Life with or without you di Tem_93 (/viewuser.php?uid=41807)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Good Morning, Darling ***
Capitolo 2: *** Surprise ***
Capitolo 3: *** *New Decisions* ***
Capitolo 4: *** Trust ***
Capitolo 5: *** Home ***
Capitolo 6: *** *What you didn't expect* ***
Capitolo 7: *** Taking no notice of pain ***
Capitolo 8: *** *Hugs and slaps* ***
Capitolo 9: *** Beds and apologies ***
Capitolo 10: *** *When everything changed* ***
Capitolo 11: *** Best friends ***
Capitolo 12: *** Wendy ***
Capitolo 13: *** Nobody's perfect ***
Capitolo 14: *** *Please, just let me go* ***
Capitolo 15: *** Los Angeles ***
Capitolo 16: *** Because of a shell ***
Capitolo 17: *** Your daughter ***
Capitolo 18: *** There's a way out ***
Capitolo 19: *** Mistakes ***
Capitolo 20: *** Pretend ***
Capitolo 21: *** Make the right thing isn’t so easy ***
Capitolo 22: *** Mess ***
Capitolo 23: *** Wedding anniversary ***
Capitolo 24: *** Library ***
Capitolo 25: *** Happiness and frustration ***
Capitolo 26: *** With my heart out in my hand ***
Capitolo 27: *** A Lovely Smile ***
Capitolo 1 *** Good Morning, Darling ***
1} Good Morning, Darling
Noah
sentì dei capelli solleticargli il volto.
Arricciò il naso infastidito e spinse
leggermente la proprietaria, facendosi spazio ne letto. Si
girò dall’altra
parte, cercando di tirare un po’ di coperta dalla sua parte,
ma nulla, come al
solito lei vi si era tutta arrotolata dentro. Sbuffò,
tentando di riprendere
sonno, ma, come sempre, ritrovò il suo ginocchio puntato
nella sua schiena.
Allora
stropicciò gli occhi, borbottando qualcosa,
dopodiché si alzò e sgattaiolò in
bagno, mentre Max scese dal letto scodinzolando. Quando
tornò in camera lei
sonnecchiava ancora adorabilmente, con i capelli biondi tutti
scompigliati e la
bocca leggermente aperta. Chissà cosa sognava,
perché con quell’espressione
sbarazzina stava sicuramente viaggiando di fantasia.
Puck
s’infilò una maglietta e un paio di pantaloncini,
poi andò nella piccola cucina
per preparare la colazione per entrambi, seguito come al solito dal
Golden
Retriever che ricevette immediatamente i suoi croccantini.
Passarono
pochi minuti prima che qualcuno gli tirasse il bordo della maglia scura.
La
piccola si stava sfregando gli occhietti chiari con la manina, mentre
stingeva
con l’altra il suo pupazzo preferito da cui non si staccava
praticamente mai.
-Buongiorno-
farfugliò, cercando di mettere bene a fuoco le immagini.
-Buongiorno
scricciolo- le sorrise lui, prendendola tra le braccia.
-Dov’è
la mami?-domandò, grattandosi la testa.
-Sai
che non tornerà prima di domani- le ricordò lui,
sistemandole i capelli fini e
mossi, che le ricadevano sino alle spalle. Lei soffiò,
sporgendo all’infuori il
labbro inferiore. Odiava quando la madre mancava più di un
giorno, e quello era
già il secondo. Lui la fece sedere al piccolo tavolo
rotondo, mettendole
davanti la sua solita tazza di cereali colorati con un po’ di
latte freddo. Lei
posizionò la sua papera di peluche al suo fianco e
cominciò a mangiare.
-Allora,
hai sognato oggi?- domandò Noah addentando il suo toast. La
bimba annuì con un
sorrisino.
-Cosa?-chiese,
accendendo distrattamente la televisione.
-Gli
unicorni – rispose quella, tutta fiera.
-Pff,
non esistono- rise lui, con fare scherzoso.
-Solo
perché non li hai mai visti non puoi esserne certo!-
affermò sicura lei,
afferrando poi il telecomando per cercare un canale dove ci fosse un
cartone.
-Ti
va dopo di andare al parco?-chiese il ragazzo. Lei si voltò
nuovamente verso di
lui, mostrando gli occhi scintillanti e annuì con gioia.
Noah rise,
avvicinandosi alla piccola.
-Magari
prima però ci puliamo il faccino, eh?- mormorò,
pulendole con un tovagliolo la
bocca e le guance rossastre e paffutelle. Lei gli sorrise,
dopodiché abbracciò Marshall
il papero e si
buttò sul divano,
concentrandosi sul cartone che aveva trovato. Max corse ad accucciarsi
al suo
fianco, ricevendo un bacetto sulla nuca che ricambiò con una
leccata sulla
guanciotta della bambina.
Noah
sistemò le stoviglie per poi raggiungerli.
Rachel
scese dall’aereo, andando poi a recuperare le valigie. Era
tornata a casa. O
almeno, era in America e a breve sarebbe tornata a casa.
Ringraziò e sorrise al
ragazzo che le recuperò una delle due borse,
dopodiché si diresse verso
l’uscita dell’aeroporto. Trovò
facilmente i genitori che l’attendevano
appoggiati alla macchina. Si slanciarono subito verso di lei per
abbracciarla
ed aiutarla con i bagagli.
-Tesoro-
esclamò Hiram stringendola forte.
-Ciao
papà- sorrise lei, lasciandosi stritolare.
-Oh,
quanto mi sei mancata- continuò il padre, tenendola ancora
stretta, mentre si
asciugava alcune fugaci lacrime.
-Papà,
comincia a farmi male- borbottò, dopo circa due minuti
-Oh-
disse lui, liberandola dalla stretta. Rachel gli sorrise ancora, per
poi
tuffarsi tra le braccia di Leroy, per un abbraccio più corto
e meno doloroso.
-Siamo
felici che tu sia tornata, piccola- le sussurrò dolcemente
l’uomo di colore,
baciandole la fronte.
-Anche
io sono felice di essere di nuovo a casa- trillò lei.
-Su,
su Leroy, carica le valigie che si parte!- squillò allegro
Hiram, tornando a
coccolare la figlia per poi salire in macchina e sedersi nel posto del
passeggero.
Leroy
sistemò nel baule i bagagli di Rachel, dopodiché
si mise alla guida.
David
chiuse la chiamata arrabbiato come sempre. Non sarebbe tornato da lui,
no,
aveva chiuso. Non si sarebbe più fatto comandare a
bacchetta, non avrebbe
assecondato ogni suo ordine e dato ordini per lui. Era stanco di dovere
far
finta che tutto andasse bene. Non era così. Il loro rapporto
ormai era rotto da
anni, da quel giorno quando gli confessò il suo segreto. Poi
era stata tutta
una finzione, perché sapeva che lui non lo avrebbe
più visto con gli stessi
occhi, ma anzi, che lo avrebbe disprezzato. Perciò se ne era
andato, non aveva
più voglia di vedere il suo sguardo deluso e il suo sorriso
finto ogni mattina,
di sentire le sue bugie, di essere sgridato per motivi futili solo
perché
dietro a tutto si celavano altre ragioni.
Gli
serviva qualcuno con cui parlare. Afferrò il telefono e
compose il suo numero.
Lei c’era sempre stata per lui, come lui ci sarebbe sempre
stato per quella
pazza manipolatrice.
Santana
si svegliò ancora molto assonnata. Tastò
l’altra parte del letto, trovandola
vuota. Lei era già andata via, come pensava. Scese dal letto
e s’infilò una
vestaglietta, raccogliendo poi i vestiti sparsi per la camera per fare
un po’
di ordine. S’infilò poi sotto la doccia, cercando
di non pensare a nulla e di
rilassarsi. Appena uscì sentì il telefono suonare
e corse a rispondere.
-Dimmi-
disse.
-Vieni a fare colazione?-domandò
Dave
dall’altro capo.
-Alle
undici?-chiese lei, guardando l’orologio.
-Tanto so che sei sveglia da poco-
-Va
bene, passami a prendere- decise.
-Come sempre- borbottò lui.
-Grazie,
a dopo!-chiuse la conversazione sorridendo.
S’infilò un vestito leggero e paio
di stivali, accendendo poi il computer
mentre aspettava l’amico.
Brittany
arrivò al lavoro leggermente in anticipo. Lei le mancava
già, come sempre non
poteva starle troppo lontano, ma per il lavoro doveva.
I
ballerini arrivarono circa cinque minuti dopo e lei aveva
già cominciato a
scaldarsi. In poco tempo furono tutti presenti e la bionda
iniziò a provare
nuovamente la coreografia con tutti, stando attenta ad ogni errore di
ogni
singola persona. Adorava essere una coreografa, poteva ballare quanto
voleva,
inventare passi, insegnare ad altri. Era gratificante, ma tornare a
casa da lei
era sempre la cosa che preferiva.
Mike
si lasciò sistemare la cravatta dalla fidanzata, sorridendo
mentre lei era
tutta concentrata. Appena finì si sporse verso di lei per
lasciarle un dolce
bacio sulla labbra.
Lei
gli sorrise, arrossendo un po’.
-Torna
presto- sussurrò, sistemandosi i capelli dietro
l’orecchio.
-Anche
tu-disse il ragazzo, facendole fare una piroetta per poi afferrare la
ventiquattrore.
-Ovviamente-
annuì, guardandolo uscire dalla porta. La chiuse e si
diresse in camera, ma
qualcuno bussò alla porta. Tornò ad aprire e si
ritrovò di nuovo Mike di
fronte.
-Cosa
c’è?-chiese, sorridendo.
-Mi
mancavi- sussurrò lui, abbracciandola e dandole un altro
bacio.
Dopodiché
sorrise e salutò con la mano, chiudendosi la porta alle
spalle.
Lei
rise, trotterellando felicemente verso l’armadio.
Kurt
si sistemò il ciuffo per l’ennesima volta,
sembrava che quella mattina non
volesse stare come voleva. Si passò poi un filo di crema sul
volto e allentò il
foulard. Blaine gli arrivò accanto e gli lasciò
un bacio sulla guancia, mentre
mangiava frettolosamente alcuni biscotti.
-Ci
vediamo stasera- lo salutò, aprendo la porta.
-Non
torni per pranzo?- chiese Kurt, alzandosi per infilare la tracolla di
Louis
Vuitton.
-No,
mangio fuori- disse il fidanzato sulla porta.
-Con
Jeremiah?-domandò seccato il ragazzo dagli occhi celesti.
Blaine annuì, senza
badarci troppo.
-Siamo
colleghi e non siamo soli- precisò il moro, per poi
sorridere.
Kurt
annuì, ancora poco convinto,e voltò lo sguardo.
-A
stasera tesoro!- gli gridò Blaine uscendo.
Kurt
sbuffò. Sapeva che Jeremiah non era solo un amico e sapeva
che probabilmente
sarebbero stati soli a pranzo. Solo non sapeva perché ancora
non si decideva a
parlarne seriamente con il compagno.
***
Ehilà!
Allora,
io non volevo scriverla, ma mi frullava troppo nella mente e sono stata
obbligata a buttarla giù. Poi ho chiesto a due donzelle di
fermarmi, dirmi che
stavo facendo un acagata, ma queste hanno invece deciso di incitarmi a
continuare. E’ colpa anche loro u_u
Torno
perciò con una nuova long, con molti più
personaggi o_o c’è perfino Kurt! Per
me è qualcosa di stranissimo. Se non avete capito una
cippalippa del capitolo,
sono riuscita nel mio intento :D Mi piacerebbe sapere le vostre
supposizioni,
sìsì. Per il titolo, io e i titoli non siamo
amici, perciò...
Anh,
sono passati alcuni anni, si vedrà poi e per spiegare
ciò che è successo ci
saranno capitoli del passato, 5 o 6, giusto per farvi capire qualcosa :)
Mi
scuso per gli errori!
Besos,Tem_93
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Capitolo 2 *** Surprise ***
2} Surprise
Santana
ordinò due caffè, tornando poi a voltarsi verso
l’amico.
-Allora,
tutto bene?-domandò la ragazza, appoggiando una guancia sul
pugno chiuso.
-Mia
madre continua a chiamarmi-borbottò lui, ringraziando poi la
cameriera che gli
porse la colazione.
-Che
vuole ancora?- farfugliò lei, versando la sua bustina di
zucchero nella tazzina
dell’amico.
-Che
domande! Vuole che torni a casa- sbuffò Dave, iniziando a
mescolare.
-Ma
dopo un anno non ha ancora capito?- chiese l’altra,
sorseggiando la bevanda
amara.
-Pensa
che possa fare ancora pace con mio padre.- spiegò.
Santana
scoppiò a ridere, scuotendo la testa.
-Ma
ti ha mai ascoltato, mi chiedo? Cioè, tu non la pensi
così, no!?-disse lei.
-Certo
che no! Non tornerò da una persona che mi odia
perché non sono “normale”. Poi
ho un ottimo posto qui-.
La
ragazza face un cenno col capo, finendo il suo caffè.
-Tra
i due, tu potresti tornare- fece lui, portando i suoi occhi in quelli
neri pece
della mora, che subito sgranò. Santana alzò le
spalle e sorrise.
-Anche
io ho un ottimo posto!-esclamò –e poi non ti
lascio divertirti qui da solo-
aggiunse.
-Ottimo
posto, eh? Cameriera in locale a luci rosse rientra proprio in quella
categoria- annuì lui, con un tono critico.
-Pagano
di più, e si rimorchia benissimo!- sorrise la latina,
incrociano le braccia.
David
la fulminò con lo sguardo. Non gli piaceva affatto quello
che faceva e Santana
se lo sentiva ripetere ogni santo giorno.
-E
poi tu la fai troppo grossa, mica giro nuda!- provò a
difendersi, evitando
accuratamente lo sguardo dell’amico.
-Naah.Mi
chiedevo infatti perché non cominciassi a girare anche per
strada in babydoll.
Potresti fare ancora più soldi!-sbottò.
-Vaffanculo-
sussurrò la ragazza, sospirando.
-Non
fare l’idiota San. Potresti aspirare a molto di
più- affermò, sorridendola
appena.
Lei
si alzò imbronciata.
-Lo
sai. L’unica cosa bella che possiedo è
l’apparenza del mio corpo, e visto che
non ho altro uso quello. Ci vediamo- mormorò a denti
stretti, per poi lasciare
qualche sterlina sul tavolo e uscire dal bar. Dave la guardò
uscire. Sapeva che
tutto ciò le faceva solo e sempre più male, ma
non riusciva ancora a farle
cambiare idea.
Quinn
entrò nella casa sbuffando. Odiava quando il lavoro la
tratteneva e non
riusciva a tornare a casa in orario per il pranzo. Andò in
camera per infilarsi
qualcosa di più comodo, dopodiché si
spostò nella cucina dove trovò il micronde
socchiuso. Sopra c’era appoggiato un bigliettino.
~Io ero puntuale, eri tu
che non c’eri! A stasera, un bacio
Quinn
sorrise, trovando il pranzo solo da scaldare. Si sedette sul tavolo,
cominciando a
mangiare, sfogliando
qualche giornale di moda, soffermandosi su alcuni vestiti da sposa. Ad
un
tratto le squillò il cellulare e, notando chi era,
alzò le sopracciglia.
-Ciao
Rachel!-rispose, continuando a girare la pagine patinate.
Rachel
scese dalla macchina, mentre suo padre aveva già cominciato
a scaricare le
valigie.
Hiram
le si avvicinò, alzando gli occhi sull’insegna
sopra di loro.
-Bentornata
a Broadway!-esclamò, sorridendo alla figlia. Rachel rise
senza troppa enfasi.
-Papà,
questa battuta è vecchia e non fa più ridere!-lo
riprese, raccogliendo una
delle valigie.
I
tre entrarono nel locale con i bagagli. Come fu dentro Rachel riconobbe
immediatamente il biondo al bancone e, gli si avvicinò
sorridente. Appena Sam
la vide, sorrise sorpreso, finendo di preparare
un’ordinazione.
-Guarda
che è tornato il capo!-esclamò, lasciando poi il
piatto per abbracciare la
ragazza.
-Ehi
Sam, tutto bene?- chiese lei, ridacchiando.
-Certo
Rach, tu? Non sapevamo saresti tornata oggi-disse lui.
-L’ho
fatta apposta così non avreste potuto nascondermi
niente!-scherzò lei, con una
furba espressione.
-Oddio,
allora mi preparo ad un licenziamento-mormorò lui, alquanto
preoccupato, il ché
allarmò non poco la ragazza.- Scherzavo!- disse
però immediatamente lui,
vedendo Rachel rasserenarsi.
-Sarà
meglio. Noah è in casa? Perché non trovo le
chiavi e devo portare su le valige-
domandò lei, mostrando i bagagli.
-No,
mi dispiace. E’ uscito poco fa, ma tornerà
presto.- la informò, portandosi poi
dietro al bancone, dopo aver visto alcuni clienti attenderlo.
-Ok,
ti lascio lavorare. Grazie- gli sorrise, tornando poi a rivolgersi ai
padri.
-Noah
non c’è, però voi andate pure. Io
pensavo di vedermi con Quinn- esclamò,
accompagnandoli fuori.
-Ok,
ma ci vediamo presto!- precisò Hiram, abbracciandola ancora.
-Certo,
non ti preoccupare- rise Rachel, salutandoli e guardandoli partire.
Dopodiché
chiamò l’amica.
-Ciao Rachel- rispose lei
dall’altro
capo
-Hey
Quinn, sono a Lima!- trillò
-E’ fantastico,
perchè
non mi avevi detto nulla?-chiese
l’altra.
-Non
sarebbe stata una sorpresa. Ti va se oggi ci vediamo, al solito
posto?-domandò
-Certo. Ti ricordi come
ci si arriva?-
-Ovvio,
lo ricordo come non fosse passato nemmeno un giorno
dall’ultima volta- sorrise
Rachel.
Noah
lanciò ancora una volta il frisbee a Max, che dopo una
veloce rincorsa, lo
afferrò in salto. La bambina gli corse incontro saltellando
gioiosa.
-Bravo
Maxie!-squillò, abbracciando il cane per poi porgerli un
biscottino.
-Ehy
scricciolo, ti va di andare sull’altalena?-domandò
il ragazzo, ottenendo tutta
l’attenzione di quei due zaffiri luccicanti. Lei alzò le braccia
verso l’uomo, che
ridacchiando la prese subito in braccio, accogliendo anche
l’inseparabile
Marshall. La poggiò delicatamente sul seggiolino,
cominciando a spingerla, fino
a farla quasi volare.
-Se
mi vedesse tua madre mi ucciderebbe- borbottò, sentendola
ridere divertita.
Dopo
poco la bambina volle scendere per tornare a giocare con Max,
rincorrendolo per
il parco. Noah si sedette su una panchina per tenere d’occhio
quei tre.
Ad
un tratto sentì qualcuno sedersi dietro di lui e
lanciò distrattamente uno
sguardo.
Appena la riconobbe
sobbalzò, alzandosi
immediatamente in piedi.
-Rach!-la
chiamò, facendola voltare. Lei lo guardò stupita,
vedendolo avvicinarsi per
abbracciarla.
-Noah!-trillò
a sua volta sorridendo, mentre lui la sollevava stringendola forte per
farle
fare una giravolta, facendola così scoppiare a ridere.
Noah
le era mancato così tanto. Stette abbracciata a lui ancora
un po’, prima di
lasciare le sua braccia.
Puck
fece per cominciare a chiederle una cosa quando si sentì
tirare il bordo della
maglietta. Abbassò lo sguardo, vedendo la bimba osservarlo
con due occhietti
eccitati, mentre si copriva con una mano la bocca.
-E’
il momento di baciala!-gli suggerì lei.
-Hai
ragione!- rise Noah, stampando poi un bacio sulla guancia di Rachel che
stava
guardando confusa la bimbetta. Quella guardò male
l’uomo, scuotendo la
testolina, senza però spostare la mano da davanti la bocca.
-Non
così!-insistette, ma quando Max le strappò
Marshall da sotto il braccio lasciò
perdere Noah per rincorrere il cane, urlandogli di lasciare stare il
papero.
Il
ragazzo riportò l’attenzione su Rachel.
-Allora
Rach, quando sei tornata?-domandò sorridendo.
-Oggi..-sussurrò
lei, completamente concentrata sulla bambina.
-E
perché non ci avevi detto nulla?-continuò lui.
Rachel seguitava a fissare la
bimba giocare con il cane e non riusciva a collegare molte cose.
-Noah-
bisbigliò, assumendo un’espressione seria
–Hai una figlia e non mi hai detto
nulla?-chiese, guardandolo dritto negli occhi. Lui sospirò.
-Lascia
che ti spieghi..-provò a dire, ma lei sgranò gli
occhi allibita.
-Cavoli
Noah! Hai una figlia e non me l’hai detto. Ma cosa ti
è saltato per la testa?
Quando mi chiamavi per sentire come stavo e dirmi del locale non ti
è passato
mai per la testa di dire “guarda ho
avuto
una figlia con….”, ah già
non so nemmeno quello. Magari potevi dirmi anche
che avevi trovato una ragazza, che magari è
Qui…no Quinn è impossibile, forse
Brittany. Chissà, dopo che Santana se ne è andata
magari te la sei portata a
letto. Cosa ne so, hai ben pensato di non dirmi nulla! O magari
l’hai
semplicemente adottata, perché dopotutto non so nemmeno
quanti anni ha o come
si chiama o come..- Noah l’afferrò per le spalle
fermandola.
Aveva
urlato tutto, agitandosi come una matta, partendo con i suoi soliti
viaggi
mentali e non aveva badato a lui.
-Rachel,
è la figlia di Brittany, non è figlia mia- le
spiegò lui, cercando di calmarla.
Lei boccheggiò, riportando poi lo sguardo sulla bambina che
aveva recuperando
il pupazzo e parlottava arrabbiata con il cane.
-Comunque
potevi dirmelo- sussurrò.
-Lo
so, mi dispiace, ma non sarebbe cambiato nulla. E, per la cronaca,
poteva
benissimo dirtelo anche Quinn- sospirò lui.
I
due si sedettero su una panchina, mentre Rachel si tranquillizzava.
-Scusa
per prima- sussurrò, vedendolo alzare le spalle.
-Qualcosa
avrei dovuto accennartelo, è colpa anche mia-
annuì il ragazzo.
-Perché
è con te?-domandò lei, non capendo
ancora cosa ci facesse con Noah.
-Brittany
è al lavoro e la tengo io. Per lei sono la cosa
più simile ad un padre- sorrise,
vedendo la bambina avvinarsi.
-Ciao!-
squillò, sistemandosi i ciuffi biondi che le erano finiti
davanti agli occhi
–Io sono Valerie- si presentò a Rachel, la quale
le sorrise, stringendo la
manina che la bambina le stava offrendo.
-Io
sono Rachel –
-La fidanzata di Noah-
aggiunse la piccola,
facendo sbuffare uno e ridere l’altra.
-Non
è vero, non credere a tutto ciò che ti dice tua
madre- borbottò lui,
sistemandole i capelli.
-La
mami non dice le bugie-disse quella secca, poi tornò a
rivolgersi a Rachel –A
me lo puoi dire, tanto lo so che vi sposerete. Sei l’unica
ragazza di cui ha
una foto in casa- annuì, sbattendo le ciglia chiare. Rachel
scoppiò nuovamente
a ridere.
-E’
anche casa sua- ricordò Noah, cercando quasi di difendersi.
Rachel
prese da una parte la bambina ridacchiando.
-Se
non troverò prima un ragazzo più bello e
simpatico, forse finirò per sposarlo
-confessò alla bambina che emise un gridolino di vittoria.
Poi guardò con aria
altezzosa Noah.
-Visto?-
cinguettò, facendogli poi una pernacchia.
-Non
vedi il suo naso, lei dice un sacco di bugie!- sussurrò il
ragazzo, annuendo
col capo, per poi ricevere uno schiaffo sul braccio
dall’interessata.
-Noah,
io sono seria. Se prima dei quarant’anni non dovessi trovare
nessuno che mi
vuole sposare, ti obbligherei a sposarmi. Mica posso rimanere
zitella!-annuì
Rachel, convinta.
Lui
spalancò la bocca, ridacchiando.
-Cioè,
io quindi non potrei sposarmi prima?!-chiese.
-Certo
che no! Devi aspettare che mi sistemi io, altrimenti dovrai sposare me.
Sono la
tua migliore amica, me lo devi!-affermò lei.
-Non
puoi usare quella scusa per qualsiasi cosa!- la rimbeccò.
-Sì
che posso- annuì Rachel determinata.
-L’aria
europea ti fa ancora più male di quella americana. Ti faccio
curare poi ne
riparliamo- decise lui, prendendo in braccio Valerie. La bimba si
girò però
verso Rachel, mostrandole il suo pupazzo tutta orgogliosa, poi
sgranò gli occhi
e si liberò dalle braccia del ragazzo.
-Queenie!-
squillò, correndo incontro alla bionda. Quinn si
abbassò per dare un bacio
sulla nuca della bambina, sorridendole e mormorandole qualcosa. Le due
poco
dopo si avvicinarono agli altri e la ragazza andò ad
abbracciare Rachel.
-Berry,
strano a dirsi ma sono contenta di vederti- la schernì la
bionda, dopo che si
furono staccate.
-Fabray,
ora si può sapere perché nessuno mi aveva detto
nulla della bambina?- domandò
la mora, battendo un piede per terra. Quinn sgranò gli
occhi, non trovando una
risposta.
-Evidentemente
perché non ce l’hai mai chiesto- tentò
quella, con una delle sue espressioni
più furbe. E mentre Rachel elencava un serie di motivi per
cui lei aveva
ragione e loro torto, Noah sentì suonargli il cellulare e
rispose prontamente.
Brittany
raggiunse la camera dell’albergo, buttandosi immediatamente
sotto la doccia,
per togliersi il peso di quella giornata stancante. Come ne
uscì, si avvolse in
un asciugamano e afferrò di fretta il cellulare, componendo
l’ultimo numero che
aveva chiamato.
-Hey Britt!-esclamò Noah,
rispondendo
velocemente.
-Ciao
Noah, me la puoi passare?-domandò, sorridendo al pensiero
che a breve avrebbe
sentito la bambina.
-Certo!- Brittany attese un po’,
sentendo
alcune voci e Max abbaiare.
-Mami!-squillò la figlia tutta
eccitata.
-Vals!-rispose
altrettanto contenta la donna, sorridendo –Come stai?-chiese.
-Mi manchi mami- sospirò lei un
po’
triste.
-Anche
a me cucciolo- sbuffò Brittany. In quei casi odiava
completamente il suo
lavoro.
-Ma
non ti diverti con Noah?-domandò, cercando di farsi forza.
-Sì! Siamo al parco e ci sono anche
Queenie e
Rachel-
-Marshall
sta bene?- s’informò la madre.
-Certo! E’ sempre con me. Mami?-la
chiamò
-Dimmi-
-Quando torni andiamo a dar da mangiare alle
paperelle?-chiese
-Ovvio!
Quando torno stremo sempre insieme- assicurò
-Mami?-
-Sì?-
-Torna presto-
***
Allora,
sono tornata da un’ora dal mare (per questo non ho recensito
nulla, ma
provvederò a breve u_u), ma visto le recensioni del primo
capitolo ho deciso di
aggiornare subito. Voi siete folli ò-ò Mi date
fiducia così dal nulla, e io vi
deluderò di sicuro ç_ç
Bene,
eccovi il secondo capitolo u.u
Note:
-Sappiate
che io ormai sono innamorata di Vals, potete dirmi ciò che
volete, ma quella
bimba ormai l’adoro troppo. E poi è la pulcina
della mia Britts *-*
-Anh
sì, manca Kurt perché ho problemi con la sua
storyline, ma nei prossimi ci
sarà.
-Per
il resto non vi dico altro e aspetto che facciate le vostre
supposizioni :)
Besos,
Miky
|
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Capitolo 3 *** *New Decisions* ***
3}*New Decisions*
Brittany
si sistemò sopra al corpo della sua ragazza,
stando ben attenta a non svegliarla. Dormiva così
tranquilla, con un’adorabile
broncio dipinto sul volto. La bionda ridacchiò, iniziando
poi a fare di colpo
il solletico. Santana sbarrò gli occhi spaventata, capendo
poi le intenzioni
della ragazza. Iniziò incondizionatamente a ridere, cercando
però allo stesso
tempo di fermare quella biondina tutto pepe, riuscendo infine a
bloccarla sotto
di se, fermandole i polsi sopra la testa.
-Non
ci provare mai più- rise, cercando di suonare
minacciosa. Brittany dal canto suo continuava a guardarla con quel
musino
divertito, con i vivaci occhietti sorridenti.
-Capito?-chiese
la latina, ma l’altra in risposta sollevò
il capo per baciarla e Santana notò che la sua presa era
impotente contro la
ragazza che si era probabilmente lasciata prendere.
Santana
si lasciò trasportare dal bacio, non pensando al
fatto che Brittany era nuovamente libera. Pessima mossa,
perché appena ne ebbe
la possibilità, la bionda l’attaccò
ancora, più determinata di prima. Santana
implorò l’altra di smetterla e quella, tutta
divertita si fermò, prendendo poi
a baciare la fidanzata un po’ ovunque. L’ispanica
la lasciò fare sorridendo.
Era la sua piccola peste, la sua giocherellona sempre iperattiva. Un
po’ come
una bimba.
A
Santana si accese improvvisamente una lucina nel
cervello. Brittany amava i bambini e adorava giocare con loro. Loro due
erano
una coppia fissa da anni ormai e a Santana non sarebbe dispiaciuto
mettere su
famiglia. Mentre Brittany si era persa a intrecciare alcune ciocche dei
suoi
capelli chiari con quelli scuri della compagna, Santana
richiamò la sua
attenzione.
-Hey
B?-la chiamò
-Sì
San- alzò gli occhi quella.
-Ti
piacerebbe avere una figlia?-domandò, sorridendole. A
Brittany scintillarono gli occhi più di quando sentiva i
racconti di fati e
folletti.
Annuì
allegra, battendo anche un po’ le mani.
-Anche
un maschietto magari!- aggiunse la bionda,
cominciando già a galoppare con la fantasia.
-Magari
tutti e due!-trillò Santana. Brittany rise
contenta, buttandosi sul corpo della latina per abbracciarla.
Restò lì per
qualche secondo, assaporandone il profumo buono.
-San,
ho anche trovato il nome!-cinguettò ad un tratto,
tirandosi su.
-Dimmi,
dimmi!-la incitò l’ispanica curiosa.
-Marshall!-sussurrò
la bionda, alquanto eccitata. Santana alzò le sopracciglia e
socchiuse gli
occhi scuri a fessure.
-Mio
figlio non si chiamerà mai Marshall!-brontolò,
arricciando il naso.
Brittany
scoppiò a ridere.
-Ma
che hai capito! Certo che no!-scosse la testolina.
-E
allora per chi sarebbe?-domandò.
-Per
il suo paperotto di peluche! Ogni bambino dovrebbe
avere un papero di peluche, e quello del nostro si chiamerà
Marshall!- annuì
determinata.
Santana
rise allegra, abbracciando poi l’altra.
-Marshall
è perfetto per una papera!-esclamò radiosa.
Rachel
entrò nel bar in tutta fretta, dirigendosi verso
l’amico appena lo intravide.
Naoh la guardò seccato, solo lei poteva imporgli di farsi
trovare al solito bar
per le sette di mattina, forse anche perché era
l’unica che si svegliava alle
sette di domenica mattina.
-Buongiorno
Noah- trillò con un sorriso sedendosi poi di fronte a lui.
Il ragazzo appoggiò
il mento sul palmo della mano, avvicinandosi a Rachel.
-‘Giorno.
Che vuoi?- domandò leggermente infastidito.
-Ho
bisogno di un favore- sorrise quella. Quando aveva bisogno di un favore
Rachel
non avevi la possibilità di accettare o no, in
realtà era un modo carino per
obbligarti a fare qualcosa.
-Prova
a dire- disse lui, porgendo il croissant all’amica per poi
addentare il suo.
-Ho
ottenuto un provino per uno spettacolo a Broadway- squillò
la ragazza, quasi
saltando sul posto, mentre batteva le mani agitata.
-Evvai-
farfugliò lui senza enfasi, continuando a mangiare.
-Per
la tua felicità mi ci accompagnerai- lo avvertì,
scuotendo una bustina di
zucchero.
-Cosa?-
domandò Noah, bloccandosi –Naaah- scosse la testa.
Lei strinse gli occhietti in
due fessure, mollandogli poi un calcio sotto il tavolo. Lui
sbuffò, guardandola
storto.
-Ma
non ti ci può accompagnare Hummel, che è il tuo
migliore amico?- chiese, con un
finto sorriso.
-No,
è impegnato. E poi tu sei il migliore amico numero due-
esclamò lei, sbattendo
le ciglia per ottenere un sì.
-Ah
che bello essere il numero due, era la mia aspirazione di vita-
borbottò lui,
bevendo poi il suo caffè.
-Non
stai calcolando una cosa- aggiunse lei, alzando l’indice
–se mi ci
accompagnerai diventerai il numero uno!- sussurrò, annuendo
convinta.
-Oh,
questo sì che invece è una bella idea.
Già mi fracassi le scatole così, pensa
quando sarò il numero uno- scherzò lui,
ridacchiando.
-Lo
prendo come un sì- trillò lei, girando il suo
cappuccino tutta allegra.
Kurt
si alzò dopo aver sentito suonare alla porta. Finn era
partito qualche giorno
fa e i suoi genitori erano via fino a
sera, ma lui non aspettava nessun tipo di visita, anche
perché Blaine
doveva lavorare. Quando l’aprì e si
ritrovò davanti quel suo sorrisino, gli
venne voglia di richiuderla immediatamente,e se lui non fosse entrato
senza
chiedere il permesso, probabilmente l’avrebbe fatto.
-Che
vuoi Dave?-domandò sbuffando leggermente.
Ultimamente
lo stava evitando in tutti i modi.
-Cercavo
Finn- mormorò quello distrattamente, esaminando un
po’ la casa.
Kurt
lo guardò storto.
-Sai
benissimo che non c’è- borbottò,
richiudendo poi la porta.
-Allora
evidentemente cercavo te- gli rispose, mentre quel sorrisino tornava a
riaffiorare sulle sue labbra.
-Cosa
vuoi?- sospirò il ragazzo, andando a sedersi sul divano,
seguito a ruota
dall’altro.
-Perché
mi stai evitando Hummel?-domandò subito Dave, cercando
quegli occhi azzurri,
che però erano intenti ad fuggire i suoi. Kurt teneva lo
sguardo lontano, anche
perché probabilmente sarebbe arrossito con troppa
facilità.
-Non
ti sto evitando- farfugliò velocemente.
-Come
no! L’altro giorno mi hai visto per strada e sei tornato
indietro- gli ricordò
il più grande, ridacchiando quasi. Kurt quel giorno aveva
anche sperato di non
essere visto, anche se i loro sguardi si erano incrociati per un
momento, lungo
quella strada.
-Coincidenze-
mormorò, continuando a evitare gli occhi di Dave.
-Non
sarà perché mi hai baciato, confermandomi di
essere cotto di me?- sghignazzò.
Kurt si girò di scatto, rosso in viso, trovandoselo
inaspettatamente troppo
vicino a lui, con quel ghigno divertito sul volto.
-Non
è vero!- negò immediatamente.
-Non
hai mai saputo mentire- alzò le spalle il ragazzone,
ridacchiando.
-Non
ho una cotta per te. Io ho Blaine!- sbottò Kurt, incrociando
le braccia e
tornando a spostare lo sguardo, non riuscendo a sostenere quello di
Karofsky.
-Quindi
mi stai dicendo che baci la gente senza motivo. Perciò
Blaine lo saprà e gliene
posso tranquillamente parlare.- accennò l’altro
con fare vago. Kurt tornò a
girarsi di scatto, sgranando gli occhi.
-No!
No…no!-gridò spaventato. Non lo aveva detto a
Blaine perché… perché no! Come
poteva dirgli una cosa del genere?! Dirgli che aveva baciato di sua
spontanea
volontà David Karofsky che da due mesi gli faceva il filo,
nonostante sapesse
che era felicemente fidanzato con
Blaine, nonostante in passato lo avesse deriso e maltrattato,
nonostante
continuasse ancora a prenderlo in giro.
Non
poteva, non ce n’era bisogno anche perché non era
nulla di grave. Forse.
Dave
gli si avvicinò pericolosamente e Kurt si alzò in
piedi, dirigendosi verso la
cucina per cercare qualcosa da bere, per tentare di raffreddare la
situazione.
-Hummel,
tanto lo so che non stai aspettando altro che io ti baci- disse Dave
divertito,
raggiungendolo.
-Non
è vero- si affrettò a dire l’altro.
-Non
dirmi che non ti era piaciuto, perché tanto non ti crederei
mai- rise Dave.
-Non
ho detto questo- mormorò il più piccolo,
arrossendo nuovamente.
-Oh,
non tirarmi fuori la scusa di Anderson, perché sinceramente
non so che cosa
abbia quello in più di me- borbottò il ragazzo
sedendosi al tavolo, appoggiando
poi il mento su un pugno.
Kurt
stava pensando ad una risposta. Doveva trovarla, doveva trovare un
motivo per
cui Blaine era meglio di Dave, perché altrimenti quello non
lo avrebbe più
lasciato stare. Kurt doveva tenere lontano da se David,
perché lui era
imprevedibile e a Kurt piaceva la stabilità che aveva con
Blaine, quel suo
romanticismo eccessivo, quella sua tranquillità esagerata,
cose che mancavano
completamente a Karofksy. Dall’altra parte Dave era
così dannatamente
attraente. Da quando era dimagrito aveva un fisico invidiabile, era
più alto di
lui e ciò gli piaceva assai, i suoi occhi erano chiari, le
sue sopracciglia
normali, i suoi sorrisini invitanti, le sue braccia forti, le sua mani
grandi e
sinceramente tutto ciò lo confondeva assai quando gli era
vicino. Forse era
quello che lo aveva spinto a baciarlo. Al ragazzo balenò in
mente un’idea per
cui avrebbe sicuramente allontanato l’altro. Certo, Dave non
sarebbe mai
arrivato a tanto e tenerselo lontano era la cosa più giusta
da fare.
-Blaine
sa cantare e mi dedica sempre pezzi bellissimi- sentenziò,
alzando il naso con
fare altezzoso. David lo guardò scocciato.
-Sei
serio Hummel?-chiese con un tono irritato.
-Certo-
annuì l’altro.
-Che
scusa di merda- brontolò Karofsky, scuotendo la testa e
alzandosi. Kurt alzò le
spalle, rimanendo fermo, mentre l’altro si avviava verso la
porta.
-Sul
serio, è una scusa del cazzo- ripeté lui prima di
uscire dalla casa.
Kurt
tirò un sospiro di sollievo. Almeno per un po’
quel problema era risolto.
Quinn
entrò nella videoteca per noleggiare un film leggero, una
commedia, o un
fantasy. Non aveva chiesto a Rachel perché sapeva che si
sarebbe trovata
nuovamente a vedere per la millesima volta Funny Girl, con la ragazza
che
piangeva emozionata conoscendo ogni battuta a memoria. Si mise a
cercare
qualcosa di carino e poco noioso, senza ottenere grandi risultati. Poi
un altro
ragazzo entrò e per riflesso la bionda si voltò
verso di lui. Quando lo
riconobbe sorrise contenta.
-Hey
Mike!- lo chiamò, attirando immediatamente la sua
attenzione. Lui alzò le
sopracciglia, arrivandole incontro per abbracciarla.
-Quinn-
le sussurrò, stringendola per poi staccarsi.
-Sono
mesi che non ci si vede- disse lei, mentre il ragazzo annuiva. Quinn
notò
subito che qualcosa in lui non andava. Era più spento di
come lo ricordava, non
sorrideva né scherzava a suo solito, se ne stava
lì ad annuire debolmente.
-Tutto
bene? Ti vedo leggermente strano- accennò subito la bionda,
leggermente
preoccupata.
-Più
o meno- farfugliò lui, scrollando le spalle abbattuto.
-Cosa
c’è che non va?- chiese -Oh, ma non stiamo qui.
Dai, vieni da me dove possiamo
stare più tranquilli- propose con un dolce sorriso,
vedendolo accettare.
Fu
un viaggio silenzioso e la ragazza capì che era successo
qualcosa di serio.
Appena arrivarono lei preparò il tè, versandolo
in due grandi tazze e lo fece
accomodare sul divano, offrendogli metà della sua coperta.
-Allora?
Ti ascoltò- lo incitò, sorseggiando la tisana.
Lui
sbuffò, guardando il fumo salire dalla bevanda calda.
-Tina
mi ha lasciato- sospirò, decidendo di affrontare gli occhi
verdi della ragazza.
Lei sollevò le sopracciglia e dischiuse la bocca, alquanto
stupita.
Mike
e Tina stavano insieme da anni, le sembrava assurdo.
-E
c-come mai?- domandò, facendosi più vicina a lui.
-Oh
bè, le solite cose- mormorò –Non
provava più nulla per me che un grande
affetto, ma non era più amore- le spiegò,
sorridendo amaramente.
-Certo,
capisco- annuì lei. Dopotutto non era una cosa proprio nuova
per lei.
-Hai
dimenticato Finn?- le domandò di getto lui, sperando in un
sì.
-No-
soffiò la ragazza un po’ dispiaciuta
–Cioè, sicuramente non ci sto male come
quando se ne è andato, ma ne sono ancora innamorata- ammise,
abbassando lo
sguardo afflitta.
-Sono
già passati cinque mesi- puntualizzò lui
–Quanto tempo impiegheremo a staccarci
da loro?- mormorò, scuotendo la testa. Lei bevve il suo
tè, non sapendo cosa
dire.
-Non
lo so, però potremmo aiutarci se ti va, ogni tanto magari
vedere un film
insieme, fare due chiacchiere- propose, rivolgendogli
ancora quel suo dolce sorriso. Stavolta
ricambiò il sorriso, più convinto.
-Certo,
sarebbe carino- accettò.
***
Et
voilà, il terzo capitolo!
Quando
nel titolo ci saranno a lato due asterischi si tratterà del
passato, come in
questo caso. Sono circa 5 anni prima del presente e mi sono necessari
per
spiegare le cose, per farvi capire come siamo arrivati a certi livelli.
E,
io vi avevo avvertito subito di non essere sana di mente u_u
E
Dave è tipo super iper OOC, ma anche in questo passato sono
passati alcuni anni
dalla fine del liceo, per cui, dopo il Co, potrebbe farsi anche un
po’ più temerario,
mah!
