feci io mentre me ne tornavo nel backstage.
- Adesso non ha più freddo. - Ridacchiai, insieme al ragazzo che lavorava lì.
- Oh mio Dio, questo non lo dimenticherò mai! - Esclamò la cantante dai capelli azzurri, appena trovò uno spazio nel testo.
La canzone proseguiva, quando sentii alcune voci alle mie spalle - Ok, abbiamo di nuovo energia, riaccendete tutto! - Disse qualcuno e solo allora mi voltai.
- No! Aspettate! - Esclamai, avvicinandomi al tecnico già posizionato davanti al mixer - Non potete attaccare tutto adesso, rovinerete la canzone! -
L’uomo mi guardò - Ma tu chi cazzo sei? -
Il prossimo che me lo avrebbe chiesto in quel modo l’avrei sicuramente picchiato.
Stavo per rispondere, ma il ragazzo accanto a me mi precedette - Non lo so, ma ha avuto lui l’idea del generatore. -
A quelle parole il tecnico mi guardò, senza dire una parola. Dopo istanti di silenzio alla fine sbuffò - E va bene, dicci tu quando. -
Sorrisi - Ok, lasciate fare a me! - Esclamai, un attimo prima di tornare verso il palco e affacciarmi dalla parte di Justin.
- JUSTIN! JUSTIN! - Dovetti chiamarlo diverse volte prima che mi sentisse - Attaccate dal bridge! -
- COSA??? - Urlò lui.
Sospirai - ATTACCATE DAL BRIDGE!! - A quel punto lo vidi annuire e sollevare un pollice verso di me, per poi voltarsi verso Aaron e riferirgli il cambio di programma.
Tornai nel backstage - Ok, al bridge riaccendete tutto. -
Il tecnico e gli altri membri dello staff si guardarono - Quando cazzo c’è il bridge? -
Stavo per rispondergli seriamente, ma alla fine mi limitai a sospirare - Faccio io… -
L’uomo mi guardò di nuovo, stavolta ricambiai lo sguardo e con esso allungai una mano per farmi dare le cuffie.
Dovevo ringraziare Jeremy e Taylor per avermi insegnato ad usare il mixer, altrimenti adesso mi sarei ritrovato a premere tastini e levette totalmente a caso.
Sentivo la voce perfetta di Hayley nelle cuffie, e con essa anche la chitarra di Taylor e il basso di Jeremy: adesso dovevo solo passarli nell’impianto audio senza combinare casini.
Fortunatamente filò tutto liscio e al bridge tutti gli strumenti entrarono perfettamente.
Quando la canzone terminò, Hayley si precipitò da me per restituirmi il giubbotto. Mimò un "grazie" con le labbra ma non disse altro, anche se dal suo sorrisone capii perfettamente che tutto il terrore di poco prima se n'era andato.
L'esibizione poté continuare senza problemi.
Come sempre, per Misery Business, fecero salire un fan sul palco e stavolta toccò ad una ragazza con un costume da dinosauro... Altra cosa che avrei dovuto acquistare prima di morire. Poi fu il turno di Let The Flames Begin e Part II, canzoni alle quali dovevo ancora trovare un aggettivo per descriverle e che gli rendesse giustizia. E come sempre chiusero con Ain't It Fun e gli acuti di Hayley, sotto una pioggia di coriandoli.
Malgrado tutti gli intoppi e il freddo polare: non sarebbe potuta andare meglio.
 
POV Hayley
 
Tornammo nel backstage completamente sudati e a pezzi, ma comunque felici.
Due ragazzi dello staff ci passarono acqua e asciugamani e fu un po' strano non trovare Kurt al loro posto, che invece ci sorrideva restando un po' più indietro.
- Allora? Com'è andata? - Chiesi avvicinandomi, ancora presa dall'euforia del concerto.
- Alla grande! È stato perfetto! Dovreste suonarla sempre così The Only Exception! - Ridacchiò lui, forse ancora più entusiasta di me.
- E l'hai visto il mio flip? Spero di si, perché quando ti ricapita di vedermelo fare un'altra volta in Inghilterra? - Disse Jeremy, anche lui fin troppo esaltato.
- Domani al Leeds! Idiota! - Esclamò Taylor, dandogli una pacca dietro la testa e scatenando una risata collettiva.
Poi Justin ci riportò tutti con i piedi per terra - Ragazzi dobbiamo asciugarci prima di prendere un malanno. -
- Già, è meglio se andiamo a cambiarci. - Aggiunse Aaron e un attimo prima di voltarmi e seguire i ragazzi, Kurt mi chiamò.
- Hayls! -
- Si? - Chiesi, guardandolo.
- Ti va ancora di vedere i Queen Of The Stone Age? -
Sorrisi come una bambina a quella richiesta e annuii - Dammi solo il tempo di cambiarmi. -
 
Una volta nel camerino mi diedi una ripulita e indossai un paio di jeans e la mia vecchia maglietta dei Ramones, coperta da una felpa.
Dissi ai ragazzi che sarei rimasta ad ascoltare i QOTSA e, dopo avermi ricordato fino alla nausea che il mattino dopo ci saremo dovuti alzare presto, alla fine mi diedero la loro benedizione e mi lasciarono andare.
Tornai da Kurt, che con i suoi riccioli mi aspettava nel solito angolino del backstage. Chissà perché, ma man mano che mi avvicinavo sentivo le farfalle nello stomaco crescere sempre di più.
- Ehi. - Mormorai.
- Ehi. - Rispose lui.
Ci guardammo e ci sorridemmo a vicenda, aspettando che il concerto cominciasse.
Non ci dicemmo molto, solo qualche commento sulla band tra una canzone e l'altra, per il resto cantavamo a squarcia gola come se non ci fosse un domani.
Ogni tanto lo osservavo, mi sembrava... Felice. Non lo avevo mai visto così esaltato: di solito era un tipo molto silenzioso, calmo e soprattutto timido.
- Che c'è? - Mi chiese ad un certo punto, sorridendo.
Beccata... Cazzo, pensai, voltandomi di scatto verso il palco - Niente. -
Sentivo ancora il suo sguardo puntato su di me ed era maledettamente frustrante.
Sbuffai - Ma quando suonano No One Knows? -
Lui non rispose, il discorso cadde come avevo sperato e noi tornammo di nuovo a cantare come due idioti.
 
- Ti dico che Dave Grohl è il miglior batterista che abbiano mai avuto! - Ripetei, forse per la centesima volta, mentre premevo il tasto del piano che dovevamo raggiungere con l'ascensore.
- Ma cosa stai dicendo? Grohl non c'è mai entrato un accidente con i QOTSA! - Ribatté Kurt, che da quando avevamo lasciato Reading non si era ancora arreso.
Sbuffai - E allora chi sarebbe stato il migliore? -
- Chiunque degli altri batteristi era migliore di Dave Grohl! - Esclamò, con un'espressione che diceva "ma è ovvio!". Mi faceva imbestialire quando mi contraddiva in quel modo.
Le porte dell'ascensore si aprirono e noi uscimmo nel corridoio.
- Questa è la cosa più ridicola che io abbia mai sentito. - Dissi con un certo tono di superiorità, superandolo.
- Oh, andiamo. Mica te la sarai presa? - Chiese, fermandosi per alcuni istanti.
- Mh! Certo che no! - Ribattei sbuffando, senza neanche voltarmi.
Lo sentii riprendere a camminare e un attimo dopo me lo ritrovai accanto che mi sorrideva - Te la sei presa. -
Non gli risposi, ma non ce l'avevo davvero con lui... Solo che quel gioco era fin troppo divertente.
- Hayley... Andiamo! - Niente, non dissi una parola - Domani ti compro il gelato! - Esclamò, sicuro che così sarebbe riuscito ad attirare la mia attenzione... Ormai mi conosceva fin troppo bene.
- Ti compro tutto il gelato che vuoi! - Disse ancora e stavolta mi fermai, ma solo perché ero arrivata alla mia stanza.
Lo guardai - Tutto? -
- Tutto. - Sorrise, fermandosi davanti a me - Anche se fuori fa un freddo cane. - Aggiunse e non riuscii a trattenermi.
- Sei un idiota. - Ridacchiai - Come prima... Con quel giubbotto durante The Only Exception. -
- È che... Sembravi così infreddolita! -
Ridemmo entrambi e alla fine ci ritrovammo a fissarci le punte dei piedi con un piccolo sorriso stampato sulle labbra, pensando a chissà cosa.
- Grazie Kurt... - Mormorai, non troppo sicura - Per tutto. -
Lo vidi sollevare lo sguardo verso di me e concedermi un piccolo sorriso, uno di quelli timidi e sinceri che solo lui sapeva fare.
- E di che? - Disse, guardandomi con quei suoi occhi scuri, nei quali riuscivo a vederci il mare.
Riabbassai lo sguardo - Lo sai... Tu mi sei sempre stato accanto ed io... Io ho dubitato di te. - Quasi non riuscii a terminare quella frase che sentii due braccia stringersi attorno a me.
Lo abbracciai a mia volta, portando le mani dietro la sua schiena e stringendo la presa sulla maglia.
Affondai la testa sul suo petto. Quel calore e il suo profumo mi rilassavano, mi facevano sentire al sicuro ed erano mesi e mesi che non stavo così bene.
- Hayley... - Mormorò ad un certo punto, senza sciogliere l'abbraccio.
- Mh? -
- Tu... Io... - Lo sentii sospirare - Devi… D-devi sapere la verità, devi sapere perché ho fatto ciò che ho fatto, d-devi... Sapere ciò che provo. -
Si bloccò, sembrava terrorizzato. Sapevo di cosa parlava, ricordavo perfettamente ogni parola che mi aveva detto in aereo e non avevo bisogno di ascoltarlo di nuovo.
Lo sentii allentare la presa, così ne approfittai. Nello stesso istante in cui fece per allontanarsi gli presi il viso tra le mani e lo avvicinai a me.
Lo baciai e la sua più che evidente sorpresa mi fece sorridere. Le ricordavo bene le sue labbra e ricordavo bene il suo sapore, e adesso era tutto per me. Non sarei mai riuscita a descrivere ciò che provavo in quel momento, neanche sapevo se lo volevo davvero, poi... Percepii il battito accelerato del suo cuore ed era il ritmo più bello che avessi mai sentito.
- Pensavo che tu... -
- Non pensare. - Lo interruppi, ansimando sulle sue labbra.
Mi attirò a se, costringendomi in punta di piedi e ricambiando finalmente quel bacio. Lo volevo da quella sera in quel parcheggio, adesso lo sapevo, e anche lui lo voleva; lo capivo da come ci cercavamo, ci stringevamo, e come le nostre lingue danzavano.
 
POV Kurt
 
Se quello era un sogno, avrei ucciso chiunque mi avrebbe svegliato.
Ci ritrovammo a baciarci nella sua stanza con la sola luce dei lampioni che illuminavano Londra. Trovai la zip della sua felpa solo quando riuscii a staccarmi un minimo da lei, così la aprii e gliela sfilai, mentre lei mi tolse la maglia.
Finimmo sul letto senza smettere di baciarci o di toccarci, io sopra a lei, cingendole i fianchi e cercando di infilarmi sotto la sua maglietta.
Sentii le sue mani stringere le mie - Kurt... - Sospirò, mentre io scendevo a baciarle il collo.
Ma poi le sue mani si spostarono e un attimo dopo mi prese la testa tra di esse, inducendomi a guardarla.
- Kurt, non adesso... Ti prego. - Mormorò accarezzandomi il viso.
Mi guardò, io la guardai e dopo averle poggiato un bacio sulle labbra mi spostai accanto a lei.
- Scusa. - Sussurrò appena.
Girai la testa verso di lei - Non devi... Non per questo. - Risposi, abbozzando un sorriso e facendole cenno di avvicinarsi.
Le feci poggiare la testa sulla mia spalla, lei mi strinse con un braccio ed io feci lo stesso.
Come avrei potuto arrabbiarmi per una cosa del genere? Come avrei potuto arrabbiarmi con lei? Era tutto così felicemente irreale che c'eravamo solo io e quella ragazzina dai capelli azzurri: niente Paramore, nessun concerto, niente Chad Gilbert... Solo io e lei.
- Sono... Tuo padre e tuo fratello? - Chiese in un sussurro, riportandomi alla realtà.
Abbassai lo sguardo su di lei mentre con una delle sue manine sfiorava i due nomi tatuati sul mio petto, all'altezza del cuore: David e Michael.
- Si. - Mormorai, risollevando lo sguardo.
Silenzio. Era inevitabile, quell'argomento rovinava qualsiasi momento con qualsiasi persona.
- Come se ne sono andati? - Chiese ancora e stavolta la sentii sollevare la testa verso di me.
Presi un gran respiro - In... In un incidente d'auto. -
Ancora silenzio. I nostri sguardi si incrociarono per un istante ma poi dovetti abbassare il mio.
Restammo abbracciati per ore.
Credevo che lei si fosse addormentata ma poi la sentii mormorare il mio nome.
- Kurt... -
- Mh? - Mormorai, accarezzandole un fianco.
- Ti mancano? -
Chiusi gli occhi a quella domanda - Sempre. -
 




 
ANGOLO DELL’AUTORE

Beeen ritrovati miei cari lettori! Spero abbiate passato delle buone vacanze eee… Ok, questo capitolo è fin troppo lungo e non so davvero da dove cominciare D:
Primo: se siete arrivati fino a qui significa che siete riusciti a leggerlo tutto, perciò grazie!
Secondo: come avrete notato, nel testo c’è davvero un po’ di tutto. Ho cercato di dare un po’ di spazio a Justin ed Aaron (che poverini non se li fila mai nessuno), ho provato a parlare un po’ del Reading Festival (esibizioni delle varie band comprese), ho “umilmente” risolto i problemi tecnici di un festival di fama mondiale (voglio una medaglia per questo!) e ho cercato di descrivere una scena pseudo romantica… In queste cose sono davvero un cane, perciò vi chiedo infinitamente scusa :’)
Terzo: spero che l’eccessiva lunghezza del capitolo non vi abbia annoiato, (capitemi, l’assenza è stata lunga, il capitolo doveva essere proporzionato :’) ) in caso contrario vi chiedo scusa anche per questo.
E adesso passiamo alle cose tecniche.
Le band citate nel testo sono quelle che hanno partecipato alla prima giornata sia del Reading che del Leeds Festival, in ordine di esibizione: Crossfaith, Blood Red Shoes, Deaf Havana, Jimmy Eat World, Enter Shikari, Vampire Weekend, Paramore (ovviamente) e Queen Of The Stone Age. Perciò, se ne avete voglia, andate ad ascoltare qualcosa di questi gruppi (:
E adesso è il momento di: lezioni di chitarra su EFP!
Anche in questa puntata parleremo di chitarre Fender: la Jaguar e la Telecaster.
In breve: la Jaguar è una sorta di evoluzione della Fender Jazzmaster, ha una maggiore schermatura alle interferenze e vanta una maggiore quantità di controlli per il suono (anche se, parliamoci chiaro, avere questa chitarra fa di te un figo… Ma non un buon chitarrista); mentre la Telecaster  (inizialmente chiamata Broadcaster) è la primissima chitarra elettrica ideata dalla Fender e prodotta in serie. Per avere un idea del modello: vi ricordate un certo Josh Farro? Ecco, lui usava praticamente tutte Telecaster (compresa una deluxe del ’72 che usava nel video di That's What You Get e Decode).
Nel testo parlo di una Telecaster custom del ’72 e poi viene una parolina magica: pick-up.
Per capirsi: sono quei placche che si vedono sul corpo di una chitarra elettrica, esattamente sotto le corde; ma i pick-up (in ambito musicale) sono dispositivi elettrici che hanno la capacità di trasformare il suono prodotto da una corda della chitarra, o basso che sia, in un impulso elettrico. I due tipi principali sono il single coil (che ha una sola bobina di schermatura dalle interferenze) e l’hambucker (che ha una doppia schermatura). L’Hambucker Wide Rage di cui ho parlato è semplicemente un altro pick-up ideato da un certo Seth Lover per la Fender nei primi anni ’70 (per avere un idea: potete trovarne due montati sulle Fender Starcaster).

