London's Problematic Housemates

di Leahia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** London's Problematic Housemates ***
Capitolo 2: *** London's Problematic Exams ***
Capitolo 3: *** London's Problematic Gifts ***
Capitolo 4: *** London's Problematic Christmas ***
Capitolo 5: *** London's Problematic Dates ***
Capitolo 7: *** London's Problematic Drivers ***
Capitolo 8: *** London's Problematic Blackmails ***
Capitolo 9: *** London's Problematic Girl ***
Capitolo 10: *** London's Problematic Drama ***
Capitolo 11: *** London's Problematic Birthday ***
Capitolo 12: *** London's Problematic Parties ***
Capitolo 13: *** London's Problematic Lovers ***



Capitolo 1
*** London's Problematic Housemates ***


London’s Problematic Housemates

Elliot Nightray camminava su un marciapiede di Londra, diretto alla sua nuova casa. Non l’aveva vista che in foto, dato che avendo sempre abitato a Edimburgo non aveva avuto occasione di andare a Londra solo per vedere il suo futuro appartamento. Ma adesso si sarebbe trasferito a Londra in pianta stabile, per studiare a Oxford (cosa che mai mancava di ricordare), e aveva avuto bisogno di un posto dove stare. Aveva sentito da un suo “amico” che un altro ragazzo stava cercando un appartamento a Londra, e così si erano decisi per far sapere all’altro che avrebbero potuto dividere l’affitto. Senza essersi mai incontrati. Era un bel rischio, ma se a vent’anni non rischi poi non rischi più, e tanto valeva. L’appartamento era a Wellington Road, al limite del centro, ma andava benissimo, poiché sebbene Elliot fosse decisamente benestante, l’affitto in una casa più centrale era decisamente alto. Raggiunse il luogo. Wellington Road, 33. Il palazzo era vecchio stile, con i muri color crema scrostati in alcuni punti e le finestre dipinte di bianco che si era stinto. Bussò alla porta e gli aprì una ragazza con i capelli rosa (Rosa?) e molto pimpante, fasciata in uno scampol0 di stoffa rosso fiammante e in equilibrio su due tacchi vertiginosi, che lo accolse come se lo aspettasse da una vita.
-Tu devi essere Elliot Nightray, vero?- gli disse, stringendogli la mano con vigore e scrutandolo con due grandi occhi rosa (Rosa?!).
-Ehm... sì, sono io... e lei è...?
-Charlotte, ma chiamami Lotty! Sono la tua padrona di casa!- annunciò, ridendo. Non gli aveva neppure detto il suo cognome. Che accidenti c’era da ridere? Era tanto buffo?
-Sì, ecco... signorina Charlotte, potrebbe dirmi dove dovrei abitare...?- domandò Elliot, tentando di mantenere un minimo di formalità con la sua padrona di casa. Lui che se la immaginava una vecchia burbera e scostante si era trovato davanti una squinzia che sembrava uscita da qualche video sconsigliabile. “Lotty” scosse la testa ridendo.
-No, no! Mi devi chiamare Lotty, capito? L-O-T-T-Y! Ripeti la frase chiamandomi con il nome giusto, e dandomi del tu, forza!- lo esortò, sporgendosi in avanti e muovendo il dito a maestrina. Elliot suo malgrado arrossì per l’improponibile piccolezza del vestito della ragazza, ma tentò di ritrovare il contegno.
-Allora... Lotty... potresti portarmi nel mio appartamento?- fece, esitante, il ragazzo. Lotty sorrise soddisfatta e lo trascinò su per le scale, abbandonandolo poi davanti ad una porta.
-Il tuo coinquilino è arrivato da un po’, e si è fatto meno problemi di te- lo avvertì la ragazza, scendendo le scale. Elliot la guardò con tanto d’occhi. Perché non lo aveva avvertito prima? Che accidenti aveva insistito per farsi chiamare “Lotty” e non gli diceva che il suo coinquilino lo aspettava? Ma che aveva in testa quella ragazza? Elliot decise che non voleva rispondere all’ultima domanda. Si voltò verso la porta, pronto ad affrontare la persona all’interno e l’interno stesso, e bussò due volte. Sentì una voce che lo invitava ad entrare, dato che la porta era aperta. Elliot sperò di non aver subito fatto la figura del perfetto idiota, ma si convinse che aveva bussato per pura cortesia perché aveva capito che la porta era aperta, e la spinse leggermente. La stanza era non molto grande e occupata solo da un tavolo, un divano, una libreria e qualche scatolone. Le pareti erano chiare, e c’era una bella finestra che dava su un giardinetto poco lontano dalla quale si ammirava lo skyline di Londra. La cosa che però catturò l’attenzione di Elliot era il ragazzo sul divano. Stava leggendo, prima che entrasse lui, e adesso lo guardava con la testa leggermente inclinata. Elliot non sapeva da cosa cominciare, e prima di tutto voleva guardare la persona, anche se sarebbe apparso scortese. Il ragazzo si alzò, ma era più basso di Elliot di una decina di centimetri. Aveva i capelli neri, lunghi e inverosimilmente spettinati che gli coprivano mezzo viso, e la parte non coperta dai capelli lo era da un grande paio di occhiali rotondi. Gli occhi si vedevano solo grazie a un’inclinazione della luce dalla finestra: erano molto scuri, sembravano viola, e avevano delle strane sfere dorate nell’iride, che Elliot pensò fossero frutto della propria immaginazione. Il ragazzo era esile, la carnagione chiara e l’aria di chi passa metà della vita seduto a leggere, ma questo non gli dava sicurezza. Anzi, sembrava una persona pronta ad ucciderti nel caso tu l’avessi fatta arrabbiare. Elliot non era più tanto sicuro che quella fosse stata la scelta giusta, ma come si dice, “il dado è tratto”. Allungò una mano.
-Elliot Nightray- si presentò. L’altro allungò a sua volta la mano e gliela strinse con una decisione insospettabile.
-Leo Baskerville.
Rimasero in silenzio. Elliot era molto imbarazzato. Primo: era arrivato per secondo. Secondo: era parecchio più alto di Leo. Terzo: Leo sembrava una persona difficile da avvicinare. Quarto: il libro che Leo aveva lasciato sul divano era il numero successivo della serie che stava leggendo e la cosa lo intrigava non poco. Decise di far leva sul libro, sperando di non fare niente di stupido.
-Ehm... quello che hai lasciato sul divano... è il ventiquattro di Holy Knight?- domandò, più tranquillamente possibile, pur non riuscendo a non far trasparire il nervosismo dalla propria voce.
-Sì, lo è- rispose Leo- L’ho comprato stamattina. Segui la serie?
-Sì, ma non ho avuto il tempo di comprare questo libro, ancora- replicò Elliot, lieto che la frase dell’altro si fosse conclusa con una domanda. Solo che a quel punto non aveva a minima idea di come andare avanti... Tacquero di nuovo, e rimasero ad osservarsi per un po’ di tempo, quando Lotty piombò nella stanza.
-Ragazzi! Avete fatto conoscenza? Che ne dite se... oh! Ho interrotto?- domandò, mettendosi una mano sulla bocca. I ragazzi la guardarono straniti, poi si resero conto che ancora non si erano lasciati le mani e si affrettarono a staccarle. Elliot era rosso come il vestito di Lotty.
-No Lotty, ci stavamo solo presentando- disse Leo con naturalezza rimettendosi a sedere e lasciando Elliot da solo in piedi, talmente rigido che si sarebbe potuto spezzare se qualcuno l’avesse toccato. Lotty gli si avvicinò, e il ragazzo notò che era decisamente più alta di lui con quei tacchi assurdi.
-Va bene... dicevo, che ne dite se usciamo a fare un giro in città almeno vi conoscete meglio?- propose, sprizzando gioia da tutti i pori.
-No- fece Leo, tassativo. Elliot esitò. Non ne aveva voglia, ma non poteva contraddirla così. E perché quell’altro le rispondeva così male? Quando si accorse che Lotty fissava irritata Leo decise che avrebbe potuto tacere e osservare gli sviluppi.
-Santo cielo, Leo! Esci un po’! Lui- e così dicendo prese Elliot per un braccio- non ha detto di no!
-Veramente...- balbettò Elliot a bassa voce, ormai così rosso da risultare inquietante. Lotty lo fulminò con lo sguardo.
-Fino a prova contraria sono la vostra padrona di casa! Fate quello che vi dico, e io vi dico di uscire!
Leo la guardò inviperito, ma si alzò e mise una giacca scura che giaceva abbandonata accanto a lui.
-E va bene. Ma che sia breve.
Elliot tacque, ma ciò non era rilevante perché Lotty stava dando la colonna sonora a tutti, raccontando cose completamente idiote. Più volte Elliot si sorprese a osservare Leo che camminava, le mani infilate in tasca e lo sguardo volto a terra, e qualche volta incrociò persino il suo sguardo. Ad un certo punt0 Lotty decise che non sarebbe potuta vivere altri cinque minuti senza il meraviglioso cappello esposto in una vetrina, e dopo il categorico rifiuto di Leo e il cortese diniego di Elliot entrò da sola, lasciando i due ragazzi fuori ancora più soli di lei con se stessa.
-Perché non le hai detto nulla?- lo accusò Leo appena Lotty fu fuori portata d’orecchio.
-Come?- domandò Elliot confuso. Leo lo infilzò con lo sguardo.
-Perché non hai detto che non volevi uscire? Tu non volevi uscire!- continuò Leo. Elliot arrossì leggermente ma si arrabbiò. E arrabbiarsi con qualcuno dopo averci scambiato sì e no quattro parole è una cosa per la quale serve davvero talento.
-Mi sembrava scortese negare un favore alla mia padrona di casa dopo che la conosco da due minuti!- fece, irritato- Piuttosto com’è che tu continui a essere così diretto con lei?- andò a un passo dal dire “con me”, ma il poco di contegno che gli rimaneva gli diceva almeno di non fare l’egocentrico. Di colpo Leo parve più scontroso che arrabbiato.
-È mia cugina...- spiegò. Sembrava imbarazzato.
-Ah- disse Elliot, ancora più imbarazzato dell’altro. Non si assomigliavano per niente. Una sembrava uscita da un party hard, mentre l’altro da un convegno di letterati. Già, avrebbe anche dovuto fargli delle domande sull’università, ma lo avrebbe fatto in un secondo momento. Quando non avrebbe avuto altro di cui parlare. In quel momento sentirono il cinguettio di Lotty.
-Ragazzi, dovete assolutamente entrare e dirmi come mi sta questa gonna!- li chiamò. Elliot e Leo si guardarono dubbiosi.
-Ma non era entrata per un capello?- chiese Leo, voltandosi di nuovo verso la vetrina scintillante di rosa e rosso.
-A memoria mia sì- rispose Elliot. Leo sospirò.
-Via, andiamo a complimentarci per quanto le stia meravigliosamente bene quella gonna di pelle corta e rossa che si sarà provata.
Elliot sollevò uno degli angoli della bocca e Leo sorrise complice, pur senza guardarlo, ed entrarono nel negozio. Uscirono dal negozio non meno di quaranta minuti più tardi, portando una decina di borse rosa con un fiocchetto. Lotty aveva iniziato di nuovo a parlare ignorando del tutto i due facchini... ehm, Elliot e Leo, anche se in realtà era uscita in città per fargli fare conoscenza. Elliot in realtà pensava che Leo non ci avesse creduto, conoscendola. Era ormai il tramonto quando una Lotty talmente esagitata da fare invidia ad un fuoco d’artificio gli propose di salire sul London Eye per far godere a Elliot la vista di Londra, città nuova, per lui, sotto il “meraviglioso sole rosso del tramonto!”. Elliot si domandò come fossero riusciti ad arrivare tanto lontano da casa e ancor più come ci sarebbero tornati, ma realizzò che erano non più di dubbi inutili e inconsistenti bruciati dal sole della presenza di Lotty. Accettarono, anzi non negarono, e la ragazza li trascinò sotto al London Eye, semivuoto nella giornata di inizio settembre. In realtà era quasi del tutto vuoto, un’immagine che Elliot etichettò come “non accadrà mai più”. I ragazzi andarono sulla prima cabina di vetro che passava aspettando Lotty, che però rimase a flirtare con il tipo alla reception. Si voltò nell’istante in cui le porte si chiusero e sgranò gli occhi, ma era tardi. Elliot e Leo erano rimasti del tutto soli in un’enorme cabina del London Eye. Con quante possibilità, pensava Elliot, poteva succedere una cosa simile nella vita di qualcuno? Verosimilmente 0. Ma a lui era successo. Guardò Leo, che con sua sorpresa sorrise e sospirò.
-Alleluia. Pensavo che non se ne sarebbe mai andata... bene, a parte gli scherzi, credo che questo sia il momento di farci le domande che si fanno quando si incontra una nuova persona. Inizia tu.
Elliot rimase interdetto, poi decise di non controbattere alle esatte parole dell’altro e si sedette, e Leo si sedette davanti a lui.
-Bene... cose classiche, allora- esordì il Nightray, ricevendo un cenno di assenso dall’altro- Vediamo... che cosa farai all’università?
-Io lettere antiche- rispose Leo- a Oxford. Anche tu studierai a Oxford, no?
-Esatto, ma studierò lingue- confermò Elliot. Lettere antiche. Fantastico, una delle cose più diverse da lui che avrebbe potuto scegliere.
-E vediamo... quand’è il tuo compleanno?- chiese Leo- Il mio il 25 ottobre- continuò. Elliot sorrise leggermente, cercando di non farsi vedere, alla serie di domande banali e si sistemò meglio sulla panchina vuota, guardando fuori dalla cabina dalla quale si vedeva Londra.
-L’8 agosto. Com’è bella Londra... oh, tocca a me. Qual è il tuo colore preferito? Il mio l’azzurro.
-Il mio il viola. Sì, Londra è davvero molto bella. Tu di dove sei?
-Edimburgo. Tu sei nato a Londra, vero?
-Vero.
-Che fortuna... scommetto che però dopo un po’ di tempo ci si fa l’abitudine.
-Oh no. Io continuo ad amare Londra come se non l’avessi mai visitata.
A quel punto Leo sorrise, perdendosi con lo sguardo nel tramonto di Londra, ed Elliot non lo interruppe. Non sarebbe stata una convivenza facile, con un compagno di stanza così visceralmente diverso da lui e una tale padrona di casa, ma ormai era tardi per tornare indietro. E poi anche a lui piaceva leggere, no? Magari avrebbero trovato dei punti di collegamento. Stava pensando quando si sentì una musica provenire dalla tasca della giacca di Leo. Era il suono di un pianoforte. Il moro si affrettò a rispondere.
-Che vuoi, Lotty?- disse, anziché “pronto” o simili. Elliot non sentì la risposta.
-Sì, stiamo bene. Sì, scendiamo subito. Oh no, mi dispiace per il tuo tacco.
E riattaccò. Riassunse: Lotty era estremamente preoccupata per i due, sebbene i due non capissero cosa ci fosse da preoccuparsi, e gli aveva chiesto di scendere dalla ruota nonappena avessero potuto. Ah, si era anche rotta un tacco. I ragazzi tacquero per il resto del giro, guardando il sole che scendeva piano dietro alla Torre di Londra. Scesero appena la cabina si aprì, e Lotty gli corse incontro. Elliot notò che si era levata le scarpe con i trampoli, e adesso la superava di un paio di centimetri.
-O santo cielo mi dispiace tanto! Sono stata proprio una scema! Davvero, scusate!
Leo alzò le spalle e Elliot le disse cortesemente che non c’era bisogno di tante scuse. Lotty si riprese.
-Bene, adesso ci facciamo una foto tutti e tre!
Annunciò allegra. Nessuno dei ragazzi aveva la forza di controbattere, e Lotty ebbe la sua foto senza pretese. Una foto con un ragazzo alto, con gli occhi azzurro cielo e i capelli quasi beige arrossito e serio, un ragazzo basso con i capelli neri assurdamente fuori posto che non si capiva dove guardasse ma sorrideva e una ragazza ridente come se le avessero detto che aveva vinto la lotteria. Lotty lo impostò come nuovo sfondo del cellulare, e a tal proposito dette il suo numero e quello di Leo ad Elliot e si fece dare quello del ragazzo. Tornarono a casa in taxi, pagati da Elliot, e appena possibile si separarono. I ragazzi si trovarono di nuovo soli nella loro casa.
-Bene!- disse Leo, assumendo un aria gioiosa simile a quella di sua cugina- Visti i tuoi comportamenti di oggi credo che sarai un pizzico incapace, ma domani dobbiamo sistemare questa roba. Speriamo che tu sia almeno un po’ interessante o me ne vado. Quella è la tua camera. Buonanotte!
Elliot rimase in silenzio mentre Leo se ne andava nella sua stanza, lasciando dietro di sé una metaforica scia di fiori morti. Cos’era il Leo degli ultimi sette secondi? Era il vero Leo? E se sì allora non si sarebbe sorpreso se Lotty avesse dichiarato di voler farsi suora. Che accidenti gli era successo per passare da un comportamento quasi gradevole a quella dichiarazione sconnessa? Entrò nella sua camera e si mise nel letto. Non era il momento di pensarci. Ci avrebbe pensato, ma non in quel momento. Era stata una giornata piena e aveva capito nulla di nessuno. Non che lui si fosse comportato come era solito comportarsi... Avrebbe indagato meglio il giorno dopo. E quelli dopo ancora.






The Corner of the Mad Lady
Buonasera, fandom di Pandora Hearts! Allora, non mi perderò in chiacchiere. L’idea per questa storia è uscita da uno dei pericolosi meandri del mio malato cervello mentre studiavo latino, quindi non sono del tutto responsabile di ciò che ho scritto. Se tutto questo è stato pubblicato, ringraziate Lerion (è sempre colpa sua andate ad ammazzare lei io non c’entro). Riguardo a questo capitolo, vi avverto che è credo il secondo peggiore tra tutti, e quello dove sono andata più OOC, ma era voluto, giusto per provare. E so che nel corso della storia ci saranno molte incongruenze e simili, ma ehi, è una demenziale, non ha bisogno di essere spiegata. A tal proposito, è demenziale non perché sia demenziale, ma perché io sono demente, e voi leggete questa... cosa... a vostro rischio e pericolo. Ah, dubito che aggiornerò con regolarità, perché tecnicamente posso aggiungere un capitolo a questa storia quando più mi gira, e quindi sconvolgerne l’equilibrio. Probabilmente mi son0 scordata qualcosa, ma non so cosa, quindi... Goodciao!

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Capitolo 2
*** London's Problematic Exams ***


London’s Problematic Exams

Erano passati tre mesi da quando Elliot Nightray era comparso a Wellington Road, e ormai aveva conosciuto il carattere di Leo e quello di Lotty. Bè, Lotty si era presentata onestamente: era ancora un’inquietante individua che vestiva minuscoli pezzi di stoffa e che cinguettava lieta nella sua illusione che il mondo l’ascoltasse. Leo non poteva assomigliare meno alla persona tranquilla e quasi gradevole che si era presentata il primo giorno. Era un ragazzo pigro, sarcastico, pungente, inavvicinabile, irritabile, incredibilmente perspicace e terribilmente freddo. Era la persona più diversa da sé che Elliot avrebbe mai potuto trovare. Ma si era arreso e aveva iniziato a viverci, sebbene fosse molto difficile fare sempre tutto da solo. E per mettere la ciliegina sulla torta, Leo era più bravo a scuola di Elliot, cosa che gli faceva sempre pagare. Ora che ho un po’ riassunto la situazione, focalizziamoci su Elliot, che usciva dall’Università con una faccia scurissima. Di nuovo, non era riuscito a passare quello stupidissimo esame di francese. Odiava non passare gli esami. Lo umiliava davvero moltissimo, e ad una persona orgogliosa come lui non piaceva affatto essere umiliata. Doveva studiare di più. Ma non era possibile studiare di più! Passava le giornate a ripetere tutto, era persino riuscito ad eliminare la voce fastidiosa di Leo che dalla sua camera ripeteva il greco. Eppure non riusciva a passare l’esame di francese. Doveva trovare un altro metodo di studio. Ma li aveva provati tutti! In tutte le stanze, in tutti i metodi, scrivendo, ripetendo, leggendo ad alta voce. Solo una cosa non aveva provato, e si era ripromesso che mai l’avrebbe provata: studiare con qualcuno. Elliot era un tipo di natura molto solitario e schivo, e sicuramente nessuno dei suoi colleghi lo avrebbe aiutato. A pensarci, Elliot non aveva amici. Eccetto quello strano rapporto di coabitazione forzata con Leo. Ma a lui non l’avrebbe chiesto nemmeno sotto tortura. Non aveva detto a nessuno che non era ancora riuscito a passare quell’esame e Lotty iniziava a preoccuparsi per i suoi silenzi persino più prolungati del solito, il che era un evento poiché Lotty era sempre presa da se stessa. Tuttavia, Elliot non avrebbe mai, mai chiesto a Leo di dargli una mano a studiare. E nemmeno perché Leo non capisse il francese: era stato in Francia per un anno e lo parlava molto bene. E’ che non voleva dargli ulteriori appigli per prenderlo in giro. Era convinto che la sua sola persona gliene desse troppi. E... sì, perché era molto imbarazzato. Non gli era mai capitato di dover chiedere aiuto ad altre persone, aveva sempre fatto tutto quello che poteva da solo. E chiederlo ad una persona simile per Elliot era una grande umiliazione. Anche perché, avrebbe più volentieri chiesto a Lotty di portarlo in centro con sé tutti i giorni piuttosto che ammetterlo, ci teneva a piacere a Leo. Voleva avere meno difetti possibili da mostrare a Leo. Per qualche motivo che ancora non capiva bene. Ma l’ennesima bocciatura lo aveva seriamente irritato. Era possibile che una persona che era sempre andata bene a scuola di colpo avesse questo calo così pazzesco? Lo era, a quanto pareva. Elliot strinse i pugni nelle tasche, mentre il freddo di novembre gli sferzava le guance. Si diresse verso la fermata dell’autobus e ci montò sopra, sempre immerso nei suoi pensieri. Doveva fare qualcosa, trovare una soluzione. C’era sempre una maledetta vocina che gli diceva “Chiedilo a Leo! Chiedilo a Leo!”, ma Elliot tentava sempre di scacciarla. Solo che era rimasta davvero solo quella possibilità. Prima di quanto credesse possibile si trovò davanti a casa sua, e infilò la chiave nel portone. Come spesso, Lotty era in casa sua con un’amica a prendere il the, e come spesso aveva lasciato la porta aperta, quindi lo vide entrare.
-Elliot!- lo salutò caldamente, agitando un braccio. Elliot rispose con fretta e salì con decisione le scale, per trovarsi davanti alla porta del suo appartamento. Glielo avrebbe chiesto. Doveva assolutamente farlo. Non c’era altra scelta... aprì la porta, e trovò come sempre Leo intento a leggere sul divano. Chiuse la porta, si levò la giacca e si gettò sulla poltrona vicino al divano. Avrebbe dovuto parlare, lo sapeva, ma davvero non trovava il modo di dirglielo senza apparire terribilmente stupido. Anche se sospettava che con Leo fosse tardi per evitare di apparire terribilmente stupidi, dato che probabilmente il nome “Elliot Nightray” era nel cassetto di “senza speranza”, nella testa di Leo. Sospirò, e aprì la bocca per parlare, ma il moro, con sua sorpresa, lo precedette.
-Oggi ho incontrato uno dei tuoi colleghi- disse, freddo, senza sollevare gli occhi dal libro. Elliot rimase di sasso. Quindi sapeva...? Non tentò di continuare. Rimase in silenzio, in attesa degli sviluppi, o almeno era la sua scusa. In realtà era troppo sorpreso del fatto che Leo parlasse con qualcuno per ribattere.
-E mi ha detto- continuò Leo, stavolta alzando lo sguardo dal libro- Che non hai passato l’esame di francese nemmeno stavolta.
Elliot tacque. Ecco, lo sapeva. E adesso che accidenti avrebbe dovuto fare? Scusarsi? E per cosa, diamine! E allora? Non era un tipo spiritoso per natura, quindi anche reagire con una battuta sarebbe stato molto fuori luogo. Decise di non ribattere neppure stavolta e di aspettare come Leo avrebbe liquidato la faccenda con qualcosa di brutto a sua spese. Leo posò il libro sul divano e sospirò.
-Perché non me l’hai mai detto?- domandò, senza guardare Elliot. Era sereno, curioso. Elliot aveva la gola secca. Perché non gliel’aveva detto? Bè, era abbastanza ovvio.
-Mi avresti preso in giro a vita- replicò Elliot, tentando di suonare convincente- Ed è quello che farai adesso- concluse. Leo alzò gli occhi su Elliot e lo guardò.
-Ovvio, sei scemo. Sei scemo a non averlo detto! Ma lo sai che ti posso aiutare, no?
-Bè...-balbettò Elliot. Leo che si offriva di aiutarlo senza tentare di farlo apparire scemo? Che magia era mai quella?- Mi sembravi occupato e...
-Non dire cazzate- lo liquidò Leo, sempre serafico- Hai detto bene prima, avevi paura che ti prendessi in giro. E’ ammirevole l’alta considerazione che hai di me.
-Non è che tu mia dia tanti motivi per averne una diversa, non trovi?- ribatté Il Nightray, irritato dall’uscita dell’altro. Leo sembrò pensarci su un momento, poi si strinse nelle spalle.
-Forse, dico forse, hai ragione. Adesso però, vuoi passare quello stupidissimo esame di francese o no?
Elliot lo guardò male. Ovvio che voleva! Ma era davvero necessario farsi aiutare da Leo? Sì, lo era, e lui lo sapeva benissimo. Annuì leggermente, e Leo sorrise, felice.
-Oh, sono così lieto che tu sia venuto ad implorare il mio aiuto con cotanta supplica nei modi!- si vantò Leo teatralmente. Elliot lo fulminò con lo sguardo.
-Sei un vero imbecille.
-Infatti non passo gli esami di francese- lo provocò il moro, gettando la testa indietro sul divano. Elliot sentì ribollire l’ira nelle vene. Per quello non avrebbe voluto chiedere a Leo di aiutarlo. Leo in queste situazioni era simile ad una fastidiosa coscienza, o a un’ombra. Una cosa con la quale sei costretto a convivere anche se vorresti sbarazzartene. Elliot si alzò e andò in cucina per fare qualcosa da mangiare.
-Ehi essere fastidioso, che vuoi da mangiare?- domandò a Leo, che sorrise maligno.
-Quello che vuoi, cara- rispose, stendendosi di nuovo. Elliot ebbe una scarica pazzesca di rabbia nel corpo, ma non fece nulla se non guardare con uno sguardo della serie “ti ammazzo stanotte” il suo coinquilino. Avrebbe voluto davvero tanto cucinare qualcosa che Leo odiava, solo che Leo pareva mangiare tutto con gusto. Era molto irritante. Si accinse quindi a preparare qualcosa a caso, tanto perché senza cibo non si sopravvive. Mangiarono e poi Leo illustrò il programma di studio.
-Allora, visto che anche io un po’ per me devo studiare, sebbene abbia passato alla perfezione tutti gli esami fatti finora- sorriso maligno- Propongo che potrei aiutarti per due, massimo tre ore al giorno...
-Cosa?! Ma sei pazzo! In due ore non si conclude nulla!- saltò su Elliot. Leo lo guardò.
-Io sono l’insegnante e io decido quando e cosa studiare.
Elliot si rimise a posto, e Leo recuperò l’aria serafica di poco prima.
-Dicevo, due ore e mezza sono sufficienti, credo. Che limite ti dai?
-Limite...?- domandò Elliot, confuso. Lui non si era mai dato un limite per quando dare gli esami. Aveva il limite della fine dell’anno scolastico, ma per il resto si sentiva libero di andare quando era più preparato. Non pensava che avrebbe dovuto darsi un limite. Leo scosse la testa, contrariato.
-No, no. Così non va. Bene, limite: la prossima settimana- annunciò. Voleva continuare, ma venne di nuovo interrotto da Elliot.
-E se non riuscissi a rispettare il limite?- chiese, curioso. Leo sospirò e guardò verso il soffitto in posa pensierosa.
-Bè, vediamo... in tal caso conosco un buon posto dove appendere una corda...
-Ok, chiaro- rispose allora Elliot. Aveva capito che la domanda non era graditissima a Leo.
-Allora, iniziamo oggi. Hai due settimane per passare con minimo 27 quell’esame di francese.
Elliot era molto in dubbio sulla buona riuscita di quel piano, ma non protestò. Doveva fidarsi di Leo, era la sua unica possibilità. Annuì, e Leo parve molto, molto soddisfatto. La cosa turbava Elliot. Non era sicuro di quanto fosse buona l’idea di soddisfare Leo. Il moro batté le mani annunciando che avrebbero cominciato subito. Elliot era rigido come un manichino. Non aveva idea di come comportarsi, né tantomeno di come studiava Leo. Il moro si sedette sul divano e ordinò a Elliot di portargli i libri di francese sui quali studiava. L’altro non protestò e andò in camera a prendere i testi, domandandosi come Leo riuscisse a essere così magro stando sempre seduto sul divano e mangiando quanto un toro in denutrizione. Poi fece la stessa domanda a se stesso e decise che aveva altro a cui pensare. Portò i libri in salotto e li gettò con malgrazia a Leo, che non fece una piega ed iniziò a sfogliarli.
-Benissimo... ripetimi tutto quello che ti ricordi- esordì, sfogliando i libri con lentezza misurata. Sembrava veramente un professore. Elliot, non sapendo minimamente che fare ma non volendo contraddire Leo, si mise docilmente a ripetere tutto quello che sapeva su quei libri, e alla fine Leo gli parve abbastanza lieto del risultato. Era sorridente.
-Non sai praticamente nulla- disse, mantenendo il sorriso. Elliot si sentì crollare il mondo addosso. Come non sapeva nulla?!
-Ma ho ripetuto alla perfezione tre quarti dei libri!- rispose, irritato.
-Tu non devi saperne alla perfezione tre quarti, tu li devi sapere alla perfezione tutti! Sennò come fai a passare un esame con più di 27 tra una sola settimana?!- replicò Leo, irritandosi a sua volta.
-Bè, non sono io ad aver deciso questi limiti!
-Questo non ha alcuna importanza! Adesso vieni qui e studia bene tutto!- ordinò Leo, indicando il posto accanto a sé. Elliot arrossì leggermente e si calmò.
-E’ necessario?
-Lo è. Vieni e sta’ zitto.
Elliot si sedette accanto a Leo, che per un momento parve imbarazzato, poi aprì il libro che Elliot sapeva di meno e pazientemente iniziò a ripetere tutto. Elliot era decisamente ammirato per la sua bravura, e si accorse che si ricordava meglio le cose. Alla fine della seconda ora aveva imparato alla perfezione metà libro.
-Adesso- fece Leo con un sorriso gentile per davvero- ti conviene ripeterlo da solo per un po’, almeno ti si fissa in mente.
Elliot non era mai stato così grato a qualcuno. Avrebbe volentieri abbracciato Leo, ma per qualche ignota ragione non riusciva che ad arrossire a quel pensiero. Ripeté di nuovo, e seppe con assoluta certezza che sarebbe riuscito a passare l’esame di francese. Per la prima volta da tre mesi dopo un po’ smise di studiare per pensare ai cavoli suoi. Posò il libro e si concentrò sulla voce di Leo che ripeteva meccanicamente cose che lui non capiva assolutamente. Era una bella voce, quella di Leo. Era calda, seppur non molto profonda, sfuggente e quasi scherzosa anche quando era concentrata. Gli piaceva. Insomma... era... ok, ecco. Arrossì di nuovo a quel pensiero. Di colpo sentì che Leo era rimasto zitto.
-Non stai più studiando, vero?- sentì domandare. Suo malgrado si lasciò sfuggire un sorriso.
-Già- rispose.
-Vieni di qua allora- disse Leo dopo un po’- Che accidenti fai in camera da solo? Ah, aspetta, non voglio saperlo.
Elliot non si irritò nemmeno per la conclusione della frase dell’altro, ma si alzò e lo raggiunse in salotto, dove si sedette sulla sua poltrona.
-Io leggo, non darmi fastidio, Elly.
-COME SCUSA?!- fece Elliot, saltando su dalla poltrona.
-Ho detto: io leggo, non darmi fastidio- ripeté Leo- e tu devi andare a ripassare il significato di “non dare fastidio”.
-Non chiamarmi mai più “Elly”!- replicò irritatissimo Elliot- MAI PIU’!
Leo ghignò e si strinse nelle spalle, per poi continuare a leggere. Elliot sospirò e prese a sua volta un libro. Il silenzio che regnava nella stanza era surreale, ma ai due abitanti questo poco importava, perché erano persi nelle avventure di Edwin, l’eroico protagonista della serie “Holy Knight”. Dopo un tempo indefinito sentirono che una persona entrava nella stanza.
-Scusate ragazzi, disturbo?- chiese Lotty.
-Sì- risposero i due, in coro. Si guardarono un secondo, imbarazzati dal sincrono, ma Lotty li ignorò.
-E’ che di solito si sente Elliot che ripete ossessivamente cose in francese, e adesso non lo fa. E’ andato male un esame?- domandò con totale assenza di tatto. Elliot ebbe paura che Leo spifferasse tutto. Arrossì e si nascose dietro al libro, ma prima che qualcuno parlasse gettò un’occhiata in tralice a Leo “ti prego, ti scongiuro...”.
-No, perché dovrebbe. Adesso stai tranquilla e lasciaci in pace- rispose Leo. Elliot sentì un grande macigno sollevarglisi dal petto. Lotty annuì e scese di nuovo le scale, e appena Elliot fu certo che fosse lontana ringraziò di cuore, seppur con imbarazzo, Leo.
-Ma figurati- rispose Leo. Arrossì leggermente e non tentò nemmeno di concludere la frase con una battuta pungente. Elliot tornò al suo libro, sentendo una sensazione strana invadergli il petto. Una specie di calore buono. I giorni successivi lo studio non si intensificò affatto, ma Elliot era certissimo che avrebbe prodotto risultati. Arrivò persino ad imparare a leggere il greco per risentire Leo che a volte si sentiva incerto. E passavano più tempo insieme per chiacchierare, senza mai allontanarsi da casa di un centimetro se non per andare a lezione. Si avvicinavano anche più letteralmente, arrivando a studiare in pose assurde come sdraiati per terra, o uno sul tavolo e uno nel divano del salotto “tanto per”, e quindi stranendo sempre di più Lotty, che aveva perso l’abitudine di piombare a random in casa loro per sentirsi solo rispondere “stiamo studiando” e poi cose in lingue che non capiva. Era la prima volta che Elliot e Leo collaboravano, e si stavano quasi divertendo. Le due settimane previste per il termine di Elliot però finirono, e il ragazzo si presentò all’esame teso come una corda di violino. Per ironia, anche Leo lo stesso giorno aveva un esame, quindi la colazione che nessuno dei due fece passò in silenzio, nell’aria tesissima. Elliot si presentò di nuovo all’esame, deciso come  non mai a passarlo e, per la prima volta, certissimo di farcela. Quando gli fu presentato il questionario si accorse di saper rispondere con estrema facilità a tutte le domande e quando uscì fu certo come era certo dell’aria che respirava di non poter essere passato con meno di 27. I suoi presentimenti furono confermati da uno splendido 30, che fu annunciato con gioia a Leo. Leo sembrò molto felice.
-Era davvero l’ora, Elliot. Adesso però dovremmo farlo sempre questo giochino di aiutarci...- disse, fingendosi pensieroso. Elliot, sebbene la cosa non gli dispiacesse più di tanto, volle sapere il perché. Leo sospirò, quasi affranto.
-Perché io ho passato l’esame di greco con 30 e lode...- si lamentò. Elliot sbuffò.
-Forse mi sarei dovuto iscrivere a lettere classiche...- ipotizzò. Leo fece un verso di scherno.
-Ma fammi il favore! Saresti ancora a cercare l’entrata dell’aula!
-Come ti permetti?!- disse irritato Elliot, e Leo rise. Forse, in fondo, quella di prendere ripetizioni da lui non era stata un’idea poi così malvagia...






