Follia. di ask (/viewuser.php?uid=49983)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un prologo ed una lettera. ***
Capitolo 2: *** Primo capitolo, un assegno ed una minaccia. ***
Capitolo 3: *** capitolo 2: Vita e clienti di Isabella ***
Capitolo 4: *** capitolo 3: un progetto ed una fine ***
Capitolo 1 *** Un prologo ed una lettera. ***
Roma, agosto 2008
Il profumo di carta stampata aleggiava, insieme ad una delicata musica
da sala, nella grande libreria del centro, il cielo terso illuminava i
corridoi in parquet attraverso le enormi finestre che correvano lungo
il muro destro, tinteggiato di un colore impreciso tra il bianco e il
lilla. Un giorno normale, da passare in libreria, fu la
decisione che valse per Lucia, venticinque anni, lavoro da commessa in
profumeria, capelli scuri striati di rosso Tiziano, occhi verdi e un
tailleur nero abbinato a camicia e scarpe rosse.
La giovane donna, Il Messaggero sottobraccio ed una ingombrante borsa
bianca nella mano sinistra, prese da uno scaffale un tomo rilegato
dall’aria recente. Le dita affusolate lasciarono
un’impronta nel leggero strato di polvere che copriva il
ripiano, ma il volume, di circa quattrocento pagine, risultava
intonso, come posato lì da poco. Ciò che la
incuriosì non fu tanto il colore della copertina, totalmente
di uno scialbo bianco panna, quanto il carattere del titolo, stampato
in verticale sulla costina, che ricordava le strisce di sangue lasciate
da dita febbrili su un muro candido. Mechanical Guide at the Death.
Lucia parlava discretamente l’inglese, abbastanza da tradurre
il titolo enigmatico, Guida Meccanica alla Morte, ma quando sul retro
della sovraccoperta non trovò il riassunto della trama, fu
tentata di posare il tomo dove l’aveva trovato e tornare come
suo consueto a spulciare tra gli economici e le novità. Ma
qualcosa in quel volume la incuriosiva a tal punto che si sedette su un
pouf viola dall’aspetto malandato a leggere.
Scoprì che di inglese c’era solo il titolo,
giacché il testo interno era totalmente in italiano. Lesse
le prime pagine, prima con diffidenza, poi con sempre maggiore
voracità, fin quando, dopo circa venti minuti di lettura, lo
chiuse di scatto. Senza nemmeno badare al prezzo, troppo alto per la
sua misera paga da commessa, lo aggiunse ai tre economici che teneva in
un sacchetto rigido e si avviò alla cassa.
Pagò il totale, cinquantaquattro Euro, e si avviò
all’uscita, impugnando le chiavi della macchina, parcheggiata
poco distante.
Entrò nell’abitacolo, posando il sacchetto e la
borsa sul sedile del passeggero.
Infilò la chiave principale nel quadro.
Girò.
Il resto fu raccontato sulle cronache cittadine di tutti i quotidiani
d’Italia: Giovane romana muore in seguito
all’esplosione della propria macchina.
Il sottotitolo di una testata menzionava una probabile avaria nel
motore, un altro quotidiano ipotizzava una perdita di gas. Solo uno, il
meno venduto di tutti, arrischiava un assassinio, ma si sa, se un
giornale pubblica una storia fittizia su tre, automaticamente perde
credibilità. Così nessuno diede credito a
quest’ultima versione. Tra le macerie furono ritrovati i
resti carbonizzati di tre libri in edizione economica e una borsa semi
fusa. Ma di Mechanical Guide at the Death, di cui non ritrovarono i
resti, nessuno si curò.
Quella notte il cielo pianse tutte le sue lacrime. In un piccolo vicolo
del centro una figura con indosso un pesante cappotto di pelle
scamosciata si muoveva lenta, incurante della pioggia battente e dei
frequenti lampi che squarciavano il cielo e rischiaravano le strade.