Anh,
e un grazie immenso a tutta la fiducia che mi state dando. Vi amo u-u
Spero
ci siano pochi errori, a presto!
Besos,Miky
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Capitolo 4 *** Trust ***
4}Trust
Kurt
si appoggiò al bancone sbuffando. Ormai era orario di
chiusura e finalmente
sarebbe tornato a casa. Il suo lavoro
non era così male, ma non era certo quello che
avrebbe sempre sognato.
Evidentemente non era il suo destino recitare in qualche famoso
musical, ma
sicuramente era quello a cui aveva sempre aspirato. Però ora
si ritrovava a
lavorare in una profumeria di cui era anche il proprietario. Certo, era
abbastanza orgoglioso di quanto successo aveva fatto da subito, ma i
complementi e i sorrisi dei clienti non sarebbero mai stati alla pari
di un
applauso di una platea intera. Non poteva però dirsi
terribilmente infelice,
dopotutto aveva un negozio tutto suo e un fidanzato di cui era
innamorato. Abbastanza innamorato,
più o meno come
Blaine amava lui. Certo, forse aveva qualche rimpianto, anzi, uno per
certo
l’aveva, ma il passato è passato.
Sospirò lieve, notando che era entrata una
donna. Alzò lo sguardo sorridendo per cortesia, prima di
accorgersi di chi
aveva davanti.
Non
la vedeva ormai da anni ed era abbastanza sicuro che non
l’avrebbe mai più
rivista, eppure eccola lì, con uno sguardo un po’
contrariato, ma indubbiamente
avvilito.
-S-Salve-
iniziò –sei Kurt vero?- chiese per accertarsene,
come per esserne sicura.
-Sì-
rispose lui, trovando leggermente fastidiosa la domanda. Nemmeno fosse
stato
uno sconosciuto!
-Io
sono… la signora Karofksy, la madre di Dave- si
presentò, ma Kurt l’aveva
riconosciuta subito.
-Lo
so. Ho frequentato suo figlio per tre anni, non è proprio
un’estranea –
borbottò, sottolineando la sua irritazione. La donna
annuì pensierosa.
-Volevo
chiederti un favore- mormorò, leggermente timorosa. Kurt
alzò le sopracciglia e
socchiuse la bocca. Questa era proprio bella! La signora Karofsky che
non lo
aveva mai sopportato ora era lì a chiedergli un favore? Tra
l’altro lui e David
si erano lasciati da anni, cosa voleva da lui?
-Mio
figlio non ne vuole sapere di tornare
a
casa e.. mi chiedevo se glielo potessi chiedere tu- gli
spiegò.
Kurt
sapeva che il ragazzo era partito con Santana per
l’Inghilterra, probabilmente
per lavoro. Ma mai si sarebbe aspettato una domanda simile.
Strabuzzò gli occhi
allibito.
-Non
lo sento da anni, non so nemmeno dove si trovi e quale sia il suo
numero!In
ogni caso, pensa davvero che mi ascolterà?! E poi
perché dovrei aiutarla?
–sbottò acido.
La
donna lo guardò male, arricciando le labbra.
-Sicuramente
ascolterebbe più te di noi..- bisbigliò
indispettita.
-E
glielo può biasimare? Non è poi così
strano dopo i vostri trascorsi- sibilò il
ragazzo. La donna mutò l’espressione, guardandolo
accigliata.
-Ora
ricordo perché non mi sei mai piaciuto- sussurrò
a denti stretti.
-No
signora Karofsky, non le sono mai piaciuto perché non sono
una donna- la
corresse, vedendola poi soffiare ed uscire di fretta dal suo negozio.
Kurt
scosse la testa incredulo, pensando che forse il passato non era poi
tanto
passato.
-E
quanti anni hai?- domandò Rachel, stringendo la manina della
piccola. Valerie
aveva dato l’altra a Noah, affidandogli anche Marshall, che
il ragazzo teneva
in braccio. Quinn stava accanto a Rachel mentre camminavano per il
parchetto.
-Quasi
quattro!- squillò lei con un sorrisone.
-Pff,
ma se non ne hai nemmeno due..- sussurrò il ragazzo.
-Non
è vero!- strillò subito la bambina guardandolo
male –ne ho compiuti tre quest’anno-
annuì con Rachel.
-Tranquilla,
non mi fido mai di Puck- le sussurrò con una risatina la
ragazza.
-Sbaglio
o quest’anno non c’è stato il ventinove
Febbraio- continuò Noah, muovendo il
papero come per darsi ragione. Valerie corrugò le labbra,
facendogli un
pernacchia, per poi tornare a voltarsi verso la mora.
-Mamma
dice che sono nata in un giorno speciale, tanto speciale che
c’è solo ogni
quattro anni- le confidò sorridendo gioiosa. Rachel le
annuì, dandole un
buffetto sul capo.
-Noaaaah-
chiamò la bimba guardandolo supplichevole – mi fai
saltare??- chiese sbattendo
le ciglia chiare.
-No
no- rispose lui, scuotendo la testa, accennando però un
sorrisetto.
-Eddaiii!-
insistette lei, cominciando a saltellare sul posto.
Lui
roteò gli occhi, facendo poi un cenno a Rachel che
capì al volo.
-Pronta?-
le domandarono assieme. Lei annuì energicamente, mentre i
suoi occhietti
luccicavano eccitati. Insieme la tirarono verso l’alto
facendole fare un grosso
salto, per poi poggiarla con la maggior delicatezza per terra. Lei
sorrise
prima ad un o poi all’altra.
-Ancora
ancora!- trillò entusiasta. Quinn ridacchiò
guardando la scenetta.
-E
proprio una Pierce- mormorò, notando quanto quella bambina
le ricordasse la
madre.
Santana
sentì bussare alla sua porta, e annoiata andò
allo spioncino per vedere chi
fosse. Sbuffò quando vide l’amico. Aprì
la porta, lasciandolo entrare.
-Ciao-
mormorò senza troppa enfasi.
-Ciao-
disse di rimando lui, dirigendosi poi verso il divano.
-Cosa
vuoi?- chiese lei, ancora appoggiata alla porta, pronta a cacciarlo se
avesse
voluto riprende il discorso della mattina. Non voleva affatto che anche lui, l’unico ancora dalla
sua
parte, le facesse la paternale.
-Devo
avere un valido motivo per essere qui? O magari sono qui
perché ho il
pomeriggio libero, e quando non lavoro sono sempre qui?- rispose lui,
alzando
il sopracciglio –Di certo non per scusarmi-. Lei
borbottò qualcosa, andando poi
al frigo per prendere due birre, porgendone una al ragazzo. Dave
sistemandosi sul
sofà trovò un reggiseno che prese tra le mani da
cui Santana velocemente
strappò.
-Non
guardarmi così- brontolò stizzita.
-Scusa
se vorrei che la smettessi di farti una ragazza diversa ogni sera e
magari
tornassi a pensare ai sentimenti- fece lui, alzando le spalle.
-Ah,
l’amore. E’ una schifezza, non fa per me-
farfugliò agitando una mano,
scherzandoci sopra.
-Certo.
Fatto sta che io non ti ho mai vista provarci con una bionda-
puntualizzò Dave,
facendo irrigidire l’amica.
-Senti
ma che vuoi da me? Dimmi piuttosto cosa ci facevi con quel tipo
l’altro
giorno?-domandò, con un sorriso maligno.
-E’
un mio collega- mormorò Dave.
-Anh,
e tu infili la lingua in gola a tutti i tuoi colleghi? E poi dici del
mio
lavoro- commentò lei, ridacchiando.
-Comunque,
cosa c’entra. Mica ho detto di essere un santo,
però di certo non mento a me
stesso!- ribadì lui, guardandola dal basso
all’alto. Lei incrociò le braccia al
petto, scuotendo la testa.
-Nemmeno
io-disse secca. Lui scoppiò in una falsa risata.
-Questa
era buona Lopez- annuì, tornando poi serio.
-Quindi
non provi più nulla per lui?- lo interrogò,
muovendogli l’indice davanti al
viso.
-Non
ho detto questo-
-Torna
da lui allora!- gli
suggerì con un
sorrisetto.
-Non
sono io quello che ha rotto, o che se ne è andato- le
ricordò –tu piuttosto,
torna da lei. Sarebbe ora ormai-
sospirò, passandosi una mano tra i capelli, come fosse
stanco di quella
situazione-. Lei deglutì rumorosamente, come per cercare di
mandare giù un
groppo che si era formato all’istante. Scosse la testa
contraria. Odiava
affrontare quell’argomento.
-Tanto si sarà
già fatta una famiglia e vivrà felice
e spensierata. Non ha mai avuto bisogno di me- farfugliò,
con una voce rotta
poiché tentava di non lasciarsi andare nei ricordi. Lui si
alzò di scatto
guardandola male.
-Non
ci posso credere- scandì quasi arrabbiato.
-Cosa?-
domandò, non capendo la reazione dell’amico.
-Tu
non ti fidi di lei! Tu non ti sei mai fidata! E’ ovvio che tu
te ne sia andata,
non fidandoti di lei, cos’altro potevi fare per il tuo bene?!- borbottò con un
tono che sottolineava la delusione
verso il comportamento dell’amica. Raccolse la giacca che
aveva posato e senza
nemmeno infilarsela aprì la porta, mormorando un veloce
“Ci vediamo”, per poi
uscire. Santana si portò le ginocchia sotto al mento,
stringendosi. Non riuscì
poi più a trattenere le lacrime. Era ovvio che anche Dave
ora l’odiasse, il suo
gesto non era stato molto diverso da quello di Kurt.
Mike
passeggiava tra le vide della città, stando attento alle
vetrine dei negozi,
finché non si fermò di fronte a quella che
cercava. Tiffany. Sì, sapeva bene
che era forse il negozio più costoso per dove comprare
gioielli, ma con il
lavoro che faceva guadagnava abbastanza bene, e per quella volta poteva
permettersi di spendere un po’ di più.
Entrò, sistemandosi la cravatta e si
diresse verso la commessa.
-Salve-
disse questa con un sorriso.
-Salve-
rispose molto cordialmente lui –Mi piacerebbe vedere gli
anelli. Sa per una
proposta importante- esclamò, sorridendo allegro. La donna
annuì, capendo al
volo. Gli fece vedere in fretta la vetrina e lui iniziò a
guardarli
attentamente. Dopo averne scorti alcuni, il suo sguardo fu catturato da
uno in
particolare. Un anellino argentato sul quale brillava un diamantino a
forma di
rosa, o un fiore del genere. Sarebbe stato perfetto per lei, dopotutto
Quinn
era bella, profumata e delicata come un fiore. Senza guardare il
prezzo, lo
indicò alla donna.
-Prendo
quello!- esclamò sorridendo.
Quinn
entrò nella casa, trovandola ancora vuota.
Sbuffò. Era proprio la loro giornata
no. Andò in camera a cambiarsi per poi andare in cucina a
preparare qualcosa
per entrambi, almeno la cena l’avrebbero fatta assieme.
Mentre preparava un
piatto leggero canticchiando, sentì la porta aprirsi e
sgranò gli occhi,
sorridendo. Mike non fece nemmeno in tempo a richiudersi la porta alle
spalle
che si trovò tra le braccia la fidanzata.
Ridacchiò, stringendola a se per poi
baciarla, accarezzandole i capelli leggermente arruffati.
-Posso
venire a lavorare con te? Sai mi scoccia starti lontana tutto questo
tempo-
mormorò, lasciando veloci bacetti sulle labbra sorridenti
del ragazzo.
-Oh,
penso che in effetti alcuni miei colleghi abbiano bisogno di uno
psicologo, ma
se fossi tu la loro, non baderebbero tanto ai loro problemi quando
all’affascinante donzella che si troverebbero di fronte-
obbiettò lui,
scuotendo il capo. Lei ridacchiò, stringendo poi le braccia
dietro al suo
collo.
-Allora
potresti venire tu a lavorare con me!-propose, strusciando la guancia
contro
quella del fidanzato come una gatta.
-Oh
bè, e a cosa servirei?-chiese lui.
-Io
risolverei i problemi emotivi e tu quelli economici- rispose in fretta,
alzando
le sopracciglia.
-Ottimo
piano signorina Fabray- trillò lui, baciandola ancora.
-Oggi
è tornata Rachel!- lo informò lei con uno scatto,
staccandosi dal bacio. Mike
adorava quando se ne saltava fuori con cose del genere, ricordandosele
all’improvviso.
-Domani
torna Britts, che ne dici di una serata al Broadway?-
suggerì, facendola
sorridere ed annuire immediatamente.
-Oggi
ho visto anche Vals- aggiunse la bionda, passando le sue mani tra i
capelli
neri del fidanzato.
-Oh,
come sta la mia pulcina?- sorrise.
-Benissimo,
era molto eccitata di conoscere la “ragazza di
Noah”- ridacchiò.
-Che
bambina sveglia- sussurrò lui.
-E
mi ha chiesto di te, ovviamente- sussurrò, appoggiando la
sua fronte contro
quella di Mike.
-Bè,
era certo. Vorrà sapere come sta il suo futuro marito- Mike
sorrise, alzando le
sopracciglia e riabbassandole più volte. Lei rise, dandogli
un buffetto sulla
guancia.
-Perché
suo futuro marito?- chiese curiosa.
-Mi
ha chiesto di sposarla!- ammise, tornando serio un momento.
-E
tu hai accettato?-
-Certo
che sì. Quinn, te lo devo confessare, ho un debole per le
giovani bionde-
scherzò, portandosi una mano al petto in modo teatrale. Lei
sollevò un
sopracciglio, fingendosi accigliata.
-Posso
almeno fare da testimone?- reclamò arricciando il naso.
-Certo,
questo sì- acconsentì lui.
-Ma
ti avverto, non sarò tanto brava, forse non terrò
le mani a casa…- fece vaga
Quinn, facendo poi scendere le mani sul sedere del ragazzo. Mike
sbarrò gli
occhi, saltando sul posto.
-Che
pulzella avventata!-disse, come spaventato. Lei rise di gusto,
avvicinandosi
poi alle labbra del ragazzo per leccargliele.
-Alquanto-
mormorò.
-Noaaaah,
c’è un problema- strillò Valerie
facendo inchiodare il ragazzo.
-Dica
tutto capitano!-chiese informazioni, alzando lo sguardo. Rachel li
guardò
sorridendo. Noah aveva preso la bambina sulle spalle e lei aveva
sistemato il
suo peluche sulla testa del ragazzo. Tra l’altro a volte, se
aveva paura di
cadere si aggrappava con le manine al volto di lui, oscurandogli spesso
la
vista.
-Siamo
troppo alti- constatò la piccola, notando
l’entrata del locale.
-
Ohibò, è vero!- notò lui, afferrando
poi la piccola per i fianchi per farla
scendere dalle sue spalle. Lei poggiò i piedini a terra e
sistemò le pieghe del
suo vestito.
-Certo
che potevi abbassarti – brontolò, stringendo forte
Marshall, mentre Max le
scodinzolava attorno. I tre entrarono, salutando subito Sam che stava
servendo
al bancone.
-Hai
le chiavi? Così porto su le valigie- domandò
Rachel andando verso il luogo dove
le aveva lasciate poche ore prima. Il ragazzo le prese fuori dalla
tasca,
caricando due delle borse, mentre Rachel prese l’altra.
Valerie salì
le scale per prima, come per far loro
strada, rubando le chiavi al ragazzo per poi aprire. Rachel
entrò, notando che
era poco cambiata da come l’aveva lasciata. C’era
solo qualche pupazzo in più e
qualche cianfrusaglia, ma era sempre il loro vecchio appartamento.
-E’
bello tornare a casa- mormorò, sorridendo. La bambina
andò subito ad appoggiare
il papero sul divano, sistemandolo come per metterlo comodo, poi si
diresse
verso un armadietto e ne tirò fuori a fatica la chitarra di
Noah. Rachel la
guardò curiosa, mentre s’impegnava a trascinarla.
Puck lasciò le valigie per
terra, andando ad aiutare la bambina.
-Cantiamo?-chiese
sbattendo le palpebre velocemente. Lui alzò la chitarra
sorridendo.
-Sì,
aiuto Rachel a sistemare le valigie e andiamo giù a fare
qualche pezzo finchè
non c’è nessuno.- l’accontento, dandogli
delle pacchette sulla testa. Lei
sorrise raggiante.
Rachel
corrugò le sopracciglia.
-Cantate
già al locale? Cioè, porti la piccola al locale?-
chiese allibita. Lui annuì
tranquillo.
-Offriamo
ai giovani artisti di esibirsi, e lei non è forse
giovane?-disse lui alzando le
spalle.
-Non
ha nemmeno quattro anni e la porti al locale? Brit lo sa?-
strillò sgranando
gli occhioni nocciola mentre Valerie la guardava totalmente calma.
-Sì,
certo! Non stiamo mai oltre le sette e mezza, non
c’è casino a quell’ora-
rispose lui, portando poi i bagagli in camera. Rachel rimase a bocca
aperta,
sentendo poi tirarsi il bordo della gonna.
-Vieni
a cantare con noi?- le domandò la bambina fissandola con i
suoi limpidi occhi
azzurri.
-Mi
piacerebbe, ma non so cantare- rispose a fatica lei, sorridendo
forzata. La
bambina la fissò ancora un po’, con uno sguardo
strano, come se non le
credesse. Poi si staccò.
-Come
vuoi- trillò, tornando a sorridere –
canterò una bellissima canzone che mi ha
insegnato la mami- disse decisa, mentre Puck tornava da loro.
-Andiamo?-
domandò, ricevendo un velocissimo sì dalla
piccola. Rachel decise di disfare le
valigie in seguito, per seguire i due di sotto.
La
ragazza si sedette ad un tavolino, mentre Noah aveva preso due sedie
posizionandole sul palchetto all’angolo. Tirò la
chitarra fuori dalla custodia
e diede leggeri colpi col plettro per controllare che fosse accordata.
Poi
avvicinò il microfono alla bocca.
-Stasera,
solo per voi, Valerie!- presentò, cedendo il microfono alla
bambina, mente i
pochi presenti si giravano ad osservarla sorridenti. La bimba sorrise
per nulla
agitata, mentre Noah iniziava a suonare la base.
In the middle
of the night, I’m in bed alone
Don’t
care if you’re glass, paper, styrofoam
When I need
some water, baby
Coffee or gin
Rachel
sorrise riconoscendo la canzoncina, notando però anche la
voce dolce e intonata
della bambina che intanto sembrava divertirsi assai, dondolandosi su se
stessa.
You’re
the only thing, I wanna put them in
My cup, my cup
Sayin’
“What’s up?”
To my cup
Per
il
ritornello si aggiunse anche Noah, mentre ridacchiava allegro con la
piccola.
Rachel li guardò affascinata. Le venne quasi voglia di
cantare.
***
Scusate
per il ritardo, mi ero scordata di aggiornare ò_ò
Diciamo anche che ho avuto
qualche ripensamento su questa ff, e devo ringraziare Ari
perché senza di lei
avrei probabilmente smesso di scriverla. Non ho molto da dire, come
potete
notare ci sono ancora molte cose che non sapete, ma a breve ve le
rivelerò ;)
Besos,Miky
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Capitolo 5 *** Home ***
5}Home
Noah
si svegliò sentendo il cellulare vibrare sotto al suo
cuscino. Sbattè le
palpebre più volte e si alzò, cercando di non
disturbare Rachel e Valerie che
dormivano ancora beatamente. Sì, forse ci sarebbero voluti
due letti, ma di ciò
se ne sarebbe occupato poi. Dopo essere uscito dal bagno si
vestì e andò dalla
donna, scuotendola appena.
Lei
boccheggiò un poco, ancora del tutto assopita.
-Rach..-
la chiamò, mentre lei corrugava le sopracciglia cercando di
capire dove si
trovasse.
-Io
vado giù ad aprire il locale-
le
mormorò.
-Mmmhh-
annuì lei con gli occhi socchiusi.
-Quando
Valerie si sveglia portala giù, così fate
colazione, ok?- continuò, sempre in
un sussurro.
-Mmmmh-
biascicò la mora.
-A
dopo allora- concluse, lasciandole un leggero bacio sulla nuca. Noah
uscì poi
dalla camera, chiudendone la porta, dopodiché
riempì la ciotola di Max e scese
le scale. Salutò il cuoco che era già in cucina a
preparare paste e tramezzini
e andò ad alzare la serranda, mettendosi poi al bancone.
Valerie
si buttò giù dal letto cercando di fare il minimo
rumore, aprendo la porta cosicché
Max potesse entrare.
-Shh,
fai piano – gli mormorò, carezzandogli il muso.
Rachel
sentì alcuni borbottii e aprì gli occhi, notando
che il letto era vuoto. Si
allarmò immediatamente, cercando Valerie nella camera. Si
alzò e andò nel bagno
dove trovò la bambina intenta a lavare i denti al cane.
-Oh,
buongiorno Rachel!- trillò restando con lo spazzolino in
mano, mentre il Golden
Retriever usciva dalla stanza in tutta fretta.
-Buongiorno
piccola- le sorrise la donna –fatti i bisognini?-
domandò. Valerie annuì
prontamente.
-Ho
anche lavato la faccia e i denti- aggiunse tutta fiera.
-Bravissima-
esclamò Rachel- Mi vesto e andiamo giù da Noah,
ok?- le disse, abbassandosi
sulle ginocchia.
-Sì,
ma io vengo in pigiama?- fece la bambina, tirandosi il bordo della
camicetta da
notte.
-Oh,
certo che no, un momento e penso anche a quello!- rise la mora,
battendosi una
mano sulla fronte per la sbadataggine. Dopo una quindicina di minuti le
due
furono pronte e scesero al piano inferiore. Valerie corse subito tra le
braccia
di Noah, abbracciandolo.
-Hey
Vals!- le sorrise lui.
-La
tua fidanzata mi piace- gli confidò lei, tenendo la manina
davanti alla bocca,
mentre però con lo sguardo seguiva Rachel.
-Non
è la mia fidanzata- ribattè lui.
-Bugia!-
Mami dice sempre che è la tua innamorata!-
affermò lei, con la sua solita aria
sicura.
-La
tua mamma dice sempre cose strane- rispose il ragazzo, ricevendo
un’occhiataccia da Valerie.
-Oggi
torna la mami!- squillò subito dopo, ritrovando il suo
tipico entusiasmo.
-Già,
tra due ore sarà in stazione. Ha chiamato poco fa- la
informò.
-Non
andiamo là?- chiese la piccola, sporgendo
all’infuori il labbro inferiore.
-No
scricciolo- disse lui dispiaciuto – oggi devo lavorare-.
-Ma
non c’è Sammy?- domandò, guardandosi
intorno in cerca del biondo.
Noah
scosse la testa, stringendo le labbra.
-Ti
accompagno io- si offrì Rachel, prendendo un cornetto dal
vassoio.
-Davvero?-
chiese Valerie guardandola con i suoi tipici occhi sfavillanti.
-Certo
che sì- le confermò con un sorriso.
-Andiamo!-
trillò tutta contenta, agitandosi per scendere dalle braccia
del ragazzo.
-La
colazione- la fermò Noah, passandole poi la ciotola gialla
con i suoi adorati
cereali di tutti i colori. Lei ridacchiò sedendosi e
iniziando a mangiare
frettolosamente.
-Grazie-
sussurrò lui alla ragazza.
-Di
cosa?- alzò le spalle Rachel – Invece di lavorare
accompagno la piccola in
stazione. Dovrei ringraziarti io- rise. Appena Valerie
terminò la colazione
tentò ancora di gettarsi alla porta, ma ancora Puck la
bloccò, portandola in
bagno per lavarsi il musino e pettinarla.
Rachel
li attendeva sulla porta. Appena uscirono dalla toilette le sue
sopracciglia
schizzarono verso l’alto.
-Quella
cosa sarebbe?-chiese, indicando la pettinatura della bambina.
-Una
treccia- risposero i due all’unisono.
-Ma
fatemi il piacere..- mormorò, disfacendo in fretta quella cosa.
In poco
tempo e con massima semplicità Rachel fece alla bambina due
adorabili treccine.
-Ecco
fatto, ora va meglio!- esclamò mentre Noah si lamentava
leggermente, dicendo
che l’unica differenza era il numero. Rachel
caricò poi Valerie in macchina,
legandola solo dopo che si era seduta sul suo seggiolino mentre
stringeva
Marshall. Arrivarono in poco tempo alla stazione e la ragazza di
stupì nel
notare come la bambina sapesse esattamente orientarsi, guidandola verso
il
giusto binario.
Brittany
chiuse la valigia e si diresse di fretta verso la stazione. Finalmente
aveva
terminato quel lavoro e sarebbe tornata dalla sua Valerie.
Timbrò il biglietto,
salendo poi e sedendosi, senza badare troppo agli altri passeggeri. Il
suo
sguardo era fisso fuori dal finestrino, da dove l’avrebbe
vista subito se fosse
stata là ad attenderla. Dopo un paio di ore il treno
entrò nella stazione di
Lima e la bionda si alzò, afferrando saldamente il trolley e
si portò vicino
all’uscita. Prima che il treno si fermasse scorse la figlia
guardare attentamente
ogni vagone per trovarla, e come la vide le si illuminarono gli occhi.
Purtroppo il suo vagone si arrestò troppo indietro rispetto
alla posizione
della piccola. Brittany però, appena si spalancarono le
porte, saltò giù,
correndo verso Valerie. Appena la bambina se ne accorse le venne
incontro a sua
volta. Quando fu a pochi
passi la madre
mollò il trolley per terra, per poi abbassarsi prima di
venire investita da uno
scricciolo e un papero. Strinse forte la figlia, tirandosi in piedi e
volteggiando su se stessa.
-Mamiiii-
trillò Valerie contentissima.
-Pulcinaaaa-
esclamò l’altra di rimando, prendendo a
mordicchiare le guanciotte, il collo,
le manine e tutto ciò che le capitava a tiro della bimba,
facendola ridere di
gusto. L’alzò poi sulla testa, facendole fare
qualche salto. Rachel le guardava
divertita e quasi commossa.
-Mamma,
non hai ancora salutato Marshall- la rimproverò, piazzandole
davanti il
paperotto.
-Cavoli!
Ciao Marsh- rimediò Brittany, dando un bacetto sul becco del
peluche.
-Mamma,
non hai salutato nemmeno l’innamorata di Noah!- le fece
ancora notare Valerie.
La
donna sgranò gli occhi, dandosi della maleducata. Si
voltò poi verso Rachel e,
non volendo lasciare Vaerie, l’abbracciò tenendo
stretta la figlia, la quale si
affrettò ad abbracciare a sua volta la mora. Rachel
ridacchiò, stringendosi a
sua volta alle bionde.
-Da
quanto tempo Britts!- esclamò staccandosi.
-Troppo-
annuì l’altra, continuando a coccolare la piccola.
-Bè,
ora sono tornata per rimanere- chiarì Rachel.
-Tu
e Noah vi sposate?- chiesero assieme le due Pierce. Rachel
sbarrò gli occhi e
corrugò le sopracciglia, alquanto divertita dalla reazione
delle due.
-Nooo!E
smettetela con questa storia. Non c’è nulla tra di
noi- negò, scuotendo la
testa.
-Certo,
certo. Continua a mentire Berry- brontolò Brittany
sbuffando. Rachel roteò gli
occhi senza dar troppo peso al broncio della bionda.
-Vi
accompagno al Broadway?- domandò, mentre Brittany, che con
una mano stringeva
Valerie, recuperava il bagaglio.
-Oh
no, potresti portarci a casa?- chiese sorridendo.
-Certo-
annuì la ragazza, per poi condurre le altre alla sua
macchina. In breve
raggiunsero casa Pierce. Circa sette anni prima il signor Pierce era
mancato e
la madre di Brittany e la sorella si erano trasferite dai nonni, mentre
Brittany era voluta restare nella sua casa, dove aveva poi cominciato a
convivere con Santana.Ora ci viveva solo con Valerie.
Rachel
parcheggiò guardando le due scendere.
-Grazie
mille Rach- le sussurrò Brittany, allungandosi infine per
abbracciarla ancora.
-Figurati-
mormorò, notando poi anche gli occhioni azzurri di Valerie
osservarla gioiosa.
-E..
Noah è una bella persona- le confidò seria.
-Lo
so, lo so- annuì la mora accennando un sorriso, per poi far
ripartire
l’automobile.
Blaine
rientrò in casa e si diresse in fretta in cucina.
Abbracciò il compagno da
dietro mentre quello stava apparecchiando e gli lasciò un
bacio sulla guancia.
-Ciao
Blaine- mormorò Kurt sorridendo timidamente. Il moro lo fece
girare dalla sua
parte e lo baciò sulle labbra.
-Tutto
bene?- domandò con un sorriso sghembo. Kurt
annuì, sedendosi poi a tavola di
fronte al ragazzo, iniziando a cenare con lui.
-Tu?-
chiese di rimando.
-Oh,
io ho avuto una giornata fantastica!- esclamò Blaine alzando
le sopracciglia
triangolari e iniziando a fare un lungo discordo su quello che lui e
gli altri
(che era un modo carino per dire lui e Jeremiah) avevano fatto durante
il
lavoro. Kurt ci era abituato perché era tutti i giorni
così, ogni volta Blaine
trovava qualcosa di buffo da fare e lo raccontava come se avesse
compiuto
grandi gesta.
-Sai
oggi è successa una cosa strana anche a me- lo interruppe ad
un tratto,
facendogli assumere un’espressione sorpresa, che gli diede un
po’ fastidio.
Come se fosse impossibile!
-Tipo?-domandò
accennando un sorriso.
-E’
venuta al negozio la madre di Karofsky- esclamò con
un’espressione
esterrefatta, mentre Blaine faceva una smorfia infastidita.
-Voleva
che chiamassi David e gli chiedessi di tonare
a casa dalla sua famiglia. Non è surreale!
Cioè proprio loro che non
l’hanno mai accettato e non hanno mai voluto vedere me
chiedono il mio aiuto
per…-
-Perché
stiamo ancora parlando di Karofksy?- lo fermò Blaine,
schioccando la lingua
scocciato. Kurt sgranò gli occhi irritato,
dopodiché scosse il capo.
-Ma
certo, se non si parla di te e Jeremiah non si può parlare
di altro- borbottò
alzandosi da tavola.
-Kurt!-
lo chiamò lui alzandosi a sua volta, ma il ragazzo aveva
già afferrato il
giubbotto ed era uscito dalla casa, sbattendo con forza la porta.
Kurt
si mise a camminare a larghe falcate, allontanandosi il più
possibile da quella
casa, da lui. Blaine pensava sempre solo a Blaine, o al massimo a
Jeremiah. Non
di certo a Kurt, cosa gliene fregava di quello che era successo nella
sua
giornata quando doveva raccontare le sue imprese? E poi non si poteva
ovviamente nominare il suo ex perché ciò lo
infastidiva assai!
Sbuffò
arrabbiato e tirò fuori il cellulare.
Senza
pensarci troppo compose il suo numero. Lo ricordava ancora a memoria,
ma non
sapeva se era quello attuale. Dopo qualche squillo pensò di
lasciare perdere,
ma solo allora sentì la sua voce.
-Pronto- mormorò un Dave
abbastanza
stanco.
-D-David…-
mormorò Kurt, imbarazzato. Non sapeva bene perché
lo aveva chiamato, e ora come
si sarebbe giustificato? Tutta colpa di Anderson.
-Kurt?- lo sentì esclamare tra
lo stupito
e l’infastidito.
-Già…-
annuì lui, non sapendo che altro dire.
-Cosa vuoi?- chiese l’uomo
dall’altro
capo.
-Oggi
è venuta tua madre da me a chiedermi di
…-provò a dire.
-Dio mio, non ci posso credere-
sospirò
l’altro.
-Voleva
che ti convincessi a tornare- mormorò Kurt, guardandosi le
punte delle scarpe.
-E mi hai chiamato per farlo?- chiese,
accentuando il fastidio nella voce.
-N-no!-
rispose subito lui, scuotendo la testa contrariato.
-E allora cosa c’è?-
continuò Dave, non
capendo proprio il motivo di quella chiamata.
-Hai forse litigato per l’ennesima volta
con
Anderson?- chiese cercando di interrompere il silenzio che
gli teneva Kurt,
interpretando come un sì quel rumore roco che
seguì alla sua domanda.
-Non
avrei dovuto chiamare. Scusami- farfugliò il ragazzo,
chiudendo poi la
telefonata.
Kurt
osservo il cellulare sospirando.
Santana
si accoccolò sul divano, poggiando sulle ginocchia il
portatile. Lo accese e
aprì un documento di word. Da quando era in Inghilterra
aveva molto tempo
libero. Lì non aveva amici eccetto Dave, il quale lavorava
spesso, mentre lei
lo faceva solo la sera. Perciò la maggior parte delle
mattine e dei pomeriggi
era in casa da sola. Aveva cominciato così a scrivere, a
buttare giù tutti quei
sentimenti che da tempo reprimeva. Ne aveva bisogno, quello le faceva
bene. Un
tempo le avevano detto che le avrebbe fatto bene andare da uno
psicologo, ma a
lei proprio gli strizzacervelli non piacevano. Sì,
inizialmente aveva provato a
parlare con Quinn che si stava laureando in psicologia, ma per quanto
lei le
volesse bene, non poteva capirla. Nessuno poteva capirla, a nessuno era
successo quello che era successo a lei. Per questo era dovuta
andarsene, aveva
dovuto farlo per se stessa e per Brittany. Perché Brittany
si meritava una vita
felice, e la cosa migliore che Santana potesse fare per lei era
andarsene. Intanto
Brittany era una persona tanto favolosa da trovare qualcuno pronto ad
amarla in
poche ore, non aveva certo bisogno di lei. Inoltre, per quanto le
avesse detto
di amarla, non era sicura che se sarebbe riuscita a stare vicino come
un tempo,
non dopo quello che era successo.
Santana
sicuramente doveva staccarsi dalla sua vecchia vita, altrimenti non
sarebbe mai
riuscita ad andare avanti. Ogni singola persona, ogni singolo ricordo
le
avrebbe fatto tornare in mente quello che era accaduto e ciò
l’avrebbe
distrutta. Per quello se ne era andata, per quello aveva tagliato i
ponti con
tutti, persino con i suoi genitori, persino con lei,
per quello era
volata
in Inghilterra senza ripensamenti.
Solo
non riusciva a staccarsi da Dave. Perché Dave le aveva
sempre offerto la sua
spalla su cui piangere, l’aveva abbracciata e
l’aveva portata con se a Londra.
Stare con lui era facile, Dave era come un fratello per lei e ormai non
poteva
più farne a meno, anche se lui ogni tanto le apriva le
vecchie ferite, anche se
le ricordava di Brittany, Dave era Dave.
Sospirò
rattristata, pensando alla recente litigata con l’amico. Lo
avrebbe chiamato al
più presto, si ripromise, cominciando poi a far scorrere le
dite sui tasti,
mentre i suoi pensieri fluivano veloci e si organizzavano in parole,
frasi e
paragrafi.
-Tesooroooo,
sono a casa- gridò Mike entrando e appoggiando la borsa sul
mobile vicino
all’entrata. Quinn lo raggiunse in fretta con un raggiante
sorriso. Si allungò
per stampargli un bacio sulle labbra e gli sorrise dolcemente.
-Su,
su! Vai a cambiarti che andiamo!- squillò gioiosa.
-Quindi?
Rimpatriata al Broadway?- chiese il ragazzo sfilandosi la cravatta
mentre
andava nella camera, continuando a sfilarsi i vestiti.
-Già!
Brittany è tornata stamattina e stasera andiamo tutti
là.-confermò lei dalla
sala. Mike s’infilò una maglietta e un paio di
comodi jeans, notando poi la
scatolina nella giacca dei pantaloni che indossava poco prima. Sorrise
e tornò
dalla fidanzata.
-Già
fatto?- chiese quella riavvicinandosi a lui. Lui spalancò la
bocca.
-Cavoli,
non ti ho mai detto di essere dotato di supervelocità!-
esclamò lui, battendosi
la testa con una mano, mentre la ragazza rideva divertita.
-Mi
nascondi altri poteri, Chang?- gli domandò alzando un
sopracciglio.
-Oh,
mica posso dirti tutto! Ho anche io la mia privacy!- scherzò
lui, grattandosi
distrattamente la nuca. Quinn si sporse nuovamente per baciarlo ma lui
la
bloccò.
-Hey,
che hai sul piede?- mormorò, abbassandosi sulle ginocchia
per controllare.
Quinn
sbarrò gli occhi spaventata.
-Se
è un insetto, uccidilo con crudeltà!-
squillò, facendo una smorfia schifata.
Lui rise raccogliendo qualcosa, poi, rimanendo sempre in ginocchio,
alzò il
pugno chiuso verso di lei, aprendolo pian piano, mentre non riusciva a
trattenere un sorrisetto.
Appena
Quinn capì cosa c’era sul palmo della mano del
ragazzo emise un gridolino
eccitato, mentre i suoi occhi s’illuminavano maggiormente.
-Mi
domandavo se volessi diventare Mrs Chang? Se ti va e non hai nulla da
fare,
ovviamente- propose lui, guardandola dal basso. Lei fece roteare gli
occhi
verdi, fingendo di pensarci su.
-Sento
prima dai miei altri ragazzi poi ti faccio sapere. Ovviamente
dirò sì a quello
con l’anello migliore- mormorò, afferrando
però in fretta l’anellino tra le
mani, guardandolo incredula. Lui si alzò, guardandola
sorridente. Quinn se lo
infilò poi all’anulare, sorridendo felice.
-
Bè, diciamo che tu sei il mio prediletto. Per ora ti
dirò sì!-ridacchiò,
allacciando le braccia dietro al suo collo.
-Scommetto
che mi hai scelto per il mio fascino irresistibile- mormorò
lui, alzando le
sopracciglia e abbassandosi per stamparle un bacio sulle labbra. La
bionda
scosse la testa decisa.
-Affatto!
Ti ho scelto per gli addominali- ridacchiò, passando la mano
sull’addome del
ragazzo, mentre lui la guardava allibito.
-Questa
me la paghi Fabray!- mormorò, caricandosela poi sulle spalle
mentre lei
scoppiava in una risata cristallina.
***
Scusaaaate.
Ho
seri problemi con questa ff, ma prometto di aggiornare più
di recente, anche perché
vari capitoli sono pronti. Solo, ho spesso ripensamenti.
Perché mi odierete e
lo so u_u
Bon,
Britts è tornata dalla sua pulcia ;) E San, San la capirete,
poor baby.
E
Blaine, ora che so che la season 3 sarà il Blaine Show non
riesco a farmelo
piacere.
Bacionissimi,
Miky
|
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Capitolo 6 *** *What you didn't expect* ***
6}*What
you didn’t expect*
-Che fai Finn?-chise Kurt
leggermente infastidito.
-Dobbiamo
passare a prendere Rachel, dice che non sa come venire- rispose il
fratello,
dopo aver imboccato la strada della ragazza. Lui sbuffò un
poco, incrociando le
braccia.
-Arriveremo
in ritardo, lo so- brontolò.
-Sei
il festeggiato, devi arrivare in ritardo- scherzò
l’altro, accennando un
sorriso. Kurt scosse la testa, per nulla d’accordo. Si
accostarono poi al
vialetto, dopo essere arrivati davanti alla villetta Berry.
-Scendi
tu? Così non spengo la macchina?- chiese Finn, accompagnando
la richiesta con
un enorme sorriso. Kurt borbottò qualcosa,
dopodiché si slacciò la cintura e
scese dall’automobile, arrivando alla porta, dove
suonò il campanello. Rachel
lo fece entrare immediatamente, senza ricordarsi di fargli gli auguri,
il che
lo irritò assai.
-Ciao
Kurt, arrivo subito. Ho lasciato una cosa giù- disse,
scendendo le scale per
andare nella tavernetta. Il ragazzo sbuffò per
l’ennesima volta, tamburellando
un piede per terra.
-Kuuurt?!-
lo chiamò Rachel senza risalire –Puoi venire un
secondo ad aiutarmi?-
Il
ragazzo fece roteare gli occhi, maledicendo Finn che aveva accettato di
passarla a prendere e di averlo fatto scendere, e Rachel di essere
sempre così
sbadata e ritardataria.
Come
scese il primo scalino notò che tutte le luci erano spende e
si accesero solo
quando arrivò all’ultimo.
-Auguri
Kurt!- esclamarono in coro tutti i suoi amici, sorridendo e
ridacchiando,
avvicinandosi poi per abbracciarlo, mentre Finn li raggiungeva a sua
volta. Il
festeggiato rimase per un attimo allibito, poi ne fu felicemente
sorpreso.
Incominciarono a festeggiare assieme, facendo a testa il karaoke,
mangiando,
chiacchierando, aprendo regali. Kurt si stupì non poco della
presenza di Dave e
ne fu anche leggermente spaventato, soprattutto quando lo
abbracciò,
porgendogli un pacchetto regalo, sotto le occhiatacce di Blaine. Dopo
qualche
ora vide infatti i due discutere in disparte e decise di avvicinarsi
per
assicurarsi che non ci fossero danni.
-Hey
Kurt!-esclamò Blaine, tirandolo a se per stampargli una
bacio sulle labbra,
sotto lo sguardo serio di Dave.
-Tutto
ok?- domandò il festeggiato, sbattendo le ciglia con fare
indagatore.
-Certo
certo, io e Dave stavamo per giocare a freccette, scommettendo qualcosa
magari-
rispose il fidanzato, sorridendogli. Kurt sperò vivamente di
non c’entrare in
quella scommessa, anche perché aveva visto più
volte Finn e Dave fare quel
gioco, e il fratello perdeva in continuazione.
-Allora,
al meglio di cinque?- domandò Karofsky, passando a Blaine le
frecce.
-Certo!-
annuì il ragazzo, lanciando la prima che si fermò
non troppo lontana dal
centro. Quando toccò a Dave la sua si bloccò
quasi all’esterno e Kurt pensò che
fosse un caso. Quando la partita finì, Hummel
capì chiaramente che David aveva
perso apposta poiché non aveva fatto quasi neanche la
metà dei punti del
fidanzato, che sinceramente non era proprio adatto a quel gioco. Quello
che non
capì fu il perché lo fece, ma gli fu chiaro
qualche minuto dopo.
-Hai
perso Karofsky!- rise Anderson, gongolando visibilmente.
L’altro non sembrava
per nulla turbato, né infastidito. L’ex Warbler
andò a prendere il microfono e
lo porse all’ex Titans, sfoggiando un sorrisino di vittoria.