The Corner of the Mad Lady
Ebbene, ecco il secondo capitolo di London’s Problematic Housemates, visto che il primo ha avuto tanto successo (*rumore del vento nel deserto e classica erbaccia rotolante sullo sfondo*). Ecco, questo capitolo non ha senso, come tutti i prossimi e come il precedente. Serve solo a... a nulla...? A dare l’idea che quei due adesso siano amici...? Bo. In ogni caso, io non ne so nulla di nulla di università, lezioni e simili, quindi se ho sbagliato qualcosa mi dispiace tanto... Ok, credo di aver detto tutto (ma non sarà così). Goodciao!

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Capitolo 3
*** London's Problematic Gifts ***


London’s Problematic Gifts

Era ormai quasi Natale, e nell’aria si sentiva molto. Lotty aveva preso a piombare con allarmante frequenza nella loro casa per proporgli sfrenati pomeriggi di shopping, che i due evitavano sempre. “Ma non per sempre” amava ricordare Lotty, quando con uno svolazzo rosso usciva dal salotto. Elliot e Leo avevano davvero continuato il “giochino di aiutarsi”, e i cosiddetti “pomeriggi di studio” arrivavano persino a far dire ad Elliot delle stupide battute, impresa decisamente ardua. Dopo un altro pomeriggio passato a ripetere i due si trovarono con tutti i libri di casa finiti e un’irrefrenabile voglia di fare qualcosa.
-Sai- esordì Leo, appollaiato su un bracciolo del divano- Tuttora so poco di te. Mi dici qualcosa di più? Dimmi più o meno... chi sei, ecco.
-In che senso?- domandò Elliot, che era sdraiato sul tavolo di cucina e lasciava la testa penzoloni vedendo il mondo alla rovescia.
-Nell’unico senso che ha.
Elliot rimase pensieroso. Conosceva Leo da poco, vero, ma gli sembrava già che fosse una specie di collaborazione spontanea, tra loro. Erano così contrastanti che si capivano. Ma non sapeva se voleva rivelare cose si sé a qualcun altro. Non l’aveva mai fatto. Eppure si era avvicinato molto a Leo, nell’ultimo mese. Passavano sempre più spesso del tempo nella stessa stanza, per quanto parlare non fosse il loro forte. Quando sentivano proprio il bisogno di una colonna sonora chiamavano Lotty a prendere il the e il gioco era fatto, dato che Lotty era sempre immensamente felice di vederli. Cosa che loro non si spiegavano, tra parentesi, ma era da quando li aveva persi sul London Eye che Elliot si era arreso a lasciare nei meandri del mistero quella ragazza. Quanto a Leo... bè, magari lui si era arreso molto tempo prima. In ogni caso, Elliot stava iniziando a vivere, anziché a coabitare forzatamente, con il suo coinquilino. Tuttavia non sapeva se poteva parlargli di sé.
-Vuoi che cominci io?
La voce di Leo interruppe il suo filo di pensieri e per poco non lo fece cadere dal tavolo. Si raddrizzò e si mise a sedere.
-Ok, inizia tu- acconsentì Elliot, curioso. Leo sembrò ripensarci.
-Anzi, facciamo che io do un’informazione e poi la dai anche tu. Ci alterniamo, va bene?- chiese. Elliot si strinse nelle spalle e Leo iniziò.
-Nome: Leo Baskerville.
-Nome: Elliot Nightray- rispose Elliot, stando al gioco.
-Età: diciannove.
-Età: idem.
-Ehi, non conta!- protestò Leo.
-Va bene... allora, età: diciannove
-Altezza: passo.
-Facile così!- lo rimproverò Elliot, ridendo dentro (ma non fuori, non sia mai!)- Voglio saperlo, adesso. Su, quanto sei alto?
-Non lo vengo di certo a dire a te!- ribatté Leo, arrossendo leggermente. Elliot si lasciò sfuggire un piccolo ghigno malefico che non sfuggì invece a Leo, che infatti lo scrutò sospettoso. Elliot spiegò il motivo del ghigno malefico.
-Sei di dieci centimetri più basso di me, quindi so all’incirca quanto sei alto.
Leo arrossì e si alzò sul bracciolo.
-Non è che anche tu brilli in altezza, sai?
-Sempre meglio di te.
Si guardarono in cagnesco per un paio di secondi, poi Leo sospirò e si lasciò cadere sul divano.
-Segni particolari: nessuno.
-Ah, come no! Guarda che, non so se l’hai notato, ma tu e tua cugina fate un po’ la fiera dei segni particolari. Hai gli occhi viola, Leo. E Lotty ha occhi e capelli rosa. Direi che sono abbastanza particolari, come segni, no?
-Non lo so. Ci sono nato, capisci. Per la cronaca, come fai a sapere che ho gli occhi viola?- domandò il moro, incuriosito. Elliot arrossì. Lo guardava molto spesso, ecco come lo sapeva. Anche quando Leo leggeva, se era fattibile dalla posa che aveva assunto, Elliot lo osservava sempre, guardava sempre le mani sfogliare le pagine e gli occhi improbabili scorrere le parole. Succedeva raramente, ma quelle poche volte che Elliot aveva visto gli occhi di Leo ne era rimasto completamente incantato. Si strinse nelle spalle e non rispose.
-Va bene...- fece Leo, evidentemente non ansioso di indagare oltre- Passioni: amo leggere e ho sempre suonato il pianoforte.
-Davvero hai sempre suonato il piano?!- domandò Elliot, materializzandosi sul bracciolo del divano proprio accanto a lui. Leo trasalì. Elliot aveva tutta quella furia perché anche lui aveva sempre suonato il pianoforte. E la cosa che gli mancava di più in quella casa era proprio il suddetto strumento. Se anche a Leo fosse piaciuto forse con un po’ di aiuto sarebbero riusciti a ottenere qualcosa.
-Mio Dio, sono così interessante che non riesci a starmi lontano per più di dieci minuti?
Elliot lo uccise con lo sguardo e Leo si sciolse in una risatina.
-Sì, davvero. Perché ti interessa tanto?
-Anche io suono il pianoforte.
Per forse la prima volta da quando si erano conosciuti, Leo parve seriamente interessato ad Elliot. Si alzò a sedere con la gioia dipinta in viso.
-Sul serio? Non credevo che potessimo avere più di una cosa in comune!
-Onestamente nemmeno io!
Sorrisero, anche Elliot. Fu Leo a mettere in tavola la questione che volava in testa ad Elliot da quando era stato nominato “pianoforte”.
-Credi che in qualche modo potremmo avere un pianoforte, anche verticale, qui?- domandò. Elliot si appoggiò allo schienale del divano, pensieroso.
-Non so... forse con un po’ di aiuto sì. Sarebbe splendido- constatò. Leo sorrise e disse che sì, lo sarebbe stato. Elliot si trovò a perdersi nella gioia dipinta in volto a Leo. Gli donava davvero molto. In quell’istante entrò Lotty.
-Oggi non mi sfuggirete! Usciamo per comprare i regali di Natale!
Elliot e Leo si guardarono e sorrisero. Natale! Come era possibile che non gli fosse venuto in mente?! Scattarono in piedi e uscirono dalla porta, accompagnati da una Lotty alquanto confusa, ma felice.
-Cos’è quest’improvvisa voglia di socializzare?- domandò appena furono usciti.
-Non vogliamo socializzare- la contraddisse Elliot- Stiamo solo cercando un pianoforte.
Lotty li fissò sgranando gli occhi.
-Un pianoforte?
-Andiamo, vogliamo che tutti voi nostri amici, ovvero solo tu, ci regali un pianoforte!- spiegò allora Leo, molto più direttamente di Elliot. Lotty era comunque confusa, e i due sospirando iniziarono a spiegarle tutta le questione del pianoforte. Lotty fece una smorfia.
-E’ un’idea splendida, ragazzi, ma io non ho abbastanza soldi...
I due caddero dal pero. In effetti, come avevano potuto pensare che Lotty avrebbe avuto soldi sufficienti? Ma in fondo Elliot aveva una grande famiglia piena di parenti, che sebbene fosse in disaccordo sulla sua scelta di vivere da solo a Londra, gli avrebbe regalato qualcosa.
-Ma almeno una mano posso darvela! Era un sacco di tempo che cercavo qualcosa da regalarvi!
Lotty era davvero molto gioiosa e Elliot e Leo al settimo cielo. Mentre camminavano in giro per la città Elliot telefonò a casa sua.
 
Pronto?
“Pronto, Vanessa! Sono Elliot!”
Elly!
“No, Elliot.”
Oh, smettila! Che c’è? Perché mi hai chiamata?
“Bè... pensavo... a cosa potreste regalarmi per Natale.”
Finalmente! Di solito non ce lo dici mai...
“Ecco, vorrei che mi regalaste un pianoforte!”
...
“...Vanessa?”
È che un pianoforte costa...
“Ma dai, potete farlo! Il prezzo non è irraggiungibile e vi aiuterà la mia padrona di casa.”
Va bene, dai. Mandami una mail con i dettagli.
“Grazie!”
 
-Allora? Allora?- domandò Leo appena Elliot si staccò dal cellulare.
-Va bene! Lo possono comprare!
Leo saltò di gioia e si gettò al collo di Elliot, che arrossì furiosamente. Leo si staccò all’istante, rosso come l’altro, e si allontanò il più possibile da lui, pur rimanendo a portata di voce. Quel gesto aveva molto sorpreso Elliot, che si ritrovò imbarazzatissimo ma anche un po’ felice. E non capiva perché. Ma iniziavano a sorgergli dei dubbi fastidiosi e molto pericolosi. No, meglio che fosse una reazione immotivata. Continuarono a camminare finché non raggiunsero il negozio di musica, e mentre Elliot e Leo sarebbero rimasti lì a curiosare tra gli strumenti, Lotty sarebbe andata a fare un giro tra “qualcosa di più interessante” (affermazione che scandalizzò notevolmente i musicisti). I ragazzi entrarono nel negozio e vennero accolti da una gentile commessa con i capelli color caramello e gli occhi rosa. Doveva essere una moda, quella degli occhi assurdi a Londra, pensava Elliot.
-Salve, desiderate qualcosa?- domandò, con una voce melodiosa. Sembrava uscita da un qualche romanzo vittoriano. Leo sorrise, messo evidentemente a suo agio dalla cortesia della ragazza.
-Grazie signorina, vorremmo vedere dei pianoforti ad un prezzo... diciamo... raggiungibile.
La commessa sorrise ed annuì e li portò al piano superiore, dove si poteva ammirare un enorme salone pieno di pianoforti. Ai due ragazzi brillarono gli occhi dalla gioia.
-Ecco, che tipo di pianoforte desiderate?- domandò la ragazza.
-Un pianoforte verticale- rispose Elliot, gli occhi persi nell’infinità dei meravigliosi strumenti nella stanza. La ragazza annuì di nuovo e li condusse verso il fondo della sala, dicendo che lì c’erano i
verticali. Elliot e Leo erano felici come bimbi a Natale, e passavano da un pianoforte all’altro con la stessa gioia con la quale Lotty passava da una vetrina all’altra. Anche la commessa si accorse della gioia smisurata dei ragazzi.
-Amate molto il pianoforte?- domandò, e i due ragazzi annuirono con decisione. Lei si fece sfuggire una risatina- Sapete, io alle medie avevo un amico che...- si bloccò e fissò Leo- Un secondo.
Leo fissò la ragazza a sua volta e poi le sorrise.
-Sharon! Sei tu?!- disse, sorpreso.
-Leo! Sono secoli che non ci vediamo!
I due si salutarono amichevolmente, dimenticandosi dell’esistenza di Elliot, che però aveva i suoi pianoforti da ammirare per concentrarsi su altro. Sharon, però, educata alla cortesia estrema, volle rompere il ghiaccio.
-Leo, e lui è il tuo...- iniziò, ma Leo la interruppe.
-Coinquilino! Il mio coinquilino!- si affrettò a dire il moro arrossendo e facendo arrossire Elliot. Sharon arrossì a sua volta e si coprì la bocca con una mano.
-Perdonatemi, avevo frainteso... comunque, io sono Sharon Rainsworth, e tu sei...?- disse, porgendo la mano a Elliot.
-Elliot Nightray- rispose lui, stringendola amichevolmente, pur senza sorridere. Sharon intavolò allora una bella conversazione, conclusasi con l’invito a prendere del the con lei e con il notevole abbassamento del prezzo del pianoforte che avrebbero scelto, cosa che riuscì ad entusiasmare Elliot così tanto che non protestò più di dieci minuti per uscire a prendere il the con loro. Si fermarono ad una sala da the molto vicina, nella quale Sharon diceva che lavorava qualcuno che conosceva. Dopo essersi messi a sedere li raggiunse un cameriere. Aveva sui ventitré anni, capelli bianchi che ricadevano sull’occhio sinistro e l’altro occhio rosso rubino, ma leggermente spento. Elliot era ormai quasi certo che a Londra ci fosse un Centro Esperimenti Anatomici segreto.
-Sharon cara!- salutò con molta euforia. Poi guardò i ragazzi- Voi chi siete?- chiese, del tutto senza tatto.
-Lui è Leo Baskerville, il ragazzo di cui ogni tanto ti parlavo- disse Sharon, indicando Leo. Poi indicò Elliot- E lui è...
-Il suo ragazzo- concluse il cameriere, facendo diventare Elliot e Leo di un colore disumano. Sharon tirò uno scappellotto al ragazzo.
-No! Sono solo coinquilini! Perdonatelo...- fece poi, rivolta ai ragazzi, che non risposero- Lui è Xerxes Break, il mio fratello adottivo.
I ragazzi salutarono timidamente Xerxes Break, che, dopo aver raccolto le ordinazioni, se ne andò sussurrando a Sharon un “per adesso...”. Tornò poco dopo con quattro tazze di the. Tre le dette ai suoi clienti, poi si sedette sul tavolo e iniziò a sorseggiare la quarta. Elliot e Leo erano molto confusi, Sharon pareva solo rassegnata e irritata.
-Break, scendi dal tavolo.
-Oh, andiamo, posso stare qui per un po’ a parlare con voi?- chiese lui, nel tono meno innocente immaginabile. Sharon sospirò e non fece nulla, gesto che lui interpretò come un “sì”.
-Allora... Leo Baskerville! Sharon mi ha parlato di te! Credo che alle medie avesse avuto una cotta per te...- disse, sempre con assenza di cortesia. Sharon arrossì e abbassò la testa con aria colpevole, mentre Leo si accese solo di un leggero colore rosa sulle guance- Ma io le ho sempre detto che non aveva speranza...- continuò Break, lanciando un occhiata complice a Elliot, che diventò di tutti i colori dell’arcobaleno.
-Cosa vorresti insinuare?- sibilò. Break ridacchiò e scosse la testa.
-Ah, beata gioventù... via, devo tornare a lavorare o mi licenziano in tronco anche stavolta. Ciao carissimi!
E si alzò, andandosene. I tre rimasero in silenzio per qualche secondo. Poi...
-Oddio scusate, scusate davvero tanto!- disse Sharon, rossissima- Non credevo che potesse arrivare a quei livelli! Oh, ma lo punirò tranquilli! Solo che... scusate, scusate!
-Tranquilla- la consolò Elliot, precedendo Leo, che si sorprese molto- Non importa... cioè, non nel senso che... insomma, lascia stare.
Sharon annuì.
-Però... chiacchierone, eh?- esordì Leo, sorseggiando il suo the.
-Dovrebbe incontrare Lotty- rincarò Elliot. Leo sorrise.
-Non si riuscirebbe a spiccicare parola, se si incontrassero.
Leo rise e anche Elliot ridacchiò, mentre Sharon, visto che non conosceva Lotty, non sapeva cosa ci fosse di tanto divertente. Dopo aver finito il the tornarono nel negozio di pianoforti per scegliere il fortunato. Dopo una mezz’ora di Odissea tra gli strumenti, venne scelto un semplice pianoforte verticale nero, unica concessione: un tralcio di lillà in bassorilievo a lato del pianoforte. Sharon, che scoprirono essere la vera proprietaria del negozio, pattuì per loro un prezzo assolutamente economicissimo, e i due uscirono dal negozio molto soddisfatti. Chiamarono Lotty che li raggiunse poco dopo e alla quale raccontarono tutta la storia, tralasciando i fraintendimenti di Break. Lei parve quasi più felice che avessero parlato con qualcuno piuttosto che del prezzo del regalo. Comunque, raggiunsero presto la casa, e Elliot subito informò la sorella del prezzo del regalo, che rispose “Sei sempre così tremendamente economico... fai qualcosa per farci arrabbiare, ogni tanto!” Elliot rimase turbato dalla strana risposta, ma era così felice per il regalo che senza accorgersene aveva già spento il computer. Elliot e Leo passarono l’intera serata seduti sul divano, vicini ma senza esagerare, a guardare un film.
-Elliot...- disse Leo dopo un po’, esitante. Elliot lo guardò- Secondo te perché  quel ragazzo ha frainteso?
Elliot arrossì.
-Bè... ecco... non so...
Leo sbuffò e tornò a guardare il film.
-Tranquillo, non mi aspettavo che tu avessi una risposta.
Elliot non sapeva come prenderla. In ogni caso, era turbato. Non sapeva effettivamente reagire a quello che aveva detto Break. Perché forse... in fondo, ma proprio in fondo, ma così tanto in fondo che Elliot non l’avrebbe mai ammesso... un po’ di verità c’era.






The Corner of the Mad Lady
Buonasera, cari! Scusate, ieri non ho potuto aggiornare perché ero a Siena, quindi lo faccio oggi, reduce da due tremende ore di ripetizioni. Comunque, questo capitolo mi lascia abbastanza stranita. Non so, quando lo rileggo sembra quasi scritto non da me... Non mi convince, affatto, ma non sono mai convinta di nulla di ciò che faccio, quindi non conta. È forse il primo capitolo ad avere un leggero stralcio di senso, o comunque qualcosa che sarà ricordato anche in altri capitoli, ovvero il pianoforte o Sharon e Break (che come è chiaro io non shippo perché sono follemente innamorata di Xerx). In ogni caso, fa la prima comparsa anche Vanessa, personaggio che amo torturare. Ebbene, non c’è molto da dire... spero che sia stato quantomeno piacevole, anche se in assenza di Lerion riceverò meno apprezzamenti espliciti del solito, vedo che la leggete, e la cosa mi rende felice! Goodciao, al prossimo capitolo, con Lotty e il pranzo di Natale!
Ps: il titolo è a dir poco tremendo, ma non sapevo che altro metterci...

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Capitolo 4
*** London's Problematic Christmas ***


London’s Problematic Christmas

Nella settimana che separava il momento della scelta del pianoforte al 25 dicembre non accadde molto. Ah già, accadde che Lotty, nella sua meravigliosa intraprendenza, decise che Elliot e Leo avrebbero dovuto passare il Natale con tante persone, soprattutto dopo aver saputo, con suo profondo rammarico, che la famiglia di Elliot non avrebbe potuto raggiungerlo a Londra. Nonostante i ragazzi tentassero ripetutamente di convincerla che non ce n’era affatto bisogno, lei era fermamente decisa ad organizzargli un Natale bellissimo. I due erano seriamente preoccupati per le cose che la mente malata di Lotty avrebbe potuto partorire in quella situazione. Si accorsero, collaborando per tentare di ignorarla, che erano diventati amici, quasi senza volerlo. La cosa tuttavia non passò inosservata a Lotty, che insistette ancor di più per fargli conoscere altre persone. “Vedete che se vi impegnate non siete così insopportabili!”. Questa era una delle frasi per cui Elliot e Leo risero talmente tanto da far raggiungere a Lotty sfumature impensabili di rossore. Forse per punizione, infatti, decise che al pranzo di Natale avrebbe invitato due sue amiche, cosa che turbò immensamente i giovani.
-Ti assomigliano?- chiese all’istante Leo quando venne a sapere la notizia. Lotty sospirò, sconsolata.
-Non molto... una soprattutto, non ha senso dello stile! L’altra invece ci tiene di più, ma è molto restia a farsi notare.
Elliot e Leo conclusero che sarebbe potuta andargli molto peggio. Ma anche con le due amiche di Lotty sarebbero stati pochi, quindi la ragazza li torturò affinché loro contattassero dei loro amici. Solo che non ne avevano, quindi dovevano andare a ricercare nei più profondi meandri di “persone incontrate nella vita” per far ottenere a Lotty gli invitati di cui necessitava. La prima candidata fu Sharon, della quale Leo poteva considerarsi amico e della quale Elliot aveva avuto un’ottima impressione, nonostante l’iniziale fraintendimento. Poteva andargli peggio. Lotty però, quando chiamò Sharon, aggiunse un pericolosissimo “porta chi vuoi”, che fece rabbrividire i ragazzi e che li distrusse quando arrivò la notizia che suo fratello sarebbe stato immensamente felice di venire e “pensate un po’, è anche il fidanzato di una delle mie amiche!”. Dopo aver ringraziato Lotty per l’essenziale informazione si scervellarono per trovare altri amici. La “salvezza” fu Vanessa, che inviò un’e-mail a Elliot dicendo che i suoi due fratelli, Gilbert e Vincent, sarebbero stati a Londra per Natale, e chiaramente Lotty subito li chiamò per invitarli. Gilbert all’inizio rifiutò, guadagnandosi il rispetto di Elliot e Leo, ma poi per un motivo misterioso accettò, e chiaramente anche Vincent sarebbe venuto. Lotty poteva dichiararsi soddisfatta, ma il destino aveva proprio voglia di farle superare le proprie aspettative, poiché Leo ricevette un messaggio da un certo Oz Vessalius, che l’organizzatrice della festa scoprì essere l’”amico” comune che aveva proposto la loro coabitazione. E come non invitare la persona che aveva dato inizio a tutto?! Fu così che anche Oz Vessalius e sua sorella Ada furono nella comitiva. Si prospettava un Natale decisamente curioso. La sera della vigilia si trovarono insieme a cena da Lotty solo loro tre, e la ragazza si dichiarò così entusiasta di conoscere gli sviluppi del giorno seguente che i due non ebbero cuore di dirle che loro si sarebbero appiccicati al pianoforte e non se ne sarebbero staccati per nulla al mondo. Era oltre mezzanotte quando finalmente la ragazza li liberò e li lasciò andare a casa loro, al piano di sopra. Entrarono, e furono avvolti dal consueto silenzio che avvolge le case quando fa buio. Elliot andò a chiudere le tende delle finestre, e vide che nevicava. Gli ospiti sarebbero arrivati a mezzogiorno, il giorno seguente. I ragazzi andarono a dormire, e Elliot aveva quasi chiuso la porta della sua stanza quando sentì un sussurrato “Buon Natale, Elliot”. Sorrise.
-Buon Natale anche a te, Leo.
Il giorno dopo si svegliarono verso le undici, e notarono, con immenso terrore, dei vestiti appoggiati sul divano accompagnati da un bigliettino di Lotty. Diceva: “Buon Natale, ragazzi! Questi sono i vestiti che dovete, sì, dovete mettervi per il pranzo di oggi. Vi ricordo che dovete essere perfetti perché il pranzo si farà da voi! Baci, Lotty.
Ps: godetevi il vostro pianoforte nuovo! ;)”
I ragazzi subito si guardarono intorno e videro il pianoforte prescelto appoggiato al muro ad un lato della stanza. Leo si lasciò sfuggire un gridolino di gioia e corse a sedersi sul panchetto del pianoforte e lo aprì. C’era un biglietto anche lì. “Buon Natale Elliot e coinquilino di Elliot! Il pianoforte è già stato accordato! Vanessa, Ernest, Claude”. Elliot fece una smorfia di disappunto a leggere “coinquilino di Elliot”, cosa che invece il suddetto coinquilino giudicò di una comicità disarmante. Dopo aver posato il biglietto sul pianoforte, Leo iniziò a suonare una semplice scala, trasalendo quando raggiunse il re dell’ottava sotto a quella centrale.
-Mh... qui è scordato...
-Davvero? Fai sentire, dopotutto il pianoforte è anche mio- disse Elliot, e Leo gli fece spazio sul panchetto. Elliot fece una scala a sua volta, e constatò che quel re era effettivamente un po’ scordato. Sospirò.
-Peccato... vabbè, abbiamo un pianoforte!
Sorrise, sorrise luminosamente, cosa che portò Leo a fare lo stesso, sia per la gioia che per la profonda sorpresa nel vedere l’amico sorridere.
-Ho voglia di suonare qualcosa!- dichiarò risoluto Leo, poi si voltò verso Elliot- Conosci dei pezzi a quattro mani?
-Un paio...- rispose Elliot. Per fortuna uno dei due lo conosceva anche Leo, e fu con quello che inaugurarono il loro pianoforte di lillà con il re basso scordato. Quando il pezzo finì si applaudirono a vicenda, e decisero che dovevano cambiarsi, perché mancava poco più di mezz’ora all’arrivo degli intrusi. Avevano passato tutta la vigilia di Natale ad elaborare un piano per liberarsi di loro senza attirare i sospetti di Lotty. Le idee erano state bocciate tutte, quindi sarebbero andati a braccio. A detta di Leo, a Elliot riusciva molto facile essere insopportabile, e a detta di Elliot, Leo non avrebbe nemmeno avuto bisogno di recitare. Con questi amichevoli pensieri in testa si misero i vestiti che Lotty aveva scelto per loro. Per entrambi dei sobri pantaloni neri, e per Elliot un maglione viola scuro mentre per Leo uno azzurro cielo. Non erano nulla di imbarazzante, eccetto delle corna da renna per Elliot e un cappello da Babbo Natale per Leo, cose che finirono all’istante nel cesto della spazzatura. Scesero e trovarono una Lotty agitatissima. Portava un vestitino rosso bordato di pelliccia bianca e un cappellino da Babbo Natale. A lei donava, però. Appena li vide li inquadrò con le dita.
-Bene, molto bene. Onestamente non mi ero aspettata che indossaste gli accessori... ah, ecco, il mio regalo di Natale per voi!
E gli allungò un pacchetto. I ragazzi lo fissarono, sorpresi.
-Ma... Lotty... tu ci hai già regalato il pianoforte...- disse Elliot, aprendo il pacchetto. Conteneva un libro di pezzi per pianoforte a quattro mani. La ragazza si strinse nelle spalle.
-Questa è una cosina complementare, sennò vi scannate per decidere chi suona.
Entrambi sorrisero, poi Leo le porse un pacchettino rosa, che lei aprì con foga.
-Per me?! Ragazzi, non dovevate!- diceva, mentre selvaggiamente strappava la carta. Appena il pacchetto ormai martoriato rivelò il suo contenuto la ragazza lanciò un grido così acuto che probabilmente aveva raggiunto gli ultrasuoni, in un paio di momenti- OMMIODDIO, ma è il profumo che voglio da una vita! Costa una cifra esorbitante!
Li strinse in un fortissimo abbraccio che stritolo tre o quattro costole al povero Leo. In fondo, anche se era una ragazza un pochino strana, Lotty voleva davvero solo il loro bene. Subito si spruzzò il profumo, che per la cronaca era davvero costato tantissimo, e li informò che probabilmente gli invitati non avrebbero portato regali.
-Gli ho detto che non importava, tanto voi non avete preparato nulla per loro, vero?
-Tranquilla, va benissimo così- la rassicurò Leo- Nel senso... Elliot, come te le cavi con le prime letture?
-Devo ammettere bene- replicò Elliot, capendo all’istante dove voleva andare a parare l’altro- Abbastanza per offrire un concerto dal vivo agli ospiti.
-Non lo dimenticheranno mai!- continuò Leo- Uno splendido concerto dal vivo in una casetta di Londra eseguito con un pianoforte che ha un re scordato!
Lotty ridacchiò, ma poi gli disse di ricomporsi per gli ospiti che sarebbero arrivati di lì a poco. Infatti pochi secondi dopo suonarono il campanello e Lotty, aprendo la porta vide Sharon che la salutò con cortesia.
-Salve, sono Sharon Rainsworth. Tu devi essere Lotty Baskerville, giusto?- disse. Lotty non rimase affatto a disagio dalla cortesia mostrata dalla ragazza, ma le rispose con molto calore invitandola ad entrare. Sharon indossava un elegante vestito rosa dalla foggia semplice, stretto in vita, con una stola di pelliccia (“sintetica, ovviamente!”) che le copriva le spalle. Li informò che Break sarebbe arrivato dopo con la sua ragazza. In quell’istante il campanello suonò di nuovo, e Lotty corse ad aprire e abbracciò la ragazza sulla soglia, poi fece entrare lei e i due ragazzi con lei: Gilbert e Vincent, fratelli adottati di Elliot. Gilbert e Elliot si salutarono senza mostrare particolare calore, mentre Vincent lo abbracciò con tanta forza da fare quasi invidia a Lotty. La ragazza si chiamava Lerion, indossava una giacca viola con una pelliccia, una gonna nera tipo di velluto e scarpette nere con delle calze blu notte. Il look le donava molto, visti anche i capelli color miele che risaltavano sul viola della giacca e il colore degli occhi, sempre ripreso dalla giacca. Gilbert portava giacca e pantaloni neri e una sciarpa con un motivo scozzese tendente al blu-verde, e Vincent portava giacca e pantaloni bianchi e una camicia con un motivo scozzese rosso. A giudicare da come si comportò la ragazza con loro, Elliot e Leo conclusero che lei era quella che non amava mettersi in mostra. Sia lei che Gilbert, il suo ragazzo, uno dei motivi della gioia di Lotty, infatti, sembravano voler sempre stare nell’angolino più buio della stanza, per quanto Lerion sembrava aver avuto un’ottima impressione di Sharon, tanto che poco dopo si mise a chiacchierare con lei. Una decina di minuti dopo il campanello suonò di nuovo, e Lotty aprì di nuovo la porta. Evitando ogni accoglienza entrarono due figuri: uno era Break, che indossava una giacca bianca rifinita di lilla, dei pantaloni neri e degli strani stivali aperti bianchi, una era una ragazza con i capelli castani mossi che le coprivano l’occhio destro, facendo però vedere il sinistro di una strana sfumatura tra il grigio e l’azzurro. Aveva un lunghissimo cappotto nero con delle maniche che erano proporzionalmente davvero troppo lunghe. Il cappotto aperto scopriva un semplice vestito blu notte, e gli stivali alti erano neri anche come il vistoso cilindro con una striscia di seta blu che era piazzato sui suoi capelli. Dopo essersi attirata i rimproveri di Lotty per essersi messa quel cappotto sopra un vestito così carino e i suoi complimenti per la scelta del suddetto vestito entrò in stanza insieme a Break. Ok, lei era l’altra amica. Si presentò come Leahia. Nell’istante in cui disse il suo nome suonarono di nuovo. Lotty andò ad aprire, e si presentarono altre due persone. Uno era Oz, e l’altra sua sorella, Ada. Oz era vestito come al solito, mentre Ada portava un abito a balze giallo girasole con sfumature arancioni. Finalmente Lotty chiuse definitivamente la porta e cinguettando invitò tutti a salire. Salendo le scale Elliot e Leo si domandarono quando mai avessero accettato di far svolgere il pranzo in casa loro. Ciononostante, avendo apparecchiato la sera prima, era tutto perfetto. Le persone si sistemarono al tavolo, formando un gruppo relativamente vociante grazie a Vincent e Lotty, i quali parvero avere sviluppato un intenso interesse reciproco. Comprensibile, visti gli abbondanti cinque minuti di conoscenza. Prima del pranzo, la ragazza giudicò che era necessario rifare le presentazioni.
Lotty: Direi che possiamo cominciare dalle persone che gentilmente ci ospitano in questa casa.
Elliot: *guarda Leo con uno sguardo eloquente*
Leo: Io sono Leo, lui è Elliot, il mio coinquilino, e lei è Lotty, la maledetta organizzatrice di quest’evento. È tutta colpa sua.
Lotty: Leo! Che cosa voleva dire l’ultima frase?!
Leahia: Voleva dire, cara, che gli hai arrecato fastidio sfogando su di loro i tuoi istinti civettuoli.
Lerion: Come dice Leahia.
Gilbert, Break, Oz: Concordo.
Lotty: ALCUNI DI VOI NEMMENO MI CONOSCONO!
Presentazioni generali.
Vincent: A parer mio arrecate un torto a questa povera damigella. Lei voleva solo farvi piacere.
Lotty: Ecco, vedete? Lui sì che è un gentiluomo!
Sharon: Vincent ha ragione. State esagerando...
Ada: Sono d’accordo. Tu sei Sharon, vero? Ecco, credo che dovremmo conoscerci meglio.
Sharon: Ti piacerebbe andare a prendere il the qualche volta?
Ada: Adoro il the!
Lerion: The? Dove the? Mio the!
Leahia: The? Dolci!  Miei dolci!
Oz: Ragazze, non state prendendo tutto un po’ allegramente?
Gilbert: Disse quello...
Lotty: Ok, pare che abbia assortito un ottimo gruppo di persone *soddisfatta si sé* Soprattutto qualcuno... *occhiata a Vincent*
Lotty si alzò e dichiarò di voler scendere in cucina a prendere gli antipasti, lasciando da soli tutti gli invitati e gli sventurati padroni di casa. Eccetto Lerion e Gilbert, che parlavano solo ogni tanto e solo a Leahia e Break, anche Ada sembrava molto in imbarazzo. Soprattutto, osservava intimidita e incuriosita Elliot. Leo notò questo comportamento insolito.
-Va tutto bene?- le chiese, forse un po’ bruscamente. Ada trasalì, ma sorrise al ragazzo.
-Sì, va tutto bene. Scusa, ero distratta...
Elliot, a vedere quei due chiacchierare, sentì una specie di stretta allo stomaco e distolse in fretta lo sguardo, giudicando molto interessante il vassoio di crostini che Lotty aveva gentilmente portato in tavola.
-Ma peserà moltissimo! E tu hai fatto tutte quelle scale con questo vassoio?- disse Vincent, costernato. Lotty sorrise ed annuì. Sedendosi passò vicino ad Elliot.
-Elliot, adoro tuo fratello.
Elliot sbuffò rassegnato, prese la forchetta e iniziò a tracciare cerchi sul proprio piatto, gettando occhiate in tralice al resto della tavola. Il fatto che mancasse il the aveva arrecato un leggero disappunto a Lerion e Leahia, che comunque si arresero e presero a mangiare. Oz, completamente da solo, aveva attaccato una carola natalizia, forse conscio del fatto che non importava a nessuno.
-È tutto squisito!- si complimentò Sharon.
-Già! L’hai fatto da sola?- domandò Oz a Lotty.
-Ovvio. Credete forse che questi due mi diano una mano?- mentì la ragazza, indicando Elliot e Leo. (Lotty non sapeva mettere una pentola sul fuoco, e il pranzo era stato offerto dal ristorante vicino) Leo, intanto, aveva smesso di parlare con Ada e aveva ingaggiato una lotta di forchette con Elliot. I ragazzi al commento di Lotty si voltarono.
-Questi due hanno degli esami per cui studiare...- replicò Elliot, tornando alla lotta di forchette. Aveva praticamente ucciso quella di Leo.
-Ma se ogni volta che entro state a leggere!- rispose Lotty, sbuffando contrariata.
-Vedi di entrare nei momenti giusti, allora- continuò Leo, tentando invano di liberare la forchetta dalla ferrea presa di quella di Elliot. Alla battuta di Leo, Ada ridacchiò, distraendo Elliot, che lasciò la forchetta facendo sì che Leo potesse abbatterla definitivamente.
-Hai perso!- disse il moro, esultante. Elliot lanciò un’occhiata di fuoco alla Vessalius, che chinò il capo imbarazzata. L’aveva fatto perdere. Era tutta colpa sua. Posò la forchetta con veemenza e dichiarò che sarebbe sceso per prendere i primi.
-No, vado io!- lo interruppe Lotty, facendogli l’occhiolino- Voi dovete regalare un’esibizione ai nostri ospiti...
Tutti gli ospiti si voltarono verso di loro, che rassegnati si diressero al pianoforte, aprendo il libro che gli aveva regalato Lotty. C’erano molti bei pezzi, e ne scelsero uno dei più facili perché non avevano mai provato prima, cosa che non mancarono di ricordare. Ciononostante, iniziarono a suonare, e tutta la sala tacque di colpo. Non che i due se ne accorgessero, persi nelle note e nei movimenti dell’altro che erano sempre curiosamente complementari ai propri. Una cosa soprattutto era curiosa: Leo, che suonava la parte grave del pezzo, si accorse che il re scordato non si sentiva. Fece un mezzo sorriso, quando il pezzo si concluse, e le altre nove persone, perché era tornata anche Lotty, presenti nella stanza, scoppiarono in un applauso sincero. Leo gettò uno sguardo a Ada, che guardava Elliot completamente intontita, e la sua espressione si indurì.
-Davvero non avevate mai provato?- si informò Sharon, esaltata.
-Davvero- confermò Lotty al loro posto- Quel libro gliel’ho regalato io un’ora fa.
-Wow! Io ci metto almeno tre ore a saper suonare un pezzo!- disse Leahia, ammirata. I due sorrisero e seppero che anche lei suonava il pianoforte, anzi, strimpellava, a sua detta, ma non ottennero di farla suonare. Quando i due si sedettero, Ada subito si rivolse a Leo.
-Siete stati bravissimi!- si complimentò, felice. Leo la guardò leggermente irritato e si voltò. Elliot non aveva notato l’espressione dell’altro, ma solo che aveva parlato di nuovo con la Vessalius, e si rifiutò un’altra volta di guardare l’amico, che non ne capiva il motivo. Il primo passò, con Vincent e Lotty che flirtavano spudoratamente, Elliot e Leo che evitavano con decisione di guardarsi a vicenda e soprattutto di guardare Ada, Oz che cantava imperterrito, Leahia che insieme a Break ammirava la fattura dei coltelli e Sharon che intratteneva una pacata conversazione con Lerion e Gilbert. E così, nell’intermezzo tra il primo e il secondo, Elliot e Leo suonarono un altro paio di pezzi e Vincent raccontò qualche divertente aneddoto su Gilbert, cosa che divertì moltissimo tutti eccetto Gilbert, Lerion e Sharon, le ultime due sempre intente a difendere la giustizia nel mondo. Elliot e Leo si stavano annoiando a ignorarsi a vicenda, così, di sorpresa, ripresero il divertente duello con le forchette.
-Andiamo, sembra che abbiate tre anni!- li rimproverò Lotty.
-Se ti dicessimo che duellare con le forchette aumenta notevolmente le capacità cognitive?- la rimbeccò Leo, come prima in svantaggio.
-Non ci crederei!- rispose piccata Lotty.
-Faresti bene- concluse Elliot. Lotty era offesa e si consolò correndo in braccio a Vincent, che la accolse senza riserve. Lerion iniziava ad avere freddo, e Gilbert la strinse molto timidamente a sé. Erano carini, come giudicarono senza tatto Break e Leahia, anche se la ragazza si lamentava di morire dal caldo. Ada e Sharon chiacchieravano fra sé, e Oz, stanco di cantare e essere ignorato, aveva tentato di attaccare bottone con Elliot e Leo.
-Ragazzi, allora vi trovate bene in questa casa?
-Sì- rispose Elliot, ansioso di chiudere la conversazione. Oz però non desistette.
-E... come va a scuola?- continuò.
-Sì- rispose Leo, completamente distratto dalla clamorosa sconfitta che stava subendo. Oz sbuffò.
-Eddai, basta! Insieme ci state a giornate intere, almeno a Natale socializzate.
-Ma noi stiamo socializzando!- protestò Elliot, stendendo la forchetta di Leo.
-Tra noi!- precisò Leo di malumore per la sconfitta.
-Ho già detto- fece piccato Oz- Che insieme ci state già!
I ragazzi arrossirono all’ambiguità dell’osservazione, cosa che invece l’osservatore non sembrava avere intenzione di far pesare. Sospirarono, e Leo iniziò alla fine a discutere con Oz, mentre Elliot annuiva meccanicamente. Fortunatamente poco dopo la conversazione fu interrotta da un grandioso pollo arrosto fumante, che tutti mangiarono con avidità. Alla fine erano talmente pieni da scoppiare, e informarono Lotty che il dolce avrebbe aspettato. Appena ebbe la forza di parlare, Ada parlò a Leo.
-Mi sono divertita molto, e il pranzo era eccellente!- disse, sorridente. Leo, sforzandosi di dimenticare gli sguardi che la ragazza aveva lanciato ad Elliot, rispose con gentilezza. Elliot per l’ennesima volta inaugurò lo sciopero del silenzio.
-Leo...- disse Ada, piano- Ma perché Elliot non mi parla?
-Non lo so- rispose il ragazzo, tagliente- È così importante?
Ada non rispose. Non capiva perché erano entrambi così scortesi con lei, che avrebbe voluto parlare un po’ con Elliot. Era carino, lo voleva conoscere. Leo si voltò verso Elliot.
-Ada chiede perché non parli con lei. Perché non parli con lei?- gli disse, tranquillo.
-Non voglio- rispose semplicemente Elliot, freddo. Leo si accorse della freddezza nel tono di Elliot.
-Mi sto annoiando a morte... ho voglia di uscire...
-Anche io...- sospirò Elliot, abbandonandosi sullo schienale della sedia.
-Se Lotty ci sentisse ci ucciderebbe, con quanto la facciamo penare quando vuole farci uscire...- sorrise maligno Leo. Elliot non si concesse più di un sorrisetto e un cenno del capo ad indicare che era d’accordo. Tanto, l’unico divertimento della stanza era Leo, e non poteva parlare solo con lui. Ma voleva seriamente che il pranzo finisse in fretta, così disse a Lotty di portare il dolce e, appena finito, sperò che tutti se ne andassero. Cosa che non successe subito, almeno non del tutto. Se ne andarono Oz, Ada e Sharon, ma rimasero gli altri giù da Lotty. Tuttavia, la casa di Elliot e Leo era di nuovo vuota. A velocità lampo i ragazzi sparecchiarono, e tutto assunse il solito aspetto che aveva di solito, coronato dal pianoforte nuovo. Alla fine del lavoro i ragazzi sospirarono e si gettarono sul divano.
-Finalmente...- disse Leo stendendosi.
-Non ne potevo più...- continuò Elliot, stendendosi al contrario. Rimasero fermi sul divano per una mezz’ora, tentando di captare i rumori della conversazione che si teneva al piano di sotto. Il silenzio era il loro modo preferito di comunicare. Non richiedeva sforzo o concentrazione, ma per qualche oscuro motivo riuscivano quasi sempre a capirsi. Il silenzio fu rotto da una risata particolarmente acuta al piano di sotto, che li fece sussultare.
-Hai ancora voglia di uscire?- chiese Elliot a Leo, che annuì. Si alzò e mise la giacca, e un momento dopo erano entrambi fuori, nell’aria fredda di dicembre e sotto la neve bianca. Era uno di quei Natali da film, da cartolina. Quello che gli innamorati adorano, e per qualche motivo Elliot arrossì a quel pensiero. Camminarono parlando ogni tanto, senza esagerare. Parlare li distraeva dai loro pensieri. Solo d0po un po’ iniziarono a parlare davvero.
-Senti... ma tu avevi già incontrato Ada da qualche parte?- chiese Elliot, nascondendo il proprio rossore con la sciarpa.
-No, mai. E tu?
-Figuriamoci! Te l’avevo chiesto perché avete parlato per tutta la durata del pranzo...- ribatté Elliot, serio. Leo si irritò.
-Mpf. Non è vero. E poi scusa, che te ne frega?
Eccome se gliene fregava. No, non avrebbe ammesso il motivo, ma eccome se gli importava. Si nascose ulteriormente nella sciarpa.
-Nulla. Era solo curiosità.
-E poi- continuò Leo- quella lì non ti ha mai levato gli occhi di dosso.
Elliot lo guardò, un po’ stranito. Era la sua immaginazione o c’era una punta di qualcosa nella voce di Leo? Di... gelosia? No, non poteva essere.
-Non me ne sono accorto- rispose Elliot sinceramente. Leo sospirò e ebbe un brivido.
-Hai freddo?- chiese Elliot, leggermente preoccupato. Leo scosse la testa, ma visto che Elliot lo guardò con lo sguardo della serie “non prendermi in giro so già la risposta ma devi dirlo ad alta voce perché mi vergogno ad essere gentile”. Annuì. Solo che in quel caso Elliot non sapeva che fare. Passarono davanti ad un negozio di abbigliamento miracolosamente aperto.
-Aspettami qui- annunciò Elliot. Forse Leo aveva intuito ciò che l’amico aveva intenzione di fare, perché formulò un paio di spezzoni di domande, che furono bellamente ignorate dall’altro, dato che entrò nel negozio. Ne uscì venti secondi dopo con una sciarpa scura, forse viola, che lanciò all’altro. Leo la indossò all’istante e sospirò di sollievo.
-Grazie...- sussurrò, stringendosi nella giacca. Elliot arrossì.
-Ma figurati. Consideralo... un regalo di Natale.
-Ma io non ti ho regalato nulla!- protestò Leo. Non era da lui, se poteva fare lo strafottente lo faceva. Eppure perché in questo caso non l’aveva fatto?
-I regali non richiedono contraccambi, altrimenti non sarebbero regali- replicò Elliot, facendo un mezzo sorriso che l’altro non notò, troppo occupato ad affondare nel calore morbido della sciarpa nuova. Passarono il pomeriggio a chiacchierare beati, e verso le cinque decisero di rientrare a casa. Arrivarono alla porta mentre uscivano le persone che erano rimaste dopo il pranzo, che li salutarono gentilmente. Prima che se ne andassero, però, Leahia passò vicino ad Elliot.
-Ottima scelta quella sciarpa. Tranquillo, gli piaci.
Elliot arrossì fino alla radice estrema dei capelli e si voltò per chiedere spiegazioni che non servivano, ma lei e Break erano già scomparsi nel nulla. Vincent stava ancora parlando con Lotty sulla soglia e Lerion e Gilbert parlavano pacatamente con Leo. Quando anche la seconda coppia se ne andò, Lerion passò vicino a Leo.
-Sai, potresti farlo anche subito. Non credo che rifiuterebbe.
Leo si voltò di scatto, ma lei e Gilbert già stavano allontanandosi. I ragazzi, turbati dalle enigmatiche frasi delle amiche di Lotty, entrarono nel palazzo spostando con malgrazia Vincent.
-Ehi, non trattate così il mio ragazzo!- li rimproverò Lotty. I ragazzi non parvero per nulla sorpresi dalla dichiarazione di Lotty, e si limitarono a rispondere “Congratulazioni”, aprendo la porta del loro appartamento.
-Quanto ci avresti scommesso?- domandò Leo ad Elliot, posando la giacca ma non la sciarpa.
-Tanto- rispose Elliot, comprendendo che erano Lotty e Vincent il soggetto della domanda. Leo si sedette sul divano, avvolgendosi nella sciarpa.
-Ma è morbidissima... quanto l’hai pagata?- chiese ad Elliot, sedutosi sulla poltrona vicina.
-Non posso mica dire il prezzo di un regalo!- protestò Elliot. Leo sorrise.
-Se tu fossi uno qualunque mi sentirei in colpa per non aver ricambiato il gesto, ma dato che sei tu non lo faccio.
Elliot arrossì leggermente e si mise a sedere sul divano, vicino a Leo. Accese la tv su un canale a caso e insieme guardarono un noioso film natalizio. Elliot ripensava incessantemente alle parole di Leahia: “Tranquillo, gli piaci”. Non sapeva come reagire. Se anche lui avesse provato qualcosa per Leo, come faceva quella ragazza ad esserci arrivata in tre ore se lui non l’aveva fatto in tre mesi? Troppo difficile, troppo difficile. Ma in effetti, oggettivamente, si accorse che provava per Leo qualcosa di più grande dell’amicizia. Se ne accorse arrossendo, guardando Leo strusciarsi soddisfatto contro il suo regalo di Natale.






