Life with or without you

di Tem_93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Good Morning, Darling ***
Capitolo 2: *** Surprise ***
Capitolo 3: *** *New Decisions* ***
Capitolo 4: *** Trust ***
Capitolo 5: *** Home ***
Capitolo 6: *** *What you didn't expect* ***
Capitolo 7: *** Taking no notice of pain ***
Capitolo 8: *** *Hugs and slaps* ***
Capitolo 9: *** Beds and apologies ***
Capitolo 10: *** *When everything changed* ***
Capitolo 11: *** Best friends ***
Capitolo 12: *** Wendy ***
Capitolo 13: *** Nobody's perfect ***
Capitolo 14: *** *Please, just let me go* ***
Capitolo 15: *** Los Angeles ***
Capitolo 16: *** Because of a shell ***
Capitolo 17: *** Your daughter ***
Capitolo 18: *** There's a way out ***
Capitolo 19: *** Mistakes ***
Capitolo 20: *** Pretend ***
Capitolo 21: *** Make the right thing isn’t so easy ***
Capitolo 22: *** Mess ***
Capitolo 23: *** Wedding anniversary ***
Capitolo 24: *** Library ***
Capitolo 25: *** Happiness and frustration ***
Capitolo 26: *** With my heart out in my hand ***
Capitolo 27: *** A Lovely Smile ***



Capitolo 1
*** Good Morning, Darling ***


1} Good Morning, Darling
 
 
 
Noah sentì dei capelli solleticargli il volto. Arricciò il naso infastidito e spinse leggermente la proprietaria, facendosi spazio ne letto. Si girò dall’altra parte, cercando di tirare un po’ di coperta dalla sua parte, ma nulla, come al solito lei vi si era tutta arrotolata dentro. Sbuffò, tentando di riprendere sonno, ma, come sempre, ritrovò il suo ginocchio puntato nella sua schiena.
Allora stropicciò gli occhi, borbottando qualcosa, dopodiché si alzò e sgattaiolò in bagno, mentre Max scese dal letto scodinzolando. Quando tornò in camera lei sonnecchiava ancora adorabilmente, con i capelli biondi tutti scompigliati e la bocca leggermente aperta. Chissà cosa sognava, perché con quell’espressione sbarazzina stava sicuramente viaggiando di fantasia.
Puck s’infilò una maglietta e un paio di pantaloncini, poi andò nella piccola cucina per preparare la colazione per entrambi, seguito come al solito dal Golden Retriever che ricevette immediatamente i suoi croccantini.
Passarono pochi minuti prima che qualcuno gli tirasse il bordo della maglia scura.
La piccola si stava sfregando gli occhietti chiari con la manina, mentre stingeva con l’altra il suo pupazzo preferito da cui non si staccava praticamente mai.
-Buongiorno- farfugliò, cercando di mettere bene a fuoco le immagini.
-Buongiorno scricciolo- le sorrise lui, prendendola tra le braccia.
-Dov’è la mami?-domandò, grattandosi la testa.
-Sai che non tornerà prima di domani- le ricordò lui, sistemandole i capelli fini e mossi, che le ricadevano sino alle spalle. Lei soffiò, sporgendo all’infuori il labbro inferiore. Odiava quando la madre mancava più di un giorno, e quello era già il secondo. Lui la fece sedere al piccolo tavolo rotondo, mettendole davanti la sua solita tazza di cereali colorati con un po’ di latte freddo. Lei posizionò la sua papera di peluche al suo fianco e cominciò a mangiare.
-Allora, hai sognato oggi?- domandò Noah addentando il suo toast. La bimba annuì con un sorrisino.
-Cosa?-chiese, accendendo distrattamente la televisione.
-Gli unicorni – rispose quella, tutta fiera.
-Pff, non esistono- rise lui, con fare scherzoso.
-Solo perché non li hai mai visti non puoi esserne certo!- affermò sicura lei, afferrando poi il telecomando per cercare un canale dove ci fosse un cartone.
-Ti va dopo di andare al parco?-chiese il ragazzo. Lei si voltò nuovamente verso di lui, mostrando gli occhi scintillanti e annuì con gioia. Noah rise, avvicinandosi alla piccola.
-Magari prima però ci puliamo il faccino, eh?- mormorò, pulendole con un tovagliolo la bocca e le guance rossastre e paffutelle. Lei gli sorrise, dopodiché abbracciò Marshall il  papero e si buttò sul divano, concentrandosi sul cartone che aveva trovato. Max corse ad accucciarsi al suo fianco, ricevendo un bacetto sulla nuca che ricambiò con una leccata sulla guanciotta della bambina.
Noah sistemò le stoviglie per poi raggiungerli.
 
 
 
Rachel scese dall’aereo, andando poi a recuperare le valigie. Era tornata a casa. O almeno, era in America e a breve sarebbe tornata a casa. Ringraziò e sorrise al ragazzo che le recuperò una delle due borse, dopodiché si diresse verso l’uscita dell’aeroporto. Trovò facilmente i genitori che l’attendevano appoggiati alla macchina. Si slanciarono subito verso di lei per abbracciarla ed aiutarla con i bagagli.
-Tesoro- esclamò Hiram stringendola forte.
-Ciao papà- sorrise lei, lasciandosi stritolare.
-Oh, quanto mi sei mancata- continuò il padre, tenendola ancora stretta, mentre si asciugava alcune fugaci lacrime.
-Papà, comincia a farmi male- borbottò, dopo circa due minuti
-Oh- disse lui, liberandola dalla stretta. Rachel gli sorrise ancora, per poi tuffarsi tra le braccia di Leroy, per un abbraccio più corto e meno doloroso.
-Siamo felici che tu sia tornata, piccola- le sussurrò dolcemente l’uomo di colore, baciandole la fronte.
-Anche io sono felice di essere di nuovo a casa- trillò lei.
-Su, su Leroy, carica le valigie che si parte!- squillò allegro Hiram, tornando a coccolare la figlia per poi salire in macchina e sedersi nel posto del passeggero.
Leroy sistemò nel baule i bagagli di Rachel, dopodiché si mise alla guida.
 
 
 
David chiuse la chiamata arrabbiato come sempre. Non sarebbe tornato da lui, no, aveva chiuso. Non si sarebbe più fatto comandare a bacchetta, non avrebbe assecondato ogni suo ordine e dato ordini per lui. Era stanco di dovere far finta che tutto andasse bene. Non era così. Il loro rapporto ormai era rotto da anni, da quel giorno quando gli confessò il suo segreto. Poi era stata tutta una finzione, perché sapeva che lui non lo avrebbe più visto con gli stessi occhi, ma anzi, che lo avrebbe disprezzato. Perciò se ne era andato, non aveva più voglia di vedere il suo sguardo deluso e il suo sorriso finto ogni mattina, di sentire le sue bugie, di essere sgridato per motivi futili solo perché dietro a tutto si celavano altre ragioni.
Gli serviva qualcuno con cui parlare. Afferrò il telefono e compose il suo numero. Lei c’era sempre stata per lui, come lui ci sarebbe sempre stato per quella pazza manipolatrice.
 
 
 
Santana si svegliò ancora molto assonnata. Tastò l’altra parte del letto, trovandola vuota. Lei era già andata via, come pensava. Scese dal letto e s’infilò una vestaglietta, raccogliendo poi i vestiti sparsi per la camera per fare un po’ di ordine. S’infilò poi sotto la doccia, cercando di non pensare a nulla e di rilassarsi. Appena uscì sentì il telefono suonare e corse a rispondere.
-Dimmi- disse.
-Vieni a fare colazione?-domandò Dave dall’altro capo.
-Alle undici?-chiese lei, guardando l’orologio.
-Tanto so che sei sveglia da poco-
-Va bene, passami a prendere- decise.
-Come sempre- borbottò lui.
-Grazie, a dopo!-chiuse la conversazione sorridendo. S’infilò un vestito leggero e  paio di stivali, accendendo poi il computer mentre aspettava l’amico.
 
 
 
Brittany arrivò al lavoro leggermente in anticipo. Lei le mancava già, come sempre non poteva starle troppo lontano, ma per il lavoro doveva.
I ballerini arrivarono circa cinque minuti dopo e lei aveva già cominciato a scaldarsi. In poco tempo furono tutti presenti e la bionda iniziò a provare nuovamente la coreografia con tutti, stando attenta ad ogni errore di ogni singola persona. Adorava essere una coreografa, poteva ballare quanto voleva, inventare passi, insegnare ad altri. Era gratificante, ma tornare a casa da lei era sempre la cosa che preferiva.
 
 
 
Mike si lasciò sistemare la cravatta dalla fidanzata, sorridendo mentre lei era tutta concentrata. Appena finì si sporse verso di lei per lasciarle un dolce bacio sulla labbra.
Lei gli sorrise, arrossendo un po’.
-Torna presto- sussurrò, sistemandosi i capelli dietro l’orecchio.
-Anche tu-disse il ragazzo, facendole fare una piroetta per poi afferrare la ventiquattrore.
-Ovviamente- annuì, guardandolo uscire dalla porta. La chiuse e si diresse in camera, ma qualcuno bussò alla porta. Tornò ad aprire e si ritrovò di nuovo Mike di fronte.
-Cosa c’è?-chiese, sorridendo.
-Mi mancavi- sussurrò lui, abbracciandola e dandole un altro bacio.
Dopodiché sorrise e salutò con la mano, chiudendosi la porta alle spalle.
Lei rise, trotterellando felicemente verso l’armadio.
 
 
 
Kurt si sistemò il ciuffo per l’ennesima volta, sembrava che quella mattina non volesse stare come voleva. Si passò poi un filo di crema sul volto e allentò il foulard. Blaine gli arrivò accanto e gli lasciò un bacio sulla guancia, mentre mangiava frettolosamente alcuni biscotti.
-Ci vediamo stasera- lo salutò, aprendo la porta.
-Non torni per pranzo?- chiese Kurt, alzandosi per infilare la tracolla di Louis Vuitton.
-No, mangio fuori- disse il fidanzato sulla porta.
-Con Jeremiah?-domandò seccato il ragazzo dagli occhi celesti. Blaine annuì, senza badarci troppo.
-Siamo colleghi e non siamo soli- precisò il moro, per poi sorridere.
Kurt annuì, ancora poco convinto,e voltò lo sguardo.
-A stasera tesoro!- gli gridò Blaine uscendo.
Kurt sbuffò. Sapeva che Jeremiah non era solo un amico e sapeva che probabilmente sarebbero stati soli a pranzo. Solo non sapeva perché ancora non si decideva a parlarne seriamente con il compagno.
 
 
 
***
Ehilà!
Allora, io non volevo scriverla, ma mi frullava troppo nella mente e sono stata obbligata a buttarla giù. Poi ho chiesto a due donzelle di fermarmi, dirmi che stavo facendo un acagata, ma queste hanno invece deciso di incitarmi a continuare. E’ colpa anche loro u_u
Torno perciò con una nuova long, con molti più personaggi o_o c’è perfino Kurt! Per me è qualcosa di stranissimo. Se non avete capito una cippalippa del capitolo, sono riuscita nel mio intento :D Mi piacerebbe sapere le vostre supposizioni, sìsì. Per il titolo, io e i titoli non siamo amici, perciò...
 
Anh, sono passati alcuni anni, si vedrà poi e per spiegare ciò che è successo ci saranno capitoli del passato, 5 o 6, giusto per farvi capire qualcosa :)
 
Mi scuso per gli errori!
Besos,Tem_93

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Capitolo 2
*** Surprise ***


2} Surprise
 
 
Santana ordinò due caffè, tornando poi a voltarsi verso l’amico.
-Allora, tutto bene?-domandò la ragazza, appoggiando una guancia sul pugno chiuso.
-Mia madre continua a chiamarmi-borbottò lui, ringraziando poi la cameriera che gli porse la colazione.
-Che vuole ancora?- farfugliò lei, versando la sua bustina di zucchero nella tazzina dell’amico.
-Che domande! Vuole che torni a casa- sbuffò Dave, iniziando a mescolare.
-Ma dopo un anno non ha ancora capito?- chiese l’altra, sorseggiando la bevanda amara.
-Pensa che possa fare ancora pace con mio padre.- spiegò.
Santana scoppiò a ridere, scuotendo la testa.
-Ma ti ha mai ascoltato, mi chiedo? Cioè, tu non la pensi così, no!?-disse lei.
-Certo che no! Non tornerò da una persona che mi odia perché non sono “normale”. Poi ho un ottimo posto qui-.
La ragazza face un cenno col capo, finendo il suo caffè.
-Tra i due, tu potresti tornare- fece lui, portando i suoi occhi in quelli neri pece della mora, che subito sgranò. Santana alzò le spalle e sorrise.
-Anche io ho un ottimo posto!-esclamò –e poi non ti lascio divertirti qui da solo- aggiunse.
-Ottimo posto, eh? Cameriera in locale a luci rosse rientra proprio in quella categoria- annuì lui, con un tono critico.
-Pagano di più, e si rimorchia benissimo!- sorrise la latina, incrociano le braccia.
David la fulminò con lo sguardo. Non gli piaceva affatto quello che faceva e Santana se lo sentiva ripetere ogni santo giorno.
-E poi tu la fai troppo grossa, mica giro nuda!- provò a difendersi, evitando accuratamente lo sguardo dell’amico.
-Naah.Mi chiedevo infatti perché non cominciassi a girare anche per strada in babydoll. Potresti fare ancora più soldi!-sbottò.
-Vaffanculo- sussurrò la ragazza, sospirando.
-Non fare l’idiota San. Potresti aspirare a molto di più- affermò, sorridendola appena.
Lei si alzò imbronciata.
-Lo sai. L’unica cosa bella che possiedo è l’apparenza del mio corpo, e visto che non ho altro uso quello. Ci vediamo- mormorò a denti stretti, per poi lasciare qualche sterlina sul tavolo e uscire dal bar. Dave la guardò uscire. Sapeva che tutto ciò le faceva solo e sempre più male, ma non riusciva ancora a farle cambiare idea.
 
 
 
Quinn entrò nella casa sbuffando. Odiava quando il lavoro la tratteneva e non riusciva a tornare a casa in orario per il pranzo. Andò in camera per infilarsi qualcosa di più comodo, dopodiché si spostò nella cucina dove trovò il micronde socchiuso. Sopra c’era appoggiato un bigliettino.
~Io ero puntuale, eri tu che non c’eri! A stasera, un bacio
Quinn sorrise, trovando il pranzo solo da scaldare. Si sedette sul tavolo, cominciando  a mangiare, sfogliando qualche giornale di moda, soffermandosi su alcuni vestiti da sposa. Ad un tratto le squillò il cellulare e, notando chi era, alzò le sopracciglia.
-Ciao Rachel!-rispose, continuando a girare la pagine patinate.
 
 
 
Rachel scese dalla macchina, mentre suo padre aveva già cominciato a scaricare le valigie.
Hiram le si avvicinò, alzando gli occhi sull’insegna sopra di loro.
-Bentornata a Broadway!-esclamò, sorridendo alla figlia. Rachel rise senza troppa enfasi.
-Papà, questa battuta è vecchia e non fa più ridere!-lo riprese, raccogliendo una delle valigie.
I tre entrarono nel locale con i bagagli. Come fu dentro Rachel riconobbe immediatamente il biondo al bancone e, gli si avvicinò sorridente. Appena Sam la vide, sorrise sorpreso, finendo di preparare un’ordinazione.
-Guarda che è tornato il capo!-esclamò, lasciando poi il piatto per abbracciare la ragazza.
-Ehi Sam, tutto bene?- chiese lei, ridacchiando.
-Certo Rach, tu? Non sapevamo saresti tornata oggi-disse lui.
-L’ho fatta apposta così non avreste potuto nascondermi niente!-scherzò lei, con una furba espressione.
-Oddio, allora mi preparo ad un licenziamento-mormorò lui, alquanto preoccupato, il ché allarmò non poco la ragazza.- Scherzavo!- disse però immediatamente lui, vedendo Rachel rasserenarsi.
-Sarà meglio. Noah è in casa? Perché non trovo le chiavi e devo portare su le valige- domandò lei, mostrando i bagagli.
-No, mi dispiace. E’ uscito poco fa, ma tornerà presto.- la informò, portandosi poi dietro al bancone, dopo aver visto alcuni clienti attenderlo.
-Ok, ti lascio lavorare. Grazie- gli sorrise, tornando poi a rivolgersi ai padri.
-Noah non c’è, però voi andate pure. Io pensavo di vedermi con Quinn- esclamò, accompagnandoli fuori.
-Ok, ma ci vediamo presto!- precisò Hiram, abbracciandola ancora.
-Certo, non ti preoccupare- rise Rachel, salutandoli e guardandoli partire.
Dopodiché chiamò l’amica.
-Ciao Rachel- rispose lei dall’altro capo
-Hey Quinn, sono a Lima!- trillò
-E’ fantastico, perchè non mi avevi detto nulla?-chiese l’altra.
-Non sarebbe stata una sorpresa. Ti va se oggi ci vediamo, al solito posto?-domandò
-Certo. Ti ricordi come ci si arriva?-
-Ovvio, lo ricordo come non fosse passato nemmeno un giorno dall’ultima volta- sorrise Rachel.
 
 
 
Noah lanciò ancora una volta il frisbee a Max, che dopo una veloce rincorsa, lo afferrò in salto. La bambina gli corse incontro saltellando gioiosa.
-Bravo Maxie!-squillò, abbracciando il cane per poi porgerli un biscottino.
-Ehy scricciolo, ti va di andare sull’altalena?-domandò il ragazzo, ottenendo tutta l’attenzione di quei due zaffiri luccicanti. Lei  alzò le braccia verso l’uomo, che ridacchiando la prese subito in braccio, accogliendo anche l’inseparabile Marshall. La poggiò delicatamente sul seggiolino, cominciando a spingerla, fino a farla quasi volare.
-Se mi vedesse tua madre mi ucciderebbe- borbottò, sentendola ridere divertita.
Dopo poco la bambina volle scendere per tornare a giocare con Max, rincorrendolo per il parco. Noah si sedette su una panchina per tenere d’occhio quei tre.
Ad un tratto sentì qualcuno sedersi dietro di lui e lanciò distrattamente uno sguardo.
 Appena la riconobbe sobbalzò, alzandosi immediatamente in piedi.
-Rach!-la chiamò, facendola voltare. Lei lo guardò stupita, vedendolo avvicinarsi per abbracciarla.
-Noah!-trillò a sua volta sorridendo, mentre lui la sollevava stringendola forte per farle fare una giravolta, facendola così scoppiare a ridere.
Noah le era mancato così tanto. Stette abbracciata a lui ancora un po’, prima di lasciare le sua braccia.
Puck fece per cominciare a chiederle una cosa quando si sentì tirare il bordo della maglietta. Abbassò lo sguardo, vedendo la bimba osservarlo con due occhietti eccitati, mentre si copriva con una mano la bocca.
-E’ il momento di baciala!-gli suggerì lei.
-Hai ragione!- rise Noah, stampando poi un bacio sulla guancia di Rachel che stava guardando confusa la bimbetta. Quella guardò male l’uomo, scuotendo la testolina, senza però spostare la mano da davanti la bocca.
-Non così!-insistette, ma quando Max le strappò Marshall da sotto il braccio lasciò perdere Noah per rincorrere il cane, urlandogli di lasciare stare il papero.
Il ragazzo riportò l’attenzione su Rachel.
-Allora Rach, quando sei tornata?-domandò sorridendo.
-Oggi..-sussurrò lei, completamente concentrata sulla bambina.
-E perché non ci avevi detto nulla?-continuò lui. Rachel seguitava a fissare la bimba giocare con il cane e non riusciva a collegare molte cose.
-Noah- bisbigliò, assumendo un’espressione seria –Hai una figlia e non mi hai detto nulla?-chiese, guardandolo dritto negli occhi. Lui sospirò.
-Lascia che ti spieghi..-provò a dire, ma lei sgranò gli occhi allibita.
-Cavoli Noah! Hai una figlia e non me l’hai detto. Ma cosa ti è saltato per la testa? Quando mi chiamavi per sentire come stavo e dirmi del locale non ti è passato mai per la testa di dire “guarda ho avuto una figlia con….”, ah già non so nemmeno quello. Magari potevi dirmi anche che avevi trovato una ragazza, che magari è Qui…no Quinn è impossibile, forse Brittany. Chissà, dopo che Santana se ne è andata magari te la sei portata a letto. Cosa ne so, hai ben pensato di non dirmi nulla! O magari l’hai semplicemente adottata, perché dopotutto non so nemmeno quanti anni ha o come si chiama o come..- Noah l’afferrò per le spalle fermandola.
Aveva urlato tutto, agitandosi come una matta, partendo con i suoi soliti viaggi mentali e non aveva badato a lui.
-Rachel, è la figlia di Brittany, non è figlia mia- le spiegò lui, cercando di calmarla. Lei boccheggiò, riportando poi lo sguardo sulla bambina che aveva recuperando il pupazzo e parlottava arrabbiata con il cane.
-Comunque potevi dirmelo- sussurrò.
-Lo so, mi dispiace, ma non sarebbe cambiato nulla. E, per la cronaca, poteva benissimo dirtelo anche Quinn- sospirò lui.
I due si sedettero su una panchina, mentre Rachel si tranquillizzava.
-Scusa per prima- sussurrò, vedendolo alzare le spalle.
-Qualcosa avrei dovuto accennartelo, è colpa anche mia- annuì il ragazzo.
 -Perché è con te?-domandò lei, non capendo ancora cosa ci facesse con Noah.
-Brittany è al lavoro e la tengo io. Per lei sono la cosa più simile ad un padre- sorrise, vedendo la bambina avvinarsi.
-Ciao!- squillò, sistemandosi i ciuffi biondi che le erano finiti davanti agli occhi –Io sono Valerie- si presentò a Rachel, la quale le sorrise, stringendo la manina che la bambina le stava offrendo.
-Io sono Rachel –
 -La fidanzata di Noah- aggiunse la piccola, facendo sbuffare uno e ridere l’altra.
-Non è vero, non credere a tutto ciò che ti dice tua madre- borbottò lui, sistemandole i capelli.
-La mami non dice le bugie-disse quella secca, poi tornò a rivolgersi a Rachel –A me lo puoi dire, tanto lo so che vi sposerete. Sei l’unica ragazza di cui ha una foto in casa- annuì, sbattendo le ciglia chiare. Rachel scoppiò nuovamente a ridere.
-E’ anche casa sua- ricordò Noah, cercando quasi di difendersi.
Rachel prese da una parte la bambina ridacchiando.
-Se non troverò prima un ragazzo più bello e simpatico, forse finirò per sposarlo -confessò alla bambina che emise un gridolino di vittoria. Poi guardò con aria altezzosa Noah.
-Visto?- cinguettò, facendogli poi una pernacchia.
-Non vedi il suo naso, lei dice un sacco di bugie!- sussurrò il ragazzo, annuendo col capo, per poi ricevere uno schiaffo sul braccio dall’interessata.
-Noah, io sono seria. Se prima dei quarant’anni non dovessi trovare nessuno che mi vuole sposare, ti obbligherei a sposarmi. Mica posso rimanere zitella!-annuì Rachel, convinta.
Lui spalancò la bocca, ridacchiando.
-Cioè, io quindi non potrei sposarmi prima?!-chiese.
-Certo che no! Devi aspettare che mi sistemi io, altrimenti dovrai sposare me. Sono la tua migliore amica, me lo devi!-affermò lei.
-Non puoi usare quella scusa per qualsiasi cosa!- la rimbeccò.
-Sì che posso- annuì Rachel determinata.
-L’aria europea ti fa ancora più male di quella americana. Ti faccio curare poi ne riparliamo- decise lui, prendendo in braccio Valerie. La bimba si girò però verso Rachel, mostrandole il suo pupazzo tutta orgogliosa, poi sgranò gli occhi e si liberò dalle braccia del ragazzo.
-Queenie!- squillò, correndo incontro alla bionda. Quinn si abbassò per dare un bacio sulla nuca della bambina, sorridendole e mormorandole qualcosa. Le due poco dopo si avvicinarono agli altri e la ragazza andò ad abbracciare Rachel.
-Berry, strano a dirsi ma sono contenta di vederti- la schernì la bionda, dopo che si furono staccate.
-Fabray, ora si può sapere perché nessuno mi aveva detto nulla della bambina?- domandò la mora, battendo un piede per terra. Quinn sgranò gli occhi, non trovando una risposta.
-Evidentemente perché non ce l’hai mai chiesto- tentò quella, con una delle sue espressioni più furbe. E mentre Rachel elencava un serie di motivi per cui lei aveva ragione e loro torto, Noah sentì suonargli il cellulare e rispose prontamente.
 
 
 
Brittany raggiunse la camera dell’albergo, buttandosi immediatamente sotto la doccia, per togliersi il peso di quella giornata stancante. Come ne uscì, si avvolse in un asciugamano e afferrò di fretta il cellulare, componendo l’ultimo numero che aveva chiamato.
-Hey Britt!-esclamò Noah, rispondendo velocemente.
-Ciao Noah, me la puoi passare?-domandò, sorridendo al pensiero che a breve avrebbe sentito la bambina.
-Certo!- Brittany attese un po’, sentendo alcune voci e Max abbaiare.
-Mami!-squillò la figlia tutta eccitata.
-Vals!-rispose altrettanto contenta la donna, sorridendo –Come stai?-chiese.
-Mi manchi mami- sospirò lei un po’ triste.
-Anche a me cucciolo- sbuffò Brittany. In quei casi odiava completamente il suo lavoro.
-Ma non ti diverti con Noah?-domandò, cercando di farsi forza.
-Sì! Siamo al parco e ci sono anche Queenie e Rachel-
-Marshall sta bene?- s’informò la madre.
-Certo! E’ sempre con me. Mami?-la chiamò
-Dimmi-
-Quando torni andiamo a dar da mangiare alle paperelle?-chiese
-Ovvio! Quando torno stremo sempre insieme- assicurò
-Mami?-
-Sì?-
-Torna presto-
***
 
Allora, sono tornata da un’ora dal mare (per questo non ho recensito nulla, ma provvederò a breve u_u), ma visto le recensioni del primo capitolo ho deciso di aggiornare subito. Voi siete folli ò-ò Mi date fiducia così dal nulla, e io vi deluderò di sicuro ç_ç
 
Bene, eccovi il secondo capitolo u.u
 
Note:
-Sappiate che io ormai sono innamorata di Vals, potete dirmi ciò che volete, ma quella bimba ormai l’adoro troppo. E poi è la pulcina della mia Britts *-*
-Anh sì, manca Kurt perché ho problemi con la sua storyline, ma nei prossimi ci sarà.
-Per il resto non vi dico altro e aspetto che facciate le vostre supposizioni :)
 
Besos, Miky

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Capitolo 3
*** *New Decisions* ***


3}*New Decisions*
 
 
Brittany si sistemò sopra al corpo della sua ragazza, stando ben attenta a non svegliarla. Dormiva così tranquilla, con un’adorabile broncio dipinto sul volto. La bionda ridacchiò, iniziando poi a fare di colpo il solletico. Santana sbarrò gli occhi spaventata, capendo poi le intenzioni della ragazza. Iniziò incondizionatamente a ridere, cercando però allo stesso tempo di fermare quella biondina tutto pepe, riuscendo infine a bloccarla sotto di se, fermandole i polsi sopra la testa.
-Non ci provare mai più- rise, cercando di suonare minacciosa. Brittany dal canto suo continuava a guardarla con quel musino divertito, con i vivaci occhietti sorridenti.
-Capito?-chiese la latina, ma l’altra in risposta sollevò il capo per baciarla e Santana notò che la sua presa era impotente contro la ragazza che si era probabilmente lasciata prendere.
Santana si lasciò trasportare dal bacio, non pensando al fatto che Brittany era nuovamente libera. Pessima mossa, perché appena ne ebbe la possibilità, la bionda l’attaccò ancora, più determinata di prima. Santana implorò l’altra di smetterla e quella, tutta divertita si fermò, prendendo poi a baciare la fidanzata un po’ ovunque. L’ispanica la lasciò fare sorridendo. Era la sua piccola peste, la sua giocherellona sempre iperattiva. Un po’ come una bimba.
A Santana si accese improvvisamente una lucina nel cervello. Brittany amava i bambini e adorava giocare con loro. Loro due erano una coppia fissa da anni ormai e a Santana non sarebbe dispiaciuto mettere su famiglia. Mentre Brittany si era persa a intrecciare alcune ciocche dei suoi capelli chiari con quelli scuri della compagna, Santana richiamò la sua attenzione.
-Hey B?-la chiamò
-Sì San- alzò gli occhi quella.
-Ti piacerebbe avere una figlia?-domandò, sorridendole. A Brittany scintillarono gli occhi più di quando sentiva i racconti di fati e folletti.
Annuì allegra, battendo anche un po’ le mani.
-Anche un maschietto magari!- aggiunse la bionda, cominciando già a galoppare con la fantasia.
-Magari tutti e due!-trillò Santana. Brittany rise contenta, buttandosi sul corpo della latina per abbracciarla. Restò lì per qualche secondo, assaporandone il profumo buono.
-San, ho anche trovato il nome!-cinguettò ad un tratto, tirandosi su.
-Dimmi, dimmi!-la incitò l’ispanica curiosa.
-Marshall!-sussurrò la bionda, alquanto eccitata. Santana alzò le sopracciglia e socchiuse gli occhi scuri a fessure.
-Mio figlio non si chiamerà mai Marshall!-brontolò, arricciando il naso.
Brittany scoppiò a ridere.
-Ma che hai capito! Certo che no!-scosse la testolina.
-E allora per chi sarebbe?-domandò.
-Per il suo paperotto di peluche! Ogni bambino dovrebbe avere un papero di peluche, e quello del nostro si chiamerà Marshall!- annuì determinata.
Santana rise allegra, abbracciando poi l’altra.
-Marshall è perfetto per una papera!-esclamò radiosa.
 
 
 
Rachel entrò nel bar in tutta fretta, dirigendosi verso l’amico appena lo intravide. Naoh la guardò seccato, solo lei poteva imporgli di farsi trovare al solito bar per le sette di mattina, forse anche perché era l’unica che si svegliava alle sette di domenica mattina.
-Buongiorno Noah- trillò con un sorriso sedendosi poi di fronte a lui. Il ragazzo appoggiò il mento sul palmo della mano, avvicinandosi a Rachel.
-‘Giorno. Che vuoi?- domandò leggermente infastidito.
-Ho bisogno di un favore- sorrise quella. Quando aveva bisogno di un favore Rachel non avevi la possibilità di accettare o no, in realtà era un modo carino per obbligarti a fare qualcosa.
-Prova a dire- disse lui, porgendo il croissant all’amica per poi addentare il suo.
-Ho ottenuto un provino per uno spettacolo a Broadway- squillò la ragazza, quasi saltando sul posto, mentre batteva le mani agitata.
-Evvai- farfugliò lui senza enfasi, continuando a mangiare.
-Per la tua felicità mi ci accompagnerai- lo avvertì, scuotendo una bustina di zucchero.
-Cosa?- domandò Noah, bloccandosi –Naaah- scosse la testa. Lei strinse gli occhietti in due fessure, mollandogli poi un calcio sotto il tavolo. Lui sbuffò, guardandola storto.
-Ma non ti ci può accompagnare Hummel, che è il tuo migliore amico?- chiese, con un finto sorriso.
-No, è impegnato. E poi tu sei il migliore amico numero due- esclamò lei, sbattendo le ciglia per ottenere un sì.
-Ah che bello essere il numero due, era la mia aspirazione di vita- borbottò lui, bevendo poi il suo caffè.
-Non stai calcolando una cosa- aggiunse lei, alzando l’indice –se mi ci accompagnerai diventerai il numero uno!- sussurrò, annuendo convinta.
-Oh, questo sì che invece è una bella idea. Già mi fracassi le scatole così, pensa quando sarò il numero uno- scherzò lui, ridacchiando.
-Lo prendo come un sì- trillò lei, girando il suo cappuccino tutta allegra.
 
 
 
Kurt si alzò dopo aver sentito suonare alla porta. Finn era partito qualche giorno fa e i suoi genitori erano via fino a  sera, ma lui non aspettava nessun tipo di visita, anche perché Blaine doveva lavorare. Quando l’aprì e si ritrovò davanti quel suo sorrisino, gli venne voglia di richiuderla immediatamente,e se lui non fosse entrato senza chiedere il permesso, probabilmente l’avrebbe fatto.
-Che vuoi Dave?-domandò sbuffando leggermente.
Ultimamente lo stava evitando in tutti i modi.
-Cercavo Finn- mormorò quello distrattamente, esaminando un po’ la casa.
Kurt lo guardò storto.
-Sai benissimo che non c’è- borbottò, richiudendo poi la porta.
-Allora evidentemente cercavo te- gli rispose, mentre quel sorrisino tornava a riaffiorare sulle sue labbra.
-Cosa vuoi?- sospirò il ragazzo, andando a sedersi sul divano, seguito a ruota dall’altro.
-Perché mi stai evitando Hummel?-domandò subito Dave, cercando quegli occhi azzurri, che però erano intenti ad fuggire i suoi. Kurt teneva lo sguardo lontano, anche perché probabilmente sarebbe arrossito con troppa facilità.
-Non ti sto evitando- farfugliò velocemente.
-Come no! L’altro giorno mi hai visto per strada e sei tornato indietro- gli ricordò il più grande, ridacchiando quasi. Kurt quel giorno aveva anche sperato di non essere visto, anche se i loro sguardi si erano incrociati per un momento, lungo quella strada.
-Coincidenze- mormorò, continuando a evitare gli occhi di Dave.
-Non sarà perché mi hai baciato, confermandomi di essere cotto di me?- sghignazzò. Kurt si girò di scatto, rosso in viso, trovandoselo inaspettatamente troppo vicino a lui, con quel ghigno divertito sul volto.
-Non è vero!- negò immediatamente.
-Non hai mai saputo mentire- alzò le spalle il ragazzone, ridacchiando.
-Non ho una cotta per te. Io ho Blaine!- sbottò Kurt, incrociando le braccia e tornando a spostare lo sguardo, non riuscendo a sostenere quello di Karofsky.
-Quindi mi stai dicendo che baci la gente senza motivo. Perciò Blaine lo saprà e gliene posso tranquillamente parlare.- accennò l’altro con fare vago. Kurt tornò a girarsi di scatto, sgranando gli occhi.
-No! No…no!-gridò spaventato. Non lo aveva detto a Blaine perché… perché no! Come poteva dirgli una cosa del genere?! Dirgli che aveva baciato di sua spontanea volontà David Karofsky che da due mesi gli faceva il filo, nonostante sapesse che era felicemente fidanzato con Blaine, nonostante in passato lo avesse deriso e maltrattato, nonostante continuasse ancora a prenderlo in giro.
Non poteva, non ce n’era bisogno anche perché non era nulla di grave. Forse.
Dave gli si avvicinò pericolosamente e Kurt si alzò in piedi, dirigendosi verso la cucina per cercare qualcosa da bere, per tentare di raffreddare la situazione.
-Hummel, tanto lo so che non stai aspettando altro che io ti baci- disse Dave divertito, raggiungendolo.
-Non è vero- si affrettò a dire l’altro.
-Non dirmi che non ti era piaciuto, perché tanto non ti crederei mai- rise Dave.
-Non ho detto questo- mormorò il più piccolo, arrossendo nuovamente.
-Oh, non tirarmi fuori la scusa di Anderson, perché sinceramente non so che cosa abbia quello in più di me- borbottò il ragazzo sedendosi al tavolo, appoggiando poi il mento su un pugno.
Kurt stava pensando ad una risposta. Doveva trovarla, doveva trovare un motivo per cui Blaine era meglio di Dave, perché altrimenti quello non lo avrebbe più lasciato stare. Kurt doveva tenere lontano da se David, perché lui era imprevedibile e a Kurt piaceva la stabilità che aveva con Blaine, quel suo romanticismo eccessivo, quella sua tranquillità esagerata, cose che mancavano completamente a Karofksy. Dall’altra parte Dave era così dannatamente attraente. Da quando era dimagrito aveva un fisico invidiabile, era più alto di lui e ciò gli piaceva assai, i suoi occhi erano chiari, le sue sopracciglia normali, i suoi sorrisini invitanti, le sue braccia forti, le sua mani grandi e sinceramente tutto ciò lo confondeva assai quando gli era vicino. Forse era quello che lo aveva spinto a baciarlo. Al ragazzo balenò in mente un’idea per cui avrebbe sicuramente allontanato l’altro. Certo, Dave non sarebbe mai arrivato a tanto e tenerselo lontano era la cosa più giusta da fare.
-Blaine sa cantare e mi dedica sempre pezzi bellissimi- sentenziò, alzando il naso con fare altezzoso. David lo guardò scocciato.
-Sei serio Hummel?-chiese con un tono irritato.
-Certo- annuì l’altro.
-Che scusa di merda- brontolò Karofsky, scuotendo la testa e alzandosi. Kurt alzò le spalle, rimanendo fermo, mentre l’altro si avviava verso la porta.
-Sul serio, è una scusa del cazzo- ripeté lui prima di uscire dalla casa.
Kurt tirò un sospiro di sollievo. Almeno per un po’ quel problema era risolto.
 
 
 
Quinn entrò nella videoteca per noleggiare un film leggero, una commedia, o un fantasy. Non aveva chiesto a Rachel perché sapeva che si sarebbe trovata nuovamente a vedere per la millesima volta Funny Girl, con la ragazza che piangeva emozionata conoscendo ogni battuta a memoria. Si mise a cercare qualcosa di carino e poco noioso, senza ottenere grandi risultati. Poi un altro ragazzo entrò e per riflesso la bionda si voltò verso di lui. Quando lo riconobbe sorrise contenta.
-Hey Mike!- lo chiamò, attirando immediatamente la sua attenzione. Lui alzò le sopracciglia, arrivandole incontro per abbracciarla.
-Quinn- le sussurrò, stringendola per poi staccarsi.
-Sono mesi che non ci si vede- disse lei, mentre il ragazzo annuiva. Quinn notò subito che qualcosa in lui non andava. Era più spento di come lo ricordava, non sorrideva né scherzava a suo solito, se ne stava lì ad annuire debolmente.
-Tutto bene? Ti vedo leggermente strano- accennò subito la bionda, leggermente preoccupata.
-Più o meno- farfugliò lui, scrollando le spalle abbattuto.
-Cosa c’è che non va?- chiese -Oh, ma non stiamo qui. Dai, vieni da me dove possiamo stare più tranquilli- propose con un dolce sorriso, vedendolo accettare.
Fu un viaggio silenzioso e la ragazza capì che era successo qualcosa di serio. Appena arrivarono lei preparò il tè, versandolo in due grandi tazze e lo fece accomodare sul divano, offrendogli metà della sua coperta.
-Allora? Ti ascoltò- lo incitò, sorseggiando la tisana.
Lui sbuffò, guardando il fumo salire dalla bevanda calda.
-Tina mi ha lasciato- sospirò, decidendo di affrontare gli occhi verdi della ragazza. Lei sollevò le sopracciglia e dischiuse la bocca, alquanto stupita.
Mike e Tina stavano insieme da anni, le sembrava assurdo.
-E c-come mai?- domandò, facendosi più vicina a lui.
-Oh bè, le solite cose- mormorò –Non provava più nulla per me che un grande affetto, ma non era più amore- le spiegò, sorridendo amaramente.
-Certo, capisco- annuì lei. Dopotutto non era una cosa proprio nuova per lei.
-Hai dimenticato Finn?- le domandò di getto lui, sperando in un sì.
-No- soffiò la ragazza un po’ dispiaciuta –Cioè, sicuramente non ci sto male come quando se ne è andato, ma ne sono ancora innamorata- ammise, abbassando lo sguardo afflitta.
-Sono già passati cinque mesi- puntualizzò lui –Quanto tempo impiegheremo a staccarci da loro?- mormorò, scuotendo la testa. Lei bevve il suo tè, non sapendo cosa dire.
-Non lo so, però potremmo aiutarci se ti va, ogni tanto magari vedere un film insieme, fare due chiacchiere- propose, rivolgendogli  ancora quel suo dolce sorriso. Stavolta ricambiò il sorriso, più convinto.
-Certo, sarebbe carino- accettò.
 
 
 
***
 
Et voilà, il terzo capitolo!
Quando nel titolo ci saranno a lato due asterischi si tratterà del passato, come in questo caso. Sono circa 5 anni prima del presente e mi sono necessari per spiegare le cose, per farvi capire come siamo arrivati a certi livelli.
E, io vi avevo avvertito subito di non essere sana di mente u_u
E Dave è tipo super iper OOC, ma anche in questo passato sono passati alcuni anni dalla fine del liceo, per cui, dopo il Co, potrebbe farsi anche un po’ più temerario, mah!
 
Anh, e un grazie immenso a tutta la fiducia che mi state dando. Vi amo u-u
 
Spero ci siano pochi errori, a presto!
Besos,Miky

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Capitolo 4
*** Trust ***


4}Trust
 
 
Kurt si appoggiò al bancone sbuffando. Ormai era orario di chiusura e finalmente sarebbe tornato a casa. Il suo lavoro  non era così male, ma non era certo quello che avrebbe sempre sognato. Evidentemente non era il suo destino recitare in qualche famoso musical, ma sicuramente era quello a cui aveva sempre aspirato. Però ora si ritrovava a lavorare in una profumeria di cui era anche il proprietario. Certo, era abbastanza orgoglioso di quanto successo aveva fatto da subito, ma i complementi e i sorrisi dei clienti non sarebbero mai stati alla pari di un applauso di una platea intera. Non poteva però dirsi terribilmente infelice, dopotutto aveva un negozio tutto suo e un fidanzato di cui era innamorato. Abbastanza innamorato, più o meno come Blaine amava lui. Certo, forse aveva qualche rimpianto, anzi, uno per certo l’aveva, ma il passato è passato. Sospirò lieve, notando che era entrata una donna. Alzò lo sguardo sorridendo per cortesia, prima di accorgersi di chi aveva davanti.
Non la vedeva ormai da anni ed era abbastanza sicuro che non l’avrebbe mai più rivista, eppure eccola lì, con uno sguardo un po’ contrariato, ma indubbiamente avvilito.
-S-Salve- iniziò –sei Kurt vero?- chiese per accertarsene, come per esserne sicura.
-Sì- rispose lui, trovando leggermente fastidiosa la domanda. Nemmeno fosse stato uno sconosciuto!
-Io sono… la signora Karofksy, la madre di Dave- si presentò, ma Kurt l’aveva riconosciuta subito.
-Lo so. Ho frequentato suo figlio per tre anni, non è proprio un’estranea – borbottò, sottolineando la sua irritazione. La donna annuì pensierosa.
-Volevo chiederti un favore- mormorò, leggermente timorosa. Kurt alzò le sopracciglia e socchiuse la bocca. Questa era proprio bella! La signora Karofsky che non lo aveva mai sopportato ora era lì a chiedergli un favore? Tra l’altro lui e David si erano lasciati da anni, cosa voleva da lui?
-Mio figlio non ne vuole sapere di tornare  a casa e.. mi chiedevo se glielo potessi chiedere tu- gli spiegò.
Kurt sapeva che il ragazzo era partito con Santana per l’Inghilterra, probabilmente per lavoro. Ma mai si sarebbe aspettato una domanda simile. Strabuzzò gli occhi allibito.
-Non lo sento da anni, non so nemmeno dove si trovi e quale sia il suo numero!In ogni caso, pensa davvero che mi ascolterà?! E poi perché dovrei aiutarla? –sbottò acido.
La donna lo guardò male, arricciando le labbra.
-Sicuramente ascolterebbe più te di noi..- bisbigliò indispettita.
-E glielo può biasimare? Non è poi così strano dopo i vostri trascorsi- sibilò il ragazzo. La donna mutò l’espressione, guardandolo accigliata.
-Ora ricordo perché non mi sei mai piaciuto- sussurrò a denti stretti.
-No signora Karofsky, non le sono mai piaciuto perché non sono una donna- la corresse, vedendola poi soffiare ed uscire di fretta dal suo negozio.
Kurt scosse la testa incredulo, pensando che forse il passato non era poi tanto passato.
 
 
 
-E quanti anni hai?- domandò Rachel, stringendo la manina della piccola. Valerie aveva dato l’altra a Noah, affidandogli anche Marshall, che il ragazzo teneva in braccio. Quinn stava accanto a Rachel mentre camminavano per il parchetto.
-Quasi quattro!- squillò lei con un sorrisone.
-Pff, ma se non ne hai nemmeno due..- sussurrò il ragazzo.
-Non è vero!- strillò subito la bambina guardandolo male –ne ho compiuti tre quest’anno- annuì con Rachel.
-Tranquilla, non mi fido mai di Puck- le sussurrò con una risatina la ragazza.
-Sbaglio o quest’anno non c’è stato il ventinove Febbraio- continuò Noah, muovendo il papero come per darsi ragione. Valerie corrugò le labbra, facendogli un pernacchia, per poi tornare a voltarsi verso la mora.
-Mamma dice che sono nata in un giorno speciale, tanto speciale che c’è solo ogni quattro anni- le confidò sorridendo gioiosa. Rachel le annuì, dandole un buffetto sul capo.
-Noaaaah- chiamò la bimba guardandolo supplichevole – mi fai saltare??- chiese sbattendo le ciglia chiare.
-No no- rispose lui, scuotendo la testa, accennando però un sorrisetto.
-Eddaiii!- insistette lei, cominciando a saltellare sul posto.
Lui roteò gli occhi, facendo poi un cenno a Rachel che capì al volo.
-Pronta?- le domandarono assieme. Lei annuì energicamente, mentre i suoi occhietti luccicavano eccitati. Insieme la tirarono verso l’alto facendole fare un grosso salto, per poi poggiarla con la maggior delicatezza per terra. Lei sorrise prima ad un o poi all’altra.
-Ancora ancora!- trillò entusiasta. Quinn ridacchiò guardando la scenetta.
-E proprio una Pierce- mormorò, notando quanto quella bambina le ricordasse la madre.
 
 
 
Santana sentì bussare alla sua porta, e annoiata andò allo spioncino per vedere chi fosse. Sbuffò quando vide l’amico. Aprì la porta, lasciandolo entrare.
-Ciao- mormorò senza troppa enfasi.
-Ciao- disse di rimando lui, dirigendosi poi verso il divano.
-Cosa vuoi?- chiese lei, ancora appoggiata alla porta, pronta a cacciarlo se avesse voluto riprende il discorso della mattina. Non voleva affatto che anche lui, l’unico ancora dalla sua parte, le facesse la paternale.
-Devo avere un valido motivo per essere qui? O magari sono qui perché ho il pomeriggio libero, e quando non lavoro sono sempre qui?- rispose lui, alzando il sopracciglio –Di certo non per scusarmi-. Lei borbottò qualcosa, andando poi al frigo per prendere due birre, porgendone una al ragazzo. Dave sistemandosi sul sofà trovò un reggiseno che prese tra le mani da cui Santana velocemente strappò.
-Non guardarmi così- brontolò stizzita.
-Scusa se vorrei che la smettessi di farti una ragazza diversa ogni sera e magari tornassi a pensare ai sentimenti- fece lui, alzando le spalle.
-Ah, l’amore. E’ una schifezza, non fa per me- farfugliò agitando una mano, scherzandoci sopra.
-Certo. Fatto sta che io non ti ho mai vista provarci con una bionda- puntualizzò Dave, facendo irrigidire l’amica.
-Senti ma che vuoi da me? Dimmi piuttosto cosa ci facevi con quel tipo l’altro giorno?-domandò, con un sorriso maligno.
-E’ un mio collega- mormorò Dave.
-Anh, e tu infili la lingua in gola a tutti i tuoi colleghi? E poi dici del mio lavoro- commentò lei, ridacchiando.
-Comunque, cosa c’entra. Mica ho detto di essere un santo, però di certo non mento a me stesso!- ribadì lui, guardandola dal basso all’alto. Lei incrociò le braccia al petto, scuotendo la testa.
-Nemmeno io-disse secca. Lui scoppiò in una falsa risata.
-Questa era buona Lopez- annuì, tornando poi serio.
-Quindi non provi più nulla per lui?- lo interrogò, muovendogli l’indice davanti al viso.
-Non ho detto questo-
-Torna da lui allora!- gli suggerì con un sorrisetto.
-Non sono io quello che ha rotto, o che se ne è andato- le ricordò –tu piuttosto, torna da lei. Sarebbe ora ormai- sospirò, passandosi una mano tra i capelli, come fosse stanco di quella situazione-. Lei deglutì rumorosamente, come per cercare di mandare giù un groppo che si era formato all’istante. Scosse la testa contraria. Odiava affrontare quell’argomento.
-Tanto  si sarà già fatta una famiglia e vivrà felice e spensierata. Non ha mai avuto bisogno di me- farfugliò, con una voce rotta poiché tentava di non lasciarsi andare nei ricordi. Lui si alzò di scatto guardandola male.
-Non ci posso credere- scandì quasi arrabbiato.
-Cosa?- domandò, non capendo la reazione dell’amico.
-Tu non ti fidi di lei! Tu non ti sei mai fidata! E’ ovvio che tu te ne sia andata, non fidandoti di lei, cos’altro potevi fare per il tuo bene?!- borbottò con un tono che sottolineava la delusione verso il comportamento dell’amica. Raccolse la giacca che aveva posato e senza nemmeno infilarsela aprì la porta, mormorando un veloce “Ci vediamo”, per poi uscire. Santana si portò le ginocchia sotto al mento, stringendosi. Non riuscì poi più a trattenere le lacrime. Era ovvio che anche Dave ora l’odiasse, il suo gesto non era stato molto diverso da quello di Kurt.
 
 
 
Mike passeggiava tra le vide della città, stando attento alle vetrine dei negozi, finché non si fermò di fronte a quella che cercava. Tiffany. Sì, sapeva bene che era forse il negozio più costoso per dove comprare gioielli, ma con il lavoro che faceva guadagnava abbastanza bene, e per quella volta poteva permettersi di spendere un po’ di più. Entrò, sistemandosi la cravatta e si diresse verso la commessa.
-Salve- disse questa con un sorriso.
-Salve- rispose molto cordialmente lui –Mi piacerebbe vedere gli anelli. Sa per una proposta importante- esclamò, sorridendo allegro. La donna annuì, capendo al volo. Gli fece vedere in fretta la vetrina e lui iniziò a guardarli attentamente. Dopo averne scorti alcuni, il suo sguardo fu catturato da uno in particolare. Un anellino argentato sul quale brillava un diamantino a forma di rosa, o un fiore del genere. Sarebbe stato perfetto per lei, dopotutto Quinn era bella, profumata e delicata come un fiore. Senza guardare il prezzo, lo indicò alla donna.
-Prendo quello!- esclamò sorridendo.
 
 
 
Quinn entrò nella casa, trovandola ancora vuota. Sbuffò. Era proprio la loro giornata no. Andò in camera a cambiarsi per poi andare in cucina a preparare qualcosa per entrambi, almeno la cena l’avrebbero fatta assieme. Mentre preparava un piatto leggero canticchiando, sentì la porta aprirsi e sgranò gli occhi, sorridendo. Mike non fece nemmeno in tempo a richiudersi la porta alle spalle che si trovò tra le braccia la fidanzata. Ridacchiò, stringendola a se per poi baciarla, accarezzandole i capelli leggermente arruffati.
-Posso venire a lavorare con te? Sai mi scoccia starti lontana tutto questo tempo- mormorò, lasciando veloci bacetti sulle labbra sorridenti del ragazzo.
-Oh, penso che in effetti alcuni miei colleghi abbiano bisogno di uno psicologo, ma se fossi tu la loro, non baderebbero tanto ai loro problemi quando all’affascinante donzella che si troverebbero di fronte- obbiettò lui, scuotendo il capo. Lei ridacchiò, stringendo poi le braccia dietro al suo collo.
-Allora potresti venire tu a lavorare con me!-propose, strusciando la guancia contro quella del fidanzato come una gatta.
-Oh bè, e a cosa servirei?-chiese lui.
-Io risolverei i problemi emotivi e tu quelli economici- rispose in fretta, alzando le sopracciglia.
-Ottimo piano signorina Fabray- trillò lui, baciandola ancora.
-Oggi è tornata Rachel!- lo informò lei con uno scatto, staccandosi dal bacio. Mike adorava quando se ne saltava fuori con cose del genere, ricordandosele all’improvviso.
-Domani torna Britts, che ne dici di una serata al Broadway?- suggerì, facendola sorridere ed annuire immediatamente.
-Oggi ho visto anche Vals- aggiunse la bionda, passando le sue mani tra i capelli neri del fidanzato.
-Oh, come sta la mia pulcina?- sorrise.
-Benissimo, era molto eccitata di conoscere la “ragazza di Noah”- ridacchiò.
-Che bambina sveglia- sussurrò lui.
-E mi ha chiesto di te, ovviamente- sussurrò, appoggiando la sua fronte contro quella di Mike.
-Bè, era certo. Vorrà sapere come sta il suo futuro marito- Mike sorrise, alzando le sopracciglia e riabbassandole più volte. Lei rise, dandogli un buffetto sulla guancia.
-Perché suo futuro marito?- chiese curiosa.
-Mi ha chiesto di sposarla!- ammise, tornando serio un momento.
-E tu hai accettato?-
-Certo che sì. Quinn, te lo devo confessare, ho un debole per le giovani bionde- scherzò, portandosi una mano al petto in modo teatrale. Lei sollevò un sopracciglio, fingendosi accigliata.
-Posso almeno fare da testimone?- reclamò arricciando il naso.
-Certo, questo sì- acconsentì lui.
-Ma ti avverto, non sarò tanto brava, forse non terrò le mani a casa…- fece vaga Quinn, facendo poi scendere le mani sul sedere del ragazzo. Mike sbarrò gli occhi, saltando sul posto.
-Che pulzella avventata!-disse, come spaventato. Lei rise di gusto, avvicinandosi poi alle labbra del ragazzo per leccargliele.
-Alquanto- mormorò.
 
 

-Noaaaah, c’è un problema- strillò Valerie facendo inchiodare il ragazzo.
-Dica tutto capitano!-chiese informazioni, alzando lo sguardo. Rachel li guardò sorridendo. Noah aveva preso la bambina sulle spalle e lei aveva sistemato il suo peluche sulla testa del ragazzo. Tra l’altro a volte, se aveva paura di cadere si aggrappava con le manine al volto di lui, oscurandogli spesso la vista.
-Siamo troppo alti- constatò la piccola, notando l’entrata del locale.
- Ohibò, è vero!- notò lui, afferrando poi la piccola per i fianchi per farla scendere dalle sue spalle. Lei poggiò i piedini a terra e sistemò le pieghe del suo vestito.
-Certo che potevi abbassarti – brontolò, stringendo forte Marshall, mentre Max le scodinzolava attorno. I tre entrarono, salutando subito Sam che stava servendo al bancone.
-Hai le chiavi? Così porto su le valigie- domandò Rachel andando verso il luogo dove le aveva lasciate poche ore prima. Il ragazzo le prese fuori dalla tasca, caricando due delle borse, mentre Rachel prese l’altra. Valerie  salì le scale per prima, come per far loro strada, rubando le chiavi al ragazzo per poi aprire. Rachel entrò, notando che era poco cambiata da come l’aveva lasciata. C’era solo qualche pupazzo in più e qualche cianfrusaglia, ma era sempre il loro vecchio appartamento.
-E’ bello tornare a casa- mormorò, sorridendo. La bambina andò subito ad appoggiare il papero sul divano, sistemandolo come per metterlo comodo, poi si diresse verso un armadietto e ne tirò fuori a fatica la chitarra di Noah. Rachel la guardò curiosa, mentre s’impegnava a trascinarla. Puck lasciò le valigie per terra, andando ad aiutare la bambina.
-Cantiamo?-chiese sbattendo le palpebre velocemente. Lui alzò la chitarra sorridendo.
-Sì, aiuto Rachel a sistemare le valigie e andiamo giù a fare qualche pezzo finchè non c’è nessuno.- l’accontento, dandogli delle pacchette sulla testa. Lei sorrise raggiante.
Rachel corrugò le sopracciglia.
-Cantate già al locale? Cioè, porti la piccola al locale?- chiese allibita. Lui annuì tranquillo.
-Offriamo ai giovani artisti di esibirsi, e lei non è forse giovane?-disse lui alzando le spalle.
-Non ha nemmeno quattro anni e la porti al locale? Brit lo sa?- strillò sgranando gli occhioni nocciola mentre Valerie la guardava totalmente calma.
-Sì, certo! Non stiamo mai oltre le sette e mezza, non c’è casino a quell’ora- rispose lui, portando poi i bagagli in camera. Rachel rimase a bocca aperta, sentendo poi tirarsi il bordo della gonna.
-Vieni a cantare con noi?- le domandò la bambina fissandola con i suoi limpidi occhi azzurri.
-Mi piacerebbe, ma non so cantare- rispose a fatica lei, sorridendo forzata. La bambina la fissò ancora un po’, con uno sguardo strano, come se non le credesse. Poi si staccò.
-Come vuoi- trillò, tornando a sorridere – canterò una bellissima canzone che mi ha insegnato la mami- disse decisa, mentre Puck tornava da loro.
-Andiamo?- domandò, ricevendo un velocissimo sì dalla piccola. Rachel decise di disfare le valigie in seguito, per seguire i due di sotto.
La ragazza si sedette ad un tavolino, mentre Noah aveva preso due sedie posizionandole sul palchetto all’angolo. Tirò la chitarra fuori dalla custodia e diede leggeri colpi col plettro per controllare che fosse accordata. Poi avvicinò il microfono alla bocca.
-Stasera, solo per voi, Valerie!- presentò, cedendo il microfono alla bambina, mente i pochi presenti si giravano ad osservarla sorridenti. La bimba sorrise per nulla agitata, mentre Noah iniziava a suonare la base.

In the middle of the night, I’m in bed alone
Don’t care if you’re glass, paper, styrofoam
When I need some water, baby
Coffee or gin
 
Rachel sorrise riconoscendo la canzoncina, notando però anche la voce dolce e intonata della bambina che intanto sembrava divertirsi assai, dondolandosi su se stessa.
 
You’re the only thing, I wanna put them in
My cup, my cup
Sayin’ “What’s up?”
To my cup
 
Per il ritornello si aggiunse anche Noah, mentre ridacchiava allegro con la piccola. Rachel li guardò affascinata. Le venne quasi voglia di cantare.
 
***
 
Scusate per il ritardo, mi ero scordata di aggiornare ò_ò Diciamo anche che ho avuto qualche ripensamento su questa ff, e devo ringraziare Ari perché senza di lei avrei probabilmente smesso di scriverla. Non ho molto da dire, come potete notare ci sono ancora molte cose che non sapete, ma a breve ve le rivelerò ;)
 
Besos,Miky

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Capitolo 5
*** Home ***


5}Home
 
 
Noah si svegliò sentendo il cellulare vibrare sotto al suo cuscino. Sbattè le palpebre più volte e si alzò, cercando di non disturbare Rachel e Valerie che dormivano ancora beatamente. Sì, forse ci sarebbero voluti due letti, ma di ciò se ne sarebbe occupato poi. Dopo essere uscito dal bagno si vestì e andò dalla donna, scuotendola  appena.
Lei boccheggiò un poco, ancora del tutto assopita.
-Rach..- la chiamò, mentre lei corrugava le sopracciglia cercando di capire dove si trovasse.
-Io vado giù ad aprire il locale-  le mormorò.
-Mmmhh- annuì lei con gli occhi socchiusi.
-Quando Valerie si sveglia portala giù, così fate colazione, ok?- continuò, sempre in un sussurro.
-Mmmmh- biascicò la mora.
-A dopo allora- concluse, lasciandole un leggero bacio sulla nuca. Noah uscì poi dalla camera, chiudendone la porta, dopodiché riempì la ciotola di Max e scese le scale. Salutò il cuoco che era già in cucina a preparare paste e tramezzini e andò ad alzare la serranda, mettendosi poi al bancone.
 