-Ora
ti toccherà dedicare una canzone a Kurt. Puoi scegliere
ciò che vuoi- gli
sussurrò a poca distanza. Dave annuì, sbuffando
appena e si mise a cercare una
traccia. Kurt guardò confuso i due ragazzi, non capendo
nemmeno perché Santana
se la stesse ridendo tanto, mentre continuava ad alzare il pollice
convinta a Karofsky. Lui prese un respiro e
fece partire l’inconfondibile base.
Start spreading
the news,
I'm leaving
today.
I want to be a
part of it,
New York, New
York.
Tutti
ascoltavano e guardavano stupiti il ragazzo, meravigliandosi delle sue
doti
canore. Kurt era completamente attonito. La voce di Dave era calda,
profonda,
intensa e riempiva la stanza, raccogliendo le attenzioni su di se. Non
seppe
mai se il ragazzo aveva scelto quella canzone a caso, perché
era uno dei luoghi
che Kurt amava di più sull’intero pianeta, o
perché era il luogo dove l’aveva
baciato settimane prima. Non avrebbe mai creduto che Dave gli
nascondesse una
cosa simile, era completamente rapito da quella voce.
These vagabond
shoes are longing to stray
right through
the very heart of it,
New York, New
York.
I wanna wake up
in a city that doesn't sleep
and find I'm
king of the hill, top of the heap.
These little
town blues are melting away.
I'll make a
brand new start of it in old New York.
If I can make
it there, I'll make it anywhere.
It's up to you, New York, New York.
Quando
terminò la canzone tutti applaudirono, piacevolmente stupiti
da quella sorpresa
che il neo ventiduenne apprezzò forse maggiormente che la
festa. Dave sorrise
solo, forse un poco imbarazzato, mentre Kurt gli si avvicinava con
ancora gli
occhi luccicanti.
-Perché
non ti sei mai unito al Glee Club?- squittì, sbattendo
ripetutamente le ciglia
con in modo femminile. L’altro ragazzo scoppiò a
ridere, guardandolo male.
-Ma
a parte che non sono mai stato pazzo fino a quel punto, erano le uniche
ore che
potevo stare lontano da Santana! Volevi togliermi anche quelle?!-
ridacchiò
Dave, lanciando frecciatine alla migliore amica la quale non ci mise
molto per
raggiungerlo e tirargli qualche schiaffetto.
-Pff,
ma se Santana era sempre a casa di Brittany! –
s’intromise Puck, facendo
scoppiare risolini, seguiti da occhiate lanciate alle due. Santana
sbuffò,
maledicendoli tutti mentalmente come era solita fare, cercando di
trattenere
gli insulti.
-A
proposito!- squillò Brittany, per nulla infastidita o scossa
– avremmo una cosa
da dirvi- sorrise eccitata, saltellando sul posto mentre gli occhietti
le
brillavano. Tutti la guardarono con un che di interessato ma allo
stesso tempo
spaventato. Dopotutto era Brittany, e nessuno sapeva mai cosa
aspettarsi da
lei. Santana tornò tranquilla e sorrise dolcemente,
afferrando la mano della
compagna.
-Aspetto
un bambino- mormorò, senza staccare gli occhi dalla sua
tonalità di azzurro
preferita. Diversamente da quello che si sarebbero aspettate, tutti
portarono
lo sguardo su Puck, che li guardò scuotendo la testa.
-Che
volete da me!- sbottò lui irritato –io non ho
fatto nulla- si difese, alzando
le mani.
-Che
branco di idioti- borbottò l’ispanica- Esistono
cose come l’inseminazione
artificiale, possibilmente non di geni Puckerman- disse, guardando male
gli
amici.
A
quel punto, partirono gli applausi e le congratulazioni.
***
Quinn
entrò e ordinò due ciambelle e due
caffè da portare via, dopodiché lasciò
la
pasticceria e raggiunse un tavolino posizionato al lato di un grande
parco. Si
sistemò, aspettando poi pochi minuti prima che lui arrivasse.
-Buongiorno
Quinn!- le trillò all’orecchio, impedendole di
alzarsi e abbracciandola da
dietro, schioccandole un bacio sulla guancia mentre lei sorrideva
allegra.
-‘Giorno
Mike!- esclamò lei, porgendogli la sua colazione.
-Era
il mio turno- sussurrò lui, mostrandole un sacchetto e un
paio di bicchieri.
Lei scoppiò a ridere.
-No,
era il mio- annuì –ma fa lo stesso-
ridacchiò, prendendosi la sua parte.
-Allora?
Tutto bene con i corsi?- domandò il ragazzo, sorridendo alla
vista della
ciambella.
-Certo!
Tra qualche giorno avrò un esame, ma sono in pari con gli
studi- rispose lei,
aprendo il sacchettino marrone, per poi annusare la pasta
–L’hai presa con la
crema!- squillò entusiasta.
-Comunque,
tu invece? Trovato il lavoro?- domandò, addentando poi il
cornetto.
Lui
sbuffò appena, scuotendo la testa.
-Naah,
però Britts pensava di iniziare un corso in una palestra
insieme. Per bambini-
le confidò, allegando un sorriso enorme.
-Wow!
Sarebbe fantastico! Così potrete insegnare subito al
bebè in arrivo- sorrise la
bionda.
-Già!-
annuì il ragazzo –Non ci credo quasi che stiano
per diventare mamme!- sospirò
allegro.
-Tra
nove mesi-precisò lei –e poi quelle due insieme
potrebbero arrivare su Giove,
figurati avere un figlio-.
-Lo
penso anche io. Se solo trovassi una persona che tenesse a me la
metà di quanto
Brittany tenga a Santana sarei l’uomo più felice
del mondo- ammise,
sorseggiando il cappuccino.
Lei
si alzò guardando l’orario e gli si
avvicinò, afferrando il caffè.
-Mike,
tu la troverai sicuramente una persona così. Sei troppo
fantastico per non
trovarla- gli mormorò arrossendo, dandogli poi un tenero
bacio sulla guancia.
Lui la guardò, fermandosi per un momento.
-Vado!
O farò tardi a lezione!- trillò con il suo
sorriso gioioso che aveva ritrovato
da poco.
Mike
la prese per un polso, trattenendola. Lei lo guardò,
aspettando che dicesse
qualcosa, ma lui non parlò. Le si avvicinò
velocemente e poso
le sue labbra su quelle della ragazza,
baciandola sofficemente. Lei si staccò, guardandolo con i
suoi occhioni verdi
sgranati, sbattendo ogni tanto le ciglia. Riappoggiò poi le
cose che teneva in
mano sul tavolo, tornando a guardare il ragazzo.
-Di
qualcosa- la pregò lui, corrugando le sopracciglia. Lei
alzò le spalle.
-Dicevo
che con gli studi sono in pari, per oggi posso saltare-
farfugliò lei, prima di
legare le braccia dietro al collo di Mike per ricongiungere le loro
labbra.
Rachel
riprovò ancora una volta la canzone, accompagnata dalla
chitarra di Noah. Forse
quella era la millesima volta che la provavano, ma lei non era ancora
convinta.
-Rach-
la chiamò lui, appena la concluse.
-Riproviamola-
disse lei continuando a camminare in cerchio. Lui
l’afferrò per le spalle,
fermandola.
-Rachel,
mancano dieci minuti. Stai calma, andrà tutto bene- le
sorrise. Lei fece un
grosso sospiro.
-Riproviamola-
ripeté.
-Rachel,
l’abbiamo provata ottomila volte e ogni volta era migliore.
Andrai benissimo.
Sei nata per tutto ciò- la confortò, sorridendole
dolcemente. Vide i suoi
grandi occhi velarsi.
-Ho
paura-mormorò, buttandosi tra le sue braccia. Lui la
strinse, carezzandole la
schiena.
-Andrà
bene, nessuno canta meglio di te-la rassicurò.
-Tranne
Barbra- puntualizzò lei
-Tranne
Barbra- annuì lui ridacchiando.
Lei
si staccò e gli sorrise. Si alzò in punta di
piedi e gli diede un leggero bacio
sulla guancia.
-Grazie
Noah- gli sussurrò, dopodiché si voltò
per raggiungere il centro del palco.
Noah raggiunse la platea e si sedette un po’ più
indietro di dietro a quei
tipi che
l’avrebbero giudicata.
Lei
alzò il capo e sorrise.
-Sono
Rachel Berry e canterò On My Own-
disse prima che le note cominciassero a risuonare nel teatro.
On my own
Pretending he's beside me
All alone, I walk with him till
morning
Without him
I feel his arms around me
And when I lose my way I close my
eyes
And he has found me
Continuò a
cantare mentre Noah
ascoltava sorridente. Andava
tutto bene,
era perfetta come sempre, con gli occhi già velati di
lacrime come suo solito,
decisa, ferma ancora al centro del palco, mentre quelli che
l’ascoltavano
prendevano appunti.
I
love him
But
every day I'm learning
All
my life I've only been pretending
Without
me his world will go on turning
A
world that's full of happiness
That
I have never kno….
Noah
sbarrò gli occhi sconcertato. Il suo acuto, la sua parte
preferita della
canzone. Non ci poteva credere, non riusciva a realizzare che Rachel
Berry
avesse realmente steccato. Guardò i suoi nocciola
spalancarsi terrorizzati,
sentì alcuni borbotti e risatine dai giudici mentre la
melodia continuava.
Aspettò che lei concludesse ugualmente la canzone.
Rachel
sentì gli occhi e le guance bagnarsi. Aveva sbagliato, dopo
aver provato per
ore aveva sbagliato. Provò a dire qualcosa ma le si
fermò tutto in gola. Le bruciava
quasi, aveva un peso insopportabile. Il naso le pizzicava e non
riusciva ad
emettere suono. Distolse lo sguardo dalla platea e si fiondò
verso le scale per
poi correre fuori dal teatro.
-Rachel!-
la chiamò Noah, ma lei aveva già abbandonato
l’edificio e si era messa a
correre lungo il marciapiede, mentre le lacrime le oscuravano la
strada. Voleva
solo scappare o sotterrarsi.
Ecco
sì, voleva morire.
Noah
si gettò fuori dal teatro, correndo velocemente per non
perdere la ragazza. La
continuò a chiamare inutilmente, finché ad un
certo punto si fermò e si sedette
su una panchina con il capo chino. Lui le si sedette accanto,
prendendole a
forza una mano e stringendogliela. Respirava affannosamente, rotta dal
pianto e
dalla corsa. Non riusciva a trattenere né i singhiozzi,
né le lacrime. Per
qualche minuto non riuscì a placare il pianto, nemmeno tra
le braccia forti e
protettive del ragazzo, nemmeno con le sue carezze e le sue parole di
conforto.
-Perché
non torniamo là e gli fai sentire come la canti normalmente,
quanto è
limpida e perfetta
la tua voce quando
non sei così agitata, eh?- le propose ma lei scosse il capo,
mentre le lacrime
solcavano ancora le sue guancie arrossate.
-Ho
rovinato tutto. Ho perso Broadway per sempre- mormorò
disperata.
-Rachel,
torniamo là. Fa vedere loro
chi è Rachel
Berry, mostragli che non troveranno mai una voce come la tua-
continuò lui,
stringendole le spalle per darle coraggio. Le continuava a scuotere la
testa,
contraria.
-Noah
ho sbagliato l’acuto. Io non merito Broadway- gemette,
staccandosi dal ragazzo
e voltandosi dall’altra parte.
-Non
dire stronzate!- sbottò lui alzandosi. Lei porse la mano, ma
lei nemmeno la
guardò.
-Dai,
vieni con me- le disse, cercando di farla alzare.
-No!-rispose
secca lei.
-Starai
qui tutto il giorno?-chiese, incrociando le braccia. Lei si
sdraiò a pancia in
su sulla panchina, chiudendo gli occhi.
-Mi
lascerò morire qui- sussurrò seria.
-Berry,
non farmi incazzare- sibilò lui –ti porto a casa-
decise, per poi prenderla in
braccio mentre lei cercava di opporsi.
-Noo-
si lamentò, cercando di scendere. Lui sistemò
saldamente una mano sotto le
gambe di lei e uno dietro la sua schiena.
-Se
stai buona ti porto a casa così, altrimenti ti carico sulla
schiena- la
minaccio, facendola calmare.
Lei
allora si accoccolò sul suo petto, cercando di nascondere il
viso mentre lui
aveva cominciato a camminare senza sentire la minima fatica.
-Sicura
di non voler tornare al teatro?- chiese
ancora, però più dolcemente.
-Sì,
andiamo a casa. Oggi ho perso la mia voce. Non canterò
più- affermò lei, mentre
nuove lacrime le scendevano, sporcando la maglietta del ragazzo.
***
Ecco,
ho aggiornato solo per te Chiara ;)
Note:
-Sì,
siamo di nuovo nel passato
-Non
chiedetemi perché ho fatto quel che ho fatto a Rachel
perché se solo ci penso
mi metto a piangere ç_ç ( a parte che penso un
po’ OPC e per questo mi scuso
u_u)
-Per
Dave, voglio che canti in Glee *-* . Sentitevi Max
cantare New York u.u
-Per
Blaine, mi volevo scusare perchè mi è stato fatto
notare che era molto molto
OOC e lo stavo usando un po’ come il cattivo. In questo
capitolo è solo geloso
e penso sia normale.
-
La cosa di Santana ormai si potrebbe anche intuire.
A
presto :)
Besos,Miky
|
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Capitolo 7 *** Taking no notice of pain ***
7}Taking no notice of pain
-Tocca
a te- ripeté la bambina, spingendo Noah contro il muro
–Non fare l’antipatico!-
borbottò mentre lui ridacchiava, lasciandosi spingere e
avanzando controvoglia.
-Non
so contare- brontolò appoggiandosi al frigo. Valerie lo
guardò storto.
-Allora
canta una canzone nella tua testa, quando ha finito puoi girarti!- gli
rispose
sorridendo allegra per poi scappare via in tutta fretta. Noah scosse la
testa
guardandola trotterellare con vivacità.
-Troppo
furba per i miei gusti- mormorò mentre appoggiava il capo
contro il frigo e
iniziava a contare.
Brittany
corse in tutta fretta nella sala, sdraiandosi sul letto per poi
coprirsi con le
coperte e i cuscini.
-Max-
lo chiamò sussurrando. Lui alzò la testa e
iniziò a scodinzolare, tirando fuori
la lingua.
-Qui
bello!- mormorò, facendo segno al cane di sdraiarsi sopra di
lei. Il cane
eseguì in fretta l’ordine, accucciandosi sulle sue
gambe e sistemandosi
comodamente, mentre la bionda ridacchiava. Rachel aprì
l’armadio di Noah e ci
si infilò dentro, impegnandosi a richiuderlo senza far
rumore. Valerie invece
si infilò sotto il letto matrimoniale, portandoci anche
Marshall.
-Sessanta
!- gridò Noah , lasciando poi la cucina per iniziare a
guardarsi intorno –tanto
vi trovo tutte, siete delle schiappe- mormorò cominciando a
controllare nel
bagno. Il telefono iniziò a squillare ma il ragazzo decise
di ignorarlo.
Avrebbe risposto la segreteria telefonica, poi lui doveva vincere, mica
poteva
farsi fregare da quelle tre.
Brittany
avrebbe potuto rispondere, le sarebbe bastato scansare la coperta e
allungare
la mano, ma il gioco era più importante di qualsiasi
chiamata in quel momento.
~Lasciate un messaggio
dopo il beep…che schifo Berry, è troppo
informale.. Noah stai zitto che sta
registrando, idiota!Se non abbiamo risposto è
perché non ce ne frega niente,
ahia, smettila di picchiarmi! ~
Beep!
-Puckerman sono David Karofksy, ti chiamo
perchè ho bisogno del tuo aiuto. Non per me, per Santana-
mormorò il
ragazzo. Noah sbarrò gli occhi e si diresse in fretta verso
la sala, sperando
che Brittany fosse abbastanza lontana e non stesse sentendo –Sai ha qualche problema, e mi sono rotto di
vederla con una ragazza diversa ogni sera. La voglio portare via di
qui, vorrei
trovarle un lavoro diverso, vorrei che tornasse in America, che
riallacciasse
le vecchie amicizie, ma lei non ne vuole nemmeno sentire parlare. Tu la
conoscevi molto bene, se hai qualche idea io sono disposto a
collaborare.
Grazie e dillo a Brittany, anzi no, forse è meglio non dirle
nulla-
concluse. Noah era arrivato davanti al telefono per rispondere, poi
aveva visto
Brittany seduta sul divano tra il cane e i cuscini ascoltare tutto
senza
sbattere ciglio. Le si avvicinò preoccupato, vedendo che non
diceva nulla e
fissava il pavimento con uno sguardo perso.
-Hey
Britt- mormorò, lei alzò il capo e spingendolo di
lato cominciò a correre verso
la cucina.
-Tana
per me!Puckerman fai schifo!- ridacchiò, ma Noah, sbuffando,
notò che nei suoi
occhi non c’era il solito scintillio allegro. Per il momento
aveva deciso di non
pensare a quello che aveva appena sentito e non sarebbe stato lui a
farglielo
pesare. Era una cosa che non avrebbe dovuto ascoltare, per cui avrebbe
fatto
finta che non avesse mai ricevuto quel messaggio. Solo
finché non sarebbe stato
solo e in grado di metabolizzare ciò che Dave gli aveva
riferito.
Andò
poi nella camera e abbassandosi incontrò gli occhi sgranati
e azzurri di
Valerie, la quale cercò di sgattaiolare fuori, ma lui era
già uscito dalla
camera ridendo. Rachel intanto si era catapultata fuori
dall’armadio, scattando
nell’inseguimento di Noah. Il ragazzo arrivò nella
cucina, ma Brittany fece di
tutto per bloccarlo, riuscendo così a far passare Valerie e
con un grande
sforzo anche Rachel.
-Questo
è scorrettissimo- sbottò Noah, mentre teneva
ferma Brittany sulla sua spalle
che si dimenava inutilmente, con Valerie che gli si era aggrappata ad
una
gamba. Rachel rise divertita.
-Non
è vero, è che non sai perdere!- trillò
scrollando le spalle –Tocca ancora a te
a contare- aggiunse poi dandogli leggere pacche sulla spalla libera.
Toc
toc
Noah
sorrise, grato a chiunque fosse perché gli avrebbe evitato
di contare ancora,
muovendosi verso la porta, trascinando la gamba visto che una delle due
Pierce non
sembrava intenzionata a scendere. Come l’aprì i
due ragazzi arrivati
scoppiarono a ridere alquanto divertiti.
-Hai
posto se avessi voglia di salire anche io?-chiese ridacchiando Quinn,
mentre il
ragazzo la guardava male. Valerie sbatté le palpebre
più vote, staccandosi
dalla gamba del ragazzo per buttarsi verso il nuovo arrivato.
-Mikeeeee-
trillò mentre lui con un grande sorriso la sollevava senza
fatica.
-Ciao
ragazzi- squillò Brittany, cercando di scendere.
-Non
è tornata anche la tua ragazza?- domandò Mike a
Noah, mentre mordicchiava le
guance di Valerie che rideva stringendo gli occhietti.
-Non
vale se usi Vals come scudo- borbottò Noah, lasciando andare
la bionda. Rachel
fulminò con lo sguardo l’asiatico mentre arrivava
dalla cucina.
-Ciao
Mike, Quinn- sorrise, abbracciando la bionda che ridacchiava
allegramente.
-Q!-gridò
all’improvviso Brittany avvicinandosi all’amica con
gli occhi fissi su qualcosa
che gli altri non avevano notato. Senza troppa delicatezza le
afferrò la mano,
portandosela più vicina al volto con curiosità.
Osservò l’anello leggermente stupita,
mentre Quinn sorrideva un poco imbarazzata e gli altri iniziavano a
capire.
-Vi
sposate?-domandò Rachel battendo le mani e saltellando sul
posto prima che
Brittany saltasse in braccio a Quinn e quella, non preparata a
ciò, cadesse per
terra. Le due bionde scoppiarono a ridere.
-Hey,
stai tentando alla vita della futura Mrs Chang?-domandò
Mike, mentre Brittany
aiutava Quinn a rialzarsi, scusandosi mortificata.
-Posso
fare da testimone?- domandò Valerie in braccio al ragazzo,
tirandogli il
colletto della polo.
-Fare
il testimone non è divertente, sarai la damigella!-
esclamò lui, facendole fare
un salto.
-Posso
vestirmi da principessa?- domandò la bambina sbarrando gli
occhi già
elettrizzata.
-Ovviamente,
devi!- le rispose lui annuendo. Valerie gioì alla notizia,
mentre i ragazzi
scendevano giù nel locale. Si sedettero nel tavolo vicino al
palco come
facevano sempre. Sam li raggiunse sorridendo e salutando tutti come
avrebbe
fatto solo un vulcaniano.
-Puck,
dovresti lavorare anche tu- gli ricordò con un cipiglio
accennato.
-Mangio
e arrivo- sbuffò l’altro cercando di
tranquillizzarlo –Guarda che prima o poi
toccherà anche a te lavorare- bisbigliò a Rachel.
-Certo,
non ti preoccupare- mormorò lei.
-Allora
Rach? Avete finito tutti gli spettacoli, come sono andati, su, su
racconta!-esclamò Brittany, mentre Valerie le si sedeva in
braccio e iniziava a
disegnare qualcosa su un foglio.
-Veramente,
non avremmo finito..- mormorò lei grattandosi distrattamente
la nuca.
-E
allora perché sei tornata?-domandò Mike non
capendo.
-Diciamo
che ..me ne sono andata- confessò, corrugando le
sopracciglia, spaventata dalle
reazioni degli amici. Infatti tutti spalancarono la bocca, fissandola
attoniti.
-In
che senso?-chiese Quinn, mentre il suo sopracciglio destro raggiungeva
metà
fronte.
-Ho
avuto da dire con i registi, e alcuni attori- farfugliò
quella, arricciando le
labbra.
-Berry
non avrai litigato per il ruolo da protagonista?- ipotizzò
Puck, guardandola di
sottecchi. Lei non rispose, emise un risolino soffocato, evitando gli
sguardi
degli altri. Noah appoggiò la fronte sul tavolo incredulo.
-Cioè..eri
partita per tutto ciò..e hai mollato tutto perché
non eri sempre sul palco a
blaterare- borbottò, mentre gli altri scuotevano la testa.
-Ma
cavolo! Io ero la più brava!- esclamò lei alzando
il mento e incrociando le
braccia –le altre erano attricciuole, non ci mettevano la mia
stessa passione-
aggiunse indispettita.
-Ovviamente-
mormorò Quinn sbuffando.
-Quelle
prendevano le gocce per piangere! Che cavolo, una vera attrice deve
saperlo
fare senza mezzucci simili!- sbottò la brunetta –e
naturalmente loro non
avevano la mia mimica facciale, loro non avevano lo stesso legame che
ho io con
il palco- continuò alzando i pugni chiusi e stingendo gli
occhi –Io ho bisogno
di applausi per vivere, loro no!-affermò convinta.
-A
te servono solo un buon medico e delle medicine- mormorò
Noah guardandola
storto.
-Ah.ah.ah.-
fece Rachel, per poi voltarsi dalla parte opposta –Voi
invece, come sono stati
questi quattro anni?- chiese poco dopo, guardando gli amici che avevano
iniziato a cenare.
-Normali- sbuffo Puck
sorseggiando la birra.
-Divertenti-
ridacchiò Britt mentre Valerie le mostrava il suo disegno.
-Bellissimi-
mormorò Mike fissando la fidanzata.
-I
migliori, senza te intorno- sogghignò Quinn, facendo
corrugare Rachel –No,
sincerante un po’ mi sei mancata, avevo solo Puck da prendere
in giro. Se non
contiamo Sam, ci sono un mare di cose che devi sapere!-
scoppiò a ridere la
bionda, mentre gli altri, capendo di cosa parlava, la imitarono poco
dopo.
-Non
starete ancora ridendo per quello!-sbraitò Sam
dall’altra parte del locale,
indicandoli minaccioso. Rachel li guardò curiosa.
-Che
è successo?-chiese sorridendo. Gli altri però non
riuscivano a smettere di
ridere.
-Sam
aveva una fidanzata…- iniziò Mike, parlando a
fatica per le risate –perfetta
per lui, e sinceramente noi l’abbiamo amata veramente tanto.
Solitamente ogni
domenica ci incontriamo, e loro venivano sempre vestiti in modi
strambi, ogni
volta un fumetto diverso.- spiegò.
-Non
ve lo dirò mai!- gli urlò Sam scuotendo il
braccio per far segno di “no”.
-Cosa?-
chiese Rachel che era scoppiata a ridere a sua volta.
-Il
perché si sono lasciati- spiegò Noah
–Hanno rotto davanti a noi, ma parlavano
in Na’Vi e non abbiamo capito nulla..solo che ci ha detto che
se ridevamo
ancora non ci avrebbe mai detto il motivo…e non ridere
è impossibile- le
chiarì, mentre il biondo brontolava tra le e se.
-Cavolo,
mi sono persa momenti epici- piagnucolò la ragazza.
-Tranquilla,
pensi veramente che non abbiamo foto e video salvati ovunque?!-
sghignazzò
Mike.
-E
a Noah non chiedi?- fece Valerie sbattendo le ciglia più
volte.
-Tesoro,
loro avranno taaaaanto tempo per raccontarsi tutto- le rispose
Brittany,
carezzandole la nuca, mentre lei annuiva e tornava alle sue patatine.
-Non
pensate che questa cosa sia un po’ vecchia, non fa
più ridere- borbottò Rachel
scrollando il capo.
-Non
è che deve fare ridere, noi diciamo come stanno i fatti-
ribatté Quinn.
-Avrete
un sacco di tempo, vivete insieme- la affiancò Mike.
-Dormite
persino nello stesso letto- concluse Quinn con un perfido sorrisino.
-Ma
ne compreremo un altro a breve!- precisò Rachel, avvampando
all’istante.
-Perché
spendere soldi, sarebbe inutile!- mormorò la bionda,
stringendo le labbra.
-Sai,
per certe cose è più com…-
cercò di spiegarle Mike, agitando una mano per dare
maggior enfasi.
-Mike!-
strillò la brunetta, voltandosi poi a dare alcuni schiaffi a
Noah –E tu
finiscila di ridere e ribatti- lo sgridò, mentre quello si
parava con un
braccio.
-Parlando
di voi- s’intromise allora Puck, minacciato da sguardo
assassino e forchetta di
Rachel –Cavoli vi sposate!- esclamò aprendo le
braccia eccitato. I due
fidanzati annuirono con fare vago.
-Era
ora- commentò Brittany, tornando poi a pitturare con i
pennarelli, per
dispetto, la faccia della figlia, la quale le colorava le braccia.
-Rach,
tu sarai la mia testimone, non puoi obbiettare. Il tuo ragazzo e
Brittany
saranno quelli di Mike- decretò Quinn, assaggiando poi il
dolce che le era appena
stato portato.
-Sorvolerò
su quello che hai appena detto perché si parla del tuo
matrimonio- sbuffò la
brunetta.
-E
io farò la principessa!- puntualizzò Valerie
alzando un colore come fosse uno
scettro. I ragazzi le annuirono, sorridendo, mentre finivano di
mangiare.
-Ma
ci pensi Q! Avrai il tuo giorno, come hai sempre voluto-
mormorò Rachel
sorridendole dolcemente.
-Sì-
sospirò l’amica- Già immagino quando
entrerò in chiesa, con il vestito bianco,
mia madre che piangerà tra le prime file, Noah che mi
accompagnerà all’altare,
poi la cerimonia…- sussurrò sognante, mentre gli
occhi già le si velavano.
-Ma
scusa, Mike mica è cristiano- osservò la mora,
cercando lo sguardo
dell’asiatico.
-Poco
importa, si convertirà ovviamente- rispose la bionda
–Dobbiamo sposarci in
chiesa- sottolineò con un cenno del capo.
-Oh,
non penso proprio che mi convertirò- disse Mike ridacchiando.
-Sì,
lo farai- annuì la fidanzata, mentre lui la fissava
contrariato.
-Cantiamo!-
trillò improvvisamente Valerie che si era stufata di stare
seduta a pitturare.
-Ancora
mi chiedo come tu le abbia attaccato questa fissa, a migliaia di
kilometri di
distanza- ridacchiò Noah, sussurrando all’orecchio
di Rachel.
-E’
troppo tardi pulcina- le ricordò Brittany, dandole un bacio
sulla fronte.
-Ma
cantate voi- insistette la piccola –Racheeeel, canti per me?-
chiese, guardando
la ragazza con due grandi occhi imploranti. Rachel la fissò
sconvolta, come se
le avesse chiesto una cosa terribile. Noah e gli altri la guardarono
seri,
aspettando una reazione.
-Io…veramente
non so cantare- sussurrò, guardando il tavolo, a disagio.
Valerie tirò la
maglia della madre imbronciandosi.
-Mammi,
dille che le bugie non si dicono- le implorò, riattivando
l’attenzione della
mora su di se.
-Perché
bugie?- chiese, ma la voce le tremava.
-Mami
dice sempre che sei una delle sue cantanti preferite, dice che hai la
voce
degli angeli- le spiegò la bimbetta, scendendo poi dalle
gambe della madre per
andare incontro alla ragazza. Rachel portò il suo sguardo
accusatorio su
Brittany, la quale scrollò le spalle, come per farle capire
che era solo la
verità, poi lo posò nuovamente su Valerie.
-Allora?-
proseguì la
piccola, mentre un sorrisino
le affiorava sulla bocca sporca di cioccolato.
-Vals,
vieni qui- la chiamò Noah, battendo le mani sulle proprie
cosce, per invitare
la piccola a salire. Quella però scosse il capo,
impuntandosi.
-Dai,
ti canto una canzone io, con Quinn se le va- si offrì,
cercando di togliere
Rachel da quella situazione che, sapeva, odiava. Quinn però
gli sillabò un
feroce “no”, socchiudendo gli occhi a fessura.
Allora si ammutolì, rimuginando
sul fatto che la bionda era quella che meglio sapeva cosa fare, essendo
una
psicologa, almeno quello doveva capirlo. Mentre Valerie attendeva una
risposta,
un gruppo di ballerini salì sul palco, portando via
l’opportunità di cantare.
Rachel tirò un sospiro di sollievo, ma la piccola non era
dell’idea di
arrendersi.
-La
mamma dice che sai una canzone bellissima, solo che non me
l’ha mai cantata
perché non ricorda la melodia- la incitò,
sorridendole allegra.
-Quale?-domandò
la ragazza, aggrottando le sopracciglia.
-My Headband- trillò la bimba,
facendo
sorridere la mora –allora, me la canti!?-continuò.
-Ma
hanno occupato il palco- le fece notare, ma Valerie scrollò
le spalle.
-Cantala
senza musica, mi piacerebbe sentirla-disse decisa. Brittany la
guardò dubbiosa,
decidendo poi di farla smettere, vedendo le espressioni di Rachel.
-Dai
grillo, stasera non le va-cercò di consolarla, sorridendole
amorevolmente. La
bambina allora diede subito ascolto alla madre, sospirando leggermente
delusa,
e fece per tornare al suo posto.
There you rest
With all the
rest
Of my
accessories
On my
nightstand.
Rachel,
iniziando a sussurrarla, la fermò, ricordando il testo e la
tonalità, senza
avvalersi di nessun tipo di sottofondo. Valerie si voltò di
scatto stupita,
sorridendole radiosa, il che la spinse a continuare.
You’re
red or yellow
and like a good
fellow
Gli
amici la
guardavano contenti, senza parole. Noah era allibito, la fissava
boccheggiando.
Quella voce, l’avrebbe riconosciuta tra mille. Era qualcosa
di così unico e
raro e ascoltarla dopo tanto era come tornare a mangiare cioccolato
dopo una
lunga dieta, come un giorno di sole dopo un inverno freddo e buio;
anche se
cantava un canzone su un cerchietto, anche se lo faceva timidamente,
guardando
solo Valerie.
Sometimes you
get lost in my mess
But when
schoolgirl pigtails won’t do
and I need to
control my do
You’re
the only one I can count on
My headband
You’re
my headband
Concluse,
arrossendo lievemente mentre la piccola le si buttava addosso grata.
-E’
la migliore
canzone di sempre!-gridò Valerie elettrizzata
–Mami aveva proprio ragione sulla
tua voce- le sussurrò poi all’orecchio, facendole
sgranare e inumidire gli
occhi.
***
Ammiraglia, eccoti il tuo
aggiornamento u_u
Note:
-Oh,
mancano vari personaggi, capita! Scherzo, è che ho deciso
che alcuni capitoli
saranno incentrati solo su alcuni, che poi verranno tralasciati in
altri.[Per
la storyline di Kurt sono accettati consigli o suggerimenti ;D]
-Sì,
mi diverto a far prendere in giro Noah e Rachel
-Avverto
che i capitoli sul passato (come quello precedente) vanno in ordine
cronologico. Tra poco avrete il prossimo u_u
-Rach
ha cantato! E’ un minuscolo passo avanti ;)
-Anh,
il messaggio all’inizio di Dave, è abbastanza
importante per il resto della
storia :)
Bene,
spero ci siano pochi errori.
Ora
torno alla mia HQ di Mark, perché ne sento la mancanza u.u
A
presto!
Besos,
Miky
|
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Capitolo 8 *** *Hugs and slaps* ***
8}*Hugs and slaps*
Quinn
posò nuovamente le sue labbra su quelle del ragazzo, per poi
appoggiarsi al suo
petto e continuare a guardare il film. Lui sorrise e prese a lisciarle
dolcemente i capelli.
-Comincio
a capire perché piaci tanto a Brittany- mormorò
la bionda.
-Hai
qualcosa contro i film che scelgo?- domandò lui, facendo il
finto arrabbiato.
-Oh,
affatto. Soprattutto ora che so che il capitano Shang era il tuo eroe-
ridacchiò la bionda.
-Anh
ecco!-
-Eppure
non hai trovato la tua Mulan!- osservò Quinn, alzando il
capo.
-Preferivo
una come Aurora. Un po’ svampita….- rise,
schivando uno schiaffo dalla ragazza
– ma bellissima- aggiunse, bloccandole le braccia.
-Non
sei affatto simpatico- brontolò lei imbronciandosi.
-Anche
un po’ permalosa, noto- continuò, non riuscendo
però a evitare un pugno nella
pancia. Mike poi iniziò a lamentarsi insistentemente, come
se fosse stata la
cosa più dolorosa che avesse subito.
-Che
sciocco- sorrise lei, mettendosi a sedere e tornando a concentrarsi sul
film.
Lui sporse all’infuori il labbro inferiore, esibendo uno dei
suoi strani
facciotti.
Appoggiò poi la
testa sulle gambe di Quinn.
-Non
si parla così del proprio ragazzo- sbuffò,
puntellandole con l’indice la
pancia.
Lei
a sentire quelle parole riportò l’attenzione su
Mike, sbattendo le ciglia
sorpresa, come se avesse realizzato solo in quel momento che stavano
insieme
sul serio.
-Sai,
dovremmo renderlo ufficiale- decise Quinn, carezzandogli i capelli neri.
-Quando
vuoi. Dopo lo dico a Britt. Ci vorrà poco prima che lo
sappia tutta l’America,
e in pochi giorni ne sarà a conoscenza tutto il mondo-
disse, facendo ridere la
ragazza.
-Ottimo!-
trillò lei, abbassandosi poi per baciarlo di nuovo.
Brittany
entrò in casa con varie borse, dirigendosi poi
immediatamente verso la sala.
Santana era sdraiata sul divano che sonnecchiava mentre in televisione
passava
un vecchio film. Brittany sorrise, spense la tv e si e si avvicino alla
ragazza. Si abbassò poi sulla pancia accennata e
schioccò un tenero bacio,
carezzandola dolcemente. Santana grugnì qualcosa,
stropicciò gli occhi e alzò
il busto , tentando di sorridere alla bionda senza successo.
-Ciao
B- mugugnò, allungando le braccia in richiesta di un
abbraccio.
Brittany
la strinse, baciandola dolcemente, sedendosi poi sul bordo del
sofà.
-Ti
ho comprato dei nuovi vestiti. Perfetti per le mamme- annuì
la bionda, giocando
con delle ciocche nere della fidanzata. Santana si allungò
leggermente per
raggiungere alcune borse, guardandoci dentro.
-Britts,
ma che colori hai scelto?!- mormorò ridacchiando.
-L’azzurro
e il giallo sono dei bei colori- si giustificò lei,
scrollando le spalle.
-E
il rosa scusa? Mi hai mai vista vestita di rosa…e
perché sono tutti a fantasie
di animali!??- si lamentò la latina, continuando a scrutare
i completi.
-Gli
animali perché piacciono a me e al bambino. Il rosa
è se fosse una femmina-
spiegò, mostrandole una maglietta su cui era stampato un
gattone simile a
Tubbington. Santana fece una smorfia, pensando che avrebbe fatto meglio
a
mandarci Quinn a fare compere.
Poi
la bionda si alzò per prendere qualcosa.
-Ti
ho anche preso una fetta di cocomero!- esclamò
mostrandogliela. Santana sorrise
soddisfatta. La sera prima si era svegliata nel mezzo della notte
implorando
Brittany di andarle a comprare un’anguria, scoppiando perfino
in un pianto
isterico. La compagna era addirittura andata a cercarlo, ma alle due di
notte
non l’aveva trovata, così aveva pensato di
prenderla appena possibile. L’ispanica
si alzò, accomodandosi a tavola per appagare la sua voglia,
mentre Brittany la
guardava divertita.
-Se
fosse una maschio come
lo chiameresti?-
chiese ad un tratto la bionda. Santana alzò la gli occhi,
pensandoci un po’ su,
mentre con il coltello toglieva i fastidiosi chicchi neri.
-Mi
piacciono o Matthew o Thomas, però ancora non saprei-
rispose, vedendo l’altra
annuire –Se fosse femmina invece..- fece per continuare, ma
Brittany la bloccò.
-Valerie-
disse decisa.
-Perché
mai? A me non piace molto..-scosse il capo la mora.
-Se
fosse femmina si chiamerebbe Valerie perché sì.
E’ la tua canzone, immagino già
quando gliela canterai- squillò eccitata. Santana sorrise,
pensando a quello
che le aveva detto Brittany. Tra pochi mesi avrebbe stretto tra le sue
braccia
quel frugoletto che stava crescendo nella sua pancia, era
così incredibile.
-Ma
non dovremmo sposarci prima che nasca?- chiese la bionda preoccupata.
-Non
se ne parla, è proprio escluso!- borbottò
Santana, scuotendo la testa –Non mi
sposerò con questa pancia- chiarì, indicandola.
Brittany s’imbronciò
leggermente.
-Ma
se nemmeno si vede- mormorò, ricevendo
un’occhiataccia dalla compagna.
-Sembro
una balena spiaggiata- brontolò la latina, mentre la
compagna la guardava
contrariata. Sentirono poi suonare la porta e la bionda andò
ad aprire,
evitandosi le lamentele di Santana sulle sue dimensioni in continua
crescita.
-Quinn!-
trillò, buttandosi in avanti per abbracciare
l’amica.
-Ciao
Britts- ridacchiò la ragazza.
-Hey
Brittany- la salutò Rachel al fianco dell’altra, e
appena la bionda se ne
accorse, si precipitò a stringere pure lei. Le fece entrare,
portandole
poi in cucina dove
l’ispanica era ancora
alle prese con la sua fetta di cocomero.
-Hey
Lopez, che pancia che abbiamo messo su!- la derise Quinn con un perfido
sorrisetto. Santana guardò prima lei poi la compagna,
portando infine lo
sguardo su Rachel che rideva divertita. Il labbro inferiore
cominciò a tremarle
e scoppiò a piangere.
-Tra
poco vorranno mettermi in un acquario… dove verrò
corteggiata da trichechi-
piagnucolò abbassando il capo disperata .
Le
due arrivate cercarono di trattenere a fatica le risate, per tentare di
calmarla.
-Scherzavo,
si vede appena- le mormorò Quinn, accarezzandole le spalle.
Santana si calmò di
colpo, fulminando con lo sguardo la bionda.
-E
allora che cavolo dici! Fabray modera il linguaggio – la
minacciò puntandole
l’indice contro con fare minaccioso – e che cavolo
ci fa Rachel Berry in casa
mia?- sbottò poco dopo sotto gli sguardi straniti delle
altre ragazze.
-Ma
ero così anche io?- domandò Quinn sollevando un
sopracciglio, un po’
preoccupata.
-No,
ma lei è Santana.- le sussurrò a bassa voce
Rachel –Sono venuta a portarti un
regalo per il piccolo!- esclamò poi a voce alta, porgendo
una borsa alla latina
che la guardava dubbiosa. Brittany la guardò curiosa,
cominciando a rimuginare
su qualcosa.
-Mancano
cinque mesi- le fece presente l’ispanica, tirando poi fuori
una scatola su cui
era appiccicato un grande nastro.
-Sì,
ma io dovevo essere la prima – precisò Rachel,
portando le mani sui fianchi.
Santana
ne alzò il coperchio, trovando all’interno quattro
deliziosi body con bavaglino
abbinato, di fantasie e colori diversi. Sbatté le ciglia
sorridendo. Erano così
piccoli e graziosi e tra poco il suo cucciolo li avrebbe indossato. Si
alzò e
abbracciò Rachel, la quale sbarrò gli occhi
allibita, mentre l’altra la
stringeva forte, decisa a non staccarsi.
-Grazie
Berry- mugugnò, biascicando le parole, mentre la ragazza che
stringeva assumeva
espressioni sempre più attonite –e.. ti do anche
la mia benedizione con
Puckerman..-aggiunse, dandole qualche pacca sulla schiena prima di
allontanarsi.
-Grazie,
ma io e Noah non stiamo insieme – puntualizzò la
ragazza, arricciando il naso.
-Come
no- dissero assieme Quinn e Santana, per poi sogghignare.
-Ma
è vero!- stridette la brunetta.
-Come
vuoi- la fece tacere Brittany – Piuttosto. Ho sentito Mike-
cinguettò,
saltellando verso Quinn, la quale sbatté le ciglia
più volte, deglutendo
lentamente, mentre tutti gli occhi venivano puntati su di lei. Santana
notò la
sua espressione leggermente imbarazzata e batté le mani
gioiosa.
-Fabray,
mi devi cinquanta dollari!- squillò, portando la mano
davanti al viso
dell’amica.
-Per
quale motivo?- chiese quella, increspando le labbra.
-Avevo
scommesso che vi sareste messi insieme entro Giugno, e mia cara avevo
ragione.
-chiarì, ridacchiando soddisfatta.
-Ma
avevi scommesso da sola, quando lo dissi, io chiusi la chiamata. Non
significava che accettavo la scommessa- la contraddisse Quinn,
spostandole la
mano.