L’individuo si muoveva lento ma inesorabile lungo il
marciapiede sinistro, pieno di pozzanghere inquiete. Non
indugiò nemmeno davanti alla grande pozza scura che usciva
da un tombino intasato, e vi camminò dentro, inzaccherandosi
i pantaloni scuri. Ormai il cappotto era definitivamente da buttare:
l’acqua lo aveva rovinato irrimediabilmente, ma la persona
che lo indossava non se ne curò minimamente. Dopo una
manciata di minuti, un portone illuminato dall’interno
catturò la sua attenzione. Tirò fuori da una
tasca una lettera sigillata in un’anonima e miracolosamente
asciutta busta di carta bianca su cui troneggiava, scritto in
calligrafia, il nome del destinatario. Il messaggero imbucò
con attenzione la missiva in una cassetta blu, dopodiché si
allontanò lungo la via.
Sulla cassetta delle lettere una targhetta di plastica bianca riportava
il destinatario: “Studio Investigativo I. De
Santis”.
Il tempo di rischiarare con un fulmine l’ambiente che
l’uomo era sparito.
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Capitolo 2 *** Primo capitolo, un assegno ed una minaccia. ***
Con un tagliacarte d'argento, l'investigatrice privata Isabella de
Santis strappò un lato della busta da lettere trovata nella
cassetta. Non recava nessun francobollo o timbro postale, cosa alquanto
insolita. La donna si passò una mano nei capelli castani,
curati quel tanto da sembrare mossi, dopodichè
inforcò gli occhiali con montatura a giorno, che teneva in
un portapenne di velluto sulla scrivania. Tirò fuori la
lettera, aprendola. Il testo riportato era breve, scritto a mano in
grafia elegante e sottile.
Gentilissima Isabella de
Santis,
ho un caso da proporle.
Recentemente sette donne
comuni, non diverse da me o da Lei, sono morte nella stessa maniera. La
polizia, quando la faccenda iniziò a ripetersi,
ipotizzò un assassinio, ma quale sarebbe stato il movente?
L'arma dei delitti è sempre la stessa, ovvero qualche cavo
usurato nel motore, una perdita di benzina, un forte calore che
compromette le camere d'aria... il risultato è sempre
quello: un'esplosione di automobile, una causa ovvia e complessa al
tempo stesso. Ma so per certo che una caretteristica comune alle
vittime non è solo il sesso, ma anche che ciascuna di loro
aveva acquistato, poco prima di morire, un libro il cui codice a barre
risulta inesistente.
Sono a conoscienza di
ciò per il fatto che anche io, Andrea Rocca (donna
nonostante il nome), ne possiedo una copia, arrivatami stamani per
posta, mittente sconosciuto.
Sulla prima pagina, e
rabbrividisco al solo pensiero, sono riportati, scritti a macchina, i
nomi delle sette vittime, con vicino la relativa data di morte. Il mio
nome è l'ottavo, senza alcuna data scritta, e il suo di Lei
è il nono, senza data nemmeno quello.
Ho paura.
Se riuscirà a
risolvere il mistero del libro, non solo avrà salvato la
vita di entrambe, me e lei, ma riceverà anche, oltre
all'anticipo allegato, un'abbondante percentuale della mia cospicua
eredità.
Il tempo non aspetta per
nessuno, è la vita il bene più prezioso da
proteggere e tutelare dall'oblio dell'eternità. E solo un
Dio, folle o imperscrutabile che sia, può mettere mano
nell'altrui possesso privato.
Salvi il nostro futuro!
In fede,
Andrea Rocca.
Più sotto erano indicati alcuni indirizzi mail, una via e
due numeri di telefono. Mi
contatti! c'era scritto vicino.
Alla lettera era allegato un assegno ripiegato.