 
Valerie si buttò giù dal letto cercando di fare il minimo rumore, aprendo la porta cosicché Max potesse entrare.
-Shh, fai piano – gli mormorò, carezzandogli il muso.
Rachel sentì alcuni borbottii e aprì gli occhi, notando che il letto era vuoto. Si allarmò immediatamente, cercando Valerie nella camera. Si alzò e andò nel bagno dove trovò la bambina intenta a lavare i denti al cane.
-Oh, buongiorno Rachel!- trillò restando con lo spazzolino in mano, mentre il Golden Retriever usciva dalla stanza in tutta fretta.
-Buongiorno piccola- le sorrise la donna –fatti i bisognini?- domandò. Valerie annuì prontamente.
-Ho anche lavato la faccia e i denti- aggiunse tutta fiera.
-Bravissima- esclamò Rachel- Mi vesto e andiamo giù da Noah, ok?- le disse, abbassandosi sulle ginocchia.
-Sì, ma io vengo in pigiama?- fece la bambina, tirandosi il bordo della camicetta da notte.
-Oh, certo che no, un momento e penso anche a quello!- rise la mora, battendosi una mano sulla fronte per la sbadataggine. Dopo una quindicina di minuti le due furono pronte e scesero al piano inferiore. Valerie corse subito tra le braccia di Noah, abbracciandolo.
-Hey Vals!- le sorrise lui.
-La tua fidanzata mi piace- gli confidò lei, tenendo la manina davanti alla bocca, mentre però con lo sguardo seguiva Rachel.
-Non è la mia fidanzata- ribattè lui.
-Bugia!- Mami dice sempre che è la tua innamorata!- affermò lei, con la sua solita aria sicura.
-La tua mamma dice sempre cose strane- rispose il ragazzo, ricevendo un’occhiataccia da Valerie.
-Oggi torna la mami!- squillò subito dopo, ritrovando il suo tipico entusiasmo.
-Già, tra due ore sarà in stazione. Ha chiamato poco fa- la informò.
-Non andiamo là?- chiese la piccola, sporgendo all’infuori il labbro inferiore.
-No scricciolo- disse lui dispiaciuto – oggi devo lavorare-.
-Ma non c’è Sammy?- domandò, guardandosi intorno in cerca del biondo.
Noah scosse la testa, stringendo le labbra.
-Ti accompagno io- si offrì Rachel, prendendo un cornetto dal vassoio.
-Davvero?- chiese Valerie guardandola con i suoi tipici occhi sfavillanti.
-Certo che sì- le confermò con un sorriso.
-Andiamo!- trillò tutta contenta, agitandosi per scendere dalle braccia del ragazzo.
-La colazione- la fermò Noah, passandole poi la ciotola gialla con i suoi adorati cereali di tutti i colori. Lei ridacchiò sedendosi e iniziando a mangiare frettolosamente.
-Grazie- sussurrò lui alla ragazza.
-Di cosa?- alzò le spalle Rachel – Invece di lavorare accompagno la piccola in stazione. Dovrei ringraziarti io- rise. Appena Valerie terminò la colazione tentò ancora di gettarsi alla porta, ma ancora Puck la bloccò, portandola in bagno per lavarsi il musino e pettinarla.
Rachel li attendeva sulla porta. Appena uscirono dalla toilette le sue sopracciglia schizzarono verso l’alto.
-Quella cosa sarebbe?-chiese, indicando la pettinatura della bambina.
-Una treccia- risposero i due all’unisono.
-Ma fatemi il piacere..- mormorò, disfacendo in fretta quella cosa. In poco tempo e con massima semplicità Rachel fece alla bambina due adorabili treccine.
-Ecco fatto, ora va meglio!- esclamò mentre Noah si lamentava leggermente, dicendo che l’unica differenza era il numero. Rachel caricò poi Valerie in macchina, legandola solo dopo che si era seduta sul suo seggiolino mentre stringeva Marshall. Arrivarono in poco tempo alla stazione e la ragazza di stupì nel notare come la bambina sapesse esattamente orientarsi, guidandola verso il giusto binario.
 
 
 
Brittany chiuse la valigia e si diresse di fretta verso la stazione. Finalmente aveva terminato quel lavoro e sarebbe tornata dalla sua Valerie. Timbrò il biglietto, salendo poi e sedendosi, senza badare troppo agli altri passeggeri. Il suo sguardo era fisso fuori dal finestrino, da dove l’avrebbe vista subito se fosse stata là ad attenderla. Dopo un paio di ore il treno entrò nella stazione di Lima e la bionda si alzò, afferrando saldamente il trolley e si portò vicino all’uscita. Prima che il treno si fermasse scorse la figlia guardare attentamente ogni vagone per trovarla, e come la vide le si illuminarono gli occhi. Purtroppo il suo vagone si arrestò troppo indietro rispetto alla posizione della piccola. Brittany però, appena si spalancarono le porte, saltò giù, correndo verso Valerie. Appena la bambina se ne accorse le venne incontro a sua volta. Quando fu a  pochi passi la madre mollò il trolley per terra, per poi abbassarsi prima di venire investita da uno scricciolo e un papero. Strinse forte la figlia, tirandosi in piedi e volteggiando su se stessa.
-Mamiiii- trillò Valerie contentissima.
-Pulcinaaaa- esclamò l’altra di rimando, prendendo a mordicchiare le guanciotte, il collo, le manine e tutto ciò che le capitava a tiro della bimba, facendola ridere di gusto. L’alzò poi sulla testa, facendole fare qualche salto. Rachel le guardava divertita e quasi commossa.
-Mamma, non hai ancora salutato Marshall- la rimproverò, piazzandole davanti il paperotto.
-Cavoli! Ciao Marsh- rimediò Brittany, dando un bacetto sul becco del peluche.
-Mamma, non hai salutato nemmeno l’innamorata di Noah!- le fece ancora notare Valerie.
La donna sgranò gli occhi, dandosi della maleducata. Si voltò poi verso Rachel e, non volendo lasciare Vaerie, l’abbracciò tenendo stretta la figlia, la quale si affrettò ad abbracciare a sua volta la mora. Rachel ridacchiò, stringendosi a sua volta alle bionde.
-Da quanto tempo Britts!- esclamò staccandosi.
-Troppo- annuì l’altra, continuando a coccolare la piccola.
-Bè, ora sono tornata per rimanere- chiarì Rachel.
-Tu e Noah vi sposate?- chiesero assieme le due Pierce. Rachel sbarrò gli occhi e corrugò le sopracciglia, alquanto divertita dalla reazione delle due.
-Nooo!E smettetela con questa storia. Non c’è nulla tra di noi- negò, scuotendo la testa.
-Certo, certo. Continua a mentire Berry- brontolò Brittany sbuffando. Rachel roteò gli occhi senza dar troppo peso al broncio della bionda.
-Vi accompagno al Broadway?- domandò, mentre Brittany, che con una mano stringeva Valerie, recuperava il bagaglio.
-Oh no, potresti portarci a casa?- chiese sorridendo.
-Certo- annuì la ragazza, per poi condurre le altre alla sua macchina. In breve raggiunsero casa Pierce. Circa sette anni prima il signor Pierce era mancato e la madre di Brittany e la sorella si erano trasferite dai nonni, mentre Brittany era voluta restare nella sua casa, dove aveva poi cominciato a convivere con Santana.Ora ci viveva solo con Valerie.
Rachel parcheggiò guardando le due scendere.
-Grazie mille Rach- le sussurrò Brittany, allungandosi infine per abbracciarla ancora.
-Figurati- mormorò, notando poi anche gli occhioni azzurri di Valerie osservarla gioiosa.
-E.. Noah è una bella persona- le confidò seria.
-Lo so, lo so- annuì la mora accennando un sorriso, per poi far ripartire l’automobile.
 
 
 
Blaine rientrò in casa e si diresse in fretta in cucina. Abbracciò il compagno da dietro mentre quello stava apparecchiando e gli lasciò un bacio sulla guancia.
-Ciao Blaine- mormorò Kurt sorridendo timidamente. Il moro lo fece girare dalla sua parte e lo baciò sulle labbra.
-Tutto bene?- domandò con un sorriso sghembo. Kurt annuì, sedendosi poi a tavola di fronte al ragazzo, iniziando a cenare con lui.
-Tu?- chiese di rimando.
-Oh, io ho avuto una giornata fantastica!- esclamò Blaine alzando le sopracciglia triangolari e iniziando a fare un lungo discordo su quello che lui e gli altri (che era un modo carino per dire lui e Jeremiah) avevano fatto durante il lavoro. Kurt ci era abituato perché era tutti i giorni così, ogni volta Blaine trovava qualcosa di buffo da fare e lo raccontava come se avesse compiuto grandi gesta.
-Sai oggi è successa una cosa strana anche a me- lo interruppe ad un tratto, facendogli assumere un’espressione sorpresa, che gli diede un po’ fastidio. Come se fosse impossibile!
-Tipo?-domandò accennando un sorriso.
-E’ venuta al negozio la madre di Karofsky- esclamò con un’espressione esterrefatta, mentre Blaine faceva una smorfia infastidita.
-Voleva che chiamassi David e gli chiedessi di tonare  a casa dalla sua famiglia. Non è surreale! Cioè proprio loro che non l’hanno mai accettato e non hanno mai voluto vedere me chiedono il mio aiuto per…-
-Perché stiamo ancora parlando di Karofksy?- lo fermò Blaine, schioccando la lingua scocciato. Kurt sgranò gli occhi irritato, dopodiché scosse il capo.
-Ma certo, se non si parla di te e Jeremiah non si può parlare di altro- borbottò alzandosi da tavola.
-Kurt!- lo chiamò lui alzandosi a sua volta, ma il ragazzo aveva già afferrato il giubbotto ed era uscito dalla casa, sbattendo con forza la porta.
Kurt si mise a camminare a larghe falcate, allontanandosi il più possibile da quella casa, da lui. Blaine pensava sempre solo a Blaine, o al massimo a Jeremiah. Non di certo a Kurt, cosa gliene fregava di quello che era successo nella sua giornata quando doveva raccontare le sue imprese? E poi non si poteva ovviamente nominare il suo ex perché ciò lo infastidiva assai!
Sbuffò arrabbiato e tirò fuori il cellulare.
Senza pensarci troppo compose il suo numero. Lo ricordava ancora a memoria, ma non sapeva se era quello attuale. Dopo qualche squillo pensò di lasciare perdere, ma solo allora sentì la sua voce.
-Pronto- mormorò un Dave abbastanza stanco.
-D-David…- mormorò Kurt, imbarazzato. Non sapeva bene perché lo aveva chiamato, e ora come si sarebbe giustificato? Tutta colpa di Anderson.
-Kurt?- lo sentì esclamare tra lo stupito e l’infastidito.
-Già…- annuì lui, non sapendo che altro dire.
-Cosa vuoi?- chiese l’uomo dall’altro capo.
-Oggi è venuta tua madre da me a chiedermi di …-provò a dire.
-Dio mio, non ci posso credere- sospirò l’altro.
-Voleva che ti convincessi a tornare- mormorò Kurt, guardandosi le punte delle scarpe.
-E mi hai chiamato per farlo?- chiese, accentuando il fastidio nella voce.
-N-no!- rispose subito lui, scuotendo la testa contrariato.
-E allora cosa c’è?- continuò Dave, non capendo proprio il motivo di quella chiamata.
-Hai forse litigato per l’ennesima volta con Anderson?- chiese cercando di interrompere il silenzio che gli teneva Kurt, interpretando come un sì quel rumore roco che seguì alla sua domanda.
-Non avrei dovuto chiamare. Scusami- farfugliò il ragazzo, chiudendo poi la telefonata.
Kurt osservo il cellulare sospirando.
 
 
 
Santana si accoccolò sul divano, poggiando sulle ginocchia il portatile. Lo accese e aprì un documento di word. Da quando era in Inghilterra aveva molto tempo libero. Lì non aveva amici eccetto Dave, il quale lavorava spesso, mentre lei lo faceva solo la sera. Perciò la maggior parte delle mattine e dei pomeriggi era in casa da sola. Aveva cominciato così a scrivere, a buttare giù tutti quei sentimenti che da tempo reprimeva. Ne aveva bisogno, quello le faceva bene. Un tempo le avevano detto che le avrebbe fatto bene andare da uno psicologo, ma a lei proprio gli strizzacervelli non piacevano. Sì, inizialmente aveva provato a parlare con Quinn che si stava laureando in psicologia, ma per quanto lei le volesse bene, non poteva capirla. Nessuno poteva capirla, a nessuno era successo quello che era successo a lei. Per questo era dovuta andarsene, aveva dovuto farlo per se stessa e per Brittany. Perché Brittany si meritava una vita felice, e la cosa migliore che Santana potesse fare per lei era andarsene. Intanto Brittany era una persona tanto favolosa da trovare qualcuno pronto ad amarla in poche ore, non aveva certo bisogno di lei. Inoltre, per quanto le avesse detto di amarla, non era sicura che se sarebbe riuscita a stare vicino come un tempo, non dopo quello che era successo.
Santana sicuramente doveva staccarsi dalla sua vecchia vita, altrimenti non sarebbe mai riuscita ad andare avanti. Ogni singola persona, ogni singolo ricordo le avrebbe fatto tornare in mente quello che era accaduto e ciò l’avrebbe distrutta. Per quello se ne era andata, per quello aveva tagliato i ponti con tutti, persino con i suoi genitori, persino con lei,  per quello era volata in Inghilterra senza ripensamenti.
Solo non riusciva a staccarsi da Dave. Perché Dave le aveva sempre offerto la sua spalla su cui piangere, l’aveva abbracciata e l’aveva portata con se a Londra. Stare con lui era facile, Dave era come un fratello per lei e ormai non poteva più farne a meno, anche se lui ogni tanto le apriva le vecchie ferite, anche se le ricordava di Brittany, Dave era Dave.
Sospirò rattristata, pensando alla recente litigata con l’amico. Lo avrebbe chiamato al più presto, si ripromise, cominciando poi a far scorrere le dite sui tasti, mentre i suoi pensieri fluivano veloci e si organizzavano in parole, frasi e paragrafi.
 
 
 
-Tesooroooo, sono a casa- gridò Mike entrando e appoggiando la borsa sul mobile vicino all’entrata. Quinn lo raggiunse in fretta con un raggiante sorriso. Si allungò per stampargli un bacio sulle labbra e gli sorrise dolcemente.
-Su, su! Vai a cambiarti che andiamo!- squillò gioiosa.
-Quindi? Rimpatriata al Broadway?- chiese il ragazzo sfilandosi la cravatta mentre andava nella camera, continuando a sfilarsi i vestiti.
-Già! Brittany è tornata stamattina e stasera andiamo tutti là.-confermò lei dalla sala. Mike s’infilò una maglietta e un paio di comodi jeans, notando poi la scatolina nella giacca dei pantaloni che indossava poco prima. Sorrise e tornò dalla fidanzata.
-Già fatto?- chiese quella riavvicinandosi a lui. Lui spalancò la bocca.
-Cavoli, non ti ho mai detto di essere dotato di supervelocità!- esclamò lui, battendosi la testa con una mano, mentre la ragazza rideva divertita.
-Mi nascondi altri poteri, Chang?- gli domandò alzando un sopracciglio.
-Oh, mica posso dirti tutto! Ho anche io la mia privacy!- scherzò lui, grattandosi distrattamente la nuca. Quinn si sporse nuovamente per baciarlo ma lui la bloccò.
-Hey, che hai sul piede?- mormorò, abbassandosi sulle ginocchia per controllare.
Quinn sbarrò gli occhi spaventata.
-Se è un insetto, uccidilo con crudeltà!- squillò, facendo una smorfia schifata. Lui rise raccogliendo qualcosa, poi, rimanendo sempre in ginocchio, alzò il pugno chiuso verso di lei, aprendolo pian piano, mentre non riusciva a trattenere un sorrisetto.
Appena Quinn capì cosa c’era sul palmo della mano del ragazzo emise un gridolino eccitato, mentre i suoi occhi s’illuminavano maggiormente.
-Mi domandavo se volessi diventare Mrs Chang? Se ti va e non hai nulla da fare, ovviamente- propose lui, guardandola dal basso. Lei fece roteare gli occhi verdi, fingendo di pensarci su.
-Sento prima dai miei altri ragazzi poi ti faccio sapere. Ovviamente dirò sì a quello con l’anello migliore- mormorò, afferrando però in fretta l’anellino tra le mani, guardandolo incredula. Lui si alzò, guardandola sorridente. Quinn se lo infilò poi all’anulare, sorridendo felice.
- Bè, diciamo che tu sei il mio prediletto. Per ora ti dirò sì!-ridacchiò, allacciando le braccia dietro al suo collo.
-Scommetto che mi hai scelto per il mio fascino irresistibile- mormorò lui, alzando le sopracciglia e abbassandosi per stamparle un bacio sulle labbra. La bionda scosse la testa decisa.
-Affatto! Ti ho scelto per gli addominali- ridacchiò, passando la mano sull’addome del ragazzo, mentre lui la guardava allibito.
-Questa me la paghi Fabray!- mormorò, caricandosela poi sulle spalle mentre lei scoppiava in una risata cristallina.
 
 
***
 
Scusaaaate.
Ho seri problemi con questa ff, ma prometto di aggiornare più di recente, anche perché vari capitoli sono pronti. Solo, ho spesso ripensamenti. Perché mi odierete e lo so u_u
 
Bon, Britts è tornata dalla sua pulcia ;) E San, San la capirete, poor baby.
E Blaine, ora che so che la season 3 sarà il Blaine Show non riesco a farmelo piacere.
 
Bacionissimi, Miky

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Capitolo 6
*** *What you didn't expect* ***


6}*What you didn’t expect*
 
 
 
-Che fai Finn?-chise Kurt leggermente infastidito.
-Dobbiamo passare a prendere Rachel, dice che non sa come venire- rispose il fratello, dopo aver imboccato la strada della ragazza. Lui sbuffò un poco, incrociando le braccia.
-Arriveremo in ritardo, lo so- brontolò.
-Sei il festeggiato, devi arrivare in ritardo- scherzò l’altro, accennando un sorriso. Kurt scosse la testa, per nulla d’accordo. Si accostarono poi al vialetto, dopo essere arrivati davanti alla villetta Berry.
-Scendi tu? Così non spengo la macchina?- chiese Finn, accompagnando la richiesta con un enorme sorriso. Kurt borbottò qualcosa, dopodiché si slacciò la cintura e scese dall’automobile, arrivando alla porta, dove suonò il campanello. Rachel lo fece entrare immediatamente, senza ricordarsi di fargli gli auguri, il che lo irritò assai.
-Ciao Kurt, arrivo subito. Ho lasciato una cosa giù- disse, scendendo le scale per andare nella tavernetta. Il ragazzo sbuffò per l’ennesima volta, tamburellando un piede per terra.
-Kuuurt?!- lo chiamò Rachel senza risalire –Puoi venire un secondo ad aiutarmi?-
Il ragazzo fece roteare gli occhi, maledicendo Finn che aveva accettato di passarla a prendere e di averlo fatto scendere, e Rachel di essere sempre così sbadata e ritardataria.
Come scese il primo scalino notò che tutte le luci erano spende e si accesero solo quando arrivò all’ultimo.
-Auguri Kurt!- esclamarono in coro tutti i suoi amici, sorridendo e ridacchiando, avvicinandosi poi per abbracciarlo, mentre Finn li raggiungeva a sua volta. Il festeggiato rimase per un attimo allibito, poi ne fu felicemente sorpreso. Incominciarono a festeggiare assieme, facendo a testa il karaoke, mangiando, chiacchierando, aprendo regali. Kurt si stupì non poco della presenza di Dave e ne fu anche leggermente spaventato, soprattutto quando lo abbracciò, porgendogli un pacchetto regalo, sotto le occhiatacce di Blaine. Dopo qualche ora vide infatti i due discutere in disparte e decise di avvicinarsi per assicurarsi che non ci fossero danni.
-Hey Kurt!-esclamò Blaine, tirandolo a se per stampargli una bacio sulle labbra, sotto lo sguardo serio di Dave.
-Tutto ok?- domandò il festeggiato, sbattendo le ciglia con fare indagatore.
-Certo certo, io e Dave stavamo per giocare a freccette, scommettendo qualcosa magari- rispose il fidanzato, sorridendogli. Kurt sperò vivamente di non c’entrare in quella scommessa, anche perché aveva visto più volte Finn e Dave fare quel gioco, e il fratello perdeva in continuazione.
-Allora, al meglio di cinque?- domandò Karofsky, passando a Blaine le frecce.
-Certo!- annuì il ragazzo, lanciando la prima che si fermò non troppo lontana dal centro. Quando toccò a Dave la sua si bloccò quasi all’esterno e Kurt pensò che fosse un caso. Quando la partita finì, Hummel capì chiaramente che David aveva perso apposta poiché non aveva fatto quasi neanche la metà dei punti del fidanzato, che sinceramente non era proprio adatto a quel gioco. Quello che non capì fu il perché lo fece, ma gli fu chiaro qualche minuto dopo.
-Hai perso Karofsky!- rise Anderson, gongolando visibilmente. L’altro non sembrava per nulla turbato, né infastidito. L’ex Warbler andò a prendere il microfono e lo porse all’ex Titans, sfoggiando un sorrisino di vittoria.
-Ora ti toccherà dedicare una canzone a Kurt. Puoi scegliere ciò che vuoi- gli sussurrò a poca distanza. Dave annuì, sbuffando appena e si mise a cercare una traccia. Kurt guardò confuso i due ragazzi, non capendo nemmeno perché Santana se la stesse ridendo tanto, mentre continuava ad alzare il pollice convinta a Karofsky. Lui prese un respiro e fece partire l’inconfondibile base.
 
Start spreading the news,
I'm leaving today.
I want to be a part of it,
New York, New York.
 
Tutti ascoltavano e guardavano stupiti il ragazzo, meravigliandosi delle sue doti canore. Kurt era completamente attonito. La voce di Dave era calda, profonda, intensa e riempiva la stanza, raccogliendo le attenzioni su di se. Non seppe mai se il ragazzo aveva scelto quella canzone a caso, perché era uno dei luoghi che Kurt amava di più sull’intero pianeta, o perché era il luogo dove l’aveva baciato settimane prima. Non avrebbe mai creduto che Dave gli nascondesse una cosa simile, era completamente rapito da quella voce.

These vagabond shoes are longing to stray
right through the very heart of it,
New York, New York.
I wanna wake up in a city that doesn't sleep
and find I'm king of the hill, top of the heap.
These little town blues are melting away.
I'll make a brand new start of it in old New York.
If I can make it there, I'll make it anywhere.
It's up to you, New York, New York.
 
Quando terminò la canzone tutti applaudirono, piacevolmente stupiti da quella sorpresa che il neo ventiduenne apprezzò forse maggiormente che la festa. Dave sorrise solo, forse un poco imbarazzato, mentre Kurt gli si avvicinava con ancora gli occhi luccicanti.
-Perché non ti sei mai unito al Glee Club?- squittì, sbattendo ripetutamente le ciglia con in modo femminile. L’altro ragazzo scoppiò a ridere, guardandolo male.
-Ma a parte che non sono mai stato pazzo fino a quel punto, erano le uniche ore che potevo stare lontano da Santana! Volevi togliermi anche quelle?!- ridacchiò Dave, lanciando frecciatine alla migliore amica la quale non ci mise molto per raggiungerlo e tirargli qualche schiaffetto.
-Pff, ma se Santana era sempre a casa di Brittany! – s’intromise Puck, facendo scoppiare risolini, seguiti da occhiate lanciate alle due. Santana sbuffò, maledicendoli tutti mentalmente come era solita fare, cercando di trattenere gli insulti.
-A proposito!- squillò Brittany, per nulla infastidita o scossa – avremmo una cosa da dirvi- sorrise eccitata, saltellando sul posto mentre gli occhietti le brillavano. Tutti la guardarono con un che di interessato ma allo stesso tempo spaventato. Dopotutto era Brittany, e nessuno sapeva mai cosa aspettarsi da lei. Santana tornò tranquilla e sorrise dolcemente, afferrando la mano della compagna.
-Aspetto un bambino- mormorò, senza staccare gli occhi dalla sua tonalità di azzurro preferita. Diversamente da quello che si sarebbero aspettate, tutti portarono lo sguardo su Puck, che li guardò scuotendo la testa.
-Che volete da me!- sbottò lui irritato –io non ho fatto nulla- si difese, alzando le mani.
-Che branco di idioti- borbottò l’ispanica- Esistono cose come l’inseminazione artificiale, possibilmente non di geni Puckerman- disse, guardando male gli amici.
A quel punto, partirono gli applausi e le congratulazioni.
 
 
***

Quinn entrò e ordinò due ciambelle e due caffè da portare via, dopodiché lasciò la pasticceria e raggiunse un tavolino posizionato al lato di un grande parco. Si sistemò, aspettando poi pochi minuti prima che lui arrivasse.
-Buongiorno Quinn!- le trillò all’orecchio, impedendole di alzarsi e abbracciandola da dietro, schioccandole un bacio sulla guancia mentre lei sorrideva allegra.
-‘Giorno Mike!- esclamò lei, porgendogli la sua colazione.
-Era il mio turno- sussurrò lui, mostrandole un sacchetto e un paio di bicchieri. Lei scoppiò a ridere.
-No, era il mio- annuì –ma fa lo stesso- ridacchiò, prendendosi la sua parte.
-Allora? Tutto bene con i corsi?- domandò il ragazzo, sorridendo alla vista della ciambella.
-Certo! Tra qualche giorno avrò un esame, ma sono in pari con gli studi- rispose lei, aprendo il sacchettino marrone, per poi annusare la pasta –L’hai presa con la crema!- squillò entusiasta.
-Comunque, tu invece? Trovato il lavoro?- domandò, addentando poi il cornetto.
Lui sbuffò appena, scuotendo la testa.
-Naah, però Britts pensava di iniziare un corso in una palestra insieme. Per bambini- le confidò, allegando un sorriso enorme.
-Wow! Sarebbe fantastico! Così potrete insegnare subito al bebè in arrivo- sorrise la bionda.
-Già!- annuì il ragazzo –Non ci credo quasi che stiano per diventare mamme!- sospirò allegro.
-Tra nove mesi-precisò lei –e poi quelle due insieme potrebbero arrivare su Giove, figurati avere un figlio-.
-Lo penso anche io. Se solo trovassi una persona che tenesse a me la metà di quanto Brittany tenga a Santana sarei l’uomo più felice del mondo- ammise, sorseggiando il cappuccino.
Lei si alzò guardando l’orario e gli si avvicinò, afferrando il caffè.
-Mike, tu la troverai sicuramente una persona così. Sei troppo fantastico per non trovarla- gli mormorò arrossendo, dandogli poi un tenero bacio sulla guancia. Lui la guardò, fermandosi per un momento.
-Vado! O farò tardi a lezione!- trillò con il suo sorriso gioioso che aveva ritrovato da poco.
Mike la prese per un polso, trattenendola. Lei lo guardò, aspettando che dicesse qualcosa, ma lui non parlò. Le si avvicinò velocemente  e poso le sue labbra su quelle della ragazza, baciandola sofficemente. Lei si staccò, guardandolo con i suoi occhioni verdi sgranati, sbattendo ogni tanto le ciglia. Riappoggiò poi le cose che teneva in mano sul tavolo, tornando a guardare il ragazzo.
-Di qualcosa- la pregò lui, corrugando le sopracciglia. Lei alzò le spalle.
-Dicevo che con gli studi sono in pari, per oggi posso saltare- farfugliò lei, prima di legare le braccia dietro al collo di Mike per ricongiungere le loro labbra.
 
 
 
Rachel riprovò ancora una volta la canzone, accompagnata dalla chitarra di Noah. Forse quella era la millesima volta che la provavano, ma lei non era ancora convinta.
-Rach- la chiamò lui, appena la concluse.
-Riproviamola- disse lei continuando a camminare in cerchio. Lui l’afferrò per le spalle, fermandola.
-Rachel, mancano dieci minuti. Stai calma, andrà tutto bene- le sorrise. Lei fece un grosso sospiro.
-Riproviamola- ripeté.
-Rachel, l’abbiamo provata ottomila volte e ogni volta era migliore. Andrai benissimo. Sei nata per tutto ciò- la confortò, sorridendole dolcemente. Vide i suoi grandi occhi velarsi.
-Ho paura-mormorò, buttandosi tra le sue braccia. Lui la strinse, carezzandole la schiena.
-Andrà bene, nessuno canta meglio di te-la rassicurò.
-Tranne Barbra- puntualizzò lei
-Tranne Barbra- annuì lui ridacchiando.
Lei si staccò e gli sorrise. Si alzò in punta di piedi e gli diede un leggero bacio sulla guancia.
-Grazie Noah- gli sussurrò, dopodiché si voltò per raggiungere il centro del palco. Noah raggiunse la platea e si sedette un po’ più indietro di dietro a quei tipi  che l’avrebbero giudicata.
Lei alzò il capo e sorrise.
-Sono Rachel Berry e canterò On My Own- disse prima che le note cominciassero a risuonare nel teatro.
 
On my own
Pretending he's beside me
All alone, I walk with him till morning
Without him
I feel his arms around me
And when I lose my way I close my eyes
And he has found me


Continuò a cantare mentre Noah ascoltava sorridente.  Andava tutto bene, era perfetta come sempre, con gli occhi già velati di lacrime come suo solito, decisa, ferma ancora al centro del palco, mentre quelli che l’ascoltavano prendevano appunti.
 
I love him
But every day I'm learning
All my life I've only been pretending
Without me his world will go on turning
A world that's full of happiness
That I have never kno….


Noah sbarrò gli occhi sconcertato. Il suo acuto, la sua parte preferita della canzone. Non ci poteva credere, non riusciva a realizzare che Rachel Berry avesse realmente steccato. Guardò i suoi nocciola spalancarsi terrorizzati, sentì alcuni borbotti e risatine dai giudici mentre la melodia continuava. Aspettò che lei concludesse ugualmente la canzone.
 
Rachel sentì gli occhi e le guance bagnarsi. Aveva sbagliato, dopo aver provato per ore aveva sbagliato. Provò a dire qualcosa ma le si fermò tutto in gola. Le bruciava quasi, aveva un peso insopportabile. Il naso le pizzicava e non riusciva ad emettere suono. Distolse lo sguardo dalla platea e si fiondò verso le scale per poi correre fuori dal teatro.
-Rachel!- la chiamò Noah, ma lei aveva già abbandonato l’edificio e si era messa a correre lungo il marciapiede, mentre le lacrime le oscuravano la strada. Voleva solo scappare o sotterrarsi.
Ecco sì, voleva morire.
 
Noah si gettò fuori dal teatro, correndo velocemente per non perdere la ragazza. La continuò a chiamare inutilmente, finché ad un certo punto si fermò e si sedette su una panchina con il capo chino. Lui le si sedette accanto, prendendole a forza una mano e stringendogliela. Respirava affannosamente, rotta dal pianto e dalla corsa. Non riusciva a trattenere né i singhiozzi, né le lacrime. Per qualche minuto non riuscì a placare il pianto, nemmeno tra le braccia forti e protettive del ragazzo, nemmeno con le sue carezze e le sue parole di conforto.
-Perché non torniamo là e gli fai sentire come la canti normalmente, quanto è limpida  e perfetta la tua voce quando non sei così agitata, eh?- le propose ma lei scosse il capo, mentre le lacrime solcavano ancora le sue guancie arrossate.
-Ho rovinato tutto. Ho perso Broadway per sempre- mormorò disperata.
-Rachel, torniamo là. Fa vedere loro  chi è Rachel Berry, mostragli che non troveranno mai una voce come la tua- continuò lui, stringendole le spalle per darle coraggio. Le continuava a scuotere la testa, contraria.
-Noah ho sbagliato l’acuto. Io non merito Broadway- gemette, staccandosi dal ragazzo e voltandosi dall’altra parte.
-Non dire stronzate!- sbottò lui alzandosi. Lei porse la mano, ma lei nemmeno la guardò.
-Dai, vieni con me- le disse, cercando di farla alzare.
-No!-rispose secca lei.
-Starai qui tutto il giorno?-chiese, incrociando le braccia. Lei si sdraiò a pancia in su sulla panchina, chiudendo gli occhi.
-Mi lascerò morire qui- sussurrò seria.
-Berry, non farmi incazzare- sibilò lui –ti porto a casa- decise, per poi prenderla in braccio mentre lei cercava di opporsi.
-Noo- si lamentò, cercando di scendere. Lui sistemò saldamente una mano sotto le gambe di lei e uno dietro la sua schiena.
-Se stai buona ti porto a casa così, altrimenti ti carico sulla schiena- la minaccio, facendola calmare.
Lei allora si accoccolò sul suo petto, cercando di nascondere il viso mentre lui aveva cominciato a camminare senza sentire la minima fatica.
-Sicura di non voler tornare al teatro?-  chiese ancora, però più dolcemente.
-Sì, andiamo a casa. Oggi ho perso la mia voce. Non canterò più- affermò lei, mentre nuove lacrime le scendevano, sporcando la maglietta del ragazzo.
 
 
 
***
 
Ecco, ho aggiornato solo per te Chiara ;)
 
Note:
-Sì, siamo di nuovo nel passato
-Non chiedetemi perché ho fatto quel che ho fatto a Rachel perché se solo ci penso mi metto a piangere ç_ç ( a parte che penso un po’ OPC e per questo mi scuso u_u)
-Per Dave, voglio che canti in Glee *-* . Sentitevi Max cantare New York u.u
-Per Blaine, mi volevo scusare perchè mi è stato fatto notare che era molto molto OOC e lo stavo usando un po’ come il cattivo. In questo capitolo è solo geloso e penso sia normale.
- La cosa di Santana ormai si potrebbe anche intuire.
 
A presto :)
Besos,Miky
 

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Capitolo 7
*** Taking no notice of pain ***


7}Taking no notice of pain
 
 
-Tocca a te- ripeté la bambina, spingendo Noah contro il muro –Non fare l’antipatico!- borbottò mentre lui ridacchiava, lasciandosi spingere e avanzando controvoglia.
-Non so contare- brontolò appoggiandosi al frigo. Valerie lo guardò storto.
-Allora canta una canzone nella tua testa, quando ha finito puoi girarti!- gli rispose sorridendo allegra per poi scappare via in tutta fretta. Noah scosse la testa guardandola trotterellare con vivacità.
-Troppo furba per i miei gusti- mormorò mentre appoggiava il capo contro il frigo e iniziava a contare.
Brittany corse in tutta fretta nella sala, sdraiandosi sul letto per poi coprirsi con le coperte e i cuscini.
-Max- lo chiamò sussurrando. Lui alzò la testa e iniziò a scodinzolare, tirando fuori la lingua.
-Qui bello!- mormorò, facendo segno al cane di sdraiarsi sopra di lei. Il cane eseguì in fretta l’ordine, accucciandosi sulle sue gambe e sistemandosi comodamente, mentre la bionda ridacchiava. Rachel aprì l’armadio di Noah e ci si infilò dentro, impegnandosi a richiuderlo senza far rumore. Valerie invece si infilò sotto il letto matrimoniale, portandoci anche Marshall.
-Sessanta !- gridò Noah , lasciando poi la cucina per iniziare a guardarsi intorno –tanto vi trovo tutte, siete delle schiappe- mormorò cominciando a controllare nel bagno. Il telefono iniziò a squillare ma il ragazzo decise di ignorarlo. Avrebbe risposto la segreteria telefonica, poi lui doveva vincere, mica poteva farsi fregare da quelle tre.
Brittany avrebbe potuto rispondere, le sarebbe bastato scansare la coperta e allungare la mano, ma il gioco era più importante di qualsiasi chiamata in quel momento.
 
~Lasciate un messaggio dopo il beep…che schifo Berry, è troppo informale.. Noah stai zitto che sta registrando, idiota!Se non abbiamo risposto è perché non ce ne frega niente, ahia, smettila di picchiarmi! ~
Beep!
 
-Puckerman sono David Karofksy, ti chiamo perchè ho bisogno del tuo aiuto. Non per me, per Santana- mormorò il ragazzo. Noah sbarrò gli occhi e si diresse in fretta verso la sala, sperando che Brittany fosse abbastanza lontana e non stesse sentendo –Sai ha qualche problema, e mi sono rotto di vederla con una ragazza diversa ogni sera. La voglio portare via di qui, vorrei trovarle un lavoro diverso, vorrei che tornasse in America, che riallacciasse le vecchie amicizie, ma lei non ne vuole nemmeno sentire parlare. Tu la conoscevi molto bene, se hai qualche idea io sono disposto a collaborare. Grazie e dillo a Brittany, anzi no, forse è meglio non dirle nulla- concluse. Noah era arrivato davanti al telefono per rispondere, poi aveva visto Brittany seduta sul divano tra il cane e i cuscini ascoltare tutto senza sbattere ciglio. Le si avvicinò preoccupato, vedendo che non diceva nulla e fissava il pavimento con uno sguardo perso.
-Hey Britt- mormorò, lei alzò il capo e spingendolo di lato cominciò a correre verso la cucina.
-Tana per me!Puckerman fai schifo!- ridacchiò, ma Noah, sbuffando, notò che nei suoi occhi non c’era il solito scintillio allegro. Per il momento aveva deciso di non pensare a quello che aveva appena sentito e non sarebbe stato lui a farglielo pesare. Era una cosa che non avrebbe dovuto ascoltare, per cui avrebbe fatto finta che non avesse mai ricevuto quel messaggio. Solo finché non sarebbe stato solo e in grado di metabolizzare ciò che Dave gli aveva riferito.
Andò poi nella camera e abbassandosi incontrò gli occhi sgranati e azzurri di Valerie, la quale cercò di sgattaiolare fuori, ma lui era già uscito dalla camera ridendo. Rachel intanto si era catapultata fuori dall’armadio, scattando nell’inseguimento di Noah. Il ragazzo arrivò nella cucina, ma Brittany fece di tutto per bloccarlo, riuscendo così a far passare Valerie e con un grande sforzo anche Rachel.
-Questo è scorrettissimo- sbottò Noah, mentre teneva ferma Brittany sulla sua spalle che si dimenava inutilmente, con Valerie che gli si era aggrappata ad una gamba. Rachel rise divertita.
-Non è vero, è che non sai perdere!- trillò scrollando le spalle –Tocca ancora a te a contare- aggiunse poi dandogli leggere pacche sulla spalla libera.
 
Toc toc
 
Noah sorrise, grato a chiunque fosse perché gli avrebbe evitato di contare ancora, muovendosi verso la porta, trascinando la gamba visto che una delle due Pierce non sembrava intenzionata a scendere. Come l’aprì i due ragazzi arrivati scoppiarono a ridere alquanto divertiti.
-Hai posto se avessi voglia di salire anche io?-chiese ridacchiando Quinn, mentre il ragazzo la guardava male. Valerie sbatté le palpebre più vote, staccandosi dalla gamba del ragazzo per buttarsi verso il nuovo arrivato.
-Mikeeeee- trillò mentre lui con un grande sorriso la sollevava senza fatica.
-Ciao ragazzi- squillò Brittany, cercando di scendere.
-Non è tornata anche la tua ragazza?- domandò Mike a Noah, mentre mordicchiava le guance di Valerie che rideva stringendo gli occhietti.
-Non vale se usi Vals come scudo- borbottò Noah, lasciando andare la bionda. Rachel fulminò con lo sguardo l’asiatico mentre arrivava dalla cucina.
-Ciao Mike, Quinn- sorrise, abbracciando la bionda che ridacchiava allegramente.
-Q!-gridò all’improvviso Brittany avvicinandosi all’amica con gli occhi fissi su qualcosa che gli altri non avevano notato. Senza troppa delicatezza le afferrò la mano, portandosela più vicina al volto con curiosità. Osservò l’anello leggermente stupita, mentre Quinn sorrideva un poco imbarazzata e gli altri iniziavano a capire.
-Vi sposate?-domandò Rachel battendo le mani e saltellando sul posto prima che Brittany saltasse in braccio a Quinn e quella, non preparata a ciò, cadesse per terra. Le due bionde scoppiarono a ridere.
-Hey, stai tentando alla vita della futura Mrs Chang?-domandò Mike, mentre Brittany aiutava Quinn a rialzarsi, scusandosi mortificata.
-Posso fare da testimone?- domandò Valerie in braccio al ragazzo, tirandogli il colletto della polo.
-Fare il testimone non è divertente, sarai la damigella!- esclamò lui, facendole fare un salto.
-Posso vestirmi da principessa?- domandò la bambina sbarrando gli occhi già elettrizzata.
-Ovviamente, devi!- le rispose lui annuendo. Valerie gioì alla notizia, mentre i ragazzi scendevano giù nel locale. Si sedettero nel tavolo vicino al palco come facevano sempre. Sam li raggiunse sorridendo e salutando tutti come avrebbe fatto solo un vulcaniano.
-Puck, dovresti lavorare anche tu- gli ricordò con un cipiglio accennato.
-Mangio e arrivo- sbuffò l’altro cercando di tranquillizzarlo –Guarda che prima o poi toccherà anche a te lavorare- bisbigliò a Rachel.
-Certo, non ti preoccupare- mormorò lei.
-Allora Rach? Avete finito tutti gli spettacoli, come sono andati, su, su racconta!-esclamò Brittany, mentre Valerie le si sedeva in braccio e iniziava a disegnare qualcosa su un foglio.
-Veramente, non avremmo finito..- mormorò lei grattandosi distrattamente la nuca.
-E allora perché sei tornata?-domandò Mike non capendo.
-Diciamo che ..me ne sono andata- confessò, corrugando le sopracciglia, spaventata dalle reazioni degli amici. Infatti tutti spalancarono la bocca, fissandola attoniti.
-In che senso?-chiese Quinn, mentre il suo sopracciglio destro raggiungeva metà fronte.
-Ho avuto da dire con i registi, e alcuni attori- farfugliò quella, arricciando le labbra.
-Berry non avrai litigato per il ruolo da protagonista?- ipotizzò Puck, guardandola di sottecchi. Lei non rispose, emise un risolino soffocato, evitando gli sguardi degli altri. Noah appoggiò la fronte sul tavolo incredulo.
-Cioè..eri partita per tutto ciò..e hai mollato tutto perché non eri sempre sul palco a blaterare- borbottò, mentre gli altri scuotevano la testa.
-Ma cavolo! Io ero la più brava!- esclamò lei alzando il mento e incrociando le braccia –le altre erano attricciuole, non ci mettevano la mia stessa passione- aggiunse indispettita.
-Ovviamente- mormorò Quinn sbuffando.
-Quelle prendevano le gocce per piangere! Che cavolo, una vera attrice deve saperlo fare senza mezzucci simili!- sbottò la brunetta –e naturalmente loro non avevano la mia mimica facciale, loro non avevano lo stesso legame che ho io con il palco- continuò alzando i pugni chiusi e stingendo gli occhi –Io ho bisogno di applausi per vivere, loro no!-affermò convinta.
-A te servono solo un buon medico e delle medicine- mormorò Noah guardandola storto.
-Ah.ah.ah.- fece Rachel, per poi voltarsi dalla parte opposta –Voi invece, come sono stati questi quattro anni?- chiese poco dopo, guardando gli amici che avevano iniziato a cenare.
 -Normali- sbuffo Puck sorseggiando la birra.
-Divertenti- ridacchiò Britt mentre Valerie le mostrava il suo disegno.
-Bellissimi- mormorò Mike fissando la fidanzata.
-I migliori, senza te intorno- sogghignò Quinn, facendo corrugare Rachel –No, sincerante un po’ mi sei mancata, avevo solo Puck da prendere in giro. Se non contiamo Sam, ci sono un mare di cose che devi sapere!- scoppiò a ridere la bionda, mentre gli altri, capendo di cosa parlava, la imitarono poco dopo.
-Non starete ancora ridendo per quello!-sbraitò Sam dall’altra parte del locale, indicandoli minaccioso. Rachel li guardò curiosa.
-Che è successo?-chiese sorridendo. Gli altri però non riuscivano a smettere di ridere.
-Sam aveva una fidanzata…- iniziò Mike, parlando a fatica per le risate –perfetta per lui, e sinceramente noi l’abbiamo amata veramente tanto. Solitamente ogni domenica ci incontriamo, e loro venivano sempre vestiti in modi strambi, ogni volta un fumetto diverso.- spiegò.
-Non ve lo dirò mai!- gli urlò Sam scuotendo il braccio per far segno di “no”.
-Cosa?- chiese Rachel che era scoppiata a ridere a sua volta.
-Il perché si sono lasciati- spiegò Noah –Hanno rotto davanti a noi, ma parlavano in Na’Vi e non abbiamo capito nulla..solo che ci ha detto che se ridevamo ancora non ci avrebbe mai detto il motivo…e non ridere è impossibile- le chiarì, mentre il biondo brontolava tra le e se.
-Cavolo, mi sono persa momenti epici- piagnucolò la ragazza.
-Tranquilla, pensi veramente che non abbiamo foto e video salvati ovunque?!- sghignazzò Mike.
-E a Noah non chiedi?- fece Valerie sbattendo le ciglia più volte.
-Tesoro, loro avranno taaaaanto tempo per raccontarsi tutto- le rispose Brittany, carezzandole la nuca, mentre lei annuiva e tornava alle sue patatine.
-Non pensate che questa cosa sia un po’ vecchia, non fa più ridere- borbottò Rachel scrollando il capo.
-Non è che deve fare ridere, noi diciamo come stanno i fatti- ribatté Quinn.
-Avrete un sacco di tempo, vivete insieme- la affiancò Mike.
-Dormite persino nello stesso letto- concluse Quinn con un perfido sorrisino.
-Ma ne compreremo un altro a breve!- precisò Rachel, avvampando all’istante.
-Perché spendere soldi, sarebbe inutile!- mormorò la bionda, stringendo le labbra.
-Sai, per certe cose è più com…- cercò di spiegarle Mike, agitando una mano per dare maggior enfasi.
-Mike!- strillò la brunetta, voltandosi poi a dare alcuni schiaffi a Noah –E tu finiscila di ridere e ribatti- lo sgridò, mentre quello si parava con un braccio.
-Parlando di voi- s’intromise allora Puck, minacciato da sguardo assassino e forchetta di Rachel –Cavoli vi sposate!- esclamò aprendo le braccia eccitato. I due fidanzati annuirono con fare vago.
-Era ora- commentò Brittany, tornando poi a pitturare con i pennarelli, per dispetto, la faccia della figlia, la quale le colorava le braccia.
-Rach, tu sarai la mia testimone, non puoi obbiettare. Il tuo ragazzo e Brittany saranno quelli di Mike- decretò Quinn, assaggiando poi il dolce che le era appena stato portato.
-Sorvolerò su quello che hai appena detto perché si parla del tuo matrimonio- sbuffò la brunetta.
-E io farò la principessa!- puntualizzò Valerie alzando un colore come fosse uno scettro. I ragazzi le annuirono, sorridendo, mentre finivano di mangiare.
 
-Ma ci pensi Q! Avrai il tuo giorno, come hai sempre voluto- mormorò Rachel sorridendole dolcemente.
-Sì- sospirò l’amica- Già immagino quando entrerò in chiesa, con il vestito bianco, mia madre che piangerà tra le prime file, Noah che mi accompagnerà all’altare, poi la cerimonia…- sussurrò sognante, mentre gli occhi già le si velavano.
-Ma scusa, Mike mica è cristiano- osservò la mora, cercando lo sguardo dell’asiatico.
-Poco importa, si convertirà ovviamente- rispose la bionda –Dobbiamo sposarci in chiesa- sottolineò con un cenno del capo.
-Oh, non penso proprio che mi convertirò- disse Mike ridacchiando.
-Sì, lo farai- annuì la fidanzata, mentre lui la fissava contrariato.
-Cantiamo!- trillò improvvisamente Valerie che si era stufata di stare seduta a pitturare.
-Ancora mi chiedo come tu le abbia attaccato questa fissa, a migliaia di kilometri di distanza- ridacchiò Noah, sussurrando all’orecchio di Rachel.
-E’ troppo tardi pulcina- le ricordò Brittany, dandole un bacio sulla fronte.
-Ma cantate voi- insistette la piccola –Racheeeel, canti per me?- chiese, guardando la ragazza con due grandi occhi imploranti. Rachel la fissò sconvolta, come se le avesse chiesto una cosa terribile. Noah e gli altri la guardarono seri, aspettando una reazione.
-Io…veramente non so cantare- sussurrò, guardando il tavolo, a disagio. Valerie tirò la maglia della madre imbronciandosi.
-Mammi, dille che le bugie non si dicono- le implorò, riattivando l’attenzione della mora su di se.
-Perché bugie?- chiese, ma la voce le tremava.
-Mami dice sempre che sei una delle sue cantanti preferite, dice che hai la voce degli angeli- le spiegò la bimbetta, scendendo poi dalle gambe della madre per andare incontro alla ragazza. Rachel portò il suo sguardo accusatorio su Brittany, la quale scrollò le spalle, come per farle capire che era solo la verità, poi lo posò nuovamente su Valerie.
-Allora?- proseguì  la piccola, mentre un sorrisino le affiorava sulla bocca sporca di cioccolato.
-Vals, vieni qui- la chiamò Noah, battendo le mani sulle proprie cosce, per invitare la piccola a salire. Quella però scosse il capo, impuntandosi.
-Dai, ti canto una canzone io, con Quinn se le va- si offrì, cercando di togliere Rachel da quella situazione che, sapeva, odiava. Quinn però gli sillabò un feroce “no”, socchiudendo gli occhi a fessura. Allora si ammutolì, rimuginando sul fatto che la bionda era quella che meglio sapeva cosa fare, essendo una psicologa, almeno quello doveva capirlo. Mentre Valerie attendeva una risposta, un gruppo di ballerini salì sul palco, portando via l’opportunità di cantare. Rachel tirò un sospiro di sollievo, ma la piccola non era dell’idea di arrendersi.
-La mamma dice che sai una canzone bellissima, solo che non me l’ha mai cantata perché non ricorda la melodia- la incitò, sorridendole allegra.
-Quale?-domandò la ragazza, aggrottando le sopracciglia.
-My Headband- trillò la bimba, facendo sorridere la mora –allora, me la canti!?-continuò.
-Ma hanno occupato il palco- le fece notare, ma Valerie scrollò le spalle.
-Cantala senza musica, mi piacerebbe sentirla-disse decisa. Brittany la guardò dubbiosa, decidendo poi di farla smettere, vedendo le espressioni di Rachel.
-Dai grillo, stasera non le va-cercò di consolarla, sorridendole amorevolmente. La bambina allora diede subito ascolto alla madre, sospirando leggermente delusa, e fece per tornare al suo posto.
 
There you rest
With all the rest
Of my accessories
On my nightstand.
 
Rachel, iniziando a sussurrarla, la fermò, ricordando il testo e la tonalità, senza avvalersi di nessun tipo di sottofondo. Valerie si voltò di scatto stupita, sorridendole radiosa, il che la spinse a continuare.
 
 
You’re red or yellow
and like a good fellow
 
Gli amici la guardavano contenti, senza parole. Noah era allibito, la fissava boccheggiando. Quella voce, l’avrebbe riconosciuta tra mille. Era qualcosa di così unico e raro e ascoltarla dopo tanto era come tornare a mangiare cioccolato dopo una lunga dieta, come un giorno di sole dopo un inverno freddo e buio; anche se cantava un canzone su un cerchietto, anche se lo faceva timidamente, guardando solo Valerie.
 
Sometimes you get lost in my mess
But when schoolgirl pigtails won’t do
and I need to control my do
You’re the only one I can count on
My headband
You’re my headband
 
Concluse, arrossendo lievemente mentre la piccola le si buttava addosso grata.
-E’ la migliore canzone di sempre!-gridò Valerie elettrizzata –Mami aveva proprio ragione sulla tua voce- le sussurrò poi all’orecchio, facendole sgranare e inumidire gli occhi.

***
 Ammiraglia, eccoti il tuo aggiornamento u_u
 
Note:
-Oh, mancano vari personaggi, capita! Scherzo, è che ho deciso che alcuni capitoli saranno incentrati solo su alcuni, che poi verranno tralasciati in altri.[Per la storyline di Kurt sono accettati consigli o suggerimenti ;D]
-Sì, mi diverto a far prendere in giro Noah e Rachel
-Avverto che i capitoli sul passato (come quello precedente) vanno in ordine cronologico. Tra poco avrete il prossimo u_u
-Rach ha cantato! E’ un minuscolo passo avanti ;)
-Anh, il messaggio all’inizio di Dave, è abbastanza importante per il resto della storia :)
 
Bene, spero ci siano pochi errori.
Ora torno alla mia HQ di Mark, perché ne sento la mancanza u.u
A presto!
Besos, Miky

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Capitolo 8
*** *Hugs and slaps* ***


8}*Hugs and slaps*
 
 
Quinn posò nuovamente le sue labbra su quelle del ragazzo, per poi appoggiarsi al suo petto e continuare a guardare il film. Lui sorrise e prese a lisciarle dolcemente i capelli.
-Comincio a capire perché piaci tanto a Brittany- mormorò la bionda.
-Hai qualcosa contro i film che scelgo?- domandò lui, facendo il finto arrabbiato.
-Oh, affatto. Soprattutto ora che so che il capitano Shang era il tuo eroe- ridacchiò la bionda.
-Anh ecco!-
-Eppure non hai trovato la tua Mulan!- osservò Quinn, alzando il capo.
-Preferivo una come Aurora. Un po’ svampita….- rise, schivando uno schiaffo dalla ragazza – ma bellissima- aggiunse, bloccandole le braccia.
-Non sei affatto simpatico- brontolò lei imbronciandosi.
-Anche un po’ permalosa, noto- continuò, non riuscendo però a evitare un pugno nella pancia. Mike poi iniziò a lamentarsi insistentemente, come se fosse stata la cosa più dolorosa che avesse subito.
-Che sciocco- sorrise lei, mettendosi a sedere e tornando a concentrarsi sul film. Lui sporse all’infuori il labbro inferiore, esibendo uno dei suoi strani facciotti.
 Appoggiò poi la testa sulle gambe di Quinn.
-Non si parla così del proprio ragazzo- sbuffò, puntellandole con l’indice la pancia.
Lei a sentire quelle parole riportò l’attenzione su Mike, sbattendo le ciglia sorpresa, come se avesse realizzato solo in quel momento che stavano insieme sul serio.
-Sai, dovremmo renderlo ufficiale- decise Quinn, carezzandogli i capelli neri.
-Quando vuoi. Dopo lo dico a Britt. Ci vorrà poco prima che lo sappia tutta l’America, e in pochi giorni ne sarà a conoscenza tutto il mondo- disse, facendo ridere la ragazza.
-Ottimo!- trillò lei, abbassandosi poi per baciarlo di nuovo.
 
 
 
Brittany entrò in casa con varie borse, dirigendosi poi immediatamente verso la sala. Santana era sdraiata sul divano che sonnecchiava mentre in televisione passava un vecchio film. Brittany sorrise, spense la tv e si e si avvicino alla ragazza. Si abbassò poi sulla pancia accennata e schioccò un tenero bacio, carezzandola dolcemente. Santana grugnì qualcosa, stropicciò gli occhi e alzò il busto , tentando di sorridere alla bionda senza successo.
-Ciao B- mugugnò, allungando le braccia in richiesta di un abbraccio.
Brittany la strinse, baciandola dolcemente, sedendosi poi sul bordo del sofà.
-Ti ho comprato dei nuovi vestiti. Perfetti per le mamme- annuì la bionda, giocando con delle ciocche nere della fidanzata. Santana si allungò leggermente per raggiungere alcune borse, guardandoci dentro.
-Britts, ma che colori hai scelto?!- mormorò ridacchiando.
-L’azzurro e il giallo sono dei bei colori- si giustificò lei, scrollando le spalle.
-E il rosa scusa? Mi hai mai vista vestita di rosa…e perché sono tutti a fantasie di animali!??- si lamentò la latina, continuando a scrutare i completi.
-Gli animali perché piacciono a me e al bambino. Il rosa è se fosse una femmina- spiegò, mostrandole una maglietta su cui era stampato un gattone simile a Tubbington. Santana fece una smorfia, pensando che avrebbe fatto meglio a mandarci Quinn a fare compere.
Poi la bionda si alzò per prendere qualcosa.
-Ti ho anche preso una fetta di cocomero!- esclamò mostrandogliela. Santana sorrise soddisfatta. La sera prima si era svegliata nel mezzo della notte implorando Brittany di andarle a comprare un’anguria, scoppiando perfino in un pianto isterico. La compagna era addirittura andata a cercarlo, ma alle due di notte non l’aveva trovata, così aveva pensato di prenderla appena possibile. L’ispanica si alzò, accomodandosi a tavola per appagare la sua voglia, mentre Brittany la guardava divertita.
-Se fosse una maschio  come lo chiameresti?- chiese ad un tratto la bionda. Santana alzò la gli occhi, pensandoci un po’ su, mentre con il coltello toglieva i fastidiosi chicchi neri.
-Mi piacciono o Matthew o Thomas, però ancora non saprei- rispose, vedendo l’altra annuire –Se fosse femmina invece..- fece per continuare, ma Brittany la bloccò.
-Valerie- disse decisa.
-Perché mai? A me non piace molto..-scosse il capo la mora.
-Se fosse femmina si chiamerebbe Valerie perché sì. E’ la tua canzone, immagino già quando gliela canterai- squillò eccitata. Santana sorrise, pensando a quello che le aveva detto Brittany. Tra pochi mesi avrebbe stretto tra le sue braccia quel frugoletto che stava crescendo nella sua pancia, era così incredibile.
-Ma non dovremmo sposarci prima che nasca?- chiese la bionda preoccupata.
-Non se ne parla, è proprio escluso!- borbottò Santana, scuotendo la testa –Non mi sposerò con questa pancia- chiarì, indicandola. Brittany s’imbronciò leggermente.
-Ma se nemmeno si vede- mormorò, ricevendo un’occhiataccia dalla compagna.
-Sembro una balena spiaggiata- brontolò la latina, mentre la compagna la guardava contrariata. Sentirono poi suonare la porta e la bionda andò ad aprire, evitandosi le lamentele di Santana sulle sue dimensioni in continua crescita.
-Quinn!- trillò, buttandosi in avanti per abbracciare l’amica.
-Ciao Britts- ridacchiò la ragazza.
-Hey Brittany- la salutò Rachel al fianco dell’altra, e appena la bionda se ne accorse, si precipitò a stringere pure lei. Le fece entrare, portandole poi  in cucina dove l’ispanica era ancora alle prese con la sua fetta di cocomero.
-Hey Lopez, che pancia che abbiamo messo su!- la derise Quinn con un perfido sorrisetto. Santana guardò prima lei poi la compagna, portando infine lo sguardo su Rachel che rideva divertita. Il labbro inferiore cominciò a tremarle e scoppiò a piangere.
-Tra poco vorranno mettermi in un acquario… dove verrò corteggiata da trichechi- piagnucolò abbassando il capo disperata .
Le due arrivate cercarono di trattenere a fatica le risate, per tentare di calmarla.
-Scherzavo, si vede appena- le mormorò Quinn, accarezzandole le spalle. Santana si calmò di colpo, fulminando con lo sguardo la bionda.
-E allora che cavolo dici! Fabray modera il linguaggio – la minacciò puntandole l’indice contro con fare minaccioso – e che cavolo ci fa Rachel Berry in casa mia?- sbottò poco dopo sotto gli sguardi straniti delle altre ragazze.
-Ma ero così anche io?- domandò Quinn sollevando un sopracciglio, un po’ preoccupata.
-No, ma lei è Santana.- le sussurrò a bassa voce Rachel –Sono venuta a portarti un regalo per il piccolo!- esclamò poi a voce alta, porgendo una borsa alla latina che la guardava dubbiosa. Brittany la guardò curiosa, cominciando a rimuginare su qualcosa.
-Mancano cinque mesi- le fece presente l’ispanica, tirando poi fuori una scatola su cui era appiccicato un grande nastro.
-Sì, ma io dovevo essere la prima – precisò Rachel, portando le mani sui fianchi.
Santana ne alzò il coperchio, trovando all’interno quattro deliziosi body con bavaglino abbinato, di fantasie e colori diversi. Sbatté le ciglia sorridendo. Erano così piccoli e graziosi e tra poco il suo cucciolo li avrebbe indossato. Si alzò e abbracciò Rachel, la quale sbarrò gli occhi allibita, mentre l’altra la stringeva forte, decisa a non staccarsi.
-Grazie Berry- mugugnò, biascicando le parole, mentre la ragazza che stringeva assumeva espressioni sempre più attonite –e.. ti do anche la mia benedizione con Puckerman..-aggiunse, dandole qualche pacca sulla schiena prima di allontanarsi.
-Grazie, ma io e Noah non stiamo insieme – puntualizzò la ragazza, arricciando il naso.
-Come no- dissero assieme Quinn e Santana, per poi sogghignare.
-Ma è vero!- stridette la brunetta.
-Come vuoi- la fece tacere Brittany – Piuttosto. Ho sentito Mike- cinguettò, saltellando verso Quinn, la quale sbatté le ciglia più volte, deglutendo lentamente, mentre tutti gli occhi venivano puntati su di lei. Santana notò la sua espressione leggermente imbarazzata e batté le mani gioiosa.
-Fabray, mi devi cinquanta dollari!- squillò, portando la mano davanti al viso dell’amica.
-Per quale motivo?- chiese quella, increspando le labbra.
-Avevo scommesso che vi sareste messi insieme entro Giugno, e mia cara avevo ragione. -chiarì, ridacchiando soddisfatta.
-Ma avevi scommesso da sola, quando lo dissi, io chiusi la chiamata. Non significava che accettavo la scommessa- la contraddisse Quinn, spostandole la mano.
-Non toglie il fatto che avessi ragione, il che conferma la prima regola di Santana- sorrise tutta fiera.
-Che sarebbe?- chiese Rachel non capendo.
-“Santana ha sempre ragione”-citò Quinn con una smorfia, mentre la latina annuiva convinta.
 