-Non
toglie il fatto che avessi ragione, il che conferma la prima regola di
Santana-
sorrise tutta fiera.
-Che
sarebbe?- chiese Rachel non capendo.
-“Santana ha sempre ragione”-citò
Quinn
con una smorfia, mentre la latina annuiva convinta.
Rachel
guardò fuori dalle finestre scocciata, battendo il piede
contro il pavimento
nervosa. Era in ritardo e lei odiava quando le persone lo erano.
Finalmente lo
vide entrare nel bar, ancora mezzo addormentato, che la cercava con lo
sguardo.
Appena la notò, la guardò malissimo,
avvicinandosi poi con poca voglia, fino a
sedersi di fronte a lei.
-Sei
in ritardo!- squittì immediatamente.
-Berry,
svegliami un’altra volta alle cinque del mattino e chiamo la
polizia!-
l’avvertì lui chiudendo gli occhi a fessura e
stringendo i denti.
-Oh
quante storie!- sbuffò quella, passandogli la solita
colazione.
-Che
vuoi stavolta?-chiese sospirando esasperato . Sinceramente non sapeva
nemmeno
perché aveva accettato. Doveva essere più pazzo
di lei per assecondarla ancora.
-Ho
un progetto e vorrei che tu mi aiutassi- iniziò, mentre le
sue ciglia si
agitavano in uno sfarfallio frenetico. Lo faceva sempre quando voleva
ottenere
qualcosa da lui, forse era quello che lo confondeva e lo spingeva ad
accettare.
-Prova
a dire- rispose, aggrottando le sopracciglia un po’
spaventato.
-Ho
comprato un edificio non molto distante dal centro- rivelò
lasciandolo di
stucco.
-E
i soldi dove li avresti trovati?- domandò il ragazzo.
-Ecco-
ridacchiò lei, grattandosi il capo e guardandosi in torno con fare vago –ho
iniziato a pagarlo, ma avrei
bisogno di un ….socio
– ammise,
tornando a guardarlo.
-Ahah.
Questo nuovo senso dell’umorismo mi piace- rise lui, sperando
che stesse
scherzando.
-No,
sono seria- precisò lei.
-E
lo stai dicendo a me perché…?- chiese,
terrorizzato dalla risposta e alquanto
convinto che avrebbe incluso il fatto che era suo dovere in quanto suo
migliore
amico.
-Bè,
perché è il tuo dovere aiutarmi in quanto mio
migliore amico- disse in fretta
lei, seguendo esattamente le aspettative di Noah. Lui di
grattò la cresta
borbottando.
-No-
scandì poi, fermo sulla sua decisone.
A
lei tremolò leggermente il labbro inferiore e i suoi occhi
cominciarono a
velarsi, finché alcune lacrime non scesero solcando le sue
guancie arrossate.
-Berry,
so che puoi piangere a comando, non m’incanti- la
fermò lui.
Rachel
si pulì gli occhi indignata, risistemandosi in fretta.
-Sei
un insensibile- mormorò. Noah sospirò,
maledicendosi già per quello che avrebbe
detto.
-E
se ti dovessi aiutare, perché compreremmo questo edificio?-
domandò, facendo
spuntare un nuovo sorriso sulle labbra della mora.
-Ci
sono due piani. Il piano superiore sarebbe un appartamento dove
potremmo
vivere.-
-Io
e te?- chiese lui
-Sì,
sei il mio migliore amico e saresti il mio socio no?- sorrise,
proponendoglielo
con naturalezza. Lui annuì, aspettando che continuasse.
-…E
al piano inferiore avevo intenzione di aprire un locale. Sai non un
semplice
bar, o un ristorante. Un posto dove si possa mangiare tranquillamente
in
compagnia, ma la cosa più importante sarebbe un palco in un
angolo illuminato
dove i giovani artisti possano esibirsi in ogni momento della giornata.
Cantanti, ballerini, comici o qualsiasi cosa ti venga in mente. Per
dare
un’opportunità a tutti di esprimersi.- gli espose
il piano. Noah vide come i
suoi occhi brillavano e pensò a quanto ci avesse rimuginato
sopra, immaginando
per filo e per segno anche la disposizione di ogni tavolo, quanto
quell’idea
ormai si fosse impiantata in lei, diventando il suo nuovo sogno. Era
quello che
le aveva detto di fare, le aveva suggerito di trovare un nuovo sogno,
di andare
avanti e lei l’aveva ascoltato. Ora ne aveva pianificato uno
che comprendeva
anche lui, e dopotutto a Puck non gli sarebbe dispiaciuto una cosa
simile.
Perciò si disse “perché no?”
Era un’idea interessante e avverabile. E ciò che
serviva di più a Rachel in quel momento era qualcosa che si
potesse realizzare.
-Ci
sto!- esclamò sorridendo.
-Davvero?-
chiese lei incredula. Sì, glielo aveva quasi imposto, ma non
credeva certo che
avrebbe accettato così in fretta, né che ne
sarebbe rimasto davvero convinto.
Si
alzò subito, buttandosi tra le sue braccia.
-Grazie-
sussurrò mentre lui la teneva stretta a se.
-Hai
già pensato al nome?- s’informò. Lei
annuì, restando contro al suo petto.
-Broadway-
mormorò e Noah non poté che comprendere ancora
meglio quanto fosse importante
quel nuovo progetto per Rachel.
-Oddio,
se penso che tra poco vivremo insieme mi viene male- la
schernì, ricevendo poi
una spinta.
-Allora?-chiese
alzando un sopracciglio.
-Smettila!-strillò
nervoso Kurt velocizzando il passo.
-Non
ha più scuse vero?- domandò retoricamente,
alquanto soddisfatto.
-Io
e Blaine ci siamo lasciati!- gi gridò Kurt voltandosi di
colpo.
Dave
lo guardò stupito, gli sembrava incredibile. Finalmente
aveva ottenuto ciò che
voleva e… non notava nemmeno una nota di dolore
nell’espressone di Hummel. Un
sorrisino sornione affiorò sulle sue labbra.
-Mi
sembri proprio disperato- mormorò, mentre l’altro
arrossì di colpo.
-L’ho
lasciato io- confessò, riprendendo a camminare, prima di
sentire la risata
divertita dell’altro.
-E
perché lo avresti lasciato?- volle sapere David,
arrivandogli al fianco. Kurt
sbuffò, borbottò, fece roteare gli occhi e
cercò anche di cambiare direzione
più volte, ma il l’ex Titans lo marcava stretto.
-Ci
potrebbe essere la remota possibilità che tu avessi un
pizzico di ragione-
mugugnò senza guardarlo negli occhi. Dave sorrise ancora di
più, del tutto
compiaciuto della situazione.
-No,
io penso proprio che avessi del tutto ragione. Sei irrimediabilmente
innamorato
di me, fatina- lo derise, ricevendo uno schiaffo sul braccio.
-Sei
il ragazzo sbagliato, non funzionerà mai- mugolò
piano Kurt, tenendo il capo
chino.
-Non
puoi saperlo- mormorò David, questa volta più
serio. Il più basso alzò gli
occhi azzurri, legandoli a quelli verdi di lui, per poi vederli
avvicinare
sempre di più fino ad osservarli chiudersi, mentre le labbra
del ragazzo si
posavano sulle sue. I suoi occhi invece li sbarrò scioccato,
non tanto per il
bacio, ma per il modo in cui l’aveva fatto.
David
si staccò notando che qualcosa non andava.
-Che
hai ora?- chiese, imbronciandosi appena.
Kurt
si buttò tra le sue braccia sorridendo, il che
creò ancora più confusione
all’altro.
-Sei
impazzito di colpo?- provò a interpretare quello
più alto
-Mi
hai baciato davanti a quelle due persone!- trillò entusiasta
Kurt, dopodiché
notò un leggero rossore anche sul volto di Dave e non
poté che a tornare a
sorridere.
***
Cioè
Ammiraglia, so che mi odi, ma il capitolo l’ho pubblicato per
te u_u
Ormai
in molti avranno capito cosa è successo a San, e
sì, sono un po’ cacca a
mettere questi momenti dolciosotti ç_ç In
compenso ora dovrebbe essere più
chiara la faccenda del Broadway e della convivenza Puckleberry.
Spero
ci siano pochi errori
Besos,Miky
|
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Capitolo 9 *** Beds and apologies ***
9}Beds and apologies
Dave
si rigirò nel letto, cercando di trovare una posizione
più comoda, visto che
per qualche strano motivo era finito sul bordo. Voltandosi ne
capì la ragione,
scontrandosi con un corpo minuto e caldo. Aprì gli occhi
allarmato, trovando
poi Santana accucciata su un fianco, che sonnecchiava tranquilla,
stringendo i
bordi delle coperte. La osservò mentre si svegliava pian
piano, rannicchiandosi
contro il suo petto come una bambina.
-Santana,
che ci fai qui?-borbottò. Dopo il litigio di qualche giorno
prima non si erano
ancora parlati, ed era veramente strano che si facesse viva lei, per
prima. La mora
non rispose subito, ma nascose il volto contro il corpo di lui,
aggrappandosi
leggermente alla sua maglia. David sbuffò, abbracciandola
con fare vago.
-Mi
dispiace- farfugliò la latina, senza alzare gli occhi.
-Sì..-
mormorò lui- però devo dirti una cosa- aggiunse
sospirando. Lei non reagì,
aspettando.
-Ho
chiamato Puck e gli ho chiesto di trovarti un lavoro a Lima-
confessò.
L’ispanica
sollevò il busto all’istante, rivolgendogli uno
sguardo carico di ira e al
contempo paura.
-Dimmi
che stai scherzando?!-ringhiò.
-Sono
serio- sussurrò lui, rimanendo calmo.
-Perché?-gli
urlò contro la ragazza, cercando di tirandogli un pugno sul
petto, ma lui
riuscì a bloccarla, afferrandole il polso.
-Perché
voglio aiutarti, e non tirare fuori stronzate! Qui non va bene per te,
la devi
finire di fuggire..- le rispose mentre lei lo guardava, sentendosi
tradita.
-Non
avresti dovuto- farfugliò, stringendo le labbra.
-Era
l’unico modo per farti ragionare- si giustificò.
-Senti
me ne andrei da qui, ma non voglio tornare a Lima.. e non voglio
lasciare te…-
mormorò a bassa voce, cercando di trovare un compromesso.
-Mi
farò trasferire in una filiale americana, poi ti
cercherò un posto di lavoro.-propose,
sorridendole appena. Lei annuì, anche se l’idea
non le andava troppo a genio.
-Ma,
gli hai dato il mio numero, o l’indirizzo?-sbottò
appena le venne in mente.
-Se
l’avessi fatto non ti avrei detto nulla finché non
arrivavano, no?-domandò
retoricamente, vedendola tranquillizzarsi –e poi non era
nemmeno in casa, gli
ho solo lasciato un messaggio in segreteria-.
-Sei
sicura eh?- domandò il ragazzo entrando nel negozio dopo di
lei.
-Ti
dico di sì!-esclamò ancora una volta Rachel
annuendo decisa.
-Guarda
che dopo ci devi dormire- le ricordò mentre lei avanzava
cominciando a
guardarsi in giro.
-Non
sono una bambina, ti dico- rise lei, scuotendo la testa.
-Bah…sarà
l’altezza che mi confonde…-la schernì,
sorridendo ebete e ricevendo un buffetto
sul braccio. Rachel poi cominciò a trotterellare da un letto
all’altro,
scrutandoli attentamente.
-Sai
vero che non lo prenderemo con il baldacchino- le mormorò
mentre lei si
avvicinava a quel reparto. Rachel si voltò di scatto
spalancando la bocca.
-Come
no? Io ho sempre desiderato un letto a baldacchino!- replicò
la ragazza,
corrucciandosi.
-E
io ho sempre desiderato una elicottero-disse lui, guardandola storto.
-Nessuno
ti impedisce di comprarlo- disse lei, scrollando le spalle.
-Non
spenderemo soldi per un baldacchino, che tra l’altro
è proprio inutile- affermò
Noah, afferrandola e portandola via da quella zona.
-E’
perché non ne cogli il lato artistico- provò a
ribadire lei.
-Sì
certo- assentì lui, continuando a spingerla. Lei ad un
tratto si bloccò,
puntando il braccio verso un modello preciso.
-Voglio
quello!-trillò, sorridendo entusiasta.
-Quello
rosa?-domandò lui, spaventato dalla risposta che avrebbe
ricevuto.
-Esatto!-
-Tesoro, tesoro..-
chiamò Quinn, facendo gesto
con la mano di avvicinarsi. Lui si sedette al suo fianco, notando
riviste e
fogli in disordine sulla scrivania, tutti attinenti
all’argomento
“matrimonio”.Sorrise vedendola cercare qualcosa
lì in mezzo.
-Sai
pensavo di farlo in estate, perché si può fare il
pranzo all’aperto, le foto
verrebbero bellissime e potrei mettere un vestito senza spalline-
propose,
mentre lui annuiva –ho fatto una lista dei ristoranti dove
potremmo pranzare-
trillò, passandogli due fogli contenenti un lungo elenco.
Lui sollevò le
sopracciglia, ridacchiando.
-E
da cosa scelgo? Ci sono solo dei nomi- mormorò, scorrendoli
velocemente. Le gli
passò un altro plico di fogli.
-Qui
c’è una breve spiegazione per ognuno- gli sorrise,
sistemandosi velocemente il
ciuffo in cui aveva legato i capelli corti. Lui
l’afferrò, chiedendosi quanto
tempo ci avesse impiegato, per poi tornare a portare lo sguardo su di
lei.
-E
dovrei scegliere ora?- chiese – Sai, dovrei solo andare a
lavorare- mormorò,
alzando le spalle.
-Oh,
tu e il lavoro. Gli dai troppa importanza- scherzò lei,
appoggiando il capo
contro il suo petto.
-Visto
che mi farai spende un patrimonio, devo dargliene- rise lui,
arruffandole
dolcemente i capelli.
-Bè,
non ci sono poi così tante spese- provò a
difendersi lei, scrollando le spalle,
dopodiché Mike scoppiò immediatamente a ridere
–I vestiti, il pranzo, le foto, la
luna di miele…- iniziò ad elencare, corrugando un
po’ le sopracciglia come se
si fosse ricreduta sulla spesa –e i fiori per la chiesa-
concluse, sorridendo
innocentemente. Lui fece roteare gli occhi, stampando un bacio sulle
labbra
della fidanzata, per poi avviarsi alla porta.
-Quelli
non servono, non ci sposeremo in chiesa- precisò, facendo
per uscire.
-Certo
che sì!- ribattè lei, annuendo.
-No,
ti dico! Ti amo, a dopo!- la salutò poi andandosene.
-Sono
seriaaaa, ti convertiaaaai- gli urlò lei, correndo verso
l’uscita –e ti amoooo
anche iooo- ridacchio, rientrando poi in casa.
Brittany
concluse il pezzo con una spaccata, spalancando le braccia e
sorridendo. Le
bambine la guardarono gioiose, iniziando a dire che tutte volevano
essere brave
come lei.
-Lo
diventerete, anche più brave scommetto- annuì la
donna, mentre si
alzava e sistemava nuovamente le
bambine ai loro posti – su, tornate a provare!- le incito,
vedendole impegnarsi
con verticali e ponti.
-Mammi,
non penso di aver capito- borbottò Valerie, trovandosi a
rotolare su un fianco,
un po’ sbilenca. La madre ridacchiò, aiutandola
poi nell’esercizio.
Nonostante
Brittany lavorasse come coreografa non riusciva a lasciare quel corso.
Qualche
anno prima lei e Mike avevano deciso di insegnare in una palestra nella
periferia di Lima e avevano iniziato a dare lezioni a vari gruppi di
ragazzi,
sia di danza di qualsiasi genere, che di ginnastica artistica. Poi
però Mike
era stato assunto in un’importante compagnia ed aveva potuto
lavorare nel mondo
dell’economia. Così aveva lasciato i corsi e
pensava l’avrebbe fatto anche
l’amica. Ma Brittany non riusciva a rinunciarci,
così ne teneva alcuni per
bambine dai due ai dieci anni. Ovviamente Valerie aveva iniziato il
prima
possibile.
-Brit…
Briit guarda!- la chiamò una bambina, riuscendo
nell’esercizio e scendendo con
una capriola. La bionda battè le mani entusiasta, e, mentre
Valerie sbuffava
perché invece a lei non veniva, andò ad accendere
la musica, per poi tornare ad
aiutarle.
-Allora,
sappi che se non ci dormi ti ci lego sopra- brontolò Noah,
riuscendo finalmente
a far entrare il materasso nella stanza.
-Se
non mi andasse bene, sarebbe colpa tua che non hai voluto comprarmi il
baldacchino- puntualizzò lei, dandosi aria ai capelli,
mentre teneva in mano i
cuscini che era appena andata a rubare dalla stanza del ragazzo.
-Sì,
come no…- farfugliò il ragazzo, cominciando a
montare il letto nuovo, mentre
lei gli trotterellava intorno spiegandogli come fare, il che lo
irritava ancora
di più.
-Fatto,
contenta!- sbottò alzandosi e strappandole dalle braccia il
suo cuscino
preferito, rivolgendole anche un’occhiataccia.
-Perfetto!-
trillò lei, cominciando a mettere le lenzuola, ovviamente
rosa.
-Nemmeno
a Valerie piacerà- mugugnò lui, scrollando il
capo.
-Se
se, vedrai- mormorò lei, quando Max ci saltò
sopra, sistemandosi comodamente e
iniziando a scodinzolare con la lingua di fuori – Maaax!-
gridò lei, cercando
di farlo scendere, inutilmente.
Noah
ridacchiò, tornando poi nella sala dove erano sparsi i
vestiti della ragazza
che avrebbe dovuto ordinare nella camera. Notando il telefono gli
tornò in
mente il messaggio che aveva ricevuto qualche giorno prima.
-Accidenti-
sussurrò, tornando ad ascoltarlo. Santana evidentemente
aveva toccato il fondo.
Era il momento di riportarla a casa e doveva assolutamente trovare un
modo per
aiutare Dave in ciò. Rachel lo raggiunse con
un’espressione preoccupata.
-Non
avete più avuto sue notizie da…-
domandò seria.
-Già-
annuì lui, soffiando e grattandosi la cresta.
-Sai
già come fare per aiutarla?- continuò,
sorridendogli amichevolmente.
-No,
ma lo devo trovare. Per certo so che prima di tutto dovrò
richiamare Dave, poi
gli chiederò dove la posso trovare, e la andremo a prendere.
La riporterò a
casa- affermò deciso.
-Ma
lei e Britt…- provò a dire la ragazza.
-Sistemeranno
tutto. Anh, di sicuro so anche che dovrò prendere a calci
quella testona…-
aggiunse, sospirando, mentre cominciava a portare alcune cose di Rachel
nella
sua camera, seguito a ruota da lei.
-Sai,
potremmo cercarle un lavoro in città-
propose la ragazza, sorridendo.
-Sì,
dovremmo- le sorrise lui, trovando l’idea valida.
-Al
massimo la possiamo assumere qui al Broadway- continuò,
aprendo l’armadio e
iniziando ad appendere gli abiti.
-Ancora
meglio- esclamò Noah, passandole gli indumenti –
No, Berry… non ci credo-
scoppiò a ridere, facendo imbronciare l’altra
–Se Shue aveva la collezione di
gilet, tu gli fai concorrenza con la tua di calzettoni-
sghignazzò, notando
quanti ce ne fossero e di quanti colori assurdi.
-Puckerman,
o la finisci subito o mentre dormi ti taglio la cresta- lo
minacciò lei alzando
un dito, facendolo immediatamente zittire e portare entrambe le mani
sulla
testa, preoccupato.
-Non
dirlo neanche per scherzo- sussurrò, e a ridere questa volta
fu la ragazza.
-Kurt!-
mormorò Blaine con un sorriso, sedendosi accanto a lui.
L’altro ragazzo sbuffò,
roteando gli occhi. Ancora non si erano chiariti, Blaine gli aveva
lasciato il
suo spazio, ma ora era tornato all’attacco.
-Sono
qui per scusarmi- gli disse dolcemente, guardandolo con amore.
Kurt
si girò velocemente verso di lui, come ne fosse sorpreso.
-Hey,
mi dispiace. Non so cosa sia successo, ma ultimamente ti sento lontano-
sussurrò sospirando affranto –per quello passavo
più tempo con Jeremiah, ma tra
noi non c’è nulla, te lo giuro su quello che vuoi.
Non ti tradirei mai, mai
Kurt- disse deciso. Il ragazzo accennò un sorriso,
stringendogli la mano, il
che fece rilassare il moro.
-E
poi per Dave, non era altro che gelosia, lo sai. Io tendo ad
enfatizzare un po’
tutto, devo aver esagerato- mormorò mortificato. Kurt
sorrise nuovamente,
sporgendosi per stampargli un bacio.
-Senti,
se ti da fastidio posso cercare un altro lavoro. Certo, lavorare da GAP
è
elettrizzante, ma basta un tuo “lascia”
e io mi licenzierò- propose, annuendo deciso. Kurt
sbattè le palpebre, mentre
le sue gote si coloravano di un delizioso color porpora. Non ricordava
quanto
dolce e romantico fosse Blaine. Non ricordava nemmeno il motivo per cui
le cose
ultimamente non andassero bene. Lui dopotutto era proprio come voleva
Kurt.
Blaine era gentile, paziente, romantico, allegro e disponibile. Era
stata colpa
sua quel distacco, non di Blaine. Aveva visto una volta il fidanzato e
Jeremiah
pranzare assieme e si era convinto di qualcosa di irreale,
probabilmente. Ed
ora Blaine era lì a scusarsi, cercando di metterlo a suo
agio al meglio
possibile. Kurt si maledisse mentalmente solo per aver pensato al
peggio.
-No,
tranquillo. E scusami per aver dubitato di te- gli rispose, buttandosi
tra le
sue braccia e
stringendolo forte.
-Perché
non ti fidi di me?- chiese Blaine ridendo, mentre lo abbracciava
dolcemente.
Kurt non rispose, si staccò dalla stretta e lo
baciò con passione.
Allora
pensò anche che il problema nella coppia non era Blaine, ma
lui. Perché mentre
lo baciava pensava al perché non riusciva a fidarsi e
ciò gli faceva pensare solo
a Dave.
-Mami,
Duckie ha fatto i cuccioli!- squillò entusiasta Valerie,
mettendosi in fila
dietro ai paperotti, per farli vedere meglio anche a Marshall.
-Che
carini!- trillò Brittany avvicinandosi e sbriciolando del
pane.
-Possiamo
portarli a casa?- chiese la bambina –ti preeeeeego!-
Aggiunse, supplicando con
gli occhioni azzurri.
-No
Vals, questa è la loro casa- rispose subito la madre
– Sarebbe come se da casa
nostra ti portassero in un posto che non ti piace, saresti triste- le
spiegò,
carezzandole la nuca.
-Ma
Duckie comunque è la nostra ochetta, vero mami?-
domandò, senza fare storie.
-Certo!-
annuì Brittany, cominciando a lanciare pezzetti ai cuccioli,
aiutando la
bambina.
-Nostra
e di Santana- puntualizzò la bambina, cercando con lo
sguardo quello di
Brittany, la quale annuì in fretta.
Prima
che arrivasse Valerie, prima che succedesse quella
cosa, quando Santana e Brittany convivevano felici, Santana
la portava
sempre al laghetto perché sapeva quanto la bionda amasse i
parchi e soprattutto
le papere. Così un giorno avevano trovato un piccolo
paperotto, tutto giallo
scuro con la punta della coda nera. Era buffa e strana e Santana aveva
cominciato a prenderla in giro. Brittany invece dal canto suo
l’aveva difesa
immediatamente, spiegandole che lei era speciale, e aveva deciso che il
suo
nome era Duckie. Da allora la andavano a trovare ogni settimana,
portandole del
cibo e guardandola scorrazzare nel laghetto con gli altri uccelli. Ora
era un
bellissimo esemplare di oca canadese, con una decina di paperotti
rumorosi a
seguito.
Valerie
di appoggiò alla staccionata, ammirando gli animali nuotare
con estrema
facilita, trovandoli adorabili quando nascondevano in capo
nell’acqua.
-Mami,
se invitiamo Santana a dar da mangiare alle papere, dici che torna da
noi?-
chiese la piccola, abbracciandosi ad una della gambe della madre, prima
di
essere sollevata. Brittany le schioccò un bacio sulla
guancia, sorridendo con
poca enfasi.
-Non
penso, ma quando ternerà, sarà uno dei primi
posti in cui la porteremo, va bene
tesoro?- accordò, mentre la piccola aveva sistemato in mezzo
a loro il peluche
e si teneva aggrappata alla maglia della donna.
-Ok-
assentì la bambina, appoggiando la guancia contro quella
della donna, mentre
entrambe osservavano il lago sorridendo.
Noah
si rigirò nel letto, prendendo contro ad un altro corpo.
-Rachel..-
mugugnò, aprendo gli occhi con difficoltà.
La
vide sorridere colpevole, mentre si nascondeva sotto le coperte.
-Cosa
ci fai qui? Hai il tuo adorato letto nuovo- si lamentò,
stropicciandosi
l’occhio destro.
-Ma
il materasso è freddo
e scomodo- bofonchiò,
sospirando.
-E
io cosa avevo detto?!- borbottò il ragazzo, chiudendo gli
occhi a fessura.
-Non
ti do fastidio, sono piccola piccola- cercò di
giustificarsi, spostandosi un
po’ più sul bordo.
-Come
se non sapessi che finirai per dormire contro la mia schiena-
mormorò.
-Non
è vero…sono solo tue credenze perché
io non..- cercò di difendersi, ma Noah si
coprì la testa con il cuscino.
-Almeno
non parlare…Sii grata che non ti riporto nel tuo letto ..o
sul divano- si
lagnò, cercando una posizione comoda.
-Grazie
e buonanotte- sorrise lei, accucciandosi esattamente contro la schiena
del
ragazzo.
***
Allora
Ammiraglia, io aggiorno, ma dovresti farlo anche tu u_u
Note:
-Ho
voluto spiegare il corso di palestra che avevo lasciato in sospeso nel
passato
-Il
Klaine non so bene da dove mi sia uscito, continuo ad avere problemi
con le
loro storyline
-Eh
già, Vals sa di Santana u-u (mentre voi non sapete quanto io
adori quella
bambina)
-Il
Puckleberry mi diverte così, ma prima o poi si sveglieranno
anche loro due xD
Spero
ci siano pochi errori ;)
Besos,
Miky
|
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Capitolo 10 *** *When everything changed* ***
10}*When everything changed*
Noah
aprì lentamente gli occhi, alquanto infastidito
dall’ennesima chiamata di
Rachel. Si grattò la nuca e si tirò su a sedere,
guardando malissimo la ragazza
al suo fianco.
-Perché
non puoi lasciarmi dormire almeno oggi?- chiese esasperato.
-Devo
dirti una cosa- gli sorrise lei, spostando la coperta.
-Tipo
che hai comprato un altro letto e finalmente ognuno avrà il
suo? Perché sto
odiando dormire insieme per essere svegliato all’alba, potrei
ripensare
all’offerta del divano- farfugliò lui ancora
troppo assonnato.
-No,
ma per un po’ non ce ne sarà bisogno- rispose lei
con un sorriso.
-Perché?-chiese
lui, sorridendo immediatamente in modo assai malizioso, per poi
ricevere
leggeri pugni sul petto.
-Smettila
di pensare a porcate!- lo rimproverò, continuando a
punzecchiarlo.
-Ok,
ok, dimmi- la fermò lui ridacchiando.
-La
mia compagnia di teatro, quella a cui mi sono unita da
poco…- iniziò lei,
aspettando che lui annuisse –bè, ha deciso di
partire per l’Europa e viaggiare
in varie città, esibirsi di fronte a un pubblico nuovo , per
farsi conoscere un
po’ ovunque.- gli spiegò, gesticolando
freneticamente.
-E
tu vuoi andare con loro?- chiese lui alzando le sopracciglia stupito.
-Sì,
sai sarebbe un’esperienza fantastica secondo me-
mormorò sorridendo appena, per
poi mordersi il labbro inferiore, attendendo una reazione
dall’amico.
-E
lasceresti tutto per ciò?- domandò Noah, cercando
di non sembrare troppo
dispiaciuto.
-Sì,
sai magari potremmo diventare famosi, farci notare- sussurrò
lei, torturandosi
le mani.
-Oh.
E il nostro locale?- s’informò.
Non
voleva che se ne andasse, no e no! E poi in Europa, cavoli era lontana.
Non
poteva lasciarlo lì da solo nella loro nuova casa, con il
loro nuovo locale
all’inizio della loro nuova e strana convivenza. Non avevano
nemmeno finito di
comprare l’arredamento, di dipingere la cucina, di avere un
letto a testa che
lei era già pronta per mollare tutto?
-Lo
porteresti avanti tu durante la mia assenza. Tanto non dovremmo stare
via
molto, uno o due anni- accennò lei, con
un’espressione un po’ dispiaciuta.
-E
dici poco? Anni!- sbottò lui improvvisamente, non riuscendo
a trattenere le
parole. Lei abbassò il capo avvilita, sospirando. Noah la
osservò, cercando di
considerare quell’idea. Forse avrebbe dovuto darle il suo
appoggio, era il suo
migliore amico, era quello che si aspettava da lui. Aveva iniziato a
recitare
con quella compagnia da qualche settimana, eppure ne sembrava molto
entusiasta.
Ovviamente aveva omesso di far sapere agli altri attori della sua voce,
perché
era ancora decisa a non cantare mai più.
Noah
non avrebbe voluto per nulla spingerla a partire per quel viaggio,
perché
Rachel era una delle cose che preferiva di ogni sua giornata,e ormai,
anche se
era piena di difetti, gli piaceva essere infastidito dalle sue parole
infinite.
Però non era lo stesso per lei, a quanto pareva lui non
aveva la stessa
importanza, altrimenti mica lo avrebbe lasciato per una così
folle idea.
Allora
si disse che avrebbe dovuto lasciarla andare, perché era
ciò che voleva, e
magari lui si sarebbe disintossicato da lei.
Le
sorrise, alzandole il mento.
-Hey
Rach, solo mi mancherai. Però se è quello che
vuoi, io sono con te. E’ il mio
dovere in quanto miglior amico, no?- le mormorò, vedendo che
i suoi occhi
tornavano a ridere.
Rachel
si sporse per abbracciarlo.
-Sono
fortunata ad avere te come miglior amico- sussurrò,
stringendolo energicamente.
-Mi
dici perché siamo qui?-chiese Mike guardando la fidanzata
emettere gridolini e
sbattere le ciglia mentre guardava diverse tutine da neonato.
-Dobbiamo
comprare un regalo per il piccolo Lopez- trillò Quinn.
-Lo
so, ma mancano più di quattro mesi- rispose lui, osservando
giochi e biberon.
-Rachel
l’ha già comprato, non posso arrivare con
così tanto ritardo -borbottò lei,
trotterellando allegra verso i pupazzi. Ne afferrò uno e se
lo parò davanti.
-E’
perfetto!-esclamò guardando il ragazzo con due occhioni
enormi ed esaltati.
-Non
penso un bambino di qualche giorno abbia bisogno di un pupazzo-
mormorò lui,
mentre Quinn abbracciava il peluche allegra.
-Lo
so, ma guarda quanto è tenero! Ed è un papero,
Brittany se ne
innamorerà!-continuò.
-Va
bene, prendiamolo. Ma cercheremo anche qualcosa di più
utile, ok?-accordò Mike
mentre la bionda annuiva e saltellava sul posto.
-Oooh,
la mia neofocena preferita!-esclamò Puck abbracciando
Santana sulla porta.
Lei
gli diede vari pizzicotti sulle braccia, facendolo staccare di colpo.
-Non
paragonarmi ad animali marini!- sibilò, fulminandolo con lo
sguardo.
Lui
ridacchiò entrando nella casa.
-Come
va?- chiese, mentre lei si risistemava sul divano.
-A
parte che sto ingrassando di giorno in giorno e che mangio in
continuazione,
bene- borbottò, aprendo uno yogurt.
-Te?
Il locale procede?- domandò, voltandosi verso di lui.
-Certo,
va a gonfie vele!- disse sorridendo –Sai, una sera potreste
esibirvi tu e Sam e
cantare assieme “In fondo al mar”-
la
schernì, ricevendosi un cuscino in faccia.
-Sai
vero che quando avrò partorito passerò tutto il
tempo libero a pensare ad una
vendetta - lo avvertì l’ispanica, chiudendo gli
occhi a fessura.
-Sì
certo, sarai troppo occupata tra i pannolini e le grida di tuo figlio-
ridacchiò Noah.
-Così
almeno dimenticherò il tuo affronto- borbottò lei
tornando al suo yogurt alla
pesca.
-Sei
ancora arrabbiata?- mormorò lui, sollevando un sopracciglio.
-Ovvio!-
annuì lei –Tu non hai mai creduto
nell’amicizia tra uomo e donna, a meno che
uno dei due non sia gay, per cui sì, sono ancora
arrabbiata!-.
-Non
si sceglie di chi innamorarsi- mugugnò lui incrociando le
braccia.
-Di
tutti tranne che della Berry!Che cavolo!- si lamentò lei,
tirandogli un altro
cuscino addosso.
-Tanto
è inutile che fingi, sotto sotto ti piace, solo che non
l’ammetterai mai-
affermò il ragazzo, accennando un sorrisino. Lei
spalancò la bocca indignata,
tirandogli un calcio.
-Se
ho fatto qualcosa di carino per lei è colpa degli ormoni- si
giustificò subito,
mentre lui annuiva come per darle ragione per finta.
-Comunque
ha deciso di partire, andrà in Europa per qualche mese- la
informò con un’aria
vaga.
-E
la lasci andare?- sbottò la latina sbarrando gli occhi.
-Certo,
siamo solo amici-
sussurrò poco
convinto. Lei schioccò la lingua infastidita dalla risposta,
dopodiché si alzò
in piedi e si avvicinò alla libreria.
-Che
fai?- le chiese guardandola alzarsi sulle punte per prendere qualcosa.
-Leggerò
un libro, ascoltare te mi irrita- borbottò lei, cercando di
afferrare un
volume.
Ad
un tratto sentì una forte fitta alla pancia e con un grido
soffocato si piegò
in due. Noah accorse subito da lei. Abbassò lo sguardo,
notando come i suoi
pantaloni azzurri si stessero dipingendo di rosso scuro. Sbarrarono
entrambi
gli occhi.
-Chiamo
un’ambulanza- bisbigliò lui agitato.
-Quindi
è fatta?-domandò Brittany accennando un sorriso.
-Già,
ma non è sicuro che vada a buon fine. Aspetteremo e vedremo,
e se non dovesse
succedere nulla proveremo un’altra volta- le rispose
cordialmente la
dottoressa.
-Certo-
squillò quella annuendo.
-La
sua compagna lo sa?- domandò la donna, scrivendo qualcosa in
una cartella.
-No,
sarà una sorpresa – mormorò Brittany
afferrando la borsa e uscendo dalla stanza
salutando la donna. Entrò nella macchina e prese il
cellulare in mano.
Trentadue
chiamate da Puck.
Sbarrò
gli occhi preoccupata.
Santana.
-E
questo che sarebbe?- domandò Kurt, facendo una faccia
schifata mentre entrava
nella stanza vuota.
-La
nostra casa- rispose serio Dave.
Kurt
sgranò gli occhi. Non sapeva se esserne stupito felicemente
o no.
-Questo
posto?-domandò, guardandosi intorno.
-No
un altro, ti faccio vedere questo per hobby- rispose l’altro
seccato. Kurt
roteò gli occhi, entrando poi in un’altra camera.
Era tutto così spoglio e
triste.
-Bisognerà
ripitturarla- decretò, storcendo il naso.
-Cioè,
ti dico che ho comprato una casa per noi e tu stai a pensare a quello?
Mi
sembrava ovvio che non ci dovessimo trasferire oggi-
brontolò il più grande,
sbuffando. Kurt sbatté le palpebre più volte,
mentre sul suo volto appariva un
enorme sorriso. Si gettò verso Dave, abbracciandolo e
scoppiando in gridolini
di apprezzamento.
-Felice, fatina?-
domandò, vedendo Kurt
annuire vivacemente.
-Come
mai l’hai già comprata?- chiese subito dopo,
cominciando a vedere
l’appartamento in un modo tutto diverso.
-Bè,
tu hai cominciato a lavorare qui e io studio alla NYU,
perciò pensavo sarebbe
stato comodo- spiegò il ragazzo, scrollando le spalle.
-Una
casa a New York, con te, che posso completamente arredare-
mormorò Kurt,
girando allegramente nelle camere vuote –è un
sogno!- squillò felice.
-Santana
siamo arrivati- mormorò frettolosamente Noah, guardando
fuori dal finestrino
dell’ambulanza, mentre la ragazza gli stringeva la mano e
piangeva a dirotto.
Il sangue non finiva di scendere e ormai era chiaro quasi a tutti cosa
stesse
succedendo. Ci volle poco prima di arrivare in sala operatoria dalla
quale Noah
fu lasciato fuori. I medici le continuavano a ripetere frasi di
copione,
cercavano di rassicura ma Santana non sentiva nulla.
Il
suo cervello si era staccato appena era arrivata l’ambulanza
a casa sua e i
medici avevano farfugliato “aborto
spontaneo” appena l’avevano vista. Da
allora non aveva più sentito niente,
ogni voce era ovattata, ogni cosa era annebbiata dalle lacrime, tutto
ciò che
provava era dolore. Non quella fitta lancinante all’addome
inferiore, ma quel
peso che l’aveva sepolta appena aveva capito cosa era
successo.
Vide
i dottori sollevare una piccola creatura rannicchiata su stessa,
rossastra, piena
di sangue e senza vita. E allora metabolizzò tutto e
capì che il suo bambino
era morto, le era stato strappato via per un motivo sconosciuto. Non lo
avrebbe
mai sentito piangere,
non avrebbe mai
visto il suo sorriso, non lo avrebbe mai abbracciato e mai lui
l’avrebbe
chiamata “mamma”.
L’aveva
lasciata prima di arrivare da lei. Suo figlio era morto prima ancora di
nascere
e con se aveva ucciso anche una parte di Santana. Nulla avrebbe avuto
più senso
senza il suo piccolo tesoro, ma qualsiasi cosa sarebbe completamente
cambiata.
I
dottori le fecero un’ecografia per controllare che avesse
espulso tutto. Fu
chiamato l’anestesista e procedettero con il raschiamento.
Brittany
si catapultò dentro l’ospedale correndo ,
finché non scorse Noah seduto di
fianco alla sala operatoria, con la testa tra le mani.
-Che
è successo?-domandò terrorizzata. Lo vide alzare
il volto e notò che i suoi
occhi erano lucidi e sulla sua guancia poteva scorgere il segno di
qualche
lacrima.
-Ha
perso il bambino- farfugliò, alzandosi per abbracciare la
bionda. Brittany
sbarrò gli occhi e silenziosamente scoppiò in un
pianto addolorato, mentre
sentiva tutto il mondo caderle addosso. Doveva vedere Santana al
più presto. Si
maledisse per non essere stata con lei nel momento del bisogno,
stringendosi di
più a Noah.
Qualche
ora dopo ai due ragazzi fu concesso entrare nella stanza di Santana.
Brittany
le si avvicinò, tornando ancora a piangere, dopo che vari
caffè avevano placato
alcune lacrime. Si sedette sul lettino, abbassandosi per baciare
l’ispanica.
Santana aprì di scatto gli occhi, guardandosi intorno per
capire se tutto ciò
che si ricordava fosse la realtà e sperando che fosse stato
un orribile incubo.
Il
dottore entrò tossendo leggermente.
-Mi
duole informarla che ha subito un aborto spontaneo. Può
succedere prima delle
ventiquattro settimane, e visto che la sua salute è ottima
non abbiamo un vero
motivo per cui è successo. Nel cinquanta percento dei casi
di aborti spontanei non
si ha nessuna spiegazione apparente, e il suo è uno di
questi- disse con un
tono amareggiato l’uomo.
-Ridatemi
il mio bambino!- strillò Santana, cercando di alzarsi,
mentre il suo volto si
bagnava in fretta e lei non riusciva a smettere di tremare.
-Mi
dispiace - sospirò impotente il medico, chinando il capo
come per scusarsi.
-Io
rivoglio mio figlio!- gridò piegandosi sul letto
–Perché me l’hai portato via?-
urlò guardando verso l’alto, come per rivolgersi
in un dio in cui non aveva mai
creduto –Lui aveva il diritto di vivere, io ero pronta per
essere la sua mamma,
perché?- continuò, con la voce rotta dal pianto e
dai singhiozzi.
E
mentre Brittany la stringeva in silenzio, cercando di farle sentire
quanto ne
soffrisse anche lei ma le fosse allo stesso tempo vicina, Santana
sentiva che
nulla mai avrebbe sanato quella ferita atroce che le era stata aperta
nel
cuore.
Nulla.
***
Intanto,
ammiraglia, eccoti il capitolo-spiegazione. Se è in ritardo
è colpa tua e lo
sai <_<
Note:
-Allora,
finalmente è chiaro a tutti cosa è successo a
Santana, anche se molti avevano
già immaginato. Ebbene sì, ha perso il bambino. E
devo dire che scrivere questo
capitolo è stata dura, perché ci stavo male anche
io, e purtroppo sono una
persona dalle lacrime facili, quindi immaginatevi in che stato lo
scrivevo -.-
E
sì, potete anche credere che io abbia voluto fare la
stronza, ma dopotutto non
è una cosa così impossibile, anzi, nella vita
può succedere molto peggio di un
aborto. Avevo solo voglia di scrivere una ff abbastanza realistica, e
non c’è
solo la felicità nella vita, anzi. Per cui l’ho
fatto accadere. E dopotutto non
è tanto il fatto, ma come ha reagito Santana che ha portato
a quello in cui
siamo adesso nel presente. Perché un aborto spontaneo si
può superare, basta
essere forti e non lo dico per dire, mia madre prima di avere me ne ha
avuti
ben tre. Il fatto penso sia nel come affronti la cosa, e cercando di
attenermi
al carattere di Santana, lei è alquanto fragile come
persona, per cui succede
ciò che succede.
-Bè
ora è anche più chiara la faccenda di Rachel in
Europa, e forse anche quello
che fa Britt.
-Ah
già, è venuta fuori anche una cosa su Noah ;)
Spero
ci siano pochi errori.