Bene, credo di avervi dato tutte le inutili informazioni sul capitolo, peeerciò passerei ai ringraziamenti!
Ringrazio Lonni, francyfrapotter25, Camilla00 e mizu_chan_foREVer per le recensioni, e anche Rhoda per il commento nel prologo. Ah, e ancora Rhoda per aver inserito la storia tra le seguite (:
Che dire… Spero che il capitolo vi piaccia e che mi lascerete un commentino con le vostre opinioni, pensieri ecc.
Ci becchiamo il prossimo weekend! :D

Peace.

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Capitolo 18 (Parte 4) ***


- Dove sono le chiavi dell'auto? - Urlai, mentre le cercavo su un mobiletto all'ingresso di casa.
- Dove hai intenzione di andare tu!? - Esclamò mia madre appena mi sentì.
Sospirai, mimando un "che palle" con le labbra, e un attimo dopo lei spuntò dalla cucina e me la ritrovai davanti con ancora i guanti e il detersivo per piatti in mano.
- Devo uscire... - Sbuffai, mettendomi le mani in tasca e guardandola con sufficienza.
- Porterai tuo fratello alla partita di stasera? - Chiese con quel suo tono fastidioso, anche se conosceva già la risposta.
- No. - Dissi secco e lei mi schernì con una risatina ancora più fastidiosa.
- E allora niente auto. - Concluse, voltandosi e avviandosi di nuovo verso la cucina, quando sentì la voce di mio padre in cima alle scale che portavano alle camere.
- Judy... -
- Cosa c'è David? - Chiese lei, fermandosi.
Papà scese le scale - Lasciagli l'auto. Solo per il pomeriggio. -
Mi stupii, allora mio padre non era solo un gran rompipalle... Ma a quelle parole mia madre si voltò verso di lui - Gli vuoi lasciare la macchina? David non imparerà mai un accidente così! - Esclamò, furibonda.
Mio padre non aggiunse altro, gli lanciò solo un'occhiata e purtroppo conoscevo bene quello sguardo: aveva in mente qualcosa.
Mia madre sbuffò - Aah fa come vuoi! Le chiavi sono nella mia borsa! - Disse prima di tornarsene in cucina.
Osservai mio padre in silenzio, mentre prendeva le chiavi e tornava di fronte a me. Mi guardò, io lo guardai e lui mi porse le chiavi, ma un attimo prima di afferrarle lui le tirò via.
Sbuffai, guardandolo con un'espressione che diceva "non ho tutto il giorno".
- Io ti do le chiavi.... - Disse ad un certo punto - Ma tu devi fare una cosa per me. -
Mi sorrise, ma io di certo non ricambiai. Sapevo che c'era la fregatura...
- Di che si tratta? - Chiesi con sufficienza e allora lo vidi tirar fuori qualcosa dalla tasca.
Cinquanta dollari!? Ma stava scherzando???
- Devi portare l'auto dal meccanico. - Rispose, sventolandomi chiavi e banconota davanti al viso.
Non ci pensai due volte.
- Ok, d'accordo! - Esclamai, afferrando entrambe e voltandomi per uscire di casa.
- Per le 19.00 voglio l'auto nel vialetto. Io e Michael dobbiamo andare a vedere una partita. - Aggiunse poco prima che uscissi.
Mi fermai per un istante a quelle parole, come se sentissi qualcosa, qualcosa che non andava. E con quella stessa sensazione mi voltai di nuovo verso mio padre.
Lo guardai per un istante e poi sollevai lo sguardo verso le scale, dove Michael era seduto e mi osservava. Un bambino di nove anni: occhi azzurri, capelli chiari e lisci, sorridente e fin troppo buono... L'esatto opposto di me.
Appena lo vidi salutarmi con un lieve cenno della mano mi voltai e scossi appena la testa, uscendo di casa.
Ancor prima di entrar in auto tirai fuori il cellulare e composi un numero. Squillava.
- Ehi ho la macchina e non ci crederai mai... Cinquanta cazzo di dollari! - Esclamai, ascoltando il tizio dall'altra parte - Ma che ne so, me li ha dati mio padre... Vuole che vada dal meccanico. - Scoppiai a ridere e con me anche il ragazzo dall'altra parte del telefono - Si... Si... Dammi qualche minuto e arrivo. -
Chiusi la chiamata e salii in macchina, uscendo dal vialetto come un matto e dirigendomi verso il parco.

 
Spalancai gli occhi e sobbalzai, svegliandomi di colpo.
Mi guardai intorno come spaesato e mi servirono alcuni istanti per capire dove fossi: la luce del debole sole mattutino veniva filtrata dalle tende chiare della camera; percepivo un piacevole tepore, che insieme ad un profumo fin troppo buono e familiare mi impediva in ogni modo possibile di alzarmi da quel letto.
Sollevai appena la testa, riconoscendo subito quella testolina azzurra che riposava sul mio stesso cuscino. Teneva le mani al petto, mi dava le spalle e io la tenevo stretta a me, con una mano poggiata sulle sue.
Le accarezzai appena il dorso di una mano e la osservai per alcuni istanti, forse per esser sicuro che fosse davvero lei, che fosse vera. E quando me ne convinsi, presi un gran respiro e poggiai di nuovo la testa sul cuscino.
Cercai di calmarmi, di non pensare più a quel sogno ma, come se lei percepisse la mia agitazione... Si svegliò.
La sentii muoversi accanto a me e contro di me. Mi strinse la mano che tenevo sulle sue e lentamente si girò.
Mi guardò per un tempo infinito con quei suoi occhi che ti trafiggevano il cuore, e alla fine distese il viso in un piccolo sorriso, pronunciando un "Ciao".
- Ciao. - Mormorai, ma i ricordi e i pensieri mi costrinsero ad abbassare lo sguardo.
Sentii una delle sue manine accarezzarmi il viso - Sembri spaventato. - Sussurrò con una dolcezza disarmante ed io scossi appena la testa - Cosa c'è? - Chiese stringendomi appena il viso.
Deglutii - Solo... Un brutto sogno. -
Ci guardammo, forse aveva capito, e senza chiedermi altro mi baciò.
Oh, quello era un buon modo per smettere di pensare, era un buon modo per dimenticare tutto e tutti, era un buon modo per smetterla di scappare.
Socchiusi gli occhi appena le sue labbra lasciarono le mie, e la vidi sorridere; era uno di quei suoi sorrisi felici e sinceri che a pochi dedicava.
Poggiai delicatamente una mano sul suo viso, accarezzandole una guancia e sfiorando quelle adorabili fossette che si formavano ogni volta che sorrideva.
Stavolta fui io a baciarla, e avrei potuto continuare a farlo per tutta la mattina se qualcuno non avesse bussato alla porta della camera.
- Hayley... Sei pronta? - Chiese una voce piuttosto familiare al di là della porta.
- Oh cazzo! Taylor! - Sussurrò la cantante, staccandosi dalle mie labbra e saltando in piedi in un lampo.
- Si! Si, ho quasi fatto! - Esclamò con un tono decisamente più alto e agitato del solito.
- Hai quasi fatto o ti sei appena alzata? - Chiese ancora il chitarrista, mentre Hayley correva da una parte all'altra della camera in cerca di chissà cosa.
- Te l'ho detto, ho quasi fa--- AHI!! - Esclamò la nanetta quando sbatté il mignolo del piede ad una gamba del letto.
- Hayley! È tutto ok? - Si allarmò Taylor, mentre io cercavo di trattenere le risate.
- Si! Tutto ok... - Rispose lei, afferrandosi il piede e mordendosi le labbra per il dolore - Ho solo sbattuto un piede... - Aggiunse mentre si sedeva sul letto, accanto a me, che mi coprivo la bocca con una mano per cercare di non farmi sentire.
Mi lanciò un'occhiata, più divertita che minacciosa, e con la mano libera mi diede un colpo sul petto come per dirmi di smetterla.
- Hayley tra mezz'ora dobbiamo partire per Leeds. - Disse Taylor, riportandoci alla realtà.
- Lo so! Tra mezz'ora sarò nella hall, voi aspettatemi lì. - Rispose la nanetta, tenendo lo sguardo sulla porta.
- Cerca di non fare tardi. - Concluse il chitarrista e pensavamo che se ne fosse andato, invece... - Ah, prima di scendere prova a chiamare Kurt, ho bussato alla sua camera ma non risponde nessuno. -
A quella frase ci guardammo, ed entrambe rischiammo di scoppiare a ridere.
- Tranquillo! Ci penso io! - Esclamò Hayley, un attimo prima di coprirsi la bocca con una mano e affondare la testa nel cuscino, per soffocare le risate. E lo stesso feci io, ma ben presto ci ritrovammo entrambi girati a pancia in su a ridere come due bambini.
- Chissà dove si sarà cacciato Kurt! - Esclamò Hayley ad un certo punto.
- Magari sta ancora dormendo, sai ha il sonno pesante. - Aggiunsi io tra una risata e l'altra.
- Già, stanotte credo di avergli tirato un paio di calci, ma lui... Niente. -
A quelle parole mi voltai verso di lei e la scoprii a guardarmi con quella sua espressione da ragazzina in vena di scherzi.
- Ah si, eh? - Dissi sorridendo e afferrandole i fianchi, portandomi sopra di lei.
Cominciai a farle il solletico e lei iniziò ad implorarmi di smetterla.
- Ti prego Kurt! - Esclamò, ridendo e cercando di bloccarmi le mani - Siamo in ritardo! - Aggiunse, ormai con le lacrime agli occhi.
- È la giusta punizione per avermi preso a calci! - Ribattei io, non potendo evitare di ridere di fronte a quella ragazzina piacevolmente in difficoltà.
- Nooo! Ti pregooo! - Continuò, afferrando e bloccandomi una mano - Kurt! - Esclamò e non so come ma riuscì a capovolgere la situazione, mettendosi a cavalcioni sopra di me... Ok, lo ammetto, forse glielo avevo lasciato fare.
- D'accordo mi arrendo... Hai vinto tu. - Sorrisi, guardandola e socchiudendo appena gli occhi.
Sarei rimasto volentieri lì per l'intera giornata.
Si abbassò su di me e poi mi baciò. Piano, delicatamente, come se davvero avessimo tutto il giorno per noi.
Mi tirai su a sedere, portando entrambe le mani sui suoi fianchi e intensificando quel bacio.
- Kurt... - Ansimò sulle mie labbra, rimpiazzando poi le sue con una di quelle manine sempre congelate - Siamo in ritardo... E ho bisogno di una doccia. -
Lentamente aprii gli occhi e così anche lei, facendo scivolare la mano sul mio petto.
La lasciai andare, lei prese alcuni indumenti e l'occorrente per la doccia e si lanciò nel bagno. Nel frattempo io recuperai i vestiti e mi recai nella mia camera, prendendo la valigia e tutto quello che avevo seminato in quella stanza, dato che una volta arrivati a Leeds non saremmo più tornati lì.
Quando ritornai da Hayley la trovai incredibilmente pronta e alle prese con la chiusura della valigia.
- Ma... Sicura di averla fatta la doccia? - Chiesi ironico, conoscendo le sue tempistiche.
- Se vuoi puoi annusarmi. - Rispose lei, sarcastica e non potei fare altro che scoppiare a ridere.
- Aspetta, ti do una mano. - Dissi, avvicinandomi per aiutarla con la valigia, che riuscimmo a chiudere solo quando lei si sedette su di essa.
Uscimmo insieme dalla sua camera, ma non prima di esserci assicurati che il corridoio fosse vuoto e che nessuno potesse vederci.
Non appena entrammo nell'ascensore e le porte si chiusero lei mi prese per mano. Mi stupii di quel gesto, così mi voltai verso di lei.
- Cosa c'è? -
Indugiò un po' prima di parlare - Non devi dire a nessuno di... Di noi due. - Mormorò a testa bassa.
Corrugai appena la fronte, e non sentendomi rispondere sollevò la testa verso di me - Kurt... -
- Si. Hayley lo so... Ho capito. - Mormorai, incrociando il suo guardo. La capivo e, malgrado cercassi di non pensarci, conoscevo i rischi della faccenda in cui ci eravamo cacciati.
- Soprattutto a Taylor e a Jeremy. - Aggiunse lasciandomi la mano, un attimo prima che le porte dell'ascensore si riaprissero.
La guardai per un istante e poi la seguii nella hall dell'albergo, dove ci aspettavano tutti gli altri.
- Incredibile Hayley, sei in orario! - Esclamò Jeremy, ridacchiando e guadagnandosi una boccaccia da parte della cantante.
- Ehi Kurt! Che fine avevi fatto? Sono stato ore a bussare alla tua porta! - Disse Taylor, dandomi una pacca sulla spalla appena lo raggiunsi.
- Davvero? - Chiesi, fingendomi sorpreso - Scusa, è che ho il sonno pesante... -
- Oh, tranquillo, l'importante è che tu sia qui. - Ridacchiò il chitarrista, segno che se l'era bevuta.
Consegnammo le chiavi delle nostre camere alla reception e poi ci avviammo verso il parcheggio dell'albergo.
 