The Corner of the Mad Lady
Salve, popolo! Lo so, sono in ritardo con l’aggiornamento, ma non avevo voglia di aggiornare la storia e questo capitolo è più lungo degli altri, quindi dai, l’attesa è stata ripagata. In questo capitolo entrano in scena Leahia (ovvero ovviamente io) e Lerion, la mia carissima maledizione lepre maledetta migliore amica. Lerion e Leahia ricompariranno nei prossimi capitoli, perché mi diverte utilizzarle, in quanto amanti della coppia ElliotxLeo "in real life". Spero che la cosa non vi dia fastidio, se sì ditemelo, troverò una soluzione. Altra precisazione, a me di norma piacciono Vincent e Ada insieme, ma Ada mi serviva per far ingelosire Elliot e Leo e questa Lotty la vedevo troppo con Vince.  Ebbene, mi rendo conto che questo capitolo sia un po’ un mattone rispetto ai precedenti, e che non sono brava a gestire tanti personaggi tutti insieme (ad esempio non avevo la più pallida idea di dove infilare Oz), ma spero che comunque vi sia piaciuto. Credo che dovrei mettere OOC tra le note, però... ogni volta che rileggo questa storia i personaggi mi sembrano tanto diversi dagli originali... eppure di solito riesco a mantenerli bene... mah, non so. Va bene, alla fine di queste note spropositatamente lunghe vi saluto e ci si rivede chissà quando con il primo capitolo dell’anno nuovo!

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Capitolo 5
*** London's Problematic Dates ***


London’s Problematic Dates

Quel giorno Elliot e Leo avevano abbandonato gli studi ancora prima del solito, perché avevano deciso di prendersi il mese di Febbraio quasi di vacanza, senza un motivo. Così, si sedettero e leggere. Elliot tentava sempre di discostarsi leggermente da Leo, poiché aveva capito, un po’ di tempo prima, che era seriamente sul punto di farselo piacere, e non voleva. Ma come spesso succede più ti impedisci una cosa più quella fa in fretta ad accadere. Quindi i ragazzi erano diventati, grazie solo alla reciproca conoscenza, oltre che migliori amici, affiatatissimi. Stavano sempre insieme, e appena potevan0 litigavano, ma le litigate erano così poco importanti rispetto al resto... così anche quel giorno Elliot e Leo stavano leggendo, ignari della seria discussione che avveniva in casa di Lotty, pochi metri più sotto. La ragazza, infatti, era stata contattata da Lerion e Leahia, che le avevano proposto di uscire a fare un giro con Elliot e Leo. Una richiesta molto insolita.
-Come?- domandò Lotty confusa, posando la sua tazza di the.
-Sì, vogliamo che tu e Vincent usciate con Elliot e Leo- ripeté Lerion, sorseggiando il suo the dalla poltrona davanti a Lotty.
-E per quale motivo?- insistette Lotty. Leahia, da appollaiata sullo schienale del divano, sospirò.
-Un test- rispose semplicemente. Lerion le lanciò un’occhiata di fuoco, poi si voltò di nuovo verso Lotty, che ci stava capendo sempre di meno.
-Andiamo- la esortò- ti stiamo chiedendo di uscire con il tuo ragazzo, suo fratello e tuo cugino. Non mi pare chissà che sforzo!
Lotty rimase pensierosa per qualche secondo, nei quali la porta di una camera si aprì, facendo spuntare una bimba sui dieci anni con i capelli arancioni e dei grandi occhi blu. Aveva un tatuaggio rosso sulla guancia destra. Era Lily Baskerville, sorella minore di Lotty. Come Lotty, Lily era stata in un circo, nel quale però erano stati molto cattivi con lei, arrivando a marchiarle a fuoco quello strano simbolo sul volto. Ma nonostante ciò, era la bambina migliore che si possa immaginare.
-Sorellona, non riesco a dormire se di qua fate tanto rumore!- disse, stropicciandosi gli occhi. Appena li aprì vide le altre due ragazze e le brillarono gli occhi.
-Lerion! Leahia!- disse, e corse in braccio e Lerion, che la abbracciò sorridendo.
-Ehilà piccola!- la salutò Leahia dall’alto del suo trespolo. Lotty sbuffò.
-Torna nella tua stanza, Lily- le ordinò, ma la bimba le fece la linguaccia e si sistemò meglio in braccio a Lerion.
-Io rimango qui. Di che stavate parlando?
-Come cucinare le bambine fastidiose- rimbeccò Lotty, offesa. Leahia ridacchiò.
-Su cara, tua sorella è l’unica bambina di questo mondo che sopporto, lei non vorrei proprio cucinarla- disse. Lily trasalì.
-Gli altri li mangi?- domandò, seria. Leahia la guardò come se la avesse appena chiesto “ma il cielo è blu?”.
-Ovvio che li mangio.
-Leahia, smettila di dire ca...cappellate- fece Lerion, guardandola arrabbiata. In ogni caso, Lily ottenne di riascoltare l’argomento di conversazione.
-Fallo sorellona! Che ti costa!- disse a Lotty, sgranando enormemente i pozzi oltremare che aveva nel viso. Lotty si morse il labbro. Diceva di non sopportare sua sorella, mentre invece era la sua unica debolezza. Sospirò.
-Va bene, lo farò.
Le altre tre esultarono di gioia, e Lotty dichiarò che sarebbe andata in cucina a preparare l’ennesima tazza di the per Lerion e Leahia. Appena uscì, Lily guardò Lerion.
-Ma perché lo deve fare?- chiese. Lerion decise che avrebbe potuto anche dirglielo.
-Perché io e Leahia vogliamo divertirci a guardarli.
Lily sorrise luminosamente e spalancò ancora di più gli occhi.
-Posso farlo anche io?- domandò. Lerion esitò.
-Ovvio che puoi, cara!- la rassicurò Leahia. Lily non era mai stata così felice. Decisero che quella sera stessa Lotty sarebbe andata a chiedere a Elliot e Leo di uscire, usando un qualunque mezzo. Anche il ricatto, concesse Lerion, e anche le minacce di morte, concesse Leahia. Non ce ne fu bisogno, però. Bastò essere più Lotty possibile per convincerli che sarebbe stato un pomeriggio divertentissimo. I ragazzi, quindi, accettarono l’invito, sperando di potersi estraniare o in ogni caso di poter fuggire dai due. L’incontro era previsto per il venerdì seguente. Quella sera era la sera della settimana nella quale Elliot scriveva a sua sorella Vanessa per tenerla aggiornata, e la informò di quest’uscita. Ora, Vanessa era molto sospettosa di natura, e estremamente gelosa di suo fratello, nonché, dal racconto di Gilbert e Vincent, preoccupata per l’influenza che Leo avrebbe potuto avere su di lui. Quindi, non ci volle molto a farle lampeggiare in testa l’idea che i due fossero più che semplici coinquilini, ed il chiaro desiderio di andare a vedere se i suoi sospetti erano fondati, anche se questo avrebbe significato partire da Edimburgo e raggiungere Londra. Scrisse velocemente ad Elliot tutta la sua gioia, e decise che sarebbe partita, a costo di dare buca a mille impegni. Ernest e Claude si mostrarono indifferenti alla situazione sentimentale del fratellino, e quindi non le restò che informare Gilbert, che rifiutò categoricamente di infilarsi in quella faccenda, e Vincent, che accettò con gioia l’infiltrazione e che la informò che per lui sarebbe stato più facile, visto che avrebbe presenziato come invitato ufficiale. E così Vanessa ottenne la sua spia. Le serviva però più di un collaboratore, ma non sapeva come ottenerlo. Fortunatamente (o sfortunatamente, questione di punti di vista) il destino le fu propizio come lo fu a Lotty per il pranzo di Natale, poiché Lily informò suo fratello Fang della situazione. Fang informò a sua volta Echo, sua cugina, ed entrambi erano d’accordo sulla sconvenienza del possibile rapporto extra-amichevole. Grazie all’aiuto di Vincent, ragazzo di Lotty e fratello di Vanessa, quindi punto di congiunzione tra le famiglie, Vanessa seppe di questa svolta interessante, ottenne l’indirizzo e-mail di Fang e decisero insieme che avrebbero fatto in modo che l’appuntamento finisse male ad ogni costo. E così il venerdì seguente, all’insaputa dei due poveri coinquilini e della loro ingenua padrona di casa, c’erano tre sabotatori, due stalker e due curiosi. L’idea delle stalker era quella di mandarli in giro e poi al luna park che si sarebbe fermato lì per qualche giorno e vedere come si sarebbe sviluppata la faccenda. I tre sabotatori sarebbero ricorsi a qualunque trucco sporco per eliminare ogni sospetto di quello che avevano chiamato “l’Impensabile” , quella dei curiosi era... bè, curiosare, quella di Lotty era di divertirsi e quella di Elliot e Leo combaciava inaspettatamente con quella dei sabotatori. E nessuna delle categorie conosceva scopi o presenza delle altre. Una situazione che doveva essere imbarazzante e molto divertente, vista da un esterno. Lerion aveva convinto Leahia a vestirsi meno eccentricamente, ottenendo incredibilmente di sostituire il vistoso cilindro con una più piccola mollettina e il lungo cappotto con una giacca. Nessuno era mai riuscito in quella impresa, ma quella era un’eccezione così grande che ne valeva la pena. La squadra delle stalker più una curiosa camminava tranquillamente a volto scoperto, seppur a debita distanza, dato che Elliot e Leo non le avrebbero riconosciute avendole viste una volta sola. I sabotatori dovevano stare più nascosti, perché Vanessa era arrivata da Edimburgo, e Elliot si sarebbe sicuramente insospettito a vederla così lontano da casa, e i Baskerville venivano da Cardiff, quindi stesso discorso. Il curioso del gruppo invece era obbligato a stare in bella mostra, non che la cosa gli dispiacesse. I tre ignari passeggiavano tranquillamente, senza minimamente sospettare un così grande coinvolgimento nazionale.
-Vi state divertendo?- chiese Lotty dopo un po’ ai due ragazzi. Lei stava attaccata al braccio di Vincent, mentre i due erano pochi passi indietro, persi nei loro pensieri.
-Siamo partiti da cinque minuti. Credo sia presto per dare pareri- osservò giustamente Leo. Lerion e Leahia si scambiarono uno sguardo complice a notare che Leo indossava ancora la sciarpa che gli aveva regalato Elliot. Lotty sbuffò contrariata dalla poca loquacità dei suoi invitati.
-Andiamo, se proprio con me non ci volete parlare parlate tra voi!- protestò. Vanessa rabbrividì a quelle parole per paura che si potessero avverare. Con suo sommo disappunto, infatti, appena la ragazza dai capelli rosa si girò, iniziarono a confabulare, troppo piano perché qualcuno che non fossero loro stessi li potesse sentire.
-Senti...- disse Elliot- Mi sai spiegare perché abbiamo accettato di venire?
-Proprio non ne ho idea...- sospirò Leo.
-Ma continui a portare quella sciarpa?- chiese Elliot, arrossito leggermente. Anche Leo arrossì leggermente, cosa che ai sabotatori non piacque, anche se non sentivano il discorso. Lerion e Leahia, invece, essendo più vicine, avevano notato lo sguardo di Elliot posatosi sulla sciarpa dell’amico e avevano capito il senso del discorso.
-Lerion...- sussurrò Lily- Ma che stanno dicendo?
-Diciamo che...- provò a spiegare Lerion- si stanno confessando la propria simpatia.
Leahia ridacchiò a quell’affermazione, e Leo stava ancora cercando cosa rispondere a Elliot.
-È calda... è comoda...- spiegò il moro, distogliendo lo sguardo. A questo gesto i sabotatori si preoccuparono ulteriormente.
-Vanessa...- sussurrò Fang- Ma che stanno dicendo?
-Non ne ho idea ma non mi piace- rispose Vanessa, quasi sibilando. Dopo questo breve dialogo, Elliot e Leo tacquero per un po’. Ogni tanto Elliot guardava Leo con la coda nell’occhio. Era molto carino, le guance arrossate leggermente dal freddo, particolare che si notava vista la sua pelle bianchissima. Dopo aver pensato a queste cose si rimproverava mentalmente. Non poteva, non poteva! Gliel’avevano sempre detto, sempre da quando era bambino! Era un perversione malata, quella che lui provava. Se Vanessa l’avesse saputo, pensava. La stessa Vanessa che lo stava mangiando con gli occhi pochi metri dietro. Elliot e Leo, continuando a camminare, non si accorsero di essere stati raggiunti dalla coppia davanti a loro.
-Mi sembrate così silenziosi...- giudicò Vincent. Poi gli brillarono gli inquietanti occhi eterocromatici- Che ne dite se adesso io passeggio un po’ con mio fratello e Leo con sua cugina?
Vanessa ringraziò il cielo e la terra e ogni divinità esistente o meno esistente per la fortuna di poter collaborare con Vincent. Lerion e Leahia avevano gli occhi dardeggianti, quando i ragazzi, seppur sorpresi, acconsentirono all’idea. Poi Vincent iniziò a parlare ad Elliot, di modo che però lo sentisse solo lui.
-Dimmi la verità, Elliot- disse- A te sta simpatico Leo?
Elliot arrossì e ci mise un po’ ad elaborare la domanda. Se gli stava simpatico? Non era certo quello il problema, in quel momento!
-Ehm... certo. Sennò me ne sarei già andato, no?- gli rispose, confuso. Vincent sospirò teatralmente.
-Secondo te tu stai simpatico a Leo?
Elliot era ancora più confuso. Ma che domande gli stava facendo, suo fratello?!
-Direi di sì, altrimenti se ne sarebbe andato- “e non porterebbe ancora la sciarpa che gli regalai per Natale”. Vincent gli scompigliò i capelli con fare quasi compassionevole.
-Non prenderla male... è che mi preoccupo per te. Siete così profondamente diversi...
Elliot però si era distratto. Stava guardando il vuoto davanti a sé, pensando a cosa avrebbe fatto se Leo avesse deciso di andarsene. Gliel’avrebbe impedito ad ogni costo, quello era certo. Ma come? Una cosa che aveva imparato su Leo in quel tempo era che era tremendamente testardo. Ma ci sarebbe riuscito, oh sì che ci sarebbe riuscito. Si concentrò per sentire di cosa parlassero i due davanti, ma concluse che parlava solo Lotty, prevedibilmente. Due minuti dopo, Lotty dichiarò che il suo ragazzo era mille volte più simpatico del cugino, e riprese Vincent per il solito braccio per ricondurlo accanto a sé. Elliot e Leo, quindi, per il grande piacere delle stalker, tornarono accanto.
-Leo, ma io ti sto simpatico?- chiese Elliot. Leo lo guardò strano.
-Elly...
-Elliot.
-...ma che domande stupide mi fai?
Elliot arrossì, ma Leo non continuò. Semplicemente, distolse lo sguardo. Ovvio, Elliot sarebbe stato sciocco a pensare che Leo gli avrebbe risposto, ma quello equivaleva praticamente ad un sì. Sorrise soddisfatto e continuarono a camminare. Dopo un po’, però, Lotty decise che si stava molto annoiando a stare lì.
-Che ne dite se andiamo al luna park? È in questa zona e c’è solo per poco tempo!
I sabotatori si preoccuparono moltissimo. Brutto posto, il luna park, per quelli che loro consideravano “pseudo-coppia”, mentre le stalker gioirono.
-Lotty, abbiamo vent’anni. Non abbiamo l’età da luna park...- precisò Elliot. Lotty scosse la testa e batté un piede a terra.
-E invece io voglio andarci! Vince, mi ci porti?- disse poi, attaccandosi di nuovo a Vincent, che le sorrise.
-Ma certo che ti ci porto. Voi due fate come vi pare.
E così dicendo si voltò e si incamminò insieme a Lotty verso il luna park, lasciando dietro di sé Elliot e Leo, che decisero di seguirli. Li raggiunsero.
-Ah, adesso vent’anni non sono troppi?- scherzò Lotty quando vide che li avevano raggiunti all’entrata del luna park.
-Non avevamo nulla di meglio da fare...- rispose Leo. Entrarono in quel luogo brulicante di bambini esaltati e di ragazzi più esaltati dei bambini e di Lotty più esaltate di ragazzi e bambini messi insieme. Correva esagitata da un alto all’altro del piazzale centrale, mentre le squadre di spionaggio stavano poco distanti, attentissime agli sviluppi. Elliot e Leo erano fermi al centro di quella confusione, apparentemente pentiti della scelta eppure avvicinati per riflesso.
-VINCE!- gridò ad un certo punto Lotty- Mi porti sulle montagne russe?
Vincent annuì e si voltò verso gli altri due.
-Voi non venite?- domandò. Elliot si strinse nelle spalle e guardò Leo, che era sbiancato alla vista della giostra. Vincent sospirò e andò avanti, mentre Elliot dette una gomitata a Leo.
-Ehi, tutto bene?
Leo scosse la testa, deglutendo.
-Io lassù non ci vengo- disse deciso eppure esitante il ragazzo. Elliot lo guardò e ci mise qualche secondo per elaborare la questione.
-Soffri di vertigini?- gli domandò. Leo annuì, gli occhi fissi sulle montagne russe. Vincent e Lotty erano già avanti nella fila. Dovevano decidersi. Il che era un problema, perché Elliot adorava le montagne russe. I sabotatori erano felici che Elliot stesse perdendo la battaglia, perché questo voleva dire che avrebbero potuto seguirli, mentre le stalker erano abbastanza insoddisfatte.
-Tu vuoi salirci, vero?- disse Leo, inaspettatamente. Elliot lo guardò.
-Ehm... sì, abbastanza- confessò, muovendo nervosamente un piede. Leo prese due respiri profondi, poi distolse lo sguardo dall’alto per metterlo dritto davanti a sé.
-Ok, allora andiamoci- fece il moro, attirando lo sguardo sorpreso di Elliot- Da solo non ti ci mando, faresti troppa tristezza, e posso sopravvivere ad un giro. Perché ne vuoi fare uno solo, vero?
Elliot sorrise ed annuì, e i ragazzi si diressero alla biglietteria. I sabotatori erano terrorizzati. Leo aveva detto che avrebbe superato la propria paura pur di non lasciare Elliot da solo. Pessima, pessima cosa. Le stalker erano al settimo cielo. Leo aveva detto che avrebbe superato la propria paura pur di non lasciare Elliot da solo. Ottima, ottima cosa. Erano così felici che Lily propose di salire anche loro sulle montagne russe, e venne ricompensata da due sguardi di fuoco.
-Noi lassù non ci saliamo- dichiararono le ragazze, per poi tornare a spiare Elliot e Leo, che avevano preso il biglietto e erano saliti sul primo vagoncino. Leo tremava, e Elliot per rassicurarlo, si avvicinò a lui.
-Ascolta, ormai non puoi più scendere. Chiudi gli occhi e basta, ok?
Leo annuì e chiuse gli occhi, troppo spaventato per dire altro. La giostra partì, e all’istante Elliot si sentì stritolare il braccio dall’amico. Lui si stava divertendo un mondo, lo aveva sempre esaltato la velocità e l’altezza non gli faceva nessun effetto, nemmeno quando salivano lentamente. Quando il giro finì, Leo era del tutto schiacciato su Elliot, e quando il vagoncino si fermò aprì esitante gli occhi.
-Scusa!- disse, appena sceso- Ti ho fatto male?
-Hai solo bloccato la mia circolazione sanguigna nel braccio destro, va tutto bene.
Leo ridacchiò e Elliot sorrise sotto i baffi. All’amico tremavano ancora leggermente le gambe.
-Dove sono Vincent e Lotty?- domandò Elliot guardandosi intorno. Li vide, poco più avanti, che li aspettavano. Quando li raggiunsero Lotty scompigliò i capelli a Leo.
-Ma tu guarda, il mio cuginetto che ha superato la paura dell’altezza!- si complimentò.
-Non direi “superato”- la contraddisse Leo- direi piuttosto “temporaneamente messo a tacere”.
Lotty rise di gusto, ricordandogli quanto si stessero incredibilmente divertendo. Certo, nessuno si stava divertendo più delle stalker. I sabotatori un po’ meno.
-Ok- disse Echo. Non aveva mai parlato dall’inizio dell’appuntamento- Se è fattibile, nella prossima giostra nella quale vanno li raggiunge uno di noi tre e evita contatti.
Vanessa e Fang la guardarono ammirati.
-Ma scusa- si volle informare Vanessa- Non mi pare che tu abbia molto interesse a questa faccenda. Perché sei qui?
Echo si strinse nelle spalle.
-Me l’ha chiesto Vincent.
Decisero che non volevano indagare oltre. Fortunatamente la giostra che scelsero era uno di quei percorsi a ostacoli in una casa buia, e Fang fu il prescelto per entrare a controllare. I tre ignari e Vincent entrarono nella casa buia. Lotty trascinò subito avanti lei e il suo ragazzo, dichiarando che si sarebbero rivisti all’uscita, e lasciò di nuovo da soli Elliot e Leo.
-Leo...?- disse Elliot.
-Sì?- si sentì rispondere da un punto vicino a lui.
-Sei qui accanto, vero?- domandò. Si sentì afferrare la mano e la strinse, arrossendo.
-Sì, sono qui- rispose Leo. Iniziarono a camminare, scoprendo ben presto che il primo ostacolo era un pavimento di tappeto elastico, che superarono senza problemi. Fang entrò quando i due erano ormai a metà del tappeto, e cascò una ventina di volte prima di raggiungerli. La parte successiva consisteva in un tubo diviso in tre sezioni che ruotavano, quella al centro nel senso opposto delle altre due. Fu più complicato, caddero e si rialzarono ridendo come bambini di tre anni, ma superarono anche quella. Fang, giunto all’ostacolo, ebbe la brillante idea di correre che funzionò alla grande. La terza parte era illuminata: era un labirinto di vetri. Era snervante vedere l’uscita e non sapere come raggiungerla, ma era esilarante vedere l’altro accanto a sé per poi scoprire di essere in realtà divisi da un vetro. Elliot per poco non si fratturò il naso, un paio di volte, perché voleva uscire di lì senza mettere le mani avanti, come invece aveva fatto prudentemente Leo. Fang quasi li raggiunse, o almeno, credette di averlo fatto, ma sbatté dolorosamente contro un vetro, cadendo e senza nemmeno distrarre gli altri due. La quarta parte era di nuovo completamente al buio. Erano pannelli di pavimento che si muovevano. Leo rischiò di inciampare nel primo pannello e si aggrappò ad Elliot, che a sua volta si aggrappò al muro. Era praticamente Elliot da solo che faceva la giostra. Non sapeva come riuscisse ad essere concentrato, con Leo attaccato a lui, ma sembrava che il buio avesse interrotto l’importanza del contatto fisico. Certo, era emozionato, ma nulla di più. Fang era invece terrorizzato. Come avrebbe fatto lui a superare questa cosa? Tento di mettere un piede, poi un altro... una cosa alla volta... e chi se ne importava di quei due ragazzi, che facessero quello che gli pareva... Intanto Elliot, con i suoi pensieri in testa, si accorse di colpo che Leo aveva messo un piede nel posto sbagliato ed era caduto con un bel tonfo.
-Leo!- disse subito, e lo aiutò a rialzarsi. Appena fu in piedi scoppiò a ridere, contagiando anche Elliot.
- Dio, nemmeno i bambini cascano in questo gioco...- disse, tra le risate.
-Forse hai ragione, ma adesso usciamo. È quasi finita- rispose Elliot. Leo però si rifiutò di prenderlo di nuovo per il braccio, dichiarando che era chiaramente colpa sua, e volle proseguire da solo. Elliot raggiunse ovviamente per primo il terreno stabile. Il luogo successivo era un tunnel con delle luci rosse, e dopo c’era l’uscita. Elliot si voltò. In effetti, da quella prospettiva, il percorso appariva leggermente illuminato. Leo era poco dietro, che si teneva con forza al muro, camminando prudentemente.
-Forza, ce la puoi fare!- lo prese in giro Elliot.
-Ma vaffan... tu sai dove- rispose l’altro, troppo concentrato a vedere dove metteva i piedi per guardare Elliot. Elliot vedeva una figura nera dietro a Leo, ma non seppe riconoscerne l’ombra. L’amico era arrivato all’ultimo pannello, quando inciampò e si aggrappò alla prima cosa che trovò: Elliot. Adesso, quando si vedevano, era molto più imbarazzante, il contatto. Leo si era aggrappato alle spalle di Elliot. Quando alzò lo sguardo vide gli occhi dell’altro vicini ai propri.
-Sei inciampato- constatò Elliot. Non c’era traccia di sarcasmo o di scherzo nella sua voce. Leo annuì. Erano tremendamente vicini. E sì, ammetteva Elliot, voleva che si avvicinassero di più. Voleva annullare ogni maledetta distanza tra sé e lui. Lo voleva, lo voleva accarezzare, lo voleva baciare. E forse anche Leo lo voleva. Ma nessuno dei due aveva il coraggio di fare qualcosa. Erano fermi, a fissarsi negli occhi. Fang, intanto, era incredibilmente concentrato sull’immane difficoltà di quel marchingegno tremendo, e quei due erano in fondo alla sua lista delle cose importanti. Era giunto quasi in fondo, quando inciampò sui suoi piedi e cadde. Sentì appena di aver toccato un corpo. Leo venne spinto in avanti e trovò le proprie labbra su quelle di Elliot. Entrambi sgranarono gli occhi e si staccarono, rossi più dei vestiti che Lotty era solita portare. Elliot sentiva il cuore a centomila. Era stato per un secondo, un istante, un attimo talmente breve, ma si erano baciati. E sì, aveva sentito che Leo era stato spinto in avanti e non aveva agito di sua iniziativa, ma poco importava. Il profumo di Leo, che era stato così vicino a sé, era quello che gli riempiva la testa. Aveva annullato le distanze, seppure per sbaglio, seppure per un solo momento. Cosa doveva fare? Doveva far finta che non fosse successo nulla? Forse era la scelta migliore.
-Scusa- bisbigliò Leo, vicino a lui. Elliot sentì montare ancora di più il rossore.
-Nulla, figurati- rispose. In silenzio, troppo emozionati per ricordare di soccorrere Fang, uscirono dalla giostra, unica testimone silenziosa. Fang, intanto, era riuscito a rialzarsi, inconsapevole del danno combinato, ed era uscito dalla giostra quando i ragazzi avevano già raggiunto Lotty. Lui arrivò dalla sua squadra e subito Vanessa lo assalì.
-Allora? Che è successo? Quando sono usciti erano rossi come pomodori!
-Ma che ne so! Avresti dovuto esserci tu! Io torno a casa!- dichiarò, e se ne andò. Vanessa non capiva molto bene quello che stava succedendo, ma rimase sola con Echo. Le due stalker, invece, avevano concluso che il gioco da loro architettato aveva una fine scontata, e avevano accompagnato Lily a fare delle giostre, tanto c’erano. Elliot e Leo nemmeno si rivolgevano la parola, anche se cenarono tutti insieme in un ristorante lì vicino.
-Si è fatto tardi- disse Vincent guardando l’orologio, appena furono usciti dal ristorante- Dobbiamo tornare a casa.
Le proteste di Lotty per rimanere ancora in giro furono vinte, e i tre abitanti di Wellington Road tornarono a casa loro. Lotty salutò i due cinguettando, e entrò in casa propria. Elliot e Leo salirono silenziosamente le scale e silenziosamente entrarono nelle loro camere. Non si dissero nulla. Elliot si infilò sotto le coperte. Era stato, bene o male, il suo primo bacio. Era stato però molto diverso da come se l’era immaginato. Non sapeva cosa dire, né come reagire. Era troppo confuso. Quando si addormentò cadde in un sonno molto agitato e affatto riposante, che gli confuse ancora di più le idee.






