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di dreamlikeview
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte I ***
Capitolo 2: *** Parte II ***
Capitolo 3: *** Parte III ***
Capitolo 4: *** Parte IV ***
Capitolo 5: *** Parte V ***
Capitolo 6: *** Parte VI ***
Capitolo 7: *** Parte VII ***
Capitolo 8: *** Parte VIII ***
Capitolo 9: *** Parte IX ***
Capitolo 10: *** Parte X ***
Capitolo 11: *** Parte XI ***
Capitolo 12: *** Parte XII ***



Capitolo 1
*** Parte I ***


 
Desclaimer: I personaggi non mi appartengono, purtroppo, e io non ci guadagno nulla da tutto ciò.

Crediti: Lu, per il banner bellissimo, perchè tutti i suoi banner sono bellissimi. 

 
Enjoy! 



 
Castiel era un angelo, e come tutti gli angeli, doveva rispettare una sola regola: mai avere contatti, di nessun tipo, con il genere umano. Era una legge lì, ai piani alti. Tutti gli angeli erano liberi di scendere sulla terra, di osservare la vita degli umani, interagire con la loro realtà, ma a loro dovevano essere invisibili, celarsi dietro i loro poteri. Nessun angelo aveva il permesso di mostrarsi, eccetto casi eccezionali, in cui solo gli arcangeli potevano concedere tale privilegio agli angeli ‘minori’. Questo era il caso di Castiel, un angelo come gli altri, un angelo minore, adoratore degli umani, costretto a nascondersi dagli occhi delle persone che tanto ammirava. Era sceso sulla terra come un centinaio di volte, ma ogni volta, tutto era diverso, gli uomini erano diversi, la terra stessa lo era. Ogni volta si stupiva di quanto potessero essere innovatori e geniali, non si vergognava di dire a se stesso, che qualche volta avrebbe voluto essere come loro, appartenere al loro mondo, solo per sentirsi anche lui così. Ovviamente, non tutte le sfaccettature del genere umano lo intrigavano, c’erano quegli umani, quelli cattivi, meschini e crudeli, che lui avrebbe davvero spedito all’inferno, se solo avesse potuto, ma non era Morte, non poteva decidere lui il fato delle persone, tuttavia,  era un loro ammiratore fin dai tempi della creazione e successivamente della cacciata dal paradiso, come poteva un singolo uomo aver sfidato Dio, disubbidendo all’unico comandamento impostogli? Come aveva solo osato pensare che potesse disubbidire solo perché fosse la creatura prediletta? E infatti, tale errore era stato punito severamente, l’uomo era stato cacciato dal paradiso, e aveva iniziato a vivere sulla terra, su cui, alla fine, si era sviluppata tutta la storia dell’umanità conosciuta. Castiel ricordava quando era sceso una delle prime volte, quando l’uomo ancora non sapeva come accendere il fuoco, ed era bello vedere come usava l’ingegno donatogli dal Padre per sopravvivere.
Nonostante avessero sbagliato, nonostante non fossero perfetti, non poteva far altro che ammirarli, ed osservarli in silenzio, di nascosto, nell’ombra, celato dai suoi poteri, ma sempre presente, come un angelo custode.
C’era stato quando Caino aveva ucciso Abele, c’era stato durante le prime guerre, e durante i grandi imperi, durante le prime scoperte geografiche, e c’era stato anche durante le due guerre mondiali, e spesso aveva tentato di mostrarsi a loro per aiutarli, chiedendo consenso agli arcangeli, ma il permesso non gli era mai stato concesso, perché quelle azioni erano state prese dall’uomo tramite il libero arbitrio. E Castiel non si spiegava come mai all’uomo – inferiore per molti punti di vista rispetto agli angeli – fosse concesso il libero arbitro, e gli angeli no. Aveva partecipato passivamente a tutte le rivoluzioni, a tutti i cambiamenti che il mondo aveva affrontato, e alla fine si era sentito come sollevato dal fatto che l’uomo sapesse adattarsi perfettamente a tutte le situazioni, persino le più dolorose, quelle più difficili. Castiel, tuttavia, era e restava un angelo, con grandi, immense, ali bianche e candide sulle scapole, occhi blu come il cielo limpido, capelli corvini come l’ebano, e amava indossare un trench beige – preso in prestito durante una delle sue visite sulla terra, da un credente che lo aveva gettato. Non che ne avesse bisogno, ma gli piaceva, persino l’arcangelo Gabriel quando era disceso sulla terra, sia per ordini divini che per puro diletto, aveva trovato qualcosa che gli piacesse, a chi importava se lui, un angelo minore, indossasse un trench logoro e vecchio? A nessuno.
Castiel amava osservare la vita degli umani, che ogni giorno si prodigavano per mandare avanti la loro vita, arrivare alla fine della giornata, e magari abbracciare i figli. Adorava soprattutto le madri, quelle donne che si svegliavano all’alba per accompagnare i figli a scuola, le vedeva correre, con gli zaini, a piedi, o nelle auto, con una tale velocità da far impressionare un angelo secolare come lui, le vedeva mentre preparavano il pranzo, e la cena, e pulivano le loro case, curando anche il giardino, queste erano delle forze della natura; tuttavia da qualche anno, la sua attenzione si era focalizzata sulle famiglie in generale: quelle complicate, quelle perfette, quelle tristi, quelle divertenti, quelle con problemi economici, quelle con persone ricche, e così via. Amava fondamentalmente la gente, non gli interessava di altro. Era un angelo destinato a vivere per tutta l’eternità, ma cosa se ne faceva dell’eternità se non aveva una famiglia tutta per sé? Lui non ne aveva una propria – tutti gli angeli erano fratelli, ma senza particolari legami di sangue – lui avrebbe voluto un legame così profondo con qualcun altro dei suoi fratelli, eccetto l’arcangelo Gabriel con cui aveva un ottimo rapporto di amicizia e fratellanza, non negava infatti di avere un ottimo rapporto con quest’ultimo, e un angelo della sua cerchia Anna, ma preferiva tenersi alla larga dagli altri – sia angeli minori come lui, che arcangeli - troppo intenzionati a reclamare potere e a scatenare rivolte in Paradiso, per badare ad una famiglia. Una categoria di umani, oltre le madri, lo aveva sempre colpito in modo particolare, erano i cacciatori, più precisamente, i cacciatori del paranormale. Questi uomini lottavano giorno dopo giorno, di nascosto, contro esseri immondi e innaturali – probabilmente fuggiti dal purgatorio e dall’inferno - nessuno li ringraziava, agivano nel completo anonimato: carte d’identità false, documenti vari falsi, e cose simili. In particolare, negli ultimi anni, la sua attenzione si era focalizzata su una famiglia on the road, due ragazzi rimasti orfani da bambini, e il loro padre adottivo, che viaggiavano ogni giorno di città in città, eliminando tutte le creature demoniache e infernali che trovavano sul loro cammino. Erano dei veri esperti, poteva dirlo tranquillamente. Da quando aveva visto questi due bambini venire su come due soldatini, legarsi man mano l’uno all’altro, l’istinto di protezione che il maggiore aveva nei confronti del minore, la devozione che mettevano nella caccia, e l’affetto misto a gratitudine che provavano verso il padre adottivo era semplicemente esemplare, Castiel era rimasto totalmente affascinato da quella famiglia, restando al loro fianco, scegliendo loro come suoi protetti – una delle poche cose concesse agli angeli era poter scegliere i propri protetti – li aveva visti crescere, diventare ragazzini ed evolversi in uomini grandi e forti. Il più grande, Dean, tra una caccia e l’altra, faceva il meccanico, per racimolare i soldi che poi sarebbero serviti durante uno dei loro viaggi, mentre il minore, Sam, si occupava di preparare il pranzo e la cena, e di tutti i lavori domestici, lasciando al loro padre adottivo la possibilità di riposare in pace. Funzionavano tra di loro, erano come una grande catena di montaggio, ognuno faceva qualcosa, e tutto filava liscio. Castiel era sempre più affascinato e, nel suo subconscio, il desiderio di unirsi a loro, divenire umano era sempre più forte.
Ancora, dopo tutti quegli anni, non si spiegava però, come avessero fatto a venir su così bene quei due ragazzi, senza una casa, come aveva visto tutte le altre famiglie in giro per i suoi viaggi sulla terra. E quella vita lo incuriosiva, insomma, come poteva interessare ad un angelo come lui, la caccia ai mostri? Aveva visto spesso Sam e Dean alle prese con quelle bestie feroci, e ne erano sempre, più o meno, usciti illesi, non capiva come mai gli importasse tanto della salute di quei due ragazzi – giustificandosi sempre sostenendo che fosse preoccupato, in quanto fossero suo protetti – e, nonostante non gli fosse stato concesso il permesso, spesso aveva avuto il desiderio di intervenire, di salvarli, e di curarli con i poteri ricevuti tramite la sua grazia, ma non aveva potuto, non aveva mai potuto farlo, nonostante avesse quasi supplicato Gabriel telepaticamente, per il permesso, ma l’arcangelo era rimasto irremovibile, sebbene conoscesse bene l’angelo che gli aveva fatto la richiesta, ma nessuno poteva rischiare così tanto per un cacciatore, che sicuramente, una volta vista la natura angelica, quindi paranormale, o sovrannaturale, dell’angelo, avrebbe tentato di ucciderlo. Castiel si era sempre limitato ad osservarli impassibile, fino a che un giorno, mentre girovagava per Sioux Falls, osservando le persone, aveva avvertito il pericolo. I suoi cacciatori, che aveva scelto come suoi protetti, erano in pericolo. Aveva spiccato il volo, raggiungendoli in pochi istanti e la scena che si era ritrovato davanti, aveva fatto drizzare le sue ali, e irrigidire ogni suo muscolo.
Dean, il più grande dei fratelli, quello con lo spirito da eroe, che faceva di tutto per tenere al sicuro il minore, quello con gli occhi verdi più belli che avesse mai visto, e i capelli biondi troppo scuri per essere davvero biondi, oltre al corpo muscoloso e forte, era circondato da non uno, nemmeno due, ma da ben sette vampiri, che stavano per nutrirsi del suo sangue, era privo di sensi, e Castiel temette sul serio per la vita del cacciatore, mentre Sam e Bobby erano impegnati fuori dal nido con altri.
«Gabriel, so che è vietato, ma non posso restarmene con le mani in mano». Fu il messaggio che inviò telepaticamente all’arcangelo, prima di mostrarsi emanando una luce potentissima, che abbagliò i vampiri bruciandoli uno dopo l’altro.
Dean era svenuto, quindi i suoi occhi non risentirono di quell’effetto luminoso. Lo prese poi tra le sue braccia e con un battito d’ali fu fuori. Gli altri due erano svenuti a causa del lampo di luce, abbagliati da esso, dagli occhi poteva già vedersi un fumo stranissimo uscire, ma con un tocco dell’angelo i loro occhi erano tornati normali, nonostante i due dormissero. Curati i due membri della famiglia di Dean, tornò dal cacciatore, stringendolo tra le braccia, sfiorarono anche la sua fronte con le dita, e lui si ridestò.
Per un attimo, Castiel si era smarrito in quegli occhi così verdi da studiarne ogni sfumatura, non aveva mai ammirato niente di tanto bello e meraviglioso, e gli occhi di Dean erano di quanto più bello esistesse in natura, ma non poteva restare, Dean avrebbe visto le sue ali, e lo avrebbe scoperto. Ignorava, però, che il cacciatore fosse troppo rapito dai suoi occhi per notare le ali, il suo sguardo si spostava velocemente dagli occhi alle labbra come ipnotizzato. L’angelo, tuttavia, non aveva spesso a che fare con gli umani, anzi si poteva dire che quella fosse la prima volta che interagiva con loro, ed era totalmente preso dal panico. Se l’avesse scoperto? Se avesse capito che era un essere paranormale? Dean gli disse qualcosa, ma in quel momento non capì le parole del cacciatore. Udì solamente il richiamo del superiore nella sua mente, che rimbombava fastidiosamente. Si impose di ignorarlo, almeno per un attimo.
«Sono in paradiso?» mormorò il cacciatore svegliatosi «ho appena visto un angelo
».
Castiel non potette fare a meno di fremere di terrore, imponendosi di restare calmo, perché Dean non stava guardando le ali, non le aveva notate, non poteva aver capito davvero che fosse un angelo, era ancora tramortito per lo scontro appena affrontato.
«Diciamo che sei vivo» gli aveva sussurrato, prima di toccargli la fronte di nuovo e farlo addormentare nuovamente, per riprendere la sua invisibilità ed osservarlo da vicino, più di quanto non avesse fatto fino a quel momento, rendendosi conto che Dean fosse immensamente bello e che la sua anima fosse qualcosa di fin troppo perfetto per essere reale, più perfetto di un angelo. Poi svanì, ritornando in paradiso, aveva disobbedito, questa volta l’aveva fatta davvero grossa, ma non se ne sarebbe mai pentito.
Dean e la sua famiglia, i suoi protetti, avevano bisogno di aiuto, di qualcuno che si prendesse cura di loro, e lui era disponibile. Aveva fatto una scelta.
Aveva scelto gli umani, e non si pentiva di quella sua decisione, ne era più che fiero.
 
 
Castiel osservava sempre Dean, soprattutto da quando lo aveva salvato. Non sapeva come mai si fosse legato in quel modo a quel ragazzo, ma da quando loro sguardi si erano incontrati, non era riuscito più a smettere di scendere sulla terra per lui, anzi, non era mai ritornato in paradiso dopo averli salvati, conscio di aver sbagliato a disobbedire, la paura di essere trovato dagli arcangeli, ed essere punito per la sua disobbedienza. Osservava spesso Dean riparare macchine, era affascinante la dedizione che dedicava a quelle auto, le curava in ogni dettaglio, e sebbene Castiel non sapesse neppur cosa fossero, ammirava la passione e l’attenzione che Dean metteva in ciò che faceva. Avrebbe tanto voluto rivolgergli almeno una parola, mostrarsi a lui, ma non poteva, non poteva rischiare di essere scoperto, Dean era un cacciatore, e avrebbe trovato il modo di ucciderlo in qualche modo. Doveva limitarsi ad osservarlo, ma a volte era dura.
La voglia di parlargli era troppa, perché, seppur indirettamente, senza che loro potessero vederlo, Dean e la sua famiglia stavano insegnando a Castiel molto sul mondo umano, molto di più di quanto non avesse imparato in quei secoli ad osservarli, non perché non avesse imparato nulla sugli umani, ma prima di quel momento, si era sempre limitato ad osservarli dall’alto, superficialmente, da essere superiore qual era, come creature inferiori a cui era concesso il libero arbitrio. Ora, alla luce di ciò che quella famiglia gli stava indirettamente insegnando, apprezzava maggiormente ciò che aveva appreso, e continuava ad apprendere. Stava fronteggiandosi con le emozioni, seppur in modo molto superficiale. La voglia era una delle nuove sensazioni che provava. Aveva voglia di parlare con loro, di chiedere come avessero fatto a venire su così coraggiosi e forti, senza disporre di poteri angelici, e come avessero fatto ad avere una famiglia così unita, nonostante il lavoro che facevano.
Troppe erano le domande che l’angelo si poneva giorno dopo giorno, domande alle quali mai trovava una risposta, perché celata in quella sua invisibilità, senza rendersi visibile, non avrebbe parlato con i Winchester, e non avrebbe avuto risposta alle sue domande. Avrebbe tanto voluto solo per un giorno, essere parte di quel mondo.
Fin da quando aveva incontrato gli occhi di Dean, si chiedeva come fosse potersi perdere in essi ogni volta, e Dean era così bello, o forse di più. Probabilmente, secondo l’angelo, il vero essere celestiale tra se stesso e Dean, era quest’ultimo. Sospirò, rendendosi conto di non poterne far parte, perché la sua apparizione avrebbe fatto troppo scalpore tra i cacciatori, e tutti gli avrebbero dato la caccia, gli angeli erano ancora esseri sconosciuti. Probabilmente, l’unico angelo che era stato avvistato dall’uomo era Lucifer, che una volta caduto aveva vagato per la terra, prima di mettersi a capo dell’inferno e creare tutti i demoni come “i suoi figli”, così come Dio aveva creato gli angeli. E probabilmente, nessuno dei cacciatori di quel periodo poteva averne ricordo, perché nessuno di loro esisteva, e il ricordo era andato perduto. Solo gli angeli erano a conoscenza di quell’avvenimento, e di certo non sarebbe stato lui a mostrare la sua specie agli umani, rischiando che essi dessero loro la caccia, tuttavia il voler parlare con Dean e la sua famiglia superava di gran lunga i suoi obblighi da angelo. Per la prima volta in tutta la sua vita, Castiel si sentì cattivo, quasi sbagliato, perché era un angelo del signore, e come prima regola vigeva che nessun angelo si rivolgesse a nessun umano, mai. Non poteva di certo cambiare lui le regole celesti, non per una stupida voglia.
A volte gli capitava di sentirsi così umano, da non riconoscersi, come quel giorno, in cui, seduto su una panca di un’officina, osservava Dean dedicarsi anima e corpo alle auto, e poi lucidare le sue armi anti-mostri.
Sembrava davvero un ragazzo speciale, Dean.
«Ah, Castiel»  udì una voce alle sue spalle e trasalì. Era un angelo? Solo gli angeli potevano vederlo, o i demoni, ma un demone non si sarebbe mai avvicinato ad un angelo, no? «penso che tu non mi conosca, ma io son tutto di te. Sono Metatron.» lo affiancò, e in quel momento l’angelo lo vide: era un ometto basso, anziano, grassottello con degli enormi baffoni grigi, come i capelli, e inoltre non aveva le ali. Castiel si affrettò a lasciar scorrere la lama angelica lungo il suo braccio dalla manica del trench, impugnandola.
«Sei un demone?»
«No, sono come te» Castiel batté le palpebre, incredulo, non poteva essere un angelo «non vedi le ali perché… beh, ho imparato dei trucchetti per celarle per poter stare tra gli umani» spiegò l’anziano.
«Strano. Non ho mai sentito parlare di te, in paradiso» ribatté l’angelo, ancora poco convinto della sincerità di colui che gli stava di fronte. Non si fidava, e non poteva sapere fino a quanto fosse sincero. Avrebbe dovuto contattare Gabriel, ma qualcosa lo bloccava, qualcosa che nemmeno lui sapeva identificare.
«Sì, beh, non mi apprezzano molto, ma io posso risolvere i tuoi problemi» asserì indicando Dean con la testa, che davanti ai due angeli, ignaro che loro fossero lì a chiacchierare, continuava ad aggiustare il motore di un’auto «vorresti farti vedere da lui, senza mostrarti come angelo, vero? » chiese, sorridendo furbamente «tu vuoi essere un umano, vero?»
«Beh, non lo nego, ma…» iniziò senza riuscire a terminare la frase, perché interrotto da Metatron.
«Ho un accordo da proporti» incalzò, guardandolo «posso aiutarti, ci sono delle piccole… clausole da rispettare, ma sono sicuro che tu non avrai problemi ad eseguirle».
«Co-cosa devo fare?»
«Consegnarmi spontaneamente la tua grazia, e far innamorare di te un umano in due mesi, un umano che sia disposto a sacrificarsi per amor tuo, e che ti ami, nonostante la tua natura angelica» spiegò, mentre l’angelo spalancava gli occhi incredulo e spaventato all’idea di separarsi dalla grazia «altrimenti, beh… non penso tu voglia saperlo ora».
«Potrei… morire?» chiese allora, la sua espressione era un mix tra il terrorizzato e l’interessato, dentro di lui una vocina, continuava a ripetergli di non accettare, che era una pessima idea, che non doveva, perché era sbagliato, fin troppo sbagliato.
«Peggio, finiresti all’inferno e diventeresti un demone, potente, ma pur sempre un demone».
Castiel restò spiazzato, non se lo aspettava. Era una follia, un’assurdità, avrebbe dovuto parlarne prima con Gabriel, poi forse decidere, sì, ci avrebbe pensato, non doveva accettare così in fretta, no? Non doveva accettare, no.
«N-Ne parlerò con Gabriel e poi…» iniziò, ma venne interrotto subito, di nuovo.
«No, non se ne parla, ti direbbe che è una follia! Se accetti ora, okay, altrimenti andrò a dare la felicità a qualcun altro».
Un ricatto, fantastico!
Doveva decidere subito. Da una parte, temeva la reazione dell’arcangelo suo amico, perché razionalmente quella era una follia, ma cosa aveva da perdere? Avrebbe dovuto trovare l’amore, gli umani trovavano sempre l’amore, perché non avrebbe dovuto trovarlo lui? Ma se poi non lo avesse trovato, cosa avrebbe fatto? Guardò verso Dean, che sorrideva al fratello minore, ringraziandolo per avergli portato il pranzo, e si voltò nuovamente verso Metatron, che lo guardava in attesa. Dall’espressione dell’altro non sembrava mentisse, sembrava davvero un bravo angelo, ma non si spiegava come mai fosse detestato dagli altri angeli, ma decise di non pensarci. Aveva preso una decisione, ignorò la vocina del buon senso dentro di sé, e diede la sua risposta:
«Accetto».
Perdere la grazia per Dean, ne sarebbe valsa la pena, ne era certo.
Se Castiel avesse guardato il volto di Metatron, nel momento in cui lui disse quella semplice parola, avrebbe capito che era stato ingannato, in realtà l’altro voleva solo appropriarsi della grazia dell’angelo ingenuo, per ritornare in paradiso: Metatron, in realtà, era un altro degli angeli caduti, a cui erano state strappate le ali, a causa della sua disobbedienza, ma Castiel non poteva saperlo, nessuno aveva mai parlato dello Scriba Divino che aveva complottato contro Dio, assieme al primo Caduto, poiché a nessun angelo, a parte gli arcangeli, i quali conoscevano tutto per volere divino, era concesso sapere di tutti gli angeli caduti sulla terra, tra i quali Metatron, il quale conservava ancora i poteri angelici come l’invisibilità e il poter guarire, ma non aveva ali, per impedirgli di tornare in paradiso. Come angelo minore, a Castiel non era concesso saperlo - Metatron lo sapeva - per questo motivo era caduto nella trappola.
«Abbiamo un accordo, allora» disse stringendogli la mano, mentre un inconsapevole Castiel, ricambiava la stretta, segnando la sua condanna. Da quel  momento in poi, l’avrebbe potuto salvare solo l’amore di un umano.
 
Metatron condusse Castiel in un capanno abbandonato, che l’angelo sosteneva essere la sua dimora, ogni qual volta scendeva sulla terra, per integrarsi con il genere umano. Ingenuamente, Castiel credeva alle sue parole, accecato dalla voglia di conoscere gli umani di persona, di conoscere Dean, che dal giorno in cui l’aveva salvato, era entrato nella sua testa, senza uscirne più, ripensava al rapporto del cacciatore con la sua famiglia, e del legame anche lavorativo che aveva con loro, e non poteva far altro che ammirarlo. Una volta giunti al capanno, Metatron sistemò ogni cosa nei minimi particolari affinché il rituale potesse essere effettuato, disegnò dei simboli enochiani sul pavimento e sui muri di quella cadente casa – affinché gli arcangeli non rintracciassero né lui né Castiel, marchiò le costole dell’angelo con dei simboli enochiani per non farlo trovare dai superiori, e poi incitò Castiel a distendersi al centro di un cerchio precedentemente disegnato da lui, e gli ordinò di chiudere gli occhi; l’angelo osservò ogni cosa, leggermente spaventato da ciò che lo aspettava, e se fosse stato doloroso? Nonostante fosse angelo e sapesse cosa fosse il dolore fisico, anche se, appunto, in quanto angelo, poteva essere ferito solo da una lama angelica o dal fuoco scaturito dalla combustione di un olio particolarmente difficile da trovare – l’olio santo - e non da armi mortali, oltre ai rituali enochiani, conosciuti solo dagli arcangeli, nonostante l’incertezza e lo smarrimento di quel momento, eseguì gli ordini di quello che credeva essere un altro angelo, solo più esperto di lui. Aveva tutto da perdere, ma si disse che aveva tempo, e in quei mesi, si sarebbe impegnato a cercare questo fantomatico amore. Una volta che Castiel si fu steso, Metatron iniziò una cantilena enochiana, una sorta di canzone capibile solo dagli angeli, era come una ninna nanna magica, che in pochi secondi portò Castiel in una sorta di trance, che gli rilassò tutti i muscoli e quasi lo addormentò: come un’anestesia.
Ciò che accadde dopo fu di quanto più doloroso l’angelo avesse mai provato su di sé, avrebbe voluto urlare per il dolore, nonostante fosse in uno stato di dormiveglia, avvertiva ogni singolo spostamento d’aria e di conseguenza, ogni strappo di ali, sentiva la sua grazia essere prosciugata, aspirata da una forza superiore. Avvertiva dolore, un dolore mai provato prima, come se tutto fosse spezzato, sbagliato, come se lui in quel momento fosse fragile e vulnerabile. Sentiva la sua grazia abbandonarlo, e il dolore era atroce, era come separarsi da un pezzo di se stessi, come se gli stessero amputando un arto, o qualcosa di peggio.
Non riusciva a classificare quel dolore, era qualcosa di atroce, di dilaniante. Il suo corpo era pervaso da spasmi di dolore, e credette anche di aver iniziato a sanguinare ad un certo punto, dalle scapole forse, nel punto in cui le sue ali spuntavano, sentì come se esse fossero state strappate via, avvertì ogni piccolo cambiamento del suo corpo, che lentamente e dolorosamente si trasformava in umano, sentiva la risata di Metatron in sottofondo, e quella cantilena andare avanti, la sua grazia veniva aspirata e man mano da dentro di lui svaniva. Si sentiva sempre meno angelico e più umano, come se fosse un peccatore, esattamente come gli umani.
Il suo respiro era affaticato, tutto quel dolore era insopportabile, tanto da spezzargli sia le forze sia il respiro, la cantilena cantata da Metatron assumeva un tono più cattivo e divertito ad ogni nota, e più passava il tempo, più credeva di aver sbagliato a fidarsi, o forse era solo il dolore a spingerlo a pensare quello, in fondo gli stava facendo un favore, non lo stava uccidendo.
Era stravolto per quel dolore. Niente era mai stato peggiore di quello, e quando la voce di Metatron si fermò, dopo di quelle che erano state le ore più lunghe di tutta la sua vita – era giorno quando erano entrati nel capanno, e ora la luna era alta nel cielo scuro della notte - l’angelo capì che fosse finita, che lui fosse umano, e la certezza arrivò quando vide Metatron con una fialetta contenente un fumo azzurrino, puro, angelico. La sua grazia era racchiusa in un’ampolla, e lui non era un angelo, non più.
Castiel era ufficialmente diventato umano, ma non ebbe nemmeno il tempo di rendersene conto, che perse i sensi, sopraffatto da tutto il dolore provato durante quel rituale, e probabilmente stanco, visto che era un umano a tutti gli effetti.
Metatron afferrò il giovane per le spalle e lo alzò da terra, guardandolo con cattiveria: due mesi e quell’angioletto sarebbe morto, e lui si sarebbe appropriato della sua grazia, riuscendo così a tornare in paradiso e vendicarsi degli arcangeli che lo avevano cacciato via. Era stato un colpo di fortuna per lui trovare un angelo così desideroso di appartenere al mondo degli umani.
Lo trasportò senza fatica fino alla strada, e, dove le auto correvano e sfrecciavano, lo gettò come un sacco di patate, lasciandolo lì alla sua sorte, probabilmente, se fosse morto quella notte stessa, per lui sarebbe stato meglio. Lasciato l’ormai ex-angelo in mezzo alla strada, voltò le spalle e andò via, già pregustando la vendetta che, grazie a quel credulone, avrebbe assaporato.

To be continued... 

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Vi autorizzo ad uccidere sia me che Metatron (personaggio che io odio profondamente, e nessuno mi farà cambiare idea).
Note autrice: Pervasa dall'ansia, perchè mi accade ogni volta che cambio fandom, spero che questa mia piccola Destiel possa piacervi. Era partita come una one-shot, poi Castiel, Dean e Sam si sono impossessati di me, ed è venuta fuori una cosa lunghissima. Quindi tra un aggiornamento e l'altro non dovrete aspettare molto. Non è la prima che scrivo, ma è la prima che pubblico, quindi... ansia portami via. 
Comunque, mi presento, Chiara, 21 anni tra qualche giorno, fangirl certificata, aspirante scrittrice.
Mi sono appassionata recentemente (novembre 2013, più o meno) a questo telefilm (e come abbia fatto a vivere senza di esso per tutta la vita, è un mistero) più o meno ho iniziato a guardarlo quando Rai4 ha mandato le repliche della quarta stagione, poi ho recuperato tutte le precedenti, e continuato per la mia strada, arrivando ad aspettare la prossima in uscita in America, btw ho perso la testa e... beh, ora ho un debole per un angelo ribelle e due cacciatori. Anyway, non vi annoio oltre, e spero che vi piaccia. Vi avviso in oltre, che potrebbero esserci parti struggenti e tanto dolorose, e parti allegre e fluffose, prossimamente. 
Questa è solo la prima parte, e non so prevedere quante saranno...  queste sono solo le prime 4.000 parole, circa di una cosa immensa di 60.000 parole circa. 

P.s Castiel e Dean sono OOC, anche se ho cercato di renderli IC, e in alcuni punti toccheranno picchi di incoerenza voluti. 


 

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Capitolo 2
*** Parte II ***


Desclaimer: I personaggi non mi appartengono (purtroppo) e io da questo non guadagno nulla.

Crediti: A Lu, per il suo magnifico banner.

 


 
Castiel giaceva nel mezzo della strada, quando rinvenne. In un primo momento non ricordò nessun istante di ciò che aveva affrontato poco prima, si sentiva solo debole e fragile, senza energie, vuoto. Provò ad alzarsi, ma tutto ciò che ottenne fu appoggiare il peso del suo corpo sulle ginocchia. Probabilmente, non era stata una grande idea affrontare quel rituale, soprattutto quando si rese conto di essere al centro di una strada statale e vide un’auto dai fanali accecanti accesi, dirigersi verso di lui. In quel momento, provò una delle prime sensazioni umane: la paura.
La sua vita da umano non era nemmeno cominciata, ed era già in procinto di morire. Il cuore pompava troppo velocemente, e il dolore era immenso. Non riusciva a muoversi era totalmente paralizzato dalla paura, cercò persino di ripararsi con le mani alzandole e portando i palmi in avanti, ma l’auto quasi non gli arrivò addosso; il conducente di questa si fermò solo pochi istanti prima di prendere in pieno Castiel, sterzando violentemente, finendo quasi fuori strada a causa del movimento brusco, e subito dopo aver fermato l’auto, si era precipitato fuori da essa, correndo verso l’angelo, per assicurarsi di non avergli fatto male. Castiel non riusciva ad alzare il viso verso il ragazzo appena accorso, per capire chi fosse. E se fosse stato un mostro? O un demone?
Qualche istante prima, aveva iniziato a tremare per la paura di trovarsi schiantato contro la vettura, e proprio non riusciva a capire come mai ne avesse così tanta, avendo affrontato pericoli ben peggiori. Sapeva di dover smettere di pensare come un angelo, perché essendo umano, le sue reazioni fisiche ed emotive erano legate alla sua nuova natura, ma non ci riusciva, era più forte di lui. Era stato per tutta la vita un angelo, e non riusciva a non pensare più come tale, non subito almeno. E’ troppo difficile, troppo – pensò.
«Ehi, amico, ehi, stai bene?» lo aveva chiamato il ragazzo appena accorso, di cui conosceva la voce, un momento – pensò, aveva sentito quella voce milioni di volte in quel periodo sulla terra, era un fortuito caso del destino, ma sapeva chi fosse il ragazzo che l’aveva quasi investito – è Dean! – «ma cosa ti prende? Stare così in mezzo alla strada, è da pazzi!» esclamò quello, sconcertato, notando subito dopo lo stato fisico di quello sconosciuto. Probabilmente era stato aggredito o qualcosa di simile, era davvero conciato male.  
«I-io, n-non…» mormorò tentando di alzarsi, per dirgli che stesse bene, che non dovesse preoccuparsi di un perfetto sconosciuto, ma questo gli aveva porto la mano per aiutarlo ad alzarsi, e Castiel parve trovare le forze, per un attimo, quanto meno per parlare, mentre il ragazzo lo studiava con lo sguardo «s-sono un cacciatore»  aveva biascicato, ancora stanco e provato dal rituale. Non riusciva a rialzarsi da solo, e valutò l’idea di accettare l’aiuto del giovane, osservandola come se guardasse qualcosa di mai visto prima.
«Anch’io e mio fratello, immagino tu lo sappia per dirmi una cosa simile».
Castiel annuì, accettando finalmente la mano portagli dal giovane che credeva essere Dean, il quale lo aiutò ad alzarsi da terra.  L’ex-angelo perse l’equilibrio, cadde quasi addosso all’altro cacciatore, che riuscì a sorreggerlo ed ebbe modo di guardare i suoi occhi; Castiel si rese conto, incontrando finalmente il suo sguardo, che no, non si era sbagliato, era proprio Dean.
«Ehi, ma io ti conosco, sei quello che mi ha salvato dal covo di vampiri!» esclamò il cacciatore, riconoscendolo. Castiel non poteva crederci. E’ possibile che si ricordi di me?
«Sì, io…» tossì, cercando di riprendere un certo contegno «sono Castiel, Castiel Novak» si presentò, inventando di sana pianta il cognome, giacché gli angeli non ne avevano mai posseduto uno, e lui non avrebbe saputo come spiegare come mai non ne avesse uno, senza rivelargli la sua vera natura; preferì quindi inventarlo, piuttosto che spiegare. E poi, tutto sommato, non era tanto male come cognome.
«Dean Winchester» si presentò l’altro, aiutandolo a reggersi in piedi – come se non lo sapessi – pensò Castiel, con l’ombra di un sorriso sulle labbra «e ora ti porto nella stanza di motel che io e mio fratello abbiamo prenotato, e… ti aiuto a riprenderti, ti devo un favore» continuò il cacciatore, sorprendendo non poco il moro, ma suscitando in lui un po’ di speranza.
Castiel sorrise impercettibilmente, per quanto avesse osservato i Winchester, non si sarebbe mai aspettato una tale riconoscenza, in fondo era uno sconosciuto, non si erano mai incontrati, salvo quella volta in cui aveva salvato Dean.
Improvvisamente, però, mentre lui e Dean stavano avanzando verso l’automobile di quest’ultimo, dalle frasche attorno alla strada udì dei suoni strani e sinistri – non aveva perso tutte le sue abilità angeliche, a quanto pareva – allarmato dal rumore, lasciò scivolare la spada angelica – che per fortuna Metatron non aveva preso – lungo la manica del trench, dove la teneva sempre nascosta e la impugnò. Dean notò l’arma tra le mani dell’altro, e sorrise compiaciuto, mentre lo accompagnava alla sua auto, un’Impala del ’67 nera, perfettamente curata e in ottimo stato, ma il cacciatore non aveva sentito il rumore udito dall’ex-angelo.
«Fantastico il tuo pugnale, dove l’hai preso?» chiese curiosamente.
«Un regalo di mio… padre» biascicò, reggendosi al cacciatore, udendo nuovamente quel rumore. Stava accadendo qualcosa, e non era qualcosa di positivo, lo sentiva, avvertiva una brutta sensazione, come un sentore di pericolo, qualcosa che li avrebbe messi in seri guai se non fossero intervenuti. Il suo sesto senso angelico era lì, il male lo percepiva fin troppo bene.
«Fantastico!» esclamò ad alta voce il cacciatore, mentre l’ex-angelo, trovata in sé una briciola di energia, sicuramente dovuta ad un istinto di sopravvivenza umano, lo afferrava per le spalle, scacciando tutta la stanchezza e la spossatezza dovute al rituale di Metatron. Con un gesto rapido, spinse Dean contro la portiera dell’auto, mettendogli una mano sopra la bocca, intimandogli di stare zitto. Il cacciatore spalancò gli occhi, quasi spaventato dal gesto dell’altro, sperando di non essere incappato in un serial killer, e lo guardò spaesato, mentre Castiel lo guardava dritto negli occhi, intimandogli di non fare rumore. Seppur socchiusi, quegli occhi erano di un blu magnetico, così tanto blu, da ipnotizzare il cacciatore, che si zittì all’istante. Restarono in quella posizione, fino a che l’ex-angelo, impugnando la spada angelica, non si voltò con una rapidità sorprendente verso qualcosa alle sue spalle, allontanandosi di poco da Dean, pugnalando a sangue freddo un vampiro, che stava per attaccarli. In fondo, aveva perso la grazia, era umano, ma ricordava perfettamente come combattere. Castiel, che aveva osservato Dean cacciare con Bobby e Sam, nonostante la spada angelica avesse già ucciso il vampiro per non insospettire il cacciatore, tagliò la testa al vampiro caduto per terra con un rapido gesto della mano; la testa rotolò per terra fino alla ruota dell’auto, e Dean restò per tutto il tempo con gli occhi sgranati, cosa diavolo è successo? – pensò il cacciatore, allibito. Quel ragazzo appena incontrato era un fenomeno, non sapeva spiegarsi altrimenti come avesse capito che stavano per essere attaccati e quindi a muoversi velocemente ed ucciderlo.
«Wow! Sei stato… fantastico!» esclamò Dean, sorpreso dalla bravura di Castiel «ma dove hai imparato? Devi insegnarmi! Come hai capito che ci stava per attaccare? E…» il cacciatore fermò il flusso di parole, notando il vacillare dell’altro, protendendosi per tenerlo in piedi. Castiel sorrise annuendo, promettendogli che avrebbe spiegato tutto, tuttavia in quel momento si sentiva talmente tanto debole, da sapere di non potercela fare a sostenere un altro scontro. E se lì c’era un vampiro, ne sarebbero arrivati altri, sicuramente. Il dolore e la stanchezza del post-rituale tornarono sulla sua pelle, facendogli perdere l’equilibrio, investendolo come un’onda anomala che investiva un villaggio.
«Ehi, Castiel!» esclamò Dean, afferrandolo per le spalle, riuscendo a sorreggerlo prima che cadesse per terra «sei ridotto proprio male, e nonostante questo, mi hai salvato di nuovo» continuò aprendo la portiera, contro la quale era stato sbattuto poco prima, e fece entrare il moro, accompagnando il corpo del nuovo amico con i propri gesti; non appena anche le gambe di Castiel furono dentro, Dean chiuse la portiera e con velocità entrò dall’altro lato, mettendo l’auto in moto e guidando a tutta birra verso il motel, mentre Castiel sopraffatto dalla stanchezza, chiudeva gli occhi, sospirando sommessamente.
 Perché il suo cervello man mano smetteva di elaborare pensieri? Perché si sentiva strano, e udiva tutto ciò che lo circondava lontano e ovattato? Perché perdeva la facoltà di pensare e muoversi?
Dean lo osservò preoccupato, mentre guidava verso il motel. Avrebbe dovuto chiedergli cosa gli fosse accaduto.
La salvezza di Castiel dipendeva da quest’incontro, l’angelo sperava solo di riuscire a sopravvivere in quei mesi e riuscire a rispettare l’accordo, altrimenti… le aspettative per il suo futuro sarebbero state terribili. Giunsero al motel in pochi minuti, il cacciatore si premurò di prendere in braccio Castiel e portarlo nella stanza sua e di suo fratello, adagiando poi il ragazzo addormentato sul letto. L’ex-angelo avvertì ogni suo movimento, senza però riuscire a reagire, non aveva nemmeno la forza di aprire gli occhi, tanto fosse sfinito in quel momento.
Dean notò che Sam non fosse ancora tornato, sicuramente era ancora in biblioteca a leggere qualche stupido libro, dopo aver fatto le solite ricerche che sarebbero servite per il caso che seguivano - misteriose sparizioni legate proprio ai vampiri – in quella città.
Era strano essendo le dieci di sera passate, che non fosse ancora tornato, il minore sarebbe già dovuto essere di ritorno, ma probabilmente, si disse il maggiore, era andato in qualche bar a bere qualcosa, dimenticando di avvisarlo che avesse tardato, come suo solito. Forte di questo pensiero lievemente positivista, si prese qualche istante per osservare il giovane che lo aveva salvato ben due volte dai vampiri, il quale giaceva nel suo letto. Sembrava stanco, come se non dormisse da giorni, e si chiese quale fosse la sua storia, cosa gli fosse accaduto, il perché fosse in quello stato e il perché fosse così bello, angelico, avrebbe detto.
Capelli corvini, pelle pallida e occhi blu, di un blu che Dean non aveva mai visto in vita sua, persino quell’assurdo e fuori moda trench che indossava gli conferiva un’aria – avrebbe osato dire – attraente.
Come mai era un cacciatore? Cosa lo aveva spinto ad intraprendere quella strada, costellata di dolore e mancanze? E soprattutto, come mai appariva sempre per salvargli la vita? Era successo a distanza di pochi giorni, eppure Dean non poteva non pensarci.
La prima volta era stato tutto così veloce e rapido, che credette di averlo sognato, ma poi quella sera lo aveva visto in azione, e cavolo se ci sa fare con le armi – pensò osservandolo. Si chiese anche da dove avesse preso quel pugnale così particolare, non ne aveva mai visto uno così prima. No, doveva togliersi questi pensieri dalla mente e sdebitarsi solamente con lui, nient’altro.
Circa una mezz’ora dopo, Castiel dormiva ancora, e Sam ritornò con una pila di libri, dall’aria – secondo Dean – più minacciosa di quella di un demone, il minore comunicò al maggiore, che forse aveva una pista su come scovare i vampiri, notando solo in un secondo momento Castiel disteso sul letto, addormentato, con una coperta addosso – Dean non lo avrebbe mai ammesso, ma si era intenerito nel vederlo tremare dal freddo, motivo per cui lo aveva coperto – e inclinò la testa, confuso.
«Da quando rimorchi anche uomini?» chiese a metà tra lo scettico e il divertito.
«Si chiama Castiel, e mi ha salvato la vita» rispose Dean, senza dar peso alla battuta infelice del minore «ha come un sesto senso per prevenire gli attacchi, non chiedermi come, lo spiegherà lui quando si sveglierà».
«Certo…» Sam lo guardò, annuendo non molto convinto.
Come faceva suo fratello a fidarsi di uno sconosciuto? Tuttavia, conosceva Dean, e sapeva che riponesse la sua fiducia solo in poche persone, probabilmente era un tipo apposto questo Castiel «bene, allora iniziamo a lavorare noi!» aveva esclamato lanciandogli uno di quegli “inquietanti mattoni pieni di parole”, come li definiva il maggiore «abbiamo parecchio da cercare, probabilmente qui si nasconde un’alfa» spiegò il minore, guardando il più grande con un gran sorriso sul volto.
«Quindi…»
«Sì, esatto, hai capito. Sbarazziamoci di lui, e ci libereremo di tutti questi succhia sangue, almeno in questa città»  disse Sam, mentre il maggiore lo guardava con uno sguardo carico d’affetto e di orgoglio, allargando le braccia verso di lui, cosa, che agli occhi del minore, apparve come qualcosa di minaccioso e indietreggiò, prima di sentire il fratello esclamare: «Vieni qui, fatti dare un bacino!»
«Dean, sei disgustoso, allontanati da me!»
«Suvvia Sammy, voglio solo abbracciarti sei stato bravo!»
«Smettila!»
Dean scoppiò a ridere, lasciandosi cadere sul letto libero, lasciando come sempre tutto il lavoro di ricerca su quei noiosi manuali al più piccolo, che resosi conto dell’inattività del fratello, alzò gli occhi al cielo, e riprese il suo lavoro.
Certe cose non sarebbero mai cambiate.
 
Castiel si risvegliò direttamente ventiquattr’ore dopo.
Non appena aprì gli occhi, avvertì di nuovo la sensazione spiacevole delle ali che venivano strappate via, il dolore lancinante che aveva provato quando la sua grazia era stata risucchiata via, e l’assenza entrambe le cose, soprattutto delle ali.
L’assenza di queste ultime si faceva sentire, in quanto, avvertire l’assenza di quelle era come se avvertire la mancanza una parte importante del proprio corpo, come un arto o la testa, si sentiva nudo senza le sue ali a coprirgli le scapole, che spesso gli conferivano anche l’equilibrio, e ora si sentiva privo anche di quello. Quando si mise a sedere, quasi cadde dal letto, avvertendo nuovamente l’assenza delle ali. Guardandosi intorno, si rese conto di essere in una camera di un motel, e sul letto accanto al suo c’erano due ragazzi che dormivano scomodamente.
Era buio, fuori dalla finestra accanto al letto in cui era lui, riusciva ad intravedere le stelle e la luna, restando piacevolmente sorpreso da quella visione. Quando era un angelo, non si era mai soffermato ad osservare gli astri come in quel momento, le considerava solo creazioni divine per sorprendere l’uomo, non le aveva mai viste sotto il punto di vista umano, ed erano affascinanti, forse era per questo che gli uomini le studiavano e cercavano sempre di scoprire il  mistero che dietro di essa si celava.
Si alzò, avvertendo una scarica di freddo lungo la schiena, sbandando leggermente a causa del suo scarso equilibrio, pensando che prima o poi si sarebbe abituato all’assenza delle ali. Si osservò i piedi e notò fossero nudi, qualcuno doveva avergli tolto le scarpe. Passata la sensazione sgradevole di freddo, si avvicinò alla finestra a passi lenti, e si prese qualche istante per studiare e ammirare con lo sguardo quelle piccole lucine nel cielo. Sembravano delle lucciole immobili, attaccate allo sfondo nero del cielo, e quel pensiero gli fece scappare un sorrisetto smezzato, ma sincero. Si voltò, infine, verso i due giovani che lo avevano ospitato, il primo, lo conosceva, Dean, e l’altro doveva essere Sam, il fratello minore – che nonostante fosse più piccolo superava il maggiore in altezza e muscolatura. Li vedeva stretti su quel piccolo letto, Dean tentava di mantenere una posizione supina, fermo e immobile, mentre l’altro sembrava più agitato e si muoveva di continuo urtando contro il maggiore, che nel sonno grugniva infastidito.
Castiel si sentì in colpa, per lui uno dei due aveva rinunciato al proprio letto, e no, non doveva andare così, non era giusto che si privassero di qualcosa per lui, che era solo uno sconosciuto per loro due. Si avvicinò al più grande e con gentilezza lo scosse per una spalla, con l’intento di svegliarlo, era incapace ad intrattenere relazioni umane, e per questo non si aspettava una reazione negativa da parte del cacciatore. Convinto che questi capisse che fosse lui, vedendo che non rispondeva al gesto, lo scosse con più forza, sperando si svegliasse. Il cacciatore sobbalzò e afferrò la pistola da sotto il cuscino, puntandola istintivamente verso l’ex-angelo, che indietreggiò spaventato e alzò, senza rendersene per niente conto, le mani davanti a sé, a mo’ di scudo, per proteggersi. Umani, che strani – pensò sorpreso dalla sua stessa reazione. Sorpreso di essersi spaventato alla reazione dell’uomo che aveva di fronte, pensò a malincuore che era stato un angelo, e non poteva spaventarsi così, non poteva avere paura di un umano che brandiva una pistola.
Era innaturale, ma forse era stata una reazione involontaria del suo nuovo corpo da umano.
«Sono Castiel!» aveva esclamato raggiungendo il muro opposto, per essere abbastanza lontano dalla pistola. Dean aveva messo a fuoco l’uomo di fronte a sé, e borbottando qualche scusa a bassa voce aveva messo via la pistola, permettendo all’ex-serafino di tirare un sospiro di sollievo, e far cadere pesantemente le braccia lungo i fianchi, ne portò direttamente una sul petto, all’altezza del cuore, notando che il battito cardiaco fosse notevolmente aumentato: paura, provava di nuovo questa nuova sensazione, non aveva mai provato qualcosa di simile, a parte quando stava per essere investito dall’auto di Dean, non riusciva a spiegarsi come mai tutte le sensazioni umane da lui provate fino a quel momento, fossero state negative. Doveva provare per forza sensazioni spiacevoli? Non esistevano sensazioni positive? Eppure ne era così convinto da angelo.
«Dannazione, Cas, non puoi svegliarmi in questo modo nel cuore della notte! Mi hai fatto venire un infarto!» esclamò, mentre la rabbia e la preoccupazione lasciavano man mano il suo cuore, lasciando spazio ad un sorriso tenero, alla vista dell’altro, che ancora schiacciato contro il muro e imbarazzato, cercava di regolare il proprio respiro e il battito cardiaco. Dean non sapeva cosa avesse quel ragazzo conosciuto per caso, che gli aveva salvato ben due volte la vita, da spingerlo ad accoglierlo, e da fargli pensare di non volere che andasse via. Si convinse che fosse per il suo sesto senso nell’avvertire cosa stesse per attaccarli, e che comunque avesse ottimi riflessi, perché non aveva mai visto una persona così agile, e infine, perché altre due mani avrebbero fatto comodo alla loro missione, c’era ancora un covo di vampiri da distruggere in quella zona, e Bobby non era con loro. Sei mani erano migliori di quattro, questo era certo.
«S-Scusa, volevo… insomma, io sto bene, puoi… dormire sull’altro letto» balbettò a disagio l’ex-angelo, guardandosi le punte delle dita dei piedi, che erano sicuramente più interessanti e meno imbarazzanti da guardare dello sguardo truce dell’altro. Era una vera frana come umano, lo riconosceva, ma poi si disse che fosse solo il primo giorno, era normale che non sapesse bene cosa fare, giusto? «ti ho visto… a disagio, e… insomma. Uno di voi due ha rinunciato al proprio letto per me» spiegò a disagio l’ex-angelo.
Dean alzò lo sguardo, curioso e stranito, era umano quel ragazzo? Sembrava venire da un altro pianeta.
Chi sano di mente lo avrebbe svegliato nel cuore della notte, solo per dirgli di cambiare letto, perché lo aveva visto a disagio?
Il suo volto non poté altro che distendersi in un sorriso rilassato e dolce, mentre scuoteva la testa, e guardava il moro con un’aria leggermente superiore.
«Non è un problema, io e Sammy abbiamo dormito insieme in questo modo anche in auto, siamo abituati» lo rassicurò alzandosi finalmente dal letto, riponendo la pistola al suo posto sotto al cuscino e raggiungendolo «e ora smetti di tremare, ho messo via la pistola» concluse guardandolo fisso negli occhi, come lui aveva fatto la notte prima, quando gli aveva salvato la vita dal vampiro.
«Io… o-okay» mormorò il moro, continuando a fissarsi i piedi, imponendosi di non tremare – cosa che non si era assolutamente accorto di fare – e di cambiare alloggio al più presto. Non sapeva cosa avrebbe fatto, ma di certo non poteva essere un peso per i due cacciatori, a dire il vero, non sapeva neppure da dove iniziare ad essere umano, e ignorava come poter sostenere se stesso in una situazione del genere, aveva agito d’istinto, d’impulso, senza pensare. Non avrebbe mai dovuto farlo, doveva restare un angelo, e vegliare sugli umani come era stato scritto fin dall’inizio dei tempi, invece aveva scelto di far parte del mondo umano, per poter stare accanto a Dean, un uomo che con la sua dedizione alla famiglia e al lavoro, lo aveva affascinato a tal punto da fargli, indirettamente, desiderare di essere umano, ingenuamente Castiel aveva seguito il suo desiderio ed era divenuto umano, solo per Dean.
«Toglierò il disturbo al più presto, comunque» cambiò argomento, spostandosi dal muro e raggiungendo le sue scarpe, poco prima avvistate. Non poteva restare lì, non era il suo posto. Aveva sbagliato in partenza, ed ora era nei guai.
«No, perché? Non ci dai fastidio, certo, la prossima volta dovremmo prendere una stanza in più, ma sei un fenomeno, e ci servirebbe davvero una mano, in questi giorni» gli afferrò il braccio, facendolo voltare verso di sé «o ci nascondi qualcosa?» chiese fissandolo negli occhi, Castiel si specchiò in quegli occhi così verdi e limpidi, perdendo la sensibilità nelle gambe, quasi come se fossero state di gelatina. Sono un angelo, e ho perso la mia grazia solo per essere parte del tuo mondo, ma non avevo messo in conto che non mi conosci! – avrebbe voluto dire, ed era tutto vero, ma non poteva, non avrebbe mai potuto mettere in seri guai i suoi fratelli e le sue sorelle, non poteva farlo, non a causa  del suo egoismo, non a causa della sua bravata. E poi come avrebbe spiegato tutto al cacciatore? Non poteva spiegarlo, era troppo difficile, nemmeno lui riusciva a capire cosa avesse fatto.
Aveva solo seguito il desiderio, perdendosi nel mondo umano, che per lui era solo stato un qualcosa da osservare dall’esterno, e ora si ritrovava a viverlo.
Optò nuovamente per la menzogna, sicuramente un’azione riprovevole, ma l’unica arma che aveva in quel momento.
«S-sono stato… aggredito, prima che tu mi trovassi e…» si morse le labbra a disagio, mentire non era davvero il suo forte «non mi è rimasto nulla, a parte il trench e il pugnale».
In quelle parole, tuttavia, un fondo di verità c’era, il rituale di Metatron era stato come un’aggressione dolorosa e violenta, qualcosa che lo aveva privato di tutto ciò che era stato in passato, mettendolo di fronte ad un presente che non gli piaceva per nulla. Avvertiva un’altra sensazione sgradevole, forse senso di colpa? Era stato uno stupido, ed ora ne pagava le conseguenze.
«E volevi andare via? Ma sei stupido?» chiese Dean leggermente arrabbiato, credendo alle sue parole, spalancando gli occhi stupito, notando però di suscitare imbarazzo e disagio nell’altro, addolcì il tono, sorridendo amabilmente «e poi perché non me l’hai detto subito?» chiese ancora, meno rudemente, cercando di capire il nuovo arrivato nel gruppo.
«Mi… vergognavo?» la vergogna la provava, perché aveva mentito all’unica persona in grado di aiutarlo in quel momento.
Sono un vile vigliacco” – pensò Castiel, abbassando lievemente lo sguardo, incapace di guardare Dean, in quel momento.
«Non preoccuparti, io e Sammy ti aiuteremo, in fondo, io ti devo ancora un favore» spiegò col sorriso sul volto.
Castiel sorrise impercettibilmente, leggermente sollevato. Non poteva credere davvero a ciò che udiva, Dean era davvero un uomo speciale e buono. Lo stava davvero accogliendo nel suo piccolo nucleo familiare? Stava davvero decidendo spontaneamente di aiutarlo? Non poteva credere alle sue orecchie, tutto sembrò leggermente migliore, anche se il senso di colpa per la bugia, restava lì.
«Davvero? Ma non mi conosci…» cercò di ribattere, ma Dean appoggiò un dito sulle sue labbra, saggiandone la morbidezza, sorridendo teneramente. Castiel, sotto il suo punto di vista, era davvero un alieno, bellissimo, ma rimaneva un alieno.
«Smettila di obiettare e ritorna a letto, domani partiamo presto» ordinò con il tono da finto comandante, indicandogli il letto.
Castiel sorrise lievemente contro il suo dito, ancora appoggiato sulle sue labbra e annuì con lentezza, assimilando ciò che stava provando in quel momento, come una piccola fiammella, uno spruzzo di speranza e felicità lo colse dall’interno.
Mentre si dirigeva al letto, con quel sorrisetto stampato sul volto, si girò verso il cacciatore che ritornava sul letto condiviso con il fratello, che nel frattempo aveva occupato più della metà di quello, lo guardò con riconoscenza, prima di mormorare un «Grazie, Dean» sincero e spontaneo, prima di rimettersi a letto e chiudere gli occhi, più sollevato e meno ansioso, nonostante il senso di colpa. Non tutto era perduto. Dean gli aveva dato, seppur minima, una speranza.
 