 
 
Rachel guardò fuori dalle finestre scocciata, battendo il piede contro il pavimento nervosa. Era in ritardo e lei odiava quando le persone lo erano. Finalmente lo vide entrare nel bar, ancora mezzo addormentato, che la cercava con lo sguardo. Appena la notò, la guardò malissimo, avvicinandosi poi con poca voglia, fino a sedersi di fronte a lei.
-Sei in ritardo!- squittì immediatamente.
-Berry, svegliami un’altra volta alle cinque del mattino e chiamo la polizia!- l’avvertì lui chiudendo gli occhi a fessura e stringendo i denti.
-Oh quante storie!- sbuffò quella, passandogli la solita colazione.
-Che vuoi stavolta?-chiese sospirando esasperato . Sinceramente non sapeva nemmeno perché aveva accettato. Doveva essere più pazzo di lei per assecondarla ancora.
-Ho un progetto e vorrei che tu mi aiutassi- iniziò, mentre le sue ciglia si agitavano in uno sfarfallio frenetico. Lo faceva sempre quando voleva ottenere qualcosa da lui, forse era quello che lo confondeva e lo spingeva ad accettare.
-Prova a dire- rispose, aggrottando le sopracciglia un po’ spaventato.
-Ho comprato un edificio non molto distante dal centro- rivelò lasciandolo di stucco.
-E i soldi dove li avresti trovati?- domandò il ragazzo.
-Ecco- ridacchiò lei, grattandosi il capo e guardandosi in torno  con fare vago –ho iniziato a pagarlo, ma avrei bisogno di un ….socio – ammise, tornando a guardarlo.
-Ahah. Questo nuovo senso dell’umorismo mi piace- rise lui, sperando che stesse scherzando.
-No, sono seria- precisò lei.
-E lo stai dicendo a me perché…?- chiese, terrorizzato dalla risposta e alquanto convinto che avrebbe incluso il fatto che era suo dovere in quanto suo migliore amico.
-Bè, perché è il tuo dovere aiutarmi in quanto mio migliore amico- disse in fretta lei, seguendo esattamente le aspettative di Noah. Lui di grattò la cresta borbottando.
-No- scandì poi, fermo sulla sua decisone.
A lei tremolò leggermente il labbro inferiore e i suoi occhi cominciarono a velarsi, finché alcune lacrime non scesero solcando le sue guancie arrossate.
-Berry, so che puoi piangere a comando, non m’incanti- la fermò lui.
Rachel si pulì gli occhi indignata, risistemandosi in fretta.
-Sei un insensibile- mormorò. Noah sospirò, maledicendosi già per quello che avrebbe detto.
-E se ti dovessi aiutare, perché compreremmo questo edificio?- domandò, facendo spuntare un nuovo sorriso sulle labbra della mora.
-Ci sono due piani. Il piano superiore sarebbe un appartamento dove potremmo vivere.-
-Io e te?- chiese lui
-Sì, sei il mio migliore amico e saresti il mio socio no?- sorrise, proponendoglielo con naturalezza. Lui annuì, aspettando che continuasse.
-…E al piano inferiore avevo intenzione di aprire un locale. Sai non un semplice bar, o un ristorante. Un posto dove si possa mangiare tranquillamente in compagnia, ma la cosa più importante sarebbe un palco in un angolo illuminato dove i giovani artisti possano esibirsi in ogni momento della giornata. Cantanti, ballerini, comici o qualsiasi cosa ti venga in mente. Per dare un’opportunità a tutti di esprimersi.- gli espose il piano. Noah vide come i suoi occhi brillavano e pensò a quanto ci avesse rimuginato sopra, immaginando per filo e per segno anche la disposizione di ogni tavolo, quanto quell’idea ormai si fosse impiantata in lei, diventando il suo nuovo sogno. Era quello che le aveva detto di fare, le aveva suggerito di trovare un nuovo sogno, di andare avanti e lei l’aveva ascoltato. Ora ne aveva pianificato uno che comprendeva anche lui, e dopotutto a Puck non gli sarebbe dispiaciuto una cosa simile. Perciò si disse “perché no?” Era un’idea interessante e avverabile. E ciò che serviva di più a Rachel in quel momento era qualcosa che si potesse realizzare.
-Ci sto!- esclamò sorridendo.
-Davvero?- chiese lei incredula. Sì, glielo aveva quasi imposto, ma non credeva certo che avrebbe accettato così in fretta, né che ne sarebbe rimasto davvero convinto.
Si alzò subito, buttandosi tra le sue braccia.
-Grazie- sussurrò mentre lui la teneva stretta a se.
-Hai già pensato al nome?- s’informò. Lei annuì, restando contro al suo petto.
-Broadway- mormorò e Noah non poté che comprendere ancora meglio quanto fosse importante quel nuovo progetto per Rachel.
-Oddio, se penso che tra poco vivremo insieme mi viene male- la schernì, ricevendo poi una spinta.
 
 
 
-Allora?-chiese alzando un sopracciglio.
-Smettila!-strillò nervoso Kurt velocizzando il passo.
-Non ha più scuse vero?- domandò retoricamente, alquanto soddisfatto.
-Io e Blaine ci siamo lasciati!- gi gridò Kurt voltandosi di colpo.
Dave lo guardò stupito, gli sembrava incredibile. Finalmente aveva ottenuto ciò che voleva e… non notava nemmeno una nota di dolore nell’espressone di Hummel. Un sorrisino sornione affiorò sulle sue labbra.
-Mi sembri proprio disperato- mormorò, mentre l’altro arrossì di colpo.
-L’ho lasciato io- confessò, riprendendo a camminare, prima di sentire la risata divertita dell’altro.
-E perché lo avresti lasciato?- volle sapere David, arrivandogli al fianco. Kurt sbuffò, borbottò, fece roteare gli occhi e cercò anche di cambiare direzione più volte, ma il l’ex Titans lo marcava stretto.
-Ci potrebbe essere la remota possibilità che tu avessi un pizzico di ragione- mugugnò senza guardarlo negli occhi. Dave sorrise ancora di più, del tutto compiaciuto della situazione.
-No, io penso proprio che avessi del tutto ragione. Sei irrimediabilmente innamorato di me, fatina- lo derise, ricevendo uno schiaffo sul braccio.
-Sei il ragazzo sbagliato, non funzionerà mai- mugolò piano Kurt, tenendo il capo chino.
-Non puoi saperlo- mormorò David, questa volta più serio. Il più basso alzò gli occhi azzurri, legandoli a quelli verdi di lui, per poi vederli avvicinare sempre di più fino ad osservarli chiudersi, mentre le labbra del ragazzo si posavano sulle sue. I suoi occhi invece li sbarrò scioccato, non tanto per il bacio, ma per il modo in cui l’aveva fatto.
David si staccò notando che qualcosa non andava.
-Che hai ora?- chiese, imbronciandosi appena.
Kurt si buttò tra le sue braccia sorridendo, il che creò ancora più confusione all’altro.
-Sei impazzito di colpo?- provò a interpretare quello più alto
-Mi hai baciato davanti a quelle due persone!- trillò entusiasta Kurt, dopodiché notò un leggero rossore anche sul volto di Dave e non poté che a tornare a sorridere.
 
***
 
Cioè Ammiraglia, so che mi odi, ma il capitolo l’ho pubblicato per te u_u
Ormai in molti avranno capito cosa è successo a San, e sì, sono un po’ cacca a mettere questi momenti dolciosotti ç_ç In compenso ora dovrebbe essere più chiara la faccenda del Broadway e della convivenza Puckleberry.
 
Spero ci siano pochi errori
Besos,Miky
 

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Capitolo 9
*** Beds and apologies ***


9}Beds and apologies
 
 
Dave si rigirò nel letto, cercando di trovare una posizione più comoda, visto che per qualche strano motivo era finito sul bordo. Voltandosi ne capì la ragione, scontrandosi con un corpo minuto e caldo. Aprì gli occhi allarmato, trovando poi Santana accucciata su un fianco, che sonnecchiava tranquilla, stringendo i bordi delle coperte. La osservò mentre si svegliava pian piano, rannicchiandosi contro il suo petto come una bambina.
-Santana, che ci fai qui?-borbottò. Dopo il litigio di qualche giorno prima non si erano ancora parlati, ed era veramente strano che si facesse viva lei, per prima. La mora non rispose subito, ma nascose il volto contro il corpo di lui, aggrappandosi leggermente alla sua maglia. David sbuffò, abbracciandola con fare vago.
-Mi dispiace- farfugliò la latina, senza alzare gli occhi.
-Sì..- mormorò lui- però devo dirti una cosa- aggiunse sospirando. Lei non reagì, aspettando.
-Ho chiamato Puck e gli ho chiesto di trovarti un lavoro a Lima- confessò.
L’ispanica sollevò il busto all’istante, rivolgendogli uno sguardo carico di ira e al contempo paura.
-Dimmi che stai scherzando?!-ringhiò.
-Sono serio- sussurrò lui, rimanendo calmo.
-Perché?-gli urlò contro la ragazza, cercando di tirandogli un pugno sul petto, ma lui riuscì a bloccarla, afferrandole il polso.
-Perché voglio aiutarti, e non tirare fuori stronzate! Qui non va bene per te, la devi finire di fuggire..- le rispose mentre lei lo guardava, sentendosi tradita.
-Non avresti dovuto- farfugliò, stringendo le labbra.
-Era l’unico modo per farti ragionare- si giustificò.
-Senti me ne andrei da qui, ma non voglio tornare a Lima.. e non voglio lasciare te…- mormorò a bassa voce, cercando di trovare un compromesso.
-Mi farò trasferire in una filiale americana, poi ti cercherò un posto di lavoro.-propose, sorridendole appena. Lei annuì, anche se l’idea non le andava troppo a genio.
-Ma, gli hai dato il mio numero, o l’indirizzo?-sbottò appena le venne in mente.
-Se l’avessi fatto non ti avrei detto nulla finché non arrivavano, no?-domandò retoricamente, vedendola tranquillizzarsi –e poi non era nemmeno in casa, gli ho solo lasciato un messaggio in segreteria-.
 
 
 
-Sei sicura eh?- domandò il ragazzo entrando nel negozio dopo di lei.
-Ti dico di sì!-esclamò ancora una volta Rachel annuendo decisa.
-Guarda che dopo ci devi dormire- le ricordò mentre lei avanzava cominciando a guardarsi in giro.
-Non sono una bambina, ti dico- rise lei, scuotendo la testa.
-Bah…sarà l’altezza che mi confonde…-la schernì, sorridendo ebete e ricevendo un buffetto sul braccio. Rachel poi cominciò a trotterellare da un letto all’altro, scrutandoli attentamente.
-Sai vero che non lo prenderemo con il baldacchino- le mormorò mentre lei si avvicinava a quel reparto. Rachel si voltò di scatto spalancando la bocca.
-Come no? Io ho sempre desiderato un letto a baldacchino!- replicò la ragazza, corrucciandosi.
-E io ho sempre desiderato una elicottero-disse lui, guardandola storto.
-Nessuno ti impedisce di comprarlo- disse lei, scrollando le spalle.
-Non spenderemo soldi per un baldacchino, che tra l’altro è proprio inutile- affermò Noah, afferrandola e portandola via da quella zona.
-E’ perché non ne cogli il lato artistico- provò a ribadire lei.
-Sì certo- assentì lui, continuando a spingerla. Lei ad un tratto si bloccò, puntando il braccio verso un modello preciso.
-Voglio quello!-trillò, sorridendo entusiasta.
-Quello rosa?-domandò lui, spaventato dalla risposta che avrebbe ricevuto.
-Esatto!-
 
 
 
 -Tesoro, tesoro..- chiamò Quinn, facendo gesto con la mano di avvicinarsi. Lui si sedette al suo fianco, notando riviste e fogli in disordine sulla scrivania, tutti attinenti all’argomento “matrimonio”.Sorrise vedendola cercare qualcosa lì in mezzo.
-Sai pensavo di farlo in estate, perché si può fare il pranzo all’aperto, le foto verrebbero bellissime e potrei mettere un vestito senza spalline- propose, mentre lui annuiva –ho fatto una lista dei ristoranti dove potremmo pranzare- trillò, passandogli due fogli contenenti un lungo elenco. Lui sollevò le sopracciglia, ridacchiando.
-E da cosa scelgo? Ci sono solo dei nomi- mormorò, scorrendoli velocemente. Le gli passò un altro plico di fogli.
-Qui c’è una breve spiegazione per ognuno- gli sorrise, sistemandosi velocemente il ciuffo in cui aveva legato i capelli corti. Lui l’afferrò, chiedendosi quanto tempo ci avesse impiegato, per poi tornare a portare lo sguardo su di lei.
-E dovrei scegliere ora?- chiese – Sai, dovrei solo andare a lavorare- mormorò, alzando le spalle.
-Oh, tu e il lavoro. Gli dai troppa importanza- scherzò lei, appoggiando il capo contro il suo petto.
-Visto che mi farai spende un patrimonio, devo dargliene- rise lui, arruffandole dolcemente i capelli.
-Bè, non ci sono poi così tante spese- provò a difendersi lei, scrollando le spalle, dopodiché Mike scoppiò immediatamente a ridere –I vestiti, il pranzo, le foto, la luna di miele…- iniziò ad elencare, corrugando un po’ le sopracciglia come se si fosse ricreduta sulla spesa –e i fiori per la chiesa- concluse, sorridendo innocentemente. Lui fece roteare gli occhi, stampando un bacio sulle labbra della fidanzata, per poi avviarsi alla porta.
-Quelli non servono, non ci sposeremo in chiesa- precisò, facendo per uscire.
-Certo che sì!- ribattè lei, annuendo.
-No, ti dico! Ti amo, a dopo!- la salutò poi andandosene.
-Sono seriaaaa, ti convertiaaaai- gli urlò lei, correndo verso l’uscita –e ti amoooo anche iooo- ridacchio, rientrando poi in casa.
 
 
 
Brittany concluse il pezzo con una spaccata, spalancando le braccia e sorridendo. Le bambine la guardarono gioiose, iniziando a dire che tutte volevano essere brave come lei.
-Lo diventerete, anche più brave scommetto- annuì la donna,  mentre si alzava e sistemava nuovamente le bambine ai loro posti – su, tornate a provare!- le incito, vedendole impegnarsi con verticali e ponti.
-Mammi, non penso di aver capito- borbottò Valerie, trovandosi a rotolare su un fianco, un po’ sbilenca. La madre ridacchiò, aiutandola poi nell’esercizio.
Nonostante Brittany lavorasse come coreografa non riusciva a lasciare quel corso. Qualche anno prima lei e Mike avevano deciso di insegnare in una palestra nella periferia di Lima e avevano iniziato a dare lezioni a vari gruppi di ragazzi, sia di danza di qualsiasi genere, che di ginnastica artistica. Poi però Mike era stato assunto in un’importante compagnia ed aveva potuto lavorare nel mondo dell’economia. Così aveva lasciato i corsi e pensava l’avrebbe fatto anche l’amica. Ma Brittany non riusciva a rinunciarci, così ne teneva alcuni per bambine dai due ai dieci anni. Ovviamente Valerie aveva iniziato il prima possibile.
-Brit… Briit guarda!- la chiamò una bambina, riuscendo nell’esercizio e scendendo con una capriola. La bionda battè le mani entusiasta, e, mentre Valerie sbuffava perché invece a lei non veniva, andò ad accendere la musica, per poi tornare ad aiutarle.
 
 
 
-Allora, sappi che se non ci dormi ti ci lego sopra- brontolò Noah, riuscendo finalmente a far entrare il materasso nella stanza.
-Se non mi andasse bene, sarebbe colpa tua che non hai voluto comprarmi il baldacchino- puntualizzò lei, dandosi aria ai capelli, mentre teneva in mano i cuscini che era appena andata a rubare dalla stanza del ragazzo.
-Sì, come no…- farfugliò il ragazzo, cominciando a montare il letto nuovo, mentre lei gli trotterellava intorno spiegandogli come fare, il che lo irritava ancora di più.
-Fatto, contenta!- sbottò alzandosi e strappandole dalle braccia il suo cuscino preferito, rivolgendole anche un’occhiataccia.
-Perfetto!- trillò lei, cominciando a mettere le lenzuola, ovviamente rosa.
-Nemmeno a Valerie piacerà- mugugnò lui, scrollando il capo.
-Se se, vedrai- mormorò lei, quando Max ci saltò sopra, sistemandosi comodamente e iniziando a scodinzolare con la lingua di fuori – Maaax!- gridò lei, cercando di farlo scendere, inutilmente.
Noah ridacchiò, tornando poi nella sala dove erano sparsi i vestiti della ragazza che avrebbe dovuto ordinare nella camera. Notando il telefono gli tornò in mente il messaggio che aveva ricevuto qualche giorno prima.
-Accidenti- sussurrò, tornando ad ascoltarlo. Santana evidentemente aveva toccato il fondo. Era il momento di riportarla a casa e doveva assolutamente trovare un modo per aiutare Dave in ciò. Rachel lo raggiunse con un’espressione preoccupata.
-Non avete più avuto sue notizie da…- domandò seria.
-Già- annuì lui, soffiando e grattandosi la cresta.
-Sai già come fare per aiutarla?- continuò, sorridendogli amichevolmente.
-No, ma lo devo trovare. Per certo so che prima di tutto dovrò richiamare Dave, poi gli chiederò dove la posso trovare, e la andremo a prendere. La riporterò a casa- affermò deciso.
-Ma lei e Britt…- provò a dire la ragazza.
-Sistemeranno tutto. Anh, di sicuro so anche che dovrò prendere a calci quella testona…- aggiunse, sospirando, mentre cominciava a portare alcune cose di Rachel nella sua camera, seguito a ruota da lei.
-Sai, potremmo cercarle un lavoro in  città- propose la ragazza, sorridendo.
-Sì, dovremmo- le sorrise lui, trovando l’idea valida.
-Al massimo la possiamo assumere qui al Broadway- continuò, aprendo l’armadio e iniziando ad appendere gli abiti.
-Ancora meglio- esclamò Noah, passandole gli indumenti – No, Berry… non ci credo- scoppiò a ridere, facendo imbronciare l’altra –Se Shue aveva la collezione di gilet, tu gli fai concorrenza con la tua di calzettoni- sghignazzò, notando quanti ce ne fossero e di quanti colori assurdi.
-Puckerman, o la finisci subito o mentre dormi ti taglio la cresta- lo minacciò lei alzando un dito, facendolo immediatamente zittire e portare entrambe le mani sulla testa, preoccupato.
-Non dirlo neanche per scherzo- sussurrò, e a ridere questa volta fu la ragazza.
 
 
 
-Kurt!- mormorò Blaine con un sorriso, sedendosi accanto a lui. L’altro ragazzo sbuffò, roteando gli occhi. Ancora non si erano chiariti, Blaine gli aveva lasciato il suo spazio, ma ora era tornato all’attacco.
-Sono qui per scusarmi- gli disse dolcemente, guardandolo con amore.
Kurt si girò velocemente verso di lui, come ne fosse sorpreso.
-Hey, mi dispiace. Non so cosa sia successo, ma ultimamente ti sento lontano- sussurrò sospirando affranto –per quello passavo più tempo con Jeremiah, ma tra noi non c’è nulla, te lo giuro su quello che vuoi. Non ti tradirei mai, mai Kurt- disse deciso. Il ragazzo accennò un sorriso, stringendogli la mano, il che fece rilassare il moro.
-E poi per Dave, non era altro che gelosia, lo sai. Io tendo ad enfatizzare un po’ tutto, devo aver esagerato- mormorò mortificato. Kurt sorrise nuovamente, sporgendosi per stampargli un bacio.
-Senti, se ti da fastidio posso cercare un altro lavoro. Certo, lavorare da GAP è elettrizzante, ma basta un tuo “lascia” e io mi licenzierò- propose, annuendo deciso. Kurt sbattè le palpebre, mentre le sue gote si coloravano di un delizioso color porpora. Non ricordava quanto dolce e romantico fosse Blaine. Non ricordava nemmeno il motivo per cui le cose ultimamente non andassero bene. Lui dopotutto era proprio come voleva Kurt. Blaine era gentile, paziente, romantico, allegro e disponibile. Era stata colpa sua quel distacco, non di Blaine. Aveva visto una volta il fidanzato e Jeremiah pranzare assieme e si era convinto di qualcosa di irreale, probabilmente. Ed ora Blaine era lì a scusarsi, cercando di metterlo a suo agio al meglio possibile. Kurt si maledisse mentalmente solo per aver pensato al peggio.
-No, tranquillo. E scusami per aver dubitato di te- gli rispose, buttandosi tra le sue braccia  e stringendolo forte.
-Perché non ti fidi di me?- chiese Blaine ridendo, mentre lo abbracciava dolcemente. Kurt non rispose, si staccò dalla stretta e lo baciò con passione.
Allora pensò anche che il problema nella coppia non era Blaine, ma lui. Perché mentre lo baciava pensava al perché non riusciva a fidarsi e ciò gli faceva pensare solo a Dave.
 
 
 
-Mami, Duckie ha fatto i cuccioli!- squillò entusiasta Valerie, mettendosi in fila dietro ai paperotti, per farli vedere meglio anche a Marshall.
-Che carini!- trillò Brittany avvicinandosi e sbriciolando del pane.
-Possiamo portarli a casa?- chiese la bambina –ti preeeeeego!- Aggiunse, supplicando con gli occhioni azzurri.
-No Vals, questa è la loro casa- rispose subito la madre – Sarebbe come se da casa nostra ti portassero in un posto che non ti piace, saresti triste- le spiegò, carezzandole la nuca.
-Ma Duckie comunque è la nostra ochetta, vero mami?- domandò, senza fare storie.
-Certo!- annuì Brittany, cominciando a lanciare pezzetti ai cuccioli, aiutando la bambina.
-Nostra e di Santana- puntualizzò la bambina, cercando con lo sguardo quello di Brittany, la quale annuì in fretta.
Prima che arrivasse Valerie, prima che succedesse quella cosa, quando Santana e Brittany convivevano felici, Santana la portava sempre al laghetto perché sapeva quanto la bionda amasse i parchi e soprattutto le papere. Così un giorno avevano trovato un piccolo paperotto, tutto giallo scuro con la punta della coda nera. Era buffa e strana e Santana aveva cominciato a prenderla in giro. Brittany invece dal canto suo l’aveva difesa immediatamente, spiegandole che lei era speciale, e aveva deciso che il suo nome era Duckie. Da allora la andavano a trovare ogni settimana, portandole del cibo e guardandola scorrazzare nel laghetto con gli altri uccelli. Ora era un bellissimo esemplare di oca canadese, con una decina di paperotti rumorosi a seguito.
Valerie di appoggiò alla staccionata, ammirando gli animali nuotare con estrema facilita, trovandoli adorabili quando nascondevano in capo nell’acqua.
-Mami, se invitiamo Santana a dar da mangiare alle papere, dici che torna da noi?- chiese la piccola, abbracciandosi ad una della gambe della madre, prima di essere sollevata. Brittany le schioccò un bacio sulla guancia, sorridendo con poca enfasi.
-Non penso, ma quando ternerà, sarà uno dei primi posti in cui la porteremo, va bene tesoro?- accordò, mentre la piccola aveva sistemato in mezzo a loro il peluche e si teneva aggrappata alla maglia della donna.
-Ok- assentì la bambina, appoggiando la guancia contro quella della donna, mentre entrambe osservavano il lago sorridendo.
 
 
 
Noah si rigirò nel letto, prendendo contro ad un altro corpo.
-Rachel..- mugugnò, aprendo gli occhi con difficoltà.
La vide sorridere colpevole, mentre si nascondeva sotto le coperte.
-Cosa ci fai qui? Hai il tuo adorato letto nuovo- si lamentò, stropicciandosi l’occhio destro.
-Ma il materasso è  freddo e scomodo- bofonchiò, sospirando.
-E io cosa avevo detto?!- borbottò il ragazzo, chiudendo gli occhi a fessura.
-Non ti do fastidio, sono piccola piccola- cercò di giustificarsi, spostandosi un po’ più sul bordo.
-Come se non sapessi che finirai per dormire contro la mia schiena- mormorò.
-Non è vero…sono solo tue credenze perché io non..- cercò di difendersi, ma Noah si coprì la testa con il cuscino.
-Almeno non parlare…Sii grata che non ti riporto nel tuo letto ..o sul divano- si lagnò, cercando una posizione comoda.
-Grazie e buonanotte- sorrise lei, accucciandosi esattamente contro la schiena del ragazzo.
 
 
***
 
Allora Ammiraglia, io aggiorno, ma dovresti farlo anche tu u_u
 
Note:
-Ho voluto spiegare il corso di palestra che avevo lasciato in sospeso nel passato
-Il Klaine non so bene da dove mi sia uscito, continuo ad avere problemi con le loro storyline
-Eh già, Vals sa di Santana u-u (mentre voi non sapete quanto io adori quella bambina)
-Il Puckleberry mi diverte così, ma prima o poi si sveglieranno anche loro due xD
 
Spero ci siano pochi errori ;)
Besos, Miky

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Capitolo 10
*** *When everything changed* ***


10}*When everything changed*
 
 
Noah aprì lentamente gli occhi, alquanto infastidito dall’ennesima chiamata di Rachel. Si grattò la nuca e si tirò su a sedere, guardando malissimo la ragazza al suo fianco.
-Perché non puoi lasciarmi dormire almeno oggi?- chiese esasperato.
-Devo dirti una cosa- gli sorrise lei, spostando la coperta.
-Tipo che hai comprato un altro letto e finalmente ognuno avrà il suo? Perché sto odiando dormire insieme per essere svegliato all’alba, potrei ripensare all’offerta del divano- farfugliò lui ancora troppo assonnato.
-No, ma per un po’ non ce ne sarà bisogno- rispose lei con un sorriso.
-Perché?-chiese lui, sorridendo immediatamente in modo assai malizioso, per poi ricevere leggeri pugni sul petto.
-Smettila di pensare a porcate!- lo rimproverò, continuando a punzecchiarlo.
-Ok, ok, dimmi- la fermò lui ridacchiando.
-La mia compagnia di teatro, quella a cui mi sono unita da poco…- iniziò lei, aspettando che lui annuisse –bè, ha deciso di partire per l’Europa e viaggiare in varie città, esibirsi di fronte a un pubblico nuovo , per farsi conoscere un po’ ovunque.- gli spiegò, gesticolando freneticamente.
-E tu vuoi andare con loro?- chiese lui alzando le sopracciglia stupito.
-Sì, sai sarebbe un’esperienza fantastica secondo me- mormorò sorridendo appena, per poi mordersi il labbro inferiore, attendendo una reazione dall’amico.
-E lasceresti tutto per ciò?- domandò Noah, cercando di non sembrare troppo dispiaciuto.
-Sì, sai magari potremmo diventare famosi, farci notare- sussurrò lei, torturandosi le mani.
-Oh. E il nostro locale?- s’informò.
Non voleva che se ne andasse, no e no! E poi in Europa, cavoli era lontana. Non poteva lasciarlo lì da solo nella loro nuova casa, con il loro nuovo locale all’inizio della loro nuova e strana convivenza. Non avevano nemmeno finito di comprare l’arredamento, di dipingere la cucina, di avere un letto a testa che lei era già pronta per mollare tutto?
-Lo porteresti avanti tu durante la mia assenza. Tanto non dovremmo stare via molto, uno o due anni- accennò lei, con un’espressione un po’ dispiaciuta.
-E dici poco? Anni!- sbottò lui improvvisamente, non riuscendo a trattenere le parole. Lei abbassò il capo avvilita, sospirando. Noah la osservò, cercando di considerare quell’idea. Forse avrebbe dovuto darle il suo appoggio, era il suo migliore amico, era quello che si aspettava da lui. Aveva iniziato a recitare con quella compagnia da qualche settimana, eppure ne sembrava molto entusiasta. Ovviamente aveva omesso di far sapere agli altri attori della sua voce, perché era ancora decisa a non cantare mai più.
Noah non avrebbe voluto per nulla spingerla a partire per quel viaggio, perché Rachel era una delle cose che preferiva di ogni sua giornata,e ormai, anche se era piena di difetti, gli piaceva essere infastidito dalle sue parole infinite. Però non era lo stesso per lei, a quanto pareva lui non aveva la stessa importanza, altrimenti mica lo avrebbe lasciato per una così folle idea.
Allora si disse che avrebbe dovuto lasciarla andare, perché era ciò che voleva, e magari lui si sarebbe disintossicato da lei.
Le sorrise, alzandole il mento.
-Hey Rach, solo mi mancherai. Però se è quello che vuoi, io sono con te. E’ il mio dovere in quanto miglior amico, no?- le mormorò, vedendo che i suoi occhi tornavano a ridere.
Rachel si sporse per abbracciarlo.
-Sono fortunata ad avere te come miglior amico- sussurrò, stringendolo energicamente.
 
 
 
-Mi dici perché siamo qui?-chiese Mike guardando la fidanzata emettere gridolini e sbattere le ciglia mentre guardava diverse tutine da neonato.
-Dobbiamo comprare un regalo per il piccolo Lopez- trillò Quinn.
-Lo so, ma mancano più di quattro mesi- rispose lui, osservando giochi e biberon.
-Rachel l’ha già comprato, non posso arrivare con così tanto ritardo -borbottò lei, trotterellando allegra verso i pupazzi. Ne afferrò uno e se lo parò davanti.
-E’ perfetto!-esclamò guardando il ragazzo con due occhioni enormi ed esaltati.
-Non penso un bambino di qualche giorno abbia bisogno di un pupazzo- mormorò lui, mentre Quinn abbracciava il peluche allegra.
-Lo so, ma guarda quanto è tenero! Ed è un papero, Brittany se ne innamorerà!-continuò.
-Va bene, prendiamolo. Ma cercheremo anche qualcosa di più utile, ok?-accordò Mike mentre la bionda annuiva e saltellava sul posto.
 
 
 
-Oooh, la mia neofocena preferita!-esclamò Puck abbracciando Santana sulla porta.
Lei gli diede vari pizzicotti sulle braccia, facendolo staccare di colpo.
-Non paragonarmi ad animali marini!- sibilò, fulminandolo con lo sguardo.
Lui ridacchiò entrando nella casa.
-Come va?- chiese, mentre lei si risistemava sul divano.
-A parte che sto ingrassando di giorno in giorno e che mangio in continuazione, bene- borbottò, aprendo uno yogurt.
-Te? Il locale procede?- domandò, voltandosi verso di lui.
-Certo, va a gonfie vele!- disse sorridendo –Sai, una sera potreste esibirvi tu e Sam e cantare assieme “In fondo al mar”- la schernì, ricevendosi un cuscino in faccia.
-Sai vero che quando avrò partorito passerò tutto il tempo libero a pensare ad una vendetta - lo avvertì l’ispanica, chiudendo gli occhi a fessura.
-Sì certo, sarai troppo occupata tra i pannolini e le grida di tuo figlio- ridacchiò Noah.
-Così almeno dimenticherò il tuo affronto- borbottò lei tornando al suo yogurt alla pesca.
-Sei ancora arrabbiata?- mormorò lui, sollevando un sopracciglio.
-Ovvio!- annuì lei –Tu non hai mai creduto nell’amicizia tra uomo e donna, a meno che uno dei due non sia gay, per cui sì, sono ancora arrabbiata!-.
-Non si sceglie di chi innamorarsi- mugugnò lui incrociando le braccia.
-Di tutti tranne che della Berry!Che cavolo!- si lamentò lei, tirandogli un altro cuscino addosso.
-Tanto è inutile che fingi, sotto sotto ti piace, solo che non l’ammetterai mai- affermò il ragazzo, accennando un sorrisino. Lei spalancò la bocca indignata, tirandogli un calcio.
-Se ho fatto qualcosa di carino per lei è colpa degli ormoni- si giustificò subito, mentre lui annuiva come per darle ragione per finta.
-Comunque ha deciso di partire, andrà in Europa per qualche mese- la informò con un’aria vaga.
-E la lasci andare?- sbottò la latina sbarrando gli occhi.
-Certo, siamo solo amici- sussurrò poco convinto. Lei schioccò la lingua infastidita dalla risposta, dopodiché si alzò in piedi e si avvicinò alla libreria.
-Che fai?- le chiese guardandola alzarsi sulle punte per prendere qualcosa.
-Leggerò un libro, ascoltare te mi irrita- borbottò lei, cercando di afferrare un volume.
Ad un tratto sentì una forte fitta alla pancia e con un grido soffocato si piegò in due. Noah accorse subito da lei. Abbassò lo sguardo, notando come i suoi pantaloni azzurri si stessero dipingendo di rosso scuro. Sbarrarono entrambi gli occhi.
-Chiamo un’ambulanza- bisbigliò lui agitato.
 
 
 
-Quindi è fatta?-domandò Brittany accennando un sorriso.
-Già, ma non è sicuro che vada a buon fine. Aspetteremo e vedremo, e se non dovesse succedere nulla proveremo un’altra volta- le rispose cordialmente la dottoressa.
-Certo- squillò quella annuendo.
-La sua compagna lo sa?- domandò la donna, scrivendo qualcosa in una cartella.
-No, sarà una sorpresa – mormorò Brittany afferrando la borsa e uscendo dalla stanza salutando la donna. Entrò nella macchina e prese il cellulare in mano.
Trentadue chiamate da Puck.
Sbarrò gli occhi preoccupata.
Santana.
 
 
 
-E questo che sarebbe?- domandò Kurt, facendo una faccia schifata mentre entrava nella stanza vuota.
-La nostra casa- rispose serio Dave.
Kurt sgranò gli occhi. Non sapeva se esserne stupito felicemente o no.
-Questo posto?-domandò, guardandosi intorno.
-No un altro, ti faccio vedere questo per hobby- rispose l’altro seccato. Kurt roteò gli occhi, entrando poi in un’altra camera. Era tutto così spoglio e triste.
-Bisognerà ripitturarla- decretò, storcendo il naso.
-Cioè, ti dico che ho comprato una casa per noi e tu stai a pensare a quello? Mi sembrava ovvio che non ci dovessimo trasferire oggi- brontolò il più grande, sbuffando. Kurt sbatté le palpebre più volte, mentre sul suo volto appariva un enorme sorriso. Si gettò verso Dave, abbracciandolo e scoppiando in gridolini di apprezzamento.
 -Felice, fatina?- domandò, vedendo Kurt annuire vivacemente.
-Come mai l’hai già comprata?- chiese subito dopo, cominciando a vedere l’appartamento in un modo tutto diverso.
-Bè, tu hai cominciato a lavorare qui e io studio alla NYU, perciò pensavo sarebbe stato comodo- spiegò il ragazzo, scrollando le spalle.
-Una casa a New York, con te, che posso completamente arredare- mormorò Kurt, girando allegramente nelle camere vuote –è un sogno!- squillò felice.
 
 
 
-Santana siamo arrivati- mormorò frettolosamente Noah, guardando fuori dal finestrino dell’ambulanza, mentre la ragazza gli stringeva la mano e piangeva a dirotto. Il sangue non finiva di scendere e ormai era chiaro quasi a tutti cosa stesse succedendo. Ci volle poco prima di arrivare in sala operatoria dalla quale Noah fu lasciato fuori. I medici le continuavano a ripetere frasi di copione, cercavano di rassicura ma Santana non sentiva nulla.
Il suo cervello si era staccato appena era arrivata l’ambulanza a casa sua e i medici avevano farfugliato “aborto spontaneo” appena l’avevano vista. Da allora non aveva più sentito niente, ogni voce era ovattata, ogni cosa era annebbiata dalle lacrime, tutto ciò che provava era dolore. Non quella fitta lancinante all’addome inferiore, ma quel peso che l’aveva sepolta appena aveva capito cosa era successo.
Vide i dottori sollevare una piccola creatura rannicchiata su stessa, rossastra, piena di sangue e senza vita. E allora metabolizzò tutto e capì che il suo bambino era morto, le era stato strappato via per un motivo sconosciuto. Non lo avrebbe mai sentito  piangere, non avrebbe mai visto il suo sorriso, non lo avrebbe mai abbracciato e mai lui l’avrebbe chiamata “mamma”.
L’aveva lasciata prima di arrivare da lei. Suo figlio era morto prima ancora di nascere e con se aveva ucciso anche una parte di Santana. Nulla avrebbe avuto più senso senza il suo piccolo tesoro, ma qualsiasi cosa sarebbe completamente cambiata.
I dottori le fecero un’ecografia per controllare che avesse espulso tutto. Fu chiamato l’anestesista e procedettero con il raschiamento.
 
Brittany si catapultò dentro l’ospedale correndo , finché non scorse Noah seduto di fianco alla sala operatoria, con la testa tra le mani.
-Che è successo?-domandò terrorizzata. Lo vide alzare il volto e notò che i suoi occhi erano lucidi e sulla sua guancia poteva scorgere il segno di qualche lacrima.
-Ha perso il bambino- farfugliò, alzandosi per abbracciare la bionda. Brittany sbarrò gli occhi e silenziosamente scoppiò in un pianto addolorato, mentre sentiva tutto il mondo caderle addosso. Doveva vedere Santana al più presto. Si maledisse per non essere stata con lei nel momento del bisogno, stringendosi di più a Noah.
 
Qualche ora dopo ai due ragazzi fu concesso entrare nella stanza di Santana. Brittany le si avvicinò, tornando ancora a piangere, dopo che vari caffè avevano placato alcune lacrime. Si sedette sul lettino, abbassandosi per baciare l’ispanica. Santana aprì di scatto gli occhi, guardandosi intorno per capire se tutto ciò che si ricordava fosse la realtà e sperando che fosse stato un orribile incubo.
Il dottore entrò tossendo leggermente.
-Mi duole informarla che ha subito un aborto spontaneo. Può succedere prima delle ventiquattro settimane, e visto che la sua salute è ottima non abbiamo un vero motivo per cui è successo. Nel cinquanta percento dei casi di aborti spontanei non si ha nessuna spiegazione apparente, e il suo è uno di questi- disse con un tono amareggiato l’uomo.
-Ridatemi il mio bambino!- strillò Santana, cercando di alzarsi, mentre il suo volto si bagnava in fretta e lei non riusciva a smettere di tremare.
-Mi dispiace - sospirò impotente il medico, chinando il capo come per scusarsi.
-Io rivoglio mio figlio!- gridò piegandosi sul letto –Perché me l’hai portato via?- urlò guardando verso l’alto, come per rivolgersi in un dio in cui non aveva mai creduto –Lui aveva il diritto di vivere, io ero pronta per essere la sua mamma, perché?- continuò, con la voce rotta dal pianto e dai singhiozzi.
E mentre Brittany la stringeva in silenzio, cercando di farle sentire quanto ne soffrisse anche lei ma le fosse allo stesso tempo vicina, Santana sentiva che nulla mai avrebbe sanato quella ferita atroce che le era stata aperta nel cuore.
Nulla.
 
***
 
Intanto, ammiraglia, eccoti il capitolo-spiegazione. Se è in ritardo è colpa tua e lo sai <_<
 
Note:
-Allora, finalmente è chiaro a tutti cosa è successo a Santana, anche se molti avevano già immaginato. Ebbene sì, ha perso il bambino. E devo dire che scrivere questo capitolo è stata dura, perché ci stavo male anche io, e purtroppo sono una persona dalle lacrime facili, quindi immaginatevi in che stato lo scrivevo  -.-
E sì, potete anche credere che io abbia voluto fare la stronza, ma dopotutto non è una cosa così impossibile, anzi, nella vita può succedere molto peggio di un aborto. Avevo solo voglia di scrivere una ff abbastanza realistica, e non c’è solo la felicità nella vita, anzi. Per cui l’ho fatto accadere. E dopotutto non è tanto il fatto, ma come ha reagito Santana che ha portato a quello in cui siamo adesso nel presente. Perché un aborto spontaneo si può superare, basta essere forti e non lo dico per dire, mia madre prima di avere me ne ha avuti ben tre. Il fatto penso sia nel come affronti la cosa, e cercando di attenermi al carattere di Santana, lei è alquanto fragile come persona, per cui succede ciò che succede.
-Bè ora è anche più chiara la faccenda di Rachel in Europa, e forse anche quello che fa Britt.
-Ah già, è venuta fuori anche una cosa su Noah ;)
 
Spero ci siano pochi errori.
Besos, Miky
 

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Capitolo 11
*** Best friends ***


11} Best Friends
 
 
Sam portò il cappuccino al signore sorridendo, per poi tornare al bancone.
-Abita qui quella citrulla di Rachel Berry?-
 
 
Puck uscì dalla porta, seguendo Rachel, stiracchiandosi.
-Mi hai distrutto la schiena… devi dormire nel tuo letto-brontolò massaggiandosi a fatica.
-Ma è freddo e non mi piace- scosse la testa lei.
-L’hai voluto comprare, te lo tieni- ribatté lui.
-Allora prendo solo il materasso!- squillò lei sorridendo.
-Scordatelo.E’mio!- si affrettò  dire il ragazzo, passandole davanti e aprendo la porta per il locale.
-Ah, te lo ruberò!- trillò annuendo Rachel, cercando i grembiuli sotto al bancone, senza far troppo caso ai clienti.
-Fai quello che vuoi. Io ti avverto però. Io in ogni caso dormo sul mio materasso,e tutto quello che c’è sopra lo posso toccare e stuzzicare come, dove e quando mi pare- sghignazzò Noah, mentre un sorrisino beffardo affiorava sulle sue labbra e Rachel spalancava la bocca scioccata.
-Noah!-strillò indispettita.
-Posso infilare le mani ovunque..- continuò lui gesticolando, e ricevette vari schiaffetti sul petto e sulle braccia.
-Sei.un.maiale-scandì lei, alternando un pugno ad una parola.
-Perché, a cosa stai pensando?- domandò lui ridacchiando, mentre si parava con un braccio, ma ne ottenne solo di più.
-Emh….la smettete di sbandierare al mondo la vostra vita sessuale. Non siamo interessati- li interruppe ad un tratto Sam, sorridendo appena.
-Saam!-gridò lei guardandolo male, per poi tornare a maltrattare Noah –Adesso sembra che andiamo a letto insieme, idiota!- sibilò a denti stretti mentre lui non riusciva a non ridere.
-Ma non è così? Sbaglio o sono sere che dormi appoggiata alla mia schiena?!- la derise lui, mentre tentava di infilarsi il grembiule. Rachel sbuffò, battendo i piedi per terra come una bambina.
-Ti odio- piagnucolò- Non ti parlo più- mugugnò, vedendo poi il ragazzo esultare.
-Se oggi che non è festa mi fai questo regalo, chissà cosa riceverò per il mio compleanno!- esclamò il ragazzo ridacchiando, per poi ottenere uno sguardo omicida dalla brunetta. Rachel sospirò rassegnata, allontanandosi dagli amici. Sollevando il capo notò una figura conosciuta sogghignare al lato del bancone.
-Mandy!-mormorò avvicinandosi alla ragazza, sbattendo le palpebre stupita.
-Berry, se sei tornata per il megafusto, quasi ti perdono- mormorò la ragazza, senza staccare gli occhi da Noah.
-No, è solo un amico- borbottò lei, roteando gli occhi. Quella frase ormai la doveva ripetere in continuazione. Perchè le persone non capivano che erano amici e basta!?
-Friends with benefits?!- sussurrò quella sorridendo maliziosa.
-No!-rispose glaciale lei –solo amici- chiarì, mentre l’altra ridacchiava.
-A parte che sei un’idiota, come ho sempre pensato….però meglio per me- ridacchiò, mordendosi un labbro, mentre guardava il  ragazzo scherzare con Sam.
-Che ci fai qui?-strillò Rachel, catturando nuovamente la sua attenzione.
 
 
Noah tornò a voltarsi verso Rachel, vedendola discutere animatamente con una ragazza. Era minuta più o meno quanto lei, forse leggermente più alta. Aveva capelli ramati e mossi, con le punte tinte di nero, mentre i suoi occhi erano piccoli e verdi, leggermente truccati di scuro. Sembrava parlassero di qualcosa che a Rachel dava fastidio, perché continuava a soffiare e guardarsi intorno infastidita.
 
-Sono venuta a prenderti- spiegò Mandy, arrotolandosi una ciocca sull’indice.
-Io non tornerò con la compagnia- sbottò decisa Rachel, scuotendo la testa.
-Rachel suvvia, sai che c’è bisogno del tuo personaggio per lo spettacolo- mormorò lei, appoggiandosi poi al bancone con la schiena.
-Tornerò se mi cedi il tuo posto- sorrise finta la mora.
-Scordatelo, io sono la protagonista- disse immediatamente l’altra, incrociando le braccia e alzando il naso.
-Allora te ne puoi andare. Addio- squillò Rachel, salutandola con la mano.
-Dai, non dire cagate. E poi cosa stai qui a fare? E’ questo il tuo sogno?- domandò la rossa, squadrando il locale con un’espressione di sufficienza. Rachel annuì con vigore.
-E’ il mio locale, e non lo lascerò certo per fare una stupida parte- sibilò, infastidita dall’altra.
-Nostro Berry, nostro! Anzi, più mio che tuo!- la corresse Noah, arrivandole dietro. Lei fece roteare gli occhi, scrollando le spalle.
- Comunque non tornerò! Siamo stati via quattro anni e non ho mai ottenuto il ruolo che volevo, e meritavo. Per cui, addio!- ripetè, schioccando la lingua, più nervosa di prima. Mandy ridacchiò.
- Piacere, sono Noah, ma chiamami pure Puck- le interruppe il ragazzo, porgendo la mano alla nuova arrivata, la quale gliela strinse sorridendo.
-Amanda, ma chiamami pure Mandy- rispose, sbattendo le ciglia lentamente.
-Facevate parte della stessa compagnia teatrale?- domandò, passando lo sguardo da una all’altra, notando come Rachel lo stesse fulminando.
-Sì, Rachel mi odia perché sono la protagonista dello spettacolo- chiarì. Noah arricciò le labbra, corrugando le sopracciglia mentre guardava Rachel dubbioso.
-Perché non hanno scelto te?- le domandò confuso. Per quanto quella tipa potesse essere brava, non credeva che lo fosse più di Rachel. Rachel era nata per stare sul palco, quando c’era sopra catturava tutta l’attenzione su di se. La brunetta evitò accuratamente sia di rispondergli, sia di guardarlo negli occhi, strinse solo al petto le braccia, abbassando lo sguardo.
-La protagonista ha alcune parti cantate, e la Berry non sa cantare- spiegò Mandy tranquilla. Puck per poco non riuscì a trattenersi dal ridere. Quello che aveva appena detto era alquanto divertente. Rachel che non sa cantare, nemmeno in un mondo parallelo sarebbe risultata sensata come frase.
-Raaaaaach!- gridò Brittany entrando e avvicinandosi in fretta alla ragazza, mentre Valerie correva incontro a Noah sorridendo. Lui la issò scuotendola, mentre lei ridacchiava.
-Ciao Brittany- mormorò la mora, riacquistando il sorriso e abbracciandola, mentre Mandy si era già allontanata.
-Stasera sei da me, cena tra ragazze- l’avvertì la bionda –e tranquilla, cucina Quinn- aggiunse, facendole l’occhiolino. Rachel scoppiò a ridere, annuendo.
-Ok ok, ci sarò- ridacchiò – Porto un film?- chiese subito dopo.
-Certo, qualcosa che possa piacere anche a Valerie- accordò la bionda.
 
 
Mandy si avvicinò a Noah che stava allegramente chiacchierando con la bambina, la quale le stava raccontando cosa aveva fatto il giorno precedente. La ragazza sorrise e gli si accostò.
-E’ tua figlia?- domandò, catturando l’attenzione della piccola.
-Oh no, ma è come se lo fosse- sorrise lui, abbassandosi a mordicchiare il nasino della piccola.
-E così non hai una ragazza- continuò la rossa, ma con quella frase attirò il broncio di Valerie.
-Sì, è quella lì- rispose la bambina, indicando Rachel, seria. Mandy ridacchiò, mentre Noah scuoteva il capo.
-Ti chiederei altro, ma vedo che sei impegnato. Facciamo un’altra volta?- chiese, avvicinandosi e infilando un foglietto nella tasca del grembiule del ragazzo, che le ammiccò sornione. Lei ridacchiò e si avviò all’uscita, mentre Valerie la guardava malissimo.
-Berry, ci si torna a vedere- la salutò prima di uscire.
-Tanto non ritornerò nella compagnia!- strillò la brunetta con una smorfia.
-Chi era quella?- chiese Brittany, arricciando le labbra.
- Un’attrice con cui lavoravo- mormorò Rachel, mentre Valerie si aggrappò alle sua gambe, facendo sbucare la testolina di lato.
-Non mi piace- farfugliò la piccola, ottenendo uno sguardo concorde dalla madre.
 
 
Poco dopo le due Pierce lasciarono il locale e mentre i clienti cominciavano a diminuire, Puck si avvicinò a Rachel, sorridendole.
-La tua amica mi ha dato il suo numero- le confidò, gonfiandosi come un pavone.
-Primo, non è mia amica; secondo, pensi di uscire con lei?-chiese immediatamente la ragazza, corrugando le sopracciglia.
-Cosa dovrei fare?- ridacchiò, sorridendo ebete.
-Non puoi, non con lei!- squittì immediatamente, stizzita.
-Perché?- domandò Noah, sollevando un sopracciglio.
-Perché io la odio! Mi ha fregato il posto, non mi ruberà anche il migliore amico!- strillò, incrociando le braccia al petto irritata.
-Ma guarda che non penso che voglia essere mia amica, penso solo che..- cercò di spiegarle, sorridendo maliziosamente, ma un pugno lo colpì sul braccio.
-La odio. Sei il mio migliore amico, la devi odiare anche tu!- insistette lei, con molta enfasi, il che lo fece scoppiare a ridere.
-Parlando di cose più serie, quella ti ha preso il posto ingiustamente- affermò Noah, appoggiandosi al bancone.
-Oh lo so- annuì in fretta lei – Io sono di gran lunga migliore di lei- si affrettò a precisare.
-E te l’ha soffiato per una stronzata…- disse più duro lui. Rachel notò il cambiamento di tono e si fece più seria a sua volta.
-Noah, lo sai. Possiamo non parlarne?- farfugliò, voltandosi e cercando di allontanarsi, ma lui l’afferrò per un polso, costringendola a guardarlo.
-Potevi aver benissimo il ruolo della protagonista, potevi farti notare e hai scelto di non cantare?!-sbottò, stringendo la mascella duramente.
-Noah io non canto più! Smettila!- sibilò, fuggendo i suoi occhi e mordendosi il labbro.
-Eppure per Valerie hai cantato…-le ricordò, in un sussurro.
-Era My Headband e mi sentivate solo voi. E non ho intenzione di ripetermi- cercò di liquidarlo, continuando a cercare di divincolarsi dalla sua presa.
-Rachel sono stufo. Tu hai la voce più bella su questo pianeta e la stai nascondendo a tutti per una tua insana paura. Lo devi superare! Ormai sono passati anni, non cantare non ti farà sentire meglio!- le ringhiò, mentre lei lo guardava truce.
-No, è una mia decisione. Lasciami in pace- farfugliò mentre i suoi occhi si velavano.
-A me chiedi sempre di supportarti, anzi me lo imponi usando la scusa che siamo migliori amici. Bene, è il mio turno di usarla. Torna a cantare, me lo devi in quanto migliore amica- disse, calmandosi e cercando di tranquillizzarla, sorridendole dolce.
Rachel sospirò affranta, intrecciando poi i loro sguardi.
-Chiedimi tutto ma non questo- lo implorò, sul punto di piangere. L’espressione del ragazzo tornò dura, quasi feroce.
-Sai, penso uscirò con quella Mandy. Ci divertiremo un sacco- disse rabbioso, sorridendo sforzato.
-Bene- mormorò lei frustrata.
-Bene- ripeté lui allontanandosi di scatto.
-Sarete perfetti insieme- gli sibilò arrabbiata.
-Oh ne sono sicuro, non mi aspettare stasera perché penso non tornerò!- sbraitò togliendosi il grembiule e gettandolo via.
-Tanto io sono da Brittany- strillò lei, vedendolo dirigersi in casa. Si voltò stringendo le braccia al petto, cercando di trattenere le lacrime, ma fallì.
 
 
 
-Ciao Rach!- trillò Valerie facendola entrare con un grande sorriso.
-Ciao piccola- le rispose la donna, abbassandosi per abbracciarla.
-Guarda che non c’è bisogno che ti pieghi sulle ginocchia, non c’è molta differenza tra di voi- puntualizzò Quinn, mentre mordicchiava un grissino, già seduta al tavolo.
-Fabray, ogni giorno diventi più dolce- borbottò Rachel, guardandola storto, per poi sventolarle una custodia davanti al naso –Ho preso il film!- esclamò sorridendo.
-Oddio B, non avrai lasciato decidere a lei!- gracchiò la ragazza, guardando Brittany preoccupata –quella quando sente film capisce “musical”!- aggiunse, afferrando la custodia per capire cosa fosse.
-Avrei voluto portare Chicago, ma contando Vals ho optato per Hairspray- disse, sedendosi in mezzo alle bionde.
-Grazie al cielo ci sei tu Vals- sospirò Quinn, baciandole il capo, mentre la bambina non capendo continuava a mangiare il suo arrosto, facendo buffe facciotte.
Così cenarono chiacchierando, per poi sistemarsi nel divano a guardare il film. Appena terminò Brittany portò a letto la bambina, che si era già addormentata tra le sue braccia.
 
-Mi piacciono queste serate, dovremmo farlo più spesso- annuì Brittany, tornando ad accucciarsi al fianco di Rachel, la quale sospirò rabbuiandosi.
-Che c’è Rachel?- domandò Quinn, notando che qualcosa non andava. Era stata troppo silenziosa rispetto ai suo standard, non che le dispiacesse, ma la preoccupava.
-Non voglio tornare a casa- farfugliò quella, stringendosi le gambe contro il petto, mentre le altre due corrugavano le sopracciglia.
-Hai litigato con Noah?- chiese Brittany, come se la cosa fosse impossibile, ma la vide annuire.
-E se torno a casa e lo trovo con Mandy che faccio?- borbottò agitata.
-Mandy?- chiese Quinn –Ma non è quella che odiamo perché ti ha fregato il ruolo da protagonista?- cercò di capire, vedendo Rachel assentire di nuovo –e che ci fa con Puck?-
-Stasera uscivano, e lei non penso si fermerà a una cena. Tanto meno lui- borbottò, affondando il volto contro il petto.
-Se anche dovesse essere come dici, non la porterà a casa- l’avvertì Quinn. Rachel alzò il volto confusa.
-Come ne sei certa?-
-Non ha mai portato nessuna ragazza nella vostra casa- la informò, mentre un sorrisino appariva sulle sue labbra. Rachel sbattè le palpebre stupita.
-Non farebbe mai nulla per ferirti- aggiunse Brittany allungandosi sulla mora per coccolarla. Rachel abbracciò la bionda, stringendola mentre Quinn le carezzava la nuca, protettiva.
-Ah, e comunque, questa io la catalogo come gelosia- trillò ad un tratto, sorridendo furba. Rachel si alzò di scattò e la spinse giù dal divano, facendola ridere maggiormente.
 
 
 
La ragazza arrivò al Broadway e decise di salire dall’entrata sul retro, perché se Puck e Mandy fossero stati al locale non avrebbe voluto vederli. Arrivò in camera e si infilò velocemente il pigiama, sgattaiolando poi sotto le coperte grigie.
Non riusciva ad addormentarsi nemmeno lì.
Ad un tratto sentì dei rumori provenire dalla sala, poi li sentì più vicini, finchè il materasso non si abbassò a causa di un altro peso.
-Perché sei nel mio letto?- chiese Puck, sistemandosi nel suo lato, per poi avvicinarsi e puntellare il dito nella schiena di lei.
-Ti ho detto che voglio questo materasso- disse acida Rachel.
-E ricordi cosa ho detto io dopo?- ridacchiò lui, affrettandosi poi ad abbracciarla da dietro, il che la fece strillare e dimenare.
-Stammi lontano- brontolò, cercando ancora di staccarsi da lui, ma la presa di Noah era quasi più salda di prima. Il ragazzo appoggiò il mento sulla spalla di lei, ridacchiando.
-Non sono uscito con Amanda- confessò.
-Non ci credo- s’impuntò l’altra.
-Se fossi passata per il locale avresti visto che lavoravo- si difese lui, allentando la stretta.
-E perché non ci sei uscito?-chiese, riuscendo poi a voltarsi verso di lui e trovandolo troppo, troppo vicino.
-Perché noi la odiamo, giusto?- esclamò, con un sorriso ebete. Le non poté che sorridere a sua volta, arrossendo un poco.
-Per quella cosa Noah..- mormorò, nascondendo il viso nel suo petto.
-La supereremo Rachel, vedrai. Solo non ti arrendere- disse lui tranquillo, mentre con una mano le lisciava la schiena.
-Grazie- sussurrò lei gioiosa, sorridendogli teneramente.
-Sei la mia migliore amica, no?- scherzò lui.
-Certo, e tu il mio- ma nella sua testa si chiedeva se per lei fosse veramente solo quello.
 
***
 
Ok, un po’ di Puckleberry tenero tenero non guasta mai ;)
Ah, Alessia, questo è per te, un capitolo intero sulle tue giuoie :D
 
-Come si è capito, Rach non ha ancora superato la cosa del canto, ma Noah l’aiuterà ;D (forse cominciano anche a capire qualcosa -.-)
-Mandy…sinceramente la odio <_<
-Gli altri personaggi li ritroverete nel prossimo capitolo, tranquilli
 
A presto ;)
Besos,Miky
 
 

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Capitolo 12
*** Wendy ***


12}Wendy
 
 
 
-Mi farai venire un crisi isterica- soffiò la ragazza scendendo dalla macchina sbattendo la portiera.
-Questa è bella! Sei tu quella che mi ha urlato dietro fino ad ora perché “conoscevi la strada”… per poco non mi portavi in Canada!- borbottò, chiudendo l’auto e avvicinandosi all’entrata del condominio.
-Noah, io la strada la sapevo, eri tu che capivi male le indicazioni- continuò lei decisa, mentre saliva le scale dell’edificio per raggiungere il giusto appartamento.
-Sì certo. Se non era per me non ci saresti mai arrivata- brontolò il ragazzo, bussando con forza alla porta.
-Bravo, e perché non ci sei venuto da solo allora!?- strillò quella, stringendo le labbra.
-Sei stata tu a insistere nel venire, perché dovevi vedere Hummel!- ribattè il ragazzo, sorridendo compiaciuto del fatto che lei non avrebbe più avuto una scusa valida.
-Sembrate quasi marito e moglie- osservò Kurt, squadrando i due, per poi riceversi delle occhiatacce.
-Kurt, non ti ci mettere anche tu- mormorò Rachel, allungandosi per abbracciarlo.
-Se è una cosa che notano in tanti, non dovreste farvi delle domande?- chiese sorridendo, senza ricevere una risposta – Comunque, che ci fate qui voi due??- esclamò leggermente stupito, per poi salutarli calorosamente e farli accomodare in casa. Non si vedevano da una vita ormai.
-Avremmo bisogno di un favore- ammise Puck. Kurt alzò un sopracciglio vedendo i due mostrargli dei radiosi sorrisi.
-Inoltre volevamo vederti e portarti questo!- aggiunse Rachel, sventolando una borsa davanti agli occhi sognanti del ragazzo.
- Dolce e Gabbana?- domandò lui, sbattendo ripetutamente le ciglia, mentre tratteneva i gridolini di gioia, vedendo Rachel assentire con vigore.
-Direttamente da Milano!- precisò, portando i pugni sui fianco. Il ragazzo si buttò su di lei, abbracciandola e ringraziandola caldamente. Staccandosi poi la scrutò un momento, con il suo solito sorrisetto altezzoso.
-E’ interessante notare come lo stile e la moda non ti abbiano sfiorata nemmeno un po’- mormorò ridacchiando per poi concentrarsi sul suo pacchetto.
-Non si sono neppure avvicinati- annuì lei, scrollando le spalle, mentre il ragazzo scartava un paio di pantaloni neri, attillati e, a quanto dicevano i suoi occhioni azzurri, meravigliosi. I due lo guardarono storto quando li annusò, come fossero rose, per poi ripartire con sospiri da donzella innamorata. Ci vollero cinque minuti buoni perchè tornasse in se, riacquistando l’uso del linguaggio umano e tornando a portare lo sguardo sui ragazzi.
-Comunque- mormorò ancora su di giri – di che avevate bisogno?- chiese, sorridendo cordiale.
-Avremmo bisogno del numero di Dave Karofsky- confessò Puck, guardandolo serio.
 