The Corner of the Mad Lady
Salve! Eccomi con il quinto capitolo (ex sesto ma vabbè) di questa cosa! Il mio istinto di far fare qualcosa a quei due ha preso il sopravvento, e finalmente sono riuscita a pigiarci un bacio. Insensato, come tutto in questa fic e soprattutto in  questo capitolo, ma non importa a nessuno. Ecco, su questo capitolo non ho molto da dire. Mi è indifferente. Ma speriamo che a voi piaccia! Ah, Lerion mi aveva promesso dei disegni su questa storia, e... LI HA FATTI PER DAVVERO! TRE URRÀ PER LERION!!!!! Sono questi qui: la sciarpa per Natale e il primo bacio. Io non merito un’amica come lei… in ogni caso, non ho null’altro da dire. Ci si risente dopo che l’incubo degli esami di riparazione sarà finito! Goodciao a tutti!

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Capitolo 7
*** London's Problematic Drivers ***


London’s Problematic Drivers

Era ormai primavera, primavera di un aprile piacevole e frizzante. Aprile insospettabilmente tranquillo, al numero 33 di Wellington Road. Dopo l’appuntamento Lotty si era tranquillizzata, per il momento, perché aveva, nei suoi strani canoni di pensiero, ottenuto ciò che voleva. Era, ovviamente, una cosa falsa, ma i ragazzi non si davano pena per farglielo sapere, fosse mai che le venisse in mente di fare altro. Ed Elliot, ovviamente, non era riuscito a guardare in faccia Leo per parecchi giorni, ma dopo un po’ l’avvenimento era stato praticamente dimenticato. E così passavano le giornate, tranquille e monotone, in mezzo agli studi. Ormai gli argomenti erano sempre più difficili, ma i ragazzi erano volenterosi di laurearsi entro i ventitré anni, quindi studiavano con impegno e costanza. Eppure Elliot aveva notato che in quel periodo Leo era leggermente discostato, quasi ansioso per qualcosa. Come quando, per spiegarsi, Elliot aveva i problemi con il francese, lingua che tra parentesi conosceva quasi meglio della sua, grazie alla pronuncia perfetta di Leo. In ogni caso, aveva capito che c’era qualcosa che decisamente non andava con il suo amico, e aveva tutte le buone intenzioni di scoprire cosa fosse. Dopotutto, gli doveva un aiuto incredibile. E voleva aiutarlo. Così un giorno, mentre ripetevano degli argomenti di Elliot, Leo si era notevolmente distratto, e l’altro colse l’occasione.
-Leo- disse solo. Leo sobbalzò leggermente e scosse un po’ la testa.
-Scusa, non ti stavo ascoltando. Stavi dicendo...
-No, adesso tu ascolti me- insistette Elliot, deciso. Leo lo guardò quasi rassegnato, come se avesse capito, e probabilmente era così. Sospirò.
-Ok. Che c’è?
-Te lo dovrei chiedere io, questo- replicò Elliot, scendendo dallo schienale del divano per sedersi accanto a lui, che lo guardò come se non lo conoscesse- Quindi, che hai?
-In... che senso?- chiese Leo. Elliot lo guardò alla “non prendermi in giro”.
-In questi giorni sei molto scostante... sembri me quando non passavo l’esame di francese. Che hai?
Leo sospirò e abbassò la testa nel libro.
-Se te lo dicessi mi prenderesti in giro...- borbottò il moro. Elliot si trovò a sorridere. Cosa mai avrebbe potuto essere così grave da fargli prendere in giro il suo unico vero amico nonché la persona che gli piaceva? Gli dette un colpetto sulle ginocchia.
-Sei tu quello che prende in giro me, ricordi? Dai, dimmelo!
-Sembri una ragazzina che chiede ad una sua amica il ragazzo che le piace...- rispose Leo, evidentemente restio ad ammettere qualunque problema avesse, ma in questo modo accentuando la curiosità di Elliot. Cosa mai avrebbe potuto essere così enorme da mettere in imbarazzo Leo?
-Non tentare di svicolare. Voglio sapere che hai.
-Sei una piattola!- sbuffò esasperato Leo, posando il libro e gettando la testa all’indietro con fare esasperato.
-E tu sei antipatico! Dimmelo!- replicò con forza Elliot, avvicinandoglisi istintivamente.
-Elliot...
-Adesso!
Leo sospirò e le sue guance si colorarono di un delicato color porpora, che Elliot trovò (diavolo) dannatamente adorabile.
-Il punto è che... vorrei la patente, ecco- confessò Leo, abbassando lo sguardo. Elliot lo guardò stranito.
-È perfettamente normale. Perché avrei dovuto ridere?- domandò, indietreggiando. Era quasi deluso. In fondo sperava in qualcosa di imbarazzante per prenderlo in giro.
-Tu ce l’hai già...- rispose Leo, alzando gli occhi e guardandolo interrogativo. Elliot si strinse nelle spalle.
-E con questo? Il fatto che a me sia venuto in mente prima non è mica un’offesa per te.
-Wow- disse Leo, alzando la testa e osservando Elliot come se fosse una qualche specie di animale raro- Questo... va contro tutti i miei principi...
-Ma io non ti somiglio affatto- gli ricordò Elliot, stendendosi meglio- Tu sei un sadico bastardo.
-Grazie, faccio del mio meglio- sorrise Leo, ma sembrava ancora in dubbio.
-C’è altro?- chiese allora Elliot, accortosi di nuovo del turbamento di Leo, che quella volta non negò.
-Ti volevo chiedere se... ecco... mi potresti aiutare per l’esame di guida.
Elliot lo fissò per qualche secondo, assorbendo l’informazione. Leo aveva chiesto una mano a qualcuno. E non a “qualcuno”, a lui. Leo aveva chiesto una mano a Elliot. Questo era l’inequivocabile segno che stava per succedere qualcosa. L’Apocalisse era un’idea. O una qualche invasione extraterrestre. Appena notò che Elliot non rispondeva, Leo abbassò di nuovo lo sguardo.
-E smettila!- lo rimproverò il Nightray- Non ti prendo in giro! Certo, ti darò una mano. Leo lo fissò con tanto d’occhi e le sue guance ripresero quel delizioso color porpora.
-Sul serio?- domandò. Fu il turno di Elliot ad arrossire, che annuì. Leo sorrise- Bene. La teoria la so perfettamente, ma la pratica no per nulla, quindi...
-Aspetta- lo interruppe Elliot- vuoi dire che tu vai già a scuola guida?
-Sì- rispose Leo, come se avesse detto “ma tu esisti?”- Certo. Dicevo, ho passato tranquillamente l’esame di teoria, ma a pratica faccio un po’ schifo e...
-Questo cambia le cose- lo interruppe di nuovo Elliot. Leo sbuffò.
-Mi vuoi lasciar finire?
-No perché sai, finché c’era speranza che tu fossi bravo, potevo aiutarti, ma ehi, vorrei almeno aver baciato qualcuno prima di morire...
-Vuoi dire che non hai mai baciato qualcuno?- fece Leo, sgranando gli occhi. Elliot arrossì istintivamente, ripensando a quello che era successo al luna park.
-Non cambiare discorso!- lo accusò Elliot, ma era inutile.
-Davvero a quasi vent’anni non hai mai dato il tuo primo bacio?- continuò imperterrito Leo. Poi arrossì- Nel... nel senso... non conta quello che... a febbraio...
Elliot scosse la testa furiosamente. No che non contava. Sarebbe stato bello se fosse contato.
-In realtà... ok, è vero, non ho mai dato il mio vero primo bacio. Ma questo non...
-Sul serio?- domandò ancora Leo, non più imbarazzato- Quindi sei anche vergine?
-Ma quando questo discorso è diventato un dibattito sulle mie esperienze sessuali?- chiese abbastanza irritato Elliot, ma non per davvero. In fondo, aveva ben poco da nascondere. Leo fece un gesto con la mano.
-Non fare domande stupide.
-Ah, e sarei io quello che fa domande stupide? Ma fammi il piacere!- esclamò il Nightray- E comunque scusa, che mi dici di te? Hai mai dato il tuo primo bacio? Sei vergine?
-Che te ne frega...- arrossì Leo. Elliot sorrise compiaciuto.
-Ah-ha...
-Oh, basta! Parliamo della mia patente, piuttosto!- disse bruscamente Leo, facendo sorridere malignamente Elliot sotto i baffi.
-Già. Stavo dicendo che non vorrei morire- fece allora Elliot.
-Mh. Nutri molta fiducia in me.
-Esatto.
Comunque, dopo qualche discorso simile, senza tornare più alla vita privata dei due, conclusero che Elliot avrebbe aiutato Leo nell’esame pratico di guida a patto che sopravvivesse. Quella sera stessa si fece ripetere tutta la teoria, che effettivamente Leo conosceva davvero molto bene, e decisero che il giorno dopo avrebbero chiesto la macchina a Lotty per provare far guidare Leo. Elliot si divertì un mondo a fare con Leo quello che Leo, mesi prima, aveva fatto con lui, ma non fu né scortese né indelicato. Non ce n’era bisogno. La sera seguente i due presero la macchina e Leo si sedette al posto di guida, esitante.
-Ok, ok, non è che tengo a te, ma rischi grosso- confessò Leo, quando Elliot, sedutosi accanto a lui, chiuse lo sportello e gli porse le chiavi.
-Lo so. E sono qui comunque. Taci e metti in moto- fece Elliot, teso. Leo afferrò le chiavi e fece partire la macchina.
-Va bene. Va bene. L’acceleratore è qui. Sì. So dove sono le cose. So tutto. Stavolta ce la faccio.
Leo parlava da solo per tranquillizzarsi, e Elliot taceva, pregando in silenzio perché finisse tutto bene. Poi Leo partì, di scatto, e Elliot si aggrappò istintivamente al sedile. Subito la macchina rallentò. Leo stava quasi sudando. Ottimo. Tre metri e già era nel pallone. Dopo poco ripartì, quasi a velocità normale. Elliot era sempre teso, ma stava un po’ meglio. Di colpo la macchina fece un sobbalzo.
-Scusa!- disse Leo, cambiando in fretta la marcia. Elliot sospirò.
-Leo, probabilmente morirò d’infarto, ma la macchina a Lotty quantomeno riportala relativamente integra.
-Vatti ad ammazzare da qualche parte...- sibilò Leo, osservando teso le proprie mani e i propri piedi.
“Non esiste posto migliore di questo per morire. In ogni senso” pensava Elliot. Ma non poteva dirlo.  Sorrise leggermente e prese un respiro.
-Hai ragione, ti sto mettendo più ansia. Respira normalmente...- disse, con il tono più sereno che si può avere con la folle paura di morire addosso.
-Ma io sto respirando normalmente!- rispose isterico Leo.
-Non è vero. Sei in iperventilazione- lo corresse Elliot. Leo annuì e prese due respiri profondi, continuando a far andare la macchina normalmente. Molto lenta, ma almeno non a rischio della vita per i passeggeri.
-Va bene... adesso guida per un po’ tranquillamente, senza essere troppo teso. Se sei teso sei distratto, e la distrazione non aiuta.
-Okay...- rispose meccanicamente Leo, facendo sbalzare un po’ la macchina ma poi riprendendone il controllo- Okay...
Ma era inutile. Ogni venti metri l’auto sussultava e Leo sembrava perdere tutta l’aria che aveva respirato. Elliot aveva le mani attaccate al sedile. Era peggio che mediocre. Era decisamente scarso. E lui si era davvero pentito di aver accettato di aiutare un caso così irrecuperabile.
-Leo...- disse dopo un po’- Non voglio essere bastardo, ma devi migliorare proprio tanto.
-Lo so...- rispose Leo, abbassando leggermente la testa.
-LA STRADA! GUARDA LA STRADA!- fece Elliot, teso. Lui subito alzò la testa e la macchina sobbalzò. Non c’era nessuno per strada, ma la strada va sempre guardata. Leo si scusò a bassa voce e ricominciò a far sobbalzare la macchina. Dopo poco sentirono grattare.
-Ma cosa...?- domandò Leo. Elliot sbiancò.
-La prima! Leo, metti la prima! Ti prego, prima che ci schiantiamo da qualche parte!- disse, allungando d’istinto la mano verso il cambio. Anche Leo la allungò, per cui le trovarono una sull’altra e insieme corressero la marcia.
-Va bene, adesso accosta da qualche parte- fece Elliot, prentorio. Leo obbedì, e Elliot constatò che per accostare lo sapeva fare e bene- Adesso facciamo cambio di posto e per tornare a casa guido io. Per oggi basta.
Leo annuì, un po’ triste, e scambiò il posto con Elliot, che filò fino a casa liscio come l’olio. Arrivato, Leo era nero di malumore, e certo non aiutò una Lotty cinguettante che domandava se fosse andato tutto bene. Il moro la ignorò ed entrò in casa, mentre Elliot scosse la testa e le lanciò le chiavi.
-Bella macchina, comunque.
I giorni successivi non furono migliori. Ogni sera Leo usciva con la macchina di Lotty e con il suo, ormai rassegnato al terrore giornaliero, insegnante di guida, che lo aiutava per quanto gli era possibile. Una volta volle andare persino Lotty, che dopo una decina di minuti pregò affinché fosse Elliot a guidare, cosa che offese mortalmente Leo, che non le rivolse la parola per i successivi due giorni. Elliot non sapeva che fare. Non gli piaceva vedere Leo così di cattivo umore, ma non aveva idea di come migliorarlo. In ogni caso, dopo una settimana aveva fatto qualche progresso, per quanto ci avesse rimesso un po’ lo studio. Così si trovarono, la notte prima dell’esame di guida, a studiare fino a tardi, con una pizza portata a domicilio.
-Elliot...- disse Leo, dopo aver finito di studiare, afferrando un pezzo di pizza- Secondo te come andrò domani?
Elliot lo sapeva. Non sarebbe passato. Ma in fondo ci sperava e poi non voleva far sentire ancora più giù l’amico, quindi scosse le spalle.
-Non lo so... dipende... sei migliorato, ma a volte fai degli errori che...
-Ok. Grazie per l’incoraggiamento- rispose Leo. Elliot non sapeva se scherzasse. Probabilmente sì, ma non voleva dire altro, per evitare di dire cose spiacevoli. Così il pomeriggio seguente Leo si diresse all’esame di guida (rigorosamente in autobus). Lotty e Elliot rimasero soli. Lotty batté le mani.
-Bene, credo che dovremmo organizzare una festa o qualcosa di simile!- dichiarò, tutta contenta. Elliot la bloccò per un braccio.
-Lotty, non so...
-Lasciami! Devo andare a preparare dei biscotti!
-Lotty, ti dico che...
-Andiamo!
-Lotty, ferma!- disse risoluto e prentorio Elliot, e Lotty si fermò, guardandolo interrogativa e leggermente esasperata- Io non sono affatto sicuro che passerà...
Lotty si liberò dalla sua presa e lo fissò, abbastanza furente.
-Pessimista!- dichiarò, e entrò in casa sua a fare i biscotti. Elliot sospirando salì le scale di casa propria e si mise a leggere, sordo ai rumori che Lotty faceva armeggiando con i biscotti al piano di sotto. In fondo Elliot lo sapeva, Leo non sarebbe passato. Non sapeva fare, per qualche stupido motivo che non riuscivano a capire. Era impossibile che qualcuno conoscesse la teoria di guida meglio della propria data di nascita e non riuscisse per nulla a metterla in pratica! Aveva appena finito il libro quando sentì bussare alla porta. Doveva essere Lotty.
-Elliot!- sentì infatti dire dall’inconfondibile voce di Lotty- Aprimi, ho le mani occupate!
Elliot sospirò e fece come gli era stato detto, e gli comparve davanti una Lotty con un bel vassoio di pasticcini tra le mani, che posò sulla tavola.
-Sono andata in pasticceria. Sono negata per la cucina...
Elliot voleva ridacchiare, ma non voleva, quindi non lo fece.
-Lotty, mi sembri un po’ troppo ottimista...- continuò a dirle Elliot, ma lei non voleva sentire ragioni. Dopo poco tempo sentirono salire le scale. Era un passo furioso, ma rassegnato. Ecco, era bocciato. Leo aprì la porta con una faccia tremenda, e Lotty non ebbe neppure il coraggio di dirgli “complimenti” o di fare tutto il bel discorso che si era preparata. Il moro si limitò a fissarli nero come la pece e a dirigersi nella propria, camera, scoccando un’occhiata di fuoco a Elliot. Lotty e Elliot tacquero, dopo che Leo si fu chiuso la porta alle spalle. Rimasero un po’ a fissare il vuoto, poi Elliot dette in un verso esasperato e si diresse nella propria camera. Lotty, in silenzio, scese le scale. Sembrava fosse morto qualcuno, dal silenzio incredibile che non si sentiva, si respirava in quel tempo. Solo che dopo un’ora Elliot si sentiva scoppiare le vene dalla tensione. Doveva vedere Leo, doveva dirgli qualcosa. Si alzò, maledicendo se stesso per quella sensazione che lo costringeva ad andare da Leo, e bussò alla porta della sua camera.
-Leo...- sussurrò. Nessuna risposta. Provò ad abbassare la maniglia, e vide che era aperto- Leo, sto entrando...
Ancora nulla. Elliot aprì la porta e vide che la stanza era del tutto buia, e notò la figura di Leo stesa sul letto che guardava il soffitto.
-Che vuoi?- chiese scortesemente Leo, senza nemmeno rivolgergli lo sguardo. Elliot tacque. Cosa voleva? Era una bellissima domanda, della quale lui non conosceva la risposta.
-Solo... sapere come stai- disse. Non era una bugia, in effetti era lì anche per quello. “Perché avevo bisogno di vederti...” Sì, quella era la verità, ma non c’era bisogno di dirla. Avrebbe confuso ancora di più le idee ad entrambi.
-Come sto? Mi sento uno schifo. Un incapace totale.
-Ma tu non lo sei!- fece subito Elliot, chiudendosi la porta alle spalle e restando quasi al buio completo, salvato solo da una leggera luce soffusa proveniente dalla tenda. Leo si alzò a sedere. Anche nella poca luce, Elliot notò l’espressione furiosa.
-Ah sì? E chi sei tu per dirlo?!- esclamò, arrabbiato. Afferrò il proprio cuscino e lo scagliò con forza ad Elliot, facendogli perdere l’equilibrio e quasi cadere- TU CHE NE SAI?
Elliot prese il cuscino da terra e lo lanciò, in una traiettoria a parabola per fargli vedere che non aveva cattive intenzioni, verso il letto. Non si mosse, però.
-Ti conosco da meno di un anno, ma mi hai dimostrato che sei tutto tranne che un incapace.
-DAVVERO? E QUESTO COME LO SPIEGHI?- fece allora Leo, ancora arrabbiato ma meno petulante di prima. Elliot si avvicinò con cautela al letto di Leo e vi si sedette.
-Non lo so. Non so spiegarlo, okay? Non sono un marchingegno creato per rispondere alle tue domande. Ma se hai qualcosa da dire sfogati.
Leo boccheggiò per qualche secondo, come se stesse per sparare la cosa più cattiva della terra, poi scoppiò a piangere copiosamente e si coprì il volto con le mani.
-Non mi riesce...- singhiozzava- Perché non mi riesce mai...
Elliot non sapeva che fare. Doveva consolarlo. Sì, ma come? Leo batté i pugni sul petto di Elliot.
-Perché non mi riesce?- diceva, piangendo. Era furioso. Erano lacrime di rabbia. Ma non erano indirizzate a lui. Elliot gli accarezzò gentilmente i capelli, rallentando il pianto e guadagnandosi uno sguardo smarrito.
-Piangi, se vuoi. Non ti prendo in giro.
Leo abbassò la testa e cominciò di nuovo a piangere, appoggiando il proprio volto sul petto di Elliot, che non si mosse. Si sentiva rossissimo, stile razzo in procinto di decollare, ma sapeva di dover consolare Leo. Non poteva lasciarlo piangere in quel modo. Gli accarezzò di nuovo i capelli.
-La patente io comunque ce l’ho- sussurrò- Se mi paghi posso anche accompagnarti da qualche parte.
-Ti conviene iniziare a pensare alle tariffe, bastardo- rispose Leo con un mezzo sorriso- Io mollo.
Non era nei canoni di Elliot arrendersi, ma in quel caso dovette convenire che era inutile se non controproducente e pericoloso continuare su quella via.






The Corner of the Mad Lady
Salve cari! Bene, dopo il primo “picco” di questo schifo questa storia, scendiamo con un capitolino tranquillo e privo di senso, collegamenti con la storia o altro. Come avevo accennato, in origine questo capitolo veniva prima dell’altro, quindi forse non torneranno alcune cose. Comunque, essendo questo un capitolo assolutamente stupido, c’è ben poco da dire. Che poi in realtà questo capitolo è semplicemente una specie di “rimborso” di quello dell’esame di Elly. Sono un pochino fissata con il fatto che si aiutino a vicenda. Ok, credo basti. Come sempre, i commenti sono graditi ma non obbligatori. Alla prossima, goodciao!

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Capitolo 8
*** London's Problematic Blackmails ***


London’s Problematic Blackmails

Era la fine di maggio, l’aria andava scaldandosi ma ancora si manteneva a temperature molto gradev0li. Purtroppo Elliot e Leo non potevano godersi più di tanto quelle temperature gradevoli, perché erano più o meno barricati in casa a studiare. Non letteralmente, per quanto in realtà ci avessero anche provato, ma Lotty aveva minacciato di sfrattarli se non avessero tolto le assi da davanti alla porta, e quindi si limitavano a chiudere a chiave sperando che Lotty comprendesse che avevano altro da fare, invece di organizzare feste e cose simili. Lotty però era una ragazza veramente testarda e altrettanto reticente a comprendere che a volte le persone hanno bisogno del loro spazio, quindi spesso entrava in casa loro a proporgli divertenti uscite tutti insieme. Lo spettacolo però la costringeva spesso a fuggire senza nemmeno una risposta. Le tende erano quasi sempre chiuse, con uno spiraglio di luce appena sufficiente a vedere, e i ragazzi erano vicini alle finestre, appollaiati come avvoltoi, a borbottare frasi che potevano essere canzoni come maledizioni sataniche. Lotty, quindi, subiva gli sguardi a dire poco assassini dei due e scendeva, per nulla scoraggiata ma leggermente inquietata. Anzi, ogni volta che vedeva quel tipo di scene, la sua voglia di far fare qualcosa a Elliot e Leo aumentava esponenzialmente, tanto da farle studiare un piano, ovviamente con l’aiuto di Lerion e Leahia, che erano affezionate all’amica ma soprattutto curiose di vedere cosa succedeva tra Elliot e Leo. Le ragazze si trovarono quindi a prendere un the da Lotty, una mattina. Leahia aveva con piacere saltato la lezione, e aveva trascinato Lerion con sé, quindi possiamo dire che nessuna delle due aveva altro da fare. Lotty si sedette sconsolata nella poltrona.
-Ragazze, vi devo chiedere una mano- iniziò, afferrando la tazza di the- Vorrei organizzare qualcosa per far uscire quei poveretti, ma non so proprio che cosa...
-Ma perché non li lasci in pace e basta?- propose Lerion. Lotty la fulminò con lo sguardo.
-Tu non hai idea di cosa si celi dietro quella porta. Viene da svenire. Sembrano cinquantenni reclusi in qualche penitenziario di massima sicurezza, invece hanno appena diciannove anni e sono in casa mia. Ho il sacrosanto diritto di farli svagare.
Le altre due sospirarono. Le motivazioni, non tutte ma alcune sì, erano valide. E in fondo, anche loro erano universitarie, capivano cosa volesse dire barricarsi a studiare.
-Ok, e cosa potremmo fare per aiutarti?- domandò Leahia, mangiando un biscotto.
-Potremmo organizzare qualcosa... un giro in città...- fece Lerion, prendendo la sua terza tazza di the. Lotty alzò le spalle.
-È una buona idea, ma non so come potremmo convincerli.
-Un ricatto!- esclamò Leahia, illuminandosi. Lerion la guardò con disapprovazione.
-Non credo che...
-Non essere moralista- la interruppe Lotty, che si voltò poi verso Leahia- Ti ascolto.
-Potremmo nascondergli i libri e dirgli che non glieli rendiamo a meno che non si prendano un giorno di vacanza.
Lotty rimase entusiasta dell’idea, e persino Lerion dovette ammettere che era leggero, come ricatto, e non avrebbe creato molti problemi, a patto che i libri venissero restituiti vivi e vegeti. Così le tre salirono nella casa di Elliot e Leo e presero ogni libro scolastico che riuscirono a trovare, escogitando anche qualcosa per fregargli gli appunti quando sarebbero tornati.
-Per quello non ce ne sarà bisogno- disse inaspettatamente Lerion- Basterà che una di noi gli prenda le cartelle da sotto il naso e le vada a nascondere mentre la altre due spiegano le condizioni.
Lotty e Lerion la guardarono ammirate, e Leahia batté gentilmente una mano sulla testa di Lerion.
-Sono fiera di te... non vuoi ricattarli, e poi escogiti un furto...
-Già, siamo tanto fiere di te...- aggiunse Lotty, a mani giunte. Le due si meritarono, forse, la raffica di insulti che gli spedì Lerion. Comunque, si decise che sarebbe stata Leahia a rubare le cartelle perché aveva la mano più svelta delle altre due, e quindi non rimaneva che aspettare l’ora nella quale i ragazzi sarebbero tornati. Come da copione, i ragazzi ignari entrarono in casa chiacchierando, e quasi non si accorsero di Leahia che velocemente gli sfilava le cartelle e fuggiva chiudendosi in casa di Lotty.
-Che cavolo succede qui?- domandò Elliot, quando vide le altre due che li placcavano.
-Credo che vogliano ucciderci- affermò Leo, appoggiandosi alla porta dopo averla chiusa. Elliot lo guardò assassino, poi sospirò.
-Okay, perché ci avete rubato le cartelle?- disse allora Elliot. Lotty prese un respiro.
-Non solo. Vi abbiamo preso le cartelle e anche tutti i libri che erano a casa vostra.
-Avete fatto cosa?- scattò Leo, molto meno serafico di prima. Lerion mise le mani avanti, come per difendersi.
-Nulla di male. Soltanto, Lotty ci ha detto che state sempre chiusi a studiare. E non vi fa bene. Quindi per oggi vi prendete una vacanza. Solo per oggi. Stasera vi rendiamo i libri e potete continuare a giocare ai detenuti per quanto volete.
-Ma voi non potete!- protestò Elliot.
-E invece l’abbiamo fatto- incalzò Lotty.
-E visto che adesso abbiamo tutto noi non avete altra scelta che fare quello che vi diciamo- soggiunse Leahia, appena uscita da casa di Lotty.
-Così però sembra che ci teniate in ostaggio...- commentò Leo. Leahia sorrise.
-Non siate sciocchi. Vi chiediamo solo di riposarvi un po’- fece Lerion, conciliante. Elliot e Leo si guardarono negli occhi, per valutare la situazione. Ormai riuscivano a parlarsi senza neppure parlarsi. Si capivano.
-D’accordo...- sospirò Elliot.
-Siamo in vostro potere...- fece Leo.
-Fate di noi quello che volete...- continuò Elliot. Lotty fece un gesto brusco con la mano.
-Mica vogliamo fare di voi i nostri schiavi sessuali! Su, allegria, si mangia al ristorante. Offro io!
Le altre ragazze sospirarono eloquentemente e tirarono fuori i portafogli, suscitando il rossore di Lotty e le risate di Elliot e Leo. Comunque, appena furono tutti pronti, il gruppetto uscì e si diresse al ristorante più vicino.
-Avete intenzione di chiamare altre persone?- domandò Leo, teso. Lerion scosse la testa.
-Ancora non abbiamo progettato nulla, ma credo proprio di no.
Elliot e Leo parvero enormemente sollevati. Elliot in fondo era contento che per un pomeriggio sarebbe potuto stare con quelle quattro L. Forse non si sarebbe annoiato.
-Avete mai notato che tra noi io sono l’unico con il nome che non inizia per “L”?- disse Elliot. Tutti lo guardarono per un paio di secondi.
-Non esattamente- fece Lotty- Io mi chiamo Charlotte.
-Ma nessuno ti chiama Charlotte...- le ricordò Leo. Lei ci pensò un po’ su e poi annuì- E inoltre, Elliot, anche tu hai due “l” nel nome. Poteva andarti peggio.
Elli0t sbuffò, contrariato, e dette una leggera gomitata a Leo, che ridacchiò.
-Come se fosse la stessa cosa...
Al ristorante mangiarono bene, e Leahia, tra la sorpresa generale, non fece nulla di così sconsiderato. Ovviamente furono lei e Lerion a pagare il pranzo, perché Lotty aveva lasciato il portafoglio a casa, cosa che suscitò le risate di tutti per l’ora successiva. Londra, anche di maggio, era bellissima. Calda ma non troppo, piena ma non abbastanza da dare fastidio. Elliot era sempre più convinto che fosse stata davvero un’ottima idea, quella di prendersi una vacanza, e anche Leo, a giudicare dalla spigliatezza ancora maggiore del solito e dal grande sorriso che si era dipinto sulle sue labbra, sembrava pensarla allo stesso modo.
-Adesso che avete intenzione di fare, carceriere?- domandò Elliot, sereno. Lotty lo guardò quasi arrabbiata.
-Non so. È il vostro giorno di vacanza, noi ci assicuriamo solo che non abbiate ricadute e non andiate a chiedere asilo da qualche professore di passaggio.
Alla fine decisero di andare tutti in biblioteca. Lotty si sarebbe annoiata, ma avrebbe trovato qualcosa da fare, ad esempio attaccare bottone con qualche bel sapientone in giro, ignorando Elliot che le ricordava che era fidanzata con Vincent.
-Mi capirà- dichiarò soltanto, quando vide un ragazzo intento a scegliere un volume poco lontano. I quattro scossero la testa, rassegnati, e andarono a prendere qualcosa da leggere. Il pomeriggio corse veloce, tra storie di eroici cavalieri, sguatteri inetti, imprese grandiose, lamentele della bibliotecaria perché “una strana ragazza con i capelli rosa non capisce che siamo in una biblioteca e quindi si deve parlare piano”, castelli enormi, strade pericolose e incredibili dichiarazioni. Purtroppo verso le sette Lotty venne buttata fuori, e gli altri decisero, seppur a malincuore, di accompagnarla.
Lotty: Mai vista una persona tanto scortese.
Leahia: Guarda che è stata colpa tua, Lotty cara.
Lotty: Non è vero!
Leo: Sì che lo è.
Elliot: La prima regola delle biblioteche è “non si parla ad alta voce”
Lerion: E tu non l’hai rispettata. Ma nemmeno un po’.
Lotty: Voi sì?
Tutti: Sì.
Lotty: E allora siete noiosi come quella tipa! Perché non parlate?
Leahia: O mio Dio, Lotty, non puoi chiedere a qualcuno perché non parla.
Dopo la quinta o la sesta volta che questa conversazione veniva ripetuta quasi senza cambiamenti, Lotty si arrese al fatto che aveva i quattro amici più noiosi della terra, ma si consolò quando passarono vicino ad un negozio che esponeva una quantità disumana di rossetti.
-GUARDATE CHE CARINO QUELLO LÌ SANTO CIELO DEVO COMPRARLO!
-Passo- fece subito Elliot.
-Vai da sola- rincarò Leo.
-Io non vengo- disse Leahia.
-Non contare su di me- affermò Lerion. Lotty guardò tutti e il suo sguardo si fermò sulle ragazze, illuminandosi di qualcosa. Qualcosa di inquietante.
-Loro due li posso capire...- esordì, e le ragazze indietreggiarono impaurite- Ma voi siete donne come me... quindi verrete!
E le afferrò per i polsi trascinandole nel negozio. Elliot e Leo rimasero fuori da soli.
-Quante volte è successo?- domandò Elliot.
-Succede ogni volta che usciamo insieme...- rispose Leo. Elliot fece un mezzo sorriso e arrossì all’ambiguità che assumeva per lui quella frase. Gli sarebbe piaciuto davvero tanto poter uscire con Leo. Ma non poteva. Non riusciva a dire nulla... non era nemmeno tanto sicuro di cosa avrebbe detto... Sospirò, e Leo lo notò.
-Tutto bene?- chiese. Elliot arrossì istintivamente. Leo si preoccupava per lui...
-Sì, tutto bene, credo...- replicò il Nightray. I due rimasero in silenzio per tutto il resto del tempo che Lotty e le altre poveracce stavano dentro al negozio, ovvero circa mezz’ora, un vero record di brevità negli standard della Baskerville. Quando uscirono, Lotty aveva una bustina con qualcosa dentro (né Elliot né Leo osarono pensare che fosse il rossetto, poiché entrambi sapevano perfettamente che la ragazza era capacissima di comprare qualcosa di completamente diverso da ciò per cui era entrata) e le altre due sembravano appena uscite dai lavori forzati. Entrambe avevano le mani e i polsi coperti di segni rossi.
-Vi siete tagliate per la depressione?- scherzò Leo quando ricominciarono a camminare.
-L’avremmo anche fatto...- iniziò Leahia.
-Ma questi in realtà sono solo le prove dei rossetti di Lotty...- concluse Lerion.
-E come mai non li prova sulle sue, di mani?- chiese Elliot. Lerion lo guardò con sguardo mesto.
-Me lo sono chiesta anche io, sai?
-E nessuna di noi due è riuscita a trovare una risposta soddisfacente- fece Leahia. Lotty fece un versetto stizzito.
-Ve l’ho già detto, l’ho fatto perché faceste qualcosa!- protestò. Lerion alzò le spalle.
-Visto? Nessuna risposta soddisfacente.
Lotty non parlò a nessuno per il successivo quarto d’ora, quando alle ragazze venne in mente la genialata.
-Gente, tra poco è ora di cena. Che si fa?- domandò Lerion.
-Ci rendete i libri e tornate da d0ve siete venute?- propose Leo. Le tre ragazze lo guardarono male.
-Avevamo detto “stasera”. Stasera deve finire- ricordò Lotty e le altre due annuirono. Elliot e Leo erano in minoranza. Per quanto sia Lerion che Leahia fossero decisamente in disaccordo con Lotty e persino tra loro su un numero impressionante di cose, quelle tre erano imbattibili se erano insieme. Un po’ come conquistare tutta l’Asia a Risiko o il Parco della Vittoria e il Viale dei Giardini a Monopoli. È quasi impossibile che tu ci riesca, ma se ce la fai hai quasi vinto. Ecco, loro erano così. E purtroppo Elliot e Leo erano uno dei pochissimi argomenti nei quali tutte e tre esprimevano la stessa opinione.
-Che ne dite se facciamo un pic-nic? Possiamo andare nella collinetta qui vicino- propose Leahia. Le altre due annuirono, e a Elliot e Leo, dopo che gli fu ricordato degli ostaggi, non rimase che trovarsi d’accordo con loro.
-Entriamo tutti nella macchina di Lotty?- domandò Lerion. Lotty annuì, ma disse che se avessero voluto qualcosa di abbondante si sarebbero dovuti stringere un po’. Ma non importava. Andarono a comprare tutto quello che serviva: salumi, panini, pasta fredda e una quantità a dire poco titanica di antizanzare, citronelle e granellini per allontanare le formiche. Alle otto e mezzo erano sulla collinetta, pronti a preparare il pic-nic. Elliot e Lerion avevano insistito perché mangiassero su un tavolo e non in terra, anche se questo secondo gli altri significava ammazzare il vero significato del pic-nic, e apparecchiarono. Il sole calava lentamente, lasciando spazio a quel crepuscolo fresco ma non troppo, arancione ma non forte. Quella brezza leggera che ti fa venir voglia di chiudere gli occhi e ascoltare le foglie che si muovono e le api che rientrano negli alveari in vista della notte. Quando, alla fine della cena, fece buio, Leahia era sovreccitata.
-Sapete perché sono contenta di essere nata a giugno?- domandò quando ebbero sparecchiato.
-No, perché?- rispose Leo. Leahia batté le mani.
-Ci sono le lucciole!
La ragazza propose quindi di andare a cercare le lucciole, e la proposta non fu declinata da nessuno, fu anzi accolta con molto entusiasmo. Persino Elliot e Leo si scordarono dei loro libri. Elliot aveva sempre adorato le lucciole. Erano degli esseri che lo affascinavano, perché producevano luce propria eppure non erano belli. Aveva sempre creduto che produrre una cosa bella fosse prerogativa degli essere belli, mentre le lucciole smontavano tutta la sua teoria. Erano l’eccezione. Erano degli esseri piccoli e insignificanti, e riuscivano e rendere le prime notti estive il periodo dell’anno che Elliot aspettava di più. E poi Elliot era una persona davvero romantica, e le lucciole accendevano molto questo lato di lui. Era buio, ma non troppo. Andarono in un punto della collina dove non c’erano lampioni e rimasero a lungo a contemplare la quantità infinita di stelle sopra di loro, in silenzio. Erano tante. Erano argentate, erano bellissime. La luna era una falce appena accennata, come un segno fatto per sbaglio. Elliot guardò Leo. Era anche lui perso nella maestosità, nella grandiosità del ciel0. Era bello. Come le stelle. Era felice, e Elliot ne era felice. Dopo poco anche Leo si voltò verso di lui, sorridendo. Poi assunse un’aria preoccupata.
-Dove sono le altre?- domandò. Elliot si riscosse.
-Già! Dove sono?
Prese il cellulare e svelto chiamò Lotty.
 