La mattina seguente, i primi problemi da umano iniziarono a farsi sentire nell’angelo.
Conosceva in teoria, tutto ciò che un umano avrebbe dovuto fare per sopravvivere: mangiare, bere, lavarsi, andare in bagno, e simili, ma non ne aveva mai avuto bisogno. Non distingueva una sensazione dall’altra, ed inoltre aveva ancora il problema dell’equilibrio precario per via della mancanza delle ali. Non appena si svegliò, l’ex-angelo provò una strana sensazione, si sentiva gonfio, e avvertiva quasi dolore nelle cosiddette “parti intime”, probabilmente doveva soddisfare dei bisogni fisiologici, ma non sapeva come fare. Non lo aveva mai fatto, prima di quel momento. Dannazione, pensò, notando Sam uscire dal bagno.
Forse poteva… insomma, chiedere informazioni, ma come poteva, senza dover spiegare che non lo aveva mai fatto prima d’ora perché era un angelo? No, s’impose, non avrebbe chiesto nulla, lo avrebbe scoperto da solo, augurato il buongiorno al cacciatore, entrò nel bagno, senza prestare attenzione alla risposta dell’altro, il quale gli disse che lì dentro ci fosse Dean che stava facendo la doccia. Semplicemente Castiel entrò e si avvicinò a quello che doveva essere il recipiente per le cose in eccesso del corpo umano, era bianco, basso, sporco e a forma di tazza. Come si usa quest’aggeggio?
Mentre si interrogava sull’utilizzo di quello, udì lo scrosciare dell’acqua e sobbalzò, notando che qualcuno fosse dietro la tendina quasi invisibile, sotto la doccia. Deglutì notando che fosse Dean, che ora aveva iniziato a canticchiare qualcosa.
Il rumore dell’acqua non fece altro che infervorare il suo bisogno di un bagno, e istintivamente si calò i pantaloni, voltandosi verso la tazza. L’imbarazzo che si diramò in lui, quando non riuscì a centrarla fu tanto, ma non si perse d’animo. Fortunatamente Dean non poteva vederlo, e deriderlo per la sua inesperienza.
Il rumore dell’acqua si fermò, l’ex-angelo non riuscì a fuggire da quel luogo troppo stretto per due.
«Castiel?» chiese improvvisamente la voce di Dean, il quale stava uscendo dalla doccia, con un asciugamano a coprirgli il basso ventre – come non detto – pensò l’angelo, riconoscendo che fosse davvero nei guai.
«Scusa, scusa! Non ce la facevo più, scusa!» si giustificò, sistemandosi alla meglio i pantaloni, uscendo in fretta dal bagno, rosso in volto. Cos’era? Imbarazzo? Disagio? Non lo sapeva, ma sapeva di aver fatto una pessima figura con il cacciatore, e lo capì quando udì Sam ridere ed esclamare un «Te l’avevo detto che c’era Dean!» divertito.
Non appena Dean uscì dal bagno, Castiel tenne lo sguardo basso, incapace di incontrare il suo sguardo. Era stato stupido ad entrare, e a non accorgersi che ci fosse qualcuno, ma era annebbiato dalla sensazione che aveva, e…
«Cas, non sono arrabbiato, quando scappa, scappa!» esclamò Dean, sorridendo. Castiel alzò lievemente lo sguardo, cercando di non incrociare il suo «davvero, non fa niente. Io non ho visto nulla, tu non hai visto nulla… pace!» Dean non riusciva a spiegarsi come mai non sembrasse umano.
C’era qualcosa nei suoi gesti, nei suoi comportamenti che lo insospettivano, ma era pur sempre un cacciatore bisognoso d’aiuto, e chi era lui per negarglielo?
«Scusa ancora, e grazie» mormorò l’angelo, torturandosi le mani. Si sentiva meglio, ma avvertiva altre sensazioni sgradevoli, come il pessimo odore che emanava. Forse avrebbe dovuto lavarsi, e non sapeva minimamente come fare «ehm… posso?»
«Certo! A proposito, dovrai cambiarti… non ti fa schifo indossare roba mia, per ora?» chiese Dean, guardandolo interrogativo, per sapere se la sua idea andasse bene, l’ex-angelo accettò e appena Dean ebbe scartato qualcosa da prestargli, Castiel entrò di nuovo nel bagno. Prima di tutto doveva togliere i vestiti sporchi, poi entrare nella doccia… e lasciare che l’acqua gli cadesse addosso.
Okay, non sembra complicato. Eseguì tutti i passaggi per bene, e si stupì di quanto gli venisse naturale comportarsi come un umano, non avrebbe mai pensato di trovarsi bene in quel modo, poi afferrò un asciugamano e prese a passarla sulle parti del corpo bagnate, sorprendendosi ancora di quanto stesse prendendo la mano con certe cose, e poi indossò i jeans e la camicia prestatigli dal cacciatore maggiore, gli stavano appena un po’ larghi, ma andavano più che bene per lui che non possedeva praticamente nulla.
Quando ebbe finito, lasciò il posto nel bagno a Sam, andando a sedersi sul letto, dal quale recuperò le scarpe e il trench lasciati per terra la notte precedente. Aveva la gola e la bocca secche, forse aveva quella che gli umani chiamavano sete?
«Allora, Castiel da dove vieni?» chiese Dean curioso, infilandosi la giacca.
«Chicago, Illinois» mentì ancora l’angelo, dannazione quanto si sentiva in colpa nel mentirgli in quel modo, ma cosa poteva mai fare? Dirgli che veniva dal paradiso, che fosse un angelo e che fosse umano con tempo limitato? No, non ancora.
Dean annuì comprensivo e gli fece altre domande sulla sua vita, ma Castiel rimase vago, risposte brevi e poche parole, e provvidenziale fu l’uscita di Sam dal bagno, che lo salvò da ulteriori imbarazzi.
«Ho fame, andiamo a fare colazione!» esclamò il minore dei Winchester, facendo segno ai due. In effetti, anche Castiel avvertiva un certo vuoto nello stomaco, forse anche lui aveva fame. Com’era strano, sperava di abituarsi quanto prima a tutto questo, perché era davvero improbabile per lui avvertire così tante cose nuove tutte insieme.
I tre uscirono dalla stanza di motel, Dean pagò con una carta di credito falsa, e si diressero al bar più vicino. Il maggiore dei Winchester consigliò al moro di prendere dei pancake, perché secondo lui erano l’unica cosa commestibile presente in quel posto, e l’ex-angelo seguì il suo consiglio. Dean, Castiel e Sam si ritrovarono ad un tavolo un po’ più in disparte rispetto a tutti gli altri, i primi due avevano preso dei pancake con del caffè, mentre l’altro un semplice frullato di frutta. Dopo una sostanziosa colazione, una lotta con le posate per l’ex-angelo che divertì i due cacciatori, e altre domande imbarazzanti, Dean e Sam spiegarono a Castiel cosa accadesse in quelle città, e che avrebbero dovuto eliminare i vampiri lì presenti.
L’ex-angelo accettò di buon grado.
Castiel non sapeva se mai avesse imparato a comportarsi da umano, ma era certo che con i Winchester avrebbe imparato in fretta, e che avrebbe fatto di tutto per sdebitarsi con loro per l’aiuto datogli, ripromettendosi che li avrebbe aiutati in tutte le situazioni, anche le più complesse, soprattutto nelle cacce, sfruttando in quel campo le sue angeliche conoscenze delle creature sovrannaturali.
Quella notte stessa, i due cacciatori con l’aiuto di Castiel, e del suo sopraffino udito e della sua immensa conoscenza riguardo il soprannaturale, riuscirono a trovare il covo di vampiri, in cui, dopo una lotta senza precedenti, i tre debellarono la presenza dei vampiri da quella cittadina lontana e dimenticata da tutti del Connecticut.
I due fratelli decisero che il moro sarebbe rimasto con loro e con loro avrebbe cacciato.
Era il loro asso nella manica, a quanto pareva. 
To be contiued...
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Note: Oh salve, ben ritrovati!
In primis, voglio ringraziare chiunque abbia letto, le persone che hanno recensito e chi ha messo già questa storia nelle seguite. I'm so happy! Non credevo andasse bene in un fandom nuovo, ma thank you so much!
Allora, non sorprendetevi della disponibilità di Dean, perchè si sente in debito verso Cas, che lo ha salvato ben due volte, una delle quali era mezzo morto, ma comunque... eheh. Vedrete in seguito, e poi chi lascerebbe un Cas solo soletto in mezzo alla strada? Io no. E nemmeno Dean, su. Chiedo scusa per la parte di Castiel umano, ma... è stato un puro delirio notturno, e... giuro volevo cancellarlo ma alla fine l'ho lasciato. Non è tenero? 
Volevo pubblicare ieri, ma... avevo troppa voglia di guardare il nuovo episodio.
Anyway, spero che vi piaccia anche questo capitolo. E se ci sono errori di battitura o qualsiasi altra cosa, tell me. Betando da sola le mie storie, a volte gli errori mi scappano, e non me ne rendo conto.
Beh, vi saluto! Al prossimo capitolo!


P.s Castiel e Dean sono OOC, anche se ho cercato di renderli IC, e in alcuni punti toccheranno picchi di incoerenza voluti. 
 

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Capitolo 3
*** Parte III ***


Desclaimer: Tutti i personaggi non mi appartengono, e io da tutto ciò non ci guadagno assolutamente nulla. 

Crediti: A Lu, sempre, per il bellissimo banner.

 


 
Castiel si rivelò un ottimo aiuto per i due Winchester.
Non esisteva mostro di cui non conoscesse le caratteristiche, i punti deboli, e il modo corretto per ucciderli. Avere lui durante le cacce era come portarsi dietro un’enciclopedia per mostri, fornita di ogni conoscenza riguardo al soprannaturale, e per questo motivo Sam lo aveva soprannominato monsterypedia.
Dean si chiedeva sempre come potesse conoscere tante cose, spesso provava a fargli delle domande per scoprire qualcosa sul suo passato, ma il moro rispondeva sempre in modo evasivo, senza mai fornire una risposta chiara. Castiel aveva pian piano imparato a gestire le sue esigenze umane e a provvedere a queste, oltre ad aver quasi preso familiarità con le emozioni forti di cui molto spesso era vittima.
Ormai erano passate due settimane, ma sembrava che i tre cacciassero e lavorassero insieme da anni, tant’avevano legato in quel breve periodo. I Winchester avevano recuperato degli abiti per l’ex-angelo, avevano preso per lui dei distintivi e documenti falsi affinché si fingesse un agente quando cercavano informazioni nelle città in cui cacciavano ed avevano scoperto che il moro non era per niente esperto con le relazioni tra gli umani, e questo avvalorava le teorie di Dean sulla sua natura bizzarra, era convinto fosse una qualche specie rara di uomo che non aveva mai vissuto tra la gente normale, secondo il cacciatore aveva cacciato troppi mostri nei boschi per ricordarsi come si socializzasse con altre persone.
Dean si divertiva soprattutto durante gli interrogatori, perché doveva ammetterlo, Castiel era uno spasso, guardava tutti con l’espressione allibita, che quasi diceva: io non capisco cosa dici, ma mi dispiace tanto. Sembrava che prendesse in giro le persone con quello sguardo, ma la cosa davvero esilarante era il suo essere sfacciatamente sincero.
Era empatico verso tutti – una volta lo aveva visto quasi piangere mentre una donna singhiozzava per la perdita del marito – ma, nonostante ciò, era eccessivamente sincero, a volte menzionava mostri e demoni come se fossero stati esseri domestici, come cani e gatti, ed ovviamente le reazioni che suscitava nelle persone erano sempre di paura o rabbia, in quanto, alcuni credevano che lui si prendesse gioco di loro. Dean adorava la presenza di Castiel nella squadra, non avrebbe mai immaginato che oltre a lui, Sam e Bobby qualcun altro potesse far parte della sua famiglia, tuttavia ora che c’era il moro con loro, si era ricreduto, in quanto oltre a non dargli affatto fastidio, la cosa gli piaceva. Sperava che anche Bobby lo adorasse quanto loro. Sam era totalmente entusiasta della sua presenza – e ciò non sorprendeva affatto il cacciatore visto che Sam tendeva ad adorare tutti, indistintamente – nonostante all’inizio fosse sospettoso. Nessuno dei due avrebbe davvero pensato che lui si rivelasse per loro così importante e fondamentale, non solo perché conosceva cose che loro ignoravano sui mostri – cose che non erano riportate nemmeno nei “mattoni” che Sam leggeva – ma anche perché alcune loro convinzioni su tutti gli aspetti della vita erano state rivalutate con la sua presenza.
Castiel sembrava stupito ogni qualvolta provava qualcosa. La prima volta che aveva riso insieme a loro – e i due ignoravano fosse realmente la prima risata che emetteva – si era sorpreso di quanto potesse essere, testuali parole, rilassante e liberatorio ridere. Sembrava, in effetti, estraneo a tutte le vicissitudini umane, e questo aveva alimentato la convinzione di Dean che fosse davvero un alieno, o un ragazzo cresciuto nella foresta, un po’ come Tarzan, che non aveva mai conosciuto la civiltà, tuttavia a differenza del personaggio fantastico, Castiel aveva un’educazione impeccabile, esclusa, però, la parte riguardante gli spazi personali. L’ex-serafino, infatti, spesso si era ritrovato nello spazio personale di Dean, invadendolo e facendolo sentire leggermente a disagio, per capire alcuni atteggiamenti umani come funzionassero, o per annusare il profumo che il cacciatore emanava.
Castiel non sapeva cosa fosse ad attirarlo di Dean, ma sapeva che gli piaceva da impazzire il suo profumo, era qualcosa di ammaliante, che lo aveva stregato in brevissimo tempo.
Il cacciatore, però, non era propenso alla troppa vicinanza, e qualche volta lo aveva scacciato in malo modo, altre volte insultandolo, ma dopo qualche giorno, Castiel aveva imparato a ignorare i suoi insulti, dato che insultava spesso il suo stesso fratello.
Con Sam, invece, il rapporto era diverso. A Castiel piaceva parlare con Sam, anche per ore, come lui anche il minore dei Winchester conosceva tante cose – certo, non quante ne conoscesse lui, per ovvi motivi – e le conversazioni con lui erano sempre divertenti, appassionanti, interessanti e stimolanti, con lui risolveva la maggior parte dei casi, e poi insieme a Dean eliminavano il mostro o il demone in questione. Niente sembrava andare male con loro.
A volte, doveva ammetterlo, avvertiva una sensazione sgradevole, quando Dean faceva il dongiovanni con tutte le bariste e le belle ragazze che incontravano nei pub, nei bar o semplicemente in giro.
Non sapeva come mai, non sapeva cosa fosse, ma questa cosa lo infastidiva molto. Aveva sempre detestato, anche quando era un angelo, vedere Dean compiere atti impuri e perdersi nella perdizione con persone occasionali, avrebbe voluto salvarlo da questo, e renderlo felice come meritava di essere, purtroppo il cacciatore non sembrava interessato a lui o ad essere felice, ma l’angelo era convinto di poterlo fare, perché, nonostante non capisse ancora cosa fosse, sapeva che ciò che provava per il Winchester, era sincero.
Erano a Sioux Falls, in South Dakota, dove stavano lavorando ad un altro caso, probabilmente demoniaco. Sulla scena del crimine erano stati ritrovati residui e puzza di zolfo, il testimone oculare, che si era ritrovato lì per caso, aveva affermato di aver visto un’immensa quantità di fumo nero entrare nella bocca di un barbone, e quest’ultimo aggredire la vittima, una giovane ragazza, che non arrivava ai vent’anni, mora, leggermente bassina, ed ucciderla a sangue freddo.
Non erano ancora chiare le cause, e il perché dei demoni attaccassero così a spada tratta un’innocente che apparentemente non c’entrasse nulla con loro, era un incidente isolato, dopo quella ragazza non c’erano stati altri morti, la cosa ancora più strana fu la sparizione del corpo dopo soli tre giorni dalla morte. Questa fu una delle ragioni per cui i Winchester e Castiel non risolsero il caso subito, ed ebbero modo di restare in quella città, rintanati nella loro camera di motel, per cercare altre ragioni che unissero la vittima ai demoni. Rimasero bloccati lì, nella più totale confusione, fino a che quasi non si arresero, definendolo come un caso unico, senza risoluzione. Quella ragazza era stata l’unica vittima di quel demone, nessun altro morto, nessun’altra traccia di zolfo, nessun corpo sparito. Non avevano nessun elemento per indagare, chiesero anche a Bobby, se prima di quel momento fossero accadute cose simili, non ottennero una vera risposta, secondo l’uomo era solo un conto in sospeso tra due fazioni demoniache, o un contratto demoniaco scaduto prima del tempo. Non avevano prove, non aveva niente su cui basarsi.
Dopo una settimana di nulla, decisero che fosse inutile continuare, ragion per cui, decisero di passare l’ultima notte lì e raggiungere Bobby il mattino seguente. Il denaro iniziava a scarseggiare e poi i due Winchester volevano presentare Castiel al loro padre adottivo.
Dean se ne stava su una sedia, con il capo chino su una rivista, probabilmente un porno, mentre Sam leggeva un giornale per accertarsi che non ci fossero altre vittime di quel mostro che era giunto nella città – tutto poteva accadere in una giornata – e Castiel era assorto nei suoi pensieri, come suo solito. Essere umano era davvero strano, ma insieme ai due fratelli che aveva conosciuto, non avvertiva il peso di quello status, anzi, si sentiva bene e incredibilmente vivo come non si era mai sentito durante la sua vita da angelo.
«Mi piace davvero stare con voi» disse improvvisamente l’ex-angelo con mezzo sorriso sul volto, mentre Sam lo guardava con un sorrisetto furbo sulle labbra, Dean era ancora assorto nel suo giornalino «insomma, con voi due ho la vita che sognavo» confessò leggermente imbarazzato «sì, credo di avere un’opportunità con voi, insomma, di sentirmi vivo»  guardò verso Dean, sorridendo stavolta «di stare bene» concluse mentre il più grande dei Winchester alzava lentamente lo sguardo verso Castiel che continuava a parlare, il cacciatore era quasi scosso da ciò che diceva l’altro, quasi come se le sue parole gli facessero provare qualcosa di nuovo, e strano, Castiel gli faceva davvero un effetto disarmante. Incontrò gli occhi incredibilmente azzurri, blu, luminosi – Angelici – del moro, carichi di riconoscenza, e si perse in essi, mentre Castiel gli sorrideva leggermente perdendosi anch’egli negli occhi verdi, pieni di sfumature dell’altro.
Lo sguardo, che si lanciarono, fu talmente intenso che per un attimo, per un solo attimo, dimenticarono che Sam fosse presente e che i suoi occhi fossero su di loro. Erano talmente presi l’uno dagli occhi dell’altro, dallo studiare ogni singola sfumatura degli occhi di colui che avevano di fronte che tutto divenne scuro, nient’altro esisteva. C’erano solo loro, al centro di quella stanza, intenti a studiarsi, né demoni, né mostri, né tantomeno Sam.
Il minore dei Winchester si sentì in imbarazzo, segretamente immaginava cosa stesse accadendo, conosceva fin troppo bene Dean, per affermare che non fosse solo riconoscenza quella che provava per Castiel, ed era un bene che si affezionasse a qualcuno.
Se n’era accorto da subito, perché… beh, perché Dean non si era mai sbilanciato per qualcuno, non aveva mai garantito per nessuno, non si era mai fidato di nessuno al primo sguardo, invece da quando aveva incontrato quel Castiel, Dean aveva fatto esattamente il contrario di ciò che faceva di solito, si era fidato di lui da subito, ed era convinto che anche il moro non fosse del tutto indifferente a suo fratello, dato il modo in cui lo guardava sempre.
Sam sorrise tra sé e sé, decidendo che prima o poi avrebbe fatto qualcosa per metterli di fronte alla verità.
Decise, infine, di abbandonare la stanza, perché la tensione sessuale, che c’era tra quei due, era imbarazzante, lo era anche il trovarsi in quella situazione. C’erano cose che un fratello minore non avrebbe mai dovuto vedere del maggiore, e questa che osservava era una di quelle, e non perché Castiel fosse un uomo, anzi, provava lo stesso imbarazzo anche quando Dean ci provava con le donne.
Poi avrebbe chiesto spiegazioni a suo fratello, ma in quel momento, doveva scappare via. Per cui, si alzò dal letto ed uscì dalla stanza, lasciandoli persi l’uno nello sguardo dell’altro, intenzionato ad andare a fare qualsiasi cosa purché non fosse guardare quei due scambiarsi amore tramite gli occhi, o qualsiasi cosa fosse quello sguardo fin troppo carico di… qualcosa. Decise, infine, di andare in biblioteca, magari avrebbe trovato qualcosa da leggere, e quindi distrarsi.
Si chiuse la porta alle spalle, e andò via, senza sapere cosa sarebbe accaduto in quella stanza, da quel momento in poi.
I due rimasti nella camera continuarono a studiarsi e a guardarsi negli occhi per un tempo che parve infinitesimale – da quando Sam era andato via, però, passarono solo cinque minuti – fino a che Castiel non distolse lo sguardo, interrompendo il contatto visivo, imbarazzato. Gli occhi di Dean erano troppo belli, troppo magnetici, ma aveva sentito uno strano calore sul viso, quando aveva notato che il cacciatore ricambiasse lo sguardo, ed era finito nel pallone.
«Forse potremmo…» mormorò, cercando di recuperare fiato, e ciò che rimaneva del buon senso, cercando di riagganciarsi al discorso di poco prima, guardandosi intorno, spaesato, non trovando il minore «ehi, dov’è Sam?»
«Cosa?!» chiese sbottando con la voce acuta Dean, sbattendo le palpebre, riprendendosi da quello stato di trance. Lui si era distratto e Sam era sparito? Com’era possibile? Cos’era successo?  Giurò a se stesso che non sarebbe mai più accaduta una cosa del genere, non avrebbe mai più perso di vista Sam, non poteva distrarsi e metterlo in pericolo, no, non poteva «Sammy!» esclamò ad alta voce, sperando che il fratello gli rispondesse dal bagno, cosa che non avvenne.
Ma quanto tempo è passato? Non me ne sono nemmeno reso conto – pensò il maggiore, senza rendersi conto di quanto tempo avesse fissato gli occhi di Castiel, quanto tempo? Pochi minuti, o qualcosa in più?
«Sarà uscito» osservò con ovvietà l’ex-angelo, cercando di non far andare Dean in iperventilazione, come succedeva ogni volta che perdeva il fratello di vista «Dean, respira, sarà in giro» gli disse, cercando di calmarlo.
«E’ il tramonto, dopo il tramonto succedono cose terribili a quelli come noi!» esclamò a voce alta, sempre più innervosito dalla situazione non gestibile per lui, arrabbiandosi ingiustamente con l’ex-angelo.
«Sa difendersi, è un cacciatore!» ribatté Castiel, cercando di tranquillizzarlo. Sam era grande e grosso, sapeva difendersi da solo, e non aveva bisogno della balia alias suo fratello Dean per difendersi.
Il maggiore si alzò stizzito e afferrò la sua giacca, appoggiandola contro la spalla sinistra, guardando il moro con un po’ d’astio, perché in fondo era colpa dei suoi occhi maledettamente blu che si era distratto e aveva perso di vista Sam, e poi non avrebbe mai ammesso nemmeno sotto tortura che quegli occhi gli facevano perdere la testa, confondendolo del tutto, su ogni cosa.
«Vado a cercarlo, resta qui in caso torni» disse con il suo solito tono che non ammetteva obiezioni e l’ex-angelo fu quasi costretto ad annuire leggermente imbarazzato, mentre Dean usciva dalla stanza, borbottando qualcosa che Castiel percepì come è tutta colpa tua, mi hai distratto, e poi sbatté la porta dietro di sé.
Castiel non capì come mai il cacciatore si fosse arrabbiato con lui, non aveva fatto niente di male, giusto? Non era colpa sua, no?
Li stava solamente ringraziando, perché con loro sentiva di poter fare qualsiasi cosa, molto di più rispetto a quando era un angelo, giacché in quel periodo si era limitato a guardare passivamente la terra senza agire, senza poter salvare le persone, mentre ora viveva la terra, si sentiva utile, salvava persone, e sentiva di poter fare la differenza, in un mondo popolato da creature mostruose.
Aveva semplicemente un debole per i due fratelli che lo avevano accolto, debole molto più esteso al più grande, che aveva rapito il suo essere come nessun altro aveva mai fatto prima. Un solo sguardo di Dean era in grado di lasciare il segno in lui, e di farlo sentire bene o male, a seconda di come quest’ultimo fosse: se il suo sguardo era furioso, come quello che gli aveva rivolto prima di uscire dalla stanza, lo faceva sentire male, triste e inutile; al contrario se esso era puro e limpido, quasi felice, come quello che gli aveva rivolto prima della confusione scatenatasi a causa dell’assenza di Sam, era in grado di farlo sentire vivo e felice come non si era mai sentito nella sua vita, ed era frustrante sapere che un singolo uomo potesse avere un tale effetto su di lui, un angelo, o meglio, un ex-angelo del signore.
Camminava avanti e indietro per la stanza, chiedendosi cos’avesse fatto di male, quando improvvisamente nella stanza apparve una giovane ragazza – non ho bevuto alcol, è davvero la ragazza morta! – strabuzzò gli occhi rendendosi conto di trovarsi davanti alla ragazza trovata morta quella mattina. Cosa diavolo…?
Gli si avvicinò con aria circospetta e divertita, mentre l’angelo portava la mano al manico della spada angelica, per proteggersi. Avvertiva il male perfettamente, ed era certo che quella non fosse più la ragazza ritrovata quella mattina, bensì un demone.
«Allora quello che si dice è vero» disse quella girandogli intorno, ancor più divertita di prima «tu eri un angioletto, vero? E sei diventato umano per unirti ai Winchester?» chiese ancora, continuando a girare attorno all’ex-angelo, la cui mano aveva impugnato saldamente la spada angelica senza ripensamenti, era pronto a sguainarla immediatamente «Castiel, giusto?»
«Chi sei, demone?» chiese invece lui sulla difensiva, senza rispondere. Come faceva un demone a sapere tutte quelle cose riguardo lui e le sue recenti scelte di vita? «come fai a sapere tutte queste cose su di me?» chiese ancora stupito «conosci persino il mio nome!» la sua voce si alzò di un’ottava, senza rendersi conto di come il suo corpo umano stesse reagendo a quella visita inaspettata.
«Ho ucciso questa ragazza giusto per venire a conoscerti di persona» disse con un sorriso divertito sulle labbra «gli accordi tra Metatron e qualunque essere sovrannaturale non vanno mai a finire bene» spiegò scuotendo la testa, fintamente rammaricata «mi divertirò a torturare la tua anima e il tuo corpo, quando finirai all’inferno, fino a farti diventare un demone» disse, ignorando la domanda di Castiel, che continuava a restare sulla difensiva, la mano ancora avvolta attorno alla spada, incapace di muoversi, paralizzato dalla paura «e sarai un demone davvero sexy» concluse lanciandogli un’occhiata maliziosa «puoi chiamarmi Meg, comunque» rispose, infine, alla sua domanda, prima di sparire dalla stanza esattamente com’era apparsa, lasciando Castiel in uno stato stranissimo. Non si era mai sentito tanto vulnerabile come in quel momento, si era ritrovato solo con un demone nella stanza, totalmente paralizzato, e la verità delle sue parole, riguardo l’accordo che aveva stretto con Metatron, gli venne sbattuta davanti troppo violentemente, da non permettergli di rendersi conto di quanto fosse accaduto.
Lo sapeva, sapeva a cosa andasse incontro, ma tutto ciò detto da un demone era peggiore di sentirlo da un angelo.
Sarebbe finito all’inferno, sicuramente nessuno si sarebbe mai innamorato di un imbranato come lui, di uno che non aveva nulla da offrire. Non si era nemmeno accorto di aver iniziato a tremare dalla paura, eppure aveva la spada angelica tra le sue mani, non avrebbe dovuto aver paura, non lui, non un ex-angelo. Indietreggiò fino al letto, sentendo improvvisamente le gambe molli e tremolanti, come se fossero fatte di gelatina. Da quando sentiva così tanto la paura? Credeva di averla sconfitta quando si era ritrovato faccia a faccia con uno dei tanti mostri che avevano cacciato e distrutto, e ora si sentiva debole e indifeso, come non mai. Aveva paura.
Non aveva ancora preso in considerazione l’ipotesi di finire all’inferno, convinto che potesse trovare l’amore, ne era così convinto che non aveva messo in conto nulla, e adesso era come se avesse fatto la stessa fine di Lucifer.
Abbassò lo sguardo sui suoi piedi, tutte le meravigliose cose provate in quelle settimane, svanirono in un solo battito di ciglia, Dean lo odiava per chi sapeva quale motivo, magari anche Sam lo odiava, e si trovava solo in quella stanza, con mille pensieri strani riguardanti ciò che gli sarebbe accaduto, pieno d’angoscia e qualcos’altro che non sapeva ancora definire; si sarebbe trasformato in un demone, e avrebbe perso tutte le cose belle e positive, che era stato ed aveva fatto, tutto sarebbe finito, svanito nel nulla, e si sarebbe ritrovato all’inferno, dove di lui non sarebbe rimasta neppure una piccola, singola briciola, e… sarebbe diventato cattivo, crudele e spietato, dopo aver sofferto pene infernali e dolorose.
Non si accorse di una lacrima solitaria che scivolò via dal suo occhio sinistro. Non credeva di poter mai provare qualcosa di tanto devastante, quanto la rivelazione che aveva avuto quel giorno. Aveva davvero voglia di piangere e di urlare, sì, urlare. Avrebbe voluto tirare fuori tutto, per quanto era stato stupido, quanto era stato poco lungimirante fidandosi di qualcuno che probabilmente lo aveva ingannato, aveva cercato la felicità ed era stato irresponsabile… non era passato nemmeno metà del tempo a sua disposizione, ma i giorni passavano talmente velocemente che non se ne rendeva conto. Tirò le gambe contro il proprio petto sul letto, cercando di fermare il tremore che l’aveva colto in quel momento, gli portava via tutte le energie, travolgendolo più del dovuto. Si impose di non piangere e di non versare nemmeno una lacrima, tentò solo di calmarsi e ragionare. Non doveva sempre essere così emotivo, dannazione, da umano era una frana con le emozioni, e questo lo rendeva debole, fin troppo incline all’emotività.
Era ancora in quella posizione, che definì egli stesso protettiva e rilassante, quando Dean ritornò insieme a Sam, mentre il primo rimproverava il minore, perché era uscito senza avvisare, e altre parole che Castiel non comprese.
Entrambi si sorpresero di vederlo in quello stato, quando fino a poco prima li aveva ringraziati e stava letteralmente mangiando Dean con lo sguardo. Il più grande fu il primo a corrergli accanto e sedersi vicino a lui, preoccupato che fosse colpa sua il suo stato.
«Cas, che succede? Ehi?» chiese allarmato, cercando di scorgere il suo viso, sepolto tra le ginocchia «Cas, se è per come ho reagito prima io…» deglutì sommessamente «mi dispiace, ero preoccupato per Sam, non era mia intenzione prendermela con te, davvero».
L’ex angelo scosse impercettibilmente la testa, e Dean, già stanco di vederlo in quella posizione, lo costrinse ad alzare la testa e ad abbassare le ginocchia, riuscendo finalmente a guardarlo negli occhi, trovandoli spenti e lucidi, contornati di rosso, segno di un’unica cosa: aveva pianto.
Perché Castiel aveva pianto? Cosa era successo mentre lui non c’era stato? Qualcosa era successo, ne era certo.
«Piangere è orribile» aveva mormorato il moro e Dean, sorprendendo prima se stesso, poi Sam e infine Castiel stesso, lo abbracciò di slancio, facendogli appoggiare il volto contro il proprio petto. Una sua mano andò alla schiena del moro e con movimenti lenti e circolari gliel’accarezzò, cercando di calmarlo o quanto meno di non peggiorare la situazione. Castiel restò immobile con le braccia abbandonate lungo il corpo, mentre Dean lo stringeva forte, era una situazione piacevole, nonostante tutto. 
«Vado a prendere la cena» mormorò Sam, lasciando la stanza – ricordandosi di avvisare il fratello, stavolta – lasciando ai due un minimo di privacy in un momento così… intimo e tenero. Dean che abbracciava una persona, avrebbe dovuto per forza raccontarlo a Bobby, avrebbe fatto fare una grassa risata al loro padre adottivo. Dean non mostrava affetto nemmeno verso un cucciolo di cane abbandonato sul ciglio della strada, e ora, appena visto Castiel giù di morale, in lacrime, lo aveva abbracciato, senza ripensamenti.
Dean intanto, rimasto con Castiel nella stanza, lo stringeva forte tra le sue braccia, cercando di capire come aiutarlo, ma prima di tutto avrebbe dovuto capire la causa di quel pianto, e non aveva il coraggio di chiedergli nuovamente il motivo. Se avesse detto che fosse colpa sua per quando gli aveva risposto in quel modo senza che avesse fatto assolutamente nulla?
«Cas, ehi, stai bene?» chiese premurosamente, accarezzandogli ancora la schiena.
«Sì, Dean» mormorò contro la stoffa della sua maglietta, annusando il suo profumo, sapeva di buono, e per qualche strano motivo, era in grado di calmarlo «sto invadendo il tuo… spazio personale?» chiese a disagio, cercando di staccarsi da lui, ma Dean lo trattenne aumentando la presa.
«Fregatene ora. Voglio sapere che ti succede».
«Un po’… di nostalgia»  sospirò lasciando che Dean lo stringesse più forte, senza ricambiare l’abbraccio «mi chiedevo se avessi fatto la scelta giusta a lasciare la mia… famiglia per… cacciare» spiegò, omettendo volontariamente la questione dell’inferno e dei demoni, soprattutto del demone che era stato nella stanza poco prima. In fondo, non aveva mentito: aveva lasciato la sua famiglia, gli angeli, per unirsi agli umani, e quindi per cacciare «e a volte mi mancano la mia vecchia vita, la mia famiglia, tutto qui. Solo un po’ di tristezza» ammise concludendo la risposta alla domanda del cacciatore ancora senza mentire, ma omettendo la verità sulla sua natura e tutto il resto; gli mancava in parte essere un angelo e svolazzare dove voleva, cambiare luogo, e tutto ciò che comprendeva l’essere un angelo. Un po’ gli mancava anche Gabriel, l’unico vero amico che avesse avuto ai “piani alti”, si chiedeva spesso come stesse o cosa facesse, se in paradiso andasse tutto bene, o cose del genere.
«Beh, fa sempre schifo separarsi da qualcuno a cui si vuole bene, posso capirlo» disse Dean, senza distogliere lo sguardo da lui «ma ora ci siamo io e Sam, siamo noi la tua famiglia, e domani ti presentiamo Bobby, sarà fantastico, vedrai!» concluse sorridendogli, e Castiel si perse letteralmente in quel sorriso; stordito e inebriato dal profumo e dal sorriso di Dean, affondò di nuovo il viso sul suo petto, ritrovando per un attimo la pace, non aveva ricambiato l’abbraccio, in realtà non aveva idea di come si facesse, ma si sentiva bene tra le braccia di Dean, c’era pace, c’era serenità, c’erano solo loro in quel momento.
Era tutto perfetto. Non tutto era perduto, in fondo, poteva ancora innamorarsi di qualcuno, sperando che qualcuno si innamorasse di lui, ricambiandolo, e se quel qualcuno fosse stato Dean Winchester, a Castiel non sarebbe per niente dispiaciuto.
 
Quando il giorno dopo, i tre cacciatori partirono per andare da Bobby, quasi dimenticarono ciò che era accaduto la sera precedente, o meglio, evitarono intenzionalmente di parlare dell’argomento, in quanto Dean faceva finta che non fosse successo assolutamente nulla, Sam non osava parlare per non infastidire il maggiore, e Castiel meno pensava a ciò che gli era stato rivelato quel giorno, meno angoscia serbava. Non era stata una conversazione piacevole quella avuta con il demone, anzi l’esatto contrario, ma non poteva nemmeno negare che ciò che era accaduto tra lui e Dean non gli fosse piaciuto, tuttavia preferiva tacere a riguardo, troppo imbarazzato per farlo.
Il viaggio fu abbastanza silenzioso, fatta eccezione per la radio accesa su stazioni radiofoniche che trasmettevano solo rock, che ovviamente era scelta da Dean, toccava a lui decidere quale musica ascoltare, lui era il guidatore.
Tutti e tre erano in ansia per l’arrivo a casa di Bobby. Per i due Winchester, il consenso dell’uomo era fondamentale, fin da quando li aveva presi sotto la sua custodia, loro si erano ciecamente fidati del suo giudizio, e stavolta avevano agito senza, solo perché si erano fidati del ragazzo conosciuto da poco;  mentre Castiel era teso in quanto non sapeva come avrebbe dovuto comportarsi, Sam e Dean lo avevano tranquillizzato, almeno ci avevano provato, dicendogli che il loro padre adottivo fosse solo un vecchio orso che borbottava, ma in fondo, non era una grandissima minaccia, temeva una reazione negativa.
Castiel restò teso ed in ansia per tutto il viaggio, continuando ad esserlo sulla soglia della casa dell’uomo – ignaro di essere stato salvato proprio dall’angelo sulla soglia della sua casa – non si sciolse nemmeno quando vide Bobby abbracciare affettuosamente i due ragazzi, prima di rimproverarli con un sonoro Idioti, anzi, vedendo quella scena si sentì ulteriormente a disagio, si sentì un estraneo, cosa che era sul serio, incapace di mettere due parole una dietro l’altra, e persino di camminare. Ad un tratto, l’assenza delle ali si fece sentire nuovamente, e perse l’equilibrio, riuscendo però ad evitare la caduta, puntando i piedi per terra.
Sapeva di essere una frana con i rapporti personali, ma in quel momento si sentiva davvero fuori luogo, come se quello non fosse il suo posto, perché in effetti, quello non era il suo posto.
Una serie infinita di pensieri travolsero la sua mente, tutti negativi, fino a che Dean e Sam non lo afferrarono entrambi per le maniche del trench, trascinandolo in casa. Il più grande si affrettò a lasciarlo, come scottato, per chiudere la porta, mentre Sam sorrideva.
«Bobby, lui è Castiel, colui che mi ha salvato la vita!» esclamò il maggiore, puntando il dito verso Castiel, che s’imbarazzò e annuì lentamente, tendendo una mano verso l’uomo; quasi tremava nel porgergli la mano per presentarsi.
«Signore, io sono Castiel Novak» disse quasi tutto d’un fiato «sono lieto di fare la sua conoscenza».
«Dove diavolo avete trovato un ragazzo così educato, voi due idioti?» chiese l’uomo divertito, battendo una mano sulla spalla del moro, che proprio non riusciva a rilassarsi. Questa frase è positiva? E’ negativa? – pensò disperato, ancora con la mano tesa in avanti, voltandosi verso Sam, implorando un aiuto.
Non riusciva a guardare Dean, non dopo tutto ciò che era successo il giorno prima.
«Diciamo che è Dean che l’ha trovato» intervenne subito il minore dei Winchester, in aiuto dell’amico «e direi che si è rivelato un ottimo aiuto, ogni tanto anche Dean fa qualcosa di buono».
«Ehi! Io faccio sempre cose buone!» esclamò piccato il maggiore, mentre si dirigeva verso la cucina per prendersi una birra fredda.
«No, beh, Dean, qualche notte fa ho dovuto salvarti da quel fantasma, perché eri convinto che non ti attaccasse» disse allora Castiel monocorde, sciogliendosi leggermente, mentre Dean sorpreso si voltava verso di lui con gli occhi sgranati e l’espressione sorpresa sul volto. Aveva davvero parlato? Era dalla sera precedente che non lo sentiva parlare.
«Già, è vero! Avresti dovuto vederlo, Bobby» continuò Sam, incalzando «con una sola mossa ha spinto Dean dietro di sé e poi ha usato quel suo pugnale strano per mandare via il fantasma, è stato fantastico!» raccontò con enfasi, mentre il maggiore arrossiva per la vergogna, e l’uomo scoppiava a ridere, battendo nuovamente una mano sulla spalla del nuovo arrivato.
In fondo, se i suoi ragazzi si fidavano del nuovo arrivato, per l’uomo non esistevano problemi. Si fidava abbastanza dei suoi ragazzi per accettare le loro scelte e i loro amici, inoltre era un vantaggio per loro, avrebbero svolto il lavoro in meno tempo.
L’interrogatorio però, non gliel’avrebbe tolto nessuno. Ogni persona che entrava in quella piccola famiglia, necessitava di un interrogatorio lungo, con domande di tutti i generi, partendo dalla famiglia, per finire al motivo che l’avesse spinto a quella vita di dolori e stranezze, ma per il momento, visto il clima familiare già creatosi, e vista l’alchimia che c’era tra i tre, non ebbe dubbi nemmeno lui su quel ragazzo. Stranamente, Castiel conquistava facilmente la fiducia di tutti.
«Allora benvenuto in famiglia, Castiel».

To be continued...
 
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Salve di nuovo a tutti.  Chiedo umilmente scusa per non essere riuscita ad aggiornare prima, ma sono stata impegnatissima. 
Passiamo ai ringraziamenti, perchè sì, sono necessari, e davvero vi ringrazio per il caloroso benvenuto nel nuovo fandom, non credevo andasse bene, e invece devo ricredermi. Grazie, grazie. 
Anyway, passiamo a parlare del capitolo nuovo nuovo.
Eee, ora sappiamo che ci sono anche i demoni, e che Dean è già attratto da Cas, perchè chi resisterebbe agli occhioni blu di Castiel? Io e Dean no di certo, comunque chi non vorrebbe una bella chiacchierata con un demone? Pffft. E so che il Castiel del telefilm non si sarebbe spaventato, ma... mi ispirava tenerezza e non ho saputo resistere a farlo così, e poi mi piaceva la cosa di Dean che si scioglieva e diventava affettuoso. 
E Sam... beh, Sam è il primo Destiel shipper, e non a caso, più avanti avrà un ruolo fondamentale tra loro e negli avvenimenti futuri. So di averlo messo in disparte nelle prime parti, ma diventerà fondamentale tra poco.
E poi c'è un piccolo, minuscolo pezzetto in cui il nostro angioletto caduto incontra Bobby, perchè DOVEVA incontrare Bobby, perchè Bobby è ancora con noi, e doveva esserci. 
Beh, io credo di aver finito.
Adesso vi lascio, perchè ho scritto davvero troppo. As always, se ci sono errori, non esitate a farmelo notare, come ho già detto, betando da sola, a volte qualche errore mi sfugge sempre.
Al prossimo capitolo, ciao!


P.s Castiel e Dean sono OOC, anche se ho cercato di renderli IC, e in alcuni punti toccheranno picchi di incoerenza voluti. 

 

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Capitolo 4
*** Parte IV ***


Desclaimer: I personaggi non mi appartengono, ed è ingiusto perchè tutti meriterebbero almeno un Castiel (o anche un Dean) personale. E io non ci guadagno nulla da tutto ciò.

Credits: A Lu, per il banner.


 


 
Erano da Bobby da due settimane, Castiel non si era mai sentito più felice. I tre cacciatori lo avevano accolto in famiglia, tanto da farlo sentire completamente integrato.
Dean era quasi sempre impegnato in officina, e il moro lo osservava ogni volta che ne aveva l’occasione, affascinato, si fermava così tante volte a fissarlo, che il cacciatore, alla fine aveva deciso di insegnare all’ex-angelo come riparare un auto, con scarsissimi risultati, dato che Castiel non sapesse distinguere un cric da una chiave inglese, ma nonostante questo, il cacciatore si divertiva ad averlo intorno. Adorava la sua espressione curiosa e il suo essere sempre imbranato, sorpreso, ma comunque serio in tutte le situazioni.
Era passato un mese abbondante da quando viveva con i Winchester, e credeva che ormai non volesse più tornare indietro. Tutto era perfetto con loro due, con Sam riusciva a parlare di tutto, riusciva a confidarsi; mentre con Dean tutto era diverso, era tutto complicato, era tremendamente geloso nei confronti del maggiore dei Winchester – quasi possessivo – ma non era nemmeno intenzionato a dirgli cosa provasse per lui, era troppo imbarazzante, anche per un ex-angelo, che, tra l’altro, non sapeva con esattezza cosa fosse, dato che non avesse mai provato nulla del genere. Solo Sam parve accorgersene, forse a causa degli sguardi che lanciava sempre al più grande, o perché si perdeva a guardarlo per istanti lunghi e carichi di tensione, il cacciatore era come una calamita per gli occhi dell’angelo, che non riusciva mai a staccargli gli occhi di dosso.
La situazione era totalmente diversa, quando il suo sguardo e quello di Dean si incrociavano. Castiel non sapeva interpretare quello che vedeva negli occhi dell’altro, ma era qualcosa di bellissimo e talmente puro da stenderlo e metterlo K.O. in brevissimi istanti.
«Abbiamo un nuovo caso, Cas!» esclamò Dean entrando nella stanza interrompendolo mentre era assorto nella lettura, da quando era umano, amava la lettura e leggeva di tutto. Il suo amore per quell’hobby era nato per caso, durante una conversazione con Sam, il quale aveva parlato di libri, e di quanto fosse bello potersi perdere dietro delle storie inventate, ne aveva parlato così tanto, che l’ex-angelo si era convinto, e appena trovata una biblioteca, aveva preso un libro, ed era stata la fine, si era innamorato anche lui della lettura. Amava tutti i tipi di libri, ma se avesse dovuto scegliere, avrebbe detto che il suo preferito era “Paradise Lost” di John Milton, gli sembrava di leggere ciò che per millenni gli era stato tramandato dagli angeli superiori.
Resosi conto che Dean fosse entrato nella stanza si riscosse e, ritornato alla realtà, l’ex-angelo alzò lentamente lo sguardo sul maggiore dei Winchester osservando tutto il suo corpo dal basso verso l’alto, perdendo un colpo del cuore, sensazione a cui non era per nulla abituato. Dean era dannatamente affascinante, e ogni giorno sembrava esserlo sempre di più. Quale essere vivente aveva questo potere? Quale strano superpotere possedeva?
«Davvero, Dean?» chiese leggermente confuso. Aveva ancora il libro tra le mani e la testa tra le nuvole.
«Sì, dovremmo occuparcene io e te insieme, da soli, Sammy resterà qui da Bobby, gli serve una mano con un caso demoniaco» spiegò il cacciatore, con una nota di preoccupazione nella voce.
Castiel spalancò gli occhi, incredulo, fissando il cacciatore di fronte a sé. Dean senza Sam equivaleva a Dean irritato e preoccupato.
Un caso lui e Dean da soli? E gli altri due con i demoni come avrebbero fatto?
«Non avranno bisogno di un aiuto?» chiese preoccupato.
«No, ci sono altri cacciatori con loro, e Bobby mi ha costretto a seguire questo maledetto caso, non ho scelta» borbottò, appoggiando un braccio attorno alle spalle dell’altro, sorridendo per rassicurarlo «noi abbiamo un possibile spirito vendicativo».
«Un poltergeist, Dean» lo corresse con il termine giusto, con una punta di divertimento nella voce.  
«Pignolo» borbottò scuotendo la testa senza irritarsi, com’era suo solito fare quando veniva contraddetto.
Castiel sorrise notando che Dean avesse ancora il braccio appoggiato sulle sue spalle, e gli permise di lasciarlo lì, restando teso e perplesso, perché Dean non accettava facilmente il contatto fisico, a parte di notte – si disse Castiel – quando lo ritrovava accanto a sé nel letto, con scuse banali come “Sammy russa”, e puntualmente la mattina dopo si svegliavano aggrovigliati l’uno all’altro.
«Ci mettiamo al lavoro?» mormorò allora l’ex-angelo, a disagio, alludendo ad allontanarsi da quella posizione leggermente intima assunta da loro, erano eccessivamente vicini, invadevano l’uno lo spazio personale dell’altro, e Castiel era completamente arrossito, perché Dean era troppo vicino. Voleva solamente allontanarsi per ritornare a respirare normalmente, non che mi dia fastidio, Dean, ma… è imbarazzante. – avrebbe voluto dirgli, ma non lo fece, limitandosi a pensarlo e a lanciargli uno sguardo carico di tensione, che non fu colto immediatamente dall’altro, il quale senza accorgersene continuò a tenerlo stretto, fino a che Castiel si separò da lui, imbarazzato, con la scusa di recuperare un giornale per cercare informazioni.
Strane morti in Minnesota, forse una buona caccia ai fantasmi era ciò che gli occorreva per calmare ciò che stava iniziando a provare, o qualcosa del genere, per non pensare sempre e costantemente a Dean, per non immaginare una vita con lui, perché non ne avrebbe avuta l’occasione.
«Allora partiamo tra un’ora, tu preparati» gli disse Dean, che resosi conto dello stato in cui fosse l’altro, e che anche il suo cuore avesse iniziato a battere troppo forte, decise di andare a recuperare le sue cose «io ti aspetto in auto».
E senza ricevere alcuna risposta, uscì dalla stanza lasciandosi l’angelo alle spalle.
 