Turbata, Isabella lo prese con mano titubante. Accarezzò la
filigrana verdina e liscia, indecisa sul da farsi. Di rado le erano
capitate burle, tantomeno così ben congegnate,
così decise di proseguire: non le era mai capitato tra le
mani un caso così bollente.
Ad occhi chiusi, come se apettasse un miracolo, spiegò
l'assegno. Dischiuse gli occhi.
Quando lesse la cifra indicata, le dita le si serrarono febbrili
attorno ai sei zeri dell'anticipo.
In quel momento la mente della giovane donna esaminò il
bivio che si era aperto davanti a lei.
Da un lato, una vita grigia e semplice, probabilmente breve,
irrealizzata dei suoi sogni e avviluppata irrimediabilmente in quel
sogno ambito, divenuto un incubo, che era l'investigazione. Dall'altro
un futuro probabilmente radioso, ovattato, costellato di
difficoltà e talvolta impervio, ma estremamente promettente
sia dal punto di vista professionale che dello spirito. Allora,
seguendo più l'istinto umano che la ragione dei dotti,
infilò l'assegno nel portafoglio di pelle posato vicino al
portapenne. Agguantò una penna stilografica con il pennino
d'oro, regalo di un Natale di molti anni prima, ed un foglio intestato
con i suoi dati, dove iniziò a scrivere la sua risposta ad
Andrea Rocca, la donna che avrebbe dato una svolta fondamentale alla
sua vita.
Qualche ora dopo aver imbucato la lettera, il telefono
squillò. Isabella, elettrizzata ma con aria professionale
alzò il ricevitore.
- Pronto? - chiese, la mente persa per vie sconosciute.
- Quindi sei pronta a morire, per il vile denaro? - chiese una voce
camuffata.
- ...morire? - quella parola la riportò invariabilmente coi
piedi per terra.
- La morte è l'ovvia fine che tocca a chi osa confrontarsi
con gli dei! Pochi hanno il dono di un intelletto fino, ancor meno
persone possiedono quella che viene comunemente considerata follia.
Eppure se le due cose vengono combinate, il risultato è un
Leonardo da Vinci, oppure un Albert Einstein, o anche un Galileo
Galilei. Solo molti secoli dopo la loro morte è stato
riconosciuto il loro genio, eppure se qualcosa di simile accadesse
oggi, in una società corrotta e instabile come la nostra,
verrebbero sicuramente ripetuti gli stessi errori di molto tempo fa, e
saremmo destinati a vivere nel tormento ed a morire nella debolezza,
gli sforzi di una vita intera riconosciuti da nessuno. E allora qual
è il destino di coloro che rappresentano il futuro
dell'umanità? Essere come dei e dee, vivere nella lussiuria
e nei vizi, portando avanti un arduo compito, oppure concludere il
proprio dovere nella completa ignoranza collettiva? Senza che nemmeno
un bambino possa apprezzare il nostro operato? Noi siamo dei occulti e
folli, e la morte è il destino di chi commette un tale atto
di tracotanza da misurarsi con noi.
- Lei... voi... - balbettò la donna, le parole morte in gola.
- Tu non potrai mai essere come noi, nè i nostri affari
devono riguardarti. E se il tuo unico scopo è il denaro,
qualunque sia la tua valuta, sei davvero una persona spregevole.
Nessuno ti piangerà, quando verrai eliminata dalla forza che
emaniamo, che IO emano!
Dopodichè la conversazione, cadde, tagliata dall'altro capo
del filo.
Scossa, Isabella si sedette e chiuse gli occhi, per poi aprirli di
scatto quando bussarono furiosamente alla porta dello studio.
- Chi è? - urlò di rimando, timorosa ma ancora
non impaurita a tal punto da perdere la calma.
Nessuno rispose.
Guardò dallo spioncino, ma non vide nessuno. Allora
socchiuse la porta, aprendola quel tanto che bastava per scorgere il
piccolo androne interno al palazzo.