Pronto?
“Ehi Lotty, dove siete?”
Bo, da qualche parte nella collina. Tu?
“Sono con Leo da qualche parte della collina che non è la parte dove siete. E adesso?”
E adesso sta’ zitto che stiamo guardando le lucciole. Ti richiamo tra un po’
“Lotty, asp-“
Tu... tu... tu...
 
Elliot riattaccò abbastanza irritato e spiegò la situazione a Leo.
-Quindi non ci resta che aspettare che richiami?
-Potremmo andare a cercarle- fece Elliot con poca convinzione. Leo fece per ribattere ma poi spalancò gli occhi.
-Elliot...- sussurrò, indicando il prato davanti a loro- Guarda...
Elliot si voltò dove aveva detto Leo. Tutto brulicava di piccole luci lampeggianti. Sembrava che alcune stelle fossero scese a farsi vedere da vicino. Si sentiva il frinire dei grilli e delle cicale, leggero. La brezza era piacevolissima, e lo spettacolo era splendido. Erano circondati da lucciole. Lucciole dorate, e quando luce scompariva ce n’era un’altra a prendere il suo posto. Sembrava un uragano, ma era tranquillo. Era lo spettacolo più bello che avesse mai visto. Si voltò verso Leo, estasiato, e vide che anche lui lo stava guardando, felice a sua volta.
-Perché ti sei levato gli occhiali?- domandò Elliot a bassa voce, quasi per non turbare le lucciole.
-Vedo meglio i paesaggi, in questo modo- spiegò Leo, e si avvicinò ad Elliot. Erano vicini. Elliot cancellò di colpo tutto il paesaggio intorno a loro. Leo era più bello di tutto quello. Gli accarezzò i capelli e l’altro rabbrividì, facendo un altro passo timido verso di lui. Elliot chinò il volto fino ad averlo a pochi centimetri da quello di Leo. Sentiva il suo respiro caldo contro la propria guancia. Il cervello gli era andato completamente in tilt. Non ragionava, non pensava. Doveva solo agire. Solo un minuscolo movimento in avanti, minuscolo, impercettibile...
E squillò il telefono. I ragazzi si allontanarono bruscamente, al limite possibile dell’imbarazzo. Elliot mise la mano in tasca e afferrò convulsamente il cellulare, rischiando di farlo cadere parecchie volte. Riattaccò pochi secondi dopo, balbettando che dovevano andare dove avevano cenato. Leo annuì e insieme, ma a distanza e senza parlare, si diressero al tavolo. Lì trovarono le tre ragazze, estasiate dalla magnificenza che la natura aveva loro offerto quella sera. Né Elliot né Leo parlarono. Si limitarono ad annuire, e, una volta tornati a casa, presero i loro libri e le ringraziarono in tutta fretta, per poi chiudersi in casa loro. Elliot non sapeva che dire, come esordire. Doveva succedere come era successo al luna park? Ma questa volta era stato diverso... era stato cercato...
-Buonanotte Elliot- sentì dire, e sentì chiudersi la porta della camera di Leo. Elliot si fermò. Quindi Leo voleva far finta di nulla? Ebbene, così fosse. L’avrebbe accettato. Si alzò e accarezzò lentamente la porta della camera dell’amico.
-Buonanotte, Leo...






The Corner of the Mad Lady
Buonasera miei cari! Dopo una settimana esatta, nel pomeriggio del primo giorno di scuola, ecco qui il nuovo (per voi) capitolo del mio pastrocchio. Mi diverto a torturare quei due, che posso dirvi. Ci ho messo circa mille anni per trovare il titolo, e tutt’ora non mi piace. Andiamo: “Problematici ricatti di Londra”? Ma davvero? Solo che l’alternativa era “Problematiche lucciole di Londra”, e quello era ancora più brutto, quindi ho scelto il meno peggio. Ah, se ve lo state chiedendo (ma anche no) la storia durerà ancora per qualche capitolo, quindi godetevi senza aspettare uno sviluppo serio Elliot cotto stracotto del suo coinquilino. Adoro Elliot. Comunque... non penso di avere altro con cui tediarvi. Ci si risente, magari, goodciao!

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Capitolo 9
*** London's Problematic Girl ***


London’s Problematic Girl

Era passata circa una settimana dalla giornata di relax che Lotty e le sue amiche li avevano costretti a prendersi. Adesso Elliot e Leo stavano studiando, ma con più moderazione, perché si sa, tanto studio fa male. Studiavano in silenzio, in salotto. Leo era sdraiato sul divano con il volto completamente immerso nel latino, e Elliot, seduto in poltrona, lo sbirciava da dietro al libro di spagnolo, le guance leggermente accese di rossore. Diamine, non ne poteva più di avere questo stupido atteggiamento da ragazzina alla sua prima cotta con Leo! Ok, era la sua prima cotta, ma lui non era una ragazzina! Non aveva diari rosa e pelusciosi sotto al letto, non aveva una boyband preferita. Lui era Elliot Nightray, un diciannovenne serio e di tutto rispetto, che studiava all’università. Perché stava a spiare il suo coinquilino?! Sbuffò e tornò al libro, ripetendosi mentalmente quelle stupidissime regole scritte su carta ben poco interessante con inchiostro nero persino meno interessante. Tre secondi dopo stava di nuovo sbirciando l’amico da sopra al libro. Gli occhi scuri del moro erano visibili a malapena (fossero maledetti quegli stupidi occhiali) concentratissimi e aperti per bene per cogliere e assorbire ogni parola di quel testo che aveva davanti. Elliot non capiva come per Leo qualsiasi cosa si potesse leggere risultasse una lettura interessante. Venne distratto quando il suo cellulare squillò. Anche Leo sobbalzò e staccò gli occhi dal libro per posarli sul Nightray, che si era voltato a prendere il cellulare. Era un numero sconosciuto, ma siccome il telefono insisteva, il ragazzo rispose.
 
“Pronto?”
Ehm... Elliot? Sono Ada. Ada Vessalius.
Elliot sentì una specie di colata di ghiaccio sulla schiena.
“Oh. Come hai avuto il mio numero?”
Me l’ha dato Oz- Ma certo. Stupido Elliot- Ecco... io volevo chiederti un favore...
In effetti, però, non c’era motivo di avere il ghiaccio sulla schiena. Aveva appurato che lei con Leo non aveva nulla a che fare, e inoltre non si incontravano da Natale. Parecchio tempo.
“Certo. Dimmi pure”
Il punto è che io studio lingue, e tra poco ho la maturità. Ma mi servirebbe qualcuno che mi desse una mano a ripassare le cose, giusto per sentirmi più sicura, e mi sono ricordata che ti vuoi laureare in lingue, quindi mi chiedevo se tu potessi darmi una mano.
“Aspetta, ma quanti anni hai?”
Diciotto oggi, perché?
Oh. Elliot aveva pensato che avesse la sua età. Bè, aveva senso che avesse appena compiuto diciotto anni.
“Curiosità. Auguri, allora”
Grazie mille!
“E riguardo allo studio... Sì, posso aiutarti. Magari vieni tu qui un giorno di questi?”
Sarebbe perfetto! Facciamo... dopodomani alle tre?
“Ok. Ciao!”
Ciao!
 
Elliot riattaccò e posò di nuovo il cellulare accanto alla poltrona. Nel gesto incrociò gli occhi di Leo, ancora saldamente puntati su di lui.
-Chi era?- domandò il moro.
-Era Ada Vessalius. Mi ha chiesto se potevo aiutarla a studiare e le ho detto di sì- replicò Elliot. Leo fece un ghigno.
-Tu che aiuti qualcuno a studiare? Sono proprio curioso...- fece, maligno. Elliot corrucciò lo sguardo e arrossì leggermente.
-Che male c’è? Mi credi davvero così stupido da non riuscire a infilare due cose in testa a Ada Vessalius?- rispose il Nightray, enfatizzando negativamente il nome della ragazza- E poi avrai modo di constatare le mie capacità, tanto verrà qui.
Leo sembrò congelarsi. Lo sguardo assunse una nota che era tipo turbata, sorpresa e arrabbiata. Gli domandò come mai sarebbe dovuta venire lì con un tono indefinibile. Strano. Elliot si strinse nelle spalle. Perché sì, ecco perché. Leo non fu soddisfatto di quella risposta, ma non la fece pesare più di tanto.
-E oltretutto oggi è il suo compleanno, e adesso che lo so dovrei forse comprarle un regalo...- borbottò il Nightray fra sé. Leo non disse nulla e tornò al libro di latino. Ma Elliot sapeva che doveva comprarle qualcosa. Essendo cresciuto in una famiglia discretamente ricca conosceva le basi del galateo e di come comportarsi con le donne, anche se non ne aveva mai avuto davvero bisogno. Sospirò, pensando a cosa la ragazza avrebbe potuto gradire per la festa. Dopo un paio di minuti si arrese a non averne idea. Non ricordava affatto cosa le piacesse dal pranzo di Natale, quindi c’era una sola via semplice per saperlo, per quanto gli dispiacesse ammetterlo: Lotty. Avrebbe potuto domandarlo a Oz, ma onestamente avrebbe preferito gettarsi da un grattacielo piuttosto che farlo. Avrebbe dovuto chiamarlo di sua spontanea volontà, e ciò non sarebbe accaduto. Sospirò e si alzò. Leo alzò di nuovo lo sguardo dal libro per posarlo, tagliente, sull’amico.
-Dove stai andando?
-Da Lotty.
Leo spalancò gli occhi in una faccia piuttosto stupita.
-Senza essere costretto?
-Non fare il cretino- lo liquidò Elliot, uscendo dalla porta e scendendo le scale per raggiungere la padrona di casa. Bussò alla porta, e Lotty venne ad aprire. Quando lo vide, sgranò gli occhi come il cugino poco prima.
-È successo qualcosa?- chiese repentinamente. Elliot inclinò leggermente la testa.
-Ehm... no, come mai?
-Sei venuto da me senza essere costretto.
Elliot sbuffò sonoramente. Doveva essere una malattia dei Baskerville, quella di attirare affetto e amicizia pur essendo decisamente fastidiosi.
-Piantala. Devo chiederti una cosa- fece Elliot, arrossendo un po’. Che situazione imbarazzante. Lotty sorrise, allegra, e lo invitò ad entrare e a sedersi a tavola. Quando entrò, Elliot vide Lily, la sorellina di Lotty, intenta a sgranocchiare patatine sul divano. Si fece scappare un piccolo sorriso alla vista della bambina. Lily invece sorrise molto quando lo vide.
-Elly!- lo salutò. L’espressione di Elliot si indurì. Era sicuramente stato Leo. Ovvio, Leo adorava Lily e Lily adorava Leo. La bambina era l’ennesima perfetta rappresentante delle caratteristiche pensate da Elliot poco prima: attirava affetto, pur essendo fastidiosa. Non l’aveva incontrata spesso, ma in quando sorella di Lotty ogni tanto era capitato che si vedessero. Elliot aveva uno strano rapporto con i bambini. Lo amavano tutti, e a lui procuravano emozioni contrastanti. Comunque, si sedette a tavola e Lotty davanti a lui.
-Allora, che mi volevi chiedere?- fece allegra la rosa, intrecciando le dita sotto il mento in un gesto che Leo faceva molto spesso. Elliot spiegò la situazione con Ada e il fatto del regalo, e alla fine il viso di Lotty era illuminato da un sorrisetto malizioso.
-Non è che Elliot si è preso una cotta, eh?
Elliot arrossì furiosamente.
-Assolutamente no! Ma che ti viene in mente?!
Lotty alzò le mani con finta innocenza.
-Ipotizzavo. Allora, un regalo per Ada...
La discussione continuò per un po’, senza che qualcuno riuscisse a trovare qualcosa di decente. Anche Lily infatti si era unita al discorso. Dopo un quarto d’ora, Elliot si era arreso.
-Vabbè, non importa. Non credo ne farà un dramma...- disse, e fece per alzarsi, quando Lily schioccò le dita con un espressione vittoriosa in volto.
-Mi è venuta in mente una cosa! Ada adora i gatti!
Lotty si illuminò.
-È vero! E l’altro giorno mi ha scritto che il suo gatto è morto!
Elliot guardò le due, che sorridevano come se avessero vinto alla lotteria. Da quando un gatto morto era una buona notizia? Lui, anche se non lo avrebbe praticamente mai ammesso, adorava i gatti. Non voleva che morissero.
-Voi siete felici quando i gatti muoiono, solitamente?- si informò sarcasticamente il Nightray. Lily si voltò verso di lui.
-Ma non capisci? Il fatto che adesso no abbia più un gatto ti dà un’ottima scusa per il regalo!
Elliot iniziava a capire, e la cosa non gli piaceva molto.
-Puoi regalarle un gatto!- concluse Lotty, confermando i dubbi di Elliot, che si affrettò a cercare una scusa per evitarlo.
-Ehi, viene solo a prendere ripetizioni, nemmeno la conosco! Ti pare che questa viene qui a studiare e io le regalo un gatto?
Lotty e Lily convennero che aveva ragione, anche se era davvero un peccato. E così Elliot se ne tornò sconfitto in casa da Leo, che gli dette ragione per aver rifiutato la stupida idea di quelle due.
Due giorni dopo i ragazzi stavano tornando insieme a casa, chiacchierando serenamente. Di colpo Leo si fermò e indicò un punto ad un lato della strada. Elliot seguì la direzione del dito dell’altro ragazzo e vide due piccoli affari pelosi muoversi lentamente lungo il ciglio della strada. Si avvicinò per scoprire con stupore che erano due piccoli gattini, uno bianco e uno nero. Li prese all’istante in braccio. Gli entravano comodamente nelle mani. Li portò da Leo, e abbassò le mani per farglieli vedere. Il ragazzo si avvicinò notevolmente a lui, erano praticamente abbracciati. Elliot si sentiva bruciare il volto.
-Sono stati chiaramente abbandonati- valutò il moro, accarezzando il gattino nero con un sorriso dolcissimo in viso. Elliot si sentì sciogliere a vedere il sorriso di Leo- Non possiamo lasciarli qui...
Non avrebbero potuto nemmeno tenerli, però. Lotty era tristemente allergica ai gatti, e aveva quindi imposto che non si potessero tenere animali nel palazzo.
-Ma non possiamo tenerli- disse infatti Elliot. Il gattino bianco si mosse miagolando nelle mani di Elliot, e strusciò la testa contro il suo petto, facendolo sorridere e facendo ridacchiare Leo, che però tornò subito serio.
-E allora che si fa?- domandò. Non lo sapevano. Elliot, guardando i gattini che tentavano di saltare giù dalle sue braccia, posò per un momento gli occhi sull’orologio, e vide che segnava già le due e cinquantasette.
-Ada!- disse, e lasciando i gattini a Leo prese a correre verso casa, con il moro che lo seguiva, un po’ più lentamente, per evitare di far cadere i gatti. Giunto alla porta del palazzo, vide Lotty che parlava con Ada con un espressione abbastanza sconsolata, che si illuminò quando vide arrivare i ragazzi.
-Elliot! Qui si pensava tu te ne fossi dimenticato!
Elliot si chinò a mise le mani sulle gambe, riprendendo fiato.
-È che tornando a casa abbiamo trovato due gattini e abbiamo un po’ perso tempo...
Il viso di Ada si illuminò e un momento dopo si fece triste. Leo giunse in quel momento, con i gatti in braccio.
-Cortese, Elly, appiopparmi le bestiole- disse, canzonatorio, senza degnare Ada neppure di un saluto. Elliot si risollevò e Leo posò all’istante i gatti tra le braccia dell’amico, per poi dirigersi in casa. Elliot guardò i gattini, che ricambiarono lo sguardo curiosi. Il ragazzo, ovviamente, sorrise. Ada si avvicinò a lui e sorrise a sua volta, accarezzando i cuccioli. Elliot, stranamente, non si sentiva tanto imbarazzato. Almeno, non imbarazzato come quando stava vicino a Leo.
-Sono deliziosi- sussurrò la ragazza. Ad Elliot venne Il Colpo di Genio.
-Già. Ma noi non possiamo tenerli. Li vuoi tu?- propose. Ada sorrise e arrossì.
-Davvero?
Elliot annuì, e la ragazza accettò di buon grado, dicendo che li avrebbe portati a suo fratello che la aspettava in macchina poco più in là.
-Ma come mai ti aspetta?- domandò curioso Elliot. Ada si strinse nelle spalle.
-Non ha di meglio da fare.
In quel momento sentirono la voce di Leo, stizzita, provenire dal portone.
-Ma voi non dovreste andare a studiare?
Ada arrossì e, presi i gattini si diresse via per la strada, assicurando ad Elliot che avrebbe fatto più velocemente possibile. Il ragazzo entrò nel palazzo e si diresse di sopra, sorprendendosi che Leo non lo avesse aspettato. Aperta la porta vide il ragazzo steso sul divano, intento a leggere un libro che non era di scuola.
-Voi studierete sul tavolo in cucina, no?- domandò Leo, freddo.
-Sì- rispose Elliot, sorpreso per la glacialità dell’amico.
-Allora posso stare qui a leggere.
-Per me certo, ma non so se Ada gradirà che ci siano altre persone a sentirla...
Leo si alzò di scatto e, gettata un’occhiata assolutamente assassina a Elliot andò in camera sua e sbatté la porta. In quel momento entrò Ada, che notò il cipiglio corrucciato di Elliot e che aveva sentito la porta sbattere.
-Ma che diamine ha quel... quel...- borbottava Elliot, confuso e irritato. Ada tossicchiò per attirare l’attenzione, e Elliot si voltò di scatto, senza cambiare espressione. In fondo, non aveva ancora perdonato Ada Vessalius e le sue esagerate chiacchiere con Leo. E poi era troppo timida, troppo remissiva.
-Che cosa è successo?- domandò la ragazza. Elliot sbuffò.
-Il mio coinquilino è un deficiente che si arrabbia del tutto senza motivo!- gridò Elliot contro la porta chiusa della camera di Leo, dalla quale non provenne alcun suono. Il Nightray sbuffò sonoramente e, ripreso un po’ di contegno iniziò a far ripassare Ada. La ragazza sapeva le cose, ma non riusciva a dirle bene, inoltre per qualche motivo era imbarazzata. Dopo un’ora se ne dovette andare, e appena uscì dal palazzo la porta della camera di Leo si aprì, e uscì il ragazzo, perfettamente calmo e contenuto.
-Non sono un deficiente, semplicemente mi sono chiuso lì per non darvi fastidio.
Elliot non se la sentiva di arrabbiarsi. Leo sapeva essere così... Leo che non poteva arrabbiarsi. Non gli domandò neppure perché fosse entrato in camera sbattendo rumorosamente la porta. Non è che gli interessasse molto conoscere la risposta. Ma fu Leo, incredibilmente, a parlare.
-Come va Ada?- domandò, sereno, sedendosi sul divano. Elliot si sedette dall’altra parte del divano.
-Sa le cose, ma non vuole dirle- spiegò. Leo sospirò e ricominciò a leggere, ma Elliot notò una punta di rabbia nei suoi occhi. Rabbia immotivata, ovviamente.
Ada venne a ripetizioni per tutta la settimana, e ogni volta Leo si barricava in camera propria, senza neppure salutare la ragazza, che alla fine sembrava molto soddisfatta dei risultati che credeva di ottenere.
-Mille grazie Elliot, non so cos’avrei fatto senza di te!- lo salutò arrossendo l’ultima volta che il Nightray le dette ripetizioni, prima di fuggire lungo la strada come la protagonista di uno shoujo manga. Elliot rientrò in casa, e trovò prevedibilmente Leo sul divano, con un’espressione molto più allegra del solito. Elliot non chiese spiegazioni, ma si limitò a sedersi vicino ma non troppo a lui e ad accendere la tv. Tempo due minuti e Lotty piombò in casa loro.
-RAGAZZI!- gridò esaltata. Elliot spense la tv e si voltò allarmato verso la rosa.
-Hanno lanciato una bomba nucleare e il Regno Unito sta per essere disintegrato?- domandò serafico Leo, sorridendo canzonatorio. Lotty scosse la testa, non sorpresa né arrabbiata per la fredda accoglienza.
-Ho appena scoperto che oggi al cinema danno “Titanic” e voglio andare a vederlo!- dichiarò felice come una bimba. Elliot e Leo la guardarono, sperando che ciò che avevano in testa non fossero i piani di quella svitata.
-E dovevi venire a dircelo?- azzardò Elliot. Lotty annuì furiosamente.
-Che aspettate? Forza, alzatevi, andiamo!
Elliot e Leo sospirarono. Ecco, era esattamente come avevano pensato.
-No- dissero in coro, tornando a voltarsi verso la televisione che Elliot accese. Lotty marciò verso all’apparecchio e vi si piazzò davanti, mettendo le mani sui fianchi.
-Invece verrete! Io a vedere Titanic da sola non ci vado!
-Potrai sopravvivere senza vederlo per la centesima volta, suppongo- rispose Leo, allungandosi a prendere il libro lì vicino per leggere. Come da copione, però, poco dopo i tre erano sulla strada per il cinema, con Lotty che canticchiava la colonna sonora del film, rivisto mille e mille volte. Giunti al cinema, lo trovarono strapieno. Non riuscirono neppure a trovare tre posti accanto, ma ne trovarono due. Elliot propose di uscire e di lasciare i cugini a vedere il film, ma Leo lo afferrò per un polso e gli sibilò un minacciosissimo “nemmeno per sogno” che lo convinse all’istante. Lotty però, volle il destino, riconobbe poco lontano una sua amica (che era venuta da s0la a vedere il film) e andò da lei, ordinando ai due ragazzi di sedersi lì. I posti erano un po’ infami, nell’angolino della sala e al lato estremo della fila, non si vedeva praticamente nulla. Il film iniziò. Elliot l’aveva già visto, per colpa di sua sorella Vanessa che, malgrado le apparenze di ragazza forte, piangeva come una bambina ogni volta che lo vedeva, ed erano state tante. Quindi Elliot non aveva nulla da fare, e sembrava neppure Leo.
-Mi sto annoiando- dichiarò il moro dopo un’ora e mezzo. Elliot annuì e si confermò d’accordo.
-Non so nemmeno come siamo riusciti a farci convincere...- si rammaricò il Nightray. Leo sospirò.
-Senti, io adesso dormo. Tu non dirlo a Lotty però, ok?
Elliot arrossì istintivamente e gli assicurò che non l’avrebbe fatto, al che il moro si mise su un fianco cercando una posizione comoda in quella poltrona e nel giro di due minuti si addormentò. Elliot non riusciva a crederci. Si addormentava in fretta, il ragazzo. Tentò di concentrarsi sul film, ma era praticamente impossibile, con Leo dolcemente addormentato lì accanto. Dopo circa un quarto d’ora di inutili tentativi si voltò a guardarlo. Leo era girato di fianco con il viso dalla parte di Elliot, le palpebre abbassate e l’espressione serena. Non sembrava pericoloso come da sveglio. Sembrava quasi un bambino. Si mosse nel sonno e si voltò di novanta gradi, sicché Elliot poté vedere il suo profilo perfettamente, la pelle chiara come porcellana, il naso diritto e fine, la labbra chiare chiuse ma senza forza, e una ciocca di capelli a disturbare il volto dormiente. Il Nightray deglutì a vuoto, arrossito terribilmente. Era carino. Tanto, troppo carino. Allungò timidamente una mano a spostare la ciocca di capelli scuri andata a poggiarsi sul viso chiaro dell’addormentato, e quando la ritrasse sentì Leo mugolare.
-Elliot...- mormorò il ragazzo nel sonno. Elliot sentì il proprio battito accelerare incredibilmente, la gola seccarsi e le guance raggiungere temperature solari. Aveva detto il suo nome nel sonno. Rimase a fissarlo per un tempo indefinito, finché le luci non si riaccesero e si riscosse. A malincuore appoggiò una mano sulla spalla di Leo, scuotendolo delicatamente.
-Leo... Leo... è finito il film, devi alzarti...- gli sussurrò. Leo aprì lentamente gli occhi, e si stiracchiò sbadigliando.
-Grazie... non dormivo così bene da settimane...- gli disse il moro, alzandosi in piedi- Sai, messe così le cose... potrei pure perdonarti.
-Perdonarmi per cosa, esattamente?
-Per una cosa che se non hai capito da solo sei abbastanza ottuso- replicò Leo. Elliot si sforzò di pensare a cosa avesse fatto da necessitare perdono da parte di Leo. Non trovò nulla. Ma si rifiutava di ammettere di essere ottuso, quindi mugugno qualcosa tipo “Come ti pare” e lasciò cadere il discorso. Lotty li raggiunse poco dopo, le guance rigate e gli occhi rossi.
-Questo film è triste ogni volta che lo vedo...- mormorò la ragazza mentre tornavano a piedi a casa. Leo sospirò.
-Non è che la pellicola cambia da una volta all’altra che lo vedi...- le ricordò. Elliot non entrò nella discussione. Stava pensando a Leo, al suo profilo perfetto, alle sue labbra così delicate che pronunciavano il suo nome... Si pentì di non aver avuto lui l’idea di dormire durante il film, perché sicuramente quella notte non ci sarebbe riuscito.






The Corner of the Mad Lady
Salve, carissimi! Premessa necessaria: io odio questo capitolo. Non mi piace assolutamente. Davvero, lo detesto. Non ha senso, non ha un tema portante, non ha scene divertenti o scene romantiche. Ma Lerion ha detto che era ok... e mi sono fidata di Lerion. Quindi, non ho molto da dire. Ah, io non ho mai visto Titanic, e non voglio assolutamente criticarlo, ho solo pensato che sarebbe stato carino far addormentare Leo di fronte a Elly (OH SÌ ELLY TI FARÒ SCOPPIARE IL CUORE). Poi... non so se è chiaro, ma mi piace davvero poco Ada (anche se la posso sopportare) e amo Lily e gatti. Visto che questo capitolo è brutto, non ho altro da riferire. Magari ci si risente, goodciao!