Il viaggio verso Leeds fu il più lungo e frustrante di sempre.
Quasi quattro ore rinchiusi in un furgone ad ascoltare musica e a giocare a carte, senza mai fare una sosta perché "dovevamo rispettare la tabella di marcia". E il fatto che anche solo guardando Hayley avevo il terrore che qualcuno potesse sospettare qualcosa non migliorava di certo la situazione.
Quando arrivammo il festival era già cominciato da un pezzo e il palco era occupato dai Jimmy Eat World. Così approfittai del breve linecheck dei Paramore per godermi qualche pezzo del gruppo originario dell'Arizona.
Appena assegnarono un camerino alla band, ci buttammo tutti là dentro in attesa dell'esibizione che non tardò ad arrivare.
Era da un pezzo che non vedevo degli skinny jeans neri addosso ad Hayley... Mi chiedevo come mai dato che le stavano stramaledettamente bene. Ma malgrado la mia difficoltà nello staccarle gli occhi di dosso, potei dire che l'esibizione fu a dir poco perfetta.
Quella sera eravamo tutti molto stanchi, anche io che in fondo non avevo fatto un accidente, e dopo lo show ci recammo subito all'albergo prenotato lì a Leeds.
Quando fui abbastanza sicuro che tutti dormissero e che non ci fosse più nessuno in giro, uscii dalla mia camera e sgattaiolai in quella di Hayley.
- Stasera sembravi più calma. - Mormorai stringendola a me, quando finalmente potemmo distenderci nel letto.
- Lo ero... - Rispose e sollevò la testa verso di me - Sapevo che la mia pillolina riccioluta mi guardava dal backstage. - Ridacchiò, accarezzandomi una guancia.
Sorrisi appena. Se ci scherzava su era un segno buono, no? E se al posto dello Xanax le bastava la mia presenza, avrei fatto i salti mortali pur di essere presente ad ogni show.
- È stata dura per questa pillolina starti lontano tutto il giorno. - Ammisi, guardandola e dopo avermi sorriso si sporse verso di me e mi baciò.
Non potevo sperare in un "buonanotte" migliore, che incredibilmente mi conciliò il sonno... Anche se ero più che consapevole delle dieci ore di aereo che ci aspettavano l'indomani mattina.
 
- Possibile che ancora non abbiano inventato un mezzo di trasporto alternativo? - Chiesi ad occhi chiusi e con un tono decisamente sofferente, mentre stringevo i braccioli del seggiolino ed incollavo la schiena ad esso.
Hayley rise - Hai qualche proposta? -
Aprii un occhio e la guardai - Non so, qualcosa come il teletrasporto per esempio! -
Lei rise ancora, divertita dalla mia paura dell'aereo che ad ogni vuoto d'aria aumentava sempre di più.
- Ehi... - Mormorò ad un certo punto - Calmati, non ci pensare. -
- Come faccio a non pensarci? È come stare sulle montagne russe! - Esclamai e la sentii poggiare una delle sue manine sulla mia stretta al bracciolo. Quasi mi stupii di quel gesto.
- Pensa che tra poco saremo di nuovo in America... Niente più accenti strani, niente più tè a tutte le ore... -
- Niente più indie rock! - La interruppi, ridacchiando, ma lei mi guardò quasi stranita.
- Quello ce l'abbiamo anche in America... -
- Intendevo l'indie rock buono. - Puntualizzai, guardandola.
- Secondo te non abbiamo del buon indie rock in America? - Chiese lei, con un'espressione che diceva "ma sei serio?"
- Secondo me l'indie rock dovremmo lasciarlo agli inglesi. - Ribattei con un sorrisino divertito stampato sul volto.
- Oh andiamo Kurt! - Esclamò lei - I Black Keys, gli Strokes... I Vampire Weekend! -
- No! Tutto ma i Vampire Weekend no! - Esclamai, guardandola come si guarda un pazzo, e incredibilmente mi ero dimenticato di trovarmi su un pericoloso apparecchio volante.
Adoravo quando si arrabbiava perché la contraddicevo su qualcosa. Cominciava ad elencare tutti i motivi per i quali lei aveva ragione ed io torto, ed era incredibile come avesse sempre e costantemente qualcosa da ridire.
Quello di stuzzicarci a vicenda era un gioco fin troppo divertente da chiudere solo per mancanza di argomenti, così discutemmo di musica praticamente per tutto il resto del volo, e malgrado non potessi neanche avvicinarmi a lei senza destare qualche sospetto... Probabilmente fu il viaggio più bello della mia vita.




 
ANGOLO DELL’AUTORE

Hi guys, eccoci qua con il nuovo capitolo… Che ho praticamente e interamente dedicato al Kurtley :’)
Non ho molto da dire, se non che ho appena finito di scriverlo, quindi in questo momento ho un po’ il cervello tra le chiappe, giusto per essere fini...
Nel capitolo non ho parlato di chitarre o altri argomenti non noti a tutti, quindi non credo di avere altro da aggiungere… Ah, forse in pochi conoscono la differenza tra soundcheck e linecheck: il primo è il classico “controllo del suono” sparato a tutto volume senza preoccuparsi delle povere anime che si ritroveranno i timpani sfondati, e che di solito si fa diverse ore prima dall’esibizione; mentre il linecheck è il piano B che si attua quando non si ha la possibilità di fare un soundcheck: in caso di un festival già iniziato e quindi di un’esibizione in corso, ci si attacca ai mixer e si regolano velocemente i suoni nel backstage, senza collegarsi direttamente all’impianto audio.

E adesso i ringraziamenti: ringrazio Lonni, francyfrapotter25, mizu_chan_foREVer e Rhoda per le recensioni.
Spero che il capitolo sia piaciuto, vi auguro una buona domenica eeee al prossimo capitolo! :D

Peace.

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** MESSAGGIO PER I LETTORI ***


Come sicuramente avrete già capito oggi qui non troverete il nuovo capitolo, ma solo un paio di righe per spiegarvi la situazione... La mia, soprattutto.
Tranquilli, non la smetterò di ammorbarvi con questa fanfiction, ma per forza di cose ho deciso che pubblicherò ogni due settimane circa.
Tralasciando il fatto che io e le scadenze da rispettare non siamo proprio compatibili, purtroppo l'università mi sta portando via molto tempo. Aggiungendoci anche questo periodo di esami e avendo cominciato da poco a lavorare, mi ritrovo a suonare con le cuffie a notte fonda e a ridurre la mia vita sociale al weekend; quindi potete ben capire dove se ne vada tutta la mia fantasia... AFFFANCU-- Ehm ehm, dicevo... Avrei potuto continuare ad annaspare con il solito appuntamento una volta a settimana, ma dopo l'ultimo capitolo (che, per la cronaca, non ha soddisfatto neanche me) ho capito di aver bisogno di un po' più di tempo per scrivere, e soprattutto darvi da leggere, qualcosa di più interessante e che piaccia anche a me.
Perciò ecco quanto: spero che continuerete comunque a leggere, recensire e apprezzare la storia malgrado l'attesa sarà più lunga.
Grazie per la comprensione e, a questo punto, si spera al prossimo weekend! :D
 
Peace.
 
P.s. Nel momento in cui posterò il nuovo capitolo eliminerò questo messaggio. Ma in caso qualcuno se lo fosse perso, nell'angolo dell'autore farò comunque presente del nuovo intervallo di pubblicazione.

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Capitolo 19 ***


- Kurt... Kurt svegliati. - Mormorava una dolce voce al mio orecchio, mentre una manina mi scuoteva un braccio.
Socchiusi gli occhi e la prima cosa che vidi furono un paio di occhioni verdi e delle labbra rosse che mi sorridevano. Quanto avrei voluto baciarla.
- Stiamo atterrando, siamo quasi arrivati. - Mi disse, un attimo prima che le ruote dell'aereo toccassero il suolo con un tonfo tutt'altro che rassicurante, procurandomi l'ennesimo micro infarto.
C'era da chiedersi come diavolo avessi fatto ad addormentarmi su quella macchina volante della morte.

Mi resi conto di essere tornato davvero negli USA quando, una volta nell'aeroporto, una palla di pelo color caramello corse abbaiando e scodinzolando verso Hayley, buttandola letteralmente a terra quando la raggiunse.
- Piano Alf! - Esclamò la cantante ridendo e stringendo a se il cagnolone, che non perse tempo a lavarle la faccia.
Vedemmo l'amica di Hayley che le aveva tenuto il cucciolo annaspare verso di noi.
- Scusa Hayley! - Disse con il fiatone - Appena ti ha vista non sono riuscita a tenerlo. - Aggiunse mentre il cane si era avvicinato a me, poggiando le due zampe anteriori sulle mie gambe in cerca di coccole, che ovviamente non avevo perso tempo a fargli.
Hayley si rialzò sorridendo - Tranquilla, mi ha fatto piacere essere assalita da questa palla. - Disse, per poi abbracciare l'amica.
Ci avviammo verso l'uscita dell'aeroporto e mi avvicinai a Taylor e Jeremy, lasciando Alf e la cantante a parlare di cose da ragazze con l’amica.
- Sembra che abbiate fatto pace. - Esordì il chitarrista, dandomi una leggera gomitata e facendomi sussultare.
Lo guardai giusto per un istante - Beh, si.. Cioè... Più o meno. - Restai sul vago ma non riuscii a trattenere un certo sorrisino.
- Ooh andiamo, vi abbiamo visti sull'aereo! - Esclamò Jeremy - Avete sparato cazzate sull'indie rock per tutto il tempo! - Aggiunse ridendo e Taylor prese parola.
- Puoi dirlo che siete di nuovo amici, cosa c'é di male? - Mi sorrise ed io cercai di ricambiare.
Cosa c'é di male mi chiedeva: forse il fatto che non eravamo soltanto amici e che lei mi aveva esplicitamente detto di non rivelarlo a nessuno, specialmente a loro due.
E mi andava bene, davvero, ne capivo il motivo e mi bastava stare con lei almeno per ora. Credevo in quello strano rapporto che avevamo, non solo a ciò che era successo in Inghilterra ma a quello che ci eravamo costruiti prima: lei mi raccontava di se, conoscevo aspetti di lei e della sua vita dei quali pochi erano al corrente, lei di me si fidava e sembrava stare meglio quando eravamo insieme; io stavo meglio, e piano piano sarei riuscito ad aprirmi anche io.
Poteva funzionare ne ero convinto, sicuro che un giorno sarebbe venuta da me e mi avrebbe detto "ok, ufficializziamo la cosa". Neanche pensavo a quel piccolo-grosso problema che era Chad Gilbert.
Non dissi altro ai due ragazzi e caricammo le nostre cose su un furgone nero appena fuori dall'aeroporto; ovviamente non mancarono le frecciatine ad Hayley per il fatto che, come al solito, sembrava aver svaligiato un centro commerciale da quante borse, borsette e borsettine aveva con se. Frecciatine alle quali rispondeva con quelle sue adorabili espressioni da bambina stizzita.

Passarono i giorni in un'atmosfera stranamente serena: i concerti andavano alla grande, eravamo tutti molto uniti e non era un problema per me ed Hayley inventare qualche scusa per appartarci da qualche parte.
E in un batter d'occhio ci ritrovammo all'ultima tappa del Monumentour, eravamo a Scranton in Pennsylvania ed io non riuscivo a credere che i miei due mesi e mezzo di follia stavano per concludersi.
Seguivo l'ultima esibizione dei Paramore dal mio solito angolino del backstage, la band era più carica che mai, Hayley si scatenava come suo solito ed io la guardavo con occhi diversi.
Al termine dell'esibizione passai gli ultimi asciugamani e bottigliette d'acqua ai ragazzi, che mi trascinarono in un gioioso abbraccio collettivo e sudaticcio. Abbraccio che ben presto sfociò in una battaglia a colpi di asciugamani sulle chiappe e a gavettoni con l'acqua avanzata nelle bottiglie.
Io restai un po' in disparte, ridacchiando difronte a quella scena, quando mi sentii afferrare una mano e sussurrare un "vieni con me". Mi voltai e vidi Hayley che sorrideva e silenziosamente mi trascinava via da occhi indiscreti.
Mi portò nel suo camerino dove mi baciò, mettendosi in punta di piedi. Quanto mi piaceva questa cosa.
Sorrisi sulle sue labbra.
- Cosa c'é? - Chiese lei scostandosi per guardarmi e ricambiando il sorriso.
- Niente. - Le risposi, stampandole un bacio su una guancia - Sei nana. - Aggiunsi ridacchiando e lasciandola, avvicinandomi al bancone dove teneva i suoi trucchi. La osservai attraverso lo specchio, mentre mi sedevo sulla sua sedia, godendomi quell'espressione da bambina di venticinque anni che era appena stata messa in imbarazzo.
- E se invece fossi tu ad essere troppo alto? - Ribatté lei, incrociando le braccia al petto e avvicinandosi.
- Altezza mezza bellezza! - Esclamai ridendo, mentre mi rigiravo tra le mani uno dei cosmetici di Hayley, cercando di capire cosa fosse.
Lei me lo sfilò dalle dita mettendosi di fronte a me, poggiandosi contro il bancone.
La guardai con un'espressione che diceva come hai osato strapparmi il mio tesssoro, ma lei continuava ad osservarmi ed era anche piuttosto seria, sembrava preoccupata per qualcosa.
Allungò una mano verso di me, sospirando e accarezzandomi una guancia. Io allora avvicinai il viso a lei, dandole un lieve bacio sull'addome e poggiando poi la testa sul suo petto. Mi strinse a se ed io ricambiai.
- Credi che riusciremo a vederci una volta tornati ad LA? - Chiese in un sussurro.
Io allora mi scostai appena da lei, quanto bastava per guardarla.
- Intendo... Come due persone normali. - Aggiunse.
Mi fece sorridere, non pensavo avesse paura di questo - Non siamo proprio persone normali, Hayls. -
Lei corrugò appena la fronte - Kurt... -
La interruppi - Certo che si Hayley. - Mi alzai, senza staccare gli occhi da lei e continuando ad abbracciarla - So cosa stai pensando, ok? -
- Cosa sto pensando? - Ribatté.
Io sbuffai - Che se questa cosa ha funzionato durante il tour non vuol dire che funzionerà anche a Los Angeles, che una volta che torneremo alle nostre vite ci dimenticheremo l'uno dell'altra. -
Lei mi osservava in silenzio ed io le accarezzai una guancia.
- Lo sai che non potrei mai dimenticarmi di te, farò i salti mortali per vederti, non mi interessa se hai un concerto in Guatemala o in Uzbekistan! - Le dissi sorridendo, e per fortuna lei ricambiò - Io sarò lì per te... -
Non mi rispose, a malapena mi guardò, ma mi strinse a se nascondendo il viso sul mio petto.
Allentò l'abbraccio per potermi baciare ed io di tutta risposta le cinsi i fianchi e la sollevai appena, facendola sedere sul bancone.
Col senno di poi, sarei scappato il più lontano possibile se avessi saputo quello che sarebbe successo di lì a poco.