Partirono come stabilito dopo un’ora.
Il viaggio fu inspiegabilmente vivo e ricco di chiacchierate, soprattutto riguardanti il caso. Non sapevano molto, ma avrebbero indagato sul luogo, per cui discussero a lungo riguardo il da farsi, senza riuscire a venirne a capo.
Castiel si era soffermato più volte ad ascoltare la voce di Dean, era così melodica da farlo star bene in qualsiasi situazione. Non c’era davvero nulla che non gli piacesse di Dean, e lo stava scoprendo man mano che viveva in contatto con lui.
Quando arrivarono nella camera del motel, decisero di separarsi. Castiel andò in cerca di informazioni utili, avrebbe cercato negli archivi e in biblioteca qualcosa, mentre Dean si recò sulla scena del crimine; furtivamente si introdusse nella casa, e cercò ovunque, fino ad arrivare al bagno, dove il suo rilevatore EMF (Electro Magnetic Field Detector) di campi elettromagnetici era impazzito, avvalorando la loro ipotesi su un possibile fantasma.
Dopo le dovute ricerche, i due si diedero appuntamento in un bar poco lontano dal motel, e discussero sul da farsi. Dovevano scoprire di cosa si trattasse, ma Dean non voleva venirne a capo troppo presto, amava cacciare con Castiel, da soli, e quella era davvero un’occasione da non sprecare. Quando una goccia del caffè che l’ex-angelo stava bevendo, sfuggì al suo controllo e scivolò lungo la mascella, prima che Castiel si ripulisse, Dean ebbe l’istinto, quasi animalesco, di saltargli addosso e ripulirlo lui stesso.
Si impose autocontrollo, perché non doveva lasciarsi coinvolgere, proprio non doveva, motivo per cui si alzò, quasi ordinando anche all’altro di fare lo stesso, perché: «Direi di andare ad interrogare la madre della vittima» disse.
L’ex-angelo annuì, e afferrò il trench, raggiungendo la porta del bar a grandi falcate, voltando lo sguardo verso l’altro, incitandolo a raggiungerlo, Dean, dopo essersi preso un lungo momento per osservare sfacciatamente il sedere dell’altro, afferrò la sua giacca scura, lasciò una banconota sul tavolino e superò Castiel - il quale galantemente manteneva la porta aperta - uscendo fuori, dirigendosi all’Impala.
Nell’auto, Dean si raccomandò con il moro, invitandolo a non fare come suo solito, limitarsi a far parlare lui, e ad annuire dopo aver mostrato il distintivo, il moro diede la sua parola che quella volta non lo avrebbe imbarazzato davanti agli estranei, come era solito fare, parlando a sproposito o nominando demoni e fantasmi come se fossero cose normali. Dopo aver rassicurato Dean, fissò il panorama che aveva intorno, ipnotizzato, e mille pensieri giunsero nella sua testa, avrebbe tanto voluto chiedere una cosa a Dean, una cosa che non aveva mai avuto l’opportunità di chiedere per l’imbarazzo. Ricordava la conversazione avuta con Sam qualche giorno prima, quando erano a casa di Bobby, e lo aveva sorpreso a sospirare sconsolato ad osservare il punto in cui Dean era sparito dopo avergli parlato di qualcosa di scarso valore. Sam lo aveva praticamente costretto a confessare che provasse qualcosa per Dean, e gli aveva detto come comportarsi, e consigliato cosa fare, o meglio, cosa chiedergli. Secondo Sam, loro due erano persi l’uno per l’altro, ma Castiel non ne era sicuro. Per tanto, il minore dei Winchester gli consigliò di chiedergli cosa provasse per lui.
Peccato che Castiel non l’avesse ancora fatto, troppo imbarazzato.
«Dean?» lo chiamò a voce bassa, quasi in un sussurro, risvegliandosi dall’ipnosi in cui era caduto. Il cacciatore si voltò verso di lui, guardandolo incuriosito, lo sguardo di Dean era come olio bollente sulla sua pelle e…  «forse sarebbe meglio dividersi» decise di non dirgli ancora niente, era presto e non voleva metterlo in imbarazzo «insomma, così non rischio di imbarazzarti».
«Non dire stronzate, lo sai che adoro che ci sia anche tu, mi diverto».
«Io ti diverto?»
«Sì, insomma, sei uno spasso».
«Lo prenderò come un complimento» borbottò tornando a guardare fuori dal finestrino, mentre Dean ridacchiava tra sé e sé, era l’ingenuità di Castiel ad affascinarlo, il suo essere una sorta di alieno che non conosceva determinate cose a divertirlo.
Giunsero alla casa della madre del pover’uomo annegato nella sua vasca da bagno, secondo gli agenti del luogo, era stato un suicidio dato che la porta era chiusa dall’interno, ma non per due cacciatori, secondo i quali era stato un fantasma.
Castiel si prese qualche istante per ammirare il giardino della villetta su due piani dalle facciate grigie, e notò nel giardino un’area, sotto un grande albero, dove il giardino sembrava essere morto, tutte le piante, che intorno erano rigogliose e fiorite, in quel piccolo appezzamento erano morte, secche, senza vita. Non appena lo notò, afferrò il braccio  del cacciatore chiamandolo e incitandolo a voltarsi verso di lui.
«Guarda» indicò  «tutte le piante morte solo in quel punto. E’ un poltergeist, te l’avevo detto».
«Va bene, monsterypedia, ora andiamo ad indagare per capirci qualcosa» disse fingendosi impassibile al contatto con l’altro, l’ex-angelo annuì, e avanzò verso la casa, ma Dean lo bloccò attirandolo verso di sé, facendogli palpitare il cuore per un attimo, e gli afferrò la cravatta con le mani, sistemando il nodo che era stato meticolosamente sistemato dall’ex-angelo, il quale intuì che fosse solo un pretesto per attirarlo e guardarlo da vicino, perché sentì il suo sguardo bruciare sulla pelle.
«Scusa per prima» mormorò, guardando solo il nodo «parla quanto vuoi, basta che non nomini mostri, demoni e simili» sorrise mentre gli sistemava il colletto della camicia, e infine la giacca, lasciando il moro piacevolmente sorpreso e affascinato dai suoi gesti.
«Ho capito, sì» annuì sorridendo «e comunque, avevo ragione io».
Voltò le spalle ridendo e raggiunse l’uscio della porta, lasciando il cacciatore immobile e senza parole. Un momento, era la prima volta che Castiel sottolineava in quel modo, quasi bambinesco, di avere ragione? Il suo moccioso faceva grandi progressi.
Non aveva mai visto un sorriso così ampio sul suo volto, e – si impose autocontrollo – era dannatamente bello quando sorrideva. Si appuntò mentalmente che avrebbe dovuto dirglielo, perché era essenzialmente angelico con quel sorriso stampato in faccia. Lo raggiunse con velocità, posizionandosi accanto a lui, e insieme suonarono il campanello della casa della donna, la quale aprì dopo pochi istanti.
«Buongiorno signora, sono l’angente Mosely, e lui è il mio collega, l’agente Moscone» dichiarò tirando fuori il distintivo, mentre Castiel estraeva il suo, mostrandolo al contrario, con un’espressione serissima e leggermente confusa sul volto, Dean ridacchiò, e gli voltò il distintivo, alzando gli occhi al cielo. Dopo un mese, non aveva ancora imparato era incorreggibile.
«Vorremmo farle qualche domanda riguardo la morte di suo figlio, è un brutto momento?» chiese con gentilezza, da quando era così dolce ed empatico verso la gente? Di solito, quello era il compito di Sam. La donna anziana si scostò dalla porta, facendo accomodare i due “agenti” e chiese loro se volessero qualcosa da mangiare, o da bere. I due negarono, e si accomodarono intorno ad un tavolo quadrato, Dean prese posto su uno dei quattro lati, Castiel sul lato adiacente, mentre la donna esattamente di fronte a lui.
«Allora, signora, vorremmo sapere se ci sono state delle… mh, vibrazioni negative?» tentò prima Castiel, ignorando Dean al suo fianco che faceva strani gesti, come per fargli capire di chiudere la bocca, e gli colpì la caviglia con un piede, facendogli scappare un gemito di dolore.
«Ciò che il mio collega vuole dire, è… insomma, suo figlio aveva dei nemici?» chiese cauto Dean, guardando l’altro «qualcuno morto… che potrebbe volere una vendetta?» incalzò notando che la donna non rispondesse «o qualcuno in generale che lo volesse morto?»
«No, no!» esclamò piccata la donna «Francis era amico di tutti, certo, aveva qualche problema sul lavoro, ma niente di grave» spiegò «sapete il mio bambino era davvero bravo, aiutava tutti, ed era un vero gentleman con le donne!» esclamò, orgogliosa del figlio, purtroppo morto «e si impegnava sempre, quando andava a scuola prendeva sempre ottimi voti e partecipava a tutte le recite scolastiche, vi faccio vedere!» esclamò alzandosi. Raggiunse una mensola del salone poco distante da cui prese una foto, e tornò dai due, mostrandola loro. Raffigurava la vittima da bambino, che cantava con un microfono giocattolo «era sempre così buono con tutti…» spiegò con la voce rotta dalle lacrime imminenti, sedendosi nuovamente di fronte a Dean.
Castiel passò lo sguardo da lei all’amico con una velocità sorprendente, rendendosi conto che senza domande mirate non avrebbero concluso nulla quel giorno. C’era qualcosa che puzzava in quella casa, lo sentiva, ma era qualcosa che solo con i suoi ex-sensi angelici avrebbe individuato fin da subito. Appoggiò i gomiti sul tavolo, guardandola mentre si torturava le mani e continuava a parlare del figlio, mentre un curioso Dean fissava Castiel e cercava di capire cos’avrebbe fatto. La donna passava lo sguardo dall’uno all’altro senza riuscire a staccare gli occhi da loro, o almeno era questa l’impressione dell’ex-angelo.
«E’ possibile, che lei abbia sentito… qualcosa la notte della morte di suo figlio? Qualcosa di strano?»
Dean accanto a lui, lo guardava con un sorriso ampio sul volto, non aveva imparato ad usare il distintivo, ma almeno non si comportava più in modo strano durante gli interrogatori, in quel momento era così carino e serio, che Dean non riusciva a trattenersi dal sorridere.
Era la semplicità di Castiel, la sua innata goffaggine, il suo perenne imbarazzo e il suo tenere le mani strette a mo’ di preghiera, a farlo sorridere, o meglio, era semplicemente Castiel a farlo sorridere. 
«A dire la verità, sì» annuì lei, guardando il bruno negli occhi, restando anch’ella ipnotizzata da essi «ho sentito un tonfo, come qualcosa che cadeva, sono corsa a vedere cosa accadeva, ma la porta non si apriva» raccontò ancora, sotto gli occhi attenti di Castiel, che non perdevano un attimo i suoi «la maniglia era come infuocata, rovente, e dopo qualche istante c’è stato il gelo» disse, ancora scossa dai tremiti «poi la porta si è aperta, e quando son entrata il mio bambino era…» non finì la frase, perché un singhiozzo scappò dalle sue labbra. La tesi di Castiel era giusta, era uno spirito vendicativo, un poltergeist, bisognava adesso capire se nel passato del figlio della donna, vi fosse qualcuno morto in modo violento, che poteva volersi vendicare di quella famiglia. L’ex-angelo annuì, e appoggiò una mano su quella della donna, tranquillizzandola, o almeno era ciò che la sua parte umana ed emotiva suggeriva di fare in quel momento.
«Troveremo il colpevole, e lo…» tossì, interrompendosi guardando Dean in cerca d’aiuto, perché non sapeva più cosa dire, lo consegneremo alla giustizia? Lo uccideremo? Lo rispediremo all’inferno? Il cacciatore colse l’SOS dell’amico e intervenne lui:
«E non sarà più in grado di far del male a nessuno, non si preoccupi» disse, sorpreso di come Castiel, il suo – da quando era suo? – imbranato e imbarazzante amico avesse gestito la situazione senza andare nel panico o nominare cose strane.
«Grazie, agenti» disse lei sorridendo di riconoscenza ai due «posso fare io una domanda ad entrambi?» chiese, prima che i due si alzassero e congedassero da lei, ritornando al loro lavoro.
«Certo, dica» rispose per primo Castiel, interrompendo Dean, che era già sollevato a metà dalla sedia, e tornò immediatamente seduto attendendo come il compagno d’avventura la domanda che la donna voleva porre loro. Magari qualcosa sulle indagini o…
«Da quanto tempo state insieme? Mi ricordate me e il mio caro marito quando era ancora vivo» disse guardandoli con dolcezza.
I due cacciatori spalancarono gli occhi, guardandosi prima l’un l’altro arrossendo notevolmente, poi scostarono gli occhi per evitare di mostrare il proprio imbarazzo all’altro, e infine, Castiel fu tentato di dire qualcosa, ma…«Non stiamo insieme, signora, siamo… amici, buoni amici, ottimi amici, ma… solo amici» precisò Dean, senza rendersi conto di spezzare il cuore di Castiel, che per un solo attimo, un piccolissimo attimo, aveva sperato che il cacciatore dicesse qualcosa di diverso, che non negasse, non in quel modo, almeno. Forse si era solo illuso di aver visto quel qualcosa che non sapeva analizzare negli occhi di Dean, ma che sembrava dannatamente positivo, e probabilmente aveva sbagliato.
Si alzò anche lui, stringendo la mano alla donna, ringraziandola per il tempo perso con loro, chiedendole di chiamarli in caso di necessità, e prima che Dean potesse fare lo stesso, era già fuori, quasi all’auto. Non sapeva perché si sentisse così male, deluso, arrabbiato. Non poteva pretendere niente da Dean, ma sapere che non provasse le sue stesse sensazioni, lo spinse nel baratro della stanchezza fisica e mentale, e nella consapevolezza di ciò che sarebbe avvenuto solo quattro settimane dopo.
Morte.
Inferno.
Dolore.
Torture.
Demone.
Quell’immagine di sé lo fece rabbrividire, e deglutire allo stesso tempo, mentre si dirigeva all’auto con velocità, senza guardare la strada che attraversava quasi accecato dalla delusione e dal dolore, ma in quella sua corsa senza freni, venne bruscamente frenato da uno strattone del cacciatore – quando era arrivato? – che lo attirò contro il suo petto, stringendolo, mentre sentiva l’aria spostarsi velocemente e il mondo sotto i suoi piedi crollare. Un’auto era appena passata ad un palmo da lui, e Dean lo aveva appena salvato.
«Ma dico, sei impazzito, Castiel?!» chiese con la voce incrinata dal nervosismo, fissandolo con uno sguardo che in un primo momento terrorizzò l’ex-angelo, che tentò di dimenarsi dalla presa del cacciatore, il quale non accennava a lasciarlo «potevi essere investito da quell’auto! Che diavolo ti prede? Perché sei scappato in quel modo?!» inveì contro di lui, ancora, con il tono alto e lo sguardo ancora furibondo, lo scostò da sé per guardarlo negli occhi, senza lasciare la presa sul polso di Castiel, la quale era sempre più forte, era così forte da provocare al moro un dolore lancinante al polso, tanto forte da fargli digrignare i denti ed emettere un fievole gemito di dolore.
«M-mi fai male, D-Dean» riuscì ad articolare, con il fiato corto e il cuore che batteva troppo velocemente, un po’ per la paura e un po’ per la vicinanza a Dean, deglutì a vuoto, cercando di ritrovare un minimo di contegno e di sicurezza, ma sembrava mancare ogni volta che incontrava quello sguardo così arrabbiato e furioso del cacciatore, che stringeva talmente forte il polso da fermargli la circolazione «p-per favore, m-mi fai male» insisté sperando che capisse e lo lasciasse, perché in quel momento, nonostante gli fosse riconoscente per avergli salvato la vita, lo stava spaventando con quel comportamento, e quella… rabbia.
«Non farlo mai più» disse abbassando la voce, calmandosi impercettibilmente e liberandolo così dalla sua morsa dolorosa.
Senza ulteriori parole, il cacciatore ritornò all’auto e l’ex-angelo lo seguì in silenzio.
Una strana tensione si era instaurata tra loro, sarebbe stato realmente utile l’intervento di Sam nel ruolo di mediatore come sempre, purtroppo Sam non era con loro.
Castiel non riusciva ad ammettere al cacciatore che provasse qualcosa per lui, e che le sue affermazioni lo avessero ferito, mentre quest’ultimo non ammetteva di tenere un po’ troppo al nuovo membro della loro già complicata famiglia, e questa negazione forzata di ammissioni portava solo a risposte sospese, vuoti incolmabili, sofferenze e rabbia.
«Dean» tentò di chiamarlo, ma non ottenne niente, se non un grugnito infastidito, grazie al quale intuì di doversene stare zitto, e che dovessero passare un po’ di tempo separati, per sbollire la rabbia «lasciami fuori dalla biblioteca, farò qualche ricerca».
Dean al suo fianco si limitò ad annuire, e non appena giunse, dopo minuti infiniti e silenzi assordanti, alla biblioteca fermò l’auto, permettendo all’altro di scendere da essa.
Castiel fece il giro dell’auto, raggiungendo il finestrino di Dean, chinandosi verso di lui, emettendo un forte sospiro, quando gli occhi del cacciatore si unirono ai suoi, rapendoli come sempre, nonostante Dean fosse arrabbiato con lui, i suoi occhi erano sempre calamite per gli occhi dell’ex-angelo, che ad essi proprio non riusciva a resistere.
«Dean, grazie, comunque» gli disse guardandolo negli occhi «mi dispiace averti fatto arrabbiare».
E detto ciò voltò le spalle, entrando nella biblioteca con lo stomaco in subbuglio e il cervello totalmente spento. L’effetto di Dean su di lui era devastante come una bomba su una città.
Il cacciatore scosse la testa, restando incantato qualche istante nel vederlo camminare verso la biblioteca, fino a vederlo sparire dietro la porta di questa. Grugnì prima di rimettere in moto e tornare nel motel dove alloggiavano. Avrebbe davvero voluto che il fratello fosse lì con loro, avrebbe trovato sicuramente il modo di eliminare quell’assurda tensione creatasi. Si fermò nel bar accanto al motel e comprò delle birre, prima di rientrare nella stanza e chiudersi lì in assoluta meditazione: perché lui doveva chiarire cosa stesse accadendo a se stesso in quel momento. Dean Winchester non capiva cosa fosse successo.
Prima si era incantato a guardarlo mentre usciva dal bar, poi aveva sorriso fiero di lui durante l’interrogatorio, ed infine si era infuriato con lui, perché aveva temuto di perderlo, quando aveva visto che egli non guardasse dove mettesse i piedi, e quell’auto quasi prenderlo in pieno. Cosa aveva fatto? Perché Castiel aveva reagito in quel modo? Perché era corso via, senza dire nulla, senza rivolgergli la parola, e senza guardare dove andasse?
Dean era confuso, in quel momento. E perché aveva gli occhi, quegli occhi, maledettamente blu di Castiel in mente? Pieni di ansia e… paura? Perché Cas aveva paura di lui? Forse non avrebbe dovuto inveire in quel modo contro di lui? Sì, questo era ovvio.
Era stata una reazione esageratamente spropositata e insensata.
La prima birra era andata. La bottiglia di vetro giaceva sul pavimento della stanza, mentre lui continuava a pensare, pensare e pensare, e a bere, non capendo come mai il fulcro dei suoi pensieri fosse proprio Castiel. Che aveva di particolare per attirare la sua attenzione? Era maledettamente bello, certo, aveva degli occhi blu da togliere il fiato, ovvio, e i capelli sembravano fatti di piume tant’erano morbidi – e no, non li aveva toccati, forse giusto una o due volte, quando lo abbracciava – ma no, non lo riteneva affatto affascinante, non poteva. Castiel era un uomo, esattamente come lui, niente forme gentili e seni abbondanti, niente curve morbide e affascinanti gambe lunghe, niente di ciò che gli era sempre piaciuto, giusto?
No, Castiel era un uomo, il fisico asciutto, il petto piatto e niente curve. Assolutamente nessuna curva, e poi le sue gambe erano da uomo, certo, un bellissimo uomo, ma pur sempre un uomo. Ho già detto che è un uomo? Uomo, Castiel è un uomo, come me.
Finì tre altre birre in meno di quindici minuti, stendendosi sul letto, continuando a rimuginare su quanto stesse accadendo dentro di lui. Non poteva essere attratto fisicamente da Castiel, non era una cosa… naturale, tuttavia il profumo della pelle di Castiel era buono – e no, non lo aveva annusato, era capitato accidentalmente che si fossero ritrovati nello spazio personale l’uno dell’altro, durante la notte perché Sam russava, scalciava nel letto che condividevano, perché nessuno poteva permettersi un’altra stanza, e finivano per dividersela in tre, perché i motel scadenti in cui prendevano le stanze, non avevano mai un terzo letto, anche quando chiedevano una stanza con tre letti. I due fratelli, quindi, finivano per occupare lo stesso letto, ma Dean non resisteva tanto accanto al minore, e si ritrovava nel letto di Castiel, dove inevitabilmente e accidentalmente riusciva ad annusare il suo inebriante profumo – e adorava affondare le mani nei suoi morbidi e piumosi capelli, perdersi nei suoi occhi blu e abbracciarlo per proteggerlo da ciò che affrontavano giorno dopo giorno.
Dopo la sesta birra, una girovagata per la camera, questi pensieri assurdi, ed essersi accasciato lungo la parete di fronte al proprio letto, una sola cosa era chiara nella sua mente: ho bisogno di sesso, del sano sesso.
Quando Castiel tornò dalla biblioteca, Dean era in un angolo della stanza, seduto per terra, dopo aver scolato una decina di birre una dietro l’altra. Non era ubriaco, era abituato a bere molto di più, ma non era nemmeno lucido, non tanto da rendersi conto di essersi alzato da terra, non appena Castiel era entrato nel suo campo visivo, ed averlo raggiunto, guardandolo intensamente negli occhi, divorandolo con essi, mentre all’altro mancava il fiato. Gli appoggiò una mano sul petto, e avvicinò il volto al suo, respirando contro di esso, inalando il suo buonissimo profumo.
Dio, che profumo invitante… - pensò il cacciatore, appropriandosi dello spazio personale dell’ex-angelo.
«Ciao Dean» disse solamente, ostentando una sicurezza che non aveva affatto in quel momento, facendo un passo indietro, cercando di recuperare un minimo di spazio personale, quanto meno per respirare «c-cosa c’-c’è?» chiese in un balbettio sommesso, vedendo il viso dell’altro fare di nuovo capolino nel suo campo visivo. Era troppo vicino, sentiva il fiato del cacciatore sulle proprie labbra, tanto vicino da identificare con precisione l’odore pungente dell’alcol ingerito da lui. Poteva vedere il viso di Dean vicinissimo, più vicino di quanto non fosse mai stato; le lentiggini erano così vicine, tanto che se avesse voluto, Castiel le avrebbe contate tutte, i loro nasi si sfioravano, e la fronte dell’altro era quasi sulla sua. Il suo cuore era fermo, così come il suo respiro, Dean aveva annullato ogni cosa circostante, sembrava non esistere nulla oltre a loro due; ma Castiel fu preso dal terrore e si ritrovò ad indietreggiare verso il muro, sperando di sfuggirgli perché… non lo sapeva nemmeno lui. Sperava solo che il cacciatore non facesse niente di cui si sarebbe pentito da lucido, perché Castiel era consapevole che qualunque cosa fosse successa, sarebbe successa solo per via delle bottiglie di birra vuote lasciate sul pavimento.
«Non so cosa tu mi abbia mai fatto» biascicò, avanzando ancora verso di lui, spingendolo ad indietreggiare ancora verso il muro, fino a farlo trovare con le spalle ad esso. Dean avrebbe voluto sbatterlo contro quel muro e prenderlo in quell’istante preciso.
«N-Niente, s-sono innocente!» esclamò alzando le mani per difendersi, quando si ritrovò con Dean davanti, le sue braccia tese ai lati della testa, le dita intrecciate alle sue pressate contro il muro, e il suo viso di nuovo ad un palmo dal suo, naso contro naso, respiri intrecciati e le labbra troppo vicine, troppo a distanza bacio, troppo nel proprio spazio personale.
Castiel deglutiva a vuoto, annusando il profumo di Dean, che sebbene fosse impregnato d’alcol, era comunque buono e inebriante.
Improvvisamente tutto si fermò. Il cacciatore, persa ogni inibizione a causa dell’alcol aveva avvicinato fin troppo i loro corpi pressandoli tra loro, stretto le dita attorno a quelle ancora contro il muro dell’angelo, ed appoggiato le labbra contro quelle di Castiel, che rimase impassibile per i primi istanti, cercando di capire e razionalizzare quali fossero le sensazioni umane che provava in quel momento, ma quando sentì i denti di Dean premere sul suo labbro inferiore, si rese conto che fosse tutto irrazionale in quel momento, che non avrebbe trovato una risposta razionale, e allora si lasciò andare, schiudendo le labbra e permettendogli l’accesso. Dean si intrufolò nella bocca di Castiel, e il bacio, da che era solo uno sfioramento di labbra, divenne urgente, passionale, travolgente, il cacciatore si spingeva verso l’ex-angelo, che man mano perdeva anch’egli ogni inibizione, e, lasciate le mani di Dean, allacciava le braccia attorno al collo dell’altro, che lo afferrava per i fianchi e lo spingeva maggiormente contro il muro, continuando a baciarlo, approfondendo man mano quel contatto, che passo dopo passo diveniva sempre più intenso e coinvolgente, fino a che, tra un bacio e un sospiro, un bacio e un gemito, Castiel, senza accorgersene, si ritrovò steso sul letto con il corpo di Dean a sovrastare il suo. Sentiva qualcosa di duro premere contro la coscia, e fu invaso dal panico.
Cosa diavolo succedeva? Cos’era quella cosa che sentiva? E perché sentiva una strana sensazione nei pantaloni?
Mentre aveva le labbra del cacciatore contro il collo, e quella presenza opprimente contro la gamba, iniziò a tremare come una foglia, non riuscendo più nemmeno a ricambiare i baci infuocati che di tanto in tanto Dean gli dava sulle labbra.
«D-Dean» lo chiamò, appoggiando le mani contro le sue spalle, nell’intento di separarsi da lui «Dean, ti prego, Dean!»
«E’ solo sesso, Cas, lasciati andare» mormorò, lasciandogli un succhiotto violaceo sul collo, strappandogli un gemito, ma quelle parole, ferirono nel profondo l’ex-angelo.
Certo, non conosceva la differenza tra l’atto sessuale compiuto per amore e quello solo per necessità fisica, ma quello che Dean voleva era solo… la parte fisica, non quella che coinvolgeva anche i sentimenti, a Castiel bastava che fosse Dean, ma non in quel modo, non così… velocemente, e poi Dean era leggermente ubriaco, e lui terrorizzato.
«Dean, io… non ho mai fatto nulla del genere» confessò, sperando che il cacciatore capisse che fosse piombato nel panico più totale.
Bastarono quelle parole, a far rinsavire Dean, che come punto da un insetto, si tirò su da lui, liberandolo dalla sua presenza, facendogli tirare un sospiro di sollievo. Il cacciatore lo fissava dall’alto stranito, recuperando d’un tratto la lucidità, come investito da una cascata d’acqua gelida. Non era possibile, Castiel aveva pressoché la sua età, come faceva ad essere ancora vergine?
«Sei vergine, quindi? Cioè… mai fatto? Né con donne, né con uomini?» chiese ricevendo come risposta un assenso muto «oh, allora ci andremo piano» mormorò riabbassandosi su di lui, baciandolo con una strana ed innaturale dolcezza, che provocò nell’ex-angelo un sorriso del tutto spontaneo e rilassato «innocente e puro, ecco cosa mi attrae di te».
Quello era il momento giusto, doveva chiederglielo, togliersi il dubbio, e magari mettersi l’anima in pace, avrebbe accettato in modo migliore il suo destino, in quel modo. E poi era sicuro che lo dimenticasse nel giro di una notte, a causa dell’alcol che aveva ingerito.
«Tu cosa provi per me, Dean?»
Il maggiore dei Winchester rimase con gli occhi spalancati e la bocca aperta per diversi istanti, il fiato mancava nei suoi polmoni, e niente era in ordine nella sua mente.
Era una domanda a trabocchetto? Era una di quelle domande, la cui risposta, qualsiasi fosse stata avrebbe infastidito l’altro? Lo guardò smarrito, senza sapere cosa rispondere, perché, in effetti, non sapeva davvero cosa rispondere. Non aveva idea di cosa provasse per Castiel. Affetto? Amore? Simpatia? Attrazione fisica? Non lo sapeva, sapeva solo di aver voglia di baciarlo, e spogliarlo, fino ad unirsi a lui, con tutto il corpo. Poteva andare come risposta, no? Dall’erezione che spuntava dai jeans del bruno, non poteva dire che fosse indifferente, o che Castiel non volesse ciò che Dean stesso voleva.
In fondo, volevano entrambi la stessa cosa: del sano sesso.
«Ho voglia di baciarti, adesso, e toglierti questi vestiti ingombranti. Ti insegnerò io a dare e ricevere piacere» sussurrò abbassandosi sul suo viso, lasciandogli un casto bacio all’angolo della bocca, prima di impossessarsi di nuovo delle sue labbra in un bacio famelico e passionale che coinvolse entrambi, che li fece gemere l’uno nella bocca dell’altro.
Con una lentezza disarmante, rispetto al bacio che si stavano scambiando, Dean gli tolse prima il trench, facendolo scivolare lungo le sue spalle, e con la stessa lentezza, tolse ogni bottone dalla rispettiva asola della sua camicia, scoprendo il petto piatto dell’altro, restandone totalmente ammaliato. Si chinò piano su di lui, lasciandogli una scia di baci infuocati su di esso, udendo dei gemiti bassi, rochi e confusi dalla bocca di Castiel, il quale, rimanendo immobile, permise al cacciatore di baciare la sua pelle, e di lasciargli di tanto in tanto segni del suo passaggio. Gli occhi dell’ex-angelo erano socchiusi, ma poteva benissimo osservare ogni gesto compiuto dal ragazzo sopra di sé, Castiel non riusciva a trattenersi, sebbene sapesse che fosse sbagliato, perché, dannazione, Dean era brillo, non totalmente lucido, e… no, non poteva fermarlo, i suoi tocchi e i suoi baci erano come fuoco rovente sulla sua pelle.
Dean non riusciva a staccarsi da lui, tanto quanto l’ex-angelo non aveva il coraggio di fermarlo e dirgli di dormire, perché era evidentemente stanco.
«D-Dean» sussurrò con la voce roca e spezzata dai gemiti di piacere che fuoriuscivano da essa «ho-ho qualcosa nei pantaloni, di molto… doloroso» concluse, guardandolo con le gote rosse e il respiro affannato. Il Winchester non si perse d’animo, e con un unico gesto abbassò sia i pantaloni che i boxer di Castiel scoprendo l’evidente erezione che aveva.
«D’accordo, verginello… cosa vorresti che facessi?»
«I-Io non lo so, qualsiasi cosa, Dean!»
Il cacciatore si alzò in piedi, di fronte a Castiel, che lo guardava con lo sguardo perso, confuso, e iniziò a spogliarsi, privandosi di ogni vestito, regalando all’ex-angelo una visione totale del suo corpo. Il bruno restò di stucco, e lo fissò intontito, Dean non poteva essere umano, sembrava una statua, una di quelle che gli antichi greci avevano edificato per venerare i loro dei. E’ così bello… come può volere me, ora? Potrebbe avere chiunque là fuori. E’ perfetto, è bellissimo. – si stupì dei suoi stessi pensieri, perché non poteva pensarlo davvero. Si ritrovò a spegnere il cervello, quando Dean si pose nuovamente sopra di lui, facendo congiungere i loro petti e riprese a baciarlo con foga e insistenza, muovendo il bacino contro il suo, lasciando le loro erezioni libere di toccarsi e sfiorarsi.
Entrambi con il cervello spento, privi di inibizioni e vestiti, passarono probabilmente la notte più bella della loro vita.

 
To be continued...

 
_______________________________________________
Note Autrice: 
E' passata quasi una settimana e io sono davvero mortificata, ma rileggere mi costa fatica, e non ho mai tempo. Tutto mi ha travolto in poco tempo. E già ora sto per scappare, perchè ho una festa - non mia - dove scatterò tante foto a dei bimbi che spero non mi facciano sclerare. Btw, oggi è anche il mio compleanno, siete in tempo per mandarmi per posta un Castiel tutto mio, non mi offenderò, certo se mi mandate un Dean nemmeno mi offendo.
Anyway, penso che questo sia uno dei miei capitoli preferiti, Dean si lascia andare, e Cas... beh Cas è già innamorato di lui. Potete qui notare Dean Winchester vs la sua incrollabile coerenza, e un Castiel totalmente sopraffatto. They're in looove. 
La vecchietta che li shippa è il meglio. 
Nel prossimo capitolo tornerà Sammy e... eheh. Non sorprendetevi se le cose vanno "veloci" tra Dean e Cas, Cas ha solo due mesi, ed è appena scaduto il primo mese, lol, quindi dovevano darsi una mossa, i nostri adorati Destiel. E poi Dean... non sa trattenersi, lo sappiamo eheh. 
Uh, ritorno a ringraziarvi, come sempre, perchè è necessario, e sì, come sempre se notate errori, fatemelo sapere in una recensione, o un messaggio, o qualsiasi altra cosa, tell me! Spero vi sia piaciuto come è piaciuto a me. And nothing. Domani uscirà l'ultima puntata di Supernatural e... come vivrò altri mesi senza sclerare su di loro? Help me, nell'indecisione farò una mega maratona di Supernatural. 
Anyway, ora vi saluto, e che Cas ci aiuti a superare il dolore della fine della nona stagione. 


P.s Castiel e Dean sono OOC, anche se ho cercato di renderli IC, e in alcuni punti toccheranno picchi di incoerenza voluti. 
Pp.s se pensate che usi un carattere troppo piccolo, ditemelo, che lo ingrandirò. Insomma, io ho sempre taanto zoom nella pagina internet perchè sono mezza cieca, quindi non mi accorgo di quanto sia piccolo effettivamente. So, tell me!
Ppp.s Non è meraviglioso il mio nuovo avatar? Aw. 

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Capitolo 5
*** Parte V ***


Desclaimer: I personaggi non mi appartengono, per mia sfortuna, e io da tutto ciò non ci guadagno nemmeno un centesimo.

Crediti: A Lu, per il banner. 

 


 
Un raggio di sole penetrò dalla finestra socchiusa della camera del motel ferendo gli occhi di Dean, che si aprirono con lentezza ed immensa fatica. Avvertiva una strana e spiacevole sensazione alla bocca dello stomaco, un principio di mal di testa, che sarebbe giunto di lì a poco, la testa vuota e non riusciva a ricordare nulla delle ultime ore. Poi avvertì una presenza accanto a sé, un corpo premuto contro il suo, le gambe intrecciate a quelle di qualcun altro, un braccio a cingergli i fianchi e una testa sul petto, avvertì solo in quell’istante il peso di quella testa e il solletico generato da un ciuffo di capelli scuri e neri, piumosi e morbidi che gli sfiorava il mento. Non appena riconobbe quei capelli, le immagini che credeva di aver dimenticato della notte precedente tornarono nella sua mente, come una sorta di flashback. Era tutto così nitido nella sua mente, così bello e così puro… Perché sentiva pace interiore ripensando a quella notte? Era successo solo perché lui era ubriaco, vero?
Sì, era stato solo uno sfogo sessuale causato da troppe birre e da un desiderio mal celato. Non era stato niente di razionale, non c’erano stati sentimenti. Eppure quella posizione in cui si era ritrovato quella mattina, con Castiel aggrovigliato addosso suggeriva… pace, dolcezza, bellezza. Castiel addormentato sul suo petto era la visione più dolce a cui avesse mai assistito. Sembrava… un angelo. Senza rendersi conto delle sue azioni, portò una mano nei capelli dell’angelo accarezzandoli gentilmente, sentendo un leggero borbottio soddisfatto fuoriuscire dalle labbra del suo verginello. Perché lui è ancora vergine, giusto? Certo che è ancora vergine! Non l’ho mica scopato, vero? Non ricordava esattamente tutto, ma no, non erano andati oltre i baci e le toccate fin troppo intense. Di questo era sicuro, perché Castiel era puro, e lui non poteva macchiare tanta purezza.
No, non c’era stata nessuna scopata, si erano solo dati piacere a vicenda, perché… per un motivo che per Dean non era chiaro, sicuramente non erano sentimenti quelli che provava.
Castiel era attaccato a lui, ancora addormentato e non accennava a svegliarsi, né a voler lasciare il suo cuscino – il petto di Dean – per nessun motivo, il suo braccio attorno al fianco del cacciatore intrappolava quest’ultimo in un dolce abbraccio piacevole, ma leggermente imbarazzante. I loro vestiti erano sparsi per la camera, l’altro letto immacolato, e… beh, entrambi erano scombussolati, Dean si sentiva realmente strano, mai era stato così. Si sentiva quasi felice per ciò che era accaduto, entrambi avevano lasciato che fosse l’eccitazione a parlare, erano stati travolti da essa, come una barca tra le onde in tempesta dell’oceano.
Il cacciatore, contrariamente a ciò che il suo cuore suggeriva, si convinse della totale assenza di sentimento in ciò che avevano fatto, e permase sulla sua idea, perché lui era un uomo, e gli uomini erano attratti solo dalle belle donne, gli uomini si innamoravano solo delle donne, e Castiel non era una donna, era un uomo, e… era incredibilmente bello ed attraente.
Non se n’era accorto, ma aveva ancora la mano immersa nei suoi capelli, e continuava ad accarezzarli con movimenti leggeri e gentili, che rilassavano i muscoli ancora tesi del suo bello addormentato.
Quando gli occhi blu di Castiel si aprirono, ed incrociarono quelli verdi e brillanti di Dean, di nuovo il mondo parve fermarsi.
Il cacciatore non riusciva a capire come mai sentisse il fiato mancare, e quasi sentì di scivolare nuovamente in un oblio di pace e tranquillità. Erano sensazioni del tutto sbagliate e fuori luogo, ma non poteva fare a meno di provarle. Non riusciva a spiegarsi come mai fosse così bello quanto sbagliato ciò che stavano facendo in quel momento, e questo riusciva a turbarlo, perché non era possibile né naturale che provasse tutto quello per un uomo.
Si costrinse a sopprimere i sentimenti nuovi che provava, senza però riuscire a trattenere un sorriso dolce e una carezza per la guancia dell’ex-angelo appena sveglio, che dal canto suo, nemmeno riusciva a capire cosa stesse accadendo. Era umano da poco più di un mese, e in una sola notte era stato travolto dalle emozioni, più di quanto non lo fosse stato prima, e contrariamente a tutto ciò che aveva provato prima di quel momento, era avvolto da un’aura di felicità e sentimenti puri. Ciò che era successo tra lui e Dean era stato… sensazionale, emozionante, quanto di più bello avesse mai vissuto, quanto di più bello avrebbe mai vissuto quando i suoi due mesi fossero scaduti, ma non voleva pensare ancora a quello, voleva solo godersi quella sensazione: la sensazione di avere Dean tutto per sé, senza condividerlo con nessun altro, era qualcosa di indescrivibile.
Poteva percepire ancora l’eco dei battiti accelerati del suo cuore, il respiro affannato di Dean direttamente nel suo orecchio, l’intensità dei baci del cacciatore su di sé, sul proprio corpo, inoltre percepiva qualcosa di piacevole, forte ed inebriante, scorrere nelle sue vene con una tale potenza da farlo sentire… bene. Non sapeva cosa fosse, ma era… paradisiaco – si sentiva blasfemo a pensarlo, ma non poteva farci nulla – non sapeva un bel niente in quel momento, né da cosa fosse scaturito tutto quello, né quali fossero state le conseguenze di quell’atto, ma nella sua mente si ripetevano solo pensieri riguardanti l’uomo accanto a sé: Dean, Dean, Dean e baciami ancora, baciami ancora e poi sono qui, sono qui, baciami, fa quello che vuoi, e forse, per un attimo, amami, ti prego, amami. Si morse le labbra guardando il suo cacciatore, perdendosi nei suoi occhi ancora, e provò l’impulso di baciare nuovamente quelle labbra.
Al suo risveglio aveva incontrato gli occhi di Dean e in quel momento c’era stata solo pace.
Non sapeva come fosse finito in quella posizione, ma era appoggiato a Dean, vicinissimo a lui, tanto che poteva sentire il suo cuore battere sotto il suo orecchio, e il suo respiro cadenzato sotto la guancia, il cacciatore non lo aveva scacciato, anzi, poteva percepire una sua mano immersa tra i suoi capelli, e le sue carezze delicate sul cuoio capelluto, e non voleva sapere di staccarsi, perché voleva conservare ancora quell’attimo di pace, che non sapeva se avesse mai potuto rivivere. Avrebbe solo voluto fermare il tempo, e vivere quell’istante per tutta la vita, fermare il tempo, e cadere in un loop temporale per vivere e rivivere quel momento per sempre, senza mai annoiarsi.
Voleva godere di quella sensazione per sempre, perché sapeva che quel ricordo l’avrebbe accompagnato in momenti peggiori.
Senza rendersene conto, l’ex-angelo si era allungato verso di lui, posando un delicato bacio a stampo sulle sue labbra, con il sorriso ad increspargli il volto, e sì, lo aveva visto, ne era certo, anche Dean aveva sorriso nel bacio, non l’aveva immaginato. Il sorriso di Dean era qualcosa di stupendo, qualcosa a cui nessuno avrebbe resistito, era perfetto.
«Buongiorno, Dean» soffiò con la voce ancora arrochita dal sonno e quel dannato sorriso che non voleva saperne di abbandonare il suo volto «dormito bene?» strofinò il naso contro il suo mento, annusando ancora il suo inebriante profumo.
«Sì, bene…» rispose in un sussurro Dean, per non spezzare l’atmosfera tranquilla che si era generata attorno a loro. Castiel era così bello appena sveglio, con i capelli arruffati, l’espressione assonnata e confusa, con quel piccolo barlume di sicurezza che splendeva nei suoi occhi e quella dolcezza nei gesti, che regalavano al cacciatore tante sensazioni positive, il quale però si costringeva stupidamente a reprimere, perché non voleva affezionarsi, non voleva che finisse male, doveva chiudere il cuore e lasciar uscire solo le sensazioni fisiche, nient’altro.
Non voleva soffrire.
«Abbiamo del lavoro da finire» mormorò Castiel, ritornando con la guancia sul petto di Dean, accarezzandogli con una mano la pancia, tracciando il contorno dei suoi addominali con un dito, sentendolo fremere sotto di sé.
Era giusto tutto quello, vero? Non era sbagliato, giusto?
«Oh sì, è vero, che cosa hai scoperto?» mugugnò sopprimendo un sospiro pesante nella gola.
Perché era così maledettamente…eccitante anche nel compiere un gesto così dolce e – Dean non si sarebbe mai aspettato di definirlo così – romantico?
«Aveva un altro figlio, morto in un incidente stradale due anni fa, indovina chi era al volante dell’auto?» spiegò continuando ad accarezzarlo, sentendo i muscoli del cacciatore rilassarsi e contrarsi sotto le sue mani, il suo respiro affaticarsi, e il suo cuore battere forte. Aveva questo genere di effetto su Dean? Non poteva che sentirsi soddisfatto.
Parlavano di lavoro, mentre… cosa stavano facendo esattamente? Le coccole? Quella parola sembrò strana, perché… era troppo dolce e romantica, ma in effetti, era ciò che facevano, delle dolci coccole dopo una nottata sfrenata.
«Fammi indovinare, il nostro morto?» chiese, mordendosi le labbra – sta zitto, baciami, ferma quella fottuta mano, e baciami, non parlare, la tua voce è eccitante, perché la tua voce è eccitante? Che cosa mi hai fatto, Castiel?- pensò cercando di mantenere un minimo di contegno, per non sentirsi una ragazzina alla sua prima cotta, non era né una ragazzina, né aveva una cotta.
«Esatto» quelle carezze non si fermavano, e il cacciatore era sempre più preso da quella situazione, non riusciva a ritrarsi, o forse non voleva, o non ne trovava la forza, ma sentiva di eccitarsi ad ogni carezza che scendeva un po’ più in giù della pancia «e altri due ragazzi erano con loro, quindi potrebbero essere le prossime vittime, ho trovato gli indirizzi e i nomi…» continuò, Dean era esasperato, voleva baciarlo e prenderlo lì, su quel letto, e farlo suo, perché dannazione, era troppo per lui, il suo autocontrollo stava andando a farsi friggere, era troppo, la lentezza dei suoi movimenti lo faceva impazzire «il ragazzo è stato cremato, ma probabilmente la donna ha qualche suo oggetto» spiegò senza fermarsi «qualcosa che probabilmente custodisce nel giardino, dove ci sono le piante secche» concluse, cercando lo sguardo di Dean, la cui mente era totalmente altrove.
Dean, infatti, ignorò le sue parole, e con un colpo di fianchi ribaltò le posizioni, fermando le mani di Castiel, portandogliele sul cuscino, tenendole ferme con le sue. Vide un bagliore di panico negli occhi dell’altro, che fu presto sostituito dalla confusione, tratto di riconoscimento dello sguardo di Castiel - oltre al blu fin troppo intenso di quegli occhi - però riuscì a tranquillizzarlo con un sorriso.  
«Adesso, sta zitto» aveva sussurrato prima di baciarlo di nuovo, lasciandosi travolgere dall’eccitazione e dalla voglia di lui, perché in quel momento non gli importava più nulla se non baciarlo fino a svenire. Si convinse che agisse così solo per farlo stare zitto, per non sentire la sua voce eccitante, no, non lo era, non poteva essere eccitante, la sua voce doveva essere irritante, si disse mentalmente. Dean Winchester e la coerenza non andavano molto d’accordo, perché un attimo prima di separarsi da Castiel, per smettere, perché era sbagliato, fuori natura e tutta la serie di cose che aveva elaborato durante il bacio, lasciò andare ogni inibizione, spense il cervello definitivamente e coprì entrambi con le coperte del letto, continuando a baciarlo e a toccarlo, e a farsi toccare da lui, fino a che entrambi non furono appagati e liberi dalle loro erezioni. Restò con il fiato corto, quando si ritrovò nuovamente negli occhi di Castiel ed ammirò il suo corpo sotto di sé, era dannatamente bello, nonostante fosse un uomo.
Aveva gli occhi più belli che Dean avesse mai visto, il corpo più attraente che ci fosse, e la cosa più importante, quella che più piaceva al cacciatore, il carattere forte e ingenuo al tempo stesso. Castiel era un mix tra un bambino a cui insegnare l’abc, e un adulto serio e provato. Non riusciva a spiegarsi come mai lo fosse, ne era profondamente attratto e lo aveva appena dimostrato.  Al diavolo le donne. – pensò e con quel pensiero, Dean Winchester decretò di aver perso definitivamente la testa, e che a fargliela perdere, era stato nientemeno che un uomo, non uno qualunque però, uno che – non lo avrebbe mai ammesso – era stato in grado di rapire il suo cuore con un fugace sguardo da ragazzino inesperto. Dov’era finito il vecchio Dean Winchester, donnaiolo e senza sentimenti?
Perso.
Perso negli occhi blu di Castiel.
«Sorridi più spesso, Cas» gli sussurrò all’orecchio, con inaudita dolcezza, baciandogli con delicatezza il lobo «sei quasi più bello del solito quando lo fai, sorridi per me, Cas» lo incantò, e Castiel promise a se stesso che avrebbe sorriso più spesso.
Per Dean.
 
Castiel sonnecchiava con il volto affondato nell’incavo nel collo di Dean, respirandone l’intenso profumo dolciastro, mentre quest’ultimo fissava il soffitto con lo sguardo vacuo e pieno di domande, riflettendo. Non su quanto accaduto, ma su come avrebbero dovuto comportarsi nei giorni successivi. Sapeva solo che in quel momento, dovesse scappare, andare via da quella stanza, e magari risolvere il caso da solo, per schiarirsi le idee. Magari bruciare uno scheletro, eliminare un fantasma, gli avrebbe fatto bene, e lo avrebbe distratto da quegli occhi e da ciò che stava iniziando a provare nel profondo.
Sam li avrebbe raggiunti per quel pomeriggio, mancavano poche ore ormai al suo arrivo, lo aveva chiamato circa mezz’ora prima per assicurarsi che stessero bene e per dirgli che lui e Bobby avessero risolto il caso, e che quindi li avrebbe raggiunti in poche ore, quindi, Dean si convinse che, dato che Sam stesse per arrivare, anche se lui fosse andato via per schiarirsi le idee, Castiel non sarebbe stato solo. E lui non si sarebbe preoccupato per il moro. Non sapeva spiegarsi il suo comportamento nei confronti di Castiel, sentiva di doverlo proteggere, perché meritava protezione, sentiva di doverlo salvare da qualcosa, che non era ben specificato, sentiva troppe cose non chiare dentro di lui, ma in quel momento doveva solo scappare da quella stanza, troppo carica di sentimenti positivi, e di strane sensazioni, che sapeva ancora del sesso che non avevano consumato fino in fondo, ma che era stato meraviglioso lo stesso, sapeva essenzialmente di loro due. Loro due che scoprivano di provare qualcosa, loro due che si sentivano attratti l’uno dall’altro… sì, era necessario scappare in quel momento. Era troppo il carico di sentimenti che Dean sentiva nascere dentro, ed era una cosa che non doveva accadere.
Forse doveva lasciargli un biglietto per avvisarlo che stesse andando via. Ecco, lo stava rifacendo, perché si preoccupava eccessivamente per lui?
Castiel era un uomo adulto e vaccinato, inoltre era un cacciatore, non si sarebbe preoccupato, né avrebbe fatto le scene da donnicciola, come lo erano i suoi pensieri in quel momento.
Con delicatezza scostò il capo di Castiel dal proprio collo, appoggiandolo sul letto, e dopo avergli sistemato nuovamente le coperte addosso – da quando era così premuroso con qualcuno? – si alzò dal letto e con rapidità afferrò i vestiti da terra – e no, non aveva preso volontariamente la camicia bianca di Castiel, no – corse in bagno per una doccia veloce, rivestendosi subito dopo, e, infilate le scarpe, dopo aver afferrato la giacca, uscì con velocità, senza lasciare nessun messaggio a chi alle sue spalle dormiva ignaro di tutto, senza nemmeno guardarlo. Salì nell’Impala e mise in moto, guidando fino alla casa della donna, lasciandosi dietro Castiel, le emozioni che aveva provato, la sensazione di volerlo tenere sempre stretto a sé, la voglia di baciarlo, e la voglia di proteggerlo dal mondo. Doveva distrarsi, doveva restargli lontano il più tempo possibile per capire cosa provasse, per reprimere tutto, per ritornare il solito Dean. Non poteva accettare di essere così… debole.
Non poteva permettersi distrazioni, non con il suo lavoro, avrebbe dovuto preoccuparsi per nessuno che non fosse se stesso, invece lui – naturalmente – si preoccupava per Sam, e – innaturalmente – per Castiel. Non riusciva a spiegarsi questo legame, da cosa dipendeva? Perché fin da quando lo aveva conosciuto, si era subito fidato di lui? Qual era il suo segreto? Perché era così attratto da lui? Non conosceva una risposta, doveva lasciarsi scivolare tutto addosso, come al solito e andare avanti.
Una cosa era certa in quel momento.
Doveva rispedire quel fantasma – figlio di puttana – all’inferno, prima che fosse troppo tardi.
 
Intanto, Sam aveva raggiunto la camera occupata dal fratello e da Castiel per quei giorni. Si erano dati appuntamento lì, l’ultima volta che si erano sentiti. Aveva bussato con dei pugni sulla porta, ma non avendo ricevuto nessuna risposta dall’interno, forzò la porta con una carta di credito e non appena fu dentro, sgranò gli occhi, non potendo credere a ciò che si presentava davanti a lui.
In quella stanza regnava il caos, Castiel era seduto, sveglio, al centro del letto, gli occhi socchiusi, l’espressione sofferente sul volto e… nudo. Era nudo. Perché Castiel era nudo nella stanza che divideva con suo fratello?
Un momento.
I dettagli parlavano chiaramente, quei due non avevano perso tempo da soli, Sam era contento che i suggerimenti dati a Cas fossero andati a buon fine, ma allora perché Castiel era triste, seduto al centro del letto?
Forse, prima di tirare soluzioni affrettate, avrebbe dovuto parlarne con lui per capire cosa esattamente fosse successo durante la sua assenza. Decise, però, che Castiel dovesse prima indossare qualcosa, perché vederlo in quel modo, era imbarazzante.
«Ehm, Cas?» lo chiamò, facendolo sobbalzare, e arrossire allo stesso tempo, lo vide afferrare il lenzuolo e coprirsi fino al petto, mentre il suo sguardo confuso e smarrito si posava sul ragazzo appena entrato nella stanza.
«Ciao, Sam» mormorò l’altro, cercando con lo sguardo qualcosa da indossare che non fosse eccessivamente lontano, non lo infastidiva farsi vedere nudo, il pudore non era una delle sue qualità, ma un po’ si vergognava dei segni, dei succhiotti lasciati da Dean sul suo corpo quella notte, non voleva che Sam lo scoprisse in quel modo, magari Dean non voleva farglielo sapere.
Già, Dean. Dov’era finito? Perché era andato via senza di lui? Perché non lo aveva avvisato che fosse uscito? Non gli aveva lasciato nemmeno un insignificante biglietto, per avvertirlo, no. Era andato via, e quando si era risvegliato, Castiel era andato in panico.
«Qualcosa non va, Cas?» chiese premurosamente Sam, entrando e chiudendosi la porta alle spalle.
«Chi io? No, sto bene è che…» afferrò la prima cosa a portata di mano trovata ai piedi del letto – dannazione, è la t-shirt di Dean – realizzò mentre la indossava e si abbassava verso il pavimento per raccogliere un paio di boxer lasciati lì.
«A-ah. E io sono stupido» disse Sam, scuotendo la testa. Quando vide che il bruno avesse indossato qualcosa, si avvicinò al letto e si sedette accanto a lui guardandolo con comprensione «cos’è successo tra te e Dean?» chiese, inutilmente, perché era fin troppo evidente che fosse successo qualcosa in quella stanza, Castiel era stravolto e nudo, Dean non c’era e la stanza era… beh era decisamente in disordine, fatta eccezione per il secondo letto, perfettamente intatto.
«Non so se posso dirtelo, io…» ammise l’ex-angelo colmo di imbarazzo. Già, cosa avrebbe dovuto dire?
«Siete stati a letto insieme?» chiese a bruciapelo, stufo dei giri di parole, guardando l’amico dritto negli occhi, occhi che però l’interpellato abbassò immediatamente, arrossendo imbarazzato.
«Non proprio, ecco» mormorò, rosso come un peperone guardando tutto fuorché Sam «diciamo che… ci siamo dati piacere a vicenda, senza…» tossì, e iniziò a torturarsi le mani «senza… penetrazioni, ecco».
Sam spalancò gli occhi, portandosi una mano alla bocca, ovvio che non gli interessassero certi particolari, nonostante ciò, si rese conto che avesse sempre avuto ragione lui: tra Castiel e suo fratello c’era ben più di un’amicizia.
Era una notizia… bella? Come avrebbe dovuto prenderla? Era più che felice, suo fratello si sarebbe impegnato seriamente con qualcuno salutando per sempre i rapporti occasionali, e il moro sembrava provare qualcosa di forte per il fratello, dato che in quel momento stringeva attorno al proprio corpo, forse senza accorgersene, la maglietta del più grande. Forse però era fin troppo ottimista. Il fatto che suo fratello non fosse corso immediatamente in terza base, faceva intuire che forse provasse qualcosa anche lui, quello era un buon segno, ma quel qualcosa che provava doveva averlo spaventato, perché era fuggito, e quello era un pessimo segno.
Tipico di Dean, fuggire davanti alle cose nuove.
«E cosa è andato storto?» chiese nuovamente, sperando di poter venire a capo di quella situazione imbarazzante.
«Non lo so» deglutì spostando lo sguardo sul muro di fronte a sé, assumendo un’espressione sofferente e confusa «ieri abbiamo avuto… una discussione, diciamo, io sono andato in biblioteca, a indagare e lui… è tornato qui» raccontò senza guardare Sam, fissando un punto indefinito di fronte a sé, troppo imbarazzato per guardarlo in faccia «quando sono tornato dalla biblioteca era leggermente ubriaco e… diciamo che mi ha baciato» sospirò scuotendo la testa, cercando di scacciare il rossore sulle sue gote «siamo finiti sul letto, ma gli ho detto di essere vergine, o meglio di non aver mai fatto nulla… ero terrorizzato, capisci? » chiese retoricamente, torturandosi il labbro inferiore con i denti «così ha detto che avremmo fatto con calma» deglutì, cercando di articolare bene le parole, perché tutto era confuso e anche meraviglioso, ma difficile da esprimere «e beh, dopo un po’… abbiamo fatto qualcosa, okay? E poi… è stato così bello, Sam, e Dean era così dolce con me… non mi ha forzato, era… perfetto» sorrise leggermente, chiudendo gli occhi, poteva sentire ancora le mani gentili di Dean accarezzarlo e prendersi cura di lui «mi sono addormentato stretto a lui e poi quando mi sono svegliato, mi stava… accarezzando i capelli» ridacchiò scuotendo la testa «sono patetico, lo so. Per l’imbarazzo ho iniziato a spiegargli ciò che avevo scoperto, ma… Dean ha ripreso a baciarmi» curvò leggermente all’insù le labbra, mentre Sam ridacchiava sottovoce «come fai a ragionare quando Dean Winchester ti bacia in quel modo?» Sam stava per rispondergli che a lui avrebbe fatto orrore una cosa simile, ma Castiel continuò con il suo racconto «poi mi sono addormentato di nuovo, e quando mi sono svegliato, ero solo»  terminò, e stavolta riuscì a spostare lo sguardo sul Winchester accanto a sé «dimmelo, sono patetico»
«Io penso che tu sia solo innamorato» rispose il minore dei Winchester, sorridendo con tenerezza.
«Ma Dean non ricambia, Sam, ha fatto capire chiaramente che per lui fosse solo… sesso?»
«Se fosse stato solo sesso, non avrebbe aspettato i tuoi tempi, Cas» spiegò Sam, guardandolo con leggero rammarico. Dean era davvero uno stupido a volte, non aveva calcolato che la sua fuga potesse ferire Castiel, che non tutti fossero insensibili come lui, e che a differenza sua, il moro avesse dei sentimenti. Non aveva messo in conto l’altra metà della situazione in cui si era cacciato. A volte, Dean era un tale egoista che Sam proprio non lo capiva, come in quel caso. Aveva aspettato i tempi di Castiel, e poi era fuggito? Era davvero strano come atteggiamento, molto da suo fratello, ma fin troppo crudele.
«Gli parlerò io».
«No… non voglio espormi troppo. Risolveremo la cosa tra di noi» lo rassicurò l’ex-angelo. Era comunque un angelo, o almeno lo era stato e non si poteva lasciare abbattere. C’era una speranza di salvezza, e la speranza era Dean.
Se i suoi sentimenti fossero stati reali, come sosteneva Sam allora lui sarebbe stato salvo. Sperava solo che non fosse troppo tardi, che il suo tempo non scadesse entro pochi giorni. Contava ogni giorno, e più passava il tempo, più sembrava che questo gli sfuggisse dalle mani, e che il suo scadesse, ma mancava ancora un mese, e il tempo c’era. Doveva solo… già, fare cosa? Come si conquistava sentimentalmente un uomo già attratto fisicamente da lui? Non lo sapeva, era tutto così strano, confuso e fuori dal normale, che Castiel non riusciva a ragionare razionalmente. Tutto ciò che riguardava Dean, non era mai razionale, d’altra parte.
Sam parve leggergli nel pensiero, perché suggerì a Castiel da dove iniziare a sondare il terreno per scoprire qualcosa in più riguardo ai sentimenti del cacciatore tutto d’un pezzo per il povero angelo caduto. Secondo Sam, avrebbe dovuto sorprenderlo.
«Potresti provare a farlo ingelosire, però. Dean sa essere davvero possessivo se ci tiene a qualcuno» sorrise ammiccando nella sua direzione «e non dimenticare la torta di mele, ama la torta di mele, di conseguenza, amerà chi sa preparare una torta di mele» spiegò divertito, immaginando già Castiel alle prese con la cucina. Non sapeva perché, ma l’immagine di Castiel in cucina con un grembiule a fiori, coperto di farina, alle prese con i fornelli per suo fratello, lo fece sorridere, trasmettendogli allegria e tenerezza solo ad immaginarla. Sarebbe stato impagabile assistere sul serio.
«E come si prepara una torta di mele?» chiese curioso, facendo scoppiare a ridere Sam.
«Per ora, inizia a comprargliene una per quando torna dalla caccia. Sarà andato a terminare il caso, per tenersi lontano dai… bollenti spiriti che lo travolgono quando è con te» rise Sam alzandosi dal letto, felice di aver aiutato Castiel, che saltò come una molla e decise di fare come aveva detto il minore dei Winchester, avrebbe comprato una torta di mele a Dean, e con essa anche la cena, con una birra magari. Poi all’occasione migliore avrebbe tentato di farlo ingelosire, come non lo sapeva, ma ci avrebbe lavorato.
Corse in bagno a lavarsi velocemente, prima di rivestirsi, fregandosene che la t-shirt fosse di Dean, la sua camicia fosse sparita, non aveva altro da mettere - aveva giustificato così la sua scelta - e una volta pronto, aveva afferrato il trench, qualche banconota, aveva salutato Sam ed era uscito per comprare qualcosa di buono a Dean, per farlo contento.
Girovagò per ore, tanto che scese la sera, e alla fine tornò vincitore. Dopo tre fast-food diversi e quattro supermercati, riuscì a trovare tutto: hamburger doppio con tanto di patate fritte e la torta di mele per Dean, qualcosa a base di verdure per Sam, un sandwich per se stesso, e da bere per tutti. Vittorioso, tornò al motel ritrovando lì entrambi i Winchester che confabulavano a bassa voce. Sorrise notando che Dean fosse tornato, e tirò un sospiro di sollievo, era stato in pena per lui durante la sua “caccia” alla cena.
In quel momento, probabilmente stava raccontando a Sam come avesse bruciato l’oggetto del giovane morto tempo prima, motivo per cui, nessuno dei due si accorse che Castiel fosse tornato, il quale, per attirare su di sé l’attenzione, esordì entrando con un:
«La cena è servita, ragazzi!»
«Finalmente!» disse Sam notando che l’amico fosse tornato tutto intero. Non negava di essersi preoccupato non vedendolo tornare, doveva solo prendere la cena. Aveva impiegato almeno due ore prima di ritornare, ma, si disse Sam, aveva tardato perché fosse a piedi e vicino a quel motel, non c’erano fast-food. Anche Dean sembrava meno teso, ora che Castiel era tornato.
«Penso di amarti, Cas, muoio di fame!» esclamò Dean, precipitandosi verso di lui, che rimase immobile con i sacchetti in mano e l’espressione inebetita sul volto, il cacciatore afferrò i sacchetti e ne esaminò il contenuto con attenzione «fantastico, anche la torta di mele, tu sì che sei un angelo!» sorrise felice, afferrando il contenitore della torta, appoggiandola un mobiletto.
In effetti non hai tutti i torti, Dean. – pensò prima di scoppiare a ridere, e passare allegramente la serata con i Winchester, i quali raccontarono le avventure di quella giornata, Dean aveva bruciato un ciuffo di capelli appartenuti al figlio minore della donna, e per fortuna in tempo, il fantasma stava per attaccare anche un’altra persona, mentre Sam insieme a Bobby ed altri cacciatori, aveva rispedito all’inferno parecchi demoni che avevano quasi distrutto una città. Castiel li aveva ascoltati affascinato, dispiacendosi di non essere stato con l’uno o con l’altro, ma si era fatto largamente perdonare con la cena deliziosa che aveva portato.
«Dammi un pezzo di torta, Dean!» aveva esclamato Sam, cercando di sgraffignare la scatola contenente la torta, dalle mani del maggiore, che tentava di allontanarla da lui, per salvarla, sostenendo che fosse unicamente sua.
«Cas l’ha comprata a me, è mia!»
«Sei un bambino, dammene una fetta!»
Castiel scoppiò a ridere, distendendosi sul letto, mentre i due fratelli continuarono a combattersi la torta per lungo tempo, come due bambini, fino a che Dean non cedette agli occhi da cucciolo di Sam, e gli diede la sua desiderata fetta. In fin dei conti, erano una bella famiglia, bizzarra, ma pur sempre bella. E Castiel… beh, non si era mai sentito più felice, sebbene l’alone di preoccupazione per la sua sorte pendesse sulla sua testa, come una spada di Damocle.
 
 
To be continued...