 
 
Dave entrò con un sorrisetto stampato sulle labbra.
-Che ti ridi, scimmione?- domandò Santana alzando un sopracciglio, inquisitrice.
-Hanno detto che va bene- mormorò solo lui, mentre continuava a sorridere.
-Wooow- esclamò lei con finta enfasi – chi esattamente e per cosa?- domandò dopo, mentre si dirigeva verso la sua vaschetta di gelato sul tavolino della sala.
-I miei superiori. Hanno accettato di spostarmi in una filiale americana!- le spiegò il ragazzo, andando a prendersi un cucchiaino. Santana sgranò gli occhi, ricordandosi di aver assentito a tornare in America.
-Cavoli- borbottò sottovoce. Sperava che in realtà gli negassero il permesso, e invece andava sempre tutto storto. Ora, con la sua fortuna,  magari lo avevano anche spostato a Lima.
-Dove di preciso?- domandò, vedendolo tornare e sedersi accanto a lei.
-Ancora non me l’hanno riferito- le rispose, affondando il cucchiaino nel cioccolato, mentre lei gli sottraeva la scatola con una smorfia.
-Speriamo scelgano qualcosa tipo Los Angeles, Miami o NYC… e lascia stare il mio gelato- brontolò, mentre lui continuava ad infastidirla.
-Su, che se lo mangi da sola ingrassi- la derise, riuscendo a farselo passare.
-Ma quindi… dovrei lasciare il mio lavoro- convenne Santana, abbassando lo sguardo. Dave la guardò male.
-Non l’hai ancora fatto?- chiese, minaccioso.
-Senti Karofsky, un padre ce l’avevo. Se lui non mi fa la ramanzina, cosa ti fa pensare di potermela fare tu?- bonfichiò, riprendendo la confezione solo per se e trotterellando in cucina.
-Primo perché io sono il tuo doppio, secondo perché io ti voglio bene il triplo di tuo padre- affermò lui, raggiungendola con un sorrisetto di superiorità.
-Quanto sei odioso- farfugliò la latina, facendo roteare gli occhi.
Eppure quello che pensava era tutto il contrario. Dave non poteva che dire cosa più vera. Lui sicuramente le voleva più bene di suo padre e sua madre messi insieme. Lui l’aveva accettata anche sapendo che era lesbica, non come suo padre che, quando lei aveva trovato il coraggio di confessarglielo, le aveva fatto preparare le valigie, dicendo che aveva due scelte: andare in un centro per essere curata, o tagliare qualsiasi ponte con lui. Santana non aveva esitato ad urlargli contro che era felice di non aver più nessun legame con un bastardo come lui. Sua madre non si era opposta, ma per una questione di suggestione, era sempre stata influenzata dalle idee della gente e da quelle del marito, perché era una donna fragile, proprio come la figlia. A volte con sua madre ancora si vedevano, ma erano simili a conoscenti. Era stato orribile, perché per quanto dicesse di odiarli, di non essere interessata a loro, sin da piccola aveva sempre fatto di tutto per renderli orgogliosi di lei, vederli essere fieri di averla come figlia. Dave le era sempre stato accanto da allora, quando viveva da Brittany, quando era successa quella cosa, quando se ne era andata, fino a portarla con se in Inghilterra. Di certo Santana gli doveva molto, accettare quello che le aveva chiesto era come un dovere per lei.
-Ok ok, lo lascerò oggi. Contento tesoro mio?- trillò, passandogli pure la vaschetta di gelato.
-Chiamami ancora così e non lo sarò affatto- borbottò lui burbero, concentrandosi poi sul gelato.
La suoneria del cellulare di Dave cominciò a farsi sentire, perciò la ragazza tornò sul divano a recuperarlo. Nel display era scritto “numero sconosciuto”, per cui, mentre ritornava dall’amico, decise che poteva rispondere lei.
-Sono David Karofsky- disse, facendo il vocione mentre Dave roteava gli occhi, infastidito dal fatto che trovava sempre modi per metterlo in imbarazzo. Non sentendo una risposta dall’altro capo lei si corresse  – naah, non è vero, però questo è il suo cellulare, per cui…-
-Santana?-chiese la voce dall’altro capo. Una voce maschile, che la ragazza distinse fin troppo chiaramente. Dave la vide sgranare gli occhi, staccarsi il cellulare dall’orecchio e terminare la chiamata, leggermente agitata.
-Chi era?- domandò, afferrando il telefono, mentre lei gli si tornava a sedere a fianco, cercando di nascondere la reazione che aveva appena avuto.
-Puckerman- mormorò.
-Deve aver sentito il mio messaggio- sussurrò solo lui, guardando l’ispanica di sottecchi.
 
 
 
-Mi ha chiuso la chiamata in faccia..- mormorò Noah, con l’espressione di un bambino a cui sono state rubate le caramelle – Mi ha chiuso la chiamata in faccia! Come ha osato?-sibilò, ricomponendo il numero velocemente. Non rispose nessuno, ma lui chiamò ancora, e ancora.
-Dimmi Puckerman- sbuffò Dave.
-Dì a quella rincitrullita della tua amica di non fare mai più una cosa simile, altrimenti appena arrivo lì l’affogo!- sbraitò.
-Glielo riferirò. Comunque per quella cosa, abbiamo risolto- disse, pacatamente.
-Tornate qui?- domandò il ragazzo sgranando gli occhi. Era incredibile, Santana sarebbe tornata sul serio a casa?!
-No, torniamo solo in America. Non posso dirti altro, l’ho promesso a lei- bonfichiò.
-Cosa scusa?-
-Tanto lei si sarebbe opposta e avrebbe fatto solo la stronza.-disse Dave, mentre Santana gli intimava di finire quella conversazione.
-Dave finchè lei è lì con te non possiamo parlare liberamente. Ma io so che  tu sai che lei deve tornare a casa. Perciò dobbiamo inventarci qualcosa. Se sei con me, chiudi la chiamata ora- disse il ragazzo, sussurrando quasi le parole. Nonostante fosse la seconda persona che terminava la chiamata bruscamente, stavolta ne fu molto felice.
 
 
***
 
Santana parcheggiò nel suo solito posto. Scese e si trovò di fronte l’insegna già luminosa del locale. Proprio come la prima volta che l’aveva visto, Santana trovava in quel posto qualcosa di misterioso e accattivante. Era strano pensare che lavorava lì già da un anno, da quando era entrata per ottenere un posto di lavoro, ed ora si trovava lì per lasciarlo.
 
~~~
 
Santana si guardò attorno non riconoscendo le strade. Maledette grandi città che erano piene di vie e stradine imboscate. Quel giorno però era decisa, doveva trovare un cavolo di lavoro il prima possibile, sia per avere uno stipendio che le garantisse un’indipendenza economica, che per dimostrare a Dave che poteva cavarsela benissimo anche da sola. In quel caso però, chiedere indicazioni a qualcuno era assolutamente necessario. Parcheggiò così la macchina vicino ad una siepe, scendendo poi intenzionata ad entrare in un locale per chiedere informazioni. Voltandosi ne notò uno nell’angolo che catturò completamente la sua attenzione.
Il Neverland.
La facciata era di un vetro nero, sul quale troneggiava l’insegna bianca con bordi viola scuri. Sulla porta risaltava un foglio rosa. La ragazza si avvicinò curiosa, leggendo poi ciò che era scritto su di esso.
“Cercasi cameriera”.
Sorrise soddisfatta, pensando che mentre cercava indicazioni forse aveva trovato il lavoro. Decise perciò di entrare per sentire per quel posto. Appena si chiuse la porta alle spalle notò l’elegante arredamento degli interni, illuminato da basse luci rosse.
-Ciao ragazzina- la salutò una donna appoggiata al bancone. Santana si voltò immediatamente verso di lei. Era una giovane e bella ragazza, con capelli neri e liscissimi, legati in una coda alta; aveva due magnetici occhi verdi, tondi e luminosi che la stavano scrutando intensamente, mentre un sorriso aleggiava sulle sue labbra rosse e sottili.
-Salve- mormorò Santana avvicinandosi –mi chiedevo se il posto di cameriera fosse ancora libero?- domandò, sistemandosi i capelli con una mano, mentre l’altra donna spegneva la sigaretta in un posacenere.
-Non sei mai stata qui prima d’ora, vero?- chiese, sorridendo in modo strano. Santana scosse la testa, non capendo cosa c’entrasse.
-Viv, mi stavo chiedendo…- borbottò un’altra ragazza uscendo dalla porta che dava alla cucina. Doveva essere alta circa come Santana, ma aveva dei capelli biondi legati in due codini alti pieni di boccoli, e sia gli shorts che la corta canottiera risaltavano la pelle diafana.
-Hey ragazzina- esclamò appena vide Santana, ammiccando poi alla mora al bancone.
-Salve- ripeté l’ispanica, trovando quel “ragazzina” alquanto fastidioso, dopotutto non erano molto più grandi di lei quelle due.
-Piacere sono Eleonor, Leo- trillò entusiasta, piazzandosi davanti alla latina.
-Santana- rispose, accennando un sorriso di cortesia.
-Che ci fai qui, dolcezza?- chiese, osservandola meglio.
-E’ qui per il posto di lavoro- mormorò la mora –e io sono Vivyan –aggiunse, giocando con il piercing sopra al suo sopracciglio destro. Appena la bionda capì il motivo della sua presenza sembrò quasi più elettrizzata.
-Magnifico- squillò. Santana per un momento rimpianse di essere entrata, quel posto sembrava un covo di pazzi.
-Ma non conosce il nostro locale- precisò Vivyan, avvicinandosi a Eleonor, la quale sbattè le ciglia, guardando poi curiosa la latina, con i suoi piccoli occhi di un raro color grigio chiaro.
-Rimedierò subito- mormorò la bionda, avvicinandosi maggiormente all’ispanica.
-Questo è un locale per lesbiche….a luci rosse- le spiegò, indicando le lampade con un risolino. Santana boccheggiò per un momento, sbarrando gli occhi. Era finita in un club per lesbiche pervertite? Una specie di covo della sua razza?? Non vedendola rispondere Eleonor continuò nella sua spiegazione.
-Il miglior locale di lesbiche di tutta l’Inghilterra, oserei dire. Non troverai da nessun altra parte uno staff di così belle ragazze- cinguettò, dandosi aria ai capelli, mentre Vivyan roteava gli occhi ridacchiando – tu saresti la perla mancante della nostra brillante collana- ridacchiò, scorrendo i suoi occhietti sulle forme della latina.
- Comunque lavoreresti esattamente come cameriera, con il vantaggio che non avresti nessun uomo introno, solo molte donne…”affamate”. Anh, e anche la divisa non sarebbe proprio quella tipica, per il resto devi solo servire ai tavoli- concluse scrollando le spalle.
-Dovrei servire nuda?- strillò la latina, incrociando le braccia al petto, indignata.
-Non è quello che intendevamo noi, ma se ti andasse di farlo nessuno si lamenterebbe- scherzò la mora.
-Ahn, e per essere chiari, uno stipendio come il nostro lo offrono in pochi- puntualizzò la biondina, annuendo.
-Quindi lavorerei come cameriera tutta la notte in abiti un po’ scollati, con un ottimo guadagno?-riepilogò, arricciando le labbra, per poi vederle annuire –Allora ci sto!- affermò sicura, mostrando uno dei miglior sorrisetti stronzi alla Lopez.
-Davvero?- chiesero le due all’unisono incredule.
-Sì- affermò la latina, annuendo convinta.
-Niente problemi con le lesbiche quindi?- si accertò la bionda, sollevando un sopracciglio un poco dubbiosa.
-E chi ti dice che io non lo sia- rispose Santana, alzando le mani con disinvoltura.
-La cosa diventa tremendamente molto più interessante, ragazzina- mormorò Vivyan con la sua voce bassa, sorridendo maliziosa.
-Solo una cosa- mormorò la latina – non è che potreste evitare di chiamarmi “ragazzina”?-
 
~~~
 
-Hey ragazzina- trillò con il suo tipico entusiasmo Eleonor appena la vide entrare, per poi saltarle al collo e abbracciarla come faceva con tutti.
-Hey Leo- rispose lei , con un tono un po’ spento.
-Tutto bene?- domandò Vivyan, accendendosi la solita sigaretta.
-Dovrei parlarvi- sospirò l’ispanica, sedendosi sul bancone e accavallando le gambe, mentre le due la guardavano stranite –Mi vorrei licenziare- ammise, alzando poi gli occhi verso di loro. Leo spalancò la bocca disperata, mentre la mora sorrise, come se lo sapesse già.
-Non puoi! Non prima che io ti riesca a portare a letto!- strillò la bionda, puntando i piedi per terra, contrariata. Santana scoppiò a ridere.
-Ti ho già detto che non mi piacciono le bionde- le ricordò la latina, roteando gli occhi.
-Suvvia ragazzina, a tutti piacciono- sbuffò quella, giocando con alcuni dei suoi boccoli chiari.
-O magari non vuoi che ti piacciano perché una bionda una volta ti ha rubato il cuore- ipotizzò Vivyan, restando come sempre calma. Santana aggrottò se sopracciglia, scuotendo la testa. Vivyan aveva sempre colto quella che lei aveva cercato di nascondere, quella ragazza sapeva leggere tremendamente bene le persone, e ciò spaventava un po’ Santana.
-Comunque me ne vado, torno in America- motivò, leggermente dispiaciuta. Dopotutto quelle ragazze erano sempre state disponibili con lei e l’avevano fatta sentire una di loro dal primo giorno.
-Con David immagino-disse Vivyan, vedendo poi Santana annuire.
-Uffa sono arrabbiata- sbottò Eleonor sporgendo il labbro inferiore e rannicchiandosi contro il muro con le ginocchia contro al petto.
-Ci mancherai ragazzina- sorrise la mora, avvicinandosi alla latina per abbracciarla. Santana scese dal bancone e la strinse, come per ringraziarla dei bei momenti passati insieme. Forse erano state le sole uniche amiche che aveva trovato lì.
-Anche voi mi mancherete, ma sai Dave cosa ne pensa. Dice che dovrei mettere la testa a posto, sai quanto gli piace fare il moralista- soffiò, facendo ridere l’altra.
-Non sarebbe male- mormorò, spegnendo la sigaretta e buttandola nel cestino.
-Smettila di dargli ragione- borbottò Santana.
-Sei una bella persona Lopez, dovresti sul serio tornare a casa e diventare grande- scherzò Vivyan.
-E voi?- disse di rimando l’ispanica, stigliando gli occhi.
-Io sono come Peter Pan e le altre sono le mie bambine sperdute, tu invece sei come Wendy, ragazzina, ed è ora di tornare a casa-le spiegò la donna, con il suo solito sorriso intrigante. La latina ridacchiò, afferrando la borsa che aveva lasciato su un tavolo.
-Mandaci il tuo indirizzo, che se dovessimo passare in America verremmo a trovarti- mormorò ad un tratto Eleonor, alzandosi per andare ad abbracciarla a sua volta, mentre lei annuiva.
 
***
 
Eccoti Ammiraglia il capitolo pre-partenza. Vedi di tornare presto prestissimo ç_ç
 
Note:
-La cosa di peter pan non so da dove mi sia uscita xD
-Spoiler 3x01 Nella fic l’hummelberry è un po’ scialbo, e dopo la puntata di ieri in cui li ho amati, mi dispiace un sacco, perché in Glee sono diventati grandi amici. Per cui penso farò qualcosa per unirli ancora ;)
-Visto che il messaggio di Dave era importante! Sì, la frase con cui conclude Noah fa molto agente segreto, ma va bè xD
-Anh già, il flashback stavolta è all'interno di un capitolo, ed è qui perchè non segue il filo dei capitoli passati, mi serviva solo per spiegare un po' la faccenda di Santana. Se diventa tutto molto incasinato ditemi pure.
-Io non so se esista un locale simile a quello che ho inventato io, tanto meno penso sia a Londra, ma fate finta di nulla. Dopotutto nemmeno il McKinley esiste nella realtà u.u
 
A presto!
Besos,Miky

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Capitolo 13
*** Nobody's perfect ***


13}Nobody’s perfect
 
 
-Allora??- domandò il ragazzo curioso.
-Ci sentiremo poi per metterci d’accordo. La riporteremo a casa- affermò Puck con un sorriso soddisfatto.
-Ma … Brittany?- chiese Kurt, corrugando le sopracciglia.
-Brittany la sta aspettando. Tutti la stiamo aspettando, da così tanto che mi sembra sia giunta ora che ritorni. Quinn non si sposerà mai senza di lei- spiegò lui, passandosi la mano sulla cresta.
-Quinn si sposa?- strillò Kurt, battendo immediatamente le mani eccitato.
-Già, sarà presto una Chang- sorrise Rachel, partecipando al suo entusiasmo.
-Devo assolutamente aiutarla con il vestito, e tu devi starle lontana per quello- borbottò il ragazzo, guardando male Rachel, che ricambiò l’occhiata seccata.
-Piuttosto, tu e Blaine cosa state aspettando??- chiese Puck, con un’espressione interrogativa
-Potrei chiedere lo stesso a voi due- rispose Kurt, sorridendo malizioso e incrociando le braccia.
-Puoi rispondere seriamente?!- brontolò la ragazza, scuotendo la testa.
-Ma ero serio…-ridacchiò lui, alzandosi per poi dirigersi verso la cucina.
-Hey, dove scappi??- mugugnò Noah, seguendolo. Kurt roteò gli occhi.
-Prendevo solo qualcosa da offrivi- si giustificò il ragazzo, cercando qualcosa nella dispensa.
-C’è qualche problema con Blaine?- domandò ad un tratto Rachel. Conosceva Kurt e sapeva che in quel momento non stava facendo altro che evitare quell’argomento. Era strano, poiché da quello che sapeva i due stavano ancora insieme e tutto filava liscio, cioè erano Blaine e Kurt, Rachel li aveva sempre visti benissimo assieme.
Il ragazzo la fissò per un istante coni suoi occhi azzurri e liquidi, concentrandosi poi su altro.
-Sinceramente, non lo so- ammise, sospirando appena.
Puck corrugò le sopracciglia, appoggiandosi al frigo, mentre lo guardava confuso.
-Cioè Blaine è perfetto, si preoccupa per me per ogni cosa, ha sempre un sorriso da regalarmi, delle frasi dolci da sussurrarmi. –mormorò sorridendo, mentre Rachel faceva lo stesso ascoltandolo –Il fatto è che io non lo sono, io non sono perfetto per lui.- soffiò, tagliando una crostata e disponendola in un piattino.
-Nessuno è perfetto.- affermò Noah serio - Tranne me- aggiunse poi con un sorriso
-Sì certo- bonfichiò Rachel, scuotendo la testa – Comunque è vero. Nessuno è perfetto, tu vedi Blaine così, ma probabilmente lui pensa lo stesso di te- cercò di fargli capire lei, appoggiando una mano sulla sua spalla.
-Ed è questo il problema- sbottò però lui –Io …io non lo sono affatto- sussurrò tristemente.
-Perché?- domandò lei non capendo.
-L’hai tradito?- chiese Noah, senza farsi problemi. Kurt si voltò verso di lui, colpevole.
-No, ma… in un certo senso è come se lo facessi- confessò, facendo sgranare gli occhi agli altri due. Rachel boccheggiò, non sapendo che dire, di certo non si sarebbe aspettata una spiegazione del genere.
-Per Karofsky?- tentò Puck, chiarendole ad un tratto le idee, che furono confermate dal sospirare di Kurt.
-E’ che a volte mi trovo a pensare come sarebbe andata se io gli avessi dato fiducia, se non avessi pensato che lui avrebbe dato ascolto ai suoi genitori e sarebbe tornato da loro, se non fossi stato così geloso di tutto, persino di Santana. Ho sbagliato io, io ho voluto chiudere con Dave, e più ci penso, più ricordo quanto lui fosse perfetto per me. Allora mi viene da compararlo a Blaine, e se certe volte sono sicuro che Blaine sia la persona giusta, molte altre penso ciò di Dave.- ammise, con gli occhi lucidi, fissi sul pezzo di torta.
-Devi solo capire chi ami dei due- disse ad un tratto Noah, alzando le spalle –Quale dei due non puoi fare a meno, quello con cui ti vedi insieme tra ottant’anni  e vuoi che ogni giorno sia la tuo fianco, la persona che ti fa innamorare di lei ogni qualvolta la vedi- sussurrò, fissando l’amico. Kurt restò impressionato da quelle parole, sbattè le palpebre, cercando di assimilarle al meglio.
-Ricevere consigli d’amore da te Puckerman, penso fosse l’ultima cosa che mi sarei mai aspettato- ridacchiò, facendo sbuffare il ragazzo, leggermente imbarazzato per quello che aveva appena detto –Sarà perché sei anche tu innamorato- farfugliò Kurt, passando lo sguardo prima su Noah, poi su Rachel.
-Hummel, non cercherò mai più di aiutarti, è una promessa- brontolò Noah, imbronciandosi, mentre la ragazza lo guardava chiedendosi se Kurt non avesse ragione.
 
 
 
Mike ritentò in casa, reggendo il cartone della pizza con una sola mano, per poi cercare dove la sua ragazza stesse studiando ogni dettaglio del prossimo matrimonio. La trovò tutta concentrata sul divano, mentre sfogliava un catalogo in cerca di un’acconciatura. Si abbassò, baciandole dolcemente il capo.
-Ciao tesoro- mormorò lei, senza distogliere lo sguardo.
-Hai fame?- chiese lui, appoggiando la pizza sul tavolino posto di fronte al sofà, mentre andava a infilarsi qualcosa di più comodo.
-Oohh bacon e formaggio- la sentì esclamare gioiosa, per poi raggiungerla a tavola.
-Sai- iniziò, prendendo già il secondo spicchio –Ho chiamato il mio parroco, e ha detto che per la conversione sarà una faccenda un po’ lunga, per cui io direi di farla subito- gli riferì, versando ad entrambi  da bere.
-Cosa hai fatto?- domandò Mike, alzando un sopracciglio contrariato.
-Suvvia, ne avevamo già parlato- borbottò lei, scrollando le spalle –Per sposarci in chiesa devi convertirti- disse, senza badare alla sua reazione.
-No Quinn, io non ho mai detto che l’avrei fatto. Io non mi convertirò!-sbottò deciso, fermandosi a guardarla. Era scioccato dal fatto che lei avesse già contattato qualcuno, senza nemmeno chiederglielo, non dando importanza al suo non volersi convertire.
-Perchè devi fare così?- domandò lei, arricciando le labbra infastidita –Sai quanto ci tengo-. Lo fissò arrabbiata, notando che lo era anche lui.
-Quinn è un ragionamento assurdo. E’ da sciocchi, non fare la bambina- disse. Lei spalancò gli occhi, incredula. Scosse la testa irritata.
-E così sarei una bambina- sibilò, offesa, abbassando lo sguardo.
-Sì, in questo caso sì!- confermò il ragazzo –Perché non capire le ragioni per cui non voglio convertirmi è segno di infantilismo. Non ha senso che io mi converta al Cristianesimo, non credendoci, senza fede, solo per sposarti in chiesa. E’ da ipocriti, immensi ipocriti. Non lo farò mai- le spiegò. Ma lei non sembrava voler capire, si era alzata, tirando su con il naso e asciugando lacrime che avrebbe preferito non fossero scese.
-E così sarei una bambina capricciosa e ipocrita. Wow, che bella opinione che ha di me il mio futuro marito- farfugliò, mordendosi il labbro inferiore, cercando di non scoppiare a piangere.
-Quinn, ti prego, non fare così. Sai che non è quello che penso di te, tu non sei così, sto solo dicendo che su questo argomento ti stai comportando in questo modo- cercò di chiarirle, avvicinandosi a lei, per afferrarle le mani, ma lei lo scansò.
-Come se non sapessi quanto è importante per me- mormorò la bionda, prima di correre nella camera, sbattendo la porta, per poi scoppiare a piangere, soffocando i singhiozzi nel cuscino.
Mike strinse i pugni, lasciandosi poi cadere nuovamente sulla sedia. Pensò al comportamento della fidanzata, con lo sguardo perso davanti a se. Non voleva credere sul serio che si fosse tanto arrabbiata per la sua scelta. Lui non avrebbe ceduto, ma non voleva nemmeno perderla per ciò. Mike amava Quinn, la amava come nessuna, e ogni giorno di più, e proprio non capiva perché si fosse impuntata tanto per ciò. Sbuffò frustrato, chiuse il cartone e lo sistemò nel frigo, poi prese le chiavi ed uscì.
 
 
 
-Il Re Leone!- ripetè ancora Brittany.
-Noo Anastasia- ribattè Valerie, nascondendo il telecomando.
-Ma Anastasia l’abbiamo visto ieri- brontolò la madre.
-Ma nel Re Leone muore Mufasa- piagnucolò la bambina, saltellando sul posto.
Brittany arricciò le labbra, per poi inserire il dvd che preferiva la piccola.
-La prossima volta scelgo io però- disse, ma essendo voltata non vide la bambina scuotere la testa con vigore, mentre abbracciava il papero seduto tra le sue gambe incrociate. La madre fece per sedersi quando qualcuno suonò al campanello.
-Mami- la chiamò Valerie preoccupata –e se fossero gli orchetti??-.
Brittany la guardò con un sorriso, carezzandole la nuca.
-Tranquilla, ho messo gli gnomi in giardino apposta- la rassicurò, facendole l’occhiolino. Le due allora andarono alla porta, trovandosi poi davanti Mike, che appena le vide, mascherò il dolore con un grande sorriso.
-Oh, le mie adorate Pierce!- esclamò, abbassandosi per sollevare Valerie, che si era già buttata al suo collo contenta, facendo un cenno di saluto all’altra. Brittany lo guardò confusa, notando che qualcosa non andava.
-Sei venuto per guardare Anastasia?- chiese la bambina, facendogli segno di andare sul divano.
-Ovviamente Vals, non mi potrei perdere la cinquecentesima volta che la guardi- scherzò, scompigliandole i capelli, mentre lei rideva. I tre guardarono il film, ogni tanto interrotto dai commenti della bambina su quanto fosse brutto e cattivo Rasputin, cantando sopra ad ogni canzone come facevano sempre( ovviamente ad eccezione di quella del “cattivo”), con la bambina che puntualmente si arrabbiava con Dimitri che se ne andava, per poi soffiare un “oooh” alla fine, quando Ania andava con lui. Dopo la fine del cartone, Valerie non impiegò molto tempo prima di accucciarsi al petto di Mike.
Il ragazzo nonostante dormisse già la tenne ugualmente tra le sue braccia, notando poi lo sguardo confuso di Brittany.
-Che è successo?- chiese infatti quella, con un’espressione preoccupata.
-Io e Quinn abbiamo litigato- mormorò lui, osservando la bambina dormire beata.
-Come mai?- Brittany odiava quando le persone a cui voleva bene litigavano, era una di quelle cose che la faceva diventare triste, triste come un cucciolo di panda.
-Abbiamo idee differenti su una cosa- disse lui semplicemente.
-Ed è molto grave??- s’informò, notando come Mike non fosse molto disponibile a parlarne.
-Diciamo che è importante.- sussurrò, evitando gli occhi chiari dell’amica.
-Ma non vi lascerete per questo, vero? Dovete sposarvi. Mike se vi lasciate non vi parlo più- lo avvertì frettolosamente la bionda, più impensierita di prima.
-Oh, io non la lascerei per nessun motivo. E’ Quinn, la mia Quinn- chiarì subito – ma ho bisogno che capisca, altrimenti sarà lei a respingermi- soffiò, abbattuto.
Brittany stava per dire qualcosa, quando sentì bussare alla porta.
-Dovrebbero essere Puck e Rachel, li avevo chiamati io- le disse Mike, dopodiché la bionda andò ad aprire, ritrovandosi i due di fronte.
-Ciao B, che vuoi Chang?- sbottò Noah entrando e ricevendosi un buffetto sul braccio da Rachel.
-Fai piano, a quest’ora Valerie dormirà- bisbigliò la brunetta, per poi salutare gli amici.
-Scusate- mormorò Noah, per poi vedere la piccola rigirarsi tra le braccia dell’asiatico –Allora??-
-Rachel avrei bisogno del tuo aiuto- mormorò il ragazzo, con uno sguardo implorante.
-Belli gli amici. Torni a casa da New York, dopo aver sopportato sia la Berry che Hummel, ti chiamano e vai subito, per scoprire che non hanno bisogno di te- brontolò,  sedendosi accanto a Mike e prendendo Marshall sulle gambe.
-Non dargli ascolto – scrollò le spalle Rachel, alludendo a Noah – dimmi tutto- gli sorrise.
-Avrei litigato con Quinn, ma non voglio che si isoli come tende a fare. Potreste andare da lei e parlarle, o anche solo farle compagnia. Non m’interessa se la pensate come lei o come me, vorrei solo che non si sentisse sola- supplicò.
-Certo, con piacere- annuì immediatamente Rachel.
-Resti tu con Valerie?- chiese Brittany con un sorriso, vedendolo poi annuire.
-Noah tu invece vai a casa che domani mattina devi aprire il locale- ordinò Rachel, invitandolo ad alzarsi in fretta. Lui lo fece, borbottando e lamentandosi.
-Ma guarda con che gente devo avere a che fare…- farfugliò, scuotendo il capo.
 
 
 
Quinn cercò di aprire gli occhi, ancora assonnati e gonfi per il pianto. Si girò su un lato e fece per stirarsi, ma prese contro qualcosa. Cavoli, Mike aveva forse dormito con lei? Sbarrò gli occhi, trovandosi poi nel letto chi non avrebbe mai pensato. Sulla sua destra Rachel dormiva a pancia in giù con la bocca semiaperta, sulla sua sinistra Brittany stringeva il cucino, con una gamba che le penzolava fuori dal letto. Nel vedere le amiche le affiorò un sorrisino, che però ben presto scomparve, quando i ricordi della sera prima le tornarono in mente. Scosse allora Rachel, poi Brittany, facendole svegliare di colpo.
-Buongiorno Quinn- farfugliò la bionda, avvicinandosi alla ragazza e abbracciandola, per poi richiudere gli occhi con la testa appoggiata alla sua schiena.
-Buongiorno Britts- rispose lei- ‘Giorno anche a te Rach- aggiunse, mentre la brunetta cercava di mettere a fuoco strizzando gli occhi, tentando nel contempo di ricordare perché era lì.
-Hey Q- mugugnò, cercando di sistemarsi i capelli in una coda.
-Cosa ci fate qui?- chiese Quinn, volendo naturalmente delle spiegazioni.
-Volevamo sgridarti- mugugnò Brittany –Tu e Mike non dovreste litigare-. Quinn le guardò, male, buttandosi poi in un qualche modo giù dal letto e andando frettolosamente in bagno.
-Fabray, non ce ne andiamo finché non abbiamo parlato- le urlò Rachel.
Quando uscì dal bagno le due non erano più in camera, ma le trovò senza nessuna difficoltà nella cucina, intente a preparare la colazione per tutte e tre.
Quinn si sedette, versandosi del succo, senza rivolgere la parola alle amiche.
-Vuoi una pasta o..-
-Io mangio solo bacon e uova appena sveglia- borbottò, vedendo poi che la ragazza le aveva preparato proprio quello. La ragazza continuò a stare in silenzio, ascoltando Rachel raccontare di Kurt, New York e le litigate con Noah, mentre Brittany guardava i cartoni distrattamente.
-Quinn- la chiamò ad un tratto Brittany, disincantandola. Alzò il capo e vide la sua espressione triste.
-Non dovete lasciarvi. Non voglio- la supplicò –Non ho capito  cosa deve fare Mike per sposarti, ma è una cosa stupida. Voi vi amate, non lasciatevi per una sciocchezza- farfugliò angosciata. Quinn vide i suoi occhi diventare lucidi e capì tutto il peso di quelle parole. Le si avvicinò e l’abbracciò forte.
-Non preoccuparti B, non ci siamo lasciati. Dobbiamo solo chiarire su una cosa. Tutti litigano ogni tanto- cercò di rassicurarla, accarezzandole la schiena.
-Ma vi sposerete, vero?- domandò quella, stringendosi alla bionda.
-S-sì- annuì non troppo convinta Quinn – ma deve ancora passarne di tempo, prima di tutto deve ancora tornare Santana- sospirò. Brittany assentì, appoggiando il mento sulla sua spalla, con le braccia legate dietro al collo di Quinn.
Rachel in quel momento capì quanto fosse stata importate la chiamata del giorno prima con Dave. Dovevano riportare a casa Santana, dovevano farlo subito. Lei sicuramente sarebbe entrata urlando in spagnolo e Mike e Quinn non avrebbero nemmeno pensato di litigare; inoltre se ci fosse stata lei, sicuramente Brittany in quel momento non avrebbe pianto.
 
 
***
 
Dopo varie richieste di gruppo, eccomi qui ad aggiornare ;)
 
Note:
-Noah, a volte ti tratto maluccio, ma sai che ti amo <3
-Emh…oh c’è anche il Quike angst! Allora, è un altro argomento che io vedo molto seriamente. Partendo dal fatto che il personaggio di Quinn era nato come molto religioso (poi i RIB non sanno cosa si al continuità, per cui va bè), io ho voluto rimanere abbastanza fedele,e sappiamo anche degli sbalzi di umore della Fabray, per cui io non la vedo così OOC come reazione. Il tema invece allo stesso tempo lo ritengo abbastanza importante. Lasciando perdere il fatto che io sia cristiana credente, ciò non toglie il fatto che il pensiero di Mike rappresenti esattamente il mio, perché al giorno d’oggi ci sono coppie nelle quali uno si converte per convenzione, perché così ci si può sposare in chiesa, perché va di moda, insomma per stronzate. E la cosa a me sinceramente sa molto di ipocrisia, per cui, volevo solo segnalarla.
Poi, perché io inserisca tutto ciò nelle ff rompendo le balle a voi, non lo so. Diciamo per dare un senso più profondo, un che di realistico, bah..
-Un po’ di Fabcon non fa mai male (Fabrayxbacon xD)
-Non so voi, ma io Mike lo vedo tipo come l’uomo perfetto, per cui chiede a Rach e B di non lasciare la sua donzella da sola ;)
-Anh, e riguardo al titolo. Nessuno è perfetto tranne Mark e l’Heyachele u_u
 
Bon, avrei finito.
A presto!
Spero ci siano pochi errori.
Besos,Miky

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Capitolo 14
*** *Please, just let me go* ***


 
14}*Please, just let me go*
 
 
La dottoressa premette sulla sua pancia, spargendole quella sostanza gelatinosa e fredda.
Sullo schermo apparvero delle immagini che Brittany non capiva, era tutto grigio ed uniforme, eccetto un  puntino nero. La donna sorrise, indicando proprio quel puntino sullo schermo.
-Lei è incinta –sorrise. Gli occhi della bionda si illuminarono gioiosi.
-Quella è la camera gestazionale, dove il suo embrione si svilupperà fino a diventare un bambino, o una bambina- le spiego, continuando a indicare quel punto nero. Mai Brittany aveva visto un puntino tanto carino in vita sua.
Forse sarebbe riuscita a far sorridere Santana ancora.
 
 
 
-Brittany- mormorò Santana sollevando il volto dal libro quando la vide entrare. Aveva cominciato a leggere libri su libri per non pensare, perché pensare la faceva stare male.
Leggeva di giorno e di notte perché era diventata insonne, i dottori dicevano che era normale all’inizio, ma Santana non prestava più ascolto ai dottori da quattro settimane.
La bionda le si avvicinò con un tenero sorriso, dopodiché si abbassò su di lei per darle un bacio sulle labbra. Ma come succedeva da quattro settimane la risposta della latina era spenta.
-Ti devo parlare- sussurrò, vedendola sedersi accanto a lei.
-Anche io, ma prima dimmi tu- disse la bionda, continuando a sorriderle dolcemente.
-Io non ce la faccio più- scandì la mora, mentre i suoi occhi si velavano di lacrime come ogni due o tre ore al giorno.
-Lo so che è difficile, ma insieme lo supereremo- la confortò Brittany, afferrandole la mano. Santana scosse la testa, staccandosi dalla ragazza quasi spaventata.
-Io non posso restare con te. Io me ne devo andare- sussurrò senza guardarla negli occhi. Brittany si sentì mancare il respiro, e la fissò stordita.
-P-Perché?- chiese, mentre il tono ella sua voce s’incrinava sensibilmente.
-Tutto qui mi ricorda lui. Qualsiasi cosa o persona… soprattutto tu- le spiegò –e non sai quanto mi dispiace, perché io ti amo, ti amo così tanto, ma non posso starti vicina. Vederti mi ricorda …. E ..e ricordare mi uccide ogni volta. Io devo andarmene- bisbigliò asciugandosi freneticamente le goccioline che uscivano dai suoi occhi arrossati.
-Troveremo qualcuno che ti farà sorpassare quello che è successo..Chiedi a Quinn… anche io sto malissimo, ma mai arriverei a staccarmi da te! gridò la bionda, scuotendo forte il capo.
-No, nessun psicologo mi potrà aiutare, come chiudo gli occhi rivedo sempre quel giorno- gemette la mora, corrugando le sopracciglia.
-Non puoi lasciarmi, ricordi la prima regola? Santana ha sempre ragione- disse agitata Brittany. Santana la guardò con un’espressione interrogativa, non capendo a cosa alludesse.
-Mi giurasti che mai ti saresti stancata di me e che saremmo sempre state insieme, io lo ricordo- mormorò la ragazza, stringendo le labbra.
-Quelle regole sono sbagliate- bisbigliò la latina, alzandosi e dirigendosi in camera. Brittany la seguì e vide le valigie già preparate sul letto. Aprì la bocca ma le parole le morirono in gola.
-Per favore- le implorò Santana avvicinandosi a lei –Lasciami andare. Sarà meglio per entrambe-la supplicò, fissando i suoi occhi azzurri. Non li aveva mai visti così avviliti, era come quando si annuvola il cielo. Brittany scosse la testa con vigore.
-Fallo se mi ami- tentò ancora l’ispanica.
-Io sono terrorizzata, ma non me ne vado- gemette la bionda.
Passarono alcuni secondi prima che Santana trovasse una risposta a quella affermazione.
-Tu sei sempre stata la più forte, per questo ce la farai senza di me- cercò di consolarla la mora. Posò le sue labbra sulla sua fronte, stampandole un bacio, poi si staccò e afferrò le valigie. La guardò per l’ultima volta e uscì dalla casa. Brittany si accasciò sul pavimento, scossa dal pianto.
Se ne era andata e il suo ultimo bacio sulla sua fronte era stato l’addio più brutto che potesse ricevere.
 
 
 
Santana afferrò il cellulare, cercando di risistemarsi. La gola le bruciava e aveva finito i fazzoletti. Appoggiò i gomiti sul volante, aspettando una risposta.
-Tutto bene?-chiese il ragazzo preoccupato dall’altro capo. Ormai tutti si rivolgevano così nei suoi confronti, tutti volevano sapere come stava. Come pensavano che potesse stare?
-Posso venire da te per un po’?- chiese immediatamente.
-Cosa è successo con Brittany?- domandò lui allarmato.
-Ti spiegherò, posso?-insistette.
-Sì, ti mando un messaggio con l’indirizzo- acconsentì Dave.
-Grazie, a presto- sussurrò Santana prima di chiudere la chiamata
 
 
 
-Hey B, dimmi tutto- cercò di sorriderle Quinn entrando velocemente. L’altra si gettò tra le sue braccia, stringendosi forte a lei.
-Santana …. – sussurrò, facendo quasi fatica a continuare –se n’è… se n’è andata- . Quinn sbarrò gli occhi attonita, poi cominciò ad accarezzare dolcemente la schiena dell’amica.
-Tornerà- mormorò, non credendoci nemmeno troppo.
-No- negò immediatamente l’altra –Io le ricordo lui ..non tornerà mai più- bisbigliò distrutta.
-Sai cosa facciamo?- chiese retoricamente la ragazza, staccandosi per cercare gli occhi celesti dell’amica –la andiamo a fermare, la riporteremo qui,  ne parleremo, ok?- propose con un sorriso amichevole. Brittany tirò sul con il naso e annuì, ringraziando l’amica con un timido sorriso.
Quinn compose il numero di Santana e portò il telefono all’orecchio.
-Sì?-
-Hey San dove sei, volevo fare due chiacchiere, sei a casa?- domandò, come se non fosse al corrente di nulla.
-No, sono all’aeroporto. Non cercarmi più Quinn. Addio- mormorò la ragazza per poi terminare la conversazione bruscamente.
Quinn sorrise, ora sapevano dove trovarla.
 
 
 
-Papà non sto andando in guerra!- sbottò Rachel staccandosi dalla stretta soffocante di Hiram.
-Ma starai via per anni, io mi perderò i tuoi spettacoli, non avrò più la mia bambina da coccolare, poi..- piagnucolò l’uomo, che fu poi messo a tacere dal marito.
-Credo di aver capito da dove viene la tua parlantina- notò Noah annuendo. Rachel ridacchiò, scuotendo divertita il capo.
-Così non ci si vedrà per un po’, eh?- disse il ragazzo, passandosi una mano sulla cresta. Rachel assentì, sorridendo appena.
-Ma ti chiamerò una o due volte al giorno- trillò, facendogli sbarrare gli occhi.
-Che farai?- domandò lui preoccupato.
-Dai, due o tre volte a settimana va meglio?- propose, guardandolo con i suoi grandi occhi nocciola.
-Già più accettabile- accordò il ragazzo.
-E vedi di non far fallire il mio locale- lo minacciò, puntandogli contro l’indice.
-E’ il nostro locale, pulce. E stai tranquilla, ci pensa Zio Puck- la tranquillizzò, dandole pacchettine sulla spalla.
Lei rise, per poi buttarsi tra le sue braccia.
-Mi mancherà lo Zio Puck- mormorò la ragazza.
-Faccio a tutte questo effetto, baby- la derise lui, beccandosi un’occhiataccia –Mi mancherai anche tu, nanerottola- le mormorò, accarezzandole i capelli morbidi. Lei si staccò e gli sorrise di nuovo.
Quel sorriso gli sarebbe mancato tremendamente.
-Doveva venire anche Quinn, se lo sarà dimenticata – farfugliò poco dopo, afferrando la borsa che aveva appoggiato per terra, con un’espressione un po’ dispiaciuta.
-Avrà avuto un buon motivo, altrimenti non ti avrebbe lasciato partire senza venire a prenderti in giro un ultima volta in diretta- cercò di consolarla Noah, con una delle sue facce ebeti. La ragazza annuì, tornando poi a salutare i genitori.
-A presto- gridò agitando la mano mentre si allontanava.
Noah la vide andarsene, chiacchierando serenamente con il resto della compagnia. Prese poi in mano il cellulare e notò diversi messaggi da parte di Quinn.
 
 
 
Le due ragazze entrarono nell’aeroporto correndo,cominciando a guardarsi intorno per scorgere la latina. La videro imbarcare le valige e Quinn corse verso di lei, chiedendo a Brittany di attendere.
-Santana!-la chiamò, facendola girare con un’espressione quasi spaventata.
-Quinn, che ci fai qui?- chiese sgranando gli occhi agitata.
-Sei pazza?- sbottò la bionda, con un’espressione accigliata.
-Me lo dici tu che hai i capelli spettinati e ha un vestito arancione evidenziatore..- borbottò l’ispanica cercando di evitare il vero problema.
-Andartene non risolverà nulla, lo devi affrontare!-strillò la bionda arrabbiata.
-Non ci riesco!- le gridò di rimando Santana, mentre tutti gli sguardi venivano puntati su di loro.
-Ce la farai! Non scappare, fallo per Brittany, non lasciarla!-ringhiò Quinn, stringendo la mascella.
-Non posso, io muoio ogni volta che la vedo-sussurrò, afferrando il bagaglio a mano e cominciando a camminare verso il check in.
-Ti vogliamo tutti bene, ti aiuteremo noi. Ora pensi che vederla ti fa stare male, ma non vederla ti farà sentire ancora peggio..- la supplicò Quinn seguendola. Santana si voltò, guardando l’amica con il fiatone.
-Addio Quinn, sei una buona amica. Io no, dimenticami- mormorò prima di passare dove la bionda non poteva –E poi Brit non è nemmeno venuta a fermarmi, l’avrà già accettato- si disse, come per convincersi.
 
Così poco dopo salì sull’aereo per New York, sedendosi accanto al finestrino con un libro in mano. Guardò fuori per vedere la città un’ultima volta. Allora realizzò perché Quinn indossava quel vestito arancione, inconfondibile anche da lontano, che risaltava sull’asfalto. Così vide la ragazza abbracciare un’altra bionda e capì solo in quel momento chi stava lasciando,e per la seconda volta nel giro di un mese si sentì ancora morire.
 
 
 
-Kurt, dovrei dirti una cosa- mormorò Dave mentre passeggiavano vicino a Central Park. Il ragazzo sgranò gli occhi, non sentiva mai quelle parole uscire dalla bocca del fidanzato, e solitamente non era un bel segno, soprattutto se usava qual tono.
-Dimmi- pigolò nervoso.
-Santana viene a stare da noi per un po’- espose il più alto, guardandosi poi intorno distrattamente.
-Che?- gracchiò il più basso, fermandosi di colpo –Quella ha una casa, una ragazza e al massimo dei genitori da cui tornare. Perchè dovrebbe venire a vivere da noi?- strillò, mentre sbatteva concitatamente le ciglia.
-Non rompere troppo- brontolò David, dando alcune pacche sulla testa dell’altro, il quale immediatamente sbuffò, lamentandosi perché gli aveva scompigliato i capelli –E’ la mia migliore amica, quando avevo bisogno io lei c’era. Glielo devo- spiegò scrollando le spalle. Kurt lo osservò senza ribattere.
-E va bene… ma non per troppo!- acconsentì.
-Guarda che non te lo stavo chiedendo, io avevo già deciso- mormorò Dave con un sorriso beffardo.
-Kurt!- gridò un ragazzo poco distante da loro, facendoli girare e fermando sul nascere le proteste  di Hummel. Dave appena vide quel paio di sopracciglia triangolari, quel sorriso da idiota e quegli occhiali rosa ebbe voglia di issare Kurt sulle spalle e correre via.
Purtroppo era un’idea che sfiorava solo lui, infatti Blaine e il suo accompagnatore dalla bionda chioma si avvicinarono con i loro sorrisini da checche mentre David li fissava dall’alto, corrucciato. Kurofsky si compiacque però che almeno Kurt non sembrava così allegro del loro incontro.
-Blaine, Jeremiah- mormorò, con un sorriso tirato. Il moro si slanciò ad abbracciarlo, con la sua solita foga, mentre il biondo salutava timidamente.
-Che ci fate qui?- chiese bruscamente Dave.
-Ho appena affittato un appartamento poco distante da qua!- trillò Blaine sorridendo allegro.
-Woow- disse Karofsky senza enfasi.
-Potresti mostrarglielo- propose Jeremiah, scrollando le spalle.
-Ma certo, perché non ci ho pensato prima!-squillò Blaine quasi saltando. Tra gli sbuffi e i sorrisi di cortesia di Kurt i quattro ragazzi si avviarono verso la nova casa dell’ex Warbler, procedendo a malavoglia. Più Dave si guardava in giro più era terrorizzato. La paura arrivò al culmine quando imboccarono la via del loro stesso condominio. Quando Blaine si fermò proprio davanti a quell’edificio sia lui che Kurt sbiancarono, ma probabilmente gli altri due ragazzi non se ne accorsero, o almeno non subito.
-E’ al terzo piano, l’ascensore è..- spiegò il ragazzo, ma vide che i due ragazzi sapevano orientarsi bene -Siete già stati qui?-domandò, corrugando le sopracciglia.
-Abitiamo al quinto piano- mormorò Kurt, sospirando.
 
 
 
Puck entrò nella casa ansioso. Si fiondò verso il divano dove Quinn stava coccolando Brittany.
-Hey Britts, sono qui- le sussurrò, sorridendole. Lei si alzò, asciugandosi le lacrime e sporgendosi per abbracciarlo. Sentiva quanto la presa della ragazza fosse debole. Sapeva quanto soffrisse stare staccata da Santana. Dire che pensare di non vederla più era come morire per lei, era un eufemismo.
Mike portò delle tazze di thè per tutti, sorridendo debolmente alla ragazza, che si riaccucciò sul divano, mentre Quinn le sistemava premurosamente i capelli. 
-Senti, noi non andiamo da nessuna parte. Siamo qui per te e ci staremo finché vuoi- la rassicurò Noah, sedendosi accanto a lei.
-Ma lei…- bisbigliò Brittany, non riuscendo ad afferrare la tazza verde per il tremore.
-Lei se ne è andata, ma questo non ti deve impedire di vivere. Tu sei una persona piena di vita, forte e …- le mormorò Quinn, sorridendole dolcemente, ma Brittany la fermò stringendole la mano. La guardò dritta nei suoi occhi verdi, specchiando i suoi, e Quinn capì che ciò che le avrebbe detto sarebbe stato veramente importante.
-Sono incinta- confessò in un sussurro.
Gli altri sgranarono gli occhi, un po’ preoccupati e un po’ stupiti, non sapendo come prendere la notizia.
-Io…io…- farfugliò cercando di spiegarsi –Rachel ha portato quel regalo per il bambino di Santana, e io volevo fare un regalo bellissimo, una cosa favolosa. Quando ero piccola tutto ciò che volevo era una sorellina o un fratellino, perciò ho pensato che il regalo più bello sarebbe stato quello. Io, non l’avevo detto a nessuno perché doveva essere una sorpresa, non ne ero nemmeno sicura… ma stamattina la dottoressa ha detto che aspetto un bambino- spiegò cercando delle risposte negli occhi degli amici, che esitarono un poco.
-Wow è fantastico!- esclamò Puck ad un tratto –Io sarò lo zio fico!- decise, sorridendo sornione.
-Io sarò quello fico- borbottò Mike tirandogli un cuscino.
-Ma taci Chang! Se fosse una bimba si innamorerebbe di me, e se fosse un bimbo vorrebbe la mia cresta…non hai chance!- si vantò, passandosi la mano sulla testa.
-Vedremo vedremo- disse l’asiatico con aria di sfida.
-Allora… non siete arrabbiati?- domandò Brittany sorridendo un poco, contenta della reazione dei ragazzi.
-E perché dovremmo!? Ti aiuteremo B, siamo una famiglia, no?!- le sorrise Quinn abbracciandola. Brittany annuì, solo quel gesto era un motivo per ricominciare a sperare, perché forse non tutto era perduto.
-Ah- mormorò staccandosi dall’abbraccio di gruppo –Dite che dovrei cominciare a comprare mangime per cicogne?-
 
 
***
 
Allora, eccovi foche malate. Io spero sempre che il vostro amore riesca a vincere l’odio che questo capitolo avrà fatto crescere per me u-u
Non ho molto da dire .-.
In realtà qualcosa dovevo dirla, ma non ricordo -.-
Se volete sapere perché B non ha detto nulla, aspettate 5/6 capitoli :D
 
Tanto ammore per voi <3
Besos,Miky

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Capitolo 15
*** Los Angeles ***


15}Los Angeles
 
 

-Per cui tu e Quinn non avete ancora parlato??- strillò Rachel alzandosi agitata.

-No, non ci siamo ancora visti…- mormorò il ragazzo, girando il cappuccino senza alcuna enfasi.
-Come non vi siete ancora visti???Ormai sono passati tre giorni…- borbottò Noah, fermandosi davanti a lui, con un vassoio vuoto in mano.
-Sono rimasto a dormire da B. L’ho provata a chiamare, ma non mi risponde. Le darò un po’ di tempo- farfugliò tristemente, senza alzare lo sguardo.
-No, no! Vai subito da lei!- disse Rachel, picchiettandogli la spalla come per incitarlo a sbrigarsi.
-So cosa sto facendo. Voglio che capisca..Piuttosto, per non rompere ancora a Britt, posso rimanere da voi stasera, so che avete una stanza vuota- mormorò, accennando un sorriso. Rachel lo colpì più forte, stringendo gli occhi irritata.
-Smettila, quella è la mia camera e ci dormo io- ribattè.
-Pfff- Noah non riuscì a trattenere la risata, andando poi verso il bancone.
-Ogni tanto- precisò la ragazza, roteando gli occhi –E comunque devi tornare da Quinn il prima possibile- insistette.
-Ma tu non dovresti lavorare??-chiese Mike, alzando un sopracciglio.
-Non cambiare argomento- sibilò la brunetta.
-Rachel ha le mutandine rosa- trillò Valerie alle sue spalle, mentre con una mano le teneva alzata la gonna, ispezionando il suo intimo. La ragazza sobbalzò, voltandosi e sistemandosi l’indumento.
-Valerie, non si alzano le gonne delle ragazze- squittì, per poi abbassarsi a prenderla in braccio, e darle un bacetto sulla guancia.
-Me l’ha chiesto Noah- squillò quella, sorridendole. Rachel vide Noah dietro al bancone, con Brittany davanti seduta su uno sgabello, sghignazzare divertito, e lo fulminò con lo sguardo, stringendo le labbra infastidita.
-Io le ho bianche con i fiorellini, mamma le ha gialle…- continuò la bimba allegra, mentre giocava con alcune ciocche di Rachel.
-Sì, ok, vogliamo parlare di altro?- domandò la brunetta ridacchiando.
-Mami va via per tantissimi giorni- mugugnò la piccola, sporgendo all’infuori il labbro inferiore.
-Per lavoro?-chiese, ricevendo un “sì” della piccola con il capo – e dove va?- continuò Rachel, sedendosi di fronte a Mike, così da mettere comoda la bambina.
-Dagli angeli- sbuffò quella.
-A Los Angeles?- tentò Mike, per poi vederla assentire.
-Bè, allora per un po’ starai con noi!- esclamò sorridendo la ragazza, senza però ottenere il risultato sperato.
-Ma io voglio la mia mamma- borbottò Valerie, per poi allungarsi a stringere Rachel, appoggiando la testolina sulla sua spalla, con lo sguardo rivolto verso Brittany che stava discutendo con Noah da un po’.
Quest’ultimi qualche minuto dopo raggiunsero gli altri, sorridendo allegri.
-Abbiamo una sorpresa!- squillò Brittany battendo le mani e guardando la figlia eccitata. Noah tamburellò le dita su un tavolo, come fosse una batteria.
-Si va una settimana in vacanza a Los Angeles!- disse eccitato, battendo poi il cinque alla bionda. Valerie si agitò contenta, scendendo dalle gambe di Rachel per andare ad abbracciare la madre.
-Sei serio?- chiese la brunetta confusa.
-Certo! E’ una delle ultime settimane di estate, Brit ha il lavoro là, Mike ha due settimane di ferie, il locale lo gestiscono Sam e gli altri, Quinn si prende giorni di vacanza, e ce ne andiamo tutti nella East Coast!- spiegò, mostrando poi un sorrisone gioioso.
-Mi sembra un’ottima idea!-accettò Mike, sorridendo.
Lo sguardo di Rachel non sembrava molto d’accordo, allora Puck le si avvicinò con un sorrisetto –Precisamente andremo a….- le mormorò – Malibùù- cantilenò. Rachel appena sentì la destinazione scattò in piedi eccitata.
-Partiamo immediatamente!- strillò saltellando sul posto, facendo strani balletti di apprezzamento.
-E’ impazzita?- chiese Mike sconvolto.
-Barbra risiede a Malibù- spiegò Noah divertito, mentre Rachel continuava i festeggiamenti con Valerie.
 
