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“La Vita appartiene ai viventi, e chi
vive deve essere preparato ai cambiamenti.”
[Johann Von Goethe, Gli anni di
Pellegrinaggio di Wilhelm Meister]
Data Terrestre: 26 Marzo
2014
Nuovo Bifrost, Asgard.
L'arrivo di Thor
e Sif è annunciato dal rumore dei cavalli, lanciati al galoppo sul Ponte. Il
Guardiano li saluta chinando il capo e muove un passo in avanti, quasi a
sbarrare l'entrata al Bifrost: “Le Norne hanno richiesto la presenza del Re
solo, sono spiacente ma non posso farvi discendere le radici
dell'Yggdrasil."
"Non mi
stupisco, le Norne non hanno mai accettato sovranità al di fuori di quella di
Odino, tale è alta la considerazione che hanno del suo giudizio. Tuttavia, non
posso esimermi dall'esserne inquietato: sono passati millenni dall'ultima volta
che hanno chiesto udienza.” Heimdall fa spazio a Thor ed il principe varca la
porta “Come Erede di Asgard, non posso permettermi dall'essere escluso dal
conoscere il loro vaticinio."
"Ti prego,
Thor, non chiedemelo: ben sai l'obbedienza che porto al Re."
"Né ti
chiedo di venire a meno del tuo voto, Guardiano. Le Norne han richiesto la sola
presenza di Odino, corretto?" Tra il pavimento del Bifrost e l'incavo che
custodisce la Spada del Guardiano si è aperta una profonda fessura, in cui
scendono a perdita d'occhio ripidi gradini disegnati da fili argentati. Thor
osserva il Guardiano, che non può fare a meno che annuire: "Ebbene, non
hanno parlato di poter restare al limite ed ascoltare, vero?"
"Thor, questo
è..."
Con una mano
sulla sua possente spalla, Sif lo rassicura con un sorriso: "Un cavillo,
Heimdall"
Manhattan, New York City, Terra.
"Tesoro,
Tesoro, l'importante è che tu stia calma e respiri. Dentro, fuori. Dentro,
fuori, come ti hanno insegnato al corso. Ti ricordi il corso, vero? Quello dove
ti hanno fatto spegnere il cellulare e per poco non impazzivi, quello che mi
hai proibito di frequentare con te perché dimostravo poca empatia ed ero
irritante, quello a cui ti ha accompagnato Bruce, così che mezza stampa
scandalistica internazionale ha ipotizzato fosse lui il padre naturale di
nostro figlio e l'altra metà che tu fossi solo l'utero in affitto per me e
Bruce. Ti ricordi vero? Dentro, fuori. Inspira, Espira. Profondamente. Vieni
tesoro, prendiamo la Ferrari, sarà divertente raccontare al bambino che mi hai
rovinato gli interni di pelle perdendo le acque. Il ritorno lo faremo con un'altra
auto, se lo vuoi anche una limousine così imparerà subito che lo stile conta
tantissimo nella vita di uno Stark. Mettiti le cinture e respira. Inspira,
Espira, Inspira, Espira: come faccio io. Brava, continua così. Ti amo, lo sai?
E voglio che tu stia tranquilla, perché in fondo anche se Howie sta arrivando
in anticipo di qualche giorno andrà tutto bene, ed ho già avvisato l'ospedale –
il St.Luke - Roosvelt, come volevi tu amore – ed è già tutto pronto e avremo
una suite bellissima, che Howie deve imparare sin da subito che noi possiamo
permetterci tutto questo e che possiamo anche cambiare gli interni della
Ferrari, o cambiare direttamente la Ferrari. A proposito non ricordo se hai
deciso poi che regalo vuoi per la nascita del bambino, se il braccialetto di
Tiffany o gli orecchini di Cartier, ma se accetti il suggerimento, fossi in te
opterei per una Ferrari nuova perché questa ormai ha gli interni da buttare.
Come sei silenziosa amore, non ti lamenti neppure perché guido come un pazzo e
ho già bruciato tre semafori, meno male che sono le quattro di mattina e non
c'è traffico. È perché stai respirando vero? Brava. Dentro. Fuori. Inspira,
Espira. Facile, vero? Sono emozionato, mi domando a chi assomiglierà. Ieri sera
con Bruce facevamo varie ipotesi basate sui rispettivi patrimoni genetici, c'è
anche una piccola possibilità che venga fuori con i capelli rossi. Mi
piacerebbe sai? Una piccola birba con i capelli rossi come i tuoi e... Va bene,
a questo semaforo mi fermo. Tesor-" Voltandosi verso il sedile del
passeggero, Tony sbarra gli occhi, aggrotta la fronte e poi si gratta il
pizzetto confuso. "Tu non sei mia moglie. Credo."
Bruce, in
pigiama e occhiali storti, sospira: "È quello che sto cercando di dirti,
dal garage. Ma hai la pessima abitudine di non farmi parlare e-"
"Ma se tu
non sei mia moglie, ed io stavo accompagnando mia moglie, ora mia moglie
dov'è?"
Un’auto scura li
affianca e si ferma, il finestrino dell’autista scorre verso il basso: Happy
Hogan è sudato e ha le vene del collo ingrossate; urla qualcosa di molto simile
ad un Capochecazzofai, poi scende, apre la portiera del passeggero ed
aiuta Pepper.
"Amore,
Amore, scusami, mi sono confuso. E Bruce non diceva niente e..."
"Non mi
lasciavi parlare! Pepper non è colpa mia, credimi!"
"Lascia perdere,
lascia perdere. Portami solo all'ospedale, ne parliamo dopo."
"Capo, va
tutto bene, ho anche preso il seggiolino e la valigia ed il numero di telefono
di quella tata svedese con le gambe chilometriche che è venuta a fare il
colloquio la settimana scorsa."
"Amore,
siediti, calma, tesoro. Brava, mettiti le cinture. Questa è da raccontare ad
Howie, sono sicuro che riderà tantissimo, quando capirà qualcosa. Ora andiamo:
respiriamo insieme. Inspiriamo ed Espiriamo, Inspiriamo ed Espiriamo. Perché
Happy ci insegue facendoci segno di fermarci?"
"... La
valigia ed il seggiolino!" Geme Pepper cercando di trovare una posizione
più comoda. "Oh! Tony, mi si sono rotte le acque!"
"Tesoro,
eccomi. Ho recuperato tutto, tranne il numero della Tata Svedese, che mi sembrava
più utile ad Happy, in questo momento."
"Tu
dici?"
"Sì, dico.
Possiamo andare. E respirare. Andare e respirare, andare e... Pepper, perché
c'è un elicottero sopra di noi che ci illumina?"
"Beh,
ecco... le ragazze mi avevano detto di avvisarle, quando sarebbe venuto il
momento..."
"Quindi ora
siamo scortati dalla Contraerea di Pepper?"
Palazzo Reale, Limbo, Inferno.
Il
bagliore che proviene dalla Voragine è da mesi più intenso del solito.
"Non lo reputi un buon segno. È
così,
Amon?"
Appoggiato
alla balaustra, il Re del Sottomondo rivolge uno sguardo alla moglie che si
avvicina: "Non ti nascondo una certa inquietudine. Il fato del Limbo è
appeso al filo delle alleanze che si muovo nei Gironi. Senza il potere della
Gemma dell’Anima a garantirci protezione, non è più tempo di dormire sonni
tranquilli. Ancora non mi capacito di come Odino abbia potuto negare lo
scambio. Gli stavo porgendo l’anima della sua Regina, di sua moglie!” Accarezza
la guancia perfetta di Erszebet ed intreccia le dita con i suoi capelli: “Io
non avrei esitato un secondo, pur di riaverti.”
“Odino
è un Re stanco, che ha commesso troppi errori. Il suo timore è di compierne
altri ben più gravi. Non devi credere che questa decisione non sia stata dura:
ha privato i suoi figli della loro madre, e sé stesso della compagna, spalla e
sollievo della sua vecchiaia.”
“Ne
sei certa?” Erzebet annuisce ed Amon sospira, tornando a rivolgere lo sguardo
verso la Voragine: “Ad ogni modo, laggiù qualcosa si muove. Demoni d’alto rango
già tramano per coprire il trono che presto o tardi lascerò. Chi vincerà la
partita, si guadagnerà un diretto passaggio nell’Altra Dimensione, non posso
essere certo della continuità della protezione che fornisco al Mondo dei Vivi.”
“Perché
lasci il trono senza eredi.” La donna distoglie lo sguardo: "E questo solo
per colpa mia."
"Non
ti angustiare, sapevo a cosa andavo incontro sposandoti. E ad ogni modo, c’è
pur sempre mia cugina…”
"Addison?
Tu vedi davvero GreyRaven al tuo posto? Non ne è neppure interessata: piuttosto
che sedere sul trono del Limbo lo venderebbe al miglior pretendente tra i
demoni."
"Che
esagerazione! Prima o poi sarà costretta dagli eventi a scendere a patti con la
sua vera natura e lasciare il Mondo dei Vivi a favore di questo, è solo
questione di tempo."
"Ne
sei certo?"
"Per
quale altro motivo avrei riportato indietro anche il suo caotico amante, se non
per sconvolgerle la vita?” Porgendo il braccio alla sua sposa, Amon si
incammina verso l’interno del Palazzo: “Ci sarà utile, vedrai. In un modo o
nell'altro le azioni di Loki si ripercuoteranno su Addison. Il Caos ha un modo
tutto suo di azionare gli ingranaggi, eppure i denti si incastrano sempre alla
perfezione creando il moto perpetuo del Fato. Sono quasi certo che sarà
addirittura divertente."
I tre cuccioli
della lupa sono nati: piccoli salsicciotti grigi e ciechi, che succhiano avidi
il latte leccati amorevolmente dalla madre. Aveva guaito a lungo, nel suo
giaciglio vicina al focolare, in un modo che a Loki aveva fatto stringere lo
stomaco in una morsa d'angoscia per la sorte della sua compagna. Le era stato
per tutto il tempo accanto, accarezzandole la pelliccia e cercando di
tranquillizzarla. Poi i piccoli erano usciti, uno dopo l'altro e lei si era
messa a scodinzolare, stremata e felice, attendendo che i suoi piccoli si
addormentassero dopo la poppata per avvicinarsi e mangiare la carne che le ha
messo nella ciotola.
Seduto a gambe
incrociate, Loki svolge lentamente l'involucro di pelliccia in cui ha avvolto
il cuore del gigante e lo alza verso il fuoco per guardarlo meglio, come fa
continuamente da quando l'epidermide rossa della carne si è seccata ed
ispessita.
Quando lo tiene
tra le mani sente qualcosa muoversi dentro: Il cuore di Angrboda ora è
un uovo, e Loki non ne ha idea di cosa possa contenere.
Da quando l'ha
raccolto, quel pezzo di carne è stato un enigma indecifrabile. Non riusciva a
trovarne una utilità, eppure percepiva la magia comporre quelle cellule
sanguigne.
Poi, un mattino
bigio, era tornato nella grotta dopo aver passato una notte con Addison: aveva
addosso il suo profumo e sulle labbra il suo sapore, un capello castano
impigliato tra i lacci della casacca e l'animo diviso tra l’appagamento di aver
trascorso qualche ora con lei e la malinconia per essersi dovuto come sempre
allontanare.
C'era ancora il
suo calore sulle sue membra quando aveva preso il cuore in mano, deciso a
studiarlo nuovamente per distrarsi dal pensare troppo a cosa si era lasciato
alle spalle. La lupa l'aveva fissato incuriosita e lui aveva scherzato che
avrebbero pasteggiato, con quel cuore, che grosso com'era ce ne sarebbe stato
abbastanza per entrambi.
L'aveva
appoggiato alle labbra a mimare un boccone.
E la carne era
subito indurita.
Qualsiasi cosa
vi sia dentro, è viva e si muove. È qualcosa che uscirà a breve e gli terrà
compagnia come la Lupa ed i suoi cuccioli. Qualcosa di prezioso che sente già suo,
e che si tratti di un essere mostruoso o di chissà che altro a lui non importa.
Ha condiviso
quel segreto solo con la lupa, senza rivelarlo neppure ad Addison, che ha
continuato a vedere sporadicamente e che pure la sente legata alla creatura
dentro all'uovo. Gliene parlerà dopo, con calma, anche se è quasi certo che non
l'accetterà di buon grado come invece già fa lui.
Ne sarà
incuriosita? Arrabbiata? Spaventata? Al momento non importa, le preoccupazioni
di Loki sono concentrate sull’uovo.
"Credo che
manchi poco alla schiusa." Rivela alla lupa, che si bea delle sue
energiche grattate alla collottola: "Spero di capire subito di cosa si
nutre questo piccolo essere, mi spezzerebbe il cuore fargli patire la
fame."
Accarezza
l’uovo, incantato dall’energia che percepisce al suo interno. Il guscio è meno
spesso di prima, il movimento della creatura che contiene è minimo ma la sente
avvicinarsi alla superficie, sotto la sua mano, come se stesse ricevendo in
pieno una carezza.
Si è
addormentato con l'uovo accanto e spalanca gli occhi non appena lo sente
crepitare.
Riavvia il
focolare con un cenno della mano e fissa le piccole crepe aprirsi sul guscio.
Ha il cuore in gola quando si intensificano e si allargano, con le dita
tremanti cerca di aiutare la creatura che lotta per uscire e trattiene il
respiro quando una minuscola manina rosa agguanta il suo indice.
Il guscio si
apre finalmente a metà e la lupa si sveglia al piccolo pianto del neonato –
no, una neonata – che Loki si ritrova tra le mani.
Cinque dita per
mano e cinque per piede, bianca e rossa e grinzosa, sporca della membrana che
l’avvolgeva, con un ciuffo scomposto e bagnato di capelli nerissimi e la bocca
aperta nel suo vagito di saluto.
Loki ne è
completamente spiazzato: non riesce a capacitarsi di come sia possibile, eppure
la piccola è viva e reale, si calma quando trova la manina infilandosela in
bocca e apre gli occhi nel suo primo, vago sguardo al mondo.
Ha gli occhi verdi.
Sua figlia ha i
suoi occhi.
Città degli Eterni, Altipiano dello
Xanadu, Titano
"I primi
test sono andati a buon fine, mio Signore Mentore." Il Generale è uno
scricciolo in confronto al suo Sovrano. Fissa la poderosa schiena ammantata di
bronzo attendendo impazientemente un suo commento o un suo cenno.
Mentore continua
a contemplare in silenzio il groviglio di cavi elettrici e tubi idraulici al di
là dell'ampia vetrata, nella stanza oscura che è il Ventre artificiale in cui
la creatura è stata creata, coltivata, assemblata. Annuisce una volta e poi
domanda quando sarà ultimato. "Pochi mesi, cinque al massimo."
"È un
grande passo avanti per l'esistenza di tutto l'Universo, ne sei consapevole
vero?"
"Sì, mio
Signore. Un solo essere, un solo organismo, che sostituisce interi eserciti:
l’UltraSoldato."
"Un solo
essere, creato artificialmente, senza anima o coscienza propria ad indebolirlo.
Non solo un guerriero, ma anche un'infezione. Uno strumento di vendetta ora, di
conquista poi."
"Mio
Signore... non capisco..."
"La Nostra
Signora Morte mi ha parlato, esattamente come ha fatto con mio figlio Thanos.
Ella esige che l'onta arrecatale sia lavata: non una ma ben due anime sono
state sottratte alla sua schiera. Esige un tributo molto alto per questo torto,
e non intendo sottrarmi a questa sua richiesta che combacia con la mia:
vendetta per la morte di Thanos. Nessuno può distruggere un discepolo della
Morte impunemente. La Terra soccomberà, sotto i colpi del nostro
UltraSoldato."
"Sì, mio
Signore. Ai terrestri non resterà che perire."
"No:
servire la Morte, per l'eternità. Appronta il viaggio dell'UltraSoldato verso
la Terra."
"Non vi
impiegherà poco tempo."
"E allora
fallo rendere più veloce. La Morte ha sete e ha sete ora." Mentore volta
appena la testa, lo sguardo nero ad incontrare quello violaceo del Generale ed
un ghigno di eccitata impazienza: “Il Tempo degli eserciti è finito. L'Era di
Ultron è giunta."
Asgard, Radici dell'Yggdrasil.
Le Norne possono
solo essere intraviste, in mezzo alla ragnatela di fili argentati che riempiono
lo spazio, diramandosi dalle radici dell'Yggdrasil e attorcigliandosi ovunque
in un lento, continuo moto perpetuo: ad Odino non è dato avvicinarsi oltre che
all'ultimo dei gradini che hanno disegnato. Il loro aspetto è in continua
mutazione. Se mentre scendeva i gradini al Re era parso di intravedere tre
giovanissime fanciulle, ora tra i fili scorge ciocche rade e canute e visi
solcati da rughe profonde.
"Re
Odino."
"Sovrano di
Asgard."
"Padre
degli Dei."
Mentre salutano
nelle loro voci basse e roche, le rughe delle guance si appianano e i capelli
diventano prima grighi e poi si tingono di nero, gonfiandosi in boccoli che
ricadono sulle spalle nude e sui fili, quasi ad intrecciarsi nella tessitura,
prima di toccare terra sfiordano i piedi nudi.
"Son giunto
appena mi è stato riportata la vostra chiamata, vi ascolto."
L'eterno moto
dell'intreccio sembra rallentare, mentre le Norne parlano di nuovo.
"Secoli
prosperosi e secoli bui sono passati dall'ultima volta che vi abbiamo
chiamato."
"Rammentate,
Maestà, il nostro vaticino nel giorno della vostra incoronazione?"
"Da
nessun ventre nascerà un monarca a voi superiore."
Odino annuisce,
ricorda di come aveva recepito lieto quel presagio di grandezza, quando ancora
le guerre non avevano lasciato le cicatrici e non conosceva la stanchezza di
spirito di lutti e dispiaceri.
"Eppure
Maestà è accaduto."
"Proprio
oggi, nell'Universo."
Quello che
reggono e che si passano di mano in mano è un filo breve e sottile, che può
essere visto solo con il riflesso della luminescenza delle radici dell'albero:
"La sua vita è iniziata, senza che mai ventre l'abbia partorita."
E
finalmente ci siamo! Ho superato le mie solite paranoie e ho iniziato a
pubblicare. Spero solamente di non aver fatto una schifezza, di poter
'competere' (?) con i capitoli precedenti.
Sì,
questo è il capitolo conclusivo della Saga. Dopo di questo basta. Quindi
godetevelo - o sopportatelo.
Cercherò
di fare del mio meglio, sono un po' in ansia da prestazione come sempre.
Intanto,
approfitto per ringraziare chi mi ha seguita sino a questo punto, chi ha
commentato o solamente letto, chi è appena arrivata e chi ritornerà.
Incrocio
le dita che anche questa storia piaccia. Per qualsiasi commento, positivo o
critico purché costruttivo, io ci sono sempre.
PS:
Mentore è davvero, nell'universo Marvel, il padre di Thanos. Ma non sembra
particolarmente propenso a prendere le sue difese. Quanto ad Ultron... beh, non
conoscendolo molto, ho deciso che 'prendo in prestito' il suo nome e lo
sviluppo secondo la mia testa. (...ahia...). Praticamente, quello che ho fatto
con Malekith l'Inchiavabile.
Non sappiamo quali
saranno i giorni che cambieranno la nostra vita. Probabilmente è meglio così.
[L’Acchiappasogni, Stephen King]
Data
terrestre: 1°Maggio 2015.
"Hey,
ma questo è mio!" Natasha esce
dal mio armadio brandendo il bilanciere e per poco non inciampa nello scatolone
davanti alla porta: "Ecco dov'era andato a finire, l'ho cercato ovunque."
"Sciocchezze: non l'hai mai
usato. Appena ce l'hanno consegnato e hai visto che era - testuali parole - ‘Un coso per
fighette che fanno aerobica' l'hai abbandonato in corridoio. C'è stato un
anno, prima che decidessi di spostarlo. Rotolava ovunque!"
Natasha lo guarda di nuovo storcendo
la bocca: "Volevo provare ad usarlo come appendiabiti. Se lo si attacca al
muro con due supporti-"
"Non avrai ripreso a guardare i
programmi sul fai da te, vero?"
"Mi rilassano!
"Bambine, fate le brave!"
Si raccomanda Clint rientrando nell'appartamento: "In macchina c'è ancora
posto per un paio di scatole e forse anche per una valigia, se ci stringiamo
bene: il trespolo di Morrigan ha preso più posto del
previsto. Nat, ma quello non è il bilanciere che hai
cercato ovunque?"
Fermo con adesivo l'ultimo scatolone
e poi lo faccio scivolare verso di lui: "Manca solo questo. Chiudo la
valigia e sono a posto."
Una
parola: è stracolma di vestiti. Ci devo
saltar su di peso, con Natasha che mi aiuta a chiudere la zip imprecando.
“Ci siamo scordate fuori il tuo
album di ricordi.” Nota mentre riprende fiato indicando l'unico oggetto rimasto
sul pavimento.
Ah.
Dannazione.
Riaprire la valigia è catalogabile come suicidio: o mi
ammazzo nel rinculo dell'esplosione o lo fa Natasha, piuttosto che ritentare la
chiusura.
“Lo prenderò su a mano.”
“Aspetta, forse c’è una borsa lì
dentro.” Nat infila di nuovo la testa nell’armadio.
"No, niente borsa, ma c’è un'altra scatola, piccola."
Ah.
Ri-Dannazione.
"È verde?” Mi risponde
affermativamente: “Beh, puoi anche lasciarla lì."
Lei inarca un sopracciglio e attende
che il fischiettio di Clint sia abbastanza lontano prima di tentare di
sollevare il coperchio. Gliela strappo dalle mani. Mi rifila due pizzicotti
sulle guance e ne approfitta del mio dolore per riprendersela e aprirla.
Guarda l'interno ed esige una
spiegazione.
"Sono le cose di Loki" Borbotto sedendomi sul letto coperto dal cellophan. "Le avevo messe via nel caso tornasse,
prima o poi, ma direi che è passato abbastanza tempo da poter considerare la
faccenda archiviata."
"Però non l'hai ancora
buttata" alzo le spalle: "Forse dovresti tenerla. Per ricordare e non
cadere nello stesso errore. Tanto qui non c'è niente di che."
Vorrei farle notare l'importanza che
quel 'niente di che' ha ricoperto per
me. Piccole cazzate quotidiane: uno
spazzolino da denti che gli avevo fatto trovare in bagno perché - cavoli - neppure i semidei sono immuni
dalla pesantezza del fiato mattutino, una maglietta nera che aveva usato un
giorno - non l'ho mai lavata e ci deve essere su ancora il suo profumo - e
Dracula di Bram Stoker, che gliel'avevo visto in mano
in una delle sue ultime visite.
Tre
cose. Tutta la nostra relazione.
Non mi ha neppure detto 'basta' a
voce. Semplicemente è sparito e non si è fatto più vedere.
Codardo. Vigliacco. Stronzo.
Evidentemente mi sbagliavo, non
ricoprivo tutta questa grande importanza per lui.
Pazienza.
Sto per trasferirmi e avere un
appartamento tutto nuovo - un lussuoso
appartamento tutto nuovo - nel luogo più invidiabile della città. Aria di vita
nuova, e Loki dovesse ritornare non mi troverà più
qui: che si fotta il signorino.
Ma non mi devo dimenticare che è
stato lui a tagliare i ponti.
Stronzo.
Nella scatola c'è anche una
ricevuta: devo guardarla un paio di volte prima di ricordami che è del take away della nostra ultima cena insieme: Sushi di ottima qualità, gentilmente offerto dalla sottoscritta,
ovviamente. Ricordo i movimenti goffi delle bacchette tra le sue dita lunghe.
Di come guardava incuriosito come mischiavo il Wasabi
alla salsa di soia.
Ricordo le sue sue
labbra sottili incresparsi in una smorfia d'approvazione, mentre assaporava per
la prima volta un Uramaki California.
Richiudo la scatola per scacciare il
ricordo del suo bacio al sapore di soia: "Hai ragione, non devo
dimenticare che ho speso 200 Dollari per offrirgli una cena."
"Tu a lui? Che cafone! La
gravità di questa cosa fa decisamente passare in secondo piano quella faccenda
della tentata invasione. Decisamente, uno così è meglio perderlo che
trovarlo."
Clint rientra con lo StarkPhone in mano chiedendoci se siamo pronte:
"Ceniamo nella Lounge per festeggiare? Dato che
non c'è Thor potremmo farci portare del cibo messicano."
Annuiamo in accordo e poi Natasha mi
aiuta a portare fuori la valigia.
Guardo un'ultima volta la mia
camera, poi il mio corridoio e la mia sala: ormai l'appartamento è
completamente vuoto, a parte qualche mobile che non serve più.
"È la fine di un'epoca."
mormora Natasha.
La nebbia si è alzata ed il cielo è
meno plumbeo, da alcuni giorni le piogge si sono diradate e le nuvole lasciano
filtrare più luce. Fuori dall'imboccatura della grotta, Loki
si riempie i polmoni del profumo intenso del muschio e ne osserva il colore più
vivo.
Quindi
anche su Niflheim le stagioni si alternano.
Il cambio di stagione è stato
avvertito prima dalla lupa, risvegliandone l'istinto selvatico: con i cuccioli
ormai cresciuti ed impazienti di scoprire il mondo al di fuori della grotta,
reprimere il richiamo della natura era impossibile.
A Loki
dispiaceva che la sua prima compagna in quel regno nebbioso se ne andasse, ma
non aveva osato. Solo, le aveva accarezzato il lungo pelo lungo, grattandole
energicamente la collottola come lei adorava in segno di ringraziamento.
Poi, la lupa si era avvicinata
all'unico cucciolo senza pelliccia presente nella grotta: la bambina a cui
aveva fatto da balia, che si addormentava tra i suoi figli dopo aver condiviso
la poppata.
L'aveva annusata a lungo quasi come
se volesse imprimere nella memoria il suo odore, e così avevano fatto i suoi
cuccioli, solleticandola con i loro musi. Lei, Hela,
aveva riso come sempre, ma quando li aveva visti allontanarsi e risalire
l'entrata della grotta aveva capito ed era scoppiata a piangere.
Solo uno dei giovani lupi si era
fermato: Fenrir, che si accovacciava sempre vicino a
lei lasciando che la bambina si aggrappasse al suo pelo e che lo stringesse
mentre si addormentava, sembrava non riuscire a staccarsi.
Aveva guardato la madre ed i
fratelli allontanarsi e poi quella che considerava la sua sorellina senza pelo
e senza artigli e che tendeva le braccine piangendo e balbettando il suo nome,
divincolandosi tra le braccia del padre. Ed infine aveva fatto la sua scelta,
tornando nella grotta, venendo accolto dal piccolo abbraccio per sfregare il
muso sul pancino e farle tornare il sorriso.
La felicità della bambina era stata
quella di Loki.
Fuori dalla grotta non ci sono pentapalmi o altre fiere pericolose, Fenrir
tiene le orecchie dritte ma non sembra percepire nulla. Loki
sistema il cappuccio in testa ad Hela e le avvolge
meglio la mantellina attorno alle spalle, prima di prenderla in braccio ed
incamminarsi.
Non riesce a trattenerla per molto:
anche se cammina ancora abbastanza incerta sulle gambe è sempre in movimento,
sgambettando per scendere a terra. Si arrampica ovunque, allungandosi per
toccare e guardare qualsiasi cosa. Loki non ha
termini di paragone, ma è istintivamente sicuro che sua figlia sia
straordinariamente curiosa e sveglia. Le parla a lungo spiegandole tutto quello
che vede e tocca e lei contraccambia con sorrisi soddisfatti e gridolini
eccitati.
La luce degli ultimi giorni ha fatto
crescere nuove piante e fatto sbocciare nuovi frutti: conosce abbastanza bene
la botanica da poterne capire le varie utilità e la possibilità che siano
velenosi o commestibili.
Trova una bacca color ambra,
l'annusa e l'assaggia con la punta della lingua trovandola troppo dolce per
essere innocua – Infatti sente subito la punta delle dita intorpidirsi - Così
la mostra alla bambina, tenendola fuori dalla portata delle manine:
"Visto? Questa è velenosa, non va bene." Scuote la testa per
sottolineare il concetto e lei lo imita un po' goffa. "No. Esatto. No no. La buttiamo?" La piccola
annuisce e lui la lascia cadere a terra, sorridendo quando Hela
fa ciao ciao con la manina e schioccandole un bacio sulla fronte.
Ha trovato alcuni piccoli frutti
oblunghi e succosi: sono un po' amari ed Hela ha
storto il nasino quando li ha assaggiati, ma Loki
pensa di addolcirli mescolandoli alla resina delle felci appena sbocciate.
Sicuramente sulla collina, dove c'è più sole, ne troverà di più. Prendendo
sulle spalle la piccola sale il leggero pendio del bosco, mentre Fenrir si è lanciato all'inseguimento di un leprotto.
Sul crinale gli alberi sono meno
fitti e l'erba spazzata dal vento è meno alta: lascia libera Hela di camminare da sola- e ogni tanto di sbilanciarsi
all'indietro e cadere seduta – mentre trova le felci e le taglia con il
falcetto interrompendosi solo per impedire che la bambina assaggi la preda con
cui Fenrir è tornato - ecco, forse è il caso di
iniziare ad insegnarle anche le buone maniere a tavola.
Il cielo è decisamente meno grigio e
la temperatura più mite. Ad ovest, in lontananza, sembra quasi che un raggio di
sole abbia ferito le nuvole e sia riuscito ad arrivare a terra.
La
primavera è decisamente arrivata.Loki
cerca di reprimere il ricordo del significato che quella parola aveva ad Asgard, di giorni lunghi e tiepidi e giardini tempestati di
fiori colorati. L'estate di Midgard, poi, l'aveva intravista nei vestiti più leggeri di
Addison, quelli che si sfilavano così facilmente.
Il falcetto scivola dal gambo di una
felce e gli graffia il polso.
Una goccia di sangue spunta e lui si
guarda attorno alla ricerca del muschio grigio, quello con poteri curativi. Lo
trova e lo gratta via da un sasso per spargerlo sulla ferita.
Distrazione.
Il pensiero di Addison lo è sempre
ed è qualcosa che fa fatica a soffocare; soprattutto quando riconosce il suo
sorriso sulla piccola bocca di Hela.
La sua nascita è qualcosa che ancora
non è riuscito a spiegarsi: è sensazionale, magia pura, qualcosa di troppo
misterioso e complicato persino per lui, che manipola la magia alla perfezione.
La guarda ammonticchiare dei
sassolini parlottando, le guance morbide e paffute arrossate dal movimento ed
incorniciate dal cappuccio: Hela va ben oltre la
perfezione.
Le nuvole hanno soffocato il raggio
di sole all'orizzonte, ma un altro spiraglio si è aperto più vicino.
Il potere emostatico del muschio fa
smettere di sanguinare il taglio.
Anche il secondo raggio di sole
scompare.
E Loki si
ricorda improvvisamente che Niflheim è sempre stata
immune all'occhio di Heimdall a causa della coltre di
nubi, e che uno dei pochi testi che parlavano di quella terra recitava
precisamente 'Nulla filtra da Niflheim, e nulla filtra verso Niflheim'.
Un terzo raggio di sole.
"Hela..."
Un cono luminoso sulla valle. Si
apre e si chiude velocemente, come uno
occhio alla ricerca di qualcosa.
"Hela..."
Loki
si volta.
"Hela!"
Il cappuccio le è scivolato
all'indietro e le sottili ciocche ribelli sono libere di muoversi nell'aria; il
faccino rivolto verso l'alto e gli occhi spalancati di sorpresa nel fascio di
luce che scende dal cielo e la inonda.
Loki
scatta, l'afferra al volo ed inizia a correre a perdifiato giù dal pendio.
Il raggio di sole li ha inseguiti
sino al limitare del bosco, ma mano a mano che scendono la collina non riesce a
penetrare gli alberi che si infittiscono.
Nella corsa Loki
sdrucciola su delle piccole rocce e poi scivola tra l'erba bagnata cercando di
far scudo con il suo corpo alla bambina. Batte la schiena contro un tronco, si
graffia un braccio in un cespuglio di rovi, ma stringe i denti e si rimette in
piedi velocemente e riprende a correre.
Raggiungono la grotta con Hela che piange spaventata, mentre trafelato rafforza
l'incantesimo a protezione del loro appena entra anche il lupo che li segue.
Vede la luce farsi faticosamente
strada tra i rami e raggiungere le foglie a terra. Dietro di sé, con la bambina
aggrappata alla coda, Fenrir ringhia.
Il fascio di luce è abbastanza
lontano dall'imboccatura della grotta, ma Loki si
appiattisce comunque contro la parete stringendo Hela,
premendole le labbra sulla fronte, cercando di calmarla con il suo contatto e
con la sua voce: "Va tutto bene, piccina, va tutto bene. Non ci possono
trovare ora. Va tutto bene."
Lo ammetto: quando Natasha mi ha
detto che Clint le aveva proposto di vivere insieme - solo loro due da soli -
non l'ho immediatamente presa bene.
Certo, i presupposti c'erano tutti:
Clint era ormai perennemente a casa nostra - si faceva anche recapitare la
posta da noi - e al collo di Natasha non mancava mai il ciondolo a forma di
freccia che le aveva regalato a Natale.
E poi i signori Stark,
tra un pannolino e una poppata, ci hanno informato che il progetto 'AvengersLounge' era diventato 'AvengersFlats’: cinque lussuosi appartamenti - in aggiunta a
quello della Famiglia Stark - arredati secondo il
gusto impeccabile di Pepper ed il suo fantastico
budget illimitato.
"Cinque? E perché non
sei?" aveva chiesto ingenuamente il Capitano.
Ed io avevo abbozzato un sorrisetto
di circostanza e mandato giù l'idea che la coinquilina di Natasha - prima o poi
- non sarei più stata io.
Il prima o poi era arrivato fin troppo presto.
La sera dopo il trasloco di Nat mi sono ubriacata pesantemente in compagnia di Steve,
che data la sua immunità all'alcool è il peggior compagno di bevute possibile,
tanto che il mattino dopo mi ero risvegliata nel mio letto con le mutande
ancora addosso e Steve addormentato sul divano che - interpellato per una
spiegazione logica a fatti che non ricordavo - dichiarò che una sbronza così
triste non l'aveva mai vista addosso a nessuno: "E ti posso assicurare che
in tempo di guerra le sbronze tristi erano all'ordine del giorno."
Presentata all'appello della base in
condizioni pietose - struccata, spettinata, in ballerine e con le parti della
divisa decisamente scoordinate - la Hill mi prese da parte, retto la fronte
mentre vomitavo, dato un paio di aspirine e fatto un discorsetto sulla vita che
cambiava.
Piansi per un'ora seduta sul
gabinetto, finché Natasha non sfondò la porta e mi rifilò due sberle, che per
lei, in genere, equivalgono ad un gesto d’affetto.
E poi ho mantenuto la posizione. Mi
sono rifiutata di seguirli alla Tower, di prendere
possesso di quel bellissimo appartamento con la Jacuzzi nel bagno della camera,
l'armadio così spazioso da avere l'eco, la vetrata con vista infinita su
Manhattan e la Sala Cinema con una scelta di film infinita sullo stesso piano.
L'ho fatto principalmente perché
sono una deficiente.
Perché speravo che Loki si ripresentasse, di nuovo, e senza accorgermene mi
sono ritrovata a recitare la parte di Wendy che
aspetta Peter Pan alla finestra.
Che
cretina.
Ci ho ripreso un'altra sbronza
triste su. Beh, forse due.
Ma poi mi sono ripresa. Mi sono
fermata in tempo sulla soglia della Sbronza
Numero Tre, ho afferrato la cravatta del barista italiano del Phoenix Bar -
quello che conosce l'intimo significato della parola aperitivo - e me lo sono
portato a casa.
La Hill ha commentato l'episodio
definendolo come perfetto esempio di quanto l'assunzione di banane sia basilare
nelle diete femminile.
Due settimane fa ho detto BASTA
all'affitto e SI' al trasloco: Il Lair di GreyRaven è di fianco al Nestdei piccioncini.
Sì, è finita un'era.
E
col cavolo che mi volterò indietro a guardarla.
Loki
non ha chiuso gli occhi per tutta notte. È rimasto vigile e attento ad ogni
rumore a guardia dell'imboccatura della grotta.
Il focolare è spento ed Hela si è addormentata stremata dallo spavento e dal lungo
pianto, aggrappata a Fenrir. Le aggiusta la coperta
di pelliccia e le accarezza la testolina, la piccola mugola nel sonno e si
infila in bocca il pollice.
La stanno cercando, e chiunque sia è un
pericolo.
Loki
sa che la sua nascita non poteva passare inosservata, è il motivo per cui ha
deciso di nascondersi con lei: per attendere che crescesse e che fosse meno
indifesa, prima di reclamare il posto nel mondo che aveva di diritto.
L'inverno di Nifleheim
li aveva protetti, ma la primavera ha assottigliato le nuvole permettendo a chi
ne aveva il potere di cercare sul quel suolo. Sente l'angoscia incalzare i
battiti del cuore.
Se
ci prendono?
Se
ci separano?
Se
ci uccidono?
Se
LA uccidono?
Loki
stringe i pugni sino a far diventare le nocche bianche: non l'avrebbe mai permesso.
Ma come fare?
Dove andare?
Si fa largo l'idea di tornare su Midgard, presentare finalmente Hela
ad Addison spiegandole il motivo per cui è stato lontano da lei per così tanto
tempo e chiedendo la protezione dei Vendicatori per la bambina.
Non
potranno rifiutarsi di proteggere la figlia di GreyRaven.
Ma potevano rifiutarsi di aiutare
lui, e avrebbe dovuto lasciare la bambina nelle loro mani.
Separarsi
da Hela? MAI!
Sussulta quando vede Fenrir alzare di scatto la testa tendendo le orecchie e gli
occhi di ghiaccio fissi contro l'entrata della grotta, con un basso ringhio. Loki gli fa segno di tacere, cerca il suo pugnale, lo
sfodera e getta un'occhiata fuori: nessuno. Tende le orecchie, si appiattisce
contro la parete: ecco, forse sente un fruscio, come di passi cauti tra le
foglie. Ordina al lupo di star fermo al suo posto e non abbandonare Hela per nessun motivo.
I passi si avvicinano. Loki si accuccia ed esce a carponi, cercando di nascondersi
tra l'oscurità scivolando tra i tronchi degli alberi.
C'è qualcuno, ne percepisce la
vicinanza, ed è qualcuno che cammina su due piedi. Dal rumore del respiro e dei
rami che sposta stabilisce che è alto quanto lui, ma più pesante. E quindi meno
agile.
Loki
raccoglie il sasso che si ritrova tra le dita, e quando è abbastanza vicino
all'intruso lo lancia tra le fronde.
Percepisce il movimento dello
sconosciuto: si è voltato verso il rumore, dandogli le spalle. Scatta e lo
aggredisce alla schiena, il braccio attorno al collo per strangolarlo.
Lo sbalordimento dello sconosciuto
non dura che un istante: Gli blocca il polso armato e lo scaraventa a terra
colpendolo allo sterno con un pugno.
Loki
boccheggia ma non si dà per vinto, rotola su un fianco e lo calcia alla
caviglia per destabilizzarlo. Quando si piega lo colpisce al volto e poi tenta
di nuovo di pugnalarlo.
Viene ancora bloccato e gettato a
terra.
È
forte, molto più forte di quanto avesse calcolato.
Forte
quanto...
Lo sconosciuto alza la mano: il
fulmine che attraversa il cielo illumina il bosco.
"Thor?"
"Dosburritos de chilorio y tresquezadillias..."
"No, no: due quezadillias e tre burritos
-"
"PUM PUMPUMPUM!!"
"PUM PUMPUM!!"
Howie
ha voglia di giocare - manine infilate nei guanti dell'armatura di plastica di IronBoy - e ha trovato in Steve un perfetto compagno: finge
di cadere nell'imboscata e di finire a terra fritto - FFFFZZZZ! - e quando IronBoy gli salta addosso ululando per dargli il colpo di
grazia si riprende e lo fa impazzire di solletico. Per riuscire a comunicare al
telefono con il take away messicano devo tapparmi le
orecchie e appiattirmi dietro al bancone bar.
Ma
quanto casino può fare un essere così piccolo?
Sono costretta a sfilarmi una scarpa
e tirarla addosso a Steve per richiamare la sua attenzione e fargli segno di
smettere. Se ne esce dalla Lounge facendo fare
l'aeroplanino al piccolo casinista, gettandomi un'occhiataccia.
Me ne frego, mica sono io quella che
spacca i timpani alla gente al telefono: "Ricapitolando: Due quesadillas, tre burritos de chilorio, quattro porzioni di carne azadas,
due ensaladas di pollo e queso
e nove porzioni di chilli con carne, di cui quattro smodatamente piccanti. Ah, e per dolce..."
"HOWIE!"
Ah
cielo, smette il figlio ed inizia la madre?
Entra scortata da FerroVecchio con il piattino colorato del bambino:
"L'hai visto? Gli stavo dando la cena ma è sparito!"
Le indico il corridoio, le mimo il
saluto militare del Capitano, e lei ringrazia uscendo: "HOWIE! Ma perché
non ti ingozzi come un facocero come tutti gli altri? HOWIE!"
Inizio a pensare con malinconia alla
tranquillità del mio appartamento. Chissà se è già stato affittato?
"...E
per dulze, senorita?"
"Qualcosa di molto, molto,
molto calorico. Grazie."
Quando finalmente riesco a mettere
giù il telefono faccio la conta delle ordinazioni ed impreco ad alta voce. Pepper protesta, rientrando con figlio recalcitrante a
tracolla ed un FerroVecchio dall'aria depressa ed il
piattino ancora colmo in mano.
Sai
che roba... come se potesse capire quello che ho appena detto...
"Medda!"
Gioisce per l'appunto il piccolo lord mentre viene infilato nel seggiolone.
Seconda occhiataccia della serata,
stavolta da parte di Pepper. Ignoro anche questa:
"Non ho chiesto a Bruce cosa voleva per cena... E' ancora giù in
laboratorio? Forse faccio in tempo a fare un'aggiunta."
"Oh, è inutile, Bruce è ad
Austin sino a mercoledì: una conferenza di astrofisica molecolare ed ingegneria
aerospaziale a cui Tony non ha voluto partecipare perché 'tanto so già tutto'. Bruce era di diverso avviso."
"Oh. Austin.” Mi gratto la
testa con la biro con cui ho segnato le ordinazioni: “La stessa Austin che
compare negli stati di Facebook di Jane?"
Lei si concede una pausa
dall'imboccare Howie e mi guarda annuendo con l'aria
di chi la sa lunga: "Fanno schifo a nascondere certe cose, vero?"
"Già. "
Con un cenno Loki
riattizza il focolare nell'angolo e le fiamme riprendono ad illuminare
l'interno della grotta, permettendo a Thor di guardarsi attorno: è lunga e
piuttosto stretta, dalle pareti asciutte e lisce e il pavimento ricoperto in
gran parte da stuoie e pelli di animali: "Così questo è il tuo nascondiglio."
Il lupo in fondo alla grotta si è
destato ed abbozza un ringhio, che Loki placa con un
semplice gesto della mano prima di rivolgersi verso il fratello: "Cosa
vuoi?"
"Parlarti. Sei in grave
pericolo."
"Ma che novità!" ride a
bassa voce "Forse perché qualcuno
ha avuto la brillante - anzi lampante - idea di manifestare la propria presenza
con dei fulmini? Hai un bel fegato a parlarmi di pericolo, visto che ne sei la
causa!"
"Se sono qui è solo perché la
tua presenza era già nota in queste terre."
"Heimdall
non perde il vizio di farsi gli affari altrui, nevvero? E dunque? Sono in
esilio, rammenti? Posso stabilire la mia dimora dove più mi aggrada, al di
fuori dei confini di Asgard. Dove ho dunque violato
qualche imposizione?"
"Non è per dove sei, ma con chi sei che vieni cercato." Thor
viene colto di sorpresa e si ritrova con la schiena a terra: Loki lo blocca, una sottile e acuminata lama di ghiaccio
formata tra le sue dita gli sfiora la gola: "Allora torna indietro,
fratello, e avvisa tuo padre che da me non otterrà nulla."
"Loki..."
"Pa-pà?"
La bambina si è alzata in piedi, al
di là del lupo che continua a starle accanto come protezione e si stropiccia
gli occhi gonfi di sonno. Loki si sforza di abbozzare
un sorriso e lascia che la lama di ghiaccio si sciolga gocciolando sul viso del
fratello. "Va tutto bene, questo signore è venuto a trovarci ma se ne sta
andando, non è vero?"
Thor non sta prestando attenzione
alle sue parole, la fissa con la bocca aperta dalla sorpresa: "È questa la
creatura?"
"È una bambina, idiota." sibila Loki,
rifilandogli un colpo ai reni approfittando dell'attimo di distrazione della
piccola, prima di andare verso di lei. "Porta a mia figlia il rispetto che
conviene ad una Principessa."
"Non è mia intenzione farle del
male" Si affretta a spiegare, rialzandosi. "Dovevo venire qui ad
avvertirti: Sei stato a lungo cercato, a causa di una profezia delle Norne.”
"Le Norne hanno parlato di mia
figlia? Cosa hanno detto?"
"Le loro parole hanno turbato
profondamente Odino, tanto che ha ordinato ad Heimdall
di cercarvi: Non siamo i soli a farlo. Così come le Norne sono le profete di Asgard, veggenti
d'ogni mondo hanno emesso lo stesso vaticinio: Parlano di un regno sopra gli
altri regni, di una sovranità a cui tutti i Re dovranno inginocchiarsi. Heimdall oggi era sicuro di averla trovata. Non l'ho
sentito parlare di tua figlia, a dire il vero, ma l'ho sentito indicare Niflheim... e te. Non pensavo di trovarvi una
bambina…"
"Cosa pensavi che fosse? Un
mostro con... con due teste e corna? Uno Jotun?"
"No, no" si affretta a
negare Thor. "Non mi aspettavo che... che la considerassi tua figlia,
ecco."
"Lo è."
"Posso guardarla?"
Hela,
in braccio a Loki, sembra piuttosto riluttante a fare
una nuova conoscenza, nascondendo il viso contro petto del padre. "Non ha
mai visto nessun'altro al di fuori di me." Spiega Loki:
"Hela, questo è..."
Lo guarda avvicinarsi cauto e sorriderle, accarezzarle una manina e poi una
guancia morbida. "Questo è tuo zio."
"È un onore e una gioia fare la
tua conoscenza. Sei bellissima, sai?" Allunga le mani per prenderla in
braccio e Loki glielo lascia fare. Anche la bambina
sembra meno infastidita: "E assomigli a… com’è possibile? Assomiglia a GreyRaven. Come può?"
"È sua madre, infatti."
"Ma come? Son certo che lei
non..."
"Hela
non è nata da un ventre materno."
"E da cosa, allora, un uovo?
Oh, suvvia Loki, non scherzare...!"
"..."
"Beh..."
"..."
"D'accordo. Una questione per
volta, è meglio. Posso prenderla in braccio? Madre la adorerebbe! Sarebbe così
lieta di avere finalmente una nipote..."
"Pensavo che a quest'ora avessi
già regalato un nuovo principe ad Asgard."
Thor palleggia Hela
e si bea del suo sorriso coprendola di moine e complimenti. "No, non
ancora. Io e Sif non -"
Loki
sgrana gli occhi: "Tu e CHI?"
"L'intervento di Higgs durante il congresso valeva tutta la
partecipazione." asserisce Jane lasciandosi cadere sul materasso. Si sfila
le ballerine sfregando i piedi e le lancia dall'altro lato della stanza.
Appoggiandosi al bordo del cassettone, Bruce si allenta la cravatta: "In
compenso, Selvig è stato meno brillante del
solito."
"Hai ragione. Lo vedo un po'
stanco ultimamente, credo che tra un po' sparirà per la sua solita vacanza
greca."
"Lasciando tutto il lavoro alla
neo vice Direttrice?"
Arrossendo Jane fa un gesto di
noncuranza con la mano: "Non c'è ancora nulla di ufficiale, è solo una tua
supposizione!"
"Una mia supposizione?"
Bruce la raggiunge sul letto e si sdraia su un fianco: "Selvig è stato appena nominato direttore del nuovo
Osservatorio di Ricerca e Controllo di Nevada Field, chi altri può nominare
come sua Vice se non te? Lo meriti più di chiunque altro!"
"Finché non vedrò nulla di
scritto resterà una supposizione. E non festeggerò."
"Oh, davvero?" Le labbra
di Bruce scivolano dalla sua fronte all'orecchio e poi sul collo, la mano
sinistra risale una gamba e sfiora l'orlo della gonna scura: "E allora che
ci faccio qui?"
"A… a festeggiare l’intervento
di Higgs." Lo aiuta a sfilarsi la giacca e la
cravatta - come al solito si impiglia al naso - e gli sbottona la camicia
mentre lui si interessa a trovare l'elastico dei collant sotto alla gonna
scura.
"L'orologio!"
"Cosa?"
"L'orologio... stai attento...
sono le uniche calze che mi sono portata..."
Bruce fa scattare la chiusura del
cinturino e lo abbandona sul comodino senza curarsene troppo: "Scusa"
Mormora prima di riprendere il lavoro e farsi perdonare.
Com'è stare con Bruce?
Appagante.
La sintonia non è solo fisica - che
di fisico inizialmente non c'era proprio nulla - ma soprattutto mentale. Hanno
gli stessi ritmi folli, gli stessi bisogni. Si espongono a vicenda i propri
risultati, ne parlano e si comprendono l'uno con l'altro.
La conversazione tra di loro non
langue mai - Darcy ha da ridire a proposito, sostiene
che parlino troppo per essere due che
condividono una tresca pressoché segreta - ha aiutato entrambi ad aprirsi, a
Bruce fare il primo passo e a lasciare andare le reticenze che la sua
situazione gli ha imposto.
Bruce ha fame di un contatto fisico,
lei di quello mentale: si completano a vicenda, perfettamente compatibili.
E allora perché Jane alterna la
soddisfazione di essergli accanto con il senso di colpa?
"Thor
è ancora innamorato di te." Darcy
ne è sicura. "E tu non te lo sei
ancora tolto dalla testa. E ci credo, con quei muscoli!"
Thor ha detto basta al tira -e-molla dell'ultimo anno. Non ha
capito dell'altro, ma percepiva la
distanza nei suoi gesti e nei suoi sguardi. Gli ha spezzato il cuore – lei così
minuta ha fatto soffrire un colosso come lui – e secondo Darcy
il fidanzamento con Lady Sif ne è la prova.
"È
stato troppo presto. Sta cercando di farti ingelosire."
Forse ci sta riuscendo, è una cosa
che Jane non riesce ad impedire alla sua testa di pensarci.
Bruce non ha l'ardore di Thor, non
le fa perdere completamente la testa. È dolce e deciso ma ha sempre il
controllo della situazione: Prima di toglierle l'ultimo indumento si ferma,
trova la scatola di profilattici nel comodino, e poi prosegue.
Thor non ne comprendeva la
necessità: dava per scontato che avrebbero avuto un figlio, per lui e la sua
mentalità era assurdo evitarlo.
Bruce
è la ragione, Thor la passione.
Jane ha preso una decisione e non
intende tornare indietro.
Thor si è presentato sulla terrazza
- Quattro saette, due tuoni ben assestati ed il solito cono di luce colorata -
mentre Steve faceva la scarpetta alla sua porzione di Chili extra piccante:
quando lo vede entrare attira gelosamente il piatto verso di sé.
Ha l'aria un po' stanca e
pensierosa, ma non indossa l'armatura ed il Mjolnir
pende tranquillamente dalla cintura: buon segno, nessuno casino all'orizzonte.
"Giungo troppo tardi per
banchettare con voi?"
"Ma certo! Anzi, scusaci..... non sapevamo che saresti
venuto, e così abbiamo già cenato..."
Si giustifica Pepper,
mentre Tony punta il dito imitato da Howie: "Hey, Thor-minator,
ricordati la regola: niente brutte
notizie durante la cena."
Thor allarga le braccia e ci
assicura con un sorriso delle sue intenzioni amichevoli, poi prende una sedia e
si siede tra me e Steve, che sposta di nuovo il suo piatto con l'ultimo,
prezioso boccone di chili. "Non v’è problema alcuno, Lady Pepper, anzi, ho già desinato. Desideravo soltanto una
passeggiata." Mi guarda e ammicca sorridendo, prima di rubarmi la
bottiglia di birra e tracannarla. "E una cervogia chiara in
compagnia."
E
un po' di respiro dalla fidanzata assillante, magari.
Dall'occhiata che ci scambiamo io e Natasha, dall'altro lato del tavolo,
intuisco che la pensiamo allo stesso modo.
Thor si guarda attorno: "Non
vedo Banner. Non lo avrete mica esiliato, spero!" Scherza, poi si fa serio
e si rivolge a Pepper: "Spero che Jane stia
bene, hai avuto più sue notizie?"
Lei improvvisamente decide di dover
lavare i piatti, Natasha la vuole assolutamenteaiutare, io ho ancora tanto queso nel piatto e Clint si
infila gli occhiali da sole. Tony fissa Steve con l'aria da chi ha appena avuto
una rivelazione; il Capitano pare aver finalmente colto un riferimento e dallo
sbigottimento lascia sguarnito il chili.
Con la sua velocità ultraterrena,
Thor agguanta l'ultimo boccone e se lo lancia in bocca.
Il nubifragio dura sette ore.
Quando Odino entra negli
appartamenti Reali è solo, eppure Sif capisce le sue
intenzioni dalla cadenza dei suoi passi. Si alza dalla sedia di scatto e si
volta e quando il Re varca la porta d’entrata, chinandosi in ginocchio:
"Maestà, io…”
"Tu e Thor credevate davvero di
poter aprire un portale ed eludere la sorveglianza di Heimdall?
Non fai ancora parte di questa famiglia e già la tradisci. Pensavo di aver già
cresciuto una serpe, ma a quanto pare la sto anche acquisendo come nuora!” Sif è atterrita e non sa cosa rispondere, Odino cammina
avanti ed indietro, la mano su Gugnir a scandire i
suoi passi e a trattenere la sua ira: “Quando Thor mi disse che aveva scelto te
per sposa ne fui lieto. Ti ho aperto le porte degli appartamenti della Regina,
quando ancora non avresti diritto di abitarli. È questo il tuo ringraziamento?”
Scuotendo la testa, Sif domanda perdono: “Thor temeva che steste per commettere
un grave errore, mio Re.”
“Parla.”
“Io non posso…”
“PARLA!”
“Con o senza il mio aiuto sarebbe
andato sino in fondo. Giudicava la profezia delle Norne incomprensibile, diceva
che non era giusto dare la caccia Loki come un
animale senza avere la certezza che la creatura in sua compagnia potesse essere
pericolosa per i Nove Regni.”
“E per veder ritornata la tua
devozione ed il tuo amore vai palesemente contro al volere del Padre degli Dei?
Donna stolta, non sarai mai all’altezza della Regina di cui usurpi le
stanze.”
Sif
alza lo sguardo da terra e lo punta dritto sul viso di Odino: “Ed invece agisco
secondo il pensiero di Frigga, Maestà: Lei direbbe che le parole delle Norne
non sono chiare. E che quella 'creatura' non
è che una bambina innocente.”
"Già una volta salvai ciò che
credevo innocente." Odino improvvisamente è molto stanco: distoglie lo
sguardo, le dà le spalle e si allontana: "Sei agli arresti, Sif. E dato che ammiri tanto chi ha vissuto in questo luogo
e ti ritieni da lei ispirata, non potrai lasciare queste stanze. Quando Thor
farà ritorno dalla sua visita,
troverà posto nelle prigioni.”
Negli ultimi giorni Loki è diventato più cauto: Niflheim
non è più la dimora sicura in cui nascondersi, è diventato un campo minato ed
ovunque avverte pericolo. Ha tolto le esche e le trappole per animali che aveva
nascosto nei boschi vicino alla grotta per non lasciare tracce e caccia al
crepuscolo o all'alba con una lancia. Non potendo permettersi il rischio di
allontanarsi troppo il bottino è misero e raccoglie troppi pochi frutti: Hela ha iniziato a succhiarsi il dito con più vigore anche
da sveglia e sul visetto smunto gli occhi verdi sono diventati più grandi.
Decide che devono muoversi, e alla
svelta; per scegliere la direzione si arrampica su uno dei sempreverdi più alti
della foresta per guardarsi attorno: a nord le nubi sembrano ancora abbastanza
dense e le montagne sono più alte. Risalendo il corso del torrente potranno
comunque essere coperti dai boschi per un bel tratto di strada. Sarà un viaggio
abbastanza lungo e sicuramente non privo di inside, ma non ha altra scelta.
Anche perché a Sud, in lontananza,
si alza il sottile filo di fumo di un fuoco.
Bene,
ok, qui stiamo entrando nel vivo della vicenda. E siccome siamo per ‘Un casino
per volta’ prima risolviamo questa faccenda della piccola Hela.
Due
piccole note: il ‘pancino delicato’ di Thor, intollerante ai cibi piccanti, è
anticipato qui,
nella racconta di 50Shades of Grey(Raven).
Nevada
Field è un posto, segnato su Google Maps, che esiste
davvero, nel bel mezzo del deserto del Nevada. Non mi risulta che ci siano basi
militari o di ricerca. Ma magari sì, sono solo secretate dallo SHIELD…
Sì,
lo so che l’idea di tutti i Vendicatori che vivono sotto lo stesso tempo fa
pensare ad un Ostello della Gioventù con occupanti abusivi, ma vedetela così:
Tony ha a sua disposizione il controllo sui Vendicatori, la compagnia di Bruce,
ed una fornitura di babysitter infinita.
Oltre
che una notevole sicurezza per la sua famiglia. Insomma, il suo è un
investimento.
Quanto
a Loki ed Hela… l’unica
cosa che osso fare è scuoricinare, al pensiero di lui
papà single che si occupa della figlia in giro per Niflheim!
Mi
pare di aver detto tutto. Nel caso abbiate curiosità, o semplicemente per fare
quattro chiacchiere, c’è il mio ask.
Concludo
ringraziandovi per la meravigliosa accoglienza che ha avuto il Prologo. Siete
preziose. Bellissime e preziose. Non so come ringraziarvi.
Non
c'è fuoco né gelo tale da sfidare ciò che un uomo può accumulare nel proprio
cuore.
[Il
Grande Gatsby, Francis Scott Fitzgerald]
Si assicura la bambina sulla schiena e poi la copre con il
mantello. È riuscito a farla mangiare a sazietà e già la testolina ciondola
dalla sonno: riuscirà a spostarsi più velocemente se dorme tranquilla. Si
raccomanda a Fenrir di non lasciare mai il loro fianco neppure per un leprotto
succulento finché non gli darà il suo benestare. Raccoglie la lancia ed una
sacca con poco altro, getta un ultimo sguardo a quella che è stata una
confortevole e sicura tana ed esce.
Cammina sino al crepuscolo, ormai sono lontani quando Hela si
sveglia ed inizia a piagnucolare che vuole scendere. Loki per un po’ le parla
per farla desistere, le racconta qualche storiella che ricorda dalla sua
infanzia, ma la bambina ha ereditato la cocciutaggine di entrambi i genitori ed
inizia a scalciare e a piagnucolare più forte: "Su, smettila." Tra
gli alberi scende la sera e nel silenzio l'eco del piagnisteo è chiaro.
"Ti ho detto di SMETTERLA!" È costretto a fermarsi e a
farla scendere: "Ti ho detto di smetterla di piangere!" La sgrida
spazientito mollandola a terra su un mucchio di foglie. Il labbro inferiore di
Hela inizia a tremare e gli occhi le si riempiono di lacrime. "No. No.
Niente capricci. Non accetto che t-" Hela si copre gli occhi con le
manine. Non piange: Sta ferma con gli occhi chiusi ed il broncio. I suoi non
sono capricci: è spaventata, lontana da casa, non comprende perché suo padre
improvvisamente sia così irato e probabilmente le è anche tornata la fame. Loki
si china ad arrivare al suo livello e la raccoglie tra le sue braccia,
sedendosi a gambe incrociate con lei in grembo. La culla per tranquillizzarla e
quando lei scioglie appena il broncio batte la manina sulla sua.
Loki sorride, aprendo la mano: sul palmo steso si formano due
piccole sfere di luce azzurra, che danzano l'una accanto all'altra formando due
piccole spirali che siintrecciano. Hela
le guarda per qualche minuto, un piccolo sorriso, prima di abbandonarsi contro
il petto di suo padre e addormentarsi.
“Sai
cos’è che mi infastidisce di più?” Raggomitolata tra il cornicione ed il muro,
una ventosa a tenermi appesa a centosette piani da terra, mi sto prendendo in
pieno l’anticipo monsonico che sferza Giacarta da ormai sei giorni.
Resosi
invisibile con la tuta mimetica scura OcchioDiFalco sogghigna sul tetto del
grattacielo di fronte e non stacca il visore notturno dalla finestra sotto cui
sono accovacciata. “Il sacco nero in cui
sei avvolta a testa in giù? Sembri la figlia un pipistrello.”
“Sei
un amore, come tuo solito. Immagino che Natasha adori questo tipo di
carinerie.”
“Mi spezzerebbe l’osso del
collo se facessi questo paragone. Attenta!” Mi appiattisco contro il muro ed inizio a
togliermi dal bozzolo, il tutto sperando che la ventosa regga.“La
riunione è finita. Si stanno salutando. GreyRaven, pronta a muoverti tra dieci
secondi.”
“Che
quando finiremo qui e torneremo a casa avrò ancora i miei scatoloni da
disfare.” Borbotto. “Ecco cosa mi dà più fastidio.”
“Fuori tra tre… due… “inizio a dondolarmi avanti
ed indietro per prendere slancio. “Uno…
VAI!”
Mi
isso sul cornicione velocemente. Estraggo due grossi spilli dalla tasca della
tuta e li infilo negli angoli del vetro. Un piccolo brusio e il campo
elettromagnetico che protegge la finestra si disattiva. “Ricordami di portare
un dolcetto a Fitz: se lo merita.” Faccio scorrere la finestra verso l’alto ed
entro, richiudendola subito dopo.
“Il posto a destra dello
schermo al plasma.” Indica Clint all’auricolare. Agguanto il bicchiere usato e lo
passo nel mio portacipria scanner, poi lo rimetto a posto e sono costretta a
nascondermi sotto al tavolo per evitare l’assistente entrata improvvisamente a
rassettare tutto.
Invio
i dati: nell’arco di dieci secondi saranno elaborati e processati alla base,
finendo stampati sul guanto di lattice che uno dei miei colleghi indosserà per
avere accesso al Caveau della società che teniamo sotto controllo.
Ottimo.
“Fase Uno completata.
Lascio la mia postazione e scendo.”
Bene.
Appena
accenno a muovermi da sotto il tavolo, mi trovo davanti la canna di una
pistola.
Fase Due iniziata.
Un
cazzotto sull’orecchio e parte anche il silenzio radio.
Hanno
passato la notte piovosa tra le radici secche di un grosso albero, ma Loki non
ha chiuso occhio neppure un attimo, con Hela addormentata in grembo e Fenrir
che si è concesso una piccola battuta di caccia andata a segno.
Alle
prime luci dell’alba si è riassicurato di nuovo la bambina sulla schiena – che
ha protestato mugolando nel dormiveglia – e si sono rimessi in cammino.
Le
montagne non sono poi così lontane. Loki inizia a sentirsi stanco e logorato
dalla preoccupazione – quando si fermano deve usare molta magia per gli
incantesimi protettivi e per cancellare le tracce -il cibo in quella zona scarseggia e non
possono permettersi di accendere un fuoco né di impegnarsi nella caccia, ma si
sforza di proseguire aggrappandosi alla lancia per farsi più forza.
Si
nutre di radici amare e quando vede quella che sembra una grossa capra
selvatica tra i cespugli riesce ad fermarla, ipnotizzandola il tempo necessario
per arrivare a mungerla per dare ad Hela un po' del latte.
Mentre
Fenrir la tiene occupata giocando con lei, si arrampica di nuovo su un albero
per controllare: le montagne a nord si stanno avvicinando, ma i fuochi a sud si
sono moltiplicati. E un filo di fumo ora si alza anche da est.
Non c’è tempo da perdere.
Torna
a terra e recupera la bambina non curandosi della sua lagna. Vorrebbe camminare
anche dopo il crepuscolo, poi si rende conto che il rischio di imbattersi in un
qualche predatore notturno è troppo alto, perché non riesce a proseguire alla
cieca – ha notato che Hela schiva tutti gli ostacoli al buio, probabilmente ha
ereditato il potere di sua madre -e
deve comunque riposarsi, che in caso di attacco deve essere in grado di
difendersi.
Guarda
Hela mordicchiare una delle radici accompagnandole da smorfie di disgusto: la
fame sembra aver preso il sopravvento, perché continua a masticare comunque
senza lamentarsi ulteriormente. Che fosse una bambina sveglia già lo sapeva, ma
la considerazione che abbia già capito in che razza di situazione siano lo
colpisce come uno schiaffo.
Le
accarezza la testina per coccolarla e si sforza di vezzeggiarla con qualche
complimento: "Avremo una nuova casa, più bella e sicura. Manca poco."
Ma
si rende conto che sta solo cercando di convincere sé stesso.
Gli
appartamenti della Regina non sono mai stati toccati dalla morte di Frigga.
Suppellettili, arredi, tendaggi son sempre gli stessi, e se Sif osasse aprire
bauli e armadi ne è certa che troverebbe le sete e i broccati dei suoi vestiti.
A volte, quando la brezza serale entra dalla loggia aperta facendo alzare le
tende a Sif sembra quasi di intravedere la sua sagoma ritta e fiera vicina alla
balaustra. Sono i suoi appartamenti da che il fidanzamento con Thor è stato
annunciato, Odino glieli ha concessi per ambientarsi al Palazzo e ai suoi agi:
Sif preferirebbe piuttosto vivere nelle stalle e dormire su un pagliericcio,
piuttosto che sola in quell’alcova. La differenza tra l’essere amica di Thor e
sua futura sposa sono solo un pugno di baci tiepidi; l’affetto, la confidenza e
la complicità gli stessi dei compagni d’arme.
A
volte Sif pensa che il titolo di ‘Principessa’ con cui qualcuno già la fregia
sia quasi di scherno, e ringrazia mentalmente l’esilio di Loki che gli
impedisce di sbeffeggiarla ulteriormente con battute taglienti.
Jane
Foster non era stata particolarmente amata dal popolo, ma lo era stata
abbondantemente – e, Sif ne è certa, deve esserlo tutt'ora – da Thor, che
faceva tutto fuorché mitigare quel sentimento e quella relazione: non lasciava
il suo fianco nelle situazioni ufficiali né in quelle quotidiane, pieni di
sorrisi radiosi e di gesti premurosi. Il cuore di Sif aveva subito un duro
colpo quando li aveva visti percorrere insieme i corridoi che portavano alle
camere di Thor. Mai quanto, però, non venire mai accompagnata da lui negli
appartamenti reali.
“Che
cosa hai fatto Sif?” La devozione a Thor le aveva ottenebrato la mente già una
volta, inducendola alla disobbedienza e al tradimento come la più plagiabile
delle fanciulle. Non ne aveva provato rimorso allora, quando era scesa su
Midgard a cercare il compagno che amava più di un amico e che era stato
bandito, non ne prova rimorso ora che ha aiutato il suo futuro sposo in
un’impresa che faticava a giudicare giusta. Eppure non riesce a riconciliarsi
con il suo orgoglio ferito: se Thor ha chiesto il suo aiuto è solo perché certo
che il suo amore avrebbe fatto di tutto pur di essere ricambiato, pur di
spodestare dal suo cuore il fantasma di quella minuta midgardiana. Si è
lasciata vincere dal sentimento, da quella fragilità che ha sempre detestato
nelle altre donne.
Con
un moto di stizza, Sif rifila un calcio al piede del mobile più vicino: la
brocca sul ripiano cade e l’acqua scivola lungo il legno scuro sino ad inondare
un cofanetto di madreperla che non si è mai azzardata ad aprire. Lo solleva per
salvarlo dall’acqua, ma il piccolo scrigno le sfugge dalle dita e si apre
rovesciando a terra la cascata di perle bianche appartenute a Frigga. Quando
cerca di raccoglierle scivolano tra le sue dita, seguitando a rotolare sul
pavimento di marmo. Si blocca quando si accorge che non sembrano rimbalzare
impazzite ma si muovono tutte quante, ordinatamente, in una direzione: la
parete dietro l’alcova.
Le
perle si accostano lungo l’orlo dell’arazzo che la ricopre, come a formare una
lunga collana stesa in terra. Cauta, Sif si avvicina e quando si china a
sfiorarle si blocca nuovamente: c’è un alito di vento, uno spiffero che
proviene dall’arazzo e solleva appena le frange del bordo. Invece di
raccogliere le perle Sif alza l'arazzo, e scopre il passaggio che si apre
sotto.
Prima
di muovere un passo Sif getta uno sguardo alle sue spalle, verso la loggia
aperta: tra le tende sottili vede chiaramente un'ombra; l'elegante sagoma di
Frigga che contempla l’orizzonte dalla balaustra.
Alla
fine del terzo giorno di marcia si è reso conto di non aver spiaccicato parola.
Non ha parlato ad Hela come è solito fare e l’ha addirittura zittita seccamente
un paio di volte quando la sentiva piagnucolare o scalciare. Fenrir lo fissa in
attesa di istruzioni, di una carezza o di un grazie. Gli strofina il muso
distrattamente e lui infine crolla al suo fianco.
Loki
si rende conto che non mangia da più di un giorno e che il paesaggio sta
diventando brullo e spoglio: prima di arrivare alle montagne dovranno
attraversare un’ampia radura.
Saranno
scoperti.
Dovranno
essere veloci e preparati al peggio.
Dopo
qualche ora di riposo e qualche parca pietanza recuperata fortuitamente, Loki
riesce a riprendere energie sufficienti per utilizzare la magia. Scinde il suo
corpo in molteplici copie che iniziano a percorrere velocemente la radura
circondandolo. Ha il cuore in gola e fa attenzione ad ogni piccolo rumore.
Fenrir
è più lontano e segue una sua illusione. Ha le orecchie tese e sembra molto
nervoso, fiutando l'aria più volte.
Quando
ormai il bosco è prossimo un sibilo veloce attraversa l'aria ed una palla di
fuoco colpisce il limitare degli alberi.
Gli
è passata vicinissimo, ha falciato alcune sue proiezioni e lo spavento gli ha
fatto perdere il controllo delle altre, che si sciolgono.
Richiama
Fenrir ed inizia a correre il più velocemente possibile.
Altre
palle infuocate seguono la prima, per schivarle Loki è costretto a correre a
zigzag tra i sassi della radura faticando per non inciampare e cadere, ma deve
girarsi più volte per controllare i suoi assalitori: Figli di Muspel, giganti di fuoco. Re Surtur è stato il più celere
nel mandare le sue milizie a cercarli.
Raggiunge
il limitare degli gli alberi, i sibili e gli schiocchi delle palle infuocate
non smettono di sfiorarlo. Salta radici e schiva i primi alberi in fiamme,
cercando disperatamente con lo sguardo una via di fuga riparata.
Quando
è certo di essere riuscito a mettere un po' di distanza tra sé ed i suoi
inseguitori si volta: la foresta sta prendendo fuoco velocemente e si sta
trasformando in una trappola mortale di fumo e fiamme.
Non
può fuggire, deve affrontarli.
Non
ha altra scelta, per spegnere le fiamme velocemente dovrà usare quel potere.
Fa
scendere Hela dalla schiena e le calca bene il cappuccio in testa.
Non vuole che lo veda
trasformarsi in un mostro.
È
qualcosa dentro di sé. Un freddo ancestrale e radicato, un pezzo di ghiaccio
tra il cuore e lo sterno. Le mani di Loki si striano sfumando nel blu quando lo
richiama.
Poi
allarga le braccia e lo fa uscire tutto d'un colpo: Il vortice gelato riempie
l'aria ed inonda i tronchi di sempreverdi, soffocando le fiamme e costruendo un
muro di ghiaccio.
Ha
poco tempo, dovrà farne buon uso.
Afferra
la bambina, scende nel greto di un torrente e cerca un riparo tra i sassi. Hela
è sin troppo spaventata per piangere e trema come una foglia. Loki vorrebbe
avere il tempo per tranquillizzarla, ma non può far altro che infilarla dentro
ad un piccolo buco tra i sassi dell'argine. "Torno a prenderti" Le
spiega accarezzandole il visetto pallido e sporco. Sente l'angoscia riempirgli
i polmoni, quanto il fumo della foresta in fiamme. "Devi aspettarmi."
Poi si rivolge a Fenrir: "Devi starle accanto, qualsiasi cosa accada. Te
l'affido, devi proteggerla, capito?" Il lupo guaisce e tocca con il
tartufo il suo viso. Loki non si è mai sentito più spaventato e allo stesso
tempo determinato di così: "Grazie" Gli sussurra rialzandosi. Quando la
riprende in mano la lancia diventa una cuspide ghiacciata.
Sono
enormi.
Sono
una dozzina.
Sono
troppi.
Per
Loki è difficile riuscire a gestirli tutti insieme - Deve continuamente
scindere il suo corpo in più parti per ingannarli, e continuamente fare ricorso
al suo potere da Jotun per contrastare le fiamme che lanciano.
Riesce
ad atterrarne uno e a staccargli la testa con una lastra di ghiaccio: L'immenso
corpo di pietra bollente smette di agitarsi e si spegne.
Schiva
il colpo di un altro e la presa di un terzo: Richiama le sue proiezioni per
disturbarli, ma ormai hanno capito che sono solo innocue copie e non gli danno
più corda.
Loki
cerca di attirarli dalla parte opposta del bosco, c'è un lago lì vicino dove
vuole riuscire a buttarceli dentro: con quei corpi pesanti e fiammeggianti non
potranno sopravvivere.
Riesce
a creare un vortice di ghiaccio che ne distrugge uno e mutila un altro.
Sono
dieci. Molto furiosi.
Son
sempre troppi, ma meglio di niente.
Sarà
un lavoro lungo e logorante, ma Loki non ha alternative che sconfiggerli.
Finché
uno di loro non riesce ad agguantargli una caviglia con una lingua di fuoco
schiantandolo a terra.
Stringe
i denti resistendo al dolore lanciando l' incantesimo che trasforma la frusta
di fuoco in un serpente che si rivolta contro la mano che l'ha lanciata, ma
ormai gli altri giganti sono riusciti a scagliarsi su di lui e ad arpionarlo a
terra. Loki si dimena, fa appello a tutte le sue forze e al ghiaccio nelle sue
vene. Riesce a scappare una, due volte, ma alla terza l'arpione di un Gigante
di Fuoco lo inchioda al terreno.
La
spalla brucia ed è un dolore atroce. Loki non riesce a non urlare, restare
lucido è quasi impossibile.
Uno
dei giganti gli grugnisce in faccia la richiesta della creatura, Loki gli sputa in un occhio e si ritrova il pugno del
gigante ad ustionargli il viso: "Se non ce la consegnerai viva, la
prenderemo noi da morta."
Il
Gigante si rivolge agli altri, ordinando di radere al suolo la foresta.
La fine. È la fine.
È la nostra fine.
Un
cono di luce scrosciante colpisce il suolo.
A
malapena se ne accorge: tutta la sua attenzione è per le palle di fuoco che solcano
il cielo. Quando cadono nella foresta e la incendiano sente il suo cuore
esplodere.
Thor
non da neppure tempo alla polvere di posarsi: mena il Mjolnir ed abbatte il
gigante più vicino, ne fa esplodere due con lo stesso fulmine. Uno riesce a
sfuggirli e a corre tra gli alberi.
Togliersi
l'arpione dalla spalla è una tortura a cui Loki appena resiste: vince l'attimo
di debolezza e di dolore e si getta all'inseguimento del gigante nella foresta.
Le
fiamme sono ovunque, per Loki è difficile seguire il gigante e tentare di
colpirlo con la vista offuscata ed i polmoni che bruciano dal fumo caldo.
Riesce
a scagliare un incantesimo, a farlo cadere a terra, ma non si ferma a finirlo:
il fuoco sta divorando ogni cosa, deve accorrere da Hela prima che sia troppo
tardi. Il greto del torrente è risparmiato dalle fiamme ma non dal fumo: Loki è
costretto a proseguire carponi per poter vedere qualcosa, con la spalla destra
ustionata e ferita praticamente inutilizzabile.
Riesce
ad arrivare al nascondiglio, a scavare tra i sassi, a chiamarla.
Hela
non c'è e neppure Fenrir.
Urla
nuovamente il suo nome, più e più volte, con il panico che prende il
soppravvento.
Gli
risponde un ululato dall'altra sponda.
L'ultimo
gigante di fuoco ha la testa fracassata e Thor ci ha rimesso mantello e parte
della pelle sulla schiena. Punta gli occhi verso il bosco in fiamme e si sente
raggelare nonostante le ustioni.
Ruota
il Mjolnir e lo alza verso il cielo. La pioggia scrosciante segue il lampo.
Fenrir
non demorde dall'attacco del gigante neppure quando viene sbattuto
ripetutamente a terra. Allenta un attimo la presa all'avambraccio, carica
ringhiando e lo attacca di nuovo, mentre Hela si è infilata tra le radici di un
albero e si è rannicchiata su sé stessa, completamente terrorizzata.
Fenrir
cede al quinto colpo e rimane a terra con un guaito strozzato.
La
pioggia che sferza il bosco spegne l'incendio e le fiamme del Gigante di Fuoco.
Il suo ringhio di rabbia si trasforma in urlo di dolore quando le gocce d'acqua
che lo copliscono diventano spilli di ghiaccio che penetrano la sua pietra e lo
fanno esplodere in milioni di piccoli ciottoli.
Le
gambe di Loki cedono e cade in ginocchio. Incrocia lo sguardo vitreo di Fenrir,
il suo respiro che diminuisce, i rivoli di sangue che escono dal tartufo e
dalle orecchie. Gli domanda perdono, gli sfiora la pelliccia sporca di sangue
con le dita. Poi cerca con lo sguardo la bambina: lei lo ha visto, sta uscendo
carponi dal suo nascondiglio e lo chiama piangendo.
La
pioggia bagna il viso di Loki.
Perde
i sensi con il pianto di sua figlia nelle orecchie e la voce di Thor che lo
chiama.
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Spero di poter compensare
la brevità di questo capitolo con una certa densità.
Sono estamente soddisfatta
del seguito che questa storia sta avendo, non so come ringraziarvi per tutte le
manifestazione di affetto che ricevo!
Grazie, Grazie e Grazie.
I giganti di fuoco, del
regno di Muspelheim, non li avevo ancora 'usati'. Sono sempre dei simpaticoni
amici-ci con Asgard e l'hobby della rosticceria.
Dare un significato alla propria vita può finire in follia.
[Antologia di Spoon River, E.L. Masters.]
Sono
le tre di notte quando Natasha raggiunte il suo appartamento al 97° piano:
nessuno in giro e silenzio e penombra nel livello delle unità abitative.
Probabilmente Bruce è ancora in laboratorio con Stark, che quando Pepper ed
Howie sono a Malibù torna ad essere nottambulo, e se il Capitano non è preda
della sua solita insonnia nella Gym o nella sala cinema è perché Beth dorme da
lui dopo il turno serale al Phoenix.
Natasha
si bea del silenzio e della solitudine e pregusta già un lungo bagno rilassante
nella Jacuzzi, con la cromoterapia che ancora non ha capito a cosa realmente
serva. Varca la porta del Nest, attraversa
l'ampio salotto, sale sul soppalco e lascia scivolare il trolley nella cabina
armadio rimandando il metterlo a posto per l’indomani. Entra nel bagno della
camera, attiva il cursore olografico ed imposta la temperatura dell'acqua e le
opzioni di idromassaggio e cromoterapia.
Mentre
il getto si attiva e riempie la vasca ovale lascia scivolare a terra i vestiti
e si controlla un paio di grossi lividi allo specchio e l'avambraccio destro
gonfio e dolorante. Decisamente, ha bisogno di tanto relax. "J.A.R.V.I.S." chiama "Modalità Pensiero Zero, per favore."
"Immediatamente, Agente
Romanoff."
Sulle
mensole, sul bordo della vasca e in un angolo del pavimento si alzano piccoli
cilindri bianchi che si accendono con la luce calda e tremula di una candela
mentre la plafoniera centrale si spegne. La cromoterapia inizia a disegnare
sfumature cangianti sul muro.
"Grazie
J.A.R.V.I.S."
"È sempre un piacere per
lei, Agente Romanoff. Mi permetto di ricordarle la bottiglia di Chardonnay
Failla che ha nella cantinetta, un calice sarebbe l'ideale."
"Ottima
idea."