 
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Buon pomeriggio a tutti quanti voi fedeli seguaci di questa storiella.
Prima che me ne dimentichi, nel capitolo precedente ho dimenticato di dirvi che i nomi falsi che usano Dean e Cas li ho presi direttamente dalla 5x03 che è la prima puntata in cui Cas e Dean seguono un caso del tutto da soli. Aw. 
Tornando a questo capitolo, ecco ritornato il nostro Sammy, che ora si diverte su un povero Cas, ma più avanti psicanalizzarà il fratello, perchè, beh... lo vedrete. Dean è ovviamente fuggito - non senza aver spupazzato ancora un po' Cas - poi risolve il caso da solo perchè è idiota e ha bisogno di stare da solo. 
So che i pensieri di Dean sono contraddittori, incoerenti e ripetitivi, ma è tutto voluto, ho voluto riprodurre un po' la confusione che avverte, per ovvi motivi; idem per Castiel, anche se lui non è contorto quanto Dean. Lui è terrorizzato dall'idea dell'inferno, quindi... lo troviamo leggermente egoista nel volere l'amore di Dean, anche se più avanti se ne renderà conto, e... *fugge via perchè non vuole spoilerare*
Non è la tenerezza Castiel che vuole imparare a fare la torta per Dean? Aw.
Il capitolo è un po' più corto di quello precedente, perchè è una transizione tra qui, e un salto temporale del prossimo capitolo. 
Il tempo è sempre più poco, riuscirà il nostro lovely Cas a trovare un modo per sopravvivere? 

Adesso fuggo perchè ho un casino di cose da fare, ma ci tenevo ad aggiornare. Siamo quasi a metà della storia, ow. Vi ringrazio ancora, vivamente per le recensioni, e tutto il resto. Aw, vi ringrazio con tutto il cuore. E come al solito, indicatemi gli errori, ed io li eliminerò, rileggo sempre due volte, ma quando gli occhi iniziano ad intrecciarsi, faccio erroracci di distrazione. 

Al prossimo capitolo, io vado a morire di calore.
Byebye!

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Capitolo 6
*** Parte VI ***


Desclaimer: I personaggi non mi appartengono (anche se vorrei avere un Cas tutto mio, e anche un Dean - perchè non anche un Sammy già che ci siamo? But I can't) e tutto ciò non è a scopo di lucro. 

Crediti: A Lu per il banner. 

 
 
Il tempo passava inesorabilmente veloce.
Niente, nemmeno le cacce o le nottate con Dean riuscivano a distrarre Castiel dal suo futuro imminente. L’ex-angelo non riusciva a capire perché Dean si comportasse in quel modo; durante il giorno, solitamente quando viaggiavano o cacciavano, Dean fingeva che nulla accadesse, che lui fosse impassibile a tutte le occhiate furtive che Castiel gli lanciava, anzi si divertiva a flirtare con chiunque, suscitando la gelosia dell’ex-angelo, il quale avrebbe davvero voluto restituirgli la moneta, come gli aveva suggerito Sam, ma non ne era capace, non riusciva a comportarsi come Dean, il quale usava i suoi occhi verdi e magnetici capaci di incantare sia uomini che donne – e a quanto pareva ex-angeli – per fare colpo sulle persone, rendere geloso Castiel e l’ex-angelo non sapeva quali altre diavolerie avrebbe mai potuto fare con quegli occhi. Dean era sempre sicuro di sé, sempre in qualsiasi situazione. Niente sembrava metterlo in difficoltà. 
Dopo aver risolto un ennesimo caso, uccidendo un mutaforma, avevano deciso di svagarsi un po’, distrarsi da tutto andando in un bar a bere qualcosa, ma Sam all’ultimo istante, si era tirato indietro, sostenendo che fosse stanco, ma Castiel conosceva il vero motivo.
Prima di andare via, il cacciatore lo aveva preso in disparte e aveva spiegato a Castiel di dover provare a parlare con qualcuno che non fosse Dean, vedere come avrebbe reagito nel vederlo flirtare. Alla domanda «Come si flirta con qualcuno?» del moro, Sam aveva riso, dicendogli di essere semplicemente se stesso e «magari usare i tuoi occhi blu, Cas, perché piacciono a tutti, anche a me!» aveva esclamato il minore. Poi lo aveva lasciato andare da Dean ed era tornato al motel, prendendo una stanza tutta per lui. 
Voleva lasciarli soli, per un po’, e l’ex-angelo non sapeva se essergliene grato, o sentirsi terribilmente imbarazzato.
«Allora, ci siamo» si disse Castiel, torturandosi le mani mentre si avvicinava a Dean «stasera vedremo se riuscirò a farlo ingelosire» annuì più a se stesso che ad altri e affiancò il cacciatore, entrando insieme a lui.
Era carico d’angoscia e tensione, ma avrebbe dovuto far qualcosa per far ingelosire Dean, perché voleva assolutamente capire se egli provasse qualcosa per lui.
Presero posto al bancone, Dean ordinò una birra, Castiel un semplice tè freddo, guadagnandosi un’occhiataccia dal barista – aveva da poco scoperto di non reggere per niente bene l’alcol, e non voleva avere i sensi annebbiati, non quella sera.
«Sei proprio strano, Cas, prendi il tè?» chiese divertito guardandosi intorno, senza riuscire a trovare niente che gli interessasse, a parte gli occhioni blu di Castiel, il suo carattere, il suo corpo, e no, non poteva, non doveva. Concentrati sulle cameriere, Dean. Hanno bei culi, le tette, e… non sono Castiel. No, no, idiota, concentrati su di loro. Cameriere, donne.
«Ehi, io potrei deridere te per quella schifezza che spacci per una buona bevanda!» ribatté il moro, ridendo, assaporando un sorso del suo tè, scrutando Dean con lo sguardo, sperando che non decidesse proprio quella sera di intrattenere un rapporto occasionale con una di quelle… eccentriche ragazze, sperava vivamente che non lo facesse, perché voleva essere lui la persona su cui gli occhi di Dean si sarebbero soffermati, facendolo sospirare e pensare: è lui che voglio, ma lo vide guardarsi intorno circospetto, alla ricerca di qualcosa, e no, non doveva accadere «tutto bene, Dean?» chiese, adocchiando una ragazza, sorridendole benevolo.
«Sì, io…» sorrise, voltandosi verso di lui, prima di accorgersi di una ragazza semi-svestita, che passando accanto a loro, si era soffermata troppo con lo sguardo su Castiel, ignaro che quest’ultimo l’avesse fatta avvicinare di proposito. Non era geloso, si disse, era… diversamente indifferente. Castiel non lo degnò di un solo sguardo, gongolando tra sé e sé, rivolgendo la sua attenzione alla giovane donna, che non accennava ad allontanarsi da lui, anzi mentre Dean li guardava, lei era intenta a mettergli in faccia i suoi prosperosi seni, e lui non si sottraeva. Perché non si sottraeva? A Castiel piaceva ben altro, e Dean lo sapeva bene.
Provava una strana sensazione alla bocca dello stomaco, quasi come la nausea, o forse qualcosa di ben peggiore. Non lo sapeva, ignorava da cosa potesse dipendere tale brutta sensazione, e avrebbe dovuto fare qualcosa, sì, doveva fare qualcosa. Era vicino, bastava un gesto, e li avrebbe allontanati l’uno dall’altra. Castiel sorrideva a lei, e parlava con lei, si lasciava fare complimenti da lei, e i suoi occhi erano su di lei, e no, non doveva essere così, Castiel doveva sorridere a lui, doveva parlare con lui, lasciarsi fare i complimenti da lui e tenere su di lui i propri occhi.
«No, io non bevo» stava spiegando Castiel alla ragazza, che probabilmente gli aveva chiesto qualcosa, che Dean non aveva sentito perché troppo impegnato a pensare ad un modo per allontanarli «questo è tè, sono astemio».
Perché se aveva una donna davanti doveva parlare di tè e cazzate simili? Perché questa puttana non si allontana dal mio Cas?!
«Sei adorabile, e sei sexy!» stava rispondendo quella… puttana, mentre appoggiava una mano sulla guancia di Castiel, che sorrideva al contatto, inclinando il collo nella direzione della mano della ragazza, facendo infuriare ancor di più il cacciatore, che preso dalla gelosia e da un impulso d’odio, non sopportando più la situazione fin troppo pesante per lui – non era colpa sua, era che la pazienza non fosse una sua virtù e che quello fosse il suo… cacciatore imbranato – si alzò e scostò con poca gentilezza la ragazza dal suo Cas e lo afferrò per un gomito, guardando in cagnesco la ragazza, che spalancava gli occhi, sconcertata.
«Scusa, puttana, è mio» ringhiò verso la giovane, prima di calarsi su Castiel ed impossessarsi delle sue labbra con foga, lasciando lei senza parole, con lo sguardo allibito e una domanda non chiara nella mente. E mentre Dean lo baciava, in quel bar, tra tante altre persone, e il suo cuore batteva con velocità contro la cassa toracica, Castiel non poteva far altro che pensare: grazie Sam.
Dopo aver dato spettacolo, i due fuggirono dal bar, ridendo complici, guardandosi in quel modo che conoscevano solo loro, dicendosi mille cose attraverso gli occhi, dichiarandosi cose che non avrebbero mai ammesso ad alta voce. Ritornarono nel motel poco distante da lì, dove era tornato Sam poco prima, e sperarono che stesse già dormendo. Dean fissava Castiel negli occhi, tenendogli il volto tra le mani, e lo baciò ancora, come se fosse stato in astinenza, e si inebriò del suo sapore e della morbidezza delle sue labbra.
Mentre giungevano al motel si baciarono, si baciarono nell’androne del motel, si baciarono lungo le scale per giungere alla stanza – perché era troppo squallido quel luogo, persino per avere un ascensore – si baciarono fuori dalla porta, prima contro un muro, poi contro una ringhiera, e non si fermarono nemmeno quando entrarono nella stanza – per fortuna Sam non c’era, ma non se ne accorsero e pensarono fosse già addormentato – e finirono sul letto, ancora a baciarsi. Le loro labbra non riuscivano a staccarsi le une dalle altre, e non era importante il dover respirare, perché sentivano che l’ossigeno era nelle labbra dell’altro.
I due non avevano assolutamente voglia di separarsi l’uno dall’altro, la loro voglia non accennava a diminuire, improvvisamente erano l’uno sopra l’altro, Dean aveva le mani immerse nei pantaloni di Castiel e quest’ultimo le mani nei capelli dell’altro. C’erano gemiti sommessi nell’aria della stanza, c’era eccitazione, c’erano toccate, mani e baci sui loro corpi e loro che sembravano incollati tra di loro.
«D-Dean» gemette Castiel, cercando di fermarlo un attimo, cosa impossibile, perché le mani calde di Dean avevano appena sfilato i suoi jeans e gli accarezzavano le gambe nude con una lentezza tale da farlo impazzire «c’è Sam, Dean».
Dean alzò lo sguardo, guardando l’interno della stanza, senza notare la presenza del minore lì. Scosse la testa, riabbassandosi su Castiel, intrappolandogli nuovamente le labbra con le sue, baciandolo intensamente.
«Non c’è nessuno, Cas, Sam non è qui» sussurrò contro le sue labbra, gemendo anche lui, aprendogli la camicia, e baciandogli il collo, poi il petto, percorrendo il suo corpo con maestria, come se lo conoscesse benissimo. Stava toccando i punti più sensibili dell’ex-angelo, che non riuscì a ribattere, e spense la sua mente. In quel momento non importava dove fosse Sam, il quale probabilmente aveva preso un’altra stanza, a causa della situazione scottante tra il fratello e l’amico, non importava che a distanza di qualche settimana sarebbe morto, non importava nulla, se non le labbra di Dean, le mani di Dean, il corpo di Dean e Dean, Dean, Dean.
Erano finalmente liberi dalle inibizioni e dai vestiti, nessuno dei due riusciva a fermarsi, e a darsi un minimo di contegno. Toccate veloci, baci carichi di passione e carezze non proprio castissime, gemiti soffocati contro la pelle dell’altro, parole celate dietro uno sguardo, dietro un bacio o una carezza, frasi mai dette, nascoste negli angoli più reconditi del cuore, sentimenti non accettati e seppelliti sotto metri di orrori vissuti. Fuori dall’amore, ma coinvolti in esso, un dolce ossimoro che si creava nelle loro menti, mentre erano intenti a trovarsi e ad… amarsi? No, non c’erano sentimenti in tutto quello, vero?
Gelosie mai confessate, ma dimostrate con i gesti. Una speranza nascente in loro, nei loro cuori che in quel momento, senza che loro se ne rendessero conto, battevano all’unisono, mentre sotto le coperte avveniva la loro danza d’amore. Persi l’uno senza l’altro, erano l’uno la salvezza dell’altro: Castiel aveva salvato Dean, gli aveva salvato la vita in più di un’occasione; Dean avrebbe salvato Castiel ammettendo il suo amore per lui, ammettendo di amarlo e di volersi sacrificare, al momento opportuno, tuttavia uno dei due non riusciva ancora ad aprirsi totalmente all’amore, lui era totalmente fuori da quella concezione di sentimento. Non esisteva nulla che gli avrebbe permesso di cambiare idea, no. Avrebbe vissuto senza amore, godendo di quel che la vita offriva lui: mostri da combattere, alcol e scopate occasionali. Allora perché, sebbene con Castiel non concludesse nulla, poteva azzardare a dire di provare… felicità? Non sapeva spiegarselo, per lui era un mistero, ma sì, con Castiel era felice. Lo sentiva nei suoi tocchi insicuri, e nei suoi baci pieni di inesperienza e dolcezza, che lui fosse fatto apposta per lui. Il moro era stato plasmato e creato solo per renderlo felice; poteva sentire nei baci carichi di passione che egli stesso gli regalava, e nei suoi gesti sicuri, quanto effetto avesse su di lui. Allora perché era così cieco da non capire quale fosse l’elemento scatenante di tale sensazione? Non era una donna, non gli importava di parlare di sentimenti e cazzate simili. Avrebbe solo voluto dirglielo, ma era troppo orgoglioso per affrontare un tale argomento, avrebbe voluto che Castiel conoscesse il suo tormento interiore, e magari aiutarlo a superare tutto, ma no. Non poteva rendere una persona a cui teneva partecipe dei suoi sentimenti. Non l’aveva mai fatto nemmeno con Sam, nemmeno quando i suoi genitori erano morti aveva esternato i suoi sentimenti, si era limitato – quando si era ritrovato da solo, senza Sammy da consolare – a fissare un punto sentendosi perso, a distruggere dei giocattoli vecchi, ma senza mai versare una lacrima. E di certo non avrebbe esternato i suoi sentimenti da casalinga disperata verso un dannatissimo uomo dagli occhi troppo blu e i capelli che sembravano fatti di piume.
Quando sentì Castiel venire tra le sue mani, e lo vide crollare sfinito tra i cuscini, i capelli arruffati sparsi sul cuscino, il fiatone, il petto che si alzava e abbassava velocemente, il suo fiato caldo toccargli la pelle, trapassarla fino agli organi, fino all’anima, senza esser toccato, senza ulteriori carezze, venne anche lui con un gemito roco, soppresso contro il collo dell’altro. Con tutti quei pensieri che ronzavano nella sua testa, facendogli fischiare anche le orecchie, e la mano delicata di Castiel che gli sfiorava appena la schiena, ancora in quella posizione, crollò in un sonno profondo, chiudendo i pensieri, la mente e ogni altra cosa.
Ci avrebbe pensato il giorno dopo, voleva solo godere del momento, tra le braccia di Castiel, che con fare protettivo, copriva alla meglio il corpo del cacciatore, e gli accarezzava con gentilezza la pelle sudata e accaldata. Si sistemò anche lui nel letto piccolo, accoccolandosi accanto a Dean, senza lasciarlo andare dall’abbraccio, che sembrava piacergli tanto, e senza che egli potesse ascoltarlo, senza orecchie indiscrete ad ascoltarlo, e senza l’incombenza di dover affrontare un momento imbarazzante dopo, posò un bacio delicato sulla spalla del cacciatore, uno sul suo collo e un ultimo sulle sue labbra, prima di sussurrare ad una voce talmente bassa e roca, che nessuno avrebbe mai sentito, una sola piccola frase, che segnò la sua esistenza; l’aveva trovato, aveva capito a fondo cosa fosse quel sentimento nuovo per lui, ma tanto emozionante, e tanto dolce, e caldo, che irradiava pace, serenità e benessere, un sentimento tanto puro, quanto intenso, sensazioni nuove, mai provate, qualcosa di così coinvolgente da travolgerlo totalmente, da scombussolare tutte le sue convinzioni, quel sentimento, che in quel momento sentiva dentro di sé, che aveva sostituito il vuoto lasciato dalla sua grazia, e che lo riempiva, lo stordiva, e lo rendeva felice, quel sentimento che non era altro che l’amore.
E lo aveva trovato in Dean.
«Ti amo, Dean» sussurrò prima di addormentarsi profondamente, stretto al suo cacciatore, con il volto affondato nei suoi capelli ed un braccio a circondargli i fianchi, in un abbraccio carico d’amore e protezione. Perché sì, avrebbe voluto proteggere Dean da tutto, e da tutti, stringerlo a sé per sempre, per preservare la sua anima dalla sofferenza generata da quel mondo crudele, che solo da quando era umano riusciva a comprendere fino in fondo. E no, non sarebbe mai tornato sui suoi passi, si sentiva più vivo da mortale, di quanto non si fosse mai sentito in milioni di anni, da immortale.
Dean gli aveva semplicemente fatto scoprire la vita.
 
 
Il maggiore dei Winchester era sempre più nervoso ed irritato, Sam riusciva a vederlo in ogni suo gesto, in ogni suo comportamento. Nemmeno ad un cieco sarebbe sfuggito il comportamento di Dean, pensava Sam, non solo perché conoscesse suo fratello come le sue tasche dopo tutti quegli anni passati in simbiosi, ma anche perché il suo nervosismo si rifletteva sul suo lavoro.
In quella settimana, era entrato in azione senza aspettare gli altri due, rischiando così di essere ucciso, se non fosse stato per Castiel, che tempestivamente lo aveva tirato fuori dai guai. Rischiava ogni giorno di morire, ma in quella settimana era stato decisamente peggiore delle altre volte: non ragionava, era impulsivo e sembrava una macchina da guerra anti-mostri.
Sam era seriamente preoccupato per il fratello, perché sapeva che qualunque cosa fosse, quel suo atteggiamento avesse a che fare con Castiel, perché durante i viaggi, e le cacce, quasi non gli rivolgeva la parola, ma la mattina, quando Sam si svegliava, lo trovava nel letto del moro, stretto a lui, in posizioni quasi dolci – e no, non aveva scattato una foto, la prima volta che li aveva visti, era capitato accidentalmente che il suo dito avesse scontrato il tasto d’apertura della fotocamera, e sempre accidentalmente avesse premuto sul tasto “scatta”, ma no, Sam non aveva mai scattato quella foto; se Dean avesse scoperto quella foto, lo avrebbe ucciso, di sicuro - non capiva perché il fratello si comportasse così, di giorno in modo, di notte in un altro. In fondo, non era un reato essersi innamorato, sempre che lui lo fosse. Che avesse paura della reazione del minore alla sua palese relazione omosessuale? Certo che no, solo un idiota penserebbe che io sia così chiuso mentalmente – pensò Sam – ma Dean è idiota, giusto.
Dean non era il tipo da fossilizzarsi su una cosa, nemmeno da esternare ciò che provasse, ma questo suo reprimere insistentemente i suoi sentimenti era nocivo per tutti e tre. La sua impulsività avrebbe messo in pericolo tutti e tre i cacciatori un giorno o l’altro, anche perché, Castiel cercava sempre di tenere fuori Dean dai guai, intervenendo qualora questi fosse seriamente in pericolo, come ogni giorno. Dean non se ne accorgeva, ma Sam sì. Castiel faceva di tutto per tenere il maggiore al sicuro, per proteggerlo, e dimostrargli di provare qualcosa per lui. Sam era al corrente di tutto ciò che Castiel provasse per suo fratello, e a quanto pareva, neppure Dean gli era totalmente indifferente, ma era sofferente, sempre, e la sua impulsività generata dal suo tormento interiore non era positiva. Per questo, il minore dei Winchester decise di parlare con il fratello maggiore, e aiutarlo a fare chiarezza in se stesso, perché era chiaro che Dean avesse bisogno di un aiuto, anche se non lo chiedeva apertamente, ogni suoi gesto suggeriva al minore aiutami, sono fottuto. Doveva, però, trovare il momento opportuno per parlargli, scegliere il momento in cui Castiel non fosse stato presente e suo fratello con una bottiglia di birra in mano. Dean era più malleabile da brillo. Per questo motivo, organizzò tutto per quel pomeriggio: Castiel sarebbe andato in biblioteca per leggere – avevano appena concluso un caso e non ne avevano altri – e Dean sarebbe stato nella camera del motel, probabilmente a guardare qualche porno con una birra tra le mani.
Il momento perfetto per potergli parlare, quando era più vulnerabile e meno teso.
«Ci vediamo dopo, Cas!» gli aveva urlato lasciandolo fuori dalla biblioteca «chiamami quando hai finito!»
Il moro fece un segno d’assenso con il pollice, prima di entrare in quel enorme mondo popolato dal libri e mondi immaginari, mentre il minore dei Winchester metteva in atto il suo piano. Tornò al motel con due confezioni di birre, qualche schifezza satura di grassi che piaceva a suo fratello, e tutte le buone intenzioni di cavar fuori dalla bocca di suo fratello qualcosa riguardo il suo strano atteggiamento. E se non avesse parlato con le buone maniere, avrebbe usato le cattive. Stavolta, più delle altre volte, era seriamente preoccupato per suo fratello, il suo reprimere le emozioni non era mai qualcosa di positivo, ma non era mai stato tanto nocivo come in quel momento, perché alla fine Sam o Bobby riuscivano sempre ad estorcergli il motivo della sofferenza: perdita di qualcuno, fallimenti, tensioni, ansie e cose simili. Il suo reprimere le emozioni in quelle circostanze, tuttavia, era legato ad un amore che non voleva ammettere nemmeno a se stesso, forse a causa della propria sempre ostentata eterosessualità o legata ad altri fattori che in quel momento non erano ben impressi nella mente di Sam perché Dean era un enigma, quando si trattava di emozioni. Sam riusciva ad intendere quando stesse male, o bene, ma non riusciva mai a capire da cosa dipendesse; Bobby gli aveva insegnato che se il suo atteggiamento non scemava, allora doveva intervenire, altrimenti sarebbe diventato nocivo. Stavolta, Sam aveva dato ragione al padre adottivo, giungendo alla conclusione di dover prendere la situazione in mano.
Dean così era ingestibile, perfino per suo fratello.
Giunse finalmente alla camera che divideva con il più grande, e come volevasi dimostrare, Dean era davanti alla televisione, steso su un letto sgangherato, le gambe accavallate tra di loro e la solita espressione: mascella contratta, sopracciglia corrugate e mani tremanti.
«Dean, ci facciamo una birra?» esordì il minore raggiungendo il maggiore accanto a letto, guardandolo preoccupato «ho portato anche qualcosa da mangiare, se hai fame».
Dean rispose con un borbottio sommesso e un grugnito, negando e Sam capì che la faccenda fosse ancora più grave di quanto immaginasse. Dean non diceva mai di no al cibo spazzatura o ad una birra.  
«Dean, ti farò parlare lo stesso, lo sai, vero?» chiese con il tono irritante di una mamma petulante, andando dritto al sodo.
«Cosa vuoi sapere, Sammy?» chiese spazientito dopo aver sbuffato sonoramente, ed essersi messo seduto.
Detestava quando suo fratello si trasformava in una mamma apprensiva e preoccupata, non era compito di Sam preoccuparsi di lui, era l’esatto contrario: Dean doveva occuparsi di Sam, come aveva sempre fatto da quando erano bambini, fin da quando erano rimasti orfani, fin da quando erano stati adottati da Bobby, fin da… sempre. Dean si era occupato di Sam, non il contrario, e quella cosa doveva restare intatta. Dean era l’uomo di casa, il più grande, e non accettava che Sam si preoccupasse per lui.
«Cosa ti prende. E non dirmi niente, sei fin troppo nervoso, impulsivo e…»
«Okay, non voglio essere psicanalizzato. Risponderò alle tue domande con sincerità» sbottò. Decisamente era peggiore delle altre volte, constatò mentalmente Sam, guardando il maggiore, non sbottava mai in quel modo, era sempre calmo, per quanto l’atteggiamento di Dean in determinate occasioni potesse essere ritenuto calmo.
«C’entra qualcosa Cas?»
Il maggiore abbassò lo sguardo – e mai, mai nella sua vita Dean Winchester aveva abbassato lo sguardo davanti al fratello – ed arrossì vistosamente, scuotendo poco convinto la testa. Avrebbe voluto dire qualcosa, sparare una delle sue affermazioni sarcastiche e crudeli, ma non riusciva, qualcosa lo bloccava. Rispondere, o non rispondere? Mentire o restare in silenzio? Non sapeva neanche lui cosa fare, era così confuso in quel momento, ma lo sguardo di Sam era puntato su di lui, indagatore e fastidioso.
«Non guardarmi così, non sono una donnicciola innamorata!» sbottò rialzando lo sguardo, sopprimendo di nuovo le sue emozioni, chiudendosi al mondo dell’amore ancora, come sempre.
«Sei un coglione, ti vedo, sai? La mattina sei nel letto di Cas, e Dean, tu lo stringi. Possessivamente, aggiungerei» gli disse guardandolo, suscitando un nuovo dilemma interiore del maggiore, che combattuto, non riusciva a trovare una risposta. Fu colto dalla consapevolezza che non fosse più tutto segreto, come prima. Sam sapeva, Sam aveva sempre saputo tutto, ma non lo aveva mai giudicato, Sam tentava di aiutarlo. In quel momento, Dean riusciva a sentirlo, ma no, non poteva ammettere di provare qualcosa, sarebbe finita male, come tutte le altre volte, i demoni avrebbero usato Castiel per ferirlo, e no, non poteva accadere, aveva già perso troppo in quella vita, e non lo avrebbe fatto di nuovo, non avrebbe mai permesso che qualcuno a cui teneva morisse.
«Va bene, lo ammetto, con Castiel è capitato qualche incontro ravvicinato» confessò, restando vago «solo che il moccioso è vergine, quindi ci vado piano tutto qui» spiegò con tranquillità, cercando di celare il leggero sussulto del suo cuore, al ricordo di quelle notti.
«E da quanto tempo non vai con una donna?»
«Cosa c’entra questo?»
«C’entra, perché non frequenti altre persone, perché non vuoi deludere Cas, e non vuoi tradirlo» spiegò con tono da saccente Sam, guardando il fratello dritto negli occhi, Dean sapeva che a momenti avrebbe sganciato la bomba, e lo avrebbe messo a nudo, perché Sam era capace di farlo, in fondo era suo fratello, conosceva meglio di chiunque altro i suoi punti deboli, e probabilmente stavolta lo aveva scoperto «perché sei innamorato di lui, Dean» boom, eccolo il mio fratellino con le sue bombe.
«Cosa?!» domandò scattando in piedi, cercando di sfuggire a quelle affermazioni per nulla vere, perché no, lui non amava, lui non era il tipo che perdeva tempo ad amare qualcuno. Lui ci andava solo a letto, era capitato accidentalmente che si fosse trattenuto nel letto di Castiel, un caso, un semplicissimo caso, nulla di più «tu sei impazzito, ti sei bevuto il cervello! Io non sono affatto innamorato, no, no! Non è un’ipotesi contemplata da me!» troppe negazioni insieme, si stava esponendo, non poteva, doveva smettere di negare; intanto continuava a scuotere la testa cercando di non far capire nulla a Sam «sei totalmente fuori di testa, io non sono affatto innamorato, no!» aveva iniziato a camminare avanti e indietro per la stanza, con fare nervoso, mentre Sam lo osservava divertito «cosa ti passa per la mente, eh?!»
«Mi hai appena dato la dimostrazione che non mi sbaglio, Dean. Sei diventato troppo nervoso per essere indifferente» gli disse con tranquillità, incrociando le braccia al petto «allora, ne vuoi parlare?» chiese lanciandogli una birra, che Dean afferrò subito, restando però ancora in piedi, di fronte al fratello.
Cosa doveva dirgli? Che non poteva fare a meno di baciarlo ogni volta che ne aveva l’occasione? Che era geloso se qualche essere di qualunque sesso o natura si avvicinava troppo a lui? Che desiderava tenerlo sempre per sé? Che ogni scusa era buona per invadere il suo spazio personale?
«Non ho niente da dire» brontolò, scuotendo la testa, stappandosi la bottiglia di birra «non sono innamorato, solo attratto fisicamente da Castiel. E’ un bel ragazzo, e mi incuriosisce, tutto qui. E’ solo sesso, del sano sesso» disse celando nuovamente i suoi sentimenti, bevendo finalmente la sua agognata birra. Era come se avesse un deserto al posto della gola, non riusciva a respirare e ogni parola sembrava essere una pugnalata dritta nell’anima, perché sentiva che non fosse solo sesso, perché… non avevano ancora fatto realmente sesso, loro due. E Sam si preoccupò di sottolineare quest’aspetto della loro ‘relazione’, se così poteva chiamarla, facendo arrossire ancora Dean, che si sentiva sotto esame.
Avrebbe preferito affrontare il diavolo in persona, al posto di suo fratello.
«Peccato che tu e Castiel non abbiate mai concluso nulla» due bombe in una? Sam, sei sleale! – pensò Dean, innervosendosi.
«Voglio solo essere gentile con il verginello, tutto qui» si difese Dean, senza guardare il minore, che sorrise.
Suo fratello era cotto di Castiel, era totalmente perso, e probabilmente prima o poi lo avrebbe ammesso.
«E prendetevi una stanza tutta vostra, non ci tengo a sentire i vostri gemiti» disse Sam divertito, attingendo anch’egli dalla birra da lui stesso comprata, mentre Dean lo guardava in netto imbarazzo. Non credeva affatto che Sam potesse sentirli, a causa del suo sonno pesante, ma a quanto pareva erano un po’ troppo rumorosi, e nonostante ciò il minore dei Winchester non ripudiava il fratello. Tra l’altro, a Dean non importava della sua reazione, lui non voleva innamorarsi e basta, non poteva provare niente di romantico per qualcuno, perché sarebbe stato un errore, perché un cacciatore non poteva innamorarsi, avrebbe perso tutto e tutti, già faticava ad occuparsi di suo fratello, e ad accettare che lui fosse la persona più importante della propria vita, perché era il suo fratellino minore ed era compito suo proteggerlo, ma non poteva permettersi di far entrare un’altra persona nella sua vita, di preoccuparsi per qualcun altro, e di… sentirsi coinvolto. Non voleva esserlo, non poteva.
Era un cacciatore, e i cacciatori non avevano la felicità, non la conoscevano. Era convinto che la sua felicità fosse vedere Sam vivo e nient’altro, a parte il salvare le persone, che poi era la parte principale del suo lavoro.
«Solo, Dean» disse Sam, tornando serio «non ignorarlo più, o almeno rivolgigli la parola quando ti salva il culo, ci sta male» continuò a mo’ di rimprovero. Dean annuì, conscio del fatto che lo avesse fatto soffrire durante quei giorni, ignorandolo «e calmati, okay? Ragiona prima di entrare in azione» gli ricordò il minore, strappandogli un mezzo sorriso.
In fondo, aveva ragione, doveva essere più rilassato, e ragionare, non uccidere direttamente, rischiando la vita.
Castiel lo aveva salvato così tante volte, che ormai ne aveva perso il conto. Forse era anche questo a piacergli, di Cas, che lui si prendesse cura di lui, in ogni istante. Non che Sam non lo facesse, ma con Cas era diverso.
Si stapparono una seconda birra, mangiando ciò che Sam aveva portato, rilassandosi davanti alla tv – e per fortuna, si disse Sam, che Dean avesse tolto quel porno scadente – guardando una telenovela scadente.
«Ma Cas?» chiese alla terza birra Dean, guardando il fratello «non dovrebbe già essere tornato? La biblioteca chiude alle nove, e sono le dieci passate» affermò, controllando l’orologio.
«Starà tornando a piedi, tranquillo, Dean».
«No, no. Sono sicuro che la biblioteca sia qui vicino. E non ha chiamato, perché non ha avvisato?»
«Amico, meno male che non eri innamorato» lo prese in giro Sam, divertito.
«Se fosse con una ragazza?» un momento, è geloso? – si chiese mentalmente Sam, ancor più divertito.
Sam rise gettando la testa all’indietro.
Suo fratello, il cacciatore tutto d’un pezzo, donnaiolo e menefreghista, stava letteralmente perdendo la testa per un altro uomo, se non l’aveva già persa, ritrovandosi ad essere persino geloso e protettivo nei suoi confronti. Chi voleva prendere in giro? Era evidente che fosse qualcosa di più del banale sesso, perché Dean non aveva mai aspettato, non si era mai preoccupato, e non si era mai esposto così tanto. La situazione era comica, sotto un certo punto di vita, però era vero.
Era tardi, e ormai Castiel avrebbe dovuto chiamare uno dei due, poteva accadere qualsiasi cosa, erano comunque in un mondo dove i mostri non erano semplici incubi dei bambini che non volevano dormire da soli, bensì erano reali, erano tangibili ed erano sul serio pericolosi.
«Facciamo ch-» stava per proporre di chiamarlo, ma Dean l’aveva preceduto, ed aveva afferrato il cellulare e in un brevissimo tempo aveva iniziato a camminare per la stanza, con il telefono attaccato all’orecchio, preoccupato.
Dopo la terza chiamata andata a vuoto, il più grande spazientito, lanciò via il telefono, facendolo fracassare contro il muro, sbuffando preoccupato e irritato, non sapeva dove fosse Castiel, non sapeva con chi fosse e nemmeno il motivo per cui non rispondeva.
«Io vado a cercarlo» aveva comunicato al minore, che si chiedeva come mai se fino a mezz’ora prima sembrava essere l’umano più menefreghista esistente, indifferente e per niente interessato al moro assente, in quel momento era un trottola umana, che non riusciva a stare ferma, mossa da una mano esterna: la preoccupazione.
«Innamorato» disse Sam, celando la parola con un colpo di tosse.
«Preoccupato» lo corresse Dean, marcando la voce su quella parola.
Dean era seriamente preoccupato per Castiel, e nemmeno se ne rendeva conto. Sam pensò di dover per forza fare qualcosa per aprire gli occhi al fratello, e metterlo davanti alla realtà: amava Castiel, e tutti se ne accorgevano, a parte i due diretti interessati.
Castiel era fin troppo insicuro per notare il palese amore nei suoi confronti di Dean, e quest’ultimo troppo orgoglioso per ammettere, anche solo a se stesso, di provare qualcosa di tanto forte.
Fatto stava, che Dean aveva già preso la giacca, le chiavi dell’auto e aveva afferrato il telefono di Sam per chiamare nuovamente l’amico. Stava per uscire, quando aprendo la porta, si ritrovò Castiel di fronte, il telefono in una mano, un libro sotto un braccio, una mano occupata da una busta contenente chi sapeva cosa e l’espressione confusa sul volto.
«Sono qui, Dean» disse semplicemente inclinando il capo, incuriosito dal fatto che Dean lo stesse chiamando, quando non gli rivolgeva la parola nemmeno sotto tortura durante la giornata, e nemmeno sotto le coperte, lì si limitava a gemere e a sussurrare il suo nome, sotto l’effetto dell’eccitazione.
«Sì, lo vedo» rispose con il tono burbero e pieno di rimprovero. Castiel stava per chiedergli come mai gli parlasse, perché era del tutto strano, durante le ‘ore lavorative’, ma si bloccò, timoroso di offenderlo in qualche modo, imbarazzato, l’ex-serafino si limitò a posare il telefono in una tasca dei jeans, sotto al trench beige dal quale non si separava mai.
«Come mai mi hai chiamato?» quando non mi rivolgi nemmeno la parola? – chiese omettendo la seconda parte, per ovvi motivi.
«Hai sentito Sam?!» chiese seccato girandosi verso il fratello «mi chiede perché lo stessi chiamando!» esclamò alterato, mentre Sam tossicchiava divertito, Dean si voltò di nuovo verso Castiel, che confuso non capiva cosa prendesse al cacciatore «perché sono le dieci passate, non hai avvisato e non rispondevi al cellulare, forse?»
«Le mie scuse» borbottò l’altro, abbassando lo sguardo, mortificato «io… la biblioteca ha chiuso, ma stavo leggendo, allora sono uscito e sono andato in un parco lì vicino. Stavo leggendo, e non mi sono reso conto dell’orario» spiegò con sincerità, mentre lo sguardo di Dean si addolciva alle sue parole «e non ho risposto al cellulare perché non l’ho sentito, mi sono accorto fuori dalla porta che mi stessi chiamando» affermò con una sincerità disarmante, recuperando e mostrando il telefono al cacciatore «le mie scuse di nuovo».
«Oh Cas» sussurrò Dean, avvolgendo le braccia attorno alle spalle del più basso, attirandolo a sé in un abbraccio dolce e forte, nessuno dei presenti si sarebbe mai aspettato una reazione del genere da parte di Dean, nemmeno Dean stesso, che in quel momento stringeva Castiel come se avesse rischiato di perderlo per sempre, come se in quel momento avesse realizzato davvero ogni cosa.
Peccato che non lo ammise, a nessuno, a parte che a se stesso. Era un passo avanti, no?
Castiel restò teso, con le braccia lungo i fianchi, la busta ancora in una mano, ma il volto rilassato in un sorriso.
«Ti ho portato la torta di mele, per farmi perdonare» mormorò con il volto affondato nel collo di Dean, che lo stringeva con possessione. Non lo aveva mai fatto davanti a Sam prima di quella sera, ed era un notevole passo avanti, per una persona come lui che nascondeva tutti i suoi sentimenti dietro un muro invisibile, ma solido, che man mano grazie a Castiel andava sgretolandosi. Perché stava accadendo? Perché provava tutte quelle emozioni in una sola volta?
«Sei adorabile, Cas, davvero adorabile» mormorò, mentre Sam si alzava imbarazzato, deciso a lasciare entrambi da soli, meritavano un po’ di privacy, ora che Dean aveva capito di provare qualcosa, non lo aveva ammesso ad alta voce, e forse mai l’avrebbe fatto, ma Sam era felice di vedere che avesse lasciato andare le inibizioni che lo trattenevano dal mostrare ciò che voleva davanti agli altri.
«Io prendo un’altra stanza. Voi… divertitevi» ridacchiò, mentre Dean, senza accorgersi che il fratello fosse andato via, trascinò Castiel per una mano dentro, facendogli cadere dalle mani la busta contenente la torta e il libro da sotto il braccio, attirandolo poi a sé, per baciarlo con passione non appena Sam ebbe chiuso la porta. E lo baciò, lo baciò con talmente tanta intensità da far girare la testa ad entrambi, e mentre Castiel sorrideva contro le sue labbra, con la speranza di essere salvato da Dean – perché se si preoccupava così tanto per lui, avrebbe fatto qualcosa per non farlo trasformare in demone – il cacciatore spingeva l’ex-angelo sul letto, intenzionato a non separarsi mai più da lui, perché, chi avrebbe mai voluto staccarsi da quell’uomo, capace di far provare emozioni così travolgenti? Non di certo Dean, che si era perso totalmente nelle sue labbra, nei suoi capelli e nei suoi occhi.
Forse prima o poi, il muro sarebbe venuto giù, e avrebbe confessato a Castiel di amarlo.
Forse prima o poi, avrebbe ammesso che anche un cacciatore poteva innamorarsi.
Forse prima o poi, non avrebbe più avuto paura di esporsi in quel modo.
E forse prima o poi, sarebbe stato davvero felice. 

 
To be continued...



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Welcome back here, people!
Allora, prima di tutto, chiedo scusa per il ritardissimo del capitolo, l'avevo riletto tipo... un secolo fa, ma wibbly wobbly timey wimey... stuff.
Ma... ci ho messo una vita a riprendermi dal finale di stagione, e... chi ha visto la puntata può capire il mio sconforto emotivo. Avrei tanto voluto uccidere Metatron, sono contenta di aver scritto questa storia, perchè... beh, *spoiler* fa una brutta fine. eheheh. 
Poi... Oh mio dio, c'è stata la convention e io povera squattrinata non ci sono potuta andare, quindi giù con altra depressione. Poi i libri di Machiavelli (che qualcuno lo uccida... anche se è già morto. Chiamerò Crowley e gli ordinerò di torturare all'inferno quel bastardo) non si studiano da soli, e sto praticamente andando ogni giorno in facoltà. Aggiungiamo che io senza scrivere non so stare, e ho tirato giù una OS, che è una OS, perchè è di sole (orrore) settemila parole, per ora, e che pubblicherò appena avrò il tempo di rileggere.
Così arriviamo a stasera, sono mezza morta, ma me winner, ho finito un libro infinito di quel cretino, e sono qui tutta per voi (non per molto, che tra poco scappo in palestra, ah.) con un nuovo capitolo!
Velocemente esaminiamo insieme il contenuto di suddetto: 
-Dean non è l'amore a non voler ammettere di essere in looove with Cas, ma si preoccupa per lui e fa il geloso? AW.
-Sammy, credo che lo eleggerò come miglior strizzacervelli. 
-Cas... che parla del tè con una ragazza ed è tanto adorabile.

Il prossimo, aihmè è l'ultimo in cui regnerà la pace, già dalle ultime battute finali si respira "tragedia", e... ci dirigeremo velocemente verso l'ending. 
Vi ringrazio come sempre, e ci becchiamo al prossimo capitolo! 


Ps come sempre, sono OOC e incoerenti, ma l'ho detto talmente tante volte che vi avrò annoiato. Spero non ci siano errori! 

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Capitolo 7
*** Parte VII ***


Desclaimer: Per quanto vorrei averli tutti per me, nessuno di loro mi appartiene, e la trovo una cosa profondamente ingiusta. Io da tutto ciò non ci guadagno assolutamente nulla.

Crediti: A Lu, perchè sì, il banner è suo! 



 
Castiel continuava a cacciare con i fratelli Winchester, rendendosi utile come poteva, e cercando di far felice Dean, che sembrava provare qualcosa nei suoi confronti, ma l’ex-angelo non si illudeva, il cacciatore avrebbe cambiato idea altre mille volte, prima di una decisione definitiva. E intanto i giorni passavano, senza fermarsi un attimo, troppo velocemente, troppo rapidamente, senza dare il tempo a Castiel di rendersene conto. In breve anche il secondo mese era quasi scaduto, ormai mancava meno di una settimana.
L’ex-angelo era spaventato, realmente spaventato, ma tentava di non darvi peso, di non far capire ai Winchester cosa gli prendesse e di andare avanti, in fondo, aveva Dean e con Dean non temeva nulla, giusto?
Finalmente, dopo tante cacce, avevano un attimo di tranquillità. I due fratelli, insieme a Castiel, si erano recati alla rimessa di Bobby, il luogo dov’erano cresciuti dopo la perdita dei genitori, non solo per rivedere il loro padre adottivo – che da quando l’ex-angelo si era unito a loro non li aveva più seguiti per occuparsi delle ricerche per aiutare non solo loro, ma anche altri cacciatori, che non possedevano una monsterypedia alias Castiel – ma anche per permettere a Dean di lavorare un po’ alle auto dei clienti di Bobby e guadagnare quel poco che li sosteneva durante i viaggi e le cacce.
Castiel, fin dalla prima volta, si era offerto come suo aiutante. Sebbene all’inizio fosse davvero impedito per ovvie ragioni, era notevolmente migliorato, quanto meno conosceva la differenza tra un cric e una chiave. A Dean non dispiaceva affatto avere lui come aiutante. Adorava guardare Castiel fare lavori manuali, un po’ perché adorava vederlo impacciato e goffo in quasi tutti i contesti, un po’ anche perché moriva dalla voglia di stare il più possibile a contatto con lui, non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma un po’ a se stesso lo aveva fatto: amava la compagnia di Castiel, le sue domande fuori luogo e all’ordine del giorno, quel suo sguardo perso e confuso, le sopracciglia aggrottate e il suo broncio quando non capiva qualcosa, forse, forse amava Castiel. Erano insieme nella piccola officina, Dean era immerso sotto un’auto e il moro lo guardava preoccupato, mentre con minuzia e attenzione reggeva il cric. Non che fosse paranoico, o preoccupato per Dean, ma avevano recentemente affrontato un fantasma che si “divertiva” a far morire le persone nei modi più strani, e tra le vittime, un uomo era morto schiacciato sotto un’auto.
Non voleva di certo che Dean facesse quella fine, e per questo motivo continuava a fissare il cric, per poter intervenire al momento giusto e salvare, come sempre, Dean. Non appena il cacciatore scivolò fuori da sotto l’auto, l’ex-angelo tirò un sospiro di sollievo, e sorrise guardandolo con amore e devozione. Il fiato gli mancò.
«Ehi, Cas, mi passi la chiave inglese e il cacciavite?» chiese eliminandosi il sudore dalla fronte con un gesto rapido del braccio.
«Subito!» si avvicinò al carrello portautensili e recuperò i due strumenti richiesti. Diede sfogo ad un sospiro fin troppo profondo, causato dalla visione di Dean sudato, con solo una canottiera bianca, che aderiva perfettamente al suo corpo tonico. Era un’immagine fin troppo invitante per lui. La carne è debole – pensò prima di ritornare da lui con i due strumenti, e con un gesto rapido glieli passò, rivolgendogli un dolce sorriso, mentre il cacciatore li accettava e con un gesto rapido delle gambe scivolava di nuovo sotto all’auto, continuando quella riparazione per un completo sconosciuto, che avrebbe pagato bene il lavoro.
«Cas, puoi anche non vegliare su di me, so badare a me stesso, faccio questo da tutta la vita!» rise, mentre con maestria sistemava qualcosa lì sotto, qualcosa che Castiel ignorava. Come faceva a sapere che lo stesse osservando? Come faceva a vederlo? Aveva un qualche potere per guardare oltre l’auto? Gli scappò un sorriso, mentre continuava a fissare il cric, spaventato che da un momento all’altro potesse crollare e schiacciare Dean.
«Non mi fido di questi aggeggi, Dean, lo sai. Non dopo quello che è successo a quel tizio mentre riparava la sua auto».
«Paranoico» borbottò il cacciatore, divertito. Non appena Dean fu definitivamente fuori da quell’auto, e questa di nuovo totalmente per terra, Castiel sentì che il suo cacciatore fosse al sicuro. Riprese a compiere le azioni che spesso faceva quando lavorava insieme a Dean: cambiare l’olio, controllare l’acqua, rifornire il serbatoio, verificare se le gomme fossero abbastanza gonfie, e cose simili, sotto gli occhi affascinati di Dean, che ora era immerso nel motore per controllare che anche le candele fossero al loro posto. Non gli dispiaceva farsi aiutare da Castiel, perché senza il trench e solo con quella camicia bianca, le cui maniche erano arrotolate fino al gomito aveva qualcosa di attraente e affascinante in lui, che non dispiaceva per nulla al cacciatore.
«Perfetto, questa è sistemata, passiamo ad un’altra?»
«Non sei stanco, Dean?» chiese guardandolo sbattendo le palpebre, senza nemmeno pensare ai suoi gesti «insomma, lavori e…»
Dean gli andò vicino, ancora sudato, sporco di olio e grasso del motore, e lo abbracciò, imbrattando anche lui, l’ex-angelo tentò di liberarsi dall’abbraccio poco igienico del cacciatore senza ottenere grossi risultati. Dean restava comunque più forte di lui. Ah, se fossi un angelo, non sarei così debole rispetto a te, Winchester. – pensò sorridendo, scuotendo leggermente la testa, mentre l’altro non accennava a volersi staccare da lui «gli spazi personali» brontolò, allora.
«Oh, sta’ zitto» lo zittì, appoggiando le labbra contro le sue, baciandolo con gentilezza, appoggiandogli le mani sulle guance, sorridendo contro la bocca del compagno. Castiel rispose immediatamente al suo bacio, avvolgendogli le braccia attorno al collo, attirandolo maggiormente contro di sé, approfondendo quel contatto tanto piacevole tra di loro.
Mentre si baciavano, non si accorsero di Sam appena entrato, che li stava fissando con uno sguardo per niente infastidito, anzi, adorava quei due insieme, fu tentato di scattare loro un’altra foto, ma Dean stavolta lo avrebbe davvero ucciso, e Sam alla sua vita teneva. Era felice per Dean, finalmente lo vedeva rilassato e senza troppi pensieri. Certo, c’era ancora irrisolta la questione del tirare fuori i suoi sentimenti, ma era sulla buona strada. Se avesse continuato in quel modo, prima o poi avrebbe ammesso i propri sentimenti verso Castiel, ma per il momento era felice, e Sam era fiero di suo fratello. Intanto era lì, sotto la porta e aspettava che si staccassero per un attimo, almeno per respirare: aveva portato loro il pranzo e di certo non poteva restare tutto il giorno ad aspettare che quei due frenassero i loro bollenti spiriti. Doveva ammettere di essere stato davvero lungimirante, fin dalla prima volta che li aveva visti guardarsi, aveva capito che tra quei due, prima o poi, sarebbe nato qualcosa, e come volevasi dimostrare, suo fratello e Castiel erano davanti a lui intenti a… mangiarsi il viso a vicenda. Era leggermente imbarazzato, non voleva fermarli in un momento così intimo, e non voleva affatto guardarli, gli sembrava un gesto inadeguato e maleducato. Perché non si decidevano a staccarsi? Se fosse entrato Bobby, al suo posto, avrebbe sicuramente sbottato dandogli degli idioti, ma per Sam erano adorabili, davvero adorabili.
«Ehi, ragazzi!» li chiamò alla fine, non voleva essere catalogato come guardone «vi ho portato il pranzo!» esclamò ancora.
I due sobbalzarono e sorrisero lievemente imbarazzati e rossi in volto, di scatto con velocità si girarono verso Sam, Castiel tentò di allontanarsi da Dean, ma questi lo tenne stretto a sé, facendolo sorridere.
«Grazie Sammy!» esclamò il maggiore «appoggia da qualche parte e va via, stiamo lavorando».
«Già, lo vedo» rise appoggiando un sacchetto contenente il pranzo su uno scaffale prima di uscire dall’officina e chiudersi la porta dalle spalle. A Castiel quella scena appena vissuta, ricordò un episodio che aveva osservato qualche tempo prima, come un angelo, prima che perdesse le ali, e la grazia, prima che si innamorasse di Dean. Era stato quell’episodio a scatenare la volontà di diventare umano, e di unirsi ai Winchester, quando Sam aveva portato il pranzo al maggiore e questi gli aveva sorriso con gentilezza. Sembrava così lontano quel giorno, invece era passato poco più di un mese, il che gli ricordava che il suo accordo stava per scadere, ma aveva paura, e non avrebbe mai dovuto averne, aveva Dean al suo fianco, ed era più che certo che al momento opportuno, Dean lo avrebbe salvato. In quel momento non voleva pensarci e godersi il momento di intimità con il suo cacciatore.
«E’ stato imbarazzante…» mormorò, affondando il viso nel collo del più alto, che lo strinse maggiormente «cioè, Sam ci ha visti mentre ci baciavamo, non è che…»
«Ehi, moccioso» fermò il suo fiume in piena di parole, staccandolo da sé e osservandolo da vicino, troppo vicino, tanto che i loro fiati si intrecciavano e i loro cuori battevano all’unisono «Sam non ci giudicherà, penso abbia sentito di peggio tra di noi, un bacio non è nulla» spiegò il cacciatore con il sorriso stampato sul volto.
Castiel arrossì all’impazzata, scuotendo la testa energicamente. Cosa era accaduto? Quando? Quando li aveva sentiti? Oh mio dio, che vergogna… deglutì e chiuse gli occhi, cercando di non andare in iperventilazione. Da quando era umano, quando provava un forte disagio, iniziava ad avere problemi di respirazione. Sentiva il fiato mancare, e dopo qualche istante respirava troppo velocemente. Dean dovette accorgersene, perché gli appoggiò le mani sulle spalle e lo scosse con delicatezza.
«Cas, stai bene? Ehi, respira!»
L’ex-angelo tirò un sospiro profondo, prima di aprire gli occhi ed incontrare la pace: gli occhi di Dean avevano il potere di farlo calmare anche nelle situazioni peggiori, anche quando non poteva più pensare a qualcosa di positivo, bastava guardare i suoi occhi verdi e subito si calmava, esattamente come in quel momento. Lo aveva guardato, e il suo respiro era tornato regolare, forse il suo battito cardiaco no, ma quello era dovuto alla presenza di Dean nella sua stessa stanza, Dean troppo vicino… quello era amore.
«S-Sto bene» disse facendo seguire la frase da un cenno positivo del capo, mentre il cacciatore lo guardava ancora preoccupato «io sono…solo imbarazzato. Non mi avevi detto che Sam sapesse ciò che… e insomma…» una cosa è raccontarglielo, un’altra è che veda tutto – pensò, riuscendo almeno nella sua mente a formulare una frase di senso compiuto.
«Va tutto bene, Cas, davvero» gli accarezzò le guance, con delicatezza, mentre l’ex-angelo appoggiava la guancia contro il palmo della sua mano, godendo delle attenzioni di Dean, della sua dolcezza improvvisa e del suo… amore? Non sapeva se fosse amore, ma sembrava tale. Castiel annuì poco convinto, mentre il cacciatore gli sorrideva dolcemente, poi accadde di nuovo, si calò su di lui e lo baciò sulle labbra, approfondendo subito il bacio, senza che l’ex-angelo si sottraesse ad esso. Dean lo stringeva forte a sé, e lo baciava con intensità, mentre Castiel si stringeva a lui e ricambiava con ardore il bacio. Dimenticarono presto il pranzo, il fatto che Sam li avesse colti sul fatto, e che fossero in un’officina; Castiel, presto, presa sicurezza di se stesso, spinse Dean contro il cofano di un’auto, continuando a baciarlo con foga, e come aveva desiderato fare fin da quella mattina quando avevano iniziato a lavorare, sfilò la canottiera del cacciatore, toccandogli gli addominali scolpiti e il torace tonico, passando le mani sui suoi fianchi e poi sul suo collo, fino a ritornare in basso, dove sbottonò i suoi pantaloni. Ogni vergogna era passata, erano insieme, e non importava nient’altro.
«Ehi, moccioso, vuoi fare tutto da solo?» gemette Dean, mentre Castiel gli abbassava anche i boxer, e iniziava a sfiorare il basso ventre del compagno, provocandogli piacere, facendolo tremare sotto le sue mani.
«E’ da stamattina che voglio farlo» sussurrò mentre gli baciava il collo «non riuscivo a resisterti con quella canottiera» mormorò lascivo, mentre il cacciatore godeva delle sue attenzioni e premure.
«Quante confessioni…» sussurrò Dean, ribaltando di nuovo le posizioni, facendo scontrare la schiena di Castiel contro il cofano dell’auto, passandogli le mani lungo tutto il corpo, facendolo tremare sotto di esse, e dopo avergli sbottonato la camicia bianca, la fece scorrere via lungo le sue braccia, mentre le labbra di Castiel erano ancora pressate contro le sue, senza la minima intenzione di separarsi da esse. Anche i pantaloni del moro raggiunsero quelli di Dean ai loro piedi. Petto contro petto, mani ovunque, baci infuocati, gemiti rochi e gutturali, sensazioni stranissime, e ‘ti amo’ pensati e mai detti. Tutto accadeva troppo veloce, i due non comprendevano bene quella situazione, erano assuefatti, tutto intorno a loro era nullo. Fino a che…
«Sono pronto, Dean, voglio fare l’amore con te» gemette Castiel, le labbra ancora contro il collo del più alto, che si bloccò improvvisamente. La paura prese il sopravvento, perché Cas aveva detto fare l’amore non fare sesso, e tutto si fermò: il cuore, le mani, ogni arto, i gemiti, i baci, tutto. Tutto era immobile, e l’ex-angelo aveva lo sguardo smarrito quando incontrò quello di Dean, che ansimante lo guardava incredulo e spaventato.
Perché Castiel aveva detto amore? Non avrebbe potuto dire qualsiasi altra cosa?
Perché aveva messo i sentimenti tra di loro? Cosa non andava bene? Non era perfetto ciò che avevano? Qualcosa che andava vicino al sesso, baci infuocati, e piacere reciproco? Non bastava essere quasi dipendenti da quei baci? Non bastava essere in qualche modo fedeli? Perché aveva dovuto mettere tra di loro una cosa complicata come l’amore? Non gli andava bene ciò che condividevano?
Perché ora era tutto così strano e sbagliato?
Perché aveva paura?
Lui era Dean Winchester, e Dean Winchester non aveva paura di nulla; dovette però ricredersi in quel momento. Aveva paura di quel sentimento crescente che provava verso Castiel, perché ogni persona che gli si avvicinava, si macchiava, e Castiel era troppo puro per essere macchiato da lui. Se ne rese conto solo in quel momento.
Non poteva. Non poteva esser così egoista nei confronti del moro dagli occhi azzurri che lentamente e silenziosamente gli era entrato dentro al cuore, non poteva fargli del male. Non era quello il suo destino, Castiel avrebbe dovuto trovare qualcuno che potesse renderlo veramente felice. Non capiva di essere l’unica speranza per l’ex-angelo. Si ritrovò ad alzarsi i pantaloni in fretta, sotto lo sguardo perso e confuso del moro, che con le sopracciglia aggrottate, lo guardava supplicandolo di non lasciarlo lì, non in quel modo.
«Dean…» sussurrò, afferrandogli un braccio, cercando di riportarlo da sé «Dean, ti prego, io…»
«No, non posso» disse indietreggiando, scuotendo ancora la testa «non posso, non posso» continuò a ripetere quelle due parole come una litania, indietreggiando man mano verso la porta dietro di lui.
Castiel era immobile, non riusciva a credere ai suoi occhi, e mentre Dean scappava, finalmente lontano dal suo sguardo, lontano da ciò che era, o erano stati - non lo aveva ancora capito - sentiva la sua ultima speranza dissolversi nel nulla, come se lo spazio intorno a sé fosse un enorme buco nero, che risucchiava ogni sensazione positiva.
Si lasciò scivolare contro l’auto, rannicchiandosi per terra, i pantaloni ancora abbassati a mezza gamba, la camicia aperta, tirò le gambe al petto, affondando il volto tra di esse, e cercò di non piangere, senza però riuscire a trattenersi. Maledette emozioni umane.
Ormai non aveva più speranza, la sua unica speranza era appena scappata da lui oltre la porta di quell’officina, che aveva visto la coppia darsi l’ultimo bacio, il quale suonava come un bacio d’addio, come un ultimo bacio, ma era l’unica cosa.
Castiel, purtroppo sarebbe morto di lì a poco tempo, e nessuno avrebbe potuto salvarlo, stavolta. Nemmeno il grande Dean Winchester, a meno che non avesse ammesso il suo amore verso l’ex-angelo, che ormai giaceva tra le lacrime in quell’officina, senza più l’ombra di una speranza.
 