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Capitolo 10
*** London's Problematic Drama ***


London’s Problematic Drama

Elliot e Leo non sapevano cosa stessero facendo lì. Non capivano cosa avesse potuto portarceli, anche se Elliot sospettava fosse colpa dell’orario, visto che erano le quattro del mattino. Comunque, erano a casa di Lotty, loro due, Lotty, Sharon, Ada, Oz, Gilbert, Vincent, Echo e una ragazza che non conoscevano, con lunghi capelli neri e occhi rosso bordeaux, che si guardava intorno del tutto intontita dal sonno. In mezzo alla stanza, in piedi, perfettamente sveglie e allegre, stavano Lerion e Leahia.
-Gente- iniziò Lerion- Siete stati ingaggiati come attori per la recita che io e Leahia abbiamo scritto!
Elliot osservò confuso le ragazze. Cosa diamine stavano dicendo? Leo, intanto, era scivolato sulla sua spalla, chiudendo gli occhi. Elliot era decisamente troppo stranito per arrossire o badare a una cosa che gli faceva solo piacere, quindi tentò di rivolgere la poca attenzione che aveva sulle ragazze al centro della stanza.
-Ma era necessario chiamarci tutti alle quattro?- domandò Sharon. sbadigliando e mettendosi educatamente una mano davanti alla bocca.
-Bè- replicò Leahia- Per me non fa alcuna differenza, e Lerion era d’accordo. Abbiamo appena finito di scriverla, quindi vi abbiamo chiamati.
-Ma prima occorrono delle spiegazioni, e a conti fatti forse siete un po’ troppo stanchi per reggerle- soggiunse Lerion.
-Perspicace- la prese in giro Break, sveglio come Leahia.
-Ok, ok, dormite tutti qui, stanotte. Domattina ci spiegherete meglio, voi pazze- fece Lotty. Poi guardò gli altri con uno sguardo quasi compassionevole- Stendetevi dove trovate spazio, non avrete difficoltà a dormire.
Tutti annuirono. Elliot e Leo erano sul divano, perché abitando lì sopra erano arrivati per primi.
-Noi possiamo anche salire a casa nostra, vero?- domandò Elliot, senza alzare la voce per non svegliare Leo, che dormiva beato contro la sua spalla.
-No- replicò secca Lerion- Voi due non dovete muovermi da lì.
-È un ordine- aggiunse prentoria Leahia. Elliot non capiva perché dovesse obbedire a quelle spostate che li avevano chiamati alle quattro di notte per dirgli una cosa della quale a loro non fregava assolutamente nulla, ma non se la sentiva di ribattere, e onestamente non gli dispiaceva affatto l’idea di dormire con Leo appoggiato su una spalla. E quindi, così fosse. Appoggiò la testa sul divano e si addormentò all’istante. Si svegliò lentamente cinque ore dopo. Si accorse all’istante che il peso che prima era sulla sua spalla adesso gravava sulle sue gambe. Vi guardò, per assicurarsi che non fosse solo una sensazione. Non lo era: Leo stava rannicchiato e aveva la testa appoggiata sulle sue gambe. Elliot si sentì andare a fuoco. Eccolo, il caro vecchio imbarazzo. Si guardò intorno, ma dormivano tutti. Splendido, non avrebbe sopportato che qualcuno li vedesse in quello stato, sarebbe morto do vergogna. Odiava l’idea di doverlo fare, ma si costrinse a scuotere leggermente una spalla di Leo, che mugolò.
-Elliot...- sussurrò. Elliot si sentì gelare. Non... non stava ancora dormendo quello lì, vero? Non lo stava sognando, vero? Vero? Non di nuovo! Una volta poteva essere un caso, ma due volte era strano! Lo scosse ancora, un po’ più forte. Leo trasalì e si alzò, guardandosi intorno teso. Poi il suo sguardo si posò su Elliot e si tranquillizzò.
-Oh. Ciao.
-Ciao- salutò Elliot. Non accennò alla posizione di prima né tantomeno alle sue parole. Non lui.
-Io... non ho mica detto qualcosa di... strano, vero? Perché... a volte mi capita di parlare nel sonno...- sussurrò Leo. Elliot si imporporò. Doveva dire la verità? Che doveva fare? Sentiva il suo cuore battere a mille.
-Hai... detto il mio nome...- ammise, abbassando la testa.
-Oh. Mh. Ecco...
Ma Leo non poté finire la frase perché si svegliò anche Oz, che come da copione non li lasciò soli nella loro conversazione. Sorridendo, scavalcò le tre persone che lo separavano dai due e si sedette in mezzo a loro, “salvandoli” dalla situazione tremendamente imbarazzante che si era venuta  a creare.
-Buongiorno! Che ne pensate di quello che hanno detto stanotte Lerion e Leahia? Cosa credete che vogliano fare? Avevo sentito che frequentavano un corso di sceneggiature, sarà divertente vedere c0sa hanno scritto! Siete curiosi di conoscere il ruolo che vi assegneranno? Ma voi avete già recitato da qualche parte? Cosa credete che mangerete a colazione?
Elliot si riposò beatamente lasciandosi cullare dalla raffica priva di senso di domande del biondino. Ecco, in quello era sopportabile. Non gliene fregava nulla se stavi ascoltando quello che diceva o no. Nel giro di mezz’ora si svegliarono tutti, e Lotty corse fuori per comprare la colazione, ignorando le proteste di chi si offriva di cucinare e di chi offriva Elliot per cucinare. Aspettarono in silenzio per dieci minuti, quando Lotty tornò con un enorme vassoio di pasticceria. Mangiar0no con calma, e dopo poco erano di nuovo nella stessa posa della notte, ma molto più svegli.
-Allora- esordì Lerion- Come forse sapete io e Leahia frequentiamo un corso di sceneggiatura. In questi giorni abbiamo trovato un concorso che valuta spettacoli con sceneggiature di esordienti, a patto che gli spettacoli siano organizzati senza il loro aiuto.
-Ecco, noi abbiamo scritto questa sceneggiatura ispirandoci a voi e ai vostri caratteri- continuò Leahia- E vorremmo che la recitaste al concorso. La storia si intitola “Pandora Hearts”, e la trama è decisamente troppo complicata per spiegarla.
-Nel caso accettaste, qui ci sono i copioni già evidenziati con le battute che vi interessano- fece Lerion, alzando una serie di pacchi di fogli pericolosamente alti- Accettate?
-Io accetto!- disse subito Oz, alzando la mano. Ada sorrise.
-Per me va bene- fece.
-Anche io ci sto- aggiunse Break.
-Sì, anche a me e a mio fratello va bene!- annunciò Vincent, stringendo le spalle di Gilbert e guadagnandosi un’occhiata gelida da parte di Lerion.
-Si può fare- sorrise Sharon.
-Ovvio!- strillò Lotty, molto esaltata. La ragazza con i capelli neri e Echo si limitarono a stringersi nelle spalle.
-Ok, posso farlo- disse Leo. Elliot lo guardò, stupito. Lui non sapeva se accettare. Ma se avevano accettato tutti...
-D’accordo, contate pure su di me- borbottò. Lerion e Leahia sorrisero.
-Primo incontro: oggi alle cinque a casa Vessalius, la più grande- li informò Leahia. Oz e Ada non protestarono.
-I protagonisti sono Oz, Alice e Gilbert- spiegò quel pomeriggio Lerion, mentre tutti stavano ancora ripassandosi i copioni che le ragazze gli avevano consegnato. Elliot e Leo avevano conosciuto l’altra ragazza: si chiamava Alice Baskerville, ma Leo giurò di non aver mai saputo che era sua parente- Oz fa parte dei Vessalius, una famiglia Ducale, e dieci anni prima dell’inizio della recita è stato gettato in Abyss, dove ha conosciuto Alice, che si presenta come un Chain. Cosa sono i Chain è scritto sul copione. Comunque, appena uscito dopo aver stipulato un contratto illegale con Alice, Oz ritrova il suo vecchio servitore Gilbert, Sharon Rainsworth, membra di un’altra casata Ducale, e Xerxes Break. Gli altri li incontra nel corso della storia...
Elliot non ascoltò finché non arrivò la sua parte.
-Oz poi incontra alla Lutwidge Elliot Nightray con il suo servitore Leo...
-Aspettate!- le interruppe Leo- Perché devo farlo io il servitore?
-Perché sì. Allora, li incontra alla Lutwidge perché li ha sentiti suonare “Lacie” al pianoforte, e vuole sapere perché...
Elliot continuò ad ascoltare, perché comparivano quasi ininterrottamente per un bel po’ della storia.
-E quindi, sacrificando se stesso per proteggere Leo e tutti i suoi amici, Elliot si suicida.
-PERCHÉ?- sbraitò Elliot, alzandosi di scatto- NON VOGLIO MORIRE! NON PER PRIMO!
-Andiamo, non scaldarti- gli disse Leahia.
-Invece sì!- protestò Elliot- Insomma, non ha assolutamente senso farmi morire in questo modo! È crudelissimo! Un sacrificio inutile e tristissimo! Se questa cosa fosse un libro sarei capace di restarne traumatizzato a vita!
-Lo prendiamo come un complimento- continuò Leahia.
-Senza contare- aggiunse Leo, schieratosi dalla parte di Elliot- Che i vostri Elliot e Leo sono ambigui in modo incredibile. Avevate detto che avreste rispettato i “noi” originali!
-E così abbiamo fatto- replicò Leahia.
-Già- rincarò Vincent- La loro sembra una commedia romantica in pienissima regola. Devo ammettere che se fossero solo due personaggi arriverei a vederli davvero bene insieme.
-Ascoltate- sibilò Lerion- Questa cosa l’abbiamo scritta noi, ci piace, un po’ d’amore scalda il cuore e siamo più che soddisfatte degli Elliot e Leo che abbiamo creato. State zitti e ascoltate.
Elliot sbuffò. Avrebbe potuto replicare che “un po’ d’amore” non è esattamente creare le condizioni per la storia romantica del secolo e poi ammazzare brutalmente uno dei due innamorati, ma non lo fece. Scoprì che poi Leo sopravviveva e i sensi di colpa non lo abbandonavano mai, nonostante in effetti Elliot lo avesse perdonato. Comunque, moriva anche Break e alla fine la storia si concludeva con Oz che si svegliava e punto. Dovettero tutti ammettere che era davvero una bella storia, nonostante a Elliot non andasse giù l’idea di morire e di fare la parte del “gay ambiguo” quando era vivo. Okay, la cosa non gli dispiaceva, ma aveva paura di sfociare nel “ambiguamente gay ambiguo”, che avrebbe portato a dei dubbi. Oz, intanto, si era affiancato a Gilbert e Alice che stavano ripassando le proprie battute. Elliot non ne aveva moltissime, e quelle che aveva erano tutte rivolte a quella pulce del Vessalius o a Leo, quindi la traccia era piuttosto libera. Doveva recitare il se stesso di duecento anni prima.
-Che ne pensi?- domandò di colpo Leo, sfogliando il suo copione.
-Intendi della storia? È molto bella, sono state brave e...
-No- lo interruppe Leo, chiudendo il copione e guardandolo- Intendo della parte di Elliot e Leo 2. Non sembra, leggendo la storia così, ma sono due personaggi importanti. Rappresentano la costrizione in un mondo che non hanno mai desiderato, due vite giovani gettate al vento senza alcuna colpa. Mette i brividi.
Sì, detta in quel modo metteva i brividi. E effettivamente, era vero che Elliot e Leo 2, nonostante comparissero in non molte scene, erano la storia più triste che conoscesse.
-Sì- concordò Elliot- La loro è una parte davvero crudele. Non hanno colpe, nessuno dei due. Volevano solo vivere la loro vita e sono stati gettati dentro al vortice.
-In realtà- lo corresse Leo, abbassando la testa- Leo 2 ha una colpa, e anche piuttosto grave. Nel senso, è tutta colpa sua se Elliot 2 è morto...
-Secondo me no!- si affrettò a contraddirlo Elliot. E lo pensava davvero- Lo ha fatto in un gesto disperato e che dimostrava un affetto incredibilmente profondo per il proprio migliore amico. Se l’unica soluzione per salvarlo fosse stata ammazzarsi, credo che l’avrebbe fatto. Per me è assolto da ogni colpa.
-No, no!- si infervorò Leo- Ha sbagliato! Ha ucciso la persona di cui era innamorato! Sì, è inutile negarlo, dobbiamo recitare la parte degli innamorati, e qui Leo 2 ha gettato tra le braccia della morte Elliot 2!
-Ma continua ad amarlo incondizionatamente!- protestò Elliot, anche lui infervoratosi.
-È un gesto puramente egoista!
-L’amore non può essere egoista!
-Certo che può!
Rimasero a fissarsi negli occhi alcuni secondi. Elliot frenò l’impulso di baciarlo grazie a chissà quali freni, ma sicuramente quei freni erano davvero potenti, perché mai nella sua vita aveva desiderato tanto qualcosa come in quel momento desiderava prendere Leo per la vita e baciarlo finché avesse avuto aria.
-Vedo che avete inquadrato alla grande i vostri personaggi- commentò una voce. Elliot e Leo si voltarono di scatto e videro Lerion e Leahia sedute vicino a loro. Sorridevano. Era stata Leahia a parlare.
-Giusto!- fece Leo- Voi che siete le sceneggiatrici e che avete inventato la storia, Leo ha o non ha colpe?!
-E stanno o non stanno insieme?!- rincarò Elliot.
Le due sorrisero furbamente.
-Oh, non risponderemo. Vogliamo che interpretiate al meglio le vostre parti- replicò Lerion.
-E ci state già riuscendo, pensate un po’- continuò Leahia- Tra parentesi, sì, Elliot e Leo “2” sono personaggi molto importanti. Se ti fermi a riflettere, noti quanto siano stati sfortunati. È incredibile.
-Quindi- aggiunse Lerion- Mi raccomando di recitarli davvero al meglio. Soprattutto l’atto 14, la scena della morte di Elliot. Chiaro?
Elliot e Leo annuirono, obbedienti. Ovvio che avevano intenzione di farlo al meglio!
Qualche pomeriggio dopo, Elliot e Leo si trovarono a fare merenda da Lotty, parlando della recita. Le prove stavano andando a gonfie vele, anche se Elliot, Leo, Lerion e Leahia avevano completamente abbandonato lo studio.
-Certo, tu hai delle scene così ambigue con Vincent...- commentò Leo, mangiucchiando un biscotto. Lotty sbuffò.
-No, l’ho piantato. Ho conosciuto un tipo l’altro giorno in biblioteca, e mi è piaciuto parecchio...- replicò la ragazza. I due si strinsero nelle spalle. Se lo aspettavano.
-E Vincent adesso sta con...?- fece Elliot, sorseggiando il the.
-Ada, la bionda Vessalius. Io mi sono messa con quello lì, se vi interessa. Si chiama Reim Lunettes, ed è molto carino. È anche uno degli attori nella recita, ma voi due non lo vedete praticamente mai, perché non compare quasi per niente nelle vostre scene. Ha gli occhiali e i capelli castani.
Elliot e Leo annuirono. L’avevano presente.
-Ah!- continuò Lotty, ormai entrata nel filone pettegolezzi- Oz si è fidanzato con Echo!
-Oh, sono contento per loro- replicò Leo, sinceramente soddisfatto. Elliot sbuffò, poiché non gli importava assolutamente nulla delle vicende amorose del cast. Lotty di colpo sorrise ambigua.
-Ma ci sono ancora due belle ragazze single... Sharon e Alice... potreste...
-Ma che accidenti vai millantando?- la interruppe Leo, afferrando lesto un altro biscotto- Non ce ne frega nulla. Vero, Elliot?
-Verissimo- acconsentì l’altro, cercando di mantenere un tono distaccato, nonostante l’imbarazzo e una strana voce nella sua testa che gli ripeteva “Non che a te piaccia molto il genere femminile...”. Elliot tossicchiò per intimare alla sua fastidiosa coscienza di tacere e Lotty sospirò.
-Comunque mi piace questa tragedia- fece, poi anticipò le repliche degli altri- È una tragedia, è inutile negarlo. Soprattutto la vostra. Una storia d’amore così romantica e così triste... Sharon ha pianto per una giornata intera quando l’ha letta, e anche Lerion e Leahia hanno detto che è stata una vera sofferenza scriverla. Ah, vedete di interpretarvi bene, ragazzi!
-Vogliamo parlare di te?- replicò Elliot- Sei una dei cattivi, scommetto che non vedi l’ora.
Lotty ridacchiò e concordò che in effetti non vedeva l’ora di recitare una parte affascinante come quella. Elliot e Leo sospirarono, lieti che Lotty riprendesse a monologare escludendoli dai suoi pensieri. Elliot però era sinceramente preoccupato. Aveva davvero paura di fare qualche cazzata quale baciare Leo sul palco, perché c’erano delle scene nelle quali veramente mancava solo un bacio. Quelle ragazze sapevano essere di un’ambiguità snervante.
In men che non si non si dica, arrivò il giorno della recita. Lerion e Leahia erano tesissime, mille volte più tese degli attori, che anzi sembravano piuttosto a loro agio. Avevano capito, semplicemente, che per andare bene bastava non recitare. Bastava essere loro stessi. Non c’era stato molto tempo per le prove, in realtà. Era la fine di luglio. Ma in ogni caso sembrava che la recita andasse bene. Elliot non era poi tanto teso. Lui e Leo esordivano nel quinto atto, quindi potevano aspettare. Avevano già indossato la bianca uniforme della Lutwidge, che a Elliot non dispiaceva. Quantomeno non era costretto a indossare, come Leo, maniche con delle strane gale in fondo, anche se quando portava i vestiti nobiliari aveva un fiocco blu. In quel momento, la loro recita iniziò. L’inizio era Oz che si svegliava e vedeva Gilbert, e gli raccontavano cosa fosse successo. La recita andò avanti splendidamente: tutti sapevano recitare loro stessi, i ruoli erano ben strutturati, l’ambientazione a dir poco pittoresca e l’intreccio coinvolgente, anche se complesso. Prima di quanto avesse previsto, Elliot vide le tende chiudersi sulla fine del quinto atto. Gli iniziarono a sudare i palmi delle mani.
-Tocca a noi, eh?- sussurrò Leo, flebile. Anche lui era teso. Elliot si risistemò il cappotto, annuendo.
-Pronto, servitore?- tentò di scherzare. Leo si fece sfuggire una risatina isterica, e insieme si diressero verso il lato del palco dal quale dovevano entrare. Il tempo sembrava accorciarsi... Oz entrava nella biblioteca... Ecco, stava sfogliando i volumi di Holy Knight... Elliot, in trance, iniziò a camminare e andò a porgere il libro a Oz.
-Stavi cercando questo?- domandò, modulando la voce perché risultasse più naturale possibile. Ecco, il dado era tratto. Non doveva essere andato male, perché la scena continuò tranquilla, con la litigata tra lui e Oz, parte che adorava, e in un momento erano già usciti di scena, per fare spazio ad una Baskerville dai capelli rosa. Poco dopo sarebbero di nuovo dovuti entrare.
-Grandiosi! Siete grandiosi!- si congratularono tutti quelli che in quel momento non erano in scena.
-Davvero bravi, sì!- acconsentì Lerion.
-Ma avete ancora parecchie scene- ricordò Leahia- Andate a spaccargli il culo, a quel pubblico di ignoranti!- li incoraggiò ammiccando.
-Leahia!- replicarono scandalizzate Ada, Sharon e Lerion. Leo e Elliot ridacchiarono, e si prepararono ad entrare di nuovo in scena. Elliot stavolta aveva un lungo discorsone, e pregò con tutto il cuore di non impappinarsi a metà. Non lo fece. Riuscì fantasticamente. Le scene successive dove comparivano erano più tetre, nella Sabrié post-apocalittica, quindi più facili da recitare. Elliot si stava divertendo moltissimo, anche perché si rendeva conto di avere talento. Poco dopo arrivò l’undicesimo atto, uno dei suoi preferiti, nel quale organizzavano un Tea Party. E c’era una scena. Quella scena. Elliot sapeva come si sarebbe svolta, ma non riusciva a smettere di pensarci con una certa tensione, quasi più di quando aveva dovuto abbracciare Leo per proteggerlo ed era andato praticamente a fuoco. Ecco, ecco era il momento.
-Si può fare- disse Leo, sedutosi improvvisamente accanto a lui. Elliot si voltò e sentì il proprio cuore perdere un battito. Sorrideva, sorrideva apertamente. Era bello come il sole- Uno come te, Elliot... ce la può fare.
Elliot a questo punto doveva sorridere. Ma il sorriso che gli venne fu così spontaneo, così bello che Leo sgranò gli occhi e ammutolì. Fortunatamente Oz non lo aveva visto, quindi la recita continuò tranquilla. Tornati dietro le quinte, Lerion e Leahia erano praticamente uscite di testa.
-FAVOLOSO!- annunciò Lerion, stringendoli in un abbraccio da incrinare le costole. Leahia saltellava poco dietro.
-Fantastici, siete stati fantastici! Dio mio, Leo, quell’improvvisazione nella quale hai preso Elliot per la mano prima di stringergli un braccio è stata tipo...
-WOW!- concluse Lerion, staccandosi, con gli occhi che brillavano- Avete davvero talento!
-Elliot, il tuo sorriso è stato la cosa più struggente che ho mai visto nella vita!- commentò Leahia. Elliot era piuttosto dubbioso, perché in realtà non capiva come Leahia fosse riuscita a vedere una cosa come un sorriso da dietro le quinte. Elliot e Leo ringraziarono e si presero un bicchiere d’acqua. I tre atti successivi erano i loro ultimi insieme, perché Elliot moriva e Leo continuava da solo. L’atto dodici cominciava con una litigata tra loro due, parte interpretata davvero bene, per abitudine, poi la scena cambiava e raccontava la storia di come si erano conosciuti. Una storia davvero molto bella. Anche in quella, brillarono, soprattutto perché Elliot ebbe la grande idea di improvvisare un piccolo gesto. Il punto nel quale suonava la melodia di Statice, doveva essere semplicemente Elliot che si avvicinava a Leo e suonava, mentre lui decise che era meglio posizionarsi dietro a Leo, e allungare un braccio oltre la sua spalla per suonare quella melodia, sfiorandolo con un sorriso simile a quello di prima. Ma la scena cambiò di nuovo, e la calma storia del loro incontro fu interrotta dall’inizio della fine: era stato trovato un uomo decapitato. Ora, mancava un po’ prima della morte di Elliot, ma quel “po’” passò davvero in fretta. Dopo quelli che a Elliot parvero secondi, si trovava da solo, al centro del palco, sorridendo sardonico e rassegnato.
-Humpty Dumpty, io nego totalmente la tua esistenza.
E si finse di trafiggersi mentre le luci si spegnevano di botto. Quando si riaccesero, lui era steso in terra, fingendosi morto, coperto di una sostanza che ricordava il sangue. Sentì Leo correre verso di lui. E sentì il proprio nome chiamato con un urlo, così agghiacciante da fargli venir voglia di aprire gli occhi e guardare Leo, che si era appena inginocchiato vicino al suo “corpo”. Gridava, isterico, angosciato, lancinante, disperato. Era la voce della pura disperazione. Elliot aveva i brividi per l’interpretazione di Leo. Si chiusero le tende. C’era una pausa più lunga. Elliot si alzò a sedere, e vide Leo, con il fiatone.
-Wow- disse il moretto- era davvero tanto che non urlavo così.
-Era perfetto!- si complimentò Elliot- Sembravi davvero... distrutto dalla mia morte!
-Grazie- sorrise Leo- E sai, guardando questa recita, a conti fatti, dovresti sorridere di più. Hai un bel sorriso.
Elliot si sentì andare a fuoco e benedì ogni divinità conosciuta per quel finto sangue che gli copriva il volto. Come doveva rispondere? Come? Boccheggiò un po’, poi decise di fare il sarcastico.
-Bè, essendo io morto, in questa recita non sorriderò più.
“Fai pena” si disse. Leo però ridacchiò nervoso e andarono sul retro, per pulire il sangue finto dal viso di Elliot. Leo a quel punto doveva infilarsi una parrucca per simulare i capelli corti, perché si era categoricamente rifiutato di tagliarli, e doveva tenere gli occhi completamente scoperti. E poco dopo entrò. E Elliot rimase solo e disoccupato, anzi, solo e defunto, dietro le quinte. Non molto tempo dopo la recita finì. Tutti uscirono sul palco per un inchino di saluto, Elliot ancora rigorosamente insanguinato. L’applauso che ricevettero fu a dir poco entusiastico. Poi li presentarono a ruoli. Quando fu il turno di “Elliot e Leo”, unici personaggi presentati in coppia, il pubblico impazzì. Iniziò a gridare “Bacio! Bacio! Bacio!”. Elliot e Leo arrossirono e scossero la testa, per far capire che non l’avrebbero fatto. Il pubblico rumoreggiò scocciato e deluso, e di colpo Leo voltò Elliot, gli abbassò il colletto della camicia e lo baciò. Elliot arrossì a dir poco furiosamente, si sentiva bruciare. Ricambiò il bacio, come avrebbe voluto fare da un sacco di tempo. Istintivamente strinse la vita di Leo e lo trascinò verso di sé, inebriandosi del suo profumo. Leo dischiuse un momento le labbra, e nell’istante in cui sentirono le loro lingue sfiorarsi, si staccarono bruscamente, ansimanti e rossi e caldi come il fuoco. Non era durato che cinque secondi, ma il pubblico era impazzito. Scesi dal palco, Lerion e Leahia gli vennero addosso. Elliot era troppo confuso per ragionare coerentemente.
-VI SIETE BACIATI!- strillò Leahia, poi iniziò a saltellare sul posto insieme a Lerion.
-Cioè, nella nostra idea il rapporto tra Elliot e Leo doveva rimanere in sospeso ma OMMIODDIO Vi SIETE BACIATI!- fece Lerion.
-Per il pubblico!- si affrettò a dire Leo. Elliot annuì.
-Sì... il pubblico! Come attori dobbiamo... recitare... ciò che il pubblico vuole- fece. Leo annuì a sua volta, ma non per questo le ragazze parvero meno deluse. Come è piuttosto ovvio, vinsero il primo premio. Ma quello che Elliot e Leo non si aspettavano era che un giudice gli corresse incontro prima che potessero risalire in macchina e fuggire a casa.
-Aspettate!- gli disse. I due si voltarono- Ma voi... voi state davvero insieme?- domandò. Elliot e Leo avvamparono incredibilmente e si affrettarono a dire che tutto ciò che avevano fatto era puramente per il pubblico, non per il loro piacere personale (“BUGIA” pensò Elliot).
-Allora avete recitato in qualche altra compagnia teatrale- volle informarsi l’uomo. Negarono- Sul serio? Voi siete un talento! Siete stati incredibilmente convincenti sul vostro rapporto! Non sprecatevi! Ecco, qui c’è il numero di un’ottima compagnia teatrale- disse, consegnandogli un foglietto- Se vi va chiamateli, saranno lieti di accogliervi!
Ovviamente non li chiamarono mai. Tornarono a casa propria dopo essere rimasti per un po’ giù da Lotty a brindare per il loro successo. Elliot passò il tempo in un angolo, a mordersi le labbra e a revocare il profumo di Leo... sapeva di libri e inchiostro... e il sapore delle sue labbra, premute tanto a lungo sulle proprie... bollenti e tremendamente delicate... e il sentire Leo attaccato al suo corpo, così vicino, così premuto su di sé... e quel singolo istante nel quale era riuscito a sfiorare la sua lingua, era così dolce... Avrebbe tanto voluto baciarlo così ogni secondo della sua giornata, ma non poteva. Non stavano insieme, ed Elliot era quasi certo che, qualunque cosa fosse successa quella sera sul palco, le cose non sarebbero cambiate. Erano circa le due di notte quando chiusero la porta del loro appartamento. Sospirarono, e Leo fece per entrare in camera propria, quando si fermò sulla porta, appoggiandosi allo stipite con le mani.
-Elliot...- sussurrò- Ma quello... era solo per il pubblico, giusto...?
Elliot aveva la gola secca. Solo per il pubblico. Solo un incidente. Annuì, chiedendosi se avrebbe mai avuto il coraggio di prenderlo per la spalle, sbatterlo contro il muro e urlargli in faccia quanto gli piacesse.
-Ok... buonanotte...
E Elliot non era sicuro se prima che la porta si chiudesse, avesse sentito un soffocato “Va bene così”.






The Corner of the Mad Lady
Buonasera a tutti! Prima di commentare... questo, ho una cosa di dire: AUGURI AL MIO BELLISSIMO FIGHISSIMO DOLCISSIMO XEEEEEERX!!!!!!! Ok, adesso posso parlare di... questo. Siccome ci sono un sacco di cose da dire, farò un elenco.
-Lo so che è impossibile fare una recita di PH senza tutti i personaggi. Licenza poetica.
-È il capitolo più recente che ho scritto, perdonate eventuali incongruenze.
-Non era mia intenzione inserire un altro bacio, è che la scena era davvero troppo perfetta.
-Sì, tutto ciò che ho detto su Elliot e Leo 2 è esattamente ciò che penso. Compresa l’ambiguità chiara come la luce del giorno.
-Il fatto che siamo io e Lerion le scrittrici è solo una sorta di vendetta per un tremendo corso di sceneggiatura fatto a scuola, non voglio paragonarci a quel genio malefico della Mochizuki.
-Ho dovuto cancellare la coppia LottyxVincent perché ho in mente un extra che prevede solo coppie che apprezzo, quindi FATTI AVANTI CRACK PAIRING, VIVA LA LOTTYXREIM! (E viva l’Echoz)
Ok, penso che le scuse e i chiarimenti siano finiti. Grazie per aver letto il capitolo (anche se nessuno legge mai le note dell’autrice tranne me lol) e alla prossima, goodciao!
PS: efp sta facendo un casino assurdo a questa storia e non capisco perché

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Capitolo 11
*** London's Problematic Birthday ***