 
 
-Sul serio? Un’altra??- domandò Dave, vedendo Santana scattare verso un negozio, tenendolo sotto braccio.
-Sì, visto che devo portare tutte le mie cose, c’è bisogno di molte valige!- ribatté quella, salutando poi la commessa e dirigendosi verso le borse.
-Oddio, in effetti se penso al tuo armadio…- sbuffò quello.
-Ti hanno poi detto dove ti trasferiscono?- chiese la ragazza, scrutando la merce, con gli occhi a fessura.
-Non ancora, però ho una sorpresa per te!- sussurrò lui, con un sorrisino. Santana spostò lo sguardo su di lui, curiosa come sempre. Accennò un sorriso, aspettando la notizia.
-Ho preso due settimane di ferie, e …- disse mentre lei attendeva trepidante –ho deciso di portarti in vacanza al mare!- rivelò, facendo il vago. Santana spalancò la bocca, lanciandosi poi in un abbraccio.
-Il mio scimmioneee!- mormorò entusiasta. Lui arrossì, mentre lei continuava a stringersi a lui, quasi a fatica per la differenza di altezza.
-Bene, sempre se la smetti di fare l’appiccicosa borbottò imbarazzato. La latina si staccò, facendogli una linguaccia e scrollando le spalle.
-Ma quindi se hai detto che “mi porti”, vuole dire che paghi tutto tu??- rifletté subito dopo, portando una mano sotto il mento. Lui roteò gli occhi, annuendo con poca energia.
-Sì, sempre che non mi sfinisci prima e ti chiuda in una valigia per poi spedirti in Australia- commentò.
Lei non lo ascoltò nemmeno, pensando  piuttosto al fatto che sarebbe partita per una vacanza gratuita, con il suo Dave.
-Dovremmo allora andare anche a comprare dei costumi!- esclamò ad un tratto, sorridendo gioiosa.
-Ma perché ho avuto un’idea così folle?!?- borbottò alzando gli occhi in alto il ragazzo.
-Perché sei un bravo fratellone…Ma, dov’è che andiamo di preciso- domandò l’ispanica.
David la guardò con uno sguardo che aveva un chè di serio, un’espressione che Santana non interpretò, ma subito dopo sorrise.
-Los Angeles-
 
 
 
Quinn rientrò nella casa più tardi del solito. Dopotutto le succedeva spesso, il lavoro le occupava gran parte della giornata, e spesso per fare un piacere rimaneva anche più del dovuto. Solitamente in giornate come quella arrivava a casa e senza fare altro si rifugiare tra le braccia di Mike, il quale la coccolava prima di prepararle la cena. Eppure quel giorno Quinn aprì la porta, trovando la casa vuota. Era già il terzo giorno. Mike non aveva mai fatto una cosa del genere, non avevano mai litigato in quel modo. Evidentemente era una cosa a cui dava molta più importanza di quanto la bionda credesse. Certo, lei non aveva fatto nulla per riportarlo a casa. Non una chiamata, non un messaggio, non era nemmeno passata da Brittany come suo solito, per paura di incontrarlo lì.
E ora come avrebbe fatto?
Si morse un labbro e si accasciò sul letto. Solitamente era sempre Mike quello che faceva il primo passo quando discutevano. Era lui quello che veniva da lei, o per chiederle scusa, o pretendendo delle scuse quando aveva ragione. Lei era così abituata che tutto ciò le faceva solo più male. Quello forte era lui, era lui che prendeva sempre la situazione in mano e, nonostante fosse arrabbiato, le si parava davanti esigendo di sistemare tutto. E Quinn lo amava anche per questo, perché nonostante tutto lui non la lasciava mai sola. Invece ora era lì, mentre lui non c’era.
Ad un tratto sentì bussare alla porta insistentemente.
Senza nemmeno pensare al fatto che Mike aveva le chiavi, corse ad aprire sperando di trovarselo davanti. Quando la porta si aprì, dovette abbassare lo sguardo.
-Oh Rachel- sbuffò, voltandosi poi, senza entusiasmo.
-Sono felice anche io di vederti, ma non c’è bisogno di esagerare con tutto questo fervore- mormorò la brunetta sarcastica. Quinn scrollò le spalle, cercando di nascondere gli occhi arrossati.
-Hey Q- mormorò Rachel, afferrandola per un polso e costringendola a voltarsi. Vide poi il volto rigato dalle lacrime e sospirò, attirandola a se in un abbraccio.
-Sei una cretina- bisbigliò, accarezzandone la schiena.
-No, tu sei una cretina- bonfichiò l’altra, per poi staccarsi e tirare su con il naso.
-Ah sì, infatti sono io quella che sta mettendo a rischio la sua relazione – borbottò Rachel seguendola con fare petulante.
-Ah facile per te, tanto sposerai Noah e avrete la vostra cerimonia ebrea- farfugliò, cominciando a ordinare alcuni vestiti nella camera, come per non badare all’altra ragazza.
-Oh, Quinn! Smettila. Vedila così: preferisci avere la tua cerimonia o preferisci avere Mike?-domandò. Quinn si sedette sul letto, soffiando abbattuta.
-Perché non posso avere tutti e due?- mormorò con le lacrime agli occhi, torturandosi le mani.
-Non si può sempre avere ciò che si vuole- disse debolmente l’amica. Quinn si asciugò gli occhi con una manica e prese un gran respiro.
-Possiamo parlare di altro?- chiese, cercando di assumere un’aria più sollevata.
-La prossima settimana si va a Los Angeles, e non fare storie!- le riferì la mora, sorridendo.
-Sì, sì certo, e io posso lasciare il lavoro quando mi pare- borbottò la bionda.
-Ma non puoi prendere delle ferie?-piagnucolò l’altra, sporgendo all’infuori il labbro inferiore.
-Non in questo periodo. Ci sono quasi tutti i miei colleghi- sbuffò, legandosi i capelli in uno strambo ciuffo. Rachel incrociò le labbra, mettendo il broncio come una bambina.
-Ci andremo un’altra volta, suvvia, non è la fine del mondo- cercò di consolarla, il che la fece anche sorridere.
-Ti dico solo che andremo a Malibù e potremmo incontrare Barbra- precisò la brunetta. Quinn sbarrò gli occhi, scoppiando poi a ridere, mentre l’altra la guardava male.
-Oh, allora mi scampo Miss Berry versione Fangirl- ridacchiò, ricevendo buffetti dall’altra.
Passò un momento di silenzio, prima che Rachel sospirasse e alzasse il volto verso l’altra.
-Quinn, posso chiederti una cosa?- mormorò in un sussurrò, leggermente imbarazzata.
-Certo- assentì quella, rivolgendole tutta l’attenzione.
-Tu.. tu credi che io piaccia a Noah?- sussurrò, stringendo le mani e avvampando immediatamente. Quinn scoppiò in una risata, che la fece diventare ancora più rossa.
-Me lo stai chiedendo sul serio?- chiese, alzando un sopracciglio.
-Oh, allora devo essermi immaginata tutto.. Lascia perdere- disse in fretta, alzandosi imbarazzata.
-No, non hai capito. Dire che piaci a Puck è un eufemismo, lo sai! Lui è innamorato di te da una vita!- esclamò Quinn annuendo convinta. Rachel sbuffò, facendo roteare gli occhi.
-Sì, come no..Mi chiedo perché te l’ho chiesto- sbottò, incredula.
-Guarda che io sono seria, non sto scherzando. Sei forse l’unica che non se n’è accorta Rach. Cioè, si vede da lontano un miglio! Già il fatto che ha accettato di essere il tuo “miglior amico” avrebbe dovuto farti pensare- disse con le sopracciglia a metà fronte.
-Ah e questo sarebbe il motivo?- rise quasi la brunetta.
-Uno dei tanti! Si parla di Noah Puckerman… quello tutto “io sono Puckzilla”- disse facendo il vocione, mentre enfatizzava gesticolando –Rachel, quando tu eri in Europa lui ha lasciato una ragazza con la scusa “A Rachel non sarebbe piaciuta”- le confessò, quasi con una smorfia. Rachel sbarrò gli occhi stupita. Dopodiché tornò ad avvampare, sbattendo le ciglia a ripetizione.
-Eppure… non ha mai provato a fare un passo avanti..- puntualizzò, guardando il pavimento corrucciata.
-Altro motivo che conferma che è cotto di te! Lo fa perché ha paura della tua reazione. Se tu lo respingessi forse perdereste il vostro legame, e non è quello che vuole. Sta aspettando un segno… ma tu sei incredibilmente tarda- le spiegò, con un sorriso.
-Eppure al liceo noi…- cercò ancora di ribattere la brunetta, scuotendo la testa. Quinn sbuffò, quasi infastidita dalla sua testardaggine.
-Il liceo era un’altra cosa. Ora siete cresciuti, e se se ti baciasse oltrepasserebbe una linea da cui non si può più tornare indietro. Sarebbe completamente diverso. Passata quella linea o vi fidanzate o vi allontanate, e finchè non sarà sicuro di ottenere il primo risultato, non ci proverà- le chiarì. Rachel annuì debolmente, continuando a guardare il pavimento, pensierosa. Quinn puntò le mani sul letto, sorridendo sorniona.
-Ma a quanto vedo, a questo punto non verrebbe di certo respinto- squillò. Rachel spostò in uno scatto lo sguardo su di lei, con lo sguardo di chi è appena stato scoperto in flagrante.
-N-non ho mai detto ciò- si affrettò a negare.
-Berry non sei più credibile da quando sei tornata- la schernì l’altra.
 
 
 
Kurt guardò il messaggio di Puck ancora una volta.
Perché non riusciva a pensare ad altro? Forse perché nessun altro gli aveva mandato un messaggio in quel momento o forse perché il negozio era temporaneamente vuoto. Ma la paura di Kurt era che il motivo fosse un altro, che riguardasse il contenuto di quel messaggio.
Eppure a lui non avrebbe dovuto fare né caldo, né freddo.
Dopotutto cosa era Dave per lui? Nulla, no?
Eppure, pensava sempre più spesso a quel nulla. Senza volere i suoi pensieri si ritrovavano sempre contentarti su di lui, ed era una cosa che non andava affatto bene. No, assolutamente no. Ritrovarsi a sognare il proprio ex fidanzato era sicuramente sbagliassimo.
O forse non era quello l’errore, forse l’errore era solo il continuare a stare con una persona e voler stare con un’altra. Effettivamente era un ipocrita. Aveva accusato Blaine di tradimento, ma era lui quello che non riusciva a cancellare il ricordo di Dave.
Cavoli doveva smetterla, non poteva continuare a comportarsi in quel modo. Non poteva prima di tutto per Blaine, poi nemmeno per se stesso. Era giunto il momento di prendere una decisione, di comportarsi da persona matura.
 
 
***
 
Eccoti Ammiraglia mia <3
Appena ho letto il tuo capitolo mi sono fiondata ad aggiornare, poi recensirò, tanto sai che è bellissimo e io lo amo u-u
 
Note:
-Ora che mi ricordo, lo scorso capitolo era l’ultimo del passato, d’ora in poi dovrebbero essere tutti sul presente.
-C’è qualcuno che ha cominciato anche a svegliarsi (vedi Miss Berry) XD
 
Bene, ho finito ;)
Ci si vede in quei di L.A. ;D
Besos,Miky

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Capitolo 16
*** Because of a shell ***


16}Because of a shell
 
 
-Rachel, stiamo via sette giorni. Sette giorni capisci? E andiamo al mare, servono costumi e qualche vestito- mormorò, per poi alzare la testa e puntare il dito verso l’angolo della stanza – Non puoi preparare tre valige!- gridò esasperato, mentre la ragazza continuava a togliere indumenti dall’armadio per riporli nelle borse.
-Noah, stai calmo. Le devi per caso portare tu?- domandò quella, scrollando le spalle.
-Sì, non ce la farai mai a portarle, nemmeno con il carrello, e allora verrai a chiedere a me, e otterrai un sì per sfinimento!- piagnucolò lui, mettendosi le mani sulla testa.
-Senti, non è che hai spazio anche nella tu allora?- chiese lei, allungando il collo nella direzione del borsone del ragazzo. Lui scattò con lo sguardo verso di lei, sgranando gli occhi stizzito.
-Scherzavo scherzavo- ridacchiò Rachel, per poi sbuffare –Dai, cercherò di prenderne solo tre- cercò di accordarsi.
-Come solo tre? Io volevo che le diminuissi!- ribattè Noah alzandosi.
-Pff, non è possibile- farfugliò lei, sistemandosi i capelli.
-Bè, allora due le disperdo in aeroporto- decise il ragazzo, alzandosi e uscendo dalla camera. Rachel si affacciò dalla porta, indicandolo con l’indice.
-Provaci e sei morto!- gracchiò, stringendo gli occhietti.
-Sai che paura ho di te, piccola Umpa Lumpa!? – la derise lui ridacchiando.
-E’ proprio perché sono piccola che devi stare attento- mugugnò quella, tornando alle sue valige.
 
 
 
Mike entrò nella casa, dopo aver respirato a fondo. Era giunto il momento di vederla, doveva parlarle, doveva capire come stava. Di certo non avrebbe ceduto, ma avrebbe solo voluto stringerla in quel momento. Nonostante fosse ora di pranzo e la ragazza dovesse essere lì, non c’era nessuno. Sbuffò irritato, andando poi in camera per scegliere cosa portare. Dopo una ventina di minuti sentì dei rumori provenire dall’ingresso, e raggiunse la sala leggermente agitato. Quinn non si accorse di lui, dandogli le spalle. Sistemò dei fogli su un tavolino sospirando, dopodiché portò lo sguardo nella direzione del ragazzo. Sgranò gli occhi, sorpresa, dischiudendo leggermente le labbra. Prima che Mike potesse dire qualcosa, lei afferrò con rabbia un cuscino, corrugando le sopracciglia e stringendo le labbra, poi glielo scaraventò contro. Mike si stupì della reazione, e venne colpito proprio sul viso, ma riuscì a schivare tutti quelli che seguirono, finchè non furono finiti.
-Tu…- mormorò Quinn, mordendosi le labbra, mentre sentiva il naso formicolarle e le si appannava la vista –Tu non puoi non tornare a casa per tre giorni di fila, senza farti sentire. Non puoi, sono io quella che fa così, tu sei quello che risolve sempre tutto- gorgheggiò, scuotendo la testa.
-Quinn…-mormorò lui avvicinandosi.
-No- sbottò lei, per poi correre verso di lui, abbracciandolo e nascondendo il viso nel suo petto – Lo sai che ho bisogno di te…Senza di te le giornate fanno schifo…- mugugnò, stringendolo forte, come per fargli capire che non aveva nessuna intenzione di staccarsi. Mike sorrise, avvolgendola con le braccia e stampandole un bacio sul capo.
-Quinn mi dispiace per le cose che ti ho detto, sai vero che non penso tu sia una bambina- si scusò il ragazzo, passandole le dita tra i capelli. –Io ti amo, sei la persona più meravigliosa che io conosca, ma non posso accettare quello che mi chiedi- le disse, sussurrandolo, mentre lei calmava il pianto, sentendosi al sicuro tra le braccia del fidanzato.
-Non importa- affermò quella, senza alzare il capo.
-Davvero?- chiese lui stupito, facendo per staccarsi, cercando gli occhi verdi della ragazza. Lei alzò lo sguardo, senza però sciogliere l’abbraccio.
-No. Tra la cerimonia e te, io scelgo te. E sono io quella che ti devo delle scuse, perché tu avevi totalmente ragione, sono stata proprio infantile e capricciosa, oltre ad essere egoista. Non so nemmeno come ho potuto pensare una cosa simile, ma soprattutto non capisco perché sono arrivata al punto di litigare in un simile modo con te.- gli spiegò, accennando un sorriso. Mike sbattè le palpebre, per poi sorridere radioso. Si abbassò di scatto e la baciò a stampo più volte, facendola ridere.
-Però possiamo prenderli lo stesso tanti fiori?- domandò quella, sporgendo all’infuori il labbro inferiore.
-Tutti quelli che vuoi!- esclamò il ragazzo –E, Quinn, nonostante non saremo in una chiesa, il tuo Dio sarà ugualmente lì con te, e sarà sicuramente felice se lo sarai tu, non pensi?!- le sorrise, vedendola annuire convinta – Cioè, voglio dire, stai per sposare me, un essere pressoché perfetto!- scherzò lui, facendola ridere di cuore. Lei si alzò poi sulle punte per riuscirlo a baciare come si deve, legando le braccia dietro al suo collo.
-Sai, dovremmo mettere una regola- squillò la bionda, allontanandosi da lui per raggiungere la cucina. –Tipo che non possiamo litigare per nessunissimo motivo- propose.
-Giusto- assentì Mike.
-Anh, ora che ci penso… Tu andai a Los Angeles?- chiese Quinn.
-Sì- disse lui.
-Davvero? Io non posso- borbottò lei con un tono decisamente rattristato.
-Ah già…dobbiamo parlare di una cosa. - si ricordò il ragazzo –C’è un motivo per cui devo andare-.
 
***
 
 
-Lopez- mugugnò Dave, dando leggere pacche sulla mano dell’amica. Quella però non dava nessun segno di vita, continuando a dormire indisturbata.
-Lopez svegliati- ripeté slacciandosi la cintura e togliendo dalle mani della ragazza un libro che era stato chiaramente abbandonato a metà. La latina però ancora non rispondeva. Dave sbuffò.
-Saaan, su!- disse più forte, scompigliandole con una mano i capelli. Santana sbarrò gli occhi, rimanendo per un momento accecata dalle luci.
-Tu..essere infame- mugugnò ancora del tutto assonnata, coprendo poi con una mano uno sbadiglio –Tutto ma non i capelli- borbottò dopo, tirando schiaffetti al ragazzo.
-Non ti svegliavi, seccatura-le spiegò, aprendo poi lo sportello per recuperare i bagagli a mano –Siamo arrivati- la informò, mentre quella si stava risistemando la coda, stropicciandosi gli occhi.
-Perciò…siamo di nuovo in America..- sospirò l’ispanica afferrando la borsa che le passava Dave.
-No, ci ha portati su Giove- le schernì lui, ridacchiando. Lei roteò gli occhi e lo sorpassò tra uno sbuffo e l’altro.
 
 
-Mamiiii! E’ megagigante- trillò la bambina, tenendo la mano della madre e guardandosi attorno curiosa, osservando il grande aeroporto –Ci starebbero tante tante paperelle qui- continuò Valerie.
-Quante?- domandò Mike sorridendole.
-Tante così!- trillò quella, aprendo il più possibile le braccia.
-O tante così?- chiese Noah, aprendo a sua volta le braccia. Valerie fece come per pensarci, sistemandosi il cappellino di paglia.
-Non lo so- mormorò poi arricciando le labbra, decidendo che era una cosa troppo complicata da capire.
-Mamma ma l’aeloplano adesso torna a casa?- chiese immediatamente dopo, curiosa, voltandosi per controllare se fosse ancora nel punto in cui era poco prima quando erano scesi.
- Aeroplano – la corresse Rachel sorridendole.
-Oh. L’aeroplano è tornato a casa?- riprovò la piccola.
Brittany ritirò il passaporto e la guardò sorridendo, per poi annuire.
-Certo, dai suoi piccoli aeroplanini- spiegò la donna mentre si avviavano verso il rullo per recuperare le valige. La risposta sembrò soddisfare la bambina, che aveva cominciato poi a parlare con Mike del fatto che probabilmente anche mamma Aeroplana stava attendendo che tornasse.
-NoahNoahNoah!- chiamò Rachel indicandogli le sue valige dopo che lui aveva preso il proprio borsone. Lui la guardò in cagnesco.
-Ne ho anche tolta una solo per te! Sbrigati prima che le perda!- strillò, spingendolo. Quando tutti ebbero recuperarti i bagagli, i ragazzi si diressero all’uscita. Presero poi due taxi che li portarono nell’Hotel dove avevano prenotato e si divisero nelle camere, maschi e femmine.
Rimasero giusto il tempo di cambiarsi, dopodiché presero le bici a disposizione e si avviarono verso la spiaggia.
 
 
-Come non hai prenotato?Ma perché mi fido ancora di te- mugugnò Santana, scaricando dal taxi l’ultima valigia.-Cioè, io non ricarico tutte queste su un altro taxi- si lamentò.
-La vuoi piantare?? Mi sto già pentendo di averti portata in vacanza- borbottò Dave, aiutando poi la ragazza con i bagagli. Raggiunsero poi la hall e si fermarono alla reception.
-Salve e benvenuti all’Hotel Pearl- disse l’uomo con un sorriso smagliante, che i due ricambiarono con una specie di smorfia. Santana si mise un po’ più indietro, incrociando le braccia e aspettando che Dave concludesse il tutto.
-Una camera per due. Letti separati- disse Dave.
L’uomo controllò sul computer se aveva camere disponibili –Letti separati ha detto?-mormorò.
-Sì- scandì Dave. Quello ammiccò poi alla ragazza che si stava guadando intorno scocciata.
-Sicuro?- domandò come in scherzo.
-E’ lesbica.- commentò Dave corrugando una sopracciglia, infastidito dal commento –e io sono gay, per cui sì. Voglio due letti separati- borbottò. L’uomo sgranò gli occhi e trovò la camera.
 
 
 
I ragazzi arrivarono sul lungo mare e legarono le biciclette, per poi scendere nella spiaggia. Valerie era entrata nel salvagente a forma di papera appena erano entrati in camera e nessuno era riuscito a convincerla di infilarselo solo una volta arrivata in mare. Stesero in fretta i teli sulla spiaggia e si tolsero poi i vestiti, avvicinandosi insieme alla riva.
-A chi arriva primo?- domandò Noah con un sorriso beffardo, mentre il suo sguardo scorreva sugli amici.
-Carico la pulcina e ci sto!- rispose Mike, pendendo in braccio Valerie, mentre Brittany annuì convinta prima di iniziare a fare il conto alla rovescia.
-Tre..due…uno!-come lo sussurrò scattarono tutti e tre verso il mare, mentre Rachel guardava la scena divertita. Il primo ad arrivare in acqua per poi tuffarsi fu Puck, seguito subito a ruota dalla ragazza.
-Chang sei una schiappa!-lo derise Noah, sprizzandolo con le mani. Mike si limitò a guardarlo male, tanto sapeva che era solo stato rallentato dalla piccola.
-Non è vero!- lo difese immediatamente Valerie, aggiungendo anche una pernacchia.
-Se avessi scelto me, saresti arrivata prima- si vantò il ragazzo, ma la bambina aveva già smesso di ascoltarlo, cominciando a spingersi verso la madre.
-Berry, che fai ancora lì?- urlò Noah alla ragazza, la quale si era seduta a riva ad osservarli con ancora addosso il leggero prendisole.
-Non mi va di bagnarmi- rispose lei scuotendo la testa. Noah e Mike si scambiarono uno sguardo eloquente, uscendo poi di corsa dall’acqua per andare a prenderla. Rachel appena capì le loro intenzioni scattò in piedi e prese a correre, ma era troppo lenta rispetto ai due amici, che in breve la catturarono tra i suoi gridolini di disapprovazione.
-Tienila ferma- ridacchiò Noah, così Mike la bloccò, mentre l’altro afferrò il bordo inferiore del vestito, per poi tirarlo verso l’alto, in modo da costringerla a toglierselo. Rachel ormai non riusciva nemmeno a urlare a causa delle risate che non poteva trattenere
-Sembra che non sia proprio una novità per voi- sogghignò Mike, vedendo Noah buttare sulla sabbia il prendisole  della ragazza.
-Mike!- lo riprese lei spalancando la bocca indignata. Poi l’asiatico tra le risate l’afferrò per le braccia, mentre Puck per le gambe, sollevandola senza la minima fatica.
-Siete matti!?-strillò lei, cercando di divincolarsi inutilmente. I due scoppiarono in risa, entrando poi in acqua, stando però attenti a non bagnarla.
-Dai dai, ci entro da sola, lasciatemi- li pregò. I due si fermarono, assentendo.
-Come vuoi- assentì Puck, dando poi un cenno a Mike. Così cominciarono a dondolarla mentre lei si lamentava ormai però consapevole della propria sorte, finchè non la buttarono, facendole fare un sonoro tuffo. Quando riemerse sputacchiò acqua e squassò i capelli, stropicciando gli occhi infastiditi dal sale.
-Come vi odio- farfugliò. Valerie battè le mani divertita dalla scena.
-Ancora ancora!- squillò, cercando una risposta nei due ragazzi, che immediatamente sorrisero sornioni.
 
Dopo essere stati a mollo per più di un’ora, i ragazzi decisero di andare a fare una passeggiata sulla battigia, così da permettere a Valerie di riempire il suo secchiello di conchiglie e anche alghe, che sembrava catturassero alquanto l’attenzione della piccola. Aveva accennato qualcosa anche sul fatto di mangiarle, ma tutti le avevano proibito di farlo. Quando però la bambina tentò sul serio di addentarle, capirono che era giunta l’ora di tornare in albergo, per cui fecero dietro front e tornarono a recuperare teli e vestiti.
 
 
Santana stanca di prendere il sole si alzò dal telo, avvertendo Dave che andava a riva a bagnare i piedi e rinfrescarsi. Si fermò perciò sulla battigia, lasciandosi accarezzare dalla fresca brezza allo iodio. Ad un tratto però qualcosa si scontrò contro le sue gambe.
-Ma che cavo..- mormorò, per poi girarsi e vedere una bimbetta intenta a raccogliere una conchiglia che la sabbia stava nascondendo.
-Scusa- mormorò la piccola, senza alzare lo sguardo evidentemente imbarazzata. Santana si abbassò e le porse ciò che non riusciva ad afferrare.
-Non c’è problema- disse sorridendo. La piccola la afferrò la conchiglietta e sorrise radiosa per poi alzare i suoi occhioni azzurri sulla donna. Li sgranò all’istante, sorpresa.
-Santana!- squillò la piccola, entusiasmandosi. La latina sbattè le palpebre più volte.
-Vals, Vaaal cosa…- la chiamò Brittany raggiungendola. La bambina camminava un po’ più avanti di loro e si erano appena accorti del piccolo incidente. Ma appena la donna vide la ragazza con cui Valerie si era scontrata le morirono tutte le parole in bocca.
-Mamma, è Santana vero?!- squillò la bimba, saltellando esaltata vicino all’ispanica.
 
 
 
***
Eccovi, tieni ammiraglia, e tieni Alessia, a voi il capitolo. E smettetela di elogiarmi oltremisura u_u
Mi scuso con tutti per non aver risposto alle recensioni. Lo faccio domai, promesso, solo che ho speso la serata a recensire tutto ciò che avevo lasciato indietro u-u
 
Nota:
-Vals e San *__*
 
Mi scuso per errori ;)
A presto, Miky

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Capitolo 17
*** Your daughter ***


17}Your Daughter
 
 
Santana sentì ogni muscolo indurirsi, mentre le mancava quasi il respiro. La bambina aveva detto “mamma”, e continuava a ripeterlo. Quei capelli biondi e sottili, quegli occhi azzurri e curiosi, le piccole lentiggini sul nasino, il salvagente a forma di papera, erano tutte conferme. A fatica si alzò, vedendo Brittany impalata di fronte a lei. Era così bella da farle male in quel costume di un rosa acceso, con la sua pelle candida e i capelli legati in una coda scomposta. Aveva distolto lo sguardo perso, sentendo la bambina chiederle attenzioni, ma poi l’aveva tornato a spostare sull’ispanica. Vide la piccola tuffarsi tra le braccia di Mike, che con naturalezza la sollevò.
Allora era così. Alla fine Mike e Quinn si erano lasciati e Mike aveva optato per l’altra bionda. Diavolo, avevano persino avuto una bambina, anche se del padre non aveva proprio nulla. Vide arrivare dietro ai due anche Rachel e Puck che stavano bisticciando su qualcosa, finchè non si ammutolirono vedendola.
Santana sentiva solo il cuore scoppiarle nel petto, le mancava ossigeno, le tremavano le mani e le ginocchia,e Brittany era ferma davanti a lei, senza dire nulla, con lo sguardo smarrito. Probabilmente era lo stesso che aveva Santana in quel momento. Notò poi la bambina voler tornare con i piedi per terra, facendo come per avvicinarsi a lei. La latina sbattè le ciglia, e decise che l’unica soluzione possibile in quel momento era scappare. Perciò prese a correre, senza guardarsi indietro, sentendo Noah chiamarla a gran voce. Passò Dave, lanciandogli uno sguardo veloce, e continuò a fuggire.
Era l’unica cosa che poteva fare. Di certo non poteva stare lì a chiacchierare con loro. Non poteva stare lì con Brittany e i suoi occhi delusi e vuoti, con Noah che le avrebbe fatto una ramanzina aiutato dalla Berry, con Mike che stringeva quella bambina.
La bambina.
Così Brittany aveva dimenticato tutto? Si era dimenticata di lei, l’aveva rimpiazzata. Eppure non era proprio quello che voleva, quello che le aveva detto di fare? Lei l’aveva abbandonata, era suo diritto trovare qualcun altro che l’amasse. Ciò nonostante perché faceva così male sapere che l’aveva fatto sul serio? Perché era dovuta scappare, se doveva essere una questione chiusa?
Forse era fuggita per quella bimba in effetti. Perché era dolce e adorabile, ed era la figlia di Brittany e Mike probabilmente. Brittany aveva cambiato vita, ci era riuscita. Aveva detto addio a lei e al loro bambino, perché altrimenti in che modo avrebbe potuto crescerne una, sapendo di aver perso il loro?
Mentre continuava a correre sul marciapiede, cercando di tornare all’albergo, non riuscì però a spiegarsi una cosa: come l’aveva riconosciuta? Alla piccola era bastato vederla per chiamarla immediatamente per nome.
Come faceva a conoscerla?!
 
 
 
Rachel afferrò la mano di Brittany e la strinse, cercando nella ragazza una risposta. La bionda scosse la testa, come per disincantarsi da una figura che davanti non aveva più. Con uno scatto abbracciò la più bassa, sospirando lievemente.
Valerie non capiva cosa stava succedendo, sapeva solo che la sua mamma era triste. Valerie sapeva che Santana era l’innamorata di sua madre, ma non capiva perché quando si parlava di lei era malinconica. Pensava che fosse perché non sapeva dove trovarla, invece non sembrava felice nemmeno ora che l’aveva vista. Forse perché era scappata via, ma Valerie pensava che sarebbe tornata indietro da un momento all’altro. Magari voleva solo giocare e farsi prendere. Però nessuno l’aveva rincorsa, tutti erano andati a consolare la sua mamma. Sbuffò avvilita e si sedette sulla sabbia, poi non reggendo più la situazione scoppiò in un pianto. I ragazzi si voltarono immediatamente verso di lei.
-Hey pulcina- le si avvicinò Brittany gattonando e sorridendole, senza badare agli altri, dimenticando tutto il resto perché la piccola aveva la precedenza. Valerie respirò piano e si alzò, affrettandosi a legare le braccia dietro al collo della madre.
-Mami dove è andata?- mugugnò, strofinando il nasino contro alla spalla della donna.
-Non lo so- rispose debolmente Brittany, sedendosi poi a gambe incrociate mentre teneva abbracciata la figlia.
-Ma non preoccuparti, la rivedremo presto- la rassicurò Noah, carezzandole i capelli.
-Davvero?- chiese, asciugandosi gli occhi con un pugnetto.
-Prima di quanto immagini!- annuì Noah, attirando anche lo sguardo stupito dell’altra Pierce.
 
 
 
Kurt entrò nel condominio e, trovando l’ascensore occupato, optò per le scale. Era passata una settimana, ma non aveva ancora detto nulla a Blaine. Come poteva farlo, quando entrava in casa trovando il suo sorriso caldo ad accoglierlo, o quando gli sussurrava una dolce canzone d’amore nell’orecchio prima di addormentarsi o quando gli faceva trovar pronta la colazione. Era terribilmente difficile, perché lui era un fidanzato eccezionale, Kurt si riteneva incredibilmente fortunato, solo che il suo cuore non era totalmente d’accordo con il suo cervello. Perché il suo cuore si sarebbe fermato al terzo piano e sarebbe tornato nella suo vecchio appartamento, solo per cercare qualcosa, una foto, un profumo, che gli ricordasse Dave, mentre il suo cervello lo aveva spinto a fare un gradino,e poi un altro e…
Kurt si bloccò, fermando anche il flusso di pensieri. Sbattè le palpebre e si guardò intorno, come se la cosa che avrebbe fatto subito dopo sarebbe stata losca. Bè un chè di clandestino l’aveva, ma lo sapeva solo lui. Con passo rapido ritornò al terzo piano, arrivando alla fine del corridoio. Nella borsa trovò un vecchio paio di chiavi, che per qualche strano motivo aveva sempre con se, con una targhetta con sopra scritto “77”. Tornò a controllare che nessuno lo vedesse, dopodiché infilò la chiave nella serratura e la girò, finchè non sentì scattare l’ingranaggio. Spinse sulla maniglia ed la porta si dischiuse .
Il ragazzo entrò, chiudendosela alle spalle. Mancavano alcuni mobili, ma quelli che erano rimasti erano ancora disposti come un anno prima. C’era polvere ovunque e l’odore di stantio infastidiva leggermente l’olfatto del giovane. Non sapeva perché Dave non aveva deciso di venderla, o tanto meno di affittarla. Gli aveva persino lasciato le chiavi, come se gli andasse bene che continuasse a vivere lì.
Quella casa era molto più di David. Lui l’aveva cercata, scelta, acquistata, sistemata; Kurt aveva scelto i colori e l’arredamento, non molto altro. Poi entrambi l’avevano abbandonata, continuando solo a pagarne l’affitto. Eppure, Kurt sentiva che quella era casa sua, più dell’appartamento nel quale viveva con Blaine, più della sua casa in Ohio. Perché quell’appartamento era stato comperato appositamente per lui, ed era stato libero di scegliere qualsiasi cosa. Tutto ciò grazie a Dave, col quale l’aveva divisa.
Decisamente non era la casa di Dave o la casa di Kurt, era la loro casa. Senza di uno dei due non avrebbe avuto senso. E forse se David era ben deciso a non venderla, nemmeno ad affittarla, forse era perché ci teneva, e se ci teneva ancora oggi, allora i suoi sentimenti  dovevano essere confusi almeno quanto quelli di Kurt.
Sì, aveva decisamente atteso troppo. Uscì e salì le scale per il quinto piano, doveva assolutamente parlare con Blaine, non poteva più rimandare. Il rossore sulle punte delle orecchie e sulle gote, il battito accelerato e l’eccessiva sudorazione delle mani ne erano la prova.
 
 
 
-Santana?- chiamò Dave entrando nella camera. La trovò seduta sul letto con ancora l’accappatoio indosso, mentre si spazzolava i capelli bagnati. Non rispose e non si voltò nemmeno, continuando a dargli le spalle.
-Oh, io tutto bene grazie, e grazie anche di avermi spiegato così bene perché sei scappata via come una pazza, senza nemmeno prendere le tue cose, mi piace quando partecipi così attivamente ai nostri discorsi- disse lui sarcastico, appoggiando la borsa della ragazza sul letto.
-E’ il primo giorno che sono in America, siamo in California, ma nonostante tutto li ho incontrati- sussurrò la mora, spazzolando la chioma scura senza enfasi.
-Chi, di grazia?- domandò Dave, fermandosi davanti alla ragazza a braccia incrociate.
-Brittany, gli altri…la figlia di Brittany- rispose, senza guardarlo.
-La che?- chiese il ragazzo alzando le sopracciglia allibito.
-La chiamava mamma ed era una lei in miniatura…- continuò, sentendo le lacrime salirle senza riuscire a fermarle.- Lei mi ha dimenticato- rantolò, facendosi piccola e liberando i singhiozzi. Dave le si sedette a fianco e l’abbracciò.
-Senti, nonostante tu lo creda, non sei onnisciente, per cui non puoi essere sicura delle tue deduzioni- borbottò, dandole pacche leggere sulle spalle.- Che ne dici se andiamo a mangiare e ne parliamo dopo?- propose, sollevandole il mento con una mano. Lei assentì, cercando di risistemarsi dopodiché aprì la valigia per trovare qualcosa da indossare, mentre aspettava che anche l’amico si preparasse.
 
 
 
Mentre Rachel faceva la doccia Valerie aveva disposto tutte le conchiglie sul suo letto, mettendole con precisione in fila indiana, con Brittany che era intenta ad phonarle i capelli. Rachel uscì dal bagno asciugandosi i capelli con una salvietta, dirigendosi poi verso le sue valigie.
-Rach guarda che belle!- trillò Valerie, facendole notare come aveva apparecchiato la sua coperta. La brunetta spalancò la bocca, ma notando poi la facciotta soddisfatta della piccola, decise di non arrabbiarsi.
-E dopo io dove dormo?- domandò però, corrugando le sopracciglia.
-Mami dice che tanto saresti andata a dormire da Noah- farfugliò la bimbetta, completando l’opera con l’ultima conchiglietta. Rachel fulminò Brittany, facendola sorridere.
-Fa nulla, dormirai con noi- mormorò quest’ultima, accennando al letto matrimoniale, per poi scrollare le spalle.
-Mamma io ho fame- ripetè la piccola, infilandosi poi con nonchalance un ditino nel piccolo naso, che Brittany ridacchiando si affrettò ad allontanarle dal volto.
-Ora andiamo, Rachel si veste e scendiamo- la tranquillizzò, risistemandole il fiocco nel codino destro.
 
 
 
-Sto morendo di fame. Potresti sbrigarti?- brontolò la latina, passando all’amico una polo azzurra che lui afferrò prontamente e si infilò. Non le rispose, guardandola solo molto male. Santana aveva appena  passato mezz’ora a cercare di piastrarsi i capelli, che evidentemente quella sera non erano dell’idea, per poi legarseli in una coda, ed ora lo accusava di essere in ritardo.
-Spero almeno per te che qui si mangi bene la metà di Breadstrix - sbuffò la ragazza, scendendo le scale di fretta. Si sedettero al tavolo, dove in poco tempo furono serviti, e cominciarono a cenare discutendo del fatto che ancora Dave non sapeva dove fosse stato trasferito.
La mora sentì di nuovo scoppiare una risata divertita alle sue spalle, irritata si voltò per vedere da chi provenisse.
Ancora una volta il cuore le prese a battere troppo velocemente, e in fretta si rigirò verso Dave, chinando però il capo. Non poteva essere vero. Era incredibile! Non aveva senso, era tutto surreale.
“Santana è un incubo, tra poco ti sveglierai” si ripetè nella mente, stringendo gli occhi e torturandosi le mani. Dave cercò con lo sguardo cosa le avesse causato ciò, trovando in fretta la causa. In fondo alla sala, in un angolo, stavano cenando tranquillamente Brittany, Mike, Rachel, Puck e una bimbetta bionda. Puck ad un tratto intercettò lo sguardo di David e gli sorrise complice. Karofsky lo vide alzarsi e dire qualcosa agli altri, che lo osservarono curiosi, dopodiché si avvicinò al tavolo dei due.
Santana era ancora chiusa in se, stringeva gli occhi mentre cercava di rimanere calma. Quando però due mani le si appoggiarono sulle spalle, per poco non saltò sulla sedia. Lanciò un gridolino soffocato prima di voltarsi agitata.
-Lopez..- mormorò Noah, facendole un cenno con il capo. Notò nello sguardo della ragazza un misto di paura e rabbia. Santana cercò di riprendersi per riacquistare la sua solita aria strafottente. Si girò dandogli le spalle.
-Puckerman..- sussurrò, cercando come un aiuto negli occhi di Dave. Ma nello sguardo del migliore amico vide solo un certo strano senso di colpa. La guardava come se si dovesse scusare. Solo in quel momento collegò. Ma certo, era stata una sciocca solo al pensare che tutto ciò potesse essere una coincidenza.
Il messaggio, il trasferimento, la chiamata, la vacanza nello stesso posto e albergo. Tutto filava.
Guardò il ragazzo irata e delusa. Senza dire nulla si alzò, scrollandosi di dosso Puckerman e a larghe falcate fece per tornare nella camera.
Era stata tradita dall’unica persona di cui si fidava completamente. Ora non le rimaneva più nessuno. Con chi si sarebbe potuta confidare, su chi avrebbe potuto contare? Nessuno, non più perché Dave aveva appena fatto la cosa peggiore. L’aveva riportata dalle uniche persone che l’avrebbero fatta stare male ancora una volta, forse anche più di prima.
Le aveva fatto rivedere lei.
Sbattè la porta alle spalle e si infilò nel bagno, chiudendosi dentro e rannicchiandosi nella vasca bianca. Sentì però la porta della stanza riaprirsi e i passi di qualcuno avvicinarsi, dopodiché bussarono alla porta del bagno, ma la ragazza non aveva nessun intenzione di aprire.
-Vattene Karofsky- ringhiò, trattenendo le lacrime amare.
-Santana, apri. Dobbiamo parlare- le rispose Noah, continuando a bussare. La latina corrugò le sopracciglia.
-No!- strillò contrariata –Io non ne ho nessuna voglia-.
-Oh, non me ne frega assolutamente nulla di cosa hai voglia di fare. Ora mi apri questa cavolo di porta e parliamo- sbottò irritato –O la butto giù- aggiunse. Santana borbottò, frustrata, stavolta non aveva via di scampo. Non sarebbe potuta scappare, non avrebbe potuto evitare il confronto con Puck.
Agitata girò il pomello e aprì senza guardarlo, tornando poi a sedersi nella vasca, con un broncio ben visibile. Noah senza tante storie si tolse le scarpe e le si sedette di fronte, volendola guardare negli occhi che lei gli evitata accuratamente.
-Che cazzo vuoi Puckerman!?- sibilò, sentendosi sotto pressione dallo sguardo fisso del ragazzo.
-Sei un’idiota- scandì lui, serio.
-‘Fanculo- disse tra i denti, cercando di alzarsi. Lui le afferrò un polso, costringendola a restare.
-Sei una grandissima idiota, e ora sei arrabbiata perché sai che ho ragione. Già, questa volta non puoi usare la frase che amavi tanto, non puoi guardarmi con uno dei tuoi sorrisini e dirmi che tu hai sempre ragione- continuò il ragazzo –Perché hai torto. Torto marcio se solo non pensi di essere un’idiota-.
-La vuoi piantare di ripeterlo?- strillò, cercando di liberarsi dalla presa.
-Come hai potuto San?- chiese con un fil di voce, guardandola con i suoi occhi verdi e amareggiati –Come hai potuto abbandonare Brittany? Come hai potuto lasciare tutti i tuoi amici, tagliare i ponti con chiunque e far in modo che nessuno ti trovasse?-domandò. Santana indurì la mandibola, tornandosi a sedere, senza il bisogno che lui la tenesse lì.
-Da quel che vedo non fatto altro che farvi un favore. Tu hai la Berry, Mike e Brittany una bambina…- mormorò con un tono duro e rabbioso. Noah sgranò gli occhi ed emise un risolino sarcastico.
-Dio mio Santana, quanta poca fiducia hai in lei. In tutti. Tu hai sempre avuto grossi problemi a fidarti, quando invece avresti sempre potuto fare affidamento su di noi- commentò sospirando.
-Vedi cosa ottengo quando mi fido? Di Dave mi sono fidata, e sono stata tradita. Forse non avevo tutti i torti a dubitare degli altri- controbattè la mora, incrociando le braccia al petto.
-Karofsky l’ha fatto perché ti vuole bene, perché vede che tu hai bisogno di smettere di scappare, devi tornare a casa e affrontare le tue parole una volta per tutte! Tu per ora le hai solo evitate, ma questo non significa averle superate!- le gridò contro, sbattendo un pugno sul bordo liscio. Lei sobbalzò, non aspettandosi quella reazione.
Dave l’aveva fatto per aiutarla, aveva chiesto a Puck e avevano organizzato tutto ciò solo per lei? Non riuscì più a trattenere le lacrime, che ormai spingevano impazienti di sgorgare dai suoi occhi.
-E pensavate che vederla con quella bambina mi avrebbe aiutata?- singhiozzò, tirandosi le ginocchia contro il petto, come per rimpicciolirsi.
-Sì, pensavo che vedere tua figlia ti avrebbe aiutata-annuì lui.
Santana cercò di rispondere, ma la bocca le rimase leggermente aperta e gli occhi sbarrati. Cosa intendeva per sua figlia? Puck ricordava vero che per mettere al mondo una bambina ci vogliono un uomo e una donna?! Lei e Brittany si erano lasciate quando quella bambina ancora non c’era, non poteva essere sua figlia. Al massimo era figlia solo di Brittany, ma lei non c’entrava proprio nulla.
-C-cosa stai dicendo?- balbettò confusa.
-Hai presente quella bimbetta con cui ti sei scontrata oggi? Occhioni azzurri, capelli biondi, tre anni e tanta voglia di giocare?- le descrisse, alzando la mano come per indicare l’altezza –Lei è tua figlia- ripetè. Ancora una volta Santana non riuscì a capire. Quello che stava dicendo non aveva nessun senso.
-C-Cos…E’ impossibile?! Io, cosa c’entro e ..come faccio a…- bisbigliò, agitando le mani frenetica.
-Se non avessi deciso tutto tu, senza lasciare dire nulla a Brittany, magari avresti scoperto che il giorno in cui te ne sei andata lei aveva scoperto di essere rimasta incinta. Se non avessi fatto in modo di non essere rintracciabile magari avresti ricevuto uno dei milioni dei nostri messaggi, forse non ti saresti persa quasi quattro anni della vita di Valerie- spiegò Noah, tornando cupo.
Valerie. Il suo nome era Valerie, proprio come Brittany aveva sempre voluto. Tre anni e mezzo più nove di gravidanza corrispondevano a quasi cinque anni, proprio il periodo da cui mancava da Lima. Allora era vero? Noah stava dicendo la verità?
Quella bambina era “sua” figlia sul serio?
 
***
 
Suvvia, non odiatemi troppo! Ero stata leggermente cattivella, ma ho aggiornato quasi subito, né!? Lo devo a quelle persone bellerrime che recensiscono e che io adoro *w*
 
Note:
-Sì, San è scappata, maaaa aspettate..
-Kurt è spuntato fuori dal nulla, ma vi avverto che non parteciperà alla vacanza.
 
A presto! Spero ci siano pochi errori :)
Besos,Miky

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Capitolo 18
*** There's a way out ***


18}There’s a way out
 
 
Noah le lasciò qualche minuto per ragionare su quello che aveva appena appreso. Era sconvolta e sembrava totalmente persa nel suo mondo, non riusciva a emettere suono né a togliersi quello sguardo vuoto dagli occhi. Sbuffando, le afferrò una mano, cercando di capire come avesse preso la notizia. A quel punto lei alzò lo sguardo, trovandolo in attesa di una risposta.
-E’…è nostra figlia?- domandò, come per aver un’ulteriore conferma. Noah annuì. Santana appoggiò la schiena contro il bordo della vasca e sospirò, non riuscendo ancora a dire altro.
-Oggi mi ha chiamata per nome…mi ha riconosciuta..- mormorò, tornando a concentrarsi sul ragazzo.
-Certo. Brittany le ha sempre parlato di te. Valerie è molto curiosa e ovviamente trovando delle tue foto ovunque le domande sono venute spontanee. Brit odia dire le bugie, per cui le ha sempre detto qualsiasi cosa- le spiegò con calma.
-Raccontami cosa è successo, ho bisogno di sapere- implorò subito dopo la ragazza, avvicinandosi a lui.
-Il giorno in cui te ne sei andata siamo andati tutti da Brittany ovviamente. Era devastata, penso di non averla mai vista peggio di quel giorno. Dopo averle fatto capire che noi le saremmo stati a fianco, lei ci ha confessato di essere incinta. Ricordo ancora quanto fossi stupito e confuso.  Poi lei ci disse perché lo aveva fatto, e dopo averlo saputo, compresi che tutto ciò era proprio tipico di Brittany, solo lei avrebbe potuto pensare una cosa simile – sorrise, pensando all’amica. Santana corrugò le sopracciglia, desiderosa di sapere la ragione, il che spinse il ragazzo a continuare.
-Era un regalo, per te e per il bambino. Brittany diceva che da piccola la cosa che desiderava di più al mondo era un fratellino o una sorellina, così aveva pensato di scegliere proprio quello come dono. Voleva farti una sorpresa, e dopo quello che avevate passato pensava che sarebbe stato un modo per farti tornare ad essere felice.- le rivelò. Santana non riusciva quasi a credere a quelle parole. Brittany l’aveva fatto per loro, per lei, per il loro bambino. Lei invece l’aveva lasciata, e l’aveva fatto per se stessa. Solo in quel momento capì quanto fosse stato egoistico il suo gesto. Aveva deciso tutto lei, aveva scelto sia per se, che per Brittany, che per la bambina.
-P-Perché non me l’ha detto all’aeroporto?- domandò con un filo di voce, lasciando che le lacrime corressero libere sulle sue gote.
-Perché quando tu te ne sei andata ha capito che il bambino in arrivo non ti avrebbe resa felice, ma ti avrebbe reso ancora più triste. Pensava che l’avresti odiata se lei avesse portato a termine la gravidanza con successo, pensava che non avresti più potuto amarla. Così ha tentato di fermarti, perché in quel momento non voleva altro che tenerti con se, però poi il suo atteggiamento è mutato. Per il primo anno abbiamo cercato in tutti i modi di rintracciarti, di riportarti a casa, dopodiché lei ci ha chiesto di non farlo.- mormorò Noah. Santana si morse il labbro. Così Brittany aveva smesso veramente di amarla, aveva tagliato sul serio ogni ponte con lei e non intendeva più vederla, farle conoscere la bambina.
- E’ stato il giorno in cui è nata Valerie. Lo ricordo ancora benissimo. Dopo nemmeno due ore Brittany la stringeva a se. Nessuna complicazione, nessun problema. Un frugoletto di 3.4 kili, sano e adorabile. Mentre la piccola dormiva, mi disse di non cercarti più. Pensai che fosse troppo arrabbiata, che fosse delusa e frustrata, invece sbagliavo- bisbigliò il ragazzo –Ancora una volta lo faceva per te. Perché magari tu in quel momento eri tornata ad essere felice, magari avevi incominciato una vita e lasciato alle spalle la vostra, e lei non voleva rovinarla. Perché se ti avesse detto di Valerie, tu saresti tornata triste, e quella era l’ultima cosa che voleva. – raccontò, guardando gli occhi neri e profondi della latina.
Quest’ultima si stava odiando. Si odiava per tutto il male che aveva causato a Brittany, si odiava per non essersi fidata, si odiava per essere una persona tanto orribile. Lei non meritava Brittany, non l’aveva mai meritata. Brittany era troppo buona, troppo dolce e perfetta per una come lei, piena di preoccupazioni, paure e difetti.
Prese a piangere sommessamente, stringendosi le ginocchi al petto e nascondendo il volto. Noah non reagì, non l’abbracciò come avrebbe fatto sicuramente Dave.
-Eppure non aveva smesso di volerti indietro. Aveva solo deciso di aspettare il tuo ritorno, perché se ti avesse cercata lei tu non saresti stata pronta, ma se fossi tornata tu, sarebbe stato diverso, perché tornando avrebbe significato che avevi superato l’aborto- disse senza giri di parole.
-Però quando Karofsky mi ha chiamato, ho capito che dovevamo fare qualcosa, altrimenti tu non saresti mai tornata. E sarò sincero, dovevo farlo per Brittany prima di tutto- ringhiò duro e arrabbiato –Perché lei si merita una vita felice, e sembra che senza di te non possa esserlo al pieno. Sono stufo di vedere ogni tanto quegli occhi spenti, di trovarla a piangere nel sonno, di notare come rifiuti le avance di chiunque perché attende te. Senza Karofsky non ce l’avrei fatta, per questo è stato importante che lui ti mentisse, nonostante non fosse affatto dell’idea. -
Santana non capiva più cosa provare. Il suo corpo era scosso da troppi sentimenti, troppe emozioni si erano raggruppate in poco tempo, tutto era ingestibile per lei che aveva imparato negli ultimi anni a reprimere ogni tipo di sensazione. E quando Santana non sapeva cosa fare, la cosa che le veniva meglio era fuggire.
-E cosa vi ha fatto credere che io fossi pronta? Chi ti ha dato il diritto di decidere?- strillò spaventata.
-Come ho detto, l’ho fatto prima di tutto per Brittany. Dopo questa vacanza hai due opzioni – le spiegò, alzando poi l’indice –La prima è che torni a Lima e cerchi di ricostruire il vostro rapporto.- alzò poi il medio – la seconda è che non torni a Lima e lasci capire a Brittany che non ti deve più aspettare, che può andare avanti. In ognuno dei casi qualcosa cambierà, per cui la scelta ora e tutta tua- illustrò alzandosi poi e uscendo dalla vasca.
-Anh, e decidi in fretta. Non provare a illudere Valerie- scandì sulla porta.
Santana lo vide uscire senza riuscire a ribattere nulla.
 
 
 
Valerie si posizionò tra le due ragazze dopo essersi infilata la camicetta da notte. Entrambe erano stese su un lato, girate verso il centro del letto che la osservavano con un dolce sorriso.
-Mami ma Noah è andato a dire a Santana di tornare a casa con noi?- chiese ad un tratto, non riuscendo più a trattenere la curiosità.
-Penso che le sia andato a parlare di tante cose, sai è molto che non la vedeva- le spiegò Rachel, carezzandole i capelli. Valerie la guardò sbatacchiando le ciglia chiare.
-Ma anche mamma è da tanto che non la vede. Perché non ha parlato con lei?- continuò la piccola, guardando prima la mora, poi la bionda.
-Perché Santana ha paura di parlare con Brittany- si affrettò a rispondere Rachel, vedendo lo sguardo dell’amica.
-Ma la mami non fa paura. E’ bellissima e profuma, non deve avere paura- borbottò, andando poi a stringersi alla madre.
-Ma è una paura diversa Vals. Immagina di rompere una cosa che per la tua mamma è importantissima. Non saresti meno spaventata a dirlo a me, che a dirlo a lei, per paura che si arrabbi o che diventi triste?- cercò di chiarirle. Valerie annuì frettolosamente, dopo aver sussurrato un “ooh”. Rachel spense poi la luce e le tre si misero a dormire. La bambina si sistemò tra le braccia di Brittany, accoccolandosi.
-Mami quando Santana ti dirà cosa ha rotto, puoi non arrabbiarti troppo? Perché a me piacerebbe conoscerla….e..se la sgridi tanto, magari torna ad andare via…- farfugliò, chiudendo poi gli occhietti stanchi, addormentandosi. Brittany non rispose, prese solo a cullarla, perché tanto quella notte non sarebbe riuscita a dormire.
 
 
-Per favore Berry. Lasciami un giorno in vacanza, vacanza anche da te-piagnucolò il ragazzo tirando il lenzuolo che Rachel stava cercando di sottrargli, mentre Mike li osservava divertiti dal suo letto.
-Mi dispiace, non è possibile- borbottò lei, cercando di buttarlo giù dal letto.
-Ma vacci con Mike- si lagnò Noah, lasciando andare il lenzuolo per poi nascondersi sotto il cuscino.
-Mike accompagna Vals al mare, mentre tu non hai nulla da fare-disse la ragazza –O ti svegli, o mi metto a saltare sulla tua schiena- lo minacciò, salendo sul materasso.
-Folle- mugugnò lui, correndo poi a rifugiarsi nel bagno. Mike non riuscì più a trattenere una risata.
-Chang, non voglio commenti- sibilò, puntandogli contro l’indice. Lui si limitò a scuotere la testa e uscire dalla camera –Salutami Barbra se la vedi!- esclamò solo, sulla porta.
-Non posso assicurartelo. Se la vedremo sul serio, morirò- affermò Rachel, cominciando poi a bussare a Puck intimandogli di muoversi.
 
Così, mentre Brittany lavorava, Valerie e Mike passarono la giornata tra giochi d’acqua, passeggiate sul lungomare, castelli di sabbia, frisbee e risate. Ogni tanto Valerie si guardava intorno cercando una ragazza dalla pelle un po’ scura, non riuscendo però mai a scorgerla.
Rachel e Puck invece seguirono la cartina che la ragazza si era portata dietro, riuscendo ad arrivare davanti ai cancelli della residenza di Barbra, intravedendo la villa meravigliosa.
-Rachel, smettila di strillare, calmati- le ordinò, fermandola. Ormai saltellava e emetteva vari gridolini eccitati al secondo, perdendosi in soliloqui con se stessa, immaginando migliaia di versioni di come avrebbe incontrato il suo più grande idolo da lì alla prossima ora; di certo non aveva tempo per ascoltare cosa le dicesse il ragazzo.
-Senti, ci saranno sicuramente delle telecamere, quindi cosa ne dici di andarcene!?! Prima che ti arrestino, eh?- propose lui, afferrandole il braccio, facendo come per trascinarla via. Ma fu tutto invano, infatti la brunetta non accettò di spostarsi per le quattro ore seguenti, finchè lui poi non decise di caricarsela in spalla e tornare in hotel.
-Sappi che ti odio- farfugliò, smettendo di colpirlo, appoggiando la testa all’ingiù contro la schiena del ragazzo, lasciando le gambe molli.
-Sì, me lo ripeti spesso- annuì lui, scrollando le spalle.
-Attento!- esclamò lei, avendo paura di cadere.
-Se ti metto giù torni a correre verso la casa?- chiese Noah alzando un sopracciglio.
-Certo- sbuffò lei –Hai appena distrutto il mio sogno di incontrare Barbra. Sono sicura che sarebbe uscita in pochi minuti- bonfichiò.
-Peccato! Tornerai poi con Hummel e ci potrete stare giorno e notte per migliaia di giorni!- suggerì, ricevendo pugnetti sulla schiena, che ricambiò con leggieri pizzicotti nelle gambe, che presto lei cominciò a dimenare. Stanco la rimise con i piedi per terra, evitando accuratamente di ascoltare tutte le sue lamentele successive.
-Avrei potuto vedere Barbra- soffiò ancora Rachel, scorgendo finalmente il loro albergo.
-Non sei pronta per vederla. Barbra non sarebbe fiera di te, sapendo che neghi al mondo la tua voce- mormorò, guardandola serio. Lei continuò a guardare dritto davanti a se.
-Ho sempre sognato di duettare Tell Him con lei…- sussurrò solo, prima di entrare nella hall e scorgere la bionde chiome delle Pierce.
 
 
 
Santana era rannicchiata sul letto. Non era uscita dalla camera per tutto il giorno. Aveva scambiato poche parole con Dave, ma in fin dei conti non era veramente arrabbiata con lui, lui come al solito aveva solo cercato di fare la cosa migliore. Le si avvicinò, e la costrinse a sedersi, prendendo poi a pettinarle i capelli arruffati senza ottenere nessun tipo di risposta.
Quando ebbe finito si alzò e le si parò di fronte, porgendole una mano.
-Andiamo a mangiare. Ne hai bisogno- disse lentamente. Lei annuì, passiva, afferrandola e lasciandosi trascinare al piano di sotto, cercando di non incontrare nessuno sguardo, di non incrociarne particolarmente alcuni. Si sedette e mangiò praticamente sotto costrizione, mentre Dave le parlava delle cose più futili, tanto per cercare di distrarla. Lei però si era persa ad osservare la sala, trovando interessante perfino il via vai della gente, il rumore di sottofondo della stanza, la disposizione dei tavoli, lo stereo con grandi casse in un angolo. Proprio lì, poco dopo aver terminato la cena, vi vide avvicinarsi Noah con una chitarra in mano e in braccio Valerie, vicino a Brittany, mentre parlavano con uno dei camerieri. Quest’ultimo  sembrò accordarsi con loro e accendergli i microfoni, portandogli poi due sedie. Il ragazzo si sedette su una, mentre Brittany sull’altra, accogliendo sulle gambe la piccola. Ormai Santana non riusciva più a distogliere lo sguardo, rapito pressoché dalle figure della madre e della figlia. La bambina era tutto un sorriso e facce buffe, proprio come Brittany, la quale però in quel momento sembrava molto più seria di quanto ricordasse fosse mai stata.
 
Noah afferrò un microfono, passando poi l’altro alla bambina che lo afferrò esaltata, mostrandolo alla madre come un trofeo. Il ragazzo accordo in breve la chitarra, dopodiché guardò le persone sedute tra i tavoli, sorridendo.
-‘Sera! Se non vi dispiace canteremmo qualcosa…- iniziò il ragazzo, passandosi la mano nella cresta, come faceva sempre quando si trovava al centro dell’attenzione.
-Non solo la mamma e Noah, anche io!- s’intromise immediatamente Valerie, annuendo con un grande sorriso, facendo ridere i clienti, che si erano ormai tutti voltati verso di loro.
-Questa canzone ha un significato importante, ma quelle dopo avranno solo lo scopo di allietarvi la serata- avvertì –Poi diciamo che questa canzone è adatta a questo posto- mormorò, per poi cominciare a cantare, inizialmente senza l’ausilio della base.
 
She is a pyramid
But with him she’s just a grain of sand
This love’s too strong like mice and men
Squeezing out the life that should be laid in
 
Cominciò poi a pizzicare le corde della chitarra, guardando dritto di fronte a se, trovando lo sguardo di Santana.
 
She was a hurricane-cane-cane-cane
But now she’s just a gust of wind
She used to set the sails of a thousand ships
Was a force to be reckoned with
 
Santana capì immediatamente a chi era rivolta quella canzone. Certo, precisamente parlava di un uomo, ma la latina sapeva bene cosa intendeva, lo aveva capito perché Noah aveva guardato lei, e di certo quelle parole non potevano essere più che chiare.
 
She could be a statue of liberty
She could be a Joan of Arc
But he’s scared of the light that’s inside of her
So he keeps her in the dark
 
Era così. Santana aveva lasciato che l’aborto spegnesse la sua luce, aveva permesso che esso la portasse con se in un circolo doloroso e infelice. L’aveva fatto cambiare vita, l’aveva allontanata da tutti i suoi affetti, l’aveva fatto a lei che era sempre stata combattiva, aggressiva, stronza con tutti.
Noah spostò però poi lo sguardo su Rachel, perché di certo il significato di quella canzone valeva anche per lei. Anche in lei in fondo aveva lasciato che qualcosa la oscurasse, nel suo caso un acuto steccato. Gli aveva dato così tanto peso da arrivare a privarsi del canto, a lei, a Rachel Cantotuttoio Berry. E lei aveva permesso che questa sua paura montasse sempre, avesse il sopravvento, vincesse il suo solito spirito grintoso.
Il ragazzo, sorridendo poi fece un cenno alla bambina, che prontamente intonò il ritornello.
 
 
Oh, she used to be a pearl…Ohh
Yeah, she used to rule the world…Ohh
Can’t believe she’s become a shell of herself
‘Cause she used to be a pearl
 
Santana sentendo quella dolce voce sussurrata, probabilmente dall’imbarazzo, vedendo quelle gote arrossirse e quegli occhiettini abbassarsi incontrando quelli di molte altre persone, sentì un tuffo al cuore. Era così strano che una bambina così piccola cantasse già in quel modo, certo la vicinanza con tutti quei membri del Glee aveva influito, ma era strano. Inoltre sentirle dire quelle parole, e sentire che erano indirizzate a se stessa, lo era ancora di più. Perché sì, lei si era chiuso in un guscio, in una conchiglia rigida e  protettiva dalla quale non voleva uscire, ma che in quel momento si sentiva schiudere.
La bambina avvicinò poi il microfono alla madre, sussurrando agitata che era il suo turno, il che fece sorridere qualcuno.
 
Do you know that there’s a way out,
there’s a way out
there’s a way out
there’s a way out
 
You don’t have to be held down,
be held down
be held down
be held down
 
Rachel guardò gli amici trattenendo le lacrime. Aveva veramente lasciato che quell’episodio di anni fa le cambiasse in tal modo la vita, che le togliesse il piacere di cantare? Come aveva potuto?! Nemmeno Noah aveva mai smesso di cantare, di suonare, nonostante non fosse mai stato il suo sogno, lo faceva ancora come piacere personale, oltre per intrattenere Valerie. E allora non poteva fare lo stesso anche lei? Forse Broadway non era solo destino, ma non avrebbe dovuto lasciare che ciò influenzasse su tutta la sua vita. Per Rachel il canto non era mai stato solo canto. Era stato sfogo, liberazione, arte, piacere, gioia. Era una parte di lei, era ciò che amava più fare, e come una sciocca aveva accettato che un provino sbagliato le strappasse questo, che le cambiasse il suo carattere. Avrebbe dovuto impedire che ciò accadesse. Noah aveva ragione, se quel giorno avesse incontrato Barbra, la donna sarebbe solo stata delusa, non avrebbe trovato nulla di speciale in lei se non una notevole bassezza, una scorta infinita di parole e un naso pronunciato.
La voce di Brittany, come la melodia, si fece di lenta e delicata.
 