Stanco a causa del pianto e troppo distrutto dalla reazione di Dean, Castiel si rialzò da terra con fatica. Si sistemò gli abiti e uscì dall’officina senza guardarsi indietro, avrebbe fatto troppo male rivivere quell’ultimo ricordo ancora una volta, perché Dean doveva essere così maledettamente orgoglioso? Perché doveva comportarsi come uno stupido? Perché era scappato?
Scosse la testa, rendendosi conto di dovergli la verità, prima di morire. I giorni sarebbero passati in fretta, tanto valeva dirgli la verità, prima che la scoprisse nel modo peggiore di tutti. Doveva affrontarlo, aveva evitato quell’argomento per troppo tempo, ed era giunto il momento della verità. Quello in cui avrebbe confessato il suo più grande segreto, tutta la verità, che in quei due mesi aveva celato dietro sporche bugie, a causa delle quali si sentiva sempre un po’ in colpa. Ma come avrebbe fatto ad ammettere tutto?
Doveva trovare il coraggio, doveva farlo per Dean, perché lui era stato sempre sincero nei suoi confronti, lo aveva aiutato e gli aveva insegnato molte cose, oltre all’avergli permesso di far parte della famiglia, nonostante non avesse con loro legami di sangue, glielo doveva perché avevano condiviso cose, sensazioni, emozioni e sentimenti impossibili da pronunciare a voce, glielo doveva semplicemente perché lo amava, e dire la verità alla persona amata era un diritto, un obbligo.
L’ex-angelo si fece carico di tutto il suo coraggio, prima di rientrare nella casa di Bobby, salutare Sam e chiedergli dove potesse trovare Dean. Il minore dei Winchester, però, lo fermò. Gli disse che Dean gli avesse raccontato tutto, e che in quel momento avesse bisogno di tempo per riflettere su quanto accaduto nell’officina, che dovesse metabolizzare l’indiretta dichiarazione, e vane furono le richieste insistenti di Castiel, che continuava a dire di avere qualcosa di importante da dirgli.
Sam lo rispedì in camera sua, suggerendogli di aspettare uno o due giorni, prima di parlargli di qualsiasi cosa, provò a spiegargli che non poteva aspettare, che avrebbe dovuto parlargli subito, che fosse questione di vita o di morte, ma Sam fu irremovibile. Suo fratello non poteva ascoltare nulla in quel momento, non avrebbe reagito bene a qualsiasi cosa. Lo conosceva abbastanza bene da poter affermare che in quel momento, anche un’affermazione banale come odio la torta di mele l’avrebbe fatto urlare e sbraitare, facendolo innervosire più di quanto non lo fosse già.
Dean era un tipo complicato, tutti, anche Castiel, lo avevano capito, era un tipo che viveva alla giornata, senza pensare troppo al futuro e ai legami forti, questi ultimi soprattutto lo spaventavano a morte. Sam era convinto che suo fratello fosse meno spaventato dai mostri che affrontavano quotidianamente, che dai propri sentimenti. Per questo si ritrovò ad insistere con Castiel suggerendogli di aspettare, perché non avrebbe concluso nulla, lo avrebbe solo innervosito maggiormente.
E allora l’ex-angelo si arrese. Lo spirito di protezione tra quei due era davvero forte, tanto forte da sopravvivere ai mostri, demoni e fantasmi che avevano incontrato, Castiel poteva vederlo, erano l’uno la spalla dell’altro, si sostenevano, curavano e proteggevano a vicenda, e in quel momento, Sam stava proteggendo, inconsapevolmente, il maggiore da qualcosa che l’avrebbe turbato molto di più di una dichiarazione d’amore indiretta. Castiel ritornò nella sua stanza sconfitto, non poteva parlare con Dean, sarebbe morto di lì a pochi giorni, e si sentiva totalmente abbattuto e a pezzi.
Il cacciatore lo aveva lasciato lì, da solo, in una puzzolente e sporca officina, mezzo nudo, soltanto perché aveva pronunciato la parola amore. In effetti, Castiel non poteva essere così egoista da volere l’amore di Dean solo per salvarsi, non aveva mai preteso tanto, la prospettiva peggiore, tuttavia, era il fatto che lui un giorno gli avrebbe dato la caccia, poiché sarebbe divenuto un demone. Ed era questo a fargli più male, più di tutto il resto, ma si disse, che se fosse diventato un demone, e nei panni di questo fosse morto, non avrebbe voluto altro che essere ucciso da Dean.
 
Intanto Dean, era in camera sua, disteso sul letto con un mare di pensieri a riempirgli la testa.
Come avrebbe dovuto comportarsi ora, con Castiel? Avrebbe dovuto fare finta di nulla?
Aveva detto amore non un’altra parola, che fosse sul serio innamorato di lui? Non poteva, come poteva un ragazzo meraviglioso come lui innamorarsi dell’errore, Dean? No, era un’ipotesi non contemplabile. Si torturava le mani, e l’unico volto che si figurava nella sua mente, era quello di Castiel. Quegli occhioni blu e i capelli neri, la pelle pallida e quei baci infuocati che si scambiavano… come si era ridotto in quel modo? Come aveva fatto Dean Winchester a trasformarsi in un cumulo di problemi non detti e amore non dichiarato? Perché avrebbe solo voluto prendere Castiel e dirgli di amarlo più di qualunque altra cosa?
Lui non era innamorato, lui non amava mai. Per lui esisteva solo la caccia, e qualche scopata occasionale, non era fatto per i sentimenti, le emozioni positive e questo senso di unione verso un’altra persona. Cosa gli aveva fatto Castiel? Perché ogni cosa ritornava a lui?
Com’era la mia vita, prima di Castiel?
Sebbene non fosse passato moltissimo tempo, due mesi quasi, la vita di Dean aveva subito talmente tanti cambiamenti dopo l’entrata in scena dell’ex-angelo, che il cacciatore non ricordava come fosse prima, o forse sì, ma erano solo ricordi lontani, bui ed inesplorati. Da quando c’era Castiel tutto era diverso, era più bello, persino la caccia e i mostri divenivano positivi. Quale potere aveva per irradiare tanta sicurezza, tanta gioia, nonostante tutto? Come faceva un solo uomo ad essere un polo positivo nella vita di Dean?
Si rigirava nel letto e continuava a pensare, pensare e pensare a cosa fare, a come comportarsi.
Fare finta di nulla? No, non voleva ferirlo, sebbene l’avesse già fatto scappando in quel modo.
Mentirgli? No, Cas non meritava qualcosa di così meschino.
Porgergli le sue scuse? Nemmeno, era troppo orgoglioso.
Dirgli la verità? No, perché dicendo la verità, sarebbe tornato al punto di partenza.
Amore. Ma perché aveva detto in quel modo? Perché non aveva tenuto la bocca chiusa?
Sospirò, mettendosi un cuscino contro il viso, schiacciandolo quasi con violenza, facendosi quasi mancare il respiro, prima di toglierlo e appoggiarselo sotto la testa, chiudendo gli occhi. Magari dormendo avrebbe fatto chiarezza in se stesso, perché non riusciva a capire, non riusciva a fare nulla, avrebbe solo voluto… già cosa? Non incontrarlo? Sarebbe stata una bugia, ma sentiva di dover fare qualcosa, assolutamente. Chiuse gli occhi sospirando, con la speranza di addormentarsi definitivamente, sopprimendo tutti i suoi pensieri che continuavano ad affollargli la mente, per zittirli e avere un attimo, un solo attimo di pace. Magari avrebbe trovato la risposta nei suoi sogni. 

 
To be continued...
 

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Hola, people! Uh, dai, non sono in ritardissimo, di più. Fa caldo, e la voglia di rileggere è sempre poca poca. Poi ho finalmente finito la OS di cui parlavo un capitolo fa... e sì, la rileggerò al più presto, perchè aw. Ancora tanta roba da studiare e poco tempo, la sessione estiva inizierà a brevissimo... e brividi. 
Ma passiamo alla storia perchè sì.  
Ecco che le acque si agitano.
Cas vuole fare l'amore, Dean alla parola "amore" fugge. 
Un po' di depressione perchè... eheh. 
E Sammy protegge Dean, perchè è Sammy. 
Il capitolo è breve, ed è davvero il più breve di tutta la storia, non potevo inserirlo nella parte successiva, nè in quella precedente, così... Eccoci qua. 
Anyway... Finalmente nel prossimo capitolo, (iniziate a prepararvi) Cas rivelerà tutto a Dean. Ma... come la prenderà il nostro Dean?
E con questo grande interrogativo, vi abbandono! 
Spero vi piaccia, vi ringrazio tanto per continuare a seguirmi e... bye bye! 

 

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Capitolo 8
*** Parte VIII ***


Desclaimer: Tutti i personaggi non mi appartengono, per mia sfortuna, tutto ciò non è scritto per guadagnarci, ma per puro diletto nel far soffrire i miei personaggi preferiti.

Crediti: A Lu per il magnifico banner!

 



 
Era passato qualche giorno, da quella volta nell’officina. Dean continuava a lavorare ad altre auto, mentre Castiel non osava avvicinarsi a lui, si rendeva utile in altri modi, riordinando le camere e cucinando. Aveva imparato recentemente a cucinare, ma non era male, anche se spesso la pasta gli veniva scotta o cruda, tuttavia i suoi hamburger erano davvero buoni a detta di Dean. Avrebbe tanto voluto parlare con lui, ma doveva aspettare il momento giusto, non voleva importunarlo, soprattutto ora che era nervoso.
Non sapeva come avrebbe preso la sua natura angelica, né come sarebbero mutate le cose dopo la confessione, e questo ignoto lo spaventava più di qualsiasi altra cosa, perché le creature sovrannaturali potevano essere uccise da varie armi, ma la reazione di Dean, nel caso fosse stata violenta, non avrebbe avuto nessun’arma per essere placata. Sapeva di essere solo in casa con lui, Sam e Bobby erano usciti per fare rifornimento di cibo e bevande perché da quando erano arrivati, le riserve di Bobby si erano esaurite in breve tempo. Aveva tutto il tempo per andare da Dean in officina, e parlargli con calma, spiegargli tutto, ma temeva come il cacciatore potesse reagire. Questo lo bloccava, non gli permetteva di riflettere con razionalità e non gli permetteva di prendere la decisione giusta. Avrebbe davvero voluto raccontargli tutto, smetterla con quei sensi di colpa, perché ogni volta che gli mentiva, Castiel si sentiva sporco come un ladro. Dean non meritava tante bugie, non meritava una persona meschina come lui, perché sì, si stava comportando meschinamente con il cacciatore, non gli aveva raccontato tutta la verità sulla sua natura, non gli aveva raccontato la verità sulla sua provenienza, e non gli aveva detto il motivo per cui sapesse tante cose sulle creature che cacciavano, sul sovrannaturale. Lui stesso era uno di loro.
Ma come avrebbe potuto dirglielo? Lo avrebbe di sicuro ucciso appena saputo che fosse un angelo, perché Dean era fatto così, tutto ciò che non era del suo mondo, tutto ciò che era paranormale, era un elemento di disturbo, e andava ucciso. E lo avrebbe fatto anche con lui, ne era sicuro. Era la sua natura, e una volta scoperto che la spada angelica potesse uccidere gli angeli, avrebbe ucciso prima lui, anche con metodi tradizionali, dato che era umano, e poi avrebbe cacciato i suoi fratelli senza esitazione. Cos’aveva da perdere, dicendoglielo ora? Nulla, aveva già perso tutto quando era diventato umano, nonostante cercasse di non pensarci, sentiva ancora l’assenza delle sue ali. Erano da sempre state parte di lui, e da quando non le aveva più, ne sentiva la mancanza, avvertiva quella mancanza come un grosso peso da portare addosso, senza potersene liberare, ma aveva sempre cercato di non pensarci, per non dover dare troppe spiegazioni, e invece, eccolo lì, in una stanza, a rimuginare su come dire ad un umano il suo più grande segreto. Lui era un angelo, e aveva ceduto la sua grazia per diventare umano, e solo in quel momento, preso dall’angoscia e dalla paura di morire, e diventare un demone, si rendeva conto dell’abissale errore compiuto.
Non avrebbe mai dovuto rinunciare a tutto per un desiderio, tutto ciò che aveva ricevuto in cambio della sua grazia erano state sofferenza, dolore e tristezza. Si pentì subito di aver pensato una cosa del genere, perché non erano le uniche cose, per un po’ aveva goduto delle attenzioni di Dean, che gli aveva insegnato tutto ciò che conosceva, e lo aveva fatto innamorare. Era un sentimento troppo forte, ed era crescente in lui, ma… non poteva chiedere di accettare anche una cosa del genere a Dean. Sarebbe stato fin troppo egoistico.
Raccolse il coraggio ed uscì dalla sua stanza, sì, doveva farlo, doveva andare da Dean e parlargli, togliersi quell’immenso peso dallo stomaco. Non capiva perché tutte le emozioni coinvolgessero anche gli organi interni, e fino a qualche settimana prima, non capiva come potessero essere gestite emozioni così forti e coinvolgenti, poi con Dean aveva imparato e le aveva gestite al meglio – salvo qualche attacco cardiaco con Dean nelle vicinanze e qualche mancamento d’aria durante i baci appassionati con Dean, per non parlare del magone che avvertiva quando gli mentiva o sapeva di averlo deluso, e di quando si sentiva totalmente preso dallo sconforto, ritrovandosi a piangere come un bambino – ma in quel momento non sapeva come affrontare la situazione, e quale sarebbe stata la reazione di Dean, quindi… lo avrebbe affrontato e si sarebbe strappato quel dente doloroso con rapidità.
Decise di portare uno spuntino al cacciatore, e si fermò in cucina, cercando qualche avanzo per mettere insieme un pasto decente per il suo amato. Non trovando nulla che gli potesse piacere, afferrò una birra, e con passi lenti, fin troppo lenti, raggiunse l’officina. Lo vide chino su un auto, la solita canotta bianca troppo aderente e l’espressione concentrata sul volto - dannazione, quanto sei bello, Dean. – pensò, le immagini di pochi giorni prima tornarono nella sua mente, confondendola maggiormente e dovette farsi coraggio nuovamente, prima di avanzare all’interno della stanza, schiarendosi la voce, e cercando di mostrare un minimo di contegno.
Non voleva che scappasse come l’ultima volta che erano stati lì.
«Ti va una pausa, Dean?» chiese, leggermente imbarazzato, mentre l’altro si ridestava dalla sua concentrazione, il suo sguardo volava sul moro appena entrato, scontrandosi con i suoi occhi blu splendidi e un sorriso gli illuminava il volto «ti ho portato una birra» si affrettò ad aggiungere Castiel, porgendogli una lattina di birra trovata nel frigorifero.
«Oh, ti ringrazio, Cas» sorrise asciugandosi il sudore dalla fronte, spostando lo sguardo dal moro. Fingi, Dean, fingi di non ricordare perché lo stai evitando da giorni, fingi, fingi. «mi ci voleva proprio una bella birra» allungò la mano verso di lui, mentre Castiel deglutiva, spalancando gli occhi. L’aria gli mancava nei polmoni, e tutte le buone intenzioni di parlargli, chiarire cosa fosse accaduto e rivelargli tutta la verità sul suo conto, erano andate via, svanite, sotto lo sguardo di Dean, e a causa dei mille ricordi che gli avevano popolato la mente in quel momento. Era tutto così confuso, era… difficile, ma doveva trovare il coraggio di farlo.
«Dean, dobbiamo parlare» la mano di Dean si fermò a mezz’aria, prima di chiudersi attorno alla lattina, che cadde rovinosamente a terra, perché Castiel aveva improvvisamente mollato la presa, come se fosse convinto che Dean l’avesse presa immediatamente. Non era quello l’importante, però. Lo sguardo del cacciatore volò immediatamente in quello di Castiel per captare in esso qualche segnale, perché quelle parole non erano mai un buon segnale, erano come bombe sganciate all’improvviso, ancora inesplose, in attesa che il detonatore esplodesse «per favore, se non parliamo ora, sarà troppo tardi, e voglio che tu sappia ciò che devo dirti da me, non da… altri»
«D’accordo, ma respira e… non andare in iperventilazione, fai venire l’ansia» Dean si costrinse a mantenere un atteggiamento sicuro e distaccato, quasi freddo, mentre il moro annuiva con decisione e timidamente gli prendeva una mano, e lo conduceva ad una delle panche dell’officina, invitandolo a sedersi. Dean capì che fosse qualcosa di grave, qualcosa che Castiel volesse dirgli, ma che fosse così complicata e confusa, da metterlo in difficoltà. Cosa poteva mai essere?
Mi ha tradito? – fu il suo primo pensiero, seguito subito da – tradire, poi, non c’è niente tra di noi, non può avermi tradito, non stiamo insieme. Ma se un'altra persona l’ha toccato? – scacciò via quel pensiero così assurdo, perché a parte Bobby e Sam non c’era nessuno lì con loro, e Cas non era esattamente il tipo di ragazzo che andava con la prima sgualdrina che passava, ricordava fin troppo bene il suo patetico tentativo di corteggiare una ragazza, parlandole della sua intolleranza all'alcol e del suo tè – mi nasconde qualcosa, ma cosa c’è di così grave da farmi sedere? – le ipotesi più assurde passarono nella sua mente, in pochi istanti, mentre Castiel si sedeva al suo fianco sulla panca e apriva leggermente le gambe, appoggiando i gomiti su di esse, le mani congiunte e l’espressione più strana che avesse mai assunto fino a quel giorno – Dannazione, Cas, parla, sto morendo d’ansia, cosa ti succede? Posso aiutarti? Dimmi che posso farlo, odio vederti star male, è colpa mia?
«Dean, io…» si fermò, le parole erano pesanti come macigni, faticavano ad uscire dalla sua bocca, era come se esse fossero bloccate da una forza superiore nella sua gola, e non potessero da lì uscire, che non potessero giungere al cacciatore, perché aveva paura. Castiel era terrorizzato, e in quel momento tutto sembrava fin troppo difficile. Se fino a pochi minuti prima, poteva sembrare semplice, da quando era entrato nell’officina tutto si era complicato e le parole proprio non riuscivano ad uscire dalle sue labbra.
«Sono qui, Cas» disse semplicemente, appoggiandogli una mano sulla spalla, mordendosi il labbro inferiore. Gli era costato dirgli quella frase, ma Castiel sembrava davvero a disagio, e un po’ di conforto lo meritava. – sono qui, nonostante sia un completo idiota.
«Dean, io…» adesso, Castiel, adesso, diglielo, diglielo! «sono un angelo, un angelo vero, con le ali e tutto il resto. Non in questo momento, ho… ceduto la mia grazia per diventare umano, ma… io ero un angelo. E se te lo stai chiedendo, ovvio che te lo stai chiedendo, sì, esistono, e sì, hanno le ali. Ed esistono anche gli arcangeli» disse tutto d’un fiato, senza fermarsi, senza guardare Dean, la cui mano era scivolata via dalla sua spalla, non appena aveva iniziato a parlare. Sebbene sentisse nell’aria qualcosa di negativo, sentiva un peso in meno sul cuore, si era liberato, e anche se Dean si fosse arrabbiato – cosa così sicura che avrebbe messo la mano sul fuoco d’olio santo – non avrebbe avuto rimpianti una volta morto «e… insomma, Dean, mancano pochi giorni, poi morirò, dopodiché finirò all’inferno… e finirò per diventare un demone» disse ancora liberandosi da quel secondo peso che gli opprimeva il cuore «e a quel punto tu mi ucciderai» confessò ancora, senza posare lo sguardo su di lui, perché avrebbe fatto male ammetterlo a lui, mostrarsi ancora debole e stupido, perché era stato stupido, si era lasciato ingannare, aveva lasciato che gli togliessero la grazia e le ali, era diventato umano, e ora non era niente, era solo un uomo prossimo alla morte, con un futuro nero davanti a sé. Dean non lo avrebbe mai perdonato per quello, e aspettava la sfuriata, che  però non arrivava non ancora, era un’agonia anche l’aspettare una sua reazione, perché doveva essere tutto così complicato?
Perché gli aveva mentito?
Perché gli stava raccontando tutto?
Per umiliarsi, probabilmente, ancora di più? Sarebbe stato meglio sparire, senza lasciare traccia di sé, invece di… sentire il silenzio di Dean. Quel silenzio era più rumoroso delle urla e degli insulti che avrebbe dovuto rivolgergli. Almeno doveva spiegare per bene la faccenda, ora che aveva iniziato non poteva tirarsi indietro.
«Sono stato uno stupido, ho creduto che… di poter stringere l’accordo, ero così sicuro di trovare l’amore…» sospirò voltandosi verso Dean, che fissava un punto fisso davanti a sé, assorbendo una dopo l’altra le parole dell’angelo, ancora chiuso in un mutismo che faceva stringere il cuore di Castiel in una morsa dolorosa, che non lasciava scampo «… e credevo di averlo trovato, in te, Dean, io mi sono innamorato di te, ma a quanto pare tu no» sospirò amaramente «ma non importa, mi dispiace solo non averti detto tutta la verità prima, capiscimi, non avrei potuto, sei un cacciatore, mi avresti ucciso per la mia natura e…» la voce dura, alta e fredda del cacciatore lo interruppe bruscamente, facendolo sussultare.
«No, io non ti capisco!» sbottò finalmente, Dean, voltandosi verso di lui «non ti avrei ucciso, Cas, mi hai salvato la vita, lo ricordo. Non ti avrei ucciso, dovevi dirmi la verità!» era furioso, e Castiel non poteva biasimarlo, era colpa sua, in fondo «mi hai usato solo per pararti il culo? Mentre io mi struggevo per capire cosa provassi per te?!» non dire così, ti prego, Dean, non farlo… - pensò l’angelo mentre il cacciatore continuava ad inveire su di lui «volevi solo che io mi innamorassi di te per salvarti il culo, vero?» non metteva in dubbio che gli angeli esistessero, non ne aveva mai incontrati, ma se esistevano i demoni e l’inferno, era ovvio che esistesse anche il paradiso con le sue creature, gli angeli. Non sopportava l’idea di essere stato ingannato, non dalla persona della quale si era fidato praticamente da subito «ti ho accolto nella mia famiglia, ti ho fatto essere un fratello e anche di più per me! Ti ho aiutato, ti ho dato tutto, Cas, tutto!» era così furioso da non essersi accorto di essersi alzato e di aver afferrato Castiel per il colletto della camicia ed averlo tirato verso di sé, in piedi. Lui era inerme e lo lasciava sfogare, com’era giusto che fosse «e ora mi dici che mi hai preso per il culo per tutto il tempo? Mi dici che… che sono stato un idiota a fidarmi di te?!» lo scosse violentemente, tenendo la sua camicia stretta in quei pugni così forti e duri, che non lasciavano scampo «mi dici che stai per morire e che diventerai un demone?!» ora stava urlando, e Castiel se ne stava zitto, lasciava che lo scuotesse, che gli urlasse contro, ma ne era dannatamente spaventato, non aveva mai visto Dean in quello stato «e mi dici anche che vuoi che sia io ad uccidere te, quando sarai demone!» urlò ancora, spingendolo per terra, facendolo gemere di dolore. Me lo merito, me lo merito – si ripeté Castiel nella mente, perché sapeva che Dean avesse tutte le ragioni del mondo, sapeva che parlandogli sarebbe andato incontro ad una reazione del genere, sapeva tutto fin troppo bene, ma si era illuso che quel silenzio potesse restare tale, e non subire l’ira di Dean in quel momento. Era rosso dalla rabbia, la vena sulla tempia pulsava come non mai, il suo viso contratto in un’espressione dura, furiosa e ferita, i pugni stretti e gli occhi chiusi in due fessure sul suo corpo che lo osservavano con odio, disprezzo, delusione. Non si sarebbe mai aspettato odio da colui che fino a pochi giorni prima gli saltava addosso alla prima occasione «sei un figlio di puttana, Castiel, un maledetto figlio di puttana, come tutti quanti!»
Castiel cercò di rialzarsi da terra con fatica, ma Dean non gli diede il tempo di farlo del tutto e con uno spintone lo fece arrivare contro il muro, regalandogli un pugno in pieno viso «ti sei approfittato di me, di mio fratello e anche di Bobby!» un altro pugno colpì il suo stomaco «ti sei approfittato dei miei sentimenti per te! Dio, quanto sono stato stupido!» un calcio gli colpì le gambe, ma Dean non gli permise di cadere per terra, lo colpì con un altro pugno, e poi un altro, e un altro ancora, addome, viso, gambe, qualsiasi parte del suo corpo, era come il suo sacco da boxe, in quel momento. Una scarica di pugni si abbatté sull’ex-angelo, che subiva i suoi colpi senza riuscire a dire nulla, gemeva di dolore e a momenti sarebbe scoppiato in lacrime, perché sì, lo meritava, ma faceva troppo male, il dolore di Dean si rifletteva su di lui. Lo aveva deluso, gli aveva fatto del male e ora… era odiato dalla persona che amava.
«Dean…» riuscì a sussurrare, la voce rotta dai gemiti di dolore e il fiatone. Non appena il cacciatore udì la sua voce, non appena si rese conto del suo scatto d’ira, non appena si rese conto di tutto, in quel preciso momento tutto mutò. Dean mollò la presa dal colletto della camicia di Castiel, e si accasciò sulle sue stesse ginocchia, crollando di fronte a Castiel, che lo fissava senza capire, il volto tumefatto e sanguinante, e le sopracciglia sempre aggrottate.
«Sparisci» disse solamente, e quella sola parola fu come una ventata invernale, gelida e priva di qualunque sentimento «sparisci dalla mia vista, o giuro che ti uccido io, in questo momento» ringhiò stringendo i pugni, stringendoli tanto forte da conficcarsi le unghie nella mano. E Castiel avrebbe davvero voluto morire in quel preciso istante, sprofondare sotto il pavimento e non tornare mai più.
«Dean, ti prego…» sussurrò ancora, cercando di avvicinarsi, ma Dean scosse la testa bloccandolo sul posto. Non voleva vedere come lo avesse ridotto preso dalla rabbia, non voleva sentirsi in colpa per quello. Forse aveva esagerato, forse no, ma era stato ingannato, usato e… si sentiva distrutto, si sentiva malissimo, non aveva mai provato un vuoto così intenso e così doloroso in vita sua.
«Va via, Castiel, non voglio vederti mai più» disse con la voce rotta dalla rabbia «incontrarti è stato l’errore peggiore che potessi fare» parole taglienti, parole che non avrebbe mai voluto dire, cariche di rabbia e delusione, non pensate davvero «io ti odio, sparisci dalla mia vista, figlio di puttana!» urlò infine, e allora Castiel raccolse le ultime energie rimastegli, carico dei dolori fisici e mentali, carico del dolore di Dean e della sua delusione nei suoi confronti, carico di spiacevoli sentimenti, arrancò verso la porta dell’officina, trovando lì sulla soglia Sam, il quale, arrivato non sapeva quando, lo fissava con il medesimo sguardo del fratello, deluso, ferito, arrabbiato. Non poteva biasimare nemmeno lui, era stato davvero uno sporco egoista, si era comportato male, peggio di quanto avrebbe mai immaginato. Castiel non si fermò a parlare, non diede nessuna spiegazione, semplicemente lo superò e con le poche forze che aveva corse via, lasciandosi indietro i Winchester, la sua vita da umano, l’amore, la felicità, una famiglia, ogni cosa. Lasciava tutto alle sue spalle, andando incontro al suo destino, quello che aveva tanto voluto perché lui aveva voluto il libero arbitrio, e aveva voluto essere un umano.
Alla fine, non aveva ottenuto niente, solo odio.
Corse via, nonostante provasse dolore, nonostante non si reggesse in piedi, nonostante volesse solamente tornare dai Winchester e chiedere loro scusa, cercare di rimediare e dire loro addio nel modo migliore, invece stava correndo  lontano da tutto e da tutti, perché era vero, non meritava tutto ciò che Dean gli aveva offerto in quei due mesi, non meritava l’amicizia di Sam, e non meritava nemmeno l’approvazione di Bobby che aveva avuto. Non meritava nulla.
Non sapeva però, che alle sue spalle, Sam non fosse entrato nell’officina, e che lo stesse seguendo, e che Dean, rimasto solo, ancora per terra, avesse preso il proprio volto tra le mani e avesse iniziato silenziosamente a piangere, provato e travolto dai sentimenti. Deluso da se stesso e da tutto ciò che stava provando, perché Dean Winchester non si riduceva in quel modo, non lasciava che qualcuno penetrasse in lui così tanto da distruggerlo, non permetteva ai sentimenti di trafiggerlo.
Lo sapeva, avrebbe dovuto solo badare a Sam, non immischiarsi in cose più grandi di lui, non avrebbe mai dovuto lasciare che Castiel facesse parte della sua vita, e no, non avrebbe nemmeno dovuto baciarlo, né provare sentimenti forti e penetranti per lui. Doveva negare, avrebbe dovuto reprimere il desiderio fisico, così da zittire anche il sentimento crescente, doveva celarlo, e non cedere a quello.
Ebbene, aveva fatto l’esatto opposto, perché:
Dean Winchester non aveva mai pianto, non aveva mai permesso a qualcuno di distruggerlo in quel modo;
Dean Winchester non si era mai innamorato, non aveva mai permesso a nessuno di penetrare nel suo cuore;
Dean Winchester stava piangendo – e quelle erano le lacrime più amare, piene di risentimento e di dolore che avesse mai versato - perché la persona di cui si era innamorato lo aveva riempito di menzogne e lo aveva usato.
Dean Winchester stava sfogando il suo dolore per amore con delle lacrime.
 
Sam intanto aveva raggiunto Castiel e lo aveva bloccato per un braccio. Non aveva mai visto Dean in quello stato, ma non aveva ascoltato tutta la discussione tra lui e l’amico comune, il quale non sembrava affatto stare bene. Era chiaro che avessero litigato, il motivo però non lo capiva. Era arrivato poco prima che Dean iniziasse a picchiarlo pesantemente, ma non era intervenuto, perché… beh, nessun sano di mente, nemmeno il suo stesso fratello, si sarebbe mai messo contro Dean Winchester arrabbiato nero. Aveva captato qualcosa come «ti sei approfittato di me, di mio fratello e anche di Bobby, ti sei approfittato dei miei sentimenti per te! Dio, quanto sono stato stupido!» poi aveva visto Dean fermarsi, crollare per terra, e a quel punto sarebbe voluto entrare per sorreggerlo e aiutarlo, ma Dean aveva bisogno dei suoi spazi, sapeva che intervenendo avrebbe solo peggiorato la situazione. Non poteva non essere arrabbiato anche lui con Castiel, che aveva ridotto suo fratello in quel modo, ma aveva bisogno di una spiegazione, aveva bisogno di sapere perché si fosse approfittato di loro, cosa ci aveva guadagnato?
Aveva creduto seriamente di vedere amore sincero negli occhi di Castiel? Ma no, non era naturale che una persona mentisse così bene, doveva esserci altro sotto. Non era riuscito a trattenersi dal guardarlo male, quando lo aveva visto uscire dall’officina, ma non era riuscito nemmeno a trattenersi dal seguirlo, correndogli dietro, cercando di fermarlo, perché doveva dargli una spiegazione, era suo dovere fornirgliela. Non accettava che qualcuno fosse entrato in quel modo nelle loro vite, che le avesse sconvolte e poi… cosa? Perché si era approfittato di loro, come diceva Dean? Cosa era successo?
Sam non lo sapeva, brancolava nel buio, ma aveva diritto di avere una risposta, Castiel non poteva sganciare la bomba e farla esplodere nei confronti del fratello, ma lasciarla inesplosa per lui, in fondo… erano stati amici, no? Si erano parlati, lo aveva aiutato a conquistare suo fratello, lo aveva spinto a gettarsi tra le sue braccia, e poi? Per cosa? Vedere Dean nuovamente distrutto?
Si sentiva un idiota solo ad aver spinto suo fratello a dichiararsi e a trattarlo bene.
«Castiel!» esclamò Sam, guardandolo con astio «cosa è successo tra te e Dean? Perché ti ha picchiato? Cosa gli hai fatto?» chiese così velocemente, che Castiel credette di aver perso almeno un paio delle domande incalzanti e pungenti di Sam.
«Gli ho detto la verità» arrancò, cercando un appoggio contro un palo della luce. Le botte di Dean si facevano sentire ed era tutto un dolore, tanto da non riuscire a reggersi in piedi. Come aveva fatto a credere di poter scappare ed andare via in quelle condizioni?
«Quale verità?»
«Che sono un angelo, o meglio lo ero».
Sam spalancò gli occhi, cosa? Non poteva crederci, non… cioè, era a conoscenza dell’esistenza del paradiso, o almeno credeva in esso, ma che Castiel fosse un angelo, un vero angelo… beh, non l’avrebbe mai detto. Come era stato possibile ciò?
«Sediamoci sul marciapiede, e spiegami tutto» gli disse pacato, cercando di mantenere la calma. A differenza di Dean, voleva approfondire la cosa, prima di pestarlo a sangue. Era un difetto di Dean, però, colpire prima di chiedere. Castiel eseguì, sedendosi sul marciapiede di quella strada isolata di campagna, mentre Sam prendeva posto accanto a lui.
E iniziò dal principio. Raccontò di quando aveva osservato la terra nascere, insieme ai suoi abitanti, dell’Eden, della caduta di Lucifer e conseguente cacciata dall’Eden di Adamo ed Eva, passò quindi a tutti gli angeli, che osservavano la terra dall’alto, senza potervi mai accedere, raccontò di quando era sceso per la prima volta, invisibile a tutti, di ciò che aveva visto, di come ammirasse la dedizione degli umani in qualcosa, gli raccontò delle guerre in paradiso, durante l’assenza di Dio, gli raccontò della sua amicizia con Gabriel, uno degli arcangeli e dei suoi screzi con altri due arcangeli, Michael e Raphael, gli raccontò della sua guarnigione, e della sua piccola ribellione compiuta durante le sue discese sulla terra, gli raccontò persino di come avesse rimediato il suo amato trench. Poi arrivò la parte più complicata. Iniziò a raccontare di quando aveva visto i cacciatori del paranormale, e di come avesse iniziato ad ammirare la loro famiglia. Gli confessò di averli osservati durante la crescita, e di non averli mai persi di vista. Gli raccontò della prima volta che aveva salvato Dean, che non avrebbe potuto fare altrimenti, perché altrimenti il cacciatore sarebbe morto e allora si era mostrato; gli raccontò di quanto avesse rischiato quel giorno con quel gesto, solo per potarlo in salvo, poi gli raccontò del giorno in cui la sua volontà di diventare umano, era giunta alle orecchie di Metatron, che si era presentato a lui, e aveva proposto l’accordo. Spiegò a Sam il dolore provato durante l’estrazione della sua grazia, del dolore provato alla perdita delle sue ali, e che il suo pessimo equilibrio dipendesse dall’assenza di quelle; mentre raccontava qualche lacrima scappò via dai suoi occhi, gli spiegò anche quale fosse stata la posta in gioco, e il prezzo da pagare.
«Mi dispiace, davvero» disse dopo un po’, dopo avergli raccontato del sentimento che provava verso Dean, che credeva potesse salvarlo da morte certa «non avevo intenzione di… usarvi. Io vi ho sempre ammirato, amo il rapporto che avete tu e Dean, lui farebbe di tutto per proteggerti, e tu faresti tutto per proteggere lui» disse con un sorriso amaro sul volto «sono stato un egoista, un figlio di puttana, come direbbe Dean, vi ho mentito, lo so» una lacrima rigò la sua guancia, ma lui non fece nulla per stopparla «non ho scusanti, non ho… giustificazioni. Vi… adoro, davvero. Voglio bene a te, Sam, e amo Dean, il mio amore per lui è sincero» sospirò, guardando di fronte a sé «ma non ti biasimo se anche tu vorrai colpirmi, me lo merito».
Sam lo osservò, senza dire ancora nulla. Stava cercando di elaborare tutto. In fondo, Castiel non aveva mai avuto fini negativi o dannosi per loro, si era solo… legato alla loro famiglia? Era un po’ come il loro angelo custode, alla fine. Solo che… un po’ si sentiva ferito, Castiel aveva mentito praticamente ogni giorno, fingendo di essere un umano, inventando una storia assurda sulla sua vita, ma probabilmente, anzi sicuramente, se avesse detto di essere un angelo divenuto uomo per passare del tempo tra gli umani e per vivere una vita umana semplice, Sam non avrebbe esitato ad ucciderlo, non avrebbe esitato nemmeno un attimo, in quel momento, però, non ne era poi così sicuro.
Si era affezionato anche lui a Castiel, e dopo due mesi, l’ipotesi di ucciderlo, o non averlo più nella propria vita, non era contemplata.
«Probabilmente ti avremmo ucciso, se avessimo saputo che eri un angelo».
«Puoi farlo anche ora, Sam, penso che sarebbe meglio di diventare demone» Sam scosse la testa, non voleva perderlo, nonostante avesse mentito, li aveva sempre aiutati, e supportati. Si era reso utile, e aveva aperto gli occhi a Dean sull’amore. Almeno lui, Sam, doveva mettere da parte il rancore e cercare di aiutare Castiel, non sapeva cosa volesse il fratello, ma lui non voleva affatto trovarsi un Castiel demone davanti e doverlo uccidere.  
«Non lo farò. Noi ti aiuteremo, Cas» disse Sam, cercando di convincersi che fosse la cosa giusta  da fare «vedrai, tra qualche giorno a Dean sarà passata, vi chiarirete e…»
«Non ho qualche giorno, Sam» lo interruppe bruscamente, fermando il mare di parole inutili che fuoriuscivano dalla sua bocca.
«Cosa…?»
«Mi restano meno di quarantotto ore».
Sam spalancò gli occhi. Non avrebbe mai convinto Dean in meno di due giorni, come potevano risolvere una situazione così complicata in così poco tempo? Doveva davvero arrendersi all’evidenza? Doveva lasciare che Castiel morisse da solo? Senza nemmeno ottenere il perdono di Dean? Cosa doveva fare? Era Dean quello pratico in situazioni difficili, non lui, ma doveva farcela.
Avrebbe fatto qualcosa, avrebbe salvato lui la famiglia. Perché sì, Castiel faceva ancora parte della famiglia, sebbene avesse mentito, non aveva mai fatto del male ai Winchester o a Bobby, anzi, più di una volta aveva salvato Dean da morte certa, anche da angelo a quanto sembrava, e di certo, una persona così, non poteva avere fini crudeli o meschini. Aveva solo fatto la scelta sbagliata di non rivelare la sua vera natura – una natura sovrannaturale – a dei cacciatori del paranormale. Aveva avuto paura, e non poteva affatto biasimarlo per quella scelta, e Dean avrebbe capito, con le buone o con le cattive. Non potevano lasciare che Castiel morisse, no.
«Iniziamo a tornare a casa, devo medicarti» disse Sam alzandosi da terra «mio fratello picchia davvero forte» borbottò appena, porgendogli la mano per aiutarlo a tirarsi su.
«Sì, molto forte, direi» confermò notando la mano del cacciatore protesa verso di lui «ma io…» Castiel titubante, si torturò le mani, mentre Sam sorrideva un po’ meno rancoroso, lo aiutava ad alzarsi dal marciapiede, e a camminare di nuovo verso la rimessa di Bobby. Il cacciatore si ripeté che dovesse studiare un piano alla svelta, più velocemente di quanto non avesse mai fatto prima.
«Tu niente, sei ferito e hai bisogno di cure» disse ammonendolo «cerca solo di evitare Dean per ora».
«Sarà difficile, ma lo farò. Grazie, Sam» disse in un mormorio pieno di gratitudine, senza riuscire però a guardarlo in faccia. Come poteva ancora volerlo aiutare? Perché non lo scacciava come faceva Dean? Perché Sam era così maledettamente buono?
«Per la famiglia si fa tutto» rispose il più alto, sorprendendo Castiel che non riuscì a trattenere un sorriso nel vedere il minore dei Winchester aiutarlo, nonostante tutto, e considerarlo ancora parte della famiglia.
Non era un privilegio che meritava, anzi, credeva che Sam avesse reagito nel medesimo modo di Dean, per lo spirito di protezione che avevano l’un l’altro, ma ancora una volta, uno dei due Winchester lo aveva stupito. 

To be continued...


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Salve di nuovo a tutti!
Eccoci di nuovo qui, con l'attesissima parte della confessione di Cas a Dean, e l'ovvia reazione di Dean.
Ora, Cas ha meno di 48 ore, prima che il suo tempo da umano scada, e avremo una simpatica guest star verso la fine del prossimo, riuscite ad indovinare chi sia? eheh. Lo vedrete. 
Niente, Dean si incazza come non so cosa, ma poi cede e piange tutte le sue lacrime, mentre un Castiel non proprio conciato bene viene seguito da un Sam incazzato e preoccupato, ma Sammy è buono e capisce il punto di vista di Cas.
Riuscirà il nostro Winchester piccolo a convincere il maggiore a perdonare Cas, e trovare il modo di salvarlo in quel brevissimo tempo rimasto al nostro angelo preferito?  Lo vedremo. 

Come al solito vi ringrazio e vi do appuntamento al prossimo, nonchè più lungo, capitolo dell'intera fanfiction. See you soon! 

P.s oggi è un  mese esatto da quando ho pubblicato il primo capitolo, AW. 

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Capitolo 9
*** Parte IX ***


Desclaimer: Nessun dei personaggi mi appartene, ed è una cosa brutta e ingiusta. Tutto ciò che è qui scritto, non lo è per fini di lucro, l'unica cosa che ci guadagno è la soddisfazione personale.

Crediti: A Lu! Come sempre, per il banner e la pazienza che ha nel sopportarmi.


 

 
L’orologio ticchettava, segnando incessantemente lo scorrere del tempo, dei secondi, dei minuti delle ore, e Castiel era divorato dall’ansia. Non credeva di dover passare i suoi ultimi momenti sulla terra in quello stato: solo, triste, senza una minima speranza. Sam era con Dean, gli stava parlando probabilmente, ma sarebbe servito a ben poco, il maggiore era fin troppo orgoglioso, e non avrebbe mai perdonato Castiel, non immediatamente almeno. Fissava quell’orologio attaccato alla parete di fronte al letto, ed era dannatamente inquietate, la lancetta produceva un fastidioso ticchettio che scandiva il tempo, e quindi secondi che mancavano alla sua vita, ogni volta che la lancetta lunga, quella dei minuti, avanzava di un posto, ad ogni giro compiuto dalla lancetta dei secondi, sentiva la sua vita scorrere via dalle sue mani, come se non potesse più controllare nulla. Non sapeva come sarebbe morto, sarebbe arrivato quel demone, che gli aveva parlato qualche settimana prima? Sarebbe arrivato Lucifer in persona? O Metatron? O peggio, uno degli arcangeli?
Non lo sapeva, ma più passava il tempo, più aveva paura, e più voleva Dean al suo fianco, non per farsi salvare - sentiva l’odio per il cacciatore nei propri confronti fin troppo bene, anche se non erano insieme - ma solo per compagnia, per morire accanto alla persona da lui amata. Non era una richiesta immensa, in fin dei conti, no?
Sperava di poter conservare i ricordi positivi, affinché gli orrori, che avrebbe vissuto all’inferno, potessero essere alleviati. Niente sembrava dargli pace, però. Era trascorsa un’ora da quando Sam era andato via, e ancora non era tornato, quindi stava ancora parlando con Dean? Era stato terribile vederlo in quello stato, così furioso, e terrificante. I suoi occhi, prima limpidi, carichi di affetto e riconoscenza, dopo erano scuri, carichi di odio e disprezzo, Castiel non si era mai sentito più triste. Sapeva che non sarebbe finita esattamente come sperava (una bella vita da umano, con qualcuno che lo amasse), e non si aspettava nemmeno una reazione positiva da parte di Dean, ma era rimasto spiazzato e senza parole a quella reazione così violenta. Cosa avrebbe dovuto dire? Mille scuse non sarebbero bastate, e lo capì quando Sam rientrò nella stanza, scuotendo la testa. Il minore dei Winchester gli spiegò di aver parlato con il fratello, di aver provato a farlo ragionare, di avergli spiegato ogni cosa, e di essersi guadagnato un vaffanculo e quasi un pugno in faccia.
«Ma non ti lascio solo, Cas» lo aveva rassicurato, sedendosi accanto a lui «per quello che vale, resterò io accanto a te».
Castiel si era sciolto in un sorriso meno tirato di quanto lo fossero stati quelli precedenti, non credeva che Sam potesse mettersi così a sua disposizione, non credeva che potesse dirgli che gli sarebbe rimasto accanto, nonostante avesse deluso sia lui che il maggiore. Non aveva parole, era di nuovo senza un modo adeguato per ribattere. I Winchester avevano questo potere, a quanto pareva.
«Sei gentile, Sam, davvero… ma Dean…» cercò di dire, balbettando parole sconnesse tra di loro, non voleva che i Winchester si separassero per colpa sua, non voleva che Sam scegliesse lui al fratello, non voleva che Dean restasse completamente solo.
«Dean è mio fratello, litighiamo sempre» lo rassicurò, scuotendo la testa «non devi preoccuparti, preoccupati piuttosto di come… insomma… lo sai» balbettò incapace di rassicurarlo. Era una realtà dura da accettare, avrebbero perso Castiel per sempre, e probabilmente sarebbe diventato uno dei loro più acerrimi nemici: sarebbe diventato un demone, uno stupido e viscido demone.
«Vorrei… vorrei salutarlo» disse semplicemente, ma Sam scosse la testa, con un’espressione triste e rammaricata, Dean era stupido.
«Non c’è, è uscito, ha detto…» sospirò, non voleva dare un’ulteriore botta a Castiel, ma non poteva fare altrimenti «non tornerà presto, almeno non per ora» gli spiegò cercando di usare le parole in modo che l’ex-angelo potesse assorbirle nel modo migliore, ma nulla sembrava essere al proprio posto, non in quel momento, non quando tutto stava cadendo rovinosamente sulle spalle di Castiel, senza che egli se ne accorgesse, ne avesse almeno un avvertimento. In fondo, voleva solo salutarlo, niente di più, ma per i suoi peccati e le sue bugie era questo il prezzo da pagare. Nessuno gli aveva mai detto che sarebbe stato così difficile e doloroso, se ne accorgeva solamente in quel momento, quando stava per morire, e non avrebbe voluto altri che Dean, che ancora rancoroso nei suoi confronti era scappato, come suo solito. Dean scappava sempre davanti alle difficoltà, davanti a ciò che non andava secondo il suo modus pensandi. Doveva arrendersi all’evenienza e accettare il fatto di non avere altri che Sam, durante la sua morte.
«Non importa» si ritrovò a rispondere, cercando di mettere meno emozioni che poteva nella voce, che però uscì dalle sue labbra rotta, spezzata dal dolore che provava, spezzata dal pianto imminente che lo attendeva.
«Cas, posso… se vuoi, sfogati, io sono qui» gli aveva detto Sam, e lui non aveva retto, aveva portato le mani contro il proprio viso, ed era scoppiato in lacrime, come un perfetto idiota, aveva iniziato a piangere, a singhiozzare, lasciando scorrere via tutto il dolore che provava, aprendosi a quelle spiacevoli sensazioni che provava da quando Dean gli aveva urlato contro, e poi lo aveva picchiato. Piangeva senza poter fare nulla per fermarlo, schiavo di quelle sensazioni, di quei forti dolori che provava. La sua imminente morte era segnata da quell’orologio che continuava a ticchettare incessantemente, che continuava a ricordargli ehi, ti rimane poco tempo da vivere, e lo vivrai senza Dean. E lui non riusciva a far altro che lasciarsi trascinare da queste spiacevoli emozioni, crogiolarsi in esse e singhiozzare come un bambino piccolo.
Sam, in difficoltà, lo abbracciò, cercando di consolarlo. Non aveva mai visto Castiel in quello stato, e non lo aveva mai visto così abbattuto. Dean era uno stupido a non capire, eppure sapeva quanto anche suo fratello soffrisse.
Il suo cuore era scisso in due – il bene di Dean o il bene di Castiel? – ma non poteva far altro, in quel momento, che consolare l’ex-angelo prossimo alla morte, e poi… beh, avrebbe consolato suo fratello dalla sua perdita e dai sensi di colpa, e poi sarebbero tornati alla loro vita, o almeno sperava andasse così. Nella sua vita, niente era come sembrava, purtroppo.
 
Dean era scappato, non riusciva a credere che Castiel gli avesse mentito, e cosa ancor peggiore, che Sam, suo fratello, colui che da bambino aveva accudito, e protetto dai pericoli del paranormale per tutta la vita, fosse dalla parte del traditore. Non poteva pensare di essere stato doppiamente tradito, sia dal fratello che dall’… amore? Doveva smetterla di pensare a Castiel come “l’amore della sua vita” era patetico, non poteva ridursi in quel modo, non per uno stupido… angelo?
Dannazione, era davvero un angelo? Figuratamente lo aveva pensato, insomma, chi non avrebbe definito la bellezza di Castiel angelica? Ma… che fosse un angelo, un angelo vero con le ali e poteri strani, non lo aveva mai messo in conto. Ed era diventato umano per cosa? E perché lo aveva ingannato in quel modo?
Aveva davvero creduto che qualcuno potesse amarlo incondizionatamente come credeva facesse Castiel? Perché non riusciva a capacitarsene? Era sempre stato bravo a mascherare i suoi sentimenti, a sembrare il solito duro senza cuore, il ragazzo che aveva chiuso il proprio cuore al mondo, colui che scopava con tutte le ragazze facili, lui il donnaiolo vittima di un angelo, che a poco a poco gli aveva conquistato il cuore, senza che se ne accorgesse. E gli era entrato così dentro, da farlo sentire uno stupido, perché dannazione aveva pianto per lui, e aveva provato qualcosa di così forte da sentirsi uno stupido solo pensando di averlo provato. Quando gli aveva dichiarato tutta quella verità, rimarcando sul fatto che senza di lui sarebbe morto in poco tempo, senza il suo amore, si era sentito preso in giro, perché lo aveva ingannato? Perché gli aveva mentito?
Io mi fidavo di te, Castiel, perché lo hai fatto?
Si era trattenuto dal piangere davanti a lui e aveva scaricato tutta la sua rabbia su di lui, picchiandolo, colpendolo con quanta forza aveva; peccato che in quel momento, non ne avesse a sufficienza.
Certo, lo aveva conciato male, ma non tanto male quanto avrebbe voluto. In quel momento si era sentito così furioso, umiliato e ingannato che avrebbe voluto trovare la forza in sé per uccidere lui stesso Castiel, ma non l’aveva trovata, forse preso dai sentimenti che provava verso di lui. Era riuscito a resistere fino a quando lui era andato via, fino a che non era sparito, e a quel punto era scoppiato in lacrime, la frustrazione, il dolore, la tristezza e l’umiliazione lo avevano coinvolto, travolto e aveva pianto, lui che non aveva mai pianto in vita sua per qualcuno che non fosse suo fratello. Era riuscito a trascinarsi in camera sua, e a restare lì a contemplare il soffitto per ore, forse addirittura un giorno intero, pensando a cosa ne sarebbe stato di lui.
Poi Sam era arrivato, forse era sera quando era arrivato, aveva sperato in un supporto da parte sua, tant’era a pezzi, ma il minore aveva iniziato a raccontargli di aver parlato con Castiel, di essersi fatto spiegare ogni cosa, e il motivo per cui l’avesse fatto, ma a Dean tutto quello non importava, importava solamente che gli avesse mentito. Gli aveva detto del rischio che Castiel correva, gli aveva raccontato del motivo perché avesse fatto quella scelta, ma Dean non voleva ascoltare, per una sola volta voleva solo essere consolato, perché stava così male che da solo non avrebbe superato niente, ma no, la sua maledetta vita da cacciatore doveva mettersi anche contro di lui, ancora una volta, e il suo stesso fratello gli si rivoltava contro, rendendolo per la millesima volta solo.
Era sempre stato solo, ma – porca puttana, Sam, io ti sono stato vicino quando stavi male per qualcosa, perché tu devi difendere il traditore? – perché anche suo fratello doveva renderlo tale? Forse era tutto un brutto gioco del suo destino, o il karma, non lo sapeva, ma tutto ciò che lo circondava era contro di lui, niente andava mai bene, allora perché perdere tempo con i sentimenti? Non ne valeva la pena. Era stato ferito fin troppe volte, e non poteva sopportare altre delusioni, non in quel momento, per questo aveva snobbato suo fratello, uscendo dalla camera e poi dalla casa, era saltato sull’Impala ed era corso via velocemente. E ora, mentre guidava superando i cento chilometri/orari non riusciva a far altro che auto-commiserarsi e rendersi ancora più ridicolo, cercando di… fare cosa esattamente? Distrarsi o cosa?
Voleva solo dimenticare, guidare e dimenticare tutto quel dolore e quelle sensazioni così sgradevoli, forse conosceva anche il modo, ma necessitava di allontanarsi da quel luogo almeno di quattro stati. Non sopportava più nulla.
Guidò con i finestrini abbassati del tutto, il vento che gli toccava il volto e gli spettinava i capelli, la musica – rigorosamente rock – a tutto volume, cercando di non pensare a nulla, di evitare qualsiasi pensiero riguardante la situazione che si era lasciato alle spalle. Guidò fino a che non sentì di essere troppo stanco per continuare a guidare, e allora fermò l’auto fuori al primo bar disponibile della città in cui era giunto, città della quale ignorava il nome. Non aveva notato il luogo dove fosse, aveva solo guidato in linea retta, svoltando solamente quando obbligato, e non sapeva minimamente dove si trovasse. Non importava in quel momento, l’unica cosa che voleva era entrare in un bar e dimenticare tutto, bere fino a dimenticare il suo nome, e magari distrarsi con una ragazza, pur sapendo che qualsiasi cosa avesse fatto con una di loro, la sua mente sarebbe volata sempre al moro dagli occhi azzurri, l’angelo che si era lasciato alle spalle. Non avrebbe voluto, ma non poteva di certo controllare i suoi pensieri, no?
Scese dall’auto, sbattendo la portiera, e dopo aver chiuso l’auto, entrò in una bettola del tutto inospitale. Era un piccolo bar di periferia, le porte erano cadenti, le finestre sembravano chiuse da anni, e l’insegna fuori era sbiadita, illeggibile, non era il massimo, ma in quel momento andava più che bene, nonostante una volta entrato la puzza di alcol e vomito penetrò nelle sue narici, disgustandolo, non si perse d’animo e raggiunse il bancone di legno, cadente anch’esso.
Si sedette su uno sgabello – che scricchiolò non appena il suo sedere lo toccò – e ordinò immediatamente qualcosa di forte.
Fantastico, sono così disperato da andare in un luogo così schifoso. – pensò, scuotendo la testa. Come aveva fatto a ridursi così? Ad essere così patetico? Si rifugiava in un bar cadente e puzzolente, dopo aver guidato per chilometri interi, e tante ore, senza mai fermarsi per allontanarsi dalla delusione e dallo schifo che sentiva circondarlo. Dean non sapeva cosa gli prendesse né riusciva a spiegare il suo stato d’animo, era talmente deluso e amareggiato, a pezzi, da non riuscire a capire cosa esattamente dovesse fare in quel momento. Si limitò a trangugiare avidamente il primo, poi il secondo, il terzo, il quarto drink senza accorgersene, e ben presto divennero dieci, poi quindici, fino a che non perse il conto e non sentì la testa leggera.
Voleva solo dimenticare, beveva per dimenticare. Non era facile per lui perdere il controllo, abituato a bere dosi massicce di alcol, ma voleva farlo, voleva per una volta lasciar andare i pensieri, e dimenticare, anche solo per una sera, anche solo per una notte, anche solo per un’ora, ma voleva dimenticare.
Sebbene tutto fosse successo solo poche ore prima, Dean non riusciva a capacitarsi di quanto effettivamente quell’ennesima delusione gli avesse fatto tanto male.
Perché sì, forse sono davvero innamorato di quel figlio di puttana, ma lui mi ha solo usato per pararsi il culo, allora io bevo per dimenticarlo! Cazzo, sono diventato patetico. Dean Winchester è un patetico ragazzo che beve per dimenticare chi ama, sono un cazzone, una ragazzina di tredici anni con la sua prima cotta. Cretino, coglione. – si insultò mentalmente da solo, mentre scolava quello che doveva essere il ventesimo o trentesimo bicchiere di qualche sostanza alcolica sconosciuta. Il suo fegato un giorno lo avrebbe mandato a quel paese, avrebbe beccato una cirrosi epatica, e sarebbe morto.
Anche i suoi organi erano contro di lui.
Forse erano i fumi dell’alcol a fargli fare ragionamenti così stupidi e contorti, ma non poteva fare altrimenti, era così che si sentiva, e stava male. Non riusciva ad avere altri pensieri, altre priorità, l’unica che aveva, era il prossimo bicchiere da bere, nient’altro.
Sarebbe morto in quel bar, ne era certo, ormai era completamente ubriaco.
 