Per terra e su tutte le pareti era comparsa una scritta inquietante,
rossa e nera, ripetuta all'infinito. Morte. Presto. Morte. Presto...
La donna urlò terrorizzata, il sangue freddo perso in un
solo attimo, e rientrò nello studio, sbattendosi la porta
alle spalle.
Cosa ho fatto...
pensò, mentre una lacrima le rigava le guance...
Grazie per aver letto il mio primo capitolo! (l'altro era un prologo un
po' lungo, lo ammetto) Questa f.f. decisamente non cattura molti
lettori, ma è il prezzo da pagare per la
creatività!^^ Ho tutto in testa: la parte iniziale l'avete
appena letta, il resto è già delineato nei miei
pensieri. Grazie, Ego me stesso ed io per l'incoraggiante, unica
recensione al mio prologo, spero che il primo capitolo non deluda te
nè chi lo ha appena letto. Seguitemi nelle avventure della
detective Isabella, perchè resterete sconcertati dalle
rivelazioni che scoprirete! Buon proseguimento...
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Capitolo 3 *** capitolo 2: Vita e clienti di Isabella ***
Quella notte Isabella, sistemato un lenzuolo sulla branda richiudibile
che teneva nello stanzino, non riuscì a prendere sonno.
Era quasi l'una di notte e, come da qualche mese a quella parte, aveva
deciso di pernottare nello studio.
Devo vendere la mia
casa... Ormai non la uso più! pensò,
la mente sotto pressione per l'accaduto.
Si sforzava di non pensare alle minacce decisamente poco velate che
aveva ricevuto poche ore prima, ma percepiva ugualmente una tensione
palpabile tutt'intorno a sè.
Si alzò, la camicia da notte in seta celeste ondeggiava
intorno al corpo magro, lasciando le gambe scoperte. Nonostante fosse
considerata una bella donna, carnosa ed alta quel tanto che bastava per
risultare affascinante, elegante e professionale nei modi di fare,
Isabella non aveva un compagno. Nemmeno uno. Non che non ne
desiderasse, ma purtroppo non riusciva ad essere felice con nessun uomo.
Si può dire che avesse degli ideali maschili poco comuni,
era molto selettiva riguardo il naso, non troppo pronunciato, i denti
bianchi possibilmente dritti, una linea normale e se capitava non
disdegnava certo un po' di muscoli. Ma la cosa più
importante cui badare erano senz'altro gli occhi. Adorava i verdi o gli
screziati, ma l'importante era che fossero magetici, che la stregassero
come il flauto indiano fa con un cobra. E se qualcuno mai aveva
rispecchiato almeno in parte queste sue prerogative, si era rivelato
spesso un narcisista, o a volte un nichilista, ma perlopiù
il suo carattere era risultato palesemente troppo diverso da quello
della donna, o il suo modo di fare non l'aveva convinta. Ecco il tasto
dolente: il carattere. Isabella credeva in un perfetto equilibrio tra
corpo, spirito ed atteggiamenti, e solo quando la mescolanza di tutto
era più rosea del previsto, cadeva innamorata. Lei aveva
quello che si definisce comunemente un animo eccentrico: gunne corte
con pizzo accompagnate a giacchine ricamate e ad alte scarpe erano il
suo abbigliamento ideale, anche se sicuramente non il più
usato. Amava ogni genere di musica e film, talvolta anche qualche opera
commerciale, ma non si definiva superficiale, proprio per questo suo
andare controcorrente di un'artista rinchiusa nella routine. Ma amava
il suo lavoro più di ogni altra cosa e niente, nemmeno un
paio di scarpe griffate con un bellissimo cinturino nero, l'avrebbe mai
fatta desistere dal suo scopo: essere conosciuta per la sua
loquacità e lo spirito d'autore incompreso che sentiva
dentro di sè.