‘Cause I used to be a shell
Yeah, I let him rule my world
my world, ohh, yeah
But I woke up and grew strong
And I can still go on
And no one can take my pearl
 
E su anche questo Santana non poteva dirsi contro. Perché Brittany in realtà era l’unica che era riuscita a vincere le sue paure. L’essere ritenuta stupidi da tutti, la morte del padre, la perdita di un figlio, l’abbandono della fidanzata. Eppure era lì, era riuscita a non fare quello che aveva fatto Santana, ed ora stringeva Valerie sorridendo, e nonostante tutto quella bambina la rendeva felice, perché quel sorriso allegro, quelle guanciotte paffutelle e quei capelli scompigliati avrebbero reso felice chiunque.
In conclusione i tre unirono le voci, sorridendo gli uni agli altri.
 
You don’t have to be shell, No
You’re the one that rules your world, ohh
You are strong and you’ll learn
that you can still go on
 
And you’ll always be a pearl
 
Il messaggio di quella canzone sicuramente arrivò ai giusti destinatari, ed entrambe presero una decisione, dopo averla sentita. Rachel sorrise, applaudendo.
Santana si alzò e lasciò la sala, lanciando un veloce sguardo verso Brittany.
 
She is unstoppable” terminò quella, in un sussurrò.



 
***
 
Scusateeeee ç_ç
Io sul serio volevo aggiornare prima, ma sono iper impegnata. E mi dispiace tantissimo anche perché fino a giovedì non riuscirò nemmeno a recensire o leggere nulla, I’m so sorry ç_ç Sono imperdonabile, poi cercherò di recuperare.
 
Note:
-Allora, il fatto di girare tanto intorno alla canzone non mi garba molto, ma la scena è nata proprio da quella, per cui eccola. E grazie Katy.
-Noah dice che è adatta al posto perché si chiama Pearl, come l’hotel
-Che Lea e Barbra cantino assieme Tell Him è un mio sogno. Subito avevo pensato di farle incontrare sul serio e fargliela cantare, dedicandola poi a Noah. Solo che la cosa sarebbe stata molto irreale, per cui ho scartato, anche se non è detto che non scriverò mai una shot simile u_u E se Celine si vuole aggiungere, tanto meglio u.u
 
Ci si sente a fine settimana direi!
Grazie a tutti quelli che leggono e quelle buone anime che recensisco. I luv u <3
Besos,Miky
 

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Capitolo 19
*** Mistakes ***


19}Mistakes
 
 

-Buongiorno raggio di sole!-

-Buongiorno Mr. Chang- rise Quinn dall’altro capo, attorcigliandosi una ciocca di corti capelli sull’indice.
-Come stai? Capisco che l’astinenza da me deve essere molto dura, ma per il resto?- domandò il ragazzo ridacchiando.
-Oh, non sai che divertimento tra il lavoro e le tue bestie- bonfichiò lei, roteando gli occhi.
-Sono pesciolini, non “bestie”, e come sta la mia piccolina?- chiese il ragazzo preoccupato.
-Sguazza qua e là, puzza, in questo momento mi guarda male- riportò lei, osservando la tartaruga muoversi nell’acquario –Oh, ha appena mangiato Rosso- aggiunse, senza enfasi.
-Come l’ha mangiato? Stai scherzando spero? E’ innocua, non dovrebbe essere carnivora..- si agitò Mike.
-Oh,  e ne ha mangiato anche un altro…dovrebbe essere…- continuò la ragazza, lasciandosi però scappare un risolino.
-Fabray! Mi stai prendendo in giro- sbottò, sentendola poi scoppiare a ridere –non è affatto carino. Che ragazza perfida che mi ritrovo- borbottò, tirando allo stesso tempo un sospiro di sollievo.
-Dai, qui è una noia mortale senza di voi. Piuttosto come sta quella carciofa della Berry??- chiese Quinn.
-Fin troppo bene, sta tubando con Puck come suo solito…- le rispose, guardando l’amica.
-Davvero!??!- strillò Quinn saltando in piedi eccitata.
Rachel intanto si era avvicinata a Mike, gli aveva dato due scappellotti e gli aveva sottratto il telefono.
-Q, Mike è il solito bugiardo, comunque, come stai? Qui si sente la tua mancanza- trillò, tornando a sorridere.
-Oh, ne ero certa. Tutto bene, voi, B? Vals…e..- mormorò incerta.
-Stanno benone,io, Mike e Valerie stavamo sotterrando Noah nella sabbia. Ha fatto l’errore di addormentarsi, mentre B è al lavoro- ridacchiò, guardando le bionde impegnate –E, Santana, diciamo che ci siamo scontrati…- disse.
-Come ha reagito?- s’informò ansiosa.
-Per ora male, non si fa vedere da giorni. La incrociamo ogni tanto in albergo. Dave ha detto che non sa quali sono le sue intenzioni, dice che da quando ha scoperto di Valerie, si è chiusa in se- sbuffò, rattristita.
-Era da immaginare. Non l‘ha ancora superato, e Brittany, come sta? E non come fa finta di stare…- chiese, mordendosi il labbro preoccupata.
-Come pensi che stia? Credo che si senta rifiutata per l’ennesima volta, ma con Valerie sempre intorno, non lo mostra- sospirò.
-Certo. Dopo cercherò di tirarla su. Ora ti lascio tornare a seppellire Noah, sai io ho un lavoro- rise, afferrando la giacca e le chiavi.
-Buon lavoro Q, ci si vede presto!- squillò.
-Sì, salutami tutti- disse la ragazza, per poi attaccare. Rachel buttò il cellulare nella borsa e tornò ad aiutare gli amici nel loro intento. Quando lo ricoprirono per bene, Valerie si mise anche a decorarlo con alghe e rametti, aiutata da Mike che non riusciva a non ridere. Dopo una ventina di minuti però la piccola inciampò, cadendo sul cumulo di sabbia e svegliò Noah, che si lamentò come un bambino, imprecando contro la sabbia che si era infilata ovunque. Per levarsela di dosso, optarono per un lungo bagno in mare.
-Tranquillo Chang che me la paghi. Io però ti sotterrò nel cemento. A presa rapida- borbottò ancora irritato.
-Pff ma che cattiveria, era un’idea di Valerie- si difese lui, scrollando le spalle.
La bambina annuì orgogliosa, sorridendogli.
-Era divertente- spiegò, allungando le mani verso di lui, come per volersi avvicinare. Noah sbuffò, per poi accoglierla tra le braccia, alle quali lei si arpionò, sentendosi insicura senza il suo adorato salvagente. La bambina però ad un tratto sembrò vedere qualcosa di interessantissimo a riva e insistette per uscire. Come furono fuori dall’acqua, quella si dimenò per poter camminare per conto proprio. Noah confuso, la lasciò scendere, ma non fece in tempo a prenderle la mano che quella si mise a correre. Non che fosse una gran velocità, anzi, era paragonabile ad una paperotto, ma non ci fu bisogno di rincorrerla anche perché si fermò in fretta, trovando quello che tanto l’attirava.
Rachel, Mike e Noah si guardarono leggermente spaventati. Avrebbero dovuto fermarla probabilmente, ma ormai Valerie non si poteva più trattenere.
 
La bimbetta sorrise timidamente, ciondolandosi sui piedi e piegando di lato il capo, mentre con le mani alle quali erano appiccicati centinaia di granelli di sabbia si attorcigliava i capelli bagni. La ragazza di fronte a lei era rimasta impalata, con ancora il prendisole indosso, un cappello di paglia con una larga fascia dalla fantasia a fiori in mano e due grandi occhiali da sole che le nascondevano gli occhi neri e spauriti.
-Ciao- trillò Valerie, continuando a sorridere, mentre strizzava i suoi occhioni azzurri a causa del sole.
-C-ciao- mormorò Santana –aspetta..- sussurrò,notando che la piccola faceva fatica a tenere aperti gli occhi si abbassò e adagiò il suo cappello sulla nuca di Valerie. Quella sbattè le palpebre più volte, rilassando le pupille, per poi regalare alla mora un sorriso raggiante e gioioso.
-Grazie- bisbigliò, leggermente imbarazzata. Ovviamente tra le due lo era molto di più Santana, che sentiva il cuore martellarle nel petto, come se fosse pronto ad uscire da un momento all’altro.
-Io sono Valerie- si presentò la biondina, continuando a passarsi le ditina tra i capelli.
-Io sono Santana- rispose la donna, deglutendo a fatica. Quella bambina era così piccola, bella e dolce che le veniva solo da piangere. Piangere e disperarsi perché non sapeva ancora cosa fare, perché aveva perso quattro anni di quella piccola creatura, perché aveva gli stessi occhi limpidi di Brittany, perché Brittany l’aveva voluta per il loro amore,e lei, lei aveva lasciato tutto.
-Io lo so- disse però Valerie- Mamma mi ha raccontato che sei la sua innamorata- se ne venne fuori la piccola, decidendo di avvicinarsi ancora un po’ e appoggiare le manine sporche sulle ginocchia della latina, che al tocco tremò quasi –Però dopo hai rotto qualcosa e mamma è triste perché tu non tornavi mai, ma però non è tanto arrabbiata. – cercò di chiarire subito -Mami non si arrabbia quasi mai, a volte fa delle facce strane quando io e zio Mike saltiamo sul suo letto, o quando zio Noah mi fa fare il bagnetto con Max, o quando zia Q mi regala vestiti da pincipessa e io non li voglio mai togliere, ma dopo torna a fare così – spiegò, mostrando a Santana un sorriso smagliante – e quando uno sorride non è mai triste. Quando uno è triste è così – disse, mostrandole un broncio desolato, con tanto di labbro inferiore tremolante, per poi riprende il suo discorso –E allora mami non sarà arrabbiata molto con te. Basta che le dici che fai la brava. E che non mangi più le margherite…- farfugliò, guardando in basso colpevole – Sai, non si mangiano le margherite- sospirò. Santana sorrise dolcemente, per poi scoppiare in una breve risata. Più passavano i secondi con quella biondina, più l’ispanica pensava di innamorarsene. Quel parlarle un po’ di tutto, in modo confusionario e intricato era così tenero, come il fatto che ogni tanto non riusciva a pronunciare correttamente la “r”, o che inserisse “ma però” ogni tanto, mentre senza nemmeno accorgersene aveva impiastricciato con la sabbia il vestito leggero della latina.
-Sembri tanto Pochaontas- bisbigliò ad un tratto Valerie, allungando la manina verso la guancia calda di Santana –anche lei parla poco ed è bellissimissima- connotò cercando quasi di issarsi sulle ginocchia per potersi avvicinare al suo volto. Santana, quasi impaurita di fare cadere la piccola, si sottrasse,rialzandosi.
-Hey Vals- la chiamò Noah avvicinandosi. La bambina gli lanciò una veloce occhiata, tornando poi a rivolgere la sua completa attenzione alla mora.
-Ciao Santana- sorrise Rachel, arrivando dietro alla bambina.
-Santana- sorrise Mike con un cenno del capo.
-Hey- sussurrò solo lei, annuendo senza enfasi, cercando di evitare accuratamente gli sguardi di cui sentiva la pesante pressione. Valerie guardò i tre con un misto di gelosia e fastidio, dopodiché afferrò la mano della latina e tentò di portarla via con se, lontano dai ragazzi. Santana si lasciò trascinare, non sapendo che altro fare. Valerie si girò, incrociando uno sguardo corrugato di Noah, mentre Mike e Rachel discutevano sulla situazione.
-La mamma ora è a lavorare, ma questa sera torna, così puoi scusarti- disse Valerie, continuando a camminare lungo la spiaggia. –E se ti scusi lei, poi lei ti abbraccia forte forte forte, ti fa il solletico e ti fa scegliere il cartone da guaddare – annuì la biondina, ma non vide la reazione che aspettava nella donna, per cui si preoccupò un poco.
-Ti vuoi scusare vero con mamma? Perchè dopo torni a casa con noi, vero?- chiese sgranando i grandi occhi. Santana si alzò gli occhiali sui capelli e si sedette per terra, per arrivare al livello della piccola, la quale la imitò immediatamente.
-Non lo so Valerie- confessò sincera, con un’espressione mortificata.
-Perché?- chiese lei, non capendo.
-Perché è passato tanto tempo, non è così facile- sospirò Santana, disegnando cerchietti sulla sabbia.
-Perché?- continuò lei, non soddisfatta.
-Perché… è difficile- ammise –Sia per me, che per la tua mamma-rispose, tirando le gambe contro il petto.
-E perché?- insistette la bimba.
-Perché…perché sono successe tante cose brutte- ribattè la latina.
-Ma è passato ormai- disse la piccola, scrollando le spalle.
-Ma il passato non si può cancellare- bisbigliò Santana in un sussurro che Valerie non sentì, anche perché ormai era in procinto di piangere, e sicuramente quelle parole non le sarebbero bastate. La bambina si alzò, guardandola prima che le lacrime scendessero sul suo visino tondo, per poi correre verso Noah. Santana la guardò dispiaciuta, per poi osservare come quei tra fossero già all’opera per consolarla.
Ottimo, era già riuscita a deluderla.
 
 
 
-Allora, come è andata?- domandò David alzando lo sguardo dal computer, quando sentì aprirsi la porta.
Vide Santana entrare come a fatica, trascinarsi dentro e lasciarsi cadere sul letto.
-Dave non posso farlo- sibilò, affondando il volto nel cuscino, bagnandolo. Lui roteò gli occhi, stufo del suo tipico pessimismo. Chiuse il portatile e si sedette sul bordo del letto della ragazza.
-Ti ho già detto vero che odio quando ti arrendi prima di provarci?- domandò retoricamente.
-Ma io ci ho provato!- si difese la ragazza –e sai che ho fatto? L’ho fatta piangere!- farfugliò, tirando su con il naso per poi tornare a seppellire il volto nel cuscino.
-Ma provarci quando non c’è Brittany, non è provarci- precisò lui.
-Tu la fai facile- mugugnò lei, mettendosi a sedere di fronte a lui.
-Non sarà facile, ma se non tenti, te ne pentirai sempre- affermò il ragazzo. Lei assentì, non del tutto certa, per poi rifugiarsi contro il petto largo e caldo dell’amico.
 
---
 
-Cioè, stai dicendo che vuoi lasciarmi?- chiese Blaine aggrottando le sopracciglia e sgranando gli occhi. Kurt sfarfallò le ciglia, guardandolo timidamente.
-Vedi io..- farfugliò titubante, ma l’altro non gli lasciò il tempo per parlare.
-Perché pensi di provare ancora qualcosa per Karofsky? Ma non lo vedi da anni, magari è solo una tua impressione, non lo puoi sapere. E’ una cosa astratta Kurt, io sono qui, io sono reale- disse frettolosamente il più basso, afferrando l’altro per le braccia –Noi, noi stiamo bene insieme, ho..ho fatto qualcosa di sbagliato?- continuò agitato il ragazzo. Kurt scosse la testa.
-No, no di certo. Non c’è nulla di sbagliato in te, sono io quello sbagliato. Io non sono sicuro dei miei sentimenti, e ritengo sia da ipocriti tenerti legato a me, quando sogno un altro ragazzo- ammise, arrossendo vistosamente per poi abbassare gli occhi chiari sul pavimento.
-Oh, è di questo che si tratta,  un sogno? Non significa nulla Kurt, non vuole dire che lo ami solo perché lo sogni- cercò di convincerlo il moro.
-Blaine, smettila,  già è difficile così, non rendere tutto ancora più tragico. Io lo sto facendo per te, perché non voglio mentirti, perché a te ci tengo e ritengo che meriti di più di uno che pensa ancora al suo ex immaginando a come sarebbe la vita con lui. Mi dispiace, mi dispiace tanto, ma sarà meglio per entrambi…- mormorò, rotto dalle lacrime che rotolavano veloci giù dai suoi occhi arrossati. Blaine lo lasciò andare, con uno sguardo perso e arrabbiato.
-E’ di nuovo un addio… Ancora una volta per colpa di Karofsky- constatò il ragazzo, allontanandosi da Kurt – Forse non è destino Kurt, o forse dovresti solo capire chi vuoi tra noi due e smetterla di giocare con entrambi- sbottò schiettamente prima di uscire dall’appartamento. Kurt vide sbattere la porta, rimanendo basito.
Blaine non aveva tutti i torti.
 
---
 
 
-Hey, pulcina- squillò Brittany entrando nella camera poco prima che fosse pronta la cena.
-Mamma!- strillò quella, fuggendo dagli intenti di Rachel di asciugarle i capelli. La madre come suo solito la sollevò, girandosi su se stessa per far ridere la figlia, riuscendoci perfettamente.
-Che hai fatto oggi di bello?- domandò la donna, salutando poi Rachel con un sorriso amichevole.
-Oggi abbiamo coperto zio Noah con la sabbia. Ma tanta tanta. Lui si è un po’ arrabbiato, ma dopo abbiamo fatto il bagno. Poi è arrivata …oh il cappello!- s’interruppe la bambina, correndo ad afferrare il cappello di paglia che si era dimenticata di restituire a Santana. Brittany ancora non capiva, ma la piccola glielo porse.
-E’ di Santana- le spiegò Rachel.
-Secondo me le manca, dovresti riportarglielo – squittì velocemente Valerie, accennando un sorrisino. Brittany corrugò le sopracciglia, mentre la piccolina sembrava quasi spingerla ad uscire dalla stanza in quel momento.
-Io non penso sia una gran bella i…- tentò Rachel, ma Valerie continuava a ripetere che Santana sicuramente si sarebbe arrabbiata se non glielo avesse reso, per cui alla fine Brittany si ritrovò chiusa fuori dalla stanza, con solo quel cappello tra le mani.
La bionda sbuffò, per poi percorrere il corridoio, salire le scale e cercare la stanza. Puck aveva detto 740, o almeno, quello era ciò che si ricordava. Arrivò di fronte alla porta, le sue idee vacillavano ancora sul da farsi, ma le sue nocche si scontrarono con essa tre volte. Capì che era la camera giusta appena sentì i grugniti di Dave, che poi si ritrovò davanti.
-B-brittany- balbettò, sorpreso di vederla lì. Lei tese le labbra in una specie di sorriso, dopodiché il ragazzo le lasciò libero il passaggio, permettendole di visualizzare una Santana desolata, rannicchiata sul letto.
-Brittany!- gridò vedendola, per poi sistemarsi il volto ancora rigato da qualche goccia salata.
-Ti ho riportato il cappello. Valerie ci teneva- mormorò la bionda, che in quel momento si sentiva tanto Riccioli D’Oro nella casetta degli orsi, orsi che in quel momento la guardavano in un modo strano. Respirò profondamente, non notando nessuna reazione, poi posò il copricapo su un comodino.
-Ci vediamo- mormorò, facendo per uscire dalla stanza, ma Dave la bloccò.
-No, vado io a fare un giro. Penso che voi due abbiate qualcosa da dirvi- la trattenne. Brittany corrugò le sopracciglia, poi lo vide uscire, chiudendosi la porta alle spalle. Dopo qualche momento si voltò nuovamente verso la mora, come fosse in attesa.
-E’…- cominciò Santana, alquanto impacciata –E’ una bambina bellissima…e adorabile.. -
Brittany si limitò ad annuire, con un’espressione un po’ assente e distaccata.
-E’ anche molto curiosa, sai è segno di intelligenza…- continuò, sistemandosi i capelli. Ancora Brittany però non sembrava interessata alla conversazione. Se ne stava in piedi, contro il muro, ad osservare la stanza, mentre ogni tanto il suo sguardo cadeva sulla mora. Santana a quel punto scosse la testa, rinunciandoci.
-Senti, scusa…penso sia stato un errore..- bisbigliò, grattandosi il capo nervosamente.
-Un errore..- ripetè la bionda –Tu non sai per quanto io abbia pensato che Valerie fosse un errore- ringhiò quasi, lasciando allibita l’altra. – Doveva essere una sorpresa per te, ma tu non c’eri più; io non sono mai stata molto intelligente, per cui ero sicura di aver fatto una sciocchezza, perché si trattava di una vita, di mettere al mondo una bambina da sola. Come se non bastasse è nata il 29 di febbraio, capisci? Se avevo dei dubbi, con ciò era tutto più chiaro- pigolò mordendosi il labbro. Santana aveva sgranato gli occhi, trovandosi davanti una Brittany diversa, più matura, più segnata dal dolore. Dolore che lei aveva causato.
-Ma quando è nata, quando l’ho stretta tra le mie braccia, ho capito che non era affatto un errore. Era la cosa più bella che mi potesse capitare.- sussurrò, legando le sue iridi chiare a quelle profonde dell’ispanica –Quindi sì, hai ragione. L’errore è stato tuo- concluse. Detto ciò la guardò ancora una volta, aprì la porta e uscì, lasciando una Santana intenta a metabolizzare quelle parole dure e affilate.
 
 
***
 
Scusate ç__ç Non sapete quando mi dispiaccia, ma ho praticamente abbandonato EFP. E sono dispiaciutissima sia di non aver aggiornato che recensito, prima o poi recupererò. Ma giuro che è un periodaccio, tra scuola, patente e menate varie non ho un momento per me; non lo avrei nemmeno ora, ma rimando a domani lo studio intensivo di italiano.
Inoltre, più continua la season 3, più questa ff non ha senso, ma facciamo finta di nulla u_u
 
Note:
-Valerie e San sono coccolosissime, penso che potrei scrivere monologhi e monologhi di Vals che parla in modo strambo, perché anche io parlo in modo strambo u_u
 
Ora mi scusa ancora tanto e non so quando potrò aggiornare di nuovo.
Besos,Miky

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Capitolo 20
*** Pretend ***


20}Pretend


Fingere è una di quelle cose che fanno tutti, a volte anche inconsapevolmente. Si finge per apparire migliori, per nascondere una parte di se, per non fare preoccupare chi ti sta intorno, per ottenere qualcosa. E’ un meccanismo di difesa, perché solitamente si tende a celare un proprio punto debole, a velare alcune emozioni che non si vorrebbero forse provare, che fanno male. Quinn lo sapeva bene, come sapeva che fingere creava delle maschere, e dietro ad essere c’erano tante cose da risolvere. Quinn sapeva che Puck fingeva di non essere innamorato di Rachel, sapeva che Rachel fingeva di non saperlo, sapeva che Kurt fingeva che tutto fosse perfetto con Blaine, sapeva che Brittany fingeva di stare bene, sapeva che Santana fingeva di aver superato il suo trauma, lei stessa fingeva di essere in pace con se. Non poteva essere tranquilla, perché aveva permesso troppe cose, come che Rachel partisse per l’Europa senza chiarire nulla con Noah, che Santana se ne andasse, che Brittany restasse sempre così legata a lei, che Valerie crescesse senza entrambe le mamme. Pensava che avrebbe dovuto fare di più, forse sarebbe dovuta essere un’amica migliore. Sicuramente ora era giunto il momento in cui rimediare, dopo quella vacanza avrebbe smesso di lasciar passare tutte quelle cose.

Brittany rientrò nella camera solo dopo essersi fatta una passeggiata per schiarirsi le idee. Se fosse tornata subito sarebbe scoppiata a piangere, dopodiché l’avrebbe dovuto spiegare a Valerie, e la bambina sarebbe stata triste e questa era l’ultima cosa al mondo che Brittany voleva.
Sorrise alle due che erano sdraiate nel lettone, con Rachel che leggeva un libro di favole alla piccola. Entrambe si girarono nella sua direzione, attendendo un responso. La donna però sorrise solo.
-Vi va di fare un gioco?- chiese, catturando la loro attenzione.

-Dove stai andando?- domandò Dave notando che la ragazza stava scendendo in tutta fretta le scale.
-Al bar- borbottò, senza fermarsi.
-Sei troppo piccola, non ti faranno entrare- la schernì, seguendola. Lei in risposta gli alzò il medio sinistro, raggiungendo poi il bar dell’hotel. Seduti in un angolo notò Noah e Mike che chiacchieravano tranquillamente, i quali si accorsero subito di loro e li invitarono a sedersi allo stesso tavolo. Santana in realtà non ne aveva nessuna voglia, ma Dave praticamente la spinse a farlo, scostandole addirittura la sedia.
-Hey ragazzi- esordì Mike con un gran sorriso.
-Oh Karofsky, visto che sei in piedi, ci vai a prendere qualcosa?- domandò sorridendo Noah. Dave lo fulminò, grugnendo.
-Oh bravo, io vorrei qualcosa che sia sugli 80 gradi- mugugnò la ragazza, appoggiando il mento sul palmo di una mano.
-Io un Manhattan, grazie- esclamò Puck, continuando a mostrare un sorriso da ruffiano.
-Chang?- chiese Karofsky già irritato.
-Quello che vuoi- rispose il ragazzo scrollando le spalle. David annuì e si diresse verso il bancone.
-Allora Lopez, hai preso una decisione!?- chiese Noah facendosi più serio e incrociando le braccia sul tavolo.
Santana abbassò lo sguardo e sbuffò. Già non voleva vedere altre persone, figurarsi parlare dei propri problemi con loro! Voleva starsene da sola, anche perché loro l’avrebbero giudicata, accusata, colpevolizzata. Il brutto era che ne avevano il diritto e avrebbero avuto ragione.
-Lei non mi vuole- sussurrò solo, volgendo lo sguardo verso David, sperando che lui tornasse e si cambiasse discorso.
-E’ ovvio che all’inizio sarà più distante del solito, ma non significa che non ti vuole- mormorò Mike.
-Dopotutto si parla Brittany. Se non si è mai arrabbiata con noi per come le abbiamo varie volte ridotto la casa, prima o poi ti perdonerà- ridacchiò Noah.
-Parla per te- disse invece Mike scuotendo la testa.
-Il fatto che la colpa ricada sempre su di me, non significa che tu non c’entri mai- si lagnò lui, stringendo gli occhi a fessura e guardando male l’asiatico.
-Significa solo che io sono molto più sveglio di te- ridacchiò l’altro. David tornò al tavolo, appoggiando sul tavolo quattro birre, per poi sedersi. Santana lo guardò accigliata, subito imitata da Noah.
-Scusa?- sibilò, indicando la bottiglia verde con una smorfia.
-La prossima volta vi alzate voi e prendete ciò che più vi aggrada- rispose il ragazzo con un sorriso soddisfatto, stappando poi la sua bottiglia.
-Bè, sono anni che non ci si vede, come vanno le cose a Lima?- domandò subito dopo rivolto ai ragazzi. Noah lo guardò imbronciandosi e aprì la birra, come in rifiuto di rispondergli.
-Tra il lavoro, il Broadway e Valerie ce la caviamo. Tutto nella nostra normalità- rispose pacatamente Mike.
-E poi presto saremo in gran festa.- aggiunse Noah sorridendo all’amico. Santana alzò un sopracciglio, interessandosi alla discussione.
-Io e Quinn ci sposiamo- rivelò il ragazzo, sfoderando un sorriso smagliante e orgoglioso.
-Sarà tipo su tutte le prime pagine dei quotidiani, lo sta organizzando tutto Miss Fabray- ridacchiò il ragazzo.
-Miss Fabray ancora per poco- precisò Mike.
-Congratulazioni!- sorrise David, dando una leggera pacca sulla schiena dell’asiatico.
-Era anche ora, cosa stavate aspettando?- bonfichiò invece Santana, anche se però non riuscì a trattenere un timido sorriso.
-Il tuo ritorno- disse schiettamente Noah, guardandola dritta negli occhi.
-Oh già, Q ti vuole come damigella- annuì Mike. Santana corrugò le sopracciglia, stranita. Sì, perché non le era chiaro il motivo per cui lì non la odiassero tutti, ma che invece la stessero quasi aspettando, come se fosse andata in un lungo viaggio. Cosa avrebbe dovuto rispondere ora? “Sì, certo! Non aspettavo altro, sono mancata anni e mi sono comportata da stronza patentata, ma vengo volentieri”. Accennò una specie di sorriso per poi voltarsi verso Noah.
-Tu e la Berry invece?- chiese ad un tratto, cambiando argomento. Mike appoggiò la testa sul tavolo, soffiando.
-Oh, un caso perso- farfugliò, mentre Noah arricciava le labbra indispettito. -Cioè, sembrano marito e moglie, dividono il letto, ma mica si decidono a mettersi insieme- borbottò l’asiatico, scuotendo la testa sconsolato. Santana per poco non sputò la birra in faccia a Dave, ma trattenendosi, cominciò a tossire. Puck le diede alcune pacche sulla schiena, cercando di aiutarla a riprendersi. Dopo alcuni minuti, spalancò la bocca allibita.
-Cioè, mi stai dicendo che dopo tutto questo tempo non te la sei ancora scopata?- domandò, quasi allucinata. Mike sgranò gli occhi voltandosi verso Dave.
-Ma questa donna è di una finezza unica- commentò, vedendo poi il ragazzo annuire ironicamente. Puck si era girato dall’altra parte, facendo finta di non sentirli.
-E’ che è stata in Europa fino a pochi mesi fa, e lui ci voleva far credere che fosse tutto passato- spiegò Mike –Poi però dovevi vederlo quando è rientrata- ridacchiò.
-Ma la volete piantare!?- borbottò Noah, imbarazzato –Fatevi gli affaracci vostri- mugugnò, appoggiandosi al muro con la schiena, finendo poi la birra.
-Ma, a parte che tu l’avevi lasciata partire per l’Europa con troppa tranquillità. Cioè, quella si è sbattu…-
-Santana!- la riprese Noah indignato.
-Ma siete diventati tutti delle dodicenni?! Non si possono usare parolacce?!- chiese lei stizzita.
-No, le evitiamo. Sai, quando hai sempre attorno una bambina devi toglierle dal tuo vocabolario- le chiarì Mike, risultando più serio. Cavoli, ma perché non faceva più funzionare il cervello!? Era ovvio che le parolacce erano off-limits per loro, che Valerie la vedevano tutti i giorni. In quel momento la ragazza li invidiò più che mai, anche se la sola stupida lì era stata lei.
-Quella ha avuto relazioni con aitanti europei, e tu hai lasciato fare!? Poi sul serio dormite insieme, senza…- domandò sconcertata. Il grugnito che seguì glielo confermò. Lei sbattè le palpebre incredula.
-Non ci posso credere- mormorò –Il tuo potenziale sessuale oramai deve essere così alto, che quando starete chiusi in casa per un mese, sarà chiaro che vi siete decisi a svegliarvi- commentò, sistemandosi i capelli mentre ridacchiava.
-Possiamo non parlarne? E’ già difficile così- sbuffò, roteando gli occhi seccato.
-Ma cosa stai aspettando? Che qualcuno te la soffi sotto il naso?- chiese Dave, alzando un sopracciglio.
-Sei già stato fortunato che non ha trovato il grande amore in Europa- aggiunse l’asiatico.
-E poi, perché non le hai ancora detto nulla?- s’incuriosì la ragazza.
-Voi non sapete com’è…lei potrebbe scappare e tentare di far finta di nulla, perché sarebbe strano tra migliori amici- disse, abbassando lo sguardo.
-In effetti mi chiedo come tu ci sia finito in mezzo- mormorò Karofsky.
-Il grande mistero dell’amore!- constatò Mike, aprendo le braccia, per poi ricevere un’occhiataccia.

Santana si svegliò con un leggero mal di testa. Forse perché ultimamente non faceva altro che rimuginare su troppe cose, o forse perché aveva dormito sì e no cinque ore. Dopotutto era l’ultimo giorno a Los Angeles, e non poteva passarlo nel letto. Si stiracchiò, infilandosi nel bagno solo dopo aver aperto la finestra per far passar la luce, ed aver ricevuti insulti dal compagno di camera. Si legò i capelli in un concio improvvisato e indossò i grandi occhiali da sole, afferrando poi la borsa prima di scendere per la colazione. Arrivando prima del ragazzo, si sedette nel posto in cui lui era stato per tutta la settimana, avendo la diretta visuale di un certo gruppo a cui però mancava per ora il lato femminile.
Dopodichè Santana strizzò gli occhi, confusa sull’immagine che le si parò davanti. Valerie trotterellò al tavolo, fermandosi tra le gambe di Noah per chiamarlo e farsi prendere in braccio, mentre dietro di lei Brittany e Rachel si sussurravano qualcosa all’orecchio, sorridendo dolcemente. Mentre si tenevano per mano.
Santana notando lo sguardo interrogatorio di Dave tornò a concentrarsi sulla colazione. Dopotutto potevano essere solo diventate grandi amiche, cosa c’è di male nel prendere per mano un’amica? Certo, si trattava sempre della Berry, ma forse sembrava impossibile solo a lei. Sicuramente era più probabile ciò che i pensieri che erano sorti nella sua mente. Che fossero..? No, impossibile. Insomma, Rachel cosa c’entrava!? Nonostante la latina non voleva credere in nessun modo che tra le due ci fosse qualcosa più che l’amicizia, la sua attenzione era spesso puntata verso di loro, che tra l’altro sembravano ancora impegnate in chissà quali discorsi.

Noah stava osservando Rachel e Brittany dubbioso. Cosa avevano quelle due da stare tanto appiccate e confabulare?
-Noah, veloce- si lagnò Valerie seduta sulle sue gambe, con le manine allungate sul tavolo. Il ragazzo continuò a spalmarle la marmellata “rossa” sulla fetta di pane per poi porgergliela. La piccola leccò la fattura stringendo gli occhietti, per poi alzare il panino verso la bocca dell’uomo.
-Non mi piace, voglio quella arancione- decretò decisa. Naoh addentò la fetta di pane, preparandone poi un’altra per la piccola.
-Cavoli, devo già andare!- esclamò Brittany ad un tratto, alzandosi per raggiungere la nuca della piccola sulla quale lasciò un bacetto. Quando però la bionda si voltò, si abbassò nuovamente, stavolta verso Rachel, afferrandone il viso con le mani.
Poi la baciò delicatamente, poggiando le sue labbra su quella della brunetta.
-Ci vediamo dopo- le mormorò con un sorriso.
-Certo- soffiò Rachel, arrossendo appena.
Noah spalancò tanto la bocca che per poco non cadde la mandibola, mentre lasciava cadere le braccia lungo i fianchi dallo shock. Non poteva credere ai suoi occhi, e non voleva. Era impossibile che fosse successo sul serio, era fuori dal mondo che Rachel e Brittany si fossero realmente baciate. Lì, davanti a lui, a Santana, a Valerie. Guardò la piccola, preoccupato, ma quella sembrava alquanto tranquilla, impegnata a sporcarsi il visino con la confettura di albicocche.

Santana lasciò che il cucchiaino con cui stava mangiando il suo yogurt bianco cadesse sul tavolo, rimbalzasse sul bordo e cadesse per terra. Ciò non poteva essere vero. Era assurdo e inattuabile che le labbra di Brittany, quelle linee perfette e dolciastre, fossero combaciate con quelle della Berry.
-Se è un incubo è ora di svegliarsi Santana..- farfugliò, non riuscendo a spostare gli occhi dalla direzione Rachel Berry. Karofsky si voltò, notando Brittany lasciare la sala.
-Cosa è successo?- domandò non capendo poiché dava le spalle ai ragazzi.
-Spero nulla. Ti prego dimmi che siamo in un incubo, o che sono stata drogata, o che ieri ho bevuto litri e litri di alcool, perché ho le allucinazioni- disse sconvolta.
-San dai dimmi cosa hai visto, dalla tua faccia sembra che Brittany abbia….Oddio Puckerman ha la stessa espressione- notò il ragazzo.

-Rachel, ma cosa..- farfugliò Mike corrugando le sopracciglia.
-Mamma e Rachel sono fidanzate- esordì Valerie, tirando a se la tazza piena di latte.
-Cosa?- strillò quasi Noah, portando gli occhi sulla ragazza.
-Sì. Tu non volevi Rach come fidanzata e l’ha presa mammina- spiegò Valerie, lanciando un sorriso alla donna che aveva di fronte.
-Ma…ma non è un po’ strano.. E poi, non è da te Rachel, cioè, da quando sei lesbica?- insistette il ragazzo agitato.
-Non vorrei sconvolgerti, ma esistono persone bisessuali, e poi sono cose che capitano. Non ti è mai capitato di innamorarti di un’amica? – chiese alzando le sopracciglia e le spalle. Noah la guardò forse ancora più sperso, come se porre quella domanda a lui fosse quasi una presa in giro. Inoltre, innamorata?! Aveva seriamente usato quella parola, faceva sul serio?
-Bè, è quello che è successo a noi- concluse la brunetta.



Innanzitutto devo scusarmi per l'enorme, immenso, gigante ritardo. Sono mortificata, spero qualcuno mi riesca a perdonare ç__ç
Certo, chiederlo dopo questo capitolo, non mi aiuta. Sono stata davvero impegnata con la scuola, e sto approfittando di questi giorni di scuola chiuse (God bless snow) per cercare di tornare, dopo una lunga astinenza da EFP. Guardate che mi siete mancati anche voi, che credete?!
Mi dispiace tantissimo per le persone che hanno sempre seguito, e in particolare per quelle che recensivano questa storia, perchè ho avuto veramente una luuuuunga pausa. Spero che non succeda più.
Bene, riguardo a questo capitolo, non mi espirmo ò-ò Ho ancora molti dubbi su ciò che ne è uscito, ma direi che aggiornerò in serata, perchè ve lo devo!
Bene, che altro?! Spero non ci siano errori, ma ce ne saranno di sicuro,per cui, sorry!

Besos,Miky

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Capitolo 21
*** Make the right thing isn’t so easy ***


21}Make the right thing isn’t so easy



I ragazzi passarono l’ultima giornata al mare, ma essa risultò notevolmente diversa dalle precedenti. Rachel e Valerie erano andate in riva a giocare per conto loro, mentre Puck e Mike erano rimasti distanti a osservarle. Santana aveva deciso direttamente di non passare per la spiaggia, ma andò a visitare la città con Dave, tenendosi ben lontana sia da Valerie, che dalla Berry.
-Mike vieni a giocare? Rachel dice che l’acqua è fredda- lo chiamò la piccola, dondolandosi nel suo salvagente-papera. Il ragazzo la raggiunse subito, dando come il cambio alla brunetta che invece risalì la spiaggia, dirigendosi verso le cabine in cerca di un bagno. Quando uscì si spaventò appena trovandosi di fronte Noah a braccia incrociate, che la scrutava dubbioso.
-Hey- sorrise lei, facendo come per passarlo, ma lui la bloccò, afferrandole un polso.
-Cosa c’è tra te e Brittany?- chiese duro. Rachel alzò i suoi grandi occhi verso quelli verdi e cupi di lui, nei quali in quel momento non scorgeva altro che rabbia. -E’ solo..- mormorò, trattenendo una risatina.
-E’ possibile che tu non pensi mai alla reazione degli altri, che non pensi mai a me?- ringhiò, spingendola contro una cabina, imprigionandola con il suo corpo forte e muscoloso. Lei corrugò le sopracciglia assumendo un’espressione stranita. A quel punto Noah scoppiò, non riuscì più a trovare il freno per stopparsi, quello che aveva usato così tante volte negli ultimi anni. Forse proprio perché ne aveva fatto così tanto uso ora era più dura farlo funzionare. Si abbassò di scatto, affondando una mano nei capelli sciolti della ragazza, afferrandole la nuca, e l’altra sul suo fianco, sfiorandone la pelle calda e ambrata con i polpastrelli, sentendo una leggere pelle d’oca al contatto. Le labbra del ragazzo trovarono in fretta quelle di lei, e subito la loro morbidezza e il loro sapore lo inebriarono, rendendo ancora più difficile controllarsi. I corpi si avvicinarono combaciando perfettamente. Rachel aveva sgranato gli occhi, ritrovandosi travolta dal bacio, rispondendo ad esso quasi naturalmente. Era come se il suo corpo sapesse che era la cosa giusta da fare; come se la bocca di Noah fosse la calamita negativa che attirava quella positiva di lei; come se la sua lingua fosse ansiosa di giocare con quella del ragazzo. Ma il suo cervello la bloccò, le impose come di smetterla. Perciò puntò le mani sul petto largo del ragazzo e spinse leggermente, ritirandosi dal bacio. Noah si staccò, cercando nei suoi occhi un buon motivo per non ricominciare, ma non trovandolo tornò alla ricerca delle sue labbra rosso ciliegia. E anche stavolta Rachel sentì il bisogno di assecondarlo, alzandosi un poco sulle punte, appoggiando una mano sulla sua spalla per reggersi, mentre lui scorreva le sue sulla schiena di lei, stringendola a se.
Rachel si staccò di colpo, scuotendo la testa.
-No- mormorò allontanandosi da lui con un senso di colpa crescente –Io e Brittany stavamo solo fingendo per far ingelosire Santana…- mormorò. Noah era attanagliato da svariate emozioni in quel momento, ma la confusione predominava. Tentò di riavvicinarsi a lei, ma Rachel fece un passo indietro incerta.
-Io…noi..- balbettò, come se avesse appena metabolizzato cosa era appena successo tra loro. Scosse la testa e si defilò verso gli altri due, lasciando il ragazzo immobile.
Noah appena la vide abbastanza lontana scagliò un pugno contro la cabina in legno, imprecando. Aveva atteso per tanto il momento giusto, per poi rovinare tutto per uno scatto di gelosia. Diavoli, ma perché si era lasciato condizionare dalle parole di Santana e Mike? E ora, cosa avrebbe fatto?
Di certo non avrebbe rimosso facilmente quel sapore, quel corpo, quelle labbra carnose. Tanto meno quel suo rispondere al bacio.

-Voglio!- squillò Santana puntando il dito davanti a lei, fermandosi con una faccia adorante come fosse una bambina. David roteò gli occhi, annuendo. Si avvicinò al venditore e comprò uno stecco di zucchero filato rosa, per poi passarlo alla ragazza.
-Diventerai diabetica- borbottò il ragazzo, riprendendo a camminare al suo fianco.
-Colpa tua che me l’hai comprato!- si giustificò immediatamente la mora, strappandone un pezzetto e facendo come per imboccare l’amico, che pesò scosse la testa con tanto di smorfia.
-Il cibo è l’unica cosa che mi è rimasta. Ora passerò le mie giornate a ingozzarmi e morirò obesa e sola- sospirò l’ispanica, leccandosi le dita che iniziavano già ad essere appiccicose.
-Non dire cazzate. Devi piuttosto decidere cosa fare- mormorò lui, fissandola.
-In che senso?- domandò Santana, alzando un sopracciglio. Sembrava di avergli già detto cosa aveva intenzione di fare, ne avevano parlato per ore.
-Mi hanno riferito dove sono stato spostato- confessò, infilandosi le mani in tasca.
-E?- lo spinse a continuare lei.
-New York- rivelò, cercando in lei un qualche tipo di reazione. Santana corrugò le sopracciglia, riprendendo a mangiare il suo dolce in silenzio, che interruppe pochi minuti dopo.
-E cosa devo decidere?- chiese dubbiosa.
-Se venire con me o no- precisò Dave sospirando, come se ciò che avesse detto fosse scontato. Lei sgranò gli occhi e dischiuse la bocca.
-Perché mai non dovrei venire con te?- s’informò. Perché Dave le faceva domande del genere? Sapeva ormai che erano diventati inseparabili, dovevano vedersi tutti i giorni, insultarsi almeno ogni ora, come lo avrebbero fatto vivendo in due posti differenti?
-Perché devi scegliere se vuoi tornare a Lima. Lopez ricordi?! Brittany, Valerie!- le chiarì, lasciandola un po’ più perplessa. Cavoli sì, quella era una scelta difficile, durissima.
Se fosse partita per New York da un lato avrebbe sempre avuto Dave con se, ma dall’altra avrebbe perso del tutto Brittany e Valerie. Però se sceglieva di tornare a Lima, non solo si sarebbe dovuta staccare dal suo miglior amico, ma avrebbe dovuto affrontare tutto il suo passato, tutti i suoi errori, e non era certa di riuscir ad entrare nella vita delle Pierce, non certo senza soffrirne.
Si trovava ad un bivio.
Brittany o Dave?
La persona che aveva ferito, abbandonato, con cui aveva una figlia,per cui ancora provava qualcosa di forte ma che poche ore fa stava baciando un’altra, o l’amico che ti ha sempre supportata, ti è sempre stato vicino, senza mai lasciarti sola a te stessa?
La strada difficile o quella facile?
Sì, avrebbe dovuto scegliere,e farlo in fretta visto che la mattina seguente sarebbe salita o su un volo diretto a NY, o su uno che l’avrebbe riportata alla sua città natale.

-Noah, la borsa! La stavi dimenticando sul taxi- borbottò Mike porgendogliela. Il ragazzo fece un segno con la testa in ringraziamento – Dove hai la testa ultimamente?- chiese l’amico, per poi sorpassarlo ed entrare per primo nell’aeroporto.
Puck abbassò gli occhi senza rispondere. Non faceva altro che pensare a quello che aveva fatto il giorno prima, il modo in cui si era comportata dopo Rachel, evitandolo perfino con gli occhi, come se avessero fatto la cosa più sbagliata al mondo. Ed ora, cosa sarebbe successo? Loro due abitavano insieme cavolo, avrebbe fatto finta che lui non esistesse?
-Zio Noah perché sei triste?- trillò Valerie arrivando da dietro e afferrando in fretta la sua mano, stringendola con la sua piccola e paffutella. Mordicchiava il suo bastoncino di liquirizia distrattamente, mentre osservava preoccupata l’uomo.
-Mi mancavi troppo, non posso stare troppo senza di te- scherzò il ragazzo, prendendola in braccio, per poi farle fare una giravolta, facendola ridere.
-Non vedo l’ora di tornare a casa- soffiò sorridendo Mike.
-Anche Quinn ci starà attendendo impazientemente… povera è a casa tutta sola- mormorò Rachel, accarezzandosi i capelli raccolti in una coda laterale.
Dopo un’ora i ragazzi si trovarono ad aspettare l’arrivo dell’aereo in una stanza spaziosa e luminosa; mentre Valerie intratteneva i ragazzi con le sue interessanti teorie sulle differenze tra uccellini e aeroplani Rachel e Brittany chiacchieravano a bassa voce in disparte.
-Rachel non puoi evitare di parlargli per sempre..- mormorò la bionda. L’amica al suo fianco si stava torturando il labbro inferiore, mentre sbirciava con lo sguardo il ragazzo che le dava la schiena.
-Io…no so cosa fare B- ripeté ancora, angosciata.
-Rach, lui ti ama, quasi quanto Valerie ama Marshall, e ti piace…ti è sempre piaciuto- affermò sicura, accennando un sorrisino. Rachel arrossì all’istante, boccheggiando.
-Ma..-
-Niente ma. Sai vero che appena lo saprà Quinn organizzerà un matrimonio a quattro? Conoscendola potrebbe aver già preparato tutto anche in vista dell’eventualità che vi metteste insieme prima che loro si sposassero- ridacchiò la ragazza, ricevendosi un buffetto dalla brunetta.
-Non capisci, noi non possia…- riprese Rachel ma Brittany sbuffò annuendo.
-Sì, l’hai ripetuto tutta notte, tieni troppo alla vostra amicizia, e se dovesse andare male lo avresti perso per sempre. Che poi, Noah non è più un bambino, se anche si perdesse saprebbe ritrovare la strada- disse Brittany convinta. Rachel corrugò un sopracciglio, sorridendo.
-Inoltre se lo eviti, come potete essere amici?- chiese la bionda confusa. Rachel chinò lo sguardo, torturandosi le mani.
-Io…- bisbigliò, per poi rialzare lo sguardo. I suoi occhi scorsero però all’improvviso due figure note sedersi non molto lontani da loro – Britt, abbiamo un altro problema ora- esclamò, afferrando il braccio dell’amica per poi indicarle il punto in cui stava guardando.

-Puoi per favore smettere di essere così ansiosa, mi cominci ad irritare- borbottò Dave, appoggiandole una mano sulla gamba per fermare il tamburellare continuo del piede sinistro. Lei lo fulminò con lo sguardo, incrociando poi le braccia al petto.
-Senti, se dovesse proprio andare male, prenderai un biglietto per New York e verrai con me. Un volo per Lima non ti vincola là- cercò di tranquillizzarla l’amico.
-Invece sì- ribattè Santana –Noah mi ha detto chiaro e tondo che non devo nemmeno pensare di illudere Valerie. Lei è mia figlia Dave, sebbene mi sembra stranissimo dirlo, e nonostante nulla ci leghi, è nata dall’amore che io e Brittany condividevamo, e un bambino dovrebbe essere figlio di un amore, giusto?- farfugliò, senza nemmeno lasciare il tempo al ragazzo di replicare –E io ormai ho perso quattro anni, ma nulla mi vieta di essere presente per tutti i prossimi. La cosa più difficile sarà accettare che Brittany ora mi odia. Certo, ne ha tutto il diritto, ma è dura viverlo.- confessò stringendosi in sé.

Valerie mentre giocava con la cresta di Noah, si accorse di due ragazzi che si stavano muovendo nella loro direzione. Sbarrò gli occhi eccitata, per poi voltarsi verso la madre.
-Mami, c’è Santana!- bisbigliò sorridendo, attirando l’attenzione di tutti sulla donna.
La latina, si fece più vicina all’amico, mentre notava gli occhi dei ragazzi focalizzarsi su di sé. Vide poi Brittany mormorare qualcosa a Rachel.
-Cavoli- sbottò con Dave –Non stavo contando che ora Rachel e Brittany sono una coppia-. Si bloccò, girandosi come per tornare indietro, ma il ragazzo le afferrò il braccio e la fece rivoltare.
-Su, non diciamo cazzate, secondo me non la raccontano giusta quelle due..- commentò, sorridendo leggermente quando furono presso il gruppo di amici.
-Ehilà- li salutò. Santana agitò la mano, con poca enfasi, per poi ritrovarsi velocemente una bambina saltellante attorno. Come la prima volta che l’aveva vista, si abbasso sulle ginocchia, incontrando i suoi grandi occhi azzurri.
-Ciao Santana- trillò Valerie, sbattendo le ciglia chiare.
-Ciao piccola- sussurrò la mora, sistemandole la spallina del vestito. La piccola afferrò in fretta la mano più scura della donna, come in richiesta di seguirla. Santana sorrise a quella debole stretta, nel vedere la manina chiara di Valerie nella sua. Con Valerie era tutto così semplice, bastava un suo piccolo sorriso, un gesto che con chiunque altro sarebbe stato insignificante, a farle battere il cuore più forte.
-Mami hai visto che c’è Santana- disse la bambina, issandosi sulle gambe della madre. Brittany la sollevò senza fatica, annuendo. Tra le donne calò un imbarazzante silenzio, tra sguardi che si evitavano, e parole che morivano in gola.
-E così…tu e la Berry..- ammiccò Dave, rivolgendosi a Brittany, la quale sbatacchiò le ciglia. Rachel annuì immediatamente, provocando una smorfia alla latina. Valerie si guardava intorno confusa.
-Mamma?- la chiamò in un bisbiglio –parlate del gioco tra te e Rach?- chiese, ma appena vide le due corrugare le sopracciglia, si tappò la bocca con entrambe le mani. Dave ridacchiò, per poi dirigersi verso gli altri due ragazzi, mentre Santana nascondeva un sorriso.
-Stavamo ancora giocando?- domandò la piccola, dispiaciuta. Brittany alzò le spalle e le lasciò un tenero bacio sul capo.
-Non fa nulla scricciolo- la rassicurò, passandole Marshall. La bambina s’illuminò di nuovo, voltandosi verso l’ispanica. Tese le braccia verso di lei, per mostrarle fiera il pupazzo.
-Lui è Marshall!- esclamò orgogliosa.
Santana sbarrò per un momento gli occhi scuri a sentire quel nome, dopodiché allungò la mano timidamente, afferrando il soffice peluche. Era proprio come se lo ricordava, con il suo fiocco azzurro legato al collo, il suo sorriso dolce, il suo becco più duro; l’unica differenza stava nel fatto che era più logoro di quando l’aveva scartato dal pacco che Quinn le aveva portato anni fa.
-E’ bellissimo- mormorò, restituendolo alla proprietaria, la quale lo strinse a se come suo solito.
-Tonate a casa?- domandò Rachel, alzando gli occhi verso la latina. Santana scosse la testa, per poi prendere un lungo respiro.
-Torno a Lima- affermò con un tono abbastanza sicuro. Brittany boccheggiò, alzando di colpo il capo nella sua direzione, mentre Valerie saltellava sulle sue gambe. -Davvero davvero?- chiese esagitata la piccola. L’ispanica annuì debolmente.
-Sul serio Lopez?- chiese Noah arrivandole alle spalle, con un largo sorriso. Pensò che forse allora il suo piano non era stato un totale fallimento.
-Sì, non sto scherzando- ripeté, leggermente scocciata.
-Anche tu Dave?- continuò Puck.
-Solo per una settimana, dopodichè torno a NYC per lavoro- li informò il ragazzo, sedendosi poi al fianco di Brittany.
-Così per questa settimana saremo di nuovo tutti a Lima!- esclamò Mike gioioso.
-Quinn sarà al settimo cielo- constatò Rachel, abbassando gli occhi per evitare di incontrare quelli di Noah.
-E starai dai tuoi?- chiese Puck a Santana.
-No di certo- rispose secca la mora, roteando gli occhi –Cercherò un appartamento- disse, scrollando le spalle –anche un lavoro magari-aggiunse annuendo.
Brittany la osservava rispondere e notava l’imbarazzo di fronte a quelle domande. Santana a Lima era vissuta in soli due posti: la casa dei suoi genitori, e casa di Brittany, quando convivevano. Saperla in altri posti sarebbe stato strano un tempo, eppure in quegli anni erano cambiate tante cose.
-Bè, mentre cerchi una sistemazione, noi abbiamo una camera libera nel nostro appartamento- le propose Noah. Rachel sbarrò gli occhi e corrugò le sopracciglia, alzando il capo. Prima di partire per quel viaggio aveva accettato il piano di Noah, anche perché lei usava la sua camera praticamente solo per vestirsi, ma ora, ora come avrebbe fatto a dividere il letto con lui?
Rachel sperò intensamente che Santana rifiutasse l’offerta, ma quella invece sorrise grata al vecchio amico.



Rieccomi ;) Come avevo promesso, secondo aggiornamento del giorno u.u
Eh sì, Vals ha rivelato il giochetto, ma dopotutto è una pimpa :)
Per Noah e Rachel, state tranquilli, ho ancora in mentre due o tre modi per tenerli lontani xD No scherzo, solo uno o due! Ma prima o poi ce la faranno xD intanto applauso a Sannie che ha capito che fare ;)
Vi adoro tutti *w* Grazie delle recensioni, ci sentiamo abbastanza presto! Spero!

Besos,Miky
Ps: dimenticavo! Questo capitolo è per Sery_90!

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Capitolo 22
*** Mess ***


22}Mess
 
 
-Come mai sei così grande?- domandò Valerie alzando il visino verso Dave, mentre gli trotterellava intorno. Lui abbassò gli occhi, notando come lo scrutava dal basso.
-E’ perché sono figlio di un gigante- rispose calmo.
-Davvero?- chiese Valerie eccitata, bloccandosi sul posto.
-Già- annuì convinto.
-Wow!- esclamò la piccola, correndo per tenere il suo passo.
-E da dove vieni?- chiese curiosa.
-Da dove viene Hagrid-affermò con un sorriso.
-E chi è?-s’informò la piccola, interessata.
-Non dire a Santana che non sai chi è, altrimenti ti incomincerà a stressare con Harry Potter..-l’avvertì, prendendola in braccio, per comodità. L’ispanica vi si avvicinò con un leggero sorriso.
-Ti piace Harry Potter?- chiese alla bambina.
-Sì perché è amico tuo e di Dave- annuì quella, puntellando il piccolo indice sulla guancia del ragazzo. Santana corrugò le sopracciglia, e stava per ribattere, quando arrivarono all’uscita dell’aeroporto. Vide passarle a fiancò una figura con una chioma bionda, che in poco tempo investì Mike.
L’asiatico strinse forte la sua fidanzata, la quale rideva gioiosa, per poi baciarla teneramente.
-Mi sei mancata troppo-le sussurrò, sistemandole una ciocca dietro all’orecchio.
-Anche tu, penso che come nuova regola dovremmo mettere “mai separarsi per più di due/tre ore”- mormorò lei, carezzandogli il viso.
-Mi piace, mi piace..- acconsentì lui.
-Oh grazie dell’interessamento Q, noi tutto benissimo, tu?- scherzò Rachel avvicinandosi all’amica.
-Ma questa non l’avete lasciata là con Puckerman?- borbottò la bionda, scatenando le solite risatine, e lunghi sospiri nei due interessati. Quinn si girò poi per abbracciare Brittany, infine, in cerca di Valerie, si accorse di Santana a Dave. Quest’ultimo però era più stupito da chi aveva accompagnato la ragazza.
-Ciao David, Santana- li salutò Kurt, con un leggero sorriso.
-Io sono Valerie- si presentò la piccola, agitando timidamente la manina.
Dave guardava il ragazzo confuso, non capendo il motivo della sua presenza. Lui doveva essere a New York, a quell’ora doveva lavorare nel suo negozio, o amoreggiare con il suo nano;  non certo essere in un aeroporto a Lima di fronte a lui.
-Kurt- accennò Santana, voltandosi leggermente verso il miglior amico –Oh, non sono l’unica a dover affrontare il passato a quanto pare- bisbigliò piano.
-Hummel- mormorò lui, facendogli cenno con capo. Valerie guardava i ragazzi stranita, non capendo cosa stesse succedendo, finché non intercetto con gli occhi Quinn.
-Q!- trillò, sorridendo, per poi puntare le braccia nella direzione della ragazza. Quinn si avvicinò, osservando attentamente Santana e David.
-Ciao pulcina- ridacchiò, mentre la piccola passava dalle braccia di Dave alle sue. La donna scompigliò i capelli alla bambina, dopodiché guardò in direzione dei due vecchi amici, con un sorriso teso.
-Santana, Karofsky, siete tornati per restare?- domandò, con un tono calmo, fin troppo. Santana sentiva il peso di quegli occhi verdi e limpidi, lo sguardo di Quinn era come quello di Brittany: impossibile da sostenere. Quinn era stata per anni una delle sue amiche più care, erano cresciute insieme, avevano passato un’infinità di giorni a ridere, scherzare, battibeccare e prendersi in giro, finché lei non era partita , buttando via tutto. Girò la testa di scatto, mordendosi il labbro inferiore, per raccogliere la valigia.
-Già- assentì solo.
-Io sto per una settimana, dopo partirò per New York- spiegò Dave, cercando di notare la reazione di Kurt, il quale sbarrò gli occhi azzurri, arrossendo leggermente. Rachel lo stava osservando da un po’, probabilmente aveva notato che qualcosa non andava. Le avrebbe dovuto dire di Blaine prima che lo scoprisse da altri e ne facesse una tragedia greca.
-Bene, guardate questo aeroporto è fantastico, se proprio vi piace tanto ci torneremo, ma direi che ora si potrebbe  avviarci verso casa- propose Mike, cercando di sciogliere tutta quella tensione che percepiva nell’aria. Valerie si affacciò dalla spalla di Quinn, guardando sua madre con un visino furbo e gioioso.
-Io vorrei la torta di zia Q- squillò, allargando il sorriso. Brittany rise a sua volta, annuendo.
-Portiamo a casa le valige e poi andiamo da Q e Mike- le propose. La bimba batté le manine contenta, alzando il viso verso quello di Quinn che sorrideva contenta.
-Ma… se io non vi volessi a casa mia perché mi è mancata la mia bellissima futura sposa-disse Mike, alzando un sopracciglio. Valerie sporse all’infuori il labbro inferiore, leggermente dispiaciuta.
-Oh, per oggi farò un’eccezione, ma solo perché sei una Pierce- ridacchiò Mike, facendo l’occhiolino alla piccola.
Santana continuava a torturarsi le dita, mordicchiandosi nel contempo il labbro superiore, notando quanto tutti adorassero Valerie, e quando lei ricambiasse. Era esattamente come Brittany, tutti avevano sempre preferito Brittany a lei, perché era più solare, divertente, gentile. Dopotutto Valerie era una Pierce, non una Lopez, constatò, sospirando.
-Ha detto che vuole venire anche Rachel- riferì Brittany annuendo con vigore a Quinn, mentre la brunetta scuoteva il capo contraria. La bionda strinse gli occhi a fessure, capendo che c’era sotto qualcosa.
-Perfetto, sei sempre la benvenuta Berry- disse con fare mellifluo, ricevendosi un’occhiataccia da Rachel.
-Vuoi venire anche tu Santana?- domandò Quinn, voltandosi nuovamente nella sua direzione.
La latina sbarrò gli occhi, colta di sorpresa.
-N-no grazie- soffiò –Devo sistemare la mia roba- si giustificò. Quinn annuì, fredda come Santana non ricordava mai di averla vista.
 