Castiel sospirò per l’ennesima volta. Le ore avevano iniziato a scorrere con troppa velocità, e ormai aveva totalmente rinunciato a contarle. Sam gli aveva proposto di trovare un ultimo caso, per distrarsi, ma lui non voleva cacciare senza Dean. Era preoccupato per lui, non era rientrato la notte precedente, e ormai era nuovamente buio. Il suo ultimo giorno, la sua ultima notte.
L’ultima luna e le ultime stelle che avrebbe guardato da umano. Ricordava perfettamente due mesi prima, quando le aveva viste per la prima volta, ricordava di esserne rimasto affascinato. La luna era così immensa e luminosa, mentre splendeva nel cielo. Conosceva tutti i nomi di tutte le stelle esistenti, conosceva ogni loro piccola particella, ma non si era mai soffermato a guardarle con gli occhi da umano, come aveva fatto negli ultimi due mesi. Guardava fuori, e sperava che oltre quelle stelle, i suoi fratelli stessero bene, che tutto andasse bene in paradiso, ma da esso era tagliato fuori, ricordava che Metatron avesse marchiato le sue costole con i sigilli enochiani, in modo che non potesse essere rintracciato da qualunque angelo, e a distanza di due mesi, avvertiva ancora gli echi del dolore inflitto al suo corpo, durante la separazione della sua grazia.
Non l’avrebbe più riavuta, sarebbe rimasto un umano e da tale sarebbe morto, si era venduto per un desiderio, e ora ne stava pagando il prezzo. Si sentiva così strano, e così svuotato da tutto. Come avrebbe fatto a resistere? Morire sarebbe stato doloroso come perdere la grazia? No, forse niente era peggiore di quel dolore, magari morire sarebbe stato diverso, magari sarebbe morto nel sonno, e non avrebbe sofferto. Si sarebbe addormentato, per non svegliarsi mai più.
«Castiel!» esclamò Sam irrompendo nella sua stanza, interrompendo i suoi pensieri «non voglio che tu te ne resti qui a deprimerti, non durante la tua ultima notte da umano» gli disse per spronarlo, ma Cas rispose con un gesto negativo del capo.
«Non saprei cosa fare, e non dovresti andare a cercare Dean? Manca da molte ore» il suo tono era troppo sottotono, sebbene Castiel non avesse mai avuto una voce squillante, Sam si accorse che fosse ancora più bassa delle altre volte. Era così cupo, pensieroso, strano «per favore, Sam, lasciami solo».
«Non se ne parla, io non ti lascio qui a marcire da solo nella tua noia. Non crogiolarti nel dolore prima di viverlo» cercò di rincuorarlo, ma come poteva rincuorare un uomo che stava per morire? Sarebbe stato come dire ad una gallina: non preoccuparti, ti spezzo il collo solo per poter mangiare! – e di certo la gallina avrebbe preferito vivere piuttosto che diventare un pranzo o una cena.
«Non so più niente, sento solo questo… questo sentimento che mi toglie il fiato, e vorrei… vorrei solo Dean accanto a me».
Sam gli si avvicinò con cautela, appoggiandogli una mano sulla spalla, cercando davvero di non fargli pesare l’assenza del fratello, ma non poteva competere, non avrebbe mai potuto, Castiel era maledettamente innamorato di Dean, così come quest’ultimo lo era dell’ex-angelo, solo che… era troppo orgoglioso per tornare indietro, mettere da parte e perdonare.
«Mi dispiace, avrei voluto far di più e farlo restare con te».
«Non importa, Sam, non è colpa tua» disse guardandolo «tu sei troppo buono a restare qui con me. Non lo merito».
Sam lo guardò per un attimo, senza capire come mai si comportasse in modo così remissivo, perché non lottava per andare a riprendersi Dean e farsi aiutare da lui? Perché non lottava per salvarsi? Non sopportava l’idea di perdere qualcuno a cui tenesse, senza muovere un muscolo, eppure per Castiel non poteva, perché in lui non c’era la volontà di sopravvivere, forse si era pentito della scelta, forse se fosse tornato indietro, non avrebbe mai scelto di barattare la sua immortalità, la sua grazia, per diventare umano ed unirsi a quel disordine di famiglia che erano i Winchester, insieme a Bobby, ma se non l’avesse fatto, Dean non avrebbe mai aperto gli occhi all’amore, e non avrebbe mai provato qualcosa di tanto forte per qualcuno, da starci male.
«Cas, posso chiederti una cosa?» gli chiese allora, il dubbio lo stava corrodendo, non lo faceva ragionare con il giusto criterio, e no, non poteva accettare che lui morisse, senza togliersi quel dubbio, avrebbe avuto qualcosa con cui consolare Dean, perché era sicuro, al cento per cento, che il fratello, una volta appresa la morte del moro sarebbe impazzito, o peggio, si sarebbe chiuso in se stesso.
«Certo, Sam, tutto» accettò l’angelo, spostando nuovamente lo sguardo sulla finestra, continuando a scrutare il cielo notturno costellato di stelle che si vedevano poco a causa di enormi nuvoloni grigi che ne coprivano una parte, probabilmente presto sarebbe venuto giù un bel diluvio.
«Tu… insomma, ti penti di essere arrivato fino a questo punto?» pose la sua domanda, scrutando il volto del moro, che si distese in un sorriso malinconico e al tempo stesso rilassato. Castiel sospirò, prima di rispondere, cercando di essere il più chiaro possibile.
«No, Sam, non mi pento. Sai… con Dean mi sono sentito più vivo di quanto non mi fossi sentito prima, e beh… con te è stato come avere un fratello a cui poter dire tutto, mi hai consolato e mi hai suggerito come conquistare Dean, a te ho chiesto consigli su come approcciarmi a lui, e tu mi hai insegnato quanto sia bello leggere» il sorriso di Castiel da malinconico divenne riconoscente e i suoi occhi blu si posarono sul cacciatore «no, non mi pentirò mai di tutto questo, e se tornassi indietro lo rifarei, solo… vi direi prima la verità» strinse le spalle, rispondendo alla muta domanda, che avrebbe seguito la prima, di Sam «meglio una vita breve, ma intensa con voi, che una vita lunga e immortale senza di voi» spiegò, malinconico.
«Anche se significasse diventare un demone?»
«Non diventerò demone» rispose convinto, guardandolo con sicurezza «si diventa demoni solo dopo essere stati torturati, e dopo aver torturato altre anime, io non cederò. Sono pur sempre un angelo del Signore, e non mi piegherò al male» l’antica fierezza di un angelo risplendeva nuovamente in lui, e il minore dei Winchester restò quasi ammaliato da quel comportamento del moro. Sam lo guardò con uno sguardo che andava dall’orgoglioso all’ammirato, senza riuscire ad aprire bocca, nonostante stesse per morire, nonostante Dean lo avesse abbandonato ad un destino più che crudele, Castiel era lì e sorrideva, ed era riconoscente ai Winchester per l’affetto a lui dimostrato durante quei mesi, e poi quelle parole sull’essere angelo e non piegarsi al male lo avevano affascinato, doveva riconoscerlo, il loro angioletto aveva parecchia forza d’animo.
«Oh Cas» mormorò, slanciandosi verso di lui e avvolgendo le braccia attorno alle spalle del moro. Lo avvicinò al proprio petto stringendolo forte, Castiel non riuscì a trattenere un sorriso, ma rimase leggermente impassibile. Solo con Dean si era spinto così oltre con il contatto fisico e l’invasione degli spazi personali, e con Dean, beh, non era tutto così… tranquillo. «questo è il momento in cui ricambi l’abbraccio» sussurrò Sam al suo orecchio, divertito dalla reazione dell’altro.
Come avevano fatto a non pensarci prima? Castiel doveva essere per forza un essere sovrumano, nei rapporti umani era impacciato, e ogni cosa che vedeva era una novità, a meno che non fosse cresciuto con i lupi – in stile Mowgli – doveva esserci per forza in lui una natura sovrumana, anche perché la sua educazione era impeccabile, e quindi era impensabile che fosse una sorta di nuovo Mowgli.
Titubante, Castiel ricambiò l’abbraccio di Sam, indeciso in un primo momento se appoggiare le mani sulle sue spalle o sui suoi fianchi, alla fine optò per i fianchi, perché le spalle di Sam erano davvero enormi, per uno mingherlino come lui.
Il cacciatore batté una mano contro la sua spalla, cercando di rassicurarlo ancora una volta, sperando che quello fosse tutto un brutto sogno, e che il giorno dopo Dean fosse stato a casa e Castiel vivo.
«Ti resterò accanto, Cas, so di non essere all’altezza di Dean, ma… voglio farlo, non posso lasciarti solo, sei come un fratello per me» cercò di sorridergli, staccandosi da lui, senza però togliere la mano da sopra la sua spalla. Avrebbe davvero voluto proteggerlo da tutto, ma non era nelle sue capacità, era impotente in quella situazione.
«Grazie Sam» Castiel gli rivolse un sorriso pieno di gratitudine, guardandolo «mi faresti un ultimo favore?»
«Tutto quello che vuoi» accettò il cacciatore, e l’angelo sorrise leggermente, e alzandosi prese dal comodino di legno una piccola busta per le lettere, stringendola tra le dita come un piccolo tesoro, come se quella fosse una sorta di ultime volontà del defunto.
«Consegna questa a Dean» disse avvicinandosi a lui, porgendogliela «per favore».
«Lo farò, Cas».
 
Dean non si rendeva conto di dove fosse, forse era nella sua auto, nei sedili posteriori.
L’ultima cosa che ricordava era una chioma rossa e delle labbra appoggiate sulle sue, i fumi dell’alcol che gli davano alla testa, non favorivano il suo ricordare gli avvenimenti. Probabilmente, accecato dalla rabbia, dal dolore e dalla frustrazione aveva bevuto – sì, perché era ubriaco fradicio – e aveva rimorchiato una giovane e bella ragazza, dai capelli rossi, perché il rosso era l’unico colore che vedeva in quel momento, oltre ad un blu innaturale, bellissimo, angelico. Si trovava nella sua auto, ne era certo, e questa ragazza gli stava attaccata addosso, mentre lui la denudava e la baciava con irruenza, quasi violenza, mentre quegli occhi tanto belli e blu facevano capolino nella sua mente ancora una volta. Perché nonostante fosse ubriaco, ed avesse una ragazza sotto di sé, che voleva essere scopata da lui, non pensava ad altro che a lui? Non era una cosa normale, era da folli. Nemmeno tutto l’alcol del mondo, avrebbe cancellato quegli occhi dai suoi ricordi. Perché in quel momento avrebbe voluto l’angelo lì? Perché non gli andava bene la ragazza?
C’era un ronzio fastidioso nell’auto, ed era più che sicuro che fosse il suo cellulare che squillava.
Perché il suo cellulare squillava così tanto? Chi lo chiamava? Oh, al diavolo.
La giovane afferrò il suo viso e lo baciò con trasporto, e Dean la lasciò fare, perché doveva distrarsi, ma mentre la baciava, pensava a lui, e si eccitava al pensiero di possederlo di nuovo, di averlo con sé in quel momento, ma gli aveva fatto del male, non voleva perdonarlo, non ancora. La giovane gemeva il suo nome, si era accorto solo in quel momento di aver iniziato a scopare con lei, ma non riusciva a provare piacere, era come se fosse inibito da tutto. Cercò di focalizzare il volto di Castiel, le mani di Castiel e i suoi occhi nella sua mente, solo quello riuscì a farlo sentire abbastanza eccitato da farlo muovere con velocità, e venire con un grido soffocato.
«Cas…» ansimò, spostandosi da lei. La sbronza lentamente passava, e lei lo guardava con uno sguardo a dir poco allucinato.
«Cas? Mi hai chiamata Cas?»
«Io beh…» lei gli sfiorò la fronte con le dita, e lui si sentì di nuovo energico, vivo e… non ubriaco? Che diavolo era successo in quel momento? Cosa gli aveva fatto? Oh cielo, che schifo! Ho scopato con una fattucchiera! «che diavolo mi hai fatto?!»
«Non posso sostenere una discussione con un ubriaco e ti ho guarito» affermò lei, guardandolo con lo sguardo a dir poco infuriato, va bene, sta’ calmo, Dean, hai fatto un errore, eri ubriaco. «e sì, sono un angelo, come il tuo Cas».
«Come? Io…oh mio dio, che schifo!» esclamò il giovane Winchester, guardandosi intorno, trovando solo gli sportelli della sua auto a chiuderlo in gabbia. Perché non era rimasto con Cas? Perché aveva fatto lo stupido? E per di più, lo aveva tradito con un altro angelo, un angelo femmina! «perché? Cosa avete voi figli di puttana piumati che venite a sedurmi, eh?!»
«Non credere di essere importante, Winchester, o bello» sputò lei acidamente «il mio compito era tenerti lontano da Castiel mentre un demone probabilmente lo sta torturando e uccidendo, peccato, potevi salvarlo» disse lei con superficialità, guardandolo divertita.
Dean sentì la rabbia invaderlo. Perché si era lasciato fregare? Aveva fatto davvero un casino del genere per il suo maledetto orgoglio? E ora, Castiel… no, non poteva essere morto. Non ancora, non poteva.  
«Perché? Perché a me?! Che ho di tanto speciale? Sono solo un orfano, che caccia i mostri con il padre adottivo e il fratello minore!»
«E’ Castiel che ha scelto voi, mica siamo stati noi a dirglielo, anzi. Lui ha disobbedito, e non è ben visto dagli altri angeli e gli arcangeli, soprattutto Raphael» spiegò lei, mentre il cacciatore si tratteneva dal prenderla a pugni solo perché l’essere donna di quell’angelo glielo impediva «Metatron si sta organizzando per bene, userà la sua grazia come elemento finale del suo incantesimo, caccerà via tutti gli angeli e tornerà in paradiso come vincitore, e io… beh, sono sua complice».
«Non capisco, perché… cosa c’entra la grazia di Castiel?»
«Castiel è solo una pedina nelle mani di Metatron, solo un povero idiota che si è fatto coinvolgere» continuò la sua spiegazione la ragazza, mentre gli occhi di Dean si dilatavano, tanto da far sembrare che da un momento all’altro le sue pupille potessero uscire fuori dagli occhi «comunque, appena Metatron avrà conquistato il paradiso, scatenerà l’Apocalisse e tutte voi scimmie senza peli, morirete» dichiarò lei, quasi solenne «peccato che tu e Castiel non assisterete» terminò, sfoderando la spada angelica – uguale a quella di Cas! – e tentò di colpire Dean, mancando il colpo, affondando nei sedili morbidi, in pelle dell’Impala di Dean, che spalancò gli occhi indignato. Nessuno toccava la sua piccola, nessuno si prendeva gioco di lui, e nessuno ingannava il suo angelo. Non appena la rossa cercò di colpirlo di nuovo, lui le afferrò il polso e con un gesto fulmineo deviò la pugnalata, che si infranse contro lo stomaco della ragazza, che esplose in un mare di luce bianca e pura. Dean ebbe appena il tempo di coprirsi gli occhi, prima di ritrovarsi con la spada angelica nella mano, e l’auto invasa da una luce abbagliante.
Restò qualche secondo intontito. Doveva fare un attimo il punto della situazione, perché… era necessario, si sentiva confuso, e troppe nozioni e novità lo avevano investito in troppo poco tempo, non capiva cosa accadesse. Allora:
Uno. Aveva nominato Castiel durante un orgasmo, e questo avrebbe dovuto fargli capire che fosse realmente innamorato di lui.
Due. Aveva ucciso un angelo, e si compiacque con se stesso per la sua prontezza di riflessi.
Tre. Doveva lavorare di nuovo su quei fantastici interni in pelle per l’Impala, ma ci avrebbe pensato un’altra sera.
Quattro. Doveva disinfettare l’auto, c’erano germi di angelo in essa.
Cinque. Era un idiota, non aveva capito che Castiel fosse sul serio in pericolo e ora rischiava davvero di perderlo
Sei. C’erano almeno dodici ore di viaggio, sarebbe arrivato direttamente la mattina dopo, ma aveva ancora tempo, giusto?
Sette. Doveva sbrigarsi.
Otto. Sam lo aveva chiamato trenta volte in due ore, trenta volte. Trenta.
Velocemente si rivestì e ringraziò la puttana per avergli fatto passare la sbronza solo per poter litigare con lui, e accese il motore della sua bambina, cercando di riprendere un minimo di contegno. Oh al diavolo il contegno, il mio angelo ha bisogno di me!
«Andiamo, baby, raggiungiamo Cas!» esclamò sgommando a tutta velocità.
Perché Castiel doveva stare bene.
Castiel non doveva ancora morire, non era il suo tempo. Non ancora, non poteva morire senza che Dean gli avesse dichiarato tutto ciò che aveva capito di provare, non sarebbe morto senza sapere che a Dean non importava che fosse un angelo, avrebbe potuto essere un mostro qualsiasi, un demone o un mutaforma, avrebbe sempre amato quegli occhi così blu da far sciogliere il ghiacciaio che era il cuore di Dean, non sarebbe morto senza sapere di essere amato, non morirai perché ho bisogno di te.
Perché sì,  Dean Winchester amava Castiel, ora lo sapeva, e avrebbe fatto di tutto per tenerlo con sé, sempre.
Cas, non morire, se muori, giuro che ti raggiungo all’inferno e ti uccido io!
 
Improvvisamente, Castiel avvertì un immenso dolore al petto, c’era come una forza dentro di lui che gli dilaniava le membra, in breve il dolore si estese anche allo stomaco e poi alla testa, fino alle gambe. L’ex-angelo con un urlo si lasciò cadere sul letto, abbattuto da quel male fisico, iniziò a capire che la sua ora fosse arrivata, che a momenti sarebbe morto. Sam era andato a prendere delle birre da bere nell’attesa estenuante, ma Castiel aveva già iniziato a stare male. Si contorceva dal dolore e chiamava il nome di Dean, come a volerlo chiamare accanto a sé, sperando che il cacciatore lo sentisse e facesse terminare quel dolore. Era come un fuoco dirompente, un’esplosione di tossine, sentiva il suo corpo sempre più debole, e i dolori sempre più forti. Dalla sua bocca uscivano solo urla di dolore e in breve Sam, lasciando cadere le birre per terra, che si infransero al suolo con un gran fragore, accorse correndo accanto al letto in cui il moro era caduto. Cercò di aiutarlo a mettersi seduto, cercò di facilitargli la respirazione, ma per Castiel ogni cosa era un’esplosione di dolore, temeva che da un momento all’altro il suo corpo collassasse dall’interno, prima di esplodere in mille pezzi. Il dolore era sempre più acuto, e non riusciva a placarlo. Anche Bobby accorse, subito dopo che Sam ebbe urlato il suo nome, incitandolo a fare in fretta, e a portare bende e acqua fredda. Castiel scottava, era come se avesse avuto la febbre, ma centuplicata. La sua fronte era bollente, e il suo corpo teso fino allo spasmo a causa dei dolori che provava. I due cacciatori, unite le forze, riuscirono a farlo distendere, tenendolo fermo, Sam, allora, iniziò a bagnare la sua fronte con dell’acqua gelida, tentando di abbassargli la temperatura corporea, che faceva solo sì che l’acqua evaporasse dalla pezza bianca appoggiata sulla fronte del moro. Sam non riusciva a ragionare, vedeva un amico, un fratello, in quelle condizioni, ed era impotente, non poteva fare nulla, se non restare accanto all’angelo fino alla fine.
«Dean… Dean… Dean…» sussurrava Castiel tra gli spasmi e i gemiti di dolore, teneva gli occhi chiusi, e il volto contratto in una perenne espressione di dolore, Sam non sapeva cosa fare. Avrebbe voluto chiamare suo fratello, ma… oh al diavolo, Castiel ha bisogno di lui, in questo momento. – pensò, prima di prendere il telefono e digitare il numero del maggiore. Dopo diversi squilli, la linea cadde. Sam non si arrese, tentò di chiamarlo infinite volte, senza ottenere risposta.
Intanto, Castiel stava sempre peggio, anche se la febbre, dopo una serie di impacchi di acqua gelida e ghiaccio, sembrava essere diminuita. Il suo respiro era leggermente più regolare, sembrava che i dolori fossero cessati, e lo pensò fino a quando non vide Castiel tossire sangue, sangue rosso, vivo, sangue umano. Deglutì, decretando che fosse più grave di quanto pensasse. Il cacciatore non sapeva cosa fare, non poteva fare nulla, si limitava a fissare inerme e impotente l’ex-angelo che lentamente agonizzava dicendo addio alla sua breve – ma intensa – vita umana.
Perché Dean era tanto orgoglioso quanto stupido? Perché preferiva rimuginare sul passato e non affrontare la verità?
Dannazione, era davvero un idiota.
Strinse forte la mano di Castiel, cercando di rassicurarlo, senza troppi risultati, perché lo vedeva soffrire e non poteva fare nient’altro che aiutarlo a bere, bagnargli la fronte con dell’acqua fredda e tenergli la mano per rassicurarlo. Sapeva quanto l’angelo preferisse la presenza di Dean, al suo posto, ma Dean era irraggiungibile.
«Sam, fallo smettere» gemette Castiel, aprendo leggermente gli occhi «ti prego, non lo sopporto più…»
«Che cosa, Cas?»
«Il dolore, lo sento, lo sento come quando… quando Metatron ha fatto l’incantesimo come…» fece una pausa, per dare spazio ad un acuto gemito di dolore, dovuto ad una fitta alla schiena «come quando mi sono state tolte le ali…»
Sam non poteva sapere quanto fosse stato doloroso, non avendo termini di paragone, era impossibile poterlo descrivere, ma Castiel gliel’aveva raccontato, e davvero non doveva essere una cosa positiva, da come lo aveva descritto l’ex-angelo, era come perdere una mano o un piede: Sam, tu cosa proveresti se qualcuno ti staccasse pezzo dopo pezzo i piedi? Partendo dalle dita, fino ad ogni centimetro di pelle, per poi finire per strappartelo dalla caviglia? Esatto, dolore. Ed è lo stesso, le ali sono andate via pezzo dopo pezzo, piuma dopo piuma, fino a che… non mi è rimasta la cicatrice della loro presenza e basta. Ricordò una delle conversazioni avute con lui durante quella giornata. Aveva voluto farsi raccontare ogni singola cosa, e poi aveva fatto la domanda sulle ali.
Era stupido quanto suo fratello, a volte.
«Castiel, mi dispiace davvero tanto…» vorrei poter fare qualcosa per te, ma non posso.
«Chiama Dean…» lo supplicò ancora perché dannazione, stava morendo e avrebbe voluto farlo tra le braccia di Dean, non con altri, nonostante Sam gli fosse accanto – e sì, apprezzava davvero lo sforzo del giovane Winchester – avrebbe tanto voluto che al suo posto ci fosse stato Dean, perché… beh, Dean era il suo amore, e non poteva di certo essere sostituito, anche se il sostituto era suo fratello minore. Sam non aveva il coraggio di dire a Castiel che Dean non rispondesse, che probabilmente era in uno squallido bar a rimorchiare qualcuna, semplicemente si limitò ad esaudire il desiderio del moribondo, e tentare ancora, sperando che Dean quella volta decidesse di prendere il cellulare, anche solo per mandarlo al diavolo.
Non costava nulla, no? Ma il telefono gli cadde di mano, quando, voltandosi per chiedere qualcosa a Castiel, davanti a lui apparve un uomo dall’aria elegante, serio. Aveva un sorriso che ricordava un ghigno maligno, barba corta sul volto, capelli scuri. Indossava uno smoking, e forse era quello a conferirgli tutta quell’eleganza che Sam aveva visto in lui. Poi, improvvisamente i suoi occhi mutarono di colori, diventarono rosso cremisi, e allora il cacciatore capì di trovarsi di fronte ad un demone.
Castiel fu colto da un nuovo spasmo, e tossì violentemente sputando ancora sangue. Era forse la presenza di quello a farlo sentire ancora peggio? Cosa non aveva capito di tutta quella storia?
«Ciao ragazzi» esordì con uno strano accento inglese «vedo che ciò che si narra in giro è vero, c’è un angelo caduto» il ghigno divenne un sorriso malefico «sarò felice di portarlo dov’è giusto che stia».
E allora Sam – con riluttanza – capì. Quel demone era stato mandato lì per prelevare Castiel, che in quanto angelo sarebbe finito all’inferno per il patto che aveva stretto con l’altro angelo.
«Chi sei tu?» chiese l’angelo, distrutto dai dolori lancinanti che lo trafiggevano come mille lame appuntite.
«Crowley» si presentò il demone, ghignando malignamente «carino il trucchetto del sangue, vero?» chiese con una nota di scherno nella voce «andiamo, ci divertiremo insieme» fece avvicinandosi al letto in cui era riposto Castiel. Sam sfilò un pugnale dalla cintura dei pantaloni, e si parò davanti all’angelo, cercando di proteggerlo, ma con un solo gesto della mano, il demone lo spinse dall’altro lato della stanza. Il giovane si riprese quasi subito, e partì di nuovo all’attacco, ma quel demone era più potente di lui, e lo inchiodò al muro con un campo di forza invisibile, lasciando tutta la sua attenzione sull’angelo che avrebbe dovuto torturare una volta giunti ai piani bassi, angelo che si ostinava a guardarlo come se fosse superiore, irritandolo.
«Sai meglio di me di dover aspettare che i due mesi siano scaduti del tutto» sussurrò Castiel stremato dai dolori, fino a che il suo respiro fosse uscito dalle sue labbra, avrebbe sperato nel ritorno misericordioso di Dean, la luce della speranza, sebbene fosse piccola, fioca e pallida, splendeva in lui. Sam lo aveva aiutato, nonostante tutto, l’avrebbe fatto anche Dean, no?
«Sai meglio di me che il tuo cacciatore preferito non arriverà» incalzò il demone.
«Vedremo, e non toccare Sam, lui non c’entra nulla» il dolore lo sfiniva, ma un angelo non poteva farsi mettere i piedi in testa da un demone, non sarebbe mai accaduto, nemmeno in quel caso. Sono un angelo del Signore, non mi piegherò al male. – quell’affermazione di Cas volò nella sua mente, rincuorandolo. Si fidava di lui, e sapeva che una volta data la sua parola, lui l’avrebbe rispettata, qualsiasi fossero state le conseguenze.
Il demone acconsentì e liberò Sam dal campo di forza e sparì nel nulla, senza però regalare all’ex-angelo un minimo di sollievo, al contrario, a lui parve che i dolori si intensificarono nel momento in cui il demone sparì. Sarebbe morto tra atroci dolori, senza Dean?
No, lui arriverà, lui arriva sempre.
Dove sei, Dean?
 
Il cuore di Dean batteva troppo velocemente, a causa dell’ansia, della paura e della preoccupazione. Non sapeva come avesse potuto essere tanto stupido, cieco, idiota. Non aveva capito prima cosa stesse accadendo, non si era accorto che l’angelo avesse bisogno di lui, aveva chiuso la mente, aveva chiuso il cuore e anche le orecchie. Non aveva ascoltato le sue richieste d’aiuto, né aveva prestato attenzione a ciò che suo fratello aveva provato a spiegargli, aveva messo un paraocchi e un paraorecchie, ed aveva seguito il suo stupido orgoglio, che lo aveva spinto a rifiutare Castiel, e a tradirlo, facendosi mettere nel sacco da un altro angelo.
Quanto cazzo posso essere stupido?
Sfrecciava con l’auto, superando tutti i limiti di velocità, ignorando le regole della strada, superando qualsiasi auto si trovasse davanti, doveva muoversi, doveva salvarlo.
Solo tu puoi salvarmi, Dean, il tuo amore può farlo. gli aveva detto. E lui lo aveva picchiato, aveva lasciato vincere la rabbia, ma… era deluso, si era sentito tradito, quando aveva capito che fino a quel momento non avesse conosciuto sul serio Castiel, si sentì come tramortito. L’ex-angelo lo aveva preso per i fondelli, ma non era con fini cattivi, così come gli aveva spiegato Sam, o almeno voleva crederci. Perché quello che c’era stato tra lui e Castiel andava oltre un semplice rapporto occasionale, andava oltre tutto ciò che potesse essere concepito dalla mente umana. Il loro rapporto era di quanto più bello e puro esistesse al mondo, Castiel tra le sue braccia diventava un blocco di cera da modellare, ed era dannatamente adorabile, quando arrossiva, quando sorrideva, quando si imbarazzava, quando non sapeva cosa dire. Era tutto così chiaro, adesso, nella sua mente. Voleva Castiel, avrebbe voluto sempre e solo lui, allora perché era andato via? Perché aveva paura di perderlo? Perderlo e non rivedere mai più il suo trench beige, terribilmente fuori moda, i suoi capelli piumosi e scuri, e i suoi occhioni blu? Perderlo e non baciarlo mai più, non sentire più il suo corpo sotto le sue mani?
Perderlo e non potergli dire di amarlo? Come poteva?
Doveva far presto, doveva raggiungere la rimessa di Bobby, al più presto, e salvarlo dal terribile destino che lo attendeva, Cas, il suo Cas, non poteva diventare un demone, non lo avrebbe mai permesso.
Premette il piede sull’acceleratore, continuando a guidare con velocità, mentre superava città dopo città e vedeva paesaggi cambiare sotto i suoi occhi. La sua bambina doveva resistere, e raggiungere quel luogo al più presto. Maledisse se stesso per essere andato così lontano, maledisse se stesso per non aver capito prima di dover restare con lui, maledisse se stesso per non aver risposto prima a Sam. Ormai il minore si era arreso, non chiamava più, poteva essere scatenato da due cause: la prima, che si fosse davvero arreso, capendo che Dean non volesse essere disturbato; la seconda, che il cacciatore tentava di eliminare dalla sua mente, che fosse tardi e Cas fosse... andato. No, no, no, non morire, Castiel, non morire! – eliminò subito la seconda opzione e sperò nella prima.
Doveva essere la prima.
L’orologio segnava le tre del mattino, mentre Dean su strade poco sicure, e poco illuminate correva a tutta velocità nella sua auto, per raggiungere il suo amato angelo e dirgli ciò che per lui provasse, non poteva essere già morto. Dean non lo accettava.
 
Intanto Castiel, parecchi chilometri più in là, combatteva contro il tempo, tra la vita e la morte, aspettando l’ultima speranza, che non arrivava, lasciandolo in una dolorosa agonia priva di qualunque cosa. Il dolore era troppo intenso, non riusciva più a sopportarlo. Si era esteso in tutto il corpo, e ogni singolo movimento, comportava un dolore atroce in ogni angolo del suo corpo, anche in quelli più nascosti. Il suo respiro era sempre più lento, come i battiti del suo cuore, non avrebbe resistito a lungo, sarebbe morto prima, avrebbe fatto una delle peggiori fini esistenti, solo perché aveva desiderato far parte di un mondo che non era il suo, aveva desiderato di essere un uomo, e ora… come un uomo stava morendo tra atroci sofferenze. Male fisico, a causa delle torture infernali che lo tormentavano già dall’ultimo istante della sua vita umana, che all’inferno sarebbero state ben peggiori, e male psicologico, dovuto all’assenza di Dean, che se fosse stato presente avrebbe alleggerito tutto, gli avrebbe stretto la mano, come stava facendo Sam.
Erano le tre di notte, mancavano solo sette ore alla sua morte.
Avrebbe resistito perché sapeva che questo fosse solo un assaggio di tutto ciò che avrebbe vissuto all’inferno.
 
Dean guidava da tre ore. Erano le sei del mattino, ed era solo a metà strada. Aveva sonno, era stanco e gli facevano male i piedi, la testa, gli occhi bruciavano come se in essi ci fossero dei tizzoni ardenti, e le mani formicolavano. Non doveva pensare, doveva guidare, doveva arrivare dal suo Castiel, e dirgli tutto, prima che fosse troppo tardi. Era stanco, vedeva opaco, eppure continuava a guidare con in mente una precisa meta: Casa di Bobby. Doveva raggiungere Castiel, doveva farlo al più presto, non poteva permettere che gli accadesse qualcosa, non in quel modo, non quando lui era stato un completo idiota.
Doveva farcela, doveva restare sveglio. Si fermò una sola volta, in un autogrill, per comprare una decina di bicchieri di caffè, con la scusa di una comitiva di amici in viaggio, e fatto rifornimento anche di benzina, riprese la sua folle corsa verso casa.
Guidò per ore, ed ore ad una velocità improponibile, promettendosi che avrebbe poi riparato tutti i danni causati all’auto a causa di quella folle corsa, ma non importava, l’unica cosa importante era Cas.
Tre ore dopo, erano ormai le nove e mezzo del mattino, il sole era sorto da un pezzo – e sì, aveva ammirato l’alba per un paio di minuti, giusto per poter sgranchire le gambe, perché guidare a quella velocità per la bellezza di dieci ore filate, per tutta la notte, non era esattamente riposante – quando finalmente i suoi occhi si illuminarono alla vista del cartello «Benvenuti a Sioux Falls». Capì di essere vicino, ce l’aveva fatta, era arrivato. Gli ci volle circa mezz’ora per attraversare la cittadina e raggiungere la rimessa del padre adottivo. Fermò l’auto, e si precipitò fuori dalla vettura, quasi inciampando.
Doveva raggiungere Castiel, doveva prenderlo tra le sue braccia e baciarlo, non poteva più aspettare, doveva dirgli che lo amava.
«Cas! Cas, sono qui!» urlò entrando, vedendo un’innaturale silenzio in quella che era la loro casa, corse nella stanza del minore, ma si accorse che fosse vuota. Nessuno lo aveva sentito?
Poi un urlo agghiacciante raggiunse le sue orecchie, e CAS! – pensò immediatamente. Senza badare al tremore delle sue gambe dovuto alla stanchezza, e agli occhi che quasi gli si chiudevano, corse nella stanza che avevano assegnato all’angelo, ritrovandosi davanti suo fratello e Bobby con gli occhi coperti; una luce abbagliante lo costrinse a coprirsi gli occhi, al centro della luce, troneggiava Castiel, che sembrava pervaso dal dolore e dalla sofferenza. Avrebbe voluto raggiungerlo, ma c’era come un campo di energia tra lui e il moro, che gli impediva di andargli vicino.
Poi tutto cessò, e di Castiel non rimase altro che il trench sgualcito. Il cacciatore si lasciò cadere sulle ginocchia, sconfitto.
Erano le dieci del mattino, e Dean Winchester dopo una notte intera passata in auto a guidare come un folle, senza sosta, aveva perso tutto nell’esatto momento in cui aveva varcato quella soglia. Sentì un vuoto dentro, indefinibile.  
«Dean» sussurrò Sam, accorgendosi della sua presenza.
«Ragazzi» lo seguì Bobby, avvicinandosi a lui, e appoggiandogli una mano sulla spalla «mi dispiace tanto».
I due cacciatori decisero di lasciarlo solo per un attimo, Sam gli passò accanto e gli sfiorò la spalla, in un muto gesto d’affetto, dicendogli con quello, che quando avesse voluto, avrebbero condiviso insieme quel dolore. Poi insieme a Bobby abbandonò la stanza, lasciando il maggiore da solo a contemplare il punto in cui Castiel era svanito nel nulla, dopo aver urlato.
Dean restò lì, immobile. Non era arrivato in tempo, aveva fallito, aveva permesso che gli portassero via Cas, aveva permesso che egli morisse, e… non aveva fatto niente, si era ubriacato, e aveva scopato con una donna, che lo aveva trattenuto lontano da Castiel.
Era tutta colpa sua. Non v’erano altri colpevoli.
Gattonò fino al trench sgualcito di Castiel, dopo quelli che parvero secoli, e lo afferrò tra le sue braccia. Lo piegò con cura, e ne accarezzò la stoffa, senza riuscire a pensare a nulla di sensato, senza riuscire a smettere di ripensare a quanto fosse stato stupido, ed egoista. Lo avvicinò al naso e ne inspirò il profumo. Era tutto ciò che di Castiel gli rimaneva.
«Ti amo, figlio di puttana, io ti amo, torna qui, torna qui» sussurrò al trench, come se Castiel tramite esso potesse sentirlo, come se non fosse tutto perduto, per colpa sua «io ti amo, Castiel, l’ho capito, l’ho capito, ti amo, adesso torna da me» non permise a nessuna lacrima di scendere giù dai suoi occhi, ma continuò a stringere il trench del suo angelo smaniosamente, sperando che l’indumento lo riportasse indietro «ti supplico non lasciarmi solo…» ogni parola era una stilettata di dolore dritta al petto, ogni respiro era una pugnalata «ho bisogno di te, torna qui, ho bisogno di te». Le sue suppliche erano vane, inutili, Castiel non sarebbe tornato, e lui aveva perso tutto, per mero egoismo.
Poi la stanchezza prese il sopravvento su di lui, tutte le ore passate sveglio a guidare, insieme al colpo duro appena subito lo colpirono con violenza, spingendolo a chiudere gli occhi ed accasciarsi per terra. Non voleva piangere, e non lo avrebbe fatto, ma una sola lacrima sfuggì al suo controllo, e non appena il suo corpo toccò il pavimento, il sonno e la stanchezza lo avvolsero e si addormentò, o forse svenne, non ne era ben sicuro, ma vide tutto nero, e sentì il pavimento sotto di sé, prima di perdere ogni percezione con la realtà. L’unica cosa certa era il trench di Castiel stretto tra le sue mani.
Aveva fatto un errore, aveva tentato di rimediare, ma era stato inutile, lo aveva perso ed era tutta colpa sua. Se solo non fosse stato così orgoglioso, se solo lo avesse ascoltato, se solo… è colpa mia. Tutta colpa mia. – fu il suo ultimo pensiero, prima di essere avvolto dalle tenebre e lasciarsi trasportare dalla stanchezza. Quel dolore, era troppo anche per uno come lui.
Quando Sam andò a controllare il fratello, lo trovò in quello stato con l’indumento del moro stretto contro il petto, in un gesto disperato di tenerlo con sé. Non poté fare altro che alzare il fratello dal pavimento con non poca fatica, e trascinarlo nella sua stanza, senza però togliergli quel pezzo di stoffa tra le mani. Aveva sentito il fratello dire quelle parole, ammettere di amarlo, e di aver bisogno di lui, lo aveva supplicato di tornare, pregato di non lasciarlo solo, lo aveva sentito bene.
Peccato solo che ormai fosse troppo tardi.
Castiel non sarebbe tornato mai più con loro.

 
To be continued...



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Hello!
Come qualcuno ha immaginato, Castiel è morto. Un minuto di silenzio per lui, e uno di vergogna per Dean che scopa con angeli femmine che vogliono ucciderlo. 
Scrivere la scena het è stato un trauma. Un trauma traumatizzante. 
Ebbene, il nostro Cas è all'inferno, e a prenderlo è stato nientemeno che il nostro amato Crowley. (spargiamo amore per i demoni e odio per gli angeli.) Eeeh, quindi ci siamo immersi nella parte triste della storia.
Il capitolo è il più lungo di tutta la ff, perchè il parallelismo tra ciò che accade a casa di Bobby, e ciò che accade a Dean non poteva essere diviso. Ma c'è una cosa positiva. Dean ha capito di amare Castiel! Un applauso per Dean!
Povero Sam che è stato tutto il tempo a chiamare Dean e consolare Cas, è un piccolo angioletto Sammy. 
La battuta di Sam sull'abbraccio è presa direttamente dalla nona stagione. 
Vi avviso che siccome sono nel pieno degli esami, aggiornerò solo di sabato, perchè è il mio giorno libero lol ma ci stiamo dirigendo verso la fine.
So... spero che la storia continui a piacervi, e continuiate a seguirmi. 
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 10
*** Parte X ***


Desclaimer: I personaggi non mi appartengono, e la cosa è ingiusta. Non scrivo con scopo di lucro, ma per mero diletto, io da tutto ciò non ci guadagno assolutamente nulla, al massimo ci perdo la faccia.

Crediti: A Lu per il magnifico banner, a cui chiedo scusa se ultimamente sono troppo presa da questi due cattivoni.


 

«Dean» lo chiamò Sam, improvvisamente. Era immobile sul letto, con ancora quel trench tra le mani, senza sapere cosa fare. Il minore era preoccupato, perché sì, Dean era uno che tendeva a chiudersi a tutte le emozioni, a non mostrarle e fingersi indifferente, ma quella volta, la situazione sembrava addirittura peggiore delle altre. Non parlava con nessuno, non usciva dalla sua stanza, ed era in quello stato da due giorni, senza aver versato nemmeno una lacrima. Piangere non era segno di debolezza, a volte, come in quel caso, era l’unica cosa in grado di lasciar uscire tutto, di sfogarsi, e poi ritornare ad una vita normale, per quanto l’accezione di normalità valesse per loro, per la loro vita. Eppure, Dean non sembrava del medesimo parere. Sam ricordava ogni reazione di Dean alle morti della loro distrutta, ma unita famiglia, ma nessuna di queste era equiparabile a come stesse ora, dopo aver perso Castiel.
Sembrava non aver voglia di fare nulla.
Rimaneva nella sua stanza, steso sul letto, ed usciva da lì solo per soddisfare bisogni fisiologici, ma non mangiava, né beveva e Sam era seriamente preoccupato. Quello non era Dean, non era suo fratello, non era quello che lo aveva cresciuto, nonostante avessero perso i genitori, non era più la sua spalla, colui sul quale contare. Era un contenitore vuoto.
Doveva aiutarlo, spronarlo, perché così non poteva continuare, come avrebbe fatto quando i demoni fossero arrivati? O se avessero trovato dei casi?
Non poteva restare in quello stato, non poteva vedere suo fratello ridotto in quel modo, non riusciva a sopportarlo, forse perché egoisticamente voleva di nuovo il suo fratellone, quello forte che sapeva ridere di tutte le situazioni, quello che insultava prima di sparare, che lo salvava da qualunque brutta faccenda. Non poteva sopportare che la vita di suo fratello si fosse interrotta nel momento in cui aveva visto Castiel morire, o meglio sparire nel nulla.
Si era ricordato quella mattina che l’angelo gli avesse lasciato un biglietto per Dean, e lui aveva promesso di consegnarlo, forse leggendone il contenuto, Dean avrebbe mostrato un po’ di… vita. Sam non chiedeva molto, voleva almeno vederlo sfogarsi, sarebbe stato meglio vederlo totalmente arrabbiato, piuttosto che apatico com’appariva in quel momento. Si diresse dal fratello, per consegnargli il biglietto ed insieme ad esso aveva portato anche una fetta di torta di mele – la sua preferita – e una birra.
«Dean, per favore» lo chiamò nuovamente, e il maggiore voltò il viso verso il suo guardandolo con quello sguardo vuoto, spento e assente, come se non lo ascoltasse nemmeno «devi mangiare qualcosa» disse avvicinandosi al letto, porgendogli il piatto «per favore, è la tua preferita».
Il maggiore guardò riluttante il piatto, scuotendo  la testa. Non aveva fame, non aveva sete. Non provava più niente, si sentiva totalmente svuotato da qualsiasi cosa, non aveva mai provato qualcosa di simile. Non riusciva nemmeno a parlare, tanto fosse giù di corda. Vedere Castiel morire in quel modo, era stato un colpo troppo forte, anche per il “tutto d’un pezzo” Dean Winchester.
«Almeno parlami» insisté il minore, senza distogliere lo sguardo dal fratello «andiamo Dean! Sei tu quello forte tra noi, non puoi buttarti giù così!» tentò di spronarlo, ma Dean semplicemente non reagì «Dean! Questo non sei tu! Andiamo, riprenditi!»
Dean continuò a scrutare un punto indefinito oltre la finestra, senza fiatare «mio fratello non farebbe così, mio fratello si rimboccherebbe le maniche e tenterebbe di tirare fuori il culo di Castiel da quel buco infernale!»
«Tuo fratello non avrebbe nemmeno permesso che qualcuno morisse per colpa sua, ma ehi! L’ha fatto, e adesso non rompermi le palle» la voce arrochita e bassa di Dean raggiunse le orecchie di Sam, che sbuffò. Detestava quando il maggiore si auto-incolpava di qualcosa, forse un po’ poteva essere colpa sua, ma non poteva fare così, avrebbe dovuto fare qualcosa, perché Dean Winchester avrebbe fatto così, o forse Sam era troppo legato alla figura di suo fratello come una sorta di supereroe, e lo sopravvalutava.
«Smettila di auto-commiserarti, e tiriamolo fuori da quel buco infernale» gli disse ancora, cercando di spronarlo ancora e ancora, senza ottenere grandissimi risultati, dovette arrendersi quando Dean lo guardò in modo truce, prima di tornare a fissare il vuoto davanti a sé «Castiel ti ha lasciato questo, almeno leggilo» terminò arrendendosi e, appoggiando il biglietto sopra al comodino insieme al piatto con la torta e la lattina di birra, voltò le spalle per uscire dalla camera, lasciando il maggiore da solo.
Il cacciatore si tirò a sedere e osservò la lattina, il piatto, fissando poi il foglietto. Cosa ci avrebbe trovato dentro? Insulti? Probabile. Perdono? Improbabile. Amore? Forse. Dean era terrorizzato all’idea di aprirlo e leggerne il contenuto, ma erano le ultime cose che gli aveva detto Castiel, dopo i suoi insulti e il suo odio del loro ultimo incontro.
Con la mano tremante, lo afferrò e lentamente lo scartò. Si rese conto che Castiel avesse una calligrafia davvero bella, ma lo sconforto lo colse di nuovo quando si rese conto di non poterglielo dire. Sospirò, e ne lesse il contenuto, senza però capirne il senso.
«In loving thou dost well, in passion not
Wherein true love consists not: Love refines
The Thoughts, and heart enlarges; hath his seat
In reason, and is judicious».
Erano versi di qualche poesia di cui lui non conosceva il senso? Che diavolo significavano quelle frasi? Perché Castiel doveva essere sempre così enigmatico? Stupido angelo, perché non vuoi mai essere chiaro con me? Ho capito che si parla d’amore, ma non ci capisco un accidenti, dannazione, Castiel. Per quanto si sforzasse di capire cosa volessero dire tutte quelle parole alle quali lui non riusciva a trovare un senso logico, non capiva. Perché Castiel era sempre così enigmatico? Perché lasciargli un biglietto in versi, di difficile comprensione tra l’altro, invece che lasciargli una serie d’insulti per come lo avesse trattato? Perché doveva essere tutto così dannatamente complicato per lui? Certo, parlava d’amore, non era difficile da capire quello, ma tutto il resto… cosa significava? Avrebbe dovuto chiedere a Sam, era lui il genio, l’intellettuale tra i due fratelli. Interrompere il suo silenzio? Chiedere aiuto a Sam? Forse… quello che gli aveva detto un po’ lo aveva scosso. Forse era il caso di parlare con suo fratello, e farsi spiegare quei maledetti versi. Come sempre, Dean Winchester fece esattamente ciò che la sua mente suggeriva di fare in quel momento, e per questo depose il biglietto sul comodino afferrando la torta e la birra, senza però spostare il trench da sopra le sue gambe, senza spostarsi da lì, e senza andare da Sam, in fondo era una cosa stupida. Tuttavia, per quanto potesse pensare che quel biglietto fosse qualcosa di stupido, inutile e… incomprensibile, non poté non far scappare un minuscolo sorriso dalle sue labbra. A modo suo, Castiel riusciva a toccargli il cuore, in tutti i modi possibili ed immaginabili.
 
Dean non riusciva a farsi una ragione di quello che era successo, era accaduto tutto troppo in fretta, davanti a suoi occhi. Non sapeva dove fosse, e si sentiva in colpa, perché se non fosse fuggito, Castiel sarebbe ancora vivo. Era colpa sua, era lui la mela marcia, era lui che permetteva a tutti coloro che gli stavano accanto di fare una fine dolorosa e terribile come quella di Castiel, era stato lui ad ignorarlo nel momento del bisogno, era stato lui a fermarsi alle apparenze, a credere che l’angelo lo avesse solo usato; aveva capito che non gli importava, perché poteva superare il fatto di essere stato ingannato, riflettendoci non era stato poi così azzardato da parte di Castiel temere una reazione negativa da parte di ben tre cacciatori, non gli importava di quello, perché… avere Castiel al suo fianco era stata la migliore delle sue esperienze. Sono diventato una donnicciola innamorata. – pensò il cacciatore, giocando con una manica del trench dell’angelo. Averlo accanto in quei mesi era stata un’esperienza unica, Castiel a modo suo era simpatico, ed era adorabile, e Dean non avrebbe mai potuto vivere senza di lui, semplicemente perché – ora – aveva capito cosa realmente provasse per lui, aveva capito che avrebbe fatto sul serio qualsiasi cosa. Non importavano più le bugie e la sua natura. Lo amava, semplicemente, e avrebbe potuto salvarlo, avrebbe potuto sul serio porre fine alle sue sofferenze, non perderlo, ma no, no. Lui aveva fatto il coglione, aveva messo in pericolo la vita dell’angelo, e ora lui non c’era più. Dannato orgoglio, sono un completo idiota. Castiel era finito all’inferno per colpa sua, Castiel era morto per colpa sua, e non c’era più nulla che lui potesse fare. A meno che…
Improvvisamente, le parole di Sam del giorno prima, ebbero un senso. Mio fratello non farebbe così, mio fratello si rimboccherebbe le maniche e tenterebbe di tirare fuori il culo di Castiel da quel buco! – quella frase rimbombava nella mente del maggiore, che finalmente riusciva a vedere un po’ più chiaramente la situazione. Suo fratello aveva ragione, non era da lui piangersi addosso, lui era il tipo che si dava da fare per rimediare ad un errore, che tentava di salvare anche l’insalvabile, perché doveva essere diverso per Cas? Perché non lo faceva anche per lui? Era un idiota anche per non averlo pensato, per essersi fatto fare una lavata di testa da Sam.
Un’idea assurda e azzardata pervase la sua mente, ma forse aveva un piano per salvare Castiel: contattare gli angeli.
Probabilmente era un’assurdità, probabilmente non gli avrebbero nemmeno risposto, ma lui sapeva cosa aveva in mente quel tale, quel Metatron, sapeva che anche il paradiso – qualora fosse esistito – fosse in pericolo, e scambiare le informazioni in suo possesso con la vita di Castiel gli sembrava la cosa più giusta da fare, perché lui doveva salvare Castiel, doveva fare qualcosa per lui, anche solo per riscattare tutto ciò che il moro aveva fatto per lui, per loro. Doveva contattare gli angeli, e… salvare Castiel, prima che fosse troppo tardi. Già, ma come si contatta un angelo? Devo fare delle ricerche! – pensò, stupendosi di se stesso. Nella sua vita non aveva mai nemmeno cercato il significato di mezza parola, si era fidato sempre di ciò che Sam gli riferiva, le ricerche non erano mai state il suo forte, nemmeno a scuola. Forse era anche per questo che era stato bocciato per due anni di fila, ma non importava, in quel momento, per Castiel avrebbe anche fatto delle ricerche, se fossero servite a salvarlo. Avrebbe imparato a memoria tutto il sito di wikipedia pur di salvare Castiel, era pronto a tutto. Anche a prendere il suo posto all’inferno.
Uscì di fretta dalla stanza in cui si era rinchiuso da due giorni e bussò alla porta della stanza del fratello urlando: «Sammy, abbiamo del lavoro da fare e degli angeli da contattare! E fa anche rima, muovi il culo, ho il mio angelo da riportare a casa!» dopodiché corse nel salotto di casa di Bobby, o quello che poteva essere chiamato biblioteca del sovrannaturale, e dopo aver afferrato una serie di libri, riportanti sulla copertina la lettera A, avvicinò uno sgabello a se stesso, afferrò una birra fredda dal frigorifero e iniziò a sfogliarli tutti, dopo aver bevuto un gran sorso della bibita. Doveva trovarlo. Doveva esistere qualcosa per attirare gli angeli, un modo per chiamarli, perché… esistevano, ne avevano la prova. Doveva solo trovare il modo e sperare che fossero magnanimi quanto narravano le leggende, buoni quanto lo era Cas. Se sono come Cas, saranno tutte brave persone! – pensò, prima di essere raggiunto dal fratello, che con un mezzo sorriso si complimentò con lui per la scelta saggia presa, iniziando subito dopo a leggere uno di quei volumi immensi alla ricerca di notizie sugli angeli. Doveva esserci un modo per aiutare Castiel, e forse lo avevano trovato.
Contattare gli angeli poteva essere vantaggioso, ma speravano solo di non commettere qualche errore e peggiorare la situazione, Dean però era ottimista, aveva ottime informazioni da condividere con loro, alla condizione però che Castiel venisse rimandato sulla terra, alla quale ormai apparteneva. Dean era determinato più che mai a salvare l’ex-angelo dall’inferno.
E l’avrebbe fatto, costasse quel che costasse.
 