Ci stavamo baciando, io la stringevo a me e lei stava passando le mani sotto la mia maglietta quando la porta alle nostre spalle si spalancò.
Ebbi un micro infarto immaginando la faccia sconvolta di Taylor, Jeremy o chiunque fosse entrato, pensando a come avremmo potuto spiegare quella situazione senza troppi giri di parole.
Ma quando mi voltai mi si gelò il sangue: Chad Gilbert.
Successe tutto in una frazione di secondo, ma in quell'istante fu come se il tempo scorresse più lentamente.
Lasciai Hayley e il mio primo istinto fu quello di cercare il suo sguardo. Ma lei non mi guardava, il suo volto era mesto, buio, Dio solo sa cosa le passava per la testa in quel momento.
Mi spinse via.
Mi spinse via urlando "lasciami subito!"
Non vidi neanche arrivare il pugno di Chad dritto sul mio naso, tanto ero scosso da ciò che era appena accaduto. Da ciò che Hayley aveva fatto.
Barcollai all'indietro, portandomi una mano sul volto per il dolore, ma non ebbi il tempo di ricompormi che un secondo pugno mi colpì l'occhio destro ed un altro di nuovo il naso, costringendomi a terra sulle mie ginocchia.
Era tutto ovattato: i suoni, le luci, i colori; forse era per i pugni che avevo appena preso, o forse per quella pugnalata al cuore che avevo ricevuto.
Sollevai lo sguardo dagli schizzi del mio sangue sul pavimento, focalizzandomi sulle persone intorno a me. Solo allora mi accorsi di Taylor e Jeremy che tenevano un Chad furioso per le spalle, cercando di fermarlo dallo staccarmi la testa. Vicino al bancone, esattamente dove l'avevo lasciata c'era una Hayley in lacrime, terrorizzata. Ma non mi guardava, non aveva rivolto il suo sguardo verso di me nemmeno una volta.
Tutto ad un tratto fu come se il tempo avesse ripreso a scorrere normalmente, Chad mi urlava contro a pochi metri.
- Come hai osato toccarla?? Cosa diavolo le hai fatto?? Io ti ammazzo!! - Aveva gli occhi iniettati di sangue, le vene pulsavano sul suo collo e le nocche di una mano erano ricoperte dal sangue colato dal mio naso.
- Chad calmati! Non fare idiozie! - Continuavano a ripetergli Taylor e Jeremy, sperando di farlo ragionare.
Guardai Hayley ancora una volta. Speravo che dicesse qualcosa, speravo che mi rivolgesse il suo sguardo... Almeno una volta.
Sentii qualcuno toccarmi una spalla, sobbalzai e vidi Justin che cercava di aiutarmi a rialzarmi. Probabilmente il mio volto ricoperto di sangue e la mia espressione sconvolta lo destabilizzarono, perché lo vidi indietreggiare.
Me lo scrollai di dosso, Jeremy e Taylor mi guardarono ma non gli diedi il tempo di dirmi niente che me ne andai, sotto le urla di Chad che mi intimavano di non farmi vedere mai più, o sarebbe finita male.
Barcollai fuori dal backstage fino al mio bus, dove cominciai a recuperare tutte le mie cose. I movimenti erano meccanici, come se sapessi esattamente cosa dovevo fare in quella situazione, perché in testa continuavo ad avere l'immagine di Hayley, la mia Hayls, impassibile, mentre quello che avevo dimenticato essere il suo fidanzato mi riempiva di pugni.
Mi diedi una ripulita, mi cambiai la maglietta ormai sporca del sangue schizzato dal naso e mi sciacquai il viso, pulendo al meglio le ferite.
Non potevo restare lì.
Chiamai un taxi che mi portò all'aeroporto dove, prima di imbarcarmi sul primo volo disponibile per LA, comprai delle aspirine che dovetti prendere per ridurre il dolore. Ero talmente conciato male che la mia fobia dell'aereo non si manifestò neanche. Inutile dire che le hostess continuarono a chiedermi se stessi bene per tutta la durata del volo, viste le mie condizioni, e fu un miracolo che non mi avessero fermato per controlli più approfonditi.
Non riuscivo a togliermi l'espressione di Hayley dalla testa, quello che aveva fatto, che mi aveva fatto.
Mi... aveva respinto?
Ero stato solo un divertente passatempo durante il tour, in assenza di Chad? Tutto quello che mi aveva detto e che ci eravamo detti, ciò che provava e aveva provato per tutto quel tempo. Quei baci.
Era... tutta una menzogna?
Domande, domande e ancora domande. Non volevo crederci, non potevo crederci e non volevo trovare una risposta a quei quesiti, perché le conclusioni che stavo traendo erano fin troppo dolorose e in quel momento stavo soffrendo già abbastanza.
Un taxi mi portò a casa che trovai incredibilmente buia, vuota e silenziosa. Provai a chiamare mia madre ma non ricevetti alcuna risposta.
Solo quando accesi la luce del soggiorno notai un foglietto stropicciato poggiato su un ripiano della cucina:

Io e Bill abbiamo deciso di farci un viaggetto, una sorta di luna di miele.
Tu non c'eri, perciò ne abbiamo approfittato.
Baci, mamma

                                                                                                --->
 
Perfetto, pensai, e non notai la freccetta che indicava di girare il foglio, a malapena lessi ciò che era scritto su quel lato. Non mi interessava di mia madre e del suo fidanzato, anzi forse era meglio che si fossero tolti dai piedi per un po', così appallottolai il foglio e lo gettai in un angolo del soggiorno.
Trascinai me stesso e il mio zaino in camera mia e mi buttai sul letto, esausto, fissando il soffitto con un'espressione indecifrabile sul volto.
Mi sfiorai il naso, sentii sotto le mie dita il sangue ormai secco, poi passai all’occhio che tenevo aperto a malapena. Probabilmente sarei dovuto andare in ospedale, ma non mi interessava.
Avrei preferito che Chad mi ammazzasse.

POV Hayley

Cosa avevo combinato?
Perché?
Perché a Kurt?
Non avevo avuto neanche il coraggio di guardarlo dopo ciò che avevo fatto, dopo averlo respinto: dopo aver finto che mi si fosse buttato addosso, che fosse stato lui a baciarmi, solo per paura che Chad potesse farmi del male.
Ero stata egoista, avevo pensato solo a me stessa e non a Kurt. Dopo quello che mi aveva detto, che lui era lì per me, e sarebbe rimasto per me. Ci avevo creduto e ci credevo, e dopo ciò che era successo in Inghilterra ero sicura che con Kurt potevo andare avanti, affrontare e dimenticare Chad. Ma allora perché continuavo ad essere terrorizzata da lui?
Ed era stato Kurt a subire. Erano sempre quelli a cui tenevo che soffrivano a causa mia. Ed io non riuscivo a fare altro che piangere, come sempre, piangermi addosso per i miei errori.
Ero una persona orribile.
Dopo che lui se ne era andato Chad si era calmato ed era venuto da me. Mi aveva abbracciata, mi aveva consolata e per alcuni istanti non pensai a ciò che era successo, mi sentii al sicuro. Ma non erano i suoi baci che volevo, non era lui che volevo e non ero riuscita a respingerlo come avrei voluto, sempre per le mie stupide paure.
Solo più tardi andai a cercare Kurt.
Girai per tutto il backstage, nel parcheggio e infine arrivai al suo bus. Entrai, ma la sua cuccetta era vuota; su di essa era poggiata solo una maglietta insanguinata. Mi sedetti sul letto, stringendo al petto quel pezzo di stoffa, mentre le lacrime mi rigavano il viso.





ANGOLO DELL'AUTORE

Ok, ammetto che tutto questo è molto imbarazzante considerando che ci ho messo DUE ANNI per pubblicare un nuovo capitolo. Diciamo solo che ho avuto i miei cazzi impegni per cui il mio cervello è crashato definitivamente e, per non ammorbarvi ulteriormente con i fattacci miei, mi limito dirvi che ho dovuto buttare il vecchio e riassemblarne uno nuovo (stavolta però ho preso un processore più veloce :'D).
Premetto subito che non so con che frequenza pubblicherò, poichè al momento per le mani ho solo un paio di capitoli, e nemmeno se e quando porterò a termine questa storia. Di idee ne ho tante e nella mia testa la storia è conclusa già da un pezzo, ma solo nella mia testa. Odio quando qualcosa che mi piace si trasforma in un'imposizione e purtroppo, benchè qua non sono ne a lavoro ne all'università, avere delle scadenze da rispettare, a lungo andare, mi provoca un blocco dello scrittore senza fine e una volta che ho perso il ritmo è difficile recuperarlo.
Detto questo, lascio a voi commentare il capitolo e spero sarete comprensivi con questo povero bischero.

Peace

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Capitolo 20 ***


Passai l’intero giorno successivo a letto, non era un bello spettacolo, ero stanco… Ed era come se il mio cervello si fosse preso una pausa ed era andato in standby per un po’.

Il giorno dopo non so a che ora mi alzai, so solo che mi accorsi di essere sveglio e con gli occhi puntati sul soffitto della mia camera quando il sole era già alto.
Diedi uno sguardo veloce al mio cellulare, che non toccavo da quella sera, ma appena notai gli innumerevoli messaggi e chiamate perse decisi di spegnerlo, senza neanche leggere chi fossero i mittenti... Potevo comunque immaginarlo.
Presi una delle aspirine dalla tasca dei jeans che avevo poggiato in fondo al letto e mi trascinai svogliatamente verso il bagno, soffermandomi per alcuni istanti difronte al mio riflesso nello specchio sopra al lavandino: avevo un taglio sul naso, reso più grande e macabro dal sangue incrostato intorno ad esso, sentivo le narici bloccate dal sangue rappreso e sapevo che avrei dovuto liberarle, prima o dopo che l'aspirina avesse fatto effetto; per fortuna l'occhio destro si era un po' sgonfiato, adesso riuscivo a tenerlo aperto normalmente, ma tutta l'area attorno ad esso era un'irregolare chiazza violacea, ornata da alcune escoriazioni all'altezza dello zigomo.
Tre pugni, cristo santo, e sembrava fossi uscito da Fight Club.
Dopo un po' di esitazione mi soffiai il naso nel lavandino, non riuscendo a trattenere un lamento di dolore. Persi un altro po' di sangue, che sciacquai via.
Quentin Tarantino sarebbe stato fiero delle condizioni del mio lavandino.
Mi feci una doccia, speravo che l'acqua che mi scorreva sulla testa mi avrebbe riattivato il cervello, ma ero come bloccato in uno stato di apatia e sofferenza.
Avevo ancora l'immagine di Hayley davanti agli occhi, era una tortura, non riuscivo a pensare ad altro. A come un attimo prima mi baciava e un attimo dopo mi respingeva, fingendo che fossi stato io a buttarmi su di lei. Fingendo che lei non avesse colpe in quella faccenda.
E la odiavo per questo.
La odiavo e non credevo sarei mai arrivato a pensare una cosa simile di lei.
Lo sapeva, sapeva che avrei fatto qualsiasi cosa per lei, sapeva che avrei affrontato Chad per lei e sapeva che mi sarei fatto gonfiare da lui, se solo questo voleva dire tenerla con me. Ma non se non voleva, non se alla fine dei conti sceglieva lui a me.
Non era giusto.
Ormai avrei dovuto capire che la vita non lo era mai, ma le cose sembravano andare bene per la prima volta dopo tanto tempo. Mi ero fidato di qualcuno, di lei, Hayley, le avevo raccontato cose che non riuscivo a dire neanche a me stesso, mi stavo aprendo e... Speravo contasse, speravo capisse.
Uscii dalla doccia, mi asciugai e mi misi qualcosa addosso per poi recarmi in soggiorno.
La casa era uno schifo, quando ero rientrato non l'avevo notato: c'erano bottiglie di birra e whisky poggiate un po' ovunque, vestiti sporchi sul pavimento e stoviglie nel lavello della cucina da Dio solo sa quando. Sospirai, combattendo contro l'apatia e la voglia di buttarmi sul divano e non fare niente per tutto il giorno, solo piangermi addosso. Ma non potevo vivere in quel degrado, non da sobrio almeno.
Cominciai a rassettare casa al meglio, almeno tenevo la mente occupata o almeno ci speravo, non era difficile perdersi nei propri pensieri mentre si puliva il pavimento.
Stavo recuperando le bottiglie d'alcool quando notai una bustina per terra, nascosta in parte dal divano. La raccolsi, realizzando che al suo interno c'erano quelli che sembravano cristalli di MD.
Non nego che per un attimo pensai sul serio di prenderne un po', così, giusto per tirarmi su, ma fui spaventato dei miei stessi pensieri e mi ricordai di quanto cazzo fossi debole in realtà. Avrei potuto gettare nel cesso anni e anni di astinenza, per cosa? Per chi?
Me la rigirai tra le mani più e più volte, ma poi la buttai nel sacco nero con il resto dell'immondizia.
Dopo aver lavato e sistemato le stoviglie al loro posto e ripulito al meglio la casa, presi i due sacchi che avevo riempito con lo schifo trovato in giro e feci per uscire di casa, per poterli buttare. Con mia grande sorpresa mi accorsi che stava piovendo a dirotto. Fantastico, pensai, considerando che a Los Angeles pioveva tre volte l'anno e, ovviamente, doveva succedere proprio quando dovevo uscire.
Non mi andava di bagnarmi, perciò poggiai i rifiuti accanto alla porta, su quella sorta di vecchia veranda scortecciata che avevamo.