Besos,
Miky
|
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Capitolo 11 *** Best friends ***
11} Best Friends
Sam
portò il cappuccino al signore sorridendo, per poi tornare
al bancone.
-Abita
qui quella citrulla di Rachel Berry?-
Puck
uscì dalla porta, seguendo Rachel, stiracchiandosi.
-Mi
hai distrutto la schiena… devi dormire nel tuo
letto-brontolò massaggiandosi a
fatica.
-Ma
è freddo e non mi piace- scosse la testa lei.
-L’hai
voluto comprare, te lo tieni- ribatté lui.
-Allora
prendo solo il materasso!- squillò lei sorridendo.
-Scordatelo.E’mio!-
si affrettò dire
il ragazzo, passandole
davanti e aprendo la porta per il locale.
-Ah,
te lo ruberò!- trillò annuendo Rachel, cercando i
grembiuli sotto al bancone,
senza far troppo caso ai clienti.
-Fai
quello che vuoi. Io ti avverto però. Io in ogni caso dormo
sul mio materasso,e
tutto quello che c’è sopra lo posso toccare e
stuzzicare come, dove e quando mi
pare- sghignazzò Noah, mentre un sorrisino beffardo
affiorava sulle sue labbra
e Rachel spalancava la bocca scioccata.
-Noah!-strillò
indispettita.
-Posso
infilare le mani ovunque..- continuò lui gesticolando, e
ricevette vari
schiaffetti sul petto e sulle braccia.
-Sei.un.maiale-scandì
lei, alternando un pugno ad una parola.
-Perché,
a cosa stai pensando?- domandò lui ridacchiando, mentre si
parava con un
braccio, ma ne ottenne solo di più.
-Emh….la
smettete di sbandierare al mondo la vostra vita sessuale. Non siamo
interessati- li interruppe ad un tratto Sam, sorridendo appena.
-Saam!-gridò
lei guardandolo male, per poi tornare a maltrattare Noah
–Adesso sembra che
andiamo a letto insieme, idiota!- sibilò a denti stretti
mentre lui non
riusciva a non ridere.
-Ma
non è così? Sbaglio o sono sere che dormi
appoggiata alla mia schiena?!- la
derise lui, mentre tentava di infilarsi il grembiule. Rachel
sbuffò, battendo i
piedi per terra come una bambina.
-Ti
odio- piagnucolò- Non ti parlo più-
mugugnò, vedendo poi il ragazzo esultare.
-Se
oggi che non è festa mi fai questo regalo, chissà
cosa riceverò per il mio
compleanno!- esclamò il ragazzo ridacchiando, per poi
ottenere uno sguardo
omicida dalla brunetta. Rachel sospirò rassegnata,
allontanandosi dagli amici. Sollevando
il capo notò una figura conosciuta sogghignare al lato del
bancone.
-Mandy!-mormorò
avvicinandosi alla ragazza, sbattendo le palpebre stupita.
-Berry,
se sei tornata per il megafusto, quasi ti perdono- mormorò
la ragazza, senza
staccare gli occhi da Noah.
-No,
è solo un amico- borbottò lei, roteando gli
occhi. Quella frase ormai la doveva
ripetere in continuazione. Perchè le persone non capivano
che erano amici e
basta!?
-Friends
with benefits?!- sussurrò quella sorridendo maliziosa.
-No!-rispose
glaciale lei –solo amici- chiarì, mentre
l’altra ridacchiava.
-A
parte che sei un’idiota, come ho sempre
pensato….però meglio per me-
ridacchiò,
mordendosi un labbro, mentre guardava il
ragazzo scherzare con Sam.
-Che
ci fai qui?-strillò Rachel, catturando nuovamente la sua
attenzione.
Noah
tornò a voltarsi verso Rachel, vedendola discutere
animatamente con una
ragazza. Era minuta più o meno quanto lei, forse leggermente
più alta. Aveva
capelli ramati e mossi, con le punte tinte di nero, mentre i suoi occhi
erano
piccoli e verdi, leggermente truccati di scuro. Sembrava parlassero di
qualcosa
che a Rachel dava fastidio, perché continuava a soffiare e
guardarsi intorno
infastidita.
-Sono
venuta a prenderti- spiegò Mandy, arrotolandosi una ciocca
sull’indice.
-Io
non tornerò con la compagnia- sbottò decisa
Rachel, scuotendo la testa.
-Rachel
suvvia, sai che c’è bisogno del tuo personaggio
per lo spettacolo- mormorò lei,
appoggiandosi poi al bancone con la schiena.
-Tornerò
se mi cedi il tuo posto- sorrise finta la mora.
-Scordatelo,
io sono la protagonista- disse
immediatamente l’altra, incrociando le braccia e alzando il
naso.
-Allora
te ne puoi andare. Addio- squillò Rachel, salutandola con la
mano.
-Dai,
non dire cagate. E poi cosa stai qui a fare? E’ questo il tuo
sogno?- domandò
la rossa, squadrando il locale con un’espressione di
sufficienza. Rachel annuì
con vigore.
-E’
il mio locale, e non lo lascerò certo per fare una stupida
parte- sibilò,
infastidita dall’altra.
-Nostro
Berry, nostro! Anzi, più mio che tuo!- la corresse Noah,
arrivandole dietro.
Lei fece roteare gli occhi, scrollando le spalle.
-
Comunque non tornerò! Siamo stati via quattro anni e non ho
mai ottenuto il
ruolo che volevo, e meritavo. Per cui, addio!- ripetè,
schioccando la lingua,
più nervosa di prima. Mandy ridacchiò.
-
Piacere, sono Noah, ma chiamami pure Puck- le interruppe il ragazzo,
porgendo
la mano alla nuova arrivata, la quale gliela strinse sorridendo.
-Amanda,
ma chiamami pure Mandy- rispose, sbattendo le ciglia lentamente.
-Facevate
parte della stessa compagnia teatrale?- domandò, passando lo
sguardo da una
all’altra, notando come Rachel lo stesse fulminando.
-Sì,
Rachel mi odia perché sono la protagonista dello spettacolo-
chiarì. Noah
arricciò le labbra, corrugando le sopracciglia mentre
guardava Rachel dubbioso.
-Perché
non hanno scelto te?- le domandò confuso. Per quanto quella
tipa potesse essere
brava, non credeva che lo fosse più di Rachel. Rachel era
nata per stare sul
palco, quando c’era sopra catturava tutta
l’attenzione su di se. La brunetta
evitò accuratamente sia di rispondergli, sia di guardarlo
negli occhi, strinse
solo al petto le braccia, abbassando lo sguardo.
-La
protagonista ha alcune parti cantate, e la Berry non sa cantare-
spiegò Mandy
tranquilla. Puck per poco non riuscì a trattenersi dal
ridere. Quello che aveva
appena detto era alquanto divertente. Rachel che non sa cantare,
nemmeno in un
mondo parallelo sarebbe risultata sensata come frase.
-Raaaaaach!-
gridò Brittany entrando e avvicinandosi in fretta alla
ragazza, mentre Valerie
correva incontro a Noah sorridendo. Lui la issò scuotendola,
mentre lei
ridacchiava.
-Ciao
Brittany- mormorò la mora, riacquistando il sorriso e
abbracciandola, mentre
Mandy si era già allontanata.
-Stasera
sei da me, cena tra ragazze- l’avvertì la bionda
–e tranquilla, cucina Quinn-
aggiunse, facendole l’occhiolino. Rachel scoppiò a
ridere, annuendo.
-Ok
ok, ci sarò- ridacchiò – Porto un
film?- chiese subito dopo.
-Certo,
qualcosa che possa piacere anche a Valerie- accordò la
bionda.
Mandy
si avvicinò a Noah che stava allegramente chiacchierando con
la bambina, la
quale le stava raccontando cosa aveva fatto il giorno precedente. La
ragazza
sorrise e gli si accostò.
-E’
tua figlia?- domandò, catturando l’attenzione
della piccola.
-Oh
no, ma è come se lo fosse- sorrise lui, abbassandosi a
mordicchiare il nasino
della piccola.
-E
così non hai una ragazza- continuò la rossa, ma
con quella frase attirò il
broncio di Valerie.
-Sì,
è quella lì- rispose la bambina, indicando
Rachel, seria. Mandy ridacchiò, mentre
Noah scuoteva il capo.
-Ti
chiederei altro, ma vedo che sei impegnato. Facciamo un’altra
volta?- chiese,
avvicinandosi e infilando un foglietto nella tasca del grembiule del
ragazzo,
che le ammiccò sornione. Lei ridacchiò e si
avviò all’uscita, mentre Valerie la
guardava malissimo.
-Berry,
ci si torna a vedere- la salutò prima di uscire.
-Tanto
non ritornerò nella compagnia!- strillò la
brunetta con una smorfia.
-Chi
era quella?- chiese Brittany, arricciando le labbra.
-
Un’attrice con cui lavoravo- mormorò Rachel,
mentre Valerie si aggrappò alle
sua gambe, facendo sbucare la testolina di lato.
-Non
mi piace- farfugliò la piccola, ottenendo uno sguardo
concorde dalla madre.
Poco
dopo le due Pierce lasciarono il locale e mentre i clienti cominciavano
a diminuire,
Puck si avvicinò a Rachel, sorridendole.
-La
tua amica mi ha dato il suo numero- le confidò, gonfiandosi
come un pavone.
-Primo,
non è mia amica; secondo, pensi di uscire con lei?-chiese
immediatamente la
ragazza, corrugando le sopracciglia.
-Cosa
dovrei fare?- ridacchiò, sorridendo ebete.
-Non
puoi, non con lei!- squittì immediatamente, stizzita.
-Perché?-
domandò Noah, sollevando un sopracciglio.
-Perché
io la odio! Mi ha fregato il posto, non mi ruberà anche il
migliore amico!-
strillò, incrociando le braccia al petto irritata.
-Ma
guarda che non penso che voglia essere mia amica, penso solo che..-
cercò di
spiegarle, sorridendo maliziosamente, ma un pugno lo colpì
sul braccio.
-La
odio. Sei il mio migliore amico, la devi odiare anche tu!- insistette
lei, con
molta enfasi, il che lo fece scoppiare a ridere.
-Parlando
di cose più serie, quella ti ha preso il posto
ingiustamente- affermò Noah,
appoggiandosi al bancone.
-Oh
lo so- annuì in fretta lei – Io sono di gran lunga
migliore di lei- si affrettò
a precisare.
-E
te l’ha soffiato per una stronzata…- disse
più duro lui. Rachel notò il
cambiamento di tono e si fece più seria a sua volta.
-Noah,
lo sai. Possiamo non parlarne?- farfugliò, voltandosi e
cercando di
allontanarsi, ma lui l’afferrò per un polso,
costringendola a guardarlo.
-Potevi
aver benissimo il ruolo della protagonista, potevi farti notare e hai
scelto di
non cantare?!-sbottò, stringendo la mascella duramente.
-Noah
io non canto più! Smettila!- sibilò, fuggendo i
suoi occhi e mordendosi il
labbro.
-Eppure
per Valerie hai cantato…-le ricordò, in un
sussurro.
-Era
My Headband e mi sentivate solo voi.
E non ho intenzione di ripetermi- cercò di liquidarlo,
continuando a cercare di
divincolarsi dalla sua presa.
-Rachel
sono stufo. Tu hai la voce più bella su questo pianeta e la
stai nascondendo a
tutti per una tua insana paura. Lo devi superare! Ormai sono passati
anni, non
cantare non ti farà sentire meglio!- le ringhiò,
mentre lei lo guardava truce.
-No,
è una mia decisione. Lasciami in pace- farfugliò
mentre i suoi occhi si
velavano.
-A
me chiedi sempre di supportarti, anzi me lo imponi usando la scusa che
siamo
migliori amici. Bene, è il mio turno di usarla. Torna a
cantare, me lo devi in
quanto migliore amica- disse, calmandosi e cercando di
tranquillizzarla,
sorridendole dolce.
Rachel
sospirò affranta, intrecciando poi i loro sguardi.
-Chiedimi
tutto ma non questo- lo implorò, sul punto di piangere.
L’espressione del
ragazzo tornò dura, quasi feroce.
-Sai,
penso uscirò con quella Mandy. Ci divertiremo un sacco-
disse rabbioso,
sorridendo sforzato.
-Bene-
mormorò lei frustrata.
-Bene-
ripeté lui allontanandosi di scatto.
-Sarete
perfetti insieme- gli sibilò arrabbiata.
-Oh
ne sono sicuro, non mi aspettare stasera perché penso non
tornerò!- sbraitò
togliendosi il grembiule e gettandolo via.
-Tanto
io sono da Brittany- strillò lei, vedendolo dirigersi in
casa. Si voltò
stringendo le braccia al petto, cercando di trattenere le lacrime, ma
fallì.
-Ciao
Rach!- trillò Valerie facendola entrare con un grande
sorriso.
-Ciao
piccola- le rispose la donna, abbassandosi per abbracciarla.
-Guarda
che non c’è bisogno che ti pieghi sulle ginocchia,
non c’è molta differenza tra
di voi- puntualizzò Quinn, mentre mordicchiava un grissino,
già seduta al
tavolo.
-Fabray,
ogni giorno diventi più dolce- borbottò Rachel,
guardandola storto, per poi
sventolarle una custodia davanti al naso –Ho preso il film!-
esclamò
sorridendo.
-Oddio
B, non avrai lasciato decidere a lei!- gracchiò la ragazza,
guardando Brittany
preoccupata –quella quando sente film capisce
“musical”!- aggiunse, afferrando
la custodia per capire cosa fosse.
-Avrei
voluto portare Chicago, ma contando Vals ho optato per Hairspray-
disse,
sedendosi in mezzo alle bionde.
-Grazie
al cielo ci sei tu Vals- sospirò Quinn, baciandole il capo,
mentre la bambina
non capendo continuava a mangiare il suo arrosto, facendo buffe
facciotte.
Così
cenarono chiacchierando, per poi sistemarsi nel divano a guardare il
film.
Appena terminò Brittany portò a letto la bambina,
che si era già addormentata
tra le sue braccia.
-Mi
piacciono queste serate, dovremmo farlo più spesso-
annuì Brittany, tornando ad
accucciarsi al fianco di Rachel, la quale sospirò
rabbuiandosi.
-Che
c’è Rachel?- domandò Quinn, notando che
qualcosa non andava. Era stata troppo
silenziosa rispetto ai suo standard, non che le dispiacesse, ma la
preoccupava.
-Non
voglio tornare a casa- farfugliò quella, stringendosi le
gambe contro il petto,
mentre le altre due corrugavano le sopracciglia.
-Hai
litigato con Noah?- chiese Brittany, come se la cosa fosse impossibile,
ma la
vide annuire.
-E
se torno a casa e lo trovo con Mandy che faccio?- borbottò
agitata.
-Mandy?-
chiese Quinn –Ma non è quella che odiamo
perché ti ha fregato il ruolo da
protagonista?- cercò di capire, vedendo Rachel assentire di
nuovo –e che ci fa
con Puck?-
-Stasera
uscivano, e lei non penso si fermerà a una cena. Tanto meno
lui- borbottò, affondando
il volto contro il petto.
-Se
anche dovesse essere come dici, non la porterà a casa-
l’avvertì Quinn. Rachel
alzò il volto confusa.
-Come
ne sei certa?-
-Non
ha mai portato nessuna ragazza nella vostra
casa- la informò, mentre un sorrisino appariva sulle sue
labbra. Rachel sbattè
le palpebre stupita.
-Non
farebbe mai nulla per ferirti- aggiunse Brittany allungandosi sulla
mora per
coccolarla. Rachel abbracciò la bionda, stringendola mentre
Quinn le carezzava
la nuca, protettiva.
-Ah,
e comunque, questa io la catalogo come gelosia- trillò ad un
tratto, sorridendo
furba. Rachel si alzò di scattò e la spinse
giù dal divano, facendola ridere
maggiormente.
La
ragazza arrivò al Broadway e decise di salire
dall’entrata sul retro, perché se
Puck e Mandy fossero stati al locale non avrebbe voluto vederli.
Arrivò in
camera e si infilò velocemente il pigiama, sgattaiolando poi
sotto le coperte
grigie.
Non
riusciva ad addormentarsi nemmeno lì.
Ad
un tratto sentì dei rumori provenire dalla sala, poi li
sentì più vicini,
finchè il materasso non si abbassò a causa di un
altro peso.
-Perché
sei nel mio letto?- chiese Puck,
sistemandosi nel suo lato, per poi avvicinarsi e puntellare il dito
nella
schiena di lei.
-Ti
ho detto che voglio questo materasso- disse acida Rachel.
-E
ricordi cosa ho detto io dopo?- ridacchiò lui, affrettandosi
poi ad
abbracciarla da dietro, il che la fece strillare e dimenare.
-Stammi
lontano- brontolò, cercando ancora di staccarsi da lui, ma
la presa di Noah era
quasi più salda di prima. Il ragazzo appoggiò il
mento sulla spalla di lei,
ridacchiando.
-Non
sono uscito con Amanda- confessò.
-Non
ci credo- s’impuntò l’altra.
-Se
fossi passata per il locale avresti visto che lavoravo- si difese lui,
allentando la stretta.
-E
perché non ci sei uscito?-chiese, riuscendo poi a voltarsi
verso di lui e
trovandolo troppo, troppo vicino.
-Perché
noi la odiamo, giusto?- esclamò, con un sorriso ebete. Le
non poté che
sorridere a sua volta, arrossendo un poco.
-Per
quella cosa Noah..-
mormorò,
nascondendo il viso nel suo petto.
-La
supereremo Rachel, vedrai. Solo non ti arrendere- disse lui tranquillo,
mentre
con una mano le lisciava la schiena.
-Grazie-
sussurrò lei gioiosa, sorridendogli teneramente.
-Sei
la mia migliore amica, no?- scherzò lui.
-Certo,
e tu il mio- ma nella sua testa si chiedeva se per lei fosse veramente
solo
quello.
***
Ok,
un po’ di Puckleberry tenero tenero non guasta mai ;)
Ah,
Alessia, questo è per te, un capitolo intero sulle tue
giuoie :D
-Come
si è capito, Rach non ha ancora superato la cosa del canto,
ma Noah l’aiuterà
;D (forse cominciano anche a capire qualcosa -.-)
-Mandy…sinceramente
la odio <_<
-Gli
altri personaggi li ritroverete nel prossimo capitolo, tranquilli
A
presto ;)
Besos,Miky
|
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Capitolo 12 *** Wendy ***
12}Wendy
-Mi
farai venire un crisi isterica- soffiò la ragazza scendendo
dalla macchina
sbattendo la portiera.
-Questa
è bella! Sei tu quella che mi ha urlato dietro fino ad ora
perché “conoscevi la
strada”… per poco non mi portavi in Canada!-
borbottò, chiudendo l’auto e
avvicinandosi all’entrata del condominio.
-Noah,
io la strada la sapevo, eri tu che capivi male le indicazioni-
continuò lei
decisa, mentre saliva le scale dell’edificio per raggiungere
il giusto
appartamento.
-Sì
certo. Se non era per me non ci saresti mai arrivata-
brontolò il ragazzo,
bussando con forza alla porta.
-Bravo,
e perché non ci sei venuto da solo allora!?-
strillò quella, stringendo le
labbra.
-Sei
stata tu a insistere nel venire, perché dovevi vedere
Hummel!- ribattè il ragazzo,
sorridendo compiaciuto del fatto che lei non avrebbe più
avuto una scusa
valida.
-Sembrate
quasi marito e moglie- osservò Kurt, squadrando i due, per
poi riceversi delle
occhiatacce.
-Kurt,
non ti ci mettere anche tu- mormorò Rachel, allungandosi per
abbracciarlo.
-Se
è una cosa che notano in tanti, non dovreste farvi delle
domande?- chiese
sorridendo, senza ricevere una risposta – Comunque, che ci
fate qui voi due??-
esclamò leggermente stupito, per poi salutarli calorosamente
e farli accomodare
in casa. Non si vedevano da una vita ormai.
-Avremmo
bisogno di un favore- ammise Puck. Kurt alzò un sopracciglio
vedendo i due
mostrargli dei radiosi sorrisi.
-Inoltre
volevamo vederti e portarti questo!- aggiunse Rachel, sventolando una
borsa
davanti agli occhi sognanti del ragazzo.
-
Dolce e Gabbana?- domandò lui, sbattendo ripetutamente le
ciglia, mentre
tratteneva i gridolini di gioia, vedendo Rachel assentire con vigore.
-Direttamente
da Milano!- precisò, portando i pugni sui fianco. Il ragazzo
si buttò su di
lei, abbracciandola e ringraziandola caldamente. Staccandosi poi la
scrutò un
momento, con il suo solito sorrisetto altezzoso.
-E’
interessante notare come lo stile e la moda non ti abbiano sfiorata
nemmeno un
po’- mormorò ridacchiando per poi concentrarsi sul
suo pacchetto.
-Non
si sono neppure avvicinati- annuì lei, scrollando le spalle,
mentre il ragazzo
scartava un paio di pantaloni neri, attillati e, a quanto dicevano i
suoi
occhioni azzurri, meravigliosi. I due lo guardarono storto quando li
annusò,
come fossero rose, per poi ripartire con sospiri da donzella
innamorata. Ci
vollero cinque minuti buoni perchè tornasse in se,
riacquistando l’uso del
linguaggio umano e tornando a portare lo sguardo sui ragazzi.
-Comunque-
mormorò ancora su di giri – di che avevate
bisogno?- chiese, sorridendo
cordiale.
-Avremmo
bisogno del numero di Dave Karofsky- confessò Puck,
guardandolo serio.
Dave
entrò con un sorrisetto stampato sulle labbra.
-Che
ti ridi, scimmione?- domandò Santana alzando un
sopracciglio, inquisitrice.
-Hanno
detto che va bene- mormorò solo lui, mentre continuava a
sorridere.
-Wooow-
esclamò lei con finta enfasi – chi esattamente e
per cosa?- domandò dopo,
mentre si dirigeva verso la sua vaschetta di gelato sul tavolino della
sala.
-I
miei superiori. Hanno accettato di spostarmi in una filiale americana!-
le
spiegò il ragazzo, andando a prendersi un cucchiaino.
Santana sgranò gli occhi,
ricordandosi di aver assentito a tornare in America.
-Cavoli-
borbottò sottovoce. Sperava che in realtà gli
negassero il permesso, e invece
andava sempre tutto storto. Ora, con la sua fortuna, magari lo avevano anche
spostato a Lima.
-Dove
di preciso?- domandò, vedendolo tornare e sedersi accanto a
lei.
-Ancora
non me l’hanno riferito- le rispose, affondando il cucchiaino
nel cioccolato,
mentre lei gli sottraeva la scatola con una smorfia.
-Speriamo
scelgano qualcosa tipo Los Angeles, Miami o NYC… e lascia
stare il mio gelato-
brontolò, mentre lui continuava ad infastidirla.
-Su,
che se lo mangi da sola ingrassi- la derise, riuscendo a farselo
passare.
-Ma
quindi… dovrei lasciare il mio lavoro- convenne Santana,
abbassando lo sguardo.
Dave la guardò male.
-Non
l’hai ancora fatto?- chiese, minaccioso.
-Senti
Karofsky, un padre ce l’avevo. Se lui non mi fa la ramanzina,
cosa ti fa
pensare di potermela fare tu?- bonfichiò, riprendendo la
confezione solo per se
e trotterellando in cucina.
-Primo
perché io sono il tuo doppio, secondo perché io
ti voglio bene il triplo di tuo
padre- affermò lui, raggiungendola con un sorrisetto di
superiorità.
-Quanto
sei odioso- farfugliò la latina, facendo roteare gli occhi.
Eppure
quello che pensava era tutto il contrario. Dave non poteva che dire
cosa più
vera. Lui sicuramente le voleva più bene di suo padre e sua
madre messi insieme.
Lui l’aveva accettata anche sapendo che era lesbica, non come
suo padre che,
quando lei aveva trovato il coraggio di confessarglielo, le aveva fatto
preparare le valigie, dicendo che aveva due scelte: andare in un centro
per
essere curata, o tagliare qualsiasi
ponte con lui. Santana non aveva esitato ad urlargli contro che era
felice di
non aver più nessun legame con un bastardo come lui. Sua
madre non si era
opposta, ma per una questione di suggestione, era sempre stata
influenzata
dalle idee della gente e da quelle del marito, perché era
una donna fragile,
proprio come la figlia. A volte con sua madre ancora si vedevano, ma
erano
simili a conoscenti. Era stato orribile, perché per quanto
dicesse di odiarli,
di non essere interessata a loro, sin da piccola aveva sempre fatto di
tutto
per renderli orgogliosi di lei, vederli essere fieri di averla come
figlia.
Dave le era sempre stato accanto da allora, quando viveva da Brittany,
quando
era successa quella cosa, quando se
ne era andata, fino a portarla con se in Inghilterra. Di certo Santana
gli
doveva molto, accettare quello che le aveva chiesto era come un dovere
per lei.
-Ok
ok, lo lascerò oggi. Contento tesoro mio?-
trillò, passandogli pure la
vaschetta di gelato.
-Chiamami
ancora così e non lo sarò affatto-
borbottò lui burbero, concentrandosi poi sul
gelato.
La
suoneria del cellulare di Dave cominciò a farsi sentire,
perciò la ragazza
tornò sul divano a recuperarlo. Nel display era scritto
“numero sconosciuto”,
per cui, mentre ritornava dall’amico, decise che poteva
rispondere lei.
-Sono
David Karofsky- disse, facendo il vocione mentre Dave roteava gli
occhi,
infastidito dal fatto che trovava sempre modi per metterlo in
imbarazzo. Non
sentendo una risposta dall’altro capo lei si corresse – naah, non
è vero, però questo è il suo
cellulare, per cui…-
-Santana?-chiese la voce
dall’altro capo.
Una voce maschile, che la ragazza distinse fin troppo chiaramente. Dave
la vide
sgranare gli occhi, staccarsi il cellulare dall’orecchio e
terminare la
chiamata, leggermente agitata.
-Chi
era?- domandò, afferrando il telefono, mentre lei gli si
tornava a sedere a
fianco, cercando di nascondere la reazione che aveva appena avuto.
-Puckerman-
mormorò.
-Deve
aver sentito il mio messaggio- sussurrò solo lui, guardando
l’ispanica di
sottecchi.
-Mi
ha chiuso la chiamata in faccia..- mormorò Noah, con
l’espressione di un
bambino a cui sono state rubate le caramelle – Mi ha chiuso
la chiamata in
faccia! Come ha osato?-sibilò, ricomponendo il numero
velocemente. Non rispose
nessuno, ma lui chiamò ancora, e ancora.
-Dimmi Puckerman- sbuffò Dave.
-Dì
a quella rincitrullita della tua amica di non fare mai più
una cosa simile,
altrimenti appena arrivo lì l’affogo!-
sbraitò.
-Glielo riferirò. Comunque per quella
cosa,
abbiamo risolto- disse, pacatamente.
-Tornate
qui?- domandò il ragazzo sgranando gli occhi. Era
incredibile, Santana sarebbe
tornata sul serio a casa?!
-No, torniamo solo in America. Non posso
dirti altro, l’ho promesso a lei-
bonfichiò.
-Cosa
scusa?-
-Tanto lei si sarebbe opposta e avrebbe fatto
solo la stronza.-disse Dave, mentre Santana gli intimava di
finire quella
conversazione.
-Dave
finchè lei è lì con te non possiamo
parlare liberamente. Ma io so che
tu sai che lei deve
tornare a casa. Perciò dobbiamo inventarci qualcosa. Se sei
con me, chiudi la chiamata ora- disse il ragazzo, sussurrando quasi le
parole.
Nonostante fosse la seconda persona che terminava la chiamata
bruscamente,
stavolta ne fu molto felice.
***
Santana
parcheggiò nel suo solito posto. Scese e si trovò
di fronte l’insegna già
luminosa del locale. Proprio come la prima volta che l’aveva
visto, Santana
trovava in quel posto qualcosa di misterioso e accattivante. Era strano
pensare
che lavorava lì già da un anno, da quando era
entrata per ottenere un posto di
lavoro, ed ora si trovava lì per lasciarlo.
~~~
Santana si guardò
attorno non riconoscendo le strade. Maledette grandi città
che erano piene di
vie e stradine imboscate. Quel giorno però era decisa,
doveva trovare un cavolo
di lavoro il prima possibile, sia per avere uno stipendio che le
garantisse un’indipendenza
economica, che per dimostrare a Dave che poteva cavarsela benissimo
anche da
sola. In quel caso però, chiedere indicazioni a qualcuno era
assolutamente
necessario. Parcheggiò così la macchina vicino ad
una siepe, scendendo poi
intenzionata ad entrare in un locale per chiedere informazioni.
Voltandosi ne
notò uno nell’angolo che catturò
completamente la sua attenzione.
Il Neverland.
La facciata era di un
vetro nero, sul quale troneggiava l’insegna bianca con bordi
viola scuri. Sulla
porta risaltava un foglio rosa. La ragazza si avvicinò
curiosa, leggendo poi
ciò che era scritto su di esso.
“Cercasi
cameriera”.
Sorrise soddisfatta,
pensando che mentre cercava indicazioni forse aveva trovato il lavoro.
Decise
perciò di entrare per sentire per quel posto. Appena si
chiuse la porta alle
spalle notò l’elegante arredamento degli interni,
illuminato da basse luci
rosse.
-Ciao ragazzina- la
salutò una donna appoggiata al bancone. Santana si
voltò immediatamente verso
di lei. Era una giovane e bella ragazza, con capelli neri e liscissimi,
legati
in una coda alta; aveva due magnetici occhi verdi, tondi e luminosi che
la
stavano scrutando intensamente, mentre un sorriso aleggiava sulle sue
labbra
rosse e sottili.
-Salve- mormorò Santana
avvicinandosi –mi chiedevo se il posto di cameriera fosse
ancora libero?-
domandò, sistemandosi i capelli con una mano, mentre
l’altra donna spegneva la
sigaretta in un posacenere.
-Non sei mai stata qui
prima d’ora, vero?- chiese, sorridendo in modo strano.
Santana scosse la testa,
non capendo cosa c’entrasse.
-Viv, mi stavo
chiedendo…- borbottò un’altra ragazza
uscendo dalla porta che dava alla cucina.
Doveva essere alta circa come Santana, ma aveva dei capelli biondi
legati in
due codini alti pieni di boccoli, e sia gli shorts che la corta
canottiera
risaltavano la pelle diafana.
-Hey ragazzina- esclamò
appena vide Santana, ammiccando poi alla mora al bancone.
-Salve- ripeté
l’ispanica, trovando quel “ragazzina” alquanto
fastidioso, dopotutto non erano molto più grandi di lei
quelle due.
-Piacere sono Eleonor,
Leo- trillò entusiasta, piazzandosi davanti alla latina.
-Santana- rispose,
accennando un sorriso di cortesia.
-Che ci fai qui,
dolcezza?- chiese, osservandola meglio.
-E’ qui per il posto di
lavoro- mormorò la mora –e io sono Vivyan
–aggiunse, giocando con il piercing
sopra al suo sopracciglio destro. Appena la bionda capì il
motivo della sua presenza
sembrò quasi più elettrizzata.
-Magnifico- squillò.
Santana per un momento rimpianse di essere entrata, quel posto sembrava
un covo
di pazzi.
-Ma non conosce il
nostro locale- precisò Vivyan, avvicinandosi a Eleonor, la
quale sbattè le
ciglia, guardando poi curiosa la latina, con i suoi piccoli occhi di un
raro
color grigio chiaro.
-Rimedierò subito-
mormorò la bionda, avvicinandosi maggiormente
all’ispanica.
-Questo è un locale per
lesbiche….a luci rosse- le spiegò, indicando le
lampade con un risolino.
Santana boccheggiò per un momento, sbarrando gli occhi. Era
finita in un club
per lesbiche pervertite? Una specie di covo della sua razza?? Non
vedendola rispondere
Eleonor continuò nella sua spiegazione.
-Il miglior locale di
lesbiche di tutta l’Inghilterra, oserei dire. Non troverai da
nessun altra
parte uno staff di così belle ragazze- cinguettò,
dandosi aria ai capelli,
mentre Vivyan roteava gli occhi ridacchiando – tu saresti la
perla mancante
della nostra brillante collana- ridacchiò, scorrendo i suoi
occhietti sulle
forme della latina.
- Comunque lavoreresti
esattamente come cameriera, con il vantaggio che non avresti nessun
uomo
introno, solo molte donne…”affamate”.
Anh, e anche la divisa non sarebbe
proprio quella tipica, per il resto devi solo servire ai tavoli-
concluse
scrollando le spalle.
-Dovrei servire nuda?-
strillò la latina, incrociando le braccia al petto,
indignata.
-Non è quello che
intendevamo noi, ma se ti andasse di farlo nessuno si lamenterebbe-
scherzò la
mora.
-Ahn, e per essere
chiari, uno stipendio come il nostro lo offrono in pochi-
puntualizzò la
biondina, annuendo.
-Quindi lavorerei come
cameriera tutta la notte in abiti un po’ scollati, con un
ottimo guadagno?-riepilogò,
arricciando le labbra, per poi vederle annuire –Allora ci
sto!- affermò sicura,
mostrando uno dei miglior sorrisetti stronzi alla Lopez.
-Davvero?- chiesero le
due all’unisono incredule.
-Sì- affermò
la latina,
annuendo convinta.
-Niente problemi con le
lesbiche quindi?- si accertò la bionda, sollevando un
sopracciglio un poco
dubbiosa.
-E chi ti dice che io
non lo sia- rispose Santana, alzando le mani con disinvoltura.
-La cosa diventa tremendamente
molto più interessante, ragazzina- mormorò Vivyan
con la sua voce bassa,
sorridendo maliziosa.
-Solo una cosa- mormorò
la latina – non è che potreste evitare di
chiamarmi “ragazzina”?-
~~~
-Hey
ragazzina- trillò con il suo tipico entusiasmo Eleonor
appena la vide entrare,
per poi saltarle al collo e abbracciarla come faceva con tutti.
-Hey
Leo- rispose lei , con un tono un po’ spento.
-Tutto
bene?- domandò Vivyan, accendendosi la solita sigaretta.
-Dovrei
parlarvi- sospirò l’ispanica, sedendosi sul
bancone e accavallando le gambe,
mentre le due la guardavano stranite –Mi vorrei licenziare-
ammise, alzando poi
gli occhi verso di loro. Leo spalancò la bocca disperata,
mentre la mora
sorrise, come se lo sapesse già.
-Non
puoi! Non prima che io ti riesca a portare a letto!- strillò
la bionda,
puntando i piedi per terra, contrariata. Santana scoppiò a
ridere.
-Ti
ho già detto che non mi piacciono le bionde- le
ricordò la latina, roteando gli
occhi.
-Suvvia
ragazzina, a tutti piacciono- sbuffò quella, giocando con
alcuni dei suoi
boccoli chiari.
-O
magari non vuoi che ti piacciano perché una bionda una volta
ti ha rubato il
cuore- ipotizzò Vivyan, restando come sempre calma. Santana
aggrottò se
sopracciglia, scuotendo la testa. Vivyan aveva sempre colto quella che
lei
aveva cercato di nascondere, quella ragazza sapeva leggere
tremendamente bene
le persone, e ciò spaventava un po’ Santana.
-Comunque
me ne vado, torno in America- motivò, leggermente
dispiaciuta. Dopotutto quelle
ragazze erano sempre state disponibili con lei e l’avevano
fatta sentire una di
loro dal primo giorno.
-Con
David immagino-disse Vivyan, vedendo poi Santana annuire.
-Uffa
sono arrabbiata- sbottò Eleonor sporgendo il labbro
inferiore e rannicchiandosi
contro il muro con le ginocchia contro al petto.
-Ci
mancherai ragazzina- sorrise la mora, avvicinandosi alla latina per
abbracciarla. Santana scese dal bancone e la strinse, come per
ringraziarla dei
bei momenti passati insieme. Forse erano state le sole uniche amiche
che aveva
trovato lì.
-Anche
voi mi mancherete, ma sai Dave cosa ne pensa. Dice che dovrei mettere
la testa
a posto, sai quanto gli piace fare il moralista- soffiò,
facendo ridere
l’altra.
-Non
sarebbe male- mormorò, spegnendo la sigaretta e buttandola
nel cestino.
-Smettila
di dargli ragione- borbottò Santana.
-Sei
una bella persona Lopez, dovresti sul serio tornare a casa e diventare
grande-
scherzò Vivyan.
-E
voi?- disse di rimando l’ispanica, stigliando gli occhi.
-Io
sono come Peter Pan e le altre sono le mie bambine sperdute, tu invece
sei come
Wendy, ragazzina, ed è
ora di tornare
a casa-le spiegò la donna, con il suo solito sorriso
intrigante. La latina ridacchiò,
afferrando la borsa che aveva lasciato su un tavolo.
-Mandaci
il tuo indirizzo, che se dovessimo passare in America verremmo a
trovarti-
mormorò ad un tratto Eleonor, alzandosi per andare ad
abbracciarla a sua volta,
mentre lei annuiva.
***
Eccoti
Ammiraglia il capitolo pre-partenza. Vedi di tornare presto prestissimo
ç_ç
Note:
-La
cosa di peter pan non so da dove mi sia uscita xD
-Spoiler 3x01 Nella fic
l’hummelberry è
un po’ scialbo, e dopo la puntata di ieri in cui li ho amati,
mi dispiace un
sacco, perché in Glee sono diventati grandi amici. Per cui
penso farò qualcosa
per unirli ancora ;)
-Visto
che il messaggio di Dave era importante! Sì, la frase con
cui conclude Noah fa
molto agente segreto, ma va bè xD
-Anh
già, il flashback stavolta è all'interno di un
capitolo, ed è qui perchè non
segue il filo dei capitoli passati, mi serviva solo per spiegare un po'
la
faccenda di Santana. Se diventa tutto molto incasinato ditemi pure.
-Io
non so se esista un locale simile a quello che ho inventato io, tanto
meno
penso sia a Londra, ma fate finta di nulla. Dopotutto nemmeno il
McKinley esiste
nella realtà u.u
A
presto!
Besos,Miky
|
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Capitolo 13 *** Nobody's perfect ***
13}Nobody’s
perfect
-Allora??-
domandò il ragazzo curioso.
-Ci
sentiremo poi per metterci d’accordo. La riporteremo
a casa- affermò Puck con un sorriso soddisfatto.
-Ma
… Brittany?- chiese Kurt, corrugando le sopracciglia.
-Brittany
la sta aspettando. Tutti la stiamo aspettando,
da così tanto che mi sembra sia giunta ora che ritorni.
Quinn non si sposerà
mai senza di lei- spiegò lui, passandosi la mano sulla
cresta.
-Quinn
si sposa?- strillò Kurt, battendo immediatamente
le mani eccitato.
-Già,
sarà presto una Chang- sorrise Rachel, partecipando
al suo entusiasmo.
-Devo
assolutamente aiutarla con il vestito, e tu devi
starle lontana per quello- borbottò il ragazzo, guardando
male Rachel, che
ricambiò l’occhiata seccata.
-Piuttosto,
tu e Blaine cosa state aspettando??- chiese
Puck, con un’espressione interrogativa
-Potrei
chiedere lo stesso a voi due- rispose Kurt,
sorridendo malizioso e incrociando le braccia.
-Puoi
rispondere seriamente?!- brontolò la ragazza,
scuotendo la testa.
-Ma
ero serio…-ridacchiò lui, alzandosi per poi
dirigersi
verso la cucina.
-Hey,
dove scappi??- mugugnò Noah, seguendolo. Kurt
roteò
gli occhi.
-Prendevo
solo qualcosa da offrivi- si giustificò il
ragazzo, cercando qualcosa nella dispensa.
-C’è
qualche problema con Blaine?- domandò ad un tratto
Rachel. Conosceva Kurt e sapeva che in quel momento non stava facendo
altro che
evitare quell’argomento. Era strano, poiché da
quello che sapeva i due stavano
ancora insieme e tutto filava liscio, cioè erano Blaine e
Kurt, Rachel li aveva
sempre visti benissimo assieme.
Il
ragazzo la fissò per un istante coni suoi occhi
azzurri e liquidi, concentrandosi poi su altro.
-Sinceramente,
non lo so- ammise, sospirando appena.
Puck
corrugò le sopracciglia, appoggiandosi al frigo,
mentre lo guardava confuso.
-Cioè
Blaine è perfetto, si preoccupa per me per ogni
cosa, ha sempre un sorriso da regalarmi, delle frasi dolci da
sussurrarmi.
–mormorò sorridendo, mentre Rachel faceva lo
stesso ascoltandolo –Il fatto è
che io non lo sono, io non sono perfetto per lui.- soffiò,
tagliando una
crostata e disponendola in un piattino.
-Nessuno
è perfetto.- affermò Noah serio - Tranne me-
aggiunse poi con un sorriso
-Sì
certo- bonfichiò Rachel, scuotendo la testa –
Comunque è vero. Nessuno è perfetto, tu vedi
Blaine così, ma probabilmente lui
pensa lo stesso di te- cercò di fargli capire lei,
appoggiando una mano sulla
sua spalla.
-Ed
è questo il problema- sbottò però lui
–Io …io non lo
sono affatto- sussurrò tristemente.
-Perché?-
domandò lei non capendo.
-L’hai
tradito?- chiese Noah, senza farsi problemi. Kurt
si voltò verso di lui, colpevole.
-No,
ma… in un certo senso è come se lo facessi-
confessò, facendo sgranare gli occhi agli altri due. Rachel
boccheggiò, non
sapendo che dire, di certo non si sarebbe aspettata una spiegazione del
genere.
-Per
Karofsky?- tentò Puck, chiarendole ad un tratto le
idee, che furono confermate dal sospirare di Kurt.
-E’
che a volte mi trovo a pensare come sarebbe andata se
io gli avessi dato fiducia, se non avessi pensato che lui avrebbe dato
ascolto
ai suoi genitori e sarebbe tornato da loro, se non fossi stato
così geloso di
tutto, persino di Santana. Ho sbagliato io, io ho voluto chiudere con
Dave, e
più ci penso, più ricordo quanto lui fosse
perfetto per me. Allora mi viene da
compararlo a Blaine, e se certe volte sono sicuro che Blaine sia la
persona
giusta, molte altre penso ciò di Dave.- ammise, con gli
occhi lucidi, fissi sul
pezzo di torta.
-Devi
solo capire chi ami dei due- disse ad un tratto
Noah, alzando le spalle –Quale dei due non puoi fare a meno,
quello con cui ti
vedi insieme tra ottant’anni
e vuoi che
ogni giorno sia la tuo fianco, la persona che ti fa innamorare di lei
ogni
qualvolta la vedi- sussurrò, fissando l’amico.