"Come colonna sonora preferisce
musica lounge, new age o qualche artista in particolare? Se posso consigliarle
Lana Del Rey..."
"Niente,
J.A.R.V.I.S.: ti ringrazio ma il silenzio andrà benissimo."
"Come desidera."
È
passata quasi mezz'ora quando Natasha apre gli occhi di scatto e si rizza
sedere facendo cadere nell'acqua la mascherina decongestionante dagli occhi. Ha
sentito un rumore - un tonfo, uno scroscio, non ha capito bene - da qualche
parte della torre. "Controllo del perimetro" ordina a J.A.R.V.I.S.
"Rileva la fonte del rumore e la sua natura."
"Thor è appena atterrato sulla sua
terrazza, Agente."
Natasha
sospira, recupera la mascherina e la riappoggia sul viso: "Il ragazzo deve
imparare a calcolare la differenza di fuso orario tra qui e Asgard."
"Non è da solo."
"Oh,
bene. Avrà fatto pace con Jane, allora. J.A.R.V.I.S. ti prego di formulare un memo
ad Addison, mi deve cinquanta dollari."
"Temo non sia la dottoressa
Foster..."
Storce
la bocca: "Xena?"
"Lucy Lawless sta partecipando ad un
tributo alla serie che l'ha resa celebre, in Nuova Zelanda."
"Intendevo...
Senti, J.A.R.V.I.S., fa finta di niente. Stasera non ho energie per i gossip,
torniamo in modalità Pensiero Zero,
d'accordo?"
"Agente Romanoff, devo avvisarla
che..."
"Cosa
ho detto? Non. Ora. Siamo in modalità Pensiero
Zero, ricordi?"
"Temo di dovere interrompere il suo
Pensiero Zero e..."
Porta
che si apre di botto. Suppellettili a pezzi. Tonfo pensante e due metri di
semidio asgardiano biondo, sporco, bruciacchiato e trafelato che le invade il
bagno.
"Lady
Natasha!"
"FUORI."
"Ho
necessità del tuo aiuto."
"ESCI.
DI. QUI."
"Fammi
spiegare."
"Se
non esci di qui entro due secondi, Odino si ritroverà una figlia femmina come
erede al trono."
"Appunto..."
"ESCI!!"
"Mi permetta di consigliarle di
accettare la sua richiesta, Signore. Le palpitazioni dell'Agente Romanoff sono
identiche a quelle del dottor Banner al limite della trasformazione
nell'Hulk."
Deglutendo,
Thor non può far altro che cedere: "Attendo nelle mie stanze."
“Spero
per te che sia questione di vita o di morte.” Natasha, in capelli bagnati e
tuta sformata addosso non ha l’aria meno pericolosa di quando maneggia un paio
di pistole. Sbatte la porta dell’appartamento del ThunderCorner: una foto di lui e Jane davanti ad uno shawarma cade
per terra dalla mensola vicina.
“Lo
è, credimi.” Thor le va incontro, la ringrazia e le indica la camera da letto.
“Sto per chiederti un favore enorme.”
“Se
è qualcosa del tipo: aiutami a mollare la
fidanzata stalker giuro che ti prenderò a calci. E ti farà male.”
In
fondo Natasha l’aveva già intuito, è che si rifiutava di credere che l’avesse
davvero portato lì, nella Tower, il Quartier Generale dei Vendicatori. Eppure
quando lo vede, privo di sensi abbandonato di traverso sul letto, inizialmente
stenta a riconoscerlo: Loki è più magro e ha i capelli decisamente più lunghi,
fradici e sporchi, vestiti laceri e nel lenzuolo che gli avvolge malamente
spalla e parte del busto si sta formando una chiazza scura.
“Rissa
in uno dei peggiori bar di Asgard?”
“Non
avrei osato disturbarti se non fosse stato indispensabile: la voce servile mi
ha detto che eri sveglia e avevo bisogno di un aiuto immediato. Non è come
pensi, è qualcosa di ben più grave.”
“Cosa
vuoi che faccia, cucirlo? Volentieri: non pensare che mi limiti alla spalla,
farò un lavoro di fino, un bel punto croce sulla bocc –“
C’è
stato un singhiozzo, e non proveniva dalle labbra di Loki, ma dalla poltrona
della stanza: Natasha non può vedere chi la occupa perché lo schienale è
voltato, quindi si limita a fissarlo attendendo una spiegazione.
“Ti
ho detto che la situazione è più complicata.” Thor si avvicina alla poltrona,
chinandocisi sopra sforzandosi di avere sorriso rassicurante; si rialza con un
fagotto verde e tremante in braccio. Con due manine. E sembra anche due
piedini. “Il suo nome è Hela, ed è…”
“Tua
nipote.”
Lui
annuisce, Natasha prende un bel respiro: “Credo che non gli cucirò soltanto la
spalla e la bocca a questo stronzo.”
La
mano di Loki afferra il polso non appena scioglie il bendaggio di fortuna.
Sgrana gli occhi e tenta di alzarsi a sedere, la fronte sporca imperlata di
sudore e la voce strozzata che chiama Hela.
“Se
ne sta occupando tuo fratello, qui fuori. Ho pensato non fosse uno spettacolo
adatto a lei.”
“È
ferita?”
“Qualche
graffio, nulla di che.” Apre la cassetta del pronto soccorso e si infila i
guanti di lattice. Quando apre il lenzuolo il viso di Loki si contrae in una
smorfia di dolore. Natasha studia il foro, la carne ustionata e lesionata in
più punti: “Brutta ferita. Non sono un medico, ma qualche medicazione la so
fare. Questa sarà proprio difficile.”
“Si
rimarginerà da sola tra poco tempo.”
“Devo
comunque fermare l’emorragia: hai l’aria di chi ha perso molto sangue, anche se
è tuo fratello quello che straparla. Dice che la bambina…”
“Hela.
Si chiama Hela.”
“Dice
che è figlia tua e di Addison.” Riempie una siringa con il liquido di una
fiala, la picchietta ed infila l’ago nella ferita con decisione. Loki stringe i
denti ed una mano si conficca nel cuscino stringendolo convulsamente. “Io e lei
siamo piuttosto vicine, lo sai bene. Nove mesi di gravidanza più un parto non
mi sarebbero passati inosservati.”
“Questo
caso è diverso.”
“Oh,
sicuro. Chissà che bella storia avrai da raccontare a proposito.”
Quando
ritira l’ago Loki riprende fiato. “Dov’è lei ora?”
“Che
c'è, non ti fidi di me? Un po' hai ragione. Tieniti forte, non sono delicata in
queste cose.”
"Hey,
Thor-eador" Tony è sporco di
morchia sin dentro alle orecchie ed è accompagnato da un Bruce claudicante dal
sonno. "Esco dal laboratorio e J.A.R.V.I.S. mi informa che sei arrivato,
accompagnato da qualcuno, e che hai chiesto l'intervento della Romanoff nel tuo
appartamento. Non per farmi i fatti tuoi - capisco il bisogno di divertirsi e
sarei un ipocrita a farti la ramanzina - ma posso farti presente che Barton non
ha ancora testato le frecce al plasma e tu potresti essere il suo prossimo
bersaglio? A proposito, perché quella cosa che hai in braccio piange? Dimmi che
è un scimmietta, ti prego." Thor abbozza un sorriso e volta il fagotto:
Hela toglie per appena un attimo le manine dalla faccia e poi riprende a
singhiozzare con più decisione.
"Non
sembra una scimmia." Smettendo improvvisamente di sbadigliare, Bruce
inforca gli occhiali, mentre Tony alza gli occhi al cielo ed incrocia le
braccia: "Credo tu sia decisamente nei casini."
"Non
giungete a conclusioni affrettate: non è mia figlia."
"Meno
male. Per un attimo ho temuto di dover fare i conti con una Xena tradita ed
incazzata... senza contare che poi non avresti più avuto nessuna chance con
Jane."
Bruce
si irrigidisce. Tony sogghigna.
"È
mia nipote."
"Ah."
"Cazzo."
"Ma
non è come pensate!"
"Quindi
hai un altro fratello? Questa volta né scemo né pazzo?"
"La
questione è lunga e complicata. E lei è affamata."
Banner
si toglie gli occhiali: "Vado a farle un biberon, almeno la smetterà di
piangere."
"Bravo.
Trovi tutto... "
"Tony,
so dove si trova ogni singolo elemento
inerente a tuo figlio."
"Sì,
forse ho esagerato con il babysitteraggio. Allora, Montagna che Cammina, dammi almeno la buona notizia che la bambina
è una povera orfanella."
Thor
indica con la testa la porta della camera da letto. "Loki non è nelle
condizioni di nuocere; ho chiesto la cortesia a Lady Natasha di occuparsi delle
sue ferite."
"Oh,
bene, allora sarà orfana presto." A sottolineare la battuta di Tony, da
dietro la porta proviene un debole gemito prolungato. Thor decide di ignorarlo
e continuare nella spiegazione:
"Era
su Niflheim, nascosto agli occhi di Asgard sino a poco tempo fa. Oggi è stato
attaccato dalle milizie di Sutur, Re dei Giganti di Fuoco."
"Vicini
scomodi, immagino."
"Non
c'è da scherzare: se Sif non mi avesse liberato in tempo, a quest'ora sarebbero
morti."
"Un
momento: liberato da cosa?"
"La
sacca." Loki è madido di sudore e ha l'aria stremata, mentre si abbandona
di nuovo sui cuscini. Natasha gli ha lavato e cucito la ferita vincendo
l'impulso di causargli un'emorragia fatale o recidergli un nervo o provocargli
dolori ancora più lancinanti. "Aspetta: per le ustioni- "
"La
sacca." Ripete, deglutendo a fatica. "Dentro c'è un pacchetto bianco.
Mi serve ora."
Natasha
recupera la sacca abbandonata a terra e la apre: resti di provviste, una
borraccia, una sciarpa verde e oro che non si prende la briga di studiare
troppo, quello che sembra un pupazzo di pezza, qualche vestito di piccole
dimensioni ed infine un involucro di tessuto bianco. Lo srotola: ci sono
diversi tipi di erbe e foglie, Loki ne indica alcune di un verde brillante, poi
si alza a sedere a fatica e le appoggia alla ferita: "Assorbono
l'infezione ed il calore delle ustioni, ne ho abbastanza anche per domani"
spiega, mentre Natasha riprende il bendaggio. "Addison sa che sono
qui?"
"È
in missione. Ha l'obbligo del silenzio radio e anche se sapesse della tua
presenza non credo che sarebbe impaziente di tornare."
Loki
distoglie lo sguardo: "Immagino sia furiosa."
"Lo
è stata. Ma per fortuna pare essere passata oltre." Intercetta un guizzo
della mascella ed infierisce: "Credo addirittura di abbia dimenticato.
D'altronde, è più di un anno che non ti fai vivo. Pensavi davvero che restasse
ad attenderti alla finestra?"
"Non
ti devo spiegazioni."
"Pensi
di giocarti la carta della bambina? Che se la beva davvero la storia che *puff* per magia sia comparsa dal nulla
condividendo il suo patrimonio genetico?"
Lo
sguardo con cui le risponde è carico di disprezzo: "L'hai guardata bene?
Fallo e poi dimmi che non noti la somiglianza. Thor, che di sicuro è meno
brillante di te, l'ha colta al volo senza che neppure glielo dicessi."
"Per
quanto ne so, può essere uno dei tuoi trucchi, un piano ben architettato."
"Miei trucchi. Non suoi. È così difficile scindere le mie azioni dalla vita di mia
figlia? Se non fosse stata in grave pericolo me ne sarei ben guardato dal
portarla qui. Sarò pur folle, ma non stolto." Deglutisce ancora a fatica e
torna a guardare il muro - A Natasha è parso di averli visto diventare liquidi,
come se trattenesse a stento le lacrime. "La sento piangere. È spaventata
e stanca. Ha mangiato?" Natasha scuote la testa. "Portala qui."
"Perché,
vuoi darle il tuo latte?"
Loki
non è troppo stremato per rifilarle un'altra occhiata di disprezzo.
Banner
rientra nell'appartamento con il biberon in mano e lo avvicina alle labbra
della bambina, ormai paonazza in volto per lo sforzo di piangere. Lei ha un
attimo di smarrimento, sembra quasi che lo rifiuti, poi la fame prende evidentemente
il sopravvento e si attacca alla tettarella succhiando con vigore e afferrando
la bottiglia con le manine sporche. Thor non le stacca gli occhi di dosso e si
lascia andare ad un piccolo sorriso, sedendosi sul divano e seguendo le
indicazioni di Tony quando gli suggerisce una posizione più comoda per tenerla
in spalla mentre beve: "Non è bellissima?"
"Sì,
sì, lo è e tuo sei uno zio perfetto. Ora continua a spiegare." Incalza
Tony.
"Poco
più di un anno fa, le Norne annunciarono a mio padre la venuta di una creatura,
non generata da ventre materno, che sarebbe stata 'Monarca sopra ogni Re', e il cui Regno sarebbe stato al di sopra
di ogni altro. Turbato, Odino ordinò ad Heimdall di guardare ovunque e di
trovarla. Pochi giorni or sono, con le nubi di Niflheim diradate per la
primavera, il Guardiano ha potuto vedere Loki, ed Hela con lui. Comprendendo
che fosse lei la creatura della
profezia, ha avvisato mio padre. È stato solo per un fortuito caso che ho
potuto sentire le sue parole: non potevo restare con le mani in mano. Io e Sif
siamo riusciti a trovare una via per Niflheim e mi sono precipitato ad avvisare
Loki, ma al mio ritorno su Asgard sono stato posto agli arresti per tradimento.
Sif è riuscita a liberarmi: ora tremo al pensiero che possa essere nei guai a
causa mia - a causa nostra. Ma se così non fosse stato, non oso pensare a cosa
sarebbe potuto accadere.”
“Mi
sono fermato al ‘non generata da ventrematerno’” Ammette Banner, infilandosi
nuovamente gli occhiali. “In che senso? Che è stato lui a…”
“Bruce,
non è importante questo. Fammi capire, Thor: quindi tu hai portato tuo fratello
– ingestibile, psicolabile, genocida – e la sua… pseudo figlia ricercata da
mezzo universo sotto lo stesso tetto in cui vive la mia famiglia? Inizio a credere che tu ragioni come un wrestler
malmenato: male. Molto male.”
“Stark,
tu non capisci”
“NO.
TU non capisci:” Il pugno di Tony
colpisce la superficie del tavolino con violenza. Hela, quasi assonnata dopo
aver svuotato il biberon, sussulta e si irrigidisce tra le braccia dello zio.
“L’idiota fa una cazzata e tu accorri, abbocchi alle sue richieste e ci caschi
come sempre: non ti fai neppure due domande se quello che ti ha raccontato sia
vero o meno. Cristo, Thor, ma non hai
imparato niente in questi ultimi anni? E la cosa più grave è che li porti qui tra di noi. Metti in pericolo la Terra, metti in pericolo la mia famiglia e questo perché non hai
ancora capito che lo stronzo” Tony si mette le mani ad imbuto sulla bocca ed
urla: “Ti prende per il culo!”
Thor
sta fremendo ma cerca di trattenersi, alzandosi di scatto e allontanandosi dal
divano per camminare avanti ed indietro nella sala cullando la bambina. “Fra
tutti pensavo fossi l’unico che avrebbe compreso. Non è mia intenzione mettere
in pericolo la tua famiglia, non farei mai una cosa simile. Ma devo anche
proteggere la mia, e loro lo sono. Così come tu faresti qualsiasi cosa per
proteggere tuo figlio, Loki fa lo stesso con lei. Qui è al sicuro, Asgard non
attaccherà i Vendicatori, poiché voi stessi siete Eroi del mio popolo, che è
riconoscente ed in debito con voi.”
“Allora
lascia la bambina qui e…”
“Senza
Loki? È crudeltà!”
"Una
parola totalmente sconosciuta a tuo fratello, uh?"
"In
effetti" Alzando il dito, Bruce interviene timidamente: “Separare la
bambina da suo padre sarebbe un ulteriore trauma. E da come si comporta, ad
occhio e croce, direi che ne ha già subiti abbastanza.”
“Oh,
non ti ci mettere anche tu! Non stiamo parlando del Padre Modello dell'anno. Si tratta di Loki: vi ricordate di lui,
vero? Corna...scettro... chitauri e - kaboom
- New York mezza distrutta?”
“Tony,
fermati un attimo. Respira, ragiona: stiamo parlando principalmente di una
bambina. Guardala: avrà più o meno l’età di Howie! Come ti sentiresti a sapere
di tuo figlio circondato da estranei?”
“Mio
figlio è un bambino normale non un…”
Lo
sguardo di Thor si fa minaccioso: “Non provare ad usare quella parola con mia
nipote.”
“Beh,
tutti la chiamano creatura, io non
posso farlo?”
Natasha
apre la porta della camera da letto e intima un: “FERMI TUTTI!” Prima di
attraversare la sala verso Thor, prendere in mano la recalcitrante Hela e
tornare verso la camera dicendo: “Ora potete riprendere ad accapigliarvi.”
Dalla
porta di ingresso, in una maglietta degli Yankees decisamente stretta e un paio
di boxer infilati al contrario, compare Steve con i capelli spettinati e gli
occhi aperti di un millimetro: “Hey! Non è che potete fare meno rumore? Beth
domani ha il turno della mattina, e anche io gradirei dormire, visto che nelle
ultime dodici settimane sono stato in missione e non ho mai chiuso occhio. Ciao
Thor, è un piacere vederti, anche se sono le quattro di notte. Spero tu non ti
offenda se non mi trattengo per festeggiare il tuo ritorno ma…”
“Non
stiamo festeggiando.” Sospira Banner. “E non è arrivato da solo.”
“Ah.
Se c’entra Jane io non …” Banner gli rifila uno sguardo minaccioso – un
inquietante barlume verde ha attraversato gli occhi castani - e Tony si passa il
taglio della mano sulla gola per fargli segno di tacere. “Oh. È una di quelle
cose per cui non si vorrebbe essere buttati giù dal letto a quest’ora, vero?”
“No.
Proprio no” Tony sospira e rifila un'occhiataccia ad un avvilito Thor:
“Tantomeno affrontare da sobri. J.A.R.V.I.S, manda Ferrovecchio con del
Talisker.”
“Ne
sono spiacente” Si scusa ancora Thor. “Ad ogni modo, ogni decisione non può
essere presa senza consultare prima Addison.”
Tony
si gratta il pizzetto: “Che c’entra la
Cornacchietta, ora?” Steve sospira che alzarsi dal letto è stata
decisamente una pessima idea.
“Come
vi dicevo, la situazione è estremamente complicata.”
“Dopo
il Talisker, Thor-mento. Se sento
un’altra parola senza qualcosa che mi distenda i nervi sfratto tutti.”
Quando
la bambina vede Loki smette immediatamente di piangere e si accoccola al suo
fianco, tremando e mugolando, stringendolo così forte da strappargli un gemito
di dolore. Loki le parla a lungo, spiegandole che quelle persone sono amici
della mamma e che presto sarebbe arrivata anche lei a conoscerla. “Qui siamo al
sicuro” La rassicura, guardando Natasha: “Non è vero?”
Lei
incrocia le braccia ed alza un sopracciglio: “Forse è meglio che ti riposi”
Aggiunge “Penserò io alla bambina. Così la guarderò meglio.”
“Ha
ancora fame” Loki le accarezza la guancia e torna a rivolgersi direttamente
alla piccola “Ora farai un bel bagnetto e mangerai a sazietà, d’accordo?”
Hela
guarda suo padre, poi Natasha, poi ancora suo padre e infine si lascia
riprendere in braccio da Natasha senza protestare.
Fuori
dalla stanza Banner, Tony e Steve fanno compagnia a Thor, una bottiglia mezza
vuota di Talisker sul tavolino e un silenzio pesante.
“Tony,
ho bisogno della Nursery di Howie.”
“Fai
come se fossi a casa tua: tanto qui lo fanno tutti.”
“Ottimo.
Prepara anche qualcosa di più sostanzioso che del latte, che la signorina ha
ancora fame. Thor, tu tieni d’occhio tuo fratello. Al momento sembra dormire,
ma nel caso decidesse di fare qualche cazzata, inchiodacelo a quel letto che il
martello già ce l’hai. Bruce: te ne intendi di bambini? Una visita sarebbe
necessaria, almeno da escludere qualche ferita grave. Steve tu…”
“Io
ora me ne tornerò nella mai stanza e farò finta di non aver visto né sentito niente.”
Mentre
l’acqua scorre a riempire la vaschetta Natasha si rende conto di non avere la
più pallida idea di cosa fare. La bambina la fissa con aria incuriosita, seduta
sul fasciatoio con le manine raccolte in grembo e la schiena dritta: il
contegno di una minuscola lady insozzata di fango come un animale.
Dunque:
se la sua intenzione è di farle il bagno allora per prima cosa deve toglierle i
vestiti - se si possono definire così quei brandelli di pelli - di dosso. Sotto
ad una casacca di pelle trova una maglia verde, e poi un'altra e quello che
potrebbe rientrare di diritto nell’arsenale chimico di Assad: Natasha sfila il
pannolino reprimendo un conato e senza darsi troppa pena di celare il suo
disgusto lo getta nel bidone dell'immondizia.
Sgambettando
nel vuoto, Hela tira fuori la linguetta e commenta con un 'BLEAH'.
"Che
fai, mi prendi in giro?"
Oh
sì, lo sta facendo eccome, e nella sua smorfia Natasha ha riconosciuto
perfettamente Addison. Sospira, si ripete che è solo suggestione, le dà una
pulita sommaria e poi la appoggia dentro alla vaschetta piena d'acqua calda.
Hela
caccia uno strillo così acuto che per poco Natasha non la lancia per aria dalla
sorpresa: "Cos'è, troppo calda?" Oddio, ora la sta guardando come se
avesse davanti la sua potenziale nemesi.
Oh, toh. In questo è tutta suo padre.
"D'accordo,
d'accordo. Ci metto un po' d'acqua fredda, contenta?"
"Cì!"
Oddio, la piccola sudicia sa anche
parlare?
"Capisci
quello che ho detto?"
"Cì!"
Nah, impossibile.
"Ti
cucinerò e ti mangerò per cena."
Il
labbro inferiore le inizia a tremare.
Ok, comprende tutto, buono a sapersi.
Nell'acqua
tiepida Hela sembra essere decisamente a suo agio. Strilla e schizza ovunque
muovendosi in continuazione; Natasha è praticamente più bagnata di lei:
"Stai ferma un secondo, per favore? Come faccio a toglierti questa merda
di dosso se ti dimeni come un'anguilla?"
"Medda!"
Eh sì, di nuovo le attitudini di Addison.
Mentre
si dà una calmata ne studia meglio il visetto paffuto, gli occhi grandi e ovali
- il colore è lo stesso di quelli di Loki, la forma indubbiamente quella di
Addison - ed i capelli scuri: sono sottili e radi, anche bagnati sembrano
seguire direzioni proprie.
Lo
shampoo le va negli occhi ed Hela ha uno scatto, sollevando un'onda
assurdamente grande per il suo piccolo corpo che ovviamente finisce tutta
addosso a Natasha.
"Hey!"
protesta: "Ho menato tua mamma per molto meno."
Oh, ecco. L'ha detto.
La
bambina si ferma, si toglie la schiuma dagli occhi strofinandoseli con le
manine pulite e la fissa quasi incantata: "Mam-ma?"
Gran bel casino.
Oh
sì, decisamente grosso. Da che la conosce, Addison ha sempre dimostrato un
atteggiamento decisamente negativo nei confronti dei bambini. Non che non le
piacessero - in fondo anche lei ogni tanto si metteva a giocare con Howie - ma
la stufavano presto. Non era nell'ottica di avere figli e – Natasha ne è sicura
– men che meno di averne con Loki.
Già
si immaginava la crisi isterica. Forse era meglio preparare un paio di fiale di
calmante.
O
prendere dall'Armeria 1 la 'Pistola della
Buonanotte'.
Tutto
questo ammesso e non concesso che quella fosse davvero sua figlia.
Perché,
diamine, dire che tutto quello era assurdo è usare un blando eufemismo.
Ma,
d'altronde, sino a tre anni prima avrebbe dichiarato 'impossibile' la
distruzione di New York da parte di un esercito alieno.
O
una glaciazione di buona parte dell'emisfero boreale da parte di un gruppo di
Na'vi imbufaliti.
Cercando
di farla scivolare via il meno possibile, Natasha insapona tutta la bambina e
quasi la lancia per aria dalla sorpresa, quando nota che pancino è liscio e
senza neppure il più piccolo accenno di ombelico: Bozhe Moi, e questo che significa?
Natasha
non ha una gran conoscenza del mondo animale, ma è quasi certa che tutti i
mammiferi abbiano il cordone ombelicale. Se Hela ne è sprovvista non è da
considerarsi tale? E che cos'è dunque?
Strofinandole
il viso sporco di fuliggine, le dita di Natasha seguono la piega del mento e
trovano qualcosa. È un ciondolo d'oro, l’ha già visto. Dove?
Oh!
Era
il ciondolo che aveva agguantato, insieme alla Gemma della Mente, mentre
lottava contro Loki nella tormenta causata dallo Scrigno. Era nella sua tasca,
e lui vi si era gettato sopra per recuperarlo prima che sulla Gemma.
"Mmm-mio!"
Protesta la bambina.
"Oh
sì, tutto tuo. Non ho nessuna intenzione di rubartelo."
Ha
mangiato un piatto intero di zuppa e due di carne e verdure. Si regge a
malapena il secondo biberon di latte, con la testa che ciondola dal sonno ma
l'espressione soddisfatta stampata sul piccolo viso.
Banner
l’ha controllata e non ha riscontrato altro che graffi sulle manine e su una
guancia e un piccolo livido sul ginocchio, tutto compatibile con la
rocambolesca fuga. Le ha fatto anche un tampone in bocca per prelevare del DNA
dalla saliva: "Così, tanto per essere sicuri della parentela."
Infine,
Natasha la infilata dentro un pigiama di Howie – è minuta ma più alta del
piccolo Stark e l'orlo dei pantaloni le arriva a metà polpaccio – e nel
tragitto verso il ThunderCorner Hela
si addormenta con il viso sulla spalla solleticandole il collo con il respiro
tiepido. Natasha non sa spiegarsi l'attimo di esitazione che ha
nell'appoggiarla sul letto. La piccola si raggomitola di nuovo accanto al
fianco del padre e nel sonno lui la cerca con il braccio sano e la stringe,
mentre Thor ha lanciato stivali e vestiti ai quattro cantoni della camera e ora
russa dalla poltrona con i piedi appoggiati sul cassettone.
Quando
Natasha torna nel suo appartamento l’alba non è lontana e lei non riesce più ad
apprezzare la solitudine che aveva cercato solo poche ore prima.
Dopo quattro giorni a
Lisbona, un concerto di Fado ed una storta alla caviglia (Che il Marques de
Pombal, quando ha progettato la pavimentazione della Baixa, mica ci pensava che
con il tempo si sarebbero create delle buche mondiali) ritorno alla mia solita
routine. Scusate, la prossima volta cercherò di perdere l'aereo.
Sono anche molto indietro
con i ringraziamenti per i commenti al precedente capitolo: farò del mio meglio
per recuperare in brevissimo tempo!
Ma comunque GRAZIE, ma
GRAZIE davvero! (In Portoghese: Obrigada!), anche se vi ho fatto fuori Fenrir
in così poco tempo e comparire Frigga solo come fantasma.
Commenti & Critiche
costruttive son sempre ben accette, spero di sentire un vostro parere su questo
capitolo, ma ad ogni modo, davvero GRAZIE per continuare a cliccare e leggere
su questa storia.
Per qualsiasi curiosità,
domanda, o cazzeggiata, ho il mio ask.
"J.A.R.V.I.S.,
avvia videoconferenza con Pepper." Nel quadrato olografico
compare la foto di Mrs Potts - Stark e l'indicazione della chiamata
in corso, poi l'immagine cambia e lascia il posto al viso pasticciato
di colazione di un bambino dai imbrattati di cornflakes che agita
entrambe le manine per salutarlo: "Ao pa-pà!"
Tony
non può trattenersi dal sorridere. "Ciao MiniMe,
siamo
già svegli?"
"Shì!"
Pepper
allarga l'angolo dell'inquadratura con un dito. Ha i capelli raccolti
e l'aria assonnata, avvolta nella vestaglia: "Qualcuno è
stato esageratamente mattiniero. Colpa mia, ieri sera gli ho detto
che saremmo tornati da papà. Anche tu però non mi
sembri molto riposato, ore piccole in laboratorio come al solito?"
"Uh,
cara, proprio di questo volevo parlarti: sei sicura di voler già
tornare? Siamo solo a mercoledì e so che hai tanto da fare in
ufficio lì a Los Angeles e..."
"Oh,
mi sono organizzata, riuscirò a gestire tutto dalla Tower.
Stamattina ho l'ultimo meeting, e poi posso prendere il jet e..."
"Sì,
ma dopo il meeting sarai stanca, e poi Howie è ingestibile
quando si vola e..."
L'inquadratura
si restringe sul viso di Pepper in un drammatico primissimo piano:
"Tony: che cosa sta succedendo?"
"Qui?
Niente!"
"Avete
di
nuovo
distrutto la sala cinema giocando a COD?"
"No,
Barton è fuori per lavoro. Tesoro, non pensar male subito,
cos'è questa mancanza di fiducia nei miei confronti, non
capisco! Volevo semplicemente passare il weekend a Malibù,
arrivare magari con l'armatura addosso per fare impazzire Howie, così
andremo a visitare il cantiere della nuova casa sulla scogliera e
passeremo il tempo in spiaggia tutti e tre insieme: qui a NewYork c'è
un tempaccio e..."
"Tony,
a New York c'è il sole."
"E
chi te lo dice? Non ti fiderai mica delle previsioni meteo! La
percentuale di fallibilità è-"
"La
finestra dietro di te."
Natasha
ha dormito poco o nulla, ma non è quello il problema: per chi
è abituato a star sveglio per giorni interi, una nottata in
bianco in più o in meno non fa troppa differenza.
Il
problema è il flusso incessante di pensieri che l'ha
accompagnata nelle ultime ore, il bisogno quasi spasmodico di
prendere in mano il telefono e chiamare qualcuno che conosca già
il livello di confusione nella sua testa con cui parlare liberamente.
Si
è resa conto mentre aveva già trovato il numero di
Clint nella rubrica dello StarkPhone che quella
fetta di caos non l'aveva ancora messa a disposizione di nessuno, che
l'aveva custodita gelosamente dentro di sé da quando la Gemma
della Mente le aveva spalancato tutte le finestre della memoria che
chi aveva deciso per anni il suo destino aveva fatto sbarrare.
Istinti
e sensazioni c'erano sempre stati - la paura di perdere ciò
che non si ricordava di avere mai posseduto, l'idea assillante che
qualcosa di prezioso e unico le fosse stato tolto - ma non aveva mai
potuto darci un nome.
Riavere
indietro tutte le sue memorie era stato un pugno nello stomaco,
Natasha se ne era resa conto mano a mano che l'adrenalina per la
battaglia su Asgard scemava, al passo con quella dei muscoli
doloranti.
E
se ormai si era abituata a scendere a patti con la sua coscienza e a
soffocarne la voce assillante, far tacere lo strillo acuto della sua
memoria si era rivelato estremamente difficile.
Parlarne con Clint o Addison praticamente impossibile.
La
solitudine rende vulnerabili.
Era
una legge che non valeva per lei, che si era ritrovata a fare i conti
con il suo essere umano solo dopo aver legato con qualcuno. I
sentimenti sono vischio, si arrampicano addosso, avvolgendo e
stritolando in un modo talmente dolce da rendere impossibile ogni
resistenza.
Ci
pensa spesso a lasciare tutto e tutti e a tornare nel buio, a vivere
di ombre. Poi arrivano le labbra di Clint a rendersi così
necessarie, e la risata di Addison a spezzare il silenzio e capisce
che è legata con la catena più resistente che sia mai
stata forgiata e che se anche volesse, anche se si dibattesse con
tutte le proprie forze, non potrebbe mai più esserne libera.
Natasha
getta tra le coperte spiegazzate lo StarkPhone, poi prende il badge
d'entrata agli appartamenti e si dirige in quello di Addison.
Ci
sono ancora gli scatoloni in giro, ha avuto pochissimo tempo per
sistemarsi e non l'ha neppure sfruttato in pieno. Scavalca una
valigia ancora aperta ed inciampa contro il tavolino. Si ritrova
distesa a terra, una mano dentro ad uno scatolone, una su una pila di
CD ed il naso su quello che sembra un grosso libro quadrato.
"J.A.R.V.I.S.:
Luce per favore." No, non è un libro. È l’album
di fotografie, un po' sbiadito e impolverato, che Addison non era
riuscita a far stare dentro la valigia il giorno del trasloco.
Natasha
si siede a gambe incrociate ed apre la prima pagina: Ci sono le foto
della famiglia Borgo - la madre di Addison aveva cortissimi capelli
biondo cenere ed un nugolo di lentiggini, suo padre le assomiglia
tantissimo, ma ha gli occhi chiari - sorridono sulla carta patinata:
il loro matrimonio, la loro luna di miele, un pancione che sembrava
scoppiare ed un fagottino rosa con i pugni stretti e l'aria
imbronciata. Addison non gliene aveva mai parlato, non gliel'aveva
mai mostrato: anche lei sentiva il bisogno di tenere per sé
una fetta di caos.
Scorre
sino ad una torta di compleanno con una candelina e la facciotta
ovale e sorridente della festeggiata: Ha i capelli di un castano
chiaro e così mossi da sembrare indomabili, ma tra quei ricci
scomposti Natasha trova gli occhi ed il viso di Hela.
Lo
scroscio della doccia finisce proprio nel momento in cui Natasha
mette piede nell'appartamento; non fa in tempo ad attraversare il
salotto che Thor esce dal bagno senza nemmeno essersi dato la pena di
coprirsi con la salvietta con cui si strofina i capelli.
Oh,
toh! Se il buongiorno si vede dal mattino...
Gli
punta la scatola che ha in mano con un'accusa: "Ti avevo detto
di tenerlo sott'occhio."
"Sta
ancora dormendo" risponde cingendosi la vita con il telo. "Cosa
c'è lì dentro?"
Ma
Addison ci aveva dato un'occhiata prima di gettarsi a peso morto sul
fratello casinista?
"Cimeli
di Loki. Qualcosa gli sarà utile."
"Ti
ringrazio. Il tuo aiuto è stato essenziale, come posso
sdebitarmi?"
"Oh,
e sarai ancora più in debito con me quando eviterò che
Clint cavi gli occhi a tuo fratello. Se la missione procede per il
verso giusto, dovrebbe essere qui stanotte."
"E
Addison? Loki la cercava nel sonno..." "
"Il
suo ruolo richiede il silenzio radio e la missione è troppo
importante per interromperla a causa di una presunta parentela
coatta." Thor annuisce cupo e Natasha si sente in dovere di
precisare: "Non fraintendermi: non ce l'ho con la bambina. Per
quanto sia quasi certa che sia tutto un trucco di Loki - un bel
trucco, riuscito alla perfezione - lei mi sembra abbastanza reale. E
non credo che si possa già accusarla di qualcosa."
"Già
l'han fatto le Norne, condannandola senza appello."
"Beh,
diciamo che non sarebbe geneticamente portata ad essere uno stinco di
santo, visti gli ipotetici genitori. Però sì, almeno un
blando tentativo di conquista interplanetaria dovrebbero
lasciarglielo fare prima di dichiararla pericolosa. Ed ora credo sia
il caso di svegliare il paparino: ti insegno a medicarlo, così
non dovrò più farlo io e forse Clint non andrà
completamente in berserk."
Studiando
il suo stesso riflesso allo specchio del bagno, Loki si rende conto
solo in quel momento che non lo osserva da più di un anno, se
non di sfuggita nella superficie sfocata di ruscelli o pozze d'acqua.
Si
scosta con la mano sinistra i capelli umidi e cerca di strizzarli
ulteriormente - impresa piuttosto goffa potendo usare una mano sola.
La spalla destra ha ancora un pessimo aspetto, la pelle ustionata non
ha avuto nessun beneficio dall'acqua fredda con cui si è
lavato, un rivolo di sangue annacquato scivola dalle cuciture del
taglio livido ma se prova a muoverla, oltre ad un dolore lancinante,
sente anche i muscoli tendersi e le ossa scrocchiare: buon segno, si
sta rimarginando anche se lentamente.
La
voce di Thor dietro alla porta chiede se stia andando tutto bene,
così Loki si tampona la ferita mordendosi il labbro inferiore
e cerca con una mano sola di infilarsi i vestiti che Thor gli ha dato
il meno goffamente possibile, vincendo l'istinto di utilizzare la
magia per adattarseli o cambiarli.
I
pantaloni sono morbidi ed imbarazzatamente grandi: anche tirando al
massimo il laccio dell'orlo ci balla dentro.
Si
riguarda allo specchio: Che
aspetto miserabile.
Che
situazione
miserabile.
Costretto
a chiedere asilo ad un gruppo di infimi mortali, dover sperare in una
loro protezione e divenire loro ostaggio.
Hela
è più importante dell'orgoglio. Seguita
a ripetersi da quando si è risvegliato con le mani della
Romanoff addosso, eppure non può che essere disgustato da sé
stesso per non essere stato in grado di fronteggiare da solo il
pericolo e di tenere sua figlia al sicuro. E
Fenrir, il
compagno più fedele che avesse mai avuto. Il suo nome era
stata la prima parola che Hela aveva balbettato appena sveglia,
stropicciandosi gli occhietti e guardandosi attorno spaesata. Le
aveva semplicemente raccontato che il giovane lupo era rimasto su
Niflheim, a
casa:
"Caccia e scorrazza per la foresta con sua mamma e i suoi
fratelli, libero e felice perché sa che sei al sicuro e non
hai più bisogno di lui."
La
bambina si era imbronciata, facendo tremare il labbro inferiore, e
solo Thor che era entrato reggendo una bottiglia piena di latte
l'aveva distratta dal mettersi a piagnucolare. Con la figlia
momentaneamente impegnata nella colazione - vederla socchiudere gli
occhi dal piacere e mangiare avidamente era stato un sollievo - Loki
l'aveva lasciata con una fitta di gelosia tra le braccia di Thor e si
era concesso una doccia.
"Sono
PopTarts, sono facili da preparare." Spiega Thor intercettando
il suo sguardo perplesso verso il piatto: "E anche l'unica cosa
che effettivamente so fare." Aggiunge infilando il piatto nel
microonde: "La cucina midgardiana è davvero veloce,
questa scatola..."
"Si
chiama Microonde" puntualizza Loki: "Mi son sempre chiesto
perché i midgardiani adibiscano le loro abitazioni con una
cucina, se poi utilizzano solo questo."
"Forse
solo per decorazione. Non ho mai visto Jane utilizzare nient'altro."
"Né
io Addison."
"Credi
che Hela li possa assaggiare? Penso abbia ancora fame."
Loki
ne assaggia uno tagliandolo con la forchetta. Giudicandolo adatto, ne
spezzetta un boccone più piccolo, ci soffia sopra per
raffreddarlo ed imbocca la bambina: "Ti piace?" La piccola
annuisce con vigore e spalanca la bocca tendendo il collo: quando fa
così a le ricorda un uccellino affamato, e anche Thor sorride
mentre ne apre un'altra confezione.
"Zio
dell'anno, potresti lasciarci soli per un istante? Giuro che non lo
riempio di botte."
"Sarebbe
più facile il contrario, Stark." Ribatte Loki alzando la
testa dal piatto ed indicando la finestra.
"La
maternità ti ha accorciato la memoria?"
Inizialmente
Loki gli rifila uno sguardo d'odio puro, ma poi evidentemente decide
di adottare la filosofia di dimostrarsi superiore ai bassi insulti,
mettendosi a centellinare il succo di frutta come fosse un prezioso
liquore. Quando Thor esce accompagnato da Hela - manina minuscola
nella sua callosa - promettendole 'un bel giretto per la torre',
incrocia di nuovo lo sguardo con Stark e resta in attesa: "Quindi?"
"Quindi,
come ben sai, sono un uomo molto curioso." Con studiata calma
Tony sposta una sedia e si siede, poi prende il succo di frutta e si
serve direttamente dal brick: "Credimi, non è mia
intenzione sottovalutare le tue qualità genitoriali: ho sempre
sospettato che, dopo Mussolini, il tuo mito fosse Maria Montessori.
Sono semplicemente impaziente di scoprire come
hai fatto a far nascere e ad allevare una bambina. Ora, di parti in
condizioni estreme si hanno numerose notizie e..."
Lo
sforzo di Loki nel mantenersi calmo è ben visibile dallo
scatto della mascella che si serra, mentre dissimula mescolando lo
zucchero in una tazza di the: "Stai insinuando un'idiozia bella
e buona."
"Oh,
allora dimmi tu come sono andate le cose. Perché per quanto ne
so io ci sono in mezzo un organo genitale maschile, un organo
genitale femminile, un gran bel divertimento, nove mesi di attesa e
circa dieci ore di improperi che farebbero impallidire uno
scaricatore di porto."
"Pretendi
di possedere la conoscenza dell'intero universo: non ti ricordavo
meno arrogante."
"Beh,
diciamo che questa è la base
dell'universo."
"Se
Hela fosse nata da un ventre materno - qualsiasi tipo di ventre
materno - non sarebbe considerata una minaccia."
"E
la è?"
"Anche
se fosse, pensi davvero che te lo direi?"
"Oh,
no di certo, quando mai tradiresti il sangue del tuo sangue? Ma
veniamo alle cose che non
mi
tornano: come avresti fatto a nutrirla, a vestirla, a passare le
prime coliche, i dentini, lo svezzamento? Istinto materno? A quale
agenzia di babysitter ti sei rivolto, mentre vivevi allo stato brado
nella foresta?"
Loki
smette per un secondo di sorseggiare il the ed alza un sopracciglio:
"È evidente che tu non abbia la più pallida idea
di cosa..."
"O
forse è perché lo so meglio di te che escludo a priori
una tale evenienza."
Scosta
la tazza dalle labbra e non nasconde uno sguardo sorpreso: "Ah."
È il suo unico commento. "Ed allora saprai che si è
capaci di qualsiasi cosa - qualsiasi - per ciò che ritieni più
prezioso della tua esistenza stessa."
"Sì.
Sì, lo so. So cosa farei io
per
mio figlio. Ma ormai ti conosco - ti conosciamo tutti - bello mio; la
ipotesi più positiva che esprimere è quella che usi la
bambina con lo scopo di fare avverare la tanto paventata profezie:
con lei Regina sopra ogni dannato e retrogrado monarca di sicuro
avrai il posto in prima fila sul dominio dell'Universo. Non è
così?"
Loki
mantiene lo sguardo fisso sul suo. Appoggia la tazza al tavolo e poi
stende un angolo delle labbra in un piccolo ghigno: "A volte
penso davvero, Stark, che io e te non siamo in fondo così
diversi."
"Per
essere così intelligente come dici, guai se ne azzecchi una!"
"Però
intanto mia figlia è ancora viva e non più allo 'stato
brado' in una foresta."
"Ho
estrapolato il DNA di Addison da una sua spazzola per capelli e
quello di Loki dal sangue delle sue bende, ma ho dovuto lavorare un
po' per riuscire a creare un modello adatto a studiare la loro
composizione: hanno caratteristiche diverse da quello di un normale
DNA umano, per quanto la struttura basilare sia simile. La loro
complessità è tale che mi è ancora impossibile
fornire una mappatura completa." Bruce tocca con i palmi il
touchscreen del tavolo del laboratorio attorno al quale si sono
riuniti: quando li toglie si alzano gli ologrammi di due eliche di
DNA. Evidenzia alcuni cromosomi dell'elica indicata col nome di Loki,
poi alcuni in quelle di Addison e quindi torna a spiegare: "Il
sistema ha evidenziato una discreta compatibilità, di molto
inferiore però a quella tra due individui con lo stesso
genoma."
"Significa
che una loro riproduzione naturale sarebbe stata difficoltosa?"
"Esatto,
Steve. Non impossibile, ma la percentuale che possano insorgere
malattie genetiche o mutazioni negative è abbastanza alta."
Porgendo
la confezione di snack che ha in mano, Stark dichiara che il Capitano
si è meritato un biscottino.
"Ma
in questo caso la mutazione va ben oltre le nostre conoscenze
genetiche." Banner passa le mani in mezzo alle due strutture e
le divide: una terza va a formarsi in mezzo: in alto campeggia il
nome di Hela: "Innanzitutto ho potuto stabilirne l'età
anagrafica di 14 mesi."
"Cielo,
mi toccherà pure far festeggiare il compleanno di Howie con
questa."
"Sono
riuscito solo a capire che condivide con entrambi i geni che
determinano l'aspetto fisico, quindi posso dire con assoluta certezza
che, per quanto possa sembrare impossibile, abbiamo a che fare con la
figlia di Addison e Loki."
"Sicuro
al cento per cento?" domanda Natasha.
Banner
annuisce: "Ho bisogno di più tempo per una mappatura
completa; potremmo scoprire quale gene determina il FuocoFatuo di
Addison, o la capacità di generare ghiaccio in Loki..."
"Bene,
ora non ci resta che capire come diavolo abbia fatto la mocciosa..."
Natasha
fulmina Tony con lo sguardo: "Hela. Si chiama Hela. Usa il suo
nome o chiamerò tuo figlio per il suo secondo."
"Tu
non nominerai il nome Ismaele
in presenza di Howie, chiaro?" Steve non resiste dallo scoppiare
a ridere: "Che c'è Rogers, lo trovi famigliare per i tuoi
tempi? Era il nonno preferito di Pepper. Fine della discussione.
Dicevamo: ora dobbiamo capire da dove salta fuori Hela.
In senso pratico."
"Un'idea
ce l'avrei" sospira Bruce, evidenziando un paio di altri
elementi nell'elica di Hela: "Vedete? Questi non sono
compatibili con nessuno dei due genitori, ma:" Tocca di nuovo il
touchscreen ed alza una quarta elica di DNA: "Possiamo trovarlo
in questo e... in tutto il genoma della sua specie."
"Di
che specie stiamo parlando?" Domanda Natasha.
"Ovipari.
Questo è il DNA di Morrigan."
"Oh!"
"Ah.
E questo spiega l’assenza di ombelico…”
Accartocciando
la confezione vuota di biscotti, Stark fatica a trattenere una
risata: "Ciò fa di Loki una bella pollastrella?"
Quando
J.A.R.V.I.S. gli ha comunicato che l'Agente Barton aveva appena
parcheggiato nel sotterraneo della Tower, e stava prendendo
l'ascensore, Natasha si è resa conto di avere un'altra bella
gatta da pelare.
Clint
è il suo secondo - No, aspetta, forse il terzo: ormai ci sta
perdendo il conto - problema serio delle ultime ventiquattro ore.
Non
prenderà bene la notizia della ricomparsa di Loki e prenderà
peggio l'esistenza di Hela - il che potrebbe essere solo un assaggio
della reazione di Addison. Una sorta di preludio, ecco - e sarà
particolarmente intrattabile.
Forse
sarebbe meglio nasconderglielo.
Nah,
come si fa a nascondere una cosa simile?
Ma
bisognerà dirglielo con il giusto tatto.
Magari
dopo un pomeriggio di sesso sfrenato.
È
sempre più malleabile, dopo.
Ma
anche un po' più permaloso, se capisce che Nat lo sta
raggirando.
Natasha
inizia a scegliere le parole giuste, l'impostazione della voce, la
gestualità adatta. È che ad essere onesta, sincera e
leale contemporaneamente non è particolarmente abile. Fa
ancora un po' fatica. Cosa strana, ma è così.
Quindi,
quando Clint apre la porta del Nest,
per prima cosa lo saluta con il più radioso dei suoi sorrisi.
Silenzio.
Silenzio.
E
ancora silenzio.
Non
che a Bruce dispiaccia - in fondo sta lavorando al modello per la
trasposizione cromosomica e durante il lavoro ama la tranquillità
tanto quanto a Tony piace far sanguinare lo stereo con la voce di
Ozzy - ma quello è un silenzio pesante, carico di pensieri e
preoccupazioni. Steve ha i gomiti appoggiati al tavolo e si
picchietta la tempia sinistra con l'indice – se Bruce lo fissa
per più di dieci secondi l'Altro
Tizio
si mette a ringhiare nella sua testa – e Tony è al
quint... no, forse sesto bicchiere di Talisker.
"Chiederò
a Beth di non venire stasera."
Tony
sbuffa e domanda: "In che senso?"
"Nel
senso che non mi sento tranquillo ad avere la mia ragazza qui dentro
con... con... con il Rodrigo
Borgia
di Asgard."
Tony
si scambia uno sguardo perplesso con Bruce, prima di affermare che ha
travisato il personaggio: "Borgia te l'avrebbe scopata, la
ragazza. E comunque non so darti torto. Ho parlato con Pepper, l'ho
convinta a rimanere a Malibu sino al weekend e domani sera li
raggiungerò."
"Le
hai detto che... "
"No,
no. Certo che no. Pepper ha già abbastanza preoccupazioni con
la Stark Industries e Howie senza che le metta addosso ulteriore
ansia. E dopo mezza bottiglia di Whisky sono anche abbastanza
ottimista sul fatto che Morticia e Mercoledì Addamssi
levino di torno entro lunedì."
"Io
dico che forse stiamo esagerando."
"Prego,
Bruce?"
"Sì,
insomma... è vero, sappiamo tutti chi è Loki."
"Lo
stronzo con la scatola di gatti al posto del cervello e l'hobby
dell'olocausto."
"Sia
messo agli atti che Stark mi trova d'accordo con la sua definizione."
Esclama Steve. "No, no. Niente biscottini, grazie."
"È
stato anche quello che ha sconfitto Thanos. E che ha combattuto per
Asgard."
"Prova
comunque dei sentimenti. In una maniera piuttosto caotica, ma li
prova. Credo che ci tenga davvero ad Addison - e sono drammaticamente
certo che sia ancora ricambiato - e che, soprattutto, ami sua figlia.
Non ci metterei la mano sul fuoco su una sua futura innocuità,
né tantomeno su un suo cambio di direzione. Ma al momento..."
"Bruce,
ci puoi deliziare con l'anteprima del racconto che farai a Thor della
tua storia con la sua ex-ragazza?" Per togliere l’attenzione
da un tasto dolente, Tony gioca la carta dell’attacco: Banner
cerca di dissimulare balbettando che non sa di cosa stia parlando, ma
davanti allo sguardo di compatimento di entrambi sospira e dice che
non ha intenzione di farlo: "All'Altro
Tizio
non piacerebbe la reazione di Thor."
"Oh,
poco importa, per sfogarsi gli farò trovare il fratello nella
Lounge, come ai bei vecchi tempi."
“Tony,
io e Jane… beh, è complicato.”
“Perché
ogni volta che sento parlare di una relazione, di questi tempi, sento
sempre e solo la parola è
complicato?
Chiedo a Clint se lui e Natasha abbiano intenzione di sposarsi e mi
risponde ‘è
complicato’; Thor
torna sulla Terra e dice che la nascita di sua nipote ‘è
una questione complicata’.
Tu e Jane avete una ’relazione
complicata’.
Ma si può sapere perché con le persone che amate avete
solo problemi? Io e Beth veniamo da due epoche diverse: siamo
cresciuti in modi completamente differenti, abbiamo vite e lavori che
sono agli antipodi, suo padre odia Capitan America e tutti i
Vendicatori – soprattutto te, Tony – e non abbiamo
neppure un interesse in comune: mi avete mai sentito dire: è
complicato stare con lei?”
Tony
scatta in piedi e lo indica con aria fiera: “DATE UN CAPITANO A
QUESTO BISCOTTO!”
Togliendosi
gli occhiali, Bruce si passa una mano nei capelli e poi si massaggia
le tempie. “È complicato perché l’ex della
mia attuale ragazza è un semidio extraterrestre specializzato
in scariche elettriche di enormi
dimensioni, che prova ancora qualcosa
per lei e che considero mio amico.”
“Quindi?
Lui ha un martello, tu hai un Hulk.”
“Tony…”
“PAPA’!”
La
porta di acciaio scorre e la versione nanica di Tony Stark
trotterella sino a raggiungere le caviglie dell’agghiacciato
padre: “…Howie?”
“Amore!”
Pepper sembra una ragazzina, nei suoi semplici jeans e maglietta
bianca, la coda di cavallo e saluta tutti con uno dei sui splendidi
sorrisi.
“Tesoro?
Che ci fate qui? Vi.. vi avevo detto di restare a Malibù, io…”
Bruce
allarga le braccia: “Volevi un esempio di complessità
relazionale, Steve? Eccoti servito.”
È
una secchiata d’acqua gelida a farmi riprendere i sensi.
Boccheggio
per qualche secondo in più del necessario, il tempo di dargli
l’illusione di avere il coltello dalla parte del manico ed
un’agente nemico sotto custodia e reso inoffensivo.
Fascette
da elettricista, ma che stiamo scherzando? Va bene la crisi, ma un
paio di manette almeno potevano sprecarsi a prenderle per legarmi!
L’uomo
che mi ha fatto il gavettone si sposta per lasciare il campo ad un
altro, che si tiene a debita distanza sicuro di essere celato dalla
semioscurità del posto. La mia vista dorata, invece mi regala
un'ottima panoramica dell'individuo: Altezza di circa
centosettantasei centimetri, di mezza età ma di corporatura
robusta, razza caucasica, doppiopetto nero e cravatta blu. Nessuna
cicatrice evidente, mani perfettamente curate: Questo è uno
che non si è mai sporcato i polsini inamidati della sua
camicia di sartoria.
Probabilmente
non è il vero proprietario della barca su cui mi trovo: il
motoscafo ha l'aria di essere vecchio e tenuto molto male: le assi di
legno del ponte sono scheggiate in più punti, con chiazze
scure di olio e chissà che altro qua e là. La mura
della poppa a cui sono appoggiata puzza di carburante.
“Baco
nella videosorveglianza con riproduzione di video nel circuito
chiuso, abbigliamento mimetico altamente sofisticato, intrusione da
una finestra con bloccaggio elettrico con supervisione in lontananza
di un collega esperto... I numeri per un buon lavoro c'erano tutti.
Mi dica, agente, cosa è andato storto?”
“Me
lo dica lei, signore: sarebbe molto utile in vista di mie missioni
future.”
Lui
sogghigna, io pure, e un pugno mi colpisce la mascella e mi spacca il
labbro.
Cazzo.
Odio usare il correttore sulle ferite labiali!
“Non
parlerò di certo in tua presenza di quali sofisticati sistemi
abbiamo a nostra disposizione, agente. Lei è di sicuro molto
attrezzata e pure capace. Ma non così
tanto.”
L’uomo ride ed il suo tirapiedi che mi ha tirato il pugno
estrae la pistola dalla fondina e toglie la sicura. “Sono
sinceramente deluso: speravo che lo S.H.I.E.L.D. mandasse qualcuno di
più capace che una ragazzina alle prime armi!”
Ok,
ora stiamo esagerando.
“Sa
com’è, in tempo di crisi si fa quel che si può.”
Sospiro, alzando la schiena dalla mura: “Immagino che anche lei
dovrà tirare la cinghia, dopo che lo S.H.I.E.L.D. avrà
svuotato tutto il suo prezioso caveau.”
“Pensi
che trovarne solo uno possa arrecarmi qualche danno?”
"Solo
uno? E gli altri dove li mettiamo? Perché lei li ha tutti
quanti
sotto controllo anche ora, non è così?”
“Non
sono un uomo che lascia le cose a metà e non bada ai
particolari.” Precisa, ma un l'inclinazione della sua voce e il
sogghigno che si gela appena mi fanno capire che sono sulla strada
giusta.
Gli
restituisco un sorriso sarcastico: “Lo so benissimo. È
quello che mi ha ripetuto più volte il suo più stretto
collaboratore, prima che gli facessi saltare il cervello con un
proiettile.”
Non
è vero:
ora quello si gode il sole di Tahiti – dicono tutti che sia un
posto magico, prima o poi mi concederò una vacanza laggiù
– con la protezione testimoni. Ma il mio amico qui davanti non
può saperlo, ed io sono in vena – e anche un po’
costretta vista la canna della pistola che puntata alla tempia –
a tirarmela discretamente. Decido di giocarmi il bluff: “Sa
cosa mi piace particolarmente di lei? Che in fondo si affida ai cari,
vecchi nascondigli. È vero: i posti più banali sono
sempre quelli in cui meno si va a cercare. E per nascondere un
prodotto così prezioso con la sintetizzazione ultima di
Extremis, nessuna banca svizzera era abbastanza protetta.”
L’uomo
ha un mezzo sussulto, una breve contrazione della mascella che mi fa
capire di aver centrato il bersaglio: in realtà il nostro è
sempre stato solo un sospetto, ma di posti banali ce ne potrebbero
essere a bizzeffe, e se lui non parla non troveremo mai quello che
cerchiamo.
Chiama
un altro uomo con uno schiocco di dita, confabula qualcosa, poi entra
con lui nella cabina, ed io ne approfitto per guardare chi mi
circonda: escluso l’uomo in doppio petto sono in otto e tutti
armati. Il ponte del motoscafo è abbastanza grande, suppongo
si tratti di un fisherman di circa quindici metri e illuminato solo
da un faro posto sulla cabina di prua. Dall'acqua salmastra che mi
ritrovo addosso, intuisco che ci troviamo in mare. Probabilmente
aperto, ad un bel po' di miglia dalla costa.
Una
piccola ombra plana sul radar e gracchia.
Ciao
Morrigan, vecchia mia, lieta di rivederti.
Uno
degli uomini armati si volta verso la finestra spianando il mitra, un
altro lo illumina con il fascio di una torcia. Morrigan si sposta ed
un terzo uomo commenta che deve essere stato un gabbiano.
Morrigan
un piccione? Non le piacerà.
“Brutte
notizie per lei, agente.” All'uomo in doppio petto è
tornato il sorriso: “Lo S.H.I.E.L.D. non ha proprio trovato
nulla,
ed il suo piccolo e patetico bluff è stato così
semplicemente smascherato. Immagino che la cosa le darà molto
fastidio, non è vero?”
Sbuffo:
“Sinceramente, la cosa che più mi infastidisce in questo
momento è vedere che siete in nove, e quindi che neanche
questa volta riuscirò a battere il record della Vedova Nera.
Altra cosa che mi infastidisce è questo odore di bruciato, non
lo sentite anche voi? Sembra plastica…”
È
plastica.
Le fascette da elettricista, per la precisione, che sollecitate da
una tenue fiamma di FuocoFatuo attorno al mio indice si stanno
sciogliendo senza opporre resistenza.
Avrò
molto poco tempo, e dovrò sfruttarlo al massimo:
Con un gesto teatrale mostro le mani libere: et
voilà.
Il
resto succede tutto in pochissimi secondi: afferro la canna della
pistola puntata su di me e rifilo una fiammata all'uomo e altre due a
quelli davanti. Schivo la raffica del mitra di un quarto gettandomi
di lato, sciolgo la fascetta con cui sono legate le mie caviglie,
recupero una pistola e colpisco il faro con un proiettile: finalmente
libera ne approfitto del caos dell'oscurità per agire
velocemente.
Hanno
la peggio, ovviamente.
Quando
ho finito ci sono nove uomini a terra. Quello in doppio petto si sta
lamentando, la testa sanguinante dal calcio della pistola con cui
l'ho colpito per tramortirlo. Facco cenno a Morrigan di avvicinarsi e
lei plana sulla mia mano "Quel cattivone lì a terra ti ha
chiamato gabbiano."
In segno di disprezzo il mio corvo alza la coda e lascia sul suo
corpo esanime una striscia di guano. Sfondo con un calcio il pannello
di controllo del motore e sparo quattro colpi: troppo pochi per
causare un'esplosione, ma abbastanza per renderlo inutilizzabile.
Faccio poi lo stesso con la radio della plancia di comando: prima che
li vengano a recuperare, questi stronzi, passerà un po' di
tempo.
Poi
recupero l'uomo in doppio petto, alzandolo tenendogli le guance
schiacciate tra il pollice e il medio: "Ragazzetta alle prime
armi, uh?" Richiamo Morrigan, raccomando al bastardo di reggersi
forte e prima che il becco tocchi il dorso della mia mano le indico
di teletrasportarci al Triskelion.
“Accidenti,
Nat!” Clint cerca di riprendere fiato, mentre si lascia cadere
tra i cuscini del divano con un sorriso ebete: “Avevi proprio
voglia di vedermi…!”
“Non
immagini quanto.”
“…cavoli.
Anch’io, ma accidenti!” Rotola su un fianco, cade di
nuovo sul tappeto, l’agguanta e la trascina su di sé.
“Sono un uomo fottutamente fortunato.”
Sorreggendosi
su di un gomito, Natasha traccia scie lascive sul suo petto con
l’indice. “Altroché.” Commenta con un
risolino. “Hai voglia di mangiare?”
“No.
No. Già fatto sull’Helicarrier. Ho solo voglia di stare
qui con te, riprendermi e…”
“… parlare?”
“Sì,
certo. Parlare. Anche”
“Perché
io avrei qualcosa da dirti.”
“Bella
o brutta?”
“Uhm…
strana.”
Clint
apre gli occhi e le dedica la sua attenzione. “Indizio?”
“Uhm…
Howie non sarà più il solo bambino qui nella torre.”
“Oh!
In arrivo Stark Junior 2.0?”
“No.
Quel qualcuno è già arrivato. Ed è una femmina.
Ed i genitori sono - oh, vedrai, un giorno ne rideremo…”
“VOGLIO
IL SUO BULBO OCULARE SU UN PIATTO D’ARGENTO!”
Quando
Pepper - tacchi abbandonati vicino al divano e coda sciolta - gli fa
notare che qualcuno ha preso la notizia con meno filosofia di lei,
Tony alza le braccia al cielo e sostiene che la reazione di Barton
sia più che comprensibile: "È la tua a
preoccuparmi, piuttosto!"
“Sono
pragmatica, amore, come al solito. C’è un problema?
Cerco la soluzione. Non la trovo? Faccio in modo che il problema non
sia più tale. Ora, mi porti a conoscere la nuova compagna di
giochi di nostro figlio o devo seguire la scia delle bestemmie di
Clint?”
La
Hill mi attende nello spogliatoio: quando emergo dalle docce in una
scenografica nuvola di vapore mima un applauso: "Ti devo
sinceramente ringraziare per aver risollevato l'umore di Fury: aveva
le palle che giravano ad elica da più di una settimana, ieri
sera sono stata ad un soffio da rifilargli una pallottola nel
ginocchio per farlo smettere."
"È
che sentiva la mia mancanza" Scherzo "Diventa malinconico
ed ingestibile: dovrei fornirgli un peluche con le mie fattezze con
cui dormire abbracciato, sono sicura che lo aiuterebbe a rilassarsi."
"Idiota."
"Quanto
basta. Hai da fare stasera?"
"Figurati!
Non vedo ore di licenza neppure con il binocolo: parto ora e sono
attesa a Buenos Aires domani mattina." Spiega aprendo
l'armadietto e recuperando il borsone: "È già la
terza volta che rimando un appuntamento con Darcy: ha minacciato di
entrare a forza e rapirmi."
"Sono
quasi certa che potrebbe farcela."
"È
questo che mi preoccupa. Natasha ti ha cercato un paio di volte: è
meglio che la richiami, era abbastanza insistente."
"Avrà
ficcato il naso dentro casa: non ancora sistemato le scatole del
trasloco e sai quant'è rompiscatole per il disordine altrui.
Beh, dovrà pazientare: ho intenzione di fare quel bel giro di
shopping che tanto mi merito. Buon viaggio, Hill!"
Il
cellulare di Bruce vibra per un messaggio arrivato proprio mentre ha
Thor a dieci centimetri dalla spalla destra.
Pessima
posizione.
Scivola
furtivo, dissimulando con uno sbadiglio e uno stiracchiamento di
braccia: "Credo che mi ritirerò per un po': non ho ancora
fatto la mia sessione di yoga quotidiana, non vorrei far perdere la
routine all'Altro Tizio."
"Hai
ragione, Bruce, non si finisce mai di perfezionare l'arte del
Tantra." Commenta Tony, riuscendo finalmente a trasformare il
broncio di Clint in un mezzo, piccolissimo sorriso.
"Ah,
quella? Al momento l'ho messa un attimo da parte: ho dovuto prestare
il manuale a Pepper, sostiene di averne bisogno ultimamente."
Clint
smette di fissare ostinatamente la finestra e abbassa gli Oakley a
specchio per incrociare lo sguardo di Tony: "Te la sei cercata."
"Voglio
vedere come te la caveresti con una piccola peste per casa - Oh, ma
guarda! Ne avrete probabilmente una che vi chiamerà zio
e zia!"
Occhiali
da sole ed espressione torva ritornano al suo posto.
Tra
la moltitudine di tutine e vestitini microscopici del negozio, Pepper
ne ha trovate un paio che ha definito 'deliziose'. Le ha misurate ad
occhio – "L'altezza è giusta, ma lei è tanto
magra..." – e poi è passata ai vestitini: "Certo
che per le femmine c'è davvero molta più scelta. Sono
quasi indecisa su cosa prendere."
"Pelle
e borchie? Per gli elmetti ridicoli potremmo guardare al negozio
della Disney..." ironizza Steve, sollevando una maglietta con la
scritta 'Little
Lovely Princess'
fissandola con aria perplessa.
"Beh,
la linea baby punk in effetti c'è. È qualcosa di molto
blando, ma credo che potrebbe andare. Come questo giubbottino,
guarda: ha i teschietti glitter!"
"Io
non le darei così corda... E sei sicura che serva tutto
questo?"
"Steve
" Con studiata calma Pepper ripone nel carrello in plastica
anche il giubbottino: "So che questo ti dà molto fastidio
- dà fastidio a tutti, d'accordo - ma ti prego di ricordare
che ciò che faccio è solo ed esclusivamente per Hela:
non è che una bambina innocente. Impegnati a non far ricadere
su di lei le colpe del padre, intesi?"
"Io
non so proprio come fai. Davvero." Riprende in mano la maglietta
'Little
Lovely Princess'
e la appoggia dentro al carrello: "Riesci sempre a... vedere
oltre.
C'è veramente da prendere esempio da te."
"Ma
figurati, ragiono solo quei due secondi in più per comprendere
che le frecce al napalm non risolverebbero proprio niente e creano
solo disordine."
Quando
Bruce attiva l'ologramma della videochiamata, a rispondere è
subito il sorriso eccitato di Jane: "Avevi
ragione!" quasi
squittisce poi alza un badge di riconoscimento di Nevada Field:
accanto alla sua fotografia, il suo nome è indicato come 'Vice
Direttrice'.
Per
la prima volta dopo due giorni Bruce riesce a togliersi un macigno
dallo stomaco. Le risponde con un sorriso complimentandosi
abbondantemente. "Non vedo l'ora di vederti, sono davvero
contento per te! Te lo meriti, Jane."
"Stento
a crederci. Nevada Field è... è il più grosso
centro di ricerca ed osservatorio che sia mai stato costruito. E'
così potente e così... così FIGO, per dirla alla
Darcy, da non sembrare neppure vero."
"Già,
parecchi miliardi investiti in nome della sicurezza planetaria. Fatti
un paio di brindisi anche per me."
Jane
alza un bicchiere da vino colmo a metà: "Lo
sto facendo or ora!"
"Non
vedo l'ora di visitarlo, mi farai da Cicerone?"
"Da
Cicerone e non solo."
Fa l'occhiolino e alza di nuovo il bicchiere di vino: "Quando
vieni a trovarmi?"
"Bella
domanda." Sospira: "Jane, quello che ti sto per dire non ti
piacerà molto." Lei prende un bel sorso di vino poi lo
invita a parlare con un cenno della mano. "Thor è tornato
e..."
"...ed
immagino che le disgrazie non arrivino mai da sole, eh?"
Mi
ero ripromessa di aggiornare al lunedì, ma alla fine ho più
tempo libero alla domenica e mi scappa postato il capitolo nuovo.
Ci
siamo, ormai: la GreyMommy si sta presentando a casa. Mo saranno
casinissimi.
Ero
molto indecisa se far avere a Pepper una reazione platealmente
isterica o questa, alla fine l'ho trovata più attinente al
personaggio e l'ho mantenunta. Spero di non essere risultata OC.
Incrocio
le dita.
Ad
ogni modo, vi ringrazio per continuare a seguire questa storia e a
lasciare i vostri commenti: non mi stancherò mai di dirvelo,
ma siete PREZIOSE.
Grazie,
Grazie, Grazie.
Per
qualsiasi cavolata, come sempre ho il mio ask.
Se
vorrete lasciare un vostro commento, un vostro parere o una vostra
critica (purché costruttiva), vi ringrazio in anticipo.
Altrimenti
GRAZIE comunque, per aver aperto questa pagina.
Ci
saranno quelli tra voi che lo troveranno fuori luogo e tutti gli
altri lo giudicheranno grottesco, ma lasciate che vi dica una cosa,
amici miei: sempre meglio un amore bizzarro che nessun amore.
[Stephen
King, Il Miglio Verde]
Loki
riesce a domare i capelli pettinandoseli all'indietro. La spalla ha
un aspetto meno macilento di prima, riesce appena a muoverla ma
preferisce tenere comunque il braccio al collo – Banner
sembrava abbastanza sincero quando gliel'ha consigliato – ma le
cure gli hanno restituito l'energia necessaria per tornare a
manipolare la magia: ha potuto vestire di nuovo il completo elegante
e scuro e per la prima volta dopo un anno e mezzo la sciarpa verde e
oro è di nuovo al collo.
Lady
Stark si è dimostrata straordinariamente magnanima verso Hela
– che sia gentilezza dettata dal suo cuore di madre o
semplicemente dal bisogno di scendere a miti consigli con lui non
riesce ad esserne certo – comprandole vestiti e qualche ninnolo
femminile che le ha strappato un paio di gridolini di estasiata
sorpresa: "Ringrazia Lady Stark, Hela." Si era raccomandato
– l'educazione viene prima di tutto, anche della diffidenza e
del disprezzo – e la donna era rimasta colpita dal balbettante
'Assie
con cui la bambina aveva accompagnato il suo sorriso compiaciuto.
Bene.
Molto Bene.
Aveva pensato. Se da un canto lasciare che Hela famigliarizzasse con
i midgardiani lo disgustava, non poteva fare a meno di sentirsi
sollevato: la situazione richiedeva una certa pacatezza da parte sua
per tenersi buoni i Vendicatori, almeno la bambina riusciva
naturalmente in quest'impresa.
Non
potevano rifiutarsi di aiutarla.
Lei,
almeno. Per sé stesso avrebbe dovuto trovare presto un'altra
soluzione, ma l'importante era Hela e la sua sicurezza e almeno
quella poteva forse garantirgliela.
Hela
è più importante dell'orgoglio.
Ha
scelto un abitino verde con le maniche a sbuffo rosa ed un paio di
scarpine bianche lucide. Vestirla utilizzando un braccio solo è
abbastanza difficile: Hela è impazzita completamente per i
suppellettili dell'appartamento e a Loki tocca rincorrerla a destra e
a manca mentre in visibilio cercava di toccare, guardare, curiosare e
studiare tutto.
Ce
la fa fatta dopo mezz'ora abbondante, giacca e cravatta sgualcite ed
un succo di frutta schivato per un soffio.
"La
mamma arriverà tra poco." Le spiega allacciandole i
bottoni del vestitino. "E sarai bellissima per quando ti vedrà."
Hela
batte le manine e scalpita, sorridendo radiosa con gli occhi che
brillano.
E
lo è. Lo è davvero.
Addison
non avrebbe potuto far altro che innamorarsene all'istante.
Forse.
Anche
Natasha è rimasta piacevolmente colpita dalla trasformazione
da 'Piccola Sudicia' a 'Piccola Lady': si china a raggiungere
l’altezza della bambina e le sistema un ciuffo ribelle con un
gesto che sembra nascondere una carezza: “Sono riuscita
finalmente a parlare ad Addison, tra qualche minuto sarà qui.
Idee per come le darai la notizia?”
Loki
alza la spalla buona e scuote appena la testa: “Non ci sarà
bisogno di dilungarsi in spiegazioni, men che meno in vostra
presenza.”
“Papà
è un timidone, vero Hela?”
La
bambina piega la testa di lato e la fissa interrogativa. Poi,
probabilmente per farla contenta, risponde solo un poco convinto
“Cì.”
“Se
pensi che la prenderà bene ti sbagli di grosso. Non farti
illusioni e preparati ad un brutto quarto d’ora. Forse è
meglio che prima parliate da soli, magari introducendo Hela con le
parole giuste…”
“Ti
ringrazio per i tuoi preziosi consigli non richiesti.” Taglia
corto, e Natasha avverte una nota di nervosismo ad incrinare il
sarcasmo nella sua voce. Si è voltato verso la finestra
dandole le spalle e non può far altro che studiare la sua
espressione nel riflesso del vetro.
Preoccupato?
Se
Addison darà di matto potrà dire addio alla sua chance
di protezione dei Vendicatori. E GreyRaven, ne è sicura, dire
che darà di matto è un eufemismo.
Immaginandosi
Loki come una persona normale – Natasha si stupisce per quanta
fantasia scopre di possedere – un rifiuto simile strapperebbe
il cuore.
“Immagino
che tu abbia idea di come sia difficile, se non quasi impossibile,
essere accettato da qualcuno che non ignora i difetti e gli errori di
una vita intera. E se Addison ha voluto me,
allora non potrà non volere Hela, che è ancora pura. Se
qualcosa di simile è nato tra la nebbia e il fango di un regno
sperduto, non può che essere speciale. E se tutto ciò
che ho vissuto ora mi ha portato a lei… beh, lasciami nella
convinzione che mia anima non sia così marcia,
se ho per figlia un simile fiore.”
Hela
trova molto interessante l’orologio colorato di Natasha, lei lo
slaccia dal polso e ce la lascia giocare: “L'anima è
pura a prescindere da quella di chi la mette al mondo. Il problema
sarà ciò che apprenderà crescendo, ciò
che imparerà dalle azioni di chi la circonda e che le verrà
trasmesso.” La bambina ritorna con l’orologio in mano,
goffamente glielo avvolge di nuovo attorno al polso e Natasha l’aiuta
a far scattare la chiusura. “Se si è degni di farlo.”
Aggiunge con un sussurro.
“È
un bel dilemma, agente Romanoff.”
J.A.R.V.I.S.
annuncia che GreyRaven è entrata nell’edificio e sta
salendo con l’ascensore.
“J.A.R.V.I.S.,
Back
in Black per
favore. Voglio un’entrata in scena nella lounge a dir poco
trionfale.”
“Se
mi permette, Agente Borgo, io troverei più indicato A
Kind of Magic
dei Queen.”
Controllo
il trucco nello specchio dell’ascensore, appoggiando per un
attimo i frutti della mia sessione di shopping e lo accuso di perdere
colpi: “La trovo poco incisiva per un ritorno in grande stile.”
“Forse
ha ragione. Ma non mi accusi di non averla avvisata.”
Eh?
Back
in the back Of a Cadillac
Facendo
playback sulla voce di Brian Johnson mi infilo di nuovo i miei
occhiali nuovi e getto la testa all'indietro atteggiandomi da
rockstar consumata davanti allo specchio.
Number
one with a bullet, I'm a power pack Le
porte dell'ascensore si aprono alle mie spalle e piroetto sui tacchi
dei miei stivali al grido di Yes,
I'm in a bang preparandomi
ad additare presenti della Lounge sottolinenado With
a gang .
All'entrata
della Tower, J.A.R.V.I.S. mi aveva riferito di essere attesa nella
Lounge. Credevo da tutta la squadra, o almeno buona parte di loro.
Speravo
ci fosse una festa a sorpresa, in verità, o comunque qualcosa
di ugualmente divertente.
Ed
invece dritto davanti a me c'è solo una persona, in un
completo nero accessoriato da una sciarpa verde e oro di Hermés
che stona con la benda bianca che gli regge il braccio destro al
collo.
Le
borse da shopping mi cadono - tutte e cinque - di mano e gli occhiali
mi scivolano lungo il naso.
They've
got to catch me if they want me to hang
Cause
I'm back on the track
"Ti
stavo attendendo, Addison."
And
I'm beating the flack
J.A.R.V.I.S.
ha la buona idea di togliere la musica, tanto il colpo di scena c'è
già stato. Il silenzio nella Lounge è pari a quello che
nel mio cervello.
C'è
Loki, davanti a me.
E
no mi sono neppure depilata.
No,
aspetta, non è questo il punto. "Che
ci fai qui?"
"Ho
necessità di parlarti. E prima che lo domandi, i tuoi amici
sono tutti nella stanza attigua, vivi ed illesi."
"Sanno
che sei qui?"
"Hanno
notato la mia presenza."
"Ottimo."
Pianto bene i tacchi per terra ed incrocio le braccia: "Ti
regalo mezzo minuto della mia vita. Tu regalami una scusa per esserti
volatilizzato per più di un anno senza degnarmi di un saluto.
Aspetta che alzo il livello di difficoltà: dimmi qualcosa di
vero."
L'ho
zittito. Prevedibile.
Poi
prende un bel respiro e si avvicina alla porta chiusa del salottino.
La apre e senza guardarci dentro borbotta a qualcuno di uscire.
Tacchi
altissimi e silhuette come sempre invidiabile, Pepper marcia fuori
dalla porta, mi prende sottobraccio e mi assicura che potrò
chiederle tutti i consigli di cui avrò bisogno.
Cosa?
Con
Howie in braccio Tony veste il suo migliore sorrisetto da stronzo,
Clint gli Oalkey con lenti a specchio e la sua migliore mascella
contratta - mi è parso di sentire un ringhio mentre passava
vicino a Loki - Bruce un'espressione preoccupata a cui Steve ne
abbina una costernata, in contrasto al saluto quasi allegro di Thor.
Ed infine Natasha, impassibile come sempre, entra nella Lounge per
ultima tenendo per mano una...
una scimmietta?
"Questa
bambina..." Spiega Loki, ed ho l'impressione che stia faticando
a trovare le parole "… Il suo nome è Hela, ed è
mia figlia."
Brutto
figlio di...
"E
tua."
Cosa?
"È
così." Annuisce Stark.
No
no. È impossibile. Me ne sarei accorta – son cose di cui
ci si accorge, per quanto esistano gente pronte a sostenere il
contrario.
"Abbiamo
anche comparato il DNA. " Gli fa eco Bruce: "La storia di
per sé è incredibile ma-"
Lo
fermo mettendo le mani avanti. Mi sento confusa. Molto.
Troppo.
Mi
massaggio le tempie.
Mi
gira la testa.
Potrei
fare solo due cose in questo momento: Chiedere una spiegazione
razionale o urlare a squarciagola.
Quando
vedo Loki avvicinarsi con la bambina in braccio - oddio, sorride,
quella cosa sorride
e sbava! -
la testa mi gira esageratamente troppo e...
Buio.
Quando
l'ha vista afflosciarsi a terra - Pepper ha cercato di trattenerla ma
alla fine è dovuta soccombere anche lei ed è tutto
finito in un groviglio di borse di carta e tacchi alti - Hela si
incupisce subito. Se un istante prima sorrideva eccitata, ora tiene
strette le manine al petto ed il sorriso è diventato un
piccolo broncio perplesso.
Appoggiata
a terra fissa marea di adulti affaccendati attorno a quella che le
avevano indicato come 'mamma'
e che - papà gliel'aveva ripetuto una marea di volte - avrebbe
fatto i salti di gioia a conoscerla.
Indietreggia
appena, molto indecisa se scoppiare a piangere o meno. Guardandosi
attorno gli unici occhi che trova alla sua altezza sono quelli scuri
di Howie.
Lui
non ha motivo di piangere, trova tutta quella confusione strana e
divertente: c'è abituato, attorno a sé ha sempre tanta
gente e tanto chiasso. Si toglie il ciuccio di bocca e glielo infila
quasi a forza nella sua.
Sì,
così va decisamente meglio.
Hela gli sorride di rimando e gli prende la manina, lasciandosi
accompagnare a giocare verso le costruzioni di plastica.
Loki
era pronto a qualsiasi evenienza - strepiti, urla, fiammate di
FuocoFatuo, vomito - tranne che al silenzio
irreale con cui Addison ha ascoltato tutta la storia. Gli ha solo
chiesto - sibilato è il termine più corretto - di star
zitto e lasciar parlare Thor. Ha ascoltato tutta la storia, e poi ha
incrociato le gambe sul divano massaggiandosi le tempie: "Ci
potete scusare un attimo?"
I
Vendicatori si sono scambiati uno sguardo - tranne Barton, lui è
rimasto con la mascella contratta a fissarlo da dietro gli occhiali
per tutto il tempo - ed erano usciti, facendo interrompere i giochi
ai bambini con la promessa di una lauta merenda.