Finii di riordinare che era ora di cena e, malgrado il mio appetito inesistente, decisi comunque di prepararmi qualcosa da mangiare.
Passai la serata a fare zapping alla tv, letteralmente affondato nel divano e sfogando tutte le mie frustrazioni sui tastini del telecomando. Saranno state le undici passate quando sentii bussare alla mia porta.
Pioveva ancora e all'inizio pensai di essermi sbagliato, di aver sentito male e a malapena voltai lo sguardo verso l'ingresso, ma poi bussarono ancora. Sospirai, pensando a chi diavolo potesse essere a quell'ora della notte, mentre mi alzavo dal divano.
Aprii la porta e degli inconfondibili capelli azzurri mi fecero saltare un battito al cuore.
- Hayley? - Mormorai confuso e giuro che per un istante sentii le gambe cedermi. Perché era lì? Come mi aveva trovato? Perché mi stava facendo questo?
- Ciao... - Sussurrò, tenendo lo sguardo basso dal momento in cui le avevo aperto la porta.
Se ne stava lì, davanti a me, completamente fradicia e infreddolita, stretta in una felpa che non l'avrebbe scaldata. Cercai di mascherare al meglio il mio dolore e disagio nel vederla.
- Cosa ci fai qui? - Le chiesi serio, impassibile.
La vidi abbassare ulteriormente la testa e fissarsi le punte dei piedi - Posso entrare? - Chiese in un sussurro appena udibile.
La osservai ancora, in silenzio, mentre un lampo illuminava il cielo. Avrei voluto dirle di no, che non volevo vederla, che la odiavo per quello che aveva fatto. Ma in cuor mio sapevo che non avrei mai potuto lasciarla da sola, sotto l'acqua a Compton.
Sospirai un "vieni" per poi voltarmi e rientrare in casa, seguito da lei. Mi poggiai al bancone della cucina, dandole le spalle e subito calò un silenzio frustrante e doloroso.
Sapevo perché era lì, potevo immaginarlo, ma non avevo alcuna intenzione di ascoltarla. Non volevo le sue scuse.
- Kurt, io... - Disse ad un certo punto, ma non le diedi nemmeno il tempo di parlare.
- Come mi hai trovato? - Domandai, girando appena la testa verso di lei.
Esitò un istante - I-io... Ho cercato il tuo file tra quelli dei dipendenti del tour e... E ho trovato il tuo indirizzo. -
Ancora silenzio. Era venuta fino a lì da sola, fino a Compton, il buco di culo del mondo, dove ogni volta che mettevi la testa fuori di casa rischiavi di prenderti una pallottola in fronte. Ma cosa diavolo aveva in testa?
- Kurt... - Mi chiamò, spezzando quel silenzio e ridestandomi dai miei pensieri - Non rispondevi alle chiamate, m-mi hai fatto preoccupare e… -
La interruppi anche stavolta, non volevo starla a sentire - Fatti una doccia o finirai per ammalarti. - Dissi senza guardarla, avviandomi verso camera mia per prendere degli asciugamani puliti. Sentivo il suo sguardo fisso su di me.
Con mia sorpresa non protestò e prese gli asciugamani, le indicai la porta del bagno e ci entrò limitandosi a sussurrare un "grazie".
Mi portai una mano sul volto appena sentii l'acqua della doccia scorrere, improvvisamente avevo un gran mal di testa. Decisi di prendere un'altra aspirina, sperando che mi aiutasse.

POV Hayley

Mi ritrovai ad osservare il mio riflesso attraverso lo specchio del bagno.
Avevo un nodo alla gola, cosa stavo facendo? Appena avevo letto l'indirizzo di casa sua mi si era gelato il sangue, sapevo bene cosa succedeva lì, i telegiornali parlavano ogni giorno degli omicidi, delle gang di strada e del degrado di quella città. Come poteva uno come lui vivere lì?
Improvvisamente mi resi conto di conoscere ben poco di Kurt.
Oh Dio, se ripensavo al suo volto. Era colpa mia, l'avevo ridotto io così e doveva sapere che mi dispiaceva, che non volevo, che avevo avuto paura. Ma la sua espressione così impassibile, i suoi occhi freddi, la voce ferma, dura... Mi terrorizzava, non l'avevo mai visto così.
Mi feci una doccia veloce, giusto per togliermi il freddo dalle ossa.
Avevo appena finito di asciugarmi la pelle e mi stavo stropicciando i capelli quando sentii bussare alla porta del bagno. Mi legai un asciugamano attorno al corpo e sospirando poggiai la fronte contro la porta, giusto un istante, prima di aprire.

POV Kurt

- Ti ho portato dei vestiti puliti. - Dissi ad una Hayley struccata, con i capelli ancora bagnati e soltanto un asciugamano attorno al corpo, alla quale sarei saltato subito addosso se solo la situazione fosse stata diversa.
- Puoi... Restare qui stanotte. - Aggiunsi un po' titubante.
- Grazie. - Mormorò abbassando lo sguardo, prendendo gli indumenti e richiudendo la porta.
Appoggiai la fronte contro di essa per un istante, chiudendo gli occhi e sospirando.
Tornai in salotto, cercando di metabolizzare il fatto che ormai non l'avrei certo rimandata a casa, e che quindi avrebbe dovuto dormire da me. Presi una coperta e qualche cuscino, cercando di rendere il mio divano un posto decente per passare la notte, la mia notte.
Uscì dal bagno con addosso la maglietta e il paio di pantaloni più piccoli che avevo, ma che comunque a lei stavano enormi. Si avvicinò e si sedette sul divano accanto a me mentre si stropicciava i capelli ancora umidi con un asciugamano.
Non la guardavo, me ne stavo leggermente piegato in avanti e con i gomiti poggiati sulle gambe. Lei si fermò e sentii una delle sue manine sfiorarmi un gomito, poi il braccio. Quel contatto faceva quasi male.
Guardai la sua mano che si avvicinava alla mia ma mi alzai prima che la raggiungesse, temendo di cadere ancora vittima del suo giochino.
- Vai a letto Hayley. - Dissi, facendo due passi e dandole le spalle - Sono stanco. - Aggiunsi sospirando.
La sentii alzarsi - Ti prego Kurt dobbiamo parlare, voglio... -
La interruppi - No, non dobbiamo parlare. - E mi avviai verso la mia camera, seguito da lei.
- Allora parlerò io, ma tu ascoltami! - Esclamò esasperata, percepivo la sofferenza nella sua voce.
Mi voltai verso di lei solo quando arrivammo davanti alla porta di camera mia.
- Non voglio ascoltare. - Aprii la porta - Vai a letto Hayley. -
Lei mi guardò, ormai rassegnata - Almeno lascia dormire me sul divano -
- Vai a letto. - Ripetei per l'ennesima volta, guardandola dritto negli occhi. - Parleremo domani. -
Lei abbassò lo sguardo e senza dire un'altra parola entrò in camera. La seguii con gli occhi, giusto qualche istante, e poi tornai in salotto, sul mio divano.
Mi sdraiai, sospirando. Non avevo davvero intenzione di parlarle, ero stato colpito troppo in profondità e non sapevo come avrei reagito.
Cercai di dormire, ma già sapevo che non ci sarei riuscito.
Ad un'ora indefinita della notte sentii dei passi nel buio della casa. Anche se non ero riuscito a chiudere occhio, finsi di dormire.
Quando mi fu vicina riconobbi il suo profumo, la sentii sedersi e poi stendersi accanto a me, poi si prese il mio braccio e se lo portò al petto.
Socchiusi appena gli occhi e corrugai la fronte quando la sentii singhiozzare. Non riuscii a resistere, il mio corpo si mosse prima del mio cervello: la strinsi a me e lei a sua volta mi strinse il braccio. Non ci dicemmo niente, non c'era niente da dire, so solo che di lì a poco riuscii ad addormentarmi.

Il mattino seguente venni svegliato dall'odore inconfondibile del bacon appena cotto. Per un attimo nella mia testa rividi la mia famiglia, prima dell'incidente, riunita attorno ad un tavolo con mia madre che ci serviva della pancetta per colazione. Non so se fosse effettivamente un ricordo o solo una creazione della mia mente, ma mi parve di sentire la voce di mio fratello che mi chiamava.
- Kurt... Sei sveglio? - Chiese Hayley dalla cucina.
Mi misi a sedere e mi passai una mano sul volto, stando attento al naso che mi sembrava un miracolo fosse ancora attaccato.
La osservai con la coda dell'occhio, ma cosa diavolo si era messa in testa?
Mi alzai e sbadigliai, andando a sedermi al bancone della cucina mentre Hayley mi serviva un piatto di uova e bacon, sorridendomi.
- Cos'é questo? - Chiesi guardandola, serio, ero tutt'altro che in vena di queste stronzate e lei se ne accorse, perché cambiò espressione.
- U-uova e bacon. - Rispose e quasi non la feci finire di parlare.
- Non mi riferivo alla colazione. Cosa stai facendo? - Domandai ancora continuando a guardarla.
Non mi rispose, abbassò la testa e si girò verso i fornelli.
Continuai ad infierire - Stai cercando un modo per sentirti meno in colpa? -
- Sto cercando un modo per poterti parlare! - Esclamò alla fine, voltandosi verso di me e guardandomi con quei suoi occhi verdi e adesso ricolmi di lacrime - Senza che... Che tu mi respinga. -
Abbassai lo sguardo a quelle parole e corrugai la fronte - Sei stata tu la prima a respingermi. - Mormorai e risollevai gli occhi verso di lei.
Ci guardammo per un tempo infinito. Volevo essere duro, arrabbiato, ma la verità era che ero solo ferito e per quanto mi sforzassi di essere forte e impassibile difronte a lei, non riuscivo a trattenere il mio dolore e le mie debolezze.
Lei mi si avvicinò e mi poggiò una mano sulla guancia, poco sotto l'occhio nero.
Io continuavo a guardarla, avevo socchiuso appena gli occhi e quando mi sussurrò un "mi dispiace" stavo quasi per cedere. Mi sfiorò l'occhio tumefatto con le dita e poi passò al taglio sul naso.
- Ho avuto paura. - Mormorò e quelle parole mi fecero tornare in me.
Le afferrai la mano, scostandomela dal viso - Smettila di fare questi giochini con me. - Dissi, lasciandola e alzandomi - Ti chiamo un taxi. -
- No! Kurt ti prego, fammi spiegare... - Tentò ancora una volta, e come sempre la interruppi.
- So già tutto Hayley, era solo questione di tempo... - Iniziai, voltandomi e guardandola - È stato tutto molto divertente finché è durato, magari per un po' ci hai anche creduto davvero. - Ed ecco che se ne usciva il mio lato stronzo - Ma poi hai pensato mmh, certo cosa può darmi questo sfigato del cazzo in più di Chad Gilbert? - Dissi con tono quasi divertito, guardandola, ed ero riuscito a farla piangere.
- N-non... Non posso credere che la pensi d-davvero in questo modo. - Mormorò, asciugandosi una guancia - Dopo tutto quello che é successo, dopo quello che c'é stato. - Singhiozzò lei.
- Non so cosa credere, ma vista da qui sembra proprio sia andata così. - Le risposi e lei mi guardò, senza riuscire a dire niente.
- Due mesi Hayley, per due mesi ho cercato di reprimere ciò che provavo per te, perché tu avevi un ragazzo e in quel momento eri la persona più irraggiungibile della mia vita. - Confessai nel peggior modo possibile, mentre lei mi ascoltava - Ma poi tu sembravi ricambiare i miei sentimenti e non mi importava più di nulla, tutto andava bene. - Abbassai la testa, stringendo i denti - Mi sono fidato. Mi sono fidato, cazzo! -
- Mi sono spaventata Kurt... - Mormorò lei - Ho visto Chad e in quel momento non contava più niente, i miei sentimenti... Era stato tutto rimpiazzato dalla paura. - Continuò a capo basso, con le mani che torturavano un lembo della maglia.
Io la guardavo, tenevo la fronte corrugata - Hai preso la tua decisione, ed io la mia... - La superai e mi avviai verso la mia camera, dove avevo il cellulare spento dal giorno prima - Recupera le tue cose, ti chiamo un taxi. -
Non disse altro, era distrutta e forse si era rassegnata all’idea che non l’avrei ascoltata. Le prenotai un taxi mentre lei si rivestiva nel mio bagno.
Quando il tassista arrivò suonò il clacson un paio di volte ed io la accompagnai fuori, in silenzio.
- Portala a Los Angeles, ti dirà lei l'indirizzo preciso. - Dissi al tassista, mentre gli porgevo un numero di banconote ben superiore a quelle che effettivamente avrebbe richiesto - Nessuna deviazione, dritti a Los Angeles. - Precisai mentre pagavo, volevo che se ne andasse da Compton il più velocemente possibile.
Hayley nel frattempo era salita in auto nel più totale silenzio. Il taxi partì, lei si voltò per un istante, guardandomi, ed io ricambiai mentre si allontanava.
Rientrai in casa. Avevo visto il dolore nei suoi occhi e non avrei voluto davvero trattarla così, tuttavia ero arrabbiato, deluso, distrutto.
Notai il piatto di uova e bacon sul bancone della cucina, lo osservai per alcuni istanti mentre sentivo la rabbia salire. Lo afferrai lo lanciai verso il lavello, frantumandolo in mille pezzi.

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Capitolo 21 ***


Erano passati giorni da quando Hayley era piombata a casa mia. Successivamente aveva provato di nuovo a contattarmi, come Jeremy, Taylor e i miei amici, la mia band, che sicuramente volevano sapere se ero rientrato dal tour. Ricevevo innumerevoli messaggi e telefonate ogni giorno, ma non avevo risposto neanche a una di esse.
Mi ero come volatilizzato, sparito nel nulla. Passavo le mie giornate stravaccato sul divano a pensare a tutto e a niente, mentre ingurgitavo ingenti dosi di caffè e merendine. Non sapevo nemmeno se fossi ancora arrabbiato, ferito o se non me ne importasse più niente.
Poi, una mattina, il cervello mi inviò lo strano impulso di alzare il culo dal divano e di smetterla di piangermi addosso, perciò pensai all'unica cosa che sapevo fare bene: suonare.
Non avevo ancora ripreso in mano la chitarra da quando ero tornato a casa, perciò poggiai la tazza del caffè ormai vuota nel lavandino e mi avviai verso camera mia. Sentivo le dita fremere all'idea di toccare di nuovo la mia Stratocaster, e già percepivo quella strana quanto piacevole sensazione di intorpidimento generale che provavo ogni volta che suonavo.
Entrai in camera e presi la custodia che tenevo dietro la porta; che strano, la ricordavo più pesante pensai mentre la sollevavo per poggiarla sul letto. Feci scattare il meccanismo di chiusura, l'aprii e... Non c'era. La mia chitarra non c'era. COME CAZZO ERA POSSIBILE??
Sentii chiaramente il mio cuore perdere un colpo ed io rimasi completamente immobile per alcuni istanti a fissare il velluto nero all'interno della custodia vuota, come se il mio cervello ai rifiutasse di continuare a funzionare. E un attimo dopo stavo rivoltando camera mia da cima a fondo, nella speranza di essermi sbagliato e che quando ero partito l'avevo riposta da qualche altra parte.
Niente, non c'era. La mia chitarra, quella che mi aveva lasciato mio nonno, che avevo sognato per tutta la mia infanzia era sparita.
Stavo entrando nel panico, sudavo freddo e cominciai a pensare che, dopo che mia madre se n'era andata con il suo uomo, qualcuno fosse entrato e l'avesse presa. Ma non aveva alcun senso, in casa non mancava nient'altro se non quella dannatissima Fender Stratocaster.
Tornai in soggiorno con le mani nei capelli e mentre mi guardavo intorno alla disperata ricerca di qualche indizio, notai un foglietto appallottolato in un angolo della stanza, probabilmente sfuggito alle intense pulizie di qualche giorno prima. Lo osservai per alcuni istanti, lasciando scivolare le mani lungo i fianchi. Era quello del messaggio di mia madre.
Improvvisamente sentii che quel foglio stropicciato avrebbe risposto alle mie domande e ripensai al messaggio scritto su di esso:
 
Io e Bill abbiamo deciso di farci un viaggetto, una sorta di luna di miele.
Tu non c'eri, perciò ne abbiamo approfittato.
Baci, mamma

                                                                                                                 --->             

 
Freccetta. Quella cazzo di freccetta.
Corsi verso quel pezzo di carta e lo afferrai mentre mi sedevo a terra, aprendolo alla velocità della luce, come se qualcuno mi stesse inseguendo.
 