 
Nemmeno nei suoi sogni più fantasiosi e macabri, Castiel avrebbe mai immaginato quanto fosse terrificate e terribile l’inferno. A differenza di quanto credevano gli umani, i quali lo immaginavano come una distesa di fuoco, fiamme e urla, esso non era altro che una distesa del nulla più totale, ma le urla c’erano, ed erano anche molte, tra le più strazianti che avesse mai sentito, alle quali si aggiungevano anche le sue. Non sapeva esattamente da dove provenissero, era come se fossero tante camere diverse, camere immense, infinite, di un colore indefinito che poteva sembrare grigio o bianco, o a volte anche nero. L’angelo non riusciva a capirlo, il colore variava. Non ricordava da quanto tempo fosse lì, la cognizione del tempo era totalmente differente da quella della terra.
Per fare il punto della situazione, era legato in una stanza di una grandezza e di un colore indefiniti, poteva dire di sentirsi più morto che vivo. Sapeva che l’avessero portato lì insieme al suo corpo, per un motivo a lui sconosciuto, e fin da quando era stato trascinato lì, non aveva fatto altro che soffrire pene infernali. Le sue urla erano vane, nessuno giungeva in suo soccorso. Non era più una angelo, questo lo sapeva, ed era tagliato fuori dal paradiso, forse se avesse parlato con Gabriel e lui avesse tentato di dissuaderlo da quell’idea folle, avrebbe risparmiato parecchia sofferenza, parecchio dolore, ma no, lui aveva fatto di testa sua, non aveva contattato l’arcangelo suo amico, e aveva ascoltato Metatron, per questo, ora si trovava all’inferno: a causa della sua stupidità.
Eppure non riusciva a non pensare che quella fosse la cosa migliore che gli fosse capitata, certo, se avesse potuto restare tra le braccia di Dean, circondato da amore e basta, sarebbe stato meglio, ma non poteva chiedere troppo, giusto?
Fin da quando era arrivato, gli era stato chiesto di poter porre fine a tutto quel dolore, ed essere libero, con la condizione che lui torturasse altre anime. E no, lui si era rifiutato, preferiva essere vittima, piuttosto che carnefice. Non avrebbe ceduto, lo aveva promesso a se stesso, e anche al minore dei Winchester. Non li avrebbe delusi nuovamente, sperava solamente che Dean non stesse male, ma in fondo, perché avrebbe dovuto stare male? Lo odiava, ricordava quella conversazione spiacevole, molto più di quanto ricordasse le belle esperienze. E sì, sapeva di dover concentrare la sua attenzione sui bei ricordi, non su quelli pessimi, ma proprio non ne era in grado, il negativo tornava sempre a bussare alla porta della sua mente, forse perché era in un luogo dove regnavano sovrane la violenza, la disperazione e la sofferenza.
La violenza con cui i demoni si divertivano a torturarlo era la prima cosa che avesse conosciuto, il suo corpo umano era fin troppo incline al dolore, e quei demoni fin troppo crudeli, tanto da distruggerlo, ma lui non si era spezzato, aveva sempre rialzato la testa. Quei demoni non erano altro che esseri immondi e mostri, io sono un angelo del Signore, non mi farò piegare. – si ripeteva come un mantra nella mente, mentre subiva e incassava i colpi, le ferite, i dolori da loro inflitti. Non si limitavano a picchiarlo, ferirlo e simili, no, loro maledicevano il suo corpo, torturavano anche i suoi organi interni, fino a fargli sputare sangue.
Poi era stata la volta della disperazione. Le anime che venivano torturate nei dintorni, le cui urla giungevano fino alla stanza infinita dove era rinchiuso l’angelo, quelle urla che invocavano aiuto, aveva sentito a volte anche implorare il nome di Dio, pur non subire più quelle torture, quelle urla che si spegnevano, e poi ricominciavano, quelle urla che popolavano la mente di Castiel fin da quando era arrivato, quelle urla che semplicemente facevano venire la pelle d’oca, che trasmettevano paura e angoscia, quelle anime che alla fine si spezzavano, e accettavano l’accordo con i demoni. Nuovi demoni, o simili.
E infine, conobbe la sofferenza, non solo quella fisica, perché a quella nonostante non si fosse mai abituato, poteva resistere, perché aveva imposto a se stesso di non cedere, di restare fermo nella sua decisione, ma ciò che faceva più male, forse, era la sofferenza psicologica. Quando uno dei demoni che lo torturava, infieriva sul perché si trovasse lì, parlava della persona che aveva permesso che lui finisse in quel covo di dolore, rideva della sua condizione, niente, niente sembrava far più male di quello. Perché, nonostante l’angelo smentisse sempre, tentasse di difendere il cacciatore, sapeva che se Dean fosse stato presente, e avesse capito la situazione, lo avrebbe aiutato, come aveva tentato di fare Sam, perché Dean era sempre disposto ad aiutare tutti, aveva sempre salvato tutti, indipendentemente da che persone fossero nella vita, e quando aveva deciso se salvare lui, o fare qualcosa per il proprio tornaconto personale, aveva preferito il secondo, invece del primo. Aveva preferito andare in un bar insulso ad affogare i dispiaceri nell’alcol – e nel sesso, ma Castiel sperava che non lo avesse fatto, perché avrebbe solo fatto più male – piuttosto che stargli accanto, e trovare una soluzione, qualsiasi cosa necessaria per salvarlo. Non lo incolpava, certo che no, avevano litigato, Castiel era stato meschino nei suoi confronti, ma… perché non aveva messo una pietra sopra? Perché lo aveva lasciato da solo al suo triste destino? Era ingiusto, non era colpa sua, non aveva chiesto lui di nascere angelo. Anche Sam, per quanto sospettoso all’inizio del racconto, aveva capito le sue motivazioni, invece Dean… Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto da un dolore acuto ad un fianco. Qualcuno si stava divertendo a farlo sanguinare, ma non avrebbe urlato, quello non era niente.
«Però. Ti facevo meno resistente, angioletto» la voce irritante ed odiosa di uno dei demoni che lo tormentavano, era forse una delle cose più odiose che l’angelo avesse avuto il dispiacere di conoscere «eppure sei qui da… mmh, quasi un anno infernale e non ti sei piegato. Dovremmo usare i metodi più forti su di te» lo schernì, affondando maggiormente il pugnale nel suo fianco.
Castiel strinse gli occhi per il dolore, incapace di trattenerlo e sputò un grumo di sangue, prima di riuscire a rispondere, la voce era arrochita dal dolore, e dal fatto che non passasse il tempo a parlare con qualcuno.
Aveva la gola secca, e ogni parola, ogni sospiro, ogni respiro erano una pugnalata dritta in quel punto.
«Fa’ quello che ti pare, abominio, io non mi piegherò mai».
«Scommettiamo?» domandò girando il pugnale nella ferita che già sgorgava sangue «mh. Ti do un altro anno, poi cederai. Mi supplicherai di farti torturare, piuttosto che essere torturato, e io mi divertirò ad istruirti sulle tecniche di tortura» affermò sicuro, estraendo e impugnando il pugnale. Dopo aver lisciato la lama con un dito, senza farsi alcun male, lo affondò nell’altro fianco dell’angelo, che si contorse dal dolore.
«Sono pur sempre un angelo, e gli angeli non si piegano al male» spiegò lui, gemendo per il dolore, quando il pugnale, estratto dal fianco, percorse il suo braccio, ed in esso affondò. Non un solo urlo. Aveva imparato a non urlare e a sopportare il dolore nel migliore dei modi, per quanto potesse essere migliore quel modo.
«Non vuoi deludere il tuo bel Winchester?» chiese, mentre la lama, adesso percorreva il collo del bruno e la sua altra mano raggiungeva i suoi capelli, tirandoli con forza, costringendolo a spostare la testa all’indietro, scoprendo il collo pallido, su cui incise un taglio netto e profondo, ma non troppo, era risaputo che le ferite superficiali fossero più dolorose di quelle più profonde, che potevano essere letali, ma non dolorose «se ti unissi a noi, potresti ucciderlo e vendicarti. Per colpa sua sei qui» infierì, ghignando.
«Non farò mai del male a Dean» affermò Castiel con decisione. Nonostante Dean gli avesse fatto del male, non meritava di morire, non lo avrebbe mai ucciso, nemmeno sotto tortura, nemmeno se ucciderlo avesse salvato la sua vita.
Sceglierò sempre te, non mi importa dell’inferno.
«Sei così leale» sibilò affondando la lama prima nell’altro braccio e poi nel costato dell'angelo, che si morse le labbra a sangue pur di non urlare «mi innervosisci, tiri fuori il peggio di me, angioletto. Winchester non è stato leale con te, non ti ama, e tu sei qui a soffrire per lui e a sperare che lui possa salvarti. Angioletto, sei un illuso» stavolta la lama andò a conficcarsi nella coscia, e Castiel cercò ancora di non urlare per quel dolore lancinante e tremendo, lasciandosi scappare un sonoro gemito di dolore.
«Sai… demone, non mi convincerai a diventare uno di voi parlando di Dean» la voce era affaticata, ma ciò che diceva era vero, nonostante tutto, il senso di protezione che provava verso entrambi i Winchester era vivo dentro di lui, e non lo avrebbe abbandonato per delle torture, rischiando che diventando demone, avrebbe fatto del male loro, avrebbe dovuto proteggerli anche da se stesso.
Il demone, tuttavia, si infuriò, perché conscio che Castiel non avrebbe mai ceduto. Nei suoi occhi vibrava ancora l’orgoglio angelico, e quello nessuna tortura, nessun essere crudele, nessun incantesimo avrebbe mai potuto toglierlo. Prima di diventare un umano e provare emozioni devastanti, prima di ridursi in quel modo, era stato un angelo, e la sua natura angelica continuava a vivere in lui, nonostante non avesse più le ali, non avesse più la sua grazia, aveva ancora quella che si poteva chiamare dignità. Era un angelo, e lo sarebbe sempre stato, nonostante tutto, e al male gli angeli non cedevano mai. L’unico angelo che aveva ceduto al male era stato Lucifer e tutti sapevano chi fosse e perché fosse caduto, e Castiel non avrebbe mai seguito il suo esempio.
Devo proteggere gli umani, devo proteggere i Winchester, devo proteggere la mia famiglia, devo proteggere Dean.
Quel demone non si arrese, continuò a conficcare quel pugnale in qualunque punto libero e pulito di quell’angelo, che ormai non era altro che un pezzo di carne al macello, ma che non cedeva mai. Non si spezzava, non si rompeva, non come avrebbe voluto il demone. Gli aveva strappato qualche urlo, ma nessuna supplica, le uniche suppliche che udiva erano quelle delle anime nelle camere circostanti, ma mai, mai da parte dell’angelo che aveva di fronte. Lui non cedeva, non supplicava.
Lo aveva davvero sottovalutato, quando aveva pensato che gli sarebbero bastati pochi mesi infernali per farlo cedere, invece era un osso duro, difficile da scalfire e da piegare. Sì, era decisamente una sfida da affrontare.
«Vedremo, angioletto, vedremo chi vincerà».
 
 
Dean era totalmente immerso nella ricerca. Erano passati cinque giorni dalla morte di Castiel, e tre da quando aveva deciso di contattare gli angeli. Non dormiva da tre giorni, era sempre chino sui libri, e leggeva, appuntava qualcosa su un foglio di carta e ritornava a leggere. Aveva consultato quattro libri in tre giorni, e Sam stentava a credere a ciò che vedeva. Dean non si era mai impegnato così tanto nemmeno quando anni addietro aveva dovuto studiare per prendere il diploma, e ora… aveva letto quattro libri, e non libri semplici, erano dei volumi immensamente grandi, in tre giorni, un record per lui che aveva impiegato due settimane per leggere un misero libro di cento pagine, tuttavia, Sam era di nuovo preoccupato – e non avrebbe smesso di preoccuparsi per la sua salute, se avesse continuato con quei ritmi eccessivi – era passato da uno stato di totale apatia verso qualunque cosa lo circondasse ad uno stato di iperattività. Non faceva bene al suo fisico strafare in quel modo.
Dean aveva delle profonde occhiaie violacee, e il volto sempre contratto in un’espressione di puro dolore e quella che sembrava essere stanchezza. Sam non ne poteva più di vedere Dean ridotto in quello stato, che diavolo gli era successo? Non era mai stato così per qualcuno, non si era mai abbattuto in quel modo, e il maggiore non aveva ancora sfogato il suo dolore.
Cosa sarebbe accaduto, se avessero fallito? Cosa ne sarebbe stato di Dean, se fosse andata male con gli angeli?
«Dean, devi rallentare un po’ i ritmi» gli disse, mentre lui era chino sull’ennesimo volume immenso, intento a cercare un modo per contattare gli angeli, doveva esserci qualcosa, un incantesimo, un’evocazione, qualsiasi cosa per mettersi in contatto con loro «ti aiuterò anch’io, ma devi dormire ora».
Il maggiore alzò lo sguardo su di lui guardandolo male, quasi fulminandolo. Sam non poteva capire come si sentisse Dean in quel momento, per quanto il minore potesse essere affezionato a Castiel, non aveva vissuto con l’ex-angelo ciò che aveva vissuto il maggiore, e non aveva fatto la sua idiozia di fuggire nel momento del bisogno. Non lo aveva fatto morire.
«No, Sammy, devo continuare, devo tirarlo fuori, io… lui…» le parole gli morirono in gola, non riusciva ad esprimersi, non riusciva a rendere ciò che provava a parole, non avrebbe mai potuto, semplicemente perché non lo capiva nemmeno lui, non era mai stato bravo con le emozioni, soprattutto con le sue, e oltre al senso di colpa sentiva così tante cose contrastanti da non farlo dormire la notte, da non permettergli di riflettere, riusciva solo a leggere, appuntare notizie o informazioni importanti, e continuare a leggere, senza fermarsi. Le birre, il whiskey e il caffè lo tenevano sveglio, non aveva bisogno di altro, non aveva bisogno di dormire, la sua unica priorità era salvare Castiel dall’inferno, niente premeva più di questo. Il riposo, il cibo sarebbero venuti dopo, doveva rimediare ai suoi errori, doveva salvarlo, prima che fosse troppo tardi, prima che l’angelo divenisse un demone. E allora cercava, incantesimi, evocazioni, cose per attirare gli angeli, qualsiasi cosa esistesse per potersi mettere in contatto con loro.
«Ehi, ascoltami» gli disse Sam, appoggiandogli le mani sulle spalle, abbassandosi davanti a lui, cercando il suo sguardo con il proprio «lo faremo. Lo salveremo insieme, ma non servi né a me, né a Cas in questo stato» gli tolse il libro dalle mani, e lo aiutò ad alzarsi dalla sedia «fai una doccia, mangia qualcosa e vai a dormire. Sono io quello intelligente, e il nerd esperto di ricerche» lo rassicurò, guidandolo verso il bagno. Dean, seppur contrariato, lo lasciò fare. Era davvero troppo stanco per combattere contro suo fratello, non si reggeva nemmeno in piedi, per questo lasciò che il minore lo conducesse al bagno, e aprisse l’acqua della vasca, iniziando a riempirla d’acqua calda «rigenerati, quando sarai tornato da un sano e ristoratore riposo, allora avrò trovato qualcosa di utile» concluse osservando il fratello, la cui espressione era di puro sgomento. Sam si assicurò che si immergesse nell’acqua e che questa fosse alla giusta temperatura prima di congedarsi dal fratello, e avvicinarsi alla porta.
Dean non appena toccò l’acqua si sentì un po’ più sollevato, e rilassato. Osservò il fratello di spalle, e un piccolo sorriso sfuggì dalle sue labbra, erano davvero uniti, più di quanto qualcuno avesse mai potuto pensare. Sam lo stava davvero aiutando tantissimo da quando aveva perduto Castiel, e si rese conto in quel momento di non averlo mai ringraziato per ogni cosa fatta a suo favore, oltre ad essergli stato sempre accanto, fin da quando erano piccoli, ed avergli salvato la vita un’infinità di volte, lo aveva spronato, in quel momento di dolore, e aveva cercato di farlo rinsavire e ora lo stava aiutando a salvare il suo angelo.
Non avrebbe mai potuto chiedere un fratello minore migliore del suo Sammy, ma questo, Dean non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, e Sam non lo avrebbe mai saputo.
«Sammy» lo chiamò prima che andasse via, e non appena lo vide voltarsi con l’espressione stupefatta e confusa, il maggiore gli sorrise, carico di riconoscenza e affetto «grazie, di tutto».
«Ti aspetto di sotto, non tornare prima di due ore, o ti faccio dormire io, con una botta in testa» tentò di sdrammatizzare il più piccolo, guadagnandosi uno schizzo bollente d’acqua insaponata sui pantaloni, prima di chiudersi la porta alle spalle, sentendosi un po’ più sollevato. Dean avrebbe riposato e lui si sarebbe occupato delle ricerche, come al solito.
Il maggiore ancora immerso nell'acqua, s’immerse ancora più profondamente, sommergendo quasi la testa. Doveva riflettere, cosa avrebbe mai potuto fare, per contattare gli angeli? Non c’era niente, niente su quei dannati libri. Per la prima volta in vita sua, immerso in acqua, Dean Winchester chiuse gli occhi e pregò. Chiese aiuto agli angeli, arcangeli o chiunque esistesse sopra le loro teste, perché lui aveva bisogno di fare qualcosa, aveva bisogno di salvarlo. Non solo per espiare il suo senso di colpa. Aveva capito perché si sentisse in quel modo, e non era soltanto senso di colpa. Una volta uscito dalla vasca ed essersi infilato una tuta, raggiunta camera sua, crollò in un sonno profondo pochi istanti dopo essersi appoggiato sul letto, non senza aver pregato ancora gli angeli di riportarglielo, semplicemente perché lui aveva bisogno di Castiel, e di nessun altro. Sperò solo che quelli lassù lo sentissero.
Dopo un lungo bagno, e una dormita di circa tre ore e mezza, Dean scese nella cucina della casa di Bobby, alla ricerca di qualcosa da bere, sporse lo sguardo verso il salotto, e vide suo fratello chino su un libro, addormentato.
Era notte ormai, ma non se la sentiva di svegliarlo per portarlo a letto, si limitò ad avvicinarsi a lui e a prendere una coperta adagiandogliela sulle spalle. Non avrebbe mai ringraziato abbastanza il suo fratellino per tutto ciò che faceva per lui. Ritornò in cucina, dove afferrò una bottiglia d’acqua gelata e ne bevve un lungo sorso, prima di appoggiarsi con entrambe le mani sul lavandino, trattenendo un conato di vomito. Era disgusto per se stesso quello che provava, non era nemmeno in grado di cercare una soluzione ad un casino creato da lui, senza ridursi uno straccio e lasciare tutto il lavoro a Sam. Che razza di fratello maggiore era?
Un fruscio seguito da un fischio fastidioso invase la cucina, mentre lui era immerso nei suoi pensieri più profondi e denigratori verso se stesso. Udito il rumore, capì che qualcuno fosse entrato in casa, e afferrato un coltello da cucina, si voltò immediatamente verso l’intruso, trovandosi di fronte tre persone… alate? Tre paia di ali, delle immense ali bianche, invadevano la cucina, ed erano illuminate dalla luce lunare penetrante dalla finestra, la quale conferiva loro un’aria quasi evanescente. Dean perse qualche istante ad osservarli, il coltello stretto ancora nella mano, e l’espressione di puro sgomento sul volto. Quello più a sinistra, il più alto aveva l’espressione severa, le braccia conserte al petto e gli occhi chiusi, tuttavia non riusciva a capire il colore dei suoi capelli, la stanza era troppo buia; quello al centro era bassino, aveva uno strano ghigno divertito sul volto, e lo guardava fisso, mentre l’ultimo, lo fissava con astio, era di poco più alto di quello centrale ed aveva l’espressione quasi schifata sul volto, i suoi occhi saettavano da un punto all’altro della stanza, alla ricerca di qualcosa che Dean non conosceva.
«Sei tu che ci hai chiamati, vero?» chiese retoricamente quello centrale «non siamo inclini al mostrarci agli umani, ma tu conosci un nostro fratello, Castiel, giusto?»
Dean era senza parole. La gola era secca, e le parole mancavano. E così quelli erano angeli? Erano semplicemente meravigliosi, ma niente in confronto a Castiel, chissà com’è lui con le ali… - pensò distrattamente, mentre sentiva lo sguardo di quei tre angeli su di sé, come se volessero incenerirlo, o meglio quello a destra voleva incenerirlo, quello centrale sembrava curioso, mentre quello a sinistra… sembrava meditasse su qualcosa, e basta. Dean si torturò ancora un attimo le labbra, prima di trovare le parole per rispondere. Mettono un po’ di soggezione, solo un po’. – pensò il cacciatore, prima di prendere finalmente la parola.
«Sì, sì! Conosco Castiel» eccome se lo conosco. «sono Dean Winchester» si presentò, quando l’angelo di destra lo fulminò con lo sguardo, facendogli fare un passo indietro verso la cucina. Non aveva paura, ma quegli angeli con quelle ali immense lo mettevano sul serio in soggezione, e non era facile mettere in soggezione Dean Winchester.
«Sappiamo chi sei Winchester» sputò acidamente, dopo averlo fissato con astio ed odio.
«Su, fratello, sii gentile. È pur sempre un umano».
«È solo una scimmia senza peli»
Dean si ritrovò ad alzare gli occhi al cielo, anche la rossa lo aveva definito così, anzi aveva definito in quel modo tutta la popolazione umana. Non capiva perché li definissero così, ma decise che per una volta dovesse restare zitto.
«Noi siamo gli arcangeli» quello di sinistra finalmente finì la sua meditazione, e rivolse lo sguardo all’umano, guardando con rimprovero gli altri due che battibeccavano accanto a lui «io sono Michael» si presentò «loro sono Gabriel e Raphael» spiegò indicando prima quello centrale e poi quello a destra, ora avevano dei nomi anche loro «perché ci hai evocati, Dean?»
«Io non vi ho evocati, cioè, non ho… non ho trovato nulla, ho solo… uhm… pregato» balbettò in difficoltà e soggezione il cacciatore. Che diavolo avevano quelle creature di tanto speciale da farlo sentire così piccolo e insignificante?
«Ti abbiamo sentito» confermò Michael, mentre gli altri due arcangeli terminavano il loro battibecco, e rivolgevano anche loro l’attenzione all’umano, che tentava di spiegare loro cosa fosse accaduto.
«Io… sono disperato» disse semplicemente, e raccontò brevemente quanto sapesse della storia di Castiel, e rivelò i piani di Metatron e di quell’altro angelo, la rossa che aveva approfittato di lui da ubriaco. Chiese loro aiuto per salvare il suo angelo, e si offrì anche volontario per aiutarli nel cacciare Metatron, e scacciarlo dal paradiso. Avrebbe tentato il tutto per tutto, non importava il prezzo.
«E perché dovremmo tirare fuori un traditore dall’inferno? È quello il suo posto» disse Raphael, e Dean decise che avrebbe odiato a morte quell’arcangelo, se non avesse fatto qualcosa per il suo angelo. Con tanti angeli, lui doveva essere stato ascoltato da un burlone, un meditatore e uno stronzo. Quando si dice la sfiga, Dean.
«Fratelli, è di Cassie che parliamo. Dobbiamo aiutarlo» intervenne Gabriel, improvvisamente serio. Il cacciatore lo guardò intuendo che probabilmente quell’arcangelo e il suo Castiel dovessero essere amici, o qualcosa del genere. Altrimenti non avrebbe saputo come spiegare l’improvviso interesse misto a preoccupazione che si impossessò di quell’angelo – e no, non sentì lo stomaco contorcersi nella più pura e semplice gelosia «non possiamo permettere che diventi un demone, e dobbiamo fermare quello psicopatico di Metatron» continuò l’angelo che Dean classificò come suo preferito. Era quello meno stronzo, tra gli stronzi.
«Ah sì, certo. Solo perché voi due siete amici del cuore, non vuol dire che salveremo un caduto» Dean dovette farsi forza per non rispondergli male perché… sei un figlio di puttana, sei un maledetto figlio di puttana – pensò guardando con astio l’angelo, che non voleva saperne di aiutare Castiel, anzi, rispondeva male ad un altro angelo, che voleva rendersi utile.
«Noi non possiamo, lo sai bene, Gabriel» intervenne Michael, guardando dispiaciuto il fratello «io volerò in paradiso a fermare Metatron, portando con me Raphael» continuò, con quel tono monocorde, e pacato senza agitazione o fretta, o cattiveria, «se, tu, Winchester, trovi un modo, saremo lieti di darti una mano. Gabriel resterà con te» disse volgendo lo sguardo a Dean, celando in quello sguardo una risposta, che Dean si aspettava già. Per salvare Castiel ci sarebbe stato bisogno di un sacrificio.
Nessuno degli angeli lo disse ad alta voce, ma Dean lo sospettava, in cuor suo sapeva che per salvarlo qualcuno avrebbe dovuto pagare un prezzo, e anche molto alto. I due angeli svanirono nel nulla, lasciando Dean da solo con Gabriel, che lo guardava interrogativo, e speranzoso. Sperava che il cacciatore capisse cosa volessero dire quelle parole e che aiutasse il suo fratellino, in fondo, Castiel era questo per Gabriel, un fratello minore, era stato lui a mostrare all’angelo scomparso la terra, a fargli conoscere il mondo terreno e il paradiso, oltre ad avergli insegnato a volare, quando era ancora inesperto.
«Tu hai capito cosa intendesse Michael?» chiese l’arcangelo, facendo vibrare leggermente le ali.
Dean annuì lentamente, ponderando la decisione.
Salvare Castiel, o continuare a vivere con il rimorso di non aver fatto niente? Finire all’inferno o restare con Sam?
Il suo unico timore era che il minore rimasse solo, e che fosse in pericolo. Cosa avrebbe dovuto fare?
«Ebbene?» chiese ancora. Gabriel continuava a fissarlo, e Dean si sentiva sotto pressione, non sapeva cosa fare, non sapeva cosa dire. Voleva solo che tutte le persone a cui teneva, fossero al sicuro, e non corressero rischi.
Era lui a mettere in pericolo tutti, era lui la pecora nera, era lui che aveva fatto morire Castiel, era lui che aveva messo in pericolo Sam tante volte, era solo colpa sua, se tutto andava storto, era per la sua sindrome dell’eroe, che tutti finivano per morire.
Sospirò, annuendo, lo avrebbe fatto, avrebbe messo tutti al sicuro, e lui si sarebbe tolto dai giochi, per sempre.
«Lo farò, ma… potrei chiedere un favore?» chiese titubante, rivolgendo uno sguardo rammaricato al fratello addormentato sui libri, Gabriel annuì incitandolo a parlare, seguendo il suo sguardo sull’altro cacciatore «vorrei che mio fratello fosse al sicuro, da tutto».
«Tu salvi il mio fratellino, e io mi impegno a proteggere il tuo» confermò l’arcangelo, e Dean tirò un sospiro di sollievo «è uno scambio equo» confermò l’arcangelo, e Dean sentì un peso in meno sul cuore. Sam sarebbe stato al sicuro, e Castiel vivo.
Non poteva chiedere di meglio.
«E sia, allora. Andiamo a recuperare Cas».
To be continued...

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Hi! 
Ma che caldo non fa gente? çç preparare gli esami con questo caldo fa fin troppo male, infatti passo più tempo a scrivere che a studiare, ma dettagli. Allora, eccoci ad un nuovo capitolo! Chiedo scusa per il ritardo, ma tra studio e idee lampo... è stato un delirio. Comunque, non temete. Non vi libererete di me facilmente, anche perchè. eheheh ho ancora un paio (decina) di Destiel solo da rileggere, che arriveranno prossimamente. 
Andiamo con ordine. Dean sta malissimo, si sente in colpa e Sammy riesce a convincerlo a cercare un modo per tirare fuori Cas (qualcuno dubitava che lasciassi Cas lì? Puah.) E prega nientemeno che gli arcangeli. Non provo simpatia per loro, ma mi stanno meno sulle palle di Metatron, (Gabriel è un caso a parte, cioè aw!)
Il biglietto che Cas lascia a Dean prima di morire, è tratto da "Paradise Lost" di John Milton. 
Siamo alle battute finali, mancano solo altri due capitoli çç spero che continui a piacervi, e grazie a tutto coloro che la seguono! Al prossimo capitolo! 

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Capitolo 11
*** Parte XI ***


Avviso: Prima di farvi perdere nel mirabolante penultimo capitolo, vi devo delle infinite scuse per l'attesa incredibile per questo capitolo. Quindi *si inginocchia* scusate, scusate, scusate, scusate! Sono imperdonabile e non biasimo chi smetterà di seguire questa storiella sui nostri amati Dean e Cas. Spero che nessuno abbia perso le speranze nel leggerne  il finale, comunque. La cosa molto funny è che io l'avevo finita prima di iniziare a postarla, ma... ho avuto un enorme problema di linea e sono rimasta tagliata fuori, niente wifi, e nemmeno linea telefonica. Zero, caput, nada, nisba çç quindi nessuna possibilità di aggiornare, (nè di guardare serie tv, la noia più totale) in compenso ho avuto tempo per rileggere la storia corrente e un paio di OS. Stay tuned, sono tornata e non vi libererete mai più di me! 
Questa è una minaccia, e ora...
Buona lettura! 


Desclaimer: Ingiustamente i personaggi non mi appartengono (si appartengono tra di loro, awaw) e io da tutto ciò non guadagno assolutamente nulla, se ricevessi un euro per ogni visualizzazione di un capitolo, sarei milionaria LOL 


Crediti: Al solito, a Lu per il banner! 


Castiel si risvegliò di soprassalto, come se si fosse appena ridestato da un terribile incubo, proprio come dopo un incubo sentiva sul proprio corpo l’inquietudine e il sudore freddo. Contrariamente a ciò che sentiva dentro, intorno a sé regnavano la pace e la serenità, sentiva gli uccellini cinguettare, e iniziava con sollievo ad avvertire un senso di pace interiore; quello che non avvertiva da tanto tempo, e che credeva di non risentire mai più. Aprì gli occhi, ancora affannando per l’incubo vissuto, e si guardò intorno, cercando di mettere a fuoco ciò che trovava davanti ai suoi occhi, e, con una mano, eliminò il sudore residuo dalla propria fronte.
Alberi rigogliosi crescevano tutt’attorno a lui, c’erano fiori e piante ovunque, la vita sembrava scorrere fluida e pulsante attraverso la natura che lo circondava, un uccellino si posò sul suo naso, e un sorriso spontaneo spuntò sulle sue labbra, era immerso nella pace più totale. Si sentiva diverso, strano. Cos’era cambiato in lui? Era morto di nuovo?
Si tirò a sedere, ed avvertì un piacevole peso sulle proprie spalle, una sensazione che da tempo gli mancava: il perfetto equilibrio. Stupefatto, si voltò all’indietro, riconoscendo le sue ali maestose, candide ed imponenti. Aveva di nuovo le ali? Da quando? Non era all’inferno?
Si guardò ancora intorno, cercando di identificare il luogo dov’era, lo scandagliò con lo sguardo, e finalmente lo riconobbe: il giardino dell’Eden. Era ritornato in paradiso, a casa sua, ma come? Cos’era successo?
Aveva un blocco mentale, non ricordava cosa fosse accaduto in quel frangente di tempo passato dall’inferno al paradiso, un attimo prima era alla mercé di un demone, l’attimo dopo si risvegliava in paradiso. Cosa diavolo era successo? Cosa aveva perso? Cosa non ricordava?
Si alzò in piedi, sentendosi avvolgere di nuovo dal calore delle sue ali e il potere della sua grazia esplose dentro di lui, facendolo sentire potente come non si sentiva da tanto, troppo tempo.
Quanto gli era mancato essere un angelo? La sua vera natura? Non sapeva spiegarlo, ma si sentiva come rinato.
Non ne capiva il perché, avrebbe dovuto marcire all’inferno, restare lì per tutta l’eternità, invece era vivo, era nell’Eden, ed era di nuovo un angelo. Avvertiva una pessima sensazione, c’era qualcosa che non quadrava in tutto quello, doveva parlarne con qualcuno, farsi spiegare cosa fosse successo, prima che facesse un respiro all’inferno e quello dopo in paradiso. Era tutto troppo strano, e quella sensazione spiacevole, contraria a tutto ciò che stava provando in quel momento, era la prova che non tutto fosse al proprio posto.
Gabriel, doveva trovare Gabriel, e parlare con lui.
Non poteva, però, trattenersi dal sorridere e dal godere del calore delle ali, del quale si era privato per lungo tempo, del calore della propria grazia, e della sensazione di potenza che non avvertiva da quelli che erano sembrati anni; si sollevò in volo, sperando di ricordare come si facesse, e planò per un paio di metri, prima di ritoccare terra, e guardarsi ancora intorno.
Mi è decisamente mancato essere un angelo – pensò, quando i suoi piedi toccarono il suolo.  
Il paradiso era esattamente come lo ricordava, nulla era cambiato. Chiunque fosse stato a tirarlo fuori dall’inferno, e a ridargli i suoi poteri meritava quanto meno i suoi ringraziamenti, si era dato per spacciato tante volte, e invece tutto si era risolto nel migliore dei modi. Era sicuro si trattasse di Gabriel, nessun altro avrebbe mai rischiato tanto per lui, ma voleva esserne certo. Vagò per qualche metro, osservò ogni essere vivente presente lì e salutò cordialmente le anime e gli angeli che incontrava lungo il proprio cammino, si sentiva a casa, dopo tanto tempo.
Doveva trovare Gabriel, scusarsi con lui per aver disobbedito, e lasciare che anche gli arcangeli prendessero decisioni in merito alla sua disobbedienza. Dopo un po’, si rese conto che cercarlo in tutto il paradiso sarebbe stato impossibile, poiché esso era infinito ed immenso, quindi chiuse gli occhi, riducendoli a due fessure, pronunciando delle parole in enochiano, invocando l’arcangelo suo amico. Non lo vedeva da parecchio tempo, e un po’ gli era mancato anche lui, come tutto il resto della sua precedente vita.
«Cassie!» esclamò l’arcangelo giungendo di fronte all’angelo minore con un battito d’ali, sorridendogli calorosamente «sono felice di vedere che ti sei ripreso e che stai bene».
«Gabriel» disse semplicemente il moro chinando il capo in avanti, in segno di rispetto; per quanto fosse profondo il loro legame d’amicizia, Gabriel restava comunque un suo superiore, un arcangelo, e lui doveva avere rispetto nei suoi confronti.
«Ah, quante volte dovrò dirti che tutta questa formalità con me non serve?» chiese retoricamente, avvicinandosi a lui, battendogli una mano sulla spalla, constatando il suo stato di salute con una fugace occhiata «comunque, come stai?»
«Un po’… scombussolato, ma cosa è successo? Perché sono qui?» chiese immediatamente, cercando di capire la situazione.
«Diciamo che un uomo buono e giusto ha deciso così» disse rapido, senza scendere troppo nei dettagli «Michael e Raphael hanno preso Metatron, io ho recuperato la tua grazia e sono venuto giù ai piani bassi per portarti via» spiegò brevemente l’arcangelo.
Castiel non prestò ascolto a tutto il discorso, si soffermò su quell’ “uomo buono e giusto”, chi era? Perché aveva fatto questo per lui? Perché un umano si era sacrificato per lui? A meno che… la brutta sensazione tornò a fare capolino dentro di lui, e come un flash rapido, davanti ai suoi occhi, si materializzarono uno sguardo smeraldino, dei capelli biondastri e un sorriso mozzafiato.
No, no, non poteva… Castiel spalancò gli occhi, rendendosi conto di chi era, e guardò il fratello con la fronte corrugata, e gli occhi spalancati all’inverosimile. Non poteva, non era accaduto davvero, non a lui. Non poteva essere davvero stato lui, non era… 
«Ti prego, dimmi che non è Dean Winchester» lo supplicò con lo sguardo, cercando di scacciare via dalla sua mente quel pensiero orribile, perché Dean non poteva essersi davvero sacrificato per lui, non era lui ad odiarlo? Perché l’aveva fatto?
«Non sarebbe nella mia natura mentirti» l’arcangelo scosse la testa, rispondendo al minore «si è sacrificato perché tu stessi bene e al sicuro. E io ho intenzione di mantenere la parola. Non avvicinarti a Raphael per ora» si raccomandò.
«Gabriel, io… non posso lasciarlo lì» disse, sperando che l’arcangelo capisse. Amava Dean, non avrebbe mai permesso che restasse lì, piuttosto sarebbe tornato a scontare tutte le pene immaginabili, le torture infernali, tutto pur di salvare Dean da quel luogo pieno di dolore, urla e violenza. Lo aveva vissuto sulla sua pelle, e per quanto Dean fosse coraggioso, non avrebbe mai retto, e Castiel non avrebbe permesso che lo spezzassero. Lui non poteva essere spezzato, lui odiava far del male alle persone. Sebbene con Castiel non si fosse fatto molti scrupoli a lasciarlo morire, il cacciatore non avrebbe mai fatto del male a qualcuno volontariamente, ma nel caso dell’angelo, era stata una giusta reazione, Dean era deluso e aveva agito secondo il suo istinto.
Smetterò mai di giustificarlo? Perché penso ancora come un umano? – si chiese mentalmente mentre quei pensieri frullavano nella sua mente, sebbene fosse tornato angelo, la sua mente e anche il suo cuore ragionavano ancora come un umano. Era in attesa di una risposta dall’arcangelo, che si voltò verso di lui, guardandolo con uno sguardo carico di serietà e… rimprovero? Perché?
Gabriel si lasciò andare in una risata cristallina, scuotendo la testa. Non poteva sentirlo parlare in quel modo, non dopo che lui aveva dato la sua parola in merito alla protezione dell’angelo minore e del fratello del cacciatore. Era una situazione ridicola ed assurda.
«Tu e quel Winchester mi farete impazzire» si lamentò massaggiandosi le tempie, fingendo un – molto umano – mal di testa. «lui mi chiede aiuto per salvare te, tu chiedi aiuto per lui… un po’ di pietà per un povero arcangelo!» esclamò Gabriel ironicamente per spezzare la tensione presente tra di loro e la preoccupazione visibile negli occhi dell’amico, quanta determinazione solo per un umano – si ritrovò a pensare l’arcangelo. Non avrebbe mai immaginato che un suo simile, si interessasse tanto ad un umano.
«Gabriel, sono disposto a tutto pur di salvarlo, tutto, lo giuro» disse Castiel, senza l’ombra di emozioni nella voce, solo decisione.
«Rinunceresti nuovamente ai tuoi poteri?»
Castiel restò un secondo in silenzio. Essere di un nuovo un angelo era la sensazione migliore che provava da tempo, era completo, si sentiva energico come non si sentiva da una vita, ma non poteva averlo, sapendo che Dean avrebbe sofferto, che avrebbe vissuto l’inferno, vivendo un destino che non era il suo, il cacciatore era, e sempre sarebbe stato un tassello fondamentale della sua vita.
Non aveva alcun dubbio, la risposta era semplice, la sua decisione quasi ovvia.
«Per Dean, sì».
Gabriel alzò gli occhi al cielo, sbuffando. Doveva trovare in fretta una soluzione, perché se Castiel avesse ripreso il posto di Dean, quest’ultimo avrebbe fatto di tutto pur di tirare fuori l’angelo dall’inferno, creando un circolo vizioso senza fine. Come poteva conciliare le due cose? Come poteva…? Doveva ragionare perché quello sguardo carico di determinazione non lo aveva mai visto nel minore e sapeva che voleva solo dire che fosse disposto a tutto, davvero tutto, pur di salvare il cacciatore che gli aveva rapito il cuore.
Forse aveva un’idea, ma sarebbe stato complicato metterla in atto. Complicato, ma non impossibile, si disse, era pur sempre un arcangelo, doveva pur prendere decisioni importanti come quella, no? La parte complicata sarebbe stata convincere gli altri due arcangeli, soprattutto Raphael, il quale non provava simpatia né per Castiel né per Gabriel stesso.
«E va bene, allora tu preleverai Dean dall’inferno, e noi toglieremo definitivamente la grazia a Metatron, mandandolo al suo posto, Dean vivrà, ma tu perderai i poteri, e dovrai restare qui in paradiso per scontare la tua pena da angelo ribelle: non potrai mai più tornare sulla terra, vivrai qui come sospeso in un limbo, tra la vita e la morte» spiegò l’arcangelo, senza tradire una singola emozione nella propria voce. Erano condizioni dure da rispettare, ma erano le uniche con cui avrebbe potuto contrattare con gli altri due.
Castiel si accigliò, aggrottando le sopracciglia, piacevolmente sorpreso. Gabriel aveva trovato una soluzione in un modo così rapido? Come aveva fatto? Certo, era un arcangelo, e risolvere le situazioni sconvenienti era il suo lavoro, ma Castiel davvero non riusciva a credere che avesse risolto così velocemente una situazione complicata come quella.
«E si può fare?» chiese titubante, non gli importava della sua punizione, non gli importava di restare in un limbo, gli importava solo di Dean, che stava scontando quella pena al suo posto. Pensava a Sam, che avrebbe vissuto senza il fratello, e a Bobby, che aveva perso un figlio. Non si sarebbe mai perdonato l’avere un’intera famiglia sulla coscienza. Non si aspettava una decisione simile da parte di Dean, che lo aveva lasciato da solo a morire, ma poco importava. Avrebbe vissuto un’eternità in un limbo, con la grande consolazione di aver salvato Dean da un destino che non meritava.
«Tecnicamente no, ma sono un arcangelo, posso prendere certe decisioni e garantire io per te. Devo solo convincere gli altri due… con Michael non avrò problemi. Raphael è… beh, è Raphael, saremo comunque due contro uno».
«Grazie Gabriel, sei davvero il migliore» sorrise l’angelo dagli occhi blu, carico di riconoscenza verso l’arcangelo che stava facendo di tutto per lui, per Dean, per salvare entrambi e restituire un po’ d’ordine al paradiso, che a causa della breve e subito sedata rivolta di Metatron era scombussolato. Prima che Michael e Raphael lo catturassero e rinchiudessero nelle celle paradisiache aveva già contattato una guarnigione di angeli, i quali avevano accettato di collaborare con lui. Quegli angeli erano stati catturati, insieme all’artefice della rivolta, e rinchiusi con lui nelle celle del paradiso.
Ora il paradiso andava ricostruito, e gli arcangeli avrebbero dovuto collaborare con gli altri angeli per ottenere la stabilità e la tranquillità possedute prima di quell’immenso disastro, causato da Castiel, che ignaro aveva ceduto la propria grazia all’angelo malfattore.
Fortunatamente tutto si era risolto nel migliore dei modi, e la pace, prima o poi, sarebbe tornata incontrastata.
«Lo so».
 