 

   
Quinn entrò in casa, seguita da Mike e Rachel intenti a raccontarle della vacanza.
-Ma Rach, sai per caso cosa aveva Noah? E’ da qualche giorno che è strano, gliel’ho chiesto ma non ne vuole parlare- osservò il ragazzo, portando il borsone nero in camera.
Rachel, stranamente, esitò a dare una risposta. Anzi, proprio non disse nulla.
Quinn e Mike si girarono all’unisono nella sua direzione, colpiti. Quinn, sbatté le ciglia più volte, avvicinandosi poi all’amica.
-Non sarà successo qualcosa vero? Non è il motivo per cui B voleva che tu venissi qui, giusto?- domandò, mentre il suo tono si faceva più acuto – Rachel Barbra Berry, se fosse successo qualcosa tra voi due, me l’avresti detto, vero?- strillò stizzita.
-Ecco..- cominciò Rachel, guardandosi le mani
-Ecco?- la interruppe Quinn – Mike, Rachel ha mai iniziato uno dei suoi lunghi monologhi infiniti con “ecco”… Mike, perché non parla, cos’hanno fatto?- continuò a strillare impaziente.
-Non lo so tesoro, ma …- tentò di rasserenarla il ragazzo, quando suonarono al campanello. Rachel rimase immobile al centro della stanza, dopo un cenno di Quinn, la quale di gettò alla porta, alterata.
-Sono pronta per la torta!- trillò Valerie entusiasta.
-Tu- disse la padrona di casa indicando il fidanzato –dai la torta a Vals- ordinò, spingendo la bambina verso di lui –tu vieni con me- continuò, riferendosi a Brittany, che appena l’aveva vista aveva sbarrato gli occhi preoccupata –e tu, parla!- decretò, facendo entrare le amiche nella propria camera, per poi chiudersi la porta alle spalle.
-Quinn, però stai calma..- propose Rachel, intimorita. La ragazza, dischiuse la bocca, sbattendo le ciglia due volte.
-B? Ti sembro una persona non calma?- chiese, senza staccare gli occhi dalla brunetta.
-Sembri calmissima Q-rispose immediatamente l’amica, quasi terrorizzata dall’altra bionda.
-Vedi Rachel, calmissima- ripeté quella soddisfatta. Rachel guardò male Brittany, cercando poi il miglior modo per dire a Quinn cosa era successo.
-Se, in caso ipotetico, non dico che è proprio quello è successo- farfugliò la ragazza –Noah mi avesse baciata, e io lo avessi respinto, con buoni motivi, quasi inattaccabili, tu… ti arrabbieresti?- chiese, inarcando le sopracciglia, impaurita dalla reazione a quelle parole.
La bionda sgranò gli occhi verdi, restando a bocca aperta –Se fosse successo sul serio, innanzitutto sarei arrabbiata perché me lo dici solo ora, secondo, quali sarebbero questi motivi “inattaccabili”?- s’informò, rimanendo abbastanza serena.
-Bè tipo se io non lo amassi e glielo dicessi rovinerei il nostro rapporto-  disse velocemente Rachel.
Quinn guardò l’orologio, annuendo – Bene, questa era la cazzata delle 20.23, poi?-la invitò a continuare.
-Non era una cazzata- borbottò la mora, ricevendosi un’occhiataccia da entrambe le ragazze.
-“Se non lo amassi”?- ripeté Quinn –Ah.ah.ah. Divertente, ora dammi un buon motivo per cui non mi dovrei arrabbiare?- .
Rachel arrossì, distogliendo lo sguardo. -Lui è il mio migliore amico!- sbottò ad un tratto, convinta.
-Non ancora- sbuffò Brittany, stufa di ascoltare la stessa scusa un’altra volta
-E’ una delle persone più importanti al mondo per me, e… se dovesse finire male…io- sospirò Rachel, guardando il pavimento, desolata. Quinn prese un grosso respiro, dopodiché si avvicinò all’amica, stringendole la mani.
-Senti Rach, sappiamo entrambe che ormai non puoi più far finta di quello che lui prova, cioè, mi chiedo come facessi a non notarlo nemmeno prima, ma questo è un altro discorso- constatò la bionda – O ti rendi conto che provi le sue stesse cose, o lo perderai comunque- le fece notare sinceramente, con un debole sorriso –E sai che sarebbe una cosa da sciocchi, perché voi due siete fatti l’uno per l’altra- aggiunse, sorridendo maggiormente. Rachel incrociò i suoi occhi nocciola con quelli verdi e profondi di Quinn, mordendosi il labbro inferiore.
-Certo, non è l’uomo perfetto, di quelli ce n’è uno ogni duemila anni: c’è stato Gesù, e ora Mike Chang; ma Noah non è neanche così male – scherzò, riuscendo a far ridere la brunetta. Quest’ultima poi abbracciò la ragazza, Brittany si alzò, unendosi alle amiche ridacchiando.
-Bene!- esclamò Quinn aprendo la porta –Mike, si preannuncia un doppio matrimonio!- disse contenta.
-Cosa scusa?- strillò Rachel, alzando un sopracciglio.
-Io l’avevo detto- mormorò Brittany, accostandosi alla figlia che mangiava tranquilla la torta al cioccolato, sulle gambe di Mike.
-E no, non accetterò che ti vesta in rosa, sappilo!- continuò Quinn seria.
 
 

 
 
Santana si sedette sul divano di fianco a Noah, il quale le passò il pacchetto di patatine che stava mangiando. Puck la trattava ancora come un tempo, come se non fosse passato nemmeno un mese, era solo un po’ arrabbiato, ma si fidava ancora di lei. Probabilmente era l’unico insieme a Dave. Nemmeno lei stessa si fidava di sé. Ancora non era sicura della scelta fatta, non riusciva a non pensare di essere fuori luogo.
Bè, sicuramente era strano vivere lì, con la Berry e Puckerman, ma probabilmente l’avrebbe aiutata ad avvicinarsi di più a Valerie visto che sapeva che spesso stava con quei due.
-A cosa pensi?- domandò ad un tratto Puck, riportandola alla realtà.
-Valerie- sussurrò sincera, tirandosi le gambe al petto.
-Le piaci- annuì Noah –era una vita che voleva conoscerti-.
-Ed è un problema…perché rovinerò tutto…Io rovino sempre tutto- bisbigliò, malinconica.
-Non lo farai- scosse il capo il ragazzo- anche perché se dovessi farlo, sappi che ti cercherei e ti ucciderei. Per cui, non lo farai- le sorrise. Santana sospirò, guardando distrattamente la partita di football che stava seguendo il ragazzo.
-Domani cercherò un lavoro, così riuscirò a togliermi dai piedi il prima possibile- lo avvertì.
-Oh già! Mi sono scordato di dirti che non c’è bisogno di cercarlo. Sai, ero andato a sentire poco tempo fa, e il tuo vecchio lavoro risulta ancora libero- la informò. Subito Santana fece un smorfia, ricordando il piano suo e di Dave “contro” di lei, ma, appena seppe del posto, sorrise sorpresa.
-Dici che mi riprenderanno?- domandò speranzosa.
-Perché non dovrebbero?- sorrise lui, tornando a concentrarsi sulla partita –Io fossi in te farei di tutto per riavere quel posto, Valerie ama andare in biblioteca- le confidò, facendola sorridere.
 

Poche ore dopo i due ragazzi si divisero nelle due stanze. Noah attese un po’ sveglio, aspettando che Rachel tornasse, per poterle parlare, ma si addormentò attendendola.
La ragazza tornò da casa Chang-Fabray abbastanza tardi, trovandolo già nel mondo dei sogni. Si sdraiò nella parte destra del letto, stando ben attenta a non destarlo, dopodiché di addormentò a sua volta.
La mattina seguente Rachel si alzò prima del solito, infilandosi velocemente in bagno per poi scendere al locale.

 

Noah stropicciò gli occhi, notando che l’altra parte del letto era vuota, ma in disordine. Vide poi la porta del bagno chiudersi e vi corse dietro, tentando di aprirla, ma era appena stata bloccata dall’interno.  Dentro Santana corrugò le sopracciglia, per poi mettere il dentifricio sul suo spazzolino.
-Rachel aspetta, possiamo parlare?- chiamò da fuori Puck, bussando alla porta insistentemente.
-Mhhh sohono shantana- bonficchiò la latina, continuando a lavarsi i denti.
-Sì, proprio ora che non c’è Santana, senti..- iniziò il ragazzo, non avendo capito quello che aveva detto l’ispanica.
-Mhhnoo- tentò di fermarlo la ragazza.
-No, lasciami parlare, già è una cosa difficile- la bloccò lui. Sospirò, appoggiando la fronte contro la porta.
-Senti Rachel, lo so che non avrei dovuto baciarti...- soffiò, mentre Santana dentro alzava le sopracciglia sorpresa –E mi scuso se sei arrabbiata per quello, però certo che sei arrabbiata per quello, potevi allontanarmi subito e non starci- farfugliò velocemente –comunque, non è questo che volevo dirti- mormorò, tentando di ricordare il discorso che si era preparato.
 

Rachel salì le scale del bar per raggiungere l’appartamento, poiché si era dimenticata di prendere la borsa con le chiavi della macchina. Aprì la porta senza far troppo rumore e si diresse verso la camera, quando vide Noah appoggiato contro la porta del bagno, che parlava probabilmente con Santana. Rimase immobile, senza farsi notare, ascoltando la conversazione.

 

-Volevo dirti che c’è un motivo per cui ti ho baciata, anche se penso che tu sappia già qual è. Il fatto è che… è che …- ripeté stringendo i pugni agitato – è che sono innamorato di te- confessò in un sussurro. Rachel sbarrò gli occhi incredula, deglutendo a fatica. Santana dal canto suo invece li roteò, dato che per lei non era certo una novità.
-Sai, già quando te ne sei andata provavo qualcosa per te, ma pensavo che standoti lontano sarebbe…come dire… passato. Invece quando ti ho rivista, ho capito che ero stato uno stupido a pensare che non mi sarei innamorato di te di nuovo. In ogni caso avevo tentato in tutti i modi di resisterti, di non andare contro a quello che tu provavi…solo che, quando ti ho visto con Brittany…non ho più capito niente. Chiamala gelosia..- ridacchiò, grattandosi imbarazzato la cresta.
 
A Rachel scappò una lacrima, silenziosamente prese la borsa dopo averla vista appoggiata sul divano e uscì senza essere notata.
 
-Basta, questo era ciò che dovevi sapere. Che ti amo e mi dispiace..- concluse, spostandosi dalla porta, leggermente deluso di non aver nessuna risposta. Appena si voltò la porta si aprì. Santana uscì applaudendo leggermente.
-Bravo! La prossima volta solo, dillo alla persona giusta- ridacchiò, notando lo sguardo allibito del ragazzo.
-Lopez, cosa cavolo ci facevi tu dentro? E Rachel dov’è?- chiese lui stizzito.
-Il bagno in camera mia è chiuso, non ho le chiavi e tu stavi dormendo. La Berry è scesa poco fa- lo informò per poi dirigersi verso la propria camera –Che ti amo e mi dispiace..- lo canzonò sottovoce, ridacchiando.
-Fanculo Lopez- ringhiò a denti stretti dopo essere arrossito. Aprì poi la porta, scendendo di corsa nel locale.
 
 

 
 
Ma ciau :)
Dai, stavolta non sono stata così lenta u_ù O almeno, non come l’ultima volta!
Umh, succedono un po’ di cose qui in effetti.

-Per sapere di Kurt, aspettate il prossimo capitolo.
-Per il Puckleberry…eh scusate… l’ho anche ragionata quella scena, e per risolverla, ci vogliono un po’ di capitoli.
-Adoro Quinnie felicemente pazza :)
 
Bene, ci risentiamo la prossima settimana mi sa ;)
Scusate per eventuali errori!

 
Besos,Miky

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Capitolo 23
*** Wedding anniversary ***


23}Wedding Anniversary
 
 
 
Rachel raggiunse la macchina, si sedette al posto del conducente e chiuse la portiera.
Noah era innamorato di Santana.
Se non lo avesse visto con i propri occhi non ci avrebbe mai creduto, mai avrebbe pensato che proprio lui avrebbe pensato di mettersi tra lei e Brittany. Ok, forse non era solo quello. Forse stava così male per qualcos’altro. Forse credeva sul serio che lui in realtà fosse segretamente innamorato di lei, come tutti continuavano a ripeterle.
Forse faceva così male perché lei era innamorata di Noah.
Come era successo, quando? Noah era il suo miglior amico, era una delle persone a lei più care, perché improvvisamente sentiva che non era solo ciò? Perché in quel momento si sentiva ferita, tradita, delusa?
Si asciugò velocemente le lacrime amare che le bagnavano il volto, frugò nella borsa cercando un fazzoletto per soffiarsi il naso, dopodiché prese un grande respiro.
Come avrebbe fatto ora? Sarebbe stato tutto terribilmente strano, troppo diverso da prima. Per quanto avrebbe potuto fingere ( dopotutto, non era una meravigliosa attrice?!), ma quale rapporto avrebbe avuto con Noah? Uno basato su menzogne e finti sorrisi!? Non era quello che voleva,  non lo avrebbe sopportato più di tanto.
Ad un tratto sentì qualcuno bussarle al finestrino.
-Hey Rachel! Tutto ok?!- le urlò da fuori il ragazzo.
 
 
Sam notò Puck guardarsi intorno agitato.
-Ti sei perso?- domandò il biondo, sorridendo.
-No, ho perso Rachel…- borbottò- l’hai vista?- domandò frettolosamente il moro.
-E’ uscita pochi minuti fa, ha detto che sarebbe tornata subito- riportò Sam, scrollando le spalle. Noah annuì, non del tutto tranquillo, afferrando poi un ordinazione.
-Tutto bene?- chiese l’amico, aggrottando le sopracciglia.
-Sì, certo..- soffiò, chiudendo il discorso ed entrando nella cucina.
-Trouty Mouth- mormorò una voce nota alle spalle di Sam. Il biondo si girò, sorpreso di vederla lì.
-Santana!- esclamò, allungandosi ad abbracciarla, lasciandola stupita di un gesto così spontaneo dopo tutto quel tempo.
-Ti trovo in forma, tutto bene? Che ci fai qui?- domandò sorridendo.
-Diciamo che sono tornata per sistemare alcune cose.- rispose lei –Tante cose- corresse, mentre il biondo annuiva.
-Brittany sa che…-
-Sì. Anche Valerie- lo precedette lei, annuendo.
-L’hai conosciuta?- chiese il ragazzo. Santana assentì, sorridendo un poco imbarazzata. –E’ una bambina adorabile, una B tascabile insomma. Le sto insegnando anche il Na’vi, apprende in fretta- le riferì il ragazzo orgoglioso.
-Cos’è che stai facendo? E piuttosto chi te lo lascia fare?- strillò la latina, mentre un sopracciglio le schizzava a metà fronte.
-E’ utile San, è come crescere bilingue- si giustificò lui, convinto.
-Peccato che sia una lingua inutile! Mia figlia non sarà una nerd come te!- precisò l’ispanica, puntando l’indice sul petto del biondo.
-Tua figlia Lopez?- la riprese Noah, arrivandole alle spalle. Santana sgranò gli occhi, portandosi una mano sulla bocca. Oddio, l’aveva detto sul serio!? Cioè, non che fosse propriamente una cosa fuori dal mondo, ma era strano. Cavolo se lo era.
-Tu non dovevi cercare la Berry?!- sbottò, allontanandosi dai due ragazzi, per poi uscire di fretta dal locale.
-Non riesce proprio a resistere alle Pierce- constatò Sam ridacchiando.
 
 
-Kurt!- esclamò Rachel, asciugandosi in fretta gli occhi, per poi aprire la portiera e abbracciare l’amico.
 -Stai bene?- domandò ancora l’amico, stringendola leggermente.
-Sì sì- assicurò lei, scuotendo il capo con veemenza –Piuttosto, cosa ci fai tu a Lima?- chiese in fretta la ragazza, tentando di sviare altre domande.
-Ecco- soffiò lui –Vuoi che entriamo al Broadway o preferisci se andiamo a casa mia?- disse il ragazzo, con un’espressione che Rachel non riuscì a decifrare.
-Casa tua- scelse velocemente, invitandolo a salire.
Il viaggio fu insolitamente silenzioso, ma fortunatamente breve. I due amici entrarono nella casa continuando a non scambiarsi una parola. Kurt preparò un tè, e dopo aver dopo aver elegantemente disposto alcuni biscotti su un piatto, fece accomodare Rachel, porgendole una tazza.
-Kurt, o ti muovi a dirmi cosa sta succedendo, o impazzirò- farfugliò la ragazza, troppo tesa.
-Ho lasciato Blaine-confessò il ragazzo, guardandola negli occhi. Le sopracciglia dell’amica si alzarono di scatto, mentre la sua bocca si spalancava.
-Ma…- riuscì solo a mormorare. Si ritrovò poi a soffiare, abbassando lo sguardo.
-Rachel, dì qualcosa- la implorò il ragazzo, mordendosi il labbro inferiore.
-Io…non so cosa dire- mormorò lei, alzando le spalle. Lui distolse lo sguardo, colpevole. Forse aveva sul serio commesso una cavolata se persino la sua migliore amica non sapeva commentare ciò che aveva fatto.
Lei notò la reazione di Kurt, vedendo i suoi occhi azzurri farsi sempre più lucidi, intuendo che aveva compreso male ciò che intendeva.
-Kurt, non hai capito- cercò di rimediare, scuotendo le mani –non nel senso che hai fatto male, cioè io mi fido completamente di te, so che avevi dubbi, e se lo hai lasciato avrai avuto sicuramente buone ragioni. Solo non so cosa dire, perché non vorrei dire sciocchezze. Sono l’ultima persona al mondo alla quale chiedere consigli sull’amore- cercò di spiegarsi, facendo ritornare tranquillo l’amico –Sono proprio la persona meno indicata sulla faccia della terra…- ripeté, sentendo il naso formicolarle e gli occhi bagnarsi. Kurt alzò un sopracciglio, dubbioso.
-Dubito che vada tutto bene, cosa mi stai nascondendo Rach?- chiese, per poi sentire la porta dell’ingresso aprirsi e chiudersi. Rachel frettolosamente sbattè le ciglia, ritirando le lacrime, sorridendo poi nella direzione della porta della cucina se si stava aprendo.
Di certo non si sarebbe mai aspettata di vederlo lì, in quel momento, sorpreso forse quanto lei di trovarsela davanti.
-Hey Kurt…ciao Rachel- salutò Finn, appoggiando un borsone color blu scuro per terra. Kurt gli corse incontro abbracciandolo, mentre la ragazza ricambiò il saluto con un cenno del capo e un timido sorriso.
Kurt notò il gelo tra i due ragazzi e si affrettò a tornare dall’amica.
-Mi ero scordato di dirti perché sono qui per questa settimana. La settimana dell’anniversario dei nostri genitori torniamo sempre a casa- mormorò, mostrandole un’espressione quasi di scuse –Non sapevo saresti arrivato oggi- disse poi a Finn, girandosi nella sua direzione.
-Oh sì, voleva essere una sorpresa!- esclamò lui, grattandosi il capo imbarazzato.
-C-come va?- domandò Rachel, tentando di rompere la tensione.
-E’ tantissimo che non ci si vede…- constatò lui, prima di rispondere. Lei assentì.
Era dall’ultimo giorno di scuola probabilmente, il giorno in cui la loro relazione si poteva dire conclusa sul serio. Rachel aveva sperato fino alla fine che forse in qualche modo ce l’avrebbero fatta a continuare il loro rapporto, ma dentro di sé sapeva che non sarebbe andata così: lei sarebbe partita per New York, lui per il Canada, convocato da una squadra importante di football. Quando Finn glielo aveva detto la prima volta, lei non aveva voluto credere che il fatto che lui avesse accettato, avesse concluso la loro relazione. Forse subito non aveva realizzato che era di un altro stato che si trattava, a kilometri da New York. Quando l’aveva capito era tardi, troppo tardi.
E la colpa di chi era stata? Di entrambi probabilmente: nessuno dei due avrebbe ceduto al proprio sogno. Presumibilmente perché il loro non era vero amore, ma face male lo stesso. Soprattutto a Rachel, che si tenne prudentemente lontana dai ragazzi per molto tempo.
Ormai erano passati anni dal giorno del diploma, molto era cambiato, loro erano persone diverse, ma sia i sogni di lei che quelli di lui, quelli per cui si erano detti addio tempo indietro, erano infranti. Kurt le aveva raccontato che Finn aveva avuto problemi alla caviglia destra due anni dopo essere partito, ed era arrivato a dover lasciare lo sport tanto amato. Diversamente da Rachel, lui però non si era scoraggiato, al contrario aveva fondato una band con alcuni amici, portando avanti la sua altra passione.
-Sto abbastanza bene comunque, grazie. Tu?- rispose il ragazzo, accennando un sorriso.
-Anche- mentì in fretta lei. Non era intenzionata a dirgli che no, nulla andava bene in quel momento, che non aveva ancora superato il fatto che il suo grande sogno di Broadway si era trasformato in un locale o che il ragazzo con cui viveva e per cui provava qualcosa le aveva appena spezzato il cuore.
-Papà e Carol dovrebbero arrivare a breve, dovresti sistemare le tue cose e potremmo iniziare a preparare il pranzo- propose Kurt.
-Giusto, allora mi vado a cambiare- concordò il ragazzo, dirigendosi verso la sua vecchia camera. Kurt gli sorrise, guardandolo chiudersi la porta alle spalle, per poi voltarsi verso Rachel in modo interrogativo.
-Cosa sta succedendo?- sussurrò curioso.
-Niente- ribadì lei.
-Rachel Barbra Berry, dimmi- sibilò stizzito.
 
 
 
 
-Hai visto per caso Rachel, o l’hai sentita?- chiese il ragazzo preoccupato.
-No, senti da Quinn- mormorò Brittany dall’altro capo del telefono.
-Ho già provato, non risponde. Deve avere un paziente- constatò il ragazzo.
-No, si dice “devi avere pazienza”- lo corresse lei.
-Certo, a presto B- chiuse  lui la chiamata, sorvolando sulla frase dell’amica. Come terminò la conversazione, il cellulare riprese a squillare.
-Per quale motivo mi hai chiamato sei volte Noah?- domandò stranita la ragazza.
-Sai dov’è Rachel?- chiese lui in fretta.
-No, vive con te, non con me. Ieri è tornata da te e poi non l’ho più sentita.- lo informò, sistemando nel mentre alcune scartoffie, cercando di ordinare la scrivania.
-Cavolo…ma dov’è? - borbottò lui, tamburellando le dite sul volante.
-Hai sentito Kurt?- propose la ragazza- Per questa settimana è a Lima, forse ne ha approfittato per passare un po’ di tempo con lui. Ma perché è tanto urgente…?-
-Grazie mille Fabray, non ci avevo pensato!- esclamò il ragazzo sorridendo –Ci sentiamo!-.
-No, ora mi dici il motivo per…- disse velocemente lei, non abbastanza in fretta però, poiché lui le chiuse la chiamata senza fornirle una risposta, facendola irritare come solo lui riusciva.
 
 
 
-Non ora- mormorò lei, scuotendo il capo. Kurt tentò di obiettare ma Finn ritornò nella stanza, avvicinandosi ai due.
-Resti per pranzo Rachel?- chiese, aprendo il frigo per vedere cosa ci fosse.
-Oh no grazie, ma se avete bisogno di aiuto, sono qui- si offrì, con un sorriso.
-Perfetto!- esclamò Kurt –mentre io cucino, voi tagliate frutta e verdura- ordinò, passando ad entrambi un grembiule.
-Perché ovviamente non siamo capaci di fare altro- ridacchiò Finn.
-Se anche lo foste, non sareste bravi quanto me- precisò il ragazzo, passando ai due la verdura. Finn cominciò a pelare le carote una ad una, mentre Rachel affettava i pomodori.
-Raccontatemi qualcosa, è come se fossi un estraneo ormai- chiese Finn, sorridendo ai due.
-Finn, ci sono anni di storie, sii più preciso su ciò che vuoi sapere- lo criticò il fratello, mettendosi ai fornelli.
-Come stanno un po’ tutti quelli del glee club, almeno quelli che sentite ancora- precisò lui, imprecando poi per essersi tagliato leggermente il dito.
-Quinn e Mike si stanno per sposare- iniziò Rachel, non riuscendo a trattenere un grande sorriso gioioso.
-Sul serio? Fantastico!- esclamò lui entusiasta –E tu e Blaine? Pensate di aspettare ancora molto?- . Rachel arricciò il naso, scuotendo leggermente la testa. Kurt, il quale dava le spalle ai due, si irrigidì. Finn notò l’espressione di Rachel e si maledisse.
-Non sono aggiornato nemmeno su questo, vero?!- azzardò, pentito di aver fatto tale domanda.
-Tranquillo, non lo è quasi nessuno. Non stiamo più assieme da una settimana circa.- confessò, voltandosi verso di loro –Anh, non lo sanno neanche papà e Carol, per cui se evitiamo l’argomento, te ne sarei grato- farfugliò.
-Certo, non c’è problema- annuì mortificato, tornandosi a concentrare sulle carote.
-Tu invece, come va la band?- domandò Rachel, cercando di evitare che lui si interessasse alle sue di novità.
-Benissimo!- rispose lui sorridendo. Lo interruppe il suono del campanello, inaspettato. Kurt alzò un sopracciglio, andando ad aprire.
-Va bene. Ci divertiamo e alcune serate vanno anche molto bene sul piano economico- rise lui.
-In quanti siete?- continuò lei, iniziando a sistemare i pomodori in un piatto.
-Ma almeno uno di voi due non dovrebbe lavorare?!- mugugnò Kurt, ritornando nella cucina, seguito da Puck. Quest’ultimo vide Rachel al fianco di Finn, a sorridere mentre cucinava con lui. Aggottò le sopracciglia, deglutendo a fatica.
-Noah!- strillò quasi lei appena lo vide.
-Puck!- esclamò invece l’altro, alzandosi per abbracciare il vecchio amico, trovandolo un po’ rigido nei suoi confronti – Che ci fai qui?- chiese Finn, con un mezzo sorriso.
-Potrei farti la stessa domanda- disse Puck, mentre con la coda dell’occhio controllava la ragazza.
-Oh già. Tra due giorni è l’anniversario dei nostri genitori, ed eccomi qui- spiegò Finn, alzando le spalle –tu invece?-
-Cercavo Rachel- rispose sinceramente –devo parlarti- disse quasi duro.
-Secondo me ti vuole licenziare perché non sei mai al lavoro- ipotizzò Kurt, notando che qualcosa tra i due non andava –E comunque non può, è impegnata. Visto che sei qui e non fai nulla, guarda c’è la macedonia da preparare –disse il ragazzo con un sorriso ruffiano.
-No, veramente..- cercò di opporsi il ragazzo.
-Puckerman, parli troppo e concludi poco. Suvvia, la macedonia!- disse imperativo l’altro, facendo ridacchiare Finn. Puck roteò gli occhi, prendendo la frutta e sedendosi al fianco di Rachel, cominciando a pelare una mela. Lei tentò di evitare di guardarlo, ma sentiva il suo sguardo pesante addosso.
-Cavoli, oggi siete tutti qui?!- scherzò Finn, alludendo agli amici.
-Non sarebbe male riunire tutto il vecchio Glee Club- propose Rachel, continuando ad evitare Noah.
-Ma certo Rachel!- squillò Kurt, mentre i suoi occhi sfavillavano di esaltazione –Sarebbe fantastico! Domani sera, al Broadway!- decise immediatamente, scioccando gli amici.
-Sì certo, è chi ci serve esattamente?- borbottò Noah, affettando gli acini verdi d’uva.
-Voi ovviamente, fate a turno. Non rompere Noah. Ora chiamo Quinn e organizzeremo tutto- continuò Kurt, mentre assaggiava il sugo che stava preparando.
-Ormai non si può più fermare- rise Finn, scuotendo leggermente la testa. Rachel annuì sorridendo, il chè fece innervosire maggiormente Noah.
Appena finirono il loro compito, i due ospiti si alzarono, salutando e ringraziando i due amici, per poi uscire dopo essersi dati appuntamento al giorno seguente.
 
 
 
 
Eccomi! Aggiorno oggi perché domani parto per la gita e fino alla prossima settimana non riuscirò a farlo! In uno slancio di bontà penso pubblicherò anche una shot u_ù
Che dire? Oddio c’è Finn. Sì è strano anche per me vedere in una mia fic proprio il mio  più acerrimo nemico, però è abbastanza OOC, per cui, teniamolo per due o tre capitoli.
Rachel ha qualche problema di cervello (questo invece è totalmente IC, se seguite Glee si nota benissimo).
 
Bene, che dirvi!? Grazie a chi legge e scusate per errori di punteggiatura!
Besos, Miky

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Capitolo 24
*** Library ***


24}Library



Santana entrò nella piccola e accogliente biblioteca. Non era molto diversa da come l’aveva lasciata. C’erano i soliti scaffali di legno chiaro, le solite tende eleganti, i piccoli tavolini di forma circolare; i libri forse parevano un po’ più consumati, ma se non avesse amato i libri quanto faceva, probabilmente non se ne sarebbe accorta. Passò la piccola stanza dei bambini, guardando velocemente chi ci fosse dentro. Per un attimo il suo cuore battè più forte quando vide due bimbetti biondi, ma appena di accorse di non conoscerli, proseguì tranquilla. Guardandosi piacevolmente intorno, arrivò alla scrivania alla fine del corridoio, dove una signora anziana mormorava qualcosa ad un ragazzo.
Appena la donna la vide, sorrise immediatamente. Concluse la conversazione e si slanciò verso Santana, afferrandole le mani.

-Cara, sei tornata?- sussurrò gioiosa. Santana sorrise di rimando. Mary Lou lavorava lì come bibliotecaria da quando la ragazza andava a scuola; dopodiché era diventata sua collega. Era una delle persone più dolci e giuste che Santana conoscesse e sembrava che anche lei fosse rimasta tale e quale l’aveva lasciata.
-Sì- confermò la latina –Noah ha detto che era passato per sentire se il posto come seconda bibliotecaria era ancora vacante e..-cominciò la ragazza, ma la donna la interruppe subito.

-Ti ho sempre detto che avresti potuto riavere il tuo posto in qualsiasi momento. Sai quanto ci tengo che un bibliotecario sia un vero amante dei libri, e tu, tesoro, sei la persona perfetta per questo lavoro. Inoltre io ormai dovrò andare in pensione, e non riesco immaginare la mia biblioteca in mano ad altri- le confidò sorridendo. Santana si abbassò per abbracciarla, sorprendendola.
-Mi sei mancata Mary Lou. – sussurrò, senza staccarsi.
-Anche tu, cara, ma confidavo nel tuo ritorno- mormorò la donna. Santana sciolse l’abbraccio, raccogliendo una lacrima che sembrava non riuscisse a trattenere.
-Oh, lui è Jonathan, è un apprendista. E’ un tipo ok- spiegò la signora, guardando il ragazzo sistemare i libri negli appositi scaffali. Santana gli si avvicinò, aspettando che lui notasse la sua presenza.
-Oh..scusi, non mi ero accorto- mormorò lui mortificato, alzandosi e sistemandosi gli occhiali sul naso.
-Tranquillo, e dammi del tu, non sono così vecchia- scherzò sorridente –Santana- si presentò poi, allungando la mano verso il giovane.
-Jonathan- disse lui a sua volta, stringendo imbarazzato la mano scura della donna.
-Allora J, spigami un po’ le ultime novità!- esclamò, soffiando poi la polvere da alcuni tomi.
-C-certo- annuì il ragazzo, iniziando poi ad aggiornare l’ispanica.



Rachel arrivò velocemente alla propria macchina, cercando di sfuggire al ragazzo, che però la rincorse, raggiungendola.
-Rachel! Aspetta, ti devo parlare- la bloccò, afferrandole una spalla. Lei si sottrasse alla presa.
-E’ così urgente? Sai dovremmo tornare al Broadway e lavorare, se nessuno sta per morire, puoi dirmelo tra dieci minuti- sbottò acida, aprendo al portiera. Lui la guardò stranito, non capendo quella reazione.
-Ok- assentì solo, dirigendosi verso il proprio veicolo. Le lanciò un ultimo sguardo, prima di entrare nell’auto, ma lei era già partita.
Era possibile che fosse così arrabbiata per quel bacio? Che fosse arrivata a odiarlo. No, lo riteneva improbabile, anche se, con Rachel Berry, non c’erano tante certezze.
Forse avrebbe fatto meglio ad aspettare a dichiararsi, forse non era proprio il momento giusto. Soffiò battendo il pugno sul volante, poi mise in moto la macchina.



-Kurt è un’idea fantastica! Penso io agli inviti, non ti preoccupare! Ci sentiamo più tardi se ci sono problemi- chiuse la chiamata Quinn, sorridendo radiosa, finendo di condire la pasta. La divise poi in due piatti, chiamando Mike a tavola.
-Come mai questo sorrisone?- chiese il ragazzo, allentandosi la cravatta.
-Domani riunione del Glee Club, al Broadway- riferì lei, iniziando a mangiare.
-Sul serio?- chiese lui.
-Sì sì- confermò la bionda –Devo solo riuscire a rintracciare Mercedes, Artie e Tina. Blaine lo chiamerà Kurt- ragionò la ragazza, facendosi un elenco mentale.
-Finn non lo invitiamo?- chiese Mike, versando dell’acqua ad entrambi.
-E’ a casa con Kurt questa settimana, ci sarà- spiegò lei, ancora concentrata sugli invitati.
-E a Rachel va bene?- chiese, inarcando un sopracciglio.
-A quanto pare l’ha proposto lei- rispose Quinn, afferrando il cellulare per cominciare ad invitare gli amici.



-…e dopo è spuntato fuori un drago gigante, con denti grossi così- disse la bambina allargando le braccia – Ma era un drago buono!- esclamò la piccola eccitata –un po’ come quello rosso di Kresh. Allora ci siamo saliti sopra e ha iniziato a volare, tanto forte, più alto di quegli uccellini lì –precisò, indicando alcuni sopra la sua testa –e dopo… Dave!- trillò la bambina saltellando sul posto e puntando con il ditino nella direzione del ragazzo, mentre l’altra era stretta a quella della madre. Valerie si staccò da Brittany, correndo incontro a David, il quale si accorse di loro solo quando la piccola gli fu a pochi passi.
-Ehilà pulce- sorrise quello.
-Dove?- chiese la piccola, cercando l’insetto. Lui ridacchiò, scuotendo leggermente la testa.
-Tu sei una pulce- le spiegò, premendo leggermente con l’indice sul suo nasino.
-Ciao Dave- lo salutò Brittany appena li raggiunse.
-Ciao Britt- disse lui a sua volta.
-Noi andiamo a trovare lo zio Noah, vuoi venire?- lo invitò la bambina, dondolandosi avanti e indietro.
-Oh, volevo passare dalla biblioteca per vedere come se la passa la Lopez, ma rimanderò- accettò, incuriosendo però la piccola.
-Santana è in biblioteca?- chiese infatti subito.
-Già è di nuovo una bibliotecaria- annuì lui. Era abbastanza contento che fosse tornata al suo vecchio lavoro. Era un bel posto e lo preferiva di gran lunga al suo precedente impiego.
Valerie guardò la madre con due occhioni supplichevoli.
-Dopo possiamo andare con Dave a trovarla?- domandò sbattendo le ciglia ripetutamente. Brittany roteò gli occhi con un sorriso.
-Ok, ricordati che dobbiamo passare a prendere a casa i libri da restituire- disse solo la donna. La piccola annuì eccitata, iniziando poi a raccontare da capo il sogno che aveva fatto a Dave, mentre si dirigevano verso il Broadway.



Quando Puck entrò nel locale, Rachel era già ad un tavolo che portava il caffè a due ragazze, sorridendo cordialmente. Grugnendo, arrivò al bancone, afferrando il grembiule e infilandoselo, senza rivolgere la parola a nessuno. Sam aveva già finito il turno, rimanevano solo lui e Rachel.
Circa un’ora più tardi la porta si aprì, facendo entrare una vocina abbastanza riconoscibile, la quale senza tanti problemi, s’intrufolò dall’altra parte del bancone, fermandosi davanti al ragazzo a braccia aperte, senza dire nulla. Noah sorrise, abbassandosi per prenderla in braccio.
-Ciao scricciolo!- esclamò porgendo alla piccola il pugno.
-Ciao Noah- ripose lei, poi, con la lingua leggermente di fuori, scontrò il proprio pugnetto con quello del ragazzo, per poi aprire la manina ed agitare le dita come le aveva insegnato il ragazzo.
-Ciao ragazzi!- li salutò Rachel, giungendo dagli amici.
-Hey! Novità!?- chiese Brittany, alzando e abbassando le sopracciglia velocemente, guardando con Rachel con un sorrisino furbo. Lei la fulminò con lo sguardo.
-Oh sì! Domani sera ci sarà una specie di riunione del Glee Club qui! Fate in modo di esserci!-li avvertì.
-Sei invitato anche tu Dave- aggiunse Noah, riprendendo poi a far roteare Valerie.
-Oh ma io non voglio venire-borbottò il ragazzo, incrociando le bracci al petto.
-Sì, certo, Santana non ti obbligherà mai- ridacchiò l’amico.
-E ci sarà anche Kurt- puntualizzò Rachel, esibendo uno dei suoi soliti sorrisi a novanta denti. Dave grugnì, corrugando le sopracciglia.
-E con questo cosa vorresti dire?-indagò lui, chiudendo gli occhi a fessure.
-Nulla! Scusate, devo servire!- li liquidò, scappando ad ulteriori domande del ragazzo.
Brittany la guardò male, aspettandosi altre notizie, dopodiché notò il modo in cui Noah la guardò. Non capiva perché gli occhi del suo amico fossero così…spenti.
-Vals, perché non chiedi a zio Dave se ti racconta una storia sui giganti?- propose alla piccola, facendola illuminare. Subito quella trotterellò dal ragazzo, tirandogli la maglietta per farsi prendere in braccio e lo implorò di raccontargli qualche bella storia.
Brittany allora si avvicinò all’amico, guardandolo con la testa leggermente inclinata.
-Che c’è B?- chiese quello, non capendo. La vide poi avvicinarsi e stringerlo in un dolce abbraccio. Non sapeva come facesse, eppure Brittany sapeva sempre esattamente come si sentiva, quando aveva bisogno di parlare, o quando semplicemente aveva bisogno di un abbraccio, di un sorriso o di una birra.
-B, perché non mi sono innamorato di te? Sei bellissima e fantastica, saresti perfetta- scherzò, sussurrando.
-Perché non si sceglie chi amare, altrimenti è ovvio che tutti s’innamorerebbero di me!- ripose quella, annuendo e scrollando leggermente le spalle.
Rachel li notò da lontano. Probabilmente la sua rabbia nei confronti di Noah salì ancora. Quanto era ipocrita e falso ad abbracciare Brittany, alla quale progettava da anni di sottrarre Santana?



-Sai che hai delle gambe più nuove delle mie Valerie? Ogni tanto potresti provare ad usarle- le fece presente Dave, continuando a camminare con la piccola in braccio.
-Qui è più bello- mormorò la bambina, accoccolandosi al suo petto. Dave arrossì un poco, nel vederla farsi piccola contro di lui, sorridendo teneramente.
-Vuoi che la prenda io?- si offrì Brittany, mentre oltrepassavano la soglia della biblioteca.
-No, tranquilla. Non è male- mormorò lui.
-No che non sono male- confermò la piccola, scuotendo la testina –Ciao J!- trillò poi vedendo il giovane. Quest’ultimo si avvicinò ai tre, sorridendo anche se un po’ intimorito dall’espressione burbera che assunse Dave.
-Ciao Valerie, Brittany- salutò con un sorriso cordiale. La madre estrasse da una borsa di stoffa tre libricini, facendo come per porgerli al ragazzo, ma la bambina la fermò. Valerie si dimenò un poco per farsi mettere a terra, per poi prendere i libri dalle mani della donna, voltandosi verso il ragazzino.
-Scusa J, hai visto Santana?- chiese con un sorriso.
-Oh certo, penso sia ancora seduta alla scrivania, stava sistemando qualche copertina malandata.- rispose Jonathan, indicando poi la strada alla piccola. Quella però era già partita, camminando velocemente per raggiungere la meta.
Santana era concentrata nel richiudere correttamente una copertina di un vecchio libro rovinato, quando sentì un suono di piccoli passi farsi sempre più vicino. Quando alzò il capo vide il viso sorridente di Valerie.
-Ciao Santana!- squillò quella, allungando i libri verso di lei. Santana li prese, appoggiandoli sul tavolo.
-Ciao Valerie- mormorò dolcemente, si alzò poi dalla sedia, raggiungendo la bambina dalla parte opposta della scrivania –Come stai?- chiese, sistemandole la solita ciocca di capelli fuori posto.
-Sono felice!- disse la piccola –Se lavorerai qui, ci potremmo vedere tante tante volte!- chiarì la piccola, facendo sussultare Santana. Davvero non capiva come facesse a piacere tanto. Cioè, era chiaro il motivo per cui lei fosse innamorata di Valerie, ma non era chiaro il contrario. Non aveva fatto assolutamente nulla per far sì che Valerie fosse così carina con lei, invece eccola lì, con un sorrisino timido e un proposito per vederla ancora.
-Ti donano gli occhiali Lopez, sembri quasi intelligente- commentò Dave, ridacchiando.
-Ah.ah- borbottò lei, badandogli poco. Al suo fianco vide però due lunghe gambe fasciate da leggins grigio scuro, che sì le coprivano, ma allo stesso tempo le delineavano perfettamente. Brittany le rivolse un sorriso di circostanza, facendole un cenno con capo che si affrettò a ricambiare.
-Domani sera sei libera?- domandò la piccola, cercando di riottenere la sua attenzione. Santana annuì, curiosa.
-Anh già. C’è una specie di riunione della vostra banda di matti, al Broadway. Preferirei non venire- le comunicò David, scorrendo gli occhi sul alcuni gialli.
-Oh, si riunisce il Glee Club?- chiese.
-Esatto- confermò Brittany, incrociando poi le dita, nervosa.
-Che ho detto io?! La banda di matti, era chiaro.- mugugnò Dave sottovoce.
-Con questo sei praticamente obbligato a venire. Ci sarà anche Kurt poi- sentenziò la latina. David sbuffò, corrugando le sopracciglia.
-Perché tutti dite la stessa cosa- sbuffò, sparendo dietro ad uno scaffale. Santana trattenne una risata, tornando poi con lo sguardo sulla bambina.
-Vuoi altri libri?- chiese gentilmente, vedendola assentire con vigore –Bene, andiamo a sceglierli- disse la latina, incamminandosi verso la sezione bambini.
Brittany si appoggiò allo stipite della porta, guardando le due cercare nuovi libri per Valerie. Santana sorrideva, ascoltando la piccola dirle quali libri le piacevano e quali aveva già letto. Ad un certo punto la latina si sedette a terra, per vedere meglio i titoli, mentre la bambina al suo fianco annuiva o scuoteva la testa. La donna non riuscì a trattenere un sorriso, vedendole così in armonia, come se si conoscessero da tempo, quando invece non erano passate nemmeno due settimane dalla prima volta che si erano viste.
-Non scapperà più- mormorò Dave, cogliendo Brittany di sorpresa. Lei lo guardò, come se non avesse ben capito cosa intendesse.
-Non avrà mai più la forza di allontanarsi sia da te che da lei. E’ un’idiota, ma non così idiota.- specificò. Brittany tornò a volgere lo sguardo sulle due, sospirando.
-Lo spero. Mi sto fidando di lei, altrimenti non le lascerei vedere Valerie così spesso-rivelò la giovane madre. Dave rimase impressionato da quelle parole. Brittany era cambiata davvero.





***

Scusatescusatescusate il terribile ritardo ç_ç
Sono tremenda lo so, ma ho avuto TANTE cose da fare .-. E tra poco arriva l'esame, per cui... In ogni caso spero di aggionare leggermente più in fretta. Ci proverò, non prometto nulla :)
Ah, il capitolo è per te V_P :)

Besos,Miky

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Capitolo 25
*** Happiness and frustration ***


25}Happiness and frustration


-Berry, potresti darmi le chiavi del bagno?- chiese Santana affacciandosi dalla porta della camera dei due amici. Rachel non rispose, rimanendo sdraiata sul letto con Max accoccolato al suo fianco, che riposava tranquillo.
-Berry non sei morta vero?- indagò, notando che non si muoveva nemmeno. Era ferma lì, sul letto, con il volto affondato nel cuscino e le cuffie dell’ipod alle orecchie. Notandole si avvicinò alla ragazza, togliendole quello destro. Rachel si girò sul lato, sbuffando.
-Che c’è?- domandò, asciugandosi una lacrima che Santana vide con chiarezza.
-Tutto bene?- chiese infatti subito, incrociando le braccia al petto.
-No, in effetti dovrei dirti una cosa. Siediti- mormorò, facendole posto accanto a sé. La latina sollevò un sopracciglio –Devo preoccuparmi?-
-Mmhh... sì.- annuì Rachel. Santana strabuzzò gli occhi, non capendo cosa stesse succedendo.
-Ora, io non sono certo qui per dirti cosa devi fare, perché sono la persona che prende sempre la strada sbagliata.- Iniziò la brunetta, tirandosi le gambe al petto –Ma io tengo tanto a Brittany. E’ una persona magica e buona, inoltre tengo tanto anche a Valerie. Capisco che non sia facile tra voi due, ora come ora, ma Noah non è la soluzione- affermò, guardando l’ispanica negli occhi.
-Scusa cosa?- borbottò Santana, sbattendo le ciglia.
-Anche se fosse innamorato di te, non so quanto sarebbe giusto che tu ricambiassi perché…- continuò Rachel, ma la risata fragorosa di Santana la interruppe.
-S..Santana non ci trovo nulla di divertente…- commentò la brunetta, irrigidendosi.
-Io sì…ahahha…eccome..- ridacchiò l’altra, cercando poi di trattenersi. Quando si fu ripresa, guardò Rachel sorridendo.
-Ieri mattina hai per caso visto Noah parlare con me, attraverso la porta del bagno?- chiese, frenando a fatica una risatina. Rachel mordendosi il labbro annuì, come colpevole di aver visto qualcosa che non avrebbe dovuto. Ma ancora una volta la latina scoppiò in una grande risata, irritando l’altra maggiormente.
-Siete due bei soggetti – commentò Santana, tornando a comporsi, dopo aver visto l’espressione stizzita dell’altra –Puckerman era convinto che ci fossi tu nel bagno.- spiegò. Rachel sgranò gli occhi, come se avesse detto una cosa impossibile.
-Per questo ho bisogno delle chiavi, per non mettermi più tra di voi. Avevo tentato di fermare la sua dichiarazione, ma non mi aveva lasciato parlare. Anche se, forse il fatto che si fosse dichiarato avrebbe dovuto dirtelo lui. Ma al diavolo, avreste aspettato altri vent’anni minimo, per cui prego- riassunse lei, aggiungendo un sorriso sibillino.
-Le chiavi sono nel secondo cassetto del comodino- mormorò solo Rachel, con lo sguardo vacuo puntato verso il pavimento.
-Grazie! Tra poco dobbiamo scendere per la cena, ricordi? Tutto il Glee sarà qui tra poco- le fece presente la latina, lasciandola poi sola.
Rachel portò una mano alla bocca, nascondendo un sorriso spontaneo. Si lasciò poi cadere sul letto, coprendosi la faccia col cuscino. Max si alzò di colpo, scodinzolando e iniziando a leccare la mano della ragazza.
-No, Max no!- brontolò quella, ma il cane in risposta le leccò anche la guancia.


Mercedes scese dalla macchina, sgranchendosi le gambe. Era da un po’ che non tornava a Lima, da sei o sette anni di sicuro. Poco prima del diploma era stata contattata da un produttore di una famosa casa discografica. Così, pochi mesi dopo, si era trasferita con la famiglia a Los Angeles. Da allora era iniziato un intenso periodo lavorativo: scriveva testi e testi di canzoni, vedendoseli bocciati di continuo, finchè non ne raggruppò una quindicina che invece piacquero molto. Così iniziò a registrare il suo primo album, e nel giro di un anno vendette migliaia di copie. Copie che aumentarono con il passare del tempo, mentre la sua fama cresceva. Era tutto ciò che aveva sempre sognato, l’anno precedente aveva persino partecipato alla celebrazione dei Grammy, e con buone probabilità, nel giro di poco, ne avrebbe portato anche uno a casa.
Ora invece si ritrovava nel centro di Lima, riparata dietro a grandi occhiali da sole, mentre cercava di trovare la grande insegna di un locale. Poi lo vide, all’angolo di una strada laterale e vi entrò.
La prima cosa che vide fu una bimbetta rincorrere divertita Mike Chang, che a sua volta rincorreva Brittany Pierce la quale probabilmente teneva tra le mani una scarpa del ragazzo. Mercedes scoppiò automaticamente in una risatina, nel vedere la scena. Scena che divenne ancora più divertente quando la porta della cucina si aprì di scatto, esattamente in faccia a Noah Puckerman.
-Sam, dannazione!- mugugnò il ragazzo, massaggiandosi il naso.
-Oh scusa Noah, ero sovrappensiero- si giustificò lui, trattenendo un risolino.
-Succede si e no due volte a settimana, puoi cercare di stare più attento!?- sbottò il ragazzo, entrando e scostando il biondo.
-Secondo me sei tu il problema- commentò Sam, spostandosi poi verso il bancone, al quale Quinn sedeva sorridendo.
Mercedes si bloccò momentaneamente vedendo il biondo. Non era cambiato molto, forse solo i capelli erano un po’ più corti e la barba era accennata, ma aveva il solito sorriso allegro, completato dai due occhi vivaci.
-Mercedes!- trillò ad un tratto Brittany, fermandosi esattamente davanti a lei. Inchiodando così all’improvviso, Mike non riuscì ad arrestarsi in tempo e finì contro la bionda, la quale capitolò a terra. Valerie giungendo dai due e notando che ridevano, si lanciò a sua volta.
Mercedes scoppiò a ridere ancora, porgendo poi la mano a Brittany per aiutarla a rialzarsi.
-Brittany, Mike, sempre in movimento eh?- ridacchiò –E tu?- chiese poi, notando due grandi occhi azzurri fissarla incuriosita dal basso. Valerie agitò la manina in saluto.
-Kaltxì im Valerie Pierce- si presentò la piccola, lasciando straniti i tre.
-Scusa Vals? Che hai detto?- domandò Mike confuso.
-Sammy ha detto che stasera devo pallare con tutti in Na’Vi- spiegò la piccola indicando con la manina il ragazzo al bancone. Mike sbuffò, scrollando la testa.
-”Parlare” Vals, e non in Na’Vi tesoro- la corresse l’asiatico, sorridendo appena.
-Oh, allora ciao, io sono Valerie Pierce!- ripeté rivolta a Mercedes, la quale sorrideva divertita.
-Oh io sono Mercedes Jones, piacere ci conoscerti- disse la donna di colore, allungando la manina alla piccola. Questa però invece le porse il pugno, lasciandolo sospeso in aria finché Mercedes non lo scontrò con il suo. Santana entrò nel locale, notando la scena con gli occhi stretti a fessure. Dopodiché cercò Noah e gli tirò uno scappellotto.
-Ahi- mugugnò quello –Perché mi volete fare tutti male!?- si lamentò.
-Cosa ti è venuto in mente di insegnare a Valerie? Invece di stringere la mano a Mercedes le ha dato il pungo- sbottò lei, irritata.
-La mia piccolina- mormorò lui, sorridendo orgoglioso.
-La tua niente! Quando tu e la Berry prolifererete, oddio non ci voglio pensare, insegnerai quello che vuoi. Ora stai lontano da Valerie!- lo avvertì allontanandosi con un dito puntato verso di lui.
-E’ entrata completamente in versione leonessa che difende il proprio cucciolo- ridacchiò Dave.
-Già.- annuì Puck –E’ tenera- considerò annuendo.
Rachel raggiunse i ragazzi, avvicinandosi a Noah da dietro e puntellandogli l’indice sulla spalla.
-Noah, possiamo parlare?- domandò con un basso tono di voce.
-Ce..certo- assentì lui.
-Rachel, Noah, Quinn!- esclamò Mercedes avvicinandosi. Gli amici allora si slanciarono per salutarla, e Noah e Rachel rimandarono la conversazione, scambiandosi una veloce occhiata.
-Hey- disse Sam, avvicinandosi alla donna e abbracciandola. Mercedes si trovò a ringraziare mentalmente di essere di colore; se avesse avuto la carnagione di Brittany, in quel momento sarebbe stata di un colorito rosso sgargiante.
-Sam, da quanto- farfugliò.
-C’è giusto giusto il solito casino di un tempo- ridacchiò Artie, entrando nel locale e attirando su di se l’attenzione.

Santana si era seduta al tavolo, stando ben attenta a posizionarsi lontana da Quinn e il suo fare da psicologa. Dave al suo fianco si lamentava del fatto che lui non c’entrava nulla e che non voleva aver niente a che fare con la riunione di quello che una volta era il gruppo numero uno degli sfigati.
-Sì certo, sfigati senza i quali non potresti vivere. Tipo me- controbatté la latina –o tipo- mormorò sorridendo sorniona.
-Mpf-sbuffò lui, voltandosi dall’altra parte. Santana ridacchiò, appoggiando poi la mano sul pugno chiuso, attendendo che arrivassero tutti e prendessero posto. Il suo sguardo cadde su una sedia a rotella, vicino alla quale si muovevano troppi capelli biondi. Alcune ciocche erano intrecciate in dolci treccine dietro il capo, mentre il resto dei capelli scendevano lisci sulla schiena chiara, chiarissima, e scoperta fino a una buona metà. E quel paio di corti pantaloncini lasciavano intravedere gran parte delle lunghissime gambe, candide anch’esse, perfette, probabilmente profumate.
-Lopez controlla la bava- la schernì Dave al suo fianco. Santana distolse immediatamente lo sguardo, non riuscendo però a evitare di arrossire.
-Io non..- balbettò cercando una scusa plausibile, ma il suo cervello era ancora ben concentrato su ciò su cui i suoi occhi si erano posati poco prima.
-Sì, certo, raccontala ad un altro- ridacchiò lui, vedendola arricciare le labbra e incrociare le braccia al petto, fissando il proprio piatto ancora vuoto.

Dopo una mezz’oretta arrivarono anche Kurt, Finn e Tina, scusandosi per il ritardo. Tutti i ragazzi presero posto al tavolo. Puck e Rachel avevano pensato di chiudere per quella sera il locale per potersi godere la compagnia. Infatti dopo aver servito la cena, si misero a tavola chiacchierando tranquillamente.
Era strano, erano passati così tanti anni, eppure sembrava ancora di essere al Glee Club. Di certo tante , tantissime, cose erano cambiate, ma forse il modo in cui erano stati amici era così forte da non subire il logoramento del tempo.

A Valerie sembrava il giorno di Natale. Tante persone, tutti che ridevano e scherzavano, che la facevano divertire, c’erano sia la mamma che Santana: sì, decisamente era una bella serata.
Noah non la pensava proprio allo stesso modo. Non era riuscito a sedersi di fianco a Rachel così non solo non sapeva cosa la ragazza volesse dirgli, ma doveva vederla scherzare con Finn, perché ovviamente Kurt le aveva tenuto il posto accanto a lui, che stranamente era proprio di fianco al fratello.

-Ma come mai non torni mai a casa, a parte questi pochi giorni?- domandò Rachel, sorseggiando il vino bianco, mentre guardava Finn al suo fianco.
-Bè, perché Bill è ancora piccolo, non gli piace per niente volare, per cui è più probabile che vengano Kurt o i miei in Canada- spiegò il ragazzo, scrollando le spalle e accennando un sorriso.
-Bill?- chiese Rachel, sollevando un sopracciglio.
-Kurt non ti ha detto nulla?- chiese lui sgranando gli occhi e arrossendo un poco. Rachel scosse la testa, guardando male l’amico che a quanto pare le aveva celato qualcosa di cui ora era curiosissima.
-M-mio figlio Bill- rivelò il ragazzo. A Rachel per poco non cadde la mascella.
-Tuo che?- strillò, alzando notevolmente il tono di voce, così da attirare tutti gli sguardi su di se, senza nemmeno accorgersene.
-Ma perché nessuno mi avverte mai dei figli- borbottò poco dopo, assumendo una specie di broncio.
-Finn ha un figlio?- domandò Mike sconvolto.
-A quanto pare. Kurt lo sapeva ma si è riguardato a dirlo a chiunque.- si lamentò la brunetta, fulminando con lo sguardo il ragazzo.
-Io lo sapevo- mormorò tra sé e sé Santana.
-Ma, wow, è una bellissima notizia. Hai una foto?- chiese poi Quinn interessandosi. Finn la mostrò cordialmente all’amica, la quale poi la fece passare a tutti gli altri.
Puck pensò di non avere mai sentito una notizia migliore, tutto ad un tratto Finn quasi gli andava a genio.
-Restando in tema bambini, qualcuno mi potrebbe spiegare di chi è figlia quell’adorabile creatura che in questo momento sta tormentando la faccia di Dave?- domandò Artie, ridacchiando. Valerie, sentendosi chiamata in causa, smise si “massaggiare” le guance –a suo parere troppo pizzicose – di David, voltandosi verso il ragazzo con un sorrisone.
-Lei è la mia mamma- trillò la piccola, indicando Brittany, per poi salutarla con la manina –e lei è l’altra mia mamma- spiegò, indicando con l’altro braccino nella direzione di Santana. Quest’ultima sperava che chiunque evitasse quella domanda, per cui appena Artie l’aveva chiesto, si era fatta piccola piccola, giocando con la verdura nel suo piatto come fosse una cosa molto interessante. Ma quando aveva udito “l’altra mia mamma”, pronunciata da quella vocina che adorava, aveva improvvisamente sentito tanti occhi puntati su di lei, e tante emozioni vibrarle in tutto il corpo. Probabilmente sarebbe morta da un momento all’altro, perché non ricordava esattamente come respirare, né come muoversi.
Riuscì ad alzare lo sguardo verso Valerie, vedendola sorridere come era solita fare. Avrebbe voluto trasmetterle con uno sguardo tutto quello che provava in quel momento, l’avrebbe voluta abbracciare, dire che era così felice, felice come non si ricordava di essere stata da anni, ma non vi riusciva.
Le sembrò che il silenzio che era calato durasse all’infinito, ma ad un certo punto Quinn, sentendo l’aria farsi pesante dalla tensione, cercò di trovarvi un rimedio.
-Oh, visto che siete tutti qui. Io e Mike ci sposiamo!-esclamò battendo lentamente le mani. Rachel annuì velocemente, riuscendo ad iniziare un lunghissimo monologo sul quanto ne fosse eccitata, così da distrarre tutti da Santana e Brittany.