P.S. Abbiamo preso la tua chitarra, ci servono soldi
Te ne abbiamo lasciati un po' sul conto

Lasciai scivolare a terra il foglio mentre sollevavo lo sguardo verso la parete davanti a me. Volevano vendere la mia chitarra, la chitarra del nonno, per il loro stupido viaggio. O peggio ancora, magari l'avevano già venduta.
Per un attimo si accese in me un lume di speranza. Mi alzai di scatto e corsi verso il telefono di casa, intenzionato a chiamare il mio negozio di chitarre di fiducia: mia madre conosceva quel posto, se l'aveva già venduta poteva averlo fatto lì.
Sollevai la cornetta e composi il numero. Niente, non squillava neanche; riprovai due, tre volte, ma il telefono era come morto. Per scrupolo provai a comporre un altro numero ma il risultato fu lo stesso.
Mi chiesi se fosse il mio telefono ad avere problemi, ma le spie funzionavano tutte, era come se non fosse collegato alla linea telefonica. Mi balenò in mente che l'avessero tagliata, perciò corsi fuori alla cassetta delle lettere, alla ricerca di qualche bolletta o avviso di mancato pagamento. Ne trovai più di uno: ci era stata staccata la linea telefonica per non aver pagato per ben due mesi, e rischiavo di restare anche senza luce e gas se non avessi versato denaro per le altre bollette.
Era strano, i soldi li ritiravano dal conto bancario e finché potevano prenderne non avevano alcun diritto di tagliarmi i servizi. Dovevo andare in banca a controllare.
Mi feci una doccia in fretta e furia, mi vestii e corsi fuori di casa con i capelli ancora bagnati, tanto con il caldo che faceva a Los Angeles si sarebbero asciugati nel giro di dieci minuti.
Presi il bus che mi avrebbe portato in circa mezz'ora a Downtown, nel centro di LA, dove ebbi tutto il tempo di immaginarmi a vivere chiedendo l'elemosina per strada.
Appena scesi cercai lo sportello bancario più vicino, ovviamente ci misi mezz'ora prima di accorgermi di essere passato davanti ad uno più e più volte, tanto ero agitato. Inserii la carta di credito, digitai il codice di sicurezza e attesi l'accettazione della carta, con le seguenti informazioni sul conto bancario.
Duecento dollari.
Mi restavano duecento cazzo di dollari sul conto e con molta probabilità venivano dalla vendita della mia chitarra.
Era uno scherzo, vero? C'erano telecamere nascoste in giro, attori che mi seguivano e cose così, no?
Recuperai la carta e mi ritrovai a vagare per il centro della città senza una meta.
Duecento dollari, cristo santo, potevo pagarci giusto le bollette arretrate a patto che avrei dovuto digiunare per settimane. Senza un lavoro sarei finito per strada nel giro di uno o due mesi.
Lavorare. Avevo lavorato per due mesi e mezzo al Monumentour, per i Paramore, ma allora... Dove diavolo era il mio stipendio?
Cominciai a correre verso la casa discografica, dovevo sapere perché non mi erano ancora stati versati i soldi, dovevo avere delle risposte.
Quando arrivai dovetti aspettare che trovassero il mio file nel database dell'impresa, prima di chiedermi perché ero lì dato che il mio contratto era già stato chiuso. Dopo avergli illustrato le mie motivazioni mi indirizzarono verso l'ufficio legale della struttura, il che era strano dato che, per quello che ne sapevo, dovevo solo ritirare lo stipendio.
Mi ritrovai davanti un tizio in giacca in cravatta, dal parrucchino, ehm cioè, dai capelli perfettamente sistemati e che ostentava superiorità da tutti i pori. Volevo già prenderlo a schiaffi.
- Salve, sono... - Cercai di presentarmi ma "Mr. StereotipoDiMaschioBiancoEteroBenestante" mi interruppe.
- Kurt Gallagher, mi hanno avvertito dal piano di sotto. - Anche il tono della sua voce era fastidiosamente altezzoso - Mi hanno inoltre informato che ha riscontrato dei problemi con la retribuzione mensile a seguito di un contratto presso la nostra azienda, è corretto? - Domandò, mentre giocherellava con una penna sulla sua scrivania.
Giuro che avrei voluto rispondergli "parla come mangi", ma la situazione era seria.
- Corretto. - Mi limitai a dire, mentre tenevo le mani strette a pugno poggiate sulle mie gambe.
Il tizio cercò qualcosa sul suo computer, ad un certo punto si lasciò sfuggire un'espressione sorpresa, seguita da un sorrisino divertito, comparire sul suo viso.
- È... Tutto ok? - Chiesi, provando a sporgermi appena verso il pc.
Lui non rispose e si limitò a sospirare, mentre un paio di fogli uscirono dalla stampante alla sua destra. Li prese, sottolineò alcune frasi e poi me li poggiò davanti.
- Potrebbe leggere ciò che le ho sottolineato, per cortesia? - Disse mentre aggiungeva dei fogli alla stampante, senza neanche guardarmi.
Mi avvicinai alla scrivania - ... Di seguito sono indicate le cause per cui il contratto sarà considerato nullo... - Mormorai.
- Mh mh, continui pure. - Gongolò l'uomo.
Saltai diverse righe, fino ad arrivare all'altra porzione di testo sottolineato - L'abbandono anticipato del posto di lavoro, senza valida motivazione o certificazione da parte del proprio supervisore. - Lessi a bassa voce e il mio subconscio aveva già capito dove volesse andare a parare.
- Il signor Roberts, suo supervisore, ci ha segnalato che lei ha lasciato il posto prima della scadenza del contratto. - Disse il tipo ed io sollevai lo sguardo verso di lui. Dovevo aver capito male.
- C-cosa? - Mormorai, probabilmente sbiancando.
Mi porse un altro foglio - Questo è il rapporto che ci ha fornito su di lei. -
Lo lessi velocemente, apprendendo quanto quel maledetto pelato fosse stronzo. Non solo aveva scritto che durante l'ultima tappa del Monumentour ero sparito prima di aver smontato il palco e aver recuperato le attrezzature, ma si era preso la libertà di sparare cazzate sul mio conto per buona parte del rapporto: di quanto fossi inadeguato per quel lavoro, di come non rispettassi le regole, che battevo la fiacca e un'altra marea di idiozie.
Se solo non me ne fossi andato dopo ciò che era successo quella sera con Hayley, se dopo i pugni ricevuti da Chad fossi tornato a lavorare invece di scappare adesso avrei i soldi per pagare le bollette, ma sicuramente non mi avrebbero rinnovato il contratto.
- I-io... - Provai a dire qualcosa, ma le parole mi si annodarono in gola. Sentivo il sangue ribollirmi nelle vene.
- Non c'è altro da aggiungere signor Gallagher, purtroppo non possiamo fare niente. - Cercò di liquidarmi.
Non dissi niente, mi alzai di scatto e lo guardai dritto negli occhi. Avrei voluto cancellargli quell'espressione strafottente dalla faccia a suon di pugni, ma per fortuna avevo ancora un briciolo di buon senso e nel silenzio più totale me ne andai, sbattendo la porta alle mie spalle.
Avevo appena chiamato l'ascensore per tornare al piano terra, quando in un corridoio vidi passare una figura a me fastidiosamente familiare: il signor Roberts, Mr. Frustrazione.
- Ehi!! - Esclamai, con un tono di voce ben più alto e arrabbiato di quello che avrei dovuto utilizzare.
Lo vidi voltarsi e guardarmi, mentre un lieve sorrisino compariva sul suo volto - Oh, Gallagher, che piacere... -
- Piacere un cazzo! - Dissi avvicinandomi e portandomi davanti a lui.
Rise di gusto, non aveva idea di cosa avrei potuto fargli - Suvvia Gallagher, un po' di contegno, siamo persone civili. -
Io non dissi niente, continuai a guardarlo, combattendo contro il desiderio di fargli mangiare quei suoi occhialetti in stile anni settanta.
- Ragazzo, capisco che sei arrabbiato, ma mettiti nei miei panni: ero il tuo supervisore, non potevo lasciar perdere una cosa così grave... - Continuò con tono divertito, facendo spallucce come se fosse una cosa da niente.
Non ci vidi più e il mio cervello smise di funzionare.
Lo presi per il bavero della camicia spingendolo contro la parete dietro di se, sollevandolo da terra - Hai una benché minima idea di cosa cazzo hai fatto?? - Gli urlai in faccia, mentre lui si dimenava nel disperato tentativo di liberarsi.
- Probabilmente no perché tu non ti preoccupi se arriverai o meno a fine mese!! - Continuai e non mi ero accorto che i dipendenti stavano uscendo dagli uffici per vedere cosa stesse succedendo.
- L-lasciam-mi... - Mormorò con notevole difficoltà, ma io lo ignorai del tutto.
- Per oltre due mesi! Per oltre due fottuti mesi ho lavorato come uno schiavo per portare a casa qualcosa e cercare di tenere il posto! - Ero furioso, lo sbattei una seconda volta al muro, tenendolo ancora sollevato - E tu hai dovuto distruggere ogni cosa!! -
Intanto intorno a noi si era creata una certa folla, nella quale c'erano anche tre elementi che conoscevo bene.
- N-non Res-spir-ro... - Provò a dire il pelato, e a quelle parole lo feci tornare con i piedi a terra.
Subito si piegò su se stesso, tossendo - Maledetto… Tossico del cazzo… - Mormorò tra un colpo di tosse e l’altro, ma io lo presi per le spalle e lo sbattei ancora contro la parete.
- Figlio di puttana, avevo bisogno di quei soldi!! - Stavo caricando un pugno dritto sulla sua faccia, quando mi sentii afferrare da dietro e in un attimo fui completamente bloccato, senza neanche pensarci feci per voltarmi e colpire chiunque mi stesse tenendo e come risposta ricevetti un destro tra occhi e naso, che mi fece perdere i sensi per alcuni secondi.
Speravo solo di avere ancora una faccia al mio risveglio...
Due energumeni della sicurezza mi avevano praticamente sollevato da terra e mi stavano trascinando fuori dall'edificio. Mi lasciarono a terra e sentii delle voci che non riconobbi subito.
- Sicuri di voler prendere voi a carico questa situazione? -
- Più che sicuri. -
- Se verrà sporta denuncia dovrà presentarsi in tribunale. -
- Faremo in modo che non accada. -
Mi sollevai appena da terra, portandomi una mano sul volto e lasciando uscire un lamento di dolore.
- Kurt! - Mi chiamò una vocina che conoscevo bene, e non era sola. Adesso avevo capito chi era a parlare poco prima.
- Ehi stai bene? - Mi chiese Taylor, aiutandomi a mettermi seduto.
- Amico... Stai sanguinando. - Aggiunse Jeremy, osservandomi.
Non dissi niente, le loro voci mi rimbombavano nella testa. Scostai la mano dal viso e notai che era sporca di sangue: il taglio sul naso si era riaperto.
- Ho ancora un naso? - Chiesi, in uno strano momento di ironia. Forse la vista di Taylor e Jeremy mi aveva in qualche modo risollevato il morale... O forse era solo perché avevo appena preso un pugno in faccia.
I due mi guardarono e abbozzarono un sorriso, più compassionevole che divertito - È ancora attaccato, tranquillo. - Disse Jeremy.
Solo la voce di Hayley mi riportò alla dura realtà.
- È... È tutto ok? - Mormorò appena, restando un po' più lontana da me, in disparte.
- Sto bene. - Risposi cercando di alzarmi e barcollando come se fossi ubriaco. I due ragazzi mi diedero una mano a stare su.
- Cos'è successo là dentro? - Domandò Taylor, guardandomi da dietro i suoi riccioli.
Scossi appena la testa, non volevo parlargliene.
- Kurt... - Mi chiamò ancora il chitarrista e io chiusi gli occhi, portandomi una mano sul volto più per il dolore che per altro.
- Non sono stato pagato per il Monumentour... Storia lunga. - Tagliai corto e appena il ragazzo allentò la presa per lo stupore ne approfittai per allontanarmi appena da loro.
- Cosa? - Chiese Jeremy, esterrefatto.
Io sospirai appena mentre cercavo di fermare il sangue con un lembo della maglietta - Ragazzi è tutto ok, troverò una soluzione. - Guardai Hayley per un istante, ma lei teneva la testa bassa. Per un attimo desiderai di poterci parlare… Perché in fondo al mio cuore sapevo che, anche dopo tutto quello che era successo, la vista di quelle labbra, quegli occhi e quei capelli azzurri era come una scintilla nell'oscurità più totale.
- Adesso devo andare. - Fu allora che lei sollevò la testa verso di me e i nostri sguardi si incrociarono per un istante.
Mi voltai.
- Kurt... - Sentii Taylor che mi chiamava ma poi si interruppe, probabilmente Jeremy lo aveva fermato.
Stavo allontanando tutti da me, anche coloro che cercavano di aiutarmi, o chi non aveva nessuna colpa. In questo non sarei mai riuscito a cambiare.