Agguantò uno dei numerosi fumetti che teneva su una mensola,
incassata nel muro affinchè fosse poco notabile dai clienti,
ed iniziò a leggere, partendo dall'ultima pagina.
Il protagonista, un'anoressico biondino dalla faccia stupida, vagava
senza meta in una metropoli non meglio definita, armato di un martello
gigante legato sulla schiena, alla ricerca del mafioso che aveva ucciso
i suoi genitori. Ovviamente era accompagnato da una taciturna cyberpunk
con capelli verdi e minigonna fucsia, che lanciava potenti missili
dalle dita meccaniche.
Annoiata da una storia così scadente, finì per
chiudere gli occhi e cadere addormentata sulla poltrona di similpelle
bordot vicino alla scrivania.
Qualche ora dopo, saranno state le quattro del mattino, ricevette una
telefonata che la svegliò di soprassalto.
Un po' spaventata, ma ancora assonnata, lasciò che partisse
la segrateria telefonica.
- Non sei in casa... - disse una voce femminile totalmente nuova
-...peccato.
Una risatina lievemente isterica accompagnò questa ultima
parola.
Poi cadde la linea.
Ancora in camicia da notte indossò un paio di jeans e degli
stivali di pelle nera, i sensi in allerta. Si affacciò dalla
finestra che dava sulla strada, attenta che non ci fosse nessuno a
spiarla, l'adrenalina che girava vorticosamente nelle vene. Era sveglia
e scattante, pronta alla fuga. Agguantò un paio di pantaloni
che teneva in un cassetto per le emergenze, lasciando il tailleur
grigio scuro "da lavoro" sullo schienale di una sedia. Stava riempiendo
una borsa con i suoi effetti personali più indispensabili
quando sussultò per il suono del citofono. Cautamente, i
nervi tesi, alzò la cornetta.
Era un cliente.
A quest'ora? In questo
momento? pensò dubbiosa.
Non aprì.
- Torni più tardi! - disse attraverso il citofono.
- Salgo ora. Ho qualche notizia succulenta sul suo nuovo impiego... -
sussurrò l'uomo.
Di scatto Isabella premette il pulsante d'apertura del portone e pochi
istatanti dopo suonarono alla porta.
Aprì, tesa e curiosa, il sangue che correva nelle vene come
non mai.
La canna di una calibro 7,65 nera sbucò dalla fessura della
porta appena aperta e l'uomo s'inserì di scatto
nell'apertura, scansando con un colpo dell'avambraccio la donna
impaurita, e scaraventandola sulla plotrona di pelle bordot.
- Okay, io sono Christian e tu sei Isabella. Presentazioni fatte. - le
disse voce bassa, la pistola puntata tra gli occhi di lei. - Non urlare
o sparo. Non muoverti o sparo. Qualunque cosa farai, ti sparo lo
stesso. Chiaro il concetto?
Isabella annuì piano.
- Non muoverti! - le disse, dandole un colpetto in testa con il calcio
rinforzato dell'arma. Dopodichè cominciò a
muoversi cautamente, dando all'investigartice la possibilità
di osservarlo. Alto e snello, indossava una tuta militare, i pantaloni
larghi sui polpacci, una giacca nera con cappuccio, RayBan modello
aviatore verde scuro. I capelli, corti sulla nuca e dritti sulla
fronte, avevano una vertigine all'altezza della tempia.
Bello!
pensò Isabella, ma scacciò subito quel pensiero.
Frugò ovunque per abbondanti dieci minuti, le mani protette
da guanti in lattice bianco.
- E' sicuro, - disse con voce grave - possiamo parlare.
Le toccò il braccio infreddolito per tranquillizzarla, ma
quel contatto la spaventò.
Si sedette vicino a lei, sul bracciolo della poltrona.
Allora esordì.
- Non andare da Andrea Rocca o morirai. La killer delle esplosioni
d'auto altri non è che lei. E tu sei la prossima.