London’s Problematic Birthday

Era il 6 agosto. Questa semplice informazione potrebbe dare l’idea di Lotty in quel momento. A soli due giorni dal compleanno di Elliot. I ragazzi avrebbero messo la firma senza pensarci a poter riavere la solita vecchia Lotty che entrava venti volte al giorno, piuttosto che la Lotty stabilita ufficialmente a casa loro a parlare di come organizzare il compleanno di Elliot. Elliot soprattutto si sentiva molto imbarazzato. Il compleanno di Leo era stato molto più semplice, perché si erano appena conosciuti, quindi “tanti auguri a te”, torta e qualche regalo. Ma quello di Elliot... era in piena estate, quindi la mente di Lotty fermentava per trovare iniziative divertenti che comprendessero l’indossare circa tre grammi di stoffa, e inoltre il rapporto tra loro tre era molto diverso rispetto a quello che c’era stato il 25 ottobre. Molto, molto diverso. Anche per quello Elliot era abbastanza preoccupato. Comprese però, che rimandare a quel punto era inutile. Cercò almeno di evitare altre persone eccetto loro tre, e lo ottenne, seppur a malincuore, grazie al fantastico intervento di Leo che disse (sarcasticamente) che sarebbe stata ingiusta una festa con tante persone per Elliot quando lui non l’aveva avuta. Lotty però, non molto incline a comprendere quel tipo di sarcasmo, disse che era verissimo e, scusandosi con Elliot, dichiarò di non poter invitare altre persone. Elliot non capiva se Leo l’avesse fatto per aiutarlo o avesse solo fatto una battuta, ciononostante, la cosa non gli dispiaceva affatto. Una preoccupazione in meno. Tuttavia, Lotty era ben ferrata nel voler fare qualcosa di bello anche solo per loro tre. L’unica cosa che consolava i due ragazzi, era che in tre non ci si poteva inventare chissà cosa. O almeno, tutto ciò li consolò fino al 6 agosto, giorno nel quale Lotty ebbe “L’Illuminazione”. Si gettò nel loro salotto.
-RAGAZZI!- esclamò, ansimante. I due sospirarono rassegnati.
-Hai dato fuoco a qualcosa?- domandò Leo.
-No, ma ho avuto un’idea geniale!
-Ovvero?- la incoraggiò Elliot, del tutto disinteressato.
-Andiamo in discoteca!
I ragazzi lentamente spostarono lo sguardo dai loro libri a Lotty, ancora allegrissima. Leo era diventato bianco come un cencio, e Elliot sembrava cercare le parole per esprimere la sua condizione, parole che evidentemente non esistevano, visto che non le trovò in oltre dieci secondi.
-Non siate fastidiosi. È un’idea geniale!- si autocomplimentò Lotty, sorridente e indifferente al silenzio sbigottito dei ragazzi.
-No, non lo è!- rispose Elliot. Lotty parve perdere una parte del suo entusiasmo.
-Non ti piace?- domandò, affranta. Elliot rimase per un secondo in silenzio, confuso dall’atteggiamento quasi remissivo che aveva assunto la ragazza, ma poi si riscosse ricordando che era un suicidio assecondarla.
-No- fece, deciso. Lotty recuperò l’entusiasmo.
-E allora facciamo che è il regalo che ti faccio io! Non si rifiutano i regali, anche se non sono graditi!
-Lotty...- tentò di replicare Elliot, ma la ragazza aveva già deciso. Era tardi. La condanna a morte era stata firmata.
-Lotty, no. No, no e no- fece la voce di Leo, decisa, per uno del colore della neve. Elliot lo fissò, domandandosi se fosse in effetti appropriata quella reazione. Sembrava che Lotty avesse detto che gli era morto un parente. La ragazza lo guardò irritata.
-Come no?
-No! Io non ci vengo!- fece, deciso. Lotty sbuffò.
-Nessuno ti obbliga.
Leo fece per ribattere ma poi tacque. Elliot non sapeva che dire. Leo spostò lo sguardo verso l’amico e poi di nuovo verso la cugina, che assunse un’espressione trionfante. Ma Leo non parlò. Si decise dopo parecchi viaggi di sguardi con uno sbuffo irritato.
-Ovvio che sono obbligato...- sussurrò pianissimo- Mica posso lasciare Elliot da solo con te...
Lotty batté le mani, felice per la vittoria.
-Sarà meglio che scenda subito a cercarne una carina, allora!- cinguettò, e scese le scale quasi fluttuando. Quando la porta si chiuse, nella casa cadde il silenzio.
-Oh, cavolo!- esclamò Elliot, gettando la testa all’indietro.
-In discoteca... ma che ha nella testa...? In discoteca...- borbottava Leo. Elliot moriva dalla voglia di chiedergli come mai non avesse rifiutato e basta, ma non sapeva come farlo. Decise di andare parlando normalmente, come se non ci avesse pensato.
-Ma perché tu hai detto di venire?- domandò, più sereno possibile. Leo arrossì leggermente, ma proprio poco.
-Ma ti prego. Saresti spacciato senza di me- rispose, riassumendo la sua classica colorazione pallida.
-Non è vero!- protestò Elliot, senza infuriarsi per davvero. Adesso non potevano infuriarsi, serviva un piano per rendere sopportabile tutto quello.
-Sai, forse se ci fosse stata altra gente sarebbe stato più facile...- si trovò a dire Elliot, un po’ di tempo dopo che avevano iniziato a parlare di come distrarsi in assenza di forchette con le quali duellare. Leo parve soppesare la situazione.
-Forse... con Lerion e Leahia sarebbe stato più sopportabile...- acconsentì poi. Decisero di andare a chiederlo a Lotty, ma quando glielo dissero lei scoppiò a ridere.
-Ma state scherzando? Sarebbero persino più contrarie di voi due!- disse, ridendo. Elliot e Leo rimasero imbambolati. Ogni altra persona sarebbe stata improponibile. Lotty sembrò preoccuparsi.
-Ma perché? Volevate altre persone? Posso invitare dei miei amici se...
-NO!- la fermarono all’istante i due.
-Volevamo solo sapere di Lerion e Leahia- si spiegò frettolosamente Elliot. Lotty sorrise quasi complice.
-Guardate che sono entrambe fidanzate...- gli ricordò. Elliot arrossì furiosamente e anche Leo si imporporò leggermente.
-Ma cosa vai a pensare!- fece Leo, scuotendo una mano. Lotty sospirò e tornò al computer, nella sua ricerca di una discoteca “decente”. Il 7 agosto passò senza particolari avvenimenti, eccetto l’annuncio di Lotty che aveva trovato finalmente il posto perfetto ma non aveva intenzione di rivelarglielo. Così venne la mattina dell’8 agosto. Elliot si svegliò, confuso come sempre. Si ricordò solo dopo circa cinque secondi che era il suo compleanno.
-Tanti auguri a me...- borbottò, alzandosi. Si diresse, ovviamente senza cambiarsi, in salotto. Appena uscito dalla sua camera, però, vide Leo. Leo addormentato sulla tastiera del pianoforte, vestito di tutto punto. Aveva ancora le mani sui tasti, e Elliot, avvicinandosi, poté leggere lo spartito che aveva davanti. Il titolo era “Hawthorn”. Biancospino. Elliot scorse velocemente la sua lista mentale dei significati dei fiori, e trovò “biancospino”. Dolce speranza. Si sciolse in un sorriso a leggere in un angolino il suo nome. Spostò il suo sguardo di nuovo verso Leo. Avrebbe dovuto svegliarlo. Ma quando dormiva era così carino... Gli accarezzò piano i capelli, attento a non svegliarlo, e abbassò il suo volto per averlo praticamente pari con quello dell’altro. Sospirò leggermente, e scosse dolcemente una spalla al moro.
-Leo... Sveglia, Leo...- sussurrò. Leo si riscosse e aprì gli occhi.
-Eh? Cosa...? Oddio, Elliot! Che giorno è?- domandò, raddrizzandosi. Elliot scosse le mani.
-Tanti auguri a me!- fece. Leo ridacchiò.
-Scusa, mi ero addormentato sul pianofo... fo... fo... rte...- sbadigliò Leo. Elliot, suo malgrado, sorrise.
-Come mai?- domandò. Leo lo guardò con un mezzo sorriso complice.
-Lo sai. Ormai l’hai visto...- rispose, e prese il pezzo dietro di sé. Lo consegnò all’amico e poi scosse le mani come Elliot prima di lui- Tanti auguri a te!
-Grazie... ma non dovevi farmi un regalo...- rispose Elliot, leggendo la musica. Era un bel pezzo, certamente. Sembrava molto armonico. E poi l’aveva scritto Leo, quindi era bello per forza. Il moro si strinse nelle spalle.
-Non ho speso nemmeno un centesimo, dopotutto...- disse.
-Perché “Hawthorn”? Non trovi che “Mayflower” suoni meglio?- chiese Elliot. Leo sorrise saccente.
-Letteralmente “mayflower” è “fiore di maggio”, e mi sembra sciocco, visto che tu sei nato ad agosto...
Elliot non poté che acconsentire mentalmente.
-Fino a quando sei rimasto sveglio?- domandò Elliot, andando verso il tavolo e mettendosi a sedere. Leo lo raggiunse.
-Fino a circa...- controllò l’orologio- Due ore e mezzo fa.
Elliot spalancò gli occhi.
-Ma sei matto? Quella squinternata di tua cugina stasera chissà quanto ci fa rimanere svegli! Dovevi dormire!- lo rimproverò. Leo sospirò.
-Che ti importa...
Elliot avrebbe voluto ribattere, ma non poteva. Non ne aveva nemmeno tanta voglia. Mangiarono lentamente la loro colazione, e poi andarono a cambiarsi. Appena Elliot ebbe finito e si lanciò sul divano, Lotty piombò in casa.
-Elliot!- squittì, gioiosa, andando ad abbracciarlo- Tanti auguri!
Elliot non ricambiò l’abbraccio, ma neppure tentò di allontanarla. Almeno in quel momento doveva lasciarle fare tutto quello che voleva. Lotty gli dette un pacchettino incartato, sorridendo.
-Per te!- disse. Elliot afferrò il pacchetto e la guardò stupita.
-Ma il tuo “regalo” non doveva essere la discoteca?
Lotty scosse la testa.
-No, quella non conta.
Elliot la ringraziò e aprì il regalo. Un libro, prevedibilmente. Il libro che voleva da una vita, meno prevedibilmente.
-Leo!- chiamò l’amico, che lo raggiunse.
-Che vuoi? Ah, buongiorno, Lotty.
-Lotty mi ha regalato il 23 di Holy Knight!- fece Elliot. Leo si illuminò e si sedette vicino a lui.
-Davvero? Grande Lotty!
Lotty era abbastanza imbarazzata dall’accoglienza più che calorosa riservata al libro, e i due le assicurarono che come regalo quello era pienamente sufficiente, e che non avrebbe avuto senso anche la discoteca. Senza successo.  Anzi, la ragazza annunciò che sarebbero andati al mare.
-Al mare?- domandò Elliot. Lotty annuì.
-Visto che la nostra cara discoteca è vicina al mare, andiamo al mare. Ci vorrà un po’, quindi svelti!
Gli lanciò dei costumi e gli ordinò di cambiarsi in fretta. I due non ebbero il tempo di ribattere che la ragazza era già uscita. Si guardarono negli occhi, abbastanza per decidere che ribattere era inutile. Scesero poco dopo, e trovarono Lotty già pronta. Indossava un prendisole bianco praticamente trasparente, e sotto un costume piccolo in maniera scandalosa rosso fuoco. Sui capelli era calcato un grosso cappello bianco e portava degli occhiali da sole e una borsa da mare rossa.
-Ma vi vestirete così anche per il vostro matrimonio?- domandò stizzita Lotty, facendo inaspettatamente arrossire entrambi i ragazzi. Comunque, entrarono in macchina e poche ore dopo erano sulla spiaggia. Lotty adorava il mare, era evidente, e la giornata era delle migliori. Calda, come una giornata d’agosto che si rispetti, ma non afosa. Trovarono un bagno praticamente vuoto e Lotty si gettò subito in acqua, chiamando gli altri due. Leo guardò Elliot.
-Che fai, entri?- domandò, indicando il mare con un cenno del capo. Elliot scosse la testa e si mise sulla sdraio.
-No, rimango qui sotto l’ombrellone a leggere... tu vai pure.
Leo annuì e lentamente si diresse in acqua a raggiungere la cugina. Elliot li osservò. Leo entrò in acqua lentamente, tenendo alzate le braccia, mentre Lotty gli girava intorno. Ad un certo punto si sollevò e lo schizzò, al che Leo si arrese e si gettò in acqua, per riemergere poco dopo. Elliot sorrise, prese il libro che gli aveva regalato Lotty ed iniziò a leggere. Mezz’ora dopo venne distratto. Gli altri due erano usciti. Elliot si soffermò un secondo di troppo a osservare i capelli bagnati di Leo. Come sempre, da mesi, ogni volta che il moro usciva dalla doccia.
-Tranquillo- lo rassicurò Lotty- Tra un po’ rientriamo. E anche tu- gli fece, indicandolo. Elliot sospirò.
-E va bene, anche io...- acconsentì. Lotty sorrise.
-Ma perché prima ci guardavi? Ti sei innamorato di me?- domandò. Elliot arrossì.
-No! Ma smettila di pensare a certe cose!- le fece Elliot. Leo annuì.
-In questi giorni sei un po’ fissata, Lotty...- le fece notare. Lotty fece un versetto irritato e si voltò. I tre rimasero per un po’ a giocare sulla spiaggia con le bocce, e dopo circa un’ora rientrarono tutti e tre in acqua. Essendo tutti e tre, nel giro di due minuti iniziò una gara generale di affogamento e schizzi versione deluxe (la versione deluxe era dovuta al fatto che il partecipante più giovane aveva diciannove anni). Quando un’ora e quaranta minuti dopo uscirono dall’acqua, erano completamente sfiniti. Lotty si appropriò della sedia, e Elliot e Leo si scambiarono uno sguardo di sfida per decidere chi si sarebbe dovuto appropriare della sdraio. Elliot scattò, ma anche Leo si mosse e bloccò l’amico.
-Non ci provare...-  gli sibilò. Elliot tentò di divincolarsi, e santo cielo che forza aveva in quelle braccette rachitiche quel figliolo!
-È il mio compleanno, voglio stendermi su quella sdraio!- gli ricordò Elliot, riuscendo a liberarsi. Ma Leo scattò in avanti e si mise sulla sdraio un frazione di secondo prima di Elliot, che rimase in piedi. Fece scrocchiare le dita e i un secondo buttò giù Leo dalla sdraio, insabbiandolo dalla testa ai piedi e prendendo il suo posto. Leo si rialzò, arrabbiato.
-Ma cosa cavolo fai?!- esclamò, tentando di scrollarsi la sabbia di dosso.
-Così impari a disobbedire al festeggiato!- lo rimbeccò Elliot. Lotty sbuffò.
-Vi state comportando come se aveste due anni. Prendete un’altra sdraio dall’ombrellone qui accanto, non c’è nessuno...- sospirò, chiudendo gli occhi.
-Assolutamente no!- fece tassativo Elliot.
-Ormai è una questione di orgoglio!- rincarò Leo, guardando con sfida l’amico. Lotty borbottò qualcosa tipo “maschi...” e poi si addormentò. Elliot e Leo erano però entrati una gara all’ultimo sguardo, e nessuno dei due aveva intenzione di cedere. Leo provò a buttare giù Elliot dalla sdraio, ma senza successo. Elliot rise. Leo rimase talmente sorpreso da quella risata che non si mosse.
-Ma allora sai ridere...- disse piano, fintamente stupito. Elliot assunse di nuovo l’espressione truce che abitava spesso il suo viso.
-Sei uno scemo...- gli rispose. Leo sospirò, ed Elliot ebbe quasi l’impressione che il moro avrebbe preferito che avesse continuato a ridere.
-Sai, forse se ti fai un po’ il là c’entriamo entrambi...- osservò Leo dopo un paio di secondi. Elliot si spostò fino al limite estremo della sdraio, e Leo si stese accanto a lui, provocandogli parecchio rossore. Il Nightray si voltò dall’altra parte e iniziò a giocare con la sabbia.
-C’entri?- domandò, imbarazzato.
-Mh-mh...- rispose l’altro. Sembrava imbarazzato a sua volta.
-Allora che ne dici di dormire, visto che stanotte non hai praticamente chiuso occhio?- propose Elliot a bassa voce. Leo mugolò il suo consenso e Elliot lo sentì sistemarsi il più distante possibile da lui. Lui stesso sentiva di avere le palpebre pesanti, e si rilassò, per quanto l’imbarazzo glielo permettesse, e si addormentò. Fece sogni tranquilli, tipo di dormire. Era il suo sogno preferito, lo trovava altamente riposante. Quando si svegliò si accorse del calore intorno a lui e si ricordò di essere in spiaggia, steso su un lettino insieme a Leo. Di tutto il calore che aveva intorno la maggior parte veniva da dietro di lui. Mosse lentamente la testa e vide Leo addormentato con la schiena aderente alla sua. Arrossì e guardò verso Lotty, che stava ancora dormendo. Non voleva svegliare Leo, sarebbe stato crudele, visto che quella notte era rimasto sveglio per comporre il suo regalo di compleanno, quindi si voltò di nuovo e ricominciò a giocare con la sabbia. Lo imbarazzava essere così vicino a Leo, ma la cosa non gli dispiaceva. Ad un tratto sentì scomparire il calore dalla propria schiena, e comprese che l’amico doveva essersi svegliato.
-Sei sveglio?- sentì infatti chiedere dalla voce di Leo.
-Sono sveglio- confermò. Nessuno dei due si mosse. Dopo un po’ Elliot parlò, giusto per dire qualcosa.
-Senti...- esordì- Ma come mai hai deciso di regalarmi una... canzone?
-Bè- replicò Leo. Elliot non vedeva il suo volto, quindi non poteva azzardare considerazioni sul suo umore- Non avevo altro in mente. Non sapevo cosa comprarti, ma so che ti piace suonare, quindi... ma perché? Non ti piace?
-Figurati! Non vedo l’ora di suonarlo!- si affrettò a dire Elliot, arrossendo- E perché hai messo un titolo così.. come dire, poetico?
-Hawthorn?- domandò Leo, confuso- Biancospino? Non ci vedo nulla di così...
-Intendo- lo interruppe Elliot- Che come probabilmente sai, biancospino vuol dire “dolce speranza” nel linguaggio dei fiori.
Leo a quel punto si voltò. Elliot lo sentì muovere sul lettino, e sentì gli occhi scuri e penetranti dell’amico sulla sua nuca.
-Anche tu conosci il linguaggio dei fiori?- domandò. Elliot annuì- Ma lo sai che è una cosa da effemminati?
-Ma se hai appena ammesso di conoscerlo anche tu!- sbottò Elliot, voltandosi a sedere e guardando Leo in viso. Brutta scelta. Arrossì di scatto, a vedere il volto pallidissimo o bruciato dal sole di Leo e gli occhi profondi e indagatori, così belli, così strani, che quasi brillavano sul resto del viso. E della spiaggia, pensò il Nightray. Leo sospirò, e in quel momento Lotty si svegliò.
-Oh! Scusate, mi ero addormentata...- si scusò la ragazza. Elliot si strinse nelle spalle.
-Ah, anche noi ci siamo svegliati da poco...- la tranquillizzò. A quel punto gli balenò in mente che Leo non aveva risposto alla sua domanda, ma il moro si era già alzato, quindi ormai era tardi. Il resto del pomeriggio fu tranquillo, molto più di quanto Elliot si aspettasse, a dirla tutta, ma verso sera Lotty iniziò ad agitarsi. Fu verso le dieci, dopo che avevano cenato e passeggiato, che praticamente esplose.
-Bene! Adesso arriva la parte migliore della tua festa!- canticchiò battendo le mani.
-Ma guarda, va benissimo così!- tentò di fermarla Elliot- Davvero, è stato un compleanno meraviglioso, ti prego, non fare altro...
Ma Lotty era irremovibile. Li trascinò fino alla spiaggia. Elliot non voleva per nulla fare ciò che Lotty voleva fargli fare. Ma non aveva moltissima scelta, pur essendo il festeggiato. Man mano che si avvicinavano alla spiaggia si iniziò a sentire una musica tipo “tunz, tunz, tunz” assordante, che aumentava notevolmente di volume ad ogni centimetro percorso. Raggiunsero la spiaggia, e videro un grandissimo “recinto” pieno di ragazzi e ragazze che si contorcevano compulsivamente senza seguire minimamente il ritmo (che pure era abbastanza percepibile) della musica che li opprimeva, più che circondava. Elliot e Leo fecero automaticamente tre passi indietro alla vista di tutte quelle persone. Lotty stava già iniziando a muoversi a ritmo di quel frastuono assordante.
-Oh, no!- gridò Elliot per superare il volume dell’infernale stereo che diffondeva il suo verbo- Io lì non ci metto piede!
-Più che d’accordo!- fece Leo, e insieme all’amico si voltò per andarsene, ma Lotty li riafferrò.
-Non se ne parla!- gridò a sua volta- È un posto mega esclusivo, ho pagato una follia per entrarci!
Non ci fu nulla da fare. La ragazza li portò dentro, e Elliot non poteva picchiarla o stordirla perché, bè, era una ragazza ed era la sua padrona di casa. Quindi, non poté evitare la condanna. Sebbene non ci fossero pareti se non delle canne alte ma rade, la musica all’interno di quello spazio irregolare raggiungeva livelli disumani. Elliot e Leo si attaccarono alle canne e non mossero un passo. Leo si mise le mani sulla orecchie.
-Dio, non la immaginavo così!- strillò. Elliot voleva rispondere che probabilmente quel posto gli faceva quell’effetto solo perché essendo “mega esclusivo” la musica aveva il superpotere di essere così forte da trapanare i timpani, far tremare i denti, le gambe e portarti ad istinti violenti contro te stesso e contro il prossimo, ma valutò che quella sola frase gli sarebbe costata più fiato di quanto ne avesse mai accumulato in vita sua, quindi si limitò ad annuire. Lotty li raggiunse. Lei si trovava perfettamente a suo agio.
-Ragazzi!- trillò- Che fate, non venite a ballare?
-Meglio la morte!- dichiarò risoluto Elliot, voltandosi contro la canne e valutando se i trenta centimetri di spazio che separavano una dall’altra sarebbero stati sufficienti a farlo fuggire velocemente. Lotty non era d’accordo, e lo prese per un polso trascinandolo al centro della pista. Elliot lanciò un ultimo sguardo disperato a Leo, e lo vide staccarsi dalle canne per camminare esitante verso di lui, ma la sua figura familiare fu presto coperta da un essere inquietante che si muoveva spasmodico. Elliot riconosceva solo Lotty, in quel momento, e si aggrappò a lei, facendola in qualche modo arrossire. Poi però a quanto pareva vide qualcuno ce salutò con una mano. Una figura si fece strada tra tutte le altre. Un ragazzino basso, con i capelli biondi e un improbabile ciuffo a banana. Oz Vessalius.
-Lotty! Elliot!- li salutò felice- Che sorpresa!
-Oz!- rispose con entusiasmo Lotty, scuotendo il braccio di Elliot perché salutasse a sua volta. Elliot non salutò. Lotty e Oz cominciarono a comunicare. Elliot stava pensando a come sarebbe potuta andare peggio di così. In quel momento una familiare figura li raggiunse.
-Leo!- sospirò sollevato Elliot. Leo annuì. Oz salutò anche il moro con egual entusiasmo, e il moro rispose, seppur privo di entusiasmo.
-EHI DJ!- strillò Lotty- È IL COMPLEANNO DEL MIO AMICO QUI, METTI QUALCOSA DI ALLEGRO!
-AI SUOI ORDINI, SIGNORINA!- sentirono rispondere. Erano evidentemente vicini al dj, che mise una musica forse leggermente più armonica, ma della quale l’armonia era presto soffocata dal “tunz” incessante. A Elliot venne da domandarsi se “tunz” non fosse in realtà una parola che mirava al controllo mentale forzato, vista la potenza con la quale si diffondeva. Lotty iniziò a ballare a ritmo, facendo probabilmente molta invidia a tutti quelli intorno, e Oz con lei.
-Lotty, sembri una cubista- le ricordò Leo, ma la cugina pareva non sentirlo.
-Noi andiamo al bar- dichiarò Elliot, e si diresse a passo sicuro dove aveva scorto il piccolo distributore di bevande. Come si aspettava, Leo lo seguì. Si sedettero sugli sgabelli, senza chiedere nulla.
-Vessalius- scandì Elliot. Lì la musica arrivava leggermente più ovattata. Cioè, era ancora fortissima, ma dopo quello che aveva sentito pochi secondi prima era decisamente sopportabile- Vessalius! Ma perché, dico io! Era stato un bel compleanno!
Leo gli batté una mano sulla spalla con aria compassionevole, e Elliot lo fulminò con lo sguardo.
-Compleanno?- sentì dire. Quando si voltò vide una ragazza che lo fissava. Aveva i capelli rosa e neri, a spunzoni sulla testa, il trucco scuro e pesante e una serie di piercing da aver paura dei magneti- È il tuo compleanno, cocco?
Elliot si allontanò leggermente alla vista della ragazza che invece si avvicinava pericolosamente.
-Che ti importa?- la fulminò Leo. La ragazza lo guardò divertita.
-Chi è questo tipo? Il tuo fratellino?- domandò ad Elliot, che boccheggiò. Non aveva idea di cosa rispondere. Si sentiva molto in imbarazzo. La ragazza sospirò, prese un bicchiere dal bancone e glielo porse.
-Questo è un regalo di compleanno per un belloccio come te- fece, e gli allungò il bicchiere. Elliot fece per allontanare la ragazza, ma quella insisteva. Alla fine, con uno scatto a dir poco felino, il liquido gli fu infilato a forza in gola. Elliot vide bruscamente il mondo annebbiarsi e iniziare a girare. Gli arrivavano delle voci, ma erano più o meno ovattate. Poi tutto iniziò a vorticare freneticamente e sentì una specie di strano calore invadergli le membra e si sentì capace di fare il giro del mondo a nuoto in tre secondi e mezzo e iniziò a tremare e-
 
Si accorse di avere gli occhi chiusi. Si accorse che la testa gli pulsava in modo indicibile. Che dolore atroce! Contrasse il viso in una smorfia di dolore e gemette. Si accorse che c’era una musica leggera solo quando smise di sentirla. Alle orecchie gli giunse una voce che ben conosceva.
-Elliot?
Ovviamente. Aprì lentamente gli occhi e vide il viso di Leo sopra al suo.
-Leo...?- domandò con voce roca e flebile. Leo ridacchiò.
-Bentornato tra gli umani, bello addormentato!
Elliot non se la sentiva di ribattergli. Si mise a sedere e mise a fuoco la stanza. Era nel salotto di casa sua, sul divano di casa sua. Ma come mai? Provò a revocare i ricordi della sera prima ma quando tentò la testa lo bloccò con una fitta lancinante che lo fece gemere di nuovo lo costrinse a reggersi il capo con una mano.
-Cosa...- sussurrò. Si schiarì la voce- Cosa è successo?
-Bè...- iniziò Leo, misurando le parole- allora, ieri sera siamo stati in questo carcere infernale altrimenti noto come discoteca e una strana ragazza dalla capigliatura notevole ti ha infilato in gola una sostanza allucinogena ed eccitante, motivo per cui io, Lotty ed Oz siamo stati oggetto di improbabili discorsi e gesti da parte tua.
-Eh?- domandò Elliot. Stava troppo male per estrapolare qualcosa da quel discorso. Leo sospirò.
-Una tipa ti ha drogato e tu hai molestato me, Lotty e Oz.
-COSA CAVOLO AVREI FATTO?- gridò il Nightray, sgranando gli occhi. Leo annuì, tentando di apparire grave anche con un sorrisino stampato in faccia.
-Ciò che ho detto- ripeté il moro. Elliot si prese la testa con entrambe le mani e la scosse, poi prese le spalle dell’amico.
-Nulla di irreversibile, vero?- domandò teso- Nulla per il quale delle scuse non siano sufficienti, vero?
Leo ridacchiò e scostò gentilmente le mani del ragazzo dalle proprie spalle per appoggiarle sul divano.
-Stai tranquillo. Oz ha liquidato tutto e Lotty è ancora in ritiro mistico per quanto le dispiace. L’unico per cui devi preoccuparti sono io.
Elliot guardò quel volto sereno ed angelico sgretolarsi lentamente per svelare un tremendo mostro assassino.
-Cosa ti ho fatto?- si volle informare, flebilmente. Leo si appoggiò un indice sul mento.
-Hai minacciato esplicitamente di molestarmi sessualmente e ci sei andato parecchio, ma parecchio vicino.
-Esattamente... cosa ti ho fatto?- domandò apprensivo il Nightray, maledicendosi.
-Non vuoi saperlo- fece deciso il moro, guardandolo con improvvisa serietà e, possibile?, una punta di rossore.
-No, voglio davvero...
-Ho detto che non vuoi saperlo.
-...hai ragione.
Elliot si coprì il volto avvampante con le mani.
-Mi dispiace così tanto...- sussurrò. Non era per niente da lui scusarsi in quel modo, ma questa era una situazione di massima allerta. Aveva molestato la persona che gli piaceva. Ma si poteva essere così dementi?- Scusa... ti prego, scusa...
Quando sentì di nuovo la risatina di Leo tolse timidamente le mani dal viso. Il moro sospirò.
-Tranquillo, ti ho detto. Per la prima ed unica volta nella vita, scuserò qualcuno senza chiedere nulla in cambio. In fondo, non è stata proprio tutta colpa tua- fece, stringendosi nelle spalle. Elliot fece un sorriso mesto e si alzò traballante, sorretto da Leo.
-Mi ripeti cosa sta facendo Lotty?- domandò Elliot, tentando di restare in equilibrio sulle gambe poco collaborative.
-Si è reclusa nella sua casa dispiacendosi a morte per quello che ha causato- ripeté Leo.
-Dovrò andare a farmi scusare...- borbottò il Nightray.
-Dopo- fece Leo- Adesso riposati. Magari vieni a sentirmi suonare Hawthorn, non l’hai mai sentita, no?
Elliot annuì e si avvicinò al pianoforte. Leo si sedette sul panchetto e iniziò a suonare. La musica era semplice, bella, elegante. Si rese conto di averla già sentita. Nei sogni. Probabilmente il suo cervello, anche se lui stava dormendo, percepiva la musica proveniente dal salotto. Quando lo spartito finì Elliot batté le mani.
-È la musica dei miei sogni- scherzò, spiegando la cosa a Leo.
-Oh, accidenti. Speravo che fosse una sorpresa...- si lamentò il moro.
-Che sorpresa vuoi farmi? Viviamo in tre metri quadrati di spazio!- gli ricordò Elliot. Leo concordò che in effetti era vero. Scesero da Lotty e la trovarono in lacrime, disperata, che si scusava insistentemente con Elliot, quasi inginocchiandosi, e gli prometteva che non avrebbe mai più interferito con la sua vita (cosa alla quale ovviamente non credettero né lui né Leo). Tornati in casa loro, Elliot volle provare a suonare il suo regalo di compleanno. Mentre suonava si rese conto che in fondo, per quanto fosse stato un poco imprevedibile, il suo era stato un compleanno migliore di quello che poteva aspettarsi.






The Corner of the Mad Lady
Buonasera, miei sparuti lettori! Ho aggiornato in ritardo, lo so, ma di giorno non posso mai neppure sfiorare il computer e la sera c’era Sherlock alla TV e... bè, non ho resistito. Comunque, ci stiamo avvicinando pericolosamente alla fine di questa “cosa”, e ammetto che ciò mi provoca una tristezza enorme. Questo fa un po’ da capitolo “cuscinetto”, perché il prossimo sarà diciamo... piuttosto importante, quindi serve qualcosa di brutto, scritto coi piedi e totalmente e fastidiosamente OOC per prepararvi. Via, vi dico solo che tra poco è finita. Goodciao!
PS: non ho nulla contro la discoteca o simili, dato che non ci sono mai stata, ma mi ha divertito molto scrivere quella parte.
PPS: non dirò cosa Elliot ha fatto a Leo. Lascio tutto all’immaginazione.
PPPS: EFP mi odia. Mette i capitoli in modo assurdo. Domando perdono.

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Capitolo 12
*** London's Problematic Parties ***


London’s Problematic Parties

Da un po’ di tempo era il sogno più frequente e ossessivo di Elliot: approfondire i baci che non era riuscito a dargli, restare per tutta la sua maledetta vita attaccato alle labbra di Leo, del suo migliore amico, del suo coinquilino. A quel punto, dopo un anno di conoscenza, si era accorto di essersi irreversibilmente, perdutamente innamorato di Leo. Molto più di quanto avrebbe mai creduto possibile. E pensare a quanto la sua famiglia gli avesse marcito in testa che gli omosessuali erano malati e sbagliati. Quindi, che lui era malato e sbagliato. Doveva ammetterlo, da sempre si era reso conto che i ragazzi gli piacevano più delle ragazze, per quanto non avesse mai avuto una cotta per qualcuno e non avesse mai voluto ammetterlo. Lo sentiva dentro, di essere diverso da come sarebbe dovuto essere. Anche per quello aveva studiato come un matto, per andarsene via da Edimburgo, dalla pressione opprimenti che i suoi parenti gli imponevano, per trovare un po’ la sua strada. Aveva letto da qualche parte, non si ricordava più dove: “Ci sono dei momenti in cui bisogna lanciare il cappello e vedere dove cade”. Ecco, lui aveva lanciato il cappello, che era atterrato a Londra, Wellington Road, 33, ai piedi di Leo Baskerville. Lui era la sua direzione, era la sua condanna e il suo sogno. Per quanto facesse il poetico nei suoi pensieri mentali, Elliot era semplicemente, incondizionatamente, incredibilmente, follemente innamorato di Leo. E gli faceva male non sapere se era ricambiato, ma era troppo timido per chiedere una conferma, e Leo non sembrava avere la minima intenzione di agire. Quindi non gli restava che goderselo come amico, nella folle speranza da film mentale di un innamorato, di trovare il coraggio di dirgli tutta la verità. Si era preparato millemila discorsi diversi da fargli, il più convincente suonava più o meno “Ascolta, è molto difficile, ma... mi piaci. Mi piaci dalla prima volta che ti ho visto...” e tutto si dovrebbe coronare con un bacio e un “e vissero tutti felici e contenti”. Ma la poca parte razionale di cervello che gli restava sapeva che era tutto inutile. Una mattina stavano andando insieme a scuola, come sempre, ma gli venne incontro Oscar Vessalius, il preside.
-Ragazzi!- si salutò amichevolmente. Oscar era un tipo molto gioviale e gentile con gli studenti della scuola, quasi non sembrava il loro preside. I ragazzi lo salutarono rispettosamente.
-Fortuna che vi ho trovati...- continuò il preside- Ci sarebbe una notizia da dare agli studenti, e chi meglio degli studenti può darla? Allora, tra una settimana ci sarà una grande festa nella quale presenzierà, oltre all’università di Oxford, l’intera università di Cambridge!
I ragazzi dissero che avrebbero riferito la notizia ed il preside se ne andò, probabilmente in cerca di altre persone da molestare con la sua gioia. Prima di separarsi nelle aule, i due parlarono un po’ della notizia.
-Che ne pensi, ci andiamo?- chiese Leo. Elliot si strinse nelle spalle.
-Bo. Se non abbiamo niente di meglio da fare si potrebbe anche. Certo, con questo preside sembra che tra noi e Cambridge non esista rivalità...
-In effetti hai ragione... io mi devo fermare. A dopo!
Elliot salutò l’amico e si diresse verso la sua aula. Si sedette in un banco a caso, lontano dal professore, per riflettere in santissima pace, quando le sue così caste ed innocenti (via, non esattamente) riflessioni vennero bruscamente interrotte.
-Nightray! Ciao! Posso sedermi accanto a te?
Senza attendere risposte, Jack Vessalius si sedette accanto a lui. Jack Vessalius aveva ventitré anni ed era il figlio del preside, nonché cugino di Oz e Ada Vessalius. Una grande famiglia di biondi felici. Elliot non sopportava Jack. Proprio per niente. Parlava sempre, sempre, sempre, ma a differenza di Lotty, alla quale bastava dar fiato ai denti per sentirsi felice, Jack voleva essere ascoltato, e per essere certo di essere ascoltato, ogni tanto faceva delle domande su ciò che aveva appena detto, e se non sapevi rispondere lui pazientemente rispiegava tutto. Un po’ come in un videogioco chiedi di ripetere il tutorial, ma lì puoi dire “no” senza aver capito. Jack iniziò a parlare, ed Elliot si costrinse ad ascoltarlo, per quanto avesse capito che mugugnare in risposta alla domanda di verifica era un buon modo per mandarlo avanti.
-Hai sentito di questa festa con Cambridge? Me l’ha detto mio padre stamattina, perché l’altro giorno è andato a cena con Levi Baskerville, sai, il preside di Cambridge e il fratello di Oswald, il mio migliore amico che guarda caso studia a Cambridge! Buffa la vita, eh? Comunque, sono così felice di poterlo incontrare ad una festa, di solito se si escludono i nostri compleanni ci incontriamo davvero poco, anche se mio padre e suo fratello sono in ottimi rapporti. Ma Levi è davvero giovane per fare il preside, non trovi?
Eccola, la domanda di verifica. In questo caso era più complessa del solito, poiché richiedeva altre informazioni rispetto a quelle date, ma fortunatamente Elliot aveva abbastanza sentito parlare di Levi dal suo collega per averle.
-Sì, è molto giovane- rispose, distratto. Jack sorrise, felice che Elliot lo avesse ascoltato, e ricominciò a parlare a ruota libera di chissà cosa. A Elliot però stava frullando qualcosa in mente. Cambridge... qualche tempo prima l’aveva risentita nominare... forse... ah già! Lerion e Leahia studiavano a Cambridge, l’avevano detto durante le prove della recita! Elliot era soddisfatto per essersi ricordato un simile evento, quando fu distratto da Jack che parlava.
-...e quindi credo che sarà molto divertente, capisci, finalmente qualcosa di non competitivo! Ma tu verrai, vero?
Elliot sospirò di sollievo. Era riuscito a captare la domanda.
-Sì, credo che verrò. Ho due amiche che studiano a Cambridge.
Jack sembrò molto felice di questa notizia, e iniziò di nuovo a parlare, tanto per cambiare. Elliot dette un’occhiata a l’orologio. Il professor Barma non era mai, mai in ritardo, quindi sarebbe entrato da un momento all’altro. Mentre lo stava pensando, entrò il suddetto professore e tutti rimasero in silenzio. Lui si sedette alla cattedra.
-Come probabilmente avrete sentito- esordì- Sabato prossimo si terrà una festa che vedrà partecipare Oxford e Cambridge. Credo che sia la prima volta che le scuole partecipano ad un evento non competitivo, quindi vi chiedo di non rovinare tutto.
I ragazzi ridacchiarono e assicurarono che non avrebbero rovinato un bel nulla, a patto che quelli di Cambridge non li provocassero. La lezione allora iniziò, normale come ogni altra. Alla fine della giornata, Elliot come sempre aspetto Leo, che usciva un po’ dopo di lui. Si sedette su una panchina e iniziò a leggere, quando si sentì toccare una spalla.
-Ehilà, vogliamo andare?- gli disse Leo. Elliot si alzò e mise il libro nella cartella, dirigendosi sul pullman insieme a Leo.
-I tuoi “amici” hanno commentato la festa?- chiese Leo, abbandonandosi a sedere su un posto. Elliot si mise accanto a lui.
-Non molto, a parte Vessalius. È quasi peggio di suo cugino.
-Addirittura! E io che pensavo che Oz fosse l’esempio degli incubi, per te!- rispose Leo, ridacchiando. Elliot alzò le spalle.
-Almeno Oz posso ignorarlo. Jack è infido, verifica se lo ascolti.
-Un vero mostro...- concordò scherzosamente Leo. Poco dopo erano giunti a casa, e Lotty gli aprì la porta, tutta felice e contenta.
-Ragazzi! Lerion e Leahia mi hanno chiamato perché...
-...sabato prossimo c’è la festa di Oxford e Cambridge- concluse Elliot.
-Nel caso tu non lo sapessi noi due studiamo ad Oxford, quindi sappiamo se Oxford partecipa a una festa e con chi- disse Leo. Lotty corrucciò le sopracciglia.
-Sembra che tu parli di tua figlia. Sei inquietante. Continuo a chiedermi perché tu sia voluto andare a Oxford, visto che sei cugino del nostro cugino...
-Ignorando la genialità con la quale hai formulato la domanda- fece Leo, ridacchiando- Penso che tu parli di Levi. Ebbene, io odio Levi quindi sono andato a Oxford. Con permesso.
E gentilmente la spinse da un lato e lui ed Elliot salirono in casa. Appena entrati si abbandonarono, come loro solito, sul divano. Elliot rifletté sul fatto che in effetti Levi era parente di Leo, dato che entrambi facevano Baskerville di cognome e che quello non era un cognome proprio comunissimo.
-Ma quanto è grande la tua famiglia?- chiese Elliot.
-Troppo...- rispose Leo- Lotty, Lily e Fang sono fratelli, e sono cugino di Levi, Oswald e Echo.
Elliot aveva conosciuto Lily, Fang e Echo, ma mai Oswald e Levi, anche se grazie a Jack poteva dire in un certo senso di conoscere Oswald alla perfezione.
-Comunque anche voi siete tanti- disse Leo.
-Ci siamo io, Vanessa, Ernest e Claude. Poi Gilbert e Vincent che sono fratelli fra loro ma adottati- rispose Elliot. In quel momento squillò il suo cellulare.
 
“Pronto?”
Pronto Elly! Sono Leahia!
“Leahia? Come fai ad avere il mio numero?! E non chiamarmi Elly!” Già, durante il suo compleanno, a Elliot si era rotto il cellulare, quindi aveva dovuto ricomprarlo e cambiare numero. E non aveva incontrato Leahia, in quel lasso di tempo.
Questi sono cavoli miei. Allora, avete sentito che si farà una festa tutti insieme?
“Sì, abbiamo sentito. Quindi tu e Lerion verrete?”
Ovvio che sì? Vero Lerion? Anche lei non vede l’ora!
“Ehm... certo. Posso sapere perché hai chiamato?”
Per sapere che venite anche voi due, ovvio.
“Intendevi ‘se’ verremo anche noi due...”
No, no. Ho detto “che” e intendevo “che”.
“Bene, sì verremo. Adesso mi dici come accidenti fai ad avere il mio numero?!”
Tu... tu... tu...
 