Rimasti
soli, gli occhi scuri di Addison tornano a fissare i suoi: "Perché?"
"Cosa?"
"Perché
mi hai fatto questo? Non abbiamo mai parlato neppure di avere una
relazione seria e duratura noi due, figurati piantarci di mezzo dei
bambini."
"Non
è stata una cosa premeditata."
"Sì,
come no."
È
comprensibile
che
non gli creda, ma per Loki è come aver ricevuto uno schiaffo.
Mentre studia la sua confusione e la sua rabbia repressa a fatica -
stringe i pugni e si mordicchia l'unghia del pollice con la fronte
corrugata - si rende conto che ad Hela non ha rivolto che il primo
sguardo, prima di perdere i sensi. Dopodiché l'ha ignorata,
nonostante i giochi che condivideva con il figlio di Stark non
fossero affatto silenziosi. Addison
non la vuole.
Addison
la rifiuta.
Rifiuta
sua figlia come lui è stato rifiutato da chi l'ha messo al
mondo.
È
qualcosa che gli accende una rabbia sopita ed irrazionale, ed in
improvvisamente a guardarla non prova più il desiderio che
l'aveva accompagnato per mesi, ma solo quello di vomitarle addosso il
suo disprezzo.
È
stato un errore venire qui. Un grosso errore.
Ma
andarsene sarebbe ancora più grosso. Hela sarebbe in pericolo
e lei viene prima di tutto. Anche
dell'orgoglio. Loki
si sforza di piegare le labbra in un ghigno beffardo, quando Addison
gli domanda quali siano le sue intenzioni: "Impietosirvi"
Afferma sarcastico appoggiandosi una mano all'altezza del cuore: "La
mia bambina è in pericolo, e voi non lascereste un'innocente
alla mercé di chi vuole la sua morte, no? Ma non sono qui solo
per questo." Se era vero che Addison aveva sofferto per la sua
mancanza, allora poteva tentare di giocarsi la carta dell'amante
pentito che tornava. Hela
è più importante dell'orgoglio.
L'importante è assicurarle protezione, se questo significa
raggirare i sentimenti di Addison pazienza. Se
lo merita.
Le
sfiora la guancia, consapevole di infastidirla: "Mi sei
mancata." È la cosa più simile alla verità:
per dirla tutta dovrebbe confessarle che il momento in cui le manca
di più è ora,
ora che si scontra contro un muro di silenzio e indifferenza, di
sospetto e rifiuto, loro che hanno sempre avuto il privilegio di
condividere quell'affinità emotiva che andava ben oltre le
reciproche azioni.
Addison
distoglie lo sguardo senza ribattere. "Non sopporto chi decide
della mia vita."
La
libertà, la più grande menzogna. L'unica
a cui lei crede senza riserve.
"Non
puoi presentarti qui e credere che da un giorno all'altro mi metterò
a... a spalare montagne di cacca e sopportare urli e pianti solo
perché tu
hai
deciso che dovevamo
avere
una figlia. Se fossi rimasta incinta e l'avessi partorita avrei
potuto anche sopportare l'idea di un simile errore. Colpa mia, certi
sbagli si pagano. Ma sono sempre stata attenta, ho sempre preso le
giuste precauzioni
per evitare tutto questo... e che succede? Succede comunque!
Grandioso! Ed io dovrei esserne felice? Perché?"
"È
una bambina speciale." Per Loki è difficile star calmo:
la voce fatica a mantenersi ferma e dentro la sua testa le ha già
urlato tutto il suo disgusto. "Mi spiace che tu sia tanto arida
da non poter neppure prenderla in considerazione. Non ti saremo
d'intralcio, GreyRaven. Resteremo negli appartamenti di Thor e..."
Come
aveva potuto condividere con lei qualcosa? "...e
quando avrò trovato una soluzione, spariremo per sempre senza
che tu ne abbia danno. È questo che vuoi?"
Il
colore delle guance asciutte di Addison è intenso dalla
rabbia: "Sì."
Thor
gli ha lasciato a completa disposizione la camera da letto sostenendo
che il divano del salotto fosse ugualmente confortevole. Far dormire
Hela è più difficile senza Fenrir, soprattutto dopo la
brutta avventura che hanno passato: non si vuole staccare e reclama
le sue braccia a gran voce.
Qualche
servo che non ha visto ha sostituito le lenzuola macchiate di sangue
del letto, Loki riesce a trovare una posizione comoda per non sentire
troppo dolore alla spalla - no, non è quello a fargli più
male - senza negare l'abbraccio che sua figlia richiede.
Il
ciuccio che ha rubato al figlio di Stark - quando si è
rifiutata di restituirglielo lui ha dato di matto e solo l'intervento
diversivo di Lady Stark lo ha fatto in parte desistere - sembra darle
qualche conforto, ma è comunque nervosa e si aggrappa al lembo
della sua manica per accertarsi che resti con lei.
Tranquilla,
piccola mia. Non ti abbandono.
Solitamente
quando si impuntava per non dormire Loki cercava di calmarla con
qualche storia, ma ora non ha nessuna voglia di inventarne una.
"Mam-ma?"
balbetta Hela, cercando di lottare contro il sonno che le fa chiudere
gli occhi.
"È
qui fuori." Risponde, senza aggiungere altro, premendo le labbra
contro la piccola fronte per schioccarle un bacio. Le ha già
detto troppo, di Addison, ed è stata tutta una menzogna. Ha
mentito anche a sua figlia, la bugia più infame che abbia mai
raccontato.
"E
ora che intendi fare?" Natasha spezza il silenzio in cui Addison
si è ritirata dopo il suo colloquio con Loki: da più di
un'ora fissa il vetro che dà sulla terrazza, il buio
tempestato di stelle artificiali che compongono New York. Hanno
cenato tutti e lei non si è unita a nessuno di loro.
"Devo
parlare con Fury."
"Stai
scherzando, vero?"
"No,
è la cosa più sensata da fare. Credimi, preferirei
tagliarmi un braccio piuttosto che andare da lui con questa notizia,
ma devo farlo."
"Per
fargli prendere un infarto? Per farti arrestare?" Addison fa
spallucce, poi recupera il giubbotto e se lo infila. "Altro da
aggiungere?" incalza Natasha.
"Sarei
scurrile."
"Cerca
di calmarti."
"Farò
il possibile." Risponde laconica.
Su
New York piove: sono costretta a prendere su l'auto e non la moto
come faccio sempre quando ho bisogno di sfogarmi e schiarirmi le
idee. OTTIMO:
Restare imbottigliata nel traffico serale di sicuro aiuterà il
mio umore a migliorare e l'incazzatura a passare.
Quando
riesco ad arrivare alla Base
Manhattan
è abbastanza tardi e il personale è dimezzato, incontro
solo un paio di persone alla reception - quasi non le saluto - e solo
una nei corridoi dei piani direzionali, che mi indica la sala ristoro
quando le chiedo se abbia visto Fury.
Il
Direttore mi accoglie con il sopracciglio buono alzato e una
merendina in bocca: "Sto facendo colazione. Tu?"
Colazione,
alle nove e mezza di sera.
Prima
o poi qualcuno dovrà studiare il fuso orario con cui è
settato Fury.
"Dovrei
parlarle, se posso." Sorseggia il caffè e mi domanda se è
qualcosa di bello o brutto. "Brutto. Non le piacerà."
Recupero una sedia dal tavolo e l'avvicino: "Fossi in lei mi
siederei."
Mi
restituisce uno sguardo di sufficienza: "Signorina, ero in piedi
quando mi hanno annunciato un'invasione aliena in atto e starò
in piedi a sentire le tue
chissà quanto brutte
notizie."
Scommettiamo?
"Loki
ha avuto una figlia da me."
Nick
Fury praticamente cade
sulla sedia.
"Recupera
lucidità e prova a spiegarmi come sia biologicamente
e
fisiologicamente
possibile.
Sei una femmina, no? Buona parte del personale l'ha potuto toccare
con mano."
"La
ringrazio Signore per l'elegante giro di parole con cui ha definito
la mia promiscuità sessuale. Ad ogni modo pare non ci sia una
spiegazione molto logica, e dobbiamo accontentarci di una... magica."
"Ti
sembro uno che si accontenta di una spiegazione magica?"
"Le
sembro una che va in giro a seminare la prole? Dannazione, ho un chip
nel braccio come anticoncezionale, e scopro che avrei fatto meglio a
metterlo a lui, come dovrei sentirmi?"
Fury
ha abbandonato la colazione sul tavolo ed il caffè ancora
dentro al distributore. Si avvicina alla finestra, guarda fuori,
passa una mano sulla faccia e sospira profondamente: "Un uovo.
Il temibile dio norreno è in realtà una chioccia. Mi
auguro che ora tu lo trovi meno 'sessualmente
appetibile' di
prima."
In
effetti è così: "Pare che non l'abbia deposto,
ecco."
"Sì,
questo cambia completamente
le
cose. E dimmi, Borgo, perché sei venuta dritta dritta a
raccontare tutto a me? Bada: se risponderai indicandomi come una
figura pseudo-paterna sappi che finirai giù dalla finestra.
Non sto scherzando."
"È
per chiedere una sospensione dal servizio attivo." Mormoro tutto
d'un fiato. "Credo... credo di aver fatto un casino con Loki."
"Credi,
uh? Ti ricordo che una richiesta di sospensione dal servizio attivo,
se non accompagnata da una necessità medica, comporta
un'immediata retrocessione di livello?"
"Beh,
Direttore, pensavo che potremmo metterci d'accordo: in fondo la mia
sospensione dal servizio sarebbe per tenere sotto osservazione Loki,
evitare che combini casini dovuti alla mia prima, più che
comprensibile reazione. Non gli ho dato effettivamente la risposta
che voleva sentirsi dire e..."
Il
Direttore ritorna a fissarmi, mani dietro la schiena ed espressione
corrucciata: "Ed io dovrei fornire al Consiglio, a cui non
passerà inosservata la sospensione al servizio di un’agente
di ottavo livello nonché membro dei Vendicatori, questa
spiegazione? Borgo: Loki è ancora considerato un criminale di
guerra; con cui hai socializzato ed, indirettamente, aiutato. Per
quanto possa avere fiducia nelle tue capacità, non posso e non
intendo pararti il culo anche per questo. Hai fatto una cazzata,
Borgo, un'enorme cazzata che potrebbe avere degli effetti fatali
per la sicurezza mondiale. Loki è di nuovo su questo pianeta,
capisci? Se non vuoi che il Consiglio conosca la tua situazione e
l'attuale posizione di Loki e della bambina, non potrò far
altro che presentare la tua domanda di sospensione accompagnata da
'motivazioni personali' ed accettare il tuo abbassamento di livello."
Mi
sento lacerare le viscere. Tento un'altra carta: "Provare ad
affidarmi ad una 'finta' missione? In questo modo il consiglio mi
vedrebbe comunque impegnata e -"
"Borgo,
durante la tua brillante carriera hai portato a casa un buon numero
di risultati, ma anche un discreto numero di casini. Li ho
giustificati perché consoni ai fini delle missioni, ma questa
sarebbe anche troppo."
"Quindi
sarebbe una punizione per essere l'amante di Loki?"
"Non
puoi tenere il piede in due scarpe come fai di solito. È
arrivata l'ora di fare una scelta: o Loki e sua – tua, vostra,
di chi cazzo la vuole – figlia, o la tua carriera nello
S.H.I.E.L.D."
Ho
lo stomaco serrato in una morsa ed il magone: "Suona un po'
anacronistico, non trova? Dover scegliere tra famiglia –
imposta, tra l'altro – ed il proprio lavoro. "
"Prima
o poi si viene sempre chiamati a rispondere delle proprie azioni.
Vedila così: se il consiglio sapesse della tua relazione
saresti trascinata davanti ad una corte marziale e subiresti un
processo. Non sei sciocca, sai bene cosa potrebbe comportare."
Che
potrebbe coinvolgere anche il resto della squadra come complici. Loki
sarebbe costretto a fuggire e sarebbero ancora in pericolo.
Annuisco.
Estraggo il badge dal taschino con mani tremanti e lo porgo al
Direttore. Lui lo appoggia al touch screen del lettore, inserisce la
password di sistema e conferma la sua identità con il sensore
ottico. Giro lo sguardo altrove mentre compie l'operazione allo
schermo, e lo tengo abbassato anche quando mi chiede di confermare la
richiesta con le impronte digitali.
Un
istante dopo la voce elettronica mi conferma la sospensione ed il mio
nuovo, assurdamente basso livello: Quattro.
"Ero
pronta a tutto, Direttore. A Tutto. Tranne che... che affrontare
tutto questo. Non...non me lo merito."
"Borgo
smettila di frignare: non è che hai proprio una malattia
mortale. Non ora, almeno. E poi te la sei cercata. Facciamo che vai a
casa, ci bevi un po' su e domani ti svegli pronta per il tuo nuovo
incarico, d'accordo? E, soprattutto, vedi di non farmi capitare il
tuo fidanzatino davanti."
Berci.
Un.
Po'.
Su.
La
bottiglia di Jack Daniels è già mezza vuota - solo
cinque isolati e tre semafori rossi - ed io non sento nessun
giovamento. La testa mi gira, ma troppo poco. I pensieri sono
confusi, ma non così tanto.
Fatico
anche a trovare cose divertenti su cui ridacchiarci su: per esempio
il logo della pizzeria all'angolo non sembra ancora assumere una
forma fallica.
Scatta
il verde e faccio ancora un paio di isolati, prima di trovare un
altro semaforo.
Dovrei
cercare il lato positivo della situazione.
Il
lato positivo di essere spacciata?
Posso
sempre portarmi a letto Loki.
Impresa
non semplice, dopo il disastroso scambio di opinioni di oggi
pomeriggio.
Forse
ho esagerato.
No,
non ho esagerato. Ne ho tutte le ragioni.
Tutt'ora
non riesco a capacitarmi di come sia stato possibile, né a
trovare una motivazione - oltre al senso del dovere nei confronti
della pace mondiale - per impegolarmi in questa situazione e
trovarla... non dico piacevole, ma sopportabile.
Porcaputtana,
ho una figlia.
E
non ho avuto neppure nove mesi di tempo per abituarmi all'idea che la
mia vita – sociale e lavorativa – fosse finita.
Fi-ni-ta.
Nessuno
potrà convincermi del contrario. Quante volte Pepper è
uscita con noi Picciotte, da che è nato Howie?
Nessuna.
E
le agenti che sono diventate madri, a quante altre missioni hanno
partecipato?
Nessuna.
Sono
diventata un fottutissimo QUARTO LIVELLO e NON sono più
OPERATIVA!
Quante
volte ho guardato Howie ed ho pensato: "Che dolce, ne vorrei uno
anch'io?"
NESSUNISSIMA!
Sono
solo tanto, tanto tanto tanto tanto arrabbiata. Furiosa. Triste.
Confusa. Ho voglia di fare le peggiori cose solo per ribellarmi ad un
destino - scelto da qualcun altro - di noiosa ed interminabile
maturità mentale.
Un
altro sorso alla bottiglia – la nascondo subito, che
un'autopattuglia della polizia parcheggia al lato della strada –
e ora ho voglia di piangere. Oddio, mi sta salendo anche la nausea.
Forse è meglio smettere di bere.
Sono
solo molto arrabbiata, bere non serve. Potrei andare nell'Avengers
Gym e sfogarmi su un sacco da boxe – Steve lo fa sempre, perché
dovrei essere da meno? – e poi andare da Loki e cercare di far
pace perché, cazzo,
l'ho fatto infuriare e poi l'ho...
L'ho
ferito.
Dannazione.
L'ho ferito nel profondo.
Gli
ho detto chiaro e tondo che avrei preferito che la bambina non
esistesse. Non l'ho accettata, come non è stato accettato lui.
Maledizione.
Mi
odierà a morte, e non avrà tutti i torti.
Un
po' mi odio anche io. Anche se continuo a definire la mia reazione
Più
che Comprensibile.
Vorrei
avere qualcuno che mi consoli, ed invece sono circondata da persone
che mi rinfacciano di essermela
cercata.
Basta,
bere non serve.
Abbasso
il finestrino e lancio fuori il Jack Daniels. La bottiglia disegna
una parabola per aria e poi si schianta con una precisione diabolica
sul parabrezza dell'autopattuglia.
Oh,
merda. MERDISSIMA.
"Io
mi chiamo Candy."
"È
perché sei dolce?"
Lei
stende le labbra viola in un sorriso e getta all'indietro un boccolo
ossigenato, prima di alzarsi e ciondolare sui tacchi enormi sino alle
sbarre della cella. Guarda nel corridoio, sospira e poi si toglie la
pelliccia sintetica e la getta sulla panca. "La mia amica Stacy
arriverà tra poco. Le ci vorrà tutto l'incasso della
serata per tirarmi fuori di qui ma... sai quante volte ho dovuto fare
lo stesso per lei?"
"Immagino."
"Ha
il pessimo vizio di non riconoscere i poliziotti in borghese, quelli
ti mandano dentro con una facilità incredibile. E tu con quel
bel faccino, sei qui per lo stesso motivo?"
"Ho
l'aria di una che batte?"
"Sì."
Ok,
forse non ho esattamente un aspetto materno con questa gonna. Il
pensiero di dover anche
rifare il mio guardaroba mi dà nuovamente il voltastomaco:
"Guidavo ubriaca e ho lanciato una bottiglia di Jack Daniels
sull'auto della polizia."
"Ammirevole!"
"Già."
"Devi
aver un problema bello grosso."
Annuisco:
"Uomini che tornano alla ribalta."
"Non
è poi così ..."
"Con
figlia al seguito."
"Che
bastar-"
"...
anche mia. Che non sapevo di avere."
Candy
sbatte le lunghe ciglia piumate: "Sì, il problema mi pare
enorme."
"Ti
prego, mi sembri una donna
di mondo: Dammi una perla di saggezza per affrontare questa
situazione."
"Gioia,
di perle di saggezza sulla maternità non ne troverai da una
che all'anagrafe risulta ancora come Clark De La Cruz."
"Addison
Coleen Borgo?" La poliziotta batte il manganello sulle sbarre e
mi alzo. "La sua cauzione è stata pagata. Candy, invece
starai ancora qui." Lei alza gli occhi al cielo e sbuffa. "Temo
che ne avrai per un po', mettiti comoda.”
"Avresti
da prestarmi un paio di pattine?"
Sorridendo
per la battuta la saluto, ringraziandola per la compagnia.
"Prendila
con filosofia, gioia. In fondo non è mica detto che dovrai
essere per forza la madre dell'anno, no? Sii te stessa e fai in modo
che la bamboccia ti apprezzi per quello che sei: le servirà al
suo primo arresto, sapere che sua madre ha passato lo stesso. Sarò
pur sprovvista di utero, ma di neuroni in questa testolina
imparruccata ce ne sono finché vuoi."
E
così possiamo depennare dalla mia Wishlist la voce 'Ricevere
perle di saggezza da una prostituta transessuale'.
Da
che siamo entrate in macchina Natasha non ha spiaccicato parola né
mi ha rivolto uno sguardo. Detesto essere ignorata e lo sa benissimo,
ma si ostina a farlo perché l'ho combinata grossa e vuole
girare il coltello nella piaga. Deve essere furiosa.
"Sono
stata un'idiota." Esordisco. Annuisce senza togliere gli occhi
dalla strada: "Questo è il momento in cui mi consoli
dicendo: 'Ma
no, non sei un'idiota, sei solo molto confusa per questa situazione
assurda'"
"No
no: sei proprio stata un'idiota."
"Andiamo,
Nat, dimmi la verità: ti saresti comportata in modo diverso?"
Sterza
improvvisamente di lato, inchioda sfiorando di un centimetro una
cabina telefonica facendomi rischiare l'infarto e mi pianta addosso
il suo sguardo di ghiaccio: "Mi stai davvero chiedendo se mi
sarei fatta arrestare per guida in stato di ebbrezza e resistenza a
pubblico ufficiale?"
"Teoricamente
non ho opposto resistenza, gli ho solo vomitato addosso."
"Avrei
tanta
voglia
di prenderti a schiaffi. E non sono sicura che mi tratterrò
dal farlo."
"Natasha,
cosa avresti fatto al mio posto?"
Torna
a guardare oltre al parabrezza, tamburellando le dita sul voltante
dell'auto. Sembra in procinto di dirmi qualcosa e allo stesso tempo
trattenersi dal farlo: "Mi sarei comportata in modo più
maturo" Sbotta alla fine, rimettendo in moto l'auto ed inserendo
la marcia per ripartire. "Senti, come ben sai non ho mai fatto
parte del partito "Tifiamo
per Loki",
ma il tuo rifiuto è stato davvero troppo.
Tutti - lui compreso - si sarebbero aspettati una scenata isterica,
ma non qualcosa di così... così crudele.
Addison, puoi anche non sentirla tua, ma Hela è sua figlia, si
è quasi fatto abbrustolire per salvarla e dalla sua nascita ha
vissuto in una grotta per tenerla al sicuro. Sono sempre stata
scettica riguardo ai sentimenti di Loki verso di te, ma quelli per la
bambina sono abbastanza palesi. Ed il tuo rifiuto... beh, non
l'avrebbe digerito una persona normale, figurati lui."
"Ho
messo in pericolo la sicurezza mondiale."
"Anche,
ma non è questo il punto, stupida testona: hai ferito qualcuno
che per la prima volta da che lo conosco non aveva fatto nulla per
meritarselo."
"E
la mia vita, allora?"
Sterza
nuovamente, sfiora un palo della luce ed inchioda ad un niente da una
cassetta per le lettere.
Questa
cosa inizia ad essere seccante e a me sta tornando la nausea.
"È
la tua vita comunque: cosa pensavi, di andare avanti per sempre a
colpi di superalcolici, scopate occasionali e missioni suicide? È
una vita nuova, e prima di sbraitare che ti fa schifo, almeno prova a
viverla. Se non per te, almeno per Hela, che di certo non ha fatto
nulla per meritarsi un padre genocida e una madre stupida!"
Ingrana di nuovo la marcia e riparte sgommando.
Mi
scoppia il cuore: "A nessuno è mai venuto in mente che a
me questa vita piace? CHE PIACE DA MORIRE?"
"E
INFATTI CI SEI PURE MORTA! E smettila di urlare!"
"NO,
NON LA SMETTO! Non accetto di passare per una stronza egoista, se non
voglio vedermi stravolta la vita da altri senza che io l'abbia
chiesto! SE VOGLIO VIVERE ALLA GIORNATA, SCOPANDOMI ANCHE I SASSI,
NESSUNO HA IL DIRITTO DI..."
"Ti
ho detto di SMETTERLA DI URLARE!"
"NO!"
"SMETTILA
DI FARE LA BAMBINA!"
"FACCIO
QUELLO CHE VOGLIO! LO FANNO TUTTI, PERCHE' IO NO?"
Natasha
ringhia esasperata un: "ADESSO BASTA" e tenta una terza
sterzata a lato della strada: sfiora un palo della luce e centra
un'autopattuglia in transito.
"Ciao
Candy."
"Hey,
già di ritorno? Questo è un record, e vedo che hai
portato un'amica! Le vostre devono essere delle serate memorabili."
"Non
ne hai idea." Borbotto.
Io
e Natasha ci sediamo agli angoli opposti della panca di legno della
cella senza rivolgerci lo sguardo. Di fronte a noi Candy piega la
testa di lato, lo sguardo perplesso sotto alle ciglia piumate: "Credo
che voi due dobbiate parlare un po'. Ho studiato psicologia e mi sono
specializzata nella terapia di coppia: Posso aiutarvi."
E
pensare che nella mia wishlist non compariva la voce 'Psicoanalisi da
una prostituta transessuale”.
Potete
linciarmi. Siete autorizzate a farlo.
Però
non vedo come una persona potrebbe reagire diversamente, davanti ad
un'evenienza del genere.
Io,
per quanto mi riguarda, reagirei PEGGIO di Addison. (Cioè
farei qualcosa per cui verrei condannata all'ergastolo).
Piccola
nota: 'Io mi chiamo Candy' 'E' perché sei dolce?' è una
citazione rubata ad 'Highlander – l'ultimo immortale'. Non
c'entra nulla con tutto questo, ma mi è venuta naturale
infilarcela.
Ad
ogni modo GRAZIE. GRAZIE E GRAZIE per essere arrivate sin qui a
leggere, commentare, inserire questa storia tra le
preferite/seguite/ricordate.
Che
dire? Commenti e Critiche son sempre accette ed incoraggiate, vi
ringrazio in anticipo. Ricordo il mio ask.,
per qualsiasi altra cosa.
“E'
molto più difficile giudicare sé stessi che giudicare
gli altri.”
[Antoine
de Saint Euxpéry, Il Piccolo Principe.]
Sono
stata per cinque minuti buoni davanti alla porta del
ThunderCorner,
prima di prendere il coraggio a due mani e bussare. Al giovale
'Avanti!' di Thor entro e mi trovo davanti un quadretto interessante:
Thor, in tuta e grembiule 'Kiss the Cook' striminzito per la sua
stazza, sta infilando una dozzina di uova ancora nella scatola di
plastica direttamente nel microonde. Loki
invece è seduto al tavolo ed imbocca una reticente Hela,
seduta su una pila di riviste di astrofisica che alzano la seduta
della sedia: nel vedermi accenna un sorrisetto emozionato che lui
stempera con un altro boccone di yogurt e cereali senza degnarmi di
uno sguardo.
"Addison, mai
momento fu più appropriato!" Esclama Thor con un sorriso
imbarazzato: "Necessito di un tuo aiuto: per cuocere queste uova
sode in questa scatola -"
"Microonde"
lo correggiamo in coro io e Loki.
"- in questa
scatola microonde come debbo fare?"
"Tirarle fuori
dalla confezione sarebbe già un ottimo inizio."
Si illumina: "Sei
davvero preziosa."
"Non c'è
di che." Prendo una sedia e mi siedo al tavolo: Loki si scosta
leggermente e seguita ad ignorarmi. Indico con un cenno Hela e tento
un approccio dissimulando il mio imbarazzo: "Fa i capricci a
mangiare?"
"Puoi anche
rivolgerti direttamente a lei." Bercia. Colpita
e affondata: Pessimo inizio.
"E comunque no. Per lei sono sapori nuovi a cui non è
abituata."
Hela mastica e si
impiastriccia mento, mani e maglietta di yogurt. Mi sforzo di
sorriderle di rimando e puntandomi il dito contro la guancia esclamo
un "Uhm... buono!" che risulterebbe sicuramente più
convincente se non mi stessi domandando chi dovrà pulire poi
questo macello.
"Loki, io... io
ho riflettuto molto su ieri sera e -"
PUM!
PUM!
Io e Loki scattiamo
di riflesso in piedi, Hela dallo spavento rovescia tutto il piatto
per terra.
PUM PUM PUM!
"THOR!
Che diavolo hai messo nel microonde?"
"Le uova!"
Si precipita sul microonde e spalanca lo sportello: l'ultimo uovo
finisce di esplodergli in faccia.
Agghiacciante.
Sospira, piega la
testa di lato, si pulisce il viso con uno strofinaccio che poi
appallottola e getta nel lavandino, borbottando sulle proprie
mancanze, appoggiandosi poi sul piano cottura e fissando cupamente un
punto imprecisato della stanza.
Nuvole
si addensano su Manhattan ed io e Loki ci scambiamo -
finalmente!
- uno sguardo. Allarmato.
Decido
di risolvere con quanto più tatto mi è possibile:
"Dovresti parlarne seriamente con qualcuno. Non ti fa bene
tenerti tutto dentro, anche perché di tempeste tropicali
quest’anno ce ne sono già state due." Concorda
annuendo piano. "Nel frattempo io e Loki parleremo a nostra
volta, e questo sarà per tutti quanti estremamente costruttivo
e terapeutico. Approvi?"
Annuisce
nuovamente, guarda me, poi suo fratello ed infine accarezza la
testolina bruna di Hela: "Non riesco a non pensare a come madre
sarebbe felice, nel vedere la famiglia che state costruendo."
Grazie
tante, biondone: e ora chi mi toglie dalla testa il quadretto
famigliare in cui Hela indossa un'aureola, io il cappellino da Babbo
Natale e Loki le corna da Renna e cantiamo in coro sotto l'albero di
Natale?
"Ne sarebbe così felice."
"Ne
sono certa, Thor."
Preferirei una colica
"Ora però, se permetti... "
"Hai
ragione, domando perdono. Vi lascio soli, andrò a tormentare
qualche volto amico."
Beh,
sono l'unica qui dentro che deve scontare qualche colpa? Direi di no.
"Prova con Banner, Stark dice sempre che è un bravissimo
ascoltatore."
Loki
ha deciso che Hela ha mangiato a sufficienza, così le ha
pulito la bocca con il tovagliolo e l'ha fatta scendere a terra. Lei
sgambetta felice verso il divano, ci si arrampica e spinge a terra i
cuscini uno dopo l'altro accompagnando l'impresa con gridolini
soddisfatti. Loki si risiede, incrocia le braccia e finalmente mi
fissa in attesa.
Dunque...
da dove iniziamo?
Trovare
le parole mi è improvvisamente difficile. Ho passato le ultime
due ore a provare il mio discorso allo specchio, ma ora davanti agli
occhi freddi di Loki mi è tutto scivolato via dalla mente:
"Prima di tutto, ti devo le mie scuse" inizio, trcendomi le
mani dal nervoso: "Ieri sera ho avuto una reazione esagerata e
mi sento uno schifo per quello che ho detto. Ho avuto modo di
riflettere, durante i miei due arresti, e ho capito di aver
profondamente sbagliato."
Loki
aggrotta la fronte: "Due arresti?"
"Piccolezze.”
Minimizzo con un cenno della mano: “Ad ogni modo, sono davvero
dispiaciuta per quello che è successo. Me la sono presa con te
perché... perché sono infantile ed egoista ed
insensibile. Natasha mi ha riassunto così"
"Quantomeno
azzeccato."
"Lo
so. Me la sono presa con te anche se ... anche se non hai fatto altro
che cercare di proteggere tua figlia, e questa è una cosa che
non posso proprio contestare. Io sono solo... impreparata per questo
evento, ecco. È una cosa che mi spaventa parecchio, e sai che
non sono generalmente una fifona, ma questa cosa... beh, questa cosa
mi fa una paura tremenda. Ho parlato con Fury, mi sono fatta
sospendere dal servizio attivo. Non è stato facile per me,
anche perché sono stata degradata, ma così per un
po'... per un po' potrò stare qui con voi e... magari trovare
una soluzione in modo che non sia considerata una mina vagante per la
pace universale. Che ne dici?"
"Che
non sembri molto interessata a lei. " Loki ha lo sguardo sul
tavolo, tra le stoviglie vuote della colazione. Sul volto stanco e
logoro il rosso di un'ustione spicca sulla pelle bianca, quando
glielo sfioro appena si scansa e mi sposta la mano. "Non le hai
rivolto neppure uno sguardo, tanto meno provato a parlarle."
Già
è vero. A
mia pietosa discolpa, balbetto
la scusa di essere imbranata in questo campo: "Se non ci credi
chiedilo a Pepper: l'unica volta che mi ha fatto fare da babysitter
ad Howie l'ho perso! Se non fosse stato per J.A.R.V.I.S. sarebbe
ancora a dormire nella dispensa!" Ribatto cercando di farlo
sorridere. Tentativo vano. "Mi ci vorrà un po' per
abituarmi." Aggiungo.
Finalmente
ritrova i miei occhi: "Dovrai impegnarti a farlo."
Annuisco.
"Ti va di venire di là da me?"
"Non
è il momento."
Incasso
ed accetto, anche se ho un certo groppo in gola. "Prenditi tutto
il tempo che vuoi. Io... io vado a farmi una doccia. In cella credo
di essermi presa un paio di pulci."
La
prova dell'esistenza del Karma Bruce ce l'ha seduta sul proprio
divano.
Una
prova alta due metri e con bicipiti dalla circonferenza umanamente
impossibile. Negli ultimi venti minuti, oltre ad aver costantemente
sudato freddo, ha iniziato a credere che per racimolare quella
quantità di disgrazie nella sua vita precedente doveva essere
stato l'unico gerarca nazista scampato ai calci di Cap.
"Il
mio rammarico più grande è quello di non essere
riuscito a comprendere quale sacrificio stessi chiedendo a Jane. Son
stato stolto ed ottuso, lei mi ha lasciato per un motivo valido. Se
solo avessi cercato un compromesso o un punto di incontro, o se solo
mi fosse mostrato aperto verso il medesimo sacrificio, forse lei
sarebbe ancora tra le mie braccia."
Bruce
si passa una mano sui capelli rasati: "Ehm... chi può
saperlo..." riesce solo a biascicare: "In fondo le storie
vanno così, insomma... capita ecco!"
"Avevano
ragione, Bruce Banner: Sei un buon ascoltatore e un caro amico."
Accarezzando
l'idea di lasciare che l'Hulk facesse irruzione nell'appartamento di
Addison, Banner annuisce di nuovo: "Figurati"
"Ma
le mie colpe non si limitano a Jane." Bruce reprime a stento
l'impulso di autoflagellarsi per scampare al discorso successivo:
"Infliggo a Sif un'offesa ben maggiore, ad averla chiesta come
sposa pur amando un'altra. Lei che non mi ha mai negato la sua
amicizia, la sua lealtà... ed io non riesco a ricambiarla come
meriterebbe. Riesco a malapena a baciarla, mentre con Jane - "
"Ok,
ok. D'accordo." Bruce scatta in piedi ed inizia a camminare
nervosamente per la stanza. "Stiamo uscendo dal mio contesto,
ammesso e non concesso che fossimo mai entrati in un campo di mia
competenza."
"Chiedo
scusa se ho urtato la tua sensibilità."
"Non
è per sensibilità è che..." È
che ho già abbastanza complessi ad andare a letto con una
donna che è stata prima con un fusto di dio come te. Non
mettermi in testa immagini che mi inducano ansie da prestazione.
Sospetto che all'Hulk non possano piacere.
"... È che io sono un ottimo ascoltatore, ma un pessimo
consigliere. Soprattutto in questo campo. Assolutamente. Ma sai chi è
invece la persona che ti rimetterà a nuovo?"Nella torre
c'è un sacco di gente che ha peccati da scontare: "Barton.
Sì, esatto, proprio lui."
Un
alito di freddo e spalanco gli occhi di scatto: Loki si ritira
velocemente a sedere in fondo al divano.
Quanto
tempo è passato? Mezz’ora? Di più?
Mi tocco i capelli, sono ancora umidi. Mi alzo dai cuscini senza
curarmi di aggiustare l’accappatoio in cui mi sono addormentata
subito dopo la doccia e Loki distoglie lo sguardo dal mio petto: “Ho
necessità del tuo medicamento per le ustioni. La ferita alla
spalla non migliora.”
“Certo.”
Mi alzo e salgo in camera da letto. Mi infilo in fretta e furia un
top e un paio di shorts e ritorno da lui con il vasetto dell’unguento
degli Inferi. Lo aiuto a sfilarsi la maglietta e a togliere le bende:
la carne è rossa e scorticata, ma il taglio della ferita non è
più tumefatto ed è ricoperto da una spessa crosta:
almeno la guarigione è in atto. Spalmo l’unguento con
quanta più delicatezza possibile.
Che
sia questo il nuovo punto di inizio?
Ricordo
di quando gli ho medicato il collo piagato al mio FuocoFatuo, nel
comparto di detenzione dell'Helicarrier dopo la battaglia di New
York. Aveva soffocato nella museruola un gemito di sollievo. Gli
avevo promesso che non sarei stata dolce, ed invece ora lo sto
medicando con tutta l’attenzione e la delicatezza possibili.
Sembra
tutto appartenere ad un'altra vita.
Beh,
in fondo è così.
“L’ustione
sta ancora buttando fuori calore.” La mia affermazione è
totalmente inutile, ma avevo bisogno di dire qualcosa, qualsiasi
cosa.
“Avevo
delle foglie mediche adatte, ma le ho finite.” Risponde,
continuando ad evitare di incrociare il mio sguardo finché non
rivolgo le mie attenzioni all’ustione che gli sfregia la linea
della mascella. Non riesco ad impedire alla mano di stendersi in una
carezza: il suo viso mi è stato tolto a lungo e solo ora mi
accorgo di quanto davvero mi sia mancato.
Ed
ora ho di finalmente i suoi occhi nei miei ed la sua mano si è
appoggiata sulla mia gamba, a lato del ginocchio, ed accarezza la
pelle con lentezza come faccio con il suo volto.
Sei
mio, sì. Sei mio ancora. Così come io sono tua
nonostante tutto.
Avvicino
il viso alle sue labbra sottili e per un istante sembra fremere
quanto me, prima di scostarsi e negarmele. Anche la mano scivola via
dalla gamba. “Devo andare. Thor sta badando ad Hela, ma non mi
fido ad affidargliela troppo a lungo.” Piega le labbra in un
tenue sorriso: “Non se la cava così male, però.”
Sei
ancora mio, ma non sei più solo mio.
Ha
anche un altro amore, e questo è ben più grande di me.
È qualcosa con cui non posso competere, ed in fondo è
giusto così.
Ma
comunque voglio riavere per me un pezzettino di Loki. Anche se è
solo la metà del suo affetto, o un quarto o un decimo, deve
potersi fidare abbastanza per ridarmelo.
E
potrò tenerlo sotto controllo.
E
potrò tenerlo per me.
E
Loki ed Hela ora sono un pacchetto completo e non scindibile. Se
voglio uno dovrò prendere anche l'altro.
Offerte
last minute, una gran fregatura come sempre.
E
chissà, magari con il tempo riuscirò a vincere le mie
reticenze e ad essere per Hela qualcosa di diverso dalla stronza che
ha dato di matto quando ha scoperto la sua esistenza.“Posso
venire anch’io?”
Sulla
soglia del Lair,
Loki sembra sorpreso. Non dice nulla, ma esce lasciando la porta
aperta.
"Sono
arrabbiato anche con te, Natasha." Clint le ha servito la
colazione gettandola alla rinfusa sul piatto, decisamente diversa
dalla disposizione curata con cui impiatta di solito. Beve il caffè
in piedi, appoggiato al mobile della cucina, e quando lei lo invita a
sedersi al suo fianco lui gorgoglia un No
dall'interno della tazza di ceramica.
"È
per il mio arresto?" Tenta Natasha. "So che la cauzione era
il tuo fondo pensione ma... te li restituirò, non c'è
problema io..."
"Non
è per la cauzione. Non era il fondo pensione ma solo il fondo
Nuova Tavola da Snowboard."
"Accidenti,
ci spendi un sacco per la tua attrezzatura da neve, eh!"
"Volevo
regalartene una anche a te."
"Ah."
Natasha abbandona la sedia e cerca di avvicinarsi per calmarlo.
Lui
la scansa: "Ti ho detto che sono arrabbiato. E sai perché.
Mi prendi sempre per un coglione, uno che si può rabbonire con
una succhiatina e quattro colpi e non avrà reazioni lecite a
simili notizie. Lo stronzo mi ha fottuto il cervello, Natasha. Mi ha
fottuto il cervello, mi ha fatto ammazzare delle persone, e per poco
anche te. Ed ora io dovrei accettare di conviverci sotto lo stesso
tetto!"
"Non
era mia intenzione sedurti per rabbonirti.”
“Ma
l'hai fatto. E a volte mi domando se davvero io mi possa fidare di
te. A livello relazionale, intendo.” Clint appoggia la tazza
nel lavello e si allontana: "Vado a dormire: stanotte non ho
chiuso occhio per colpa tua, della tua amichetta e dei vostri
arresti."
Quando
scivola nella camera da letto in penombra e si infila sotto le
coperte del letto Clint si volta dandole la schiena: "Non è
così che si risolvono le cose" mormora Natasha. "Non
tra due persone adulte."
"Oh
sicuro. Meglio a modo tuo..."
"Lasciami
parlare. Non avevo intenzione di insultare la tua intelligenza, né
sminuire il nostro rapporto. Mi è sembrata la cosa... più
semplice da fare e... beh, volevo stare un po' con te e sapevo che se
ti avessi parlato subito dei nostri - uhm - ospiti
avresti immediatamente perso la testa e saresti partito a spron
battuto per fare piazza pulita. Io... io non so fare diversamente da
così. Neppure io ho perdonato Loki per quello che ha fatto
ma... questa è tutta un'altra questione."
Finalmente
Clint si volta a fissarla, ma il suo sguardo non è meno duro:
"È perché la bambina è la figlia di
Addison, vero? Se fosse di qualcun altro li avresti spediti fuori
dalla Tower a calci in culo. Ma Addison viene prima di tutto, come
sempre."
"Non
fare lo stronzetto geloso, sai che non è vero. In cella l'ho
strigliata a dovere. È solo che..." Si puntella sui
gomiti per alzare il busto e perde il suo sguardo tra le unghie.
"È
per riparare alla figlia di Dreykov?" Natasha annuisce: sì,
è più semplice lasciargli credere che sia solo per quel
motivo che mettersi a spiegare tutto. Lo sguardo di Clint si
ammorbidisce. Appena: "Così ti torturi inutilmente."
"No,
non è inutile. Hela è... solo una bambina. Condannarla
per le colpe del padre è sbagliato. Figlia o no di Addison,
non può non avere almeno una possibilità."
"Insomma,
farai la parte della zia." Sospira Clint. "Forte." È
seccato e non fa nulla per nasconderlo, tuttavia ha smesso di essere
arrabbiato e per lei è già qualcosa.
"Ieri
l'ho lavata io. Era sozza di merda dalla testa ai piedi, spaventata,
continuava a piangere per chiamare suo padre ed è un suono
che... beh, non pensavo fosse così potente."
"Ho
in mente quello di Howie: Spezza i timpani."
"No,
spezza il cuore." C'è qualcosa che trema nella voce di
Natasha: "I bambini piangono tutti così quando sono soli
e spaventati?”
“Probabile.”
“Lo
facevo anche io?"
"Natasha..."
"Chi
mi faceva smettere? E come?"
Clint
le passa le braccia attorno alle spalle e l'attira a sé, le
mani strette nei pugni e le guance che restano ostinatamente asciutte
e arrossate. "Sono così arrabbiata...! Da che quella
puttana dell'Incantatrice mi è entrata nella testa ricordo
tutto. Tutto.
E non posso fare a meno di chiedermi che cosa abbia fatto per
meritarlo e perché nessuno l'abbia impedito. Loki è un
pazzo maniaco pluriomicida ma si farebbe uccidere pur di salvare sua
figlia. I miei genitori che razza di mostri erano per aver permesso
tutto quello?"
Le
labbra di Clint sono sulla sua fronte, calde e umide e rincuoranti
come solo loro riescono ad essere: "Possono esserci mille motivi
dietro, non saprai mai cosa è accaduto con certezza, quale è
stata la loro sorte o se erano al corrente o meno della RedRoom."
Lei
alza le spalle: "Hai ragione, ormai non ha più alcuna
importanza. L'unica cosa che posso fare è evitare che a
qualcuno accada altrettanto."
"Jane...
Jane?" Bruce fissa l'immagine della donna nello schermo: occhi
spalancati, bocca che sfiora la scrivania su cui è appoggiato
il computer, calice semivuoto di vino che pende pericolosamente tra
l’indice e il pollice. "Tutto bene?" La vede chiudere
la bocca, sospirare, allungare la mano fuori dall'inquadratura e poi
versarsi dell'altro vino nel bicchiere e berne un lungo sorso. "Dì
qualcosa...!"
"Tu
non sai quanto, in questo momento, sia contenta di stare con te e non
più con Thor."
Bruce
tira un sospiro di sollievo: "È carino sentirtelo dire,
dovresti farlo spesso. Magari anche in altri contesti."
"Perché?
Ti ho mai dato l'impressione di fare paragoni?" Ribatte piccata.
"No,
no, affatto. È solo che beh, penso che passare da Thor a me...
in un determinato frangente, ecco, la differenza si noti no? E mi
fermo qui perché mi sta tornando in mente un'orribile scambio
di squallide battute tra Stark, Barton ed Addison sulla necessità
di un film porno sulla nostra squadra, in cui io mi trasformo e...
'batto
tutti'."
Jane
appoggia il bicchiere di vino: "La differenza tra te e Thor non
è in un solo frangente. E, tranquillo, stravinci."
"Grazie
Jane, è una bugia pietosa ma molto dolce."
"Ad
ogni modo, tornando a parlare di noi due... ti andrebbe di venire qui
tra due weekend? Selvig parte per la Grecia, non cercherà di
rubarci tempo prezioso."
"Mi
tenti. Farò il possibile." Jane fa l'occhiolino e
sussurra un 'Bravo!' Il cellulare di Banner lo avverte di un
messaggio: "Ti devo lasciare, mi dispiace. Addison ci ha riunito
in salotto, dice che vuole..." Riguarda lo schermo dello
Starkphone e arriccia il naso perplesso: "Presentarci il
Protocollo da seguire. Che vorrà dire?"
Jane
alza una spalla e torna a sorseggiare il vino.
“Maxifelpa
di H&M, Leggins sdruciti, Ugg e totale assenza di trucco: direi
che sei già in uniforme materna." Sghignazza Stark,
meritandosi il pizzicotto di Pepper.
Seduti
diligentemente sul lungo divano della Lounge, la squadra mi fissa in
attesa di ragguagli.
"Manca
Beth." Noto, fulminando Steve con lo sguardo. Si affretta a
spiegare che sta lavorando e non ha potuto chiedere un cambio ma che
provvederà lui stesso a spiegarle la situazione: "Così
questa è la volta buona che scappa a gambe levate"
Aggiunge con un sospiro. Natasha gli passa una mano sulla schiena in
segno di conforto e la mascella di Clint - Oalkey ostinatamente
ancorati alla faccia - si contrae in un guizzo infastidito. Banner
chiede dove sia Loki in questo momento e Thor gli risponde che è
nel ThunderCorner:
"Sta giocando con Hela."
"Oh,
i primi rudimenti del caos?" Sbuffa sarcastico Stark. Altro
pizzicotto di Pepper. Thor lo ignora chiede a J.A.R.V.I.S. conferma.
In risposta, il sistema apre un quadrato olografico alla mia destra,
con il filmato in diretta della videosorveglianza che mostra Hela nel
salotto di Thor, intenta a creare quanto più casino possibile
debitamente fomentata da suo padre. Una macchia nera e tremante
nell’angolo riparato di un pensile mi suggerisce che Morrigan
stia cercando di scamparla come può e che per le prossime ore
riceverò anche il malumore del mio corvo.
Tutto
a gonfie vele, direi.
"Che
vi dicevo?"
"Tony,
smettila. Addison, per favore, procedi pure."
"Un
momento" Finalmente Clint si è tolto gli Oakley: "La
videosorveglianza è in tutti gli appartamenti?"
"Certo,
la Tower è mia!" Stark si ritrova addosso gli occhi di
tutti. "La mia intenzione era di creare il Reality Show
definitivo. Non ve l'ho detto prima perché non trovavo il nome
adatto: Avengers
Shore?
Il
Grande Fratello Asgardiano?
Sedici
secoli e incinto?"
Pepper
si affretta a dare una spiegazione seria: "La videosorveglianza
è sempre staccata, J.A.R.V.I.S. ha filtri molto severi per
quanto riguarda la sua attivazione - che per la cronaca posso
decidere solo io, in quanto capo della sicurezza - e questo era uno
di quei casi in cui, scusaci Thor, l'abbiamo reputata necessaria."
Thor
abbozza un sorriso comprensivo assicurando che non vi è nessun
problema.
Decido
che è ora di andare avanti: recupero gli StarkPad dal tavolo
e ne distribuisco uno a testa; come sempre Tony rifiuta ciò
che gli si porge, così è Pepper che lo prende e glielo
rifila con più decisione e un'occhiataccia: "Data la
situazione, ho pensato di stilare alcune linee guida per evitare che
le cose precipitino e cercare di mantenere un livello di convivenza
quanto meno accettabile, con il minor spargimento di sangue possibile
e possibilmente senza vittime."
"Allora
non dovresti parlare con noi, ma con Loki." borbotta Clint.
Gli
faccio notare che è appunto questo l'atteggiamento sbagliato:
"Ragazzi, so con chi abbiamo a che fare, per questo sto dando le
linee guida a voi, perché ho piena fiducia nelle vostre
facoltà mentali. E perché davvero questa situazione
esula da qualsiasi mia preparazione. Perciò... so di chiedervi
molto ma... ho bisogno di voi."
"Non
metto in dubbio la ragionevolezza delle tue linee guida"
interviene Banner infilandosi gli occhiali: "Tuttavia mi devi
spiegare perché vieti la visione del Trono Di Spade in
presenza di Loki."
"Troppo
sesso?" Ammicca Tony, Thor ridacchia e Steve alza gli occhi al
cielo, prima di ipotizzare che il motivo siano le Nozze Rosse:
"Insomma... se ci pensate potrebbe trovare qualche affinità
e..."
Natasha
alza la mano: "È per Re Joffrey?"
“Un
punto per la Romanoff.” Concedo, e Nat viene apostrofata come
'Secchiona' da Stark. "Vorrei che a Loki non si pongano esempi
da seguire di 'cattivi' popolari. Vorrei evitare che sviluppi
un'iconica empatia che renda giustificabile e moralmente accettabile
le sue azioni. Stessa cosa il Dr Lecter: meglio non nominarlo
neppure, entrambi sono stati rinchiusi in una prigione di vetro, non
so se mi spiego."
"E
le abitudini culinarie di Loki non ci sono poi così chiare."
Precisa Banner. Annuiamo tutti in accordo, anche Thor.
“Non
comprendo perché compaia anche Sherlock.” Interviene
nuovamente Stark. “È della BBC, che vuoi che facciano
gli inglesi? 'Oh
mio dio! Moriarty ha avvelenato il the! La nazione sprofonderà
nel caos!'”
Questa
volta è Clint a rispndergli indicando me e Natasha:
“Regrediscono allo stadio di adolescenti arrapate con quel
telefilm. Senza contare che Moriarty... beh, ha stile.”
Assegno
un punto a Clint.
Pepper
alza di nuovo la mano: “Allora, proporrei di aggiungere anche
Labyrinth: non vorrai mica che vada in giro vestito da Jareth il Re
dei Goblin, vero? Vero?"
Beh,
in effetti quello era il motivo per cui NON l'avevo inserito... "Oh,
andiamo... chi non trova Jareth dannatamente sexy?"
Alzano
tutti la mano.
Quando
apre la porta del ThunderCorner Loki ha una riga rossa che gli
attraversa la fronte: "Carino." commento.
"Lady
Stark ha comprato ad Hela dei pennelli autoscriventi, pare dimostrare
una spiccata dote per le arti."
"O
per il MakeUp. Posso entrare?" Mi fa spazio, varco la soglia e
me ne pento: Se
Thor non è davvero suo zio... com'è che Hela può
creare potenti e devastanti uragani?
L'appartamento
è completamente a soqquadro: i cuscini del divano sono in
tutte le direzioni, una tenda è a terra, la televisione è
storta e gli scaffali del mobile del salotto sono svuotati da
qualsiasi tipo di oggetto. In compenso il pavimento ne è pieno
e sembra che gran parte delle cose siano nascoste sotto al tappeto.
Dulcis in fundo, la parete bianca della cucina è decorata da
ghirigori di pennarello rosso, blu e verde.
"Era
molto nervosa." La giustifica Loki, alzando un paio di sedie e
recuperando i cuscini del divano per rimetterli al loro posto: "Il
cambiamento d'aria e di abitudine l'ha stravolta. Ho preferito
lasciarla sfogare per metabolizzare gli ultimi accadimenti."
E
con l'autorità concessami dalla University of Pennsylvania,
conferisco a Loki Laufeyson la laurea ad honorem in psicopedagogia.
Lasciamo
perdere: A proposito di Hela, domando
dove sia, aiutandolo a recuperare gli oggetti da sotto il tappeto.
Lui indica un punto sotto il bancone della cucina: dallo sportello
aperto, in mezzo ad un paio di stoviglie abbandonate sul pavimento,
spuntano le gambine di Hela, intenta a decorare l'interno del mobile
con i pennarelli accompagnando la sua opera d'arte con gridolini e
versetti.
Forse
è il momento giusto per ritentare un approccio: mi avvicino
alle sue spalle e la saluto con il più squillante dei “Ciao!”
che posso produrre.
Hela
trasale, sbatte la testina contro il ripiano interno e scoppia a
piangere.
M
affretto ad alzare le mani alzo le mani a dimostrare la mia
innocenza: "Ha fatto tutto da sola!"
Loki
incrocia le braccia: "Quindi? Che vuoi fare, lasciarla lì
a strillare?"
E
che faccio? La alzo goffamente e penso sia un'ottima idea mettere il
bernoccolo sotto l'acqua fredda. Presa dal panico, con lei che urla
in modo esagerato,
apro il rubinetto ed incrocio lo sguardo allarmato di Loki:
"T'avverto: non ha branchie."
Spiritoso.
"Farò
attenzione." Cerco di afferrarla meglio e la tuffo sotto il
getto. La bambina si divincola, mi sfugge dalla presa e rimedia
un'altra testata, questa volta nel lavandino.
Ok,
e anche il secondo approccio è stato abbastanza traumatico.
Vediamo come riesco a peggiorare la situazione.
La
alzo: ha il fiatone, gli occhi sbarrati, ed è completamente
zuppa. Guardo Loki: ha un sopracciglio alzato e si morde il labbro
inferiore per trattenersi dal lanciarmi qualcosa di asgardianamente
simile all'Avada
Kedavra.
"Beh,
il bagnetto doveva ancora farlo, no?" L'espressione di Loki non
muta. Mi offro per cambiarla e lui fa cenno di no con una mano: "Hai
già fatto abbastanza. Provvedo io."
Sospiro.
"Non
ero venuta qui con l'intento di affogarla." Sono riemersi mano
nella mano dalla camera, con Hela che trotterella balbettando qualche
strana parola. "Volevo solo invitarvi a cena."
"Con
gli altri?" Domanda diffidente Loki.
"No,
assolutamente!” Anche
perché si sono tutti defilati con le scuse più
disparate. “Solo
noi tre. Da me. Ho delle polpette precotte scadute solo due giorni
fa, ma erano in frigo e si sono conservate bene. E poi ho il
preparato per il purè e credo anche dei formaggi di quasi
certa origine. Ah! E una scatola di piselli."
"Accidenti,
che lauto banchetto" Risponde sarcastico: "Se la metti così
ci prendi per la gola: declinare l'offerta è praticamente
impossibile. Almeno varieremo la nostra dieta: da quando siamo qui
Thor non ha fatto altro che propinarci lo stesso piatto."
"PopTarts,
vero? Credo che ne abbia la dispensa piena..."
Osservo
Loki tagliarle la carne e la bambina inforcarla goffamente per
mangiarla con gusto: "Sembra proprio una golosona..."
Sorrido forzatamente, cercando di stemperare la tensione, che da
quando ci siamo seduti al tavolo ho inforcato una gaffe dietro
l'altra e Loki non parla che a monosillabi: "Howie fa dannare
per il mangiare: è iperattivo e faticano a tenerlo seduto a
tavola. Sono più le volte che viene rincorso con il piatto in
mano."
Raccomandandosi
di soffiare sulla forchettata di purè caldo prima di
infilarselo in bocca - Hela lo fa con troppa veemenza e un pezzo vola
nel mio bicchiere - Loki piega finalmente le labbra in un sorrisetto
orgoglioso: "Questo perché il rampollo degli Stark è
una piccola peste viziata."
Alzo
gli occhi al cielo: certo che se le premesse sono queste dovrò
stilare ben presto un altro Protocollo.
Abbozzo
un altro sorriso di rimando ad Hela: la sua espressione serena ed i
suoi occhi costantemente fissi su di me mi mettono a disagio. Mi
guarda come se si aspettasse che da un momento all'altro facessi
comparire un coniglio dal mio cilindro, sembra incantata dalla mia
presenza.
Vorrei
esserlo anch'io, credimi bimbetta.
Prova
a mangiare i piselli, è una dura lotta riuscire a farli stare
sulla forchetta. Loki un po' l'aiuta un po' ne ride, ed in effetti la
scena è talmente buffa che non posso impedirmi di fare lo
stesso. Quando finalmente riesce a portarsi il boccone alla bocca è
impreparata alla loro consistenza: le vanno di traverso e tossicchia.
Le batto delicatamente la schiena per aiutarla a deglutire.
Un
pisello viene sparato dal naso e centra il mio bicchiere.
Deprimente.
Non
vi è nessuna naturalezza nei gesti di Addison, anche la risata
è forzata. Loki non riesce a soprassedere alla sua mancanza di
affezione verso la sua bambina. Non dimostra nessuno slancio di
prenderla in braccio o di sentirla parlare, di vederla ridere o di
conoscerla.
Forse
dovrebbe semplicemente apprezzare il suo sforzo di adattarsi alla
nuova situazione, e di cercare di instaurare un rapporto con Hela. La
cena, in fondo, deve essere la sua massima espressione culinaria,
visto che quando la visitava era solita ordinarla da taverne esterne
e non l'aveva mai vista fare altro che infilare involucri bianchi
dentro al microonde.
Per
quanto sembri più disponibile ed impegnata a fare ammenda per
la sua reazione, Loki non può fare a meno di pensare che
Frigga un rifiuto non l'aveva neppure proferito dinnanzi ad un
neonato che non aveva nulla da spartire con lei o la sua razza.
Addison
è ben diversa. Non può essere avvinta da alcun legame.
Non era una delle cose che tanto gli piacevano di lei?
"Sai,
Hela, oggi ti ho preso un giochino." Addison aiuta la bambina a
scendere dai cuscini della sedia e l'accompagna attraverso la stanza,
sul tappeto vicino ai divani dove recupera una busta di plastica
continuando a parlarle con moine sdolcinate, finché Loki non
resiste e le fa notare che Hela non è un'idiota e può
anche smettere di usare falsetti e squittii. Addison avvampa e cerca
di dissimulare l’imbarazzo estraendo una scatola dalla busta e
aiutando la bambina ad aprirla, sforzandosi addirittura di provare a
spiegarle brevemente lo scopo del gioco: "Si chiama puzzle.
Vedi? Devi incastrare i pezzi." Mostra un paio di incastri,
sbagliati. "E se non entrano alla perfezione, basta pressarli un
po'." Li appoggia a terra e li pesta con il piede: "Visto?
Divertente, no?" Assicurandosi che Hela si sia interessata al
gioco torna al tavolo e si risiede.
"Sono
colpito dall'impegno che ci stai mettendo."
Lei
ringrazia altrettanto sarcastica. "Volevo parlare di cose...
uhm, pratiche. Credo che dovremmo trovare una soluzione all'annoso
problema della considerazione che quattro fattucchiere hanno di Hela.
Se Asgard non può essere a noi ostile, lo sarà
sicuramente qualche altro regno, no? Tipo quello degli arrostitori
che hai incontrato."
Annuisce
ed ammette che quel ragionamento ha condizionato la sua giornata:
"Non nego che Hela possa davvero essere una minaccia per i
governi dei Nove Regni. E non ti nascondo che sarebbe per me fonte di
enorme orgoglio vedere mia figlia riuscire dove io ho fallito. Lo è
sapere che è già temuta: conoscono il valore del suo
potere. È il connubio perfetto tra molteplici razze: in parte
demone, in parte Jotun, in parte umana... Lei merita di spezzare la
schiena a chi vigliaccamente la minaccia."
Addison
annusa l'aria: "Il connubio perfetto tra molteplici razze credo
che abbia appena riempito un pannolino. Fai tu?"
"Fossi
in te mi prodigherei per entrare nelle sue grazie. Quando verrà
il giorno – e arriverà, te lo posso assicurare –
non vorrai essere tra le schiere dei suoi schiavi."
"In
altre parole, vado io." Sospira alzandosi
"Non
scordarti il talco: ha una brutta irritazione."
"Dicevamo:"
Addison è tornata dopo un quarto d'ora e Loki ironizza sul
tempo impiegato esprimendo la sua preoccupazione che con 'cambiare'
avesse inteso sostituire di netto la bambina.
"Hey,
era la mia prima volta!"
"Ha
il talco sin nei capelli."
"Mi
hai detto tu di metterglielo!
“Intendevo
solo sull'irritazione...”
“E
allora la prossima volta sii più preciso, grazie. Ma torniamo
all'argomento principale: Risoluzione della problematica legata alla
sicurezza della minorenne posta sotto la nostra tutela."
Loki
alza gli occhi al cielo: "Detto così suona
indiscutibilmente materno. Soprassederò anche questa volta.
Come ti dicevo, il destino che il fato sembra riservare ad Hela lo
trovo alquanto fausto, non cercherei di ostacolarlo in alcun modo."
Lei
lo fissa attentamente per qualche secondo, poi piega la testa di lato
e piega le labbra in un sorrisetto: "Sei angosciato, non è
vero?"
"Perché
dovrei? Mia figlia è sotto la protezione dei più grandi
eroi della Terra. E a rafforzare la tesi che nostra figlia non potrà
avere che un glorioso futuro, c'è il fatto che ambedue siamo
di stirpe reale: sebbene ci sia stato negato l'onore di un trono, non
possiamo rifiutare quale tipo di sangue scorra nelle nostre vene."
"Il
che fa di lei non solo una preda ambita, ma un ostaggio perfetto."
Loki deglutisce e distoglie lo sguardo, Addison si alza e commenta
come abbia centrato il punto. "Ovunque la si guardi, la profezia
fa di lei una prigioniera."
"Per
ora."
Hela
ha rotto a metà un pezzo del puzzle che non entrava da nessuna
parte. Lo appoggia sull'incastro e ci saltella sopra per fissare le
congiunzioni. Poi li fissa battendo le manine soddisfatta. Entrambi
si affrettano a risponderle nello stesso modo.
"E
se chiedessi ad Amon di darci una mano? Potrebbe garantire che sarà
sotto la sua tutela, e non dannosa per qualcuno. La voce di un
sovrano potrebbe dare qualche garanzia in più, non trovi?"
Finalmente
un'idea sensata. Loki
ammette di esserne positivamente sorpreso: "Temevo avessi perso
la tua proverbiale arguzia."
La
mascella di Addison ha un guizzo e per un istante si bea di averla
punzecchiata a dovere. Poi lei dissimula guardandosi un attimo le
unghie e commentando il dover riassettare si alza e sparecchia:
"Ritieniti fortunato, comunque: è la prima volta che uso
davvero questa cucina."
Hela
ritorna dai suoi giochi facendo segno con il pollice di voler bere;
si arrampica sulle ginocchia di Loki e tracanna il bicchiere d'acqua
che le porge. Un attimo di distrazione e le scivola di mano. Addison
scatta per afferrarlo al volo troppo tardi: il bicchiere si infrange
a terra. Nel raccogliere i cocci da terra, trattenendo Hela dal
toccarli si taglia un polpastrello e soffoca un'imprecazione, poi
getta tutto nella pattumiera e fila in bagno a medicarsi con il dito
in bocca.
Hela
si divincola e Loki la porta in mezzo ai suoi giochi. E poi segue i
passi di Addison.
La
trova china sul lavandino con l'acqua che scorre sul taglio. "Non
sanguina tanto, è solo una scocciatura." Rassicura.
"Dovremo rifornirci di bicchieri di plastica. O di cemento. A
prova di sublime
connubio tra più razze.
"
Lascia
scivolare la mano sulla sua, la ritira dal getto e se la porta tra le
labbra. Passa la lingua sul polpastrello tagliato catturando il
sapore metallico del sangue insieme al suo sguardo.
E
poi sostituisce la mano con le sue labbra.
Addison
lo stringe, attirandolo a sé incurante del taglio che continua
a sanguinare; approfondisce il bacio con foga, si lascia sollevare ed
appoggiare sul mobile. Loki chiude la porta con un calcio, trova
l'orlo della sua maglietta e la solleva per sfilargliela sorridendo
al brivido con cui lei accoglie le sue mani fresche. Dal modo in cui
si aggrappa alle sue spalle - quasi gli strappa la maglietta - ed
avvolge le gambe attorno alla sua vita ha la certezza che non è
stato il solo a cui quel momento è mancato. Lo riempie di baci
lungo il collo, armeggia con il laccio dei pantaloni e lo scioglie,
lo accarezza, lo desidera. Adora il modo in cui risponde al suo tocco
e ai suoi baci, e quando Addison pronuncia il suo nome si sente
mozzare il fiato: Afferra l'orlo dei pantaloncini, li strattona con
forza per toglierli e perde l'equilibrio cadendo indietro. Addison
non si è staccata, gli è volta completamente addosso.
Dal
rumore che ha fatto, il portellone della doccia su cui sono
precipitati deve essersi rotto.
Anche
la spalla non ne deve esserne uscita indenne.
Ma
non è il momento di preoccuparsene.
Addison
ha ancora le guance rosse e le labbra tumide: quando gli fa notare
che indossa la maglietta al contrario Loki nota che ha anche cambiato
il tono di voce.
La
spalla teoricamente dovrebbe fargli male – Il colpo contro la
doccia è stato amplificato da Addison aggrappata a lui come
vischio ad un tronco – ma prova solo un senso di torpore
diffuso.
Decisamente
piacevole.
Trovano
Hela addormentata con la faccia sui cuscini del divano. Quando Loki
la solleva mugola afferrandogli i lembi della maglietta con le
manine, strofinandogli addosso gli occhi gonfi e le guance umide, e
sente lo stomaco serrarsi in una morsa di sensi di colpa: "Non è
abituata a stare da sola." Spiega a Addison, che si sta ristora
scolandosi una bottiglietta d'acqua. "Avrà pensato di
essere stata abbandonata."
"Rilassati.
Siamo stati di là non più di dieci minuti, ed ora
dorme, no? Se avesse pianto forte l'avremmo sentita." Addison
gli circonda le spalle con un braccio e gli schiocca un bacio sulla
guancia: "Ci siamo presi un momentino per noi. Visto che siamo
una coppia, ora ufficialmente, direi che..."
“Direi
che dovremmo essere più responsabili.” Taglia corto.
Hela si muove tra le sue braccia accoccolandosi ancora di più
al suo petto. Scuote la testa e si alza con la bambina in braccio. "È
ora che vada, Hela deve dormire."
"Ah."
Addison li fissa con la faccia stupita ed alza le spalle. "Va
bene. D'accordo. Come vuoi. Pensavo solo che stessi a dormire qui."
"Non
è il caso."
Sembra
delusa e un po' seccata, di certo non si aspettava un'epifania simile
dal loro incontro nel bagno, ma non insiste per trattenerlo. Solo
quando si ritrova davanti alla porta del ThunderCorner,
Loki si ferma un istante prima di appoggiare la mano sulla maniglia.
Visto
che siamo una coppia, ora ufficialmente.
Niente
più incontri clandestini.
Una
madre, per la bambina.
L'affetto
di Addison è un passaporto per la salvezza di Hela e forse per
qualcosa di più.
Per
sé.
Loki
riflette un momento e poi ritorna sui suoi passi.
Addison
apre la porta con una sigaretta tra le dita - che si affretta a
spegnere - e l'espressione stupita dipinta in volto.
"Sapendomi
qui Thor è saltato a conclusioni affrettate. Russa sul letto e
non c'è verso di spostarlo."
"Vi
ha spodestato?" Loki annuisce "Allora restate qui?"
"Sì,
restiamo qui."
E
dopo la sfuriata della volta scorsa, forse Adie si ripiglia un
pochino.
Forse.
Ad
ogni modo abbiate fede, l'azione è dietro l'angolo. Sta
arrivando.
Grazie,
Grazie, Grazie e GRAZIE. Per essere arrivate qui, per avermi espresso
il vostro affetto o la vostra incazzatura, e per aver letto questa
storia.
Come
sempre, per ogni evenienza, vi ricordo il mio ask.
Beth
ci serve i due piatti di colazione al tavolo: "Il burro è
quello aromatizzato che piace a te, Natasha." Precisa nel suo
spiccato accento del Mississippi. "E Addison, ti ho tenuto da
parte uno dei minimuffin al cioccolato! I bambini ne vanno matti!"
Aggiunge con un gran sorriso, prima di voltarsi e andare a prendere
l'ordinazione ad un altro tavolo.
"Non
capisco se la sua sia gentilezza o voglia di sfottere." Sospiro
ad alta voce, versando il succo d'arancia nel bicchiere di Nat.
È
in partenza per una missione, ma abbiamo il tempo per concederci una
colazione al Phoenix: "Non mi sembri molto su di giri, non si
direbbe che hai dormito con Loki."
"Perché
infatti non ho dormito. Il mio letto era decisamente
affollato, e non nel modo che preferisco. La bambina è
abituata a dormire con lui e quando gli ho proposto di lasciarla sul
divano mi ha chiesto se stessi farneticando. Morale? Hela mi ha preso
a calci sino alle tre di notte, quando si è svegliata e ha
scoperto che era bellissimo saltare sul letto. Così chi
è dovuta andare a dormire sul divano? Io. Smettila di
ridere, non è divertente – ti sembro divertita? Guarda
che occhiaie!"
"Appunto!
È questo che mi fa ridere. Allora avevo ragione quando dicevo
che scoparsi Loki ti avrebbe messo nei guai?"
"Strozzatici,
con il burro aromatizzato." Taglio il bacon con talmente tanta
energia che Beth, di passaggio per rifornirci di caffè, mi fa
notare che “Quell'animale è già morto”
. La fulmino con lo sguardo e lei riprende il giro tra i tavoli in
tutta fretta. "Ah, sai chi devo chiamare per una doccia nuova?
La mia ha un portellone da buttare."
"E
come l'hai rotto?"
"Scopandoci
su, ieri sera."
Natasha
lascia cadere la forchetta nel piatto e dichiara che le è
passata la fame.
Com'è
che era?
'
Verranno tenebre sopra il paese di Egitto, tali che si potranno
tastar con le mani'?
Mi
avvicino alla vetrata della Lounge per controllare: Nessun temporale
in arrivo, solo un buio improvviso. Dal riflesso vedo Loki, dietro di
me, avvicinarsi con finta calma ad Hela che gioca insieme ad Howie,
pronto ad averla a portata di mano in caso di necessità.
Pepper chiede informazioni a J.A.R.V.I.S., che le risponde che
l'evento pare essere localizzato solamente sulla Tower.
E
quando ormai son preparata allo squillare delle trombe
dell'Apocalisse, ecco che nelle casse audio di tutto l'edificio
rimbombano i rintocchi lugubri di una campana.
"Un
momento, un momento!" Tony salta in piedi sul divano. Quando ai
rintocchi si aggiungono i primi accordi di una chitarra esclama
esaltato di conoscere la canzone.
Fiammata
di Fuoco Fatuo sulla terrazza della Lounge: Amon ed Erzsebet
compaiono proprio sulla voce di Brian Johnson.
"Entrata
in scena sulle note di Hells Bells." Tony è quasi
commosso: "Questa sì che è classe. Prendi appunti,
Alice Cooper!"
Loki
si limita ad alzare un sopracciglio e a storcere la bocca.
Mezz'ora
di squittii, complimenti e moine dopo, con Amon che commosso ha
definito Hela 'Uguale a zia Lilith da giovane, ma senza ali e
zampe caprine' ed Erzsebet l'ha omaggiata con una mini versione
del mio abito del Giubileo - Loki è diventato grigio, Hela ha
battuto le manine gioiosa causando una profusione di smancerie da
parte dei miei cugini – finalmente si decidono a parlare di
cose serie.
Con
gli Stark che ci lasciano soli, che Howie ha iniziato a dare di matto
quando ha capito di non essere al centro dell'attenzione, ci sediamo
al tavolo della Lounge ed espongo i fatti: "Abbiamo pensato che
potreste garantire una tutela maggiore, garantire che non sarà
un pericolo per gli altri regni..."
"...per
ora." Aggiunge Loki con una piccola punta d'orgoglio.
"Per
sempre" preciso io fulminandolo con lo sguardo. "Avrete
pur una discreta influenza sugli altri sovrani, visto che tanto anche
loro dovranno... uhm, passare dalle vostre parti prima o poi."
Erzsebet
commenta che il ragionamento non fa una piega: "Tuttavia ho
notato in più di una occasione quanto i vivi siano poco
interessati a mettere le mani avanti e prepararsi al trapasso nella
nostra dimensione."
Nello
sguardo che mi scambio con Loki leggo lo stesso pensiero: cara,
non è disinteresse, ma pura scaramanzia.
"Noi,
invece, che abbiamo una visione più ampia del futuro, siamo
molto più lungimiranti su cosa ci seguirà, conoscendo
chi e cosa ci ha già preceduti. E ho il presentimento che tu,
Loki, abbia già in mente una soluzione più stabile e
sicura di una semplice garanzia."
Alzo
un sopracciglio: Chi, Loki? L'uomo il cui motto è 'Perché
no'?
Le
labbra sottili di Loki si piegano in un sorrisetto: "Solo una
diversa interpretazione della profezia. Che Odino ha palesemente
ignorato, vuoi per timore, arroganza o semplice ignoranza."
"Sarebbe?"
Incalzo.
"Essendo
Addison tua cugina, Amon, è di stirpe reale, giusto?"
Amon annuisce, uno sguardo di intesa con Loki ed Erzsebet. "Quale
posizione ha all'interno della tua corte?"
"Duchessa."
Per
poco non cado dalla sedia: "Cosa? E da quando?"
"Da
che sei nata. Oh, non guardarmi così: è solo un titolo
formale e non ti è mai interessato. L'unica volta che hai
preso parte ad un'assemblea di nobili demoni hai fatto scoppiare una
rissa."
Loki
ignora il battibecco e continua: "E tua unica famigliare."
Anche questa volta, Amon annuisce con un sorrisetto. "Ciò
fa di lei la tua unica erede."
"CHE
COSA?"
"Volendo,
sì. Ma come avrai capito, non pare molto dell'idea."
Incrocio
le braccia indispettita: "Altroché."
Ignorandomi
Loki prosegue, indicando Hela che sta giocando con il suo nuovo
peluche di Chtulhu: "Ma ora Addison ha una figlia. E se lei
abdica alla successione al trono, l'erede diventerebbe Hela."
"Da
quando in qua sei un esperto di Diritto Reale?"
"Da
che ho deciso di soffiare il trono a Thor: Inizialmente pensavo di
appellarmi a cavilli burocratici, così studiai
approfonditamente la legislazione di Asgard. Non trovandone, sono
stato costretto ad elaborare un diverso piano."
"...con
gli ottimi risultati che tutti conosciamo."
Alza
le spalle e poi torna a rivolgersi ad Amon: "La profezia parla
di un Monarca sopra gli altri, di un Regno al di sopra degli Altri
Regni. Non dice che Hela li ridurrà tutti in schiavitù,
ma solo che sarà la Regina a cui tutti dovranno rendere conto:
la Regina del Regno che li vedrà sudditi al termine della loro
vita."
Sono
sbalordita. Guardo Amon ed Erzsebet e le loro espressioni
d'approvazione: "Voi... voi l'avevate già messo in
conto?" Sposto lo sguardo su Loki: "Tu avevi pensato a
tutto questo e non mi avevi detto niente?"
"Era
un ragionamento basilare, Addison; potevi arrivarci benissimo da
sola."
"A
cosa, al fatto che io sia solo uno strumento con cui tu raggiungerai
un tuo obbiettivo? Sì, dovevo arrivarci da sola, soprattutto
dopo la faccenda delle Gemme! Altro che 'Non l'avevo premeditato',
avevi pianificato tutto sin dall'inizio!" Avrei voglia di
prenderlo a schiaffi, ma mi limito a distogliere lo sguardo e
mordermi il pugno per evitare di tirarglielo sul naso.
"Salti
sempre a conclusioni troppo affrettate. Hela sarà su un trono,
io non ne trarrò alcun beneficio se non quello di vedere mia
figlia al sicuro. Ma ora mettiamo in chiaro gli accordi: Essendo
anche figlia di Addison immagino che avrà ereditato la sua
prerogativa di passare dalla dimensione dei morti a quella dei vivi,
giusto?"
"Corretto."
"Ma
io non posso."
"Non
da quando hai lasciato gli Inferi dopo la vostra resurrezione."
"Se
mia figlia dovrà frequentare la vostra corte non posso esserne
escluso, non finché è una bambina."
"La
via più facile per acquisire un tale diritto sarebbe quella di
sposare Addison." Spiega Erzsebet.
"Non
è un problema" Loki tenta di appoggiare la mano sulla
mia: la alzo a rispondergli con il dito medio.
"Ma
forse rilasciare un apposito Salvacondotto in via del tutto
eccezionale eviterà qualche screzio di coppia."
Loki
legge attentamente la pergamena che Erzsebet ed Amon gli hanno
srotolato davanti. Concentrato, segue la riga delle postille
strizzando gli occhi: "Certo che potevate editarla un pochino
più grande." Commenta. "Addison, vuoi leggere ...?"
Distolgo
lo sguardo: Non riesco a scrollarmi di dosso la rabbia per essere
stata raggirata di nuovo da Loki. Amon mi invita a smettere di
tenere il broncio ed esprimere la mia opinione in merito.
"Perché,
avrebbe qualche peso?"
"Dato
che Hela è tua figlia sì.” Sibila Loki: “Almeno
preoccupati della questione legale, visto che occuparti di lei non
sembra neppure passarti per l’anticamera del cervello!”
Erzsebet
emette un gridolino di disapprovazione e Amon mi ricorda che anch'io
sono coinvolta nell'eredità del Limbo.
"Oh,
no, Che faccia lui. Sono sicura che saprà prendere le
decisioni migliori per nostra figlia. Già l'ha fatto."
Alza
gli occhi al cielo. "D'accordo, allora firmerò questo
contratto dove mi impegno a guidare le schiere infernali alla
conquista della dimensione dei vivi e farla precipitare nel caos e
nelle tenebre. L'esercito lo posso evocare a piacimento o solo in
condizioni particolari? Sapresti indicarmi la procedura?"
Ok,
mi ha convinto. Gli strappo la pergamena di mano sotto il suo
sorrisetto mellifluo e mi metto a studiarla. "Amon, certo che
potevi scrivere con un carattere più leggibile, eh!"
Alza
le spalle: "I miei legali hanno un concetto di trasparenza
piuttosto opinabile."
"Sarai
soddisfatto adesso."
Ho
io Hela in braccio, mentre attraversiamo l'atrio del Palazzo di Amon:
i miei cugini hanno insistito perché li seguissimo subito, in
modo da iniziare i preparativi alla Cerimonia della proclamazione
ufficiale dell'Erede. Notizia che, dagli altri Vendicatori e
affiliati, è stata accolta con parziale sollievo - ha pur
sempre i geni di Loki - e Thor si è detto 'Molto fiducioso'
che Odino seppellisca l'ascia di guerra davanti a questa spiegazione;
occhi alzati al cielo, Loki si è dimostrato invece molto
scettico a riguardo.
Nel
frattempo, comunque, le solite stiliste filiformi di Erzsbet ci
misureranno al centimetro per confezionare gli abiti adatti alla
cerimonia.
A
me e ad Hela, quantomeno: Da come Loki ha storto il naso credo
proprio che non vorrà rinunciare per nulla al mondo a mantello
verde ed elmo cornuto.
Prevedibile.
"Soddisfazione?"
Ridacchia piano, appoggiandosi al mobile di fronte a me. "Non ho
mai trovato particolare affinità con questa parola. Tuttavia
devo ammettere di essere sollevato che i tuoi cugini abbiano accolto
Hela come loro Erede: è andata meglio di quanto pensassi."
"E
ora?"
"E
ora cosa?"
"Smettila
di fare il finto tonto. Ora cosa intendi fare? Con Hela che non corre
più alcun pericolo immagino che non vorrai più
sfruttare la nostra protezione."
"Mi
stai dicendo che devo andarmene?"
"No.
Ti sto chiedendo cosa vuoi fare, zuccone!" Involontariamente
alzo la voce e stringo più forte la bambina: Hela protesta con
uno squittio e scusandomi la lascio libera di sgambettare per il
corridoio di marmo nero.
"E,
per una volta tanto, cerca di inventarti qualcosa in cui io non sia
raggirata, o usata, o in cui non vengo messa davanti ad un fatto
compiuto e non posso far altro che accettare le decisioni di altri.
So che ti è difficile, ma sforzarti di farlo."
Lo
fisso in attesa di una risposta e lui mi appoggia semplicemente una
mano sulla guancia, senza abbassare gli occhi verdi e brillanti dai
miei: “Ho i miei propositi, i miei sotterfugi e… tutti i
miei fallimenti; è una natura a cui non posso sottrarmi. Ma
non è in tutto questo cadere e rialzarmi per cadere di nuovo
che tu hai posto: Tu sei un'altra cosa, Addison. Non avrei mai messo
al mondo Hela di proposito, perché mi era chiaro che il solo
essere mia figlia sarebbe stato un pericolo mortale. Eppure lei c'è,
ed ora ha trovato il suo posto nell'universo. Ne sono lieto?