Kurt restò impressionato da
quelle parole, sbattè le palpebre, cercando di assimilarle
al meglio.
-Ricevere
consigli d’amore da te Puckerman, penso fosse
l’ultima cosa che mi sarei mai aspettato-
ridacchiò, facendo sbuffare il
ragazzo, leggermente imbarazzato per quello che aveva appena detto
–Sarà perché
sei anche tu innamorato- farfugliò Kurt, passando lo sguardo
prima su Noah, poi
su Rachel.
-Hummel,
non cercherò mai più di aiutarti, è
una
promessa- brontolò Noah, imbronciandosi, mentre la ragazza
lo guardava
chiedendosi se Kurt non avesse ragione.
Mike
ritentò in casa, reggendo il cartone della pizza con
una sola mano, per poi cercare dove la sua ragazza stesse studiando
ogni
dettaglio del prossimo matrimonio. La trovò tutta
concentrata sul divano,
mentre sfogliava un catalogo in cerca di un’acconciatura. Si
abbassò,
baciandole dolcemente il capo.
-Ciao
tesoro- mormorò lei, senza distogliere lo sguardo.
-Hai
fame?- chiese lui, appoggiando la pizza sul tavolino
posto di fronte al sofà, mentre andava a infilarsi qualcosa
di più comodo.
-Oohh
bacon e formaggio- la sentì esclamare gioiosa, per
poi raggiungerla a tavola.
-Sai-
iniziò, prendendo già il secondo spicchio
–Ho
chiamato il mio parroco, e ha detto che per la conversione
sarà una faccenda un
po’ lunga, per cui io direi di farla subito- gli
riferì, versando ad
entrambi da bere.
-Cosa
hai fatto?- domandò Mike, alzando un sopracciglio
contrariato.
-Suvvia,
ne avevamo già parlato- borbottò lei, scrollando
le spalle –Per sposarci in chiesa devi convertirti- disse,
senza badare alla
sua reazione.
-No
Quinn, io non ho mai detto che l’avrei fatto. Io non
mi convertirò!-sbottò deciso, fermandosi a
guardarla. Era scioccato dal fatto
che lei avesse già contattato qualcuno, senza nemmeno
chiederglielo, non dando
importanza al suo non volersi convertire.
-Perchè
devi fare così?- domandò lei, arricciando le
labbra infastidita –Sai quanto ci tengo-. Lo fissò
arrabbiata, notando che lo
era anche lui.
-Quinn
è un ragionamento assurdo. E’ da sciocchi, non
fare la bambina- disse. Lei spalancò gli occhi, incredula.
Scosse la testa
irritata.
-E
così sarei una bambina- sibilò, offesa,
abbassando lo
sguardo.
-Sì,
in questo caso sì!- confermò il ragazzo
–Perché non
capire le ragioni per cui non voglio convertirmi è segno di
infantilismo. Non
ha senso che io mi converta al Cristianesimo, non credendoci, senza
fede, solo
per sposarti in chiesa. E’ da ipocriti, immensi ipocriti. Non
lo farò mai- le
spiegò. Ma lei non sembrava voler capire, si era alzata,
tirando su con il naso
e asciugando lacrime che avrebbe preferito non fossero scese.
-E
così sarei una bambina capricciosa e ipocrita. Wow,
che bella opinione che ha di me il mio futuro marito-
farfugliò, mordendosi il
labbro inferiore, cercando di non scoppiare a piangere.
-Quinn,
ti prego, non fare così. Sai che non è quello che
penso di te, tu non sei così, sto solo dicendo che su questo
argomento ti stai
comportando in questo modo- cercò di chiarirle,
avvicinandosi a lei, per
afferrarle le mani, ma lei lo scansò.
-Come
se non sapessi quanto è importante per me-
mormorò
la bionda, prima di correre nella camera, sbattendo la porta, per poi
scoppiare
a piangere, soffocando i singhiozzi nel cuscino.
Mike
strinse i pugni, lasciandosi poi cadere nuovamente
sulla sedia. Pensò al comportamento della fidanzata, con lo
sguardo perso
davanti a se. Non voleva credere sul serio che si fosse tanto
arrabbiata per la
sua scelta. Lui non avrebbe ceduto, ma non voleva nemmeno perderla per
ciò.
Mike amava Quinn, la amava come nessuna, e ogni giorno di
più, e proprio non
capiva perché si fosse impuntata tanto per ciò.
Sbuffò frustrato, chiuse il
cartone e lo sistemò nel frigo, poi prese le chiavi ed
uscì.
-Il
Re Leone!- ripetè ancora Brittany.
-Noo
Anastasia- ribattè Valerie, nascondendo il
telecomando.
-Ma
Anastasia l’abbiamo visto ieri- brontolò la madre.
-Ma
nel Re Leone muore Mufasa- piagnucolò la bambina,
saltellando sul posto.
Brittany
arricciò le labbra, per poi inserire il dvd che
preferiva la piccola.
-La
prossima volta scelgo io però- disse, ma essendo
voltata non vide la bambina scuotere la testa con vigore, mentre
abbracciava il
papero seduto tra le sue gambe incrociate. La madre fece per sedersi
quando
qualcuno suonò al campanello.
-Mami-
la chiamò Valerie preoccupata –e se fossero gli
orchetti??-.
Brittany
la guardò con un sorriso, carezzandole la nuca.
-Tranquilla,
ho messo gli gnomi in giardino apposta- la
rassicurò, facendole l’occhiolino. Le due allora
andarono alla porta,
trovandosi poi davanti Mike, che appena le vide, mascherò il
dolore con un
grande sorriso.
-Oh,
le mie adorate Pierce!- esclamò, abbassandosi per
sollevare Valerie, che si era già buttata al suo collo
contenta, facendo un
cenno di saluto all’altra. Brittany lo guardò
confusa, notando che qualcosa non
andava.
-Sei
venuto per guardare Anastasia?- chiese la bambina,
facendogli segno di andare sul divano.
-Ovviamente
Vals, non mi potrei perdere la
cinquecentesima volta che la guardi- scherzò,
scompigliandole i capelli, mentre
lei rideva. I tre guardarono il film, ogni tanto interrotto dai
commenti della
bambina su quanto fosse brutto e cattivo Rasputin, cantando sopra ad
ogni
canzone come facevano sempre( ovviamente ad eccezione di quella del
“cattivo”),
con la bambina che puntualmente si arrabbiava con Dimitri che se ne
andava, per
poi soffiare un “oooh” alla fine, quando Ania
andava con lui. Dopo la fine del
cartone, Valerie non impiegò molto tempo prima di
accucciarsi al petto di Mike.
Il
ragazzo nonostante dormisse già la tenne ugualmente
tra le sue braccia, notando poi lo sguardo confuso di Brittany.
-Che
è successo?- chiese infatti quella, con
un’espressione preoccupata.
-Io
e Quinn abbiamo litigato- mormorò lui, osservando la
bambina dormire beata.
-Come
mai?- Brittany odiava quando le persone a cui
voleva bene litigavano, era una di quelle cose che la faceva diventare
triste,
triste come un cucciolo di panda.
-Abbiamo
idee differenti su una cosa- disse lui
semplicemente.
-Ed
è molto grave??- s’informò, notando
come Mike non
fosse molto disponibile a parlarne.
-Diciamo
che è importante.- sussurrò, evitando gli occhi
chiari dell’amica.
-Ma
non vi lascerete per questo, vero? Dovete sposarvi.
Mike se vi lasciate non vi parlo più- lo avvertì
frettolosamente la bionda, più
impensierita di prima.
-Oh,
io non la lascerei per nessun motivo. E’ Quinn, la mia Quinn- chiarì subito
– ma ho bisogno
che capisca, altrimenti sarà lei a respingermi-
soffiò, abbattuto.
Brittany
stava per dire qualcosa, quando sentì bussare
alla porta.
-Dovrebbero
essere Puck e Rachel, li avevo chiamati io-
le disse Mike, dopodiché la bionda andò ad
aprire, ritrovandosi i due di
fronte.
-Ciao
B, che vuoi Chang?- sbottò Noah entrando e
ricevendosi un buffetto sul braccio da Rachel.
-Fai
piano, a quest’ora Valerie dormirà-
bisbigliò la
brunetta, per poi salutare gli amici.
-Scusate-
mormorò Noah, per poi vedere la piccola
rigirarsi tra le braccia dell’asiatico –Allora??-
-Rachel
avrei bisogno del tuo aiuto- mormorò il ragazzo,
con uno sguardo implorante.
-Belli
gli amici. Torni a casa da New York, dopo aver
sopportato sia la Berry che Hummel, ti chiamano e vai subito, per
scoprire che
non hanno bisogno di te- brontolò, sedendosi
accanto a Mike e prendendo Marshall sulle gambe.
-Non
dargli ascolto – scrollò le spalle Rachel,
alludendo
a Noah – dimmi tutto- gli sorrise.
-Avrei
litigato con Quinn, ma non voglio che si isoli
come tende a fare. Potreste andare da lei e parlarle, o anche solo
farle
compagnia. Non m’interessa se la pensate come lei o come me,
vorrei solo che
non si sentisse sola- supplicò.
-Certo,
con piacere- annuì immediatamente Rachel.
-Resti
tu con Valerie?- chiese Brittany con un sorriso,
vedendolo poi annuire.
-Noah
tu invece vai a casa che domani mattina devi aprire
il locale- ordinò Rachel, invitandolo ad alzarsi in fretta.
Lui lo fece,
borbottando e lamentandosi.
-Ma
guarda con che gente devo avere a che fare…-
farfugliò, scuotendo il capo.
Quinn
cercò di aprire gli occhi, ancora assonnati e gonfi
per il pianto. Si girò su un lato e fece per stirarsi, ma
prese contro
qualcosa. Cavoli, Mike aveva forse dormito con lei? Sbarrò
gli occhi,
trovandosi poi nel letto chi non avrebbe mai pensato. Sulla sua destra
Rachel
dormiva a pancia in giù con la bocca semiaperta, sulla sua
sinistra Brittany
stringeva il cucino, con una gamba che le penzolava fuori dal letto.
Nel vedere
le amiche le affiorò un sorrisino, che però ben
presto scomparve, quando i ricordi
della sera prima le tornarono in mente. Scosse allora Rachel, poi
Brittany,
facendole svegliare di colpo.
-Buongiorno
Quinn- farfugliò la bionda, avvicinandosi
alla ragazza e abbracciandola, per poi richiudere gli occhi con la
testa
appoggiata alla sua schiena.
-Buongiorno
Britts- rispose lei- ‘Giorno anche a te Rach-
aggiunse, mentre la brunetta cercava di mettere a fuoco strizzando gli
occhi,
tentando nel contempo di ricordare perché era lì.
-Hey
Q- mugugnò, cercando di sistemarsi i capelli in una
coda.
-Cosa
ci fate qui?- chiese Quinn, volendo naturalmente
delle spiegazioni.
-Volevamo
sgridarti- mugugnò Brittany –Tu e Mike non
dovreste litigare-. Quinn le guardò, male, buttandosi poi in
un qualche modo
giù dal letto e andando frettolosamente in bagno.
-Fabray,
non ce ne andiamo finché non abbiamo parlato- le
urlò Rachel.
Quando
uscì dal bagno le due non erano più in camera, ma
le trovò senza nessuna difficoltà nella cucina,
intente a preparare la
colazione per tutte e tre.
Quinn
si sedette, versandosi del succo, senza rivolgere
la parola alle amiche.
-Vuoi
una pasta o..-
-Io
mangio solo bacon e uova appena sveglia- borbottò,
vedendo poi che la ragazza le aveva preparato proprio quello. La
ragazza
continuò a stare in silenzio, ascoltando Rachel raccontare
di Kurt, New York e
le litigate con Noah, mentre Brittany guardava i cartoni distrattamente.
-Quinn-
la chiamò ad un tratto Brittany, disincantandola.
Alzò il capo e vide la sua espressione triste.
-Non
dovete lasciarvi. Non voglio- la supplicò –Non ho
capito cosa deve
fare Mike per sposarti,
ma è una cosa stupida. Voi vi amate, non lasciatevi per una
sciocchezza-
farfugliò angosciata. Quinn vide i suoi occhi diventare
lucidi e capì tutto il
peso di quelle parole. Le si avvicinò e
l’abbracciò forte.
-Non
preoccuparti B, non ci siamo lasciati. Dobbiamo solo
chiarire su una cosa. Tutti litigano ogni tanto- cercò di
rassicurarla,
accarezzandole la schiena.
-Ma
vi sposerete, vero?- domandò quella, stringendosi
alla bionda.
-S-sì-
annuì non troppo convinta Quinn – ma deve ancora
passarne di tempo, prima di tutto deve ancora tornare Santana-
sospirò.
Brittany assentì, appoggiando il mento sulla sua spalla, con
le braccia legate
dietro al collo di Quinn.
Rachel
in quel momento capì quanto fosse stata importate
la chiamata del giorno prima con Dave. Dovevano riportare a casa
Santana,
dovevano farlo subito. Lei sicuramente sarebbe entrata urlando in
spagnolo e
Mike e Quinn non avrebbero nemmeno pensato di litigare; inoltre se ci
fosse
stata lei, sicuramente Brittany in quel momento non avrebbe pianto.
***
Dopo
varie richieste di gruppo, eccomi qui ad aggiornare
;)
Note:
-Noah,
a volte ti tratto maluccio, ma sai che ti amo
<3
-Emh…oh
c’è anche il Quike angst! Allora, è un
altro
argomento che io vedo molto seriamente. Partendo dal fatto che il
personaggio
di Quinn era nato come molto religioso (poi i RIB non sanno cosa si al
continuità, per cui va bè), io ho voluto rimanere
abbastanza fedele,e sappiamo anche degli sbalzi di umore della Fabray, per
cui io non
la vedo così OOC come reazione. Il tema invece allo
stesso tempo lo
ritengo abbastanza importante. Lasciando perdere il fatto che io sia
cristiana
credente, ciò non toglie il fatto che il pensiero di Mike
rappresenti
esattamente il mio, perché al giorno d’oggi ci
sono coppie nelle quali uno si
converte per convenzione, perché così ci si
può sposare in chiesa, perché va di
moda, insomma per stronzate. E la cosa a me sinceramente sa molto di
ipocrisia,
per cui, volevo solo segnalarla.
Poi,
perché io inserisca tutto ciò nelle ff rompendo
le
balle a voi, non lo so. Diciamo per dare un senso più
profondo, un che di
realistico, bah..
-Un
po’ di Fabcon non fa mai male (Fabrayxbacon xD)
-Non
so voi, ma io Mike lo vedo tipo come l’uomo
perfetto, per cui chiede a Rach e B di non lasciare la sua donzella da
sola ;)
-Anh,
e riguardo al titolo. Nessuno è perfetto tranne Mark
e l’Heyachele u_u
Bon,
avrei finito.
A
presto!
Spero
ci siano pochi errori.
Besos,Miky
|
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Capitolo 14 *** *Please, just let me go* ***
14}*Please,
just let me go*
La
dottoressa premette sulla sua pancia, spargendole quella sostanza
gelatinosa e fredda.
Sullo
schermo apparvero delle immagini che Brittany non capiva, era tutto
grigio ed
uniforme, eccetto un puntino
nero. La
donna sorrise, indicando proprio quel puntino sullo schermo.
-Lei
è incinta –sorrise. Gli occhi della bionda si
illuminarono gioiosi.
-Quella
è la camera gestazionale, dove il suo embrione si
svilupperà fino a diventare
un bambino, o una bambina- le spiego, continuando a indicare quel punto
nero.
Mai Brittany aveva visto un puntino tanto carino in vita sua.
Forse
sarebbe riuscita a far sorridere Santana ancora.
-Brittany-
mormorò Santana sollevando il volto dal libro quando la vide
entrare. Aveva
cominciato a leggere libri su libri per non pensare, perché
pensare la faceva
stare male.
Leggeva
di giorno e di notte perché era diventata insonne, i dottori
dicevano che era
normale all’inizio, ma Santana non prestava più
ascolto ai dottori da quattro
settimane.
La
bionda le si avvicinò con un tenero sorriso,
dopodiché si abbassò su di lei per
darle un bacio sulle labbra. Ma come succedeva da quattro settimane la
risposta
della latina era spenta.
-Ti
devo parlare- sussurrò, vedendola sedersi accanto a lei.
-Anche
io, ma prima dimmi tu- disse la bionda, continuando a sorriderle
dolcemente.
-Io
non ce la faccio più- scandì la mora, mentre i
suoi occhi si velavano di
lacrime come ogni due o tre ore al giorno.
-Lo
so che è difficile, ma insieme
lo
supereremo- la confortò Brittany, afferrandole la mano.
Santana scosse la
testa, staccandosi dalla ragazza quasi spaventata.
-Io
non posso restare con te. Io me ne devo andare- sussurrò
senza guardarla negli
occhi. Brittany si sentì mancare il respiro, e la
fissò stordita.
-P-Perché?-
chiese, mentre il tono ella sua voce s’incrinava
sensibilmente.
-Tutto
qui mi ricorda lui. Qualsiasi cosa o persona… soprattutto
tu- le spiegò –e non
sai quanto mi dispiace, perché io ti amo, ti amo
così tanto, ma non posso
starti vicina. Vederti mi ricorda …. E ..e ricordare mi
uccide ogni volta. Io
devo andarmene- bisbigliò asciugandosi freneticamente le
goccioline che
uscivano dai suoi occhi arrossati.
-Troveremo
qualcuno che ti farà sorpassare quello che è
successo..Chiedi a Quinn… anche io
sto malissimo, ma mai arriverei a staccarmi da te! gridò la
bionda, scuotendo
forte il capo.
-No,
nessun psicologo mi potrà aiutare, come chiudo gli occhi
rivedo sempre quel
giorno- gemette la mora, corrugando le sopracciglia.
-Non
puoi lasciarmi, ricordi la prima regola? Santana ha sempre ragione-
disse
agitata Brittany. Santana la guardò con
un’espressione interrogativa, non
capendo a cosa alludesse.
-Mi
giurasti che mai ti saresti stancata di me e che saremmo sempre state
insieme,
io lo ricordo- mormorò la ragazza, stringendo le labbra.
-Quelle
regole sono sbagliate- bisbigliò la latina, alzandosi e
dirigendosi in camera.
Brittany la seguì e vide le valigie già preparate
sul letto. Aprì la bocca ma
le parole le morirono in gola.
-Per
favore- le implorò Santana avvicinandosi a lei
–Lasciami andare. Sarà meglio
per entrambe-la supplicò, fissando i suoi occhi azzurri. Non
li aveva mai visti
così avviliti, era come quando si annuvola il cielo.
Brittany scosse la testa
con vigore.
-Fallo
se mi ami- tentò ancora l’ispanica.
-Io
sono terrorizzata, ma non me ne vado- gemette la bionda.
Passarono
alcuni secondi prima che Santana trovasse una risposta a quella
affermazione.
-Tu
sei sempre stata la più forte, per questo ce la farai senza
di me- cercò di
consolarla la mora. Posò le sue labbra sulla sua fronte,
stampandole un bacio,
poi si staccò e afferrò le valigie. La
guardò per l’ultima volta e uscì dalla
casa. Brittany si accasciò sul pavimento, scossa dal pianto.
Se
ne era andata e il suo ultimo bacio sulla sua fronte era stato
l’addio più
brutto che potesse ricevere.
Santana
afferrò il cellulare, cercando di risistemarsi. La gola le
bruciava e aveva
finito i fazzoletti. Appoggiò i gomiti sul volante,
aspettando una risposta.
-Tutto bene?-chiese il ragazzo
preoccupato dall’altro capo. Ormai tutti si rivolgevano
così nei suoi
confronti, tutti volevano sapere come stava. Come pensavano che potesse
stare?
-Posso
venire da te per un po’?- chiese immediatamente.
-Cosa è successo con Brittany?-
domandò
lui allarmato.
-Ti
spiegherò, posso?-insistette.
-Sì, ti mando un messaggio con
l’indirizzo-
acconsentì Dave.
-Grazie,
a presto- sussurrò Santana prima di chiudere la chiamata
-Hey
B, dimmi tutto- cercò di sorriderle Quinn entrando
velocemente. L’altra si
gettò tra le sue braccia, stringendosi forte a lei.
-Santana
…. – sussurrò, facendo quasi fatica a
continuare –se n’è… se
n’è andata- .
Quinn sbarrò gli occhi attonita, poi cominciò ad
accarezzare dolcemente la
schiena dell’amica.
-Tornerà-
mormorò, non credendoci nemmeno troppo.
-No-
negò immediatamente l’altra –Io le
ricordo lui
..non tornerà mai più-
bisbigliò distrutta.
-Sai
cosa facciamo?- chiese retoricamente la ragazza, staccandosi per
cercare gli
occhi celesti dell’amica –la andiamo a fermare, la
riporteremo qui, ne
parleremo, ok?- propose con un sorriso
amichevole. Brittany tirò sul con il naso e
annuì, ringraziando l’amica con un
timido sorriso.
Quinn
compose il numero di Santana e portò il telefono
all’orecchio.
-Sì?-
-Hey
San dove sei, volevo fare due chiacchiere, sei a casa?-
domandò, come se non
fosse al corrente di nulla.
-No, sono all’aeroporto. Non cercarmi
più
Quinn. Addio- mormorò la ragazza per poi terminare
la conversazione
bruscamente.
Quinn
sorrise, ora sapevano dove trovarla.
-Papà
non sto andando in guerra!- sbottò Rachel staccandosi dalla
stretta soffocante
di Hiram.
-Ma
starai via per anni, io mi perderò i tuoi spettacoli, non
avrò più la mia
bambina da coccolare, poi..- piagnucolò l’uomo,
che fu poi messo a tacere dal
marito.
-Credo
di aver capito da dove viene la tua parlantina- notò Noah
annuendo. Rachel
ridacchiò, scuotendo divertita il capo.
-Così
non ci si vedrà per un po’, eh?- disse il ragazzo,
passandosi una mano sulla
cresta. Rachel assentì, sorridendo appena.
-Ma
ti chiamerò una o due volte al giorno- trillò,
facendogli sbarrare gli occhi.
-Che
farai?- domandò lui preoccupato.
-Dai,
due o tre volte a settimana va meglio?- propose, guardandolo con i suoi
grandi
occhi nocciola.
-Già
più accettabile- accordò il ragazzo.
-E
vedi di non far fallire il mio locale- lo minacciò,
puntandogli contro
l’indice.
-E’
il nostro locale, pulce. E stai
tranquilla, ci pensa Zio Puck- la tranquillizzò, dandole
pacchettine sulla
spalla.
Lei
rise, per poi buttarsi tra le sue braccia.
-Mi
mancherà lo Zio Puck- mormorò la ragazza.
-Faccio
a tutte questo effetto, baby- la derise lui, beccandosi
un’occhiataccia –Mi
mancherai anche tu, nanerottola- le mormorò, accarezzandole
i capelli morbidi.
Lei si staccò e gli sorrise di nuovo.
Quel
sorriso gli sarebbe mancato tremendamente.
-Doveva
venire anche Quinn, se lo sarà dimenticata –
farfugliò poco dopo, afferrando la
borsa che aveva appoggiato per terra, con un’espressione un
po’ dispiaciuta.
-Avrà
avuto un buon motivo, altrimenti non ti avrebbe lasciato partire senza
venire a
prenderti in giro un ultima volta in diretta- cercò di
consolarla Noah, con una
delle sue facce ebeti. La ragazza annuì, tornando poi a
salutare i genitori.
-A
presto- gridò agitando la mano mentre si allontanava.
Noah
la vide andarsene, chiacchierando serenamente con il resto della
compagnia.
Prese poi in mano il cellulare e notò diversi messaggi da
parte di Quinn.
Le
due ragazze entrarono nell’aeroporto correndo,cominciando a
guardarsi intorno
per scorgere la latina. La videro imbarcare le valige e Quinn corse
verso di
lei, chiedendo a Brittany di attendere.
-Santana!-la
chiamò, facendola girare con un’espressione quasi
spaventata.
-Quinn,
che ci fai qui?- chiese sgranando gli occhi agitata.
-Sei
pazza?- sbottò la bionda, con un’espressione
accigliata.
-Me
lo dici tu che hai i capelli spettinati e ha un vestito arancione
evidenziatore..- borbottò l’ispanica cercando di
evitare il vero problema.
-Andartene
non risolverà nulla, lo devi affrontare!-strillò
la bionda arrabbiata.
-Non
ci riesco!- le gridò di rimando Santana, mentre tutti gli
sguardi venivano
puntati su di loro.
-Ce
la farai! Non scappare, fallo per Brittany, non
lasciarla!-ringhiò Quinn,
stringendo la mascella.
-Non
posso, io muoio ogni volta che la vedo-sussurrò, afferrando
il bagaglio a mano
e cominciando a camminare verso il check in.
-Ti
vogliamo tutti bene, ti aiuteremo noi. Ora pensi che vederla ti fa
stare male,
ma non vederla ti farà sentire ancora peggio..- la
supplicò Quinn seguendola.
Santana si voltò, guardando l’amica con il fiatone.
-Addio
Quinn, sei una buona amica. Io no, dimenticami- mormorò
prima di passare dove
la bionda non poteva –E poi Brit non è nemmeno
venuta a fermarmi, l’avrà già
accettato- si disse, come per convincersi.
Così
poco dopo salì sull’aereo per New York, sedendosi
accanto al finestrino con un
libro in mano. Guardò fuori per vedere la città
un’ultima volta. Allora
realizzò perché Quinn indossava quel vestito
arancione, inconfondibile anche da
lontano, che risaltava sull’asfalto. Così vide la
ragazza abbracciare un’altra
bionda e capì solo in quel momento chi stava lasciando,e per
la seconda volta
nel giro di un mese si sentì ancora morire.
-Kurt,
dovrei dirti una cosa- mormorò Dave mentre passeggiavano
vicino a Central Park.
Il ragazzo sgranò gli occhi, non sentiva mai quelle parole
uscire dalla bocca
del fidanzato, e solitamente non era un bel segno, soprattutto se usava
qual
tono.
-Dimmi-
pigolò nervoso.
-Santana
viene a stare da noi per un po’- espose il più
alto, guardandosi poi intorno
distrattamente.
-Che?-
gracchiò il più basso, fermandosi di colpo
–Quella ha una casa, una ragazza e
al massimo dei genitori da cui tornare. Perchè dovrebbe
venire a vivere da
noi?- strillò, mentre sbatteva concitatamente le ciglia.
-Non
rompere troppo- brontolò David, dando alcune pacche sulla
testa dell’altro, il
quale immediatamente sbuffò, lamentandosi perché
gli aveva scompigliato i
capelli –E’ la mia migliore amica, quando avevo
bisogno io lei c’era. Glielo
devo- spiegò scrollando le spalle. Kurt lo
osservò senza ribattere.
-E
va bene… ma non per troppo!- acconsentì.
-Guarda
che non te lo stavo chiedendo, io avevo già deciso-
mormorò Dave con un sorriso
beffardo.
-Kurt!-
gridò un ragazzo poco distante da loro, facendoli girare e
fermando sul nascere
le proteste di
Hummel. Dave appena vide
quel paio di sopracciglia triangolari, quel sorriso da idiota e quegli
occhiali
rosa ebbe voglia di issare Kurt sulle spalle e correre via.
Purtroppo
era un’idea che sfiorava solo lui, infatti Blaine e il suo
accompagnatore dalla
bionda chioma si avvicinarono con i loro sorrisini da checche mentre
David li
fissava dall’alto, corrucciato. Kurofsky si compiacque
però che almeno Kurt non
sembrava così allegro del loro incontro.
-Blaine,
Jeremiah- mormorò, con un sorriso tirato. Il moro si
slanciò ad abbracciarlo,
con la sua solita foga, mentre il biondo salutava timidamente.
-Che
ci fate qui?- chiese bruscamente Dave.
-Ho
appena affittato un appartamento poco distante da qua!-
trillò Blaine
sorridendo allegro.
-Woow-
disse Karofsky senza enfasi.
-Potresti
mostrarglielo- propose Jeremiah, scrollando le spalle.
-Ma
certo, perché non ci ho pensato prima!-squillò
Blaine quasi saltando. Tra gli
sbuffi e i sorrisi di cortesia di Kurt i quattro ragazzi si avviarono
verso la
nova casa dell’ex Warbler, procedendo a malavoglia.
Più Dave si guardava in
giro più era terrorizzato. La paura arrivò al
culmine quando imboccarono la via
del loro stesso condominio. Quando Blaine si fermò proprio
davanti a
quell’edificio sia lui che Kurt sbiancarono, ma probabilmente
gli altri due
ragazzi non se ne accorsero, o almeno non subito.
-E’
al terzo piano, l’ascensore è..- spiegò
il ragazzo, ma vide che i due ragazzi
sapevano orientarsi bene -Siete già stati
qui?-domandò, corrugando le
sopracciglia.
-Abitiamo
al quinto piano- mormorò Kurt, sospirando.
Puck
entrò nella casa ansioso. Si fiondò verso il
divano dove Quinn stava coccolando
Brittany.
-Hey
Britts, sono qui- le sussurrò, sorridendole. Lei si
alzò, asciugandosi le
lacrime e sporgendosi per abbracciarlo. Sentiva quanto la presa della
ragazza
fosse debole. Sapeva quanto soffrisse stare staccata da Santana. Dire
che
pensare di non vederla più era come morire per lei, era un
eufemismo.
Mike
portò delle tazze di thè per tutti, sorridendo
debolmente alla ragazza, che si
riaccucciò sul divano, mentre Quinn le sistemava
premurosamente i capelli.
-Senti,
noi non andiamo da nessuna parte. Siamo qui per te e ci staremo
finché vuoi- la
rassicurò Noah, sedendosi accanto a lei.
-Ma
lei…- bisbigliò Brittany, non riuscendo ad
afferrare la tazza verde per il
tremore.
-Lei
se ne è andata, ma questo non ti deve impedire di vivere. Tu
sei una persona
piena di vita, forte e …- le mormorò Quinn,
sorridendole dolcemente, ma
Brittany la fermò stringendole la mano. La guardò
dritta nei suoi occhi verdi,
specchiando i suoi, e Quinn capì che ciò che le
avrebbe detto sarebbe stato veramente
importante.
-Sono
incinta- confessò in un sussurro.
Gli
altri sgranarono gli occhi, un po’ preoccupati e un
po’ stupiti, non sapendo
come prendere la notizia.
-Io…io…-
farfugliò cercando di spiegarsi –Rachel ha portato
quel regalo per il bambino
di Santana, e io volevo fare un regalo bellissimo, una cosa favolosa.
Quando
ero piccola tutto ciò che volevo era una sorellina o un
fratellino, perciò ho
pensato che il regalo più bello sarebbe stato quello. Io,
non l’avevo detto a
nessuno perché doveva essere una sorpresa, non ne ero
nemmeno sicura… ma
stamattina la dottoressa ha detto che aspetto un bambino-
spiegò cercando delle
risposte negli occhi degli amici, che esitarono un poco.
-Wow
è fantastico!- esclamò Puck ad un tratto
–Io sarò lo zio fico!- decise,
sorridendo sornione.
-Io
sarò quello fico- borbottò Mike tirandogli un
cuscino.
-Ma
taci Chang! Se fosse una bimba si innamorerebbe di me, e se fosse un
bimbo
vorrebbe la mia cresta…non hai chance!- si vantò,
passandosi la mano sulla
testa.
-Vedremo
vedremo- disse l’asiatico con aria di sfida.
-Allora…
non siete arrabbiati?- domandò Brittany sorridendo un poco,
contenta della
reazione dei ragazzi.
-E
perché dovremmo!? Ti aiuteremo B, siamo una famiglia, no?!-
le sorrise Quinn
abbracciandola. Brittany annuì, solo quel gesto era un
motivo per ricominciare
a sperare, perché forse non tutto era perduto.
-Ah-
mormorò staccandosi dall’abbraccio di gruppo
–Dite che dovrei cominciare a
comprare mangime per cicogne?-
***
Allora,
eccovi foche malate. Io spero sempre che il vostro amore riesca a
vincere l’odio
che questo capitolo avrà fatto crescere per me u-u
Non
ho molto da dire .-.
In
realtà qualcosa dovevo dirla, ma non ricordo -.-
Se
volete sapere perché B non ha detto nulla, aspettate 5/6
capitoli :D
Tanto
ammore per voi <3
Besos,Miky
|
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Capitolo 15 *** Los Angeles ***
15}Los Angeles
-Per
cui tu e Quinn non avete ancora parlato??- strillò Rachel
alzandosi agitata.
-No,
non ci siamo ancora visti…- mormorò il ragazzo,
girando il cappuccino senza
alcuna enfasi.
-Come
non vi siete ancora visti???Ormai sono passati tre giorni…-
borbottò Noah,
fermandosi davanti a lui, con un vassoio vuoto in mano.
-Sono
rimasto a dormire da B. L’ho provata a chiamare, ma non mi
risponde. Le darò un
po’ di tempo- farfugliò tristemente, senza alzare
lo sguardo.
-No,
no! Vai subito da lei!- disse Rachel, picchiettandogli la spalla come
per
incitarlo a sbrigarsi.
-So
cosa sto facendo. Voglio che capisca..Piuttosto, per non rompere ancora
a
Britt, posso rimanere da voi stasera, so che avete una stanza vuota-
mormorò,
accennando un sorriso. Rachel lo colpì più forte,
stringendo gli occhi
irritata.
-Smettila,
quella è la mia camera e ci dormo io- ribattè.
-Pfff-
Noah non riuscì a trattenere la risata, andando poi verso il
bancone.
-Ogni
tanto- precisò la ragazza, roteando gli occhi –E
comunque devi tornare da Quinn
il prima possibile- insistette.
-Ma
tu non dovresti lavorare??-chiese Mike, alzando un sopracciglio.
-Non
cambiare argomento- sibilò la brunetta.
-Rachel
ha le mutandine rosa- trillò Valerie alle sue spalle, mentre
con una mano le
teneva alzata la gonna, ispezionando il suo intimo. La ragazza
sobbalzò,
voltandosi e sistemandosi l’indumento.
-Valerie,
non si alzano le gonne delle ragazze- squittì, per poi
abbassarsi a prenderla
in braccio, e darle un bacetto sulla guancia.
-Me
l’ha chiesto Noah- squillò quella, sorridendole.
Rachel vide Noah dietro al
bancone, con Brittany davanti seduta su uno sgabello, sghignazzare
divertito, e
lo fulminò con lo sguardo, stringendo le labbra infastidita.
-Io
le ho bianche con i fiorellini, mamma le ha gialle…-
continuò la bimba allegra,
mentre giocava con alcune ciocche di Rachel.
-Sì,
ok, vogliamo parlare di altro?- domandò la brunetta
ridacchiando.
-Mami
va via per tantissimi giorni- mugugnò la piccola, sporgendo
all’infuori il
labbro inferiore.
-Per
lavoro?-chiese, ricevendo un “sì” della
piccola con il capo – e dove va?-
continuò Rachel, sedendosi di fronte a Mike, così
da mettere comoda la bambina.
-Dagli
angeli- sbuffò quella.
-A
Los Angeles?- tentò Mike, per poi vederla assentire.
-Bè,
allora per un po’ starai con noi!- esclamò
sorridendo la ragazza, senza però
ottenere il risultato sperato.
-Ma
io voglio la mia mamma- borbottò Valerie, per poi allungarsi
a stringere
Rachel, appoggiando la testolina sulla sua spalla, con lo sguardo
rivolto verso
Brittany che stava discutendo con Noah da un po’.
Quest’ultimi
qualche minuto dopo raggiunsero gli altri, sorridendo allegri.
-Abbiamo
una sorpresa!- squillò Brittany battendo le mani e guardando
la figlia
eccitata. Noah tamburellò le dita su un tavolo, come fosse
una batteria.
-Si
va una settimana in vacanza a Los Angeles!- disse eccitato, battendo
poi il
cinque alla bionda. Valerie si agitò contenta, scendendo
dalle gambe di Rachel
per andare ad abbracciare la madre.
-Sei
serio?- chiese la brunetta confusa.
-Certo!
E’ una delle ultime settimane di estate, Brit ha il lavoro
là, Mike ha due
settimane di ferie, il locale lo gestiscono Sam e gli altri, Quinn si
prende
giorni di vacanza, e ce ne andiamo tutti nella East Coast!-
spiegò, mostrando
poi un sorrisone gioioso.
-Mi
sembra un’ottima idea!-accettò Mike, sorridendo.
Lo
sguardo di Rachel non sembrava molto d’accordo, allora Puck
le si avvicinò con
un sorrisetto –Precisamente andremo a….- le
mormorò – Malibùù-
cantilenò.
Rachel appena sentì la destinazione scattò in
piedi eccitata.
-Partiamo
immediatamente!- strillò saltellando sul posto, facendo
strani balletti di
apprezzamento.
-E’
impazzita?- chiese Mike sconvolto.
-Barbra
risiede a Malibù- spiegò Noah divertito, mentre
Rachel continuava i
festeggiamenti con Valerie.
-Sul
serio? Un’altra??- domandò Dave, vedendo Santana
scattare verso un negozio,
tenendolo sotto braccio.
-Sì,
visto che devo portare tutte le mie cose, c’è
bisogno di molte valige!- ribatté
quella, salutando poi la commessa e dirigendosi verso le borse.
-Oddio,
in effetti se penso al tuo armadio…- sbuffò
quello.
-Ti
hanno poi detto dove ti trasferiscono?- chiese la ragazza, scrutando la
merce,
con gli occhi a fessura.
-Non
ancora, però ho una sorpresa per te!- sussurrò
lui, con un sorrisino. Santana
spostò lo sguardo su di lui, curiosa come sempre.
Accennò un sorriso,
aspettando la notizia.
-Ho
preso due settimane di ferie, e …- disse mentre lei
attendeva trepidante –ho
deciso di portarti in vacanza al mare!- rivelò, facendo il
vago. Santana
spalancò la bocca, lanciandosi poi in un abbraccio.
-Il
mio scimmioneee!- mormorò entusiasta. Lui
arrossì, mentre lei continuava a
stringersi a lui, quasi a fatica per la differenza di altezza.
-Bene,
sempre se la smetti di fare l’appiccicosa borbottò
imbarazzato. La latina si
staccò, facendogli una linguaccia e scrollando le spalle.
-Ma
quindi se hai detto che “mi porti”, vuole dire che
paghi tutto tu??- rifletté
subito dopo, portando una mano sotto il mento. Lui roteò gli
occhi, annuendo
con poca energia.
-Sì,
sempre che non mi sfinisci prima e ti chiuda in una valigia per poi
spedirti in
Australia- commentò.
Lei
non lo ascoltò nemmeno, pensando
piuttosto al fatto che sarebbe partita per una vacanza
gratuita, con il
suo Dave.
-Dovremmo
allora andare anche a comprare dei costumi!- esclamò ad un
tratto, sorridendo
gioiosa.
-Ma
perché ho avuto un’idea così folle?!?-
borbottò alzando gli occhi in alto il
ragazzo.
-Perché
sei un bravo fratellone…Ma, dov’è che
andiamo di preciso- domandò l’ispanica.
David
la guardò con uno sguardo che aveva un chè di
serio, un’espressione che Santana
non interpretò, ma subito dopo sorrise.
-Los
Angeles-
Quinn
rientrò nella casa più tardi del solito.
Dopotutto le succedeva spesso, il
lavoro le occupava gran parte della giornata, e spesso per fare un
piacere
rimaneva anche più del dovuto. Solitamente in giornate come
quella arrivava a
casa e senza fare altro si rifugiare tra le braccia di Mike, il quale
la
coccolava prima di prepararle la cena. Eppure quel giorno Quinn
aprì la porta,
trovando la casa vuota. Era già il terzo giorno. Mike non
aveva mai fatto una
cosa del genere, non avevano mai litigato in quel modo. Evidentemente
era una
cosa a cui dava molta più importanza di quanto la bionda
credesse. Certo, lei
non aveva fatto nulla per riportarlo a casa. Non una chiamata, non un
messaggio, non era nemmeno passata da Brittany come suo solito, per
paura di incontrarlo
lì.
E
ora come avrebbe fatto?
Si
morse un labbro e si accasciò sul letto. Solitamente era
sempre Mike quello che
faceva il primo passo quando discutevano. Era lui quello che veniva da
lei, o
per chiederle scusa, o pretendendo delle scuse quando aveva ragione.
Lei era
così abituata che tutto ciò le faceva solo
più male. Quello forte era lui, era
lui che prendeva sempre la situazione in mano e, nonostante fosse
arrabbiato,
le si parava davanti esigendo di sistemare tutto. E Quinn lo amava
anche per
questo, perché nonostante tutto lui non la lasciava mai
sola. Invece ora era
lì, mentre lui non c’era.
Ad
un tratto sentì bussare alla porta insistentemente.
Senza
nemmeno pensare al fatto che Mike aveva le chiavi, corse ad aprire
sperando di
trovarselo davanti. Quando la porta si aprì, dovette
abbassare lo sguardo.
-Oh
Rachel- sbuffò, voltandosi poi, senza entusiasmo.
-Sono
felice anche io di vederti, ma non c’è bisogno di
esagerare con tutto questo
fervore- mormorò la brunetta sarcastica. Quinn
scrollò le spalle, cercando di
nascondere gli occhi arrossati.
-Hey
Q- mormorò Rachel, afferrandola per un polso e
costringendola a voltarsi. Vide
poi il volto rigato dalle lacrime e sospirò, attirandola a
se in un abbraccio.
-Sei
una cretina- bisbigliò, accarezzandone la schiena.
-No,
tu sei una cretina- bonfichiò l’altra, per poi
staccarsi e tirare su con il
naso.
-Ah
sì, infatti sono io quella che sta mettendo a rischio la sua
relazione –
borbottò Rachel seguendola con fare petulante.
-Ah
facile per te, tanto sposerai Noah e avrete la vostra cerimonia ebrea-
farfugliò, cominciando a ordinare alcuni vestiti nella
camera, come per non
badare all’altra ragazza.
-Oh,
Quinn! Smettila. Vedila così: preferisci avere la tua
cerimonia o preferisci
avere Mike?-domandò. Quinn si sedette sul letto, soffiando
abbattuta.
-Perché
non posso avere tutti e due?- mormorò con le lacrime agli
occhi, torturandosi
le mani.
-Non
si può sempre avere ciò che si vuole- disse
debolmente l’amica. Quinn si
asciugò gli occhi con una manica e prese un gran respiro.
-Possiamo
parlare di altro?- chiese, cercando di assumere un’aria
più sollevata.