POV Hayley

Kurt si allontanò in silenzio, tamponandosi il taglio sul naso con la maglietta nel tentativo di fermare il flusso di sangue.
Fino a quel momento non avevo ancora realizzato come dovesse essere la sua vita, o semplicemente non ci avevo mai riflettuto davvero: il luogo in cui viveva, i lavori che era costretto a fare per sopravvivere, la perdita di suo padre e suo fratello… Faceva tutto parte del fardello che portava con se, che lo rendeva ciò che era, e come un dito che si rigira nella piaga avevo contribuito alla sua sofferenza.
- Devo aiutarlo. - Mormorai, e a quelle parole Taylor e Jeremy si voltarono verso di me - Lo so c-che a questo punto è solo ipocrisia, ma… E’ Kurt… - Aggiunsi guardandoli, nella speranza che non mi abbandonassero in questa situazione. Sapevo cosa pensavano di me dopo ciò che avevo fatto a quel ragazzo, non me lo avevano mai detto apertamente, ma i loro sguardi parlavano chiaro e ogni giorno mi ripetevano che lo avevo illuso, che ero stata una codarda e, cosa ben peggiore, che gli avevo fatto del male.
- Come? - Chiese Jeremy ed io scossi la testa.
- Non lo so. - Sospirai - Ma ha problemi economici, forse dovrei… - Taylor mi interruppe.
- Pensi davvero che siano i soldi ciò di cui ha bisogno? - Mi chiese con tono ironico - Dopo quello che è successo? - Aggiunse, scuotendo appena la testa in segno di dissenso.
Abbassai la mia e rimasi in silenzio per alcuni istanti - Credi… Credi che sia stato facile per me fare ciò che ho fatto? - Domandai a mia volta con tutto il coraggio che avevo in corpo, quasi tremando all’idea di dover parlare proprio di quella sera.
Guardai il mio chitarrista - Conosci Chad, se avesse scoperto che tra me e Kurt c’era qualcosa… Non… - Mi interruppi, il solo pensiero mi faceva venire la pelle d’oca.
- Avresti dovuto dircelo Hayley. - Disse allora Jeremy con tono comprensivo - Lo so che siamo stati lontani per tanto tempo, ma adesso siamo qui, di nuovo insieme. - Il mio bassista mi sorrise - Devi metterti in testa che puoi fidarti di noi, ok? -
Lo abbracciai, quanto mi erano mancati i toni rassicuranti dello zio Jerm. Sentii una mano sulla mia testa, perciò mi voltai e vidi Taylor che si spostava i riccioli dal volto, sorridendomi  e sospirando.
- Andiamo nanetta, proverò a parlarci, tutto si risolverà. - Mi disse ed io ricambiai il sorriso.
Perché la vita non può essere come un livello di Super Mario? Pensai mentre ero nella mia auto, ferma ad un semaforo su Pico Boulevard.
Dopo quella chiacchierata con i miei amici eravamo rientrati nel palazzo della casa discografica, tornando nell’ufficio dove stavamo tenendo una riunione con i nostri produttori. Inutile dire che non ero riuscita a prestare attenzione nemmeno per un istante, poiché troppo presa dai miei pensieri: come potevo riconquistare la fiducia di qualcuno dopo avergli spezzato il cuore?
Ero così presa dalle mie paranoie che neanche mi accorsi di essere arrivata e di aver parcheggiato nel mio vialetto già da diversi minuti.  Mi guardai nello specchietto retrovisore dell’auto per alcuni istanti, arrivando alla conclusione che i miei capelli ormai non più tanto blu avessero bisogno di una nuova tinta.
Entrai in casa, trovando Chad che dormiva sul divano: sembrava così indifeso e per alcuni istanti mi chiesi per cosa stessi lottando, perché stessi così male e cosa cercassi davvero se tutto ciò che desideravo stava beatamente riposando sul mio divano.
Presa da quei pensieri malsani notai lo schermo del suo cellulare illuminarsi. Inevitabilmente mi cadde l’occhio su di esso e non potei non notare un messaggio da una certa Madison: “ci vediamo domani?”
Il mio cuore saltò un battito.
Mi stavo sbagliando, dovevo sbagliarmi, ma afferrai comunque il suo telefono iniziando a scorrere le conversazioni con questa tizia: “Mi manchi” “Quando se ne va lo gnomo da giardino?” “Possiamo vederci?” “Sono con lei ti chiamo dopo”.
Mi accorsi di stare piangendo solo quando alcune lacrime caddero sullo schermo del cellulare. Guardai di nuovo Chad.
- Hayls? - Mormorò ingenuamente, la mia presenza lo aveva svegliato.
- SEI SOLTANTO UN PORCO! - Urlai lanciandogli addosso il telefono, ero furiosa.
Lui corrugò la fronte ancora mezzo addormentato, mentre recuperava il cellulare - Hayley ma di che diavolo stai parlando? -
- Madison ti dice niente?? - Chiesi prendendo le distanze e asciugandomi una guancia con il dorso della mano.
Lui sbiancò, ormai avrei riconosciuto quell’espressione di sorpresa mista a terrore tra mille, nello scorso anno e mezzo era stata perennemente all’ordine del giorno.
- Hayley t-ti stai sbagliando, hai… - Lo interruppi, non aveva mai avuto il coraggio di ammettere le proprie colpe.
- Ne ho le palle piene Chad! - Urlai ancora - E’ da più di un anno che va avanti questa storia! E non cambia mai, tu non cambi mai!! -
Lui si alzò, avvicinandosi a me nel tentativo di calmarmi. Inutile dire che lo spinsi via, o almeno ci provai vista l’enorme differenza di stazza.
- Non provare a toccarmi! Mi fai schifo! - Esclamai, guardandolo dritto negli  occhi.
- Però ti sei lasciata toccare dopo che quel tizio, Kurt, ti si è buttato addosso dopo il concerto, mh? - Disse avvicinandosi ancora e la sua espressione era cambiata, adesso era dura, arrogante - Non hai detto niente quando l’ho gonfiato di botte per te, anzi mi sei stata riconoscente! - Aggiunse ed io mi ritrovai con le spalle al muro.
Per un attimo vidi di nuovo quella scena davanti ai miei occhi. Scossi la testa.
- Cosa dovrebbe significare? Che puoi andartene in giro a scopare con chi ti pare? - Domandai guardandolo, e cercando di essere forte. Mi sentivo così piccola difronte a lui.
- Non mi pare che tu sia una santa… - Ribatté lui ed io assunsi un’aria confusa - E’ da quella notte di tre mesi fa, da dopo il concerto al Dodgers Stadium che ti chiedo dove sei stata, ma tu non mi hai mai risposto. -
Smisi di respirare per alcuni istanti, mentre l’idea che lui in realtà sapesse tutto di me e Kurt mi balenò in testa.
Chiusi gli occhi per alcuni istanti - Vattene da casa mia e non tornare Chad. - Tornai a guardarlo - E non osare neanche paragonarmi a te. -
Lui mi concesse uno dei suoi sorrisini strafottenti poi, nel buio della casa, si spostò verso la porta d’ingresso.
- Solita vecchia storia, Hayley. - Mi disse mentre prendeva la giacca - Non cambia mai e tu non cambierai mai… E sarai tu a tornare da me. -
Il mio cuore perse un battito. Mi voltai verso l’ingresso e stavo per urlargli qualcosa, ma lui si era già chiuso la porta alle spalle e se n’era andato. Scivolai a terra, tenendomi un braccio stretto all’altezza dello stomaco, non riuscivo neanche a piangere e ciò che aveva detto mi terrorizzava.
Avrei portato l’ombra di Chad Gilbert con me, per sempre.

POV Kurt

Dovetti attendere il bus per Compton per diverse ore, probabilmente era incappato in qualche incidente, dopodiché tornai in quella che era ancora la mia casa. Come mi chiusi la porta alle spalle venni assalito da una miriade di pensieri tutt'altro che positivi: la chitarra del nonno era andata, il mio stipendio era andato, era un miracolo che il mio naso fosse ancora intero e avevo bisogno al più presto di un nuovo lavoro, altrimenti sarei finito in mezzo alla strada e... Ciò che c'era stato tra me ed Hayley, anche quello se n'era andato, e adesso stavo perdendo anche Jeremy e Taylor, ed io speravo ancora che tutta quella situazione fosse una candid camera e che di lì a poco sarebbero saltati fuori tutti i partecipanti, ridendo e scherzando e indicandomi le posizioni delle telecamere nascoste.
Non riuscii a controllarmi, tutto quello che avevo accumulato dalla fine del tour ad allora doveva uscire sotto forma di qualcosa, e quel qualcosa fu tutt'altro che pacifico.
Cominciai a spaccare tutto, qualsiasi cosa mi trovassi davanti, ogni oggetto che mi capitasse a tiro, come se ogni singola cosa presente in quella casa dovesse rispecchiare alla perfezione il mio stato d'animo: a pezzi.

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** Capitolo 22 ***


Sentivo uno strano ronzio nelle orecchie, sempre più vicino e man mano che si avvicinava si faceva anche più acuto e fastidioso.
Socchiusi gli occhi, che vennero inondati dai raggi del sole che filtravano nel salotto di casa mia. Ero sul divano e davanti a me vedevo solo un ammasso di pezzi di legno, vetri rotti e altri oggetti buttati qua e là.
Gran bel lavoro Kurt, pensai.
Sospirai, mettendomi seduto ed osservano il fastidioso motivo del mio risveglio che si trovava sul pavimento: il cellulare. Perfino da lì potevo leggere il nome di Taylor York sul display, mentre quell'arnese infernale continuava a squillare incessantemente.
Lo raccolsi e, forse per il sonno o per una strana voglia di socializzare, decisi di rispondere.
- Ehi... - Mormorai mentre mi passavo una mano sul volto, provocandomi una fitta di dolore al naso non pensando al colpo ricevuto il giorno prima.
- Ehi Kurt, sono Taylor. - Disse il riccioluto dall'altra parte, con un po' toppo entusiasmo per chi come me si era appena svegliato dopo una crisi isterica - Ti chiamavo per... Sai... Per sapere come va. - Aggiunse un po' titubante.
Io sospirai e mi alzai - Va come andava ieri. -
- Il naso? L'hai fatto vedere da qualcuno? Se vuoi conosco un... - Lo interruppi.
- No. Taylor non importa, va bene così... Passerà. - E non mi riferivo solo al naso.
Ci furono alcuni istanti di silenzio. Io intanto mi ero spostato in cucina per prepararmi un caffè, cercando di non tagliarmi con i vetri e i cocci per terra.
- E... Quella storia dello stipendio? - Chiese poi.
Scossi appena la testa - Non verrò pagato, non sarei dovuto andarmene prima di completare il mio lavoro. Me ne farò una ragione. - Dissi mentre cercavo un bicchiere o un qualsiasi altro contenitore che non fosse a pezzi sul pavimento.
- È uno schifo. - Mormorò lui.
- Si, lo è. - confermai.
- Senti, lo sai che siamo amici, se vuoi puoi lavorare da noi, ti troviamo qualcosa da fare e sistemiamo questa faccenda. - Mi propose e me lo immaginavo che sorrideva come un bambino dall'altra parte della cornetta.
- Taylor, non mi pare il caso... - Mormorai, poggiando il barattolo del caffè sul bancone della cucina, che il mio subconscio caffeinomane aveva risparmiato dalla furia della sera precedente.
- È per Hayley? - Chiese lui e la tranquillità del tono della sua voce mi spiazzò.
Restai in silenzio per alcuni istanti, con un cucchiaio di caffè fermo a mezz'aria.
- Non voglio parlare di lei. - Risposi poi, riprendendo a mettere il caffè liofilizzato in un bicchiere di plastica con dell'acqua calda, che per ovvie ragioni non si era rotto.
- Dovresti parlare con lei. - Puntualizzò lui.
- Non è così semplice. - Ribattei.
- Lo so, ma dalle una possibilità. Amico ha fatto una cazzata, ma la conosci: é Hayley, non é cattiva. -
Corrugai la fronte e abbassai la testa a quelle parole. Ripensai al suo sorriso e a quelle fossette che le si formavano agli angoli della bocca, ai suoi occhi, alle sue labbra e a quelle sue mani così piccole rispetto alle mie che... Che mi avevano spinto via.
Scossi appena la testa e stavo per rispondere, quando sentii il campanello suonare. Mi voltai verso la porta pensando a chi potesse essere.
- Taylor devo lasciarti. - Mormorai, senza staccare lo sguardo dall'ingresso mentre il chitarrista cercava di dirmi qualcosa, ma riattaccai subito.
Presi il mio caffè e andai ad aprire.
- Ve l'avevo detto che era tornato. -
- Amico che cazzo ti é successo alla faccia? -
- Ma sei entrato in un fight club? -
Alla vista di quei tre idioti mi portai una mano sul volto, massaggiandomi le tempie - Forza, entrate. - Mormorai tornando in casa, seguito da loro.
Robert, John e Jack: cantante, batterista e bassista. I miei amici, la mia band, che ovviamente doveva fare irruzione in casa mia sempre nei momenti peggiori.
- Che diavolo è successo qua dentro? - Chiese Robert scavalcando una sedia spaccata a metà sul pavimento.
- O alla tua faccia... - Aggiunse Jack, mentre mi avvicinavo al bancone della cucina.
John allora ridacchiò - Hai fatto a botte per una donna? -
I tre si sederono sul divano, mentre io preparavo altro caffè. Li guardai solo a quella domanda, giusto per un istante, ma per loro fu abbastanza.
- Oh oh, mi sa che ci hai preso. - Disse allora Robert, seguendomi con lo sguardo mentre portavo le bevande ai miei amici.
- Ragazzi é una lunga storia, non mi va di parlarne. - Mormorai, porgendogli i bicchieri.
- Oh, abbiamo tempo... -
- E potresti sempre provare a riassumere. - Dissero John e Jack, loro avevano questa cosa di finirsi le frasi a vicenda.
Mi sedetti su l'unica sedia ancora intatta, vicino ai miei compagni. Forse fu perché la sera prima mi ero sfogato a sufficienza e adesso ero più o meno rilassato, ma decisi di parlargliene.
- Lei é fidanzata. - Mormorai, fissando il bicchiere di caffè stretto nelle mie mani.
- Lei chi? - Mormorò John, ma Robert gli tirò una pacca dietro la testa, facendogli cenno di stare zitto.
- Sei finito in una tresca? - Chiese allora Jack e sul suo volto c'era un sorrisino divertito, aveva visto fin troppi porno.
- Si, cioè no... Non sono finito in un bel niente, lei... Il suo uomo ci ha visti e... - Mi bloccai, scossi la testa.
- E ti ha preso a pugni. - Concluse Robert.
Io lo guardai e la mia espressione parlò per me.
- E lui com'é ridotto? - Chiese quel coglione di John.
Lo guardai male - Non é ridotto, punto. Non sono riuscito ad alzare un dito, non l'avrei fatto comunque. - Presi un sorso di caffè, abbassando lo sguardo.
- Cioè, fammi capire: il suo ragazzo vi ha trovati insieme, ha cercato di menarti e tu sei stato lì a prenderle? - Jack mi guardò - E lei in tutto questo? Stava facendo un solitario? - Aggiunse, confuso.
Io sospirai - Lei... Mi ha respinto, ha... - Corrugai la fronte - Ha finto che mi fossi buttato su di lei, che fosse solo colpa mia... -
- Wow! - Esclamò John, stupito - Gran bella stronza. -
- No aspetta un secondo. - Robert, il cantante, lo interruppe - Pensaci un attimo: tu che avresti fatto al suo posto? - Chiese a John, guardandolo e lui fece spallucce con un'espressione che diceva ma sei scemo?
- Ehi, voi non dovreste essere miei amici e dare ragione a me? - Chiesi in un breve slancio di ironia.
- Lo sai che adoro fare l'avvocato del diavolo. - Rispose Robert in sua discolpa, sollevando le mani come in segno di resa.
Presi un altro sorso di caffè, le sue parole mi avevano fatto riflettere: cosa avrei fatto io se fossi stato sotto il controllo di Chad Gilbert? Ok, probabilmente ci saremmo picchiati fino a che uno dei due non fosse stramazzato al suolo, ma se fossi stato nei panni di Hayley? Una così piccola e minuta ragazzina in confronto ad uno come Chad. Cosa avrei fatto in quel caso?
La voce di Jack mi riportò alla realtà.
- Piuttosto... Che é successo alla casa? -
Lo guardai - Aah, ecco... Credo… Di dovervi aggiornare su un paio di cose. -
- Del tipo che uno struzzo ubriaco si é messo a correre nel tuo soggiorno, o del tipo la vita fa schifo? - Ironizzò il batterista, John.
- La seconda, direi la seconda. - Mormorai a testa bassa.
I ragazzi restarono in silenzio, nell'attesa che gli raccontassi cos'era successo.
Sospirai - Ho perso il lavoro e... E non verrò pagato per i due mesi e mezzo di tour. - Mi passai una mano dietro la nuca e tornai a guardarli - Mia madre é sparita da qualche parte con Bill e credo abbia venduto la chitarra del nonno, perciò... Suppongo che per un po' non potrò suonare con voi. - Abbozzai un sorriso giusto per sdrammatizzare, o almeno ci provai.
I miei amici si guardarono e per una volta non avevano alcuna idiozia da dire.
- Cavolo Kurt. - Mormorò Robert.
- Perché non ce l'hai detto prima? Abbiamo provato a chiamarti... - Iniziò John.
- Saremmo venuti subito. - Continuò Jack, il mio bassista.
Scossi un po' la testa - Ragazzi lo sapete, ho i miei tempi. -