Soddisfatto? No, ne sono sollevato che la corruzione della mia
anima e della mia sorte non l'abbiano intaccata. Può avere un
rifugio davvero sicuro, senza che sia davvero separata da me. È
più di quanto potessi desiderare.”
Vorrei
chiedergli di essere più palese, di non nascondersi tra mezze
frasi sibilline, ma Erszbet si affaccia da una delle stanze vicine e
mi chiama, incoraggiandomi a seguirla con un gesto della mano.
Recupero la mano di Hela, e getto un ultimo sguardo a Loki: “Ne
parliamo più tardi.” Aggiungo.
Lui
ha uno dei suoi mezzi sorrisi indecifrabili, poi, semplicemente,
annuisce.
Ed
è una cosa che non promette niente di buono.
Il
Limbo non è che un piccolo regno i cui confini si individuano
già a guardare l'orizzonte.
Di
importanza strategica, indubbiamente, ma pur sempre piccolo.
Mentre scende la scalinata della terrazza che porta al parco, Loki
riflette sulla prudenza di Re Amon riguardo a mantenere la fragile
pace del regno con quelli confinanti.
Assennato.
Ma
così come si difende, Amon non attacca. Non conquista. Non si
fa valere o rispettare.
E
questo, più che assennato, agli occhi di Loki risulta sciocco.
Amon
ha truppe importanti, intelligenza e poteri sufficienti per vincere
una guerra e dominare gli Inferi interi. Sua figlia sarebbe l'Erede –
e la futura Regina – dell'intera Dimensione dei morti. E quello
sarebbe indubbiamente un dominio degno per lei.
Hela
è già al sicuro. Ora non resta che rimescolare le carte
in tavola ed alzare la posta in gioco.
Loki
attraversa il parco e il lungo viale lastricato di pietre nere in
direzione della Voragine circondata da una siepe di irti rovi.
Una
decina di guardie armate di picche controllano le quattro aperture
della siepe: per passare inosservato a Loki basta semplicemente
prendere le sembianze di uno di loro.
Segue
un piccolo drappello che valica una delle aperture e si dispongono
attorno alla Voragine, incuriosito dai loro movimenti: nei mesi che
aveva passato nel Limbo, convalescente dopo essere tornato in vita,
non aveva mai visto quella manovra.
Bastano
pochi minuti per svelare l'arcano.
Un
demone alto e dinoccolato, vestito di una lorica nera e dalle membra
bitorzolute incendiate che gli ricordavano i giganti di Muspelheim,
risale i ripidi gradini dell'abisso e si presenta alla guardia più
vicina; Schiocca la lingua biforcuta e socchiude gli occhietti neri
fissandolo con disprezzo. La guardia resta impassibile, stendendo
semplicemente la mano per porgergli una pergamena arrotolata e Loki
comprende: il demone bitorzoluto non è che un messaggero di
uno dei regni della Voragine, a cui è stata consegnata la
novella dell'avvenuta scelta dell'Erede.
Le
labbra di Loki si piegano in un sorriso. Si avvicina alla guardia che
ha porto la pergamena e china il volto verso di lui: “Permettimi
di accompagnarlo per un tratto, e sincerarmi che non torni indietro o
non commetta qualche nefandezza.”
“Non
è necessario.” Taglia corto la guardia.
Loki
non demorde indica il demone con un cenno del mento: sta leggendo il
messaggio schioccando la lingua e ridacchiando istericamente. Lascia
scivolare una mano verso la cintola della guardia e ne sfila
lentamente un dei pugnali, nascondendoselo tra la mano e il
bracciale: “La sua espressione canzonatoria mi inquieta, non
sarebbe la prima volta che un tale iniquo essere si diletta in
motteggi ai danni dei nostri Sovrani. Permettimi solo di fargli
capire con la mia presenza che la nostra nuova Principessa non debba
essere oggetto di scherno alcuno.”
La
guardia si convince. Annuisce appena, e quando il demone riavvolge la
pergamena, scendendo i gradini intonando a mezza voce una canzoncina
oscena sulle attitudini sessuali della famiglia reale, lo segue lungo
la scalinata.
Deve
scendere per quasi mezz'ora prima di essere sicuro di essere fuori
dalla vista delle Guardie.
Poi,
semplicemente, lancia il pugnale che ha rubato alla guardia: la lama
si infila precisa e fatale nella nuca del demone. Lui ha solo il
tempo di sussultare e schioccare un'ultima volta la lingua, prima che
il suo corpo si irrigidisca e cada nel vuoto.
Una
volta Amon gli aveva detto che la situazione era talmente tesa, che
sarebbe bastato scagliare un sasso nell'abisso per far scoppiare una
guerra.
Figurarsi
il cadavere di un messaggero.
Ce
ne siamo andati da qualche minuto, con la promessa di risentirci
presto per fissare la cerimonia ufficiale di nomina di Principessa
Erede del Regno del Limbo di Hela. Erzsbet ha riproposto di
infilarci dentro anche un certo matrimonio, ma il mio sguardo torvo
l'ha fatta desistere alla svelta. Una volta ritornati nel mio
appartamento, con Hela intenta a prendere confidenza con il
televisore, decido di riprendere il discorso da dove l'avevamo
interrotto e affrontare direttamente Loki.
“Ti
sei domandata, piuttosto, perché non abbia deciso di restare
con Hela negli Inferi, ora?”
Scuoto
la testa e le braccia di Loki scivolano dalle mie spalle lungo le
braccia, trovano le mani ed intrecciano le dita con le mie: "Perché
non mi avresti seguito, non è così?"
Già,
è proprio così.
“Gli
Inferi non mi entusiasmano più di tanto. Non ho nessuna mira
governativa, né mi interessa la politica.”Sospiro:
"Le nostre nature sono simili eppure incompatibili. Due binari
che corrono paralleli senza incontrarsi mai."
"Non
direi.” Le labbra di Loki sorridono contro la mia guancia. "Io
vedo un punto di incontro proprio lì."
Indica
Hela, che si è infilata il telecomando in bocca e lotta contro
la sonno per continuare a vedere i cartoni animati in Tv.
"Sarà
un casino." Sospiro. Mi giro e mi ritrovo davanti ai suoi occhi
verdissimi: sono brillanti, spiccano sulla pelle diafana
sottolineando il suo sorrisetto sornione. Ho passato tutta la vita
cercando di non legarmi sentimentalmente con nessuno, per non avere
casini, costrizioni e legami soffocanti, ed ecco il risultato:
ottimo.
Accarezzo
la pelle diafana del suo viso e lo avvicino al mio: "Sei un gran
bello stronzo." Sibilo ed il sorrisetto sulle labbra di Loki
aumenta: "Ma il problema è che non ti accetterei
diversamente. Sono così stupida..."
"Conosco
donne avvinte da uomini più iniqui di me. E anche più
orrendi. Non sei capitata così male, dopo tutto."
Suggerisce premendo le labbra sulle mie.
"Tutto
questo non ha senso."
"Ci
sono cose totalmente sprovviste di logica alcuna. Hanno il potere di
essere divertenti ed ammalianti allo stesso momento."
Fermo
un suo secondo bacio con un dito sulle labbra: "Regole: ne
dobbiamo avere." Non ne sembra molto convinto, ma decido di
proseguire: "Primo: nessun tentativo di conquista di nessun
regno. Questo significa anche nessun esercito mercenario preso in
prestito da chicchessia, d'accordo?"
Alza
le sopracciglia e sospira che ha già superato quella fase.
Come
se la cosa potesse rincuorarmi.
"Secondo:
Nessuna defenestrazione di nessun Vendicatore o suo famigliare,
amico, compagno umano o animale. E nessuna minaccia velata o palese."
"Neppure
con Stark?"
Beh,
Stark glielo concedo; in fondo è impossibile sopportarlo senza
lanciargli una frecciatina di quanto in quanto. E vista l'arguzia sua
e di Loki, una schermaglia potrebbe anche essere divertente. "Ma
niente colpi bassi: lascia fuori Pepper e Howie."
Apre
le braccia: “Jane Foster?"
"Ha
lasciato tuo fratello, è tuo diritto sfotterla. Ma resta, per
favore, sempre nei limiti del civile. Terzo: Hela avrà un
letto tutto suo."
Non
cela il suo disappunto, aggrottando la fronte ed incrociando le
braccia: "È troppo piccola e non è abituata a
dormire da sola"
"Si
abituerà. E tu apprezzerai di condividere il letto solo con
me.” E basta con queste seghe mentali: tanto se deve
accadere qualcosa succederà comunque.
Se
allontano Loki da me può solo accadere prima. E coinvolgere
persone innocenti.
E
i miei amici: Sa quanto sia
legata a loro, se volesse vendicarsi sarebbero i primi a pagarne le
conseguenze.
Stiamo
calmi, facciamo funzionare le cose.
Facciamolo
per la Terra.
Facciamolo
per Hela.
E
per noi.
Mordicchiandomi
le labbra slaccio due bottoni della camicetta, ma Loki mi blocca
delicatamente le mie dita con una mano e lo sguardo serissimo. Il
nodo della questione è un altro, è non il letto in cui
dorme Hela o lo sfottimento tra gli occupanti della Stark Tower,
abusivi e non.
Devo
accettare Hela come Frigga ha accettato Loki. Senza se e senza
ma. Solo così potrò stemperare – almeno in parte
– la rabbia sorda che gli brucia ancora nel petto. Un Loki meno
furioso è un Loki più lucido. Un Loki più lucido
forse è un Loki più tranquillo e propenso a trattare.
Forse. Non lo credo veramente, ma tanto vale provare.
Dovrò
essere madre.
Saprò
farlo? Non ho molte alternative, e mi infastidisce in una maniera
inverosimile. Ma tant'è, anche incazzandomi non ho rimediato
granché, a parte un paio di arresti.
Com'è
che si dice? Se non li puoi battere, fatteli alleati?
Se
non riuscirò davvero ad accettare la bambina, almeno dovrò
fingere bene.
Mi
avvicino all’angolo dei divani, Hela si sta stropicciando un
occhietto, i capelli scuri arruffati ed un piccolo broncio. Quando mi
vede arrivare tenta di stirare le labbra in un sorrisetto, ma la
sonno è troppa e le viene piuttosto sghembo.
Il
connubio perfetto tra molteplici razze è una bambina
dall’aspetto dolce ed apparentemente poco propensa a piagnistei
in ultrasuoni e capricci rumorosi: decisamente un altro pianeta
rispetto al piccolo Stark.
Si
lascia raccogliere tra le mie braccia ed intreccia le ditina nei miei
capelli. Mi rifila un bacio sugoso su una guancia e poi si infila il
pollice in bocca che Loki sostituisce con il ciuccio quando gli passo
vicina per prendere le scale: “Non farai fatica a farla
addormentare. Ti aspetto qui.”
Ah,
è così? Comportamento materno in cambio di prestazioni
sessuali? Mi pare uno scambio equo, si può fare.
Non
dico che Hela non sia bella. Oggettivamente lo è. Ha la pelle
morbida e tiepida, bianca e profumata di talco fruttato, i capelli
sono dei fili sottili e nerissimi, le incorniciano in viso ribelli a
qualsiasi forma.
Dicono
tutti che mi somigli, ma io non vedo tutta questa somiglianza. Ha gli
occhi di Loki, ma la forma è più grande. Le labbra
sembrano meno sottili, ma il broncio a cuore non è decisamente
suo.
È
che non la sento mia. Forse perché non l'ho portata per nove
mesi in grembo né l'ho mai desiderata. E mi dispiace, mi
dispiace davvero di non riuscire a condividere un trasporto ed un
affetto incondizionatamente materno nei suoi confronti, ma di
accettare la sua esistenza come un dovere da compiere, un problema da
risolvere, e non come parte integrante della mia vita.
Non
è colpa sua.
Forse
neppure di Loki.
Forse
dovrei prenderla con filosofia. Hela c'è e basta: Scopo del
gioco è farla crescere con il minor numero di turbe psichiche
possibili.
Le
tolgo i vestitini per infilarle il pigiamino - è orrendamente
rosa, tanto da sembrare un confetto, ma i piccoli teschi ne
minimizzano l'oscenità - senza poter fare a meno di
accarezzare il suo pancino completamente liscio.
Sarà
un casino quando vorrà il piercing all'ombelico penso,
e non posso fare a meno di sghignazzare al pensiero di Loki in crisi
alle prese con una figlia adolescente.
Tiè,
ben ti sta.
Hela
ha un guizzo, alza il braccino e mi preme la manina sulla bocca, come
se cercasse un bacio. Lo ottiene. Lei ridacchia, ormai arresa al
sonno, e lascia scivolare le dita dolcemente lungo la mia guancia
sino a trovare i miei capelli.
“Loki,
Loki, Hey, Lò!”
“Cosa
c’è?”
“Mi
si è attaccata ai capelli, non riesco a toglierla. Vienimi ad
aiutare!”
Entra
nella stanza senza sforzarsi troppo di trattenersi dal prendermi in
giro. Tento di rifilargli un calcio, cosa un po' difficile vista la
mia posizione e l'intento di non svegliare la bambina. “…
aspetta… provo a sfilarglieli delicatamente e…”
“Ahia!”
“No,
no. Niente da fare. O ti taglio la ciocca…”
“Deve
passarti questa fissa, prima o poi. Ahi!”
“Allora
fa niente e se ne riparlerà domattina. Lo fa, quando vuole che
qualcuno le stia vicino e..."
“Le
forbici sono in cucina. Primo cassetto sotto il piano cottura.”
Non
c'è nulla che gli ricordi di Asgard, a New York. Forse è
per questo che aveva deciso di conquistarla, una vita prima.
La
finestra da cui si affaccia non domina nessuna baia, nessun ponte
luminoso all'orizzonte. L'opulenza dei Midgardiani potenti è
diversa da quella degli Asgardiani.
Le
luci stesse sono diverse. Fredde e troppe, ma Loki non ha nostalgia
di un luogo che non è stato mai casa sua per davvero.
Si
volta a studiare il profilo di Addison, addormentata sul letto in un
bozzolo di coperte, vicina – ma non attaccata – ad Hela.
È abbastanza? No non lo è, ma è qualcosa in
più di prima.
E
Loki si ritrova, di nuovo, a sentirsi diviso a metà: Ha acceso
una scintilla, poche ore prima, e per quanto lui ne sappia il Limbo
potrebbe già essere in guerra.
Ha
mosso le acque, l'ha fatto per sua figlia. Che altro c'è di
più importante?
C'è
che ha tradito Addison – ma Addison ha tradito la fiducia che
riponeva in lei per prima.
C'è
che l'ha baciata e posseduta pur sapendo di aver appena rivoltato la
sua famiglia – Ma tanto lei odia gli Inferi, no?
C'è
che forse loro non scopriranno mai di chi è realmente la
colpa – e come potrebbero? - ma lui sa perfettamente di essere
l'autore dell'ennesimo crimine.
Questo
è il mio Destino pensa,
mentre la sua coscienza gli suggerisce di aprire la finestra e volare
via. Lontano dalla vita di Addison e di Hela, per non contaminarle
ulteriormente. Per non distruggerla.
Hela
si muove tra le lenzuola. Si alza a sedere, stropicciandosi un
occhio, e poi si lascia cadere a peso morto su di Addison. Lei geme
un po', nel sonno alza un braccio e bofonchia un 'dormi,
dormi'.
Non
la scaccia come il giorno prima. È abbastanza?
Tira
la tenda e torna nel letto.
Lo
è abbastanza da non potersene privare.
Se
c'è una cosa di cui mi piace scrivere, è di Loki che
fa... Loki. Il suo mestiere è creare Caos.
Quindi...
Vai col liscio!
D'ora
in avanti si va spediti, giuro. È che sono anche un po' in
blocco, mannaggiammè.
Anyway,
non sto qui a tediarvi con tutte le mie seghe mentali su questo o
quello.
Grazie,
Grazie e GRAZIE.
Non
ho altre parole da dire: ad ogni aggiornamento rispondete numerose ed
entusiaste. Siete preziose (E preziosi, vada per la parità!
;))
Grazie.
Davvero.
Per
qualsiasi altra cosa, come sempre, rimando al mio ask:
http://ask.fm/EvilCassyBuenacidos
Oh, guardatevi
dalla gelosia, mio signore. È un mostro dagli occhi verdi che
dileggia il cibo di cui si nutre. Beato vive quel cornuto il quale,
conscio della sua sorte, non ama la donna che lo tradisce: ma oh,
come conta i minuti della sua dannazione chi ama e sospetta; sospetta
e si strugge d'amore!
[William
Shakspeare - Otello]
"Dottor
Banner!"
Bruce si volta di
scatto, interdetto, e poi si affretta a prendere posto sul sedile
dell'aereo quando il passeggero che lo segue protesta per il
corridoio bloccato: "Agente Hill! Anche lei qui, che caso..."
"Già,
che
caso.
Dopo cinque anni prendo per la prima volta un volo civile e ci trovo
lei. A saperlo, avrei evitato di noleggiare una macchina
dall'aeroporto sino a Nevada
Field
e le avrei scroccato un passaggio."
"Ahem...
e chi le dice che sto andando a Nevada
Field?"
La Hill alza un
sopracciglio: “Davvero vuole prendermi in giro?”
Bruce
alza le spalle, sorride forzatamente e cerca di apparire il più
convincente possibile: "Ero così curioso di visitare il
nuovo osservatorio e..."
"Ah! Jane l'ha
invitata a vedere l'osservatorio? È passata di moda la scusa
del 'Vieni da me a guardare la mia collezione di farfalle? Stia
tranquillo, non lo strillerò ai quattro venti. Anche perché
dovrei essere ad Austin, in questo momento, quindi gradirei una
discrezione reciproca. Disdice lei il nolo auto?"
"Va...va bene."
La Hill guida il
fuoristrada come una pazza, non curandosi dei limiti di velocità.
Al suo fianco Bruce ha la fronte imperlata di sudore e l'impellente
necessità di rassicurarsi del silenzio della sua improvvisa
compagna di viaggio. Dopotutto tra le sue amiche più strette
figura Addison... Se si lasciasse scappare qualcosa con lei, ed
Addison con Loki... Thor di sicuro non resterebbe all'oscuro a
lungo. "Lei capisce, vero?" Esordisce.
Lei gli rivolge un
breve sguardo attraverso le lenti dei rayban, schiocca la bolla della
gomma da masticare che ha in bocca ed infine scuote la testa. "No.
Non capisco lei. Non capisco Jane. Non capisco Selvig che si prende
su ed improvvisamente va a fare il nudista in Grecia. Pare che abbia
un limite di comprensione per le persone. Non che me ne freghi
granché ma..."
"È molto
semplice, in verità. Thor... beh, Thor prova ancora qualcosa
per Jane e... beh, ha presente com'è Thor incazzato, vero?"
Altra bolla che
scoppia: "Altroché. Ma so anche com'è lei da
arrabbiato, quindi... sinceramente, che cosa teme?"
"Quello ha un
martello e tira i fulmini!"
"Lei è
l'Hulk, se lo ricorda vero?"
"Fin troppo
bene, mi creda. Ma non è questo il punto: Thor è un
compagno di squadra, un amico, ed io gli ho soffiato la ragazza che
ama. Come potrei...?"
"Poteva
pensarci prima. Ha un cervello notevole, di solito lo usa."
Alzando le braccia
in segno di resa, Bruce torna a guardare il deserto del Nevada fuori
dal finestrino.
"Parlando
d'altro. Come va GreyMommy?"
"Non se la cava
neppure troppo male. Non è andata ancora in terapia, né
arrestata e Loki non ha più cercato di uccidere nessuno. Beh,
forse ha accarezzato l’idea, visto che Tony sta sciorinando un
repertorio pressoché infinito di battute sul suo conto.
Suppongo che le manie omicide di Loki si siano evolute e farà
sembrare tutto un incidente. Quanto ad Addison… beh, non si
può negare che il ruolo di madre le stia piuttosto stretto.
Ogni mattina piagnucola l’intenzione di strisciare da Fury e
farsi mandare in Afghanistan. Passare da single rampante a madre da
un giorno all’altro non è semplice. C’è da
apprezzarla per l’impegno, questo sì."
"Coulson le ha
mandato un regalo, sa se lo ha ricevuto?"
"Che.
Grandissimo. Stronzo."
“Già.”
Loki prende un pannolino, e lo srotola per misurarlo con lo sguardo:
“Non sono della misura giusta."
"Torta
di pannolini. A me."
Prendo il notebook già acceso e lo riabbandono sui cuscini
del divano: "Non so neppure che fare. Crackargli il computer di
bordo del Bus e farlo schiantare in mezzo all'Oceano?"
"Si
ripresenterebbe alla tua porta dopo un paio di mesi. Questa volta
puzzando di pesce." Alza le spalle e abbandona la torta di
pannolini sul tavolo. "Fossi in te sarei più sottile."
"Fossi in me
saresti più crudele." Preciso.
Mi
risponde con un mezzo sorriso affilato: "Oh sì.
Sottilmente crudele." Si avvicina alla libreria del salotto e
passa in rassegna con l'indice i vari libri esposti: "In fondo
ti ha fatto un regalo. Sarebbe maleducato non ricambiare." Ferma
il dito e lo picchietta sulla copertina rigida di un libro che gli ho
visto in mano già un paio di volte:
Frankenstein
di Mary Shelley; Loki si è scoperto un amante dei classici
della letteratura gotica. "Cosa c'è di più gradito
di un libro?"
Sei. Un. Genio.
Mi
alzo, gli schiocco un bacio, poi apro il browser del notebook: "Un
costume di Halloween." Mi restituisce uno sguardo perplesso. "Il
costume
di Frankenstein, quello 'classico' del film degli anni 20.
Adorabilmente vintage come lo stile di Coulson."
"Tu dici?"
"Assolutamente.
Anche se, conoscendo Coulson, sarà capace di rigirare tutto
ciò a suo favore, indossandolo davvero per Halloween e
presentandosi in Direzione."
"A Fury verrà
un colpo. Avrai preso due piccioni con un fava. Brava!"
Già. Peccato
che mi perderò la scena.
Mi viene da
piangere.
Darcy li attende
davanti all'entrata principale, in shorts e canotta della Principessa
Leila versione Angry Birds. Nel vederla, Maria Hill inchioda e
abbassa il finestrino, commentando con un fischio: “Hey, che
abbronzatura! Ma qui a Nevada Field lavorate o vi divertite?”
“Beh,
abbiamo con una piccola piscina nel giardino delle unità
abitative. Mi bastano un paio d’ore al giorno, quelle della
pausa pranzo. Mai avuto un colore del genere!" Spiega alzando la
maglietta sulla pancia per farsi ammirare meglio. All'ombelico brilla
un piercing con il logo di WonderWoman. "Dottor Banner, tutto
bene? Jane al momento è impegnata, lei e il suo team stanno
controllando gli ultimi dati dal satellite.”
“Oh!
Allora stanno stabilendo se l’anomalia registrata nella fascia
principale degli asteroidi è stato un ponte di Einsten-Rosen
come ipotizzava?”
Darcy lo guarda con
la fronte aggrottata: “Le vostre conversazioni via Skype devono
essere di un romanticismo quasi disneyano.”
Seguendola
all’interno della Hall, la Hill chiede perché non sia
con loro: “Sbaglio o il tuo badge dice ‘Assistente
alla ViceDirettrice?”
“Perché
la Vice Direttrice deve concentrarsi seriamente. E quando deve
concentrarsi seriamente non mi vuole tra i piedi. A proposito di
badge, sono costretta a registrare le vostre impronte digitali. È
per la sicurezza e la segretezza e bla bla bla. Maria, tu lo sai
meglio di me. Compilate questi moduli, e per favore niente zozzerie
alla voce 'Motivo
della Visita'.
Ci pensa già Selvig a fare lo spiritoso."
C’è
della poesia nel modo in cui i capelli di Jane sono raccolti da una
matita. La sua espressione concentrata mentre fissa due schermi
contemporaneamente e mormora annotando i calcoli su un block notes. È
talmente chiusa nel suo mondo da non sentirlo neppure entrare
nell’area dei laboratori e salire le scalette di metallo che
portano all’area di lavoro del team. È sola, gli altri
si sono probabilmente fermati per una pausa e per rinfrescarsi magari
le idee in piscina. Lei invece non è mai sazia del suo
lavoro, non è mai stanca, prosegue nei suoi calcoli e nelle
sue teorie senza sosta. Bruce recupera una sedie da una postazione e
si siede a guardarla. Sentendo il rumore alle sue spalle Jane tende
la mano senza sollevare il viso dal diagramma che sta ispezionando:
“Mi passi l’ultimo aggiornamento dall’Hubble, per
favore?”
Bruce
sorride, prende un foglio bianco dal carrello della stampante e
scrive velocemente 'Qui
c'è buio!’
con un pennarello nero, prima di metterlo in mano a Jane. Lei
ringrazia senza guardare, poi dopo un paio di secondi getta
un’occhiata. Alle sue spalle Bruce indovina la sua espressione
oltraggiata, che quando si volta diventa completamente spiazzata:
“Bruce!” Si alza dalla sedia per incontrare il suo
abbraccio: “Sei già arrivato? Oh cavolo, da quanto tempo
sei lì? Io... io...” Si sfila la matita dai capelli e
tenta goffamente di pettinarseli con le dita.
Le schiocca un bacio
sulle labbra: “Qualche minuto, non preoccuparti Allora? Mi
sembra che stia procedendo tutto alla grande!”
“Altroché!
Vieni, ti mostro una cosa.” Lo invita a spostare la sedia di
fianco alla sua postazione e poi accende entrambi i monitor del
computer: “Avevo ragione! In prossimità dell’asteroide
Vesta si è verificata un’anomalia spaziotemporale
compatibile con la creazione di un ponte di Einstein-Rosen. Questa
tipologia di ponte presenta le caratteristiche basilari dei wormholes
già analizzati – Il Bifrost, per esempio, che è
un ponte di Lorentz – ma dai dati che abbiamo raccolto, questo
pare essere uno di Kerr-Newman: attraversabile da una sola direzione.
Ed è stato comunque di apertura incredibilmente breve: tra i
novantasette e i centodiciassette secondi, ed in concomitanza con
un’eruzione solare! Stiamo formulando la teoria che una scarica
radioattiva possa aprire un wormhole, siamo a buon punto!”
“Un
lasso di tempo breve ma in cui è possibile che sia passato
qualcosa.”
“Infatti.”
Jane sfiora un’icona del touchscreen ed allarga l’immagine
olografica della cintura principale degli asteroidi e ne evidenzia
alcuni piccolissimi: “Ti presento i nostri Nani. Non ridere,
l’associazione è venuta naturale, viste le dimensioni
inferiori rispetto agli asteroidi già presenti sulla fascia.
Sono in tredici, così il team ha deciso di dargli i nomi dei
Nani de Lo Hobbit: questo tondeggiante è Bombur, e questi due
uguali sono ovviamente Kìli e Fìli, Dwalin, ed infine
il più grande è lui, Thorin Scudodiquercia. Le ragazze
tifano tutte per Kìli e Fìli, i maschi per Thorin.”
“E
cosa c’è da tifare?”
“Questo
è l’aspetto ancora più interessante: dal loro
attraversamento del Wormhole, i nostri nani non sono stati fermi un
secondo e si spostano sfruttando la forza gravitazionale di ogni
orbita vicina. Al momento non abbiamo dati sufficienti per definire
questo movimento in modo diverso dal casuale: ogni anno milioni di
asteroidi viaggiano nello spazio in questo modo. Abbiamo già
avvisato la Nasa, comunque, loro tengono monitorati i nanetti mentre
noi studiamo il nostro wormhole. Dalle ultime previsioni pare che la
Terra possa essere interessata dal passaggio dei Nani, ma non abbiamo
ancora dei dati definitivi. Non sarebbero pericolosi, viste le loro
esigue dimensioni, si sbriciolerebbero a contatto con l’atmosfera.
E da qui le scommesse del mio team: i maschi puntano che sarà
Thorin a disintegrarsi per ultimo, le femmine Fìli o Kìli.”
“E
se per questi Nani fossimo Erebor?”
Jane la fa semplice:
“Allora appena si avvicineranno, tu manderai un sms a Stark e
lui sarà il nostro Smaug.”
“IronSmaug.
Gli piacerà come nome. Sperando che tra qualche parte non ci
sia uno Scassinatore!”
Lei ridacchia:
“Macché, vedrai! Ma comunque... basta parlare di me!”
“E
perché mai? Siamo nel tuo regno! E poi le mie novità
sono molto meno entusiasmante delle tue: i nostri campioni di cellule
Chitaure hanno subito una contaminazione da patogeni alloctoni e non
abbiamo neppure potuto tentare una coltivazione a laboratorio.”
“Oh!
Mi dispiace! Mi sembravi davvero a buon punto...! Hai idea di cosa
potrebbe essere stato?”
“Un
sandwich al burro d'arachidi: Tony ha sbriciolato dentro al vetrino.
Beh, sono comunque cellule molto sensibili al nostro ecosistema.
Probabilmente se non li avessimo fatti fuori noi non sarebbero
sopravvissuti comunque all'impatto con i nostri batteri, non è
ironico? Anche le loro stesse armature, a contatto diretto con
l'ossigeno sprigionano una fortissima tossina che provoca una muffa
che... Oh, chissenefrega, non dovevi farmi da Cicerone?”
Nella Lounge Thor si
è seduto nel suo posto preferito, vicino al camino,
dedicandosi al suo spuntino a base di un doppio cheeseburger ed una
confezione intera di lattine di birra. Quando Stark entra per
rifornirsi di biscottini lo guarda e gliene offre generosamente un
pezzo.
“Grazie,
come se l’avessi preso” Risponde l’altro. “Allora,
notizie da Asgard?”
“No,
nessuna. Sono francamente preoccupato, ma anche certo che se Sif
fosse in pericolo, i miei amici avrebbero trovato il modo di farmelo
sapere.”
Tony alza un
sopracciglio: “J.A.R.V.I.S., abbiamo messaggi nella segreteria
telefonica?”
“No,
Signore. In nessuna segreterie delle sue settantaquattro linee.”
“Oh,
hai ragione, nessun problema!” Tony guarda Thor e alza una
spalla. Lui risponde con lo sguardo del Te
l’Avevo Detto.
“Non
vedo il buon Banner in questi giorni. È andato da qualche
parte?”
“Il
buon Banner è uno stronzo che al momento meno opportuno ha
deciso di prendersi una piccola vacanza, utilizzando il fallimento
del suo esperimento di coltivazione di cellule Chitaure come
spiegazione per la variabilità negativa del suo umore”
Spiega. “E darsi al turismo scientifico.”
Thor si mette a
ridere, battendosi il petto per far scendere un boccone andato di
traverso: “Permettimi di dire la mia” Si interromper per
salutare con un cenno della testa il fratello appena entrato che si
dirige verso la parte opposta, sui puff vicini alla vetrata con un
libro in mano: “Ma se la decisione di Banner è stata
inopportuna ed improvvisa, direi che c’è di mezzo una
donna.”
Tony apre con troppa
veemenza il sacchetto dei biscotti: Gran parte cadono a terra e
rotolano sul parquet. Li recupera velocemente intercettando un guizzo
incuriosito negli occhi verdi di Loki e gli restituisce uno sguardo
di sfida, sperando in una battuta sarcastica per distogliere
l’attenzione dalla conversazione.
Andiamo, Mrs
Doubtfire, insultami per i miei riflessi di merda. Defenestrami.
Seducimi. Fa’ qualcosa!
Ma Loki è già
tornato al suo libro.
Mi deludi. Farti
cambiare così dalla paternità. Pappamolla. Rammollito.
“Mah,
Thor. È difficile dirlo, Banner non è un tipo che si
lascia prendere così facilmente dalle emozioni. Altrimenti
saremmo tutti quanti costantemente sbattuti come tappeti.” Tiè,
beccati questo, così impari a fare il santarellino.
L’incarto del
cheeseburger finisce nel fuoco del camino. Thor si pulisce la bocca
sull’avambraccio, accompagna il boccone ad uno sorso di birra e
poi domanda un parere a Loki.
“Non
sono affari che mi riguardano.” È la laconica risposta.
“Ma se ti interessa così tanto, indaga.”
“Sempre
molto utile, fratello. Andiamo, Stark: tu ne sai sicuramente di più.
Dove si è diretto, almeno questo potrai dirmelo!”
“A
Las Vegas, Thor. Bruce è andato a Las Vegas. Punterà,
giocherà, se perderà si incazzerà di brutto. Nel
caso vincesse, invece, si sposerà ubriaco con una bionda
rifatta." Tony allarga le braccia: "Così ci si
diverte su Midgard!"
Thor si batte una
mano sulla gamba e scoppia in una fragorosa risata, Tony alza un
bicchiere di CocaCola come per brindare, poi batte in ritirata con la
scusa del lavoro in laboratorio.
Una volta uscito
Stark, l’attenzione di Thor si sposta su Loki: “Come mai
qui?”
“Potrei
farti la stessa domanda.”
“Ed
in tal caso, ti risponderei che avevo fame e null'altro.”
“Sicuro.
Solo un genitore furioso per l’ennesima intemperanza del
disubbidiente figlio e una futura sposa di cui non conosci con
certezza la sorte.”
“Come
dicevo prima a Tony Stark, se fosse in pericolo sarei stato
avvisato.”
“Hai
ragione.” Loki si lecca il polpastrello e gira svogliatamente
la pagina. “Devi aver imparato molto dall’esperienza con
la midgardiana: prima ti preoccupavi se la tua donna respirava in
modo diverso dal solito, ora non ti curi neppure di ciò che le
sta accadendo. Spero per te che Heimdall non le racconti della tua
poca cura nei suoi confronti, Sif non si limiterebbe ad un broncio.”
“Sif
sa cavarsela per conto suo. E come ben sai, mal sopporta che vengano
messe in dubbio le sue capacità.”
“So
anche che con Jane Foster eri differente. Ma in fondo, si cambia
tutti no? Io sono cambiato per mia figlia, tu per la tua nuova donna,
e chissà Jane Foster per chi è cambiata.”
“Cosa
intendi dire?” Domanda piccato.
Loki risponde
candidamente: “Quel che ho detto, non è chiaro? Oh, e
per cosa ti inalberi? Così come tu hai scelto una nuova
compagna, Jane avrà fatto lo stesso, no? È suo
diritto.”
“Certo
che è suo diritto. Ma Jane è molto presa dal suo lavoro
– in fondo è per questo che mi ha lasciato – e
poco propensa a distrazioni.”
Lo sguardo del
fratello ritorna sul libro: “Hai ragione. Ne è quasi
ossessionata. Non che la cosa mi stupisca, siamo circondati da gente
ossessionata dal proprio lavoro. Buon per loro, non si annoiano mai.
Anche se a pensarci bene, ognuno di loro ha una distrazione con cui
intervallare i propri doveri. Stark ha la sua famiglia, Addison ha me
ed ora Hela, l’Agente Romanoff corre tra le braccia di Barton e
viceversa, il Capitano si fa ritrarre accanto a bambini in visibilio.
L’unico era Banner, che non sembrava interessato a null'altro.
Ma a quanto pare..."
Improvvisamente Thor
si sente a disagio. C'è un suggerimento, nelle parole di Loki:
un sospetto che non avrebbe preso neppure in considerazione. Eppure…
Scuote
la testa per scacciare il pensiero molesto, in fondo che ne sa suo
fratello di simili questioni? Che
Addison abbia detto qualcosa? Dopotutto Jane ne è amica.
Cerca di nascondere
il dubbio alzandosi e avvisa Loki che intende dirigersi nell’Avengers
Gym. “Non ho ancora testato la macchina per allenamenti che
Stark ha messo a punto per me.”
Lui non lo saluta
che con un piccolo cenno della mano e quando esce dalla stanza, però,
si concede un ghigno.
In fondo Addison non
gli aveva proibito qualche cattiveria ai danni di Lady Jane.
E lui si stava
annoiando.
Invece di dirigersi
subito nella palestra, Thor rientra nel suo appartamento. I dubbi ed
i sospetti restano sulla soglia della porta e si disperdono quando la
chiude.
Quale sciocchezza!
Loki era in cerca un
appiglio per prendersi gioco di lui per diletto e gliel’ha
servito su un piatto d’argento come al solito. Stark ha
ragione: non imparerà mai la lezione sino in fondo.
Sospira e lo sguardo
gli cade su una cornice caduta a terra. Si china per rialzarla e la
osserva: lui e Jane sono davanti ad un piatto di spaghetti: lei ha
gli occhi che brillano ed un mezzo sorriso, lui le guance gonfie dal
boccone che sta masticando. Vicino al bordo inferiore si intravedono
le loro dita. Intrecciate.
Avevano un sentiero
bellissimo davanti a loro, irto e pieno di insidie, ma quale percorso
non lo è? Cos'era andato perso nel tragitto? Thor rimette la
cornice al suo posto e sente il bisogno spasmodico di rivederla
ancora. Di parlarle, chiedere perdono. Di proporre di ricominciare di
nuovo. Questa volta, il sacrificio sarebbe stato suo: rinuncia al
trono e alla vita su Asgard.
Sif avrebbe
compreso. In fondo, era meglio così anche per lei, le avrebbe
evitato la pena di essere la seconda scelta, un ruolo umiliante ed
avvilente che non meritava.
Thor ne è ora
sicuro: “Voce Servile?” Chiama.
“Buona
sera, signor Thor. Come già le chiesi, la pregherei di
chiamarmi J.A.R.V.I.S., il mio nome. Ad ogni modo, sono a sua
completa disposizione.”
“Tony
Stark sostiene che conosci tutto.”
“Faccio
del mio meglio, non c’è bisogno di adularmi.”
“Sai
dove si trova ora Lady Jane Foster?”
“Ma
certamente.”
Davanti a Thor compaiono gli ologrammi di immagini del nuovo centro
di ricerca e la cartina degli Stati Uniti. “La
Dottoressa Foster è diventata Vice Direttrice del nuovo Centro
di Nevada Field, per la Ricerca Astrofisica e Sviluppo della
Sicurezza Mondiale, Signore. Il suo principale è il Dottor
Selvig.”
“Ahah!
Vedo premiati i loro sforzi! Chi meglio di loro potrebbe ricoprire
tale carica? E dove posso trovare questo… questo fortino?”
La
piantina degli Stati Uniti zoomma su un puntino rosso. “Il
Centro di Nevada Field si trova a duecentoventisette miglia da Las
Vegas, Signore.”
“Las
Vegas, hai detto?” Thor aggrotta la fronte.
Lo
schermo olografico alla sua sinistra ora riporta varie immagini di
Las Vegas: “Sì,
Signore. Cito Wikipedia: ‘È famosa per essere la
capitale del divertimento, dello shopping e del gioco d'azzardo,
in rivalità con la paragonabile città di Reno.’
Desidera conoscere qualche casinò famoso, hotel in cui poter
alloggiare, Luna Park o strip club?”
“Che
mi sai dire dei matrimoni?”
“È
molto comune sposarsi a Las Vegas. Le licenze matrimoniali possono
essere rilasciate al momento. Secondo un parere del Signor Stark, il
gran numero di matrimoni contratti a Las Vegas è imputabile
alla legalizzazione della prostituzione nella città.”
Thor scaccia via gli
schermi olografici con un ringhio: “Ho sentito già
abbastanza.”
“Comprendo,
Signore. Anche se è mio dovere informarla che, nel caso cambi
idea, ho ancora i numeri di telefono di dodici intrattenitrici
esercitanti a Las Vegas. Sino al 2008 il Signor Stark soleva passare
almeno un paio di weekend l’anno in città.”
“Mi
pare di aver visto tuo fratello saettare via dalla sua terrazza. È
successo qualcosa?”
Loki fa spallucce
abbandonando il libro su una mensola: "Un attimo fa stava
mangiando nella Lounge."
"Giretto
digestivo?"
"Può
darsi. Non si è aperto il Bifrost, nulla di cui preoccuparsi."
Sicuro.
Come no. Prendo
in braccio Hela e la uso come scudo per nascondere il cellulare:
"Controlla
posizione di Thor"
Invio il messaggio a Stark.
Se c’è
qualcosa che può competere con il piacere e la soddisfazione
di aver terminato con successo una missione, è l’avere
un po’ di tempo a disposizione per il rientro.
I primi tempi
Natasha veniva fatta rientrare – o, meglio, rientrava da sola
per vie traverse, visto che i piani di recupero non venivano mai
previsti per lei – immediatamente e subito dava la
disponibilità per la riassegnazione. Con il passare del tempo,
con l’accumularsi di brillanti operazioni portate a termine, e
con il suo essere anche un membro dei Vendicatori, Natasha aveva
potuto permettersi un po' di relax prima di rientrare alla base.
Niente di trascendentale, solo qualche ora senza avere l’assillo
del contatto radio con l’auricolare.
Non che facesse
nulla di particolare: a volte semplicemente una dormita, o un pranzo
decente, un massaggio rilassante. Se si trovava in una qualche bella
località all’estero, si concedeva un po’ di
shopping, un giro turistico. Occasioni più uniche che rare. I
giorni di licenzia, quando venivano accordati, partivano dal momento
in cui passava il badge di riconoscimento all’interno di una
base S.H.I.E.L.D. e potevano venire revocati in qualsiasi momento, in
base alle esigenze della Direzione.
Quindi, poter
passare diciotto ore a Parigi insieme a Clint erano da considerarsi
lusso.
Lui, ancora un po’
risentito per le ultime vicissitudini della Tower, aveva inizialmente
proposto di recuperare i passaporti falsi e prendere il primo aereo
di ritorno negli Stati Uniti. Era bastato che Natasha lo guardasse
per quattro secondi netti per fargli cambiare idea.
Una foto sulla Tour
Eiffel chiesta ad un turista indiano. Una visita veloce a Notre Dame.
Una cena su un battello turistico ancorato sulla Senna all’altezza
dell’Ile de la Cité. Una notte d’amore in un
bell’hotel di fianco al Museé D’Orsay.
L’espressione
di Clint si era ammorbidita e si era lasciato abbastanza trasportare
da quel raro momento di calma, anche se non aveva subito in pieno il
fascino delle bancarelle e dei negozietti. Natasha invece passa al
setaccio un negozietto di abiti vintage sino a trovarsi davanti ad
una minuscola gruccia con un vestitino blu da marinaretta. La prende
in mano, lo esamina, e Clint si avvicina: "Forse ti sarebbe un
po' stretto sul petto, ma sono sicura che sarà perfetto sui
fianchi." Natasha gli rifila una piccola gomitata.
"Mi stavo solo
chiedendo se potesse andar bene per Hela."
"Devi proprio?"
Riagganciando la
gruccia all'espositore, Natasha si allontana di scatto: "Pensavo
solo di fare un regalo, tutto qui, come porto sempre a casa qualche
souvenir per Addison. Non hai mai avuto da ridire su questo."
Clint la segue fuori
dal negozio, faticando per tenerle il passo nervoso: "La
situazione è diversa."
"Abituatici."
"Ti ci stai
affezionando troppo."
Natasha si ferma di
scatto: "Quindi?"
"Quindi...
niente!" Clint si passa la mano sui capelli rasati. Natasha
riprende a camminare: "Solo che... che non riesco a non credere
che in tutto questo non ci sia un secondo fine. Loki sta usando sua
figlia per... per fare qualcosa - andiamo, lo conosci, sai benissimo
che fa così - e gli viene permesso di farlo. Ma certo!
Accogliamo il bastardo a braccia aperte! Lasciamo che viva sotto il
nostro stesso tetto! Perché non condividere lo stesso frigo? E
a Natale-"
"Clint.
Basta. La questione non è cosa farà o non farà
Loki. Lo conosco, lo conosciamo tutti, e anche Addison dorme con un
occhio aperto. Cosa credi? Che ci siamo tutti rimbecilliti? Il punto
è che la bambina è una cosa a parte. Un'entità
diversa da suo padre. Ficcatelo bene in testa: Hela
non è Loki.
Se in futuro romperà i coglioni, sarò la prima a
rifilarle quattro sberle. Ma al momento, è solo una bambina. E
quel dannato vestito le starà benissimo."
“J.A.R.V.I.S.,
riesci a rilevare la presenza di Thor? Vorrei cenasse con noi…”
Pepper attraversa la Lounge deserta con Howie in spalla, raccatta i
rimasugli della merenda e li getta nel bidone dell’immondizia:
“Sempre che abbia ancora fame, dopo tutto quello che si è
mangiato.”
“Il
Signor Thor ha lasciato in volo la Tower da circa quaranta minuti.”
“Asgard?”
“No,
Signora, dalle informazioni richieste prima della repentina partenza
posso dedurre che fosse intenzionato a raggiungere il Nevada.”
“Il
Nevada?”
“Gli
ho fornito informazioni circa Las Vegas e Nevada Field.”
“Oh.”
Pepper rimette a posto il bidone dell’immondizia. Poi si
blocca, collega e si porta una mano alla bocca: “Oh. Oh! OOH!
TONY!”
“Pepper,
tranquillizzati, Thor non ha nessun navigatore satellitare, né
una mappa e non è neanche di queste parti. Come può
trovare Nevada Field volando alla cieca?”
Pepper sospira ed
appoggia Howie sul tavolo. Il bambino gattona velocemente verso una
sedia, la spinge sino a ribaltarla e Tony la rialza meccanicamente:
“Non lo so, potrebbe… potrebbe chiedere informazioni!”
Tony alza un
sopracciglio: “Amore, è un uomo. Non si fermerebbe mai a
chiedere indicazioni.”
Jorge De La Cruz è
talmente concentrato per evitare di prendere meno buche possibili
nella dissestata strada del deserto messicano da non accorgersi del
lampo che attraversa il cielo un secondo prima limpido e azzurro.
È il tuono a
riscuoterlo. Alza gli occhi, bisbiglia un’imprecazione, e
quando guardare di nuovo la strada inchioda di botto: il pickup si
ferma a pochi centimetri da un uomo comparso dal nulla.
Un uomo biondo alto
e muscoloso, con un lungo mantello scarlatto e un martello in mano.
“Por
Dios!” Esclama, scendendo dal pickup incurante delle prime,
grossissime gocce d’acqua che iniziano a cadere.
L’uomo biondo
si guarda intorno con aria spaesata, poi lo fissa ed infine si decide
a parlare: “Domando scusa, buon uomo. Cerco il Campo del
Nevada, un centro di ricerca, voi lo conoscete? È vicino alla
città di Las Vegas, un luogo di vizi e perdizione. Potete
indicarmi la via?”
“Ay
caramba! Tu eres Thor!”
Abbozzando un
sorriso, Thor si indica ed annuisce. “Esatto, questo è
il mio nome. Ora però…”
“Mi
hijo es tu grande admirador!”
“Ora
se permettete io…!”
“Mi
Mujer te quiere!”
“Io…
io non capisco cosa state dicendo. Vorrei solo sapere…”
L’uomo ha già tirato fuori il cellulare e si fionda al
fianco di Thor per un autoscatto– gli arriva a malapena al
busto - e il Dio del Tuono si trova costretto ad insistere: “Io
devo andare al Campo del Nevada. Vicino a Las Vegas. LAS VEGAS,
comprendete?”
Il messicano lo
guarda, annuisce e poi scoppia in una fragorosa risata. “Las
Vegas? Ahahahahaha! Las Vegas es leja! Muy leja!” Accompagna la
spiegazione con un segno della mano ed indica un punto imprecisato al
di là del confine degli Stati Uniti. “Si es solo por las
putas, conozco un lugar cerca de aquì que…”
“Grazie,
buon uomo.” Thor annuisce, ruota il Mjolnir, e schizza in aria.
In pochi secondi il
cielo torna limpido e sereno come se non fosse mai passata una
nuvola.
“Non
riuscirà neppure ad arrivarci vicino, eh?” Incurante
delle proteste di marito e figlio, Pepper afferra il telecomando
della televisione e lo setta su Youtube: “E allora mi spieghi
come mai si trovano video di Thor a Las Vegas? La rete è
impazzita! Hanno creato anche gruppi su Facebook e un hashtag su
Twitter” Alza lo StarkPhone a mostrargli lo schermo come prova:
“#ThorInVegas!”
Tony sospira, sposta
il figlio dal grembo al divano e poi chiede a J.A.R.V.I.S. di
chiamare Banner: “Gli ho già mandato un paio di sms
prima, non mi ha risposto. Neppure io mi risponderei, se fossi in
compagnia della mia ragazza.”
“Tony,
possibile che tu non capisca? Thor sta andando lì da loro! Che
accadrà quando li vedrà insieme?”
“Si
incazzerà.” Risponde semplicemente. “Ma non me ne
preoccupo più di quel tanto. Sono adulti, vaccinati, possono
giocare ad armi pari se vogliono finire con una scazzottata. E,
sinceramente, non potevano tirarla tanto per le lunghe con questa
‘relazione segreta’.”
Sospirando, Pepper
si piazza davanti a lui con le mani sui fianchi: “A Thor si
spezzerà il cuore.”
“Mai
quanto a Xena quando verrà a sapere che il suo fidanzato corre
ancora dietro alla sua ex.”
“Forse
dovresti andarci anche tu.”
“Dietro
alla mia ex?”
“TONY!”
“Mi
stai incoraggiando a mettermi l’armatura e a fare da paciere
tra l’Hulk e Thor? Non sono molto diplomatico. Chiedilo a Cap!”
“Lo
farei, se sapessi dove l’hanno mandato in missione! Tony…”
“No.”
“Tony…!
“
“E
va bene! Ma solo perché voglio un hashtag anch’io.”
Con una precisa
parabola dal trampolino, Maria Hill si è tuffata in acqua per
raggiungere Darcy. Il giardino si è spopolato velocemente, con
il team rientrato alle loro posizioni – “Metti che troppa
luce solare li polverizzi” ha commentato sarcasticamente Darcy
– ed il panorama del tramonto che infiamma il deserto è
tutto a loro disposizione. Darcy le circonda la vita con le gambe e
la trascina sott’acqua, lei finge per un po’ di essere in
svantaggio e poi si rialza e la riporta in superficie. Si appoggia
con la schiena alla scaletta, lascia che la baci ed insinui la mano
sotto il costume e…
PUM!
“AH!”
Darcy si scansa con un tuffo e la Hill si gira, pronta a fare a pezzi
qualcuno. E si lascia andare ad una imprecazione tra sé e sé.
Al centro del
giardino, trascinando con sé un denso nuvolone carico di
pioggia, è atterrato Thor.
Senza l’espressione
di chi sta improvvisando una visita di piacere.
Inaspettatamente è
Darcy a riprendersi per prima. Saltella nell’acqua oltre la
Hill e risale la scaletta: “Thor!” Chiama, riavvolgendosi
nel telo recuperato al volo dallo sdraio. E sbracciandosi fingendo
un'inutile ilarità: “Che… che ci fai qui? Cioè,
è bello rivederti, ma che ci fai qui?”
“Sono
spiacente di avervi arrecato disturbo.”
“Fa
niente, figurati. Solo, se facessi smettere di piovere, ahem,
eviteremmo di buscarci un raffreddore.” Thor alza lo sguardo al
cielo e le gocce smettono di cadere. Il nuvolone, però è
ben lungi dal dissolversi; Anzi, si illumina di un paio di lampi.
“Ahem… dicevamo… qual buon vento?”
“Dov’è
Jane?”
Darcy ha il cuore in
gola, ma cerca di prendere tempo: “Jane...? Jane intendi...
Jane Foster, sì? Oh, sta lavorando. Ah, lo sai che sono la sua
assistente ufficiale? Ora mi paga! Se aspetti un attimo, ti faccio
vedere il badge…” Prova a distrarlo attirandolo verso lo
sdraio facendo cenno alla Hill di correre dentro ad avvisare la
diretta interessata. “Guarda! C’è la mia foto!
Hey, che fai, ridammelo!”
Thor le ha preso il
badge di mano e si è avvicinato all’entrata
dell’edificio. Lo passa sotto al lettore ottico e Darcy
protesta a viva voce: “E da quando in qua tu sai usare la
tecnologia?” Senza rispondere, Thor oltrepassa la soglia e le
porte si richiudono scorrendo. Darcy sospira: “Sono spacciati.”
La pioggia inizia di
nuovo a scrosciare. Maria Hill guarda il cielo e poi le porte
richiuse: “Lo siamo tutti.”
Bene! Era ora,
finalmente che i due piccioncini venissero scoperti!
Thor avrà
la sua vendetta? IronMan avrà il suo Hashtag? Hela avrà
il suo costume da marinaretta?
(E soprattutto,
piacerà a sua madre?) E quanto sghignazzerà Loki?
Non perdete la
prossima puntata de...
Ok, basta, siamo
seri.
Da qui in poi,
sappiatelo, inizia l'azione. Ed in questo capitolo -sapevatelo - ci
sono ben Due indizi importanti su come procederanno le cose a livello
di 'Problemi'.
Che dire?
A
parte ringraziarvi, a parte essere felicissima per le vostre
recensioni e le vostre attenzioni, a parte lasciarvi il mio ASK
per qualsiasi domanda o sciocchezza vi venga in mente non mi resta
che sperare di rivedervi al prossimo capitolo.
Il
terzo angelo suonò la tromba e cadde dal cielo una grande
stella, ardente come una torcia, e colpì un terzo dei fiumi e
le sorgenti delle acque
[San
Giovanni, Apocalisse].
"Grandioso!"
Esclama Jane saltellando per l'emozione davanti al computer acceso:
"I nani si dirigono verso di noi! Con un po' di fortuna, nelle
prossime ore uno di loro potrebbe precipitare sulla Terra senza
venire polverizzato dall'atmosfera!"
"Scommetto
che anche i Dinosauri ne fossero entusiasti. Prima."
Jane
colpisce il braccio di Bruce con un lieve buffetto: "Non fare il
guastafeste! Sono minuscoli, non ci estingueremo per così
poco. E poi la NASA ha già divulgato il preallarme, IronMan ne
sarà già stato informato. Festeggiamo?"
"Signore,
c'è una chiamata per lei da parte della NASA"
"Non
ora, J.A.R.V.I.S., devo sedare una sicura rissa. Sarà
sicuramente per la stella che ho comprato per il compleanno di
Pepper; fai partire il bonifico, apprezzeranno."
Bruce
sa come creare l'atmosfera.
Ha
acceso le quattro candeline aromatizzate che chissà chi le
aveva regalato chissà quando e le ha disposte attorno alla
stanza. Due tocchi allo Stark-Phone e nell'aria c'è la voce di
Celine Dion. Intreccia le dita alle sue e la guida in un lento,
guancia a guancia, labbra a sfiorarle l'orecchio e a regalarle
piccoli brividi. La pioggia che ha iniziato a scrosciare fuori sembra
accompagnare la musica. Un bacio accennato alla fronte, una mezza
giravolta, un piccolo, buffo casquè all'indietro.
Un
rombo soffocato fuori dalla finestra. Un
rumore famigliare.
Troppo.
Ancora
a testa in giù per il casquè, Jane apre gli occhi:
Al
di là del vetro, sul piccolo terrazzino del suo appartamento,
Thor gronda d'acqua.
E
stringe forte il Mjolnir.
Oh,
cazzo.
"Signore,
la NASA insiste."
"Forse
sarà per ringraziarmi. Digli di lasciare un messaggio in
segreteria, o di mandarmi dei fiori."
"Thor,
non è come sembra. Cioè, lo è ma-"
"Ti
consideravo un mio amico." La voce di Thor è un ringhio
basso, vibrante di disprezzo e rabbia. Ha le vene del collo gonfie e
la mano che stringe il Mjolnir è quasi livida. "L'amico a
cui avevo confidato la mia angustia, che ha ascoltato le mie pene."
Jane
si frappone tra i due, Bruce la sposta. Sta grondando di sudore e la
vena sulla sua fonte pulsa: "Allontanati, ti prego."
"Non
mi farà del male."
"Non
è per Thor." Lo sguardo di Bruce è una supplica
che saetta tra il Dio del Tuono e la donna. "Ti prego..."
"GUARDA
ME!" Grida Thor. Il cielo è attraversato da un fulmine:
cade su una delle palme del giardino incendiandola: "Non riesci
neppure a guardarmi negli occhi, per il tradimento che mi hai
inflitto? AFFRONTAMI! AFFRONTAMI DA UOMO!"
"Thor,
ti prego, calmati... io non riesco a... a..." Bruce deglutisce e
si massaggia la fronte: "Lo sai cosa succede, non voglio. C'è
Jane. Ci sono Darcy, la Hill... altre persone. Non voglio
coinvolgerle."
Gli
occhi azzurri di Thor si spostano su Jane, appoggiata allo stipite
della porta.
Disprezzo.
Jane
si sente morire.
Thor
afferra il bavero della camicia di Bruce e lo trascina sul
terrazzino: "No, non coinvolgerò nessun altro. È
una questione tra te e me. Ma avrò soddisfazione di questo
affronto." Poi ruota il Mjolnir e punta al pieno deserto.
"Signore,
ho Nick Fury in linea. Deve parlarle"
"Ma
che due palle! Digli di chiamare la NASA, se ha voglia di
chiacchierare!"
"Pronto?"
Quando ho visto il numero di Jane lampeggiare sullo schermo del mio
StarkPhone ho avuto un tuffo al cuore. Se prima avevo solo un
presentimento, nel vedere Thor scheggiare via dal terrazzino, ora ho
quasi la matematica certezza.
"Addison,
siamo nella merda!"
Appunto.
"Hill,
sei tu?"
"Sì,
Jane è piuttosto sconvolta per parlare. Ascolta, hai accennato
qualcosa a Thor riguardo una certa frequentazione di Jane?"
"Assolutamente."
"E
la tua stronza metà?"
"Che
io sappia ne è all'oscuro." Che io sappia simula
indifferenza imboccando Hela.
"E
allora come mai l'Hulk e Thor si stanno azzuffando nel bel mezzo del
deserto del Nevada?"
"Oh,
cazzo. Qualcuno si è ferito?"
"Nessun
ferito e solo una vetrata distrutta, al momento. E Jane sotto shock.
Non so i due contendenti, ma col cavolo che vado a sincerarmi della
situazione."
"E
fai bene." Chiudo la conversazione, getto il cellulare su un
ripiano e fisso Loki: "Niente da aggiungere?" Lui finge il
suo migliore sguardo innocente alzando una spalla con l'aria di chi
proprio non sa di cosa si stia parlando. "Non hai parlato per
caso con Thor di Jane?"
"Accennò
qualcosa, mi pare, ma mi pareva tranquillo."
"Così
tranquillo che ora se le sta dando di santa ragione con l'Hulk."
Piega
la testa di lato: "Quindi tu sapevi che Banner e Jane Foster..."
Scoppia a ridere: "Quindi tu e Stark ne eravate a conoscenza...
o anche gli altri? Oh oh, grandioso! Ed ora cerchi di scaricare su di
me la responsabilità?" Torna a guardare la bambina per
infilarle nella boccuccia spalancata l'ultima forchettata di pasta.
"Oh, Hela... la mamma ha i sensi di colpa. Sono brutti, vero?"
"Ma
vai a farti fottere...!"
"Già
fatto, ieri sera sul divano. I sensi di colpa ti ottenebrano la
memoria?"
L'Hulk
sbatte la faccia a terra colpito in testa dal Mjolnir. Si rialza con
un urlo, afferra Thor per una caviglia e lo fa roteare sopra la
testa, mollando la presa per scagliarlo contro le rocce della
montagna più vicina. Il fulmine che la fa esplodere è
immediato.
"Come
pensavi che reagissi?" Urla Thor lanciandosi di nuovo
all'attacco: L'Hulk smorza la carica con una pedata in faccia. Il Dio
del Tuono si rialza di nuovo e lo stende con un montante sotto il
mento e una ginocchiata allo stomaco. "Non è per il mio
onore, ma per la mia fiducia tradita!" Manrovescio dell'Hulk,
gomitata di Thor: "Come...hai osato... sapendo che pena..."
L'Hulk riceve una martellata su un alluce: si mette a saltellare con
il piede in mano, ululando e lasciando stare il collo di Thor:
"...serbavo nel cuore. Era l'amore della mia vita, dannato!"
Il
Gigante sbatte il piede a terra, gonfia i muscoli e grida a
squarciagola: "HULK NO FREGA!"
"Ti
rimangerai le parole..." Ringhia Thor.
L'Hulk
urla.
Thor
urla più forte.
L'Hulk
ancora più forte. E sputa.
Thor
si libera dalla saliva pulendosi la faccia con l'avambraccio e si
lancia di nuovo all'attacco.
"Signore,
è di nuovo Fury... "
"Oh,
e va bene! se è davvero così insistente, passamelo..."
"Signorino,
facciamo i preziosi oggi?"
"Hey
Nick, tutto bene? Magnifica giornata oggi per una rissa, che ne
dici?"
"Non
ho intenzione di tirarla così per le lunghe. C'è un
meteorite delle dimensioni di una cocomero ad uno sputo
dall'atmosfera terrestre. A quelli della NASA - che per inciso ti
stanno cercando da ore - trema il culo che possa non sbriciolarsi.
Visto che è da quarantottore che non compari in televisione
con una qualche impresa eroica, non è che potresti andarlo a
far saltare per aria, nell'eventualità?"
"Posso
postarlo su Instagram?"
"Postalo
dove cazzo ti pare, basta che non faccia danni."
"Cercavo
proprio un hasthag per oggi. Scalzerà #ThorInVegas dalla
classifica!"
"Cosa?"
"Niente,
Nick, solo un'allegra strizzata di capezzoli tra amici. Avvio una
scansione satellitare per stabilire le coordinate presunte di
impatto. Tu intanto... fammi un favore: Hai sottomano il Capitano?"
"Sta
rientrando ora dal Medio Oriente, perché?"
"Perché
avrei bisogno del suo spirito da paciere americano in Nevada..."
"Ma
che cazzo...?"
Il
paracadute di Cap - riconoscibile dal disegno, identico a quello
sullo scudo - plana placidamente sull'erba ancora umida del
giardinetto. Il Capitano si libera dalle cinghia fischiettando e
salta sul terrazzino di Jane in tutta tranquillità. Guarda la
finestra disastrata e commenta che forse gli sarebbe stato più
utile un manutentore, piuttosto che un SuperSoldato: "Tra
parentesi, Fury è stato piuttosto caustico a spiegarmi il
problema. Potrei avere delucidazioni in me."
"Thor
ha beccato Jane e Bruce." Spiega brevemente Darcy. "Non
l'ha presa bene."
Steve
si toglie il caschetto e la maschera e li appoggia sul tavolino della
stanza: "E chi l'avrebbe fatto? L'Hulk si è scatenato?"
Darcy
annuisce: "Pensiamo si stiano sfogando nel deserto."
"Ricapitolando:
non ci sono feriti, la finestra è assicurata, Bruce è
in versione Spaccatutto ma sono in mezzo al deserto. Qual è
il problema?" Jane lo fulmina con lo sguardo, Steve sospira.
"D'accordo, d'accordo. Andrò a dividerli! Qualcuno mi da
un passaggio?"
"Scordatelo."
Ribatte la Hill scuotendo la testa.
Darcy
le rifila una gomitata nel fianco e alza la mano. "Conta su di
me."
"Non
ci pensare neppure! Laggiù c'è l'Hulk, che hai
intenzione di fare? Non sai neppure la strada!"
"Ho
intenzione di evitare un polpettone di Vendicatori. Si vedono i lampi
in lontananza, prenderemo quella direzione: andremo sempre dritto,
prima o poi troveremo qualcosa. In caso di attacco, so difendermi: il
mio Teaser ha già steso Thor una volta. Cap è
d'accordo."
"...veramente..."
Ma
Darcy si è infilata scarpe e ha afferrato le chiavi del
fuoristrada. Maria sospira esasperata e gliele strappa di mano. Poi
estrae la pistola dai jeans e si assicura che sia carica e pronta
all'uso.
Darcy
solleva un sopracciglio: "E vai in giro abitualmente con una
pistola in tasca?"
"Certo.
Pensavi fossi solo felice di vederti? Andiamo, Cap. Sia ben chiaro
che mi tengo a debita distanza."
Passa
un weekend romantico con la tua ragazza. Sarà rilassante!
Dicevano. Borbotta tra sé
e sé la Hill, fuoristrada acceso e retromarcia già
ingranata.
I
fari illuminano quella che assomiglia in tutto e per tutto ad una di
quelle aree desertiche che il governo utilizzava negli anni '50 per i
test nucleari: montagne ridotte ad un colabrodo, terreno con più
crateri della superficie lunare.
Thor
dev'essere ormai esausto, i lampi ora non sono altro che blandi
bagliori nelle nuvole e la pioggia ha smesso di cadere. Dell'Hulk
nessuna traccia né visiva né sonora.
Steve
ormai è sceso dalla macchina da cinque minuti armato del suo
scudo e di una torcia e anche lui è uscito dal cono di luce
dei fanali. Maria Hill impreca, rovista nel cassetto sotto al
cruscotto, prende il pacchetto di sigarette e lo zippo marchiato
S.H.I.E.L.D. E si accende una sigaretta abbassando il finestrino.
Ok,
se entro cinque minuti Capitan Tuttiamici non ricompare, me ne vado.
Io con l'Hulk non voglio averci niente a che fare.
Tamburella
le dita sul volante.
Se
Banner fosse ancora trasformato, ce ne accorgeremmo.
E
se si fossero ammazzati a vicenda? Chi lo dice alla Foster?
Certo
che anche lei, in quanto a uomini...
Hill
getta a terra il mozzicone di sigaretta, scende dall'auto e lo
schiaccia sotto la suola dell'anfibio.
D'accordo.
Andiamo a vedere. Prima troviamo Artù e Lancillotto prima
Ginevra la smette di frignare, prima riesco finalmente a godermi la
mia ragazza.
La
torcia illumina praticamente nulla. Da qualche parte, lontano ma non
troppo, un coyote ulula.
Prenditi
qualche giorno di vacanza. Rigenerati. Dicevano. Quasi quasi era
meglio l'Afghanistan.
Anche
perché in Afghanistan avrebbe gironzolato armata sino ai
denti, e non solo con una pistola infilata nei Jeans, un cellulare
che non prendeva neanche una tacca, ed una torcia talmente piccola da
non illuminare neppure il cratere davanti ai suoi piedi.
Maria
Hill ci ruzzola dentro in pieno.
Prenditi
qualche giorno di vacanza. Anche se il Deserto sarà un po'
noioso. Dicevano.
"Allora,
allora: Thor, tu resta su quella roccia e Hulk, siediti anche tu."
Steve resta impassibile davanti all'urlo dell'Hulk che lo investe.
Piega appena la testa senza abbassare lo sguardo ed aggiunge: "Per
favore." L'Hulk grugnisce e si lascia cadere a terra con un
tonfo sordo. "Grazie."
Poi
trova un fazzoletto nella cinta e lo porge a Thor, che si tampona il
naso."Tutto a posto? Sembra rotto. Aspetta che te lo sistemo:"
Gli afferra il naso con una mano e glielo raddrizza con un colpo
secco. Thor soffoca un'imprecazione, l'Hulk si lascia andare un
ghigno soddisfatto.
"Bene.
Ora che vi siete sfogati a sufficienza..." L'Hulk ringhia un NO
e scatta in piedi, ma l'indice alzato di Cap lo fa desistere e sedere
di nuovo. "Sarebbe il caso di parlarne civilmente. "
"Non
ho nulla da dire a questa bestia dissennata!"
L'Hulk
urla.
Il
dito di Captain America torna a farsi valere: "Thor, guarda che
non sei d'aiuto così. Hulk, non è che potresti
restituirci il Dottore, per favore? Il tempo di una chiacchierata,
non lo tratterremo a lungo."
Il
Gigante di Giada si sta già sgonfiando. Alla luce della
lampada, il verde sfuma nel rosa brunito della pelle di Banner e le
ossa scricchiolano mentre tornano nella loro dimensione originale.
Banner ha l'aria stravolta e le labbra pallide del dopo
trasformazione, i pantaloni ridotti ad un brandello lacero e sporco;
Cap scatta appena in tempo per riuscire a sostenerlo afferrandolo per
le spalle.
"Mi
dispiace." Mormora il dottore, cercando di sostenersi da solo.
Beve un piccolo sorso dalla borraccia termica che Steve gli porta
alle labbra e ripete: "Mi dispiace." Thor non fa una piega,
alterna il tamponarsi il naso con soffi di moccio e sangue. "Io
e Jane... volevamo dirtelo, non sapevamo come. Non pensavo... non
pensavo che saremmo arrivati a questo punto. Non volevamo ferirti,
solo che... è stato più forte di noi, capisci?"
Prende un altro piccolo sorso, riacquista un po' di colore in viso ma
continua a respirare a fatica: "Steve mi è testimone, non
volevo..."
"TU
SAPEVI!?" Thor scatta in piedi e riagguanta il Mjolnir.
Preso
in contropiede, Steve molla la presa di Bruce, che cade riverso
all'indietro sbattendo la schiena e gemendo ad alta voce.
"Aspetta,
aspetta! Non fare stupidaggini io..."
Un
lampo attraversa il cielo.
“Le
ultime previsioni indicano come punto di impatto le coordinate 95°
55' 39.848' longitudine nord e latitudine 11° 19' 17.305 ovest,
Signore.”
“Si
troverebbe?”
“In
mezzo all’Oceano Pacifico, al largo della costa dell’Honduras.”
“Oh,
perfetto, così dovrò come al solito provvedere alle
selfie. Grazie tante, dannato meteorite! Si può sapere perché
tutti vogliono coinvolgermi per un sasso che casca in mezzo
all’Oceano?”
“Signore,
da un calcolo al momento ancora approssimativo della circonferenza
massima del meteorite, la sua caduta potrebbe causare onde di almeno
dieci metri, che colpirebbero le coste dell’Honduras in meno di
dodici ore.”
IronMan
spinge al massimo i propulsori: “Ma che razza di cocomeri si
mangia Fury?”
Il
molare sinistro di Steve dondola.
Non
è mai successo da che gli è stato iniettato il Siero.
Ma, d’altronde, non ha mai neppure ricevuto un Mjolnir in pieno
viso. Ha la mascella tumefatta e gonfia e anche parlare gli riesce
piuttosto difficile. Passandosi il braccio di Bruce dietro al collo e
sollevandolo quasi di peso, si scopre a domandarsi se il dente cadrà
o si risalderà come se nulla fosse accaduto.
“Fhor,
pef fafore, farefti smettefe di piofere?” Thor, qualche passo
dietro di loro e sguardo miseramente rivolto a terra, alza appena il
capo verso il cielo: la malinconica pioggerellina che li sta
inzuppando cessa di colpo. “Graffie.”
La
camminata silenziosa è interrotta solo dai gemiti di Bruce,
quando con i piedi nudi calpesta un sasso appuntito o quando un osso
o un muscolo si fa male più del solito. Quando inizia a
lamentarsi di avere i crampi in tutto il corpo Cap se lo carica
direttamente sulla schiena.
“Sicuro
di non darti fastidio?” Chiede laconico il dottore.
“Figufati,
fei una piuma pef me.”
“Non
è per quello. È che ho perso l’ultimo brandello
dei pantaloni mezzo chilometro fa.”
Steve
ridacchia, per quanto il male alla mascella lo permetta. Dietro di
sé, sente Thor soffiarsi il naso nuovamente per coprire una
mezza risata.
Dopo
pochi secondi stanno tutti e tre ridendo apertamente.
Finché
la torcia di Steve non illumina un Coyote alto quasi come una persona
normale.
Molla
di nuovo a terra Banner, che singhiozza, e Thor alza di nuovo il
Mjolnir.
“Fermi,
stronzi!” Sotto la pelliccia del Coyote ci sono gli occhi
azzurri di Maria Hill. Si libera dalla carcassa sulle spalle
gettandola a terra e si pianta le mani sui fianchi, picchiettando il
piede esigendo spiegazioni.
“Che
diafolo ti è succeffo? Non dofefi reftare in macchina?”
“E
tu non dovevi tornare in un minuto?” Ringhia di risposta,
cercando di togliersi il fango dalla faccia. “Sono uscita a
cercarvi. Alla cieca, per inciso. E sono finita in un fottuto cratere
aperto con quel suo fottuto martello.” Thor abbassa il Mjolnir
quasi a nasconderlo sotto il mantello. “Ed un Coyote ha cercato
di farmi diventare la sua cena! Povera bestia illusa!”
“Hill,
forfe è meglio tornarfene alla bafe. È ftata una ferata
pefante per tutti.”
“Io
no.” Mormora Thor. "Io…forse è meglio che
torni ad Asgard.”
“Oh,
andiamo, Fhor! Hai appena combattuto come un dannato e farà
paffata mezzanoffe. Fieni con noi e domani…”
“Non
posso affrontare Jane. Non posso ricevere il disprezzo per ciò
che ho fatto.”
“Faprà
perdonarti.”
Bruce
e la Hill piegano la testa di lato e si scambiano no sguardo, non
troppo convinti dell'affermazione.
“Ed
io, saprò perdonare me stesso?” Il Dio del Tuono scuote
la testa, poi rotea il Mjolnir e spicca il salto verso il cielo
scuro.
Exit:
light Enter:
night Take
my hand We're
off to never-never land
I
Nani superstiti entrano nel campo visivo di IronMan: sono sette, il
visore interno dell’armatura li sottolinea come target e li
evidenzia quando sono sotto tiro. Passano l’atmosfera e si
incendiano graffiando il cielo nero dell’Oceano con scie
aranciate. Un grappolo di missili partono dall’avambraccio
destro di IronMan, dritti e precisi colpiscono i meteoriti facendoli
esplodere in una coreografica sequenza. Tony Stark riprende
l'headbanging sul riff di 'Enter
Sandman'.
“Ripreso
tutto, J.A.R.V.I.S.?”
“Si,
Signore! Complimenti, bellissimo intervento. Solo una precisazione:
il meteorite…”
Dalle
nuvole di fuoco il visore cerchia un altro piccolo frammento scampato
all’esplosione.
Something's
wrong, shut the light Heavy
thoughts tonight And
they aren't of Snow White
“Visto.”
“Si
tratta dell’asteroide soprannominato ‘Thorin
ScudoDiQuercia”
Aprendo
il palmo, Tony ammette che aveva pochi dubbi: “Vediamo come se
la cava in uno scontro diretto con un sostenitore di Smaug.”
Lancia un colpo con i propulsori: di nuovo il meteorite viene
centrato e di nuovo esplode.
Solo
un piccolissimo frammento, come una lunga scheggia, resta integro.
Dreams
of war, dreams of liars Dreams of
dragon's fire And of things that will
bite
Tony
alza di nuovo la mano, poi J.A.R.V.I.S. ne calcola le dimensioni –
Quattro metri di lunghezza per una larghezza massima di due – e
decide che non vale la pena sprecare altre energie per distruggerlo.
Segue con lo sguardo il suo inabissarsi nell’Oceano senza
alcuna conseguenza.
Sleep
with one eye open Gripping your
pillow tight
“Benissimo.
J.A.R.V.I.S., imposta le coordinate di rientro e pubblica il video su
Instagram e Twitter. Voglio l’Hashtag #IronManGotFireworks
in testa alle preferenze di tutto in continente. E appuntati di
ripubblicarlo per il Quattro Luglio.”
Exit
light Enter night Take
my hand Off to never never land
Il
personale di controllo circonda Mentore seguendo i parametri
evolutivi della missione su molteplici schermi. Uno di loro alza due
delle tre teste e annuncia l’entrata della Copertura
nell’atmosfera terrestre, un altro elenca ad alta voce i dati
di velocità, temperatura ed attrito. Un’altra conta i
meteoriti esplosi.
A
fianco del Re, il Generale stenta a trattenere un sorriso
soddisfatto.
Un
istante di silenzio, e poi l’annuncio finale: “Mio
Signore, la Capsula di Copertura principale ha resistito alle
esplosioni e ha impattato nell’Oceano come previsto.” I
presenti applaudono, il Generale si lascia andare il suo ghigno.
“Maestà,
Ultron è ufficialmente inserito nell’ecosistema della
Terra.”
Mentore
annuisce appena guardando il Generale, ed è lui ad ordinare ad
alta voce di attivarlo.
“Temperatura
della capsula esterna abbassata a livello. Inizio apertura.”
“Iniziata
acquisizione e sincronia con il campo magnetico terrestre”
“Operazione
preliminare di caricamento cognitivo dei dati terrestri.”
“Signore,
Ultron è abilitato e pronto a muoversi. Vuole che lo
riportiamo in superficie?”
Il
Generale sta per rispondere affermativamente, ma Mentore lo precede:
“No. Lasciate che l’Uomo di Ferro si allontani. E poi
iniziate con le procedure di destabilizzazione magnetica.”
“Intendete
interrompere le comunicazioni all’interno dell’atmosfera
terrestre, mio Signore?”
“Esattamente.
Confondere, disperdere i terrestri. Creare panico nelle loro strade e
nelle loro menti. E poi schiacciarli, come le formiche che sono.”
E
alla fine, tra i nostri Nani c'era proprio uno Scassinatore. Ehehehe!
Non
ho molto da aggiungere, direi che questo capitolo parla già
abbastanza da solo...
Sappiate
solo che sono ORGOGLIONA della coppia DarcHill. Mi piacciono da
morire! <3
Non
mi resta che ringraziarvi, come sempre, per il vostro supporto &
Sopportazione! Grazie per lasciare un commento e grazie per seguirmi.
Spero
che questa storia continui a tener viva la vostra attenzione... sino
alla fine.
Grazie,
Grazie, GRAZIE.
Come
sempre, per ogni questione, rimando al mio ask
“Guardati
intorno, disse. Non c'è profeta nella lunga storia della terra
a cui questo momento non renda giustizia. Di qualunque forma abbiate
parlato, avevate ragione.”
[Cormac
McCarthy, La Strada]
Una
madre comune, realizzata ed orgogliosa, dirà che non c'è
nulla di più bello al mondo del sorriso del proprio figlio.
Per
la sottoscritta, neomadre a tradimento in crisi d'identità,
non c'è nulla di meglio nell'Universo intero che vedersi
comparire la propria migliore amica - l'altra chiappa del culo, la
metà rossa del cielo, la zoppa con cui hai imparato a
zoppicare – in un mattino di inizio maggio speso nel vano e
vago tentativo di montare la cameretta alla tua biologica infante.
Quando
apro la porta del Lair e mi ritrovo davanti Natasha quasi mi
commuovo: L'abbraccio stretta mugolando frasi incomprensibili, prima
di trascinarla dentro e pregarla di non lasciarmi mai più.
"Parlami di qualcosa. Di qualsiasi cosa di lavoro." La
imploro:"Armi, proiettili, S-Fury-Ate, gare di sputi dal
ponte dell'Helicarrier: qualsiasi cosa."
"Uhm...
Abbiamo un nuovo tipo di manette ad alta resistenza e... Ah! Fury ha
perso le chiavi dell'Acura mentre era da solo a Caracas.” Alza
il mento in un cenno di saluto – stranamente ricambiato –
a Loki e prosegue: “Ci siamo beccati le sue bestemmie via radio
per un'ora, prima che qualcuno riuscisse a raggiungerlo."
"Ma
perché me le perdo queste cose!" Piagnucolo."Signorina,
ma non eravamo a farci un pisolino?" Hela che arriva con le
braccia colme di pupazzi di varie forme cattura la mia attenzione e
quella di Natasha. Trotterella verso suo padre e gli stampa uno dei
suoi baci sugosi. Poi si avvicina a noi seminando pupazzi sul suo
goffo cammino.
"Ciao."
La saluta Natasha, inginocchiandosi per arrivare alla sua altezza.
"Abbiamo fatto shopping vedo!"
"Chiunque
varchi quella porta entra con un pupazzo per lei ed un regalo per
sfottere me."
"Oltre
alla torta di pannolini di Coulson?"
Apro
la zip della felpa: nel vedere la mia maglietta con la stampa di
Mommy of The Year Natasha fatica a trattenersi dal ridere.
"Fai
poco la spiritosa, prima o poi ti capiterà qualcosa di cui
potrò sfotterti apertamente." Hela apre le braccia verso
Natasha per farsi prendere in spalla e lei non si fa desiderare:
"Allora zia Nat te la ricordi!"
Loki
ripianta gli occhi nel manuale di montaggio del lettino: “La
dolce zia Nat di cui porta il nome.”
Natasha
mi guarda senza capire.
"Per
evitare problemi burocratici futuri ho hackerato il sistema
anagrafico statale e l'ho registrata. Loki ha calcolato l'equivalente
terrestre della sua data di nascita ed io ho scelto il nome terrestre
completo, per assonanza. Per l'anagrafe americana, e Loki ci tiene a
precisare solo per quella, si chiama Helena Natalia Borgo. Che
te ne pare? Ti fa piacere?"
Lei
sbatte gli occhi sorpresa. Ho sbalordito la VedovaNera, è un
evento da segnare sul calendario e festeggiare con frequenza annuale.
“Io... io ho solo dato il tuo nome alle mie vecchie ciabatte!"
"Beh,
sono morbide e calde..."
"Puzzano!"
"Se
è questo il problema, dai il mio nome alle tue Lobutin
preferite!"