Elliot riattaccò, irritato.
-Era Leahia?- domandò Leo, curioso.
-Sì.
-Come ha fatto ad avere il tuo numero?
-Non ne ho idea.
In quel momento a Elliot arrivò un messaggio, che il ragazzo aprì.
“Ve lo dico alla festa! Leahia”
Entrambi rimasero estremamente turbati, ma decisero che non gli importava più di tanto. Nonostante la festa imminente, le lezioni erano sempre molto dure e i pomeriggi studio di Elliot e Leo ripresero i ritmi costanti dell’inverno ma senza essere ossessivi come a giugno. Ma una settimana dopo era il gran giorno. Nessuno dei due si vestì elegante. Entrambi si vestirono come se fossero dovuti andare a scuola, con notevole disappunto di Lotty.
-Almeno una cravatta!- protestò, ma le sue proteste non arrivarono alle orecchie dei due. Che uscirono nella sera fresca di settembre. Raggiunsero la scuola con la macchina che Lotty gli aveva prestato, e quando arrivarono Elliot dovette parcheggiare così lontano che conclusero che sarebbe stato più veloce venire a piedi. Scesero dalla macchina e videro poco lontano due figure familiari: Lerion e Leahia. Gli andarono incontro. Lerion portava un vestito indaco smanicato lungo fino alle ginocchia, un coprispalle bianco e stivali stile vittoriano bianchi.  Leahia indossava degli stivali alti e stringati neri, una camicia bianca e una cappotto blu notte con dei semplici jeans e il suo cappello a cilindro. Aveva inoltre una cravatta blu notte, intonata con il cappotto e la striscia di seta del cappello. Si salutarono e si diressero insieme alla festa.
-Ripetetemelo: cosa studiate a Cambridge?- domandò Leo.
-Io studio simbologia, e Leahia informatica ma le piacerebbe anche chimica.
I ragazzi fissarono Leahia che gli fece l’occhiolino. Era chiaro, a quel punto. Informatica. Ecco come aveva ottenuto il numero di Elliot!
-Sì, esatto. Avevate pensato che me l’avesse dato Lotty, vero?- disse Leahia. I ragazzi si guardarono sgranando gli occhi, poi scoppiarono a ridere. Leahia parve irritata.
-Che avete da ridere?- domandò.
-Che Lotty non ci era minimamente venuta in mente!- disse Elliot, ridendo. Leahia spalancò gli occhi.
-Ma... ma... non...- balbettava. Sembrava un computer che aveva sbagliato un calcolo, e forse per la sua testa era così. Abbassò il capo e non parlò per tutto il tragitto. Lerion gli spiegò la situazione.
-Lei detesta sbagliare. Non ha perso, e la cosa gioca a vostro favore. Se avesse perso vi avrebbe uccisi, ma anche aver sbagliato la deduzione della vittoria la turba moltissimo.
I ragazzi non capivano quel ragionamento né capivano come avesse fatto Lerion a capirlo, ma non gli importava, in fondo. Arrivarono alla festa, e videro una marea di persone. Tante, tante, tantissime persone che occupavano l’intera Oxford. All’ingresso c’era qualcuno che regalava spille con i simboli di Oxford o di Cambridge. Ogni invitato doveva avere la spilla della propria scuola, a sottolineare che la festa, i presidi amichevoli, erano del tutto inutili, perché le scuole si sarebbero sempre distinte. Dopo che ognuno ebbe la propria spilla, entrarono nel cortile e, come se lo avesse aspettato da sempre, Jack comparve e corse incontro ad Elliot.
-Elliot! Buonasera! Tu sei Leo, Oswald mi parla spesso di te, e loro devono essere le amiche di cui mi parlavi l’altro giorno! Che splendori...- disse, guardandole. Le ragazze le spedirono delle occhiate che lo uccisero all’istante e lo costrinsero a cambiare argomento.
-Ehm... dicevo, questo è Oswald!- disse, trascinando un ragazzo alto, con i capelli neri e gli occhi rosso scuro.
-Salve- li salutò gentilmente. Degnò Leo solo di un secondo in più, mentre passava gli occhi su di loro. In quell’istante li raggiunse un altro ragazzo, con i capelli bianchi legati in una coda.
-Ehi fratellino, come... Leo!- disse Levi, appena scorse il cugino.
-Levi- disse Leo.
-Brrr, che accoglienza. È un secolo che non ci si vede!- rispose Levi, e abbracciò il cugino, che non si mosse. Poi guardò Lerion e Leahia, ragionando. Aveva capito che erano delle sue studentesse e si ricordava di averle già incontrate, ma non ricordava dove né perché.
-Ah già!- disse dopo un po’- Siete quei geni che mi hanno sostituito quando ero malato nelle riunioni!
Entrambe arrossirono leggermente, e Levi si allontanò.
-Sono stata definita “genio” dal preside di Cambridge e “splendore” dal figlio del preside di Oxford. Ah, sono fantastica- disse Leahia.
-Ma se sei arrossita quando ha detto che eravamo dei geni!- la rimbeccò Lerion. Leahia arrossì di nuovo.
-Sono timida, che posso farci...
Elliot e Leo erano confusi. Timida? E Lerion la stava attaccando? Ok, quelle due erano un pochino strane.
-Comunque, che ne pensate di Jack?- domandò Lerion, prendendo cautamente un bicchiere di qualcosa da una tavola e facendo roteare il liquido all’interno.
-È insopportabile- disse Elliot, prendendo anche lui un bicchiere del liquido misterioso.
-Concordo. Però è carino- aggiunse Leahia, prendendo anche lei un bicchiere e tracannandolo tutto d’un fiato, sotto gli occhi increduli di Elliot e Leo e quello rassegnato di Lerion. Schioccò le labbra- Non ho idea di cosa sia, ma è alcolico e buono.
Prese e bevve un altro bicchiere. Lerion bevve un sorso dal suo e poi lo posò, e lo stesso fece Elliot, mentre a Leo parve piacere molto e finì il bicchiere.
-E Oswald?- fece Leahia agguantando un terzo bicchiere.
-Potete parlare di cose che non siano ragazzi? Non ci interessano!- protestò Elliot. Lerion e Leahia guardarono entrambi poi sorrisero malevole.
-È un po’ troppo silenzioso...- commentò Lerion, ignorando la richiesta di Elliot, che si accorse allora di quello che aveva detto e che forse, anzi, probabilmente, Lerion e Leahia conoscevano la sua situazione meglio di quanto la conoscesse lui.
-Levi invece è carino- giudicò Leahia, prendendo un altro bicchiere e bevendolo tutto d’un fiato.
-Ma scherzi? Ha lo sguardo da pedofilo!- rispose Lerion, incredula.
-Sì, ma è carino.
-Sì, ma è pedofilo!
-State parlando di mio cugino, nonché del vostro preside...- gli ricordò Leo, interrompendo la discussione.
-Ciò gli leva la carineria?- chiese Lerion, socchiudendo con aria dubbiosa gli occhi viola.
-O l’aria da pedofilo?- concluse Leahia, bevendo un altro bicchiere. Leo non seppe che rispondere, e Elliot si stava domandando quanti litri di alcool potesse ingurgitare Leahia prima di dare segni di ubriachezza. Leo era al secondo bicchiere e già aveva le guance rosse. I quattro iniziarono a parlare tranquillamente del più e del meno. Furono raggiunti da un Oscar ubriaco fradicio, e Elliot e Leo si vergognarono molto della figura che il loro preside stava facendo di fronte agli studenti di Cambridge, al che le ragazze gli ricordarono che il loro, di preside, probabilmente era pedofilo. La festa era in effetti divertente, e Elliot, per la prima volta da tanto tempo, non passò interminabili minuti a pensare a Leo, distratto dalle voci e dalle altre persone. Non aveva bevuto più di un bicchiere di quell’alcolico, così come Lerion, mentre Leahia aveva probabilmente finito tutte le scorte, e Leo ne aveva presi abbastanza. Forse troppi, pensò Elliot quando lo guardò negli occhi e li vide vitrei, il volto rossissimo, e notò che era scosso da ritmici singulti. Lo prese per le spalle.
-Tutto bene?- gli domandò. Leo singhiozzò.
-Sto benissi... hic!... mo, perché me lo chiedi?- rispose Leo, con la voce impastata. Ottimo, era ubriaco quanto Oscar.
-Lerion, Leahia, mi dispiace ma noi due si torna a casa!- disse alle ragazze.
-Di già?- domandò Leahia. Guardò l’orologio- È appena l’una, sono sveglia come un grillo!
-L’una?!- scattò Lerion, prese Leahia per un polso e la trascinò giù dal ramo dell’albero dove si era seduta- Allora vi accompagniamo, dobbiamo andarcene anche noi.
Ignorando le proteste di Leo e Leahia li condussero alle macchine. Leo si addormentò a mezza strada, e Elliot lo portò in braccio fino all’auto, dove lo adagiò sul sedile, mentre Lerion rinchiuse dentro Leahia con malgrazia.
-È davvero fastidioso avere a che fare con un ubriaco...- commentò Elliot, mentre stava per entrare in macchina.
-Non dirlo a me...- replicò Lerion.
-Ma se lei è sobria! A proposito, come fa?- chiese Elliot.
-Non ho idea di come faccia. E poi scusa, sobria? Questa qui è ubriaca a tempo pieno...- rispose Lerion, e salutato Elliot montò in macchina e partì. Elliot fece lo stesso, in silenzio. Non accese nemmeno la radio, non fece nulla. Arrivò a casa poco dopo, e aprì la porta, per vedersi venire incontro Lotty.
-Già qui? Vi aspettavo dopo- disse, poi notò Leo addormentato e si coprì la bocca con una mano- Oddio! Che è successo?
-Nulla, ha solo bevuto come una spugna- rispose Elliot.
-Ti serve una mano?- si offrì gentilmente Lotty, ma Elliot rifiutò e portò l’altro in casa. Appena entrato lo distese sul divano e si sedette nella poltrona. Lui non era ubriaco, ma la festa gli aveva un po’ scombussolato la testa, quindi ci mise alcuni minuti per calmarsi. Quando sentì che era sparita ogni traccia di musica martellante dal suo cervello, raggiunse il pianoforte e iniziò a suonare una ninna nanna che aveva composto da solo. Non faceva mai sentire a Leo le cose che componeva, perché se ne vergognava molto, ma in quel momento Leo dormiva, quindi non c’era pericolo. O almeno, così credeva.
-Non te l’ho mai sentita suonare. Cos’è?- sentì chiedere. Si fermò all’istante e guardò Leo. Aveva gli occhi aperti e rivolti al soffitto, e la voce con cui aveva parlato non era impastata come quella di un ubriaco. Elliot si alzò dal panchetto e si sedette sul divano, accanto a lui.
-È una ninna nanna. L’ho composta io...- confessò. Leo sorrise.
-È splendida. Davvero, hai talento- si complimentò Leo, facendo arrossire l’altro- Però... mi gira forte la testa, Elly...
-Per forza, ti sei ubriacato!- lo rimproverò Elliot- E io mi chiamo Elliot, e tu lo sai...
-Lo so benissimo di essere ubriaco. Il fatto che sia ubriaco mi esime dal prendermi le mie responsabilità, quindi mi piace- rispose Leo. Elliot lo guardò, sorpreso. Era la persona ubriaca più lucida che avesse mai visto. Lui si era ubriacato una volta sola, ed era stato tremendo. Sospirò, e Leo si tirò su a sedere sul divano, appoggiando la propria testa contro la spalla di Elliot.
-Mi gira forte la testa...- ripeté Leo. Elliot sentiva accelerare il proprio battito cardiaco. Erano vicini, e Leo non era in condizione di sapere quello che faceva. Sarebbe potuta succedere qualunque cosa. Elliot sentì accelerare ancora di più il suo cuore e si sentì arrossire. Avrebbe potuto baciarlo. Lì e in quel momento. Leo non se ne sarebbe ricordato e lui si sarebbe levato una soddisfazione. Era perfetto. Prese il mento di Leo con una mano e avvicino quel viso al proprio.
-Elliot...- sussurrò Leo, le labbra così vicine che quasi si sfioravano. Non poteva. Elliot non poteva. Non se la sentiva. Baciare Leo quando era ubriaco... no, non poteva. Stava per staccarsi, quando sentì la bocca di Leo sulla propria. Era stato Leo a baciarlo. Non lui. Era stato Leo. Elliot però era troppo preso dal bacio per ricordarsi i buoni propositi di poco prima, e ricambiò. Leo, audacemente, dischiuse le labbra, ma allora Elliot si staccò. Sapeva di alcool. Non poteva, non poteva. Si alzò di scatto e guardò l’amico, che era rimasto confuso e sorpreso.
-Scusa...- disse soltanto Elliot, e corse a chiudersi nella sua camera. Si gettò sul letto, affondò la testa nel cuscino e urlò con tutto il fiato che aveva in gola. Era un cretino! Era un totale cretino! Aveva rovinato tutto, non c’era speranza... Come aveva anche solo potuto credere che sarebbe stato perfetto?! Era ubriaco, per la miseria, Leo era ubriaco! Era davvero così follemente innamorato da concedere carta bianca anche all’ubriachezza? A quanto pareva lo era. E ci aveva sperato, tanto... era così disperato che nemmeno si rendeva conto che era stato Leo a baciare lui e non viceversa, e per la terza volta, oltretutto. Non aveva nemmeno portato Leo in camera. L’aveva lasciato sul divano, ubriaco, smarrito, e pure deluso, anche se non se ne rendeva conto. Ma non aveva il coraggio di tornare nell’altra stanza. Non ci riusciva. Dopo interminabili minuti di pianto che non avrebbe mai ammesso di aver passato, cadde in un sonno senza sogni.






The Corner of the Mad Lady
Buonasera! Perdonate il ritardo nell’aggiornamento, ma il greco mi sta uccidendo. Bè, come probabilmente avete notato questo capitolo ha una fine aperta, il che vi dà un importante indizio sul prossimo. Ah, cosa importante, fate finta che Oxford e Cambridge non siano facoltà specifiche, ma si possa studiare tutto. Fate finta che sia davvero così. Non pretendo di essere realistica (e tantomeno brava), solo mi piaceva l’idea di far ricomparire Lerion e me facendoci studiare ciò che piace, quindi chissenefrega, a Cambridge io mi studio quello che mi pare. Poi... poi... già, questo è tipo il sesto capitolo che h0 scritto, quindi forse ci sono alcune incongruenze, che vi prego di perdonarmi, se potete, ed è scritto in maniera più svelta e approssimata, e vi chiedo di scusarmi anche questo. Infine, siccome mi piace lasciare le cose in sospeso, qui vi lascio. Goodciao!

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Capitolo 13
*** London's Problematic Lovers ***


London’s Problematic Lovers

Elliot si svegliò verso le dieci della mattina seguente, stanco morto, più stanco di quanto non lo fosse mai stato. Ci mise un po’ a collegare il cervello, e la prima nozione che gli saltò in testa dopo il suo nome fu quanto era successo la sera prima con Leo. Per quanto in quel momento fosse stanco, sentiva che doveva andare a scusarsi, a spiegarsi. Probabilmente Leo se ne sarebbe andato, odiandolo profondamente. Elliot non avrebbe saputo come dargli torto, ma non riusciva più ad immaginare la sua vita senza Leo. Era diventato troppo importante per lui. Prese due profondi respiri e aprì la porta sul salotto. Leo era ancora sul divano, sveglio, gli occhi rivolti al soffitto. Quando sentì la porta aprirsi guardò l’amico con uno sguardo misto di preoccupazione e tristezza.
-Buongiorno...- lo salutò a bassa voce. Elliot notò che aveva le guance rigate, come se avesse pianto. Non se lo spiegava. A meno che... no, non aveva intenzione di crederci. Aveva deciso di abbandonare ogni stupida e infantile speranza. Adesso gli avrebbe detto tutta la verità e basta.
-Mi dispiace per...- iniziò, ma Leo lo interruppe, come succedeva fin troppo spesso.
-Non scusarti. È... è stata colpa mia. Ho creduto che tu...- disse, e gli occhi gli si riempirono di lacrime. Elliot lo guardava, visibilmente confuso. Leo si asciugò in fretta le lacrime, ma quelle continuavano a scendere sul suo viso. Doveva essersi levato gli occhiali prima di addormentarsi, e Elliot vide per bene i suoi occhi. Viola scuro, con delle strane sfere dorate all’interno. Brillavano, bagnati dalle lacrime. Ma Elliot non sopportava di vedere lacrime su quel viso. E non capiva cosa Leo intendesse con quel discorso. Fortunatamente si spiegò da solo.
-Okay...- iniziò, bloccando temporaneamente le lacrime- Ce la posso fare. Io... scusa se ieri ti ho baciato... è che...- prese un respiro- Io ieri mi ero ubriacato apposta. Speravo che finisse... in quel modo, ma tu... tu te ne sei andato, quindi... scusa...
Elliot iniziava a capire. Non che la cosa lo aiutasse particolarmente. Tutte le convinzioni che aveva avuto si stavano sciogliendo come neve al sole. Leo aveva voluto che finisse in quel modo...? Quindi era stato Leo a baciarlo, non il Leo ubriaco e incosciente. Questo cambiava totalmente le cose.
-Ascolta- disse, con una decisione che scoprì in quel momento di possedere. Leo lo guardò- Te lo volevo dire prima ma... ma credo che adesso vada comunque bene. Il fatto è che mi piaci. Ma davvero, davvero tanto. Mi piaci in quel senso.
Aveva raggiunto un colore e un calore fuori da ogni schema. Uno di quelli che avrebbero potuto sperimentare al Centro Esperimenti Anatomici segreto di Londra. Anche Leo era arrossito.
-Nel senso che... non ti è dispiaciuto?- domandò, infantilmente. Elliot si sciolse in un sorriso piccolissimo.
-No... nel senso, sì ma no...
Leo ridacchiò, asciugandosi definitivamente le lacrime, nonostante non riuscisse a levarsi un’espressione sinceramente stupita dal volto.
-Non sei chiarissimo.
-Nel senso che non volevo baciarti quando eri ubriaco, ecco- confessò Elliot, chinando la testa.
-Eppure sei stato tu a provocarmi- lo accusò Leo. Elliot gli rivolse un’occhiata di fuoco.
-Devi proprio essere così pignolo quando sto cercando di dirti che ti amo?
Sgranò gli occhi alla sua stessa frase. Non credeva che sarebbe mai riuscito a dirlo a Leo, mai nella vita, e invece come al solito il moretto era riuscito a rompergli gli schemi. Ma lo amava anche per questo. Comunque, Leo stesso sembrò sorpreso dalla frase di Elliot, e sorrise. Sorrise così tanto che illuminò l’intera stanza come un sole in miniatura.
-Hai ragione, scusa... vieni qui?- gli disse, allungando le braccia. Elliot rimase profondamente colpito dall’ammissione di ragione che gli aveva fatto l’amico, e andò a sedere vicino a lui, che gli appoggiò la testa su una spalla. Era così tanto che Elliot sognava una situazione del genere che gli sembrò del tutto inverosimile vederla realmente.
-Sei rigido come un blocco di granito, Elly- gli fece notare Leo. Si mise sulle sua ginocchia e Elliot lo abbracciò.
-Molto meglio- giudicò Leo, voltandosi a guardarlo. Timidamente, Elliot gli baciò la fronte.
-Hai la febbre...- gli disse, senza preoccupazione, troppo perso nelle fantastiche iridi che Leo stava lasciando scoperte per lui, solamente per lui. Leo sospirò.
-Che vuoi farci, i postumi della sbornia... ti dispiacerebbe ammalarti?- domandò. Elliot comprese dove volesse andare a parare e scosse la testa. Leo sorrise- All0ra vediamo se il nostro quarto primo bacio riusciamo a farlo come si deve, eh?
Elliot gli accarezzò i capelli e finalmente, raccogliendo tutto il suo coraggio, lo baciò. Erano soli, entrambi coscienti, nessuno spinto da sconosciuti o troppo imbarazzato per reagire. Leo ricambiò il bacio come se lo stesse aspettando da tutta la sua vita, voltandosi per avere il viso di fronte a quella dell’altro e gli mise le braccia al collo, dischiudendo le labbra per sentire meglio il suo sapore. Si staccarono dopo un tempo indefinito, e si sorrisero guardandosi negli occhi.
-Era così che me lo immaginavo- sussurrò Elliot, stringendo Leo. L’altro si strusciò contro il suo petto e gli accarezzò il volto, e Elliot lo baciò di nuovo. Persero ogni cognizione del mondo intorno a loro. Loro erano il loro mondo, bastavano. Si staccavano solo per prendere fiato, e ogni volta era una corsa per tornare dall’altro. Dovevano recuperare il tempo perduto. Elliot stava scoppiando di gioia, non credeva fosse umanamente possibile essere così felici. Non sentirono nemmeno la porta che si stava aprendo.
-Ragazzi, state be... OH SANTO CIELO!- esclamò Lotty, arrossendo. I due si voltarono a guardarla: non volevano assolutamente perdersi una Lotty imbarazzata- Ehm... disturbo?
-No, cosa mai te lo fa pensare?- rispose Leo sarcasticamente. Lotty balbettò un paio di scuse e fece per uscire.
-Oh, non fare così!- le disse Elliot prima che potesse uscire- Oggi mi sento notevolmente di buon umore, che ne dici se rimani a fare colazione da noi?
Lotty si voltò. Era ancora imbarazzata ma sorrideva, rassicurata, anche se stupita dal comportamento di Elliot. Se proprio si deve dire tutta la verità, Elliot stesso era molto, molto stupito. Quasi preoccupato per la propria salute.
-Posso davvero?- domandò. Elliot si voltò interrogativo verso Leo che gli poggiò un bacio sulla bocca. Voleva dire sì. I tre quindi rimasero a fare colazione insieme, e presto l’imbarazzo di Lotty scomparve.
-Sapete, onestamente non credevo che sarebbe finita così...- confessò, sorseggiando una tazza di the. Leo ridacchiò.
-Credo che il resto del mondo invece l’avesse intuito- rispose- A proposito, Elly...
-Elliot.
-...hai intenzione di parlarne a tua sorella?
Elliot esitò. Non l’aveva ancora deciso. Essendo sua sorella avrebbe dovuto saperlo, ma era certissimo che avrebbe totalmente disapprovato una relazione del genere. Proprio lo sapeva, perché lei era uno dei principali esponenti della categoria “tutto quello che non sono io è strano”, quindi non osava immaginare cosa avrebbe detto sapendolo in quella situazione.
-Non lo so...- replicò, sospirando. Lotty si accorse della situazione non facile.
-Ehi, Elliot- gli disse, più seria di quanto non lo fosse mai stata- Tu sei felice di stare con Leo?
Elliot la guardò, leggermente incredulo, e sbatté un paio di volte le palpebre. Cosa intendeva dire con quella domanda?
-Certo che lo sono- rispose Elliot con naturalezza, facendo imprevedibilmente arrossire Leo. Lotty sorrise.
-Allora se ti vuole bene lo accetterà. Forse ci vorrà un po’, ma lo accetterà.
I ragazzi sorrisero a loro volta. Non avevano mai compreso il bene che gli voleva Lotty. Elliot le dette un bacio sulla guancia e lei arrossì di nuovo.
-Che cavolo fai?- gli disse, arrabbiata ma non per davvero. Ma Elliot era troppo distratto. Sentiva che se gli avessero detto “organizziamo una gara di nuoto per arrivare in America!” lui sarebbe stato d’accordo. Sentiva di poter camminare sulle nuvole. Se aveva baciato Leo Baskerville poteva fare tutto, diamine!
-Ti dimostravo la mia gratitudine- rispose semplicemente il ragazzo. Leo gli dette una leggera botta sulla spalla.
-Elliot, è mia cugina. Poi mi ingelosisco...- gli disse. Elliot gli cinse le spalle con un braccio.
-Non devi...- gli disse, leggermente arrossito. L’Elliot spavaldo di poco prima se n’era andato via come l’imbarazzo di Lotty.
-E adesso mi baceresti per provarmelo ma ti vergogni troppo, giusto?- fece Leo, sorridendo. Elliot arrossì ancora di più e sentì Leo ridere, e quella risata risuonò alle sue orecchie come il suono più piacevole, dolce, insostituibile della storia dell’umanità.
-Perché eri salita, comunque?- domandò il moro alla cugina. Lei parve ricordarsi di una cosa importante.
-Oh, per sapere se tu stavi bene, non eri in ottime condizioni, stanotte... e lo volevano sapere anche Lerion e Leahia, si erano preoccupate- annunciò, tirando fuori il cellulare come prova- Anche se... è nuovo di zecca, non so come Leahia abbia ottenuto il mio numero di telefono...
-Informatica- risposero i due in coro. Lotty alzò le spalle.
-Quindi... stai bene?- chiese a Leo, che sbuffò.
-Sì, mi pare anche abbastanza ovvio. Ah, e dille che possono gioire perché quello che credono da Natale si è avverato.
Rivolse un sorriso complice ad Elliot, che arrossì ma sorrise a sua volta. Allora anche Leo aveva intuito che quelle due avevano capito tutto molto prima di loro. Lotty era leggermente confusa, ma scrisse quello che Leo le aveva detto, e poco dopo suonò il telefono di casa. Elliot andò a rispondere.

“Pronto?”
Allora avevamo ragione!
“Sì Leahia, avevate ragione. Da quanto lo avevate intuito, per curiosità?”
Da Natale. E siamo state noi a organizzare quell’appuntamento al luna park!
“Oh. Il nostro primo bacio”
COOOOOSAAAA?!
“Esatto. Non del tutto, ma più o meno sì”
WOW! Ora sì che mi sento importante!
“Ma scusa, in ogni caso sarebbe stato merito vostro, anche se il primo bacio fosse stato quello alla recita, no?”
Tu non capisci. Ma non puoi capire.
“Ottimo, ne sono felice”
Anche io, credimi. Ebbene, buona giornata!
“Anche a te”
Tu... tu... tu...

Elliot riattaccò il telefono, e sorrise in direzione del tavolo, dove tornò a sedersi. Leo, avendo finito la colazione, si sedette sulle sue ginocchia.
-Allora, oggi pomeriggio vi va di uscire?- chiese Lotty, felice e tranquilla.
-Pensavo di fare altro, in realtà...- rispose Leo, facendo arrossire Elliot- Inoltre ho la febbre...
-Chissenefrega! Vi obbligo!- replicò piccata Lotty, battendo una mano sul tavolo e fissandoli in modo inquietante. I due sospirando annuirono e dissero che sarebbero scesi verso le tre. Lotty tornò a casa sua, perché doveva prepararsi, e i ragazzi non fecero domande sul perché necessitasse di tanto tempo per prepararsi. Li lasciò soli, e Elliot si sdraiò sul divano, quando poco dopo lo raggiunse Leo. Elliot lo strinse in un abbraccio goffo ma affettuoso, e Leo non chiedeva di più.
-Sai Elly...- iniziò. Elliot nemmeno lo contraddisse, sospirò e basta- ...potremmo anche anticipare quello che avevo in mente di fare...
Elliot arrossì furiosamente. Come riusciva Leo ad essere così incredibilmente disinvolto anche quando si parlava di... quello?! Doveva ammettere che sì, anche lui lo pensava, ma non lo diceva certo con quella totale serenità!
-Io preferirei di no...- rispose, esitante- Diciamo che aspetto più volentieri stasera...
Leo sorrise e si voltò per avere il viso di Elliot di fronte al proprio.
-Wow, credevo che mi avresti risposto qualcosa tipo “Ma scherzi, solo dopo il matrimonio!”
Elliot aggrottò le sopracciglia, ma Leo rise, e Elliot non poté evitare di sciogliersi.
-Sai, non credevo che ci saremmo mai arrivati- ammise il moro, accarezzandogli una guancia. Elliot gli prese la mano e se la portò alle labbra.
-Nemmeno io... adesso però ho un sonno incredibile... stanotte ero troppo nervoso per dormire...
-E allora dormiamo, tanto anche io ho sonno.
Elliot sorrise, e dopo aver sfiorato la fronte di Leo con le labbra per sentirla calda ma non tanto come quella mattina, si addormentò, con il corpo di Leo contro al proprio che gli dava calore ma non caldo, e una voglia incredibile di ridere dalla gioia. Si svegliarono entrambi verso le due, e subito vollero mangiare perché stavano morendo di fame. Elliot preparò qualcosa alla buona e lo portò in tavola. Leo storse il naso.
-Ti prego, le zucchine no... tutto ma le zucchine no...
Elliot lo guardò sgranando gli occhi.
-Come? È un anno che cerco di cucinarti qualcosa che non ti piace e lo scopro proprio oggi?
-Ah, volevi sapere cosa non piace? E perché?- indagò Leo, scansando le zucchine e mangiando le uova.
-Volevo farti dispetto- confessò Elliot, prendendo e mangiando le zucchine che Leo aveva scartato. Finito il pranzo si cambiarono e scesero, aspettando Lotty sulle scale. La ragazza uscì poco dopo. Indossava un vestito nero e rosso asimmetrico e dei trampoli vertiginosi. Elliot li ricordava...
-Sono le scarpe che ti eri messa il giorno che arrivai?- domandò. Lei sorrise.
-Esatto! Sono le mie scarpe preferite, e finalmente sono riuscita a risistemare il tacco rotto!
I ragazzi si congratularono con lei per l’eroica impresa e uscirono tutti e tre insieme. Elliot e Leo, come se l’uscire di casa avesse cancellato tutto ciò che era capitato prima, non erano nemmeno vicinissimi, cosa che irritò Lotty.
-E andiamo, su! Adesso avete un buon motivo per stare accanto, potete anche sforzarvi!
I ragazzi, imbarazzati, si avvicinarono. Elliot allungò molto timidamente una mano, e l’altro la afferrò, intrecciando le dita. Lotty annuì e sorrise soddisfatta, continuando a camminare un paio di passi davanti a loro, parlando di cose che i ragazzi non volevano conoscere. Raggiunsero dopo un po’ di tempo, un negozio che a Lotty piaceva moltissimo, e nel quale entrò all’istante, lasciando fuori gli altri due.
-Non trovi che questo giorno assomigli notevolmente al giorno che ci siamo conosciuti?- osservò Elliot, appoggiandosi al muro.
-Sì, ma non troveremo il London Eye vuoto, stavolta...- rispose Leo. Vennero distratti da Lotty che li chiamò all’interno del negozio per giudicare un vestito, cosa che i due ragazzi fecero con talmente poco entusiasmo che quasi lei voleva cacciarli fuori.
-Per essere gay avete zero tendenze femminili!- si lamentò rientrando nel camerino. Elliot arrossì in modo inverosimile, e Leo scoppiò a ridere incontrollabilmente, attirandosi una serie di colpetti da parte di Elliot, che però non placarono la sua ilarità. Uscirono dal negozio a mani vuote, perché Lotty lo aveva bocciato dicendo che la roba era tutta troppo “osé”. Era tardi, il sole ormai stava tramontando, ma Lotty non volle rinunciare ad un giro sul London Eye. Non era vuoto, come previsto da Leo, ma non era nemmeno pieno. Anzi, c’erano delle cabine con solo due persone. Eppure l’orario era ottimo...
-È che i londinesi non hanno soldi da spendere per salire sempre qui, e i turisti in questo periodo scarseggiano- spiegò Lotty, dopo aver pagato tre biglietti. Aspettarono, perché avevano adocchiato una cabina vuota e avevano tutte le intenzioni di prendere quella. Arrivò, infatti, e i tre ragazzi ci salirono. Lotty si sedette vicino alla porta, mentre gli altri due andarono dalla parte esattamente opposta della cabina. Leo si sedette sulle ginocchia di Elliot appoggiando il capo nell’incavo del suo collo, e il Nightray iniziò ad accarezzargli delicatamente i capelli e a baciarli piano. Lotty parlava, ma i due la ignoravano bellamente. Raggiunsero la cima della ruota, e si persero nella vista di Londra dall’alto.
-Elliot...- sussurrò Leo- Adesso ci starebbe benissimo un bacio...
Elliot sorrise e accontentò l’altro. In effetti era molto romantico, nel punto più altro di una cabina vuota del London Eye, al tramonto. Sentirono il rumore di uno scatto e si voltarono verso Lotty, che si era molto avvicinata, e teneva in mano il cellulare con un’espressione incredibilmente soddisfatta.
-Lotty!- esclamò Elliot. La ragazza gli fece vedere la foto. C’era lei in primo piano che faceva il segno della vittoria, e sullo sfondo Elliot e Leo alle prese con il loro bacio romantico.
-Cancellala immediatamente!- ordinò Leo, arrossito. Se Leo era arrossito lascio Elliot all’immaginazione. Lotty scosse la testa e pigiò un tasto.
-E... fatto! Inviata a Lerion!
-Cosa?- dissero in coro i ragazzi. Un secondo dopo le arrivò un messaggio in risposta.
-È completamente fumata- li informò, facendogli vedere il messaggio. Non erano che una serie di lettere pigiate a caso. I ragazzi sorrisero. In fondo andava bene così. Scesero dal London Eye e tornarono a casa. Lotty insistette perché cenassero con lei, e quando la cena finì, i due le augurarono la buonanotte e si accinsero a salire.
-Vedete di non fare troppo rumore!- gridò Lotty dal piano di sotto, mentre Elliot chiudeva la porta.
-Quella ragazza...- balbettò, imbarazzato. Sentì le mani di Leo, leggere, accarezzargli la schiena, e le sue labbra sfiorargli maliziose il collo.
-Ma noi la ascoltiamo mai?- gli sussurrò. Elliot si voltò e lo baciò con irruenza, per condurlo in camera e stenderlo sul proprio letto.
-Mai...
Era felice, Elliot. Aveva fatto la scelta giusta. Era tutto perfetto. Amava Leo e Leo amava lui. Non importava il loro sesso o la loro condizione. Ringraziò il cielo di aver rischiato a prendere quella casa con uno sconosciuto, perché era senza dubbio stata la scelta migliore della sua vita.
-Ti amo, Elliot...
-Ti amo anche io, Leo.



THE END






The Corner of the Mad Lady
*compare da dietro le quinte*
E così è finita. Finalmente, dopo mesi di strazio, sono riuscita a finire di pubblicarla. Diciamoci tutta la verità, questa storia non piace praticamente a nessuno. L’ho scritta perché l’idea mi sembrava carina, ma a quanto pare sembra carina solo a me. Niente di male, i gusti son gusti, e non ho mai detto di saper scrivere (e neppure lo credo). Quindi, siate semplicemente contenti che sia finita qui senza che abbia ucciso nessuno, anzi, con un capitolo orrendo, melenso e insopportabile. Ma che posso farci, o così o Elliot muore. E dato che ci pensa la scuola a rattristarmi, quantomeno salviamo Elly. Poi... ah, anche se probabilmente non li pubblicherò mai, sto scrivendo degli extra su questa storia, dei capitoli successivi a questo. Ma non credo vi interessi. Per cui vi saluto qui, perché non so quando tornerò in questo fandom. Goodciao!
*fugge dietro le quinte per evitare la frutta, la verdura e i tavolini giustamente lanciati dal pubblico*

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