Parlammo per il resto della mattinata: dissero che mi avrebbero dato una mano a trovare un nuovo lavoro e che avrebbero fatto una colletta per potermi comprare una nuova chitarra perché, a detta di Robert, una band che si rispetti doveva provare almeno tre volte a settimana.
Gli raccontai del tour ma nominai Hayley solo quando si trattava de “la cantante dei Paramore”, non feci mai il suo nome in altre situazioni, ne quello dei Chad o dei ragazzi della band. Ma mi aveva fatto bene rivederli, mi avevano tirato su di morale in un certo senso e forse il mio cervello stava ringranando la marcia giusta.
Quando se ne andarono decisi di farmi una doccia, di medicarmi ancora una volta il naso e poi di ripulire casa dal disastro che avevo combinato.
Avevo raccolto buona parte dei cocci e dei vetri dal pavimento, riponendoli in un sacco nero che stavo portando fuori, per buttarlo, quando un’auto fin troppo lussuosa per quella zona imboccò la via di casa mia. Fissai il mezzo mentre gettavo l’immondizia in un bidone e man mano che si avvicinava cominciai a scorgere una piccola figura dai capelli… Rossi? Beh, avrei comunque riconosciuto quel volto tra mille.
Continuai ad osservarla, confuso e un po’ stupito, fino a quando non parcheggiò l’auto nel mio vialetto.
Mi avvicinai velocemente, fermandola prima che potesse scendere - Che ci fai qui? -
- Fammi scendere Kurt. - Rispose, facendo forza sulla portiera che cercavo di tener chiusa.
Corrugai la fronte scuotendo la testa e osservandola per un istante, poi mi guardai intorno arrivando alla conclusione che non poteva lasciare quella macchina nel vialetto, non se voleva ritrovarla.
Sospirai - Ti apro il garage. -
Lasciai la portiera e lei si ricompose al posto di guida, seguendomi con lo sguardo.
Dopo aver sistemato l’auto la invitai ad entrare in casa nel più totale silenzio. Non volevo che vedesse il disastro che avevo combinato ma non potevamo certo rimanere nel vialetto, non in quel quartiere almeno.
- Che è successo qua dentro? - Chiese appena mise piede nell’ingresso.
Non risposi, la accompagnai in salotto e mentre passavo spostavo alcuni degli oggetti sul pavimento, per fare spazio. Poi mi fermai e mi voltai verso di lei.
- Non puoi venire qui quando ti pare. - Dissi guardandola, ed ero piuttosto agitato, preoccupato all’idea di averla lì davanti.
- Perché? - Chiese lei.
Era davvero così ingenua o semplicemente non seguiva mai il notiziario in tv?
La guardai dritto negli occhi, scuotendo appena la testa - Hai idea di cosa possono farti se vai in giro con un’auto del genere da queste parti? - Domandai nella speranza di farle capire come andavano le cose in quella zona - Ad una donna, poi… - Aggiunsi in un sussurro, a denti stretti.
Abbassò la testa - Io, non… Non mi interessa. Dovevo vederti, parlarti. - Rispose ed io continuai a guardarla.
Perché non poteva semplicemente gettare la spugna come facevano tutti gli altri con me? Ciò che aveva fatto aveva parlato per lei, eppure… Non riuscivo a togliermi la domanda di Robert dalla testa: tu che avresti fatto al suo posto?
Sospirai abbassando la testa per un istante - Ti va un caf… Un tè? - Domandai risollevando lo sguardo verso di lei e ricordandomi che odiava il caffè.
I nostri sguardi si incrociarono, nel suo vidi qualcosa come la speranza e dopo un attimo di esitazione annuì, sorridendo appena.
La feci sedere sul divano ed io mi spostai in cucina dove misi dell’acqua nel bollitore e lavai due dei bicchieri utilizzati in precedenza, reduci dal massacro.
- Hai cambiato colore. - Constatai osservandola con la coda dell’occhio, mentre preparavo due bustine di tè.
La vidi sorridere e passarsi una mano tra i capelli - Si… Mi mancava il mio vecchio rosso. -
Sorrisi appena mentre versavo l’acqua bollente nei bicchieri, aggiunsi dello zucchero e poi tornai da lei. Mi ringraziò quando le porsi il suo e ancora una volta cadde un silenzio imbarazzante.
Me ne stavo poggiato ad una parete con il mio tè, osservandola, stretta nelle spalle mentre soffiava nel bicchiere sperando di freddare la bevanda. Ad un certo punto sollevò lo sguardo verso di me ed io distolsi il mio.
- Potresti sederti? - Mormorò.
- Come? -
- Mi… Mette ansia vederti lì, immobile. - Aggiunse ed era visibilmente a disagio.
La osservai ancora restando poggiato al muro, giusto per un istante e poi mi avvicinai. Vidi la sedia di fianco al divano ma poi decisi di sedermi accanto a lei e forse, ora che in un certo senso ero più calmo, il mio subconscio era pronto per darle una possibilità.

POV Hayley

Lo sentii sospirare - Va meglio? -
Annuii.
- Adesso puoi dirmi cosa ci fai qui? - Chiese ancora.
- N-non è facile… - Sussurrai e presi un sorso di tè, quasi come per prendere tempo.
Silenzio, sentivo il peso del suo sguardo su di me. Da dove potevo iniziare?
- Ieri ho lasciato Chad, io… L’ho mandato via di casa. - Mormorai a testa bassa.
Ancora silenzio.
- L’hai lasciato o l’hai mandato via di casa? - Chiese lui e quella domanda mi fece sussultare. Lasciato, per l’ennesima volta l’avevo lasciato, l’avevo cacciato di casa e stavolta non l’avrei fatto tornare. Almeno ci speravo.
- L’ho lasciato. - Puntualizzai, guardandolo ma un attimo dopo tornai a fissare il bicchiere di tè tra le mie mani - Ho sbagliato Kurt, tu sai che influenza avesse Chad su di me e… - Presi fiato, mi tremava la voce - In quel momento non ho capito che stavo ferendo l’unica persona che mi è stata sempre accanto, malgrado… - Mi bloccai per un istante vedendolo poggiare il suo tè sul tavolino incrinato vicino a noi - Malgrado i miei sbalzi d’umore, i miei problemi… Malgrado tutto. - Solo allora lo guardai - Ma adesso l’ho capito: ho capito che sono stata una stronza, ho capito che non è Chad che voglio e… Capirò se non vorrai avere più niente a che fare con me. -
Riabbassai lo sguardo e presi un altro sorso di te, corrugando appena la fronte. Sentivo una vocina dentro di me che mi sgridava: ti ricordi che non è andata così, vero? Che gli hai detto di andarsene solo perché hai scoperto che aveva un’altra, vero??
Ed io cercavo di giustificarmi ripetendomi che era una bugia innocente, che era grazie a quell’episodio se finalmente avevo capito chi tenesse davvero a me e che dovevo darci un taglio con Chad e tutte le sue cazzate. Ma… Se non fosse mai avvenuto? Se Chad non avesse mai fatto ciò che aveva fatto?
Tornai alla realtà quando Kurt mi tolse il bicchiere dalle mani, poggiandolo sul tavolino. Lo guardai, chiedendomi cosa stesse facendo.
- Hai idea di come mi sia sentito? - Mi chiese senza guardarmi ed osservando invece il fumo emanato dal tè bollente.
Il solo ricordo del suo sguardo quando l'avevo respinto rispondeva perfettamente a quella domanda - Kurt… - Mormorai, ma venni interrotta.
Mi abbracciò. Contro ogni mia aspettativa mi abbracciò e nell’esatto momento in cui ricambiai, le lacrime cominciarono ad uscire copiose dai miei occhi.
- Mi dispiace. - Singhiozzai stringendolo e affondando il viso sulla sua spalla.

POV Kurt

Nel profondo probabilmente ero ancora arrabbiato con lei, ma in quel momento la strinsi a me con tutta la forza che avevo in corpo.
Non so se fosse giusto o sbagliato, se sarebbe andato tutto bene o se avrei finito per soffrirne di nuovo ma lei era lì per me, aveva attraversato Compton per vedermi e solo adesso mi rendevo conto di cosa significasse, solo ascoltandola. Quel calore e il suo buon profumo potevano guarire ogni mia ferita.
E ora quella ragazzina dai capelli colorati piangeva stretta a me, contro la mia spalla, e non avrei mai voluto vederla così.
- Non avrei dovuto trattarti in quel mondo... - Le accarezzai appena la testa. - Avrei dovuto capire. -
- No… - Mormorò lei riprendendo fiato. Si scostò appena da me, quanto bastava per sollevare la testa e guardarmi, prendendomi il viso tra le mani - Come potevi capire? - Corrugò appena la fronte - Tu non hai fatto niente di sbagliato, ok? Ti ho fatto del male, non avrei mai dovuto fingere che… Che tu… -
Aveva abbassato lo sguardo, stava per ricominciare a piangere, sentivo le sue mani che lentamente scivolavano via dal mio viso e decisi che avevo già sopportato abbastanza, che mi ero già controllato a sufficienza: la baciai. Mi sembrava un secolo che non sentivo il dolce sapore delle sue labbra.
Percepii dell’incertezza in lei, così mi scostai per osservarla e la vidi socchiudere gli occhi.
Il suo sguardo passò dai miei occhi alle mie labbra e senza dire una parola mi portò una mano dietro la nuca e mi tirò a se, baciandomi. Gemette appena quando le strinsi una mano dietro la schiena, avvicinandola a me, e in un attimo me la ritrovai addosso con entrambe le mani tra i miei capelli.
Si mise a cavalcioni su di me ed io ne approfittai per sfilarle la maglietta rivelando un reggiseno di pizzo nero che, per quanto le stesse bene, avrei voluto strapparle di dosso seduta stante. Le baciai la pelle all’altezza dello stomaco per poi risalire in mezzo ai seni mentre lei inarcava il collo all’indietro, ansimando, ed esponendolo alla mia bocca.
Strinsi una mano dietro la sua schiena e l’altra sullo schienale del divano, girandomi e facendola sdraiare sotto di me. Lei mi sfilò la t-shirt e strinse le gambe attorno ai miei fianchi ed io ripresi a baciarle il collo, mentre con le mani cercavo i suoi piedi per poterle sfilare quelle All Star sciupacchiate che portava sempre. Sentii le sue manine scendere lungo il mio corpo, sul mio ventre e poi cercare il bottone dei jeans.
- Hai un preservativo? - Mugolò al mio orecchio e per un istante ebbi un flash di una festa a Silver Lake di oltre tre mesi prima.
Mi fermai per un istante e la guardai. Non dissi una parola, semplicemente mi alzai dal divano e la presi in braccio, ricominciando a baciarla ed avviandomi verso camera mia. Non volevo di certo che si tagliasse un piede con uno dei vetri che erano sicuramente rimasti sul pavimento.
La feci sdraiare sul letto mentre io aprii il cassetto del comodino alla disperata ricerca di un condom. Quando lo trovai tornai da lei, su di lei, poggiando la bustina accanto alla sua testa sul materasso.
Mi fermai per un istante a guardarla. Era così dannatamente bella che non mi sembrava reale e non mi sembrava vero che fosse lì, che fosse tornata da me. Le sue forme così perfettamente minute, i suoi occhi così verdi e intensi adesso contornati da del trucco sbavato, a causa delle lacrime, e le sue morbide labbra nelle quale sarei sparito volentieri.
Mi strinse un braccio - Non guardarmi così… - Mormorò e la sua voce era flebile, quelle labbra perfette tremavano. Sentivo la presa stringersi, le unghie conficcarsi nella carne ma leggevo un desiderio diverso nei suoi occhi, un desiderio che faceva bruciare la mia pelle.
La mia testa si svuotò e c’era solo lei, il suo profumo, il suo corpo stretto al mio. L’eccitazione crebbe dentro di me come un assolo di Hendrix, volevo sentire il sapore della sua bocca, la sua pelle sulla mia.
Quello che restava dei nostri vestiti finì per terra, le coperte in fondo al letto. Arsi dallo stesso fuoco, le mie mani indugiavano sui suoi fianchi, la attirai a me e fui sopra di lei, dentro di lei che gemeva di piacere. Tremava mentre le mie labbra le sfioravano il seno e per la prima volta la senti davvero mia, la mia bocca assaporava la sua pelle chiara, le sue gambe si stringevano intorno a me.

Alla fine ci abbandonammo sulle lenzuola, ancora abbracciati, sfiniti. Le accarezzavo piano i capelli, lei sfiorava quei nomi tatuati sul mio petto e anche se per poco ero in pace con me stesso.
- Mi sei mancato. - Mormorò ed io mi lasciai scappare un sorriso.
- Anche tu, non sai quanto. - Le baciai appena la testa.
La mia vita non era mai andata per il verso giusto, era ricolma di sofferenza, fallimenti e follia ma per una volta, per la prima volta… Sentivo di essere esattamente dove dovevo stare.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2753475