"Posereste
a terra mia figlia? Non vorrei che l'idiozia irradiata dalla
conversazione possa bloccarle lo sviluppo." Ci schernisce Loki.
"Accidenti,
oggi è ancora più simpatico del solito." Commenta
Natasha.
"Siamo
entrambi un po' acidi, ultimamente."
"Momento
per una pausa?" Propone.
Gli
occhi di Loki restano nel manuale, ma alza un dito: "Per me Earl
Grey."
"Prego,
il bollitore è lì." Rispondo seccata indicandolo
con un cenno della testa.
"Vicino
a te."
Allungo
la mano: "Come vedi, è fuori dalla mia portata."
Natasha
ed Hela spostano lo sguardo da uno all'altro in contemporanea: "Non
intendevo quella pausa."
Pepper
raccatta da terra il succhiotto che Howie ha lanciato con un gesto di
stizza mentre Tony gli infilava la giacca e se lo passa in bocca per
pulirlo prima di restituirlo al piccolo proprietario: “Davvero,
Tony, sei sicuro di non volerlo tenere qui? Posso chiedere ad
Liselotte di raggiungerti per darti una mano.” Tony scuote
velocemente la testa: “Ma Howie sembra aver legato con Hela…”
“Non.
Mi. Interessa. Niente.” Scandisce Tony dondolando il figlio:
“Avrà tempo per farsi amici quando andrà al
college, tra sei anni. Al momento, visto che non è ancora un
adolescente precoce, desidero tenere fuori dalla portata di mio
figlio le cattive compagnie.” Pepper scuote la testa e si
infila le scarpe e Tony aggiunge qualche raccomandazione ad Howie sul
non rompere le scatole alla madre durante il volo per Los Angeles, né
di vomitare su Happy.
“Ah,
tesoro, dimenticavo: ho apportato qualche modifica alla StarkMom…”
“Ancora
con questa storia!”
“Non
mi fido a mandarvi in giro sguarniti, con Loki sullo stesso pianeta.”
Pepper lo accusa di essere decisamente paranoico e gli sfila Howie
dalle braccia: “Paranoico io? Prima ero troppo avventato, ora
sono troppo paranoico…”
“Saluta
papà…”
“Prima
vuoi che cambi, poi mi accusi di stare cambiando…”
“Ci
vediamo tra due giorni, amore. E, per la cronaca, non sei cambiato
affatto. Per fortuna.”
"Per
merenda solo frutta."Nello zainetto rosa di Hela Loki infila due
arance ed una mela. "Al massimo, se ha ancora fame, uno yogurt
può bastare. Niente carboidrati, tantomeno zuccheri."
Natasha
mi lancia uno sguardo interrogativo: "Da quando in qua è
un esperto di alimentazione infantile?"
"Da
che ha iniziato a frequentare siti web sull'infanzia. E trollare in
forum di mamme ansiose."
"Lo
fai anche tu?"
"Certo.
È divertente!"
"Voi
due avete decisamente bisogno di un pomeriggio da soli."
Loki
si è messo a spiegare ad Hela che starà con zia Natasha
solo per qualche ora. Le raccomanda di fare la brava, di non piangere
e lascia che la piccola riprenda in mano tutta la sua famiglia di
pupazzi.
"Fuori
c'è una bella giornata, pensavo di portarla a Central Park."
"Non
è una brutta idea." Concordo "A prendere una boccata
d'aria fresca..."
"Sta
bene. Ma bada, Agente Romanoff: Se torna con anche solo un
graffio..." Natasha guarda me, Hela che le ha già dato la
manina, poi incrocia lo sguardo minaccioso di Loki e alza gli occhi
al cielo. "E se inizia a piangere, riportarla subito a casa."
Da
dietro la schiena di Loki, scuoto la testa fortissimo: No, Nat. Ti
prego no.
Lei
sorride complice,prende Hela in braccio, entrambe ci fanno ciao ciao
con la manina, e poi escono dalla porta.
Silenzio.
Incredibile,
non lo ricordavo così bello.
Un
sogno.
Loki
si appoggia le mani ai fianchi.
"Turbato?"
Domando abbracciandolo da dietro appoggiando il viso sulla schiena.
"Paura di aver fatto una cosa irresponsabile?"
Resta
un attimo immobile, fisso a guardare la porta. Ma quando le mie mani
si spostano dal suo petto verso il basso, scatta e si allontana,
tornando verso il lettino ancora smontato, lasciando su due piedi e
con il cuore pressoché sanguinante: “Prima finiamo.”
Alzo
gli occhi al cielo, recupero il manuale e mi siedo a gambe incrociate
per terra. Loki mi getta uno sguardo e piega le labbra nel sui
piccolo ghigno mellifluo.
Che
hai da sfottere ora?
Apre
le braccia, palmi verso il basso a sovrastare i pezzi di legno
smontati. Quando muove le dita, iniziano a vibrare e si alzano come
piccoli soldatini sull'attenti quando volta i palmi. Quando chiude le
mani, si assemblano perfettamente incastrandosi tra di loro a formare
il lettino bianco e rosa.
“Non
ho parole.” Ciè, le ho, ma son tutte brutte.
“Per
questa sciocchezza?”
Accartoccio
il manuale tra le mani: “È da tre ore che tentavo
di montarlo! Non potevi farlo prima?”
“Non
me l'hai chiesto.”
Questo
è troppo. Gli lancio la palla di carta che è ora il
manuale in pieno viso. Lui la para senza problemi: “Io ti
strozzo.”
“Non
credo” Mi schernisce chinandosi verso di me. “Non hai
intenzioni migliori, ora?” Si getta la pallina dietro le
spalle, mi prende e mi solleva: “Perché io sì.”
“Se
la metti così...”
Clint
non ha decisamente fatto i salti mortali, ma non ha neppure inforcato
gli occhiali da sole per chiudersi nel solito ostinato mutismo.
D'altro
canto, Hela sgambetta curiosa per il Nest aprendo sportelli e
cassetti, curiosando e infilandosi ovunque: "Beh, si dà
da fare" commenta Natasha: "Comprendo che la privacy di
quei due fosse andata a ramengo."
"Una
vera sfortuna." Commenta sarcastico Clint schiantandosi sul
divano. Hela lo raggiunge e tenta la scalata ai cuscini.
"Addison
mi pareva piuttosto abbacchiata, ne aveva bisogno. Pensa a quante
volte è uscita per lasciarci da soli in casa..."
"Una,
due volte al massimo." La guarda aggrottare la fronte e allarga
le braccia: "Scusa se il solo pensarci mi dà il
voltastomaco!"
Natasha
sospira, poi recupera la manina della bambina con la promessa di un
giro a Central Park: "Lasciamo questo brontolone sul divano."
"'Toone!"
ripete la bambina annuendo vigorosamente.
Non
fanno in tempo ad arrivare all'ascensore che Clint le raggiunge: "Non
vorrai mica lasciarmi sotto lo stesso tetto di quei due che... bleah!
Non voglio neanche immaginarlo!"
Ci
sono rapporti in cui tutto si risolve a parole.
Ma
Loki è un bugiardo, un tessitore di inganni. E se io non sono
alla sua altezza, è solo perché ho qualche millennio di
esperienza in meno.
Per
noi che viviamo di frasi ambigue e menzogne, è meglio usare le
labbra in altri modi.
A
che pro spendere tempo in frasi fatte, a convincere l'altro della
nostra sincerità e dei nostri sentimenti, quando uno non può
fidarsi delle parole dell'altro?
Sono
una donna concreta: mi baso sui fatti, non sulle parole.
Ed
i fatti dimostrano ben più di quanto le sue parole - leziose,
sibilline, argute, graffianti - siano in grado di fare: l'intensità
del suo sguardo, l'avidità dei suoi baci e delle sue carezze,
il suo abbraccio che diventa così possessivo da risultare
quasi feroce: Bisogno. Desiderio. Passione.
Ma
le donne che si fanno sciorinare dai loro uomini l'elenco dei
sentimenti possibili e immaginabili, lo sanno cosa si perdono nel
frattempo?
Si
leva i pantaloni di dosso praticamente inciampandoci sopra, lo
circondo con le gambe e rotoliamo sul letto. Mi muovo sopra di lui
strappandogli dei gemiti di piacere. Affonda le unghie nelle mie
cosce, mi fa rotolare sulla schiena e riprende il controllo,
bloccandomi i polsi sopra la testa e tuffando le labbra nel mio
petto. Mordicchia e succhia, sogghigna nel mio orecchio quando urlo
il suo nome.
Crolla
su di me, le braccia a stringermi mentre riprendiamo fiato. Trovo la
sua fronte con le labbra e la bacio accarezzandogli i capelli.
Lui
alza appena la testa dal mio petto, ancora ansante, trova il mio
sguardo e piega le labbra tumide in un sorrisetto sornione: "Pensi
di essertela cavata con così poco?"
"Tesoro,
stavo per dirti la stessa cosa."
Ma
sì, a volte le parole possono anche servire.
Thor
non fa in tempo a raggiungere i gradini del trono che Odino ha già
steso la mano e richiamato a sé il Mjolnir.
"Padre..."
"Silenzio!"
Odino si alza ed ordina alle guardie che hanno scortato il principe
di uscire. "Stolto, ingrato, insolente! Questo è l'erede
che ho cresciuto? Questo, il figlio che mi merito?"
"Padre,
io..."
"HO
DETTO SILENZIO!" Il Re stringe il manico del Mjolnir, come se si
stesse imponendo di non usarlo lui stesso: "Disubbidire a me,
per salvare una creatura il cui stesso concepimento è una
bestemmia! Ingannarmi, per aiutare colui che inganna per primo!"
"L'interpretazione
delle Norne era sbagliata, l'ho dimostrato! La bambina sarà
Regina negli Inferi un giorno. Un Regno che non necessita della tua
tutela, ma che reclamerà comunque la tua sudditanza!"
"Ah,
è questo dunque che aneli? La mia morte?" Ringhia Odino:
"Scendi la china del mostro che consideri tuo fratello,
arriverai a tentare di uccidere il tuo stesso padre!"
"NO,
MAI!" Ora è Thor ad urlare: "Possibile che tu non
riesca a comprendere?"
"Io
comprendo solo che mio figlio, il mio unico figlio ed erede vola tra
i regni, giocando a fare il paciere e l'eroe, occupandosi di
qualsiasi, sciocca questione fuorché della difesa di Asgard."
"Midgard
è sotto la mia tutela!"
"E
quando tu sarai chiamato al tuo ruolo su questo trono? La lascerai
perdere? Quale sarà la tua priorità?"
Il
Principe non riesce a rispondere, Odino invece annuisce. Gli
restituisce il Mjolnir e gli indica la porta: "Fuori dalla mia
vista. Non considerarti più appartenere a questo trono, né
Principe di Asgard. Vattene su Midgard, a vedere il suo popolo e i
tuoi cosiddetti amici invecchiare e morire nell'arco di una tua
stagione. Vattene su Midgard, a proteggere la progenie maledetta di
chi ti pugnalerà alle spalle."
Thor
gli ha già voltato le spalle ed è quasi alla porta,
quando si ferma per fare un'ultima domanda: "E Sif?"
"Improvvisamente
ti è cara la sua sorte? Avrei voluto imprigionarla, accusarla
di tradimento come meritava e condannarla a morte. Ma sono un Re
saggio, e ho compreso che la stupidità delle sue azioni è
stata dettata dalla sua natura di debole donna sentimentale. Ho
spezzato la sua spada davanti agli occhi e l'ho cacciata dalla Prima
Guarnigione. Il suo orgoglio ferito farà il resto."
Trova
Sif in una locanda ai margini della città, davanti ad una
pinta di birra scura con il cappuccio calato sulla testa e Fandral e
Hogun a tenerle compagnia in silenzio.
Nel
vederlo entrare i due si alzano e gli vanno incontro, gli battono due
pacche sulle spalle e ad un suo cenno si allontanano per lasciarli
soli. Thor si siede di fronte a lei, ignorando il locandiere che gli
getta uno sguardo dal bancone aspettando un cenno per l'ordinazione.
"Voglio
porgerti le mie scuse."
Lo
sguardo di Sif seguita a restare fisso sulla schiuma della birra.
Quando le dita di Thor si appoggiano sulle sue ritrae la mano e volta
lo sguardo altrove.
"Ti
ho trascinato in questa storia, ho messo a repentaglio il tuo onore
da guerriera."
"Il
mio onore da guerriera non è stato messo a repentaglio."
Sif beve un gran sorso dalla pinta e finalmente gli pianta lo sguardo
duro sul viso: "Il mio onore da guerriera è stato
spazzato via. Cancellato. Spezzato con la mia lama."
"Non
era mia intenzione."
"Solo
perché non ti importava."
"Non
dire così io..."
"Oh,
Thor, taci. So tutto. Sarò pur considerata inutile e stolta da
Odino, ma per qualcuno conto ancora qualcosa. E non sto parlando di
te. Quando il Re mi ha rilasciata - senza la mia armatura, senza la
mia spada - ho raggiunto Heimdall e gli ho detto che volevo
raggiungerti. E lui... beh, lui mi ha raccontato tutto quello che
stava vedendo. Tutto."
"Perdonami.
Te ne prego. Non posso tornare indietro e cancellare tutto questo, ma
permettimi di rimediare."
"Hai
già fatto abbastanza."
"Nella
sua ira Odino mi ha imposto di lasciare Asgard. So che non sarà
un esilio eterno: ti prego, vieni con me. Quando e potremo tornare
insieme..."
"Ho
detto di smettere di parlare." Sif si alza con la pinta in mano
e l'ha scolata tutta d'un fiato.
"Ti
ho offesa in un modo che non meritavi, voglio solo che tu..."
Il
boccale vuoto di Sif cala con forza e si infrange sulla fronte di
Thor, facendolo crollare all'indietro dalla panca, lungo disteso sul
pavimento.
Sif
sputa per terra, si avvicina al bancone tra lo stupore dei presenti e
lancia il manico di metallo del boccale, unico pezzo rimasto intatto,
tra le mani dell'oste: "Scusa, ma il Re mi ha tolto la spada."
Natasha
ha comprato un palloncino gonfiato con l'elio da un venditore
ambulante e lega il laccio al polso di Hela. È buffissima: ha
perennemente lo sguardo all'insù per guardare il palloncino e
tiene il braccio alzato come se dovesse spiccare il volo da un
momento all'altro anche lei per seguirlo.
L'area
gioco è affollata da genitori, tate e bambini, e per lei è
tutto nuovo: ha la bocca perennemente aperta dalla sorpresa, e la
manina libera dal palloncino sempre tesa a toccare tutto.
Dopo
l'iniziale ritrosia Clint si è lasciato un po' andare: la
accompagna tra i giochi dei più piccoli ed aiuta Natasha a
seguirla - "Pensavo fosse più facile, accidenti!"
Ammette lei - e quando gli capita tra le mani un volantino dello
Swedish Cottage propone di andare a vedere lo spettacolo delle
marionette: "Magari starà ferma per un po'!"
Hela
indica con il ditino tante cose e lancia gridolini per attirare
l'attenzione, guardando prima Natasha e poi Clint quasi spazientita:
"Credo che stia esigendo delle spiegazioni." Ipotizza
Natasha con un mezzo sorriso: "Dev'essere tutto così
nuovo per lei..."
Ci
provano, dando un nome a quello che lei indica, finché non si
indica le labbra con il pollice: "Ecco, questo lo capisco da
sola. Hai sete, vero?" Nat sfila dallo zainetto il biberon e lei
ne succhia un gran sorso. “È sveglia, non è
vero?"
Clint
annuisce. "Non sembra neppure una gran rompiscatole, chissà
da chi ha preso."
Le
labbra carnose di Natasha si piegano in un sorriso. Poi Hela indica
una costruzione di legno e si fa accompagnare nell'esplorazione.
Clint
si siede sulla panchina più vicina, una signora attempata
prende posto dall'altro parte, dopo aver lasciato libero il nipotino
di correre sull'altalena ed esclama improvvisamente: "Complimenti,
avete davvero una bella bambina!" Lasciandolo per un attimo
interdetto. Quando realizza si affretta a scuotere la testa: "Oh
no, non è nostra. Lei è... è la figlia di una
nostra amica, non abbiamo niente a che fare con lei.”
"Oh!"
La donna ridacchia complice, intima al nipote di non allontanarsi e
torna ad interessarsi di nuovo a Clint: "Quindi siete quel tipo
di zii putativi che portano i nipotini a spasso per fare le prove?"
Cosa? Gli occhiali da sole gli scivolano lungo il naso. "Oh,
non faccia lo stupito! Lo fanno tutti... e la sua fidanzata mi pare
piuttosto presa!"
Beh,
sembra davvero così: Nat sta spingendo la ruota su cui è
seduta la bambina e risponde con un sorriso al suo applauso
sgangherato. Ripensa al suo discorso di qualche giorno prima, sente
la fronte imperlarsi di sudore: “Lei...lei non conosce Natasha.
Mi creda.”
Natasha
e Hela tornano verso la panchina per la merenda che la signora se ne
è appena andata con il nipote per lo stesso motivo.
Mentre
la bambina succhia lo spicchio d'arancia che le ha sbucciato Natasha,
Clint decide che è arrivato il momento di intavolare il
discorso: "Forse è il caso di mettere un paio di cose in
chiaro."
"Uhm?"
Natasha si distrae dallo sbucciare la frutta ed Hela protesta. Lei
chiede scusa e le porge un altro spicchio.
"Tra
di noi, intendo. Voglio dire:" Clint si sta pentendo di aver
intrapreso quella strada, che le sopracciglia di Natasha si stanno
aggrottando ed è il segnale che non sta capendo dove voglia
andare a parare e dal 'non comprendere qualcosa' a 'comprendere male'
il passo è breve ed in genere provoca anche molto dolore. "In
effetti non ne abbiamo mai parlato. Ecco. Voglio dire, noi siamo una
coppia, ora viviamo anche insieme..."
"Clint,
sii conciso."
"Non
abbiamo mai parlato di fare dei passi successivi."
Natasha
sospira: "Clint, non sappiamo neppure se nel weekend saremo
ancora qui o in missione chissà dove. Non sappiamo se avremo
tutti gli arti al loro posto la settimana prossima, né tanto
meno se saremo vivi il mese prossimo. Non mi pare il caso di pensare
ad eventuali vacanze estive, figurati ad altri..." Storce la
bocca, porgendo un altro spicchio ad Hela: "...passi."
Lui
annuisce: "Hai perfettamente ragione. Scusa. È che..."
"Cosa?"
"Vorrei
sapere se, un giorno, ti verrà voglia di dire 'Basta' e..."
"Perché
dovrei dire 'basta'? Non potresti volerlo fare tu?"
"Certo!
Certo... potrei. Sì, potrei farlo io. Magari con ancora tutti
gli arti attaccati. Vivo. E, se volessi farlo, potrei voler comprare
una casa a Brooklyn" Natasha storce di nuovo la bocca: "O a
Long Island e prendere un cane, e..."
"Odio
i cani. Sporcano e puzzano."
"Potrei
volere dell'altro?"
"Un'iguana?
"Uhm.
Beh, anche. Però... Nat... parlando per ipotesi. Tu ci hai mai
pensato a..." Lascia scivolare gli occhiali lungo il naso ed
indica con lo sguardo la bambina.
"Mangiare
un'arancia?"
"No.
Avere figli."
"Ah!"
La risata di Nat è evidentemente nervosa. Si infila
addirittura un pezzo di frutta in bocca anziché darlo alla
bambina, che piega le labbra in un broncio offeso: "Tutto questo
gran preambolo solo per chiedermi questo. Per fortuna che ti avevo
detto di essere conciso."
"Già.
Quindi? Sto parlando per ipotesi, ma forse è il caso di
mettere in chiaro le cose.”
"Una
relazione non deve sfociare necessariamente nella procreazione. Non
c'è scritto da nessuna parte, non è un obbligo. Siamo
già in sette miliardi su questo pianeta, è il caso che
qualcuno si trattenga." L'arancia è finita ma Hela
reclama ancora. Natasha le propone la mela e quando la bambina
annuisce estrae un coltello a serramanico da chissà dove ed
inizia a sbucciargliela.
"Giusto.
Hai ragione, non dovevo neppure domandartelo. E' che ti guardavo con
Hela e mi era sorto il dubbio che..."
"Cancellalo."
Sospira Natasha. Sembra che stia indugiando ad aggiungere qualcosa.
Clint:
"Se ti ho infastidito ti chiedo scusa."
"No,
no. Mi hai chiesto un parere, è lecito. Credo. Solo che,
beh..." Serra il coltello e se lo rinfila nella manica della
giacca. "Ad essere onesti, c'è una cosa di cui dovrei
parlarti. Una cosa che riguarda il mio passato e che ultimamente è
tornata alla ribalta." Muove la mano all'altezza della testa,
come ad indicare la confusione che si trova dentro: "Sai che
intendo."
"Ti
ascolto."
"Io..."
Natasha si guarda attorno: "Un momento, dov'è Hela?"
È
solo pochi metri distante, seminascosta da un cespuglio, ma a Natasha
sono sembrati chilometri.
Lei
ha il nasino all'insù e guarda il palloncino che si è
slacciato dal polso e si allontana velocemente spinto dal vento,
Natasha indovina la sua espressione sconsolata nonostante sia voltata
di spalle: "Te ne compro un altro." Promette, abbassandosi
sulle ginocchia e prendendole una manina per farla voltare: "Hela..."
Del
verde negli occhi della bambina non c'è traccia: sono
completamente dorati.
Natasha
inizialmente resta completamente spiazzata, poi si sforza di
sorridere, mentre la prende in braccio e finge indifferenza, che la
bambina sembra non essersi accorta di nulla. Dietro di sé,
Clint si domanda ad alta voce cosa possa averlo scatenato: "Non
ne ho idea."
Si
guardano attorno.
Eppure
c'è qualcosa che non va. Ma cosa?
I
bambini continuano a giocare, c'è gente che cammina, fa
jogging, gira in bicicletta. Un inserviente, su un sentiero, scende
dalla piccola vettura di servizio e ci gira attorno come se la stesse
controllando.
Clint
suggerisce di tornare alla Tower, Natasha annuisce e si aggiusta Hela
su un fianco.
Varcata
l'entrata del rettangolo ovattato di Central Park la situazione è
surreale: "Nessun rumore di auto." Mormora Clint.
La
5th Avenue è un lungo serpentone di taxi gialli e autobus
fermi con i cofani aperti, in cui si affacciano autisti e passanti
stupiti e confusi.
Al
centro di un incrocio c'è un incidente. Non sembra nulla di
grave, ma un paio di donne sono sedute sul bordo del marciapiede e si
lasciano tamponare le ferite sul viso da un uomo che indossa ancora
il caschetto da ciclista.
Nessuna
sirena in lontananza.
Indicando
il semaforo, Clint nota che è spento: "Deve esserci stato
un blackout, non sento nemmeno la metropolitana muoversi sotto."
"E
da quando un blackout fa fermare le automobili?"
Il
fiume di parole di Bruce dura da ore: cerca di farle capire quanto la
situazione possa essere precaria e pericolosa, di come è
necessario che si allontanino e che non può funzionare che
l'Hulk può scappare di nuovo dal suo controllo e che...
"Non
me ne frega un cazzo!" Lo interrompe Jane. Bruce trasale. Dentro
di sé l'Hulk apprezza l'inaspettata sboccatezza della
dottoressa. La trova sexy, e non è un buon segno. "Tu mi
vuoi?"
"Jane,
qui non si tratta di cosa voglio, ma di cosa posso avere."
"Cazzate!"
"No,
non lo sono."
"Sì,
lo sono! Hai lasciato andare l'Hulk solo perché quel
sovrannaturale idiota del mio ex ti ha indotto a farlo. E ti sei più
che trattenuto: a parte una finestra rotta, non c'è stato
nessun problema. Non pensavi neppure di poter fare sesso, per colpa
dell'Hulk e, beh, mi pare che ci siamo riusciti. Temevi di non poter
sopportare un litigio, per colpa dell'Hulk, ed invece..."
"Credimi,
vederti in canotta e jeans attillati, furiosa e che utilizzando un
linguaggio scurrile... beh, non lascia l'Hulk completamente...uhm,
indifferente."
"Davvero?
E cos'è, incazzato con me perché non voglio che la
nostra storia finisca?"
"A
dire la verità no, ecco. Lui è... uhm, credo ti trovi
sexy. Jane, Jane, ti prego non toglierti la canotta, non è un
buon segno che lui si senta eccitato e...."
La
maglietta di Jane finisce da qualche parte della stanza e Bruce
fatica a distogliere lo sguardo: "E tu come ti senti?"
"Spaventato?"
Jane
ride volutamente provocatoria: "Da queste tettine?" Prende
la sua testa tra le mani e lo forza a voltarsi verso il suo viso:
"Guardami. Avanti, fallo."
"Jane
io..."
"Non
costringermi a diventare cattiva."
"Jane,
ti prego, non è un gioco."
"No
che non lo è: voglio solo che tu apra gli occhi, mi guardi, e
ti rendi conto che hai una persona davanti a te disposta a rischiare
tutto pur di averti al suo fianco. Pensi che non sappia cosa
significhi il pericolo? Mi ci sono sempre trovata in mezzo a mio
malgrado, lo sai bene, non puoi dire che sia una persona sprezzante
dei rischi. Eppure ora lo faccio. Perché? Perché ne
vale la pena!" Bruce si lascia sfuggire un singhiozzo, Jane
preme le labbra sulla sua fronte: "Quindi ora apri gli occhi e
guarda le mie tettine."
"Lo
sto già facendo." Bofonchia Bruce.
Jane
ridacchia: "E l'altro che dice?"
"Apprezza."
Lascia correre le mani lungo la schiena nuda e trova la stoffa ruvida
dei jeans sui glutei: "Ma promette che non interferirà."
“Fottuta.
Fottuta. FOTTUTISSIMA!” Maria Hill chiude di botto il cofano
del fuoristrada, aggiungendo un calcio al paraurti anteriore. Darcy
le ricorda che è a noleggio: “E quelli si fanno pagare i
danni il doppio.”
“Beh,
allora fattureranno allo S.H.I.E.L.D anche il guasto di questo motore
di merda.”
“Hey!
Guarda il lato positivo! Sei bloccata nel qui con me.”
Ma
Maria è troppo irritata per darle corda e scansa l'abbraccio
della ragazza: “C'è poco da scherzare: Dovrò per
forza farmi venire a prendere in elicottero, e chissà che
mazzetta dovrò sborsare per comprarmi il silenzio del
pilota...”
“Posso
correre a cercare aiuto al primo centro abitato a cercare un
meccanico.” Propone Steve, scendendo dal sedile del passeggero.
“La
prima città è a cinquantasei miglia e devi attraversare
il deserto.” Puntualizza Maria.
“Beh,
è praticamente il mio jogging mattutino..”
“Ti
ricordo che stai parlando con Capitan America. Lui attraversava il
deserto europeo con un carro armato sulle spalle, durante la Seconda
Guerra Mondiale. Prendendo i nazisti per un orecchio.”
“Non
esiste un deserto europeo, Darcy.”
“Beh,
però c'erano zone scarsamente abitate...” Chiosa Steve.
“Sai, con le evacuazioni...”
“Lascia
perdere, davvero. Chiamiamo i rinforzi e faremo una colletta.”
Maria si arresta guardando il display dello StarkPhone. Lo agita, lo
alza, controlla meglio togliendosi gli occhiali da sole e poi chiede
a Darcy di prestarle il suo: “Questo coso non funziona.”
“Neppure
il mio. Non c'è campo.”
“Mi
stai prendendo in giro?”
“Assolutamente,
guarda!” Gira lo schermo per farla controllare, poi alza lo
sguardo sulla torre delle antenne che sovrasta la Base. “Che
strano. Dovrebbe avere massimo campo, quei cosi garantiscono una
copertura pressoché totale. Deve esserci un guasto.”
“Iniziano
ad esserne troppi, per i miei gusti.”
Steve
si guarda attorno. “Non è che avete un diodo al
germanio?”
“Cosa?”
“Volendo,
posso costruire una radio anche senza, ma così mi sarebbe
molto più semplice. Che dite?”
"Dottoressa
Foster?" Alla porta uno dei suoi collaboratori bussa
insistentemente. "Può venire un attimo?"
"Non
ora."
"È
urgente!"
Jane
rotola via da Bruce, recupera jeans e canotta e va alla porta con la
furia che monta: "Dimmi."
"Stanno
succedendo cose strane."
"Chiama
i Ghostbusters." Jane fa per chiudere la porta ma l'altro la
ferma: " È saltata la corrente, ma anche i generatori
sono fuori uso. Non c'è alcun segnale né satellitare né
telefonico, siamo completamente isolati e..."
"D'accordo,
manda Darcy a..."
"Non
vanno neppure le automobili, Dottoressa."
Alle
sue spalle, Bruce ha ritrovato i pantaloni e li ha indossati, dopo
aver constatato di aver rotto la zip nella foga: "È molto
strano."
L'altro
sogghigna, aggiustandosi gli occhiali: "Chiamo i Ghostbusters?"
Lo
StarkJet sussulta forte, Pepper impreca mentalmente alzando gli occhi
dallo schermo del computer per controllare Howie sul sedile di
fronte. Il bambino si è finalmente concesso un pisolo - cosa
piuttosto rara, ha ereditato la mancanza di sonno paterna - e i
sussulti l'hanno interrotto: ecco che si stropiccia un occhietto e
sbadiglia. Pepper allontana il computer, si allunga per slacciargli
la cintura e prenderlo in braccio per cercare di farlo riaddormentare
subito, prima che si riprenda.
Getta
un primo sguardo fuori dall'oblo - cielo limpido, senza una nuvola -
e poi un secondo. C'è qualcosa che non va. Mentre fissa i
motori sull'ala pregando di trovare un accenno del rosso del calore,
Happy spalanca la porta della cabina, la faccia stravolta e la fronte
imperlata di sudore: "Pepper... abbiamo un problema...."
Virgina
Potts-Stark è una donna pragmatica: Se c'è un problema,
lo risolve. Se non può risolverlo, allora fa in modo che il
problema non sia più tale.
Innanzitutto,
Howie non si è accorto di nulla. Per cui è importante
continuare a mantenersi calmi, finché è possibile,
perché ha notato che il suo brillante cervello va abbastanza
nel pallone quando il pianto del figlio diventa isterico, figurarsi
un pianto spaventato.
Perciò
deglutisce, inspira profondamente, e poi guarda dritto negli occhi
Happy e con la voce il più calma possibile gli indica di
prendersi il paracadute. Happy annuisce, Pepper guarda l'orologio:
Tony ha detto che per attivare la MarkMom le basta tener premuti
contemporaneamente i tre tasti del quadrante. L'aereo sta iniziando a
destabilizzarsi, il muso inizia a piegarsi verso il basso. Pepper
perde l'equilibrio, cade in avanti, Howie sbatte contro i sedili e si
sveglia di colpo urlando.
Tenendolo
stretto per un braccio, Pepper rischiaccia i tasti del pulsante.
Niente.
Merda.
Fa
appello a tutto il suo sangue freddo - dov'è quando ne ha
bisogno? - e alla sua lucidità mentale - Howie, ti prego,
smetti di piangere! - e cerca di focalizzare la sua attenzione
sulla valigetta dell'armatura. La individua nell'ultima cappelliera
in coda. Deve raggiungerla. Se non funziona il richiamo, ci sono
sempre i comandi manuali: sono autoalimentati dal reattore Arc
dell'armatura, perciò sempre funzionanti.
Non
può mettersi a scalare il corridoio dell'aereo trascinando suo
figlio.
Happy,
si è allacciato il paracadute e gli urla di passarglielo
tendendo le braccia verso di loro. Pepper lascia il braccio del
bambino, che scivola sul linoleum del corridoio e viene accolto dalle
braccia dell'uomo.
Poi
si toglie i tacchi e comincia a correre lungo il corridoio, puntando
i piedi e le ginocchia per vincere l'inclinazione sempre maggiore. Si
arrampica tra i sedili, si aggrappa alla cappelliera e la apre, trova
la valigetta dell'armatura e l'afferra: la maniglia ha riconosciuto
la sua impronta digitale e si attiva al suo comando.
Si
apre e le avvolge i polsi, poi il resto delle braccia, le spalle e
poi scende tutta la schiena. L'aereo è ormai completamente
verticale quando l'armatura si chiude sulle gambe ed i piedi. Pepper
salta verso la cabina di pilotaggio, recupera Howie, lo stringe al
petto e l'armatura avvolge anche lui: mentre gli schermi olografici
si accendono davanti ai suoi occhi lo sente ridacchiare.
Happy
alza il pollice lei fa saltare il portellone con un colpo dalla mano
sinistra e si lancia fuori, seguita dall'uomo con il paracadute.
I
propulsori della StarkMom disegnano una piroetta nel cielo per la
gioia del suo occupante più piccolo mentre il paracadute di
Happy Hogan si apre.
Lo
StarkJet si schianta contro il costone di una montagna ed esplode in
una palla di fuoco.
Cominciamo?
Ma sì, cominciamo, che l'ho tirata abbastanza per le lunghe.
Non
dite che maltratto sempre Sif, comunque.
Stasera
andrò a vedere The Winter Soldier, temo che se sarà
così bello come dicono mi spazzerà via tutto
l'headcanon del Tsuniverse. Speriamo di no, sono ancora indietro a
finire questa storia! D:
Ad
ogni modo, voglio ancora ringraziare tutti quanti per il sostegno e
il seguito che state dando a questa storia.
GRAZIE,
davvero. Siete preziose ed ogni vostro commento è una coccola,
per me.
Naturalmente,
non abbiate remore a dirmi se c'è qualcosa che non va: le
critiche, purché costruttive, sono sempre più che
accette.
Per
domande, curiosità o quello che vi viene in mente vi rimando
al mio ask:
Affrontare
i nemici richiede notevole ardimento. Ma altrettanto ne occorre per
affrontare gli amici.
[J.K. Rowling –
Harry Potter e la Pietra Filosofale]
"Fame?"
Loki mi blocca al
bancone della cucina, insinuando le mani sotto l'accappatoio: "Di
te? Certo." Non posso fare a meno di scoppiare a ridere, e lui
ne approfitta per rubarmi dalle dita il crostino alla crema di
formaggio. Lo sgranocchia facendosi beffe delle mie proteste e poi
scioglie il nodo della cintura, tenendo stretta la mia mano per
leccare via i residui di formaggio dalle mie dita.
Ne
sono estasiata.Abbiamo
appena passato una mattinata assolutamente entusiasmante, sfiancante,
soddisfacente ed appagante eppure lui sembra volerne ancora.
Cos'è,
stiamo facendo una gara di resistenza?
Tesoro, ormai
dovresti conoscermi: sai che detesto perdere...
Mi volto nel suo
abbraccio lasciando che l'accappatoio mi scivoli giù dalle
spalle, Loki mi solleva sul bancone, poi appoggia un ginocchio sul
bordo e sale su di me. Mi alza i polsi, li blocca sopra la testa:
urta la brocca dell'acqua che cade a terra frantumandosi.
“Ops.”
Rotola su un fianco
e prendo io il controllo: con la testa urto la coppia di lampade che
pendono dal soffitto. Non che me ne renda realmente conto, ma Loki
scoppia a ridere e con un colpo di reni si alza a sedere, sfregando
il palmo della mano sulla mia fronte colpita e baciandomi: "Ci
pensiamo dopo, che vuoi che sia un po' di disordine?”
Sono troppo
concentrata nei suoi occhi brillanti per dar peso al sibilo e
all'ombra fuori dalla vetrata. Sono i suoi riflessi ad accorgersi
dell'elicottero che si infila nel tetto dell'edificio di fronte come
se fosse burro.
Io sento solo la
presa del suo braccio attorno ai fianchi: ruota il busto e si butta a
terra dietro al bancone tenendomi stretta e riparandomi: l'onda
d'urto dell'esplosione sbriciola i vetri ed inonda il salotto di
lingue di fuoco e fumo.
Ho sbattuto la
testa, mi sento intontita. Loki mi schiaffeggia appena una guancia
per farmi riprendere, poi si allunga a recuperare gli accappatoi,
scuotendoli dalle schegge di vetro.
Gli splinker
dell'antincendio partono disperdendo il fumo e spegnendo le poche
fiamme che hanno attecchito al divano e ai mobili: "Andiamocene!"
è il mio inutile suggerimento: Loki mi ha gettato addosso
l'accappatoio, si è infilato il suo e mi ha preso in braccio
puntando velocemente la porta d'entrata.
Usciamo nel
corridoio in tempo per vedere la porta dell'ascensore aprirsi e
Barton entrare accompagnato da Nat ed Hela, che Loki praticamente le
strappa di braccio. Nat si limita ad alzare gli occhi al cielo.
Barton getta uno
sguardo oltre la porta dell'appartamento, verso la vetrata in
frantumi che si affaccia sul grattacielo di fronte, in fiamme, e poi
guarda me: "Dimmi che stavate cercando di creare una certa
atmosfera romantica e le cose vi sono sfuggite di mano.".
"Idiota"
Sibila Loki. "Un elicottero si è schiantato su quel
palazzo."
"Attentato
terroristico?"
Annuisco, cercando
di avvolgermi quanto più possibile
nell'accappatoio:"Probabile."
"Non credo."
Natasha ha mosso qualche passo dentro all'appartamento distrutto con
un braccio davanti al volto per proteggersi dall'aria bollente spinta
dentro dal vento: "Non può essere una coincidenza, con
quello che sta capitando di sotto."
"Perché?
Cosa sta succedendo?"
"Non avete
notato nulla?" Natasha alza un sopracciglio quando scuoto la
testa: "Pomeriggio costruttivo, vedo.”
“Nessun
campo nei cellulari, niente corrente elettrica, neppure le automobili
funzionano.” Spiega Clint. “Se nella Tower non ci sono
problemi di energia, è grazie al reattore ARC che la
alimenta.” Indica fuori dalla finestra: nella ferita del
palazzo colpito dall'elicottero si è appena infilato IronMan
“Che è il motivo per cui IronMan vola ancora.”
Stark esce sfondando
le finestre di lato del palazzo con tre persone aggrappate alla sua
armatura e scende in strada per appoggiarle.
Quando risale si
ferma davanti alla nostra finestra e apre l'elmo: “Un paio di
estintori mi farebbero comodo.” Clint esce a recuperare quello
dei corridoio, io gli porgo quello dell'appartamento. "Qualcuno
ha già chiamato rinforzi?"
"Sarebbe stato
troppo facile, altrimenti." La visiera torna al suo posto ed
Iron Man disegna una parabola per aria, prima di tuffarsi di nuovo
dentro all'edificio.
"Dovremmo
andare a dare una mano comunque." Propone Natasha. "C'è
gente in panico la dentro, qualche mente fredda farà comodo."
Io e Clint annuiamo, Natasha mi ferma: "Ho detto salvarli, non
scaldarli. Forse è il caso che ti rivesta."
Ah già, è
vero.
È che oltre i
vestiti, è il caso che sistemi anche la mia famiglia, prima di
correre di sotto.
Passo il palmo sul
pannello di controllo e quando si aprono le porte precedo con Hela in
spalla Loki all'intero della stanza: “È la Sala Relax di
Bruce" Spiego. "Una sorta di Panic Room, senza finestre e
completamente isolata. Ci sono i servizi essenziali, nient'altro, ma
Hela può giocare con la sabbia del giardino zen... e potete
impostare i pannelli olografici." Passo le dita sul cursore
della consolle e le quattro pareti bianche vengono sostituite da una
distesa infinita di dune di sabbia nella luce calda del tramonto.
"Per precauzione è meglio che restiate qui dentro, sarete
più al sicuro: le pareti sono altamente rinforzate, pressoché
a prova di Hulk, quindi sono abbastanza certa che non vi capiteranno
in fronte elicotteri in berserk.”
Loki annuisce,
guardandomi palleggiare Hela che si guarda attorno sconfortata e tira
su con il naso. Povera piccola, nelle ultime settimane non ha fatto
che essere sballottata da un posto all'altro, da un guaio ad un
altro. “Io... io devo andare.” La porgo a Loki, ma quando
mi volto per uscire lei si sporge dalle braccia di suo padre agitando
le braccine nella mia direzione: "Mamma!" Piagnucola.
"Mamma!" Non posso dirle di no: quando la riprendo in
braccio mi getta le braccia al collo stampandomi un bacio sugoso
sulla guancia che non posso non ricambiare.
"Va
tutto bene, piccola." Piccola
mia."Adesso
la mamma va ad aiutare tanta gente in pericolo, ma tu starai qui con
il papà, al sicuro e... e potrai giocare con la sabbia del
giardino zen dello zio Bruce! Non è fantastico?" Mi
avvicino al limite della passerella di legno, mi chino e prendo una
manciata di sabbia e lasciandola scivolare tra le dita ed invitando
Hela a fare lo stesso. "Visto, che bella? Ci puoi fare le
costruzioni e poi... e poi ti insegnerò a tirarla negli occhi
ai bambini dispettosi come Howie senza che nessuno se ne accorga. Ci
vuole tecnica, e modestamente..." Appoggio la fronte alla sua, i
nostri occhi sono vicinissimi.
Hanno il colore di
quelli di suo padre, e brillano come i suoi pochi minuto fa. Ma la
forma è la mia, così come quella del viso ed il
sorrisetto sghembo. Le bacio la piccola fronte raccomandandomi di
fare la brava e la appoggio nella sabbia, che ha già dato
segni di volerla esplorare.
Quando mi rialzo le
ginocchia si son fatte di piombo: "Torno appena possibile."
Sussurro a Loki. Questa volta è lui a trattenermi: mi prende
il viso tra le mani e appoggia le labbra alle mie.
È
diverso
da
quelli che ci siamo scambiati solo pochi minuti fa.
Un bacio raro, un
bacio di bisogno e gratitudine, profondo e perfetto nella sua
unicità. Che se provenisse da qualsiasi altro uomo, non potrei
definire diversamente da 'bacio d'amore'. Ma siamo io e Loki, per noi
l'amore è qualcosa di imperfetto e ineffabile, una scintilla
di luce soffocata da un mare di menzogne e sospetti.
"Ti
aspettiamo." Sussurra solamente.
Sarà questo,
per me, il significato di avere una famiglia? Minuti preziosi di
calma apparente alternati da pericoli ed un bisogno spasmodico della
certezza del ritorno?
Avrò modo di
scoprirlo.
Spero.
Per il momento non
posso far altro che rispondergli con un sorriso rassicurante ed
uscire.
IronMan ha portato
Clint ai piani alti, e lui e le uniche quattro persone non in
completo panico sono riusciti a sbloccare la valvola di un idrante e
a direzionarlo lungo le scale, Natasha fa lo stesso ai piani bassi:
Comunicare senza il via radio è impossibile, quindi dobbiamo
attenerci al piano iniziale: cercare di tenere sotto controllo
l'incendio, mentre io e Morrigan facciamo avanti e indietro dalla
strada con il teletrasporto, portando con noi quanta più gente
possibile.
Anche se il tragitto
è breve, in poco tempo sono già madida di sudore,
faccio fatica a respirare e la testa mi gira vorticosamente:
L'edificio ospita degli uffici, pieni di persone in orario di
apertura. Beth e un poliziotto che è riuscito ad arrivare a
piedi mi sostengono mentre barcollo, dopo essere riuscita a
scrollarmi di dosso le quattro persone che ho tratto in salvo. Mi
porge una bottiglietta d'acqua, ne tracanno un sorso e versandola nel
tappino cerco di dare da bere a Morrigan, che sembra soffrire anche
lei per il fumo nell'edificio.
Beth si strappa un
pezzo di gonna della divisa, lo imbibisce d'acqua e lo mette vicino
al viso della persona più vicina, che sta tossendo,
raccomandandosi di tenerlo ben vicino al naso: “Ho fatto un
corso di pronto soccorso, da ragazzina.” Spiega brevemente.
“Veterinario, a dire il vero. Ma il concetto è lo
stesso!”
Da lontano vedo
arrivare anche un gruppo di vigili del fuoco, a piedi ed avvolti
dalla canna dell'idrante come se fossero tra le spire di un serpente.
Indico al poliziotto le posizioni da dargli, riprendo fiato e riporgo
il palmo al mio corvo: in un istante sono di nuovo dentro, nel piano
immediatamente sotto all'impatto. Mi porto una mano davanti alla
bocca maledicendomi per non aver cercato qualcosa con cui ripararmi
dal fumo acre: bastano pochi secondi per avere occhi e polmoni che
bruciano. "C'è nessuno?" Chiamo. Mi risponde una
raffica di colpi di tosse e una mano che si agita appena da dietro
una delle scrivanie. Corro a soccorrere un uomo pingue e ribaltato
dalla sedia. Tolgo la plafoniera che ha addosso spaccandola con tre
colpi d'ascia e lo aiutarlo ad alzarsi: mi si incolla addosso come
una cozza, tossendomi in un orecchio implorando aiuto: "Adesso
ce ne andiamo di qui." Prometto. "C'è qualcun
altro?" Lui scuote la testa, ma riesco ad intravedere una testa
riversa sul pavimento. Trascino il ciccione per raggiungerla, quasi
mi strozza aggrappandosi al collo: "Sono un uomo ricco!"
Sputacchia.
"Buon per lei."
"E scapolo."
"Si faccia
delle domande."
“Farò
tutto quello che vorrà se mi porta via di qui ora”
Riesco a raggiungere
la testa: è una donna, il battito della carotide è
appena accennato. Stringo la sua mano e poi Morrigan ci riporta in
strada.
Questa volta crollo
sulle ginocchia con il ciccione addosso, sudato e tossicchiante: Ci
vogliono due uomini per togliermelo di dosso. Altri due si prodigano
sulla donna, le sollevano il collo e le aprono la bocca per tentare
di rianimarla.
Un vigile finalmente
mi porge una mascherina per l'ossigeno, indico Morrigan con la testa
e tra le lacrime che mi offuscano gli occhi intravedo la testa bionda
di Beth prenderla tra le tra le mani e avvicinarle la mascherina al
becco. Un paio di ragazzi riprendono con il cellulare. Mi alzo la
mascherina per invitarli a muovere il culo e far qualcosa di utile.
Non mi danno molto
ascolto, anche perché IronMan mi atterra di fianco e alza
l'elmo: "I piani alti sono sgombri, ho appena riportato Barton
giù. Ci sono ancora dei focolai nella zona colpita, purtroppo
non sono riuscito a far molto là dentro, l'esplosione iniziale
non ha lasciato scampo alle persone che c'erano. Come ti senti?"
"Bene"
Cerco di rispondere, con l'abbassalingua di un paramedico infilato in
bocca e la lampadina diagnostica che mi acceca. Quando la abbassa
noto che ha anche due occhi splendidi.
Sino a tre settimane
fa gli avrei chiesto un appuntamento. Ma ora ho una figlia e sono
pure impegnata.
Però ha
due occhi splendidi, e magari stasera non avrà nulla da
fare...
Oh Adie, dacci un
taglio, hai una bambina e sei pure impegnata!
"Credi anche tu
sia stato un atto terroristico?"
Alzo le spalle, il
paramedico mi chiede di abbassare la tuta per auscultarmi i polmoni.
Volentieri.
Beth, invece,
annuisce: "Un aereo è ammarato sull'Hudson." Spiega.
"Le comunicazioni sono del tutto interrotte: niente cellulari,
telefoni o radio. Non funziona... nulla! I paramedici e i vigili che
sono intervenuti sono arrivati a piedi, e solo perché sono
stati avvisati da alcune persone. Mel, la mia collega, ha corso sino
alla stazione di Polizia più vicina per chiamare aiuto.”
"E se non fosse
solo New York?" Ipotizza il mio paramedico. Stark aggrotta le
sopracciglia. Poi guarda il cielo, verso ovest. Catturo un lampo
d'angoscia nella sua espressione. Poi abbassare la visiera dell'elmo
e saetta via prima che possa chiedergli spiegazioni.
Mi viene da pensare
solo ad una cosa, e scaccio con forza il pensiero dalla mia testa:
Pepper ed Howie
sono partiti stamattina.
Thor ha un vistoso
livido sulla guancia e solo una sacca gettata sulle spalle.
Attraversa il
cancello del Bifrost a piedi, senza armatura, con il Mjolnir che
pende tranquillamente da un fianco, e saluta Heimdall con un mezzo
sorriso: “Immagino tu sappia già tutto.” Il
Guardiano annuisce, senza staccare gli occhi d'oro dal meraviglioso
abisso stellato davanti a sé: “Spero che Sif saprà
perdonarmi. Spero che voi tutti sappiate farlo. Un giorno, forse,
sarà in grado di farlo anche mio padre.”
“È
tua intenzione dirigerti a Midgard?”
“Certo.”
Finalmente, Heimdall
gli rivolge il suo sguardo preoccupato: “Allora è il
caso tu sappia qualcosa.”
"Credi davvero
sia così?" Natasha si è seduta sull'asfalto al mio
fianco e divide con me la mascherina dell'ossigeno. Mi sento ancora
la gola irritata, ma è più un fastidio che un dolore
vero e proprio.
"Non ne ho
idea" rispondo, accarezzando le piume di Morrigan, ora di nuovo
tranquilla e ristorata tra le mie mani.
Anche Clint ci ha
raggiunto e con il volto arrossato dalla vicinanza per le fiamme
sembra appena tornato dal sole dei Caraibi. Glielo faccio notare e
lui sorride appena, facendomi ricordare improvvisamente che è
passato troppo tempo da quando abbiamo condiviso una battuta e una
risata.
Da prima che Loki
ricomparisse dal nulla con Hela.
Praticamente, una
vita fa.
Lo sconvolgimento
della mia vita ha influenzato le mie amicizie.
Forse non erano
così forti come pensavo.
OcchioDi Falco fissa
un punto, lontano sulla strada e sospira che finalmente stanno
arrivando rinforzi. Seguo il suo sguardo attraverso le barelle
improvvisate e le persone stordite, la polvere ed i calcinacci del
palazzo sventrato ed i fogli che scappano dalle finestre degli
uffici. C'è un gruppo di uomini che avanza. Sono armati e
guidati da un'inconfondibile figura nera avvolta nell'immancabile,
lungo cappotto nero.
Rinforzi?
Scambio uno sguardo
con Natasha.
Non credo.
I rinforzi per
soccorrere le vittime di un atto terroristico non hanno i mitra
spianati.
Lei
si piega appena verso di me e mi sussurra di andar dentro: Ha
già capito al volo il mio pensiero.
Come sempre.
Mi alzo cercando di
mantenere la calma, avvicinandomi all'entrata della Tower
accarezzando Morrigan con aria indifferente. Attraverso l'atrio
deserto - anche la sezione lavorativa deve essere stata evacuata –
e salgo sull'ascensore.
Scendo a tre piani
più sotto del dovuto, fermo le fotocellule della porta e
faccio saltare il pannello dei comandi facendo leva con la punta di
un'ascia. Stacco i cavi dei comandi, tutti, passandomeli tra le dita
e facendoli sfrigolare con il fuoco fatuo.
Questo non li
fermerà, ma di sicuro li ritarderà quanto basta.
Rimetto a posto il
pannello e scendo.
Quando entro nella
Sala Relax gli ologrammi delle pareti sono fronde verdi e rigogliose
di alberi.
Loki si è
arrotolato i pantaloni sul polpaccio e tiene Hela per le manine,
sostenendola mentre sgambetta e ride nell'acqua della fontanella.
Quando lui alza lo sguardo, mi rendo conto di non averlo mai visto
così sereno.
Ed io con che
coraggio li interrompo?
Mi indica ad Hela ed
una sua manina scivola dalla sua e si agita nella mia direzione: “Hai
visto? La mamma è già tornata!” Alza lo sguardo
ed incontra il mio. Ed aggrotta la fronte: “Ma non credo che
abbia buonissime notizie...”
“Affatto.”
Ammetto: “Dobbiamo andare via di qua.”
Loki esce con Hela
dall'acqua e mentre lui si infila nuovamente le scarpe io riassetto
la bambina. Catturo un tenue bagliore verde con la coda dell'occhio e
quando alzo gli occhi lo trovo vestito della sua tenuta asgardiana:
“Troppi veivoli cadenti?”
“Fury
sta venendo qui.”
“Ebbene?
Mi pare che avessi detto 'non
più incontri clandestini'.
Non si sorprenderà a trovarmi qui, sei stata tu stessa a
dirglielo.”
“Appunto:
ho fatto una cazzata enorme.”
“Parla
bene, la bambina ripete tutto.”
“Non
è il momento di sindacare sul mio linguaggio! Là fuori
sta succedendo chissà che cosa: dall'equipaggiamento che ha
addosso e dal gruppo di soldati che lo segue direi che non sta
venendo a prendere un the.”
Sogghigna: “Cielo,
tremo di paura.”
“Non
essere sciocco: Non puoi affrontarli. Credo ti ritengano responsabile
di quello che sta capitando”
“Comprensibile
sospetto.”
“Meglio
che voi due stiate da Amon, al momento.” Loki si irrigidisce:
“Non preoccuparti, hai sentito che ha detto Erzsebet: hai il
Salvacondotto, finché viaggi con Hela. Sistemerò tutto,
non possiamo permetterci di peggiorare la situazione. Voi...”
Loki ha distolto lo sguardo, fissa un punto indeterminato nella
stanza con la bocca schiusa. Questa
è decisamente un'espressione che gli ho già visto
indossare. Appoggio
le dita sul suo mento e lo volto delicatamente verso di me. “C'è
qualcosa che non va?”
Sbatte
le palpebre, mi rivolge di nuovo gli occhi. “Questa situazione.
Direi che non va.” Me
non è solo questa, vero?
“Devo
restare qui, non posso lasciarti sola.”
“Non
sono da sola, non preoccuparti per me. Hela deve essere tenuta al
sicuro, almeno finché non sappiamo cosa sta accadendo. Negli
Inferi non correrà pericolo, e potrete stare insieme. Perché
gli Inferi sono sicuri, vero?”
Lui
annuisce appena. Decisamente,
c'è qualcosa che sta nascondendo.
“Se
tu pensi che sia più saggio andarsene, allora andremo.”
Si avvicina per baciarmi ma si blocca, ed io non mi avvicino di più.
Ci mentiamo a
vicenda, ma non così tanto.
Accarezzo la guancia
di Hela, È così indifesa...
Posso solo sperare
che negli Inferi Erzsbet ed Amon la possano davvero proteggere.
Le sorrido di
rimando. Poi ordino a Morrigan di portarli nel Limbo.
Li attendo nel
corridoio, davanti alla porta delle scale antincendio da cui sento i
passi e le voci.
Quando sfondano la
porta lascio cadere a terra le asce e alzo le mani in segno di resa.
Gli agenti
mantengono il mitra spianato puntato verso di me, mentre mi
circondano camminando cauti. Fury entra per ultimo, ed abbassa la
pistola quasi subito. “Agente Borgo, sai benissimo perché
siamo qui. Consegnaci Loki e non subirai conseguenze.”
Alzo le spalle
cercando di mantenere il più possibile la calma: “Direttore,
con tutto il rispetto, ma si sta sbagliando, questa volta. Le posso
assicurare che...”
“Allora
al tuo fidanzatinonon
importerà se facciamo un paio di domande, vero? No perché
per il tipo di merda in cui ci troviamo ora, non posso che essere
certo del suo coinvolgimento.” Fa un cenno con la testa e
qualche soldato alle mie spalle si stacca dal gruppo ed inizia a
perquisire il corridoio e ad entrare negli appartamenti.
“L'hai
davvero già fatto scappare?”
“L'ho
spedito all'Inferno.”
“Detto
da qualcun altro, Borgo, ne sarei sollevato. Ma in questo caso non
posso fare altro:Agente Borgo, ti dichiaro in arresto per
collaborazionismo con il pericoloso criminale Loki, sospettato anche
dei recenti attentati terroristici alla città di New York.”
Esco dalla Tower con
i polsi legati dietro la schiena sotto una nevicata di frammenti di
cenere.
Natasha
si rialza da terra, fa per venirmi incontro divincolandosi dalla mano
di Clint che la trattiene per un braccio. Mi salgono le lacrime agli
occhi quando afferro il suo labiale: Se
l'è cercatae
cerco lo sguardo di Natasha: Resta
ferma dove sei le
suggerisco con la mia occhiata.
Ti
vengo a prendere Mi
rispondono i suoi occhi chiari.
Clint, invece, mi
rivolge la schiena.
Nonostante quello
che faccio, nonostante non li abbia mai traditi, sono bastati i miei
sentimenti verso la persona sbagliata per sbriciolare tutta la sua
fiducia nei miei confronti.
Me la sono
cercata.
I
due agenti alle mie spalle mi spingono in avanti, passo in mezzo ai
paramedici e ai pompieri ancora impegnati tra i feriti. Il ciccione
che ho salvato solleva la faccia da terra e mi indica con il dito
grassoccio: “Hey! Hey ma quella mi ha tirato fuori
dall'ufficio!” Bravo,
Pallone, fai vedere la tua gratitudine. “Mi
ha fatto respirare tutto quel fumo per salvare una già morta!
Ha rischiato di uccidermi!”
Come?
“CREPA
INCHIAVATO, LURIDO GRASSONE!”
Probabilmente mi
divincolo troppo per i gusti di Fury, perché lo vedo estrarre
qualcosa dalla fondina interna al cappotto, puntarmela addosso e fare
fuoco.
L'effetto della
Pistola della Buonanotte è immediato.
Ad Hela il
teletrasporto non piace, l'ha già verificato in precedenza.
Forse è perché le ricorda la fuga rovinosa da
Nifleheim, o forse per una bambina così piccola è
semplicemente molto scombussolante.
Si è
aggrappata alla sua casacca e ha tuffato il faccino sul suo petto,
soffocando il pianto di protesta tra i suoi vestiti.
Le accarezza la
testina e le bacia la piccola fronte: "È tutto passato"
le sussurra rassicurante. "Siamo arrivati."
"Già.
Quando si dice il
caso."
Loki alza gli occhi
verso Erzsebet. La Regina del Limbo è vestita di un'armatura
nera e oro che le copre le spalle e il busto, i capelli biondi
raccolti sotto un elmo elaborato e una falce dal lungo manico nel
pugno destro. Il volto è pallido e teso, le labbra livide
serrate.
"Vedo che i
preparativi per la cerimonia proseguono." Ironizza Loki,
asciugando le lacrime di Hela con le dita e prendendola in braccio
meglio. "Sono certa che Addison apprezzerà lo stile."
La Regina gli volta
le spalle, incamminandosi lungo il corridoio, e solo in quel momento
Loki si rende conto di quanto sia buio.
Vi presento Loki
Laufeyson, signori, l'uomo che riesce ad andare nei casini con una
facilità sorprendente.
Sono in fase
'Brodo di Giuggiole' per TWS ed in crisi scrittoria acutissima. Non
una bella accoppiata.
Anyway, eccoci
qui.
Fury fa anche la
figura dello stronzo, poraccio.
Ma in fondo non
ha tutti i torti. Vedremo come butta.
Non mi resta che
ringraziarvi per la vostra persistenza nel seguire questa storia. E
per la vostra dolcezza nel commentarla: siete preziose, non mi
stancherò mai di dirvelo.
Per
ulteriori domande, e per capire da quale profondo stato di disagio
mentale sono pervasa, vi rimando al mio ask.
C'è
voluttà nell'accusarci: quando ci accusiamo sentiamo che
nessuno può biasimarci.
[Oscar
Wilde, Il Ritratto di Dorian Gray]
IronMan
vola a bassa quota, cerca di trovare punti di riferimento per seguire
la rotta abituale dello StarkJet. Senza strumentazioni mantenere il
senso dell’orientamento è praticamente impossibile, Tony
può solo fare affidamento al suo straordinario cervello, e
calcolare la distanza percorsa in base all'orario di decollo e alla
velocità di crociera solita di Happy -
Happy! Come ha fatto a dimenticarsi di Happy! Anche lui è
sicuramente stato coinvolto.
Non
riceve più J.A.R.V.I.S. da che ha lasciato la Tower, ma non ha
tempo di valutare le teorie di cosa possa essere successo per far
piombare improvvisamente gli Stati Uniti - Solo
la loro Nazione? Perché dovrebbe solo essere la loro Nazione?
Per lo stesso motivo per cui i Meganoidi attaccano solo il Giappone?
- in un medioevo post apocalittico, senza
automezzi funzionanti e telecomunicazioni.
Controlla
in ogni incendio, ogni segno di incidente aereo che si trova sulla
sua rotta. È sgomento di trovarne a decine – è
come se gli aerei fossero grandinati dal cielo
– sulla sua strada.
Cos'avrebbe lo StarkJet per
non subire la stessa sorte?
Nulla.
Ma
c'erano Pepper e Howie a bordo, quindi non
può semplicemente essere successo.
Non può essere successo
niente.
Niente.
Non
c'è niente senza
Pepper. Non c'è niente senza
Howie. Senza di loro, lui stesso è niente.
Nulla.
E
nulla e niente
non sono definizioni da Stark.
Secondo
i suoi calcoli l'ultima grande città che si è appena
lasciato alle spalle è Cleveland, sdraiata sulle rive del Erie
e puntellata da incendi e pinnacoli di fumo. La pianura finisce
velocemente, è solo un lampo grigio e marrone, le colline
verdi diventano brulle e rocciose montagne ancora prima.
Ed è una di queste che
trova l'ennesima traccia di un incidente: una grossa macchia nera sul
costone roccioso della punta, tracce di denso fumo nero che si alzano
dai resti della foresta carbonizzata.
I rottami sono localizzati in
prossimità del luogo dell'impatto, le fiamme li avvolgono
quasi completamente ed il calore dell'incendio è a malapena
sopportabile anche per l'armatura.
La
lega di alluminio con cui è costruito lo StakJet resiste a
temperature di 660 gradi centigradi.
Il
calore generato dall'esplosione di diecimila galloni di carburanteproduce una temperatura di 800 gradi
centigradi.
La
Mark XVI resiste a temperature superiori ai 900 gradi.
Decisamente, non è solo
un fattore di resistenza dei materiali.
È
l'anima, che brucia più di qualsiasi altra cosa.
La punta della coda spunta dalle
fiamme.
È
piegata ed in gran parte annerita, ma il logo della Stark Industries
è ancora ben visibile come se fosse una bandiera.
Un monumento.
Una lapide.
Tony
Stark cade in ginocchio, l'armatura di IronMan che si stacca e cade a
terra in mille inutili pezzi diventando nulla.
Ho mal di testa.
No, non è giramento post
sbronza o post sforzo.
Questa
è un'emicrania bella e buona, una di quelle in cui ti sembra
di avere un'accetta ficcata nella tempia. Cosa che non mi sento da
escludere, può capitare: un attimo di disattenzione, un
movimento brusco, e - Zack!
- finisci trapassata dalla tua stessa arma.
Mi
è già successouna volta, in fondo. È che non
avevo il mal di testa.
Cerco di alzare un braccio per
massaggiarmi la tempia, ma qualcosa lo forza a restare piegato dietro
alla mia schiena. Provo anche con l'altro: stesso risultato.
Cerco
di orientarmi: Sono seduta, piegata in avanti su un tavolo con la
guancia a contatto con la sua superficie fredda e le braccia dietro
alla schiena. Ammanettate.
Alzare
la testa è più difficile di quanto pensassi, mi sento
tutta intorpidita. Sbatto le palpebre un paio di volte per cercare di
mettere a fuoco meglio il posto in cui mi trovo.
Sedia di metallo, tavolo di
metallo, pareti di metallo con struttura ad alveare, grande specchio
rettangolare sulla parete di fronte: la stanza interrogatori standard
dello S.H.I.E.L.D..
Il
design è sempre lo stesso per qualsiasi struttura dell'agenzia
in modo che l'interrogato non possa trovare punti di orientamento e
capire dove si trovi. Potrei essere alla Base
Manhattancome
al Triskelion, sull'Helicarrier come nell'Hub.
Concentrandomi
non riesco a percepire nessuna vibrazione o rollio, neppure al
minimo, quindi tendo ad escludere di trovarmi su una base mobile. Ho
scartato ben il 30% di possibilità: Gran
passo avanti.
So che al di là del vetro
c'è qualcuno di guardia e il mio risveglio sarà già
stato riferito a chi di dovere.
Meglio
prepararsi a come impostare l'interrogatorio.
Dura e sprezzante?
Pentita e abbattuta?
Strafottente e Menefreghista?
Prima che possa prendere una vera
decisione la porta si apre ed entra la figura scura e severa del
Direttore.
Che non è persona
abbastanza prevedibile.
Dovrò buttarla
sull'improvvisazione.
"Se
non fosse per le manette ed il cerchio alla testa, penserei ad un
deja-vu."
Esordisco con un mezzo sorriso.
Fury
non reagisce né si siede. Resta in piedi, fisso di fronte a me
con le braccia incrociate e l'occhio puntato sul mio viso.
Opto
per il silenzio e restituisco lo sguardo. Se potessi accavallare le
gambe ostenterei meglio la mia calma apparente.
Se indossassi un tubino bianco e
nessuna mutandina potrei imitare Sharon Stone.
Ho
tutto il tempo che voglio, Direttore. Lei può dire lo stesso,
così solitamente impegnato?
Mi umetto le labbra e decido di
aggiungere conciliante: "Non sono qui per peggiorare le cose."
"Infatti. Sei qui perché
sei in arresto, quindi legalmente costretta.”
“La bassa considerazione
che ha della mia capacità di giudizio quasi mi offende.”
“Faresti
bene a sentirti profondamente offesa, Borgo.” Appoggia le mani
allo schienale dell’altra sedia, ma senza scostarla o sedersi.
Non è che non ha tempo, è che vuole farmi passare
chiaro e tondo il messaggio che per lui non valgo più che una
manciata di minuti: “E così ora lo difendi a spada
tratta. Non c'è che dire, Borgo, il tuo lento ed inesorabile
degrado sta procedendo.”
“Se non fossi sicura di ciò
che affermo non-”
“Così
sicura?”
“So dov'era Loki oggi
pomeriggio.”
“Perché immagino che
il tuo Loki non sappia essere in due posti contemporaneamente, vero?”
Ah
beh, se la mette così allora...
“Stavamo scopando sul bancone della mia cucina, ora distrutta.”
Tiè,si becchi
questo. “E sì, sono abbastanza
certa della sua presenza, in quel momento.” E
si tolga quella smorfia dalla faccia, me l’ha chiesto lei.
Molla
lo schienale come se fosse diventato improvvisamente bollente ed
inizia a passeggiare avanti e indietro: “Sai cosa vedo davanti
a me? Uno spreco. Un
fottuto spreco di risorse. Anni di addestramento d'alto livello,
missioni, risultati, talento:
tutto buttato al vento. Eri una delle migliori - “
“Io
sono una delle
migliori.”
“Le
migliori, ed i migliori, non vendono la loro anima al diavolo.”
Mi concedo un sorrisetto: si figuri, è
mio parente: “I migliori rispettano i
propri superiori. I migliori eseguono gli ordini. I migliori non
commettono errori dettati da un bieco ed ingenuo sentimentalismo.
Devo continuare l'elenco?”
Non
si scomodi, lo faccio io: “I migliori
non sono soldatini telecomandati: Quelli sono della CIA. Tanto meno,
sono votati ad una morale propagandistica: quello è l'FBI. I
migliori hanno una decisa capacità di giudizio. I migliori,
spesso, si sporcano le mani. Lei è stato uno dei migliori, o
non sarebbe Direttore ora. E senza uno dei migliori che ci sono
adesso, quella che considera la sua migliore agente in assoluto
sarebbe sottoterra con una pallottola in mezzo alla fronte. Si chiama
Libero Arbitrio, e
mi perdoni se per natura mi definisco un'esperta in campo.”
“E ultimo, ma non per
importanza, i migliori non si sottraggono ai loro doveri, né
alla fedeltà di chi li ha fatti diventare tali.”
“Direttore,
ora è lei a buttarla sul sentimentale: Non faccia passare lo
SHIELD per l'orfanotrofio caritatevole che non è. Non
raccogliete ragazzi di strada per una missione umanitaria: ci
selezionate uno ad uno, ci studiate, ci classificate, ci addestrate
per servire scopi più alti e farci morire di morti che altri
decidono. Alcuni di noi accettano perché non hanno
alternative. Altri perché possono lasciare libero sfogo alla
loro natura violenta avvalendosi del diritto di difesa del loro
Paese. C'è chi carica a testa bassa, chi prende la mira, chi
studia e crea in un laboratorio attrezzato. E poi ci son quelli che
vogliono sapere, conoscere. Che non accettano di essere messi a
tacere, o di ricevere esclusivamente ordini. Quelli che
disubbidiscono all'ordine che li porterà a morte sicura, o che
risparmiano qualcuno perché non vedono solo un bersaglio da
eliminare. Ci sono quelli per cui tutto ciò fa parte della
loro natura più intima, e come tale la conoscono e sanno porre
i loro limiti ed imporre la propria volontà. Libero
Arbitrio, dicevamo. Conscio di ciò
che vai incontro, scegli comunque la strada che ritieni giusta.”
“Scegli così di
farti usare e gettare una volta inutile? Di vivere per tutta la tua
vita guardandoti le spalle da chi sostieni di amare?”
“Con tutto il rispetto,
Signore, ma non è già così?"
La
Sala del Trono è gremita di demoni armati.
Parlano
tra di loro concitatamente, si urlano a vicenda accuse e ragioni.
Amon,
in mezzo a loro, ha lo sguardo fisso e concentrato su quella che
sembra una scultura a forma di cono rovesciato, che si muove in
continuazione: una cartina della Voragine intagliata nella pietra
nera.
Lungo
le linee della voragine si alzano e si abbassano di corpi avvinghiati
nella lotta, fiamme, esplosioni come un grottesco bassorilievo in
perpetuo movimento.
Loki può sentire le grida
echeggiare dal profondo anche restando a distanza.
Erzsebet
si avvicina al Re e gli sussurra qualcosa nell'orecchio. Lui congeda
i consiglieri con un cenno della mano senza alzare lo sguardo dalla
riproduzione della Voragine: "Speravo giungessi accompagnato da
mia cugina."
"Deve adempiere ad alcuni
suoi doveri."
"E tu ai tuoi." Amon si
appoggia ai bordi del cono e alza finalmente gli occhi d'oro.
"Immagino avrai compreso l'agitazione."
"Ne ho avuto sospetto."
"Una manciata di ore fa la
notizia della scelta della Principessa Erede del regno del Limbo è
arrivata a tutti gli Inferi. Insieme alla carogna di un messaggero
dei piani bassi. Pare ucciso da uno dei nostri soldati."
"Un atto di deprecabile
insubordinazione."
"Dalla
descrizione che hanno fornito alcuni testimoni l’ho individuato
e passato a fil di lama e gettato nell'abisso. Non è servito a
placare gli animi." Amon piega la testa di lato: "Ma forse
consegnando il vero responsabile..."
Loki
si ritrova la lama della Regina a pungergli la nuca. Si sforza di
piegare le labbra in un ghigno sfrontato: "E priveresti la tua
preziosa Erede di suo padre?"
"Sì."
La lama di Erzsebet punge con più insistenza."Nulla me lo
vieta. Soprattutto visto lo scherzetto che ci hai giocato. Hela non
se ne accorgerà neppure. Un peccato, in fondo: non rammenterà
il padre che l'ha tanto amata e cresciuta con tale dedizione. Quanto
ad Addison... beh, basterà spiegarle il vero motivo che mi ha
spinto a tagliarti la testa e comprenderà. Alla fine, oltre
alla vita, avrai perso l'amore delle due persone a cui tieni di più
al mondo."
Faticando
a restare calmo e trattenendo Hela a sé quasi
inconsapevolmente, Loki alza una spalla e simula indifferenza: "Sono
abbastanza abituato a perdere. Da morto non farà poi questa
gran differenza."
"Bugiardo." Sogghigna
Amon.
"Sorpreso?"
"Dalla
tua arrendevolezza sì." La lama di Erszebet si abbassa
all'invito del marito e la Regina affianca Loki, circonda la vita di
Hela con un braccio e la prende con sé senza che nessuno dei
due opponga resistenza.
"Riconosco
l'ineluttabilità del destino. Tuttavia..." Loki si
avvicina alla riproduzione della Voragine in guerra ostentando una
forzata calma: "Tuttavia potrebbe anche essere utile un mio
diretto intervento."
"Intendi batterti tra le mie
schiere?"
"Con tutto il rispetto, Re
Amon, ma non parli con il più insignificante dei fanti: io ero
un Re, non un soldato esule da qualsiasi discernimento. Offro
qualcosa di più risolutivo del mio braccio."
"Sarebbe?"
"Ciò che hai già
cercato e ti è stato negato."
"La
Gemma dell'Anima." Sussurra Erszebet.
"So
dove Odino le nasconde, so come celarmi dall'occhio del Guardiano di
Asgard e come sottrarla."
I due sovrani si scambiano uno
sguardo, poi gli occhi dorati di Amon tornano a fissarsi sui suoi.
Tra le mani della Regina, invece, compare un'elica dorata, che si
scinde in minuscoli granelli di sabbia e si compatta a formare una
clessidra: "Hai un'ora di tempo. Il mio Corvo ti condurrà
su Asgard e ti terrà sott'occhio. Vedi di fare attenzione:"
Amon piega nuovamente le labbra in un sorrisetto: "La
Proclamazione di Hela non è ancora avvenuta. Sino ad ora - e
finché questa guerra non sarà finita - lei non sarà
realmente al sicuro."
Loki
emette uno sbuffo, come se la cosa fosse di poca importanza, poi si
avvicina ad Hela e le stampa un bacio sulla piccola fronte. "Esprimo
solo la richiesta che la riportiate da sua madre: non è posto
sicuro per lei questo."
"Se pensi che sulla Terra le
cose vadano meglio, ti sbagli di grosso. È meglio che ti
muovi: la sabbia nella clessidra sta già scorrendo."
Nella
sala ristoro del terzo piano, l'agente di quinto livello Leopold Fitz
si fa piccolo piccolo nell'angolo tra le macchinette automatiche
appena sente i rumori fuori dalla stanza: dall'oblò della
porta di ingresso vede solo una porzione della testa rossa
dell’Agente Romanoff, illuminata dai neon di emergenza, e parte
del volto dell’Agente Barton. Fitz non può che definire
feroce la lite in corso dal tono concitato dei sibili che riesce a
captare.
Poi il rumore di uno schiaffo e
Barton che entra nella stanza sbattendo la porta e massaggiandosi la
guancia.
"’Fanculo,
‘fanculo, FANCULO!”
Urla tirando un pugno al distributore spento incrinandonde il
portellone di plastica. Solo dopo nota Fitz: "Oh, sei tu."
"Vado subito, Signore, non
intendevo disturbarla."
"Non ti conviene."
Barton sposta con un calcio il distributore e ci infila una mano
dietro: "Per come vanno le cose là fuori, meglio per te
se resti qui e ti fai un goccetto." Ne estrae una bottiglia di
Burbon e due bicchieri. "La scorta personale mia e del tuo capo,
Coulson. Non gli dispiacerà se ne assaggi un po'."
"...ma io..."
"Dispiacerà a me,
invece, se non lo fai."
"D'accordo, ma proprio due
dita, eh..."
“Hey!”
Natasha
passa tra due agenti facendosi largo con una spallata senza curarsi
di voltarsi indietro a scusarsi. I due non insistono oltre, vedendola
proseguire a passo veloce nel corridoio in penombra.
La
VedovaNera segue il gomito del corridoio e passa oltre la porta
dell'Armeria1. La telecamera di sicurezza la inquadra mentre
rallenta, si passa una mano tra i capelli, si guarda attorno con aria
angosciata per poi appoggiare la mano al lettore delle impronte ed
entrare.
Come se cercasse un rigugio.
Il
cielo che si apre in un vortice e lo scrosciare di colori alle sue
spalle non può che annunciare l'arrivo di Thor. Tony non si
volta neppure: non ha bisogno di sincerarsene né tanto meno ha
le forze per farlo. Sente a malapena la sua presenza ed i suoi passi,
e poi la grossa mano callosa appoggiarsi alla sua spalla.
“Ho
chiesto ad Heimdall di mandarmi da chi ha più bisogno di me.”
Tony non reagisce e Thor alza gli occhi al cielo: la pioggia che
segue immediata spegne gli ultimi focolai dell'incendio e disperde il
fumo nero. Poi si china davanti a Tony, lo prende per le spalle e lo
scuote: “Amico mio, non perderti nel tuo dolore...”
“E
che dovrei fare?” Tony stringe i pugni sugli occhi pesti:
“Alzarmi e pontificare su una vendetta eroica? Verso cosa, e
perchè?” Livido dalla disperazione, e fradicio dalla
pioggia, Tony inizia a percuotersi: “Perché indosso
un’armatura del cazzo che mi serve per fare qualsiasi puttanata
tranne salvare la mia famiglia?”
Thor
gli afferra i polsi per farlo smettere, e li tiene stretti finché
non lo vede calmarsi e smettere di urlare. “Tu non hai idea di
quanto il tuo dolore sia il mio.” Posa lo sguardo tra le
lamiere fradice e fumanti dell'aereo. “Meglio che tu stia qui.”
Cammina
in mezzo ai resti fumanti e bagnati. Cerca tra i sedili divelti e
anneriti, solleva e disincastra le lamiere contorte. Dopo qualche
minuto è Tony a rompere il silenzio: “Non hai trovato
nulla?” L'altro scuote la testa. “Neppure...”
“Nessun pietoso resto,
Tony.”
“Neppure una valigia
rossa?”
“No.” Thor allarga le
braccia: “I rottami sono sparsi, potrebbe ovunque...”
Ma Tony ha già infilato un
braccio nell'armatura. Infila due dita in una fessura e borbotta
qualcosa sul richiamo manuale. “Se si trova nel raggio di dieci
metri...”
“Cosa vi era in quella
valigia di tanto importante?”
“Non
capisci? La valigia è la StarkMom! L'armatura che ho creato
per Pepper, che può contenere lei e Howie contemporaneamente!”
Tiene le dita premute della fessura e cammina avanti e indietro
febbrilmente. “Le comunicazioni satellitari sono interrotte,
quelle via radio pure a quanto pare. Ma il segnale di feedback in
modalità manuale della StarkMom non si appoggia a queste due
vie. Appunto perché è di emergenza!” Cammina
ancora lungo il pendio, agitando febbrilmente il braccio, con Thor
che lo segue preoccupato: “Se la valigia non è qui
significa che Pepper ha fatto in tempo ad indossarla e a salvarli!
Come ho fatto a non pensarci prima!” Tony scala le rocce, quasi
saltella tra un sasso e l'altro: “Non c'è, non c'è,
NON C'E'! Ecco perché non hai trovato i corpi! Perché
Pepper, la mia Pepper, e il mio Howie sono SALVI!” Alza le
braccia al cielo, verso le nuvole che Thor sta disperdendo. “Come
ho fatto a dubitare delle capacità di mia moglie?”
Raggiunge Thor con un salto e per poco non lo travolge per
abbracciarlo: “Capito, Thor-tello?
La mia famiglia è viva. Viva! E
se non fossi così fedele a mia moglie ti avrei già
baciato, bella puttana bionda che non sei altro!”
“Io non dovrei trovarmi
qui.” La testa di Fitz ciondola quando cerca di appoggiare il
bicchiere vuoto al tavolo. Manca clamorosamente l'appoggio e rotola
per terra. Ridacchiando, si china sulle ginocchia malferme per
raccoglierlo. “Io... io dovrei essere di sotto a dare una mano
a... a mettere a posto tutto questo casino.”
Clint si versa un altro sorso e
fa spallucce: “Che importa? Tanto non funziona niente e nessuno
ha idea di che cazzo stia capitando.”
Fitz si appoggia il dito alle
labbra e sibila un 'Ssst!' Per poi rialzarsi, gesticolando
con il bicchiere. “Non avremo ancora capito che caspita
accade, ma so come far funzionare di nuovo un'auto. È
semplice.” Soffoca un rutto: “Il solenoide.”
“Cosa?”
“È
il solenoide. Va cambiato. In tuuuutte
le auto. L'ho appena fatto con Lola, e ora funziona benissimo.”
Schiocca le labbra, tronfio della propria scoperta. “Qualsiasi
cosa sia successo – io dico tempesta solare, ma ci sono anche
altre teorie – ha causato una tempesta magnetica di tali
dimensioni da mettere fuori uso qualsiasi apparecchiatura elettrica
ed annullare qualsiasi comunicazione!”
“Un bel casino.”
“Assolutamente! Significa
che qualsiasi cosa sia stato, ha interferito con il campo
geomagnetico terrestre in un modo che non si era mai verificato prima
d'ora. Se ci pensa, agente Barton-”
“Ti prego, chiamami Clint”
“Se ci pensa, agente Clint,
la cosa è straordinaria.”
Clint sembra sinceramente
ammirato: “E come mai, con questa tua teoria, sei qui a farti
un goccetto con me e non a tenere un dibattito con gli altri
cervelloni dello S.H.I.E.L.D.?”