L’ispanica intanto si era alzata, sentendo quasi le gambe tremare ed era sgattaiolata nel bagno. Si chiuse la porta alle spalle, per poi accasciarsi al muro. A quel punto non resistette, perse tutto il controllo che era riuscita a tenere fino a quel momento e scoppiò a piangere. Un pianto misto di felicità e frustrazione, silenzioso e represso. Quando vide la porta aprirsi inveì in spagnolo, prima di vedere chi fosse.
Poi risalì quelle gambe affusolate e chiare, arrivando a due occhi confusi, ma di un azzurro tanto limpido da far invidia al cielo

-Hey- mormorò, appoggiandosi alla porta, chiudendola.
E ciò bastò a Santana, le bastò per piangere di più, per far aumentare sia la sua felicità che la sua frustrazione. Brittany era lì, di fronte a lei, che si stava assicurando se tutto fosse ok, con quel “Hey” detto quasi dolcemente.
-N-non volevo farti piangere- si scusò quasi immediatamente la bionda.
-No no- la bloccò subito Santana –Tu non hai fatto nulla di male, nessuno l’ha fatto- chiarì immediatamente, tirando su con il naso, asciugandosi frettolosamente le lacrime con la mano.
-Io, sono solo veramente felice per…per quello che ha detto Valerie. So di non meritarlo..- farfugliò la latina, sfuggendo agli occhi dell’altra –ma, è stato così…- continuò, non riuscendo quasi a trovare il modo le parole –meraviglioso quello che ha detto…- affermò, sorridendo quasi.
-Oh, ok- mormorò Brittany –Potresti dirlo anche a Valerie? Perché non ha intenzione di smettere di piangere finché non le assicurerai che non la odi- spiegò la donna. Santana spalancò gli occhi.
Ecco perché era lì, perché la sua piccola aveva bisogno, non per lei. Certo, giustamente. Santana si morse il labbro inferiore.
-Oddio, certo arrivo- annuì. Si guardò poi allo specchio, sistemandosi velocemente il trucco, per non fare preoccupare maggiormente Valerie, per poi uscire dal bagno.


***


Heylà people ;)
Ora dovrei fare un lungo monologo di scuse, ma non essendo Rachel Berry non ho la facoltà di mettere tante parole in fila di senso compiuto ;)
Sì, sono in ritardissimo, ma tra patente, FCE e maturità è stato un po' un casino quest'anno e ho dovuto tagliar qualcosa... cioè rimandarlo ;)
Ora però che sono una donna libera (yeaaah) avrò tempo a disposizione e spero di aggiornare regolarmente, e soprattutto finire questa ff.

Ringrazio tutti quelli che seguono questa storia e che non si sono ancora stancati..
Tanto tanto love <3<3
Miky

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Capitolo 26
*** With my heart out in my hand ***


26}With my heart out in my hand



-Valerie?- sussurrò Santana, abbassandosi sulle ginocchia.
La piccola alzò la testolina, scoprendosi gli occhioni arrossati e tirando su con il naso. La latina l'attirò a sé, prendendola in braccio e stringendola forte, sentendo le manine della bambina stringerle i capelli per aggrapparsi meglio a lei.
-Vals io non ti odio, non ti odio nemmeno un po'... Anzi, sai una cosa?- chiese, staccandosela dal petto per poterla guardarla dritta in quei dolcissimi e lucidissimi occhi azzurri -Io ti amo come una mamma dovrebbe amare la sua bambina, ed è strano, perchè ti conosco da pochissimi giorni, e di solito non mi affeziono così facilmente alle persone... ma tu, tu sei la mia eccezione- le confessò a bassa voce, facendola poi sedere sulle sue gambe.
-Davvero?- bisbigliò sgranando gli occhi meravigliata. Santana sorrise e annuì, mentre sentiva che una lacrima le scendeva lentamente sulla gota. Valerie istantaneamente raccolse quella gocciolina, come volendola scacciare.
-Allora non dovresti piangere, perchè anche io ti voglio tanto, tanto, tanto, ma tanto bene Santana..- esclamò sbatacchiando le ciglia chiare, per poi infilarsi un ditino nella piccola narice. Santana scoppiò a ridere.
-Io smetto di piangere, ma tu sposta il ditino...prendiamo un fazzoletto- ridacchiò, cercando la borsa.
Brittany le porse un pacchetto di fazzoletti, sorridendole dolcemente, cosa che fece tremare le gambe all'ispanica. Da anni non riceveva un sorriso di quel tipo dalla bionda, da anni lo sognava e in quel momento non avrebbe voluto altro che baciare quelle labbra. Lì, davanti a tutti, ricevere anche uno schiaffo in faccia, ma ne sarebbe valsa la pena. Valerie però la riportò al mondo reale, tirandole la camicia per avere il fazzoletto.
Santana notò il tavolo e vide il gruppo di amici intento a ridere e scherzare e fu la prima volta che fu grata a Rachel di avere la capacità di parlare all'infinito.

-E così alla fine gli unici due che hanno continuato a coltivare la passione per il canto sono Mercedes e Finn- constatò Artie. Rachel lo fulminò, notando quanto era bravo a trovare i punti dolenti di tutti e girare il coltello nella piaga.
-Noah suona ancora- puntualizzò la brunetta, sistemandosi la frangetta.
-E con questo volevi sottintendere che tu sei ancora la migliore di tutti?- domandò Mercedes ridacchiando.
-No- controbatté subito Rachel, poi spostò lo sguardo sul ragazzo seduto di fronte a lei. I suoi occhi verdi l'osservavano e sembravano dirle che sì, per lui lei era ancora la migliore. E fu colpa sua, sicuramente non del proprio cervello,la scelta che fece immediatamente dopo.
-Però... mi piacerebbe cantare una canzone- esordì, lasciando di stucco vari tra i presenti. Non quelli che non la vedevano da tanto, i quali pensavano fosse solo un momento di pura Rachel Barbra Berry; ma quelli che le erano stati accanto gli ultimi anni, quelli che conoscevano la sua decisa scelta di abbandono nei confronti del canto.
Ecco, quelli erano abbastanza scioccati.
Rachel con un colpetto poi fece alzare Brittany, indicandole di prendere posto al piano.
-Kurt!!- squittì poi, gesticolandogli di raggiungerla sul palchetto.
-E' da un po' che non canto, non so se..- provò a dire i ragazzo, ricevendo subito un'occhiataccia. Appena l'accostò, lei gli prese le mani, guardandolo eccitata negli occhi.
-Sei e rimarrai sempre la Celine per la mia Barbra, per cui, ora non posso fare questo duetto senza te- gli sussurrò.
-Intendi cantare..- iniziò lui, ma lei lo precedette annuendo convinta. Si avvicinò poi alla bionda al piano, allungandole lo spartito giusto.

-Brittany sa suonare il piano?- domandò Santana sollevando un sopracciglio.
-Già, ed è anche decisamente brava- confermò Mike.
-Anche io so- si affrettò subito a precisare Valerie, non muovendosi dalle gambe della latina.
-Pff non ci credo- commentò Dave, rivolto alla piccola. Lei lo guardò male, corrucciando le sopracciglia chiare.
-Io so suonare la mia pianola, quello lì- farfugliò indicando il pianoforte nero a cui sedeva la madre- è troppo grande- confessò, abbassando il capo imbarazzata.
-Per ora. Sono certa un giorno riuscirai a suonare anche quello. E vorrei sentirti alla pianola un giorno di questi- la rassicurò Santana, accarezzandole dolcemente i capelli sottili.
-Io suonerò e tu canterai?!- accordò la piccola, sporgendo il suo mignolino in attesa di una promessa ufficiale. Santana sorrise al gesto naturale di Valerie, legando il suo mignolo a quello della bambina, facendola contenta.

Kurt afferrò il microfono, picchiettandolo con l'indice per controllare che funzionasse.
-Sappi che ti odio Berry..- mormorò tra sé e sé, dopodiché sentì le prime note risuonare nel locale e iniziò a cantare.

I'm scared
So afraid to show I care
Will he think me weak
If I tremble when I speak

Sussurrò il ragazzo, tenendo il viso basso e la voce fioca. Santana, appena sentì le parole, si voltò con un certo sorrisino compiaciuto verso Dave che le sedeva a fianco. Quest'ultimo, impassibile, cercava di mostrarsi non interessato al duetto, fingendosi molto affascinato dalla frutta.

Oooh - what if
There's another one he's thinking of
Maybe he's in love
I'd feel like a fool
Life can be so cruel
I don't know what to do

Santana con un leggero, e finto, colpo di tosse fece quasi sobbalzare l'amico al suo fianco. Gli diede una gomitata, alzando e abbassando velocemente le sopracciglia. Lui borbottò qualcosa, scansandola, ma arrossendo al contempo.
Fu poi il turno di Rachel iniziare a cantare.

I've been there
With my heart out in my hand
But what you must understand
You can't let the chance
To love him pass you by

Era tutto così naturale, sentiva le parole fluirle fuori dal corpo come se così doveva essere, come se fossero lì che non aspettavano altro che essere cantate. Inoltre sembrava non riuscisse a staccare il contatto visivo con Noah, che si faceva sempre più stranito. La ragazza si voltò poi verso Kurt, sorridendogli, mentre le loro voci s'incontravano

Should I

Tell him
Tell him that the sun and moon
Rise in his eyes
Reach out to him
And whisper
Tender words so soft and sweet
Hold him close to feel his heart beat
Love will be the gift you give yourself

- Prego Puckerman, se non ci fossi io..- bisbigliò Santana, notando l'amico assorto nella moretta che cantava. Ormai era palese che cantasse a lui quelle parole. Se n'era accorto pure Finn, il quale spostava lo sguardo da Rachel a Noah, con un sorriso.
Cioè, se l'aveva notato Finn!
Quinn aveva appoggiato il capo sulla spalla del futuro marito, osservando compiaciuta la scenetta che aveva davanti. Finalmente almeno uno dei suoi problemi era risolto. E sembrava anche che Kurt avesse deciso che strada percorrere.

Never let him go..” concluse Rachel, sorridendo gioiosa. Dopodiché arrivarono gli applausi, applausi che la ragazza non riceveva da anni, o almeno non per la sua voce. Era come se tutto si fosse sistemato in quel momento, come se avesse aggiustato qualcosa di rotto da tanto, troppo. Ora tutto tornava: lei era fatta per cantare quanto per amare Noah. Tutto il resto non importava, non in quel momento.

Sentì l'abbraccio di Brittany circondarla e, riprendendosi dal flusso di pensieri, lo ricambiò ringraziandola per averla accompagnata con la base. Si risedettero al tavolo, al quale gli amici si congratularono per la performance. Tutti tranne Noah, il quale non aveva più detto nulla, era solamente rimasto a fissarla per un tempo che avrebbe definito infinito, senza badarsi minimamente di tutto il resto.



-E' stata veramente una bella serata, mi siete mancati davvero in questi anni. Sono felice che siate tutti rimasti pazzi e strambi come al liceo- esclamò Mercedes, sporgendosi ad abbracciare Rachel, mentre si salutavano.
-Ed è stato per noi un piacere poter passare una sera con una tale stella- si complimentò quella.
-Cantante di successo preferisco. Di stella ce n'è una ed è targata Berry- la corresse la donna di colore, con un sorriso genuino.
-No, non direi proprio- scosse il capo Rachel, arrossendo per il complimento.
-Oddio, in questi anni non mi vorrai dire che sei diventata modesta?- chiese quasi spaventata Mercedes.
-Tranquilla Merc, è stata un'attrice per anni. Ora la sue tecniche di finzione sono raffinatissime- la tranquillizzò Quinn ridacchiando.
-Ma sentila.. per una volta tanto che ero sincera- borbottò Rachel.
-Bè dovremmo ritrovarci più spesso, tipo regolarmente- propose Artie.
-Sì, non sarebbe una cattiva idea!- annuì Tina.
-Non so quanto riuscirò ad essere presente, ma mi piace- accordò Finn
-Bè facciamo così, una volta all'anno, per forza, dovremo trovarci tutti. Magari anche con il professor Shuester- decretò Rachel, portando le mani sui fianchi.
-Penso ci si vedrà più spesso, o per lo meno, fiuto aria da ...matrimoni – mormorò Mercedes, sorridendo furba prima di salutare tutti con un cenno della mano e uscire dalla porta, lasciando gli altri arrossire o scambiarsi sorrisini.
Poco dopo Quinn e Mike lasciarono il Broadway, seguiti a ruota da Artie, Sam, Tina e Finn.

Valerie, nonostante fosse passata mezzanotte da un po', non sembrava per nulla stanca, anzi, continuava a raccontare storie e storie a Santana, la quale non aveva fatto altro che passare la serata con piccola. Il tempo sembrava volasse in compagnia di quel frugoletto biondo e l'ispanica aveva già capito che mai si sarebbe annoiata di una sua singola parola. E sì, forse Valerie era logorroica quanto Rachel Berry, ma se per l'amica l'aveva sempre considerato un difetto, nella piccola Pierce era sicuramente un pregio.
-Hey tesoro, non sei stanca?- domandò Brittany, avvicinandosi alle due. Entrambe sollevarono il capo, ma mentre la bambina scosse la testa, Santana la riabbassò immediatamente arrossendo vistosamente.
Era ovvio che Brittany si riferisse alla bambina, eppure per un attimo, istintivamente, le era venuto da risponderle che no, non era stanca di passare del tempo con la loro bambina.
Oddio Lopez, tu viaggi troppo di fantasia” si riprese mentalmente, cercando di darsi contegno. Dopodiché guardò l'orologio, notando che effettivamente Valerie sarebbe dovuta essere a letto da qualche ora.
-Piccola, è ora di andare a nanna- le fece notare.
-Ma io voglio stare ancora con te- mugugnò lei, sporgendo all'infuori il labbro inferiore.
-P-Posso accompagnarvi a casa!?- propose la latina, chiedendo praticamente il permesso a Brittany, alzando il volto verso di lei. Valerie la imitò, fissando la madre con due occhioni speranzosi. Brittany si sciolse in un sorriso, annuendo piano, per poi andare a prendere la sua borsa. Nel frattempo Valerie battè il cinque a Santana.


Dave notando le tre sorrise e si accinse a uscire dal locale. Dopo aver fatto pochi passi lungo la strada sentì qualcuno raggiungerlo.
-Dave!- lo chiamò Kurt, facendolo voltare. Lui girò di poco il capo, vedendo l'altro affiancarlo.
-Dimmi..- mormorò il più grande, continuando a camminare verso la propria auto.
-Io, mi chiedevo...- iniziò Kurt, prendendo però subito una pausa – Dove abiterai a New York?- domandò, incrociando gli occhi azzurri a quelli verdi dell'altro.
-Bè, contando che possiedo un appartamento... lì- disse il ragazzo, come se la risposta fosse scontata.
-E... sarebbe un problema se lo facessi anche io?- farfugliò l'altro, distogliendo lo sguardo. Dave sollevò un sopracciglio confuso.
-Scusa ma.. non abiti un paio di piani sotto ad esso?- chiese, prevedendo però la risposta di Kurt.
-Abitavo- disse infatti il più minuto. Dave annuì, nemmeno troppo stupito.
-Bè, l'appartamento è sia mio che tuo, per cui conviveremo. Basta che tu stia lontano dal mio armadio e che non svegli anche a me a orari indecenti tipo le sei di mattina.-borbottò David, aprendo la macchina.
-Andata- sorrise Kurt.
-Buonanotte- mormorò infine Dave, entrando nell'automobile. Kurt lo salutò con la mano, per poi voltarsi e ritrovarsi a sorridere come un ebete.


-Ciao Britt e Vals, a dopo Santana- salutò Rachel, vedendole avviarsi verso casa. Poi si voltò, notando che nella stanza non rimaneva che una persona. Una persona che la stava guardando, la osservava con un sorriso stampato sulle labbra perfette e si avvicinava piano a lei. Non riuscì a non sorridere di rimando, arrossendo in automatico.
-Noah io...- balbettò.
-Penso di aver capito Rach..- annuì lui, raggiungendola e posando le mani sui suoi fianchi sottili.
-No, io... Io volevo dirti che.. cavoli è impossibile che non vengano le parole proprio a me..- borbottò, facendo ridere il ragazzo. Prese poi un grande respiro, cercando di ricomporsi, nonostante sapesse di essere alquanto ridicola in quel momento.
-Tu sei quella persona di cui non posso fare a meno, quella con cui mi vedo insieme tra ottant'anni e voglio che ogni giorno sia al mio fianco, la persona che mi fa innamorare di lei ogni qualvolta la vedo- confessò veloce, forse troppo, restando poi col fiato sospeso alla fine. Lui la guardò stupito, abbassandosi per baciarla dolcemente, prendendosi tutto il tempo, come se non avesse altro da fare nella vita che baciarla.
-Queste comunque, sono parole mie- mormorò staccandosi – ma te le concedo solo perchè sono ispirate a te..- mormorò, accarezzandole il volto che al tatto era bollente, scostando alcune ciocche dietro all'orecchio.
-Ma se permetti, per una volta, fa fare a me il prolisso della situazione. Rachel Barbra Berry io ti amo, lo faccio da un po', saranno sì e no anni, ma è una cosa che non riesco a controllare né fare a meno. Amo il tuo essere decisamente bassa – ridacchiò – il tuo naso distintivo, le tue labbra da Biancaneve e i tuoi occhi da cerbiatta, le tue gambe assolutamente fantastiche e il tuo sedere perfetto, i tuoi capelli morbidi e le tue piccole mani – mormorò baciandole leggermente – Ma amo anche il tuo essere pazza, la tua devozione per Barbra, il tuo egocentrismo che hai imparato a controllare, la tua voce angelica, il tuo sorriso a tremila denti, il modo in cui riesci sempre a farmi fare quello che vuoi, il fatto che hai voluto comprare a tutti i costi un letto nuovo per poi finire a dormire costantemente su di me … insomma, indiscutibilmente ti amo- concluse, annuendo convinto.
-Wow- soffiò lei, strofinandosi gli occhi lucidi -io.. wow Noah..non … ti amo anche io Noah- decise di dire, non riuscendo a trovare nient'altro che fosse adatto.
-Questo è tutto ciò che volevo sentire, per tutto il resto...avrai una vita per trovare le parole- sussurrò, per poi sollevarla il braccio, affondare la mano nei suoi capelli e baciarla come mai aveva baciato nessuna.




***

Vi ho fatto venire il diabete vero ;(
Scusate!! Solo che c'erano alcune cose che dovevo sistemare e volevo farlo in un modo carino...ed è venuto eccessivamente zuccheroso


Note:
-La canzone è "Tell Him"
-Santana è cottissima delle Pierce
-Quello che Rachel dice alla fine a Noah è quello che Noah aveva detto nel capitolo 13 (oggi per continuare questa fic me la sono dovuta rileggere tutta, per cui xD)


A presto! Visto quanto so essere veloce se non ho una cippa da fare!?! ;D
Cibbè :)
Miky

Ps: il capitolo me l'ha ispirato blackflower, mi ha dato un colpo all'autostima e ho scritto come un treno ;) Grazie <3

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Capitolo 27
*** A Lovely Smile ***


27 } A lovely smile

-Ora- squillò Valerie ridacchiando, facendosi sollevare da Brittany e Santana per l'ennesima volta nel breve tragitto verso casa. La piccola era l'unica ad aver parlato da quando avevano lasciato il Broadway; le altre due si erano limitate ad annuire, sorridere e guardarsi di nascosto.
Santana non riusciva a calmare i suoi battiti, si sentiva una ragazzina alla prima cotta. Il suoi occhi non riuscivano a scostarsi dai muscoli, delineati dalla camminata, delle cosce chiare di Brittany; avrebbe dovuto usare tutto il suo autocontrollo per non avvicinarsi e accarezzarle come soleva fare in passato.
Brittany dal suo canto era turbata da pensieri discordi : accettare o no Santana. Perchè se doveva rifiutarla, cavolo doveva farlo subito, ma ciò avrebbe comportato un dolore sincero al suo piccolo tesoro. Ma accettarla, bè … non era la cosa più facile da fare, non dopo tutto ciò che era successo.
Finalmente giunsero davanti alla casa e mentre Valerie iniziava ad accusare la stanchezza, appoggiandosi alle gambe della madre, questa frugò nella propria borsa e ne estrasse le chiavi per poi entrare, sollevando la figlia e stringendola a se. Si bloccò poi sull'entrata, indecisa sul da farsi.
-Vuoi entrare?- chiese infine, ancora incerta di aver pronunciato quello che effettivamente voleva.
-Se non ti dispiace- assentì timidamente l'ispanica, non riuscendo a fare altro.
Brittany la lascio accomodare all'interno.
Santana entrò, ma non si sentì a casa sua. Aveva sempre pensato di tornare e trovare tutto al proprio posto, la sua libreria nella sala all'ingresso, i due divani messi ad angolo, il colore delle pareti verde smeraldo, l'odore dolce delle lavande che amava.

Invece no, ma nulla la deluse. La casa profumava di Brittany, era assolutamente il suo unico e perfetto odore, che aveva chiaramente anche la piccola Vals: dolce ma non troppo, fresco e inebriante. Le pareti erano state ridipinte di un giallo canarino e, qua e là, sui muri poteva leggere alcune citazioni di libri. La sua vecchia libreria era stata rimpiazzata da una grande il doppio, dove tutti gli scaffali più bassi erano occupati da libriccini colorati e messi in disordine. La sala era arredata in modo da lasciare più spazio possibile, con giochi e pupazzi in attesa della proprietaria e un elegante pianoforte a coda in legno sistemato in un angolo. La cosa che più la stupì era ciò che non era cambiato. Nessuna foto che avevano sistemato lei e Brittany in giro per casa era stata sostituita, in compenso alcune erano state aggiunte, come qualche quadro che immortalava un piccolo fagottino adorabile nella sua crescita. Brittany aveva sempre tenuto Santana con se, ecco perchè quando Valerie l'aveva vista la prima volta l'aveva immediatamente riconosciuta.
-Metto a letto Vals- mormorò Brittany, riportando la latina alla realtà, facendole notare che la bambina dormiva già tra le braccia protettive della madre. Santana seguì la bionda passo a passo, arrivando nella stanza della piccola. Era la vecchia stanza di Brittany, ma le pareti anche lì erano state ridipinte e poteva vedere che ad altezza Valerie c'era una fila di tante paperelle scarabocchiate, mentre ad altezza Brittany ce n'erano altrettante ben disegnate. Ospitava solo il lettino della bambina e un grande armadio, oltre a tanti pupazzi di svariate dimensioni.
Dopo aver infilato delicatamente il pigiama alla piccola e averla assicurata sotto le coperte, vicino all'inseparabile Marshall, Brittany diede un tenero bacio alla sua pulcina adorata e si voltò verso Santana, facendole capire di lasciare la stanza per non svegliare Valerie.
Le due allora tornarono verso la sala e Brittany la invitò tacitamente a sedersi con lei sul divano.
-Sei una madre perfetta – ruppe il silenzio Santana – sai, ho notato tante piccole cose in questa casa, che mi fanno pensare solo a questo. Sei una madre perfetta, Valerie è davvero una bambina fortunata.- bisbigliò, arrossendo dopo aver realizzato quello che aveva detto.

-Grazie- sorrise Brittany, contenta del complimento – sai, è diventata la cosa più importante di ogni mio giorno, vederla contenta è tutto ciò che voglio- cercò di spiegarsi – e dato che sono ancora io una bambina, ci troviamo bene insieme- scherzò, alzando le spalle, sinceramente modesta.

- Non è vero Brittany, non sei più una bambina- affermò seria l'altra, cercando gli occhi chiari della bionda – tu...hai cresciuto una bambina da sola, hai portato avanti il tuo sogno, fai il lavoro che più ti piace, hai imparato a suonare il pianoforte, hai letto tantissimi libri..- mormorò guardando tutti i volumi che aveva davanti – e pensavo di essere io la lettrice delle due- ridacchiò quasi – i tuoi amici ti adorano e sei così bella che ..- si mise poi a tossire, accorgendosi di quelle ultime parole che le erano uscite inconsciamente, iniziando a mostrare diverse tonalità di rosso sul suo volto. Non sapeva perchè, ma Brittany dopo tanti anni era ancora l'unica persona che riusciva spontaneamente, senza impegno, a farla arrossire completamente. Brittany rise leggermente, cercando di rompere quell'imbarazzo 
quasi insostenibile ormai per la mora.
- Grazie ancora- disse sorridendo appena.

- Sai, penso sia ora che io vada a casa- disse frettolosamente Santana, annuendo come per convincersi che fosse la cosa migliore da fare.

-Forse hai ragione- mormorò l'altra, tornando seria di colpo.

- A .. presto – farfugliò Santana, salutando l'altra con un gesto infantile della mano.

- Già- annuì Brittany, grattandosi distrattamente una guancia. Chiuse poi la porta di casa, accasciandosi contro ad essa.


Dave aveva appena girato la chiave nella macchina, quando sentì qualcuno bussargli sul finestrino. Lo abbassò, per poi girarsi e domandare -Hummel?-
Quello stava giochicchiando con le mani e sfruttava a suo favore il buoi della notte per nascondere il rossore che gli colorava le gote.
-Mi chiedevo- accennò il più piccolo – ma tu dove stai questa settimana?-.
Dave accennò un leggero sorriso, inarcando un sopracciglio.
-E perchè lo vorresti sapere, di grazia?- gli rispose poi, appoggiando il mento sul palmo della mano e sollevando gli occhi dritti verso Kurt.
-Bè... perchè, so che non torneresti dai tuoi, so che non dormi da Puck e Rachel come Santana, quindi .. nulla, mi dispiacerebbe se tu dormissi in auto- farfugliò, per poi incrociare le braccia ed annuire un poco con la testa, quasi per darsi credibilità.
-Non vorrei scioccarti, ma ci sono motel anche a Lima – sussurrò Dave, affiancando la bocca con una mano, come se gli stesse raccontando qualcosa di molto segreto.
Kurt aprì di poco la bocca, leggermente stupito dall'aver pensato una cosa tanto infantile e sciocca. Era ovvio, i motel, ne aveva uno persino poco distante da casa. Cosa diavolo gli era passato per la testa, collegare due neuroni di solito non era impresa così ardua.
-Sì- mormorò imbarazzato – hai ragione, scusa, domanda sciocca- sospirò deluso dalla sua poca capacità di deduzione.
-Però se vuoi ti posso dare uno strappo verso casa- propose l'altro, inaspettatamente. Nemmeno Dave stesso era sicuro di quello che aveva appena detto, cercò però di non farlo cogliere all'altro, cercando di rimanere serio. Gli fu molto dura però, perchè davanti a lui il volto di Hummel era scosso da tante emozioni che stava cercando di reprimere a fatica. Forse in pochi avrebbero saputo dire cosa in quel momento gli stava frullando per la testa, forse perfino Kurt in quel momento avrebbe fatto fatica a farlo, ma non Dave. Dave vedeva un bel mix di imbarazzo puro, fermento, moltissima confusione, speranza, indecisione e un pizzico di paura. Non gli disse nulla, aspettò solo che queste emozioni lo trapassassero finchè non si lasciasse convincere da una in particolare.
Doveva essere la paura, dato il modo brusco e poco elegante in cui chiuse la portiera.
Non si dissero nulla e in poco arrivarono al parcheggio del motel. Scelta discutibile per Kurt, dato che lui si aspettava di essere riportato a casa. Ok, casa sua era semplicemente dal lato opposto della strada e trecento metri più a destra, però in questo modo non lo metteva certo a suo agio. Era come un invito, ed era palese agli occhi di tutti. Bè, forse a quelli di Kurt in particolare.
Dave grattandosi distrattamente la nuca e sbadigliando uscì dall'auto.
-Scusa Hummel, mi scocciava far inversione. Non ti rompe vero fare due passi a piedi? - bofonchiò in modo distaccato. Kurt scosse la testa, cercando di cancellare tutto quello che aveva pensato fino a quel momento.
Kurt Elizabeth Hummel, dai un contegno al tuo cervello, si ripeteva, inutilmente. Perchè prima di tutto sapeva di aver fatto un errore, ovvero lasciare la sua macchina parcheggiata poco distante da quella di Karofsky, poichè chiaramente non era giunto al locale a piedi. Secondo perchè, dato che ormai un errore l'aveva fatto, aveva iniziato a fantasticare sul come la serata sarebbe finita, e tutte le opzioni finivano in modi a dir poco osceni.
Dato che non c'è due senza tre, ora doveva fare il suo terzo errore, cioè, giunto a quel punto era d'obbligo. Non avrebbe voluto, ma doveva oramai.
-Vuoi che ti accompagni?- si propose Dave, notando che l'altro era immerso in chissà quali pensieri.
Kurt gli si avvicinò con anche troppa spinta e senza poche storie gli afferrò la nuca con vigore, lo tirò verso sè e lo baciò con trasporto, mentre con una mano gli accarezzava perfidamente il collo. Era un gesto subdolo, perchè sapeva che Dave non poteva resistere alle carezze dietro all'orecchio. Santana lo paragonava spesso e volentieri ad uno scimmione, ma lui sapeva che in realtà era più un felino.
-Sì, potresti accompagnarmi nella tua stanza?- azzardò Kurt, con un sorriso sornione.
Per un istante Dave lo fissò, meditando sul da farsi. Sapeva come sarebbe finita, ma diciamo che se l'era un po' cercata. Sbuffò.
-Hummel tu sei una creatura perfida, altro che una fatina- asserì il più alto, poi strattonò Kurt per un braccio, conducendolo dentro al motel.




Qualche mese dopo


-Oggi è il giorno giusto, devi dirglielo, devi farlo- si convinse Santana guardandosi allo specchio. Annuì, come per darsi ragione da sola, corrucciando labbra e sopracciglia in modo strano. Si accasciò poi sul lavandino sbuffando.
-Non andrà mai bene- sbuffò desolata. Si sistemò per l'ultima volta i capelli e, dopo l'ennesimo sospiro, uscì dal bagno e scese le scale. Trovò Rachel al bancone che parlottava allegramente con delle clienti, sfoggiando il suo radioso sorriso, serena come non mai.
Da quando stava con Noah era un'altra persona, oddio, sempre insopportabilmente rumorosa e piena di sé, ma felice, fin troppo. E cantava, quanto cantava. In modo esagerato, dal punto di vista di Santana. In casa, sotto la doccia, al locale qualche sera, insomma era tornata la liceale che parlava a canzoni con la gente. Ma, nonostante non l'avrebbe mai ammesso, Santana era contenta per lei, e per Puck. La cosa bella era che il loro rapporto non era cambiato di una virgola, forse c'era qualche smanceria in più, ma Puck era ancora lo schiavo felice dell'umpalumpa amante del rosa. Quello che era cambiato è che se Santana di sentiva di troppo prima , figurarsi ora .
A tal riguardo doveva fare qualcosa, e aveva una bella idea sul dove trasferirsi, ma il coraggio mancava un po'. Ma non poteva più aspettare, aveva una scadenza quel posto vacante. Accidenti, tutta colpa di quel Dylan, anche conosciuto come “Dylan il Perfetto”. Lui e quella sua adorabile scadenza del 7 di Marzo. Non lo sapeva che lei era allergica alle deadline? Le mettevano troppe pressioni, l'ansia di essere in ritardo, di addormentarsi e risvegliarsi giusto il giorno dopo alla scadenza. Stavolta però era diverso, stavolta c'era in gioco qualcosa che non poteva perdere, non ancora.
Dylan, il Perfetto, l'aveva conosciuto il giorno di Natale. Si era svolta una semplice ma calda e divertente festa a casa Pierce e si era presentato anche il ragazzotto, con un sorriso da pubblicità e un regalo per Valerie grosso al meno il triplo di quello che Santana aveva comperato. Era un tipo irreale, con il suo metro e novanta, il suo fisico da far invidia ad Hercules, una dentatura perfetta, due occhi color del mare e i capelli mossi color grano. Subito non capiva nemmeno perchè fosse lì, cosa ci facesse un modello perfettamente perfetto in mezzo a la Berry e a Miss Karofsky (alias Hummel), che sembravano i suoi nani da giardino in confronto. Poi lui si era avvicinato a Brittany, con un pacchetto rosso e piccolo, e le aveva schioccato un bacio sulla guancia, abbracciandola fin troppo amichevolmente. Santana li aveva guardati insieme, e tutto sembrava più chiaro. Ovviamente lui era lì per Miss PerfezioneConTantoDiGambeDaSogno, anche nota come Brittany Pierce. Aveva in fretta scoperto che era uno dei ballerini con cui lavorava più spesso, e da un anno a questa parte lavoravano davvero molto affiatati, tanto che lui aveva voluto collaborare con tutti i progetti di Brittany, chiedendo che lei fosse inclusa nei suoi. Insomma, due amiconi da urlo uno direbbe, se poi non notasse il modo in cui lui la guardava. Non era un modo volgare, e questo forse le dava ancora più fastidio, ma dopotutto si parlavo di Dylan, il Perfetto. La corteggiava in modo così elegante che Brittany mai e poi mai se ne sarebbe accorta, senza mai osare troppo, senza mai invadere i suoi spazi in modo eccessivo, senza mai sbagliare.
Bè Santana lo odiò fin dal principio, poi gli parlò e scoprì che era persino simpatico e intelligente. Insomma, un elemento da uccidere. Chiaramente qualche difetto doveva averlo, dopotutto era umano. Secondo lei ogni mese compiva sacrifici di giovani vergini per offrirle al dio della perfezione. Bè, era sicuramente possibile.
Era decisamente gelosa di Brittany, ma cosa poteva farci, aveva capito che non lo faceva apposta, era un suo dovere esserlo. La bionda era una persona unica e rarissima, se non fosse stata gelosa, sarebbe stata una sciocca psicopatica, non che esserne gelosa la esentasse da esserlo effettivamente.
In ogni caso si era trovata qualche settimana più tardi ad un incontro faccia a faccia con uno degli uomini più perfetti e irreali del pianeta, un uomo fin troppo sincero e leale. Le aveva confessato che era innamorato di Brittany, ma sapeva anche cosa provava la biondina, era a conoscenza persino del loro passato perchè lei gliene aveva parlato. Già questa cosa mise in allarme la latina: se Brittany si era confidata voleva dire che doveva essere diventato una persona particolarmente importante nella sua vita. E quello fu il giorno in cui le diede un ultimatum : fino al 7 Marzo si sarebbe comportato come aveva fatto fino ad allora, ma dal giorno seguente si sarebbe impegnato per conquistarsi la bionda contesa.
Ora, Santana era certa che non avrebbe avuto grandi difficoltà nel farlo, cioè persino lei lo trovava attraente e desiderabile come uomo, e lei gli uomini non li vedeva più come partner da anni oramai. Considerando che lui rientrava a pieno nei gusti di Brittany, che spruzzava qua e là perfezione come se fosse una cosa naturale e che Valerie lo adorava, sì avrebbe avuto una concorrenza terribilmente spaventosa.

Quindi doveva mettersi all'opera, e farlo prima del 7 Marzo.
Il 5 Marzo era un bel giorno per farlo dopotutto, abbastanza sotto pressione ma con un margine di ben due giorni, non troppo male.
Arrivò fino a casa Pierce, ancora attanagliata dalla preoccupazione e dal fatto che ormai aveva una certa età, e gli attacchi di cuore erano più probabili. Diavolo, non era più la focosa e impavida latina di Lima Heights.
Non fece in tempo a disincantarsi da quei pensieri che fu colpita da una macchia di colore blu proprio sulla gonna bianca. Ringhiando e imprecando alzò lo sguardo verso il colpevole, per poi trovarsi davanti una scena buffa ma tipica di quella casa. Sam e Mike si stavano rincorrendo, in costume, con pistole ad acqua caricate a vernice, ed erano colorati più o meno dalla testa ai piedi. Da un lato vide Noah essere colpito e colpire Valerie, con le stesse armi dei due ragazzi. Infine, spostando lo sguardo leggermente più a sinistra, vide Mr Perfezione che spalmava, cioè nel senso letterale della parola, Brittany di vernice rosa, mentre quella ridendo cercava di scappare alla presa salda dell'altro.
Santana aggrottò un sopracciglio e per poco non sputò fuoco. Quella brutta e infima persona non stava affatto rispettando gli accordi, non era nemmeno il 7 e lui già strusciava le sue mani sul corpo scultoreo della bionda. Santana senza pensarci due volte si avvicinò ai due a larghe falcate, mentre nella testa si ripeteva che no, l'omicidio non è mai una buona soluzione.
-Hey, qui cosa sta succedendo?- domando l'ispanica, con un tono più stizzito di quanto non volesse. Brittany e Dylan si staccarono, continuando a ridere. Dylan le sorrise, scrollando le spalle.
-Tutta colpa della signorina- rispose, indicando la bionda al suo fianco. Bionda che ora che Santana guardava meglio era in costume. In costume accidenti, e quello fino ad un secondo fa se la stava tutta palpeggiando.
Oddio, forse qualche anno di carcere non le avrebbe fatto troppo male.
-Stavamo facendo a gavettoni, finchè lei non ha ben pensato di riempire la sua pistola ad acqua con della vernice- continuò il ragazzo, indicando i palloncini dimenticati sul prato.
-Ho pensato fosse divertente- commentò Brittany, facendo spallucce in modo innocente.
Santana con uno scatto le afferrò una mano, cosa che nessuna delle due si aspettava e la trascinò con se in casa, lasciando Dylan solo. Da quando Santana era tornata le cose tra loro non erano mai andate benissimo, ma nemmeno malissimo. Si vedevano abbastanza spesso a causa di Valerie, ma non c'era mai stato molto contatto fisico, se non per sbaglio. La presa di Santana sulla mano della bionda si allentò appena furono sole in casa. Tutti fuori stavano giocando, senza di certo badare a loro.
-Hey Santana.. che c'è?- chiese la bionda, davvero incredula del comportamento dell'altra. Ormai aveva rinunciato a pensare che tra loro sarebbe rinato qualcosa, sentiva l'ispanica troppo lontana da se. Per questo negli ultimi tempi aveva concesso più attenzioni a Dylan, dopotutto non stava facendo nulla di male.
-Devo parlarti- mormorò Santana. Dopodichè respirò lentamente due o tre volte, quasi per raccogliere tanto fiato in vista di un lungo discorso. In realtà lo faceva per cercare il momento per partire.
-Io in questi mesi ho capito una cosa Brittany- iniziò, cercando di guardarla negli occhi, se lo doveva fare, doveva farlo bene – ho capito che io senza di te non sono nulla- ammise rassegnata. - Ho capito che per stare bene mi servi tu, ora anche Valerie, ma tu per prima. Sai sono stata lontana tanto, ho conosciuto altre ragazze, ma nessuna, dico proprio nessuna mi ha mai trasmesso un millesimo di quello che mi dai tu quando ti guardo.-sospirò, notando lo sguardo serio di Brittany.
-Io ti amo Brittany, potrei stare qui a parlarti per giorni di quanto ti ami, di quanto mi manchi tutte le volte che sono con te, ma da te sono distante kilometri, di quanto la tua freddezza mi uccide, di quanto ogni tanto vorrei essere Marshall per stare un po' tra le tue braccia. Io ..- cercò di continuare, ma Brittany l'interruppe.
-Io invece ti odio Santana- decretò Brittany. La mora sgranò gli occhi, esterrefatta. Brittany l'aveva appena accoltellata, e c'era riuscita con sole cinque parole.
-Ti odio perchè mi hai lasciata, perchè mi hai tradita, perchè non ti sei fidata di me, perchè hai lasciato che crescessi Valerie da sola- ammise, mentre calde lacrime le rigavano il volto – perchè quando avevo bisogno di te tu non c'eri, e magari abbracciavi un'altra, perchè non sapevo cosa dire a Valerie quando lei mi faceva notare che tutti hanno due genitori e non capiva perchè lei ne avesse solo uno.- continuò, con la voce spezzata dal pianto.
Santana non se l'aspettava, mai avrebbe davvero pensato che Brittany sarebbe scoppiata come un fiume in piena, accusandola di tutte cose giuste e tristemente vere, dolorose e imperdonabili.
-Ma sopratutto, ti odio perchè non ho mai smesso di amarti.- sussurrò, con un filo di voce, abbassando lo sguardo. - dal giorno in cui te ne sei andata, ho continuato ad amarti come sempre, come se tu te ne fossi partita per tornare dopo un lungo viaggio. Ho deciso io di aspettarti, fingendo che andasse bene così, che potevo resistere finchè tu non eri pronta. Ma sai, non era vero, non ero così forte. Mi capitava di trovarmi a piangere quando non volevo, di dovere essere un peso per gli altri. Poi sei tornata, tu e il tuo essere sempre tu. E nonostante ho cercato di starti lontana, di rifiutare il tuo contatto, i tuoi tentativi di avvicinamento per farti capire cosa ho sopportato io, non facevo altro che pensare a quanto avrei voluto smettere di respingerti, a quanto sarebbe stato bello farmi coccolare da te. - .
Brittany ora stava guardando l'ispanica, che non capiva più nulla, solo quanto avesse sbagliato in passato e quanto non meritasse la persona che amava.
-Aspettavo solo questo- sorrise Brittany – che tu facessi la prima mossa, sai, almeno quella me la dovevi- ridacchiò, scrollando le spalle e asciugandosi gli occhi bagni.
-Tu sei pazza- mormorò Santana – tu devi avere qualche grosso problema per amare me- constatò la latina, annuendo e avvicinandosi all'altra, decisa.
-Santana ho sempre parlato con fate e gnomi, qualche idea dovevi essertela fatta anche in passato, no?- disse l'altra, sorridendo complice.
Santana afferrò poi il viso della bionda con entrambe le mani, alzandosi sulla punta dei piedi per raggiungerla più facilmente, ma l'altra la fermo.
-San, è tanto che non bacio una persona.. io non so se ricordo come si fa- mormorò imbarazzata.
-Nemmeno io ricordo come si fa a baciare la persona che più ami al mondo, ma possiamo riscoprirlo assieme- propose sorridendo dolcemente, come ormai non faceva da secoli.




Qualche settimana dopo


Rachel rabbrividì al tocco delle labbra del ragazzo, che si spostavano a suon di baci sulla sua schiena. Ormai aveva la pelle d'oca su tutto il corpo e aveva dimenticato perchè era entrata in camera. Noah si stava impegnando a farglielo scordare per bene, carezzandole dolcemente i fianchi.
Ah già, il vestito, ecco cosa le serviva.
-Noah, sai, noi avremmo un lavoro, nonostante lo trascuriamo spesso- mormorò, notando poi l'orario dalla sveglia posata sul comodino.
-Mmmh- mugugnò l'altro.
-E sarebbe carino che io mi presentassi vestita, sai com'è- continuò quella, sfruttando tutta la sua buona volontà.
-Questo è un punto che condivido a pieno- si bloccò immediatamente lui, passandole il vestito -Anzi, io opterei per qualcosa di più coprente di ciò- riflettè, notando quanto fosse corto il pezzo di stoffa che le aveva appena passato. Lei scoppiò a ridere, infilando poi l'abito blu a balze, con un lungo spacco sulla schiena.
-Su, preparati che scendiamo- lo spronò poi, dandole una sonora pacca sul sedere.
Noah sorrise, afferrando la camicia che aveva appoggiato poco prima su di una sedia. Quella sera sarebbe stata particolare, anche se Rachel ancora non lo sapeva. Noah infatti aveva contattato a sua insaputa un talent scout del teatro. Si era informato, sembrava uno importante. Bè inizialmente non credeva che sarebbe davvero venuto, ma poi l'uomo si era dimostrato interessato e aveva accettato la sua offerta, dicendogli che di lì a poco sarebbe passato al loro locale per sentire questa giovane stella, da Noah tanto decantata.
Aveva scelto però di non parlarne alla ragazza : o non le sarebbe mai andato a genio o si sarebbe proiettata in un futuro di unicorni e fate con lei e Barbra che saltellavano per mano sui prati. Quindi no, non l'aveva detto a Rachel, cosa che non avrebbe fatto a meno che il talent non si fosse dimostrato interessato, perchè certo non voleva darle un'altra delusione.
Da quando stavano insieme sul serio era forse diventato ancora più protettivo di prima, aveva paura che tutto potesse ferire quella piccola donna che amava tanto; ma in cuor suo sapeva che per quanto fosse minuta, in realtà fosse forte e avesse un ego da gigante, che negli anni aveva addestrato a comportarsi civilmente, ma sempre un gigante rimaneva.
-Hey, tutto ok?- domandò la ragazza, notandolo pensieroso. Lui annuì, sorridendole.
-Certo, scendiamo – disse allegramente.
Il locale era gremito di persone, come quasi tutti i sabati sera. Rachel ne era contenta, dopotutto era merito della sua idea, di quel piccolo palchetto che dava un momento di gloria a chiunque avesse un po' di coraggio per condividere con gli latri un po' di sè. Adorava tutti gli spettacoli, persino quelli tristemente imbarazzanti. Poi sì, da qualche tempo adorava anche esibirsi lì, conservando gelosamente ogni sorriso, viso stupito o applauso che raccoglieva con le sue performance. Certo, forse non era il vero Broadway, ma questo non voleva dire che salire sul palco non l'emozionasse.
Quella sera aveva deciso di cantare Don't Rain On My Parade, cosa c'era di meglio della sua canzone preferita? I baci di Noah forse, per cui prima di tutto ne strappò uno al ragazzo da dietro al bancone, poi si incamminò nell'angolo illuminato di bianco della grande sala.
-M-Mandy!- mormorò stupita, trovando ragazza seduta in un tavolino con alcuni vecchi membri della compagnia di teatro con cui era stata in Europa per anni – ragazzi!- trillò vedendoli tutti.
-Berry – la salutò Amanda, arricciandosi con un dito i capelli ramati – vedo che ci siamo date da fare con il megafusto- notò, sorridendo melliflua. Rachel annuì, alzando un pollice, per poi salutare il resto dei ragazzi, chiedendo un po' a tutti come stessero le cose e come mai si trovassero in un posto sperduto come Lima.
-Bè, sai ho parlato ai ragazzi del tuo locale, ed eccoci qui. Erano tutti molto curiosi- spiegò la rossa.
-G-Grazie- disse Rachel contenta.
-Hobbit, è il tuo momento- la informò Santana, appoggiando una mano sulla sua spalla e facendole l'occhiolino. Rachel spalancò gli occhi sentendo la base partire e come se fosse la cosa più naturale del mondo, mutò espressione, entrando completamente nella parte di Fanny e iniziò a cantare muovendosi verso il palco, proprio come aveva fatto tanti anni prima col Glee Club. La sua ex-compagnia rimase allibita, mentre tutti gli occhi dei presenti iniziavano a voltarsi verso quella piccola ma grande forza della natura, che si muoveva sul palco come se fosse più semplice che respirare.
Neanche aveva finito di cantare che il locale era scoppiato in un grande applauso, che continuò per un minuto buono. Rachel terminò, con gli occhi lucidi e il fiatone, più per l'agitazione che per la canzone, non riuscendo a trattenere le lacrime di gioia. Quinn le diceva sempre che ogni volta che la sentiva cantare non riusciva a non emozionarsi, che forse il suo dono più grande era quello, arrivare al cuore delle persone. Ma Rachel, dal canto suo, non riusciva a non emozionarsi a sua volta, alla risposta che il pubblico aveva alla sua esibizione.
-E' la mia ragazza- annuì soddisfatto e orgoglioso Noah, servendo ad un tavolo.
Rachel dopo aver raccolto tutti i complimenti, lasciò educatamente il palco, dirigendosi verso il tavolo degli amici più cari che aveva.
Valerie in braccio a Dave applaudiva ancora la ragazza.
-Voglio diventare come te da grande- trillò decisa la bambina.
-Vals, ieri volevi diventare un pompiere, l'altro giorno un koala, mi potevano stare bene. Ma come la Berry, no- protestò Santana, al suo fianco, scuotendo il capo. La bambina fece un tenero broncio, poi si dimenò per poter andare in braccio a Brittany, appoggiando le sue manine paffute sulle guance della madre.

-Mami vero che posso?- mugolò abbattuta.

-Certo pulcina mia- consentì Brittany sorridendo e appena Valerie capì di poterlo fare si girò verso l'ispanica facendole una pernacchia.

- Mi fai sempre fare la parte della mamma cattiva- borbottò Santana, assottigliando gli occhi in direzione di Brittany.
-Nah, è che a me Rach è sempre piaciuta- affermò la bionda, utilizzando poi la treccia della mora per farsi da scudo.
-Voi Pierce siete un po' troppo furbe per i miei gusti- assentì la latina, sorridendo poi più dolcemente, stampando infine un bacio sia sulla testa della bambina che sulla guancia della compagna.

-Ci ami anche per quello- puntualizzò Brittany, facendole poi un super sorrisone che sciolse Santana.

- Allora, come sono andata?- chiese Rachel radiosa.

- Sempre fastidiosamente meravigliosa- commentò Quinn, abbracciando l'amica.

-Certo, io saprei fare di meglio- sottolineò Kurt, sistemandosi scherzosamente il ciuffo di capelli sempre impeccabile.

-La assumiamo per un certo matrimonio, penso che possa essere all'altezza dei signori Chang- continuò Mike, rimanendo il più serio possibile, cosa che fece ridere ancora di più la brunetta, la quale si sentì poi puntellare sulla spalla da un indice.
Si voltò, convinta fossa un collega, ma si trovò davanti un damerino in giacca e cravatta, con tanto di taccuino alla mano e un sorriso interessato.
-Lei è la signorina Rachel Barbra Berry?- domandò pacato.
-Sì, di cosa ha bisogno?- rispose gentilmente, senza sospettare minimamente quello che avrebbe detto l'uomo.
-Il mio lavoro è scoprire giovani talenti, e penso proprio di trovarmi davanti ad una stella di Broadway, e forse non mi riferisco solo a questo locale- la informò.
Gli occhi di Rachel si spalancarono e la sua bocca per poco non toccò il pavimento, mentre il suo cuore si era messo a martellare come un fabbro.




In Luglio


-Ecco fatto- trillò Brittany, contemplando la sua piccola opera d'arte. Aveva raccolto i capelli di Quinn in una treccia che le faceva come da corona, dopodichè l'aveva incastonata di piccoli ed eleganti fiorellini bianchi, stando attenta a rendere il tutto molto armonioso.
-Wow B, sei fantastica- mormorò Quinn, ammirando il lavoro dell'altra bionda.
-Qualcosa di blu – cantilenò Santana avvicinandosi con un sorriso sornione, mentre sventolava un perizoma color mare.
-Tana- la guardò truce la sposa, mostrandole poi gli orecchini, due piccole roselline bianche e blu.
-Come vuoi, Mike sarebbe stato d'accordo con me- borbottò l'altra facendo spallucce.
-Et voilà! – squillò Rachel, dopo aver chiuso attentamente la cerniera ed averla assicurata con il piccolo bottoncino a forma di perla.
-Ohhh- cinguettò Kurt, ammirando l'amica finalmente pronta, nel suo maestoso vestito da sposa. Si dice che tutte le spose al giorno del proprio matrimonio siano bellissime e, nonostante Kurt odiasse i clichè, non poteva non pensarlo in quel momento con davanti una ragazza bella come il sole e felice come non mai, nel suo abito color panna senza spalline, come sempre aveva desiderato.
-Chissà cosa staranno facendo al mio piccolo cucciolo- bisbigliò Santana, mordicchiandosi un'unghia.


Valerie di fatto in quel momento era con lo sposo. Perchè sì, aveva accettato di fare da damigella, ma voleva essere quella di Mike, perchè Quinn ne aveva fin troppe a parer suo. Così era con il ragazzo e trotterellava in tondo nella stanza nel suo body rosa.
-Paperottina, dobbiamo vestirci, o lo sposo arriverà in ritardo. Mike Chang non arriva mai in ritardo e non inizierà certo oggi- disse il ragazzo, fermando la bambina che ridacchiava, stringendo a sè il papero.
-Ecco il miglior vestito da principessa di sempre- esclamò Noah dopo essere entrato nella stanza di corsa. Chiaramente lo aveva dimenticato a casa Pierce, dopo che Brittany gli aveva ricordato almeno venti volte di prenderlo con se mentre andava da Mike, per cui aveva fatto una volata in macchina per recuperarlo.
Ma appena Valerie lo vide, capì che almeno non avrebbe perso tempo a convincere la bambina a metterselo perchè il suo visino strabiliato mostrava quanto le piacesse.
Mike l'aiutò a vestisti, cercando di non rovinare il piccolo concio che le aveva fatto la madre prima che lasciasse casa, ma data la quantità di lacca con tanto di brillantini fu un compito relativamente semplice. Ora che persino la damigella/principessa dello sposo era pronta, non rimaneva che partire e raggiungere il luogo della cerimonia.

Quando Quinn scese dall'auto, al fianco di Kurt, tutti i presenti iniziarono a sospirare, concordando sul quanto fosse perfetta in quel momento la ragazza. Quinn, lanciando piccoli sorrisi leggermente imbarazzati un po' a tutti, raggiunse il futuro marito e si fermò al suo fianco. Questo la guardò con un sorriso amorevolmente scherzoso.
-Di spose belle ne ho viste eh, ma lei signorina-ancora-per-poco Fabrey, per poco non mette in ombra la mia maestosità- commentò, facendo poi l'occhiolino alla ragazza, la quale non riuscì a trattenere una leggera risata.






Qualche giorno dopo.


-No! Non li devi mangiare! Sono per Duckie!- strillò Valerie, togliendo dalle mani di Santana due panini tondi. La ragazza sollevò un sopracciglio, senza ribattere, mentre la piccola, li rimetteva dentro ad un sacchetto e li nascondeva dietro di sè.
-Mamma ha detto che quando ho finito di mangiarli posso darli a Duckie e ai suoi paperotti, vero mamma??- spiegò la bambina, sorridendo a Brittany, la quale stava aprendo una vaschetta contenente pasta fredda appena comperata, per poi passarla a Valerie.
-Sì, San dovresti saperlo. Siamo venute a fare il pic-nic qui proprio per questo- ricordò alla compagna, la quale sbuffò afferrando poi il suo pranzo e incrociando le gambe imbronciata. Valerie si mise una mano davanti alla bocca, quasi per nascondersi a Brittany e poi fece una linguaccia all'ispanica, che non riuscì a trattenere una risata.
La bionda le guardava sorridendo. Da qualche mese tutto andava al meglio, anche se non si si sarebbe aspettata che le cose si sarebbero evolute in quel verso.
Santana si era trasferita con loro qualche mese addietro, da allora era diventata un continuo bisticcio tra la bambina e la latina. Quest'ultima infatti si era accorta in fretta che dopotutto Valerie, nonostante a prima impressione sembrasse più matura della sua età, era una bambina di quattro anni come tutte le altre: era benissimo in grado di fare i capricci se voleva qualcosa, o piangere perchè non voleva dormire. Ma tutto ciò non le dispiaceva affatto, anzi le faceva piacere, perchè forse era ancora in tempo per insegnare qualcosa a quella piccola peste. Ciò che non le andava tanto a genio era come aveva reagito al suo trasferimento. Infatti la bambina era diventata notevolmente gelosa della madre e cercava in tutti i modi di attirare su di sé l'attenzione, di mettersi tra lei e Santana se si accoccolavano sul divano, di apparire come la più brava tra le due.
Brittany in realtà conviveva con due che sembravano sorelle e cercavano in tutti i modi di essere la cocca di mamma, e ciò la divertiva non poco, anche perchè sapeva che in realtà le due stavano anche molto bene insieme.
Dopo aver pranzato all'ombra di un grande albero e aver spezzettato con amore i panini per nutrire la famiglia di papere adottate a distanza dalle Pierce, Santana si sedette contro il tronco di un albero, sfilando un libro dallo zainetto e aspettò che le altre due la raggiungessero. Brittany si sdraiò, appoggiando la testa sulle gambe di Santana, mentre Valerie si accoccolò abbracciata a lei, usando come cuscino Marshall. La latina aprì alla pagina indicata dal segnalibro e riprese poi a leggere di Harry, Ron ed Hermione in cerca di un modo per distrarre un grande cane a tre teste di nome Fuffi, che faceva la guardia a qualcosa di molto losco e segreto.
Le altre due l'ascoltavano attentamente, in particolare la bambina che si spaventava o si stupiva in base a quello che succedeva nella storia.


- ‘Ma questi non sono uccelli!’ esclamò Harry a un tratto. ‘Sono chiavi! Chiavi alate! Guardate bene! Allora, questo vuol dire che...’ e si guardò attorno per la stanza, mentre gli altri due scrutavano lo sciame di chiavi. ‘Ma sì: guardate! Prendiamo i manici di scopa! Dobbiamo acchiappare la chiave che apre il port..-
-Guarda guarda chi si vede!- esclamò una voce acuta e divertita -Miss NonMiPiaccionoLeBionde- continuò, avvicinandosi a Santana sorridendo melliflua.
L'ispanica alzò gli occhi dal libro, trovandosi davanti due persone che non vedeva da un po' e che di certo non pensava di trovarsi davanti un quel momento.
Eleonor stava giocando con un suo lungo boccolo, mentre Vivyan guardava interessata la scenetta che le si era presentata di fronte.
-Sai, Dave ci aveva dato l'indirizzo in cui vivi ora, ma non trovandoti in casa abbiamo fatto un giretto, ed eccoti qui- spiegò Leo, sorridendo alla vecchia amica.
-Wow- mormorò Santana, mentre le due bionde che le erano accoccolate addosso si alzavano stiracchiandosi, leggermente spaesate.
-Brittany, Valerie loro sono Eleonor e Vivyan, due mie amiche londinesi- le presentò, mentre Eleonor le si buttò al collo per un abbraccio.
-Santana non vuole tornare a Londra, lei vive con me e mamma.. per sempre- affermò decisa la piccola, tirando a sè la mano della latina, la quale leggermente arrossì, notando che dopotutto Valerie era un po' gelosa anche di lei.
-Certo cucciolo, siamo qui solo per salutarla – le rispose Vivyan, abbassandosi alla sua altezza e fissandola con i suoi grandi occhi tanto magnetici quanto amichevoli, e ciò fece piacere alla piccola.
-Allora ba bene.. io sono Valerie Pierce e le è la mia mamma-mormorò un po' più timidamente, aggrappandosi ad una delle gambe di Brittany.
-Santana, ho sempre saputo che in fondo le bionde ti piacessero, ma non mi sarei mai aspettata di trovarti con una specie di top model di cui la lunghezza delle gambe mi supera in altezza- scherzò Eleonor, mangiando con gli occhi il corpo scolpito di Brittany.
-Giù le zampe Leo- ringhiò quasi Santana – è felicemente occupata- continuò serrando gli occhi -e tu B dovresti imparare a usare jeans più lunghi quando non siamo sole- borbottò in direzione della compagna, che alzò un sopracciglio contrariata.
-Ahahahha, mai mi sarei aspettata di ritrovarti nei panni di un fidanzato geloso – ridacchiò Vivyan.
-FidanzatA- sottolineò Santana, alludendo fiera all'anello che Brittany portava al dito – e essere gelosa della mia futura moglie è un dovere a cui mai mi sottrarrò- concluse incrociando le braccia decisa, facendo ridere tutte le presenti a parte Valerie, che si era persa a fare le capriole sul prato. L'ispanica sorrise, guardando poi in direzione di Brittany che faceva lo stesso a sua volta.
Era strano, ma Brittany riusciva a farle sentire tutto il suo amore con un solo, unico e semplice sorriso, e ciò era una cosa che per nulla al mondo avrebbe voluto perdere.
Per questo Santana aveva riscritto la sua regola fondamentale, trovandola molto più giusta della vecchia “Santana ha sempre ragione”.

Sii sempre gelosa di Brittany, perchè lei è tutto ciò di cui avevi, hai e avrai sempre bisogno”.



FIN



Hey :)
Sì , l'ho finita. Non ci credo nemmeno io.
Due anni senza scrivere e poi eccola qui, dopo che chiunque, me compresa, aveva perso ogni speranza. Poi l'altro giorno ascoltavo “Canzone a metà” di Caparezza e mi è tornato in mente cosa avevo lasciato in sospeso. Tra le varie cose c'era anche questa fic, a cui un tempo ero tanto affezionata. Allora mi sono riletta alcune recensioni e ho capito che era stata proprio una brutta persona a lasciarla così in sospeso :(
Quindi me la sono riletta tutta, cercando di ricordare come avevo intenzione di continuarla, e l'ho fatto. Sì, forse non come avrei fatto un tempo, non approfondendo ogni cosa, ma con un capitolo conclusivo che desse tutte le risposte. Non ho voluto scrivere dei pezzi più banali, perchè volevo risaltare il contorno e spero che la mia scelta vi sia piaciuta e mi scuso di tutti gli errori presenti.

E così penso proprio si conclusa la mia carriera di scrittrice di ff. E' quasi un addio alla coppia che più ho amato in Glee [ Brittana forevahhh], serie TV che per me si è conclusa alla terza stagione, con grande delusione. Dico quasi perchè ..chissà, magari un giorno mi verrà voglia di scrivere qualcos'altro, probabilmente non di Glee, ma magari del mio amato Sherlock, o del simpaticissimo Stiles Stilinski che ho appena iniziato a conoscere.
Vedremo!

Per ora posso solo ringraziare tutti voi che avete letto la mia storia fino a questo punto e che avete atteso così tanto per una piccola e incapace scrittrice come me.
Un abbraccio,
Michi

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