Pant che fatica questo secondo capitolo! Non so se sono riuscita ad
infondere nella protagonista, come spero, la mia
personalità... quella che avete appena letto è la
seconda stesura che faccio di questo capitolo, in quanto la prima
versione, a rileggerla, mi è sembrata troppo stringata e
paradossale, per essere un giallo realistico... spero! XD Christian,
presente anche nella versione originale, è quello che viene
definito un "figo", spero vi sia piaciuto questo nuovo personaggio! Ma
come sono geniale... Eh Eh Eh... Okay no. Continuate a seguirvi, non vi
deluderò! Ma vi prego, recensite anche questo capitolo,
sennò mi demoralizzooo!
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Capitolo 4 *** capitolo 3: un progetto ed una fine ***
Isabella non credeva alle sue orecchie. Andrea un'assassina?
Plausibile, lo era. Probabile, non molto.
Ma in effetti calcolando tutti gli avenimeti accaduti, la cosa
tornava...
Pensierosa, si affacciò alla finestra e vede un sanguigno
spicchio di sole affacciarsi al nuovo giorno. Dal lato esattamente
opposto vide una pallida falce di luna calante.
Anche se passi una notte a guardare il cielo con una preghiera nel
cuore, le probabilità di vedere una stella cadentesono
pochissime. Perciò l'usanza di esprimere un desiderio quando
se ne vede una, la dice lunga su quanto siano scarse le
possibilità che possa essere esaudito.
Eppure, guardando la volta celeste che da un lato si schiariva per
l'effetto della luce e dall'altro proseguiva il suo viaggio eterno
sotto forma di velluto blu, per un un attimo una scintilla
catturò la sua attenzione. Una brevissima scia di luce e poi
quella visione unica scomparve.
Chiuse gli occhi, congiungendo le mani al petto ed espresse il suo
desiderio. Christian la guardava pensoso, massaggiandosi una mascella.
- Che effetto fa essere braccati? - gli chiese d'un tratto.
- Fa l'effetto di una fregatura. Prima pensi di essere onnipotente
perchè qualcuno più in alto di te s'interessa
alla tua misera esistenza. Poi ti trovi catapultato in un'esistenza che
non ti appartiene più. E c'è bisogno di soldi,
tanti soldi. La polizia è marcia. Questo mondo è
marcio.
L'uomo si alzò in piedi e le si avvicinò.
- Per questo - le disse - è necessario che gente come noi
compia la missione che ci è stata assegnata.
- E sarebbe?
- Vivere o morire. E qui si sta giocando una partita a scacchi contro
la pazzia. Il risultato è: o vince lei, o impazziamo noi.
Questo è il destino di chi s'impiccia troppo nelle faccende
degli Dei.
Una lucina, piccola come un led, si accese nella mente di Isabella.
Tuttavia, guardandolo negli occhi verdi, quel dubbio si
dissipò.
- Giappone? - disse lei con aria di sfida - Cina? Tibet? Australia?
Stati Uniti? Dove si va, insomma?
- Per ora, - rispose lui, colpito - Italia.
L'investigatrice era delusa.
- Italia? Nella tana della cacciatrice?
- Sì, in due piccoli monolocali a Trastevere. Domani
studieremo un piano.
Un piano? Sembrava di stare in un film di spionaggio!
- Questa non è una partita a scacchi. C'è in
gioco la mia vita! - disse arrabbiata.
- Anche la mia vita è appesa ad un filo, non pensare di
essere l'unica in pericolo.
- Chi ha tempo non aspetti tempo, non bisogna lasciarsi sfuggire
l'occasione!
Agguantò la borsa e cominciò a frugare
nervosamente alla ricerca del portafoglio. Quando lo trovò,
lo aprì di scatto e tirò fuori un assegno
ripiegato con cura.
- Guarda! - gli disse - Denaro! Vero, palpabile ed invitante! Chi
darebbe cartamoneta sonante ad una donna che sta per morire?