“Oh, questione di
gerarchie.” Sbuffa Fitz agitando il bicchiere con noncuranza.
“Il Briefing a cui potrò partecipare con il mio livello
deve ancora essere annunciato. Tutta la base è nel caos!”
“Ma tu...tu hai capito la
cosa del solenoide! Hai riparato una macchina!”
“Non pare essere una cosa
così eclatante...”
“E se...” Clint si
gratta il mento, poi scaccia l'idea con un gesto. “Naah. Lascia
perdere.”
“Ti prego, dimmi pure.”
“Mi domandavo se con una
riparazione più eclatante, come dici tu, potresti essere meno
sottovalutato.”
“Oh, sì, forse
potrei! Servirebbe qualcosa di più grande, tipo il nostro B-”
“Quinjet, giusto! Anche
se... se mi domando davvero se sia fattibile, come impresa, per te da
solo.”
“Cos'è, una sfida,
agente Clint?” Fitz ridacchia sghembo, portandosi alla bocca
l'orlo del bicchiere vuoto. “Perché sai, come Operativo,
vivo per le sfide.”
Non per peggiorare la situazione
– ammesso e non concesso che possa peggiorare ulteriormente –
ma queste manette devo togliermele, in un modo o nell'altro.
E se Fury, prima di uscire, non
si è neppure voltato per rispondere alla mia richiesta, allora
significa semplicemente che devo liberarmi da sola.
Che di solito no è un
gran problema: le manette possono piegarsi e venire danneggiate
dal FuocoFatuo con un po' di lavoro.
Cioè, di solito lo
fanno. Queste non sembrano intenzionate a cedere.
Tiro,
torco, cerco di surriscaldarle con il solo risultato di scottarmi i
polsi. Niente da fare. Anche la sedia sembra meno cedevole del
solito: ci salto un paio di volte sopra, facendo sbattere le gambe a
terra, me senza effetti.
Porca Puttana.
Tiro, torco, surriscaldo, impreco
di nuovo e mi blocco quando sento un rumore vibrante ed un leggero
odore di fumo. Sembra provenire da un angolo della stanza. È
un brusio soffocato e continuo. Dopo pochi secondi, un cerchio si
illumina sul pavimento e dai suoi contorni incandescenti trapela il
filo rosso di una luce laser.
Luce e rumore finiscono nello
stesso momento: il pavimento tagliato a cerchio si solleva, viene
spostato di lato, e la mia testa rossa preferita fa capolino.
Ho le lacrime agli occhi.
Natasha si alza gli occhiali di
protezione, soffia via con uno sbuffo la polvere che le si è
depositata in faccia e si issa sul pavimento: “Non preoccuparti
per quelli dietro allo specchio, ho preparato loro caffè.
Avanti, seguimi.”
“Volentieri ma...”
Scuoto le manette e lei alza gli occhi al cielo.
“Le manette
ultra-resistenti. Pensavo di avertene parlato.” Alza il laser
“Questo dovrebbe bastare.” Prova con le caviglie ma non
si scheggiano che di un poco.
Passi veloci in corridoio e Nat
impreca che non c'è tempo: “Dovevo mettercene di più,
nel caffè. Io e la mia stupida intenzione di non uccidere
nessuno...!” Agguanta lo schienale della mia sedia e mi
trascina verso il buco: “Il condotto è abbastanza
grande, ci passeremo..”
“…Nat...”
“Non
dire niente. Ci ha fregate la curva a gomito. Ora ti disincastro
e...”
“Nat. Nat! Cazzo, Nat,
AHIA! Vuoi staccarmi le ginocchia? Ascolta, non c'è niente da
fare. Scappa almeno tu, d'accordo? Resterò qua e se non mi
troverà nessuno morirò qui dentro e mi inventerò
una maledizione con cui infestare la base. Nat. Nat, per favore,
toglimi il laser dalla faccia. Quando ho detto che morirò, non
intendevo ora...”
“Apri le gambe.”
“Senti, se proprio devi
amputare qualcosa non potresti...”
“Ti fidi di me?”
“Sì, ma tengo più
alla mia vagina!”
“Apri le gambe, idiota,
devo rompere la seduta per farti passare.”
Passare attraverso il condotto è
più semplice, con la sedia a pezzi, anche se i rottami che mi
trascino dietro attaccati alle manette non mi fanno procedere in
silenzio: “Infestazione già iniziata.” Sospiro:
“Sembro il fantasma di Canterville.”
“Ci siamo quasi.”
Annuncia Natasha, precedendomi. Trova una bocchetta dell'aria e la fa
saltare con il coltello. Poi ci infila la testa dentro: “Via
libera!” urla lasciandosi cadere. Striscio in avanti senza
indugiare e mi tuffo di sotto, preparandomi all'impatto con il
pavimento.
Ed invece rimbalzo comodamente
sui i sedili posteriori di pelle bianca di un'auto famigliare che
parte sgommando.
Ma cosa...?
Mi alzo a sedere: al volante di
Lola, che sfreccia a tutta velocità zigzagando nell'hangar
principale, non c'è Coulson.
“Clint!”
“Hey, giù i piedi
dal sedile, o Coulson mi ammazza.”
“Come...”
“L'ho convinto? Semplice,
non gliel'ho chiesto.”
Clint parcheggia Lola
direttamente nel portellone posteriore del Quinjet, Natasha ed io
scendiamo al volo e lui recupera un paio di faretre dal baule
dell'auto. Ad andargli incontro, sporco di morchia, sudato per
l'eccitazione e puzzolente d'alcool è un quasi irriconoscibile
Leo Fitz: “A-agente Clint io... io ce l'ho fatta. È
stata più dura del previsto, ma...”
“Quindi il Quinjet è
perfettamente funzionante?”
“Beh, ecco... le
strumentazioni di volo e di comunicazione sono ancora K.O. E la cassa
stereo del gabinetto ronza però... può volare, ecco.”
“Ottimo lavoro.”
Clint chiude il baule e lancia le chiavi in mano a Fitz, sbalordito.
“Puoi prendere questa per correre dai tecnici e avvertire della
tua impresa. Avanti, che aspetti?”
“Ma... ma è Lola...”
“Coulson ha detto che non
ci sono problemi – hai lavorato così bene...!” Non
fa in tempo a finire la frase: Fitz è già saltato sul
sedile del guidatore e ha messo in moto, ingranando la retromarcia
per uscire dal portellone. “Noi ti aspettiamo qui...!” Lo
saluta Clint agitando la mano. Poi schiaccia il comando della
chiusura e ci ordina di prepararci al decollo immediato.
Ta-daaaan!
Pensavate eh, che Clint
facesse lo stronzo! SBAGLIATO! Inimicarsi Natasha è un rischio
che neppure lui si sente di correre!
Scrivendo questo capitolo, mi
si è posto il problema di trovare una figura che facesse una
figura di cacca colossale. Uhm... ma dove potevo trovare uno tanto
fesso?
Ma nel Team di Coulson,
ovviamente! XD Così avete avuto anche un po' di crossover AoS
(Serie che seguita a perplimermi.)
Per quanto riguarda il
puntatore Laser, inizialmente Nat doveva aprirsi un varco con... una
sega circolare.
Poi ho visto CA:TWS e ho
aggiustato il tiro. (Sia benedetto quel gadget).
Che
Dio mi conceda la serenità di accettare ciò che non
posso cambiare, la tenacia di cambiare ciò che posso e la
fortuna di non fare troppe cazzate.
[Le
Notti di Salem – Stephen King]
Volare
a vista, senza alcuna strumentazione a parte tre vecchie cartine
piene di appiccicose macchie marroni di quasi certa origine
alimentare è pressoché impossibile. Clint è
costretto a diminuire nuovamente la quota di volo e la velocità
di crociera: “Bella merda.” Brontola. “Non ci vorrà
molto prima che al pivello passi la sbronza e metta a posto il resto
della flotta.”
“Se
si lanciassero al nostro inseguimento, dovrebbero rivedere la loro
lista delle priorità.” Sospira Natasha. “Alla
biforcazione del fiume, vira a 36° sud. Seguiamo il Platte River
sino alla fonte.”
“La
discussione tra me e Fury non è stata delle più
piacevoli.”
“Nessuna
discussione dove sei ammanettato ad una sedia è piacevole.”
Natasha
si lascia scappare un mezzo ghigno: “Davvero?”
“L'altra
sera non stavamo parlando, infatti.”
“Hey,
hey!” Li interrompo: “Se iniziate a parlare dei vostri
trascorsi sessuali allora lo farò anch'io. E vi avverto, i
miei risalgono a circa quattro ore fa. Sento già la
mancanza...”
“Pensi
che Loki se ne starà fermo e buono negli Inferi?”
Domanda Natasha. Le rispondo con una risata nervosa. “Sì,
lo credo anch'io. Speriamo solo che non peggiori la situazione...”
Rido
di nuovo. Con le lacrime agli occhi: “Per favore, pensiamo a
cose più piacevoli come non andare a sbattere contro una
montagna d'accordo? Stando ai miei calcoli con questa velocità
dovremmo raggiungere Nevada Field in circa... quattro ore e mezzo.”
Clint
sbuffa che è un'eternità: “Rischiamo di dover
viaggiare con poca luce, sarebbe un guaio senza strumentazione.”
“Accelerare
sarebbe un azzardo, perderemmo l'orientamento.”
“Cristo
santo quanto odio guidare come un vecchietto. Se pesco il figlio di
puttana che ha combinato questo casino...”
“E'
quello che faremo Clint, stai tranquillo. Siamo Vendicatori. Se non
abbiamo potuto proteggere la nostra tecnologia...”
“...Stai
sicuro che la Vendicheremo.” Concludo.
“Oh
mio dio! Ma tu sei ... sei.... sei..." La voce della ragazzina è
andata progressivamente alzandosi con un picco isterico nel
pronunciare il suo nome.
“Sì,
sì dolcezza, e ti faccio accompagnare al Prom dal biondone qui
dietro se rispondi alla mia domanda:” Il sorriso ingabbiato
nell'apparecchio odontoiatrico le illumina il viso tondo.
“OhmioDioTHOOOOR!”
Tony
decide di proseguire, prima che la ragazzina se la faccia davvero
addosso – ammesso e non concesso che non sia già
accaduto: “Ascolta,
ascolta, metti
via questo cazzo di cellulare e
ascoltami bene: Hai visto, o hai avuto notizie, dell'arrivo di
un'altra persona con la mia stessa armatura? Una donna, capisci? Il
tuo stesso genere, ma più alta, snella e bella. Non fare
quella faccia, un giorno sarai più o meno così, vedrai.
Devi solo smettere di mangiar schifezze.”
“Io...
io no.”
“Bene,
tesoro, allora mi sei inutile. Andiamo, Thor, dobbiamo guardare
altrove.”
La
ragazzina cerca di recuperare il telefonino.
“Io
proporrei un ricovero, Tony. Un luogo dove Pepper abbia potuto
trovare riparo e cibo.”
“Come
un dormitorio per senzatetto?” Tony storce la bocca disgustato
e piega la testa. “Pepper ha la fobia dei pidocchi, non
porterebbe mai nostro figlio in un luogo simile.”
La
ragazzina alza timidamente una mano: “Forse nell'ospedale della
città? È l'unico posto con i generatori funzionanti, un
sacco di gente si è raccolta là, da quando è
iniziato il blackout.”
“Questo
intendevo!” Sorride trionfante Thor.
Tony
annuisce: “Andiamo, dammi quel telefonino, te la sei proprio
meritata questa selfie.”
Quando
Thor ed IronMan atterrano nel cortile del terzo ospedale è il
tramonto. Le persone accalcate davanti all'entrata principale si
aprono in due ali silenziose al loro passaggio, qualcuno azzarda ad
allungare una mano per sfiorare la corazza di Tony o il braccio di
Thor, qualcuno sussurra che la situazione dev'essere molto grave per
richiedere l'intervento di due Vendicatori, qualcun altro invece li
fissa speranzoso.
La
bocca dell'infermiera spettinata e dall'aria sfinita della reception
si apre per la sorpresa. Il chewing-gum che sta masticando rotola
fuori dalle labbra dal rossetto sbavato e cade sui mucchi di fogli
sparsi sulla scrivania.
Tony
esordisce con un sorriso e un conciliante "Buonasera" a cui
fa eco Thor: "La disturbo per chiederle un'informazione circa la
presenza o meno di una persona tra i vostri pazienti.”
Lei
si riprende, deglutisce, si scosta due ciocche ribelli dal volto e
bisbiglia qualcosa sulla privacy.
"Come,
prego?"
"Sono
spiacente, signor Stark ma... Io non posso dare informazioni sui
nostri pazienti... politica di riservatezza, ecco..."
"Si
tratta di mia moglie e mio figlio, sa..."
Lei
annuisce, recupera la gomma da masticare e cerca di infilarsela
nervosamente in bocca, lottando contro l'unghia in cui si è
appiccicata: "Posso chiederle un documento per provarlo?"
Tony
si passa una mano tra i capelli, sospira, si guarda intorno ed
individua un portariviste nella sala d'attesa.
Davanti
allo sguardo attonito dei presenti trova un numero di People, lo
sfoglia e poi lo porge alla receptionist: "Seconda foto in basso
a destra: Pepper si sta toccando la pancia e la didascalia ipotizza
una nuova gravidanza: era una colica, aveva mangiato troppo pesante.
Ora: può cortesemente dirmi se è ricoverata qui la
signora Virginia Potts-Stark e suo figlio Howard Ismaele Stark?"
"Stanza
612, terzo piano" Risponde tutto d'un fiato. Tony ringrazia,
imbocca il corridoio e l'infermiera aggiunge, dopo un breve
tentennamento: "Ma sono spiacente signor Stark... la signora
era... era accompagnata da un altro uomo..."
Tony
scoppia a ridere: "Harold 'Happy' Hogan, non è vero?"
"Beh,
ecco... non posso confermarglielo sa... per la privacy..." Tony
alza gli occhi al cielo: "Però se potesse..."
"Senta,
facciamo così: le lascio qui il mio amico." Indica Thor,
che sorride imbarazzato: “Non è esattamente capace di
spiegare le cose in modo conciso e attuale, ma arreda. La ringrazio
per tutto."
Il
reattore Arc della StarkMum brilla in un angolo, illuminando appena
la stanza 612. Happy russa sul letto, la gamba destra immobilizzata
da un gesso e le mani rosse di graffi. Nessun monitor o respiratore:
Happy è ferito ma respira autonomamente. Non dev'essere grave,
sarà solo dolorante e di pessimo umore.
Seduta
su una sedia, le gambe alzate appoggiate al davanzale della finestra
e la testa reclinata all'indietro, Pepper - illesa. Spettinata ma
illesa – dorme tenendo Howie stretto in grembo.
È
il bambino a svegliarsi per primo: Tony giura a sé stesso che
non si incazzerà mai più per la sua insonnia. Howie
apre entrambi gli occhi scuri di scatto e alza la testa mora. "Papà!"
Esclama, tendendo le braccia.
Vivo,
incolume,sporco
e sorridente: il suo mini-me,
il suo omino perfetto, il suo bellissimo rompiscatole dal sorriso
luminoso. L'armatura di IronMan si apre e lo lascia libero di
chinarsi ad abbracciarlo stretto, di sentire il suo profumo e
percepire il suo respiro e il battito regolare del suo cuore.
Pepper
si muove, sbatte le palpebre: ci mette un secondo a realizzare e
quasi scatta in piedi. Tony le appoggia la mano sul polso, fa segno
di far silenzio che non vuole svegliare Happy, e poi allunga il
braccio e la attira a sé.
Vorrebbe
dirle quanto ha avuto paura di averli persi. Vorrebbe dirgli che non
sarebbe riuscito a respirare un secondo di più a saperli
morti. Vorrebbe dirgli che li ama, li ama più della sua stessa
vita, perché loro sono la
sua vita. Ma non è il tempo di dichiarazione e lacrime. La
donna che ama ed il figlio che adora sono vivi ed incolumi: C'è
solo spazio per la gioia.
“E
tu che mi davi del paranoico."
"Nessun
segnale radio? Non è che è il tuo apparecchio a
funzionare?" Ipotizza Darcy.
Appoggiando
il microfono rudimentale sul tavolo, Steve aggrotta la fronte e
scuote la testa: "Non c'è nessuna trasmissione a bassa
frequenza. Nessun radioamatore, nessuna stazione..."
"La
radio è perfettamente funzionante, sono le trasmissioni ad
essere scomparse." Insiste la Hill. "Come è
possibile?"
Jane
schiocca le dita: "Le tempesta geomagnetica!" Si avvicina
alla sua scrivania e scartabella negli ultimi dati raccolti prima del
blackout. Trova un grafico in un foglio A3 e lo stende sopra gli
altri fogli: "Il ponte di Einsten-Rosen che hanno attraversato i
Nani si è aperto grazie alle radiazioni dell'ultima eruzione
solare."
"Che
sarebbero passate anche loro, arrivando sino alla Terra"
Aggiunge Bruce, piegandosi sul diagramma e seguendo una traccia con
un dito: "In questo modo avrebbero investito la nostra atmosfera
con una tempesta geomagnetica, causando disturbi energetici e nelle
comunicazioni."
"Guarda:"
Jane indica un punto preciso sul foglio: "Questo è il
picco delle radiazioni che la strumentazione ha rilevato. Proprio a
ridosso del Blackout!"
"Possono
essere aumentate, nel frattempo."
"Ed
avere un effetto ad ampio raggio." Jane cambia scrivania,
recupera immagini satellitari ed altri diagrammi e torna al suo
posto. Sottolinea un punto e poi un altro, commentando con cifre e
calcoli ad alta voce che solo Bruce riesce ad afferrare.
La
Hill si scambia uno sguardo con Darcy e Steve: "Odio ammetterlo,
ma avete ragione: questa è una coppia decisamente più
compatibile della precedente. A chi li devo i venti dollari?"
"Jane,
potresti passarmi le ultime immagini dal satellite? Vorrei il luogo
di impatto dei Nani."
"Ecco.
Guarda! L'ora dell'entrata nell'atmosfera terreste degli asteroidi
non coincide né precede la variazione delle correnti
elettriche. È... avvenuto prima dei disturbi. Molto prima."
"Non
è possibile. Se il vento solare è arrivato con loro,
come può il disturbo essere partito con Centonovantotto minuti
di ritardo?"
"E
se fossero stati i Nani, il disturbo?" Ipotizza Darcy.
"E
come? Quello che non ha fatto l'atmosfera terrestre l'ha fatto
IronMan."
"Non
tutti. Non completamente, almeno." Togliendosi gli occhiali,
Bruce fissa un punto dell'immagine e lo segna con un cerchietto del
pennarello rosso che jane definisce 'una briciola'.
"La
più piccola delle briciole può attirare un intero
formicaio." Sospira Steve, per po affrettarsi ad aggiungere,
davanti agli sguardi di rimprovero, che la sua è solo una
considerazione.
Togliendosi
gli occhiali e massaggiandosi le tempie, Bruce ammette che non
possono comunque tralasciare nessuna ipotesi, visti gli eventi.
"Dovremmo
andare ad ispezionare il luogo di impatto." La Hill controlla le
coordinate. "Centro America, giusto?"
"Oceano
Pacifico, prossimità Honduras" Precisa Jane. "Ma se
neppure un'auto funziona, al momento, figurarsi un aereo o un
elicottero."
Guardando
fuori dalla finestra, Steve strizza gli occhi per mettere a fuoco il
puntino luminoso ad est nel cielo ormai scuro: "E un Quinjet?"
Beh,
sì: ammetto che ci speravo in una calorosa accoglienza. Però
una Hill pressoché in lacrime lanciata in una corsa sfrenata
verso di noi mi pare quasi eccessivo.
Apro
le braccia per accoglierla ma mi scansa facendomi crollare contro il
Capitano - non
male, come atterraggio-
per abbracciare il carrello del Quinjet in preda alla commozione.
La
reazione di Banner è di poco più parca - probabilmente
per evitare che l'Hulk esca e si esibisca di un'esotica e nuda danza
di gioia - e si informa su come siamo riusciti a farlo ripartire: "E'
tutto il giorno che tento di rimettere in funzione l'auto, non
pensavo di dirlo ma Tony mi è mancato."
Clint
lo guarda stranito ed esclama con voce ovvia: "Il solenoide!"
Scrollando la testa e borbottando qualcosa sull'incompetenza
meccanica.
"Le
strumentazioni, comunque, sono completamente inutilizzabili"
precisa Natasha. "Abbiamo dovuto volare a vista e a bassa quota,
per questo ci abbiamo messo tanto. Oh, e poi lei è stata
arrestata di nuovo."
"E
ti pareva!" Commenta Jane, mentre Darcy mi esprime la sua
solidarietà a riguardo e Cap mi rifila uno sguardo di
rimprovero: "Ancora guida in stato di ebbrezza?"
Banner
ipotizza atti osceni in luogo pubblico.
"Fury
crede che sia stato Loki a creare questo casino." Spiego
brevemente. "E, per inciso, NON è così."
Jane
annuisce: "No, direi proprio di no. Questa volta ho le prove."
Le
prometto un biscottino e proseguo: "Clint e Nat mi hanno fatta
scappare ma... beh, non credo che Fury l'abbia presa bene."
La
Hill si massaggia le tempie: "E chissà chi se lo dovrà
sorbire... A proposito, ora dove si trova?"
"All'Inferno."
Accolgo il sollievo generale con un'alzata di occhi al cielo: "Non
in quel senso..."
"Con
Hela? Peccato, mi sarebbe piaciuto conoscerla."
"Jane,
e se invece di sparare cazzate ci dicessi che succede?"
"Beh
ecco..."
Ma
Darcy punta il cielo scuro con un dito, la bocca spalancata dalla
sorpresa: "Guardate!"
A
nord, oltre le colline lontane, la notte è illuminata da
bagliori verdi.
Clint
picchietta il gomito contro il fianco di Bruce: "È
pericolosa?"
Lui,
troppo sbalordito, non fa altro che scuotere appena la testa:
"Solo... impossibile. Non a queste latitudini. E neppure in
questa stagione."
"Beh,
ragazzi." Sospira Steve: "direi che la parola impossibilepossiamo
eliminarla dal dizionario."
"E
questa puzza di zolfo, è pericolosa?"
Potrebbe.
Perché
mi è famigliare.
Troppo.
Ed
infatti ecco avvicinarsi, preceduta da Morrigan che mi plana sulla
mano, Erzsebet: lorica lucida addosso, qualche traccia di fiamma
grigiazzurra ancora tra i capelli ed Hela urlante al collo.
Sì,
decisamente. La puzza di zolfo è più che pericolosa.
"ASPETTA!"
Palleggio Hela a Jane che la fissa in panico, scanso Morrigan con una
mano, getto a terra la borsa del cambio della bambina che mi sono
ritrovata a tracollo e la rincorro.
"Cosa
sta succedendo?" L'afferro per un braccio. Erzsebet si volta e
fa spalucce.
"Nulla
di che, solo che ultimamente gli Inferi non sono molto sicuri. Ora,
se vuoi scusarmi..."
"NO!"
Mantengo la presa e rispondo al suo sguardo indispettito con il mio
dorato.
Non
te la caverai tanto facilmente. Ho il diritto di sapere. E saprò.
"Voglio
sapere di
preciso cosa
sta accadendo."
"Siamo
in guerra." Si decide a spiegare.
Sento
il cuore mancare di un battito: "Vuoi che venga con te?"
"Oh,
assolutamente!" Sbuffa sarcastica: "Mi pare tu abbia
abbastanza guai quassù." Muove il braccio per liberarsi
dalla mia stretta ma la trattengo con più forza.
"...e
Loki?"
"Uhm...
non credo che sia corretto usare il termine 'dare una mano' in
questo caso ma... diciamo che il senso è quello, più o
meno." Cosa? Stai scherzando, vero? "Anche perché
la scintilla che ha innescato l'incendio - beh, è giusto che
tu lo sappia – è partita da lui."
Come?
Non
capisco. Quando? E soprattutto, come?
Apro
le dita e lascio che il braccio di Erzsebet scivoli dalla mia presa.
Lei si massaggia il polso, fa per andarsene ma poi sospira e mi
appoggia le mani sulle spalle "Ormai lo conosci, sai com'è
fatto: buone
intenzioni, pessime azioni.Ma
non angustiarti troppo, in fondo l'avevamo messo in conto. E ora...
beh, ora cercheremo di volgere la situazione a nostro favore. Certo,
è un bel problema. Un enorme problema, a dire il vero. Ora, se
vuoi scusarmi, devo tornare indietro, la pattuglia aerea delle Arpie
mi attende."
Annuisco
senza rendermene davvero conto, frastornata come sono. Quando?
Quando,
cazzo? Quando l'ho perso di vista?
Ed
io come ho potuto essere così cieca?
Di
nuovo?
Me
l'ha fatta praticamente sotto il naso. Un attimo di distrazione e –
quando,
porca puttana, quando? -
ne ha approfittato.
"Erzsebet..."
Si volta. "In bocca al lupo. Nel caso dovesse servirvi il mio
aiuto..."
"Non
esiteremo a chiamarti, d'accordo."
Il
disorientamento diventa rabbia sorda e mi si annoda stretta allo
stomaco: "Ese vedi Loki..."
Scegli
così di farti usare e gettare una volta inutile? Di vivere per
tutta la tua vita guardandoti le spalle da chi sostieni di amare?
Stringo
i pugni e ricaccio indietro le lacrime che pungono gli occhi. Lacrime
di rabbia. Rabbia pura, nessuna tristezza: "Scaraventacelo, in
quella cazzo di Voragine."
Thor
atterra nel giardino mentre sto cercando di far mangiare qualcosa ad
Hela. Lei, completamente spaesata e con gli occhi e il naso rossi dal
pianto isterico, continua a rifiutare la forchetta di pasta che le
porgo. A nulla sembrano valere moine e vezzeggiativi. Provo ad
impuntarmi di più e tutto ciò che ottengo sono i suoi
occhioni verdi che si riempiono di lacrime.
No,
no. Così non va bene.
Percepisce
la mia rabbia ed il mio nervoso e si chiude ancora di più. È
spaventata, ha solo me come riferimento sicuro e mi sento totalmente
inadeguata per questo compito.
Appoggio
la forchetta e la prendo in braccio per cullarla. Natasha invece
toglie il piatto dal tavolo. “È freddo, non lo mangerà
mai così. Quando le verrà fame glielo riscalderemo al
microonde.” Poi si guarda attorno, si ricorda che siamo a lume
di candela e lo rifila a Steve con il compito di preparare un
fornello microonde da campo. "Se ce l'hai fatta con la radio..."
Entrando
cauto, Thor appoggia il martello a terra e saluta con un cenno del
capo Jane e Bruce.
Se
era calma e serenità che stavamo cercando, questo è il
luogo sbagliato; la tensione si taglia come burro.
Cerca
di dissimulare l'imbarazzo spiegandoci dell'incidente allo StarkJet,
di come Tony avesse temuto di aver perso la sua famiglia e di come
l'abbia ritrovata sana e salva. "Abbiamo convenuto che fosse
saggio dirigerci qui, dove le strumentazioni avanzate ci avrebbero
aiutati maggiormente, schivando il caos di una metropoli in
subbuglio. Caso fortuito e assolutamente lieto trovare anche voi
qui!" Sorride infine, con una gran pacca alla spalla di Clint,
che accusa il colpo con una smorfia. "Al sorgere del sole, anche
Tony e la sua famiglia ci raggiungeranno."
Ecco,
questa è una buona notizia: ho proprio bisogno dell'esperienza
materna di Pepper.
Anche
perché giusto un momento prima che Thor atterrasse, Jane e
Bruce ci stavano esponendo la loro teoria riguardo cosa abbia mandato
in pappa il campo geomagnetico terrestre e proponevano un controllo
nel punto di impatto dell'ultima scheggia di asteroide superstite.
Il
tipo di gita non esattamente indicato per gli infanti.
E
trovare una buona babysitter in mezzo al deserto è decisamente
un casino.
Jane
mi offre un cambio di vestiti e la chiave di un alloggio vuoto. Thor,
evidentemente a disagio a trovarsi nella stessa stanza con lei e
Banner – ho notato che non ha mai incrociato lo sguardo né
parlato direttamente con loro – insiste per accompagnarmi.
L'alloggio
non è che un semplice monolocale: angolo cottura, bagnetto
microscopico, divanetto e letto matrimoniale. Mentre appoggio Hela,
semi addormentata, sul letto la luce ritorna e lei mugola di
disappunto coprendosi gli occhietti con entrambi i pugni.
"Banner
deve essere riuscito a far ripartire il generatore." Bisbiglio a
Thor, che si affretta a spegnere l'interruttore. "Dev'esserci un
solenoide anche lì. Questo significa che anche la pompa
idraulica funziona e posso permettermi una doccia. Ti spiace stare
con Hela? Ci metto poco, promesso."
Esco
avvolta in un telo e con in mano la tuta fradicia per un tentativo di
bucato a mano molto opinabile che stendo a cavallo del davanzale
della finestra, confidando che il vento caldo del deserto asciughi
tutto durante la notte.
Thor
è seduto sulla poltrona della stanza con Hela in braccio. Mi
indica che si è addormentata, poi la appoggia – mi
impressiona vedere quanta delicatezza riesca ad avere un martellatore
come lui – e si avvicina a me: "Loki?" domanda.
Il
nodo di rabbia torna a stringermi lo stomaco, ma non è giusto
sputarla addosso a lui. Cerco di mantenere quanto più distacco
posso nella mia bassa voce e spiego brevemente quello che mi ha
riportato Erzsebet, una stretta al cuore nel vedere il volto di Thor
incupirsi.
"Speravo
che la paternità l'avesse cambiato." Bisbiglia
rammaricato. I suoi occhi celesti si perdono fuori dalla finestra
aperta, tra le distese di roccia spoglia e gli ultimi barlumi verdi
dell'Aurora Boreale. "Ma la mia è la speranza di uno
sciocco."
"E
la mia di una stupida."
"Non
essere severa con te stessa. Come avresti potuto..."
"Riflettendoci
su." Mi siedo sul letto. Da qualche parte sopra l'angolo cottura
le zampette di Morrigan grattano il legno alla ricerca di un punto
comodo dove accoccolarsi a dormire. "Non è la prima volta
che capita. Ma ho accettato il rischio, perché ero sicura di
poterne controllare gli effetti. Poi però..." lo sguardo
mi corre verso il divanetto. Hela si è accoccolata in
posizione fetale, con il dito in bocca "Ho pensato fosse
cambiato. Tanto da spronarmi a cambiare anch'io. Che stupida, eh?"
Thor
si siede al mio fianco, mi prende una mano tra le sue e cerca di
confortarmi. C'è un'idea che mi balza in testa, tanto
inopportuna da sembrare appetibile, e si fa strada prepotentemente
senza che mi dia troppa pena di scacciarla. E l'idea si focalizza
sulle labbra di Thor.
Che
male ci sarebbe?
Sif
non è qui. E anche se lo fosse, a me sta sulle palle.
E
anch'io ora mi reputo single.
Madre
single, ma sempre single rimango.
Che
ne dici, Loki, questo è un colpo sufficientemente basso?
Appoggio
le mie labbra su quelle di Thor.
È
confortevolmente caldo, completamente diverso dai baci di Loki: è
quello che ho bisogno ora.
Trattengo
le sue mani tra le mie e le guido sul telo dell'asciugamano.
Ma
lui si ferma: "No."
Uhm.
Due di picche, ci avrei scommesso.
"Non
è così che lo dimenticherai."
"Tentar
non nuoce."
"Non
posso farlo. Nonostante quello che ha fatto lui..."
Sospiro
e mi sistemo meglio il telo sul petto. "Sì, lo so, è
tuo fratello e non-"
"Lui
ti ama. Lo so. E anche tu lo ami."
"Cazzate,
Thor. Ha tradito la mia fiducia e quella di chi gli ha prestato
soccorso. Ed io sono stufa di essere legata a lui."
"Mi
dispiace, Addison. Non approfitto del dolore altrui, né sono
uomo da tradimenti."
Piccola
frecciatina a Banner? Ci sta.
"Non
gli darò un'altra possibilità."
Nel
buio, Thor sorride tristemente.
Poi
si alza da letto e si dirige verso la porta. Colpisce la gamba del
tavolo con il piede, la distrugge, cade ed impreca. Morrigan gracchia
allarmata, Hela si sveglia di colpo ed inizia a tremare
piagnucolando.
Oh
perfetto, non solo non mi scopi, ma svegli anche mia figlia!
"Perdonami,
io non-"
"Sparisci."
Mi
infilo velocemente i vestiti e prendo in braccio Hela, che è
rotolata dal divanetto e mi si è aggrappata alle gambe urlando
come un'ossessa. Cerco di tranquillizzarla cullandola, canticchiando
la prima canzone che mi viene in mente - Born to Die - tentando
di darle un'aria da ninna – nanna.
Il
risultato è che Hela piange ancora più forte ed inizia
a chiamare suo padre.
Sì,
hai ragione tesoro, Lana Del Rey non è per tutti.
Proviamo
con la Disney?
Passo
in rassegna qualche canzoncina da principessa, ma Hela si calma solo
quanto intono Poor
Unfortunate Souls-
Non
sarebbe mia figlia, altrimenti.
Coricate
sul letto trovo nei suoi occhi il bagliore dorato dei mezzodemoni. È
una sfumatura bellissima ed imprevista, un'ulteriore prova di quanto
io e lei siamo inaspettatamente ed indissolubilmente legate.
Magia
pura, l'aveva definita Loki.
Mi
sorride di rimando, ci scambiano qualche bacino ed un po' di coccole
e finalmente e sento il suo respiro rilassarsi tra le mie braccia.
Ed
ora?
Ed
ora devo sistemare questo casino. Qualsiasi esso sia.
E
poi sistemerò Loki. Non so neppure come andrà a finire.
Di sicuro, dopo quest'ultima sua mossa stupida, so di non voler più
condividere la mia vita con lui. Ma non posso negargli Hela, né
voglio farlo: lui la ama e lei ama lui. Sarebbe una guerra inutile.
Dovrò scendere a miti consigli – c'è dell'ironia
in tutto questo – e chissà che altro.
Ma
ora escludo di rinunciare ad Hela.
Pensiamoci
domani, d'accordo?
Chiudo
gli occhi.
D'accordo.
Li
riapro quando sento una presenza nella stanza ed un peso sul
materasso accanto a me: per un attimo penso – spero? –
sia Loki, ma quando metto a fuoco, sono i capelli rossi di
Natasha a spargersi sul cuscino di fronte a me. Si aggiusta il
lenzuolo addosso e mi saluta in un sussurro.
“Clint
e Steve si sono addormentati di schianto sul tavolo.” Spiega.
“Li abbiamo portati a spalla nella stanza di fianco e messi
nello stesso letto.”
“Abbracciati?
Oh! Mi perdo sempre le scene migliori!”
Sogghigna
e chiude gli occhi sospirando: ha un'espressione sfinita e
preoccupata. E c'è anche dell'altro.
Me
ne rendo conto a guardarla appoggiare la mano sulla piccola schiena
di Hela, a come le sta vicina. Che si sia affezionata a lei non lo
metto in dubbio, ma non è solo questo.
Ed
è anche un po' che non parliamo un po', io e lei. Bella
stronza che sono: lei che si spacca il culo per me ed io che non la
calcolo di striscio.
“Nat?”
“Uhm?”
“Va
tutto bene?”
Resta
in silenzio. La vedo aprire gli occhi per un istante e poi
richiuderli: “La piastra per i capelli consuma troppa energia.
Banner mi ha vietato di usarla.”
“E
tu incazzati.”
“Temo
la Foster.”
“E
a parte questo?” Ad occhi chiusi le è più facile
dissimulare. Storce appena la bocca e alza una spalla. Appoggio una
mano sulla sua ed insisto. “Da quando è arrivata Hela io
ti vedo molto... non saprei come definirlo” Apre gli occhi e mi
domanda se mi dia fastidio.
“Affatto!
È che...Nat, tu vuoi dirmi qualcosa ma stai zitta.”
“Pfui!
Ci sono un sacco di cose che non ti dico...”
“Ma
questa vuoi
dirmela,
ma non lo fai. E vuoi parlarmene perché vuoi parlarne anche
con qualcun altro - Clint, per esempio? - ma non riesci a farlo. Se
avessi voluto nascondermi qualcosa, Nat, ci saresti riuscita –
Non è un problema per te – ma se non lo stai facendo
neppure ora è perché il tuo subconscio vuole
parlarmene. Se teniamo bassa la voce non sveglieremo Hela. Puoi
parlarmi di qualsiasi cosa, lo sai.”
Tentenna
ancora un istante, poi sospira. Prova a convincermi a dormire, infine
sospira: “È successo quando l'Incantatrice mi è
entrata in testa. Ha aperto finestre della memoria che dovevano
restare chiusi.”
Annuisco:
mi aveva accennato qualcosa ma era stata molto vaga a riguardo.
Quella vaghezza che è una barriera insormontabile: quando
Natasha non vuole dire qualcosa, semplicemente non ti accorgi che
quel qualcosa esiste. “Tra queste c'è un ricordo. Più
doloroso degli altri.” Deglutisce. “Credo di aver avuto
diciotto, diciannove anni. Circa tre anni prima di entrare nello
S.H.I.E.L.D.. Ero sposata – per copertura – con un altro
agente. Non provavo sentimenti per lui ma... beh, dovevamo sembrare
una coppia normale, a lui piacevo e io non discutevo gli ordini.”
Da
come deglutisce ed inspira realizzo cosa stia cercando di dirmi: mi
attraversa il cervello come un proiettile. Non riesco neppure a dirlo
a parole, resto solo in silenzio ad aspettare la sua confessione:
Natasha è rimasta incinta. Natasha ha avuto un bambino.
Si
torce un dito – l'anulare sinistro, dove portava l'anello
nuziale – e prosegue: “Non sarebbe dovuto accadere. Mi
hanno ordinato di portare avanti la gravidanza, a scopo scientifico.
Due cavie anziché una. Il mio fisico ha... beh, risolto il
problema da solo. Verso il quinto mese. Ho partorito da sola e... era
una bambina. Minuscola. Morta.” La sua voce trema, le stringo
la mano e ricambia con le dita fredde. “È meglio così.
Razionalmente lo è davvero: ero una marionetta nelle loro
mani. Non sarei riuscita a sfuggirgli, forse non l'avrei nemmeno
voluto. Se fossi arrivata a termine avrei dato alla luce un'altra
cavia della RedRoom. Mia figlia è nata prematura ed è
nata morta. È davvero meglio così. Solo che...”
Accarezza la schiena di Hela: “Mi domando come sarebbe stata. E
avendo Hela davanti io...”
“Mi
dispiace.” Sento un groppo in gola e mi pizzicano gli occhi.
Ricaccio indietro le lacrime ed asciugo quelle che trovo negli angoli
dei suoi occhi verdi. “Mi dispiace davvero tanto, Nat.”
“Non
sarei mai una buona madre...”
“Ti
sfido ad essere peggio di me. E comunque vada, sarai una splendida
zia.”
Piega
le labbra in un sorriso triste. Si asciuga nuovamente gli occhi,
accarezza ancora Hela che mugola appena e si riaccomoda la testa sul
cuscino. “Ora dormiamo, d'accordo? Ci aspetta una giornata
pesante, e non voglio assolutamente presentarmi a Stark con occhi
gonfi ed occhiaie.”
Gli
Stark si presentano di prima mattina, e dopo circa mezz'ora stiamo
già pregando che qualche divinità simpatica ci mandi
pure i Lannister a contrastare il capofamiglia. Fissa i generatori
con un colpo di chiave inglese – pare siano saltati per tutta
notte insieme ai nervi di gran parte degli abitanti della base e
della Hill, mentre Banner è stato giustamente tenuto
all'oscuro di questa instabilità meccanica dalle grazie di
Jane – bullandosi del suo operato. Mette le mani sul Quinjet –
'Questo lavoro sembra fatto da un ubriaco!' - fa battute pessime sul
fuoristrada mezzo smontato della Hill e la carcassa di Coyote –
Maria scrive il suo nome su un caricatore e solo l'intervento di
Darcy e Clint la blocca, mentre Steve alza le mani rifiutando
qualsiasi intervento e quasi incoraggiando Thor a sgranchirsi le
gambe su IronMan: “Banner, tu sei sicuro di essere sereno,
questa mattina? Sicuro sicuro?”
Quanto
a Pepper, non sono mai stata così felice di vederla. Mi aiuta
a tranquillizzare Hela – che si è svegliata in preda
alla più grossa crisi da 'Papite' della sua giovane vita –
e a preparala per il successivo distacco da me.
“Sarà
dura.” Mi avverte.
“Mi
spiace solo che dovrai subirti tutto il suo pianto isterico. Quando
vuole la signorina spacca i timpani.”
“Oh
ma io parlavo di te.” Aggiunge sorridendo sorniona: “So
come distrarre i bambini, con Howie mi capita spesso di doverlo fare,
e lei mi conosce abbastanza da sapere che sono una persona di
fiducia. Sarai tu ad andare in crisi.”
Oh
Pepper, ma ti prego!
“Donna
Virgina, fidati, non sono così sentimentale...”
Natasha
strappa un altro fazzoletto dalla scatola dei Kleenex e me lo porge
mentre Maria mi passa un braccio dietro alle spalle per farmi forza.
Tutto
inutile.
“Sono
una madre orribile!” Singhiozzo. Afferro la bottiglia di Vodka
che ho appoggiato di fianco al water e ne bevo un gran sorso:
“Sarei... sarei dovuta stare con lei... lei è …
è...” Altro sorso di vodka, Natasha me la sequestra
colpendomi la mano. Mi soffio il naso: “Senza suo padre, senza
sua madre...! Penserà che l'abbiamo abbandonata. Crescerà
con questo trauma e diventerà una psicolabile sociopatica con
smanie di conquista per dimostrare il suo valore agli occhi dei suoi
stupidi genitori!”
“Adie,
quello è un problema di geni, non di traumi infantili. Hai
visto: quando siamo partiti era tranquilla! Ci ha salutati!”
Maria sventola il palmo aperto della mano.
Tutto
inutile.
Mi
sento una vera merda.
Beh,
mi sento anche di merda, che ho in corpo ormai mezzo litro di
vodka e sono nel bel mezzo della peggior sbronza triste della mia
vita – Steve, ricordandosi il precedente, si è eclissato
da un pezzo – per di più in volo a novemila metri da
terra.
“Addison,
ascoltami: so che non è una situazione semplice.”
“No
no, Maria, la situazione è di
merda,
non 'non semplice'! Sono praticamente senza lavoro – non posso
credere davvero
che
Fury me la faccia passare liscia – e non posso contare neppure
sul padre di mia figlia!”
“Hai
sempre noi!”
“Io
non ci vengo a letto con voi! E non potete neppure darmi uno
stipendio! Diventerò una spogliarellista e mia figlia avrà
un pessimo esempio, diventerà una donna oggetto e parteciperà
a Jersey Shore! E poi cercherà di conquistare il mondo e
ucciderà ottanta persone in due giorni.”
“Se
si tratta dei membri di Jersey Shore e degli autori, non è una
gran perdita. Ok, d'accordo: è una situazione di merda, ma ora
abbiamo bisogno della tua lucidità. So che è nascosta
da qualche parte lì dentro, e ho tutta l'intenzione di
tirartela fuori.”
“E
come?”
Maria
mi rifila un pugno alla bocca dello stomaco e chiede scusa mentre
boccheggio.
Poi
mi sorregge la testa mentre vomito nella tazza.
“Crisi
finita.” Dichiara Natasha riprendendo il suo posto nella cabina
di pilotaggio. “Un quarto d'ora e sarà dei nostri.
Posizione?”
“Stiamo
sorvolando ancora lo stato di El Salvador, secondo i calcoli di
Banner e Stark, a circa duecentocinquanta miglia circa dalla confine
con l'Honduras.” Risponde Clint “Scendo di altri mille
metri, teniamo a vista la costa alla nostra destra.” Getta uno
sguardo dal finestrino e chiede agli altri di fare lo stesso. “Non
vedete nulla di strano?”
Banner
e Stark scuotono la testa, Thor e Steve, invece aggrottano la fronte:
“Sembra quasi che la costa sia erosa in più punti.”
Osserva il primo. “Come punteggiata da diverse frane. Puoi
avvicinarti?”
Natasha
ipotizza un maremoto, Steve scuote la testa: “L'erosione
sarebbe avvenuta in modo più omogeneo, qui sembra più
un...”
“Un
bombardamento.” Conclude Clint. “A quest'ora dovremmo
iniziare ad avvistare la baia tra l'Honduras e El Salvador.”
Banner
picchietta contro il vetro dell'oblò: “Deve essere
quella, anche se...” Controlla meglio la cartina “Anche
se lì in mezzo dovrebbero esserci tre isole.”
“Io
vedo solo qualche scoglio, ma potrei sbagliarmi.”
“Oh
no, Stark. Li vedo anch'io!”
“...maremoto?”
“Decisamente
no Thor. Questo è proprio un bombardamento.”
Steve
indica la scia del bombardamento che prosegue verso sud. “Segui
lungo la costa, vediamo dove ci porta.”
Mi
ripresento in posizione eretta solo ad atterraggio avvenuto. Scendo
il portellone dell'Helicarrier e mi guardo attorno: una conca di
terra nera, bruciata, una landa desolata che si perde a vista
d'occhio: “Che ci facciamo dentro la bocca di un vulcano?”
La
faccia di Banner è serissima, mentre si volta per rispondermi
porgendo la cartina: “Non siamo dentro ad un vulcano. Siamo a
Leon, Nicaragua. O, almeno... quello che ne resta.” C'è
un alito di vento. Non alza altro che cenere: “Nulla.”
E
dopo la pausa di Pasqua, sono tornata. Che vi sia mancata o no.
Purtroppo
vitavera succhia ogni momento di tempo libero...
In
ogni modo, Ecco tutto quello che sono riuscita a produrre, al
momento.
Ci
tengo sempre a ringraziarvi per il vostro seguito ed i vostri
commenti: Questa storia sta per compiere due anni, ormai, e c'è
ancora chi la apprezza. Vi ringrazio, vi ringrazio davvero tanto.
Come
sempre, per chi avesse curiosità, o solamente voglia di fare
quattro chiacchiere, esiste il mio ask.
E
se per caso vi andasse... beh, ho pubblicato anche qualcosina su CA:
TWS. Nel caso aveste tempo e vogliate lasciare un vostro
commentino anche qui, ve ne sarei gratissima.
Dal
dubbio e dalle tenebre verso il giorno galoppai, E cantando al
sole la spada sguainai, Svanita ogni speme, lacero è il
cuore: Ci attende la collera, la rovina e il notturno bagliore!
[JRR
Tolkien, Il Signore degli Anelli – Il Ritorno del Re]
Buio.
Gli
occhi di Loki ci impiegano qualche secondo per abituarsi all'oscurità
della Cripta di Odino Con il poco tempo a disposizione non può
permettersi un'entrata in grande stile – in
temibile
stile.
Però
forse – forse – se riesce ad avere la Gemma in mano in
tempo utile potrebbe concedere ad Odino una visita di piacere.
Loki,
attento.
La
voce nella sua testa è quella di Addison. Calma, calda, a
tratti quasi languida, che lo guida alla realtà senza
spingerlo. Non gli nega nulla, non gli ordina niente. Solo, gli
ricorda il motivo per cui si trova lì:
la
Gemma dell'Anima.
Che
Amon aveva previsto benissimo quella eventualità, Loki può
scommetterci la testa. Forse il suo intervento scellerato ha solo
anticipato i tempi, o stravolto le modalità di esecuzione, ma
di sicuro non l'ha sorpreso.
A
differenza di molti sovrani che ha conosciuto, Amon non si lascia
accecare dal suo potere, né dalla superbia della sua
posizione; per questo merita il suo rispetto.
Tuttavia...
Non
l'ha fatto per odio. L'ha fatto perché è la sua natura.
Bramare, bramare ossessivamente ed innescare sempre la rovina di chi
lo circonda.
Addison
non deve saperlo.
Perché
no? Lei può capirlo? No?
Non
è detto. Non questa volta.
Perché?
Perché
c'è sempre un limite. Un punto di non ritorno. E questo ha
tutta l'aria di esserlo.
Addison
non deve saperlo.
Darà
la Gemma ad Amon, si assicurerà la salvezza di Hela e se è
necessario combatterà contro legioni di Demoni.
Ma
Addison non deve saperlo.
Le
parlerà, prima che lo faccia qualcun altro. La loro relazione
è appesa ad un filo che non deve assolutamente essere reciso.
Per
Hela.
Per
sé.
Percorre
la navata umida della cripta, nervi tesi e pugnale in mano pronto a
fendere qualsiasi minaccia. Ha quasi un brivido a vedere il
piedistallo vuoto su cui poggiava lo Scrigno degli Antichi Inverni.
Scivola
nel il corridoio laterale, lungo il muro delle nicchie più
piccole: trova il lieve brillio del Gauntlet e si avvicina.
La
parte più difficile:
Odino è stolto, ma non così tanto da lasciare tale
preziosità incustodita. Loki inspira profondamente, e quando
espira una leggera brina si alza dalla sua pelle blu e si diffonde
nell'aria: congela la nicchia e blocca ogni potere, avvolge il
Gauntlet e lo alza portandoglielo.
È
tentato di prenderlo su tutto, ma si impone di riflettere: Amon
necessita di solo una Gemma, e non di tutto il guanto. Deve fare
ammenda per un suo errore - o almeno far credere che sia questo il
suo intento- e deve agire secondo la richiesta fatta: né più,
né meno.
Appoggia
il Gauntlet a terra e preme la punta del pugnale forzando i contorni
dell'incastro della Gemma. Si stacca con un po' di leva e rotola sul
pavimento grigio con un leggero rimbombo.
Loki
non si da neppure pena di rimettere il Gauntlet al suo posto: afferra
la Gemma, pronto a richiamare il Corvo di Amon, ma quando apre la
bocca per parlare viene preceduto da una voce.
"Loki"
È
un sussurro accennato, talmente basso che Loki non può dire se
l'ha udito davvero o si trova nella sua testa.
"Loki"
Si
volta, pugnale spianato.
"Loki"
Si
gira di nuovo, muove il braccio per colpire, ed invece la lama passa
attraverso una figura di fumo. Loki sobbalza e lascia cadere a terra
il pugnale come se ne fosse stato ustionato.
"Loki"
Il fumo si trasforma, si definice in una cascata di riccioli e nelle
lunghe pieghe di un vestito prezioso.
"...madre...!"
"Figlio
mio..." Le
labbra di Frigga non si muovono, eppure Loki sente la sua voce ben
chiara dentro la testa, e gli occhi di lei, chiari nel fumo, sembrano
quasi inumidirsi. Guarda la Gemma che stringe tra le dita e ad un
tratto sente il bisogno di giustificarsi, quasi fosse stato colto sul
mentre di progettare un dispetto infantile: "Madre, non è
per me io non..."
"Io
so." Le
dita di Frigga gli sfiorano la guancia in una carezza inconsistente.
A Loki pare quasi di percepirla, tanto ne sente il bisogno,
accarezzargli il viso tergendo con il pollice la lacrima che non
riesce a trattenere. "Io
so tutto, figlio mio."
"Mi
dispiace."
"Anche
a me. Mi dispiace per la tua natura, Loki, perché non ti
permetterà mai di godere in pieno dell'amore che meritersti.
Odino ha chiamato abominio la tua bambina, l'ha cacciata come una
fiera selvatica e tutt'ora non può accettare di aver espresso
un giudizio errato. Se fossi stata in vita, non avrei permesso ciò,
anche a costo di mettermi apertamente contro lui."
"Sai...
sai di Hela?"
Con
un sorriso mesto, Frigga annuisce:"Mi
rammarico di non poterla stringere tra le mie braccia. Sarebbe una
tale gioia per me! E sapere quello che hai fatto per lei, come l'hai
allevata e protetta! Loki! Sono tanto, tanto orgogliosa di te. Non ho
mai dubitato che il rancore avesse completamente ottenebrato il tuo
cuore. Il tuo giudizio, la tua mente sì, ma il tuo cuore mai."
Gli
prende il volto tra le mani, le ginocchia di Loki cedono e lei lo
segue a terra, le lacrime che passano attraverso le sue dita di fumo
e la sua voce che continua a sussurrare tranquillizzante: "Io
ti amo, figlio mio, e non ti amo diversamente da quando ti cullavo
neonato. Ma il mio è l'amore di una madre, incondizionato ed
immutabile: anche tu amerai sempre tua figlia nel tuo stesso modo,
qualsiasi cosa essa decida di fare nella sua vita."
"Hela
non compirà i miei stessi errori. Il suo futuro è
chiaro, palese, e combatterò gli Inferi interi perché
sia limpido e senza pericoli."
"Sceglierà
comunque da sola come percorrere il suo sentiero da percorrere. Avrà
una sua natura, diversa come la tua lo era dalla mia. Farà
degli errori, non i tuoi ma altri. Tu la amerai comunque e la
difenderai da tutto, a volte anche da sé stessa."
"Sempre."
"Ma,
Loki: non tutti gli amori vengono donati gratuitamente; vi sono anche
quelli che vanno meritati. Non per questo possono essere meno
potenti."
"Addison...?"
Il
fragore di armi rimbomba fuori dalle pesanti porte ed invade la
stanza. Loki ammira ancora il volto di sua madre, non si stancherebbe
mai di farlo. Le sussurra che le è mancata, la prega di non
lasciarlo e lei annuisce appena: "Non
ho nessuna intenzione di farlo. Ora però, devi andare. Hai di
meglio, da combattere, che la cieca cocciutaggine di Odino."
Quando
Loki ricompare nella sala del trono del Limbo l'aria brucia di fumo e
il cielo, fuori dalla loggia di marmo, è incendiato dalla
cenere incandescente che erutta dalla Voragine.
Sui
gradini del Palazzo, lungo i viali e le strade delle città si
allineano le milizie di Amon, mentre stormi di Arpie volano radenti
al suolo scuro capitanate dalla Regina.
Loki
individua il Re tra i suoi generali: Amon è completamente
vestito della sua armatura nera e oro, e sulla sua schiena sono
spuntate due gigante ali dalle piume nere. Attira la sua attenzione
ed il Re balza tra i gradini e supera le picche della sua guardia
personale atterrando ad un palmo dal naso.
I
suoi occhi brillano dell'oro più puro e i canini sono
diventate due zanne che spuntano tra le labbra scure. A Loki sembra
quasi che sia aumentata l'ossatura del volto da tanto che i
lineamenti sono stravolti.
"Al
limitare del tempo. Stavo già promettendo in sposa mia cugina
al Re dei Goblin per avere il suo appoggio."
"Il
tizio affascinante con il doppio mento e il corno in mezzo alla
fronte? Non funzionerebbe, le piacciono doppie e molto alte."
"Oh
no, quello è un troll: puzzano da far schifo ma sono l'ideale
come cuneo di sfondamento. Tornando a noi due..." Loki alza la
Gemma e Amon sogghigna prendendola in mano: "Come brilla
bene..." Si toglie la corona dal capo, l'avvicina alla Gemma e
l'oro sembra fondersi per inglobarla, per poi ricompattarsi e tornare
splendente in una nuova forma, più aguzza ed intarsiata, con
la Gemma dell'Anima che splende nel centro.
La
alza di nuovo, a mostrarla al suo esercito per ricevere le ovazioni
dei soldati e le strida feroci delle Arpie. Se la ripone sul capo,
inspira soddisfatto e spiega le ali nere.
"Aspetta!"
Amon si volta verso Loki: "Ed ora cosa ti aspetti da me?"
"Quello
che ti riesce meglio: far quello che vuoi. Sfogati."
"Ed
Hela?"
"Sarà
Erede, certo." Amon sogghigna di nuovo: "A vittoria
guadagnata." La Gemma brilla sulla sua fronte mentre ruggisce e
spicca il volo, il suo esercito lo accompagna nell'urlo di guerra e
lo segue nella voragine.
Loki
freme di rabbia quando Erszebet plana a cavallo della sua Arpia al
suo fianco: "Chi la fa l'aspetti" lo sbeffeggia. Poi si
porta un fischietto alle labbra, soffia due note acute, e un'altra
Arpia atterra: "Preferisci correre come il più
insignificante dei fanti o vuoi un passaggio?"
“Neppure
il Mjolnir, spiegato in tutta la sua potenza, può causare una
tale devastazione.”
"Nulla.
Niente. Neanche un detrito: solo cenere, come se tutto fosse stato
polverizzato." Come Thor, neppure Steve riesce ancora a
capacitarsene. Torna sul Quinjet scuotendo la testa e si passa una
mano tra i capelli, quasi a voler togliere la cenere depositata dal
vento. "Stark, Banner: pensate sia stata una bomba atomica?"
Sedendosi
di nuovo al posto di pilotaggio Clint afferma che i segni presenti
non sono riconducibili ad un bombardamento atomico. "Lo stesso
raggio d'azione è meno ampio e delimitato."
"Non
sono presenti neppure tracce di radiazioni gamma." Aggiunge
Banner.
Maria
gli domanda come faccia a saperlo senza alcuna strumentazione: "È
l'Hulk?”
Bruce
annuisce. “Le percepisce, per lui sono come feromoni: lo
eccitano."
"Ottimo,
lo dirò alla Foster." Come sempre Stark si dimentica il
tatto quando si tratta di una battuta servita su un piatto d'argento.
Thor si limita a lanciargli un'occhiata torva.
Quando
Clint e Natasha riavviano i motori si alza altra cenere nera che si
deposita sui finestrini, oscurandoli.
Penso
con una fitta al cuore che questa polvere erano case, auto, persone:
donne e bambini, uomini e vecchi. E questa non era che una piccola
città del terzo mondo.
Mi
sorprendo di questa realizzazione, non sono solita a pensare
automaticamente a cosa c'era davvero prima di un evento distruttivo:
non solo muri infranti, ma anche vite spezzate. Anche dopo la prima
battaglia di New York, il pensiero di quello che era stato spazzato
via – quello che realmente era importante – non è
arrivato che dopo.
È
la logica degli Agenti: se rifletti troppo su quello che fai,
difficilmente riuscirai a conviverci. Piuttosto, bevici su.
Non
ora. Mi si rivolta lo stomaco solo a pensarci.
E
la logica dei Demoni: non pensarci proprio, non serve a nulla, così
va l'Universo.
Cos'è
cambiato, dunque, nella mia ottica?
E
ci sto pure pensando? Non ho bisogno di ormoni materni in corpo, c'è
quello stronzo dell'istinto che basta e avanza.
Lucidità,
Addison, lucidità: è indispensabile. È solo un
altro modo di vedere le cose: prima tornavi a casa, ti facevi un paio
di bicchieri e non dovevi rendere conto a nessuno delle tue azioni;
ora tornerai a casa e ti abituerai a schiacciare qualsiasi cosa sotto
uno spesso strato di biscotti Plasmon e giocattoli di plastica. Non è
una cosa impossibile, solo diversa.
Ti
ci abituerai.
“Ci
sono altre tracce di bombardamenti – o qualsiasi cosa siano.
Vanno verso sud.” Ci informa Natasha. “Che cosa stanno
cercando?”
Thor
ipotizza una città più grande e Stark è
d'accordo: “Queste tracce che troviamo... sono semplicemente
delle prove. Il vero obbiettivo è una metropoli, milioni di
persone.”
“Senza
eserciti attrezzati sarà una strage.” Sospira Steve.
Guarda le cartine e misura a spanne le distanze: “Bogotà,
Colombia. Praticamente ci stiamo arrivando in mezzo. Tempo di arrivo
stimato?”
“Non
meno di quattro ore.” Risponde Clint, un'occhiata alla cartina
e un'altra all'altimetro. “Devo aumentare l'altitudine, ci sono
troppe montagne e troppe nuvole basse. Non posso andare più
veloce.”
Stark
apre un pannello e decide che troverà un modo per ricalibrare
la strumentazione di volo: “Dovessi star fuori dal finestrino
con un'antenna in mano, porca puttana.”
Io,
invece, mi alzo in piedi e picchietto Morrigan per farla spostare sul
mio polso: “A Bogotà ci sono stata un paio di anni fa.”
“Cornacchietta,
non è il momento di fare la guida turistica.”
“Questo
significa, Tony, che posso precedervi.” Indico Morrigan. “So
la strada. Posso arrivare in città, cercare di lanciare un
allarme, o fermare quello che sta succedendo o...”
“...o
morire nel tentativo.” Termina cupo Thor. Si alza e mi appoggia
una mano sulla spalla: “Vengo con te.”
“Anch'io.”
Steve si infila il casco e ci raggiunge: “Nel caso le cose si
mettano male, io e Thor possiamo cercare di tenere a bada il nemico,
mentre tornerai sul Quinjet a far rapporto. A meno che tu non possa
teletrasportare il Quinjet intero.”
Scuoto
la testa: “Ho un limite con gli oggetti, tanto quanto con il
numero di persone per volta. Il mio fisico non reggerebbe.” Mi
concentro su un luogo preciso della città – il
Centro Internacional – ed ordino a Morrigan di
teletrasportarci.
Le
urla ci assordano quasi prima di ricomporci completamente a terra. E
se non fosse stato per la prontezza di riflessi di Steve ad alzare lo
scudo a proteggerci sicuramente avrei il cranio fracassato dai
mattoni di un cornicione piovuti da un cielo plumbeo di polvere e
fumo. Non riesco neppure ad orientarmi: dovremmo esserci
materializzati in Avenida Carrera, ma non riesco a trovare punti di
riferimento: la polvere dei crolli è già troppo densa
per vedere a pochi metri. Alle urla si sostituiscono i rumori dei
crolli. C'è una fiammata, alla nostra destra, sopra quello che
rimane di un edificio.
Qualsiasi
cosa sia, è maledettamente vicino, e fa lo stesso rumore di
dieci tornado alla massima potenza.
C'è
qualcosa, che spunta in alto dalla polvere, e se non fosse ancora per
i riflessi di Steve ci saremmo trovati schiacciati a terra: Un
gigantesco artiglio si conficca nell'asfalto davanti ai nostri piedi.
Prendendolo come punto di riferimento, Thor mulina il Mjolnir, e
spicca il volo: approfittiamo che lo tiene occupato per gettarci di
nuovo in strada e cercare di capire con cosa abbiamo a che fare.
Illuminato
dalla luce dei lampi, la sagoma quello che sembra un immenso un
tripode, un drone che sovrasta i tetti e i grattacieli, combatte
contro Thor contrapponendo tre lunghi bracci meccanici alla potenza
del Mjolnir. Ha il busto schiacciato, quasi un disco, illuminato da
un fascio di luce centrale da cui spara anche i raggi luminosi che
colpiscono Thor.
“È
in difficoltà!” grido caricando le braccia di FuocoFatuo
per sparare; ma Steve mi ferma: “Conserva i poteri. Devi
tornare indietro. Abbiamo bisogno anche degli altri.”
“Ci
metteranno comunque troppo tempo!”
Thor
viene sbalzato nell'asfalto. Colpisce la strada di schiena creando
una ragnatela di crepe sotto di sé, si alza con un colpo di
reni, sputa a terra e riparte alla carica.
Viene
sbattuto di nuovo a terra. Si rialza come una molla, risputa, impreca
contro Odino e decolla di nuovo.
“Quanto
può resistere?”
“Non
ho parametri di paragone: Loki è stato sbattuto a terra
dall'Hulk, ma questo è decisamente più grosso.”
“Dobbiamo
approfittarne. Teletrasportati di nuovo sul Quinjet, informa gli
altri e ritorna. Se Banner o Stark sono riusciti a far partire le
strumentazioni portali qui, abbiamo bisogno di rinforzi.” Para
di nuovo un pezzo di muro che vola nella nostra direzione. “Io
intanto cerco di andare nei piani alti a studiare la situazione.”
Lo fermo aggrappandomi per un braccio e si volta di nuovo guardandomi
stupito: “Non temere per me.”
Eh?
“D'accordo,
ma-” Thor ha caricato al massimo la potenza del Mjolnir:
colpisce il tripode con una scarica talmente forte che l'onda d'urto
spazza via parte della polvere e sgretola i muri dei grattacieli non
ancora abbattuti. Neppure noi riusciamo a reggerci in piedi, tanto
meno la gente che scappa in preda al panico.
Il
tuono che segue immediato è impressionante: Per un istante
sono certa che mi si siano rotti i timpani.
Quando
alzo gli occhi al cielo, però, vedo che è stato tutto
inutile: il tripode è ancora in piedi, il colpo di Thor sembra
essere rimbalzato su uno scudo protettivo invisibile.
Senza
la polvere riesco a vederlo meglio: la sua altezza annichilisce, il
suo corpo metallico sembra composto da miliardi di piccole lamine,
quasi squame, che si muovono in continuazione, formando braccia,
armi, barriere. La sua forma è in continua evoluzione.
“Steve!”
Chiamo, cercando di rialzarlo dal cumulo di detriti dietro cui è
volato. “Steve!”
Il
Capitano ha l'aria scombussolata: “Ok. Temi pure per me.”
“Ascoltami:
Cerca qualcosa con cui legare le zampe del tripode.”
“Eh?”
“Dobbiamo
abbatterlo. Mentre sono via, trova il modo di preparare una trappola,
capito?”
Annuisce,
si rialza in piedi.
Mi
raccomando di stare attento e Morrigan mi teletrasporta di nuovo sul
Quinjet.
La
mia apparizione ammutolisce tutti: la nuvola di polvere che mi porto
dietro parla già da sola sulla situazione a Bogotà.
Natasha
alza entrambe le sopracciglia e schiude le labbra per sospirare e
Stark domanda con chi abbiamo l'onore.
“Uno
solo. Credo. Non ne sono sicura, sta riducendo la città in
macerie, la visuale è scarsa. Androide, o comunque un
organismo biotecnologico come i Chitauri.”
“Che
sono mancati a tutti qua dentro, uh?”
“Alto,
credo un centinaio di metri.”
“Gundam?”
“STARK,
CAZZO! NON È IL MOMENTO DI SCHERZARE!” Lo redarguisce la
Hill, prima di invitarmi a continuare.
“No,
è tipo... tipo un tripode. Non saprei come... come
descriverlo.” Tracanno la bottiglietta d'acqua che la Hill mi
porge. “Protetto da una barriera. Neppure Thor riesce a
sfondarla. Stark, Banner, qui avete finito? Io dovrei...”
Banner
scuote la testa, Stark si gratta il pizzetto: “Banner, puoi
fare da solo, qui.”
“E
di grazia, come? In due non riusciamo a ricalibrare la strumentazione
e...”
“È
un androide, anche solo in parte è una macchina: i Chitauri
stessi avevano un sistema di GPS che si basava sui nostri satelliti e
soprattutto sul nostro campo magnetico. Lo so, li ho studiati. E
anche tu. Se il nostro amico è la versione 'Riveduta e
Corretta di Nuovo' di quei figli di puttana, allora avrà
un suo sistema di GPS.”
“I
satelliti non rispondono e il nostro campo magnetico è puff!
Sparito.” Gli ricorda Clint.
“Non
è sparito.” Insiste Tony: “si è solo
spostato. Anzi, l'ha spostato lui. Portandolo su di sé.”
“E
come può aver fatto a...”
“Ah,
questo proprio non lo so. Sono proprio curioso di saperlo. Salverò
un pezzettino di stronzo giusto per studiarmelo a casa davanti a
nachos e guacamole. Banner, ricalibra la centralina e i parametri
impostandoli sulle coordinate di Bogotà e riavvia il sistema.
Passa l'informazione alla base, in una qualche maniera, poi accendete
il turbo, che vi aspettiamo su un Chivas Party Bus. Cornacchietta
del mio cuore, procedi pure.”
“Riavvio
interconnessione riuscito. Buona sera, Signore. Mi sono perso
qualcosa?”
“Bentornato
tra noi, J.A.R.V.I.S., guai a te se vai ancora in ferie senza
preavviso.” Posso immaginarmi il ghigno soddisfatto di Tony, al
di sotto dell'elmo, rassicurante quanto fuori luogo in un momento del
genere.
Il
tripode ha lasciato dietro di sé una scia di macerie e ancora
Thor lo combatte ostinatamente. IronMan ordina a J.A.R.V.I.S. una
scansione dell'androide e poi si lancia all'attacco sparando un
grappolo di missili che si infrangono contro la barriera protettiva.
Raggiungo Steve a terra, lacero e sporco: “Ideato un piano,
Capitano?”
“Un
paio.” Annuisce con il fiato corto: “Falliti miseramente
entrambi.”
Una
buona media, non c'è che dire.
“Cornacchietta,
mi senti?”
Oh
cielo, mai stata più felice di avere un auricolare funzionate.
“Alla
perfezione, Stark.”
“Splendido.
È interamente coperto da uno scudo protettivo, ma non può
concentrarlo in troppo punti con la stessa intensità. Se io e
Thor continuiamo a massacrarlo in alto, deve tenere la guardia qui e
togliere potenza dalle altre parti. Mi serve un unico colpo secco.
Piegagli le gambe. Fallo cadere ai tuoi piedi.”
“Come
tutti gli uomini che incontro.” Scatto e corro in mezzo alle
gambe del tripode. Le vedo solo in parte, il resto dell'alto è
coperto dalla nuvola di polvere e fumo degli incendi. Mi sfilo le
asce dalla schiena, le infiammo di Fuoco Fatuo. Vortico su me stessa
a formare un anello grigiazzurro, lo potenzio e lo alzo: Individuo
un punto, tra le gambe robotiche, in cui colpire, e lo espando di
colpo mentre Stark e Thor colpiscono la cima dell'androide con una
granata di colpi e fulmini.
BUMM!
Lo
scudo regge, ma a fatica: il tripode quasi si sbilancia, colpito in
tutte tre le gambe contemporaneamente.
Thor
e IronMan ne approfittano per rincarare la dose di colpi, Steve si fa
avanti con lo scudo alzato. Un altro occhio luminoso si apre al
centro delle gambe del tripode, mi illumina come se fossi una solista
su un palcoscenico. Vene rosse lo irrorano come se stesse scaricando
potenza: quanto ci metterà a polverizzarmi? Però questa
è un'occasione da non sprecare: Morrigan si posiziona sulle
mie spalle e spiega le ali gracchiando, tendo ancora i muscoli nello
sforzo di librare le mie fiamme, e lo concentro in un unico, potente
fascio che parte dalle mie braccia incrociate davanti al viso.
La
colonna di fuoco si alza e colpisce l'occhio mentre IronMan mira alla
giuntura di una gamba.
Lo
scudo regge di nuovo, dall'occhio del tripode parte un raggio verde
che buca l'asfalto dove mi trovavo un secondo prima. Ringrazio
sentitamente Steve per avermi trascinato via in tempo.
Quello
che accade poi mi è difficile capirlo, dalla nostra posizione:
il fumo e la polvere ci avvolgono togliendoci completamente la
visuale, nell'auricolare riecheggiano le imprecazioni di Stark, che
urla di allontanarci.
Cap
mi carica praticamente in braccia per cercare la fuga. Finiamo per
dover zigzagare tra gli artigli del tripode e riusciamo a vedere
all'ultimo secondo l'ombra di un grattacielo colpito che si
accartoccia e crolla su di noi: è solo con un urlo che riesco
ad ordinare a Morrigan dove teletrasportarci. Solo a pochi metri,
appena fuori dal tiro e con la nuvola di fumo appena meno densa.
Tossiamo,
imprechiamo, cerchiamo di strizzare gli occhi per vedere nella
polvere, senza riuscirci. Anche i rumori dei crolli, il rombo delle
esplosioni e dei tuoni ci arriva attutito, i lampi non sono che dei
vaghi bagliori. Mi sento completamente confusa, disorientata:
un'occhiata al Capitano e trovo lo stesso smarrimento.
Il
ruggito del tripode è una nota cupa e terribile: una tromba
dell'Apocalisse.
Mi
sento completamente impotente. Riesco solo ad provare un minimo di
sollievo che questo sta accadendo lontano da mia figlia.
“Sembra
che si stiano allontanando.” Nota Steve. “Li sta
sopraffacendo!”
Faccio
per scattare in avanti ma mi trattiene: “Dobbiamo...”
“Aspettare
gli altri: hai visto, non possiamo fare niente da soli.”
Cerco
di divincolarmi dalla sua presa ma alla fine mi arrendo: ha ragione.
È che potrebbe essere troppo tardi.
Lo
schermo olografico della plancia disegna il profilo della catena
montuosa del Monserrate. Hill, che ha dato il cambio a Clint al posto
di pilotaggio, stima l'arrivo a Bogotà in quindici minuti e
sedici secondi. “Restate ai vostri posti, credo balleremo un
po'. Banner?”
“Sono
riuscito a ricalibrare le coordinate dei satelliti della Stark
Industries in orbita, il sistema si sta riavviando. Dovremo riuscire
ad avere stabilire una comunicazione audio con la Base Manhattan
in meno di quattro minuti. Sarà ancora abbastanza instabile e
a senso unico, ma almeno riusciremo a trasmettere un messaggio,
almeno audio.”
“Ottimo.
Barton, prepara la trasmissione: posizione, dati per il ricalibro ed
il riavvio, informazioni su chi stiamo affrontando, richiesta di
rinforzi. Sii breve e conciso.”
Clint
recupera una cuffia con microfono e si siede a fianco di Banner e al
terminale su cui lavora. “Dammi tu il via.”
“Ciak,
azione!”
“Perturbazioni
a dritta. Sembra polvere.” Natasha non fai in tempo ad
aggiungere altro che il Quinjet valica il Monserrate e si trova
avvolto dalla nuvola di polvere e detriti che si alza dalla città.
“Visibilità zero, avvio scansione radar. Quanto sono
felice di avere di nuovo questi strumenti!” Le vibrazioni
aumentano, la Hill fatica a mantenere il controllo della cloche. Un
fulmine saetta a pochi metri da loro, Banner si preme le mani sulle
orecchie quando il rombo del tuono lo segue.
Il
suono cupo ed improvviso di un corno, però, lo fa sobbalzare.
“Il
riavvio è completo.” Prosegue deglutendo, un velo di
sudore a ricoprirgli il la pelle. Si allarga con due dita il colletto
della polo.
“Banner,
cerca di mantenere...”
“...ci
sto provando ma...”
“Senti
delle radiazioni gamma? Per favore non dirmi che è eccitato.
Non con me vicino.”
Il
dottore abbozza un mezzo sorriso, sposta il laptop sul grembo di
Clint e gli indica brevemente l'utilizzo del programma. “Carica
il messaggio che hai registrato. Invialo. Ci metterà circa
novanta secondi.” Inspira profondamente, poi si alza,
camminando instabile sull'hangar traballante. “Natasha, apri il
portellone.”
“Siamo
a più di tremila piedi, sei sicuro di non riuscire a
resistere?”
Bruce
scuote la testa, ringhia che deve saltare giù. Si libera della
maglia e la getta indietro. Avanza praticamente bocconi verso il
portellone in apertura, il collo e le vene gonfie dallo sforzo ed il
verde della pelle che si intensifica di secondo in secondo e si
lancia con un ultimo feroce sforzo.
Il
braccio meccanico sta vincendo la resistenza dell'armatura. Stretto
nella morsa del nemico, IronMan non può che opporre una
stregua e disperata opposizione.
L'Hulk
cade urlando sul braccio del tripode proprio mentre J.A.R.V.I.S.
inizia il countdown di percentuali di resistenza. Colto di sorpresa
l'androide lascia la presa quanto basta per permettere ad IronMan di
volare fuori.
“It's
raining Hulk, Halleluya!”
Abbraccia
l'Hulk, accende i propulsori e li accompagna nell'atterraggio.
Come
risposta il Gigante di Giada gli rifila un manrovescio.
E
poi corre a mordere le caviglie del tripode.
Ciak!
Azione!
Volevate
la distruzione? La distruzione è arrivata!
Non
riesco a dire altro, a parte i soliti, sentiti ringraziamenti per chi
ancora segue questa storia: come sempre commenti e critiche son
sempre ben accette, purché costruttive. Il Tripode, che poi è
Ultron, è tratto dal film La Guerra dei Mondi del 2005.
Spudoratamente, proprio.
Caos,
tempeste. Uomini con martelli, uomini con coltelli, uomini con
pistole. Donne che pervertono ciò che non possono dominare e
denigrano ciò che non possono capire. Un universo di orrore e
smarrimento circonda un palcoscenico illuminato, sul quale noi
mortali danziamo per sfidare le tenebre.
[Stephen
King, 22/11/'63]
Gli
strumenti hanno segnalato solo all'ultimo minuto l'ostacolo, nascosto
dalla nube di polvere. La violenta virata della Hill ha fatto
rotolare per terra Clint e gran parte delle sue armi.
“Io
te l'avevo detto di reggerti forte.” Lo riprende Natasha.
“Cerchiamo un posto per atterrare, non possiamo proseguire in
aria senza visuale.”
“L'ologramma
radar mi segnala uno spazio a ore... CAZZO!” Il braccio
meccanico è comparso dal nulla, sferzante come una frusta, e
solo per miracolo ha sfiorato il Quinjet. La seconda virata scomposta
fa ribaltare nuovamente Barton: “Ma allora il vostro è
un vizio!”
“E
tu reggiti,coglione! Natasha, cerchiamo di portarci fuori dalla
raggio d'azione, questo è l'unico supporto che abbiamo, non
possiamo fottercelo ancora prima di iniziare.”
“Vira
a quaranta gradi nord, spazio ancora libero tra mezzo miglio.
Atterriamo al parco Bolivar, non avremo problemi di macerie
pericolanti.”
“Ottimo.
Barton, vedi di reggerti.”
Ad
accoglierli, a portellone aperto, è una muraglia di persone in
panico. Si riversano contro il Quinjet urlando, così coperti
di polvere da assomigliare a fantasmi. Quasi travolgono Clint e solo
Hill che mette in moto la sirena e richiama l'attenzione con il
megafono riesce a farli in parte desistere.
“NIENTE
PANICO, RIPETO, NIENTE PANICO!”
Il
suono che proviene in lontananza – sembra un corno, o un
barrito – acuisce l'isteria collettiva. Le persone spingono ed
urlano più forte. La Hill è costretta a richiudere il
portellone.
“Niente
panico un cazzo.” Accende l'altoparlante esterno ed invita
nuovamente alla calma.
“Non
capiscono se gli parli in inglese.” Clint le strappa il
microfono in mano e parla: “ HOLA! LAS UNIDADES DE SOCORSO
ESTAN – come cazzo si dice? Ah – ESTAN LLEGANDO Y
SON CERCA DE AQUI.”
“Non
per sminuire il tuo tentativo, ma non sembrano esattamente darti
ascolto.” Sospira Natasha.
Hill
riaccende i motori: “GreyRaven, IronMan: Venite a prendere
Barton e Romanoff. Manterrò una quota bassa e fissa qui sul
parco: li tranquillizzerà vedermi in posizione e potrò
proteggerli in caso di attacco.”
Addison
compare nel Quinjet senza nemmeno rispondere alla radio: “Prendetevi
su dell'acqua e qualcosa con cui coprirvi il naso: c'è polvere
ovunque, è calda e pressoché irrespirabile.” Si
sciacqua il viso sul lavamani e lascia che Morrigan ci si tuffi
dentro per liberarsi le piume dalla polvere, mentre raccoglie due
bottigliette dal frigo, ne tracanna una e trova tra i cassetti delle
attrezzature delle bande protettive per il viso che le lancia ai
compagni. “Maria, stanno arrivando davvero i rinforzi? No? Ma
arriveranno? Ok, ho capito. Forza ragazzi, mani addosso – Hey
Nat, vacci piano! Sono una mamma ora!”
“Ve
l'ho detto che c'era polvere”
“Non
me ne aspettavo così tanta!” Tossisce Clint. Si sistema
la fascia sul viso e i Oakley, incocca una freccia, tende l'arco ed
individua un punto in alto. La freccia colpisce la barriera
protettiva ed esplode con una luce abbagliante. “Voglio
accecarlo, questo gran figlio di puttana!”
Stark
protesta da qualche parte sopra le nostre teste:“Sì,
ma non me!” e l'Hulk gli
fa eco con un ruggito.
“Clint,
l'Hulk deve incazzarsi contro il tripode, non contro di noi!”
“Scusate.
Mi sono fatto prendere dalla foga.”
“Ragazzi,
non ci siamo.” Il Capitano interviene: “Martellarlo di
colpi non serve: la barriera non si abbassa mai così tanto da
portare a successo gli attacchi. Dobbiamo attirarlo in trappola: Ci
sono ancora dei grattacieli in piedi in fondo alla strada: Barton,
hai dell'esplosivo sufficiente per far crollare un paio di loro?”
“Se
piazzato bene, ne ho abbastanza per fare un effetto domino. Dove vuoi
farli atterrare?”