 
Dean per tutta la sua vita era stato convinto di essere una persona forte, una persona resistente. Non avrebbe mai pensato di sentirsi così tanto debole, così tanto vulnerabile. Il dolore era terribile e si chiedeva come Castiel avesse resistito tutti quei giorni, come avesse fatto a non cedere. Lui, pur non riuscendo a rendersi conto di quanto tempo fosse passato, sentiva che se non fosse già morto, sarebbe potuto morire da un momento all’altro, sicuramente avrebbe fatto meno male di tutto quel dolore. Le torture erano continue e repentine, e i demoni con lui erano più crudeli di quanto non lo fossero con altre anime perché «tu hai portato via un angelo, potevamo avere un demone potentissimo dalla nostra parte, e tu l’hai portato via» dicevano ogni giorno, ma lui non si sarebbe mai pentito di ciò che aveva fatto.
Aveva assicurato a Cas la vita, aveva garantito sicurezza a Sammy, e aveva messo fine ai loro mali: lui stesso.
A lui non serviva vivere l’inferno vero, perché lo sentiva dentro di sé, ogni giorno quando era vivo era tormentato dal senso continuo di essere uno sbaglio, lo era stato quando aveva lasciato da solo Sam da bambino, e il minore era stato quasi attaccato da un mostro, e se non fosse arrivato Bobby in tempo, sarebbe morto; lo era stato quando aveva lasciato il liceo per cacciare con tranquillità; lo era stato quando aveva messo nei guai Bobby a causa di un piccolo furto; lo era stato quando una donna era morta, uccisa da un fantasma, perché lui non aveva abbastanza munizioni di sale; lo era stato quando aveva lasciato Castiel solo, e lo era stato in così tante altre occasioni da non ricordarsi più quante effettivamente fossero.
Sapeva solo che avrebbe dato di tutto per rimediare ai suoi errori, e forse trascorrendo un’eternità all’inferno, avrebbe avuto qualche possibilità di espiare quelle colpe, perché era davvero stanco di sbagliare, e non riuscire mai a rimediare, era stanco di se stesso, si odiava al punto tale da decidere di prendere il posto di Castiel all’inferno – oltre all’odio verso se stesso, lo avevano spinto a prendere quella decisione il suo innaturale senso di protezione e l’amore provati per l’angelo – nonostante le torture fossero indescrivibili, violente e dure, Dean non provava pentimento né risentimento in ciò che faceva, lui meritava di essere torturato per tutto il male che aveva disseminato lungo la sua strada, sapeva che un giorno il suo voler salvare gli altri, sbagliando, avrebbe portato ad un punto di non ritorno, e ci era arrivato. Se lui fosse stato fuori dai giochi, lontano dalle persone che amava, allora loro sarebbero state salve, e lui non più la causa del loro male, non più il veleno. Non avrebbe mai più avvelenato la loro esistenza con la sua presenza, poco importava il trovarsi nei bassifondi, non sarebbe mai potuto cadere più in basso, letteralmente.
Non riusciva a trattenere le urla di dolore, ma la sua forza di volontà, gli imponeva di rispondere sempre no, a quella fatidica domanda sul liberarsi dalla sofferenza, e torturare.
No, no, no – continuava a ripetersi – salvo la mia famiglia da creature così, da me, non posso diventare io stesso un demone, o un torturatore di anime, se lì ci fossero Sam, Bobby o Cas? No, no. – pensava ogni volta, prima di rispondere agli interlocutori con un secco «No» dopo il quale, questi divenivano più violenti, più crudeli.
Dean sapeva di meritarlo, sapeva che avrebbe meritato anche qualcosa di peggiore, tuttavia non riusciva a non pensare che quegli esseri fossero immondi ad infliggere certe sofferenze alle persone, alle anime. Sapeva di risultare incoerente, con i suoi pensieri contrastanti, ma quando si era vittime di quelle sofferenze, come si poteva risultare coerenti?
Dean ci provava a non supplicare pietà, stringeva i denti, combatteva, ma sapeva che avrebbero sempre imposto la fine delle torture solo alla condizione in cui lui torturasse altre anime, e allora le immagini di Sammy e Cas torturati da lui facevano capolino nella sua mente distrutta, e prendevano il sopravvento. La loro sicurezza veniva prima di tutto, e allora stringeva ancora i denti, e diceva no.
Era ironico pensare che proprio lui, un cacciatore, si piegasse alle torture di non uno, non due, bensì una decina di demoni, che si alternavano tra di loro, giusto per il gusto di fare del male ad uno che ha ucciso molti di noi come sostenevano sempre, ma Dean sapeva, che tutto quell’altruismo mostrato dagli uni verso gli altri fosse finzione, infatti erano i primi a disertare in situazioni non favorevoli per loro, ed erano disposti ad uccidere i loro simili per salvare la propria vita. Quello che veniva adoperato da loro era una semplice e banale scusa ad un atto crudele, non che ne avessero bisogno, ma a volte – quasi discolpandosi – dovevano dare motivazione di ciò che facevano. Dean inizialmente sospettava che essi erano delle anime spezzate, le quali avevano preferito torturare piuttosto che essere torturate, ma il maggiore dei Winchester non si sarebbe mai spezzato, avrebbe onorato il suo nome, in quanto membro di una delle più famose famiglie di cacciatori del paranormale.
Lui era un Winchester e i Winchester non si spezzavano, mai.
Tutto intorno a sé, c’era dolore, c’era violenza, c’era sofferenza, non c’era niente che non richiamasse quelle tre cose, o era anche peggiore di quelle, era insopportabile, ma a Dean non importava granché. Nella sua mente vigeva l’ordine di proteggere la famiglia, di proteggere tutti, perché doveva eliminare il male che egli stesso aveva fatto.
Non urlava se la sua pelle veniva graffiata, aveva smesso di farlo.
Non implorava se il suo corpo veniva trafitto.
Non si spezzava quando veniva torturato.
Lui resisteva, perché doveva farlo, perché in fondo con quel sacrificio aveva salvato la vita di Cas, e aveva messo al sicuro quella di Sammy, allora quel dolore diveniva meno intenso, nonostante fosse all’inferno, cercava di non pensare al dolore, di riempire la mente con le cose positive fatte con quel suo sacrificio, e a volte funzionava. Perché non si era ancora spezzato. Non sapeva da quanto tempo fosse lì, aveva perso la cognizione del tempo, ma sapeva niente lo avrebbe mai spezzato, perché sapeva che tutto quel dolore era meritato da un lato, e dall’altro l’aveva ricercato da solo, quando aveva deciso di sacrificarsi per Castiel.
Nessun ripensamento, tranne forse il fatto di non aver mai dichiarato all’angelo i suoi sentimenti, ed evitare tutto quello; ma lui sbagliava sempre, lui era un errore ambulante, le persone soffrivano a causa sua, ed era giusto che si trovasse in quella situazione.
Gli attimi di pace erano pochissimi, e duravano nemmeno un secondo, nonostante ciò Dean era forte, lo era sempre stato, e non si sarebbe mai piegato al male che per tutta la vita aveva cercato di sconfiggere. Il male era tutto ciò che lui e suo fratello combattevano, e ad esso non si sarebbe mai piegato, non avrebbe mai torturato altre anime per salvare la propria, non era così egoista, e mai lo sarebbe stato, non al costo di rifare gli stessi errori di tutta la vita. Nemmeno le torture dei demoni avrebbero potuto fargli perdere i suoi sani principi, sapeva di avere una scelta, ma non avrebbe preso quella sbagliata, non in quella situazione, aveva sempre preso le scelte sbagliate, e aveva sempre messo in pericolo gli altri, tuttavia, non lo avrebbe fatto all’inferno.
Quella era già una punizione per i suoi errori, giusto? Non poteva farne altri, alla luce dei fatti. Avrebbe subito per l’eternità quelle torture? La sua anima poteva resistere, o sarebbe svanita nel nulla? Riusciva a non urlare o a non supplicare, ma le urla delle altre anime lo facevano soffrire più delle torture che gli venivano inflitte, non poteva non pensare che al loro posto potessero esserci suo fratello, o Bobby, e non riusciva a non immaginare Castiel al suo posto, al posto di quelle anime, che poco – o molto? – tempo prima occupava quel posto, che soffriva in quel modo.
Ormai sembrava essere passata una vita, non c’era mai nessuna variante in quella situazione, ogni giorno era uguale all’altro, ogni tortura più dura di quella precedente, ogni urlo più straziante di quello precedente, ma i giorni non esistevano così come le notti, perché tutto aveva lo stesso colore lì, all’inferno. Non c’era mai nulla di nuovo, nessuna variante, i colori erano sempre gli stessi, sempre uguali, nessuna variazione, niente di niente, tutto uguale, niente di diverso. Tutto esattamente come quando era arrivato, a parte la sofferenza che aumentava sempre, quella nessuno sembrava volergliela far mancare, tutto sembrava essersi fermato in una sorta di stasi, una pessima quotidianità che non aveva luogo né tempo, mirata solo a confondergli maggiormente la mente. Non sapeva da quanto tempo fosse lì, ma sapeva che era abbastanza da avergli permesso di razionalizzare una quotidianità sempre uguale.
Niente giorno, niente notte, torture dopo torture, rosso, grigio e nero, urla strazianti, demoni ovunque e una sola richiesta per mettere fine a tutto quello, sempre la stessa risposta negativa. Era tutto uguale, nulla variava, fino a che una luce abbagliante non travolse ogni cosa, era bianca e azzurra, era calda, era pace. Dean non aveva mai conosciuto la pace prima di quel momento, o meglio, credeva di averla conosciuta davvero solo in quel momento, perché quel calore, e quella sensazione di immobilità che sentiva dentro di sé, lo avevano lasciato immerso nella pace e nella tranquillità più totali, senza sofferenza, senza torture, senza tormenti interiori. Sembrava che tutto fosse finito, magari era solo una sensazione temporanea, voluta proprio dai demoni, per illuderlo o per mostrargli cosa avrebbe ottenuto dicendo «sì», ma nonostante tutto, in quell’attimo era la cosa migliore che avesse avuto in tutto quel tempo, forse interi anni, ma non avrebbe mai detto sì, anche se quella sensazione era dannatamente piacevole. No, piuttosto la tortura, ma mai avrebbe detto sì. Per quel momento, anche se era una tortura si godeva ad occhi chiusi quella sensazione che da parecchio tempo gli mancava. Era una delle cose più belle che avesse mai provato in tanti anni di vita e in tanto tempo d’inferno. Non sapeva descriverla, ma avrebbe osato dire che fosse angelica, sebbene non conoscesse così bene gli angeli. Aveva gli occhi chiusi, ma udiva i rumori di una battaglia tutt’intorno a lui, e tanto bastava affinché capisse cosa stesse succedendo, non era una tortura, qualcuno era entrato nell’inferno e stava lottano contro i demoni. Che qualcuno avesse attaccato l’inferno? O era solo una lite tra più demoni?  
Dean non capì nulla, fino a che una mano non si posò sulla sua spalla, e quella sì che fu una sensazione di calore, un calore più vivo della luce abbagliante che aveva avuto intorno, un calore intenso che si propagava dentro di lui, bruciava quasi, ma non era doloroso, niente era doloroso in quel momento. Improvvisamente si sentì trascinato via, e perse i sensi non appena avvertì la sensazione di sentirsi risucchiato lontano dalla sua postazione, lontano dai demoni. Che qualcuno avesse deciso di salvarlo?
Sam?
Bobby?
Quando riaprì gli occhi non aveva idea di dove si trovasse. Era immerso nella natura, c’erano alberi e fiori, udiva il canto degli uccelli, indossava gli abiti di quando si era visto con gli angeli ed era di nuovo sulla terra… cosa?
Quanto tempo era passato? Come mai era di nuovo sulla terra?
«Ciao Dean».
Quella voce lo fece trasalire, era una voce bassa, monocorde, ma familiare, la melodia più bella che avesse mai sentito in vita sua, e che credeva non avrebbe mai più risentito. Si voltò immediatamente nella direzione da cui aveva sentito quel suono angelico, e si ritrovò immerso nella luce di nuovo, ma non era come guardare il sole e sentirsi abbagliati, no, era piacevole guardare quella luce, faceva bene, e lo riscaldava dall’interno. Castiel era di fronte a lui, capelli neri, occhi blu, niente trench – quello era sotto il cuscino di Dean, a casa, piegato con cura – e due immense ali candide alle sue spalle.
«C-Cas? Sono in paradiso? Ho appena visto un angelo…» chiese stupefatto, prima di sentire la risata del moro di fronte a lui, una risata bassa, ma che come tutto il resto riusciva a riscaldare il suo cuore, e la sua anima, ormai troppo tormentata.
«Questa è la prima cosa che mi hai detto, Dean» disse l’angelo, con l’ombra di un sorriso sul volto.
«No, non…» Dean aggrottò le sopracciglia mentre rispondeva, ricordava la prima volta che aveva visto Castiel, ma non ricordava di aver detto una cosa del genere durante quell’episodio, quando aveva detto una frase così banale, ma veritiera? Non sarebbe stato da lui, a meno che non si fosse trovato davanti una bella ragazza – o Castiel.
«Sì, quando… insomma, ti ho salvato dai vampiri, eri confuso e ferito, ma mi hai detto queste esatte parole» ricordò l’angelo, mentre lo fissava per accertarsi che tutte le sue ferite fossero guarite. Non poteva far nulla per le ferite inferte alla sua anima, aveva tentato di rimediare anche a quelle, ma aveva avuto solo scarsi risultati, era impossibile.
«Puoi darmi torto? Sei un angelo, con o senza ali» gli disse con un mezzo sorriso sulle labbra, cercando di non mostrare troppo ciò che provava, perché Cas ricordava la prima cosa che gli aveva detto ed era una cosa fin troppo… romantica e dolce per uno come Dean, abituato a persone – eccetto la sua famiglia – che non ricordavano nemmeno il suo nome «e quindi… tu sei così? Hai di nuovo i tuoi poteri…?» si morse il labbro inferiore per non mostrare troppo ciò che iniziava a sentire. Castiel angelico era semplicemente bellissimo, era imponente, non sembrava per nulla il timido e goffo ragazzo che aveva conosciuto. Era meraviglioso.
«Grazie a te, Dean, quando… insomma, ti sei sacrificato per me, Gabriel mi ha ridato la grazia» spiegò, cercando di mostrarsi quanto più distaccato possibile, aveva portato Dean fuori dall’inferno, e non sapeva come dirgli che poi sarebbe dovuto tornare in paradiso per sempre, perdendo di nuovo i suoi poteri, continuando a vivere tra la vita e la morte, in un limbo, senza di lui.
Come poteva dirgli addio? Era troppo difficile da fare, c’era poco tempo e troppo da dire.
«E tu hai portato me fuori? Lo hai fatto per me?» chiese il cacciatore, ancora più confuso di prima. Aveva appena realizzato di essere stato tirato fuori dall’inferno, nel quale era finito per salvare Castiel, e ora… «Cas, no, non ti permetterò di ritornarci!»
«No, no!» esclamò l’angelo, scuotendo la testa, guardando il suo cacciatore così disposto a sacrificarsi per lui. Non avrebbe mai immaginato che dopo la scenata fattagli, Dean avesse fatto un gesto del genere, non dopo che gli aveva detto quelle cose, non dopo che l’aveva picchiato, odiato «al posto mio e al tuo c’è Metatron, ho fatto… un accordo con Gabriel, sai, siamo amici» quasi gli scappò una risatina vedendo l’espressione contrariata di Dean, le sopracciglia aggrottate, la mascella contratta. Era geloso per caso?  «io ho portato te fuori e Gabriel ha portato Metatron dentro, perché andava punito per aver cospirato contro il paradiso, quindi io ne esco quasi pulito» spiegò l’angelo, mentendo mentre guardava il cacciatore, che ancora restava perplesso.
«In che senso?» chiese preoccupato da quel “quasi” che non gli piaceva per nulla. Il quasi non era mai segno di buon auspicio, e non poteva essere rimasto tutto quel tempo in quel posto orribile per poi metterlo nei guai «ucciderò quei figli di puttana se ti faranno del male, Cas, non sono finito all’inferno per nulla, capito?!» chiese nervoso e irritato, avvicinandosi a lui e guardandolo negli occhi.
Ah, quanto mi era mancato questo blu intenso, e innaturale. – pensò, mordendosi la lingua per non continuare, perché lo sguardo di Castiel era fisso su di lui, serio. Non avrebbe ammesso obiezioni alla sua decisione.
«Ti basti sapere che devo restare in paradiso» la sua voce era innaturalmente monocorde, e Dean non capiva perché «e che non devi uccidere nessuno, Dean, ti prego, prometti che non ucciderai gli angeli» lo supplicò cercando con i suoi occhi blu, quelli verdi di Dean, che ora cercava di non guardarlo tenendo gli occhi chiusi, per non potersi perdere e lasciare uscire le parole come fiumi, ma doveva farlo, era necessario, Cas non poteva andare via senza saperlo, non di nuovo.
Il cacciatore inspirò ed espirò profondamente, prima di aprire gli occhi e guardarlo di nuovo in essi, annegando in quel blu così profondo e intenso, troppo fuori natura per essere reale, troppo irreale, ma comunque meraviglioso.
«E tu prometti che starai bene».
«Lo prometto, ora prometti tu».
«Lo prometto».
Castiel abbassò lo sguardo, colpevole, aveva mentito nuovamente, solo per proteggerlo, stavolta, mentre Dean non staccava lo sguardo dalla sua figura, non ci riusciva. Era così tanto che non lo vedeva, così tanto che non lo baciava, e aveva così tante cose di cui farsi perdonare, che non sarebbe bastato tutto il tempo del mondo, e il loro era troppo poco. Quell’incontro sembrava tanto essere l’anticamera di un addio, e no, Dean non era pronto a dirgli addio, non di nuovo, non subito dopo essere uscito dall’inferno. Aveva bisogno di lui, più in quel momento, che in altri. Non poteva andare via, non in quel momento, era ingiusto. Non avrebbe mai voluto dire addio a Castiel, sarebbe voluto restare con lui in quella radura lontana per sempre, solo loro nascosti dal mondo.
Gli afferrò la mano, stringendo le labbra tra di loro, mentre l’angelo alzava gli occhi verso di lui, regalandogli di nuovo quel blu immensamente bello e caldo, posando il suo sguardo sovrumano, angelico, immortale su di lui, un povero e comune mortale. Dean si sentiva così piccolo di fronte a quelle ali, di fronte a quell’angelo che aveva creduto potesse appartenergli nella sua vita, per sempre, e invece gli stava dicendo addio. Lo sapeva, quella frase aleggiava tra di loro, ed incombeva minacciosa sulle loro teste, come una bomba in attesa di detonazione, o un  masso prima di schiantarsi al suolo. Tutto era fermo, mentre loro si guardavano, scrutandosi l’anima a vicenda, scoprendole l’una più tormentata dell’altra, paure e timori, inquietudini e ansie. Perché no, non potevano dirsi addio, Dean non lo avrebbe mai accettato, perché era di nuovo colpa sua, perché Castiel lo aveva tirato fuori dall’inferno, e rischiava di nuovo di fare una cazzata, e se gli angeli gli avessero fatto del male? Se avesse rischiato la vita, in paradiso?
Come poteva lasciarlo lì? Come poteva lasciarlo di nuovo da solo?
«E’ un addio, Cas?» chiese Dean, con la speranza che la risposta fosse un no, perché non poteva pensare che fosse l’ultima volta in cui vedeva Castiel, non poteva pensare di non rivederlo mai più, non poteva dirgli addio.
Castiel non riuscì più a reggere il contatto visivo, non sarebbe tornato, quello era un addio, era vero. Avrebbe potuto mentire, certo, ma non voleva illudere Dean con una bugia, anche se la tentazione era forte, ma il cacciatore non meritava altre bugie, meritava solo la pura e semplice sincerità. Meritava un addio sincero, meritava amore, meritava di essere felice, ma non con lui.
Si avvicinò a lui, incorniciò il volto del cacciatore con le sue mani, e circondò con le proprie ali il suo corpo, per proteggerlo dal mondo circostante, e Dean giurò di non essersi mai sentito tanto bene come in quel momento.  
C’era la pura pace intorno a loro, ma insieme alla pace tutto ciò che di brutto esisteva, li circondava: l’addio imminente.
Erano soli, in quel momento, in quel luogo lontano dal mondo, avvolti in un bozzolo d’amore, pace e serenità, solo per quell’attimo, ed entrambi speravano che quell’attimo di tempo durasse tutta l’eternità, perché si appartenevano, erano l’uno il destino dell’altro, erano anime gemelle, tuttavia le loro fantasie erano state cancellate dagli avvenimenti, e le paure inevitabili dovevano essere affrontate, tutto quello era da affrontare.
Erano chiusi in un bozzolo dove esistevano solo loro, niente era importante. Unicamente loro, le loro paure e i loro sentimenti.
Castiel si avvicinò al volto di Dean, e gli sfiorò le labbra con le proprie, mentre il cacciatore univa la fronte a quella dell’angelo, e portava le mani dietro al suo collo, avvicinandosi maggiormente a lui, i loro respiri si fusero nell’esatto momento in cui i loro corpi collisero, e la pace esplose intorno a loro, come un lampo durante una tempesta. Dio, è tutto così perfetto, ora.
«Cas, io…» doveva dirglielo, prima dell’addio, perché doveva, Castiel non poteva andare via, senza saperlo «mi dispiace, per tutto quello che ti ho fatto, non dovevo… io non dovevo scappare, non dovevo dirti che ti odio, io non ti odio, non posso odiarti, non ti odierò mai, e mi dispiace, mi dispiace essere arrivato tardi, ho guidato tutta la notte quella notte, volevo arrivare da te, ma ho fatto tardi, non sono arrivato in tempo, e mi dispiace, mi dispiace… mi sono reso conto dopo, non volevo trattarti male, non volevo picchiarti…» Dean parlava veloce, parlava senza fermarsi, senza respirare, quasi d’un solo fiato, perché sapeva di avere poco tempo per scusarsi, poco tempo per restare lì, tra le braccia di Castiel, il quale però sorrise, e scosse la testa, appoggiando un dito sulle labbra di Dean, zittendolo, togliendogli il fiato. Sapeva ogni cosa, non importavano le scuse ora, importavano solo loro, e il presente, niente passato. Ciò che era stato, era nel passato e non sarebbe tornato mai più.
«Lo so, Dean, lo so. Non importa, basta» sorrise, spostando il dito, mentre il cacciatore spalancava gli occhi a quel contatto improvviso «non mi importa, eri deluso, e avevi ragione. Abbiamo sbagliato entrambi, ma ora siamo qui, insieme, e siamo salvi».
«E ci stiamo dicendo addio» lo corresse Dean, con una nota di malinconia nella voce. Non voleva dirgli addio, non poteva, non ora che si erano ritrovati, non ora che stavano bene entrambi, non ora che erano fuori dall’inferno, non ora…semplicemente non ora.
E fu allora che, portata di nuovo la mano sulla guancia di Dean, Castiel si alzò leggermente sulle punte e baciò il cacciatore, congiungendo le loro labbra, così come non facevano da parecchio tempo, sentendo di nuovo l’uno il sapore dell’altro, mentre il più alto stringeva maggiormente le braccia attorno al suo collo, stringendosi contro il suo angelo, senza più fiato nei polmoni, perché Castiel gli toglieva totalmente il fiato, ogni volta. Si baciarono avidamente, nostalgici e quasi irruenti, dopo tanto tempo che si erano privati di tale privilegio. I loro cuori battevano all’unisono, le loro menti erano spente, e le loro bocche impegnate. Si sentivano solo i loro respiri fusi insieme, il cinguettio degli uccelli e il frusciare del vento tra gli alberi facevano loro da sottofondo, mentre le ali di Castiel li avvolgevano in un bozzolo protetto e sicuro, lontano da sguardi indiscreti – sebbene fossero in una landa desolata – e da pericoli incombenti.
Castiel era lì, Dean era lì, erano l’uno nelle braccia dell’altro, e niente andava male, come poteva andare male, quando erano insieme?
Il bacio divenne da irruento, dolce. Adesso la voglia che avevano l’uno dell’altro si era placata, e i sentimenti dolci fluivano in loro, dando spazio ad un bacio lungo e dolce, pieno d’amore e dolcezza, piccoli morsi e sorrisi contro sorrisi. Una mano di Dean era finita nei capelli dell’angelo, e una mano di quest’ultimo si era fatta largo sul fianco del cacciatore, sotto la sottile maglietta di cotone indossata da lui, carezze delicate e dolci venivano fatte, durante quell’illimitato bacio, più lungo del dovuto.
Si staccarono solo un attimo, solo per respirare, senza nemmeno aprire gli occhi, ma nel momento in cui le loro labbra si incontrarono nuovamente, il bacio divenne disperato, senza ombra di dolcezza, come quello di prima.
Disperazione e tristezza si fusero tra di loro contro le loro labbra, perché finalmente si erano incontrati ed entrambi avevano appena realizzato che quello fosse realmente un addio, che quello fosse il loro ultimo bacio, che non avrebbero avuto altre occasioni per dichiararsi, e Dean allora lo fece, separò per un attimo le sue labbra da quelle dell’angelo, restando però a distanza di sicurezza da lui, stringendogli le braccia attorno al collo, stringendosi contro di lui, stringendolo contro di sé, perché non voleva che il suo angelo svanisse improvvisamente davanti a lui, nel nulla, prima di sapere ciò che provava per lui. Si avvicinò allora al suo orecchio per sussurrargli un dolcissimo e sentito: «Ti amo», prima di baciargli il lobo e tornare a baciarlo sulle labbra con, forse, più disperazione di prima.
Nessuno dei due aveva mai provato niente di più straziante di ciò che stavano provando in quel momento, e in quel bacio esprimevano tutto il dolore, tutta la malinconia e tutto ciò che provavano: così tanti sentimenti contrastanti da renderli avidi di continuare quel bacio all’infinito, per allungare il tempo insieme, per non dirsi addio, non ancora, non in quel momento bellissimo.
Era un addio, e dopo di quello non ci sarebbero più stati Dean e Castiel, non ci sarebbero più stati i tre cacciatori quasi fratelli, Sam, Dean e Castiel, non ci sarebbe stato più nulla, perché sapevano entrambi che quello fosse un addio, un addio vero.
Non si sarebbero rivisti mai più, e avrebbero sofferto per questo, Dean avrebbe sofferto di sicuro. La disperazione regnava sovrana, era come una minaccia per entrambi, perché sapevano a cosa andassero incontro, sapevano che dopo quel giorno niente sarebbe stato lo stesso, sapevano che una volta separate le labbra, non si sarebbero mai più rivisti, sapevano che quello fosse l’ultimo bacio, e come tale, lo resero indimenticabile.
Quando le loro labbra si separarono nuovamente, Castiel non ebbe il coraggio di aprire gli occhi e guardare Dean che gli stava per prendere la mano con l’intenzione di intrecciare le loro dita, in una stretta dolce e sicura. Improvvisamente l’angelo scosse la testa, lasciando bruscamente il fianco di Dean, che teneva ancora stretto in una solida stretta protettiva, e, mormorando a bassa voce un tristissimo «Addio», svanì nel nulla con un battito d’ali, lasciando Dean solo con la mano porta in avanti nell’intento di prendergli la mano. L’espressione che si dipinse sul volto del cacciatore era stravolta, confusa e spaesata, la mano ancora protesa in avanti nell’atto di prendere quella di Cas, ma non l’aveva mai raggiunta, perché era svanito prima, privandolo di quella sensazione di pace eterna, lasciandolo solo in mezzo al nulla, dove non avrebbe nemmeno potuto contattare Sam, per dirgli che stesse bene.
Aveva rivelato i suoi sentimenti a Castiel, a quale fine? Si era di nuovo lasciato ingannare, adesso aveva il cuore spezzato, perché gli aveva detto addio, proprio quando lo aveva appena ritrovato e gli aveva rivelato i suoi sentimenti. Ammetterli era molto peggio di celarli, soprattutto dopo la perdita. Se non li avesse ammessi ad alta voce, li avrebbe rinchiusi in un angolo dimenticato dl cervello e li avrebbe celati, nascosti, senza mai dare troppa importanza a quello, ma ora detti ad alta voce avevano tutto un altro significato. Sono fottuto.
Dean si disse che quella sarebbe stata davvero l’ultima.
Mai più amore, per amore. Niente donne, niente uomini. Solo caccia e Sammy.
Con il morale a terra, nessuna voglia di fare nulla e sconvolto più che mai, Dean si incamminò in quel bosco, aumentando di tanto in tanto il passo perché era il tramonto e – si sa – tutti i mostri che lui aveva affrontato uscivano allo scoperto di notte, raramente di giorno, lui era senza armi e senza protezioni, quindi avrebbe fatto la cosa migliore correndo via da quel luogo, e cercando un centro abitato, da cui avrebbe potuto contattare Sam.
Si sentiva un completo idiota, oltre a sentirsi del tutto svuotato di qualunque cosa positiva, dal momento in cui Cas era andato via, nella sua mente le immagini dell’inferno avevano fatto capolino, imponendosi violentemente: tutte quelle torture, tutte quelle cattiverie, le urla delle altre anime, le sue urla, il dolore, i demoni, ogni cosa bussava alla porta della sua mente e entrava, tutto ciò che aveva vissuto era impresso come a fuoco nella sua mente e nella sua anima. Non doveva pensare, doveva chiudere la mente, e forse poteva riuscirci, concentrandosi su qualcos’altro, come la sua famiglia. Era chiaro, doveva tornare da Sam, ma non gli avrebbe mai raccontato nulla, sarebbe stato fin troppo da sopportare per il minore, e di certo Dean non era il tipo da abbattersi per dei brutti ricordi. Lui era forte, lo era sempre stato, e lo sarebbe stato ancora.
Ignorando le immagini e le urla nella sua mente, continuò la sua traversata di quella valle disabitata, e giunse sul ciglio di una strada, sulla quale poche persone passavano. Il cacciatore sperava solo di incontrare qualche persona buona e scroccare un passaggio nel primo centro abitato. Prima si ricongiungeva a suo fratello, prima avrebbe smesso di pensare a cose spiacevoli, all’inferno e a Castiel che lo aveva mollato in mezzo al nulla.
Non appena dei fari abbaglianti furono sulla sua visuale, Dean iniziò ad agitare il braccio dinanzi a sé, con la speranza che l’auto lo notasse e si fermasse, ma quella passò davanti a lui, ignorandolo. Il cacciatore sbuffò e attese, sedendosi sulla ringhiera che lo separava dal bosco dal quale era uscito. Attese forse per ore, a giudicare dalla luce lunare e le stelle apparse in cielo, che Dean stava scrutando con attenzione, perché ingenuamente pensava che Castiel potesse essere su una di quelle, pur sapendo che le stelle non fossero altro che palle di gas e polveri fluttuanti nello spazio. Perché sei andato, Cas?
Non riusciva a non farsene una colpa.
Tutto era colpa sua, perché non era tornato indietro, non aveva capito, era tornato tardi. Aveva mandato lui Castiel all’inferno, e tirandolo fuori l’aveva reso di nuovo un angelo, che a sua volta lo aveva tirato fuori da quel luogo terribile e ora… era da qualche parte in paradiso. Sperava solo che stesse bene, e che gli angeli non lo torturassero. Sapeva che il suo posto dovesse essere l’inferno, perché un errore come lui, poteva andare a finire solo lì, perché Cas lo aveva tirato fuori? Perché aveva rischiato in quel modo per uno come lui? Perché non lo aveva semplicemente lasciato a marcire sotto quelle torture?
Oltre ai sensi di colpa e all’odio verso se stesso, ora si aggiungevano anche le immagini, i flashback, i ricordi di tutto ciò che era stato l’inferno, e tutto quel peso era troppo per una sola persona, persino per un uomo coraggioso come Dean Winchester.
Ormai era notte inoltrata, quando un furgoncino si fermò di fronte a lui. Da lì uscì qualcuno, producendo un rumore quasi sinistro, muovendo i piedi sull’asfalto. Dean sonnecchiava, stanco e provato mentalmente da tutto quello che gli ritornava nella mente ogni volta che chiudeva gli occhi, seduto su quella ringhiera, sempre all’erta. Non appena percepì il rumore, Dean aprì un occhio per studiare la situazione, era sempre attento a tutto ciò che lo circondava, come gli aveva insegnato Bobby.
Non avendo armi con sé, avrebbe dovuto lottare a mani nude, ma poco importava, ne era capace e doveva farlo per salvarsi.
«Dean?» chiese una voce fin troppo familiare per le sue orecchie, e allora il cacciatore alzò lo sguardo e si ritrovò di fronte il fratello minore in carne ed ossa. Con un balzò fu giù dalla ringhiera e gli si avvicinò rapidamente, quasi in trance, quasi come se avesse visto un miraggio. Non appena si rese conto che fosse realmente suo fratello, che fosse vero e reale, gli saltò al collo, abbracciandolo subito, avvolgendogli le braccia attorno alle spalle, stringendo gli occhi, per cercare di fermare l’imminente arrivo di qualcosa che lui proprio non avrebbe sopportato fare davanti agli altri, soppresse le brutte sensazioni e tirò un sospiro di sollievo, era di nuovo con suo fratello, finalmente. Nulla poteva andare male, con lui.
«Finalmente ti abbiamo trovato» disse ricambiando l’abbraccio del fratello, con una stretta solida e stretta «Castiel ci ha avvertiti, so tutto, tranquillo, non devi spiegarmi niente, va tutto bene, Dean» lo rassicurò accarezzandogli la spalla. L’angelo aveva fatto visita loro nel pomeriggio, sommariamente aveva raccontato sia a Sam che a Bobby ciò che aveva fatto Dean, e che lui l’avesse tirato fuori dall’inferno, li rassicurò sulla sua salute, e gli indicò il posto dove trovare il maggiore dei Winchester, e poi dopo un lungo abbraccio con Sam, era volato via, sparendo dalla loro vista. I due cacciatori avevano cercato Dean per ore, prima di riuscire a trovarlo sul ciglio della strada, infreddolito e mezzo addormentato sul limitare del bosco. Ma ora che Sam stringeva il fratello tra le braccia poteva dire di essere tranquillo. Erano stati i giorni più lunghi quelli passati senza sapere dove fosse finito.
Il maggiore senza accorgersene aveva iniziato a piangere, per la prima volta davanti a qualcuno, davanti a suo fratello, o meglio sulla spalla di suo fratello. Si sentiva una ragazzina, ma non poteva farne a meno, non dopo tutto quello che gli era capitato in quel periodo laggiù. Nessuno era così forte da restare impassibile di fronte a quelle torture infernali, nemmeno il prode e coraggioso Dean Winchester, certe esperienze segnavano dentro, e Dean ne era la prova tangibile.
Stava mostrando la parte di più debole di se stesso alla persona che avrebbe dovuto proteggere, ma non poteva farne a meno, era fin troppo provato, e l’assenza dell’angelo non faceva che aumentare quella sensazione, perché il cacciatore sapeva che fosse colpa sua. Sam non si lasciò scoraggiare, non sapeva come avrebbe reagito Dean, dopo quell’inferno, ma era pronto a tutte le evenienze, anche alla meno probabile, come un pianto liberatorio da parte del più grande.
«Dean, calmati…» gli sussurrò mentre la sua mano non smetteva di accarezzargli la schiena, cercando di calmarlo «va tutto bene, sei con noi, sei con la tua famiglia, ora».
E mentre Sam lo trascinava verso il furgoncino grigio di Bobby, Dean stringeva la maglietta del fratello tra le mani, piangendo quasi a singhiozzi. Tutto ciò che provava era tutto fin troppo distruttivo, fin troppo duro da affrontare, almeno non poteva farlo subito, nonostante si sentisse indegno di tale supporto, lasciò che il fratello accogliesse il suo pianto liberatorio, e che cercasse di consolarlo, per quel giorno. Da quello successivo sarebbe tornato il solito Dean, chiuso a tutti i sentimenti e alle emozioni.
Non si sarebbe lasciato scalfire da nulla, non dopo essere riuscito a sopravvivere all’inferno, ma in quel momento, si godeva l’affetto familiare che Sammy riusciva a trasmettergli in ogni occasione, anche in quella più disastrosa come quella corrente.
Riuscì a calmarsi solo dopo duecento metri di viaggio, Sam, seduto con lui nel retro del furgoncino, non lo aveva mai lasciato, gli era stato accanto durante tutto il suo sfogo e aveva tentato di rassicurarlo come meglio poteva, riuscendoci solo circa venti minuti dopo. Dean aveva gli occhi arrossati, il volto sconvolto, ma un po’ si sentiva meglio. Non bene, ma leggermente meglio. Gran parte del suo dissidio lo aveva scaricato con le lacrime, il resto pian piano lo avrebbe accantonato come suo solito, e depositato negli angoli più reconditi del suo subconscio, e mai più avrebbe ripensato a tutta quella merda che era stato costretto a vivere, tuttavia non avrebbe mai potuto dimenticare l’inferno, quello sarebbe stato un ricordo indelebile nella sua mente, impresso a fuoco in essa e nella sua anima; non avrebbe mai dimenticato le torture e le urla, il dolore e la disperazione.
Quell’esperienza lo aveva davvero segnato per l’eternità, ma non l’avrebbe fatto pesare a Sam, lo sfogo di quella notte era bastato a mostrarsi debole una volta, ma non sarebbe accaduto mai più. Lui non era uno debole, non si lasciava vincere e spezzare, né piangeva tra le braccia di Sam, era stato un caso e la sua emotività era stata dettata anche dall’addio dell’angelo, che lo aveva abbandonato.
Aveva conosciuto Castiel, se ne era innamorato, e aveva fatto una cazzata andando via, perché non lo aveva ascoltato, aveva tratto conclusioni subito, senza prestare attenzione, ma poi aveva tentato di rimediare, finendo all’inferno per quelli che erano sembrati anni, quando in realtà non erano passati che pochi giorni terrestri, e dall’angelo era stato tirato fuori da quel luogo, lui però alla fine era volato via, lasciandolo solo, dopo un bacio mozzafiato, e da questo ne era uscito distrutto. Poi aveva ritrovato suo fratello, e allora tutto era andato per il verso giusto, si era sfogato e ora stava meglio.
Sì, stava meglio, ed era tutto grazie al più piccolo.
Basta relazioni, se me ne tengo alla larga, starò bene.
Solo caccia e mio fratello. Solo caccia e Sam.
Starò bene, grazie a lui.
Sto bene, grazie a lui.
Sam lo guardò preoccupato, e volle accertarsi che stesse bene, si era preoccupato a vederlo in quelle condizioni, si era preoccupato vedendolo annullarsi dopo la morte di Castiel, si era preoccupato vedendolo piangere, ma avrebbero superato tutto, insieme.
«Stai bene, Dean?»
«Ora sì, Sam».

 
To be continued...

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Eccoci qua, again! 
Allora, cosa dire. Rinnovo per la milionesima volta le mie scuse e ringrazio chi continuerà a seguirmi.
Anyway. Allora, Dean si è sacrificato per Cas (per chi sente puzza di fine seconda/inizio terza stagione, ha ragione) ma Cas non può lasciarlo marcire all'inferno per colpa sua, anche se Dean stronzo com'è stato con Cas, lo meriterebbe (no, Dean non è assolutamente il mio personaggio preferito pft... no!) comunque, Cas va a recuperarlo (season 4 is here!) e poi si dicono addio. Vi dirò, amo la parte in cui Dean ritrovato Sammy si sfoga, anche è mooolto OOC, per fortuna che c'è l'avvertimento LOL volevo sottolineare il rapporto tra Sam e Dean, spero di esserci riuscita; comunque questo è quanto. Ah no. Facciamo una hola per Gabriel che aiuta Cas a salvare Dean. Ed esultiamo per aver spedito quel brutto bastardo assassino di Metatron all'inferno. I demoni saranno contenti di coccolarlo
Il prossimo sarà l'ultimo, I'm so sad. 
Confesso che era questo l'ultimo capitolo, qualche mese fa, ma poi ho deciso di aggiungerne uno. E il motivo lo spiegherò nel prossimo capitolo, perchè voglio tenervi un po' sulle spine. 
E ci rivediamo tra un paio di giorni, non di più, promesso! 
A presto, gente! 
 

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Capitolo 12
*** Parte XII ***


Desclaimer: I personaggi non appartengono a me, per mia sfortuna, e io da tutto ciò non ci guadagno assolutamente nulla.

Credits: A Lu, per il banner! 

 

 
Erano passati sei mesi da quel giorno, dal giorno in cui il maggiore dei Winchester era stato tirato fuori dall’inferno dall’angelo di cui era innamorato, il quale, tornato in paradiso, lo aveva lasciato come uno stoccafisso, solo con se stesso. Dean come prefissatosi, aveva iniziato a cacciare senza sosta per tenere la propria mente occupata: trovava i casi più strani e bizzarri, spesso anche violenti e sanguinosi, uno dietro l’altro, quasi come se avesse fatto un patto con un demone, affinché riuscisse a trovare misteri paranormali e persone bisognose del loro aiuto. Era disposto a tutto, pur di far fuori qualsiasi essere vivente e non appartenente al mondo sovrannaturale. Fantasmi, demoni e qualsiasi altra creatura sovrumana non avevano scampo, davanti alla sua furia devastante. Era determinato a portare a termine ogni singola caccia, non si fermava mai, e spesso nemmeno dormiva.
Sam sapeva che questo era solo un piano per non pensare a tutto ciò che aveva vissuto, per distaccare la mente da quegli incubi che lo tormentavano durante la notte. Lo aveva sentito urlare spesso mentre dormiva, e a volte era anche accorso, restando pietrificato davanti all’immagine di suo fratello che si agitava nel letto, lamentandosi e urlando, ancora profondamente immerso nel suo sonno tormentato. Spesso, il minore aveva tentato di svegliarlo, fallendo miseramente, perché, come veniva toccato, Dean si spaventava maggiormente, cominciando a dimenarsi convulsamente tra le coperte, urlando più forte.
Sam sapeva che quegli incubi erano causati dalla sua lunga permanenza all’inferno, ma sapeva anche che essi erano causati dalla permanenza di un’altra persona all’inferno, una persona a cui il fratello teneva parecchio, una persona che ora non era più insieme a loro. A volte, infatti, Sam sentiva Dean gridare il nome di Castiel durante i suoi incubi. Non ne capiva il motivo, ma probabilmente era successo qualcosa tra loro due, che il maggiore proprio non voleva dirgli. L’ultima volta che Dean gli aveva parlato di Castiel, era stato qualche mese prima, quando gli aveva chiesto il significato di quel misterioso biglietto, lasciatogli da Castiel prima della sua morte, prima che Dean finisse all’inferno per salvarlo, prima che tutto quel dolore avesse inizio. In quell’occasione, il minore gli aveva spiegato che essi non erano altro che dei versi tratti dall’opera di un letterato inglese del ‘600, John Milton, Paradise Lost. Dean comunque non capì il loro significato e troncò di netto il discorso, senza approfondire la conoscenza di quello. Non gli importava, o meglio fingeva che non importasse, tanto che ogni cosa riguardante Castiel era diventata tabù. Sam non sapeva come gestire quelle reazioni del fratello, e non sapeva nemmeno fermarlo in quel momento, e per questo era immensamente preoccupato, nemmeno con l’aiuto di Bobby, che, in generale, veniva ascoltato dal più grande, lo aveva fatto ragionare. Dean non si fermava mai, cacciava, e cacciava ancora, senza fermarsi, senza pause. Era un non-stop di caccia, e notti insonni a cercare casi dopo casi, erano sempre in viaggio, e Sam nemmeno ricordava quando fosse stata l’ultima volta che si erano fermati in un motel per riposare decentemente. Sam si struggeva perché preoccupato per suo fratello e addolorato per non poterlo aiutare, nonostante si impegnasse come meglio poteva, ma Dean si stava autodistruggendo pur di non parlare di cosa provasse in quel momento.
Stavano dissotterrando un fantasma quando il maggiore crollò per terra, svenendo, probabilmente a causa della stanchezza e del dolore che provava, della sofferenza che si era gettato da solo addosso pur di non parlare di ciò che sentisse dentro di sé in quei giorni, in quelle settimane, in quei mesi. Si era semplicemente lasciato cadere per terra, battendo leggermente la testa sull’asfalto, perdendo i sensi. Sam aveva subito pensato che il fantasma avesse tentato di possederlo, e si era mosso a gettare la benzina e il sale sulle ossa, bruciandole l’attimo dopo, prima di soccorrere il fratello.
«Dean, Dean» lo chiamò, senza ottenere risposta, lo schiaffeggiò ripetutamente prima che quello aprisse gli occhi di scatto, sgranandoli del tutto, quasi come se fosse sconvolto da qualcosa, terrorizzato «Dean, che succede?»
«Niente» tagliò corto, alzandosi in piedi, ignorando il capogiro subentrato subito dopo il suo rialzo «dov’è quel figlio di puttana di un fantasma?» chiese impugnando il fucile caricato a sale.
«L’ho eliminato, ora andiamo in macchina e troviamo un motel. Devi dormire decentemente» impose il più piccolo, guardando con preoccupazione il fratello, che si ritrovò ad annuire con l’aria mesta. Non poteva dirgli che appena chiudeva gli occhi vedeva se stesso torturare Castiel, ogni singola volta. Non poteva rivelargli che il suo più grande incubo, era di aver detto sì, ed aver iniziato a torturare non un’anima qualsiasi, bensì quella di Cas, e in tutti i suoi sogni, lui era così dannatamente diverso da come lo ricordava, e, sebbene Dean sapesse che non era vero, ogni volta l'anima di Castiel nei suoi incubi gli urlava contro di odiarlo, e che era tutta colpa sua.
Dean non sapeva perché il suo subconscio producesse quelle immagini, dato che non si era mai piegato ai demoni, ma sapeva che appena provava a dormire, sentiva il desiderio di porre fine alla sua vita, sentiva le urla di Castiel come sue, e lui era il diretto responsabile di quella sofferenza per l’angelo, che, nonostante fosse andato via, lasciandogli un vuoto incolmabile al centro del petto, aveva un posto speciale nel cuore del cacciatore, anche se egli tale sentimento lo aveva scacciato, nascosto, celato agli occhi e alla mente, per non soffrire. Per quanto provasse ad eliminarlo, nel suo cuore era sempre presente, perché, nonostante lo scacciasse, la notte tornava a bussare alla porta della sua mente, insieme agli orrori vissuti e tutto diventava ancora più complicato da gestire.
No, Dean non voleva dormire.
Non voleva vivere l’inferno, e non voleva vedere Castiel soffrire, egli non lo meritava. Lui lo aveva salvato dall’inferno, e gli aveva regalato qualcosa che nessuno gli avrebbe mai potuto regalare: gli aveva fatto vivere qualcosa di così intenso da divenire indimenticabile, aveva portato la gioia di vivere e l’allegria che da tempo mancavano nella sua vita, che forse non erano mai state presenti in essa, ma poi quelle sensazioni si erano rivelate mere illusioni, perché Castiel era andato via, lo aveva svuotato, distrutto. Con un battito d’ali si era presentato nella vita del giovane Winchester, e con lo stesso battito d’ali, era volato via, lasciandolo solo nel suo dolore.
Dean non avrebbe mai ammesso, che prima di dormire, o almeno tentare di farlo, nel dormiveglia, all’interno della sua mente pregava. Pregava gli angeli affinché non facessero del male al suo angelo, pregava gli arcangeli affinché gli rimandassero Castiel, pregava loro promettendo che non avrebbe mai cacciato gli angeli – come aveva già promesso al suo angelo – che anzi, li avrebbe protetti; avrebbe fatto di tutto, pur di riavere Castiel accanto a sé. Ma era sempre il suo subconscio a parlare, lui, personalmente non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, non avrebbe mai detto di avere un bisogno spasmodico di quell’angelo, che ormai gli mancava quasi più dell’aria che respirava. Avrebbe fatto volentieri a meno dell’aria, pur di riavere Castiel.
Il problema di non ammetterlo, però, era che lui si illudeva di averlo dimenticato.
Era convinto che cacciando come un forsennato, che sopprimendo dentro di sé i suoi sentimenti, che lasciandoli solo al subconscio, avrebbe sofferto di meno, il dolore sarebbe affievolito, man mano poi sparendo. E invece per lui era sempre peggio, più sopprimeva i suoi sentimenti, più gli incubi erano frequenti, più sopprimeva più si sentiva soffocato da tutto, perché era tutto ingestibile, più grande di lui. Non ce l’avrebbe mai fatta da solo, ma non lo capiva, lui era convinto di poter fare tutto, di essere invincibile e di non aver bisogno di altri che se stesso per stare bene, niente sofferenze, niente amore, niente sentimenti.
Diceva a se stesso di stare bene, e se ne auto-convinceva. Andava bene così. Nemmeno Sam, però, sapeva che la mattina dopo essere stato ritrovato, Dean aveva scoperto di avere una cicatrice ben visibile sulla spalla. Era l’impronta di una mano, la mano di Castiel. Doveva avergliela lasciata quando lo aveva tirato fuori dall’inferno. Questa durante la notte iniziava a pizzicare, ma non era doloroso, era giusto un po’ fastidioso, e non appena Dean la toccava, quella sensazione si placava, e il cacciatore, come richiamato da quella strana pulsazione, si sentiva un po’ più vicino a Castiel, quasi come se potesse sentirlo, toccarlo, sfiorarlo con quel semplice contatto. Sam non sapeva che lui, almeno per il primo mese di distanza forzata, la sfiorava ogni qualvolta che sentiva troppo la mancanza dell’angelo, o che gli incubi erano troppo forti e violenti, ma con il passare del tempo, Dean aveva smesso di dar peso anche alla cicatrice, aveva ignorato la sua esistenza vivendo solo di incubi e sensi di colpa per i cinque mesi successivi.
Insieme a Sam, trovò un motel poco distante dal luogo in cui avevano distrutto il fantasma, ed insieme vi si diressero. Per tutto il tragitto restarono in silenzio, Sam, alla guida, di tanto in tanto fissava il maggiore, che teneva lo sguardo perso fuori dal finestrino, perso nei suoi pensieri, nessun fiato volò in quell’auto, fino all’arrivo nel motel. Dean scese in fretta, recuperò il suo zaino e andò alla reception, mentre Sam, rimasto in auto, parcheggiò e poi raggiunse il fratello già arrivato nella camera.
Non si dissero nulla per giorni, e Sam non cercò di insistere con il fratello, volendo lasciargli il tempo per sentirsi sicuro di parlare. Dean sapeva tenersi dentro le cose anche per anni, e poi esplodere inaspettatamente in uno sfogo.
Erano passati circa tre giorni, non avevano fretta di andar via, non avevano casi e il minore voleva dare al maggiore il tempo per riposare e recuperare le energie, sebbene non dormisse molto – Sam lo sentiva svegliarsi in tarda nottata, e girovagare poi per la stanza senza che riuscisse ad addormentarsi – guadagnava energie nello star fermo in un posto, senza far viaggi lunghi o dormendo in auto. Dean non si era aperto, e probabilmente, secondo il più piccolo, non lo avrebbe fatto tanto presto, ma aveva smesso con il suo mutismo forzato. Parlava con lui di casi da risolvere, di tornare qualche giorno da Bobby, di fare provviste, poiché le loro erano finite, e cose similmente futili, non toccava mai due argomenti: Castiel e l’inferno. C’erano volte in cui Sam avrebbe voluto forzare il fratello a parlare, costringerlo a rigettare fuori tutte le cose orribili che covava dentro di sé, anche a suon di pugni, ma sapeva che nessuno avrebbe cavato qualcosa dalla bocca di Dean, nemmeno torturandolo. Era il maggiore, d’altra parte, aveva imparato ad essere forte sia per se stesso che suo fratello, e questo Sam glielo riconosceva, ma avrebbe davvero voluto aiutarlo, non sapeva come, ma avrebbe voluto davvero farlo, quanto meno per ringraziarlo di tutto ciò che aveva fatto per lui, in tutti quegli anni.
Erano le dieci di mattina del quarto giorno al motel, quando Sam chiese a Dean di andare a fare la spesa, il maggiore aveva accettato, perché passare qualche ora lontano dallo sguardo indagatore e preoccupato del minore non avrebbe fatto altro che giovare alla sua salute. A volte si sentiva oppresso da Sam, poiché lo riteneva troppo protettivo nei suoi confronti, tanto quanto il minore considerava Dean protettivo nei propri confronti, ma erano fratelli erano cose di normale routine.
«Mi raccomando, non dimenticare le verdure!» gli aveva urlato mentre era davanti al suo laptop intento a fare qualche ricerca, affrettandosi ad abbassare lo schermo, non appena il fratello fu dietro di lui. Sam sentì un conosciuto “sei il solito nerd”, prima di indossare le cuffie, avviando una riproduzione casuale di canzoni, per ignorare il fratello e i suoi possibili commenti in merito all’argomento di ricerca.
«Va bene, Sammy!» aveva urlato Dean, allontanatosi da lui, sull’uscio della porta, divertito dalle reazioni del fratello quando si invadevano i suoi spazi personali «ti comprerò…» stava dicendo, ma si interruppe, perché non appena aprì la porta il fiato gli mancò e tutto improvvisamente si fermò. Come se tutto l’ossigeno fosse stato risucchiato via dall’atmosfera terrestre, smise di respirare e le parole gli morirono nella gola, che parve arida come un deserto durante il giorno. Come se il tempo, il movimento terrestre, tutto, si fosse fermato in quel preciso istante, Dean stesso si bloccò. Tutto ciò accadde, perché l’inaspettato avvenne: nel momento in cui egli aveva aperto la porta, due occhioni blu – di un blu indefinibile, angelico – si erano materializzati davanti a lui, ostacolandogli il cammino, e ora lo studiavano con attenzione, captando qualsiasi suo movimento, allibiti anche loro, stupiti da ciò che si ritrovavano davanti. E improvvisamente, semplicemente il mondo si arrestò per un lungo istante.
Gli occhi del cacciatore erano semplicemente spalancati in un’espressione di puro sgomento, non credeva che potesse accadere, non in quel modo, non così velocemente, non così inaspettatamente: occhi blu, capelli neri, completo nero, camicia bianca e cravatta blu, fronte corrugata, occhi sgranati, espressione confusa, collo inclinato di lato, erano i tratti distintivi di una sola persona.
Non poteva essere altri che lui.
Castiel era lì.
Castiel era lì di fronte a lui, con una mano alzata a pugno, in procinto di bussare, e l’altra lungo il fianco, stringeva qualcosa che Dean non classificava, perché era troppo impegnato a metabolizzare cos’avesse, o meglio chi avesse davanti, perché semplicemente non poteva crederci. Sentiva lo stomaco, la mente e il cuore totalmente in subbuglio.
Le sensazioni che provava non erano uguali tra loro, bensì erano diverse le une dalle altre, contrastanti, da una parte voleva scappare, rientrare, chiudere la porta e dire a Sam di andare lui a fare rifornimento, voleva chiudersi nella camera del motel, riempire una valigia per andare da Bobby, o da qualsiasi altra parte e ignorare ciò che avesse di fronte; dall’altra parte avrebbe voluto abbracciarlo, baciarlo fino allo sfinimento, fino a che le labbra non avessero bruciato per il troppo attrito tra loro, e tenerlo con sé la maggior parte del tempo possibile, perché sapeva che loro due ne avessero davvero poco; da un’altra parte ancora, voleva urlargli contro, sfogarsi con lui, in un certo senso fargliela pagare, per il modo in cui l’aveva fatto soffrire, il modo in cui era mancato nella sua vita, così bruscamente e dolorosamente, tanto da farlo star male.
Perché era tornato?
Come aveva fatto a tornare?
Perché lo illudeva ancora? Non poteva essere possibile che fosse tornato, non l’avrebbe mai sperato, eppure era lì, di fronte a lui.
Che gli angeli avessero ascoltato le sue preghiere?
Era sul serio lui, perché improvvisamente si era sentito rilassato, quasi felice, libero da tutto ciò che lo aveva tormentato in quei lunghissimi sei mesi, leggero, come si era sentito solo al fianco di Castiel, nei mesi trascorsi con lui. Avvertiva una scarica di pace interiore che in tanti anni non aveva mai provato, ma che aveva iniziato a provare quando il moro dagli occhi azzurri era entrato a far parte della sua vita, e aveva smesso di provare quando l’angelo era volato via, dicendogli addio.
L’avvertiva nuovamente, e non sapeva se esserne felice, o no.
Temeva che da un momento all’altro, Castiel volasse via, lasciandolo nuovamente perso nei suoi sensi di colpa, nel suo auto-commiserarsi, solo con i suoi peccati.
Chiuse per un attimo gli occhi, convinto che fosse un’allucinazione, ma quando li riaprì Castiel era ancora di fronte a lui, gli occhi ancora sgranati, di un blu indecifrabile. Le parole che non riusciva a dire erano imprigionate nella sua gola, come quelle che avrebbe voluto dire Castiel, ma nessuno dei due parlava, i loro occhi continuavano a scrutarsi e a studiarsi, come se fosse stata la prima volta che si vedevano, il loro contatto visivo era indistruttibile, inscindibile, nemmeno il rumore, prodotto dal minore dei Winchester con la tastiera del laptop, riusciva a distoglierli dal loro studiarsi reciproco. Erano totalmente persi l’uno negli occhi dell’altro, era come se in quel momento esistessero solo loro, come se il mondo circostante fosse svanito, loro due fossero un unico centro di gravità, e tutte le sensazioni più contrarie fossero attratte su di loro.
Il cacciatore sentiva la bocca e la gola secche, oltre a non avere per nulla fiato nei polmoni, la mente era totalmente vuota, nemmeno Castiel parlava o muoveva un muscolo, tant’era intenso quell’attimo; e intanto il tempo passava incessantemente intorno a loro, nonostante sembrasse essersi fermato nel momento in cui gli occhi verdi del cacciatore e quelli blu del’angelo si erano incontrati.
Dean era totalmente perso negli occhi di Castiel, che gli parevano ancor più belli di quanto non li ricordasse, mentre Castiel era incantato dalla bellezza del cacciatore, gli sembrava ancora più bello di quando lo aveva lasciato, era come vederlo per la prima volta, e innamorarsi ancora di lui, che di fronte a lui, quasi boccheggiava nel guardarlo, sorpreso dalla sua presenza. Castiel sapeva di sorprenderlo, sapeva che Dean, pessimista com’era, non si sarebbe mai aspettato di rivederlo, d’altra parte anche lui era convinto che, dato ciò che Gabriel gli aveva detto, l’avrebbe mai rivisto, invece gli arcangeli erano stati magnanimi con lui, e sotto la pressione di Gabriel avevano accettato di rimandarlo sulla terra, lasciandolo senza poteri, liberandolo dal limbo in cui era rinchiuso: voglio rivederti solo quando sarai vecchio e avrai vissuto la tua vita con quel Winchester, Castiel – aveva ordinato perentorio l’amico, prima di farlo tornare a vivere una vita davvero desiderata sulla terra.
E ora, Castiel, tornando, aveva lasciato Dean Winchester, che aveva la risposta per tutto, senza parole.
Quale essere vivente prima di lui era riuscito in tale impresa? Gli veniva da ridere in quel momento, ma comunque non riusciva a farlo, perché ogni sua facoltà mentale e fisica era impedita dall’effetto di Dean su di lui, il cacciatore non era l’unico ad esser rimasto folgorato e senza parole alla vista dell’altro, anche l’angelo non sapeva esattamente cosa dire o fare in quel momento.
In verità, nessuno dei due sapeva cosa fare in quel momento, tuttavia Castiel che aveva appena finito di scontare la sua pena di vent’anni angelici – sei mesi umani – rinchiuso in quel limbo, dov’era rimasto solo con i propri pensieri, era desideroso di tornare alla sua vita da umano, quella che in quei pochi mesi vissuti, lo aveva fatto sentire più vivo di quanto non lo avessero fatto mille anni da immortale in paradiso.
Era di nuovo umano, per il cacciatore aveva rinunciato di nuovo alla sua grazia, e quindi alle sue ali, ma non importava perché, in fondo, sapeva di non aver bisogno delle ali per volare; aveva bisogno solo dell’amore di Dean. Non importava che avesse perso di nuovo tutto, per passare la sua vita con lui, avrebbe fatto di tutto, ma sapeva che nel rivedere Dean, sarebbe rimasto senza parole, per questo aveva scritto su una pergamena presa in prestito dal paradiso ciò che avrebbe voluto dirgli, e in un attimo di lucidità, riuscì a tirarla fuori da sotto al braccio, e metterlo davanti allo sguardo del cacciatore.
Dean gli aveva dimostrato amore in tutti i modi, aveva mostrato di tenerci a lui più di altri, più di quanto non fosse possibile dimostrare per gli umani, perché si era sacrificato andando all’inferno per lui, senza chiedere in cambio, nient’altro che la sicurezza dell’angelo, e la sua incolumità. Castiel per ringraziarlo aveva fatto tutto ciò che era in suo potere, lo aveva tirato fuori dall’inferno, e poi aveva rinunciato a tutto per lui, era diventato umano. Se non era una dimostrazione d’amore quella, allora, cosa poteva esserlo? Tuttavia aveva promesso a se stesso di realizzare ciò che il cacciatore gli aveva fatto capire indirettamente con i suoi gesti, di non andare mai via da lui, e lo avrebbe fatto, non sarebbe mai andato via da lui, mai più. E sperava con quelle parole di fargli capire tutto ciò che gli passasse per la mente, sperava che capisse, perché lui a parole non avrebbe concluso nulla, non ci sarebbe riuscito semplicemente perché in presenza di Dean, gli mancavano fiato e parole, come in quel momento.
«I'm no angel, I'm just me,
but I will love you endlessly».
Dean spalancò ancor di più gli occhi, stupito. Cosa significava quella frase, per giunta di una canzone sdolcinata, per niente nelle sue corde? La sua mente era confusa, non sapeva cosa fare, cosa dire. Sentiva la gola sempre più secca, e più passavano i secondi e i minuti, più le parole mancavano, e non sapeva cosa fare, non si aspettava che lui tornasse, se n’era fatto una ragione, invece eccolo lì davanti a lui, in tutto il suo splendore e la sua ingenuità.
«Wings aren’t what you need,
You need me» si ritrovò a dire in risposta Dean, ricordando stranamente i versi di quella canzone, che forse aveva ascoltato al massimo un paio di volte – solo e rigorosamente quando a guidare era Sam – ma in quel momento parve l’unica cosa essenziale da dire.
E ora? – pensò il cacciatore, quando tra loro crollò nuovamente il silenzio, quando sentì lo sguardo di Castiel bruciare sulla pelle, Quello sguardo era in grado di farlo sentire inadeguato e in soggezione, ma anche in pace.
Perché dannazione sentiva così tante cose differenti le une dalle altre?
Perché non riusciva a provare qualcosa di coerente?
Mi sto comportando come una ragazzina, non è da me. E poi una canzone romantica? Sul serio? – troppi pensieri affollarono la sua mente, mentre Castiel continuava a scrutarlo con ammirazione, attenzione, adorazione. Quegli occhi erano fin troppo blu e reali per essere una delle sue allucinazioni. Lui era lì, e Dean sperava solo che non andasse mai più via.   
«Ciao, Dean» disse Castiel, dopo quelli che parvero secoli d’attesa, rompendo definitivamente il ghiaccio tra loro due. Qualcuno doveva pur iniziare una conversazione tra di loro, no? Il cuore palpitava nel suo cuore in attesa di una risposta da parte del cacciatore, che ancora boccheggiava, in cerca di parole e fiato, il quale deglutì non appena udì la voce del moro, che ora sorrideva e «mi sei mancato» diceva, sorridendo.
Dean parve risvegliarsi da un profondo stato di trance, e fece quel passo mancante che lo separava dall’angelo e contrariamente a ciò che gli suggeriva di fare il suo cervello in quel momento – prenderlo a calci e pugni, perché dannazione se era stato male senza di lui, e si presentava lì con una canzone smielata e un mi sei mancato – seguì il suo cuore, e lo abbracciò, avvolgendolo tra le sue braccia, e facendo congiungere i loro petti, sentendolo finalmente vicino a lui, sentendolo di nuovo suo, sentendosi di nuovo felice, davvero felice e in pace con se stesso. Appena realizzato che fosse lui, che fosse tornato, i suoi pensieri negativi, i suoi sensi di colpa erano scivolati via, con la stessa rapidità con cui si erano abbattuti su di lui sei mesi prima quando Cas era sparito. Se prima c’erano il vuoto e il dolore in Dean, ora era pervaso da pienezza e pace. L’angelo lasciò le braccia tese lungo i fianchi, mentre Dean avvolgeva il suo collo, lo stringeva possessivamente e avvicinava anche le loro fronti, guardando finalmente quei due occhioni blu da vicino, sentendolo vicino a sé, sentendo che ogni pezzo tornava al proprio posto, dopo essere stato lungamente desiderato e atteso.
Occhi dentro occhi, cuore contro cuore, e un mix di sensazioni contrastanti che si abbattevano su di loro, facendoli sentire stranamente bene, ma anche vulnerabili, era così che Dean si sentiva di fronte all’angelo, ed era così che quest’ultimo si sentiva con il cacciatore. Erano due metà che si completavano, come i pezzi di un puzzle, le cui estremità combaciavano alla perfezione tra di loro, senza lasciare margini di sbaglio, o di imperfezioni. Erano perfetti l’uno per l’altro, e finalmente, dopo tanto dolore e tanta sofferenza lo avevano capito. Ed erano lì, l’uno di fronte all’altro, in attesa.
«Tu, stupido figlio di puttana» mormorò troppo vicino alle sue labbra, sentendo il suo fiato scontrarsi con il proprio, in una danza singolare e particolare, che culminava sul viso dell’altro «non permetterti mai più di sacrificare la tua vita per me, o ti uccido io».
Lentamente, Castiel, lasciando cadere la pergamena sulla moquette scura del motel, sollevò le braccia, intrecciando le mani nei capelli fini di Dean, avvicinando il volto del cacciatore al proprio, stufo di attendere così a lungo il suo tanto agognato bacio di bentornato. Il cacciatore la stava tirando troppo per le lunghe e non andava bene, Castiel era impaziente.
«Sta’ zitto e baciami, Winchester» sussurrò l’angelo, appoggiando bramosamente le sue labbra contro quelle del cacciatore, assaporando di nuovo, dopo tanto tempo, il suo sapore. Dean non se lo fece ripetere due volte, e approfondì quel contatto con l’angelo a lungo, perdendosi anche nelle sue soffici labbra, fin troppo desiderate in quei mesi. Dean non sapeva spiegare come si sentisse in quel momento, ma sentiva che finalmente tutti gli sforzi che aveva fatto per far andare bene qualcosa, fossero serviti a qualcosa, perché Castiel stava bene, era di nuovo tra le sue braccia, e a quanto pareva era umano, definitivamente, e tutti i pezzi tornavano al loro posto. Poteva chiedere di meglio?
Proprio no. Castiel era lì, tra le sue braccia, tutto andava bene. Il bacio divenne man mano più bisognoso, e necessitato da ambo le parti, perché le mani di Castiel esploravano fin troppo i capelli del cacciatore, e li tiravano leggermente, mentre quelle del cacciatore premevano prepotentemente e possessivamente contro i fianchi dell’angelo, come se temessero che potesse volare via, e non tornare mai più, come aveva fatto mesi addietro, lasciandolo nuovamente solo. E no, non lo avrebbe mai accettato ancora, non di nuovo.
«Non volare via» gli aveva sussurrato tra un respiro e l’altro, in quel bacio così pieno d’amore e nostalgia, dolore e gioia, malinconia e felicità, rabbia e calma, pieno di così tante sensazioni contrastanti, difficili persino da esprimere a parole. Era un bacio loro, e a modo loro erano felici, davvero felici: Dean aveva trovato il suo paradiso, ed esso non era altro che Castiel, il quale gli aveva aperto gli occhi sul mondo dell’amore, e dei sentimenti, mondo al quale Dean non si era mai approcciato nemmeno per sbaglio, e Castiel finalmente si sentiva parte di un mondo che gli piaceva, nonostante le brutture presenti anche in quello, era parte di un mondo che aveva sempre ammirato dall’alto, un mondo in cui con fatica si era ambientato, ma in cui aveva anche trovato l’amore, aveva trovato Dean. Era finalmente parte del suo mondo, e niente poteva appagarlo più di quello, né il paradiso, né la vita eterna. Era parte del mondo di Dean, ed era felice.
Quando si staccarono, entrambi avevano un ampio sorriso sul volto, e senza rendersi conto, si presero la mano l’un altro, in un muto segno di assenso, come per dire che la loro relazione era vera, da quel momento in poi lo sarebbe stata a tutti gli effetti, e in quel muto gesto si dissero tutto ciò che non erano in grado di dirsi a parole, tutti i loro sentimenti e le loro paure, tutto racchiuso in quella muta stretta di mano. Non avevano bisogno di parole per comunicare, in quel momento.
Dopo un altro fugace bacio a fiori di labbra, da parte dell’angelo, il cacciatore si voltò verso Sam, il quale solo in quel momento si era reso conto di ciò che era capitato sull’uscio di quella porta e si stava avvicinando a loro con lo sguardo allibito e felice contemporaneamente.
Dean con il sorriso di chi non sapeva assolutamente niente di quanto accaduto, da perfetto innocentino, alzò la mano che teneva stretta a quella di Castiel, sventolando le loro mani in sincrono, allegro, felice e sereno come non lo era da mesi, persino Sam era stupito di vederlo in quel modo, perché da qualche mese a quella parte, vedergli un sorriso sulle labbra era un’impresa impossibile. In quel momento era raggiante, luminoso come mai prima di quel momento, e solo uno che lo conoscesse bene come Sam poteva sostenere che Dean non fosse mai stato così felice, prima di quel momento, ma… c’era Castiel lì accanto a lui, quindi di cosa si sorprendeva il minore? Dean, sorprendendo ancora Sam, stringendo forte la mano dell’angelo, e sorridendo urlò verso il fratello:
«Sammy, Cas è tornato tra noi!» 
The end.

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Tecnicamente, la storia si sarebbe dovuta concludere con il capitolo precedente, con Cas e Dean che si dicono addio e tante lacrime di Dean, ma... oltre ad essere un inguaribile romantica (amo gli happy endings çç) ho avuto il lampo di genio per un sequel di questa storia. Quindi sì, avrete un sequel! Non so dire quando finirò di scriverlo, per ora sono solo al terzo capitolo, e shhh. Credo che in un futuro prossimo arriverà. Quindi, avendo il sequel, questa non poteva finire male, perchè sì, perchè si amano e tante cose belle... non è adorabile che Gabriel abbia permesso a Cas di tornare? Su, sotto sotto ogni personaggio di questa storia shippa Destiel, Sam è il primo per ovvi motivi. LOL 
Comunque, siamo arrivati alla fine in un modo o nell'altro. Chi detesta gli happy endings può considerare il precedente l'ultimo capitolo, e io ringrazio immensamente tutti coloro che l'hanno seguita, chi ha recensito, e chi ha seguito silenziosamente la storia, chi l'ha aggiunta alle storie preferite, chi l'ha ricordata e tutti coloro che hanno speso un click per leggerla. Davvero non so come ringraziarvi. Amo ogni singola cosa che scrivo, e ho amato questa perchè è una delle prime Destiel che ho scritto (terza credo, ma le altre due non hanno visto la luce della pubblicazione) e perchè scrivere di questi due mi rende felice, e perchè loro sono... fantastici, e tutti avrebbero bisogno di un Castiel o un Dean o un Sam. Questa era un'avventura in un fandom in cui non avevo mai pubblicato nulla, e vi sono grata per avermi accolta così. Spero di non aver deluso nessuno con questo capitolo o con la storia in generale. Spero vi sia piaciuta, e spero che in futuro leggerete altro, perchè chi mi conosce sa che di me non ci si libera facilmente, e nulla. Attendiamo tutti insieme con ansia la decima stagione di SPN, e io vi lascio con un'adorabile gif dei nostri protagonisti. 


Grazie ancora a tutti, ci rivedremo presto, ovviamente, non vi libererete di me, questa è una minaccia molto cattiva. *puppy face*. Grazie a tutti, davvero, grazie a chi c'è stato dall'inizio, a chi ha letto solo, a chiunque. Vi prenderei e vi abbraccerei tutti. Vi ringrazio calorosamente, e noi ci becchiamo prossimamente, su questi schermi. Thank you <3 
P.s la canzone che citano Cas e Dean è "Endlessly" ed è una canzone che amo, e che ci stava maledettamente bene in quel momento. Credo di aver finito, stavolta.

So, I say you: Goodbye! 
 

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