-La
prossima settimana si va a Los Angeles, e non fare storie!- le
riferì la mora,
sorridendo.
-Sì,
sì certo, e io posso lasciare il lavoro quando mi pare-
borbottò la bionda.
-Ma
non puoi prendere delle ferie?-piagnucolò l’altra,
sporgendo all’infuori il
labbro inferiore.
-Non
in questo periodo. Ci sono quasi tutti i miei colleghi-
sbuffò, legandosi i
capelli in uno strambo ciuffo. Rachel incrociò le labbra,
mettendo il broncio
come una bambina.
-Ci
andremo un’altra volta, suvvia, non è la fine del
mondo- cercò di consolarla,
il che la fece anche sorridere.
-Ti
dico solo che andremo a Malibù e potremmo incontrare Barbra-
precisò la
brunetta. Quinn sbarrò gli occhi, scoppiando poi a ridere,
mentre l’altra la
guardava male.
-Oh,
allora mi scampo Miss Berry versione Fangirl- ridacchiò,
ricevendo buffetti
dall’altra.
Passò
un momento di silenzio, prima che Rachel sospirasse e alzasse il volto
verso
l’altra.
-Quinn,
posso chiederti una cosa?- mormorò in un
sussurrò, leggermente imbarazzata.
-Certo-
assentì quella, rivolgendole tutta l’attenzione.
-Tu..
tu credi che io piaccia a Noah?- sussurrò, stringendo le
mani e avvampando
immediatamente. Quinn scoppiò in una risata, che la fece
diventare ancora più
rossa.
-Me
lo stai chiedendo sul serio?- chiese, alzando un sopracciglio.
-Oh,
allora devo essermi immaginata tutto.. Lascia perdere- disse in fretta,
alzandosi imbarazzata.
-No,
non hai capito. Dire che piaci a Puck è un eufemismo, lo
sai! Lui è innamorato
di te da una vita!- esclamò Quinn annuendo convinta. Rachel
sbuffò, facendo
roteare gli occhi.
-Sì,
come no..Mi chiedo perché te l’ho chiesto-
sbottò, incredula.
-Guarda
che io sono seria, non sto scherzando. Sei forse l’unica che
non se n’è accorta
Rach. Cioè, si vede da lontano un miglio! Già il
fatto che ha accettato di
essere il tuo “miglior amico”
avrebbe
dovuto farti pensare- disse con le sopracciglia a metà
fronte.
-Ah
e questo sarebbe il motivo?- rise quasi la brunetta.
-Uno
dei tanti! Si parla di Noah Puckerman… quello tutto
“io sono Puckzilla”- disse
facendo il vocione, mentre enfatizzava gesticolando –Rachel,
quando tu eri in
Europa lui ha lasciato una ragazza con la scusa “A Rachel non
sarebbe
piaciuta”- le confessò, quasi con una smorfia.
Rachel sbarrò gli occhi stupita.
Dopodiché tornò ad avvampare, sbattendo le ciglia
a ripetizione.
-Eppure…
non ha mai provato a fare un passo avanti..- puntualizzò,
guardando il
pavimento corrucciata.
-Altro
motivo che conferma che è cotto di te! Lo fa
perché ha paura della tua
reazione. Se tu lo respingessi forse perdereste il vostro legame, e non
è
quello che vuole. Sta aspettando un segno… ma tu sei
incredibilmente tarda- le
spiegò, con un sorriso.
-Eppure
al liceo noi…- cercò ancora di ribattere la
brunetta, scuotendo la testa. Quinn
sbuffò, quasi infastidita dalla sua testardaggine.
-Il
liceo era un’altra cosa. Ora siete cresciuti, e se se ti
baciasse
oltrepasserebbe una linea da cui non si può più
tornare indietro. Sarebbe
completamente diverso. Passata quella linea o vi fidanzate o vi
allontanate, e
finchè non sarà sicuro di ottenere il primo
risultato, non ci proverà- le
chiarì. Rachel annuì debolmente, continuando a
guardare il pavimento,
pensierosa. Quinn puntò le mani sul letto, sorridendo
sorniona.
-Ma
a quanto vedo, a questo punto non verrebbe di certo respinto-
squillò. Rachel
spostò in uno scatto lo sguardo su di lei, con lo sguardo di
chi è appena stato
scoperto in flagrante.
-N-non
ho mai detto ciò- si affrettò a negare.
-Berry
non sei più credibile da quando sei tornata- la
schernì l’altra.
Kurt
guardò il messaggio di Puck ancora una volta.
Perché
non riusciva a pensare ad altro? Forse perché nessun altro
gli aveva mandato un
messaggio in quel momento o forse perché il negozio era
temporaneamente vuoto.
Ma la paura di Kurt era che il motivo fosse un altro, che riguardasse
il
contenuto di quel messaggio.
Eppure
a lui non avrebbe dovuto fare né caldo, né freddo.
Dopotutto
cosa era Dave per lui? Nulla, no?
Eppure,
pensava sempre più spesso a quel nulla.
Senza volere i suoi pensieri si ritrovavano sempre contentarti su di
lui, ed
era una cosa che non andava affatto bene. No, assolutamente no.
Ritrovarsi a
sognare il proprio ex fidanzato era sicuramente sbagliassimo.
O
forse non era quello l’errore, forse l’errore era
solo il continuare a stare
con una persona e voler stare con un’altra. Effettivamente
era un ipocrita.
Aveva accusato Blaine di tradimento, ma era lui quello che non riusciva
a
cancellare il ricordo di Dave.
Cavoli
doveva smetterla, non poteva continuare a comportarsi in quel modo. Non
poteva
prima di tutto per Blaine, poi nemmeno per se stesso. Era giunto il
momento di
prendere una decisione, di comportarsi da persona matura.
***
Eccoti
Ammiraglia mia <3
Appena
ho letto il tuo capitolo mi sono fiondata ad aggiornare, poi
recensirò, tanto
sai che è bellissimo e io lo amo u-u
Note:
-Ora
che mi ricordo, lo scorso capitolo era l’ultimo del passato,
d’ora in poi
dovrebbero essere tutti sul presente.
-C’è
qualcuno che ha cominciato anche a svegliarsi (vedi Miss Berry) XD
Bene,
ho finito ;)
Ci
si vede in quei di L.A. ;D
Besos,Miky
|
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Capitolo 16 *** Because of a shell ***
16}Because of a shell
-Rachel,
stiamo via sette giorni. Sette giorni capisci? E andiamo al mare,
servono
costumi e qualche vestito- mormorò, per poi alzare la testa
e puntare il dito
verso l’angolo della stanza – Non puoi preparare
tre valige!- gridò esasperato,
mentre la ragazza continuava a togliere indumenti
dall’armadio per riporli
nelle borse.
-Noah,
stai calmo. Le devi per caso portare tu?- domandò quella,
scrollando le spalle.
-Sì,
non ce la farai mai a portarle, nemmeno con il carrello, e allora
verrai a
chiedere a me, e otterrai un sì per sfinimento!-
piagnucolò lui, mettendosi le
mani sulla testa.
-Senti,
non è che hai spazio anche nella tu allora?- chiese lei,
allungando il collo
nella direzione del borsone del ragazzo. Lui scattò con lo
sguardo verso di
lei, sgranando gli occhi stizzito.
-Scherzavo
scherzavo- ridacchiò Rachel, per poi sbuffare
–Dai, cercherò di prenderne solo
tre- cercò di accordarsi.
-Come
solo tre? Io volevo che le diminuissi!- ribattè Noah
alzandosi.
-Pff,
non è possibile- farfugliò lei, sistemandosi i
capelli.
-Bè,
allora due le disperdo in aeroporto- decise il ragazzo, alzandosi e
uscendo
dalla camera. Rachel si affacciò dalla porta, indicandolo
con l’indice.
-Provaci
e sei morto!- gracchiò, stringendo gli occhietti.
-Sai
che paura ho di te, piccola Umpa Lumpa!? – la derise lui
ridacchiando.
-E’
proprio perché sono piccola che devi stare attento-
mugugnò quella, tornando
alle sue valige.
Mike
entrò nella casa, dopo aver respirato a fondo. Era giunto il
momento di vederla,
doveva parlarle, doveva capire come stava. Di certo non avrebbe ceduto,
ma
avrebbe solo voluto stringerla in quel momento. Nonostante fosse ora di
pranzo
e la ragazza dovesse essere lì, non c’era nessuno.
Sbuffò irritato, andando poi
in camera per scegliere cosa portare. Dopo una ventina di minuti
sentì dei
rumori provenire dall’ingresso, e raggiunse la sala
leggermente agitato. Quinn
non si accorse di lui, dandogli le spalle. Sistemò dei fogli
su un tavolino
sospirando, dopodiché portò lo sguardo nella
direzione del ragazzo. Sgranò gli
occhi, sorpresa, dischiudendo leggermente le labbra. Prima che Mike
potesse
dire qualcosa, lei afferrò con rabbia un cuscino, corrugando
le sopracciglia e
stringendo le labbra, poi glielo scaraventò contro. Mike si
stupì della
reazione, e venne colpito proprio sul viso, ma riuscì a
schivare tutti quelli
che seguirono, finchè non furono finiti.
-Tu…-
mormorò Quinn, mordendosi le labbra, mentre sentiva il naso
formicolarle e le
si appannava la vista –Tu non puoi non tornare a casa per tre
giorni di fila,
senza farti sentire. Non puoi, sono io quella che fa così,
tu sei quello che
risolve sempre tutto- gorgheggiò, scuotendo la testa.
-Quinn…-mormorò
lui avvicinandosi.
-No-
sbottò lei, per poi correre verso di lui, abbracciandolo e
nascondendo il viso
nel suo petto – Lo sai che ho bisogno di te…Senza
di te le giornate fanno
schifo…- mugugnò, stringendolo forte, come per
fargli capire che non aveva
nessuna intenzione di staccarsi. Mike sorrise, avvolgendola con le
braccia e
stampandole un bacio sul capo.
-Quinn
mi dispiace per le cose che ti ho detto, sai vero che non penso tu sia
una
bambina- si scusò il ragazzo, passandole le dita tra i
capelli. –Io ti amo, sei
la persona più meravigliosa
che io
conosca, ma non posso accettare quello che mi chiedi- le disse,
sussurrandolo,
mentre lei calmava il pianto, sentendosi al sicuro tra le braccia del
fidanzato.
-Non
importa- affermò quella, senza alzare il capo.
-Davvero?-
chiese lui stupito, facendo per staccarsi, cercando gli occhi verdi
della
ragazza. Lei alzò lo sguardo, senza però
sciogliere l’abbraccio.
-No.
Tra la cerimonia e te, io scelgo te. E sono io quella che ti devo delle
scuse,
perché tu avevi totalmente ragione, sono stata proprio
infantile e capricciosa,
oltre ad essere egoista. Non so nemmeno come ho potuto pensare una cosa
simile,
ma soprattutto non capisco perché sono arrivata al punto di
litigare in un
simile modo con te.- gli spiegò, accennando un sorriso. Mike
sbattè le
palpebre, per poi sorridere radioso. Si abbassò di scatto e
la baciò a stampo
più volte, facendola ridere.
-Però
possiamo prenderli lo stesso tanti fiori?- domandò quella,
sporgendo
all’infuori il labbro inferiore.
-Tutti
quelli che vuoi!- esclamò il ragazzo –E, Quinn,
nonostante non saremo in una
chiesa, il tuo Dio sarà ugualmente lì con te, e
sarà sicuramente felice se lo
sarai tu, non pensi?!- le sorrise, vedendola annuire convinta
– Cioè, voglio
dire, stai per sposare me, un essere pressoché perfetto!-
scherzò lui,
facendola ridere di cuore. Lei si alzò poi sulle punte per
riuscirlo a baciare
come si deve, legando le braccia dietro al suo collo.
-Sai,
dovremmo mettere una regola- squillò la bionda,
allontanandosi da lui per
raggiungere la cucina. –Tipo che non possiamo litigare per
nessunissimo motivo-
propose.
-Giusto-
assentì Mike.
-Anh,
ora che ci penso… Tu andai a Los Angeles?- chiese Quinn.
-Sì-
disse lui.
-Davvero?
Io non posso- borbottò lei con un tono decisamente
rattristato.
-Ah
già…dobbiamo parlare di una cosa. - si
ricordò il ragazzo –C’è un
motivo per
cui devo andare-.
***
-Lopez-
mugugnò Dave, dando leggere pacche sulla mano
dell’amica. Quella però non dava
nessun segno di vita, continuando a dormire indisturbata.
-Lopez
svegliati- ripeté slacciandosi la cintura e togliendo dalle
mani della ragazza
un libro che era stato chiaramente abbandonato a metà. La
latina però ancora
non rispondeva. Dave sbuffò.
-Saaan,
su!- disse più forte, scompigliandole con una mano i
capelli. Santana sbarrò
gli occhi, rimanendo per un momento accecata dalle luci.
-Tu..essere
infame- mugugnò ancora del tutto assonnata, coprendo poi con
una mano uno
sbadiglio –Tutto ma non i capelli- borbottò dopo,
tirando schiaffetti al
ragazzo.
-Non
ti svegliavi, seccatura-le spiegò, aprendo poi lo sportello
per recuperare i bagagli
a mano –Siamo arrivati- la informò, mentre quella
si stava risistemando la
coda, stropicciandosi gli occhi.
-Perciò…siamo
di nuovo in America..- sospirò l’ispanica
afferrando la borsa che le passava
Dave.
-No,
ci ha portati su Giove- le schernì lui, ridacchiando. Lei
roteò gli occhi e lo
sorpassò tra uno sbuffo e l’altro.
-Mamiiii!
E’ megagigante- trillò la bambina, tenendo la mano
della madre e guardandosi
attorno curiosa, osservando il grande aeroporto –Ci
starebbero tante tante
paperelle qui- continuò Valerie.
-Quante?-
domandò Mike sorridendole.
-Tante
così!- trillò quella, aprendo il più
possibile le braccia.
-O
tante così?- chiese Noah, aprendo a sua volta le braccia.
Valerie fece come per
pensarci, sistemandosi il cappellino di paglia.
-Non
lo so- mormorò poi arricciando le labbra, decidendo che era
una cosa troppo
complicata da capire.
-Mamma
ma l’aeloplano adesso torna a casa?- chiese immediatamente
dopo, curiosa,
voltandosi per controllare se fosse ancora nel punto in cui era poco
prima quando
erano scesi.
-
Aeroplano – la corresse Rachel sorridendole.
-Oh.
L’aeroplano è tornato a casa?- riprovò
la piccola.
Brittany
ritirò il passaporto e la guardò sorridendo, per
poi annuire.
-Certo,
dai suoi piccoli aeroplanini- spiegò la donna mentre si
avviavano verso il
rullo per recuperare le valige. La risposta sembrò
soddisfare la bambina, che
aveva cominciato poi a parlare con Mike del fatto che probabilmente
anche mamma
Aeroplana stava attendendo che tornasse.
-NoahNoahNoah!-
chiamò Rachel indicandogli le sue valige dopo che lui aveva
preso il proprio
borsone. Lui la guardò in cagnesco.
-Ne
ho anche tolta una solo per te! Sbrigati prima che le perda!-
strillò,
spingendolo. Quando tutti ebbero recuperarti i bagagli, i ragazzi si
diressero
all’uscita. Presero poi due taxi che li portarono
nell’Hotel dove avevano
prenotato e si divisero nelle camere, maschi e femmine.
Rimasero
giusto il tempo di cambiarsi, dopodiché presero le bici a
disposizione e si
avviarono verso la spiaggia.
-Come
non hai prenotato?Ma perché mi fido ancora di te-
mugugnò Santana, scaricando
dal taxi l’ultima valigia.-Cioè, io non ricarico
tutte queste su un altro taxi-
si lamentò.
-La
vuoi piantare?? Mi sto già pentendo di averti portata in
vacanza- borbottò
Dave, aiutando poi la ragazza con i bagagli. Raggiunsero poi la hall e
si
fermarono alla reception.
-Salve
e benvenuti all’Hotel Pearl- disse l’uomo con un
sorriso smagliante, che i due
ricambiarono con una specie di smorfia. Santana si mise un
po’ più indietro,
incrociando le braccia e aspettando che Dave concludesse il tutto.
-Una
camera per due. Letti separati- disse Dave.
L’uomo
controllò sul computer se aveva camere disponibili
–Letti separati ha
detto?-mormorò.
-Sì-
scandì Dave. Quello ammiccò poi alla ragazza che
si stava guadando intorno
scocciata.
-Sicuro?-
domandò come in scherzo.
-E’
lesbica.- commentò Dave corrugando una sopracciglia,
infastidito dal commento
–e io sono gay, per cui sì. Voglio due letti
separati- borbottò. L’uomo sgranò
gli occhi e trovò la camera.
I
ragazzi arrivarono sul lungo mare e legarono le biciclette, per poi
scendere
nella spiaggia. Valerie era entrata nel salvagente a forma di papera
appena
erano entrati in camera e nessuno era riuscito a convincerla di
infilarselo
solo una volta arrivata in mare. Stesero in fretta i teli sulla
spiaggia e si
tolsero poi i vestiti, avvicinandosi insieme alla riva.
-A
chi arriva primo?- domandò Noah con un sorriso beffardo,
mentre il suo sguardo
scorreva sugli amici.
-Carico
la pulcina e ci sto!- rispose Mike, pendendo in braccio Valerie, mentre
Brittany annuì convinta prima di iniziare a fare il conto
alla rovescia.
-Tre..due…uno!-come
lo sussurrò scattarono tutti e tre verso il mare, mentre
Rachel guardava la
scena divertita. Il primo ad arrivare in acqua per poi tuffarsi fu
Puck,
seguito subito a ruota dalla ragazza.
-Chang
sei una schiappa!-lo derise Noah, sprizzandolo con le mani. Mike si
limitò a
guardarlo male, tanto sapeva che era solo stato rallentato dalla
piccola.
-Non
è vero!- lo difese immediatamente Valerie, aggiungendo anche
una pernacchia.
-Se
avessi scelto me, saresti arrivata prima- si vantò il
ragazzo, ma la bambina
aveva già smesso di ascoltarlo, cominciando a spingersi
verso la madre.
-Berry,
che fai ancora lì?- urlò Noah alla ragazza, la
quale si era seduta a riva ad
osservarli con ancora addosso il leggero prendisole.
-Non
mi va di bagnarmi- rispose lei scuotendo la testa. Noah e Mike si
scambiarono
uno sguardo eloquente, uscendo poi di corsa dall’acqua per
andare a prenderla.
Rachel appena capì le loro intenzioni scattò in
piedi e prese a correre, ma era
troppo lenta rispetto ai due amici, che in breve la catturarono tra i
suoi
gridolini di disapprovazione.
-Tienila
ferma- ridacchiò Noah, così Mike la
bloccò, mentre l’altro afferrò il bordo
inferiore del vestito, per poi tirarlo verso l’alto, in modo
da costringerla a
toglierselo. Rachel ormai non riusciva nemmeno a urlare a causa delle
risate
che non poteva trattenere
-Sembra
che non sia proprio una novità per voi- sogghignò
Mike, vedendo Noah buttare
sulla sabbia il prendisole della
ragazza.
-Mike!-
lo riprese lei spalancando la bocca indignata. Poi l’asiatico
tra le risate
l’afferrò per le braccia, mentre Puck per le
gambe, sollevandola senza la
minima fatica.
-Siete
matti!?-strillò lei, cercando di divincolarsi inutilmente. I
due scoppiarono in
risa, entrando poi in acqua, stando però attenti a non
bagnarla.
-Dai
dai, ci entro da sola, lasciatemi- li pregò. I due si
fermarono, assentendo.
-Come
vuoi- assentì Puck, dando poi un cenno a Mike.
Così cominciarono a dondolarla
mentre lei si lamentava ormai però consapevole della propria
sorte, finchè non la
buttarono, facendole fare un sonoro tuffo. Quando riemerse
sputacchiò acqua e
squassò i capelli, stropicciando gli occhi infastiditi dal
sale.
-Come
vi odio- farfugliò. Valerie battè le mani
divertita dalla scena.
-Ancora
ancora!- squillò, cercando una risposta nei due ragazzi, che
immediatamente
sorrisero sornioni.
Dopo
essere stati a mollo per più di un’ora, i ragazzi
decisero di andare a fare una
passeggiata sulla battigia, così da permettere a Valerie di
riempire il suo
secchiello di conchiglie e anche alghe, che sembrava catturassero
alquanto
l’attenzione della piccola. Aveva accennato qualcosa anche
sul fatto di mangiarle,
ma tutti le avevano proibito di farlo. Quando però la
bambina tentò sul serio
di addentarle, capirono che era giunta l’ora di tornare in
albergo, per cui
fecero dietro front e tornarono a recuperare teli e vestiti.
Santana
stanca di prendere il sole si alzò dal telo, avvertendo Dave
che andava a riva
a bagnare i piedi e rinfrescarsi. Si fermò perciò
sulla battigia, lasciandosi
accarezzare dalla fresca brezza allo iodio. Ad un tratto
però qualcosa si
scontrò contro le sue gambe.
-Ma
che cavo..- mormorò, per poi girarsi e vedere una bimbetta
intenta a
raccogliere una conchiglia che la sabbia stava nascondendo.
-Scusa-
mormorò la piccola, senza alzare lo sguardo evidentemente
imbarazzata. Santana
si abbassò e le porse ciò che non riusciva ad
afferrare.
-Non
c’è problema- disse sorridendo. La piccola la
afferrò la conchiglietta e
sorrise radiosa per poi alzare i suoi occhioni azzurri sulla donna. Li
sgranò
all’istante, sorpresa.
-Santana!-
squillò la piccola, entusiasmandosi. La latina
sbattè le palpebre più volte.
-Vals,
Vaaal cosa…- la chiamò Brittany raggiungendola.
La bambina camminava un po’ più
avanti di loro e si erano appena accorti del piccolo incidente. Ma
appena la
donna vide la ragazza con cui Valerie si era scontrata le morirono
tutte le
parole in bocca.
-Mamma,
è Santana vero?!- squillò la bimba, saltellando
esaltata vicino all’ispanica.
***
Eccovi,
tieni ammiraglia, e tieni Alessia, a voi il capitolo. E smettetela di
elogiarmi
oltremisura u_u
Mi
scuso con tutti per non aver risposto alle recensioni. Lo faccio domai,
promesso, solo che ho speso la serata a recensire tutto ciò
che avevo lasciato
indietro u-u
Nota:
-Vals
e San *__*
Mi
scuso per errori ;)
A
presto, Miky
|
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Capitolo 17 *** Your daughter ***
17}Your Daughter
Santana
sentì ogni muscolo indurirsi, mentre le mancava
quasi il respiro. La bambina aveva detto “mamma”, e
continuava a ripeterlo.
Quei capelli biondi e sottili, quegli occhi azzurri e curiosi, le
piccole
lentiggini sul nasino, il salvagente a forma di papera, erano tutte
conferme. A
fatica si alzò, vedendo Brittany impalata di fronte a lei.
Era così bella da
farle male in quel costume di un rosa acceso, con la sua pelle candida
e i
capelli legati in una coda scomposta. Aveva distolto lo sguardo perso,
sentendo
la bambina chiederle attenzioni, ma poi l’aveva tornato a
spostare
sull’ispanica. Vide la piccola tuffarsi tra le braccia di
Mike, che con
naturalezza la sollevò.
Allora
era così. Alla fine Mike e Quinn si erano lasciati
e Mike aveva optato per l’altra bionda. Diavolo, avevano
persino avuto una
bambina, anche se del padre non aveva proprio nulla. Vide arrivare
dietro ai
due anche Rachel e Puck che stavano bisticciando su qualcosa,
finchè non si
ammutolirono vedendola.
Santana
sentiva solo il cuore scoppiarle nel petto, le
mancava ossigeno, le tremavano le mani e le ginocchia,e Brittany era
ferma
davanti a lei, senza dire nulla, con lo sguardo smarrito. Probabilmente
era lo
stesso che aveva Santana in quel momento. Notò poi la
bambina voler tornare con
i piedi per terra, facendo come per avvicinarsi a lei. La latina
sbattè le
ciglia, e decise che l’unica soluzione possibile in quel
momento era scappare.
Perciò prese a correre, senza guardarsi indietro, sentendo
Noah chiamarla a
gran voce. Passò Dave, lanciandogli uno sguardo veloce, e
continuò a fuggire.
Era
l’unica cosa che poteva fare. Di certo non poteva
stare lì a chiacchierare con loro. Non poteva stare
lì con Brittany e i suoi
occhi delusi e vuoti, con Noah che le avrebbe fatto una ramanzina
aiutato dalla
Berry, con Mike che stringeva quella bambina.
La
bambina.
Così
Brittany aveva dimenticato tutto? Si era dimenticata
di lei, l’aveva rimpiazzata. Eppure non era proprio quello
che voleva, quello
che le aveva detto di fare? Lei l’aveva abbandonata, era suo
diritto trovare
qualcun altro che l’amasse. Ciò nonostante
perché faceva così male sapere che
l’aveva fatto sul serio? Perché era dovuta
scappare, se doveva essere una
questione chiusa?
Forse
era fuggita per quella bimba in effetti. Perché era
dolce e adorabile, ed era la figlia di Brittany e Mike probabilmente.
Brittany
aveva cambiato vita, ci era riuscita. Aveva detto addio a lei e al loro
bambino, perché altrimenti in che modo avrebbe potuto
crescerne una, sapendo di
aver perso il loro?
Mentre
continuava a correre sul marciapiede, cercando di
tornare all’albergo, non riuscì però a
spiegarsi una cosa: come l’aveva
riconosciuta? Alla piccola era bastato vederla per chiamarla
immediatamente per
nome.
Come
faceva a conoscerla?!
Rachel
afferrò la mano di Brittany e la strinse, cercando
nella ragazza una risposta. La bionda scosse la testa, come per
disincantarsi
da una figura che davanti non aveva più. Con uno scatto
abbracciò la più bassa,
sospirando lievemente.
Valerie
non capiva cosa stava succedendo, sapeva solo che
la sua mamma era triste. Valerie sapeva che Santana era l’innamorata
di sua madre, ma non capiva perché quando si parlava
di lei era malinconica. Pensava che fosse perché non sapeva
dove trovarla, invece
non sembrava felice nemmeno ora che l’aveva vista. Forse
perché era scappata
via, ma Valerie pensava che sarebbe tornata indietro da un momento
all’altro. Magari
voleva solo giocare e farsi prendere. Però nessuno
l’aveva rincorsa, tutti
erano andati a consolare la sua mamma. Sbuffò avvilita e si
sedette sulla
sabbia, poi non reggendo più la situazione
scoppiò in un pianto. I ragazzi si
voltarono immediatamente verso di lei.
-Hey
pulcina- le si avvicinò Brittany gattonando e
sorridendole, senza badare agli altri, dimenticando tutto il resto
perché la
piccola aveva la precedenza. Valerie respirò piano e si
alzò, affrettandosi a
legare le braccia dietro al collo della madre.
-Mami
dove è andata?- mugugnò, strofinando il nasino
contro alla spalla della donna.
-Non
lo so- rispose debolmente Brittany, sedendosi poi a
gambe incrociate mentre teneva abbracciata la figlia.
-Ma
non preoccuparti, la rivedremo presto- la rassicurò
Noah, carezzandole i capelli.
-Davvero?-
chiese, asciugandosi gli occhi con un pugnetto.
-Prima
di quanto immagini!- annuì Noah, attirando anche
lo sguardo stupito dell’altra Pierce.
Kurt
entrò nel condominio e, trovando l’ascensore
occupato, optò per le scale. Era passata una settimana, ma
non aveva ancora
detto nulla a Blaine. Come poteva farlo, quando entrava in casa
trovando il suo
sorriso caldo ad accoglierlo, o quando gli sussurrava una dolce canzone
d’amore
nell’orecchio prima di addormentarsi o quando gli faceva
trovar pronta la
colazione. Era terribilmente difficile, perché lui era un
fidanzato
eccezionale, Kurt si riteneva incredibilmente fortunato, solo che il
suo cuore
non era totalmente d’accordo con il suo cervello.
Perché il suo cuore si
sarebbe fermato al terzo piano e sarebbe tornato nella suo vecchio
appartamento, solo per cercare qualcosa, una foto, un profumo, che gli
ricordasse Dave, mentre il suo cervello lo aveva spinto a fare un
gradino,e poi
un altro e…
Kurt
si bloccò, fermando anche il flusso di pensieri.
Sbattè le palpebre e si guardò intorno, come se
la cosa che avrebbe fatto
subito dopo sarebbe stata losca. Bè un chè di
clandestino l’aveva, ma lo sapeva
solo lui. Con passo rapido ritornò al terzo piano, arrivando
alla fine del
corridoio. Nella borsa trovò un vecchio paio di chiavi, che
per qualche strano
motivo aveva sempre con se, con una targhetta con sopra scritto
“77”. Tornò a
controllare che nessuno lo vedesse, dopodiché
infilò la chiave nella serratura
e la girò, finchè non sentì scattare
l’ingranaggio. Spinse sulla maniglia ed la
porta si dischiuse .
Il
ragazzo entrò, chiudendosela alle spalle. Mancavano
alcuni mobili, ma quelli che erano rimasti erano ancora disposti come
un anno
prima. C’era polvere ovunque e l’odore di stantio
infastidiva leggermente l’olfatto
del giovane. Non sapeva perché Dave non aveva deciso di
venderla, o tanto meno
di affittarla. Gli aveva persino lasciato le chiavi, come se gli
andasse bene
che continuasse a vivere lì.
Quella
casa era molto più di David. Lui l’aveva cercata,
scelta, acquistata, sistemata; Kurt aveva scelto i colori e
l’arredamento, non
molto altro. Poi entrambi l’avevano abbandonata, continuando
solo a pagarne l’affitto.
Eppure, Kurt sentiva che quella era casa sua, più
dell’appartamento nel quale
viveva con Blaine, più della sua casa in Ohio.
Perché quell’appartamento era
stato comperato appositamente per lui, ed era stato libero di scegliere
qualsiasi cosa. Tutto ciò grazie a Dave, col quale
l’aveva divisa.
Decisamente
non era la casa di Dave o la casa di Kurt,
era la loro casa. Senza di uno dei
due non avrebbe avuto senso. E forse se David era ben deciso a non
venderla,
nemmeno ad affittarla, forse era perché ci teneva, e se ci
teneva ancora oggi,
allora i suoi sentimenti dovevano
essere
confusi almeno quanto quelli di Kurt.
Sì,
aveva decisamente atteso troppo. Uscì e salì le
scale
per il quinto piano, doveva assolutamente parlare con Blaine, non
poteva più
rimandare. Il rossore sulle punte delle orecchie e sulle gote, il
battito accelerato
e l’eccessiva sudorazione delle mani ne erano la prova.
-Santana?-
chiamò Dave entrando nella camera. La trovò
seduta sul letto con ancora l’accappatoio indosso, mentre si
spazzolava i
capelli bagnati. Non rispose e non si voltò nemmeno,
continuando a dargli le
spalle.
-Oh,
io tutto bene grazie, e grazie anche di avermi
spiegato così bene perché sei scappata via come
una pazza, senza nemmeno
prendere le tue cose, mi piace quando partecipi così
attivamente ai nostri
discorsi- disse lui sarcastico, appoggiando la borsa della ragazza sul
letto.
-E’
il primo giorno che sono in America, siamo in
California, ma nonostante tutto li ho incontrati- sussurrò
la mora, spazzolando
la chioma scura senza enfasi.
-Chi,
di grazia?- domandò Dave, fermandosi davanti alla
ragazza a braccia incrociate.
-Brittany,
gli altri…la figlia di Brittany- rispose,
senza guardarlo.
-La
che?- chiese il ragazzo alzando le sopracciglia
allibito.
-La
chiamava mamma ed era una lei in miniatura…-
continuò, sentendo le lacrime salirle senza riuscire a
fermarle.- Lei mi ha
dimenticato- rantolò, facendosi piccola e liberando i
singhiozzi. Dave le si
sedette a fianco e l’abbracciò.
-Senti,
nonostante tu lo creda, non sei onnisciente, per
cui non puoi essere sicura delle tue deduzioni- borbottò,
dandole pacche
leggere sulle spalle.- Che ne dici se andiamo a mangiare e ne parliamo
dopo?-
propose, sollevandole il mento con una mano. Lei assentì,
cercando di
risistemarsi dopodiché aprì la valigia per
trovare qualcosa da indossare,
mentre aspettava che anche l’amico si preparasse.
Mentre
Rachel faceva la doccia Valerie aveva disposto
tutte le conchiglie sul suo letto, mettendole con precisione in fila
indiana,
con Brittany che era intenta ad phonarle i capelli. Rachel
uscì dal bagno
asciugandosi i capelli con una salvietta, dirigendosi poi verso le sue
valigie.
-Rach
guarda che belle!- trillò Valerie, facendole notare
come aveva apparecchiato la sua coperta. La brunetta
spalancò la bocca, ma notando
poi la facciotta soddisfatta della piccola, decise di non arrabbiarsi.
-E
dopo io dove dormo?- domandò però, corrugando le
sopracciglia.
-Mami
dice che tanto saresti andata a dormire da Noah-
farfugliò la bimbetta, completando l’opera con
l’ultima conchiglietta. Rachel
fulminò Brittany, facendola sorridere.
-Fa
nulla, dormirai con noi- mormorò quest’ultima,
accennando al letto matrimoniale, per poi scrollare le spalle.
-Mamma
io ho fame- ripetè la piccola, infilandosi poi con
nonchalance un ditino nel piccolo naso, che Brittany ridacchiando si
affrettò
ad allontanarle dal volto.
-Ora
andiamo, Rachel si veste e scendiamo- la
tranquillizzò, risistemandole il fiocco nel codino destro.
-Sto
morendo di fame. Potresti sbrigarti?- brontolò la
latina, passando all’amico una polo azzurra che lui
afferrò prontamente e si
infilò. Non le rispose, guardandola solo molto male. Santana
aveva appena passato
mezz’ora a cercare di piastrarsi i
capelli, che evidentemente quella sera non erano dell’idea,
per poi legarseli
in una coda, ed ora lo accusava di essere in ritardo.
-Spero
almeno per te che qui si mangi bene la metà di
Breadstrix - sbuffò la ragazza, scendendo le scale di
fretta. Si sedettero al
tavolo, dove in poco tempo furono serviti, e cominciarono a cenare
discutendo
del fatto che ancora Dave non sapeva dove fosse stato trasferito.
La
mora sentì di nuovo scoppiare una risata divertita
alle sue spalle, irritata si voltò per vedere da chi
provenisse.
Ancora
una volta il cuore le prese a battere troppo
velocemente, e in fretta si rigirò verso Dave, chinando
però il capo. Non
poteva essere vero. Era incredibile! Non aveva senso, era tutto
surreale.
“Santana
è un incubo, tra poco ti sveglierai” si
ripetè nella
mente, stringendo gli occhi e torturandosi le mani. Dave
cercò con lo sguardo
cosa le avesse causato ciò, trovando in fretta la causa. In
fondo alla sala, in
un angolo, stavano cenando tranquillamente Brittany, Mike, Rachel, Puck
e una
bimbetta bionda. Puck ad un tratto intercettò lo sguardo di
David e gli sorrise
complice. Karofsky lo vide alzarsi e dire qualcosa agli altri, che lo
osservarono curiosi, dopodiché si avvicinò al
tavolo dei due.
Santana
era ancora chiusa in se, stringeva gli occhi
mentre cercava di rimanere calma. Quando però due mani le si
appoggiarono sulle
spalle, per poco non saltò sulla sedia. Lanciò un
gridolino soffocato prima di
voltarsi agitata.
-Lopez..-
mormorò Noah, facendole un cenno con il capo.
Notò nello sguardo della ragazza un misto di paura e rabbia.
Santana cercò di
riprendersi per riacquistare la sua solita aria strafottente. Si
girò dandogli
le spalle.
-Puckerman..-
sussurrò, cercando come un aiuto negli
occhi di Dave. Ma nello sguardo del migliore amico vide solo un certo
strano
senso di colpa. La guardava come se si dovesse scusare. Solo in quel
momento
collegò. Ma certo, era stata una sciocca solo al pensare che
tutto ciò potesse
essere una coincidenza.
Il
messaggio, il trasferimento, la chiamata, la vacanza nello
stesso posto e albergo. Tutto filava.
Guardò
il ragazzo irata e delusa. Senza dire nulla si
alzò, scrollandosi di dosso Puckerman e a larghe falcate
fece per tornare nella
camera.
Era
stata tradita dall’unica persona di cui si fidava
completamente. Ora non le rimaneva più nessuno. Con chi si
sarebbe potuta
confidare, su chi avrebbe potuto contare? Nessuno, non più
perché Dave aveva
appena fatto la cosa peggiore. L’aveva riportata dalle uniche
persone che
l’avrebbero fatta stare male ancora una volta, forse anche
più di prima.
Le
aveva fatto rivedere lei.
Sbattè
la porta alle spalle e si infilò nel bagno,
chiudendosi dentro e rannicchiandosi nella vasca bianca.
Sentì però la porta
della stanza riaprirsi e i passi di qualcuno avvicinarsi,
dopodiché bussarono
alla porta del bagno, ma la ragazza non aveva nessun intenzione di
aprire.
-Vattene
Karofsky- ringhiò, trattenendo le lacrime amare.
-Santana,
apri. Dobbiamo parlare- le rispose Noah,
continuando a bussare. La latina corrugò le sopracciglia.
-No!-
strillò contrariata –Io non ne ho nessuna voglia-.
-Oh,
non me ne frega assolutamente nulla di cosa hai
voglia di fare. Ora mi apri questa cavolo di porta e parliamo-
sbottò irritato
–O la butto giù- aggiunse. Santana
borbottò, frustrata, stavolta non aveva via
di scampo. Non sarebbe potuta scappare, non avrebbe potuto evitare il
confronto
con Puck.
Agitata
girò il pomello e aprì senza guardarlo, tornando
poi a sedersi nella vasca, con un broncio ben visibile. Noah senza
tante storie
si tolse le scarpe e le si sedette di fronte, volendola guardare negli
occhi
che lei gli evitata accuratamente.
-Che
cazzo vuoi Puckerman!?- sibilò, sentendosi sotto
pressione dallo sguardo fisso del ragazzo.
-Sei
un’idiota- scandì lui, serio.
-‘Fanculo-
disse tra i denti, cercando di alzarsi. Lui le
afferrò un polso, costringendola a restare.
-Sei
una grandissima idiota, e ora sei arrabbiata perché
sai che ho ragione. Già, questa volta non puoi usare la
frase che amavi tanto,
non puoi guardarmi con uno dei tuoi sorrisini e dirmi che tu hai sempre
ragione- continuò il ragazzo –Perché
hai torto. Torto marcio se solo non pensi
di essere un’idiota-.
-La
vuoi piantare di ripeterlo?- strillò, cercando di
liberarsi dalla presa.
-Come
hai potuto San?- chiese con un fil di voce,
guardandola con i suoi occhi verdi e amareggiati –Come hai
potuto abbandonare
Brittany? Come hai potuto lasciare tutti i tuoi amici, tagliare i ponti
con
chiunque e far in modo che nessuno ti trovasse?-domandò.
Santana indurì la
mandibola, tornandosi a sedere, senza il bisogno che lui la tenesse
lì.
-Da
quel che vedo non fatto altro che farvi un favore. Tu
hai la Berry, Mike e Brittany una bambina…-
mormorò con un tono duro e
rabbioso. Noah sgranò gli occhi ed emise un risolino
sarcastico.
-Dio
mio Santana, quanta poca fiducia hai in lei. In
tutti. Tu hai sempre avuto grossi problemi a fidarti, quando invece
avresti
sempre potuto fare affidamento su di noi- commentò
sospirando.
-Vedi
cosa ottengo quando mi fido? Di Dave mi sono
fidata, e sono stata tradita. Forse non avevo tutti i torti a dubitare
degli
altri- controbattè la mora, incrociando le braccia al petto.
-Karofsky
l’ha fatto perché ti vuole bene, perché
vede
che tu hai bisogno di smettere di scappare, devi tornare a casa e
affrontare le
tue parole una volta per tutte! Tu per ora le hai solo evitate, ma
questo non
significa averle superate!- le gridò contro, sbattendo un
pugno sul bordo
liscio. Lei sobbalzò, non aspettandosi quella reazione.
Dave
l’aveva fatto per aiutarla, aveva chiesto a Puck e
avevano organizzato tutto ciò solo per lei? Non
riuscì più a trattenere le
lacrime, che ormai spingevano impazienti di sgorgare dai suoi occhi.
-E
pensavate che vederla con quella bambina mi avrebbe
aiutata?- singhiozzò, tirandosi le ginocchia contro il
petto, come per rimpicciolirsi.
-Sì,
pensavo che vedere tua figlia ti
avrebbe aiutata-annuì lui.
Santana
cercò di rispondere, ma la bocca le rimase
leggermente aperta e gli occhi sbarrati. Cosa intendeva per sua figlia? Puck ricordava vero che per
mettere al mondo una bambina ci vogliono un uomo e una donna?! Lei e
Brittany
si erano lasciate quando quella bambina ancora non c’era, non
poteva essere sua
figlia. Al massimo era figlia solo di Brittany, ma lei non
c’entrava proprio
nulla.
-C-cosa
stai dicendo?- balbettò confusa.
-Hai
presente quella bimbetta con cui ti sei scontrata
oggi? Occhioni azzurri, capelli biondi, tre anni e tanta voglia di
giocare?- le
descrisse, alzando la mano come per indicare l’altezza
–Lei è tua figlia-
ripetè. Ancora una volta Santana non riuscì a
capire. Quello che stava dicendo
non aveva nessun senso.
-C-Cos…E’
impossibile?! Io, cosa c’entro e ..come faccio
a…- bisbigliò, agitando le mani frenetica.
-Se
non avessi deciso tutto tu, senza lasciare dire nulla
a Brittany, magari avresti scoperto che il giorno in cui te ne sei
andata lei
aveva scoperto di essere rimasta incinta. Se non avessi fatto in modo
di non
essere rintracciabile magari avresti ricevuto uno dei milioni dei
nostri
messaggi, forse non ti saresti persa quasi quattro anni della vita di
Valerie-
spiegò Noah, tornando cupo.
Valerie.
Il suo nome era Valerie, proprio come Brittany
aveva sempre voluto. Tre anni e mezzo più nove di gravidanza
corrispondevano a
quasi cinque anni, proprio il periodo da cui mancava da Lima. Allora
era vero?
Noah stava dicendo la verità?
Quella
bambina era “sua”
figlia sul serio?