“Tra
le gambe del tripode, mentre ci passa sopra. Voglio fargli uno
sgambetto e sbatterlo a terra. Natasha, a te l'Hulk da abbastanza
ascolto: cerca di direzionarlo in modo da spingerlo a mantenere
questa strada e – IronMan! - ”
“Ho
capito, Capitano. J.A.R.V.I.S. Vi sta passando sullo StarkPhone le
planimetrie dei grattacieli, dovreste trovare meglio i punti di
sostegno.”
Estraggo
lo StarkPhone dalla tasca e controllo: l'icona di una nuova App si
illumina e si apre, il modello 3D della base dell'edificio compare.
Grandioso. La studio per un istante, e quando mi volto per
indicare a Barton quale mi pare il punto ideale per l'esplosivo
Natasha richiama la nostra attenzione ed indica il tripode.
Sta
succedendo qualcosa: Ha ritirato le lunghe braccia dentro il corpo,
ed il rumore di motori alla massima potenza è stato sostituito
dal ronzio metallico delle lamine di metallo del suo enorme corpo. Si
alzano e si chiudono velocemente, facendo girare la polvere ancora
più vorticosamente attorno.
Il
Capitano alza lo scudo, afferra Barton che è il più
vicino e lo ripara con sé.
Natasha
si accuccia a terra dietro la carcassa di un autobus ed io scivolo
tra i gradini semi distrutti che portano alla metropolitana.
Ci
sono delle persone, in fondo alla scalinata. Sono lacere e sporche,
immobilizzate dal panico. Mi ricordo di come a New York Pepper, Jane
e Happy avevano trovato la salvezza tramite i tunnel della Metro,
durante l'attacco di Thanos, e gli urlo di proseguire. “Para
el parque!” Mi guardano smarriti e si muovono come zombie.
Cielo,
quanto mi manca il pragmatismo isterico dei NewYorkesi. Sono
costretta a scendere la gradinata e a spingerli dentro. Si riprendono
un po' dallo spaesamento quando il rumore alle nostre spalle aumenta
sino a diventare quasi insopportabile.
Merda!
Corro
indietro, cerco di riprendere la mia posizione, la Hill chiede via
radio aggiornamenti, io lotto contro il vento e i calcinacci che mi
piovono addosso.
Qualcuno
rotola ai miei piedi e mi travolge, mi rendo conto solo dopo qualche
secondo che è Natasha. Mi passa un braccio attorno alla vita,
la alzo, cerchiamo riparo dentro la stazione metropolitana che si
riempie di polvere e ci stringiamo l'una contro l'altra.
Nell'auricolare
c'è la voce di Maria che ci chiama di nuovo, una sonora
bestemmia di Clint come risposta ed un'imprecazione di Tony. Mi pare
di aver sentito anche un ultimo rombo di tuono e l'urlo dell'Hulk.
Ma
è il silenzio assordante del dopo ad essere
completamente agghiacciante.
“Clint...?”
Chiama Natasha.
Nell'auricolare
c'è solo un ronzio sommesso.
Dobbiamo
arrampicarci per uscire e una volta raggiunta la superficie ci
troviamo avvolte da una densa foschia.
“Non
è nebbia.” Qualcosa si è depositato sulla mia
mano. Sembra un fiocco di neve, ma quando sfrego le dita resta una
scia grigia. “È cenere.”
Cenere,
fumo, polvere. L'aria è bollente e a malapena respirabile.
Il cemento sotto ai nostri piedi è ghiaia. I muri dei palazzi
attorno a noi non sono più aperti. Sono inesistenti.
Benvenuti
a Silent Hill. Quella vera, latinoamericana.
Natasha
si preme la mano sull'auricolare per chiamare di nuovo Clint. Questa
volta la sua voce è meno ferma di prima. La vedo abbassare lo
sguardo e toccare qualcosa con la punta del piede. “Addison.”
Sussurra soltanto.
Tra
la ghiaia e la cenere, c'è lo scudo di Captain America.
No.
Semplicemente,
no.
Sposto
Natasha, la faccio arretrare e mi chino. Pulisco lo scudo dalla
cenere con una mano, provo a sollevarlo ma il cemento attorno si è
sciolto con il calore e l'ha incollato al suolo. Infilo la lama
dell'ascia sotto all'orlo, faccio leva e lo alzo a fatica.
Incorniciati
dal bordo quadrato di un tombino, Clint e Steve mi restituiscono lo
sguardo stravolto a tre metri sotto terra: Dal sollievo potrei
svenire. “Nat! Sono vivi!”
Annuncio
inutile: Natasha si è già lanciata praticamente nel
buco sino alla vita, faccio appena in tempo a trattenerla per la
cinta della tuta prima che ci finisca completamente dentro.
All'auricolare
ritorna la voce della Hill, questa volta rispondo al suo appello:
“Borgo, Romanoff, Rogers e Barton vivi. Gli ultimi due puzzano
di merda, ma sono vivi.”
“Come
se voi cagaste viole.” Borbotta Clint risalendo dal tombino,
aiutato da Natasha: “Credo di essermi giocato l'arco, porca
puttana.”
“Te
ne ricomprerò uno nuovo, promesso.”
Il
Capitano si issa da solo e poi si disfa della maschera ormai
distrutta. Si guarda intorno tamponandosi con il dorso una ferita sul
mento. “Credo di aver visto IronMan venire trascinato a terra
dal vortice.”
“Non
so se era lui o Thor.” Ammette Barton. Beve l'ultimo sorso
d'acqua e getta la bottiglietta a terra. Strizzo gli occhi tra la
polvere e guarda il punto indicato dal cenno di Steve. Ci sono sono
cumuli e cumuli di briciole di muri. Macerie, scheletri di piloni di
cemento armato. Non c'è più nulla, non un mattone sopra
l'altro: è come se la città fosse stata disintegrata da
un immenso uragano e sminuzzata da gigantesche lame. Mi arrampico sui
resti e cerco qualcosa, in tutta questa desolazione, che mi faccia
individuare qualcuno dei miei compagni.
Un
gemito – ed invece c'è solo silenzio.
Un
brandello di armatura o di vestito – ed invece c'è
soltanto in grigio del cemento sbriciolato dell'immenso cratere che è
il centro di Bogotà, mentre la cenere e la polvere si
depositano e la visuale, lentamente, si allarga.
No,
c'è un punto rosso. Si vede appena tra le macerie. Urlo ai
miei compagni e lo raggiungo, franando, cadendo rialzandomi tra le
rovine. Scavo a mani nude e presto anche quelle di Steve mi
raggiungono per aiutarmi. “È Thor!” Esclama.
Quando riesce a sollevare un gigantesco pezzo di cemento dal suo
petto cerco il battito con le dita.
È
vivo.
Sì,
è vivo.
Sacrifico
l'ultimo goccio della mia acqua per bagnargli il viso e lo
schiaffeggio leggermente.
Geme.
Finiamo
di liberarlo dalle macerie mentre sbatte gli occhi e farfuglia.
“Thor,
ti ricordi cosa è successo?”
Mi
rivolge uno sguardo miope: “Jane?”
Uhm...
no.
Natasha ipotizza una commozione cerebrale. Steve allunga altra acqua,
lo aiutiamo a sedere e lui ne tracanna un sorso, poi sputa a terra e
sostiene di sentirsi meglio. Richiama il Mjolnir, che si alza da
sotto le rovine alzando pezzi di cemento e altra polvere.
Steve
e Natasha propongono di andare a cercare IronMan e l'Hulk. “O
Banner, come è più presumibile che sia, visto il
silenzio.” Thor indica una direzione con un cenno della mano
insanguinata.
Barton
gli controlla i tagli lungo il braccio: “Non sono molto
profondi.”
“Sono
solo graffi.”
“Disse
il Khal Drogo”
Thor
finisce l'acqua e tenta di alzarsi soffocando le imprecazioni. “È
ancora qui intorno.”
“Il
tripode?”
Annuisce:
“Non l'abbiamo sopraffatto, lui si è solo...”
scuote la testa e sbatte le palpebre: “Non saprei come
descriverlo, sembrava essersi aperto un varco sotto ai suoi piedi
come...”
“Una
talpa?” suggerisce Barton.
Thor
annuisce.
“Oh
perfetto: da sopra alle nostre teste a sotto ai nostri culi. Che
bastardo!”
“Non
so se svegliarli.”
“In
effetti fanno tenerezza. Sai chi dovrebbe vederli così?”
Natasha trova la sua sacca d'acqua ed inizia a svitare il tappo: “La
Foster.”
Banner,
privo di sensi, è sdraiato completamente nudo sopra IronMan, a
fargli scudo con il proprio corpo. Come Hulk, di sicuro era una
protezione più che valida per sopravvivere alla distruzione,
ma come semplice Bruce Banner risulta solo un po' imbarazzante.
Natasha passa una mano dietro all'elmo di IronMan, trova il sensore
manuale e ci passa sopra le dita: J.A.R.V.I.S riconosce le sue
impronte e lascia che l'elmo si apra e lei lascia cadere un po'
d'acqua sulla faccia di Tony: “Sveglia piccioncini!”
Lui
sbatte le palpebre e ruota gli occhi verso il basso, sulla testa
impolverata di Bruce accoccolato sul suo petto. “Ough.”
Esclama con una smorfia. “È nudo?”
Steve
sogghigna e annuisce: “Completamente.”
“E
eccitato?”
“Non
ho intenzione di controllare.”
Bruce
inizia a muoversi e si puntella a fatica sui gomiti per alzarsi.
Incrocia lo sguardo di Tony, ci mette qualche secondo per mettere a
fuoco e poi geme: “No dirlo a Jane.”
“Tu
non dirlo a Pepper.”
Steve
lo solleva e lo aiuta a rimettersi in piedi: “Sempre nudo e
addosso a me...” Sospira. Poi incrocia lo sguardo degli altri
due: “Non intendevo che...”
“Capitano”
Tony punta il dito: “Giù le mani dal mio Dottore,
chiaro?”
“Su,
su, non litigate” Natasha alza un sopracciglio con sguardo
clinico: “C'è abbastanza Bruce per tutti.”
Arrossendo,
Banner tenta di coprirsi con i resti di un'insegna.
“C'è
un uomo in piedi.” OcchioDiFalco è il primo a vederlo,
camminare in lontananza sopra la distesa di detriti fumanti, tra la
polvere che non si è ancora depositata. Devo strizzare gli
occhi per individuarlo: “C'è qualcosa di strano.”
“Dici...?”
“No,
Barton, intendo che...”
Il
manico del Mjolnir torna in mano a Thor: “È un gigante.”
Esatto.
Le
proporzioni e l'andatura non combaciano con la distanza. Un corpo
umanoide scuro, alto almeno tre metri, senza volto a parte la lunga
fessura verticale all'altezza in cui dovrebbero esserci gli occhi.
Estraggo
le lame, ci mettiamo sulla difensiva. Barton ipotizza sia il pilota
del tripode: “Non muovetevi finché non fa lui la prima
mossa.”
Ma
Thor alza il martello e ringhia: “L'ha già fatta, la
prima mossa!” La scarica di corrente colpisce in pieno
l'umanoide. Ferma il suo avanzare, ma non sembra scalfirlo: si lascia
trapassare dal fulmine, immobile, ed è Thor a cedere per
primo, abbassa il Mjolnir interrompendo il flusso di energia ed
afferrandosi il polso dolorante con un urlo esasperato.
“Era
anche questo il motivo per-”
“Non
stava arrivando in pace, Barton.”
“Se
ti chiedo di non-”
Quello
che li interrompe è il sibilo più doloroso che possano
sopportare i nostri timpani. Ci coglie così di sorpresa che
lasciamo cadere a terra le armi per coprirci le orecchie con le mani:
sono quasi certa che mi stiano sanguinando entrambe.
È
quel coso che lo emette.
È
“Ultron.”
La
voce è arrivata dentro alla mia testa, improvvisa come il
sibilo. Lo guardo avanzare inesorabile, avvicinarsi a noi piegati
ancora a terra. Barton recupera un paio di granate per primo, le
lancia una dietro l'altra. Esplodono a pochi centimetri dall'umanoide
senza scalfirlo: è protetto dallo stesso scudo invisibile del
tripode. E ora che è più vicino posso vedere
chiaramente che anche il suo corpo è completamente rivestito
dalle lamine lucenti.
Questo
non è il pilota del tripode.
Lui
è il tripode.
Questo
è un mutaforma.
“Ultron.”
Che
cosa vuoi da noi?
“Vendetta.”
Brutta
risposta. Mi aggrappo al braccio di Thor: “Prendi Barton e
scappa dagli altri.” Visto il flop dell'iniziativa precedente
Thor non si oppone: afferra Clint per la tuta e prima che lui possa
lanciarsi su di me ed afferrarmi spicca il volo.
Non
c'è tempo da perdere e non ho molti colpi in canna: lo terrò
distratto mentre gli altri raggiungeranno il Quinjet e poi mi
teletrasporterò con loro: individuo Morrigan appoggiata al
ferro contorto di uno dei grattacieli sbriciolati.
“Non
sei il primo gigante che prendo a calci in culo.”
“Ultron.”
“Probabilmente
non sarai neppure l'ultimo.” Lascio che le mie fiamme avvolgano
le asce: “Quindi non tirartela.”
Nella
carica, il mio corpo si scinde in due, tre, quattro copie; ma al
momento dell'attacco è verso di me che il suo braccio si alza:
schivo il colpo per un pelo e le altre proiezioni si infrangono
contro lo scudo protettivo su ci rimbalza la mia lama.
“Ultron.”
“Ho
capito, STRONZO!” FuocoFatuo a volontà: ho tutta
intenzione di cuocermelo.
No,
così non va, c'è sempre quel dannatissimo scudo
protettivo a proteggerlo. Ma come potrebbe attaccarmi o afferrarmi
mantenendo lo scudo alzato?
Sono
una donna curiosa.
Attacco
di nuovo su un fianco, prendo ad accettate e a fiammate lo scudo per
indurlo a colpirmi, ma senza risultato alcuno.
Oh,
andiamo!
Le
mie lame hanno decapitato Jotun e sventrato Chitauri, come possono
non scalfire questo bastardo? Sono addirittura riuscita a perforare
l'armatura di Thanos!
“Thanos.”
Oh.
Cosa?
Mi
ha letto nella mente. Impossibile. No, impossibile è
la parola depennata dal mio vocabolario. È solo che se questo
sa leggere nel pensiero sono decisamente nella merda fino al collo.
Arretro di un paio di passi, mentre la fessura vuota degli occhi di
Ultron si fissa su di me e sembra accendersi infiammandosi.
“Vendetta.”
Oh
oh. “Ra...
ragazzi... quanto ci mettete a decollare?”
Mi
risponde la voce del Capitano: “Stiamo evacuando il
parco, non possiamo lasciare i civili inermi qui dentro.”
Giusto, eh, però questa
storia dell'eroismo inizia ad essere pesante. “Riesci
a trattenerlo o mando Stark?”
“Lascialo
come riserva. Ho ancora qualche asso nella manica.”
D'accordo,
attaccarlo direttamente abbiamo capito che non serve: tentiamo la
carta degli inganni? Davvero? E come con uno stronzo che ti legge nel
pensiero?
Infatti
non riesco neppure ad organizzare le idee che Ultron allunga e muove
il braccio come una frusta: non faccio in tempo a schivarlo; la gamba
sinistra viene colpita e schiocca piegandosi sotto il colpo.
Non
riesco neppure veramente ad urlare per il dolore. Il braccio
metallico ora preme sul mio petto bloccandomi a terra.
“Ultron.
Per Thanos. Vendetta.”
Con
il dolore ad offuscarmi la mente e il braccio ad inibire i miei
movimenti, non posso che tentare la carta di trattenerlo a parole.
Dare
tempo agli altri. L'importante è dare tempo agli altri.
“Per
essere così evoluto hai un linguaggio da poppante.”
Ringhio sprezzante. “Problemi con una lingua nuova?”
La
pressione sul mio petto aumenta: posso sentire lo sterno
scricchiolare.
E
poi arriva, improvvisa e dolorosa come il sibilo di prima e la sua
voce, il ricordo del dolore della lama che mi trapassava il petto. È
un ricordo talmente vivido, il momento della mia morte, che mi sembra
di riviverlo completamente: sono nella strada di New York, alzo gli
occhi per incontrare lo sguardo Loki, bloccato contro il muro di
fronte al mio e gli occhi neri e vuoti di Thanos sono al posto di
quelli di Ultron. Sta per uccidermi. Di nuovo.
Faccio
appello alla mia lucidità mentale: devo liberarmi, ma sono
completamente immobilizzata.
Thanos
ha in mano la mia lama, il mio lungo coltello.
Non
una delle mie asce.
Questa
scena non è reale. Non più.
Ma
potrebbe diventarlo di nuovo. È per questo che invece di
chiamare le mie armi, stringo entrambe le mani attorno al braccio
meccanico di Ultron: nel FuocoFatuo che rilascio c'è tutta
l'energia che possiedo.
E
lo avvolge.
Ritrae
l'arto, scivolo fuori e mi rotolo sulla polvere per spegnere le
fiamme che hanno attaccato anche la mia tuta. Mi trascino carponi,
non riesco ad appoggiare la gamba. Il mio Corvo mi vola incontro, ma
quando sta per colpire la mano che tendo viene spazzata via dall'onda
d'urto di un'esplosione che proviene alle mie spalle e si schianta
tra le macerie, a metri di distanza.
È
già accaduto. Ed è successo di nuovo.
“MORRIGAN!”
“Addison,
vieni via subito!” Urla
Natasha nel mio auricolare. Mi volto: alle mie spalle Ultron, ancora
avvolto dal Fuoco Fatuo, si gonfia e si alza tra turbini di polvere,
facendo tremare e sprofondare il terreno sotto di sé. Cerco di
trascinarmi di nuovo, ruzzolo a terra, sbatto la fronte e per un
istante sono sull'orlo di perdere i sensi.
“Lo
Scudo! Non ha più lo scudo!” Ad
urlare, questa volta, è Barton. Potrebbero essere sopra di me
con il Quinjet, ma il rumore del corpo di Ultron che si trasforma e
scuote la testa è troppo forte.
“MORRIGAN!”
Provo di nuovo ad alzarmi: questa volta la caduta è diretta
sulla gamba ferita. Un nuovo schiocco e sento la carne lacerarsi:
questa volta la frattura deve essersi scomposta. Urlo, urlo e mi
trascino. Apro gli occhi nella polvere per vedere le scintille delle
mitragliatrici del Quinjet che cercano di colpire a tutta forza
Ultron.
“MORRIGAN!
MORRIGAN!” Il mio Corvo non deve essere lontano, ma non riesco
più a muovermi: sono finita quasi incastrata tra le macerie e
i detriti, non riesco a trascinarmi neppure fuori.
Dietro,
sotto di me il terreno cede e sprofonda: afferro il ferro
dell'armatura di un palazzo per istinto e rest attaccata solo per la
forza della disperazione.
È
la fine.
Questa
la è davvero, di nuovo.
Come
la prima volta, io e Morrigan moriremo insieme.
Ma
senza Loki. Non ho potuto neppure salutarlo davvero.
Ma
per fortuna. Hela non crescerà da sola.
Mi
sforzo di mantenere gli occhi aperti, ma la vista mi si offusca e la
polvere li punge. Quando ormai mi decido a chiuderli e a mollare la
presa, intravedo il mantello scarlatto di Thor calare su di me.
Maria
lancia i motori al massimo nel decollo verticale appena Thor e Stark
rientrano dal portellone aperto. Lo scudo di Ultron sembra essersi
disattivato, ma per difendersi l'androide si è lanciato in un
attacco a fuoco. Non potendo rischiare l'unico mezzo disponibile e la
vita dei suoi occupanti, la Hill decide di battere in ritirata.
Banner
fa posare Addison a terra, controlla i parametri vitali e le inietta
dell'anestetico nella gamba, prima di tagliare la tuta e cercare di
tamponare l'emorragia: “Frattura scomposta.” Dichiara:
“Dobbiamo trovare una sala operatoria al più presto,
rischia un'infezione.”
La
Hill annuisce: “Il nostro messaggio audio è stato
recepito e ho avuto un feedback: l'Helicarrier è attivo nella
modalità di navigazione nell'Atlantico. Barton, invia il
nostro piano di volo.”
“Subito.”
“Grazie.
Thor...?”
“Dimmi.”
“...
Morrigan?”
Abbassando
la testa, Thor allarga il taglio della tuta lacera. Sul palmo della
sua mano scivola, senza vita, il corpicino nero del Corvo. Natasha si
siede accanto ad Addison. Le prende la mano e la stringe tra le sue.
Dall'alto,
vedono il turbine creato da Ultron, il modo in cui sembra sparire nel
terreno come una gigantesca trivella e le ultime costruzioni
collassare sotto il terremoto. Possono quasi sentire le urla delle
migliaia di persone che non sono riusciti a salvare, l'angoscia e il
dolore diventano rabbia impotente per la prima battaglia persa dai
Vendicatori.
La
capitale della Colombia è stata cancellata dalla faccia della
Terra in nemmeno un pomeriggio.
Nessuno
parla.
Questa
capitolo è stato un PARTO. Non tanto per la difficoltà
di narrazione (Beh, sì, un po' anche quella) ma perché
VitaVera sta richiedendo un tributo in termine di impegno cerebrale e
di tempo decisamente più alto del normale.
Dai,
ce l'ho fatta anche con questo. Chiedo scusa per il ritardo e vi
ringrazio per seguire ancora questa storia.
Mancano
ancora CINQUE capitoli (Più l'Epilogo SEI) e già
abbiamo registrato un decesso importante.
Abbiate
pazienza. Commenti, critiche, quel che volete sono e saranno sempre
ben accetti ed incoraggiati.
Vi
ringrazio ancora, e per ogni evenienza vi rimando al mio ask.
“ E
pian piano l'anima gli svanì lenta, mentre udiva la neve
cadere stancamente su tutto l'universo e stancamente cadere, come la
discesa della loro fine ultima, su tutti i vivi e tutti i morti.”
[James
Joyce, I morti – Gente di Dublino]
Una
voce di donna che non conoscono parla di tempi di recupero e
guarigione. Cerco di concentrarmi sulle parole, ma alle mie orecchie
giungono confuse e accavallate. Qualcuno ringrazia – sì
questa voce la conosco.
Cerco
di aprire gli occhi, le palpebre sono gonfie e pesanti. Vedo solo una
fetta di stanza grigia, un neon spento. Un'ombra si muove davanti,
volto la testa per trovarne un'altra al mio fianco. Ho la gola riarsa
e le labbra secche. Quando provo a muoverle e a parlare non esce che
un gemito roco.
“Ssssht.
Tranquilla, sono qui io.” Anche voltare la testa è
sfiancante. Incontro lo sguardo di Bruce e mi sforzo di sorridere.
“Hai ancora in corpo l'anestesia, sei appena uscita dalla sala
operatoria.”
“...
Perché?”
“Beh,
la tua gamba destra era piegata di quasi novanta gradi. Di lato.”
“Oh!”
“Già.”
Inizio
a ricordare qualcosa: nebbia, calore soffocante, polvere, rumore.
Dolore. Fisico. Non solo: “Bruce...”
“Il
chirurgo ha detto che i tempi di recupero per una persona normale
sono di circa cinque settimane. Mentre ti operava, aveva già
notato alcuni segni di calcificazione.”
“Sono
veloce a riprendermi. Mi passi un po' d'acqua?” Avvicina la
cannuccia alle mie labbra e si raccomanda di bere piano. “Fratture
normali si saldano in un paio di giorni. Forse per questa ci metterò
una settimana.” Sono ancora troppo confusa per riuscire a
focalizzarmi bene sui ricordi, ma sono certa che mi sfugga qualcosa:
“Dove siamo?”
“Sull'Helicarrier.
Modalità navigazione, ancora per il momento.”
“E...
Ultron?”
“Non
ne abbiamo ancora traccia.”
Non
è questa la brutta notizia, vero? “Siamo
tutti vivi?”
Controlla
le flebo, finge di non sentire. “Bruce?”
“Sì,
sì,Vendicatori al completo, noi stiamo... stiamo tutti bene.”
Giro
lo sguardo nel resto della stanza. Un armadio, un porta abiti ed il
mare al di là dell'oblò.
Nessun
altro.
“Dov'è
Morrigan?” Lo vedo irrigidirsi ed inspirare profondamente
distogliendo di nuovo lo sguardo. Dentro di me, qualcosa inizia a
sfaldarsi. Qualcosa fatto di polvere: “Bruce...”
“Addison,
noi non...” No. No. Accoglie il mio singhiozzo
prendendomi la mano tra le sue: “L'abbiamo recuperata, ma lei
non...”
Non
riesco a starlo ad ascoltare. Le lacrime iniziano a corrermi lungo le
guance, non cerco neppure di trattenerle. Il singhiozzo diventa un
colpo di tosse e l'urlo mi muore in gola.
Il
mio Corvo, la mia Morrigan: non un semplice tramite per i miei poteri
ma la mia ombra, il mio simbolo, l'emblema della mia anima.
L'ho
vista morire davanti ai miei occhi, spazzata via mentre volava in mio
soccorso.
Dovevo
proteggerla, ed invece è morta per me.
La
porta si apre e fa capolino la testa di Natasha. Guarda Bruce con
aria di rimprovero, che si alza e si affretta ad uscire, poi prende
posto sul materasso di fianco a me e le sue braccia mi circondano.
Nella
Morgue dell'Helicarrier ci sono voluta entrare da sola.
Morrigan
è adagiata in una scatola di cartone, su uno dei carrelli
dell'obitorio. Come un agente umano morto sul campo. Natasha mi ha
spiegato che è stato Clint a pulirle le piume, a
lisciargliele, e ad riporla nella scatola con cura.
Quello
che facevo io alla fine di ogni missione, con lei che gracchiava
sommessamente, beata e rilassata tra le mie dita.
Le
accarezzo ancora il dorso, quasi sperano che si rianimi
miracolosamente e si arruffi di piacere. Niente. Morrigan resta
fredda ed inerme. “Scusami” riesco solo a singhiozzare,
mentre le mie lacrime la bagnano. “Scusami.”
Non
sarai morta invano.
Te
lo giuro.
Te
lo prometto.
Mi
allungo per prendere il coperchio della scatola e la voce di Fury mi
sorprende alle spalle. “Puoi prenderti tutto il tempo che
vuoi.” Sento i suoi passi pesanti avvicinarsi alla mia sedia a
rotelle ed infine la sua figura scura compare nel mio campo visivo.
“Non avere fretta di salutarla.”
Scuoto
la testa, e tento di ricacciare indietro le lacrime senza riuscirci.
La guardo un'ultima volta e poi chiudo la scatola.
Sfilo
il cellulare dalla tasca della mia sedia a rotelle, e seleziono
l'mp3. La voce di Celtic Woman riempie l'aria sulle note di Galway
Bay.
If
you ever go across the sea to Ireland, then
maybe at the closing of your day, you
can sit and watch the moon rise over Claddagh, and
see the sun go down on Galway Bay
Chissà
quante volte, prima di incontrarmi, Morrigan aveva volato nel
tramonto della Baia, sulle correnti dell'Oceano, per ritornare al suo
nido sulla scogliera.
Just
to hear again the ripple of the trout stream, The women in the
meadow making hay, just to sit beside the turf fire in a
cabin, and watch the barefoot gosoons as they play.
E
chissà quanto le è mancata, la sua casa, e se si è
mai pentita di aver stretto un legame con quella ragazza che aveva
scalato tutto il giorno la falesia e che si era inchinata davanti ai
Corvi di Moher.
Avvicino
la sedia al forno crematorio e Fury si propone di darmi una mano. “La
ringrazio, direttore, ma voglio farlo da sola.” Alzo il
pannello di vetro temprato e la lastra di metallo scorre fuori.
Appoggio
la scatola di Morrigan e accarezzo un'ultima volta la sua preziosa
superficie prima di spingerla dentro.
For
the breezes blowing o'er the sea's from Ireland, Are perfumed by
the heather as they blow, And the women in the uplands digging
praties, Speak a language that the strangers do not know.
Premere
il tasto di accensione richiede uno sforzo ancora maggiore.
Al
di là del vetro la scatola resta visibile per un paio di
secondi, prima che avvenga avvolta dalle fiamme ed il vetro si
scurisca.
Yet
the strangers came and tried to teach us their ways, And
they scorned us just for being what we are, But
they might as well go chasin after moon beams, or
light a penny candle from a star.
“Ho
commesso un errore con te: la rabbia davanti agli eventi ha offuscato
il mio raziocinio. Puoi perdonarmi?” Annuisco appena senza
staccare gli occhi dal vetro. “Se dopo questo vorrai tornare a
casa da tua figlia, lo capirò. Non ti fermerò,
Addison.”
“La
ringrazio Direttore.”
And
if there's gonna be a life here after, And
faith somehow I'm sure there's gonna be, I
will ask my God to let me make my Heaven, In
that dear land across the Irish sea.
“Ma
sono una Vendicatrice, e ho qualcuno da vendicare.”
Quando
sarà tutto finito, porterò Hela con me in Irlanda.
Andremo a Moher, e sulla scogliera libereremo le ceneri di Morrigan.
Le lasceremo danzare nel vento, nel tramonto, e lei sarà di
nuovo a casa.
“E
sono anche una madre, ora: devo dare il buon esempio.”
I
will ask my God to let me make my Heaven, In
my dear land across the Irish sea.
TUND!
Nick
Fury può pilotare SUV superaccessoriati ed aerei
ipertecnologici con un occhio solo. Ma direzionare una comunissima
sedia a rotelle pare essere decisamente fuori dalla sua portata.
“Direttore,
lo spigolo!” Troppo tardi: lo aggancio con la gamba ingessata e
rovescio tutto un intero scaffale.
“Beh,
volevi partecipare al meeting no? Ci siamo o sbaglio?”
Nulla
da ribattere.
Steve
e Clint mi si avvicinano per assicurarsi delle mie condizioni. “Sto
bene, ragazzi, grazie.”
“Hai
già...?”
“Sì,
Clint, ho già fatto. Anzi, ti ringrazio per come... come l'hai
sistemata.”
“Mi
sembrava il minimo.” Mi scosta una ciocca di capelli sfuggita
dalla coda dal viso e mi avvicina il più possibile al tavolo
olografico attorno a cui siamo riuniti.
Da
seduta non vedo un accidente. Devo far forza sui braccioli e tentare
di alzarmi allungando il collo. Non vedo comunque niente. Sbuffo,
appoggio il gesso a terra e mi alzo in piedi, aggrappandomi a Thor
per cercare sostegno.
“Vedi
di non ribaltarti, Cornacchietta.” Si raccomanda Tony:
“Per colpa tua c'è stato già abbastanza
scompiglio qui dentro.”
“È
solo una gamba rotta!”
“Oh,
ma non per quello: Banner si era dimenticato di rivestirsi, e ti ha
praticamente portato in sala operatoria con l'Hulkino al vento. Non
siamo intervenuti perché pensavamo che avresti apprezzato.”
“Ma
ero svenuta!”
“È
il pensiero che conta.” Splendida mossa, Tony: riesce a farmi
sorridere. “Ora, se possiamo concentrarci sul nostro amico,
ufficiosamente chiamato Figlio di Puttana Intergalattico-”
“Ultron.
Si chiama Ultron.” Lo correggo, ricordandomi con un brivido la
sua voce dentro la testa.
Tony
si scambia uno sguardo con Clint, che alza una spalla: “Ultron,
il Figlio di Puttana Intergalattico non suona male.”
Steve
si permette di richiamarli all'ordine: “Dicevamo?” e Tony
ritorna serio.
“Abbiamo
rielaborato i dati raccolti da J.A.R.V.I.S.” L'ologramma ora è
un insieme di algoritmi e grafici. In un angolo, un video a distanza
esageratamente ravvicinata del Tripode fa sussultare il Direttore e
ringhiare Thor. “Abbiamo le percentuali di resistenza dello
scudo e di velocità dei movimenti.” Thor tocca la curva
di un diagramma e Tony gli schiaffeggia il dorso della mano per farlo
smettere. “Questo coso è una macchina da guerra senza
precedenti.”
“Quindi
che è un androide? Chiede Natasha.
“Biotecnologia
organica. In parole povere, la versione riveduta e corretta dei
Chitauri.” Spiega Bruce. “Chi ha costruito loro, negli
ultimi anni si è dato da fare per estremizzare la loro
tecnica. Il risultato è Ultron.”
“Sa
leggere nel pensiero.” Insisto. “Ed è un
mutaforma.”
“Sì,
il suo corpo può cambiare. Grazie a queste...” Sul
tavolo compare l'ologramma del corpo di Ultron e Tony zooma su una
parte del corpo: “Squame. Sono loro a sfaldarsi, allargarsi e a
comporsi.”
Thor
sembra impaziente quanto Steve: “E hai compreso come infrangere
il suo scudo? I colpi non potevano nulla. Rimbalzavano senza
scalfirlo.”
“Oh,
quello ci ha pensato GreyRaven. Ottima mossa, quella di farti quasi
uccidere per fare abbassare le sue difese e tentare di arrostirlo.
Non l'hai danneggiato fisicamente, ma abbiamo così potuto
capire che al momento di un diretto attacco corpo a corpo lui deve
escludere lo scudo protettivo. E visto che l'ha tenuto abbassato
anche dopo, direi che se non l'hai distrutto l'hai almeno danneggiato
temporaneamente.”
“Il
piano è quindi che qualcuno faccia da esca e che venga
direttamente attaccato, in modo che con le difese abbassate gli altri
possano bombardarlo?”
Tony
guarda Steve negli occhi. Poi allarga le braccia: “Possiamo
lavorare sulle variabili e sulla resistenza di una protezione per
l'esca.”
“L'Hulk
potrebbe essere sufficientemente resistente.” Si candida
Banner.
“Ma
incontrollabile.” Aggiunge Thor “Potrebbe non attenersi
ad un piano. Io potrei-”
Natasha
scuote la testa: “Sei uno di quelli con l'artiglieria pesante.
Io so attirare l'attenzione molto bene, ed indurlo ad un
combattimento.”
“Le
tue chance di riuscita sono troppo basse.”
“Mi
stai sottovalutando, Signor Stark?”
“Parlo
di sopravvivenza, Natasha. L'opzione del martire deve essere l'ultima
risorsa. Quindi, Capitano, abbassa la mano.”
Sospiro:
“Se ci fosse ancora Morrigan potrei tentare un teletrasporto
all'ultimo minuto.”
“Ma
Morrigan non c'è più quindi...”
“Stark,
un po' di delicatezza!”
“Non
cambia le cose, Rogers!”
“Anche
Amon ha un corvo.”
“Sbaglio
o anche tuo cugino sta avendo dei casini a casa?”
Maria
ci invita ad abbassare i toni: “Anche se fosse, Addison,
dovremmo attendere la tua guarigione. Quanto hai detto, una
settimana? In un pomeriggio ha distrutto completamente una delle
città più popolate del continente. Cosa può
accadere in sette giorni?”
Con
la coda dell'occhio vedo Bruce corrugare la fronte; anche Tony lo
nota e chiede spiegazioni. Invece di rispondere, Banner domanda alla
Hill e a Fury se sull'Helicarrier siano ancora presenti dei residui
bellici chitauri.
“Inizialmente
sì, abbiamo mantenuto alcuni campioni di armi da studiare per
sviluppare dei prototipi come il fucile Zar di Natasha. Ma non
avevamo a disposizione una camera sterile, perciò li abbiamo
dovuti spedire al Triskelion, dove sono conservati in celle
pressurizzate.” Clint chiede perché.
Banner
precede Fury nella risposta: “Per contenere il rischio di
contaminazione da patogeni alloctoni.”
“Cioè?”
“Loro
hanno una tecnologia avanti anni luce rispetto alla nostra, ma non
hanno il nostro ecosistema.” Bruce inforca gli occhiali, corre
alla lavagna, cancella con la manica della camicia tutti i precedenti
calcoli e prede un pennarello in mano. Poi si degna di voltarsi e
proseguire nella spiegazione: “In quanto composti organici,
sono vulnerabili non tanto ai nostri attacchi, quanto ai nostri
batteri. Non hanno potuto sviluppare difese immunitarie valide contro
quello che trovano su questo pianeta. Come... come gli Inca quando si
sono trovati davanti ai colonizzatori spagnoli, ricordate?”
“Io
no, tu Cap?”
“Stranamente
non ero ancora nato.”
“Lo
scudo, sono certo, serve anche a questo.” Scarabocchia sul
pannello, chiede alla Hill di fornirgli l'accesso a tutti i loro dati
di laboratorio relativi ai test sui Chitauri e a Tony di
allontanarsi. “Devo concentrarmi e mi distrai.”
“Pensavo
che la nostra fosse una relazione seria basata sulla reciprocità.”
“Lo
è, ma ho bisogno dei miei spazi. Devo calcolare in quanto
tempo i batteri attaccano e distruggono i tessuti Chitauri. Nei
campioni del mio studio alla Tower, accadeva in poche ore, ma erano
tessuti con un processo di decomposizione già avviato. Nel
caso dell'organismo vivo e vegeto, in quanto tempo la contaminazione
può avere successo?”
“Dobbiamo
comunque elaborare un piano per fargli abbassare lo scudo, altrimenti
i nostri germi non...”
“Ti
sfugge una cosa, Capitano.” Tony mi indica. “Grazie a
lei,lo scudo si è già abbassato. La
contaminazione con la nostra atmosfera è già avvenuta.
Senza volerlo, Addison, con molta probabilità ti sei già
vendicata.”
Oh.
Preferivo una vendetta vecchio stile – urla dolore, sangue e
'abbi pietà' – ma non si può voler tutto dalla
vita.
“A
proposito, Cornacchietta, sei consapevole, vero, di indossare
un camice ospedaliero aperto sul retro?”
Ops.
“E
che la vetrata alle tue spalle da sulla plancia di comando?”
Ah.
Dovrei
incazzarmi.
Ma
non ho le energie per farlo.
“Tanto
non ho cellulite.”
I
posti di comando sono in subbuglio.
Tecnici
e scienziati valutano i dati registrati da Ultron, tentano di inviare
impulsi alle riparazioni e coordinate di fuga.
Fuori,
in disparte dal caos che la battaglia ad anni luce di distanza ha
generato, Mentore attende risposte. Il Generale si inchina e lui gli
fa cenno di parlare.
“Vi
sono segnali di disturbo dallo Scudo protettivo di Ultron. E pare –
ma non possiamo esserne certi ancora – che i terrestri siano
riusciti ad aggirare le problematiche legate ai disturbi del campo
geomagnetico.”
“Solo
piccoli incidenti di percorso, vero?”
“Certo,
mio Signore. I tecnici stanno lavorando alacremente per risolvere il
problema. Ultron al momento è ancora completamente funzionate,
solo è indispensabile il ripristino ottimale dello scudo.”
“Mi
avevate assicurato che la potenza terrestre era di gran lunga
inferiore a lui. Non dimenticatelo.”
“Assolutamente.
Le loro armi sono solo... fastidiose, per l'UltraSoldato.”
“Fa
che non siano nemmeno punture di insetti. Ora parlami di successi
ottenuti.”
“Abbiamo
distrutto una città intera, Maestà.” Un gesto
delle dita e sullo schermo olografico scorrono le immagini della
distruzione appena avvenuta, direttamente dal punto di vista del
Distruttore. “Ora sanno di cosa siamo capaci. Li abbiamo
sorpresi. E gettati nel panico.”
“I
Vendicatori sono ancora tutti vivi, tuttavia.”
“Sfuggiti
all'ultimo minuto.” Si affretta a puntualizzare il Generale.
“E
i Tributi che la Morte rivuole?” Mentore quasi balza in piedi
quando sullo schermo olografico compare il volto ravvicinato di una
giovane donna, schiacciata a terra dal braccio di Ultron. Quando
riapre gli occhi furiosi, il loro colore è l'oro: “È
essa...” Sibila con un ghigno. Al Generale pare che la luce,
nella stanza, si sia affievolita, e che le pareti metalliche si siano
riempiti di bisbigli. “La Morte la riconosce. È una
degli ingannatori.”
“Sì,
mio Signore. Colei che fu uccisa da Thanos, inizialmente.”
“E
l'assassino di mio figlio?”
“Non
è ancora stato individuato. Pare... pare che non si trovi in
quel mondo.”
“La
Morte li vuole entrambi. Fa in modo che la donna muoia. L'Asgardiano
si farà vivo da sé. Oppure...”
Questa
volta il Generale sente i bisbigli chiaramente: “Trova ciò
che li lega maggiormente. La Morte, per questa offesa, esige ora un
tributo più alto.”
Fuori
dalla portata dei colpi, Loki osserva la battaglia.
Dall'alto
i due eserciti non sono che un groviglio rumoroso di corpi e arti
frammentato da fiamme grigioazzurre e pozze di sangue nero.
La
Voragine erutta, le Arpie della Regina sono decimate dai lapilli
infuocati. Amon lancia un'ulteriore carica; il suo esercito sembra
avere la meglio, la pietra sulla sua corona brilla e Loki sogghigna.
Tra
le sue dita brilla la vera Gemma dell'Anima. E ne sta controllando il
potere a suo piacimento.
Non
si è sottratto ad una battaglia. Non si è messo da
parte.
Come
sempre, attende solo il momento giusto per fare la sua mossa.
Visto
l'andazzo, direi che questo aggiornamento è a tempo di Record.
E
di tempo ne ho davvero molto poco. Voglio finire questa storia,
glielo devo dopo due anni passati sopra a questa saga, e voglio farlo
in modo 'decente'.
Come
va? Fa schiferrimo? È una palla colossale? Capisco. Sto
facendo del mio meglio. Abbiate pazienza, un capitolo in meno alla
fine.
Grazie
ancora per chi è rimasto, nonostante tutto, a leggere queste
righe e a commentarle.
GRAZIE
DAVVERO.
Come
sempre, per qualsiasi curiosità, dubbio, evenienza, o anche
solo per due chiacchiere, vi mollo qu i il mio ask.
“Resistere significa semplicemente tirare fuori i
coglioni, e meno sono le chance più dolce è la vittoria.”
[Charles Bukowski, Sotto un
sole di sigarette e cetrioli]
Dai, Pepper, rispondi.
Le trasmissioni sono
state sono state in parte ripristinate, Tony ha detto che è riuscito a mettersi
in contatto qualche ora fa con Nevada Field per
aggiornale, ed io sento il bisogno di avere qualche notizia di Hela.
Al quarto giro del
timer di Skype, finalmente compare la faccia sgranata
di Darcy e la sua voce distorta dal pessimo segnale:
“Hey!” Mi saluta allegra: “È un piacere vederti viva
e vegeta! Tony ci ha detto che non eri conciata benissimo.” Sposto la webcam
per mostrarle la gamba ingessata e lei commenta con un 'ewww...'
prima di farmi le condoglianze per Morrigan.
La ringrazio: “C'è Hela in giro? Volevo salutarla.”
“Sta facendo merenda.
La vado a prendere, siamo state in piscina tutta mattina e ci siamo appena
fatte un bagnetto.” Spiega Darcy, uscendo
dall'inquadratura.
Dopo il bagnetto Hela profuma dell'olio di mandorle che le mette Loki, massaggiandole la pelle bagnata per farglielo
assorbire. Diventa morbidissima, e lei si annusa le manine ridendo, perché le
piace tanto quell'odore.
Quando torna ha Hela in braccio. Nonostante la sgranatura dell'immagine
noto i capelli ancora umidi e il ditino tra le labbra sporche di yogurt: “Ma
ciao signorina!”
Lei rimane ferma,
appiccicata a Darcy che la esorta a riconoscermi. “È
la mamma, non vedi?”
“Mam-ma?”
“Sì, proprio lei!”
“Mam-ma!” Hela va in berserk: Si allunga
verso la webcam sbracciandosi e divincolandosi e Darcy
deve sedersi per cercare di trattenerla dai suoi tentati tuffi: “MAM-MA!”
Non posso che
scoppiare a ridere davanti al suo entusiasmo: “Stai facendo la brava?”
“Cì!”
“Per davvero?”
“Oh sì, è vivace ma
non una rompicoglioni come... beh, avrai già capito chi. Tra l'altro, la
principessina gli ha anche dato il benservito, al piccolo Stark”
“Oh! Il suo primo due
di picche e me lo sono persa?”
“Un bel ceffone a mano
aperta, ad essere precisi: l'esasperazione generale era tale che Pepper non si è opposta, anzi...”
Hela sogghigna – oh cielo,
quello è il ghigno di suo padre! - ed io le confido che sono tanto tantotanto orgogliosa di lei:
“Quando mamma torna a casa, ti insegna anche come insultare la gente con
classe. Promesso!”
“Cì!”
La connessione ballerina sgrana di nuovo l'immagine, la voce di Hela che blatera qualcosa mi arriva completamente distorta.
Anche l'illuminazione dell'immagine cambia, sembra improvvisamente che vengano
investiti da un cono d'ombra.
“Darcy,
non è che accenderesti la luce? Non si vede un accidente da voi!”
“Scherzi? Siamo in
giardino, c'è un sole che spacca le pietre! Deve essere la connessione.”
Il video si sgrana
ulteriormente, prima che la comunicazione salti del tutto faccio un fermo
immagine per stamparla: sento il bisogno di avere qualcosa di Hela con me, per affrontare tutto il resto.
"… e questo è
quello che chiamo ilSiringone."
"Che,
tecnicamente" Specifica Bruce interrompendo Tony: “è un crioiniettore a carica batterica."
Steve alza la mano:
"E qual è la zona adibita ad iniezione?"
"Non lo vuoi
davvero sapere." Clint gli afferra la mano e la abbassa.
"Nessuna
volgarità, OcchioDiFalco." Protesta Tony
falsamente indignato: "Altrimenti lo chiamerei 'Clisterone'."
Bruce tenta di
riprendere le redini della spiegazione, alzando il Siringone- non si potrebbe chiamare altrimenti, visto che la forma è è quella di una grossa siringa a stantuffo di metallo - ma
Tony decide che il suo modo di brieffarci sarebbe
senza dubbio più efficace: "Allora, questo coso sarà pieno con un
simpatico mix di liquido farcito di batteri che avevamo a disposizione grazie
ai laboratori dell'Helicarrier - Eschericchia
Coli, Varicella, muco nasale della Hill...-"
"Ho preso un
colpo d'aria!" Borbotta in sua difesa, soffiandosi il naso per l'ennesima
volta.
"Sino al momento
dell'iniezione, si manterranno stabilmente sotto una temperatura di -80° in
modo che possano conservarsi. L'innesto del fluido termico riscaldante avviene
ad una prima pressione dello stantuffo. Avremo circa 4-5 secondi di tempo prima
di posizionare il Siringone a contatto con il nemico
-qualsiasi parte va bene - e premere lo stantuffo una seconda volta, in modo da
espellere l'ago e iniettare il mix di batteri. L'allontanamento può avvenire
nelle modalità che più vi aggradano. Vi consiglio comunque velocemente."
Clint propone
un'ulteriore modifica: "Telecomandato a distanza e bilanciato in modo che
possa scoccarlo dal mio arco. Così potrei anche starmene fuori dai casini, una
volta tanto."
"Ci avevamo
pensato" Ammette Bruce "Ma la variazione di campo magnetico creato da
Ultron temiamo possa interferire con la trasmissione
del segnale."
"Che palle!"
Bruce condivide con un
sospiro, Natasha domanda se potremo averne uno a
testa. "Gli altri sono in fase di ultimazione: questo è l'unico veramente
finito e testato."
"Su di chi?"
domando, che ho appena subito un'iniezione di antibiotico fuori programma.
La Hill starnutisce
dinuovo. Gli altri si allontanano, io
sono costretta all'immobilità dala sedia a rotelle.
"No. Non su di
noi. Tony li ha testati su cavie da laboratorio. Cavie non umane. Vero,
Tony?"
"Ah."
"TONY.”
“È che il team di Coulson era così entusiasta di aiutarmi e... e sono
giovani, il loro fisico reagirà subito."
"TONY!"
"E poi la
varicella l'abbiamo fatta tutti, no?"
Sarà solo suggestione,
ma sentiamo tutti un certo prurito.
La potenza distruttiva
del FuocoFatuo di Amon è
impressionante, confrontata con quella di Addison. Le fiamme si succedono dalle
sue dita freneticamente: diventano onde e lingue di fuoco, cerchi incandescenti
che decapitano i suoi nemici.
Più nemici escono
dalla Voragine, più il Re degli Inferi scatena la sua potenza.
Guida le sue schiere e
le anime dannate obbediscono al barlume della Gemma sul suo capo.
È quando le riesce a
respingere l'esercito nemico oltre il bordo della Voragine, quando smette la
difensiva ed inizia l'offensiva che Loki lascia che
l'Arpia che cavalca plani vicino al Re: “Ora che l'esito della battaglia inizia
ad essere chiaro ti fai vivo, Loki?”
“L'avrei fatto anche
prima, ma perché rubarti la gloria di una simile vittoria?”
“Ti ringrazio per la
delicatezza” commenta sarcastico, aprendo il ventre di un demone nerboruto che
si era lanciato all'attacco con un unico movimento della spada: “Continua pure
a goderti lo spettacolo, allora.”
Loki piega la testa di
lato increspando le labbra in un broncio: “Nessuna richiesta di combattere al
tuo fianco?”
“Scherzi? Di schiena
ne ho una, ci tengo che non venga trafitta.” La colonna di fuoco che rivolge
verso uno sparuto gruppo di nemici li spinge oltre il precipizio, avvolti dalle
fiamme.
“E allora è già troppo tardi, non credi?” Ribbatte sogghignando.
Il Re lo guarda e per
un secondo Loki spera che abbia capito l'antifona. Ma
gli scontri sono ancora troppo vicini, la concentrazione di Amon
deve tornare sui combattimenti, e Loki sposta lo
sguardo sulla lancia che trafigge uno dei soldati. È a portata di mano, Loki la estrae dal cadavere con un gesto fluido. Poi scende
dall'Arpia e le da una pacca per farla volare via.
Maneggia la lancia: è
ben bilanciata, e la punta è così spessa e affilata che potrebbe dilaniare
qualsiasi armatura. Anche - per esempio - quella nera di Amon,
che si trova proprio davanti ai suoi occhi.
Loki afferra meglio l'arma
con la mano destra, prende la mira e la scaglia con tutta la sua forza.
La lancia trapassa da
parte a parte il demone che stava calando la pesante ascia sulla testa del Re
del Sottomondo e lo fa stramazzare a terra in un lago di sangue vischioso.
Amon finisce di sgozzare
il nemico contro cui si sta battendo, poi guarda quello ai suoi piedi, la
lancia che lo infilza ed infine Loki. Poi sospira:
"D'accordo, ma non ti voglio alle spalle."
"Un vero peccato,
le ho coperte così bene..."
“Signore, abbiamo una
traccia.”
Per poco Fury non fa cadere per terra il plancista,
da tanto lo sposta con foga. Si pianta davanti allo schermo, legge i dati, ed
ordina le coordinate da impostare.“Siamo nel bel mezzo del Mar dei Caraibi, e il bastardo si sta spostando
velocemente. Hill, che tu sappia sa volare?”
“Nossignore” Replica
Maria: “Ma da come aveva ridotto la costa pacifica, possiamo dedurre che sappia
nuotare molto velocemente. Punta a Nord, se la sua rotta è la terraferma, la
prima costa che incontrerà potrà essere la Giamaica.”
“Suppongo che non
andrà lì per rilassarsi. Tra quante ore raggiungeremo questo IanThorpe?” Domanda Clint.
“Abbiamo lanciato i
motori al massimo” Calcola il plancista. “Ma non
possiamo ancora decollare, quindi... ci vorranno almeno novanta minuti,
Signore.”
Fury rivolge lo sguardo a
Tony e Bruce, che annuiscono: “Il team tecnico sta finendo l'approntamento. I Crioiniettori-”
“I Siringoni”
“Saranno pronti.”
Natasha abbassa lo sguardo su
di me, seduta sulla sedia a rotelle: “Mi mancherai, laggiù.”
“Non ho dubbi.” Mi
sforzo di sorridere. E poi mento spudoratamente alla mia migliore amica: “La
mia vendetta è nelle tue mani.”
Davanti alla porta del
laboratorio, Bruce sussulta e si gira di scatto premendosi una mano sul petto.
“Hey!
Sono solo io!” Esclamo alzando le mani in segno di resa.
Lui sospira di
sollievo e si passa due dita sulla sella del naso: “Sì, sì. Scusa. Ero
sovrappensiero e in un corridoio vuoto il cigolio di una sedia a rotelle è
leggermente inquietante...”
Ridacchio: “Ammetto
che è vero. Che dici, c'è posto lì dentro per me, la mia sedia e la mia gambona ingessata?”
“Oh sì, certo. Come
mai? Voglio dire... dovresti startene a riposo, sei stata operata solo ieri...”
“Sì, lo so, ma sono un
po' nervosa e non riesco a rilassarmi come si deve. Magari distraendomi...”
Da come mi guarda,
Bruce sembra già aver mangiato la foglia. Tuttavia apre il pannello di
scorrimento del laboratorio e poi si scosta per farmi entrare aiutandomi a non
incastrarmi nello spigolo di un bancone.
“Che galantuomo!”
Cinguetto leggera, spingendo la sedia in un angolo, dove sospiro e scrollo le
spalle: “Oh che pace quaggiù. Nessun medico che mi rincorre per medicine o per
l'ennesima lastra di controllo” Da che mi hanno operata ne avrò fatte almeno
cinque, l'ultima proprio un'ora fa. Ormai brillo al buio! La guarigione sta
procedendo velocemente, come previsto, appunto. Credo che i miei amici
chirurghi mi amino più come soggetto di studio che come paziente.”
“E ci credo!” Esclama
riaccendendo un computer. “Sei una pessima
paziente. Non ti attieni al protocollo e non ti riposi. Per un medico è
stressante doversi sempre inseguire.”
“In una situazione
simile riusciresti a startene buono e calmo nel letto di un'infermeria?”
“Certo!”
“Non mentirmi. Ne ho
un po' le palle piene di persone che mentono, ti garantisco che posso
dimostrarti la mia immensa seccatura anche con una gamba ingessata.” Avvicino
la sedia, faccio forza sulle braccia per alzarmi, poi mi appoggio al tavolo e
mi ci siedo sopra, alzando la gamba ingessata con quella sana e ruotando per
appoggiarle entrambe sul ripiano.
“Addison...”
“Tranquillo, non
voglio sedurti” ridacchio “Perlomeno non ora. Volevo solo mettermi comoda. Per
parlare meglio. Guardandoci negli occhi e non dal basso come ora sono
costretta.”
“E di cosa dovresti
parlarmi?”
“Della mia gamba
ingessata che mi impedisce di partecipare al Prom di
fine anno.”
“Immagino quanto tu
sia furiosa per questo. Ed è giusto che tu ti sfoghi con me. Anche se non sono
forse la persona più adatta per darti consigli, ci proverò.”
Sorrido. “Io non
voglio consigli. Voglio un tutore.”
Simula di non
afferrare: “Sei abbastanza grandina per aver bisogno di un tutore...”
“Non fare il finto
tonto. Voglio un tutore ortopedico per la mia gamba, che me la tenga in
trazione e me la ripari dai colpi, senza impedire i movimenti.”
“Addison, capisco
perfettamente, ma al momento abbiamo particolari più importanti su cui dobbiamo
concentrarci e-”
Lo afferro per una
manica e lo tiro verso di me, il naso ad un palmo dal suo: “Ti ricordi cosa è
successo l'ultima volta che mi avete lasciato indietro, vero?”
“Appunto per questo
pensavo che avessi imparato la lezione...” Sospira Bruce.
Scuoto la testa.
“Ormai dovresti
capirlo, Bruce, che la Cornacchiettaè
una ragazza piuttosto testarda.”
Il pannello si è
aperto di nuovo e questa volta è Tony, spalleggiato dagli altri, a fare la sua
entrata con un pacchetto di mirtilli in mano che si premura di offrire a Bruce
ed insistere finché non cede e ne prende una manciata.
Provo a metterci una
pezza: “Non guardatemi così, sono qui solo per sedurlo” da come Natasha alza un sopracciglio e Thor scuote la testa direi
che non sono molto convincente. “Se pensate che mi arrenda vi sbagliate di
grosso. Se non mi darete una mano voi, ci penserò a fabbricarmi un tutore da
sola. Con le cinghie di distribuzione e sospensioni di Lola, se necessario.”
Steve cerca di farmi
ragionare, intavolando undiscorso sui
propri limiti, ma si zittisce quando gli do dell'ipocrita. Thor prova a
metterla sul sentimentale e ricordami che ho una figlia a cui tornare e che: “Loki non mi perdonerebbe mai se ti capitasse qualcosa.”
“Piuttosto preoccupati
di cosa iononperdono a tuo fratello.”
Resta un attimo
interdetto, alza le spalle, mi da completamente ragione e poi annuncia ad alta
voce che il suo dovere l'ha fatto: “Che non si dica che Thor appoggia le
missioni suicide.”
“Non sarà un suicidio,
promesso. Non se mi darete un tutore fatto decentemente e non assemblato da
parti sparse di Lola...”
“Naaah!”
Tony si china sotto il tavolo tuffandosi in uno sportello, e ne riemerge un
secondo dopo con quello che assomiglia ad uno dei gambali della sua armatura.
“Non ho avuto tempo per le cromature e la personalizzazione, in effetti è un
po' grezzo, ma perfettamente funzionante.” Resto a bocca aperta: “Ormai ti
conosciamo abbastanzaper prevedere
questa tua mossa. Anche se ammetto che inizialmente l'idea di Clint di
crocifiggerti all'infermeria per tenerti sotto controllo mi pareva la migliore.”
Clint tenta di
nascondersi dietro a Thor: “Era Natasha che non
voleva farti venire.”
“Ma poi ho cambiato
idea.” Sospira scuotendo le spalle: “Mi saresti mancata troppo.”
Uhmmmm....qui gatta ci cova.
Dovrò
tenere le orecchie ben aperte, che da come la conosco - e la conosco bene – Natasha non è mai stata così arrendevole nelle sue
decisioni. Tuttavia sto al gioco, sorrido complice e ringrazio, e squittisco
l'impazienza di provare ad infilarmi il gambale.
“Non sono certo che
sarà indolore.” Mette le mani avanti Tony, mentre Bruce prende dal carrello
degli attrezzi una sega circolare e la accende.
È inquietante:
“Quella... quella serve per togliere il gesso vero?”
La mano di Natasha si appoggia alla mia spalla più per sfottere che
per confortare: “O magari un'amputazione, chissà!”
No, in effetti no.
Questa cosa è tutto
fuorché indolore. Il piccolo processo di raffreddamento della parete interna
del gambale aiuta a tenere il dolore sotto controllo, ma quando ho provato a
saltarci sopra per poco non sono svenuta.
I movimenti non sono
fluidi, zoppico vistosamente, stringe da morire dalla coscia in giù e anche la
scarpetta del piede è piuttosto corta. Sarò piena di vesciche, oltre che con
altre possibili fratture più gravi.
E non potrò essere di
grandissimo aiuto, ma almeno potrò dare un supporto. Insomma, si fa quel che
si può, no?
“Forse ad Ultron avremmo dovuto spiegare che ai Caraibi non si viene
per far scoppiare una guerra. Men che meno in
Giamaica.” Stark, come sempre, cerca di alleggerire
la tensione: “Credo che per festeggiare la vittoria condivideremo qualcosa di
più divertente dello Shawarma. Che ne dite?”
“Io ci sto” alza la
mano Clint: “Nat?”
“Vediamo di farlo
fuori, prima.”
“E Thor si farà i
rasta.”
“Ecco, Cornacchietta, questa è di gran lunga l'idea
più bella che tu mai avuto.”
“Cosa sono i rasta?”
“Oh, vedrai, Ras-Thor-fari, li adorerai.”
“...Steve...?”
Aggiustandosi il
casco, il Capitano alza una spalla: “Sì, direi che per questa volta potrei
essere d'accordo con Stark. Ma ora muoviamoci.”
“Ah, Steve...” Bruce
interrompe la distribuzione di crioinettori e abbassa
il tono con aria confidenziale; tendiamo le orecchie nonostante cerchi di
riappropriarsi di un po' di privacy voltandoci le spalle: “Vorrei chiederti un
favore. Il piano, ecco, prevede che io mantenga il più possibile le mie
sembianze... uhm, civili e che raggiungiamo il suolo lanciandoci, ma...”
abbassa ulteriormente la voce: “Non mi sono mai lanciato con il paracadute.”
“Oh! È molto semplice,
e se ci fosse tempo ti insegnerei anche a farlo però... beh, possiamo sempre
lanciarci con il paracadute biposto. Io starò dietro di te, così potrò
manovrare l'apertura e il volo e all'occorrenza, se non riesci proprio a
trattenerlo riuscirò a liberare il bestione dalle cinghie. Che te ne pare?”
Bruce alza una spalla
in accordo, Tony annuisce: “È tutto molto gay. Ammetto di essere un po'
geloso.”
Come supporto, l'Helicarrier resterà lontano dalla costa, mentre sarà il Quinjet a darci un'assistenza diretta insieme a tre dei
cinque F-25 in dotazione all'Helicarrier.
IronMan e Thor saettano dalla
rampa di lancio per precederci: la priorità è evacuare quanto prima la
popolazione nella zona di impatto: “Dobbiamo evitare una seconda Bogotà”
precisa Maria, risoffiandosi il naso e prendendo posto di nuovo nella cabina di
comando. “L'inferiore densità abitativa dell'isola dovrebbe aiutarci.
Allacciatevi le cinture.Chiusura
portellone. Rotori attivati. Propulsori al massimo. Decollo!”
“Il bastardo è
sott'acqua, ma riesco a captarlo.” Urla Tony via radio volando rasente alle onde. “Passo
l'informazione.”
Dal mio sedile, non
posso fare altro che allungare il collo per guardare la plancia di comando,
dove la forma assunta da Ultron compare sugli
schermi: “Oh cielo, sembra il Kraken. Anche da loro è
uscito Pirati dei Caraibi...?”
“Vediamo di non far
sbriciolare la nostra Perla Nera.” Chiosa la Hill. “Stark,
la sua traiettoria è Kingston, precedetelo: Ordino agli F-25 di bombardarlo per
cercare di deviare la sua corsa.”
Dagli auricolari
arrivano gli ordini di Fury all'Helicarrier
di prepararsi al lancio dei missili sottomarini.
Dal mio posto posso
seguire solo l'audio dell'operazione: Gli ordini concitati, il lancio dei
missili, il loro esplodere contro lo scudo protettivo. La Hill vira
violentemente e riprende quota imprecando: il Kraken
ha reagito alzando i tentacoli dall'acqua. Il Quinjet
è stato schivato per un soffio, due dei F-25 sono stati afferrati e solo uno
dei due piloti è riuscito ad espellersi. Dell'altro ci arrivano solo le urla
all'auricolare.
Il Capitano se lo
strappa praticamente via dall'orecchio e lo stringe fremendo nel pugno sino a
sbriciolarlo: “Hill” Ringhia. “Quanto manca ancora?”
“Sette minuti. E
almeno ha deviato la traiettoria.”
“Prepariamoci.”
Slaccio le cinture di
sicurezza e mi alzo a fatica - fitta di dolore dalla gamba e poca stabilità
sono una pessima accoppiata - per avvicinarmi al portellone. Quando le
vibrazioni si fanno più intense mi capita di dovermi aggrappare a Bruce: non
l'ideale visto che è sta combattendo fase premestruale che porta all'Hulk, mentre si infila nel paracadute biposto con Steve.
Per evitare di finire a gambe all'aria non posso fare a meno di reggermi:
Impossibile preparare già le mie ali della tuta spiegate per l'atterraggio.
Pensandoci, il peso
del tutore di metallo di certo non aiuterà nella planata.
Guardo di sottecchi Natasha, concentrata sulla missione con il paracadute sulle
spalle e un rivolo di sudore che le solca la fronte corrugata.
Figurarsi se non si è
accorta della mia difficoltà. Figurarsi se non ha già pensato a tutte le
problematiche prima che ci arrivassi io.
Figurarsi se non ha in
mente qualcosa per fermarmi.
Così, quando la Hill
da l'ordine a Clint di aprire il portellone, le dico di andare prima di me. Mi
guarda con un sopracciglio alzato, aspetta che Steve, imbrigliato alla schiena
di Bruce, e Clint, si lanciano, poi annuisce e passa il portellone.
Devo claudicare sul
bordo, prima di riuscire a mettermi in un precario equilibrio e lasciare la
presa. Infilo le braccia nelle tasche dei fianchi, tendo le ali, fletto le
gambe e....
SBAMM!
Mi ritrovo risbattuta dentro alla pancia del Quinjet,
ribaltata per terra e con il naso che sanguina.
Dal portellone,
aggrappata al lato dall'esterno, si sta issando dentro Natasha,
i capelli rossi sferzati dal vento: "Pensavi davvero che te l'avrei
permesso?" Il secondo calcio diretto alla faccia lo riesco a parare. Il
cazzotto no. Sbatto la nuca all'indietro, contro la parete di metallo e prima
che riesca a rialzarmi Natasha mi è nuovamente
addosso, bloccandomi a terra con il suo peso.
"Non riesci
neppure a battere me!"
"Non sono mai
riuscita a battere te, per dirla tutta!." Provo con un colpo di
reni: Il risultato è una fitta di dolore allucinante alla gamba, una testata in
piena fronte e due click all'altezza dei miei polsi.
Manette.
Di quelle cazzute che mi hanno già dato problemi alla Base Manhattan.
E che ora mi ancorano
alla fila di sedili.
"Natasha, apri."
Lei estrae dal una
tasca un fazzoletto e mi asciuga il sangue che mi cola dal naso scuotendo la
testa: "La tua vendetta è nelle mie mani. Ti fidi di me?" Annuisco.
"Bene." Si alza e si dirige di nuovo verso il portellone.
"NATASHA!"
Si volta.
Ti prego stai attenta,
ti prego vendica Morrigan e ti prego ritorna tutta
intera.
"Sei la più
grande TROIA mai vista sulla faccia della Terra, e questa ME LA PAGHI!"
Fa spallucce e si
lancia, questa volta davvero.
"HILL!"
Nessuna risposta.
Dalla mia posizione non riesco a vedere altro che la sua ombra nella cabina di
pilotaggio e sentire i comandi che impartisce via radio.
"HIIIIILLLL!!!"
Nessuna risposta. "MARIA!!!"
"Borgo, o la
smetti o provo il mio taser nuovo sul tuo culo."
“Romanoff
in posizione. Borgo sistemata.”
Steve annuisce, mentre
Hill li aggiorna via radio sulle coordinate di attacco: “La sento urlare da
qui.”
“Se ne farà una
ragione. Avanti, prepariamoci. Bruce? Ti chiedo di resistere ancora un
pochino.”
Cercando di regolare
la respirazione e controllandosi i battiti cardiaci con il bracciale, Bruce
spera che Ultron non si faccia desiderare troppo.
"Maria, dai....
" Niente.
"Quando mi libero
VI APRO LA GOLA!" Nulla.
"Mi fa male la
gamba...!" Inutile.
"Ma io voglio
solo guardare dalla finestra....!" Nada.
"Borgo, dacci un
taglio o ti sparo all'altra gamba!"
Ultimo tentativo: ".... mi scappa la
pipì!"
Smetto perché il click
che arriva dalla cabina di pilotaggio è quello della sicura di una Beretta che
viene tolta.
Che scazzo.
L'onda di Ultron investe la baia di Kingston. Inonda l'aereoporto, sbriciola il braccio di autostrada che lo
collega alla terraferma: la sirena della nave da crociera ancorata alla banchina
principale si mette a suonare l'allarme e non smette nonostante venga ribaltata
e sopraffatta dall'acqua. L'onda si abbatte sulle le strade della Downtown
sorprendendo le ultime persone che non sono riuscite a scappare in tempo; Solo
l'intervento di Thor, che ricaccia indietro l'acqua con l'onda d'urto del Mjolnir salva i ritardatari a King Road.
E il suono
apocalittico della tromba di Ultron si alza dal mare.
Dall'alto della sede
della BankofJamaicaNatasha guarda il Quinjet posizionarsi sulla città, a creare il limite del
perimetro: la parte invalicabile per l'incolumità dei cittadini.
Le scaglie di Ultron vibrano e sibilano ferocemente, sino a ricomporre la
forma del Tripode.
Clint abbassa l'arco
che aveva teso istintivamente: "Ho un'idea. Per aggirare l'ostacolo del
suo scudo protettivo. Una cosa che ho notato a Bogotà e mi è tornata in mente
ora" Indica il profilo della chiglia della nave da crociera, frustato
dalle onde: "Dalla sirena della nave, per la precisione."
"Sarebbe?"
Domanda Natasha.
"I suoni: lui li
sente. La barriera tiene lontani i colpi fisici ma lascia entrare le
onde sonore. Deve farlo, altrimenti lui riuscirebbe a mantenere una percezione
solo parziale e non totale come ha ampiamente dimostrato."
"Può usare
sensori, sonar, altre apparecchiature..."
"... e non
manterrebbe l'equilibrio." Insiste, continuando ad indicare la
coordinazione dei movimenti delle tre gambe flessibili mentre risale Ocean Boulevard.
"Ai miei tuoni
indietreggiava, anche se di poco." Conferma Thor all'auricolare.
"Dobbiamo
assordarlo." Natasha getta uno sguardo a Bruce,
chinato per terra ad occhi chiusi, concentrato nello sforzo di mantenersi
lucido e calmo. "Vendicatori, sentito OcchioDiFalco?"
"Qui Cap, ricevuto. Sono vicino aduna caserma dei pompieri. Prendo in prestito
qualche sirena."
"Qui IronMan. Sto evacuando un villaggio turistico: chiedo le
casse del Baby Club o basterà l'altoparlante dell'Animatore Capo?"
Siamo agli sgoccioli.
Sono agli sgoccioli. Diciamo
che tre settimane per scrivere questo capitolo non avrei mai pensato di
dovercele impiegare.
Uno in meno, dai pure!
Riguardo alla mia nota nel
capitolo precedente, non era di certo fatta con l’intenzione di fare il
mescolino e avere più recensioni: semplicemente, ho notato che rispetto a
quando ho scritto tutte le altre parti, in questa ci posso lavorare meno… e con ‘meno’ amore, purtroppo…
Ad ogni modo, ormai sono da
DUE anni qui dentro. Ho tutta l’intenzione di finirla e di farla finire in modo
decente, per ringraziare chi mi ha seguito. Da subito o ‘dopo’.
Nel frattempo vi ringrazio di
essere arrivati sino a qui. Come ben sapete, ho il mio ask
e per tutto il resto c’è MasterStark!
“Stark,
non stiamo cercando di assordarlo con Bob Marley, vero?
“Idee
migliori, Barton?”
“Dobbiamo
stordirlo, non invitarlo per un giro di canna. Justin Bieber?”
“C'è
una convenzione ONU contro la tortura. E io sono uno Stark, non un
Bolton!”
“Hill,
non stanno cercando di assordarlo con Bob Marley, vero?”
“Ah-ha”
annuisce allibita: “Con la cultura musicale di quei due mi
aspettavo un po' di AC/DC, Metallica... Qui sembra che vogliano
proporgli una canna in compagnia, piuttosto!”
“Beh,
siamo abbastanza disperati da tenere in considerazione anche questa
alternativa. Come si dice: Se
non puoi batterli, fatteli amici.?”
“Scommetto
sia il tuo motto.”
“No,
il mio è Battili
& Scopali.”
Mi sforzo di piegare la testa il più possibile per guardare
dentro la cabina di pilotaggio: “Come procede?”
“Lo
stronzo non fa una piega. Sta attaccando.”
All'auricolare
risuona la voce di Natasha: sta parlando a Banner cercando di
calmarlo: “Bruce,
ascoltami bene: non è ancora ora. Con lo scudo così
alzato l'intervento dell'Hulk sarebbe inutile. Non possiamo
permetterci una seconda Bogotà, hai capito? NON POSSIAMO.”
Ok,
fantastico, siamo nella merda più totale. C0h0iamo la Hill:
“Lo sai vero che il Quinjet è dotato di due potentissimi
altoparlanti?” La vedo voltarsi e guardarmi fissa: “Li
abbiamo usati a Stoccarda: con gli AC/DC a palla facevano una
discreta figura.”
“Avvicinandoci
ad Ultron e volandoci attorno potremmo...”
“Stordirlo
abbastanza da fargli abbassare lo scudo” concludo.
Lei
annuisce di rimando, stringe il pugno e si morde le labbra: “Devo
avvisare l'Helicarrier, dobbiamo avere la copertura aerea per la
città.”
“Se
falliamo, la copertura alla città sarà comunque
inutile.”
“Ci
gettiamo nella mischia così, allora?” annuisco “Addison,
le possibilità di venire colpite sono altissime.”
“Lo
so.”
“Le
chiavi per le manette le ha Natasha.” Ah.
Sapevo che c'era la fregatura: “Ma
sappi che non lascerò il Quinjet senza di te.”
“Non
dire stronzate. Devi tornare a casa a sposare Darcyna.”
“E
tu devi tornare a casa da tua figlia.”
“Giusto.”
Lascio cadere a terra la nuca e sospiro: “Due validi motivi per
restare intere. Che ne dici?
“Chop
Suey?”
“Fai
sanguinare le casse.” Ci scambiamo un piccolo sorriso di intesa
e lei torna a rivolgersi alla plancia di comando, per spingere rotori
e propulsori al massimo.
Quello
che non può vedere è che le mie dita sfiorano appena il
gancio a cui sono ancorate le manette. Che non è resistente al
FuocoFatuo.
“Ecco,
Stark, questo era quello che intendevo.”
“Abbiamo
appena fatto la solita magra figura da maschi incapaci? D'accordo:
mollo tutto e faccio il casalingo disperato."
"Potreste
smettere di fare battute idiote e muovere le chiappe, se non vi è
troppo disturbo?”
“Oh
d'accordo Capitano, va bene!Oh, Thor!" Si rivolge a lui,
vedendoselo atterrare di fianco, "Riesci a creare un mulinello
d'aria grande come quest'area?"
"Certo."
"Bene,
abbiamo bisogno di un bel twister che tagli fuori il resto della
città, e che ci lasci nell'occhio del ciclone: farà da
cassa di risonanza per il suono e ne aumenterà l'intensità
del volume."
Lui
annuisce e inizia a roteare il Mjolnir: "Consideralo già
fatto" conferma, volando in cielo.
“Ragazze,
non per mancanza di fiducia” interviene Natasha all'auricolare
“Ma quale orribile morte state cercando, tra le varie
possibili?”
Il
Quinjet si è lanciato contro il il tripode e ruota attorno a
lui con la musica a tutto volume. Inizialmente Ultron sembrava quasi
non farci caso, ma dopo pochi secondi e un riff di chitarra aveva
iniziato a mostrare segni di fastidio e a muovere uno dei bracci
meccanici per toglierselo di dosso come se fosse una mosca
fastidiosa.
“Natasha,
com'è la tua visuale?”
“Piena
e pulita, Addison.”
“Le
nostre strumentazioni fanno di nuovo le bizze. Dovete avvisarci voi
quando lo scudo è abbassato, o quando è il caso che
sloggiamo.”
“D'accordo.”
“Onde
EMP.” Banner si è liberato dei vestiti e ha assunto la
posizione del loto, occhi chiusi e aria concentrata: “Emette
onde EMP, per questo le apparecchiature di ogni genere smettono di
funzionare.”
“Si
può fare qualcosa per contrastarle?”
“Beh,
a parte abbatterlo no. Però pensavo ci teneste a saperlo.”
IronMan
compare dalla strada, volando sopra il cornicione: “Hey
Bruce, ma non era meglio convertirsi al rastafarianesimo?"
Nella
strada principale Steve direziona due camion verso una laterale:
“Cerchiamo di formare un semicerchio attorno a lui!” Urla
alla squadra di pompieri. Il capitano gli si avvicina per
comunicargli la direzione delle altre: “Stanno arrivando i
rinforzi, ma sono bloccati dal traffico. Non abbiamo i vostri mezzi,
signore, non eravamo pronti a questo.”
“Neppure
noi. Ma l'improvvisazione è il nostro forte.” Portate il
maggior numero possibile di unità fuori da questa via,
dislocatevi lungo le strade laterali, pronti a fare dietrofront.
Cercheremo di circoscrivere l'aerea d'interesse. E quando vedrete
l'Hulk – e lo vedrete – lasciate le vostre posizioni più
in fretta che potete.”
“Stai
tranquillo Capitano. Il Profeta cantava di alzarci per i nostri
diritti, ed è nostro diritto difendere la nostra terra!”
Steve
piega la testa di lato: “Non ricordavo che Gesù abbia
mai cantato...”
“Fratello,
io e te non parliamo dello stesso Profeta.”
“Oh
beh, allora...” Si alza in piedi e salta sopra il tetto di una
camionetta e urla: “Al mio segnale voglio le sirene spiegate al
massimo!"
Ai
limiti dell'atmosfera, tra le nubi che si addensano, Thor direziona
il Mjolnir a disegnare il cerchio perfetto del turbine. Fa alzare il
vento, lo compatta, ne aumenta l'intensità e lo rafforza con
l'acqua del mare: l'uragano diventa una barriera che forma un
perimetro tra l'area d'azione ed il resto di Kingston.
Se
Ultron volesse, potrebbe valicarlo senza problemi - l'ha già
fatto a Bogotà senza grossi problemi - ma il Quinjet vola
radente attorno a lui a stordirlo con gli altoparlanti.
La
mosca che infastidisce il gigante.
Da
terra, il Capitano urla l'attacco ai pompieri: le sirene si levano
alte e rimbombano nel vortice del vento.
"Hill,
rapporto dal Quinjet"
"Nessun
problema di pilotaggio, Direttore." Risponde velocemente:
"L'uragano non interferisce con i sistemi di direzione. E Ultron
pare accusare il bombardamento di onde sonore."
"Bene,
ottimo. Da qui non possiamo far nulla, siamo completamente tagliati
fuori, siamo impossibilitati a darvi supporto."
"Ce
la caveremo da soli - Figliodiputtana!
- non intendevo lei
Signore, chiudo comunicazione."
TAC!
L'anello
del primo gancio si stacca e rotolo attaccata ad un solo braccio sul
pavimento, in balia delle violenti virati della Hill: "E se ti
dicessi che mi sta venendo il vomito?"
"Cazzi
tuoi." Altra virata. "Devo portarmi più in alto"
Avvisa alzando il muso del Quinjet verso il cielo.
No.
No. NO! Perdo
aderenza, scivolo lungo il pianale del Quinjet e resto appesa come un
salame all'unico gancio bastardo
che non si è
ancora deciso a cedere, trascinata verso il basso dalla gamba di
metallo pesante. Deprimente.
"Lo
scudo si sta affievolendo!" Avverte
Stark e Natasha gli fa eco gridando di allontanarci.
Ok.
Ultima chiamata per GreyRaven.
"POSIZIONE!"
Urlo a Maria. "Siamo sopra di lui?"
"Sì!"
Perfetto.
Frugo nella tasca della tuta, trovo il Crioinettore e premo lo
stantuffo la prima volta. Il Led passa da azzurro ad arancione. Lo
stringo tra i denti, lancio un'ultima, piccola fiamma al gancio che
finalmente si rompe, e finalmente scivolo verso il portellone sul
fondo.
"CHE
CAZZO STAI FACENDO?"
Raggiungo
il pulsante di apertura manuale e ne apro il coperchio: "Trasloco"
rispondo prima di premerlo.
Il
portellone si apre sotto i miei piedi.
"BORGO!"
"ADDISON!"
Natasha per poco non cade dal cornicione, dallo slancio con cui si è
gettata in avanti. Bruce interrompe il suo pranayama
per afferrarla per una caviglia e trattenerla.
Sull'edificio
di fronte Clint trattiene il fiato.
Nella
strada, il Capitano urla.
A
mezz'aria IronMan spinge i propulsori al massimo e si getta contro
Ultron.
Se
lo scudo non è abbastanza attivato, ci sbatterò contro
e creperò fritta dal suo campo di forza.
Beh,
potevo anche pensarci prima.
Ed
invece - SDENG! - La gamba di metallo colpisce la testa schiacciata
del tripode, prima di perdere aderenza - manderò un richiamo
alla casa madre - e scivolare miseramente lungo le squame sottili.
Capendo
di aver abbassato troppo la guardia, Ultron mulina le braccia
meccaniche e fa vibrare le squame: da come IronMan, lanciato alla
massima velocità, impatta e viene scagliato via da una forza
invisibile capisco che lo scudo è nuovamente attivo.
Cerco
di aggrapparmi con le dita, con il piede sano e quello ingabbiato nel
tutore di metallo, ma per scacciarmi di dosso il tripode piega la
testa in avanti ed in un attimo mi ritrovo a scivolare nel vuoto.