Lui la squadrò con aria delusa. - Appunto per questo te la
darebbe...
Lei gli mise le chiavi della Smart di servizio in mano e lo
guardò con rabbia, confusa e delusa.
- Vattene. Comunque vada, io andrò per la mia strada!
E lo condusse alla porta.
- Fai una sciocchezza.
- Non m'importa. Addio.
Dopo un'ultima reticenza l'uomo acconsentì ad andarsene.
L'uomo battè un po' sulla porta, ma poi desistette e si
avviò verso il box seminterrato dove Isabella teneva la
Smart rossa che usava in mancanza della bella Lancia nera,
un'eredità di qualche anno prima, che custodiva in un
deposito sulla via Portuense.
Stava alzando la cornetta per chiamare Andrea Rocca, per dirle di
lasciar perdere, di morire, di andarsene, o chissà
cos'altro, quando un'immensa scossa fece tremare tutto il palazzo,
seguita dal suono di un'esplosione e dal molto fumo che aveva iniziato
a circondare il palazzo.
No... no...
pensò, gettandosi a terra.
Urlò per la tristezza e la paura, i pugni stretti che
graffiavano il pavimento.
Dalle nocche uscì del sangue, che macchiò la
camicia da notte, ormai scompigliata.
Qualche minuto dopo, quando già si udivano in lontananza le
sirene del carro dei pompieri, la donna tirò su col naso e
si asciugò qualche lacrima che le era scesa sul viso.
Alzò lo sguardo, guardandosi intorno.
Si mise in ginocchio, un nuovo sentimento si fece strada in lei: la
forza della disperazione.
Si alzò in piedi, e si avviò nello stanzino, da
cui prese alcuni sacchetti celesti scuro.
Sistemò per casa qualche piccolissima telecamera ad
infrarossi, che per il suo mestiere, seppur inusuali, trovava
estremamente utili.
In camera da letto e nello studio lasciò un paio di
registratori vocali e due microfotocamere ad intermittenza per tutto il
perimetro della stanza.
Poi, prima di uscire definitivamente dall'appartamento,
digitò il codice d'inserimeto per l'antifurto. D'altronde
era un'investigatrice molto scrupolosa e fiduciosa delle proprie
capacità. Se volevano la sua pelle, avrebbero dovuto
sudarsela e pagarla cara.
Con le sopracciglia aggrottate, il cappotto scuro avvolto intorno alle
spalle, uscì dal palazzo, e come previsto nessuno
badò a lei nel generale trambusto.
Erano le sei di mattina.
Prese il cellulare, copiò su un'agendina tascabile un paio
di numeri telefonici, giusto quelli che non riusciva a tenere a
memoria, e poi lo guardò per qualche secondo, prima di
scaraventarlo con forza contro un muro lì vicino.
Si avviò alla banca di quartiere per riscuotere l'assegno di
Andrea Rocca e prelevare quanti più contanti possibili prima
di sparire dalla circolazione.
I giornali del mattino recitavano la solita cantilena: Giovane romana muore per
esplosione d'auto. E siamo ad otto...
Nemmeno lo scrupolo di
controllare il dna... pensò ...ma in fondo non dovrebbe
essere rimasto nulla di me. O di Christian.
E così Isabella De Santis era ufficialmente morta.
Eppure qualche ora dopo, con circa un milione e ventimila Euro in
tasca, i risparmi di una vita racchiusi in una ventiquattrore cromata,
la donna, viva ed intellettualmente stabile, munita dei sui effetti
personali più stretti, cosmetici ed un paio di parrucche
(utilissime per il suo lavoro), salì su un treno e scomparve
dalla città.
Grazie per aver letto anche questo capitolo, divertitevi a trovare le numerose citazioni che vi ho infilato "di straforo"...XD se vi va commentate, tanto ci ho fatto l'abitudine a non essere letta! uffi... ç_ç
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