***
Suvvia,
non odiatemi troppo! Ero stata leggermente
cattivella, ma ho aggiornato quasi subito, né!? Lo devo a
quelle persone
bellerrime che recensiscono e che io adoro *w*
Note:
-Sì,
San è scappata, maaaa aspettate..
-Kurt
è spuntato fuori dal nulla, ma vi avverto che non
parteciperà alla vacanza.
A
presto! Spero ci siano pochi errori :)
Besos,Miky
|
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Capitolo 18 *** There's a way out ***
18}There’s a way out
Noah
le lasciò qualche minuto per ragionare su quello che aveva
appena appreso. Era
sconvolta e sembrava totalmente persa nel suo mondo, non riusciva a
emettere
suono né a togliersi quello sguardo vuoto dagli occhi.
Sbuffando, le afferrò
una mano, cercando di capire come avesse preso la notizia. A quel punto
lei
alzò lo sguardo, trovandolo in attesa di una risposta.
-E’…è
nostra figlia?- domandò, come per aver
un’ulteriore conferma. Noah annuì.
Santana appoggiò la schiena contro il bordo della vasca e
sospirò, non
riuscendo ancora a dire altro.
-Oggi
mi ha chiamata per nome…mi ha riconosciuta..-
mormorò, tornando a concentrarsi
sul ragazzo.
-Certo.
Brittany le ha sempre parlato di te. Valerie è molto curiosa
e ovviamente
trovando delle tue foto ovunque le domande sono venute spontanee. Brit
odia
dire le bugie, per cui le ha sempre detto qualsiasi cosa- le
spiegò con calma.
-Raccontami
cosa è successo, ho bisogno di sapere- implorò
subito dopo la ragazza,
avvicinandosi a lui.
-Il
giorno in cui te ne sei andata siamo andati tutti da Brittany
ovviamente. Era
devastata, penso di non averla mai vista peggio di quel giorno. Dopo
averle
fatto capire che noi le saremmo stati a fianco, lei ci ha confessato di
essere
incinta. Ricordo ancora quanto fossi stupito e confuso.
Poi lei ci disse perché lo aveva fatto, e
dopo averlo saputo, compresi che tutto ciò era proprio
tipico di Brittany, solo
lei avrebbe potuto pensare una cosa simile – sorrise,
pensando all’amica.
Santana corrugò le sopracciglia, desiderosa di sapere la
ragione, il che spinse
il ragazzo a continuare.
-Era
un regalo, per te e per il bambino. Brittany diceva che da piccola la
cosa che
desiderava di più al mondo era un fratellino o una
sorellina, così aveva
pensato di scegliere proprio quello come dono. Voleva farti una
sorpresa, e
dopo quello che avevate passato pensava che sarebbe stato un modo per
farti
tornare ad essere felice.- le rivelò. Santana non riusciva
quasi a credere a
quelle parole. Brittany l’aveva fatto per loro, per lei, per
il loro bambino. Lei
invece l’aveva lasciata, e l’aveva fatto per se
stessa. Solo in quel momento
capì quanto fosse stato egoistico il suo gesto. Aveva deciso
tutto lei, aveva
scelto sia per se, che per Brittany, che per la bambina.
-P-Perché
non me l’ha detto all’aeroporto?-
domandò con un filo di voce, lasciando che le
lacrime corressero libere sulle sue gote.
-Perché
quando tu te ne sei andata ha capito che il bambino in arrivo non ti
avrebbe
resa felice, ma ti avrebbe reso ancora più triste. Pensava
che l’avresti odiata
se lei avesse portato a termine la gravidanza con successo, pensava che
non
avresti più potuto amarla. Così ha tentato di
fermarti, perché in quel momento
non voleva altro che tenerti con se, però poi il suo
atteggiamento è mutato.
Per il primo anno abbiamo cercato in tutti i modi di rintracciarti, di
riportarti a casa, dopodiché lei ci ha chiesto di non
farlo.- mormorò Noah.
Santana si morse il labbro. Così Brittany aveva smesso
veramente di amarla,
aveva tagliato sul serio ogni ponte con lei e non intendeva
più vederla, farle
conoscere la bambina.
-
E’ stato il giorno in cui è nata Valerie. Lo
ricordo ancora benissimo. Dopo
nemmeno due ore Brittany la stringeva a se. Nessuna complicazione,
nessun
problema. Un frugoletto di 3.4 kili, sano e adorabile. Mentre la
piccola
dormiva, mi disse di non cercarti più. Pensai che fosse
troppo arrabbiata, che
fosse delusa e frustrata, invece sbagliavo- bisbigliò il
ragazzo –Ancora una
volta lo faceva per te. Perché magari tu in quel momento eri
tornata ad essere
felice, magari avevi incominciato una vita e lasciato alle spalle la
vostra, e
lei non voleva rovinarla. Perché se ti avesse detto di
Valerie, tu saresti
tornata triste, e quella era l’ultima cosa che voleva.
– raccontò, guardando
gli occhi neri e profondi della latina.
Quest’ultima
si stava odiando. Si odiava per tutto il male che aveva causato a
Brittany, si
odiava per non essersi fidata, si odiava per essere una persona tanto
orribile.
Lei non meritava Brittany, non l’aveva mai meritata. Brittany
era troppo buona,
troppo dolce e perfetta per una come lei, piena di preoccupazioni,
paure e
difetti.
Prese
a piangere sommessamente, stringendosi le ginocchi al petto e
nascondendo il
volto. Noah non reagì, non l’abbracciò
come avrebbe fatto sicuramente Dave.
-Eppure
non aveva smesso di volerti indietro. Aveva solo deciso di aspettare il
tuo
ritorno, perché se ti avesse cercata lei tu non saresti
stata pronta, ma se
fossi tornata tu, sarebbe stato diverso, perché tornando
avrebbe significato
che avevi superato l’aborto- disse senza giri di parole.
-Però
quando Karofsky mi ha chiamato, ho capito che dovevamo fare qualcosa,
altrimenti tu non saresti mai tornata. E sarò sincero,
dovevo farlo per
Brittany prima di tutto- ringhiò duro e arrabbiato
–Perché lei si merita una
vita felice, e sembra che senza di te non possa esserlo al pieno. Sono
stufo di
vedere ogni tanto quegli occhi spenti, di trovarla a piangere nel
sonno, di
notare come rifiuti le avance di chiunque perché attende te.
Senza Karofsky non
ce l’avrei fatta, per questo è stato importante
che lui ti mentisse, nonostante
non fosse affatto dell’idea. -
Santana
non capiva più cosa provare. Il suo corpo era scosso da
troppi sentimenti,
troppe emozioni si erano raggruppate in poco tempo, tutto era
ingestibile per
lei che aveva imparato negli ultimi anni a reprimere ogni tipo di
sensazione. E
quando Santana non sapeva cosa fare, la cosa che le veniva meglio era
fuggire.
-E
cosa vi ha fatto credere che io fossi pronta? Chi ti ha dato il diritto
di
decidere?- strillò spaventata.
-Come
ho detto, l’ho fatto prima di tutto per Brittany. Dopo questa
vacanza hai due
opzioni – le spiegò, alzando poi
l’indice –La prima è che torni a Lima e
cerchi
di ricostruire il vostro rapporto.- alzò poi il medio
– la seconda è che non
torni a Lima e lasci capire a Brittany che non ti deve più
aspettare, che può
andare avanti. In ognuno dei casi qualcosa cambierà, per cui
la scelta ora e
tutta tua- illustrò alzandosi poi e uscendo dalla vasca.
-Anh,
e decidi in fretta. Non provare a illudere Valerie- scandì
sulla porta.
Santana
lo vide uscire senza riuscire a ribattere nulla.
Valerie
si posizionò tra le due ragazze dopo essersi infilata la
camicetta da notte.
Entrambe erano stese su un lato, girate verso il centro del letto che
la
osservavano con un dolce sorriso.
-Mami
ma Noah è andato a dire a Santana di tornare a casa con
noi?- chiese ad un
tratto, non riuscendo più a trattenere la
curiosità.
-Penso
che le sia andato a parlare di tante cose, sai è molto che
non la vedeva- le
spiegò Rachel, carezzandole i capelli. Valerie la
guardò sbatacchiando le
ciglia chiare.
-Ma
anche mamma è da tanto che non la vede. Perché
non ha parlato con lei?-
continuò la piccola, guardando prima la mora, poi la bionda.
-Perché
Santana ha paura di parlare con Brittany- si affrettò a
rispondere Rachel,
vedendo lo sguardo dell’amica.
-Ma
la mami non fa paura. E’ bellissima e profuma, non deve avere
paura- borbottò,
andando poi a stringersi alla madre.
-Ma
è una paura diversa Vals. Immagina di rompere una cosa che
per la tua mamma è
importantissima. Non saresti meno spaventata a dirlo a me, che a dirlo
a lei,
per paura che si arrabbi o che diventi triste?- cercò di
chiarirle. Valerie
annuì frettolosamente, dopo aver sussurrato un
“ooh”. Rachel spense poi la luce
e le tre si misero a dormire. La bambina si sistemò tra le
braccia di Brittany,
accoccolandosi.
-Mami
quando Santana ti dirà cosa ha rotto, puoi non arrabbiarti
troppo? Perché a me
piacerebbe conoscerla….e..se la sgridi tanto, magari torna
ad andare via…-
farfugliò, chiudendo poi gli occhietti stanchi,
addormentandosi. Brittany non
rispose, prese solo a cullarla, perché tanto quella notte
non sarebbe riuscita
a dormire.
-Per
favore Berry. Lasciami un giorno in vacanza, vacanza anche da
te-piagnucolò il
ragazzo tirando il lenzuolo che Rachel stava cercando di sottrargli,
mentre
Mike li osservava divertiti dal suo letto.
-Mi
dispiace, non è possibile- borbottò lei, cercando
di buttarlo giù dal letto.
-Ma
vacci con Mike- si lagnò Noah, lasciando andare il lenzuolo
per poi nascondersi
sotto il cuscino.
-Mike
accompagna Vals al mare, mentre tu non hai nulla da fare-disse la
ragazza –O ti
svegli, o mi metto a saltare sulla tua schiena- lo minacciò,
salendo sul
materasso.
-Folle-
mugugnò lui, correndo poi a rifugiarsi nel bagno. Mike non
riuscì più a
trattenere una risata.
-Chang,
non voglio commenti- sibilò, puntandogli contro
l’indice. Lui si limitò a
scuotere la testa e uscire dalla camera –Salutami Barbra se
la vedi!- esclamò
solo, sulla porta.
-Non
posso assicurartelo. Se la vedremo sul serio, morirò-
affermò Rachel,
cominciando poi a bussare a Puck intimandogli di muoversi.
Così,
mentre Brittany lavorava, Valerie e Mike passarono la giornata tra
giochi
d’acqua, passeggiate sul lungomare, castelli di sabbia,
frisbee e risate. Ogni
tanto Valerie si guardava intorno cercando una ragazza dalla pelle un
po’
scura, non riuscendo però mai a scorgerla.
Rachel
e Puck invece seguirono la cartina che la ragazza si era portata
dietro,
riuscendo ad arrivare davanti ai cancelli della residenza di Barbra,
intravedendo
la villa meravigliosa.
-Rachel,
smettila di strillare, calmati- le ordinò, fermandola. Ormai
saltellava e
emetteva vari gridolini eccitati al secondo, perdendosi in soliloqui
con se
stessa, immaginando migliaia di versioni di come avrebbe incontrato il
suo più
grande idolo da lì alla prossima ora; di certo non aveva
tempo per ascoltare
cosa le dicesse il ragazzo.
-Senti,
ci saranno sicuramente delle telecamere, quindi cosa ne dici di
andarcene!?!
Prima che ti arrestino, eh?- propose lui, afferrandole il braccio,
facendo come
per trascinarla via. Ma fu tutto invano, infatti la brunetta non
accettò di
spostarsi per le quattro ore seguenti, finchè lui poi non
decise di caricarsela
in spalla e tornare in hotel.
-Sappi
che ti odio- farfugliò, smettendo di colpirlo, appoggiando
la testa all’ingiù
contro la schiena del ragazzo, lasciando le gambe molli.
-Sì,
me lo ripeti spesso- annuì lui, scrollando le spalle.
-Attento!-
esclamò lei, avendo paura di cadere.
-Se
ti metto giù torni a correre verso la casa?- chiese Noah
alzando un
sopracciglio.
-Certo-
sbuffò lei –Hai appena distrutto il mio sogno di
incontrare Barbra. Sono sicura
che sarebbe uscita in pochi minuti- bonfichiò.
-Peccato!
Tornerai poi con Hummel e ci potrete stare giorno e notte per migliaia
di
giorni!- suggerì, ricevendo pugnetti sulla schiena, che
ricambiò con leggieri
pizzicotti nelle gambe, che presto lei cominciò a dimenare.
Stanco la rimise
con i piedi per terra, evitando accuratamente di ascoltare tutte le sue
lamentele successive.
-Avrei
potuto vedere Barbra- soffiò ancora Rachel, scorgendo
finalmente il loro
albergo.
-Non
sei pronta per vederla. Barbra non sarebbe fiera di te, sapendo che
neghi al
mondo la tua voce- mormorò, guardandola serio. Lei
continuò a guardare dritto
davanti a se.
-Ho
sempre sognato di duettare Tell Him
con lei…- sussurrò solo, prima di entrare nella
hall e scorgere la bionde
chiome delle Pierce.
Santana
era rannicchiata sul letto. Non era uscita dalla camera per tutto il
giorno.
Aveva scambiato poche parole con Dave, ma in fin dei conti non era
veramente
arrabbiata con lui, lui come al solito aveva solo cercato di fare la
cosa
migliore. Le si avvicinò, e la costrinse a sedersi,
prendendo poi a pettinarle
i capelli arruffati senza ottenere nessun tipo di risposta.
Quando
ebbe finito si alzò e le si parò di fronte,
porgendole una mano.
-Andiamo
a mangiare. Ne hai bisogno- disse lentamente. Lei annuì,
passiva, afferrandola
e lasciandosi trascinare al piano di sotto, cercando di non incontrare
nessuno
sguardo, di non incrociarne particolarmente alcuni. Si sedette e
mangiò
praticamente sotto costrizione, mentre Dave le parlava delle cose
più futili,
tanto per cercare di distrarla. Lei però si era persa ad
osservare la sala,
trovando interessante perfino il via vai della gente, il rumore di
sottofondo
della stanza, la disposizione dei tavoli, lo stereo con grandi casse in
un
angolo. Proprio lì, poco dopo aver terminato la cena, vi
vide avvicinarsi Noah
con una chitarra in mano e in braccio Valerie, vicino a Brittany,
mentre
parlavano con uno dei camerieri. Quest’ultimo
sembrò accordarsi con loro e accendergli i
microfoni, portandogli poi
due sedie. Il ragazzo si sedette su una, mentre Brittany
sull’altra,
accogliendo sulle gambe la piccola. Ormai Santana non riusciva
più a
distogliere lo sguardo, rapito pressoché dalle figure della
madre e della
figlia. La bambina era tutto un sorriso e facce buffe, proprio come
Brittany,
la quale però in quel momento sembrava molto più
seria di quanto ricordasse
fosse mai stata.
Noah
afferrò un microfono, passando poi l’altro alla
bambina che lo afferrò
esaltata, mostrandolo alla madre come un trofeo. Il ragazzo accordo in
breve la
chitarra, dopodiché guardò le persone sedute tra
i tavoli, sorridendo.
-‘Sera!
Se non vi dispiace canteremmo qualcosa…- iniziò
il ragazzo, passandosi la mano
nella cresta, come faceva sempre quando si trovava al centro
dell’attenzione.
-Non
solo la mamma e Noah, anche io!- s’intromise immediatamente
Valerie, annuendo
con un grande sorriso, facendo ridere i clienti, che si erano ormai
tutti
voltati verso di loro.
-Questa
canzone ha un significato importante, ma quelle dopo avranno solo lo
scopo di
allietarvi la serata- avvertì –Poi diciamo che
questa canzone è adatta a questo
posto- mormorò, per poi cominciare a cantare, inizialmente
senza l’ausilio
della base.
She is a pyramid
But with him
she’s just a grain of sand
This
love’s too strong like mice and men
Squeezing out
the life that should be laid in
Cominciò
poi a pizzicare le corde della chitarra, guardando dritto di fronte a
se,
trovando lo sguardo di Santana.
She was a
hurricane-cane-cane-cane
But now
she’s just a gust of wind
She used to set
the sails of a thousand ships
Was a force to
be reckoned with
Santana
capì immediatamente a chi era rivolta quella canzone. Certo,
precisamente
parlava di un uomo, ma la latina sapeva bene cosa intendeva, lo aveva
capito
perché Noah aveva guardato lei, e di certo quelle parole non
potevano essere
più che chiare.
She could be a
statue of
liberty
She could be a
Joan of Arc
But
he’s scared of the light that’s inside of her
So he keeps her
in the dark
Era
così. Santana aveva lasciato che l’aborto
spegnesse la sua luce, aveva permesso
che esso la portasse con se in un circolo doloroso e infelice.
L’aveva fatto
cambiare vita, l’aveva allontanata da tutti i suoi affetti,
l’aveva fatto a lei
che era sempre stata combattiva, aggressiva, stronza con tutti.
Noah
spostò però poi lo sguardo su Rachel,
perché di certo il significato di quella
canzone valeva anche per lei. Anche in lei in fondo aveva lasciato che
qualcosa
la oscurasse, nel suo caso un acuto steccato. Gli aveva dato
così tanto peso da
arrivare a privarsi del canto, a lei, a Rachel Cantotuttoio
Berry. E lei aveva permesso che questa sua paura
montasse sempre, avesse il sopravvento, vincesse il suo solito spirito
grintoso.
Il
ragazzo, sorridendo poi fece un cenno alla bambina, che prontamente
intonò il
ritornello.
Oh, she used to
be a
pearl…Ohh
Yeah, she used
to rule the world…Ohh
Can’t
believe she’s become a shell of herself
‘Cause
she used to be a pearl
Santana
sentendo quella dolce voce sussurrata, probabilmente
dall’imbarazzo, vedendo
quelle gote arrossirse e quegli occhiettini abbassarsi incontrando
quelli di
molte altre persone, sentì un tuffo al cuore. Era
così strano che una bambina
così piccola cantasse già in quel modo, certo la
vicinanza con tutti quei
membri del Glee aveva influito, ma era strano. Inoltre sentirle dire
quelle
parole, e sentire che erano indirizzate a se stessa, lo era ancora di
più.
Perché sì, lei si era chiuso in un guscio, in una
conchiglia rigida e protettiva
dalla quale non voleva uscire, ma
che in quel momento si sentiva schiudere.
La
bambina avvicinò poi il microfono alla madre, sussurrando
agitata che era il
suo turno, il che fece sorridere qualcuno.
Do you know
that there’s
a way out,
there’s
a way out
there’s
a way out
there’s
a way out
You
don’t have to be
held down,
be held down
be held down
be held down
Rachel
guardò gli amici trattenendo le lacrime. Aveva veramente
lasciato che
quell’episodio di anni fa le cambiasse in tal modo la vita,
che le togliesse il
piacere di cantare? Come aveva potuto?! Nemmeno Noah aveva mai smesso
di
cantare, di suonare, nonostante non fosse mai stato il suo sogno, lo
faceva
ancora come piacere personale, oltre per intrattenere Valerie. E allora
non
poteva fare lo stesso anche lei? Forse Broadway non era solo destino,
ma non
avrebbe dovuto lasciare che ciò influenzasse su tutta la sua
vita. Per Rachel
il canto non era mai stato solo canto. Era stato sfogo, liberazione,
arte,
piacere, gioia. Era una parte di lei, era ciò che amava
più fare, e come una
sciocca aveva accettato che un provino sbagliato le strappasse questo,
che le
cambiasse il suo carattere. Avrebbe dovuto impedire che ciò
accadesse. Noah
aveva ragione, se quel giorno avesse incontrato Barbra, la donna
sarebbe solo
stata delusa, non avrebbe trovato nulla di speciale in lei se non una
notevole
bassezza, una scorta infinita di parole e un naso pronunciato.
La
voce di Brittany, come la melodia, si fece di lenta e delicata.
‘Cause
I used to be a
shell
Yeah, I let him
rule my world
my world, ohh,
yeah
But I woke up
and grew
strong
And I can still
go on
And no one can
take my pearl
E
su anche questo Santana non poteva dirsi contro. Perché
Brittany in realtà era
l’unica che era riuscita a vincere le sue paure.
L’essere ritenuta stupidi da
tutti, la morte del padre, la perdita di un figlio,
l’abbandono della
fidanzata. Eppure era lì, era riuscita a non fare quello che
aveva fatto
Santana, ed ora stringeva Valerie sorridendo, e nonostante tutto quella
bambina
la rendeva felice, perché quel sorriso allegro, quelle
guanciotte paffutelle e
quei capelli scompigliati avrebbero reso felice chiunque.
In
conclusione i tre unirono le voci, sorridendo gli uni agli altri.
You
don’t have to be
shell, No
You’re
the one that rules your world, ohh
You are strong
and you’ll learn
that you can
still go on
And
you’ll always be a
pearl
Il
messaggio di quella canzone sicuramente arrivò ai giusti
destinatari, ed
entrambe presero una decisione, dopo averla sentita. Rachel sorrise,
applaudendo.
Santana
si alzò e lasciò la sala, lanciando un veloce
sguardo verso Brittany.
“She is unstoppable”
terminò quella, in
un sussurrò.
***
Scusateeeee
ç_ç
Io
sul serio volevo aggiornare prima, ma sono iper impegnata. E mi
dispiace
tantissimo anche perché fino a giovedì non
riuscirò nemmeno a recensire o
leggere nulla, I’m so sorry ç_ç Sono
imperdonabile, poi cercherò di recuperare.
Note:
-Allora,
il fatto di girare tanto intorno alla canzone non mi garba molto, ma la
scena è
nata proprio da quella, per cui eccola. E grazie Katy.
-Noah
dice che è adatta al posto perché si chiama
Pearl, come l’hotel
-Che
Lea e Barbra cantino assieme Tell Him è un mio sogno. Subito
avevo pensato di
farle incontrare sul serio e fargliela cantare, dedicandola poi a Noah.
Solo che
la cosa sarebbe stata molto irreale, per cui ho scartato, anche se non
è detto
che non scriverò mai una shot simile u_u E se Celine si
vuole aggiungere, tanto
meglio u.u
Ci
si sente a fine settimana direi!
Grazie
a tutti quelli che leggono e quelle buone anime che recensisco. I luv u
<3
Besos,Miky
|
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Capitolo 19 *** Mistakes ***
19}Mistakes
-Buongiorno raggio di sole!-
-Buongiorno Mr. Chang-
rise Quinn dall’altro capo, attorcigliandosi una ciocca di
corti capelli
sull’indice.
-Come
stai? Capisco che l’astinenza da me deve essere molto
dura, ma per il resto?- domandò il ragazzo ridacchiando.
-Oh, non sai che
divertimento tra il lavoro e le tue bestie-
bonfichiò lei, roteando gli
occhi.
-Sono
pesciolini, non “bestie”, e come sta la mia
piccolina?- chiese il ragazzo preoccupato.
-Sguazza qua e là,
puzza, in questo momento mi guarda male-
riportò lei, osservando la
tartaruga muoversi nell’acquario –Oh, ha
appena mangiato Rosso- aggiunse,
senza enfasi.
-Come
l’ha mangiato? Stai scherzando spero? E’ innocua,
non
dovrebbe essere carnivora..- si agitò Mike.
-Oh,
e ne ha mangiato anche un
altro…dovrebbe
essere…-
continuò la ragazza, lasciandosi però scappare un
risolino.
-Fabray!
Mi stai prendendo in giro- sbottò, sentendola poi
scoppiare a ridere –non è affatto carino. Che
ragazza perfida che mi ritrovo-
borbottò, tirando allo stesso tempo un sospiro di sollievo.
-Dai, qui è una noia
mortale senza di voi. Piuttosto come sta quella carciofa della Berry??-
chiese Quinn.
-Fin
troppo bene, sta tubando con Puck come suo solito…- le
rispose, guardando l’amica.
-Davvero!??!-
strillò Quinn saltando in piedi eccitata.
Rachel
intanto si era avvicinata a Mike, gli aveva dato due
scappellotti e gli aveva sottratto il telefono.
-Q,
Mike è il solito bugiardo, comunque, come stai? Qui si
sente la tua mancanza- trillò, tornando a sorridere.
-Oh, ne ero certa.
Tutto bene, voi, B? Vals…e..-
mormorò incerta.
-Stanno
benone,io, Mike e Valerie stavamo sotterrando Noah
nella sabbia. Ha fatto l’errore di addormentarsi, mentre B
è al lavoro-
ridacchiò, guardando le bionde impegnate
–E, Santana, diciamo che ci siamo
scontrati…- disse.
-Come ha reagito?-
s’informò ansiosa.
-Per
ora male, non si fa vedere da giorni. La incrociamo
ogni tanto in albergo. Dave ha detto che non sa quali sono le sue
intenzioni,
dice che da quando ha scoperto di Valerie, si è chiusa in
se- sbuffò,
rattristita.
-Era da immaginare.
Non l‘ha ancora superato, e Brittany, come sta? E non come fa
finta di stare…-
chiese, mordendosi il labbro preoccupata.
-Come
pensi che stia? Credo che si senta rifiutata per
l’ennesima volta, ma con Valerie sempre intorno, non lo
mostra- sospirò.
-Certo. Dopo cercherò
di tirarla su. Ora ti lascio tornare a seppellire Noah, sai io ho un
lavoro-
rise, afferrando la giacca e le chiavi.
-Buon
lavoro Q, ci si vede presto!- squillò.
-Sì, salutami tutti-
disse la ragazza, per poi attaccare. Rachel buttò il
cellulare nella borsa e
tornò ad aiutare gli amici nel loro intento. Quando lo
ricoprirono per bene,
Valerie si mise anche a decorarlo con alghe e rametti, aiutata da Mike
che non
riusciva a non ridere. Dopo una ventina di minuti però la
piccola inciampò,
cadendo sul cumulo di sabbia e svegliò Noah, che si
lamentò come un bambino,
imprecando contro la sabbia che si era infilata ovunque. Per levarsela
di
dosso, optarono per un lungo bagno in mare.
-Tranquillo
Chang che me la paghi. Io però ti sotterrò nel
cemento. A presa rapida- borbottò ancora irritato.
-Pff
ma che cattiveria, era un’idea di Valerie- si difese
lui, scrollando le spalle.
La
bambina annuì orgogliosa, sorridendogli.
-Era
divertente- spiegò, allungando le mani verso di lui,
come per volersi avvicinare. Noah sbuffò, per poi
accoglierla tra le braccia,
alle quali lei si arpionò, sentendosi insicura senza il suo
adorato salvagente.
La bambina però ad un tratto sembrò vedere
qualcosa di interessantissimo a riva
e insistette per uscire. Come furono fuori dall’acqua, quella
si dimenò per
poter camminare per conto proprio. Noah confuso, la lasciò
scendere, ma non
fece in tempo a prenderle la mano che quella si mise a correre. Non che
fosse
una gran velocità, anzi, era paragonabile ad una paperotto,
ma non ci fu
bisogno di rincorrerla anche perché si fermò in
fretta, trovando quello che
tanto l’attirava.
Rachel,
Mike e Noah si guardarono leggermente spaventati.
Avrebbero dovuto fermarla probabilmente, ma ormai Valerie non si poteva
più
trattenere.
La
bimbetta sorrise timidamente, ciondolandosi sui piedi e
piegando di lato il capo, mentre con le mani alle quali erano
appiccicati
centinaia di granelli di sabbia si attorcigliava i capelli bagni. La
ragazza di
fronte a lei era rimasta impalata, con ancora il prendisole indosso, un
cappello di paglia con una larga fascia dalla fantasia a fiori in mano
e due
grandi occhiali da sole che le nascondevano gli occhi neri e spauriti.
-Ciao-
trillò Valerie, continuando a sorridere, mentre
strizzava i suoi occhioni azzurri a causa del sole.
-C-ciao-
mormorò Santana –aspetta..-
sussurrò,notando che la
piccola faceva fatica a tenere aperti gli occhi si abbassò e
adagiò il suo
cappello sulla nuca di Valerie. Quella sbattè le palpebre
più volte, rilassando
le pupille, per poi regalare alla mora un sorriso raggiante e gioioso.
-Grazie-
bisbigliò, leggermente imbarazzata. Ovviamente tra
le due lo era molto di più Santana, che sentiva il cuore
martellarle nel petto,
come se fosse pronto ad uscire da un momento all’altro.
-Io
sono Valerie- si presentò la biondina, continuando a
passarsi le ditina tra i capelli.
-Io
sono Santana- rispose la donna, deglutendo a fatica.
Quella bambina era così piccola, bella e dolce che le veniva
solo da piangere.
Piangere e disperarsi perché non sapeva ancora cosa fare,
perché aveva perso
quattro anni di quella piccola creatura, perché aveva gli
stessi occhi limpidi
di Brittany, perché Brittany l’aveva voluta per il
loro amore,e lei, lei aveva
lasciato tutto.
-Io
lo so- disse però Valerie- Mamma mi ha raccontato che
sei la sua innamorata- se ne venne fuori la piccola, decidendo di
avvicinarsi
ancora un po’ e appoggiare le manine sporche sulle ginocchia
della latina, che
al tocco tremò quasi –Però dopo hai
rotto qualcosa e mamma è triste perché tu
non tornavi mai, ma però non è tanto arrabbiata.
– cercò di chiarire subito
-Mami non si arrabbia quasi mai, a volte fa delle facce strane quando
io e zio
Mike saltiamo sul suo letto, o quando zio Noah mi fa fare il bagnetto
con Max,
o quando zia Q mi regala vestiti da pincipessa e io non li voglio mai
togliere,
ma dopo torna a fare così – spiegò,
mostrando a Santana un sorriso smagliante –
e quando uno sorride non è mai triste. Quando uno
è triste è così – disse,
mostrandole un broncio desolato, con tanto di labbro inferiore
tremolante, per
poi riprende il suo discorso –E allora mami non
sarà arrabbiata molto con te.
Basta che le dici che fai la brava. E che non mangi più le
margherite…-
farfugliò, guardando in basso colpevole – Sai, non
si mangiano le margherite-
sospirò. Santana sorrise dolcemente, per poi scoppiare in
una breve risata. Più
passavano i secondi con quella biondina, più
l’ispanica pensava di
innamorarsene. Quel parlarle un po’ di tutto, in modo
confusionario e intricato
era così tenero, come il fatto che ogni tanto non riusciva a
pronunciare
correttamente la “r”,
o che inserisse
“ma
però” ogni
tanto, mentre senza
nemmeno accorgersene aveva impiastricciato con la sabbia il vestito
leggero
della latina.
-Sembri
tanto Pochaontas- bisbigliò ad un tratto Valerie,
allungando la manina verso la guancia calda di Santana –anche
lei parla poco ed
è bellissimissima- connotò cercando quasi di
issarsi sulle ginocchia per
potersi avvicinare al suo volto. Santana, quasi impaurita di fare
cadere la
piccola, si sottrasse,rialzandosi.
-Hey
Vals- la chiamò Noah avvicinandosi. La bambina gli
lanciò una veloce occhiata, tornando poi a rivolgere la sua
completa attenzione
alla mora.
-Ciao
Santana- sorrise Rachel, arrivando dietro alla
bambina.
-Santana-
sorrise Mike con un cenno del capo.
-Hey-
sussurrò solo lei, annuendo senza enfasi, cercando di
evitare accuratamente gli sguardi di cui sentiva la pesante pressione.
Valerie
guardò i tre con un misto di gelosia e fastidio,
dopodiché afferrò la mano
della latina e tentò di portarla via con se, lontano dai
ragazzi. Santana si
lasciò trascinare, non sapendo che altro fare. Valerie si
girò, incrociando uno
sguardo corrugato di Noah, mentre Mike e Rachel discutevano sulla
situazione.
-La
mamma ora è a lavorare, ma questa sera torna,
così puoi
scusarti- disse Valerie, continuando a camminare lungo la spiaggia.
–E se ti
scusi lei, poi lei ti abbraccia forte forte forte, ti fa il solletico e
ti fa
scegliere il cartone da guaddare – annuì la
biondina, ma non vide la reazione
che aspettava nella donna, per cui si preoccupò un poco.
-Ti
vuoi scusare vero con mamma? Perchè dopo torni a casa
con noi, vero?- chiese sgranando i grandi occhi. Santana si
alzò gli occhiali
sui capelli e si sedette per terra, per arrivare al livello della
piccola, la
quale la imitò immediatamente.
-Non
lo so Valerie- confessò sincera, con
un’espressione
mortificata.
-Perché?-
chiese lei, non capendo.
-Perché
è passato tanto tempo, non è così
facile- sospirò
Santana, disegnando cerchietti sulla sabbia.
-Perché?-
continuò lei, non soddisfatta.
-Perché…
è difficile- ammise –Sia per me, che per la tua
mamma-rispose, tirando le gambe contro il petto.
-E
perché?- insistette la bimba.
-Perché…perché
sono successe tante cose brutte- ribattè la
latina.
-Ma
è passato ormai- disse la piccola, scrollando le spalle.
-Ma
il passato non si può cancellare- bisbigliò
Santana in
un sussurro che Valerie non sentì, anche perché
ormai era in procinto di
piangere, e sicuramente quelle parole non le sarebbero bastate. La
bambina si
alzò, guardandola prima che le lacrime scendessero sul suo
visino tondo, per
poi correre verso Noah. Santana la guardò dispiaciuta, per
poi osservare come
quei tra fossero già all’opera per consolarla.
Ottimo,
era già riuscita a deluderla.
-Allora,
come è andata?- domandò David alzando lo sguardo
dal
computer, quando sentì aprirsi la porta.
Vide
Santana entrare come a fatica, trascinarsi dentro e
lasciarsi cadere sul letto.
-Dave
non posso farlo- sibilò, affondando il volto nel
cuscino, bagnandolo. Lui roteò gli occhi, stufo del suo
tipico pessimismo.
Chiuse il portatile e si sedette sul bordo del letto della ragazza.
-Ti
ho già detto vero che odio quando ti arrendi prima di
provarci?- domandò retoricamente.
-Ma
io ci ho provato!- si difese la ragazza –e sai che ho
fatto? L’ho fatta piangere!- farfugliò, tirando su
con il naso per poi tornare
a seppellire il volto nel cuscino.
-Ma
provarci quando non c’è Brittany, non è
provarci-
precisò lui.
-Tu
la fai facile- mugugnò lei, mettendosi a sedere di
fronte a lui.
-Non
sarà facile, ma se non tenti, te ne pentirai sempre-
affermò il ragazzo. Lei assentì, non del tutto
certa, per poi rifugiarsi contro
il petto largo e caldo dell’amico.
---
-Cioè,
stai dicendo che vuoi lasciarmi?- chiese Blaine
aggrottando le sopracciglia e sgranando gli occhi. Kurt
sfarfallò le ciglia,
guardandolo timidamente.
-Vedi
io..- farfugliò titubante, ma l’altro non gli
lasciò
il tempo per parlare.
-Perché
pensi di provare ancora qualcosa per Karofsky? Ma
non lo vedi da anni, magari è solo una tua impressione, non
lo puoi sapere. E’
una cosa astratta Kurt, io sono qui, io sono reale- disse
frettolosamente il
più basso, afferrando l’altro per le braccia
–Noi, noi stiamo bene insieme,
ho..ho fatto qualcosa di sbagliato?- continuò agitato il
ragazzo. Kurt scosse
la testa.
-No,
no di certo. Non c’è nulla di sbagliato in te,
sono io
quello sbagliato. Io non sono sicuro dei miei sentimenti, e ritengo sia
da ipocriti
tenerti legato a me, quando sogno un altro ragazzo- ammise, arrossendo
vistosamente
per poi abbassare gli occhi chiari sul pavimento.
-Oh,
è di questo che si tratta, un
sogno? Non significa nulla Kurt, non vuole
dire che lo ami solo perché lo sogni- cercò di
convincerlo il moro.
-Blaine,
smettila,
già è
difficile così, non rendere tutto ancora più
tragico. Io lo sto
facendo per te, perché non voglio mentirti,
perché a te ci tengo e ritengo che
meriti di più di uno che pensa ancora al suo ex immaginando
a come sarebbe la
vita con lui. Mi dispiace, mi dispiace tanto, ma sarà meglio
per entrambi…-
mormorò, rotto dalle lacrime che rotolavano veloci
giù dai suoi occhi
arrossati. Blaine lo lasciò andare, con uno sguardo perso e
arrabbiato.
-E’
di nuovo un addio… Ancora una volta per colpa di
Karofsky- constatò il ragazzo, allontanandosi da Kurt
– Forse non è destino
Kurt, o forse dovresti solo capire chi vuoi tra noi due e smetterla di
giocare
con entrambi- sbottò schiettamente prima di uscire
dall’appartamento. Kurt vide
sbattere la porta, rimanendo basito.
Blaine
non aveva tutti i torti.
---
-Hey,
pulcina- squillò Brittany entrando nella camera poco
prima che fosse pronta la cena.
-Mamma!-
strillò quella, fuggendo dagli intenti di Rachel di
asciugarle i capelli. La madre come suo solito la sollevò,
girandosi su se
stessa per far ridere la figlia, riuscendoci perfettamente.
-Che
hai fatto oggi di bello?- domandò la donna, salutando
poi Rachel con un sorriso amichevole.
-Oggi
abbiamo coperto zio Noah con la sabbia. Ma tanta tanta.
Lui si è un po’ arrabbiato, ma dopo abbiamo fatto
il bagno. Poi è arrivata …oh
il cappello!- s’interruppe la bambina, correndo ad afferrare
il cappello di
paglia che si era dimenticata di restituire a Santana. Brittany ancora
non
capiva, ma la piccola glielo porse.
-E’
di Santana- le spiegò Rachel.
-Secondo
me le manca, dovresti riportarglielo – squittì
velocemente Valerie, accennando un sorrisino. Brittany
corrugò le sopracciglia,
mentre la piccolina sembrava quasi spingerla ad uscire dalla stanza in
quel
momento.
-Io
non penso sia una gran bella i…- tentò Rachel, ma
Valerie continuava a ripetere che Santana sicuramente si sarebbe
arrabbiata se
non glielo avesse reso, per cui alla fine Brittany si
ritrovò chiusa fuori
dalla stanza, con solo quel cappello tra le mani.
La
bionda sbuffò, per poi percorrere il corridoio, salire le
scale e cercare la stanza. Puck aveva detto 740, o almeno, quello era
ciò che
si ricordava. Arrivò di fronte alla porta, le sue idee
vacillavano ancora sul
da farsi, ma le sue nocche si scontrarono con essa tre volte.
Capì che era la
camera giusta appena sentì i grugniti di Dave, che poi si
ritrovò davanti.
-B-brittany-
balbettò, sorpreso di vederla lì. Lei tese le
labbra in una specie di sorriso, dopodiché il ragazzo le
lasciò libero il
passaggio, permettendole di visualizzare una Santana desolata,
rannicchiata sul
letto.
-Brittany!-
gridò vedendola, per poi sistemarsi il volto
ancora rigato da qualche goccia salata.
-Ti
ho riportato il cappello. Valerie ci teneva- mormorò la
bionda, che in quel momento si sentiva tanto Riccioli D’Oro
nella casetta degli
orsi, orsi che in quel momento la guardavano in un modo strano.
Respirò
profondamente, non notando nessuna reazione, poi posò il
copricapo su un
comodino.
-Ci
vediamo- mormorò, facendo per uscire dalla stanza, ma
Dave la bloccò.
-No,
vado io a fare un giro. Penso che voi due abbiate
qualcosa da dirvi- la trattenne. Brittany corrugò le
sopracciglia, poi lo vide
uscire, chiudendosi la porta alle spalle. Dopo qualche momento si
voltò nuovamente
verso la mora, come fosse in attesa.
-E’…-
cominciò Santana, alquanto impacciata
–E’ una bambina
bellissima…e adorabile.. -
Brittany
si limitò ad annuire, con un’espressione un
po’
assente e distaccata.
-E’
anche molto curiosa, sai è segno di
intelligenza…-
continuò, sistemandosi i capelli. Ancora Brittany
però non sembrava interessata
alla conversazione. Se ne stava in piedi, contro il muro, ad osservare
la
stanza, mentre ogni tanto il suo sguardo cadeva sulla mora. Santana a
quel
punto scosse la testa, rinunciandoci.
-Senti,
scusa…penso sia stato un errore..- bisbigliò,
grattandosi il capo nervosamente.
-Un
errore..- ripetè la bionda –Tu non sai per quanto
io
abbia pensato che Valerie fosse un errore- ringhiò quasi,
lasciando allibita l’altra.
– Doveva essere una sorpresa per te, ma tu non
c’eri più; io non sono mai stata
molto intelligente, per cui ero sicura di aver fatto una sciocchezza,
perché si
trattava di una vita, di mettere al mondo una bambina da sola. Come se
non
bastasse è nata il 29 di febbraio, capisci? Se avevo dei
dubbi, con ciò era
tutto più chiaro- pigolò mordendosi il labbro.
Santana aveva sgranato gli
occhi, trovandosi davanti una Brittany diversa, più matura,
più segnata dal
dolore. Dolore che lei aveva causato.
-Ma
quando è nata, quando l’ho stretta tra le mie
braccia,
ho capito che non era affatto un errore. Era la cosa più
bella che mi potesse
capitare.- sussurrò, legando le sue iridi chiare a quelle
profonde
dell’ispanica –Quindi sì, hai ragione.
L’errore è stato tuo- concluse. Detto
ciò la guardò ancora una volta, aprì
la porta e uscì, lasciando una Santana
intenta a metabolizzare quelle parole dure e affilate.
***
Scusate
ç__ç Non sapete quando mi dispiaccia, ma ho
praticamente abbandonato EFP. E sono dispiaciutissima sia di non aver
aggiornato che recensito, prima o poi recupererò. Ma giuro
che è un
periodaccio, tra scuola, patente e menate varie non ho un momento per
me; non
lo avrei nemmeno ora, ma rimando a domani lo studio intensivo di
italiano.
Inoltre,
più continua la season 3, più questa ff non ha
senso, ma facciamo finta di nulla u_u
Note:
-Valerie
e San sono coccolosissime, penso che potrei
scrivere monologhi e monologhi di Vals che parla in modo strambo,
perché anche
io parlo in modo strambo u_u
Ora
mi scusa ancora tanto e non so quando potrò aggiornare
di nuovo.
Besos,Miky
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