Trovo
un ultimo, disperato appiglio: è il bordo superiore del suo
unico occhio acceso, che ruota e focalizza completamente su di me:
-
Ultron.
Sì
lo so chi sei.
-
Morte.
Grazie,
ci hanno già presentati.
-
Ritorna.
Supponevo,
vista la situazione.
-
Non te sola.
E
nella mia mente ricompare lui, Loki, con quel sorriso mellifluo che
ho sempre adorato e che dovrei detestare più di ogni altra
cosa al mondo. Ed il suo abbraccio nella cella di Asgard ed il suo
bacio di nebbia gelata fuori dalla Tower, ed il suo sguardo cupo o
triste, ed i suoi occhi brillanti di attesa o gioia - perché
Hela lo sta chiamando papà
e lui sorride e la
prende in braccio, e lei ride battendo le manine, che poi allunga
verso di me e...
...ed
io stringo gli occhi, mi strappo il Crioinettore dai denti e pianto
l'ago al centro dell'occhio.
Eh
no, figlio di puttana, passi il mio pianeta ma loro due non me li
tocchi.
E
premo lo stantuffo.
Il
sibilo di dolore di Ultron è un ultrasuono nella mia testa che
mi frigge il cervello. Si divincola talmente tanto che non riesco a
mantenere la presa e vengo scagliata come un sasso dalla fionda,
all'indietro, fuori dal campo di forza disperso insieme agli ultimi
brandelli dell'uragano.
Il
mio braccio manca di un soffio quello di Thor, teso per afferrarmi,
ed il mio volo continua.
Clint
incocca una freccia cablata, calcola velocità e direzione ed
anticipa la traiettoria di volo - meglio ancorata per una caviglia
che sfracellata a terra - pensa prendendo la mira, ma è Stark
che la intercetta afferrandola per un braccio e tirandosela addosso.
"PRESA!"
Urla all'auricolare.
Clint abbassa la freccia e guarda Natasha, il sospiro di sollievo è
talmente visibile che lo fa sorridere: "Toglimela
dalla vista, prima che le spacchi la testa con le mie mani"
Ringhia.
"Devo
farlo, è svenuta."
"Attento
che vomita" Ricorda Barton.
Dalla
strada il Capitano richiama la loro attenzione: le camionette hanno
iniziato a bombardare le gambe del tripode con getti d'acqua: le
uniche armi a loro disposizione.
Inutili
nel caso di piena potenza del tripode, ma che sembrano fargli perdere
stabilità ora. Ultron scuote la testa ad una velocità
impressionante, come se stesse cercando di liberarsi da qualcosa di
fastidioso. Non dimostra più la stessa coordinazione nei
movimenti, ed un attacco che cerca di lanciare risulta goffo ed
impreciso: manca completamente il bersaglio e lo fa sbilanciare di
lato, andando a colpire un edificio facendolo sgretolare.
"Il
muco della Hill ha un potenziale davvero distruttivo." Commenta
ammirato Bruce avvicinandosi alla balaustra per godersi lo spettacolo
di fianco a Natasha: "Stark, torna alla svelta, abbiamo bisogno
delle rilevazioni di J.A.R.V.I.S."
"Un
momento, sto sistemando la Cornacchietta kamikaze."
Incoccando
una freccia al plasma Clint propone un test sul campo: il dardo
sibila dall'arco e si conficca nella giuntura tra una delle gambe del
tripode e la sua base d’appoggio. L'esplosione non lo danneggia
ma lo destabilizza ulteriormente: "Scudo
completamente disattivato, possiamo colpirlo!"
"Il
tempo delle tattiche è finito." Thor gli atterra davanti,
mentre Cap fa sgomberare velocemente la strada dalle squadre di
pompieri. Alza il Mjolnir al cielo ed un fulmine lo attraversa. "E'
giunto il tempo del fuoco." Il Quinjet si riposiziona alle
spalle di Ultron con i mitragliatori sfoderati: "E
fuoco sia."
"Sto
tornando, lasciatemene un pezzettino!"
Natasha
si allontana dal parapetto ed imbocca le scale: "Bruce, è
meglio se abbandoniamo l'edificio, siamo su una possibile traiettoria
di caduta. Banner? BANNER!" Si volta e ritorna sui suoi passi:
Bruce è ancora al suo posto e sembra molto restio ad
andarsene.
"...pensavo..."
"Prima
yoga e ora anche filosofia?"
"...è
che sono stato molto bravo a trattenere l'Hulk, a non farlo…
esplodere."
"Ti
daremo un dolcetto per questo, andiamo."
"Però
ora ecco io..." Guarda Ultron avvolto dal fumo dei colpi,
crivellato dalle mitragliatrici del Quinjet, azzoppato dalle frecce
esplosive di Clint e fulminato dai colpi di Thor. IronMan interviene
in tempo con un grappolo di razzi. "Qualcuno dovrà pure
smantellarlo a cazzotti, no?"
Natasha
alza le braccia: "Fai quel che vuoi. Io con Morsi e pistole non
posso che godermi solamente lo spettacolo, a questo punto."
"Lo
picchierò anche per te."
"Sei
molto dolce. Ora, se non ti spiace, vado."
"Sono
tipo i fuochi d'artificio del 4Luglio, ma più soddisfacenti."
Il
tetto dell'Hotel Hilton, vuoto dall'evacuazione preventiva, è
un punto d'osservazione perfetto e comodo: entrando, Natasha ha
saccheggiato un mobile bar improvvisando due Margaritas e Steve si è
premurato di portare con sé un paio di sdraio dalla piscina
per sistemarli vicino al parapetto.
Si
siedono con sospirando di sollievo, si slacciano e lanciano via i
rispettivi anfibi e si concedono un lungo sorso di cocktail.
"Buono,
complimenti."
"Grazie."
Il
cielo è tornato limpido e sgombro.
In
lontananza, Ultron cede e crolla a terra in una nuvola di polvere e
fumo.
L'urlo
di vittoria dell'Hulk arriva sino a loro. Natasha e Steve si danno il
cinque.
"Ma
Tony " domanda lui: "Dove ha appoggiato Addison?"
Natasha
alza una spalla: "Me lo stavo chiedendo anch'io. Ha detto solo
che sarebbe stata curata e al sicuro."
"In
ospedale, forse?"
"Probabile.
Vado a cercare dello champagne per quando arriveranno anche gli
altri."
Caldo.
Profumo
di salsedine.
Rombo
gentile delle onde.
Sole:
un raggio mi stuzzica la palpebra e devo voltare la testa per
schivarlo.
Sono
viva?
Mi
fa male dappertutto, sono completamente a pezzi. Solo il muovere il
collo mi fa scappare un lungo gemito.
Sono
davvero viva?
"Si
sta svegliando!" Esclama una voce allegra con un accento
musicale. Apro appena gli occhi: Un sorriso bianchissimo e perfetto
incorniciato da una cascata di splendidi dreadlocks. Pelle nerissima,
lucida, pettorali in vista e occhi brillanti.
Ok,
sono morta e questo è il paradiso.
E
ce ne sono altri due!
Lo
sapevo: Il paradiso è bellissimo e pieno di figoni. Si fottano
gli Inferi.
"Ciao..."
Mormoro tentando di riprendermi un po'.
Il
sorrisi si allargano: "Sono Jazz." Si presenta il primo.
"Questi sono i miei amici.”
“È
bello avere degli amici" è la mia insensata risposta.
Loro scoppiano a ridere; poi Jazz mi prende in braccio e inizia ad
incamminarsi sulla spiaggia: "IronMan ti ha portato da noi
perché avessimo cura di te."
Bravo
Stark, tu sì che sai come farmi star meglio.
"Siamo
medici specializzandi, anche se al momento lavoriamo in un resort
turistico anziché in ospedale."
Non
ero proprio in vena di giocare al dottore, ma se insistete...!
"Ti
abbiamo medicato le escoriazioni e somministrato un antidolorifico,
ne avevi proprio bisogno! Ma ora andiamo" No,
perché? "Il
robottone è stato distrutto, c'è aria di festa in
città!"
Il
Capitano dei Pompieri batte sui bonghi:
"Il Profeta aveva cantato!"
"Aveva
canta-aa-to!" Gli
fa eco il resto della squadra, chi strimpellando la chitarra, chi
battendo le mani.
"Che
Dio sarebbe venuto dal cie-ee-lo!"
"Dal
Cie-ee-lo!"
Banner
si è rivestito e segue Stark tra la folla festante. Clint ha
improvvisato uno stage diving da un autobus capovolto e viene portato
in trionfo a braccia. La Hill ha preferito portare il Quinjet
sull'Helicarrier, a ricevere il plauso del resto dello SHIELD.
"E
lui c'èèèèè!!!"
"E
LUUIII C'EEEE'!!!"
"Sì,
ci sono!" Saluta Tony, occhiali da sole inforcati e sorriso a
trentadue denti.
"Non
stanno parlando di te." Suggerisce Bruce indicando un punto
verso cui tutti sembrano rivolti. Passano oltre un gruppo di
musicisti improvvisati e si ritrovano davanti alla caserma dei
pompieri: In mezzo ad un piccolo spiazzo tra la folla, Thor è
seduto con una birra in mano tra due bellissime ragazze intente a
riempirlo di dreadlocks; li guarda sorridendo e alza una spalla:
"Hanno tanto insistito!"
"E
non ti sei tirato di certo indietro."
"Sarebbe
stato villano da parte mia!" Alza lo sguardo verso una ragazza,
che contraccambia con un sorriso: "Non so se puoi comprendermi,
Tony."
"Chi,
io? Ah, proprio no. Beh, cerca di non portarti a casa delle malattie
veneree o un paio di figli illegittimi: non sono certo che Xena
approverebbe. Andiamo, Bruce, sei ancora mezzo nudo e troppe ragazze
ti stanno osservando: non vorrei vedermi costretto a dover difendere
anche la tua virtù."
Siamo
a -3 (Epilogo compreso). Ed il robottone è finito, finalmente!
Ma
non i guai, in teoria!
E
poi ora abbiamo un Ras-Thor!
Ad
ogni modo, voglio come sempre ringraziarvi per la pazienza con cui
state seguendo questa storia e porgo le mie scuse per non riuscire ad
essere così puntuale come prima.
Grazie,
Grazie, GRAZIE.
E
a tal proposito ne approfitto di questo piccolo spazio per postare il
link al CAPOLAVORO di Erza Chan: il
TRAILER a TS:H.
A
lei, e a tutti coloro che hanno seguito questa saga e hanno
partecipati attivamente con fanart, fan video e scleri vari va il mio
GRAZIE speciale.
Come
sempre, per ogni quisquilia c’è ask.
Per tutto il resto c’è MasterStark.
Noi siamo impegnati in un
gioco che non possiamo vincere.
Certi fallimenti sono migliori
degli altri, questo è tutto.
[George Orwell, 1984]
Il corpo del Generale fuma ancora, in mezzo agli ultimi gemiti di agonia
degli altri. Camminando tra i cadaveri smembrati, Mentore non prova neanche una
briciola di rimorso per aver lasciato che la sua furia facesse scempio delle loro
carni: che il fallimento, nel progetto Ultron,
sarebbe stato pagato a carissimo prezzo era un avviso che più volte aveva ripetuto.
Tuttavia la sua rabbia, dopo l’iniziare esplosione, era andata via via scemando: gli ultimi li aveva massacrati più per compiacere
la Morte e dimostrarle il suo asservimento.
Nella penombra della stanza fredda, Lei si compiace del suo operato: eppure non è
ancora sazia, né tantomeno soddisfatta.
L'agonia dell'ultimo scienziato ancora in vita smette nell'istante in
cui gli accarezza la guancia madida di sudore e sangue.
Poi, semplicemente, sparisce, per andare a reclamare il suo ultimo
debito.
Il neon sfarfalla, ritorna a funzionare.
La base resta completamente silenziosa.
“D'accordo, Principessina: almeno uno dei due deve dormire e tu sei la
prescelta.” Darcy solleva Hela
da terra – la testina mora ciondola su una spalla – e le asciuga il naso dal
filo di moccio che esce dalle narici. Sul tappeto del salottino, invece, Howie continua la sua rumorosa opera di distruzione
suppellettili dribblando sapientemente i pedagogici tentativi materni di
contenimento.
Jane se l'è data a gambe da un po' – probabilmente sarà nascosta da
qualche parte con la scusa del monitoraggio di un qualche pianeta appena
scoperto – e Darcy è più che conscia che sia stata la
più furba delle tre.
Anche se, non ha problemi ad ammetterlo, BabyBorgo
quando non è in compagnia del moccioso Stark è un
pezzo di pane.
Infila le ditina nelle ciocche di capelli di Darcy e le attorciglia. Non tira, non fa male,è semplicemente un antistress.
Darcy la porta nella sua stanza, dove ha allestito
un piccolo 'Angolo Hela'
con una brandina e tre sedie a fare da sponda, e la appoggia dentro al nido di
cuscini e coperte restituendole il ciuccio. Hela
cerca di lottare contro la sonno per non lasciarla andare via, ma si arrende
dopo pochi secondi. Lascia lentamente la presa mentre Darcy
la copre: “Già così presto, Principessina?” Commenta con una mezza risata: “Ed
io che volevo cantarti qualcosa per farti dormire...”
Accende la ricetrasmittente e la appoggia su una delle sedie vicine al
viso della bimba: “Se permetti, tata Darcy deve
finire di leggersi Allegiant,
prima di fare la nanna.” Controlla un'ultima volta che stia effettivamente
dormendo, prende il suo e-book e poi esce dalla stanza con l'altra
ricetrasmittente in mano.
Non si accorge del calo di temperatura.
Fury mi fissa in silenzio.
Senza battere ciglio.
Da circa venti minuti.
Poi si alza dalla sedia di fronte alla mia lettiga ed esce dalla stanza.
Quando Natasha entra sto ancora tremando: “È
stato orribile.”
Mi passa una mano fra i capelli e porge un sandwich al pollo: “Immagino”
sussurra comprensiva: “La gamba?”
“L'antidolorifico è in circolo; è manna dal cielo, davvero.” Scarto il
sandwich e ne mordo un boccone, Natasha prende posto
sulla sedia- in calzoncini e maglietta
è decisamente meno inquietante di Fury – e fa lo
stesso con il suo. “Il medico dice che non l'ho aggravato più di quel tanto, se
si escludono di legamenti stirati; pensavo di peggio. Che ore sono?”
“Quasi l'una di notte, dovremmo metterci anche noi a letto: Bruce lo è
di già da un pezzo e Clint mi ha dato una di quelle occhiate che... beh, sai.”
“E allora perché sei qui?”
“Ciclo.”
“Oh!”
“Già. Mentre eri impegnata a rifarti il gesso Tony ha parlato con Pepper: ad Hela è spuntato un
dentino nuovo e ha dato un ulteriore due di picche a Stark
Junior.”
Amore di Mamma: “Sono così orgogliosa di lei!” Pigolo fingendo di
asciugarmi le lacrime agli angoli degli occhi. Poi chiedo a Nat
di passarmi la mia tuta lacera e trovo nella tasca interna l'immagine
spiegazzata dell'ultima conversazione su Skype. Hela ha le manine piantate sul tavolo e i capelli ribelli
sparsi per aria. La bocca è aperta in una O – se non ricordo male sta urlicchiando di piacere – e Darcy
alle sue spalle sembra trattenere a fatica il suo entusiasmo.
Che strana sensazione.
Qualcosa che non provo da quell'incidente in automobile - che incidente
non era – in cui sono morti i miei genitori.
Una sensazione di appartenenza.
Ho voglia di vederla.
Guardo l'immagine sgranata, ricordo il suo profumo ed il suo modo goffo
di provarmi ad accarezzare – mani paffute umide di saliva e completamente
scoordinate - studio i suoi lineamenti e cerco di comprendere come sia
razionalmente possibile che abbia sviluppato un tale attaccamento nei suoi
confronti, che non l'ho portata per nove mesi dentro di me, né desiderata o
cercata; L'ho praticamente ripudiata ed ora non vedo l'ora di ritrovarmela
davanti.
“Certo che Darcy poteva anche mettersi in un
posto più illuminato” Commenta Natasha.
Sto per spiegarle che si tratta solo di un problema di connessione
quando mi accorgo di una cosa: è solo Hela ad essere
in ombra, Darcy è illuminata completamente dal sole;
addirittura strizza gli occhi abbagliata. Sulla bambina, invece, pare incombere
un cono d'ombra. Che pare quasi avere una forma umana.
Sarà sicuramente Jane. O Pepper, cerco di convincermi e
soffocare l’inquietudine.
“Tutto bene?” domanda Nat. Vorrei annuire, ma
non riesco a mentirle e scuoto la testa. Lei segue il mio sguardo sulla foto di
Hela, poi si siede sulla lettiga e mi fissa
direttamente negli occhi: "Loki?"
"No, non le torcerebbe mai neppure un capello, di questo ne sono
sicura."
"Pensi che possa portarla via?"
Alzo le spalle: "Non credo. È qualcos'altro. Non lo so, è... un
brutto presentimento, un istinto, ecco."
Lei da un buffetto nella guancia e mi invita a dormirci su: "Fatti
una bella dormita, Adie, che la stanchezza porta
brutti pensieri." Mi sforzo di annuire e mi accomodo il cuscino mentre lei
finge di rimboccarmi comicamente le coperte per tranquillizzarmi. Quando esce
lascia accesa solo una piccola lampadina: "Per i brutti pensieri." Spiega
con una mano sul pannello d'entrata: "Odiano le abat-jour accese."
.
Il secondo attacco dei demoni alati alle arpie è più forte del
precedente: sfondano la prima linea della formazione facendole precipitare nel
vuoto e ne disperdono la seconda, dirigendo l'attacco ad Erzsebet.
Le guardiane più vicine alla Regina si chiudono a proteggerla, ma non possono
evitare lo scontro diretto.
Dallo sperone su cui stanno combattendo, Amon
si sbarazza del suo avversario e cerca con lo sguardo la moglie, poi alza
entrambe le braccia per raccogliere e direzionare il potere della Gemma
dell'Anima in suo soccorso.
Questa volta, la Gemma non brilla nemmeno.
Resta per un istante interdetto e prova di nuovo a disegnare con le mani
ampi cerchi nell'aria bruciante: sembra quasi il comico direttore di
un'orchestra che si rifiuta di suonare. Prova ancora.
E ancora.
Al suo fianco, Loki lo sta già osservando da
qualche secondo, appoggiato alla lancia con l'aria più tranquilla del mondo.
Quando il Re degli Inferi gli rivolge il suo sguardo dorato, arrossato dal fumo
della battaglia, la Gemma sulla sua corona si scioglie completamente
inondandogli la fronte e accecandolo quell'istante che basta per permettere a Loki di saltargli addosso e scaraventarlo a terra
puntandogli la lancia alla gola.
Con la schiena sulla nuda roccia e la lama a graffiargli la giugulare,
anche Amon si permette un ghigno ironico: “...ed io
che mi guardavo alle spalle.”
“Saresti dovuto essere più attento.” Lo deride Loki.
Rivolge il suo sguardo verso le Arpie sopra le loro teste, in netto svantaggio
numerico: Erzsebet sta cercando di guidare una
disperata difesa: “Morirà tra poco. O forse la prenderanno in ostaggio i tuoi
nemici: non so quale delle due alternative augurarle.” Preme di nuovo la lancia
sulla gola, il volto deformato dal ghigno sadico che non tiene più a freno:
“Chissà cosa le faranno, prima di restituirtela.”
Amon, invece, ostenta sicurezza: “Si ucciderebbe con le
sue stesse mani prima che accada."
“E tu la lasceresti fare? Convivresti con il rimorso di non averla
salvata?"
“Oh, Loki, io convivo con un sacco di cose. E
lo faccio molto meglio di te.” Erzsebet urla,
sbalzata dalla sella della sua arpia, e per un attimo la maschera di
impassibilità del Re si incrina: “Tuttavia... hai già dilaniato il mio Regno,
ora minacci di far dilaniare la mia Regina. Sarebbe decisamente un po' troppo,
forse anche per me. Sono interessato la tua offerta.” La mano sinistra di Loki lascia la presa della lancia e si apre: sul palmo
prende forma la vera Gemma dell'Anima. Amon storce la
bocca: “Questa è decisamente l'originale, la sento pulsare...! Come ho fatto ad
essere così stolto da precipitare nel tuo inganno?
“Perché le mie abilità sono
ampiamente provate” Sogghigna Loki "Non esiste
uomo o demone, nell'Universo, che possa resistere ai miei inganni, se io
decido che sia così."
“E quasi ti ammiro per questo.
Per quanto ora lo trovi davvero fastidiosa. Ma dicevamo: il prezzo?"
“La nomina.”
“Di Hela?”
“E chi altri?”
“Tutto qui? E come posso fidarmi? La tua parola?” Amon
alza un sopracciglio, scettico, piega la testa di lato: “Davvero?”
“Hai alternative?”
“Tu?”
“Se non nomini Principessa mia figlia, essa morirà per mano di qualcuno
– Odino o i giganti di Muspel, demoni o Titani non
importa. Se ti uccido, essa morirà comunque. Non ho alternative, ma tu ne hai
una: rendi ora mia figlia tua Erede, e avrai il potere della Gemma che
salverà la tua sposa e gli Inferi interi su cui governare.”
“E la tua, di sposa?”
Loki deglutisce, chiude per un istante gli occhi e poi li
riapre, più determinati di prima: “Io non ho una sposa a cui badare, ho una
figlia.”
"Direi che è abbastanza" Re Amon
alza gli occhi: “E sia, dunque.”
C'è freddo. Hela si raggomitola tra i cuscini
stropicciando e arrotolando il lenzuolo che la copre.
E c'è anche qualcuno, nella stanza, ed è qualcuno che la osserva e le
impedisce di dormire bene. La ricetrasmittente sulla sedia ronza e si spegne, Hela si strofina gli occhietti mettendosi a sedere:
"Pa-pà?" Balbetta, guardandosi attorno. Sbatte le palpebre e il buio
che da impenetrabile si schiarisce alla sua vista dorata. Cerca il letto dove
dorme Darcy, trovandolo vuoto con il tavolo da notte
sgombero dalla solita montagna di fazzoletti e bicchieri d'acqua vuoti e
protesta con un mezzo singhiozzo; quando cerca di mettersi in piedi
appoggiandosi allo schienale della sedia perde l'equilibrio e rotola a terra
trascinando con sé una cascata di cuscini e sbattendo la testa sul tappetino
del pavimento. Non fa male, ma il colpo era inaspettato, ed è tutto così freddo
e strano, brutto. Scoppia a piangere.
Nell'angolo più lontano della stanza, il buio si condensa in una nuvola
nera che gli occhi della bambina non riescono a fendere.
Aumenta l'intensità del pianto con quella del freddo e l'avanzare
dell'oscurità dall'angolo della stanza.
Tra le lacrime intravede un volto pallido nel buio e allunga le braccia
per farsi prendere in spalla, ma le ritrae subito quando non riconosce nel
volto nessuna famigliarità: "Mam-ma?"
Il viso non risponde. Seguita a flutturare
nella nuvola nera che sta prendendo il sopravvento nella stanza.
La bambina trema così tanto da non riuscire neppure più a piangere
forte.
"Io, Amon Ba'al Hammon,
Sovrano del Limbo e Protettore delle Porte dell'Oltremondo,
successore di Astaroth e figlio di
Dalla nuvola di buio è comparsa anche una mano bianca. Ondeggia davanti
agli occhi dorati della bambina, calamitandole l'attenzione e cessandone il
pianto.
"Comandante delle Quaranta Legioni dell'Anticamera degli Inferi,
Settimo Spirito di Goetia, Conduttore di Avidità,
Conoscitore del Passato e del Futuro, Riconciliatore dei Nemici..."
"Ne hai ancora per molto?"
"Un po' di pazienza, amico mio, è una formula complessa. Dicevamo: Riconciliatore
dei Nemici e Dissipatore di Amicizie, Induttore e Vanificatore
di Passioni "
Il freddo della mano bianca è percettibile anche senza che la sfiori
realmente: Hela ne è completamente ipnotizzata.
"Attraverso il mio sangue e la mia voce, eleggo mia unica Erede ,di
titoli e possedimenti, Hela di Niflheim,
figlia di Loki e di Addison, Duchessa del
Limbo."
Le dita sono quasi sulla sua guancia, a tergerle le lacrime con la sua
carezza fatale.
"Sia la Principessa Hela consacrata al
dono della Vista che fende le Tenebre, del Fuoco Fatuo e della Lunga
Giovinezza. Sia la sua vita prospera, e la sua anima immunhe
al tocco diretto della Morte."
E la mano evapora sul viso della bambina. Il volto bianco ed impassibile
si contrae in una smorfia di sgomento e si sfalda.
La nuvola di tenebra svanisce, portando con sé il freddo.
Hela sbatte le palpebre una, due volte, riprende la
mobilità dei suoi muscoli.
E poi scoppia di nuovo a piangere.
"Fatto."
"Veramente?"
Amon annuisce e Loki dopo un
istante di esitazione lascia cadere a terra la lancia e la Gemma, che il Re si
affretta a recuperare, accasciandosi sulle ginocchia. "È finita"
mormora, sentendosi improvvisamente esausto e privo di forze.
Si lascia cadere all'indietro, sulla viva roccia nera della Voragine,
con gli occhi che pungono. "È finita."
Amon guida la carica finale delle sue Legioni stringendo
la Gemma luminescente tra le dita.
"È finita."
Hela è salva, Hela è al sicuro.
La sua bambina ha un futuro davanti che nessuno potrà strapparle via.
Almeno in quello non ha fallito.
Tutto attorno, i Demoni di Amon ed Erzsebet esultano alla vittoria e sollevano i sovrani a
braccia, portandoli in trionfo urlando.
Per la prima volta dopo tanto tempo, Loki
sente il nodo allo stomaco sciogliersi ed il sollievo diffondersi nel corpo.
Scoppia a ridere ed in singhiozzi nello stesso momento: "È finita."
Davanti al riflesso di pannello lucido della Sala Mensa, Thor scrolla di
nuovo la corolla di dreadlocks e li osserva ricadere
sulle spalle con un ghigno soddisfatto: "Mi piacciono!"
"Non si era capito" Bofonchia Clint ficandosi
in bocca il quarto panino della serata: "Sei peggio di Natasha
quando esce dal parrucchiere."
"Come, scusa?" Parlando del diavolo, eccola comparire
da uno dei pannelli d'entrata, avvicinarsi al tavolo di Clint e rifilargli un
pizzicotto dietro alla nuca che gli fa andare di traverso il panino davanti
allo sguardo divertito del Capitano. Poi si serve dal sacchetto dei sandwich,
rimproverandoli di aver finito tutti quelli al tacchino.
"Colpa di Stark. Trovava divertente
seguire Fury sbriciolando sulla plancia di
comando." Risponde il Capitano "Me ne è rimasto un wrap vegetariano, vuoi?" Lei dimostra interesse e
Steve le chiede anche notizie di Addison.
"Si è risvegliata, sta meglio ma sostiene di avere brutti
presentimenti su Hela."
Thor si volta di scatto, un nugolo di dreadlocks
che si apre in una coreografica aureola: "Che intendi?"
"Ma nulla, è solo stanca e quando si è stanchi si pensa male. E poi
è un po' italiana e si sa, le madri italiane sono ansiose."
"A GreyRaven: Dal Bondage
al Bonding in un mese" Ridacchia Clint, alzando
la bottiglia di Birra. Natasha fa lo stesso con la
sua, apprezzando la battuta.
"Se posso aiutarla a placare questo suo stato, posso precedervi a
Nevada Field. Anch'io sono impaziente a rivedere mia
nipote."
Natasha alza un sopracciglio: "E...?"
"...e basta!" Thor incrocia le labbra avendo cura di
accompagnare il suo diniego con una vibrante scrollata di dreadlocks.
"Niente esibizione di treccine a qualcuna?" Insiste "Sai
che staresti meglio se te li legassi in alto? Credo che potresti avere ancora
qualche possibilità con..."
Lui alza una spalla e fa un gesto di disinteresse con la mano. Appena
gli altri girano l'occhio, però, si passa una mano tra i capelli per
raccoglierli e torna a specchiarsi.
Con le strumentazioni di nuovo funzionanti Nevada Field
è ritornata a pieno regime. Selvig è riuscito
addirittura a farsi sentire via skype paventando un
suo ritorno il prima possibile, gettando un'ombra di sconforto tra alcuni degli
scienziati: "Vacanze finite" aveva commentato uno di loro "Se
vacanze si potevano chiamare con la dottoressa Foster in perenne crisi
isterica." Gli aveva fatto eco una compagna.
Dal canto suo, Jane aveva fatto spallucce e ripreso il suo lavoro: unico
rammarico, non aver potuto raccogliere dati audio e video degli ultimi stravolgimenti
atmosferici.
"Si saranno verificate anomalie spazio temporali più uniche che
rare, e noi non abbiamo uno straccio di rilevazione" si lamenta con Darcy: "Quando ricapita un alieno in grado di
sconvolgere il magnetismo terrestre?!"
"Mah, vedendo la media negli ultimi anni, non escluderei un panel al Comic-Con."
"Ormai questo pianeta è diventato un porto di mare" concorda Pepper con un sospiro.
"Ma noi lo abitavamo prima che fosse mainstream.
Tisana?"
"Grazie, Darcy."
"Anche per me." Guarda fuori dalla finestra: "Malva e
Verbena, grazie."
"Uh! Il dottor Banner ha fatto scuola... adesso la bevi in suo
onore?"
"No, è che ho bisogno di qualcosa di molto rilassante" Continuando a guardare fuori dalla finestra,
Jane si toglie lo scialle dalle spalle e lo getta furiosamente su una sedia:
"Anzi, no" ringhia inforcando la porta.
Thor non si è annunciato con fulmini o acquazzoni. Neppure con un
atterraggio 'a tonfo' come suo solito. Semplicemente,
attraversa il giardino con il Mjolnir in mano, in
jeans e maglietta dei Giants, come se entrare dalla
sua ex, al quale ha devastato la finestra della camera e scazzottato il suo
attuale ragazzo in versione Berserk, sia la cosa più
normale dell'Universo.
Jane praticamente abbatte la porta a vetri del giardino per andargli
incontro: "TU!"
"Ciao Jane."
"TU COME OSI!" Gli rifila uno schiaffo che rimbalza sulla
guancia e lo fa arretrare di un paio di passi: "PRESENTARTI QUI, COME SE
NIENTE FOSSE, DAVANTI AI MIEI OCCHI!"
"Jane, io..."
"STRONZO MENTECATTO ASGARDIANO!"
"...veramente io..."
"Adesso stai zitto e mi ascolti bene: ho detto che è FINITA tra di
noi, FINITA HAI CAPITO? Ho tutto il diritto di rifarmi una vita, e di
frequentare CHI VOGLIO e con chi MI FA STARE BENE!"
"Io non cercavo..."
"Oh sì, tu cercavi proprio lo scontro, bello mio, ti conosco. Devi
lasciarmi vivere, hai capito? Noi due non stiamo più insieme e non c'è modo che
possiamo tornare a frequentarci. E SMETTILA DI
SCUOTERE QUELLA CAZZO DI TESTA!" Si ferma,
strizza gli occhi, lo guarda bene: "Rasta? Ti sei fatto... i rasta?"
"Già."Risponde gettando la testa all'indietro: "Ed ora se
permetti..." La prende e la sposta di lato sollevandola: "Come sto
tentando di dirti da che son giunto, non era te che cercavo."
"Co-cosa?" Dopo un istante di
smarrimento Jane si lancia al suo inseguimento: "Che vorresti dire?"
"Son qui per mia nipote, Hela. Posso
domandarti dove si trova o sono di impedimento al proseguire della tua
vita?"
Le guance di Jane diventano bollenti per l'imbarazzo: "Io... ahem... ti domando scusa, davvero, è solo che..."
"Non ha importanza, ora."
"E' nella stanza di Darcy, terzo piano a
destra."
"Veramente è secondo piano a sinistra" la testa di Darcy - e lo schermo del suo Starkphone
- fa capolino dallo stipite della porta: "Vieni, Thor, ti accompagno io. Hey, i dreadlocks, uau! No-Asgard-No-Cry, possotoccarli?"
Il sorriso di Darcy quando apre la porta della
stanza con un 'Ta-daa!' si spegne quando trovano il
lettino vuoto. Accende di scatto la luce e Thor si getta a cercarla
scaraventando i cuscini e le copertine, aprendo le ante degli armadi
chiamandola a gran voce.
Ha già il mjolnir alzato per spaccare la
finestra e cercarla fuori quando Darcy si piega
abbastanza per trovarla raggomitolata in un angolo buio sotto la rete del
letto.
Thor lascia cadere a terra il martello ammaccando le assi del pavimento
e sposta la rete cercando di fare il meno rumore possibile. La prende in
braccio- lei si raggomitola ancora di
più su se stessa diventando minuscola nelle sue braccia- e sospira di sollievo.
Hela apre appena gli occhietti gonfi di sonno,
incontra i suoi, e allunga le manine sui dreadlocks.
Si riaddormenta immediatamente stringendo una treccina tra i pugnetti chiusi.
Darcy aggiorna il suo profilo Instagram.
Il 'Like' di GreyRaven
è praticamente immediato.
Questi ultimi capitoli sono
assolutamente dei parti.
Ci sto mettendo un’eternità- e vi assicuro, non è una cosa psicologica,
io non vedo l’ora di finire!.
Ad ogni modo, come sempre non
posso mancare di ringraziare per il seguito, per l’affetto e per le recensioni
a quest’ultima parte della saga…
GRAZIE grazie
e ancora GRAZIE!!!
Come sempre, rimando al mio ask per
qualsiasi questione e per tutto il resto c’è MasterStark.
Per questo è importante lasciare che certe cose se ne
vadano. Si liberino. Si distacchino. Gli uomini hanno bisogno di comprendere
che nessuno sta giocando con carte truccate: a volte si vince, a volte si
perde.
[Paulo Coelho – Lo Zahir]
Il modo in cui le ore diventano infinite,
quando si attende qualcuno con ansia, è una tortura.
Associato ad un costante prurito di una
gamba ingessata e costretta all'immobilità sul divano da quattro occhiatacce
della propria migliore amica, è paragonabile alla Maledizione Cruciatuspotteriana.
Di grazia che ho una discreta inventiva,
nel cercare distrazioni.
E qual è il modo migliore per distrarsi
quando hai davanti due notevoli figoni fisicamente
irraggiungibili?
"Mano destra sul rosso!"
Twister.
Benedetta sia la lista pressoché
illimitata di giochi nello StarkPhone con proiettore
olografico e benedetta soprattutto la mia capacità di convincimento - e la pena
che lo stato di inferma può suscitare - che ha indotto Clint e Steve a cedere e
a giocare per mio mero diletto visivo.
Steve si allunga per appoggiare la mano
sul cerchio rosso, Clint per fare lo stesso è costretto a scivolare sotto il
suo petto: "Capitano, non muovere un muscolo" Si raccomanda. Lui,
arcuato sulla schiena di Clint, alza lo sguardo e incontra il mio ghigno
divertito, arrossisce di colpo e brontola un: "Non mi piace questo
gioco" di generale disinteresse.
"Mi sento un po' come Cleopatra
davanti a Cesare e Marcantonio che litigavano per lei." Ridacchio con Natasha, davanti ad una birretta
fresca.
"Storicamente inaccurato, ma rende
l'idea. Mi lasceresti quello più basso?"
Faccio ruotare la lancetta segnacolori: "Piede destro sul verde!" Sbuffando,
Clint è praticamente costretto a fare una spaccata; e Steve a mantenere un
equilibrio precario per non cadergli addosso: "Se sopravvive."
"...Inizia a non piacere neanche a me
questo gioco."
"Io non dovrei, ma ammetto di
trovarlo avvincente." Tony si presenta nella stanza con un bicchiere di
scotch ed un ghigno divertito. Clint lo invita a partecipare, se gli piace così
tanto, e lui gli ricorda che è un padre di famiglia: "Non le faccio più
certe cose."
"C'è sempre una prima volta."
"Come siamo espliciti oggi,
Capitano!"
"Ok, perfetto. E dopo questo direi
che il gioco è finito." Steve si alza di scatto, abbandona uno stramazzato
Clint sulla proiezione olografica e si allontana con il cellulare in mano.
"Vai a chiamare la tua fidanzata, Rogers? Sensi di colpa?" Sorseggiando il suo scotch,
lo segue con lo sguardo attraverso il corridoio: "Hey!
Da quando in qua alza il medio? Ragazze, voi due esercitate una pessima
influenza sul Capitano."
"Ha fatto tutto da solo" Sospira
Natasha. "Si chiama esasperazione, ne sai
qualcosa?"
"Uhm, sì. A proposito, Addison, Pepper ha appena chiamato: saranno qui tra pochi
minuti."
"È un modo carino per dire 'metti via
la birra?'"
"Più un invito implicito a finirla
tutta d'un fiato. Ne avrai bisogno."
Mentre Maria spegne i motori
dell'elicottero mi chiedo se il rumore non l'abbia spaventata; ma quando i
portellone si apre ed Hela compare in braccio a Darcy ha le orecchie coperte dalle cuffie antirumore e
l'aria più tranquilla del mondo: con tutto lo scombussolamento di questi
giorni, probabilmente il viaggio in elicottero non potrà che essere sembrato
una gita fuori programma.
Pepper fatica a trattenere Howie
per una mano e lo lascia andare solo quando si rende conto che c'è Tony, ad aspettare
il suoMiniMecon un ginocchio a terra e le
braccia aperte vicino alla vetrata che ci separa dalla pista di atterraggio
della StarkTower.
Poi scende Thor - inzuccandosi contro il
portellone come al solito - e si volta a porgere la mano a Jane per aiutarla.
Bruce accoglie il gesto con un placido e
rassegnato "Ah"; poi inforca gli occhiali e cercando di non dare
nell'occhio scivola fuori dalla Lounge.
Lo noto a malapena, perché la mia
attenzione è tutta calamitata da Darcy, che si
avvicina alla vetrata con Hela in braccio,
togliendole le cuffie antirumore ed appoggiandola sul parquet d'ingresso:
"Guarda, Hela, guarda che c'è la mamma!"
E lo sguardo spaesato della bambina trova
il mio e si illumina.
Mi sorride - è come me la immaginavo - e
si mette a correre sculettando goffa, con le braccine
protese in avanti; schiva per un soffio l'angolo del tavolino, quasi inciampia su una piega del tappeto, ed infine arriva a
portata delle mie braccia: la sollevo e la stringo, lei ridacchia e mi afferra
i capelli -ahia- spostandosi sul grembo mi urta
la gamba -ariahia- saltellando di gioia mi rifila una
testata sul naso - gioia mia, ma sei
stata in un Osservatorio Scientifico o dal Maestro Miyagi?
- e il profumo di borotalco che mi ero sempre immaginata è più dicacca.
"L'emozione" Giustifica Darcy "Vado a cambiarla."
Vorrei fare io, ma tra gesso e stampella
sono piuttosto impedita: "Ti do una mano" Insiste Darcy:
"Ormai ci sono abituata, sono la sua tata preferita!"
Mi alzo dal divano a più riprese e le
faccio strada stampellando verso ilLair:"Davvero? La tua
tariffa?"
"Possiamo accordarci. Dopo che avrai
saldato gli arretrati.."
Ecco, lo sapevo che c'era la fregatura.
Dal mobile bar Clint versa un giro di
whiskey a Maria: "La tua ragazza mi sembra piuttosto presa con la bambina,
vedo."
"Già. E visto l'andazzo riproduttivo
della zona, mi toccherà bombardarmi di contraccettivi come un'eterosessuale.
Che tristezza!"
Jane lascia cadere il borsone a terra e si
guarda intorno: "Qualcuno ha visto Bruce?"
"Accidenti! Lite in famiglia per
caso?"
Nessuno ha - ovviamente - sistemato ilLair:
l'aria che entra dalla vetrata frantumata ha spinto le schegge ed i frammenti
contro la parete e asciugato le pozze d'acqua degli sprinkler dell'antincendio.
il bancone della cucina è così sgombro da sembrare fuori luogo e la brocca che
io e Loki avevamo urtato è ancora per terra.
Nell'angolo vicino alle scale c'è il
trespolo vuoto di Morrigan.
Ecco com'è la quiete dopo la tempesta:
Frantumi e puzza di bruciato, vuoto e silenzio.
Ecco cosa resta della mia vita, come la
conoscevo. Come la amavo.
Indico a Darcy la
breccia annerita nell'edificio di fronte, illuminato dalla luce aranciata del
tramonto: "Ci si è infilato un elicottero, lì dentro."
"Oh. Deve aver fatto un bel
botto."
Oh sì. E se non fosse stato per i riflessi
di Loki ora mi starei ancora togliendo schegge di
vetro dal culo.
"Andiamo, possiamo cambiarla nel
bagno.”
Fuori dai calzoncini a palloncino, le
gambe di Hela mi sembrano più paffute: "La
piscina le mette una gran fame." Spiega Darcy
"E poi abbiamo scoperto la pizza, non è vero?" Si china su per
strofinare il naso contro il suo e mi causa una piccola fitta di gelosia. È una
confidenza che dovremmo avere io o Loki, non
un'estranea. La faccio spostare con un colpo di fianchi e mi sostituisco a
cambiare mia figlia sul fasciatoio.
Quando mi restituisce il suo sorriso
mentre le apro il pannolone -Oddio
che schifo! Ecco a che servono le babysitter-
tutto il resto sparisce: balbetta il mio nome e batte le manine mentre la
pulisco - e rifilo il malloppo a Darcy - si allunga
per alzarsi e io mi chino a farle le pernacchie sulla pancina
liscia facendola ridere come una matta.
"Sì, non è stranissima senza
ombelico?"
E levati!
"Vietato bussare - innervosisce lo
scienziato"
Jane legge il cartello appena in tempo: le
dita erano già piegate sul vetro che separa il corridoio dal laboratorio.
Guarda la schiena di Bruce dall'altra parte, chino su un ventaglio di vetrini
sotto il neon della lampada da tavolo e poi di nuovo la cornice della porta:
un'altra nota, più piccola, le suggerisce di premere un pulsantino
bianco e attendere pazientemente la risposta.
Ad alzare la testa Bruce ci impiega
qualche secondo, si volta verso l'entrata e ricambia il saluto con un cenno del
capo, poi sblocca l'apertura della porta con un telecomando.
"Ciao!"
"Ciao."
"Non ti concedi proprio un attimo di
respiro, eh!"
Lui alza una spalla: "Non sono
l'unicoscience-addictedin questa stanza."
"Già, ma io non sminuzzo organismi
biotecnologici alieni, né mi trasformo in qualcos'altro."
"Beh, sì. Quello è una mia
prerogativa." Sospira, aggiungendo un sarcastico: "Ci tengo così
tanto..."
Jane prende uno sgabello, li appoggia
vicino a lui e ci si siede sopra: "C'è qualcosa che non va?"
Bruce scuote la testa: "No, davvero.
Sto solo analizzando queste molecole che ho raccolto sui -ahem
-restidi Ultron
e..."
"... è così urgente?"
"Lavorare mi aiuta a non
pensare."
"C'è qualcosa in particolare a cui
non dovresti pensare?"
"Se non voglio pensarci significa che
non voglio neppure parlarne. E devo sviluppare l'equazione di..."
Lei appoggia una mano sulla sua: " È a
causa di Thor, non è vero?" Bruce chiude gli occhi e trattiene un istante
il respiro, poi riprende a maneggiare i suoi vetrini. “È tornato a Nevada Field solo per Hela, non era
minimamente interessato a me né io a lui. Voleva andarsene subito, è rimasto
solo perché la Hill ci ha detto che sarebbe arrivata per portarci qui."
"Però in volo avete fatto pace."
"Ci siamo comportati in modo civile:
è una cosa di cui ne è capace persino lui."
"Incredibile, eh?"
"Bruce...!"
Lui si toglie gli occhiali e li appoggia
al tavolo: "Quindi rivedere il tuo bellissimo ex, non più rancoroso e anzi
civile e gentile nei tuoi confronti non ti fa nessun effetto?"
"Da come lo descrivi sembra piacere
più a te che a me." Finalmente a Bruce scappa un mezzo sorriso: " È il
mio bellissimo ex, con cui è finitaper
due motivi: il primo è perché il futuro non si prospettava come volevo io, ed
il secondo motivo sei tu. Vuoi ficcartelo in testa, o c'è troppa roba lì dentro
per memorizzare anche questo?"
Chinandosi Bruce prende le mani tra le
sue: "E tu vedresti invece un futuro con me?" chiede in un sussurro,
avvicinando il viso al suo.
"Vedo il presente: il periodo che
preferisco"
Sulle sue labbra, Bruce sorride: "E
nel presente vuoi vedere anche un'altra cosa?"
"La reazione delle molecole di Ultron a stimolazioni elettriche?"
"Chimiche."
"Oh Bruce...!"
Sì, lo so che è una bambina e non un cane.
Però con una gamba ingessata fin sopra il
ginocchio trovare un gioco diverso non è così semplice.
Perciò con un "Corricorricorri!!"
lancio la sua palla di plastica colorata lungo la moquette della sala cinema e
mentre lei sculetta velocemente per prenderla mi lascio scivolare a terra, con
la gamba ingessata stesa e le stampelle di fianco.
Hela recupera la palla, corre indietro per
portarmela urlicchiando, inciampa sui piedini nudi e
vola praticamente tra le braccia. La sollevo e la alzo lasciandomi cadere
all'indietro e con il ginocchio sano la tengo in alto facendole fare l'aeroplanino. Lei mi molla la palla sul naso -ahi- e ride ancora più forte, sfiorando
il livello degli ultrasuoni, lasciandosi muovere e cercando di imitare il mio 'brruuuuummmm'.
Dai, se va così non è neppure malaccio,
no?
"Adie, non
è che potresti venire un attimo?"
Se poi la mia babysitter mi lasciasse in
pace a socializzare con mia figlia, sarebbe il massimo.
"Darcy,
vorrei restare-"
"Tutte e due, dovreste venire tutte e
due." La guardo, nella fessura tra la porta e lo stipite mi sembra pallida
e piuttosto nervosa. "Per favore."
Oh.
Lo stomaco mi si serra in una morsa
improvvisa. Sapevo che il momento sarebbe arrivato, ma di certo non mi
aspettavo così presto.
Certo che qui non si può mai star
tranquilli.
Appoggio Hela a
terra e mi rialzo puntellandomi sulle stampelle: "Andiamo, papà deve
essere tornato."
Il modo in cui si sono disposti al suo
arrivo lo fa quasi sorridere: suo fratello, Natasha, Barton e la Hill si sono piazzati a fissarlo di fronte, ai
piedi dei tre gradini che portano alla vetrata della piattaforma di
atterraggio.
Quasi fosse quasi un predicatore pronto a
pontificare -o un avvocato
pronto a sciorinare un'arringa a favore dell'imputato indifendibile.
Lady Stark
invece si è defilata - elegantemente come al solito, la classe di quella donna
è ammirevole - nel salottino di fianco con il figlio, proponendogli distrazioni
per farlo desistere dall'intento di tornare nella Lounge.
Tra loro e la porta con l'immancabile aria
presuntuosa, Tony che alza il bicchiere verso la porta d'entrata quando si
apre: "Stavamo parlando giusto di te, Cornacchietta."
Addison ha i capelli legati e una vistosa
fasciatura alla gamba, che sale sopra il ginocchio. Entra nella stanza
sorreggendosi su due grucce e senza aggiungere altro allo sguardo con cui
incontra il suo.
Sa tutto.
E non è disposta a soprassedere.
Loki si umetta le labbra e decide che per
prima cosa è meglio chiedere: "Stai bene?"
"Una favola" risponde secca. Non
abbassa lo sguardo, non gli concede un'espressione, e riesce a tenerlo
completamente a distanza solo con i suoi occhi.
Con la coda dell'occhio cattura una mezza
piega divertita nella faccia di marmo di Barton e
soffoca a fatica l'istinto di defenestrarlo.
Ritenta: “Pensavo che saresti scesa negli
Inferi a fare il diavolo a quattro, ma in effetti con quella gamba-”
“Morrigan è
morta. Non posso più teletrasportarmi.”
Il mezzo ghigno sulle labbra di Loki si incrina e si spegne. “Mi dispiace.”
Addison non risponde.
Tutto il gelo che lei può creare.
Poi, tra le sue grucce fa capolino la
testina di Hela e il cuore di Loki
manca di un battito: lo guarda spalancano gli occhioni
verdi ed allunga le braccia urlando un altissimo "Pa-pà!"
È la perfezione,nel suo vestitino giallo che gli corre
incontro a farsi stringere, bella e luminosa con le piegoline
nelle gambotte ed i dentini che spuntano tra le
labbra rosse.
Le è mancata così tanto che il rivederla è
quasi doloroso.
Non sai cosa ho fatto, per te. Non sai
cosa farei per te.
"Mi pare più pasciuta."
"Ha scoperto la pizza" Si lascia
scappare Darcy, mantenendo comunque una distanza di
sicurezza ed arretrando di un passo quando si ritrova addosso una sua mezza
occhiata: “È stata Jane a dargliela."
Loki torna a guardare la sua bambina, non si
stancherebbe mai di farlo: Non sono passati che pochissimi giorni, a lui
sembrano mesi e mesi.
Tutto, per te. Farò di tutto, solo per te.
Quasi non sente Addison chiedere ai suoi
amici di lasciarli soli, è la voce di Stark a
riportarlo appena alla realtà: "No."
"Tony, per favore."
"Questa è casa mia, l'hai
dimenticato?" Si avvicina al mobile bar ostentando tranquillità e si versa
un altro sorso di liquore: "Sono esageratamente curioso di vedere come
andrà a finire. È come una di quelle soap operas di Telecinco, quelle farcite di così tanti pessimi colpi di
scena da risultare imperdibili, nel loro essere così trash. Capite cosa intendo?"
Barton annuisce, Thor scuote la testa liberando
una cascata di treccine crespe sulle sue spalle: Loki
non riesce a trattenere una smorfia di disgusto.
"Che c'è?"
"Rammenti quando mi ingegnavo per
coprirti di ridicolo? Ecco, non sarei mai arrivato a tanto."
"Sono..."
"...disgustosi."
"Non su Midgard."
Thor cerca conferma negli occhi dei presenti. Trova un blando cenno affermativo
da parte di Natasha, mentre Barton
preferisce guardare fuori dalla finestra e Tony suggerisce che cambierà idea
quando inizieranno a puzzare come quelli di una capra "Tra un paio di
settimane."
"Io e Loki
dovremmo parlare." Insiste stancamente Addison.
"Prego, fate pure."
"Addison" interviene la Hill:
"Non ci sembri in grado di... uhm - sostenerefisicamenteuna discussione" abbassa
ulteriormente la voce e si avvicina per precisare: "con lui."
"Oh, ma per favore!" Sbotta
invece lei. Fa dietrofront ticchettando con le grucce e gli chiede di seguirla:
"Andiamo a parlare a casa mia - o quel che ne resta, almeno..."
La prima volta che Loki
era entrato nell'appartamento nuovo di Addison si era sentito quasi spaesato da
tanto spazio dopo più di un anno passato a vivere in un'angusta grotta.
Si era riabituato presto ad avere lussi e
comodità a sua disposizione, anche se non aveva mai sentito quell'ambientesuo:ma tant'è, lui era comunque un ospite.
Sgradito, tra l'altro.
Eppure mentre ne varcava la soglia
seguendo i passi claudicanti della ragazza, la sensazione di stordimento era
ritornata, acuita dai detriti che ingombravano e rovinavano il soggiorno.
"Non appoggiare Hela
a terra.” È l'inutile raccomandazione di Addison: "Andiamo al piano di
sopra, non ci sono stati danni."
"Aspetta."Si sposta Hela su un fianco e richiama la sua attenzione sulle dita
della mano libera, avvolte in una luce verde chiaro: "Ti piace vedere papà
usare la magia, vero?" Muove lentamente la mano come a raccogliere
qualcosa per terra: i vetri per terra vibrano e poi si alzano seguendo il
movimento verso l'alto del palmo. Loki muove le dita
ed i vetri tornano sulla finestra e si ricompongono. Un ultimo gesto e le crepe
si chiudono una dopo l'altra. Loki lascia che Hela scivoli tra le sue braccia e appoggi i piedini sul
tappeto e correre verso i suoi giochi in un angolo: "Non c'è più nessun
pericolo."
"Per ora." Puntualizza Addison
con voce atona, guardandosi attorno. Indica con la punta della stampella una
parte della vetrata vicina all'angolo cottura: La brocca di vetro che era a
terra si è infilata nel puzzle dei frammenti ricostruiti e si è ricomposta,
formando un bizzarro tutt'uno con il resto del vetro.
"Ops. Colpa
mia." Abbozza un sorriso che non viene ricambiato. “Rimedio subito.” Lei
scrolla appena le spalle e si lascia cadere sul divano, sistemando poi la gamba
sui cuscini con una smorfia. “Hai bisogno di...?”
“No.” Addison che non incrocia più il suo
sguardo mentre si sistema i cuscini è una stilettata al fianco: fa male ma non
è letale, ha tutto il tempo per sanguinare ed infuriarsi contro chi gliel'ha
inferta: “Dobbiamo parlare.”
Seria, stanca e con gli occhi spenti:Non sarà un discorso, sarà addio.
Che quando Addison urla e strepita, è una
fuoco che esplode e polverizza tutto quello che si trova davanti. Ma quando la
sua rabbia è silenziosa, è brace che cova sotto la cenere: brucia lenta ed
inesorabile.
Improvvisamente Loki
non ha la forza di affrontare l'incendio:
Farò ammenda. Per quello che ho causato,
farò ammenda.
“Hela, tesoro,
vieni qui. Hai fame?”
“Cì!”
“Preparo la cena.” Addison interviene per
indicargli che nel freezer c'è del cibo giù pronto, e lui ne approfitta per
chiederle se si unisca a loro, sforzandosi di mantenere il suo tono il più
gioviale possibile.
Ma lei continua a guardare altrove, scuote
la testa, ed afferma di non aver fame.
“Ok, facciamo partire le scommesse: dieci
dollari che lei lo molla e lui scatena un'altra guerra intergalattica.”
“Tony!”
“Quindici che la fa desistere dal suo
proposito con un discorso strappalacrime -non guardatemi così, sono in quella
fase del mese in cui mi scopro romantica.”
“Darcy, sei in
quella fase del mese dove sragioni più del solito, tesoro.”
“Oh, andiamo Maria: se ci pensi loro ne
hanno passate di cotte e di crude insieme.” Darcy s
avvicina ad uno degli schermi olografici: l'inquadratura del soggiorno di
Addison dove lei è seduta sul divano ed intrattiene Hela
come può e lui nell'angolo cottura che alterna occhiate perplesse al microonde
ad altre – dalla posizione non si riesce a capire di che natura – ad Addison e
alla bambina. “Son morti insieme, tornati in vita insieme, combattuto insieme,
guardato Sherlock insieme, avuto una figlia insieme – beh, non esattamente
insieme ma il succo è quello – e fatto anche un trilione di altre stronzate.
Hanno anche tentato di farsi fuori a vicenda: quei due sono fatti per stare
insieme!”
“Io non ho mai tentato di ucciderti.”
Borbotta Maria: “Mi pareva l'unico modo per continuare a frequentarci.”
“Sono spiacente, Darcy,
ma propendo a pensarla come Tony” sospira Thor, spiluccando qualche salatino
dal mobile bar. “Le azioni che compierà saranno più rivolte a punire sé stesso
che altri. Purtroppo non ho con me danaro per partecipare alla scommessa, ma se
ce l'avessi, lo punterei tutto.”
Clint scrolla le spalle, affondato sul
divano di fianco a Natasha: “E invece lei lo
perdonerà.Di nuovo.”
“Questa volta mi sembra più risoluta. Loki ha-”
“Loki hasemprefatto qualcosa di imperdonabile
agli occhi di noi comuni e permalosi mortali. Non abbastanza gravi agli occhi
di un mezzodemone, comunque.” Prende un sorso di
birra “O della sua migliore amica.”
“Cosa stai insinuando?”
“Nessuna insinuazione, Tasha.
Solo la realtà dei fatti.”
“Insisti ancora con questa storia,
davvero?”
Thor smette di piluccare i salatini.
Guarda Tony, Pepper, e poi conviene che sia meglio
togliere bottiglie ed oggetti di vetro dal piano del bancone e metterli fuori
dalla portata delle mani di Natasha.
Maria si para davanti a Darcy: “Un passo indietro per volta, lentamente...
lentamente...”
Ed infine Tony decide che tentar non
nuoce, quindi abbandona il bicchiere su di un tavolo, batte rumorosamente le mani
e propone di crackare il sistema di protezione
privacy che Pepper ha imposto sulla videosorveglianza
“Così, tanto per controllare che succede nei laboratorio tra Banner e Jane. Che
ne dite?”
La sua proposta cade nel vuoto.
“Pronto, Beth?”
“Hey,
Steve! Guarda chi si risente, finalmente! Iniziavo a pensar male.”
“Scusami, è che... beh, questa volta
sarebbe stato più difficile del solito.”
“Non dirlo a me, pensavo di affidarmi
ai segnali di fumo. In tv stanno iniziando a dare delle brutte notizie, ne sai
qualcosa?”
“Sì. Purtroppo sì.”
“Eravate a Bogotà?”
“Sì.”
“Dicono che è stata distrutta tutta e
che è difficile trovare superstiti. Bogotà è più o meno grossa di New York?”
“Credo che più meno si equivalgano.”
“E voi c'eravate in mezzo.”La voce di Beth
è sollevata ma non euforica, mantiene ancora una nota preoccupata.
“Già.” Anche lui è sollevato dal sentirla,
ma si rende conto che c'è qualcosa che si è perso, nel tempo che sono stati
separati. Una volta Natasha gli aveva espresso la sua
perplessità sulla loro storia: non per la mancanza di sentimento o di volontà
per farla funzionare, ma proprio come compatibilità quotidiana. 'Beth è una ragazza carina e molto in gamba' aveva detto 'Ma
è una civile, è completamente fuori da questo mondo.' Allora Steve ne era stato
quasi infastidito. Ora, con l'orecchio sul cellulare e la voce della sua
ragazza che non vedeva da settimane al telefono, doveva ammettere che poteva
aver ragione. Beth non aveva avuto parenti con
trascorsi militari, non riusciva a comprendere come si potesse vivere con
l'eterna ansia che lui potesse non ritornare. E non era neppure giusto, in
fondo, che si abituasse. “Possiamo vederci?”
“Sì, è meglio parlarne a quattrocchi.
Mi passi a prendere?”
Se abbasso gli occhi, ci sono le migliaia
di luci di New York che percorrono frenetiche le strade ai piedi della Tower.
Se li alzo, il buio infinito di un cielo
dalle stelle troppo lontane. Tra il nulla ed il troppo, ci sono io.
Non riuscivo più a stare nel Lair. Non con Loki.
Si è occupato di Hela,
come ha sempre fatto: l'ha nutrita e coccolata, vezzeggiata, ha giocato con
lei. Indirizzando spesso i suoi occhi su di me.
Non vedi? Sono un padre esemplare. Non
puoi negarlo.
Non lo nego.
Affatto.
È come compagno – dove percompagnointendo un rapporto di reciproca
fiducia e intesa – che fai acqua da tutte le parti.
E poi nel Lairci sono le telecamere di videosorveglianza – e no, non ho bisogno
di pubblico stasera.
“Oh. Eccoti.”
Mi volto appena verso la porta, che Loki varca e chiude alle sue spalle.“Ci avrei giurato”
aggiunge con un mezzo sorriso tirato.
Oh, è vero.
Ci siamo già trovati sul tetto della Tower, a metà tra terra e cielo, più vicini alla morte di
quando non pensassimo e più attaccati alla vita di quanto non credessimo.
Eravamo in bilico sul precipizio ed eravamo insieme.
Forse lo siamo ancora.
Lontani,però. Più lontani di quanto lo fossimo tre
anni fa. Unavitafa.
“Ho preferito far addormentare Hela, prima.”
“Hai fatto bene.”
“Non preferiresti sederti?”
Scuoto la testa, appoggiandomi contro alla
balaustra con la schiena: “Sono stata seduta tutto il giorno.”
Le sue dita nervose giocherellano con
l'orlo della giacca per allentare la tensione: “Immagino il tuo dolore per la
perdita di Morrigan. Ne sono dispiaciuto, davvero.”
“Appena mi toglieranno il gesso andrò in
Irlanda, voglio spargere le sue ceneri a Moher. Verrà
anche Hela con me.”
“Mi pare giusto. Hai intenzione di
scegliere un altro Corvo?”
“Non ora.”
“Se preferisci, posso aiutarti ad
amplificare la tua magia, in modo che tu non debba più usare un catalizzatore
e...”
“No.”
Il mio diniego secco colpisce nel segno: Loki si ritrae appena e distoglie lo sguardo da me,
serrando le labbra sottili sino a farle diventare bianche. “Comprendo il tuo
furore nei miei confronti...”
“Furore? Dovrei darti fuoco per quello che
hai fatto. Hai cerato di uccidere la mia famiglia-”
“Io ed Hela
siamo la tua famiglia!” Sbotta di colpo, facendomi quasi trasalire: “Lo sai che
Amon non aveva ancora nominato Hela
sua erede? Era ancora in pericolo, ti ha ingannato per-”
“Oh, ma per favore! Se tu non avessi
scatenato una guerra –un'altra
guerra– lei non avrebbe
corso nessun pericolo! Sei... sei... non so neppure come qualificarti! Hai la
capacità di distruggere tutto quello che riesci a costruire, di spazzare via
qualsiasi possibilità ti venga concessa! E non solo per te, ma anche per tua
figlia!”
“Mentre tu, invece, tu sei immacolata,
vero? Ti fregi ora del tuo stato di madre quando qualche giorno fa non potevi
neppure sopportare la sua presenza nella stessa stanza ed ora ti permetti di
farmi la morale? Ho sempre fatto di tutto per mia figlia, qualsiasi cosa è
stata finalizzata alla sua sicurezza. L'ho nutrita, cresciuta, protetta in
mezzo al nulla. Tu cosa hai fatto?”
Alzo le mani: “Ho solo sconfitto il mostro
che stava distruggendo il pianeta su cui si trovava anche lei, scusa se è
poco.”
“L'affetto che lei prova nei tuoi
confronti è immeritato.”
Cerco di calmarmi, mentre lui tenta di
fare lo stesso passandosi le dita tra i capelli.
“Ora: non si tratta di Hela,
d'accordo? Ammettiamo di non essere entrambi le persone più candide ed
innocenti di questo mondo. E, soprattutto, ci stiamo facendo la guerra a
vicenda. Non possiamo andare avanti così. Non mi travisare: non voglio
toglierti Hela.”
“Moriresti prima di riuscirci.”
“Questo, appunto è l'atteggiamento di cui
parlavo. Nostra figlia non può crescere con due genitori che si minacciano di
morte ogni santo giorno! Cerchiamo di fare gli adulti, per favore. Non voglio
toglierti Hela, ma non voglio rinunciarci neppure. Ha
bisogno di entrambi: ha bisogno del meglio
di entrambi. Ed io, io ho non ho bisogno di dover passare la mia vita a
guardarmi le spalle da chi dovrei fidarmi ciecamente.”
“Ma come, non eri quella che preferiva le
relazioni movimentate? Che aborriva la routine sentimentale?” Commenta
sarcastico. “Come se tu fossi altrettanto degna di fiducia, poi!”
Annuisco, anche se mi è difficile restare
calma: “Sì, ma le cose sono cambiate: un conto è essere noi due, due adulti
stronzi e vaccinati che un po' si saltano addosso e un po' se le danno di santa
ragione. Un conto è avere una bambina di mezzo. L’hai detto anche tu: dobbiamo
essere adulti responsabili. E sono abbastanza responsabile per vedere che così,
tra noi due, non funziona. Non come
dovrebbe.”
Loki sospira e lascia cadere le braccia,
scuotendo appena la testa “Forse non ci siamo semplicemente amati abbastanza.”
Sussurra, quasi più a sé stesso che a me, mentre si avvicina alla porta per
scendere.
Due binari che corrono paralleli, senza
incontrarsi mai.E che se si incontrano, è per causare un
deragliamento.
Lo guardo appoggiare la mano sulla
maniglia e poi fermarsi. Quando torna a parlare, ha la voce molto meno ferma di
prima: “Non rinuncio ad Hela.”
“Neppure io.”
“Non togliermela.” Mormora a voce ancora
più bassa.
“Mai. Ma, ti prego, non farlo neppure tu.
Puoi... puoi restare quanto vuoi, non ti sto cacciando via. Solo... solo non
con me.”
Annuisce ed apre la porta, concedendomi un
ultimo sguardo: “Il che è davvero un peccato. Sono stato davvero bene con te.
Più che bene. Molto più che bene.”
“Anch'io.”
No, non è vero:Ti ho amato.
Non è vero neanche questo:Ti amo ancora.
Ma amo di più me stessa, e amo di più mia
figlia, per permetterti di distruggermi completamente.
E nel suo sguardo velato che varca la
porta leggo la stessa, identica cosa.
La speranza di non incontrare nessuno sul
suo cammino – cammino per dove poi? -si
rivela vana già all’aprirsi delle porte dell’ascensore. Thor è nel corridoio, a
metà tra la porta della Lounge e quella del suo
appartamento. Lo guarda e gli va incontro, senza aspettare nessun accenno o
invito.
“Dunque?”
Loki veste il suo miglior ghigno, e lascia che
la testa le ciondoli di lato: “E allora vedremo se sarò veloce quanto te a
trovare una donna di rimpiazzo alla mia Midgardiana.”
“Sciocco.”
“Quando mai non lo son stato?”
“Potevate essere felici e insieme.”
“Ed invece ognuno è triste a modo suo.” Loki alza le spalle e passa oltre.
“Dove vai ora?”
Bella
domanda.
Loki ha solo una risposta plausibile: “Da mia
figlia.”
Per
prenderla in braccio e sparire insieme, per sempre. È l’unica felicità
possibile.
“Vieni qui.” La voce di Thor è un invito,
non un ordine. Passa la mano sul lettore digitale della porta e la serratura
scatta. “Vieni qui con me. Concediti un po’ di requie.”
Loki sbuffa sarcastico.
“Se non per te stesso, o per me, fallo per
nostra madre. Come si sentirebbe a saperti in giro con il cuore spezzato?”
Di nuovo, Loki
scrolla le spalle: “Non lo so. Non gliel’ho chiesto.”
Sparire
insieme? E dove? Per farla vivere nuovamente braccata come una bestia, nel
fondo di una grotta?
Neppure
questa è un’alternativa valida. Non più.
Attende il braccio di Thor attorno alle
spalle, per seguirlo nell’appartamento.
“Thor.”
“Dimmi.”
“Posso farti sciogliere queste orrende
treccine? Se non per te stesso, o per me, potresti farlo per nostra madre? Ti
va?”
A metà tra il cielo e la terra, c'è solo
un limbo scomodo di rimpianto. C'è un nodo allo stomaco, e occhi che bruciano
dal sale delle lacrime che non voglio lasciare andare.
C'è la preoccupazione ed il sollievo, e
mille altri pensieri che non riesco a seguire, e si accavallano l'uno sopra
l'altro in un groviglio infernale.
A metà tra il buio e le luci artificiali
c'è il rumore di una porta che si apre ed una coperta che si appoggia sulle mie
spalle che spazza via quella mezza tentazione di sperare che ci sia Loki, di nuovo.
A metà tra il paradiso e l'inferno c'è un
purgatorio agrodolce, dove la mia migliore amica mi abbraccia senza aggiungere
nulla, che non c'è niente da dire.
La prossima settimana compierò 28 anni.
Spegnerò le candeline sulla torta con la mia bambina in braccio, poi partiremo
per l'Irlanda, dove saluterò per sempre il mio Corvo.
Magari resteremo là. Magari ci
trasferiremo a San Francisco ed io farò la stripper per mantenerla. Magari
invece torneremo a New York e continueremo a fare questa vita, e chissà che
altro potrà succederci.
Al momento, però, non mi concedo altro che
un bel pianto liberatorio, tra le braccia della persona che non mi ha mai
voltato le spalle.
Il parto dei parti.
E manca ancora l’epilogo (Sarò
breve, quindi spero anche veloce).
Non posso dire altro che mi
dispiace per la lungaggine, chiedervi venia per lo spaccamento di maroni, e sperare di aver concluso degnamente questa storia
(uhm…)
Dico solo questo: la fine, tra Adie e Loki, era già stata
immaginata così dall’inizio della trilogia. DUE anni fa.
Halleluya
che ci siamo arrivati in fondo.
(Ah già, l’epilogo.)
Come sempre, per ogni domanda o
questione, rimando al mio ask.
Per tutto il resto continua ad esserci
MasterStark.
Alla prossima per il PUNTO
DEFINITIVO , se vorrete.
Ma a quell’età i bambini non
si pongono troppi problemi. Sono troppo presi dai propri sforzi e dalle proprie
lotte per preoccuparsi davvero di quel che fanno gli altri, e perché.
[Roald
Dahl, Matilde]
Manhattan, New York, 3 Giugno 2021
Tre isolati in trentadue minuti.
Ne mancano almeno altri quattro – per un totale di otto chilometri – al
Museo di Storia Naturale.
Aggiungendo ai sei minuti precisi di sosta agli incroci e al tempo di
percorrenza di quattro minuti tra un semaforo e l'altro le varianti del
traffico caotico – manovre imprecise di automobilisti, pedoni imprudenti, forse
anche un tamponamento, chissà – HowieStark calcola che lo scuolabus non impiegherà meno di
cinquantasei minuti per arrivare a destinazione.
Per confutare il suo calcolo aziona il cronometro dello StarkWatch da polso e poi getta una mezza occhiata alla
compagna al suo fianco, sbuffando ulteriormente per attirarne l'attenzione.
Inutile.
Quando ha il naso piantato tra le pagine di qualcosa - libro, guida o
brochure poco importa - Hela diventa pressoché
impermeabile al mondo esterno.
Nel sedile davanti due bambine bionde ridacchiano davanti ad un tablet condividendo gli auricolari: Howie
allunga il collo, spia lo schermo, e poi si lascia ricadere sul sedile
sbuffando sonoramente.
"Che c'è?"
Oh, finalmente! Principessa Addams- uno dei
delicati nomignoli di suo padre che mamma cerca sempre di arginare - si è
degnata di alzare il sopracciglio sinistro.
"Niente. Una nuova cantante Disney. Questa è vestita di azzurro."
"Mamma dice che sono un prodotto di serie epurato da ogni attributo
caratteriale e privo di qualsiasi elemento personale per mantenere vivo lo
stereotipo della femmina sciocca e ammiccante, ponendola come un martellante
esempio comportamentale."
"A volte non ti seguo completamente."
Lei alza completamente lo sguardo dal libro: "Sto dicendo che è una
cosa per bambine sceme."
Le due teste bionde nel sedile davanti si voltano di scatto: una mostra
un palmo di lingua, l'altra - Tiffany -alza la mano per richiamare l'attenzione: "Maestra! Helena mi ha
chiamata scema!"
"Ho detto" precisa lei, raddrizzandosi sul sedile: "che è per bambine sceme. Se ti senti
chiamata in causa non è colpa mia."
La maestra le raggiunge, si accovaccia di fronte alle due bambine e
cerca di mediare. Hela sbatte le palpebre con aria
innocente piegando deliziosamente la testa di lato. L'insegnante si limita ad
una blanda ammonizione e torna nelle file davanti.
"Bei tempi quando in questa scuola si accettavano solo Quozienti
Intellettivi e non conti in banca superiori alla media" Sussurra a Howie. "Peccato non esserci stati."
"Già. Cosa stai guardando?" Hela gli
passa sotto il naso il libro-guida al Museo ed indica un capitolo
picchiettandolo con il dito indice: "Mummie?"
“Da tutto il mondo! All’ultimo piano hanno allestito una mostra,
apriranno domani.”
La testa bionda di Tiffany trasale di nuovo: "Mummie? Maestra! Maaaaeeeestra! Ma andiamo a vedere le mummie? Non voglio
andare a vedere le mummie! Ho pauuuura!"
Hela ruota gli occhi al cielo, Howie
sbuffa e la maestra accorre di nuovo per assicurare: "Niente mummie,
Tiffany, solo i nostri amici dinosauri. Howard, Helena: cosa ci eravamo detti
all’andata? Niente dispetti e niente scherzi oggi: è l’ultimo giorno di scuola
e siamo in gita. Potete farcela?”
Lui annuisce e guarda l'amica fare lo stesso; la conosce, sa che sta mentendo spudoratamente.
Quando la maestra si allontana, Hela gli fa
l'occhiolino: ha già architettato tutto.
Sarà qualcosa per cui finiranno nei pasticci. Probabilmente li
beccheranno e finiranno in punizione.
Non vede l'ora.
"In fila per due! E tenetevi per mano finché non saremo con la
guida, d'accordo?"
Nel coretto dei 'Sì, Maestra’,Hela afferra la mano di Howie
e si raccomanda in un sussurro di non lasciare il suo fianco. Con le unghie sue
smangiucchiate piantate nel palmo non è che si ritrovi alternative, dopotutto.
Si incolonnano per ultimi e sfilano diligentemente attraverso l'entrata del
Muse ad incontrare la guida, una ragazza giovane e sorridente, una di quelle a
cui Howie piacerebbe farsi notare, se la stretta di Hela non fosse così perentoria. Sorridono entrambi al
saluto della ragazza, ricevono i loro tesserini con i nomi, e trotterellano al
suo seguito, avendo cura di restare sempre in fondo.
Hela da un'occhiata in alto, saluta una telecamera
agitando la mano e facendo una boccaccia infantile: “Un po' di interferenze non
guasterebbero, Howie.”
“Niente di più facile.” Senza smettere di camminare vestendo la sua
migliore aria innocente trova lo Starkphone in tasca,
sfiora l'icona di un'applicazione e si connette alle telecamere. “Registro
quello che sta avvenendo ora, poi entro nel circuito di videosorveglianza e lo
carico. Non avremo molto tempo, è solo un diversivo.”
“Ce lo faremo bastare.”
Il gruppetto gira l'angolo. Hela stringe
ancora di più la mano del suo amico e si arresta di colpo: due esatte copie si
scindono dai loro corpi e proseguono al posto loro.
“Uau!”
Hela è raggiante: “Un trucchetto
di papà. E anche di mamma, forse, ma lei è piuttosto restia ad insegnarmeli. Muoviamoci!”
Il deserto al piano superiore regala l'illusione di avere l'ala del
museo completamente a loro disposizione.
Hela disegna una piroetta sul pavimento di marmo,
allargando le braccia e mimando un'arabesque, Howie
prende la rincorsa e scivola per terra sulle ginocchia, gettando la schiena
all'indietro nell'assolo di una finta chitarra: “Dove vai in vacanza?”
Hela sta controllando la loro posizione su una piantina
appesa ad un muro e scrolla le spalle: “Papà viene a prendermi stasera, non so
ancora dove andremo.”
“Inferi?”
“Nah, laggiù è bassa stagione. E tu?”
“Malibù, e poi DisneyWorld:
il solito, insomma. Pare che quest’anno mi toccherà ancora Dubai.”
“Immagino la noia.”
“Già. Ma se veniste con noi…”
Hela arriccia il naso: “L’ultima volta che i nostri papà
sono stati nella stessa stanza, il tuo è diventato un rospo
ed il mio è stato scaraventato sul lampadario dallo zio Bruce, ricordi?”
“Però è stato divertente!” Ridacchia Howie.
Lei gli rifila un’occhiataccia. “Beh, io mi sono divertito.”
“Sono qui, sono qui!” Hela quasi saltella
attraverso una stanza. “Le nostre mummie!” Lo spinge attraverso la sala
dedicata alle mummie egizie quasi facendolo correre: “Queste dopo. Prima...”
Il salone successivo è più piccolo, alle pareti non ci sono geroglifici
e le teche sono riempite da otri sbeccate e ninnoli e utensili di osso e legno
colorato. Al centro, sotto una piccola campana di vetro, c’è quella che sembra
una bambola di cartapesta rannicchiata su sé stessa, con i lunghissimi capelli
neri che ricoprono come un velo le spalle rinsecchite.
“Una mummia peruviana” spiega pronta Hela,
recuperando due sedie da un angolo e avvicinandole alla teca. Ci sale sopra e Howie la segue, poi studia la mummia con occhi brillanti di
eccitazione: “Gli Inca compivano sacrifici umani. Sceglievano alcuni bambini
alla nascita e poi, quando il momento era propizio, li mettevano in grossi vasi
e li seppellivano. Vivi” Aggiunge
con una nota lugubre e solenne.
“Non è possibile!”
Annuisce grave: “E per farli star buoni, gli facevano masticare le
foglie di coca. Quelle per fare la Coca Cola.”
“Io quando bevo la Coca Cola non sto calmo.”
“Perché tu non stai mai calmo.”
Ma Howie scuote la testa “Io non ci credo. “
“È vero, ti dico. L'ho letto su un libro.”
“Non tutto quello che c'è scritto sui libri è vero. Prendi Hogwarts, per esempio.”
Lei scrolla il caschetto nero indispettita: “Hai compiuto undici anni,
forse?”
“No.”
“E allora tieni a freno la lingua, insulso babbano.”
“Beh, comunque io non ci credo.”
Hela sospira e alza gli occhi al cielo, poi appoggia la
mano alla teca e la fissa: nel riflesso del vetro Howie
scorge il verde dei suoi occhi diventare oro e nel suo piccolo ghigno scarlatto
spuntare un paio di canini appuntiti.
Oh oh.
“Vogliamo chiederlo direttamente a lei?”
Dentro la teca, la mascella della mummia inizia a contrarsi.
“Uau!”
Quello che i bambini non possono vedere, è che sta accadendo anche alle
altre mummie del piano.
Sia lode ad Odino ! (Il
Fac-simile, non quello vero) Ho finito!
In due anni ho scritto i 77
capitoli (22 per ogni capitolo di trilogia + 11 di 50SoGR) che mi ero
follemente prefissata dall’inizio – e che ero pressoché certa di non riuscire a
scrivere.
Ho usato citazioni di canzoni,
film e libri, creato giochi di parole per i titoli di capitoli edinserito inside jokes
e citazioni varie.
Non ho inserito alcune cose
come una scazzottata tra Sif ed Addison che mi
sarebbe piaciuto fare, ma tant’è, va bene così.
Sono piuttosto fiera di quest’impresa
che, nel mio piccolo, costituisce di sicuro l’opera più impegnativa del mio
repertorio. Certo, soprattutto negli ultimi capitoli potevo fare di meglio e di
sicuro l’ho tirata un po’ per le lunghe e ci ho messo tanto (troppo) tempo per
realizzarla.
Nel mio piccolo, per le mie
capacità e per il mio tempo a disposizione, direi che è andata bene.
Ma passiamo ai ringraziamenti:
In questi due anni dovrei ringraziare tantissime persone per il supporto e per
la pazienza con cui hanno sopportato i miei svarionamenti,
i miei smadonnamenti e le mie continue interferenze.
Siete tante, tantissime e
tantissimi e non voglio scordarmi nessun nome. Quindi non citerò nessuno
apertamente ma:
Se mi hai seguito sin dall’inizio- GRAZIE!
Se mi hai incontrato in seguito – GRAZIE!
Se hai interrotto la lettura e poi l’hai ripresa –
GRAZIE!
Se sei arrivata/o sinoa questo punto – GRAZIE!
Se hai investito il tuo tempo prezioso per omaggiarmi
con una fanart o con un fanvideo
– SUPERGRAZIE!
Se hai recensito tutti i capitoli – SUPERGRAZIE!
Se hai recensito anche solo un capitolo – GRAZIE!
Se sei stata/o un/a lettrice/lettore silenziosa/o –
GRAZIE!
Se mi hai inserito nei preferiti / ricordati / seguiti
– GRAZIE!
Se mi hai lasciato un commento – di qualsiasi tipo –
sui miei social – GRAZIE!
Se comunque, per un motivo o per l’altro, hai nominato
questa storia – GRAZIE!
Insomma, se hai camminato dietro alle chiappe
sculettanti di Addison e compagnia bella…
GRAZIE GRAZIE E GRAZIE!
E non lo dirò mai maimai abbastanza.
A Seven Heroes Army – The Seventh Saga – finisce qui.
Ho un po’ di
magone, lo ammetto.
Ma spero di
avervi lasciato con un sorriso sulle labbra, a sapere che ci sono in giro due casinisti
(Hellraiser, appunto) che tengono ben alto l’onore
delle rispettive famiglie.
Per tutto il
resto c’è MasterStark (Ok, ora la pianto anche con
questa battuta penosa, lo giuro.)
Alla
prossima,
EC.
PS: solo una
piccola curiosità su questo prologo. È stato pensato ed ideato davanti alla
teca di una mummia peruviana (Appunto) al Museo Archeologico del Carmo di Lisbona.